Slice of life in Arendelle di StarFighter (/viewuser.php?uid=120959)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1:Cambiamenti ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2: Dubbi ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3: Di incubi e richieste importanti ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4: Proviamoci... ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5: Ricordi ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6: Preparativi ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7: In viaggio ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8:Corona ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9: Di incomprensioni, magie con i capelli e incredibili nozze ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10: Resta... ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11: Di sogni imbarazzanti, fantasie inconfessabili e scommesse sul futuro ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12: Incidenti di percorso! ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13: Vuoto... ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14: Ad ogni azione corrisponde una reazione ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15: Sono qui... ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16: Di segreti svelati, rabbia e magia troll ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17: Passi nel buio ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18: Compromessi ***
Capitolo 1 *** Capitolo 1:Cambiamenti ***
CAPITOLO
1:
CAMBIAMENTI
Tutto
ad Arendelle era tornato alla normalità, o quasi.
C’erano ovviamente delle novità dopo tutto quello
che era accaduto negli ultimi
tempi. Infatti, se negli anni precedenti le porte del castello erano
rimaste
sprangate ai problemi del popolo, ora non potevano essere
più aperte di così:
la regina Elsa concedeva udienze su udienze ai suoi sudditi, cercando
di
recuperare il tempo perso per instaurare un buon rapporto con la gente,
che non
l’aveva mai vista prima del giorno
dell’incoronazione e che fino ad allora
aveva congetturato che lei fosse tanto bella ed altera da non voler
avere
nessuno intorno a sé…
non potevano essere
più lontani di così dalla realtà.
Elsa, infatti, fin da quando si era rinchiusa
nel suo isolamento autoimposto, non aveva voluto altro che essere
circondata da
persone che le volessero bene per quel che era: certo, aveva i suoi
genitori,
ma Anna e il resto del popolo non avrebbero potuto capire cosa le era
successo,
cosa c’era dietro a quel freddo distacco o ai suoi occhi
tristi. Fortunatamente
tutto si era risolto per il meglio, certo non c’era stato
nessuno “e vissero
felici e contenti”, continuava a litigare con Anna a volte e
molto spesso si
isolava dal resto del castello chiudendosi nel suo studio e facendo
lunghe
chiacchierate sui suoi dubbi con il ritratto del padre, ma per il
momento,
pensava Elsa, poteva bastare. Aveva il suo regno e aveva riallacciato i
rapporti con la sorella; il suo popolo, che aveva scelto volutamente di
dimenticare l’inverno perenne che aveva portato ad Arendelle,
la osannava e
cercava di non sembrare “gelida” nei rapporti
umani, cosa che, aveva notato, le
riusciva meglio di quanto avrebbe mai creduto.
Dal
canto suo la principessa Anna era sempre più emozionata
e smaniosa di conoscere quante più cose possibili di
Arendelle e dei regni
circostanti. Al castello era difficile incontrarla: infatti, usciva
presto al
mattino e rientrava tardi la sera, stanca ma contenta di tutte le cose
che
aveva fatto e visto durante la giornata. Si sedeva a cena con Elsa e le
raccontava ogni minima sciocchezza che le era capitato di vedere lungo
la
strada, frastornando di chiacchiere la povera regina, lieta del fatto
che Anna
avesse il suo momento di felicità dopo tutto quello che
aveva passato per colpa
sua.
-“Fra
qualche giorno il regno di Corona festeggerà le nozze
della principessa Rapunzel e siamo state invitate a partecipare anche
noi, ti
interessa?”- Elsa sapeva che Anna sarebbe andata su di giri
per la notizia e
sorrise quando vide il volto della sorella illuminarsi di gioia.
-“E
me lo chiedi!? Certo che mi interessa…anzi, non vedo
l’ora.”- Anna fece accidentalmente
volare via la forchetta che aveva in mano, che si
fermò ad un soffio
dall’occhio di uno degli inservienti, che tirò un
respiro di sollievo –“Ops,
scusa. Non volevo.”- fece un piccolo gesto di scuse,
portandosi una mano alla
bocca. Elsa rideva di gusto in cuor suo: amava la
spontaneità e l’allegria di
Anna e si augurava che non cambiasse mai.
-“Ehm,
allora quando si parte?”- chiese la principessa
ricomponendosi per quel poco che poté, ma incapace di
rimanere ferma sulla
sedia nell’attesa di una risposta.
-“Le
nozze sono tra una settimana, di domenica per la
precisione. La nave salperà sabato e ti porterà a
destinazione e alla fine dei
festeggiamenti ti riporterà indietro. Corona è il
regno della sorella di nostra
madre, quindi sarai un’ospite di riguardo.”-
-“Wow,
è fantastico. Non vedo l’ora di …
aspetta un attimo, hai
detto “ti” porterà, non
“ci”. Come sarebbe? Tu non vieni?”-
-“Anna,
devi capire che non posso abbandonare il regno alla
mercé di chiunque. Ho appena imparato a fare la regina, non
posso abbandonare
Arendelle senza una guida. Tu sarai la mia inviata e farai le mie veci,
sarà
come se ci fossi anch’io.”- Elsa le rivolse un
sorriso di incoraggiamento, poi
rivolse lo sguardo verso il contenuto del piatto che aveva davanti:
“Pensavo
che Kristoff forse poteva venire con te.”
-“Mm,
dovrò chiederglielo, non credo verrà.”-
disse triste
Anna, scrollando le spalle.
-“Tutto
bene? C’è qualcosa che dovrei sapere?”-
una sorte di
inquietudine s’impadroniva del cuore della giovane regina
quando si trattava
della felicità della sorella.
-“Oh
no.”- Anna si era fatta stranamente silenziosa.
-“Sicura?
Ora che ci faccio caso è un po’ che Kristoff non
si fa vedere al castello. Prima la sua presenza mi infastidiva quasi,
ma ora
credo mi manchi il fatto che non ti gironzoli più
attorno.”- Elsa smise di
occuparsi della cena ormai fredda e si concentrò
sull’espressione turbata di
Anna che piluccava pensierosa la sua.
-“Io
non so cosa non vada con Kristoff. Da qualche giorno
non lo vedo e l’ultima volta che siamo stati insieme era
strano, aveva la testa
da un’altra parte. Era così sovrappensiero che
nemmeno le stupidaggini che dice
Olaf l’hanno smosso. Domani credo che andrò a
parlargli.”-
-“Ci
tieni molto a lui,vero?”- Elsa conosceva già la
risposta,
Anna ce l’aveva scritta a caratteri cubitali in faccia.
-“Chi?
Olaf? Oh certo gli voglio molto bene…”-
Elsa
portò una mano alla fronte: non poteva essere
così
svampita!
-“No,
Anna. Parlo di Kristoff. Mi era sembrato di capire che
c’era un certo interesse da parte di entrambi.”-
-
“Beh, lo pensavo anch’io, ma forse ci sbagliavamo
entrambe.”- l’espressione di Anna divenne ancora
più triste.
-“Oh
Anna, mi dispiace. Ma credo che quella in errore sia
tu: l’interesse genuino di Kristoff nei tuoi confronti si
vede da un miglio di
distanza.”- cercava di rincuorarla ma sembrava che le sue
parole sortissero
solo l’effetto contrario.
-“Lo
so anch’io, ma credevo che dopo...”- Anna
arrossì
vistosamente abbassando la testa per nasconderlo ad Elsa-
“dopo…beh io ho fatto
il primo passo e mi aspettavo che lui poi ne facesse un altro, ma non
è stato
così.”-
-“Ascoltami
Anna, sono sicura che domani riuscirai a
chiarire questa situazione di stallo con lui.”-
-“Lo
spero tanto.”- Anna si alzò dall’enorme
tavolo che
troneggiava all’interno della sala da pranzo e si diresse
verso la porta.
-“Anch’io,
altrimenti Kristoff diventerà una statua di
ghiaccio da esporre in giardino.”- Elsa lo disse fra
sé, ma Anna la sentì
borbottare sottovoce.
-“Hai
detto qualcosa?”- era ormai sull’uscio della porta.
-“No.
Solo buonanotte!”- la regina sobbalzò sulla sedia,
colta in flagrante.
-“Buonanotte
Elsa.”- Anna le rivolse un sorriso tirato,
chiuse la porta dietro di sé e salì in camera sua.
Ormai
erano giorni che non vedeva “il mastro consegnatore
del ghiaccio di Arendelle”. Kristoff, qualche giorno
addietro, si era
volatilizzato dicendo di dover svolgere un lavoro importante e che
quindi per
qualche giorno non si sarebbero incontrati. Ma Anna l’aveva
scorto al mercato
mentre passeggiava e lui l’aveva salutata a stento e poi era
scappato via, come
se non gradisse più la sua compagnia. La principessa aveva
riflettuto a lungo
sui comportamenti del suo
“quasi-più-che-amico”, come lo chiamava
Olaf, e non
aveva trovato nessuna risposta alle infinite domande che le assillavano
la
mente. Il suo atteggiamento l’aveva offesa ed intristita
oltre ogni dire, quasi
quanto il comportamento degli ultimi quattordici anni di Elsa.
-“Domani
gliene dirò quattro. Sentirà cos’ho da
dire e poi
se vorrà potrà anche cacciarmi via; Anna di
Arendelle non si farà trattare così
dal primo che passa! Kristoff puoi esserne certo.”-
annuì all’immagine che le
rimandava lo specchio, mentre si spazzolava energicamente i capelli,
preparandosi per la notte.
-“Ouch”-
un verso di disappunto le sfuggì di bocca quando la
spazzola si fermò in un groviglio di capelli ramati. Prese
l’oggetto in
questione e lo lanciò dall’altro lato della
stanza, mandando in frantumi un
vaso colmo di fiori arancioni. Sospirò rassegnata dalla sua
goffaggine.
Così,
carica di aspettative per il giorno seguente, si mise
a letto e pregò che la determinazione che
l‘animava in quel momento non si
sciogliesse come neve al sole alla presenza di Kristoff. E poi come
ogni notte
si addormentò sognando gli occhi scuri del “suo
uomo del ghiaccio”.
AngolinoAutrice:
piccola fanfiction senza pretese sulla coppia
disney che shippo in questo momento. Anna e Kristoff mi sono entrati in
testa e
non sembra vogliano uscire molto presto, per cui do retta al mio
cervello che
mi dice di scrivere e lo faccio. Ho notato che poche fic parlano di
questi due
e si soffermano principalmente sul personaggio di Elsa, che per
carità è uno
dei meglio riusciti alla disney negli ultimi anni, ma credo che la
coppia
Kristanna abbia molti spunti narrativi da offrire, tanti quanti ne ha
la regina
di ghiaccio. Per questo motivo nasce questa fic che spero piaccia a
qualcuno.
Non so ancora bene come si svilupperà, ma credo che
interesserà molto il futuro
della coppietta XD
Ps: spero non
ci siano errori di battitura o di grammatica,
se così non dovesse essere vi prego di farmelo sapere. Al
prossimo chap.
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Capitolo 2 *** Capitolo 2: Dubbi ***
CAPITOLO
2:
DUBBI
Nell’esatto
momento in cui Anna si addormentava nella sua stanza, lontano dal
castello
c’era un'altra persona che si rigirava nel letto con mille
dubbi in testa.
Sulla montagna alle spalle di Arendelle, Kristoff stava steso a fissare
le
travi del soffitto della sua baita di legno. Quel posto era abbastanza
fuori
mano e solo chi lo conosceva poteva arrivarci. Questo era uno dei pregi
di quel
luogo isolato: quando voleva rimanere da solo con i suoi pensieri,
Kristoff non
aveva dubbi su dove andare. Lì non l’avrebbe
infastidito nessuno. Forse Olaf,
ma a quell’ora era certo che il pupazzo di neve stesse
sonnecchiando nel
giardino del castello. Sven dall’altra parte
dell’unica stanza della baita,
riposava già da un bel po’ accanto al caldo del
camino.
Invece
Kristoff non riusciva a chiudere occhio: troppi dubbi gli si agitavano
dentro e
se chiudeva gli occhi, sognava Anna, che era anche il centro dei suoi
pensieri
e quindi dei suoi problemi di insonnia. Erano giorni che rifletteva sul
rapporto con lei e non aveva potuto non porsi alcune domande: si
amavano
davvero? O era solo un’infatuazione passeggera? E se si
amavano, lui sarebbe
stato mai alla sua altezza? Insomma, Anna era pur sempre una
principessa! E se
anche lei avesse sorvolato sul suo status sociale, cosa mai poteva
offrirle
lui, che era un semplice venditore di ghiaccio? Anche ora che la regina
aveva
inventato un’onorificenza ad hoc solo per lui, era comunque
di un rango troppo
inferiore ad Anna, per sperare in un per sempre felici e contenti
accanto a
lei. E se Elsa non avesse approvato la loro relazione e si fosse fatta
prendere
da un’altra delle sue “crisi
agghiaccianti”? Alla fine si era reso tristemente
conto che la vita reale aveva poco a che fare con le favole.
Quella sera
però, lontano da distrazioni e contaminazioni altrui (che
potevano essere gli
occhi dolci di Anna o il suo sorriso, o anche le battutine di Olaf o le
occhiatacce di Sven), si sentiva in vena di decisioni importanti e
pensò che
era il momento adatto per fare le cose nel modo giusto.
Doveva
partire dalle cose difficili: l’indomani avrebbe chiesto
udienza alla regina e
le avrebbe chiesto il permesso di corteggiare la sorella. Sapeva che
per la
felicità di Anna Elsa avrebbe accettato, ma nel caso
contrario Kristoff aveva
un piano B: se Anna lo amava davvero, allora avrebbe fatto di tutto per
averla,
anche contro il volere della regina; ma se così non fosse
stato, si sarebbe
fatto da parte accettando le decisioni delle due sorelle.
Sperava
tanto
che le sue congetture fossero sbagliate e che Anna tenesse a lui tanto
quanto
lui teneva a lei.
Si
alzò a
sedere, ormai sicuro che la notte sarebbe passata in bianco: con uno
sbuffo si
passò le mani sul viso stanco e quel semplice verso, fece
svegliare Sven.
La renna si
girò a guardarlo con gli occhi appannati dal sonno e
un’espressione
interrogativa. Fece un verso per attirare l’attenzione di
Kristoff su di sé.
-“Scusa
se
ti ho svegliato, Sven.”- il ragazzo gli sorrise dispiaciuto.
-“Cosa c’è che non va,
amico?”- Kristoff
diede voce ai pensieri di Sven come faceva di solito. Anna gli aveva
ripetuto
più di una volta che questa sua mania era terrificante, e
lui le aveva riposto
che non poteva farne a meno: per troppo tempo era rimasto solo con Sven,
e quel
piccolo escamotage l’aveva salvato dalla pazzia delle lunghe
e fredde notti
invernali. Le vecchie abitudini erano difficili da estirpare.
-“Niente.
Solo pensavo che ci sono molte cose da chiarire e da sistemare e devo
farlo al
più presto, prima di rischiare di impazzire.”-
Sven gli
lanciò un’occhiata scontata, per sottolineare la
domanda che voleva porgli: “C’entra
per caso Anna?”-
-“E
chi
sennò? Quella ragazza ha la capacità di
scombussolarmi anche quando non è nei
paraggi.”- scrollò le spalle esasperato da quella
situazione.
Sven si
voltò di nuovo verso la luce del camino e si
sistemò al meglio per
riaddormentarsi: “Discorso
già fatto,
sai già cosa ne penso. Ora torno a dormire.
‘Notte!”- e la renna lo
lasciò
di nuovo solo ad arrovellarsi il cervello.
-“Grazie
mille Sven. Sei sempre d’aiuto!”- disse con tono
ironico mentre si stendeva di
nuovo a letto, cercando di riposare quel poco che la mente gli
concedeva
-“Spero solo di non fare la figura dell’idiota con
Elsa… se non le andasse a
genio la cosa, potrebbe anche decidere di congelarmi.”-
rabbrividì al solo
pensiero della donna.
Poi stanco
si addormentò pian piano, cullato dal pensiero della risata
cristallina di
Anna.
AngoloAutrice:
allora parto col dire che il capitolo è corto
perché è di passaggio e poi mi
serviva solo per far comprendere il comportamento di Kristoff. Il
prossimo sarà
più lungo.
Poi
volevo
ringraziare tutti quelli che hanno letto e recensito, e chi ha messo la
storia
tra le seguite (7 persone!) e le preferita: non ho mai avuto tanta
gente che
seguisse una mia fic…sono davvero commossa e superfelice.
Spero tanto di non
deludere le vostre aspettative su questa storia!
Al prossimo
capitolo, che ispirazione permettendo, arriverà in serata. ;)
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Capitolo 3 *** Capitolo 3: Di incubi e richieste importanti ***
Capitolo
3:
Di incubi e richieste importanti
Quella
mattina Anna si svegliò di pessimo umore a causa di un
incubo che nel bel mezzo
della notte l’aveva fatta svegliare urlando. A questo suo
stato di nervosismo
iniziale, si aggiungeva anche il fatto che di lì a qualche
ora, avrebbe dovuto
affrontare una chiacchierata di notevoli dimensioni con Kristoff. Tutta
l’ansia
accumulata a causa di queste due cose, la faceva essere tesa come una
corda di
violino. Infatti sobbalzò quando sentì un forte
rumore provenire dalla porta
della sua stanza e un piccolo gridolino di paura le sfuggì
dalle labbra quando
una sagoma, sgusciò dentro, nell’ombra della
camera. Anna si rintanò sotto le
coperte, terrorizzata.
Con un
violento gesto deciso, la figura misteriosa, tirò le pesanti
tende che
impedivano alla luce del Sole di filtrare nella stanza, rivelando la
figura
paffuta di una delle cameriere al servizio della famiglia reale.
Anna che
continuava a tremare come una foglia nel suo nascondiglio di lenzuola e
cuscini, cominciò ad urlare.
-“Oh mio
Dio! Vostra Altezza …cosa succede?”- la donna fece
un balzo indietro appena le
urla della principessa si diffusero nella stanza.
Anna smise
di urlare, sentendo la voce della donna: tirò pian piano la
testa fuori dalle
coperte e scorgendo Grace, la sua assistente personale, fece un respiro
profondo, dandosi mentalmente della stupida.
-“Grace. Oh
mio Dio, che spavento che ho preso!”- si portò una
mano all’altezza del cuore,
che sembrava volesse scapparle dal petto tanto batteva forte.
-“Vostra
Altezza, chi pensavate che fossi?”- la donna non
poté fare a meno di ridere,
sommessamente ovviamente, quando vide le condizioni in cui versavano i
capelli
e la faccia della principessa: un pagliericcio rossiccio era la sua
acconciatura, come se nella notte una rondine avesse deciso di fare il
suo nido
proprio sulla testa di Anna; mentre la sua faccia era a metà
tra lo stravolto,
il sonno e lo spavento…un mix esilarante secondo Grace.
-“Assolutamente
nessuno, cioè io…ehm ecco vedi, stanotte ho fatto
un sogno orribile e ora sono
molto agitata.”- scese dal letto, sbadigliando e
stiracchiandosi in posizioni
assurde.
La donna
intanto le stava preparando i vestiti della giornata: “Vuole
raccontarmelo?
Così forse riuscirà ad esorcizzare la paura che
ha provato e forse il suo stato
d’agitazione diminuirà.”
-“Oh no,
Grace. Non credo sia il caso, era solo uno stupidissimo incubo. Sai che
di
solito ti racconto tutto, ma non volermene.”- Anna le rivolse
un sorriso
rassicurante.
-“D’accordo
come vuole. Su forza l’aiuto a prepararsi per la
giornata.”- Grace la condusse
alla specchiera –“Vosta Altezza
dov’è la spazzola?”
Anna indicò
un punto all’altro lato della stanza senza dire niente, in
evidente imbarazzo.
Chissà cosa avrebbe pensato Grace del disastro che aveva
combinato la sera
precedente.
La donna
raccolse la spazzola senza dire nulla e cominciò a
spettinare l’enorme massa di
capelli ingarbugliati della principessa.
-“Grazie
Grace…”- Anna fissò il riflesso della
donna nello specchio e le sorrise
riconoscente: da anni la donna era al castello e non aveva mai fatto
caso alle
stravaganze della principessa o della regina: Anna gliene era molto
grata.
Grace la
fissò per un momento e poi ricambiò il sorriso:
“Di nulla.”
A qualche
stanza di distanza, al piano inferiore, Elsa era indaffarata a leggere
e
firmare infinite scartoffie, per assicurare ad Arendelle un flusso di
scambi
commerciali con gli altri regni.
Il suo
lavoro venne improvvisamente interrotto da colpi secchi alla porta del
suo
studio.
-“Avanti!”-
posò i fogli sulla scrivania ed attese.
Con sua
grande sorpresa, dalla porta entrò la causa della tristezza
di sua sorella.
Kristoff si tolse il berretto che aveva in testa e fece un lieve
inchino goffo.
-“Kristoff
cosa ci fai qui?”- Elsa gli fece segno di accomodarsi su una
delle due poltrone
che stavano davanti alla sua scrivania.
-“Io…ehm
io,
mia regina, sono venuto a chiederle una cosa.”- il ragazzo,
rimasto in piedi,
si ostinava a fissare intensamente la punta dei suoi stivali,
intimorito dalla
regina.
Elsa lo
guardò attentamente e alzò un sopracciglio
chiaro, poi sospirò rassegnata:
“Dimmi pure.”- fu laconica, glaciale, voleva che
Kristoff la temesse, affinché
non facesse soffrire Anna.
Il ragazzo
la fissò di sottecchi, tremando alla vista dello sguardo
freddo che gli stava
riservando la regina: per tutta la vita, non aveva mai temuto il gelo,
ma ora,
al cospetto della “regina del ghiaccio”, come la
chiamavano gli altri venditori
di ghiaccio di Arendelle, non poteva fare a meno di tremare quasi.
Prese un
respiro profondo prima di parlare e poi prendendo il coraggio a due
mani disse
tutto d’un fiato:
“SonovenutoperchiederleilpermessodicorteggiareAnna.”-
ce
l’aveva fatta, glielo aveva detto, ci era riuscito.
-“Tu Anna,
cosa?”- Elsa non aveva capito una sola parola di quello che
aveva detto
Kristoff.
Kristoff la
guardò disperato. Chissà come aveva avuto il
coraggio di dirlo una volta,
figurarsi ripeterlo di nuovo.
-“Io, beh
sono venuto per chiederle il permesso di…corteggiare Anna.
Cioè volevo dire la
principessa Anna.”- tornò a fissarsi le scarpe,
nell’attesa che la regina si
esprimesse, mentre arrossiva fin sulle orecchie.
Elsa rimase
un secondo senza parole, poi scoppiò a ridere. Kristoff si
voltò a guardarla:
la sua risata ricordava molto il tintinnio dei cristalli di ghiaccio,
che
pendevano dagli alberi, quando il vento li sfiorava.
-“Mi stai
chiedendo di corteggiare Anna? Ma io credevo tu lo stessi
già facendo da
tempo!”- Elsa si aspettava sicuramente una spiegazione.
-“Si, ma
volevo avere il suo permesso. Dopo i recenti avvenimenti, e con recenti
avvenimenti mi riferisco al tradimento del principe Hans, volevo che si
fidasse
di me, perché io…beh
io ho intensioni
serie. Intendo con Anna. So di essere un semplice venditore di ghiaccio
e che
Anna potrebbe avere qualsiasi principe da qui ai confini del mondo se
solo
volesse ma…”- ora la fissava dritta negli occhi,
non temeva più il suo sguardo,
che al suono di quelle parole si era addolcito.
Elsa lo
interruppe con un gesto della mano: “Kristoff, a differenza
di quanto credano
molti, e soprattutto Anna, sono molto elastica su certi argomenti. Non
mi
importa se sei un montanaro, per me potresti essere anche un pupazzo di
neve.
L’importante per me è che Anna sia
felice.”- lo fissava seria, assolutamente
convinta di quello che aveva detto.
-“Le tue
parole mi rincuorano. Proprio ieri sera Anna mi ha riferito che i
vostri
rapporti si erano un po’ “raffreddati”,
per usare un eufemismo, e mi è sembrato
di capire che fosse molto triste per questo. Ma questa tua visita mi
riempie di
gioia. Sono felice che tu abbia preso così in considerazione
il mio parere e
per quanto mi riguarda sei libero di stare con Anna, se lei
vorrà ancora,
ovviamente.”- Elsa gli sorrise davvero felice.
Kristoff non
poteva credere alle sue orecchie: la regina aveva accettato senza
battere
ciglio e gli aveva dato la sua benedizione.
-“Grazie
mille.”- le rivolse un sorriso enorme e poi fece per
andarsene.
-“Ah
Kristoff. Sappi che se Anna dovesse soffrire in qualsiasi modo, ti
riterrò
direttamente responsabile. In tal caso dovrai tenerti pronto alla mia
ira.”- lo
fissò intensamente per un secondo e poi si placò:
“Buona giornata.”
-“Certo.”-
il ragazzo fece dietro front ed uscì chiudendosi la porta
alle spalle.
Una volta
fuori tirò un profondo sospiro di sollievo e poi si
incamminò alla ricerca di
Anna. Doveva parlarle, scusarsi per il suo comportamento e dirle
ciò che aveva
detto alla sorella.
Immaginava
già la sua faccia: si sarebbe sciolta di sicuro, forse
avrebbe persino pianto.
Ma la faccia
di Anna, quando le andò a sbattere contro sovrappensiero,
non era proprio come
se la sarebbe immaginata.
-“Oh eccoti,
stavo proprio venendo a cercarti.”- lo trascinò
via per una mano, portandolo
lontano dai corridoi del castello, lontano da orecchie indiscrete.
Lo portò
nella sala dei quadri, dove richiuse la porta alle loro spalle e poi
voltandosi
verso di lui con un’espressione truce, lo fulminò
con lo sguardo: “Noi due
dobbiamo parlare!”
AngoloAutrice:
bene bene, ecco il terzo capitolo. Wow due in un solo giorno, non posso
credere
di avercela fatta. Spero vi piaccia. Ah dimenticavo: non per fare
pressioni di
alcun genere, ma mi farebbe davvero un immenso piacere se le persone
che hanno
inserito la storia tra le seguite/preferite, lasciassero un loro
commentino.
Grazie per l’attenzione e grazie per essere arrivate a
leggere fin qui. J
Ps:
secondo
voi i personaggi sono OOC?
Si ci
legge
al prossimo capitolo!
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Capitolo 4 *** Capitolo 4: Proviamoci... ***
Nda:prima di
cominciare a leggere, dovrei avvertirvi che in questo capitolo forse i
personaggi sono molto OOC e me ne scuso, ma ho pensato che forse, dopo
tutto
quello che avevano passato, potevano essere cambiati un
po’…vbb fate finta che
non abbia detto niente XD Buona lettura!
CAPITOLO 4:
PROVIAMOCI…
Anna
lo fissava con sguardo truce, pronta a saltargli
addosso da un momento all’altro. Aveva tante di quelle cose
da dirgli e da
domandargli che non sapeva da dove cominciare; il piede batteva
convulsamente a
terra, mentre aveva le mani poggiate sui fianchi.
Kristoff
la fissava in ansia: non voleva parlare per primo,
aveva paura che l’avrebbe fatta infuriare ulteriormente.
-“Ehm…allora,
perché mi hai portato qui?”- ma alla fine
dovette spezzare il silenzio opprimente di quella stanza: lo sguardo
omicida di
Anna e gli occhi di tutti quei dipinti puntati su di lui, lo agitavano.
-“Perché,
mio caro Kristoff, nel caso mi scappasse di mano
la situazione devo avere dei testimoni.”-
-“Ti
rendi conto che sono quadri, vero?”- le chiese con fare
interrogativo, alzando un sopracciglio e facendo un gesto per indicare
tutti i
dipinti attorno.
Anna
si sentì punta sul vivo: quei quadri, come li chiamava
lui, erano stati l’unico conforto che aveva avuto durante gli
anni di
isolamento nel castello. Quante ore aveva passato a raccontare a
Giovanna D’Arco
i suoi sogni per il futuro?
-“Stai
peggiorando solo la tua già precaria situazione…
“-
gli puntò un dito contro
–“Perché mi stai evitando?”-
il suo tono di voce era
diminuito di un’ottava, mentre gli angoli della bocca si
piegavano all’ingiù.
-“Perché
continui a nasconderti da me? È per qualcosa che ho
fatto? Oh mio dio…ti ho detto qualcosa di spiacevole
vero?”- si coprì la bocca
con le mani.
Kristoff
la guardò sorpreso: davvero credeva che fosse colpa
sua?
-“Assolutamente
no.”- le rispose.
Anna
si riprese all’improvviso, tornando la furia scatenata
di qualche minuto prima: “e allora cos
c’è che non va? Mi eviti per giorni e
poi vieni qui e non dici niente…ah a proposito,
perché sei qui?! Anzi non
dirmelo, non mi interessa!”- tremava, scossa da brividi di
adrenalina: lo
spinse via.
-“Beh,
dovrebbe invece.”- la interruppe bruscamente
prendendole la mano con cui continuava ad accusarlo e portandosela
all’altezza
del cuore.
-“Che
significa?”- erano troppo vicini, doveva allontanarsi,
altrimenti avrebbe perso la lucidità, non sarebbe
più riuscita a spiccicare
parola.
-“Che
sono venuto qui per chiedere una cosa ad Elsa…una cosa
che riguarda te!”-
Anna
lo fissò per un secondo con fare interrogativo:
“Cosa?”
-“Sono
venuto per chiederle il permesso di stare con
te…Vorrei cominciare con il piede giusto!”-la mano
di Anna scivolò via dalla
sua presa a quelle parole.
-“Cominciare?!”-
disse con tono alterato –“Ma io credevo
fossimo pronti per il grande passo, e con grande passo intendo un
matrimonio,
non certo un fidanzamento.”
Il
ragazzo la fissò sconcertato: “Dici sul
serio?”
Anna
annuì con forza.
-“Ma
allora non hai imparato niente! Ti ricorda niente un
certo principe Hans delle isole del Sud? Sai, gli piacevano le tartine
e forse,
molto probabilmente, il suo migliore amico si chiamava
John…”- Kristoff non era
mai stato tanto ironico in vita sua.
-“Ma
tu non sei Hans. Tu sei Kristoff. Kristoff…”- Anna
si
bloccò: qual era il cognome di Kristoff?
-“Vedi?
Non sai nemmeno il mio cognome…siamo dei perfetti
sconosciuti; come puoi dire che siamo pronti per sposarci, quando non
ci
conosciamo affatto? Per quanto ne puoi sapere potrei anche essere uno
spietato
assassino o un ladro!”- aveva alzato la voce senza volerlo.
La
principessa sbuffò: “Non essere
sciocco…e poi io so tante
cose di te.”
-“Tipo?”-
ecco la prova del nove. Il ragazzo era sicuro che
dopo quello Anna avrebbe capito cosa intendeva.
-“Ti
piacciono le renne”- tentò di ribattere
sicura-“ il tuo
migliore amico è Sven e sei stato cresciuto dai troll. Ah e
non sei niente male
a suonare.”- contava sulle dita tutte quelle informazioni sul
conto di
Kristoff.
Il
ragazzo scosse il capo demoralizzato: Anna non voleva
proprio capire!
-“Tutto
qui?”-le chiese.
Anna
cercò di dire qualcosa, ma non le venne in mente
nient’altro. Prima di addormentarsi, la sera prima aveva
preparato un discorso
a prova di scemo, ed ora non riusciva a dire niente di più
che sciocchezze.
-“Qual
è il tuo cognome, allora?”-
-“Bjorgman…ma
non serve saperlo ora!”- come doveva farglielo
capire?
-“Oh
ma invece sì! Ora so qualcosa in più su di te.-
disse
soddisfatta incrociando le braccia al petto e sfoderando uno dei suoi
migliori
sorrisi.
Kristoff
fece un verso disperato, continuando a guardarla
sorridere, convinta di ogni parola che era uscita dalla sua bocca.
Poi
gli venne in mente un’idea. Riprese coraggio, pronto per
un ultimo tentativo.
-“D’accordo,
fissa la data, qualunque giorno tu voglia.
Anche oggi stesso.”- la fissava sicuro di sé.
-“Davvero?”-
Anna si era illuminata.
-“Davvero.”-
cominciava ad essere poco convinto di quello
che stava facendo. E se Anna non avesse capitolato e avesse preso
quella cosa
sul serio? E se davvero si fossero sposati entro qualche ora? No, non
era
pronto. Forse non lo sarebbe mai stato.
-“Oh
mio dio…corro a dirlo ad Elsa!”- si
lanciò verso la
porta, su di giri.
Kristoff
la fermò, afferrandole una mano: “e se scoprissi
di
non sopportarmi? Se ti rendessi conto che in fin dei conti non mi ami
davvero,
ma che è stata solo l’euforia del
momento?”
-“Ma
cosa…?”- Anna non poteva credere alle proprie
orecchie.
-“Ascolta.
Sei rimasta chiusa in un castello per anni,
circondata dal silenzio e dalla solitudine, ed è normale che
tu voglia
riversare i tuoi sentimenti repressi su qualcuno…ma guarda
com’è andata a
finire con Hans, se n’è approfittato. Insomma, con
lui hai preso un abbaglio
colossale…e se ti sbagliassi anche su di me? Se non fossi io
il tuo ‘per sempre
felici e contenti’?”- sapeva che le stava facendo
male, ma voleva che si
rendesse conto della verità di quelle parole.
-“Ma…ma
io SO che tu sei il mio vero amore! Ne sono
assolutamente convinta… perché mi dici tutto
questo?”- una piccola lacrima le
scivolò lungo la guancia.
Kristoff
le si avvicinò prendendole le mani e asciugandole
la piccola goccia, brillante come una gemma.
-“So
che potrà sembrarti assurdo tutto quello che sto
dicendo, soprattutto alla luce di quello che ho chiesto ad Elsa, ma
credimi lo
faccio solo per te. Hai appena recuperato la tua libertà,
vuoi davvero legarti
a me per sempre, con il rischio che un giorno potresti
pentirtene?”-
-“Ma
io-ti-amo!”- sillabò Anna al colmo dello
sconforto-“
Come puoi dire che…”
Kristoff
non poteva vederla in quelle condizioni, era una
cosa contro natura. Si arrischiò a baciarla dolcemente a
fior di labbra, per
calmarla.
-“Anch’io
ti amo…e proprio per questo devi promettermi che
ci proveremo, intendo a conoscerci meglio.”- le sorrise
rassicurante.
Anna
si asciugò i residui delle lacrime con il dorso della
mano e lo fissò sconfitta, ma allo stesso tempo felice:
Kristoff le aveva appena
dimostrato che teneva così tanto a lei, da posporre la
propria felicità alla
sua.
-“D’accordo,
ci proveremo. Ma sono certa che sarà solo tempo
sprecato!”- in un secondo tornò ad essere la Anna
di sempre.
Kristoff
le sorrise felice. Aveva avuto quello che voleva,
era stato più forte della cocciutaggine di Anna, ed aveva
vinto. Sapeva in cuor
suo che sarebbe andato tutto per il meglio, e chissà, forse
un giorno, non
troppo presto sperò, si sarebbero sposati.
La
principessa lo ridestò dai suoi pensieri:
“Ascolta, fra
una settimana partirò per partecipare alle nozze di una mia
cugina, nel regno
di Corona…ti andrebbe di accompagnarmi? Sai, Elsa non
può venire, è impegnata
con tutte le sue cose da regina e mi annoia andare da sola. Se non
puoi, non fa
nulla, chiederò ad Olaf o a Grace di
accompagnarmi...allora?”- Anna aveva
recuperato la parlantina in due secondi.
-“Sei
sicura?”- chiese titubante.
-“Ma
certo, mi sembra un ottimo modo per cominciare; non
credi?”- gli fece l’occhiolino, porgendogli la mano.
-“Assolutamente.”
AngoloAutrice:
salve ragazze! Come va? Vi ho fatto attendere
un po’ per questo capitolo e spero vi piaccia,
perché a me non convince
molto…so che è una cosa che non dovrei dire,
perché se non piace a me come può
piacere a voi? Anyway, grazie a tutte voi per i complimenti, sono stati
la
carica per invogliarmi a scrivere ancora.
Anzi devo ringraziarvi
una ad una. Quindi grazie a:
- bioshock1988
- chiarotti2000
- gwinny
- Kerolo
che
hanno inserito la storia tra le preferite…troppo buone!
;)
Poi grazie anche a:
- AngelVidel14
- bioshock1988
- ChrisAndreini
- IreTomlinson
- leti_pitch_perfect
- luuuuchi_
- marta_uzumaki86
- mintheart
- misshorseslife
- Niksss
- Silver
Loreley
- _Lethe
-_Spark_
Per
averla inserita tra le seguite: credetemi, non avevo mai
avuto tante persone che seguissero una mia fic. V^.^v
E last but
not the least, grazie a Kaninchen per aver
recensito.
Ok, allora dopo tutti
questi ringraziamenti mi congedo, sperando di non aver rovinato il
pomeriggio a
nessuno con qst chap! XD
Al prossimo
aggiornamento…*baci*
|
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Capitolo 5 *** Capitolo 5: Ricordi ***
CAPITOLO
5: RICORDI
Elsa
era ancora chiusa nel suo studio, seduta dietro ad una
scrivania piena di fogli e libri contabili, quado il Sole
tramontò dietro le
montagne di Arendelle. Il tè che aveva chiesto ad una
cameriera qualche ora
prima, era rimasto ignorato su un angolo del tavolo, fino a diventare
freddo.
Aveva mangiato solo due biscotti alla vaniglia che accompagnavano il
tè, ormai
imbevibile.
Ormai
stanca si stropicciò gli occhi con l’indice e il
pollice, e cominciò a mettere un po’
d’ordine, prima di scendere a cena.
Un
rumore ovattato di passi che si allontanavano, le giunse
dalla porta. Si alzò curiosa di scoprire a chi
appartenessero e fece giusto in
tempo ad aprire la porta, che vide sparire dietro l’angolo
del corridoio le
trecce rosse di Anna.
Si
chiuse la porta alle spalle e
in silenzio seguì la sorella: per quel giorno aveva chiuso
con gli affari di
stato, era ora di dedicarsi alle cose davvero importanti.
Anna
aveva passato un pomeriggio speciale con Kristoff,
camminando sottobraccio tra le strade affollate di Arendelle, senza una
destinazione precisa, felici solo di stare insieme, parlando di tutto e
di
niente; ed ora, dopo averlo salutato alle porte del palazzo, non voleva
rintanarsi nella sua stanza o nella biblioteca, nel silenzio. Aveva
così tanta
voglia di muoversi, di saltare, correre e addirittura cantare, che non
poteva
stare ferma in un posto solo. Quell’uscita con Kristoff
l’aveva caricata come
un giocattolo a molla…sarebbe potuta andare avanti a
camminare nei corridoi
fino allo sfinimento, finché il sonno non l’avesse
fermata.
Ma
qualcosa, prima della
stanchezza, le tolse il sorriso, costringendola a fermarsi.
Elsa
osservò Anna gironzolare saltellando per il castello
con un’aria trasognata sul volto, senza che si accorgesse di
essere spiata. La
principessa si muoveva quasi a passo di danza sui tappeti, che si
estendevano
apparentemente infiniti sul pavimento, mentre la gonna colorata le
svolazzava
attorno alle caviglie; giurò di averla sentita cantare e si
beò di quel suono
lieve e melodioso, mentre la sorella continuava a camminare spedita
senza una
meta apparente, inchinandosi ogni tanto ai dipinti che decoravano le
pareti dei
corridoi del castello e annusando i bouquet posti qui e li. La regina
non poté
fare a meno di trattenere una risata: Anna era davvero di buon umore, e
sospettava che ci fosse lo zampino di un certo tagliatore di ghiaccio
di sua
conoscenza, e questo non poteva che riempirla di gioia.
Continuò
a starle a qualche passo di distanza, finché lo
stomaco non cominciò a reclamare e decise di saltare allo
scoperto; ma qualcosa
la trattenne: Anna si era fermata davanti ad una porta grande e di
legno scuro,
immobile, a fissare i pomelli d’ottone con uno sguardo
strano.
Elsa
non comprese cosa la
sorella stesse facendo, fin quando non realizzò dove si
trovavano. E allora
tutto le fu chiaro.
Anna
fissava la sua immagine distorta riflettersi nei
pomelli lucidi, senza sapere cosa fare: qualcosa la bloccava.
Era
da tanto che non passava lì, anzi, di solito evitava
volutamente di avventurarsi in quella parte del castello. Ma quel
giorno il suo
fatale girovagare, l’aveva portata lì, come una
sorta di crudele contrappasso
per la felicità che provava in quel momento.
Quella
porta dava su una parte del suo passato recente così
dolorosa,
da farle ancora sanguinare il cuore. Dietro quel legno scuro
c’erano gli ultimi
momenti di vita quotidiana dei suoi genitori, prima che il cupo mare
del nord
se li portasse via.
Avvicinò
tremante la mano al pomello e girò piano, per
aprire: una folata di profumo alla lavanda le pizzicò il
naso e le riportò alla
mente il ricordo di mille abbracci consolatori. La lavanda era
l’essenza della
madre, il profumo che la cullava quando era triste, era un odore che
riusciva a
calmarla.
Dentro tutto era
rimasto come l’ultima volta che i genitori avevano varcato la
soglia di quella
stanza: uno spaccato di intimità cristallizzato nel tempo.
Lo
spiraglio che aveva aperto, lasciava entrare la fioca
luce delle numerose candele che illuminavano il corridoio, facendo
apparire la
stanza come un luogo lontano dal tempo, sacro e quasi effimero.
Varcò
titubante la soglia, muovendo pochi passi,
avvicinandosi al letto a baldacchino che si ergeva al centro della
camera:
allungò una mano verso una delle colonnine di sostegno, dove
si attorcigliava
morbida una tenda damascata, e vi si aggrappò con tutte le
sue forze,
sopraffatta dai troppi ricordi.
Chiuse
per un istante gli occhi e dietro le palpebre serrate
cominciarono ad affollarsi i ricordi di notti di incubi e mattine
festose
passate in quella stanza, lì, dove ora incombeva solo la
triste presenza
dell’assenza.
Lì,
in quello stesso luogo, li aveva abbracciati per
l’ultima volta, con la speranza che li avrebbe rivisti
presto. Invece non era
andata così: si era ritrovata di nuovo sola con se stessa;
la realtà della
morte dei suoi genitori si era fatta prepotentemente strada tra i suoi
sogni di
ragazzina, distruggendoli inesorabilmente.
Riaprì
di scatto gli occhi, riabituandosi alla poca luce e
scorse con la coda dell’occhio il dipinto di famiglia.
Non
era un’immagine ufficiale, come ad esempio il ritratto
del padre in alta uniforme e con i sigilli reali, appeso nello studio
di Elsa;
no, era un ritratto vero, che più che rappresentare persone,
ritraeva il forte
legame che le univa, nonostante tutto.
Ricordava
che la madre aveva tanto insistito per farlo, ed
era stato in quell’occasione che aveva rivisto Elsa dopo
tanto tempo,
trovandola cambiata, scostante, altera, chiusa dentro i suoi freddi
silenzi.
Li
ritraeva insieme, stretti l’uno all’altra, come una
famiglia normale, come se non ci fossero mai state porte chiuse o
segreti
inconfessabili: lei con una mano poggiata su quella della madre e Elsa
aggrappata al braccio del padre, come se fosse l’unico
elemento sicuro e
stabile in quel mondo.
Si
avvicinò al dipinto, con gli occhi puntati sulle figure
regali dei suoi genitori. Rimase a guardarli per secondi, attimi
infiniti che
in quella stanza si dilatavano oltre il tempo e lo spazio. Oltre anche
la
morte. Fu come riaverli accanto: gli occhi luminosi del padre e il
sorriso
dolce della madre, così reali da sembrarle veri.
Allungò
una mano verso l’immagine. Rimase ferma a mezz’aria
per un istante prima di posarsi sulla tela ruvida,
sull’intreccio di mani che
univano le sue a quelle della madre. Un groppo in gola le
impedì per un momento
di respirare e non poté trattenere oltre le lacrime che le
pungevano agli
angoli degli occhi. Rivoli argentei le scivolarono silenziosi lungo le
guance
rosee, prima di lanciarsi nel vuoto e caderle sul vestito.
Cominciò a
singhiozzare sommessamente, quasi temendo di spezzare il silenzio
immobile di
quel luogo.
Poi
diede voce ai suoi pensieri.
Elsa
era rimasta immobile sulla soglia a fissarla, con il
cuore che le si accartocciava pian piano nel petto. Non aveva mai visto
quel
lato di Anna, sempre allegra e solare, pronta a tutto. Si rese conto di
come la
sorella, quella bambina che era cresciuta a suon di no, sussurrati a
denti
stretti dal buco di una serratura, avesse imparato a nascondere dietro
una
facciata di finta sbadataggine le proprie emozioni.
Guardando
a fondo dentro di sé, Elsa capì di essere stata
non solo l’origine della tristezza di Anna, ma anche la causa
del cambiamento
della sorella. Faceva di tutto per nasconderlo dietro sorrisi luminosi
e
battute di spirito, ma in quel momento, nella quiete di quella stanza,
pensando
di essere sola, dava libero sfogo ai propri sentimenti.
Elsa
sapeva che quella era la vera Anna, quella che aveva
voluto proteggere da se stessa, ma che in realtà aveva solo
distrutto. La
facciata che la sorella si era costruita, era perfettamente uguale a
quella
della bambina spensierata e cocciuta che era stata un tempo. Ma in
quell’involucro
fragile che era il suo cuore, con la potenza di un’onda
anomala, si davano
battaglia spiriti opposti: da una parte c’era una
principessina felice e dall’altra
c’era la piccola Anna, costretta a crescere troppo in fretta,
alla ricerca
delle attenzioni di genitori troppo impegnati a salvare dalla follia
l’altra
figlia.
La
regina era ormai sul punto di andarle incontro e
stringerla a sé, quando sentì la sorella dire
qualcosa.
-“
N-non voglio più rimanere da sola… non voglio
più dire
addio a nessuno.”- Anna stringeva il pugno sulla tela, mentre
teneva il viso
basso, affondato nel petto. I singhiozzi le scuotevano le spalle esili
e
sembrava che da un momento all’altro potesse andare in
frantumi.
Elsa
entrò nel cono di luce e la sua ombra si stagliò
imponente nella stanza. Anna trasalì spaventata, senza
voltarsi: si asciugò le
lacrime e si girò a guardarla, con un sorriso stampato in
volto.
-“Ciao
Elsa, che ci fai da queste parti?”- l’ombra della
sera nascondeva gli occhi rossi della principessa, ma niente poteva
attenuare
il tono malinconico della sua voce.
Elsa
non le rispose e le corse incontro, abbracciandola.
-“Scusami
Anna, scusa per tutto il male che ti ho fatto, per
tutte le porte sbattute in faccia, per tutti i silenzi dietro i quali
mi sono
nascosta…scusa.”- Elsa aveva cominciato a
piangere, mischiando le proprie
lacrime con quelle di Anna, che era rimasta basita da quel contatto
inatteso ma
desiderato a lungo.
Dopo
la faccenda dell’inverno perenne, Elsa non si era mai
scusata per tutti gli anni di isolamento in cui aveva costretto anche
Anna, e
quando le saltava in mente di farlo, era sempre il momento sbagliato;
ma quel
luogo e quel preciso istante di debolezza, le diedero la forza di
parlare.
-“
Non sarai mai più sola, Anna. Non sarai costretta a dire
addio a nessuno, finché ci sarò io.
Starò sempre con te, sarò la tua ombra se
vorrai, ma ti prego, non piangere.”- Elsa la teneva per le
spalle e la guardava
pian piano calmarsi sotto il suo tocco freddo, senza lamentarsi.
Dopo
interminabili minuti di silenzio, Anna le rivolse uno
sguardo strano, a metà fra lo sconcertato e lo scherzo:
“Non dirai mica sul
serio, vero? Sarebbe da psicopatici, intendo il fatto di diventare la
mia
ombra. Io ho bisogno della mia
intimità…”-
-“Oh
Anna…”- Elsa rise di cuore
–“Grazie!”
-“Per
cosa?”-
-“Per
essere te…”
Anna
si allontanò di qualche passo, tendendole la mano:
“Non
preoccuparti, ci sarà il modo di ringraziarmi, prima o poi!
Insomma hai da
farti perdonare parecchie cose, non puoi certamente riparare tutto con
un
abbraccio e un’affermazione del genere.”
Elsa
afferrò la mano tesa e la spintonò:
“Farò qualunque
cosa tu voglia, non dovrai far altro che chiedere.”
-“Oh
beh, allora se la metti così avrei una richiesta: dopo
tutto questo”- indicò lo spazio tra di loro
-“avrei bisogno di una tonnellata
di cioccolato per recuperare il buon umore di qualche ora fa. Per
cominciare
andrebbero bene quei cioccolatini che tieni sul comodino vicino al
letto,
quelli che ti fai arrivare dalla Francia e che non vuoi condividere con
me…”
-“E
tu come fai a …Aspetta, d’accordo, dopo cena ti
aspetto
in camera mia.”- Elsa chiuse la porta dietro di sé.
-“Ci conto,
allora.”
NDA: No Comment! Capitolo
inutile che non aggiunge nulla
alla trama, ma che è uscito così di getto,
prepotentemente dalla mia testa, e
si è fissato sulla pagina di word.Sono rimasta un po'
davanti al pc, indecisa se postarlo o meno, e alla fine l'ho fatto,
tanto per rovinarmi. Capirò se qualcuno vorrà
maledirmi per
avervi fatto aspettare per un capitolo…così!
Accetterò i pomodori e i vari
ortaggi che vorrete virtualmente lanciarmi… Addio.
ps: Anna altamente ooc!
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Capitolo 6 *** Capitolo 6: Preparativi ***
CAPITOLO
6: PREPARATIVI
La
sera precedente Anna era andata in camera di Elsa per
recuperare la sua dolce ricompensa. Avevano trascorso il dopocena tra
mille
risate e chiacchiere innocue tra ragazze; dopo quello che era successo
nel
pomeriggio, Elsa si era “sciolta” un po’,
lasciando intravedere un lato di sé
che Anna non si sarebbe mai aspettata.
-“Oh
ma allora sai ridere… pensavo avessi dimenticato come
si fa!”- Anna l’aveva spinta giù con una
cuscinata e poi si era lasciata cadere
sul letto, mentre rideva a crepapelle per l’espressione
disorientata di Elsa,
tenendosi la pancia con le mani.
-“Dovresti
essere un po’ più rispettosa nei confronti della
tua regina.”- Elsa l’aveva guardata con uno sguardo
serio e un’espressione
distaccata.
-“Dici
sul serio?”- Anna non poteva crederci, ma Elsa non
diede l’impressione di voler cedere
–“oh-oh, d’accordo.”- Anna era
scesa dal
letto e aveva abbassato il capo mortificata.
Elsa
aveva osservato per alcuni secondi Anna, impassibile.
Poi era scoppiata in una fragorosa risata. Anna aveva alzato la testa
di
scatto, presa alla sprovvista.
-“Dovresti
vedere la tua faccia…ma davvero credi sarei
capace di trattarti in questo modo?”-
-“Beh…”-
Anna pensò che la sorella l’aveva fatto per
più di
un decennio, quindi si, credeva ancora che potesse farlo; ma non le
sembrava il
momento adatto per rinfacciarglielo quindi rispose-“
no!”
Poi,
dopo aver parlato ancora
per qualche ora, le due ragazze si erano addormentate, vinte dal sonno
e dalle
troppe emozioni, felici di quel momento di intimità tra
sorella.
Quando
Anna aprì gli occhi la mattina seguente, non
riconobbe il posto dove si trovava: in fondo era solo la seconda volta
che
entrava in camera di Elsa, per lei era come entrare in un altro regno.
Si
alzò a sedere sul letto e trovò la
metà nella quale aveva
dormito la sorella, perfettamente in ordine. ‘Tipico di
Elsa’ pensò tra sé.
Nonostante
non si trovasse nella sua stanza, Grace la venne
a scovare anche lì: “Vostra Altezza, è
ora di svegliarsi. Il Sole è alto nel
cielo da un bel pezzo!”
Anna
sbuffò contrariata: aveva pensato che per quel giorno
avrebbe potuto dormire qualche minuto in più, invece Grace
l’aveva tirata su
alla solita ora.
-“Grace,
non potremmo fare un’eccezione per oggi? Su, solo
dieci minuti in più! Ti preeeegoooo!”- la
principessa sbatté le lunghe ciglia,
rivolta alla donna che si affaccendava nella stanza.
Ma
Grace non mollò la presa; la guardò storto
portandosi le
mani sui fianchi, pronta per una delle sue ramanzine, aprì
bocca, ma prima di
poter dire anche una sola sillaba, Anna scese sconfitta dal letto.
-“Non
c’è bisogno che tu aggiunga altro, ho
capito!”- la
principessa la sorpassò e uscì dalla stanza della
regina, diretta nella sua.
Grace
la seguì a ruota: “Su, su. Oggi dove cominciare a
prepararsi per il viaggio verso Corona. Ha già deciso cosa
porterà con sé e che
abito indosserà alla cerimonia?”- la donna
l’aiutò a togliersi i vestiti con
cui si era addormentata, ormai tutti stropicciati, e poi la fece sedere
come
ogni mattina alla specchiera, per districare l’inestricabile
matassa rossa che
erano i suoi capelli.
-“Non
ancora…”- sbadigliò ancora assonnata
–“non ho la più
pallida idea di cosa potrebbe servirmi: non sono mai stata ad un
matrimonio ed
inoltre non so che tempo faccia da quelle parti…oh e cosa
davvero molto
importante: non sono mai uscita da Arendelle!”
-“Una
volta ho accompagnato sua madre nel regno della
sorella, Corona per l’appunto. Mi sembra proprio in occasione
della nascita
della principessa Rapunzel, se non ricordo male.”- Grace si
perse un attimo nei
suoi pensieri, seguitando ad acconciare i capelli di Anna in una
complicata
pettinatura.
Anna
si schiarì la voce e la donna sussultò:
“Perdonatemi,
ero persa nei ricordi. Comunque dicevo, Corona gode di un ottimo clima,
anche
ora che l’autunno è alle porte, sono quasi sicura
che la temperatura sia
gradevole, non rigida come da queste parti.”
-“Oh
beh questo restringe le mie scelte…meno della
metà del
mio guardaroba contiene abiti adatti ad un tale clima. Dovrò
mettere sotto
pressione il sarto reale per farmi confezionare degli abiti adatti in
quattro
giorni.”-
-“Credo
che dietro una ‘calda’ raccomandazione da parte
della regina, il sarto sarà felice di accontentare ogni sua
richiesta.”- Grace
accompagnò quelle parole con un occhiolino. Anna
ridacchiò, divertita da quella
battuta.
-“A
proposito, chi vi accompagnerà in questa avventura fuori
dai confini del regno?”-
-“Beh,
l’ho chiesto a Kristoff, ricordi? Il ‘mastro
consegnatore del ghiaccio’.”- Anna
arrossì impercettibilmente: anche solo
nominare il suo nome le mandava lo stomaco sottosopra.
Grace
annuì, sorridendo fra sé per
l’innocenza quasi puerile
della principessa.
-“Ha
accettato volentieri di accompagnarmi. Spero vada tutto
bene.”- sospirò.
-“Vostra
altezza, non vorrei essere scortese, ma avrei da
chiederle una cosa: il ragazzo del ghiaccio sarà a suo agio
tra tutta quella
gente, tra tutti quei nobili accorsi per festeggiare? Insomma,
avrà capito cosa
intendo.”- Grace finì l’acconciatura di
Anna e si allontanò per osservarla, orgogliosa
dell’ottimo lavoro che aveva fatto.
-“Oh…non
ci avevo pensato. Anzi, ora che mi ci fai pensare,
credo che nemmeno Kristoff abbia i vestiti giusti per venire ad un
matrimonio.
Credo che a parte i suoi abiti da lavoro non abbia molto altro nel suo
armadio…sempre
ammesso che ce l’abbia un armadio, conoscendolo. A quanto
pare il sarto dovrà
lavorare il doppio!”- ponderò su
quell’ultima affermazione e poi rispose alla
domanda della donna –“Comunque credo starà bene, non
lo lascerò certo solo…ci
faremo coraggio a vicenda. Ricorda che nemmeno io sono abituata ad
avere tanta
gente attorno.”
Grace
l’aiuto a vestirsi e poi
augurandole buona giornata la lasciò alle sue faccende da
sbrigare.
Dopo
quella chiacchierata con Grace, Anna corse da Elsa per
farle presente la faccenda degli abiti per il viaggio e la regina
promise alla
principessa che avrebbe parlato quella mattina stessa con il sarto.
Poi
Anna uscì dal castello, alla ricerca di Kristoff.
Arrivò
nella piazza centrale di Arendelle, la piazza dove si teneva ogni
giorno il
mercato e cominciò a cercarlo con lo sguardo, tra la folla
di avventori e
commercianti.
I
profumi dei fiori e della frutta esposta, le pizzicavano
piacevolmente il naso, facendole venire un certo languorino: ora che ci
pensava, non aveva nemmeno fatto colazione quella mattina, troppo presa
dal
resto.
Camminò
ancora alcuni minuti tra i banchetti pieni di merci
colorate, rapita dalla vitalità della folla: poche persone
l’avevano
riconosciuta e questo la rallegrò; le piaceva passare
inosservata tra la gente
senza essere fermata ogni due secondi per inchini e complimenti.
Infine,
da lontano, nello spiraglio tra due tendoni di
stoffe, intravide la chioma bionda che cercava. Gli corse incontro e
prima che
Kristoff potesse voltarsi, gli coprì gli occhi con le mani:
“Chi sono?”- gli
chiese con la voce camuffata ma inconfondibilmente acuta e divertita.
-“Di
sicuro qualcuno che non conosco…”- il ragazzo la
punzecchiò.
-“Su,su.
Non è difficile! Sono A..”- Anna cominciava a
spazientirsi.
-“Oh
Annika, quanto tempo è passato!”- Kristoff era
sicuro
che l’avrebbe fatta infuriare.
-“Che
cosa!? Chi sarebbe questa Annika? Pensavo di essere la
tua prima ragazza…anzi il tuo primo contatto
umano!”- Anna gli restituì la
vista, infastidita da quell’affermazione, rilanciandogli la
frecciatina.
Kristoff
si voltò giusto in tempo per vedere la sua
espressione contrariata: “Oh sei tu… come mai da
queste parti?”- non riusciva a
trattenersi, Anna aveva la faccia rossa e le labbra arricciate.
-“Spero
tu stia scherzando!”- la principessa cominciò a
battere il piede in terra, irritata.
Kristoff
le sorrise complice, ma non le rispose. Invece si
abbassò all’altezza di Anna e le disse in un
orecchio: “Sai che quando ti
arrabbi sei più carina? Dovrei farlo più spesso,
intendo farti uscire dai
gangheri.”
Anna
lo fissò per un momento negli occhi scuri, con il fiato
mozzato e il cuore lanciato al galoppo.
-“N-non
osare…”- le uscì in un sussurro; non
seppe dirgli
null’altro, troppo presa dalla vicinanza tra loro.
Kristoff
tornò al suo posto, tornando a spaccare i grossi
blocchi di ghiaccio sulla slitta in pezzi più piccoli,
lasciandola così
immobile da sembrare anch’essa una statua di ghiaccio.
Sven
le leccò una guancia per salutarla e la fece rinvenire
dal suo stato catatonico: “Oh ciao Sven, non ti avevo
notato.”
La
renna le lanciò un’occhiata divertita: “Me n’ero accorto!”-
Kristoff lesse nei
pensieri dell’amico come al solito, facendo sobbalzare Anna
che gli dava le
spalle.
-“È
da brivido questa cosa.”- la ragazza si voltò a
guardarlo,
mentre lui continuava ad essere divertito dalle sfumature cangianti
della
faccia della principessa.
-“Me
l’hai già detto e io ti ho già ribadito
che non posso
farne a meno, è più forte di me! Allora
perché sei qui?”-
-
“Per parlarti del viaggio che ci apprestiamo a compiere
”-
incrociò le braccia al petto-“ ma a quanto vedo,
forse non è più il caso che tu
venga con me…forse hai altro da fare con Annika!”-
sottolineò con voce velenosa
quel nome.
-“Cos’è
quella nota negativa che sento nella tua voce? Sarà
forse gelosia?”- era più forte di lui, non lo
faceva apposta, lo divertiva
vederla in quello stato di totale abbandono all’ira.
-“Mpf,
io gelosa? Ma fammi il piacere. E poi, giusto per
sapere, chi sarebbe questa altra ragazza con cui ti vedi?”-
-“Anna…dici
sul serio? Non esiste nessuna Annika, ti sto
prendendo in giro. Come mi hai fatto giustamente notare, tu sei la
prima,
nonché unica, per ora, ‘conoscenza
umana’.”- dall’alto della su statura le
pose
una mano sul capo, picchiettando leggermente –“Ora
puoi ammetterlo, sei un po’
gelosa del sottoscritto…ti si legge in faccia!”
-
“Non essere sciocco!”- lo guardò con
aria di sufficienza,
sottraendosi al suo tocco - “Comunque, sei ancora interessato
ad
accompagnarmi?”
-“Certo
che sì. Perché non dovrei esserlo?”- si
voltò
interrogativo verso Anna.
-“Ah
non saprei.”- la principessa scrollò le spalle,
ancora
arrabbiata, però poi tornò seria
–“Insomma, sarai a tuo agio tra tutta quella
gente?”-
-“Credo
di sì.”-
-“Bene,
anzi benissimo. Hai ancora molto da fare qui?”-
chiese tutto d’un tratto eccitatissima.
-“Non
molto, perché?”- Kristoff temeva la scintilla che
accendeva gli occhi di Anna.
Anna
non rispose, ma lo prese per mano e cominciò a
sgusciare tra la gente, trascinandosi dietro uno stupito Kristoff.
-“Ma
Sven…”- tentò di ribattere il ragazzo.
-“Non
preoccuparti, starà benone.”- Anna
continuò a correre
alla volta del palazzo. -“Dobbiamo prendere le misure per gli
abiti, altrimenti
il sarto reale non farà in tempo!”-
Arrivati
al portone principale del castello, Kristoff si
fermò trattenendola: “Il sarto? Gli abiti? Ma che
vai blaterando?”
-“E
sentiamo, come avresti intenzione di presentarti alle
nozze? Con i tuoi vestiti da lavoro?”-
-“No,
e chi ti dice che io non abbia altri abiti a parte
questi?”- disse indicandosi da capo a piedi.
-“Ne
hai altri?”- chiese scettica.
Kristoff
tentennò per alcuni secondi, poi arrossendo
aggiunse: “No.”
-“Beh
allora dobbiamo sbrigarci…siamo nella stessa situazione.
Ci servono al più presto questi abiti. Forza su!”
Anna
lo condusse in una stanzetta al pian terreno del palazzo,
accanto alla sala da pranzo e alla biblioteca: era una camera minuscola
se confrontata
con l’enorme sala da ballo o con la sala delle udienze, ma
era arredata di
tutto punto, con divanetti e poltrone. C’era persino un
manichino con decine di
spilline appuntate sulle spalle.
-“Questa
è la sala dove io e Elsa prendiamo le misure per i
nostri abiti. Il sarto starà arrivando a
quest’ora.” la principessa lo fece
accomodare- “Aspetta qui, vado a controllare, torno
subito!”
Poi
Anna si chiuse la porta alle spalle e lo lasciò da solo
con i suoi pensieri: aveva fatto bene ad accettare di accompagnarla? E
se le
avesse fatto fare brutta figura? Oddio non c’era nemmeno Sven
per parlarne con
qualcuno! E se ne avesse parlato con la diretta interessata? No, era
fuori
discussione, avrebbe fatto solo la figura dell’idiota e
poi…
Il
suo flusso inesauribile di pensieri venne, per fortuna,
interrotto dalla porta che si apriva e da Anna che ne entrava raggiante
con un
uomo mingherlino dietro.
-“Kristoff,
questo è Fredrik, il nostro fidato sarto di
corte. Ti lascio nelle sue mani esperte, sa già cosa deve
fare…”- gli sorrise e
poi uscì di nuovo, lasciandolo con quell’omuncolo
sconosciuto.
Kristoff
si tolse il berretto e lo salutò con un inchino appena
accennato, mentre Fredrik cominciava a girargli attorno come un
cacciatore fa
con la preda, lisciandosi i sottili baffetti biondi.
-“Mmm”-
si lamentò- “abbiamo parecchio lavoro da
fare.”- si
allontanò da Kristoff avvicinandosi ad una piccola pedana al
centro della stanza,
nella parte più illuminata.
-“Ragazzo
non abbiamo tutta la giornata. Salga qui e si
tolga la casacca.”- un ordine perentorio, al quale non
avrebbe certo disobbedito.
Il
ragazzo fece come ordinatogli e rimase immobile a fissare
il sarto che lo analizzava con sguardo critico. Poi l’uomo
tirò fuori da una
tasca un metro e cominciò a misurargli braccia, gambe e
spalle.
Kristoff
si muoveva come una marionetta, rigido come un
ciocco di legno, mentre l’uomo misurava e appuntava su una
strisciolina di
carta dei numeri.
Rimase
chiuso in quella stanza per un tempo infinito, i
minuti passavano come ore, prolungando il suo supplizio. Alla fine lo
fece
rivestire e fece entrare Anna.
-“Allora,
ha qualche idea per i suoi abiti?”- chiese la
principessa squadrando Kristoff e avvicinandosi al sarto.
-“Vostra
Altezza, lasciate fare a me, non ve ne pentirete.”-
le sorrise con rispetto.
Poi
per un minuto buono nessuno disse niente, fin quando
Anna non si schiarì la voce:
“Ehm…Kristoff, sarebbe il mio turno. Potresti
accomodarti fuori?”-
Kristoff
annuì imbarazzato e uscì subito; una volta fuori
si
appoggiò alla porta chiusa, sbuffando: “Sono
davvero un idiota…”- si voltò per
andarsene,
ma qualcosa lo fermò e gli fece accelerare i battiti del
cuore.
-“Non
è carino? Si non parla molto ma è
così, così…perfetto!”-
Anna lo disse con un tono così squillante che anche Kristoff
che era chiuso
fuori dalla porta la sentì.
AngoloAutrice:
salve gente! Come va? So che vi ho fatto
aspettare tanto per il nuovo aggiornamento, ma spero che
l’attesa sia ben ripagata
Non
ho nulla da ridire su qst chap, anzi dico
solo che è un capitolo di passaggio… il prossimo,
ispirazione permettendo,
parlerà del viaggio verso Corona: come se la caveranno i
nostri beniamini
chiusi in uno spazio angusto in mezzo al mare?
Ok allora aspetto i
vostri sempre graditi commenti e
ringrazio come sempre tutti quelli che hanno inserito la storia tra le
seguite
o le preferite o le ricordate (siete così tanti che sarebbe
troppo lungo dover
scrivere tutti i vostri nomi!) e grazie anche a quelli che amo definire
lettori
silenziosi! ;) al prossimo aggiornamento***
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Capitolo 7 *** Capitolo 7: In viaggio ***
CAPITOLO
7: IN
VIAGGIO
Con
il poco
preavviso che aveva ricevuto, il sarto di corte dovette mettere
all’opera tutta
la sua boutique per confezionare gli abiti della principessa e del suo
accompagnatore, facendo lavorare le sue stiliste fino a notte fonda per
disegnare i modelli dei vestiti; ma tutta l’ansia e tutto il
duro lavoro,
vennero ben ripagati il giorno prima del fatidico viaggio, quando
portò gli
abiti al castello. Anna lo accolse con un sorriso raggiante e un
eccitato
battere di mani, mentre Elsa, che era giunta in quel momento, gli
rivolse un
cenno del capo e un lieve sorriso, in segno di riconoscenza.
-“Vostra
Altezza,
gli abiti che mi aveva commissionato sono qui.”-
mostrò ad Anna i fagotti che i
paggi tenevano tra le braccia-“Spero che il mio lavoro vi
soddisfi.”- le fece
un lieve inchino.
-“Oh
Fredrik, sono sicura che hai fatto un ottimo lavoro…posso
vederli?”- Anna
saltellava da un piede all’altro, impaziente di vedere i suoi
nuovi abiti.
I
paggi
poggiarono i fagotti sulle poltrone di broccato, e li aprirono,
lasciando
intravedere delle stoffe colorate e preziose: Anna si
illuminò mandando un
gridolino di felicità.
Fredrik
la
osservò orgoglioso: la sua arte e la sua maestria, sarebbero
state conosciute
anche oltre i confini di Arendelle!
Prese
uno
degli abiti e lo mostrò alla principessa: “Questo
è l’abito che mi avete
chiesto per la cerimonia di nozze…è del colore
che desideravate?”
Anna
lo
guardò, stupita da tanta bellezza: non aveva mai indossato
un abito come
quello. In realtà avrebbe potuto averlo se avesse voluto, ma
per farne cosa
poi?! Non aveva mai avuto occasioni adatte per indossare un tale
capolavoro di
sartoria!
Lo
afferrò
dalle mani del sarto e lo misurò ad occhio, volteggiando per
la stanza,
dimentica degli sguardi dei paggi e del sarto puntati su di lei; si
fermò
dinanzi allo specchio, osservando la sua figura: “Devo
assolutamente misurarlo!
Fredrik puoi chiamare Grace?”
Il
sarto
indicò l’uscita ai paggi e fece come Anna gli
aveva chiesto, chiudendosi la
porta alle spalle. Un minuto dopo Grace entrò nella stanza,
trovando Anna che
si guardava con occhi sognanti allo specchio: “Vostra
Altezza, mi ha fatta
chiamare?”
Anna
si
riprese dal suo stato di trance: “Oh Grace, si grazie.
Potresti aiutarmi ad
infilare questo?”
-“Ma
certo.”- Grace le si avvicinò e l’aiuto
a togliersi l’abito che aveva indosso e
ad infilarsi quello nuovo.
Quando
ebbe
finito, Anna cominciò a piroettare per la stanza, e come
qualche minuto prima,
si fermò allo specchio: “Oddio sembro una
principessa!”- un sorriso le si allargò
pian piano sulla bocca.
-“Maestà,
lei è una principessa…”- Grace non
capiva.
-“Oh
si, si.
Ma io intendo una vera principessa!”- Anna tentò
di spiegarsi meglio, ma
confuse ancora di più la povera donna, che la guardava in
modo strano.
-“Maestà
credo di non capire.”-
-“Grace,
intendo che ora ho l’aspetto di una principessa. Con questo
indosso, è come se
mi fossi infilata un pizzico di regalità in più.
Di solito non porto abiti di
questo genere, e lo sai…e poi non sono proprio il modello
adatto di
principessa: sono chiassosa e parlo di continuo e chissà
cos’altro, ma grazie a
questo vestito, tutte le mie pecche non saranno notate affatto.
Sarò la degna
principessa che Arendelle si merita!”-
-“Capisco…”-
Grace le sorrise, pensando tra sé che la principessa era
davvero un po’ strana.
-“Dobbiamo
misurare anche gli altri!”-
Così
Anna
trascorse metà mattinata a provare vestiti, aiutata da Grace.
Quando
la
pendola nel corridoio scoccò mezzogiorno, Anna fece
rientrare il sarto e si
congratulò con lui per il magnifico lavoro svolto.
-“Vostra
Altezza è sempre un onore. Ma ditemi, anche gli abiti del
suo accompagnatore le
sono graditi?”-
-“Oh-oh…me
ne ero completamente dimenticata!”- il sarto la
guardò sconsolato e lei cercò
di rimediare-“ Ma sono certa che dato
l’egregio…splendido, stupefacente lavoro
che hai fatto per me, gli abiti di Kristoff saranno
perfetti!”-
Il
sarto sembrò contento di come le cose fossero andate a
finire alla fin fine, e congedandosi dalla principessa si
allontanò contento.
Poco
dopo, nella stanza dove Anna aveva provato gli abiti,
giunse Elsa: “Allora, sei soddisfatta?”
Anna,
che era intenta a sbriciare tra i fagotti che
contenevano gli abiti di Kristoff, le rivolse un sorriso splendente:
“Soddisfatta è dir poco! Io adoro questi nuovi
abiti.”
-“E
Kristoff ha visto i suoi?”- Elsa non riusciva proprio ad
immaginarsi il ragazzo ad un ricevimento con indosso abiti eleganti.
-“No.”-
Anna non le prestava molta attenzione e non sembrava
preoccupata per quella faccenda.
-“E
se non gli piacessero?”- Elsa incrociò le braccia
al
petto.
-“È
proprio per questo che non deve vederli! Li vedrà solo al
nostro arrivo a Corona. Gli farò recapitare solo quelli per
il viaggio, che non
sono poi così diversi da quelli che usa di solito,
così non si insospettirà.”-
-“Perché
mai dovrebbe insospettirsi!?”- Elsa alzò un
sopracciglio chiaro.
Anna
le fece segno di avvicinarsi ad uno dei fagotti e aprì
leggermente per mostrarne il contenuto.
La
principessa ridacchiava in silenzio, scossa dalle troppe risate
che tratteneva. Quando la regina vide il contenuto del pacco, non
poté fare a
meno di ridere a sua volta: si sarebbe persa un bello spettacolo a
Corona.
All’alba
del
mattino seguente, la nave che avrebbe dovuto portare Anna e Kristoff a
Corona,
attraccò, pronta per il viaggio, al molo privato del
castello.
Elsa
e Anna
aspettavano sulla banchina l’arrivo del ragazzo, nella bruma
mattutina, strette
nei loro mantelli.
-“Elsa
potevi tranquillamente startene a letto. Non c’era affatto
bisogno che venissi
a salutarmi!”- Anna tremava nell’aria fredda delle
prime luci dell’alba e
spostava lo sguardo, tesa, tra la sorella e la nave alla sua destra.
-“Anna
non
essere sciocca. Non potevo lasciarti andare senza nemmeno salutarti.
Insomma,
non ti avrò in giro per il castello per almeno quattro
giorni. Non credi che mi
mancherai?”- Elsa era seria, anche se nascondeva la
preoccupazione per il
viaggio dietro un sorriso tirato ed un’aria tranquilla.
-“Anche
tu
mi mancherai. E non essere preoccupata, sono in buone mani!”-
le fece l’occhiolino
e la regina sbuffò.
-“Come
no!
Nelle mani di uno che non si è ancora fatto vedere, sei
sicura che verrà?”-
Elsa cercava un pretesto per trattenere Anna ad Arendelle.
-“Certo.
Me
l’ha promesso!”- Anna si voltò verso il
varco dal quale erano arrivate lei e la
sorella, e dal quale doveva giungere anche Kristoff.
-“Promettimi
che non farai sciocchezze e che non ti metterai in pericolo, ti
prego.”-
-“Sta
tranquilla, è tutto sotto controllo…oh eccolo.
Che ti dicevo, è venuto!”-
Elsa
si
voltò nella direzione in cui guardava Anna e scorse, tra la
nebbia che andava a
diradarsi, due figure: Kristoff seguiva Alec, uno dei maggiordomi che
l’aveva
condotto fino a loro.
-“Pensavo
avessi deciso di non venire più…”- Anna
lo salutò con un bacio sulla guancia,
facendolo arrossire, senza preoccuparsi della presenza di Elsa.
-“Beh,
in
realtà avrei voluto, ma i troll mi hanno insegnato che ogni
promessa è debito e
quindi…”- si voltò verso Elsa,
intimorito come ogni volta, inchinandosi -“Mia
regina.”
-“Kristoff.”-
fece un cenno del capo- “Spero di potermi fidare di te. Ti
affido Anna, fa in
modo che non le accada nulla, altrimenti…”
-“Elsa!”-
Anna la richiamò, prima che potesse concludere la frase, ma
sapeva che il
ragazzo aveva capito, avevano già fatto quella chiacchierata.
-“La
nave è
pronta a salpare, mia regina.”- uno degli uomini
dell’equipaggio si avvicinò al
piccolo gruppetto e poi tornò indietro, cominciando a
sciogliere i nodi che
tenevano l’imbarcazione ferma al molo.
-“Credo
sia
ora di salutarci.”- Elsa strinse in un abbraccio Anna che la
ricambiò e nello
stesso momento rivolse uno sguardo fulminante a Kristoff, mentre la
sorella non
poteva vedere; quello sguardo diceva più di quanto avrebbero
potuto dire le
parole: ‘stai in riga, altrimenti ti faccio diventare un
ghiacciolo!’.
Le
sorelle
si sciolsero dall’abbraccio e Kristoff chinò il
capo verso la regina, prendendo
Anna sottobraccio.
-“Ci
vediamo
tra quattro giorni.”- Anna si voltò
l’ultima volta verso la sorella, prima di
salire sulla passerella della nave.
Una
volta a
bordo Kristoff tirò un sospiro di sollievo, vedendo la
regina sul molo, farsi
sempre più lontana.
Poi
rivolse
uno sguardo a Anna che era ancora stretta al suo braccio e non sembrava
volesse
staccarsi: “Cosa c’è?”
-“Ho
paura…”-
sussurrò tra i denti, mentre con la mano salutava ancora la
sorella, affacciata
al parapetto della nave- “Non sono mai stata su una
nave…e se dovesse
affondare? Sono troppo giovane per morire!”- disse con tono
drammatico.
-“Beh
allora
siamo in due!”- Kristoff le rivolse un sorriso tirato, ma
agli occhi di Anna
sembrò più una smorfia di puro panico.
-“Davvero?
Ma io avevo assicurato ad Elsa che ero in buone mani!”-
piagnucolò.
-“Ehi,
sono
il tuo accompagnatore, non la tua scialuppa di salvataggio!”-
protestò il
ragazzo.
Intanto
la
nave si era allontanata dal fiordo e il castello di Arendelle era solo
una
macchia di colore tra la nebbia lattiginosa.
Anna
lo
guardò a bocca aperta, stupefatta da quella risposta.
Kristoff
se
ne rese conto: “Scusa, non volevo. È solo che sono
agitato!”- si scusò.
-“Per
il
viaggio o per il resto?”-
-“Per
tutto…insomma sono solo un “montanaro”,
non sono sicuro che sarò all’altezza
della situazione, e poi non vorrei farti sfigurare.”- glielo
aveva detto alla
fine; lì, sulla nave, in mezzo al mare, dove non sarebbe
potuto scappare.
Anna
lo
guardò con dolcezza: “Oh non preoccuparti, a
quello ci penserò
io!”-sdrammatizzò.
Kristoff
aveva lo sguardo fisso sull’acqua che scorreva via sotto la
chiglia della nave:
“Mmh che ne dici se per ora ci allontaniamo da qui e ci
accomodiamo dove non
possiamo vedere il mare?”
-“Concordo!”-
Mentre
si
avvicinavano alla scala per scendere in coperta, Anno lo
scrutò furtivamente:
gli abiti che gli aveva mandato si intravedevano appena sotto il
mantello scuro
che gli copriva le spalle, ma immaginò il risultato del
completo indosso a
Kristoff, arrossendo.
-“Perché
sei
arrossita?”-
Anna
sobbalzò colta sul misfatto: “Ehm
io…io, beh niente. Cioè mi chiedevo, è
tutta
lì la tua roba?”- gli indicò la sacca
da viaggio che aveva appesa ad una
spalla, cambiando discorso.
Kristoff
alzò un sopracciglio, sicuro che Anna gli nascondesse
qualcosa: “Beh io almeno
ho portato qualcosa. Invece dove sono i tuoi bagagli?”
-“Oh
beh non
preoccuparti per me, i miei bauli sono nella stiva!”-
-“B-bauli!?”-
Anna
gli
sorrise per confermare: “Ben tre.”
-“Ma
quanta
roba ti sei portata dietro? Ti ricordo che staremo via solo per pochi
giorni!”-
-“Io
ho
bisogno delle mie cose, devo essere pronta per ogni
evenienza.”- cominciò a
scendere la scala di coperta -“E poi non dimenticarti che in
uno di quei bauli
ci sono le tue, di cose.”
-“Un
baule
intero per me?”- chiese stupito.
-“Certo.
Altrimenti come avrei portato tutti gli abiti che ti ha confezionato il
sarto?”- Anna rideva tra sé, immaginando
già la faccia di Kristoff alla vista
della seta, del lino e del velluto, con cui si sarebbe dovuto coprire.
-“Tremo
già
al solo pensiero. Dimmi una cosa, sarò ridicolo?”-
aveva davvero paura di
scoprire cosa quell’omuncolo del sarto avesse preparato per
lui.
-“Non
dire
sciocchezze, sarai vicino alla sottoscritta, quindi non sembrerai in
alcun modo
ridicolo.”- Anna gli lasciò il braccio e si
avvicinò ad una porta, aprendola.
-“Questa
è la
tua cabina.”- disse lasciandogli guardare dentro
–“Qui c’è la mia e
lì c’è il
salotto.”- aggiunse indicandogli altre due porte in quel
corridoio angusto
–“Spero vada bene.”
-“Anna,
dormo in una baita in montagna, sono abituato alle cose
spartane…questa cabina
sembra una stanza reale per quanto mi riguarda.”-
La
principessa scrollò le spalle; poi si diresse verso il
salottino della nave. Si accomodò su uno dei divanetti,
slacciandosi il
mantello. Kristoff la seguì, sedendosi sulla poltrona
difronte alla
principessa, imitandola.
Il
silenzio cominciava già a pesare, ma la situazione era
abbastanza imbarazzante: “Allora…che si fa
adesso?”
Dopo
tre
partite a scacchi e due a dama, i due ragazzi avevano esaurito le idee
per
passare il tempo, e si erano ridotti a parlare per domande e
monosillabi. Anche
Anna che di solito non teneva mai la bocca chiusa, era stranamente
silenziosa:
poggiata comodamente allo schienale del divano, guardava scorrere il
paesaggio,
ormai monotono, attraverso una piccola finestra.
-“Ti
andrebbe di salire sul ponte?”- la buttò li, tanto
non avevano altro da fare.
-“Mm,mm.”-
Kristoff le rispose con un verso: aveva il volto pallido come uno
straccio.
Salirono
le
scale di coperta con gambe traballanti, e uscirono sul ponte soleggiato.
Anna
tirò un
sospiro di sollievo: non c’erano nuvole
all’orizzonte per cui non avrebbe
dovuto temere una tempesta. Kristoff al suo fianco respirava appena e
teneva
gli occhi chiusi.
-“Sicuro
di
stare bene, Kristoff?”- la principessa gli poggiò
una mano sul braccio.
Il
ragazzo
fece un verso per tranquillizzarla. Anna lo fissò per alcuni
secondi e poi lo
condusse per mano verso la postazione del capitano.
L’uomo,
vedendo arrivare la principessa, lasciò per un attimo il
timone e le andò
incontro, facendole un inchino: “Vostra Altezza. Sono il
capitano Erik Reider,
è un piacere averla a bordo.”
-“Grazie
capitano. Lui è il mio accompagnatore, Kristoff Bjorgman, il
mastro
consegnatore del ghiaccio di Arendelle.”- Anna lo
presentò con il suo titolo
onorario; il ragazzo porse la mano all’uomo difronte e gliela
strinse senza
aggiungere altro.
-“Mi
sembra
che il mare non ti faccia molto bene…”-
osservò divertito il capitano.
-“No.
Sono
abituato all’aria di montagna.”-
-“Allora
capitano,
come procede il viaggio?”- Anna cercava di tenere occupata la
mente, cercando
di non prestare attenzione all’enorme distesa
d’acqua salata che li circondava:
ormai erano ore che non vedeva terra all’orizzonte e questo
la terrorizzava.
-“Per
ora
bene, abbiamo il vento a nostro favore e la nave fila liscia tra le
onde.”- il
capitano Reider le sorrise rassicurante.
Anna
tremò a quelle parole: “Come per ora?”-
squittì terrorizzata.
In
quel
momento la nave rollò sul lato destro, spinta da
un’onda improvvisa, facendo
traballare i due ragazzi, mentre il capitano rimase fermo al suo posto
dietro
il timone.
Anna
si
aggrappò al braccio di Kristoff, colta di sorpresa, e
tornando dritta guardò il
ragazzo: “T-tutto
bene?”
Kristoff
scosse il capo: “Credo che darò di
stomaco…”- e all’improvviso
scappò via,
lontano dalla vista della principessa e del capitano.
-“Sarà
una
serata movimentata!”-esclamò il capitano.
-“Che
significa?”-
-“Che
ci
sarà da ballare.”- rise il capitano.
-“Oh credo
di non aver capito. Ci sarà una festa?”- chiese
Anna scettica.
-“Oh
no,
Vostra Altezza. Intendo che il mare si sta ingrossando e che la nave
sarà in
balia delle onde; ma non si preoccupi, è una cosa che capita
spesso.”
Anna lo
fissò con gli occhi chiari sgranati per la paura:
“Credo che raggiungerò
Kristoff…”
AngoloAutrice:
buonasera gente! Sono passati un po’ di giorni
dall’ultimo aggiornamento, e ho
notato che è passato un po’ inosservato lo scorso
capitolo…spero che non vi
stia annoiando! Cooooomunque che ne pensate di questo nuovo? Non dice
granchè
però non mi dispiace e devo confessarvi che mentre scrivevo,
più di una volta
sono scoppiata a ridere. Spero diverta anche voi!
Ok allora
passiamo ai ringraziamenti: siete aumentati ancora e questo non
può che
rendermi iperfelice! XD
Grazie
a*rullo
di tamburi*:
-Bane
- bioshock1988
- chiarotti2000
- cigliegioinfiore
- DoubleLife
- gwinny
- Kerolo
- Kiaretta
_Kudo
- leti_pitch_perfect
(alias
la mia cara principessa Anna,
con cui chiacchiero molto volentieri e con cui scambio pareri e
consigli…ciao
cara!)
-LoveCrazyCarrot
-Romantic_Dreamer
per aver
inserito la storia tra le preferite ;)
Poi,
poi Special Thanks to:
- AngelVidel14
- Bane
- bioshock1988
- Brittalvi
- ChrisAndreini
- Dark_Chocolate
- IreTomlinson
- luuuuchi_
- marta_uzumaki86
- mintheart
- misshorseslife
- Niksss
- Sakyo91
- Silver
Loreley
- _Lethe
- _Spark_
che hanno inserito la
storia tra le seguite ;)
Grazie anche a Kaninchen
e Reira_Hachi
che
hanno letto e recensito! E a tutti quelli che leggono soltanto.
Grazie mille a tutte
voi…(do per scontato che siete tutte
ragazze, ma se ci sono ragazzi tra di voi, non posso che esserne
felice!
Ragazzi se ci siete battete un colpo!! :D)
Ok scleri a
parte vi lascio…al prossimo capitolo ^.^
Ps: ho
cercato
di fare un capitolo un po’ più lungo, per la
felicità di gwinny
che qualche
recensione fa mi ha pregata di allungarmi…spero di averti
accontentata!
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Capitolo 8 *** Capitolo 8:Corona ***
NDA:
questo capitolo è dedicato ad Anna, alias Feisty Pants,
la mia sorellina di efp che mi incoraggia e mi consiglia sempre! Un
bacio enorme
cara, spero ti piaccia ;)
Buona Lettura!
CAPITOLO
8: CORONA
Dopo
le cinque del pomeriggio, proprio mentre il sole
cominciava la sua discesa, il mare cominciò ad ingrossarsi e
le onde a sbattere
contro i fianchi della nave, sbattendola a destra e a manca, proprio
come aveva
annunciato il capitano.
-“Ma
non è possibile! Fino a qualche minuto fa non
c’era
nessuna nuvola in cielo!”- Anna si manteneva a uno dei pali
della nave, mentre
con gli occhi impauriti guardava i grossi nuvoloni grigi, portatori di
tempesta, approntarsi all’orizzonte.
-“Vostra
Altezza, il clima in mare segue regole diverse che
sulla terraferma! Comunque il ponte non è posto per lei in
questo momento…scenda
in coperta e si porti dietro il suo amico, prima che cada in
mare!”- il
capitano indicò con il capo un punto dietro di lei; Anna
seguì la direzione che
l’uomo le indicava e scorse Kristoff affacciato al parapetto
dell’imbarcazione…
si corresse: non affacciato, ma aggrappato!
Si
avvicinò al ragazzo, mentre sulla sua testa, i marinai
volteggiavano tra le sartie della nave, per mettere in salvo le vele
dal vento
che si stava alzando.
-“Kristoff”-
gli disse poggiandogli una mano su una
spalla-“il capitano dice di scendere in coperta,
perché tra un po’ il ponte non
sarà più agibile per noi due!”-
Kristoff
si voltò verso di lei con la faccia pallida e
tirata: “Moriremo, vero?”
-“Non
dire sciocchezze…e poi tu sai nuotare, no?”- Anna
cercò di tranquillizzarlo, ma le sue parole sembrarono
sortire l’effetto
contrario.
Il
ragazzo scosse la testa: “Ti sembro il tipo che sa
nuotare?”
-“Ehm…d’accordo,
allora andiamo di sotto. Scommetto che ti
sentirai meglio.”- Anna lo prese per mano e per quanto
potesse permetterle la
sua statura, gli mise un braccio sulle spalle.
Una
volta sotto coperta lo portò davanti alla porta della
sua cabina, ma Kristoff la fermò: “Non credo che
stare steso in questo momento
mi faccia bene. Che ne dici del salotto?”-
Anna
annuì sovrappensiero e lo fece accomodare su uno dei
divanetti. Il ragazzo era davvero ridotto ad uno straccio e la
principessa se
ne diede la colpa: “Scusa è colpa mia, non avrei
dovuto costringerti ad
accompagnarmi.”- disse mentre si torturava le mani.
-“Non
dire idiozie, ho scelto io di venire. Tu non mi hai
costretto affatto. È solo che sono abituato ad avere la
terraferma sotto i
piedi e trovarmi qui, in mezzo al mare, su una nave che dondola, mi
manda lo
stomaco sottosopra. Ma, sai che ti dico…mi sento
già meglio!”- cercò di
rassicurarla.
Anna
gli si accomodò vicino e gli sorrise, prima di
stampargli un bacio sulla guancia bianca, che a quel contatto si
imporporò
lievemente.
-“Allora…abbiamo
tanto tempo da far passare, ti andrebbe di
parlarmi un po’ di te?”- la principessa glielo
chiese di sfuggita, guardando
altrove, troppo imbarazzata da quella situazione.
-“Certo,
ma non saprei da dove cominciare. Facciamo così, tu
chiedi, io rispondo.”- Kristoff sapeva che sarebbe arrivato
quel momento, in
effetti era stato proprio lui ad insistere perché si
conoscessero meglio: non
gli piaceva parlare del suo passato, perché agli occhi degli
altri era sempre
apparso come il povero orfano per cui provare pietà, che
aveva dovuto cavarsela
da sé fin da piccolo e che era cresciuto con una renna; ma
era sicuro che Anna
non avrebbe avuto nulla da ridire.
-“Che
ne dici di cominciare dall’inizio?”- lo
incitò Anna.
Così
Kristoff le raccontò tutto quello che ricordava: le
parlò dei suoi genitori, che provenivano da un villaggio
oltre le montagne del
sud, di come erano morti sul valico che portava ad Arendelle, a causa
di una
valanga, e di come lui era stato miracolosamente salvato da una renna e
dal suo
cucciolo. Le raccontò della prima volta che aveva provato a
raccogliere del
ghiaccio; di come aveva trovato i troll e della sua vita tra di loro;
della
fatica che aveva fatto per essere accettato dagli altri tagliatori di
ghiaccio
e le rivelò che la prima volta che l’aveva vista,
su alla Querciola vagabonda,
aveva pensato che doveva essere proprio una svitata.
Anna
lo ascoltò in silenzio, senza interromperlo, sapendo
perfettamente come doveva sentirsi ad aprire la scatola dei suoi
ricordi
davanti ad una perfetta sconosciuta: solo in quel momento la
principessa si
rese conto che le parole che Kristoff le aveva rivolto qualche giorno
prima,
erano vere; non si conoscevano affatto, ma quella chiacchierata a prima
vista
di poco valore, li stava avvicinando sempre di più. Molte
cose nella vita del
ragazzo erano speculari alle sue esperienze.
Quando
alla fine le disse quello che aveva pensato la prima
volta che si erano visti, Anna scoppiò a ridere, per niente
offesa da quella
rivelazione: “Beh in effetti non dovevo essere un bello
spettacolo, mezza
congelata e pienamente stravolta da quello che era capitato a
palazzo!”-
-“Già…”-
Kristoff ridacchiò a quel ricordo.
Poi
fu la volta di Anna: raccontò a Kristoff della sua
infanzia apparentemente felice e degli anni di isolamento nel castello;
dei
suoi tentativi di far uscire Elsa dalla sua camera, delle sue
chiacchierate con
i dipinti nella sala dei quadri; di come, dopo la morte dei suoi
genitori,
s’era sentita più che mai sola al mondo,
nonostante la sorella dormisse nella
stanza accanto alla sua. E poi, con un po’ di vergogna,
ammise l’ingenuità e
l’avventatezza dei suoi sentimenti nei confronti del principe
Hans.
Parlarono
fino a notte fonda,
mentre fuori la tempesta si placava: si addormentarono così,
con il cuore più
leggero, cullati dalle onde del mare.
Quando
il mattino successivo il capitano scese in coperta
per avvisarli dell’imminente arrivo a Corona, li
trovò che dormivano alla
grande, appoggiati l’uno all’altra.
Un
sorriso gli sfuggì dalle labbra: se per lui e i suoi
uomini era stata una notte movimentata, immaginava solo, cosa doveva
aver
significato per quei due stare in mezzo ad una tempesta per la prima
volta.
Li
lasciò dormire ancora un po’, chiudendo la porta
del
salottino dietro di sé. Una volta sul ponte
ordinò a uno dei suoi uomini di
svegliarli non appena Corona fosse stata avvistata.
E
così fu. L’uomo incaricato scese in coperta e
bussò più di
una volta alla porta.
-“Sci!”-
la voce assonnata della principessa gli giunse
lieve.
-“Vostra
Altezza, stiamo per giungere a destinazione.”-
-“Mmm,si,si…e
precisamente dove?”-
-“A
Corona, Vostra Altezza.”- il marinaio era divertito.
Ci
fu un momento di silenzio, in cui l’uomo credette che la
principessa fosse tornata a dormire, e poi un urletto strozzato:
“Kristoff!
Svegliati siamo arrivati…hai visto che ti dicevo, non siamo
morti!”
L’uomo
lasciò la coppietta al suo risveglio.
Il
ragazzo intanto si svegliò al suono della vocetta
squillante di Anna, chiedendosi cosa ci facesse lì, insieme
a lui, al suo
risveglio… si alzò a sedere di scatto:
“Dove siamo?”- chiese preoccupato,
guardandosi attorno.
-“Ma
come? Siamo su una nave, che sta per attraccare al
porto di Corona. Ti ricordi? Matrimonio, cugina,
accompagnatore…ti dicono
niente queste parole?”- Anna era già in piena
attività.
Kristoff
la guardò bene e scoppiò a ridere:
“Dovresti vedere
le condizioni dei tuoi capelli!”
Anna
alzò un sopracciglio e si avvicinò a un piccolo
specchio appeso alla parete: “Oh ma dai! Non è
possibile! Non credo di essermi
mossa molto questa notte.”- disse scocciata alla sua immagine
riflessa nello
specchio. Poi si voltò verso Kristoff che si stava
stropicciando gli occhi: “E
comunque la tua faccia non è da meno!”- e lo
lasciò lì, mezzo addormentato e
con un gran mal di testa, dirigendosi verso la sua cabina e chiudendosi
la
porta alle spalle.
Mezz’ora
dopo, ne uscì con un nuovo abito e i capelli
acconciati nelle solite trecce rosse. Non trovò Kristoff
né nel salottino né
nella sua cabina e così decise di salire sul ponte.
Una
volta all’aria aperta, lasciò che i raggi caldi
del Sole
le accarezzassero il viso e respirò l’odore
penetrante della salsedine. Si
voltò alla ricerca del suo accompagnatore, ma qualcosa
catturò la sua
attenzione: decine di navi sfilavano lisce sull’acqua calma,
con la prua
rivolta verso il porto di quella che immaginò doveva essere
Corona. La città si
inerpicava tutt’attorno ai versanti di una collina
verdeggiante al cui culmine
svettava maestoso un castello immenso, certamente due volte
più grande di
quello di Arendelle.
-“Wow!”-
esclamò inconsapevolmente.
-“Bella,
vero?”- il capitano le si avvicinò, seguito da
Kristoff- “Corona deve molto a re Thomas. È merito
suo se oggi appare così
ricca e splendente.”-
-“Ne
sono certa. È davvero
bellissima.”- Anna sorrise al capitano, davvero impressionata
dalla bellezza del
regno su cui governava la sorella della madre.
Qualche
minuto dopo la nave approdò al molo e venne issata
la passerella per far scendere i passeggeri. Anna si
precipitò giù, sulla
banchina, seguita da un silenzioso Kristoff: “Non
è magnifico? Sono in un posto
che non è Arendelle!”- la principessa saltellava
dalla felicità.
-“Magnifico.”-
sentenziò il ragazzo mettendo piede sulla
terraferma.
-“Vostra
Altezza.”- un uomo alla loro sinistra attirò la
loro
attenzione, avvicinandosi e inchinandosi brevemente ad Anna:
“Sono il messo
reale; re Thomas e la regina Primrose le danno il benvenuto a Corona.
Se vuole
seguirmi sarò lieto di mostrarle il regno e i suoi
alloggi.”-
-“Oh,
certo. Ma i bagagli…”-
-“Non
si preoccupi, i garzoni li faranno recapitare nelle
vostre stanze. La carrozza è da questa parte.”-
Anna
prese Kristoff per mano, per puntualizzare all’uomo,
che fino a quel momento aveva degnato solo lei, che erano arrivati
insieme:
“Possiamo andare!”-accordò. Il messo
posò per un momento lo sguardo sulle loro
mani intrecciate e poi con un sorriso di cortesia si voltò e
fece loro strada.
-“Grazie.”-
sussurrò Kristoff, rivolto ad Anna che era
concentrata su quello che aveva attorno, con gli occhi spalancati e un
sorriso
sognante sulla bocca.
-“Dovere…”-
la principessa gli strinse di più la mano,
abbassando lo sguardo.
Il
breve tragitto dal porto al palazzo, lasciò Anna ancora
più entusiasta: era tutta un ‘wow!’ e
‘bellissimo’, oppure ‘guarda
lì’, ‘non è
favoloso?’…Kristoff la lasciò fare,
rallegrandosi per il buon umore della
principessa.
Anna
si sporgeva dalla carrozza per guardare meglio le
strade affollate di Corona: la gente si affrettava in ogni direzione,
sprizzando gioia da tutti i pori, come un formicaio impazzito; le
casette
colorate del borgo le ricordavano molto Arendelle, facendole sentire
meno la
mancanza di casa; e nell’aria sentiva un odorino particolare,
dolciastro, che
era sicura di aver già sentito…
-“Lo
senti quest’odore?”- Anna si rivolse a Kristoff,
mentre
continuava ad inspirare.
Il
ragazzo la imitò: “Credo sia qualcosa di dolce.
Perché?”-
-“Oh
è delizioso.”- le brontolò lo stomaco,
e si voltò
imbarazzatissima verso Kristoff -“Scusa. È solo
che avrei un po’ fame…”- si
scusò portandosi nervosamente una ciocca di capelli dietro
l’orecchio.
Si
sporse di nuovo dal finestrino e gli occhi le si
illuminarono: “Oh mio dio, guarda lì! Guarda,
cos’hanno in mano? Dev’essere squisito!”-
Anna indicò dei bambini che uscivano da una bottega con dei
dolcetti scuri tra
le mani.
-“Milady,
quelli sono i dolcetti della principessa. Sono i
suoi preferiti: al cioccolato e alla vaniglia. Possiamo fermarci a
prenderne
qualcuno se le va…volevo dire se vi va.”- il suo entusiasmo era stato
così forte che il
paggio l’aveva sentita.
-“Davvero?
Kristoff ti va?”- disse eccitatissima.
-“Ma
certo!”- disse alzando le spalle; in quel momento ai
suoi occhi Anna sembrava davvero una bambina golosa, incapace di
resistere al
richiamo di una leccornia.
Il
messo fermò la carrozza tra le strade affollate, scese
dalla cassetta e si diresse nella bottega da cui erano usciti i bambini
con i
dolcetti. Qualche istante dopo ne uscì con un piccolo
sacchettino che depositò
tra le mani impazienti di Anna.
La
principessa ne scrutò il contenuto e inspirò
profondamente: “Oh adesso sono davvero felice!”-
prese un dolcetto e lo porse a
Kristoff, poi ne tirò fuori uno per sé e
cominciò a mangiare –“Questo batte anche
i cioccolatini di Elsa!”- il ragazzo la guardò
senza capire.
L’arrivo
a palazzo, avvenne qualche minuto dopo; la carrozza
passò tra una piccola folla di inservienti, che
trasportavano da un posto
all’altro decine di cose: sedie, tavoli, vasi con fiori,
piatti e quant’altro.
-“Oh
ma ci pensi!? Un matrimonio…immagina come sarà il
nostro!”- Anna era davvero su di giri e aveva cominciato a
fantasticare a bocca
aperta; guardò Kristoff che stava per ribattere qualcosa, ma
lo anticipò: “Già,
già, scusa…non volevo, mi sono fatta prendere
dall’emozione.”
-“Anna
non devi scusarti, vorrei solo che non ti creassi
troppe aspettative; non vorrei che poi venissero deluse.”-
Anna
scese dalla carrozza, aiutata dal lacchè, scontenta di
quella situazione: “Vorrei che per un momento tu pensassi al
futuro, senza
avere mille paranoie che ti bloccano!”- sussurrò a
denti stretti tra sé.
-“Milady,
il re e la regina, la stanno aspettando. Se vuole
seguirmi.”- il messo reale li condusse in un grande androne
con un’immensa
scalinata e poi lungo corridoi pieni di ritratti ed enormi finestre
incorniciate da tende dorate.
Kristoff
guardò Anna camminare a paso di marcia, pestando
quasi i piedi in terra: “Sei furiosa! Cosa
c’è che non va?”-
La
principessa fece un verso: “E me lo chiedi?”-
Il
ragazzo le restituì uno sguardo interrogativo, come per
dire ‘e io cosa ho fatto adesso? ’.
-“Davvero!?”-
Anna cominciava a spazientirsi.
-“Cosa?”-
Kristoff non sapeva davvero cosa dire.
-“Davvero
non sai perché sono così…”-
gesticolò, indicandosi
la faccia –“furiosa?”-
Il
ragazzo scosse il capo, alzando le spalle: “No!
Dovrei?”
Anna
sospirò pesantemente: “Certo. Continui a tarpare
le ali
dei mie sogni!”
-“Ma…ma
io dico solo che non devi correre troppo!”- cercò
di scusarsi il
tagliatore di ghiaccio.
-“Ecco,
lo stai facendo di nuovo. So che sei uno tutto d’un
pezzo, uno saldamente ancorato al presente, vivi alla giornata e questo
spiega
molte cose di te…ma potresti, almeno per una volta,
lasciarmi parlare, sognare,
senza interrompermi?”- Anna si fermò per un
momento, guardandolo con lo sguardo
più serio che Kristoff avesse mai visto nei suoi occhi.
-“Non
ha senso tutto questo! Perché pensare al futuro,
quando il presente ti basta e avanza?”- lo stava davvero
portando
all’esasperazione.
-“E
questo cosa dovrebbe significare? Che devo accontentarmi
di questo…”- fece un gesto ad indicare loro due.
-“Perché,
non ti basta? È fin troppo per una rimasta chiusa
in un castello per anni, secondo il mio punto di vista!”-
-“Beh,
ti stai sopravvalutando…”- Anna lo
fissò con uno
sguardo omicida.
Intanto
il messo reale si era fermato a qualche passo di
distanza, a fissarli, mentre aspettava che lo seguissero di nuovo.
Kristoff
non rispose e rivolse l’attenzione sull’uomo che li
stava guardando, che si schiarì la voce, cercando di non
interromperli.
Anna
riprese a camminare e Kristoff la seguì pochi istanti
dopo, riflettendo su quello che la principessa gli aveva appena detto.
Il messo
reale sospirò: ultimamente aveva a che fare con troppe
giovani coppiette
scoppiettanti; la principessa e il suo ‘principe dei
ladri’, gli avevano fatto
passare i peggiori momenti della sua carriera a palazzo.
-“Siamo
arrivati. Il re e la regina saranno subito qui.”- il
messo li condusse nella sala delle udienze e inchinandosi alla
principessa, si
richiuse la porta alle spalle tirando un sospiro di sollievo,
lasciandoli soli.
Anna
rimase in silenzio, senza aggiungere altro,
allontanandosi di qualche passo da lui, stringendosi le braccia al
petto.
Kristoff
la guardò allontanarsi, rimanendo muto, sentendo
che il filo che li univa cominciava a sfilacciarsi inesorabilmente:
forse aveva
sbagliato…
Il silenzio e
l’aria
irrequieta che li dividevano, erano quasi tangibili.
-“Com’è
possibile che nel giro di qualche ora siamo arrivati
a questo?”- Anna infranse quel freddo muro che li separava,
dando voce ai
pensieri di entrambi. Si voltò a guardarlo, cercando nei
suoi occhi una
risposta decente, che spiegasse per quale motivo in pochi minuti si
erano
ritrovati così distanti.
-“Non
lo so…”-le rispose Kristoff, davvero dispiaciuto
per
quella situazione.
Anna
si guardava attorno, senza incrociare il suo sguardo,
con gli occhi lucidi: non aveva già sofferto abbastanza
nella sua breve vita?
Non aveva versato sufficienti lacrime, inseguendo il fantasma di Elsa?
Perché
doveva continuare a chiedere e supplicare per un pizzico di
felicità? Cos’era
che bloccava Kristoff, che lo legava tenacemente alla realtà
e al presente?!
Per dio, aveva sognato ad occhi aperti fino a quel momento, non avrebbe
certo
smesso perché a lui non andava giù!
-“Anna…”-
Kristoff le si avvicinò, allungando una mano per
sfiorarla, per cercare quel contatto che era svanito in pochi minuti.
-“S-sto
bene!”- lei si scostò, stringendosi ancora di
più su
se stessa.
Il
ragazzo sospirò rassegnato, pentendosi già di
quello che
stava per dire: “Anna, io non so nemmeno
cos’è un sogno. Non credo di averne
mai avuti…la mia vita è stata sempre un cercare
di tirare avanti fatto di
speranze. Speranze che a volte sono state duramente deluse e
così ho cominciato
a fare a meno di sperare, desiderare, illudermi, fantasticare su
‘come sarebbe
stata la mia vita se’…!”-
Anna
si voltò a guardarlo, colpita dal tono della sua voce:
grave e serio.
-“Tutto
questo”- fece un gesto per indicare loro due e tutto
quello che stava attorno- “…è
più di quanto avessi mai potuto sperare. Devi
lasciarmi un po’ di tempo per abituarmici.”- le
sorrise mestamente.
Un
pesante sospiro abbandonò le labbra della principessa,
che aveva abbassato il capo colpevole: “Hai ragione
tu…come sempre d’altronde!
Io sono sempre quella che sbaglia, la maldestra romantica che si ostina
a
correre…quella che prima o poi andrà a
sbattere.”
Non
lo sentì avvicinarsi, assordata dai suoi mille
perché e
per come, accecata dalle lacrime represse che si ostinavano a voler
cadere. La
strinse in uno di quegli abbracci che difficilmente si dimenticano, uno
di
quelli che senza parole significano tutto, quelli che ti riscaldano
l’anima,
che ti fanno sentire vivo ed amato.
-“Non
cambierei niente di te…sei perfetta nella tua imperfezione,
nella tua sbadataggine. Sei la mia personale valanga che mi travolge
ogni
giorno…”- la voce gli si smorzò in
gola: forse aveva detto qualcosa di troppo
sdolcinato e così lontano dal suo essere. Forse avrebbe
fatto meglio a tenere
la bocca chiusa.
Il
cuore di Anna, che aveva battuto a singhiozzo fino a
qualche istante prima, ora correva e saltava e faceva capriole dalla
gioia.
-“Scusa
non volev-…”- Kristoff non fece in tempo a
scusarsi
che si ritrovò la bocca tappata dalle labbra della
principessa. Anna non aveva
resistito: adorava il rossore che gli si formava sulle guance quando
erano
vicini e lo sguardo colpevole che faceva anche se non aveva fatto nulla
di
male; amava quelle labbra e aveva amato ogni parola che era uscita da
esse. Il
ragazzo rispose a quel contatto, attirandola più vicino.
Quel
momento di statica estasi venne interrotto da un lieve
tossire, proveniente dalle loro spalle.
Si
allontanarono l’uno dall’altra, con le guance rosse
per
l’imbarazzo, prestando attenzione a chi li aveva fermati: un
uomo non più
giovane, ma nemmeno vecchio, con gli occhi chiari e luminosi e un
sorriso
bonario stampato sul volto, teneva per braccio una donna bellissima,
con i
capelli scuri raccolti in una crocchia elegante.
Re
Thomas e la regina Primrose, sorridevano davanti al loro
imbarazzo, venendo verso di loro.
Anna
si portò una ciocca di capelli, sfuggita alle trecce,
dietro l’orecchio e si lisciò la gonna dalle
inesistenti stropicciature.
Kristoff la osservò divertito e poi si voltò a
guardare i due sovrani, ormai
giunti dinanzi a loro.
I
due ragazzi si inchinarono in silenzio: “Vostre
Maestà.”-
proferì in tono regale Anna.
La
regina si staccò dal braccio del marito e come se fosse
la cosa più normale del mondo, strinse la principessa in un
abbraccio,
lasciando Anna impreparata.
Quando
si staccò da lei, le prese il viso tra le mani, con
gli occhi lucidi: “Assomigli così tanto a tua
madre.”- sospirò con voce flebile
e dolce. Poi si schiarì la gola e con un sorriso disse
-“È una gioia avervi
qui. Rapunzel non vede l’ora di conoscervi! Le ho molto
parlato di te e di
Elsa, di mia sorella e del re di Arendelle.”
-“Ecco,
a proposito di questo…Elsa non è potuta venire,
per…beh impegni regali e quindi io, cioè
noi”- indicò con il pollice lei e
Kristoff, che era rimasto fermo immobile e muto fino a quel momento.
-“Non
ti preoccupare, Elsa mi ha mandato una lettera,
scusandosi per la sua assenza e anticipandomi la notizia della vostra
venuta.
So che questo giovanotto è il tuo accompagnatore, puoi stare
tranquilla.”-
-“Oh,
beh in questo caso…lui è Kristoff, il mastro
consegnatore del ghiaccio di Arendelle.”- disse di corsa
Anna, ripetendo quella
presentazione per l’ennesima volta in poche ore.
La
regina lo fissò per alcuni secondi sorridendo:
“Molto
lieta.”
Kristoff
rispose al sorriso benevolo, abbassando il capo in
segno di rispetto: “ È un onore, vostra
maestà.”- disse impacciato.
-“Forse
sarebbe il caso di lasciarli andare, cara. Saranno
stanchi per il lungo viaggio.”- il re guardò i
ragazzi e si rivolse con tono
divertito alla regina.
-“Oh,
ma certo. Perdonatemi. Il re ha ragione, sarete di
certo stanchi per il viaggio e non vogliamo certo che arriviate
assonnati alla
festa…ci sarà da divertirsi fino
all’alba.”- la regina pizzicò la guancia
di
Anna.
-“Dei
servitori vi accompagneranno alle vostre stanze.”-
disse il re indicando dei paggi che avevano appena varcato la soglia
della sala
delle udienze e si stavano proferendo in profondi inchini.
-“Grazie
mille. Beh, ci vediamo più tardi allora.”- Anna
sorrise riconoscente.
-“A
più tardi.”- trillò la regina, mentre
tornava da dove
era venuta.
Due
paggi li accompagnarono attraverso altri immensi
corridoi e due enormi rampe di scale. I due ragazzi rimasero in
silenzio per
tutto il tragitto, scambiandosi solo rapide occhiate.
All’incrocio tra due
corridoi però, l’attenzione di Anna venne
catturata da una risatina lieve, che
proveniva dall’angolo che avevano appena superato. Trattenne
Kristoff per una
manica e gli fece segno di fare silenzio, lasciando che i due paggi
continuassero
a camminare senza rendersi conto che loro non li stavano seguendo
più.
Anna si affacciò
curiosa all’angolo: una ragazza, forse della sua
età, con i capelli corti e
scuri, giocherellava con qualcosa di luccicante davanti agli occhi del
ragazzo
che aveva difronte, che sorrideva in adorazione.
La
principessa li guardò per interi minuti, contemplando
l’amore che sprizzavano da tutti i pori: li
osservò studiarsi seri per un
secondo e poi baciarsi teneramente, stretti l’una nelle
braccia dell’altro, come
se il mondo attorno a loro fosse scomparso.
-“Che
carini…”- sospirò la principessa.
-“Si
può sapere cosa stai guardano?”- si
lamentò Kristoff
che intanto era rimasto dietro l’angolo.
-“Shhhhh!”-Anna
lo rimbottò, puntandogli un dito sulle
labbra.
-“Chi
c’è, là?”- una voce dura li
raggiunse- “Vieni fuori!”
-“Forse
ho alzato un po’ la voce.”- disse sbiancando Anna e
uscendo allo scoperto, trascinando per mano Kristoff.
-“Ehm…perdonateci,
non era nostra intenzione
interrompervi.”-
-“Chi
siete voi?”- chiese il ragazzo alzando un
sopracciglio, divertito dall’espressione imbarazzata di
Kristoff.
-“Oh,
si. Noi siamo Anna e Kristoff.”- rispose prontamente
la principessa, lasciando stare per un momento titoli e onorificenze.
-“Anna?”-
chiese la ragazza coi capelli corti, sgranando gli
occhioni verdi alla volta della principessa.
-“Mm,
mm.”-
-“La
principessa di Arendelle?”- Anna annuì.
La
ragazza la prese alla sprovvista e proprio come aveva
fatto la regina le si buttò al collo, trattenendo un
gridolino di felicità.
-“Che
bello conoscerti! Io sono Rapunzel, tua cugina…oh non
è meraviglioso essere riuniti qui tutti
insieme!?”- chiese rivolgendosi al
ragazzo affianco a lei.
-“Già,
meraviglioso.”- dissero insieme Anna e il ragazzo.
-“Oh,
lui è Flynn…ehm volevo dire Eugene. Scusate, la
forza
dell’abitudine!”- sorrise nervosamente.
-“Incantato.”-
Eugene si proferì in un baciamano ad Anna,
attirandosi lo sguardo infastidito di Kristoff.
-“E
immagino che tu non sia sua sorella Elsa.”- rise
divertita Rapunzel, guardando il tagliatore di ghiaccio.
-“Ehm
no, noi veramente…siamo, cioè io
sono…”- il ragazzo
non sapeva cosa dire: cos’erano realmente lui e Anna?
-“Lui
è il mio accompagnatore, nonché mio
fidanzato.”- lo
aiutò Anna.
Kristoff
la guardò a bocca aperta per un secondo, con il
cuore che aveva perso un battito a quell’ultima parola. Poi
si voltò verso i
due difronte, annuendo sovrappensiero.
-“Oh
ma che carini!- trillò Rapunzel.
-“Blondie,
credo sia ora di andare. A meno che tu non voglia
tardare anche al nostro matrimonio!”-
-“Oh
si. Si anche noi dobbiamo andare, altrimenti arriveremo
in ritardo.”- Anna prese Kristoff sottobraccio e li
salutò con la mano libera-“
A più tardi.”
I
due ragazzi si allontanarono e voltarono l’angolo,
lasciando i due futuri sposi alle loro faccende.
Anna
si voltò un'ultima volta a spiarli. Eugene si stava
allontanando da Rapuzel, nella direzione opposta alla loro, con un
sorriso
malizioso dipinto sulle labbra: “Ricordati biondina che
sarò in fondo alla
navata ad aspettarti…non farmi attendere!”- poi si
voltò e se ne andò,
lasciando la principessa, sola nel bel mezzo del corridoio.
Anna
vide le spalle di Rapunzel alzarsi ed abbassarsi,
nell’atto di un sospiro adorante. Poi tornò a
camminare al fianco di Kristoff,
alla disperata ricerca dei due paggi che avevano abbandonato qualche
minuto
prima.
-“E
dimmi, da quand’è che noi due saremmo
fidanzati?”- le
chiese il ragazzo rivolgendole uno sguardo divertito.
-“Da
questo preciso momento!”- Anna si alzò sulle punte
per
posargli un bacio a fior di labbra e poi ridendo cominciò a
correre lungo il corridoio,
trascinandoselo dietro, con il cuore pronto ad esploderle per la troppa
felicità.
AngoloAutrice:
dopo settimane di silenzio stampa torno ad
aggiornare! Siiiii non posso credere di averlo fatto! Allora non
commenterò il
capitolo, ma aspetterò che lo facciate voi, mie care ragazze
;) potete dirmi
qualsiasi cosa volete…accetterò anche maledizioni
e apostrofi di qualsivoglia
natura.
Ho una piccola
richiesta per voi: siccome so per certo che
tra tutte voi, cioè tra tutti quelli che leggono, seguono e
preferiscono la
storia, ci sono recensori master e veterani, sarebbe troppo chiedervi
di
lasciare un commentino? Mi fareste la persona più felice del
mondo ed inoltre
ne sarei onoratissima ;) e poi mi invogliereste a scrivere
più velocemente!
Okay, quindi vi ringrazio per l’attenzione e ci si legge al
prossimo capitolo!
|
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Capitolo 9 *** Capitolo 9: Di incomprensioni, magie con i capelli e incredibili nozze ***
CAPITOLO
9: Di incomprensioni, magie con i capelli e
incredibili nozze
Dopo
aver ritrovato i paggi, che li avevano condotti nelle
loro stanze, i due ragazzi si erano dati appuntamento per qualche ora
dopo,
avviandosi ognuno nella propria camera, scambiandosi occhiatine mielose.
Anna
si era richiusa la porta alle spalle, appoggiandovisi
pesantemente contro, sospirando felice: aveva fatto un altro passo
avanti con
Kristoff, ed era sicura che con un po’ di studiata dolcezza e
di persuasione,
il ragazzo l’avrebbe chiesta in moglie nel giro di qualche
settimana.
Poi,
stanca e provata dalle troppo emozioni di quella
mattinata, si era buttata sull’enorme letto a baldacchino che
stava al centro
della stanza, sprofondando tra i cuscini di broccato panna, e si era
addormentata di nuovo, cullata dalla lieve brezza salmastra che muoveva
le
leggere tende di georgette.
Qualche
ora dopo venne svegliata da un lieve bussare alla
porta, che la ridestò dai suoi sogni su un futuro favoloso e
splendente al
canto di Kristoff: “Si!”- subito saltò a
sedere sul letto, guardandosi attorno
per capire dove si trovasse.
-“Vostra
Altezza, la regina Primrose, mi ha mandata per
aiutarla.”- la voce di una giovane donna le giunse piano
dalla porta.
Anna
si precipitò alla porta, aprendola, spaventando la
cameriera,
che saltò sul posto prima di inchinarsi velocemente.
-“Aiutarmi?”-
chiese scettica la principessa.
-“S-si,
per aiutarla a vestirsi e ad acconciarsi i
capelli…per le nozze.”- disse in un soffio la
ragazza, che poteva avere si e no
la sua età, tenendo lo sguardo fisso in terra.
-“Oh…si,
certo. Vieni, entra.”- Anna la fece entrare,
richiudendo la porta e dandosi mentalmente della stupida: aveva portato
tutto
quello che le occorreva, ma aveva dimenticato la sua fidata Grace. Per
fortuna
la regina era stata più previdente di lei, altrimenti
sarebbe arrivata al
matrimonio in sottana e scarpe da camera.
-“Da
dove vuole cominciare?”- la ragazza continuava a
guardarla di sottecchi, senza indugiare troppo con lo sguardo sulla sua
esile
figura.
-“Ehm…credo
che sarebbe meglio cominciare da un bagno caldo.
Che ne dici?”-
-“Come
desidera.”-
-“Puoi
guardarmi, non ti mangio
mica!”- la rassicurò Anna, divertita.
Non
sapeva quanto tempo fosse passato da quando Lucy, il
nome della cameriera che le aveva mandato la regina, era entrata in
camera sua
e l’aveva aiutata a preparare il bagno caldo che tanto
desiderava. Dopo essere
rimasta a mollo per mezz’ora, accarezzata dalla schiuma
profumata che la
ricopriva interamente, Lucy l’aveva aiutata a vestirsi e le
aveva accarezzato
ed intrecciato i capelli, in modi che nemmeno pensava possibili.
Ora
si stava ammirando in tutto il suo splendore allo
specchio, con gli occhi luminosi di Lucy puntati sulle spalle:
“Come ti
sembro?”- chiese Anna tutta emozionata.
-“Un
incanto, Vostra Altezza.”-
-“Beh,
se sono così è anche merito tuo, chi ti ha
insegnato
a fare quelle ‘magie’ con i capelli?”- le
chiese mentre si aggiustava qualche
ciuffetto fuori posto.
-“Ho
quattro sorelle più piccole*, maestà, tutte con i
capelli
lunghi e rossi come i suoi… quando sono a casa mi chiedono
sempre di
intrecciarli in strane acconciature, e così faccio
pratica.”- le sorrise,
lusingata del fatto che la principessa apprezzasse le sue doti.
-“Immagino
tu sia una sorella maggiore eccezionale! Ora che
ci penso, potrei imparare anch’io, facendo pratica sui
capelli di Elsa…sono
sicura che me lo lascerebbe fare.”- Anna già
fantasticava sulle varie
acconciature a cui avrebbe potuto sottoporre i capelli lisci e chiari
della
sorella.
Lucy
ridacchiò, portandosi una mano a coprire la bocca. Poi
si ricompose, sentendo i rintocchi del campanile della basilica della
città,
puntare le quattro di pomeriggio: “Vostra Altezza, la
cerimonia inizierà fra
mezz’ora, forse è meglio cominciare ad andare. Le
assicuro che non sarà facile
trovare posto a sedere, tutto il popolo è stato invitato a
partecipare alle
nozze.”
-“Oh,
certo, certo…devo solo recuperare Kristoff, sperando
che sia pronto e poi possiamo andare.”-
-“Allora
io andrei, se ha bisogno di me non esiti a
chiamare.”- Lucy le fece un inchino e fece per andarsene, ma
Anna la bloccò in
un abbraccio stritolante.
-“Grazie
mille per avermi aiutata, non so davvero come avrei
fatto senza di te.”- la principessa la trattenne per le
spalle, mentre la
giovane arrossiva fino a far scomparire le lentiggini che le
puntellavano il
viso.
-“P-prego…è
stato un onore.”- sorrise appena e poi scomparve
dietro la porta.
Anna
si rimirò di nuovo allo specchio: “Oggi per la
prima
volta mi divertirò!”- disse sorridendo alla se
stessa riflessa- “Beh so di
averlo detto anche l’altra volta…però
poi sappiamo tutti com’è andata a finire,
vero?! Beh, oggi sarà diverso!”-
Mentre
si avviava verso la porta, un verso disperato
attraversò le pareti della sua camera e le giunse alle
orecchie: “Ma che…?”-
Uscì
dalla stanza e con passo svelto giunse alla porta di
Kristoff, bussando con forza. Nessuno rispose, ma Anna sentiva i
grugniti di
disappunto del ragazzo e i rumori che provenivano
dall’interno: “Kristoff, so
che sei lì dentro! Ti decidi ad aprire?”- si mise
le mani sui fianchi
aspettando che la porta si aprisse, ma non fu così,
sentì solo il silenzio
calare oltre l’uscio.
-“Ti
giuro che se non apri entro cinque secondi, butto giù
la porta a calci…sai che ne sono capace! Le porte non mi
fanno più paura
ormai…”- disse, accostando la bocca alla fessura
della porta.
-“Va
bene, l’hai voluto tu…UNO!”-
cominciò urlando –“DUE!”-
il ragazzo si ostinava a non aprirle –“TRE!
QUATTRO!”- Anna alzò un pugno,
pronta a colpire il legno laccato, ma la chiave che girava nella toppa
la
fermò.
Kristoff
rimase fermo sulla soglia a fissarla, con il pugno
alzato e un’espressione singolare sulla faccia: a
metà tra la rabbia e
l’ilarità. La principessa gli diede una breve
occhiata e poi cominciò a ridere
di gusto, tenendosi allo stipite della porta, e maledicendo mentalmente
il
corsetto stretto che non le permetteva di ridere e respirare a dovere:
il
ragazzo aveva il viso rosso e i capelli biondi tutti arruffati; la
camicia
fuori dai pantaloni, con alcuni bottoni agganciati nelle asole
sbagliate; i
pantaloni infilati al rovescio e uno stivale calzato e un altro no; ma
ciò che
fece ridere di più la principessa, fu la vista del
fazzoletto di seta, che il
ragazzo avrebbe dovuto legare perfettamente al collo, messo a
mo’ di bavaglino.
-“Ma
insomma…sei ancora così?”- disse
asciugandosi una
piccola lacrima che le era sfuggita impunemente dall’occhio
destro.
Kristoff
fece un verso strano, quasi infastidito: “Non vedo
cosa ci sia da ridere!”
-“Appunto
non hai visto…hai dato uno sguardo allo specchio?
Non credo proprio, altrimenti, staresti ridendo anche tu.”-
Anna continuava a
trattenere le risate, respirando con calma, ma la faccia scocciata e
frustrata
del ragazzo era troppo divertente.
-“Allora,
quanto ancora hai intenzione di ridere?”- Kristoff
la guardò imbarazzato, non sapeva nemmeno lui se per il
fatto che Anna lo
vedesse conciato in quel modo assurdo, o che la principessa si fosse
praticamente intrufolata un passo alla volta, nella sua camera.
-“Siamo
suscettibili oggi, non è vero?”- Anna gli si
avvicinò studiando quello che aveva tentato di indossare il
ragazzo. Poi gli
sfilò il fazzoletto dal collo e lo lanciò sul
letto alla sua sinistra, e
cominciò a sbottonargli la camicia.
-“M-ma
che stai facendo?!”- il ragazzo la fermò con le
mani
tremanti.
Anna
gli rivolse uno sguardo interrogativo, con un
sopracciglio alzato: “Ti sto
aiutando…permetti?”-sbottò divertita.
-“Oh…ma
certo! Cos’altro sennò…”-
Kristoff voleva
sprofondare nel pavimento e non uscirne mai più; aveva fatto
l’ennesima
figuraccia.
-“Cosa
accidenti pensavi stessi facendo?!”- la principessa
si concentrò per un secondo sui bottoni della camicia,
riflettendo tra sé e poi
arrossì di botto, arrivando alla conclusione più
logica. Lo colpì in pieno
petto con una manata: “Oh Kristoff…m-ma come puoi
pensare una cosa del
genere!”- sbottò rossa in viso.
Il
ragazzo indietreggiò impercettibilmente temendo una
sfuriata da parte della principessa: “Ma io non ho detto
nulla…l’hai pensato
tu!”- cercò di scusarsi.
-“Si,
ma la risposta era scritta a caratteri cubitali sulla
tua faccia da pesce lesso!”- Anna era imbarazzatissima,
sentiva il sangue
affluirle alle guance e il rombo del cuore nelle orecchie
–“ Smettila di
ridere…vuoi che ti aiuti o no?”
Kristoff,
annuì serio, facendo scomparire il sorrisetto
idiota che gli increspava le labbra. Finì di abbottonarsi la
camicia da solo e
poi la guardò, aspettando di ricevere direttive sulla
prossima cosa da fare.
-“Allora?”-
chiese in attesa.
-“Allora
sei un disastro… per prima cosa devi toglierti i
pantaloni e metterli alla dritta, se non te ne fossi accorto li hai
infilati al
rovescio. Poi devi infilarci la camicia e devi allacciarti in vita
quella
fascia…si, proprio quella che hai buttato sul
paralume.”- gli disse indicandogli
la pregiata stoffa appesa in malo modo sulla lampada ad olio sul
comodino.
-“Ehm,certo.”-
annuì come un bravo scolaretto e fece per
sfilarsi i pantaloni, ma si fermò giusto in tempo, lanciando
uno sguardo
eloquente ad Anna- “Hai intenzione di guardare
o…”
-“Oh
mio dio. Stai rasentando l’osceno! Smettila.”-
disse
voltandosi , rossa in viso, realizzando solo in quel momento che si
trovava
nella sua stanza, mentre lui, alle sue spalle si spogliava.
-“Hey,
sei tu che ti sei infilata in camera mia!”- disse
ridacchiando
divertito, mentre sistemava il disastro che aveva fatto
-“Fatto.”- disse
soddisfatto.
Anna
si voltò piano: “Ottimo, chi ben comincia
è a metà
dell’opera!”- disse mentre recuperava la fascia sul
paralume e il panciotto sul
letto.
Gli
infilò il gilet e poi girandogli attorno gli legò
bene
la fascia in vita. Osservò per un momento il suo operato e
sorrise: da una
parte era felice di quello che aveva realizzato e dall’altra
si gustava la
figura statuaria del ragazzo, per una volta non coperta da strati e
strati di
indumenti pesanti.
-“Bene,
ora passiamo al fazzoletto…cosa pensavi che fosse?
Un bavaglino?”- gli domandò mentre gli alzava il
colletto della camicia e gli
faceva passare la seta lungo il collo. Un brivido caldo scese lungo la
schiena
del ragazzo facendolo tremare.
-“Aspetta,
devo indossarlo per forza?”- le chiese
preoccupato.
-“Certo,
che domande. Il fazzoletto è parte integrante di un
completo da uomo, non può non esserci!”- gli
rispose la principessa mentre
cercava di fare un nodo perfetto.
-“Ma
io non voglio indossarlo, non mi sentirò a mio agio con
tutto questo indosso, figuriamoci con questo!”-
protestò lui, fermando le mani
indaffarate della principessa e sciogliendo il nodo che lo stava
soffocando.
-“Non
lo indosseresti nemmeno per mille baci?”- chiese Anna
battendo le ciglia, mentre si alzava in punta di piedi per raggiungere
l’altezza del ragazzo, cercando di essere quanto
più seduttiva e persuasiva
possibile.
-“No.”-
le rispose seccamente Kristoff, poggiandole le mani
sulle spalle e facendola tornare alla sua altezza normale.
-“Nemmeno
per mille e uno?”- ribatté lei mettendo il broncio
come una bambina capricciosa.
-“Nemmeno…ho
deciso! Sarò irremovibile.”- disse incrociando
le braccia al petto, sentendosi oppresso da tutti quegli strati di
stoffa
costosa.
-“E
se io, cioè noi…”- cominciò
lei mordicchiandosi il
labbro inferiore e arrossendo, tirandolo giù per il
fazzoletto.
-“A-anna!”-cercò
di divincolarsi lui- “Ma che stai facendo,
stai tentando per caso di uccidermi?!”
Anna
aveva stretto così tanto la presa, che il fazzoletto
sembrava fosse diventato un cappio; e poi non poteva avvicinarsi
così tanto a
lui con quella faccia, stretta in quel vestito, promettendo certe
cose…promettendo cosa poi? Non lo sapeva nemmeno lui; sapeva
solo che doveva
scrollarsela di dosso altrimenti…
-“Oh,
scusa certo. Perché sei diventato tutto rosso?”-
indagò preoccupata.
Kristoff
la guardò inebetito, passandosi una mano tra i
capelli e sospirando pesantemente: “C-credo sia ora di
andare, non trovi?”-
Anna
annuì sorridendo, non accorgendosi minimamente del
turbamento del ragazzo. Prese la giacca dal letto, dove Kristoff
sembrava
avesse rovesciato l’intero baule, e gliela passò.
Lui la infilò con calma,
guardando in ogni direzione, eccetto che in quella di Anna, per evitare
ulteriori pessime figure.
-“Possiamo
andare.”- sentenziò quando ebbe finito.
-“Aspetta,
dove credi di andare? Non dimentichi niente?”-
Anna gli si accostò di nuovo, invadendo il suo spazio
vitale, avvicinandosi
così tanto che i loro respiri si fusero in uno. La
principessa riprese da dove
aveva finito con il fazzoletto e poi a lavoro ultimato lo prese sotto
braccio e
lo portò allo specchio.
-“Siamo
davvero carini, non trovi?”- il riflesso nello
specchio sorrideva al ragazzo e lui si imbambolò a fissarla.
Da
quando era entrata in camera, non aveva fatto molto caso
a come era vestita Anna; ma ora guardandola meglio si rese conto di
quanto
fosse meravigliosamente bella.
-“Sei
bellissima…”- lo cacciò fuori tutto
d’un soffio, senza
pensarci su due volte. In quel momento era certo che il suo cervello e
la sua
bocca non fossero collegati.
-“Grazie!”-squittì
arrossendo Anna- “Nemmeno tu sei niente
male.”- lo canzonò spingendolo piano.
-“Ehm…d’accordo.
Credo dovremmo
andare.”- Anna lo trascinò con sé fuori
dalla stanza, felice di essere lì con
lui.
Proprio
come le aveva anticipato Lucy, trovare posto a
sedere nell’enorme chiesa non fu facile. Per la
verità nemmeno riuscire ad
entrare fu molto semplice: infatti centinaia di persone spingevano al
portale
d’ingresso, nella speranza di intravedere almeno da lontano
la futura coppia di
sposi.
Anna
non aveva mai visto tanta gente tutta insieme e nemmeno
Kristoff: la folla dei partecipanti alle nozze, si estendeva a perdita
d’occhio
dal piazzale antistante l’entrata della basilica, fin
giù nelle strade
acciottolate del regno, dove festoni e ghirlande rendevano
l’atmosfera
suggestiva e festosa.
All’interno
la situazione era la medesima, tranne per il
fatto che tutta la folla era stipata nelle lunghissime panche di legno,
lungo
tutta la navata centrale.
La
coppia non aveva mai visto tanta gente in un solo posto:
Anna aveva passato la maggior parte della sua vita rincorrendo gli echi
delle
voci degli inservienti nei corridoi del castello, e tutta quella calca
la emozionava
e la spaventava allo stesso tempo; Kristoff d’altronde aveva
sempre fuggito la
compagnia degli esseri umani, persino degli altri tagliatori di
ghiaccio, e
aveva trovato più confortante l’amicizia
silenziosa di Sven, quindi quella
situazione non poteva che intimidirlo oltre ogni dire.
La
principessa si stringeva forte al suo braccio, per timore
di perderlo nella fiumana di gente che li spintonava e gli passava
accanto.
Tra
tutte le teste che scrutavano lo sposo impaziente
sull’altare, Anna intravide Lucy, intenta a rabbonire quattro
bambine con i
capelli fiammeggianti raccolti in numerose trecce. La cameriera vide la
coppia
attraversare la navata centrale alla ricerca di un posto per
accomodarsi e con
un timido sorriso fece segno alla principessa di accomodarsi in due
posti
liberi nella panca dietro quella in cui sedeva lei.
-“Milady,
mi sono permessa di conservarle un posto…”- le
disse Lucy appena lei e Kristoff si furono seduti.
-“Grazie
infinite. Mi hai salvata per la seconda volta
oggi…ehm volevo dire ‘ci’! Lui
è Kristoff, il mio accompagnatore.”- disse
indicando il ragazzo- “Kristoff, lei è
Lucy…l’artista di quest’opera
d’arte!”-
indicò elettrizzata l’acconciatura sulla sua testa.
-“Molto
piacere…Oh queste sono le mie sorelline. Quelle su
cui faccio pratica.”- sorrise Lucy, rivolgendo un cenno del
capo al ragazzo e
poi tornando a concentrarsi sulla principessa.
Le
quattro bambine, sentitesi chiamare in causa si voltarono
all’unisono verso la coppia, sfoderando dei luminosissimi
sorrisi, mentre le trecce
sulle loro teste ramate dondolavano allegramente.
Kristoff
sobbalzò sul posto, preso alla sprovvista, mentre
Anna si sporse verso le bambine, elargendo sorrisi e complimenti:
“Siete
proprio belle, sapete? Vostra sorella mi ha molto parlato di voi
quattro…siete
molto fortunate ad averla come sorella maggiore.”- qualcosa
nel petto della
principessa, s’incrinò a quelle parole,
lasciandola per un momento turbata. Poi
si riprese, regalando alle quattro, il più brillante dei
sorrisi: “Allora, come
vi chiamate?”
La
più grande fece per aprire bocca, ma la più
piccola l’anticipò:
“Amber, Violet, Ella e Cassy.”- rispose di corsa,
inciampando con la lingua nei
buchi lasciati dai dentini caduti, nel pronunciare l’ultimo
nome. La maggiore
la guardò male, e la piccolina fece spallucce, come per
scusarsi.
Anna
rise di gusto a quella vista: “Sono dei nomi
bellissimi. Comunque io sono Anna di Arendelle.”
Le
bambine si portarono le mani alle bocche, rimaste
spalancate a quella rivelazione: “Quella Anna di Arendelle?
La sorella della
regina di ghia…”- la bocca della bambina venne
tappata prontamente da Lucy, che
rivolse ad Anna il più mortificato degli sguardi.
-“Si,
sono la sorella della regina di ghiaccio, meglio
conosciuta come Elsa regina di Arendelle!”- rispose con
nonchalance, come se
quell’appellativo accostato al nome di Elsa non la
infastidisse. In effetti non
le dava propriamente fastidio, ma ciò che le dava noia era
essere sempre
additata come ‘la sorella di’ o ‘la
figlia di’, mai solo come Anna e basta. Non
c’era storia con Elsa, lei sarebbe sempre stata la seconda in
tutto. Ma ciò non
le dispiaceva, sollazzarsi nell’ombra della sorella le era
sempre risultato
semplice.
Mentre
rifletteva su questi pensieri due delle bambine,
quelle nel mezzo, si scambiavano alcune parole sussurrate
nell’orecchio. Anna
le guardò con un misto di dolcezza e di rimpianto: lei non
avrebbe più potuto
godere di quella complicità con Elsa. Ormai il tempo dei
segreti sussurrati a
voce bassa era passato. Come anche quello dei sorrisini complici, come
quello
che si stava formando sulle facce delle bambine in questione.
-“Voi
due siete fidanzati?”- la vocina di una delle bambine
la riscosse dai suoi pensieri.
Anna
sentì Kristoff irrigidirsi al suo fianco e trattenere
il respiro: “Ehm…si.”- rispose
semplicemente il ragazzo.
-“E
quando vi sposerete? Avrete dei bambini? E se si uno
potrà chiamarsi come me?”- chiese loro la
più piccola, con gli occhi luminosi e
sognanti.
-“Amber!”-
la rimbottò Lucy, diventando tutta rossa-
“Perdonatela lei fa sempre
così…ignoratela.”- dicendo
così, prese tra le
braccia la bambina e la fece voltare verso l’altare. Ma le
altre tre
continuavano a guardarli, nell’attesa di una risposta:
“Allora?”
Anna
non voleva deludere i sogni romantici di quelle quattro
pesti, raccontando loro la triste storia di come era stata abbindolata
dal principe
dei suoi sogni, e di come il suo attuale fidanzato volesse aspettare in
eterno
prima del grande passo. Non sapeva davvero cosa rispondere e si
voltò verso
Kristoff, nella speranza di un suo aiuto; ma il ragazzo guardava le tre
bambine
come se fossero dei mostri, con gli occhi spalancati dal terrore: non
bastava
Anna con tutte le sue pressioni, ora ci si mettevano anche quelle tre!
Per fortuna la coppia
venne salvata sul filo del rasoio, dal suono dell’organo che
cominciò a suonare
una marcia nunziale. Il brusio incessante della folla si
fermò di colpo e tutti
gli occhi si puntarono sull’ingresso della navata, sulla
soglia della quale, un
attimo dopo, tra la luce soffusa del pomeriggio, si intravide una
sagoma
indistinta.
L’attenzione
delle quattro bambine si spostò velocemente
dalla coppia silenziosa alla figura, che pian piano prese la forma di
un
cavallo, bardato a festa, che a passo di marcia attraversava la navata,
con il
cuscino delle fedi. Dalla testa dell’animale piovevano decine
di fiori colorati
e Anna si chiese come facesse a fare una cosa del genere. Aguzzando la
vista,
dovette trattenere un gridolino, quando si rese conto che non era il
cavallo a
far cadere i fiori, ma uno strano animaletto verde, molto simile ad una
strana
lucertola, che cambiava colore in base ai fiori che lanciava.
Mentre
l’attenzione della coppia di Arendelle era catturata
dalla strana scenetta, un mormorio eccitato si levò dal
resto degli invitati,
intenti a guardare già alle spalle del cavallo: due figure,
sottobraccio,
scivolavano regali lungo il tappeto viola che copriva la navata fino
all’altare. Re Thomas teneva stretta la figlia, guardandola
con uno sguardo
felice, orgoglioso di quel raggio di Sole piovuto tra le sue braccia;
Rapunzel
gli sorrideva timidamente, con gli occhi verdi luminosi come due gemme
preziose,
mentre la sua attenzione veniva calamitata sulla figura in piedi al
fianco
dell’officiante, sull’altare.
-“Wow!”-
Kristoff, che fino a quel momento si era limitato
solo ad osservare e a registrare tutto quello che gli accadeva attorno,
non
riuscì a trattenersi, ricevendo come ricompensa una gomitata
nelle costole da
parte della principessa permalosa seduta al suo fianco.
Anna
lasciò perdere un attimo dopo, seguendo lo sguardo
della cugina, saldamente legato a quello del suo futuro sposo, che
evidentemente emozionato, la attendeva impaziente di unire per sempre
la sua
vita a quella della principessa perduta.
Quando
re Thomas lasciò la presa sulla mano della figlia,
affidandola a Eugene, l’officiante cominciò con la
sua orazione: “Amici
carissimi, siamo qui riuniti oggi per celebrare il matrimonio di
Rapunzel e
Eugene; essi vivranno la loro vita insieme come marito e
moglie…”
Molto
presto Anna si ritrovò a riflettere sulle parole
pronunciate dal prete: “alla base di un buon matrimonio devo
esserci fiducia e
fedeltà reciproca, bisogna essere pronti a sacrificarsi per
il bene
dell’altro…amare vuol dire ammettere di aver
sbagliato, accettare di aver
bisogno di qualcuno al proprio fianco.”
La
principessa si ritrovava in pieno in quelle parole: lei
si fidava ciecamente di Kristoff, e giurava di essere pronta a tutto
per lui…e
poi per quanto riguardava la storia di ammettere di aver sbagliato, lei
lo
faceva di continuo, e più di una volta aveva dato prova di
aver bisogno di
qualcuno al proprio fianco, che la tirasse fuori dai guai o che
semplicemente
l’abbracciasse non facendola sentire sola. Lei era pronta, in
realtà lo era
dalla tenera età di dodici anni, ma questi erano particolari.
-“…nella
concordia e nella pace.”- il prete prese un lungo
respiro, frenando i pensieri di Anna, facendo tornare la sua attenzione
sulla
coppia all’altare- “Posso avere gli
anelli?”
Il
verso di spavento di Rapunzel echeggiò in tutta la
basilica, quando il cavallo che avrebbe dovuto consegnare le fedi, si
fece
avanti ricoperto da un liquame nero e con indosso un vestito da donna e
un
cappello a falda larga, di un tenue color ciclamino.
Eugene
prese cauto gli anelli e mentre ancora tutti erano
confusi da quel siparietto, l’officiante li
dichiarò marito e moglie: “Ehm…potete
baciarvi!”- i due non se lo fecero ripetere due volte e
suggellarono il loro
amore con un bacio appassionato.
L’intera
sala venne scossa da un boato di applausi e
incitamenti: uno strano gruppo di energumeni con elmi vichinghi, rideva
e
fischiava sguaiatamente; le sorelline di Lucy si abbracciavano
emozionate e
saltellavano sul posto; il cavallo sull’altare nitriva felice
e Anna…
-“Oh
mio dio, Anna! Cosa c’è?”- le chiese
preoccupato Kristoff
poggiandole un braccio sulle esili spalle, mentre lei si asciugava le
copiose
lacrime che le cadevano dagli occhi.
-“I-i
matrimoni…mi emozionano sempre!”- i singhiozzi la
scuotevano.
-“Ma
a quanti matrimoni hai partecipato fin ora?”-
Anna
lo fissò per un secondo: “Questo è il
primo.”
-“
Oh Anna…”- Kristoff avrebbe voluto dirle qualcosa
per
consolarla, ma venne interrotto prontamente da Eugene che gridava
dall’altare.
-“Pronti
per la baldoria più sfrenata che il regno abbia mai
visto?”-
Angoloautrice:
per scrivere questo capitolo c’ho messo una
vita; è lunghissimoooooo; è solo descrittivo, non
aggiunge nulla di che alla trama, ma vi prometto che nei prossimi
capitoli ci saranno colpi di scena; non mi piace, almeno in parte; devo
ancora rileggerlo
per correggere eventuali errori, ma voi fatemi sapere lo stesso cosa ne
pensate…pace.
Amen!
Ringrazio le 16 persone
che hanno inserito la storia tra le
preferite e le 27 che l’hanno inserita tra le
seguite…spero di non annoiarvi
troppo ;)
*le quattro bambine, le sorelline di Lucy, non sono altro che le bambine che fanno la mega treccia a Rapunzel quando balla la danza del regno...capito quali? ho voluto che fosse così, per avere un certo legame tra le due storie XD spero si sia capito! |
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Capitolo 10 *** Capitolo 10: Resta... ***
Capitolo
10:
Resta…
Kristoff
non
aveva mai mangiato tanto in vita sua, nemmeno alla cena che Elsa gli
aveva
offerto per ricompensarlo del fatto che avesse riportato la sorella
sana e
salva a casa. Lo stomaco del ragazzo aveva cominciato a saziarsi
già alla sola
vista di tutto il banchetto nunziale, quindi dopo poche portate era
già pieno
fino all’orlo. Invece lo stomaco di Anna sembrava non avere
fondo: aveva
cominciato dalla portata principale circa due ore prima e ancora
riusciva ad
ingerire cibo; passava dal dolce al salato come se nulla fosse e
gustava tutto
con una tale grazia da far venir voglia di mangiare ancora.
-“Ma
come
fai ancora a far
entrare roba lì
dentro?”- le chiese con tono scettico, indicando la pancia
piatta della
principessa.
Anna
ingoiò
e si ripulì le labbra dalla panna del dolce che stava
mangiando: “Il segreto” -
disse con il tono di una che la sa lunga -“è
masticare piano e assaggiare un
po’ di tutto. Oh e per quanto riguarda
questa…”- disse toccandosi il ventre-
“sappi che il corsetto fa magie!”
Il
ragazzo
la guardò incredulo: “Sta di fatto che non riesco
ancora a capire come una tale
quantità di cibo riesca ad entrare in una piccola come
te!”
-“Ehi!
Io
non sono piccola…sei tu che sei fuori misura.”- lo
rimproverò scherzando.
Intanto
le
prime ombre della sera cominciavano a calare sull’immenso
cortile del palazzo
reale, adornato a festa per il ricevimento nuziale: l’aria
tutt’attorno era
satura di musica, chiacchiere e risate.
Il
profumo
dei fiori si fondeva con quello dell’olio bruciato delle
prime lanterne, accese
per rischiarare l’oscurità che pian piano stava
divorando ogni cosa, rendendo
l’atmosfera ancora più dolce e suggestiva.
La
luce si
rifletteva sui bicchieri, sulle posate, sull’uncino dello
strano omone che
suonava magnificamente il piano e soprattutto riverberava sulle gemme
cucite
sul vestito rosso di Anna, rendendola bella come un tramonto di fuoco
sull’oceano.
Kristoff
non
riusciva a staccarle gli occhi di dosso, troppo preso da quella vista
mozzafiato: come faceva a piacerle? Lei era perfetta e bellissima e
lui…beh lui
era niente! Lei se ne stava lì, con gli occhi scintillanti,
a fissare le coppie
che volteggiavano sulla pista da ballo, con le spalle dritte contro lo
schienale della sedia, con le mani strette in grembo, le labbra tirate
in un
sorriso appena accennato e il petto che si alzava e si abbassava al
ritmo del
suo respiro. Beh, per quanto poteva dirne lei, aveva
l’aspetto più regale che
avesse mai visto; non aveva nulla da invidiare alla sorella.
E lui
come
c’era finito in una situazione del genere? Non si sentiva a
suo agio tra tutti
quegli sconosciuti, con quei vestiti indosso poi, si sentiva
più che mai
ridicolo e fuori luogo. E mentre pensava a tutto questo se ne stava
come un
ebete a fissare Anna, sospirando rumorosamente.
Non
meritava
nemmeno di sederle accanto, figurarsi essere il suo fidanzato o
sposarla un
giorno. No, era fuori discussione: per il bene di entrambi avrebbero
dovuto
chiudere quella situazione.
-“Ti
piace
la vista?”- gli chiese Anna facendolo tornare con i piedi per
terra, smontando
tutti i castelli in aria che la sua mente aveva appena costruito.
-“Cosa?”-
le
rispose spaesato.
La
principessa lo fissò per un secondo, divertita dalla sua
espressione
imbarazzata: “Andiamo Kristoff! Tieni i tuoi occhi puntati su
di me da…beh
parecchio tempo. Sai, all’inizio era dolce, ma ora comincia a
diventare
inquietante.”- gli sorrise nervosamente, portandosi una
ciocca di capelli
dietro l’orecchio.
-“Oh
beh,
veramente io… si.”- cosa doveva dirle? Che era
così bella da farlo sentire una
nullità a confronto? O che non meritava di starle accanto? -
“Scusa, non volevo
spaventarti.” - le rispose con tono mortificato.
-“Scherzi?
Ne sono lusingata. Insomma, invece di guardare lo spettacolo che ti
circonda,
non certo una cosa che si vede tutti i giorni, continui a osservare me,
una che
ti sta attorno ogni giorno da almeno due mesi!”- gli rispose
prontamente,
risollevandogli il morale.
Cosa
risponderle? Come faceva quella ragazza a mandargli il cervello in
pappa ogni
volta? Certo non era mai stato bravo con le parole, ma cavolo, ogni
volta che
doveva dirle qualcosa la testa lo abbandonava e la lingua si
ingarbugliava,
rendendogli molto difficile esprimersi con frasi di senso compiuto.
Per
fortuna
lei era sempre lì a tirarlo fuori
dall’imbarazzante silenzio in cui cadeva:
“Allora…ti va di ballare?”
-“Mmm…no.
Non direi proprio.”-
-“E
per
quale motivo?”-
-“Semplicemente
perché non so ballare.”- le rispose scrollando le
spalle.
Anna
ci
pensò su per alcuni secondi, rivolgendo lo sguardo alla
pista da ballo,
improvvisata tra le centinaia di tavoli imbanditi: “Beh sai
camminare, no!?”
-“Si,
ma
questo cosa c’entra?”- le chiese scettico.
-“Se
sai
camminare sai anche ballare. Il principio è lo stesso:
muovere i piedi avanti e
dietro, seguendo il ritmo.”- spiegò semplicemente,
sorridendogli, come se con
quella piccola lezioncina lui potesse diventare un bravo ballerino.
-“Ascolta,
non è così facile come sembra per
me…io sono alto, non so muovermi, sono goffo…
ed inoltre potrei pestarti i piedi!”- cercava di deviare il
discorso, cercando
di farle dimenticare la domanda principale.
-“Non
importa. Dovrai imparare prima o poi, no?! Al nostro
matrimonio…fermo non dire
nulla, lasciami finire e poi potrai dire quello che vuoi. Dicevo, al
nostro
matrimonio ci sarà un momento in cui dovremmo ballare
assieme, lo sai questo. Vero?”-
-“Perché
continui a tirare questo matrimonio in ballo, in ogni discorso che
facciamo?”-
-“Perché
ora
siamo fidanzati!”- gli rispose con un sorrisino sornione.
Kristoff
rimase spiazzato per almeno cinque secondi: perché non ci
aveva pensato prima?
Anna lo aveva catturato nella sua rete, senza che lui se ne rendesse
minimamente conto. Un fidanzamento presupponeva che di lì a
qualche mese ci
sarebbe stato un matrimonio. Voleva schiaffeggiarsi da solo, per la sua
stoltezza.
-“Beh…imparerò
poi!”- fu la sua risposta laconica.
-“Come
vuoi.”- la principessa incrociò le braccia al
petto –“Ballerò con il primo che
me lo chiederà!”- sentenziò stizzita.
-“Bene,
non
sarò certo io a fermarti.”- perché
doveva sempre metterla sul personale?
-“Bene.”-
-“Benissimo.”-
-“Ottimo!”-
sbottò scocciata.
-“Smettila.”-
tagliò corto lui.
-“Perché
dovrei smet-…”- cominciò, ma venne
interrotta da un lieve tossire.
Un
uomo si
era avvicinato ai due, e con lieve inchino si era presentato a Anna:
“Milady,
sono il conte Gaston Lumière…potrei chiederle
l’onore di questo ballo?”-
Anna
fissò
l’uomo con la bocca spalancata per un secondo e poi
voltandosi con un sorriso
di trionfo verso Kristoff, rispose: “Ma certo, ne sarei
onorata.”
L’uomo
le prese
la mano e la baciò, attirandosi lo sguardo infastidito di
Kristoff, che avrebbe
voluto assestargli un pugno su quel naso da effeminato tronfio pallone
gonfiato, e poi la condusse verso la pista da ballo.
Il
walzer
che i musicisti cominciarono a suonare, era troppo lento e appassionato
per i
gusti del tagliatore di ghiaccio, che dovette assistere allo spettacolo
della
sua fidanzata stretta tra le braccia di un altro, senza poter dire
nulla in
contrario: era stato lui a dire che non avrebbe obiettato, no?
Stava
di
fatto che il bello e carismatico Gaston Lumière o come si
chiamava, lasciava
indugiare un po’ troppo le mani sulla schiena e sui fianchi
di Anna, che non
sembrava esserne infastidita; le si avvicinava a una distanza
così ridotta che
per un momento al povero ragazzo saltò il cuore in gola.
Se da
una
parte Kristoff era esasperato e avrebbe molto presto preso a calci
qualche
fondoschiena blasonato, dall’altra Anna non sembrava
intenzionata a voler
smettere molto presto di ballare con quel bellimbusto: rideva a quella
che
forse doveva essere una battuta, arrossiva a quello che doveva essere
un
complimento e piroettava come una trottola tra le altre coppie, sulla
pista da
ballo.
-“Ehi
amico,
se non smetti di stringere quel bicchiere, ti si frantumerà
tra le mani.”- una
voce divertita gli giunse dalle spalle. Il ragazzo mollò la
presa sul bicchiere
e si voltò per osservare meglio chi aveva interrotto i suoi
piani di vendetta,
e dovette sbattere più volte le palpebre, per riconoscere la
neo coppia di
sposini felici, che sprizzava gioia da tutti i pori.
-“Kristoff,
giusto?”- le chiese la principessa.
Annuì
in
silenzio, non fidandosi del tono di voce che avrebbe potuto lasciare la
sua
bocca: sarebbe di sicuro suonato acido ed irato oltre ogni modo.
-“Cosa
c’è
che non va?”- continuò la sposa
–“Non ti stai divertendo? Hai una faccia
così,
così…”- la ragazza si voltò
verso il marito, affinché le venisse in aiuto.
-“Rabbiosa.
Credo che il termine più appropriato sia rabbiosa,
biondina.”- disse ridendo
della faccia scocciata di Kristoff.
-“Beh
no…io
mi sto divertendo, ma starei meglio se…”- e di
nuovo strinse un pugno sul
tavolo, facendo sbiancare le nocche.
Rapunzel
seguì lo sguardo del ragazzo e capì il suo
malumore: “Non preoccuparti per
quello. Vedrai che finito questo ballo tornerà qui da
te.”- lo rassicurò,
posandogli gentilmente una mano sulla spalla.
-“Non
credo
proprio, mi sembra si stia divertendo un mon-…”-
Eugene non completò la frase
che si ritrovò zittito da una gomitata della moglie, che lo
fissava seria.
Kristoff
sospirò rassegnato da quella situazione: “In fondo
è colpa mia: le ho detto io
che poteva ballare con il primo che capitava.”
-“Beh,
te la
sei cercata!”- lo riprese Eugene.
-“Eugene!”-
lo rimbottò Rapunzel.
-“Ma
scusa,
io non ti concederei mai di ballare con il primo che passa.
È da stupidi!”-
-“Grazie.
Io
sarei sempre qui.”- Kristoff attirò
l’attenzione della coppia.
-“Ehi,
sono
schietto, non posso farci nulla.”- Eugene fece spallucce.
I tre
vennero interrotti da una folla di persone che correva verso la pista
da ballo,
mentre gli archi e i fiati si alzavano dalle loro comode sedie,
cominciando a
suonare un ritmo più veloce ed allegro.
-“Oh
Eugene!
È la nostra canzone*.”- squittì la
principessa eccitata, battendo le mani.
-“Che?
E da
quando avremmo una nostra canzone?”- le chiese dubbioso.
La
principessa lo guardò con un sopracciglio alzato.
-“Scherzo,
tesoro!”- la
rassicurò mettendole un
braccio attorno alla vita- “Andiamo a ballare?”-
continuò, strappandole un
enorme sorriso.
-“Si!”-
lo
prese sottobraccio e si voltò verso la pista da ballo, ma si
fermò e si girò
verso Kristoff: “Tu non vieni?”
-“Per
ballare con…!?”- le rispose un po’
stizzito.
-“Amico,
se
non vai a riprendertela non sono tanto sicuro che
tornerà!”- gli rispose Eugene
dandogli un colpo energico sulla spalla, tanto da farlo traballare
sulla sedia.
-“Ehi!”-
lo
fulminò con lo sguardo.
-“Quando
ti
deciderai sarà troppo tardi…insomma guardala, in
mezzo a tanti maschioni, potrà
fare a meno di te!”- cercò di provocarlo, ma il
ragazzo rimase fermo immobile
con gli occhi puntati su Anna, che volteggiava tra le braccia di decine
di
uomini.
-“Forse
è
così che deve essere…”- disse abbattuto.
-“Scherzi,
vero?!”- proruppe Rapunzel-“Lei ti ama!”-
-“Come
fai a
dirlo? Non ci conosci nemmeno.”- sbottò, forse con
un po’ troppa irruenza.
-“Si
vede
dal modo in cui ti guarda; forse non conosco lei, ma so
com’è una ragazza
innamorata…osservala bene: non presta attenzione a quello
che le dicono o che
le sussurrano all’orecchio, il sorriso che le vedi sulle
labbra è solo di
cortesia, i suoi occhi non ridono, sono fermamente alla ricerca dei
tuoi.”- gli
disse con voce dolce la principessa, poi prendendo Eugene da parte, lo
lasciò
lì a rimuginare su quello che gli aveva appena detto.
Intanto
il
ritmo della musica era pian piano aumentato, diventando sempre
più incalzante,
facendo sì che i piedi dei ballerini si muovessero veloci
sul pavimento
lastricato del cortile del palazzo, riempiendo l’aria con
battiti di mani e
risa di gioia: quando la coppia reale si unì alle danze, gli
invitati
proruppero in appalusi e grida di esultanza.
Kristoff
continuava a guardare tutta la scena dalla sua postazione defilata,
rendendosi
conto di essere uno dei pochi invitati rimasti seduti al proprio posto.
Si alzò
per raggiungere il cerchio di folla venutosi a creare attorno alla
pista da
ballo, continuando a tenere lo sguardo puntato su Anna, pensieroso.
Nello
stesso
momento la principessa di Arendelle, volteggiava a ritmo di musica,
battendo le
mani e saltando a tempo, cambiando ad ogni giravolta il suo compagno di
ballo,
attirando su di sé gli sguardi di molti: il vestito le si
gonfiava ad ogni
passo e la luce riverberava nei suoi occhi e sul corpetto
dell’abito,
rendendola “spaventosamente bella”.
Kristoff
osservava bene ogni uomo che le metteva le mani addosso, maledicendolo
anche
solo per aver sfiorato le sue mani affusolate o per averla fatta
ridere. Anna
sembrava davvero felice, lì in mezzo a tanto chiasso e a
tanta gente: come
darle torto? Aveva vissuto gli ultimi anni della sua vita rinchiusa in
una
gabbia dorata, si, ma con sbarre di solitudine e silenzio.
Il
ragazzo
avrebbe voluto prendersi a pugni: come gli era saltato in mente di
darle il via
libera? Quanto stupido doveva sembrare, lì immobile, da
solo, nonostante
attorno a lui vi fosse una moltitudine di persone che lo spintonavano e
gli
ostruivano la vista? Come poteva permettere che qualcun altro si
specchiasse
negli occhi limpidi di Anna o che la stringesse fino a farle perdere il
respiro?
Avrebbe
dovuto essere lui a stringerla fino a lasciarla senza fiato; a farla
danzare
fino a farle girare la testa; a farla ubriacare dei suoi sguardi e dei
suoi
baci; a farla ridere… in fondo ci riusciva bene, no?!
Perché allora, per Odino
e per tutti gli dei di Asgard riuniti in consiglio, si era tirato
indietro?
Ah,
già! Non
sapeva ballare. Ma non era del tutto vero: una volta o due, nella
locanda di
Arendelle, una delle figlie dell’oste l’aveva
tirato in ballo, non lasciandogli
altra scelta se non quella di ballare, al ritmo della musica e del
battere
incessante delle mani degli altri tagliatori di ghiaccio. Ma questo era
stato
prima di incontrare Anna.
Quindi
avrebbe potuto provare. La musica cessò nel momento esatto
in cui fece un passo
nella zona franca tra il cerchio della folla esultante e la pista piena
di
coppie sorridenti, e i suoi occhi si spalancarono per la rabbia e per
la
sorpresa: l’uomo con cui stava ballando la
‘sua’ principessa, le aveva appena
sfiorato il collo e la guancia, lievemente arrossati, con le sue dita
viscide,
mentre le stringeva ancora la vita nonostante la musica fosse finita e
le altre
coppie si stessero proferendo in profondi inchini di compiacimento
verso i
rispettivi compagni di ballo.
-“Questo
è
troppo!”- sussurrò tra sé a denti
stretti.
Accecato
dalla rabbia, camminò a passo di marcia tra le coppie, che
gli aprivano il
passaggio verso Anna e quel mentecatto che si stava approfittando della
sua
ingenuità.
Con
un colpo
di tosse esageratamente finto, richiamò
l’attenzione di entrambi, squadrando
l’uomo dall’alto in basso, sovrastandolo con la sua
statura: “Permette. Lei è
già impegnata!”- disse con tono duro ed
infastidito.
L’uomo
sbiancò, spalancando gli occhi e balbettando qualcosa; poi
prima di sparire tra
la folla, si inchinò velocemente ad Anna e scomparve dalla
vista dei due.
-“Sei
stato
scortese.”- gli fece notare la ragazza.
-“Non
direi.
Mi sembrava che avesse sconfinato in territori che non gli competevano
e quindi
mi sembrava giusto interromperlo, prima che potesse farsi molto
male.”-
sentenziò Kristoff, guardandola negli occhi, con la voce
tremante che tradiva
il miscuglio di emozioni che si stavano battendo nel suo petto, per
avere la
meglio sul suo cuore.
Anna
non
disse nulla, si limitò a fissarlo per alcuni secondi, prima
di prorompere in
una lieve risatina: “La gelosia corrode la mente e corrompe
il giudizio, mio
pungente re delle renne.”- gli disse, prendendolo per il
bavero della giacca e
costringendolo ad abbassarsi alla sua altezza.
-“Sarà,
ma
l’ingenuità a volte rende cechi,
principessa.”- le soffiò sulle labbra, prima
di colmare la distanza fra loro e baciarla dolcemente.
Intanto
la
musica aveva riempito di nuovo l’aria e attorno a loro le
coppie avevano
ricominciato a volteggiare e a saltellare animatamente.
-“Mi
concede
questo ballo?”- le chiese porgendole la mano e inchinandosi
appena.
-“Ne
sarei onorata, signore.”- rispose con tono scherzoso
Anna, facendo a sua volta una lieve riverenza e afferrando la sua mano.
Contro ogni sua
più rosea aspettativa,
Kristoff riuscì a ballare quasi tutte le danze che vennero
proposte,
lasciandosi guidare il più da Anna, che indirizzava i suoi
passi e gli
sorrideva incoraggiante.
Dopo
due
quadriglie, un valzer e una polka la principessa lo trascinò
fuori dalla pista
da ballo, raggiante nonostante la stanchezza.
-“Credo
di
non essermi mai divertita tanto.”- disse senza fiato,
sedendosi al suo posto e
versandosi da bere in un calice.
Kristoff
la
guardava compiaciuto: era riuscito nel suo intento e aveva vinto le sue
paure; l’aveva
fatta ridere fino alle lacrime, l’aveva fatta volteggiare a
tempo di musica
fino allo sfinimento, aveva giustamente monopolizzato la sua attenzione
e più
di una volta l’aveva sentita respirare rumorosamente per
riprendere fiato.
Anna
ingollò
il contenuto del calice, riempito fino all’orlo, e si
leccò poco
principescamente le labbra: “Questo succo d’uva
aveva uno strano sapore, ma
almeno la sete è passata.”
Il
ragazzo
le prese il bicchiere dalle mani e ne odorò il contenuto:
“Anna! Non era succo
d’uva, è vino.”
-“Oh-oh.
Forse non avrei dovuto berlo. Di solito tendo ad addormentarmi quando
bevo.”-
rise scioccamente.
Kristoff
si
trattenne dal ridere a sua volta, osservandola, mentre con il viso
rosso e la
pelle accaldata si faceva aria con le mani.
-“Beh
faremo
in modo di non farti addormentare, allora.”- le sorrise il
ragazzo.
Un
grido
proveniente da un luogo indefinito catturò la loro
attenzione: “Alle barche!”
Tutti
gli
invitati si precipitarono per le stradine del regno, giù
verso i piccoli ma
numerosi moli, saltando sulle barche approntate per
l’occasione.
Anna
trascinò Kristoff fino al molo, e fece per salire a bordo di
una delle piccole
barche a remi, ma il ragazzo si fermò di colpo:
“Aspetta, che? Io non salgo di
nuovo su una di quelle.”- s’impuntò.
-“E
come
vorresti tornare ad Arendelle, sentiamo.”- Anna fece un verso
strano e lo
spinse un passo alla volta sull’imbarcazione.
La
barca,
mossa dal loro peso, cominciò ad andare alla deriva:
“Vorrei farti presente che
non so guidare questa cosa.”
-“Aspetta,
non deve essere complicato.”- disse Anna mettendo uno dei
remi in acqua e
cominciando a muoverlo in modo sconnesso, schizzando se stessa e il
povero
tagliatore di ghiaccio che assisteva a quello spettacolo pietoso.
-“Ferma.
Ferma.”- le intimò, fermandole il braccio, mentre
la barca girava su se stessa
e rollava pericolosamente – “Credo che un bagno al
giorno basti e avanzi, che
dici?”- le chiese ironico, immergendo entrambi i remi in
acqua e imitando le
movenze dei rematori delle barche che passavano loro accanto.
Cominciarono
a prendere il largo un po’ alla volta, seguendo la scia delle
altre barche,
allontanandosi dalla banchina.
Quando
furono abbastanza lontani, Anna lo fermò in silenzio,
guardando con gli occhi
spalancati alle sue spalle. Il ragazzo si voltò e per un
momento gli mancò il
fiato: mille e più luci fluttuavano leggere, sospinte dalla
brezza estiva,
danzando silenziose sopra Corona, illuminando l’acqua scura
di decine di
riflessi aranciati.
-“Credo
di
non aver mai visto niente di più bello.”-
esclamò la principessa con la bocca
spalancata per la meraviglia.
Kristoff
concordò in silenzio, annuendo, anche se avrebbe voluto
ribattere che se si
fosse specchiata più attentamente avrebbe scorto qualcosa di
ancor più
incantevole; ma si astenne, intento ad osservare quello spettacolo
magico.
Il
ragazzo
tirò i remi in barca e si sedette al fianco di Anna, che
subito posò la testa
sulla sua spalla, contemplando in silenzio il volo delle lanterne, che
pian piano
si confondevano con le stelle, nel cielo buio.
-“Sono
felice di essere qui… con te.”- Kristoff
spezzò il silenzio che aleggiava su di
loro, ascoltando il respiro regolare di Anna che non si muoveva
–“Sai, credo di
essermi irrimediabilmente innamorato di te.”- disse piano,
come se non volesse
essere sentito, trovandosi spiazzato dalla verità delle sue
stesse parole.
La
principessa continuava a rimanere muta e il ragazzo si chiese se avesse
fatto
bene a confessarglielo. Poi un verso indefinito sfuggì dalle
labbra di Anna.
Kristoff
si
sporse per controllare che stesse bene e un verso disperato gli
scappò
involontariamente: la principessa sonnecchiava beatamente contro la sua
spalla,
emettendo dei versetti e blaterando qualcosa nel sonno.
Quella
ragazza era incredibile! Lui le aveva aperto il suo cuore e lei si era
addormentata!
Senza
infastidirla il ragazzo riprese i remi e ricondusse pian piano la barca
verso
il molo, lasciandola dormire.
Un
uomo
assicurò la barca con una fune ad un ormeggio e
aiutò il ragazzo, che intanto
aveva preso la principessa in braccio, a scendere.
-“Vuole
che
chiami un calesse?”- gli chiese l’uomo, scrutando
la principessa addormentata.
-“No.
No grazie ce la faccio.”- rispose Kristoff, rafforzando
la presa su Anna, che in risposta si accoccolò contro il suo
petto,
inconsapevole del mondo attorno a lei.
Per
quanto
Anna fosse leggera, il vestito che aveva indosso doveva pesare una
tonnellata;
se a ciò si aggiungeva il fatto che l’aveva dovuta
portare in braccio fino al
castello, su per il lieve pendio su cui sorgeva Corona, poteva
tranquillamente
giustificare i crampi nelle braccia e il leggero fiatone.
Con
un
ultimo sforzo di volontà, riuscì a salire
l’enorme scalinata dell’atrio
principale e trovare la strada per le loro camere.
Quando
finalmente arrivò davanti alla porta della stanza della
principessa, tirò un
sospiro di sollievo e molto goffamente, per non svegliare la ragazza,
cercò di
aprirla con un gomito.
Una
volta
dentro, posò delicatamente Anna sul letto e dopo averle
tolto le scarpe, le
diede un bacio sulla fronte: “Buonanotte bella
addormentata.”- rise fra sé,
mentre si avviava verso la porta.
Solo
quando
si voltò per andarsene, sentì qualcosa tirargli
la manica della giacca: “Kris…toff”
-“Si?”-
le
disse voltandosi a guardarla, mentre lei lo osservava con gli occhi
appannati
dal sonno.
-“È
tardi.”-
sentenziò, trattenendo uno sbadiglio.
-“Lo
so.
Dovresti dormire e lo stesso vale per me.”- le disse con tono
calmo.
-“Resta
qui…con
me.”- soffiò Anna.
Per
un
momento Kristoff pensò che stesse parlando nel sonno, forse
con Elsa.
-“Ti
prego.
Non andartene, Kristoff.”-
Il
ragazzo
non poté non notare il tono supplichevole della sua voce.
‘Mai!’-
avrebbe voluto gridarle.
Trattenne
il
respiro, mentre si consultava con la sua coscienza chiedendosi se
quello che
stava per fare fosse giusto o meno. ‘Non
c’è nulla di male.’ – fu la
risposta
secca della suo io interiore.
Scalciò
via
le sue scarpe e togliendosi la giacca e il fazzoletto che Anna aveva
tanto
insistito per fargli indossare, strisciò al suo fianco, sul
letto, mettendo il
massimo della distanza fra loro. Ma questo non dovette andare a genio
alla
principessa, che subito si infilò tra le su braccia.
-“Sei
così
caldo.”- sussurrò nel suo stato di dormiveglia,
sistemandosi ancora meglio nel
suo abbraccio.
Il
ragazzo
la strinse piano e per la prima volta in vita sua pregò per
la sua anima: se
Anna avesse letto i pensieri che si agitavano nella sua mente in quel
momento,
lo avrebbe di certo condannato all’inferno.
Poi
confortato dal pensiero della ragazza stretta tra le sue braccia, si
abbandonò
ad un sonno ristoratore.
*http://www.youtube.com/watch?v=V6NBeiCedCk (questa
è la musica che immaginavo!XD)
AngoloAutrice:
Buonsalve! O dovrei dire buon sabato sera…si purtroppo
invece di andare a fare
baldoria in giro, per colpa di questa pioggia incessante, sono
inchiodata a
casa e quindi in mancanza di altro da fare, sono qui a pubblicare.
Maledetta pioggia
che attenta alla mia vita sociale!XD Vabbè il lato positivo
è che aggiornerò
prima ;D
Beh,
cosa
dire di questo capitolo, mi piace, perché è puro
e semplice fluff/angst
Kristanna. Scrivere di questi due mi viene proprio facile e poi
ultimamente ho
bisogno di romanticismo e di dolcezza; quindi oltre a tuffarmi nel
barattolo
della Nutella ho un bisogno impellente di scrivere cose di una
zuccherosità
(parola che ho appena coniato!) diabetica. Ed ecco qui cosa esce fuori
quando
sono in tal stato d’animo ;)
Comunque
spero vi piaccia e spero tanto di non annoiarvi…ah faccio un
lievissimissimo
spoiler, giusto per tenervi attive: godetevi questa quiete fluffosa,
perché la
tempesta è alle porte con la sua dose di tristezza e
drammaticità…muahuahuahauhua
*un tuono rimbomba e un lampo squarcia il cielo*
Okay
spero
di ricevere vostre considerazioni su questa cosa…ah, come
sempre grazie mille
alle 19 persone che preferiscono la mia ff e alle 30 che
l’hanno inserita tra
le seguite.
Buon
Week-end!XD
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Capitolo 11 *** Capitolo 11: Di sogni imbarazzanti, fantasie inconfessabili e scommesse sul futuro ***
Capitolo 11: Di
sogni imbarazzanti, fantasie inconfessabili e scommesse sul futuro
Non
ricordava quanto tempo fosse passato dall’ultima volta
che si era svegliato cullato da una piacevole sensazione di calore, tra
la
morbidezza di cuscini di piume d’oca e lenzuola profumate. Di
solito al
mattino, era il rumore delle sue ossa, anchilosate dal freddo della
notte in
montagna, a farlo rinvenire.
Il
tepore che gli si irradiava dal petto e che pian piano si
stava estendendo fino alla punta dei piedi, sembrava quasi avere un
corpo
proprio, come se una calda coperta lo avvolgesse e conciliasse il suo
torpore.
Anzi, oltre che un corpo, quel calore sembrava avere un certo
peso…ma le
coperte non si muovono e non fanno deliziosi versetti.
Aprì
piano gli occhi sbattendo più volte le palpebre, per
abituarsi alla luce abbagliante del Sole, che già splendeva
alto in cielo, e si
concentrò sulla stanza che lo circondava: di sicuro non era
la baita in
montagna e nemmeno una delle stanze del castello, dove Anna lo
costringeva a
rimanere qualche volta. I ricami d’oro della carta da parati
damascata,
rilucevano alla luce che entrava da una finestra, che nella posizione
in cui
era non riusciva a vedere; un delizioso profumo di primule aleggiava
nell’aria,
ed era sicuro che provenisse da quel vaso di fiori gialli, poggiato
sulla
mensola del camino spento; due grossi bauli, traboccanti di stoffe
troppo
colorate e costose per i suoi gusti, erano poggiati in un angolo della
stanza,
mentre altri abiti giacevano abbandonati sul pavimento, ricoperto da
tappeti
d’importazione con
ricche trame d’oro e
porpora: delle calze, una gonna verde, quello che sembrava un corsetto,
un
gilet sgualcito, un paio di piccole scarpette rosse, la sua giacca, il
famoso
fazzoletto di seta, i suoi stivali, il vestito rosso di
Anna…la sua camicia:
aspetta, che? Quando se l’era tolta? E i calzoni?
Perché giacevano disfatti,
come se li avesse lanciati alla cieca? La mente cercava febbrilmente
una
risposta a tutto quello, e mentre macinava pensieri su pensieri, per
poco non
svenne quando colse con la coda dell’occhio il riflesso nello
specchio difronte:
due figure immobili, o quasi, riposavano distese nell’enorme
letto, coperte da
leggere lenzuola bianche; una era lui di sicuro, riusciva a vedere i
suoi occhi
spalancati, unica macchia di colore sul suo viso impallidito di botto,
e i suoi
capelli indomabili che gli ricadevano scomposti sulla fronte. E chi era
l’altra
figura, quella che stringeva come il più prezioso dei tesori?
No.
Non poteva essere! Come era potuto accadere? Non aveva
la mente totalmente lucida, ma ricordava tutto quello che era successo
la notte
precedente: i balli, le risate, la tensione, tutti i suoi stupidi
ripensamenti,
qualche bacio, la sua dichiarazione inascoltata e la scarpinata su per
la
collina di Corona, una richiesta…anzi più una
supplica, sussurrata tra uno
sbadiglio e l’altro, che ancora gli rimbombava nelle
orecchie. Resta. Un’unica
parola che gli martellava in testa, quell’unica parola che
avrebbe potuto
spiegare tutta quella situazione.
Abbassò
lo sguardo sulla figura dormiente tra le sue braccia
e un verso sconvolto gli risalì dalla gola, fermandosi sulle
labbra serrate per
la sorpresa: Anna riposava beatamente con la testa poggiata sul suo
petto,
stretta a lui in un abbraccio che aveva poco o niente d’
innocente, con le
guance lievemente arrossate ma un’espressione rilassata sul
volto, le spalle
nude, coperte solo in parte dai capelli sciolti, mosse dai suoi lievi
respiri e
il resto nascosto solo da un leggero e quasi trasparente lenzuolo,
attorcigliato attorno alle loro gambe.
Lasciò
per un momento che lo sguardo vagasse sulla figura
addormentata della principessa e poi lo distolse da quella vista,
poggiandosi
una mano sugli occhi chiusi: “È solo un brutto
sogno, falso e di cattivo
gusto…ti prego fa che sia solo un sogno. ”- si
disse fra sé, mentre riapriva
piano gli occhi sperando di ritrovarsi nella sua stanza, nel suo letto,
da
solo. “Perché mi caccio sempre in certe
situazioni!?”- si lamentò ancora una
volta.
-“Stanotte
non sembrava ti dispiacesse molto questa
situazione.”- sentenziò una voce assonnata ma
abbastanza chiara da essere
capita. Sobbalzò, mentre Anna al suo fianco si stirava come
un gatto e
sbadigliava graziosamente.
-“Buongiorno.”-
disse la principessa, con un versetto di
apprezzamento, sorridendogli in modo accattivante.
-“B-buong-giorno?!”-
rispose sconvolto lui, mentre le dita
della principessa correvano sul suo petto e lei si stava avvicinando
pericolosamente al suo viso sconvolto. Quando le labbra di Anna si
posarono
sulle sue, non riuscì a ricambiare il bacio, troppo preso da
quella situazione
imbarazzante. Questo non piacque alla ragazza che si scostò
da lui,
rivolgendogli uno sguardo confuso: “Qualcosa non
va?”
La
osservò per un secondo: “Mi chiedi cosa
c’è che non
va?!”- le disse con una risatina isterica- “Questo,
non va!”- disse indicando
loro due. La principessa continuava a guardarlo in modo strano.
-“Non
vorrei sembrare scortese o rude o come vuoi dire… ma
come ci siamo finiti in questa situazione? Io davvero non ricordo. E ad
essere
sincero non era proprio nei miei piani. Non che il pensiero non mi
abbia mai
sfiorato, ma…non ti sembra un po’ sconveniente,
prematuro?”- disse con la
spontaneità di un bambino.
Non
appena metabolizzò quello che il ragazzo aveva detto, il
volto delicato di Anna si trasformò in una maschera rossa di
rabbia ed imbarazzo:
“Aspetta che? Non solo mi stai dicendo che non ricordi nulla
di questa notte,
ma che secondo te sarebbe stato solo uno stupido errore nei tuoi, non
tanto
chiari, piani?”
-“Beh,
io dico solo che…”- tentò di ribattere
lui, ma venne
zittito da una cuscinata ben assestata in faccia.
-“Sta
zitto!”- disse sull’orlo di una crisi isterica
–“Kristoff Bjorgman hai chiuso…goditi i
tuoi ultimi giorni di vita, perché al
nostro ritorno ad Arendelle, mia sorella Elsa sarà
più che felice di
trasformarti in un ghiacciolo!”- gli urlò dietro,
mentre cercava qualcosa da
lanciargli.
-“Ma,
ma io…adesso calmati, così ne parliamo, che ne
dici?”-
cercò di placarla, ma venne raggiunto da una delle sue
scarpette rosse, dritto
su una tempia e cadde bocconi sul pavimento, non prima di aver sbattuto
la
fronte sullo spigolo del comodino. Poi non sentì
più nulla e la vista gli si
oscurò.
Si
alzò a sedere, con un gran mal di testa, massaggiandosi
la parte dolente: era seduto sul pavimento, al fianco del letto, con
una gamba
ancora aggrovigliata nelle lenzuola bianche. Nella stanza regnava un
innaturale
silenzio dopo le urla isteriche di Anna e di lei non c’era la
minima traccia.
Fece leva sul bordo del letto per rialzarsi e quasi cadde
all’indietro quando
scorse la principessa, ancora tra le braccia di morfeo, al centro del
letto,
avviluppata tra le coperte leggere, ma con ancora indosso
l’ingombrante vestito
rosso. Abbassò lo sguardo su di sé e
scoprì di avere ancora la camicia e i
calzoni al posto giusto, e non poté fare a meno di sospirare
di sollievo:
“Grazie a dio. Era solo un sogno!”- si
lasciò sfuggire al colmo della gioia,
mentre si tirava su.
Se
quella notte il pensiero di rimanere nella stessa stanza
di Anna lo aveva scombussolato, quel sogno lo aveva ulteriormente
terrorizzato:
e se qualcuno lo avesse trovato li? Come avrebbe giustificato la sua
presenza?
‘Ho riaccompagnato la principessa nelle sue stanze e lei mi
ha supplicato di
rimanere’ scusa vera ma poco credibile. Doveva uscire di li.
Però
quel sogno, in fondo, era stato piacevole: scosse la
testa, come a voler scacciare via quel pensiero.
Si
passò una mano sul volto stravolto e per quanto poteva
permettergli la sua stazza, raccolse silenziosamente le sue cose dal
pavimento:
solo la giacca, il gilet e gli stivali, fortunatamente. Si diresse con
passo
felpato verso la porta. Ma, come la sera precedente, non appena
posò la mano
sulla maniglia, qualcosa lo trattenne.
-“Ehi,
buongiorno…perché stai sgattaiolando via come un
ladro?”- con la testa mollemente poggiata su una mano, Anna
lo fissava con gli
occhi socchiusi, seduta al centro del letto.
-“Ciao.
Beh, io veramente stavo tornando nella mia camera e
non volevo svegliarti.”- le rispose evitando accuratamente di
incrociare il suo
sguardo, temendo che lei potesse scorgere nei suoi occhi le ultime
immagini di
quel sogno che ancora occupava gran parte dei suoi pensieri.
-“Mi
dispiace informarti che hai fallito miseramente. Io ho
il sonno pesante, ma tu sei più rumoroso di un branco di
troll esaltati!”-
ridacchiò sbadigliando.
-“Ehi,
non è vero. Ho cercato di essere il più
silenzioso
possibile. Evidentemente hai il sonno più leggero di quanto
tu creda.”- le
diede le spalle, deciso ad interrompere quella diatriba sul nascere e
ad uscire
dalla stanza.
-“Kristoff?”-
-“Mmh?”-
-“Qualcosa
non va?”-
Oddio
quella domanda: la stessa del sogno. Si voltò
lentamente verso di lei, che lo fissava ben sveglia, con uno sguardo
preoccupato.
Un
verso gli sfuggì dalle labbra: “Mmm, non direi,
perché?”-
le chiese con un tono di voce strano, stringendo a sé gli
abiti che aveva tra
le mani ed indietreggiando impercettibilmente verso la porta.
-“S-stai
bene? Non hai una bella cera…”- Anna
saltò
all’improvviso giù dal letto, inciampando tra le
coperte e l’orlo del suo
abito, cadendo rovinosamente di faccia- “Ahi!”- si
lamentò alzandosi sulle
ginocchia.
-“Oh
mio dio, Anna!”- Kristoff lasciò cadere le cose
che
reggeva e le andò incontro, inginocchiandosi alla sua
altezza- “Tutto bene?”
-“Ohi-ohi”-
Anna si massaggiava il naso, mentre piccole
lacrime le si stavano affacciando agli angoli degli occhi chiusi.
-“Lasciami
vedere.”- le scostò gentilmente le mani dal naso
e tenendole il mento tra l’indice e il pollice, le fece
voltare la faccia da un
lato e dall’altro, analizzando il rossore che stava pian
piano affiorando sul
viso della ragazza- “Non sembra rotto, ma servirebbe un
po’ di ghiaccio…”
-“Ma
tu metteresti del ghiaccio dappertutto, eh? E poi da
quando saresti esperto in nasi rotti?”- gli chiese con tono
dolorante.
-“Beh,
sappi che un branco di tagliatori di ghiaccio
assetati è pericoloso e io non sono immune alle scazzottate
giù alla taverna di
Bjorn. Se metti insieme queste due cose, capirai che forse ne so un
po’ più di
te in fatto di nasi rotti.”- ridacchiò lui,
mollando la presa sul suo visino,
un po’ troppo vicino al suo e scostandosi di qualche
centimetro –“Vedrai che
fra un po’ passa.”-
Anna
gli si avvicinò piano, riempiendo il silenzio con il
fruscio del suo abito, posandogli una mano sulla fronte:
“Scotti! Non avrai per
caso la febbre? E poi perché sei così rosso,
terribilmente rosso.”- chiese
innocentemente, facendolo arrossire ancora di più.
-“N-no,
non ho nulla. Sto benissimo. Ora dovrei proprio
andare, se permetti…”- si alzò e
recuperando le sue cose frettolosamente, uscì
dalla stanza lasciando la porta semiaperta.
Anna
fissò per un momento il punto in cui era sparito e poi
aiutandosi con le mani, si alzò e trascinandosi dietro
quell’enorme vestito, si
fece strada verso la stanza del ragazzo, che aveva già
chiuso la sua porta a
doppia mandata.
La
principessa bussò: “ Kristoff! Ma che cosa ti
prende? Si
può sapere qual è il problema? Perché
sei così sfuggente stamattina?”-
Il
ragazzo aprì piano la porta, lasciando aperto solo uno
spiraglio: “Non sono sfuggente, e poi non
c’è nessun problema!”- ‘oh si
invece
che c’è un problema’ avrebbe voluto
dirle ‘il problema è che ti ho appena
sognata senza quel vestito e non credo che riuscirò
più a guardarti, senza
pensarci!’.
-“Allora
cosa c’è che non va?
Sembri…imbarazzato.” - lo
fissò intensamente per un secondo e poi, come se le fosse
balzata un’idea in
testa, si portò le mani a coprire la bocca -“Ti
prego, dimmi che non ho detto
nulla di sconveniente…sai io tendo a straparlare quando sono
brilla e non è
colpa mia, ma le parole sfuggono alle mie labbra come se nulla fosse,
senza
pensarci. Se ho accennato a qualcosa, tipo te senza vestiti, sono
terribilmente
mortificata, non volevo. Sai come si dice: ‘in vino
veritas’. Erano solo parole
dettate dal vino! E quindi…”- Anna ciarlava a
ruota libera, guardando lo
stipite della porta, la punta dei suoi piedi nudi, le sue mani che
nervose si
stringevano l’una all’altra, ma mai diritto negli
occhi di Kristoff.
-“Anna,
stai blaterando.”- la avvisò il ragazzo, ridendo
dell’espressione colpevole sulla sua faccia rossa, un
po’ per l’imbarazzo e un
po’per la botta al naso. Ma un campanello d’allarme
gli suonò all’orecchio,
quando le parole ‘te’ e ‘senza
vestiti’ sfuggirono dalla bocca di Anna,
lasciandolo per un momento basito e piacevolmente sorpreso:
“Aspetta, che? Tu
hai delle fantasie su me senza vestiti?”- le chiese con un
sopracciglio alzato,
risollevato da quella rivelazione.
Anna
gli rivolse uno sguardo strano, e se possibile arrossì
ancora di più: “Stanotte non ho detto nulla di
tutto questo, vero?”- s’informò
umiliata.
-“Ehm,
no. Per la verità non hai detto molto, hai solo
balbettato qualcosa di incomprensibile prima di cadere in un sonno
profondo.”-
incrociò le braccia al petto, cominciando a ridacchiare
sommessamente.
-“È
davvero umiliante tutto questo.”- commentò
demoralizzata
abbassando il capo.
Kristoff
non disse nulla, cominciando a sentirsi un po’ in
colpa: “Ehi, furia scatenata, non fa niente. Capita anche a
me a volte.”- aveva
parlato senza pensare, voleva solo consolarla.
-“Cosa?
Di fare fantasie su me senza vestiti?”- Anna si
riprese nel giro di un secondo, scoccandogli un’occhiata
indagatrice.
-“Si…”-
rispose di getto –“Ma no, che vai dicendo.
Intendevo: capita anche a me a volte di parlare senza
riflettere.”- si corresse
subito, tirando un sospiro di sollievo quando si accorse che Anna non
aveva
fatto caso al suo repentino cambio di risposta.
La
ragazza scrollò le spalle, rassicurata dalle sue parole e
poi come se nulla fosse, si stampò un sorriso in faccia e
tornò ad essere la
solita principessa chiassosa e provocante: “Allora, che ti va
di fare oggi?”
-“Non
saprei, a te che va di fare?”- Kistoff si aggrappava
alla porta come ad un àncora di salvezza, mentre la vedeva
avvicinarsi sempre
di più.
La
ragazza lo spinse con poca grazie da parte e si intrufolò
per la seconda volta in un giorno, nella sua stanza. Si
accomodò sul letto,
dopo aver fatto spazio tra gli abiti sparsi sul materasso.
-“Capisco
che tu sia una principessa e che quindi tu non
abbia bisogno di domandare mai nulla, ma di solito non si chiede il
permesso
prima di entrare in camera di qualcuno?”- le chiese stizzito,
rimanendo
sull’uscio della porta.
-“
Ehi, tu hai dormito nella mia stanza, nel mio letto! Non
mi sembra che tu mi abbai chiesto il permesso.”-
scherzò Anna.
Kristoff
avvampò, colto alla sprovvista: “Beh, me
l’hai
chiesto tu di restare.”
-“
Ah si?! Io non me lo ricordo, forse anche tu eri poco
lucido e hai scambiato un ‘buonanotte’ con un
‘resta’. E così approfittando del
mio stato di incoscienza ti sei intrufolato nel mio
letto…mia sorella potrebbe
ammazzarti per questo.”- gli lanciò
un’occhiata divertita, ma allo stesso tempo
seria.
Kristoff
la osservò terrorizzato, sbiancando e ingoiando a
vuoto.
Anna
scoppiò in una fragorosa risata:“ Sto scherzando,
ovviamente. Oh mio dio dovresti vedere la tua faccia. So di essere
stata io a
chiederti di restare. Comunque, sorvolando sulla questione chi ha
dormito nel letto
di chi eccetera, avrei pensato ad una passeggiata in giro per Corona,
cosa ne
pensi?”
Il
ragazzo non rispose subito: “Ti odio quando fai
così!”-
le disse chiudendo la porta.
-“Non
è vero. Tu ti sei irrimediabilmente innamorato di me,
ricordi? E mi ami con tutti i miei pregi e difetti, mi
sbaglio?”- gli sorrise
languidamente, sbattendo le ciglia, ripetendo le parole che le aveva
confessato
lui la sera precedente.
-“Cosa?”-
le chiese sorpreso –“ Ma tu stavi dormendo
beatamente, come hai fatto a…a meno che
tu…”- le parole gli morirono in gola.
-“Ah-ah,
stavo sonnecchiando che è ben diverso, ho sentito
tutto.”- confessò battendosi un dito
sull’orecchio -“Vuoi rimangiarti quello
che hai detto?”- chiese tutto ad un tratto preoccupata.
-“No,
ovviamente.”- Anna sospirò rassicurata.
Rimasero
in silenzio per almeno un minuto, prima che
Kristoff riprendesse la parola: “Per me va bene.”
-“Che
cosa?”-
-“La
passeggiata in giro per Corona, la trovo un’ottima
idea.”- rispose con entusiasmo.
-“Bene,
allora torno di là, così potrai
cambiarti.”- gli
sorrise mentre si avviava verso la porta. Ma di nuovo
inciampò goffamente
nell’orlo dell’abito. Però prima che
potesse sbattere di nuovo con la faccia
sul pavimento, due braccia forti la sostennero; Kristoff
l’aiutò a rimettersi
in piedi, ma non mollò la presa sulla sua vita e sulla sua
schiena. Anna si
mantenne al suo avambraccio e incrociò il suo sguardo
divertito.
-“Forse
sarebbe ora di toglierlo questo vestito.”- le disse
senza riflettere.
-“È
un ordine o un suggerimento, signor mastro consegnatore?”-
gli chiese facendo scorrere le dita sull’avambraccio, su per
la spalla sinistra
ed il collo, poggiandogli infine il palmo della mano sulla guancia,
mentre lo
fissava intensamente con una strana luce negli occhi.
Kristoff
si era perso nel suo sguardo limpido e seducente,
sciogliendosi sotto il suo tocco inebriante e aveva perso
l’uso della parola;
ma quella domanda sussurrata a un centimetro dalle sue labbra, lo
riscosse dal
torpore in cui lo aveva precipitato la presenza ammaliante della
principessa:
“Cosa?”- disse sbattendo le palpebre velocemente,
per recuperare un briciolo di
lucidità –“Io
non…cioè non era implicato nulla
di…non volevo, insomma dicevo
solo che forse potevi toglierlo per evitare di schiantarti al suolo ad
ogni passo.
Ecco tutto.”- la allontanò di poco, sperando di
non sembrare scortese.
Anna
gli sorrise di rimando, non badando al suo repentino
cambio d’umore, e allacciandogli le braccia al collo gli
scoccò un sonoro bacio
sulle labbra: “Io vado, prima che ti prenda un
colpo.”- si avviò alla porta
lasciandolo inebetito -“Sbrigati, non voglio perdere
tempo...a quanto ne so c’è
molto da vedere qui a Corona.”- la principessa
uscì, chiudendosi la porta alle
spalle.
Kristoff
rimase a fissare gli
intarsi della porta chiusa. ‘Ti tiene in scacco!’
gli sussurrò una vocina nella
sua testa: non aveva idea di cosa volesse dire, ma sapeva che era
così.
Il
campanile della vecchia basilica, che sovrastava con la
sua torre campanaria tutte le altre costruzioni del regno, aveva da
poco
battuto le cinque del pomeriggio, quando il Sole cominciò il
suo lento declino
verso il tramonto, colorando il cielo di rosa e arancione: le molte e
variopinte botteghe del borgo cominciavano a chiudere, mentre
nell’aria si
spandeva l’odore di legna bruciata e di qualcosa di
deliziosamente appetibile.
Anna
continuava a trascinare il povero Kristoff tra le
viuzze di Corona, nonostante fossero usciti dal palazzo a
metà mattinata; ma il
ragazzo non si lamentava, anzi, dopo aver rilegato il sogno di quella
mattina
in un angolo buio e polveroso della sua mente, assecondava ogni
decisione della
principessa lasciandosi condurre come una marionetta prima in quella
direzione
e dopo nell’altra, sorridendole dolcemente e cercando di
tenerla premurosamente
fuori dai guai. Infatti la principessa, troppo esaltata da tutte le
nuove
scoperte fatte quel giorno, aveva rischiato più volte
durante la giornata di
essere messa sotto da un carro, di cadere nella fontana della piazza
grande e
di ruzzolare giù per la collina di Corona con le mele del
banco dell’ortolano,
che aveva accidentalmente fatto cadere. Il povero ragazzo
l’aveva tenuta
d’occhio, l’aveva aiutata a rialzarsi e le aveva
sussurrato parole di
incoraggiamento, mentre lei borbottava qualcosa circa la sua
sbadataggine e la
sua inadeguatezza a essere principessa; Kristoff aveva messo da parte
per un
po’ il suo ruolo di fidanzato/mastro consegnatore, per
calarsi nei panni di un
genitore apprensivo pronto a rimproverare e consolare il proprio
bambino…ed era
proprio così che gli appariva Anna in quel momento: non come
una principessa
bizzarra e svampita, ma come una bambina bisognosa di affetto e
attenzioni,
cose che lui non le avrebbe di certo fatto mancare. Mentre camminavano
in
silenzio l’uno al fianco dell’altra, mano nella
mano, lungo la strada delle
taverne, Kristoff realizzò ad un tratto quanto gli piacesse
prendersi cura di
lei: era una sensazione strana e poco familiare, che gli riscaldava il
cuore e
lo faceva sentire debole e forte allo stesso tempo. Non aveva mai
provato nulla
del genere, nemmeno per Sven, e questo la diceva lunga sulle sue scarse
conoscenze delle emozioni umane. Anna lo aveva reso nel giro di qualche
mese
una persona nuova, diversa, anche se lei continuava a ripetergli che
quel lato
dolce e sensibile che si ritrovava ce l’aveva sempre avuto,
nascosto sotto strati
e strati di fredda indifferenza verso il genere umano e
incapacità di
relazionarsi con il resto del mondo. Quando lei gli diceva
così, lui rideva
sommessamente e negava tutto, ma sapeva che in fondo la principessa
aveva
ragione: su quel maledetto fiordo ghiacciato, non si era sciolto solo
il cuore
di Anna, ma anche il suo.
-“A
cosa stai pensando?”- Anna lo riscosse dal suo
interminabile flusso di pensieri, stringendogli la mano e fermandosi
nel bel
mezzo della strada –“Saranno almeno dieci minuti
che non dici una parola.”-
constatò.
-“A
niente in particolare.”- mentì
–“ Anna dimentichi a chi
stai rivolgendo la parola? A me. Non sono famoso per le mie doti
discorsive! Di
solito sei tu quella che parla, io sono bravo ad ascoltare.”-
puntualizzò
riprendendo a camminare.
-“Mi
stai dando della logorroica?”- ribatté indignata.
-“Logo-che?
Non so nemmeno che significa, come potrei
accusarti di esserlo?”- sbuffò.
-“Significa:
una che parla troppo, che stordisce il prossimo
di chiacchiere…mi ci rivedi in questa descrizione
manualistica?”-
-“Beh
se a questa definizione aggiungi anche disordinata,
strana, indisponente, a tratti imbarazzante, maldestra, incurante della
propria
sicurezza, ma anche carina e con uno spiccato senso del coraggio, direi
che sei
proprio tu.”-
-“Che
cosa? Io non sono disordinata, forse un tantino ma
nemmeno tanto, ed inoltre a chi hai dato
dell’indisponente?”- disse stizzita,
lasciando la presa sulla sua mano e incrociando le braccia al petto.
-“Ti
ho appena detto che sei carina e coraggiosa e le uniche
due cose che hai sentito sono state ‘disordinata’
ed ‘indisponente’?”- le
domandò retoricamente, scrollando le spalle demoralizzato.
-“Beh
grazie! Ma non puoi cavartela così dopo quello che hai
appena detto…e poi guarda da che pulpito viene la predica.
Non mi sembra che tu
sia tutto questo insieme di virtù cavalleresche.”-
gli puntò contro un dito –“
Mio caro signor Bjorgman prima di incontrare la qui presente
principessa, lei
era un rude montanaro con la fissazione maniacale per il ghiaccio, che
per poco
non si è messo ad idolatrare il palazzo di mia sorella; come
se non bastasse si
ostina a dar voce ai pensieri della sua renna, e lasci che glielo
ripeta, è una
cosa spaventosamente inquietante; inoltre ha una scarsa attenzione alla
sua
igiene personale, è inetto nei rapporti sociali, definirla
laconico sarebbe un
complimento e a proposito, ho appena scoperto che russa…
potrei continuare così
fino a domattina e…”- e poi ad un tratto, la corsa
infinita della sua bocca
venne bruscamente interrotta dalle labbra di Kristoff: il ragazzo
l’attirò a sé
con poca grazia, con l’urgenza di zittirla, cogliendola di
sorpresa, tanto che
lei non rispose subito a quel contatto inaspettato; ma nel giro di due
secondi,
tutta la tensione accumulata durante quella filippica, si sciolse come
neve al
Sole, lasciando al suo posto una piacevole sensazione di calore che le
si
irradiava dal basso ventre e che pian piano stava raggiungendo il suo
volto,
lasciando le sue gote in fiamme. Se all’inizio era stato
Kristoff a dirigere la
danza delle loro labbra, dopo poco fu Anna a prendere le redini della
situazione: allacciò le braccia al collo del ragazzo,
schiacciandosi contro il
suo petto e in punta di piedi cercò di colmare la differenza
tra le loro
altezze, per avere più facile accesso alla sua bocca e
cercare di placare
quella strana ed insolita fame che la stava divorando. Kristoff la
strinse di
più a sé, ricambiando con lo stesso trasporto
della ragazza e chiedendosi se
non fosse sconveniente un tale comportamento in pubblico; ma il verso
di
piacere che sfuggì alla gola di Anna, gli fece dimenticare
Corona, le persone
che passavano loro accanto e tutto il mondo attorno, lasciandolo
sospeso per un
momento infinito in una bolla di felicità con Anna.
Quando
alla fine si staccarono per riprendere fiato, ancora
stretti l’uno all’altra, nessuna parola interruppe
quel singolare momento di
silenzio: solo il rumore del loro respiro affannato risuonava nella
poca
distanza tra le loro labbra.
-“Conosco
già i miei difetti, non c’è bisogno che
tu me li
ricordi, furia scatenata. E poi non è possibile che debba
sempre metterti a
tacere in questo modo.”- le sussurrò con voce
accattivante , incatenando il suo
sguardo a quello di Anna.
-“Beh
se questo è il tuo modo per zittirmi, mi dispiace
informarti che d’ora in poi dovrai sopportare il doppio delle
chiacchiere che
escono normalmente dalla mia bocca.”- gli sorrise
languidamente, senza mollare
la presa su di lui. Un brivido la fece tremare improvvisamente,
spezzando la
magia del momento.
-“Hai
freddo? Forse dovremmo ritornare a palazzo, prima che
l’aria fredda della sera scenda sulla
città.”- le disse squadrando il suo
vestito giallo, che le lasciava scoperte le braccia dal gomito in
giù, inadatto
alla temperatura in calo del crepuscolo.
-“Si,
credo sia ora di tornare
indietro.”- gli sorrise, sciogliendo goffamente il loro
abbraccio.
-“Che
poi mi chiedo: perché continuavano a proporci di
comprare la ‘padella della principessa’? Non sapevo
che mia cugina fosse una
cuoca, o che avesse queste tanto acclamate doti culinarie!”-
avevano appena
attraversato il portale d’ingresso del palazzo e Anna si era
già lanciata da un
po’ nel riepilogo della giornata appena trascorsa.
-“In
effetti dovresti chiederglielo; non credo sia una cosa
così scontata. E tu mi spieghi perché hai dovuto
per forza immischiarti in
quella lite tra bambini? Insomma che te ne importava? Ne sei anche
uscita
perdente con una gamba dolorante, dopo che quel bambino ti ha assestato
un
calcio.”-
-“Stai
scherzando, vero? Quei piccoli mostriciattoli non
volevano lasciar giocare quella povera bambina solo perché
era femmina…ma dico
io, si può essere così stupidi?! E poi il mio
istinto materno ha praticamente
preso il sopravvento, insomma li hai visti quegli occhioni pieni di
lacrime?
Non avrei voluto far altro che stringerla fino a farle spuntare di
nuovo il
sorriso su quel visino paffuto.”- disse stringendosi le
braccia al petto,
fingendo di abbracciare qualcuno.
-“Istinto
materno? E da quand’è che ne avresti uno? Non sei
brava nemmeno a prenderti cura di te stessa, figuriamoci di un
bambino!”- la
punzecchiò.
Anna
non cascò nella trappola delle sue solite provocazioni
e rilanciò con una frecciatina ben assestata:
“È per questo che sto facendo
pratica, così quando avremo dei bambini sarò una
madre perfetta.”- sentenziò
alzando il mento –“Dovresti cominciare anche tu,
non vorrei che i nostri figli
un giorno avessero da ridire sulle doti genitoriali del loro
padre.”-
-“Bambini?
Non ti sembra di correre troppo? Non siamo
fidanzati da nemmeno un giorno e già parli di figli e
genitori e di tutto
quello che ne consegue. Secondo me tutta la cioccolata che hai ingerito
oggi ti
ha esaltata troppo.”-
-“Certo,
bambini. Perché tu non vorresti averne? Immagina un
piccolo Kristoff e una piccola me che corrono per i corridoi del
castello, che
riempiono il silenzio opprimente di quelle immense stanze con le loro
risate
cristalline e le loro vocine squillanti.”- Anna
sospirò sognante, persa nei
suoi pensieri sul futuro –“E poi non dire
stupidaggini, potrei mangiare
cioccolata da ora fino al giorno della mia morte senza
risentirne.”- s’impuntò
tutto ad un tratto.
Kristoff
la guardò in modo strano,
continuando a salire le scale, riflettendo sulle sue parole: non era
pronto per
un matrimonio, figurarsi per avere dei figli. Su questo punto sarebbe
stato
irremovibile, era troppo presto anche per parlarne.
-“Mm-mm,
immagino. E tu pensa ad
una notte calma, in cui stai beatamente dormendo nel tuo letto, cullata
dal
calore delle coperte e all’improvviso un insieme di pianti e
vagiti squarciano
il silenzio; devi svegliarti per vedere cosa succede e devi acquietare
il
bambino, prima che svegli tutto il castello e se non riuscissi a farlo?
Come la
metteresti in quel caso? Sei ancora sicura di volere dei bambini? Io
per il
momento ho le mie riserve.”- ribatté sogghignando.
-“Vedremo…sono
sicura che ti
scioglierai quando ti metteranno tra le braccia nostro figlio. Credimi,
ti farò
piangere: è una promessa! Anzi, scommettiamo.”-
gli porse la mano, aspettando
che lui la stringesse.
Kristoff
fece vagare lo sguardo
dalla faccia di Anna alla sua mano tesa, per alcuni secondi, prima di
stringerla e sancire la loro scommessa: “Non vedrai mai
lacrime cadere da
questi occhi.”- affermò convinto, indicandosi la
faccia.
Si
squadrarono per alcuni secondi
rimanendo in silenzio. Ma la loro muta battaglia di sguardi e
frecciatine,
venne interrotta da una voce squillante alle loro spalle:
“Anna! Kristoff!”
I
due si voltarono all’unisono,
rivolgendo lo sguardo alle due figure dietro di loro: Eugene e Rapunzel.
-“Rapunzel!
Che bello vedervi, ma
dove siete stati tutto il giorno? Io e Kristoff siamo appena tornati
dalla
nostra giornata per le strade di Corona e stamattina avevo pensato che
avreste
potuto farci da ciceroni, ma quando ho chiesto ad una delle donne di
servizio
se vi aveva visti mi ha risposto di no, e poi è scappata via
ridendo, come se
avessi detto qualcosa di buffo, ma non ne ho capito il motivo e poi
beh, ho
rinunciato.”- Anna
era andata incontro
alla coppia lasciando indietro Kristoff.
La
principessa di Corona strinse
in un abbraccio la principessa di Arendelle, mentre questa continuava a
palare
a ruota libera e poi scambiò uno sguardo d’intesa
con il marito, arrossendo
appena: “Noi, veramente, siamo stati impegnati.”-
disse timidamente.
-“Prima
notte di nozze, ti dice
niente?”- Eugene strinse per la vita la moglie, strizzando
l’occhio ad Anna,
che a quella domanda avvampò.
-“Oh
io…perdonate la mia
curiosità, non volevo impicciarmi, era solo che beh, non vi
ho visto in giro e
volevo congratularmi con voi per le nozze e dirvi che ci siamo
divertiti un
mondo Kristoff e io…e quindi…”-Anna si
interruppe un istante facendo scorrere
lo sguardo dalla faccia imbarazzata di Rapunzel a quella compiaciuta di
Eugene,
e poi prendendo un respiro profondo chiese: “Eravate a fare
bambini, ho capito
bene?”-
-“Anna!
Ma che domande sono?”-
Kristoff alle sue spalle la rimproverò.
Eugene
scoppiò in una fragorosa
risata: “Frena principessa, chi ha mai parlato di bambini?
Noi abbiamo…”-
In
un secondo Kristoff tappò le
orecchie di Anna cercando di preservare le sue innocenti fantasie
romantiche e
Rapunzel sigillò la bocca del marito, prima che dicesse
qualcosa di altamente
sconveniente: “Ma come ti salta in mente anche solo di
pensare di poter dire
certe cose?”- lo riprese la principessa dai corti capelli
scuri, con un tono di
rimprovero.
-“Calmati
biondina, volevo solo
prenderla un po’ in giro…insomma è
davvero a digiuno per quanto riguarda i
rapporti di coppia.”- scoccò un’occhiata
divertita ad Anna che cercava di
togliere le mani di Kristoff dalle sue orecchie.
-“Disse
quello che aveva sposato
una rimasta chiusa in una torre per diciotto anni!”-
ridacchiò sollevata
Rapunzel –“Nemmeno io ne sapevo molto, loro sono
alle prime armi, come noi un
anno fa.”
-“Kristoff,
si può sapere cosa ti
è preso? Non ho sentito una parola di quello che ha detto
Eugene.”- disse
rivolta al ragazzo che le rivolse uno sguardo disperato, poi voltandosi
verso
Eugene chiese: “Potresti cortesemente ripetere?”-
-“Mmm
non credo sia il caso, furia
scatenata. Non sei stanca?”- il tagliatore di ghiaccio
anticipò la risposta del
moro che li guardava sempre più divertito.
-“Nemmeno
per sogno e poi io…”-
-“Siete
davvero una coppia mal
assortita voi due, dove avete detto di esservi incontrati?”-
Eugene, stoppò sul
nascere le proteste di Anna.
-“Non
credo sia il momento adatto per
parlarne. Ci sarò tempo per conoscerci: anzi ho avuto
un’idea. Per farci
perdonare domani passeremo la giornata in vostra compagnia, se a voi va
ovviamente.”- propose Rapunzel.
-“Davvero?
La trovo un’idea
magnifica…certo che ci va di trascorrere del tempo con voi.
Insomma ho una
cugina di cui a stento mi ricordavo e non vedo l’ora di
conoscerla meglio.”-
Anna era su di giri, già impaziente che il Sole sorgesse di
nuovo sul giorno
successivo.
-“Potremmo
fare un pic-nic nella
riserva di caccia reale, e poi prendere i cavalli e passeggiare per la
campagna.”-
-“Si,
non vedo l’ora che arrivi
domani.”-
-“Allora
a domattina. Manderò
qualcuno a chiamarvi e poi avremo un’intera giornata da
passare assieme.”-
promise Rapunzel, prendendo sottobraccio Eugene –“
Noi ora andiamo,
buonanotte.”- augurò la principessa , con uno
strano tono di voce e la faccia
in fiamme.
Anna
la osservò e poi intuendo il
significato nascosto sotto quelle parole e il comportamento della
cugina si
affrettò a dire: “Oh, si. Buonanotte anche a voi.
Anche noi ora dovremmo
andare…a dormire.”- si voltò verso
Kristoff che evitava accuratamente il suo
sguardo –“ A dormire sul serio, non a fare
bambini.”- precisò.
-“Oh
santo cielo, Anna!”- il
povero ragazzo dovette trascinarla via a forza, prima che potesse
aggiungere
qualcos’altro a quel discorso delirante
–“Buonanotte.”- augurò alla
coppia,
prima di sparire dietro l’angolo con la principessa tra le
sue braccia.
-“Ora
capisco da quale lato della
famiglia viene la tua imbranataggine.”- commentò
Eugene, mentre tornavano nelle
loro stanze, conquistandosi lo sguardo indispettito della moglie e una
gomitata
nelle costole.
-“Mi
sembra che qualcuno voglia
dormire nella stanza degli ospiti stanotte, mi sbaglio?”-
proruppe con tono
serio Rapunzel.
-“Stai
scherzando, vero?- Eugene
trattenne il respiro.
La
principessa non rispose subito
e lo tenne sulle spine per alcuni secondi, guardandolo seria.
-“Ovviamente.”-
lo rassicurò
sorridente.
AngoloAutrice:
*toc-toc* c’è nessuno? Sono io, Farah, vi
ricordate di me? Si, sono proprio io…quella che non aggiorna
da più di un mese.
Pensavate che fossi morta vero? E penso che dopo la lettura di questo
capitolo
me lo state augurando XD Beh chiedo infinitamente venia per la lunga
attesa, ma
il blocco dello scrittore ogni tanto prende anche me, e poi sono stata
sommersa
dagli impegni e quando avevo un po’ di tempo da dedicare alla
scrittura non
avevo l’ispirazione, e viceversa. Ma oggi pomeriggio ho
cominciato a
ticchettare sulla tastiera e ho appena finito di scrivere questa
schifezza, che
spero vi terrà buoni almeno fino al prossimo aggiornamento.
Comunque non so che
dirvi se non grazie, a tutti quelli che hanno letto lo scorso capitolo,
a
quelli che hanno recensito e anche a quelli che hanno aggiunto la
storia in una
delle tre categorie preferite/seguite/ricordate. Però mio
malgrado ho notato un
drastico calo nel numero dei miei lettori/recensitori e vorrei saperne
il
motivo, perché mi dispiace molto che per ogni nuovo lettore
ne perda uno
vecchio. So di non essere il meglio che c’è sulla
piazza, che ci sono molti che
scrivono mille volte meglio di me, ma mi sento un po’
abbandonata e
scoraggiata. Nonostante tutto grazie a quelli che continuano a seguire
ogni
capitolo e spero di risentire quelli che ho perso per la strada ;) *si
inginocchia e alza le braccia al cielo in segno di preghiera* Vi prego,
vi
scongiuro, a fine lettura lasciate un vostro commento…farete
felice un’anima in
pena!XDXDXD *si ricompone* cioè voglio dire: questa
è la ff più lunga che abbia
mai scritto, è quella con più persone che seguono
e preferiscono (quindi ho una
grande responsabilità), il primo capitolo ha quasi raggiunto
le 900
visualizzazioni e ho ricevuto più recensioni di quante ne
avessi mai potute
immaginare…quindi un vostro parere, anche critico o
negativo, ma pur sempre
costruttivo, sarebbe graditissimo. I SWEAR!
Ok
dopo questo delirio, vorrei ringraziare in particolare le
mie ultime lettrici, che con le loro belle parole mi hanno invogliata a
scrivere ancora, quando la voglia era praticamente finita: Potteriano96,
Martinastory11
e Amberly_1.
Grazie mille ragazze!
Al prossimo capitolo, BACI
*.*
|
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Capitolo 12 *** Capitolo 12: Incidenti di percorso! ***
CAPITOLO
12: Incidenti di percorso!
Come
promesso, alle nove del mattino del giorno seguente, un
inserviente venne a bussare alle loro porte, annunciando la colazione
nella
sala da pranzo grande, al pian terreno del palazzo: Anna non stava
più nella
pelle e quella notte aveva chiuso a malapena occhio per la troppa
emozione;
Kristoff invece aveva passato gran parte delle ore notturne a rigirarsi
nel
letto, a fissare il vuoto nel buio, a rimuginare su tutta la faccenda
del
fidanzamento, del matrimonio e di una conseguente prima notte di nozze;
a quel
punto si era alzato e versandosi un bicchiere d’acqua, aveva
preso a camminare
per la stanza sbuffando come una teiera: il contatto con il marmo
freddo del
pavimento lo aveva tirato fuori da quei pensieri torridi e poco casti
su Anna,
in cui era andato ad impelagarsi. Era riuscito ad addormentarsi solo
poco prima
che sorgesse l’alba; quindi quando i colpi alla porta lo
svegliarono, mugugnò
in disappunto, volendo rimanere ancora per un po’ nel mondo
dei sogni, dove
sembrava che tutto andasse per il verso giusto e filasse liscio.
Suo
malgrado dovette abbandonare la comodità del letto, per
far fronte ad una giornata che si prospettava piena di eventi. Anna si
presentò
alla sua porta dieci minuti dopo, vestita di tutto punto con una gonna
verde e
una camicia bianca, con i capelli raccolti nelle sue solite trecce,
già pronta
per scendere a colazione. Lo aiutò a scegliere un tenuta
meno formale dei
giorni precedenti e poi insieme raggiunsero la famiglia reale nella
sala da
pranzo, dove uno schieramento di maggiordomi e cameriere girava
freneticamente
attorno all’enorme tavolo, come api operaie che si
affaccendavano attorno alla
regina, portando vassoi pieni di frutta, dolci e quant’altro
potesse servire per
una colazione regale.
Re
Thomas e la regina Primrose misero a loro agio la giovane
coppia di Arendelle, discutendo del più e del meno e ponendo
domande innocue
sulla loro permanenza a Corona; infine il re
s’informò sul lavoro di Kristoff,
chiedendo informazioni circa la raccolta del ghiaccio e la
pericolosità del
mestiere, sorprendendo tutti sulla sua conoscenza in materia.
-“Mio
nonno, nonostante facesse parte della famiglia reale,
fu per gran parte della sua vita un tagliatore di ghiaccio: non era
destinato a
diventare re, essendo il secondogenito, ma quando il fratello
abdicò in suo
favore in punto di morte, dovette mettere da parte picconi e asce per
impugnare
lo scettro del potere. Quando ero poco più che un ragazzino,
mi raccontava
spesso del duro lavoro che aveva svolto in giovane età, non
per dovere, perché
essedo un reale non ne avrebbe avuto bisogno, ma per scelta. Mi
rammentava
spesso che il lavoro del corpo rende la mente forte, e che un re che si
crogiola nel proprio agio è debole di corpo quanto di
spirito, e quindi inetto
nel buon governo del proprio regno.”- disse come se fosse la
cosa più normale
del mondo, che un futuro re si spaccasse la schiena a lavorare su
lastre di
ghiaccio pericolanti.
Dopo
colazione, Eugene e Rapunzel condussero Anna e Kristoff
nelle scuderie reali, dove gli stallieri avevano già
preparato i cavalli per
l’uscita in programma quel giorno; tra tutti i cavalli pronti
per l’escursione,
ne spiccava uno per bellezza e portamento: manto bianco, criniera ben
spazzolata e finimenti d’oro. Anna riconobbe il cavallo del
matrimonio e gli si
avvicinò per accarezzarlo, ma il cavallo si ritrasse dal suo
tocco, lanciando
uno sguardo a Rapunzel, come per chiederle il permesso.
-“Avanti
Max non fare l’antipatico. Lasciati accarezzare, lei
è Anna, mia cugina.”- Rapunzel incitò
il destriero, che subito accettò le
carezze della principessa di Arendelle, emettendo nitriti di
apprezzamento.
-“Ciao,
Max. Sai che sei proprio magnifico? Chi è il
destriero più bello del reame? Si, sei tu! ”- Anna
stava parlando al cavallo
come fosse un bambino, con una vocina idiota, e Max sembrava apprezzare
l’insieme di complimenti e grattatine sul collo muscoloso.
-“Non
parlargli così. È pur sempre il capitano della
guardia!”- la riprese Eugene – “E tu
smettila di sbavare come un cagnolino,
riprendi il tuo contegno.”- disse rivolgendosi al cavallo.
Max
subito riacquistò il suo atteggiamento fiero ed altero,
alzando la testa e sottraendosi alle mani della principessa.
-“Capo
della guardia? Stai scherzando? È un cavallo!”-
protestò Kristoff incredulo.
-“Nessuno
scherzo. Si da il caso che Max mi abbia aiutato a
salvare la qui presente principessa perduta e poi ritrovata. Ed inoltre
da
quando lui è a capo della sicurezza del regno, i crimini
sono diminuiti. È
vero, Max?”- il cavallo nitrì, confermando le
parole di Eugene.
Anna
fece scorrere lo sguardo da Eugene a Kristoff e
viceversa: “Voi due vi assomigliate, sapete? Tu parli con
Sven e lui con un
cavallo. Potreste diventare ottimi amici.”-
constatò, indicando prima Kristoff
e poi Eugene.
-“Chi
è Sven?”- chiese curiosa Rapunzel.
-“La
sua renna.”- rispose prontamente Anna, sorvolando
sull’assurdità della cosa.
-“Cosa?
Parli con una renna? Ma è pazzesco.”- Eugene
scoppiò
a ridere, puntando un dito contro il diretto interessato.
-“Disse
quello che si faceva proteggere da un cavallo.”-
Kristoff non si scompose più di tanto e incrociò
le braccia al petto.
-“Vero.
Ma sono sicuro che i cavalli siano più intelligenti
delle renne.”-
-“Non
credo proprio. Ed inoltre le renne sono anche più
resistenti: Sven traina slitte piene di ghiaccio su per montagne
innevate,
attraverso bufere e temporali. Scommetto che il ‘capitano
della guardia’ si
spezzerebbe una delle sue sottilissime zampe nel primo cumulo di
neve.”-
Kristoff gli lanciò uno sguardo di sfida, pienamente
convinto delle sue
affermazioni.
Eugene
raccolse la provocazione: “Sono sicuro che Max è
dieci volte più veloce della tua renna.”
-“Da
dove viene tutta questa sicurezza, tu non l’hai nemmeno
mai vista una renna in azione! Invece io sono assolutamente certo che
Sven
farebbe mangiare la polvere al tuo cavallo in una gara di
corsa.”-
-“Vincerebbe
Max.”- sostenne Eugene.
-“Sven!”-
Kristoff cominciava ad infastidirsi.
-“Max!”-
-“Sven!”-
Mentre
i due si lanciavano occhiate infuocate, pronti a
venire alle mani da un momento all’altro, le due ragazze li
guardavano
sconvolte.
-“Non
ho mai visto Kristoff così infervorato. Eugene
l’ha
davvero punto sul vivo.”- constatò Anna, non
distogliendo lo sguardo
dall’espressione furiosa sul volto del biondo, lanciando
occhiate di
apprezzamento ai muscoli delle braccia che guizzavano sotto la camicia
che gli
aveva fatto indossare. Si ritrovò a pensare che prima o poi
gliel’avrebbe tolta
quella camicia…più prima che poi. Ma la cugina la
riscosse dai suoi pensieri.
-“Ora
lo difende a spada tratta. Ma la prima volta che si
sono visti, Eugene e Max non potevano stare a pochi passi di distanza
che
subito scattava la lite. Ora è praticamente il suo migliore
amico.”- aggiunse
Rapunzel ridacchiando alla scena- “Ora basta voi due.
Vogliamo passare tutta la
giornata a discutere su chi abbia il giocattolo più
bello?”- la principessa li
bloccò prima che potessero davvero picchiarsi per una tale
idiozia.
I
due ragazzi s’interruppero all’istante, scoccando
occhiate
colpevoli alle due principesse che li guardavano come si guarda due
bambini
pestiferi.
-“Vostra
Altezza, il cavallo con le vettovaglie è pronto.
Quando siete pronta, potete partire.”- uno stalliere le si
era avvicinato,
approfittando del momento di quiete.
-“Grazie
mille, Albert.”- Rapunzel gli rivolse un sorriso,
poi voltandosi di nuovo verso i due aggiunse:
“Andiamo?”
-“Certo.”-
borbottarono all’unisono.
Rapunzel
si avvicinò a Max e con una piccola scaletta si
issò sul dorso del cavallo, aggiustandosi la gonna. Lo
stalliere consegnò le
redini di altri tre cavalli a Eugene, Anna e Kristoff.
I
tre salirono in groppa e subito Rapunzel si portò in testa
al gruppo e lanciò Max al galoppo, fuori dalle stalle
attraverso il cortile
secondario del palazzo, che si apriva sulla campagna che circondava il
regno.
Da quando aveva imparato ad andare a cavallo l’anno
precedente, ogni occasione
era buona per uscire a correre con Max: la sensazione del vento che le
sfrecciava accanto e le fischiava nelle orecchie la faceva sentire viva
e
libera, più di quanto non si fosse sentita negli ultimi
vent’anni della sua
vita.
-“Ti
spezzerai il collo, se continuerai a correre
così.”- le
urlò dietro Eugene e lei si accorse di quanto li avesse
distanziati e frenò
Max, conducendolo al piccolo galoppo, per dare la
possibilità al gruppo di
raggiungerla.
-“Perdonatemi,
ma quando corro mi sento…non saprei dirvi
come, ma è una sensazione stupenda.”- si
accostò al destriero di Anna, che le
sorrideva comprendendo le sue parole: anche lei si sentiva bene quando
andava a
cavallo, e quando lanciava l’animale al galoppo sentiva che
tutte le regole ed
etichette in cui era costretta l’abbandonavano, lasciandola
libera di correre a
scavezzacollo, senza che nessuno potesse dirle di fermarsi
perché era poco
consono al suo ruolo di principessa beneducata.
Continuarono
a camminare in silenzio per alcuni minuti,
lungo un sentiero costeggiato da imponenti platani, che lasciavano
cadere i
loro fiori bianchi alla lieve brezza che ne muoveva le fronde.
-“Gara?”-
propose Eugene, rompendo il silenzio, facendoli
sobbalzare sulle selle. Rapunzel gli rivolse un sorrisino sghembo,
accettando
tacitamente la proposta e piantando i talloni nei fianchi di Max, lo
lanciò al
più sfrenato dei galoppi.
-“
Tally-ho!”- urlò Eugene prima di lanciarsi al suo
inseguimento.
Kristoff
e Anna si scambiarono un’occhiata interrogativa:
“Non credo sia una buona idea, Elsa mi ha raccomandato di non
farti fare cose stupide…e
questa sembra proprio una di quelle.”- cercò di
farla desistere.
-“Ma
Elsa non è qui, giusto?”- Anna gli sorrise in modo
sinistro e poi colpendo con le redini il suo cavallo,
cominciò a correre nella
stessa direzione dove erano spariti Rapunzel e Eugene.
Kristoff sbuffò
contrariato e poi spronando il cavallo, le corse dietro, raggiungendola
poco
dopo e affiancandosi a lei, che continuava ad incitare la sua
cavalcatura con
colpi ai fianchi e strani versi acuti. La ragazza che aveva davanti non
era
Anna, era davvero una furia scatenata: le trecce le sbattevano sulle
spalle e
sul viso, tirato in un’espressione di pura concentrazione,
mentre lei, piegata
sul collo del cavallo, sembrava essere diventata un tutt’uno
con l’animale,
bella come una piccola valchiria.
-“
Non avrai mai il piacere di battermi!”- gli urlò
controvento, voltandosi di poco nella sua direzione e scoccandogli un
sorriso
divertito.
-“Non
dire stupidaggini, questa gara l’hai già persa!
Hanno
vinto loro.”- le urlò di rimando, indicando con la
testa il sentiero che si
apriva tra gli alberi davanti a loro.
-“Ma
io sto sfidando te.”- Anna spronò per
l’ennesima volta
il suo cavallo, ormai schiumante, e distanziò Kristoff.
Il
ragazzo lasciò che la preoccupazione per
l’incolumità
della principessa, venisse sostituita da un forte sentimento di
competizione:
insomma lui era…lui. Non poteva di certo farsi battere da
Anna!
Il
bosco gli sfrecciava affianco ad una velocità inaudita,
mentre cercava di raggiungerla e superarla per la seconda volta in
pochi
minuti: “Arrenditi…stai mangiando la mia
polvere.”
-“Vedremo:
il primo che raggiunge quei due, vince!”- affermò
Anna incitando ancora una volta il suo cavallo.
In
fondo al sentiero che stavano percorrendo a velocità
sostenuta, si apriva un vasto prato verdeggiante ricoperto di migliaia
di fiori
colorati e in lontananza qualcosa scintillava ai raggi del Sole:
più si
avvicinavano, più quella distesa luccicante prendeva la
forma di un vasto lago.
Eugene
e Rapunzel erano giunti da diversi minuti ed erano smontati
da cavallo, per godere della bellezza del posto nell’attesa
che Anna e Kristoff
li raggiungessero: “Eccoli, guarda. Stanno
arrivando!”- la principessa indicò
le due figure che si avvicinavano a grande velocità,
schermandosi gli occhi con
una mano.
-“Pronto
a perdere?”- Anna lo sfidò per l’ultima
volta,
prima di entrare nel prato fiorito.
-“Nemmeno
per sogno!”-Kristoff piantò i talloni nei fianchi
del cavallo, e questo con un ultimo scatto poderoso, raggiunse la
sponda del
lago, dove sostavano i due novelli sposi: “Hai perso, furia
scatenata.”-
constatò ridendo e frenando il cavallo.
Anna
li raggiunse un secondo dopo, tirò le redini della sua
cavalcatura per farla fermare e quella s’impennò
indispettita. Smontò da
cavallo con un balzo stranamente aggraziato e cominciò a
lamentarsi come una
bambina capricciosa: “Non è giusto. Il tuo cavallo
è più veloce, avrei vinto io
se non mi fossi distratta ad osservare il paesaggio!”-
cercava di trovare una
scusa per la sua mancata vittoria.
-“Sta
di fatto che ti ho battuta.”- Kristoff scese dal suo
destriero e la raggiunse, battendole piano una mano sulla testa, per
rabbonirla.
Anna
si scostò scocciata e sbuffò:
“Mpf!”
-“Per
la verità credo di aver
vinto io.”- fece Rapunzel prendendo sottobraccio la cugina
–“Non arrabbiarti.
Avrai la tua rivincita al ritorno.”- le sorrise complice e
Anna si lasciò
sfuggire una live risatina.
Il
Sole batteva a picco sulle loro teste, quando tutte le
pietanze riposte nel cestino da pic-nic vennero posizionate sulla
tovaglia che Rapunzel
e Anna si erano premurate di stendere: “Ho esplicitamente
chiesto al cuoco di
corte di preparare dei sandwich; sono i miei preferiti, li adoro:
potrei andare
avanti a mangiarne fino a scoppiare!”- le sussurrò
la principessa di Corona.
-“Davvero?!
Ma sono anche i miei preferiti…abbiamo parecchio
in comune io e te a quanto pare.”- le sorrise felice Anna.
-“Allora
quando si mangia?”- Eugene le interruppe,
sfregandosi le mani e accomodandosi sul prato a gambe incrociate,
mentre
Kristoff lo imitava.
-“Signori,
il pranzo è servito.”- dissero
all’unisono le due
ragazze, scoprendo i piatti con le vettovaglie.
-“E
ditemi,”- fece Eugene prendendo un sandwich
–“dov’è che
vi siete conosciuti? Non sembrate due che frequentano gli stessi
posti.”
Anna
e Kristoff si scambiarono un’occhiata divertita,
conoscendo perfettamente la verità di quelle parole:
“Su alla baita di Oaken.”-
rispose Anna.
Rapunzel
le lanciò uno sguardo interrogativo, non capendo.
-“È
l’ultimo emporio per rifornirsi di provviste, prima di
addentrarsi sulla montagna del Nord.”- precisò
Kristoff.
-“Posso
capire che tu ti trovassi a passare di la, per via
del tuo lavoro eccetera, ma Anna che ci faceva da quelle
parti?”- Eugene era
davvero sorpreso.
-“Beh,
in verità è una lunga storia. Non so se sia il
caso
di tediarvi con questo racconto.”- Anna prese un morso dal
suo panino.
-“Credimi
se ti dico che la nostra è ancora più lunga. E
poi
abbiamo tutta la giornata. Forza, racconta.”- Rapunzel la
incitò.
Anna
prese un respiro profondo e cominciò dapprincipio,
raccontando dell’inverno perenne indotto da Elsa, dei suoi
poteri, del
tradimento di Hans, della missione di recupero su per la montagna del
Nord e
della storia del cuore di ghiaccio, fino alla conclusione della vicenda
con il
disgelo di Arendelle.
-“Quindi
capite, dovevo andare a prenderla, non potevo
lasciarla su quella montagna a commiserarsi, a lasciare che si
rinchiudesse
lontano da tutti, lontano da me, come un mostro. Ed è qui
che è entrato in
scena lui.”- disse indicandolo e riprendendo fiato
–“ Per la verità, il nostro
primo incontro è stato un tantino inquietante: lui era tutto
coperto di neve, a
malapena gli si intravedevano gli occhi e si è avvicinato a
me con aria
ostile…ho davvero temuto per la mia
incolumità!”- disse seria.
-“Beh
forse io sarò stato anche inquietante, ma tu non
scherzavi in quanto a stranezza.”- le disse, poi rivolse lo
sguardo ai loro
interlocutori: “Insomma, avreste dovuto vederla: fuori
imperversava la peggiore
tempesta di neve che io abbia mai visto e lei era vestita con un abito
da
cerimonia, senza un mantello o un non so che a coprirla. Inoltre era
mezza
congelata e continuava a chiedermi febbrilmente della montagna del Nord
e della
magia di quella bufera.”- sorrise al ricordo.
-“Comunque,
mi ha aiutata a raggiungere Elsa e poi mi ha
riportata ad Arendelle nel tentativo di salvarmi la vita.”-
cadde in un
imbarazzante silenzio per alcuni istanti
poi concluse: “E poi io gli dovevo una slitta,
una cosa tira l’altra e…beh
ora siamo qui!”-
-“Una
storia densa di romanticismo, da quanto ho capito.”-
constatò Eugene con voce piatta.
-“Oh,
che cosa tenera! Quindi è stato amore a prima
vista?”-
gli occhi di Rapunzel brillavano, mente li guardava, in attesa di altre
notizie.
-“No,
non direi proprio.”- disse Kristoff, voltandosi interrogativo
verso Anna –“Almeno, non per me.”
-“Beh
a me l’ha dovuto dire Olaf che lui teneva a
me…diciamo
che dell’amore ne sapevo ben poco, da quanto avrete potuto
intuire dai miei
precedenti.”- convenne Anna.
-“Ma
l’importante è che ora siete insieme.
L’amore si scopre
pian piano, non si corre alla sua disperata ricerca, perché
potresti
imbattertici per caso e non riconoscerlo: com’è
successo a voi due.”- sentenziò
seria Rapunzel, rivolgendole un dolce sorriso.
-“Hai
ragione.”- le rispose sollevata –“E
ditemi, la vostra
storia com’è cominciata?”- chiese
curiosa.
-“Beh
tieniti forte principessina, perché questa che ti
narrerò è la storia di come sono
morto…”- Eugene cominciò a parlare con
un’aria
stranamente enigmatica, mentre gesticolava.
-“Eugene!
Non ricominciare con questa storia.”- Rapunzel lo
stoppò sul nascere.
-“Ma
dai, biondina. Loro hanno parlato di castelli di
ghiaccio, pupazzi di neve parlanti e di un principe meschino, e io non
posso
raccontargli di come sono morto? Devo catturare la loro
attenzione.”- si
lamentò.
-“Ma
non sei morto! Raccontagli invece di come ti sei
intrufolato nella torre e di come ti ho steso con una padellata; credo
che
catturerai di più la loro attenzione, evitando
quell’aria da cantastorie
fallito. Oh e non dimenticare la storia dello ‘sguardo che
conquista’…mi fa
troppo ridere sentirtela raccontare.”-
-“Come
vuoi. Ma non lamentarti se poi riterranno la nostra
storia noiosa!”-
Così
Eugene raccontò loro della corona rubata, della
principessa perduta, del magico fiore curativo,
dell’inseguimento con Max,
della torre nella foresta, dello ‘sguardo che
conquista’, dei lunghi capelli di
Rapunzel e del patto stretto con lei per portarle a vedere le lanterne
fluttuanti.
-“Capirete,
che non ha potuto resistere al mio fascino, mi
si è letteralmente gettata ai piedi e poi mi ha supplicato
di sposarla.”-
concluse, con un sorriso accattivante, attirandosi lo sguardo
infastidito della
moglie.
-“Beh,
non direi proprio che si tratta di una storia
noiosa.”- disse Kristoff scrollando le spalle.
-“Ora
capisco la storia della padella!”- sorrise trionfante
Anna -“E io che pensavo fossi un’abile
cuoca.”
Rapunzel
si voltò a guardarla
senza capire, poi intuì a cosa si riferiva: “Stai
parlando della padella della
principessa, non è vero? Beh sappi che mi è stata
utilissima e non l’ho usata
per preparare da mangiare, ma come un’efficiente arma di
difesa.”-
-“Ah
beh, in quanto ad armi di
difesa inconsuete non ci batte nessuno, allora: io ho usato un liuto
per
salvarlo!”-
-“Tu
e Eugene siete così affiatati, siete perfetti
insieme…vorrei tanto che io e Kristoff avessimo un terzo
della complicità che
avete voi.”- sospirò Anna, mentre passeggiava
sottobraccio con Rapunzel lungo
la sponda del lago. La principessa di Corona aveva tolto le graziose
scarpette
di stoffa che indossava e aveva immerso i piedi nell’acqua
bassa della risacca,
trattenendo la gonna con una mano, per evitare di bagnarla; Anna
l’aveva
guardata per un momento senza parole e poi l’aveva imitata,
scalciando poco
garbatamente le sue scarpe da parte e prendendole in mano.
L’acqua fresca del
lago, contro le caviglie sottili delle ragazze, era un lieve toccasana
per la
calura asfissiante del primo pomeriggio. La vegetazione rigogliosa
attorno si rifletteva
nello specchio cristallino, dando l’impressione che il lago
fosse fatto di
smeraldi e topazi preziosi, invece che d’acqua.
-“Perché
dici così? Mi sembra che siate uniti quanto e più
di noi: tu lo ami, lui ti ama, non vedo dove sia il
problema.”- Rapunzel
guardava davanti a sé sorridente, convinta delle sue parole.
-“Oh,
sì. Non ci sono problemi, almeno per quanto mi
riguarda, ma a volte ho come l’impressione che ci sia
qualcosa che lo
trattiene, che lo blocca…non so come spiegarlo.”-
Anna lanciò uno sguardo a
Kristoff e Eugene, che vicino ai cavalli, discutevano animatamente di
qualcosa,
e un sorriso dolce le si dipinse sulle labbra –“Ho
paura che un giorno possa
stufarsi di me e di tutte le regole in cui sono costretta, e che se ne
vada,
lasciandomi sola. Certo, ci sarebbe sempre Elsa con me, ma è
diverso. Se
dovesse accadere non potrei sopportarlo.”- abbassò
lo sguardo mesta, guardando
le impronte dei suoi piedi che venivano cancellate regolarmente dalla
risacca.
-“Non
accadrà. Per quanto possa valere la mia parola, fidati
di me. Se avesse voluto lasciarti, niente glielo avrebbe impedito. Ma
come vedi
è ancora al tuo fianco.”- la principessa la
guardò negli occhi acquamarina e le
sorrise, poi le passò un braccio attorno alla vita sottile e
l’avvicinò di più
a sé - “Forse non te ne sei accorta, troppo
accecata dalle tue preoccupazioni,
ma non ti perde mai di vista: anche ora che sta litigando con quel
bambino di
Eugene, ogni tanto ti scocca delle occhiate, come per accertarsi che tu
non
scappi. Forse lui ha i tuoi stessi timori e per lui credo siano
più
giustificabili. Insomma, tu sei una principessa e si sa, di solito le
principesse sono volubili, cambiano idea al volo e tu potresti decidere
di
volere qualcuno di…semplicemente più!”-
le fece con fare cospiratorio- “Insomma
avresti le tue ragioni, lui è pur sempre un semplice
venditore di ghiaccio.”-
affermò, lasciandola libera dalla sua presa e superandola
con due saltelli
nell’acqua.
Anna
rimase a fissarla inebetita: Rapunzel le aveva appena
detto che Krisoff valeva poco o niente? Ma come…?
-“Ehi!”-
le afferrò un braccio indispettita, fermandola
–“
Io non voglio nessun altro, se non Kristoff: lui vale più di
tutte le teste
coronate di questo mondo! Lui è dolce e gentile con me, e
sopporta le mie stranezze;
certo, non è il principe azzurro che sognavo da bambina, ma
sai una cosa: lui è
molto meglio.”- le intimò inchiodandola con lo
sguardo –“Ed inoltre, lui è il
mio vero amore!”
Rapunzel
l’attirò all’improvviso in un abbraccio:
“Oh Anna!
Lui è il tuo sogno… ora puoi esserne totalmente
certa. Non preoccuparti non
avrei mai osato discriminare lui o il suo lavoro, io sono
l’ultima di questo
mondo a poter giudicare: ho sposato un ex ladro. Ti ho semplicemente
messa alla
prova.”- la allontanò da sé quel poco
che bastava per guardarla negli occhi e
le sorrise davvero felice.
Anna
la fissò con la bocca spalancata per la sorpresa e si
ritrovò a pensare che la cugina era ben più
strana di lei. Poi cominciò a
sogghignare in modo inquietante e, allontanandosi di un passo dalla
presa di
Rapunzel si abbassò verso l’acqua, non staccando
gli occhi da quelli della
principessa di Corona, che quando capì le intenzioni di
Anna, cominciò a
correre via.
Anna infatti, dopo
aver lanciato le scarpe sul prato dietro di lei, cominciò a
schizzarla e a
rincorrerla, ridendo a crepapelle, mentre Rapunzel cercava di sfuggire
ai suoi
attacchi bagnati e di ricambiarla con la stessa moneta.
-“Non
credi che dovremmo fermarle?”- Kristoff guardava la
scena da lontano, ridacchiando per le facce buffe che faceva Anna
mentre
cercava di prendere Rapunzel.
Eugene
rimase in silenzio, godendosi lo spettacolo della
giovane moglie che saltava e piroettava sulla riva, tra un trionfo di
spruzzi e
risatine da bambina: “No. Lasciamole divertire un
po’.”- sentenziò, senza
spostare lo sguardo da quello spettacolo piacevolmente singolare.
Le
due ragazze si fermarono solo quando il venticello, che
increspava l’acqua del lago, cominciò ad infilarsi
tra le pieghe dei loro
vestiti bagnati, facendole tremare.
-“Non
credo sia stata una buona idea. Potremmo prenderci un
malanno, lo sai, vero?”- Rapunzel la spintonò,
mentre riprendeva fiato, piegata
in due dalle troppe risate.
-“Dimmi:
quando ti ricapiterà di essere rincorsa da una
principessa bella e simpatica, come me?”- Anna
cercò di imitare una posa di
sofisticata grazia, fallendo miseramente e cominciando a ridere.
-“Beh
nel caso dovessi rimanere a letto per i prossimi
giorni, ne sarà valsa la pena.”- la
punzecchiò la bruna.
-“Era
da tanto che non mi divertivo così…dovremmo
vederci
più spesso, cara cugina.”- le propose Anna con
fare serio, tra un respiro e
l’altro.
-“Concordo.
Ma la prossima volta sarò io tua ospite: voglio
assolutamente vedere il castello di ghiaccio di tua sorella.”-
-“Ma
certo, milady. Sarò lieta di farle da cicerone su per
la montagna del Nord.”- disse Anna con un tono di voce
scherzoso, mentre si
proferiva in un profondo inchino.
-“Forse
sarebbe ora di tornare al castello, cosa ne dite?”-
Eugene le raggiunse, interrompendo le loro risatine
–“Certo, se non vi foste
bagnate fino al midollo, avremmo potuto rimanere ancora un
po’, ma non è il
caso di lasciarvi quei vestiti zuppi indosso.”- disse
lanciando uno sguardo
divertito alla moglie.
Le
due ragazze annuirono all’unisono, senza parlare.
-“Principessa
Anna, vorrà perdonarmi, ma devo prendermi cura
di mia moglie. Non vorrei rimanere vedovo così
presto.”- così dicendo fece un
inchino alla principessa di Arendelle, che lo guardava interdetta, e
poi senza
preavviso si avvicinò a Rapunzel e la prese tra le braccia.
-“Ehi!”-
protesto senza molta convinzione la principessa,
che subito si strine a lui, sorridendo.
-“Mia
cara moglie, mi occuperò personalmente della rimozione
di questi abiti bagnati e mi premurerò di tenerla al
caldo.”- le sussurrò, solleticandole
l’orecchio.
Intanto
Kristoff si era avvicinato ad Anna, che era alla
disperata ricerca delle sue scarpe tra l’erba:
“Serve aiuto?”- le chiese
divertito.
-“Si,
grazie. Dall’alto della tua stazza riesci a vedere
dove ho lanciato quelle trappole per piedi?”-
Kristoff
si guardò intorno attentamente: “Perché
non sali a
dare uno sguardo anche tu? Io non riesco a trovarle.”-
Anna
lo guardò senza capire e poi, come se le si fosse
accesa una scintilla, cominciò a lanciare gridolini di
felicità, battendo le
mani. Poi gli girò attorno e gli si arrampicò
sulle spalle, con il suo aiuto:
“Allora, vedi qualcosa?”- il ragazzo la teneva per
le gambe, mentre lei con
fare da vedetta, con un braccio attorno alle sue spalle e
l’altro alzato a
schermarsi gli occhi dai riflessi del Sole, cercava le sue scarpe tra i
fiori.
-“Oh,
eccole, eccole!”- si agitò, tanto da dargli delle
ginocchiate nelle costole.
-“Ehi!
Non sono una bestia da soma, non c’è bisogno di
colpirmi.”- le intimò scherzando e dirigendosi
dove erano state gettate le due
calzature. Le raccolse, sempre tenendola sulle spalle e, mantenendosi
in
precario equilibrio, con Anna che continuava ad agitarsi, gliele
infilò ai
piedi che ciondolavano ai suoi fianchi.
-“Grazie.”-
gli disse, scoccandogli un bacio sulla guancia.
-“Grazie
anche a te.”- le rispose, avviandosi dove avevano
lasciato i cavalli.
-“Perché
mi ringrazi?”- gli chiese perplessa.
-“Per
quello che hai detto a tua cugina. Insomma, per avermi
difeso a spada tratta. Sappi che sentirtelo dire ha significato molto
per me.”-
-“Mi
hai sentita? Beh, prego. Io sono Anna, il tuo personale
cavaliere con la sua scintillante armatura.”- gli rispose,
sporgendo un
braccio, fingendo di brandire una spada.
-“Anna,
tutto il bosco ti ha sentita. Eugene ha detto che sono
fortunato, che non devo lasciarti scappare.”-
-“E
tu cosa gli hai risposto?”- chiese con il fiato sospeso.
-“Che
non è assolutamente mia intenzione, farti scappare via
da me.”- le confessò.
Anna
si agitò sulle sue spalle : “Fammi
scendere.”- gli
intimò.
Kristoff
la lasciò andare sorpreso: cosa aveva detto di
sbagliato?
-“Ho
detto qualcosa che non va?”- le chiese preoccupato. Ma
venne subito tranquillizzato da Anna, che gli si parò
davanti e lo abbracciò,
stringendosi forte a lui e bagnando anche i suoi abiti.
-“Come
fai ad essere sempre così perfetto?”-
mormorò ancora
stretta tra le sue braccia.
-“Io,
perfetto? Credo tu abbia sbagliato persona.”-
scherzò.
-“Non
essere modesto per l’amor del cielo; prenditi i tuoi
meriti.”- gli disse alzandosi sulle punte dei piedi e
baciandolo.
-“Ehi,
piccioncini! Andiamo? Avrete tempo a palazzo per fare
certe cose!”- gli urlò dietro Eugene, che aveva
appena aiutato Rapunzel a
salire in groppa a Max.
-“Potrei
ammazzarlo, per averci interrotto.”- sussurrò a
denti stretti Kristoff.
-“Dai,
so che in fondo ti è simpatico. E poi ha ragione
lui…abbiamo tanto tempo.”- gli rispose ammiccando
e correndo verso il suo
cavallo, lasciandolo indietro.
-“Pronto
per la rivincita?”- gli chiese Anna una volta in
sella.
Kristoff
raggiunse il gruppo un secondo dopo, lanciandole
uno sguardo interrogativo: “Rivincita?”
-“In
sella Bjorgman! Ho intenzione di batterti questa
volta.”- gli intimò con voce fintamente dura.
Il
ragazzo obbedì agli ordini e poi sogghignando le si
avvicinò: “Se credi che ti lascerò
vincere solo per farti felice, sbagli di
grosso. Dovrai sudartela la tua vittoria.”
-“Non
serve quest’opera intimidatoria. Pronto?”-Anna
guardava dritto davanti a sé, con portamento fiero, ma con
un sorriso ridicolo
che le si stava aprendo sulle labbra.
-“Quando
vuoi, furia scatenata.”-
-“Via!”-
urlò Rapunzel, sorprendendoli.
Ma
Anna reagì all’imperativo e piantando i talloni
nei
fianchi del suo cavallo, lo lanciò al galoppo, proprio come
aveva fatto la
cugina quella mattina con Max. Kristoff la seguì a ruota
incitando la sua
cavalcatura, cercando di superare o quantomeno affiancare la
principessa, che
si era già distanziata.
Come
al mattino, Anna si concentrò sulla strada davanti a
sé
e sul destriero scuro che la portava, che con balzi poderosi stava
facendo
mangiare la polvere a Kristoff. La ragazza si voltò per
vedere quanta distanza
c’era tra di loro e constatò delusa che il ragazzo
le era alle costole.
-“Vai,
bello!”-
esortò il cavallo, piegandosi sul collo
dell’animale, per evitare che il
proprio corpo facesse attrito con l’aria e rallentasse la sua
corsa.
Continuò
a galoppare, concentrata sul sentiero, finché non
percepì distintamente il rumore degli zoccoli di un altro
cavallo proprio
dietro di lei: “Non sforzarti Kristoff, hai
perso!”- gli urlò voltandosi
indietro.
Il
ragazzo le rivolse un sorriso di sfida e spronò per
l’ennesima volta la sua cavalcatura. Anna continuava a
voltarsi per vedere i
suoi progressi, non prestando poi più molta attenzione a
dove mettesse le zampe
il suo cavallo.
-“Guarda
davanti a te, è lì che mi vedrai tra
poco.”- le
disse indicandole la strada dinanzi a loro.
Anna
gli sorrise rassicurante.
Ma prima che potesse
rendersene conto, accadde l’imprevedibile: in un secondo Anna
non era più sul
suo cavallo, ma a mezz’aria, tra il cielo e la terra, mentre
la sua cavalcatura
continuava la sua corsa.
-“ANNA!”-
non riuscì a trattenersi dall’urlare.
Quando
tirò le redini del suo cavallo, Anna giaceva già
in
terra, con il volto rivolto verso l’azzurro del cielo,
immobile.
Le
corse vicino, inginocchiandosi nella fanghiglia del
sentiero, prendendola gentilmente per le spalle: “Anna, Anna.
Apri gli occhi,
su.”- la voce gli tremava e il tono con cui le disse quelle
parole era
quantomeno disperato.
La
principessa emise un lieve respiro e sbattendo più volte
le palpebre, aprì piano gli occhi:
“K-Kristoff”- sussurrò
–“credo di essermi
rotta un braccio.”
Il
ragazzo la osservò bene e si rese conto che il braccio
era l’ultimo dei loro problemi; infatti da un taglio netto
sulla tempia
sinistra di Anna, scorreva un rivolo di sangue che le stava pian piano
scendendo sulla guancia.
La
principessa chiuse di nuovo gli occhi e il suo respiro si
affievolì, come se stesse dormendo: “No, Anna.
Resta sveglia.”- le intimò,
scuotendola leggermente per le spalle.
Anna
aprì di nuovo gli occhi e con la mano non ferita gli
carezzò una guancia, per tranquillizzarlo: “Sto
bene, non preoccuparti.”- ma
subito dopo il suo sguardo si spense e la mano scivolò via
dalla sua faccia.
-“Anna.
Anna.”- la implorò.
-“Dobbiamo
portarla subito a palazzo.”- non sentì Eugene
avvicinarsi e poggiargli una mano sulla spalla, ma non se lo fece
ripetere due
volte e prese Anna in braccio. Poi aiutato dal moro, salì in
sella e serrò la
sua presa sul corpo privo di sensi della principessa.
Mentre
correva verso il castello di Corona, un solo pensiero
disperato gli riempì la testa: “ti prego, non di
nuovo. Non posso perderla per
la seconda volta.”
AngoloAutrice: salve
gente! So che avevo promesso ad alcune
di voi di aggiornare due giorni fa, ma non ho avuto
tempo…chiedo perdono!
Comunque stavolta non ho fatto passare un mese intero prima di
pubblicareXD
Però questo capitolo mi fa davvero pena, in
realtà lo odio, ma spero di
riprendermi con i prossimi aggiornamenti. Perdonate le diverse
ripetizioni, ma
per descrivere tutta la situazione dei cavalli e della cavalcata non ho
trovato
molti sinonimi. Non ho altro da dire, se non grazie di essere arrivate
a
leggere fin qui questo obbrobrio! Si ci legge in giro ;) se vi va
lasciatemi un
vostro parere…Baci ;)
ps: siccome qst
è la mia ff e posso fare quello che voglio, ci inserisco un
po' di pubblicità; vi invito a dare uno sguardo alla mia
nuova storiaAU con i nostri amati personaggi di Frozen, si intitola
Dirty Little Secrets.
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Capitolo 13 *** Capitolo 13: Vuoto... ***
CAPITOLO
13: Vuoto…
Il
tragitto fino al castello era sembrato infinito, ogni
metro percorso era parso come un miglio; il bosco
tutt’attorno era diventato
muto e l’unico rumore che riusciva a percepire era quello del
suo cuore che gli
pompava furioso nelle orecchie. Nemmeno il chiasso degli zoccoli del
cavallo
sul selciato del cortile del palazzo, era riuscito a rompere quella
bolla di
silenzio che lo teneva prigioniero; nulla riusciva a penetrare tra gli
strati
della sua coscienza, né i nitriti dei cavalli, né
gli ordini abbaiati dagli
stallieri, né tantomeno la richiesta di un medico per Anna,
urlata da Rapunzel
nel momento esatto in cui era smontata da cavallo. La sua mente era
piena di
immagini e voci lontane, che offuscavano la sua ragione, di ricordi
talmente
vividi da sembrare realtà. Nel giro di un’ora il
peggio che poteva accadere era
successo, trasformando quel pomeriggio idilliaco nel peggiore dei suoi
incubi,
quell’incubo che lo svegliava angosciato quasi ogni notte da
quando era finita
tutta la faccenda dell’inverno perenne: Anna stretta tra le
sue braccia, a
combattere per la vita e lui inerme a guardarla congelare pian piano,
finché di
lei non rimaneva altro che un involucro freddo e quell’ultimo
soffio di vita
che le sfuggiva dalle labbra esangui. L’unica differenza era
che, ora Anna, non
stava congelando fino alla morte, ma era gravemente ferita e
necessitava di
cure, che lui, come la volta precedente non potava darle. Per questo,
quando
Rapunzel lo accompagnò fuori dalla stanza dove aveva portato
Anna, e richiuse
la porta dietro di sé, si sentì quanto mai
inutile.
Restò
chiuso fuori per almeno un’ora, facendo su e giù
per
il corridoio, lanciando di tanto in tanto occhiate alla porta, sperando
di
vederla aprirsi: avrebbe tanto voluto buttarla giù. Eugene
gli tenne compagnia,
facendo stranamente silenzio, appoggiato alla parete difronte alla
porta, con
le braccia incrociate e lo sguardo puntato su di lui: “Se non
la smetti di
andare avanti e indietro, lascerai un solco nel pavimento. Ed inoltre
mi hai
fatto venire il mal di testa.”- disse bloccandolo, cercando
di sdrammatizzare
la situazione - “Vedrai che andrà tutto bene: una
bella fasciatura stretta al
braccio, qualche punto alla ferita e torna come nuova.”- gli
sorrise
incoraggiante, ma il suo sorriso non illuminò anche i suoi
occhi: Eugene sapeva
benissimo che c’era qualcosa che non andava; erano chiusi in
quella stanza da
troppo tempo.
-“Allora
perché ci mettono tanto?”- sbuffò
Kristoff.
La
domanda rimase a mezz’aria tra loro due, senza ricevere
risposta. Ma, nel momento esatto in cui il tagliatore di ghiaccio
decise che
sarebbe entrato per accettarsi che Anna stesse bene, Rapunzel
uscì seguita dal
medico. Il suo volto pallido, tirato in un’espressione di
sconforto, non
prometteva nulla di buono.
-“Allora?
Come sta? È sveglia? Posso entrare?”- chiese
speranzoso Kristoff, riacquistando un po’del suo colorito
naturale.
Rapunzel
gli rivolse uno sguardo dispiaciuto: “Sta
riposando, il medico le ha dato qualcosa per il dolore al braccio e le
ha
ricucito il taglio sulla fronte. Entro qualche settimana dovrebbe
tornare in
forma...”- gli disse con voce lieve, ma trattenendo il
respiro sull’ultima
parola.
-“Ma?
C’è un ma, vero? Altrimenti non avreste questa
faccia.”- constatò facendo vagare lo sguardo dalla
faccia occhialuta del
dottore a quella spenta della principessa.
Rapunzel
tentennò, abbassando lo sguardo, per non incontrare
i suoi occhi in cerca di una risposta: “Lei non
ricorda.”- soffiò fuori, così
in silenzio che Kristoff dovette affilare le orecchie per cogliere le
sue
parole.
-“Pensavo
peggio. Insomma se non si ricorda dell’incidente
tanto meglio, avrà un ricordo in meno della sua
sbadataggine.”- il sorriso che
gli stava spuntando sulle labbra, svanì in una frazione di
secondo, quando vide
una lacrima scendere silenziosa dagli occhi giada della principessa e
Eugene
passarle un braccio sulle spalle.
-“Kristoff,
mi dispiace. Lei non si ricorda di me, né di
Eugene, né di questo viaggio a Corona; non ha memoria di
quello che è successo
negli ultimi giorni e non ricorda...te.”- disse puntando
improvvisamente lo
sguardo su di lui.
-“Cosa?”-
gli uscì fuori un verso disperato
–“È uno scherzo,
vero? Uno dei tuoi scherzi: Eugene mi ha raccontato che ti diverti ad
inventartene uno ogni giorno per spaventarlo; beh, sappi che questo non
è
affatto divertente!”- le disse con voce tremante.
-“Mi
dispiace. Mi dispiace così tanto.”- la principessa
era
seria e i singhiozzi stavano cominciando a scuoterla.
-“Ma
come…com’è possibile? Lei mi ha
chiamato per nome dopo
la caduta, mi ha rassicurato dicendomi di star bene, perché
ora non si
ricorda?” - chiese disperato, più a sé
stesso che agli altri.
Il
dottore, rimasto in silenzio fino a quel momento, prese
la parola schiarendosi la voce -“La principessa ha battuto la
testa, e a
giudicare dalla ferita che si è procurata,
dev’essere stato un urto davvero
forte. Ha riportato un trauma non indifferente e questo è
quasi certamente la
causa della sua amnesia.”- concluse con tono professionale.
Rimase
in silenzio per quella che gli sembrò
un’eternità,
poi: “Cosa ricorda? E soprattutto riuscirà a
recuperare la memoria prima o
poi?”-
-“I
suoi ricordi si fermano al mattino del giorno
dell’incoronazione di Elsa. Non ricorda nulla dei poteri
della sorella, né del
vostro viaggio assieme. È convinta che Elsa sia ancora
chiusa nella sua stanza
e che non le aprirà mai. Continuava a ripetere di voler fare
un pupazzo di
neve, ma credo che questo stato confusionale sia dato dalla perdita di
conoscenza.”- gli rispose Rapunzel, riprendendo un
po’del suo contegno.
-“Basterà
raccontarle tutto quello che è successo da allora
per riempire i suoi vuoti di memoria, no?”- chiese ottimista.
-“Mi
dispiace, ma non è così semplice. Oberare la
mente
della principessa con avvenimenti che lei non riesce a ricordare
farebbe solo
peggio. La memoria
potrebbe tornarle a
breve oppure…”- il medico s’interruppe
sospirando, aggiustandosi gli occhiali
sul naso adunco.
-“Non
tornarle mai più.”- concluse per lui Kristoff, con
un
peso opprimente che cominciava a schiacciargli il cuore.
-“Già.
Ricordarle il trauma o tentare di farle recuperare i
ricordi perduti, potrebbe acuire la sua amnesia e intaccare la sua
salute
psicofisica. Purtroppo la medicina non ha ancora risposte per quanto
riguarda
la psiche umana. Solo il tempo potrà darci un
responso.”- quelle parole caddero
addosso a Kristoff come una scure, tagliando via ogni minima traccia di
speranza che gli era rimasta.
-“Vostra
Altezza, se i miei servigi non sono più richiesti,
io mi ritirerei. Passerò domattina per dare uno sguardo alla
principessa.”-
detto questo s’inchinò a Rapunzel e si
dileguò lungo i corridoi.
Il
silenzio calò come una pesante cortina tra loro tre, poi
Rapunzel disse: “Invierò una lettera ad Elsa,
raccontandole dell’accaduto e
rassicurandola circa le condizioni di Anna. Di sicuro non potrete
partire a
breve, quindi le dirò che resterete nostri ospiti per
qualche giorno ancora.”-
-“È
tutta colpa mia. Avrei dovuto fermarla, avrei dovuto
impedirle di essere così incauta. Elsa non mi
perdonerà mai: me l’aveva
affidata e io gliela riporto indietro senza memoria.”-
Kristoff cominciò a
parlare tra sé.
-“Incolparti
dell’accaduto non la farà stare meglio. E poi
non è colpa tua, è stata una stupida
fatalità che sarebbe potuta capitare ad
ognuno di noi.”- cercò di rincuorarlo Eugene-
“Vedrai che Elsa sarà
comprensiva.”-
-“Non
credo che la parola clemenza faccia parte del
vocabolario della regina, soprattutto se riferita a qualcosa che ha
danneggiato
Anna.”- sospirò rassegnato.
-“Vedrai
che si sistemerà tutto e Elsa non te ne farà una
colpa.”- disse convinta Rapunzel.
-“Niente
andrà meglio”- sospirò rassegnato
avvicinandosi
alla porta chiusa e poggiando una mano sul legno duro che lo separava
da Anna-
“finché non le tornerà la
memoria.”-
Rapunzel
gli si avvicinò e gli poggiò una mano
consolatoria
sulla spalla: “Kristoff, fidati di me, ogni momento passato
con te, ogni
sorriso che le hai dedicato, ogni singola parola che le hai rivolto,
tornerà a
riempirle la mente; ne sono sicura, sei troppo importante per lei per
scomparire così, come un’ombra nel buio. Vedrai,
il tempo aggiusta tutto, anche
le lacune nella sua memoria.”
-“Grazie.”-
le sorrise mestamente, apprezzando l’ottimismo
della principessa – “Ora potete andare,
rimarrò io a farle da guardia. Nel caso
avesse bisogno di qualcosa chiamerò qualcuno.”
-“Sicuro?
Potrei rimanere io e tu potresti andare a
riposare; d’altronde è stata una giornataccia
anche per te.”- gli propose la
principessa.
-“No,
grazie, non credo che riuscirei a chiudere occhio.”-
-“Come
vuoi. Se hai bisogno di noi, chiama pure, non
esitare.”- si strinse al braccio di Eugene, che gli rivolse
un ceno del capo, e
si avviò per il corridoio.
Kristoff
fece per abbassare la maniglia della porta, ma la
voce di Rapunzel lo fermò, allarmata: “Ah
Kristoff, dimenticavo: forse non è il
caso che tu entri. Sai, nel caso si svegliasse, potrebbe spaventarla
trovare
qualcuno che non conosce in camera sua. Mi dispiace, sai cosa
intendo.”
-“Afferrato.
Io sono un estraneo adesso, lei non mi conosce.
Dovrò abituarmici.”- disse, cercando di fissare
bene in mente quel concetto,
mentre Rapunzel e Eugene sparivano dietro l’angolo.
Si
guardò in giro, recuperò una
sedia posizionata vicino ad una finestra, e la poggiò al
muro proprio di fianco
alla porta della stanza di Anna. Poi si lasciò scivolare
giù, sospirando
rumorosamente, e poggiò la testa alla parete, chiudendo gli
occhi.
Non
ricordava di essersi addormentato, ricordava solo un
dolore sordo al petto che lo stava facendo impazzire e il martellare
incessante
dei suoi pensieri, che ovviamente riguardavano Anna. Quindi, quando un
lieve
tocco, lo richiamò alla realtà,
sobbalzò sulla sedia. Cercò di recuperare un
po’ di lucidità e di mettere a fuoco chi aveva
davanti.
-“Ehi,
scusa, non volevo svegliarti, ma mi sapresti dire
dove mi trovo?”- Anna gli stava davanti, con il braccio
fasciato che le pendeva
dal collo, una benda attorno alla testa e il volto che aveva ripreso un
po’ del
suo solito colorito.
Kristoff
rimase immobile a fissarla inebetito per alcuni
secondi, poi si schiarì la voce: “Sei nel palazzo
reale di Corona, il regno
della sorella di tua madre.”- disse cauto.
-“Oh,
credo che questo me l’abbiano già detto; davvero
non
ricordo come ci sono arrivata, però.”- si teneva
la testa con la mano sana e
strizzava gli occhi- “Oh, la mia povera testa. È
come se mi fosse passata una
mandria di cavalli addosso.”- si lamentò.
-“S-siediti,
prego.”- Kristoff le offrì la sedia, alzandosi
di scatto.
-“Oh,
grazie.”- gli disse mentre si accomodava, poi chiuse
gli occhi, massaggiandosi una tempia con le dita tremanti. Li
riaprì quasi
subito, puntando il suo sguardo luminoso su di lui: “N-noi ci
conosciamo?”-
chiese titubante, aggrottando la fronte.
-“No.”-
sputò fuori, senza pensarci.
Anna
sembrò rifletterci su, mentre faceva vagare lo sguardo
giù per i lunghi corridoi e fuori dalla finestra, dove la
Luna rischiarava il
buio che era sceso totalmente a coprire il regno.
-“Mmm,
e perché se non mi conosci eri davanti alla mia
camera?”-
Cosa
doveva dirle? Lui chi era? Come spiegarle perché era
lì?
Optò
per una mezza verità: “Beh io sono il tuo
accompagnatore, si, diciamo la tua scorta. Elsa…volevo dire
la regina, mi ha
mandato per scortarti in questo viaggio al di fuori del regno. Quindi
ti
conosco, ma non di persona, cioè voglio dire...”-
-“Credo
di aver capito, non c’è bisogno di aggiungere
altro,
grazie.”- lo stoppò prima che cominciasse a
balbettare cose senza senso.
-“Hai
detto regina? Elsa non è ancora regina, la sua
incoronazione avverrà a giorni. Mi stupisce che abbia tanto
a cuore la mia
incolumità da farmi accompagnare da uno grande e grosso come
te. In realtà non
ha mai dimostrato la benché minima traccia di interesse nei
miei confronti.”-
blaterò tra sé, continuando a non guardarlo.
-“Hai
bisogno di qualcosa?”- la interruppe Kristoff.
-“In
realtà si, vorrei mangiare qualcosa, dolce se è
possibile: ho una fame da lupi. So che è notte e che tutti
saranno a dormire,
ma mi accontenterei anche di qualche biscotto o di un po’
di...”-
-“Cioccolata.”-
l’aiuto Kristoff.
-“Si,
si la cioccolata sarebbe perfetta. Puoi portarmene?”-
gli chiese con un sorriso che lo fece sciogliere.
-“Ehm,
vedrò quello che posso fare. Ora dovresti tornare
dentro, mentre io vado a cercare qualcuno.”- le disse
aprendole la porta, mentre
lei si alzava piano.
-“Allora
io rimango qui ad aspettare la mia cioccolata.”-
disse chiudendosi la porta alle spalle –“Ehi, mi
ripeteresti il tuo nome, sai
com’è, ho un momentaneo vuoto di
memoria.”- lo fermò, prima che potesse
andarsene.
-“Kristoff.”-
le sorrise malinconico.
-“Bene.
A dopo, Christopher.”- e chiuse la porta.
Restò
a fissare il legno laccato
per un secondo: “È Kristoff...”-
sussurrò sconsolato alla porta chiusa, poi
andò alla ricerca di qualcuno che gli potesse procurare
della cioccolata nel
pieno della notte.
Il
medico tornò a controllare Anna il giorno dopo e quello
dopo ancora, finchè la mattina del quinto giorno
dichiarò che la principessa
poteva affrontare il rientro a casa, senza aggravare la sua situazione
fisica e
mentale, con lo stress derivante da un viaggio in mare così
lungo. Raccomandò
ad Anna di tenere la fasciatura al braccio per almeno altre due
settimane, di
disinfettare il taglio sulla fronte e di riposare.
La
mattina della partenza, il re e la regina abbracciarono
Anna augurandosi di vederla presto; poi si voltarono verso Kristoff che
osservava la scena in disparte, sentendosi fuori luogo:
“Avremmo voluto che il
vostro soggiorno qui a Corona fosse lieto, ma sono sicuro che ci
rivedremo in
una situazione più piacevole. Tutto si sistemerà,
vedrai ragazzo, la speranza è
l’ultima a morire.”- il re gli strinse la mano e
lui si inchinò riconoscente. La
regina tratteneva a stento le lacrime quando si voltò a
guardare Anna per l’ultima
volta.
Rapunzel
e Eugene li accompagnarono al molo, dove la loro
nave era pronta a partire; il tragitto dal castello al porto fu
silenzioso,
rotto solo ogni tanto dai sospiri di Anna, che seduta composta guardava
scorrere il panorama del regno davanti ai suoi occhi: “Non so
perché, ma credo
che mi mancherà Corona. Ho come la strana sensazione di
essere stata felice qui.”-
sussurrò.
Tutti
la sentirono, ma nessuno disse nulla: si limitarono a
rivolgerle dei muti sorrisi forzati, distogliendo subito lo sguardo.
Rapunzel
non riusciva a darsi pace: nei giorni precedenti si era detta e ridetta
che se
avesse avuto ancora i suoi magici capelli, la cugina sarebbe potuta
guarire in
un battito di ciglia e avrebbe potuto continuare a vivere la sua vita
felice con
il suo vero amore; ma ora Anna era strana, non era più
chiassosa e la luce di
meraviglia che accendeva i suoi occhi ad ogni nuova scoperta, si era
affievolita, fin quasi a scomparire. Era diventata la patetica
caricatura di se
stessa. Inoltre si era allontanata da Kristoff e gli rivolgeva la
parola solo
se necessario; Rapunzel aveva visto il ragazzo diventare sempre
più silenzioso
e distante, quasi come cercasse di nascondersi, con
un’espressione addolorata
dipinta sul volto smorto.
Eugene
l’aveva consolata dicendole che non avrebbe
funzionato, che il suo potere poteva agire solo sulle ferite del corpo,
non su
quelle della mente e lei si era infuriata ancora di più: non
con Eugene o con
se stessa, ma con il destino.
Quando
giunse il momento dei saluti, Rapunzel strinse Anna
per un tempo infinito, chiudendo gli occhi e lasciando sfuggire al suo
autocontrollo due lacrime silenziose, spazzandole via con un gesto
furioso
della mano, pima di rivolgere di nuovo lo sguardo alla cugina:
“Spero di
vederti presto, ricorda, la prossima volta sarò io tua
ospite.”- le sorrise,
evitando di aggiungere che avrebbe voluto tanto vedere il castello di
ghiaccio
della sorella.
-“Oh…ma
certo. Le porte del castello saranno sempre aperte
per voi. Almeno la mia, su quella di Elsa ho i miei dubbi.”-
aggiunse nervosa.
Eugene
s’inchinò ad Anna e poi stringendo la mano di
Kristoff, lo tirò in disparte: “Mi raccomando, non
perdere la speranza.”- gli
disse con voce seria-“ Lei tornerà, intendo la tua
Anna, quella vivace ed
imbarazzante, la versione più divertente di
questa.”- aggiunse, con un
sorrisino appena accennato, per smorzare la palese tensione che
attanagliava
Kristoff.
-“Ci
proverò.”- promise con poca convinzione, mentre
tornavano dalle due principesse.
-“Ehi,
ricordati che quando verremo a trovarvi ad Arendelle
mi dovrai una gara: sono sempre dell’opinione che i cavalli
siano più veloci
delle renne.”- gli diede una pacca sulla spalla, facendogli
perdere l’equilibrio.
-“Allora
alla prossima volta.”- disse Anna, prima di salire
sulla passerella della nave.
Rapunzel
annuì, sopraffatta dall’emozione, senza dire
nulla.
Kristoff le offrì il braccio, ma lei lo ignorò
quasi, correndo sulla nave, con
il braccio che le penzolava dal collo. Poi il ragazzo la raggiunse e
si voltò
per l’ultima volta a salutare i due sposini.
Mentre
la nave si allontanava dal porto, sospinta da una
lieve brezza calda che soffiava da sud, Rapunzel la osservò,
persa nei suoi
pensieri.
-“Credi
che le tornerà mai la memoria? Insomma, torneranno
assieme?”- la riscosse Eugene.
Rapunzel
ci pensò su per un
secondo e poi sorridendo alla nave che era diventata già un
puntino lontano
disse: “Dovrà tornarle prima o poi: lui era il suo
nuovo sogno.”
Una
volta sulla nave, Anna si rinchiuse nella sua cabina,
sprangando la porta, chiedendo di non essere disturbata. Kristoff le
disse di
chiamare se avesse avuto bisogno di qualsiasi cosa e lei lo
guardò per un
secondo di troppo, scrutando i suoi occhi, come se cercasse una
risposta ad un
quesito silenzioso.
Poi
il ragazzo si fece strada sul ponte e raggiunse il
capitano Reider, mettendolo a parte degli spiacevoli avvenimenti che si
erano
consumati nei precedenti giorni, per evitare inconvenienti nel caso in
cui Anna
gli avesse rivolto qualche domanda. Il capitano gli assicurò
che avrebbe tenuto
la bocca cucita e avrebbe misurato le sue parole.
Kristoff
vagò per gran parte del giorno sul ponte,
scambiando qualche parola con gli uomini dell’equipaggio,
evitando di scendere
sotto coperta: vedere quella porta chiusa lo avrebbe distrutto. Ora
capiva come
doveva essersi sentita Anna per tutti quegli anni, chiusa fuori dalla
sorella,
senza sapere dietro quella porta cosa accadeva.
Quando
il Sole si tuffò nell’orizzonte, però,
dovette cedere
ai suggerimenti del capitano: “Non c’è
molto da fare di notte sul ponte, scendi
in coperta a riposare. La tua mente te ne sarà riconoscente,
credimi.”
Sceso
in coperta, si meravigliò di trovare Anna, seduta su
una delle poltrone del piccolo salotto, con un libro tra le mani, ma lo
sguardo
perso fuori dalla finestrella della nave. Sobbalzò quando si
accorse di lui e
chiuse il libro con uno scatto nervoso.
-“Non
volevo spaventarti, scusa.”- Kristoff si
giustificò -“Posso?”-
chiese indicando uno dei divanetti.
Anna
annuì in silenzio, seguendo le sue mosse con lo
sguardo, poi abbassò gli occhi, accarezzando distrattamente
la copertina del
libro.
Kristoff
amava il silenzio, soprattutto quello delle
montagne, quello delle cime più impervie, dove nemmeno gli
uccelli osano
nidificare: il silenzio era stato suo compagno di vita per lungo tempo
ed aveva
imparato ad apprezzarlo. Ma ora, quella quiete innaturale che aleggiava
tra loro,
cominciava a schiacciarlo con la sua insopportabile presenza.
-“Perché
non mi ricordo di te?”- chiese tutto ad un tratto
Anna, riscuotendolo dai suoi pensieri –“ Insomma io
non ti ho mai visto in giro
per il castello, e credimi, sono così pochi gli inservienti
che ormai li
conosco come le mie tasche.”- lo fissò seria, con
uno sguardo interrogativo,
non sembrava nemmeno lei.
Kristoff,
preso alla sprovvista da quella domanda, rimase in
silenzio.
Anna
lo incalzò: “Ricordo che c’erano un
Joseph, un Rolf e
un Marcus che facevano parte della scorta reale, ma di un Kristoff non
riesco
davvero a ricordarmi.”- per la prima volta in cinque giorni
non sbagliò il suo
nome, ma questo sfuggì al ragazzo, troppo preso dalla
ricerca di una risposta
plausibile.
-“In
realtà non faccio parte della guardia reale, io sono il
mastro consegnatore del ghiaccio di Arendelle.”- ammise.
-“Che?
Ma questo titolo non esiste!”- sbottò infastidita
dalla situazione.
-“Anch’io
la pensavo così, ma è stata la regina in persona
a
darmelo.”-
-“Mia
madre, ma lei è…”- cercò di
protestare.
-“Morta,
lo so. Intendevo la regina Elsa.”-
-“Ma
ti ripeto che Elsa non è ancora regina.”- lo
rimproverò, come se fosse lui ad avere problemi di memoria.
-“Ascolta,
Elsa già è stata nominata regina, tu ti sei solo
persa la sua incoronazione.”- le rivelò,
lasciandola basita. Decise di
raccontarle una mezza verità: in fondo prima o poi lo
avrebbe scoperto, lui
aveva solo accelerato un po’ i tempi.
-“Non
è vero.”- affermò convinta.
-“Invece
ti dico che è proprio così. Ma non preoccuparti
non
ti sei persa niente di eccezionale.”- la
rassicurò, ridendo fra sé alla pessima
battuta che lei non avrebbe colto.
Anna
rimase muta, tenendosi la testa con una mano, cercando
di scacciare quel senso di smarrimento che le annebbiava il cervello.
Fece per
alzarsi, ma Kristoff la bloccò per un braccio, temendo di
aver peggiorato la
sua già instabile situazione: “Anna, scusa, non
volevo confonderti è solo che…”-
cominciò a scusarsi.
-“Lasciami.”-
gli intimò la principessa. Il suo tono di voce
lo schiaffeggiò quasi, e lasciò la presa sul suo
braccio, indietreggiando di un
passo.
Anna
si allontanò in fretta e
sbattendo la porta dietro di sé, si rinchiuse di nuovo nella
sua stanza.
Kristoff la osservò andarsene in silenzio e non
cercò di fermarla. Poi una
volta rimasto solo, si sedette sconfitto e si prese la testa tra le
mani,
mentre continuava a ripetersi: che cosa ho fatto?
Quando
al mattino seguente il capitano mandò un uomo in
coperta per avvisare i passeggeri dell’imminente attracco al
porto di Arendelle,
Kristoff era già sveglio e pronto per scendere, mentre Anna
si ostinava a
rimanere chiusa nella sua cabina. Il ragazzo bussò
lievemente per non
disturbarla: “Siamo quasi arrivati. Fra un po’
attraccheremo.”- non sentì
nessun rumore provenire dall’interno, ma prima che potesse
cominciare a
preoccuparsi, Anna uscì fuori, e rivolgendogli un fugace
sguardo, lo sorpassò
salendo sul ponte.
-“Buongiorno
vostra altezza.”- la salutò il capitano
–“Ha
riposato bene?”- s’informò.
-“Splendidamente.
Grazie capitano.”- rispose con un sorriso.
-“Felice,
di essere tornata a casa?”- indagò
l’uomo,
guardando dritto davanti a sé, alla guida del timone.
-“Potrei
risponderle di si, ma sarebbe come mentire. Lo
scoprirò solo quando avrò messo piede sulla terra
ferma.”- disse seria,
osservando il castello davanti a sé, che diventava sempre
più grande man mano
che la nave si avvicinava al fiordo.
Il
capitano rimase muto, riscontrando un cambiamento radicale
nei modi della principessa. Ora capiva il malcontento del giovane
accompagnatore.
Kristoff
rimase in disparte, appoggiato al parapetto della
nave, con lo sguardo puntato sul molo, dove un insieme di piccole
figure
cominciava a prepararsi per l’imminente arrivo della
principessa.
Una
figura su tutte spiccava tra le altre sagome scure in
attesa: la silhouette longilinea di Elsa si stagliava imponente sulla
banchina,
accerchiata dalle guardie. Quando la nave attraccò, e venne
issata la
passerella, Anna scese con calma e si avvicinò alla sorella,
senza osare alzare
nemmeno lo sguardo su di lei; ma la regina la strinse a sé,
dimenticando per un
momento l’etichetta e tutto il resto: “Oh Anna,
quanto mi sei mancata.”- le
sussurrò all’orecchio. Anna rimase congelata in
quell’abbraccio, indecisa sul
da farsi, poi strinse la sorella di rimando, allontanandola subito poco
dopo.
Kristoff
scese qualche istante dopo, venendo ignorato
completamente dalla regina, che sembrava avere occhi solo per la
principessa.
Il ragazzo non si illuse che Elsa potesse aver perdonato la sua
disattenzione
verso la sicurezza della sorella; infatti, quando la regina si
voltò per
tornare nel castello, con un braccio poggiato sulle spalle della
minore, senza
nemmeno voltarsi, lo chiamò: “Kristoff, ti aspetto
tra un’ora nel mio studio.”-
disse con voce atona.
Quando
rimase da solo, immobile sulla banchina, Kristoff si
chiese se Elsa avesse il potere di congelare il sangue nelle sue vene.
AngoloAutrice:
questo capitolo è leggermente più corto dei
precedenti
e me ne scuso; so già che mi maledirete per la piega che ho
fatto prendere a
questa storia, ma non potevo fare altrimenti, è nata
così e non potevo cambiare
la trama in corso d’opera. Mi scuso per eventuali errori, che
sarete così
gentili da farmi notare nel caso ne trovaste; ho riletto più
volte prima di
pubblicare, ma siccome ultimamente questi capitoli che scrivo mi fanno
davvero
pena, evito di indugiarci troppo sopra. Quindi passo ai ringraziamenti,
anche
se penso che dopo la lettura parecchi di voi toglieranno la storia
dalle loro
seguite/preferite/ricordate, comunque GRAZIE MILLE a:
Amberly_1
(Adry, sappi che volevo dedicarlo a te questo
capitolo, ma non mi piace, quindi te ne dedicherò uno
più bello! Grazie x il
tuo supporto! XD); bioshock1988; chiarotti2000; cigliegioinfiore;
DoubleLife; fabyvaniglia;
Feisty Pants; Fox writer; ghire99; gwinny; jaseywantsthiseasy; Kerolo;
Kestler;
Kiaretta _Kudo; LysL_97; Martinastory11; max1995; MiakaHongo;
miranda_anna; Nives96;
Romantic_Dreamer; Siwang; SognatriceAocchiAperti… per aver
inserito la mia ff
tra le vostre preferite.
Inoltre
grazie anche a quelle fantastiche 38 persone che l’hanno
annoverata tra le loro seguite:
AngelVidel14
; bulmettina;
ChrisAndreini; Dark_Chocolate; Fox writer; giascali;
Gioia1998; Herm4ever;
hope14; IreTomlinson; Jacky_chan; Little_Lotte; lunadelpassato; luuuuchi_; MaJo_KiaChan_;
marta_uzumaki86;
Martinastory11; max1995; MiakaHongo; mintheart; Momo98; Nenina46;
Niksss; Nives96;
Potterhead73; Potteriano96; Rainbow_Twily19; Sara JB; Sel Dolce; Silver
Loreley; Siwang; Storm Leonhart; Tamisa24; TeacherElsie; valepassion95;
_Lethe;_SideEffect_;__aris__
(mon amiiii, ci sei anche tu!).
Ps: mi scoccia essere
ripetitiva, ma quando ci vuole ci
vuole… Mi raccomando se avete trovato il vostro nome in
questa lista, mi
farebbe piacere ricevere un vostro parere, anche negativo, non ci sono
problemi. Mi accontenterei anche di un semplice
‘carino!’ oppure di un ‘fa
schifo, te lo dico con il cuore, non scrivere
più!’…afferrato il concetto? Spero
di si. Alla prossima!!
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Capitolo 14 *** Capitolo 14: Ad ogni azione corrisponde una reazione ***
NB: ho
paura
che in questo capitolo la nostra tanto adorata regina di ghiaccio
risulti un
tantino ooc, questo perché ho cercato di portare
all’esasperazione il suo stato
di nervosismo. Spero non mi malediciate per quello che le
farò dire e fare XD
Capitolo
14:
Ad ogni azione corrisponde una reazione
Elsa sedeva
composta alla sua scrivania, sfogliando dei resoconti stilati per lei
dai suoi
ministri, arricciando le labbra in disappunto, alle pessime notizie:
una nave
merci, che trasportava un prezioso carico di beni di prima
necessità destinati
ad Arendelle, aveva fatto naufragio, a causa di una tempesta
scatenatasi lungo
le coste del regno delle Isole del Sud. La notizia non poteva che
aggravare il
suo stato di nervosismo, che sembrava crescere minuto dopo minuto.
Aveva
riaccompagnato Anna nelle sue stanze già da un
po’, lasciandola riposare. Il
vederla in quello stato di serafica remissività,
l’aveva lasciata interdetta: la
sorella l’aveva salutata sul molo e poi aveva taciuto per la
maggior parte del
tempo, rispondendo alle sue domande con semplici monosillabi,
sussurrati a fior
di labbra, come se avesse paura di alzare la voce. Anzi, la sua
impressione era
stata proprio quella che Anna avesse paura di lei, che temesse anche il
solo
contatto visivo.
Quando aveva
ricevuto la lettera di Rapunzel, l’aveva letta con mani
tremanti, lasciando che
la paura regnasse sovrana nel suo cuore: l’aveva
accartocciata subito dopo,
mentre un leggero strato di brina cominciava a crearsi sulle pareti e i
suoi
occhi si riempivano di lacrime; aveva appena ritrovato la sorella ed
ora, a
causa di uno stupido incidente, l’aveva persa di nuovo.
Qualche ora più tardi
aveva cercato di autoconvincersi che sarebbe potuta andare peggio, che
Anna
sarebbe potuta morire dopo aver battuto la testa; ma quel placebo
mentale che
aveva cercato di somministrarsi non aveva funzionato. Non sarebbe stata
tranquilla finché non avesse riabbracciato la sorella. Erano
stati i cinque
giorni più lunghi della sua vita: nemmeno quando era rimasta
rilegata nella sua
stanza, il tempo era passato così lentamente: più
cercava d’intrattenersi con sedute
straordinarie del consiglio e la lettura di noiosissimi trattati di
alleanze,
più la sua mente le riproponeva l’immagine di Anna
inerme tra le braccia di Kristoff.
Già,
Kristoff. La colpa era la sua. Che idiota era stata ad affidargliela,
che
stupidaggine aveva fatto ad accordagli la sua fiducia, a trattarlo
quasi come
un suo pari. Ma non l’avrebbe passata liscia, lo avrebbe
punito severamente,
anzi l’avrebbe fatto giust…
I suoi piani
di vendetta vennero interrotti da un bussare ritmico alla porta del suo
studio:
“Elsa, sono Olaf, posso entrare?”- la voce acuta e
sempre solare del piccolo
pupazzo di neve le giunse ovattata da fuori.
‘Olaf!’-
pensò.
Si era proprio
dimenticata di lui, in tutto quel trambusto di eventi: poverino, lui le
era
stato accanto in quelle due settimane, confortandola con il suo affetto
e i
suoi abbracci gelati, e lei l’aveva a malapena ringraziato,
troppo concentrata
sul suo dolore per prestare attenzione anche al dispiacere del suo
piccolo
amico: “Entra pure, Olaf.”- gli rispose con voce
controllata.
Subito la
porta si aprì e Olaf entrò, rivolgendole quel
sorrisino contagioso che non
abbandonava mai la sua bocca: “Ehi! Come va? Hai visto, Anna
è tronata sana e
salva, e tu che eri così preoccupata.”-
ridacchiò divertito, all’oscuro di
quella situazione tutt’altro che rosea.
Infatti non
gli aveva detto che Anna aveva perso la memoria, ma semplicemente che
era
caduta da cavallo, che aveva battuto la testa e si era rotta un
braccio: anche
solo con quelle poche informazioni, l’umore del piccolo
pupazzo di neve, si era
rabbuiato; non voleva deprimerlo ulteriormente dicendogli che molto
probabilmente Anna non si sarebbe ricordata di lui.
-“Già.
Hai
ragione.”- cercò di sorridere, ma le venne fuori
una smorfia.
Olaf
sembrò
non accorgersene: “Dici che potrei andare a salutarla?
Insomma mi è mancata e
credo di essere mancato anch’io a lei!”- fece una
smorfietta carina
ridacchiando -“Non per vantarmi, ma sai, credo di essere il
suo migliore amico,
dopo te ovviamente e…Kristoff, ma lui non conta, lui
è un più-che-amico.”- Elsa
non gli rispondeva, quindi continuò-“ Okay, forse
non sono proprio il suo
migliore amico, ma sicuramente il suo miglior confidente e
potrei…”-
Elsa lo
interruppe, prima che potesse andare oltre: glielo doveva dire, non
poteva
nascondergli oltre la verità, lui meritava di sapere, ora
faceva parte della
famiglia.
-“Ascolta
Olaf, ho una cosa molto importante da dirti.”- prese un
respiro profondo,
guardando negli occhietti neri del piccolo amico, cercando di trovare
le parole
adatte per non ferire i suoi sentimenti -“Ricordi che ti
avevo detto che Anna
era caduta da cavallo battendo la testa?”-
Olaf
annuì
convinto: “E che per fortuna o per sfortuna, non saprei
ancora bene come definirla,
si era rotta solo un braccio. Si, mi ricordo!”-
-“Bene,
c’è
una cosa che non ti ho raccontato, ma l’ho fatto solo per non
farti
rattristare. Non voglio vederti triste e depresso come me: una Elsa
basta e avanza,
che dici?”- cercò di smorzare la tensione con una
battuta, peggiorando solo la
situazione, perché Olaf la guardò in modo strano.
Tacque per quello che le
sembrò un tempo infinito, rimanendo immobile a fissare le
sue dita intrecciate
sulla scrivania, incapace di incrociare lo sguardo interrogativo
dell’omino di
neve.
-“Elsa,
va
avanti. Non c’è nulla che potresti dirmi di tanto
spiacevole da farmi
rattristare” - la esortò, gesticolando con i due
rametti che aveva al posto
delle braccia.
-“Olaf…Anna
non si ricorda di te, né dei miei poteri, né del
viaggio che avete fatto insieme
per venire a cercarmi. Il colpo alla testa le ha cancellato i ricordi
ed
inoltre, credo abbia modificato anche il suo carattere: non
è più la Anna che
conoscevamo, purtroppo.” – fece silenzio,
aspettando una reazione da parte di
Olaf.
-“Oh…”-
fu
l’unico suono che uscì dalla sua fredda bocca.
Abbassò mesto la testa,
lasciando cadere le braccia ramose lungo i fianchi, mentre la nuvoletta
sulla
sua testa si rabbuiava come il suo umore.
-“Olaf,
mi
dispiace, ma dovevo dirtelo, non potevo rischiare che Anna ti vedesse e
desse
di matto. Insomma, hai capito, no?”- si affrettò a
precisare.
-“Q-quindi,
non potrò più vederla per un
po’,giusto?”- chiese alzando i suoi occhietti
tristi e lucidi su Elsa. Il dolore di quello sguardo,
penetrò la giovane regina
fin nelle ossa, lasciandole l’impressione che con il solo
contatto visivo, Olaf
le avesse scavato involontariamente una buca nel petto.
-“Si,
mi
dispiace.”-
-“Per
quanto
non potrò vederla, insomma prima o poi dovrà
tornarle la memoria, no?”- chiese
speranzoso, abbozzando un sorriso.
-“Non
lo so
Olaf. I medici di Corona hanno detto che potrebbe anche non tornarle
mai più.
Ma non preoccuparti: pian piano racconterò ad Anna tutto
quello che ha dimenticato
di questi ultimi mesi, cominciando dal mio potere, e ovviamente le
parlerò
anche di te, così potrete tornare ad essere amici come una
volta. Ma credo che
ci vorrà del tempo per farla abituare a tutto questo,
capisci?”-
-“Capisco.”-
rispose in un sospiro, facendo traballare la carota che aveva al posto
del
naso.
-“Dovrai
avere un po’ di pazienza, e non dovrai perdere la speranza.
Insomma questa è
solo la peggiore delle ipotesi, potrebbe anche ricordare tutto nel giro
di
qualche settimana.”- cercò di consolarlo, tentando
allo stesso tempo di
convincere se stessa.
-“Questo
significa che non posso andare a trovarla, allora.”-
constatò malinconico.
-“No,
mi
dispiace.”- gli rispose Elsa: vedere il sempre felice e
logorroico Olaf,
diventare improvvisamente triste e silenzioso, le spezzò il
cuore. Il piccolo
pupazzo di neve, strizzava gli occhi, incapace di piangere, cercando un
modo
per esternare il suo dolore.
-“Olaf,
vedrai che presto tutto si aggiusterà e torneremo ad essere
felici come prima.”-
gli sorrise mestamente.
-“Avrei
tanto bisogno di un caldo abbraccio, ora.”- disse alzando lo
sguardo lucido su
Elsa.
La regina lo
guardò per un millisecondo e poi, senza tanti preamboli, si
alzò dal suo posto
e gli si avvicinò. Si inginocchiò alla sua
altezza e poi spalancò le braccia e
il piccolo Olaf vi si tuffò dentro.
Gli
carezzò
la testolina bianca e fredda, consolandolo come una mamma fa con il suo
bambino, mentre il piccolo pupazzo cercava di cingerle la vita con le
sue
braccine corte: “Non so se i miei abbracci siano caldi, ma
spero ti basti anche
questo abbraccio ‘congelato’.”-
scherzò Elsa allontanandosi di poco.
-“Ma
tu non
sei fredda, almeno non per me. Questo è il migliore
abbraccio caldo che io
abbia mai ricevuto. Non che ne abbia ricevuti molti, in
realtà, ma tra quei
pochi che posso ricordare questo è certamente il
migliore!”- gli disse con la
sua vocetta acuta, tornando ad essere per un momento il solito
sorridente Olaf.
-“Sono
felice. Allora, quando vorrai un abbraccio non esitare, vieni a bussare
alla
mia porta, ce ne saranno sempre per te.”- gli promise con
voce dolce.
Olaf
annuì.
Poi Elsa tornò seria: “Ascoltami bene Olaf, il
palazzo è casa tua e tu puoi
andare dove più ti aggrada, ma ti pregherei di non
gironzolare dalle parti della
camera di Anna. Se dovesse vederti non so come reagirebbe. Inoltre, mi
raccomando: nel caso tu dovessi sentirla o scorgerla per i corridoi,
non
andarle in contro. So che è chiederti molto, ma fallo per
lei. Più la terremo
tranquilla, più probabilità ci saranno che le
torni la memoria.”-
-“Afferrato,
non mi farò vedere, sarò un’ombra
silenziosa che striscia nell’oscurità.”-
disse con tono cospiratorio, alzando un braccio legnoso
all’altezza degli
occhi, come se volesse nascondersi –“A proposito di
agire nell’ombra, ma non è
che per caso Arendelle ha un corpo speciale di spie che proteggono la
regina e
il palazzo ed evitano le congiure eccetera eccetera? No sai
com’è, nel caso ve
ne fosse uno potrei entrare a farne parte e potrei
addirittura…”-
-“No,
Olaf, non
esiste niente di tutto questo. Basterà che tu non ti faccia
vedere, promesso?”-
ridacchiò la regina, difronte alla capacità di
Olaf di fronteggiare il cattivo
umore.
-“Promesso.”-
confermò il piccoletto.
-“Ora
dovresti andare, aspetto una persona e non sarà piacevole
essere nei paraggi
quando questa arriverà.”- constatò
irritata.
-“Come
vuoi.”- si avviò verso la porta bianca dietro di
lui, lasciando delle piccole
impronte bagnate sul pavimento ricoperto da un tappeto, ma si
fermò-“ La
persona che stai aspettando è per caso Kristoff?”-
chiese alzando un
sopracciglio.
Elsa si
alzò, lisciandosi le pieghe del vestito:
“Già.”- confermò con voce
piatta,
tornando alla sua scrivania e alle sue sudate carte, mentre la
temperatura
nelle stanza diminuiva impercettibilmente.
-“E
non c’è
la possibilità che io possa rimanere qui mentre parlate,
così da evitare che tu
faccia male a Kristoff? Sai, non credo che Anna sarebbe molto felice di
sapere
che il suo più-che-amico è diventato un
ghiacciolo.”- ridacchiò a quell’ultima
affermazione.
-“No,
Olaf:
devi andare. Ti assicuro che cercherò di trattenermi, di non
fargli molto male,
ma non posso prometterti nulla, sai che quando sono nervosa non riesco
a
controllarmi.”- gli rivolse un sorriso sghembo, un tantino
inquietante,
pregustando già la sfuriata che avrebbe fatto al ragazzo.
-“Mmm,
d’accordo.”- acconsentì titubante Olaf,
mentre apriva la porta –“A più tardi,
allora.”- richiuse la porta dietro di sé.
Elsa
tornò a
fissare il resoconto del naufragio della nave merci, ma un istante dopo
dei
colpi lievi alla porta la interruppero: “Olaf, ti ho
già detto che non puoi
restare. Va a giocare in giardino.”-
Ma quando
alzò la testa per fronteggiare l’insistenza del
pupazzo di neve, trovò
sull’uscio della porta Kristoff, ancora con la mano sulla
maniglia: “P-posso
tornare se ha da fare.”- le disse in un soffio, osservandola
con lo sguardo di
una preda inerme di fronte al predatore.
-“Entra.”-
un ordine perentorio, una sola parola: fu lapidaria.
Lo
osservò
mentre chiudeva la porta, in silenzio. Il ragazzo si voltò
tenendo lo sguardo
basso, non osando incrociare i suoi occhi di ghiaccio, che sembravano
trapassarlo da parte a parte, mozzandogli il respiro: doveva
ammetterlo, aveva
paura.
Elsa lo
fissava intensamente, non sapendo da dove cominciare. Lui rimaneva
immobile
davanti alla sua scrivania, come qualche settimana prima, quando gli
aveva dato
la sua benedizione per stare con Anna. ‘Benedizione un
corno!’- si ritrovò a
pensare, mentre cercava di controllare le sue emozioni e di tenere a
bada le
maledizioni, che gli avrebbe volentieri urlato contro, che le premevano
sulle
labbra. Le sembrò che Kristoff tremasse per la paura e che
alle sue
orecchie arrivasse addirittura il
rumore sordo dei
battiti aritmici del cuore spaventato del ragazzo. O forse era solo il
rombo
potente del suo cuore, che accelerava sotto l’influsso della
rabbia crescente,
che si stava lentamente e inesorabilmente impadronendo di lei.
La regina
prese un respiro profondo: “Prima che tu ed Anna partiste per
Corona mi ero
raccomandata con lei, dicendole di non fare cose stupide, quel genere
di cose
che di solito la fanno mettere nei guai: lei mi ha tranquillizzata
dicendomi
che tutto era sotto controllo e che tu saresti stato con lei, e che
quindi non
c’era da preoccuparsi.”- fece un momento di
silenzio per riprendere fiato, ordinando
le carte sulla scrivania, senza
staccare gli occhi dalla figura intimorita di Kristoff
-“E io ho pensato: ‘ma si, Kristoff mi
sembra un ragazzo assennato, di certo starà attento alla sua
sicurezza.’ E
ovviamente, non potevo essere più lontana di così
dalla realtà!”- disse con
voce strozzata, cercando di mantenere la calma -“Ti avevo
esplicitamente
chiesto di tenerla al sicuro”- chiuse un attimo gli occhi
-“di non farla
soffrire e di fare in modo che non le accadesse
nulla…”- si portò le dita
tremanti alle tempie, sospirando rumorosamente. Ormai era al limite,
sapeva che
in quell’occasione nemmeno la filastrocca che le aveva
insegnato il padre-
celare, domare, non mostrare- sarebbe riuscita ad arginare
l’onda di rabbia che
le stava salendo dal profondo, sommergendo ogni altra emozione,
lasciandola per
un momento incredula difronte a tanta potenza: “Allora mi
spieghi cos’è andato
storto a Corona?”- gli urlò contro, battendo le
mani sul tavolo davanti a lei,
spalancando gli occhi di ghiaccio, mentre la temperatura nella stanza
calava
bruscamente e un vento creatosi dal nulla faceva volare via alcuni
oggetti.
Alla fine
era esplosa.
Kristoff
fece un passo indietro intimorito, riuscendo a scansare un piccolo
soprammobile
che altrimenti l’avrebbe colpito in piena faccia. Non
riusciva a spiccicare
parola: certo, aveva previsto una tale reazione da parte della regina,
ma mai
avrebbe pensato che si sarebbe lasciata andare così tanto.
Inoltre, tutto il
discorso di scuse, che si era preparato nell’attesa di essere
ricevuto, sarebbe
stato praticamente inutile contro le sue accuse.
-“Tu
sai che
ad ogni azione corrisponde una reazione, vero?”- gli chiese
ritornando per un
momento calma.
Kristoff
annuì.
-“Allora
saprai anche che tradire la mia fiducia in tal modo, non è
certo cosa che passa
impunita, quindi spero tu sia pronto a ricevere una degna
punizione.”- lo vide
inghiottire a vuoto –“Ma prima voglio che mi
racconti per filo e per segno
tutto quello che è successo a Corona. La lettera della
principessa Rapunzel non
è stata abbastanza esplicativa.”- lo
guardò tornare al suo posto e prendere
fiato.
Kristoff
cominciò dapprincipio, prima con voce tremante e poi sempre
più sicuro: le
raccontò del loro arrivo nel regno di Corona;
dell’accoglienza ricevuta dai
sovrani; dei festeggiamenti per il matrimonio; della giornata passata
tra le
strade del regno e della proposta della principessa Rapunzel, di
provvedere
alla sua lunga assenza con una passeggiata a cavallo nella riserva di
caccia
del re.
Omise
accuratamente di farle sapere che aveva dormito nello stesso letto di
Anna,
temendo ovviamente di peggiorare ancora di più la sua
situazione: se la regina
avesse saputo davvero tutto quello che era successo a Corona, lo
avrebbe di
certo messo alla forca.
-“…così
abbiamo passato gran parte della giornata insieme alla principessa e al
suo
consorte, per le campagne del regno e al ritorno è
successo…beh, l’incidente.”-
concluse il suo racconto abbassando lo sguardo. Parlare di quella
faccenda lo
faceva star male, perché non riusciva a capacitarsi che Anna
fosse in quelle
condizioni anche per colpa sua: si era lasciato prendere dal momento
senza
prestare attenzione ai particolari, troppo concentrato su Anna e le sue
parole.
Elsa
assimilò tutte quelle informazioni in silenzio,
concentrandosi sulle sue ultime
parole: “So cosa è successo, ma io vorrei sapere
come e perché. Perché Anna
correva a scavezzacollo su un sentiero che non conosceva e come ha
fatto a
cadere?”- il tono di voce che abbandonò le sue
labbra rispecchiava appieno la
sua frustrazione. ‘Se fossi andata con lei, di sicuro questo
non sarebbe
successo.’- pensò, mentre osservava il ragazzo
cercare una risposta alle sue
domande.
-“S-stavamo
facendo una gara e lei era voltata indietro e…e non lo so,
davvero. È successo
tutto così in fretta, credo abbia sbattuto contro un ramo
basso e poi era a
terra e…”- farfugliò.
-“Voi
cosa?”- esclamò Elsa, scioccata, spalancando gli
occhi.
-“Stavamo
facendo una gara: al mattino mi aveva sfidato e avevo vinto io,
così voleva la
rivincita e quindi…era così felice che non avrei
avuto il cuore di dirle di
no.”- si scusò.
-“Mi
stai
dicendo che mia sorella è rinchiusa nella sua stanza con un
braccio rotto e un
vuoto di memoria grande quanto il fiordo, solo perché tu non
hai avuto il
coraggio di fermarla dal fare una stupidaggine?”- disse
stupefatta, mentre una
sottile lastra di ghiaccio si andava estendendo dai suoi piedi verso il
ragazzo, che non vi prestò molta attenzione.
-“Io
ho
cercato di fermarla, ma lei non mi ha dato ascolto. Cosa avrei dovuto
fare,
ordinarle di fermarsi? Fino a prova contraria è lei la
principessa, quella
autorizzata a dare ordini.”- rispose spazientito, facendo un
gesto con la
mano-“ E poi una corsa a cavallo non mi sembrava tutto questo
gran pericolo.”-
concluse facendo spallucce.
-“Non
ti
sembrava tutto questo pericolo! Sai com’è morto il
padre di mio padre?”- gli chiese
Elsa.
Kristoff si
fermò interdetto: non lo sapeva, ma sapeva perfettamente che
di li a qualche
secondo avrebbe fatto l’ennesima figuraccia.
-“Per
una
caduta da cavallo.”- sentenziò la regina.
‘Come
volevasi dimostrare, sei un idiota!’- pensò tra
sé.
-“Mi
dispiace, se lo avessi saputo avrei cercato di farla
desistere.”- si scusò
abbassando il capo -“Ma avreste dovuto vederla”-
disse tutto ad un tratto
alzando lo sguardo sulla regina, che lo guardava con
un’espressione
interrogativa-“ era così felice e spensierata, si
è divertita così tanto: credo
di non averla mai vista ridere così. Mi sembrava giusto
darle quello di cui
aveva bisogno, di farle provare l’ebrezza della
libertà, di farle gustare
appieno un briciolo di felicità dopo tutto il tempo passato
chiusa nel
castello. Cosa si aspettava, che dopo più di dieci anni di
isolamento e di
inattività, rimanesse ferma a guardarsi intorno?”-
abbassò la voce su quelle
ultime parole, rendendosi conto solo dopo che erano uscite dalla sua
bocca, che
non aveva il diritto di rivolgersi alla sua regina in quel modo.
Ma Elsa non
prestò attenzione tanto al tono sfacciato con cui le
parlò, quanto al
significato nascosto sotto quelle parole: “E da
quand’è che conosci Anna così
bene da arrogarti il diritto di scegliere cos’è
meglio per lei, sentiamo?”- lo
provocò, sicura di far cadere il suo muro di convinzioni con
quella domanda.
-“Non
vorrei
essere arrogante, ma forse la conosco meglio io, di Sua
Altezza.”- d’accordo,
aveva passato il punto di non ritorno, ora l’avrebbe di certo
fatto decapitare
e avrebbe esposto la sua testa su una picca, sulle mura del castello:
un
brivido freddo gli scese lungo la schiena al solo pensiero.
-“Io
sono
sua sorella.”- constatò, come se quel semplice
legame di sangue potesse farle
conoscere ogni aspetto di Anna -“Come puoi dire di conoscerla
meglio di me?”-
Il ghiaccio
aveva cominciato a ramificarsi sui piedi di Kristoff, su per le sue
gambe,
bloccandolo lì sul posto, senza speranza di fuga. Il panico
lo colse, ma solo
per un attimo, poi continuò la sua difesa.
-“Si
è mai
fermata ad ascoltarla, si è mai seduta con lei da parte e le
ha chiesto di
raccontarle tutto quello cui era dovuta andare incontro, durante tutti
gli anni
che avete passato divise? Beh, io l’ho fatto e lei mi ha
accordato così tanta
fiducia da aprirsi totalmente, da confessarmi i suoi segreti e tutte le
sue
paure più profonde.”- tutto il timore che gli
incuteva la regina era sparito,
lasciando al suo posto una sorta di sicurezza, che lo spingeva a
risponderle a
tono.
-“Se
la conosci
bene come dici, dovresti anche sapere che se siamo rimaste divise per
così
tanto tempo, è perché volevo proteggerla da me
stessa; ogni mia azione è in
funzione di Anna, ogni mio singolo gesto è dettato
dall’amore per lei. Non
voglio vederla soffrire ancora, non voglio vederla
piangere…voglio solo che sia
felice.”- soffiò fuori quell’ultima
parola, constatando che ancora una volta la
sorella era ancora molto lontana dalla felicità.
-“Oh,
ma me
l’ha detto e sa una cosa? Anna è convinta che lei
non le abbia voluto rivelare
il suo segreto perché non ha fiducia in lei. Sa cosa la
spaventa più di ogni
altra cosa al mondo? Il non essere alla sua altezza.”-
concluse, vedendo le
spalle della regina che si abbassavano sotto il peso di quella
rivelazione.
Elsa
soppesò
quelle parole: “Allora non ha capito nulla se pensa una tale
idiozia. Semmai
sono io a non essere degna di lei.”- si lamentò,
abbassando lo sguardo. Era
vero, lei non si sentiva degna del bene della sorella, né
della sua
incondizionata ed assoluta dedizione, e si chiedeva ancora come Anna
potesse
amarla dopo tutto quello che le aveva fatto.
-“E
poi non
credo che tenerla chiusa sotto una campana di vetro, possa renderla
felice.”-
constatò imperterrito Kristoff.
-“Ed
è per
questo che l’ho inviata a Corona insieme a te, e come vedi
tutti i miei timori
si sono avverati. Avrei dovuto tenerla qui con me.”- si
lamentò la regina.
-“Ma
anche
se fosse rimasta qui non avrebbe fatto differenza: Anna non
è fatta per stare
ferma in una sala ad ascoltare noiosi discorsi su alleanze e piani
economici;
non sarebbe riuscita a trattenerla chiusa nella sua camera o nella
biblioteca.
Lei preferisce correre e saltare, gioire esultante per ogni minima
cosa,
facendo poca attenzione al suo tono di voce o a dove mette i
piedi… Anna è una
furia scatenata.”-
-“Una
che?”-
chiese alzando un sopracciglio chiaro, colta alla sprovvista.
-“Furia
scatenata: è uno stupido soprannome che le ho dato io. A lei
piace.”- spiegò in
tono piatto, come se fosse normale che lui avesse appioppato un
nomignolo del
genere, ad una reale.
Elsa lo
fissò con gli occhi ridotti a due fessure, meditando su
tutto quel discorso
assurdo, arrivando ad una conclusione: “D’ora in
avanti per te sarà solo la
principessa Anna, nulla di più. Tu continuerai ad essere il
mastro consegnatore
del ghiaccio di Arendelle, ma per lei non sarai niente.”-
sapeva che quella
sarebbe stata la peggiori delle punizioni che avrebbe potuto
infliggergli,
glielo leggeva negli occhi.
Kristoff,
trattenne il fiato, incredulo: non poteva averlo fatto davvero:
“Sta
scherzando, non può dire sul serio.”
Elsa non gli
rispose continuando a fissarlo imperturbabile.
-“Non
può
farlo.”- gli disse a voce alta Kristoff, con il fiato corto.
-“Ed
invece
si.”- stava facendo valere il suo status di regina, cosa che
non aveva mai
fatto fino ad allora- “Io ti ho dato la mia benedizione e
posso anche
revocarla. Questa è la mia decisione.”- disse
ferma, convinta della sua scelta.
Sapeva che Kristoff teneva particolarmente alla sorella e quale castigo
migliore se non quello di allontanarlo da lei?
Lo vide
stringere i pugni, mentre il ghiaccio si ritirava dai suoi piedi,
incapace di
accettare quella decisone, che alle sue orecchie suonava più
come una condanna:
come poteva allontanarlo da Anna. Lei era diventata…tutto.
Il suo mondo ormai
girava attorno a lei.
Se qualcuno,
qualche mese addietro, gli avesse detto che si sarebbe legato
così tanto ad una
persona da sentirne la mancanza, gli avrebbe riso in faccia. Ed invece
era
proprio quella la sua situazione: lo stare lontano da Anna, anche solo
per
pochi giorni, lo faceva sentire stranamente incompleto. La sua
lontananza lo
pungolava come un dolore fisico. Non voleva nemmeno immaginarla la sua
vita
senza di lei!
-“Cosa
ne
penserà Anna?”- le chiese, sconvolto.
-“Non
preoccuparti, Anna non ne risentirà. In fondo, non si
ricorda di te.”- proferì
atona, ma qualcosa in quelle parole stonava; le lasciarono addosso una
strana
sensazione.
Kristoff
impallidì, rimanendo con la bocca semiaperta per la risposta
ricevuta: quella
donna era davvero di ghiaccio, dura e distaccata.
-“Ora
se non
ti dispiace, ho parecchio lavoro da fare, e anche i tuoi doveri di
mastro del
ghiaccio ti chiamano.”- gli disse ritornando a scrutare le
carte sulla
scrivania, mentre immergeva una piuma nel calamaio.
Il ragazzo
rimase fermo per pochi istanti, indeciso sul da farsi, poi acceso da
una
scintilla di rabbia mista a coraggio, decise di colpire il suo fianco
scoperto,
centrandola nel suo punto debole: “Come prevedevo, ha risolto
la situazione con
quello che le riesce meglio.”
Elsa
alzò lo
sguardo dal foglio che stava firmando: “Cosa
intendi?”- chiese alzando un
sopracciglio chiaro.
-“Sbattere
le porte in faccia.”- sputò fuori in tono aspro,
ripetendole le esatte parole
che gli aveva detto Anna, quando gli aveva parlato degli anni di
isolamento
della regina.
Elsa rimase
pietrificata per un breve lasso di tempo, mentre la mano che reggeva la
piuma
tremava, facendo colare l’inchiostro sul foglio che reggeva
con l’altra.
Kristoff la
osservò per un secondo: aveva gli occhi chiari spalancati
per la sorpresa e il
respiro irregolare, che le faceva tremare le spalle, incurvate sotto il
peso di
quell’accusa. Forse aveva sbagliato, aveva osato troppo,
rispondendole in tal
modo. Lei era pur sempre la regina!
-‘sei
doppiamente idiota!’- gli sussurrò una vocina.
-“Maestà
io,
non…”- cercò di scusarsi per il suo
comportamento.
-“Esci.”-
sussurrò a denti stretti.
Kristoff
tentennò per alcuni secondi, poi si avvicinò alla
porta e appoggiò la mano alla
maniglia. Il crepitare del ghiaccio che stava cominciando ad espandersi
sulle
pareti e la nuvoletta di condensa che gli sfuggì dalle
labbra, lo convinsero a
togliere presto il disturbo.
-“Va
via!”-
gli urlò dietro Elsa, mentre temporeggiava ancora sulla
soglia della porta.
Un forte
vento lo spinse fuori nel corridoio e richiuse la porta dello studio
della
regina dietro di lui.
‘Speriamo
solo che non abbia un’altra delle sue crisi agghiaccianti.
’ -pensò tra sé.
Sbuffò contrariato e si fece strada lungo i corridoi del
castello, giù per lo
scalone secondario, fino ad arrivare al cortile interno del palazzo,
dove
stavano le stalle. Sven aveva soggiornato lì per tutto il
tempo che era stato
lontano da Arendelle, rimpinzandosi di carote e zuccherini.
Quando lo
vide, la renna si agitò nel suo box, dimenando le corna per
la contentezza.
-“Ehi,
calmo. Mi sei mancato anche tu.”- gli disse mentre gli
accarezzava il muso.
Sven sporse
di più la testa, cercando qualcuno alle spalle del ragazzo.
-“No,
Anna
non verrà.”- Kristoff aveva capito al volo, chi
l’amico si aspettava di veder
spuntare da un momento all’altro.
-“Dov’è?”-
chiese per la renna.
-“La
regina
ha deciso che non devo più vederla. È…
una lunga storia.”-
-“E sei pronto a rinunciare a lei così
facilmente?”-
-“Cosa
dovrei fare? Lei è la regina.”- sbottò.
Sven
notò la sua faccia triste e attirò la sua
attenzione con un sonoro grugnito. Il ragazzo non aveva bisogno di
esternare in
parole quello che voleva dire il suo amico, la domanda la leggeva
chiara nei
suoi occhi grandi e scuri: cos’è successo?
-“Niente,
ma…ora dobbiamo andare.”- disse aprendo la porta
della stalla e facendolo
uscire nel cortile deserto. Non aveva voglia di parlarne ancora.
Sven si
guardava attorno, inquieto, mentre Kristoff gli infilava i finimenti e
lo
legava alla slitta: era successo assolutamente qualcosa di grave.
Quando
salì
sulla slitta, pronto ad andarsene, voltò per
l’ultima volta lo sguardo alle
finestre del terzo piano, dove sapeva esserci la stanza di Anna. Non
avrebbe
mai voluto che quel viaggio, che avrebbe dovuto segnare
l’inizio di qualcosa,
si concludesse con una prematura e tragica fine del loro rapporto.
Distolse
velocemente lo sguardo: “Pronto Sven?”- fece per
dargli l’ordine di partire, ma
si sentì spiato. Sentiva distintamente gli occhi di qualcuno
puntati su di lui.
Alzò lo sguardo e la vide, lì, dietro i vetri
della grande finestra, aggrappata
alle tende, come se volesse nascondersi. Gli occhi fissi sul cortile,
su di
lui, con un’espressione imperscrutabile sul viso pallido.
Non
riuscì a
sostenere la sua vista e distolse lo sguardo, ma quando osò
alzarlo di nuovo,
lei non c’era più, al suo posto solo
l’oscillare delle tende, che aveva tirato
dietro di sé.
Sentì
qualcosa rompersi nel profondo della sua anima e quando fece partire
Sven, la
sensazione di solitudine lo investì con tutta la sua
familiare presenza.
AngoloAutore:
salve! Non ho molto da dire su questo capitolo, anzi a dirla tutta non
ho nulla
da dire. Non perché lo reputi perfetto da non aver nulla da
ridire, ma per il
motivo contrario: mi fa SCHIFO! Il problema è che
l’ho riscritto tipo cinque
volte e a tutt’ora non mi soddisfa, inoltre ultimamente non
ho molte idee e
quelle poche che mi vengono fanno pena, quindi se avete idee vi incito
a
farmele conoscere, così da riabilitare un po’
questa storia :)
Quindi a voi
le belle cose, se riterrete opportuno lasciarmi un vostro commentino,
ne sarei
immensamente felice.
Vorrei
invitarvi a segnalarmi eventuali errori che potrebbero essermi sfuggiti.
Come sempre
ringrazio tutti quelli che hanno inserito la storia tra le
preferite/seguite/ricordate, siete tantissimi e spero di non avervi
deluso
ulteriormente con l’attesa e qst pseudo capitolo. Se continuo
a scrivere è
anche merito vostro e del vostro sostegno :) Grazie.
Ci si legge
in giro, baci ^.^
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Capitolo 15 *** Capitolo 15: Sono qui... ***
NdA:
Grazie a tutti/e quelli/e che hanno aspettato così a
lungo e che, nonostante la lunga assenza, mi hanno fatto capire che
questa
storia è entrata un po’ in tutti/e voi. Per questo
motivo, anche se a volte mi
verrebbe voglia di cancellarla, continuerò a
scriverla…per voi! Buona lettura!
Questo
capitolo è per te Adri, che ti se subita tutti i miei
vaneggiamenti e mi hai invogliata a scrivere ancora. Spero ti piaccia ;*
Nb:
Anna altamente OOC. Non dite che non vi avevo avvisate!
CAPITOLO
15: Sono qui...
L’estate
era finita da un po’, portandosi via gli ultimi
scampoli di calore, lasciando il passo all’autunno: da un
giorno all’altro le
foglie avevano cominciato a cambiare colore, tingendosi dei toni del
tramonto,
e il cielo si era tinto di un opprimente grigio piombo. Un vento gelido
soffiava impetuoso su Arendelle, spazzando le stradine del regno,
facendo
volare via qualsiasi cosa gli si parasse davanti: turbinava nel cortile
del
palazzo, alzando labili mulinelli di polvere; ululava come un fantasma
tra le
intercapedini delle finestre, facendo sobbalzare la servitù
ad ogni passo;
ruggiva sulle onde dell’oceano che lambivano il fiordo,
riempiendo l’aria dello
sciabordio delle barche ormeggiate e portando con sé un
debole profumo
salmastro; sfidava la pazienza della regina, facendo sbattere a ritmo
un ramo
rinsecchito, contro la finestra del suo studio, distraendola dai suoi
impegni,
e questo la diceva lunga sulla sua capacità di
concentrazione in quel periodo.
Di
solito avrebbe lasciato correre, avrebbe bellamente
ignorato il ticchettio fastidioso del legno contro il vetro,
concentrandosi su
quello che aveva davanti; ma non in quei giorni, in cui sembrava che il
minimo
rumore le arrecasse il più terribile dei fastidi. Aveva
così tanti pensieri che
le si agitavano nella mente, che le premevano nelle meningi, che le
sembrava
che da un momento all’altro sarebbe potuta esploderle la
testa. Era
costretta controvoglia a rimanere chiusa
tra quelle quattro mura, a firmare accordi commerciali e a scrivere
lettere
piene di bugie per rifiutare gli inviti dei regni confinanti, ma ogni
suo
pensiero era rivolto alla sorella, isolata in qualche sala del
castello.
Avrebbe tanto voluto sbattere dietro di sé la porta dello
studio, che un tempo
era stato del padre, e correre in cerca di Anna, per cercare di tirarla
fuori
dal suo stato di apatia, ormai intollerabile per la giovane regina. Ma
non
poteva farlo: i doveri derivanti dal suo ruolo, venivano prima di
tutto, anche
prima di sua sorella. E poi, anche se l’avesse raggiunta, non
avrebbe saputo
cosa dirle: si sarebbe limitata ad osservarla in silenzio, appoggiata
allo
stipite della porta, senza che lei si accorgesse di essere spiata, con
le
braccia immobili lungo i fianchi, incapace di dire o fare qualsiasi
cosa.
Tre
settimane dopo il ritorno di Anna da Corona, la sua
situazione non era migliorata affatto, anzi con l’avanzare
della stagione
fredda, sembrava peggiorare di giorno in giorno. Passava la maggior
parte del
suo tempo rintanata nella biblioteca o confinata nella sua stanza, a
fare…nulla. Se ne stava lì, ferma a contemplare
il vuoto per ore intere,
cercando delle risposte alle silenziose domande che le affollavano la
mente, o
a fissare un punto imprecisato fuori dalla finestra, sbattendo a
malapena le
palpebre, come se temesse che chiudendo gli occhi, anche solo per una
frazione
di secondo,qualcosa di importante le sarebbe sfuggito di mente.
Elsa
non sopportava più di vederla in quello stato di
inerzia, che stonava totalmente con l’idea che aveva sempre
avuto di Anna. Per
tutta la vita lei era stata quella posata e tranquilla e al contrario,
la
sorella era stata quella scriteriata e rumorosa; era sempre stato
così: anche
dalla porta chiusa della sua stanza, durante tutti gli anni di
isolamento, era
riuscita a sentire gli schiamazzi delle armature cadute, i borbottii di
dolore
di Anna e le ramanzine di Gerda. La sorella non era mai cambiata, certo
il suo
temperamento si era affievolito con l’età, ma la
sua smania di movimento e il
suo desiderio di avventura, non erano mutati nel tempo. Anna era sempre
stata una…
furia scatenata.
Posò
le carte sulla scrivania e si massaggiò le tempie,
ripensando a quello stupido soprannome. Anche se quel nomignolo le
suonava
stranamente animalesco e inappropriato per la sorella, non
poté fare a meno di
riflettere che rispecchiava in pieno la sua natura incontrollabile e
caotica.
Si stupì nel pensare che in meno di due mesi, Kristoff era
riuscito a catturare
perfettamente l’essenza della sorella, con
quell’epiteto.
Kristoff.
Era da tanto che non pensava a lui: chissà come se
la passava, lontano da Anna. Forse aveva sbagliato ad allontanarlo da
lei.
Forse avrebbe dovuto richiamarlo. Forse riaverlo accanto avrebbe
giovato a…NO!
Anna non aveva mai accennato a lui in tutto quel tempo e, quelle
rarissime
volte che il suo nome o il suo titolo erano saltati fuori, sul viso
della
sorella era apparsa un’espressione infastidita. Non conosceva
il motivo di un
tale atteggiamento e non aveva mai arrischiato a chiederle spiegazioni.
Anche
se l’avesse fatto, di certo la sorella le avrebbe risposto
con poche e concise
parole, allontanando il suo interesse ma lasciando la domanda in
sospeso, priva
di risposta.
Lo
aveva fatto in continuazione negli ultimi tempi,
rispondere con frasi con non più di una decina di parole,
non lasciando adito
all’inizio di una conversazione che non fosse a senso unico.
I primi giorni,
dopo il rientro da Corona, Anna aveva sempre chiesto di avere i pasti
serviti
in camera; Elsa l’aveva lasciata in pace per la prima
settimana, poi aveva
chiesto espressamente la sua presenza, se non a pranzo, almeno a cena.
La
sorella aveva accettato, senza fare storie e una sera Elsa
l’aveva trovata, con
sua grande sorpresa, seduta a tavola ad aspettarla. Quando Anna
l’aveva vista
entrare, si era alzata e aveva fatto una lieve riverenza. Elsa era
rimasta
colpita da quel gesto così freddo e formale, come se lei non
fosse sua sorella
ma solo la regina. Le si era avvicinata con due lunghe falcate e
poggiandole
una mano sulla spalla le aveva detto: “Anna, non ce
n’è bisogno! Io sono tua
sorella prima di tutto.”
Anna
aveva alzato il mento, guardandola negli occhi e aveva
annuito, con il viso che non tradiva nessuna emozione. Durante la cena,
nessuna
delle due aveva proferito parola, ma anche il solo averla affianco, era
stato
per Elsa fonte di sollievo. Le sere successive aveva cercato
d’intavolare un
qualsiasi discorso, accennando al tempo,all’imminente festa
del raccolto e ad
altre piccolezze senza importanza; ma Anna aveva risposto con
monosillabi o con
stupide frasi di cortesia, come se stesse parlando con una estranea
appena
conosciuta, non alzando mai lo sguardo dal suo piatto.
Ma
Elsa non si era data per vinta e sera dopo sera, anche se
le era costato non pochi sforzi, aveva cominciato a raccontarle delle
sue
giornate, delle stupide lettere dei regnanti che la volevano ospite
della loro
corte, o che peggio ancora la volevano in moglie. Le raccontava
qualsiasi cosa
le passasse per la mente, pensando che prima o poi Anna
l’avrebbe interrotta,
se non per commentare, almeno per intimarle di fare silenzio. Anche
quello le
sarebbe bastato, ma lei continuava a tacere, ignorandola quasi. E alla
fine
della serata era così stanca di ascoltare solo la sua voce
che cadeva in un
profondo silenzio, si alzava da tavola, augurandole la buonanotte e la
lasciava
da sola, mentre le candele sulla tavola si consumavano mute. Non
aspettava mai
una sua risposta a quel saluto e saliva le scale con un peso
insopportabile sul
cuore.
Ma
una sera qualcosa era cambiato e prima che avesse potuto
varcare la porta della sala da pranzo, l’aveva sentita
sussurrare un mesto:
“Buonanotte, Elsa.”
Non
si era fermata e non si era nemmeno voltata, per paura
che fosse stato solo uno scherzo della sua mente, ma non aveva potuto
fare a
meno di sorridere tra sé.
Qualche
giorno dopo aveva avuto inizio la festa per la fine del
raccolto, ed Elsa aveva tanto sperato che tutta la gente che sarebbe
accorsa
nel cortile del palazzo, i giochi e la musica, avrebbero potuto
smuovere
qualcosa nell’animo di Anna e far tornare a galla la sua
versione chiassosa e
solare.
Per
questo motivo aveva dedicato tantissima cura ed
attenzione ai preparativi della festa, la prima che si festeggiava dopo
anni:
aveva invitato tutto il popolo a prendere parte agli spettacoli che
aveva fatto
allestire; aveva ingaggiato i migliori musicisti del reame,
affinché
allietassero l’atmosfera della prima notte di luna piena dopo
l’equinozio
d’autunno, con le loro melodie gioiose; aveva fatto
approntare un banchetto
immenso, che avrebbe potuto sfamare un esercito e aveva dato fondo alle
scorte
delle cantine reali, condividendo il vino e l’idromele
più pregiati che gli
abitanti di Arendelle avessero mai gustato.
Aveva
fatto confezionare abiti adatti all’occasione per
sé e
per Anna, non aspettandosi nessuna reazione da parte della sorella; ma
quando
le aveva fatto recapitare l’abito viola prugna , con tralci
di vite ricamati in
oro che si inerpicavano dalla vita su per il corpetto, se
l’era ritrovata alla
porta del suo studio, con l’abito stretto tra le braccia e un
accenno di
sorriso sulle labbra.
-“Grazie.”-
le aveva detto a voce più alta del solito,
rivolgendole quel sorriso strano, come se temesse di essere fuori luogo.
-“Di
nulla. Ti piace?”- le aveva chiesto subito, cercando di
strapparle più di una parola di bocca. Ma era rimasta delusa
quando Anna,
stringendo di più a sé il vestito, aveva
semplicemente annuito felice,
allargando di poco il suo debole sorriso.
Era
rimasta per un momento interdetta: avrebbe voluto
ordinarle di parlare, di salterellare in giro per il palazzo senza
rispetto del
decoro, di tornare ad essere quella di una volta, quella che le sarebbe
saltata
al collo dalla gioia per un nuovo vestito. Invece si era trattenuta,
rafforzando la presa sulla piuma che stringeva tra le mani, dicendole
solamente:
“Sono felice che ti piaccia.”
Il
pomeriggio, prima della sera della festa,al calare del
Sole, tutte le barche che erano partite per la stagione della pesca a
metà
estate,erano tornate con le stive piene di pescato per
l’inverno: al porto,
erano state accese come da tradizione centinaia di lanterne per
indicare alle
imbarcazioni ancora in alto mare, la strada di casa.
Le montagne avevano
risuonato delle voci dei cacciatori, che intonavano canti in onore di
Skadi,
per l’abbondanza della selvaggina catturata. Quando gli equipaggi erano
scesi sulla
banchina, cantando le lodi di Njoror, e i cacciatori erano tornati
incolumi dai
boschi, la festa aveva avuto inizio. Il popolo si era fatto strada per
le viuzze
di Arendelle, fino al castello, le cui porte erano quanto mai aperte ed
invitanti, ed era stato accolto dai bagliori degli enormi
falò e dalla musica festosa.
Per
tre sere consecutive, il cortile del castello aveva
pullulato di vita, pieno di persone intente a danzare, a cantare
vecchie
ballate, le cui origini si perdevano nella notte dei tempi, a
banchettare con
il cibo offerto dalla regina o semplicemente ad osservare
l’animosità della
folla, che contagiava tutti, persino Elsa, che durante tutti i
festeggiamenti
si era fatta sfuggire più di una risata. Anna invece, aveva
passeggiato per un
po’ tra gli abitanti del regno, sorridendo cortesemente ma
con poco entusiasmo,
aveva scambiato una o due parole con alcune giovani donne, e poi si era
ritirata sul suo scranno, sulla pedana rialzata che era stata preparata
per lei
e per Elsa, osservando quello che le accadeva attorno come una mera
spettatrice, con lo sguardo perso tra la folla, come se cercasse
qualcuno.
Vedendola, Elsa si
era preoccupata solo allora che tra tutta quella gente potesse esserci
anche
Kristoff, e che la sorella, vedendolo, potesse avere un tracollo
emotivo. Era
impossibile, non si sarebbe fatto vedere a palazzo, ne era certa. La
ferita era
ancora troppo fresca e rivedere Anna, di questo era sicura, per lui
sarebbe
stato come spargerci sopra del sale. E poi la sorella a malapena lo
ricordava,
quindi era altamente improbabile che lo stesse cercando.
La
regina l’aveva osservata da lontano, rimanere lì
ferma
con le mani poggiate sui braccioli della sua sedia, la schiena dritta,
il mento
alto e lo sguardo fisso davanti a sé: la perfetta immagine
di grazia e regalità,
come una divinità dell’antica religione. Poi
qualcosa aveva tremato nella sua
espressione e il suo muro di fiera sicurezza era caduto, sbriciolandosi
pian
piano, con piccoli gesti. Proprio quando pensava che nessuno la stesse
guardando, le spalle si erano incurvate e le mani si erano cercate e
trovate
sul suo grembo, stringendosi convulsamente l’una
all’altra, gli occhi avevano
brillato ancora per alcuni secondi alla luce dei fuochi, accesi qui e
lì nel
cortile, e poi si erano chiusi con un sospiro pesante.
Solo
allo scoccare della mezzanotte, quando i due
cantastorie di Arendelle, un uomo e una donna, si erano fatti spazio al
centro
del cortile e avevano cominciato a narrare le vicende
dell’Edda e a parlare di
creature fatte di pietra e di fuoco, l’attenzione di Anna si
era risvegliata.
Elsa, che sedeva alla sua sinistra, l’aveva vista alzarsi e
farsi strada, come
incantata, verso il cerchio di persone che si era formato attorno ai
due
menestrelli.
Con
ampi gesti teatrali, i due erano arrivati a raccontare,
con un crescendo di stupore e timore da parte dei presenti, la leggenda
della
Caccia Selvaggia,e di come da quella sera in poi, fino
all’apparire del primo
Sole primaverile, le strade non sarebbero più appartenute
agli uomini ma agli
spiriti e ai troll.
A
quelle parole gli occhi di Anna si erano spalancati e la
sua mano destra, fino ad allora stretta alla sinistra, era scivolata al
suo
fianco, andando a stringere la stoffa del suo abito.
-“I
primi attraversano il velo che separa la terra dei vivi
dal mondo di Hel, che nelle notti dopo l’equinozio si
assottiglia fin quasi a
scomparire, e vagano tra noi alla ricerca dei loro familiari ancora in
vita.”-
aveva detto l’uomo, con il tono di voce arrochito di chi
respira troppo fumo
dal camino.
-“Gli
altri escono dalle loro tane, situate nelle profondità
delle foreste più nere, e scorrazzano tre le strade delle
città degli uomini,
alla luce della Luna. S’intrufolano nelle nostre case e
silenziosamente,
facendo più attenzione possibile, rubano i bei bambini dai
loro lettini e li
scambiano con i loro piccoli, brutti e deformi.”- aveva
continuato la donna,
con voce lieve, ma ben udibile da tutti.
-“Badate
bene, perché a quel punto il troll diventa bambino
e il bambino scambiato diviene troll.”- aveva concluso
l’uomo, catturando ancor
di più l’attenzione dei bambini più
piccoli ed impressionabili, che a quelle
parole si erano stretti alle gonne delle loro madri.
Quel
rituale si era svolto anche le due sere successive:
allo scoccare della mezzanotte i due cantastorie avevano preso posto
tra la
folla, che si era assiepata impaziente attorno a loro, e avevano
intrattenuto
il vasto ed eterogeneo pubblico, con favole e leggende sul piccolo
popolo. Ogni
sera, Anna aveva lasciato il posto al fianco di Elsa, per avvicinarsi
rapita ai
due. Li osservava affascinata, pendendo dalle loro labbra, sorridendo
se
necessario ai loro racconti o inorridendo, come i più
piccoli, quando si
parlava di mostri terrificanti e grotteschi.
L’ultima
sera, un folto gruppo di bambini, aveva chiesto a
gran voce ai due menestrelli di raccontare ancora dei troll e quello
che era
successo dopo, Elsa non se lo sarebbe mai immaginato.
-“Cos’è
bambini, avete paura che stanotte vengano a
prendervi?”- aveva chiesto ridacchiando l’uomo.
-“Smettila
Jorgen, così li spaventi.”- l’aveva
ammonito la
donna, assestandogli una gomitata al fianco –“Sta
solo scherzando”- aveva
continuato, rivolgendosi ai bambini spauriti-“da queste parti
non ci sono
troll.”-
Così
i bambini, rincuorati, avevano atteso pazienti che
l’uomo accettasse la loro richiesta e si erano seduti in
terra, in ascolto.
-“Di
troll, ce ne sono di due tipi: enormi come una quercia
o piccoli come funghi.
Anche se di
diverse stature, hanno tutti una cosa in comune: grossi nasi tuberosi e
quattro
dita per mano. Qualcuno, aggirandosi per i boschi, ha giurato di averne
visti
con più di una testa e con uno, due…ma che dico,
tre occhi ciascuna!”-i bambini
avevano trattenuto il respiro mentre si figuravano quelle creature
fantastiche.
Anche
Anna aveva trattenuto il respiro. Anzi, ad Elsa era
sembrato quasi che le mancasse, il respiro: la sorella infatti, aveva
una mano
premuta sul petto e una smorfia strana sul viso pallido, colorato solo
dai
bagliori del fuoco.
-“Sono
creature piuttosto permalose e scatenare la loro ira,
porta a conseguenze terribili.”- aveva continuato
l’uomo, con voce cavernosa
–“In definitiva se vi capita di incontrarli, non
attirate la loro attenzione e
non avvicinatevi. In fine dei conti non sono tutto questo
granché, meglio le
fate o i folletti. I troll puzzano, sono brutti, violenti, malvagi
e…”- aveva
cercato di concludere il suo racconto, ma una voce si era alzata dalla
folla.
-“Non
è vero!”- aveva gridato e tutti gli sguardi si
erano
puntati su Anna, che respirava a fatica, tenendosi la mano al petto.
Tutti
avevano fatto silenzio per alcuni secondi e poi il
cantastorie le aveva detto intimorito: “Vostra Altezza, le
posso assicurare che
quello che dico è vero. Io l’ho visto un troll, ed
è proprio come lo descrivo.”
Elsa
si era fatta largo tra la folla, che si era inchinata
al suo passaggio e aveva raggiunto Anna, prendendola delicatamente per
un
braccio: “Anna, che ti succede, ti senti male?
Perché hai urlato?”- le aveva
chiesto preoccupata, sussurrandole all’orecchio.
Per
tutta risposta Anna aveva sbattuto più volte le
palpebre, come per mettere a fuoco il luogo dove si trovava, e si era
portata
una mano alla testa, contorcendo il viso in una smorfia di dolore,
mentre il
suo respiro accelerava: “I-io non lo
so…è solo che”- aveva cominciato, poi
si
era guardata attorno e aveva scorto gli occhi di tutti puntati su di
lei- “Io
non posso…devo andare, scusate.”- e
così dicendo era scappata letteralmente via.
Elsa
non aveva potuto niente per fermarla, le era sfuggita
di mano, lasciandola interdetta; e mentre seguiva la sua fuga con lo
sguardo,
con la coda dell’occhio aveva visto una testa bionda girarsi
nella stessa
direzione. Si era voltata, incontrando gli occhi pieni di rancore di
Kristoff e
sul suo volto aveva letto più emozioni, le stesse che si
agitavano dentro di
lei: sorpresa, sconcerto,rabbia e…speranza.
Possibile
che Anna ricordasse i troll?
Elsa
aveva sorriso sorniona tra sé: il ragazzo non ce
l’aveva fatta a rimanere lontano da Anna per più
di due settimane e aveva colto
l’occasione della festa del raccolto per passare inosservato
e spiare le
condizioni della principessa.
Alla
fine gli aveva rivolto un cenno del capo e il mastro
del ghiaccio aveva distolto lo sguardo e si era allontanato tra la
folla,
scomparendo dalla sua vista.
Da
quella sera erano passate altre due settimane e quei
pochi passi avanti che aveva fatto con Anna, si erano dissolti come
neve al
Sole, lasciando al loro posto solo un irrequieto silenzio, che
aleggiava sulle
sale del palazzo.
Da
allora l’umore di Anna era cambiato assieme al tempo:
più
le giornate si accorciavano e la notte scendeva prima a coprire
Arendelle con
il suo telo di tenebre, più lei sembrava strana e agitata.
Di sera, dopo cena,sembrava
che non volesse abbandonare la luminosa sala da pranzo per far ritorno
nelle
sue stanze, e più di una volta Elsa l’aveva vista
sobbalzare quando le aveva
augurato la buonanotte. Non aveva trovato una spiegazione a quel suo
comportamento, finché una notte, il suo riposo era stato
bruscamente interrotto
da urla spaventate. Era uscita di corsa dalla sua stanza, dimenticando
persino
di indossare la sua vestaglia, mentre quei lamenti strazianti
riempivano il
silenzio immoto dei corridoi del castello.
Non
aveva avuto dubbi sulla fonte di quelle grida, e subito
si era fermata davanti alla porta di Anna, con il fiato corto e il
cuore a
mille. Ma non era riuscita nemmeno a posare la mano sulla maniglia, che
quella
si era ghiacciata sotto il suo tocco, impedendole di entrare.
Controllati.
Domali. Aveva continuato a ripetersi, mentre
dall’altra parte della porta Anna continuava a gridare. Aveva
chiuso gli occhi
e aveva sospirato rumorosamente, cercando di calmare la paura crescente
per la
sorella. Poi come se nulla fosse, le urla erano cessate, sorprendendola
e il
ghiaccio si era ritirato pian piano, fino a liberare la maniglia. Con
tutta la
calma possibile aveva aperto la porta e aveva trovato Anna distesa nel
suo
letto, raggomitolata su stessa, con un’ espressione dolente
sul viso,
rischiarato dalla luce della Luna che filtrava dalla finestra. Le si
era
avvicinata e le aveva scostato alcune ciocche di capelli rossicci dal
volto,
lasciandole una carezza leggera sulla guancia fredda.
-“Anna.”-
aveva sussurrato, senza l’intenzione di
svegliarla-“ Che ti succede?”- si era chiesta, con
un opprimente sensazione di
inutilità che gravava su di lei. La sorella aveva continuato
a tenere gli occhi
chiusi, cullata dal debole respiro del sonno. Così Elsa era
tornata nella sua
stanza, cercando di riaddormentarsi, ma non c’era riuscita ed
era rimasta per
tutta la notte in ascolto, con le orecchie affilate, pronte a cogliere
qualsiasi lamento che provenisse dalla stanza di Anna.
Questo
era successo tre notti prima.
Un
debole bussare alla porta la richiamò dai suoi pensieri:
“Mia signora, la cena è pronta. La principessa
Anna la aspetta in sala da
pranzo.”- la informò la voce di una delle nuove
domestiche.
-“Grazie,
arrivo subito.”- rispose, alzandosi dalla
scrivania e aggiustandosi le pieghe del vestito. Scese le scale con
passo
pesante e entrando in sala da pranzo, la trovò
lì, seduta alla destra del
capotavola , con gli occhi, cerchiati da ombre scure, incantati ad
osservare la
danza della fiamma di una candela.
Si
accomodò al suo posto e solo allora la sorella
alzò lo
sguardo su di lei, come se si fosse appena accorta della sua presenza,
troppo
presa dai suoi pensieri.
-“Ciao.
Come è andata la giornata?”- la salutò,
quasi fosse
felice di vederla.
-“Ciao.”-
le rispose la regina, sorpresa del fatto che le
avesse posto una domanda, che implicava l’inizio di una
conversazione- “Molto
bene, grazie. E tu cosa hai fatto per passare il tempo?”-
rilanciò, felice che i suoi sforzi fossero finalmente ripagati.
Anna
scrollò le spalle:"Non molto in
realtà. Non so
come far passare il tempo.”- ammise abbassando lo sguardo.
Elsa
la scrutò attentamente, spalancando gli occhi: Anna le
aveva appena rivolto una frase con più di dieci parole, di
sua spontanea
volontà, senza che lei le ponesse alcuna domanda.
-“Beh,
potresti fare un giro in città o leggere qualche buon
libro, oppure…”- le propose.
-“In
realtà, volevo chiederti se potevo riprendere le
lezioni con Sir Van Eyck.”- la interruppe subito Anna,
lasciandola basita.
-“Sir
Van Eyck? Il precettore?”- le chiese sorpresa.
-“Si.
Mi piacerebbe riprendere da dove ho lasciato dopo la
mor-…”- si fermò indecisa se
pronunciare o meno quelle parole, poi si schiarì
la voce-“dove ho lasciato tre anni fa.”
Elsa
ponderò su quelle parole: sapeva che dopo la morte dei
loro genitori, Anna non ne aveva voluto più sapere di
rimanere rinchiusa per
ore a studiare, ma non si sarebbe mai aspettata che le chiedesse una
cosa del
genere:“Perché questa richiesta?”
-“Perché
così potrei impegnare il mio tempo in cose utili,
imparare cose nuove, come ad esempio il nuovo assetto geopolitico del
continente, potrei rispolverare il mio francese maccheronico per
intrattenere i
prossimi ospiti stranieri oppure imparare a riconoscere le piante o le
varie
razze di uccelli che nidificano lungo il fiordo. Cosa ne
pensi?”-
Per
un momento ad Elsa sembrò di rivedere la vecchia Anna,
quella che blaterava per ore, all’infinito senza riprendere
fiato: “Anna, non
te n’è mai importato un fico secco
dell’assetto geopolitico del continente, e
se fosse per te le piante della serra morirebbero per la
siccità, perché
proprio ora ti va di cimentarti in questa cosa?”
-“Perché
gli studi mi terrebbero la mente occupata.”-
-“La
mente occupata da cosa? Cosa ti turba? Puoi dirmelo,
Anna, io sono qui per te. Cos’è che ti preoccupa
tanto? Sei sempre cosi
pensierosa, persa con la mente chissà dove,che a malapena ti
rendi conto di
quello che ti succede attorno.”-
-“Io
non lo so, davvero. È solo che ci sono troppe cose che
non tornano in questa situazione:”- spiegò
indicando loro due-“ci sono troppe
domande a cui non ho ancora trovato una risposta e più mi
sforzo, più mi sembra
di annegare nel vuoto della mia mente. Ne sono certa,
c’è qualcosa di davvero
importante che mi sfugge, qualcosa che non riesco ad afferrare.
Qualcuno che
non riesco a ricordare.”- riprese fiato, dopo aver esternato
tutti i suoi
dubbi-“Questo ha un senso per te?”
-“Si,
ce l’ha. Ma devi sforzarti Anna, devi cercare di
ricordare quello che ti manca.”- riuscì a
risponderle; più di quello non poteva
dirle: i medici le avevano espressamente ordinato di non menzionarle
eventi
traumatici, per non aggravare la sua situazione mentale. Già
così sembrava sull’orlo
di un crollo emotivo: non sarebbe stata certo lei a peggiorare il suo
stato,
raccontandole tutto quello che aveva dimenticato. Anche se avrebbe
tanto voluto
farlo.
-“Non
vedi? Non ci riesco.”- sussurrò, più a
se stessa che
alla sorella, mentre il rumore metallico del carrellino porta vivande
arrivava
dalla porta.
I
domestici servirono la cena in silenzio, versando la zuppa
nei fini piatti di porcellana e riempiendo i calici delle due ragazze
con del
vino rosso speziato. Poi uscirono dalla sala, lasciandole sole. Ma
anche dopo
che possibili orecchie indiscrete ebbero lasciato la sala da pranzo, le
due
rimasero mute; nemmeno Elsa cercò di interagire con la
sorella come faceva ogni
sera, e il discorso cadde nell’oblio del silenzio, senza che
nessuna delle due
però,potesse toglierselo dalla mente.
La
prima ad alzarsi da tavola per ritirarsi per la notte, fu
Elsa, come sempre: “Buonanotte, fa bei sogni.”- le
augurò con tutto il cuore.
Anna sembrò sul punto di fermarla, di volerle dire qualcosa,
ma si astenne
riuscendo solo a dire: “Anche tu.”
Una
volta sotto le coperte, Elsa non poté fare a meno di
ripensare
alla loro breve, se pur illuminante, chiacchierata, e si
ritrovò a pensare che
in effetti, con lei sempre impegnata con i suoi doveri regali, Anna non
aveva
niente e nessuno con cui passare il tempo, nessuno con cui parlare per
lasciare
che quei pensieri opprimenti che la stavano annientando, scivolassero
via dalla
sua mente anche solo per pochi minuti.
Decise
che avrebbe accettato la sua richiesta e il giorno
successivo avrebbe fatto richiamare a corte Sir Van Eyck, per proporgli
di
riprendere Anna sotto la sua dotta e affidabile guida, sperando che la
sorella,
almeno per qualche ora al giorno potesse dimenticare i suoi tormenti
interiori.
Soffiò
pensierosa sulla candela
poggiata sul tavolino al fianco del letto e rimase seduta nella
penombra, ad
ascoltare il crepitare morente delle fiamme nel camino. Poi, senza che
se ne
accorgesse, scivolò piano in un sonno senza sogni.
Elsa. Elsa.
Qualcuno
la stava chiamando. Anzi, si corresse, qualcuno
stava urlando disperatamente il suo nome. Si voltò in ogni
direzione ma non
vide nessuno… e come avrebbe potuto! Tutt’attorno
c’erano solo tenebre, nemmeno
uno spiraglio di luce che le indicasse la strada da prendere. Le
sembrava di
fluttuare nel vuoto.
Elsa. Elsa!
Ancora
quella voce. Ma chi era che aveva tanto bisogno di
lei? Chi osava chiamarla per nome? Chi…?
Una
lucida consapevolezza le fece trattenere il respiro: Anna?
– pensò.
Anna. Anna!- provò
a chiamarla, ma la sua bocca non emise nessun suono.
ELSA!-
ancora la sua voce, ma questa volta seguita da un
urlo straziante. Doveva fare qualcosa, doveva aiutarla. Cosa le stava
accadendo
di tanto orrendo?
-“Anna!”-
gridò svegliandosi. Spalancò gli occhi, sul buio
della notte, con il cuore che le correva furioso nel petto e prima che
potesse
riprendere fiato, la voce di Anna le giunse ovatta dalle pareti. La
stava
chiamando. Chiedeva il suo aiuto.
Scostò
con un gesto secco le coperte e si fiondò nel
corridoio, rimanendo per un momento ferma davanti alla stanza della
sorella,
indecisa sul da farsi. La sua mano ad un centimetro dalla maniglia:
l’avrebbe
congelata come le altre volte? Stavolta non poteva permettere ai suoi
poteri di
avere la meglio su di lei: oltre quella porta stava accadendo qualcosa
di
terribile ad Anna e lei non sarebbe rimasta lì con le mani
in mano ad aspettare
che smettesse di urlare, come ogni notte, chiusa fuori.
Con
un solo scatto afferrò la maniglia e
l’abbassò,
rimanendo sorpresa quando la porta si aprì con un click.
Irruppe nella stanza,
ma si fermò sconvolta dalla vista che le si parava davanti:
Anna era stesa al
centro del letto, con una mano artigliata al petto e l’altra
a stringere le
lenzuola candide; la schiena inarcata contro il materasso e i piedi
piantati
contro le coperte arrotolate all'estremità del
letto; i capelli erano scivolati
via dalle sue solite trecce e le ricadevano scomposti sulle spalle, sul
petto e
sulla faccia. Sul viso aveva un’espressione così
sofferente, che ad Elsa sembrò
di sentire quello che provava la sorella. Le si avvicinò,
mentre lei continuava
a contorcersi tra le lenzuola, con piccoli rantoli di dolore, la voce
arrochita
dalle troppe urla.
Le
poggiò una mano sul braccio per calmarla, ma appena la
sua pelle venne in contatto con quella di Anna, un altro grido acuto,
sfuggì
dalle sue labbra.
-“Elsa!...Freddo…Ghiaccio…Aria.”-
ansimò nel sonno.
Elsa
ritrasse la mano, sconcertata, tenendosela al petto con
l’altra. Guardò il punto in cui aveva toccato Anna
e poi di nuovo la sua mano;
possibile che il suo tocco le risultasse gelido a tal punto da farla
urlare?
-“Anna,
Anna. Svegliati.”- le disse, evitando accuratamente
di sfiorarla.
Ma
la sorella continuava a tenersi premute le mani al petto
e alla gola: “Non…riesco a
r-respirare.”- boccheggiò, facendole gelare il
sangue nelle vene.
La
prese per le spalle e anche se Anna cominciò a
divincolarsi ancora di più, la scosse forte, per svegliarla,
per tirarla fuori
da quell'incubo che altrimenti rischiava di ucciderla.
Anna
spalancò gli occhi blu, incontrando il suo sguardo
atterrito, respirando a fatica, guardandosi attorno spaventata, scossa
da
violenti brividi: Elsa
non sapeva se per
il freddo o per l’incubo dal quale si era appena risvegliata.
-“Anna,
calmati, ci sono io qui.”-
-“Elsa…Elsa.”-
riuscì solo a dire, con il fiato corto.
-“Respira.
È tutto apposto, era solo un sogno…solo un
sogno.”-
cercò di farle recuperare un po’ di
lucidità.
Anna
si calmò poco alla volta, sotto il suo tocco, senza
scostarsi. Anzi tirò Elsa in un abbraccio e la strinse
forte. La regina
riusciva a sentire i battiti impazziti del cuore della sorella, anche
con vari
strati di stoffa a separarle.
Rimasero
strette l’una all'altra per diversi minuti, senza
che ci fosse bisogno di riempire il silenzio con parole che sarebbero
suonate
vuote e prive di significato. La loro vicinanza diceva tutto: le mani
di Anna
stette attorno alla sua schiena urlavano -ho
paura, non andartene- e le carezze leggere di Elsa sui
capelli ramati della
sorella sussurravano -sono qui, non vado
da nessuna parte-.
-“Vuoi
parlarmene?”- le chiese tutto ad un tratto la regina,
continuando ad accarezzarle i capelli e la schiena.
-“No.”-
rispose Anna,contro il petto della sorella.
-“Sei
sicura?”- ribatté.
-“No.”-
disse di nuovo.
Fece
silenzio, aspettando che fosse lei a dire qualcos'altro,
ma Anna rimase muta, con la faccia rintanata nella sua camicia da
notte, mentre
lacrime silenziose cominciavano a caderle dagli occhi serrati.
-“Vuoi
che rimanga qui?”- chiese esitante Elsa, pronta per
andarsene.
-“Si,
ti prego non lasciarmi sola.”- la supplicò
alzandosi a
guardarla, tirando su col naso. Alla regina sembrò di vedere
la Anna di qualche
anno prima, che si disperava fuori dalla sua porta, che la implorava di
uscire,
di non lasciarla più sola di quanto non fosse già.
Elsa
l’abbracciò di slancio, senza pensarci due volte:
“Non ti
lascerò mai più sola, te lo prometto.”
AngoloAutrice:
*si nasconde dietro un dito* Ciao, grazie a
tutti per essere arrivati a leggere fino alla fine ;) e per aver
aspettato
pazientemente questo capitolo :) Sappiate che mi vergogno come una
ladra per
avervi fatto aspettare così tanto…quasi due mesi
per pubblicare questa cosa!
Non ho scusanti davvero, è solo che la mancanza di
ispirazione, la sessione
estiva degli esami, il computer andato a farsi benedire, più
la voglia di
poltrire, sono un mix distruttivo che non mi ha lasciato davvero
andare, fino a
qualche giorno fa. Infatti la stesura di questo capitolo mi
è costata tipo
quattro giorni e tre notti insonni…immaginatevi il mio stato
di sclero più
totale: dovevo pubblicare assolutamente prima di partire per le
vacanze,altrimenti sarei morta!!
Comunque
spero che vi sia piaciuto almeno un po’, perché
c’ho
buttato il sangue per scriverlo, quindi se dovete farmi commenti
negativi o
semi-negativi, vi prego di non andarci giù pesante,
altrimenti mi avrete sulla coscienza
XD
Vorrei
precisare che tutto quello che riguarda la parte
della festa del raccolto e dei racconti dei due cantastorie,
è tutto frutto di
una lunga ricerca sulle festività pagane scandinave e sulle
leggende popolari. Ho
mescolato un po’ di credenze e culti, ma non me lo sono
inventata ;)
Ah!
Vi siete appena cuccati 10 pagine di word di puro e
semplice angst Elsanna sister-bond! Non credevo che ci sarei riuscita,
ma ehi…ce
l’ho fatta ;) Anche il prossimo sarà incentrato
sulle sorelle, quindi stay
tuned! Non prometto niente, perché come avete visto faccio
schifo a mantenere
le promesse, ma cercherò di buttare giù qualcosa
prima della fine del mese.
A
proposito di Elsa e Anna, facciamo un po’ di conversazione
(non so con chi fangirlizzare, quindi assecondatemi): chi di voi segue
Once
Upon a Time? Avete visto che hanno scelto gli attori che
interpreteranno Elsa,
Anna e Kristoff? Vi piacciono? A me le sorelle piacciono ma sul caro
montanaro
ho i miei dubbi…voi cosa ne pensate?
Ok,
vi ho infastidite abbastanza, ma ehi, dovevo riempire un
buco di DUE MESI! Mi raccomando fatemi sapere cosa ne pensate di questo
capitolo!! Quindi senza ulteriori indugi mi vado a nascondere di nuovo
nella mia tana ;) ci si legge in giro…Baci!
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Capitolo 16 *** Capitolo 16: Di segreti svelati, rabbia e magia troll ***
Nb: non ho più
scusanti per il
ritardo con cui aggiorno questa storia. Purtroppo
l’ispirazione non c’è e non
so davvero cosa fare per farla tornare. Se potessi scriverei ogni
giorno, ma
non riesco a farlo e mi odio quotidianamente! Vi prego di leggere
questo
capitolo tenendo presente questa cosa. I personaggi sono molto ooc,
soprattutto
Anna…non fatemene una colpa, ma ho cercato di darle
più spessore psicologico,
ma forse l’ho fatta diventare un’isterica con la
doppia personalità XD Comunque
buona lettura, non mi odiate troppo e non esitate a farmi sapere cosa
ne
pensate :)
Capitolo
16: Di verità svelate, rabbia e magia troll
Il
mattino successivo, Anna si svegliò prestissimo, quasi
all’alba secondo i suoi
standard, con un gran mal di testa e il lato sinistro del corpo
intorpidito. Si
guardò attorno,contemplando un timido raggio di Sole che si
faceva strada sul
pavimento, penetrando da uno spiraglio tra le tende. Poi
provò a distendere le
membra indolenzite,
allargando le
braccia e stirando le gambe. Si fermò nel bel mezzo di uno
sbadiglio, quando
con la mano toccò qualcosa di morbido ma consistente; si
voltò verso l’altro
lato del letto e quasi svenne per l’emozione: Elsa, la
sorella che l’aveva
ignorata per tredici lunghi anni, dormiva placidamente al suo fianco,
con la
bocca semiaperta e la treccia sfatta, poggiata mollemente sul cuscino.
Allungò
una mano, per sincerarsi che non fosse solo un sogno,e le
toccò la punta del
naso sottile con l’indice: il respiro della sorella
cambiò ritmo, ma i suoi
occhi non si aprirono. Anna sorrise a quella vista, ma subito una
domanda si
fece strada nella sua mente ancora assonnata: perché Elsa
stava dormendo nel
suo letto?
Si
alzò a sedere, poggiando le spalle allo schienale
dell’enorme letto,
stropicciandosi gli occhi: diede uno sguardo alle coperte sgualcite ai
piedi
del letto, come se le avesse calciate via durante il sonno.
Cos’era successo
quella notte?
Si
portò le mani alle tempie, stringendo gli occhi:
perché ultimamente le riusciva
così difficile ricordare? E perché la mente
continuava a riempirsi di domande?
Sbuffò contrariata,mettendo i piedi sul duro pavimento di
legno, mentre un
brivido freddo le correva dalla punta dei piedi su per la schiena,
lasciandole
la pelle d’oca al suo passaggio. Si strofinò le
mani sulle braccia
infreddolite, mentre indossava le scarpe da camera e
si avvicinò in punta di piedi alla finestra,
facendo il minor rumore possibile, per non svegliare Elsa.
Scostò
le pesanti tende rosse che non lasciavano entrare luce a sufficienza e
guardò
fuori: dovette socchiudere gli occhi, per non essere ferita
dall’accecante luce
candida, che illuminava ogni cosa oltre il vetro della finestra.
Ogni
cosa era ricoperta da uno spesso strato di neve, il cortile, le
torrette delle
mura di cinta e oltre, le cime del fiordo. Il Sole nascente di
Novembre, freddo
e fioco, spargeva i suoi raggi su Arendelle: la luce riverberava su
quel mare
di bianco, facendo somigliare tutto quello che ricopriva ad una
scultura di
gelido marmo, dando l’impressione che tutto fosse fermo e
senza vita, immobile
nelle prime luci dell’alba.
Come
un lampo, il sogno dimenticato di quella notte, si fece prepotentemente
spazio
nella sua mente: il fiordo, ricoperto di neve e ghiaccio, che
scompariva in una
violenta tempesta, non lasciando scampo a niente e a nessuno. Non
lasciando
scampo a lei.
Tremò,
mentre riapriva gli occhi, che aveva
chiuso per non lasciar sfuggire nemmeno un particolare di quella
spaventosa
visione: non ricordava che fosse mai successa una cosa del genere;
certo,
Arendelle non poteva di certo dirsi immune alle tormente o al freddo
pungente
del gelido inverno del Nord, ma non era mai capitato che si ritrovasse
bloccata
sotto metri e metri di neve. Almeno così pensava. Allora da
dove veniva fuori
quell’incubo?
Ma
almeno, sapeva perché Elsa era profondamente addormentata
nel suo letto:
l’aveva svegliata, sottraendola alla morsa della paura che le
aveva congelato
il fiato in gola. Il suo abbraccio l’aveva cullata,
finché il sonno non si era
di nuovo impossessato delle sue palpebre pesanti.
Sorrise,
scostandosi dalla finestra e si avvicinò ad Elsa che
continuava a dormire
beata, con un braccio sotto il morbido cuscino di piume e
l’altro stretto
attorno alla vita, senza nulla a ripararla dall’aria gelida
della sua stanza,
se non la leggera camicia da notte blu di Persia: eppure, non sembrava
che il
freddo la infastidisse più di tanto.
-“E-elsa.”-
le sussurrò a poca distanza dall’orecchio, con
voce lieve e tremante, ricevendo
in risposta solo un piccolo verso infastidito
–“Elsa, stanotte ha nevicato,
dovresti vedere: Arendelle è tutta imbiancata.”-
continuò imperterrita,
cercando di svegliarla. Da quello che poteva ricordare, prima che le
cose
prendessero una piega dolorosa ed inaspettata, quando erano ancora
piccole,
adoravano giocare insieme nella neve, per ore: Elsa sembrava sempre a
suo agio
tra tutto quel freddo candore, come se fosse il suo elemento naturale.
Anna
sperò che almeno quello, non fosse cambiato con il tempo e
desiderò che, quello
spettacolo che la natura le aveva appena offerto, piacesse anche alla
sorella.
Subito
dopo che ebbe pronunciato la parola neve, gli occhi di Elsa si
spalancarono, e
la regina scattò a sedere: “Neve? Non sono stata
io…”- cominciò a biascicare,
con la bocca impastata dal sonno, ma con lo sguardo spaventato. Anna la
osservò
senza capire e poi le posò una mano sulla spalla. Elsa si
girò nella sua
direzione e il suo sguardo si addolcì: “Scusa, non
volevo…io…hai detto neve?”-
chiese titubante, riprendendo un po’ del suo solito
atteggiamento composto.
-“Si,
neve. Vieni a vedere.”- Anna le porse la mano e
aspettò che la sorella la
afferrasse. La giovane regina esitò, facendo vagare lo
sguardo dalla mano
protesa verso di lei e lo sguardo speranzoso della sorella: doveva
accettare
l’invito? E se le avesse fatto involontariamente del male? Se
la temperatura
del suo corpo, fosse risultata intollerabile per il tocco caldo di Anna?
Anna
osservò il suo sguardo indeciso e fece per ritrarre la mano,
addolorata, quando
Elsa l’afferrò saldamente, trattenendo il respiro,
aspettando una qualsiasi
reazione negativa da quel contatto pelle contro pelle: niente
più guanti ad
impedirle di apprezzare ogni cosa al tatto. La stretta di Anna era
calda e
morbida, rassicurante e allo stesso tempo elettrizzante. Un sorriso le
si aprì
spontaneo sul volto.
Anna
le sorrise timidamente e la tirò su, trascinandola verso la
finestra: “Guarda.
Non è bellissimo?”
Elsa
tremò a quella vista, temendo di esserne la causa, e
serrò la mano libera in un
pugno, senza rispondere a quella domanda così innocente. La
sorella minore si
accorse del panico che aveva alterato i lineamenti perfetti della
maggiore e
rafforzando la presa sulla sua mano le chiese: “Qualcosa non
va?”
La
regina sobbalzò come colta alla sprovvista: cosa doveva
risponderle?
-“No,
è solo che…”- temporeggiò
ancora per alcuni secondi, facendo vagare lo sguardo
sul cortile imbiancato-“ti andrebbe di fare un pupazzo di
neve?”- improvvisò.
Lo
sguardo luminoso che le rivolse Anna, fu
più che sufficiente a farle capire che la
risposta era ovviamente si.
-“Forse
non dovremmo.”- protestò per l’ennesima
volta Anna, mentre la trascinava giù
per lo scalone principale. Buffo, di solito sarebbe stata lei quella
riluttante
a fare una cosa del genere, mentre ora era lei a dover pregare la
sorella.
-“Insomma
di cosa ti preoccupi?”- sbuffò, cercando di
tranquillizzarla.
-“So
di aver detto di volerlo fare, ma non credi sia poco consono ad una
regina e ad
una principessa, scendere in cortile coperte praticamente da niente, a
giocare
con la neve come fossimo due bambine?”- chiese, cercando di
trattenerla
dall’andare avanti-“Non siamo un po’
cresciute?”-continuò.
Elsa
quasi scoppiò a ridere per l’assurdità
della situazione: “In primo luogo,
abbiamo sciarpe e mantelli a coprirci dal freddo o da sguardi
indiscreti; secondo,
non te n’è mai importato molto della condotta da
seguire, Anna: non vedo perché
debba essere un problema questa nostra uscita mattutina.”- la
tirò ancora un
po’, perché lei si era fermata sulla soglia della
porta che dava sul cortile.
Anna
fece per ribattere qualcosa, ma non ebbe nemmeno il tempo di aprire
bocca, che
Elsa la zittì: “Sono la regina, se te lo fossi
dimenticato e posso fare quello
che voglio. Se è mio desiderio scendere in cortile a fare
pupazzi di neve con
mia sorella, allora così sarà.”-
affermò convinta, attirandosi lo sguardo
interrogativo di Anna, che guardò oltre le sue spalle, la
coltre di neve fresca
che copriva tutto il pavimento dello spiazzale retrostante al palazzo.
-“Allora?”-
la stuzzicò Elsa.
-“Beh…tu
sei la regina, quindi…nessuno potrà dire nulla
sul nostro comportamento improprio.
Giusto?”- chiese esitante.
-“Giusto.”-
confermò la maggiore, facendole varcare la soglia.
Molto
presto, l’immobilità e la tranquillità
di quella tarda mattina d’autunno, venne
riempita da risatine e gridolini eccitati. Le due sorelle passarono
almeno
un’ora a lanciarsi palle di neve e a rotolarsi nelle piccole
dune bianche,
mentre ridevano come due bambine, felici solo di essere insieme dopo
tanto
tempo. Pian piano Elsa si rese conto di non essere la causa di quella
nevicata
improvvisa, e si tranquillizzò, lasciando scivolare via la
sua maschera di
preoccupazione e paura.
Nel
frattempo Anna aveva cominciato ad ammassare una grande
quantità di neve in un
solo punto.
-“Cosa
stai facendo?”- le chiese con un sopracciglio sollevato.
-“Un
pupazzo di neve, cos’altro! Allora me la dai una mano o
rimani a guardare?”- le
sorrise, continuando ad ammucchiare pugni di neve sulla cima della
piccola
montagnola bianca che aveva già formato.
La
regina la raggiunse, inginocchiandosi al suo fianco, cominciando a
modellare la
neve per dare una forma adatta al pupazzo.
Lavorarono
in silenzio, scambiandosi rapide e sfuggevoli occhiate, sorridendo
felici.
Quando Anna fu soddisfatta della forma presa dal pupazzo, si
alzò spolverando
la gonna della vestaglia, annuendo tra sé: “Mi
piace.”- sentenziò, attirando
l’attenzione di Elsa che osservava attentamente la loro
creazione: le ricordava
qualcosa.
-“Era
da tanto che volevo farne uno con te.”- le disse Anna,
raccogliendo dei
ciottoli scampati al manto bianco. Poi tornò al pupazzo e li
posizionò su
quella che doveva essere la faccia, spostandoli più volte,
prima di lasciarli
in quello che le sembrò il posto giusto-“Come
vogliamo chiamarlo?”-
-“Non
sei un po’ cresciuta per dare nomi a cose
inanimate?”- le fece il verso Elsa.
Anna
ignorò la sua frecciatina, arricciando il naso, mentre si
batteva un dito sul
mento, pensierosa: “Olaf! Lo chiameremo Olaf.”-
disse contenta, cogliendo la
regina di sorpresa.
-“C-come?”-
ecco cosa le ricordava! Quell’ammasso di neve era simile ad
Olaf. Sperò che il
loro piccolo amico non fosse nei paraggi: di sicuro non avrebbe gradito
che
qualcun’altro si chiamasse come lui.
-“Olaf,
come quello quando eravamo piccole, te lo ricordi?”- le
domandò guardandola
negli occhi.
-“S-si,
mi ricordo, ma perché non dargli un altro nome?”-
cercò di farle cambiare idea,
ma lo scuotere della testa di Anna, le confermò che non ci
sarebbe riuscita: la
testardaggine non le era passata con l’incidente!
-“Olaf
è perfetto.”- confermò, guadagnandosi
un sorriso raggiante da parte della
sorellina.
La
giovane regina si perse nei suoi pensieri, riflettendo su quanto le
fosse
mancata Anna, la vera Anna, in tutto quel tempo. Certo, aveva davanti a
sé solo
l’ombra di quella che la sorella era stata prima di quel
terribile incidente,
ma la speranza di riaverla presto indietro, non moriva mai; anzi in un
momento
come quello non poteva che aumentare, riempiendole il petto di un
calore strano,
che calmava i suoi nervi. La risata della sorellina, scaldava il suo
cuore,
barricato per troppo tempo dietro strati di solitudine e diffidenza
verso il
prossimo.
Qualcosa
di freddo la colpì all’improvviso la nuca,
riscuotendola dalle sue riflessioni.
Si girò verso Anna, che rideva coprendosi la bocca con le
mani.
-“Vuoi
la guerra, vero?”- le chiese con voce ferma, mentre
spolverava via la neve che
le era rimasta sulle spalle.
Anna smise di
ridere, guardandola con sguardo preoccupato: “Non mi faresti
mai del male,
vero? Sono la tua sorellina!”- argomentò,
indietreggiando di qualche passo,
mentre Elsa si abbassava a raccogliere della neve. Per lei era strano
quel
gesto: avrebbe potuto tranquillamente creare una perfetta palla di
neve, con
una semplice flessione del polso.
-“Sai
cosa dice un vecchio adagio? Che in guerra e in amore, tutto
è concesso.”-
sorrise fra sé per la teatralità della sua voce e
dei suoi gesti, che
sembravano impressionare Anna. Soppesò con sguardo critico
la palla di neve,
che aveva perfettamente arrotolato tra i palmi delle mani, decretando
che
sarebbe andata bene per la sua fredda vendetta.
-“Non
oseresti.”- la sfidò Anna, con un sorrisino
impertinente, mentre incrociava le
braccia al petto.
-“Tu
credi? Guardami.”-Elsa alzò il braccio,
perfettamente dritto, come una
catapulta, pronta per scagliare la palla di neve dritta in faccia alla
sorella-
“Implora pietà, dalla tua regina.”
Anna
si schermò prontamente il viso con le mani: “Mmm,
pietà!”- disse trattenendo
una risatina nervosa, mentre osservava la reazione di Elsa, attraverso
lo
spazio tra le dita.
La
regina frenò a stento una risata, cercando di mantenere la
sua espressione
neutra.
Tirò
con precisione la palla di neve sul volto di Anna, che cadde a terra,
con un
gridolino strozzato. Elsa sbiancò per la paura di averle
fatto del male: “Anna.
Oh santo cielo, Anna. Ti sei fatta male?”- le chiese con tono
concitato,
inginocchiandosi vicino a lei.
La
sorella continuava a tenersi le mani premute sulla faccia e le sue
spalle erano
scosse da violenti brividi: “Anna…parlami su. Cosa
ti sei fatta?”-la scosse
leggermente, per incitarla.
Le
prese i polsi
per cercare di tirarle via le mani dalla faccia, senza risultati, ma ad
un
tratto le dita della mano di Anna si aprirono, lasciando intravedere
uno dei
suoi occhi azzurri. L’iride lapislazzuli la scrutò
attentamente, prima che le
mani scivolassero definitivamente via dal suo viso.
La
principessa le scoppiò a ridere in faccia, rotolando nella
neve, mentre Elsa la
guardava, presa alla sprovvista da quella reazione.
-“Si
può sapere cosa c’è tanto da
ridere?”- le chiese mettendosi le mani sui
fianchi-“Per tua informazione mi hai fatto prendere uno
spavento. Temevo
d’averti colpita troppo forte.”- si
lamentò poco regalmente, osservando la
sorella che si teneva la pancia per le troppe risa.
-“Avresti
dovuto”- rise-“ vedere
la tua”- un’altra scarica di
risate-“…faccia!”- sputò
fuori senza fiato-“ Oh
mio dio! Credo di sentirmi male.”- respirò
profondamente, rimanendo distesa
nella neve, con gli occhi rivolti verso il cielo grigio perla, che
preannunciava una nuova nevicata.
Chiuse
per un momento le palpebre pesanti, respirando a pieni polmoni
l’aria fredda
del mattino, dimenticandosi di Elsa al suo fianco e di tutto il mondo
attorno,
concentrandosi sul silenzio per cercare di far chiarezza nella matassa
inestricabile delle sue domande. Cos’era successo
all’incoronazione di Elsa?
Perché ora le parlava e giocava con lei nella neve, dopo
averla chiusa fuori
per gran parte della sua giovane vita? Cosa c’era di tanto
importante da ricordare?
Elsa
la guardò rimanere lì immobile, con le braccia
spalancate ai lati del busto,
come se stesse per fare un angelo di neve, mentre la piega del suo
sorriso si
raddrizzava, disegnando sulla sua bocca una linea retta grave.
Un
sospiro lasciò le narici della principessa, come se nel
silenzio di quel
momento, con gli occhi chiusi sul mondo, si fosse rassegnata a
qualcosa: con il
tempo avrebbe scoperto tutto, ne era certa; per quanto avrebbe voluto
subito
delle risposte, aveva capito che non c’era bisogno di
cercarle incessantemente
senza dare riposo alla sua mente. Molto presto quello che cercava,
tutto quello
che aveva dimenticato, le si sarebbe svelato.
-“Anna?”-
la voce di Elsa si fece spazio nel mondo ovattato dei suoi sensi,
riscuotendola.
-“Mm?”-
-“V-vuoi
raccontarmi del tuo incubo?”- le chiese esitante la regina.
Anna rimase in
silenzio, ferma nella neve, mentre la sua vestaglia si bagnava pian
piano,
facendola rabbrividire.
-“Mi
dispiace.”- sussurrò dopo un po’ aprendo
gli occhi, senza incrociare il suo
sguardo.
-“Per
cosa?”- Elsa allungò una mano verso di lei, ma la
ritrasse subito.
-“Per
averti svegliata. N-no volevo spaventarti.”
-“Oh
Anna, non preoccuparti per me…io ti ho sentita urlare il mio
nome e sono corsa
subito da te. Pensavo ti stesse accadendo qualcosa: urlavi
così forte che
temevo avresti perso per sempre la voce…e non sapevo cosa
fare!”-
Anna
non disse nulla, chiudendo di nuovo gli occhi, come se volesse
richiamare alla
mente le immagini del sogno: “È un sogno
strano”- esalò, così in silenzio che
Elsa dovette sporgersi verso di lei-“non so davvero cosa
possa significare. So
solo che ho…” sì interruppe per un
secondo facendo un respiro profondo-“
paura.”- concluse con voce tremante.
Elsa
non la incalzò, aspettando che fosse lei a continuare:
“È imbarazzante, lo so.
Non sono più una bambina, non dovrei essere terrorizzata da
un sogno!”- esclamò
arrabbiata con se stessa, corrucciando la
fronte-“È solo che…è
così reale,
terribilmente reale, Elsa. Ogni volta, è come se qualcosa mi
svuotasse pian
piano i polmoni da ogni briciolo
d’aria.”-respirò, come se temesse che
quello
che aveva appena detto potesse capitarle anche da
sveglia-“È orribile e poi c’è
freddo, Elsa, così tanto freddo, come se
mille lame affilate mi trapassassero da parte a parte.”-
cacciò un lamento-“ E
poi c’è il ghiaccio che mi imprigiona.”
Elsa
rimase pietrificata, riflettendo sulle parole della sorella. Molto
probabilmente quel sogno era collegato a quello che le era capitato per
colpa
sua:“Anna…mi dispiace.”-
riuscì solo a dirle.
Anna
sembrò non sentire le sue parole: “Ci sei anche tu
nel sogno e piangi come se
fossi morta, ma la cosa più spaventosa è che io
sono viva, intrappolata e senza
via di fuga, ma viva! Non posso
parlare o muovermi, ma ti vedo attraverso il ghiaccio, chiaramente e
c’è anche
qualcun altro, ma è solo un’ombra, non so chi
sia.”- si alzò a sedere,
voltandosi a guardarla-“ Nella mia mente urlo,chiedo aiuto,
ti prego di salvarmi,
perché sono ancora viva, e sto combattendo per farmi strada
attraverso il
ghiaccio, ma è troppo forte…”- si
strinse le braccia attorno alle spalle,
tremando, mentre le lacrime cominciavano a caderle dagli occhi. La voce
ridotta
solo ad un lieve bisbiglio strozzato: “Ma tu non mi senti e
ti dimentichi di me
e…la vita va avanti ed è come se non fossi mai
esistita e…e a nessuno importa.
E io rimango lì, immobile, fredda
e…sola.”- cominciò a singhiozzare
più forte,
stringendosi sempre di più su se stessa.
Elsa
boccheggiò, mentre i sensi di colpa la divoravano,
inghiottendo il suo buon
umore: “Anna, mi dispiace tanto. È tutta colpa
mia.”- le sussurrò, cercando il
suo sguardo, ma Anna continuava a tenere gli occhi puntati davanti a
sé.
-“Perché
Elsa?”- le chiese dopo un po’ di
silenzio-“Perché mi hai lasciata sola per
tutto questo tempo? Cosa ti ho mai fatto? Ho passato anni a chiedermi
cosa
avessi fatto di sbagliato, per indurti a chiudermi fuori dalla tua
vita. E non
ho ancora trovato una risposta.”- i suoi occhi pieni di
lacrime, inchiodarono
quelli della regina.
-“Anna…è
complicato, con il tempo capirai.”-
-“No,
Elsa io voglio capire ora! Ho aspettato fin troppo.”- le
urlò, facendo volare
via alcuni uccellini appollaiati sulle tegole del quadriportico.
-“Farei
solo peggio se te lo dicessi.”- cercò di farla
ragionare.
-“Provaci,
ho bisogno di risposte, altrimenti potrei impazzire da un momento
all'altro.”-
La
disperazione nei suoi occhi fece tremare Elsa. Davvero non dirle nulla
avrebbe
giovato al suo stato di salute? In quel momento tutte le
raccomandazioni dei
medici sembravano aver torto, perché Anna sembrava davvero
sull'orlo di una
crisi di nervi. E se glielo avesse detto? Solo il suo segreto, nulla di
più, forse
avrebbe ricordato anche tutto il resto.
-“Vuoi
fare un pupazzo di neve?”- le chiese di nuovo, dopo
lunghissimi secondi.
Anna
rimase a fissarla a bocca aperta, come se fosse impazzita:
“Sono seria Elsa,
non sviare il discorso.”
-“Vuoi
delle risposte, voglio dartele. Ma tu devi dirmi, se ti va di fare un
pupazzo
di neve.”-
-“Un
altro?! S-sono stanca, non mi va ora.”-
-“A
questo si può rimediare. Tu dovrai solo restare a guardare,
ci penso io.”- Elsa
si alzò, prendendo un profondo respiro, e le porse la mano,
aiutandola a
tirarsi su.
Poi
la tenne stretta e agitando l’altra davanti a sé,
convogliò in un solo punto
una grossa quantità di neve, dandole la forma di un pupazzo.
Sperò con tutta se
stessa di non dare la vita anche a quest’altra sua creazione.
Anna
al suo fianco, trattenne il respiro, allentando la presa sulla mano
della
sorella: “Ma che…?”
-“Ecco
la risposta a tutte le tue domande.”-
Passarono
interminabili minuti prima che Anna dicesse qualcosa, minuti in cui
Elsa
temette che la sorella avrebbe cominciato a correre via da lei
spaventata.
-“Questo
non risponde a un bel niente. E di certo non giustifica il tuo
comportamento
degli ultimi tredici anni.”- decretò infine,
lasciando la sua mano.
Elsa
per poco non scoppiò a ridere per il sollievo, ma si
voltò lo stesso verso
Anna, scioccata dalla sua reazione, quasi indifferente allo spettacolo
sovrannaturale che le aveva appena mostrato: “Non sei
spaventata? Non mi
consideri un mostro?”- le chiese incredula.
-“Perché
dovrei essere spaventata? Questo”-indicò le mani
di Elsa e poi la sua
creazione-“è un dono fantastico! Ma non hai ancora
risposto alla mia domanda:
perché?”- la incalzò.
-“Perché
è una cosa contro natura, è una specie
di…maledizione.”-
protestò-“Vuoi sapere
perché sono rimasta chiusa per tanto tempo lontana da te,
bene. Perché quando
eravamo piccole ti ho colpita, uccidendoti quasi e volevo che non
accadesse
più…non volevo più farti del male e
allontanarmi da te sembrava la scelta più
giusta, per i nostri genitori. Così ci hanno allontanate,
Anna, ma il mio amore
per te non è mai diminuito, nonostante tutto.”-
Elsa le stava aprendo il suo
cuore-“Quando venivi a chiedermi di giocare assieme, avrei
tanto voluto
spalancare quella porta e stringerti forte e dirti che si, volevo
giocare con
te e saltare nella neve e correre per i corridoi con il tandem.
Però poi mi
tornava alla mente quello che ti avevo fatto e le mani si ghiacciavano,
la
temperatura precipitava e la tormenta cominciava ad imperversare nella
mia
stanza. Non potevo permettere che il mio potere ti ferisse
ancora!”- si scusò,
tormentandosi le mani.
Anna
la fissò incredula, espirando ed ispirando a fatica, poi
tentò di dire
qualcosa, ma la voce le morì in gola. Inghiottì a
vuoto.
-“M-mi sati dicendo che…che sono
rimasta sola per tutto questo tempo, chiedendomi cosa ci fosse in me
che non
andava, addormentandomi piangendo ogni notte pensando di non essere
alla tua
altezza, solo perché c’era la remota
possibilità che avresti potuto ferirmi di
nuovo con il tuo potere?”- le chiese, abbassando lo sguardo
in terra,
mordendosi il labbro inferiore fin quasi a farlo sanguinare.
Elsa
non le rispose, ed Anna interpretò il suo silenzio come una
conferma.
-“Allora
sarebbe stato meglio morire quando mi hai colpita la prima
volta.”- le disse
con risentimento, sentendo il sapore del sangue sulla lingua.
-“Anna!
Cosa dici?”- protestò avvicinandosi a
lei-“Se ti avessi uccisa, come avrei potuto continuare a
vivere con me stessa?”
-“Almeno
non mi avresti abbandonata alla solitudine, non mi avresti lasciata
seppellire
mamma e papà da sola, lasciandomi in pasto al dolore e alla
disperazione!”- le
urlò contro, piangendo copiosamente. La regina fece un altro
passo nella sua
direzione, tentando di afferrarle la mano, ma Anna si scansò
velocemente,
sottraendosi al suo tocco-“È stato egoista da
parte tua pensare che non avrei
capito la situazione. Dimmi, hai sempre avuto così poca
fiducia in me?”-
Quelle
parole colpirono in pieno la regina, lasciandola per un momento senza
parole.
“Anna
è
convinta che lei non le abbia voluto rivelare il suo segreto
perché non ha
fiducia in lei. Sa cosa la spaventa più di ogni altra cosa
al mondo? Il non
essere alla sua altezza.”
Kristoff
glielo aveva detto, quando erano tornati
da Corona, ma lei non aveva voluto sentire ragioni, ed ora era la
stessa Anna
che glielo stava rinfacciando. Ma davvero non aveva voluto dirle niente
del suo
potere, perché non aveva fiducia in lei? No,
l’aveva fatto solo per proteggerla
dalla sua maledizione. Per proteggerla da se stessa.
-“A-anna,
non sei in te, non sai di cosa stai parlando.”-
cercò di rabbonirla, cercando
il suo sguardo.
-“Questa
sono io!”- le urlò contro, puntandosi un dito al
petto-“ Continui a ripetermi
che non sono in me, che sono diversa, ma sai cosa? Io sono
così, un ricettacolo
di rabbia e rancore represso. Sono scampata per un soffio alla pazzia,
cosa ti
aspettavi di trovare dopo tanto tempo? La bambina vivace e
scoppiettante di
tredici anni fa? Beh, lascia che te lo dica, quella bambina
è morta quando tu hai
chiuso quella porta.”- non la smetteva di piangere e i
singhiozzi la scuotevano
forte, facendo tremare la sua esile figura.
Elsa
boccheggiò, come se qualcosa l’avesse colpita allo
stomaco togliendole il
respiro. Anna, la sua Anna, non le avrebbe mai detto una
cosa del genere. Ma forse la
sua Anna, non era la vera Anna:
dopotutto, ne aveva avuto già la conferma il giorno che
l’aveva trovata a
piangere di fronte al dipinto nella camera dei loro genitori. La sua
Anna, era
una maschera indossata da una ragazza fragile e spezzata, che cercava
di
apparire forte ed indipendente. L’incidente aveva frantumato
quella maschera,
lasciando intravedere tra le crepe la vera essenza della sorella: era
innegabile e palesemente dolorosa la realtà dei fatti. Anna
aveva sofferto come
e più di lei in tutti quegli anni, ma non le aveva mai fatto
pesare la loro
lunga separazione. Forse per paura della sua reazione. Forse
perché voleva
semplicemente recuperare un rapporto normale con lei, ultimo frammento
della
loro famiglia rimastole. Questo non lo sapeva, ma era certo che Anna,
seppur
con un carico immenso di solitudine sulle spalle, aveva tentato in
tutti i modi
di rimediare a quella profonda frattura tra loro.
In
passato si era ripromessa che non l’avrebbe fatta soffrire
ancora a causa sua,
che non avrebbe permesso a nessuno di farla piangere, ma ora erano li,
in mezzo
alla neve, in vestaglia da notte a fronteggiarsi dopo anni di silenzi,
con Anna
che le urlava contro e lei che non sapeva cosa dirle.
-“M-mi
dispiace tanto. Non pensavo avessi sofferto così
tanto.”- riuscì solo a dirle.
-“Già.
Non lo sapevo nemmeno io.”- le rispose a testa bassa, prima
di superarla per
rientrare nel castello, senza aggiungere altro.
Elsa
restò a guardare il punto in cui Anna era sparita, e un
dolore sordo al petto
la fece quasi piegare su se stessa: la voragine che le aveva separate
per tutto
quel tempo, e che aveva cercato di colmare per sopperire ad anni di
assenze, si
era all’improvviso fatta ancora più dolorosamente
ampia, ed Anna non le era mai
sembrata così difficile da raggiungere.
Olaf
attese che Elsa si allontanasse dal cortile, prima di uscire allo
scoperto. Le
risate gioiose delle sue due amiche, avevano richiamato la sua
attenzione,
mentre trotterellava allegramente nelle stalle, e aveva seguito quel
suono
trillante che spezzava la tranquillità del primo mattino,
nascondendosi dietro
una colonna. Era rimasto per un po’ a guardarle, quasi
invidioso di quel
momento privato di felicità. Avrebbe voluto giocare anche
lui con Elsa, ma soprattutto
con Anna.
Gli
mancava così tanto.
Vederle
assieme però, faceva felice anche lui. E quando le aveva
viste costruire un
pupazzo di neve proprio come lui, non c’aveva visto
più dalla gioia. Forse
avrebbe avuto un nuovo amico! Ma la gioia era durata poco, fin quando
Anna non
aveva chiamato quel pupazzo come lui! No, questo no.
Però
poi Anna aveva cominciato a piangere, e la sua voce si era alzata,
spaventandolo così tanto da farlo nascondere ancora di
più dietro la colonna di
legno. Non sapeva per quale motivo le sorelle stessero discutendo,
sapeva solo
che il vedere Anna dopo tanto tempo, in quelle condizioni gli aveva
spezzato il
cuore. Se lo avesse almeno avuto un cuore! Allora cos’era
quella stranissima
sensazione che aveva avvertito più o meno
all’altezza del suo primo bottone,
quando Anna era rientrata lasciando Elsa da sola?
Non
lo sapeva e per il momento non gli importava, aveva altro a cui pensare.
Si
avvicinò con passetti studiatamente lenti al pupazzo di neve
incriminato, girandogli
attorno, con le mani incrociate dietro la schiena: “Bene,
bene, bene.”- gli si
fermò di fronte- “Chi abbiamo qui? Come dici? Ti
chiami Olaf?”- chiese alla
neve inanimata.
-“No,
ci dev’essere un errore, io
sono
Olaf!”- disse battendo una mano ramosa sulla testa del
pupazzo-“ Davvero, Anna
non è in sé ultimamente e si è,
diciamo, dimenticata di me, ma io sono l’unico
Olaf da queste parti e sono anche il suo migliore amico. Quindi non
insistere.”-
Rimase
in silenzio per alcuni secondi, come fosse in ascolto di una risposta,
fissando
attentamente il pupazzo negli occhi pietrosi ed inespressivi.
-“No,
te l’ho detto. Qui l’unico autorizzato a chiamarsi
così, sono io! Ehi, non
offendere! Io qui sto cercando di essere gentile, ma se la metti
così…”-
sospirò scuotendo il capo-“L’hai voluto
tu, non volevo arrivare a tanto.”-
Olaf
si avvicinò di più alla faccia del pupazzo di
neve e cominciò a tirare vie le
pietre che formavano la bocca, gettandole dietro di lui. Poi, quando
non
rimasero che i ciottoli scuri degli occhi, disse dispiaciuto:
“Così non potrai
più dire il mio
nome.”-
-“Buona
giornata!”- concluse, saltellando via.
Quella
stessa sera Elsa cenò da sola, nella
grande sala da pranzo: non la sorprese più di tanto, il
fatto che Anna non si
fosse fatta vedere per tutto il giorno, in fondo, sapeva che prima o
poi
avrebbe dovuto dar conto alla sorella di tutte le scelte che
l’avevano portata
a chiuderla fuori dalla sua vita per così tanto tempo. Le
parole di Anna
l’avevano ferita nel profondo, ma non gliene faceva una
colpa, la sorella era
stata chiara: aveva sofferto per la loro lontananza quanto lei e non si
potevano cancellare tredici anni di silenzio nel giro di pochi mesi.
Per
rimediare almeno in parte a quello che era successo quella mattina,
aveva fatto
chiamare a corte il vecchio precettore che le aveva istruite da
bambine, Sir
Van Eyck, come Anna le aveva chiesto la sera precedente.
L’istitutore
era stato più che felice di accettare il suo vecchio
incarico e si era sorpreso
nel sentire che era stata proprio la principessa a voler riprendere gli
studi:
“Devo essere sincero Maestà, non mi sarei mai
aspettato di essere richiamato a
corte per un tale compito. La principessa Anna, sembrava quanto mai
decisa a
non riprendere gli studi, quando l’ho vista
l’ultima volta. In verità, credevo
più probabile che sarei tornato in questi luoghi per
istruire i vostri eredi,
mia regina, o quelli della principessa.”- le aveva confidato
davanti ad una
tazza di tè. Elsa aveva riflettuto su
quell’affermazione e si era ritrovata a
pensare che, se il precettore avesse atteso il giorno in cui lei
avrebbe dato
alla luce l’erede al trono di Arendelle, sarebbe morto di
vecchiaia. Lo stesso
valeva per Anna: era troppo giovane ed inesperta per avere figli, per
non
parlare del fatto che non aveva ancora nessun pretendente.
Uno ce
l’aveva e tu l’hai
mandato via!E sai bene di chi sto parlando…- le
aveva urlato una vocina nella sua mente. E
aveva concordato con quel pensiero: aveva sbagliato a mandarlo via. Da
quando
Anna l’aveva conosciuto, non era passato giorno in cui non
l’avesse vista con
il sorriso sulle labbra. In breve tempo, Kristoff era diventato la cura
alla
ferita infertale da Hans, alla sua autostima. Da quando il principe
delle Isole
del Sud era stato rimandato in patria, Anna aveva cominciato a dubitare
di ogni
sua scelta o azione, pensando di star sbagliando ancora. Non si era
più fidata
del suo giudizio, finché lei non le aveva fatto presente che
l’episodio con
Hans non avrebbe dovuto condizionarle la vita, perché il
principe dei vermi era
stato solo un bravo attore, capace di raggirare le più alte
cariche del
continente e di confondere il suo buon senso, nient’altro.
Ora,
seduta a capotavola, con il volto illuminato dalle decine di candele
accese
nella sala, si ritrovò a riflettere sulle sue
azioni: possibile che in tutta la sua vita non avesse mai fatto la
scelta
giusta? Lasciare che i suoi genitori avessero il controllo sulla sua
vita,
lasciare Anna da sola, allontanare Kristoff, raccontarle tutta la
verità…c’era
qualcosa di buono in quello che aveva fatto? O fino a quel momento la
sua vita
era stata fondata su un trono di bugie e scelte inadeguate?
-“Cosa
ho fatto di sbagliato?”- si lamentò con se stessa,
mentre piluccava
distrattamente la sua cena, gelando il manico della forchetta.
-“Maestà.”-
la chiamò una voce, tirandola fuori dai suoi cupi pensieri.
Grace,
la cameriera di Anna, stava sulla soglia della porta, guardandola
preoccupata.
Elsa posò la forchetta, producendo un lieve rumore metallico
e le fece cenno di
avvicinarsi, mentre si schiariva la gola.
-“Maestà,
sta bene? Desidera qualcosa?”- le chiese, guardando il piatto
quasi pieno
davanti a lei e la sua faccia tirata.
-“No,
grazie, sto bene così.”- rispose, raddrizzando la
schiena allo schienale della
sedia-“Volevi dirmi qualcosa?”
-“Si.
Ecco, volevo rassicurarla riguardo la principessa. È nel suo
letto e dorme già
da un po’. Non ha voluto mangiare, ne a pranzo ne a cena, ma
sembra stia bene.
Io avrei finito per oggi, mi ritirerei per la notte se non ha altre
disposizioni
per me.”- finì con un lieve riverenza.
-“No,
no, va pure a dormire. Credo che stare dietro ad Anna sia davvero
faticoso,
quindi meriti il tuo riposo.”- le sorrise -“Anzi,
credo che anch’io mi ritirerò
a breve.”-
-“Grazie
maestà. Buonanotte.”-si inchinò di
nuovo e poi con passo svelto uscì dalla sala
da pranzo, lasciandola di nuovo sola con i suoi pensieri.
Dopo
aver piluccato ancora un po’ la sua cena, si arrese
all’evidenza che il suo
stomaco non ne voleva sapere di mandare giù nulla e si
avviò verso la
biblioteca. Sapeva che quella notte, con o senza le urla di Anna, non
sarebbe
riuscita a chiudere occhio, quindi tanto valeva trovare una buona
lettura che
le avrebbe tenuto la mente occupata fino al mattino.
Fece
scorrere lo sguardo sugli enormi scaffali di pesante legno scuro,
cercando
qualcosa che facesse al caso suo. Alcuni libri erano troppo grandi,
altri
troppo vecchi, altri troppo noiosi o con storie con un finale
prevedibile.
Aveva letto quasi tutti i titoli della biblioteca, soprattutto quelli
riguardanti la storia e la scienza, e quando aveva imparato il latino,
aveva
cercato una cura alla sua maledizione su alcuni incunaboli di alchimia;
ma non
si era mai veramente soffermata sulla sezione dei testi di narrativa,
fino a
quella sera. Sapeva che anche Anna aveva passato molto tempo a leggere
tra
quegli scaffali polverosi, o seduta sulle poltroncine dietro la grande
finestra
che affacciava sul fiordo e che al tramonto tingeva l’intera
sala di un intenso
color arancio, dando l’impressione che i libri andassero a
fuoco. A prima vista
le sue letture preferite dovevano essere stati i racconti,
perché i romanzi e
le varie raccolte di novelle, erano i libri con l’aspetto
più usato, quelli che
più di tutti sembravano aver goduto dello sfogliare delle
loro pagine.
Lei
non aveva mai avuto tempo per fantasticare o per pensare anche solo di
aprire
uno solo di quei libri, pieni di sogni e bugie per le menti
impressionabili;
l’ultima volta che aveva sentito una storia, sua madre era
ancora viva e
l’incidente con Anna non era ancora capitato.
Fece
scorrere le dita sulle coste polverose di decine di libri,
finché uno catturò
la sua attenzione. Lo prese dallo scaffale e l’odore delle
pagine ingiallite
dal tempo, le riportò alla mente il ricordo delle sere in
cui la madre si
sedeva sulla poltrona nella loro vecchia camera, Anna si arrampicava
con le
piccole gambine su per la sua gonna, e ridendo prendeva posto sul suo
grembo,
mentre lei si stendeva a pancia in giù sul suo letto e
apriva bene le orecchie
in attesa che la regina cominciasse a leggere quel
libro: Fiabe del focolare.
Elsa
lo strinse forte al petto e ritenne conclusa la sua ricerca.
Quando
si stese a letto, e cominciò a leggere alla fioca luce della
lampada ad olio,
le sembrò quasi di udire la voce della madre che diceva
“C’era una
volta…”
Andò
avanti a leggere per gran parte della notte, storia dopo storia,
ricordando
nella sua mente come doveva essere suonata la voce della madre mentre
leggeva
quelle parole. Faceva male ammetterlo ma aveva quasi dimenticato la
loro voce,
e se non avesse guardato ogni giorno il ritratto perfetto dei suoi
genitori,
avrebbe inevitabilmente dimenticato anche i loro lineamenti.
Quando
arrivò alla fiaba della Bella addormentata nel bosco, si
fermò interdetta ad
osservare una scritta a piè pagina di una delle
illustrazioni del racconto, che
rappresentava due giovani che si baciavano: “Un giorno anche
il mio principe
arriverà a risvegliare questo castello addormentato e
s’innamorerà di me a
prima vista e vivremo per sempre felici e contenti.”- la
scrittura era
certamente quella di una Anna con non più di dieci anni, e
l’ingenuità di
quelle parole le fece quasi salire le lacrime agli occhi.
Ecco
perché Anna si era fidata ciecamente di Hans fin dal primo
momento: cosa poteva
saperne lei della vita vera e della malvagità delle persone,
se la sua unica
realtà era stata quella delle fiabe, dove le streghe erano
vecchiette grinzose
o bellissime fate nere, e il principe azzurro salvava la principessa
con il
bacio del vero amore, dall’incantesimo che la costringeva a
dormire per
cent’anni?
Ora
a posteriori, dopo aver letto quelle parole, scritte nel pieno della
sua
crescita emotiva, da una Anna non ancora spezzata completamente, Elsa
non
poteva più biasimarla per l’impulsività
delle sue azioni. Come non avrebbe
potuto cadere tra le braccia di quel mascalzone?
Elsa,
chiuse con uno scatto il libro, con le mani tremanti, pensando a quello
che la
sorella doveva aver provato quando il principe invece di salvarla
l’aveva
lasciata a morire. Un foglio sfuggì dalle pagine del libro,
librandosi per
pochi secondi in aria, fino a posarsi leggero, con un fruscio sommesso,
sul
pavimento.
La
regina posò il libro sul tavolino al fianco del letto e
scoprendosi, scese a
raccoglierlo. Un disegno, con un’iscrizione runica:
“La magia dei troll può
guarire le ferite dell’anima e del corpo.”
Elsa
si rigirò il foglio tra le mani, cercando altre scritte, ma
il retro era
bianco. Il disegno raffigurava un troll che imponeva le sue mani su un
uomo
esanime, steso su una tavola di pietra.
Posò
distrattamente anche il foglio sul libro e si rimise a letto, spegnendo
la
lampada ad olio , ormai quasi vuota.
-“La
magia dei troll.”- disse a bassa voce, come se i suoi
pensieri avessero deciso
di sfuggirle di bocca. Da dove usciva fuori quel foglio? Di certo non
era uno
di quelli del libro delle fiabe. Sembrava provenire
da uno di quei libri di credenze popolari che
il padre faceva acquistare alla piccola bottega giù in
paese. Come lei, anche
il padre aveva fatto di tutto per trovare una cura contro i suoi
poteri.
Durante gli anni l’aveva visto parlare con medici e sciamani
provenienti da
tutto il mondo; aveva fatto arrivare via
mare testi antichi dal continente, non trovando mai nulla
tra quelle
pagine consunte che potesse essere d’aiuto, finché
qualcuno a palazzo gli aveva
suggerito di scavare a fondo tra le leggende del loro popolo, di fare
affidamento sulle credenze e sulla magia. E, per quanto suo padre fosse
un uomo
saggio e saldamente legato alla realtà e alla scienza, una
notte di tanti anni
prima, nel momento del bisogno, aveva dovuto cedere alla ragione e
provare a
salvare una delle sue due figlie, sperando solamente nella magia.
Dopo
gli avvenimenti di quella notte, la sua fede in dio e nella scienza
erano andate
scemando pian piano, fin quando non aveva cominciato a credere solo
nell’alchimia e nella arti occulte, dando più
credito alle parole di stregoni e
ciarlatani che a quella di eminenti dottori e sapienti. Ed era proprio
da uno
dei primi che si stava dirigendo quando la sua nave era affondata: la
magia non
l’aveva salvato.
Ma
la magia aveva salvato Anna da piccola, liberandola dal gelo nella sua
testa e
cancellando ogni traccia dei suoi poteri dalla mente della sorella.
Gran Papà
aveva costruito altri ricordi per lei, per non lasciarla priva di
memorie a cui
aggrapparsi durante quello che sarebbe venuto dopo.
Nuovi
ricordi in cambio dei vecchi.
Ricordi.
Ricordi. Quelli che ora mancavano ad Anna. Quelli di cui aveva
più bisogno al
momento.
Quelli
che il capo dei troll poteva ridarle!
Perché
non ci aveva pensato prima? Sarebbe bastato al massimo
un’imposizione delle
mani pietrose dell’essere centenario sulla fronte di Anna e
tutte le lacune
nella sua mente si sarebbero ricolmate di ricordi.
Spalancò
gli occhi e scalciò via le coperte, mentre alla luce della
luna si faceva
strada verso la porta. Correre giù per le scale fino alle
porte del castello,
dove sostavano le sentinelle, non fu facile per via del buio e dei suoi
piedi
scalzi.
-“Vostra
Maestà?!”- l’accolse una delle guardie,
sorpreso di quell’apparizione nel pieno
della notte.
-“Mia
regina cos-?”- fece per continuare l’altra, ma Elsa
gli fece cenno di tacere,
mentre riprendeva fiato e si ricomponeva.
-“Svegliate
tutte le guardie che potete. Ho un compito di vitale importanza per
voi.”-
riuscì a dire con voce ferma, nonostante il fiatone.
-“Cosa
comanda la regina?”- il più alto dei due si mise
sull’attenti, posizionando la
picca dritta in terra.
Elsa
li fissò seria: avevano gli occhi cerchiati da ombre scure e
sembravano davvero
stanchi. Per un secondo pensò che forse avrebbe potuto
aspettare il mattino per
mobilitare l’intera guardia reale, ma se c’era
anche la più remota possibilità
che quello che aveva in mente avrebbe potuto funzionare per riavere la
sua
Anna, non c’era tempo da perdere.
-“Scandagliate
Arendelle e dintorni, inoltratevi su per la montagna se necessario, ma
portatemi il Mastro del ghiaccio.”
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Capitolo 17 *** Capitolo 17: Passi nel buio ***
Capitolo
17: Passi nel buio
Essere svegliato
nel bel mezzo della notte da voci concitate,
provenienti dall’esterno della sua baita, non era proprio nei
suoi piani,
quando era andato a dormire. Quando aveva posato la testa sul cuscino
non aveva
certo sperato in un riposo ristoratore, ma almeno in una bella dormita
che gli
avrebbe dato l’energia sufficiente per tirare avanti fino
alla sera successiva.
Quelle voci non promettevano nulla di buono e, se a quella sua
sensazione
aggiungeva il fatto di essere in una baita nel bel mezzo della
montagna, la sua
non era proprio una situazione felice: là fuori potevano
esserci dei briganti o
dei balordi, in cerca di grane. Lui era solo con Sven e per difendersi
da
eventuali problemi, aveva solo un ascia e un coltello. Dal chiasso che
producevano, dovevano essere almeno in cinque o sei: brutta circostanza.
Scese
dal letto e s’infilò in fretta gli stivali, prima
di
recuperare dalla parete l’ascia per la legna. Non che avesse
intenzione di
usarla, ma in un frangente del genere era meglio avere
un’arma a portata di
mano. Sven, che sonnecchiava vicino al camino, lo guardò
preoccupato: “Chi sarà
mai a quest’ora?”-
sembrò chiedergli.
Kristoff
si portò un dito alla bocca per intimargli di non
fare rumore, mentre si appiattiva contro la parete al fianco della
porta. Il
baccano all’esterno cessò
all’improvviso, proprio ad un passo dalla baita e
Kristoff pregò con tutto il cuore che chiunque fosse,
girasse a largo da lui e
dal cattivo umore che si portava dietro da un paio di mesi. Non era un
uomo
violento per natura, ma se l’avessero messo alle strette, non
avrebbe reso
conto a nessuno delle sue azioni.
La vecchia porta
gemette sotto tre colpi secchi, mentre
Kristoff tirava un profondo respiro di sollievo: chiunque fosse non
doveva
avere intenzioni ostili, altrimenti non si sarebbe disturbato a bussare.
-“Chi
è la?”- chiese con la voce più
cavernosa che fosse in
grado di usare.
-“Kristoff
Bjorgman, sua maestà la regina Elsa, richiede
immediatamente la tua presenza a palazzo. Apri la porta.”-
gli intimò una voce.
Il
respiro gli si bloccò in gola per la sorpresa: la regina
voleva vederlo? Per quale motivo? In un secondo, tutte le
più improbabili
risposte a quella domanda soffocarono ogni suo pensiero coerente. Poi
un’idea
su tutte ebbe la meglio, anzi, un nome, e dovette trattenersi
dall’urlarlo:
Anna.
Che
le fosse successo qualcosa? O che, nella migliore delle
ipotesi, avesse ricordato tutto? E se si fosse finalmente ricordata di
lui?
Spalancò
con un solo gesto la porta, ancora con l’ascia in
pugno, con il risultato che le guardie, dopo aver dato uno sguardo alla
sua
faccia stravolta e all’arma, gli puntarono in un secondo le
picche alla gola.
-“Woah!
Ma che…”- poi guardò la sua mano,
stretta ancora
attorno al manico dell’ascia-“Oh, questa?
È solo che…io non volevo…”-
non
terminò la frase e nascose velocemente l’oggetto
improprio dietro la schiena,
guardando le guardie ritirare le picche.
-“Cos’è
successo? Perché la regina vuole vedermi?”- chiese
dopo un momento, mettendo un freno alla sua agitazione crescente.
-“Non
lo sappiamo. Abbiamo solo l’ordine di portarti a
palazzo il prima possibile.”- gli rispose una delle guardie,
fronteggiandolo a
muso duro.
L’urgenza
palese in quelle parole e il fatto che Elsa avesse
mobilitato un tale dispiegamento di forze per cercarlo, a poche ore
dall’alba,
quando avrebbe potuto attendere le prime luci del mattino,
risvegliarono la sua
inquietudine.
-“Datemi
il tempo di cambiarmi e…”- si guardò
attorno, per
cercare qualcosa di più consono da indossare per un
colloquio con la regina, o
per un probabile incontro con Anna.
-“Ora.”-
lo fermò la guardia che gli aveva risposto prima. Da
come si comportava doveva essere il capo del drappello di uomini.
-“Ma
devo solo…”- cercò di argomentare
Kristoff: non si sarebbe
presentato a palazzo con indosso i suoi indumenti da lavoro:
c’era la
possibilità che avrebbe riabbracciato Anna dopo tanto tempo
e non voleva di
certo puzzare come Sven, santo cielo!
-“Ora!”-
ripeté l’uomo.
Ci
furono interminabili secondi di silenzio, durante i quali
Kristoff e il capo della guardia si scambiarono occhiate di fuoco.
Nessuno dei
due era propenso a mollare la presa: il primo non avrebbe attraversato
la porta
di quella baita senza vestiti puliti e il secondo non aveva intenzione
di aspettare
oltre il montanaro.
-“Non
pensavo che il mastro del ghiaccio, fosse vanitoso
quanto la principessa.”- ironizzò la guardia,
voltandogli le spalle, come per
sottolineare la sua intenzione di muoversi subito.
Silenzio.
Nessuno osò interrompere la pausa dopo
quell’affermazione, mentre le altre guardie fissavano il
capitano esterrefatte.
Kristoff ridusse gli occhi a due fessure: non gli sembrava il caso di
argomentare lì, nel bel mezzo della notte, anche se a dirla
tutta avrebbe
voluto fare molto di più che argomentare, come ad esempio
assestargli un bel
pugno. Anna, o meglio Elsa, aspettava. Non doveva perdere tempo, e se
la regina
o la principessa si fossero lamentate del suo aspetto o del suo odore,
l’avrebbe fatta pagare cara a quell’uomo.
-
“Vieni Sven, andiamo a fare due passi.”-
gettò la spugna.
La renna grugnì in disappunto per essere stata svegliata
così in malo modo a
quell’ora, ma si mise subito in piedi e facendo passare con
attenzione i palchi
delle corna attraverso la porta, uscì fuori, sgranchendosi le zampe nella neve
fresca. Kristoff recuperò
una casacca più pesante da un gancio nella parete, poi si
chiuse la porta alle
spalle, senza degnare gli uomini di uno sguardo.
-“Andiamo.”-ordinò
il
capitano.
Il
gruppo di sette uomini si incamminò giù per il
lato della
montagna, con il capo in testa; Kristoff e Sven seguivano dietro,
accompagnati
da due delle guardie, e dietro di loro chiudevano i restanti tre
uomini. Lo
accerchiavano come fosse stato un criminale: credevano forse che
sarebbe scappato?
Sven
gli lanciò un’occhiata interrogativa: “Si può sapere dove stiamo andando?”
-“Al
castello, Sven.”- fece una
pausa, pensando a quello che sarebbe potuto accadere di li a poche
ore-“Torniamo da Anna.”
Elsa
camminava su e giù per il suo studio, facendo strusciare
la veste da camera sul tappeto ricamato, producendo un leggero fruscio
fastidioso, nell’attesa che qualcuno le venisse a dire se
avevano o meno
trovato Kristoff. Lui e la sua famiglia,
potevano essere l’unica possibilità rimastale, per
riavere indietro la vecchia
Anna.
Qualcuno
bussò alla porta,distraendola:
“Avanti.”- intimò con
un tono di voce più freddo, di quanto avesse avuto
intenzione.
-“Mia
regina, la ronda cittadina non ha dato esiti. Il mastro
del ghiaccio non è in città, a quanto pare. Ma
aspettiamo ancora il drappello
di uomini salito in montagna. ”- le riferì la
guardia che era appena entrata e
che si ostinava a guardare in terra. Faceva così tanta paura?
La
regina si lasciò cadere su uno dei divanetti che
adornavano la stanza, stringendo a se le mani, guardando nel vuoto: e
se
Kristoff non era più ad Arendelle e nemmeno sulle montagne,
dove poteva essere
andato? E se avesse deciso di andarsene per sempre da quel posto?
Come
se le avesse letto nel pensiero, la guardia parlò di nuovo:
“Maestà, c’è la
possibilità che il mastro del ghiaccio non sia
più nella nostra
regione. Molti dei tagliatori decidono di scendere più a
sud, durante la
stagione invernale, per impiegarsi in altri lavori. È
possibile che mastro Bjorgman
abbia fatto la stessa scelta.”
Elsa
trattenne il respiro. Come avrebbe fatto a trovare i
troll allora? Le seccava ammetterlo, ma Kristoff in quel momento era
molto più
utile di lei, ad Anna.
-“Speriamo,
per il suo bene che sia ancora nei paragi.”-
blaterò sottovoce, ma la guardia la sentì
distintamente.
Si
mise sull’attenti: “Maestà, non appena
la ronda scenderà
dalle montagne verrò a farle rapporto. Vedrà, la
loro ricerca non sarà
infruttuosa come la nostra.”
-“Grazie,
puoi andare.”- lo liquidò Elsa. Era felice che
qualcuno
cercasse di rassicurarla, ma in quel momento le parole della guardia
rischiavano solo di far crescere la sua agitazione.
Si
alzò e fece qualche passo verso la finestra, affacciata su
una Arendelle ancora addormentata, coperta da un manto di neve fresca.
Nessuna
persona per le strade buie, nessun drappello di uomini
all’orizzonte, ma
soprattutto nessun montanaro con la sua renna in vista.
-“Kristoff,
per l’amor del cielo,
dove sei?”- sibilò a denti stretti, mentre
un’intricata ragnatela di ghiaccio
si spandeva sul vetro della finestra, bloccandole la vista sul regno.
Buio
ed
alberi, era tutto quello che riusciva a scorgere attorno a
sé. Fin lì nulla di
strano: era in un bosco, di notte, quindi era inevitabile non riuscire
a vedere
altro se non tronchi scuri e tenebre. La cosa più strana era
che non riusciva
davvero a ricordarsi come ci fosse arrivata lì. Un attimo
prima era nel suo
letto e nel momento successivo era in quel posto, da sola, con una
terribile
sensazione che le pulsava in un angolo della mente, mettendo in allerta
tutti i
suoi sensi.
Qualcosa non
quadrava in quella situazione, ma di una cosa
era sicura: non voleva sapere cosa fosse quel qualcosa.
Le
mura di Arendelle erano ormai in vista e ad est, dietro le
montagne, il cielo cominciava a rischiararsi
dall’oscurità: leggere tonalità di
viola e lilla illuminavano l’orizzonte. Con una compagnia
migliore, Kristoff
avrebbe apprezzato meglio quello spettacolo della natura, e sarebbe
rimasto a
contemplarlo finché il Sole non avesse fatto capolino tra le
basse nubi grigie
che sporcavano quella tavolozza di tenebre. Invece gli uomini che lo
scortavano, sembravano immuni a tanta bellezza, concentrati solo sui
loro passi
pesanti e cadenzati nella neve, con la testa bassa e le picche poggiate
sulle spalle.
Da
quando avevano lasciato la sua baita, nessuno aveva aperto
bocca, anche se per ben due volte aveva chiesto notizie di Anna. I
soldati
erano rimasti in silenzio, non sapeva se per la troppa stanchezza o per
un
qualche ordine che gli vietava di parlare della principessa, mentre il
capitano
gli aveva scoccato un’occhiata alquanto eloquente, e senza
parlare gli aveva
intimato di tacere. Dopodiché non aveva chiesto
più nulla e si era limitato a
scendere verso valle con la bocca serrata.
Sven
attirò la sua attenzione battendogli le corna sulle
spalle, curvate sotto il peso della privazione di sonno e della
frustrazione di
non poter fare molto, guardandolo intensamente. Se fossero stati da
soli,
avrebbe dato voce ai pensieri dell’amico quadrupede, ma in
quel frangente non
gli sembrava il caso di intavolare una discussione a senso unico
davanti ai
soldati della regina. Invece di portarlo da lei, avrebbero potuto
rinchiuderlo
in una cella, nelle segrete del castello, accusandolo di pazzia.
Lo
sguardo di Sven comunque parlava chiaro: perché non ci
dicono nulla?
-“Non
lo so, forse perché non possono. O forse, più
semplicemente perché non sanno nulla di Anna.”-
gli rispose ad alta voce,
alzando le spalle.
Una
delle due guardie che lo affiancava, alzò un sopracciglio
interrogativo: “Cosa?”
Kristoff
si girò verso l’uomo e sospirò:
“Nulla. Riflettevo
ad alta voce.”- Sven grugnì per convenire con la
sua teoria e lui gli rivolse
un mezzo sorriso stanco, per ringraziarlo del suo appoggio.
Passarono
altri interminabili minuti di silenzio, spezzato
solo dal rumore scricchiolante dei loro stivali che affondavano nella
neve fino
alle caviglie, prima che l’altra guardia al suo fianco gli si
avvicinasse di un
passo.
-“Non
sappiamo nulla della principessa Anna. Sembra stia bene,
dopo quello che è successo alla festa del raccolto, anche se
alcune voci al
palazzo dicono il contrario.”- gli sussurrò,
cercando di non farsi sentire dal
resto del gruppo.
-“Quali
voci?”- gli chiese in ansia. Il soldato fece per
aprire bocca ma il capitano lo fermò.
-“Ti
avevo detto di non parlargli, Birghir. I miei ordini non
sono semplice aria calda.”-
-“Con
tutto il rispetto, non credo che metterlo a parte di
quello che succede al castello, possa essere pericoloso. In fondo lui
è…”-
-“Un
semplice suddito della regina, che non ha nulla a che
spartire con gli avvenimenti di corte.”- sentenziò
l’uomo a capo del gruppo,
senza voltarsi, ma con voce ferma.
-“Ma
lui è il…”- cercò di
controbattere.
-“Birghir.”-
tuonò per intimargli di smetterla di stuzzicare
la sua pazienza.
Silenzio.
Kristoff
si voltò verso il soldato che aveva cercato di
dargli qualche informazione, ringraziandolo per il tentativo, con un
gesto del
capo. Poi rivolse lo sguardo alla schiena dritta del capitano, che
camminava
dinanzi a lui.
-“Vorrei
almeno sapere se questo mio incontro con la regina
si concluderà con la mia esecuzione o meno. Credo di averne
tutto il diritto.”-
disse rivolgendosi all’uomo, che sembrò essere
colto di sorpresa dalle sue
parole.
-“Nessuna
esecuzione, presumo. Altrimenti non avremmo perso
tempo a scortarti fino al castello.”- gli rispose
semplicemente, come se dietro
quelle parole non ci fosse nascosta una possibile minaccia di
morte-“Credo
abbia a che fare con la principessa, in caso contrario non saprei
davvero in
cosa potresti essere utile alla regina.”-
dichiarò, continuando a sfidare la
sua pazienza, ormai ridotta quasi all’osso.
Sven
grugnì in disappunto, scontento che il suo amico venisse
trattato in quel modo.
-“Ora
basta. Birghir, digli tutto.”- sbottò una guardia
alle
sue spalle, facendo voltare di colpo il capitano, che si
fermò di botto,
facendo arrestare la marcia di tutto il gruppo
-“Markus!”-
cercò inutilmente di zittirlo.
-“Non
vedo perché non dobbiamo parlargli della principessa.
Sono anche affari suoi da quello che mi
risulta.”-continuò imperterrito il
soldato.
-“Già.”-
gli fecero eco le altre due guardie.
-“Rolf,
Thorian! Anche voi? Questa è insubordinazione bella e
buona.”- si lamentò, cercando di mantenere la
situazione sotto controllo.
-“Perché
trattarlo a tal modo e tenergli nascosto qualcosa,
che saprà comunque a breve?”- chiese retoricamente
l’ultima delle guardie, che
non aveva ancora parlato.
-“Da
quando le reclute hanno voce in capitolo? Ci mancavi
solo tu Olson. La voce dell’innocenza! Bah, fate un
po’ come vi pare.”- si
arrese all’insistenza dei soldati. In effetti avevano tutti
ragione, ma lui era
quello che in teoria avrebbe dovuto far rispettare gli ordini, e se non
riusciva nemmeno in quello, non vedeva la sua utilità.
Nel
mentre, Kristoff e Sven facevano rimbalzare i loro
sguardi stupiti, dalla faccia stufa del capitano a quelle stanche ma
risolute
dei soldati. Le difese di Arendelle dovevano essere davvero misere, se
un
semplice manipolo di guardie riusciva a ribellarsi con tale
facilità al proprio
capitano.
-“E
poi chi ti ha messo a comando di questo gruppo, Gunnar?”-
proruppe indignato Markus.
-“Cosa?
Tu non sei il capitano?”- protestò Kristoff,
voltandosi verso Gunnar.
-“Non
ho mai detto di esserlo.”- si giustificò
l’uomo,
alzando le spalle.
Kristoff
strinse forte i pugni,
cercando di controllare la sua irrefrenabile voglia di mettergli le
mani
addosso. Poi, per il bene di tutti, si
voltò verso gli altri uomini, ignorandolo:
“Ditemi di Anna. Cosa le è
successo?”
Camminava
nella neve alta da un bel
po’, con il vento gelido che le scompigliava i capelli e che
le si infilava
sotto la vestaglia da notte, facendola rabbrividire. Stava seguendo un
sentiero
tra gli alberi, che doveva essere usato dalle slitte di passaggio.
Le
avrebbe fatto davvero comodo se
qualcuno fosse passato di li con un slitta, in quel momento. Sarebbe
potuta
ritornare a casa, ad Arendelle…da Elsa.
Ed
invece, non accadde nulla.
Nessun rumore di zoccoli nella neve, nessuna lanterna accesa per
rischiarare il
buio, ma soprattutto nessuno che avrebbe potuto riaccompagnarla al
castello.
Continuò
a camminare.
-“Mia
sorella Grace”- cominciò Birghir-
“è la dama di
compagnia della principessa, quindi sta con lei ogni giorno. Da quello
che
racconta, sembra che la principessa Anna sia diventata silenziosa e
scostante:
durante il giorno se ne sta rinchiusa in qualche sala del castello a
fare non
si sa che, mentre di notte gli incubi la tormentano.”- disse
osservando la
reazione di Kristoff.
-“Incubi?”-
chiese il mastro del ghiaccio senza fiato.
-“Già.
Mi ha detto, che di notte le sue urla si sentono fin
nell’ala est, dove si trovano gli alloggi della
servitù.”-concluse infine
dispiaciuto.
Kristoff
ingoiò a vuoto, metabolizzando pian piano quella
notizia indigesta: “E la regina?”
-“La
regina cerca di aiutarla, ma sembra che la principessa
non voglia avere nemmeno lei accanto.”- rispose subito, evitando per un soffio di
inciampare in un
sasso, che sporgeva dalla neve.
-“Ieri
mattina ero di guardia al cancello del cortile
secondario e le ho sentite litigare. Non sembrava nemmeno la
principessa, tanto
erano dure le sue parole.”- intervenne Gunnar, per cercare di
riabilitare la
sua figura.
-“Non
avresti dovuto origliare.”- lo riprese Olson.
-“So
che non si fa, ma la voce della principessa era così
alta! Oserei dire quasi che gridava.”-si scusò
prontamente.
-“B-bene.
Sapete se le è tornata la memoria?”- chiese
esitante Kristoff, sopraffatto quasi, da tutte quelle informazioni.
-“Da
quello che diceva ieri alla regina, non direi proprio.”-
ridacchiò Gunnar.
-“
Si può sapere cosa diceva di tanto sconvolgente?”-
gli
chiese Markus facendosi avanti dalle retrovie.
-“Beh,
forse non dovrei ripeterlo.”- cercò di astenersi
Gunnar, voltandosi verso il gruppo.
-“Già,
non devi.”- intervenne
risoluto Kristoff-“Quello che si sono dette, è
solo affar loro.”- e con questo
si mise in testa al gruppo, allungando il passo.
La
neve aveva ricominciato a cadere fuori dalla finestra, e
questa volta era sicura che fosse opera sua. Elsa se ne stava dritta,
dietro il
vetro ghiacciato, ad osservare quella pioggia bianca e silenziosa che
copriva
ogni cosa, quando di nuovo, un bussare alla porta la sottrasse ai suoi
pensieri.
Si
voltò di scatto: “Entra pure.”
-“Vostra
Maestà”- di nuovo la giovane guardia di poco prima
–“La ronda delle montagne è tornata con
successo: hanno trovato il mastro del
ghiaccio.”- le disse senza fiato, come se avesse corso su per
le scale fino ad
un attimo prima.
Il
volto della regina si illuminò, mentre tirava un sospiro
di sollievo: “Tra quanto arriveranno?”-
-“Sono
già qui, mia regina, aspettano solo il vostro
ordine.”- balbettò, mettendosi dritto.
Elsa
guardò la guardia e sorrise
riconoscente, mentre si accomodava alla sua scrivania: “Molto
bene. Lasciatelo
entrare.”
Gerda,
era stata svegliata dall’andirivieni di una guardia,
che faceva su e giù per i corridoi facendo cozzare la sua
spada contro gli
schinieri di metallo. Quando era scesa dal letto e aveva chiesto al
giovane
soldato, cosa fosse successo di tanto importante da fare tutto quel
baccano,
quello le aveva risposto che la regina aveva mandato a chiamare il
mastro del
ghiaccio nel bel mezzo della notte, non si sapeva per quale motivo.
La
vecchia governante, l’aveva liquidato e poi richiusasi la
porta alle spalle, aveva cominciato a prepararsi. Mezz’ora
dopo, era vestita di
tutto punto, con lo chignon perfettamente legato sulla testa e la
cuffietta al
suo posto, ed era scesa nelle cucine per preparare del tè
alla regina: se c’era
una cosa che conosceva di Elsa, era che anche nelle situazioni
più stressanti,
e questa sembrava proprio una di quelle, una tazza di tè
caldo alla menta,
poteva calmarla.
Quando
l’acqua cominciò a bollire, la versò
nella teiera,
dove aveva già messo due sacchettini di tè.
L’aroma fresco della menta si
sparse nelle cucine, mescolandosi con gli odori delle altre spezie
appese alle
pareti, pizzicandole il naso. Era così dolce e rinfrescante,
che si addiceva
senza ombra di dubbio ai gusti di Elsa, il suo“piccolo fiocco
di neve”, come la
chiamava lei, che aveva visto crescere e soffrire, senza che lei avesse
potuto
far nulla per aiutarla.
Un
rumore di passi, la riscosse dai suoi ricordi: le guardie
dovevano essere tornate dalle montagne, con il giovane amico della
principessa.
Gerda
si sbrigò a posizionare la teiera e due tazze, su un
vassoio: meglio fare in fretta, prima che la situazione diventasse
congelata.
L’ultima volta che il mastro del ghiaccio era stato a
colloquio con la regina,
c’era voluto ben più che una tazza di
tè per calmarla.
I
corridoi del castello erano stranamente silenziosi,
nonostante supponesse che in giro ci fossero più guardie del
solito. Salì con
cautela le scale che portavano al secondo piano, tenendo il vassoio in
equilibrio, cercando di non inciampare nell’orlo della sua
veste o negli
scalini.
Fece
per voltare l’angolo, ma per poco non si scontrò
con
qualcuno. La teiera e le tazze cozzarono tra loro, riempiendo il
silenzio con
il tintinnare della ceramica.
-“Oh
mio dio, Anna. Tesoro, cosa ci fai sveglia a
quest’ora?”- la principessa era spuntata dal nulla,
silenziosa come un
fantasma, spaventandola.
Gerda
la guardò bene e sobbalzò: aveva gli occhi chiusi
e il
viso pallidissimo- “Anna? Stai bene?”-
La
principessa si voltò di poco, come in ascolto e si
allontanò pian piano, con i piedi scalzi sul freddo
pavimento e la vestaglia
che le svolazzava attorno alle caviglie ad ogni passo.
La
governante rimase a fissare
pietrificata i suoi passi nel buio, per alcuni secondi,
finché la sua figura
spettrale scomparve dietro l’angolo. Poi come riscossa da
qualcosa, posò il
vassoio su un tavolino nei paragi e corse dietro alla principessa.
Il
sentiero si era biforcato all’improvviso, arrestando un
momento il suo cammino. Era arrivata ad un bivio. Quale direzione
doveva prendere?
Destra o sinistra?
La
strada sulla sinistra era intralciata da un enorme masso
ricoperto di muschio gelato, mentre il sentiero sulla destra era
ricoperto da
così tanta neve, da sembrare un enorme e soffice tappeto
bianco.
Restò
ad osservare un attimo il
masso, per capire se avrebbe potuto superarlo, e poi stanca
imboccò l’altra
strada.
-“Vostra Maestà.”-
la salutò Kistoff appena entrato nel suo studio, calcando la
voce
sull’appellativo.
-“Kristoff.”-
pronunciò semplicemente lei. Non lo invitò ad
accomodarsi come le volte precedenti, ed era sicura che se anche lo
avesse
fatto, lui non si sarebbe seduto ugualmente. Invece si
limitò a fissarlo per
alcuni secondi, indecisa su come cominciare il suo discorso. Quella,
per quanto
fosse difficile ammetterlo, era una sconfitta bella e buona: lo aveva
allontanato per la sua negligenza ed ora lo aveva richiamato a corte
per
chiedere il suo aiuto.
-“Ti
ho fatto chiamare qui, perché ho bisogno del tuo
aiuto.”- cominciò, cercando di suonare quanto
più glaciale possibile.
Sul
viso del montanaro si susseguirono in un momento, alcune
emozioni a cui non avrebbe nemmeno saputo dare un nome.
-“Bene,
in cosa poso essere utile?”- le chiese con un
sorrisino che non riuscì a trattenere.
Non
tirare
la corda, Kristoff, altrimenti stavolta ti bandisco dal regno
-
si
ritrovò a pensare Elsa.
-“Ho
bisogno che tu mi conduca alla Valle delle Pietre Viventi.”-
-“Potrei
sapere per quale motivo?”- le chiese, sperando che
lei gli dicesse qualcosa su Anna.
-“Per
Anna.”- gli rispose semplicemente, tirando un profondo
respiro.
Kristoff
rimase impassibile: non le avrebbe dato una
risposta, finché lei non si fosse scucita un po’
di più rivelandogli
qualcos’altro.
Elsa
sembrò non cogliere il suggerimento ad andare avanti e
rimase in silenzio.
-“Sa,
i troll non vogliono essere disturbati inutilmente.”-
bugia- “Dovrei sapere per quale motivo ha bisogno di loro. La
sua risposta non
basta.”- la incalzò. Ora aveva lui il coltello
dalla parte del manico, la
regina doveva stare al suo gioco.
-“Per
curare Anna. Per farle tornare la memoria.”-
scandì
laconica-“Ti basta come risposta, mastro del
ghiaccio?”
-“Direi
di si.”- disse incrociando le bracci al petto, poi
sospirò pesantemente-“ Ma ho una cattiva
notizia.”- disse abbassando lo
sguardo.
-“Cosa?”-
si agitò la regina.
-“Vede,
per quanto le possa sembrare strano, lei non è
l’unica che rivuole indietro Anna, e non è nemmeno
la sola ad aver pensato a
questa soluzione. Anch’io tengo a lei.”-
puntualizzò fissandola dritto negli occhi-
“Così quando mi ha cacciato sono andato dai troll,
ma Granpapà ha detto che non
ci sono soluzioni questa volta…lui non può
niente.”- spiegò.
-“N-no,
non è possibile, deve esserci una soluzione, la tua
famiglia deve avere un modo per farle tornare la memoria!”-
si alzò di scatto
dalla sedia, cacciando fuori tutta l’ansia e la frustrazione
che aveva
trattenuto fino a quel momento- “Se nemmeno loro possono
aiutarla, allora cosa
farò?”- chiese più a se stessa che a
lui. Tutte le sue speranze erano riposte
nella magia troll, ma se nemmeno loro potevano aiutarla, cosa avrebbe
dovuto
fare? -“Com’è possibile che con tutta la
sua magia non possa fare nulla? Non
l’ha già fatto una volta?”- aggiunse poi
rivolgendosi a Kristoff.
-“La
prima volta è stato diverso.”-
-“In
che senso? A me sembra la stessa cosa: deve solo trovare
un modo per farle ricordare quello che ha dimenticato”-
continuava a cercare
una via di fuga da quell’impasse.
-“Non
è così semplice come sembra.”-
protestò lui, cercando
di farla ragionare.
-“So
che non è semplice, ma deve pur esserci un modo,
Kristoff.”- si lamentò, come se da un momento
all’altro potesse scoppiare in
lacrime-“ E se Anna non dovesse ricordare più
tutto quello che è successo? Se
non ricordasse mai più te e quello che eravate? Non ti fa
impazzire il solo
pensiero di averla persa per sempre?”- gli chiese in un
crescendo, aggirando la
scrivania e avvicinandosi a lui di qualche passo.
-“Si,
ma questo non vuol dire che mi arrenderò. Troveremo un
modo per…per farla tornare quella di prima.”-
disse risoluto.
Elsa
lo osservò rimanere fermo come una statua, sicuro di
ogni sua parola, con la speranza di riabbracciare presto Anna, che gli
traboccava dagli occhi. L’amava come e quanto lei, doveva
dargliene atto.
Fece
per parlare, ma dall’esterno del suo studio provenne uno
strano fracasso, fatto di voci concitate e piedi che correvano veloci
per i corridoi.
-“Ma
che…?”- lo superò, affacciandosi alla
porta-“ Kai!”-
chiamò il maggiordomo, che accorse subito.
-“Maestà….”-
cominciò senza fiato.
-“Cosa
succede, cos’è questo baccano?”- chiese
esasperata che
nulla andasse bene.
-“Maestà…la
principessa Anna…”-
-“Cos’è
successo ad Anna?”- lo incalzò, con la voce che
tradiva ansia-“Parla per l’amor del
cielo.”-
Anche
Kristoff era uscito in corridoio ed ora le stava alle
spalle, impaziente di scoprire cosa fosse successo alla principessa.
-“…lei
sta c-correndo per i corridoi.”- balbettò
l’uomo.
-“Tutto
qui? Fermatela, allora.”- sbottò Elsa.
-“Non
è facile, maestà. Lei
è…addormentata.”- concluse.
-“Cosa?”-
esclamarono all’unisono Elsa e Kristoff.
-“Non
riusciamo a svegliarla, continua a correre via
spaventata. È sonnambula.”-
-“Anna!”-
la voce di Gerda fece voltare tutti e tre verso la
fine del corridoio, dal quale stava arrivando un nutrito gruppo di
guardie e
inservienti.
Seguivano
tutti Anna, con cautela. La
principessa era in testa al gruppo e li distanziava di tre, quattro
passi, muovendosi
in maniera scoordinata.
Da
quando aveva imboccato la strada sulla destra, una strana
sensazione di pericolo le aveva fatto rizzare le orecchie, per cogliere
anche
il minimo rumore.
Aveva
camminato ancora per un po’ e poi un ringhio sommesso
le aveva gelato il sangue nelle vene. Un enorme lupo grigio era saltato
fuori
dal nulla e aveva cominciato a darle la caccia.
Correva
ormai da quella che le sembrava un’eternità e con
suo
sommo sconcerto, non solo il lupo non si era arreso, ma anzi, sembrava
aver
chiamato i rinforzi. Ora erano più di cinque a starle alle
calcagna.
-“Aiuto!”-
gridò allo stremo delle forze- “Vi prego, qualcuno
mi aiuti…”- piagnucolò mentre arrancava
e cadeva nella neve.
Era
finita, a momenti l’avrebbero divorata e di lei non
sarebbe rimasto nulla.
Le
ringhia si erano placate,
rimanendo solo un rumore di sottofondo. Alzò lo sguardo e li
vide, i lupi,
tutti in fila, fermi a qualche passo di distanza da lei, che la
osservavano.
Perché si erano fermati?
Anna
aveva sbandato a destra e poi a sinistra, sbattendo contro
il muro e poi era inciampata sui suoi stessi passi frenetici, cadendo
rovinosamente in terra. Ma non si era svegliata, anzi si era trascinata
per
qualche altro passo, biascicando qualcosa, prima di voltarsi verso i
suoi
“inseguitori”, in attesa di qualcosa.
Elsa
si fece spazio tra la piccola folla di uomini e donne
spaventati, e Kristoff la seguì in silenzio. La vista della
sua sempre felice e
sorridente Anna, riversa sul pavimento, spaventata e fuori di
sé, lo colpì
dritto al petto. Doveva fare qualcosa per aiutarla.
Lui
ed Elsa uscirono dalle fila del
gruppo, facendo qualche passo verso di lei.
-“Anna?”-
Elsa si piegò davanti alla
sorella, che tremava, allungando una mano nella sua direzione.
Non
era possibile, il branco non si era fermato per darle tregua,
ma solo per far spazio ad un altro lupo, più grande e
maestoso, dal manto
chiaro come la neve.
Anna?
Il
lupo bianco le si stava avvicinando pian piano.
Anna.
No,
non poteva finire così, doveva combattere per restare in
vita.
Anna.
Con
uno scatto di reni, si alzò in piedi e riprese a correre
e ad arrancare nella neve, guadagnandosi l’ululato di rabbia
del lupo.
-“Anna!”-
urlò Elsa quando, con suo grande sconcerto, la
sorella si rimise in piedi, sempre ad occhi chiusi, e
ritornò a fuggire via spaurita.
La
cosa che la stupì maggiormente, fu che non riuscì
a fare
un solo passo nella direzione presa da Anna. Si era bloccata, congelata
come
per un stupido scherzo del destino: sua sorella era scappata via
impaurita da
lei. Da lei! Il peggiore dei suoi incubi si era avverato, lasciandola
spiazzata
davanti al dolore che le si irradiava dal cuore e che la teneva ferma
ed
incapace di fare qualcosa.
Il
resto del gruppo si era gettato di nuovo all’inseguimento
di Anna, solo Gerda era rimasta indietro ad assicurarsi che lei stesse
bene.
-“S-sto
bene.”- espirò piano, mentre le mani premurose
della
governante restavano sulle sue spalle curvate-“Dobbiamo
prenderci cura di Anna,
andiamo.”- così dicendo, seguì il
gruppo giù per i corridoi, per quanto le
permettesse il suo corpo scosso ancora da brividi di paura e tristezza.
Kristoff
fu il primo a cercare di fermarla, ma Anna gli sfuggì
per un soffio, voltando dietro l’angolo di uno degli infiniti
corridoi del
castello. Imprecò a denti stretti, mentre cercava ancora di
prenderla.
Come
faceva a correre a quel modo
con gli occhi chiusi?
I
lupi erano ripartiti all’attacco, ma non riusciva a vederli
alle sue spalle. Sentiva solo le loro ringhia infuriate, abbastanza
distanti.
Ma
qualcosa, qualcosa che non era un lupo, si era aggiunto
alla caccia selvaggia, riuscendo quasi ad afferrarla. Non aveva
guardato,
temendo che la paura di quello che avrebbe visto, avrebbe potuta
bloccarla,
lasciandola in pasto al suo destino.
Un
destino che sarebbe irrimediabilmente arrivato a breve.
Davanti
a lei, a qualche metro di distanza, si apriva un
crepaccio, chiaramente incolmabile con un salto.
Ora
stava a lei decidere, ma doveva farlo in fretta: essere
presa dai lupi o saltare e sperare.
Non
ci volle molto per decidere. Si fermò
all’improvviso,
riprendendo fiato.
Aveva
bisogno di una bella
rincorsa, se voleva atterrare indenne dall’altra parte.
Anna
si fermò di colpo a qualche passo da lui, costringendolo
a fermarsi prima di andarle a sbattere contro. Non riusciva a vederla
in volto,
ma vedeva distintamente le spalle che si alzavano ed abbassavano al
ritmo di
pesanti respiri.
-“Anna?”-
la chiamò esitante. Perché si era fermata?
Le
si avvicinò piano e allungò una mano, ma nel
momento esatto
in cui le sue dita stavano per chiudersi attorno al suo braccio, Anna
scattò in
avanti, cogliendolo alla sprovvista, puntando verso le scale che
scendevano giù
verso la sala da ballo, ignorando il pericolo che correva: se fosse
caduta, si
sarebbe di sicuro uccisa.
Il
cuore di Kristoff saltò più di un battito negli
istanti
successivi, e quasi si fermò alla vista della principessa
sull’ultimo gradino,
pronta a ruzzolare di sotto.
-“Anna!”-
provenne un urlo strozzato dalle sue spalle.
Non
seppe come, se per i riflessi pronti o per la paura di
perderla ancora, ma nel giro di pochi attimi riuscì ad
afferrarla saldamente
per il polso e a tirarla a sé, ritrovandosi sulla cima delle
scale con Anna
stretta tra le braccia: da quant’era che non le stava
così vicino? La
principessa era praticamente schiacciata contro il suo petto, in
quell’abbraccio salvifico, che dopo tutto quel tempo,
sembrava quasi un gesto
fuori luogo e fin troppo intimo per le circostanze.
Riusciva
a percepire il battito impazzito del cuore di Anna,
che sembrava rispondere ai battiti del suo.
Abbassò
lo sguardo sulla figura tremante che teneva stretta a
sé, facendo un passo indietro, contemplandone il viso
pallido e la fronte
corrucciata, gli occhi serrati e le palpebre vibranti, fino ad arrivare
alle
labbra dischiuse, quasi nell’atto di dire qualcosa.
-“Anna.”-
la scosse leggermente- “Anna, mi senti?”-
La
principessa cominciò a divincolarsi dalla sua presa ferrea,
farfugliando parole confuse nel suo stato di dormiveglia:
“Q-qualcuno mi…aiuti.
Mi hanno presa.”-
-“Anna,
ascoltami, va tutto bene.”- la teneva stretta per le
spalle.
-“L-lasciatemi
andare…lasciatemi andare!”- si lamentò
ancora,
continuando a tenere gli occhi chiusi.
-“Nessuno
ti ha presa…s-sta tranquilla, sono solo io.”-
cercò
di rassicurarla, ma le sue parole non sembrarono sortire nessun
effetto, perché
Anna continuò a dibattersi.
In
effetti perché avrebbe dovuto calmarsi? Lui non era
nessuno per lei, quindi perché alle parole “sono
io”, avrebbe dovuto
tranquillizzarsi?
Stupido!- si
maledì.
-“Anna,
svegliati!”-
-“No…NO!”-
urlò all’improvviso, spalancando gli occhi e
puntandoli nei suoi.
-“Anna?
S-stai bene?”- le prese il volto tra le mani,
spostandole alcune ciocche ribelli dalla fronte sudaticcia.
La
principessa rimase in silenzio, ispirando ed espirando a
grandi boccate, mantenendosi saldamente ai suoi avambracci, continuando
a
fissarlo intensamente, con gli occhi sbarrati. Non sembravano nemmeno i
suoi,
tanto era scuro ed appannato il suo sguardo.
-“Tu…”-
riuscì solo a dire, prima di scivolargli tra le
braccia e di cadere di nuovo nell’oblio, svenuta.
La
prese in braccio senza nemmeno pensarci, quasi fosse un
gesto involontario, istintivo come il respirare, e la tenne stretta a
sé:
questa volta non l’avrebbe lasciata andare.
È
solo
colpa mia. Solo colpa mia.-
si rimproverò, con le lacrime che gli
premevano agli angoli degli occhi. Vederla in quelle condizioni, era
stato
peggio di quando Elsa gli aveva ordinato di starle alla larga: in quel
caso
aveva avuto la certezza che, seppur lontana da lui, sarebbe stata bene,
accudita ed amata tra le mura del castello. Ma ora che aveva la prova
del
contrario non poteva darsi pace.
-“Oh
mio dio.”- un sussurro strozzato lo riscosse dai suoi
pensieri. Elsa gli stava davanti, con una mano sulla bocca a coprire i
singhiozzi
e l’altra sospesa a mezz’aria, a pochi centimetri
dal volto di Anna.
-“C-credo”-
cominciò Kristoff, cercando di ignorare il nodo
che gli stringeva la gola-“ abbia bisogno di un
dottore.”- concluse non
staccando gli occhi da Anna.
Non
ci fu bisogno che Elsa esponesse i suoi ordini ad alta
voce: alcuni inservienti si lanciarono di corsa giù per le
scale, alla ricerca
del medico di corte.
La
regina osservò rapita lo sguardo
che Kristoff rivolse alla sorella, esanime tra le sue braccia,
sospirando: “Vieni.”-
gli disse solo, mentre ingoiava le lacrime e lo conduceva verso la
stanza di
Anna.
I
lupi l’avevano presa alla fine e, anche se aveva lottato
con tutte le sue forze per resistere, aveva ceduto alla stanchezza e
alla
paura.
Aveva
chiuso gli occhi e aveva aspettato che tutto finisse.
Ma
la morte non era arrivata come se la sarebbe aspettata,
fredda e immobile.
Al
contrario, un calore inaspettato ma desiderato, si era
impossessato del suo fragile corpo, cullandola fino ad un torpore
soffuso.
Un
calore che sapeva di abbracci, di sere passate davanti al
caldo del camino, di estate, di amore e…aghi di pino.
Un calore che
sapeva di casa.
AngoloAutrice: Saaaaalve!
Cavolo, stavolta non ho impiegato
due mesi per aggiornare…sono fiera di me e della mia
celerità :) Per quanto
riguarda il capitolo, starà a voi farmi capire se devo
essere davvero
soddisfatta o se mi devo rottamare come pseudo-scrittrice e devo fare
spazio
alle nuove leve XD
Comunque
non ho molto da dire, se non che questo capitolo mi
serviva per il ritorno in scena del caro Kris, quindi non è
che ci siano grandi
passi avanti nella trama, ma da questo momento in poi ci saranno, ve lo
prometto!
Per
scrivere del sonnambulismo mi sono documentata per bene e
ho fatto riferimento ad esperienze personali: fidatevi se vi dico, che
non
vorreste mai trovarvi a dormire in camera con qualcuno che ne
soffre…robe da
paranormal activity!
Per
quanto riguarda domande, dubbi o altro riguardo al
contenuto del capitolo, non esitate a chiedere.
Come sempre ringrazio
tutti quelli che
leggono/seguono/preferiscono, ma soprattutto quelli che recensiscono
sempre (io
li chiamo i fedelissimiXD), e per tutti gli altri non so più
davvero in che
lingua dirvelo ma tant’è: recensioni, reviews,
reseñas, commentaires, Bewertungen,
opiniões e chi più ne ha più ne metta!!
Non so più che
dirvi se non, see you next time, snowflakes!
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Capitolo 18 *** Capitolo 18: Compromessi ***
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Sinossi per chi si fosse scordato di questa storia o comunque per i nuovi aggiunti che vogliano saltare a piè pari un mattone di 17 capitoli.
L’inverno perenne è cessato ed Elsa e Anna stanno recuperando pian piano il tempo perduto, riscoprendo il loro legame tra sorelle che sembra crescere di giorno in giorno. Anna cerca di far crescere anche un altro rapporto, quello con Kristoff che però sembra restio a lasciarsi andare, timoroso di non essere abbastanza per la principessa. Nonostante questo il ragazzo chiede e riceve la benedizione di Elsa per corteggiare Anna. La ragazza cerca di convincerlo a dare un’occasione alla loro neonata relazione, riuscendo a strappargli una promessa: il mastro del ghiaccio dovrà accompagnarla nel regno di Corona alle nozze della cugina, in modo da conoscersi meglio. Il giorno della partenza Elsa raccomanda la sorella nelle mani di Kristoff, che dovrà garantire per la sua sicurezza e li lascia andare. Durante la traversata per mare i due si raccontano, mettendo a nudo le loro paure e le loro insicurezze, e questo li avvicina sempre di più. Arrivati a destinazione fanno la conoscenza dei sovrani e dei futuri sposi, Eugene e Rapunzel, che li accolgono calorosamente. Per tutta la durata delle celebrazioni e dei festeggiamenti per le nozze il rapporto tra Anna e Kristoff si intensifica, facendo grossi passi avanti, anche se tra gelosie ed incomprensioni. I due passano una notte l’uno tra le braccia dell’altra, dopo che Kristoff si è finalmente deciso a dare voce ai propri sentimenti: ama Anna, con tutti i suoi pregi e difetti, e non ha più paura di ammetterlo. Purtroppo, dopo un giorno passato in giro per Corona, e un pomeriggio all’insegna della spensieratezza in compagnia di Punzie e Eugene, la situazione cambia drasticamente a causa di un incidente: durante una corsa a cavallo Anna cade, batte la testa e perde la memoria. Non solo non ricorda cosa sia successo, non ricorda nemmeno tutto il fattaccio dell’inverno perenne e dei poteri di Elsa. Di conseguenza non ricorda nemmeno Kristoff e il legame che li unisce. Il loro soggiorno a Corona si prolunga a causa delle condizioni fisiche della principessa di Arendelle. Quando è tempo di ripartire Anna a malapena parla con Kristoff e quasi lo ignora. Rapunzel la saluta, sperando di rivederla presto in condizioni migliori e Eugene conforta il mastro del ghiaccio dicendogli di non perdere la speranza. Una volta tornati ad Arendelle Kristoff subisce la furia di Elsa, che lo allontana dal castello e gli proibisce di avere alcun rapporto con Anna. Passano alcuni mesi e la memoria della principessa sembra non fare passi avanti, anzi ora anche il suo comportamento peggiora: appare impaurita e assente. Elsa fa di tutto per aiutarla, ma seguendo le indicazioni dei dottori non le rivela nulla sul passato per evitarle emozioni forti. Questo finché le condizioni mentali di Anna non peggiorano e lei diviene preda di incubi orrendi che la incatenano in un pericoloso stato di incoscienza. Durante un acceso confronto, sotto le pressanti domande della sorella, Elsa si vede costretta a raccontarle tutto ciò che la riguarda, omettendo Kristoff e ovviamente l’episodio con Hans. La giovane regina non può credere che la sua Anna non tornerà mai quella di una volta e cerca disperatamente una soluzione. Come un lampo di genio si ricorda dei troll e di quello che in precedenza avevano fatto alla memoria di Anna e ripone in loro le sue ultime speranze. Richiama Kristoff al castello e gli chiede di accompagnarla dalla sua famiglia, ma vengono interrotti da un trambusto che ha svegliato mezzo palazzo: Anna è preda di una violenta crisi di sonnambulismo e nessuno riesce a fermarla. Fugge via al richiamo di Elsa e sfugge per un soffio a Kristoff. Solo quando sta per cadere giù dalle scale, ignorando il pericolo, il ragazzo riesce ad afferrarla e a svegliarla. Lei sembra riconoscerlo per un attimo prima di svenire tra le sue braccia. Elsa è distrutta e stringe a sé la sua ultima speranza: l’intervento dei troll.
CAPITOLO 18: Compromessi
Quando smetterò di stare al tuo capezzale aspettando che ti svegli sorridendomi?
Elsa accarezzava distrattamente la mano di Anna, ancora una volta sprofondata nel mondo di incubi che le affollavano di sicuro la mente, mentre il medico di corte riponeva i suoi strumenti nella valigetta che aveva posato sul tavolino da notte accanto al letto della sorella. Gerda era in piedi accanto alla porta che si tormentava le mani: alla regina sembrò che stesse per piangere, ma la donna rimase composta al suo posto senza emettere un suono.
Attraverso la porta riusciva quasi a vedere Kristoff fare su e giù per il corridoio: non l’aveva lasciato entrare, ovviamente. Nemmeno in circostanze più felici gliel’avrebbe permesso, anche se presumeva che, contro ogni decenza, la sorella l’avesse già lasciato entrare nelle sue stanze. Se mai fosse tornata ad essere quella di una volta, avrebbe dovuto affrontare quell’argomento con Anna.
-“È difficile fare una diagnosi delle condizioni di sua grazia.”-cominciò il medico, grattandosi la testa-“Credo potrebbe trattarsi di un lieve caso di isteria, da imputare all’incidente occorso qualche mese fa.”
-“È grave?”- chiese Elsa con il fiato sospeso.
-“Niente di irrecuperabile, vostra altezza. Ha bisogno di assoluto riposo e di stare lontana da eventi che possano scatenarle emozioni forti. Le prescriverò un estratto di valeriana che l’aiuterà a rilassarsi e favorirà un sonno ristoratore. Cinque gocce in un bicchier d’acqua, dopo cena.”- le sorrise benevolo.
-“Solo questo? E se le erbe non dovessero sortire alcun effetto?”-
-“Ci sarebbe un altro metodo messo a punto dai medici del continente, ma sia per la giovane età della principessa, sia per la vostra nobile stirpe”- l’uomo sembrò arrossire impercettibilmente e fece un colpo di tosse per nascondere l’imbarazzo crescente –“…lo sconsiglio vivamente. Per ora si fidi di me: la valeriana avrà l’effetto desiderato. Le farò avere il preparato prima di sera; mi raccomando, non più di cinque gocce per volta.”-
-“Dottor Olson ha tutta la mia gratitudine e perdoni ancora l’ora in cui l’abbiamo costretta a scendere dal letto.”- Elsa lasciò la mano di Anna e si alzò per stringere quella del medico.
-“Maestà, sono a vostra completa disposizione a tutte le ore del giorno e della notte.”- s’inchinò –“Un ultimo avvertimento”- si fermò con la mano sulla maniglia, già pronto per uscire -“Nel caso dovessero verificarsi altri eventi come quello di stanotte, non cercate in nessun modo di svegliare sua grazia: ciò porterebbe solo al peggioramento della crisi; cercate di calmarla piuttosto, palesando la vostra presenza con il contatto fisico, rassicuratela a bassa voce, finché la crisi non cesserà. Un brusco risveglio potrebbe anche mettere in pericolo la sua vita.”- rivolse un altro mezzo inchino ad Elsa e uscì dalla stanza, lasciandola lì con un profondo senso di inutilità che le pesava sulle spalle: nel caso Anna avesse avuto di nuovo quegli attacchi, lei non sarebbe riuscita a tranquillizzarla in nessun modo, soprattutto non con la sua presenza. Tornò accanto alla sorella.
Kristoff fece capolino dalla porta, spiando all’interno. Gerda gli si parò davanti prima che potesse fare anche un solo passo per entrare: “Mastro Bjorgman, la principessa è indisposta, non è in condizioni adeguate per ricevere visite.”
Il ragazzo la fissò con un’espressione indispettita, sovrastandola con la sua altezza: “Ce l’ho portata io in quel letto, ricorda? Ho già visto le condizioni in cui versa!” Aveva camminato per ore nella neve, aveva avuto un’accesa conversazione con la regina e aveva quasi visto Anna lanciarsi giù dallo scalone principale del castello, non si sarebbe di certo fatto fermare dalla vecchia governante. Fece per oltrepassarla, quando la voce perentoria della regina lo fermò.
-“Vorrei rimanere sola con mia sorella per qualche minuto.”- non lo guardò, rimanendo concentrata su un punto impreciso del volto di Anna -“Aspettami nel mio studio, non ci metterò molto. Gerda, offri qualcosa di caldo al nostro ospite e mettilo a suo agio.”
Con queste parole Gerda chiuse la porta e gli fece cenno di seguirla. Lo condusse giù per i lunghi corridoi del castello di nuovo nello studio della sovrana. Lo fece accomodare su una delle poltroncine –“The, caffè o cioccolata.”- gli chiese a bruciapelo. Kristoff, preso alla sprovvista, la fissò per alcuni secondi prima di riuscire a darle una risposta –“Caffè.”- borbottò, distogliendo lo sguardo.
-“Bene.”- fu tutto quello che gli rispose Gerda, prima di sparire di nuovo dietro la porta lasciandolo solo. Era stanco, come non gli capitava da tempo: tutte quelle emozioni l’avevano spossato più di un’intera giornata di lavoro.
Diversi minuti dopo la governante riapparve con un vassoio su cui erano posate due tazzine, un bricco fumante e un piatto, con su quelli che avevano tutta l’aria di essere biscotti al burro. Lo posò sulla scrivania della regina, facendo attenzione a non sporcare nulla e aspettò con pazienza che il ragazzo si servisse. Kristoff raccolse con delicatezza una tazzina, che sembrava ridicolamente troppo piccola e fragile per le sue mani, e se la portò alla bocca. Quando mandò giù il primo sorso e fece un verso di assenso, Gerda parve soddisfatta e lasciò di nuovo la stanza.
Dopo essersi versato la terza tazza di caffè e prima che la noia lo facesse addormentare, la porta si aprì rivelando la figura stanca ed incurvata della regina.
Elsa non disse nulla, si avvicinò al vassoio del caffè e ne versò nell’unica tazzina rimasta. Fece il giro della scrivania e si sedette al suo posto, rilassando le spalle. Sorseggiò il suo caffè per alcuni minuti, incurante della sua presenza e poi posando la tazzina sul tavolo ingombro di carte, ruppe il silenzio.
-“Ho dato ordine allo stalliere di preparare la slitta reale, spero che la tua renna sia in grado di viaggiare nonostante il poco riposo.”-
-“Dove andiamo?”- le chiese con un sopracciglio inarcato. Quella donna cominciava a dargli sui nervi.
-“A far visita ai troll.”
-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.
Kristoff aveva già avuto a che fare con il pugno duro della regina, con il suo cipiglio regale e la sua bocca severa tirata in un angolo, come se stesse sempre pensando sul da farsi. Ma non si era reso conto di quanto fosse cocciuta: a nulla era servito ripeterle che lui aveva già chiesto aiuto a Pabbie e che il vecchio troll non aveva dato nessuna risposta alle sue pressanti domande. Alle prime luci del mattino la regina aveva fatto approntare una spedizione per la valle delle Pietre Viventi. “Ho bisogno di sentirlo con le mie orecchie che non c’è nulla da fare.”- era stata la sua spiegazione al suo ennesimo tentativo di farla desistere.
Solo il cielo sapeva quanto fosse stato doloroso per lui ricevere un responso negativo alle sue speranze, non osava immaginare cosa avrebbe potuto significare per la regina. Nonostante tutto, non aveva potuto fare a meno di accodarsi alla piccola carovana che aveva lasciato il cortile del palazzo all’alba: la regina sedeva accanto a lui nella slitta reale trainata da Sven e due guardie armate, non sapeva dire se eccitate o intimorite dall’idea di venire in contatto con creature come i troll, li seguivano a cavallo di due fjord con la criniera perfettamente spazzolata.
In meno di tre ore dal suo arrivo al castello si ritrovò di nuovo nel fitto della boscaglia, circondato dal silenzio più assoluto della montagna. I suoi compagni di viaggio erano muti come tombe e l’aspetto spettrale della regina che gli sedeva accanto, non aiutava certo ad alleggerire l’atmosfera.
-“So che credi che io sia pazza.”-
-“Perché mai dovrei crederlo?”- le chiese incurvando un sopracciglio.
-“Perché ti sto costringendo a fare questo viaggio anche se so già che sarà inutile.”- gli disse con le sue maniere composte.
-“L’amore fa fare cose strane.”- sentenziò lui, facendo correre la mente verso Anna.
-“Già. Devo aggrapparmi a quest’ultima possibilità, altrimenti la mia speranza potrebbe sparire del tutto.”-
Kristoff annuì solamente, non riuscendo ad esprimere a voce quello che provava: le sue speranze erano del tutto svanite quella mattina, quando negli occhi spaventati di Anna non aveva letto niente nei suoi confronti. Lei non lo ricordava e l’aveva di sicuro riconosciuto solo come l’accompagnatore di Corona, colui che le aveva instillato più dubbi che certezze. Ma come la regina, anche lui aveva bisogno di credere che le cose si sarebbero sistemate e che Anna sarebbe tornata quella di una volta.
Continuarono a viaggiare in silenzio e arrivati quasi a destinazione si rivolse ad Elsa: “Le vostre guardie dovranno fermarsi qui. La mia famiglia è schiva verso gli estranei, potrebbero non mostrarsi se saranno con noi.”-
La regina si voltò verso le due guardie-“Avete sentito. Aspetterete qui il nostro ritorno.”
-“Ma maestà…”- cercò di controbattere uno dei due uomini.
-“Se sarà necessario il vostro aiuto saprò come farvelo sapere.”- lo zittì Elsa.
Kristoff le porse la mano per aiutarla a scendere dalla slitta, slegò Sven e insieme si incamminarono lungo un piccolo sentiero che spariva tra gli alberi, che mano a mano diventavano più radi e spogli, lasciando spazio ad una conca di terra battuta puntellata di grossi massi tondi.
Sven saltellò felice verso una delle enormi pietre, leccandone il muschio verde brillante, e poi fece lo stesso con il resto. Un rombo sommesso scosse improvvisamente il piccolo avvallamento, facendo traballare i massi, che un momento dopo li osservavano con occhietti vivaci e curiosi.
-“Kristoff è tornato!”- esplose una voce da qualche parte.
-“Di nuovo?”- sentirono bisbigliare da qualcun altro nella calca di piccoli troll che si affollavano ai loro piedi.
Due troll si avvicinarono, facendosi strada a suon di gomitate.
-“Due visite a distanza di pochi giorni! Cos’è successo figliolo?”-
-“Ma’ ti presento sua maestà la regina Elsa di Arendelle, la sorella di Anna.”-
-“Solo Elsa andrà più che bene.”- si sbrigò ad aggiungere la giovane regina, in soggezione davanti a tanta attenzione.
-“La regina!”- esclamò un nutrito gruppo di troll, con la bocca spalancata –“Com’è bella!”
-“Molto piacere davvero, mia cara!”- il troll afferrò la piccola mano della donna e la strinse con forza, scuotendola energicamente. Elsa venne quasi trascinata in terra dalla forza della stretta e fece un verso sorpreso. “Io sono Bulda, la mamma di Kristoff!”- disse fiera di sé, gonfiando il petto e sorridendo in direzione del montanaro, che osservava sconfortato la scena: sua madre l’aveva ufficialmente messo in imbarazzo di fronte all’intera famiglia reale. Sperava solo che non cominciasse ad elogiare tutte le fantomatiche capacità che vedeva in lui.
-“Benissimo. Fine delle presentazioni.”- stoppò sul nascere qualunque conversazione avesse a che fare con lui e la sua vita: ogni occasione era buona per raccontare a chiunque transitasse dalla valle stupidi episodi della sua infanzia, per poi finire con il colpo di grazia…la sua adolescenza. Era sicuro che Elsa non avrebbe riso affatto ed inoltre avrebbe preso ancora meno in considerazione l’idea che lui fosse un possibile pretendente di Anna. “Siamo qui per parlare con Pabbie.”- aggiunse con tono urgente, guardandosi attorno alla ricerca del vecchio troll.
Il diretto interessato si fece strada tra la calca: “Chiudete quelle bocche: non è la prima volta che vedete la regina, no? Allora perché tanto stupore.”- bofonchiò-“È sempre un piacere riceverla tra noi vostra maestà.”-disse poi rivolgendosi ad Elsa.
La giovane regina si piegò all’altezza dell’anziano troll: “Potrei dire lo stesso, se non fosse che anche in questa occasione questa non è una visita di cortesia.” Il troll la guardò con sguardo grave senza dire nulla. “So già che sapete perché sono qui: ho bisogno di risposte sulle condizioni di salute di mia sorella. Voi troll sembrate essere la mia unica fonte di certezze ultimamente.”
Pabbie scrollò il mantello muschiato, a disagio sotto lo sguardo fermo di Elsa, facendo tintinnare i cristalli che lo adornavano. Lanciò uno sguardo interrogativo al figlioccio, come per chiedergli perché dopo tutto quello che gli aveva detto quella donna era lì. Kristoff fece spallucce per scusarsi.
Quella non era una bella situazione: per la prima volta in centinaia di anni si era riscoperto essere fallibile, incapace di trovare soluzione a qualcosa. Era una sensazione strana che lo metteva in imbarazzo, facendolo sentire quasi indegno del posto che ricopriva tra i suoi simili. Forse stava diventando troppo vecchio.
-“Non ci sono certezze a questo mondo, solo fatti che interpretiamo come tali a nostro piacimento.”- il troll sostenne lo sguardo della regina, sorridendole mestamente –“Mi dispiace che abbia dovuto fare questo viaggio solo per sentirsi dire questo.”
-“Non capisco.”-
-“Non c’è nulla che io possa fare per Anna.”- le spiegò con voce calma -“Come ho già ripetuto varie volte a Kristoff, la mia magia non può riportare alla luce i suoi ricordi: la sua mente è stata manipolata già troppe volte. Un’ennesima intromissione nei suoi ricordi potrebbe farle dimenticare ogni cosa, persino il suo nome o come si parla.” Il vecchio troll sospirò sconfitto. “Mi dispiace davvero tanto, vostra maestà.”
Bulda, Kristoff e gli altri assistevano nel più totale silenzio a quella confessione di impotenza. Pabbie non era mai sembrato tanto vecchio ed abbattuto nella sua lunghissima vita.
Le gambe di Elsa cedettero sotto quella nuova rivelazione, e si ritrovò inginocchiata nel terreno polveroso della valle, con gli occhi persi in un punto oltre le spalle di Pabbie. Contro ogni previsione accadde qualcosa che nessuno dei presenti si sarebbe mai aspettato: la regina cominciò a piangere. Lacrime silenziose le scivolavano sulle guance, per poi rimanere appese al suo mento un secondo e cristallizzarsi durante la caduta verso il basso. Era uno spettacolo mozzafiato, quasi quanto un’aurora boreale. I piccoli troll osarono avvicinarsi per raccogliere le lacrime ormai indurite, passandosele di mano in mano quasi fossero miracoli o gemme preziose.
A parte quel piccolo movimento involontario sul suo viso, Elsa era immobile. Aveva già sentito quelle parole dalla bocca di Kristoff, ma sentirle ancora dal vecchio saggio era stato un duro colpo. Ogni speranza era morta, trascinata via dal gelido vento della realtà, come foglie strappate da un albero.
C’era un senso di comica ineluttabilità in tutta quella faccenda. Era come se vi fosse una forza superiore che condannasse lei e Anna ad un’infelicità perenne, come se ad ogni spiraglio di gioia qualcuno le ripiombasse giù nel baratro della tristezza.
Non aveva più la forza per andare avanti a quel modo. Aveva combattuto contro se stessa per tutti quegli anni nel disperato tentativo di proteggere la sorella e renderla in qualche modo felice, e per un breve lasso di tempo c’era riuscita, ma ora a cosa era servito tutto il dolore che aveva dovuto sopportare se si ritrovava di nuovo al punto di partenza?
-“Vostra Maestà,” la chiamò Pabbie, poggiando le mani ruvide sulle sue, strette alla stoffa della sua gonna “questo non è il momento di arrendersi. So che questa sembra un’impasse insuperabile, ma ogni cosa andrà per il verso giusto, ne sono sicuro.” Le sorrise convinto. “Le cose che perdiamo trovano sempre il modo di ritornare da noi: Anna rammenterà tutto un giorno e questa storia sarà solo un brutto ricordo. L’unico aiuto che posso darvi è ricordarvi che l’amore trova sempre un modo.” Rivolse lo sguardo a Kristoff, che osservava rapito la scena. “Dovete starle accanto…entrambi.”
Elsa si riscosse, seguì gli occhi del vecchio troll e annuì convinta al montanaro. I suoi intenti punitivi verso Kristoff capitolarono nel giro di un secondo.
Forse era arrivato il momento di mettere da parte l’orgoglio e accettare l’aiuto che le veniva offerto.
Quando volsero di nuovo la slitta verso Arendelle, il sole era sorto da diverso tempo oltre la cortina di nubi che sovrastava perennemente la Montagna del Nord. Durante il viaggio di ritorno nessuno dei due commentò quello che era appena accaduto. Nessuno dei due aveva voglia di parlare della sempre più viva possibilità che Anna non tornasse mai ad essere quella di una volta. Nessuno dei due era abbastanza lucido da riuscire a pensare a qualcosa di positivo; davanti a loro sembrava snodarsi solo un’infinita strada in salita senza possibilità di capire cosa ci fosse dall’altra parte: un’inevitabile e rovinosa caduta in un dirupo o una tranquilla discesa su un lieve pendio. Nessuno avrebbe saputo dirlo.
L’unico rumore percepibile in quell’assordante silenzio erano gli zoccoli dei cavalli e di Sven che fendevano la neve.
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Quando aprì gli occhi si accorse subito di aver dormito più del normale, più di quanto facesse di solito comunque. Le tende erano tirate e lasciavano entrare la luce accecante del sole che si rifletteva sulla neve che doveva essere caduta durante la notte. Dovevano essere almeno le undici di mattina. Si sentiva strana, come se qualcuno l’avesse colpita in testa: da quando il freddo era arrivato, era riuscita a dormire sempre meno e la qualità del suo sonno era diventata scadente, e al mattino era più stanca di quando era andata a letto come se, a conti fatti, lei non dormisse affatto. Quella mattina oltre ad avere male alla testa si risvegliò con le gambe indolenzite, come se invece di riposare avesse corso per tutta la notte. La meravigliò il fatto che Gerda o Grace non fossero venute ancora a tirarla giù dal letto a quell’ora. Constatò che doveva essere accaduto qualcosa.
Abbandonò di malavoglia il tepore rassicurante delle coperte per esporsi al freddo intenso di novembre: il camino nella stanza era spento da parecchio a giudicare dal grigio freddo della cenere. Fece per avvicinarsi al sistema di cordini e campanelle che usava per chiamare un delle due donne nella sua stanza, ma si fermò davanti allo specchio a figura intera che stava ritto in un angolo. La sua faccia era sconvolta, aveva delle profonde occhiaie viola che spiccavano sull’incarnato pallido facendola assomigliare ad un fantasma, per non parlare dei suoi capelli raccolti in ciocche sparse sulla sua testa o sudaticci e appiccicati sulla sua fronte; la camicia da notte era sgualcita più del normale e l’orlo destro aveva un ampio strappo nella cucitura del merletto.
Restò a fissarsi per alcuni minuti, studiando attentamente la sua figura irregolare: non che di solito fosse l’emblema della sofisticatezza ma lì c’era qualcosa che non andava, quelle condizioni erano esagerate persino per lei. Era a conoscenza del fatto che durante la notte raramente restava nella stessa posizione e che invece scalciava e si rigirava come un cavallo impazzito, ma il riflesso che le rimandava lo specchio era quello di una che si era data alla corsa campestre invece di dormire.
Cercò di sistemarsi i capelli con le mani per non far venire un colpo alla povera Gerda e si accorse di una macchia violacea che le circondava il polso destro: non ricordava come si fosse procurata quel livido, ma non si meravigliò; da quando era tornata da Corona erano molte le cose che non riusciva a ricordare, soprattutto il segreto che la sorella le aveva confessato il giorno prima. Come aveva potuto dimenticare una cosa simile?
Qualcuno bussò alla porta riscuotendola dai suoi pensieri. “Avanti.”- gorgogliò con la gola secca.
Gerda fece capolino dalla porta, trascinando con sé un carrellino portavivande. “Ben alzata, mia cara. Come ti senti stamattina? Ho portato la colazione.”
L’odore del pane caldo che si levava dal carrello le pizzicò il naso e si riscoprì subito affamata. “Grazie, Gerda. Mi sento bene anche se pensavo di svegliarmi più riposata. Sarà un malanno di stagione, immagino. Chiederò al dottor Olson di prescrivermi un rimedio per dormire meglio.”- le rivolse un sorriso, che si spense non appena vide l’espressione incisa sulla faccia della governante “Qualcosa non va? Mi sembri turbata.”
“Un nonnulla, bambina.” Gerda non aveva il cuore di guardarla negli occhi. Aveva avuto istruzioni chiare: non parlare con Anna di quanto accaduto quella notte. Indugiò nel sistemare la colazione sul tavolino vicino alla finestra, rimpiangendo i giorni in cui lei e Grace dovevano trattenere la ragazza dal lanciarsi giù per le scale ogni mattina per raggiungere la sorella nella sala da pranzo. Sospirò.
Anna continuava a fissarla interrogativa mentre si avvicinava a passi lenti al tavolo e si accomodava.
“Io vado, tornerò quando avrai finito per rassettare la stanza.” Gerda cercò di sembrare quanto più normale e lieta possibile .“Se hai bisogni di me non devi far altro che suonare.”
Quando la donna uscì dalla stanza Anna si lasciò scivolare pesantemente contro lo schienale della sedia stringendosi le braccia al petto, osservando le pietanze sul tavolo in maniera assente. Aveva fame eppure una sensazione strana le stringeva lo stomaco: rivolse la sua attenzione al polso livido, tracciandone i contorni con un dito. Chiuse gli occhi e riuscì quasi a sentirla la mano che la strattonava proprio per quel polso, stringendo così forte da far male, con tanta foga da lasciare un segno semipermanente. Massaggiò la parte dolente e poi si sforzò di piluccare la colazione, imburrò un panino e fece per addentarlo ma la porta si aprì con uno scricchiolio, bloccandola.
Aggrappata alla maniglia della porta c’era una bambina, che la guardava con occhi sgranati. Si studiarono per alcuni secondi prima che lei rompesse il silenzio. “Ciao.”
La bambina si riscosse e si inchinò velocemente, tenendosi i lembi del bel vestitino che indossava. “B-buongiorno, vostra maestà.”
Anna sorrise del suo imbarazzo. “Vostra maestà è solo la regina, io sono solo Anna. Invece tu chi sei?”- le fece cenno di accomodarsi sull’altra sedia.
“Sono Emmelie.”- disse solo, continuando a fissarla come alla ricerca di qualcosa.
“Molto piacere Emmelie, ti va di fare colazione con me?”
Nonostante la reticenza iniziale la bambina, che scoprì essere la figlia di Grace, si accomodò con lei a chiacchierare e a fare colazione. Quel giorno aveva accompagnato la madre nelle cucine e poi l’aveva seguita di nascosto durante le sue mansioni giornaliere, aspettando che la conducesse alla stanza della principessa.
“E perché volevi vedermi?"- le chiese mangiucchiando una fetta di mela.
“Volevo darti questo.” Tirò fuori dalle pieghe della sua gonna quello che a prima vista sembrava un mucchietto d’erba e fiori gialli. “Per proteggerti dai mostri.”- spiegò poggiandole il piccolo bracciale d’erba intrecciata sul palmo della mano.
“Quali mostri?”- le chiese annusando il piccolo dono: aveva un odore pungente che le ricordava il fieno.
“Quelli che ti vengono a far visita di notte. La mia mamma dice che sei molto spaventata e che urli per la paura. Questo li terrà lontani da te, sai è fatto con un’erba magica.”- le spiegò dondolando i piedi.
“Capisco.”- Anna non ebbe il tempo di elaborare quanto la bambina le aveva appena detto perché Gerda entrò per la seconda volta quella mattina, fermandosi sconvolta sulla soglia.
“Emmelie! Cosa ci fai qui, piccola birbantella?” La donna si affrettò a scacciare la bambina come fosse un uccellino molesto. “Sarebbe dovuta rimanere nelle cucine come le aveva ordinato la madre.”
“Gerda”- Anna si affrettò a tranquillizzarla –“va tutto bene, non mi ha procurato nessun disturbo, anzi mi ha fatto piacere avere compagnia una volta tanto.”
La governante trattenne a stento le lacrime, pensando alla solitudine che doveva opprimere la giovane donna che aveva imparato ad amare come una figlia. Le immagini della notte precedente le ritornarono alla mente e dovette schiarirsi la voce per non dar spazio all’emozione.
“È vero?” La bambina annuì convinta, facendo ondeggiare i riccioli chiari che le cadevano sulle spalle. “Ora lascia che Anna si vesta per la giornata.” Gerda le porse la mano e la bambina l’afferrò, dirigendosi verso la porta. Però prima di uscire Emmelie lasciò la mano della governante e si lanciò verso la ragazza, stringendosi alla sue gambe. La principessa la strinse a sé dopo un momento di sorpresa. “Torna a trovarmi quando vuoi, Emmelie. Sono felice di averti conosciuta.”
Poi Gerda e la bambina lasciarono la sua stanza e lei cominciò a svestirsi per indossare gli abiti da giorno. Proprio nel momento in cui le sembrò che i lacci del corsetto si fossero ingarbugliati irrimediabilmente, Gerda tornò in suo aiuto.
“Tu ne sai qualcosa di questi mostri di cui parlava Emmelie?”- chiese alla governante che le spazzolava i capelli.
“Non affannarti su certi pensieri mia cara, sai come sono fatti i bambini: sempre pieni di fantasia e storie da raccontare.”
Non le bastò la risposta elusiva di Gerda, ma non contestò che era stata Grace a parlare alla bambina dei suoi mostri, quindi lasciò cadere il discorso, più che intenzionata a trovare delle risposte da sé a quella strana situazione.
“Elsa ti ha procurato un incontro con Sir Van Dyke per discutere delle vostre lezioni. Il suo arrivo è previsto dopo pranzo. Spero ti faccia piacere questa notizia.” Gerda era passata a rifarle il letto mentre lei era rimasta davanti alla specchiera a giocherellare con il bracciale di quella che si era resa conto essere erba di San Giovanni*.
“Ne sono felice.”- aggiunse senza tanto entusiasmo. In realtà era davvero contenta per quella notizia ma tutto il trambusto che aveva in testa non riusciva a farla gioire come si aspettava.
Gerda ravvivò il fuoco e poi si apprestò ad uscire. Non c’era motivo di costringere Anna a parlare, quando avesse voluto lo avrebbe fatto, le parole non le mancavano di certo. “Il pranzo verrà servito tra un’ora. Vuoi che venga servito qui?”- le chiese, sperando che la risposta fosse negativa. Vide la ragazza tentennare.
“Si, grazie.”
E la governante uscì ancora una volta sconfitta dalla camera.
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“Non mi scuserò per il mio comportamento nei tuoi confronti e sono sicura che capirai il perché. Ma devo ammettere che a volte cercare aiuto è meglio che arrancare da soli alla ricerca di una soluzione e forse avrei dovuto cercarti prima che le cose degenerassero.”
Per l’ennesima volta quel giorno si trovavano faccia a faccia nello studio della regina. Elsa era arrivata a patti con il fatto che Kristoff, volente o nolente, fosse diventato parte integrante della vita della sorella, prima dell’incidente. Ora, dopo averlo allontanato bruscamente, avrebbe dovuto reintrodurlo nella tela degli affetti di Anna, che sembrava essersi assottigliata ulteriormente dopo il loro litigio, e non sapeva come fare.
Il Mastro del ghiaccio annuì senza aggiungere nulla, aspettando che fosse la regina a continuare.
“D’ora in poi dovremo unire le forze per aiutare Anna e so a cosa stai pensando: come potresti aiutarla standole lontano?” Elsa sospirò, premendosi il dito indice all’apice del naso. “Non ho ancora pensato ad un impiego per te qui a palazzo. Dopo il vostro ritorno Anna mi ha parlato brevemente di te”- omise il fatto che il tono della sorella nei suoi confronti non era stato dei più gentili- “lei era convinta che tu fossi una guardia di palazzo. Potresti applicarti per diventare un cadetto, potrei chiedere a Lord Tomson di istruirti personalmente.”
“Non vedo come questo possa avvicinarmi a lei. È normale che un cadetto interagisca con la principessa?” Kristoff era scettico. “E poi non credo di essere portato per la carriera militare.”
“Potresti scalare la gerarchia in pochi anni e il tuo status si eleverebbe.” L’uomo le rivolse un’espressione incredula. “Ma con questo non voglio screditarti, né offenderti.” La regina si affrettò ad aggiungere, sventolando le mani davanti a sé, cercando di scusarsi. “È solo che potrebbe ritornarti utile.”
“C’è un’alternativa?” Voleva a tutti i costi che Anna tornasse da lui ma non era sicuro di voler diventare un militare. Sottostare alle regole ed essere alle dipendenze perenni di un superiore non faceva proprio per lui.
“Potrà sembrare strano ma sono impreparata sugli impieghi disponibili qui al castello. Dovrò chiedere a Kai.” Così dicendo suonò una campanella poggiata sulla sua scrivania “Sono sicura che lui saprà trovare un posto per te.”
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Nel pomeriggio aspettò pazientemente l’arrivo di Sir Van Dyke seduta al tavolo lungo della biblioteca. Il sole scendeva già dietro il fiordo quando l’insegnante posò i suoi libri sul tavolo e le dichiarò la sua più totale felicità nell’essere di nuovo responsabile della sua istruzione. Partirono da dove si erano fermati anni prima e lei fu felice di ricordare più di quanto pensasse, almeno in quel frangente. Riuscì a non pensare ad altro se non alla geopolitica dell’Europa per venti minuti dopodiché il suo entusiasmo si spense rapidamente e cominciò a solleticarsi il naso con la piuma della penna. Quando starnutì per la quarta volta, il precettore si arrese all’evidenza che la principessa non era cambiata poi tanto dall’ultima volta che l’aveva vista e sospese la lezione, rimandandola alla mattina del giorno seguente.
Anna rimase ancora per un po’ seduta al tavolo dopo che Sir Van Dyke se ne fu andato, sfogliando distrattamente gli appunti disordinati che aveva preso durante la lezione. Si accorse di avere la mano destra e la manica del vestito chiazzate di blu e sperò che Gerda non la sgridasse: sapeva che quel genere di macchia era difficile da rimuovere. Si inumidì il pollice e cercò di pulire la mano passandoci sopra il dito, e quando concluse che non c’era possibilità di successo, si alzò per andare a chiedere un bagno caldo.
Ripercorse a ritroso i corridoi diretta verso le cucine, sicura di trovare Grace e Gerda lì, ed infatti le trovò intente a parlare con Marha e Franz, i due cuochi che preparavano la cena. Grace la rassicurò sul fatto che nel giro di mezz’ora avrebbe avuto acqua calda a sufficienza nella sua stanza da bagno. Marha le offrì un krumkake spolverato di zucchero e le pizzicò la guancia, come faceva quando era piccola. Nei suoi anni di solitudine la cucina era stata uno dei suoi posti preferiti: lì, tra il ribollire delle zuppe e lo scoppiettare dei fuochi, aveva sempre trovato calore, biscotti, parole dolci e gesti affettuosi.
Ritornò sui suoi passi diretta nelle sue stanze, impaziente di perdersi nell’abbraccio dell’acqua calda e profumata, ma ai piedi delle scale qualcosa la bloccò. Il respiro si accorciò ed ebbe la sensazione che gli occhi le si allargassero più del normale. Strinse forte la stoffa della sua gonna in un pungo e cercò di articolare delle parole. Ma dalla sua bocca non uscì alcun suono.
Kai era di spalle e parlava in tono calmo con qualcuno che non si aspettava di vedere lì al castello. Non ricordava l’ultima volta che l’aveva incontrato. L’uomo annuiva alle parole del maggiordomo e sostava fermo e concentrato sul suo interlocutore. I capelli biondi gli ricadevano scomposti sulla fronte e negli occhi, la sua casacca era logora e sgualcita, e la sua postura lasciava intendere che non era di certo quello il posto in cui avrebbe dovuto stare. Cozzava quasi con l’impeccabile livrea di Kai e il suo portamento fiero.
L’uomo batté le palpebre in sequenza, velocemente, e per un istante la sua attenzione si spostò da Kai a lei. Il suo sguardo rimase fisso su di lei, inopportunamente troppo a lungo, finché Kai si voltò a guardarla per capire cosa avesse attirato l’attenzione del giovane. Anna sentì le forze venirle meno e non seppe darsene una spiegazione. Si ritrovò vittima di un sortilegio che la privava del movimento e della parola.
Quando Kai si schiarì la voce però la magia si spezzò e lei espirò come per capacitarsi d’avere ancora aria in corpo. “Vostra Altezza.” L’uomo si inchinò in maniera impacciata e dentro di lei sentì montare una rabbia cieca.
“Cosa…cosa ci fai tu qui?”- la voce le tremava ma era sicura che i suoi occhi lanciassero saette in quell’istante. Perché quell’uomo le provocava delle emozioni così violente? Perché il solo guardarlo le faceva torcere lo stomaco? Aveva forse paura di lui? Provava rabbia nei suoi confronti? Non avrebbe saputo dirlo. Sapeva solo che stare nelle sue vicinanze le scatenava delle reazioni fisiche strane ed incontrollabili. Riuscì a scorgere difficoltà nei suoi occhi scuri e Kai intervenne subito in suo aiuto.
“Principessa Anna, Kristoff qui è stato appena assunto a palazzo come tuttofare. Gli stavo illustrando il castello e le stanze degli inservienti.”
“Non eri già il mastro del ghiaccio o qualcosa del genere?”-si rivolse direttamente a lui, ignorando l’uomo più anziano.
“In inverno quello è davvero un titolo inutile, fur...Vostra Altezza.”
Anna lo fissò per alcuni istanti e poi annuì brevemente senza dire nulla. Distolse lo sguardo, stritolando ancora con le mani la stoffa raffinata del suo abito. Sentì del trambusto provenire dalle loro spalle. Gerda, Grace e alcuni garzoni trasportavano dei secchi fumanti verso le scale. La governante e la dama di compagnia quasi si scontrarono quando si fermarono di colpo a guardare la scena. Dell’acqua strabordò e cadde in terra.
La principessa e il mastro del ghiaccio a pochi passi l’uno dall’altra senza che accadesse alcunché di terrificante era uno spettacolo che non si vedeva a palazzo da un bel pezzo.“Direi che potresti cominciare aiutando queste due dame sollevandole da un così gravoso compito.”
Kristoff tolse i secchi dalle mani delle due donne e seguì attento gli altri tre garzoni, anche se dopo quella notte avrebbe potuto trovare la stanza di Anna ad occhi chiusi.
Valutò che se il suo primo compito era portare acqua calda nella stanza da bagno della principessa, non sapeva come avrebbe fatto a resistere così a lungo in quel posto, così vicino a lei eppure incapace di poterla toccare o di parlarle di quello che era stato, senza rischiare di impazzire.
Le lanciò un’ultima occhiata prima di girare uno degli innumerevoli angoli del palazzo. Lei lo guardava di rimando, insistentemente.
Ti prego, Anna. Torna presto in te.
*L’erba di San Giovanni (o Iperico) è stata a lungo ritenuta un’erba magica capace di scacciare gli spiriti maligni. Mi sembrava carino farne fare un bracciale per Anna che di mostri da mandar via ne ha un bel po’.
Nda: della serie chi non muore si rivede, eccomi qui dopo tre anni dall’ultimo aggiornamento (dio mio mi sento vecchia!). Non ho molto da dire su questo capitolo o su questa storia più in generale. Ormai è diventato un pensiero fisso concluderla quindi vamonos… So che il capitolo è un po’ lunghetto e che ho messo molta carne al fuoco, ma fidatevi ho scritto robe più lunghe e complesse XD se il vostro unico commento dovesse essere “ma i personaggi sono ooc” astenetevi dall’inoltrarmeli, perché vi rimanderei alle note della storia.
Spero che lì fuori su efp sia rimasta un’anima pia pronta a leggere questa storia e se non sarà così…beh whatever ¯\_(ツ)_/¯
Alla prossima, snowflakes!
Ps: il mondo è pieno di bei nomi da dare ai propri personaggi …perché cavolo continuate a rubarmi Grace!? Questa è già la terza volta che capita. Se dovete copiare, almeno fatelo con stile…cambiate almeno il suo mestiere! A buon intenditor…
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