Principessa e Mononoke

di Fast
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Gratitudine ***
Capitolo 3: *** Coscienza e Incoscienza ***
Capitolo 4: *** Verità e verità ***
Capitolo 5: *** Profumo ***
Capitolo 6: *** Gocce ***
Capitolo 7: *** Stomaco attorcigliolato ***
Capitolo 8: *** Fiori di Ciliegio ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


La mia anima è una tomba che, cattivo cenobita, 
dall'eternità percorro e abito;
ma nulla abbellisce i muri di questo chiostro odioso.

Baudelaire


Un urlo ancora più straziante dei precedenti fece scivolare la tazza colma di the verde dalle mani della giovane serva Ayumi. 

Sospirò. 

Sapeva benissimo quello che il suo Signore stava provando in quel momento.

Si alzò sconsolata, ripulendo il più in fretta possibile il guaio che aveva combinato per poi voltarsi a riempire una nuova tazza di porcellana che posò sul piccolo vassoio di legno che aveva già preparato in precedenza. Tuttavia, il rumore di passi veloci nel corridoi la costrinse a distrarsi ancora. 

Quasi immediatamente la porta scorrevole si apri di scatto, lasciando sbucare la faccia, decisamente troppo bianca, del signor Myoga, uno degli uomini di fiducia del Signore.

-Ayumi! Ragazza, per tutti i Kami, è pronta la roba che ti ho ordinato?- 

La giovane piegò la testa in avanti in modo affermativo.

-E allora cosa aspetti a portarla su? Sta diventando insostenibile, e sai benissimo cosa succede quando perde il controllo!-. 

Le ultime parole erano state pronunciate con tono strozzato, probabilmente dalla paura. 

Ma d'altronde Myoga non si poteva certo definire un uomo coraggioso.

La serva storse la bocca. 

Come poteva biasimarlo, contando che anche lei sapeva perfettamente quello che succedeva quando il suo Signore dava di matto? 

Come poteva, per la santità  dei Kami, giudicarlo quando lei era la prima ad esserne terrorizzata? 

Facendosi coraggio, Ayumi si sistemò le pieghe sgualcite del kimono ed afferrò il vassoio, facendo attenzione a non rovesciare neanche una goccia di the dalla tazza  e da una boccetta colma di un liquido scuro a lei ben noto. 

Mentre camminava a passo spedito per i corridoi, guardava cercando di non farsi notare le facce scure dei soldati. 

Erano passati due giorni dalla tragedia, due giorni che a tutti loro erano parsi anni, secoli.

Dopo qualche minuto, giunse davanti alle stanze del Signore. 

Aprì con tutta la discrezione possibile la porta.

Le si strinse il cuore, non appena i suoi occhi misero a fuoco la scena all'interno della stanza. 

Il suo Signore era li, piegato sulle ginocchia, il volto stravolto dal dolore celato dai lunghi capelli d'argento, una mano artigliata stretta spasmodicamente attorno ad una più piccola e molto, troppo, pallida. 

Ayumi strinse le labbra.

La sua bellissima Signora...

-Inuyasha- 

La voce fredda e profonda di Sesshomaru, fratello del Signore, la fece sobbalzare. 

Quasi sembrò riscuoterla da uno strano stato di trance. 

Fu allora che si permise di focalizzare l'attenzione sul corpo senza vita della Signora. 

Perfino la morte non era riuscita ad intaccare la sua proverbiale bellezza. 

I lunghissimi e lucidissimi capelli d'ebano erano sparsi ordinatamente attorno alla testa, quasi a voler formare una corolla per quello splendido fiore reciso troppo presto. 

Il bel volto dall'ovale perfetto era pallido, il naso piccolo che spuntava grazioso sulla bocca carnosa, e le palpebre dalle lunghe ciglia scure che celavano quegli splendidi occhi neri come la notte.

Le braccia fini come steli erano sistemate con cura sul corpo minuto della donna, mentre la mano grande ed abbronzata del Signore carezzava e stringeva quel corpo ormai privo di vita, avvolto nella veste bianca e rossa tipica delle sacerdotesse. 

Un singhiozzo si propagò nell'aria, e Ayumi sussultò quando le iridi dorate del demone si alzarono dai poveri resti della donna stesa sul futon.

Quasi ebbe un'altra stretta al cuore, Ayumi, nel vedere il bel volto del Signore scavato con  la barba troppo lunga ad accentuare la sofferenza di quei tratti perfetti.

-Cosa, Sesshomaru? Cosa vuoi?-.

Ayumi represse a stento un gemito, non appena sentì dopo due giorni la voce del suo Signore.

Era fredda, bassa, arrochita. 

Tutto in lui, dalle ampie spalle ricurve alle mani contratte, lasciava trasparire dolore.

-Voglio che ti riprenda. Non ti servirà a nulla avvilirti così-.

Sorprendentemente, quella frase non destò l'ira del Signore.

Ayumi lo osservò alzarsi lentamente in piedi, la casacca nera del kimono sdrucita e strappata, e dirigersi verso il giardino illuminato a malapena da un misero quarto di luna.

Sobbalzò sentendo una mano stringere il gomito.

Col cuore in gola si voltò, incrociando gli occhi scuri del signor Myoga. 

-Dai qua, ragazza. E torna nelle cucine- borbottò l'uomo afferrando il vassoio.

La ragazza esitò. 

-È per il tuo bene- incalzò quello, due gocce di sudore sulla fronte corrugata.

Ayumi lasciò andare il vassoio per schizzare fuori dalla stanza, richiudendo la porta scorrevole dietro di sè.

-Dannazione!-

Un astio, una rabbia indicibile grondava da quella parola, facendola somigliare terribilmente ad un ringhio. 

Le gambe della giovane donna si bloccarono di colpo. 

-Maledetto! Che sia maledetto Naraku! Mi ha tolto l'unica cosa che dava un senso alla mia vita!-

-Hai sentito cos'ha detto l'anziano, no? È possibile riportarla in questo mondo!- 

La voce di Sesshomaru risuonò chiara e decisa.

-Si. E se questo comporterà il sacrificio della figlia di quel bastardo non mi interessa-

-Dimentichi la sfera-

Una risata priva di ogni felicità raggiunse le orecchie di Ayumi, intenta ad ascoltare quella conversazione. 

-La sfera è l'ultimo dei miei problemi, Sesshomaru. Prenderò la figlia di quel dannato, e credimi, sarà per me un immenso piacere ucciderla per ridare la vita alla mia Kikyo-. 

Calò il silenzio.

-Dicono che non somigli per nulla al padre- 

-Non mi interessa!- ruggì Inuyasha. 

-Argh...-.

Un gemito di dolore uscì dalle labbra dell'uomo.

-Dove diavolo è la pozione?- urlò.

Ayumi senti Myoga avvicinarsi con velocità.

Dopo aver bevuto, Ayumi senti il suo Signore posare con violenza la tazza sul vassoio. 

-Solo il fatto che nelle sue vene scorre il sangue di quel maledetto mi è più che sufficiente per toglierla dal mondo!- continuò.

-Capisco- disse Sesshomaru -Ma dovrai fare attenzione. Sai bene che è lei che....- 

-So benissimo cos'ha detto il vecchio! Ho memorizzato ogni  dannata parola che ha pronunciato!-

-Sei sicuro, Inuyasha?-. 

Ayumi, armata di un ardire che non credeva di possedere, con la massima cura aprì di qualche millimetro la porta, giusto in tempo per osservare il suo Signore, Inuyasha, muovere qualche passo verso il fratello. 

Un'improvvisa folata di vento mosse i suoi capelli d'argento, mentre gli occhi brillavano di una luce sinistra. 

-Non sai quanto, Sesshomaru. Riavrò la donna che amo. E non c'è nulla a questo mondo che potrà impedirmelo-.

La voce di Inuyasha assunse un tono basso e minaccioso, privo di qualsiasi traccia di misericordia e tentennamento. 

-Molto bene. Da dove vuoi cominciare, dunque?- 

Inuyasha piegò le labbra in un  amaro sorriso, mentre muoveva qualche passo verso la salma di Kikyo.

-Darò disposizioni affinché il corpo di Kikyo sia conservato a dovere in attesa della sua rinascita. E partiremo immediatamente alla ricerca della figlia di quel bastardo-.

-Molto bene. Non hai intenzione di muoverti verso Naraku?- domandò Sesshomaru. 

-Assolutamente no. Non voglio che sospetti nulla. Non deve sapere che abbiamo scoperto il modo di riportare a noi Kikyo. Dobbiamo continuare come al solito. Niente dovrà destare in lui il sospetto di aver fallito. Ma credimi, attendo con ansia il momento in cui toglierò la vita a quel dannato. Solo allora la mia anima avrà pace-.

Seguì un breve silenzio, scandito solo dal rumore del vento. 

-Qual'è il nome della figlia?-

-Kagome. Si chiama così- 

Ayumi osservò il suo Signore portarsi una mano al mento, gli occhi dello stesso colore del sole che scintillavano di odio.

-Kagome, eh?- 

La voce era bassa, mentre calcava quel nome con un tono pieno di significati.

-Molto bene. Rispolvera le buone maniere, fratellino. A breve avremo un ospite. E che ospite!- 

La giovane serva richiuse con attenzione la porta, mentre la risata diabolica del Signore le perforava le orecchie. 

Non sapeva chi fosse, questa Kagome, e di certo era estranea a tutta la triste vicenda che si erano trovati ad affrontare in quei giorni, come aveva detto il Signor Sesshomaru, ma se il suo Signore aveva deciso di prenderla di mira per qualche scopo a lei oscuro, beh, in quel caso quella ragazza era spacciata.

E così Ayumi si ritrovò, dal profondo del suo cuore di sorella di sei fratelli, a fare l'unica cosa possibile per quella donna.

Supplicare i Kami.

Pregarli di salvare un'innocente dalla rabbia di un uomo ferito, privato dell'unico amore che avesse mai conosciuto. 

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Capitolo 2
*** Gratitudine ***


La gratitudine è non solo la più grande delle virtù, ma la madre di tutte le altre.
Cicerone


-Acqua...-

Un rantolo svegliò di colpo la giovane donna che si era appena assopita dopo una notte d'insonnia. 

Si riscosse velocemente dal torpore che l'aveva avvolta, tirandosi su in ginocchio e sporgendosi verso il secchio di legno colmo di acqua fresca di pozzo che un domestico aveva portato pochi minuti prima.

Tirandosi su le maniche della camicia bianca che portava, un ricordo dei suoi momenti felici in Occidente da cui non voleva separarsi, riempì una tazza e la volse verso l'anziano disteso sul futon.

Con estrema delicatezza, sollevò la testa dell'uomo ed avvicinò la tazza alle labbra, facendo attenzione a non rovesciare nulla.

Preoccupata, osservò colui che le aveva fatto da padre consumato dal dolore della malattia, ed un nodo le si formò in gola.

Deglutendo, si costrinse a non piangere.

Il volto dell'anziano era giallo e smagrito, il corpo leggero come una piuma fortemente debilitato. Soltanto gli occhi, di un vivido e brillante castano, erano gli stessi. 

Sospirando, la ragazza fece appoggiare con tutta la delicatezza possibile la testa del povero vecchio sul cuscino, e con la diligenza degna di una figlia sistemò le coperte per proteggerlo dal freddo di gennaio, alzandosi infine per ravvivare il fuoco.

-Kagome....mia cara...-

La giovane sussultò, gli occhi di un insolito blu che correvano veloci verso l'anziano monaco morente. 

-Sì, reverendo Omoe?-.

Lo osservò alzare con fatica una mano ossuta e deformata per farle cenno di avvicinarsi.

Non appena la ragazza si sedette di fianco al futon, l'uomo le afferrò le dita.

Kagome si ritrovò a sorridere.

-Bambina mia... Dimmi.... Sei certa di non volere far ritorno in Occidente?- le domandò con voce flebile.

La giovane sospirò.
 
Pensò agli anni passati nel continente, nell'antica cittá di Roma. Un luogo così diverso dal suo paese natio.
Eppure per cinque anni era stato la sua casa.

Adorava Gostanza, la buona e chiacchierona perpetua del parroco che la viziava come una figlia. 
Adorava Augusto, l'anziano arciprete che le ricordava in modo impressionate l'amato e lontano Omoe, che non si stancava mai di insegnarle l'antica arte della medicina e dell'alchimia. 
Adorava sedersi con loro davanti al fuoco scoppiettante nelle fredde serate d'autunno per ridere e scherzare accompagnati da un bicchiere di buon vino.
Adorava passeggiare per le strade di quella città, fare la spesa al mercato, discutere con le massaie incantate dai suoi occhi a mandorla dello stesso colore delle acque e dai suoi lunghi e ricci capelli castani.
Adorava seguire Augusto nelle stanze segrete dei suoi amici frati per sfogliare antichi libri colmi di sapere, per poi disquisire tutti insieme di filosofia e antichi rimedi curativi davanti ad un piatto di zuppa, magari dopo aver preso bonariamente in giro Padre Riccardo, un arzillo quanto sordo frate ultra novantenne.

Kagome prese fiato.

-Certo che si. Adesso avete bisogno di me, come potrei abbandonarvi?-

Il vecchio tossì con forza, scattando su a sedere, immediatamente soccorso dalla ragazza.

La giovane strinse forte le labbra.

In quel mese, da quando era tornata, avvertita dall'amica d'infanzia Sango delle condizioni di salute del buon monaco alle quali il padre Naraku si disinteressava totalmente, la situazione non aveva fatto altro che peggiorare. 

A nulla erano valsi i consigli di Augusto ed i medicinali che aveva portato dal continente.

Il buon vecchio Omoe continuava a peggiorare e sembrava proprio che la sua ora stesse per sopraggiungere. 

-bambina mia.... Sai meglio di me che non ce la farò...- ammise con un filo di voce l'anziano.

Kagome scosse la testa e spostò da un lato la lunga treccia bruna.

-Non dite sciocchezze, non è da voi-
-Eppure è così, bambina. Nulla può salvarmi. Anni ed anni passati a contatto con spiriti immondi ed aure malefiche hanno indebolito corpo e spirito. A nulla servono i comuni rimedi che con tanto affetto e premura mi somministri ad ogni ora del giorno e della notte. Soltanto l'elisir della sfera dei quattro spiriti potrebbe aiutarmi. Solo quello-

Kagome storse la bocca. 
Ricordava vagamente le storie di Oni e Mononoke che la sua balia le raccontava da piccola. 
Ricordava con quale fervore la donna le raccontasse di oggetti magici che prendevano vita, di procioni in grado di trasformarsi, di bellissime donne della neve capaci di incantare e divorare gli uomini.
Ma la sua formazione scientifica le aveva insegnato a guardare a questi racconti come a delle semplici e sciocche superstizioni popolari. 
D'altronde, era in Giappone da più di un mese e di Mononoke ed Oni nemmeno l'ombra.
Pertanto, riteneva che la storia della sfera dei quattro spiriti fosse il frutto dei vaneggiamenti di un uomo consumato dai dolori della malattia.

Eppure....
Non le aveva forse insegnato Padre Riccardo, in molti dei loro pomeriggi di studio,  che l'alchimia ha ben individuato in secoli di ricerche il potere delle rocce e dei metalli?
Non erano forse ben conosciuti, e lei stessa non aveva forse assistito a guarigioni miracolose grazie ai minerali?

Sospirò. 
Forse, non sarebbe stato poi così sbagliato venire in possesso di quell'elisir.

Tossicchiò per richiamare l'attenzione del vecchio monaco.

-Ditemi... Dove posso trovare questa sfera?-

-No! O no bambina mia! È pericolosissimo partire alla ricerca della sfera! La buona Kaede, sua attuale custode e mia cara amica, ha messo su una rete di magie e barriere spirituali per proteggerla! In molti l'hanno ricercata negli anni, pronti ad usufruire dell'immenso potere che racchiude! No, no mia cara... Sarebbe troppo pericoloso. Non sono eterno, bambina. Soltanto i Kami conoscono l'ora in cui dovrò riunirmi a loro. Sarebbe da sciocchi combattere contro quanto è già scritto...-

Kagome fece per replicare, ma un nuovo attacco di tosse dell'anziano la costrinse a rimandare quanto aveva da dire. 

Con un sospiro, sistemò nuovamente le coperte del futon, constatando con piacere che dopo un giorno quasi insonne il monaco era caduto in un sonno profondo.

Decise di alzarsi per sgranchirsi le gambe.

Quando uscì dalla capanna, costruita nella parte più nascosta del giardino che circondava la lussuosa casa di suo padre, il vento freddo di gennaio la investi, portandola ad avvicinare al collo lo scialle di lana che aveva sulle spalle.

-Kagome-chan... Ecco, ti ho portato una ciotola di riso. Sono due giorni che bevi soltanto, non è salutare-.

La ragazza si volto con un sorriso stanco ma pieno di affetto verso la proprietaria di quella voce dolce come miele.

La sua carissima amica Sango, che per lei era come una sorella, la osservava con un sorriso, le braccia avvolte dal kimono verde e rosa protese in avanti ad offrirle una ciotola colma di chicchi di riso, i lunghi capelli color castagna lasciati sciolti sulle spalle.

Gli occhi grandi, dello stesso colore della terra, la guardavano vispi, registrando con palese disapprovazione le occhiaie sotto gli occhi e i capelli sporchi e disordinati.

Kagome sospirò, afferrando il riso.

-Lo so, Sango... É solo che non ce la faccio a lasciarlo. L'idea che possa succedergli qualcosa mentre io sono via mi uccide. Sono mancata più di cinque anni...-

L'amica si affrettò a posarle una mano sulla spalla  -Ma non è stata colpa tua! Hai seguito le tue naturali inclinazioni e, lasciatelo dire, hai approfittato di un'occasione d'oro...-

Kagome annui sospirando. 
Ricordava bene la totale mancanza di affetto del padre, e il vuoto di una madre che non aveva mai conosciuto. Per questo aveva toccato il cielo con un dito quando il genitore non aveva battuto ciglio alla sua richiesta di partire con gli olandesi alla volta dell'occidente.
Complice Omoe stesso, che intratteneva rapporti pacifici con gli Occidentali,  era stata affidata alle cure di padre Augusto, un anziano prelato di origini italiane che si era preso da subito cura di lei, insegnandole diverse lingue ed istruendola all'arte medica, non appena aveva scoperto la predisposizione della tredicenne per quella disciplina.
Gli anni in Italia erano volati, felici come non mai. Era stata circondata da anziani signori gentili che le avevano riservato un'educazione ed un'istruzione che le donne, ed anche molti uomini, si potevano solo sognare.
Per questo le si era strinto il cuore a lasciare tutto questo, consapevole che molto probabilmente, vista l'inclinazione di Ieyasu a chiudersi all'occidente, non avrebbe più potuto far ritorno nel continente, ma il buon Omoe, che l'aveva accudita sin dalla nascita aveva bisogno di lei, e lei non poteva certamente dimostrarsi un'ingrata.

Un'ansia indicibile l'aveva presa, constatando con i propri occhi quello che l'amica Sango le aveva descritto per lettera.

L'anziano era allo stremo delle forze, bisognoso di ogni cura possibile.
Quando, basita, lo aveva interrogato sul perché non le avesse mai accennato nulla di quella situazione durante la loro corrispondenza, il vecchio aveva sorriso,  dicendo che non era sua intenzione mentire, ma nemmeno costringere la ragazza che considerava al pari di una figlia a rinunciare alle sue aspirazioni.

Questa era una prova di amore incredibile e Kagome, che era stata cresciuta dal monaco discendente di un'antica famiglia di Samurai con valori fortissimi come il senso dell'onore, della giustizia e della misericordia, non poteva e non voleva abbandonarlo.

Stancamente, si spostò poco più in la per sedersi su una panchina, seguita da Sango.

-Forse hai ragione. Ma adesso il mio posto e qui. Non intendo restarmene con le mani in mano a vederlo morire-.

Sango annuì -Giusto. Se soltanto potessimo fare qualcosa...-.

Kagome alzò gli occhi verso il cielo, pensierosa -Senti, Sango... Sai dirmi nulla della sfera dei quattro spiriti?-

-Mio padre me ne parlava spesso. E una sfera con poteri miracolosi, che pare brillare di luce propria. Dicono che sia in grado di esaudire qualsiasi desiderio-

Kagome annuì -Omoe mi ha parlato di un elisir...-

Sango si portò l'indice al mento, pensierosa -Si. Credo di aver sentito qualcosa al riguardo. Cosa conti di fare? Partire alla ricerca della sfera? Ma non eri tu quella che non credeva in queste leggende?-

-Si, ma credo nella scienza, nell'alchimia. Credo nei poteri dei metalli e dei minerali. Quindi non reputo così impensabile la possibilità che questa sfera sia in grado di curare mali apparentemente incurabili- 

Strinse le mani attorno alla tazza.

-Devo provare, Sango. Glielo devo. Solo, non so da che parte cominciare. Non credo che mio padre opporrà qualche resistenza, visto e considerato l'interesse che nutre per me, però non so davvero da cosa partire. Il Giappone e enorme, manco da tanti anni e non credo neppure di cavarmela così bene con là lingua.oltretutto, Omoe non vuol darmi indicazioni, perché crede che sia troppo pericoloso. Ma io devo provare, in ogni modo-

Sango annuì, colpita da quella accorata confessione -Potremmo provare a chiedere ad uno degli eremiti che vivono sulle nostre montagne. Loro potrebbero saperne qualcosa-

Kagome alzò lo sguardo, fiduciosa -Certo! Potrebbe essere una buona idea!-

Sango sorrise in risposta, alzandosi in piedi seguita a ruota dall'amica -Certo che lo è! Ed io ti aiuterò!-

-Ma Sango... Probabilmente sarà un viaggio lunghissimo e tu..-

L'amica alzò una mano per zittirla -Non dire sciocchezze. Non c'è nulla che mi trattenga qui. Papà e morto, e Koaku è ad allenarsi nelle zone del nord, quin...-

Delle urla la interruppero prima che potesse finire la frase, facendola sobbalzare insieme a Kagome.

Le due ragazze guardarono con occhi sgranati delle fiamme altissime alzarsi dal centro del villaggio, mentre il nitrito di cavalli, tanti cavalli, si andava a mescolare  con le urla degli abitanti, il rumore delle spade e delle voci di uomini sconosciuti.

Sentì la mano di Sango stringersi sul suo polso -Kagome! Forza, muoviamoci di qui!- 

La ragazza non ebbe neanche il tempo di registrare quel che l'amica aveva appena detto, che un fortissimo rumore di zoccoli attirò irrimediabilmente la sua attenzione.

La giovane sgranò gli occhi, nel vedere chi fosse il cavaliere che con tanta irruenza aveva fatto il suo ingresso nel giardino.

Non seppe come, ma Kagome riuscì a non batter ciglio quando l'uomo si fermò, l'enorme cavallo scalpitante, a pochissimi centimetri da lei.

Era alto. Alto, con spalle possenti evidenziate dalla casacca nera in seta tipica delle buone famiglie del paese del Sole Nascente.

Il viso era volitivo, forte, caratterizzato da naso dritto, bocca sottile ed occhi di uno strano colore, quasi oro, estremamente brillanti ed evidenziati da lunghissime ciglia.

Kagome trattenne il fiato.

Da sopra i lunghi capelli, di un insolito argento, spuntavano due orecchie tipicamente canine.

La ragazza sbattè le ciglia più volte.

Che fosse... Realmente un Mononoke?

Un urlo fortissimo, lanciato da qualche servitore, la fece sussultare, ed istintivamente si portò davanti a Sango, anche se la ragazza non mostrava la minima traccia di terrore.

Deglutì, e strinse forte i pugni per farsi coraggio, mentre l'uomo era ancora intento a fissarla.

 -Siete... Siete qui per mio padre?-. 

Osservò non senza un un brivido le labbra del cavaliere davanti a lei piegarsi in un sorriso privo di qualsiasi tenerezza.

E a Kagome non poté non mancare il fiato quando con una voce profonda e roca disse: 
-No. Sono qui per te, Kagome...-




Ma buonasera! Eccomi qui con il primo incontro Kagome/Inuyasha! 
Che dire... Vi starete sicuramente chiedendo: questa e scema, ma che c'entra Roma, gli olandesi, i frati e via discorrendo?  Ho voluto fare qualcosa di diverso, dare un'ambientazione e un tema nuovi, basandomi su fatti storici realmente accaduti, modificandoli laddove sarà necessario, per questa storia.
E certo che nel 1600 il Giappone feudale si chiuse definitivamente al mondo con Ieyasu. Ci furono rivolte da parte dei cristiani convertiti, manco a dirlo soffocate nel sangue, ed i rapporti e gli scambi commerciali rimasero appannaggio di pochi europei, soprattutto olandesi, confinati su alcune piccole isole.
Che dire, spero apprezziate la mia scelta di inserire un tocco di italianità nella storia. Italianità che sarà profondamente collegata con la nostra protagonista!
Qua è la verranno disseminati "mostri" tipici del folklore giapponese. Il Mononoke e uno di questi, nonché uno dei milioni di modi di definire uno "spirito" nel paese del Sol Levante.
Ringrazio tutti voi che leggete recensite, supportate e sopportate! ;)
Alla prossima!!!

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Capitolo 3
*** Coscienza e Incoscienza ***


Al mondo non c'è coraggio e non c'è paura,
ci sono solo coscienza e incoscienza.
La coscienza è paura, l'incoscienza è coraggio.


 

 

Osservava, ben attento a non farsi scoprire,la schiena della ragazza che procedeva dritta e spedita sul cavallo.

I capelli mossi e scuri, troppo folti per essere contenuti da quel misero nastro, ondeggiavano sulla schiena dalla curva gentile, le braccia fini e alabastrine che tenevano con sicurezza le redini, attente a proteggere l'altra ragazza che aveva fatto il diavolo a quattro per seguirla.
 

 Inuyasha non potè non tornare con la mente a quello che era successo tre mattine fa.
 
 Tutto, fuorché quello che si sarebbe aspettato...
 
 
 ***********************************************************
 
  -Siete.. siete qui per mio padre?-
 
 Bisbiglio, incertezza, ed uno strambo accento straniero.
 
 -No. Sono qui per te, Kagome-
 
Gli occhi blu come il mare si allargarono stupiti, mentre le belle labbra rosee si strinsero fino a diventare bianche.

Tirò su la testa, evidenziando il naso lungo ed inusuale per una giapponese, il collo esile e sinuoso come quello di un cigno che lasciava intravedere una vena pulsante.

Non era poi tanto male, la figlia di Naraku.

Ma questo non avrebbe interferito  minimamente con i suoi piani, che erano rimasti fermi per ben tre anni.

Troppo, decisamente troppo tempo.
 
 -E cosa vorreste da me, cavaliere?-
 
Cercava di darsi un tono, la bambina.
Come se il suo naso non fiutasse la puzza di terrore.

E ringraziando i Kami, il suo odore naturale, per quanto nauseante, non somigliava per nulla a quello del padre.
 
 Almeno per quanto riguardava quel frangente, i Kami erano stati clementi.
 
Non avrebbe dovuto avere costantemente sotto il naso l'odore pestileziale di quell'individuo.
 
-Vorrei che foste mia ospite. Sapete, ho un conto in sospeso con vostro padre, e sono certo che voi converrete sia dovere di ogni figlia devota prendersi carico dei problemi dei genitori-
 
 La osservò inarcare un ciglio ben disegnato,  mentre i pugni si stringevano.
 
 -Cos'è, un modo educato per giustificare un rapimento,  cavaliere?-
 
 
Al demone non sfuggì quel "cavaliere" grondante di sarcasmo.
 
 
 -Come credete. Resta il fatto che verrete con me-
 
-E se non dovessi gradire il vostro invito?-

 -In tal caso credo che sarò  costretto ad usare le maniere forti-

 -In tal caso credo che troverete una forte  resistenza, cavaliere-
 
 Razza di ragazzina impudente...
 
 -Ed io l'aiuterò! Chi vi credete di essere per piombare qui e rivoluzionare le nostre vite?-

Si corresse: razza di ragazzine impudenti...
 
-Inuyasha! Inuyasha dove sei?-
 
 
Il mezzodemone girò la testa verso la voce familiare del monaco Miroku.
 
Ed eccolo la, il libertino, baldanzoso come sempre in groppa al suo cavallo, gli occhi chiari scintillanti ed il sorriso sbarazzino onnipresente.
 
 -Ah sei qui-
 
Lo osservò non senza un certo divertimento  mentre posava lo sguardo ceruleo sulle due donne ancora  immobili.

 -Ecco perché non rispondevi! Con due fanciulle così!-
 
-Che razza di monaco saresti tu, eh?!- sbottò portandosi in avanti la ragazza che fino a quel momento era  rimasta dietro a Kagome.
 
 -Un amante di quel che di bello il creato ci ha donato, mia cara. Quindi il miglior servitore dei Kami, perchè nessuno piu di me apprezza le gioe di cui ci circondano ogni giorno.-
 
 La giovane dagli occhi castani inarcò un sopracciglio, scettica.
 
 -Io direi semplicemente che sei  un monaco deviato-
 
 Inuyasha osservò di sbieco Miroku che stava per esplodere in una delle sue risate spensierate.
 
 -Comunque, ti cercavo per un  buon motivo, Inuyasha- disse il ragazzo tornando serio.
- Il sutra ha avuto effetto, la strada per la sfera dei quattro spiriti è libera. Dobbiamo partire subito però. I Kami ci concedono soltanto due mesi di tempo,e dopo tutta la preparazione di questi anni non è il caso di lasciarsi sfuggire questa occasione-
 
 Certo che non si sarebbe lasciato sfuggire quell'occasione.

 E non sarebbe stata certamente la cocciutaggine di una ragazzina viziata ad  intralciare i suoi piani.
 
Stava per rivolgersi, e di certo non con toni delicati, a quella piccola ed indisponente ragazzetta  quando...
 
 -Molto bene cavaliere. Abbiamo la possibilità di prendere alcuni effetti personali, o dobbiamo partire immediatamente?-
 
 -Cosa?-
 
 La  domanda uscì spontanea dalla bocca di inuyasha, prima che il cervello potesse fermarla.
 Da dove  veniva quella sicurezza, quell'accondiscendenza, se fino  a cinque minuti prima quella tizia pareva non volerne sapere di smuoversi da li?
 
 E perché  diavolo quell'altra ragazzetta avrebbe dovuto unirsi a loro?
 
 La osservò voltarsi  seccata, un braccio sul fianco a sottolineare l'impazienza, mentre l'altra le dava manforte annuendo ed incrociando le braccia.
 
-Ho detto: abbiamo il tempo di prendere qualche effetto personale, o la partenza è impellente? Perché in caso fosse così, temo che dovrete anticipare a me e alla mia amica il denaro sufficiente per acquistare le cose basilari. Non temete, vi verrà restituito tutto alla fine del nostro, come dire...soggiorno-

Supponente, a tratti arrogante... e quell'orrendo accento....

La detestava, poco ma sicuro.

-E perchè diavolo dovrebbe venire anche la vostra amichetta con noi, eh?-
 

La osservò fremere di rabbia, mentre l'angolo destro della bocca si deformava in quello che suppose essere un tic.
 

-Perchè io e lei siamo insieme, sempre e comunque. E poi avrò bisogno di compagnia. È una cosa che si concede anche ai prigionieri, la compagnia, no cavaliere?-
 

-Non lascerò Kagom... ehm...la signorina, ovvero la figlia del padrone sola in mano a degli individui di dubbia natura!- le fece eco l'oggetto della discussione.
 

-Suvvia, Inuyasha! Che male potranno mai fare due giovani ed innocenti fanciulle! In fondo, la signorina qui presente chiede soltanto di essere accompagnata, durante il suo soggiorno, dall'amica!-

-Sorvolerò sull'eufemismo che avete usato, monaco, per descrivere quello che è a tutti gli effetti un rapimento. Comunque potete fidarvi di noi. Non mordiamo mica, sapete-

Che non mordesse era poco ma sicuro, ma di certo era una piccola bastarda come il padre.
Il sangue non è acqua, dopotutto...

Sebbene gli costasse una certa fatica, per non tardare di troppo la partenza Inuyasha si vide costretto ad accettare.

-E va bene. Accordato. Avete dieci minuti per raccogliere le vostre cose, non uno di piu-

Osservò la detestabile figlia del suo nemico piegare le labbra in un sorriso di scherno -Sapevo di poter contare sulla vostra nobiltà d'animo, cavaliere-
 

Inuyasha assottigliò gli occhi, che diventarono in quel modo ancor piu freddi ed affilati.
 

-Immagino che non siate avvezza ad un sentimento così nobile, visto il veleno che vi scorre nelle vene-.

Le sue parole erano state ponunciate in un soffio basso, minaccioso, un suono che aveva spaventato piu di un nemico.

Stranamente però, quel suono sgradevole ed inquietante non sorti alcun effetto sulla giovane donna, che al contrario lo guardava dritto negli occhi.


Mare contro sole.
 

-Se pensate che per giudicare un essere vivente basti conoscere la sua famiglia, ebbene vi sbagliate di grosso. Ognuno è un individuo a se. Non dimenticatevelo-

E senza aggiungere una sola parola si era allontanata, affiancata dall'altra donna che piu che una serva sembrava una sorella.

******************************************************************************


Ed ora eccoli li, in viaggio verso le montagne del nord per recuperare un oggetto fondamentale per la riuscita del piano.

Un sorriso gli illuminò il volto, mentre ripensava alla donna che l'attendeva a casa.

-Ce l'abbiamo quasi fatta, Kikyo... Amore mio, manca poco e ritornerai una donna viva a tutti gli effetti. E finalmente saremo felici- pensò il mezzodemone.

-Scusate.... Scusatemi! Potremmo fermarci, per favore? E' tutto il giorno che camminiamo!-
 

Inuyasha alzò gli occhi al cielo, mentre qualcuno di poco gradito interrompeva il flusso di quei dolci pensieri.

Tre giorni.

Tre giorni e di quella strega ne aveva già fin sopra ai capelli.

Chiaccherava in continuazione, perforando le sue sensibili orecchie con quell'accento terribile.
Discuteva animatamente con Miroku di scienze naturali e robaccia varia danneggiando, come sempre, i suoi timpani.
Il suo odoraccio non faceva che infastidirlo, ed era costretto a stare dietro ai suoi stupidi ritmi umani.

Avanzava pretese, dicendo che era un suo diritto farsi un bagno caldo ogni sera...

-Non sapete che lo sporco è una delle prime cause delle malattie?-

Così come era un suo diritto fare tre pasti al giorno...

-Non sapete che l'alimentazione è il primo passo per mantenersi in perfetta salute?-

E lui, che fremeva dalla voglia di raggiungere il nord, non prima però di aver sostato presso la sua dimora per riabbracciare la sua Kikyo prima di proseguire, doveva star dietro alle stupidaggini di quella maledetta!
 

-Ahia!!! Sango, mia cara! Mi hai fatto male stavolta!-

E come se non bastasse tutto questo per farlo impazzire, ci si mettevano pure Miroku e quella pazza della serva con i loro litigi quotidiani!.

Kami, ce n'era abbastanza per uno sterminio!

-Ehm...-

Kami.

Ancora quella.

Inuyasha si costrinse a non ringhiare.

-Che c'è adesso?-

Osservò la ragazzetta prendere un profondo respiro, mentre cercava nel contempo di scostarsi i capelli che le erano finiti sul viso a causa del vento.

-C'è, cavaliere, che è un giorno intero che siamo in marcia. Stavolta, intuendo la vostra fretta che credetemi è anche la nostra, ho tralasciato il fatto che non ci siamo fermati per il pranzo-

Oh, che animo nobile.

Aveva tralasciato, in tutta la sua magnanimità, quell'orrenda mancanza...

Come se fosse lei, il capo.

-Comunque...-  aveva proseguito incurante dell'occhiata inceneritrice di Inuyasha  -Si sta facendo buio, e sarebbe buona cosa fermarsi-
 

Kami... che i Kami la fulminino, quella sgualdrina insopportabile.


Questo pensava Inuyasha, mentre si tratteneva a stento dall'azzannarla per porre fine a quelle occhiate da maestrina e a quella dannata voce sgradevole.

Le serviva viva, la strega.

Almeno fino alla parte finale del piano.

-Se permettete, sono IO quello che decide qui-

La vide alzare un sopracciglio, un qualcosa che il mezzodemone aveva oramai imparato ad interpretare come un segnale di perplessità, indifferenza, o molto semplicemente come un tic che usciva fuori quando la signorina era contraddetta o non soddisfatta della situazione.

-Certo. Nessuno mette in dubbio la vostra autorità, e come vi ho detto anche noi abbiamo fretta, ma come vi siete premurato di sottolineare tre giorni fa, io e Sango siamo vostre ospiti...-

-E in quanto tali abbiamo il diritto di chiedervi alcune cortesie.- concluse l'altra strega rispondente al nome di Sango.

-Suvvia, Inuyasha! Tanto, avremmo comunque dovuto fermarci tra un paio d'ore per accamparci. Anche i nostri uomini hanno bisogno di una sosta, in fondo-

Ecco, ci si metteva pure il bonzo deviato, a dar manforte a quelle due.

Inuyasha inalò una notevole quantità di ossigeno prima di parlare.

-D'accordo. Possiamo fermarci qui. Mentre i mei uomini monteranno le tende voi due potrete farvi un bagno nella sorgente che troverete in quella direzione, rifocillarvi o fare qualsiasi cosa voi umane siete abituate a fare-

Le labbra della strega si piegarono in un sorriso, mentre con un balzo scendeva da cavallo seguita dall'altra strega.

Inuyasha la osservò afferrare dal piccolo bagaglio degli strani indumenti, mentre con estrema cura sistemava l'enorme borsa di pelle consunta contenente strane polveri, liquidi e pergamene che la ragazza custodiva gelosamente.

-Non state in pena cavaliere, non tenteremo di fuggire- disse Kagome, il solito sorrisetto canzonatorio.

-Tze. Non temete, capirei immediatamente della vostra fuga nel momento in cui il vostro odore nauseabondo dovesse sparirmi da sotto il naso- sbottò Inuyasha.

-Ma che delicatezza. A più tardi-

Inuyasha osservò con astio le figure delle due giovani donne che venivano inghiottite dagli alberi.

-Credi che sia necessario che le accompagni? Dopotutto, sono sempre delle prigioniere!-

Eccolo la, il pervertito che faceva capolino da sotto le vesti monacali...

-Di' un po' Miroku, ti ha dato di volta il cervello, per caso? Cos'era quell'accondiscenza di poco fa, eh? Ti devo ricordare chi è quella Kagome?-

Il monaco annuì, in maniera un po' troppo sconsolata, o almeno così parve a Inuyasha.

-Certo Inuyasha.... Lo so benissimo.... sono tre anni che lavoriamo per Kikyo, e conosco meglio di chiunque altro tutti i retroscena e le mosse di questa situazione.... ma Inuyasha.... lei non sembra così....-

Inuyasha balzò come una furia giu dal cavallo, avvicinandosi con fare minaccioso al monaco, gli occhi fiammeggianti.

-Non mi interessa, Miroku! Quella dannata è della stessa risma del padre! Feccia che non dovrebbe esistere sulla faccia della terra! E' una ragazzina viziata che pensa solo a se stessa, una donnetta che non sa cosa voglia dire amare con tutta l'anima! Una che non sa che cosa significhi la parola sacrificio! E' fredda ed insensibile come il padre, e credimi l'attesa di vederla morire per rendere la vita ad una donna che è la quintessenza dell'amore puro mi sta logorando!-

-Ma Inuyasha, non possiamo giudicar...-

-Dannazione non mi interessa! Il sangue non è acqua, e lo sai anche tu! E credimi quando dico che non mi importa niente della sua misera vita! La ucciderei mille volte per rendere Kikyo nuovamente umana, viva!-

Il monaco prese un profondo respiro prima di proseguire.

-Dimmi un po'... secondo te, come mai ha cambiato idea? Perché ha improvvisamente deciso di seguirci, quando, a quel che mi hai detto, sembrava pronta a lottare con le unghie e coi denti? Cosa può averla spinta a farlo?-

Inuyasha alzò le spalle.

-Non lo so. e non mi interessa. Magari ha capito che non era il caso di scherzare con un esercito di demoni, ed ha voluto salvare la pelle, l'atteggiamento tipico dei codardi-

Miroku sospirò con rassegnazione alla dure parole del mezzodemone.

-E di Sango invece, che mi dici?-

Inuyasha si sistemò Tessaiga sul fianco, mentre non distoglieva lo sguardo da Miroku.

-Di lei non mi interessa. non dovrebbe neanche essere qui. Ma se soltanto oserà mettersi in mezzo, sappi che non esiterò ad eliminarla. Chissà, magari potrebbe anche esserne contenta. Seguirebbe la sua adorata padrona nell'Aldilà, visto che a quanto pare non possono stare l'una senza l'altra-

Miroku decise che era meglio chiudere la il discorso.

Osservò Inuyasha dirigersi verso alcuni uomini per ordinargli qualcosa.

Le spalle dell'amico erano rigide, la voce dura, impostata.

Il giovane monaco sospirò ancora, mentre si chinava per accendere un fuoco.

Benché capisse Inuyasha, c'era al contempo qualcosa in Kagome che lo affascinava.

Era una donna intelligente, vivace.

Credeva anche che fosse molto dolce.

E, dettaglio non trascurabile che lo riempiva di interrogativi, non emanava un briciolo di aura demoniaca.

Anzi, la sua aura emanava tutto fuorché malvagità.

Se non lo avesse saputo, avrebbe detto che quella non era figlia di Naraku.

 

*********************************************************************************************************

Kagome reclinò la testa all'indietro, bagnandosi completamente i capelli.

Si beò del contatto con l'acqua calda della sorgente, un balsamo per i suoi poveri muscoli indolenziti.

Si lasciò scappare un sospiro tremante.

Solo in quei momenti quando era sola con Sango, al riparo da occhi indiscreti, si lasciava andare.

Dio, quell'Inuyasha la terrorizzava.

Già era stato difficile per lei abituarsi così tutto insieme a Mononoke, Oni, Tanuki e via discorrendo....

Se poi quello Youkay pareva volesse farla sparire dalla faccia della terra, beh....

Era freddo, rigido, quasi trascendentale.

Non sopportava minimamente la sua presenza, anzi, pareva disgustato da lei.

E non faceva certo mistero della sua avversione, offendendola in tutti i modi possibili, trafiggendola con quegli occhi di ghiaccio.

Kagome aggrottò la fronte, pensierosa.

Si domandava cosa mai avesse fatto di così terribile suo padre, per scatenare l'odio più profondo di Inuyasha.

E come al solito, chi ci andava di mezzo era lei.

Ma non era sua abitudine lasciarsi andare.

Tre giorni fa era pronta a battersi con Inuyasha e con tutto il suo esercito se fosse servito.

La sua libertà era sacra, e non avrebbe permesso a nessuno di manovrare la sua vita, non lo aveva permesso neppure a suo padre.

Ma quando il monaco Miroku era arrivato parlando della sfera, di come avessero a disposizione solo due mesi per riuscire a prenderla, il pensiero dell'anziano monaco morente che riposava nella capanna  era balzato prepotente nella sua mente.

E così, dopo essersi scambiata uno sguardo d'intesa con Sango, che a quanto pare aveva fatto i suoi stessi pensieri, non aveva esitato ad accettare "l'invito" di quello strano uomo dai capelli d'argento e le orecchie canine.

Valeva la pena rischiare.

Tutto, pur di salvare l'uomo che l'aveva cresciuta e le aveva fatto, davvero, da padre.

Il suono dell'acqua che veniva smossa la distolse di suoi pensieri.

Sorrise a Sango che si era appena immersa nella sorgente.

-Scusa il ritardo Kagome, ma volevo accertarmi che un libertino di nostra conoscenza non ci avesse seguite- borbottò Sango.

Kagome rise di gusto

-Cielo Sango! Ti rendi conto che sono tre giorni che picchi senza pietà un servitore dei Kami?-

La ragazza si agitò nell'acqua, sollevando un sguardo incredulo all'amica

-Servitore dei kami? Ma Kagome! Quello al massimo potrebbe essere il massaggiatore dei bagni pubblici! Purtroppo per lui non è cieco!-

Kagome rise nuovamente, stavolta accompagnata da Sango.

D'un tratto, la ragazza dagli occhi castani tornò seria.

-Kagome, poco fa, mentre mi assicuravo che quel deviato non ci seguisse, ho sentito dei demoni parlare tra loro. Dicevano che tra qualche giorno avremmo fatto sosta al palazzo, suppongo di Inuyasha. Ad attenderci ci sarà una certa Kikyo-

Kagome annuì, immergendosi fino al naso nell'acqua.

-Kagome... credi che ce la faremo? Per Omoe, intendo...-

La giovane dagli occhi blu riemerse

-Certo che ce la faremo! Senti, fino a tre giorni fa ho sempre sostenuto che Mononoke, Oni e compagnia bella fossero solo leggende, e di conseguenza anche l'elisir di Omoe. Ma dopo aver avuto la prova tangibile dell'esistenza di questi esseri sovrannaturali, ecco io credo che l'elisir esista davvero. E credo anche che funzioni. Quindi, non mi arrenderò. Anche se è da incoscienti, sopporterò tutto quello che ci sarà da sopportare per avere quell'elisir e guarire Omoe. Sono solo in pensiero per te, che sei costretta a seguirmi in questa follia-

La ragazza fece un gesto con la mano
 -Sciocchezze. Siamo state separate per troppo tempo. Kagome, tu sei una sorella per me, e se credi che bastino un demone con le orecchie, un esercito di youkay e un monaco libertino per spaventarmi... beh, ti sbagli di grosso! Sono pur sempre la discendente di una famiglia di sterminatori di demoni, che diamine!-

Kagome sorrise riconoscente all'amica, mentre si alzava ed afferrava il telo che aveva sistemato sull'erba.

-Molto bene allora. Quella banda di sciroccati non sa con chi ha a che fare. Otterremo quello che vogliamo!-

Sango sorrise -Questo è lo spirito giusto, amica mia! Avanti, rivestiamoci adesso. Non vorrei che pensassero che siamo scappate davvero!-

-Dì piuttosto che hai paura che un monaco deviato ti spii-

-Sciocchezze. Ho preparato un ciocco di legno per ogni evenienza, guarda qua-

E ridendo, iniziarono a sistemarsi per la serata



Ed eccomi qua con il terzo capitolo! Non siamo ancora entrati nel vivo, ma spero che intanto vi piaccia quello che leggete!
Per chi aspetta gli ultimi capitoli dell'altra mia storia, abbiate ancora un po' di pazienza, arriveranno. E solo che sono molto ispirata da questa creatura, ed ho lasciato indietro l'altra.
Buon domenica, e grazie ancora di tutto!

 

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Capitolo 4
*** Verità e verità ***


Chi non conosce la verità è uno sciocco,
 ma chi, conoscendola, la chiama bugia,
 è un delinquente


-Kagome...ecco, io... ti volevo ringraziare. Il dolore alla schiena è sparito e il taglio si è riemarginato. Grazie-

Kagome sorrise a Koga, un demone lupo che aveva l'aspetto di un giovane uomo di vent'anni.

-Non c'è di che, Koga. Se hai bisogno di qualsiasi cosa non esitare a chiedere-

Il demone arrossì vistosamente, per poi annuire e dirigersi a passo spedito verso i suoi compagni d'arme accampati intorno ad un fuoco.

Kagome sospirò.

Il monaco Miroku e Koga erano gli unici che la trattavano con gentilezza. Gli altri pareva la volessero disintegrare con un solo sguardo...

Aveva avuto il suo primo incontro con Koga all'incirca due settimane prima quando, tornando dal consueto bagno serale, aveva sentito un lamento provenire da un gruppo di alberi vicino.

Si era avvicinata, ed aveva visto Koga piegato su sé stesso, in preda ai dolori, un vistoso squarcio che copriva tutta la schiena palesemente infetto.

Immediatamente si era avvicinata, ignorando il ringhio del demone lupo, ed aveva percorso con erstrema delicatezza i contorni del taglio.

-Come vi siete procurato questa ferita?- aveva chiesto.

Koga, nonostante il suo capitano Inuyasha nutrisse un odio viscerale per quella donna, nonostante fosse a conoscenza di fatti orrendi su lei e sulla sua famiglia, non aveva potuto fare a meno di fidarsi di quella voce dolce, di quelle mani calde e delicate che si muovevano leggere.

E poi, il profumo che emanava, così fresco ed avvolgente, lo tranquillizzava.

Così, a denti stretti, aveva raccontato alla ragazza di come due mesi prima fosse rimasto ferito durante uno scontro con un demone serpente, di come avesse sottuvalutato l'entità del danno, e di come quel taglio fosse peggiorato ogni giorno di piu.

Kagome aveva ascoltato attentamente, gli occhi blu che con la notte si erano fatti quasi neri.

Aveva poi chiesto a Sango di andare a prenderle l'occorrente. La giovane era tornata qualche minuto dopo con una borsa di pelle vecchissima.

Kagome aveva iniziato a rovistare in mezzo a dei boccettini dai mille colori, sospirando di sollievo non appena ne trovò uno contenente una strana polvere gialla.

Con il solito sorriso rassicurante si era voltata verso il demone.

-Brucerà un po'- lo aveva avvertito.

Ed effettivamente bruciava come l'Inferno, quella roba.

Con delicatezza, la ragazza aveva cosparso la ferita con la polvere, aveva poi applicato uno spesso strato di quella che a Koga pareva argilla ed iinfine aveva sigillato il tutto con bende di lino pulite.

Quel rito era andato avanti per oltre sette giorni.

Koga aspettava che la ragazza terminasse il suo bagno, e lei puntualmente si faceva trovare, prendendosi cura di lui.

E Koga aveva imparato ad apprezzare quella ragazza dall'aspetto così inusuale...


-Ditemi Kagome....-
La ragazza aveva sorriso -Puoi darmi del tu, Koga. Non amo particolarmente i formalismi-
-Bene. Dimmi Kagome... dove hai imparato l'arte medica? Sei davvero un'ottima guaritrice-
La ragazza arrossì, facendo sorridere il demone lupo.

Se non avesse avuto una moglie a casa, pensò, si sarebbe fatto conquistare da quella pelle di porcellana e da quelle deliziose fossette che le si formavano agli angoli della bocca ogni volta che rideva.
-Ho imparato in Occidente- rispose -Ho avuto degli ottimi maestri-
Ecco allora la spiegazione di quello strambo accento.
-Sei stata via tanto dal Giappone?-

Annuì -Si. Sono partita che avevo tredici anni, e sono rientrata da poco-

Koga la osservò bene.
Non riusciva ad intravedere nulla, nei tratti di quel volto, che ricordasse Naraku.
E il suo odore, poi...
Era così... gradevole.


-Fossi in te non mi lascerei abbindolare-

Koga sussultò, nell'udire quella voce dal tono sprezzante.

Il demone lupo scattò in piedi, sull'attenti.

Di fronte a lui, Inuyasha.

-Come?-

L'uomo ghignò -Credi che io non sappia dei tuoi inconri con quella? Non credevo ti bastassero due moine per cedere-

Koga scosse il capo -No signore. Mi ha curato. E mi ha guarito. Nient'altro-

-E piu furba di quanto pensassi, quella là. Non capisci che lo ha fatto per portarti dalla sua parte? Cosa ti ha hiesto? Un aiuto per fuggire?- ringhiò.

-No Inuyasha. Davvero. Si è limitata a guarirmi. Non ha minimamente accennato a fughe o roba simile-

-Tzè. Tutte stupidaggini. Probabilmente sta aspettando il momento giusto per....-

L'urlo di un soldato attirrò completamente l'attenzione di Inuyasha.

Gli occhi si scurirono, mentre con un balzo si levò a mezz'aria, la spada sguainata.

Dalla valle dietro di loro, contro vento, si muoveva un esercito di demoni armato fino ai denti.

Gli uomini di Naraku.

Inuyasha ghignò.

Si aspettava un attacco da parte di quel bastardo.

Con la coda dell'occhio, vide i suoi già disposti e pronti a combattere.

Un comando gli uscì dalla bocca con un grido, mentre faceva scrocchiare le dita.

Un po' di sangue era quello che ci voleva per allentare la tensione.


^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^

Kagome correva, cercando di trovare riparo da quella cruda battaglia.

Demoni contro demoni, a colpi di katana, artigli, veleni.

Inuyasha sembrava una  furia, mentre falciava le vite di quei demoni senza pietà.

Non aveva idea di chi fossero quelli che li avevano attaccati, ma non sembravano intenzionati ad arrendersi tanto presto.

Molti dei soldati di inuyasha erano feriti, anche gravemente, ma non mollavano e continuavano a combattere.

Una mano le si posò sulla spalla facendla sobbalzare.

Miroku, con Sango al suo fianco la prese per le spalle

-Venite via Kagome! Dovete mettervi al riparo con Sango!- disse il monaco, concitato.

La ragazza annuì, seguendolo.

Velocemente, fece nascondere le due donne dietro ad un albero, per poi correre verso il campo di battaglia.

-Kami, Kagome! Quegli uomini... io credo di averli già visti!-

Sango non fece in tempo a terminare la frase, che un rumore di rami calpestati fece voltare le due ragazze.
Con occhi sgranati osservarono un demone ferito ma evidentemente ancora in forze avanzare verso di loro.

Tutto si svolse molto velocemente.

Il demone, con occhi che non sembravano appartenere a questo mondo, balzò verso le due giovani con la spada a mezz'aria, pronto a colpire.

Kagome lanciò un urlo, ben cosciente che ormai era troppo tardi per scappare.

Chiuse gli occhi e si gettò su Sango, spostandola di qualche centimetro.

La mossa non bastò ad evitarle di scansare il colpo.

Un dolore lancinante la prese al fianco, non appena la lama calò su di lei.

Sentì Sango urlare e chiamare ad alta voce Miroku, mentre con la coda dell'occhio vide il demone alzare nuovamente la katana  per finirla.

Sentì il cuore impennare repentinamente, mentre si chiudeva a riccio su sé stessa.

Poi, un gorgoglio le arrivò alle orecchie, seguito da un tonfo sordo.

Kagome aprì gli occhi.

Davanti a lei, il demone che voleva ucciderla era a terra.

Ai piedi di Inuyasha.

Kagome aprì la bocca, ma non emise alcun suono.

L'uomo dai capelli d'argento la osservava, ferito e sporco di sangue.

Con le gambe che le tremavano e la ferita sul fianco che pulsava a piu non posso, la ragazza si alzò in piedi, subito affiancata da Sango.

-Io... gr..grazie. Mi avete salvato la vita- bisbigliò.

Inuyasha la guardò un'ultima volta prima di riporre la spada, gli occhi sprezzanti come al solito.

-Non ringraziatemi. E tornate al campo. Gli uomini di vostro padre sono tutti morti- disse gelidamente.

Dopo averla fulminata con un'ultima occhiata, si avviò a passo spedito verso i suoi soldati.

Kagome emise un sospiro tremante, mentre raggiungeva gli altri.

Benchè il dolore alla ferita fosse lancinante, Kagome s'impose di restare calma e di non dire nulla a Sango.

Non se ne sarebbe accorta, il nero della gonna che indossava avrebbe coperto il colore del sangue.

Adesso c'erano feriti ben piu gravi di cui prendersi cura.

Avrebbe pensato in seguito alla sua ferita.

Subito furono raggiunte da Miroku, preoccupato per le due ragazze, in particolar modo per Sango.

Kagome sorrise, quando vide Miroku posare le mani sulle spalle dell'amica per dirle qualcosa con tono sommesso, mentre quest'ultima arrossiva e sorrideva in risposta.

Miroku era in gamba, e chissà... magari sotto le vest da libertino si nascondeva un uomo dal cuore d'oro che teneva davvero alla sua migliore amica.

Poi, mentre ancora era immersa in quei pensieri, l'amica l'abbracciò.

-Oddio, Ka-chan... ho avuto così paura per te... se solo avessi avuto l'accortezza di portare con me Hiraikotsu arei potuto aiutarti-

Kagome la abbracciò e sorrise -Non ti preoccupare Sango. Me la caverò-

-Tu non sei capace di combattere! Voglio dire, sei una studiosa, mentre mio padre mi ha addestrata per diventare una sterminatrice!- ribattè la mora.

-Tranquilla, Sango. Va tutto bene, davvero. Adesso occupiamoci dei feriti. C'è già Miroku che ti aspetta- disse Kagome, indicando il monaco con in mano un cesto pieno di bende.

Sango annuì.

-Sicura che non vuoi che venga con te?-

-Sicurissima. Hai imparato diverse cose mentre curavamo Omoe, gli sarai sicuramente d'aiuto, mentre io so già come muovermi-

Sango tentennò un attimo, prima di annuire.

-Va bene, Kagome. A dopo-

La ragazza osservò l'amica affiancarsi a Miroku e discutere brevemente per poi avviarsi verso un gruppo di feriti.

Non si era accorta della ferita e non aveva intenzione di farla preoccupare.

C'erano cose ben piu importanti a cui pensare.
 
Una fitta piu forte delle altre le strappò un gemito.

Con passo malfermo si diresse verso la borsa dei medicinali, tirando fuori delle bende con cui strinse e coprì il taglio.

Almeno quello avrebbe fermato il sangue ed avrebbe impedito alla ferita di sporcarsi ed infettarsi.

Si mise la borsa sulla spalle e si avviò verso i feriti.

Il primo a cui si avvicinò era un demone volpe con un taglio molto profondo sul collo, che a giudicare dall'odore doveva esser pieno di veleno.

Come da copione, il ragazzo la gelò con lo sguardo ringhindole contro.

Kagome sospirò, chinandosi mentre reprimeva a stento l'ennesimo gemito di dolore.

-Lascia che ti aiuti- disse avvicinando la mano.

Non riuscì neppure a sfiorarlo, che questo la respinse malamente.

-Non accetto l'aiuto di un'assassina- ringhiò.

Kagome aggrottò le ciglia.

-Io non sono un'assassina. Io la gente la curo, la faccio vivere- rispose.

Mentre il demone continuava a fissarla in cagnesco, una voce amica arrivò alle orecchie di Kagome.

-Dalle ascolto, Shippo-

Kagome si girò verso Koga, a pochi passi da lei, che le sorrise.

-E' un'ottima curatrice. Può soltanto aiutarti-

Shippo portò nuovamente lo sguardo su Kagome, osservandola per qualche istante.
Poi, alla fine, parve rilassarsi.

-E va bene- borbottò.

Kagome sorrise in direzione di Koga, che la guardava con sguardo incoraggiante

-Bene, Shippo- disse mentre si tirava su le maniche della camicia - Vediamo un po' cosa possiamo fare...-

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Kagome si lasciò cadere sul prato, stremata.

Non appena aveva iniziato a curare Shippo, qualche ora fa, alcuni demoni si erano avvicinati silenziosamente per osservare il suo operato.

Con pazienza era riuscita a ripulire e a disinfettare la ferita del demone volpe, senza arrecargli piu di tanto dolore.

Bisbigliando tra loro, probabilmente stupiti per le sue capacità, i soldati avevano iniziato ad avvicinarsi per essere medicati.

Kagome non si era fermata un attimo, pulendo, disinfettando, cauterizzando e cucendo i resti della battaglia appena consumata.

Adesso, dopo ore di intenso lavoro, la ferita le doleva in modo quasi insopportabile.
Bruciava, e sentiva la febbre che stava salendo.

-Ragazza... ehi, ragazza! Potresti venire da questa parte? Ci sono altri feriti, se puoi occupartene-

Kagome emise un sospiro tremante per poi alzarsi con estrema fatica.

Aveva la gola secca, sudava freddo e le girava la testa.


-Bambina, la nostra è una missione. Il bene degli altri viene prima di ogni cosa, non dimenticarlo mai-


Le parole di Padre Augusto le rimbombarono in testa, mentre con passo malfermo e un sorriso tirato si dirigeva verso il demone che l'aveva chiamata.

Stava rovistando nela borsa dei medicinali per curare quello che aveva tutta l'aria di essere un demone lucertola, quando una voce carica di collera la investì.

-Che diavolo credete di fare, eh? Giocare alla donna caritatevole?! Credete di suscitare compassione, agendo così?-

Kagome strinse i denti, mentre le lacrime pungevano per uscire.

Era inutile. Poteva essere la persona migliore del mondo, comportarsi nel migliore dei modi, ma per Inuyasha sarebbe rimasta sempre la malvagia figlia di Naraku.

Fingendo di non averlo sentito, aveva inziato a pulire la ferita del demone, quando una mano si  posò con forza sulla sua spalla facendola alzare e provocandole un dolore così acuto alla gamba che dovette reprimere con forza un conato di vomito.

-Cos'è? Siete sorda? NON TOCCATE I MIEI UOMINI! Tornatevene nel vostro angolo, altrimenti potrei rimpiangere di non averti lasciata morire!- urlò.

In quel preciso istante, Kagome perse la pazienza.

Con forza buttò a terra la benda sporca che aveva in mano, e strinse i pugni.

-Adesso basta- bisbigliò.

Alzò gli occhi che aveva tenuto bassi fino a quel momento su Inuyasha che la stava ancora fissando.

Sango osservò lo sguardo dell'amica.

Sembrava di affogare in un mare in tempesta.

-Passi che vi urti la mia presenza. Mi sta bene. Passi che non perdiate occasione per offendermi nel peggiore dei modi pur non conoscendo NIENTE della mia vita. Passi che mi auguriate una morte atroce. Passi tutto questo, ma non  permetto che il vostro odio ingiustificato nei miei confronti vada a toccare la salute dei vostri uomini! Che razza di capitano siete, eh? Sono qui a curarli, ad impedire che muoiano per le conseguenze delle ferite e voi cosa fate? Come un bambino viziato volete impedirmi di fare il mio dovere di medico solo perchè vi urta che a farlo sia io, la figlia di Naraku! Ebbene, sappiate Inuyasha che non ho scelto io di nascere da lui! Sappiate che non ho niente in comune con lui, col suo modo di essere! Non ho mai avuto nulla a che spartire con quell'uomo freddo ed insensibile! E voi, con il vostro atteggiamento puerile e menefreghista gli somigliate piu di quanto possiate immaginare!-

Un silenzio surreale era calato nella radura.

Nessuno, demone o umano che fosse, osava fiatare.

Sango si strinse a Miroku, intenta ad osservare la sua migliore amica che con occhi fiammeggianti affrontava a viso duro Inuyasha che sembrava essere stupito quanto tutti loro dallo sfogo di Kagome.

Ansimante, e stranamente pallida, la ragazza riprese a parlare.

-Voi mi giudicate senza neanche conoscermi. Mi avete catalogata come la feccia peggiore del mondo, non cercando neanche di capire chi sono. Ma non importa. Quello che mi interessa è che non interferiate con il mio lavoro. Ho giurato di aiutare e di curare ogni essere vivente, quando ho deciso di diventare un medico. E non permetterò che la vostra sete di vendetta mi impedisca di fare quello per cui sono nata-

Inuyasha non si era ancora mosso di un millimetro, e Kagome non aveva ancora staccato gli occhi da quelli del demone.

-Adesso, torno al mio lavoro, cavaliere-.

Successe tutto in un attimo.

Sango guardò  Kagome girarsi verso il demone che stava curando e cadere.

Vide Inuyasha correre veloce verso di lei e prenderla in braccio prima che toccasse terra.

Come riscossa, corse verso la sua migliore amica, svenuta, bianca e sudata ancora in braccio ad Inuyasha.

-Kagome! Cielo! Scotta! Ma che...-

-E' ferita. E da tanto, anche. Da oggi avevo sentito l'odore del suo sangue, ma non credevo fosse una cosa del genere- disse Inuyasha.

Sango lo vide portare una mano alla gamba sinistra di Kagome, strappando la stoffa della gonna che la copriva.

Sango si portò le mani al viso, sconcertata.

Un taglio abbastanza lungo era sommariamente coperto da una benda completamente intrisa di sangue.

-Ma... quando...- bisbigliò.

-E' una ferita seria, per un essere umano. Perchè diavolo non lo ha detto?- ringhiò Inuyasha.

Sango sentì la rabbia salire, stupita da tanta arroganza e inettitudine.

-Forse, e dico forse, perchè gli augurate di vederla morire ogni due minuti? O forse perchè Kagome non è quel mostro che credete, ed ha preferito curare prima i vostri uomini che pensare a se stessa. Scegliete voi-

Inuyasha pareva non averla ascoltata.

Con gli occhi ancora fissi su Kagome inerme, si alzò sistemandola meglio tra le sue braccia.

-Dove diavolo state andando adesso? Cosa volete farle?!- urlò Sango.

Inuyasha si girò verso di lei, come se l'avesse notata solo in quel momento.

-La sto portando nella mia tenda. Li  potrà stare piu comoda e ricevere tutte le cure necessarie per guarire. Miroku, avrò bisogno del tuoi aiuto. Non può proseguire il viaggio in queste condizioni, e nessuno di noi ha le competenze adatte per darle le cure necessarie. Tu e Koga andate  a prendere il tuo maestro, lui saprà cosa fare, viste le conoscenze che ha. Io mi occuperò come posso di lei finchè non sarete tornati. Ma fate in fretta-

Miroku e Koga annuirono all'unisono, mentre Sango fissava sconcertata Inuyasha dirigersi a passo spedito verso la sua tenda.

-Ma... a cosa è dovuto questo cambiamento?- bisbigliò.

Il demone dai capelli d'argento si arrestò.

-Neanch'io sono il mostro senza cuore che credi- lo udì bisbigliare.

-Sarà bene che mi aiuti tu. Vai a prendere dell'acqua e cerchiamo di fare il possibile mentre aspettiamo il ritorno di Miroku e Koga-

-Mio Signore1 Anche noi vogliamo renderci utili!- disse un demone che aveva assistito alla scena, spalleggiato da molti altri che Kagome aveva curato quel giorno.

Sango vide Inuyasha annuire impercettibilmente.

-Molto bene. Sango saprà dirvi meglio di me cosa fare- disse infine entrando nella tenda.

Sango era ancora sconcertata, mentre elencava ai demoni che si erano raccolti intorno cosa fare e cosa cercare.

Magari, pensava, c'era una remota possibilità che quell'arrogante iniziasse a rispettare Kagome.

E forse, forse, che capisse che la sua migliore amica era tutto fuorchè l'essere mlvagio che pensava...

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Capitolo 5
*** Profumo ***


~~
Siate come una rosa,
parlate mediante
 il vostro profumo

 

 

Delle mani sconosciute  le stringevano la gamba destra che le doleva in un modo indicibile, mentre delle altre le passavano qualcosa di fresco sul viso.

Non riusciva a capire per quanto fosse rimasta incosciente e dove si trovasse.

Quella non era la sua tenda...

Le lenzuola su cui era sdraiata erano fresche, ma l'ambiente in cui si trovava le era sconosciuto, anche se il profumo che vi aleggiava era piuttosto gradevole.

Le ricordava la foresta che circondava il convento di Padre Riccardo.

Crecò di alzarsi, ma il corpo pareva dolerle in ogni punto, ed il senso di stanchezza era pressante.

La testa le pulsava come e peggio di un tamburo.

Provò ad aprire gli occhi, ma le palpebre erano troppo pesanti e sembravano punte da mille spilli.

-Adesso tenetele ferma la gamba-

Una voce femminile le arrivava  ovattata.

Sango?

Sentì un paio di mani stringersi in una morsa d'acciaio sulla sua gamba.

Kagome ancora ad occhi chiusi aggrottò le ciglia.

Cosa diavolo...

Poi, un urlo fortissimo le uscì dalla gola, mentre facendo appello a tutte le forze residue che aveva cercava di tirarsi seduta.

Le mani che la stringevano strinsero ancora piu forte, mentre un dolore acutissimo come mai aveva provato in vita sua si irradiava ad ogni singola cellula del suo corpo.

Provò a scalciare per sfuggire a quella tortura.

-Lasciatemi!- provò a dire, ma dalla gola riarsa non uscì che un flebile suono.

-Tenete duro... abbiamo quasi terminato-

Una voce maschile, conosciuta....

Inuyasha?

Poi, finalmente, quella tortura finì.

Mano a mano che il dolore scemava la stanchezza prendeva il sopravvento, trascinandola nel mondo dei sogni.

L'ultima cosa che sentì prima di arrendersi al sonno fu:

-Veglierò io su di lei-


^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^

Inuyasha non aveva staccato neppure per un attimo gli occhi dalla ragazza distesa sul futon.

La fronte era imperlata di sudore, il respiro era pesante e borbottava incessantemente frasi senza senso intermezzate da parole in una lingua a lui sconosciuta.


-Dobbiamo solo aspettare. Arriverà un momento in cui inizierà a sudare copiosamente e ad agitarsi. Dovremo coprirla con mille coperte e somministrargli un preparato-


Così aveva detto Sango.

Miroku e Koga erano partiti, mentre i suoi uomini si erano divisi i compiti. Chi aveva raccolto la legna, chi si premurava di portare ogni mezz'ora dell'acqua fresca, chi ravvivava il fuoco accanto alla tenda.

E lui che aveva deciso di prendersi cura di lei personalemnte.

Quando aveva pronunciato quelle parole, quel pomeriggio, lo aveva lasciato di stucco.
Nessuno si era mai permesso di parlargli in quel modo.
Aveva parlato con foga, non aveva abbassato lo aguardo neanche per un momento.

Ma quello che lo aveva lasciato senza parole era stato il suo gesto di aiuto.

Nonostante tutti la trattassero veramente come la peggiore delle donne, nonostante lui facesse di tutto per renderle la vita un Inferno, lei non aveva esitato neppure per un secondo quando c'era stato bisogno di lei.

Non si era mai fermata, elargendo cure a chiunque ne chiedesse.

All'inizio aveva pensato che fosse un modo come un altro per accaparrarsi i favori di qualche sprovveduto.

Per questo l'aveva aggredita.

Ed aveva sfogato su di lei tutta la rabbia che aveva nei confronti del padre.

E nonostante tutto, lei non si era arrabbiata per come lui l'aveva trattata.

No.

Lei si preoccupava soltanto della salute dei suoi uomini.

E per prendersene cura aveva tralasciato sé stessa, ritrovandosi adesso con una ferita infetta che se non fossero riusciti a curare a dovere l'avrebbe portata alla morte.

Un gemito attirò la sua attenzione.

Guardò quelle piccole mani stringersi spasmodicamente sulle lenzuola mentre la bocca si piegava in una smorfia e il corpo, avvolto in una sua casacca che lasciava scoperte le gambe si ricopriva di mille gocce di sudore.

Ecco il momento.

Immediatamente fu al suo fianco trattenendola, impedendole di fare movimenti troppo prouschi che avrebbero potuto riaprire la ferita.

-HIROSHI!- urlò al demone che era rimasto tutta la notte davanti alla tenda in caso di bisogno

-Dite signore!-

-Vai  chiamare Sango! Subito!-

Il mezzodemone tenne lo sguardo verso l'entrata ascoltando i passi veloci del suo sottoposto allontanarsi.

Stava per tornare a concentrrsi sulla giovane quando due piccole mani calde si posarono a coppa sul suo viso.

I capelli arricciati dal sudore, le labbra socchiuse e ( a malincuore Inuyasha dovette ammetterlo anche a sé stesso) gli occhi piu belli che avesse mai visto, lucidi e profondi come un mare in tempesta.

Kagome lo fissava dritto negli occhi.

-Sdraiatevi- disse il demone.

-Perchè mi odiate tanto, Inuyasha? Io non vi ho fatto niente, non sono una persona cattiva... Io voglio solo... se voi sapeste....- bisbigliò,la voce ridotta ad un sussurro.

-Va bene.. ma adesso straiatevi...-

Mentre la aiutava a distendersi, Kagome iniziò ad agitarsi e a cadere nuovamente in uno stato di delirio.

Inuyasha imprecò coloritamente, mentre spazientito si dirigeva verso l'entrata.

Fuori, soltanto la notte.

Dove davolo si era cacciata Sango?

-Inuyasha...-

Il demone guardò la ragazza.

Pareva essersi calmata un po'.

-Ditemi-

-Potresti... potresti tornare qui?- bisbigliò, lasciando forse incosciamente perdere le formalità.

Il mezzodemone sospirò ed andò a sedersi a fianco della ragazza.

-Va bene, adesso?- chiese.

Con stupore sentì le dita calde della ragazza stringersi appena intorno alle sue.

-Adesso sì- sussurrò per poi cadere nuovamente in un sonno profondo.

In quell'istante, come un turbine, Sango fece il suo ingresso seguita da Hiroshi.

Senza rivolgergli parola iniziò a coprire l'amica con coperte su coperte, chiedendogli alla fine di tenerla per le spalle per evitare che si muovesse e scoprisse.

Puntualmente infatti, la giovane tornò ad agitarsi, cercando di sfuggire a Sango che tentava di farle socchiudere le labbra per farvi cadere qualche goccia di un liquido rossastro.

-Avanti, Kagome-.

Era la prima volta che pronunciava il suo nome, da quella mattina di diversi giorni fa.

-Lasciatevi curare- continuò.

Dopo qualche minuto in cui lui e Sango faticarono moltissimo per trattenerla, Kagome si rilassò completamente.

Inuyasha alzò lo sguardo su Sango.

-Generalmente, se succede questo, vuol dire che siamo a buon punto. Adesso non dobbiamo che aspettare il mattino e sperare che la febbre scenda almeno un po'. Quando dovrebbero rientrare Miroku e Koga?-

-In giornata- rispose Inuyasha.

La ragazza annuì.

-Speriamo facciano il prima possibile. Se volete, posso restare io con lei. Andate pure-

-No-.

La risposta, così secca e categorica, disorientò Sango.

-Resterò io con lei-

La ragazza ghignò -Ma se fino a poche ore fa sembrava la voleste disintegrare!-

-Tzè. Non mi fido a lasciarla-

-Temete che scappi? Sarà, ma la vedo dura con una gamba in queste condizioni!-

-Non fare dell'inutile sarcasmo, ragazzina. E smettila di farmi perdere tempo. Dimmi cosa devo fare-

La ragazza inarcò un sopracciglio.

-Come volete. Cercate di non farla scoprire, e se vedete che trema aggiungete un'altra coperta. Se si sveglia, cercate di farla bere il piu possibile. In caso di necessità fatemi chiamare. Manca ancora qualche ora all'alba. Cercate di riposare anche voi-

Inuyasha osservò la ragazza raccgliere alcune cose e sparire dietro la tenda che copriva l'entrata.

A braccia conserte, si sedette accanto alla ragazza che dormiva pacifica.

Il sonno stava per prenderlo, quando un leggero movimento lo ridestò.

Kagome stava tremando, e si muoveva leggermente sotto le coperte.

Inuyasha si alzò per prendere una coperta come aveva consigliato Sango, ma non ne trovò.

Sospirando, guardò ancora la ragazza che tremava sempre di piu.

-Maledizione... che mi tocca fare...- borbottò.

Sfilò Tessaiga dal fianco e la ripose vicino, mentre si sdraiava sopra le coperte accanto a Kagome.

Posò un braccio attorno alla vita della ragazza e la tirò a sè.

Dopo qualche minuto, grazie ai Kami, smise di battere i denti.

Il viso era rilassato, il respiro regolare.

Sospirando Inuyasha si sistemò meglio sul futon, attento a non urtare la ferita.

Mentre si stava addormentando, posò la testa sui capelli di lei.

Non ci aveva mai fatto caso, ma profumavano di fiori di ciliegio.

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Capitolo 6
*** Gocce ***


capitolo corretto da "orrori" di battitura ;)



I hope that you see right
through my walls...

you put your arms around me
and I'm home

 

 

 

Il vociare di alcuni uomini arrivò alle orecchie di Kagome, svegliandola.

 

Sbuffò contrariata.

 

Stava facendo un sogno bellissimo...

 

Con fatica aprì gli occhi.

 

Soffici coperte le arrivavano fin sotto il mento, facendole il solletico.

 

Lo sguardo vagò per l'ambiente, e con stupore notò che quella non era davvero la sua tenda.

 

Era spartana, quasi spoglia, ma ogni oggetto presente era, almeno ai suoi occhi, di qualità eccellente.

 

Sempre con fatica, si tirò su sul futon.

 

Un capogiro fortissimo le fece portare una mano alla testa, mentre lo stomaco faceva una capriola e la bocca sembrava fosse stata impastata con la sabbia.

 

La ragazza notò, con sua enorme sorpresa, che stava indossando una casacca da uomo.

 

Mentre sistemava le coperte, lo sbrilluccichio di un raggio di sole che danzava sull'acqua di un secchio attirò la sua attenzione.

 

La luce soffusa che proveniva dall'entrata lasciava intendere he fosse pomeriggio inoltrato.

 

Ma che giorno era?

 

Improvvisamene, facendola sobbalzare, qualcuno entrò.

 

Stringendo gli occhi non abituati alla luce, Kagome cercò di capire chi fosse.

 

-O santo cielo Kagome! Ti sei svegliata!-

 

La frase non fece in tempo ad essere pronunciata, che Kagome venne travolta da un uragano che profumava di rosa.

 

Con fatica, sorrise.

 

-Sango...-

 

Cielo. La voce era gracchiante come quella di un corvo.

 

La ragazza in questione la afferrò per le spalle, guardandola con attenzione negli occhi

 

-La verità: come ti senti?-

 

Kagome scosse la testa, schiarendosi la gola.

 

-Non pessimamente, a onor del vero. Anche se sono stanchissima. Mi sento come se qualcuno si fosse divertito a prendermi a bastonate... poco male: questa notte di sonno mi ha fatto bene-

 

-Notte? Tesoro, sei stata incosciente per tre giorni... Avevi una ferita non da poco! Perchè non mi hai detto niente?-

 

Kagome aggrottò le ciglia, mentre portava lo sguardo sulla gamba incriminata, che si accorse solo in quel momento essere ricoperta da bende.

 

-Tre giorni?- bisbigliò.

 

Sango annuì -Si. Credevamo non ce l'avresti fatta, amica mia. Miroku è andato insieme a Koga a cercare un guaritore portentoso, mentre io e Inuyasha ci siamo presi cura di te come meglio potevamo. Kami, ci hai terrorizzati...-

 

Kagome spalancò gli occhi -Inuyasha?-

 

Sango annuì ancora, mentre un sorriso le spuntava sulle labbra -Proprio lui. Si è preso cura di te in questi giorni-

 

Kagome incorociò le braccia, mentre una strana sensazione si faceva strada in lei.

 

Un ricordo molto vago, un calore così gradevole attorno al suo corpo....

 

Un profumo così forte eppure così tranquillizzante...

 

-Veramente?- bisbigliò.

 

-Ebbene si. Chi l'avrebbe mai detto, eh? Questa non a caso è la sua tenda. Ha voluto che stessi qui per essere curata a dovere. Strano che non sia ancora rientrato...-

 

Mentre Kagome ascoltava incredula il resoconto dell'amica, un'ombra si allungò dall'entrata fino al suo futon.

 

Alzò lo sguardo andando ad incrociare un paio di occhi dorati.

 

-Finalmente vi siete svegliata-

 

Quella voce profonda, forte, e squisitamente virile le arrivò dritta dritta nelle orecchie.

 

Al contrario di quanto ricordava, questa volta era priva di durezza e astio.

 

La ragazza deglutì.

 

-Sì-

 

Il demone fece qualche passo verso di lei, dopo avere accostato ben bene i lembi di stoffa posti all'entrata.

 

Un buio sottile avvolse la tenda, rischiarato piacevolemente dalle lampade ad olio.

 

Kagome osservò le lunghe gambe esaltate dal nero della veste muoversi veloci verso di lei.

 

Alzò nuovamente lo sguardo verso l'uomo, intimorita e al contempo affascinata da quel viso perfetto, da quegli occhi belli come quelli di un animale selvatico che la scrutavano fin nel profondo, costringendola a stringersi nella veste che indossava in cerca di un ipotetico riparo da quello sguardo che davvero sembrava scavarle fin dentero l'anima.

 

Effettivamente, da quando si erano conosciuti, si era sempre sentita in bilico in presenza di Inuyasha.

 

A malincuore doveva ammettere che quell'uomo suscitava in lei sentimenti contrastanti, che spaziavano dalla paura alla curiosità, dal timore all'attrazione.

 

Quando era con lui, si sentiva come nuda.

 

Sembrava che quegli occhi del colore del metallo più prezioso potessero vedere tutto di lei.

 

E questa cosa la spaventava ed incuriosiva allo stesso tempo.

 

Il fruscio di una veste la costrinse a distogliere lo sguardo.

 

Vide Sango sistemarsi il kimono, mentre questa le rivolgeva uno dei suoi soliti dolcissimi sorrisi.

 

-Bene, Kagome. Adesso che stai meglio credo di poter andare. A breve ti porterò qualcosa da mangiare, hai bisogno di rimetterti in forze! Nel frattempo, cerca di riposare ancora un po'. Ne hai bisogno-

 

Kagome annuì, mentre con lo sguardo seguiva l'amica che spariva dietro la tenda.

 

Lo stomaco le fece una capriola, non appena realizzò di essere rimastra sola con quello che, a quanto ricordava, le dichiarava guerra aperta un minuto sì ed uno no.

 

Eppure, un reale quanto insensato pensiero non la voleva abbandonare...

 

-State meglio adesso?-

 

Kagome sobbalzò.

 

-Sì. Sono stanca, stanchissima, ma sto meglio. Non ho grandi ricordi a dire il vero...-

 

Un movimento brusco del demone la interruppe.

 

-Tze. C'è ben poco da ricordare. Siete rimasta priva di sensi per tre giorni. Perchè diavolo non avete detto niente?- sbottò.

 

La ragazza inarcò le sopracciglia -Niente in che senso?-

 

Il demone aggrottò la fronte, sendendosi vicino a lei.

-Nel senso della ferita, ecco in che senso-

 

Kagome sbuffò -Beh, perchè non mi avreste creduto.-

 

Inuyasha incrociò le braccia -Siete pazza! Come avrei potuto non credervi?-

 

-Pazza, dite? Mi avete accusata sin dal primo istante di essere una poco di buono, una donna priva di onore, una malvagia disonensta.... dite un po' voi-

 

Il demone aggrottò le sopracciglia.

 

-E va bene. Diciamo che vi avevo giudicata male-

 

-Solo giudicata? Kami, mi avete trattata come la paggior specie di donna esistente sulla Terra-

 

-Va bene. Ma adesso che ne dite di stabilire una tregua?-

 

-Voi dite? Per me va bene. Cerchiamo di tollerarci a vicenda e di passare sopra ai nostri reciproci pregiudizi. In fondo, deve passare solo poco piu di un mese e poi finalmente riprenderemo le nostre vite. Cerchiamo di convivere dignitosamente fino a quel momento, senza scannarci e senza ucciderci-

 

A Kagome sembrò di vedere un'ombra passare per gli occhi del demone, ma non vi fece caso.

 

-Accordato. E adesso date ascolto alla vostra amica. Riposate, mentre lei vi prepara qualcosa da mangiare- disse Inuyasha alzandosi.

 

-Molto bene. Nel frattempo però avrei una richiesta-

 

-Quale?-

 

-Vorrei farmi un bagno. Mi sento tremendamente a disagio così. Probabilmente il vostro naso fiuterà che il mio odore è terribilmente pessimo, dopo tre giorni senza toccare acqua-

 

Kagome non potè trattenersi dal fare del sarcasmo.

 

Osservò la schiena del demone irrigidirsi

 

-Non avevamo detto che avremmo osservato una tregua? Vi farò portare dell'acqua calda-

 

Kagome sorrise.

 

-Vi ringrazio, cavaliere. Un'ultima cosa- agginse mentre Inuyaha era già sul punto di uscire.

 

-Voi... siete stato qui con me?- bisbigliò.

 

Lo osservò per qualche istante, i capelli d'argento che luccicavano come stelle alla luce del sole.

 

-Non mi pare. Sono stato qui solo qualche volta. E non credete che nutra qualche simpatia per voi! Ho soltanto pena per la vostra condizione!- sbraitò, uscendo di corsa dalla tenda.

 

Kagome si ritrovò a sorridere, mentre con delicatezza si stendeva nuovamente sul futon.


 

Il suo profumo....

 

Foreste profonde, terra bagnata...

 

Sì, era quello il profumo che ricordava.

 

Un paio di braccia possenti che la avvolgevano, un calore che metteva in pace ogni tumulto dell'anima...

 

E quel profumo...

 

No, non poteva non essere lui.

 

Il senso dell'olfatto non tradiva mai, e ricordava molte più cose di quanto la vista avrebbe potuto fare in anni di vita...

 

 

 

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Dopo aver dato disposizioni affinchè portassero dell'acqua calda nella sua tenda, Inuyasha si lasciò cadere ai piedi di un albero.

 

Se era stato accanto a lei.

 

Aveva chiesto questo.

 

E che poteva dirle, che si era mosso a malapena dal suo capezzale per timore che le succedesse qualcosa?

 

Che era stato attento ad ogni minimo cambiamento del suo respiro?

 

Che, nel dormiveglia, aveva trovato il suo corpo deliziosamente morbido e caldo?

 

Il suo profumo dolce ed avvolgente?

 

Impossibile.

 

Non aveva mai riservato a nessuna che non fosse Kikyo pensieri di quel genere.

 

Men che mai poteva riferirli a lei, il fulcro del suo piano, la figlia del suo nemico.

 

No, decise.

 

Probabilmente quei pensieri erano dettati soltanto dal timore della morte della ragazza, una morte che avrebbe vanificato anni di lavoro e di attesa.

 

Forse era per quello che aveva atteso il responso del maestro di Miroku col cuore in gola.

 

Sì, doveva essere per quello.

 

Nonostante lei fosse nettamente diversa dal padre, non poteva farsi distrarre.

 

Kikyo non glielo avrebbe perdonato.

 

E neanche lui, se lo sarebbe perdonato...

 

Un soldato lo fermò per parecchio tempo, discutendo sulle mosse da fare nei prossimi giorni.

 

In capo ad una settimana, sarebbero arrivati al suo palazzo, dove avrebbe rivisto la sua amata Kikyo.

 

E poi, subito dopo, via verso il nord, verso la Sfera.

 

Verso il loro futuro....

 

 

Era quasi il crepuscolo, quando terminò di discutere coi suoi uomini.

 

Era passato parecchio tempo, e sicuramente Kagome aveva già mangiato e fatto il bagno.

 

Decise di passare da lei prima di tornare dai suoi soldati per la cena.

 

A passo deciso si avviò verso la tenda, alzando la stoffa che copriva l'entrata.

 

 

 

Il respiro gli si mozzò in gola.

 

I capelli tirati su, arricciati dal vapore saturo di quel buonissimo profumo di fiori di ciliegio che la caratterizzava.

 

I Kami soli sapevano come aveva potuto dire che fosse disgustoso.

 

La pelle bianca come il latte che brillava, coperta da mille gocce d'acqua.

 

Le gambe lunghe, affusolate, che sembravano lisce come seta pura.

 

Il viso inusuale, gli occhi blu come le acque del mare.

 

Amaterasu stessa avrebbe potuto non reggere il confronto con quella donna mortale.

 

Gli occhi che si era soffermato ad ammirare piu del dovuto si fissarono su di lui, mentre le guance si coloravano, somigliando in modo mervigliosamente impressionante a pesche mature.

 

Le labbra, nè troppo fini, nè troppo carnose, rosa come petali si arricciarono, mentre la mano che stringeva il telo di lino che copriva sommariamente quel corpo si stringeva spasmodica.

 

-Che diavolo state facendo? Andatevene, razza di perevertito!-

 

Un urlo.

 

Seguito da oggetti non meglio identificati che gli arrivavano addosso.

 

-Inuyasha Inuyasha... Hai finalmente seguito il mio consiglio e ti sei messo a godere delle grazie del genere femminile?-

 

La voce canzonatoria di Miroku alle sue spalle gli fece finalmente riacquistare il lume della ragione.

 

Giusto in tempo per vedere Kagome che gli lanciava un secchio di legno vuoto.

 

Veloce come un fulmine lo scansò, sistemando il telo che copriva l'entrata.

 

-Razza di deviato! Come osate spiarmi mentre faccio il bagno?!-

 

-Tze. Tanto per cominciare, siete voi, ad essere nella mia tenda. E poi, chi mai vorrebbe guardare una che è un maschio mancato?-

 

-Razza di Baka!!! Come osate dirmi una cosa del genere,eh? E poi, non avevamo stabilito una tregua, noi?- ringhiò Kagome da dentro

 

-Appunto! Siete voi che avete inizato a tirarmi tutto quello che vi capitava a tiro!-

 

 

Inuyasha ignorò la risatina di Miroku.

 

-Ovviamente! Potevate chiedere, prima di entrare!-

 

-Poche storie. Non l'ho fatto certo volontariamente. Ripeto, chi vorrebbe mai osservare un maschiaccio?-

 

Mentre Miroku rideva ormai a crepapelle, Inuyasha registrò un termine a lui sconosciuto ma che sicuramente era un'offesa nei suoi confronti.

 

Sembrava un suono tipo "stronzo" o qualcosa del genere...

 

Bah.

 

-Riposate, piuttosto. E risparmiate energie. Domani ci rimetteremo in cammino-

 

Veloce, si avviò verso il fuoco che i suoi uomini avevano acceso.

 

Shippo, il demone volpe che Kagome aveva curato tre giorni prima, gli si avvicinò.

 

-Signore... Kagome si è ripresa?-

 

Tzè. A giudicare dalla violenza con cui gli aveva scagliato addosso ogni oggetto che gli passava sotto gli occhi, sì, si era discretamente ripresa.

 

-Sì, Shippo, sta meglio-

 

Il demone annuì.

 

-Ne sono felice, signore. Se avesse bisogno di qualsiasi cosa, ditegli pure di chiedere a me-

 

Mentre lo guardava allontanarsi, Inuyasha si chiese se quell'avvicinamento tra Kagome e i suoi uomini avrebbe portato problemi.

 

No, impossibile.

 

Non avrebbero mai potuto preferire la figlia di Naraku a Kikyo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ed eccomi qua!! Finalmente (?) aggiornata, principessa e mostriciattolo! Avvertimento per le amanti della coppia Kagome/Inuyasha... anche se sembra che sia tutto rose e fiori, ce ne vorrà per arrivare al lieto fine, qui.... che tra mostriciattoli, streghe, demoni e abbagli l'amore vero faticherà un bel po'!

 

Per gli amanti della Takahashi, spero si sia capito l'omaggio ad un'altra opera della maestra, con "baka" e "maschiaccio" ;)

Omaggio a tutte le ladies, sappilo Antonella! ;)

 

Baci a tutti, e grazie di seguirmi!!!

Spero non siate delusi!

 

 

 

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Capitolo 7
*** Stomaco attorcigliolato ***


Solo un samurai

può capire

le intenzioni di un samurai


 


 


 

Kagome bevve un ultimo sorso di the per poi guardarsi attorno.

Gli uomini avevano iniziato a sistemarsi per la notte, e le ultime braci dei falò si stavano lentamente spegnendo.

Una folata di vento improvvisa la fece rabbrividire e la costrinse a stringersi nello scialle di lana.

 

-Vi consiglio di andare a dormire. Domattina partiremo presto, conto di arrivare a destinazione a fine giornata e non ammetto ritardi-

 

Kagome alzò gli occhi al cielo, posò la tazza e si alzò lentamente.

 

Le braccia incrociate e soltanto l'haori di seta indosso come se fosse immune al freddo dell'inverno, i capelli d'argento mossi leggermente dalla brezza e i soliti occhi severi che la fissavano attenti come quelli di un'aquila.

 

Inutile. Nonostante avesse provato ad inquadrarlo, Inuyasha per Kagome restava un mistero. Passava dall'essere l'uomo più sgradevole di questo mondo a quello più premuroso, a modo suo. La ragazza non poteva infatti dimenticare cosa avesse fatto per lei, e un rossore sospetto le tingeva sempre le guance quando le tornava in mente il calore del suo abbraccio. Era forte, combattivo, fiero come un leone e al contempo terribilmente irritante.

 

Un sopracciglio si alzò verso l'alto, enfatizzando la bellezza di quelle iridi dorate.

 

-Beh? Cos'è, siete persa nei vostri pensieri?-

 

La ragazza sussultò -Affatto. Stavo solo pensando a domani. Avete detto che il vostro palazzo si trova nei pressi del lago di Taazawa, giusto?-

 

Il demone annuì.-Esatto. E farete bene a coprirvi a dovere. Siamo molto vicini ad Ezo, la temperatura non è delle migliori per voi umani- disse, muovendo leggermente le orecchie che attirarono inevitabilmente l'attenzione di Kagome.

 

Se non avesse saputo che sarebbe finita tagliata a fettine, le avrebbe carezzate a ripetizione come si fa con i cuccioli. Avevano l'aria di esser tremendamente soffici e morbide.

 

La ragazza si accigliò. Benché fossero senza ombra di dubbio la cosa più kawaii che avesse mai visto in vita sua, non riusciva a spiegarsi perché Inuyasha non avesse orecchie appuntite come il resto dei demoni a lei conosciuti. Non che ne conoscesse molti in realtà, e magari il Giappone brulicava di demoni con orecchie coccolose, ma il fatto la incuriosiva e non poco.

 

-E adesso cosa c'è? Perché mi state fissando con quell'aria da merluzzo essiccato?-

 

Kagome, colta in fallo, sbatté velocemente le palpebre -Gentile come sempre capitano. In verità stavo fissando le vostre orecchie. Mi domandavo se fossero comuni-

 

Inuyasha serrò così forte la mascella che alla ragazza parve di aver sentito i denti sgranare.

-La solita impertinente. Non vi hanno insegnato l'educazione immagino. Comunque, se servirà a frenare la vostra fantasia no, non sono per nulla comuni. Questo perché di hanyou non ce ne sono molti- rispose ringhiando.

 

Kagome deglutì. Ti pareva che non si fosse innervosito...-Era solo una domanda. Comunque... cosa sono esattamente questi hanyou?-

 

Inuyasha fece un gesto stizzito con il braccio, sistemandosi Tessaiga al fianco.

 

-Non ne avete mai sentito parlare? Strano, vostro padre adora denigrarli. Sono un bastardo. Un mezzosangue. Un mezzodemone. Decidete voi come chiamarmi-

 

Kagome rimase un attimo in silenzio, prima di parlare -Dunque...siete per metà umano?-

 

-Mia madre. Lei era umana-.

 

Il tono gli si era leggermente addolcito, e gli occhi che si era affrettato ad abbassare si erano fatti più chiari.

 

Kagome sorrise. Era evidente che l'avesse amata molto.

 

-Quindi possiamo dire che siete un essere...come dire...unico? Raro? Speciale?- azzardò.

 

Una risata amara riecheggiò nel campo quasi deserto.

 

-Nulla di tutto questo, ragazzina. Sono uno scherzo della natura. Un'aberrazione. Sono costretto a a tenere costantemente Tessaiga al mio fianco, e grazie a vostro padre da qualche anno devo prendere una pozione, per tenere a freno il mio io demoniaco che vi assicuro essere capace di una furia inaudita se lasciato libero. E adesso andate a letto. Tra poche ore albeggerà, e non intendo tardare neanche di un monito la partenza per stare dietro ai vostri ritmi da lumaca!-

 

L'ultima frase era stata detta con un tono di voce talmente alto, che alcuni soldati si affacciarono assonnati dalle tende per vedere cosa fosse successo.

 

Kagome con un sospiro osservò Inuyasha allontanarsi velocemente da lei per entrare stizzito nella sua tenda.

 

Con un peso sullo stomaco si affrettò a seguire i consigli dell'irato mezzodemone, e cercando di fare il meno rumore possibile per non svegliare Sango si preparò per la notte e si distese nel futon.

 

Un mezzodemone.

 

Non aveva ancora chiaro cosa effettivamente significasse, ma questo spiegava diverse cose. La premura che aveva avuto nei suo confronti, i sentimenti che riusciva a provare. Indubbiamente la sua parte umana arricchiva ed enfatizzava il lato demoniaco.

 

Era veramente un essere speciale.

 

 

 

 

 

 

 

-Muovetevi! Per tutti i Kami, un demone tartaruga sarebbe più svelto, parola mia!-

 

Kagome sbuffò sonoramente e si trattenne a stento dal prenderlo a male parole.

 

-Per tutti i Kami dovremmo dirlo noi, Inuyasha! Che diamine: è da stamattina che siamo in marcia, si sta facendo buio, perdonatemi la battuta infelice ma fa anche un freddo cane, e voi non fate che berciare come un gabbiano! Siamo mica a vostra disposizione! Non potete trattarci come schiavi!-

 

Inuyasha fece tanto d'occhi -Come diavolo vi permettete di rivolgervi a me in quel modo?-


 

Kagome sentì Miroku e Sango ridacchiare.


 

-Mi pareva avessimo stabilito una tregua, e per tregua io intendo anche la messa in atto di un rispetto reciproco, mi spiego?-

-So bene cos'ho promesso. Me lo ripetete ogni santo giorno-

-In tal caso siete duro d'orecchi-


 

Inuyasha prese fiato: non ce la faceva più, con quella.

Quello che era successo la sera prima lo aveva disturbato. Nessuno, fatta eccezione per Kikyo, si era mai permesso di parlare della sua natura in modo così libero ed esplicito.


 

Quindi possiamo dire che siete un essere...come dire...unico? Raro? Speciale?”


 

Dannata ragazzina.

Nessuno gli aveva mai detto quelle cose.

Mai.

Soltanto sua madre, quando arrivava la sera, sorrideva guardandolo con occhi pieni d'amore.

Ricordava ancora il dolce profumo di Iris che la contraddistingueva.

Si sedeva di fianco a lui, gli sistemava le coperte, ed iniziava a carezzargli i capelli.

 

Hanno lo stesso colore dei raggi di luna” bisbigliava “Sei la cosa più preziosa di questo mondo, tesoro”

 

Inuyasha sorrise amaramente.

No. Non era vero. A causa sua, aveva perso tutto. Si era trovata sola e abbandonata, con la colpa di aver partorito un mostro.

-Suvvia, Capitano. Almeno una volta, cerchiamo di andare d'accordo-


 

La voce di Kagome lo fece tornare al presente.

Il mezzodemone scese con stizza dal cavallo, che sistemò vicino ad un albero assicurando le redini ad un ramo.


 

-E va bene. Un'ora, non di più. Si sta facendo buio, ed intendo passare la notte a casa mia-

Le labbra di Kagome si piegarono in un sorriso radioso -Ero certa che avremmo potuto contare sul vostro innato buon senso-


 

Incredibile. In secoli di vita non aveva mai incontrato una persona più irritante di quella donna.


 

-Bah!!!-


 

Kagome lo osservò allontanarsi nervosamente verso un prato poco distante.


 

Sospirò.


 

-In verità, non ho mai visto nessuno becchettarsi come voi due. Davvero-


 

Sentendo la voce di Miroku, Kagome si girò di scatto, giusto in tempo per osservare il monaco sorridere divertito.

-Per piacere. È più irritante dell'ortica. Indisponente, rozzo e maleducato, nonché pieno di sé. Non so come tu faccia a sopportarlo-

Il giovane scosse una mano –E' tutta questione di abitudine, credimi. E poi can che abbaia non morde, non scordarlo mai-


 

-Sarà- rispose la ragazza mentre cercava nella borsa il riso che aveva preparato la sera prima -Ma io non lo sopporto-


 

Ignorò volutamente l'occhiata che le lanciò Sango.

-Molto bene fanciulle. Vado a fare due passi per sgranchirmi le gambe. A tra poco-


 

-Certo che siete buffi, Kagome- sentì dire a Sango mentre si sedevano sul prato per mangiare qualcosa.

-Dici?- borbottò in risposta.

L'amica annuì, divertita.

-Ti ricordi- bofonchiò mentre masticava un boccone di riso -La nostra corrispondenza?-

Kagome sorrise -Certo. Eri l'unico legame, insieme ad Omoe, che volevo tenere con la mia terra. Ho conservato ogni singola lettera-

-Mi sei mancata da morire, amica mia. Comunque... ti ricordi quando discutevamo sul nostro ipotetico futuro marito?-

Kagome scoppiò a ridere -E chi se lo scorda! Cosa scrivevi... Ah si: che lo volevi serio, intelligente, rispettoso... e poi guardati... a fare gli occhi dolci ad un monaco che, perdonami, è tutto fuorché serio e rispettoso-


 

Sango arrossì -Ma che dici? Io non vado mica dietro a quello la! Per tutti i Kami, Ka-chan! Non farei in tempo a girarmi, che quello farebbe il cascamorto con qualsiasi essere di sesso femminile dai quattordici ai settant'anni!-

-Suvvia, non essere così pessimista- la rimbrottò puntandole contro le bacchette -Magari è tutto fumo e niente arrosto. E poi, a chi vuoi darla a bere: vi vedo, sai, quando vi guardate di nascosto...-


 

Le gote di Sango avrebbero potuto far concorrenza alle fiamme di un fuoco.

-Bah! E poi avevamo quanto... quattordici anni? Eravamo delle ragazzine!-

-Delle ragazzine con le idee ben chiare, però!-

-Quello sempre...tornando a noi... mi piaceva troppo quel termine che usavi spesso e che non aveva traduzione... Com'era? Volevi un uomo che ti... ti...-

-Attorcigliolasse* lo stomaco- l'aiutò Kagome con un sorriso

Sango schioccò le dita -Ecco! Quello! Che termine strambo! Però rende l'idea!-

-Eccome se la rende! Non ho abbandonato questo sogno, sappilo...-

Sango le sorrise -Oh no. Questo lo so. E dimmi... c'è qualcuno che ti attorcigliolasse lo stomaco?-

-Ma no.. è una cosa seria, l'attorcigliamento di stomaco-

-Oh, io potrei azzardare un nome... vuoi un aiutino? È antipatico, urla come un gabbiano, però per lui vale il detto del can che abbaia non morde. Risposte per l'indovinello?-

Kagome arrossì -Sango! Per tutti i Kami, stiamo parlando dell'uomo che ci ha rapite per un motivo ancora ignoto! Che diamine, siamo qui soltanto per arrivare all'elisir della sfera, ricordi?-


 

In tutta risposta, l'amica fece spallucce e si sistemò una lucente ciocca di capelli dietro l'orecchio

-E va bene. Hai ragione. Credi però che non mi sia accorta che arrossisci quando discutete? E non si tratta certo di rabbia... vuoi forse dirmi che non ricordi nulla di quelle tre lunghe giornate in cui non ti ha abbandonata nemmeno per un attimo?-

Kagome si voltò con la scusa di tirar fuori il contenitore dell'acqua. Non voleva che Sango vedesse le guance che le stavano diventando rosse come pesche.

Aveva ragione.

Cavolo, se aveva ragione.

Benché fosse indubbiamente l'essere più ingestibile che avesse mai conosciuto, aveva in sé una tale forza, una tale energia che la lasciava senza fiato.

E come dimenticare le attenzioni che le aveva riservato...

Nessuno in vita sua si era preso cura di lei in questo modo.

Uno strano formicolio le invadeva il corpo quando lo vedeva anche solo di sfuggita.

E dire che di uomini, quando era in Italia, ne aveva conosciuti parecchi. Quante volte padre Riccardo e Padre Augusto le avevano combinato incontri con dei rampolli di famiglie importanti!

Ma mai nessuno era riuscito a metterla in subbuglio come..

- Le vostre gambette si sono riposate a sufficienza? Già che ci siamo, gradite un po' di latte? I poppanti lo prendono, per rimettersi in forze!-


 

Kagome assottigliò gli occhi -Non fate dell'inutile sarcasmo, cavaliere! Siamo prontissime! E senza latte!- disse scattando in piedi.

Inuyasha incrociò le braccia e a Kagome sembrò di vedere un piccolo sorriso farsi strada su quelle labbra disegnate.

-Allora andiamo-


 

Kagome deglutì.

Mentre sistemava il bagaglio sul cavallo, guardò un'ultima volta il mezzo demone.

Stava parlando con Miroku, quando scoppiò in una risata.

La ragazza strinse forte le redini del cavallo, mentre il vento le scompigliava i capelli.

Mentre si rimettevano in marcia, cercò di non fare caso al suo stomaco.

Si stava indubbiamente attorcigliolando.


 


 


 

Chi non muore si rivede! Ed eccomi qua dopo un periodo imprecisato d'assenza, con un nuovo capitolo!

Non succede molto in realtà, è un capitolo di transizione. Un capitolo di transizione che però, a parer mio, è molto importante per quanto riguarda il rapporto tra i due protagonisti!

Che dire del termine attorcigliolato. Ovviamente non esiste, o meglio non esiste nella lingua italiana. Esiste però nella miriade dei vernacoli pisani, ed è un termine che usavo spesso con le amiche quando ero ragazzina (cioè qualche anno appaiato fa) per descrivere la sensazione che l'amore avrebbe dato. Un amore che attorcigliolava lo stomaco. Ecco, mi è piaciuto metterlo anche qui, con una Kagome che ha vissuto in Italia e che io ho voluto un po' “colorare” a piacimento con un ricordo adolescenziale che mi ha fatto ritornare indietro nel tempo con un sorriso.

Mi defilo con un “a presto”, sperando che sia vero ;)

Alla prossima!

La vostra Fast

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Capitolo 8
*** Fiori di Ciliegio ***


 

Nulla al mondo è più morbido dell'acqua

eppure nello sgretolare ciò che è più duro al mondo

nessuno può superarla.

La debolezza vince la forza, la morbidezza vince la durezza.

 

 

 

 

 

 

-Quindi Kagome mi assicuri che funzionerà?-

 

La ragazza annuì con un sorriso rassicurante. -Tranquillo, Koga. Ho curato decine di bambini con i sintomi di tua figlia,e sono guariti tutti. Lei poi non avrà problemi: essendo un demone è sicuramente più coriacea degli altri bambini-.

 

Il demone lupo si sentì sollevato. Erano mesi che la sua piccola non stava bene. Alternava periodi in cui era abbastanza in salute ad altri in cui veniva tormentata da febbri altissime, inappetenza e rigetti continui. Ne aveva parlato con Kagome, che gli aveva prestato la massima attenzione. A quanto pareva, la piccola era affetta da un'infezione piuttosto brutta, ma nulla che non si potesse curare.

 

Si rilassò e si soffermò  per sistemare le briglie al cavallo.

 

-Se vuoi- la sentì dire -Quando torniamo posso darle un'occhiata-

 

Koga trasalì.

 

Osservò la sua nuova amica guardarlo con occhi pieni di fiducia mentre si sistemava il mantello marrone scuro sul collo per proteggersi dal freddo.

 

Quando sarebbero tornati, lei non ci sarebbe stata.

Lo stomaco del demone si strinse in una morsa dolorosa, mentre il senso di colpa si faceva prepotentemente strada in lui.

Strinse forte le redini, mentre i denti digrignavano.

Adorava quella ragazza. Adorava i suoi sorrisi limpidi, la sua disponibilità, il suo senso dell'umorismo, la sua umanità.

E lei, ne era certo, ricambiava la sua simpatia.

Lo avrebbe ancora considerato un buon amico quando avrebbe contribuito al suo omicidio?

 Una parte di lui era con Inuyasha, ma l'altra parte era con quella ragazza che si preoccupava per la salute della sua bambina...

Ce l'avrebbe fatta a tenerla ferma mentre Kikyo affondava la lama?

 

-Koga? Che ti succede? Sei strano..-

 

 

Koga alzò il capo e venne inondato letteralmente dal buon profumo della ragazza che lo fissava con occhi interrogativi.

 

-Oh, no...niente, Kagome- si riscosse lui -Tranquilla-

 

La ragazza sorrise e si voltò un attimo per sistemare la borsa con i suoi averi legata alla sella.

 

-Non devi preoccuparti, davvero. La tua bimba guarirà e tornerà più forte di prima, garantito! Adesso, se non ti dispiace, allungo un attimo il passo e raggiungo Sango. Non vorrei che il povero Miroku avesse un collasso, con tutti gli schiaffi che sta prendendo!-

 

Scoppiarono a ridere.

 

-Ci vediamo dopo, Koga. È sera, dovremmo essere quasi arrivati, no?-

 

Il demone lupo annuì -Sì. Non manca molto-

 

-Beh, è già buio. Qui mi pare che il sole tramonti prima. Non potrò vedere i mille colori del lago, stasera. Recupererò domani-

 

Koga osservo la schiena sinuosa della ragazza allontanarsi. Il sorriso che rivolse a Sango era radioso come al solito.

 

Il demone sospirò.

 

La questione si faceva sempre più complicata.

 

                                                           *§*§*§*§*§*

 

Inuyasha lasciò che il vento gelido gli sferzasse il viso. Il sole era calato da qualche minuto, il cielo si stava riempiendo di stelle e l'aria era cristallina come può esserlo solo nelle fredde regioni del nord.

 

Un sorriso si fece strada sul suo volto stanco. Ancora pochi minuti, e dopo settimane avrebbe rivisto la sua amata Kikyo.

 

Una risata attirò la sua attenzione.

 

Gli occhi dorati non esitarono nemmeno un secondo e si andarono a posare su Kagome.

 

Osservò i lunghi capelli della ragazza ondeggiare al vento, e non poté evitare di pensare che le fossette che le si formavano agli angoli della bocca quando rideva la rendessero molto attraente.

 

La osservò scherzare con Sango e con quel maniaco di Miroku, che tra parentesi ne aveva combinata un'altra delle sue.

 

La guardò buttare la testa all'indietro e ridere nuovamente a pieni polmoni.

 

Per quanto detestasse ammetterlo, quella risata era ipnotica.

 

Un brivido gli corse lungo la schiena. Aveva rivalutato molto la sua ospite.

 

Con la mente ripercorse gli ultimi avvenimenti, fino ad arrivare a quello accaduto la sera prima...

 

 

La pozione era finita, e lui aveva il respiro mozzato e il corpo scosso da mille fremiti come se avesse avuto la febbre. Le lenzuola del futon erano scomposte come se vi avesse dormito un tarantolato.

La fronte era imperlata di sudore, il corpo veniva scosso da brividi di freddo e subito dopo da vampate di calore così forti da sembrare che qualcuno si divertisse a colargli lava nelle vene.

 

La degenza di quella ragazzina non era stata calcolata, e la pozione era terminata prima del previsto, lasciandolo cadere preda di dolori atroci.

 

Un'altra, fortissima fitta. Sembrava che qualcosa volesse strappargli le viscere.

 

Sembrava che un diavolo lo stesse graffiando, lacerando, bruciando, sbranando dall’interno.

 

Si morse con tutta la forza il labbro inferiore, conficcando i canini appuntiti nella carne.

 

Un rivolo di sangue scese lungo il collo, sulle vene pulsanti. Con rabbia si tolse l'haori, restando a petto nudo. I muscoli erano scossi,le vene in rilievo, la pelle grondava sudore.

 

Un diavolo che lo sbranava da dentro, eh?

 

Riuscì a ghignare, non seppe nemmeno lui come.

 

Era così davvero.

 

Quel maledetto di Naraku si era preso proprio tutto.

 

La vita di Kikyo, e la sua sanità mentale.

 

Quando la compagna era morta, per mano di quel dannato, una maledizione si era scagliata su di lui, lanciata da quell'ignobile essere.

 

Aveva fatto sì che la parte demoniaca di Inuyasha, che fino ad allora non aveva dato problemi se non in rare occasioni, facesse in modo di uscire e di prendere il sopravvento costantemente, in una battaglia così serrata che c'era mancato poco perdesse il lume della ragione.

 

Fortuna volle che quella strega, ma per lui poteva essere definita tranquillamente Santa visti gli sviluppi successivi alla sua conoscenza, conoscesse la formula di una pozione capace di tenere a bada il demone che viveva nel suo corpo.

 

Da allora la assumeva regolarmente, ed era riuscito a non dover più patire le pene dell'Infermo per controllarsi.

 

Ma adesso era terminata e il dolore lo stava uccidendo.

 

Le orecchie fischiavano, la testa vorticava, il battito era accelerato al massimo, riusciva a malapena a respirare.

 

Era stordito, paralizzato, ma doveva comunque rimanere cosciente per non impazzire.

 

 

-Dio mio, Inuyasha! Che vi succede?-

 

La voce di quell'odioso essere arrivò dritta alle sue orecchie, mentre una mano si andava a posare sulla sua spalla bollente.

 

Un ringhio gli uscì dalla bocca.

 

Ci mancava solo lei, il sangue di quel maledetto che lo aveva ridotto così.

 

-Vattene..- ringhiò ancora, la gola che si stringeva fino a togliergli quasi del tutto il respiro.

 

-No! Avete bisogno di aiuto!-

 

Alzò il viso di scatto, una rabbia incontenibile che premeva per uscire.

 

La ragazzina lo osservava con apprensione, i capelli spettinati ed una veste leggera a coprirle a malapena il corpo.

 

Digrignò i denti.

 

Non sapeva se essere più furioso con lei per il fatto che si preoccupasse per lui, oppure con sé stesso per trovarla dannatamente bella.

 

La afferrò di scatto per il polso, gli artigli che si erano allungati così tanto da ferirle la pelle delicata.

 

La fissò con gli occhi che sicuramente erano iniettati di sangue, il respiro affannoso e la testa che sentiva come premuta in una morsa impietosa.

 

-Ho detto vattene. È soltanto colpa di tuo padre se sono ridotto così. Vattene, a meno che tu non voglia farti male- disse con voce gutturale, lasciando violentemente la presa.

 

Si prese nuovamente la testa fra le mani, certo che sarebbe fuggita subito.

 

Nessuno riusciva a non provare terrore puro nel vederlo in quelle condizioni, nemmeno i suoi soldati, che pure erano da definirsi incoscienti, da quanto erano coraggiosi.

 

E come poteva biasimarli? Si trasfigurava, letteralmente.

 

Improvvisamente, un inaspettato profumo di fiori di ciliegio gli arrivò dritto alle narici.

 

-Adesso ascoltami, Inuyasha. Fai quello che ti dico-

 

La voce di Kagome riuscì a perforare l'ovatta che avvolgeva il suo udito, arrivandogli dolce e decisa allo stesso tempo.

 

Sentì le mani della ragazza posarsi sulle sue e spostarle gentilmente ma con fermezza. Lentamente, le sentì spostarsi sulla nuca per poi spingerla dolcemente fino a fargli posare la testa all'altezza delle ginocchia.

 

La sentì sistemarsi accanto a lui, i lunghi capelli che gli solleticavano lo sterno.

 

-Adesso, concentrati. Conta i respiri che fai, e tienili a mente-

 

Non seppe perché, ma seguì quello che la ragazza diceva con quella voce calma e leggera.

 

Fece quello che diceva di fare, concentrandosi sul respiro ed inalando il profumo di primavera che si sprigionava da quel corpo.

 

Rimase sbalordito quando i battiti rallentarono, avvicinandosi ad un ritmo normale.

 

La lasciò fare anche quando, dopo un tempo che non seppe quantificare bene, lo aiutò a distendersi sul futon.

 

La lasciò fare quando gli unì le gambe, e la lasciò fare anche quando gli prese le mani e gliele posizionò sul ventre, un paio di dita appena sopra l’ombelico.

 

Supino, con lei china su di lui, poteva ammirare chiaramente la curva dei seni, i capelli che le scendevano scomposti sulle spalle, le gambe perfette lasciate scoperte da quella veste che era salita su.

 

La guardò mentre gli sorrideva, gli occhi grandi illuminati dalle candele.

 

-Adesso, con il respiro, voglio che tu spinga le mie mani in alto. Cerca di concentrare tutta l’aria che hai nei polmoni all’altezza dello stomaco; il tuo obiettivo è spingere in alto le mie mani. Concentrati-

 

E lui lo fece.

 

Si concentrò su quelle mani setose ed incredibilmente calde sulle sue, si lasciò guidare da quegli occhi che lo osservavano attenti e sicuri.

 

E pian piano che il respiro si stabilizzava, tutto scemava: la testa di pulsare, il cuore di essere un cavallo impazzito, il corpo di bruciare e il demone che aveva dentro si calmava e regrediva.

 

Chiuse gli occhi per un momento.

 

Si sentiva strano.

 

Era stanco, stremato, ma al tempo stesso era pervaso da una strana sensazione di benessere, adesso che il suo Io oscuro era stato domato.

 

Ed era tutto così… diverso. Lo aveva fatto sembrare così semplice, pensò sempre più sbalordito.

 

Quella voce calma e sicura, quelle mosse decise eppure così delicate…

 

Non Tessaiga, non una pozione stregata.

 

Soltanto la voce di lei che lo guidava.

 

Non fece in tempo a restare sconvolto da quella presa di coscienza che le mani della ragazza lasciarono le sue.

 

Aprì gli occhi di scatto, appena in tempo per vederla mentre si avvolgeva in una mantella.

 

Lei si girò subito verso di lui, sorridente. La luce soffusa che era  nella stanza fece brillare la pelle della ragazza, con dei giochi di luce e ombra che mettevano in risalto gli zigomi, le mani affusolate e le gambe tornite.

 

-Adesso come stai?- la sentì chiedere, lasciando cadere le inutili formalità che avevano contraddistinto il loro modo di interagire fino ad allora.

 

Si tirò su a sedere –Meglio- borbottò –Come mai sei entrata qui, nel ben mezzo della notte?-

 

Lei, per nulla intimorita dal tono brusco che aveva usato, sorrise.

 

-Ero uscita per prendere dell’acqua, e ho sentito dei lamenti… e la tenda era socchiusa, ed ho visto la tua ombra mezza contorta, e  quindi ho pensato che.. beh, che avessi bisogno di qualcosa, ecco- spiegò, calcando sulle congiunzioni in modo piuttosto buffo.

 

-Sei un medico nato, non c’è che dire-

 

Lei alzò le spalle – È  una vocazione, effettivamente. Vorresti… ecco, vorresti spiegarmi cosa ti è successo? È a causa di… uhm… mio padre se… ehm.. ti capita questo, ecco…-

 

Lui, in risposta a quella timida domanda, assottigliò gli occhi.

 

Poteva riversarle addosso tutto il veleno che aveva in corpo, solo perché era la figlia dell’uomo che glielo aveva iniettato?

 

No.

 

Kagome intercettò quello sguardo e capendolo al volo sospirò –Ho capito. Non vuoi parlarne. Però..Se un giorno volessi farlo, ecco… io potrei.. sì, insomma…-

 

Balbettava imbarazzata, ed era arrossita.

 

Involontariamente, lui sorrise. –Torna a dormire adesso-

 

Lei annuì, avviandosi verso l’uscita.

 

-Kagome- bisbigliò, bloccandola sul posto.

 

-Sì?-

 

-Grazie-

 

La osservò girarsi lentamente, con le labbra che si curvavano in un sorriso felice e gli occhi che brillavano di luce propria.

 

Solo in quel momento lui prese coscienza del fatto che la stanza  fosse impregnata del suo odore.

 

-Dovere, Capitano-

 

Sparì dietro la tenda.

 

Quel sentore di primavera rimase ovunque, anche parecchio tempo dopo che se ne fu andata.

 

E non poté fare a meno di sentirsi inspiegabilmente sollevato.

 

 

 

Il rumore del portone che si apriva lo distrasse dai suoi pensieri.

 

Alla sua destra, la superficie del lago brillava alla luce della luna.

 

Davanti a sé, l’enorme cortile interno della sua dimora era estremamente accogliente, illuminato dalle torce fatte sistemare sicuramente da Sesshomaru che doveva aver fiutato il suo arrivo quando era ancora a qualche chilometro di distanza.

 

Lasciò immediatamente le redini del cavallo che consegnò al primo soldato che gli capitò a tiro.

 

Velocemente sorpassò tutti e si fece strada fino all’ingresso, dove ad attenderlo c’era il fratello maggiore, Sesshomaru, in compagnia del servo Myoga.

 

-Bentornato, fratello-

 

La voce impassibile del demone dalla lunga coda bianca non tradiva nessuna emozione, ma Inuyasha sapeva che in fondo era sollevato di vederlo.

 

Si somigliavano molto, ma al contempo erano molto diversi.

 

Sesshomaru era un demone tutto d’un pezzo, serio, padrone della situazione.

Ottimo stratega militare, non lasciava mai che le emozioni prendessero il sopravvento ed aveva sempre e costantemente tutto sotto controllo.

Mentre Inuyasha… sarà stato per il sangue umano che gli scorreva nelle vene, ma non riusciva ad essere completamente distaccato, almeno non del tutto.

 

E questo, a volte, poteva essere un ostacolo.

 

-Sesshomaru. Le cose sono andate bene in mia assenza?-

 

L’altro annuì –Certamente. Nutrivi qualche dubbio?-

 

Inuyasha rise.

 

-Piuttosto…- continuò il demone – Lei dov’è?-

 

Inuyasha si scostò appena, accennando ad un punto al centro del cortile.

 

Eccola la, in mezzo agli uomini che si davano dando da fare per sistemare cavalli ed oggetti.

 

Aveva la testa su per aria, ed osservava attentamente l’ambiente.

 

Mentre se ne stava col naso all’insù, non vide Koga dietro di lei, finendogli addosso.

 

Il demone lupo la prese al volo, stringendola più del dovuto.

 

Lei si girò e rise, mettendo insieme qualche parola di scuse.

 

Scuse inutili, osservo Inuyasha, visto che il lupo non pareva troppo scocciato da quel piccolo incidente.

 

Le mani strette intorno alla vita della ragazza e lo sguardo di apprezzamento che aveva erano infatti  indice di ben altri pensieri.

 

Inuyasha sentì nascere un inspiegabile moto di stizza, nel vedere le zampe del suo commilitone addosso a Kagome.

 

-Koga!- urlò, facendo voltare entrambi Và a sistemare i cavalli! Subito!-

 

Koga borbotto qualche parola e salutò la giovane, correndo fuori.

 

Lei invece si sistemò la mantella ed accennò un sorriso, muovendo qualche passo verso di lui.

 

-E così, è lei… che stranezza- sentì dire al fratello.

 

Inuyasha si voltò e lo squadrò con aria interrogativa –Che vuoi dire?-

 

-Voglio dire che non ha nessuna traccia dell’odore di Naraku addosso. Non gli somiglia nemmeno un po’, a dirsela tutta-

 

-Beh, questo non ha molta importanza, visto che…-

 

-E così questa sarebbe la tua dimora, giusto? Devo farti i miei complimenti! Ho visto moltissimi alberi di ciliegio, in primavera deve essere una meraviglia!- esclamò entusiasta la giovane.

 

Sesshomaru inarcò un sopracciglio, nel sentire Kagome rivolgersi al fratello con tutta quella confidenza.

 

Inuyasha intercettò la perplessità del demone maggiore.

 

Dalla notte precedente, era stato naturale passare ad un linguaggio informale. E la cosa, strano a dirsi, non lo infastidiva nemmeno un po’.

 

-Kagome, lui è mio fratello Sesshomaru. Lei invece è..-

 

-Kagome, Signore- lo interruppe lei, inchinandosi ossequiosamente –Lieta di conoscervi-

 

Inuyasha osservò il fratello con la coda dell’occhio.

 

Era impassibile come al solito, ma quegli occhi indecifrabili stavano scrutando quella giovane donna vestita di abiti occidentali molto attentamente.

 

-Benvenuta, Kagome. Portate sempre abiti come questi? Correte un pericolo piuttosto importante. C’è un’aria molto tesa, ultimamente- rispose Sesshomaru, riferendosi alla politica interna  del Paese tutt’altro che inclusiva.

 

Kagome si alzò e si strinse in quella specie di mantello che era solita portare.

 

-Lo so, Signore. Ma il mio modo di essere è stato formato in Occidente, quindi non posso rinunciare alla mia identità. Comunque, fintanto che sarò in mezzo a questi guerrieri, non correrò alcun pericolo- concluse con un sorriso.

 

-Ka-chan! Vieni, Miroku ci mostrerà la nostra sistemazione!-

 

Kagome si girò nella direzione dell’amica Sango –Beh, direi che per me è ora di andare. A dopo. È stato un piacere fare la Vostra conoscenza Sesshomaru-

 

I due fratelli la osservarono raggiungere Miroku e Sango, per poi sparire dalla loro vista.

 

-Beh- esordì Sesshomaru dopo qualche istante di silenzio –La cosa si prospetta interessante-

 

Inuyyasha lo guardò con un sopracciglio alzato –Cosa vorresti dire con questo?-

 

Il fratello maggiore rimase impassibile e sistemò con cura Tenseinga, la spada ereditata dal padre, al fianco.

 

-Niente, fratello. Solo una sensazione-

 

 

                                                                       §*§*§*§*§*§*§*

 

 

 

-Santo cielo! Ma questa è una reggia!-

 

Kagome sorrise davanti all’entusiasmo di Sango.

Effettivamente, quello era uno dei luoghi più belli che avesse mai visto.

Il lago, la foresta, il giardino che aveva intravisto da dentro mentre percorreva il corridoio per arrivare alla camera.

 

Il profumo del tatami era inconfondibile, e la stanza era piacevolmente tiepida.

Il futon era fresco e profumato, e alle pareti erano appesi acquarelli di pregio raffiguranti vedute del luogo e animali selvatici.

 

Kagome aprì gli shoji: il giardino era una distesa meravigliosa di alberi, pietre disposte armoniosamente, e di piante che nella bella stagione dovevano essere un balsamo per gli occhi.

 

Sorrise.

 

Come diceva Padre Riccardo, la bellezza stupefacente della  natura era un dono che Dio aveva fatto al mondo per sollevarlo dagli affanni.

 

La luna illuminava l’ambiente, donandogli un’aria eterea sì, ma anche spettrale.

 

Poi, ad un tratto, il canto flebile di una donna attirò l’attenzione della ragazza.

 

Kagome allungò il collo, cercando di capire da dove venisse quel suono.

 

Era una canzone così malinconica…

 

-Kagome!-.

 

La voce squillante di Sango la fece sobbalzare.

 

La ragazza dal kimono rosa la fissava con le mani posate sui fianchi –è un po’ che ti chiamo! Si può sapere dove hai la testa?-

 

Kagome boccheggiò –Ah, no.. scusami.. è che sono un po’ stanca-

 

L’altra scosse la testa –Sempre la solita. Andiamo a cena, ci aspettano. E dopo potremo finalmente riposare come si deve, i Kami siano lodati. Sai.. – chiacchierava Sango mentre si incamminavano per i corridoi –Ha detto Miroku che resteremo qui tre giorni al massimo, giusto il tempo perché Inuyasha sistemi un paio di cose… e poi, finalmente, in capo ad una decina di giorni arriveremo alla sfera! Pare che si trovi nascosta, o meglio custodita adeguatamente, nel punto più estremo delle regioni del nord-

 

Kagome annuì, mentre una serva, la stessa che le aveva sistemato la camera al loro arrivo, si adoperava per aprire gli shoji che conducevano alla sala apparecchiata per la cena.

 

-Prego, da questa parte- le guidò la ragazza, che non aveva smesso un attimo di guardarla da sotto la frangia.

 

Vennero fatte accomodare in disparte, lontano da tutti.

 

Mentre afferrava una ciotola di riso, Kagome potè osservare Inuyasha e suo fratello seduti in lontananza, accanto a Miroku e a diversi demoni che non aveva mai visto.

 

Mentre mangiava, Kagome notò che per quanto nessuno avesse interrotto il chiacchiericcio che regnava all’interno del salone, tutti non si erano persi nemmeno un suo movimento.

 

Si accorgeva chiaramente che tutti quei demoni la stavano osservando convinti di non essere visti, e la cosa la stava iniziando ad irritare parecchio.

 

Parevano tutti vagamente in subbuglio, alcuni parlavano sottovoce in maniera concitata, elettrizzata quasi.

 

Deglutì. La cena che fino a qualche minuto prima le era parsa invitante non le andava più.

 

Sospirando, si alzò.

 

Sango la guardò con aria interrogativa –Ka-chan? Ma dove vai?-

 

La ragazza scosse la testa –Non ho più molta fame. Sono… davvero stanca. Tu continua pure con comodo, io andrò a farmi un bagno e poi mi metterò a letto-

 

Sango si accigliò e fece per alzarsi –Vengo con te-

 

-Oh no! Figurati! Stai pure quanto vuoi, non ti preoccupare. Credo di essere più al sicuro in questo castello che in altri posti- concluse ridendo nervosamente.

 

Lo aveva detto, ma non lo pensava davvero.

 

Sango annuì, poco convinta. –Come vuoi, Ka-chan. Ma non tarderò troppo neanch’io-

 

Kagome salutò l’amica e seguì la serva che le era stata assegnata.

 

La studiò. Era una ragazza abbastanza giovane, anche se le mani erano consumate dal duro lavoro, e le gambe erano storte e magre come quelle di una donna più adulta.

Le spalle erano leggermente ricurve, e i capelli scuri erano striati qua e la da qualche capello bianco come la neve.

 

Kagome si schiarì la voce –Uhm… vorrei sapere dove posso trovare le terme. Vorrei farmi un bagno, se è possibile-

 

La ragazza annuì lievemente –Certamente, signora. Avevo già preparato l’occorrente per voi e per la vostra dama di compagnia-

 

-Oh, Sango non è una dama di compagnia. È un’amica sai… ehm…com’è che ti chiami?-

 

-Io sono Ayumi. Al vostro servizio- rispose quella, mentre si arrestava davanti davanti ad una porta in legno oltre la quale spuntavano dei bamboo verdissimi.

 

Kagome sorrise, mentre afferrava il necessario per il bagno che le veniva consegnato –Ti ringrazio Ayumi-

 

-Dovere, signora- rispose Ayumi, tenendo la testa bassa mentre si spostava per farla entrare.

 

Kagome era estasiata. Quelle onsen erano paradisiache.

 

 –Potrete tornare alle vostre stanze percorrendo il corridoio che trovate qui alla vostra destra- sentì dire ad Ayumi

 

-Grazie mille. Ah… dimenticavo… sapresti dirmi come raggiungere il giardino che si vede dalla mia stanza? È meraviglioso!-

 

-Non dovete fare altro che camminare lungo quel muro. Troverete la porta di accesso dopo pochi passi-

 

-Grazie-

 

-Dovere. Adesso mi ritiro per lasciarvi la vostra intimità. Se doveste avere bisogno di me, basterà chiamarmi. Resterò nei paraggi-

 

Kagome scosse la mano –Lascia perdere Ayumi, io me la caverò benissimo da sola. Piuttosto, torna da Sango. Lei avrà bisogno di te per trovare le terme-

 

-Come volete, signora-

 

Kagome aspettò che la serva se ne fosse andata per spogliarsi ed immergersi in quelle acque invitanti. Il calore che la avvolse era corroborante ed estremamente distensivo per il suo corpo stanco.

 

Mentre si strusciava con l’asciugamano, gli occhi le caddero sulla cicatrice, ancora rossa, sulla coscia.

 

Alzò un sopracciglio. Le era andata decisa,mente bene, poteva rimetterci l’uso della gamba.

 

Oltre i bamboo che contornavano l’ambiente, una montagna si stagliava imponente. La vetta era illuminata dalla luce della luna, rendendola magnifica.

 

Kagome sospirò. Osservò con attenzione quella palla perlacea  che sempre l’aveva affascinata.

 

Ricordò la storia del tagliatore di bamboo.

 

Quante volte, da piccola ma anche da adulta,  aveva sognato di venire da un altro mondo, da un altro universo. Un mondo dove magari Naraku non era suo padre, dove c’erano genitori amorevoli ad attenderla, e magari una vita più tranquilla.

 

La ragazza storse la bocca.

 

Inutile girarci intorno. Suo padre era un poco di buono, un individuo che non possedeva un briciolo di moralità e di giustizia. Non aveva nessuna delle qualità proprie di un Samurai. Non era un signore giusto e giudizioso, e a quello che dicevano doveva aver fatto qualcosa di terribile ad Inuyasha.

 

Pensando al “Capitano”, rabbrividì. Ma non era assolutamente un brivido di paura.

 

Scivolò giù nell’acqua finchè non le arrivò sotto al naso.

 

Ripensò alla notte precedente.

 

Si era spaventata a morte, quando lo aveva visto in quelle condizioni. Era sofferente, e per un attimo le era parso come uno dei dannati che popolavano i dipinti dei vari Giudizi Universali.

 

Sembrava dilaniato da dentro, e lei non aveva potuto fare a meno di aiutarlo, anche se lui non voleva.

 

Sospirò.

 

Inuyasha le piaceva, davvero. Sentiva che sotto quell’apparente cattiveria, sotto quella maschera di insensibilità c’era un individuo diverso.

 

Lo stomaco le fece una capriola, e si sentì arrossire.

 

Le erano tremate le mani, quando aveva sfiorato quella pelle ambrata e bollente.

 

Aveva osservato molto bene quel corpo, purtroppo con poco amor di scienza.

 

Aveva registrato ogni muscolo ben definito, ogni vena in rilievo. Aveva apprezzato il modo in cui le gocce di sudore scivolavano con grazia sui pettorali ben delineati, sugli addominali scolpiti da anni di allenamento.

 

Arrossì ancora di più. Se Padre Augusto e Padre Riccardo avessero anche solo lontanamente immaginato i pensieri che aveva fatto, l’avrebbero rimproverata.

 

Non si addiceva certo ad una ragazza come lei, fare certi pensieri così.. poco casti.

 

-Aaah… Kagome, che razza di pensieri- disse a voce alta mentre si alzava ed usciva dalla vasca.

 

Si asciugò e si infilò il kimono che le aveva preparato Ayumi. Era molto bello, con quel blu notte e quei ricami rosati a formare degli alberi di ciliegio.

 

“Ottima scelta” pensò.

 

Improvvisamente, il canto che aveva sentito qualche ora prima, si fece sentire ancora.

 

La ragazza alzò la testa. Era piuttosto vicino.

 

Cercò di vedere qualcosa oltre il vapore poi, ricordando la strada per arrivare al giardino, decise di trovare la misteriosa proprietaria di quella voce.

 

Era un canto molto malinconico, osservò mentre percorreva il sentiero di pietra che solcava quel giardino meraviglioso.

 

Uno stagno splendido faceva mostra di sé, contornato dai rami spogli di un albero di ciliegio che doveva essere uno spettacolo per gli occhi durante la fioritura.

 

Il canto continuava, ed era sempre più vicino.

 

Kagome si fermò subito, non appena vide una figura di donna seduta su un sedile di pietra in prossimità di una statua raffigurante una volpe.

 

Il canto cessò subito, e la figura femminile si alzò.

 

Kagome trattenne il fiato. La donna che aveva davanti era di una bellezza eccezionale.

 

Lunghissimi e liscissimi capelli neri come la notte accarezzavano un corpo minuto ricoperto da un kimono nero decorato di disegni rossi e dorati. Le mani erano finissime, affusolate, adeguatamente composte sull’obi rosso.

 

Il viso era di una bellezza unica. Una bocca che pareva un bocciolo di rosa, il naso piccolo e gli occhi allungati, meravigliosamente neri e a mandorla contornati da lunghe ciglia scure.

 

Sembrava una Dea.

 

-Alla rugiada scesa, sui fiori di miscanthus quando si annuncia l’autunno assomiglio, io che devo svanire- recitò con voce flautata.

 

Kagome deglutì.

 

La donna sorrise lievemente, ed iniziò a muovere qualche passo verso di lei

 

-La canzone della fanciulla di Nagara è bella e triste allo stesso tempo, non trovi? Eppure è quanto accade a noi esseri umani. L’inverno non risparmia nessuno, e la vita è breve e splendida come un fiore di ciliegio-

 

La donna si fermò a pochi passi da lei.

 

Kagome si sentiva maleducata, a non formulare una parola, ma quella era davvero una situazione irreale, trascendentale quasi.

 

 

Si sentiva come prigioniera di un sogno, soltanto l’aria fredda sulle guance le ricordava che quella era la realtà.

 

-La vita corre, è vero. Sta agli uomini diventare immortali tramite le loro gesta- le uscì detto.

 

Magnifico, pensò.

 

Replicare ad una poesia con un frase da guerrieri, ottimo.

 

La donna non sembrò offesa.

 

-Non tutti gli uomini sono nati per essere immortali. Cosa fai qui, nel ben mezzo della notte, con questo freddo?-

 

-Perdonatemi se vi ho disturbata signora. Stavo facendo due passi prima di andare a dormire, ed ho sentito quella canzone così triste che…-

 

Kagome si interruppe. Ennesima figuraccia.

 

La donna sorrise.

 

-Capisco. Qual è il tuo nome, ragazza?-

 

-Io sono Kagome, signora. Piacere di fare la vostra conoscenza- rispose inchinandosi.

 

Le labbra della donna si piegarono per un brevissimo istante in un sorriso.

 

-Piacere mio, Kagome. E non sai quanto…- bisbigliò.

 

La ragazza alzò gli occhi blu su quella donna così perfetta da farle quasi paura.

 

Cosa diavolo intendeva dire?

 

-Io, invece, sono Kikyo. Sono la Signora di questo castello. La compagna di Inuyasha-

 

Kagome era sempre inchinata.

 

E grazie a Dio.

 

Al sentire quale fosse il ruolo che ricopriva quella donna, sussultò neppure troppo lievemente.

 

Una sgradevole sensazione si irradiò dal centro dello stomaco a tutto il corpo, elettrizzandola e seccandole la gola.

 

-Piacere di fare la vostra conoscenza, Signora- riuscì a dire in qualche modo.

Anche se a dirsela tutta non era affatto un "piacere".

 

-Hai un accento terribile. Non sta bene per una donna del tuo rango-

 

Kagome si rialzò lentamente, strinse gli occhi ed alzò il mento –Mi spiace Signora, ma ho vissuto anni in Occidente. Oramai questo accento fa parte di me e non intendo perderlo-

 

Kikyo sogghignò. In un altro momento, avrebbe apprezzato quell’impudenza.
 

-Non è affar mio, ovviamente. Ma in Giappone abbiamo regole molto rigide, e non apprezziamo troppo i cambiamenti. Ho sentito dire di occidentali che arrivano sulle nostre coste con lunghe vesti nere e parole di uguaglianza, speranza e pace. Ma non sono i benvenuti qui. Vengono giustiziati senza pietà-

 

Lo stomaco di Kagome si piegò non appena sentì quelle parole. Il suo pensiero andò inevitabilmente a Padre Augusto e Padre Riccardo.

 

-È profondamente ingiusto quello che succede- replicò

 

Kikyo sospirò e tornò a sedersi, i lunghi capelli mossi dalla leggera brezza.

 

-Può darsi. Ma non si può scegliere sempre la cosa giusta-

 

Non seppe perché, ma Kagome ebbe la sensazione che quelle parole volessero dire molte cose.

 

-Adesso Signora, col rischio di sembrare scortese, andrei a dormire. È stata una giornata lunga-

 

Kikyo la guardò –Passa una buona nottata, Kagome-

 

La ragazza si inchinò un’ultima volta per poi andarsene di buona lena.

 

Quella donna era tanto bella quanto… insopportabile.

E poi.. le aveva chiesto quale fosse il suo nome, come se non la conoscesse, per poi sottolineare che non era "degno per una donna del suo rango" avere un accento straniero.

A che gioco stava giocando?

 

Percorse velocemente il corridoio che conduceva alla sua stanza, trovandovi una Sango decisamente preoccupata.

 

-Si può sapere dove eri finita? Ti ho cercato per un sacco di tempo! Ho fatto il bagno e tu non c’eri, pensavo fossi rientrata e invece sei rientrata solo adesso, a notte inoltrata! Ma dove sei stata?-

 

Kagome scostò le coperte del  futon, sciolse i capelli ed iniziò a spazzolarli.

 

-Scusami Sango. Ero andata in giardino, e li.. beh, li ho incontrato la “Signora del Castello” come si è pomposamente presentata-

 

Sango inarcò il sopracciglio –e chi sarebbe? Non c’era nessuna signora a cena-

 

Kagome alzò le spalle –lei si è presentata così. Kikyo, si chiama. Non ho dubbi che sia vero, aveva un kimono dall’aria pregiatissima. Ha detto che è la compagna di Inuyasha- terminò a denti stretti.

 

Sango sgranò gli occhi, sedendosi accanto all’amica –Veramente? Quel diavolaccio ha una compagna? C’è davvero speranza per tutti!-

 

Kagome ridacchiò –A quanto pare…-

 

-Non ne sembri molto felice, comunque. Domani chiederò delucidazioni al monaco deviato. Ne voglio sapere di più-

 

-Piuttosto- cambiò discorso Kagome –Come va con lui?-

 

Sango gonfiò il petto –Quel dannato maniaco. Mi piacerebbe proprio sapere come ha fatto a conseguire il titolo di venerabile monaco. Con la scusa di aiutarmi ad alzarmi, mi ha toccato il sedere. È la quinta volta oggi. Più che gonfiargli il viso a suon di schiaffi, non so che fare-

 

Kagome rise, mentre si tirava le coperte fin sopra al naso.

 

-Gli piaci parecchio- commentò.

 

-Bah- liquidò il discorso Sango, infilandosi nel futon –Se quel dannato non chiarisce le sue intenzioni, te lo dico io come finisce: con la testa fracassata, giù da una rupe-

 

Kagome scoppiò a ridere per l’aria solenne con cui l’amica aveva pronunciato quell’intento.

 

Sango, con un sorriso che le aleggiava sulle labbra, spense l’ultima lanterna.

 

Kagome si rigirò, osservando le ombre che gli alberi scossi dal vento proiettavano sulla parete.

 

Aveva la sensazione che qualcosa di portentoso sarebbe successo di li a poco.

 

 

                                                                       §*§*§*§*§*§*§*§*§

 

 

Le braccia esili di Kikyo si avvolsero intorno al suo collo.

 

Lasciò che le labbra coprissero le sue, mentre lui infilava le mani in quei capelli perfetti.

 

-Mi sei mancato così tanto-sussurrò lei dopo un po’.

 

-Anche tu, anche tu…- rispose lui, fissando gli occhi dorati in quelli color cioccolato di lei.

 

La aiutò a sedersi sul sedile di pietra, accanto alla statua della volpe. Era sempre stato il loro luogo preferito. Da li si aveva una vista meravigliosa del lago.

 

-Sai- disse Kikyo, la testa appoggiata sul suo torace –L’ho conosciuta. Kagome, intendo-

 

Inuyasha si scostò –E quando?-

 

-Prima. Passeggiava per il giardino, e l’ho incontrata. È davvero strana, con quegli occhi acquosi e il naso appuntito. E quell’accento poi.. terribile-

 

-E’ piuttosto… inusuale-

 

Kikyo storse il naso –Per non parlare della sua sfacciataggine. Kami… impertinente come pochi.-

 

Inuyasha si fece scappare un breve sorriso –Un’altra delle sue caratteristiche-.

 

Kikyo alzò la testa, disorientata dal tono divertito che per un attimo aveva assunto la voce del suo uomo.

 

-Ma a noi non interessano le sue qualità. Quello che conta è il sangue che le scorre nel corpo-

 

Inuyasha si zittì, fissando gli occhi sulla superficie del lago.

 

Aveva addosso una strana sensazione, non la sapeva descrivere… era come… come se Kagome…

 

Una mano aggraziata si posò sul suo collo, scostandogli l’haori.

 

Le labbra di Kikyo si andarono a posare una scia di baci lungo la clavicola.

 

Inuyasha non potè fare a meno di paragonare il calore della pelle di Kagome al freddo che invece sprigionava quella di Kikyo.

 

-Mi sei mancato così tanto- la sentì bisbigliare, mentre l’obi rosso cadeva a terra seguito dal kimono.

 

-Anche tu, Kikyo-.

 

La afferrò per la vita sottile, lasciandola sedersi a cavalcioni sulle sue gambe.

 

Dopo essersi liberato degli ultimi indumenti per sdraiarsi accanto alla sua donna, l’occhio gli cadde sul ciliegio spoglio che sovrastava lo stagno delle carpe.

 

Kikyo lo accarezzava in modo sempre più spinto, e lui ricambiava.

 

La brezza si era trasformata in vento.

 

I rami del ciliegio vennero scossi dal vento, cozzando tra loro e producendo un suono estremamente musicale.

 

Mentre Kikyo saliva su di lui, Inuyasha non poté fare a meno di pensare se i mille fiori di cui si ricopriva quel ciliegio in primavera avessero lo stesso profumo della ragazza che stava dormendo sotto il suo tetto.

 

 

Qui è passato più di un anno abbondante, ed io mi ripresento in un pomeriggio afoso con questo capitolo ^^. d
Della serie "chi non muore si rivede"
Spero che la lunghezza possa ripagare almeno un pochino per l'attesa imperdonabile (c'è ancora qualcuno che la segue?!?!).
Non posso promettere, purtroppo, aggiornamenti costanti. La vita quotidiana è intensa, ricca (anche se sarebbe meglio dire strabordante) di cose da fare tra lavoro, studio, lavoro2 e hobby personali, quindi...
Però il mio mostriciattolo così come è stato iniziato verrà finito, state tranquilli.
Fatemi sapere che ne pensate di questo capitolo piuttosto ricco di avvenimenti e informazioni sparse qua e la. La canzone che canta Kikyo è un richiamo alla splendida opera di Natsume Sooseki "Guanciale d'erba". Se siete appassionati di letteratura giapponese, non potete assolutamente non leggerlo! meraviglioso è dire poco.

Sperando di non far passare più di un anno per il prossimo aggiornamento, auguro a tutti una buona estate :)

See you!! 
Vostra affezionatissimissima 
Fast :-*


 

 

 

 

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