Broken Pieces

di Allison_McLean
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Part 1 ***
Capitolo 2: *** Part 2 ***
Capitolo 3: *** Part 3 ***
Capitolo 4: *** Part 4 ***
Capitolo 5: *** Part 5 ***
Capitolo 6: *** Part 6 ***
Capitolo 7: *** Part 7 ***
Capitolo 8: *** Part 8 ***
Capitolo 9: *** Part 9 ***
Capitolo 10: *** Part 10 ***
Capitolo 11: *** Part 11 ***
Capitolo 12: *** Part 12 ***
Capitolo 13: *** Part 13 + Epilogue ***



Capitolo 1
*** Part 1 ***


BROKEN PIECES - Part 1
 
Ottobre
Il tribunale era gremito di persone. Sulle panche appena dietro le scrivanie degli avvocati, oltre alla staccionata di sicurezza, erano seduti Chris McLean, Sophie Kurdikis McLean e suo marito Lucien, i parenti dell'imputata, per la precisione lo zio e i nonni paterni. Dalla parte opposta sedeva Valery Johnson insieme al loro migliore amico e presto fidanzato di Valery, Viktor Blaine. Si tenevano la mano, lei continuava a piangere silenziosamente. 
Tutti fissavano la ragazza seduta alla scrivania sulla sinistra, compostamente posta accanto al suo avvocato. I lunghi capelli biondi erano raccolti in una treccia dorata e il viso era pulito, senza la minima ombra di trucco, come sempre. Vestiva di nero, come sempre, con i suoi abiti migliori : pantaloni di pelle, una maglia a maniche lunghe, stivali con un piccolo tacco. Teneva lo sguardo fisso davanti a sè, in religioso silenzio; nessuna emozione trapelava da quegli occhi color ghiaccio, soltanto il vuoto. Molti l'avrebbero scambiata per una statua di sale se non fosse stato per gli occhi che si chiudevano di quando in quando.
La giuria si era appena ritirata per decidere che cosa farne di quella sedicenne troppo violenta; nell'aula del tribunale era calato un silenzio palpabile, portando con sè anche una tensione soffocante, opprimente, come se da un momento all'altro l'ossigeno minacciasse di terminare.
Quando i giurati e il giudice Miller rientrarono, circa venti minuti dopo, si sentì perfino lo scatto della serratura della porta che si apriva. Tutti i presenti, eccezion fatta per un uomo disabile, si alzarono in piedi. L'avvocato della difesa, Samuel Davenport, tremava d'ansia, così come i familiari della vittima e dell'imputata, o probabilmente l'intera sala. Probabilmente, quello era stato uno dei peggiori processi mai svolti.
-" Giurati, avete raggiunto un verdetto? "
tuonò il giudice Miller, un uomo sulla sessantina dallo sguardo arcigno e severo, quello di uno scorbutico vecchio saggio. Una donna di colore e vestita di tutto punto con un completo color pesca si alzò in piedi; teneva in mano un foglietto bianco dai bordi blu che decretava il destino della ragazza per il suo prossimo futuro. 
-" La giuria, dopo una lunga riflessione, ha ritenuto Allison Karen McLean... colpevole dell'accusa di aggressione di terzo grado nei confronti di Alexander Feltman. "
Nella sala si levò un'ondata di gemiti sorpresi e disperati, come quelli del popolo romano che assisteva allo sbrano di un gladiatore nelle arene.
-" Allison Karen McLean, la dichiaro colpevole di aggressione di terzo grado nei confronti di Alexander Feltman. La condanna è fissata ad un anno e nove mesi senza cauzione, che sconterà nel carcere minorile misto di Alkalie Lake. "
concluse Miller, battendo con forza il martello sull'apposito ciocco di legno massello. 
Mentre i presenti oltre la staccionata piangevano, bisbigliavano e si congratulavano, Davenport crollò seduto sulla sua poltrona, come se le gambe non fossero più state in grado di reggere il peso del suo corpo. All'altra scrivania, l'avvocato dell'accusa Edmund Reings, un uomo alto, dal completo grigio perfettamente stirato, stringeva fiduciosamente la mano ai signori Feltman, genitori di Alxander. 
Allison rimase perfettamente immobile, con lo sguardo fisso nel vuoto esattamente come poco prima; si limitò a sbattere gli occhi e ricordarsi di respirare. Fu come se improvvisamente tutto attorno a lei fosse scomparso : nessuna persona, nessuna stanza di tribunale, nessun rumore, soltanto un immenso spazio bianco, il deserto, il soffio del vento in una landa desolata. Sembrò svegliarsi solo quando una guardia l'ammanettò delicatamente e la condusse verso l'uscita, sotto gli sguardi di un'intera aula di tribunale, giudice e giuria compresi; Davenport le diede una tenera pacca sulla spalla, non di incoraggimento, quanto di dispiacere. Tutto sembrava magicamente andare a rallentatore e sembrava anche che nessuno avesse un'anima; c'erano solo gusci vuoti in quel posto così strano. 
Allison guardó indietro solo una volta durante la breve, lunga travagliata verso la prigionia : vide Valery, la sua sorellina, che la fissava disarmata, con gli occhi pieni di lacrime. Al suo fianco, Viktor le cingeva amorevolmente le spalle; anche lui piangeva. Sembrava che stessero piangendo la sua morte, pensò, tanto per rendere minimamente meno doloroso tutto quello che stava accadendo, ma forse non si stava sbagliando del tutto. Sorrise ad entrambi, gli rivolse un'espressione che sembrava dire Non preoccupatevi, è tutto okay, ma no, non era tutto okay. Tornó a guardare davanti a sè, cercando di non pensare a ciò che stava accadendo, a dove stava andando, mentre alle sue spalle Valery si sentì morire.
 
Fuori dalla volante della polizia, di fronte al tribunale, quasi tutti si voltarono. I primi che vide furono i signori Feltman; come il resto della folla, la guardavano con apatia, quasi con pena, ma con un retrogusto di odio profondo e soddisfazione; per un momento ebbe l'istinto di fargli fare la stessa fine del figlio, ma il viso e le lacrime di Valery le fecero indubbiamente cambiare pensieri. Guardò gli altri, ma abbassò lo sguardo : preferiva vedere l'odio piuttosto che la compassione. In più c'erano i media, sette o otto giornalisti muniti di troupe, microfoni e almeno tre strati di fondotinta. Cercavano di raggiungerla, ma alcuni planarono come avvoltoi sulla sua famiglia devastata. Tutto per colpa di quel maledetto.
Dopo essersi accomodata nell'auto, fissò per qualche attimo le sue mani : non riusciva ancora a credere che i suoi polsi fossero incatenati dalle manette. Non avrebbe mai immaginato di fare una fine simile. Eppure sorrise. Ora staranno tutti meglio, Valery e Viktor prima di tutti. Forse è stato un bene che mi sia levata dalle palle, pensò. In fondo, forse ne aveva bisogno, e forse ne avevano bisogno i suoi familiari. 
Si mise più comoda sui sedili posteriori della volante e guardò per un secondo la sua cittadina che si allontanava lentamente, poi chiuse i suoi bellissimi occhi azzurro ghiaccio e cercò di immaginarsi di essere un'aquila, o un lupo, come faceva nei momenti più difficili. Sapeva che sarebbe stato un lungo viaggio, il più lungo della sua vita.
~~~
~Una settimana prima~
Non sapeva com'era cominciato tutto quel casino. Improvvisamente, tutto nella sua vita era diventato uno schifo, un puzzle i cui pezzi si stavano polverizzando, facendo crollare ogni certezza nella sua vita. 
La scuola andava male, ma era l'ultima cosa a cui pensava : studiare non era mai stata la sua passione, in quel periodo ancora meno; a casa quasi non ci metteva piede, tutti sembravano non volerla in mezzo ai piedi, o almeno i nonni, e per questo si andava a rifugiare nella sua bella soffitta, un posto dimenticato da tutti in un palazzo fatiscente di Castle Rock, uno di quei posti per ragazzi troppo soli in cui nessuno li può raggiungere. Ma la cosa peggiore, quella che la stava definitivamente logorando dentro, era che l'indistruttibile rapporto con sua sorella stava crollando. Avevano cominciato a litigare, non sapendo nemmeno perchè. Allison però lo sapeva. 
Valery aveva incontrato Alexander nella sua nuova classe; nulla da dire : un bel ragazzo, più vecchio di entrambe, simpatico, premuroso. Si erano messi assieme dopo poco e da quel momento la dolce Val sembrava essere la persona più felice su questa Terra, tutto andava bene nella sua vita. Allison era forse più felice di lei nel vederla così beata, così serena di aver realizzato uno dei suoi sogni : trovare il ragazzo perfetto. Ora aveva una vita perfetta, quella che aveva sempre desiderato e meritato, ma Allison? Allison mai ce l'aveva avuta una vita, figuriamoci perfetta. Il suo passato era tutto sepolto sotto a cumuli e cumuli di merda, dalla morte in un incidente di mamma e papà fino alle occasionali risse fuori dalla scuola, quella che lei aveva voluto usare nel tempo per diventare la stronza attuale. Così va il mondo, si diceva, mors tua, vita mea, cosa che aveva sperimentato sulla sua pelle dopo il bullismo e il cuore spezzatio più volte. E dopo tutto questo, il suo ruolo nella vita di Valery, l'unico che le aveva restituito un po' di vita, era finito. Lei aveva trovato quello che voleva ed ora non c'era più bisogno della piccola selvaggia McLean accanto a lei. Il suo compito di momentanea custode era terminato, si sperava con successo. Ora lei era sola. Non voleva un'altra ragione di vita, non voleva un ragazzo, una migliore amica, una sorella... Non voleva nessuno, solo stare ancora per un po' nella vita della persona che aveva amato più di se stessa, giusto per rendersi conto che era arrivata alla fine.
Allison stava impazzendo. Aveva così tanti scatti di violenza che suo zio si era preoccupato per l'incolumità della ragazza e del resto della famiglia e aveva pensato più volte ad un intervento drastico : uno psichiatra. Questa possibile terribile soluzione l'aveva meditata nel momento in cui aveva visto le pareti della cameretta coperte di tracce di sangue, causate dai ripetuti pugni che Allison ci tirava, e la porta sfondata da un calcio; aveva trovato almeno cinque bende usate per fasciarsi le nocche scorticate abbandonate in un cassetto. Inoltre, la sua amata nipote mangiava a stento, di notte scappava dalla finestra e rimaneva fuori chissà dove fino alle quattro del mattino, non parlava con nessuno.
Faceva bene a preoccuparsi, il caro vecchio Chris. 
Un giorno apparentemente normale, uno dei pochi in cui Allison si presentava a scuola, il solito gruppetto di stronzetti stava sparlando senza ritegno di qualsiasi cosa alla mensa. Sfortuna voleva che la ragazza fosse lì vicino. Tutti ormai sapevano che le stavano saltando tutte le rotelle in quel cervello malato, per questo le giravano alla larga : molti di loro avevano visto mesi, o anche anni prima quello che la McLean imbestialita poteva fare e di sicuro non volevano farle saltare del tutto quel complesso, instabile meccanismo che era il suo subconscio.
In quel gruppetto c'era anche Alexander, che però o non si era accorto della sua presenza, o se ne fregava. Continuava a vantarsi di avere mille ragazze al suo seguito, cosa non vera, vista la sua stupidità, ma qualcun altro nella grande stanza rumorosa stava ascoltando attentamente le sue viscide parole.
-" Avete visto Valery? Ma quanto stupida è?! È così cotta che non si sta minimamente accorgendo di nulla. "
Quel nulla significava in realtà molte cose, ad esempio che Alexander non voleva fare altro che prendere in giro la dolce e fragile Valery, la voleva far sembrare una nullità in confronto a lui, solo un'altra stupida ragazzina che si era innamorata di lui e che usava a proprio piacimento. La stava usando, e avrebbe continuato ad usarla se Allison non fosse stata lì. Nessuno infatti si accorse dell'incontenibile furia della ragazza finchè non prese il caro, dolce Alexander da dietro, afferrandogli violentemente il colletto della felpa e facendolo volare dalla sedia sopra il tavolo vicino. Negli occhi di Allison, ormai diventata una copia mille volte più distruttiva di Terminator, sfolgoravano le emozioni più primordiali, più crudeli, più gelide del subconscio umano. Tutti fuggirono terrorizzati, comprendendo un nanosecondo prima dell'Apocalisse che cosa sarebbe accaduto.
Si avventò nuovamente sul povero pargolo Feltman, stringendogli le dita fine attorno al collo e trascinandolo sul pavimento per poi colpirgli ripetutamente il viso con una scarica di pugni. Due valorosi ragazzi del quarto anno tentarono di separarla dalla sfortunata vittima, ma questi ebbero in compenso una gomitata nel ventre e un pugno nel naso. Allison tornò alla sua precedente occupazione, cercando in ogni modo possibile di sfondare il cranio di Alexander a suon di cazzotti. Non riusciva a fermarsi : più pensava a quell'essere che baciava sua sorella, più forza metteva nei pugni. Ormai la parte animale, la peggiore di lei, era stata liberata e nessuno la poteva rinchiudere di nuovo. Nessun dolore alle nocche ferite, nessun controllo sulla propria forza : non si sarebbe fermata finchè uno dei due non avesse smesso di respirare.
Qualcuno allora ebbe la brillante idea di chiamare la polizia, che si precipitò immediatamente alla scuola. Quando gli agenti arrivarono la trovarono ancora lì a sfogarsi sul corpo ormai esanime di Alexander e a tratti dovettero usare un taser. Ci vollero cinque uomini piuttosto robusti e capaci per arrestarla e, quando l'ammanettarono, videro che le sue mani erano coperte dal sangue del ragazzo e dal suo, così come i suoi vestiti. Pareva un animale, con i denti digrignati, le mani insanguinate e gli occhi demoniaci e fiammeggianti. Più di un agente si fece il segno della croce al suo passaggio, e nel frattempo Alexander Feltman venne traportato d'emergenza all'Angel Of Mercy Hospital.
Più tardi, in commissariato, i poliziotti pensarono che fosse un'altra persona. Era perfettamente calma e collaborativa, disse quello che era successo per filo e per segno, ammise le sue intere colpe senza omettere il minimo dettaglio. Ma fu una sola frase che sconvolse tutti i presenti al suo interrogatorio.
-" Sa che quello che ha fatto è incredibilmente grave? "
chiese uno dei due agenti nella sala interrogatori. Allison alzò per la prima volta i suoi bellissimi e raggelanti occhi azzurri, facendo deglutire il poliziotto che osò pronunciare quelle parole. Gli parve di vedere un lupo indemoniato e non una ragazzina di sedici anni. 
-" Non avrebbe dovuto usare mia sorella. "
La freddezza di quel tono li spaventò a morte. Entrambi uscirono e si sedettero alle loro scrivanie, circondati dai loro colleghi. Mai e poi mai avevano incontrato un essere tanto inquietante, raccontarono, e che probabilmente il giudice l'avrebbe cacciata in un manicomio criminale, ma dissero ciò solamente perchè erano spaventati.
Allison chiese solo una cosa, che dicessero ciò che era successo a Valery prima che a chiunque altro, che le dicessero perchè l'aveva fatto e, soprattutto, che sarebbe andato tutto bene, anche se non era così. Questo fu quello che fece il commissario stesso della stazione, che si commosse alle lacrime disperate della ragazzina dall'altra parte del telefono.
Poco dopo arrivò il referto medico del ragazzo : due denti scheggiati, naso, mascella e zigomo sinistro frantumati, piccole lesioni alla trachea; i medici stavano cominciando a dare l'okay per gli interventi di chirurgia plastica. Per poco Allison non gli aveva spedito le ossa del naso nel cranio, avevano aggiunto, e il commissario raggelò : era stata molto fortunata ad essere accusata soltanto di aggressione di terzo grado e non di tentato omicidio, ed era stata ancora più fortunata a ricevere una condanna di solo un anno e nove mesi in un riformatorio e non in un manicomio criminale.
Anche se andava contro i principi di Allison, avere uno zio ricco faceva comodo in queste occasioni.
~~~
Un tuono la fece svegliare. Per prima cosa vide il cielo plumbeo dell'isolata campagna a quasi cento chilometri sud-ovest da Castle Rock, poi sentì la pioggia battente che cadeva impetuosa sul tettuccio della volante. La strada era solitaria, immersa nel verde della magnifica campagna del Colorado. Dopo poco, quel panorama così rilassante, un po' simile a quello delle colline della Scozia, fu sostituito dalla vista di un enorme e maledettamente cupo rettangolo grigio circondato da tre recinzioni, una delle quali elettrificata; tutte erano munite di filo spinato alle estremità e perlustrate perennemente da uomini coperti da mantelle blu scure. Le torrette di avvistamento si stagliavano minacciose contro il cielo grigio, esattamente come il blocco di cemento in cui avrebbe passato poco meno di due anni della sua vita : Alkalie Lake, il riformatorio più duro dell'intero Colorado.
La storia del carcere minorile inizia durante la Guerra di Secessione con il suo utilizzo come prigione di guerra, converitita agli inizi del Novecento in un carcere federale dopo anni di disadattamento ed infine in un riformatorio misto dopo gli anni Sessanta. O almeno, così era stabilito sulla carta. Quel posto era stato classificato troppo duro per le ragazze e perfino per qualche ragazzo : Alkalie Lake non era più un riformatorio misto dal 1987 circa, e dalla fine dei Novanta ospitava esclusivamente i soggetti più pericolosi, ma questo nessuno l'aveva ufficiato e tanto meno diffuso : la gente sapeva solo poche cose riguardo a quel macabro luogo, e tutto grazie a delle leggende metropolitane partite da qualche ex galeotto uscito di lì. Dei cinque piani di celle presenti, tutti agibili, solo due erano occupati, il che suggeriva molte cose sui suoi ospiti, i peggiori reietti sotto i ventun'anni di quattro intere contee.
La volante raggiunse in poco tempo la prima recinzione, davanti a cui era stanziato un piccolo box. Mentre il poliziotto spiegava al secondino perchè era lì e gli mostrava il mandato di Miller, Allison si sporse minimamente per osservare la situazione. I secondini, prudentemente muniti di impermeabili e armati fino ai denti, perlustravano l'intero perimetro della recinzione. A dare una mano c'erano i loro colleghi sulle otto torrette che circondavano l'intero edificio. Più che essere spaventata, Allison sembrava curiosa; ormai poche cose la spavantavano e, per il momento, quel mostro di cemento grigio non lo faceva.
Due delle recinzioni si aprirono automaticamente con un ronzio familiare, facendo procedere la volante-taxi di duecento metri. Davanti al terzo ingresso, due guardie stavano aspettando impassibili; dall'impermeabile blu notte si vedevano spuntare manganello e pistola d'ordinanza. Uno di loro aprì la portiera, dopo aver letto molto rapidamente il mandato, e rimase spiazzato nel verificare che la nuova ospite di Alkalie Lake era una ragazza, dannatamente bella e quasi angelica. Se non fosse stato per le manette, l'avrebbe scambiata per una delle fidanzate di quei manigoldi a cui faceva la guardia tutti i giorni o per uno scherzo di cattivo gusto : lavorava in quel postaccio da otto anni e non aveva ancora visto una meraviglia simile entrare in uno schifo come quello. 
-" Finch! Hai un ombrello? "
gridò il secondino da oltre la portiera mentre si cacciava il mandato in tasca, e il suo collega gli lanciò il piccolo ombrello mimetico che teneva allacciato al cinturone; anche se avrebbe voluto, non fece domande : di solito nessuno si prendeva la briga di tenere un futuro galeotto asciutto dalla pioggia, Berry in particolare, perciò Finch fu piuttosto perplesso.
Allison lo guardava languidamente, ancora leggermente assonata e sfiancata, mentre apriva l'ombrello, osservandolo attentamente. Era giovane, sui trent'anni, con i capelli castano chiari tagliati a spazzola sotto il cappello blu scuro a tesa larga, e uno sguardo gentile, malgrado i suoi fallimentari tentativi di celarlo.
-" Su, vieni. "
le disse, porgendole la mano. Allison si alzò di buona lena e si affiancò al secondino, che le circondò delicatamente il braccio con la grande mano cercando di farla stare il più possibile sotto l'ombrellino. Quando Finch la vide, quasi prese un infarto : dopo undici anni ad Alkalie Lake, una ragazza come galeotta era l'ultima cosa che si aspettava di vedere.
-" Berry, vedo quello che sto vedendo?! "
-" Finch, lascia perdere, okay? "
lo intimò Berry, facendogli segno di aprire il portone; evidentemente aveva compreso la difficile situazione per quella ragazza, e in verità si dispiaceva per lei. 
Entrarono frettolosamente, con passo lungo, nel cortile totalmente infangato del riformatorio. L'edificio ora pareva un enorme mostro dai mille occhi pronto ad ingoiare chiunque, con quelle minacciose sbarre alle finestre e i fucili mitragliatori sulle torrette. Allison si sentì improvvisamente oppressa da quella visione, anche se cercò di celarlo a sè stessa più che al resto del mondo; respirò profondamente e diede la colpa dei suoi tremori all'umidità.
Il tepore dell'ingresso degli uffici riscaldò i due dall'orrenda umidità dell'esterno, ma Allison non smise di rabbrividire. Quella che sembrava una reception era in realtà il magazzino degli oggetti personali e dietro alle sbarre di sicurezza un uomo sulla sessantina con un paio di occhiali a goccia e lo sguardo serio e freddo scrutò Allison da sopra la montatura in ottone con non pochi dubbi; Ma che diavolo ci fa lei qui?! si chiedeva. Scambió qualche rapido sguardo con Berry, il quale annuì a malavoglia e gli passò il mandato leggermente stropicciato di Miller. 
-" Allison Karen McLean, sedici anni nell'anno dei diciassette, condannata ad un anno e nove mesi di reclusione qui ad Alkalie Lake. "
enunciò il vecchio secondino con apatia, scrutandola dalla testa ai piedi con numerosi dubbi finchè non vide le nocche ancora profondamente scorticate. Allison osservava a sua volta il vecchio secondino che leggeva e rileggeva rapidamente il pezzo di carta. Scomparve per qualche minuto in uno stanzino e poi tornò con uno scatolone su cui c'era un'etichetta con scritto il suo nome e sotto una specie di codice : AK24ML11. Ne tirò fuori alcuni vestiti, sia arancioni che bianchi, e due paia di scarpe, uno di anfibi e uno da ginnastica. 
-" Puoi cortesemente consegnarmi i tuoi oggetti personali? "
Allison ubbidì e cominciò a levarsi i braccialetti e gli orecchini, che ripose in un sacchetto di carta marrone che il vecchio le aveva posto. Esitò però prima di togliersi la collana d'argento con sopra inciso Sant'Antonio da Padova, quella che zia Adeline le aveva dato poco prima di morire di cancro. 
-" Devo togliere anche questa? "
domandò la ragazza con voce così fievole che perfino Berry di fianco a lei fece fatica a sentirla. Le due guardie si lanciarono nuovamente qualche occhiata, mettendola molto a disagio. 
-" No, quella la puoi tenere. Ora, per favore, vai lì dietro e cambiati, poi consegnami i tuoi vestiti. Ehm... So che è un argomento imbarazzante, ma tu qui sei un caso straordinario e sono obbligato a parlartene. Qui non abbiamo in dotazione biancheria femminile da quasi trent'anni, quindi chiederemo ai tuoi di mandarti qualcosa del genere, d'accordo? Ottimo. Cella 42B. "
Nonostante la voce seria, Allison, rossa come un peperone, notò la sottile punta di gentilezza del vecchio secondino. Berry le tolse le manette e l'accompagnò fino al camerino non molto distante dal box-magazzino, dove la ragazza si cambiò il più in fretta possibile. Indossò la canottiera bianca, i larghi cargo e la camicia arancione su cui c'era scritto lo stesso codice dello scatolone e gli anfibi neri, in cui infilò l'orlo dei pantaloni. Tutto l'abbigliamento tranne le scarpe era di almeno due taglie più grandi della sua, ma andava bene così. 
Berry la riammanettò e diede i vestiti al suo collega, mentre Allison teneva faticosamente il suo cambio sotto braccio. Il secondino poi, sempre tenendola delicatamente per un braccio, cominciò a condurla attraverso i corridoi fortificati del riformatorio; odoravano di chiuso, di maschi e di detersivo al limone.
Il boato delle celle improvvisamente calò al passaggio di Allison, che si sentì maledettamente piccola. Non alzò mai lo sguardo dal pavimento verde e sbiadito per osservare l'enormità di quei corridoi e a tratti aveva il passo più lungo di Berry. Egli comprese perfettamente lo stato d'animo della ragazzina e cercò di essere il più gentile possibile, anche se sapeva perfettamente che non poteva scoprirsi troppo : bisognava essere duri in quel luogo, mai mostrarsi deboli in mezzo a tutti quei lupi, altrimenti si rischiava di essere divorati.
-" Il coprifuoco è alle 21, sveglia alle 7. Dieci minuti di doccia e cinque per vestirsi, e poi in sala mensa per la colazione. Pasti alle 12.30 e alle 19. Ricreazione alle 15. Il resto della giornata si divide tra le aree ricreative della prigione, la cella e il luogo di lavoro. "
Allison si limitò ad annuire. Dentro di sè stava esplodendo; il cuore le martellava dolorosamente nel petto e si sentiva tremare perfino i muscoli delle gambe. Era consapevole delle decine di sguardi sotto cui era, delle decine di commenti, di risatine, di malvagi piani in quelle menti malate che la circondavano, e per la prima volta nella sua vita si sentì vulnerabile come un cerbiatto circondato dai lupi, una sensazione che non le piaceva proprio per niente. 
All'improvviso Berry si fermò e aprì una cella, la 42B, entrando insieme a lei e richiudendo rapidamente la porta di sbarre alle sue spalle. L'ambiente era stranamente ampio, malgrado l'illuminazione scarsa lo rendesse angusto, ma una piccola finestra sbarrata mitigava quell'angustia facendo entrare un minimo di luce esterna. Due letti a castello con l'intelaiatura di metallo scrostato erano accostati alle pareti laterali, ognuno con il proprio comodino; nell'angolo di destra, nascosta da una tenda, c'era una minuscola toletta con water e lavandino con tanto di portaspazzolini, qualcosa che Allison trovava squallido ma allo stesso tempo funzionale. Era in un carcere minorile, dopo tutto.
-" Nei prossimi giorni arriveranno degli indumenti adatti a te e magari qualcosa di tuo, un MP3 o un blocco da disegno. Nel cassetto trovi una piantina del riformatorio. Se hai bisogno di qualcosa, chiamami. "
le sussurrò teneramente la guardia mentre le toglieva le manette. Allison si sforzò di sorridere e ringraziò con un filo di voce; prima che Berry si fosse ritirato, era già salita sulla scaletta a pioli di metallo del letto di destra, avendo visto un ragazzo sull'altro letto. Ficcó la tuta di ricambio sotto il cuscino e cacciò le scarpe in un angolo del letto lungo e largo, poi si nascose sotto il piumino grigio topo, accoccolandosi su sè stessa e fissando la parete rovinata della cella su cui c'erano incise o scritte migliaia di storie. Chiuse gli occhi e si sforzò di non piangere, ascoltando attentamente la pioggia battente di ottobre e i tuoni che rimbombavano all'esterno, in libertà.
 
La sala mensa era affollata di ragazzi. Dall'angolino seminascosto in cui si era rifugiata, Allison si prese il tempo di osservare i suoi compagni di riformatorio. Erano tutti maschi, tra i diciasette e i diciannove anni circa; pochi di loro non avevano tatuaggi e ancora meno se ne stavano per conto proprio guardando di tanto in tanto la sala e consumando tranquillamente la loro cena. In tanti l'avevano notata, malgrado il posto isolato in cui era. Alcuni stavano in silenzio, si limitavano a fissarla con malizia, compassione o, raramente, con simpatia; altri invece bisbigliavano con i loro compagni di tavolo, che a loro volta si voltavano e la squadravano dall'alto in basso. Come i primi, la guardavano in modi molto differenti : chi rideva, chi faceva a finta di nulla e chi la guardava con astio. Allison percepì che l'argomento principale nelle discussioni in quella grande sala era lei, e ciò non le fece per niente piacere. Riabbassò umilmente lo sguardo, cercando di nascondere il viso dietro ai lunghi ciuffi di capelli biondi sfuggiti alla treccia, e continuò a mangiare rapidamente l'insipido hamburger con carote bollite. 
Dopo un'altra ora e mezza suonò la campana del coprifuoco e le guardie arrivarono a chiudere a chiave le celle. Allison si sentì così piccola, così insignificante, un cane randagio : era brutto non poter più uscire per passeggiare nella notte, all'aria fredda sotto le stelle o nella pioggia battente. Le luci principali si spensero, ma si accesero quelle delle piccole lampade da ufficio poste sui comodini; in questo modo, per la prima volta, scorse il suo compagno di cella. Era un ragazzo molto alto, circa un metro e novanta, e anche muscoloso; vide che i suoi capelli erano neri, un misto tra punk e emo, tutti sparati, e che portava un simpatico pizzetto altrettanto nero. I suoi occhi erano molto chiari, anche se non seppe distinguerne il colore preciso, e dallo sguardo costantemente serio, quasi arrabbiato. I tratti del volto erano squadrati, le labbra fine, ma tutto contribuiva a renderlo un ragazzo molto bello, malgrado la sua aura mettesse costantemente soggezione. Non le aveva mai rivolto la parola, e non sembrava nemmeno intenzionato a farlo, ma forse era meglio così. Stava leggendo un libro molto usurato, di cui non seppe nemmeno leggere il titolo.
Quando le luci si spensero definitivamente, Allison ne approfittò per levarsi la camicia, restando in canottiera, ma avvertì comunque lo sguardo fisso di quel ragazzo su di lei. Si cacciò immediatamente sotto le coperte, con il cuore in gola e il respiro sull'orlo dell'iperventilazione. 
Quella notte sarebbe stata la più lunga della sua vita.
~~~
La sala mensa era gremita come la sera precedente ed Allison, come la sera precedente, si era cacciata in un angolino della stanza. Ancora un po' addormentata, stava ripensando alla sua mattinata : aveva dormito poco quella notte, ovviamente, ma era stato un sonno stranamente profondo; non capiva come, ma la sua cella era l'unico luogo che le infondeva sicurezza in quel posto, nonostante il ragazzone con cui la condivideva. Appena svegliata, si era alzata a sedere e aveva scorto il suo coinquilino nell'angolino della toletta intento a fare i suoi bisogni mattutini; non aveva tirato la tenda, quindi si era visto tutto, dalla grande schiena nuda e tutta tatuata fino a tutto il resto. Allison era arrossita immediatamente e aveva guardato subito altrove, facendo finta di cercare qualcosa sotto il cuscino; aveva poi sollevato lo sguardo solo quando aveva sentito scrosciare lo sciacquone. Incrociò per un secondo gli occhi azzurro ghiaccio del ragazzo, per poi tornare frettolosamente a fissare il suo cuscino, arrossendo come mai aveva fatto prima di allora; rinunciò alla doccia e si limitó ad infilarsi la camicia, arrotolando le maniche fino al gomito, e raccogliersi i capelli in una lunga coda di cavallo.
Arrivata per prima nella mensa, aveva finito in fretta e furia la tazza di latte e le due fette tostate con burro e marmellata di albicocca che sapeva di medicinale e ora stava aspettando la fine di quei lunghi minuti chiedendosi cosa sarebbe accaduto in quella giornata, la prima di tante, tante altre. Nel frattempo, osservava le persone attorno a sè : la maggior parte di loro aveva dei visi così anonimi, degli sguardi così vuoti, non molto diversamente da quelli che vedeva a scuola, ma altri nascondevano mille cose dietro le iridi e i sorrisi, dietro i tatuaggi e l'aria da duri. Uno di questi era il suo compagno di cella : lo aveva notato seduto in mezzo ad altri ragazzi ma silenzioso, a fissare il sandwich al burro d'arachidi con l'aria di chi si chiede in continuazione che cosa ci faccia in un certo posto, del perchè ha commesso certe cose, l'aria di qualcuno che pensa molto. Un altro ragazzo che aveva notato se ne stava in disparte, proprio come lei, con gli occhi fissi sul tavolo e immerso nei suoi pensieri; aveva i capelli neri, un po' lunghi, e non sembrava molto alto, ma aveva uno sguardo gentile, o almeno più gentile della maggior parte dei commensali.
La campanella trillò per pochi secondi, seguita da una voce amplificata dai megafoni attaccati al soffitto, cose che fecero saltare Allison di mezzo metro sulla sedia.
-" Buon giorno, sacchi di merda! Come ogni mattina, andrete tutti a lavorare fino alle 12.20! Oggi rotazione dei turni! "
Un brusio infastidito dei galeotti accompagnò i pensieri di Allison, che trovava il tipo che aveva parlato con quella voce così tonante e piena di autorità una copia più antipatica di Hartman di Full Metal Jacket. Doveva essere un bel cervellino se parlava in quel modo ai detenuti, lei compresa, si ricordó. 
Nella sala entrò una nuova guardia, che richiamò non proprio con gentilezza l'attenzione dei commensali già alterati per la rotazione dei turni. 
-" Qui ho i nuovi gruppi di lavoro! Conoscete tutti le istruzioni! "
E cominciò a srotolare una serie infinita di nomi, settori di lavoro come i lavori forzati, la pulizia interna ed esterna del riformatorio, sala computer e inventario, e infine il nome del secondino che avrebbe guidato il gruppo. Tra tutte le cose e le persone nominate, Allison non sentì nemmeno una volta il suo nome. La sala mensa si svuotò rapidamente, lasciandola sola con i pochi destinati al lavoro della cucina. Le si avvicinò Berry, con la sua finta aria da secondino perfetto, dicendole di alzarsi e di seguirlo. I corridoi, eccezion fatta per i ragazzi che avevano cominciato a pulirli, erano deserti, e per la prima volta Allison li osservò davvero : erano infiniti, senza soffitti, che continuavano per numerosi piani fino al buio; erano angusti, opprimenti, dall'aria viziatissima e in cui ristagnava l'odore di maschio e di detersivo al limone.
-" Per la tua sicurezza, il Grande Capo ha deciso di assegnarti ai lavori meno pesanti. Ti piacciono i libri? "
-" S-sì. "
mormorò appena la ragazza, collegando automaticamente "il Grande Capo" all'uomo che aveva dato al riformatorio un buon giorno non proprio piacevole. 
-" Ottimo, allora ti piacerà il tuo lavoro. "
Camminarono fino al quinto piano, quello delle salette ricreative; lesse rapidamente PalestraSala TVInternet, SOLO PER GLI AUTORIZZATI, ma loro camminarono oltre, fino all'ultima porta, su cui c'era scritto Biblioteca. A quella parola, gli occhi di Allison si illuminarono, ma sembrarono esplodere come fuochi d'artificio quando la porta si aprì : era una delle biblioteche più grandi che avesse mai visto. Malgrado la stanza sembrasse angusta a causa del colore grigio-blu delle pareti, era stipata di libri : scaffali su scaffali che arrivavano fino al soffito erano riempiti di volumi catalogati per genere, poi autore e infine per ordine alfabetico. Di fronte a lei, davanti agli scaffali, c'era una grande scrivania di legno brunito e piuttosto rovinato, con un piccolo pc, un registro, qualche quadernetto e un barattolo di penne e matite, mentre al centro dell'enorme stanza vi erano quattro vecchie poltrone di pelle sgualcita su un grande e fintissimo persiano; in fondo a sinistra, in un angolino quasi nascosto, una porta era contrassegnata con la targhetta Magazzino. Come ogni biblioteca, odorava di vecchia carta stampata e inchiostro e polvere, di luogo vissuto, uno di quelli che piaceva ad Allison. 
-" Sai come funziona? "
-" S-sì signore, ho già lavorato in biblioteche e librerie. "
disse sorridende Allison, benedendo tutti i lavori estivi che aveva svolto negli ultimi anni per conto dei signori Prior e anche quel "Grande Capo" che le aveva assegnato quel compito.
-" Ottimo. Puoi metterti subito a lavoro allora, con te ci sarà McCord. McCord! "
Dal magazzino apparve il ragazzo dai capelli scuri e il viso gentile che aveva notato alla mensa, il quale portava con sè uno scatolone colmo di libri che, a quanto vide Allison, erano parecchio datati. Come tutti, quel tale McCord indossava la tuta arancione con la rispettiva etichetta identificativa, ma a differenza della maggior parte dei galeotti non la guardava con malvagità o scherno, ma con gentilezza. Era una cosa strana, pensò la biondina, ma era sempre meglio che avere accanto qualcuno che avrebbe potuto farle del male da un momento all'altro. 
Berry si allontanò, cedendo il testimone ad un altro secondino seduto in un angolo vicino alle finestre sbarrate; differentemente da Berry, questa guardia era corpulenta, per non dire sovrappeso, con due folti baffi castani e uno sguardo costantemente scocciato, come se stesse maledendo il giorno in cui aveva deciso di lavorare ad Alkalie Lake; Allison non si permise di biasimarlo.
-" E dunque tu sei la nostra ospite... "
esordì McCord, facendola sorridere imbarazzata e arrossire. Si sentiva a disagio più che mai : forse stare in posto in cui era l'unica femmina non era poi indifferente come pensava, soprattutto perchè ora si rendeva conto che le sarebbe stata spesso rivolta la parola. Era decisamente confusa.
-" Molto piacere, Trent McCord. "
Trent allungò la mano dopo aver poggiato lo scatolone accanto ai suoi piedi e Allison la strinse con un po' di timidezza.
-" Allison McLean. "
-" Beh, sono contento di lavorare con te, Allison. "
La ragazza non rispose, si limitò a guardarsi intorno concentrata sul suo ambiente di lavoro; osservava attentamente i muri, gli scaffali, la scrivania, cercava di cogliere ogni minimo particolare di quella grande stanza pullulante di libri. Trovava che fosse terribile venire a leggere in quel posto, con le poltrone di pelle rovinata in mezzo ad un ambiente così triste ed opprimente : leggere voleva dire libertà, anche in un carcere minorile. Nel piccolo infinito cervello di Allison già cominciavano a spuntare idee, ma esprimerle appena un giorno dopo il suo arrivo non sembrava qualcosa di troppo intelligente, oltre al fatto che doveva mettere bene a fuoco il suo piano.
-" Beh, spero tu non voglia rimanere lì a guardarti intorno : al Grande Capo non piacciono i nullafacenti. Prima che suoni l'ora del rancio dobbiamo fare un inventario completo, compito che spetta ai bibliotecari una volta al mese. "
-" Come mai così spesso? "
-" Beh, siamo in prigione : bisogna controllare che nessuno rubi nulla. "
Allison si limitò ad annuire, perdendosi un momento negli occhi allegri e gentili di Trent; erano di un colore strano, tra il verde e il grigio, ma erano molto belli, espressivi, un vero e proprio specchio dell'anima.
-" Dunque, sai come procedere? "
La ragazza annuì minimamente entusiasta di aver trovato un po' di normalità in un posto come quello, già pronta a mettersi all'opera.
-" Bene, allora io direi che ti puoi mettere al computer e cominciare a registrare un po' di libri, intanto io controllo. Ah, la pagina del registro è l'unica che puoi aprire. "
Allison ridacchiò tra sè e sè mentre si accomodava alla grande scrivania, accendendo la schermata del vecchio pc un po' malandato e controllando che fosse sulla pagina giusta, poi rovistò tra i tanti quaderni e finalmente trovò il registro, un pacco di fogli di circa cinque centimetri con sopra stampato il numero del registro e l'anno a cui appartenevano i documenti. Quando lo aprì e sfogliò le pagine si sentì mancare, non si sa se per l'emozione o la mole di lavoro : i fogli di un inventario mensile erano circa sette, stampati fronte retro a caratteri microscopici, il che voleva dire un'infinità di libri da registrare. Si schiaffò la fronte, impazzendo ancora prima di iniziare quel duro lavoro che lei e quel Trent avrebbero dovuto completare in sole tre ore. Determinata com'era, però, Allison non si fece intimidire troppo da quella mole erculea di fogli, titoli e autori : prese una penna, una matita e una gomma e cominciò ad enunciare i vari libri, aspettando conferma dal suo collega. 
Anche Trent si mise subito al lavoro, seguendo con criterio tutte le istruzioni della nuova arrivata, che, per la cronaca, trovava molto carina -non contando che fosse chiuso ad Alkalie Lake da quasi un anno e che anche un troll gli sarebbe sembrato meraviglioso. Sembrava un ragazzo robusto, anche se non muscoloso come la maggior parte dei galeotti, il suo comoagno di stanza compreso, e sembrava anche muoversi molto bene tra gli scaffali; allison ne dedusse che aveva lavorato lì più di una volta. 
Per un momento si scordò di essere in un riformatorio e pensò di essere di nuovo nella piccola libreria dei signori Prior, seduta alla sua scrivania a leggere un romanzo in attesa di qualche cliente. Aveva passato lì pomeriggi interi, in mezzo all'odore meraviglioso della carta stampata di fresco e alle storie di centinaia di persone che passavano tra le sue mani, anche se solo per un secondo.
-" Tu non parli molto, eh? "
cercò di attaccare bottone Trent, mentre sistemava un volume fuori posto.
-" No. Anna Karenina, Lev Tolstoij. Davvero avete libri di questo genere? "
-" Abbiamo libri di ogni genere e ogni autore possibile immaginabile. Al contrario di quello che puoi pensare, qui si legge moltissimo. "
La ragazza sorrise un po' a quella brillante notizia, poi tornò a lavoro : c'era decisamente molto da fare e inoltre non poteva permettersi di pensare al mondo che le stava cadendo sotto i piedi. No, proprio non poteva.
 
A casa, nel frattempo, tutto sembrava aver perso colore, senso. Mentre Chris cercava in ogni modo di non pensare a sua nipote -cosa che non riusciva a fare, Valery nemmeno si sforzava di provarci. Era distrutta, non aveva la più pallida idea di cosa fare. Se ne stava da due giorni distesa a letto a fissare piangendo la foto di lei e sua sorella che aveva poggiato sul comodino; le ritraeva sedute tranquillamente sul vecchio molo al Rockford Lake, l'una abbracciata all'altra. Ricordó quel magnifico weekend in compagnia di zio Chris e nonna Phillis, uno dei più belli della loro vita; ricordò ogni momento insieme, tutto spazzato via in pochi, lunghi minuti.
La settimana precedente, con la chiamata del commissario Carminati, tutto era svanito in una nube di polvere. La notizia che Allison fosse in commissariato era grave, la sua accusa peggiore, l'atto commesso proprio ad Alexander ancora peggiore, ma il culmine era stato raggiunto dal motivo per cui l'aveva fatto : proteggerla. La sua sorellina aveva gettato tutto al vento per proteggerla, per difendere il suo onore. E più ci pensava, più si disperava, si sentiva colpevole. Allison l'avrebbe severamente rimproverata per pensare e dire queste cose : odiava che la sua sorellina si sottovalutasse e che si prendesse colpe non sue, ma in quei giorni proprio non riusciva a farne a meno. Cosa ne sarà di me, si chiedeva, ora che lei non ci sarà?
Per smettere di piangere, Valery si sporse verso il comodino e riprese in mano per l'ennesima volta il block-notes e la penna, cominciando a concentrarsi sulle parole da scrivere. Per la prima volta nella sua vita non sapeva cosa scrivere sulla lettera più importante che avesse mai scritto, eppure era da due giorni che tentava almeno di buttare giù qualche idea, anche qualcosa di stupido e senza significato. La sua mente era un turbinare di frasi poetiche e un barattolo vuoto allo stesso tempo, non si era mai sentita così confusa e devastata. Era triste non riuscire a trovare qualcosa di sensato da dire alla ragazza che le era stata accanto per tutta la vita, proprio come un Angelo custode, ma dopo lunghi, lunghissimi minuti, iniziò quella lettera con le parole più semplici e forti che le erano apparse davanti agli occhi : Cara Ally, ti voglio bene e te ne vorrò per sempre. Detto ciò, il resto venne da sè.
~~~
Era stata una giornata impegnativa per Allison : un nuovo ambiente a cui fare l'abitudine, rendersi conto che non poteva più fare quello che le piaceva quando desiderava e, soprattutto, non poter uscire quando voleva era qualcosa di opprimente per uno spirito selvaggio come lei. Malgrado il lavoro che le era stato assegnato la aiutasse a superare tutte le sconvolgenti novità che stavano cambiando completamente la sua vita, un vuoto abissale si stava allargando nel suo petto, lentamente, in modo da torturarla pian piano. Il Karma è una bagascia, si ripeteva irritata, per poi cadere in brevi momenti di sconforto in cui pensava a quegli ultimi nove giorni d'Inferno.
Durante la giornata ne aveva avuti parecchi, ma il compito di bibliotecaria la svegliava. Infatti, durante le ore di ricreazione, dopo aver svolto un ottimo lavoro d'inventario, moltissimi dei detenuti avevano fatto visita alla vecchia biblioteca polverosa. Trent aveva insistito nel voler consegnare lui stesso i libri, mentre lei poteva semplicemente registrarli; dagli sguardi spesso astiosi o di scherno dei detenuti, comprese il perchè dell'atteggiamento protettivo del ragazzo. Nessuno degli altri galeotti le rivolse mai la parola, e, d'altronde, lei si rifiutava di guardarli per più di brevissimi secondi : troppa malvagità e rigetto in quelle occhiate. Trent l'aveva rincuorata più volte, facendola anche sentire un pochino meno piccola, insignificante, indifesa, un po' meno cerbiatto in mezzo ai lupi.
Più tardi, a cena, si erano seduti vicini, e anche se non avevano parlato molto si erano sentiti in sintonia, due luci che si trovano nell'oscurità. A dir la verità, era stato proprio Trent ad andare da lei. Le aveva rivolto un sorriso amichevole, forse anche un po' timido, e le aveva chiesto cortesemente se sul tavolo deserto c'era posto per lui; Allison aveva annuito sorridendo appena e in quel modo aveva trovato una compagnia piacevole, o quanto meno gentile.
Ora, dopo il coprifuoco, era nella sua cella con le fioche lampade da ufficio accese e il suo coinquilino che se ne stava sul suo letto come un fantasma; un'altra cosa a cui fare abitudine, forse la più difficile : condividere lo spazio vitale con un ragazzo sconosciuto.
Fece un respiro profondo e prese dal cassetto la piantina di Alkalie Lake di cui Berry le aveva parlato, tanto per distrarsi; era una semplice piantina colorata e plastificata che indicava tutte le aree del carcere minorile : l'ufficio del "Grande Capo", gli alloggi per alcuni dei secondini, le celle di isolamento, il magazzino degli oggetti personali, le sale ricreative, la lavanderia e persino una piccola cappella. Al contrario di quello che poteva suggerire la forma grossolana e stupidamente enorme del riformatorio, era un posto con tutto il necessario, forse anche troppo per essere un centro di reclusione.
Non appena ripose la piantina e s'infilò sotto le coperte, dando di spalle al suo compagno di cella, tutti i pensieri che era riuscita a scacciare durante il giorno erano tornati a galla, addirittura saltati fuori, come un pupazzo a molla di quelle inquietanti scatole a manovella. Come starà Valery? E il resto della mia famiglia? Come sarà il cielo stanotte? Che cosa staranno facendo tutti, mentre io sono chiusa qui? si chiedeva, mentre si ricordava che ora non era più nulla se non una ragazza in un riformatorio maschile, non aveva più nessuna libertà. Niente passeggiate sotto le stelle, niente giornate al lago, niente mattinate alla libreria dei Prior, niente scuola, niente di niente. Niente libertà. A quelle due semplici e potentissime parole, Allison non potè fare a meno di piangere : uno spirito ribelle e desideroso di libertà come il suo non poteva sopportare qualcosa di così grande per tutto il tempo che avrebbe dovuto scontare in quel posto. Un anno e nove mesi di prigionia... Un anno e nove mesi. Che cosa le sarebbe successo in tutto quel tempo? L'avrebbero dimenticata? A proposito, aveva pensato di fare qualcosa che mai nella sua vita avrebbe immaginato di fare, ma era qualcosa di fondamentale sia per lei che per Valery e zio Chris, ma per il momento era meglio aspettare.
 Le lacrime scesero sempre più copiose finchè non ricordò la presenza del ragazzo che condivideva la sua cella; allora tacque ogni sospiro, si asciugò le gote pallide con l'orlo della canottiera e cercò in ogni maniera possibile di soffocare tutti quei pensieri che la stavano soffocando. Quando le luci si spensero definitivamente, chiuse gli occhi e immaginò di essere un cavallo che correva libero in una prateria.
~~~
Finalmente quella mattina erano arrivati i suoi indumenti intimi. Berry glieli aveva consegnati quando il suo coinquilino senza nome se n'era andato sotto la doccia e lei fu felice come non mai di vedere reggiseni e mutandine e perfino assorbenti. In fondo ad essi, c'era l'MP3 verde fluo che Valery le aveva regalato tre anni prima insieme alle cuffiette abbinate, regalate da zio Chris. Prima di tutto, lanciò un'occhiata di permesso a Berry, che, malcelando un sorriso, annuì; Allison controllò che ci fossero tutte e tre le schede di memoria e quando le vide tutte sorrise di sollievo. Insieme a quelle cose c'era anche il caricabatterie, e dopo circa cinque monotoni giorni si sentì sollevata.
-" Le docce ora sono libere, ti conviene andarci subito. Nel pomeriggio ti daremo un cestino in cui mettere le cose da lavare. "
le comunicò Berry con falsa serietà, ed Allison sembrò voler saltare di gioia. Cacciò il contenuto del borsone sotto il suo materasso, MP3 compreso, poi si lanciò come un razzo verso le docce con il suo cambio pulito sotto braccio. Quando vi arrivò, rimase sorpresa : erano un labirinto di muri divisori da cui spuntavano dei soffioni, con un grande tavolo di metallo in un angolino vicino all'entrata su cui erano stati piegati una moltitudine di asciugamani; l'ambiente era ancora caldo e umido, quasi piacevole, a causa dell'uso in massa dei minuti precedenti, ma ora non sembrava esserci nessun altro tra quei muri di piastrelle rettangolari color avorio. Si spogliò in fretta e furia e si cacciò sotto uno dei soffioni dopo aver arraffato un flaconcino di sapone e shampoo, apprezzando appieno la sensazione dell'acqua calda che sciacquava via tutti quei giorni terribili. S'insaponò il corpo snello e proporzionato e i lunghi capelli dorati, risciacquandosi poi con un'allegria oltre il normale : non era mai stata così felice di farsi la doccia. Si asciugò un po' alla meglio con un telo da bagno piegato sul tavolo, indossò il suo cambio pulito e si sentì rinata. Si stava ancora asciugando la lunga cascata di capelli quando Berry si affacciò imbarazzato all'entrata; vedendola vestita, tirò un sospiro di sollievo e tornò quello di sempre, il secondino perfetto intenerito dalla nuova arrivata.
-" Sei pronta? "
-" P-più o meno... C'è un phon da qualche parte, se non chiedo troppo? "
A quella domanda, Berry non seppe come rispondere. Si tolse un momento il cappello a tesa larga, massaggaindosi la fronte e rimuginando su che gran problema era quella ragazza lì dentro, sia per il riformatorio che per lei. Maledisse cento volte Miller per averla cacciata in quel postaccio.
-" Purtroppo no, non penso. Sai ragazzina, penso che uno dei prossimi giorni dovrò portarti dal Grande Capo : avrete molte cose di cui discutere, ne sono sicuro... "
Allison non comprese bene quell'affermazione, ma le mise parecchia inquietudine : questo "Grande Capo" per lei era più o meno il direttore di una scuola, solo mille volte più spaventoso, una specie di mistica entità superiore che aveva conosciuto solamente attraverso le urla di un altoparlante al mattino e alla sera, e l'idea di parlargli faccia a faccia dopo così poca permanenza ad Alkalie Lake non la entusiasmava per nulla.
Dopo pochi minuti, quando i capelli furono più o meno umidi e non fradici, li legò in una trecciona, cacciò i vestiti sporchi in un angolino e seguì Berry in sala mensa, dove il primo pasto stava per volgere al termine. Si sedette al suo solito tavolino, mangiò la sua colazione più in fretta del solito e ingoiò l'ultimo boccone nel momento in cui la campanella suonò, annunciando l'inizio delle solite impegnative tre ore di salutare lavoro mattutino.
Come ogni mattina, il rumore di voci, passi e sedie rimbombò nella mensa e nei corridoi, dando un'illusione di brio e vita, ma tutti sapevano esattamente che quei rumori erano solo una conseguenza della natura umana : un sordo, infatti, non avrebbe percepito nessuna emozione, non positiva almeno. A dir la verità, nemmeno Allison. Intorno a lei vedeva solo corpi in movimento, nessuna anima in vista, soltanto demonietti dietro alle iridi di qualcuno dei compagni galoetti che la scrutava dall'alto in basso. Possono esserci solo corpi come gusci vuoti al mondo? , si chiese curiosa, e la risposta ce l'aveva davanti : una mandria di ragazzi in tute arancioni che le lanciavano occhiate di nascosto.
-" Buon giorno. "
la salutò cortesemente Trent, come aveva cominciato a fare da tre giorni, affiancandosi a lei e sorridendole affabilmente. Con un grande aiuto offertole indirettamente da quello che poteva considerare quanto meno un alleato, il caro detenuto McCord, Allison stava lentamente cominciando ad ingranare la marcia nella sua nuova routine quotidiana : sveglia, doccia, colazione, lavoro, pranzo, cella, tempo libero e ora d'aria quando il tempo lo permetteva, quindi praticamente mai, cena, tempo libero, cella, branda. Monotonia, "normalità" , giornate grige : questo la aspettava per il suo prossimo futuro e, per quanto fosse contrariata, ribelle e selvaggia contro ciò, avrebbe dovuto accettare questa sua nuova e terrificante situazione e far fronte a ciò che più temeva e odiava : la mancanza di libertà.
-" Buon giorno a te. "
rispose Allison, accennando un sorrisetto. 
-" Oggi dovremo fare un po' di pulizie, purtroppo... "
Alla ragazza non dispiaceva : odiava lo sporco, e in quei cinque giorni in cui aveva dovuto rinunciare alla doccia erano stati infernali; era più che felice di mettersi a pulire un posto polveroso come la biblioteca e, come ogni giorno, non vedeva l'ora di mettersi al lavoro.
Nella biblioteca, dopo aver preso gli attrezzi da inserviente necessari, i due galeotti avevano cominciato di buona lena a spazzare il pavimento, passare l'aspirapolvere sul tappeto e spolverare gli scaffali, oltre a mettere in ordine la scrivania. Quella cara biblioteca necessitava urgentemente di una rinfrescata.
-" Dunque Allison, come mai soggiorni in questo magnifico luogo di ritrovo per la gioventù? "
scherzò Trent mentre spolverava gli scaffali più alti. Era un ragazzo curioso, pensò Allison, che esitò parecchio prima di rispondere.
-" Aggressione di terzo grado. Tu? "
-" Cosa?! Aggressione? Wow, non mi sembri tipo che picchia gente a sangue... "
Le venne da ridere : avrebbe dovuto vedere il pargolo Feltman ancora all'Angel Of Mercy Hospital di Castle Rock, con il viso non ancora del tutto rimesso a posto dalla chirurgia facciale e che doveva mangiare con una cannuccia.
-" Comunque, io sono qui per furto con scasso e resistenza all'arresto. È da qualche mese che sono in questo posto, ma uscirò presto, a maggio. Per quanto sarà la tua permanenza qui? "
-" Un anno e nove mesi. "
Trent si fermò per qualche secondo ad osservarla riordinare diligentemente quaderni, registri e articoli di cancelleria, come se fosse stata in una biblioteca qualsiasi, una di quelle in cui i ragazzi vanno a lavorare in estate per racimolare qualche dollaro extra e per ammazzare il tempo. Sembrava così a suo agio, calma, timida e malinconica, una ragazza normale in tutto e per tutto, eppure così diversa dalle ragazze che ricordava, diversa da tutti quelli che aveva incontrato. Nonostante la conoscesse poco, si chiese chi e che cosa diavolo avesse fatto per farle commettere un reato tanto grave.
Allison, intanto, scacciò di nuovo dalla mente ciò che aveva fatto e ciò che la aspettava, concentrandosi su ordine, pulizia e un ciuffo ribelle che le era scappato dalla treccia. 
~~~
 
Novembre
I giorni, al contrario di quello che pensava, erano passati in fretta. Per quello che poteva vedere dalle finestre opache e sbarrate del riformatorio, aveva notato che le giornate si stavano accorciando sempre di più. Novembre era arrivato senza alcun cambiamento particolare, senza notizie da casa e senza avere altri rapporti sociali oltre a quello con Trent. I due si stavano conoscendo sempre meglio, con qualche piccolo discorso che sfiorava argomenti personali solo in superficie e che guardava al presente, a come uno si comportava nei confronti dell'altra e viceversa. McCord era un ragazzo molto affabile e gentile, sempre disponibile ad aiutarla e spesso a proteggerla dagli sguardi astiosi degli altri detenuti. Anche se da poco, aveva imparato a considerarlo un amico. 
Per il resto, tutto era uguale. Il colloquio con il "Grande Capo" ancora non era stato accordato, ma ad Allison andava bene così : ancora non conosceva bene il riformatorio, figuriamoci se voleva conoscere subito il direttore, il quale ogni mattina salutava gli ospiti del suo prestigioso carcere minorile con un Buon giorno, sacchi di merda! No, non si sentiva psicologicamente pronta per compiere quel grande passo.
Come tutti gli altri, quello era stato un giorno normale, grigio e monotono. Il lavoro alla biblioteca stava cominciando a farsi un po' più movimentato del solito, ed ora qualche detenuto le rivolgeva pacificamente la parola, anche se solo per chiedere un libro in prestito; sorprendentemente, ringraziavano con cortesia, o forse erano bravi a fingerla. Dopo il lavoro durante il tempo libero, si era potuta rifugiare nella sua cella a leggere un libro per conto proprio, in buona compagnia del suo silenzioso ed ectoplasmatico compagno di cella. Era una vecchissima copia dei Promessi Sposi di Alessandro Manzoni, un romanzo che ammirava infinitamente. L'aveva trovato quasi per caso cercando un altro volume per uno dei tanti frequentatori della biblioteca e ne aveva approfittato subito per prenderlo in prestito. Era indubbiamente molto sollevata di aver trovato un'altro modo per distrarsi dai suoi oscuri pensieri riguardo al presente lontano da lei e dal futuro ancora più lontano del presente.
Ora era a cena, al solito tavolo in compagnia del suo amico Trent. Le chiacchiere e le risate sguaiate, oltre al rumore di sedie e stoviglie, accompagnava il pasto come ogni volta, facendo venire ad Allison una leggera emicrania e la voglia di scappare in cella e dormire beatamente. Le era sempre stato difficile convivere nelle mense, tanto a scuola quanto lì ad Alkalie Lake, e, oltretutto, le mense adesso riaprivano ferite ancora in fase di lenta rimarginazione per motivi già noti.
-" Signori, la posta! "
esclamò un secondino, piombando improvvisamente nella grande sala, in cui calò un silenzio tombale; nessuna parola sussurrata sotto voce, nessun movimento, soltanto sguardi quasi impanicati tra vicini di posto. Al fianco, il postino portava una grande tracolla blu con lo stemma del penitenziario, una torre medievale con delle manette ai piedi di essa, da cui strabordavano buste bianche con francobolli provenienti da diversi Stati, ma soprattutto dal Colorado. Ad Allison cominciò a battere forte il cuore in quell'estraneo petto di donna, chiedendosi insieme all'eco della sua mente Ci sarà una lettera per me? In verità, non era sicura di volerlo sapere : se ci fosse stata una lettera, sarebbe scoppiata a piangere, se non ci fosse stata, sarebbe successa la stessa cosa.
Il secondino cominciò ad elencare una lunga serie di nomi, ed ogni detenuto chiamato si alzava per ritirare la propria posta. Ad ogni nuova busta da leggere, bianca o gialla che fosse, il cuore di Allison aumentava inevitabilmente il battito, mentre il suo corpo s'irrigidiva e i suoi occhi erano fissi sulle labbra della guardia. Non si accorse minimamente dello sguardo confuso e preoccupato di Trent, che notò inevitabilmente il suo rapido cambiamento di espressione e colorito; non l'aveva vista così spaventata e pallida prima di allora, nemmeno la prima volta che era entrata nella mensa.
Per un attimo la guardia si bloccò con due buste in mano, leggendo e rileggendo varie volte mittente e soprattutto destinatario. Credeva di essere improvvisamente diventato dislessico, e invece no, lui ci vedeva ancora magnificamente e il destinatario era esattamente quello : incredibile! 
-" Allison McLean! "
Allison sentì un brivido correrle lungo tutta la schiena fino alle punte dei piedi mentre l'intera sala della mensa si voltò verso di lei, secondini e cuochi compresi. Il silenzio era opprimente, palpabile, la tensione alle stelle, il tempo sembrava essersi fermato. Tremava come una foglia e dovette aspettare lunghi secondi prima di alzarsi e percorrere il trionfante cammino verso le due buste di sua appartenenza. Rigida come un bastone, cercava di non inciampare nei suoi piedi e di fissare costantemente le lettere, ignorando quanto più possibile più di duecentocinquanta sguardi puntati su di lei, sulla sua lunga treccia dorata che rimbalzava nervosamente contro la sua schiena e sul suo corpo fragile come una statua di cristallo. Senza guardare il secondino negli occhi, gli sfilò rapidamente le buste dalle dita, ringraziando con un filo di voce, e il tempo tornó a scorrere normalmente. Arrivò nuovamente al suo tavolino quasi correndo, mentre altri nomi cominciavano a scorrere con tranquillità, e, non appena si sedette, tirò un gran sospiro di liberazione, sciogliendosi da tutta la tensione e quasi il terrore che fino a pochi istanti prima l'aveva avvolta completamente.
-" È tutto okay? "
le chiese Trent, notando che ancora tremava, e lei annuì come una bambina spaventata. 
Allison si cacciò le lettere nel bordo dei pantaloni e continuò a mangiare, fingendo che i tre minuti precedenti non fossero mai esistiti.
 
Da lunghi, lunghissimi minuti Allison teneva in mano quelle dannate lettere senza averle aperte; fissava semplicemente i due mittenti scritti a mano sulle buste candide : Valery e zio Chris. Non sapeva se avrebbe mai avuto il coraggio di aprire quelle buste e leggere quelle parole così dolci che sapeva fossero scritte lì, le parole che l'avrebbero fatta affogare nei sensi di colpa o, peggio, parole di promesse future come Ti scriverò sempre, ti verrò spesso a trovare, ci sarò sempre per te : come poteva lasciare che le due persone più importanti della sua vita sprecassero momenti della loro vita per lei, che si trovava in un limbo in cui il futuro non esisteva? 
Alla fine si arrese e lesse per prima la lettera di zio Chris; aprì il foglio bianco piegato in tre e riconobbe la scrittura un po' bambina di quell'uomo che, in fondo, non era cresciuto mai. Era stata scritta con una comune penna a sfera, ma forse era quella che usava per firmare i contratti con importanti magnati della TV, la sua penna fortunata, quella tutta dorata che avevano comprato insieme un Natale di molti anni prima. Non c'era scritto molto su quel comune foglio bianco, ma zio Chris era sempre stato uno di poche parole e molte speranze.
 
Cara Ally,
la vita a casa è molto grigia senza di te. I nonni ora hanno smesso di lamentarsi della tua presenza e hanno cominciato a farlo per la tua assenza. Sai come sono, devono sempre trovare qualcosa per cui rompere le scatole, ma ora che non ci sei hanno perso gusto nel farlo.
Non so che altro raccontarti che non riguardi me, perciò ti scrivo che mi manchi. Manchi a tutti quanti. Penso ogni istante a te, a come stai, se ti sei ambientata, se ti faranno mai del male. Non so come puoi sentirti leggendo questa lettera, ma non voglio che tu ti senta in colpa. Hai fatto quello che pensavi fosse giusto per difendere la tua sorellina e, anche se non ho mai approvato la violenza, sai che io sono sempre dalla tua parte. Sei mia nipote, ma allo stesso tempo sei la mia figlioletta mancata : tale e quale a tuo padre e tua madre, non puoi fare a meno di distruggere le cose intorno a te per motivi familiari. Non m'importa che tu abbia quasi ucciso una persona (basta che non sia io) , avevi i tuoi motivi fondati per farlo, in ogni caso io ti vorrò bene per sempre. Sono e sarò sempre orgoglioso di te, piccoletta.
Fai la brava, non fare male a nessuno se non in casi d'emergenza. Ti voglio bene. Zio Chris
 
Non sapeva se ridere o piangere a quelle parole; come sempre, suo zio cercava di rendere tutto meno tragico, di darle conforto nel miglior modo che conosceva : dicendole che era tutto okay, facendo qualche battuta di pessimo gusto e, soprattutto, dicendole che era orgoglioso di lei. 
Ma il bello doveva ancora venire : mancava la seconda lettera. Ingoiò le lacrime che già minacciavano di sfuggire dai suoi occhi e, con un immenso sforzo di coraggio e volontà, aprì pian piano la busta di sua sorella. Anche quel foglio era piegato in tre, scritto con la calligrafia perfetta e unica di Valery; l'inchiostro aveva un odore così familiare, le sembrava quello di quella particolare penna che le aveva regalato per il suo compleanno, poco più di due mesi prima, ad agosto, quella penna trovata in un negozietto vintage in cui Valery aveva raccattato metà delle cose presenti nella sua stanza. Chissà se ci era stata negli ultimi giorni, si domandò Allison, giusto per sviare l'attenzione dai suoi pensieri funesti, ma poi si decise a leggere quella dannata lettera.
 
Cara Ally,
ti voglio bene e te ne vorrò per sempre. Non importa dove sei e dove sarai in futuro, non importa se per quasi due anni cresceremo separate, noi saremo sempre unite. Il filo rosso, te lo ricordi? Era molto tempo fa, ma sono sicura che non l'hai dimenticato. 
Ti ringrazio per quello che hai fatto, anche se continuo a chiedermi perchè hai dovuto sacrificare la tua libertà per me. Grazie a questo, però, ho aperto gli occhi. Ho trovato vero affetto da persone più vicine di quanto pensassi e ora sono di nuovo felice, o almeno in parte, perchè senza di te la vita non ha senso. Mi sto riprendendo lentamente, mentre sono sicura che tu l'hai già fatto, forte come sei. Sei sempre stata la più forte, anche se non l'hai mai voluto ammettere.
Ora che non sei qui, ho paura di quello che verrà. Quasi due anni senza di te saranno un Inferno, nonostante abbia qualcuno che mi vuole bene, ma vedrò di sopravvivere. Forse è una sfida voluta da un'entità superiore, una sfida per entrambe : stare insieme anche da separate, crescere e trarre forza dalla speranza di rivederci, in futuro. Ma sono sicura che noi ce la faremo, anche se a molti chilometri di distanza, vero sorellina? Saremo sempre unite, qualsiasi cosa accada, ed io sarò sempre qui ad aspettarti. 
Ti auguro il meglio in quel postaccio in cui ti trovi, ma penso sia abbastanza inutile : saranno tutti spaventati a morte da Allison McLean, la ragazzina che ha affrontato il suo stesso mondo.
A scuola stanno ancora parlando di te. Per alcuni sei un'eroina, per altri una psicopatica, per altri ancora tutti e due (io continuerò a sostenere la prima opinione). Anche quello è un posto brutto senza le tue battutacce e il tuo sorriso, le ore sembrano interminabili. Pensa che gira voce che perfino la tua insegnante di latino senta la tua nostalgia!
Ma questo è un altro discorso. Volevo solo dirti che a tutti i tuoi compagni devi dimostrare chi sei sorellina, sei forte come un uragano e so che non ti farai piegare da niente e nessuno, come hai sempre fatto. Quindi sii forte sorellina, sia per te che per me, ed io farò lo stesso.
Ti voglio bene, te ne vorrò per l'eternità. La tua sorellona, Valery
 
Le guance le si erano rigate di lacrime senza che se ne accorgesse; se ne rese conto solo quando arrivò alla firma di sua sorella, perchè una goccia era caduta esattamente sul bordo del foglio, strappandole di bocca qualche sana imprecazione che, incredibilmente, attirò l'attenzione del misterioso compagno fantasma disteso sulla sua branda liberamente in boxer e canottiera, con il suo libro in mano. Allison non si era resa conto che da cinque minuti a quella parte quello strano ragazzo quasi inesistente l'aveva osservata in silenzio, aveva visto le sue lacrime e i suoi sorrisi involontari, aveva scrutato ogni sua emozione, ma non aveva detto una parola, nè mosso un muscolo, anche se forse avrebbe voluto.
La ragazza piegò le lettere, infilandole cautamente nelle rispettive buste e ficcandole rapidamente nel suo cassetto; si asciugò gli occhi con il dorso delle mani e cercò minimamente di ricomporsi. Non le importava troppo del suo compagno di cella, perciò alla fine avrebbe potuto piangere tutte le lacrime che voleva. E, in fondo, chi mai avrebbe potuto biasimarla? Una ragazza di soli sedici anni, quasi diciassette, che si era fatta prendere dall'istinto, cacciata in un riformatorio tra i più duri di cinque contee a più di cento chilometri da casa e senza il minimo appiglio per riprendersi la sanità mentale perduta un momento e per sempre.
No, nessuno avrebbe potuto biasimare il suo pianto, che quella notte fece da colonna sonora gli incubi di cento persone.
~~~
Quel giorno era insolitamente soleggiato. I raggi dorati penetravano attraverso le sbarre delle finestre, dando un minimo di allegria e vitalità ai corridoi e le celle anguste di Alkalie Lake; quel sole non era come quello tiepido dei bellissimi pomeriggi d'estate, quelli che amava passare sempre all'aperto insieme a Valery, era il sole che preannunciava l'inverno, quello pallido e freddo che spunta tra le nubi candide prima della neve. 
Quella mattina Allison, dal momento che aveva accumulato troppi vestiti sporchi nel suo cestello della biancheria, cacciato nell'angolo più nascosto della sua parte di cella, aveva chiesto a Berry se poteva andare a lavarli, spiegandogli ovviamente le sue ragioni.
-" Mi sentirei a disagio se un ragazzo dovesse lavare le mie mutandine. "
aveva preso decisamente posizione la ragazza, incrociando le braccia al petto e guardando dal basso il secondino, che arrossì fino alla punta dei capelli. Negli ultimi tempi, i due avevano stretto una specie di segreta alleanza tra guardia e detenuta, qualcosa di speciale e segreto, una sorte di piacevole violazione delle regole umane che sembrava essere utile ad entrambi. In fondo, Berry non era capace di essere duro con lei come lo era con tutti gli altri : gli ricordava molto la sua sorellina ormai adulta quando aveva anche lei diciassette anni e proprio non poteva trattenere la tenerezza che provava per quella ragazza così fuori posto; dal canto suo, Allison non era capace di essere ostile con lui : gli sembrava tanto un fratello maggiore, o qualcosa di molto simile, con lei era sempre molto gentile e si vedeva che ci teneva a lei, proprio non poteva evitare di ricambiare.
Il secondino si sentì messo al muro e, nonostante fosse un pochino contro le regole, le diede il permesso di andare a fare il bucato. Ma in fondo, pensò, Allison stessa era qualcosa di "contro le regole" .
La lavanderia, come il resto delle stanze del riformatorio, era un posto angusto e dall'aria calda e viziata, sia a causa dei motori delle lunghe file di lavatrici e asciugatrici e delle caldaie, sia per l'accumulo di vestiti da lavare che spuntava da una grande cesta metallica. Il rumore era costante, un ronzio un po' inquietante faceva da continuo sottofondo ai pensieri di Allison, rivolti totalmente altrove rispetto al suo bucato. Pensava infatti alle lettere che le erano arrivate tre giorni prima, a cosa avrebbe potuto rispondere, ma soprattutto, se mai avrebbe risposto. Era combattuta tra il voler far sapere alla sua famiglia che stava bene e tra il voler essere morta per il mondo esterno ad Alkalie Lake. Qualsiasi cosa avesse scelto di fare, sarebbe stato doloroso in egual misura. 
Mentre continuava a pensare, cacciò tutti i suoi vestiti nella lavatrice e rimase a fissare quella macchia di colori di calzini, mutandine e reggiseni che giravano pigramente in acqua e sapone al profumo di muschio bianco. Qui troppe cose profumano di muschio bianco... pensò ad un tratto, ed in effetti era vero : bagnoschiuma, saponi per le mani, detersivi, deodoranti per ambienti, deodoranti e perfino i deumidificatori profumavano di muschio bianco. Chi ordinava il vasto assortimento di prodotti per igiene e pulizia o era un grande amante del muschi amante, o era troppo pigro per scegliere profumi diversi tra loro.
Finito il lavaggio, passò all'asciugatrice e poi allo stendipanni, che cacciò in un angolino nascosto vicino alle caldaie. Stese i panni in tempo record, per poi coprirli con un vecchio lenzuolo per evitare che si vedessero, nonostante non ci fosse nessuno nella lavanderia oltre a lei. Malgrado fosse stufa di quell'ostentato odore di muschio bianco chimico, fu felice di sentire i suoi indumenti profumare.
Terminato quel compito, si era diretta come ogni mattina alla biblioteca, dove insieme a Trent aveva riordinato minimamente il ripostiglio. Purtroppo, quello non era un lavoro da fare in due ore o poco meno : scatoloni, su scatoloni, su scatoloni di volumi erano accatastati sopra a delle mensole metalliche che arrivavano fino al soffitto, insieme a qualche altra cianfrusaglia. Non appena i due tentarono di spostare qualcosa, un disumano cumulo di polvere di anni nevicò sopra le loro teste e facce, facendoli correre fuori a tutta birra tossendo e stropicciandosi gli occhi. Allison in particolare sembrava terrorizzata : continuava ad agitare le mani e saltellare prima su un piede poi sull'altro tentando di fare una specie di rito magico-propiziatorio contro i germi, attirando perfino l'attenzione di Carven, il secondino della biblioteca, che la squadrò come se fosse stata un pagliaccio del Circo di Monaco.
-" Sento che mi verrà un cancro ai polmoni... "
affermó la ragazza, con voce strozzata, strappando una sincera risata al suo compare. Se c'era una cosa che Allison detestava, erano i germi. Nonostante lo fosse solo da pochi anni, era una germofoba incallita; si lavava le mani molto spesso e teneva infinitamente ai suoi denti e ai capelli. Quella zaffata di polvere era stata peggio di un pugno in piena faccia per la poverina, che continuava i suoi gesti magico-propiziatori, anche se in modo più contenuto. 
-" Penso proprio che ci vorrà un bel po' per sistemare quel posto... "
concluse pensoso Trent, portandosi le mani ai fianchi e fissando la porta aperta del piccolo ma pienissimo magazzino.
-" Decisamente... Posso chiedere guanti e mascherine, vero? "
Tutti nella biblioteca, compreso Carven, ridacchiarono.
Dopo quel breve momento di ilarità, la giornata procedette normalmente. I due colleghi di lavoro sistemarono per l'ennesima volta la biblioteca, riorganizzando in modo ancora più efficiente la scrivania, ben sorvegliati dal burbero Carven, che mai aveva visto quella biblioteca così pulita e ordinata in quindici anni di servizio ad Alkalie Lake.
Arrivò poi l'ora del pranzo e come al solito Allison e Trent si accomodarono al tavolino più isolato della sala; non parlarono molto, come al solito, e si limitarono a scrutare la mensa, esaminando discretamente ogni viso e ogni movimento, ogni tatuaggio e ogni sguardo. Vagando con gli occhi come faceva abitualmente, Allison si trovò per un momento in contatto con le iridi acqua marina del suo compagno di cella; stava proprio guardando lei, con un'espressione di indecifrabile calcolo, qualcosa di quasi soprannaturale e addirittura raggelante. Al contrario di ciò che chiunque si sarebbe mai aspettato, fu l'enigmatico ragazzo a distogliere lo sguardo per primo, riportandolo al suo piatto vuotato a metà. Nonostante la voglia di imitarlo fosse forte, quella di osservarlo meglio vinse; Allison aguzzò invisibilmente la vista e cominciò ad esaminarlo seriamente per la prima volta. Era un tipo curioso, pensava, ma decisamente molto bello. Era uno di quei ragazzi che sulle prime fa molta fatica a piacere, uno di quelli che si etichetta subito come il cattivo della situazione, ma quando lo si guarda meglio si capisce che è tutto fuor che poco piacevole alla vista. Aveva spesso visto il suo fisico prestante, ma non ci aveva mai fatto troppo caso, e nemmeno al suo viso, tanto che quando lo vedeva al di fuori della cella spesso doveva pensare qualche secondo per capire che si trattava del suo coinquilino.
-" Allison? "
Il suo nome la fece svegliare dai suoi assurdi filmini mentali, quelli che si faceva almeno una volta ogni cinque minuti, e tornò a guardare Trent con l'aria di chi si è appena svegliato. 
-" È tutto okay? "
-" Certo. "
rispose frettolosamente, mangiando un pezzo dell'hamburger che ultimamente aveva cominciato a saper di qualcosa di molto simile a carne bollita e non ad un pezzo di cartone bagnato; McCord la guardò un po' perplesso e cercò di guardare nella direzione in cui pochi secondi prima erano puntati gli occhi di ghiaccio della sua amica, trovando quello che probabilmente stava fissando con tanto interesse.
-" L'armadio con i capelli neri e gli occhi azzurri? "
A quella deduzione impeccabile, Allison arrossì e si fece piccola piccola, rabbrividendo un po' per l'intuito eccellente di Trent; non sapeva perchè, ma sentiva che aveva fatto qualcosa di sbagliato. 
-" Beh, hai dei buoni gusti in fatto di aspetto. "
Sì, aveva decisamente fatto qualcosa di sbagliato. 
 
Carven quel giorno aveva acceso la radiolina portatile che di solito teneva pigramente abbandonata sotto la sua sedia, selezionando il canale della buona musica dei vecchi tempi, da cui partivano solo canzoni country, indie rock e pop anni Sessanta. 
Sia Allison che Trent se ne stavano tranquillamente seduti alla loro scrivania, entrambi con un buon libro in mano che abbandonavano momentaneamente soltanto per aiutare i detenuti a cercare un romanzo o per riporre quelli restituiti. Quel giorno, insolitamente, molti dei loro compagni avevano fatto visita alla biblioteca; alcuni si erano ritirati nelle loro celle, mentre molti altri erano rimasti lì, seduti sulle poltrone o addirittura sul tappeto, in religioso silenzio, a leggere serenamente. Era incredibile come la lettura potesse portare alla liberazione dello spirito, si meravigliava sempre Allison guardando di tanto in tanto lo spazio di lettura.
-" Vorrei un altro libro, per cortesia. "
Al suono di quella voce giovane e profonda, leggermente gracchiante, stranamente diversa dalle altre che aveva udito fino a quel momento, abbassò il libro e alzò gli occhi, trovandosi davanti il suo chilometrico compagno di cella in tutto il suo splendore, con la camicia aperta a scoprire la canottiera bianca e le maniche arrotolate ai gomiti che lasciavano scoperte le muscolose braccia tatuate. La guardava dall'alto, con un'apatia quasi arrabbiata, mettendole soggezione, ma soprattutto curiosità, esattamente com'era successo la prima volta che aveva visto Alkalie Lake.
Fece per rispondergli, ma Trent, da buon amico qual era, s'intromise.
-" Di quale hai bisogno? "
-" Non l'ho chiesto a te. "
rispose quasi ringhiando il misterioso ragazzo corvino, rivolgendo a McCord uno sguardo di puro e semplice odio, uno di quelli che un lupo alpha lancia ad un giovane beta nella contesa per la femmina. 
-" M-me ne occupo io Trent... "
mormorò imbarazzata Allison, stemperando la tensione in quella guerra di testosterone che aveva sollevato l'attenzione di tutta la biblioteca, di Carven in particolare; cominciavano a tremarle le mani, brutto segno per una come lei.
-" Dunque, che libro ti interessava? "
-" Amleto, Shakespire. E devo restituire questo. "
Il tono con cui le parlava era totalmente diverso da quello che aveva usato con Trent : non era dolce e zuccheroso, ma era apaticamente gentile per uno come lui, anche se si vedeva che si stava sforzando. Con calma, come se non volesse spaventarla, le porse davanti una copia di Romeo e Giulietta con un'aria strana, quasi a voler nascondere ciò che aveva preso in prestito. E così tu leggevi Romeo e Giulietta, grande lupo cattivo? , pensò quasi con sarcasmo Allison, sorridendo intenerita e cercando in ogni modo di celarlo.
Diede un'occhiata all'elenco alla ricerca dell'Amleto, e quando lo scovò sia sul registro che sulle mensole, spalancò gli occhi : era una spanna più in alto rispetto a quanto poteva arrivare lei in punta di piedi e con le braccia alzate. Prima di levarsi dalla sua poltrona, fece un respiro profondo e pensò che avrebbe soltanto dovuto saltellare due volte e acchiapparlo al volo, consegnarlo al figliolo tascabile e registrarlo, nulla di più.
Si alzò con calma e il Grande Lupo Cattivo la affiancò, facendola sentire minuscola : la testa di Allison, infatti, gli arrivava a malapena al petto. Era una sensazione assurda, ma ancora più assurdo fu quando arrivò sotto al libro prescelto. Come diavolo faceva ad arrivarci?! Si concentrò il più possibile, si mise in punta di piedi, allungò il braccio e tirò fuori la punta della lingua, come faceva sempre nei momenti di maggior concentrazione; fissò attentamente il suo bersaglio, un dannato libricino dalla copertina color vermiglio rifinita in oro consumato, poi spiccò un saltello, che la portò soltanto a sfiorarlo con la punta delle dita. Ci provó altre tre volte, senza successo; più o meno tutta la biblioteca stava ridacchiando per la tenerezza, anche involontaria, che quella ragazza ispirava.
-" Ti serve una mano? "
le chiese il Grande Lupo Cattivo con il suo tono così particolare e coinvolgente, ma Allison era troppo determinata a prendere quel dannato volume : era una sfida personale tra lei e quella stramaledetta opera teatrale shakespiriana.
-" No. Ce la faccio, grazie. "
rispose dura, per poi osservare bene la situazione. Esaminó il ripiano più basso, l'altezza a cui si trovava il libro e la distanza alle sue spalle, poi le venne in mente qualcosa di fenomenale; avrebbe rischiato di rompere una mensola e di spezzarsi una gamba, ma era un rischio da correre. Risoluta come non mai, prese una bella rincorsa, usó il ripiano più basso come trampolino e spiccò un bel salto, afferrando con forza quel deprecato Amleto e atterrando con quel libro finalmente in mano. Ritta nel suo pieno orgoglio e soddisfazione, Allison consegnò fieramente il volume nelle grandi mani del Lupo Cattivo, sorridendo in modo semplicemente smagliante.
-" Ecco a te. Trent, per favore, registralo tu. Buona lettura. "
concluse la ragazza continuando a mostrare il suo bianchissimo e splendido sorriso, momentaneo ritratto delle gioie della vita, tornando alla scrivania e rifilando al caro McCord Romeo e Giulietta da ricacciare al proprio posto; ora tutta la biblioteca sorrideva divertita tra le pagine dei libri prescelti, perfino il Grande Lupo Cattivo, il cui piano non aveva funzionato, proprio come sperava.
~~~
Alla luce della sua lampada da ufficio, in quella che ormai considerava la sua nuova camera, stava pensando da vari minuti a cosa scrivere; davanti a sè, un block-notes e una penna a sfera blu attendevano soltanto di essere utilizzati. Era incredibile : nella sua vita aveva scritto decine di lettere, ma per quelle due, le più importanti della sua vita, non aveva proprio idee. Non sapeva nemmeno come cominciare.
Da giorni e giorni Allison tentava inutilmente di raccogliere il coraggio di prendere uno dei tanti block-notes a disposizione nella biblioteca e scrivere alle due persone più importanti della sua vita, ma non ci era riuscita fino a quella sera di metà novembre, appena una settimana prima del suo diciassettesimo compleanno. Era frustrante non poter esprimere ciò che pensava, ma ancora più frustrante era il non riuscir a pensare. Le due lettere che da due settimane erano rinchiuse nel suo cassetto ora erano a fianco a lei e il suo sguardo cadeva puntualmente su di loro, i suoi pensieri toccavano costantemente le dolci parole scritte all'interno di quei fogli bianchi macchiati ordinatamente da inchiostro nero e blu.
Caro zio Chris, cominciò, io sto bene. Erano le uniche parole che in quel momento le balenavano nel cervello e le uniche che avrebbe voluto scrivere, perchè in fondo non aveva altro da dire. Non sapeva perchè, ma non sentiva di voler uscire immediatamente da quel riformatorio : quel posto stava cominciando a diventare un luogo di meditazione, un luogo di ritrovo per lei; perciò non aveva senso scrivere del suo desiderio di tornare a casa. 
Ad un tratto, però, le parole le spuntarono proprio davanti agli occhi e la sua penna cominciò a scrivere velocemente, con una calligrafia ordinata; scrisse finchè le luci non si spensero, sia a suo zio che a sua sorella, poi ripose blocco e penna nel cassetto e si rifugiò sotto il suo caldo piumino grigio, rivolta verso il suo compagno di cella. Fissó intensamente la sagoma imponente del ragazzo sul letto dall'altra parte della cella forse in cerca di conforto, di qualcuno che le desse la risposta alla domanda Devo davvero spedire quelle lettere? . Intravide le sue spalle nude spuntare dalle coperte, le braccia cacciate sotto il cuscino e i corti capelli sparsi sulla federa, che le diedero l'idea di un bambino troppo cresciuto. Purtroppo, l'unico disponibile era quel Grande Lupo Cattivo con cui era costretta a condividere lo spazio vitale, un fantasma con cui non parlava mai, con cui faceva fatica a scambiare qualche casuale occhiata. Era sempre e comunque meglio di nulla : le ricordava una specie di Tate Langdon, solo più distante ed enigmatico. Nei suoi silenzi e nella sua distanza, però, trovava conforto, anche se non ne conosceva il perchè. Rimase così, a pensare a lui, non accorgendosi di quanto intensamente di stessero guardando.
 
End of part 1
 

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Capitolo 2
*** Part 2 ***


BROKEN PIECES - Part 2
 
Dicembre
La neve, finalmente, aveva cominciato ad imbiancare tutto in quella selvaggia campagna del Colorado; tutto sembrava pacifico, a riposo, in attesa che la primavera tornasse con il suo vento tiepido, l'erbetta verde e i fiorellini colorati in mezzo ai prati.
E poi la selvaggia campagna era interrotta da quell'enorme, mastodontico, mostruoso edificio di cemento grigio che si stagliava contro il cielo candido, quel blocco di prigionia che era Alkalie Lake. I secondini che facevano di guardia all'esterno maledissero mille volte, con bestemmie e tanti altri conditi appellativi al tempo metereologico, al lavoro e al riformatorio, il fatto di essere lì fuori a fare i pupazzi di neve; le guardie sulle torrette stavano ancora peggio, per via del vento e dei ritardi nelle comunicazioni. 
Dentro al penitenziario minorile, nulla sembrava essere cambiato, al contrario dell'esterno. Le giornate procedevano monotone, divise tra i soliti compiti e i normali momenti della giornata, in attesa di un insipido e freddo Natale. Tutto era maledettamente uguale.
Allison, in quei lunghi, grigi, monotoni giorni aveva avuto modo di ambientarsi sempre meglio in quel posto. Il suo compleanno era passato liscio come l'olio; niente auguri, niente telefonate, niente disegni o biglietti o mail con degli auguri, soltanto ricordi e un muffin sgraffignato dalla mensa e regalatole da Trent. 
Nel mese precedente era riuscita ad adattarsi alla maggior parte delle cose, quelle di minor importanza : la mancanza dei phon, il doversi lavare sempre un quarto d'ora in ritardo, nascondere il bucato e lavarlo solo nelle ore di lavoro, evitare ogni contatto con i compagni galeotti, eccezion fatta per Trent, condividere lo spazio privato con uno sconosciuto, tenere nascosto il suo MP3. Ora che aveva potuto cominciare ad accettare di buon grado questi cambiamenti rispetto alla sua vita precedente, poteva concentrarsi sulle cose più basilari, come la mancanza di privacy e il continuo timore di un'aggressione. Nonostante l'apparente atmosfera semipacifica di Alkalie Lake che sembrava regnare nel periodo in cui Allison era appena arrivata, tutto era cambiato con l'arrivo -o meglio, il ritorno- di un certo detenuto che la ragazza aveva intravisto solo alla mensa, ma la cui presenza era stata avvertita nell'intero penitenziario, perfino nella biblioteca : era un ragazzo alto circa come Trent, solo più ben piantato e dai corti capelli rossi, quasi arancioni; aveva molte lentiggini e degli occhi verde smeraldo dallo sguardo perennemente diabolico. Da quando quel ragazzo aveva rimesso piede lì, Alkalie Lake sembrava essere diventato il penitenziario minorile che tutti temevano all'esterno, quello di una durezza incredibile e sopportabile soltanto dai più forti, quello che Allison non aveva percepito mai. Ora in biblioteca Carven aveva smesso di leggere e camminava sempre avanti e indietro per la grande stanza, tenendo quasi roboticamente la mano poggiata sul manganello ed evitando qualsiasi contatto con i detenuti; Allison ora era scortata ovunque, dalla lavanderia fino alla mensa, e Berry non la accompagnava fino all'entrata del bagno soltanto perchè si sentiva più in imbarazzo lui di lei. Lo stesso valeva per tutto il riformatorio : regole rispettate con puntualità svizzera o severa punizione. Il margine di scelta si era stato drasticamente ridotto, trasformando Alkalie Lake nel vero incubo leggendario di cui si sentiva sempre parlare fuori da quei muri grigio-bluastri.
Anche se molto spesso avrebbe voluto fare domande, Allison rimase sempre in silenzio. Non sapeva nemmeno il nome di quel vecchio nuovo arrivato, ma solo dalla sua aura e dal suo sguardo aveva capito che era uno da ignorare, uno il cui nome in quel posto era quasi proibito. Persino i gli altri galeotti sembravano essere cambiati : erano più spavaldi con le guardie, eppure più spaventati al tempo stesso. Più cercava di capire il perchè di questo cambiamento, meno ci riusciva. La mente dei ragazzi era troppo complessa, pensava spesso, soprattutto quella dei galeotti. 
Non sapeva perchè, ma ancora non riusciva a chiamarli davvero "compagni" ; forse accettare di essere l'unica ragazza lì dentro, una prigioniera e nulla più, forse era questo che le impediva di definirli "compagni" . Dentro di sè, sentiva perfettamente che ci sarebbe voluto molto più tempo del previsto per accettare quel fatto. 
Allison, per la sua moltitudine di motivi, si fermava spesso a pensare in quei giorni nevosi, incantandosi e guardando per lunghi minuti nel vuoto, proiettandosi davanti un film mentale che sembrava quasi reale, un po' come un incubo da cui non si poteva svegliare, che si interrompeva soltanto nel momento in cui faceva più paura, facendole fare qualche spasmo; e se di giorno andava così, la notte era infinitamente peggio. Si svegliava improvvisamente, saltando sulla branda sudando freddo e con il fiatone, tremando come una foglia; molto spesso, sentiva il suo compagno di cella svegliarsi con lei e una sua occhiata scocciata che durava a lungo, finchè non si rimetteva sotto le coperte a fissare il muro nero per la mancanza di luce. Tutto questo, incredibilmente, era cominciato con l'arrivo del Pel di Carota, il ragazzo dai capelli arancioni che aveva portato cupezza e freddezza all'interno di un riformatorio che non sembrava essere così orrendo; sembrava quasi un presagio, ma in fondo Allison da sempre era empatica, percepiva l'aura delle persone che la circondavano e la loro influenza sull'ambiente circostante e l'influenza di quel ragazzo era davvero negativa. Indubbiamente, anche lei subiva tutta quell'inquietudine, cosa che non giovava al suo animo già logorato, ma cosa poteva farci? Cercava di ignorare quanto più possibile, di vivere la sua vita all'interno del penitenziario minorile e di evitare qualsiasi discorso diretto con altri detenuti oltre a Trent. 
-" Allison? Ci sei? "
le chiese il ragazzo, vedendola immobile con il cucchiaio a mezz'aria e lo sguardo puntato nell'infinito davanti a sè. La bella biondina, un po' sciupata dalla stanchezza e dalla pressione, sembró svegliarsi da un sonno lungo e profondo, un sonno bambino di cui ormai non ricordava più la sensazione.
-" Che succede? "
gli rispose in fretta Allison, ripresa dai suoi funesti pensieri.
-" Non ti piace la zuppa? Sei stata con quel cucchiaio al vento per cinque minuti abbondanti. "
le comunicò McCord con un sorrisetto gentile e divertito; Allison arrossì un pochino, poggiando il cucchiaio nel piatto e rimescolando la zuppa di carne e verdure per poi mangiarne due bocconi. Si guardò attorno per qualche secondo, facendo correre i suoi occhi azzurro ghiaccio tra risate, chiacchiere, rumore di stoviglie e molte anime come un fantasma cacciatore; trovò chi stava indirettamente cercando, quel ragazzo che era diventato più invisibile di prima e che, per l'ennesima volta, aveva appena abbassato lo sguardo sul suo piatto dopo aver osservato per vario tempo quell'unico essere innocente in quel posto maledetto. 
-" Sei sicura di stare bene? Ti vedo strana ultimamente... "
-" N-no, sto be__ "
Non ebbe il tempo di finire la frase, perchè nella mensa irruppero due secondini il cui viso le era più che sconosciuto. Rispetto a Berry, Carven, Finch e il resto di quelle guardie che stavano a stretto contatto con i detenuti, avevano qualcosa di strano, di sinistro; più che sembrare secondini di un riformatorio, parevano agenti dell'FBI vestiti da Carnevale. Il silenzio più profondo calò nella grande sala, anche tra le guardie che la stavano pattugliando; si riuscì perfino a sentire il rumore dei piatti sporchi cacciati in lavastoviglie nella cucina mentre i due quasi-agenti governativi ispezionavano la mensa con uno sguardo degno di un falcone o un avvoltoio, ricambiati allo stesso modo da tutti i detenuti, Allison compresa; dopo qualche secondo, uno di loro fece apparire una cartelletta, a cui diede una rapidissima occhiata con i suoi occhi arcigni.
-" Allison McLean, detenuta AK24ML11 : alzati in piedi! "
ordinò il secondino con la cartelletta, quello più alto tra i due; Allison impallidì dalla radice dei capelli fino alla punta dei piedi, irrigidendosi come un manico di scopa e rimpicciolendosi sotto gli sguardi di duecentocinquanta detenuti; si alzò lentamente, tremando come una foglia e tenendo gli occhi fissi in quelli di Trent finchè non fu completamente in piedi; il suo cuore le martellava nel petto come se avesse voluto esplodere da un momento all'altro, come un cavallo imbizzarrito tenuto faticosamente a freno da catene e corde, e l'aria sembrava essersi rarefatta tutt'a un tratto. Per la prima volta da quando era lì, allungò la mano verso quella di Trent, alla ricerca di un conforto e di forza che ricevette senza esitazione, perchè il ragazzo le strinse subito le dita fine e delicate tra le sue, più spesse e forti; le sue mani erano tiepide, quasi calde, mentre quelle di Allison erano gelide, com'erano sempre state. Quel contatto quasi mistico, tanto per lei che per lui, sugellò la loro alleanza, la loro amicizia, per cui la ragazza ringraziò chiunque comandasse l'andazzo dell'Universo.
La seconda guardia, quella più bassa, si diresse a grandi passi verso di lei, raggiungendola e soverchiandola con la sua presenza imponente ed autoritaria, nonostante paresse un vero e proprio leccapiedi; le prese le mani un po' in malomodo e le ammanettò i polsi, per poi afferrarle il braccio con rude delicatezza e invitandola -o meglio, ordinandole, di seguirli. Mentre camminava a testa bassa fuori dalla mensa, sotto gli sguardi predatori degli altri detenuti, mille domande vorticavano nella sua mente e il panico s'impossessava lentamente del suo animo diventato improvvisamente fragile, forse troppo per Alkalie Lake. Avrebbe voluto azzardare a chiedere ad uno di quei due esseri alieni dove la stessero portando, se avesse fatto qualcosa di sbagliato, ma non ne ebbe il cuore : quei due non erano Berry o Carven, non aveva la minima idea di come avrebbero potuto reagire e forse avrebbe peggiorato la situazione, qualunque essa fosse, perciò rimase in religioso silenzio, rivolgendo la parola soltanto a sè stessa.
I tre percorsero corridoi sconosciuti, corridoi il cui accesso era permesso soltanto alle guardie e a qualche detenuto autorizzato; erano corridoi puliti, dalle pareti color cioccolato e l'odore caldo di legno vecchio, ma soprattutto non erano umidi, bensì tiepidi e accoglienti. In fondo a quella lunga traversata, un grande portone di legno di quercia sembrava quello del tribunale, il maledetto tribunale di un mese e mezzo prima, ma guardando bene vi si distinguevano due grandi placche in ottone con l'imponente scritta : DIRETTORE - GRANDE CAPO ABRAHAM BENJAMIN HARRISON. I genitori di quest'uomo dovevano essere molto patriottici per chiamare il figlio come ben due dei presidenti, pensò scherzosamente Allison per calmare i brividi. In realtà, avrebbe voluto soltanto scappare : era del tutto impreparata a quel fatidico incontro con il "Grande Capo" dall'onorevole nome ridicolo, ma forse era meglio così.
Il secondino spilungone bussò con decisione tre volte, e da dietro le solide porte di quercia rispose una voce a dir poco da dittatore megalomane, più o meno uguale a quella di Hartman di Full Metal Jacket, personaggio a cui collegava inevitabilmente il "Grande Capo" .
-" Avanti! "
I tre entrarono come se fossero stati dei soldati e Allison si trovò in una specie di museo della storia militare americana. Le pareti erano tappezzate da foto dei più grandi presidenti, bandiere, medaglie al valore, modellini di aeroplani e quant'altro; a suo padre sarebbe piaciuto molto quel posto, pensò la ragazza, sentendosi infinitamente piccola al cospetto di quell'ufficio pieno zeppo di cimeli di guerra. Quando poi si trovò davanti il direttore in persona ne fu quasi spaventata : molto alto e ancora muscoloso, nonostante l'età già leggermente avanzata, con i capelli puntualmente tenuti a spazzola e ritto come un manico di scopa, l'uomo stava in piedi di fronte a lei, dietro all'enorme scrivania; il suo completo blu era perfettamente stirato e tutto in lui suggeriva una gran autorità, dal portamento fiero fino allo sguardo duro e arcigno che bruciava in quegli occhi blu notte. Ora Allison capiva perchè lo chiamavano "Grande Capo" e perchè aveva il pieno diritto di portare il nome di due presidenti.
Dopo averla squadrata per numerosi secondi dall'alto in basso con l'aria di chi sta guardando la carcassa di una iena, l'uomo si rivolse ai secondini.
-" È questa la nuova detenuta? "
chiese con voce dubbiosa, portandosi una mano al mento e continuando ad osservarla con aria indagatrice, una di quelle che ti legge nel profondo in meno di dieci secondi e che sa sfruttare le debolezze delle persone a proprio piacimento.
-" Come può vedere, signore... "
rispose pazientemente lo spilungone.
-" Io mi aspettavo un mastodonte di novanta chili per un metro e ottantacinque, una specie di orrendo cavernicolo, non una figliola del genere! Chi diavolo è stato il cretino che l'ha spedita qui?! "
sbraitò il Grande Capo, facendo sorridere Allison sotto i baffi; era una domanda che più o meno tutti in quel riformatorio si erano fatti, trovando la risposta nel giudice Jason Miller senior, il quale aveva dovuto scegliere -con l'aiuto di qualche mazzetta di Chris McLean : o cinque anni in un riformatorio femminile, o poco meno di due anni ad Alkalie Lake.
-" Per l'amor del cielo, toglietele quelle manette e lasciateci soli! "
I due secondini ubbidirono all'istante e quando uscirono dalla stanza chiusero le grandi porte di quercia. Passò qualche secondo prima che il Grande Capo si sedesse ed invitasse Allison a fare lo stesso; si accomodó compostamente su una delle sue poltrone rosse di fronte all'uomo che doveva essere stato un soldato, cercando di non incrociare mai direttamente i suoi occhi di ghiaccio bollente. Era uno di quegli uomini il cui sguardo era impossibile da sostenere, anche da infuriati e sul punto di esplodere; era uno sguardo così profondo, così freddo, così terribile, lo sguardo di chi ha vissuto l'orrore sulla sua pelle, lo sguardo che Allison sentiva sarebbe presto diventato anche suo.
-" Dunque, signorina McLean, il suo è il fascicolo più fino di tutto il riformatorio. So solo che è qui per un'aggressione di terzo grado e che ci allieterà con la sua presenza per un anno e nove mesi, di cui ha già scontato un mese e ventidue giorni, prima di ciò non ha avuto neanche una segnalazione dai bidelli della scuola. "
tuonò l'uomo e Allison non si mosse sotto quello sguardo che metteva soggezione e un po' d'ansia, limitandosi ad annuire appena, quasi invisibilmente.
-" Mi può cortesemente spiegare il perchè di quell'aggressione? "
La ragazza rimase perfettamente immobile, come una statua di sale, come il giorno del processo in tribunale, spiazzata da quella domanda tanto diretta ed intima. Mille immagini le scorsero davanti agli occhi, mille parole le rimbombarono in testa, mille sensazioni formicolarono sotto la sua pelle pallida, facendola rabbrividire. Solo spezzoni di tanti episodi, quello più doloroso quello dell'inganno, della presa in giro alla sua famiglia, tanti flashback che non aveva dimenticato, tanti demoni che di notte le si stendevano a fianco per tenerla sveglia.
Quella domanda risvegliava in lei ricordi troppo pungenti, ferite ancora letali da rimarginare.
-" Nessuno può fare del male alla mia famiglia e passarla liscia. "
Harrison la scrutò per qualche secondo, poi annuì.
-" Esattamente quello che ha dichiarato ai poliziotti che l'hanno interrogata dopo l'arresto. Difesa dell'onore familiare : è il primo crimine per cui provo un minimo di rispetto. "
L'uomo chiuse il fascicolo di Allison, per poi tornare a guardarla molto attentamente, come uno scienziato con la sua cavia. 
-" Non riesco a spiegarmi come abbia potuto procurare certe ferite a quel figliolo... Lei è un soggetto interessante, signorina. "
Ma non sono una cavia, pensò irritata; il suo spirito ribelle si stava lentamente rianimando, come una brace smossa da un attizzatoio e pian piano rifornita di ossigeno; le parole di quell'uomo erano l'ossigeno per la sua fiamma.
-" Dunque, Berry mi ha detto che aveva bisogno di chiedermi qualcosa. "
-" No signore, non ho bisogno di nulla. "
Il nervosismo comparve come un fulmine a ciel sereno sul viso di quell'anziano soldato, che scattò, sbattendo il palmo sulla grande scrivania di quercia scura.
-" E allora perchè diavolo quel secondino mi ha detto il contrario?! "
-" Ho appena cambiato idea, signore. Penso di avere il diritto di adattarmi come ogni altro sacco di merda qui dentro. "
Un'occhiata raggelante sfrecciò dritta su Allison, che però sembrò non fare una piega : l'indifferenza causata dalla rabbia e dagli attacchi all'orgoglio erano qualcosa che la rendeva semplicemente unica e spaventosa. Le parole di quell'uomo, non sapeva come, le avevano fatto cambiare idea su tutto : era riuscita a sopravvivere fino a quel momento senza quelle cose di cui non aveva davvero bisogno, e di sicuro ora non le avrebbe chieste a quella testa calda.
-" Stia ben attenta, signorina : odio perdere tempo, perciò le riformulo la domanda in modo che prenda una decisione definitiva. Deve per caso chiedermi qualcosa? "
Allison respirò profondamente, risvegliando quella parte ferina di sè che aveva fatto tremare cinque poliziotti grandi e grossi, quella che nei suoi occhi sembrava fiamma pura.
-" Sì signore : posso tornare alla mia cella, signore? "
Dopo lunghi, silenziosi, tesi secondi in cui i due si osservarono in cagnesco, Harrison sorrise in modo maligno e complice allo stesso tempo. Le puntò un dito in faccia, fissandola dritta nei suoi occhi di ghiaccio puro.
-" Lei mi piace signorina, ha le palle, ma stia attenta : avere le palle fa spaventare le persone, e se si spaventano certe persone... beh, pregheró per lei. "
Allison sorrise nella stessa maniera malvagia, annuendo per ringraziare ma rabbrividendo per quel sinistro avvertimento; Harrison era ammirato dalla sua doppia personalità : ragazza fragile e robot assassino, un po' come sua moglie.
-" Secondini! Riportate la detenuta al suo posto! "
I due uomini entrarono, ammanettarono Allison e la riportarono silenziosamente alla sua cella, dove la aspettava il suo compagno di cella : era la seconda volta che la vedeva così maledettamente soddisfatta.
~~~
Negli ultimi giorni cominciava a farsi sentire l'aria di Natale. Qualche detenuto si era messo d'impegno per decorare minimamente il riformatorio, appendendo qualche stella di Natale agli scaffali della biblioteca e addobbando un piccolo alberello di plastica nella mensa. Era bello vedere almeno un minimo di umanità in un posto in cui, molto teoricamente, non avrebbe dovuto esserci. Allison guardava con molta malinconia e nostalgia quell'alberello, ricordandosi di tutti gli abeti che aveva decorato con Valery e zio Chris, del profumo che quegli alberi straordinari portavano nel grande salotto di casa, non troppo lontano dal caminetto sempre acceso; avrebbe voluto qualche lucina colorata nella sua cella, imitando un po' la sua cameretta, ma sapeva benissimo che non era possibile : come tutti, lì dentro, doveva accontentarsi. 
E, in attesa del Natale, i giorni procedevano lenti e monotoni, quasi come se fossero stati registrati su una videocassetta e riprodotti in continuazione da qualche psicopatico Creatore dell'Universo che amava rivedere scene di noia e sofferenza che aveva creato.
Allison aveva finalmente spedito le due lettere, pochi giorni prima, e quella notte non aveva dormito. Non aveva idea di cosa sarebbe accaduto quando le due persone più importanti della sua vita avrebbero letto ciò che aveva scritto, francamente non voleva nemmeno pensarci. Zio Chris era forte, ce l'avrebbe fatta in qualunque caso, ma Valery? Valery, la sua sorellina, così maledettamente fragile, avrebbe sopportato le parole impresse su quella lettera o sarebbe tornata a rifugiarsi nelle sue "vecchie abitudini" ? Il "lungo lunedì di paura" si sarebbe ripetuto? La risposta a quelle domande terrorizzava Allison sin dal momento in cui era entrata in commissariato trascinata in manette da cinque poliziotti robusti e questo terrore non la abbandonava mai, si allontanava soltanto e momentaneamente. Come poteva abbandonarla? Di notte, prima di addormentarsi, pregava sempre un'entità superiore, che fosse stata Dio, San Antonio da Padova, o chiunque al di sopra degli umani, di proteggere sua sorella, di non farle fare cose stupide, di darle la forza. Da giorni pregava anche durante il dì perchè le fosse data la forza di resistere a quelle lettere, ma non era sicura che qualcuno avrebbe accolto le sue disperate preghiere. Aveva smesso di essere sicura delle sue preghiere nel momento in cui aveva visto i polsi di Valery in quel "lungo lunedì di paura" , segni rossi più profondi di quelli che aveva visto tante volte prima, i segni di chi vuole trovare più di uno sfogo, uno sfogo da cui non si può tornare indietro. 
Quei segni avevano cominciato ad aprirsi, a diventare sempre più profondi, a zampillare sangue; Non sono riuscita a fermarmi, non sono riuscita a fermarmi; il sangue scorreva, le sporcava le mani, i vestiti; urlava e nessuno la sentiva; il sangue continuava a zampillare a fiotti, rosso, denso, mentre dentro di sè sentiva di non essere stata abbastanza...
Allison si svegliò quasi gridando e, senza che potesse fare nulla per evitarlo, cadde dal letto, atterrando con la spalla sul gelido pavimento di linoleum; a quel violento contatto, ringhiò come un lupo ferito, rigirandosi a pancia in su e tenendosi stretta quel maledettissimo braccio, guaendo pian piano. Rimase così, immobile, a fissare il soffitto buio con il fiatone, la fronte e il collo sudati, il viso bagnato di lacrime. Le si stavano congelando la schiena e le gambe nude, ma poco le importava; forse ne aveva bisogno per ritornare lucida, per tornare a distinguere l'incubo dalla realtà. Ascoltava in silenzio i suoni che arrivavano dal corridoio; qualche galeotto che si rigirava nel letto, qualcun'altro che russava, qualcuno che per prendere sonno ricorreva a metodi non proprio ortodossi. Erano rumori strani quelli, pensava Allison, che si sentiva a venti metri da terra, come se avesse appena fumato uno spinello di quelli potenti, come se la relatà fosse stato soltanto un incubo da cui non si poteva svegliare.
-" Hey, stai bene? "
Fu quella voce, profonda e giovane allo stesso tempo, dalla nota di spavalderia domata, a riportarla a terra, alla realtà. Ora Allison sentiva il gelo del pavimento penetrarle nelle ossa delle gambe e delle braccia nude, percepiva il dolore acuto della caduta e, soprattutto, si era accorta che il Grande Lupo Cattivo, nella penombra, era sporto fuori dal suo letto e la stava osservando, anche se non riuscì ad intravederne l'espressione.
La ragazza alzò lo sguardo verso di lui, cogliendo un minimo luccichio di quegli occhi azzurri talvolta sfolgoranti, talvolta sofferenti, talvolta arrendevoli, talvolta gentili, e si prese qualche secondo per pensare a cosa rispondergli.
-" Mmh mmh... Scusa, non volevo svegliarti. "
mormorò, ancora un po' persa nei meandri della sua mente. Le dispiaceva davvero di averlo svegliato; spesso si chiedeva che tortura fosse averla come compagna di cella e provava un po' di pena per quel povero Lupo Cattivo mezzo fantasma. Doveva essere molto paziente, pensò.
-" Riesci ad alzarti? "
le chiese quasi con timidezza e lei sorrise dentro di sè : era davvero un Grande Lupo Cattivo?
-" Mmh mmh... "
-" Su, allora, torna a letto, prima che arrivi qualche secondino. "
Il tono di quel ragazzo non era di rimprovero, sembrava più quello di un fratello un po' apatico, o almeno fu questa l'impressione che ebbe Allison, che seguì quel consiglio. Si alzò pian piano, cercando di non sforzare troppo la spalla, e ritornò sul suo letto. In barba a regole e compagni di cella, fece apparire da sotto il materasso il suo MP3 e le cuffiette, accendendolo e iniziando ad ascoltare le sue canzoni punk rock e hardcore preferite. Come sempre, la musica era il modo migliore per allontanare i suoi demoni.
 
Quando quella mattina suonó la campanella di sveglia, Allison fece parecchia fatica a tirarsi su dal materasso. Gettò una rapida occhiata alla sua spalla e notò l'enorme livido che si era formato durante la notte; tentando di muoverla, una fitta di dolore sordo le attraversò l'ematoma fino alla clavicola, facendola gemere e ricadere pigramente sul materasso. 
Il suo sguardo assonnato cadde quasi inevitabilmente sul Grande Lupo Cattivo che, come ogni mattina, si metteva a fare i suoi bisogni in tutta tranquillità, senza tirare la tenda dello squallido angolo toletta. Allison aveva ormai superato quasi del tutto l'incredibile imbarazzo nel vivere con un ragazzo che pisciava con non chalanse davanti a lei : tanto, da distesa, non vedeva oltre le sue spalle. Guardò altrove quando il Lupo Cattivo ebbe finito e uscì dalla cella diretto alle docce, poi si decise ad alzarsi e cominciare la sua ennesima giornata ad Alkalie Lake. 
Dopo la consueta doccia, si era diretta alla consueta colazione con la consueta compagnia di Trent, che aveva notato subito qualcosa che non andava nella sua amica. 
-" Buon giorno tigre, tutto okay? "
la salutò teneramente McCord, con il suo allegro sorriso e la sua aria sempre amichevole. Allison si sforzó di ricambiare il sorriso mentre si sedevano al loro solito posto, ma quella mattina le ci volle una grande forza di volontà per piegare minimamente le labbra in un sorriso.
-" Beh, più o meno... Tu? "
-" Pff, solita palla. Hey, oggi ci sono i muffin al cioccolato! "
I muffin al cioccolato risolvono qualsiasi problema, pensò la ragazza, addentando la sua squisita colazione. Il cuoco della mensa cucinava da cani, ma almeno era bravo a fare i dolci.
-" Buon giorno, sacchi di merda! Oggi nuovo cambio di turni lavorativi! "
La melodica voce del Grande Capo rimbombò in tutta la mensa attraverso quei maledetti altoparlanti, rovinando la colazione a tutti. I muffin al cioccolato risolvono qualsiasi problema, tranne Harrison, si ricredette la ragazza, innervosendosi più di prima. La solita guardia iniziò a srotolare la solita serie infinita di nomi, finchè non arrivò a quello di Allison.
-" McLean : lavanderia! "
Un boccone di quell'agognato muffin le andò di traverso e Trent fu costretto ad intervenire, lasciandole qualche bella pacca sulla schiena; si riprese dopo poco e si accorse degli sguardi sottobanco e delle risatine degli altri galeotti. Ci mise un secondo a realizzare ciò che avrebbe dovuto fare per più di un mese : lavare boxer su boxer e altri indumenti di un'accozzaglia di ragazzi in crisi ormonale. Pregò Dio di assisterla.
-" Trent, devo lavarti le mutande per un mese e più. "
disse, con lo sguardo puntato nel vuoto. Dopo qualche secondo, i due amici incrociarono gli sguardi e risero di gusto : era molto divertente immaginarsi Allison che toccava tutti gli indumenti con guanti di lattice e pinze, era molto divertente, finchè non le tornavano in mente tutti i germi. Harrison, sei un gran figlio di puttana, sentenziò orgogliosa la sua mente con un sorriso malvagio. Per la prima volta in tutta la sua permanenza ad Alkalie Lake, la voglia di lavorare le era passata completamente.
Dal momento che per una complessa e malefica legge psicologica della fisica quando vuoi che il tempo si fermi scorre più rapidamente, la campanella di fine pasto trillò molto prima del solito, o questa fu l'impressione che Allison ebbe; Trent le batte fiduciosamente la mano sulla spalla, sorridendo ma trattenendo delle fragorose risate. La ragazza, come usava fare quand'era ironicamente scocciata, incrociò le braccia al petto e si strinse nelle spalle, mettendo un'espressione tutt'altro che simpatica ma parecchio divertente.
-" Eddai, la lavanderia non è poi così male. Sarebbe peggio se fossi ai forzati. "
-" Qui ci sono i lavori forzati? "
chiese Allison, quasi sconvolta da quella scoperta.
-" Dalla bonifica del cortile fino alle scorte di legna : l'assortimento è più che vario. "
affermò Trent, leggermente incupito, chiarendo alla sua amica il perchè di tutti quei lavori così isolati dagli altri detenuti e così "rilassanti" : come avrebbe potuto sopravvivere ad una giornata nel bosco con altri trenta detenuti? A quella domanda mentale, un brivido rapido le scivolò lungo la schiena, facendole scuotere nervosamente le braccia; la lavanderia andava benissimo, concluse.
Mentre Trent si dirigeva verso la palestra, a cui era stato assegnato insieme ad altri tre galeotti, Allison fu puntualmente scortata da Berry nella lavanderia. Durante l'inverno, non c'era posto più bello in cui stare : il caldo di quel locale era invitante ed accogliente, un posto decisamente migliore che il boschetto dei lavori forzati. 
Allison si concentrò sul grandissimo cesto di rete metallica che vedeva ogni volta che andava lì per fare il bucato, il quale conteneva letteralmente una montagna di vestiti : dalle canottiere ai calzini, dalle tute arancioni fino ai tanto temuti boxer. Quando Allison vide il terribile disastro che l'aspettava, non potè fare a meno di schiaffarsi la fronte e pregare tutti i santi perchè le dessero la forza.
Anche Berry fissava piuttosto perplesso quel mucchio indefinito di indumenti, e si chiedeva piuttosto stupidamente da quanto tempo certi detenuti indossassero la stessa tuta.
-" Ti prego, dammi mascherina e guanti di lattice. Ti supplico. "
chiese la ragazza, ritratto della più assoluta disperazione. 
-" McLean, n-non sono sicuro che sia permesso... E poi non saprei dove trovarle, sinceramente... "
cercò di scusarsi Berry, levandosi il suo solito cappello a tesa larga e asciugandosi la fronte con il dorso della mano, come faceva sempre quand'era imbarazzato. Allison respirò profondamente e si convinse che avrebbe dovuto adattarsi e superare la paura di quel mostro di vestiti sporchi; in fondo, stava disinfestando quel cesto dai germi : era un'opera pia.
-" Dopo aver lavato e stirato le tute, dovrai consegnare il tutto ai legittimi proprietari. Tranquilla, tutto è contrassegnato dai codici. "
Dopo una breve preparazione psicologica, la ragazza si mise timidamente al lavoro, avvicinandosi all'enorme cesto e analizzando la merce con occhio critico e schifato allo stesso tempo; spostava pian piano una camicia, una canottiera, dei pantaloni con la punta del mignolo, alla ricerca delle cose a cui poteva fare fronte senza problemi e a quelle che non avrebbe toccato nemmeno con i piedi. Preso un cestello, lo riempì di camice, un altro di pantaloni, un altro ancora di canottiere e fece così per tutti gli indumenti -boxer a parte, ovviamente. Si meravigliò nel non sentire un fetore troppo osceno e ne fu infinitamente sollevata : in fondo, tutta quella roba non doveva essere lì da ere geologiche se non puzzava troppo.
Data la lunga serie di lavatrici e asciugatrici, Allison si organizzò per usarne il più possibile, dividendone due per le tute e tre per indumenti più intimi, mentre una era indubbiamente riservata alle sue cose. 
E, mentre tutto era finalmente a lavare, andò a cercare un ferro da stiro e un'asse, per poi mettersi a stirare quei pochi capi che erano stati appesi ad asciugare. Si sentiva incredibilmente ridicola : fare la casalinga non era mai stata la sua passione, figurarsi farlo nel carcere, ma ogni volta che si lamentava mentalmente di quel nuovo, dannato lavoro pensava al cortile da bonificare con -5 gradi in pieno dicembre ed era più che sollevata di trovarsi in quella calda ed accogliente lavanderia, che ora cominciava a profumare incredibilmente di muschio bianco. 
Berry, nel frattempo, si era seduto non molto lontano da lei, abbastanza vicino alle caldaie per godersi il piacevolissimo calduccio, una manna dal cielo per un secondino che lavorara ventiquattro ore su ventiquattro negli umidi corridoi di Alkalie Lake; osservava la sua protetta lavorare diligentemente e silenziosamente e pensava a che cosa diavolo ci facesse in quel posto. Era solo una ragazzina, molto bella oltre che intelligente, che di norma non avrebbe fatto del male ad una mosca. Per come l'aveva sempre vista lui, aveva paura perfino a respirare, il che significava che quella Allison era soltanto l'ombra della lupa solitaria che era stata fino a quel giorno di metà ottobre in cui la sua vita venne sconvolta definitivamente. La Allison di qualche mese prima era libera, selvaggia, uno spirito animale in un corpo umano, una forza prorompente della natura, pronta a sfidare angeli e demoni, dei e mortali per la sua libertà e quella dei suoi cari. Ormai, purtroppo, di quella Allison restavano solo gli occhi, specchio di un'anima ribelle domata dalla mancanza di libertà.
-" Come sta tua moglie? "
chiese improvvisamente la ragazza, rompendo il silenzio e sorprendendo il secondino : non le aveva mai detto di essere sposato.
-" M-mia moglie? "
Allison si voltò verso di lui, sorridendo malinconicamente.
-" Hai una fede all'anulare. Non significa che sei sposato, possibilmente con una donna? "
Resosi conto della sua stupidità, Berry le sorrise di rimando, carezzando automaticamente la fede nuziale con la punta delle dita. 
-" In teoria non dovrei parlarne. "
-" In teoria non avresti dovuto fare molte cose, a quanto ho capito, ma se non ti va di parlarne, è ovvio che non ti posso obbligare. "
Il secondino allargò il suo sorriso, chiarendosi sempre di più perchè andava d'accordo con quella ragazza : era troppo adulta, forse più adulta persino di lui. C'era rispetto reciproco, non come guardia e carcerato, bensì come persona e persona, un contatto umano, come se fossero stati due persone qualsiasi in un posto qualsiasi e non vincolati da due pezzi di carta di natura totalmente differente. C'era stato fin da subito un accordo segreto e non scritto tra i due, una specie di formula chimica che avrebbe aiutato entrambi a vivere meglio ad Alkalie Lake. Era bello non sentirsi completamente soli, pensarono entrambi.
-" Mia moglie sta bene, ti ringrazio. "
-" Da quanto siete sposati? Se posso chiedere... "
-" C-certo, chiedi pure... Beh, noi siamo sposati da dieci anni. "
affermò Berry orgoglioso, sorridendo intenerito. Anche Allison sorrise dalla tenerezza nel vederlo sciogliersi in quel modo. Doveva amare molto sua moglie per sorridere in quel modo al solo pensarla.
-" Wow, vi siete sposati giovani... Come si chiama? "
-" Elizabeth. Si chiama Elizabeth. "
-" Avete un figlio? "
-" Sì, Elijah. "
Allison scorse commozione nello sguardo piacevolmente nostalgico di London Berry, secondino quasi perfetto duro con ogni carcerato che s'inteneriva al solo suono della parola famiglia. Era semplicemente favoloso osservarlo pensare alla sua famiglia e la ragazza non potè fare a meno di chiedersi se un giorno lontano qualcuno, pensandola, avrebbe sorriso in quel modo. Per un secondo, s'immaginò a trent'anni, con un lungo vestito azzurrino e i capelli raccolti, un bambino tra le braccia, a salutare suo marito che andava a lavoro. Trattenne le risate : no, non avrebbe mai avuto quella vita, non sapeva nemmeno se ci sarebbe arrivata ai trent'anni.
-" Su, parlami un po' di loro. "
A quella richiesta, il secondino non seppe come reagire. Era strano sentirsi chiedere qualcosa sulla sua famiglia da una detenuta, soprattutto perchè non era permessa l'interazione personale con le guardie, ma tanto lì non c'era nessuno e la McLean non era un soggetto pericoloso, non per lui almeno. A dir la verità, era felice di poter parlare un po' delle sue più grandi gioie nella vita, non aveva mai occasione di farlo con nessuno, nemmeno con i suoi colleghi. Per una volta, era bello evitare l'argomento lavoro in una conversazione.
-" Ehm... Elizabeth è una donna bellissima. Ti somiglia molto, in realtà : ha lunghi capelli biondi, tutti mossi, e gli occhi color cielo. Adora cucinare e stare all'aperto, infatti abbiamo un giardino fantastico in cui passa la maggior parte delle giornate estive. Elijah ha sette anni, è un diavoletto della Tasmania. Gli piacciono le macchinine e detesta i suoi coetanei : dice che sono tutti stupidi. Da grande vorrebbe fare il paramedico sugli elicotteri, vorrebbe aiutare la gente e allo stesso tempo vedere il mondo con gli occhi delle aquile. "
A quelle dolci e commosse parole, Allison smise per un secondo di stirare e si voltò commossa a sua volta verso il secondino, che aveva fatto in tempo ad asciugarsi le lacrime di nostalgia prima che lei lo vedesse. La ragazza s'immaginò nuovamente qualcosa, il suo amico secondino Berry a casa sua, che giocava a baseball con il figlioletto mentre sue moglie coglieva un magnifico mazzo di fiori. Bella vita, pensò amorevolmente sognante e invidiano per un secondo il piccolo Elijah.
-" E tu? Che mi dici della tua famiglia? "
Allison non si era aspettata quella domanda di rimando e Berry lo intuì immediatamente dall'incupimento del suo sguardo; tornò a puntare lo sguardo sui suoi capi da stirare, ma non si tirò indietro da quella domanda, non era nella sua natura.
-" Ehm... Mio zio Chris è un produttore e conduttore tv. È un eccentrico zuccone, un po' matto, ma è l'uomo migliore di questo mondo. Gli piacciono le vasche idromassaggio e la musica pop anni Ottanta. Poi... mia sorella Valery. È la ragazza più splendida di questo pianeta, sia fuori che dentro. A volte è una zucca di legno e dice tante stupidaggini, ma in realtà è buona come pochi. H-ha lunghi capelli castano-rossicci e un paio di occhioni quasi viola che ti toccano nel profondo. Adora la musica, in particolare il Kpop, e ama i libri e i manga più delle persone. Le piace fare lunghe passeggiate al lago con il suo cane, sogna di diventare una grande scrittrice e, anche se dice che non è così, per me ci riuscirà... "
Le lacrime e i singhiozzi cominciarono a farsi strada negli occhi e nel petto di Allison, che dovette interrompere bruscamente ogni azione che stava compiendo, dal respirare al pensare. Si abbandonò a qualche lacrima di sfogo sotto gli occhi pieni di dispiacere di Berry, a sua volta commosso dalla passione delle parole di quella ragazza. 
Da quel momento, nessuno dei due parlò più ed entrambi si concentrarono sul loro lavoro, dimenticando a loro volta le loro famiglie lontane.
 
All'ora di pranzo, l'intera cesta metallica era stata sgomberata, più di metà dei vestiti era pulita, profumata, stirata e consegnata nelle celle dei rispettivi proprietari. Era stata una mattinata impegnativa per Allison che, quando si accomodò a tavola, si accasciò sulla fredda lastra di metallo lucido e chiuse gli occhi, godendosi appieno la sensazione di essere finalmente seduta. La biblioteca, in confronto a quel lavoraccio, era un vero Eden.
Come sempre, Trent si sedette di fronte a lei e la guardò trattenendo le risate : non osava immaginare che disastro avesse combinato alla lavanderia.
-" Allora tigre, com'è andata? "
La ragazza rispose con un esausto mugolio, per poi sedersi composta e cominciare a mangiare quello stramaledetto hamburger a malavoglia. Piuttosto che di mangiare, aveva moltissima voglia di dormire.
-" Sono distrutta... E dopo pranzo devo consegnare ancora qualche tuta... "
Trent si abbandonò ad una risatina divertita che non potè trattenere. Con tutti quei ciuffi biondi scappati alla treccia e l'aria di chi non dorme da anni, Allison sembrava uno zombie ed era uno spettacolo troppo buffo.
Il pranzo terminò in fretta e la ragazza, prima di potersi riposare, consegnò le ultime due tute rimaste, per poi trovare la forza di correre verso la sua cella. Quando vi arrivò, s'infilò le cuffiette nelle orecchie e si cacciò sotto il piumone, addormentandosi felicemente sotto lo sguardo vigile del Grande Lupo Cattivo.
~~~
Come ogni anno, inesorabilmente, arrivò anche il Natale. Quella mattina, Allison si svegliò più allegramente del solito, consolata dalla festività che ricorreva quel giorno. Si prese qualche minuto sulla sua calda branda, fissando il soffitto grigio e sorridendo al pensiero di zio Chris che stava per svegliarsi e correre a scartare i regali e di Valery che avrebbe cercato ovunque il suo consueto biglietto d'auguri disegnato personalmente da lei. Sapeva benissimo che quel Natale non sarebbe stato così : zio Chris non avrebbe avuto molti regali da scartare e Valery non avrebbe avuto il suo biglietto di auguri, ma ad Allison piaceva pensare che sarebbe stato tutto uguale agli altri anni. Forse anche loro se la stavano immaginando in pigiama, ancora piacevolmente addormentata e destata soltanto dalle urla eccitate di Chris che correva a zonzo per casa con il suo nuovo regalo preferito come un marmocchietto di otto anni. Sorrise a quei dolci ricordi, promettendo a sè stessa che quel giorno non avrebbe dovuto piangere la nostalgia dei suoi cari. 
In sala mensa, l'aria era completamente diversa dagli altri giorni : l'odore di pan di zenzero e latte caldo infestava la grande sala come un felice fantasma, mentre i detenuti sembravano completamente diversi dai ragazzi problematici che vedeva ogni giorno. Ridevano e scherzavano tra loro con risate sincere, si scambiavano auguri con vero affetto e, per la prima volta, Allison si sentì al sicuro. Era bello sentire tutta quella gioia, quell'euforia che solo il Natale portava; quella mensa non era più un contenitore di gusci vuoti, ma una vera esplosione di anime ed emozioni.
-" Hey, tanti auguri tigre! "
esclamò Trent, correndo verso di lei con un sorriso a trentadue denti. Ecco, perfino lui sembrava più pimpante del solito. Forse il Natale era davvero qualcosa di miracoloso. 
-" Buon Natale Trent. "
disse semplicemente la ragazza, sorridendo freddamente e malinconicamente come al solito; allungò una mano verso il suo amico, con il quale fece un affettuoso pugno-a-pugno natalizio.
-" Eddai, cos'è questa tristezza? Su, è Natale! Anche tu devi sorridere oggi! "
Come per magia, Allison ridacchiò, facendo contento Trent, il quale la trascinò al loro tavolino. Lì li stava aspettando un banchetto da re : pan di zenzero, biscotti al cioccolato e alla cannella, torta di zucca e latte caldo; un profumino tiepido ed invitante saliva da quel ben di Dio, facendo venire l'acquolina in bocca alla biondina e al suo amico un po' emo. 
-" Ingozzati come se non ci fosse un domani. "
le ordinò il suo compagno, per poi cominciare a mangiucchiare golosamente insieme a lei. Tutto era delizioso e per questo Allison maledisse mille volte il cuoco, il quale era capace di cucinare qualsiasi cosa se solo ci avesse messo l'impegno; probabilmente l'aveva fatto solo perché anche le guardie e il Grande Capo avrebbero mangiato quelle delizie, e a quel pensiero gli lanciò ancora più maledizioni. 
-" Buon Natale, sacchi di merda! Le funzioni religiose si svolgeranno nella cappella, come ogni anno, e, come ogni anno, siete esonerati dai vostri lavori giornalieri fino a dopo Capodanno! Potete scambiarvi qualche piccolo regalo e chiamare i vostri familiari, oppure vederli se si presentano qui! Godetevi questo giorno : dovrete aspettare un altro anno prima di poter godere di nuovo! "
Il discorso incoraggiante del mattino del Grande Capo, per una volta, aveva raggiunto l'obbiettivo sperato e tutti erano più motivati che mai a sfruttare quelle ore di semilibertà. Allison più che mai era felicissima di non dover aver più a che fare con mutande e camice per qualche giorno, nonostante avesse ormai fatto abitudine a quel lavoro, che non era poi così terrificante. 
-" Oh, a proposito di regali... "
disse Trent, infilando una mano nella tasca della camicia e tirandone fuori un paccetino di carta cerata verde; lo poggiò sul tavolo di fronte ad Allison, che lo guardò perplessa e insofferente, come se le avessero cacciato davanti al naso un topo morto.
-" È uno scherzo? "
-" No, ti ho fatto un regalo. Su, scartalo. "
Anche se a malavoglia, la ragazza ubbidì. Si ritrovò in mano una bellissima bandana con sopra stampata la Dixie Flag, di una stoffa resistente ma incredibilemente soffice. Era una bandana particolare, qualcosa che percepì avere un grande significato, forse perchè era il regalo di un nuovo amico sincero, perchè era l'ennesimo segno che suggellava il loro mistico rapporto, distante e profondamente attaccato allo stesso tempo.
-" È il mio portafortuna, ma volevo che lo avessi tu. "
-" Non lo posso accettare. Davvero. "
Allison fece per porgergli indietro la bandana, ma Trent rifiutò categoricamente.
-" Voglio che la tenga tu. Starai qui per molto più tempo di me, ne avrai bisogno. E poi non voglio che tu ti senta sola. Prendilo come un pegno d'amicizia : quando uscirai, me la restutuirai. "
Senza pensarci due volte, la ragazza si slacciò dal collo la bella e preziosa catenina con San Antonio, cacciandola in mano al suo amico.
-" Accetto solo se tu accetti questa. "
-" Non se ne parla! È la tua medaglietta, non posso tenerla io! "
-" E allora io non terrò la tua bandana. "
Trent sbuffò innervosito : quella ragazza era una testa di legno! 
-" Per favore, accetta il mio regalo senza che sia un debito. Non voglio nulla in cambio, per questo si chiama regalo. "
Allison, irritata più che mai, si rimise la collana al collo e si passò la bandana tra le dita con aria colpevole. Aveva sempre odiato che la gente le facesse regali proprio perchè la facevano sentire in debito. Dopo qualche secondo, la piegò accuratamente, proprio come se fosse stata una bandiera, e se la infiló in tasca, ringraziando mentalmente qualsiasi entità superiore per averle donato un amico come Trent, il quale sorrise più felice che mai nel vederla accettare il suo regalo.
I due ripresero a mangiare e parlare tranquillamente, osservando come sempre la mensa, che quella mattina sembrava un raduno di giovani squinternati e non un riformatorio. Incredibilmente in ritardo, si presentò in tutta la sua gloria il Grande Lupo Cattivo; anche lui sembrava essere diverso, meno misterioso, meno cupo. Molti ragazzi gli andarono incontro, facendogli gli auguri e scherzando tranquillamente, e lui ridacchiò di gusto; aveva un sorriso molto bello, pensò Allison, il sorriso delle persone tristi, quello capace di togliere il fiato a chiunque sapesse guardarlo con gli occhi giusti.
Inevitabilmente, i due incrociarono i loro sguardi per l'ennesima volta, ma, al contrario delle aspettative, nessuno abbassò gli occhi; si osservarono per lunghi secondi, finchè Allison non azzardò un timidissimo sorriso. Il ragazzo le rispose allo stesso modo e per entrambi quello fu un gran colpo : era la prima volta che si sorridevano, così naturalmente, così tranquillamente, come se fossero stati due ragazzi qualsiasi in mezzo alla mensa della scuola. Era una sensazione anomala per Allison sentirsi "normale" ; prima di quel solo, banale istante non si era mai davvero sentita una ragazza come le altre. Ma forse non era questione di sentirsi come le altre, bensì umana. In quel preciso istante, lei si sentì umana, anima e corpo, e non un fantasma in mezzo a carcasse ancora in grado di respirare, parlare, sanguinare. Che sensazione mistica era quella?
Ad interrompere quel momento arrivò un altro galeotto, uno dei frequentatori incalliti della biblioteca, che era venuto a fare gli auguri a Trent.
-" Auguri McCord! "
esclamò, stringendogli vigorosamente la mano, per poi rivolgersi sorprendentemente anche ad Allison.
-" Auguri anche a te, canarino. "
e le porse orgogliosamente la mano. Nonostante fosse perplessa, la strinse comunque con la sua solita stretta feroce, quella che aveva preso indubbiamente da papà, ma in buona parte anche dalla mamma.
-" Mannaggia, il canarino è forte! "
-" Hey mafioso, guarda che il canarino è qui per aggressione di terzo grado, che credevi?! Ti conviene non provocarla... "
lo avvertì scherzosamente Trent e il cosidetto Mafioso alzó le mani in segno di scherzosa resa, sorridendo affabilmente.
-" Wooo wo wo, fermi tutti. Aggressione di terzo grado? La ragazza è tosta quindi... Sarà meglio avvisare gli altri! "
I tre si fecero una risatina, prima che il Mafioso tornasse a pensare agli affari suoi; nel frattempo, Allison rimase scioccata. Un detenuto estraneo a Trent e al Lupo Cattivo le aveva rivolto pacificamente la parola : era un grande progresso, o forse un miracolo di Natale, non lo sapeva, ma di certo le aveva fatto piacere. Per la prima volta in vita sua, desiderò che fosse Natale tutto l'anno. 
La colazione terminò e, molto a sorpresa, Trent si diresse alla cappella per assistere alle funzioni. Era stato molto bravo a celare la sua fede, pensò Allison mentre si dirigeva alla sua cella; non aveva mai dato il minimo segno di essere un credente, ma a lei non faceva differenza, anzi, le faceva quasi piacere : era un bene trovare ancora qualcuno che credeva in qualcosa di più che carne e sangue.
Nel suo lungo percorso verso la cella, in quel corridoio per la prima volta accogliente, dall'aria tranquilla e sicura, stava pensando intensamente a quello che avrebbe potuto fare quel pomeriggio o quella mattina stessa per quanto riguardava la sua famiglia. Nonostante le avesse spedite da tempo, non sapeva se le lettere fossero giunte a destinazione o meno e da questo arrivarono anche moltissime altre domande. Devo chiamarli? O mi verranno a trovare? Mi ricorderanno nelle preghiere del pranzo? Mi avranno spedito una cartolina? La sua mente era un turbinare di queste continue questioni a cui non sapeva o non voleva trovare risposta. Era così maledettamente combattuta tra il correre da Berry e chiedergli di portarla al telefono e il rifugiarsi nella sua cella e rifiutare momentaneamente qualsiasi contatto umano; fortunatamente, non scelse nessuna delle due, si limitò ad arrivare alla sua cella e sospirare per soffocare i suoi pensieri.
Quando si volto verso la sua branda, però, ci trovò una sorpresa a dir poco meravigliosa. Un bellissimo e tenerissimo peluche a forma di unicorno rosa era accuratamente disteso sul suo cuscino, con attorno al collo un fiocchetto fucsia con la scritta Pinky, ma senza alcun biglietto da alcun mittente. Era uno di quei peluche morbidissimi con le zampe riempite di sabbiolina che lei adorava, con un musetto adorabile e un cornetto fucsia e luccicante di strass che la fecero impazzire. Lo prese tra le mani delicate con gli occhi illuminati da una luce divina e si mise ad urlare e saltellare ipereccitata. Lo trovava la cosa più bella e tenerosa mai vista.
In quel momento entrò nella cella il Grande Lupo Cattivo con un nuovo libro tra le mani; lanciò alla ragazza un'occhiata che sembrò di sufficienza, ma poi sorrise sotto i baffi prima di rintanarsi sulla sua branda a leggere in tranquillità. Dopo di lui entrò Berry, preoccupato per le urla che aveva sentito dal piano superiore.
-" McLean, tutto okay? "
le chiese e lei gli rivolse un sorriso bambino che sembrò illuminare la cella sempre così cupa e grigia; gli piantò quasi in faccia il suo nuovo amico Pinky, ma il secondino dalla scorza apparentemente dura non sembrò troppo sorpreso di vederlo.
-" Me l'hai regalato tu, vero? "
gli chiese Allison, che pareva la ragazzina più felice del mondo, e Berry lanciò impercettibilmente un'occhiata al Lupo Cattivo, il quale contraccambiò con un certo disappunto e parecchia ostilità. La guardia fece spallucce, sorridendo complice più al ragazzo che alla ragazza.
-" Può darsi. "
disse semplicemente, facendo infuriare Allison, la quale non sopportava risposte vaghe ed elusive, come da sempre era scritto nel suo complesso carattere.
-" Ma che vuol dire può darsi?! Sì o no?! "
-" Beh... Puó darsi. "
Dopo averlo fulminato malamente, gli sorrise con complicità e gli battè un bel pugno-a-pugno natalizio, lo stesso che aveva dato a Trent.
-" Auguri Berry. "
-" Auguri McLean. "
e il secondino tornó al suo turno di guardia, per poi far finalmente visita alla sua famiglia.
Nel frattempo, in attesa che le funzioni religiose terminassero e perciò che Trent tornasse, Allison non seppe cosa fare. Si sedette gambe incrociate sulla sua branda con in braccio il suo amico Pinky, a cui legò al collo la preziosa bandana del suo amico; il fiocchetto rosa lo legò al palo del letto, accanto al suo cuscino, in modo da essere circondata da tutto ciò che le ricordava affetto e che non era sola. Con le cuffiette nelle orecchie e pezzi metalcore sparati nelle orecchie, si mise a giocare distrattamente con il suo peluche, per poi rivolgere lo sguardo a quello che in quegli ultimi tre minuti stava tormentando i suoi pensieri.
Il Grande Lupo Cattivo se ne stava lì, disteso sulla branda con una gamba piegata e l'altra accavallata, il piede che si muoveva a ritmo della canzone che stava ascoltando in quel momento; la canottiera bianca e i pantaloni arancioni della tuta piegati fino al ginocchio, il libro tra le grandi dita e lo sguardo profondamente concentrato sulle parole di quello che sembrava essere Racconti del Terrore di Poe. Notó il suo comodino spoglio, i vestiti di ricambio che lei stessa aveva consegnato piegati in un angolo del letto, nulla di più. Si chiese se mai qualcuno, da quando era lì, si fosse mai preoccupato di fargli un regalo o anche solo di stargli davvero accanto, ma la risposta era molto probabilmente no. Erano in un riformatorio maschile, il più duro del Colorado : nessuno si preoccupava degli altri, soltanto di riuscire a sopravvivere in un posto in cui o sei qualcuno o sei morto.
Aveva un'aria molto solitaria, quella del classico eremita della situazione, un po' com'era lei a scuola e com'era tutt'ora nel riformatorio. Ne dedusse che, nonostante alla mensa fosse circondato da "amici" , se era lì nella cella con lei il giorno di Natale, era un ragazzo molto solo.
Allison mise in pausa l'MP3, togliendosi le cuffiette; respirò profondamente e prese tutto il coraggio che aveva in corpo. Tremava dalla timidezza, si sentiva il cuore martellare freneticamente perfino nella punta delle dita. Aveva fatto spesso stupidaggini del genere, ma non sapeva perchè questa volta la spaventava. Forse era la cara vecchia paura del rifiuto, uno dei demoni che la notte le si stendeva accanto per tenerla sveglia, o forse era semplicemente il fatto che quello era un galeotto grande e grosso, o ancora perchè era un ragazzo tutto sommato carino e si sentiva ancora come ai tempi del primo anno di liceo. In effetti, era da quasi due anni che non provava quell'assurda sensazione di timidezza, di inferiorità, di "inadeguatezza" , ma, a dirla tutta, non le dispiaceva riscoprire la vecchia lei, tornare indietro nel tempo e sapere di nuovo cosa voleva dire provare emozioni reali e non emozioni che erano conseguenza di una maschera o una corazza.
-" H-hey? "
cercò di attirare la sua attenzione, riuscendoci con successo. Il ragazzo voltò il suo impassibile sguardo verso di lei, incrociando i suoi bellissimi occhi acqua marina con quelli di ghiaccio della ragazza. Per un attimo, si ritrovò paralizzata da quelle iridi così particolari, ma ritrovò subito la forza per parlare.
-" Ehm... Buon Natale... "
mormorò timidamente, arrossendo come mai in vita sua e maledendo sè stessa per la stupidaggine appena combinata. Che banalità aveva appena detto?! Perchè le era venuta in mente quest'idea idiota?! Solidarietà?! Beh, mannaggia alla solidarietà, allora!
-" Buon Natale anche a te. "
Dopo un altro respiro profondo e tante preghiere, Allison lanciò il suo MP3 dall'altra parte della cella, facendolo atterrare fortunatamente prima sull'addome e poi sul materasso del Lupo Cattivo. Il ragazzo chiuse il libro, poggiandolo al suo fianco, e si mise ad esaminare piuttosto dubbioso lo strumento che stava tenendo in mano. Non che non avesse mai visto un lettore MP3, ma quello era il suo MP3, unica fonte di gioia e rassicurazioni, e si fece parecchie domande sul perchè gliel'avesse lanciato.
Quando Allison si vide rivolgere un'occhiata piena di dubbi, sorrise timidamente, arrossendo di nuovo e sentendosi una bambina che condivide il suo gelato.
-" P-puoi tenerlo, se ti piacciono il punk e il metalcore. "
-" Davvero? "
La voce profonda -e molto sensuale- del ragazzo la fece rabbrividire, ma le diede la forza di annuire. Il sorriso che le rivolse indirettamente la riempì di una sensazione nuova, qualcosa che non aveva mai provato prima : la soddisfazione di aver compiuto una buona azione e di esserne consapevole. 
Nonostante non lo desse a vedere, quel Lupo Cattivo le era grato come non mai, ma Allison, occhio d'aquila, l'aveva già intuito. Si distese con lo sguardo rivolto verso il suo compagno di cella, il quale si era immediatamente messo ad ascoltare musica; ora teneva le braccia incrociate dietro la testa e gli occhi chiusi, a godersi appieno il piacere che solo qualche buon assolo di chitarra elettrica e screamo poteva dare. Sorrise e, osservando quel ragazzo che la spaventava e la inteneriva ad un tempo, ringrazió Valery per essere lì con lei in quel momento.
~~~
Quando si svegliò, quella mattina, vari minuti dopo il suono della campanella, Allison si ritrovò da sola nella sua cella. I rumori lontani delle docce in funzione e delle voci e risate dei ragazzi, come tutti i giorni, facevano da sottofondo al suo pacifico risveglio. 
Carezzò rapidamente la soffice testolina di Pinky, appurando che l'aveva aiutata a dormire molto bene quella notte, e gettò una rapidissima occhiata alla branda del Lupo Cattivo : era disfatta, il piumino grigio topo ancora ammucchiato da una parte del letto e il libro abbandonato sul comodino. Il suo sguardo vagante cadde sul suo di comodino, dove riconobbe la forma del suo MP3 e delle cuffiette ordinatamente arrotolate. Sorrise automaticamente, anche se non seppe perchè. 
Si alzò dalla sua calda branda, indossò i suoi indumenti un po' alla carlona, si prese il suo cambio e si diresse verso le docce. Distratta dai suoi continui cupi pensieri, quei pensieri che nei momenti di solitudine fanno sempre compagnia, una compagnia non sempre desiderata, non si accorse di quel gruppetto di tre ragazzi che stava venendo verso di lei. A capobranco c'era il Pel di Carota, il galeotto dai capelli arancioni la cui aura aveva fatto ammalare ulteriormente quella degli altri ospiti di Alkalie Lake. Per tutto quel tempo, Allison era riuscita ad evitarlo, ignorava bellamente la sua presenza come ignorava quella di ogni altro galeotto, vivendo pacificamente la sua permanenza nel riformatorio, ma quella maledetta mattina lui era lì, probabilmente per volere di quel sadico Creatore e Gestore dell'Andazzo Universale che l'aveva già avvisata indirettamente che quell'essere portava brutte cose.
S'incrociarono in quel corridoio e il Pel di Carota, ridacchiando malvagiamente, la urtò con una pesante spallata, risvegliandola molto bruscamente dai suoi pensieri. Allison si aggrappò alla parete per non cadere di faccia sul pavimento di linoleum e qualcosa in lei scattò. Era il ricordo di una fiamma che molto spesso si accendeva dentro il suo petto, si diffondeva in tutto il suo corpo e dava vita al demone incendiario che dormiva dentro di lei, il demone che odiava superbia e prepotenza, il demone che a volte era angelo. Era una sensazione così poco familiare ora, mentre pochi mesi prima era qualcosa di quotidiano, qualcosa di abituale; Allison, in pratica, viveva con il suo demone interiore, il demone buono che le dava la vita. Ma tutto questo prima di Alkalie Lake.
La ragazza ritrovò per un momento quella fiamma, incrociando il suo sguardo di ghiaccio bollente con quello macchiato, sporco e cattivo del Pel di Carota, il quale ghignava con malvagità, troneggiando su di lei e sul suo corpo minuto.
-" Che hai da guardare, biondina? "
-" E tu che hai da ridere, pel di carota?! "
Per quell'attimo, l'antica Allison McLean sembrava essere tornata in quel suo guizzo di ribellione contro la paura delle persone, delle reazioni, quella che mai aveva avuto e che aveva sviluppato solo lì ad Alkalie Lake, una Allison che metteva paura in chi non poteva sopraffarla nell'animo.
-" Ma sentitela, la biondina... "
Il Pel di Carota si avvicinò rapidamente con il passo di un leone pronto ad accogliere una sfida; non era di certo un piccoletto, anzi, era ben piantato, anche se non come il Lupo Cattivo. Non sarebbe stato un brutto ragazzo, ma quell'aura di malvagità lo precedeva e automaticamente lo definiva qualcuno da evitare, una mela avvelenata da gettare via. Allison fece un solo passo indietro, sfidandolo con lo sguardo e con tutto il coraggio che aveva in corpo. Non sapeva perchè, ma sentiva che in quel momento essere forte non le avrebbe giovato, eppure sembrare debole non era un'opinione da prendere in considerazione.
-" Dove pensi di essere, mh? Nel cortile della scuola? o nel parchetto di paese? Beh, ti sbagli. Qui sei un semplice cerbiatto tra i lupi, biondina. Guardati le spalle, perchè qui dentro non sei altro che... un succulento bocconcino. "
sibilò il ragazzo, e un incontenibile brivido gelido le attraversó la schiena lentamente, come un serpente che scendeva pian piano da un albero per attaccare. 
Gli occhi rapaci del Pel di Carota vagarono lascivamente sul suo corpo prima che lui e i suoi scagnozzi se ne andassero, lasciandola sola con il suo demone; non appena i tre scomparvero e il suo cuore ricominciò a batterle nel petto, si sentì mancare la forza nelle gambe e per un attimo dovette inginocchiarsi e poggiare la tempia contro il muro freddo. Chiuse gli occhi, visualizzò nella sua mente un prato verde, balle di fieno, il vento che faceva ondeggiare dolcemente i fili d'erba su una collina, tutto per cancellarle dalla mente quelle raggelanti parole. 
Era una strana sensazione quella della minaccia, quella di sentire certe parole e percepirle sul serio. Prima erano le sue, di minacce, ad essere temute per la loro veridicità e molto spesso anche lei aveva provato le conseguenze di avvertimenti funesti di altre persone, ma ora, in quel preciso istante, capiva come ci si sentiva davvero privati della propria libertà. Libertà alla fine non era poter uscire e respirare aria fresca, bensì vivere senza paura. Purtroppo peró, Allison la libertà l'aveva persa tutta, perdendo con essa tutta la sua combattività contro la paura.
Eppure quel demone che le dava vita, forza, che la rendeva quella creatura quasi disumana era ancora lì con lei, l'unico demone buono che in quel momento era seduto accanto a lei e le carezzava affettuosamente la spalla. Sarebbe stato proprio il demone della sua forza a condannarla, proprio come Harrison aveva annunciato.
~~~
 
Gennaio
Tante cose erano cambiate in quei mesi a casa, lontano dalle spesse mura blindate di Alkalie Lake.
Chris sembrava aver perso la voglia di fare qualsiasi cosa. Andare al lago, fare scherzi ai suoi colleghi, svegliarsi la mattina... Nulla aveva più senso senza sua nipote. Se n'era accorto in una grigia mattina di dicembre, la prima volta in cui aveva nevicato. Si era svegliato come al solito, con in mente il suo primo pensiero mattutino : abbuffata di pancake con Ally. Si alzò, si preparò per la giornata, ma quando arrivò in sala da pranzo non vi trovò nessun altro a parte Chef, il suo amico di una vita e secondo zio di Allison. Lei non c'era. Non c'era la sua bellissima nipotina, vestita sempre di nero e con lo sguardo stanco e svogliato, annoiata dal dover andare a scuola e stare in mezzo alla gente, che giocava per tre minuti esatti con la colazione prima di iniziare a mangiarla; gli mancavano i suoi lunghi capelli biondi, sempre raccolti in una treccia o in una coda di cavallo legata in più punti, e gli mancavano i suoi braccialetti tintinnanti. 
Da quel momento, quando realizzò che Allison sarebbe mancata per altri lunghi, lunghissimi, interminabili mesi, la sua vita aveva perso di significato. Si svegliava, si vestiva, faceva colazione, lavorava, pranzava, lavorava, cenava, lavorava, andava a letto, fine. Nulla di più, nulla di meno. Una vita monotona, incolore. Una vita senza significato. 
Le feste sembravano quelle della pubblicità delle promozioni natalizie : un branco di scrocconi che si approfittava indebitamente di un povero riccone che non aveva nessuno con cui dividere davvero la gioia delle festività. Una palla al piede, insomma, senza senso nè colore. A Natale non aveva scartato regali ed era stato in religioso silenzio sia al pranzo che alla cena, a cui lui e i suoi genitori, i nonni di Allison, avevano invitato la famiglia di Valery e Viktor. 
Per quei due, invece, sembrava diverso. In quei mesi, chissà come, avevano trovato in entrambi la forza di andare avanti. Certo, la luce negli occhi di Valery non era più la stessa : era spenta, cupa, ma pur sempre una luce, la quale si ravvivava in compagnia di Viktor. Il loro rapporto sembrava essersi evoluto e la ragazza aveva trovato qualcosa di nuovo per cui vivere, ovviamente sempre nella promessa che di lì ad un anno e più avrebbe rivisto sua sorella. Quel giovanotto sembrava averle ridato speranza dopo aver perso tutto, dopo aver visto crollare ogni sua certezza. Era tornata ad uscire, a disegnare, a vivere una vita degna di essere chiamata tale, eppure non dimenticava mai sua sorella e, d'altronde, come avrebbe potuto? 
Aveva fatto una sola volta visita all'Angel Of Mercy Hospital di Castle Rock, il giorno prima del compleanno di Allison, giusto per andare a vedere come stava Alexander. Sua sorella non avrebbe sicuramente approvato, avrebbe sbottato e forse le avrebbe tirato uno schiaffo, urlandole i peggiori insulti del mondo, ma sentiva di doverlo fare. Doveva tornare indietro un'ultima volta.
Il pargolo Feltman giaceva sul letto d'ospedale ancora messo male, ma a Valery quella vista non fece altro che ribrezzo. Il ragazzo magnifico che aveva amato, abbracciato, baciato non esisteva più. Era morto il giorno stesso in cui quella maledetta chiamata di Carminati le aveva cambiato la vita. Dopo una semplice occhiata, si voltò e se ne andò, non tornando mai più a quell'ospedale. Non aveva notizie di lui da molto tempo, e forse era meglio così. Ora stava meglio, era in via di guarigione e stava scrivendo una nuova pagina nel grande libro della sua vita : non c'era motivo di riaprire le ferite.
Le feste erano passate normalmente, senza l'allegria funesta di Allison, a cui era stato dedicato un angolino pieno di candele sia in casa McLean che in casa Johnson. Era terribile, però, pensava Valery : sembrava che sua sorella fosse morta.
Dopo le prime e uniche due lettere che lei e Chris avevano spedito, avevano deciso insieme di non fare altro. Conoscendo Allison, sapevano che avrebbe avuto bisogno di tempo e che avrebbero dovuto aspettare una sua risposta, una risposta che stava tardando ad arrivare. Ogni giorno la posta veniva puntualmente controllata, ma vi trovavano soltanto bollette, pubblicità e il Castle Rock Quotidian, su cui per un mese Allison era stata sulle prime pagine; puntualmente, la delusione rovinava la mattina ad entrambi, ma era subito sostituita dalla speranza del giorno seguente, e ogni giorno era così. 
Ogni giorno fino a quella nevosa mattina dei primi di gennaio, appena dopo le feste.
A casa McLean, una delle più grandi -se non la più grande- di Castle Rock, entrò come sempre l'enorme Chef, uomo di colore alto due metri e decisamente muscoloso, con il suo piumino blu e il colbacco rubato a Chris sette Natali prima; tra le sue grandi mani, teneva un pacco di lettere, tra cui una molto particolare, una busta indaco di dimensioni non troppo anomale, fatta con della particolare carta che sembrava quella riciclata.
-" Buon giorno Chef, buone nuove? "
L'omone non rispose, gli porse semplicemente quella singolare busta. 
Penitenziario minorile di Alkalie Lake. Non appena lesse quella frase, Chris abbandonó colazione e parenti e si rinchiuse nel suo studio.
 
A casa Johnson, quella mattina, era stato Peter, il padre di Valery, a portare in casa la posta. Stava esaminando con la sua solita pigrizia le mille buste di bollette, pubblicità e cavolate varie, finchè non gli capitò in mano una particolare busta azzurra, quasi indaco, fatta di un tipo particolare di carta che ricordava quella riciclata. Quando lesse da dove veniva, rivolse uno sguardo più che preoccupato a sua moglie Emily, che comprese la sua preoccupazione solo dopo aver letto a sua volta il mittente.
-" Vado a chiamare Valery... "
disse Emily con l'aria di chi sta per annunciare la morte di un caro parente, alzandosi da tavola e dirigendosi verso la camera della figlia maggiore. La trovò seduta davanti allo specchio a truccarsi accuratamente, in modo semplice, come le piaceva; quel giorno portava i capelli bruno-rossicci legati in una coda di cavallo e indossava proprio una maglietta che aveva comprato insieme ad Allison. 
-" Val... "
la chiamò semplicemente, fingendo un sorriso commosso che Valery interpretó immediatamente; i suoi occhi quasi viola s'illuminarono come stelle nel cielo nero e corse subito in cucina, strappando di mano la busta a suo padre e chiudendosi nuovamente nella sua stanza tra le sue foto con Allison e quelle con Viktor. Aprì in fretta e furia la lettera, riconoscendo la scrittura particolare e quasi incomprensibile di Allison. Non era una lettera troppo lunga e questo avrebbe già dovuto suggerire molte cose.
 
Cara Valery,
scriverti mi solleva l'animo e mi distrugge allo stesso tempo. Mi ci è voluto coraggio per scrivere queste parole e per non piangere, e ora capirai perchè.
Mi fa male dirlo, davvero male, è stata la scelta più difficile che io abbia mai fatto in vita mia. Probabilmente, questa sarà l'ultima lettera che ti scriverò. Non ti chiedo di smettere di scrivermi, sarebbe come chiedere a zio Chris di non mangiare più pancake, semplicemente penso che sia meglio che io non ti risponda.
Non ho dimenticato il filo rosso, non lo farò mai, e sarà proprio quello a farci incontrare di nuovo tra quasi due anni, ma fino ad allora tu dovrai ricostruirti una vita senza di me. Come hai detto tu, questa è una sfida per diventare più forti, ma non ce la faremo mai se continuiamo a sentirci. Se io non ti risponderò, tu un giorno ti stancherai e smetterai di perdere tempo con me, andrai avanti con la tua vita bellissima e, quando il momento verrà, staremo di nuovo insieme. 
Per lo stesso motivo, non voglio che tu venga a trovarmi al penitenziario. Voglio che mi ricordi come sono semlre stata, con abiti sempre neri, gli occhi fiammeggianti e dei capelli guardabili, e non voglio che tu veda dove vivo adesso. Devi andare avanti, okay?
Perdonami per questa lettera, so che ti aspettavi molto altro e non certo queste parole, ma mi conosci : sono un pezzo di merda. Sei tu che mi hai sempre resa migliore e, anche se non sei davvero qui con me, ci sei in ogni caso. Ci sarai sempre. 
Spero vivamente che tu vada bene a scuola e che abbia smesso di addormentarti sulla scrivania per via dello studio. Spero anche che ti vesta decentemente, ben coperta, e che non ti sia ammalata o che tu abbia scoperto troppo le tue grazie : sono ancora capace di evadere e venirti a vestire come Allison McLean comanda. Mi raccomando : non drogarti, non bere, non frequentare brutte compagnie e non uscire sola di notte, ma soprattutto, non tornare alle vecchie abitudini. Non ho altri pensieri dalla mattina alla sera, ma sono quelli che mi fanno andare avanti.
Alkalie Lake non è così uno schifo, sto relativamente bene, anche se si mangia da cani. Mi auguro che anche tu stia bene e che starai bene anche dopo questa maledetta lettera. 
Sii forte sorellina, io sono lì con te.
Tua per sempre, Ally
 
Il crack di un cuore spezzato di nuovo rimbombò in tutta la casa.
~~~
Caro zio Chris,
io sto bene. Vorrei dirti tutto il resto e non dirti nulla contemporaneamente, perciò opto per un "Qui butta bene" . Spero vivamente che anche a casa sia così. 
Ad Alkalie Lake non si sta male, si mangia solo un po' da schifo, per il resto tutto regolare. Mi annoio, dormo male, non ho un phon e la pizza sembra non esistere in questo postaccio. Quando uscirò, non voglio mai più vedere un hamburger in tutta la mia vita.
Ho scritto anche a Valery, non so se ho fatto una stronzata o meno, questo me lo dovrai dire tu, perchè spero proprio che venga a parlare con te. Hai la mia benedizione per venire in riformatorio e tirarmi un calcio nel sedere qualora lo ritenessi necessario.
Mi piacerebbe che mi scrivessi, sei l'unica persona a cui avrei minimamente il coraggio di rispondere, visto che ogni volta che mi viene in mente anche solo il nome di Val il mio livello di autostima passa da "umano pezzente" a "stronzo con le gambe" . Non ti risponderò in tempi brevi, ma qualche riga la riceverai di sicuro, se non anche una telefonata.
Per quanto riguarda i vecchi, spero che tu ti stia godendo la pace della loro noia. Anche io lo posso fare, per fortuna, visto che stanno a cento chilometri dal magnifico ospizio in cui mi trovo. Dì a Sophie che deve imparare a cucinare e a Lucien che deve usare l'apparecchio per l'udito e che se rompono le scatole devono andare a quel paese, con affetto.
Non fare l'eremita asociale, per l'amor del Cielo : esci, fai una partita a Black Jack con Chef (a proposito, salutalo), mangia pancake fino a scoppiare, ma non chiuderti in quel maledetto ufficio che puzza di colonia. Ti ammalerai. Promettimi che uscirai e che ti godrai la vita, okay?
Forse ultima cosa : grazie per essere orgoglioso di me. È l'unica cosa che conta, com'è da quasi nove anni ad oggi. Sei i genitori che mi sono morti anni fa e più o meno tutto quello che mi resta davvero della mia famiglia oltre a Valery, perciò grazie per essere con me in ogni caso : è tutto quello che importa.. Questa è una prova inconfutabile sul fatto che io e te siamo pazzi allo stesso modo.
Ti voglio bene zio, sei il migliore, sempre.
Tua nipote, Ally
 
Chris si asciugò una lacrima di commozione. Da molto non piangeva, eppure quella furfante della sua bellissima nipotina aveva il potere di far uscire tutto il tenero che c'era in lui.
Tutto ciò che c'era scritto in quella lettera lo sentiva anche lui. Allison era la figlia che non aveva mai avuto, era da sempre il suo appiglio per non sprofondare, il suo motivo di andare avanti da quand'era morta anche Adeline, oltre a suo fratello e sue cognata.
Ci sarebbe voluto tempo, ma avrebbe rispettato le condizioni di sua nipote. In fondo, lei non gli aveva mai chiesto nulla -qualche verdone a parte, soltanto l'affetto dei genitori che le erano stati strappati tanto prematuramente e violentemente da un dannato incidente che il maledetto Creatore e Gestore dell'Andazzo Universale aveva desiderato. Fu infinitamente consolato dall'aver esaudito quell'unico, fondamentale desiderio.
~~~
Oggi è il compleanno di zia Adeline. Chissà se zio Chris sarà andato in cimitero... pensava Allison, puntualmente sveglia nel cuore della notte. Da ore teneva lo sguardo puntato sia sul soffitto che sul suo ectoplasmatico compagno di cella e continuava a rigirarsi in vano sulla sua branda, insieme a Pinky, che le teneva almeno un minimo di compagnia insieme ai suoi cari amici demoni interiori. 
Continuava a ricordare la cara zia Adeline, i suoi lunghi capelli neri e mossi che avevano cominciato appena appena a sbiadire, poco prima che il cancro se la portasse via. Aveva solo quarantun'anni. Se la ricordava sempre con quei suoi bellissimi capelli sciolti, un vestito azzurro o bianco e un mazzo di narcisi in mano, a passeggiare sulla riva del lago a fianco di zio Chris, quando ancora amava sorridere per le stupidaggini. Aveva rimosso tutti i ricordi della clinica, delle ciocche di capelli che le cadevano ogni volta che si pettinava, della flebo che forse la stava uccidendo più della malattia.
Allison aveva smesso da tempo di piangere ricordando sua zia, si ripeteva sempre che ora era in un posto migliore e che stava sicuramente meglio, che era lì con lei insieme a mamma, papà, Valery e zio Chris. Alla fine, nessuno di loro se n'era mai andato e non se ne sarebbe andato mai finchè lei non li avesse dimenticati. Pensando così, ricacciava indietro tutte le lacrime e trovava la forza di sorridere. 
Un movimento dall'altra parte della cella attirò la sua attenzione, scacciando per un secondo demoni e angeli del suo passato costantemente presente. Nella penombra della cella, Allison intravide il luccichio degli occhi aperti del Lupo Cattivo che si voltava verso di lei.
-" Ti ho svegliato io? "
gli chiese, cercando di mormorare il più possibile.
-" No. Non riesci a dormire? "
le domandò inaspettatamente di rimando e lei sorrise al buio, sentendosi come in un universo parallelo.
-" No, non ci riesco. "
-" Nemmeno io. "
La risata cristallina di Allison sembrò portare un po' di luce in quella cella, una luce che purtroppo scomparve in fretta. Quando si voltò di nuovo, il luccichio degli occhi acquosi del ragazzo era scomparso; percepì appena appena il suo respiro tornato regolare e intravide nella penombra le sue spalle che si muovevano al ritmo lento e tranquillo del suo respiro. Gli sorrise nell'oscurità, pensando per la prima volta da quand'era lì che aveva qualcun'altro oltre a Trent e Berry.
Prese tra le braccia il suo Pinky e, prima di chiudere gli occhi, sorrise realmente felice al soffitto e ringraziò chiunque la stesse ascoltando per averle dato quello che aveva, anche amici che alla fine non erano tali. Non ancora del tutto.

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Capitolo 3
*** Part 3 ***


BROKEN PIECES - Part 3
 
Febbraio
Si svegliò un po' di soprassalto a causa della solita sirena che accompagnava la chiusura automatica delle celle, un momento della giornata che per Allison era opprimente e maledettamente soffocante.
Tutta rannicchiata in un angolino della sua branda, si era appisolata con il block notes sulle ginocchia e la matita rosicchiata tra le dita. Stava disegnando il Rockford Lake, il grande specchio d'acqua che sembrava allargarsi direttamente ai piedi di Blanca Peak, dove lei e zio Chris andavano spesso a ritirarsi per qualche weekend sabbatico lontani dal caos della città e da tutti i problemi esistenziali. Amava ricordare quel lago, il profumo dell'umidità e del muschio, degli aghi degli abeti e del pungente sentore selvatico che tanto amava; ricordava gli ululati lontani dei lupi, gli orsi che ogni tanto passeggiavano nel cortile della baita preceduti da qualche cervo o puma e qualche volpe solitaria che vagava senza meta. Non sapeva come, ma quei boschi, quegli odori così forti e inebrianti, quella vista mozzafiato, gli animali che si voltavano a guardarla, tutto di quel luogo sembrava essere parte di lei allo stesso modo in cui lei sentiva di essere parte di quel luogo. Quello era uno dei pochi posti in cui si sentiva sè stessa, in cui si sentiva a casa. Lo stava disegnando da qualche giorno con molta pazienza, riportando alla mente il lago, la baita e le montagne da un particolare punto in mezzo agli alberi, il punto perfetto da cui di solito i lupi spiavano. Ricordava che la casetta di legno si trovava a vari metri dal cristallino specchio d'acqua limpida e gelida, il tutto circondato da una fitta radura di abeti verde scuro che profumavano costantemente di resina e neve o pioggia; le montagne a nord erano enormi, sembravano dei giganti di roccia costantemente ricoperti da un freddo manto bianco e soffice così grandi da far sentire Allison insignificante. Ricordava l'estate, l'aria fresca che scendeva proprio da nord e che rendeva il clima subito più freddo ma incredibilmente piacevole con il suo profumo di neve imminente, che peró non avrebbe coperto la valle fino ai primi di ottobre. 
Quei magnifici ricordi li stava materializzando con brillante successo, ma in fondo disegnare era una delle poche cose che sapeva fare e in cui ci metteva il cuore. E come ogni cosa in cui metteva il cuore, l'aveva imparato da Valery.
Ripose con calma il blocco e la matita sul suo comodino, si tolse la camicia arancione a cui aveva faticosamente fatto abitudine, rimanendo solo in canottiera, e sgusciò rapidamente sotto il suo orribile ma caldo piumino grigio topo; s'infilò le cuffiette nelle orecchie e, dopo aver acceso il suo mitico MP3, rivolse le sue attenzioni al Lupo Cattivo. Stranamente, quella sera si era cacciato sotto le coperte appena dopo la cena. Ultimamente aveva notato che era parecchio stanco, un po' assente e anche battuto; ogni tanto, nel pomeriggio, scompariva per ore fino alla cena, dopo il quale non leggeva, una cosa molto insolita, dal momento che ogni settimana chiedeva in prestito un libro diverso.
Il ragazzo era rivolto verso di lei, gli occhi acqua marina teneramente nascosti sotto le palpebre e uno sguardo truce rivolto ai demoni dei suoi sogni; stava tutto scomposto, con le braccia sotto il cuscino e la coperta che gli scopriva parte del petto e una gamba. Allison osservava attentamente le sue spalle alzarsi e abbassarsi tranquillamente al ritmo del suo respiro calmo e intanto pensava che, anche dopo quasi cinque mesi di convivenza, non conosceva il nome del Grande Lupo Cattivo. 
Cinque mesi? Sono già passati cinque mesi? si chiese, rendendosi conto dei calcoli mentali che aveva inconsciamente fatto, e sì, erano già passati cinque brevi, eterni mesi lontana da casa, rinchiusa ad Alkalie Lake. 
Ripercorse rapidamente tutto quel lasso di tempo, accorgendosi anche dei netti cambiamenti che l'aveva caratterizzato. Ora non era più un cerbiattino in un branco di lupi, ma un giovane lupo che si stava adattando alla vita del branco; a dirla tutta, quella vita non le dispiaceva : se ne stava per conto proprio, senza che nessuno le desse fastidio, con la sola e piacevole compagnia di Trent. Una vita come aveva sempre voluto, o quasi. 
Ora aveva anche cominciato a chiamare i galeotti "compagni" , un grande passo avanti. Osservando bene i detenuti, con cui ormai aveva instaurato un rapporto di piacevole tolleranza e con cui ogni tanto scambiava perfino qualche parola amichevole, aveva capito che non erano altro che persone, esattamente come lei, che stavano pagando per i loro errori e che si erano adattati come la loro psiche gli aveva dettato di fare. Guardando sempre più a fondo, riusciva persino a dedurre la storia di ognuno di loro, trovando il buono sotto a cumuli e cumuli di marcio; stava scoprendo un nuovo lato degli umani, un lato che le piaceva molto, un lato che non si era mai preoccupata di trovare nelle persone di fuori, un lato che nella libertà non esisteva.
Ovviamente, c'era anche quel gruppetto di detenuti il cui lato buono non sembrava esserci, fatto scomparire dalle cattive azioni del tempo e dei demoni che non avrebbero dovuto ascoltare. Uno di questi detenuti era il Pel di Carota, di cui non aveva mai dimenticato le parole, parole di ferro bollente solidificato nella sua mente, impresso per l'eternità a ricordarle costantemente che, nonostante si stesse ambientando, sarebbe stata sempre e comunque in pericolo, in un modo o nell'altro. Cercava sempre di allontanare quei pensieri dalla sua mente : non voleva tornare ad essere quella ragazzina paurosa che era stata solo pochi mesi prima, voleva continuare pacificamente e tranquillamente la sua permanenza ad Alkalie Lake fino a quel lontano giorno che sarebbe arrivato solo un anno e quattro mesi dopo. 
La sua mente ritornò alla sua cella, alla realtà materiale in cui era rinchiusa, a fissare il Lupo Cattivo teneramente addormentato. Si strinse tra le braccia il suo adorato Pinky e cercò di osservare meglio i particolari di quel ragazzo di cui faceva ancora fatica a ricordare il viso, quello che nella sua vita era ancora un fantasma. Era strano, visto che erano compagni di cella.
Guardandolo per la prima volta, di sfuggita, una ragazza avrebbe potuto reagire in due modi. Il primo : trovarlo un ragazzo bellissimo e poi rendersi conto che non era questa gran bellezza; il secondo : non trovarlo una gran bellezza per poi rendersi conto che era un ragazzo bellissimo. Allison non sapeva quale reazione le avesse suscitato, ma lo trovava un tipo piuttosto attraente. Era di una bellezza barbara, quasi volgare, spregiudicata, quella che solo i criminali o i cattivi hanno, una bellezza che aveva sempre attratto pericolosamente Allison. In quegli occhi spesso malinconici o apatici ci aveva notato una scintilla di pazzia domata, una scintilla che adorava, una scintilla che anche lei aveva; incrociando lo sguardo con quel ragazzo non si sentiva sola, sapeva che c'era qualcun'altro come lei, cattivo a scopi buoni domato da un volere superiore e per la propria sopravvivenza. Ecco cos'aveva trovato in quel solitario Lupo Cattivo.
Quando si spensero le luci, decise che era ora anche per lei di spegnere tutto, cervello compreso. Ripose il suo prezioso MP3 sotto il materasso, si accoccolò sotto le coperte con Pinky tra le braccia e, prima di addormentarsi, lanciò uno sguardo e un sorriso bambini a quel ragazzone cattivo che, nella sua branda, sognava una dolce biondina con un unicorno rosa tra le braccia.
~~~
Quella mattina, quando Allison si svegliò, pioveva a dirotto. Nuvoloni plumbei erano accumulati su Alkalie Lake e la campagna circostante, rendendolo un posto ancora più opprimente e triste alla vista. L'acqua sembrava voler spazzare via i pochi accenni di primavera che stavano faticosamente facendo capolino dal terreno ancora giallastro e batteva con violenza contro i vetri e i muri della struttura mentre i fulmini cadevano uno dopo l'altro, facendo da colonna sonora alla mattinata di detenuti e secondini. Il cortile era di nuovo quell'orrendo mare di fango di cui si ricordava bene, nonostante non lo vedesse da cinque mesi, e anche all'interno del penitenziario l'aria era umida e pesante.
Come ogni mattina di pioggia, Allison non aveva la minima voglia di alzarsi dalla sua calda e soffice branda. Per la prima volta dopo molto aveva avuto una lunga notte di sonno, circa quattro ore ininterrotte, finchè quella maledetta campanella era suonata e la porta della cella aveva cominciato ad aprirsi sferragliando fastidiosamente. 
A malavoglia, si stiracchiò e come ogni giorno, dopo aver preso il suo consueto cambio di biancheria, si diresse alle docce attraverso quei soliti corridoi del riformatorio resi più cupi dalla spettrale luce argentea che penetrava dalle finestre opache e sbarrate. S'insinuò tra i piacevolmente bollenti muri di piastrelle color cera, respirando il vapore profumato di muschio bianco con saponi vari e asciugamani sotto braccio, non accorgendosi che in quel labirinto non era sola. Era ancora troppo addormentata per rendersi conto che stava camminando davvero, che non era uno strano sogno molto somigliante alla realtà.
Si rintanò nel suo posticino, un soffione tutto nascosto in fondo al grande stanzone, quello più caldo e isolato di tutti; si spogliò in fretta e si svegliò davvero non appena un getto d'acqua bollente la investì, lavandole via di dosso tutto il sonno e la pigrizia e rinvigorendola piacevolmente. S'insaponò il corpo snello, constatando che un po' di sano lavoro le aveva regalato un minimo in più di muscolatura, levigando le dolci rotondità femminili che non l'avevano mai particolarmente caratterizzata; si lavò anche i lunghi capelli biondi, massaggiandosi la cute e pettinandosi le ciocche dorate con le dita e con aria pensosa. Non sapeva perchè fosse così assente quella mattina; forse era il brutto tempo, o il cambio di stagione, o l'imminente arrivo del ciclo, cosa che per una settimana da cinque mesi era più tormentosa del solito -per motivi indubbiamente lampanti.
A riportarla violentemente e spiacevolemente sulla Terra fu una voce, una voce tristemente conosciuta, accompagnata da qualche passo di troppo. La voce e i passi provenivano dall'entrata della sala delle docce, diventata improvvisamente troppo silenziosa, e tutto rimbombava anche sopra l'acqua bollente che cadeva dal soffione, la quale sembrava aver smesso di fare rumore.
Allison si paralizzò completamente, dalla testa ai piedi; smise di pettinarsi la chioma bagnata con le dita, smise di respirare, smise di far battere il suo cuore, ascoltò soltanto.
-" Biondina?! Allora, biondina, dove sei?! Giochiamo a nascondino?! "
Al suono di quella frase, di quel timbro così odiato ed evitato, Allison dovette portarsi una mano alla bocca per trattenere le grida che le stavano montando in gola e si dovette appoggiare ad una parete con l'altra mano per non abbandonarsi alle sue gambe molli. No, non stava accadendo davvero, si ripeteva tra sè e sè, cercando di convincersi che fosse tutto un brutto sogno.
I suoi occhi di ghiaccio, in cui il terrore regnava sovrano, si puntarono sulla piccola apertura tra le pareti che permetteva di accedere a quell'ultimo, isolato angolino senza via di fuga quando sentì dei passi avvicinarsi, schioccando nelle piccole pozze d'acqua stagnanti sul pavimento piastrellato; erano passi rapidi, stranamente leggeri, allarmati, dannatamente vicini.
Non ebbe il tempo di gridare, perchè il Lupo Cattivo la soverchiò con il suo scultoreo ed imponente corpo, costringendola contro la parete con una mano calcata delicatamente sulle sue labbra; gli occhi di Allison si fissarono nei suoi, un grido soffocato si sprigionò dalla sua gola nonostante la grande mano di lui. Il panico aveva ormai preso possesso del suo corpo e della sua ragione, non lasciando spazio ad altre emozioni, smorzando ogni altro barlume dentro e fuori di lei. Tentò di dimenarsi e liberarsi dal corpo di quel ragazzo che credeva qualcosa di simile ad un amico, ma cosa poteva fare lei, piccola e fragile com'era, contro un mostro come lui? 
Il ragazzo le afferrò entrambi i polsi con la mano libera, bloccandole le braccia sopra la testa, e le puntò i suoi occhi acqua marina dritti nei suoi; non ci vide nulla se non paura pura, allo stesso modo in cui lei non ci vide nulla se non calma calcolatrice. Era così vicino, troppo vicino con il suo statuario corpo nudo, avrebbe voluto allontanarlo, ma non ci riusciva, non poteva farcela. Si arrese, chiuse gli occhi e cominciò a piangere silenziosamente, lasciando soltanto che lacrime amare scendessero sul suo viso pallido, bagnando la pelle di quel ragazzo che in realtà era un animale.
All'entrata di quell'angolino giunsero altre tre ombre, che si sorpresero non di poco nel vedere quello spettacolo : i vestiti della ragazza abbandonati in un angolino, lei soverchiata da una figura riconoscibile fra mille che la corpiva perfino dal getto d'acqua bollente del soffione. Il Pel di Carota e i suoi compari non se l'erano proprio aspettato, pensavano di trovare quella sgualdrinella lì tutta sola, ma non si sarebbero certo scoraggiati di fronte a quel solo problema, il rosso in particolare : lui la voleva e sarebbe stata sua.
Non appena li udì, il Lupo Cattivo si premette ulteriormente contro quella ragazzina e il suo corpo così forte e fragile ad un tempo; lei spalancò maggiormente i suoi occhi, versando ancora più lacrime che continuavano a scorrere sulla sua mano, ferendolo più di mille pugnali, e iniziò a tremare ancora di più.
-" Hey, Marcio, non pensavo che ti dessi anche a questo. "
Il Marcio si voltò appena verso di loro per fulminarli e la ragazza gemette in modo così innocente, così struggente, così inebriante per quella manica di reietti. Laughton lo guardava con quell'aria soddisfatta del cazzo, da bravo sadico qual era, e cercava di spiare ciò che lui con il suo mastodontico corpo copriva.
-" Levati dai piedi. "
ordinò il Lupo Cattivo, meglio conosciuto come il Marcio, con la sua solita voce profonda e leggermente stizzita. Pregò di non doversi staccare dal corpo della ragazzina per fargli del male, anche se forse sarebbe stato un bene : non si sarebbero più avvicinati a lei, ma a quale prezzo?
-" Cosa?! Eddai Marcio, non vorrai già dettare legge su quella bella fichetta?! "
-" Levati dai piedi, per l'ultima volta. Questa è roba mia. "
Il Pel di Carota e la sua banda valutarono attentamente le parole del Marcio, parole funeste e quasi ruggite che preannunciavano danni ingenti ed inutili. Maledirono il giorno in cui quel bastardo aveva preso il comando di Alkalie Lake.
-" Hey biondina, con me non hai chiuso. "
minacciò dopo vari, devanstanti secondi il rosso, prima di andarsene insieme ai suoi tirapiedi, ma Allison ormai non stava più ascoltando. Teneva gli occhi fissi sul viso teso del ragazzo che era premuto contro il suo corpo e che stava ascoltando i passi che si allontanavano sempre di più fino a scomparire. Quando il silenzio calò completamente nello stanzone, lui si allontanò pian piano, liberandola il più dolcemente possibile e cercando di non guardare troppo, malgrado fosse inutile. La ragazza si lasciò sfuggire un gemito isterico prima di scivolare in un angolo, rintanandovisi a piangere convulsamente e a cercare di coprirsi come meglio poteva. Si premeva contro la parete come se stesse cercando una via di fuga che sarebbe apparsa per magia, mentre piangeva così forte e disperatamente.
Il Marcio prese l'asciugamano abbandonato lì vicino e le si avvicinò lentamente, come se fosse stata una belva spaventata, cosa che era in realtà, ma lei scattò cercando di evitarlo, premendosi sempre di più contro le piastrelle del muro. I loro sguardi si incrociarono un'ultima volta, spezzando ogni corazza che alloggiava nel petto di quel ragazzo; sapeva che non l'avrebbe mai pregato, era troppo orgogliosa, ma quegli occhi dicevano più di mille parole, per non parlare delle lacrime che stavano scivolando sul suo viso diventato candido come un lenzuolo. La coprì come meglio potè con l'asciugamano, ma non tentò altri gesti o parole di cortesia : si sarebbe spaventata ancora di più.
 Se ne andò senza una parola, facendo il fantasma che era sempre stato, lasciandola lì a piangere e ingoiare tutto quello che le era accaduto in soli cinque minuti della sua breve, lunga vita.
 
Berry, non vedendo la detenuta McLean nella sala mensa, era partito alla sua ricerca. Era fin troppo insolito che fosse così in ritardo per la colazione; di solito, nonostante si dovesse asciugare i capelli, era sempre in tempo per consumare la sua razione, mentre quella mattina mancavano cinque minuti al suono della campanella e ancora nessuno l'aveva vista alla mensa. 
Si diresse verso le docce a passo spedito e se la trovò improvvisamente davanti proprio all'entrata di esse; il problema fu la sua reazione. Allison gridò come un'invasata, tirandosi immediatamente indietro e sbattendo dolorosamente contro una parete piastrellata per poi lasciarsi scivolare sul pavimento bagnato.
Berry, a quel punto, si sentì confuso e decisamente preoccupato. Era pallida come un lenzuolo, con gli occhi gonfi ed iniettati di sangue e tremava come una foglia secca in mezzo ad un nubifragio; non l'aveva mai vista così spaventata, così terrorizzata. S'inginocchiò allarmato accanto a lei con il cuore che batteva a mille e il fiato improvvisamente corto. Che diavolo le era successo? 
-" Allison? Allison? Cristo, che cosa succede? "
Lei non proferì parola, si limitò a scuotere la testa; i suoi occhi fissi e spalancati nel vuoto cominciavano di nuovo a minacciare lacrime, come quella mattina il cielo minacciava continuamente un'alluvione.
Quando provò a sfiorarle la spalla, si ritrasse malamente, spaventata, come una gatta selvatica che non aveva mai conosciuto gli umani e a cui si era avvicinato un cacciatore.
-" Hey piccola, è tutto okay, sono io... Stai male? Vuoi andare in infermeria? "
Di nuovo Allison si limitò ad un cenno affermativo con la testa, evitando qualsiasi tentativo di parola.
Pian piano, Berry avvicinò le sue mani a quelle di lei, aiutandola ad alzarsi e sorreggendola delicatamente con un braccio attorno alla vita; nonostante fosse cosciente e stesse camminando, sembrava quasi catatonica, sotto shock. Camminava trascinando i piedi e quasi non batteva le palpebre; per un terribile momento, Berry ebbe il terrore che qualcuno avrebbe potuto chiamare l'ospedale psichiatrico più vicino.
L'infermeria era una stanzetta isolata non molto lontana dalla lavanderia, una stanza tutta bianca, con attrezzature e scatolette bianche ovunque, un posto che ad Allison non piaceva per niente; tutto quel bianco era accecante, la confondeva, la spaventava, le ricordava il manicomio. Lì sembrava non esserci nessuno, cosa ancora peggiore. Cosa le avrebbero fatto? Quella era davvero un'infermeria? Quella era davvero la realtà? 
Berry la fece stendere piano piano su un lettino, su cui lei si accoccolò immediatamente, facendosi il più piccola possibile; il secondino si abbassò per guardarla negli occhi, in cui non  vi riconobbe altro che sorda paura, una forma di paura devastante e quasi demoniaca, la paura che impedisce agli uomini di vivere. Allungò lentamente una mano e le carezzò dolcemente i capelli ancora umidi per infonderle un po' di sicurezza; notó che sui suoi polsi fini e delicati cominciavano a formarsi due lividi, seppur lievi, e una rabbia feroce montò nel suo petto. Si contenne a fatica, respirando profondamente e continuando ad accarezzarla. La guardò dritta negli occhi color ghiaccio come un fratello guarda la sua sorellina, già suggerendole molte cose che a parole non si potevano esprimere appieno.
-" Allison, cos'è successo? "
La ragazza scosse la testa, un'altra volta.
-" Capisco. È difficile parlare, lo so. Se non vuoi farlo con me, non fa nulla, ma ne dovrai parlare con qualcuno, è chiaro? "
Passarono lunghi secondi prima che Allison, dopo che una lacrima le era sfuggita da quegli specchi di ghiaccio, rispondesse con voce flebile e spezzata.
-" Sono stanca di vivere da vittima... "
In quel momento Berry rivide la ragazza di ferro che aveva indirettamente conosciuto, l'orgogliosa signorina che era sopravvissuta per cinque lunghi mesi alla tremenda compagnia di Alkalie Lake. Le strinse fiduciosamente la mano, infondendole un po' di coraggio e non facendola sentire completamente sola e spersa. 
-" Cerca di riposarti, okay? "
le sussurrò, e lei chiuse gli occhi, cadendo immediatamente nel sonno dei tormentati.
Berry, intanto, si diresse al telefono cacciato in un angolo del bancone dei medicinali che stava di fronte alle brandine, alzó la cornetta e digitò in fretta il numero di chiamata rapida per l'ufficio del Grande Capo.
 
Aprì gli occhi tranquillamente, ritrovandosi ancora stesa su un lettino in quell'orribile stanzetta completamente bianca; l'odore pungente di disinfettante e lattice le ferì le narici, facendole fare una smorfia di disgusto : aveva sempre odiato l'odore dell'ospedale.
Si sentiva la mente completamente svuotata. Trovava incredibile come la psiche umana potesse far "dimenticare" i traumi con una semplice dormita, o forse era solo la sua di psiche a farlo, era una particolarità soltanto della dolce Allison, la biondina in un riformatorio maschile, il più duro del Colorado. In realtà, non aveva dimenticato proprio un bel niente, anzi; aveva solo ingoiato il boccone dello shock iniziale, perchè quel ricordo era lì in quel momento, davanti ai suoi cristallini occhi ancora leggermente irritati, e non l'avrebbe abbandonata mai più. Un altro demone con cui fare i conti la notte, un altro tizzone ardente nel bracere dei ricordi dolorosi di una vita difficile.
Ingoiò le lacrime, ma quando si rigirò sull'altro fianco saltò seduta per la sorpresa. In un completo blu notte e in tutta la sua orgogliosa, pomposa e fiera autorità, il Grande Capo Harrison stava seduto su una sedia di legno verniciata di verde acqua; era mezzo stravaccato, con una gamba accavallata all'altra e un braccio appoggiato allo schienale della sedia sconquassata, eppure la sua aura continuava ad emettere quell'opprimente senso di potere che sembrava precederlo, nonostante sembrasse più giovane in quella posizione. La guardava con il suo apatico sguardo calcolatore e quasi arcigno, senza alcuna particolare espressione su quel viso duramente segnato da un molto probabile addestramento militare e l'orrore della guerra. 
Allison non aveva idea del perchè fosse lì, del perchè avesse lasciato il suo aureo ufficio per lei, ma lo capì non appena vide i suoi occhi fissarsi sui suoi polsi lividi. Ricordò immediatamente la stretta troppo forte del ragazzo, rabbrividendo automaticamente e scacciando malamente quell'immagine terribile dalla sua mente e dal suo corpo. 
-" Come stai? "
Il tono dell'uomo era stranamente calmo, docile, il tono di una persona comune e non di un capitano di marina. Allison però non sapeva come rispondere. Bene? E allora perchè se ne stava tranquillamente a pisolare in infermeria? Male? E qual era il suo malessere?
-" Cos'è successo, McLean? "
la interpellò nuovamente Harrison, con una raggelante e seria calma che la fece rabbrividire. Però, nonostante il timore che le incuteva quell'uomo, era ostinata a non parlare. Orgoglio, determinazione, forza di volontà e un abbondante, funesto, odioso pizzico di testardaggine caratterizzavano da sempre quella ragazza feroce ed indifesa ad un tempo : non sarebbe cambiata ora come non sarebbe cambiata mai.
-" Nulla, signore. "
-" Balle. Sai, McLean, io sono arrivato cinque minuti dopo che Berry ti ha portata qui. Già stavi dormendo, non lo puoi sapere, per questo te lo dico, ma non è il mio arrivo l'importante. Lo è stato quello di un detenuto, il quale è piombato qui dentro correndo esattamente dieci minuti dopo di me. "
Allison deglutì, ricominciando a tremare e sbiancando nuovamente. Un detenuto? Che detenuto? Che n'erano duecentocinquanta lì dentro, quale di quelli era corso da lei? Non era sicura di voler sapere la risposta, anzi, non la voleva davvero sapere.
Passarono lunghi secondi di studio reciproco prima che l'uomo continuasse, serio e diretto più che mai.
-" Ascoltami McLean, se mi dici che diavolo è successo io ti posso aiutare. Farò passare un gran brutto quarto d'ora a chi ha tentato di farti del male e vedrai che non accadrà ancora. "
Il timore negli occhi di Allison si trasformò in un fulmine di ira pura, ira animale ed istintiva, incontrollabile ed implacabile. Aiuto? Da un adulto? Dal direttore del posto in cui sarebbe stata rinchiusa per un altro anno e vari mesi?!
-" Non voglio l'aiuto di nessuno. Me la so cavare. "
rispose semplicemente, nonostante avesse voluto urlare a quel cialtrone i peggiori insulti mai sentiti. Quell'uomo era una delle poche persone al mondo che con poche parole tirava fuori il peggio di lei, questo perchè la vedeva soltanto come una ragazza, una debole creatura di nostro Signore che avrebbe dovuto essere protetta da uno o più uomini. Ma quando mai?!
Harrison sorrise malvagiamente, soddisfatto da quella risposta; si aspettava qualcosa del genere, ma, nonostante la soddisfazione, era anche parecchio preoccupato. Fuori, nella vita di tutti i giorni, non stando rinchiusa in una prigione minorile certamente ce l'avrebbe indubbiamente fatta da sola, ma lì dentro era Alkalie Lake : piccoli criminali di ogni tipo ma dalle menti contorte, sveglie, e dal corpo ancora più rapido.
-" E va bene, niente aiuto, se è questo che vuoi. Ti ricordi le mie parole, quando ci siamo incontrati per la prima volta? "
Certo che le ricordava, come avrebbe potuto dimenticarle?
-" La forza fa paura; la paura fa impazzire, soprattutto i soggetti deboli. Non sopportano di vedersi sbattere in faccia la loro debolezza. La tua forza spaventa alcuni di loro, McLean. In casi normali direi 'Bene figliolo, tu ora ti devi adattare a questa vita : ignorali, dopo un po' si stancheranno' , ma l'ultima cosa che farai tu sarà quella di fingerti chi non sei, eh? "
Allison si limitò a sollevare un sopracciglio, non mutando minimamente la sua espressione di malinconico e sordo dolore psicologico.
-" Esattamente. Perciò ti dico questo : devi umiliarli tutti, mettigliela nel culo finchè non si ritroveranno a piangere nelle loro brande chiamando la mamma. Sei il primo detenuto per cui ho  stima e voglio che quei bastardi imparino che non sono onnipotenti, in pratica sei quella perfetta. Distruggili tutti ragazza, fammi vedere di che pasta sei fatta. "
Harrison ebbe il mistico potere di strapparle un sorriso malgrado fosse ancora molto, molto sgomenta per il fatto accaduto non più di due ore prima. 
-" Bene, così ti voglio. Ora scusami, ho un riformatorio da mandare avanti... "
Si salutarono con un sorriso molto più complice di quanto si potesse immaginare e al posto di Harrison apparve Berry, più sollevato che mai nel vederla leggermente rivitalizzata. Aveva ripreso un poco del suo colore e sembrava finalmente ritornata in lei. 
-" Vuoi una mano? "
-" No, grazie Berry. Posso camminare da sola... "
rispose cortesemente Allison, che si alzò senza troppi problemi e prese a camminare verso il suo posto di lavoro alla biblioteca. 
~~~
Per la prima volta dopo tre giorni Allison tornò a farsi vedere alla mensa. Aveva chiesto solo una cosa al Grande Capo : di stare per un po' in una cella per conto proprio, al terzo piano, e di poter consumare lì i suoi pasti; molto comprensivamente, Harrison le aveva concesso questo piccolo favore, incredibilmente e contro ogni previsione di Allison e dei secondini.
Non si era fatta vedere da nessun'altra parte se non al lavoro, in biblioteca, dove stava ben attenta a rivolgere la parola solo per necessità e solo a pochi dei ragazzi. 
Strane voci avevano cominciato a girare nel riformatorio, soprattutto grazie al contributo del Pel di Carota, e molti si spiegavano grazie a queste l'assenza della ragazza. Al contrario di quello che si potesse pensare, molti dei detenuti che avevano assistito al racconto più volte esagerato e distorto del rosso l'avevano pesantemente insultato ed indubbiamente biasimato. Tanti di quei ragazzi, infatti, avevano cominciato ad apprezzare particolarmente la presenza della detenuta McLean, sempre gentile nonostante il suo aspetto fosse un po' truce.
Quando la rividero entrare nella mensa in parecchi le sorrisero con gentilezza, ma lei non li vide o li ignorò : tenne lo sguardo fisso sul linoleum bianco del pavimento, mentre camminava per dirigersi verso il suo solito tavolino, come se non volesse farsi vedere da nessuno. Fu accolta con molta gioia da Trent, il quale fu più sollevato che mai di rivederla dopo tanto. La abbracciò con un calore pari a quello di un fratello, facendola sentire di nuovo umana, di nuovo viva e non un fantasma che vagava solitario per i corridoi di Alkalie Lake alla ricerca di qualcosa che non sarebbe arrivato o tornato mai; Allison ricambiò istintivamente l'abbraccio, sentendosi protetta in quella bolla di calore che le stava infondendo il ragazzo. Chiuse gli occhi, rivedendo per un attimo il sorriso angelico di Valery e i suoi profondi, bellissimi e luccicanti occhi viola che la osservavano e le dicevano Andrà tutto bene; risollevò le palpebre quasi spaventata da quel ricordo, si separò silenziosamente da Trent e si accomodò al suo posto, dove la stava già aspettando un vassoio stracolmo di prelibatezze, molte più rispetto alla sua razione abituale.
-" Ho portato tutti i giorni il vassoio... Questa mattina abbiamo fatto un po' di colletta per risollevarti il morale. "
le disse Trent sorridente e lei gli rispose con malinconia, un sorriso spento e quasi finto, con quell'espressione apatica e gli occhi vitrei di qualcuno che sembra aver bruciato il proprio spirito nelle fiamme della disperazione. Nonostante quell'impressione, Allison era commossa dal gesto gentile di quei ragazzi di cui fino a poco tempo prima aveva un certo timore.
-" Allison, qui girano delle strane voci rigurardo a qualcosa che ti è successo tre giorni fa... È vero? "
Gli occhi verdi e amichevoli di Trent per la prima volta si erano trasformati in smeraldi ghiacciati, occhi che sembravano voler emettere fulmini da un momento all'altro. Il dolce e amichevole sguardo di quel ragazzo sembrava non essere esistito mai in quelle iridi verdi che quasi la stavano spaventando.
A quelle parole, Allison spalancò i suoi bellissimi occhi azzurro ghiaccio, sbiancando per l'ennesima volta; la sua mano destra cominciò a tremare vistosamente, un tic che da tre giorni la tormentava al ricordo di ciò che le era successo nelle docce, in cui ora andava accompagnata da Berry, che sorvegliava l'entrata con il manganello in mano.
Era difficile, maledettamente difficile; il suo infinito orgoglio le faceva pensare che se avesse raccontato a qualcuno com'erano andate le cose, che diavolo era successo davvero, sarebbe passata come una vittima, una cosa totalmente impensabile per Allison McLean. Però era Trent a chiederglielo, il suo migliore amico, quello che in pochissimo tempo aveva conquistato la sua fiducia e il titolo di fratello nel suo cuore. 
-" C-cosa si dice? "
domandò, con lo sguardo fisso nel suo piatto e cominciando a mangiare un piccolo boccone alla volta, come gli uccellini timidi.
-" Il tipo con i capelli rossi e gli occhi verdi, Scott Laughton... dice che ti ha... "
Uno spasmo le attraversò il corpo, facendole scivolare il cucchiaio di mano; la posata cadde rumorosamente nel piatto, rimbalzando poi a terra e attirando l'attenzione della maggior parte della mensa su di lei. Davvero il Pel di Carota, Scott Laughton, andava dicendo questo?! Evidentemente non voleva perdere la faccia davanti agli altri raccontando com'erano andate realmente le cose, cioè che lui era stato quasi menato dal Lupo Cattivo.
-" È vero Allison? "
Quello sguardo così duro, così di ghiaccio che stava penetrando in Allison più facilmente di un pugnale la stava spaventando. Sapeva bene cosa significava quell'espressione, visto che lei se l'era vista addosso per tutta la vita : vendetta.
-" N-no, non è andata così. Ci ha solo provato. "
disse piano, riprendendosi il cucchiaio e ripulendolo con il tovagliolo di carta; le tremavano vistosamente le mani ed era pallida come un lenzuolo, così tanto che le occhiaie che le bordavano gli occhi erano più visibili che mai. In quel momento sembrava davvero un fantasma, l'ombra della tigre che il suo migliore amico era abituato a riconoscere in lei. 
Trent allungò una mano, prendendo quella di Allison tra le sue; si era indubbiamente tranquillizzato, tranquillizzando un poco anche la ragazza. Lei gli strinse forte la mano per fermare i tremori, respirò profondamente e, per la prima volta da quando aveva rimesso piede alla mensa, alzò lo sguardo, incrociando quello dell'amico.
-" È... È stato lui a proteggermi... "
mormorò, lanciando un'occhiata per indicare il Lupo Cattivo, il quale se ne stava al suo solito tavolo a finire la sua colazione, a primo impatto più magra del solito; aveva lo sguardo perso nell'infinito, uno sguardo serio e malinconico, uno sguardo diverso da quello distratto che aveva solitamente, più torvo, più inquietante e tormentato.
Anche Trent lo guardò e arricciò il naso, stringendole un po' più forte la mano.
-" Quello con i capelli neri? "
Allison annuì mesta, riportando gli occhi sulla sua colazione che improvvisamente non aveva più voglia di mangiare. 
-" Allora tranquilla, andrà tutto bene. "
Quell'affermazione la lasciò senza parole, completamente basita. Voleva tanto sapere che cosa voleva dirle con quella strana frase, ma Trent la liquidò con un dolce sorriso e la invitò a continuare la sua colazione.
~~~
 
Marzo
I corridoi di Alkalie Lake, quelli delle celle al secondo piano, ormai le erano estranei. Le sembrava di dover tornare lì per la prima volta da tempo, tanto, tanto tempo e quasi non riconosceva più le pareti scure e le porte di sbarre che per cinque mesi l'avevano accompagnata avanti e indietro dalla sua cella. 
Berry era puntualmente al suo fianco, la mano automacitamente sul manganello e lo sguardo di pietra che da sette giorni non si toglieva mai dal viso. Era confortante averlo come amico e non come guardia del corpo, ma quel senso di essere vista come una vittima la tormentava in continuazione, facendole disprezzare sè stessa e gli altri.
La sua cella era rimasta sempre la stessa, nulla sembrava cambiato, osservandola da fuori. Prima di entrarvi respirò profondamente, poi finse un'entrata in grande stile, come se stesse sfilando ad un ballo reale. La sua branda era perfettamente ordinata, il piumino ben stirato sopra il materasso e Pinky disteso sul cuscino ad aspettarla con la bandana di Trent legata al collo; il suo block notes era riposto nel cassetto insieme all'MP3, ma la cosa che attirò la sua attenzione fu un bigliettino poggiato accuratamente sopra il comodino, fermato dall'orlo della lampada da ufficio. L'avrebbe letto più tardi, si disse, e continuò ad osservare la cella anche nei suoi angoli più nascosti.
Dalla parte del Lupo Cattivo sembrava tutto uguale al solito. Il letto disfatto, la biancheria cacciata in un angolo della branda, un libro ordinatamente posato sul comodino, niente di più. L'angolo della squallida toletta era sempre lo stesso, forse sembrava più pulito, ma per il resto tutto era uguale a come l'aveva lasciato, eccezion fatta per la sua branda ordinata. 
-" Sei sicura di voler tornare a stare qui? Sai che il Grande Capo è disposto a concederti la cella che hai occupato nei giorni passati... "
le chiese Berry e lei gli rispose con un malinconico ma sincero sorriso. Aveva passato lì fin troppo tempo, pensando e ripensando a quel funesto e orribile giorno, uno dei peggiori della sua vita, a chiedersi mille cose sulle parole e i gesti ma senza trovare risposte. Ora era pronta a tornare alla sua vita di tutti i giorni.
-" Sì, sono sicura. Senti Berry, non è stata colpa tua, okay? "
Il secondino agitò nervosamente le spalle, tentando in vano di restare impassibile; non le rispose, si limitò a puntare lo sguardo sul soffitto e annuire. Si sentiva maledettamente in colpa, invece : se fosse stato lì con lei, non le sarebbe successo niente. Ma lui non era rimasto lì e lei era quasi stata stuprata. Non se lo sarebbe mai perdonato, mai. 
-" A-allora sei sicura? Non vuoi che resti qui con te? "
-" No, ti ringrazio. È tutto a posto, davvero. Puoi andare. Grazie. "
gli rispose Allison, sorridendo gentilmente, e Berry si sentì minimamente sollevato. Se ne andò silenziosamente, lasciandola sola nella sua cella in quel nuvoloso pomeriggio degli inizi di marzo. 
Si arrampicò sulla scaletta e si accomodò a gambe incrociate nell'angolino della branda. Passò qualche secondo a pensare, riordinarsi le idee, realizzare che ora sarebbe stata di nuovo in compagnia del ragazzo che l'aveva vista, che l'aveva sentita totalmente nuda e che lei aveva visto e sentito totalmente nudo. Rabbrividì inevitabilmente a quel pensiero, ma si fece forza e pensò che in fondo non era successo nulla, lui non le aveva fatto nulla di male, anzi, l'aveva protetta. Nonostante pensasse a ciò, però, l'idea di guardarlo di nuovo negli occhi le faceva venire la nausea, più per la vergogna che altro. 
Ricordò le parole di Harrison, al suo accenno alla visita di un detenuto che probabilmente gli aveva detto che cos'era successo. Aveva immaginato chi fosse, avendo in realtà la certezza che fosse stato lui, ma non voleva ammetterlo a sè stessa. Non voleva ammettere ce fosse andato in infermeria per lei.
Si risvegliò dai suoi pensieri e ragionamenti e fece per prendere il suo block notes e continuare il suo disegno, ma si ricordò di quel biglietto sul comodino, un semplice foglietto di carta a quadretti piegato in due che odorava di legno vecchio e polvere. Con tutta probabilità, veniva dalla biblioteca. Lo prese tra le dita fine e pallide e lo studiò per qualche secondo prima di aprirlo. Il brevissimo e chiaro messaggio era stato scritto con una comune penna a sfera nera, quelle dall'inchiostro dolce che ad Allison ricordavano la scuola; il carattere minuscolo in cui era scritto non era affatto di pessima calligrafia, anzi, solo che ricordava un po' quella dei bambini : grande e scombussolata, scritta di sbieco rispetto alla linea dei quadretti.
Scusa. C'era scritto semplicemente questo, senza firme nè ulteriori parole inutili. Semplicemente Scusa. Ripiegò il biglietto, sentendosi venire le lacrime agli occhi, ma sorrise teneramente, sapendo già chi le aveva lasciato quel premuroso pensiero. Nascose il foglietto nel suo block notes, su cui continuò pazientemente il ritratto del paesaggio di Rockford Lake.
Era bello tornare alla vita a cui si era faticosamente adattata.
~~~
La monotonia era ritornata nelle giornate di Allison, che però era ancora meno espansiva di prima. Tutto procedeva sempre normalmente, senza intoppi o eventi eclatanti; al contrario delle sue minacce, il Pel di Carota Scott Laughton non era più riapparso attorno a lei, si stavano evitando morbisamente entrambi.
Il suo lavoro era cambiato di nuovo e ora lavorava nella palestra facendo le pulizie. La prima volta che ci era entrata era rimasta senza parole : era uno stanzone enorme, così alto che quasi non si vedeva il soffitto; la parete a destra dell'entrata, sopra un muro alto due metri e mezzo, era tappezzata da enormi finestre -ovviamente sbarrate- che facevano entrare un mare di luce, illuminando l'intera stanza. In quella palestra c'era così tanta luce che sembrava di essere in un altro posto rispetto alle altre aree di Alkalie Lake. In mezzo alla stanza vi era un piccolo ring con tanto di tavolo per il timekeeper che la incuriosiva paricolarmente, anche se ogni giorno doveva passarci tre mani di candeggina per togliere varie macchie di sangue che, francamente, trovava molto inquietanti; ora si spiegava molte cose sui ragazzi che spesso arrivavano alla mensa con la faccia gonfia e livida o una mano fasciata. Le piaceva passare lì le sue mattinate, tra l'odore di ragazzi e detersivo, e le piaceva immaginare come si allenassero i suoi compagni. Qualcuno al sollevamento pesi, qualcun altro ai piegamenti e qualcun altro alla lotta.
Oltre agli orari di lavoro, però, non vi metteva mai piede, malgrado la curiosità. Sarebbe stato strano vedere una ragazzina girovagare tranquillamente tra attrezzi ginnici usati da ragazzi detenuti molto spesso senza maglietta e al solo pensiero l'inaspettatamente pudica Allison arrossiva. Si sarebbe sentita incredibilmente a disagio e soprattutto osservata. 
In quel soleggiato pomeriggio di marzo, però, la curiosità vinse sul pudore. 
Allison e Trent stavano vagando tranquillamente per i corridoi di Alkalie Lake alla ricerca di qualcosa da fare quando passarono davanti alla palestra, da cui arrivava un baccano infernale. Grida d'incitamento, fischi, rumori sordi, qualcosa di mai sentito prima. La ragazza si fermò d'istinto davanti alle porte spalancate dello stanzone, spiando con occhio di falco ciò che stava succedendo. Un grande capannello di ragazzi sembrava essersi radunato attorno al ring e sembrava che tutti stessero facendo il tifo per qualcuno o qualcosa; in effetti sul ring c'era qualcuno che stava lottando, ma da così lontano Allison non capì di chi si trattava. 
Trent la stava fissando piuttosto perplesso, chiedendosi perchè diavolo stesse guardando con tanto interesse due imbecilli che si prendevano a cazzotti per un semplice trofeo che nel riformatorio nemmeno esisteva. Il suo sguardo corrucciato e studioso lo facevano ridere : era incredibile come s'interessasse a certe cose come se le vedesse per la prima volta, come se non avesse mai abitato sulla Terra e stesse cercando di capire come funzionava quel complesso macchinario che era l'uomo. 
La ragazza partì a passo spedito all'interno dell'enorme stanzone dal pavimento di linoleum azzurro che era la palestra senza badare più al povero Trent, che fu costretto a correrle dietro per raggiungerla; si fermò pochi passi indietro rispetto alla piccola folla di ragazzi che assisteva allo spettacolo e puntò i suoi occhi curiosi sul ring circondato da corde elastiche azzurre e bianche. Uno dei due lottatori era bello grosso, sarebbe stato meglio in un incontro di sumo che di lotta libera; era pelato e dimostrava venticinque anni, nonostante ne avesse solo diciotto. L'avversario, invece, lo conosceva bene : quel corpo e quei tatuaggi non li avrebbe dimenticati mai e poi mai. 
Si stavano rifilando entrambi una bella carica di botte tra calci e pugni e più che sembrare lotta libera pareva una rissa malcelata, ma Allison cercava di apprezzarla in ogni caso, studiando ogni movimento del Lupo Cattivo, ogni sguardo, ogni respiro. 
Trent sorrise beffardo e complice all'amica, la quale sembrava totalmente persa nell'incontro, come se attorno a lei il mondo avesse smesso di girare e il tempo avesse smesso di scorrere.
-" Ora capisco perchè sei venuta qui... "
le sussurrò, e Allison si voltò corrucciata e imbarazzata, con le gote rosse come pomodori maturi. Gli rifilò una gomitata orgogliosa, facendolo ridere a crepapelle. Adorava farla stizzire.
-" Come si chiama? "
chiese improvvisamente la ragazza, tornata di nuovo concentrata sull'incontro che stava volgendo al termine; ormai il lottatore di sumo era a terra e sembrava troppo sfiancato per potersi rialzare, mentre il Lupo Cattivo era ancora in piedi, seppur appoggiato alle corde e sfinito, con un rivolo di sangue che gli usciva dal labbro e da un graffio sulla fronte, poco sopra il sopracciglio sinistro. Aveva il fiatone, molto comprensibilmente, e le bende bianche che gli fasciavano le mani si erano chiazzate di rosso. Indossava degli insoliti bermuda di jeans, probabilmente l'unico indumento ginnico di cui poteva disporre, che però gli donavano parecchio e lottava con i piedi nudi, fasciati anch'essi da bende bianche.
Trent, da fratello geloso e possessivo qual era, guardò con sgomento sia il Marcio che Allison. Questo interesse e la storia che ci stava covando sotto lo irritavano parecchio. 
-" Chi, il ciccione? "
Allison gli lanciò uno sguardo di fuoco e si strinse le braccia attorno al torso, un'abitudine che in quegli ultimi tempi aveva sviluppato morbosamente.
-" No, cretino. Il mio compagno di cella. "
Trent ridacchiò divertito dalla situazione : trovava assurdo che dopo sei lunghi mesi ancora non conoscesse il suo coinquilino, ma in fondo a lui andava bene così. Non gli era mai andato a genio quel tipo e il fatto che ronzasse attorno a quella che era la sua migliore amica lo faceva arrabbiare parecchio. In quel momento, la campana di fine incontro suonó e il capannello di detenuti tifosi esplose in grida e fischi.
-" Ahn, il fighetto? Si chiama Duncan Nelson, ma qui tutti lo chiamano 'il Marcio' . "
Duncan. Un nome interessante, pensò Allison, mordendosi il labbro nel guardarlo farsi sollevare il braccio da un presunto arbitro per confermare la vittoria. Ma perchè proprio il Marcio?
Il Lupo Cattivo scorse rapidamente lo sguardo sulla palestra, ma quando incontrò quello della ragazza sembrò raggelare. Si bloccò in mezzo al ring mentre la piccola folla si sperdeva, perdendosi in quegli occhi azzurro ghiaccio che lo stavano guardando con un'innocenza bambina; Allison avvampò immediatamente e puntò il suo sguardo altrove, strofinandosi nervosamente il braccio lasciato scoperto dalla manica della camicia arrotolata al gomito e continuando a mordicchiarsi nervosamente il labbro, un gesto raro e molto significativo per lei. 
-" E così qui si fanno incontri di lotta... "
disse a Trent, che intanto squadrava minacciosamente il Marcio, che a sua volta non toglieva gli occhi dalla ragazza.
-" Esatto tigre. Cos'è, vuoi entrare anche tu nel giro? "
Allison ghignò in modo complice strofinandosi il mento con l'indice fino, mettendo un po' d'inquietudine nel suo migliore amico che ora si sentiva un cretino per averle messo in testa quell'idea assurda.
-" È un'ottima idea... "
-" Ma per favore Allison! Eddai, ci sono troppi colossi per te qui dentro! "
La ragazza incrociò le braccia al petto, pessimo segno, e continuò a ghignare malvagiamente, segno ancora più pessimo.
-" Devo ricordati perchè sono qui? "
Trent, ormai esasperato dalla testardaggine di quella ragazza, si schiaffò la fronte. Era proprio una testa di legno quando s'impuntava, anche se l'adorava così.
Allison si voltó verso il ring, sul quale il Lupo Cattivo salutava amichevolmente il suo stremato avversario; si passarono un asciugamano a vicenda e mentre il lottatore di sumo se ne andava in infermeria a farsi riparare il naso, il Marcio rimase appoggiato alle corde qualche secondo, sputando sangue sul ring che lei avrebbe dovuto pulire il mattino dopo, ma che avrebbe voluto ripulire subito dopo quella scena abbastanza disgustosa.
-" Che diavolo hai in mente? "
la interrogò contrariato Trent, comprendendo il desiderio di fare una stupidaggine celato nello sguardo calcolatore della sua migliore amica, che lanciò un ultimo sguardo al ragazzo prima di rispondergli. 
-" Un piano geniale. "
-" Che Dio ci salvi tutti... "
mormorò Trent, mentre uscivano fianco a fianco dalla palestra alla ricerca di qualcosa per distrarre quella matta di Allison.
 
Per tutto il resto del giorno era rimasta concentrata sul suo "piano geniale" , esasperando Trent con i suoi sorrisetti malefici e le visioni gloriose di lei che atterrava giganti supermuscolosi di due metri. Questo, però, aveva i suoi lati positivi : Allison sembrava aver ritrovato sè stessa, un nuovo motivo per ristabilirsi. Pensando a questo, Trent pensava anche che forse quella che gli aveva suggerito nel pomeriggio non era un'idea troppo assurda se la sua migliore amica poteva tornare ad essere allegra come aveva imparato ad essere poco tempo addietro. 
Durante la cena erano tornati a ridere e scherzare come prima, senza sguardi malinconici e spasmi di paura, senza nessuna preoccupazione al mondo. Anche gli altri compagni detenuti avevano notato questo ritorno e tutti si erano rallegrati nuovamente della ripresa di quella dolce ragazza il cui nome era quasi sconosciuto ma molto ammirato; per non parlare di Berry, il quale aveva a sua volta ritrovato il sorriso, malgrado fosse tornato di ferro con tutti i galeotti. 
Tutto sembrava essere tornato al suo posto con la ripresa della detenuta McLean.
Passata l'ora della cena, come sempre, i detenuti si dispersero per gli ultimi minuti di svago della giornata, anche se per la maggior parte si rifugiarono nelle celle alla ricerca di un po' di riposo. Allison e Trent erano tra quelli; se ne andarono alle loro celle dopo essersi affettuosamente dati la buona notte, come facevano ogni sera da tre mesi a quella parte.
La ragazza saltellò fino alla 42B, il suo rifugio ancora deserto, e si fiondò immediatamente sulla sua branda con il block notes e la matita tra le mani. Dopo aver finito il ritratto di Rockford Lake che aveva appeso alla parete con del nastro adesivo aveva cominciato un disegno di Valery vestita del suo bellissimo abito estivo bianco e viola, quello che avevano comprato insieme ad una svendita a Colorado Springs due estati prima.
Ultimamente, pensare alla sua famiglia lontana non le causava più così tanto dolore. Aveva imparato, non sapeva come, a sopportare la lontananza, il fatto che stessero vivendo senza di lei e che forse, quando sarebbe uscita, non ci sarebbe stato più spazio per lei nella vita di sua sorella. Era un pensiero che le veniva in mente di rado e di sfuggita, un pensiero che però ancora le causava un mare di dolore, particolarmente perchè era un pensiero plausibile. In fondo, che diritto aveva di ripiombare nella vita di Valery dopo quasi due anni di distanza? Nessuno, ovviamente. 
Ricacciò indietro quei tristi pensieri, continuando a disegnare tranquillamente e con la mente vuota, piena solo dell'immagine aggraziata e angelica della dolce Val. Smise solo per un secondo, quando nella cella entrò il Lupo Cattivo vestito della sua solita tuta arancione, con la camicia aperta che scopriva la canottiera stavolta nera. Per un attimo restò spiazzato nel vederla, come se non fosse più abituato alla sua presenza, esattamente come lei non era più abituata alla sua. Come ogni sera, si piazzò sulla sua branda con il suo libro tra le mani, facendo finta che tutto il mondo attorno a lui non esistesse, la biondina sull'altra branda in particolare. Allison notò immediatamente il piccolo cerotto che aveva applicato sul piccolo graffio sulla fronte e le nocche scorticate, dettagli che chissà come lo rendevano più intrigante. 
Il suo sguardo si era subito corrucciato sulle parole del suo libro, una vecchia copia di L.A Confidential; le era mancato tornare a guardarlo leggere, sempre tutto concentrato e silenzioso, immobile nella penombra della cella. Trovò il coraggio e forse un po' di sfacciataggine per sorridere per un secondo a quella vista che per cinque mesi, tra poco quasi sei, le aveva tenuto una piacevole compagnia. Cercava di non pensare ai loro corpi premuti l'uno contro l'altro, alla circostanza, alle parole, cercò di eliminare o almeno di trattenere quell'ostinato ricordo che la tormentava ogni notte insieme agli altri demoni che da anni infestavano la sua coscienza. 
-" Sei stato tu a venire a trovarmi in infermeria?. "
disse timidamente, attirando l'attenzione del Lupo Cattivo, il quale sembrò prendere un po' di colore sulle gote dai tratti duri mentre spalancò gli occhi sul libro. La gola gli si serrò per un attimo e perció dovette schiarirsi la voce prima di parlare.
-" Mh. Forse. "
Allison gli sorrise timidamente nella penombra del suo angolino e lui rispose con cautela, come se non volesse spaventarla e come se volesse tenere nascosto quel gesto d'inaspettata tenerezza. Sembrava infinitamente più giovane di quello che dimostrava quando sorrideva a quel modo, riscaldandole il cuore e facendole dimenticare tutte le brutte cose che le erano accadute.
Il suo cuore cominciò a martellarle nel petto a ritmo di heavy metal e nella sua testa una voce che si sarebbe potuta paragonare a quella del suo Grillo Parlante le gridava di starsene zitta e che quella che stava pensando di fare era un'autentica stupidaggine.
-" Posso chiederti una cosa? "
Il ragazzo la guardò con i suoi lucenti occhi color acqua marina, chiudendo il libro con un dito in mezzo alle pagine per tenere il segno; per l'ennesima volta, Allison si perse in quelle iridi quasi fosforescenti, le stesse che quel pomeriggio si erano posate per la prima volta su di lei da giorni e giorni, quelle che in quella mattina tempestosa di fine febbraio l'avevano fissata fin nel profondo della sua coscienza.
-" Ehm... Oggi pomeriggio ti ho visto. In palestra. E v-volevo chiederti se... se potresti allenarmi. "
Uno sguardo attonito si puntò immediatamente su di lei, facendola sentire piccola e stupida, stupida in particolare. Avrebbe dovuto ascoltare il suo Grillo Parlante, ma ovviamente doveva sempre fare di testa sua, doveva sempre fare il contrario di quello che le dicevano, povera cretina! Sotto quella silenziosa occhiata così perplessa avrebbe voluto sotterrarsi, scomparire in un semplice poof e non ricomparire più. Di nuovo.
-" Vuoi imparare a lottare? "
le chiese, come se non avesse capito bene che diavolo gli stesse domandando, e lei annuì più timida che mai. Il Lupo Cattivo riaprì il suo libro, tornando a fissarsi sulle parole impresse sulle pagine e lasciando Allison in sospeso per qualche secondo.
-" Vedrò di procurarti qualche vestito da palestra. Cominciamo domani pomeriggio. "
Il viso della ragazza s'illuminò come non mai, facendo sorridere anche lui. S'infilò rapidamente sotto le coperte, accoccolandosi come al solito e abbracciando il piccolo Pinky; si voltò un'ultima volta verso il ragazzo, il quale stava ormai riponendo il suo romanzo per coricarsi a sua volta.
-" Grazie. Per tutto. "
gli disse semplicemente e lui le sorrise un'ultima volta, capendo che quel tutto significava molto più di quanto si potesse pensare. Poi le luci si spensero.
~~~
-" Sei qui... Puoi restare? "
-" Sai che non posso piccola... Ma che ti è saltato in mente? Una ragazza bella come te che si mette a fare lotta libera? "
-" Zia, sono in un riformatorio. Penso che il fondo l'abbia già toccato, non credi? Ormai ho perso le speranze per il mio futuro di 'ragazza normale' . "
-" Sembri delusa... Lo sai che saremo sempre e comunque fieri di te qui, non è vero? "
-" Lo spero tanto zia, lo spero tanto... "
 
La campanella la fece svegliare di soprassalto, interrompendo la visione angelica di zia Adeline seduta in un prato fiorito accanto a lei. Era da moltissimo tempo che non la sognava più, ma forse quella notte era arrivata da lei per tornare a darle coraggio, come faceva appena dopo essersene andata; i suoi capelli erano neri e lucenti come li ricordava e indossava sempre la sua veste bianchissima senza maniche, quella che si metteva ogni volta che andava a passeggiare sulle assolate spiagge di San Francisco insieme a zio Chris. Nessuna traccia del cancro, nessuna traccia della chemio, solo la sua bellezza che con il tempo avrebbe potuto soltanto evolversi.
A dissolvere definitivamente i suoi ricordi e i suoi sogni fu Berry, che aspettava sulla porta della cella per accompagnarla alle docce. Stranamente, la vedeva molto di buon umore, quasi pimpante. Dopo la consueta rapida doccia, si diressero insieme alla mensa per la consueta rapida colazione; salutò consuetamente Trent e si sedette al loro consueto tavolo, iniziando a mangiucchiare con appetito il consueto ed insipido rancio mattutino.
Anche il ragazzo notó una certa luce nello sguardo e sull'intero viso di Allison, una luce che non le aveva mai visto addosso. Sembrava un'altra persona, emanava un'aura positiva e allegra, così vitale e insolita sulla Allison che conosceva, eppure così meravigliosa che si sentì rinvigorito da quella paradisiaca visione. 
-" Ti senti bene tigre? "
La ragazza lo guardò un po' perplessa, ma sempre con un sorriso celato in quelle grandi e luccicanti iridi color ghiaccio dalle pagliuzze argentate, dorate e turchesi. Aveva degli occhi particolari alla luce del sole mattutino che penetrava dalle finestre opache, degli occhi paragonabili a quelli dei lupi. Non sapeva perchè, ma gli ricordavano incredibilmente lo sguardo enigmatico e mistico di quelle splendide creature.
-" Certo, benissimo. Oggi pomeriggio comincerò gli allenamenti di lotta. "
affermò orgogliosa, rizzando la schiena come un piccolo suricato e mangiando sorridendo fieramente un cucchiaio di corn flakes. Trent la fissò sconvolto, quasi facendosi andare di traverso la cucchiaiata di cereali che aveva appena imboccato; si chiese se lo stesse prendendo in giro, ma tutta quella fierezza e quella convinzione suggerivano tutto il contrario. 
-" Ti prego, dimmi che è solo uno scherzo da prete. "
implorò il ragazzo, sperando in un ultimo miracolo divino, ma Allison ridacchiò, battendogli qualche pacca d'incoraggiamento su una spalla.
-" Purtroppo per te, no. "
Proprio come avrebbe fatto Valery, Trent si schiaffò la fronte, palesemente frustrato ma contento allo stesso tempo : se era quella la ragione della sua allegria, era più che felice della sua decisione. C'era solo un minuscolo, insignificante, odioso ed irritante problema : 
-" Probabilmente so già la risposta, una risposta che non mi piacerà, ma... chi diavolo ti allenerà? "
Allison dilatò il suo smagliante e quasi beffardo sorrisetto senza mostrare i denti bianchi e ferini, indicando con il pollice il Lupo Cattivo che se ne stava beatamente per i fatti suoi ad ingurgitare corn flakes con la grazia con un marine appena uscito da una pozza di fango. A quel punto, la disperazione di Trent raggiunse il culmine; si accasciò sul tavolo, sbattendovi ripetutamente la fronte e maledendo tra sè e sè quel dannato bell'imbusto mille e una volta.
-" Farò a finta di non aver visto e sentito nulla in questi cinque minuti. "
Entrambi risero di gusto, continuando poi la colazione e aspettando che la campanella che annunciava l'inizio dei turni di lavoro suonasse.
 
Le ore sembravano non passare mai quella mattina. I suoi pensieri erano costantemente torturati dal fatto che quel pomeriggio avrebbe imparato a lottare; o meglio, avrebbe affinato la sua tecnica : da "rissa senza controllo" sarebbe passata a "rissa con qualche regola e più classe" . Come se non fosse bastata l'agitazione e l'emozione di cominciare qualcosa di così estremo e adrenalinico, era pure costretta a pulire la palestra che quel pomeriggio avrebbe di nuovo insozzato insieme ad un'altra cinquantina di ragazzi.
A pranzo non fece altro che tamburellare nervosamente il piede a terra, agitandosi senza un attimo di sosta e con lo stomaco contorto per l'emozione; si guardava silenziosamente e furtivamente attorno, passando rapidamente da un viso all'altro senza sapere precisamente dove guardare, mettendo in agitazione Trent.
Poi finalmente la campanella della lunga ricreazione era suonata, liberandola dell'attesa sfiancante; corse in cella con l'adrenalina già a mille, si sedette sulla sua branda con i piedi a penzoloni nel vuoto e attese nervosamente il Lupo Cattivo. Il ragazzo se la prese con calma, arrivando mezz'ora dopo con la sua solita calma apatica ed ectoplasmatica. Allison gli balzò davanti con gli occhi luccicanti di euforia ma un sorriso timido, più emozionata che mai. Gli sembrava di vedere una bambina che attendeva i suoi regali di compleanno e, in tutta franchezza, gli faceva tenerezza. 
-" Allora, sei pronta? "
La ragazza si limitò ad annuire, cercando di rimettersi composta e trattenersi.
-" Mh, bene. Tieni, questa è la tua tuta da ginnastica. È tutto quello che sono riuscito a raccattare. "
Allison notò il piccolo taglietto sopra al sopracciglio e che le sue guance prendevano colore mentre distoglieva lo sguardo e le porgeva una busta di plastica ecologica bianca. Con qualche dubbio, ne tirò fuori il contenuto : un top che le scopriva la pancia fino a metà costato, un paio di pantaloncini poco più lunghi dei boxer del ragazzo e una felpa senza maniche e con cappuccio, tutto puntualmente e fortunatamente nero. Allison lanciò un'occhiata perplessa al suo istruttore, un misto tra il volerlo fulminare e un sentimento strano che poteva essere definito dubbio. Il Lupo Cattivo si passò nervosamente una mano sulla nuca, cominciando a mordicchiarsi il labbro e scalciare leggermente con un piede.
-" E va bene, facciamo a finta di nulla. Possiamo andare? "
Lui si limitò ad annuire e poi si diressero verso la palestra in silenzio; Allison dovette quasi correre per star dietro alla sua falcata gigantesca ed irrompente; di tanto in tanto alzava lo sguardo sulla sua schiena ampia e salda, ma riabbassava puntualmente gli occhi per la timidezza. 
Lo stanzone era ancora momentaneamente deserto e piacevolmente profumato di muschio bianco, cosa che le fu molto gradita. Con un cenno della testa, il ragazzo le indicò una porticina in cui non aveva mai osato entrare; si trovava nell'angolino a sinistra rispetto alla porta d'ingresso ed era verniciata dello stesso verde sbiadito delle pareti. Quando entrarono, si ritrovarono in una specie di spogliatoio angusto dalle pareti grige, illuminato soltanto da una piccola finestrella situata sulla parete di sinistra. Al muro di fronte alla porta erano stati fissati degli scaffali con varie cosucce, tra cui una fornitura infinita di bende e ben tre kit del pronto soccorso; davanti ad essa, due basse panchine occupavano la maggior parte dello spazio già ristretto e a destra dell'entrata vi era una piccola fila di armadietti verniciata di turchese da parecchio sbiadito e scrostato in vari punti.
-" Cambiati, poi ti mostro come devi fasciarti mani e piedi. "
si pronunciò il ragazzo, alle sue spalle, ritto nella sua possenza e con le breccia incrociate al petto; il suo sguardo così freddo la intimorì, facendola sentire piccola e inadeguata, ricordandole tanto il modo in cui l'aveva guardata sotto quella dannata doccia. Un brivido le percorse la schiena e fu costretta a stringersi nelle spalle per non lasciarsi andare agli spasmi nervosi che prendevano possesso delle sue membra ogni volta che ricordava quell'orrido episodio.
-" Tutto a posto? "
-" Sì. Sì... Ehm, c'è solo una piccola postilla. "
Il ragazzo aggrottò la fronte, perplesso, sembrando più scontroso ma allo stesso tempo anche tenero.  
-" P-puoi uscire mentre io mi cambio? "
Nonostante non lo stesse guardando, fissando costantemente e ossessivamente gli scaffali di fronte a lei, le parve di percepire un sorrisetto. Le sue guance erano bollenti e, come ogni volta che si trovava in una situazione tanto delicata, il collo comiciò a sudarle copiosamente, facendole appiccicare fastidiosamente i capelli e il colletto della camicia alla pelle.
-" Devo cambiarmi anch'io. "
Allison avrebbe voluto sotterrarsi per l'imbarazzo. Si sentiva arrossire perfino le punte dei piedi e il cuore le stava scalpitando nel petto come un cavallo imbizzarrito. Era completamente nel panico. Davvero si sarebbe dovuta cambiare con quel ragazzo nella stessa stanza?
-" B-beh, allora guarda da un'altra parte! "
squittì, risultando un dolcetto zuccheroso stizzito invece che una ragazza arrabbiata. Il Lupo Cattivo non le rispose, ma quando si voltò lo vide nascosto da un'anta aperta dell'armadietto, intento a frugarci dentro.
Cominciò a spogliarsi lentamente, tremando come una foglia e pensando che in fondo non c'era motivo di essere così pudica con quel ragazzo : aveva visto, aveva sentito molto più di chiunque altro le fosse mai stato vicino, e lei aveva fatto lo stesso con lui, anche se forse non era stata la prima. No, sentiva con certezza di non essere stata la prima.
Si spogliò in fretta e furia, controllando ossessivamente che non la guardasse, soprattutto quando si levò il reggiseno per infilarsi il top superattilato che le compresse il petto, eliminando momentaneamente quelle dolci curve proprorzionate che non le avevano mai causato troppi problemi. S'infilò il resto del completo e rimase a piedi scalzi, sentendosi a suo agio ma troppo nuda ad un tempo, e si riannodò i capelli in una lunga coda di cavallo dorata e legata in più punti. 
Quando si voltò, il ragazzo era ancora in procinto di cambiarsi; quando lo guardò, si era tolto la camicia e si stava sfilando i pantaloni. Il suo sguardo sfuggì per un secondo più in basso del dovuto, potendo osservare con occhio studioso che il fondoschiena di quel ragazzo non era proprio niente male. Si voltò immediatamente dopo aver realizzato quel pensiero, arrossendo come non mai e mordendosi il labbro, bloccandosi come un ciocco di legno a fissare con occhi spalancati gli scaffali stracolmi di bendaggi. 
-" Se vuoi, puoi anche guardare. "
Al suono di quella frase, nonostante il suo tono sembrasse quasi scherzoso, un brivido viscido le strisciò lungo la schiena e il suo cuore ebbe un tuffo : avrebbe solo voluto sotterrarsi. Si sentiva una completa idiota e si chiedeva perchè con quel ragazzo ogni cosa andasse male.
Rimase lì immobile finchè non le passò di fianco, prendendo otto nastri di bendaggi e un rotolo di nastro isolante bianco; indossava gli stessi pantaloncini di jeans che gli aveva visto indosso il pomeriggio precedente e una felpa molto simile alla sua, solo che grigia. La zip allacciata alla buona lasciava suggerire la mancanza di altri inumenti sotto quella felpa senza maniche che gli scopriva le muscolose braccia tatuate, dettaglio che inspiegabilmente la fece arrossire di nuovo. 
-" Siediti. "
le ordinò, e lei obbedì senza proteste. Le s'inginocchiò davanti, poggiandole di fianco sette dei bendaggi e tenendone solo uno; con rude delicatezza le prese una mano, cominciando a fasciarla da metà avambraccio fino alle nocche, lasciando ovviamente libero il pollice. Il suo tocco era rapido e sicuro, ma delicato e premuroso allo stesso tempo, quasi mistico; la benda era della larghezza perfetta, stringeva ma lasciava libertà di movimento. Era quasi stregata dall'operazione che il Lupo Cattivo stava compiendo su di lei, ma fu ancora più stregata dai suoi occhi e l'espressione corrucciata e concentrata, la stessa con cui leggeva i suoi preziosi libri. Ne convenne che le sue iridi erano qualcosa di inspiegabilmente bello, un altro dettaglio magnifico su quel ragazzo altrettanto magnifico. 
Si accorse solo poi che si stavano toccando e che, incredibilmente, non era fuggita dal suo tocco. Arrossì a quel pensiero, rabbrividendo leggermente e avendo uno spasmo. Lui le scoccò una semplice occhiata, che però non ricambiò.
-" Le fasciature servono per due motivi : non spezzarti le ossa e limitare i danni sugli avversari. Purtroppo, non puoi andare sul ring come una mummia, quindi dovrai accontentarti di fasciare solo mani e piedi. "
la sua voce severa la fece sorridere, stranamente, forse perchè quella battuta faceva pena ma il tono la rendeva divertente; le assicurò la benda con un sicuro e netto strappo di nastro adesivo e ripetè il processo di fasciatura sull'altra mano e sui piedi, che bendò da qualche centimetro sopra la caviglia fin quasi alle dita. Quando ebbe finito con lei, si mise all'opera su di sè, mettendoci quasi la metà del tempo, dopo di che furono pronti.
Quando uscirono, la palestra era già più popolata e Allison si sentì parecchio a disagio a girare "vestita" in quel modo in mezzo a tanti ragazzi su di giri a causa della fatica e dell'adrenalina; si strinse nelle spalle, guardandosi attorno con aria sperduta e le gote vividamente colorate. 
Giunsero fino ad un sacco da boxe venti centimetri più alto di lei e del colore turchese del pavimento; in vari punti era riparato con strappi di nastro adesivo argentato, quello da meccanico, lasciando dedurre che era stato usato da molti, molti ragazzi molto violenti. Era la prima volta che si trovava davanti ad un sacco da boxe e l'idea di colpirlo le suonava un po' aliena. Era quel tipo di persona che trovava stupido picchiare cose inanimate non per sfogo.
Il Lupo Cattivo si affiancò allo strumento, incrociando le braccia al petto e osservandola silenzioso mentre studiava quel povero sacco che avrebbe dovuto subire altre percosse.
-" Avanti, fammi vedere quello che sai fare. "
Lo guardò dubbiosa, ma lui non mutò di una virgola, continuando a fissarla dall'alto della sua possenza e facendola sentire insignificante.
-" Ho sentito perchè sei qui. Aggressione di terzo grado, mh? A meno che tu non abbia usato un bastone o altri corpi contundenti, dovresti già avere un'idea di come colpire. "
Allison respirò profondamente, allontanando le immagini di Alexander Feltman sotto i suoi colpi brutali e un brivido di orrore le attraversò il corpo. Pensava di potercela fare : aveva sferrato pugni tutta la vita, non credeva che quel tentato omicidio, più che aggressione di terzo grado, le avrebbe lasciato un segno indelebile ed invisibile ad un tempo.
Cercò la forza e l'impeto di un tempo, riuscendo a sferrare soltanto un misero pugnetto contro il sacco da boxe, che per la cronaca ondeggiò appena. Ci riprovò, ottenendo un risultato ben poco differente. Si sentiva stupida. Come sempre.
-" Hai aggredito un fuscello? "
le chiese ironicamente il Lupo Cattivo con la sua solita apatia che in quel momento fece ribollire il sangue ad Allison. Avrebbe voluto mandarlo a quel paese, ma si limitò a fulminarlo con lo sguardo.
Tornò a respirare profondamente, chiudendo gli occhi e cambiando tecnica : forse, invece che allontanare il pargolo Feltman dalla sua mente, doveva riavvicinarlo. Lo rivide abbracciato a Valery, o mentre si salutavano affettuosamente con un bacio, o ancora mentre confessava sguaiatamente di averla presa in giro per tutto il tempo. Il colpo scattò automaticamente dal suo braccio, andando ad infrangersi con potenza devastante contro la cerata del sacco, il quale ondeggiò con violenza e liberò una nuvola di polverina bianca che doveva essere polvere di magnesio. 
Allison riaprì gli occhi, avvertendo la scarica formicolante del colpo scivolarle tra i muscoli del braccio, ancora accostato al sacco. Purtroppo, uno strumento inanimato l'animava soltanto per un singolo colpo e per questo sapeva che avrebbe dovuto allenarsi parecchio all'accettazione di pestare qualcosa di non vivente. 
Il Lupo Cattivo la guardava con un sopracciglio inarcato, evidentemente sorpreso dalla forza di quell'apparentemente delicata biondina. Interessante, pensò.
-" Mh, non male. Tutto qui? "
-" Non riesco a fare sul serio con questo coso... "
mormorò leggermente sconsolata.
-" Ci lavoreremo. Vediamo che sai fare sul ring. "
Allison lo guardò attonita mentre si dirigeva verso il quadrato, deglutendo preoccupata. Mentre raggiungeva il suo istruttore, si stava immaginando l'incontro che si sarebbe svolto di lì a poco, con tutta probabilità tra lei e il Lupo Cattivo, e una fitta gelida le percorse la spina dorsale : sentiva che sarebbe finita molto male. Per lei, ovviamente. 
Il ragazzo salì nel ring, abbandonando la felpa in un angolo e attirando l'attenzione di qualche detenuto che si voltò verso il quadrato coperto di cerata bianca. Si sgranchì le articolazioni, risultando tanto attraente quanto esagerato. Allison lo seguì timidamente, lasciando a sua volta la sua felpa in un angolo e stringendosi le braccia attorno al corpo; si guardò nervosamente attorno, notando che ormai tutta la palestra aveva occhi solo per quel dannato ring illuminato dal pallidi raggi gialli del sole di marzo.
-" Cercherò di non colpirti, non ho intenzione di farti male. Devo solo capire come fare di te una macchina da guerra. "
dichiarò con calma, scrocchiandosi un dito alla volta; Allison sorrise in modo leggermente provocante e beffardo, scrocchiandosi le nocche a sua volta e prendendosi lunghi momenti per studiarlo. La sua struttura fisica magra ma muscolosa e la sua altezza non le avrebbero mai permesso di batterlo in uno scontro di forza; da quello che aveva visto il pomeriggio precedente, era molto agile e rapido, ma forse lei poteva fare di meglio grazie alla sua bassa statura e la struttura magra.
-" Faccio io la prima mossa? "
le chiese, stringendo e rilassando i pugni, mettendo in allerta la ragazza, che annuì  semplicemente, studiandolo come se fosse stato un lupo rivale da combattere. Non era qualcosa di molto diverso dalla realtà : solo dai loro sguardi carichi di adrenalina da preparazione, così truci e assetati di sfidare l'altro, si capiva che l'atmosfera non era troppo diversa da quella che ci poteva essere in una foresta tra due lupi.
Il Marcio le si avvicinò a grandi falcate, ma Allison rimase ferma e scartò a sinistra all'ultimo, quando cercò di afferrarle il braccio. Era stato troppo lento : voleva soltanto tastare il terreno. Uno di fronte all'altra, lei con il sudore freddo che le colava lungo la schiena e il respiro corto, lui rilassato e quasi divertito, stavano solo aspettando di potersi sbranare a vicenda. 
Il ragazzo riprese ad avvicinarsi, stavolta più cautamente e lentamente; nonostante il suo cuore impazzito le gridasse di scappare fuori da quella palestra, le sue gambe rimasero salde e i suoi pugni si strinsero dolorosamente. Le arrivò praticamente davanti, così vicinò che riuscì a sentire il suo profumo di uomo, piacevole sudore e muschio bianco, un odore particolare e quasi inebriante; si obbligò a guardarlo negli occhi e quando vide il suo ghigno malvagio deglutì. Non aveva idea di cosa fare, così improvvisò : pessima idea.
Tutto avvenne nel giro di un secondo. Nel tentativo di colpirlo in viso, lui le afferrò il polso parando il colpo e, nonostante stesse opponendo una decisa e ostinata resistenza, riuscì a spostarle il braccio come se fosse stato un ramoscello debole e tenero. Deglutì di nuovo prima che la prendesse per il collo e le facesse lo sgambetto, facendola atterrare pesantemente di schiena sul tappeto del ring; malgrado non le stringesse affatto la grande mano attorno al fragile e pallido collo, la bloccò istantaneamente al suolo, cercando di mantenersi meno in contatto possibile con lei. Il suo istinto di sopravvivenza, un istinto perfettamente identificabile come quello lupino, si risvegliò tutto ad un tratto e dal suo corpo parvero esplodere fiamme. 
Con la mano libera gli rifilò un pugno sulla mascella che lo fece ringhiare ed allentare minimamente la presa sul suo collo; sgusciò rapidamente via dalla sua portata e, approfittandone della sua posizione gattonante, tentò stupidamente di circondagli il collo con il braccio. Con una rapidità impressionante, le afferrò il polso e alzandosi in piedi le fece fare una capriola in avanti, sbattendola nuovamente con un ringhio al tappeto. Ebbe l'istintiva prontezza di graffiargli il collo, infastidendolo e dandole l'occasione di colpire di nuovo, stavolta con un rapido e calcolato calcio di tallone appena sopra il ginocchio, urtandogli il nervo e costringendolo in ginocchio. Si rialzò con la velocità di un fulmine e gli saltò addosso come una gatta selvatica, ruggendo rabbiosa e sbattendolo con la schiena a terra; purtroppo, il suo peso non bastò a bloccarlo e con un colpo di bacino il Lupo Cattivo invertì rapidamente le posizioni. La costrinse a terra trattenendole il più delicatamente possibile le mani a terra e le impedì di muoversi sedendosi pian piano sulle sue gambe, poco sopra le ginocchia, un contatto sufficiente per evitare che si muovesse. 
Dopo vari secondi in cui provò a dimenarsi, Allison riconobbe tristemente la sconfitta, abbandonandosi stremata alla cerata umida e appiccicosa di sudore del ring; entrambi avevano il fiatone ed erano sudati ed entrambi si stavano guardando come due lupi alla fine di uno scontro amichevole.
-" Penso... Penso che per oggi basti. "
dichiarò ansiamente il Lupo Cattivo, facendola sorridere.
-" Comunque, molto piacere, Duncan Nelson. "
 
La stanzetta, pallidamente e cupamente illuminata dalla sola luce che penetrava dalle finestre opache e sbarrate, metteva un po' di malinconia in Allison. Se ne stava seduta sulla panchina più vicina agli scaffali-ripostiglio, in attesa che il Lupo Cattivo si cambiasse. Ripensò all'incontro appena svolto, all'adrenalina che le scorreva ancora in corpo e a quanto si era divertita. Quella degli allenamenti non era stata affatto una stupidata, pensò. 
Si voltò quanto bastò per adocchiare il ragazzo alle sue spalle e lo vide con i pantaloni arancioni della comune tuta ma ancora a torso nudo, voltato di spalle; sulla sua possente schiena vi riconobbe nuovi tatuaggi, una scritta in corsivo semplice sulle spalle : Impara a rinchiudere il demone che c'è in te prima che ti mangi vivo; più sotto un dragone tribale sembrava arrampicarsi agilmente sulla sua pelle luccicante di sudore. Represse il suo desiderio di chiedere a sè stessa che cos'avesse passato per farsi tatuare quella frase e si concentrò sui segni della lotta che portava sul corpo. I solchi dei suoi graffi erano ben visibili sul suo collo forte e avevano cominciato a sanguinare, probabilmente irritandogli fastidiosamente la pelle; al contrario delle sue aspettative, il pugno alla mascella che gli aveva rifilato gli stava formando un livido all'angolo della bocca, dove sembrava esservi anche una macchiolina di sangue che spuntava dalle labbra fine. Tra i due, lui sembrava di sicuro quello messo peggio.
Quando si voltò per andarle incontro, spostò immediatamente lo sguardo, arrossendo per essere stata nuovamente colta in flagrante a fissarlo. Le s'inginocchiò davanti, arrivandole poco sotto il naso, e le prese delicatamente una mano, cominciando a srotolarle le fasciature con calma e cura. Lo osservava quasi di soppiatto mentre lo faceva, mentre stava tranquillamente senza maglietta di fronte a lei, facendola arrossire nuovamente; cercò di concentrarsi sul suo sguardo tranquillo, sulle sue grandi mani che le liberavano pian piano le braccia dalle bende bianche scurite da qualche grumo di polvere. 
-" Non te la cavi male. Sei rapida e agile, dobbiamo solo lavorare sulla tecnica di pestaggio. "
dichiarò il Lupo Cattivo dopo qualche minuto, sempre continuando a guardare ciò che stava facendo, ed Allison si limitò ad annuire, anche se forse lui non se ne sarebbe accorto.
-" Hai bisogno di un cerotto. "
mormorò timida, evitando imbarazzata di guardare i segni delle sue unghie sul suo collo, poco sopra la clavicola, e il rivoletto di sangue che si stava coagulando ad un angolo della sua bocca; lui fece spallucce, minimizzando il tutto.
-" Non è nulla. "
Allison fece scivolare lentamente la mano dalle sue non appena ebbe finito di levare le bende, si alzò e si diresse verso uno dei kit di pronto soccorso, rovistandoci dentro e trovando lo stretto necessario per medicarlo minimamente : tintura di iodio, dischetti di cotone e cerotti. C'erano dei piccoli cuscinetti di gel turchese che la incuriosirono parecchio e che probabilmente avevano poteri magici ma inutili. 
-" Cosa sono? "
-" Cuscinetti di ghiaccio sintetico. All'interno c'è un pulsantino : se lo premi, diventa ghiacchiato. "
Sorrise nel confermare la funzione di quei simpatici cosetti e prese quelle quattro fondamentali cose e le poggiò dove poco prima si era seduta.
-" Siediti, per favore. "
Il ragazzo la guardò con qualche perplessità, ma alla fine cedette, si accomodò e la lasciò fare mentre lui si premeva il cuscinetto di ghiaccio sintetico sulla mascella, anche se non ce n'era bisogno; malgrado lei fosse in piedi, le arrivava poco sotto il mento. Ammirò per un secondo il suo addome magro e segnato da qualche piccola e luccicante cicatrice, chiedendosi come se le fosse procurate; la osservò mentre imbeveva con cura un dischetto di cotone di tintura di iodio. Con le dita fine e apparentemente delicate gli sfiorò dolcemente il mento, facendolo voltare e rabbrividire a quel tocco così dolce e quasi fragile; gli sfiorò appena i graffi con il dischetto e la maledetta tintura lo bruciò all'istante, facendolo ringhiare per il fastidio.
-" Scusa... "
gli sussurrò, continuando poi a tamponare delicatamente e timidamente la sua pelle. Il suo respiro gli vibrava sul viso e poi sul collo, causandogli ancora più brividi, e percepì distintamente i tremori delle sue mani. Tremavano così tanto che quando cercò di scartare il cerotto le cadde due volte di mano, facendolo quasi scoppiare a ridere. Nella sua timidezza e innocenza, nella sua spontaneità bambina, la trovava adorabile; nella sua forza e nella sua agilità, nella sua raffinata rabbia e instinto, la trovava unica.
Finalmente riuscì ad applicare il cerotto, guardandolo soddisfatta, poi gli cacciò vicino alle labbra un secondo dischetto.
-" Sputa. "
-" Mh?! "
-" Sputa. Per pulirti il sangue. "
precisò la ragazza e lui, nonostante si sentisse un bambino, la accontentò. Gli accarezzò dolcemente la pelle sporca di sangue ad un angolo della bocca, ripulendolo con cura ma sempre tremando come una foglia. Sapeva esattamente che toccarlo la metteva a disagio, fuori dal ring in particolare, a quanto pareva. Prima di quel giorno, si erano toccati una sola volta ed entrambi ricordavano perfettamente quei lunghi e strazianti momenti. Per loro era una novità entrare in contatto in quel modo.
-" Fatto. "
Sentenziò semplicemente, gettando in un cestino scassato cartacce e dischetti. 
-" Grazie. "
le disse con gentilezza e lei rispose con un semplice, timido e raggiante sorriso, arrossendo con tenerezza e sistemandosi una ciocca di capelli dietro l'orecchio per nasconderlo.
-" Non volevo farti male... "
gli confessò, fissando ossessivamente e con malinconia un punto lontano dai suoi occhi acqua marina che la stavano guardando con tanta dolce apatia. Proprio non ce la faceva a guardarlo e non sapeva perchè. 
-" Non ti preoccupare. Tu non ti sei fatta male, vero? "
Non le sfuggì una punta di preoccupazione nella sua voce profonda e calma, che automaticamente le fece portare una mano al collo, dove lui l'aveva afferrata per sbatterla a terra; ancora sentiva l'inebriante sensazione della sua mano contro la sua pelle. Il Lupo Cattivo si alzò e la raggiunse con un passo, troneggiando sulla sua figura minuta e facendola sentire nuovamente una bambina.
-" Fammi vedere... "
le ordinò gentilmente, prendendole pian piano il polso tra le dita e scostandolo dal suo collo, studiandolo con minuziosa premura senza toccarla ulteriormente ma avvicinandosi abbastanza da farle vibrare il suo respiro sulla pelle. Quando la sua mano le sfiorò delicatamente il fianco per farla voltare fu come se fosse stata toccata da un tizzone ardente. Le sue dita erano tiepide, ma sulla sua pelle bollente per l'adrenalina parevano gelide. Nonostante lo spasmo, lui la sfiorò nuovamente dopo aver incrociato per un attimo i suoi occhi e questa volta Allison non reagì male; si voltò semplicemente, stringendosi nelle spalle mentre lui le osservava la parte di schiena scoperta dal top nero. 
Notò le chiazze che un acne devastante le aveva lasciato sulla pelle pallidissima e anche le altre varie cicatrici che la tempestavano; ebbe la tentazione di sfiorarle, ma si trattenne. Notò poi un segno rosso che le si stava allargando sul lato destro della schiena, a livello del costato, e che due scheggette di legno che probabilmente avevano attraversato la cerata del ring spuntavano dalla sua pelle. Si sentì un verme.
-" Ti si sta formando un livido qui dietro. E hai delle schegge. "
le disse e lei si volto, rivolgendo alle panchine un timido e malinconico sorriso.
-" Non fa nulla. "
-" M-mi dispiace... Non avevo intenzione di essere violento. "
Il sorriso della ragazza si dilatò e per la prima volta in tutto il giorno si posò sul suo viso, sollevandogli un peso dal cuore.
-" Non lo sei stato. "
Anche lui accennò un sorrisetto, confortato da quelle parole, e poi il silenzio calò tra i due mentre lui prese le pinzette. Si accomodò su una delle panchine e si mise minuziosamente al lavoro, levandole delicatamente le schegge e disinfettando i due minuscoli forellini con la tintura di iodio. Per tutto il tempo, la ragazza non diede il minimo segno di fastidio o dolore. 
-" Fatto. "
dichiarò, ricevendo in cambio dei timidi ringraziamenti e un sorriso altrettanto timido. Era incredibile che poco prima quella stessa ragazza l'avesse conciato come una pelle di daino.
Si cambiarono in silenzio, stranamente più a proprio agio di prima, e prima di lasciarlo solo nello spogliatoio, lei gli rivolse un nuovo, dolce sorriso che gli fece dimenticare di essere chi era.
-" Comunque, molto piacere, Allison McLean. "

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Capitolo 4
*** Part 4 ***


BROKEN PIECES - Part 4
 
Aprile
L'aria era ancora fresca, ma i raggi del sole di quello splendido pomeriggio dei primi di aprile riscaldava il cortile ancora un po' fangoso dall'ultima pioggia; sottili e misteriosi vortici di vapore mattutino si alzavano dalla terra nera, rendendo l'aria ulteriormente umida ma semplicemente meravigliosa.
Non appena Allison respirò il venticello fresco, inspirò a pieni polmoni come se fosse stato il suo primo respiro. Chiuse gli occhi e assaporò appieno i raggi del sole che le scaldavano il viso, l'odore della terra umida e della pioggia ancora nell'aria; sorrise al cielo azzurrissimo, inspirando di nuovo profondamente e sentendosi rinata. Per più di sei mesi non aveva visto quella luce vitale e non aveva respirato quell'aria fresca, non aveva visto gli sconfinati prati attorno ad Alkalie Lake tornare verdi dopo l'inverno, non aveva visto il cielo turchese e senza nubi e nemmeno le montagne lontane con le cime ancora coperte di bianco. Era come ritornare alla vita.
Ora che non faceva più cosi freddo e che gli acquazzoni del cambio di stagione erano passati, i detenuti potevano godere nuovamente dell'ora d'aria al pomeriggio, un privilegio che sembrava averli fatti risorgere da tombe di carne ancora viva.
Guardandosi attorno, Allison comprese di non essere la sola a provare quella sensazione. Tutti ridevano ed esultavano alla luce di quel magnifico e tiepido pomeriggio, sorridendo al cielo e gettandosi a terra per toccare la terra soffice e scura; qualcuno aveva preso a correre come un pazzo attorno al perimetro del cortile, salutando più allegro che mai i secondini armati fino ai denti che sorvegliavano le recinzioni e le torrette; quelli ricambiavano con sorrisi tirati, rallegrati dal bel tempo e dall'allegria che quegli attimi gli avevano donato a tutti. Era semplicemente bellissimo.
-" Questo è sempre un momento meraviglioso. "
le disse Trent, avvicinandosi a lei con il suo raggiante sorriso. Entrambi fissavano incantati oltre le recinzioni; fiori gialli e bianchi puntellavano il verde intenso dell'erbetta profumata e una striscia di cemento argenteo brillante al sole, la strada che portava vicino o lontano da Alkalie Lake, interrompeva per un brusco momento quel prato abbagliante.
Nel guardare quella strada Allison provò un tuffo al cuore : quando avrebbe percorso di nuovo quella striscia di cemento per tornare a casa?
-" Beh, tra poco ti potrai godere tutto questo ogni giorno, per quanto tempo vorrai. "
gli rispose sorridente, alludendo al fatto che di lì a poco, circa un mese o poco più, il suo migliore amico sarebbe uscito dal carcere minorile; il ragazzo non mancò di percepire una punta di malinconia nella voce dell'amica, che continuava a fissare sorridente la libertà ad un passo da lei. Le passó affettuosamente un braccio attorno alle spalle, attirandola a sè e consolandola : sapeva che avrebbe sentito la sua nostalgia, esattamente come lui avrebbe fatto con lei. Era una delle poche amicizie sincere che avesse, gli dispiaceva infinitamente doverla lasciare lì praticamente da sola, però di certo non avrebbe potuto tirarsi indietro da quel giorno magnifico che lo aspettava da molto tempo, anche se avesse voluto.
-" Arriverà anche il tuo momento. "
Non aggiuse altro, perchè sapeva perfettamente che altre parole l'avrebbero fatta stare peggio. Rimasero lì per lunghi minuti, abbracciati l'una all'altro sotto quei tiepidi raggi primaverili, non accorgendosi di due occhi acqua marina che li guardavano con malinconia.
 
Quell'aria fresca era stata come la discesa dello Spirito Santo : la salvezza. Il sole era alto nel cielo turchese di quello sperso angolo al centro del Colorado e tra quei meravigliosi colori -l'azzurro della volta celeste, il verde di prati e alberi, l'oro del sole- Duncan si sentì di nuovo vivo. Era bello vedere la luce del giorno in santa pace, senza dover badare solamente alla propria accetta e a quanta legna tagliare per via dei lavori forzati.
Appoggiato alla parete di calcestruzzo grigio, guardava il cortile con aria assente, vagando con lo sguardo di tanto in tanto sulla lontanissima strada che portava via da Alkalie Lake e che si perdeva nei campi e tra gli alberi; si accese una sigaretta e passó l'accendino a quello che si poteva definire il suo migliore amico, un colosso di circa due metri e pelato con cui amava fare a botte nel ring. Si chiamava Paul Hogan, ma per la sua stazza era stato rinominato Pauliefemo; il ragazzone odiava quel nome, perciò tutti lo chiamavano semplicemente Paulie. 
-" Oh sì cazzo! "
esclamò Paul, espirando una nuvola di fumo azzurrino. Le sigarette che venivano miracolosamente distribuite dal riformatorio nelle ore d'aria erano qualcosa di pestilenziale, ma sia Duncan che il suo amico avevano fumato così tanta roba prima di Alkalie Lake che ora se ne fregavano altamente : bastava un po' di tabacco.
Duncan sorrise a quell'esclamazione e soffiò una boccata di fumo a sua volta. Non ricordava nemmeno l'ultima volta che aveva fumato una sigaretta, forse era stato cinque, sei, anche sette mesi prima. Mentre pensava a questo, il suo sguardo cadde inevitabilmente su McCord e la ragazzina; stavano parlando, sorridendosi teneramente a vicenda, e lui le circondò le spalle con un braccio. Fissavano spensierati il cielo sereno, respirando profondamente l'aria fresca degli inizi di aprile. Non si accorse che li stava osservando con una certa malinconia negli occhi acqua marina, una malinconia quasi ossessiva, che non passò inosservata a Paulie.
-" Hey amico, tutto a posto? "
chiese il ragazzone, svegliandolo dalla sua trance. Sapeva perfettamente cosa e chi stesse guardando e quello sguardo non prometteva nulla di buono, per lui in particolare.
-" Certo. "
rispose seccamente Duncan, fissandosi i piedi nascosti negli anfibi e sbuffando altro fumo.
Il pensiero di non essere all'altezza, dopo tanto tempo, riaffiorò nella sua mente.
~~~
Il Lupo Cattivo le stava girando attorno come se fosse stato un predatore che studiava la sua preda prima di assalirla; il suo sguardo di ghiaccio la fece sentire ulteriormente piccola e la obbligò a stringersi nelle spalle. Detestava quella sensazione : si sentiva di nuovo nuda sotto quelle occhiate voraci e avrebbe tanto voluto nascondersi da essi e dal mondo parallelo che custodivano con tanta gelosia.
Si bloccò davanti a lei, poco lontano dal centro del ring, guardandola pensoso eppure non tradendo la minima emozione o pensiero da quegli occhi acqua marina così dannatamente incantevoli alla luce del sole pomeridiano che filtrava dalle enormi finestre della palestra.
Gli ultimi allenamenti non erano stati molto diversi dal primo : lei continuava a perdere nei brevissimi incontri contro di lui, ma ogni volta migliorava nelle difese e nell'agilità, allungando pian piano la durata delle lotte. Era già un piccolo passo avanti. Per il resto, però, rimaneva sempre il solito scricciolo indifeso che tentava di battersi come un leone contro un leone vero. 
-" Sei veloce e agile : basta questo per battere i colossi. "
esordì, incrociando le braccia al petto nudo e guardandola freddo. Le arrivò a pochi centimetri con sole tre falcate e la fissò dall'alto, soverchiandola nuovamente. Dio, quanto si sentiva piccola e indifesa rispetto a lui, alla sua possenza e perfino alla sua bellezza. 
-" Devi concentrarti su punti specifici in cui colpire. Gola, costole, stomaco, ginocchia : questi sono i punti chiave per atterrare avversari più grossi di te. Se proprio devi colpire la testa, punta alle orecchie o al naso. "
disse, indicando quei punti sul suo corpo scultoreo e tatuato; Allison seguiva con grande attenzione, cercando di ricordare e studiare ogni mossa nella sua mente, come se si fosse trattato di un'espressione algebrica o un esperimento di scienze. In fondo, non c'era molto di diverso : ogni elemento era il componente per un composto che, se mescolato ad altri, causava una reazione. Il problema arrivava con la pratica, perchè alla teoria tutti erano bravi.
-" Ovviamente non puoi imparare tutto questo immediatamente, ma hai dato più volte prova di avere un talento naturale per picchiare con tecnica : ce la puoi fare, ci basta solo fare un bel po' di allenamento. "
A quelle parole, Allison annuì fieramente, azzardando ad incrociare lo sguardo con quello del Lupo Cattivo ma riabbassando subito gli occhi sui suoi piedi fasciati. Era ancora così difficile sostenere quello sguardo così gelido e calcolatore, quello stesso sguardo che le aveva divorato le membra nude una mattina piovosa di poco tempo prima.
-" Hai voglia di provare? "
le chiese, con una nota vagamente più gentile nella voce ferma e glaciale, e lei annuì di nuovo, sorridendo appena e timidamente. Duncan non chiedeva di meglio.
Entrambi si allontanarono di qualche passo l'uno dall'altra e cominciarono a studiarsi con quello sguardo ormai familiare di astiosa sfida per il territorio come due lupi famelici. Si sgranchirono le ossa delle dita e del collo, ghignando con provocazione e studiando ferocemente l'avversario. Malgrado avessero già avuto modo di misurarsi altre volte, ancora non si conoscevano abbastanza bene e necessitavano di quei lunghi secondi di osservazione e saggio delle reciproche intenzioni dai movimenti e dagli occhi. Conoscevano con certezza solo una cosa l'uno dell'altro : erano imprevedibili, o quasi.
Si andarono incontro quasi contemporaneamente. Il ragazzo tentó immediatamente un affondo, che però lei schivò con grande rapidità, scartando a destra e mettendo in atto i consigli di poco prima, colpendolo repentinamente appena sotto le costole affondando la punta delle dita in quel tenero punto di carne calda; si ritrovarono agli opposti del ring già con il fiatone e l'adrenalina nelle arterie; il Lupo Cattivo si teneva una mano sotto il costato. Gli aveva fatto male, quella piccola carogna, pensò teneramente. 
-" Impari troppo in fretta... "
mugugnò tra i denti, sorridendole ferinamente in un'espressione dolorante. Probabilmente l'aveva sentito, visto il ghignetto orgoglioso che gli rivolgeva; nei suoi occhi color ghiaccio brillava l'istinto.
Di nuovo si corsero incontro nello stesso momento, uno anticipando di pochi secondi l'altra. Questa volta, però, grazie ad un'abile finta, lui riuscì ad afferrarla violentemente per una spalla, affondando le grandi dita nella carne morbida tra la spalla e la clavicola e sbattendola a terra, facendola ringhiare più di rabbia che di dolore; per un secondo scorse in quegli occhi color ghiaccio una scintilla di puro fuoco, una scintilla che per anni aveva visto guardandosi allo specchio, una scintilla che lo faceva esplodere e che, a quanto pareva, faceva esplodere anche lei.
La piccoletta, svelta come un serpente a sonagli, si dimenò fino a rifilargli una potente ginocchiata nel costato, che lo fece ringhiare e rincarò la dose con un cazzotto in piena faccia, obbligandolo a lasciare la presa sulla sua spalla; il Lupo Cattivo scivolò di lato, trovandosi lungo disteso al tappeto su un fianco. E va bene, pensò, basta andarci leggero. Non appena la biondina provò da infierire, le afferrò una caviglia e la torse brutalmente, facendole perdere l'equilibrio e gridare per il dolore. Nonostante i suoi tentativi di strisciare via, le afferró di nuovo la gamba e la trascinò a sè, graffiandole le braccia contro la superficie scorticata della cerata bianca; in un attimo le fu addosso come un leone che finisce di abbattere un'antilope e la obbligò al tappeto afferrandole saldamente il collo e facendo un ponte con le gambe sopra alle sue. Entrambi ansimavano ed erano sudati, come sempre, e come sempre si sorridevano soddisfatti. 
-" Ti arrendi? "
le sussurrò, e lei si morse sensualmente il labbro, guardandolo in modo così lascivo che per un attimo ebbe paura. 
-" Mai. "
Quel colpo terrificante fu peggio di una pugnalata. In meno di tre secondi, quella ginocchiata tra le gambe lo aveva fatto ringhiare come un lupo dolorante, facendolo crollare su un fianco e obbligandolo a portarsi le mani all'inguine. Dio, quanto faceva male. Chiuse gli occhi e poggiò la fronte contro la cerata, respirando con la bocca e cercando di placare il fischio odioso che gli rimbombava nelle orecchie. Faceva male. Davvero tanto male. 
Approfittando di quel momento, la ragazza lo fece voltare supino e si sedette comodamente sul suo addome, incrociando le braccia al petto e guardandolo trionfante dall'alto; riuscì a sentire il battito accelerato del suo cuore perfino in quelle cosce salde e il ritmo affannato del suo respiro. Malgrado gli occhi offuscati da lacrime di dolore, vedeva quel sorrisetto così maledettamente orgoglioso schernirlo. Quasi accecato dalla voglia di vendetta, la afferrò improvvisamente per il top e le rifilò il pugno più leggero che potè sulla guancia, facendola rotolare al suo fianco con un ringhio misto ad un grido; teneva ancora gli occhi chiusi e respirava ancora con la bocca, tentando si riprendersi dalla brutale ginocchiata nelle palle appena ricevuta. 
-" Se... Se fossi un ragazzo... saresti già morta. "
disse rabbioso e sfinito tra un ansimo e l'altro, non accorcendosi delle mani della ragazza che cercavano di allontanare pian piano la sua. Senza volerlo, per trattenerla, aveva infilato le dita nell'orlo del tessuto nero e la sua pelle era in contatto con quella della ragazza, un contatto in un punto non troppo gradito. Se ne accorse solo dopo qualche secondo e la lasciò lentamente, godendosi nel profondo quel dolce sfregamento che l'aveva fatta arrossire come non mai. 
-" Ti fa così male? "
gli chiese, dopo essersi messa seduta al suo fianco; il suo tono colpevole non mancò di colpirlo e nemmeno le sue dita leggermente scorticate dal precedente allenamento al sacco che si tastavano la guancia colpita che cominciava ad arrossarsi.
-" Passerà. "
mormorò laconico. Radunò tutte le sue forze per sedersi e nel farlo gemette. Mai nessuno gli aveva tirato una ginocchiata tanto forte in quel posto, e che di colpi lì ne aveva presi. Quella ragazzina era spaventosa : c'era troppa forza in quel corpicino.
Entrambi ansimavano per la fatica e il dolore ed entrambi fissavano il medesimo punto sulla cerata bianca del ring coperto dal loro sudore.
-" Tu? Ti sei fatta male? "
le chiese e lei sorrise dolcemente, continuando a fissare un punto nell'infinito. Lo trovava sempre molto tenero quando le faceva quella domanda.
-" Passerà. "
A quella risposta, incrociarono i loro sguardi e si sorrisero complici. 
 
Nello spogliatoio, la luce del sole che calava lentamente aveva ombreggiato malinconicamente quella stanzetta e li aveva obbligati ad accendere le luci al neon, che ora emettevano una pigra e tremolante luce bianca. Seduta sulla bassa panchina di legno lucido ma consunto, Allison si stava premendo sulla guancia un cuscinetto di ghiaccio sintetico, mentre il Lupo Cattivo le toglieva le bende dalle caviglie. Era concentratissimo come sempre su quello che stava facendo e per tutto il tempo non la guardò, nè parlò; in compenso, lei lo potè osservare con la stessa concentrazione e lo stesso silenzio, cercando di cogliere ogni dettaglio della sua pelle liscia e velata da un lucido strato di sudore. 
-" Mi dispiace per quel calcio. È stato sleale. "
mormorò, distogliendo lo sguardo dalle sue imponenti spalle tatuate, e lui per la prima volta alzó lo sguardo, che non tradì alcuna emozione particolare. Ritornò tranquillamente al suo lavoro, dando l'impressione sbagliata di essere arrabbiato.
-" Scusami tu. Non avrei dovuto tirarti quel pugno. "
Allison sorrise alla panchina, arrossendo un pochino. Non era arrabbiata con lui, anzi, se l'era meritato per la carognata che aveva fatto. Era tutto okay.
-" No, non ti preoccupare. Hai fatto bene. "
Il Lupo Cattivo la guardó per un secondo, rivolgendole un minuscolo e timido sorriso che le scaldò il cuore.
-" Fammi vedere. "
le intimò, dopo averle tolto le bende alle caviglie, sfiorandole la mano perchè la togliesse dalla guancia colpita. Nonostante avesse cercato di non usare troppa forza, le si stava lentamente formando un ematoma violaceo, contenuto dal freddo del ghiaccio sintetico. Con un gesto delicato, le posò nuovamente il cuscinetto sulla pelle, facendola arrossire. Quando le prese il polso sinistro, quello libero, gemette, ritirando violentemente l'arto ma ringhiando per un dolore ulteriore. L'espressione di Duncan s'imbronciò, fissando la ragazzina con rimprovero. Nel suo sguardo c'era un sentore di colpa che non avrebbe dovuto avere.
-" Ti fa male? "
-" È solo una sciocchezza... "
gli sussurrò, guardando altrove e accennando un sorrisetto. Non avrebbe abboccato nemmeno cent'anni più tardi. Le sfilò rapidamente le bende e, con le grandi dita, cominciò a tastarle dolcemente l'arto, dal polso alla mano, e sentì che l'osso del pollice era più indietro di dove avrebbe dovuto stare. Brutta storia.
-" Ti fidi di me? "
Quella domanda sconvolse Allison, che fu colta totalmente alla sprovvista. Che cosa avrebbe dovuto rispondergli? Per fortuna, lui non attese. Le afferrò saldamente il pollice e gli diede uno strattone sicuro e ponderato, riportandolo al suo posto; lei ringhiò per il dolore, che le si presentò come un lampo di luce accecante da cui non si potè ritrarre, e per un attimo si ritrovò ad essere appoggiata alla spalla del Lupo Cattivo, soffocando un grido straziato in gola. Dopo aver ripreso fiato, si allontanò in fretta dal suo corpo e guardò altrove, arrossendo; sul palmo dell'altra mano sentiva ancora il calore del suo corpo.
-" Devi esserti schiacciata la mano quando sei caduta. Vuoi una fasciatura? "
La ragazza si limitò a scuotere la testa, sorridendo timidamente. 
Dopo averle tolto le bende anche sull'altra mano, il ragazzo si alzò gemendo e solo allora Allison potè notare con rammarico un livido sul suo costato e che camminava con le gambe leggermente rigide e divaricate. Sembrava distrutto. 
Molto timidamente gli si avvicinò mentre lui accostò una mano agli sportelli degli armadietti, respirando un po' affannosamente. Era molto preoccupata dalla sua espressione feroce da lupo ferito, ma soprattutto da quelle penose boccate d'aria prese con la bocca.
-" Siediti, per favore... "
gli disse, e nel suo tono trasparì preghiera piuttosto che comando. Il Lupo Cattivo obbedì quasi meccanicamente e osservò la ragazzina mentre si accovacciava davanti a lui, il viso pesto a causa del suo pugno e la schiena arrossata, così come una delle caviglie, quella che lui aveva afferrato violentemente per trascinarla tra le sue spire. Lo obbligò a sollevare il braccio sinistro e cominciò a studiare con occhio rapace il livido che gli si stava formando sul costato. La sua mano delicata e pallida si avvicinò pian piano alla sua pelle, quasi come se stesse per accarezzare un predatore feroce, e per un attimo la vide esitare; le sue guance erano in fiamme. Le afferrò il polso con rude dolcezza, quasi d'istinto, e avvicinò delicatamente la sua mano finchè non si posò sul suo livido; la sentì deglutire e la vide arrossire ulteriormente, anche se cercò di mascherare il suo imbarazzo con la poco solida maschera della sicurezza. Tastò timidamente la carne, premendo le dita fine sul livido e facendogli emettere un sibilo sommesso. Faceva male. 
Si riprese la mano con una fretta fulminea, carezzandone le punte con l'altra, come se avesse sfiorato il carbone ardente. La sensazione sui suoi polpastrelli in realtà era simile a qualcos'altro, qualcosa di più complesso e arcano, qualcosa che non si sapeva spiegare, ma che era sicuramente molto caldo.
-" D-dovresti farti vedere in infermeria. Non mi sembra che sia rotta, ma è un brutto colpo. "
sentenziò Allison, distogliendo lo sguardo dal suo corpo. Non si era mai sentita esplodere in quel modo. 
-" Beh, forse mi hai rotto qualcos'altro. Letteralmente, per una volta. "
Quella battuta, nonostante il tono freddo, la fece arrossire e sorridere e le diede un minimo di coraggio per guardare il Lupo Cattivo in faccia. Anche lui le sorrideva un pochino. 
-" Mi dis... "
-" No, non c'è problema. Impari in fretta : è un'ottima consolazione. "
Allison allargò il suo sorriso, ma il senso di colpa non abbandonò i suoi occhi.
~~~
-" Io lo ammazzo! "
sbraitò Trent, battendo un pugno sul tavolo di metallo e facendo saltare i vassoi; tutta la sala mensa si voltò verso quel tavolino, secondini compresi, e videro il detenuto McCord con il viso paonazzo dalla rabbia e i denti digrignati. Allison si fece minuscola e paonazza a sua volta, cercando di scomparire da quel posto. Purtroppo, non ci riuscì. 
-" Per l'amor del cielo Trent, calmati... "
-" Col cazzo che mi calmo! Come diavolo ha osato?! "
Il ragazzo faceva riferimento al livido bluastro sulla guancia di Allison e alla sua causa; anche Berry aveva fatto una brutta smorfia quando lei gli aveva spiegato il perchè di quel segno orribile sul suo viso, ma non aveva fatto altro. Trent invece...
-" Ma come si permette quello stronzo di metterti le mani addosso?! "
Li stavano guardando tutti, una cosa che Allison detestava con tutta sè stessa.
-" Non mi ha messo le mani addosso, maledizione, sono cose che capitano quando fai lotta libera, non ti sembra? "
sibiló la ragazza, e allora la collera di suo fratello sembrò scemare lentamente nei suoi occhi verdi e profondi come pozzi di meraviglie. Ora capiva come si sentiva Valery quando lei faceva le sue scenate di gelosia o iperprotettività, ma si disse anche che non avrebbe smesso. Non era nel suo carattere essere contenuta, non quando si parlava di sua sorella. Probabilmente era lo stesso per Trent. 
Valery. Quel pensiero la colpì. Era da parecchio che evitava sua sorella, ma ora le fu impossibile. Chissà cos'avrebbe detto lei di quel livido. Probabilmente sarebbe esplosa e avrebbe chiamato Viktor, in modo che la razione di botte fosse stata doppia. Sorrise mentalmente al pensiero di sua sorella che prendeva a pugni Duncan o qualsiasi altra persona : impossibile, non la sua Val. 
Trent si stava guardando attorno e quando avvistò il suo bersaglio -momento in cui lo avvistò anche Allison- si alzó e fece per raggiungerlo a grandi falcate, ma la sua amica si gettò prontamente oltre il tavolo ad afferrargli un polso. Gli occhi verdi sempre benevoli del ragazzo saettarono sfolgoranti nei suoi, che lo pregavano di sedersi e tornare a finire la colazione. Ormai non le importava dell'intera mensa che li guardava, il Lupo Cattivo compreso, voleva solo che Trent si sedesse. 
-" Ti prego. Siediti. "
La fermezza della voce di Allison quasi gli fece gelare il sangue e, malgrado la sfrontata e testarda determinazione nel voler rifilare un gancio in faccia a quel pomposo coglione persistesse, si accomodò nuovamente sulla sedia e tutto parve tornare normale.
-" Io lo ammazzo... "
ripetè, stavolta mormorando, e poi tornò alla sua colazione. 
Allison lanciò un'occhiata fugace al Lupo Cattivo, che se ne stava al suo solito tavolo a mangiare il suo rancio mattutino con la sua solita tuta arancione, i suoi soliti capelli corvini sparati e ancora umidi dalla doccia e gli occhi acqua marina accesi di una luce meravigliosa quanto morbosa. 
La stava guardando a sua volta, con un sorrisetto d'insana superbia, quella dei teppistelli che a volte aveva visto per le strade di San Francisco, misto ad un non so che di dolce tipico dei ragazzini infatuati. Lei arrossì come non mai e distolse lo sguardo. Nessuno l'aveva mai guardata in quel modo, pensò, e dentro di sè sorrise. 
 
Trent stava a pochi passi da lei in quell'angusto corridoio del piano di sopra. Era un posto più buio rispetto ad altri ed era verniciato di un odioso indaco scurito a causa dell'umidità penetrata nell'intonaco. Ricordava quel lungo e cupo corridoio : per arrivare alle celle del piano superiore era passata di lì in febbraio, nei giorni dopo la tentata aggressione, quelli che lei aveva nominato I giorni del profondo rosso per un motivo a lei ignoto.
Allison prese titubante la cornetta, come se fosse stata uno strumento del Male pronto a risucchiarla in un oscuro vortice di follia. Era stato Berry a chiamarla, dicendole che c'era una chiamata per lei, e Trent, dopo una breve occhiata complice, l'aveva seguita attraverso i corridoi di Alkalie Lake in quell'insolitamente nuvolosa giornata di aprile in cui l'aria era fresca e tutto sembrava aver perso colore senza i raggi del sole. 
Si portò la cornetta di plastica nera all'orecchio e prima di parlare deglutì a vuoto.
-" Pronto? "
-" Ally? Sono zio Chris. "
Un peso si levò leggiadro dal suo petto e potè tornare a respirare. Grazie a Dio, era zio Chris. La sua voce era diversa da come la ricordava, un po' spenta e forse anche malinconica, stanca, ma le diede comunque una sensazione che non ricordava di aver mai provato, quella di ritrovare qualcuno che pensava non avrebbe rivisto più. Era immensamente felice di risentirlo dopo quasi  sette mesi di lontananza.
-" Ciao zio. Come stai? "
-" Vado avanti, come tutti. Tu? Stai bene? "
-" Certo, qui va tutto bene. La mensa sta migliorando e mi sono adattata bene all'ambiente. Per fortuna, non sono sola. "
Le dita di Trent che s'intrecciavano alle sue la fecero sorridere, anche se continuò a fissare la parete davanti a sè. 
-" Bene, sono contento. Avevo in mente di venirti a trovare. "
Il cuore di Allison sussultò a quella frase e nei suoi occhi parve accendersi una candela, una torcia, un faro nell'oscurità della sua solitufine interiore, in quel vuoto provocato dalla distanza dalla sua famiglia, dalle uniche due persone di cui le importava davvero dopo l'incidente di mamma e papà, avvenuto più di undici anni prima. Era un vuoto sordo e cieco, un vuoto che non poteva essere rimpiazzato. Un vuoto lacerante che si allargava ad ogni secondo di più, inghiottendo ogni briciolo di luce che ancora aleggiava restio nel cuore della ragazza. 
-" Davvero?! Quando? "
-" Questo fine settimana, sabato. Ti va? "
Sentì lacrime di gioia affiorarle agli occhi, ma le ricacciò indietro : non era una notizia per cui piangere, anzi. Non vedeva ormai l'ora che arrivasse sabato. 
-" Certo! Certo che mi va! "
-" Ottimo, allora sarà fatto. "
-" Perfetto. Ah, zio... "
Respirò a fondo prima di formulare quella domanda, prima di pronunciare quel nome sacro quanto quello di Dio Padre. Era difficile, ma non sapeva perchè. Da mesi e mesi non pronunciava quel nome, lo sentiva solo nella sua mente, di giorno nei ricordi e di notte negli incubi. Ora quel nome sembrava aver accumulato la forza distruttrice di un uragano, ma solo per Allison.
-" Valery come sta? "
-" Lei sta bene. Si è ripresa, anche se le manchi infinitamente. Ne parleremo sabato, se ti va. "
-" D'accordo. "
In realtà, Allison non aveva voglia di parlarne. Lei stava bene, era tutto quello che voleva sapere. O tutto quello che si stava autoconvincendo di voler sapere. 
La sua attenzione fu attirata dalla grande mano di Berry che si posò delicata sulla sua spalla; con l'altra mano le fece cenno che il tempo della chiamata era scaduto e lei annuì.
-" Adesso devo andare. Ci vediamo. "
-" D'accordo, ci vediamo. Ti voglio bene piccola. "
Sorrise.
-" Ti voglio bene anch'io. "
Riappese la cornetta al muro e sospirò, appoggiando un avambraccio alla parete e accostandovi a sua volta la fronte. Era stata la telefonata più sfiancante della sua vita.
~~~
 C'erano cose che non si cancellavano. Il Tempo poteva toglierle dalla pelle, ma non dalla mente. Il Tempo poteva rimarginare le ferite, ma non guariva le cicatrici. Il Tempo era soltanto una mera illusione, una maledetta aspirina contro un'emicrania incurabile, una medicina scadente che non aveva alcun vero potere. Nulla si dissolveva, le ceneri non si disperdevano, i ricordi non sfumavano, i demoni non affogavano.
Lei era distesa nella sua vasca da bagno, con il suo vestitino lilla e i capelli morbidamente sciolti sulle spalle, bagnati dall'acqua traboccante e rosata. Le sue braccia bianche e penzolanti oltre il bordo di ceramica erano squarciate, grondavano sangue che si mescolava all'acqua e che strisciava velenosa verso i suoi piedi, in rivoletti cremisi come serpi dannate pronte a ghermirla; tra le dita fine stringeva ancora una delle lamette da barba di Peter, una di quelle maledette lamette che troppe volte le aveva detto di gettare via, le lamette che avevano rovinato la vita di entrambe.
Cercò di urlare, ma nulla uscì dalla sua bocca, solo un debole fiato. Fece per avvicinarsi al suo corpo esanime, quando le palpebre abbassate dolcemente si spalancarono, rivelando vitrei occhi viola profondi come pozzi nell'Oblio, vuoti come l'oscurità di una grotta buia e dimenticata. La sua testa si voltò verso di lei, paralizzandola, e le sue carnose labbra rosse si piegarono in un ghigno malefico più che in un sorriso, il sorriso che i suoi demoni mettevano prima di ghermirla nella notte.
-" Non puoi scappare... Non puoi scappare... NON PUOI SCAPPARE! "
 
Scattò seduta sulla sua branda, soffocando un grido in un suono asmatico, un suono simile a quando si ritorna in superficie dopo un'eterna apnea. Lacrime amare le rigavano il viso pallido, che si asciugò in fretta con il dorso della mano, mentre il resto del corpo era imperlato dal sudore freddo che conosceva così maledettamente bene, così come i tremori convulsi di chi sta per avere un crollo psicologico. Si stropicciò ferocemente gli occhi, respirando boccate d'aria a pieni polmoni, nel tentativo forse di cancellare quelle orribili immagini che da più di un anno la tormentavano senza sosta, ogni giorno e ogni notte. Quella volta, però, erano state peggio di ogni altra. Era stato l'incubo più terribile che ricordasse.
Il lungo lunedì di paura. Quel maledetto lunedì di paura, pensò, e rivide le pallide e delicate braccia di Valery aperte dal polso fin quasi al gomito, grondanti di sangue rosso e dall'aspetto delicato. Un conato di nausea s'impossessó del suo stomaco e stavolta non si potè trattenere. Si gettò giù dalla branda, atterrando male e quasi slogandosi una caviglia, per poi inginocchiarsi davanti al WC e rigettare violentemente la cena con rantoli e gemiti. Quando i conati finalmente smisero di attanagliarle lo stomaco, tirò lo sciacquone e si abbandonò sulla tavoletta di plastica, versando tutte le lacrime amare che in quei mesi pensava di aver perlomeno accantonato in un angolo della sua mente. Erano lacrime semplicemente disperate, lacrime di rabbia e di miseria, di un sentimento così orrendo e rivoltante, così struggente e devastante che Allison si sentì crollare sotto il peso di esse. 
-" Signore, oh Signore, ma cosa ti ho fatto?! Che cosa ti ha fatto lei perchè tu le facessi fare questo?! "
mormoró devastata tra quella cascata di lacrime che non accennava a placarsi, parlando a quel Dio che non credeva l'avrebbe mai ascoltata, come mai l'aveva ascoltata prima di allora. 
Si calmò solo dopo lunghissimi minuti passati a piangere su quella maledetta tavoletta del WC mezza distesa sul gelido pavimento della cella con le gambe nude. Respirò profondamente, cercando di riprendere il controllo di sè stessa; si rialzò a fatica, poggiandosi al piccolo lavandino in cui tuffò il viso per risciacquarlo dalle lacrime e togliersi dalla bocca il sapore rivoltante del vomito. Aveva le ginocchia molli, faceva fatica a stare in piedi, ma per fortuna non ricrolló su sè stessa, malgrado ci mancasse poco.
Dei quatti movimenti provenienti dalla branda del Lupo Cattivo attirarono la sua attenzione, ma non sollevò lo sguardo dalla ceramica bianca ingrigita del lavandino; scorse il ragazzo con la coda dell'occhio, nella penombra della notte, che si avvicinava a lei con circospezione, quasi a non volerla spaventare. Si fermó a pochi passi da lei e la guardò con la sua consueta, apatica calma. Aveva assistito a tutta la scena minuto per minuto : era stato straziante vederla ferita quasi mortalmente dai suoi stessi demoni, qualsiasi essi fossero.
Ora era lì, appoggiata a quel lavandino con indosso solo un paio di mutandine e una canottiera nera, i capelli totalmente scompigliati e il pallore di un malato terminale. Ma forse non era il suo corpo che stava per morire nelle più atroci sofferenze del mondo. 
Le sfiorò la spalla con la mano e lei si ritrasse appena, con calma, ma lui insistette. Le carezzò con dolce rudezza la pelle liscia a volte intaccata da qualche cicatrice lasciata dall'acne, cercando di confortarla come meglio poteva; a quanto pareva, nonostante quello fosse stato un gesto semplice, quasi banale e forse stupido, la ragazzina sembrò riprendersi minimamente. 
-" È... È tutto a posto... "
mormorò con voce rotta, portandosi il pugno alle labbra come per coprire un colpo di tosse. Il suo sguardo si fece leggermente più duro nel buio e lei parve percepirlo. 
-" Non mentire con me. "
La sua voce risultò più fredda di quello che intendesse, ma cercò di rimediare con le sue dolci carezze sulla lattiginosa pelle nuda della spalla. Era gelida, quasi come se fosse morta. Era terrificante. Le strinse dolcemente l'arto e quel contatto sembrò rinvigorirla ancora un poco; la sua stretta era salda, sicura, ma allo stesso tempo timida e confortante. 
Si allontanò per un momento da quel corpo fragile come una statuina di cristallo e forte come una roccia e quando tornò le passò dolcemente attorno alle spalle la sua camicia, che le arrivava fino a metà delle cosce. I suoi occhi color ghiaccio saettarono luminosi verso i suoi, incuriositi e sorpresi da quel gesto così premuroso, così gentile, così insolito. 
-" Sei gelata : ti prenderai un malanno. Torna a letto. "
Allison ubbidì automaticamente, senza alcuna protesta, arrampicandosi svogliatamente sulla scaletta a pioli e stendendosi sul suo materasso, infilandosi nel capo insolitamente caldo e stringendovisi dentro, come se fosse stato un rifugio sicuro dal mondo intero; profumava di muschio bianco, di una punta di sudore e un odore quasi selvatico che riconobbe come quello del ragazzo. Fu il Lupo Cattivo a coprirla nuovamente con il suo piumino, allungando le lunghe e muscolose braccia attorno al suo piccolo corpo, avvicinandole poi, anche se con un po' di rozza timidezza, il suo adorato Pinky. 
-" Sai dove sono, s-se hai bisogno di qualcosa. "
Allison annuì, accennando un piccolo ed intenerito sorriso alla sua premura, una premura che la spiazzò. 
Quando si allontanò e vide la sua possente schiena tatuata nella penombra, una piccola, minuscola, insignificante ed ombrosa parte della sua mente le sussurrò che non era sola a combattere i suoi incubi, che un Lupo Cattivo l'avrebbe aiutata, se gliel'avesse chiesto o meno.
 
Nella sua branda, stava trattenendo a stento i tremori. Non sapeva perchè, ma continuava ad avere i brividi e non riusciva a dormire. Era la prima volta da un bel po' di tempo che gli capitava. 
Si rigirò per l'ennesima volta nel letto, facendo penetrare sotto il piumino sbuffi di aria gelida e rabbrividendo nuovamente, e puntò i suoi occhi lupini color acqua marina sulla ragazzina. Infagottata nella sua camicia e nel piumino, con l'unicorno di peluche tra le braccia, sembrava essere una bambina, un'adorabile bambina bisognosa di affetto. Ora sembrava serena, dormiva profondamente, anche se nella penombra Duncan distinse una certa ostilità nell'espressione corrucciata del suo visetto pallido. 
Quella ragazzina mi farà ammattire, pensò, un pensiero che si stampava nella mente per non tirarne fuori altri. Altri come quello della sensazione di non essere abbastanza, quell'infausta, odiosa, ripugnante sensazione di non essere abbastanza. Credeva di aver superato quella fase della sua vita quattro anni prima, quand'era un quindicenne sbandato con il cervello in pappa. E invece no, eccola lì di nuovo, rispuntata come l'ortica in un prato incolto. Non sei abbastanza. Ogni volta che la guardava un folletto bastardo nella sua testa gli ricordava quasi divertendosi che non sarebbe mai stato abbastanza per lei.
Si voltò ancora una volta, dando la schiena alla ragazzina. Poi chiuse gli occhi e il mondo tornò a spegnersi.
~~~
Quel sabato pomeriggio c'era un sole caldo e piacevole; un venticello rinfrescava l'aria dall'insolita calura che scaldava il cortile di Alkalie Lake e tutti gli sterminati prati circostanti. Non una nuvola in quell'immensa distesa turchese che era il cielo e gli uccellini cinguettavano tranquilli, portando una certa allegria tra i detenuti. 
Allison sedeva a gambe incrociate in un angolino non molto lontano dalla recinzione, con lo sguardo perso sui prati verdi in cui spuntavano macchie di fiori gialli o lilla e le cime lontane delle montagne ancora appena spolverate di bianco sulle alte ed irraggiungibili cime. La terra secca e tiepida faceva salire il suo amaro ma piacevole odore e il venticello trasportava quasi pigramente il profumo lontano dei boschi non molto lontani, un odore a lei familiare e a tratti genetico. Era tutto semplicemente bellissimo.
Trent era accanto a lei e con un bastoncino disegnava nella terra color nocciola forme semplici : alberi, fiori, soli, stelle. Evidentemente, si annoiava un po' , contrariamente a lei. Avrebbe passato l'eternità sotto quel cielo, di giorno o di notte che fosse, a rimirare il paesaggio circostante pur sapendo che ci sarebbe voluto molto tempo per poterlo raggiungere di nuovo. La libertà : un concetto ormai sfumato, un quadro sbiadito in quella galleria d'arte che era la sua mente. 
Entrambi i ragazzi aspettavano impazientemente l'ora delle visite ed entrambi avevano lo stomaco attorcigliato per l'emozione, anche se Trent lo lasciava trasparire leggermente di più da quei suoi begli occhioni verdi, che al sole diventavano quasi color dei prati che li circondavano. Da giorni, esattamente come lei, era in trepidante attesa di rivedere i suoi familiari. Allison non ricordava che le avesse mai parlato di loro, nè che gli avessero fatto visita, telefonato o scritto. Sembrava quasi che Trent non avesse nessuno fuori da quella serie di tre recinzioni, o almeno così era stato fino a quel momento. 
Si perse ad osservarlo, notando solo in quel momento che portava i capelli poco più lunghi di quando si erano incontrati la prima volta; aveva lo stesso sguardo gioviale, la stessa aura amichevole che l'aveva inaspettatamente accolta al riformatorio, niente del suo grande amico era cambiato. Era sempre lo stesso e, stranamente, sentiva di conoscerlo ormai da una vita. Il pensiero che di lì a meno di un mese sarebbe uscito dal riformatorio, che probabilmente non l'avrebbe visto mai più, le spezzò il cuore. Si costrinse a cacciarlo via, lanciando lo sguardo sui monti lontani e respingendo le lacrime. 
-" Non mi hai mai parlato dei tuoi incubi. "
esordì dopo qualche minuto Trent, puntando i suoi dolci occhi verde prato su Allison, che non smise di osservare il panorama attorno a sè. 
No, non l'aveva mai fatto. 
-" Posso chiederti che cosa sogni? "
Le rivolse quella domanda perchè sapeva benissimo che lei non era lì. Era da tutt'altra parte, persa in mezzo alle foreste a correre coi lupi, ad esplorare le caverne nelle montagne, a volare alta nel cielo in compagnia delle aquile. 
-" Mia sorella. "
rispose semplicemente, con voce piatta e assente. 
Passarono vari secondi prima che Trent tornasse a parlare.
-" Anch'io ogni tanto faccio degli incubi. Per la maggior parte delle volte vedo il mostro che pensavo si nascondesse nel mio armadio quand'ero bambino, solo che non è un mostro, è reale, è umano. "
Gli occhi di Allison si posarono su di lui come ali di farfalla, illuminati dalla splendida luce di quel sole accecante alto nel cielo di metà aprile. Gli sfiorò il braccio con le dita fine e delicate, leggermente scorticate dai contatti violenti con il sacco da boxe, in un gesto di pura comprensione che quasi lo spaventò. 
 
La sala per gli incontri era un locale non troppo grande illuminato da un'intera parete di finestre opache da cui filtrava mistica la luce del tardo pomeriggio. Il pavimento di linoleum azzurrino era perfettamente lucidato, così come i piccoli tavolini in metallo ordinatamente disposti per la saletta. Quel posto era così luminoso che quasi non sembrava di essere ad Alkalie Lake, un mostro di cemento grigio topo che devastava un paesaggio mozzafiato in mezzo alla rada campagna del Colorado, cento miglia a nord ovest di Castle Rock.
Un brusio contenuto animava quella stanzetta isolata del riformatorio, un concentrato di qualche tuta arancione e vestiti civili di mille colori diversi, e tra quei mille colori diversi spiccava un pregiato completo di cotone grigio e una camicia di lino azzurrina.
Riconobbe suo zio non appena mise piede nella stanza. Se ne stava compostamente seduto a quel tavolino isolato, a fissare il metallo lucente teso come una corda di violino; i suoi occhi neri come ossidiana erano luccicanti, malgrado con il tempo avessero perso la vitalità che li caratterizzava, e la sua pelle, più pallida rispetto a come la ricordava, faceva risaltare le prime rughe d'età e le minuscole striature grigie tra i capelli corvini e la cortissima barbetta attorno alla mascella e la bocca. Nonostante tutto, però, lo trovava ancora un uomo affascinante e in gran forma. Chris McLean non era mai stato un brutto uomo, anzi.
Allison si trattenne a stento dal corrergli incontro, con il cuore che martellava sempre più forte ad ogni passo e lo stomaco sempre più in subbuglio; Berry le teneva dolcemente una mano attorno al braccio ammanettato, una prassi che il regolamento non gli permetteva di evitare, e percepiva chiaramente ogni sua emozione soltanto guardandola.
Quando Chris la vide, un sorriso raggiante gli illuminò il volto e non potè fare a meno di alzarsi in piedi : era spiazzato dalla bellezza della sua nipotina ormai diciassettenne da parecchi mesi. La sua pelle era sempre del colore del latte, quello dei capelli era molto simile ai raggi del sole e i suoi occhi erano ancora di quel penetrante azzurro ghiaccio che a volte lo speventava, eppure era così diversa. Sembrava più muscolosa, più formata, perfino più vecchia di ciò che era in realtà; nel suo sguardo c'era qualcosa di diverso, così come il suo sorriso : parevano più duri, più forti, esplosioni di energia pura domate a stento. Davanti a sè, aveva una spledida, giovane donna forte e indomabile e non più una ragazzina ribelle.
Non appena Berry le tolse le manette, Allison si gettò tra le braccia dello zio, aggrappandosi al suo collo e affondandoci il viso, respirando il suo familiare e costoso profumo di marca; lui la sollevò da terra, stringendola a sè più felice che mai. Per la prima volta da anni, si sentì come rinato. 
-" Gesù, bambina mia! "
esclamò, affondando le dita nei lunghissimi capelli biondi tenuti sciolti solo per quell'importantissima occasione. Ancora non poteva credere di stringerla tra le braccia dopo cosi tanto tempo passato distante, divisi da chilometri di strada e da un'impenetrabile barriera di cemento.
-" Ciao zio. "
rispose calma lei, esprimendo il suo entusiasmo solo con un radioso sorriso.
Dopo un lungo abbraccio, si accomodarono al tavolino tenendosi le mani. Ad entrambi non sembrava vero di essere lì.
-" Come stai? "
-" Tutto bene. Qui non è poi così male. Ho incontrato brava gente, per la maggior parte sono dei ragazzoni a cui piace passare la giornata a leggere o in palestra. Mi sono adattata. Tu? "
Chris sorrise malinconicamente e annuì, un moto che lei aveva inevitabilmente ereditato.
-" Anch'io me la passo bene. Con gli affari tutto okay, a casa anche, anche se tu non ci sei. Sentiamo tanto la tua mancanza. Perdonami se non sono passato prima, pensavo che avessi bisogno del tuo spazio per ambientarti..."
Allison imitò suo zio, sorridendo e annuendo con lo sguardo puntato altrove. Per fortuna, suo zio la conosceva fin troppo bene. 
-" I nonni? "
-" Continuano ad infestare le nostre miserabili vite. "
A quella risposta, non poterono fare a meno di ridere. Allison ricordava più che bene le pesanti litigate con i suoi nonni, con nonna Sophie in particolare, e ricordava il modo lento e indolore con cui si era allontanata sentimentalmente da loro. Era stato un periodo lungo e brutto della sua vita, un periodo che l'aveva profondamente segnata ma che, ad un tempo, l'aveva temprata.
Ora peró, dopo quel breve momento d'ilarità, arrivava il groppo in gola, lo stesso pessimo groppo che le impediva di pronunciare il nome tanto amato, il nome sacro della sua Luce. Odiava doverlo fare, odiava torturarsi a quel modo, ma per lei, per sapere anche solo la minima stupidaggine sul suo umore, sul suo stato d'animo, si sarebbe gettata nelle fiamme dell'Inferno.
-" Valery? "
chiese in un sussurro, cercando poi di deglutire a vuoto. Era strano come solo fino a poco tempo prima urlava quel nome ai quattro venti ed ora non era nemmeno capace di mormorarlo, quasi nemmeno di pensarlo. I traumi sono i nomi delle loro vittime, pensò. O dei loro attori.
Lo sguardo di Chris non mutò, non s'incupì nè si rattristò. Era un buon segno.
-" È in gran forma. Ti scrive tutti i giorni : tiene dei quaderni solo per scrivere quello che le succede nel corso della giornata nella speranza che un giorno tu li legga. Ehm... T-tra poco annuncerà il suo fidanzamento con Viktor. "
Il fiato le si mozzo in gola come se qualcuno le avesse appena tirato un pugno dritto in faccia, un pugno infinitamente più forte di quello che le aveva rifilato il Lupo Cattivo e di cui ora vi era soltanto una leggera ombra quasi invisibile. Sua sorella stava per fidanzarsi? Davvero? 
In quel momento, la canna di una .38 carica in bocca non le sembrava una pessima idea, anzi. S'immaginò nella sua cella, con quella bella .38 putata alla tempia e bang!, le sue cervella che davano un tocco di colore alle pareti. Niente male.
-" Ally, tutto bene? "
Quello che doveva essere un Mmh-mmh di consenso uscì come un gemito strozzato e tutt'altro che di consenso. Respirò profondamente, strinse con forza le mani lisce di suo zio e cercò di contenersi. Era tutto a posto, lei era felice. Lei era felice. Andava tutto bene, adesso. 
-" Lo so che è dura, ma... "
Chris fu interrotto da un cenno della mano della nipote, che chiuse gli occhi in un'espressione di convulsa repulsione. Sì, era dura. Era maledettamente dura vedersi finalmente sbattere in faccia che nulla sarebbe stato più come prima, che lei non sarebbe stata più di un quaderno su cui riportare le proprie avventure, belle o brutte. Era dura veder spegnere definitivamente l'ultimo fiammifero nell'oscurità, l'ultimo bagliore di speranza che per così tanto aveva strenuamente difeso da tutti i demoni che la invitavano a sprofondare definitivamente. 
Passarono un altra buona mezz'ora a parlare di altro, dei pettegolezzi locali di Castle Rock, dei prossimi progetti di lavoro di Chris, delle sue avventure con Chef e di molte altre cose che potessero distrarla dalla devastante ed implicita notizia di non far più parte del suo stesso mondo. Quel tempo passó in fretta mentre il resto della stanza si svuotava lentamente o lasciava il posto ad altri visitatori, che sostutuivano il brusio di poco prima, le risate o le lacrime. 
Arrivò Berry ad interromperli, dicendo cortesemente al signor McLean che l'ora di visita era scaduta. Zio e nipote si abbracciarono con passione, infondendosi forza e coraggio a vicenda, cercando e trovando il sostegno di cui avevano bisogno per andare avanti. Era sempre confortante l'abbraccio timido eppure forzuto del suo zietto, quello che l'aveva cresciuta come se fosse stato un padre e che aveva cercato di proteggerla fino all'ultimo, più da sè stessa che dal resto del mondo. Non l'avrebbe mai ringraziato abbastanza per tutto quello che aveva fatto per lei.
-" Riguardati, mi raccomando. "
sussurrò Allison e Chris sorrise contro la sua tempia.
-" Certo. Certo. Anche tu. Tu voglio bene piccola. "
-" Ti voglio bene anch'io. "
E Chris McLean se ne andò, non senza guardarsi indietro, scomparendo oltre una porta di metallo opaco; prima che il suo malinconico sorriso svanisse, Allison pensó di rivederlo di almeno dieci anni più giovane e solo in quel momento si rese conto che sembrava invecchiato di dieci anni. Era un ragionamento da pazzi, ma era fondato, o almeno nella sua mente.
Con le braccia nuovamente ammanettate, Allison stava tornando alla sua cella in compagnia di Berry, quando vide che Trent si stava dirigendo dalla parte opposta scortato da un altro secondino. 
-" Hey! Un secondo! Ho bisogno di McLean solo cinque minuti. Può venire con me? "
chiese il ragazzo, non lasciando il tempo a nessuno per saluti e formalità varie. I due secondini si scrutarono apaticamente per qualche secondo, poi scossero entrambi le spalle. I due ragazzi erano grandi amici, ma erano molto pacati, tranquilli : non c'erano problemi di tentate fughe o cavolate del genere.
-" Solo cinque minuti, peró. "
puntualizzò Poynter, con uno sguardo stancamente apatico.
Tutti e quattro si diressero alla saletta delle visite, i due detenuti spalla a spalla persi nei loro pensieri. Quando rientrarono nuovamente, una ragazza in fondo alla stanza si alzò in piedi, con gli occhi illuminati da lacrime di gioia. Era poco più alta di Allison, con i capelli a caschetto colorati di nero e blu e molto pallida, con gli occhi corvini cerchiati dalla matita nera; indossava un adorabile maglioncino verde acqua, una gonna nera, calze nere al ginocchio e delle All Star, ovviamente nere. Era una ragazza molto carina e graziosa, dall'aria amichevole e allo stesso tempo solitaria, una persona a cui ci si affeziona al primo sguardo.
Non appena Poynter tolse le manette a Trent, lui corse dalla signorina, prendendola tra le braccia, sollevandola da terra e coprendola di baci, anche appassionati. La sorpresa di quelle effusioni così piene di passione e ardore e del tutto inaspettate da uno come McCord lasciò immediatamente il posto alla tenerezza nel vedere due anime unite in un modo così insolitamente e visibilmente profondo, un modo del tutto differente da quelli che era abituata a vedere di solito fuori da Alkalie Lake. Il modo in cui si guardavano era semplicemente unico, come se in quel momento, l'una tra le braccia dell'altro, il mondo fosse scomparso attorno a loro. Nulla esisteva più, tranne loro. 
Parlottarono sotto voce per qualche minuto, ridacchiando e commuovendosi, abbracciandosi e baciandosi ancora. In quei lunghi, sereni minuti, Allison li osservava da lontano, sentendosi improvvisamente un vuoto sordo nel petto, il vuoto di chi ha ormai perso il cuore e sa che non lo riavrà più indietro. Allora è così che ci si sente quando si trova l'amore, quello vero. Quel pensiero sembrò spezzarla, ma non lo diede a vedere e continuò a sorridere con stanchezza e malinconia ad uno degli spettacoli più meravigliosi della natura e probabilmente della sua vita.
-" E questa qui è la tigre, Allison McLean. "
sentendosi chiamare, la ragazza si svegliò, arrossendo un pochino per la timidezza. Fece un passo avanti, invitata dal suo grande amico, ma non proferì parola. Si sentiva di troppo in quell'allegro terzetto. La ragazza, però, le sorrise in modo raggiante, mostrandole tutta la sua simpatia, e le si avvicinò con sicurezza e benevolenza, quasi come un angelo. Per un attimo, le sembrò di vedere una versione più dark e sicura di sè di Valery.
-" È un piacere conoscerti, Allison. Io sono Gwen, Gwen Clark. "
Inaspettatamente, Gwen la abbracciò, trasmettendole mille dolci emozioni che solo una grande amicizia poteva infondere; ricambiò volentieri quell'abbraccio quasi fraterno, chiudendo gli occhi e assaporando il suo profumo di narcisi. Era una ragazza adorabile, la ragazza perfetta per il suo migliore amico. Non le serviva conoscerla per saperlo, le era bastato guardarla.
-" Scusate, la detenuta McLean dovrebbe essere già nella sua cella. "
li interruppe Berry, tornando per un secondo il secondino perfetto che aveva incontrato per la prima volta quel lontano ottobre che sembrava essere un ricordo lontano anni e anni. Nel profondo della sua mente, Allison lo ringraziò : in quella stanza, in quel momento, si sentiva la persona più sola al mondo.
-" È stato un piacere conoscerti... Spero di poterti rivedere. "
le disse Gwen, sorridendole affabilmente mentre Trent le circondava le spalle con un braccio, e lei ricambiò quel sorriso con una languida tristezza che non si premurò di nascondere; anche se ci avesse provato, non ci sarebbe riuscita. 
-" Lo stesso vale per me. "
Nei corridoi per tornare alla sua cella, sentì quel vuoto nel suo petto, il posto in cui avrebbe dovuto esserci il suo cuore, che stava sanguinando copiosamente. 
~~~
Quella sera cadde la prima pioggia di primavera. Le gocce battevano leggere tutt'intorno ad Allison, che si sentì come a casa in quella sequenza di rumori inquetanti e rilassanti ad un tempo; quasi le sembrava di sentire il profumo della pioggia, carica dell'odore di terra e foresta, un profumo che lei amava e che sentiva come suo. Le mancava così tanto...
Mentre ascoltava la sinfonia della natura e s'immaginava il profumo di quell'acqua gentile, si spazzolava distrattamente i lunghi capelli biondi davanti al piccolo specchio posto sopra il lavandino dell'angolo toletta. In quel riflesso un po' lercio vedeva una strana versione di lei, come se quello fosse stato lo specchio della sua anima, quasi come il quadro di Dorian Gray. I suoi capelli erano molto più lunghi di quando era arrivata ad Alkalie Lake e la pelle ancora più lattiginosa; il suo corpo le sembrava molto più formato, meno tozzo e più modellato sulle curve di una donna, anche se l'allenamento le stava dando un minimo di muscolatura in più. I suoi occhi, nonostante tutto, erano rimasti gli stessi, trasparenti specchi sulla sua anima nera cerchiati da aloni scuri di tristezza e insonnia. Era il riflesso di un fantasma quello che vedeva, un tessuto morto e inesistente che persisteva in una dimensione non umana.
Il pettine strapazzato incontrò un nodo ostinato nella sua chioma bionda ed Allison, con un fiotto d'ira che le attraversò tutto il corpo, diede uno strattone così potente che si strappò parecchi capelli dalla ciocca e quasi ruppe il pettine. Con un ringhio di rabbiosa frustrazione, scagliò il povero strumento di plastica nel lavandino, sui cui bordi poi si appoggiò per cercare di calmarsi e di ricacciare indietro le lacrime di frustrazione. Purtroppo, non ci riuscì. Era da sabato che non ci riusciva.
Il Lupo Cattivo alzò il suo sguardo acqua marina dal suo nuovo libro, puntandolo sulla ragazzina accostata ostinatamente contro il bordo del lavandino; le braccia le tremavano leggermente e il suo respiro, dai movimenti convulsi della sua schiena, sembrava troppo veloce e troppo lento allo stesso tempo. Pareva che fosse sull'orlo di una crisi di nervi, cosa non molto lontana dalla realtà e per un attimo rivide la ragazzina piegata sul WC a rimettere la cena e piangere come solo chi vorrebbe mangiarsi un proiettile poteva fare. Era uno dei mille ricordi della sua vita che non voleva avere.
Dopo un lungo e profondo respiro, posó da parte il suo libro, scese con calma dalla branda e le si avvicinò pian piano, come faceva sempre, evitando di commettere una cretinata, spaventandola con movimenti troppo bruschi. Si fermò per soli cinque secondi ad osservarla. I lunghissimi capelli biondi le ricadevano sul viso e la canottiera bianca dava mille impressioni, tipo quella dello sciatto, della pazzia, della possessione demoniaca, ma lui la trovava semplicemente una ragazzina. Una ragazzina tanto forte quanto fragile. Una ragazzina che stava lottando contro i suoi demoni da tanto, troppo tempo e che stava per crollare. 
-" Ci vuole un po' di pazienza. "
le disse con la sua solita calma apatica, e Allison alzò per un momento lo sguardo luccicante, incrociando il suo e sorridendo con amara ironia. Mi parli di pazienza quando avrei solo bisogno di sanità mentale, pensó, scuotendo la testa e sentendo un retrogusto pessimo in bocca. Stranamente, prenderlo in giro non le piaceva, la faceva sentire male senza un vero motivo.
-" Odio questi dannati capelli. "
mormorò, ricordando tutte le sere in cui zio Chris glieli pettinava e tutte le treccine che le aveva acconciato Valery. Sì, odiava quei capelli più di ogni altra cosa sul suo corpo, perfino più dell'acne, che fortunatamente ora era scomparso, lasciandole peró ricordi indelebili sulla sua pelle cadaverica; li odiava perchè li amavano le uniche persone nella sua vita che contavano qualcosa e da cui era stata costretta a separarsi probabilmente per sempre.
Il Lupo Cattivo si avvicinó ulteriormente, recuperando dal lavandino il povero pettine di plastica verde sbiadito; nelle sue mani sembrava un giocattolino, osservò divertita Allison, che sperò con tutta sè stessa che non facesse quello che pensava volesse fare. Dal rossore sulle sue guance e il modo in cui studiava il pettine, aveva peró intuito molte cose. 
-" P-posso? "
le chiese con timidezza e dentro di sè lei rise. In certe occasioni, tipo quella, la sua tenerezza era quasi ridicola : alto più di un metro e novanta, con un corpo scultoreo e meravigliosamente tatuato, una forza impressionante... ma con la tenerezza di un gigantesco orsacchiotto di peluche. Dovette trattenere le risa e limitarsi ad un sorrisetto sotto i baffi, rispondendogli semplicemente annuendo.
Il ragazzo si posizionò fieramente dietro di lei e con le grandi mani cominciò a studiare con attenzione ogni ciocca bionda, carezzandola, saggiandone la morbidezza e controllando le doppie punte; dallo specchietto, Allison riusciva chiaramente a vederlo, con la sua espressione concentratissima che ormai le era più che familiare e degli strani brividi sotto pelle ogni volta che la sfiorava per sbaglio, che le carezzava la chioma, che incrociava per un nanosecondo il suo sguardo nello specchio, arrossendo come un bambino infatuato. 
Pian piano, cominció a farle scorrere il pettine tra i capelli, un movimento che, a differenza di quelli che faceva lei, era lento e dolce, ponderato e prudente, attento a non strattonare i nodi facendole del male. Era incredibile quanta delicatezza nascondesse tra quelle mani scorticate da picchiatore. 
-" Dovresti spuntarli : le punte sono rovinate. "
mormorò, non staccando i suoi occhi concentrati dalla chioma bionda della ragazzina, che sorrise sornione al pavimento.
-" Li taglierei a zero, se ci fosse qualcuno con un paio di forbici e un rasoio elettrico a darmi una mano. "
-" In teoria ci sarebbe. Due volte al mese si ha il permesso di tagliarsi barba e capelli. "
A quella notizia, gli occhi di ghiaccio di Allison scattarono sullo specchio, incrociando quelli color acqua marina del ragazzo. Riabbassò lo sguardo dopo pochissimi secondi, tornando a torturarsi goffamente le mani. Era una bella novità, quella.
Quando ogni nodo, anche quello più ostinato, fu sciolto, il Lupo Cattivo cominciò a dividerle la chioma in tre grandi ciocche e ad intrecciarle con meticolosa premura dopo aver arraffato l'elastico nero che aveva poggiato sul lavandino e averlo stretto tra le labbra. Le sue mani erano incredibilmente delicate e abili, gentili ed esperte, quasi più delle sue. Sorrise di nuovo ai suoi piedi, arrossendo violentemente. Le piaceva quella sensazione indescrivibile, le piaceva davvero, e trovava molto intrigante il modo in cui tratteneva l'elastico tra le labbra fine. Chissà quante ragazze aveva ammaliato con quei semplici dettagli... Si costrinse a pensare a tutt'altro, tipo alla pioggia che ora si era fatta battente fuori da Alkalie Lake, dove le nubi plumbee avevano coperto il cielo con la loro cappa cupa, trasformandolo in un grigio quadro di morte.
Quando terminò la sua opera, la assicurò con l'elastico e la guardò con una certa punta di soddisfazione nello sguardo; Allison si porto una mano ai capelli, spostando la grande treccia su una delle sue spalle e osservando il lavoro perfetto che quel misterioso ragazzo aveva appena svolto : non un nodo, nè una ciocca fuori posto, soltanto due ciuffi ad incorniciarle il visetto pallido. Era semplicemente perfetto.
-" È... È bellissima. "
affermò spiazzata, ritrovando un minimo di sè stessa nel suo riflesso grazie a quella treccia. Il Lupo Cattivo, ora due passi più lontano e al suo fianco, la osservava fiero con le braccia conserte al petto coperto solo dalla canottiera grigia e un mezzo sorriso sulle sue labbra fine, ormai circondate da un po' di barbetta incolta. Lo trovava quasi buffo, troppo giovane e troppo adulto ad un tempo.
-" Mi dispiace solo che entro domattina saranno punto e a capo... "
-" Vorrà dire che userò quel pettine più spesso. "
A quella risposta, Allison si voltò di scatto, gli occhi di un naufrago sperduto e il cuore di un cavallo imbizzarrito; lui continuava a guardarla con quel sorrisetto che diceva più di mille parole, il sorrisetto che mai nessuno in vita sua le aveva rivolto. Deglutì a vuoto, perdendosi definitivamente in quelle iridi acqua marina. 
-" G-grazie... "
mormorò timidamente, spostando gli occhi sui suoi piedi e chiudendosi le braccia attorno al corpo. Quegli occhi la facevano sentire nuda, senza veli nè sul corpo nè sull'anima. Era il primo che la faceva sentire così, senza corazze con cui proteggersi dal mondo, eppure sentiva che, in un certo qual modo, lui sostituiva quella corazza. Per un secondo rivide il momento in cui, mesi prima, l'aveva costretta a quel freddo muro di piastrelle, proteggendola da Scott Laughton. 
Quel ricordo le fece automaticamente fare un brusco passo indietro, come se fosse stata sfiorata da un tizzone ardente, mettendo in allarme il Lupo Cattivo. 
-" È tutto okay. "
si affrettò a dire, nella speranza che la bevesse, ma da quello sguardo color del mare non trapelava dubbio alcuno che quella fosse una menzogna. 
-" Per questa volta farò a finta di crederti. Su, va' a letto. Devi riposarti. "
Allison non riuscì a sottrarsi a quell'ordine e si arrampicò sulla sua branda; come qualche sera prima, il Lupo Cattivo le rimboccò il piumino caldo, avvicinandole dolcemente Pinky e lasciandole un'affettuosa carezza di buona notte sulla spalla. Gli sorrise affabilmente senza una ragione, forse per ringraziarlo di non farla sentire completamente abbandonata, e stranamente crolló subito addormentata.
 
Continuava a fissarla senza riuscire a prendere sonno. Se ne stava lì, steso sul fianco, a guardare la ragazzina dall'altra parte della stanza. Dormiva come un sasso, teneramente abbracciata al suo unicorno rosa, con i due ciuffi che aveva lasciato fuori dalla treccia che le scendevano sul viso da fantasma. Sembrava tranquilla, almeno quella notte, cosa per cui si rasserenò.
La guardava senza pensare a nulla, senza porsi alcuna domanda sui suoi frequenti e bruschi risvegli, sui sui spasmi e attacchi d'ansia, su quegli occhi che sarebbero stati bene su un condannato a morte. Non si poneva certe domande perchè non voleva pensare a quello che c'era dietro ad ogni suo movimento.
Si voltò, puntando gli occhi sul soffitto buio della cella e strofinandosi il viso con le mani. Sapeva perfettamente che non avrebbe preso sonno quella notte. Per un attimo volle strapparsi i capelli dalla testa : detestava le notti insonni, erano momenti in cui pensava troppo. 
Tornò a guardare la ragazzina, sempre uguale, sempre addormentata, sempre adorabile, sempre bella. Nella debole luce della notte pareva uno spirito tormentato che cercava disperatamente rifugio nel sonno, e forse era così. Invidiava la sua capacità di addormentarsi così in fretta. Si chiese se aveva sviluppato quella capacità perchè il sonno a volte è il rifugio migliore da quello schifo che è la vita. A quella domanda non trovò risposta, soltanto la debole vibrazione del suo respiro calmo. 
~~~
Non sapeva da quanto stesse prendendo a pugni quel sacco da boxe, ma doveva essere da parecchio, visto che la cerata aveva cominciato a chiazzarsi di rosso. Quando si controllò le mani apparentemente delicate, vide che le nocche erano scorticate e sanguinanti. Ottimo, pensò, non sento nemmeno più il dolore. In realtà lo sentiva eccome, il dolore, solo che era in un posto peggiore delle mani o del corpo in sè, ecco perchè non percepiva quelle potenti scariche elettromagnetiche che attraversano la carne fino al cervello in una complicata rete di comunicazioni nervose.
Non stava picchiando contro il sacco per allenamento, bensì per sfogo. Pensare a picchiare la distoglieva dal pensare a Valery di nuovo fidanzata, di nuovo tra le braccia di un ragazzo che, nonostante fosse il caro vecchio Viktor Blaine, avrebbe volentieri ucciso. L'idea che sua sorella stesse di nuovo baciando un ragazzo, che stesse passeggiando al Rockford Lake mano nella mano con lui, che uscissero e che lei indossasse per lui il vestitino viola le faceva andare il sangue al cervello, ottenebrando completamente la sua razionalità e lasciando il posto all'istinto puro di mamma lupa con i cuccioli ancora troppo piccoli. Avrebbe voluto piangere, ma c'era troppa gente in palestra e non le piaceva in generale piangere. Era qualcosa che pensava di aver smesso di fare molto tempo prima di Alkalie Lake, qualcosa che era finito con il lungo lunedì di paura. E invece era ancora lì, ma in fondo le lacrime erano parte dell'uomo come gli organi interni o le ossa : se mancassero, l'uomo sarebbe morto.
Rivide per un momento il viso angelico di sua sorella che le sorrideva affettuosamente, che le chiedeva se sarebbero state insieme per sempre quel giorno sulle rive del Rockford Lake, mano nella mano, una domanda a cui aveva risposto : Sei mia sorella, no? Già. Ma ora non erano più insieme. 
Nulla improvvisamente sembrò avere più senso. La vide china sulla sua scrivania a scrivere su uno dei suoi quaderni con la sua penna preferita, a raccontare di tutto quello che stava accedendo fuori da Alkalie Lake nella speranza che prima o poi Allison lo avrebbe letto. Era una visione tanto bella quanto dolorosa, rivedersi come un fantasma che deve essere materializzato in qualcosa come appunto un quaderno, qualcosa che doveva esistere malgrato si sapesse che non sarebbe stato nulla più che carta scritta.
Crolló a terra a gambe incrociate, prendendosi il viso tra le mani sanguinolente, e cominciò a versare lacrime velenose, il sangue del suo cuore che scorreva a fiumi dai suoi occhi di ghiaccio. Le guance le bruciavano come se fossero state percorse dalla lava e sentì nel petto un dolore sordo e penetrante, un dolore oltre ogni fisicità e ogni limite umano, il dolore di un amore mostruoso, quello della ragione di vita perduta, dell'acqua che scorre via dalle dita di un assetato. 
Percepì qualcuno che le si sedeva a fianco e che poggiò una mano sulla spalla, una mano grande e gentile, una mano che ora le era familiare e che le scaldava dolcemente la pelle. Per un attimo pensó di urlargli di andarsene via, ma il calore che le infuse non la fece sentire sola, perciò si lasciò andare e singhiozzò finchè non pensò di aver finito ogni lacrima che aveva lasciato indietro.

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Capitolo 5
*** Part 5 ***


BROKEN PIECES - Part 5
 
Maggio
Il suo lavoro era tornato nella biblioteca, dov'era ancora da sola. La mattina non lavorava più di tanto, se ne stava alla scrivania di legno rovinato a leggere, ogni tanto si metteva a fare l'inventario, ma per la maggior parte del suo tempo pensava, rigirandosi una penna tra le mani o osservando la biblioteca smorta e invecchiata, invecchiata insieme alle pareti marce del riformatorio. Più volte aveva pensato che sarebbe stata una bella cosa poter ristrutturare quella stanza in cui molti dei detenuti venivano a rifugiarsi, darle un tocco in più di vita, ma ricordava sempre a sè stessa che Harrison le avrebbe riso in faccia e accantonava immediatamente l'idea.
I pomeriggi, invece, lavorava parecchio, visto l'afflusso di ospiti che, nel tempo libero, andavano a trascorrere le ore tra la biblioteca e il cortile. Le piaceva stare lì, come sempre le era piaciuto ogni ambiente in cui ci fossero stati dei libri; le ricordava la bella abitudine di Valery e il suo sguardo dolcemente perso tra le righe dei suoi romanzi, per lo più fantasy. 
Carven se ne stava lì sulla sua seggiolina a sfogliare pigramente il suo quotidiano, mentre la radiolina vecchia di più o meno vent'anni riproduceva le solite nostalgiche canzoni country e folk dell'infanzia del secondino. Ogni tanto alzava i suoi occhi color nocciola sulla silenziosa ragazza, notando il suo sguardo perso e stanco, uno sguardo invecchiato di dieci anni rispetto a quando l'aveva vista la prima volta. Sembrava così sfiancata...
-" Tutto a posto, McLean? "
Allison si voltò quasi allampanata verso Carven, che la fissava con un'apatica curiosità, e lei annuì silenziosamente. Lo faceva automaticamente, ormai. Tanto chi poteva capire come ci si sentiva ad essere completamente esclusi dal proprio mondo, dalla propria vita, definitivamente?
Sembrava che fosse tornata come i primi giorni di detenzione, in quei freddi giorni di fine ottobre quando ancora sembrava un uccellino perduto in una tormenta, quando si era improvvisamente trovata nel limbo della sua anima e per lei il tempo si era fermato. Aveva smesso di sorridere e di parlare, aveva smesso di esprimere emozioni, di partecipare davvero al girotondo della vita. Era tornata nel limbo, nei suoi pensieri devastanti che le stavano lentamente lacerando l'anima, di nuovo. Solo Trent sembrava far breccia nel suo cuore di titanio e nessun altro, nemmeno il Lupo Cattivo.
Aveva ricominciato a vivere alla giornata, come se tutta la sua vita da quel momento in poi fosse stata solo ed esclusivamente tra le mura di Alkalie Lake, in mezzo a corpi vuoti che camminavano senza meta. Niente sembrava avere più senso, eppure non capiva perchè. Prima o poi avrebbe dovuto riprendersi, ma quando, di preciso? Forse mai. No, non ci si poteva riprendere dai terribili schiaffi che la realtà e la vita che scorre senza di te ti rifilano. 
Nel frattempo, continuava gli allenamenti, stavolta senza uno scopo preciso, solo quello dello sfogo e dell'abbattimento della noia, della disperazione, della voglia di spegnersi una volta per tutte. Stava molto migliorando, diventava sempre più agile e anche più muscolosa, pur restando magra e quasi mingerlina com'era da sempre. Gli incontri contro il Lupo Cattivo ora erano lunghi e stremanti, il più delle volte entrambi uscivano dalla palestra con un livido sul viso e un'articolazione dolorante, ma tutto quello dava una certa macabra soddisfazione ad Allison : era bello saper fare qualcosa di così adrenalinico. Le dava una mano, la aiutava a non pensare a tutto quel complesso e fragile puzzle di cristallo della sua vita che cadeva lentamente a pezzi, portando con sè un lungo pezzo della sua anima mortalmente ferita. 
Impara a rinchiudere il demone che c'è in te, prima che ti mangi vivo, si ripeteva spesso, e inconsciamente ripensava al Lupo Cattivo. I suoi occhi che la guardavano di soppiatto non la lasciavano andare. Non sapeva che quegli occhi le stavano salvando la vita.
 
Qualcosa era cambiato in lei. La tristezza profonda che solcava il suo sguardo i primi giorni in cui l'aveva davvero osservata era tornata e sembrava che non avesse alcuna intenzione di andarsene di nuovo. Ogni volta che la guardava o che provava ad avvicinarsi a lei si sentiva respinto, anche se non era proprio così, non materialmente. C'era come una forza attorno alla ragazzina, un'entità tanto potente quanto crudele che gli impediva di avvicinarsi a lei quanto avrebbe voluto. 
Gli dispiaceva infinitamente vedere di nuovo un fantasma e non una ragazza, gli dispiaceva non essere di alcun aiuto e gli dispiaceva vederla di nuovo completamente sola a lottare contro i suoi demoni. In un certo senso, lei era diventata sua amica, quasi più di Paulie; tra di loro c'era una sorta di alchimia, quel sentimento per cui tra due persone i silenzi valgono più delle parole. Con lei si sentiva bene, si sentiva Duncan, non doveva fingere di essere un duro immune alle emozioni umane e nemmeno un onnipotente bastardo. Solo Duncan, nè più nè meno. 
Eppure c'era sempre quella maledetta vocina. Non sei abbastanza. No, non lo era. Ogni volta che l'adocchiava, tutta infagottata nella sua tuta arancione con quella cascata bionda e quegli occhi color ghiaccio, si sentiva infimo, inutile, una goccia nel mare, mentre lei era il mare stesso. Era una sensazione assurda, lo riconosceva, ma nessuno l'aveva mai fatto sentire così. Così insufficiente. E questo gli faceva male, anche se non sapeva perchè. 
Anche ora, alla luce di quel magnifico sole, si sentiva poco più di uno scarafaggio. Lo sguardo della ragazzina era malinconicamente puntato sulla strada che portava ad Alkalie Lake, una strada che scompariva nella campagna e tra gli alberi, una strada che avrebbero percorso molto, molto tempo avvenire; aveva i capelli legati in una lunga treccia dorata e sembrava quasi uscita da un film o da un quadro con quel suo profilo delicato. Era molto bella, doveva riconoscerlo. 
Sbuffò una nuvoletta di fumo azzurrino e la guardò dissolversi della brezza primaverile ormai estiva e rivivendo tutti i ricordi che risvegliava in lui quell'arietta dolce e profumata d'estate. Gli mancava molto quel periodo, quei mesi di libertà in cui poter vivere selvaggiamente ogni bollente giorno. Ne sentiva dannatamente la nostalgia, nonostante ora fosse molto grande, forse troppo per quelle avventure. 
-" Come sta oggi la tua biondina? "
gli chiese Paulie, avvicinandosi e accendendo a sua volta una sigaretta scadente. Duncan fece una smorfia e spostò il suo sguardo sulle montagne a est, stizzito più che mai da quella domanda. Odiava essere colto in flagrante.
-" E dai, calmati amico. Nessuno ti accusa di nulla : è molto carina. "
Malgrado sapesse che quelle parole non erano dette con malizia, bensì con tanta tenerezza, una scarica di rabbia gli attraversò la spina dorsale come una scossa elettrica. Non gli piaceva che i ragazzi del riformatorio parlassero della ragazzina. Da quella mattinata di febbraio, quell'indimenticabile, orribile mattinata, era stato all'erta : non avrebbe permesso a nessuno di farle del male, sè stesso compreso.
~~~
Il momento stava per arrivare. Mancavano ancora molti giorni, ma Allison non poteva fare a meno di pensarci. E come poteva non farlo? Trent, il suo migliore ed unico amico nel riformatorio, stava per uscire. Sorrideva al pensiero che almeno lui potesse già percorrere la strada della libertà e allontanarsi da quell'orribile posto che era Alkalie Lake, eppure soffriva dannatamente -forse egoisticamente- al pensiero che lui non sarebbe più stato lì con lei e che probabilmente non si sarebbero visti più. E il tempo sembrava voler scorrere sempre più in fretta.
Scacciò quel pensiero dalla testa ed entrò nella palestra, avvicinandosi al ring, dove però c'era qualcosa di diverso. Un capannello di ragazzi stava ammucchiato lì attorno, a bisbigliare e ridacchiare, fissando quasi ossessivamente le corde rosse e blu. Sul quadrato, Duncan e Paulie stavano conversando a bassa voce con sguardo serio e molto concentrato, il primo in normali abiti arancioni e il secondo con i calzoncini da ginnastica e il torso nudo.
Allison rimase ai piedi del ring, ad osservare quello strano spettacolo nella sua consueta tuta da ginnastica, con le mani e i piedi fasciati, mentre alcuni galeotti si voltarono a guardarla con curiosità e qualche indecifrabile sorrisetto che sembrava d'incoraggiamento. Che quel giorno ci fosse in programma un incontro? No, non era possibile : lei e Duncan avevano già organizzato tutto per l'allenamento di quel pomeriggio. Ma perchè diavolo aveva ancora addosso la tuta arancione?
Il Lupo Cattivo l'adocchiò con i suoi meravigliosi occhi color acqua marina e si congedò momentaneamente dal suo amico, invitandola a salire sul ring con un cenno della mano. Allison, più titubante che mai, obbedì. La cerata del ring era fresca e appiccicosa sotto i suoi piedi fasciati; gli sguardi del capannello di ragazzi che si puntavano su di lei le fecero avvertire un gran peso nel petto, anche se non sapeva perchè.
-" Oggi combatterai il tuo primo incontro. "
sentenziò il ragazzo, accompagnandola ad uno degli angoli, e a quelle parole la ragazza si bloccò all'improvviso, sbarrando gli occhi e trattenendo il respiro. Lui si limitava a guardarla con la sua consueta apatia e le braccia incrociate, aspettando una qualsiasi reazione.
-" C-cosa? "
mormorò spaventanta, lanciando un'occhiata a quel gigante che l'aspettava dall'altra parte del ring; era lo stesso ragazzo che aveva visto combattere contro Duncan parecchio tempo prima. Deglutì a vuoto, già vedendosi arrivare un abnorme pugno nel naso e stramazzare al suolo ancora prima di aver cominciato. 
Il Lupo Cattivo le si avvicinò ulteriormente e con molta naturalezza le poggiò le grandi mani sulle spalle e le puntò gli occhi nei suoi; si sentì gelare il sangue.
-" Sta' tranquilla : non te lo farei fare se non fossi pronta. Ricorda quello che ti ho detto sui punti da colpire e sulla tua rapidità. Lui tende ad essere istintivo, perciò usa le finte. Puoi benissimo batterlo, d'accordo? "
Allison annuì con poca convinzione a quelle parole di conforto, ma gli fu grata della piccola e tenera pacca sulla spalla che le lasciò.
-" Hey, ragazzina. "
Mentre si sfilava la felpa, Allison si voltó verso il suo allenatore, che era al suo angolo, fuori dalle corde, sempre con le braccia conserte e lo sguardo di ghiaccio.
-" Non fargli troppo male. "
Un sorriso si disegnò sul sorriso di entrambi, poi il mondo sembrò sparire.
I due avversari iniziarono il riscaldamento, studiandosi a vicenda come lupi famelici; per entrambi, quel giorno, quell'incontro era un problema. Nessuno dei due conosceva la tecnica di combattimento ed era la prima volta che si affrontavano tra loro. Non sarebbe stato affatto facile, contando anche la stazza : mentre Paulie era un colosso di quasi due metri per circa cento chili, Allison era uno scricciolino di un metro e sessantatrè che pesava a stento cinquantasette chili. L'avrebbe ridotta ad un hamburger, pensò tristemente mentre si scrocchiava le dita.
La campanella d'inizio match trillò, quasi spaventando Allison; le tremavano le gambe, ma si obbligò a rimanere calma e a combattere come le aveva insegnato il Lupo Cattivo. Non voleva deluderlo, e non voleva deludere nemmeno Valery e Trent, Chris e Chef, i suoi genitori e zia Adeline. Erano tutti lì, lo sentiva. Non poteva perdere.
Paulie partì alla carica, facendo tremare il pavimento del ring, e Allison fu molto rapida nello schivarlo da sinistra, sgusciandogli alle spalle. Si sentiva il cuore rimbombarle nelle orecchie e percepì il proprio respiro più fremente e tremolante di adrenalina. Si sentiva sola ed impotente in quel quadrato, mentre la piccola folla incitava e il Lupo Cattivo la fissava quasi ossessivamente, trattenendosi dal gridare a sua volta.
Paulie caricò nuovamente come un toro imbizzarrito; provò nuovamente a scartare di lato, ma il colosso allungò un braccio e la colpì in pieno ventre, facendola volare e ruzzolare al suolo. Nonostante il dolore atroce, rotolò rapidamente e si rimise in piedi un secondo prima che l'avversario calasse su di lei; mentre era ancora in ginocchio, ne approfittò per rifilargli un calcio sull'orecchio, facendogli perdere momentaneamente il senso dell'orientamento. Entrambi erano già stanchi, Allison soprattutto, la quale per il persistente dolore allo stomaco cominciava a vedere doppio. Dio se quell'essere aveva forza! 
Fece in tempo a scartare un gancio, rifilando a sua volta un calcio allo stomaco, ma non potè evitare che Paulie l'afferrasse per una spalla, trascinandola al suolo; sentì le sue unghie penetrarle nella pelle e ferirla. Si liberò convlusamente da quella stretta, facendosi graffiare ma allontanandosi momentaneamente dal suo avversario. Non si accorse delle lacrime che le bagnavano il viso e nemmeno della frustrazione faticosamente contenuta del Lupo Cattivo.
Che diavolo le stava succedendo?! Doveva combattere, non scappare.
Prese la rincorsa e fece una finta; Paulie scoprì il costato, su cui Allison infranse una potente ginocchiata e poi un'altra nella schiena, obbligandolo ad abbandonarsi al pavimento. Fece per infierire nuovamente, ma con uno scatto quasi felino il ragazzo si rialzò e l'afferrò alla gola, stringendo le sue forti dita attorno al collo delicato della ragazzina; in quegli occhi color cioccolato e nei bianchi denti digrignati Allison lesse sfida e ira pura. Guardò per un momento alle spalle del ragazzo e vide il Lupo Cattivo che si copriva gli occhi con una mano; sentì un pugnale perforarle il cuore come un fulmine che squarcia il cielo.
Reagì proprio quando il fiato cominciava a mancarle sul serio, colpendo il colosso appena sotto l'occhio, e lui rispose rifilandole un potente pugno nel naso e laciando la presa sul suo collo; rovinò a terra e sentì il colpo rimbombarle in tutto il corpo, in ogni osso, in ogni nervo. La testa le sembrò un mattone, il corpo un tronco morto. Era a pezzi.
Si rialzò faticosamente, con i fiato corto e rantolante e ciocche di capelli dorati e sudaticci davanti agli occhi, un rivoletto di sangue dal naso e dalla spalla brutalmente graffiata le scivolavano sulla pelle candida e luccicante di sudore. Fissò con odio puro Paulie, che la guardava allo stesso modo. Due lupi che combattono per una cosa sola : dimostrare di essere qualcuno.
-" Sei dura a cadere, eh ragazzina? "
le disse il colosso, sorridendole in modo strano, quasi divertito; anche lei sorrise, un sorriso malato e psicotico, maledettamente inquietante e che lasciò un indelebile segno nella mente di Paulie, che per un momento ebbe paura.
Entrambi partirono alla carica; Allison schivò il pugno del ragazzo, abbattendolo con una gomitata in pieno viso. Paulie cadde al suolo, il pavimento tremò sotto i piedi della ragazza, che si avventò sul corpo disteso del suo avversario per atterrarlo, ma che ancora un volta fu più rapido di lei. Si vide arrivare un pugno in faccia, alla mascella, e ricadde di lato, al fianco di Paulie; rimase stesa di schiena in una posizione innaturale, a fissare il soffitto e a vederlo di mille colori diversi. Era bellissimo.
Una convulsione la fece tossire e sputare sangue, poi si voltò verso il suo angolo. Il Lupo Cattivo era ancora lì, immobile, che la guardava, ma non riusciva a vedere come. Provò faticosamente a rialzarsi, ma le braccia non sopportarono il suo gravoso peso. Ricadde inerme al suolo e la campanella rimbombò nella sua mente.
Sia lei che Paulie erano ancora distesi a terra.
 
Riaprì gli occhi e si sentì come rotta in mille pezzi. Non c'era una sola parte del corpo che non le facesse male; faceva fatica a respirare, era uno sforzo terribile, e di muovere i muscoli non se ne parlava proprio. 
Non appena la vista le concesse di guardarsi attorno, si accorse di essere nell'infermeria, quella terribile stanza bianca e che odorava di lattice e disinfettante. Era disesa su una delle morbide brande, la stessa su cui era stata in quella terribile mattina di febbraio, ancora con la sua tuta da ginnastica e le mani e i piedi bendati. In bocca percepì il metallico e dolce sapore del sangue e automaticamente volle sputare da qualche parte. Lo detestava, quel sapore.
Come diamine ci sono arrivata qui? si chiese, e la risposta non tardò ad arrivare. Fece per alzarsi, ma una voce profonda e calma, quasi melliflua ed eterea, la fermò.
-" No, sta giù. "
Il Lupo Cattivo le si sedette accanto e le sorrise appena, un sorriso così tenero che la fece sorridere a sua volta. Con uno straccetto di lino umido di acqua calda, le pulì la bocca e il naso, ancora sporchi di sangue; il suo tocco era delicato e prudente, quasi ristoratore. Non si sottrasse a quelle premure, in fondo adorava il modo in cui lui la curava. Non ricordava che qualcuno l'avesse mai fatto in quel modo tanto sincero e gentile.
-" Siediti, dammi le spalle. "
Allison obbedì, constatando che il dolore acuto di poco prima era ridotto ad un dolce pulsare sordo e nulla più : ormai le ferite del corpo non avevano troppo effetto su di lei.
Duncan le spostò dolcemente i capelli spettinati sulla spalla destra e infilò un dito sotto la spallina del top della ragazza, la quale scattò per un secondo, tendendo ogni muscolo a lui visibile. Si era dimenticato quanto lei detestasse certi contatti fisici.
-" Voglio solo controllarti la spalla. Non ti faccio nulla. "
Si voltò appena per guardarlo, svelando un segreto e tenero rossore, poi si rilassò un minimo e lo lasciò fare. Duncan le abbassò la spallina sul braccio, notando il tremendo graffio perpetrato da Paulie; sulla pallida pelle della ragazza, i segni delle cinque unghie avevano lasciato altrettanti tagli, due avevano strappato via piccoli lembi di pelle, imbrattando di sangue la spalla e il top. Quando li sfioró con lo straccetto bagnato d'acqua bollente, Allison ruggì per il dolore, che le attraversò il braccio come una scarica elettrica. Facevano dannatamente male.
Dopo qualche secondo, Duncan riprese a tamponarli pazientemente, sempre con quel suo sguardo corrucciato e attento da chirurgo, mentre la ragazzina si scioglieva le bende sulle braccia e cercava di distrarsi da quel dolore pulsante e fastidioso.
-" Come ti senti? "
le chiese, senza staccare gli occhi da quelle ferite, e lei ridacchiò con ironia.
-" Sono stata meglio... "
mormorò stanca e delusa, puntando gli occhi sulla finestra sbarrata e sulla luce argentea che ne penetrava. Quel giorno era nuvoloso, le nubi erano cariche di pioggia e presto sarebbe arrivato un grande temporale.
-" Te la sei cavata molto bene oggi. "
-" Lo dici solo per farmi piacere. "
-" Ormai dovresti conoscermi : quello che dico è quello che penso e quello che è vero. Paulie non è un avversario comune, anzi. Tu l'hai affrontato molto bene. "
Un sorriso di malinconica soddisfazione si dipinse sul volto battuto di Allison, che ringraziò mentalmente quel cupo ragazzo per essere lì insieme a lei.
Quell'atmosfera di pace e silenzio, però, fu interrotta da una fulminante presenza che si abbattè sul Lupo Cattivo come l'onda anomala di uno tsunami. Come una tigre, Trent saltò oltre il letto, andando a colpire Duncan in pieno volto e trascinandolo a terra con sè; gli si sedette a cavalcioni sullo stomaco e cominciò a prenderlo a pugni, urlandogli i peggiori insulti mai sentiti. Allison, più che ruggire per il dolore alla spalla e fissare sconvolta la scena, non riuscì a fare nulla. Almeno per un momento, perchè istintivamente volle gettarsi tra i due ragazzi, ma prima che potesse fare qualche passo oltre la brandina un braccio ciclopico le avvolse dolcemente ma saldamente la vita, imprigionandola per la sua sicurezza. Quando si voltò e vide che era Paulie, per un attimo si spaventò. Era terrificante con la sua stazza e suoi occhi castani che sprigionavano fiamme.
-" Stanno arrivando i secondini, è meglio che lasci fare a loro, principessa. Andiamo via. "
Paulie la prese in braccio e, nonostante le proteste della ragazza, la portò alla sua cella.
 
Arrivò la sera, ma diversamente dal solito non portò con sè la calma. Nel riformatorio si erano già sparse le voci sulla rissa tra il detenuto Nelson e il detenuto McCord e ora si trovavano entrambi e da un bel pezzo nell'ufficio di Harrison. Tutti i secondini erano nel caos più totale, Berry compreso, e alla mensa si respirava tensione.
Per il resto del pomeriggio, era stato Paulie a tenerle un po' di compagnia. Aveva chiesto ad una delle guardie di portare una bacinella di acqua bollente e uno straccetto, cerotti e cuscinetti di ghiaccio sintetico, con cui aveva terminato di curarla. Era stato molto carino, più affabile del Lupo Cattivo ma allo stesso tempo un pochino più rozzo. Non l'aveva biasimata per le sue lacrime di pura disperazione e non le aveva fatto domande di sorta sulla rissa; era rimasto in silenzio, a lasciarla sfogare e riordinare i pensieri finchè non smise di piangere.
-" Non volevo farti così male. "
le disse quando finì di medicarla, spostando lo sguardo altrove. Allison fu sorpresa di questa sensibilità, visto che nemmeno lei c'era andata leggera. Il ragazzo, infatti, aveva un grande livido sotto l'occhio destro e sull'orecchio sinistro.
-" Non ti preoccupare... Anche a me dispiace averti fatto male. "
Paulie le sorrise con tenerezza, una tenerezza da bimbo paffutello che le scaldò il cuore. Trovava incredibile che un colosso come lui potesse ispirare in realtà tanta dolcezza e che potesse essere tanto caro. Alkalie Lake, dopo quasi sette mesi, era ancora ricca di sorprese.
-" Si vede che ti sta allenando il Marcio : sei davvero in gamba. "
Allison arrosì a quel complimento, che ricambiò con molta convinzione e sincerità, poi il ragazzone le disse di riposarsi e la lasciò sola nella sua cella. Per un millisecondo, però, tornò a chiedersi perchè lo chiamassero "il Marcio" .
Ora, nella mensa, si sentiva un pesce fuor d'acqua. Lei era ancora sola al suo tavolino, così come il posto del Lupo Cattivo era vuoto. La sua cena era quasi intatta, non aveva la minima voglia di mangiare. Il pensiero di quei due al cospetto del Grande Capo perchè erano stati tanto idioti da prendersi a pugni per una ragione sconosciuta le toglieva tutto l'appetito. Voleva piangere, ma s'impedì di farlo. Non era nè il luogo nè il momento. 
Ricacciò indietro il vassoio, colta da un'improvvisa nausea, e si abbandonò delicatamente alla sedia, carezzandosi pensierosamente il livido violaceo che aveva attorno all'angolo destro della bocca. Ne aveva un altro sul naso e un altro ancora sullo stomaco : era stata conciata per benino, ma in quel momento non gliene importava proprio nulla.
I suoi pensieri furono interrotti dall'entrata nella mensa di Trent e Duncan, ammanettati e scortati rispettivamente da Carven e Poynter; continuavano a squadrarsi come lupi famelici in attesa di sbranarsi, mentre tutti i loro compagni li fissavano e il silenzio calava come una coperta su una debole fiammella. Gli vennero tolte le manette ed entrambi furono lasciati liberi di accomodarsi ai propri posti, Duncan al suo tavolo e Trent di fronte ad Allison. Il ragazzo aveva un cerotto sulla fronte e quattro nocche stampante in viola su uno zigomo, mentre il suo rivale aveva un occhio pesto e un labbro livido e spaccato. Maledisse entrambi mille e più volte.
Senza guardare il suo migliore amico negli occhi, gli allungò il proprio vassoio e si strinse nelle braccia conserte, sempre fissando altrove.
-" Allis... "
-" Mangia. Non ho voglia di parlare. "
Trent non potè fare altro che ubbidire.
~~~
Quel pomeriggio il sole splendeva tiepido sul cortile ancora infangato. Nonostante fosse maggio, la giornata era umida e fredda. Tutti erano usciti con le maniche delle camicie calate fino ai polsi, le ossa infastidite dall'umidità tipica di fine primavera e il pessimo umore a causa del cortile melmoso e scivoloso.
Ancora con il viso pesto, Duncan si accese la sua consueta sigaretta e passò uno degli accendini dei secondini a Paulie, che ancora portava qualche acciacco dell'incontro con la ragazzina. Non si parlavano da vari giorni, non si era nemmeno presentata all'allenamento, e lui aveva dovuto sfogare la sua frustrazione sui sacchi da boxe e sull'unico che poteva considerare suo amico, Paulie per l'appunto; nella cella 42B sembrava che fosse stato costruito un muro : si rifiutava di parlargli, nemmeno lo guardava più. Si sentiva in colpa e si sentiva anche un idiota, malgrado non sapesse che cos'avesse fatto di male : era stato quello stronzo di McCord ad attaccare rissa, lui si era solo difeso. Pensavano davvero che per una ragazzina si sarebbe fatto pestare gratuitamente?! Nossignore. A tutto c'era un limite.
-" Ancora si rifiuta di parlare? "
chiese, e Paulie lo guardò intenerito dall'alto della sua ciclopica statura. 
-" No, sembra tutto tornato normale. "
Duncan si voltó di scatto verso l'amico, con gli occhi sbarrati e i muscoli del viso tesi. Sembrava che qualcuno l'avesse preso a schiaffi e per un attimo Paulie si pentì di avergli dato quell'informazione. Lo conosceva fin troppo bene e quello sguardo non prometteva nulla di buono.
-" Che cosa? "
-" È tornata normale. Parla, ride, scherza e con McCord non pare ci siano problemi. "
Il Marcio tornò a voltarsi verso la strada, fissandola con sguardo inceneritore e chiudendo e rilasciando convulsamente il pugno. Si sentiva dannatamente ferito, nell'orgoglio e nei sentimenti, si sentiva preso per i fondelli. In quel momento, avrebbe voluto sbranarla viva. Ma perchè?
Quando la vide comparire da sola, con il suo malinconico sguardo puntato sui piedi e le braccia strette attorno al corpo, si sentì ribollire il sangue. 
 
Erano stati giorni piuttosto difficili. Dopo la rissa di alcuni giorni prima, aveva cercato di evitare ogni possibile rapporto umano, ma non ci era riuscita. C'erano troppe persone in ballo, da Trent ai secondini fino al Lupo Cattivo, che aveva tenuto alla larga più di chiunque altro. Si era perfino rifiutata di andare ad allenamento, cosa che le dispiaceva infinitamente, ma proprio non se la sentiva di stare in sua compagnia. Già essere in cella insieme, ora, le risultava più difficile che mai, nonostante la tensione l'avesse aiutata con la sua cappa opprimente.
Mentre camminava a testa bassa verso la recinzione pensando a quanto poco tempo mancasse alla partenza di suo fratello, sentì su di sè uno sguardo penetrante e carico di sentimenti gelidi e fiammeggianti ad un tempo. Si fermò e alzò appena gli occhi, quel tanto che bastò per incrociare quelli del Lupo Cattivo che, nell'ombra, la scrutavano ringhiando. Con i brividi lungo la schiena, riprese a camminare, più in fretta di prima, ma dopo pochi passi una mano forte e violenta le afferrò il braccio, obbligandola con uno strattone a voltarsi; non riuscì a trattenere un gemito di terrore nel vedere il modo così terribile in cui il ragazzo troneggiava su di lei, sia col corpo che con quel suo sguardo di gelido marmo. Le sue dita le stringevano dolorosamente il braccio magro, una stretta da cui non riusciva a liberarsi. Si sentì le lacrime salirle agli occhi : non le aveva mai fatto così tanta paura, nè così tanto male, nemmeno quando le aveva rifilato il pugno che aveva fatto infuriare Trent. 
-" Ti ho per caso fatto qualcosa? "
sibilò il Lupo Cattivo, puntandole rabbiosamente gli occhi nei suoi. Non attese risposta.
-" Allora perchè non ti degni nemmeno di... di salutare, o di presentarti all'allenamento? Eh?! "
-" Lasciami andare! "
strillò Allison, l'unica cosa che riuscì a dire, ma lui non allentò la presa e tentò di troneggiare maggiormente sulla sua figura minuta, riuscendoci senza difficoltà. In compenso, la ragazza si sentì sempre più schiacciata, sempre più insignificante ed impotente. Perchè lui la faceva sentire così? Perchè le faceva del male in quel modo?
-" Duncan, lasciala stare... "
disse Paulie, a pochi passi da lui, ma nessuno dei due sembró udirlo; una cappa di negatività li aveva isolati dal mondo intero, i fulmini dei loro sguardi tenevano chiunque.
-" Rispondi! "
ringhiò Duncan, spaventando ulteriormente la ragazzina, che per un attimo si ritrovò a fissarlo negli occhi e a vedere un mostro divoratore di anime, un vero lupo famelico alla ricerca di cerbiatti feriti da sbranare.
-" Mi dispiace. Mi vergognavo per quello che aveva fatto Trent! Mi vergogno ancora adesso : nessuno dovrebbe fare del male agli altri per proteggere me... "
mormorò appena, sconvolta e terrorizzata, gli occhi pieni di lacrime. Nonostante la sua stretta fosse ancora ferrea attorno al braccio di Allison, il suo sguardo da iracondo si tramutò in basito e colpevole. Ora la fissava con puro senso di colpa, capendo che non l'aveva fatto apposta, che non lo odiava, bensì perchè le dispiaceva per ciò che aveva fatto McCord.
Non appena allentò le dita, Allison corse via alla velocità della luce, con il viso coperto di lacrime e il corpo posseduto da una cieca paura. Ma non stava scappando solo da lui; aveva l'intera schiera dei suoi demoni alle spalle, risvegliata da tutto quell'odio.
Nel cortile era calato il silenzio, mentre nel petto e nella mente di Duncan infuriava una tempesta. Che diavolo ho fatto? Che cosa le ho fatto?! Avevo promesso di non...
Un ringhio feroce gli uscì dalla gola e un suo potente pugno s'infranse su una parete, ma non sentì alcun dolore. Dopo molti anni, volle piangere.
 
Con Trent non proferì parola di quello che era avvenuto nel pomeriggio, ma pensava che già sapesse tutto; semplicemente non voleva infierire per non peggiorare di nuovo quella tremenda situazione. Per "fortuna", era stato al suo turno ai lavori forzati e non in cortile, quando tutto era accaduto.
Nemmeno quella sera mangiò; si limitò a stringersi il braccio livido e a fissare il tavolino lucido davanti a sè. Solo due volte aveva alzato lo sguardo, guardando per un attimo e quasi istintivamente il posto del Lupo Cattivo, che era insolitamente vuoto. Sinceramente, anche se voleva celarlo più a sè stessa che al resto del mondo, era preoccupata. Dove diavolo era quel maledetto?
-" Come mai non mangi? "
le chiese serio Trent, e lei sforzò un sorrisetto ancora malconcio dalle botte date e ricevute qualche giorno addietro.
-" N-non ho fame... Ho solo voglia di andare a letto. "
In realtà, l'idea di entrare in quella cella e dover convivere con il Lupo Cattivo le faceva venire il voltastomaco. Non lo odiava, ed era questo il peggio : era perchè non lo odiava che stava così male. Perchè le aveva stretto il braccio in quel modo? E perchè aveva continuato a parlarle così, come se avesse voluto picchiarla da un momento all'altro? Come tante altre persone prima di lui, l'aveva avvicinata solo per divorarla. Sentì nuovamente le lacrime salirle agli occhi, così si obbligò a scacciare quel ricordo ancora fresco nella sua mente e si aggrappò il più forte possibile alla realtà : la mensa, il tavolo, la sedia, il vassoio intoccato.
-" Sicura? Hai gli occhi lucidi. "
-" Un granello di polvere. "
si affrettò a rispondere all'amico, che la fissò per qualche secondo, capendo ogni singola cosa che le sue parole non rivelavano e ricostruendo mentalmente la scena del cortile che gli era stata raccontata da qualche altro detenuto. Oh, come avrebbe voluto tagliare la gola a quello stronzo schifoso, ma Allison sarebbe stata peggio di com'era ora; lasciar perdere era la cosa migliore da fare, più per lei che per sè stesso.
-" Allison, tra poco io uscirò da questo posto, ma tu sarai ancora qui. Ho seriamente paura di lasciarti da sola. "
le disse, guardandola con quei suoi occhioni verdi ora pieni di risolutezza. Ancora una volta, Allison sorrise commossa e strinse la mano a suo fratello, percependo un calore che non ricordava, un calore che la catapultava indietro nel tempo, quando ancora c'era speranza, quando ancora c'era Valery accanto a lei.
-" Tranquillo fratello, non sono sola. Ce la farò. "
Trent si alzò e le si inginocchiò davanti, poi le circondò la vita con le braccia e si strinse al suo corpo magro; Allison ricambiò, trattenendo a stento le lacrime e rimproverandosi di essere una piagnucolona, nascondendo il viso nei soffici capelli scurissimi di un altro fratello che presto avrebbe perduto.
~~~
Una nuova tempesta infuriava fuori da Alkalie Lake. I tuoni rimbombavano violenti tra le mura del penitenziario minorile, mentre la pioggia batteva rabbiosa contro di esse e il vento sbuffava feroce. L'estate, qualche giorno prima così vicina, sembrava fosse improvvisamente scomparsa del tutto, lasciando il posto ad una stagione nuova e terribile.
Il braccio B era completamente immerso nel silenzio; nessun rumore, nessun respiro, nessun detenuto che russasse. Nulla, se non l'eco della pioggia e dei fulmini in mezzo a quelle pareti marce e fredde.
Anche la cella 42B era silenziosa. La detenuta Allison McLean se ne stava accoccolata nella sua branda con il piumino fino alle orecchie, al calduccio, ma in un odioso stato di dormiveglia. Continuava a rivedere sua sorella, i suoi genitori e sua zia, angeli che si trasformavano in mostri nella sua mente buia, e accanto a lei ogni suo demone, dalla sua forza fino ai suoi brucianti e consumanti ricordi, le sussurrava parole taglienti.
Aprì di colpo gli occhi, ritrovandosi a pochi centimetri dal bellissimo ritratto di sua sorella, sorridente e splendente, con i capelli al vento e un magnifico vestito estivo, il vestitino viola. La confortava e la tormentava ad un tempo, una cosa che le piaceva, che le ricordava di essere ancora viva. 
Scivolò silenziosa dalla sua branda, rabbrividendo a causa dell'aria fredda sulle braccia e le gambe nude, e si diresse pian piano alla toletta, si sciacquò il viso e si guardò per pochi secondi allo specchio. Della Allison di sette, forse anche otto mesi prima, ormai non ricordava nulla, non ne vide alcuna traccia. Perfino il colore dei capelli le sembrava sbiadito, più bianco che biondo, per non parlare del suo corpo ridotto a lividi ed escoriazioni, sebbene più solido.
Ritornó alla sua branda, infilandosi nuovamente al calduccio, voltata verso la parete. Il sonno sembrò avvolgerla come una seconda coperta, eppure qualcosa non andava. Quasi allarmata, si voltò di scatto verso l'altro letto a castello, verso la branda parallela alla sua, ed incrociò due occhi luccicanti nella penombra; tirò un sospiro di sollievo mentre il suo cuore si fermava. Rimase immobile, con gli occhi fissi in quelli del Lupo Cattivo, finchè stranamente non fu lui ad abbassarli e a voltarsi con aria colpevole. Notò che il suo piumino era tutto ammucchiato in un angolo del letto e che stava tremando per i brividi; era mezzo nudo, coperto solo da un paio di boxer neri. Ma che diavolo, voleva prendersi una polmonite quel babbeo?!
Allison saltò agilmente dalla sua branda, zampettando rapidamente fino a quella del Lupo Cattivo e arrampicandosi quanto bastò sulla scaletta a pioli del suo letto. Pian piano e con prudenza, lo coprì dolcemente con il suo piumino, assicurandosi che fosse ben coperto e al caldo. Gli tirò la coperta fin sulle spalle e in quel momento lui aprì nuovamente gli occhi e le afferrò il polso con delicatezza, spaventandola un po' . Noto solo dopo qualche secondo la mano fasciata. Cosa gli era successo?
-" Che stai... "
-" Avevi freddo. Ti ho coperto. "
disse risoluta Allison, non lasciando trasparire alcuna emozione; il battito del suo cuore, che Duncan avvertiva attraverso il polso, la tradì.
-" Non serviva. "
-" Sì invece. Stavi tremando, avevi freddo. "
Il Lupo Cattivo emise un grugnito e la lasciò andare. La fissò per qualche secondo, mentre lei se ne stava lì impalata a strofinarsi il polso. La trovava ancora maledettamente adorabile nella sua pacata e falsamente apatica gentilezza.
-" Mi dispiace per l'altro giorno. Non avrei dovuto trattarti a quel modo. Non te lo meriti. "
disse, dopo aver raccolto un'enorme dose di coraggio. Da molto tempo non chiedeva scusa per certe cose, orgoglio e corazza gliel'avevano sempre impedito, ma con quella ragazzina nè l'orgoglio nè la corazza contavano più qualcosa. Era la prima volta che incontrava una persona come lei, e ne era felice. Lo faceva sollevare, ma anche soffrire. Lo faceva sentire di nuovo vivo.
Allison, dal canto suo, non seppe come rispondergli. Si sentiva bene, anche se forse non avrebbe dovuto, e allo stesso tempo si sentiva male, come se le stesse girando la testa.
-" N-non fa niente... Mi hanno fatto di peggio. "
mormorò, sorridendo con nervosismo e il ragazzo incredibilmente le sfiorò una ciocca di capelli ribelli, osservandola come se fosse stata un oggetto dai poteri mistici.
-" Non avrebbero dovuto. "
Lasciò che i capelli gli scivolassero tra le dita e tornò a guardare la ragazza, Allison, che lo guardava incantata a sua volta. 
-" Io penso di sì, invece. Mi hanno insegnato come non devo essere. "
Duncan ridacchiò, trovando quella risposta più che giusta. Era così bella in quella luce eterea e spettrale, così adatta alla sua persona...
-" Può darsi... Su, torna a letto adesso, o ti prenderai l'influenza. "
Allison annuì, rincuorata più che mai, e prima di tornare alla sua branda gli carezzò delicatamente una spalla, facendolo rabbrividire. Per un secondo, si sentì morire a quel tocco tanto delicato ed intenso.
-" Buona notte, Duncan. "
-" Buona notte, Allison. "
E si addormentarono sorridendo. 
~~~
Era una mattina umida, in cui il cole splendeva dietro ad una leggera coltre di nebbia mattutina. Tutto attorno ad Alkalie Lake era come illuminato da una luce divina ed ogni filo d'erba luccicava di rugiada ad essa; la strada di cemento grigio pareva brillare come fosse stata d'oro oltre la recinzione, vicina e lontana ad un tempo. 
Era ancora relativamente presto, appena dopo le otto, ma Allison era lì, in quello stesso ufficio e magazzino in cui era stata tanto tempo prima, più di quello che era nella realtà. Nulla era cambiato lì dentro, tranne lei, con i suoi capelli sbiaditi e cresciuti a dismisura, la pelle troppo pallida e la sua tuta arancione. Stava pazientemente aspettando che Trent si cambiasse ed in realtà era ansiosa di vederlo in abiti civili, come un ragazzo normale. Sapeva che non sarebbe stato molto diverso da prima, ma ormai era cosi abituata a tute arancioni e divise blu scure che non ricordava gli abiti comuni. Quasi rise a quel pensiero.
Si era portata la bandana che le aveva regalato, la bandana portafortuna che tanto adoravano entrambi. Quello era il giorno in cui gliel'avrebbe restituita. Era arrivato il momento.
Trent uscì dal camerino ed Allison gli andò incontro sorridente, svegliandosi dai suoi tristi pensieri e piombandone in altri più cupi. Indossava una semplice t-shirt verde, dei jeans strappati sulle ginocchia e delle Vans nere; si era lasciato crescere leggermente la barba e il ciuffo, che ora gli cadeva sugli occhi e lo faceva molto emo. Lo trovava così cresciuto, così bello, così diverso. Non aveva mai notato quel cambiamento fino ad ora, pensò, trovandolo assolutamente deprimente ed assurdo. Si sorrisero affabilmente, con gli occhi colmi di tristezza, e si avviarono fianco a fianco verso la strada della libertà.
Riley, l'anziano secondino che l'aveva accolta ad Alkalie Lake dopo Finch e Berry, aprì il portone di metallo, fecendoli uscire nel cortile d'entrata del penitenziario minorile. Era bellissimo, malgrado fosse ancora fangoso ed opprimente, un mare di melma che li separava dalla recinzione, che si stava lentamente aprendo. Dall'altra parte di essa, riconobbero il pick-up nero di Gwen, ancora molto lontano. Trent lo fissava sorridente e pensieroso, così come Allison. Riuscivano a percepire ogni singola emozione che volteggiava tra loro, l'intensità e la complessità di esse.
-" E così ci siamo. Sei libero. "
-" Già, ce l'ho fatta. "
-" Non avevo dubbi. "
Il ragazzo si voltò e la guardò con tanta tenerezza e malinconia. Come avrebbe voluto portarla con sè...
Allison non perse tempo e prese dalla sua tasca la magica bandana, piegata a mo' di bandiera americana qual era, ma Trent la rifiutò con un gesto della mano e un sorriso malinconico.
-" È tua, riprenditela. "
-" No, Allison. Ridarmela sarebbe come dirmi addio, non trovi? Questo è soltanto un arrivederci. Perchè ci rivedremo, sorellina... "
La voce gli si ruppe, mentre una lacrima iniziò a rigargli il viso pallido; anche a lei gli occhi diventarono immediatamente lucidi, mentre rimetteva la bandana al suo posto, nella tasca della camicia che stava a livello del cuore. In compenso, si slacciò la sua catenina, quella di Sant'Antonio da Padova, e la allacciò al collo di suo fratello, il quale, per la prima volta, non si ritirò.
-" Questo è soltanto un arrivederci... "
ripetè a bassa voce la ragazza, cercando di sorridere ma asciugandosi le lacrime dal viso.
-" Beh, stammi bene campione. "
disse scherzosamente, tentando di chiudere tutto lì; detestava i saluti con tutta sè stessa, soprattuto a persone vicine come Trent. Sarebbe passato molto, troppo tempo prima che potessero rivedersi e forse lui si sarebbe dimenticato di lei. Ma la speranza, per una volta, urlava più forte dei suoi demoni.
Il ragazzo la abbracciò con un calore esplosivo che li fece scoppiare in lacrime; piansero entrambi, uno sulla spalla dell'altra, presi da mille sentimenti. Il cuore di entrambi era lacerato dal dolore della perdita, mentre il loro animo sembrava bruciare nel calore di tali emozioni.
Allison si sentì morta e rinata ad un tempo, sentiva infuriare una tempesta e soffiare la brezza calda dell'estate, sentiva il cuore in pezzi e che batteva ancora.
Si separarono a fatica da quell'abbraccio, l'ultimo prima di un anno e più, ed entrambi puntarono lo sguardo su quel pick-up nero in lontananza, oltre la recinzione spalancata; videro Gwen scendere e sorridere raggiante più che mai, osservarono gioiosi la strada illuminata dai raggi dorati e la nebbia che iniziava a diradarsi, lasciando più spazio al sole. Quella sarebbe stata una giornata splendida, la calma dopo i continui temporali dei giorni passati. Sarebbe stato un nuovo inizio. Per entrambi.
-" Ti sta aspettando... Su, vai. Hai passato troppo tempo lontano da lei. "
sussurrò Allison, tenendo lo sguardo fisso sulla libertà della persona tanto amata quanto avrebbe potuto amare un fratello, che amava come amava Valery.
Si guardarono un'ultima volta, dicendosi le mille cose che non riuscivano a dire in quel momento tanto carico di emozioni così forti e devastanti, così potenti e prorompenti da togliere il fiato e lasciare solo un sorriso tra le lacrime, poi Trent prese a correre, saltando e gridando come un pazzo. Saltò letteralmente addosso alla sua amata, sollevandola da terra e baciandola mille e più volte, abbracciandola, piangendo con lei ed esultando. Mai l'aveva visto così felice, e ciò risollevò lo spirito anche a lei.
Prima che i due entrassero nel pick-up nero, si voltarono entrambi, Trent con un braccio attorno alla vita di Gwen, e la salutarono con una mano, le lacrime che bagnavano il volto di tutti e tre, mentre la recinzione si richiudeva lentamente, cigolando, dividendoli per molto, molto tempo; Allison rispose a quel saluto con malinconia ed allegria ad un tempo, promettendo a sè stessa che quando fosse uscita, quella bandana sarebbe tornata in mano a Trent. 
Il ragazzo salì al posto del guidatore, la sua ragazza al posto del passeggero, e partirono spensierati per quella strada tanto agognata, la strada della libertà, dove suonarono il clacson per un buon tratto. Rimase lì a fissare il veicolo finchè non scomparve dietro agli alberi, a pensare a mille cose in un solo momento, poi si asciugò le lacrime e tornó al suo posto di lavoro, stavolta la lavanderia, mentre la recinzione schioccò, chiudendosi definitivamente alle sue spalle; un tuono lontano rimbombó, ma il sole spuntò sempre più luminoso.
Sorrise al cielo, stringendo tra le dita la bandana e respirando profondamente l'aria umida del mattino. Sì, quella sarebbe stata una bellissima giornata.
 
Già cominciava a mancare qualcosa nella routine. Mancava ovunque. Nella mensa, nella biblioteca, nella palestra... Eppure se n'era andato soltanto quella mattina.
Per tutto il giorno era stata silenziosa e malinconica, lontana da qualsiasi contatto umano possibile; si era limitata a lavorare, tenendosi impegnata tutto il giorno e cercando di ignorare tutti i segni di amicizia che le venivano lanciati dai suoi compagni più benevoli, come Paulie, che era passato qualche volta per la lavanderia, le aveva sorriso e offerto il suo aiuto, ma di cui non aveva voluto saperne. Era rimasta lì tutto il giorno, a parte durante l'ora d'aria, dove si era seduta in un angolino un po' più asciutto del cortile, vicino alla recinzione, e dove era rimasta a fissare il panorama illuminato dal sole.
Era arrivata la sera, con la sua campanella della cena, ed era arrivato il momento di andare nella mensa e non trovare di nuovo Trent, con i suoi bellissimo occhi verdi, il sorriso raggiante e i vassoi colmi di sbobba calda. Era andata a prendersi il suo vassoio da sola, si era seduta al suo solito tavolo deserto e aveva cominciato a rovistare nel piatto con la forchetta. Si rese conto che mangiava quello schifo solo perchè l'allegria di Trent le metteva fame, ma ora che non c'era più... Scacciò malamente il vassoio, corrucciandosi contro lo schienale della sedia e cercando di isolarsi dal brusio e le risate degli altri detenuti. Non sapeva perchè, ma quella sera era particolarmente irritante. Ah, giusto : non c'era Trent a distrarla con le sue battute idiote. 
Chiuse gli occhi e ingoiò le lacrime a fatica, ricordando improvvisamente di odiare con tutta sè stessa quel posto schifoso in cui era finita per colpa di un bastardo che non aveva fatto altro che usare sua sorella. Solo suo fratello lo rendeva piacevole, ma ora suo fratello se n'era andato. Non sarebbe sopravvissuta per più di un anno senza di lui, lo sentiva. 
Ricordò la scuola, dove aveva provato le stesse sensazioni. Le venne da ridere a pensare al suo liceo come una prigione, anche se forse Alkalie Lake era meglio : almeno quello era un penitenziario dichiarato. 
Un rumore vicino la destò dai suoi pensieri alquanto assurdi e deprimenti, come se qualcuno avesse poggiato un vassoio sul tavolo, proprio al posto di Trent. Aprì di scatto gli occhi, quasi sperando che fosse lui, ma non c'era. Nessuna traccia di Trent, eppure un vassoio c'era, e c'era anche un detenuto in tuta arancione in piedi di fianco alla sedia. Per un attimo, ebbe l'istinto di andarsene, ma dove diavolo avrebbe potuto scappare? 
Non guardò nemmeno chi fosse, si limitò a richiudere gli occhi e tentare nuovamente di isolarsi. Quanto odiava la gente...
-" Posso sedermi? "
Quella voce profonda e leggermente gracchiante, la voce da pazzo criminale domato ormai così familiare la fece saltare sulla sedia, sorpresa più che mai. Il Lupo Cattivo se ne stava lì impalato in tutta la sua stazza, a fissarla con quello che sembrava un sorrisetto tanto bonario quanto quasi provocatorio, affascinante, misterioso e detestabile come al solito. 
-" Ehm... Beh... Se vuoi... "
rispose, fingendosi il più disinteressata possibile e cercando di tornare al suo stato di completo isolamento dal mondo. Perchè si è seduto proprio qui?! , si chiese innervosita, ma respirò profondamente e scacciò quel pensiero. 
In compenso, mentre Allison se ne stava lì con il broncio, Duncan la osservava quasi divertito. Era perfettamente a conoscenza del fatto che McCord se n'era andato quella stessa mattina ed era perfettamente a conoscenza del fatto che la ragazzina si era isolata per tutto il giorno. Non appena l'aveva vista al tavolo da sola, con lo sguardo tra il depresso e l'arrabbiato, era andato da lei. Non gli piaceva vederla giù di morale.
Ora però era lì e lei era visibilmente innervosita, faceva finta di ignorarlo e non si azzardava a togliere quel musetto imbronciato che, francamente, trovava quasi adorabile. Era buffa da arrabbiata.
-" Dovresti mangiare. Gli hamburger sanno di qualcosa di molto simile a carne e il purè non è omogenizzato. "
esordì con la sua solita apatia, quest'oggi leggermente velata da una palese tenerezza ed affabilità totalmente estranea alla sua personalità; Allison socchiuse i suoi occhi azzurro ghiaccio, incrociando quelli acqua marina del Lupo Cattivo, che la fissavano in attesa di qualcosa di simile ad una riposta, che arrivò dopo molti secondi di scambio di occhiate. Non l'aveva mai guardato in quel modo tanto freddo, nello stesso modo in cui lui l'aveva guardata per così tanto tempo, e per la prima volta si sentì quasi in soggezione. Quasi.
-" Non ho fame. "
disse seccamente la ragazza, tornando al suo scontroso pisolino. 
-" E va bene, ti lascio da sola. "
Duncan fece per alzarsi e portarsi con sè il vassoio, ma si bloccò quando Allison gli scoccò un'occhiata triste velata da indolenza. Capì perfettamente i suoi pensieri : Non voglio che tu te ne vada, ma okay, vai pure. So che sono una stronza
-" Scusa... R-resta. S-se vuoi... "
mormorò, arrossendo e spostando il suo malinconico sguardo altrove. In quell'azione la rivide per la ragazzina che aveva conosciuto e ne fu sollevato. Non gli piaceva affatto essere messo in soggezione da una ragazzina. 
Si accomodò di nuovo, nascondendo un sorrisetto soddisfatto, e riprese a mangiare, fissando di sottecchi Allison, la quale continuava a guardare un punto nell'infinito con gli occhi pieni di tristezza e nostalgia. Evidentemente stava pensando a McCord; non era da biasimare, visto che erano molto legati. Lo stronzetto aveva persino osato attaccare rissa con lui per difenderla, quindi era facile dedurne che le mancasse molto. 
Dopo qualche minuto, Allison si riprese il vassoio e cominciò a mangiare, lanciando di tanto in tanto qualche sguardo a Duncan, che le sorrideva affabilmente. 
 
La cena passò ed arrivò l'ora di coricarsi. 
Nella cella era tutto normale, tranquillo e silenzioso. Allison era distesa sopra le coperte sulla sua branda, ad ascoltare musica e a cercare di non deprimersi, mentre dall'altra parte Duncan leggeva attentamente un nuovo libro, stavolta L'incendiaria di Stephen King. 
Allison teneva gli occhi fissi su quel misterioso ragazzo, ma non lo stava guardando. Pensava e pensava, ricordava, ingoiava lacrime. In quel momento si sentiva vuota, senza nessuna ragione per essere al mondo, così dannatamente sola in quel piccolo angolo d'Inferno in cui era stata spedita. Come avrebbe fatto a sopravvivere senza nessuno su cui fare affidamento? 
Una lacrime scivolò silenziosa sulla sua guancia pallidissima, luccicando debolmente alla luce della lampada da ufficio di Duncan, il quale le scoccò un'occhiata di soppiatto. 
-" Va tutto bene? "
le chiese apaticamente, riprendendo a leggere; Allison si asciugò in fretta la lacrima ed annuì con ben poca convinzione, cercando di soffocare il fiume che stava per versare. 
Il Lupo Cattivo chiuse il libro, non curandosi di tenere il segno, e si girò verso di lei, guardandola in modo apparentemente indolente; poggiò la schiena contro il muro freddo, parendo improvvisamente stanco, ma non smise di guardarla. Lo trovava stranamente bellissimo, in quella fievole luce gialla e calda, con la canottiera bianca e i boxer grigi, i tatuaggi in bella mostra così come il suo fisico... Improvvisamente, tutto ciò le sembró oltremodo meraviglioso.
-" Ti manca già, non è così? "
Non ebbe il tempo per sorprendersi e nemmeno la forza. Si limitò ad asciugarsi un nuova lacrima e continuare a guardarlo, rispondendo sileziosamente ad ogni domanda che avesse voluto porle; fu facile notare che abbassò il volume dell'MP3.
-" Come va con il tuo unicorno? "
Quella domanda lasciò Allison leggermente perplessa. Che cosa c'entrava Pinky? Sorrise per un secondo, portandosi il peluche rosa tra le braccia ed abbracciandolo affettuosamente; il sorriso contagiò anche il Lupo Cattivo, che sembrò più giovane, più dolce, più umano e meno lupo.
-" Anch'io avevo un pupazzo. Era un coniglietto. "
L'immagine di un Lupo Cattivo da cucciolo, nel suo lettino di notte, abbracciato ad un enorme coniglio bianco e beatamente addormentato, immerso in qualche bel sogno da bambino. Una tenerezza inaspettata la colse, facendola sorridere; anche lui sorrideva, probabilmente stava ricordando, ed era davvero bello. Per la prima volta, lo vide sotto una luce completamente diversa. 
-" Come si chiamava? "
Si voltò a guardarla, sorpreso ma sorridente. 
-" Clark. Quando gli diedi il nome ero ossessionato da Superman... "
Un dolce rossore gli colorò le guance, ma non cancellò il suo stanco e giulivo sorriso.
-" Speravo anch'io di diventare un supereroe... "
La vitalità si affievolì di colpo sul suo viso, tornando ad essere l'apatica stanchezza di poco prima. Era ritornato il solito Lupo Cattivo, quel ragazzo troppo uomo dai lineamenti duri e squadrati e lo sguardo di marmo. Allison lo trovò bello anche così, esattamente come lo trovava sempre, perchè in fondo lui era davvero bello. I capelli corvini, gli occhi chiari, i tatuaggi, la sicurezza che emanava il suo corpo solido... Ogni parte di lui infondeva fascino e mistero, tipici dei belli e dannati come lui.
Si svegliò dai suoi pensieri quando Duncan tornò a voltarsi pigramente verso di lei e a guardarla con tanta stanchezza ma anche con una certa punta di tenerezza. Era strano, pensò, dal momento che ben poche volte durante la sua permanenza ad Alkalie Lake le aveva rivolto quello sguardo particolare. Che cosa stava succedendo?
-" Probabilmente ora ti sentirai sola al mondo, senza nessuno su cui fare affidamento, e pensi che non potrai mai farcela da adesso, ma non è così. Ce la farai, hai la forza e lo spirito per farlo. Non pensare di essere debole, perchè non lo sei. "
Gli occhi di Allison si spalancarono automaticamente e in quel momento il Lupo Cattivo spense le luci e si accoccolò sotto le coperte, dandole la schiena. Aveva detto sul serio quelle parole? E che diamine volevano dire?!
Ancora scossa, si rivoltò nella branda, girandosi verso la parete scura e fredda, e si concentrò su quelle bellissime e confortanti parole, quelle che mai e poi mai si sarebbe aspettata dal Lupo Cattivo. In realtà, le avevano molto giovato. Ora che non aveva più nessuno accanto a sè, aveva davvero bisogno di qualcuno che avesse fiducia in lei ed era quasi sollevata che quel qualcuno fosse Duncan. Inoltre lui sembrava capirla, tanto che per un momento pensò che riuscisse a leggerle nel pensiero. Si sorprese a pensare che forse lui, tempo prima, avrebbe potuto essere nella stessa situazione. Era così strano immaginarlo nelle vesti della vittima, del "debole", proprio lui che la stava allenando, che l'aveva sfidata, picchiata, protetta. 
Si voltò nuovamente e si ritrovò a fissargli l'imponente schiena semiscoperta; nella penombra intravide la scritta, quella frase di cui si scoprì perdutamente innamorata, ed intravide anche i suoi muscoli tendersi e rilassarsi al ritmo del suo respiro. Sentiva che ancora non dormiva, ma l'avrebbe fatto presto. 
 
Ora ci sono io con te.
Quella vocina forse era ancora più fastidiosa di quella dei suoi demoni, la vocina della speranza.
Speranza in che cosa? Che cosa sei tu? NULLA! Tu per lei non sei assolutamente nulla, non vali niente!
Continuava a sentire quelle voci ripetutamente, le sentiva urlare più forte di qualsiasi cosa e non riusciva a farle smettere. Era così da molto tempo, ma da quando la ragazzina era entrata nella sua vita erano peggiorate. Non era colpa di Allison, certo, ma avrebbe voluto che quelle maledette si zittissero. Le voci lo spaventavano più di ogni altra cosa al mondo.
Si rigirò nella branda e si mise a fissarla, cercando conforto nella sua figura infagottata nel piumino, mezza nuda e con i capelli scompigliati; aveva gli occhi chiusi e uno sguardo imbronciato, quello che aveva identificato come lo sguardo degli incubi, eppure era immobile e pareva perfino tranquilla. La invidiava per la sua capacità di prendere sonno tanto facilmente, eppure non avrebbe mai voluto avere i suoi incubi. Quali demoni la tormentavano? , si chiedeva spesso e se lo stava domandando anche in quel momento, ma qualcosa gli impedì di rispondersi. Forse i demoni di Allison erano troppo spaventosi anche per lui.
No, nessun demone sarà mai più forte. So che non ne hai bisogno, ma io sarò con te d'ora in poi.
Chiuse gli occhi acqua marina e riuscì ad addormentarsi grazie all'immagine di quella dolce ragazzina stretta tra le sue braccia.
Sarebbe stato lui il suo supereroe.
 
 
 
Nda : A tutti i miei affezionati lettori, chiedo scusa per il grave ritardo, ma ci sono state delle complicazioni con la mia rete internet. Un saluto dalla vostra sempre grata Allison_McLean!

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Capitolo 6
*** Part 6 ***


BROKEN PIECES - Part 6
 
Giugno
Ad Alkalie Lake la vita continuava ad andare avanti senza particolari svolte. La routine era sempre la stessa, le facce dei detenuti sempre uguali, l'atmosfera sempre la stessa. Tutto era normale, tranne che per lei. La vita di tutti proseguiva senza intoppi, come se lei non fosse esistita. Ma in fondo, cos'era una ragazzina nell'infinito andazzo dell'Universo? Un granello di sabbia nel deserto, niente più, niente meno. E in effetti si sentiva proprio in quel modo : insignificante. Insignificante per la famiglia, per la società, per l'Universo. 
Era passata solo una settimana dalla partenza di Trent, ma ormai sembrava tutto privo di senso, di corpo, di vita. Si era sentita esattamente in quel modo quando si era dovuta separare dalla sua famiglia, quando era stata mandata ad Alkalie Lake, e aveva sperato fino in fondo di non provare più quelle sensazioni, ma evidentemente era destino. Forse avrebbe dovuto smetterla di cercare di affezionarsi alle persone : prima o poi le avrebbe sicuramente perse. 
Era nella mensa, all'ora di pranzo; come al solito, il suo vassioio era intoccato sul tavolino. Invece che fissare i suoi compagni detenuti, teneva gli occhi pigramente incollati alla sedia vuota di fronte a lei e nel frattempo nella sua testa si materializzava la risata allegra di suo fratello, la sua voce dolce, i suoi occhi luminosi e il suo sguardo premuroso. Le mancava tutto di lui, come le mancava tutto di sua sorella, e ancora non riusciva a farsene una ragione. Perchè gli arrivederci dovevano essere così dolorosi?
Dalla tasca della camicia tirò fuori la bandana, sempre piegata a bandiera, con cui ora passava delle ore, e cominciò a giocarci passandosela tra le dita e rimirandola come se fosse stato un oggetto mistico. La aiutava a calmarsi e a smettere per qualche secondo di torturarsi psicologicamente.
La interruppe il solito rumore di un vassoio poggiato malamente sul tavolino di metallo lucido e graffiato; Duncan si accomodò con la sua solita e silenziosa aura da Lupo Cattivo ed iniziò il suo pasto senza proferire parola, limitandosi semplicemente a guardarla. Ancora una volta era tornata il fantasma di sè stessa.
-" Dovresti mangiare. Non ti fa bene fare così tanto digiuno. "
esordì dopo un po', poggiando la forchetta nel piatto di plastica e poggiando i gomiti sul tavolo, congiungendo le mani sotto il mento. Allison lo guardò stanca, accennò un sorriso e avvicinò il suo vassoio, cominciando a sua volta il pranzo. Era incredibile come la presenza e le poche parole del ragazzo la riportassero minimamente in vita dal mondo oscuro della sua mente, così incredibile che quasi ne aveva paura. Se aveva quel potere, che cos'altro avrebbe potuto farle? Forse salvarla, o forse farla annegare più in profondità.
Mentre mangiucchiava, alcuni ciuffi di capelli ribelli scivolarono dalla terrificante coda di cavallo, quasi andando a finire nel piatto; reagì in tempo, aggiungendo qualche parolaccia di troppo che fece sollevare lo sguardo a Duncan.
-" Li detesto! "
sentenziò Allison, imbronciandosi com'era solita fare quando non stava chiusa nel limbo della sua mente, e il ragazzo sorrise.
-" Forse avrei dovuto pettinarti più spesso. I tuoi capelli mi fanno pena. "
L'occhiataccia lo fece ridacchiare e la sua risata cristallina sembrò sollevarle dal cuore un peso immane. Aveva una risata così bella... Anche lei sorrise un pochino, arrossendo e spostandosi una ciocca dietro le orecchie.
Ad un tratto, gli occhi le si illuminarono. Sollevò lo sguardo verso Duncan, il quale rimase perplesso di fronte ad uno sguardo tanto pieno di speranza e vita rivolto a lui. Che cos'aveva in mente?
-" Mi taglieresti i capelli? "
Al ragazzo andò di traverso un boccone di polpetta, ma si riprese quasi subito. Aveva sentito bene?! 
Per qualche secondo si fissarono con apatia, ognuno analizzava l'altro come se fossero stati sul ring. Mentre Duncan cercava di capire se la ragazzina lo stesse prendendo in giro o meno, Allison cercava di capire se il Lupo Cattivo avrebbe acconsentito o meno alla sua richiesta. Era una sfida psicologica non meno impegnativa di quelle fisiche.
Dopo lunghi ed estenuanti minuti, il ragazzo sorrise un pochino, scuotendo la testa e riprendendo a mangiare. Quella piccoletta era davvero pazza.
-" Oggi pomeriggio, nei bagni al piano di sopra. "
Dentro di sè, sorrise all'espressione più che gioiosa di Allison. 
 
I bagni del piano di sopra erano un posto molto più buio rispetto agli altri. Nessuna finestra, quasi nessuna illuminazione; le piastrelle delle pareti erano di un orrendo verde sbiadito e molti dei soffioni delle docce erano arrugginiti. In una saletta adiacente vi era la sala per la cosidetta "tosatura", dove i ragazzi potevano tagliarsi i capelli e radersi la barba; vi era una lunga serie di specchi appesi al muro e sotto di loro vi era un infinito lavandino di metallo con numerosi rubinetti. A sinistra della porta, un grande armadio di metallo chiuso con un lucchetto conteneva rasoi, schiuma da barba, forbici per capelli, rasoi elettrici, qualche asciugamano pulito, tutto il necessario per un buon lavoro da barbiere. 
Allison, in quel posto, si sentiva come un pesce fuor d'acqua. Da un certo punto di vista, la cosa la affascinava e la divertiva. Le piaceva assistere alle pratiche di cura dei ragazzi come ad un biologo piace studiare gli animali : tutto era qualcosa che, se appreso, poteva tornare utile.
Duncan, dalla tasca della camicia, prese una chiave leggermente rovinata e aprì il lucchetto dell'armadio, tirandone fuori un rasoio vecchio stile, uno di quelli che assomigliavano molto a dei coltellini a serramanico, schiuma da barba, forbici, un rasoio elettrico, shampoo, spazzola e pettine e qualche asciugamano. Poggiò tutto nel lavandino e andò a prendere un piccolo sgabello sghembo, che lasciò a pochi passi da Allison.
-" Lavati per bene i capelli, io preparo gli attrezzi. "
Allison annuì in silenzio; si tolse timidamente la camicia e Duncan la imitò, poi entrambi si dedicarono alle loro mansioni, silenziosamente. 
Era molto emozionata : quel giorno, avrebbe detto addio ai suoi capelli troppo lunghi. Non aveva idea di come tagliarli, ma l'avrebbe saputo più tardi. Mentre si strofinava la testa con lo shampoo, continuava a passarsi le dita tra i capelli smisuratamente lunghi, in modo da avere ancora un ricordo di com'era terribile lavarli ed asciugarli e pettinarli. In un angolo profondo del suo cuore, però, sapeva che le sarebbero mancati. Avrebbe avuto nostalgia delle treccine fatte da Valery, delle lunghe pettinate di zio Chris, della treccia del Lupo Cattivo... 
Strizzò la lunga matassa di capelli dorati con grande fatica e prontamente Duncan l'affiancò, porgendole un asciugamano in cui avvolgerli; la fece accomodare sullo sgabello, da dove non riusciva a specchiarsi, ed iniziò ad asciugarle delicatamente la testa e i capelli con quel suo modo premuroso e leggermente rozzo ad un tempo, facendola rilassare e, in qualche maniera, confortandola. Grazie a quei piccoli gesti, infatti, Allison si sentiva meno sola, meno insignificante.
-" Hai già deciso come li vuoi? "
-" Pensavo che avresti preso quella macchinetta e che mi avresti raso a zero. "
ridacchiò Allison, e Duncan con lei.
-" Ora ti pettino. Pensaci bene. "
Ubbidì e pensò ad ogni taglio che potesse venirle in mente. Ne aveva molti per la testa, ma uno in particolare l'attraeva : il taglio dei capelli di Uta, di Tokyo Ghoul, rasati ai lati e molto lunghi al centro, alla mohawk. Da molto tempo voleva tagliarli a quel modo, ma le maledizioni della sua famiglia la facevano sempre desistere. Ora, però, era giunto il momento di cambiare.
Dopo lunghi minuti, Duncan finì di pettinare quei lunghissimi capelli e si rivolse con la sua solita apatia alla ragazza. 
-" Allora? "
-" Ehm... Alla mohawk, come quelli di Uta, Tokyo Ghoul... lunghi fino alle spalle, con il ciuffo sugli occhi... Hai presente? "
Duncan accennò un sorrisetto, capendo perfettamente. 
-" Sei sicura? "
Allison annuì fermamente, sorridendo all'infinito. 
-" Una cosa... Posso tenerli in una scatola? "
-" Vuoi tenere i tuoi capelli in una scatola? Non è un po' da psicopatici? "
Entrambi risero, poi Duncan cominciò ad acconciare cinque lunghe trecce; terminato quel lungo e stressante lavoro, prese delle forbici enormi che probabilmente servivano per tagliare criniere di cavalli e non capelli di ragazzine.
-" Pronta? "
Allison respirò profondamente; percepì le grandi mani del ragazzo che sfioravano delicatamente la prima treccia a sinistra e le forbici che si avvicinavano. Chiuse gli occhi, stringendo i pugni e mordendosi l'interno del labbro inferiore. Sentì soltanto uno zack deciso; aprì all'improvviso gli occhi e vide qualche capello svolazzare nell'aria, la treccia umida abbandonata sul bordo del lavandino. Automaticamente si passò una mano sulla testa, tastando una ciocca di capelli incredibilmente più corti che ora le arrivava alle spalle.
-" Va tutto bene? "
-" S-sì, tutto okay. "
Duncan continuò a tagliare le lunghe trecce, una dopo l'altra. Ad ogni singolo scatto della forbice, stranamente Allison percepiva la perdita di qualcosa, la perdita di una parte di sè, ma andava bene così. Ora cominciava a sentirsi più leggera, come se il peso di una vita si stesse dissolvendo in pochi colpi di forbice. 
Con il pettine, il ragazzo le spostò gran parte dei capelli rimasti a destra, prese il rasoio elettrico e vi sistemò l'apposito pettine, facendo deglutire a vuoto la ragazzina. Prima di cominciare a raderle i lati della testa, le sorrise un pochino, esprimendo tutta la sua tenerezza e rassicurandola.
-" Stai bene con i capelli più corti. "
Quel complimento inaspettato la fece arrossire, ma non ebbe il tempo di pensare a ciò; il Lupo Cattivo avviò la macchinetta, il rumore ronzante del motore si diffuse nella stanza vuota, e in pochi secondi lunghe ciocche bionde caddero sul pavimento di piastrelle umidicce. Allison emise soltanto un gemito di sorpresa e quasi spaventata si portò le dita alla cute; percepì la morbidezza dei suoi capelli ora corti poco meno di un centimetro : erano bellissimi. Per un attimo sentì le lacrime affiorarle agli occhi, ma le ricacciò indietro. Non era assolutamente il momento di commuoversi.
Duncan le sorrise affettuosamente, dandole la forza di andare avanti. Era così strano... con lui non si sentiva sola e abbandonata dal mondo intero, le sembrava che con lei ci fosse un angelo custode, qualcuno che l'avrebbe protetta e che non l'avrebbe lasciata. Forse, dopotutto, non era da sola come pensava.
Il ragazzo ripetè l'operazione a destra ed in poco tempo la dolce Allison si trasformò in un'amazzone. Ormai il suo aspetto da dolce ragazzina era scompaso e al suo posto era comparsa la vera Allison, quella che lei tanto faticosamente celava nei meandri del suo animo. La trovava incredibilmente bella, di una bellezza selvaggia e sfrontata, proprio come lei era. Era orgoglioso di aver attuato quel cambiamento. 
Duncan completò l'opera accorciandole il ciuffo sopra la testa, che continuava a portare fieramente, e rifinendo meglio le punte sul resto dei capelli, scalandoli; infine, li asciugò con un piccolo e vecchio phon disperso in mezzo alle cianfrusaglie dell'armadio, pettinandoli premurosamente. 
-" Allora, come ti senti? "
le chiese, ed Allison sorrise commossa.
-" Leggera. "
Il Lupo Cattivo annuì sorridente, facendole cenno di aver concluso, e la ragazzina si alzò un po' titubante. Quando si vide allo speccio trattenne a stento un grido; spalancò gli occhi e si portò le mani alla bocca, facendo un salto indietro e sbattendo i polpacci nello sgabello. Chi era quella ragazza nello specchio lercio di un bagno del penitenziario di Alkalie Lake? Era lei? No, non era possibile. Lei non era così carina e non sembrava nessmo così forte.
Una lacrima le scivolò lungo le guance pallide e Duncan sorrise commosso da tanta meraviglia. Le aveva pettinato i capelli da un lato, lasciandoli poi sciolti morbidamente sulle spalle. Ora sembravano più luminosi, come se ad un tratto avessero ripreso il loro colore, e anche Allison sembrava aver riottenuto luce. Era soddisfatto di quel lavoro, ma lo era ancor di più della reazione della sua ragazzina. Quella, pensò, era decisamente la sua più grande soddisfazione degli ultimi due anni. 
-" Ti piace? "
Allison lanciò un grido di gioia ed istintivamente, senza pensare, saltò al collo del ragazzo, il quale fu costretto ad abbassarsi per permetterle di abbracciarlo. In quella frazione di secondo migliaia di volt passarono tra i loro corpi, sorprendendoli e lasciandoli senza parole, paralizzandoli. Duncan allungò pian piano le mani, cingendole dolcemente la vita sottile e affogando il viso nei suoi nuovi capelli biondi, mentre Allison si strinse forte al suo collo, premendo involontariamente il petto contro quello del ragazzo, avvertendo il battito leggermente più veloce del suo cuore. Entrambi si persero per pochi secondi nell'odore dell'altro, assaporandone ogni nota, ed entrambi studiarono i loro corpi come mai avevano fatto prima di allora. 
Si separarono a malavoglia, con un pelo d'imbarazzo, ma più felici che mai. Era un'emozione quasi assurda quella che stavano provando, una gioia immotivata per la vita, alimentata semplicemente dalla gioia dell'altro. Ma, per quanto potesse sembrare assurda, era davvero fantastica.
-" Grazie infinite... Sono fantastici, proprio come li volevo. "
Duncan si limitò ad annuire, sorridendo un pochino. Sinceramente, non sapeva cosa dire. Si schiarì la voce, tornando a fare a finta di essere un duro, rimettendosi la ormai fragile maschera dell'apatia.
-" Ne approfitto per darmi una sistemata... Faccio davvero schifo... "
disse, strofinandosi distrattamente il mento coperto da un leggero velo di barba incolta. Allison pensava che non ce ne fosse davvero bisogno : lui era bello in qualsiasi modo, doveva ammetterlo a sè stessa, anche con la barba leggermente più lunga che lo faceva sembrare un po' più rozzo, selvaggio. 
-" Ehm... Ti dispiace se resto? "
Quella domanda lo lasciò un po' scosso, ma acconsentì senza problemi. Si tolse la canottiera con un gesto quasi teatrale, facendola arrossire, e si portò un asciugamano intorno al collo; inumidì la pelle con acqua calda e vi cosparse della schiuma bianca e soffice. 
Allison lo osservava quasi ossessivamente, studiando ogni suo movimento in religioso silenzio. Le piaceva guardarlo, vedere i muscoli della sua schiena tendersi e rilassarsi; adorava il modo in cui si passava l'affilata lama del rasoio sulla pelle, lo adorava così tanto che nella sua mente cominciarono a proiettarsi certe immagini non convenienti, senza un motivo logico. Arrossì in un colpo solo e tentò di mascherarlo, inutilmente. Il Lupo Cattivo, infatti, non potè fare a meno di notare quel dolce dettaglio e non potè nemmeno fare a meno di fare lo stronzo. 
-" Mi hai visto più di una volta senza maglietta... Pensavo che avessi smesso di arrossire. "
-" Eh? Cosa?! No, io... Io non... "
In quel momento, Allison volle soltanto sotterrarsi. Non seppe che altro fare oltre a coprirsi il viso con le mani. Avrebbe voluto scappare, ma l'imbarazzo la tenne incollata allo sgabello. Che stupida! Ma che diavolo stava facendo?! 
-" Scusa! "
la sua vocina giunse ovattata a Duncan, il quale dovette poggiare il rasoio per qualche secondo, altrimenti si sarebbe tagliato da quanto stava ridendo. Quella ragazzina era proprio uno spasso. Riprese dopo un po' , cercando di trattenere le risate e di non prenderla ulteriormente in giro, anche se la tentazione cominciava a diventare irresistibile.
Terminò abbastanza rapidamente il suo operato, si sciacquò il viso e lo asciugò con un angolo dell'asciugamano. Aveva fatto un buon lavoro, ne era relativamente soddisfatto : per una volta, non aveva rischiato di sgozzarsi. Sistemò gli attrezzi dopo averli puliti e li chiuse nell'armadio; lascio gli asciugamani nel lavandino e si rimise canottiera e camicia, prendendo infine le cinque lunghe trecce ancora abbandonate sul bordo di metallo. Allison le osservò con malinconia, si guardò un'ultima volta allo specchio e poi seguì Duncan, il quale la aspettava sull'uscio della stanzetta. Da adesso, si disse, cominciava una vita nuova.
~~~
Erano passati vari giorni dal taglio di capelli, ma i suoi compagni ancora la guardavano attoniti quando passava per i corridoi, o alla mensa, o in cortile; le sorridevano, si complimentavano e restavano a fissarla finchè qualcos'altro non li distraeva. Allison si chiedeva il perchè di quello strano comportamento; in fondo, si era solo fatta accorciare la lunga chioma bionda. Non vedeva la splendida ragazza che c'era ora, ancora più bella della Allison di prima, rinvigorita, più forte ed indomita. Non poteva capire quanto ora sembrasse più viva, quanto ora i suoi occhi risaltassero, quanto la rappresentavano davvero quei capelli. Ma forse, aveva solo bisogno di tempo. Per il momento, teneva ancora le sue magiche treccie nel cassetto del comodino; di tanto in tanto le guardava e le accarezzava, pensando che un giorno ne avrebbe regalata una a Valery. Rise nel pensare alle sue potenziali reazioni.
Ora era nello spogliatoio, seduta sulla sua solita panchina, a finire di prepararsi; ora legarsi i capelli era bellissimo : ci metteva un quarto del tempo ed erano decisamente meno ingombranti, una specie di miracolo, dunque. 
Il Lupo Cattivo fece irruzione nella stanza sovrappensiero, facendo scattare Allison, che perse un battito per poi rilassarsi e ridacchiare.
-" Gesù Cristo! Scusami... "
-" Scusati quando mi troverai nuda. "
ebbe il coraggio di scherzare, facendo fare al ragazzo una smorfia divertita; anche lui inziò a cambiarsi, solo che non si fece troppi problemi a spogliarsi in sua presenza. Era stato così fin dall'inizio, eppure non si era ancora abituata a vedere quel fisico scolpito e quegli spaventosi tatuaggi; erano sempre una novità, un nuovo particolare del disegno, una nuova cicatrice, una nuova sorpresa. Amava osservare quei dipinti su pelle, quell'imponente scheletro e le sue rose ed altri fiori sul braccio destro, una fenice, due draghi, uno dei quali cinese, e un lupo che sorreggevano il mondo sull'intero braccio sinistro e il drago e la scritta sulla schiena; li adorava tutti, erano semplicemente meravigliosi.
Il Lupo Cattivo si sedette poi accanto a lei con la sua imponente struttura, facendola sentire minuscola e quasi stupida, e cominciò a fasciarsi mani e piedi con quella sua solita espressione concentrata e quasi aspra negli occhi color acqua marina, che luccicavano debolmente alla pallida luce del sole pomeridiano che penetrava dalla piccola finestrella dello spogliatoio. 
-" Da oggi ci alleniamo per il tuo prossimo incontro, che sarà il prossimo mese. "
-" Ci prendiamo così in anticipo? "
Il ragazzo s'interruppe per un secondo, inchiodando i suoi magnetici e suggestivi occhi nei suoi. Era incredibile come ancora le mettesse soggezione con un solo sguardo, ma ora qualcosa era cambiato; la freddezza di poco prima sembrava sciogliersi lentamente ed ora non aveva più vero timore di lui, anzi, stava molto bene in sua compagnia.
-" La prossima volta non sarà Paulie, cioè un colosso lento e goffo, ma sarà uno stronzetto come me, se non migliore. "
-" Nessuno è migliore di te. "
Allison si rese conto di ciò che aveva detto ed arrossì violentemente, spostando in fretta il suo sguardo imbarazzato altrove; Ma che cavolo sto facendo?! , si disse, immaginando una piccola sè stessa che prendeva a calci un suo clone. 
Dopo qualche secondo di confusione, Duncan riprese la fasciatura con un sorrisetto soddisfatto stampato in volto, che però non esprimeva tutte le sue emozioni in quel momento.
-" Fidati, è meglio cominciare a fare sul serio. "
Pochi minuti dopo si ritrovarono nella palestra insolitamente deserta, in cui ogni rumore riecheggiava; era fantastico essere da soli, senza doversi preoccupare dei capannelli di spettatori o del rumore degli altri attrezzi : ci si concentrava di più.
I due avversari si levarono i vestiti superflui ed iniziarono a girare in tondo com'erano soliti fare per il riscaldamento, stiracchiandosi e facendo un poco di stretching.
-" Cominciamo con le premesse : comincerò ad andarci davvero pesante. Pugni, calci, tutto è ammesso da ora in poi. Dovrai dare il centodieci percento, perchè quando ti troverai di fronte a quella bestia dovrai dare il tutto per tutto. Devi essere veloce e feroce, violenza al massimo : è questo quello che serve qui. "
Allison doveva ammettere che era un grande allenatore, riusciva sempre a motivarla, in un modo o nell'altro. Era davvero contenta di avere Duncan Nelson, il cosidetto "Marcio", come suo mentore.
Meno contenta fu quando improvvisamente l'attaccò, tentando di rifilarle un bel pugno nel naso; schivò di lato, tentando a sua volta di infierire con un gancio nel costato, ma il ragazzo fu incredibilmente rapido nello scartare e contrattaccare un'altra volta, infierendole solo una pesante sculacciata che la fece saltellare per il dolore ed innervosire. Lo sguardo lascivo e provocatore del Lupo Cattivo la fecero imbestalire ancora di più : l'aveva sculacciata e rideva pure?! L'avrebbe sistemato, quel galletto!
-" Te l'ho detto : veloce e feroce. So che ce la puoi fare, ora devi solo dimostrarmelo. "
le disse, e lei annuì imbronciata. Eccome se gliel'avrebbe dimostrato.
Duncan partì nuovamente all'attacco con una finta, che però Allison riuscì ad evitare per un pelo; dal canto suo, mise il turbo e rifilò al suo allenatore un manrovescio e un calcio di tibia in rotazione nello stomaco. Duncan fu costretto ad indietreggiare, sorpreso da tanta potenza. Lo sguardo sfrontato da guerriera della ragazzina lo fece sorridere : gliele avrebbe suonate a quella sfacciata. 
Questa volta fu Allison a prendere l'iniziativa, fingendo di voler attaccare con un pugno; scartò rapidamente il braccio teso di Duncan, afferrandolo per il polso e usandolo come perno per ruotare e atterrarlo con una ginocchiata in mezzo alla schiena; il ragazzo cadde in ginocchio, ma fu abbastanza veloce da afferrare il polso della sua rivale, rialzarsi e torcerle l'arto dietro la schiena, inchiodandola a sè con un braccio attorno al collo. Entrambi avevano il fiatone ed entrambi erano gia sfiancati per la potenza dei colpi, ma erano anche molto determinati. Allison continuava a cercare di dimenarsi, ma in qualche modo Duncan la teneva sempre a bada, strattonandola da una parte all'altra come se fosse stata una bambola. La stava stancando.
-" Allora, ti arrendi, piccoletta? "
Avvertì il suo sorriso contro il suo orecchio, il suo respiro caldo e furente vibrava sulla sua pelle e per un secondo la sua temperatura corporea aumentò vertiginosamente; sorrise sfacciatamente, godendosi appieno quel momento di puro contatto. 
-" Dovresti conoscermi ormai. "
Il suo tallone calò violento sul piede del Lupo Cattivo per ben tre volte prima che la lasciasse; ruotò di scatto, infierendo su di lui con una potente gomitata sullo zigomo e un calcio al petto. Non perse tempo e si avventò su di lui, facendolo stendere prono e sedendosi a livello delle sue scapole; gli afferrò violentemente la caviglia e gli sollevò di scatto la gamba, tendendo dolorosamente il muscolo e facendolo ringhiare di rabbia e dolore. Provò a liberarsi, ma quella piccola volpe cominciò a torcergli la caviglia.
-" Non ti conviene, signor allenatore. "
disse Allison, sorridente, fissando il suo allenatore pancia a terra con la coda dell'occhio.
-" Te ne pentirai. "
Avvertì il sorriso dolorante del ragazzo ed aumentò la dose di forza nella stretta, ma lui si sollevò improvvisamente sulle braccia, facendole perdere la presa sulla caviglia; si voltò rapido come un serpente, facendola cadere di lato, e si lanciò su di lei con un salto felino mentre si stava rialzando. La atterrò dolorosamente, facendole sbattere schiena e testa contro il pavimento cerato del ring, e la immobilizzò con tutto il suo peso, bloccandole le braccia a terra e premendo con forza sui suoi polsi, facendola gemere. Tentò più volte di sgusciare via da quella presa ferrea, ma più ci provava più provava dolore. Alla fine desistette, abbandonandosi al suolo e tentando di riprendere fiato; Duncan era ancora sopra di lei, a tenerla immobilizzata sul ring. Anche lui aveva il fiato corto ed sudore che grondava da tutto il corpo. Era stato un match breve, ma molto intenso.
Le sorrise con tenera soddisfazione e lei rispose; per un attimo, nella mente di entrambi si figurò la scena di un bacio, ma scacciarono immediatamente quell'idea assurda. 
-" Allora... Ti... ti arrendi? "
-" Vorrei avere la forza per morderti... "
Risero a quell'affermazione della ragazza e poi Duncan rotolò al suo fianco, esausto. 
-" Sei stata brava, ma puoi ancora migliorare. "
-" Lo so, ma anche tu. Dove sono i pugni e i calci premessi? "
Si voltò verso di lei con espressione sfrontata e provocatoria.
-" Non ne ho bisogno per batterti. "
-" Ah no?! "
Bloccò senza difficoltà il pungo che tentò di sferrargli e le sorrise in quel modo tanto bello quanto odioso, trovandosi fin troppo vicino al suo viso. Allison arrossì improvvisamente e il suo cuore perse un battito; sentiva il suo respiro vibrarle sulla pelle umida e percepiva i suoi muscoli rilassarsi pian piano.
-" Vacci piano con me, tigre. Oh, e hai delle adorabili guanciotte rosse. "
-" Ti detesto! "
-" Menti. "
Entrambi risero, poi si rialzarono e se ne andarono insieme.
~~~
 
Luglio
Più il tempo passava, più sembrava che il Lupo Cattivo e la ragazzina si stessero avvicinando. Ora passavano parecchio tempo insieme con la scusa di allenamenti obbligatori tutti i giorni, ma anche fuori dalla palestra parevano essere più affiatati. Nella cella i silenzi erano carichi di sorrisetti e parole interdette, nel cortile scambi di occhiate ammiccanti e nuovi sorrisi in lontananza e alla mensa sempre al tavolo insieme. Erano ancora distanti, ma si stavano raggiungendo un passo alla volta.
La verità era che Allison stava cominciando a scoprire un alleato in quel tenebroso ragazzo dai capelli corvini e i penetranti occhi color acqua marina. Quand'era con lui si sentiva più leggera, come se la vita fosse stata un gioco e non una battaglia. Adorava i loro silenzi nella cella, i pochi scambi di parole alla mensa, i brutali incontri e le premurose cure; del tempo passato insieme a Duncan, le piaceva tutto. Eppure di lui, in fin dei conti, non sapeva nulla; non conosceva la sua età, nè il motivo per cui era ad Alkalie Lake, niente di niente, e nonostante questo era entrato nella sua vita quasi involontariamente, rendendola meno spregevole. Ora la nostalgia del suo mondo sembrava meno dolorosa, tutto sembrava meno doloroso, anche i suoi frequenti incubi e le sue torture mentali. 
Dal canto suo, anche Duncan stava scoprendo un'alleata nella dolce ragazzina dai capelli biondi e gli occhi di ghiaccio. L'aveva intravista in ogni momento passato insieme e più andavano avanti più la vedeva, la scorgeva avvicinarsi affettuosamente e prenderlo per mano. Quando era insieme a lei si sentiva il ragazzo che avrebbe voluto essere, uguale e diverso ad un tempo, con una speranza di riscatto in quella vita di errori. Amava con tutto sè stesso ogni avventura passata insieme, piccola o grande, e ricordava ogni particolare che li aveva uniti; amava il modo in cui lo guardava, in cui gli parlava e come lo picchiava, amava vederla disegnare e dormire, perdersi nel suo mondo, amava il rossore sulle sue guance e il suo sorriso. Amava ogni cosa vissuta di lei e non ne conosceva il perchè; a dirla tutta, lui non conosceva nemmeno lei, sapeva solo che era lì e che era riuscito ad entrare nella sua vita e lei nella sua. Questo bastava. 
Ora, però, nello spogliatoio della palestra Allison non aveva tempo di pensare a ciò : doveva concentrarsi sull'incontro che si stava per svolgere. Mentre si fasciava le mani lanciò uno sguardo di malinconica fiducia alla bandana di Trent, che si era allacciata al braccio. Da parecchio ormai la teneva lì perchè le portasse fortuna e, in un certo senso, stava funzionando. 
Il suo pensiero andò automaticamente a suo fratello, a sua sorella, alla sua intera famiglia, e pregò l'Universo che fossero lì con lei in quel momento. Aveva davvero bisogno della loro forza. Nonostante si fosse allenata per più di un mese ogni singolo giorno, arrivando ad essere una macchina da guerra, seppur stremata, non era sicura che ce l'avrebbe fatta. Combattere con Duncan era una cosa, combattere con un vero avversario era completamente diverso.
Ripensò per qualche attimo alle telefonate fatte con zio Chris, brevi ma piene di informazioni sul mondo esterno a quello di Alkalie Lake. I nonni se la cavavano, anche se ultimamente Lucien si era preso una brutta tosse, mentre Chef era il solito forte toro di sempre, in piena salute e pronto a tutto; Valery e Viktor stavano più che bene, era un periodo meraviglioso quello che stavano vivendo insieme, e ogni volta portavano i loro saluti ad Allison. Le faceva piacere che ancora non si fossero dimenticati di lei; anzi, le dava un minimo di speranza.
Fece un respiro profondo, poi si alzò per fare un po' di stretching. In quel momento entrò nello spogliatoio Duncan; sembrava intimidito, malgrado la sua maschera di apatia fosse saldamente incollata al suo posto. La guardava fiducioso, con le braccia conserte e uno sguardo che tradiva un minimo di eccitazione; sinceramente, non stava nella pelle nel volerla vedere all'opera.
-" Pronta, tigre? "
-" Non lo so... Secondo te? "
-" Beh, guardati : sei diventata una macchina da guerra. "
Allison prese davvero qualche secondo per osservarsi e potè facilmente notare i muscoli sulle sue braccia e gambe e un accenno di addominali che stavano spuntando sulla sua struttura magra. Sì, stava seriamente diventando un mostro da combattimento.
Quelle parole le diedero fiducia, tanto che sorrise al suo allenatore, che le rispose quasi a fatica. Erano entrambi troppo emozionati : con questo incontro, la piccola tigre avrebbe potuto entrare ufficialmente nel mondo delle lotte penitenziarie.
-" Avanti tigre. Ti stanno aspettando. "
Allison scattò in piedi, s'infilò la felpa senza maniche e uscì subito dopo Duncan, il quale camminava più fiero che mai; lei intanto si stiracchiava le braccia e il collo, osservando diffidente il capannello di detenuti che si voltavano nella loro direzione. Sembravano molti più del solito e notò anche qualche secondino nascosto ai bordi della palestra; questo la mise leggermente in soggezione, ma si ordinò di rimanere calma e presente : aveva sputato sangue per prepararsi a quell'incontro, letteralmente, non avrebbe permesso a sè stessa di farsi intimidire da quel gruppo di spettatori e nemmeno dal suo sfidante, chiunque fosse. Nulla l'avrebbe spaventata.
-" Singori e... signori, benvenuti a questo nuovo incontro! "
esclamò il Mafioso, meglio conosciuto come Freddy Bonanno, che stava in mezzo al ring proprio come un presentatore e commentatore di incontri; non aveva alcun microfono, ovviamente, ma riusciva a farsi sentire benissimo con quell'odioso accento italiano e la voce squillante, oltre alla personalità esuberante.
Mentre Freddy parlava, Allison e Duncan si posizionarono al loro angolo; il ragazzo rimase un passo dietro di lei, mentre continuava a fare un po' di stretching sulle braccia per sconfiggere la tensione; si guardava intorno circospetta, come se fosse stata circondata da predatori feroci nascosti nell'ombra e non da compagni detenuti e secondini. Cominciava a sentirsi leggermente oppressa.
-" Accogliamo il primo sfidante! Con ottanta chili di peso per un metro e settantanove, con una grande autostima ed energia, Lightning Jones! "
Alle spalle di Freddy apparì un ragazzo dalla pelle mulatta e i capelli corti, tagliati alla Marines; era musoloso, ma non era troppo grosso, un bel ragazzo, molto sicuro di sè da come si faceva vedere sul ring. Fu accolto con un fragoroso applauso e qualche fischio, ma nulla di più.
-" Ma devo combattere con lui? "
chiese Allison, perplessa, senza staccare gli occhi da quello che sembrava il suo avversario. Effettivamente, non le faceva per nulla paura; sembrava più un pagliaccio che un lottatore.
-" Non farti ingannare dal suo comportamento egocentrico : è un grande pugile, con un pugno ti può mandare al tappeto. Stai attenta. "
le rispose Duncan, avvicinandosi al suo orecchio.
-" Ed ora, accogliamo la splendida avversaria. Con cinquantacinque chili di peso per un metro e sessantatrè centimetri, con un gran coraggio e molta determinazione, Allison McLean! "
Si levo la felpa con un colpo di spalle e si avviò, ma Duncan la fermò, prendendola con lieve rudezza per il braccio.
-" In bocca al lupo, tigre. "
Gli sorrise fiduciosa, poi saltò sul ring con il cuore in gola. Quello era un momento decisivo della sua vita : doveva provare di valere, di meritare il tempo del Lupo Cattivo, di meritare quel posto nelle lotte penitenziarie. Non per dimostrare agli altri di essere qualcuno, ma per dimostrarlo a sè stessa. 
Il time-keeper fece suonare la campana e l'incontro cominciò come ogni altro : i due avversari iniziarono a girare in tondo, uno di fronte all'altro, studiandosi con aria famelica. Jones la guardava con un sorrisetto lascivo e decisamente antipatico, si agitava, non riusciva a stare fermo, e questo la infastidiva. Sapeva che stava progettando qualcosa.
Tentarono una finta nello stesso momento, per tastare il terreno, ma ritornarono al punto di partenza quasi subito; la tensione, nel frattempo, continuava a crescere e ad addensare l'aria. Si percepiva chiaramente che a breve uno dei due avrebbe attaccato pesantemente e che ne sarebbe venuto fuori un putiferio, ma nessuno si aspettò la prima mossa di Allison : attuò una finta a destra, che Lightning schivò prontamente, ma non fu abbastanza rapido da scartare il gancio che si abbattè sulla sua guancia. Il cuore della ragazza pulsava come il motore di un treno nel suo petto e il suo sangue era carico di adrenalina.
-" Hey, ragazzina! Picchi duro! "
esclamò il ragazzo, facendola sorridere malvagiamente. 
-" Era solo uno stuzzichino. "
Allison parò una rapida sequenza di pugni, mettendo a frutto il durissimo allenamento contro il Lupo Cattivo, riuscendo a perpetrare un nuovo pugno, stavolta sulla mascella.
Lightning adesso la guardava con rabbia, non più con sarcasmo : ora si cominciava a giocare duro. La ragazza schivò un suo pugno, ma non fu abbastanza rapida da parare una ginocchiata nel costato; a seguire, si ritrovò quattro nocche stampate sullo zigomo. Nel frattempo, la folla cominciava a scaldarsi attorno al ring; iniziavano a sentirsi dei fischi, qualche applauso, piccole cose che bastavano a distrarre.
-" Beh, neanche tu ci vai piano. "
disse, sorridendo in modo provocatorio al suo avversario. Riprese un nuovo attacco, che però fu deviato senza troppa difficoltà; si vide arrivare un altro gancio, che la colpì alla bocca e la fece cadere a terra. La campanella di fine round trillò e Allison sbattè un pugno a terra, ringhiando di rabbia e sputando sangue sulla cerata bianca del ring. Eddai, stupida idiota, riprenditi!
Si alzò pian piano, andando al suo angolo, dove Duncan le porse una bottiglietta d'acqua e una piccola bacinella; bevve appena un sorso e sputò, risciacquandosi la bocca dal sangue. Guardò il ragazzo, che ricambiava l'occhiata con serietà ed apatia. No, non poteva perdere.
-" È solo il primo round, tigre. Ce la puoi fare. "
-" Ce la farò, stanne certo. "
Allison si rialzò come una furia e tornò nel ring, dove il suo avversario già la stava aspettando. Nessuno dei due perse tempo; non appena la campanella trillò, si andarono incontro come due lupi assetati di sangue e si scontrarono violentemente, tentando un pugno e una ginocchiata. Fu la ginocchiata di Allison ad andare a buon fine, colpendo in pieno l'intestino del ragazzo e quasi facendolo vomitare; Lighting cadde bocconi con gli occhi vitrei, scosso da spasmi di tosse da nausea. Riuscì miracolosamente a tirarsi in piedi, ma rimase leggermente gobbo dopo il potentissimo colpo ricevuto.
Prese le forze per tentare un nuovo attacco, ma fallì miseramente; Allison gli afferrò il polso e gli torse rapidamente il braccio dietro la schiena. L'avversario, però, fu molto più furbo e le assestò una testata in pieno volto, facendola barcollare indietro con il naso sanguinante. Ancora una volta si corsero incontro senza alcuna difesa; lui le balzò al collo, atterrandola violentemente e stringendole le dita attorno alla gola, ma lei lo fece desistere un pugno ben piazzato su quel suo visetto da sbruffone. Allison gli si catapultò sullo stomaco, afferrandogli a sua volta il collo e bloccandolo a terra; negli occhi aveva il fuoco della demoniaca sete di vittoria, un fuoco che spaventò tutti i presenti nella palestra, tutti tranne Duncan. Lui amava quel fuoco, perchè era lo stesso che aveva lui alla sua età : sapeva esattamente che cosa voleva dire quello sguardo.
Lightning le strinse le braccia con le unghie, ferendole la pelle e facendola ringhiare, ma questo non fu sufficiente a farle lasciare la presa; cominciava a mancargli il respiro, stava per svenire. Anche la ragazza se ne accorse e prontamente lasciò la sua gola, dandogli un minuto per riprendersi : non le piaceva vincere facile. 
La seconda campana trillò e subito Allison si fiondò ansimante al suo angolo; il capannello di spettatori era più coinvolto che mai e la accolse con un boato di fischi e grida d'incitamento. Ma l'accoglienza migliore la ricevette dal Lupo Cattivo, il quale le sorrise un poco, fieramente, con le braccia conserte e uno sguardo orgoglioso e fiducioso.
-" Non sottovalutarlo adesso. Puoi batterlo, ma non abbassare la guardia. "
Annuì sicura, confortata e rinvigorita da quelle parole. Bevve un sorso d'acqua, sorrise al suo allenatore e poi la campana la richiamó sul ring. 
Quando si ritrovò nuovamente Lightning davanti, le venne voglia di saltargli addosso e sbranarlo : ancora la guardava con quel sorrisetto beffardo, ora pesto, ma pur sempre beffardo. Che cos'aveva da ridere?! 
-" Te la sei goduta la doccia insieme al tuo Marcio, sgualdrina? "
Il tempo sembrò fermarsi. Quelle parole la colpirono più a fondo di qualsiasi gancio o calcio, più di qualsiasi arma, più di qualsiasi cosa al mondo; rivide il suo corpo premuto contro una parete, rivide Duncan che la proteggeva, sentì la voce di Laughton che la cercava. Quelle parole le fecero perdere qualsiasi forza, fisica e mentale, e Lightning ne approfittò, rifilandole un potente pugno alla mascella che la spedì al tappeto. Stranamente, peró, non sentiva alcun dolore, vedeva soltanto quel giorno orribile, la pioggia che incombeva sul penitenziario, il corpo di Duncan premuto contro il suo, i suoi occhi di ghiaccio. Era quello a fare male, non il dolore fisico.
Nel frattempo, il silenzio era calato nella palestra, la calma prima della tempesta. I detenuti spettatori fissavano ora con astio il ragazzo mulatto, che ora si trovava circondato da potenziali assassini : tutti avevano udito le terribili parole pronunciate alla ragazzina, nessuno escluso.
In poco meno di cinque secondi, Jones si ritrovò davanti il Marcio, i suoi occhi acqua marina che sprigionavano rabbia e pura sete di sangue; Paulie era già pronto a prenderlo nel caso fosse scappato fuori dal ring. I secondini avevano già circondato il ring con i manganelli in mano, in attesa che qualcuno colpisse qualcun'altro.
Duncan lo afferrò per il collo, ringhiandogli in pieno viso e facendogli quasi crollare la vescica. Alzò il pugno, pronto a colpire, sapendo perfettamente che nessuno, nemmeno i secondini sarebbero riusciti a fermarlo, ma la voce debole e abbattuta di Allison lo paralizzò. Il suo sguardo mutò, da Lupo Cattivo si trasformò in un cucciolo bisognoso. Stava bene? Era ferita gravemente?
-" L-lascialo andare... L'incontro non è ancora finito... "
La vide rialzarsi a fatica, asciugarsi il sangue che le colava dalla bocca, vide il suo sguardo lupesco, vide la sua determinazione e la voglia di vendetta. Le sorrise con dolcezza e lasciò libero quello stronzo, sorridendo malvagiamente come mai aveva fatto in vita sua.
-" Sarò il primo che ti verrà a trovare in infermeria... "
gli sussurrò, poi scese dal ring, abbandonando il povero Jones nelle mani della sua piccola tigre.
 
Era felice di essere nella sua cella, immersa nel silenzio del tardo pomeriggio di quel giorno di pioggia; il caos dei detenuti in festa le aveva fatto più male dei pugni di quell'imbecille con cui si era ritrovata a combattere. Era lì con Duncan, seduta sul wc dell'angolo toletta, a farsi medicare le varie ferite subite. Nonostante fosse ridotta ad una melanzana, era molto contenta dell'esito dell'incontro e lo era anche il suo allenatore, forse più di lei.
Era ancora nella sua tuta da ginnastica e sinceramente cominciava ad avere un po' freddo, ma le premurose cure del Lupo Cattivo alleviavano dolore e brividi. Le piaceva il modo in cui le stava disinfettando i graffi, lo faceva molto delicatamente, con una dolcezza inaspettata.
-" Girati. "
Allison ubbidì a quell'ordine e si voltò, trovandosi faccia a faccia con il ragazzo, che cominciò a strofinarle lievemente uno straccetto bagnato sulle labbra e agli angoli della bocca, ancora coperti di sangue; le pulì anche la guancia graffiata e la spaccatura sul naso, mettendoci dei piccoli cerotti. Gli sorrise con gratitudine e lui rispose in quel modo freddo e fiero ad un tempo che tanto le piaceva. 
Per un attimo si perse nei suoi occhi acqua marina, scorgendoci un universo infinito, poi però si riprese, rabbrividendo per l'aria umida della cella; prontamente Duncan si sfilò la camicia, restando soltanto in quella sua dannata canottiera nera e aderente, e la passò attorno alle spalle della ragazzina, che arrosì come una scolaretta e gli sorrise con timidezza. Una bolla si calore la avvolse, ristorandole come poche cose potevano fare.
Lui le si accucciò davanti, arrivando alla sua altezza, e le sorrise con fiducia, continuando a medicarla con premura e riguardo, cercando di non farle più male di quanto non ne avesse già.
-" Sei stata formidabile oggi. "
Quelle parole lasciarono Allison completamente senza parole. Davvero lui pensava questo? Davvero le aveva detto che era stata formidabile? Non sapeva perchè, ma il fatto che lui avesse una simile opinione nei suoi confronti la faceva sentire invincibile, la faceva sentire una persona reale e non un fantasma intrappolato in un manichino. Lui la faceva sentire viva. Aveva un potere che nessun altro al mondo possedeva, oltre a Valery e Trent, ma Duncan sembrava essere un derivato di quel potere, simile ma diverso in qualcosa, qualcosa di sconosciuto.
-" G-grazie... "
-" È stato molto divertente vederti spaccargli il naso con un pugno dritto in faccia... "
Duncan ridacchiò malvagiamente alla scena, rivedendo la sua tigre saltare addosso a Jones e tempestarlo di cazzotti in quel suo brutto grugno. Ed era indubbiamente orgoglioso che lei avesse vinto. Se lo meritava. 
Entrambi rividero Jones cascare al tappeto come un sacco di patate, la faccia completamente pesta e un polso slogato; Freddy Bonanno che saliva sul ring e le alzava il braccio in segno di vittoria, gli spettatori esultanti. Allison, per la prima volta dopo lungo tempo, si era sentita qualcuno.
Improvvisamente, però, Duncan si trovò la piccoletta aggrappata al collo, che lo stringeva dolcemente; non seppe come reagire, sul momento, si irrigidì come un bastone ed arrossì dalla testa ai piedi. Oh Cristo, che sta facendo?! , si disse, trovandola poi una domanda davvero cretina. Deglutì a vuoto, completamente nel panico, ma la voce della ragazzina lo tranquillizzò. La sua voce dolce aveva quel magico potere di placare ogni emozione negativa in lui, aveva la capacità di spegnere il fuoco del suo Inferno e aprire per un po' le porte del Paradiso. Come faceva?
-" È grazie a te se ce l'ho fatta. Grazie, grazie di tutto. "
gli sussurrò, e lui sorrise dolcemente, nascondendo il viso nei suoi capelli profumati e circondandole il corpo piccolo e magro con le grandi braccia muscolose. Allison si sentì magicamente al caldo, protetta, come se nulla al mondo, nemmeno i suoi demoni, avessero potuto farle del male. Era una sensazione semplicemente paradisiaca.
Duncan provava la stessa identica cosa, solo con un qualcosa in più : oltre a sentirsi protetto, si sentiva protettore. Lì, tra le sue braccia, quella piccola e fragile creaturina non sarebbe mai stata ferita. Non avrebbe permesso a nulla al mondo di farle del male, si ripromise.
Un calore avvolgente li circondò, dando vita a mille emozioni, mille sbuffi colorati di sentimenti nascosti, scintille di magia ed alchimia pura, come se per un momento fossero stati capultati nell'Universo infinito che tanto li odiava.
~~~
-" Puoi restare? "
-" Sai che non posso... Abbiamo solo poco tempo per stare insieme. "
-" Stai bene? "
Valery alzò le spalle, sorridendo giuliva com'era solita fare. Era bellissima, come sempre. Vederla ancora una volta era qualcosa di emozionante, anche se non era davvero lì con lei.
-" Va tutto bene. Viktor è dolcissimo, mi tratta come una principessa. "
-" Tu sei una principessa. Te lo meriti. "
Valery rise in modo cristallino e dolce, le carezzò una guancia e giocò con i suoi capelli ormai corti. 
-" Che accidenti hai combinato?! "
-" Li ho tagliati. Erano diventati orrendi. Scusa, ma erano davvero da eliminare. "
-" Ti stanno bene, mi piaci. "
-" Grazie... "
-" Con la lotta te la cavi bene, eh? Hai sempre avuto un talento naturale... "
Le ragazze ridacchiarono, ripensando a tutte le risse in cui Allison era stata partecipe. Lo sguardo di Valery si fece improvvisamente malizioso, quello che metteva ogni volta che c'era un bel ragazzo in questione. 
-" E il tuo allenatore? È un bocconcino niente male... "
-" Valery! È soltanto il mio compagno di cella... "
-" Sai benissimo che non è così. "
concluse la sorella maggiore, facendo un tenero occhiolino; Allison si arrese : non sarebbe cambiata mai.
Una luce in lontananza attirò la loro attenzione; Val sorrise e le carezzò di nuovo il viso.
-" È ora? "
chiese Allison, e sua sorella rispose semplicemente annuendo.
-" Ti voglio bene sorellona... Presto tornerò a casa, promesso... "
Valery la strinse forte tra le braccia, come faceva sempre; percepì il suo calore, si rifugiò nei suoi capelli, respirò il suo profumo. Per un attimo, pensò che fosse davvero lì con lei.
-" Ti voglio bene anch'io sorellina... Ti sto aspettando. "
La luce le investì e poi tutto tornò buio.
 
Si svegliò tranquillamente, senza sussultare nè saltare sul materasso. Aprì gli occhi e si ritrovò nella sua cella, avvolta nel suo piumino, a pochi centimetri dal ritratto di Valery; sorrise guardandolo, ripensando al piacevole sogno appena fatto. Le aveva dato speranza, le aveva infuso un minimo di prospettive per il prossimo futuro. Sua sorella la stava aspettando, tutti a casa l'aspettavano. E presto sarebbe ritornata.
-" Almeno oggi ti sei svegliata tranquillamente... "
La voce assonnata di Duncan la fece sobbalzare. Se ne stava disteso sulla schiena, il petto nudo e un braccio penzoloni fuori dalla branda; i suoi occhi luccicavano nella penombra, la fissavano con apatica e stanca dolcezza. 
-" Scusa, non volevo svegliarti... "
-" Non sei tu che mi svegli. "
Percepì nel suo sguardo una nota di amarezza e capì immediatamente di cosa stava parlando. Evidentemente, non era l'unica in quella cella ad avere degli incubi così spaventosi da togliere il sonno. 
Si meravigliava ogni volta di scoprire queste piccolezze sul Lupo Cattivo, il ragazzo dalla scorza dura ma dal cuore nobile tormentato da mille demoni. Molto spesso si trovava così vicina a lui, nonostante la distanza, e questo la faceva sentire molto meno sola, come se finalmente avesse trovato un'altra anima e non l'ennesimo manichino. Sentiva questo ormai da molto tempo, da quando Trent aveva abbandonato quella grande gabbia di cemento, non sostituendolo, affatto, bensì consolandola, aprendo una piccola, minuscola breccia nel suo cuore, una breccia grande quanto una voragine.
-" Da quanto sei sveglio? "
-" Da quando hanno spento le luci. "
Come lo capiva...
-" Vuoi ascoltare un po' di musica? "
gli chiese, e lui sembrò illuminarsi. 
-" Davvero? "
-" Certo. "
Allison saltò prontamente giù dalla sua branda, frugò sotto il materasso e trovò il suo magico MP3 e le cuffiette e si diresse a grandi passi verso il letto di Duncan; salì qualche piolo sulla scaletta e gli porse l'aggeggio un po' scassato. Il ragazzo le sorrise con stanca dolcezza e le sfilò delicatamente dalle dita fine l'MP3, sfiorandole leggermente la pelle. Rimase come ipnotizzata da quel contatto, senza saperne davvero il perchè. Semplicemente quel ragazzo aveva un modo di toccarla che nessun altro aveva. 
Fece per andarsene, ma lui le afferrò piano il polso, bloccandola all'istante. La sua mano era calda, molto più di pochi secondi prima, e riuscì anche a scorgere un certo rossore sulle sue guance. 
-" Ehm... V-vuoi ascoltare anche tu? N-non mi va c-che tu te ne stia lì, da sola... "
Una tenerezza furibonda la investì come una dolce onda di bassa marea insieme ad una grande quantità di imbarazzo, ma non imbarazzo di vergogna, bensì quello derivato dalla timidezza. Si sentì le guance andare a fuoco e per poco temette di sciogliersi; all'improvviso, la cella era diventata un bollitore.
-" Uhm... O-okay... "
Duncan la lasciò, cercò qualcosa tra le coperte -la canottiera- e se l'infilò sopra la testa, poi alzò il piumino, invitando Allison con un cenno della testa. Goffa come non mai, sgusciò sotto il braccio e la coperta del ragazzo, ritrovandosi in una nicchia di calore e odore di muschio bianco che su di lui restava sempre particolarmente impresso e che lo caratterizzava, con una nota di amara mascolinità e acqua. Stava accoccolata sul bordo della branda, a distanza di sicurezza, come se un contatto con Duncan avesse potuto bruciarla. Non aveva mai dormito con un ragazzo e non pensava che il primo sarebbe stato il suo compagno di cella, nonchè allenatore, un bellissimo giovane dal fisico prestante e i penetranti occhi acqua marina. 
Si infilarono una cuffietta ciascuno e fu il ragazzo a scegliere la canzone, Dear God degli Avenged Sevenfold; tenne il volume basso, così che potessero parlarsi senza alzare troppo la voce e svegliare tutti, rischiando una severa punizione.
Duncan si sentiva una fiamma ardente ed incontrollabile; da anni non aveva una ragazza nel letto e ritrovarsi lì con Allison era qualcosa di addirittura sconcertante. Si sentiva vivo come mai prima di allora, come se nulla al mondo potesse essere migliore di avere accanto a sè quella piccola tigre. Aveva pensato bene di vestirsi un minimo, per metterla più a proprio agio, eppure se ne stava ancora sul bordo della branda; evidentemente, non era abituata a dormire con dei ragazzi. Per fortuna.
-" Hai paura? "
le chiese, e i suoi occhioni azzurri saettarono nei suoi con riverenza. Sperava con tutto sè stesso in una risposta negativa.
-" N-no... Perchè me lo chiedi? "
-" Stai sul bordo del materasso e quasi non respiri. Non ti faccio nulla se ti avvicini, okay? Sono un ragazzo, non un animale. "
Ho i miei dubbi, pensò maliziosamente Allison, ma rispose all'invito, avvicinandosi pian piano e raggiungendo l'area di calore del corpo del ragazzo; un brivido le corse lungo la spina dorsale, come se una dolce carica elettrica l'avesse attraversata.
Entrambi si voltarono a fissare il soffitto, ascoltando in silenzio le canzoni che si susseguivano.
-" Dove ti sei fatto tutti quei tatuaggi? "
domandò Allison dopo lunghi minuti, e Duncan si voltò verso di lei, guardandola con apatica dolcezza. Si perse in quelle magnifiche iridi che luccicavano anche nel buio, le iridi che l'avevano terrorizzata e salvata, quelle che nella notte la,osservavano combattere i suoi demoni.
-" Qui. Quando sono arrivato, c'era un ragazzo che ogni tanto ne faceva qualcuno. Penso sia stato il mio migliore amico di sempre. "
-" Davvero? E ora dov'è? "
-" È stato giustiziato due settimane prima che tu arrivassi. "
Un martello colpì Allison in pieno petto, facendola improvvisamente sentire mille chili più pesante. 
-" M-mi dispiace tanto... "
Duncan ebbe la forza di sorriderle con dolce stanchezza, ma quel sorriso si cancellò quando vide una lacrima scivolarle sulla guancia.
-" Hey, hey, perchè piangi? "
-" S-scusami... Sono empatica... Sento le emozioni delle persone che mi circondano... "
Allison ridacchiò nervosamente, asciugandosi la pelle con il dorso della mano. Si sentiva un po' stupida, ma anche rassicurata dalla sua premura. Lo trovava molto dolce.
-" E tu? Che mi dici della ragazza di cui hai fatto il disegno? "
-" Quella... è mia sorella. "
Un sorriso malinconico si dipinse immediatamente sul suo viso, guardando in direzione della sua branda e individuando immediatamente il ritratto di Valery. Era strano come ora non soffrisse nel parlare di lei; forse era ancora una volta il potere di Duncan, quella sconosciuta capacità di scacciare ogni singolo demone ed incubo dalla sua vita, anche se solo per pochi, magnifici attimi.
-" Ti manca molto, vero? "
-" Sì, mi manca infinitamente... Ogni giorno spero sempre di svegliarmi e trovarla accanto a me, nella mia stanza, che mi dice 'Buon giorno tesoro mio'. Voglio tornare a casa solo per lei. E tu? Hai fratelli o sorelle? "
Duncan sorrise, voltandosi verso di lei e puntellandosi su un gomito; la guardava dall'alto, troneggiando teneramente su di lei.
-" Un fratello, Dean. Adesso dovrebbe avere... dodici anni, ne compirà tredici il prossimo novembre. "
-" Scommetto che è un tesoro. "
-" Aspetta di vederlo giocare a football... "
Entrambi risero di gusto, rilassando quell'iniziale atmosfera di timidezza. 
-" Da quanto tempo sei qui? Se posso chiedere... "
-" Quasi due anni. Mi manca ancora un anno per uscire... "
-" Tre anni di condanna? Che diamine hai fatto, bad boy? "
Anche se il ragazzo rise, Allison percepì una chiara nota di amarezza. Sapeva quant'era difficile parlare di certe cose e si pentì immediatamente di avergli chiesto una cosa del genere.
-" Scusa, non volevo... "
Duncan la interruppe con un silenzioso gesto della mano e un caro sorriso, che la ipnotizzò senza grande sforzo.
-" Non sono mai stato un tipo a posto... Una sera, avevo più o meno la tua età, ho fatto una gran bella cretinata : ho detto di sì ad un tipo che mi ha offerto uno spinello. Da lì ho cominciato a spacciare, oltre a fumare, ma non è durata molto. Durante una perquisizione a scuola, i cani hanno trovato l'erba nel mio armadietto e, ovviamente, sono risultato positivo ai test. Ed eccomi qui, anche se questo non è stato l'unico crimine per cui avrei potuto essere condannato... "
Ascoltò quasi affascinata la storia di quel misterioso ragazzo, sentendosi sempre più vicina a lui. Non riusciva ad immaginarselo due anni più giovane, con la testa bacata e uno spinello in mano. Non era il Duncan che aveva conosciuto, quello dal cuore d'oro protetto da una corazza di ferro che solo lei aveva saputo smontare, nonostante non ne fosse consapevole.
-" Ora però sei cambiato. "
Il ragazzo rise amaramente, stendendosi nuovamente a fissare il soffitto.
-" C'è un motivo se mi chiamano "il Marcio" . "
-" C'è un motivo se ora sono qui e non nel mio letto ad avere incubi su un ragazzo che mi ha stuprata nelle docce. "
Il coraggio e la naturalezza con cui disse quelle parole lasciarono il ragazzo sconvolto; lo guardava con un sorriso dolce come il miele e gli occhi pieni di gratitudine, come se fosse stato un angelo e non un demone, un eroe e non il reietto che non era altro. Lo guardava come se avesse potuto valere qualcosa. Un'emozione potente si diffuse nel suo corpo, come se qualcuno gli avesse iniettato una dose di Paradiso in vena.
-" Ti ho mai ringraziato per quello che hai fatto? "
-" Sì... Non ce n'era bi... "
-" Grazie di nuovo. Senza di te, probabilmente non sarei qui. "
Per la prima volta dopo anni e anni, una lacrima tentò di affiorare ai suoi occhi, ma la scacciò indietro con forza, cercando di scacciare anche l'immensa felicità nel sentirsi dire che per qualcuno lui era importante. Che per lei era importante. 
Si schiarì la voce, ritornando minimamente alla sua consueta apatia.
-" E tu? Chi hai picchiato per essere condannata ad aggressione di terzo grado? "
-" L'ex fidanzato di mia sorella. L'aveva insultata e presa in giro per troppo tempo, non potevo permettere che continuasse. Nessuno può farle del male. "
Duncan sorrise alla nobiltà nel crimine della sua piccola tigre, carezzandole una ciocca di capelli con un dito. Sei così piena di buoni propositi, piccola tigre... Non meriti di stare nella merda con noi, pensò, sentendo di nuovo quelle orrende voci nella sua mente. 
Quando tornò a guardarla in volto, i suoi occhi erano già nascosti sotto le palpebre, un dolce sorriso disegnato sulle labbra rosee e il respiro calmo che vibrava lieve sulla sua pelle; nonostante il viso fosse ancora pesto dall'incontro di alcuni giorni addietro, restava sempre bellissima, una dolce ragazzina che non avrebbe dovuto essere lì, nè ad Alkalie Lake, nè tanto meno nel suo letto, accanto a lui. 
Le sfilò dolcemente la cuffietta e poggiò l'MP3 sul comodino, oltre la sua figura, poi si levò la canottiera e si sistemò per bene sotto la coperta, osservandola e carezzandola delicatamente di quando in quando. Mai aveva passato una notte tanto bella in vita sua.
 
Il sole era già alto nel cielo quando le sbarre della cella cigolarono rumorosamente insieme alle sirene di sveglia; il cielo era turchese e gli uccellini cantavano allegri nei campi fuori da Alkalie Lake, mentre la luce penetrava nelle celle dalle finestre opache e lontane, preannunciando una meravigliosa giornata. Tutto sembrava magicamente essere tornato alla vita dopo i giorni di pioggia che avevano preceduto quella splendida mattinata.
Allison aprì gli occhi con calma, svegliandosi lentamente dall'ameno sogno che stava facendo nel sonno più profondo che ricordasse. Tutta la notte aveva sognato i più bei ricordi della sua vita e i più cari; nessun incubo o demone l'aveva tormentata e questo era quasi pari ad un miracolo. Si sentiva serena e riposata e dopo qualche secondo si ricordò perchè.
Un piacevole e caldo peso gravava sulla sua vita e sulla schiena e quando si voltò un poco vide Duncan ancora beatamente addormentato che l'abbracciava come un peluche, con la testa poggiata dolcemente contro la sua scapola; i capelli corvini le solleticavano la pelle e il suo respiro calmo la facevano rabbrividire piacevolmente, mentre le sue enormi braccia muscolose le circondavano il corpo. Arrossì dalla testa ai piedi, sentendo il suo corpo surriscaldarsi nonostante l'aria fresca della cella, eppure non avrebbe voluto alzarsi per nulla al mondo e non avrebbe nemmeno voluto svegliare Duncan. Era fantastico... 
-" Duncan? Hey? "
gli sussurrò, carezzandogli pian piano il braccio tatuato, tracciando i contorni del grande lupo sotto l'orbe del mondo; in risposta ottenne solo un mugugno pigro ma felice.
-" Dobbiamo alzarci... "
Il ragazzo mugugnò ancora, stavolta leggermente e falsamente irritato, e la strinse più forte a sè, facendola arrossire e surriscaldare ulteriormente; Allison deglutì a vuoto : faceva davvero caldo lì sotto, soprattutto ora che si era accorta che la canottiera era dispersa sopra il piumino e non più addosso a Duncan. Ogni parte dei loro corpi era a contatto; il petto di lui le sfiorava la schiena, le gambe muscolose di lui solleticavano dolcemente le sue; le loro braccia s'incontavano amorevolmente.
Finalmente il Lupo Cattivo si decise a svegliarsi; si stiracchiò discretamente, evitando di infastidirla e di lasciarla andare e facendole un po' di solletico, poi borbottò qualcosa di inequivocabile.
-" ... 'anculo riforma... di 'erda... "
Allison rise in modo cristallino a quelle imprecazioni, poi rotolò agilmente giù dalla branda, liberandosi malvolentieri dall'abbraccio del Lupo Cattivo e atterrando in piedi, stiracchiandosi per bene e mettendo in mostra il suo corpo piccolo ma affatto sgradevole, ben proporzionato e sinuoso.
-" Hey, tigre... Grazie... "
Sorrise dolcemente a Duncan, il quale la guardava sporto dalla branda con uno sguardo e un sorriso dolcemente assonnati, quasi ubriachi. 
-" Quando vuoi. "
E se ne andò, lasciando il ragazzo in Paradiso ancora per qualche minuto.

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Capitolo 7
*** Part 7 ***


BROKEN PIECES - Part 7
 
Agosto
Anche l'estate stava lentamente giungendo al termine, portandosi via il caldo, le giornate lunghe e l'estate stessa. Inesorabile, si stava avvicinando l'autunno, che avrebbe portato il freddo e i colori sgargianti e sarebbe finalmente passato un anno ad Alkalie Lake.
Era ormai arrivato quel mese, il mese della sua sorellina, dopo un'estate lunga e piena di cambiamenti nella sua vita del penitenziario. Aveva trovato un modo per guardare avanti grazie agli allenamenti, gli incontri e soprattutto Duncan, ma ora era il momento di gettare uno sguardo al passato.
Trent l'aveva telefonata alla fine di luglio e l'aveva visitata quello stesso fine settimana; le aveva comunicato che lui e Gwen erano finalmente andati a convivere, che lei sarebbe andata all'università e che lui l'avrebbe seguita. Aveva scelto la facoltà di biologia, voleva specializzarsi in biochimica, mentre la sua splendida ragazza aveva optato per la facoltà artistica. Era così orgogliosa di suo fratello ed era stata così dannatamente felice di rivederlo ed abbracciarlo. Era stata dura senza di lui, malgrado la presenza di Duncan. Un fratello restava pur sempre un fratello e non avrebbe potuto desiderarne uno migliore di Trent.
In ogni caso, la sua visita le aveva rimandato il pensiero a Valery. Come stava? Come avrebbe festeggiato il compleanno quell'anno? Come andava con Viktor? Domande a cui non aveva risposta, ma che sentiva l'avrebbero ricevuta presto. 
Era un giorno normalissimo tra le mura di Alkalie Lake, al comune orario della colazione, nella comune mensa. Allison se ne stava seduta al comune tavolino in compagnia di Duncan in un calmo e rilassato silenzio, a fissare il suo piatto e di quando in quando i suoi compagni o il ragazzo. Pensava a come avessero legato in così poco tempo; si parlavano ancora poco, facevano quasi fatica a stare troppo attccati, ma ora erano in qualche modo più uniti, più vicini emotivamente. Si sostenevano a vicenda, a distanza, ognuno c'era per l'altro. Era quasi incredibile come si fossero ritrovati insieme in quei pochi mesi, eppure erano lì, Allison e Duncan e Duncan e Allison.
-" Posta! "
La voce del secondino irruppe potente nella mensa, attirando l'attenzione di tutti; sia Allison che Duncan alzarono per un momento lo sguardo, poi tornarono a mangiare. Ascoltarono distrattamente i nomi dei ragazzi che venivano chiamati uno ad uno, senza davvero ricordarli, sapevano che per loro non ci sarebbe stata posta, finchè un nome non li colpì.
-" Laughton! "
Duncan scattò; i suoi occhi acqua marina saettarono verso il secondino, ma incrociarono quelli verdi di Pel Di Carota, con i suoi orribili capelli arancioni e la sua aria da sbruffone. Maledetto, quante botte avrebbe voluto dargli...
-" Ma non era uscito quello stronzo? "
La voce della ragazzina lo fece svegliare; anche lei lo fissava con apatico astio, eppure con un retrogusto di timore. Non era difficile notarlo, dal momento che, anche contro la sua volontà, era una ragazza incredibilmente espressiva.
-" No, l'avevano solo trasferito. A quanto pare, era troppo per l'altro riformatorio. "
Allison annuì e cercò di concentrarsi di nuovo sul suo piatto, ma notò immediatamente che la sua mano aveva cominciato a tremare leggermente. La sua rabbia aumentò, aumentò così tanto che temette che il petto gli esplodesse, ma riuscì ad ingoiarla. Non sopportava che la sua tigre temesse qualcuno, soprattutto qualcuno come Scott Laughton.
-" Hey. Non hai nulla di cui aver paura, okay? "
Gli rivolse un triste sorriso, poi tornò a mangiare. Cosa voleva dire con quel sorriso?
-" McLean! "
Al suono del suo nome, Allison ebbe un sussulto. Si alzò e andò a grandi falcate dal secondino, guardandolo perplessa; prese la lettera senza nemmeno guardarla, con il cuore che le martellava furibondo nel petto, ringraziò l'uomo e se ne tornò al suo posto quasi come se nulla fosse accaduto, come se fosse stato un sogno. Spostò il vassoio e si mise a fissare la busta, soltanto la parte del destinatario : Penitenziario minorile di Alkalie Lake, alla detenuta Allison McLean. Era stato battuto a macchina, ma conosceva perfettamente il mittente di quella lettera. Quando la girò, vedendo quel nome, il suo cuore perse un battito comunque. Non si sarebbe mai più abituata a rivedere il suo nome, a sapere che qualcosa conteneva un pezzo di lei.
-" Che succede? "
Il tono preoccupato di Duncan la distolse per un attimo dai pensieri che le ottenebravano la mente, ma non del tutto. 
-" Nulla, non ti preoccupare. "
-" Di chi è? "
Si sistemò nervosamente sulla sedia, respirando profodamente e tenendo con la massima cura la busta rosa pallido che conteneva una lettera a quanto pareva relativamente lunga. Non sapeva perchè, ma aveva la netta sensazione che ci fosse scritto qualcosa che non le sarebbe piaciuto. Gesù, che diamine era successo? 
-" Mia sorella. "
Duncan non conosceva molto a proposito di questa fantomatica sorella di Allison; si era fatta sfuggire solo il suo nome, Valery, e che non erano proprio sorelle di sangue, bensì di vita, il che gli faceva pensare che fossero molto, molto legate. Per il resto, la ragazza si era rifiutata di dire altro e lui non aveva insistito : se ne voleva parlare, lui era pronto ad ascoltarla, altrimenti non erano affari suoi. 
-" Probabilmente sarà qualcosa che non mi andrà giù. "
-" Come mai dici così? "
Allison gli sorrise in modo amaro, facendogli comprendere tutto il suo profondo disagio e la sua preoccupazione. 
-" 'Niente nuove, buone nuove'. Ho sempre preso questo detto molto sul serio. "
 
Per tutto il giorno, rimase con la testa tra le nuvole; non ce la faceva a concentrarsi sul suo lavoro, continuava a pensare a cosa avesse potuto succedere perchè Valery le scrivesse una lettera. Voleva saperlo, eppure il solo pensiero di aprire quella busta la terrorizzava.
Il suo lavoro era cambiato nuovamente ed era la prima volta in assoluto che veniva assegnata ad un compito del genere : durante i lavori all'esterno dei ragazzi, come disboscare per procurare legna per il penitenziario e le cittadine vicine, Allison aveva il compito di ristorarli minimamente, portando dell'acqua e due o tre asciugamani con cui pulirsi dal sudore. Era un compito orribile, sfiancante e stressante, soprattutto per una germofoba come lei, ma non tanto quanto quello dei suoi compagni. Li vedeva sgobbare sotto il sole, anche se non era più cocente come i due mesi precedenti, e non osava pensare a ciò che avevano passato in quel periodo; lei stessa, soltanto a camminare avanti e indietro, si sentiva sogliere nella leggera camicia di cotone arancione. Dovevano essere davvero forti per non morire disidratati o per un colpo di caldo, bastava guardare Duncan; sembrava instancabile e lui e la sua ascia sembravano una cosa sola. L'aveva osservato per pochi secondi, ammirando la sua quasi perfezione, poi aveva dovuto svegliarsi e correre da uno dei suoi compagni. Non sapeva perchè, ma aveva la netta sensazione che dietro a quel nuovo ed insolito lavoro ci fosse lo zampino del Grande Capo Harrison.
I secondini stavano a perlustrare il perimetro con i fucili spianati, immobili ed impassibili come robot, mentre i ragazzi lavoravano e lavoravano. Provava seriamente dispiacere per loro, soprattutto nel ricordare che avevano la sua età.
Il turno finì dopo tre ore davvero estenuanti passate sotto il sole di fine estate; i detenuti raccattarono le camicie abbandonate e consegnarono le accette e i vari attrezzi al secondino supervisore, per poi riordinarsi in fila per due e tornare al riformatorio con la lunga marcia.
Fu Duncan a trovarla e ad affiancarsi silenziosamente a lei, mentre teneva la testa bassa e gli occhi incollati ai suoi piedi, i pensieri completamente altrove. 
-" Hey. "
Allison sembrò svegliarsi da un sonno poco profondo; alzò lo sguardo verso di lui, vedendo un gioioso sorriso in controluce e ricambiando con affetto. Si accorse senza troppa difficoltà che era a petto nudo, la camicia tenuta a penzoloni su una spalla; la sua pelle luccicava di sudore e perfino i suoi capelli, che tirò indietro con una mano. Avrebbe potuto sembrare disgustoso, eppure su di lui era incredibilmente attraente. Si chiese quante ragazze aveva ammaliato in quel modo prima di Alkalie Lake e una fitta di gelosia le attraversò il corpo. Abbassò nuovamente lo sguardo, le guance rosse coperte a fatica dai capelli corti e raccolti in una coda di cavallo. Doveva smetterla di notare questi dettagli e farsi queste domande.
-" Hai intenzione di leggere quella lettera? "
Quella domanda la lasciò leggermente perplessa. Da quando si interessava a lei, ai suoi conti personali?
-" N-non lo so... Probabilmente non ho scelta. Se mi ha scritto, vuol dire che ha qualcosa di molto importante da dirmi. E questo qualcosa probabilmente lo odierò a morte, ma dovrò conviverci. In fondo, lei della sua vita fa quello che vuole. "
I pensieri oscuri tornarono alla sua mente, rispecchiandosi nei suoi tristi occhi azzurro ghiaccio. Il lunedì di paura, il fatto di non essere più parte della sua vita, tutto era ritornato a galla con quella singola lettera ancora inviolata. Come poteva un oggetto così banale, quasi stupido, tirare fuori tutto quello che di male c'era stato tra lei e Valery? Non lo capiva e forse non l'avrebbe capito mai. Certe cose accadevano per forze misteriose che avrebbero dovuto rimanere tali.
 
La sera arrivò lentamente, così lentamente che quella giornata sembrava non volesse finire mai; il sole tramontava prima, le ombre si allungavano disperatamente sui campi verdeggianti e tutto stava per acquietarsi, la notte imperversava con il suo manto luccicante di stelle.
Le mancavano così tanto le stelle e la luna, non vedeva l'ora di poterle rimirare di nuovo. Mancava poco meno di un anno al giorno in cui sarebbe finalmente uscita, ma, nonostante la strada fosse relativamente breve, sarebbe stata incredibilmente tortuosa, questo lo sapeva di certo. 
Seduta sulla sua branda, rannicchiata in un angolo, stava ancora a fissare quella maledetta lettera. Era arrvato il momento. La aprì con noncuranza, strappando quasi brutalmente la carta rosa pallido. Dentro ci trovò un foglio piegato a tre, scritto su entrambe le facciate con il solito inchiostro profumato; riconobbe la scrittura di sua sorella, a volte tremolante, e notò che un angolo era macchiato da una lacrima. Il cuore cominciò a sussultarle nel petto, mentre nella sua mente infuriava una tempesta. Valery non era tipo da macchiare lettere.
Duncan, intanto, dall'altra parte, se ne stava sul suo letto a leggere un nuovo libro, che però aveva poggiato a lato nel momento in cui aveva visto Allison strappare con rabbia la busta. Non doveva essere facile, pensò, e si chiese anche il perchè. Che cos'era successo perchè il bene che provava per sua sorella potesse essere così intenso da odiarla? 
-" D-Duncan... Posso chiederti una cosa? "
La sua voce già cominciava a tremolare, pessimo segno; non alzò gli occhi dal foglio appena aperto, che però evidentemente non stava ancora leggendo. 
-" Certo. "
-" Puoi venire qui con me? N-non penso di farcela da sola... Non ce la faccio... "
Lasciò cadere la lettera tra le gambe incrociate e si prese il viso tra le mani, cominciando a singhiozzare vistosamente; il ragazzo saltò prontamente giù dal suo letto con il petto che gli esplodeva per il dolore, si arrampicò sulla branda della ragazza e si sedette accanto a lei, circondandole le spalle con il braccio possente. Non aveva idea di che cosa stesse facendo, semplicemente gli sembrava il modo migliore per consolarla. Non gli aveva mai chiesto un aiuto, tanto meno morale; era sempre stata così incredibilmente forte e lui non era preparato ad aiutarla in quel modo. Come avrebbe voluto esserlo. Si sentiva così inutile, inadeguato, mentre la sua migliore amica di sempre si stava distruggendo davanti a lui e le sue voci continuavano ad urlare la stessa tiritera.
Allison poggiò automaticamente la testa sulla spalla di Duncan, aggrappandosi con le dita fine alla sua canottiera, come se fosse stato l'unica salvezza, e probabilmente era così; le circondò il corpo in un caldo e dolcissimo abbraccio, quasi timido e spaventato, ma la fece sentire al sicuro.
-" Hey... Su, ci sono io qui... "
le sussurrò, cullandola dolcemente, incosciente dell'effetto quasi mistico che quelle parole avevano sulla ragazza. Era davvero fondamentale che con lei ci fosse qualcuno in quel momento.
Dopo qualche minuto, Allison smise di piangere e si separò dal ragazzo; respirò profondamente e si asciugò gli occhi con il dorso delle mani, riprendendo minimamente il controllo di sè. Non era pronta, non lo sarebbe stata mai, ma doveva leggere quella lettera. Riprese il foglio di carta bianchissima e lo riaprì per bene, poi cominciò a leggere nella sua mente, con Duncan che senza rendersene conto la guardava e le teneva una mano poggiata dolcemente sul ginocchio.
 
Cara Ally,
è da molto che non ti scrivo e mi dispiace. In questi mesi sono accadute migliaia di cose, belle e meno belle, che in qualche modo hanno cambiato le nostre vite.
La tua ultima lettera mi ha devastata, lo confesso, ma non importa. Ho capito perchè l'hai fatto e non sono affatto arrabbiata con te, anzi. Spero che in questo modo tu abbia potuto riprenderti, che ti sia fortificata come ho fatto io. Ho rispettato il tuo desiderio finchè ho potuto, ma pensavo che fosse giunto il momento di tornare a parlarti.
A casa va tutto a gonfie vele, anche se le vacanze estive stanno per finire. Forse già lo sai, ma... beh, io e Viktor siamo fidanzati. Ancora mi chiedo come non ho fatto ad accorgermi prima di lui, dell'amore che entrambi provavamo uno per l'altra, di come lui fosse la mia anima gemella. È così dolce Ally, saresti felicissima di vedere com'è. Mi tratta come una regina, non mi fa mancare nulla, era la roccia che mancava nella mia vita. Con lui mi sento finalmente protetta, sicura di me, mi sento come se avessi il potere di distruggere ogni muro con lui al mio fianco. 
Ho passato il periodo migliore della mia vita, in questi mesi, e sono sicura che andrà sempre meglio. Stiamo già progettando tante cose per il nostro futuro e sono così emozionata! Ma questo è anche il momento di dirti cose che forse non ti piaceranno.
Senza troppi giri di parole, io e Vik abbiamo deciso di sposarci.
 
Ad Allison sfuggì un mugolio, il cuore le si fermò nel petto. Non era già abbastanza doloroso sentire tutto ciò che stava dicendo del suo fidanzato, tutto quello che credeva fosse lei prima di finire in quel maledetto buco? Non la stava già distruggendo a sufficienza? Evidentemente no.
Matrimonio? Un matrimonio?! Le stava danto di volta il cervello?! Non aveva nemmeno diciotto anni...
 
Il matrimonio si terrà a gennaio, nella chiesa di Castle Rock, quella sul colle che ti piaceva tanto. Tra poco, io e mamma andremo a scegliere il vestito, non vedo l'ora! Avrei voluto che ci fossi anche tu... so che saresti stata tutto il giorno seduta da una parte a fare la scocciata, ma che alla fine ci avresti preso gusto.
Probabilmente starai pensando che è una decisione così stupida e avventata, che siamo troppo giovani, ma fidati, non lo è. Abbiamo deciso di sposarci perchè... Oh, è così difficile da dire... Perchè sono incinta.
 
Gli occhi di Allison mostrarono uno specchio della sua anima che si spezzava in mille pezzettini, cocci irreparabili di un vaso già instabile sul bordo di un precipizio senza fine che dava sull'oceano nero della sua mente. Ogni suono tacque, ogni cosa diventò oscura, tranne quel foglio bianco e il suo corpo. Era troppo, ma non era ancora abbastanza.
 
Ho fatto una visita la settimana scorsa, visto che questo mese il ciclo aveva saltato e... beh, ci è arrivata la buona novella. Nascerà ad aprile, a quanto hanno detto i medici. Ovviamente non sappiamo ancora se è un maschietto o una femminuccia. Vorrei chiederti un parere sul nome che potremmo dargli o darle, vorrei che potessi esserci al mio matrimonio e vorrei che potessi esserci quando nascerà, ma non so se sarà possibile e tutto ciò mi spezza il cuore. Vorrei così tanto che tu ci fossi stata in tutto questo tempo... Mi manchi così tanto. È difficile senza di te, qui. È dannatamente difficile, anche se riusciamo a tirare avanti. Senza di te non è la stessa cosa, non lo sarà mai.
Perdonami se con queste notizie ti sconvolgo o ti procuro dolore, non era mia intenzione. Volevo solo che fossi al corrente degli eventi più importanti della mia vita, come lo sei sempre stata. Sei e sarai sempre la mia sorellina, un tassello fondamentale della mia esistenza. Non vedo l'ora che tu esca da lì e di riabbracciarti.
Ti voglio bene, te ne vorrò sempre.
La tua sorellona, Valery.
 
Da lunghi minuti Duncan la stava chiamando, ma non rispondeva. Era in uno stato di shock totale. Si riprese solo nel momento in cui le braccia le caddero molli e lo sguardo rimase freddo e vitreo, puntato nell'infinito sul materasso davanti a lui.
Preoccupato come non mai, con il cuore in gola, la afferrò delicatamente per le spalle, trattenendosi dallo sbranarle un orecchio per la paura che gli stava incutendo, e la scosse pian piano, cercando di riportarla sulla Terra. 
-" Allison! Cazzo, rispondi! "
I suoi occhi tornarono minimamente alla vita, guardandolo alienati; erano arrossati e gonfi delle lacrime che ancora le bagnavano il viso, ma di cui apparentemente non si era accorta. Forse ormai non sapeva nemmeno più dov'era, che cosa stava facendo o perchè era lì.
-" Dio santo... Hai bisogno di un medico? "
Scosse la testa lentamente, come un'automa e non come una persona, tornando a fissare l'infinito. No, il medico non serviva : nessun medico sarebbe mai riuscito a ricucire la voragine che le si era aperta nel petto.
-" S-si sposa... p-perchè è incinta. "
Duncan rimase perplesso per un secondo a quella notizia. Avrebbe dovuto essere positiva come cosa, ma poi ragionò : Valery avrebbe dovuto avere più o meno l'età di Allison, evidentemente troppo giovane. Per un attimo, pensò di capire la devastazione della ragazza, ma si ricredette quando incrociò di nuovo il suo sguardo. Era completamente vitreo, assente. Allison ormai non era più lì. Era ricaduta nel suo buco nero, in quel pozzo senza fondo che era la sua mente e la sua anima veniva mangiata lentamente dai suoi demoni, mentre il suo cuore spezzato giaceva sul pavimento di cristallo completamente crepato che era la sua vita. Tutto era andato per Allison, ogni speranza, ogni singolo barlume di luce nell'oscurità in cui brancolava da tempo, molto prima di Alkalie Lake. Non era rimasto più nulla. Solo cenere, da cui però non sarebbe nata una fenice, sarebbe stata soltanto spazzata via dal vento del tempo e non sarebbe rimasto altro che un guscio vuoto.
Duncan vide tutto ciò in quelle iridi azzurro ghiaccio senza più luce, senza più vita. Doveva salvarla. Doveva assolutamente salvarla, o sarebbe stata la fine. Per lei e per lui.
-" Allison! Allison... Hey, piccola... Rispondimi... "
La prese istintivamente tra le braccia, trattenendo a stento le lacrime. Lui sentiva tutto il suo dolore, la sua disperazione; inevitabilmente, provava anche lui tutto quel male e si chiedeva come facesse a sopportarlo lei, in un corpo così minuto e fragile. L'abbracciò, le fece poggiare la testa sul suo petto, in modo che potesse sentire il suo cuore battere all'impazzata per la paura; nascose il viso nei suoi capelli, la cullò dolcemente, ma non ricevette risposta. No, non poteva andarsene. Non poteva morire da viva, non finchè lui fosse stato al suo fianco.
-" Piccola... Piccola, ti prego, rispondimi... Sono qui con te, piccola, non ti lascerò... Ma neanche tu puoi lasciarmi, non puoi farlo adesso... Non puoi lasciarmi ora... Ti prego, ti prego piccola, stai con me. Stai con me. Sei qui con me, nessuno ti potrà mai fare del male, ma non posso proteggerti se non resti... Avanti piccola, avanti, sei forte... Non affogare piccola... "
Era buio nel posto in cui si trovava, ma ad un certo punto una luce la abbagliò; fu costretta a sbattere gli occhi, riaffiorò dall'oceano dei suoi demoni. Si accorse di essere nella sua cella, di nuovo. Faceva caldo, un piacevolissimo e sicurissimo caldo, e c'era un profumo che amava, il muschiò bianco con una nota di aspra virilità.
Era abbracciata a Duncan, che le stava sussurrando parole dolci e la stava cullando, tenendola dolcemente stretta tra le braccia e le gambe; a confronto suo, sembrava soltanto una bambolina per quanto fosse piccola. Con uno sforzo quasi immane, riuscì a circondare il torso del ragazzo, affondando di più il viso nel suo petto e rifugiandosi in lui come mai aveva fatto prima di allora; si aggrappò alla sua canotta umida di lacrime che non cessavano di scorrere, eppure non emetteva alcun singhiozzo. Percepiva ogni singolo muscolo del ragazzo tendersi e rilassarsi, sentiva ogni suo respiro, ogni battito del suo cuore; percepiva la sua intensa preoccupazione e si dispiaceva per averlo fatto stare male. Nessuno doveva soffrire per lei.
-" Puoi stare qui con me? "
La voce di Allison era così debole che perfino da una distanza così ravvicinata faceva fatica a sentirla. Era definitivamente prosciugata, sia fisicamente che moralmente, ma era lì. Era lì con lui e questo era quello che importava. Con il tempo sarebbe guarita, l'avrebbe medicata di nuovo e sarebbe stato accanto a lei. Lui l'avrebbe riportata indietro.
-" Certo che starò qui con te. "
-" Grazie... "
Pianse per tutta la notte, e Duncan con lei.
~~~
Allison si era addormentata dopo ore e ore di lacrime versate, ma lui non aveva chiuso occhio. Non gli dispiaceva, era insonne da tempo, ma gli spezzava il cuore vedere la sua tigre così danntamente abbattuta. Lei che era così forte, così potente, così distruttiva, stava per essere ingoiata dalla sua stessa forza. Era spaventato, terribilmente spaventato. Sarebbe riuscito a salvarla definitivamente? Lei avrebbe voluto essere salvata?
Era ancora accoccolata contro di lui quando la luce iniziò a penetrare nelle finestre, illuminando appena il blocco di cemento di Alkalie Lake, in cui il tempo, soprattutto nella cella 42B, sembrava essersi fermato. La guardava con tristezza, tenerezza, affetto, protezione e si chiedeva mille cose; alcune avevano risposte chiare, altre meno, altre non ne avevano.
Che cos'hai dovuto passare, piccola tigre, prima di arrivare a questo? , continuava a domandarsi, mentre osservava il suo visetto apparentemente pacifico immerso in un sonno fin troppo profondo. Sperava che non avesse avuto incubi, che tutti i progressi fatti non venissero cancellati in un solo foglio, ma i suoi occhi vitrei non mentivano. Tutto era andato, scomparso per l'ennesima volta, sfuggito come sabbia tra le dita.
Spesso si era voltato verso l'angelico ritratto di Valery, una bella ragazza sorridente con lunghi capelli scuri e un grazioso vestito; l'aveva sempre guardata con curioso astio, chiedendosi quale cosa avesse potuto fare per ridurre un soldato come Allison ad un guscio vuoto. Le persone che amiamo sono sempre quelle che ci uccidono, vero?
La sua mente vagò inevitabilmente a tutte le persone che prima di Alkalie Lake aveva amato. Ripensò ad Alejandro e Josè, gli amici d'infanzia con cui era cresciuto, a Courtney, la sua prima vera fidanzata, quella con cui aveva condiviso il letto e il peso della vita, ai suoi genitori, a Dean. Ripensó a tutte le stronzate che aveva fatto nella sua vita e ripensò ai suoi primi tempi ad Alkalie Lake, quand'era ancora un ragazzino imbecille che si era ritrovato in un mondo parallelo a quello che immaginava. Aveva imparato a sopravvivere, a maturare, eppure era rimasto sempre il solito piccolo pivello, una mezza tacca che non valeva nulla. Quella che portava era una maschera, una maschera che nemmeno Courtney era riuscita a togliere. Ma ci era riuscita Allison. Allison l'aveva fatto sentire qualcosa, gli aveva tolto quella maschera e l'aveva guardato negli occhi, gli aveva sorriso, gli aveva dato speranza. Ed ora era lì, tra le sue braccia, a combattere sè stessa da sola, senza nessuno che potesse aiutarla, lui compreso.
Le lacrime tentarono di nuovo di uscire dai suoi occhi, ma le respinse con forza, più per abitudine che per un vero desiderio di reprimere i suoi sentimenti. Avrebbe voluto lasciarsi andare, abbandonarsi alle sue emozioni per una volta, piangere tra le sue braccia, lasciare che tutti i suoi demoni se ne andassero così; sapeva che lei l'avrebbe capito, che non l'avrebbe lasciato solo e che non l'avrebbe biasimato. Con lei poteva essere Duncan e lo sarebbe stato. Lei era la sua seconda chance : non l'avrebbe sprecata. 
Le sirene di sveglia e il metallo cigolante della cella che si apriva la fecero sussultare; percepì i suoi muscoli tendersi e rilassarsi immediatamente dopo aver realizzato che lui la stava abbracciando. Sembrava normale, la Allison che aveva visto in quei lunghi, splendidi mesi, solo leggermente più malinconica e stanca; lo riconobbe dallo sguardo ancora leggermente vitreo, dall'ombra quasi invisibile che si celava nei meandri di esso. Si stropicciò teneramente gli occhi e si stiracchiò, senza però allontanarsi da lui; si riaccoccolò tra le sue braccia, puntando le sue meravigliose iridi azzurro ghiaccio nelle sue. Le sorrise e lei ricambiò.
-" 'Giorno... "
-" Ciao. "
Le dita fine di Allison si spostarono timide sulla sua guancia, carezzandola dolcemente e facendolo rabbrividire dalla testa ai piedi. Stava forse cercando di ucciderlo?
-" Grazie. "
Non seppe come risponderle, perciò si limitò a sorridere come un ebete, a fare in modo che sentisse il battito del suo cuore che sembrava un cavallo imbizzarrito nel suo petto; Allison percepì ogni cosa, ogni singola emozione, e per un secondo fu tentata di stampargli un bacio sulle labbra fine, un ringraziamento stupido ma che in quel momento sembrava il più azzeccato, ma si trattenne. Era veramente stupido. Uno come lui non avrebbe mai potuto accettarlo.
-" È meglio andare... "
mormorò Duncan, separandosi da lei malvolentieri e con le guance colorite, ed Allison annuì. Lo osservó scendere dal suo letto ed infilarsi dell'angolo della toletta. Per la prima volta da quando si conoscevano, gli vide tirare la tenda.
~~~
I giorni passavano lenti ed inesorabili. Il tempo scorreva come un fiume, impossibile da fermare, impossibile da riavvolgere. Ma nulla cambiava. Per Allison il tempo era fermo, anche se il mondo intorno a lei continuava a girare, com'era giusto. Le sembrava di vivere chiusa in un limbo di grigiore, dove nemmeno i suoi demoni potevano accedere. E se i suoi demoni non la potevano toccare, voleva dire che per lei era finita. Niente emozioni, niente sogni, niente futuro, niente speranza. Tutto finito, scomparso nel nero oceano che imperversava al di sotto dello strato di cristallo crepato su cui camminava da troppo tempo. 
Si chiedeva perchè le era successo tutto questo, perchè all'improvviso tutto era crollato. Non sapeva darsi una risposta, ma probabilmente, anche se l'avesse saputa, l'avrebbe ignorata. Era fatta così : a volte sentiva il bisogno di annegare, di morire nel suo oceano perchè al di fuori c'era lo sconosciuto. Alla fine, ammetteva a sè stessa, tutto ciò che conosceva erano i suoi demoni, quelli che nascondeva alla luce del sole, in modo che tutti li vedessero ma non si fermassero ad osservarli.
Sembrava che tutto fosse tornato al suo posto, da fuori, ma non era così. Chi sapeva osservarla, chi sapeva leggere i suoi sguardi, le sue movenze, ogni suo singolo dettaglio, sapeva che era soltanto una mera illusione, ma la sua forza le impediva di crollare per l'ultima volta. Dentro di lei, mentre affogava sempre più a fondo, mentre il buio l'avvolgeva sempre di più, il demone della sua forza l'afferrava per il polso e la tratteneva, cercava di trarla a galla, mentre il resto dei suoi demoni la voleva portare più in profondità. Se loro le gridavano di arrendersi, la sua forza le sussurrava di non farlo, e quei sussurri sovrastavano le urla. Che la sua forza fosse la sua speranza? Stranamente, la sua forza, la sua speranza, aveva il volto di Duncan.
 
Era giunto inevitabilmente anche quel giorno, quello che un tempo tanto amava, quello che era stato per anni il giorno migliore dell'anno. Il ventotto agosto.
Per tutta la giornata non aveva aperto bocca, era stata in un inquietante e malinconico silenzio, con uno sguardo desolato e l'aria di chi sta per essere giustiziato; in un certo senso, era così. Aveva svolto le sue mansioni abituali, ma si era tenuta il più lontano possibile da contatti umani, persino da Duncan, il quale aveva compreso perfettamente e le aveva lasciato il suo spazio. Non vedeva l'ora che calasse la notte, che quel giorno passasse, così da potersi stendere in pace sul suo letto e lasciare che i suoi demoni la divorassero un boccone alla volta.
Era pomeriggio; nel cortile c'era un piacevole venticello che profumava ormai d'autunno, mentre il sole illuminava splendidamente tutto quanto. Il cielo era di un meraviglioso turchese, senza una nuvola che lo macchiasse. Era una bellissima giornata, per fortuna.
Se ne stava seduta al suo solito angolino, vicino alla recinzione, a fissare le montagne perennemente innevate; s'immaginava ancora di essere un'aquila, di volteggiare sopra quelle cime argentee e quei boschi inaccessibili, oppure di essere un lupo, di correre nella foresta e di poter scappare dalla civiltà. Quel desiderio impossibile era ormai parte di lei, da anni ed anni sognava di potersi trasformare in un maestoso animale selvaggio e di poter vivere come una di loro. La realtà, da tanto, era diventata un peso insopportabile e quel sogno irrealizzabile era l'unica cosa che le era rimasta per davvero della sua vecchia vita.
Un secondino che stava marciando fuori dalla recinzione si fermò per un attimo davanti a lei; la osservava con dei freddi occhi azzurri, da cui però traspariva una naturale tenerezza. Era strano vedere quella gentilezza mentre teneva tra le mani un fucile pronto a fare fuoco, ma Allison non ne tenne conto. Le sorrise appena, infondendole un poco d'affetto, poi tornò alla sua quotidiana perlustrazione.
-" Allison? "
Berry se ne stava in piedi alle sue spalle, perfetto come sempre, con un'espressione strana in volto. Era un misto tra un sorriso ed un'espressione dispiaciuta, qualcosa che non gli aveva mai visto in faccia, un'accondiscendenza che non era da lui.
-" Hai una visita. "
Un pugnale attraversò senza difficoltà il suo cuore, senza che le facesse troppo male; era così immune al dolore che nulla ormai l'avrebbe più scalfita, nemmeno rivedere sua sorella. Perchè sapeva con certezza che quella visita era sua. Conoscendola, si era portata a presso il suo fidanzatino. Si costrinse a smetterla di pensare certe cose, che in fondo Viktor era stato anche suo amico; si alzò senza dire una parola e cominciò a camminare a fianco di Berry dopo essere stata ammanettata. In un angolo d'ombra, vide Duncan con la schiena poggiata al muro che scattava, Paulie alle sue spalle lo imitava. Si bloccò, gli occhi fissi in quelli del ragazzo; le sue iridi acqua marina luccicavano di rabbia nel vederla in manette, che veniva portata chissà dove senza un motivo plausibile, ma un suo sorrisetto lo tranquillizzò.
-" Può venire anche lui? " 
mormorò, e Berry, non appena notò il soggetto, fece una smorfia. Evidentemente, il Marcio aveva fatto colpo.
-" Nelson! "
Duncan corse da lui come mai aveva fatto prima d'ora, ma non lo guardò diversamente : lo squadrò con aria di sfida, dall'alto in basso, com'era solito fare da due anni e più a quella parte. Nonostante fosse molto più giovane, il Marcio era quindici centimetri più alto di lui e decisamente più grosso : più di una volta, facendo a botte con quel maledetto, ne era uscito malconcio. Berry chiamò un altro secondino che lo ammanettò -stranamente senza problemi- e lo condusse tra i corridoi di Alkalie Lake a fianco ad Allison, che fissava dritto davanti a sè senza cambiare minimamente espressione o pronunciare parola.
-" Dove ci state portando? "
domandò il ragazzo, ma prima che una delle due guardie potesse rispondere, intervenne la ragazza.
-" A conoscere mia sorella. "
Duncan rimase alquanto interdetto. Lei aveva chiesto che potesse accompagnarla? Lei voleva che conoscesse sua sorella? Lei aveva bisogno di lui? Non era minimamente preparato, ma s'impose di stare calmo ed essere pronto a qualsiasi cosa. Allison aveva bisogno di lui.
Arrivarono finalmente a quella stanza di vetro che entrambi non vedevano da molto, molto tempo; come ricordavano, era rumorosa, ma non troppo. Le persone sussurravano, ridevano, piangevano, si dicevano arrivederci o addio, mentre nell'aria regnavano malinconia e tensione.
Berry tolse le manette a Duncan, poi passò ad Allison, la quale lo fermò con un semplice cenno della testa; tutti si fecero molte domande nella loro mente, ma evitarono accuratamente di formularle apertamente. Certe cose era meglio non saperle.
Quando si voltò, la vide subito. Bellissima come sempre, in uno splendido abito nero a mezze maniche, i capelli bruno-rossicci morbidamente sciolti sulle spalle e quegli occhi viola luccicanti di gioia come non li vedeva da anni. Il cuore le si bloccò di nuovo nel petto a quella visione quasi mistica che per lunghi, interminabili mesi aveva visto solo nei suoi incubi. Non era pronta, non poteva farcela. Anche lei la vide; un sorriso meraviglioso le illuminò il viso, ma Allison non riuscì a fare altro che impallidire. Al suo fianco, vestito completamente di nero, Viktor le cingeva le spalle e sorrideva leggermente, com'era solito fare. 
S'immaginò mille scene d'amore tra i due, pensò alla vita che stava crescendo dentro sua sorella e sentì un conato di vomito attanagliarle lo stomaco.
-" Hey... Hey, piccola? "
-" Non so se ce la faccio... "
Duncan si posizionò davanti a lei, facendo da scudo da quegli sguardi così pieni di nauseabondo affetto e guardandola dritta negli occhi; le carezzò dolcemente le spalle, sorridendole appena, come faceva prima di un incontro. 
-" Ce la farai. "
Ci sono io con te, avrebbe voluto aggiungere, ma non lo fece, non voleva farsi sentire troppo importante. Si limitò a farla passare per prima e seguirla ad un solo passo di distanza. 
Valery le corse incontro più felice che mai; Allison non fece in tempo a ritirarsi dal suo abbraccio, ma rimase immobile, paralizzata, a stringere i pugni e a far tintinnare le manette. Così tanto affetto ora le sembrava falso, teatrale, una mera illusione e una pura idiozia. Avrebbe voluto vomitare e scappare via, non vederli mai più. Avrebbe preferito marcire ad Alkalie Lake per il resto della sua vita che tornare fuori e dover stare con loro, ma non ne conosceva il motivo. Era tutto così assurdo, la sua intera esistenza era assurda. 
Sua sorella la lasciò andare e si accorse solo in quel momento dello sguardo di sconvolta iracondia di Allison, ma cercò di ignorarlo. Sapeva perfettamente che cos'aveva fatto con quella lettera, lo sapeva sin dalla notte che aveva passato con Viktor, ma era sempre sua sorella : doveva esserne al corrente.
-" Come stai? Oh mio Dio, Ally, ti sei tagliata i capelli! "
Tentò di carezzarle le ciocche bionde con le dita fine che tanto aveva amato, ma lei scosse la testa, allontanandoli dal suo tocco come se fosse stata una fiera selvatica. Al suo fianco, Duncan non sapeva che diavolo fare. Non trovava che i modi di Allison fossero giusti, ma non poteva nè giudicare, nè intervenire : sentiva che se l'avesse fatto l'avrebbe persa. Era egoista, ma non poteva lasciarla.
La coppietta si schiarì la voce, poi rivolsero i loro sguardi al grande ragazzo che accompagnava la loro sorellina.
-" Molto piacere, Valery Johnson, e questo è Viktor Blaine. "
si presentò cortesemente, stringendogli la mano, e Viktor fece lo stesso; entrambi si soffermarono a fissare i suoi tatuaggi, lasciati in bella mostra dalle maniche arrotolate, e la sua stazza quasi disumana. Furono leggermente intimoriti dal suo sguardo di pietra, ma cercarono di non farlo trasparire : probabilmente, era molto meglio non farlo arrabbiare.
-" Duncan Nelson. "
-" Oh, bel nome! Sei il ragazzo di mia sorella? "
-" No. "
rispose secca Allison mentre si accomodava ad un tavolo, ferendo in profondità Valery e mettendo in un tremendo imbarazzo i due ragazzi, che la imitarono, sedendosi accanto ai loro rispettivi angeli. Non sarebbe finita bene, questo l'avevano capito tutti.
Prima che qualcuno potesse intraprendere una discussione civile, parlò di nuovo Allison.
-" Che ci fai qui? È il tuo compleanno, non dovresti passarlo in un posto del genere. "
Val capì immediatamente che quel tono era molto sarcastico e la ferì ancora di più. Ma perchè lo stava facendo? La risposta già la sapeva, ma non voleva ascoltarla, come aveva sempre fatto.
-" Come 'Che ci faccio qui'? Ally, volevo venire a trovarti, non importa se è il mio compleanno. "
-" Grazie per la premura, non serviva. Non serve ora come non è servito per dieci mesi e una settimana. "
Vide gli occhi viola di Valery riempirsi di lacrime e non riuscì a trattenere un sorrisetto malefico. Che diavolo stava facendo?! Non lo sapeva, sapeva solo che il sapore delle vendetta era delizioso. 
Vendetta? Ma quale vendetta? Quella per averle tolto tutto, per averla uccisa più e più volte. Una vendetta terribilmente sbagliata.
-" Allison, ora basta! Non lo vedi che la stai facendo soffrire?! È venuta qui per cercare di parlarti e tu la tratti in questo modo?! "
esclamò Viktor, facendo scattare nella ragazza quella molla che, poco meno di un anno prima, l'aveva condannata ad Alkalie Lake. Allison balzò in piedi, sbattendo i pugni sul tavolo di metallo e facendo gridare Valery per la paura; Duncan si alzò con lei e tranquillizzò le guardie che avevano già preso in mano i manganelli. Si avvicinò a Viktor con un sorrisetto da vipera stampato sulle labbra e sibilò :
-" Tanto ci sarai tu a consolarla, no? "
Senza aggiungere altro, Allison se ne andó a grandi falcate, lasciando sua sorella in lacrime e piena di vergogna insieme a Viktor, perchè quelle parole significavano molto più di quanto lasciassero intendere : nessun riferimento alla consolazione morale, bensì a ciò che c'era scritto tra le righe nella lettera.
Duncan li guardò con apatia, ancora leggermente stordito ma decisamente incazzato.
-" Non avreste mai dovuto venire qui. "
 
Da più di un'ora la stava osservando, stando poggiato con una spalla allo stipite della porta dello spogliatoio della palestra deserta; non si era minimamente accorta di lui, ma era meglio così, anche se si stava soltanto facendo del male. Continuava a tirare pugni e calci ad un sacco da boxe senza le bende di protezione ed ormai aveva la pelle completamente scorticata; la tela del sacco era diventata rossa di sangue, ma sembrava che non le importasse assolutamente nulla. Molto probabilmente era così.
Si sentiva abbattuto nel vederla in quel modo, così distrutta da non sentire dolore e da infliggerselo, così disperata da ferire a morte sua sorella per evitare che pensasse a lei. Perchè era questo quello che aveva fatto, l'aveva capito dal primo momento. In fondo, anche lui ci era passato e sapeva come ci si sentiva. Non avrebbe voluto che anche lei provasse quel dolore sconfinato e desolante, quello che ti porta alla pazzia, quello che ti condanna.
Un grido struggente riecheggiò nella stanza, facendo scattare Duncan. Allison aveva tirato un pugno al muro, ma non aveva urlato per il dolore; se ne stava appoggiata ad esso, con la fronte contro il braccio, a piangere disperatamente e a pensare al modo migliore per uccidersi. 
Corse da lei, ma non appena lo sentì avvicinarsi si voltò scattante, tentando di rifilargli un pugno nel naso; lui scartò di lato, afferrandole il polso e circondandole la vita con un braccio possente, bloccandola contro il suo petto. Cominciò a dimenarsi come una belva, a gridare come un'invasata, ma non aveva alcuna possibilità di sfuggire da lui.
-" Allora, hai finito? "
le disse con tono profondo e di rimprovero, fissandola dritta negli occhi con uno sguardo raggelante. Allison crollò, iniziando a piangere straziata, abbandonandosi tra le sue braccia e contro il suo petto. La abbracciò dolcemente, come mai aveva fatto prima di allora, la strinse a sè e la cullò dolcemente, carezzandole i capelli soffici e scaldandola. Si sentiva distrutto, nulla era mai stato tanto doloroso quanto quel momento, quel giorno stesso. Gli sembrava di essere tornato a quando aveva sette anni, quando un passerotto gli morì tra le mani. Aveva coraggiosamente combattuto per scappare ad un gatto, ma era stato ferito troppo gravemente per essere curato e lui era arrivato troppo tardi. Riuscì a cacciare il gatto prima che lo finisse, ma quando prese in mano il piccolo guerriero, fece un ultimo respiro e poi morì. 
Era come se ora quel passero fosse tornato e si fosse reincarnato in Allison e lui si sentiva esattamente come quando quell'uccellino gli spiró tra le dita, una sensazione troppo intensa e disumana per essere spiegata davvero. 
-" Su, tieniti forte. "
La sollevò tra le braccia, constatando per l'ennesima volta quanto leggera fosse per essere così letale, poi la portò in infermeria. Era ormai sera, ma i secondini, vedendo le condizioni delle mani di Allison, lo lasciarono passare. La posò dolcemente su una branda, quella più isolata, per poi andare a prendere i suoi soliti attrezzi per curarla.
-" N-non serve... "
mormorò la ragazza, con gli occhi ancora gonfi ed arrossati e le mani completamente ricoperte di sangue. Duncan la ignorò; prese la mano messa peggio, quella con cui aveva tirato un pugno al muro, e Allison gemette. La fulminò con un'occhiata, sfidandola a ripetere che non le servivano cure. Se l'avesse fatto, l'avrebbe schiaffeggiata. Tastò con riguardo con le grandi dita gentili, appurando che nulla era rotto, ma che si era presa una bella botta, quella stupidina. Le pulì la mano dal sangue, immergendola in una bacinella di acqua calda e sali, poi l'asciugò e la fasciò con cura; lo stesso fece con l'altra.
-" Sospendiamo per alcuni giorni gli allenamenti, finchè quella mano non si sistema. "
Allison annuì distrattamente, massaggiandosi la mano ferita e fissando l'infinito davanti ai suoi piedi nudi.
-" G-grazie... Fai così tanto per me... "
Duncan le sorrise e si abbracciarono; sentì due singhiozzi di pianto, che però si fermarono subito. La scaldò, la strinse a sè e la consolò come potè. Sei tu che mi stai salvando, piccola, non il contrario.
-" Che ne dici, andiamo a dormire? "
-" Tu dormi con me? "
Sorrise commosso a quella domanda quasi bambina, annuendo teneramente.
-" Allora va bene. "
~~~
 
Settembre
Con molta calma e pazienza, Allison stava inziando a riprendersi. Era tornata attiva, non si isolava più, non gridava nel cuore della notte e sembrava che i suoi incubi fossero leggermente migliorati, ma da giorni e giorni nessuno la vedeva sorridere come prima, molti nemmeno l'avevano più vista sorridere. La detenuta Allison McLean era definitivamente diventata un essere senza più cuore o coscienza, senza emozioni o sentimenti. Era difinitivamente diventata la dimora permanente dei suoi demoni. La vera Allison giaceva sul fondo del suo nero oceano in un riposo eterno, con accanto a sè la sua forza che la pregava di risvegliarsi.
L'unico conforto che le era rimasto era Duncan. Solo lui era riuscito a nuotare così a fondo nel suo oceano nero da raggiungerla; era la luce abbagliante che vedeva ogni volta che il mondo diventava troppo oscuro, la luce dei suoi stupendi occhi acqua marina che la pregavano di restare con lui. Ricordava sempre ogni cosa che era accaduta con lui prima di potersi svegliare e lo vedeva : un ragazzo splendido, tanto bello quanto misterioso, che l'aveva salvata dal suo stesso mondo più di una volta.
Aveva staccato il disegno di Valery dalla parete, cacciandolo nel suo cassetto insieme alle lettere sue e di zio Chris; rimaneva solo quello di Rockford, il suo posto preferito e che forse non avrebbe visto più. Nel profondo di sè, sentiva che non sarebbe vissuta tanto a lungo da poterlo rivedere ancora, ma se l'avesse fatto sarebbe andata a vivere lì.
Si rivoltò nella sua branda, sopra le coperte, abbracciata a Pinky, e si mise a guardare Duncan che, come al solito, leggeva. La rassicurava vederlo lì, a così poca distanza da lei, sempre pronto ad aiutarla. Avrebbe tanto voluto che fosse indifferente e scontroso com'era all'inzio : non le piaceva che qualcuno si preoccupasse per lei e lui faceva anche troppo.
-" Vuoi venire qui? "
La sua voce profonda la svegliò e la fece sorridere minimamente. Lentamente, scese dalla sua branda con Pinky in una mano e s'infilò come un topolino sotto il piumone di Duncan, che si fece più in là per darle spazio. Faceva caldo lì sotto, un caldo che amava, che ormai percepiva come suo.
-" Posso farti una domanda? "
Allison alzò i suoi occhioni azzurri verso il ragazzo, il quale posò il libro al suo fianco e si puntellò su un gomito per guardarla meglio.
-" Cos'è successo fra te e tua sorella? "
Quella domanda non la sconvolse più di tanto, forse perchè era lui a porla e nessun altro prima l'aveva fatto. Nessuno si era mai chiesto cosa ci fosse dietro a tutti i più recenti avvenimenti nelle loro vite, nemmeno Viktor, ma Duncan l'aveva fatto. Lui si preoccupava a tal punto per lei da chiedersi che cosa ci fosse stato prima, non pensava che fosse soltanto una pazza. Nessuno l'aveva mai fatto.
-" È una storia troppo lunga. "
-" Questo è il posto ideale in cui raccontare storie lunghe : l'unico impegno è stare in cella a grattarsi le palle e annoiarsi. "
Risero un pochino, poi ritornarono seri.
-" Per Valery non è mai stato semplice affrontare la vita. Sempre troppa paura, troppa insicurezza, sai com'è. Ognuno trova il suo modo per sfogarsi e lei... lei ha trovato il suo in una lametta. È andata avanti per due anni prima che la scoprissi, ma ha continuato. Nonostante la pregassi di smettere, non l'ha mai fatto. Fino al lunedì di paura. Quel week-end avevamo litigato di brutto,sempre per quella stupida storia dello smettere con l'autolesionismo. Penso di non aver mai urlato in quel modo contro qualcuno. Le dissi che era soltanto una debole, che i suoi problemi non si sarebbero mai risolti in quel modo e che era soltanto un'egoidta. Lunedì mattina l'ho vista arrivare a scuola con delle fasciature attorno ai polsi. Le sono arrivata davanti e lei ha soltanto avuto il coraggio di piangere e chiedermi scusa. L'ho schiaffeggiata e me ne sono andata via. Quando sembrava che tutto stesse tornando alla normalità, cosa che non poteva essere, si è messa con il figlio di puttana che ho quasi ucciso. E da lì, la storia la sai tutta, o quasi. "
Duncan non seppe come reagire. Si sentì infinitamente uno schifo per averle fatto ricordare una cosa tanto dolorosa, ma allo stesso tempo fu felice del fatto che Allison si fidasse tanto di lui. 
Ora che sapeva la storia, una storia mai raccontata, anche se solo dal punto della tigre, potè farsi un piccolo quadro della situazione. Probabilmente, avrebbe reagito come lei se Dean avesse fatto una cosa del genere, o forse l'avrebbe ucciso con le sue stesse mani.
-" Ora sai il perchè di tutto quanto. Ho paura di perderla del tutto ad ogni momento che passa, perchè se sta accanto a me si fa soltanto del male. Per questo l'ho trattata così male l'altro giorno. Deve dimenticarsi di me : è da molto che non faccio più parte della sua vita, deve solo rendersene conto. Vive meglio senza di me. "
Percepì tutto il dolore racchiuso in quelle parole, in quel sorrisetto e in quello sguardo; comprese quando dovesse essere doloroso per lei lasciar andare l'unico motivo di vita che aveva avuto finora e per un secondo sentì le lacrime salirgli agli occhi. Lo sapeva anche lui come ci si sentiva.
-" Hai mai pensato che non è così? Che forse lei ha bisogno di te come tu ne hai di lei? "
-" Sì, me lo diceva ogni volta. Ma evidentemente non era così, dal momento che quando c'ero io provava a suicidarsi. Da quando sono qui, la sua vita non ha fatto altro che migliorare e sono contenta così. Questo mi ha fatto capire quanto poco valessi, quanto male portassi nella sua vita in realtà. È stato un bene. Ora è tutto okay. "
Una lacrima silenziosa e solitaria le rigò la guancia, ma l'asciugò in fretta. A che serviva piangere? Ora aveva realizzato il suo obiettivo più grande : farla stare bene. Adesso che non ci sarebbe stata più, tutto sarebbe andato per il meglio.
-" E tu? Non ti ho mai visto ricevere posta o andare ad una visita. "
Duncan fece una smorfia, ma le sorrise un attimo dopo. 
-" L'avrei ricevuta, se i miei genitori l'avessero permesso. "
Allison si girò, mettendosi esattamente di fronte a lui; aveva il classico sguardo da cerbiatta di chi è pronto ad ascoltare ed aiutare, uno sguardo che, prima di lei, aveva sempre odiato. 
-" All'inizio, i primi mesi, permettevano a Dean di venirmi a trovare e di scrivermi qualche lettera. Poi di punto in bianco mi hanno detto 'Abbiamo ancora speranza in tuo fratello. Non lasceremo che prenda le tue brutte abitudini'. E con questa scusa, io non vedo mio fratello da quasi due anni. Ogni tanto gli permettono di chiamarmi, ma molto raramente, alle feste di solito, Natale, il Ringraziamento... "
-" Ma è terribile... E i tuoi genitori? "
-" Mi hanno diseredato, è un miracolo che mi abbiano lasciato il cognome. Ma per loro non sono più il loro figlio maggiore. Non sono più il benvenuto in casa mia... "
Allison scattò seduta sul letto, gli occhi palle di fuoco azzurro.
-" Ma che stronzata! Ma ti pare?! Tutti commettono degli errori e li pagano. Tu li stai già pagando, è inutile che facciano così! Sei e sarai sempre loro figlio, che diavolo! "
-" Hanno ragione. Sono stato la delusione della loro vita, è naturale che ripongano ogni speranza in Dean. Per me ormai non c'è molto da fare. "
Un misero schiaffetto si abbattè sul suo braccio, ma schioccò con forza; gli fece più male lo sguardo iracondo di Allison, che troneggiava su di lui come mai aveva fatto prima di allora. 
-" Non è mai troppo tardi per ricominciare a vivere. "
Duncan le sorrise teneramente, ammansendola in un baleno. Allungó piano una mano, infilandola tra i suoi capelli e carezzandole delicatamente la guancia pallidissima; si spinse dolcemente contro quel piacevole tocco, chiudendo gli occhi e assaporando il suo profumo prima che le sue dita si sciogliessero tra la sua chioma bionda. 
-" Mi piacciono i tuoi capelli... "
le sussurrò e lei arrossì, ridacchiando. Si sorprese nel sentire quel suono così cristallino, perchè da molti giorni non lo udiva. Era così bello, così angelico, come lei. 
In quel momento, le luci si spensero, oscurando l'intero edificio. Allison si lasciò cadere sul materasso soffice con un sorriso da ebete stampato in faccia, mentre Duncan la copriva accuratamente con il piumone e si toglieva la canottiera. Improvvisamente, la ragazza si sentì molto più calda, il sangue le ribolliva nelle vene e il cuore cominciava a batterle troppo velocemente nel petto. Era stupendo, anche al buio. Soprattutto al buio. Non si sarebbe mai abituata a lui, non in quel modo.
Si rigirò pian piano nel letto, dandogli le spalle. Pensava a quanto fosse stato dolce, a quanto continuasse ad esserlo e ringraziò mentalmente l'Universo per averle dato una minima benedizione nella sua miserabile esistenza. Ormai non riusciva più a pensare ad una vita senza Duncan, come non sarebbe riuscita ad immaginarla senza Trent o Valery, nonostante tutto. Era diventato parte di lei, un amico in modo radicalmente differente da Trent, eppure con lo stesso, magico potere di farla sentire bene, al sicuro. Era semplicemente fantastico poterlo avere al suo fianco, poter contare su qualcuno in quel malcelato inferno che era Alkalie Lake.
Il piumone frusciò dolcemente e sentì Duncan avvicinarsi con la sua bolla di calore; le circondò la vita con un braccio, stringendola amorevolmente a sè, e poggiò la testa contro la sua. Allison si sentì arrossire dalla testa ai piedi, il sangue che cominciava a bollire in ogni più piccolo capillare; percepì il suo cuore scalpitare furibondo perfino nelle orecchie, ma si costrinse a calmarsi, malgrado non ci riuscisse. Il suo respiro vibrava inebriante sul suo collo, facendola rabbrividire, mentre ogni sua parte nuda la sfiorava con dolcezza.
-" Ancora ti imbarazzi, tigre? "
Il suo sussurro giunse provocante, mentre le sue labbra fine le sfioravano l'orecchio con un divertito e malvagio sorrisetto. Come avrebbe voluto baciarla appassionatamente, carezzarle quello spledido corpo che già una volta aveva potuto sventuratamente ammirare, sentirla dentro di sè... Quando si accorse dei suoi pensieri, si voltó di scatto, dandole le spalle e maledendosi per quello che stava succedendo. Che cretino!
-" Duncan? È tutto okay? "
-" Certo! "
rispose, girandosi appena e sorridendo come un pazzo deficente. Allison si spostò appena, quel tanto per accostare la schiena alla sua, innocente ed inconsapevole dell'effetto che gli faceva.
-" Buona notte... "
-" 'Notte tigre... "
~~~
Aprì gli occhi prima della sveglia, con calma, senza nessuno spavento, senza aver fatto incubi durante la notte. Tentó, di muoversi, ma qualcosa la bloccava : Duncan era disteso per metà sopra di lei, con la testa poggiata poco sopra il suo petto; il suo respiro vibrava calmo sulla sua pelle e il suo corpo la scaldava dolcemente. Ingoiò a vuoto, sentendosi le guance arrossire come non mai ma provando allo stesso tempo una tenerezza sconfinata. Era così adorabile quando dormiva. Riusciva a dimostrare la sua giovane età, senza però sembrare troppo bambino, e risultava sempre incredibilmente affascinante. Percepì il suo petto sollevarsi ed abbassarsi contro di lei, la sua pelle nuda che la sfiorava ed un fiotto di calore la invase come benzina; s'immaginò che cos'avrebbero potuto fare i loro corpi insieme, ma scacciò quel pensiero : come aveva potuto pesare di essere la ragazza giusta per Duncan? Lui aveva bisogno di una ragazza altissima e snella, con delle curve pronunciate e perfette, che sapesse camminare sui tacchi alti ed indossare un mini-abito senza sembrare una bagascia, non aveva bisogno di una come lei, piccola e stupida, con i capelli di un guerriero e l'armadio di una rock star mancata e che gli aveva fatto compagnia in riformatorio.
Le sbarre cominciarono a rumoreggiare orribilmente, così come le sveglie, ma Duncan rimase lì immobile, anche se il ritmo del suo respiro mutò notevolmente. Allison sorrise con le guance ancora colorite, poi infilò pian piano le dita sottili tra i morbidi capelli corvini del ragazzo; erano incredibilmente soffici, bellissimi al tatto. Erano molto lunghi rispetto a come li portava parecchi mesi addietro, gli arrivavano ormai appena sotto gli zigomi, eppure portava un under-cut che non lo faceva sembrare un hippie malriuscito. Gli stavano molto bene, come qualsiasi cosa potesse possedere o indossare. Gli spostò una ciocca dietro l'orecchio, cominciando a fargli qualche coccola con le dita, carezzandogli delicatamente il collo e la schiena. Notò solo in quel momento dei buchi per orecchini, due sul lobo e uno sulla cartilagine. Era per caso un metallaro prima di entrare ad Alkalie Lake?
Duncan emise un brontolio scontento, ma non si mosse di un millimetro. Evidentemente, non aveva alcuna voglia di alzarsi, così come Allison. Era stata una nottata troppo piacevole perchè finisse in quel modo. La ragazza tolse la mano, per paura di averlo svegliato, ma lui brontolò di nuovo.
-" Non smettere, è bellissimo... "
disse, con voce assonnata e gli occhi ancora chiusi. Allison sorrise con dolcezza e riprese quelle tenere coccole che non ricordava di aver condiviso con altri se non con Valery. Era strano coccolare in quel modo Duncan, ma non le dispiaceva, anzi. Adorava toccarlo, adorava poter ammirare il suo corpo e adorava il fatto di potergli essere così vicina.
Il ragazzo alzò la testa, quel tanto che bastava per incrociare il suo sguardo, e le sorrise in quel modo stanco e adorabile che tanto le piaceva.
-" Scusa se ti ho fatto stare scomoda. "
-" Stavo comodissima... "
gli sussurrò, carezzandogli il viso con le dita. Duncan le sfiorò la pelle nuda appena sopra il bordo della canottiera con la punta del naso respirando profondamente e facendola rabbrividire.
-" Cristo santo, quanto mi piace il tuo profumo... "
Le guance di Allison si colorarono di un rosso acceso mentre lui si rigirava sul fianco per lasciarle spazio e lo notò; sorrise lascivamente, per poi tornare a sonnecchiare.
-" A-anche a me piace molto il tuo... "
mormorò frettolosamente, per poi saltare giù dalla branda e correre alle docce. Non avrebbe saputo quantificare la sua adorazione per quella ragazzina.
 
Schivò per un pelo quattro belle nocche che stavano per stamparsi sui suoi denti, riuscendo a rifilare a Duncan un bel calcio nel sedere.
-" Come ti permetti di calciarmi il culo, ragazzina! "
Allison ricambiò quello sguardo di finta rabbia con provocazione, mettendosi con le braccia conserte a fissarlo come se fosse stato un pivello qualsiasi. 
-" Beh, l'hai appena visto. "
Duncan le sorrise lascivamente, scrocchiandosi le dita e il collo.
-" Ora te le suono, ragazzina... "
-" Prima devi prendermi. "
Quando il ragazzo provò ad avventarsi su di lei con un balzo felino, scartò rapidamente a lato, ritrovandosi ancora una volta alle spalle del suo avversario; con un agile salto, riuscì ad atterrarlo e ad applicare un lucchetto al collo. Duncan si rigirò, bloccandola con il suo peso, ma la viperetta riuscì a scivolare via. Stava diventando troppo brava. 
-" Stai diventando vecchio, per caso? "
-" Ti faccio vedere io, marmocchia... "
Fece una finta e per la prima volta da molto tempo, Allison ci cascò; la afferrò per il polso, facendole ruotare il braccio dietro la schiena e bloccandola contro il suo petto. Era così facile fermarla... se si lasciava prendere.
-" Ti piace, eh? "
le sussurrò, facendola arrossire ma anche sorridere malvagiamente.
-" Mai quanto piace a te. "
Riuscì a girarsi e azzannargli una spalla, liberandosi senza difficoltà. Gli rifilò un calcio al petto, per poi saltargli addosso ed atterrarlo. Si sedette sul suo stomaco, fissandolo con sguardo superbo. Quel giorno avevano giocato più che allenarsi, ma in quel gioco aveva sicuramente vinto quella piccola vipera. 
-" Allora, signor allenatore? "
-" Sì, hai vinto... "
Allison gridò di felicità, alzando le braccia al cielo e ridendo trionfante. La vittoria aveva sempre un sapore delizioso, ma riuscire ad atterrare Duncan era molto, molto migliore. 
Il ragazzo rise insieme a lei, poggiando inconsciamente le mani sulle sue cosce.
-" Posso chiederti una cosa? "
gli disse, ancora comodamente seduta sopra di lui. Il ragazzo annuì, pronto ad ascoltare.
-" Ehm... Ho pensato a quello che mi hai raccontato, al fatto che i tuoi genitori ti hanno cacciato di casa... Huh.... Io m-mi chiedevo se, quando usciremo da qui... Sì, insomma, se potevamo andare a vivere insieme. "
Duncan strabuzzò gli occhi, completamente senza parole. Stava per caso sognando? Era morto e quello era il Paradiso? Vide Allison rossa come un pomodoro, che guardava qualsiasi cosa tranne il suo viso ma se ne stava ancora impalata sopra di lui.
-" Scusa, è stata una cretinata, mi... "
-" Volentieri. "
Questa volta fu Allison a guardarlo sconvolta. Stava succedendo davvero?
-" S-sul serio? "
-" Certo. "
-" O-okay. "
I due si sorrisero dolcemente, crogiolandosi in un trionfo superiore a qualsiasi vittoria sul ring. Il cuore di Allison batteva all'impazzata e non riusciva a togliersi il sorriso dal viso, così come Duncan. Erano due pazzi deficenti.
Il momento di complicità fu interrotto da Berry, il quale corse fino al ring con una faccia pressochè disperata; teneva il suo cappello d'ordinanza in mano e sembrava pronto ad andare ad un funerale. Si schiarì la voce prima di parlare.
-" Ehm... Allison... C'è una chiamata urgente per te. "
Il cuore smise di battere nel suo petto, mentre un brivido viscido le corse lungo la schiena e il sorriso le morì sulle labbra. I due ragazzi si alzarono e seguirono il secondino fino al telefono più vicino, su cui fu deviata la chiamata. Allison prese in mano la cornetta come se fosse stata uno strumento del demonio, terrorizzata da cosa avrebbero potuto dirle, da chi ci potesse essere dall'altra parte del filo.
-" Pronto. "
-" Ally? S-sono zio Chris. "
Stava chiaramente piangendo; in sottofondo, sentiva le teatrali grida disperate di Sophie. 
-" Che cosa succede? "
Non era sicura di volerlo sapere, ma ormai era troppo tardi. In pochi secondi, pregò il Cielo, Dio, l'Universo e qualsiasi cosa di soprannaturale perchè non fosse successo nulla a sua sorella.
-" I-il nonno... "
Chris non riuscì a dire altro, così Allison riappese la cornetta all'apparecchio; a pochi passi di distanza, Berry e Duncan la guardarono accostarsi alla parete, la fronte appoggiata ad un braccio. Il ragazzo le si avvicinò pian piano, con lo sguardo serio e le braccia conserte. Lei spostò gli occhi sull'amico, puntellò una spalla al muro e lo guardò con profonda serietà, ma non tristezza o malinconia.
-" Mio nonno è morto. "
~~~
Lucien McLean fu seppellito nel cimitero di famiglia, un appezzamento di prato verde nella periferia, circondato da due bassi colli che non si potevano definire tali. Allison assistette dal colle a nord al funerale del nonno, ammanettata e affiancata da Berry e Finch. Era vestita in abiti civili fatti portare da suo zio, con i capelli raccolti in uno chignon ed il ciuffo sugli occhi.
Aveva deciso lei di assistere da lassù : c'era troppa gente che non le piaceva, sua nonna prima fra tutti; vide Valery e Viktor appena dietro di lei e la famiglia di Valery non troppo distante. Nessuno, per fortuna, si accorse di lei. 
Fu un funerale breve, senza lacrime da parte sua, senza alcun dispiacere. In fondo, lei odiava i suoi nonni. Non gli augurava di morire, certo che no, ma non le cambiava di molto l'esistenza. Ormai, quella in cui abitava non era più la sua casa, le persone che erano state accanto a lei non erano più la sua famiglia. Tutto, nel suo passato, era finito con Alkalie Lake. Lo comprese in quell'ora di semi-libertà, la prima da quasi un anno fuori dalle mura del riformatorio in cui non provò nessuna emozione particolare, soltanto quella di essere fuori posto. Quella forse non era mai stata la sua famiglia, aveva sprecato anni della sua vita a badare a qualcuno che on realtà non l'aveva mai considerata, a qualcuno che non era destinato ad incontrarsi con lei. Non lo sapeva, sperava vivamente che non fosse così.
Mentre il sacerdote pronunciava solennemente le preghiere, osservava tutte quelle persone che credeva di conoscere, osservava la bara di suo nonno e pensava a tutto ciò che lui e la nonna le avevano fatto passare; osservava la tomba di mamma e papà e pensava a tutto il tempo che gli era stato rubato da quel maledetto camion.
La cerimonia terminò, la bara fu calata nella fossa e tutti cominciarono ad andarsene; alcune persone si fermavano a fare le condoglianze alla famiglia afflitta, altri coglievano l'occasione per visitare i parenti defunti da molto più tempo; sembrava di essere tornati ad un anno prima, davanti al tribunale di Castle Rock dopo il suo processo. Altri ancora, come Allison, tornarono immediatamente a casa; nel suo caso, casa era ormai Alkalie Lake, dove Duncan era stato ad aspettarla in cortile per tutto il tempo.
Mentre tornava al riformatorio, un pensiero la colpì così a fondo che si sentì mancare il respiro. Forse casa non era Alkalie Lake. Forse casa era Duncan.

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Capitolo 8
*** Part 8 ***


BROKEN PIECES - Part 8
 
Ottobre
Il conto dell'anno passato ad Alkalie Lake stava per avvicinarsi. Ricordava quei tremendi giorni di pioggia autunnale, quello in cui fu arrestata e portata via coperta di sangue; ricordava il giorno del processo, il modo in cui tutta la sua famiglia l'aveva guardata, come Valery l'aveva guardata, con gli occhi pieni di lacrime; ricordava il suo ingresso ad Alkalie Lake, l'ostilità dei ragazzi che ora le sorridevano sempre e la guardavano con benevolenza. 
Migliaia di cose erano cambiate da allora, sia in meglio che in peggio. Il riformatorio l'aveva cambiata radicalmente in quel lungo anno di prigionia, forgiandola nel fisico e nello spirito. Aveva finalmente capito che cosa significasse essere privati della libertà, ciò che l'aveva sempre caratterizzata, e aveva capito cosa significasse essere soli e deboli. Tutto ciò l'aveva resa più forte, eppure più fragile, come la ghisa. Aveva compreso cosa significasse vivere senza il cielo notturno, con le sue stelle lucenti e la luna bianca, e senza l'aria fresca della notte. Aveva capito che il suo peggior nemico era sè stessa, non gli altri detenuti o le persone attorno a lei in generale. Stando rinchiusa ad Alkalie Lake, aveva ritrovato sè stessa dopo una vita da naufraga nella sua stessa mente. Eppure sentiva che ancora molto mancava in quella vita.
L'autunno era ormai inoltrato e l'aria era fresca e piacevole; il cielo non era più di quel vivace turchese tipico dell'estate, ma cominciava a sbiadirsi, a macchiarsi di quelle nuvole a pecorelle che preannunciavano le profumate piogge di ottobre. Il sole illuminava più lievemente le terre attorno al riformatorio, con una luce più malinconica e nostalgica, come se sapesse che tra poco sarebbe stato oscurato dalle nubi di pioggia e poi di neve. L'inverno era ormai a pochi passi e sembrava incredibile come poco prima stesse aspettando l'estate, seduta a quello stesso angolo del cortile vicino alla recinzione, in compagnia di Trent. Il ragazzo l'aveva chiamata poco tempo addietro per esprimere il cordoglio per la morte di Lucien, ma ovviamente anche per sapere come stava. Le aveva comunicato che si stava preparando all'inizio del college e che quindi non avrebbero potuto vedersi per un bel po', dal momento che lui e Gwen si sarebbero dovuti trasferire a Denver, ma le promise che l'avrebbe chiamata ogni fine settimana. Finora, Trent era stato l'unico a mantenere le sue promesse, ma non ci volle pensare. 
Pensò piuttosto a ciò che avrebbe fatto il giorno in cui sarebbe uscita da Alkalie Lake e a ciò che sarebbe accaduto poi. Decise che sarebbe tornata alla villa McLean per preparare le valige, prendere la Mustang rossa del Sessantotto che suo zio diceva di volerle regalare e andare ad abitare alla gigantesca baita di Rockford Lake. Non sapeva che cosa sarebbe potuto accadere in seguito, ma pensava che sarebbe stato di sicuro un grande inizio. Soprattutto perchè con lei sarebbe andato anche Duncan, o almeno nei suoi sogni. Ancora trovava surreale il fatto che avesse accettato la sua proposta ed ogni volta che ci pensava le veniva naturale dirsi che si stava soltanto illudendo, che lui stava scherzando e che non sarebbe mai andato a convivere con lei, ma avere un sogno verosimile dopo tutto quello che era successo la faceva sentire meno vuota. 
Si passò distrattamente una mano tra i capelli biondi ormai ricresciuti. Avrebbe dovuto tagliarli di nuovo, ma stavolta ancora più corti, forse un po' da ragazzo emo; adorava quelle pettinature e non le importava se fossero da maschio. Aveva bisogno di liberarsi di quei capelli dannatamente lunghi, sempre troppo per i suoi gusti. Si ripromise di tagliarli dopo Alkalie Lake, quindi tra nove mesi. Sarebbe stata ora di un netto cambiamento, di nuovo.
 
Ancora poco e sarebbe stato il suo ventesimo compleanno, l'ennesimo passato da solo, senza i mille festeggiamenti di suo fratello. Scacciò il pensiero in una nuvoletta di fumo azzurrino che scomparì leggiadra nel venticello ottobrino. Osservó il cielo azzurro e soleggiato, i banchi di nubi ancora lontani, oltre le cime delle montagne, e si rimproverò di star fumando quella sigaretta. Da mesi non ne toccava una, ma quel giorno ne aveva bisogno, anche se non sapeva perchè. 
Se ne stava da solo al suo angolo, a fissare quel panorama meraviglioso senza davvero osservarlo. Gli mancavano così tanto le gite in montagna con Dean, gli mancava essere un fratello maggiore. Era forse stata la più grande gioia della sua vita, la sua unica speranza, ma anche quella gli era stata tolta. Si chiedeva ancora perchè, perchè con tutte le cose di questo mondo che gli potevano essere strappate di mano gli fosse stato strappato il suo fratellino minore. Con lui era semplicemente Duncan, pazzo certo, ma non ubriaco o fatto. Mai gli avrebbe insegnato a spacciare droga e mai gli avrebbe permesso di fumare spinelli o fare tutto quello che lui aveva fatto. Non era affatto il migliore esempio del mondo, anzi, ma aveva cercato di dare il suo contributo nell'educazione del fratello minore. Anche lui, come i suoi genitori, riponeva ogni speranza nel piccolo Dean.
Sbuffò un'altra nuvoletta di fumo, chiudendo gli occhi e facendo bruciare la fotografia della sua famiglia che aveva stampata in mente. Faceva così ogni volta che sentiva le lacrime salirgli agli occhi. Era sbagliato, ma d'altronde aveva mai fatto qualcosa di giusto in vita sua?
Gettò per terra la sigaretta, spegnendola con la punta dello stivaletto e coprendola con della terra, distrattamente, mentre ancora pensava al suo fratellino che cresceva con l'idea che lui fosse un pezzo di merda. Lo era, ma avrebbe voluto dirglielo da sè, non avrebbe voluto che fossero stati i suoi genitori a raccontargli tutto quello che aveva fatto prima di finire in riformatorio. Ma non era andata così ed ora anche l'ultimo briciolo di famiglia che gli restava era scomparso come le nuvolette di fumo nel venticello ottobrino. 
-" Non avevi smesso di fumare? "
Una voce ormai familiare ed inequivocabile lo fece leggermente trasalire. Accanto a lui, appoggiata al muro e con le braccia conserte, lo sguardo perso nel cielo ed un sorriso distratto, c'era Allison. La guardò sorpreso, chiedendosi come avesse potuto essere così silenziosa, ma poi le rivolse un malinconico sorriso.
-" Già... "
-" Fa male ai polmoni. Ti verrà l'affanno e non riuscirai più a battermi. "
Duncan rise di gusto, con una risata profonda e dolcissima che scaldò il cuore alla ragazza. Se non l'avesse battuta lui, chi mai l'avrebbe fatto? 
-" Mi stai prendendo in giro? "
Allison alzò le spalle, mettendo un'espressione tanto ironica e detestabile quanto tenera e adorabile; ora capiva come si sentiva tutte le volte in cui aveva fatto lo stronzo.
-" Io? Prendere in giro te? Mai... "
-" Ah davvero?! "
Con una mossa rapida e repentina, le circondò il collo con un braccio, bloccandola di schiena contro il suo petto, e cominciò a farle una bella grattugia sulla sua testa di legno. Lei rise e gridò divertita, pregandolo si smetterla perchè la stava spettinando.
-" Come? Non credo di aver sentito? "
-" Smettila! "
Quando finalmente riuscì a liberarsi dalla sua presa, al posto dei capelli aveva una specie di criniera spettinata. Non potè resistere e si mise a ridere come un imbecille, reggendosi con le mani alle ginocchia. Allison, più infuriata che mai, si sistemó i suoi poveri capelli alla meglio e mentre il suo caro amico ancora rideva piegato in due gli rifilò un gran calcio nel sedere quasi facendolo cadere. Duncan si levò in tutta la sua altezza e possenza, troneggiando senza difficoltà sulla piccola dolce Allison, che ora cominciava ad indietreggiare pian piano, con un sorrisetto colpevole stampato in volto.
-" Su Duncan, era uno scherzetto, insomma... "
Il ragazzo ghignò malvagiamente e sibilò : 
-" Corri. "
In meno di un secondo, la sua piccola tigre stava scappando per tutto il cortile come se le avessero messo un serpente nei pantaloni e lui subito dietro. Correvano e ridevano come idioti, inseguendosi e portando allegria in tutti i detenuti e i secondini. Era uno spettacolo quasi divino vedere quei due ridere e godersi un momento di sana gioia ed era uno spettacolo meraviglioso assistervi. Tra i loro amici più cari come Paulie e Freddy si erano aperte le scommesse sulla fuga o la presa di Allison e tutti cominciavano a fare il tifo per quella ragazzina che in qualche modo aveva dato una ventata d'aria fresca a tutti gli ospiti di Alkalie Lake.
Sentendo un trambusto indecente provenire dal cortile, il Grande Capo Harrison si affacciò irritato dalla finestra del suo ufficio, ma non appena vide la scena sorrise giulivo : avrebbe riconosciuto quella chioma bionda e quei tatuaggi ovunque. Evidentemente si stavano divertendo e, a dirla tutta, anche lui. Erano più uniche che rare quelle scene di allegria, era meglio godersele, anche se nel severo silenzio del suo ufficio.
Dopo una lunga e sfiancante corsa, con un balzo felino Duncan riuscì finalmente a braccare la sua piccola tigre, facendola inciampare ed inciampando a sua volta; rotolarono sul terriccio sabbioso, fermandosi uno accanto all'altra ridendo come dei pazzi. Mai in tutta la loro vita si erano divertiti così tanto. Allison si alzò per prima, spazzandosi la tuta arancione dalla polvere; allungò la mano e aiutò il suo compare a rimettersi in piedi, decisamente più sfiancato di lei.
-" Lo vedi? Le sigarette ti fanno male. "
-" Intanto ti ho presa, marmocchia... "
Allison gli fece una linguaccia e solo in quel momento si accorsero di tutti gli applausi da parte di detenuti e secondini. Le guance della ragazza si tinsero di un rosso vivo, mentre Duncan sembrava più tranquillo che mai; si affiancò a lei, le scompigliò dolcemente i capelli e le circondò le spalle con il braccio possente, traendola in un tenero abbraccio quasi fraterno. 
Quasi. 
~~~
Il ring era come sempre circondato da un capannello di detenuti, il quale cominciava a scommettere ancora prima che l'incontro cominciasse. Era una lotta ufficiale, una di quelle che venivano organizzate con la sorveglianza dei secondini in quel particolare settore ad una particolare ora; questo era stato deciso per il dopo cena, giusto per far digerire bene la schifosa sbobba che usciva dalla cucina. Quegli incontri erano stati chiesti a gran voce molto prima che Allison arrivasse ad Alkalie Lake e Harrison era stato così gentile da concederli, ma semplicemente perchè anche lui, dall'ufficio della sicurezza, si divertiva un sacco a guardarli. 
Lei, però, non sarebbe stata protagonista di quello scontro. Era seduta in un angolino più isolato della palestra, con la visuale perfetta sul ring e i suoi sfidanti. Osservava ansiosa i preparativi e i detenuti tifosi, in attesa che i lottatori entrassero in scena. Uno era già presente, l'altro invece doveva ancora arrivare in palestra. Doveva ammettere di essere emozionata; assistere ad un incontro era molto diverso dal combatterlo.
Paulie si avvicinò a lei con la sua aria bonaria da gigante buono e si accomodò al suo fianco con un gran sorriso.
-" Salve. "
Allison rispose con calore a quel sorriso.
-" Salve a te. "
Doveva piegare la testa per riuscire a guardarlo negli occhi ed era una cosa molto buffa. Anche da seduti, vedere la loro netta differenza di statura e corporatura era più che divertente, ma allo stesso tempo tenera. Lei e Paulie avevano legato con il tempo, non come con Trent o Duncan, ma erano amici e il gigante buono adorava passare qualche momento con quella che chiamava "la principessa bianca", per via del colore lattiginoso della pelle della ragazza. Era un ragazzone molto dolce, dalle maniere pacate sebbene leggermente rozze, ed Allison apprezzava la sua compagnia, anche perchè era un tipo di poche parole.
-" Signori e... signorina! Questa sera sono orgoglioso di presentare i nostri due sfidanti! "
Freddy Bonanno era salito sul ring e come al solito annunciava in modo a dir poco teatrale la sfida. Provava un sacco di gusto ad essere il presentatore, anche se probabilmente non si rendeva conto di essere in un riformatorio e non in un'arena. 
Il primo dei due lottatori non lo conosceva bene, l'aveva solo incrociato nella biblioteca e piuttosto di rado. Tipo silenzioso e tenebroso, anche piuttosto scontroso, ma che a quanto aveva capito faceva parte della compagnia di Duncan.
-" Con ottanta cinque chili di peso per un metro e ottantanove centimetri, con una gran dose di coraggio e palle quadrate, Colin Addams! "
Il ragazzo salì sul ring senza troppi festeggiamenti, con la sua solita aura di tenebra e i lunghi capelli nero-blu raccolti in una coda.
-" Gesù santissimo, ma qui siete tutti dei colossi! "
esclamò Allison mettendo il broncio, invidiosa della stazza di tutti i ragazzi che alloggiavano ad Alkalie Lake. Paulie rise a quell'intervento, battendole un'amichevole ma devastante pacca sulla spalla.
-" Ed ora, accogliamo il più letale tra i lottatori del penitenziario minorile di Alkalie Lake! Con ottantanove chili di peso per un metro e novantadue centimetri, senza bisogno di presentazioni, il Marcio, Duncan Nelson! "
Gli occhi di Allison s'illuminarono nel vederlo entrare nel ring, mentre le acclamazioni facevano da sottofondo; sia lei che Paulie applaudirono con entusiasmo. Era bellissimo e possente, con i tatuaggi in bella mostra e le fasciature a mani e piedi; ogni parte di lui esprimeva sicurezza e potenza, proprio come un leone. Era incredibile vederlo in quel modo, da una ngolino isolato della palestra, quasi mistico, incantevole.
Prima che la campanella trillasse, Duncan rivolse il suo sguardo acqua marina a quell'angolo isolato della palestra, incrociando quello azzurro ghiaccio della sua piccola tigre; gli sorrise emozionata, infondendogli più coraggio di qualsiasi applauso o fischio o grido. Credo in te, diceva quello sguardo. Ebbene, non l'avrebbe delusa.
Il match iniziò subito duramente; Duncan e Colin si caricarono a vicenda come due tori, finendo in uno scontro di pura e semplice forza bruta. Si stavano guardando con le fiamme negli occhi e ringhiavano come dannati, ma era chiaro che Duncan aveva molta più voglia di vincere. Si spinsero via nello stesso momento per poi tornare a scontrarsi allo stesso modo. Il Marcio si prese un vantaggio grazie ad una testata ben piazzata, facendo allontanare disorientato il suo avversario. Si avventò su di lui come un lupo all'attacco di un'alce, atterrandolo violentemente e rifilandogli un cazzotto in piena faccia; la campanella di fine round già trillò, interrompendo la brutale azione del ragazzo. Allison era quasi sconcertata da tanta violenza : non aveva mai visto quel lato di Duncan, forse il suo lato peggiore, nemmeno quando si allenavano. Era ormai evidente che il ragazzo si fosse trattenuto durante gli allenamenti. Si sentì leggermente delusa da ciò : aveva affrontato molte sfide nella sua vita, non era giusto che lui le facilitasse le cose.
-" Non l'ho mai visto così accanito. "
esordì Paulie, lasciandola di stucco. Le stava per caso leggendo nel pensiero?
-" forse vuole fare bella figura con te. "
le disse, tirandole una gomitata affettuosa e ammiccando complice; le sue guance si tinsero di rosso e sorrise timidamente sotto i baffi. 
L'incontro riprese e subito l'atmosfera s'infiammò : Colin partì con un pugno che colse alla sprovvista Duncan, il quale finì lungo disteso sul ring. Rotolò di lato e si rialzò rapidamente, ghignando malvagiamente. Come gli erano mancate le risse! Si fiondò sul suo nemico-amico, ma fu abbastanza rapido da schivarlo; purtroppo non andò a segno il secondo tentativo, che fu parato e restituito con interessi. Allison si fece sfuggire un gridolino di gioia, ricevendo un'occhiata divertita di Paulie e un'occhiata sfuggente di Duncan; tornò immediatamente la piccola dolce ragazzina che era stata fino a quel momento, stringendosi nelle spalle con le guance rosse come pomodori. Paulie, dal canto suo, la capiva e non voleva che si sentisse in imbarazzo, così si unì a lei in solidarietà.
-" Vai Duncan! "
gridò il gigante buono, e dopo pochi secondi anche Allison lo imitò.
L'incontro si trasformò rapidamente in una violenta rissa che non durò a lungo. Entrambi gli sfidanti erano ormai stanchi e acciaccati, visto che i colpi di Colin non erano quelli di Allison... Dopo un bel gancio alla mascella, il ragazzo dark stramazzò a terra senza forze; la campanella suonò rumorosamente, ponendo fine a quel brutale e spettacolare match. Freddy balzò sul ring, alzando il braccio di Duncan in segno di vittoria e stringendogli la mano, mentre i suoi due tifosi più accaniti applaudivano e gridavano lodi. Vide l'orgoglio e la gioia più pura in quelle iridi azzurro ghiaccio e in quel sorriso angelico e per la prima volta si sentì fiero nell'aver battuto un suo amico. Per lei, avrebbe fatto questo ed altro.
Non appena scese dal ring, sfinito e sudato, si vide arrivare incontro una belva bionda e sorridente che gli balzò letteralmente in braccio, aggrappandosi al suo collo; la sollevò volentieri da terra, stringendola a sè e obbligandola ad incrociare le gambe attorno al suo addome, tenendola a sè come se fosse stata una bambina; si guardarono con tanta intesità che i compagni attorno a loro fecero un passo indietro, spinti via dal potere delle emozioni. Fendettero la piccola folla in quel modo, con se fosse stata Allison il trofeo, un trofeo che valeva più di qualsiasi altra cosa nel suo mondo distrutto. 
 
Aveva le guance ancora rosse per la pazzia di poco prima e stava ancora sorridendo come una scolaretta. Era seduta sul vecchio sgabello del taglio dei capelli, a torturarsi le mani per l'emozione. Era stata davvero una bella serata. Non sembrava nemmeno di essere ad Alkalie Lake, ma in un posto completamente diverso, un campeggio semi-estivo al chiuso. Avrebbe voluto che serate come quella avvenissero più spesso, ma poi pensò che non sarebbero state altrettanto coinvolgenti.
Stava lì in quel bagno dimenticato ad aspettare che Duncan si facesse la doccia. Tentava inutilmente di frenare le sue fantasie sul ragazzo che a due pareti di distanza si stava lavando il corpo scultoreo e coperto da splendidi tatuaggi; per sbaglio si graffiò con un'unghia, riuscendo ad interrompere la sua dannata immaginazione. Doveva calmarsi, decisamente.
L'acqua della doccia scorreva rapida e il vapore aveva cominciato ad inondare quell'ambiente ormai gelido. Si chiedeva come facesse Duncan a non morire di freddo; lei, tutta infagottata nella sua tuta arancione, aveva i brividi. Si sentiva che l'autunno si stava lentamente trasrormando in inverno e che a breve la neve sarebbe arrivata, portando il gelo tra le pareti altrettanto gelide di Alkalie Lake. 
Un rumore appena fuori dalla porta la fece sobbalzare. Sembrava essere stato un tonfo, o qualcosa di pesante che cadeva in terra. Lanciò un'occhiata alle sue spalle, sperando che non comparisse il suo amico completamente nudo, e con espressione corrucciata tornò poi a fissare l'ingresso della stanza. Era ormai buio, la luce dei corridoi del piano inferiore non giungeva lassù e quella del bagno illuminava soltanto fino ad un certo punto il corridoio deserto. Non vide nulla, soltanto l'oscurità completa della sera inoltrata di ottobre. Eppure aveva sentito qualcosa, non l'aveva immaginato.
-" Duncan, hai per caso sentito un rumore? "
-" No, perchè? "
le urlò di rimando per sovrastare lo scroscio dell'acqua bollente. Ora capiva perchè non l'aveva sentito... 
-" Vado a controllare. "
Mossa da un grande spirito d'avventura misto ad un timore innaturale, Allison si diresse con lenti e silenziosi passi verso quell'uscio senza porta. Si fermò in parallelo ad esso, guardando fuori senza aspettarsi di vedere qualcosa di sospetto. Le finestre sbarrate filtravano la luce fioca della luna e delle luci bianche che illuminavano il perimetro del riformatorio, i corridoi erano un vagare di ombre immobili e spettrali come oscuri guardiani. Nulla di sospetto. Poi eccolo di nuovo, lo stesso identico rumore. Sobbalzò nuovamente, un brivido di terrore le corse lungo tutto il corpo, scuotendola da profondo, poi di nuovo silenzio, eccezion fatta per l'acqua della doccia di Duncan. 
Fece un passo avanti, ma qualcosa la bloccò. Forse l'istinto, forse qualche angelo benevolo, le stava sussurrando che se avesse oltrepassato quella porta sarebbe accaduto qualcosa di male. Purtroppo per lei, quella sera non ascoltò nessuna delle sue voci. Era così stanca di loro. Avanzò a grandi falcate nel corridoio, restando nel cerchio di luce. Guardò prima a sinistra, poi a destra, poi ancora a sinistra. Ci mise una frazione di secondo in più a realizzare che alla sua destra c'era qualcosa, qualcuno che non avrebbe dovuto esserci. Una frazione di secondo fatale.
Un braccio forte le circondó la gola, trascinandola verso il basso e permettendole di emettere un minimo grido, poi una mano le tappò la bocca. L'effetto sorpresa permise a chiunque avesse deciso di farle del male di trascinarla via, ridendo in maniera disgustosa. Ed Allison conosceva quella risata. La trascinò in una stanzetta chissà dove, un luogo buio e pieno di cose che non riuscì ad identificare. Era ancora lucida, ma non lo sarebbe stata a lungo. Cosa doveva fare? Agitò violetemente le braccia finchè non colpì qualcosa, quella che sembrava una guancia, strappando al suo sggressore un ruggito. Scott l'afferrò alla gola, sbattendola violentemente contro la parete e schiaffeggiandola pesantemente due volte, così forte che si sentì frastornata.  L'adrenalina correva nelle sue vene come l'acqua di un fiume in piena e dimenticò presto il dolore e l'umiliazione degli schiaffi. Doveva soltanto salvarsi.
-" Non fare scherzi, puttana. Ho aspettato un bel po' prima di poterti avere... "
La sua voce era ripugnante, il suo respiro vibrava rozzo contro di lei e percepiva il suo corpo avvicinarsi al proprio. Stranamente non provava alcuna paura, soltanto ribrezzo. Ormai la paura non faceva più parte di lei, la paura era qualcosa che l'aveva consumata così tanto da non avere più alcun effetto. Nulla, nemmeno lui avrebbe più potuto spaventarla.
-" Vaffanculo! "
-" Il tuo, sgualdrina! "
Scott si premette contro di lei, bloccandole le mani dietro la schiena; cercò di contrastare la sua presa, ma era davvero forte, molto più di quanto pensasse, molto probabilmente tanto quanto Duncan. Duncan! Oh Dio, dov'è Duncan? pensò, senza sapere perchè. In quel momento non poteva pensare a lui.
-" Sì, continua tesoro, mi piacciono proprio quelle come te... "
Rise sguaiatamente ed Allison sentì un conato di vomito prenderle lo stomaco. Probabilmente, la nausea l'avrebbe salvata, se solo il vomito ci fosse stato davvero.
Sempre afferrandola per il collo, la sbattè violentemente a terra, facendole urtare dolorosamente la testa; il buio cominciò a tingersi di mille colori frastornanti, facendole perdere orientamento e lucidità. Le vertigini cominciarono ad impossessarsi di lei, mentre l'ultimo briciolo di consapevolezza e l'adrenalina lottavano per prendere il posto della confusione. Percepì la mano di Scott sfiorarla mentre si abbassava i calzoni e un nuovo conato l'assalì; le strappò violentemente la camicia e la canottiera insieme, andando ad esplorare avidamente il suo corpo con le labbra umide.
-" Ecco, così, fai la brava... "
Con un ultimo briciolo di forza, gli rifilò un calcio in mezzo alle gambe e un pugno in faccia. Si sottrasse in fretta e furia alla sua presa, ma Scott fu rapido e le balzò addosso nel momento in cui riuscì a sfiorare la maniglia della porta; Allison gridò rabbiosa, lottando in ogni modo per toglierselo di dosso. Ci riuscì, non seppe come, e si fiondò nuovamente alla porta. Non appena la aprì, tentò di correre via alla velocità della luce, ma completamente nel panico, andò a sbattere contro un'imponente figura che stava a pochi passi da lei. Gridò ancora, ma non ebbe il tempo di fare altro. La figura la spostò da sè il più delicatamente possibile e si avventò come un lupo su Scott non appena lo vide. Accucciata nell'ombra, osservò sconvolta Duncan che inginocchiato su di lui picchiava a sangue il suo aggressore, gli occhi iniettati di sangue e i denti digrignati. 
-" No! Duncan! "
Strisciò da lui, afferrandogli il polso prima che potesse infierire ancora. Stava piangendo disperatamente, aveva il viso pesto e sanguinante, i vestiti strappati. Nel vederla in quel modo Duncan sentì di perdere il controllo. Afferrò Laughton per la gola e strinse, strinse sempre più forte. Voleva vedergli gli occhi schizzare fuori dalle orbite, voleva sentire il suo cuore che smetteva di battere. Doveva morire. Doveva morire.
-" Maledetto figlio di puttana! "
-" Duncan! "
La voce di Allison lo fermò di nuovo. Gli prese il viso tra le mani tremanti, lo guardò con gli occhi straziati pieni di lacrime e gli carezzó il volto con dolcezza, tranquillizzandolo in un modo soprannaturale.
-" Basta, ti prego... Invece che punire lui, puniranno te e io non saprei come sopravvivere qui... Basta, ti prego... "
Tolse lentamente le mani dalla gola di Laughton, che strisciò via sensa forze, e la strinse a sè più forte che mai, la fece sedere sul pavimento tra le sue gambe e la fece appoggiare al suo petto; lei ricambiò quell'abbraccio salvatore, iniziando a piangere e ringraziarlo silenziosamente per averle salvato di nuovo la vita. Anche lui pianse silente e cominciò a tremare. Era terrorizzato, sconvolto, incazzato. Non sapeva nemmeno che cosa stava provando, sapeva solo che ora conosceva il terrore di perdere per sempre la persona che amava più di chiunque altro.
I secondini arrivarono in poco tempo e vedendo la situazione più che ovvia presero Laughton come un sacco dell'immondizia e lo trascinarono fino alle celle d'isolamento. Dall'ombra apparve Harrison, più serio che mai; guardò Duncan, Duncan guardò lui.
-" Se avete bisogno dell'infermeria... "
Duncan non rispose. Si alzò pian piano, aiutando Allison di fare lo stesso, la prese in braccio forse rozzamente e oltrepassò Harrison come un fiume in piena. 
 
La posò dolcemente sulla branda sotto la sua e cercò una delle sue canottiere più ben messe, lasciandola poi al suo fianco. S'inginocchió davanti a lei tremando come una foglia e le prese le mani tra le sue; notò le nocche scorticate e qualche unghia dolorosamente spezzata.
-" S-stai bene? Ti ha fatto qualcosa? Ti ha... ? "
Allison sforzó un sorriso e scosse la testa. Stava tutto sommato bene, non le era successo nulla di troppo brutto; era stata soltanto un po' malmenata. Era tutto okay.
-" Mi dispiace... Mi dispiace così tanto... "
Duncan si portò le sue mani agli occhi e ricominciò a piangere, stavolta disperatamente, singhiozzando e tremando. Era così struggente vederlo in quel modo e non sapeva che fare per consolarlo. Liberò dolcemente le mani dalla sua stretta e gli incorniciò il viso con esse, obbligandolo ad incrociare i suoi occhi; gli asciugò le guance con delle tenere carezze, sorridendogli in modo da rassicurarlo, e gli fece poi poggiare la testa sul suo petto, incurante dei vestiti strappati, cullandolo come un bambino. Gli passò le dita tra i capelli e sul collo, come piaceva a lui, e gli stampò qualche bacio sulla testa; lui le circondo il corpo con le braccia forti, rifugiandosi in esso, nella sua pelle candida e morbida.
-" Sto bene... Va tutto bene adesso... "
Pian piano i singhiozzi di Duncan si calmarono e nella cella calò il silenzio. Il ragazzo si separò da lei, si asciugò il viso e cominciò a camminare nervosamente avanti e indietro. Era ancora mezzo nudo, ma poco gl'importava. 
Allison si alzò, prendendo con sè la sua canottiera e rifugiandosi nell'angolo toletta; si cambiò rapidamente, infilandosi l'indumento che la copriva fino a metà delle cosce. Si pulì il viso dal sangue e controllò il bernoccolo che aveva in testa a causa della botta contro il pavimento; nulla di serio, solo una bella batosta. Tornò poi dal suo amico, ancora intento a torturarsi per non esserci stato prima, e si fermò davanti a lui, sorridendogli dolcemente.
-" Smettila di torturarti. Eri lì, senza di te non ce l'avrei fatta, come sempre. "
-" Non ci avrebbe nemmeno provato se fossi stato con te tutto il tempo... "
-" Sì invece, sarebbe stato più tardi, magari quando non ci saresti stato affatto. Duncan, non è successo nulla, okay? Io sto bene, davvero. Sono qui, sono qui con te e grazie a te. Per favore, smettila di farti del male in questo modo. "
Duncan annuì e la strinse di nuovo a sè, abbracciandola con tutto l'affetto che potesse trasmetterle; Allison ricambiò volentieri, poggiando il viso contro il suo petto lasciato scoperto dalla camicia aperta. Lo prese poi per mano, obbligandolo a sedersi sul WC; con della carta igienica e acqua bollente, gli lavò dolcemente le mani dal sangue, pulendo la pelle con cura e stando attenta a non irritargli le nocche escoriate. Duncan le sorrise con amore, sfiorandole il viso pallido e battuto con il dorso delle dita.
-" Posso dormire con te? "
gli chiese, e fu molto sorpreso da quella domanda.
-" S-sei sicura? "
-" Mi sento al sicuro quando dormo con te. "
Senza ulteriori indugi, Duncan si alzò, la sollevò tra le braccia e la posò sulla sua branda, per poi raggiungerla. Dormirono abbracciati, senza incubi nè demoni tra loro, tutti scacciati dal profondo ed incomprensibile sentimento che li univa. 
 
Si svegliò per un attimo nel cuore della notte, colpita da un dettaglio che precedentemente non aveva notato. Quella sera, per la prima volta, non aveva portato la bandana di Trent.
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La mattina del giorno seguente i tre detenuti coinvolti nell'accaduto della sera prima furono convocati da Harrison in persona. Quando Allison e Duncan furono scortati davanti al suo ufficio, Scott era già dentro. Attesero pazientemente finchè le porte di legno brunito e consunto si spalancarono; due secondini stavano trascinando fuori un molto malmenato Laughton, il quale pregava, supplicava di non essere sbattuto in isolamento fino al suo trasferimento in un altro penitenziario, ai crimini maggiori di Colorado Springs. Non appena vide i due ragazzi, si mise a ridere come un pazzo, gridando ai quattro venti quanto la ragazza fosse una sgualdrina e quanto figlio di puttana fosse il ragazzo che l'accompagnava. Se non fosse stato per Allison che gli stringeva forte le mani, Duncan l'avrebbe ucciso. Per davvero.
Harrison chiamò a gran voce la detenuta McLean, chiedendo per l'ennesima volta di toglierle le manette; il secondino lasciò l'ufficio, chiudendosi i grandi portoni alle spalle. Il Grande Capo la guardava con una strana apatia, un'apatia stanca e annoiata, stravaccato sulla sua poltrona a rigirarsi un areoplanino tra le dita. Era incredibile come anche in quello stato riuscisse ad incutere timore, con quegli occhi blu notte schermati da un paio di occhiali con montatura in metallo e quell'aria di superiorità che tanto lo caratterizzavano. Era sempre suggestivo incontrarlo. 
Passarono lunghi secondi prima che l'uomo parlasse con quella sua voce da vecchio soldato, facendola sobbalzare.
-" Si sieda, la prego. "
-" Preferisco stare in piedi, la ringrazio. "
-" Dunque, signorina McLean. Potrebbe dirmi cos'è successo ieri sera? "
Allison si schiarì la voce prima di parlare.
-" Non è abbastanza evidente la situazione? "
-" Se permette, qui le domande le faccio io. Per cortesia, mi dica ciò che è successo ieri sera. "
Trasse un profondo respiro per evitare di tirare le sedie in testa a quel dannato Harrison. Detestava le sue arie da re del mondo, ma lo rispettava. Era un uomo buono, fondamentalmente, e lo sapevano tutti.
-" Ho accompagnato il detenuto Nelson alle docce del secondo piano dopo il suo incontro. Mentre aspettavo, ho sentito dei rumori provenire dal corridoio. Non appena sono uscita, il detenuto Laughton mi ha afferrata alle spalle e trascinata in uno... in uno stanzino, dove ha c-cercato... dove ha cercato di... "
Notando che la voce di Allison cominciava a tremare, Harrison annuì, mettendosì più composto e sembrando più attento. Si schiarì nuovamente la voce prima di continuare.
-" Ho lottato per liberarmi e non appena sono riuscita a scappare è accorso il detenuto Nelson, che mi ha difesa nuovamente dalle intenzioni del detenuto Laughton. Il resto della storia lo sa. "
Il Grande Capo se ne stava con le mani congiunte davanti alla bocca, ascoltando e osservandola in religioso silenzio; una lacrima le rigò il viso, ma la asciugò frettolosamente con una manica della camicia che le stava decisamente grande. Aguzzando la vista, lesse i numeri identificativi di Nelson cuciti sul taschino.
-" Molto bene, molto bene... Il detenuto Laughton ha riportato una versione molto differente dei fatti. Ha sostenuto che lei stessa si stava per concedere a lui, ma poi è intervenuto il detenuto Nelson, che già una volta l'aveva dichiarata 'roba sua', percuotendolo senza ragione. "
Le gambe cominciarono a cedere sotto il peso di quell'orrendo ricordo. Quel viscido bastardo...
-" N-non crederà ad una cosa del genere?! "
Allison si sentiva ormai sconfitta. Le mancava il respiro, si sentiva annegare.
-" Signorina, si sente bene? "
Harrison si alzò e corse immediatamente al suo fianco, facendola accomodare e porgendole un bicchier d'acqua, che rifiutò con pacatezza. L'uomo si sedette di fronte a lei, si levò gli occhiali e la fisso dritta negli occhi, penetrando nella sua anima più in profondità di chiunque avesse mai fatto.
-" Finora le ho parlato da direttore del riformatorio, ma ora le parlerò da persona qualsiasi, forse anche da amico. Non credo a mezza parola di quanto dice quello stronzetto. Sarebbero informazioni personali, ma lei sa perchè è qui? Perchè ha abusato della sorella e di due sue compagne di scuola. È già nella cella di isolamento, ci resterà finchè non andrà ai crimini maggiori o direttamente al manicomio più vicino. "
Allison non riuscì a fare altro che annuire ed asciugarsi le lacrime che le bagnavano le gote pallide e smunte. Per quale altro crimine avrebbe potuto essere condannato, altrimenti? Le veniva da vomitare al solo pensiero di quello schifoso.
-" A Duncan succederà qualcosa? P-per quello che gli ha fatto? "
Harrison sorrise in modo malvagio, eppure rimase serio.
-" Nelson? E cosa dovrebbe aver fatto? Laughton... beh, lui è caduto dalle scale. L'ho visto io, personalmente. "
Un sorriso si dipinse automaticamente sul viso della ragazza, rasserenandola e dando alle lacrime una nota di gioia. Prese una mano dell'uomo che stava davanti a lei e la strinse emozionata, guardandolo negli occhi come non aveva mai fatto con nessuno. 
-" Grazie... "
gli sussurrò, ed Harrison estese il suo sorriso benevolo. Non aveva mai incontrato una ragazzina come quella, diciassette anni e comportarsi come un vecchio comandate; sarebbe stata un ottimo soldato, pensò. La congedò con un cenno della testa e una pacca sulla spalla, più orgoglioso che mai di aver avuto a che fare con un soggetto come lei. 
Non appena le porte si aprirono, Allison si fiondò su Duncan, abbracciandolo e rassicurandolo.
-" Harrison è dalla nostra, ti farà solo qualche domanda di circostanza... È tutto okay... "
Il ragazzo si abbassò fino alle sue orecchie, sfiorandole con le labbra fine e solleticandole la guancia con la sua.
-" Se ci sei tu, è sempre tutto okay. "
Un tuffo al cuore prese Allison, che non si sentì mai così speciale, così impavida, così libera come in quel momento. Rivide tutto il male che aveva provato nel corso della sua vita, ogni singola paura, ogni singolo errore bruciarsi nel fuoco della sua indomabile forza; vide sè stessa risvegliarsi dal profondo abisso in cui stava affondando, vedeva ogni suo demone scomparire dalla sua anima, dal suo oceano nero che stava tornando azzurro. Sentì ogni singolo male dentro di lei scomparire, evaporare alla luce di un nuovo sole, quello della rinascita, della sua resurrezione. 
Allison McLean era tornata. E stavolta non sarebbe più andata via. 
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Alkalie Lake, nonostante le prime piogge autunnali avessero cominciato a cadere, sembrava un posto quasi paradisiaco. Le giornate procedevano monotone e tranquille tra i detenuti e i secondini e nulla sembrava voler interrompere quella pace, nemmeno la sospensione delle ore d'aria a causa del freddo, che iniziava a diventare troppo pungente per le sole camicie di cotone dei detenuti. L'inverno si stava avvicinando spedito, nonostante fosse ancora metà ottobre, e la neve sarebbe giunta al più presto, secondo le previsioni verso il giorno del Ringraziamento. 
Allison era raggiante come mai era stata in tutta la sua vita. I suoi occhi brillavano di una luce completamente nuova e diversa da quella che le persone avevano sempre visto, come se ciò che era avvenuto pochi giorni addietro l'avesse purificata invece che abbatterla. Ed era proprio ciò che era successo. Anche Duncan sembrava più rinvigorito, molto probabilmente contagiato dal nuovo e splendente aspetto della sua amica, e tutti i detenuti e i secondini notarono questo cambiamento. Ora era più gentile, meno introverso e scontroso, anche se restava sempre il Marcio di Alkalie Lake. 
Allison era tornata di nuovo a lavorare nella biblioteca, stavolta soltanto in compagnia di Berry, il quale leggeva beatamente Il miglio verde di Stephen King; Carven, con gioia, si stava godendo un mese di ferie trascorso tra Denver e Los Angeles da sua figlia. Era una giornata piovosa, come quando era arrivata al riformatorio, e proprio due giorni dopo avrebbe festeggiato il suo anno ad Alkalie Lake. Sarebbe stata una data importante, il diciassette ottobre, perchè rappresentava l'inizio di un lungo, lunghissimo viaggio che era ancora soltanto a metà, ma che era entrato così in profondità nel suo spirito da cambiarla completamente.
-" Lo sai che tra poco sarà il compleanno del Marcio? "
La ragazza si voltò sorpresa verso il secondino, che la fissò sorridente da sopra le pagine del romanzo. Sorrise affettuosamente, pensando a che regalo fosse possibile fare in un riformatorio. Non c'era molta scelta : un cucchiaio per scavare un tunnel sarebbe stato inutile, visto che l'intera struttura del penitenziario minorile era in cemento, e purtroppo non aveva altre idee.
-" Davvero? "
-" Mmh mmh. Il giorno di Halloween. "
Allison ampliò il suo sorriso, arrossendo teneramente mentre riponeva alcuni vecchi libri ammucchiati sulla scrivania al loro posto. Era buffo pensare che fosse nato proprio il giorno di Halloween, anche se non sapeva perchè. S'immaginò la sua infanzia, tutti i suoi compleanni festeggiati in maschera, un anno da vampiro, uno da pirata, molti accompagnati dal fratellino. 
La ragazza spalancò gli occhi, bloccandosi all'improvviso e sorridendo come una psicopatica. Si voltò fulminea verso Berry, attirando la sua attenzione, poi si accucciò al suo fianco. Il secondino si chiese che diamine avesse in mente, probabilmente era qualcosa di pericoloso visti quegli occhioni azzurri da cerbiatta, ma se non l'avesse ascoltata l'avrebbe tormentato finchè non l'avesse fatto. Ormai la conosceva. 
-" Mi faresti un grande favore? Potresti chiedere in ufficio il numero di telefono e l'indirizzo dei genitori di Duncan? "
Berry strabuzzò gli occhi. 
-" Cosa?! Sei per caso impazzita?! È illegale fare una cosa del genere! "
-" Se non lo vuoi fare, non importa. Otterrei quelle informazioni anche senza il tuo aiuto, in qualche modo. "
Allison ora aveva un irritante sorrisetto di sfida stampato sulle labbra, evidentemente ereditato da quel pazzo del Marcio; pensava che quel ragazzo la stesse rovinando, ma lo faceva scherzando. Era una testa di rapa, ma si vedeva che teneva alla piccoletta : la stava solo rendendo più forte.
-" E va bene... "
-" Grazie! "
Lo abbracciò d'istinto, facendolo arrossire e scomporre per pochi secondi; scosse la testa, sistemandosi nervosamente, per poi ritornare al suo romanzo. Anche la bella e ormai molto seducente Allison tornò al suo lavoro, scrivendosi mentalmente il discorso che avrebbe fatto ad una famiglia parecchio arrabbiata per tutte le ore del lavoro mattutino, che passarono abbastanza in fretta. Stava per andare in sala mensa più allegra che mai, saltellando e sorridendo come una scolaretta senza riuscire a farne a meno; era troppo soddisfatta del suo piano.
-" Hey, Allison! "
La ragazza si voltò, facendo nuovamente capolino dalla porta della biblioteca. Berry le sorrideva affettuosamente, in un modo che non ricordava di avergli mai visto fare.
-" Hai presente il tuo unicorno? "
-" Sì, ovviamente. Che c'è? "
-" Non sono stato io a regalartelo. "
Gli occhi azzurro ghiaccio di Allison si spalancarono come portoni su un universo infinito; si portò una mano alla bocca, cercando di coprire il sorriso più gioioso della sua vita. Corse via gridando come una pazza, facendo ridacchiare Berry sotto i baffi. Com'è bello l'amore, pensò.
 
Le informazioni che aveva chiesto a Berry arrivarono appena dopo cena sotto forma di bigliettino stropicciato abbandonato sul suo comodino, fermato dal bordo della lampada da ufficio. In bella calligrafia, come ci si aspettava dal secondino London Berry, c'erano il numero di telefono di casa Nelson, il nome dei familiari e un indirizzo della cittadina di Westfields, non molto distante da Alkalie Lake, ad un quarto di strada tra il penitenziario e Castle Rock. Distesa prono sulla sua branda, stava esaminando orgogliosa quei dati, elaborando sempre più in profondità il suo piano e ripassandosi mentalmente il discorso, quando Duncan entrò nella cella; la spiò di sfuggita e riuscì a notare soltanto un foglietto stropicciato tra le sue dita fine. Allison gli sorrise, mettendo da parte quel misterioso bigliettino e prendendo dal cassetto il suo block notes e la penna che aveva rubato in biblioteca. Era evidente che volesse scrivere a qualcuno, sorprendente, visto che non gli aveva mai parlato di altri a parte sua sorella Valery. 
-" Scrivi una lettera? "
Allison rimase impassibile con il suo sorrisetto e si mise a guardarlo, rigirandosi la penna tra le dita e annuendo falsamente distratta. Trovava alquanto insolita la sua curiosità, ma anche molto tenera. A scuola non doveva essere stato una cima, dedusse, ridendo tra sè e sè.
-" Per tua sorella? "
-" No, assolutamente, è ancora presto... Scrivo a mio zio. E poi forse telefonerò a Trent. "
Al suono di quel nome, Duncan fece una smorfia. Ancora portava rancore per la rissa di molti mesi prima, il che era a dir poco incredibile secondo il parere di Allison, ma poi ripensò ad Alexander Feltman e una scarica elettrica le attraversò la schiena. No, non era poi così incredibile. Era strano pensare ancora a lui dopo tutto quel tempo e ricordarsi di odiarlo non meno di prima. Con tutto quello che era successo, il suo risentimento verso quel ragazzo non era mutato. Lo trovava alquanto bizzarro, ma scacciò il pensiero. Non era quello il momento di tirare di nuovo fuori quel bastardo.
Dopo molti minuti di scrittura, lasciò perdere il notes, gettandolo insieme a tutte le sue cartacce nel cassetto; saltò giù dalla branda e chiamò a gran voce un secondino perchè l'accompagnasse ad un telefono, si trattava di una questione urgente. Casualmente arrivò proprio Berry, che la prelevò dalla cella, lasciandolo solo con il suo libro. Ragazze, chi le capisce... In realtà, quel pensiero era dettato da una sottile scossa di gelosia. Odiava McCord per le sue stramaledette buone maniere e perchè era il "fratello" della sua tigre.
Nei corridoi bui e umidi, Allison stava ridacchiando tra sè e sè, ritenendosi un autentico genio del male. Nel taschino della camicia nascondeva il bigliettino con le informazioni vitali per il suo piano; l'aveva spiegato a Berry in pochissimi secondi appena dopo cena, mentre i detenuti venivano accompagnati alle celle o in palestra o in biblioteca. L'arte dell'improvvisazione perfetta era sempre stata una grande qualità di Allison ed era ben felice di riutilizzarla per fare un bella sorpresa al suo amico.
Arrivata ai vecchi telefoni a rotellina, con il cuore in gola e lo stomaco contorto per l'emozione, compose quel numero che sembrava infinito; si portò la cornetta all'orecchio, attendendo con ansia crescente che qualcuno rispondesse. Non era molto tardi, ma non poteva sapere a che ora andassero a letto le persone interessate o se non fossero state in casa in quel momento. Berry la guardava con altrettanta emozione, sorridendole teso. Dopo cinque interminabili e terrificanti squilli, il click di una cornetta sollevata le tolse un battito. Era il momento della verità.
-" Pronto? "
La voce di una donna, ottimo inizio.
-" Ehm... B-buona sera signora. Parlo con... con Veronica Nelson? "
-" S-sì, esatto. Lei è...? "
-" Mi chiamo Allison McLean, le parlo dal penitenziario minorile di Alkalie Lake. Posso rubarle due minuti del suo tempo? "
L'ansia cresceva esponenzialmente dentro Allison, ma cercò di restare calma. Si ripassò il un nanosecondo il discorso preparato in precedenza : doveva convincere quella donna a qualsiasi costo.
-" Sì, mi dica. "
La voce della signora Nelson era radicalmente cambiata. Evidentemente, non le faceva piacere quella telefonata, ma a lei, francamente, poco importava. L'avrebbe ascoltata, che le piacesse o meno.
-" Sarò breve e diretta. Tra poco sarà il compleanno di suo figlio, ma suppongo che lo sappia. Mi ha molto parlato di suo fratello minore, Dean, e volevo fargli un regalo speciale. A Duncan manca infinitamente suo fratello e anche voi gli mancate molto. Volevo chiederle se sarebbe stata così gentile da portare Dean a fargli visita per quel giorno, giusto per... per rasserenarlo un po'. "
Un silenzio inquietante stava dall'altra parte della cornetta, ma Allison continuò imperterrita il suo discorso, nonostante stesse tremando per l'ansia.
-" Lo so che è una richiesta assurda, soprattutto fatta da una sconosciuta, ma vede, Duncan ha fatto molto per me. Ha commesso i suoi errori, altrimenti non saremmo nello stesso buco, ma la prego, si fidi, suo figlio è il ragazzo migliore che io abbia mai conosciuto. È cambiato, si è riscattato da tutte le stupidaggini che ha fatto prima di venire in questo posto. Parecchie volte mi ha salvato la vita, mi ha insegnato a difendermi, mi sta insegnando a diventare più forte e soprattutto mi sta aiutando a superare tante brutte cose. Per favore, abbia fede : dia un'altra possibilità a suo figlio. "
Ancora silenzio. Berry la fissava stupito ed ammirato ed Allison gli rispose con un sorriso tirato. Le dispiaceva usare l'ars oratoria con la madre di Duncan, ma a mali estremi, estremi rimedi. Dopo pochi secondi, udì un singhiozzo smorzato. Che il discorso avesse funzionato?
-" T-ti chiami Allison, giusto? "
-" Sì signora. "
-" Mi farebbe piacere conoscerti, un giorno. "
Un sorriso trionfante si dipinse sul suo volto e dovette trattenersi dall'urlare di gioia; emozionata come non mai, mostrò un eccitato pollice insu, facendo sospirare di sollievo il secondino.
-" Anche a me, signora. Posso prenderlo come un sì? "
Veronica rise nel pianto commosso, che toccò il cuore della ragazza. Era stato più facile del previsto, ma era stato comunque molto toccante. Fare qualcosa di buono aveva sempre avuto quell'effetto su di lei : aiutare le persone la faceva sentire bene.
-" C-certo... E grazie mille. "
-" Grazie a lei. Conta molto, per tutti quanti. Ora le passo una guardia, che le dirà gli orari di visita. Grazie ancora, arrivederci. "
Allison passò la cornetta a Berry, che parlò per pochi secondi e poi riattaccò. Non appena chiuse la chiamata, la ragazza cominciò a saltare e gridare come un'indemoniata, facendo ridere il secondino. In fondo, però, anche lui era molto felice.
-" Batti qua, fratello! "
I due si schioccarono un sonoro cinque, poi si incamminarono nuovamente verso la cella 42B.
 
Quella notte rimase sveglia per un bel po'. Continuava a ripensare alla voce commossa della signora Nelson, al fatto che quel compleanno sarebbe stato bellissimo per Duncan, ma anche a Valery. Non sapeva perchè, ma Veronica Nelson le aveva ricordato sua sorella. Forse perchè Duncan l'aveva nominata prima, o forse perchè ora che era tornata la vera Allison si sentiva in dovere di riparare il suo magico pavimento di cristallo, dove per una vita aveva camminato anche Valery, lasciando ad ogni passo un'impronta speciale. 
Pensò alla sua sorellina ormai incinta, già diventata una donna, che presto si sarebbe sposata. Era surreale, ma ora che ci pensava lucidamente era meraviglioso. Entro pochi mesi avrebbe avuto uno splendido nipotino da viziare e coccolare e una nuova famiglia, comprendente anche il tenebroso Viktor Blaine. Le venne in mente la storia della scelta dei nomi per i futuri figli di Valery, di cui avevano discusso in un caldo giorno dell'estate di un anno prima; se fosse stato un maschio, si sarebbe chiamato Andrew, se invece fosse stata una femmina Ashley. Ovviamente, avevano scelto i nomi in base ai loro cantanti preferiti.
S'immaginò il matrimonio di Valery e la nascita del suo nipotino, perchè, già lo sapeva, lei non avrebbe potuto esserci. Si era molto pentita di averla trattata in quel modo quando la venne a trovare il giorno del suo diciannovesimo compleanno e giurò che vi avrebbe posto rimedio. In un modo o nell'altro, doveva riavere indietro sua sorella.
-" Quelle rotelle non si fermano mai? "
Il respiro caldo e sublime di Duncan le sfiorò la nuca e la spalla, solleticandole squisitamente la pelle. Si voltò, trovandosi a pochissima distanza dal suo viso scarsamente illuminato; si sorrisero con dolcezza e lei gli carezzò leggermente la guancia velata di barba con il dorso delle dita.
-" Scusa, non volevo svegliarti. "
-" Non mi hai svegliato. "
Le circondò delicatamente la vita con un braccio muscoloso, traendola pian piano a sè e facendola arrossire ed accaldare. Si rendeva conto dell'effetto che aveva su di lei? Dal modo malizioso in cui la guardava, probabilmente sì; si divertiva a vederla andare su di giri alla minima sollecitazione, perchè sapeva di essere l'unico ad accenderla in quel modo. 
-" Ora che arriva l'inverno, potresti diventare una magnifica boule dell'acqua calda. Riscalderesti senza troppe difficoltà... "
Allison arrossì maggiormente a quell'affermazione, che la sua mente analizzò in mille significati diversi, chiedendosi a quale dei tanti si stesse riferendo Duncan. Pensava di odiarlo quando faceva così, ma a quel pensiero si formò nella sua mente un verso di una canzone degli All Time Low, Bad enough for you : voglio farmi odiare abbastanza perchè tu mi possa amare. Quel ragazzo la stava facendo impazzire. 
-" C-che vuoi dire? "
-" Che ogni volta che ti tocco sembra che tu prenda fuoco. "
Voleva sotterrarsi. Possibile che non riuscisse a nascondere un minimo le sue emozioni? L'aveva fatto per così tanto tempo, perchè ora non ci riusciva più? Forse perchè Duncan aveva il mistico e devastante potere di toglierle ogni maschera ed ogni corazza, era capace di spogliarla di ogni protezione, riusciva a farla sentire così dannatamente nuda che si portò automaticamente le mani al petto, come a schermarsi da quegli occhi acqua marina che sembravano vedere sin troppo in profondità dentro di lei. 
Duncan ridacchiò divertito, poi la strinse maggiormente a sè, obbligandola a poggiare la testa sul suo petto; affondò il viso nei suoi capelli soffici, lasciandovi un delicatissimo bacio in mezzo.
-" Se solo fossi un'altra... "
~~~
Halloween arrivò come un tornado nel riformatorio. Improvvisamente, la mensa era stracolma di pipistrelli di carta, zucche ritagliate da vecchi scatoloni e qualche ragnatela non proprio così finta; in biblioteca Berry aveva portato una zucca finta, una di quelle con lucette e suoni incorporati, e l'aveva piazzata sulla scrivania sopra ad una pila infinita di carte. Quel giorno si respirava un'aria festosa ad Alkalie Lake, quasi più di Natale, forse perchè Halloween era la festa dei pazzi e non della famiglia, da cui i detenuti erano molto lontani. 
Duncan quella mattina, come ad ogni Halloween da anni a quella parte, si era svegliato di pessimo umore; per completare l'opera, Allison non era nemmeno nella cella. Era scappata via come un fulmine non appena le sveglie avevano cominciato a suonare. Si era preparato pigramente ed ora stava camminando altrettanto pigramente verso la mensa. Quando odiava quel giorno...
Quando entrò, trovò tutto normale, forse un po' più allegro; la sua ragazzina se ne stava al tavolo a sgranocchiare i corn flakes che Harrison aveva con magnanimità concesso per colazione quel giorno, con aria distratta ma tutto sommato giuliva. Il suo vassoio era già al tavolo, senza nulla di speciale. Si accomodò senza prestare troppa attenzione, in silenzio, mentre Allison lo fissava di soppiatto insieme a gran parte dei detenuti. Duncan prese pigramente il suo cucchiaio in mano, ma quando fece per immergerlo nella tazza, si bloccò sconcertato.
-" Mi state prendendo in giro?! "
disse esasperato, notando che nella sua ciotola colma di latte c'era una montagna di caramelle gommose multicolore al posto dei fiocchi d'avena. La mensa esplose in una risata fragorosa, di cui la prima fomentatrice fu proprio Allison; tutti applaudirono il ragazzo, che arrossì e si passò ripetutamente una mano tra i capelli per il tenero imbarazzo.
-" Perchè è un cattivo ragazzo, perchè è un cattivo ragazzo! Perchè è un cattivo ragazzo... nessuno lo può negar! "
Duncan avrebbe voluto sotterrarsi a quel coretto pressochè ridicolo, eppure commovente; di nuovo un grande applauso e poi ogni detenuto gli fece gli auguri con molto affetto, prendendolo in giro amichevolmente e lasciandogli una cara pacca sulla spalla o una stretta di mano. Solo Colin e Paulie lo abbracciarono con forza e il gigante buono gli portò finalmente la sua ciotola di corn flakes con porzione doppia, raccattata un cucchiaio alla volta da quelle degli altri. L'ultima fu Allison, con un sorrisetto trionfante di fronte a lui che continuava a godersi la sua colazione, fissandolo maliziosamente. La osservò allo stesso modo, poggiandosi contro lo schienale della sedia ed incrociando le braccia al petto.
-" Fammi indovinare : sei stata tu ad organizzare questo casino? "
La ragazzina dilatò il suo irritante sorrisetto orgoglioso, guardandolo con maggior intensità.
-" Buon compleanno Duncan. "
Con un cenno della testa la invitò a raggiungerlo e la ragazza corse da lui, saltandogli al collo e abbracciandolo con gioia; un'orda di fischi, applausi e urla di apprezzamento invase la mensa, facendoli arrossire e ridere entrambi.
-" Siete solo invidiosi, stronzi! "
gridò Duncan, stringendo la sua piccola tra le braccia. Non sarebbe mai riuscito ad esprimere tutta la sua gratitudine e ancora non sapeva che magnifico regalo avesse in serbo per lui.
 
Quel compleanno, stranamente, lo stava passando molto piacevolmente. Non stava facendo nulla di particolare; leggeva un libro seduto vicino ad Allison, in biblioteca, mentre stava ancora lavorando per offrire un buon servizio ai suoi compagni, eppure era tutto tempo molto ben speso. Si stava rilassando, era tranquillo ed era felice. Quel compleanno, finalmente, non era da solo. 
Allison stava sistemando un libro sugli scaffali, quando nella biblioteca entrò con calma Poynter, sempre tutto ad un pezzo, e scrutò la stanza finchè non la vide.
-" McLean. Visite. "
Allison annuì, saltellando da Poynter con la sua aria allegra e in qualche modo soddisfatta. Era così dalla mattina, ma non sapeva perchè. Probabilmente era fierissima del suo orribile scherzo delle caramelline gommose. Gliel'avrebbe fatta pagare, prima o poi. 
-" Può accompagnarmi Nelson? "
Berry quasi lanciò via il suo romanzo, scattando in piedi sulla sedia.
-" Lo prendo io. "
-" E chi rimane qui? "
-" Chiama Finch. "
Mentre anche Duncan veniva ornato di braccialetti in acciaio, le sue affezionate manette, Poynter chiamava alla radio il caro vecchio Finch, che accorse e prese il posto di Berry; i quattro si diressero finalmente alla sala delle visite con passo leggermente spedito.
Allison e Berry avevano il cuore in gola. Quel piano era stato fin troppo perfetto e speravano che non fallisse tutto proprio in quel momento. Poynter era stato un bravo complice, stranamente; aveva riconosciuto i familiari del Marcio, ma aveva seguito il piano dettogli dal collega. Non sapeva chi fosse messo peggio come pazzia, se la ragazzina o il secondino; avevano commesso entrambi un sacco di infrazioni per quel regalo, ma non sarebbe di sicuro stato lui a metterli nei guai con il Grande Capo, anzi : quella follia lo stava divertendo.
Arrivati davanti alla porta della sala, i due secondini liberarono i ragazzi dalle manette; Allison fece ben attenzione a far entrare prima Duncan e chiudere la porta non appena mise piede lì dentro. Il ragazzo rimase parecchio spiazzato e confuso da quell'azione. Ma che le saltava in mente?! Non era lei ad avere visite?!
Quando si voltò per scrutare la sala con sguardo corrucciato, il suo cuore gli si fermò nel petto, poi riprese a battere freneticamente, rapido come un cavallo da corsa e infine esplose come fuochi d'artificio. A pochi passi da lui, suo padre, sua madre e suo fratello lo fissavano scioccati dal suo cambiamento e lui fissava loro per lo stesso motivo. Erano completamente paralizzati da così tante emozioni, emozioni così forti e distruttive, finchè non fu il piccolo Dean a prendere l'inziativa. Più felice che mai di rivedere suo fratello maggiore, il piccoletto gli corse incontro, saltandogli addosso; Duncan lo afferrò al volo, sollevandolo da terra e stringendolo a sè, ridendo e piangendo per la gioia. Si sentiva un fuoco vivo e danzante, sentiva il sangue bollente pulsargli nelle vene come mai prima di allora; il petto sembrava volesse scoppiare per tutta la felicità che stava provando in quel momento. Era così cresciuto! Notò che più passava il tempo e più gli assomigliava, con quei capelli neri e gli occhi azzurri e acquosi, ereditati più da quelli grigi di papà che da quelli turchesi di mamma. 
-" Buon compleanno fratellone! "
esclamò Dean ridendo e circondandogli il collo con le braccia ancora fine, ma che iniziavano ad irrobustirsi. Stava proprio diventando un ometto; ormai gli arrivava allo stomaco. Quando se n'era andato da casa riusciva a stento a toccargli le costole. 
-" Grazie campione. Sei diventato grande, eh ometto? "
-" Sì! E tu invece sei diventato grosso! "
Risero tutti a quell'affermazione, anche se da parte dei suoi genitori fu una risata un po' tesa. Nel vedere i nuovi tatuaggi del figlio erano rimasti molto perplessi, ma Veronica sorrise : suo figlio non sarebbe cambiato mai; da piccolo amava i tatuaggi e diceva di volersi riempire il corpo con essi. Finalmente ci era riuscito. 
Duncan lasciò andare Dean, che lo prese per mano e lo accompagnò energicamente davanti ai suoi genitori. Mamma non era cambiata; i capelli biondi sempre pettinati allo stesso modo, gli occhi turchesi poco truccati e il suo sorriso da adolescente che aveva ereditato Dean. Era sempre bellissima e sempre bassina, anche con i tacchi : come Allison, anche lei gli arrivava alle spalle. 
Veronica guardò suo figlio con le lacrime agli occhi. Da ragazzo si era trasformato in uno splendido giovane uomo. Non aveva parole, soltanto emozioni. Si lanciò letteralmente contro Duncan, abbracciandolo e baciandolo con tutto l'amore che una madre potesse dimostrare. Lui ricambiò con calore quell'abbraccio, affondando il viso nel suo collo e respirando quel profumo così familiare di vaniglia e pompelmo che usava sin da quando ne aveva memoria. Entrambi piansero di gioia nel ritrovarsi dopo così tanto tempo, dopo tanti racori che si dissolsero magicamente in quella stretta. 
Quando lasciò sua madre, fu il turno di suo padre. Anche lui era sempre lo stesso, con i capelli corvini tenuti sempre corti, il viso dai tratti duri che aveva ereditato, i severi occhi grigi e quegli occhiali dalla montatura il metallo che gli conferivano un'aria più da avvocato che da giornalista. Era sempre robusto e alto quasi quanto lui, con le braccia conserte e uno sguardo dalla freddezza tremolante. Si fissarono lunghi secondi prima che Brett allungasse una mano per stringere quella del suo forzuto figlio; Duncan l'afferrò con sicurezza e suo padre lo trascinò a sè, abbracciandolo amorevolmente e lasciandogli care pacche sulla schiena.
Mai in tutta la sua vita Duncan aveva provato emozioni così devastanti. 
Allison, nel frattempo, osservava la scena da dietro lo specchio finto appeso alla parete. Si stava asciugando le lacrime di commozione dal viso da molti minuti e Berry, per consolarla, le aveva messo una mano sulla spalla. Era così felice di aver potuto fare qualcosa per lui, di potersi finalmente sdebitare di tutto ciò che aveva fatto per lei. Era meraviglioso vedere una famiglia riunirsi in quel modo, vedere ogni male dileguarsi nell'unione tra familiari. Pensò a come ci si potesse sentire e poi vide il sorriso di Duncan, il suo sguardo finalmente vivo e palpitante; forse sarebbe stato meglio scrivere a Valery e dirle quello che sentiva. Anche lei rivoleva indietro la sua famiglia.
Si asciugò le lacrime un'ultima volta, poi sorrise fiera a Berry, che ricambiò con affetto.
-" Possiamo andare. "
-" Non vuoi restare? "
Allison scosse la testa, lanciando un'ultima occhiata ai Nelson che si accomodavano ad un tavolino; Dean era seduto sulle ginocchia del fratello e di fronte a loro i genitori, tutti sorridenti. Osservò commossa la somiglianza dei due fratelli, sorridendo a sua volta. Erano adorabili.
-" No. Non è il mio momento. "
La ragazza e il secondino se ne andarono, lasciando dietro di sè una scia di luce.
 
La sera arrivò, ma Duncan ancora non l'aveva trovata. Da tutto il pomeriggio la cercava per ringraziarla di ciò che aveva fatto, ma sembrava essere scomparsa. Non aveva idea di dove si potesse essere cacciata e a quanto pareva nemmeno Berry, o Poynter o chiunque altro. L'aveva cercata ovunque, perfino in lavanderia, ma non c'era nemmeno l'ombra di lei. 
L'ultimo posto che gli era rimasto era la palestra. Trovava improbabile che fosse lì a quell'ora, eppure eccola lì, nella sua abituale tuta da ginnastica che ora teneva negli armadietti dello spogliatoio a prendere a pugni il sacco da boxe. Era molto concentrata e i suoi colpi rapidi e precisi. Stava davvero diventando un asso nella lotta, avrebbe potuto avere molto successo se avesse combattuto anche fuori dal riformatorio. 
La trovava splendida, con i muscoli che si tendevano e rilassavano ad ogni colpo, i capelli biondi racconti in una coda di cavallo disordinata, lo sguardo di fuoco di chi dà il tutto per tutto in qualsiasi cosa; la trovava bellissima così, come una tigre combattente, tutta sudata e con le mani e i piedi bendati, con il fuoco in corpo e quella strapazzata tuta da ginnastica composta solo da un top e dei pantaloncini cortissimi. Ne aveva avute abbastanza di oche senza cervello che si erano immediatamente concesse a lui, ragazze che avrebbero potuto essere delle modelle per la loro bellezza, ma frivole, stupide, che non avrebbero mai e poi mai saputo fare ciò che Allison aveva fatto per lui. 
Ormai sfiancata, si diresse nello spogliatoio, chiudendo la porta alle sue spalle; come ad ogni suo solitario allenamento, non l'aveva notato. Sorrise con affetto pensando che in realtà sapesse perfettamente che c'era qualcuno ad osservarla appoggiato allo stipite della porta e che sapesse anche chi fosse quel qualcuno. S'incamminò con le mani nelle tasche dei pantaloni verso lo spogliatoio e quando entrò si ritrovò davanti la schiena nuda della ragazza, che sobbalzò e sbiancò; Duncan richiuse di colpo la porta, rigido come un bastone e con gli occhi sbarrati. Sbattè la testa contro il metallo della porta, ripetutamente, ripetendosi mentalmente la più lunga lista di insulti che si fosse mai lanciato. Avrebbe dovuto imparare a bussare.
Pochi secondi dopo, la maniglia si abbassò e Allison spuntò in tutta la sua dolce bellezza, con le guance in fiamme e un timidissimo sorriso sul volto. Ora, per fortuna, indossava la canottiera.
-" P-puoi entrare, adesso... "
Duncan la seguì in silenzio, chiudendosi la porta alle spalle. Si ricordò della volta in cui proprio Allison gli disse di scusarsi solo il giorno in cui l'avesse trovata nuda. Beh, ecco fatto!
-" M-mi dispiace, n-non... "
-" È tutto okay. Piuttosto, come mai sei qui? "
In piedi di fronte agli scaffali, dandogli le spalle, si stava lentamente sogliendo le bende dalle braccia; anche se non lo vide, avvertì il suo sorrisetto leggermente beffardo. Si appoggiò contro la porta, le braccia conserte al petto e con uno sguardo leggermente lascivo osservò il suo corpo come mai aveva fatto prima di allora. Fissava ossessivamente le sue gambe a dir poco perfette e azzardò a guardarle il fondoschiena, coperto provocante soltanto da quei corti pantaloncini grigi. Era fin troppo bella.
-" Lo sai benissimo. "
La ragazza rise in modo cristallino e falsamente innocente, con il corpo ormai in fiamme; quella risata sembrò accendere ogni parte di lui. 
-" Ah davvero? "
Quando si voltò, vide le sue gote di un vivido colorito e gli occhi scintillanti; stava ammucchiando distrattamente le bende, fissandolo con intensità e con un sorriso degno di una gatta selvatica. Duncan si avvicinò a lei con il passo di un leone feroce ed Allison, di conseguenza, indietreggiò di fronte a tanta forza, trovandosi con le spalle al muro; il ragazzo la bloccò con il suo scultoreo corpo, che faceva intravedere dalla camicia aperta sulla canottiera nera, e si sentì improvvisamente infiammare. Non si sentì infima, nè spaventata. 
Duncan si morse il labbro, facendo scivolare lascivamente i suoi voraci occhi acqua marina sul suo corpo; si avvicinò a lei, sfiorandole l'orecchio con la bocca fina e intrappolandola maggiormente a sè. Percepì tutto il suo calore, le sue emozioni, il suo respiro smorzato dalla tensione. Quella ragazza era letale per il suo cuore, per la sua mente, per il suo corpo.
-" Non saprei come altro ringraziarti per quello che hai fatto... "
Prima che Allison potesse dire qualsiasi cosa, la sua mano scivolò rapida tra la sua chioma bionda, spingendola a piegarsi. Le loro labbra si incrociarono con passionale veemenza, facendo esplodere attorno alle loro figure una marea di emozioni, di immagini, di suoni e odori. Allison sentì il suo cuore cedere e con esso le sue gambe; si aggrappò alla camicia di Duncan, che le stava dolcemente e fermamente circondando la vita sottile e la stringeva a sè in un modo che nessuno aveva mai fatto. La sua bocca era fresca, affamata e dolce ad un tempo; stava assaggiando le sue labbra con passione, un lento movimento alla volta, facendo reagire il suo corpo in modo anomalo. Mentre il suo stomaco si contraeva dolorosamente per l'emozione, le gambe le tremavano e il cuore batteva all'impazzata nel suo petto. Si sentiva svuotata e riempita, debole ed invincibile. Mai in tutta la sua vita aveva provato una sensazione simile, così potente e così devastante, così avvolgente. 
Si separarono di poco, con lentezza, entrambi giocando con le proprie labbra per assaporare le ultime note di sapore dell'altro. Duncan la guardò intensamente con i suoi occhi acqua marina, osservando le sue gote rosse per l'eccitazione e lo sguardo carico di timido ma potente desiderio. Si morse nuovamente il labbro, cercando di trattenersi dal baciarla ancora, con più impeto, e di toccarla più di quanto avrebbe dovuto.
Allison sorrise con timida provocazione, spingendolo via con dolcezza; il ragazzo però non si mosse. Non poteva lasciarla andare in quel modo.
-" Penso che dovresti ringraziarmi più spesso... "
gli sussurró, facendogli correre,un brivido lungo la schiena. Risero dolcemente entrambi, più felici che mai di essersi trovati dopo tanta attesa.

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Capitolo 9
*** Part 9 ***


BROKEN PIECES - Part 9
 
Novembre
Il giorno di Ognissanti Alkalie Lake sembrava un paradiso, malgrado la pioggia. Le nuvole avevano coperto il cielo poco prima blu notturno e la pioggia aveva cominciato a cadere, anche se non troppo forte, rinfrescando ulteriormente il clima ormai sulla via dell'inverno. 
Allison aprì pian piano i suoi splendidi occhi di ghiaccio molto prima dell'ora di sveglia, quando ancora era buio nel riformatorio. Aveva passato la notte migliore della sua vita e i suoi sogni non sarebbero potuti essere più belli. Alle sue spalle, Duncan era ancora addormentato come un bambino; le sue possenti braccia le circondavano il corpo e la testa del ragazzo era dolcemente accostata alla sua. Si scaldavano a vicenda in quella fredda cella e nessuno avrebbe potuto essere più beato di loro.
Fissò il buio dall'altra parte della stanzetta e ripensò a quello che il ragazzo le aveva raccontato la sera precedente, prima di addormentarsi. I suoi familiari sarebbero tornati a trovarlo molto più spesso e lui poteva indubbiamente abitare di nuovo nella loro casa, quando fosse uscito da Alkalie Lake; avevano chiarito ogni questione sospesa ed archiviato tutto, eppure le aveva confessato che ormai sentiva di famiglia solo il piccolo Dean. Era passato troppo tempo perchè l'affetto che c'era in precedenza potesse tornare come quello di una volta. Allison capiva perfettamente come si sentiva, in fondo lo provava anche lei : Alkalie Lake ti cambiava nel profondo, s'insinuava nella tua anima e nelle tue ossa come l'umidità invernale e non se ne andava più, cancellava ogni cosa del tuo passato, perchè dovevi pensare solo al presente, solo a sopravvivere, adattarti e contare solo su te stesso. Era questo quello che faceva il famigerato riformatorio che tutti temevano.
Riflettè poi sul bacio, quel bellissimo e devastante bacio che le aveva impresso sulle labbra; per tutta la notte l'aveva sognato e sognato e aveva anche immaginato che cosa sarebbe potuto accadere se Duncan non avesse smesso. Scacciò quel pensiero, rimproverando la sua immaginazione, e lo sostituì con una domanda che le metteva una leggera preoccupazione : che cos'erano ora? Amici o fidanzati o altro ancora? Non lo sapeva, non ne era sicura. Sembrava che nulla fosse cambiato rispetto a prima, perchè effettivamente il rapporto con Duncan era da sempre molto particolare. Aveva sempre provato qualcosa di diverso nei suoi confronti ed ora sapeva perchè. Era strano : da molto tempo non sentiva qualcosa di così forte per un ragazzo, forse non l'aveva sentito mai, ma era una bella sensazione.
Sospirò profondamente, accoccolandosi meglio sotto le coperte e tra le braccia del ragazzo, stando attenta a non svegliarlo, e pensò a Valery e Viktor. Se ciò che lei sentiva per Viktor era quello che lei sentiva per Duncan, allora aveva decisamente sbagliato a prendersela con lei. Perchè ormai Allison non poteva più immaginare la sua vita senza Duncan al suo fianco, non credeva che avrebbe mai potuto trovare qualcuno come lui, che la facesse sentire al sicuro e decisamente invincibile. Nessuno sapeva farla sentire come lui e nessun altro ci sarebbe mai riuscito, lo sentiva nel profondo del suo cuore.
Una serie di delicati e voraci baci sul suo collo la riportarono immediatamente sulla terra, facendola rabbrividire ed arrossire come non mai; strinse con dolce forza il braccio di Duncan, mordendosi le labbra e trattenendo un sospiro. Lo odiava quando faceva così, quando la faceva andare così fuori di testa soltanto con qualche bacio. Dal collo passò all'angolo della mascella, ringhiandole sommessamente e con desiderio vicino all'orecchio. Allison si voltò rapidamente, trovandosi a pochissima distanza dalle sue labbra; lui tentò di baciarla, ma lei lo fermò posandogli la punta dell'indice sul naso e sorridendo con una certa superbia che lo faceva impazzire. Sapeva di avere potere su di lui e lui sapeva di essere in un certo modo sottomesso a lei, ma il loro era quasi un gioco di ruoli che si scambiavano a seconda delle occasioni. Ed era un gioco dannatamente bello.
-" Non così in fretta, signor Lupo Cattivo... "
sussurrò e Duncan le sorrise maliziosamente, stringendola di più a sè e facendola arrossire maggiormente. 
-" E perchè? "
Allison non seppe rispondere, si limitò a ridacchiare timidamente. Il ragazzo le carezzò dolcemente una guancia, obbligandola ad alzare la testa verso di lui; la baciò con calda passione, sfiorando con la punta della lingua le sue labbra dolci e calde. Ne aveva baciate tante di ragazze, ma mai in quel modo. Lei ricambiò con timidezza, chiudendo gli occhi e abbandonandosi tra le sue braccia, sogliendosi nel suo tepore. 
-" Come mai tanto entusiasmo? "
gli chiese ironicamente, separandosi dalle sue labbra con lenta dolcezza. 
-" Non lo vuoi davvero sapere... "
-" Sì, hai ragione... "
Risero sommessamente e si sistemarono meglio nel letto. 
La luce del giorno cominciava pigramente a filtrare attraverso le finestre, illuminando debolmente la cella; Allison vide che ora gli occhi di Duncan la fissavano con serietà, seppur con un amorevole sorriso. Le stava carezzando i capelli con le grandi dita gentili, facendola rilassare e quasi riaddormentare. 
-" Quando parlavi di andare a vivere insieme dicevi sul serio? "
Qualla domanda la sorprese e non poco. Non sapeva perchè glielo stesse chiedendo, non sapeva nemmeno quello che stavano facendo, in realtà. Cominciò a pensare che lui volesse soltanto usarla, avere il suo svago dopo tanto tempo e che quando sarebbe uscito l'avrebbe abbandonata per le sue mille splendide ragazze. Forse era tutta un'illusione quella che stava vivendo e a quel pensiero le si contorse lo stomaco.
-" S-sì, dicevo sul serio... Perchè? "
-" Perchè anche io dicevo sul serio. Non saprei dove altro andare, anche se avrei migliaia di posti. È con te che voglio stare. "
Il cuore di Allison perse un battito. Mai nessuno le aveva detto una cosa tanto dolce e con tanta sincerità. Perchè fu questo che vide negli occhi dello splendido ragazzo abbracciato a lei : sincerità. Eppure faceva ancora così fatica a crederlo. Dopo una vita di disillusioni, le era difficile pensare che proprio lì ad Alkalie Lake avesse potuto trovare un ragazzo che sarebbe potuto essere il suo compagno per tutta la vita, che voleva condividere con lei la casa dopo essere stato per tanto tempo insieme, prigioniero nello stesso posto. 
-" D-davvero? "
-" Davvero. Beh, sempre se anche tu lo vuoi... "
Una lacrima le rigò il viso sorridente e Duncan ridacchiò nell'asciugarla. Nonostante la sua forza e il suo carattere di ferro, fondamentalmente era una ragazza molto sentimentale e sensibile. La adorava.
-" Hey piccola, che c'è? "
-" Nessuno mi ha mai detto una cosa del genere, non in quel modo... "
-" Come? Con sincerità? O con qualcos'altro? "
Allison annuì e il ragazzo dilatò il suo sorriso, carezzandole il visetto pallido e umido di lacrime, baciandolo delicatamente per asciugarle.
-" Adesso ci sarò io, se lo vorrai. "
La piccoletta gli circondò il collo con le braccia fine, accostando la guancia alla sua e continuando a piangere commossa. Mai si era sentita più felice, così felice che non riusciva a credere che tutto ciò che stava succedendo fosse vero. Non poteva credere che quel ragazzo esistesse davvero, che fosse lì con lei, a prometterle qualcosa di così vitale con tanta spontaneità e sincerità allo stesso tempo. Davvero la amava così tanto? Lei sì, lo amava follemente. E, nel profondo, sapeva che per Duncan era esattamente lo stesso.
-" Certo che ti voglio... "
Rimasero abbracciati a lungo, entrambi sicuri di aver appena trovato ciò che nella loro vita era mancato per tanto, tanto tempo, una cosa così rara e preziosa, inaspettata e potentissima che pochi potevano capire e che pochi riuscivano a trovare : l'amore. 
 
-" Hai già in mente il posto in cui vuoi andare? "
le chiese Duncan, chiudendo momentaneamente il suo romanzo con un dito tra le pagine per tenere il segno. Erano in biblioteca, seduti fianco a fianco dietro la grande scrivania di vecchio legno brunito e rovinato dal tempo. Entrambi stavano leggendo in silenzio, lanciandosi di quando in quando uno sguardo ammiccante o una carezza.
Allison sorrise, ancora concentrata sulle pagine del suo libro; era splendida, più del solito, ma non sapeva perchè. Aveva una luce diversa negli occhi che non sapeva spiegare, ma forse ce l'aveva anche lui. Era probabile che quella notte molto fosse cambiato per tutti e due. Finalmente non erano più soli.
-" In realtà sì. Hai presente il disegno che ho appeso sopra la mia branda? "
Duncan annuì, ricordando il magnifico luogo ritratto dall'abilissima mano della ragazza; la baita in un angolo, il lago, le montagne, la foresta... Un posto molto simile al Paradiso.
-" Si chiama Rockford Lake e lì mio zio ha una baita. È da tanto che spero di andare ad abitare lì e quando uscirò penso proprio che sarà in quel posto. È molto pacifico, selvaggio, l'ideale per me. Spero possa esserlo anche per te. "
Allison gli rivolse un'occhiata di enigmatica speranza e lui le sorrise con dolcezza. Gli piaceva moltissimo quel posto, era l'ideale anche per lui, non era tipo da centri abitati troppo grandi, ma la verità era che il posto ideale per lui era dove c'era la sua piccola. Non glielo disse, ma lei lo intuì : una commovente qualità di Duncan era che faceva fatica a nascondere i suoi pensieri e le sue emozioni, con lei almeno.
-" E quindi... Questa cosa tra noi è seria? "
Duncan sembrava molto imbarazzato nel fare quella domanda, cosa che intenerì e sorprese Allison. Era buffo vederlo così timido. Gli sorrise affabilmente, posando delicatamente una mano sulla sua.
-" Non ci pensare, okay? Siamo io e te, questo è l'importante. Se sarà stata seria o meno, lo decideremo quando verrà il momento. "
-" Ho soltanto paura di ferirti... L'ho fatto tante volte in passato e... "
-" È passato. Ora sei cambiato. E non temere di farmi del male : sarai l'ultima persona a farlo. "
Duncan le sorrise commosso, stringendole con amore la mano e schioccandole un dolcissimo bacio sulla fronte. Avrebbe mantenuto la sua promessa, costasse quel che costasse.
~~~
Il freddo sempre pungente si faceva sentire ogni giorno di più e ben presto la pioggia si trasformò di nuovo in neve. I campi e i boschi attorno ad Alkalie Lake si ricamarono di bianco, così come il cielo, su cui sembrava essere calata una splendida coperta soffice ed impalpabile. Ed ora che la neve era giunta, oltretutto prima del previsto, e che la festa del Ringraziamento era vicina, l'odore del Natale cominciava molto lentamente a diffondersi nel riformatorio e con esso la nostalgia di casa. L'inverno rappresentava sempre questo per i detenuti ad Alkalie Lake, ma anche il periodo di maggior riposo. A causa del freddo, i lavori esterni venivano limitati al minimo indispensabile e tutti potevano godersi il caldo della struttura anche durante il lavoro, soprattutto coloro che stavano nella lavanderia. 
Appena finito il suo turno alla biblioteca, Allison si precipitò in cella; si stese prono sulla sua branda e tirò fuori dal cassetto notes e penna. Ripeteva quest'operazione ormai da giorni nella speranza di trovare le parole giuste da dire a sua sorella, ma non ci riusciva. Trovava incredibile il fatto di essere riuscita a formulare un discorso convincente per la madre di Duncan e non per sua sorella, la ragazza che conosceva da una vita. Ma, come aveva riflettuto tante volte in passato, Alkalie Lake cancellava molto del passato di una persona, anche le cose che non si volevano perdere. Soprattutto quelle che non si volevano perdere.
Dallo spiraglio del cassetto rimasto aperto scorse le linee del ritratto di Valery e le sue due lettere. Infilò la mano nello scomparto e tirò fuori con cautela il disegno di sua sorella, sorridendo ad esso. Era molto cambiata, in realtà, con gli occhi più luminosi e un sorriso più solare, la pelle più colorita e i capelli più lunghi. Non aveva perso nulla nel tempo, anzi, diventava sempre più bella. Le mancava molto, ma non avrebbe voluto che le cose andassero diversamente. In quel modo avevano trovato le loro strade. Stavano crescendo distanti l'una dall'altra, ma non separate, e questo era giusto. Era stata la cosa migliore per entrambe, in quel modo avevano finalmente capito quali fossero i sentieri da percorrere, ma ora era venuto il tempo di rimettere le cose a posto, do ritornare le sorelle che erano sempre state. Era inutile aspettare ancora, quando magari sarebbe stato troppo tardi.
Rimise il disegno nel cassetto e prese in mano la penna, cominciando a scrivere tutto ciò che non aveva detto mai a nessuno, tanto meno a lei. Sperava che almeno quello fosse abbastanza per riaverla indietro.
~~~
Valery e Viktor stavano già sistemando le loro cose nel loft del ragazzo, un bellissimo posticino in periferia che quasi confinava con i campi, non molto lontano dal cimitero di Castle Rock. Erano entrambi entusiasti degli avvenimenti degli ultimi tempi ed aspettavano con impazienza il loro matrimonio e la nascita del loro bambino. Valery stava già cominciando ad avere il benedetto pancione e sembrava la donna più felice al mondo. Tutto stava andando bene nella sua vita. Ancora poco ed avrebbe terminato gli studi speciali, ottenuto un diploma prioritario e poi si sarebbe trovata un lavoro, ma al momento voleva concentrarsi soltanto sui suoi studi, Vik e il bambino. 
I due giovani e prossimi sposi si stavano godendo un pomeriggio di pace nel loro nuovo appartamentino; Valery leggeva, non molto diversamente dal solito, e Viktor invece giocava ad un videogame. Furono interrotti dal campanello che suonava. Peter, il padre della ragazza, era venuto a consegnarle le sue lettere, che ancora arrivavano a casa Johnson; lasciò le varie buste nella buca e se ne andò senza una parola o un saluto, semplicemente perchè non voleva vedere la sua bambina che portava in grembo il figlio di quel mascalzone che si era trovata. Il caro vecchio Peter Johnson era infatti uno dei molti che non approvava affatto il nuovo corso che aveva preso la vita della figlia, ma soltanto perchè non voleva ammettere che stesse diventando una donna. Tutti la pensavano più o meno in quel modo, a parte Aliss, che come aveva fatto da sempre trovava sua sorella maggiore un'imbecille da principio. Se ci fosse stata Allison, l'avrebbe presa a schiaffi, come aveva fatto più volte in passato.
Con un po' di tristezza, Valery prese le lettere abbandonate sul pavimento e le scorse una ad una, finchè non si bloccò con il respiro mozzato. Riconobbe immediatamente quella busta azzurrina e il timbro di verifica e per un attimo pensò di svenire; di,enticò il rancore del padre e il posto in cui era, dimenticò di esistere. Si appoggiò al mobile più vicino, attirando la preoccupata attenzione di Viktor.
-" Tesoro? È tutto a posto? "
La ragazza annuì silenziosamente, non staccando gli occhi dalla busta azzurrina e dal mittente di essa. La aprì pian piano, impaurita da ciò che poteva esserci scritto dentro; spiegò il foglio piegato a tre e riconobbe immediatamente la scrittura di sua sorella. Senza esitazioni, lesse.
 
Cara Valery,
spero che vada tutto bene, ma sarà sicuramente così. Con un ragazzo come Viktor che si prende cura di te, non hai nulla di cui preoccuparti, e nemmeno io.
Sono successe molte cose in questi mesi, cose che mi hanno riportata alla realtà e che mi hanno aperto gli occhi. In questo periodo ho ritrovato me stessa, ho ritrovato la via e ho finalmente capito che era il momento di mettere le cose a posto. Sai, sono successe davvero tante cose, troppe perchè te le possa raccontare tutte.
Mi dispiace immensamente per ciò che ti ho fatto, per come ti ho trattata. Non mi giustificherò, non c'è giustificazione che regga. Dirò solo che mi dispiace. Avrei dovuto essere felice più che mai per tutto ciò che ti è accaduto, per aver finalmente trovato ciò che cercavi, e sostenerti con ogni mezzo possibile. Ora che ho trovato anche io ciò che cercavo, me ne rendo conto e mi rendo anche conto di essere realmente contenta, molto, molto contenta per te. Un giorno spero che mi permetterai di vedere il mio bellissimo nipotino o nipotina e che mi permetterai di viziarlo un pochino, che mi permetterai di tornare di nuovo nella tua vita. Sei sempre mia sorella, la mia unica e vera famiglia, l'unica parte del mio passato che ha lasciato un segno indelebile che non scomparirà mai. Perchè vedi, Alkalie Lake non è le persone che ti circondano, sei tu. Qui combatti per te stesso, per sopravvivere al tuo passato e al tuo presente. Questo posto ti toglie tanto, ma ti dà anche molto di più. Ti forgia, ti lascia un'impronta permanente, ti uccide e ti fa risorgere. Ed è in questo modo che ho capito come ritrovarmi.
Per quanto riguarda il nome da dare al tuo bimbo, lo sai benissimo. Ne avevamo già parlato, ti ricordi? Era stato due estati fa, mentre mangiavamo un gelato nel parco. Il tuo avrebbe dovuto chiamarsi Andrew o Ashley, mentre il mio Noah o Harley. Sicuramente sarà un bimbo bellissimo, figlio tuo, ma anche forte e sano, figlio di Viktor (HEHEHE).
Questo è sinceramente tutto ciò che ho da dirti. È poco, lo so, e probabilmente non vale molto, spero solo che sia abbastanza per una seconda chance. Mi dispiace per qualsiasi cosa, non avrei dovuto fare tante cose in questo periodo, ma purtroppo le ho fatte. Spero davvero che non sia troppo tardi per l'ultimo perdono.
Tua, Allison
 
Tra le lacrime di commozione si schiuse un sorriso sulle sue labbra. Ignorò lo sguardo perplesso e quasi frustrato del suo fidanzato e ringraziò l'Universo per aver esudito le sue preghiere. Mai aveva smesso di sperare per il suo ritorno e finalmente era accaduto. Allison era tornata, ma non soltanto da lei. Era tornata da quel pozzo profondo e oscuro in cui l'aveva vista, l'aveva sentita cadere sempre più in fondo. Ora mancava soltanto una cosa : che uscisse da quel dannato carcere.
Andò al calendario e cominciò a segnare i giorni. Mancava ancora tanto, ma il tempo adesso sarebbe scorso in fretta.
~~~
Da un po' di minuti la teneva bloccata a terra sotto il suo peso; si dimenava come una gatta selvatica, ma non poteva niente contro la sua forza immane. Lui intanto si divertiva ad averla bloccata sotto di sè, i polsi premuti a terra e le gambe immobili sotto i suoi stinchi. Quella delle mosse al tappeto era sempre stata la sua debolezza, ma ora stava radicalmente migliorando : gli stava dando un gran da fare per tenerla a terra.
-" Ma si può sapere che diavolo hai da sorridere?! "
gli strillò furibonda, con la sua espressione da coniglietto imbronciato.
-" Mi sto divertendo molto, tutto qui. "
Era stata una bella lotta la loro, ma chissà come mai Allison era perennemente distratta e Duncan aveva potuto facilmente sopraffarla. Ora, però, era più concentrata che mai. Doveva trovare un modo per liberarsi dalla presa di quel cretino del suo ragazzo. Non poteva nemmeno pensare di usare una parte del corpo per liberarsi, visto che erano tutte bloccate, quindi doveva utilizzare il suo sopraffino cervello di donna. Era perfida, se si impegnava. E ora si stava impegnando al massimo.
-" Okay, mi arrendo. Sono troppo stanca. "
Duncan sollevò un sopracciglio, non smettendo di ghignare un quel modo sensualmente irritante. Lei gli rispose con malizia, mordendosi il labbro. Quando faceva così lo trovava davvero molto sexy, doveva ammetterlo, ma essere un abile Casanova era un'arma a doppio taglio che sapeva sfruttare.
-" Ma davvero? Ti arrendi, eh? "
La ragazza annuì, già pregustando il sapore della vittoria. Come sperato, Duncan si abbassò su di lei nel tentativo di baciarla, allentando la presa sulle sue gambe. Prese bene la mira mentre il ragazzo la copriva di dolci baci sul collo, facendole perdere la concentrazione, ma alla fine piegò la gamba, andando a colpire proprio nel punto sperato. Una lunga serie di parolacce scaturì dalla bocca di Duncan, che rotolò di lato con le mani all'inguine; Allison saltò su di lui come una tigre, sedendosi sulle sue braccia e facendo in modo che le gambe di lui non potessero raggiungerla per calciarla via. 
-" T-tu sei perfida! Gesù, sai quanto fa male?! "
gemette Duncan, ed Allison rise con soddisfatta malvagità, incrociando le braccia al petto e osservando il ragazzo agonizzare. Era molto divertente, aveva ragione. 
-" Rivincita? "
gli chiese, e lui la fissò con rabbia. 
-" Ti giuro che questa me la paghi. "
-" Hai detto così anche l'ultima volta. E quella prima. E quella prima ancora. "
Duncan riuscì a liberare una mano, con cui afferrò prontamente la gola di Allison, costringendola al tappeto; la piccola tigre si liberò facilmente, stava finalmente imparando, e sgusciò via dalla presa del ragazzo. Anche lui si tirò in piedi, anche se un po' dolorante, e lei partì all'attacco, andando stranamente a mirare in basso; scivolò rapidamente alla sua destra, afferrandogli la caviglia e strattonandola, facendolo inciampare. Duncan cadde come un babbeo, ma non ebbe il tempo di rimettersi in piedi : Allison gli balzò sulla schiena, torcendogli un braccio dietro ad essa e facendogli pure il solletico. Una totale umiliazione.
-" Sbaglio o avresti dovuto farmela pagare, signor allenatore? "
Duncan ridacchiò nonostante il dolore : stava diventando bravissima, sempre più rapida e scaltra; usava il cervello prima dei muscoli e in una maniera che non le aveva insegnato, fulminea ed istintiva. Era molto orgoglioso di lei.
-" Sto diventando vecchio. "
-" O forse sono io che divento più brava di te, eh? "
Con la mano libera, Duncan le rifilò un bel pizzicotto sulla coscia, facendola saltare per il fastidio. Entrambi ridacchiarono; Allison gli diede una mano ad alzarsi e lo accompagnò gentilmente agli spogliatoi, dove si posò due cuscinetti di ghiaccio sintetico sull'inguine. Alle sue spalle, la sua dolce picchiatrice si stava cambiando; tornò da lui in canottiera e pantaloncini, i capelli legati in una coda spettinata. Si accomodò al suo fianco, prendendogli teneramente una mano tra le sue e cominciando a sciogliergli le bende.
-" Mi sembra incredibile che fino a poco tempo fa fosse il contrario. "
Lo guardò con un intenso sorriso, senza smettere di lavorare. Anche a lei sembrava strano, ma ormai era diventata in gamba nella lotta : toccava a lei aiutare il signor allenatore a levarsi la tenuta da combattimento.
Duncan la fissava ammaliato, osservava ogni suo singolo movimento, ogni singolo dettaglio nel tentativo di carprirne altri, come ad esempio una piccola cicatrice circolare su una tempia, probabilmente causata dalla varicella, e un'altra che andava dalla clavicola sinistra in su fino al collo. 
-" Come ti sei fatta quella? "
Allison gli rivolse uno sguardo perplesso, poi notò che aveva gli occhi acqua marina magneticamente puntati sulla sua fina e scombussolata cicatrice. 
-" Fil di ferro. Ero piccola, stavo correndo verso una vecchia casa. Sono passata attraverso un buco nella rete arrugginita senza accorgermi di un filamento penzolante. "
Lasciò per un attimo la mano di Duncan, andando ad indicare un punto circolare alla fine della cicartrice, sul muscolo alla base del collo e della spalla, e avvicinandosi a lui per fargli vedere meglio.
-" L'estremità del filo ha fatto da uncino e mi si è infilata di quasi mezzo centimetro nella pelle. Cento c-c di sangue persi, molto male e un grande spavento. "
Il ragazzo la guardava molto sorpreso, cercando di non pensare al dolore che aveva provato.
-" E tu che hai fatto lì? È un bel marchio. "
Le dita della ragazza vagarono timide e quasi distratte sull'interno del suo braccio sinistro, solleticandogli la pelle e facendolo rabbrividire.
-" Il mio è decisamente meno eroico : cancellazione di un tatuaggio. "
Allison si lasciò sfuggire un gemito di dolore al solo pensiero del laser che bruciava la pelle del ragazzo. Rabbrividì, passandosi frettolosamente le mani sulle braccia per far scomparire la pelle d'oca. Duncan ridacchiò nel vedere la sua reazione, era molto buffa quando era infastidita da qualcosa del genere.
-" E come hai l'hai cancellato? "
-" Hai presente i ragazzetti che pensano di essere fighi facendosi dei tatuaggi? Ecco, io ero uno di quelli. Quando mi sono messo con la mia prima ragazza sono andato a farmi tatuare un cuore. Poi mi sono accorto che era una stronza e così l'ho fatto cancellare. "
La piccoletta ora ridacchiava in quel modo così particolare e profondo che gli faceva scaldare il cuore. Adorava la sua risata, forse perchè non rideva molto spesso. Avrebbe voluto che lo facesse di più.
-" Non ti ci vedo ad essere il ragazzetto figo... "
disse, riprendendo a sciogliere le bende sulle sue grandi mani, ed era la verità. Non si immaginava Duncan di molti centimetri più basso, con l'aria da egocentrico sbruffone e sciupafemmine. Era difficile, visto com'era ora.
-" E invece lo ero. Ero il classico bullo, quello stronzo nel profondo. Avevo la cresta verde cinque piercing tra orecchie, naso e sopracciglio. Ero un punk convinto una volta... "
Ora Allison rideva a crepapelle immaginandosi la fantomatica cresta verde alla moicana sul giovane uomo che era diventato Duncan; ora come ora, l'avrebbe trovato un cretino, ma forse non ci sarebbe stato troppo male. Era troppo abituato a vederlo come il Lupo Cattivo, un ragazzo introverso e silenzioso che amava leggere e prendere a pugni le persone, calmo, ma che si faceva rispettare. Era difficile vederlo qualche anno più giovane, anche se non impossibile. Pensò che, nonostante tutto, se si fossero incontrati a quel tempo, si sarebbe perdutamente innamorata di lui in ogni caso.
-" Io uscirò a maggio, lo sai vero? "
La ragazza annuì, sorridendo malinconicamente mentre piegava un po' alla meglio i bandaggi. Ancora una volta, molto egoisticamente, avrebbe voluto che non la lasciasse, ma ovviamente lui doveva andare. Odiava dannatamente Alkalie Lake.
-" Se ti va, posso cominciare a dare una sistemata alla baita. "
-" Dici sul serio? "
Duncan le carezzò dolcemente la guancia, sorridendole con dolcezza.
-" Perchè non dovrei? Voglio farti trovare un bel posto in cui stare quando uscirai. "
Allison si gettò tra le sue braccia con il cuore che batteva a mille; affondò il viso nel suo collo e lui la strinse con amore al petto, cullandola e coprendola di baci. Era così caro con lei, così buono e gentile, e si sentiva dannatamente inutile. Avrebbe voluto ricambiare le sue gentilezze, ma non sapeva come. Non era mai stata brava ad amare, in un modo o in un altro, e forse non lo sarebbe stata mai.
-" N-no... Grazie, ma... voglio che lo facciamo insieme. Hai già fatto così tanto per me, mentre io non ho fatto nulla... "
Duncan l'afferrò delicatamente per le spalle, allontanandola appena da sè, giusto per guardarla negli occhi e fulminarla con il suo intenso sguardo acqua marina. In quelle iridi vide mille ricordi, mille momenti passati insieme e mille emozioni che ora riusciva a leggere. Si ricordò di essersi innamorata di quegli occhi ancora prima di vederli davvero, di averli ammirati con tanta soggezione e di averli scrutati con una fatale attrazione; si ricordò quanto si sentiva nuda sotto di essi e quanto le piaceva ora, si ricordò quanto in profondità potessero scavare.
-" Non dirlo mai. Mi hai dato un futuro. Senza di te, sarei ancora qui a pensare ad un modo per rimediare a tutto o a come ammazzarmi meglio. "
Le sue parole suonarono anomale, un po' innervosite, ma maledettamente sincere. Mai a nessuno aveva detto cose simili, forse perchè nessuno prima di allora aveva mai fatto una cosa del genere, o forse perchè Allison era l'unica persona con cui si sentiva davvero al sicuro, lontano dalle opinioni di terzi, perchè la sua era la sola che contasse. 
Gli prese il viso tra le mani piccole e delicate, carezzandolo con delicatezza e infilando le dita tra i suoi capelli corvini; lo guardò intensamente negli occhi, puntando le sue iridi di ghiaccio in quelle acqua marina del ragazzo.
-" Ti amo. "
Quelle parole colpirono dolorosamente sia Duncan che Allison, provocando in loro una dolce agonia, proprio dove il loro cuore era più freddo. Per la prima volta da anni, avvertirono il loro cuore battere davvero nella cassa toracica, sentirono il sangue pulsare in ogni millimetro della loro pelle, fiottando calore in tutto il corpo. Per tanto tempo avevano atteso quelle parole e la persona giusta che le pronunciasse e finalmente era arrivato il momento. Il momento di vivere di nuovo.
-" Ti amo anch'io. "
Allison gli saltò tra le braccia, premendo dolcemente ma con passione le labbra alle sue. Le loro bocche inziarono a danzare insieme, assaporandosi a vicenda con tenerezza e quasi delicatezza. Si separarono per prendere fiato, si sorrisero con dolce timidezza e continuarono ad accarezzarsi ed abbracciarsi, come per verificare che la loro presenza fosse reale e non tutto un sordido sogno. Ma erano veri, carne e ossa e anima e cuore, erano lì l'uno per l'altra. E mai avrebbero smesso di esserci.
~~~
I giorni passavano senza intoppi o grandi novità tra le varie attività del riformatorio e con essi arrivava sempre più impertinente l'inverno, che quell'anno sarebbe stato veramente duro. Faceva così freddo che i lavori esterni erano stati interrotti e i secondini che perquisivano il perimetro della struttura erano stati dimezzati, principalmente per due motivi : sarebbero morti di freddo e nessun pazzo avrebbe mai potuto pensare di evadere e sopravvivere per sessanta chilometri fino alla cittadina più vicina con un gelo e una neve tali. 
E finalmente, con quell'incombere dei giorni, arrivò anche quello di Allison, il ventiquattro. Nella branda che era ormai anche sua, aprì pian piano gli occhi, svegliata dalla solita sirena e le sbarre cigolanti della porta. Sapeva perfettamente che giorno fosse e questo la mise leggermente di cattivo umore. Non le piaceva il suo compleanno, non le era mai piaciuto, l'unica cosa che l'aveva sempre tirata su era la presenza di Valery, che mancava ormai da due compleanni. Ricordò tutte le grandi feste organizzate da zio Chris, i regali, tutte cose di cui non sentiva la mancanza. Aveva smesso di adorare il suo compleanno dalla morte di mamma e papà. 
Si stiracchiò vistosamente nel letto, non avvertendo però quello di Duncan. Il ragazzo stava già uscendo dalla toletta con indosso la sua tuta; le rivolse un dolcissimo sorriso e si avvicinò alla branda per salutarla. Allison si sporse dal materasso, stampando un tenero bacio sulle labbra del ragazzo.
-" Buon giorno principessa. "
Ridacchiò a quel soprannome, con cui da qualche giorno a quella parte aveva cominciato a chiamarla. Diceva di essere stato contagiato dalla mania di Paulie, ma Allison faceva molta fatica a crederci : conosceva le tendenze nascoste di romanticone del suo fidanzato, ormai. 
-" Ciao. "
-" Ti aspetto? "
Scosse la testa, sorridendogli assonnata, e il ragazzo le stampò un altro breve bacio sulle labbra prima di andare verso le docce e poi alla mensa. Anche lei dopo qualche minuto andò verso le docce, contenta che tutti si fossero dimenticati che giorno fosse; se ci fosse stato Trent, le avrebbe teso un agguato in cella per farle una grande sorpresa, pensò sorridente, ma purtroppo Trent non era lì, al suo diciottesimo compleanno. Nonostante i mesi, era ancora difficile superare l'allontanamento di suo fratello. Immersa nei suoi pensieri, si vestì e si pettinò i capelli in una coda di cavallo e finalmente potè dirigersi alla rumorosa mensa.
Quella mattina, stranamente, il brusio era molto sommesso rispetto agli altri giorni e si respirava un'aria diversa dal solito, eppure nulla sembrava diverso. Tutti mangiavano la loro colazione, chiacchieravano con i vicini di tavolo, ridevano o stavano in silenzio ad osservare la sala; i secondini perlustravano il perimetro della stanza con la loro flemma abituale, mentre dalla cucina usciva l'odore di chissà quale disgustosa prelibatezza che stesse cucinando Glenn, il cuoco assunto da una bettola sconosciuta a Westfields. Allison si accomodò al suo tavolo, dove c'erano il suo vassoio e quello di Duncan, ma dove mancava proprio Duncan.
Fu in quel momento che il ragazzo arrivò davanti a lei dalla cucina con le mani dietro la schiena e, davanti a tutti, s'inginocchiò. Allison diventò rossa come un pomodoro, bloccandosi completamente. Li stavano fissando tutti. Che cosa sta facendo, per Dio?! , pensò, mentre lo stomaco le si contorceva dolorosamente. 
Con un'agile movimento, Duncan si portò le mani davanti al viso, rivelando un gustoso ed enorme muffin al cioccolato in carta cerata rosa shocking; sulla superficie, una candelina altrettanto rosa era accesa. Per la sorpresa, la ragazza si coprì a bocca con le dita, facendo sorridere il suo dolcissimo fidanzato. Prese delicatamente in mano il muffin, osservandolo commossa come se fosse stato una preziosa statuina di cristallo. 
-" Buon compleanno, principessa. "
Dopo aver poggiato la sua prelibatezza sul tavolo, saltò al collo del ragazzo, coprendolo di baci; la mensa esplose in un concitato applauso, chiedendo a gran voce lo spegnimento della candelina. Allison si separò da Duncan, non prima di avergli rivolto lo sguardo più meraviglioso che si potesse immaginare, e si mise a fissare quella bella candelina che si stava lentamente sciogliendo al calore del fuoco.
-" Esprimi un desiderio. "
le sussurrò. Lei sorrise, chiuse gli occhi, e con un soffio delicato spense la fiammella, facendo scoppiare un nuovo e più allegro applauso da parte dei suoi compagni detenuti.
-" Perchè è una cattiva ragazza, perchè è una cattiva ragazza! Perchè è una cattiva ragazza, nessuno lo può negar! "
Il simpatico coretto di soprani mancati la fece sorridere; si strinse di nuovo al suo ragazzo, abbracciandolo e ringraziandolo mille e più volte per il dolcissimo pensiero. Condivisero allegramente il muffin al cioccolato, Allison seduta sulle ginocchia di Duncan, sotto gli sguardi quasi innamorati di tutti i loro compari. Perchè il loro amore era così forte da contagiare l'intera mensa e con il tempo non avrebbe fatto altro che rafforzarsi.
La strada, però, era ancora molto tortuosa.
-" Che desiderio hai espresso? "
le chiese, leccandosi le labbra coperte da cioccolato, e Allison sorrise, imitandolo con una certa sensualità.
-" È un segreto. "
-" Un segreto eh? Hai la bocca piena di cioccolato. "
-" Anche tu. "
Con un dolce ringhio, l'afferrò delicatamente per il collo, trascinandola alle sue labbra e baciandola appassionatamente. La amava come non aveva mai amato prima di allora.
 
 
Nota dell'autrice : Chiedo scusa per i frequenti ritardi nella pubblicazione, ma la scuola sta togliendo molto tempo alla mia ispirazione. Non posso assicurare una breve conclusione nella pubblicazione come avevo sperato. Mi scuso ancora, grazie per la pazienza, Ally <3

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Capitolo 10
*** Part 10 ***


BROKEN PIECES - Part 10
 
Dicembre
Mentre Berry le toglieva le manette, stava tremando. Non sapeva se fosse pronta o meno, ma ora era lì, il momento era arrivato. Guardava malinconica e pensierosa la porta dai vetri opachi, sperando di scorgere nella grande sala la figura di Valery, ma non ci riuscì. Al suo fianco, Duncan la guardava con amore; le circondò le spalle con un braccio, traendola dolcemente a sè e stampandole un bacio sulla tempia. Era molto agitata e la comprendeva. Lui era stato fortunato con la sua famiglia : non aveva avuto il tempo di provare panico.
-" Vuoi che entri con te? "
le chiese sussurrando, ma Allison scosse la testa, stringendogli fiduciosamente la mano che penzolava dalla sua spalla.
-" Devo farcela da sola. "
-" D'accordo. In bocca al lupo piccola. Io sono qui. "
Le stampò un ultimo dolce bacio sulle labbra, facendo irritare leggermente Berry; il secondino non approvava molto tutte le smancerie del Marcio, ma Allison sembrava tranquilla e felice, perciò non trovava giusto rovinare tutto facendo il bacchettone. La ragazza respirò profondamente, poi aprì la porta e la chiuse subito alle sue spalle. Scrutó la stanza rapidamente, con il cuore in gola, e la vide quasi subito. Stava seduta al tavolino più isolato, nell'angolo sud attaccato alle finestre; fissava pensierosamente il mondo esterno oscurato dall'opacità dei vetri e si massaggiava distrattamente il pancione ormai evidente. Lo faceva così naturalmente, così spontaneamente che Allison si sentì persa a quella vista. Era bellissima, come lo era sempre stata. Si passò le dita fine sulle guance, asciugandosi di già le lacrime, e si avviò verso di lei.
Valery si accorse della sua sorellina solo quando fu a pochi passi da lei; si alzò in piedi, sorridendole commossa, ed Allison ricambiò come faceva sempre un tempo. Si guardarono per qualche secondo, poi sua sorella minore l'abbracciò, stando attenta a non premersi troppo contro di lei. Fu più che felice di ricambiare quell'abbraccio, un abbraccio che aveva aspettato per più di un anno. Ancora non credeva di avere di nuovo la sua Ally a fianco a sè. Era passato così tanto tempo da quel piovoso giorno di ottobre...
Le due ragazze ormai donne si accomodarono al tavolino, una di fronte all'altra, e si guardarono ancora un po'. Volevano carpire ogni nuovo dettaglio nel loro aspetto.
-" Ti trovo bene. "
disse Valery, sorridendo e tornando distrattamente a massaggiarsi delicatamente il pancione. Allison ridacchiò e in quella risata vi riconobbe la Ally che aveva lasciato tanto tempo prima a Rockford Lake, prima che la storia con Alexander iniziasse, prima che tutto quell'inferno iniziasse. Era tornata per davvero.
-" Anche tu stai bene. E quello? "
La ragazza rivolse uno sguardo amorevole al suo bimbo non ancora nato, uno sguardo pieno di sogni e affetto.
-" Il tuo nipotino. "
Allison si asciugò frettolosamente una lacrima scappata dai suoi occhi. Il suo nipotino, il figlio di sua sorella. Era ancora difficile crederci, eppure eccolo lì, ancora bello accoccolato nel ventre di Valery. S'immaginò per un secondo di tenere in braccio un fagottino di ciccia dagli occhi grandi e luccicanti e il tenero sorriso sdentato, mentre le afferrava un dito con la piccolissima manina. Non potè resistere a quell'immagine.
-" Gesù... N-non so cosa dire. Sono... Sono felicissima. Per tutto. "
Valery tese una mano sopra il tavolo, andando a stringere con le dita fine quella di sua sorella. Era fredda, come ricordava, ma sempre forte e sicura; notò solo in quel momento le nocche scorticate.
-" Anche io, adesso che sei tornata. E a proposito... Cos'hai fatto alle mani? "
Allison conosceva quello sguardo indagatore meglio di chiunque altro. Le avrebbe rotto le scatole, torchiandola per ore se necessario, finchè non le avesse detto che aveva combinato.
-" Lotta. Ho cominciato a marzo, mi allena Duncan, non so se ti ricordi di lui. "
Gli occhi viola di Valery si fecero felini, guardandola sornione e con un perfetto sorriso da Stregatto. Guai in vista. 
-" E chi se lo dimentica uno così... Il tuo allenatore eh? "
Allison arrossì come un pomodoro, portandosi una mano alla nuca e guardando altrove. Aveva appena dato a sua sorella la conferma di un sacco di sospetti.
-" Oh Gesù, davvero?! State insieme?! "
-" Ehm... Beh, sì. Quando entrambi saremo fuori di qui, andremo a vivere assieme, alla baita di Rockford Lake. "
Gli occhi di Valery brillarono di emozione. Ora capiva perchè era riuscita a riprendersi; aveva finalmente trovato quello che da tanto tempo cercava senza rendersene conto : qualcuno che la amasse, che avesse la forza necessaria per prenderla per mano e farla uscire dal profondo oceano oscuro in cui stava affogando. Quel Duncan aveva fatto un miracolo, gli sarebbe stata grata per sempre.
-" È una notizia splendida! Sono così felice! Allora, raccontami : avete già...? "
-" Valery! "
La ragazza ridacchiò maliziosamente; dietro allo specchio di sorveglianza, Duncan era imbarazzato a morte. Trovava la sua futura cognata una serpe, ma gli stava simpatica. Si vedeva che era la sorella di Allison; non sapeva perchè, ma qualcosa le accomunava. Forse il buon cuore, forse l'aspetto mozzafiato, forse il modo di tenere le gambe accavallate o le mani incrociate sul tavolo. 
-" Viktor non è venuto con te? "
-" Sì, è qui fuori. Gli ho chiesto di aspettare. E Duncan? "
Allison sorrise, arrossendo un pochino.
-" Aspetta anche lui. "
-" Li chiamiamo? "
Mentre Valery mandò un messaggio a Vik, che entrò pochi secondi dopo, Allison fece un cenno della testa verso lo specchio, invitando il ragazzo a raggiungerla. Nel frattempo, mentre Duncan si avviava nella stanza, il tenebroso fidanzato di sua sorella le si avvicinò con il suo solito sguardo ambrato serio ed imperturbabile; si alzò in piedi, fronteggiandolo senza timore, gli porse la mano e sorrise con sicurezza. 
-" Nessun rancore? "
Viktor esitò, ma poi sorrise un poco e le strinse la mano annuendo, per poi sedersi accanto alla sua fidanzata e ormai prossima moglie. Duncan li raggiunse un po' imbarazzato, stringendo quasi timidamente la mano ad entrambi e accomodandosi silenziosamente accanto ad Allison; senza distogliere lo sguardo da sua sorella, intrecciò le dita fine alle sue sotto il tavolo, strappandogli un sorriso.
-" Allora Duncan, parlaci un po' di te. "
Il ragazzo non si aspettava quella domanda e si rese conto di essere totalmente imbarazzato e forse intimidito. Aveva perso il suo charme con le persone dopo tutto quel tempo dietro le sbarre, anche se stentava a crederci. Il mondo era ingiusto. Rivolse un'occhiata di soccorso alla sua ragazza, che ridacchiò. La detestava in certi momenti.
-" Come hai conosciuto Allison? "
Stranamente, fu Viktor a parlare e altrettanto stranamente Duncan si sentì rassicurato da quella presenza maschile. Ormai le ragazze erano un prezioso tesoro che solo coloro che non stavano ad Alkalie Lake potevano vedere e trattare con le dovute maniere.
-" È la mia compagna di cella. Ci siamo conosciuti pian piano, soprattutto dopo aver cominciato gli allenamenti di lotta. "
L'espressione ammirata di Viktor lo lasciò perplesso. Anche se avevano due caratteri diversi, era chiaro che fossero fatti della stessa pasta. 
-" Ora mi spiego la stazza. "
Duncan ridacchiò e con lui gli altri. A tutti sembrava così strano quel momento : erano in un carcere minorile, eppure pareva tutto così normale, come se invece che essere ad Alkalie Lake fossero stati in un qualsiasi bar di Castle Rock. Era bella quella sensazione, sebbene effimera, di normalità, una qualsiasi giornata dei primi giorni di dicembre in cui due coppiette si ritrovavano per chiacchierare insieme.
Il tempo passò senza che se ne accorgessero mentre parlavano del più e del meno e le ore di visita terminarono. Le due sorelle si fronteggiarono, sorridendosi con affetto sotto gli sguardi innamorati dei propri compagni, e si abbracciarono con forza, prestando attenzione a non schiacciare troppo in ventre di Valery. 
-" Mi verrai a trovare? "
-" Ma che domande, certo sciocchina! E ti manderò le foto del matrimonio. "
Si separarono appena, giusto per guardarsi negli occhi.
-" Spero di poterci essere per la nascita del mio nipotino. "
-" Lo spero anch'io. "
Si strinsero nuovamente, baciandosi con affetto le guance e dicendosi silenziosamente arrivederci. Allison li guardò andare via con gli occhi lucidi di lacrime, ma non pianse; era sollevata da quell'incontro : ora tutti i conti erano chiusi e tutto era al suo posto. Tutto, da adesso, sarebbe andato per il meglio.
~~~
Le decorazioni stavano lentamente ritornando ad Alkalie Lake, stavolta quelle natalizie. La mensa tornava a riempirsi di stelle ritagliate dalla carta, dal vecchio albero di plastica e nell'ufficio-magazzino il vecchio secondino aveva attaccato una fila di luci colorate. Nonostante fosse piacevole, non era di certo la festa preferita dei detenuti : troppi ricordi rinchiusi in quella data, troppi anni sprecati nel riformatorio lontano dalla famiglia in cui si erano persi il fratellino o sorellina che cresceva, il papà che tornava dalla missione in Iraq, la mamma che usciva dall'ospedale dopo un intervento per asportare il cancro al seno. Troppo dolore nel Natale, un dolore che solo chi era chiuso ad Alkalie Lake capiva, un dolore che veniva coltivato nella speranza che si trasformasse in qualcosa di migliore.
Lo stesso valeva per Allison, che ogni volta che vedeva lo scombussolato alberello piazzato su un tavolo in mezzo alla mensa si ricordava del grande abete che ogni inverno papà portava a casa, le palline di vetro ognuna diversa dall'altra, le luci colorate e il puntale comprato a Venezia durante un viaggio. Zio Chris le riproponeva ogni anno su un nuovo e grande abete, ma non era la stessa cosa senza i suoi genitori. Non ci aveva mai fatto l'abitudine e mai l'avrebbe fatto.
Per non parlare di Duncan, che quando adocchiava le luci colorate e le stelle di carta rivedeva il piccolo Dean intento ad appiccicarle in giro per casa tutto coperto di colla, con la mamma che strillava perchè si ritrovava i pezzi di carta nella torta. Si ricordava del caminetto in salotto, dove anche la sua calza era ormai del fratellino, e dei biscotti al cioccolato e cannella che mamma preparava sempre la sera della Vigilia; l'odore di quei biscotti era ancora dannatamente vivo.
Ogni decorazione risvegliava una calda immagine nella mente di ognuno dei ragazzi, che però si trasformava in una sopita e quasi dolce agonia nei loro petti, facendoli sorridere e piangere ad un tempo. Il Natale era sempre molto malinconico sotto a quel velo di allegria; Harrison lo sapeva, per questo diceva al cuoco di riempire quel buco con una bella cenetta natalizia preparata a dovere.
Allison ammirava distrattamente l'albero di plastica mentre sbocconcellava la sua colazione, sotto gli occhi attenti e innamorati del suo Duncan. Pensava e ripensava a come sarebbe stata bella Valery al suo matrimonio, a quanto Peter avrebbe voluto uccidere Viktor e a quanto le dispiacesse di non andare lì solo per vestirsi di nero e fare l'uccello del malaugurio. Le doleva mancare a quell'evento, ma ci sarebbe stata per la nascita del suo nipotino; l'aveva promesso. 
La guardia-postino entrò nella mensa con la sua abituale flemma, prese un impacco di buste dalla sua borsa e cominciò ad enunciare i nomi dei destinatari di quel numero sempre infinito di lettere. Quando sentì il suo nome, Allison si alzò distratta, prese la busta e tornò ad accomodarsi; era così immersa nel suo mondo che non provò nemmeno sorpresa, non finchè non lesse il mittente di quella curiosa lettera. Alzò i suoi occhi di ghiaccio verso quelli acqua marina di Duncan, che la fissava perplesso, con la fronte corrucciata e un sacco di domande scritte in quelle iridi stupende.
-" Tutto okay? "
le chiese, e lei scosse la testa, massaggiandosi la fronte con le dita.
-" Non lo so. È una lettera di Gwen, la ragazza di Trent. "
Lo sguardo di Duncan da incerto si tramutò in sorpreso. 
-" Perchè avrebbe dovuto scriverti lei? "
Un groppo si formò nella gola di Allison, facendole mancare il fiato per un attimo. Respirò profondamente un paio di volte, riprendendo il controllo di sè, poi poggiò la busta sul tavolo senza però smettere di fissarla.
-" Perchè Trent non è stato capace. "
 
Per tutto il giorno la lettera di Gwen rimase abbandonata sul comodino di Allison; più volte durante le occasionali soste in cella si era fermata ad osservarla per qualche secondo, come se fosse stata un lupo nel bosco o una civetta sul balcone, ma non si era decisa ad aprirla. Voleva aspettare la sera, prepararsi a ciò che ci poteva essere scritto. Forse non era nulla di male dopotutto, ma se così fosse stato l'avrebbe scritta Trent. Mille pensieri tempestavano la sua mente, i ricordi del fratello, la sua voce, i suoi gioviali occhi verde brillante; la nostalgia e la paura si mescolavano costantemente dentro di lei, distraendola e facendola sembrare un'imbranata. Era difficile lottare contro i propri sentimenti quando c'era la famiglia in mezzo.
Quando arrivò la sera, Allison fece un profondo respiro ed afferrò quasi con violenza la busta; strappò rapidamente la carta, estraendone un foglio piegato per bene; la calligrafia era molto bella e curata, femminile, tutta curve. Era stata sicuramente Gwen, ora ne aveva la conferma. Iniziò a leggere seduta sulla branda sotto alla sua, isolandosi da tutto ciò che la circondava.
 
Cara Allison, 
è da molto tempo che non ci vediamo, avrei voluto venire a trovarti più spesso. Come stai? Immagino bene. Trent mi ha detto che ti sei fidanzata con il tuo compagno di cella. Lo definisce un pomposo coglione, ma sono sicura che tu lo metterai in riga.
Sarebbe bello dirti che anche qui va tutto bene, ma non è così. Un po' di tempo fa Trent si è sentito male. L'ho portato al pronto soccorso e dopo alcuni esami è risultato che ha un cancro all'intestino
I medici dicono che non è nulla di grave, che dopo l'intervento ci saranno buone possibilità che si riprenda, quindi siamo speranzosi. Trent sembra tranquillo, confida molto nei dottori e nei chirurghi, e anch'io e tutta la sua famiglia. Sono addolorata nel darti questa brutta notizia, ma mi sembrava giusto che ne fossi al corrente. Lui non voleva che tu lo sapessi, non ti voleva spaventare, mi spiace aver preso quest'iniziativa. 
Ti verrò a trovare appena potrò e ti aggiornerò il più spesso possibile. Grazie di tutto.
La tua affezionata Gwen.
 
Allison sentì il suo cuore battere per l'ultima volta. Si portò una mano al petto, lasciandosi sfuggire un gemito di dolore. Le lacrime cominciarono a scendere sul suo viso, rigandole la pelle bianca come un lenzuolo.
Ripiegò il foglio, respirò profondamente e cominciò a piangere in silenzio, sussultando appena e ingoiando quante più lacrime possibili. Com'era possibile? Aveva appena ritrovato un pezzo della sua famiglia e già ne stava perdendo un altro, stavolta per sempre? I medici dicevano che non era nulla di preoccupante, questo avrebbe dovuto tranquillizzarla, ma non lo faceva. 
Il ricordo di zia Adeline la investì come un fiume in piena; anche per lei avevano detto che non era nulla di grave e per due anni era stata attaccata a flebo, macchinari, tubi per l'ossigeno prima che l'Universo decidesse di mettere fine alle sue sofferenze. Un nuovo vecchio demone del suo passato tornò dal fondale del suo oceano, si aggrappò al suo cuore e alla sua anima e cominciò di nuovo a divorarli lentamente, un boccone alla volta, facendoli dissanguare e fremere di dolore. Si appoggiò al comodino per fare fronte all'immenso dolore che albergava dentro di sè, ma era tutto inutile. Era troppo tardi per fronteggiare quel demone.
Riprese faticosamente il controllo dopo lunghissimi minuti passati a fissare quella lettera ripiegata ed inserita di nuovo nella sua busta; andò a sciacquarsi il viso e bevve un sorso d'acqua per cercare di abbattere quel groppo che aveva in mezzo al petto. Non si sciolse, nè si allentò. Nulla avrebbe potuto farlo, se non la guarigione di suo fratello. Dopo molto tempo, ricominciò a pregare perchè qualcuno la ascoltasse e aiutasse Trent.
~~~
Ancora una volta sembrava essere ripiombata nel suo mondo oscuro, eppure si comportava come faceva da molte settimane a quel momento. Ma Duncan, che la conosceva più di quanto tutti pensassero, la vedeva incredibilmente diversa dalla Allison che era riuscita a ritrovare. Non sorrideva più come prima, con gli occhi luccicanti e i denti da lupetta in bella mostra. I suoi occhi erano più spenti, più malinconici, avevano smesso di guardare il mondo per quello che era ed erano tornati quel radar per ombre e mostri nascosti dietro agli angoli e poco oltre la luce del sole.
Anche lui aveva letto quella lettera e, come sempre aveva fatto, la capiva. Sapeva che legame ci fosse tra lei e Trent e sapeva che cosa ne pensava a proposito dei pareri dei dottori, ma soprattutto sapeva che se fosse accaduto qualcosa di peggiore a quello che considerava suo fratello ne sarebbe stata distrutta. Avrebbe tanto voluto fare qualcosa per alleviare il costante dolore che le pulsava nel petto, ma ancora una volta si sentì completamente impotente. Non poteva guarire Trent e tanto meno poteva impedire che tutto andasse per il peggio. In fondo, anche a lui dispiaceva infinitamente per il ragazzo, nonostante l'avesse definito un "pomposo coglione". Ciò che gli riuscì meglio fare fu unirsi alle interminabili preghiere mentali di Allison e starle vicino il più possibile. 
-" Mia zia è morta nello stesso modo. "
Quella frase attirò funestamente l'attenzione di Duncan. Erano nella loro cella, accoccolati fianco a fianco nella loro branda; mentre lei cercava di prendere sonno, fissando la parete dalla parte opposta della stanza, lui leggeva, come suo solito. 
Ripose il libro a fianco a sè e la fissò mentre si voltava per poterlo guardare negli occhi.
-" Anche lei aveva un cancro, al midollo. I medici le avevano dato buone possibilità, ma quello schifoso se l'è mangiata per due anni prima di lasciarla andare. Due anni attaccata a tubi e flebo e chemioterapie che non facevano effetto. E continuavano a dire che poteva guarire. "
Si asciugò in fretta una lacrima silente che strisciava innocente sul suo viso, mentre Duncan si accoccolava in fretta sotto le coperte per stringersela al petto e carezzarle con dolcezza i lunghi capelli biondi ormai ricresciuti.
-" L-la medaglietta che gli ho dato... La medaglietta era di mia zia... Oh Dio Duncan... "
Allison cominciò a piangere disperatamente, singhiozzando e struggendosi con quegli assurdi pensieri. Con un gesto dell'indice le fece alzare la testa, in modo che i loro sguardi s'incrociassero; la guardò con severo affetto, cercando di non essere troppo duro.
-" Non dire stupidaggini, non pensare neanche per un secondo che sia stata colpa tua. Sono cose che succedono piccola : anche senza quella medaglietta, non ci sarebbe stato modo di salvarlo da quello che gli stava accadendo. "
Allison scosse la testa. No, lei sapeva benissimo che cosa stava succedendo.
-" Non puoi capire. Da quando io ho la sua bandana tutto va per il meglio, mentre per lui, con la mia medaglietta, è andato tutto male. Te la ricordi la notte in cui Scott ha tentato di stuprarmi? Non indossavo la sua bandana. Duncan, non è un'idiozia. " 
Il ragazzo non sapeva cosa dire. Non aveva mai creduto a certe superstizioni, quelle di oggetti che trasportavano energia mistica buona o malvagia e nemmeno ai numeri come il tredici o il diciassette, eppure negli occhi di Allison legge una tale convinzione, una sincerità impareggiabile. Ribadire che ciò che diceva era senza senso sarebbe stato come darle della pazza e lei non lo era. 
-" Vuoi ridargli la sua bandana e riprenderti la medaglietta? "
-" Sì, lo vorrei con tutto il mio cuore, ma lui non l'accetterebbe mai. Anche se la dessi a Gwen, lui la spedirebbe indietro. "
Sospirarono entrambi, abbracciandosi con più forza e affetto; Allison si era tranquillizzata quel poco per smettere di piangere e Duncan si sentiva rincuorato solo perchè lei era lì accanto a lui. 
-" Cosa vuoi fare? "
-" Continuo a pregare, ma ho la netta sensazione che nessuno mi ascolterà. Di nuovo. "
~~~
Gennaio
Dicembre era svanito via come la neve nel vento, che in quei tempi tormentava il Colorado in uno dei peggiori inverni mai ricordati. Fuori da Alkalie Lake regnava un Inferno di neve e gelo, che portava sempre più disperazione all'interno del riformatorio; l'unica strada per arrivare lì era bloccata dalla bianca signora e alberi caduti e le tormente senza fine impedivano anche di vedere oltre il proprio naso. 
Quel Natale non ci fu nessuna visita per i detenuti, i secondini non poterono tornare dalle loro famiglie, nemmeno Harrison ebbe la possibilità di rincasare da sua moglie Margaret. Fu il Natale più triste in assoluto per ogni ospite della struttura di Alkalie Lake, per non parlare del Capodanno. Il nuovo anno giunse senza i fuochi d'artificio e senza qualche colpo di fucile dei secondini all'esterno, senza poterlo vedere nella piccola tv che era nascosta nell'ufficio-magazzino a causa della quasi completa mancanza di elettricità. Il generatore di riserva, attivato dopo che qualche bell'abete era caduto su linee telefoniche ed impiatnti elettrici che rifornivano il penitenziario minorile, non era sufficiente ad alimentare tutto il complesso. Harrison aveva dimezzato la quantità di luci da tenere accese, incaricato i secondini di usare molto più spesso le torce e molto meno le radio, tutto per fornire il massimo di energia che serviva a riscaldare per bene l'ambiente. I telefoni erano fuori uso, nessuna lettera poteva essere spedita o ricevuta, nessuno poteva fare un passo fuori dall'edificio. Alkalie Lake era isolata dal mondo intero, a sessanta chilometri dalla cittadina più vicina e con risorse di benzina per il generatore vecchio di circa quarant'anni non proprio illimitate, per non parlare delle scorte di cibo e dell'acqua che rischiava di congelare nelle tubazioni.
Tutti i detenuti erano di pessimo umore, così come i secondini : quel minimo di comodità che c'era era stato tolto dalla maledetta neve. Niente palestra, niente docce tutti i giorni, niente biblioteca per più di due ore, niente luci dopo l'entrata nelle celle. In pratica, ogni buono svago era stato troncato ed ora non rimaneva altro che sguazzare nel malumore e nei cupi pensieri sul passato. Alkalie Lake era più tremenda che mai.
Nelle celle il calore dei vecchi termostati faceva fatica ad arrivare; tutti erano costretti a restare sotto le coperte. Il Grande Capo aveva autorizzato l'utilizzo di coperte dalle celle o dai letti in disuso, per non far rimanere troppo al freddo i ragazzi. Tutti ne avevano approfittato e finalmente nei loro gelidi letti ora potevano stare minimamente più al caldo. Lo stesso fecero Allison e Duncan, riciclando le coperte dei due letti liberi; loro erano un po' più fortunati di altri, visto che dormivano insieme, ma anche nella cella 42B regnava la desolazione. Gli incubi erano tornati per la ragazza, la quale diceva di sognare sempre sua zia, ormai scheletro, che andava a prendere Trent. Un sogno orribile che da molte notti si ripeteva e la faceva sobbalzare nel letto con il sudore freddo e il cuore in gola. Le dispiaceva infinitamente, soprattutto perchè in quel modo teneva sveglio anche Duncan. Più volte gli aveva detto che forse sarebbe stato meglio tornare a dormire nella sua branda, ma il ragazzo le aveva rifilato una sculacciata, dicendole con tenerezza che gli faceva piacere esserle vicino nei momenti difficili. Allison si era sciolta a quella frase, l'aveva baciato con passione ed erano tornati a dormire. 
~~~
Quella mattina avevano avuto finalmente l'autorizzazione a farsi le docce; era stato un sollievo, dal momento che da due giorni non vedevano quello splendido labirinto di piastrelle gialle in cui potersi lavare via tutti i brutti pensieri dei giorni passati. Com'era ormai abitudine in quei tempi d'emergenza, la doccia doveva essere breve, così da utilizzare meno acqua possibile e risparmiare energia. 
Allison s'infilò nel suo abituale buco, l'ultimo soffione in fondo alla stanza; da più di un anno a quella parte era sempre lì e, a parte per quell'ancora vivido ricordo nella collezione dei vividi e brucianti ricordi, nessuno era mai venuto a disturbarla. Iniziò a togliersi la camicia; se la stava scrollando dalle spalle quando una voce la fece sobbalzare, inducendola a ricoprirsi velocemente.
-" Questo è un buon giorno! "
Duncan stava entrando con calma, ancora tutto vestito, fortunatamente, e mezzo addormentato; Allison arrossì, dandogli la schiena e gettando la camicia in un angolo. Con la coda dell'occhio, vide il suo ragazzo imitarla; si stava levando la tuta arancione con gesti quasi delicati, scoprendo il suo splendido corpo tatuato. Deglutì a vuoto, fissando il muro e sbottonandosi i pantaloni; si fermò improvvisamente, paralizzandosi fino alla punta dei piedi. Perchè anche Duncan si stava spogliando? Cercò di ignorare il pensiero, ma come poteva? L'avrebbe vista nuda, di nuovo. Rabbrividì al pensiero, non perchè la disgustasse l'idea, bensì perchè non sapeva se fosse pronta a far vedere di sua spontanea volontà ogni parte di lei, tutto quello che nessun altro aveva mai visto prima che lui la salvasse nel febbraio dell'anno precedente. 
Duncan si schiarì la voce, facendole rizzare ogni pelo del corpo. Non aveva senso essere sull'attenti in quel modo, lui non le avrebbe mai fatto del male, eppure non riusciva e rilassarsi.
-" Ti dispiace fare la doccia insieme? "
Ecco la domanda dell'anno. Ti spiace fare la doccia insieme. Non lo sapeva. Non ne aveva idea, sapeva soltanto una cosa, in quel momento : di Duncan si fidava. Più di una volta le aveva salvato la vita e le era sempre stato accanto, anche quando non avrebbe dovuto. Non c'era motivo per cui essere agitata o nervosa o diffidente. Era il suo ragazzo, con lui andava sempre tutto bene.
-" Prometto che cercherò di non guardare. "
Quella frase la fece ridere di cuore ed arrossire, poi acconsentì. Si misero schiena contro schiena sotto il soffione e si tolsero gli ultimi indumenti che li coprivano, poi Duncan aprì il rubinetto, facendone uscire un sottile filo d'acqua, molta meno del normale, probabilmente per godersi appieno quella meritata doccia il più a lungo possibile. 
Allison usò per prima il sapone, voltandosi verso la schiena del ragazzo per lavarsi per bene; si concentrò sui suoi tatuaggi, mordendosi più volte il labbro e cercando si controllare le farfalle allo stomaco. Si rimproverava spesso : aveva diciotto anni e si comportava ancora come una bambinetta. Dopo essersi insaponata, prese coraggio e lavò la grande schiena di Duncan; per un attimo lui sobbalzò, poi si rilassò e cercò di pensare a tutto, i prati verdi, il cielo, gli unicorni rosa e i marshmallow per distrarsi e non dare di matto. Ma Allison e le sue sante mani non gli facilitavano il compito. La ragazza lanciò solo un'occhiata molto veloce più in basso di quanto avrebbe dovuto, ma constatò che aveva scelto un signorino con un sedere veramente bello. Si lasciò sfuggire una risatina, vergognandosi un po' per la sua impudenza.
-" Che c'è? "
le chiese Duncan con tenerezza, costringendosi a fissare dritto davanti a sè.
-" Nulla. Puoi girarti, adesso. "
Non appena si voltò, trovò la schiena minuta di Allison e i suoi lunghi capelli biondi e umidi; sorrise sornione mentre s'insaponava il resto del corpo, fissando un punto sul soffitto e mordendosi il labbro. Dio se lo faceva impazzire. Dopo essersi lavato, spostò con dolcezza la chioma della ragazza su una spalla; lei sobbalzò, tranquillizzandosi dopo pochi secondi, e ricambiò il favore lavandole la schiena piena di cicatrici. Non fece troppa fatica con le sue grandi mani e nemmeno con i suoi occhi, visto che più di una volta aveva adocchiato il suo fondoschiena, uno spettacolo più che degno del rischio. Era bellissima, non ci poteva fare niente. 
-" T-te la ricordi quella mattina? "
La voce della sua piccola era bassa, si sentiva appena oltre il rumore dell'acqua scrosciante, ma udì perfettamente la domanda e capì immediatamente di quale giorno stesse parlando. Come poteva dimenticare le sue lacrime, il modo in cui con gli occhi lo pregava di lasciarla andare? 
-" Sì, me lo ricordo. "
Allison sembrò percepire di nuovo i loro corpi premuti uno contro l'altro e per un secondo rabbrividì, poi un fiotto caldo la invase. Perchè stava ricordando quell'evento proprio ora? 
Percepì le grandi mani di Duncan che le sfioravano con delicatezza le spalle, solleticandole la pelle fino al gomito; la stava toccando in un modo completamente diverso dal solito, un modo che non sapeva spiegare ma che accendeva ogni parte di lei come se fosse stata cosparsa di benzina e lui fosse stato un fiammifero. Rabbrividì sotto quel tocco, stringendosi maggiormente le braccia al petto e trattenendo il respiro. Lui intanto sorrise, maledendosi per essere un bravo seduttore. Che diavolo stava facendo? 
-" P-perchè ti sei fermato? "
Allison lo svegliò dalla sua trans, ricordandogli di starle facendo qualche apparentemente innocente carezza. 
-" Perchè forse ho più paura di te. "
-" Ma io non ho paura. Mi fido di te. "
Il cuore di Duncan perse un battito. Non poteva credere a quelle parole, eppure sapeva che erano più che sincere. Quella splendida ragazza si fidava di lui, un avanzo di galera senza speranza. Come poteva? 
Le mani di Allison presero delicatamente le sue, spostandole lentamente sulla sua vita sottile ed obbligandolo ad avvicinarsi; deglutì a vuoto mentre il suo cuore e quello della ragazza scalpitavano frementi allo stesso modo. Lei percepì il corpo di Duncan sfiorarla appena, come se si stesse trattenendo, e probabilmente lo stava facendo; fece un passo indietro, entrando in pieno contatto con tutto il corpo del ragazzo. Percepì ogni dettaglio contro la sua schiena e lo memorizzò come se fosse stato una fotografia. Non c'era nessun secondo fine in quel gesto, semplicemente voleva di nuovo vedere, sentire il suo ragazzo in modo diverso, voleva sentirlo davvero. 
Duncan nascose il visto tra i suoi capelli, stringedola con dolcezza ma stando ben attento a non causare reazioni pessime nel proprio corpo. Quanto si detestava.
-" Mi ucciderai in questo modo... "
le sussurrò, e lei rise in modo cristallino, carezzandogli con amore le braccia possenti che l'abbracciavano con cautela, prestando attenzione a non andare troppo in alto o troppo in basso. Era intenerita da quella timidezza inaspettata e si sentiva una iena a torturarlo in quel modo, anche se non era quello il suo scopo. 
-" Posso chiederti una cosa? "
sussurrò Allison, arrossendo in viso e scaldandosi in un attimo. Si sentiva come un tornado, una tempesta che si alimentava da sè, sentiva imperversare una fiamma intensa dentro il suo petto e sentiva anche che tra poco sarebbe esplosa. Il cuore le batteva all'impazzata e quasi tremava. Stava completamente andando fuori di testa, eppure non si sentiva a disagio, in imbarazzo. Stava bene, era come se stare nuda con lui in quella doccia fosse stata normale routine. Si sentiva bene perchè sapeva che con Duncan poteva farlo; nessuna paura di essere giudicata, nè che le facesse del male, nessuna maschera, nessun velo e nessuna catena. Accanto a Duncan, lei era libera.
-" Smettila di trattenerti. "
Duncan si paralizzò a quella domanda. Era una richiesta tanto allettante quanto pericolosa a cui non sapeva cosa rispondere. Si sentiva un tumulto, mille emozioni si combattevano dentro di lui, sembravano un ammasso di fuochi d'artificio. Era terrorizzato, eppure anche il respiro di Allison lo eccitava. Si sentiva uno stupido ragazzino alle prime armi, ma lei lo faceva sentire in quel modo. Aveva il supremo potere di fare in pezzi e fondere la sua armatura, di aprire la porta del suo cuore e far uscire quei sentimenti a cui nessuno era mai riuscito ad accedere. Era l'unica e straordinaria persona sulla faccia della Terra a farlo sentire sè stesso e a non giudicarlo, ad amarlo per ciò che era. Non l'avrebbe mai ringraziata abbastanza per quel folle gesto d'amore che gli aveva cambiato la vita.
-" Dici sul serio? "
le sussurrò, facendole vibrare il respiro sulla pelle bagnata, chiudendo gli occhi per non guardare nulla troppo presto. Allison ridacchiò, carezzandogli il viso un poco ispido per via del leggero velo di barba incolta. 
-" Perchè non dovrei? Sei tu quello che sta tremando. "
Risero insieme, coccolandosi ed avvicinandosi maggiormente senza accorgersene. Duncan, sempre con gli occhi chiusi, cominciò a baciarle delicatamente il collo, salendo sempre più fino alla sua mascella e poi alle sue labbra, che baciò con qualche difficoltà; la afferrò dolcemente per le spalle, facendola voltare e bloccandola con il suo corpo contro la parete fredda. Sorrise lascivamente al suo gemito, baciandola con passione e stringendosi sempre di più a lei, circondandole il corpo magro e formoso con le braccia forti. Le loro lingue si sfiorarono più volte, le loro bocche si assaporarono come mai avevano fatto prima di allora mentre entrambi esploravano i loro corpi in un modo o nell'altro, con la vista e con il tatto. Le loro mani vagavano dolci sulla pelle dell'altro, perlustrando ogni singolo centimetro accessibile. Nulla esisteva più all'infuori di loro, nessun problema, nessun ricordo, nessun riformatorio, nessuna tempesta di neve. Tutto era silente, eccezion fatta per i loro soffocati gemiti di piacere. Erano fiamma ardente, un'esplosione di sentimenti nascosti. Per la prima volta da tanto, si sentirono liberi, si sentirono vivi. 
-" Ritardatari! Datevi una mossa con quella doccia! "
La voce di Poynter li fece sobbalzare; si strinsero e si guardarono negli occhi. Entrambi erano rossi in viso, quasi senza fiato. Duncan si abbassò verso il suo orecchio, mordicchiandolo delicatamente.
-" E chi si sta facendo la doccia...? "
Ridacchiarono maliziosamente entrambi, per poi separarsi, asciugarsi e vestirsi. Quando entrarono nella mensa, tutti notarono il rossore sulle loro gote e che si stavano tenendo per mano; fu chiaro a tutti che la doccia era stata usata solo per cinque dei venti minuti spesi lì dentro. 
 
Fuori dalla possente struttura di cemento del riformatorio la tempesta continuava ad imperversare, portando sempre più neve e desolazione; il vento era così forte da sibilare perfino nei corridoi di Alkalie Lake ed il freddo si faceva sempre più intenso. Il Grande Capo aveva chiesto che si distribuissero dei vecchi cappotti rimasti per molti anni in magazzino per scaldare i detenuti, mentre i secondini avrebbero dovuto utilizzare quelli dati in dotazione per affrontare i duri turni all'esterno, che ormai pochi coraggiosi svolgevano sulle torrette. Purtroppo, il vecchio riscaldamento ormai non era più sufficiente.
Allison era riuscita, come gli altri, a raccattare uno di quei cappotti; era imbottito, di tela azzurra e sbiadita, con un bel cappuccio bordato di pelliccia sintetica. Erano più o meno tutti così, anche quello di Duncan, ed erano molto caldi e confortevoli. Si era infagottata in quell'indumento, sembrava un piccolo pinguino freddoloso a detta di Paulie, il quale sembrava ancora più gigantesco del normale con quel giaccone. Duncan invece ci stava benissimo, come sempre : sarebbe stato bene anche con un sacco di iuta, pensò.
Seduta nella mensa, il posto più caldo del riformatorio dopo la lavanderia, dov'erano stati radunati tutti i detenuti e i secondini, continuava a pensare alle persone a cui teneva. Pensava a zio Chris e Chef, a dove fossero, se stessero bene e se fossero riusciti a scampare a quella memorabile tormenta; si chiedeva se Valery e Viktor fossero al caldo, se il loro matrimonio fosse stato rimandato a causa della neve, se anche per loro fosse tutto okay. Poi pensava a Trent e pregava che a Denver la neve fosse arrivata in mole minore. Non riusciva a smettere di preoccuparsi per loro, anche se lo trovava piuttosto sciocco : mentre loro da giorni erano isolati nel mezzo della campagna del Colorado, a sessanta chilometri dalla cittadina più vicina, con il cibo e la benzina per il generatore che cominciavano a scarseggiare, tutti i suoi amati parenti avevano dei vicini prossimi e forse qualche autorità che li riforniva di risorse primarie. Loro, chiusi ad Alkalie Lake, non avevano questo privilegio. 
La mensa era silenziosa, soltanto il vento sibilava furente in sottofondo, facendola rabbrividire; si strinse maggiormente nel suo cappotto, chiudendo gli occhi e respirando profondamente.
Da una delle innumerevoli porte della stanza, sbucò Harrison, con grande sorpresa di tutti. Ogni sguardo fu puntato verso l'uomo tutto ad un pezzo, con i vestiti sempre impeccabili ma un sottile velo di barba incolta ad ornargli il viso dai tratti duri e severi. I suoi occhi blu notte saettarono lungo tutta la sala finchè non vi giunse nel mezzo; non fece una piega, rimase impassibile, un uomo di ferro fino al midollo. Si schiarì la voce prima di parlare.
-" Signori, e signorina, come avrete già capito questa è una situazione d'emergenza. Siamo isolati da giorni e probabilmente nessuno sa che siamo in questa situazione. Io sono già passato per questi momenti molte volte durante il mio servizio militare, ma voi? Siete soltanto dei ragazzi. Spero per voi che abbiate le cosiddette palle per affrontare tutto questo. Se siete stati forti abbastanza da non suicidarvi in condizioni normali, allora lo sarete anche ora. Vi chiedo soltanto di resistere, di non tentare stupidaggini e soprattutto di mantenere il controllo. Vi ho concesso molto in questi giorni, ma non approfittatene. La mia clemenza ha un limite. Siate forti, ragazzi. Quando tutto questo finirà, penso che condivideremo una bella bottiglia di rum. "
Nessuno parlò, tutti lo fissarono tornarsene nel suo ufficio a cercare una soluzione. Molti sospiri animarono minimamente la mensa, anche da parte dei secondini. Come discorso d'incoraggiamento era terrificante, probabilmente l'unica esortazione che aveva dato era quella del suicidio, ma tutti sapevano che era la verità. Erano tutti dei ragazzi e, nonostante fossero stati abbastanza grandi da commettere gravi crimini e finire ad Alkalie Lake, non erano mai stati in situazioni di rischio di sopravvivenza. Sarebbero stati pronti? Solo il tempo l'avrebbe detto.
Duncan intrecciò le proprie dita a quelle di Allison, portandosi la sua mano al petto; la ragazza poggiò la testa contro la sua spalla, chiudendo gli occhi e immaginando le distese verdi, il cielo turchese, un lupo nei bosco. Quel gesto valse più di mille parole. Loro erano forti, lo sarebbero stati insieme. C'era ancora molto da combattere, ma loro, l'uno al fianco dell'altra, re e regina, erano pronti a gettarsi in battaglia.
~~~
Nei silenzi opprimenti e nelle ore infinite di quei giorni bui, la terribile e storica tormenta sembrava essersi placata; il vento aveva smesso di soffiare con iracondia e pian piano le nevicate diventavano sempre più fievoli, nonostante il cielo restasse argenteo sopra gran parte del Colorado. I problemi, però, persistevano. Più di un metro e mezzo di neve ricopriva la strada per arrivare ad Alkalie Lake, le linee telefoniche erano ancore fuori uso e le scorte erano sempre più scarse. Harrison aveva assicurato che tutto si sarebbe risolto in poco tempo, ora che la neve se ne stava andando, e tutti ormai puntavano ciecamente la loro fiducia sull'apparentemente spietato direttore del riformatorio, secondini compresi. 
Nella loro cella, Allison e Duncan se ne stavano accoccolati l'uno all'altro in silenzio, ascoltando distrattamente il soffio basso del ventro contro le pareti. Era sera, non avevano idea di che ora fosse, sapevano soltanto che era tutto buio, eccezion fatta per una lieve penombra che gli permetteva di scorgersi, riconoscere il viso dell'altro e il luccichio degli occhi stanchi e provati. Da giorni non muovevano un muscolo, niente lavoro nè palestra, eppure si sentivano prosciugati di ogni energia. Come aveva detto il Grande Capo qualche giorno addietro, quella era la prova più dura da sopportare al riformatorio, più che altro dal punto di vista psicologico. Da quel lato, erano tutti dannatamente sfiancati. La pressione dei ricordi, dell'ansia e quasi della claustrofobia stavano consumando ogni ospite del riformatorio e Allison e Duncan non erano immuni, per quanto forti fossero. 
Duncan la guardava con dolcezza e un po' di preoccupazione mentre teneva lo sguardo fisso sulla parete alla sua sinistra; sembrava spiritata, come se stesse spiando un mondo parallelo e non un muro nel buio della loro gelida cella. La stringeva a sè, carezzandole la spalla e la schiena nel tentativo di riscaldarla. Pensò a quand'era arrivata al riformatorio, a quanto fosse ancora così piccola ed innocente, con quei così lunghi capelli dorati e il corpo magro ancora poco muscoloso, ricco di quelle dolci curve femminili che erano state eliminate dall'allenamento. Era così cambiata adesso, con quel suo sguardo di fuoco e il suo sorriso così adulto e sensuale; il suo corpo era diventato roccia pura, ma aveva anche conquistato un non so che di incredibilmente attraente. Ogni parte di lei era diventata qualcosa di nuovo, qualcosa di fiammante e fulminante, di inspiegabilmente meraviglioso che l'aveva resa unica. La sua forza finalmente si era trasformata in qualcosa di più potente, il suo demone accompagnatore si era tramutato in una luce abbagliante che aveva tramutato anche lei. 
-" A che stai pensando? "
la voce della sua principessa lo svegliò; i suoi occhi di ghiaccio lo guardavano con amore, la sua voce era stanca ma dolce come il miele. Le sorrise, carezzandole il viso con il dorso delle dita.
-" A quanto sei bella. "
le sussurrò e lei ridacchiò con un po' d'ironia.
-" Io non sono bella. "
-" Taci... "
La zittì con un bacio appassionato, intrappolandole le labbra tra le sue; la strinse di più a sè, infilandole una mano tra i capelli sciolti e carezzandola la guancia, inducendola a baciarlo di più. Il ricordo della mattina nella doccia si risvegliò più vivido che mai nelle loro menti e subito un fiotto di calore sgorgò nei loro corpi, facendogli dimenticare ancora una volta del posto in cui erano e di cosa stava succedendo attorno a loro. Più in fretta di quanto pensassero, le mani di Allison si spostarono sulla sua camicia e poi sulla sua canotta, facendole scivolare via dal suo petto; percorse quella pelle liscia con rapido desiderio, sentendo dentro di sè il sangue come lava. Non aveva bisogno della luce per vedere il corpo di Duncan, esattamente come lui non ne aveva bisogno per vedere il suo. Annasparono presto nei loro vestiti, ignorando il freddo pungente e scaldandosi a vicenda con i loro corpi in fiamme; non la smettevano di baciarsi, ogni attimo era colmato dalle loro labbra dolcemente unite, dalle loro carezze, da qualche morso delicato. 
Duncan le circondò la vita ormai nuda con le grandi mani e la fece accomodare su di sè; si mise seduto sul letto, in modo da arrivare senza difficoltà alla sua bocca dolce e calda. La coprì con uno dei piumini, ma lei lo scrollò dalle spalle; lo guardò negli occhi con un'intensità tale da farlo sciogliere nella parte più profonda di sè e si portò una mano ad una spallina del reggiseno. Il ragazzo sentì un brivido freddo corrergli lungo la schiena e la fermò; la fissò con la stessa intensità della sua piccola. Si sentiva spaventato, più da sè stesso che da qualsiasi altra cosa.
-" Allison... Non so se... "
Gli incorniciò il viso con le mani fine e delicate, carezzandolo con amore e sorridendogli con il medesimo sentimento.
-" Di cos'hai paura? "
Duncan ridacchiò nervosamente, accostando la fronte al suo petto e abbandonandosi al suo profumo. Ogni cosa di lei lo faceva impazzire, eppure era così piccola che riusciva a stringerla completamente con le sue sole braccia. Era una piccola scheggia di luce che aveva rischiarato la sua oscurità.
-" Ho paura di farti del male... "
Ancora una volta lo obbligò a guardarla negli occhi color ghiaccio, quelli di cui si era follemente innamorato e che aveva sognato per mille ed una notte; lo baciò con una dolcezza inaspettata, così forte da travolgerlo come un'onda anomala. Le sue labbra erano morbide e avvolgenti, le sue dita delicate lo accarezzavano con tenera passione.
-" Non mi farai del male. È tutto a posto. Io sono pronta, mi fido di te. "
Ed era la verità. L'aveva capito quella mattina, in quell'angolo nascosto delle docce : Duncan era l'unico con cui voleva stare e con cui sarebbe stata. Era pronta a fare quel passo, aveva finalmente trovato il ragazzo giusto. Non voleva aspettare ancora. Forse era stupido, forse era avventato, ma in fondo al cuore sapeva che fosse giusto. Lo sentiva nel profondo, in quell'angolo più nascosto di lei a cui solo Duncan poteva accedere. 
Le sorrise, la strinse a sè con più forza e la baciò ancora. Le loro mani tornarono a vagare guidate dalla passione, carezzando ogni parte di loro; annasparono nella biancheria, ritrovandosi liberi, pelle contro pelle, ad esplorare i loro corpi come mai nessuno aveva fatto prima. I loro cuori battevano frementi nei loro petti, li avvertivano l'uno contro l'altro, mentre nella cella schiocchi di baci e mugolii soffocati a fatica riecheggiavano dolcemente. Arrivò il momento e per entrambi fu come un'esplosione; Allison si strinse forte al collo di Duncan colta da un dolore di un momento mentre lui l'abbracciava, la stringeva a sè e si godeva appieno quel momento così terribilmente meraviglioso insieme alla ragazza che avrebbe voluto al suo fianco per il resto dei suoi giorni. Ascoltarono il soffio potente e furibondo del vento, videro la neve cadere dopo essere stata agitata nella bufera. Si sciolsero l'uno nell'altra, stretti insieme da un sentimento più grande di ogni altra cosa al mondo. 
 
Il rumore molesto delle sirene e delle sbarre che si aprivano la costrinsero ad aprire i suoi meravigliosi occhi azzurro ghiaccio. La prima cosa che vide fu il ritratto di Rockfod Lake, scarsamente illuminato dalle prime luci del mattino, incantevole come sempre.
Sbadigliò, si accoccolò meglio sotto le coperte colpita da un brivido di freddo e sentì le possenti braccia di Duncan che l'avvolgevano, scaldandola e proteggendola; lui era ancora addormentato, la testa accostata alla sua spalla e il suo respiro che le vibrava sulla pelle nuda della schiena. Sorrise più che felice nel ricordare la notte precedente, arrossendo e riscaldandosi senza difficoltà. Era stata la notte più bella della sua vita, la notte in cui aveva davvero dimenticato ogni cosa, ogni male e ogni disgrazia. Credeva di aver dimenticato perfino chi fosse, in fondo in quel momento non aveva bisogno di saperlo.
Alle sue spalle, il ragazzo sbadigliò, si prese il suo tempo per svegliarsi come si doveva e poi gettò uno sguardo agli abiti sparsi sopra ed attorno al letto; sorrise sornione nel ricordare quella notte, affogando di nuovo la testa nel cuscino e stringendo maggiormente a sè la sua principessa. Lei voltò tra le sue braccia, sorridendogli con dolcezza ed allungando una mano per carezzargli il viso velato da un filo di barba.
-" Buon giorno. "
sussurrò, mordendosi teneramente quelle squisite e morbide labbra. 
-" Buon giorno a te. Come stai? "
Allison annuì, arrossendo dolcemente. Era la ragazza più felice del mondo, ma era leggermente indolenzita, una reazione che suppose fosse normale. Anche Duncan era un po' acciaccato, da parecchio non aveva certe esperienze, ma si sentiva più che bene, nonostante fosse leggermente in pena per la sua principessa.
-" È tutto a posto? Ti fa male qualcosa? "
La ragazza ridacchiò in modo cristallino, carezzandogli il viso nel tentativo di rassicurarlo. Sembrava così preoccupato e non capiva perchè lo fosse. Lo baciò con passione, stringendosi di nuovo a lui.
-" Va tutto bene. Cosa c'è che non va? "
Duncan si stese sulla schiena, abbandonando per un secondo la sua amata per strofinarsi il viso con le mani. Non avrebbe potuto essere più felice, ma c'era molto di cui preoccuparsi. Non voleva già rovinare la giornata ad entrambi, però di certe cose era necessario parlare.
-" Ieri notte... Non abbiamo usato nessuna protezione. Se rimanessi incinta? "
Allison sorrise ancora una volta. Sembrava così tranquilla, così calma. Era sempre stata la più forte tra i due, anche in quel momento, e un poco la invidiava per questo. Ma era anche per questo che si era innamorato pazzamente di lei : era la sua forza, come lui era quella di Allison.
-" Non devi preoccuparti per questo. Ho una probabilità su diecimila che succeda. "
Duncan strabuzzò gli occhi, ma lei rimase rilassata, senza fare una piega nè spegnere il suo sorriso. Non sapeva cosa dire, non se l'aspettava, non aveva idea di come reagire.
-" Avevo quindici anni alla prima visita ginecologica. Dissero che ero quasi del tutto sterile, qualcosa che ora nemmeno ricordo non funzionava come doveva. In conclusione, quella è la probabilità che io resti incinta grazie ad un prganello non più grande di un'unghia. " 
Allison vide nello sguardo del suo fidanzato il senso di colpa più profondo; era quasi sull'orlo delle lacrime. Lo abbracciò, lo strinse a sè e lo coprì di baci mentre le sussurrava il suo dispiacere. Non avrebbe mai dovuto dirle una cosa del genere. Perchè riusciva sempre a rovinare tutto? Eppure non sembrava turbata, anzi, sembrava scherzarci su.
Lo obbligò a guardarla negli occhi e per la prima volta lo vide così fragile, così vulnerabile che si sentì crudele a guardarlo con tanta intensità. Si sentì lei colpevole, perchè non avrebbe potuto dargli un figlio che forse, in un futuro prossimo, avrebbe potuto desiderare.
-" Hey. È tutto okay, mh? Non è successo nulla, hai fatto una domanda più che legittima. Smettila di avere così tanta paura. Siamo qui insieme e ci proteggiamo l'un l'altra. Come potresti farmi del male se mi proteggi? "
Una lacrime di pura commozione rigò il viso del ragazzo, che per la prima volta in vita sua si sentì completamente amato, si sentì vivo e si sentì libero. La strinse forte, soffocando le lacrime e ringraziandola, coprendola di baci. La amava, la amava più di ogni altra cosa al mondo, esattamente come lei amava lui. Quello che provavano era un sentimento così forte e profondo che nemmeno loro comprendevano a fondo, era qualcosa di inspiegabile, il più inspiegabile tra i sentimenti umani. Si potevano paragonare ai lupi, che scelgono un compagno e con loro restano tutta la vita. Questo era il sentimento che li teneva incatenati indissolubilmente l'uno all'altra.
-" Forse sarà meglio andare, prima che sguinzaglino Berry a cercarci. "
mormorò Allison, fermando Duncan posandogli delicatamente l'indice contro le labbra; il ragazzo ghignò malignamente, sfiorandole il dito con la punta della lingua.
-" Sicura? "
Lei arrossì, ma lo obbligò a fermarsi puntandogli un ginocchio tra le gambe. 
-" Sicurissima. E tu? "
Risero entrambi, poi Allison raccattò la camicia del suo ragazzo, se l'infilò sotto le coperte e sbucò dalla branda, rifugiandosi in tutta fretta nell'angolo toletta con i suoi vestiti raccolti in fretta e furia tra il letto e il pavimento. Si guardò a lungo allo specchio e si chiese se qualcuno avrebbe mai potuto notare ciò che era cambiato in lei soltanto guardandola in viso; forse qualcuno avrebbe potuto capirlo, qualcun'altro no, ma in fondo importava davvero? 
Uscì dalla tenda di cerata verde e si ritrovò Duncan nudo a cercare chissà quale indumento perduto. Si voltò immediatamente, trattenendo un grido; si accorse solo dopo poco quanto sciocca fosse. No, non era cambiata affatto.
-" Che c'è? Un ragno? "
Quella domanda cretina la fece ridere e anche prendere coraggio. Dopo un respiro profondo, si voltò, fulminando con un sorriso il suo amato fidanzato che stava fieramente davanti a lei senza un minimo di decenza.
-" No, un verme. Copriti, Gesù! "
Il ragazzo le si parò di fronte, spingendola con il proprio corpo fino ad intrappolarla contro la parete; si avvicinò pericolosamente al suo viso, sorridendo con malizia e mordendosi il labbro fino. La fissava dall'alto della sua statura, facendola sentire piccola ma allo stesso tempo una fiamma danzante.
-" Tu non vuoi davvero che mi vesta. "
-" No, ma lo vuole tutto il resto del riformatorio. "
lo baciò rapidamente e sgusciò via dalla sua trappola; risero di nuovo, poi Duncan sparì dietro la tenda ed Allison ebbe un po' di tregua da tutte le stupidaggini che quel santo figliolo aveva detto. Era definitivamente pazza di lui e lui era definitivamente pazzo di lei.
~~~
La tormenta se ne andò così com'era arrivata e il sole di metà gennaio era tornato a splendere, seppur pallido e freddo. In poco tempo, le linee elettriche furono ripristinate ed Harrison provvedette a far arrivare degli spazzaneve e un ingente carico di provviste; la posta finalmente giunse a destinazione e potè essere spedita e i ragazzi finalmente ebbero la possibilità di telefonare alle loro famiglie. La normalità ritornò al riformatorio, per la gioia di tutti quanti.
Allison ricevette notizie di Trent, il quale sembrava stesse migliorando e che tra poco avrebbe subito l'intervento di asporto al tumore, ma anche di Valery e Viktor. Le arrivarono le bellissime foto di un matrimonio sotto la neve, come sua sorella l'aveva sempre sognato. Era splendida, raggiante con quel lungo vestito bianco ornato di pizzo nero e il pancione in bella vista, per non parlare dell'irresistibile fascino di Viktor in uno smoking completamente nero. Si commosse nel vederle, pianse della più assoluta felicità mentre Duncan al suo fianco ridacchiava, prendendola in giro perchè si commuoveva per un matrimonio. In realtà, anche lui era molto toccato dal vedere una coppia così giovane ed affiatata e soprattutto quel pancione con all'interno una splendida vita che presto sarebbe venuta al mondo. Si chiese se Allison, il suo primo pensiero dalla mattina fino alla mattina successiva, prima o poi avrebbe voluto sposarlo o se ci fosse stata una possibilità in più di avere dei bambini. Si sorprese a fare quei pensieri, non era mai stato il tipo da progetti simili, ma riflettè anche sul fatto che quella ragazza era stata la prima a farlo innamorare davvero, a rapire ogni parte di lui, il suo cuore per prima. Ormai, tutto era cambiato, per entrambi, quindi erano anche cambiati i loro progetti. 

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Capitolo 11
*** Part 11 ***


BROKEN PIECES - Part 11
 
Febbraio
Anche gennaio se ne andò, più rapidamente del previsto, lasciando posto al mese di febbraio. La neve ormai cadeva rada e per la maggior parte si scioglieva sotto al pallido sole invernale, facilitando i compiti di molti dei lavoratori ad Alkalie Lake. Il freddo però rimaneva umido e pungente, molto penetrante, e tutti continuavano ad indossare i cappotti distribuiti durante la grande emergenza del mese precedente quando non si trovavano nella mensa o nelle celle sotto le coperte. Quell'inverno era stato parecchio duro per tutti, ma sembrava che passata la grande tormenta stesse concedendo una minima tregua e forse un vago segnale che conducesse alla primavera ancora lontana. 
Nella palestra ormai ritornata accessibile, tutti erano un po' acciaccati per via del freddo e del mancato allenamento, Allison e Duncan compresi. Mentre il ragazzo era occupato in una non troppo violenta scazzottata con Paulie, la sua bionda fidanzata si riscaldava concentrata su uno dei sacchi da boxe in compagnia di Colin, che la fissava di quando in quando dal sacco vicino. Sopra al suo amato top, quel giorno indossava una canottiera nera di Duncan, rubatagli dopo l'ennesima notte passata insieme. Adorava sentire il suo profumo, non si stancava mai di averlo nelle narici malgrado lo conoscesse come conosceva quello di Valery o Trent. Era entrato così in profondità in lei che amava ogni sua piccola cosa ed il ragazzo ricambiava appieno quel sentimento.
Improvvisamente, nella grande sala fredda apparve Poynter con la sua tipica flemma e i baffi da sceriffo del West un po' troppo lunghi; scrutò la palestra con il suo sguardo imperturbabile, salutò con un cenno della testa Allison e chiamò a gran voce il Marcio.
-" Visite! "
Duncan si voltò nella direzione del secondino e Paulie ne approfittò, rifilandogli un gancio così potente da spedirlo al tappeto. Okay, aveva vinto. Il ragazzo rotolò giù dal ring sistemandosi la mascella dolorante e sorridendo con maliziosa tenerezza alla sua principessa, che lo guardò arrossendo e spostandosi una ciocca di capelli ribelli dietro l'orecchio. Le fece un cenno della testa e lei lo seguì, già capendo che avrebbe voluto compagnia durante l'incontro. Poynter sbuffò, vedendosi costretto a chiamare un collega per scortare anche il canarino insieme a quel corvo del malaugurio. Si sorprendeva sempre nel vederli così uniti, così innamorati, un amore che si notava immediatamente in ogni loro sguardo, in ogni loro movimento, quasi in ogni loro pensiero.
Stavolta fu Finch ad avere il piacere di accompagnarla, dal momento che Berry aveva avuto la grazia di qualche giorno di meritate ferie da trascorrere insieme ad Elizabeth ed Elijah. Era strano per i due girare per il riformatorio in tenuta da ginnastica, con i piedi scalzi e mezzi nudi, ma in realtà non gli importava molto. Duncan era particolamente elettrizzato dalla visita. Molte altre volte la famiglia Nelson era tornata a trovarlo, anche se alcune senza il capofamiglia, Brett, per questioni di lavoro. Allison spesso rifiutava, oppure rimaneva dietro lo specchio; si chiedeva perchè si rifiutasse di seguirlo, ma la risposta era nel suo sguardo malinconico appena usciva dalla stanza delle visite : voleva lasciargli i suoi momenti con la sua famiglia, ma aveva anche paura di loro. Non sapeva perchè, ma vedeva un certo timore nelle sue iridi di ghiaccio che ogni volta ritrovava perse su un panorama immaginario.
Ai ragazzi vennero tolte le manette e Duncan si fiondò nella stanza; non appena lo vide, il piccolo Dean gli saltò addosso, come faceva sempre, e il fratello maggiore lo sollevò tra le braccia. Insieme erano un'esplosione di energia pura. Da vicini la loro somiglianza era ancora più evidente, per non parlare di quella con Veronica, che stava pochi passi più indietro ad osservare la scena con un commosso sorriso, esattamente come Allison. La ragazza notò quanto fossero simili lei e la signora Nelson, con lo stesso colore degli occhi e dei capelli e la stessa quantità d'amore nello sguardo per quei due signorini sprezzanti del pericolo e troppo belli per qualsiasi ragazza. Doveva essere molto orgogliosa di loro.
Duncan salutò anche sua madre con un caloroso abbraccio e un bacio sulla fronte. Si vedeva quanto tenesse a lei ed in quel momento Allison si sentì di troppo. Per un secondo pensò di andarsene, ma pensò anche che non fosse carino e non onesto nei confronti del suo ragazzo. Era la prima volta che assisteva davvero ad un incontro tra lui e la sua famiglia, era naturale che si sentisse fin troppo estranea, ma doveva farsi coraggio. Non c'era nulla da temere. 
-" Papà? "
chiese Duncan, non vedendo Brett nei dintorni.
-" È a Denver questa settimana. Un meeting importante. E tu, piuttosto... Chi è quella signorina? È lei quella che mi ha chiamata? Allison, vero? "
Nel notare le occhiate benevole e curiose dei due membri Nelson verso di lei, Allison arrosì violentemente, abbassando lo sguardo e portandosi le mani dietro la schiena. Le mettevano molta soggezione, doveva ammetterlo, soprattutto la signora Nelson. Era una donna molto bella e, sebbene la sua bassa statura, emetteva così tanta eleganza e sicurezza che si sentì piccolissima al suo cospetto. Poi vide lo sguardo e il sorriso innamorati di Duncan ed arrossì ancora di più. Quella famiglia aveva un particolare talento nel farla avvampare.
-" Sì, è lei. "
La invitò con un cenno della testa e lei si avvicinò con cautela, lentamente e con un timido sorriso.
-" Salve... "
borbottò, torturandosi le mani dietro la schiena. Veronica la squadrò dall'alto in basso con un soddisfatto e compiaciuto sorriso, come se stesse ammirando una statua in un museo. Aveva dei luminosi occhi color zaffiro perfettamente truccati e un sorriso molto dolce ed affettuoso, il sorriso di una buona madre di famiglia. Si chiese come mai avesse deciso di allontanare Duncan dalle loro vite, ma poi ricordò Brett, i suoi occhi severi e la sua aria quasi terrificante e smise di pensare che fosse stata Veronica. Probabilmente era stata obbligata ad assecondare le ferree volontà del marito, molto tristemente.
-" Mia cara, sei spledida. Sono felice di accoglierti nella mia famiglia. "
Le mani delicate della signora le circondarono le spalle e lei le stampò due gentili baci sulle guance; Allison perse un battito e per poco non si mise a piangere. Accoglierla nella sua famiglia. Era una frase che non aveva mai sentito prima di allora, nemmeno con Valery.
-" G-grazie signora... "
-" Per te sono Veronica, tesoro. "
Un sorriso di puro affetto si disegnò sulle labbra di entrambe, poi il piccolo Dean fece il suo intervento da adorabile piccolo curioso qual era. Eppure non sembrava affatto piccolo e non lo era davvero. Aveva dodici anni e già le arrivava alle spalle. Era un giovane ometto, ormai.
-" È la tua ragazza? "
chiese a Duncan, il quale ridacchiò imbarazzato ma circondò le spalle di Allison con il suo braccio possente, stringendosela con dolcezza al fianco; lei ricambiò con timidezza quella stretta, passandogli le braccia fine attorno al tronco e poggiando la testa contro la sua spalla.
-" Direi proprio di sì. Dean, ho il piacere di presentarti la più bella ragazza del mondo. "
Dopo un'occhiata di rimprovero, Allison tese la mano alla piccola copia di Duncan, il quale la strinse con grande orgoglio e un sorriso molto affabile, così come lo sguardo acqua marina scintillante.
-" Piacere di conoscerti, Allison! Io sono Dean. "
-" Il piacere è tutto mio, ometto! "
Il ragazzino, con un cenno della mano, invitò il fratello maggiore ad abbassarsi e gli sussurrò qualcosa che fece spalancare gli occhi ed arrossire Duncan. Veronica ed Allison si scambiarono occhiate perplesse e curiose, fameliche nel voler sapere che cosa stessero complottando i due fratelli.
-" Sì, quella canottiera è mia... Sì.. No... Questo te lo dirò quando avrai sedici anni. "
La ragazza diventò viola sotto lo sguardo curioso della signora Nelson e le sghignazzate dei due fratelli. Quella canottiera l'aveva tradita e aveva fatto capire molte cose che i parenti non dovrebbero capire.
Dopo essersi accomodati ad un tavolo, iniziarono a parlare tutti insieme, come se anche lei fosse stata parte della famiglia da sempre. Era una sensazione piuttosto anomala, non ricordava come ci si sentisse ad essere davvero in famiglia; perfino con Valery era diverso, adesso, per non parlare di Trent. Eppure con i Nelson era tutta un'altra storia. Con loro ricordava ogni singolo pensiero o emozione che aveva provato in compagnia di mamma e papà, una cosa inaspettata ed insolita, una piacevole novità riscoperta nel profondo del cuore come un antico profumo o lo spezzone di un film o ancora la pagina di un libro.
Il tempo volò ed arrivò l'ora di salutarsi. Duncan fu tempestato di baci ed abbracci sia dalla madre che dal fratello, i quali vennero ripagati con altrettanto infinito affetto. Allison, persa nei suoi pensieri, fu svegliata bruscamente da un tornado di energia che l'abbracciò con una dolcezza inaspettata; Dean le aveva circondato la vita sottile con le braccia, posando pacatamente la testa sul suo petto. Lo guardò dapprima sorpresa, poi colta da un amore quasi materno per quel ragazzino al quale carezzó i soffici capelli corvini mentre lo stringeva a sè.
-" Sei tanto cara, oltre che bellissima... "
mormorò il piccoletto, facendola arrossire. Chissà quante figliole aveva al suo seguito a scuola!
-" Grazie ometto, anche tu... Assomigli molto al tuo fratellone. "
Un sorriso orgoglioso si dipinse su quel visetto vispo mentre si separarono ed entrambi compresero la profonda ed immediata complicità che li stava legando. Era un ragazzino davvero vivace e curioso di scoprire il mondo, aveva due grandi occhi intelligenti e ogni parte di lui spigionava vitalità. Era molto felice di averlo come nuovo fratello.
Anche Veronica l'abbracciò, l'abbracciò come se fosse stata una figlia e in quei lunghi secondi Allison ritrovò la madre che aveva perduto ormai tredici anni prima, in una fredda giornata di fine settembre. Era un abbraccio così caldo che sentì sciogliersi la parte più gelida del suo cuore, quel ghiaccio così spesso che negli anni aveva imparato a mantenere ed ingrossare. Dentro di sè rise, prendendosi un po' in giro ed ammettendo a sè stessa che Duncan non era l'unico ad essersi costruito un'armatura.
-" Quando avrai bisogno di qualsiasi cosa, la porta di casa mia sarà sempre aperta. Mi hai restituito mio figlio : non sarò mai capace di ripagarti di questo debito. "
Quella frase la colpì nel profondo, riempiendo un piccolo posto nel suo cuore che era vasto come un abisso. Riuscì a colmarlo del tutto. Veronica le stampò un bacio in fronte e le carezzò la guancia, sorridendole come solo una madre poteva fare. 
~~~
Era una grande distesa di erba grigia, il cielo era plumbeo e il vento soffiava forte, eppure non emetteva nessun rumore. Quel prato secco era interrotto da macabre lapidi scurite dal tempo e dalle intemperie, un albero scheletrico che si stagliava contro le nubi, ma solo una era bianca e lucente ed era proprio vicina a lei. Prima di osservarla meglio, lesse i nomi sulle altre pietre tombali. Kyle McLean, Faith McLean, Adeline McLean, Lucien McLean. Erano i suoi parenti. Erano tutti coloro a cui aveva voluto bene ed erano morti. Tutti morti, carne marcia e ossa dimenticate in casse di legno sigillate che nessuno avrebbe potuto più aprire.
Quando si voltò nuovamente verso la pietra bianca, si trovò davanti Trent. Avrebbe dovuto essere felice, ma non lo era. Suo fratello era cianotico, gli occhi vuoti ed opachi come antiche biglie di vetro abbandonate; in essi non c'era più quel bellissimo color verde foresta che tanto adorava, bansì soltanto due iridi fosche. Il vento sembrò alzarsi, diventare sempre più forte, e nel cielo cominciarono ad apparire lampi e tuoni che rimbombavano nel suo inconscio e sembravano inondare tutto il mondo con la loro furia.
Trent alzò meccanicamente una mano fissando nel vuoto, come se fosse stato un burattino, e dal suo pugno apparì la catenina di zia Adeline. In un attimo, il corpo morto di suo fratello si polverizzò nell'alito della tempesta, rivelando il nome sulla lapide bianca e lucente : Trent McCord.
 
Un tuono la fece sobbalzare; l'aria gelida della cella la fece rabbrividire e svegliare ulteriormente, salvandola da un attacco di nervi. Si obbligò a calmare il proprio respiro, si guardò intorno e si sentì al sicuro per un momento. Portò le mani al viso, respirando il più profondamente possibile e cercando di contenere le lacrime. Sentiva un groppo alla gola ed ebbe paura di svenire, non tanto per l'atto in sè, ma perchè probabilmente avrebbe rifatto quell'incubo.
Duncan era sveglio da un po', da quando l'aveva sentita tremare e mugugnare qualcosa di incomprensibile. Quando le carezzò il braccio, sobbalzò stizzita, come se l'avesse toccata un cavo elettrico scoperto. Non vide chiaramente il suo sguardo, ma riconobbe quel luccichio di terrore che per mesi aveva scorto nelle iridi della ragazza, il luccichio che aveva ogni volta che apriva gli occhi dopo un brutto sogno. Aveva sperato di non rivederlo più.
Passarono lunghi secondi di silenzio in cui si fissarono, entrambi persi nelle mille cose e domande che affollavano le loro menti, prima che il ragazzo prendesse la parola, carezzando dolcemente la schiena nuda di Allison con la punta delle dita.
-" Pensavo che fossero finiti... "
Scosse la testa, tornando a guardare il buio della cella. Cercò il ritratto di Rockford Lake, ma non lo vide nell'ombra oltre la porta. Sentì il suo cuore batterle nel petto come un martello pneumatico e percepì ogni singolo capillare di sangue nelle sue mani tremolanti. La paura la faceva sentire viva, ma allo stesso tempo terribilmente vulnerabile; si sentiva un topolino in mezzo ad un gruppo di gatti affamati, un cerbiatto alla mercè di un branco di lupi. 
-" Non finiranno mai. "
sussurrò con voce spezzata.
-" Era Trent. Era morto. Mi ha dato la collana della zia e poi si è polverizzato nel vento. "
Non riuscì a continuare. Un singhiozzo le mozzò il respiro e le lacrime presero il sopravvento, spingendola a piangere nonostante tutto l'impegno per non farlo. Duncan si sollevò e la strinse tra le sue forti braccia, scaldandola e tentando di consolarla. Si sentiva spezzare dentro ogni volta che la vedeva risvegliarsi in quel modo; ogni incubo portava via una parte di lei, cancellando un minuscolo pezzo della sua anima alla volta. Era una tortura, disse tra sè e sè, una tortura davvero crudele per una persona come lei.
-" Gli succederà qualcosa, me lo sento... Duncan, sto per perdere mio fratello, sto per perdere mio fratello... "
disse, interrotta da continui sighiozzi e dalle lacrime che non smettevano di scendere dai suoi splendidi occhi nati dalla tempesta. Non sapeva come reagire di fronte a tale premonizione perchè, anche se non ci credeva, doveva ammettere che quel sogno era stato terrificante. Sinceramente, temeva gli incubi di Allison. Erano qualcosa che conosceva, anche lui aveva avuto molti incubi prima di conoscerla, ma riguardavano il passato, erano per lo più ricordi rivissuti, ma lei? Lei viveva cose che potevano accadere, viveva un futuro che poteva essere conosciuto come non. Quali poteri si celavano nella mente della sua ragazza per sognare cose simili?
-" Su, calmati principessa... Ci sono io qui... "
Come per magia, la voce profonda e dolce di Duncan fermò le lacrime e lentamente smise di tremare. Si abbandonò tra le sue braccia con il cuore ancora palpitante, chiuse gli occhi e cercò di affogarsi nel profumo dolce ed aspro ad un tempo della sua pelle. Si ricordò di tutte le notti in cui l'aveva salvata dagli altri incubi, in cui era stata presa per mano e portata in riva al suo oceano nero. Ancora una volta, lui era lì. Ringraziò l'Universo per averle concesso quel grande miracolo nella sua vita di dannazioni. 
Il ragazzo l'abbandonò per pochi minuti, andando a prenderle un bicchiere d'acqua per poi tornare a sistemarsi accanto a lei, sotto le coperte calde; l'avvolse nel piumino dopo che ebbe bevuto e la fece posare contro il suo petto, coccolandola come un cucciolo indifeso. Sembrava che si fosse tranquillizzata, ma in realtà la paura, il terrore della perdita di uno dei suoi fratelli non l'abbandonava. Pensò ad ogni momento vissuto con Trent, anche quello più banale o insignificante, e ripercorse ogni passo del loro splendido rapporto. La nostalgia aprì un'incolmabile voragine nel suo petto e un nuovo demone vi immerse la mano spettrale alla ricerca di ciò che fosse rimasto del suo cuore o della sua anima e cominciò a strapparne piccoli pezzi come se fossero stati petali di margherite selvatiche. 
Percepì nel silenzio spettrale dell'oscurità il respiro di Duncan che si faceva sempre più regolare e calmo, ascoltò con attenzione il suo cuore che batteva forte nel suo petto ampio e pensò a come dovesse essere morire. Il cuore che si fermava, il respiro che si mozzava. Per un attimo vide il suo ragazzo perire, così cancellò immediatamente quel pensiero dalla sua mente contorta. Forse avrebbe potuto sopportare la morte di Trent, ma non quella di Duncan. Se se ne fosse andato lui... Rifiutò di pensare ancora a ciò; strinse i denti e regalò al giovane un bacio sulla pelle liscia e calda, per poi puntare i suoi occhi di tempesta nell'oscurità e ricominciare a cacciare i suoi demoni usciti dalla voragine nel petto.
Rimase sveglia per ore ed ore, per tutta la notte altalenò tra insonnia e dormiveglia riflettendo su mille questioni, anche le più insignificanti, per cercare di cancellare quelle terribili immagini preannunciatrici di morte. Le tornarono in mente le dolci parole della madre di Duncan, il gran benvenuto che le aveva concesso nella sua famiglia e l'invito implicito a diventare la figlia che mai aveva avuto; per non parlare del piccolo Dean e del grande affetto che le aveva mostrato, di quanto assomigliasse a suo fratello seppur il carattere fosse quasi agli antipodi, almeno in apparenza. Era felice tutto sommato di aver ricevuto tanta benevolenza e decise di aggrapparsi ad essa per tentare di rimanere a galla in quell'oceano che la stava per inghiottire ancora. 
Dopo molto tempo passato ad osservare il buio, decise di lasciare che i suoi occhi vagassero sullo spledido corpo del suo ragazzo. Nella penombra riconobbe le sagome scure dei suoi magnifici ed imponenti tatuaggi, le curve definite del petto e degli addominali, perfino quelle delle grandi braccia che la stringevano con dolcezza; intravide i capelli corvini tagliati da poco sparsi sulla federa e il profilo del suo viso dai tratti duri e spigolosi leggermente velati di barba, le labbra fine che amava baciare, gli occhi acqua marina chiusi sotto le palpebre. Sorrise nel ricordare il suo sguardo un anno e cinque mesi prima quando la guardava con tanta freddezza e quasi tristezza, mentre ora la osservava con un calore esplosivo. Era bellissimo, ogni parte di lui lo era, e ancora si chiedeva come avesse fatto a scegliere lei. Ancora non credeva di aver trovato qualcuno che potesse amarla per ciò che era, indipendentemente dall'aspetto esteriore e dalle apparenze, bensì da ciò che si nascondeva nel suo cuore e nella sua anima, quella che i suoi demoni avevano mangiato un pezzo per volta nel corso degli anni, specialmente gli ultimi tre.
Il respiro di Duncan mutò impercettibilmente, ma abbastanza perchè Allison, praticamente distesa su di lui, lo notasse. Il ragazzo la strinse appena più forte, coprendola premurosamente con il piumino e cominciando a carezzarle delicatamente la schiena con le grandi dita. Sbadigliò teneramente, facendo sorridere malinconicamente la sua principessa.
-" È presto, torna a dormire... "
gli sussurrò, alzando la testa abbastanza per poter incrociare il suo sguardo assonnato; gli sfiorò dolcemente il petto, facendolo rabbrividire e svegliandolo ulteriormente.
-" Principessa, dovresti saperlo che così non mi aiuti a dormire... "
Il tono roco e intorpidito la fecero ridacchiare, mentre le grandi mani di Duncan cominciavano a scivolare dalla sua schiena verso il basso. Un brivido sublime le corse lungo la spina dorsale ed automaticamente si morse il labbro, stringendosi con impeto al corpo solido del ragazzo. 
Con un improvviso sprizzo di energia, Duncan invertì le loro posizioni con un colpo di bacino, inchiodandola al materasso con la possenza del proprio fisico; si avvicinò pericolosamente al suo viso, ringhiando con passione vicino alle sue labbra prima di intrappolarle tra le sue e baciarla con veemenza. L'uno nell'altra, dimenticarono di nuovo il mondo che si celava dentro di loro.
 
Quel giorno il cielo preannunciava una grande ed insolita tempesta. Le nuvole erano plumbee ed opprimenti sopra Alkalie Lake e il vento soffiava forte, sbuffava, sembrava gridare tra alle distese d'erba attorno al riformatorio. A breve sarebbe arrivata una pioggia eccezionale, molto bizzarra per febbraio, che avrebbe portato molta umidità ed una percezione più intensa del freddo, cosa che non giovava a nessuno.
La mensa era ravvivata dal solito piacevole brusio che Allison aveva imparato ad apprezzare con il tempo e colmata da un caldo odore di porridge che usciva dalla piccola cucina. Il porridge era una novità a colazione ed era molto ben accetto; in quelle giornate umide era l'ideale e i cuochi lo preparavano discretamente. Era di sicuro più gustoso degli hamburger congelati. C'era un'atmosfera strana, inusuale in quella grande stanza, ma forse era soltanto lei. Si sentiva frastornata dalla notte precedente, ma cercava di aggrapparsi ai momenti con il suo ragazzo per non cadere nello sconforto.
Si accomodò al solito tavolino in compagnia di Duncan, che portò i vassoi prima di sedersi di fronte a lei e le rivolse un raggiante sorriso. Il suo sguardo era molto cambiato rispetto ai lunghi mesi precedenti, molto probabilmente dalla magica notte di gennaio; sorrise arrossendo a quel pensiero, ma fu un sorriso malinconico, ancora tormentato dalla crescente e pressante preoccupazione per Trent. I suo sogni, lo sapeva bene, molto spesso preannunciavano qualcosa di funesto e sentiva chiaramente che questa volta non sarebbe stato affatto diverso.
Duncan lo notò e subito si allarmò. Le sfiorò dolcemente la mano delicata e pallida con la propria e la fissò dritta in quegli occhi nati dalla tempesta, quelle iridi tristi dietro all'impenetrabile vetro dell'apatia che li contraddistingueva. Era seriamente in pena per lei. Da molto non la vedeva così scossa a causa di un incubo, temeva che tutto quello che stava succedendo potesse farla sprofondare di nuovo nell'oceano nero da cui era riuscita faticosamente a riemergere. D'altro canto, la capiva. Se fosse stato al suo posto, con Dean ammalato e dopo un incubo simile, sarebbe andato completamente nel panico. Ammirava la calma che mostrava, nonostante l'evidente tristezza, e come sempre ammirava la sua forza d'animo. Ancora non capiva da dove traesse tutta quella forza, dove trovasse il coraggio per andare avanti in quel modo, ma probabilmente non l'avrebbe capito mai : le creature meravigliose erano sempre un mistero.
Allison sorrise con timida malinconia, intrecciando le dita fine a quelle del ragazzo. Aveva bisogno di lui, aveva disperatamente bisogno che fosse lì con lei. Sentiva che quella battaglia sarebbe stata una delle più dure della sua vita. Forse avrebbe dovuto combatterla da sè, ma sentiva nel profondo del suo cuore che da sola non ce l'avrebbe mai fatta; avrebbe soltanto allontanato Duncan e si sarebbe rituffata in quell'oceano nero che tornava ad ingrossarsi dentro di sè e con tutta probabilità non ne sarebbe riemersa mai più. Ma chissà, forse rituffandocisi avrebbe potuto nuotare fino in fondo e risalire, affrontare una volta per tutte quei demoni che albergavano nel suo petto e sconfiggerli definitivamente. L'avrebbe fatto, anche da sola, ma Duncan doveva essere lì sulla spiaggia ad aspettarla. E sapeva che ci sarebbe stato.
I suoi occhi luccicarono improvvisamente e un radioso sorriso si disegnò sul suo volto angelico e pallido.
-" Va tutto bene. Se ci sei tu, posso fare qualsiasi cosa. "
Quelle parole toccarono il ragazzo nel profondo, che ricambiò il suo sorriso e le strinse di più la mano. Avrebbe voluto baciarla, amarla come mai aveva fatto, ma voleva godersi quello sguardo degno del Paradiso ancora per un po'.
~~~
Marzo
Anche febbraio se ne andò con monotonia, portando un ventoso marzo e un mese più vicino al giorno dell'uscita di Duncan. Era incredibile come soltanto fino a poco tempo prima si dicesse che il quindici maggio era ancora lontano, mentre ora era quasi alle porte. Si chiedeva, come faceva da anni, come mai il tempo dovesse essere così ingannatore e perchè si prendesse gioco delle persone in quel modo. Probabilmente lo trovava divertente.
Ma oltre all'incombere di quella brutta data, era aumentata anche la preoccupazione per Trent. Dalla notte dell'incubo aveva ripreso parecchia insonnia e telefonava a Gwen o all'ospedale di Denver almeno una volta a settimana; ogni volta riceveva la stessa risposta : Sta bene, le sue condizioni sono stabili, l'operazione è riuscita con successo, lo tengono qui per accertamenti. Quella storia non le piaceva, ma in fondo non poteva farci nulla. Si accontentava, riattaccava la cornetta e pregava che la settimana seguente arrivasse in fretta e con buone notizie, migliori di un Sta bene. Allo stesso tempo però temeva i giorni delle telefonate. Sapeva con certezza che prima o poi quel Sta bene si sarebbe trasformato in Ha avuto un'improvvisa ricaduta. Le sembrava di vivere un deja-vu, solo che al posto di zia Adeline c'era Trent. Per quanto sarebbe andata avanti?
Nel frattempo, la sua vita procedeva monotona come aveva sempre fatto. Il suo lavoro era tornato nella lavanderia, il pomeriggio lo passava ad allenarsi o a leggere accanto a Duncan in attesa che arrivasse aprile per poter respirare l'aria fresca dell'esterno e sognare il cielo turchese senza nuvole, le distese verdi e cavalli che correvano, i boschi a sud a Blanca Peak, e Rockford Lake con le sue acque limpide e il profumo della natura. Sognava la libertà. Da molto non lo faceva, non sapeva perchè questo desiderio quasi primordiale fosse risorto adesso; probabilmente perchè ora aveva trovato la sua ragione per uscire da Alkalie Lake, per tornare ad essere la Allison che era sempre stata ma che non aveva trovato mai.
Ora, nella palestra, stava per salire sul ring. Gli ultimi allenamenti erano stati più giochi che vera preparazione, ma quel giorno Duncan sembrava determinato a suonarla come un tamburo. Entrò nel quadrato, la familiare cerata fredda sotto i suoi piedi fasciati dalle bende ormai logore, quella sensazione di pericolo imminente che da molto tempo non provava. Tornò indietro nel tempo ad un anno prima, quando gli allenamenti erano cominciati era era ancora una ragazzina spaventata che doveva battersi con un Grande Lupo Cattivo. Era bello ricordare quei momenti e per un attimo ne sentì la mancanza. Il tempo passava dannatamente in fretta.
Lui l'aspettava dall'altra parte del ring, bellissimo e possente come sempre, pronto a battersi e con la ferocia in quegli occhi acqua marina che l'avevano stregata dal primo momento. La stava divorando con lo sguardo, studiava ogni suo minuscolo movimento ed il modo in cui ricambiava quelle occhiate tanto minacciose quanto provocanti, poi si avvicinò con grandi falcate, arrivandole a pochi centimetri di distanza e soverchiandola con la sua mole; la guardò dall'alto, sorridendo con un misto di sfida e puro amore. 
-" Pronta, principessa? "
Allison rispose con un sorriso felino, mordendosi il labbro.
-" Da quando sono nata. "
Non ebbe il tempo di finire che il ragazzo l'afferrò delicatamente per il collo; tentó di farle lo sgambetto, ma si liberò con un'abile mossa, sgattaiolando rapida alle sue spalle.
-" Sei sempre più veloce... "
-" È il tuo modo per dirmi che sono più brava? "
Scartò di lato un pugno, percependo l'aria spostata dalla fulmineità del colpo sulla sua guancia; afferró il polso di Duncan e cercò di rifilargli un calcio al costato, ma lui le circondò la caviglia fina con le grandi dita, bloccando la percossa. In stallo, si guardarono negli occhi e ghignarono a vicenda, rimanendo in equilibrio in quel modo. Sembravano una bellissima statua in movimento, la principessa guerriera e il lupo cacciatore, una coppia tanto meravigliosa quanto letale. 
Il ragazzo le fece perdere l'equilibrio, ma prima che potesse bloccarla a terra rotolò via e si rialzò in fretta, mettendosi sulla difensiva. Duncan la guardò ridacchiando e scuotendo la testa, cosa che la faceva irritare. Detestava essere presa in giro, soprattutto da lui, e lo sapeva. Per questo lo faceva.
-" Davvero vuoi sfidarmi in una rissa? "
La sua principessa sorrise maliziosamente, alzando un sopracciglio e atteggiandosi con una certa superba sicurezza. Era cambiata radicalmente, doveva ammetterlo. Alzò le spalle e si avvicnò a lei, mettendosi a sua volta in posizione. 
Il primo colpo partì da Duncan, ma fu abilmente parato come i seguenti tre; al contrario di ciò che si aspettava, la sua piccoletta gli rifilò un gancio in piena faccia, stordendolo leggermente, ma a cui rispose con un discreto pugno nel naso. Allison barcollò indietro, appoggiandosi alle corde con il naso tra le mani e un taglietto che asciugò con non curanza; nei suoi occhi il ragazzo vide la tempesta infuriare contro di lui. La ragazza si fiondò fulminea contro il suo adorato avversario; evitò un altro pugno e colpì con violenza all'orecchio rintontendolo per qualche secondo, il tempo necessario a falciarlo con ferocia e farlo piombare al tappeto. 
Duncan la fissò dal basso; troneggiava in maniera a dir poco regale su di lui e lo fissava con quel suo sguardo raggelante di cui molti avevano ragione di temere. La trovava meravigliosa anche così, malgrado l'avesse appena steso come una pelle di daino. 
-" Sei diventata bravissima, principessa. "
Il viso di Allison si addolcì e gli sorrise soddisfatta; tese la mano per aiutarlo ad alzarsi, ma lui la trascinò verso il basso, facendola gridare per la sorpresa e cadere su di sè. Ridacchiarono insieme trovandosi a pochi centimetri dal viso dell'altro; la ragazza poggiò le mani ai lati della testa del suo compagno e lui le sfiorò delicatamete il fondoschiena, trattenendola dolcemente a lui.
-" Sei incorreggibile... "
gli sussurrò, sorridendo con malizia, e Duncan rispose allo stesso modo.
-" È così che ti piaccio... "
-" Touchè... "
Ridacchiarono nuovamente, poi si baciarono con dolcezza e si rialzarono diretti allo spogliatoio. Il piccolo locale era sempre uguale, buio e forse un po' angusto, ma che Allison adorava. Lì c'erano tanti dei suoi ricordi più cari, tra cui i primi rapporti con il suo ragazzo e l'inizio del suo vero cambiamento. Era passato così tanto tempo dalla prima volta che era entrata in quel posto, eppure sembrava soltanto ieri. Ricordava perfettamente il modo in cui lui l'aveva guardata e le aveva parlato, la paura di cambiarsi in presenza di un uomo, la scarica elettrica nel momento in cui aveva cominciato a bendarle le mani e i piedi. Stava riproiettando ogni secondo come un film e giunse alla conclusione che ormai Alkalie Lake era diventato parte di lei. Che fosse in bene o in male, quel riformatorio era entrato in profondità nel suo animo, come se fosse stato un fantasma sperduto alla ricerca di una casa. Forse le sarebbe perfino dispiaciuto lasciare quel luogo in cui per la prima volta aveva conosciuto la felicità.
-" È tutto okay? "
La voce profonda di Duncan la riportò di nuovo con i piedi per terra.
-" Ultimamente sei molto pensierosa. "
Ridacchiò imbarazzata ed annuì, essendo a conoscenza di questo piccolo difetto.
-" Sto solo riflettendo. Credo che mi mancherà Alkalie Lake. "
Il ragazzo alzò le sopracciglia in un'espressione piuttosto sorpresa; non se l'aspettava da lei. Lui odiava quel posto, l'aveva tenuto lontano dalle cose più importanti della sua vita e, nonostante vi avesse conosciuto la ragazza perfetta, non vedeva l'ora di andarsene. Tre anni erano stati più che sufficienti. 
Allison si sedette accanto a lui sulla panchina e gli prese una mano tra le sue, cominciando a sciogliere le bende con dolce premura. Osservava le sue dita fine lavorare con delicatezza e grazia, come se fossero state quelle di una fata. 
-" Qui ho passato tante cose. È stata la mia casa per più di un anno e probabilmente il posto che mi ha impedito di suicidarmi e... Beh, è complicato da spiegare... "
-" A me non devi spiegazioni. "
Le parole di Duncan le fecero perdere un battito. Era sempre così caro con lei, comprensivo. Non sapeva nemmeno come descriverlo. Sorrise arrossendo e carezzandogli con amore la grande mano. Lui infilò le dita tra i suoi capelli soffici, facendole scorrere tra di esse ed ammirandone la morbidezza, sfiorandole con dolcezza quel visetto angelico. La vedeva ancora come la piccoletta, quella stupenda ragazzina bisognosa di qualcuno che la amasse, che aveva paura anche della sua ombra, ma che poteva trasformarsi nel peggiore degli incubi. La amava più di ogni altra cosa al mondo nella sua bellezza, nel suo modo di cambiare repentinamente, nella sua anima dalle due facce. Amava ogni parte di lei, come lei amava ogni parte di lui.
-" Vieni qui. "
le sussurrò e lei si rifugiò tra le sue grandi braccia sicure, aggrappandosi al suo collo. Si strinsero con dolcezza, affogandosi l'uno nel profumo dell'altra e assaporando quel toccante momento fino all'ultimo. Si sentirono protetti dalla presenza del compagno, rinchiusi in un magnifico ed accogliente guscio lontani dal mondo esterno. 
-" Io invece non vedo l'ora di uscire. Mi manca la mia moto. "
-" Una moto? Tu hai una moto?! "
Duncan sorrise con malizia a quella sorpresa, forse anche preso un po' alla sprovvista dall'interesse della sua principessa.
-" Un mostro. Una Harley Davidson del Sessantaquattro. In teoria non potrei guidarla, è illegale, ma... Ti ci poterò ovunque, se vorrai. "
Allison gli schiaffò dolcemente un braccio, ridacchiando insieme a lui. Duncan e le cose illegali sembravano fatti uno per l'altro.
-" Io invece avrei dovuto guidare una Mustang del Sessantasei rossa fiammante. Era bellissima. Mio zio me la regalò per il mio sedicesimo compleanno, ma mi proibì di guidarla... Ero ancora troppo giovane, ma tu... Potresti venire a prendermi con quella, quando uscirò di qui. "
Gli occhi del ragazzo brillarono per l'entusiasmo e per un attimo intravide quel pazzo giovanotto che era pochi anni addietro in quel sorriso criminale. Era adorabile.
-" Davvero? "
-" Certo. Basta che chiami mio zio e ti fai dare le chiavi. "
Duncan le incorniciò in viso con le grandi mani e la baciò con inaspettata veemenza, facendola rabbrividire da capo a piedi. 
-" Sei la ragazza migliore del mondo. "
-" E tu sei il ragazzo più pazzo del mondo... "
-" Mi ami lo stesso. "
La baciò di nuovo con la stessa forza e passione, obbligandola a stendersi sulla panca e bloccandola lì con il suo corpo. Allison intrecciò le gambe attorno al suo tronco e gli passò dolcemente le mani tra i capelli soffici, spostandole poi dietro al suo collo mentre continuavano ad assaporare desiderosamente le loro labbra. Duncan si spinse con dolce violenza contro il suo corpo, strappandole un piccolo grido.
-" Qui? Seriamente? "
Gli occhi del ragazzo brillarono di una luce cupa ed esaltante che la fece rabbrividire nel profondo, così come il suo ghigno ferino. Scosse la testa ridendo maliziosamente e pensando a quanto fossero idioti.
~~~
La sala delle visite quel giorno era insolitamente vuota, eccezion fatta per tre persone di numero che bisbigliavano tranquillamente in un angolino. Dalle grandi finestre opache si poteva vedere il cielo coperto di innocue nuvole bianche e si sentiva il vento fischiare tra gli alberi lontani, sopra le distese d'erba oltre le recinzioni. 
Allison se ne stava a quel tavolino ad aspettare nervosamente la sua visita, con lo sguardo perso nel nulla fuori da Alkalie Lake ed impegnata a torturarsi fastidiosamente le mani. Era da moltissimo tempo che non vedeva zio Chris, dal momento che era stato trattenuto per tutti quei mesi in un importante contratto a Seattle. Appena tornato, una settimana prima, le aveva telefonato e si erano immediatamente accordati per un incontro. Ed ora eccola lì, puntualmente con Duncan al suo fianco, inspiegabilmente a disagio. Il ragazzo era forse più in pensiero di lei; sapeva che non avrebbe avuto molte speranze, ma voleva riuscire a fare una buona impressione sull'unico parente su cui Allison contava. Per la prima volta, aveva la camicia ben abbottonata e si era allacciato le maniche fino ai polsi per coprire i tatuaggi. Quando la sua principessa l'aveva visto aveva ridacchiato e scosso la testa, dicendogli che era proprio un lecchino; lui l'aveva sculacciata e le aveva detto che non voleva risultare più pessimo di quanto già non fosse, facendo commuovere la piccoletta.
La porta di metallo si aprì ed Allison riconobbe immediatamente quei capelli corvini sempre più strati di argento. Chris McLean indossava uno dei suoi completi migliori, quello grigio chiaro accompagnato da una cravatta azzurra, e sembrava in forma smagliante; gli occhi color pece luccicavano come un tempo, quando ancora zia Adeline era in vita, e la sua pelle aveva ripreso un bel colorito. Era felice di vederlo così ben messo.
Non appena la notò, Chris le corse incontro le l'abbracciò affettuosamente, coprendola di baci. Le era mancata da morire, la sua cuccioletta. La trovava bellissima come sempre, eppure molto cambiata. Era cresciuta molto, sia fisicamente che spiritualmente, e i suoi occhi azzurri avevano una luce nuova, più potente ed abbagliante. Era splendente. Non la vedeva così da moltissimo tempo ed era molto più che felice di ritrovarla vivace come quand'era più piccola.
-" Cuccioletta... Come stai? "
-" Molto bene. Anche tu, a quanto vedo. "
-" L'aria di Seattle giova molto alla salute. "
Solo quando si avvicinarono al tavolo si accorse della possente presenza di un ragazzone dai capelli corvini e gli occhi acqua marina che sedeva accanto alla sua nipotina. Aveva uno sguardo freddo e distaccato, ma allo stesso tempo timido e dolce. In ogni caso, non gli piaceva. Ronzava attorno a sua nipote, come poteva piacergli?!
-" E questo... giovanotto? "
Duncan si schiarì la voce prima di parlare e porgere la mano a quell'elegante signore venti centimetri più basso di lui, che strinse con sicurezza ed autorità, come se fosse stato un gesto a cui era abituato e in cui frose si identificava. 
-" Duncan Nelson, signore. Sono il ragazzo di Allison. "
Chris si paralizzò e fissò sconvolto la sua piccoletta che arrossiva e ridacchiava sotto i baffi allo stesso tempo. Tossì a disagio, cercando di riprendere il controllo. Doveva lasciarlo in vita, per amore della piccola Ally. Aveva indubbiamente l'aria del cattivo ragazzo, eppure non era malaccio; era stagno, molto mascolino doveva ammettere, e sicuramente avrebbe saputo proteggere la sua cuccioletta.
-" I-il suo ragazzo? Ehm... Bene. Benvenuto in famiglia, figliolo. Dove nascondi i tatuaggi? "
Duncan rivolse un'implorante occhiata di soccorso alla ragazza, la quale continuava a ridersela più che divertita. A zio Chris non sfuggiva mai nulla, nemmeno le cose ben nascoste.
-" Oh, non ti preoccupare. Conosco la mia piccoletta e so perfettamente che il suo fidanzato ideale deve avere un sacco di tatuaggi ed essere, come dire... "
-" Sì zio, abbiamo capito. "
lo interruppe Allison, intuendo immediatamente dove volesse arrivare. Stavolta fu lui a ridere, battendo un'affettuosa pacca sulla solida spalla di Duncan. Si accomodarono serenamente mentre l'iniziale tensione scompariva e finalmente il ragazzo potè mostrare le forti braccia tatuate e slacciarsi il colletto della camicia. Libertà!
-" Allora, dovevi parlarmi, vero? "
Allison annuì e respirò profondamente prima di cominciare il discorso.
-" Quando usciremo di qui, io e Duncan andremo ad abitare a Rockford Lake. E ci servirà Helena. "
Chris strabuzzò gli occhi, evidentemente colto alla sprovvista. Si era perso molto in quei mesi, a quanto pareva.
-" Parli sul serio? "
-" Mai stata più seria. Lui uscirà a maggio, lo verrai a prendere tu e gli darai le chiavi della mia Mustang. Poi lui tornerà a casa sua per un po' e quando sarà il momento andremo ad abitare insieme alla baita. "
-" C-come mai non me ne hai parlato prima? "
-" Sono questioni da affrontare di persona. "
L'uomo li fissava a bocca aperta, completamente spiazzato da quelle rivelazioni fin troppo sorprendenti. Non si aspettava che sua nipote si fosse trovata un bel fidanzato, ma nemmeno nei suoi più lontani pensieri avrebbe mai immaginato che si fosse già costruita un futuro. Era così strano. Fino a poco tempo prima era una ragazza instabile ed insicura che aveva perso la speranza ed ora eccola lì, davanti a lui, una giovane donna che sapeva quello che voleva e che si era ricostruita una vita in un posto in cui una cosa simile era quasi impossibile. 
Nel profondo del cuore avrebbe voluto dirle di no, neanche per sogno, voleva tenerla ancora stretta a sè come quand'era piccola, ma quel tempo era passato. Allison cercava la libertà e, doveva ammetterlo, lui non sarebbe mai stato capace di dargliela. Quel Duncan, a quanto pareva, invece poteva. Non era giusto tagliarle le ali proprio quando aveva cominciato a volare e di certo non l'avrebbe fatto, anche se con qualche difficoltà. Era pur sempre l'ultima cosa che gli era rimasta, ma non poteva tenerla incatenata a sè tutta la vita. Era arrivato il momento di lasciarla volare tra le aquile, dove aveva sempre voluto andare. 
Sospirò, prese una mano della sua piccola tra le sue e le sorrise malinconicamente.
-" Se è questo che vuoi, sarò felice di accontentarti. "
Il sorriso di Allison illuminò la stanza, risollevando gli spiriti dei due uomini più importanti della sua vita. 
-" Grazie zio. "
Chris annuì e poi l'atmosfera assunse un tono più rilassato. I tre cominciarono a chiacchierare con tranquillità, lo zio parlò di quano bello fosse stato il suo soggiorno a Seattle, Allison della tempesta di neve e Duncan della sua moto. Il tempo passò in fretta come sempre ed arrivò l'ora dei saluti. Zio e nipote si abbracciarono affettuosamente, coccolandosi per lunghi secondi e cercando di non commuoversi. Era sempre molto dura dirsi arrivederci.
-" Mi raccomando piccola. Ci vediamo presto, okay? "
Allison si limitò ad annuire, poi lo lasciò andare; strinse fiduciosamente la mano a Duncan, che gli sorrise con la sua fredda affabilità.
-" E raccomando anche te. Fai qualcosa di male alla mia cuccioletta e ti faccio scuoiare vivo. "
-" Se mai le facessi del male, ci penserei da solo a scuoiarmi vivo. "
Chris ghignò con complicità, mettendogli una mano sulla spalla.
-" Mi piaci, figliolo. Continua così. "
Tutti ridacchiarono, poi il nuovo patriarca McLean scomparve dietro la porta d'acciaio, lasciando i suoi prediletti in un dolce e protettivo abbraccio. Gli sarebbe mancata sua nipote, ma per saperla libera era un prezzo più che accettabile.
~~~
Quel marzo aveva portato ben poco della primavera. Pioggia e vento si susseguivano ad intervalli di pochi giorni e ancora non si era visto il sole. Il cielo era costantemente coperto da banchi di nuvoloni plumbei o bianchi e nella notte i tuoni facevano costantemente da colonna sonora ai sogni degli ospiti di Alkalie Lake. Era come se la primavera quell'anno non volesse arrivare e sembrava che marzo fosse soltanto un prolungamento dell'inverno terribile appena passato. 
Nel frattempo, la mensa cominciava a svuotarsi delle sue personalità più apprezzate. Freddy era uscito una settimana prima e con lui altri due o tre ragazzi. Ad aprile se ne sarebbe andati Bill, l'intelligentone e topo di biblioteca che amava leggere Glenn Cooper e Daniel Defoe, a maggio sarebbe toccata a Duncan e altri due, mentre per giugno era prevista la dipartita di Colin e uno dei cuochi. E poi sarebbe arrivato luglio, il suo mese. Sarebbe uscita il giorno dell'Indipendenza, il quattro, lasciandosi alle spalle un anno e nove mesi difficili come pochi.
Pensava a quanto velocemente stesse scorrendo il tempo; sembrava che quel freddo e piovoso giorno di ottobre fosse stato solo l'altro ieri e ricordava perfettamente quella sensazione del tempo infinito che non passava mai. Ed ora era lì, a meno di tre mesi dalla sua uscita. A dir la verità, era un po' spaventata da quel giorno. Non sapeva in che modo fosse cambiato il mondo fuori da Alkalie Lake, non ricordava nemmeno cosa fosse la vita normale; ormai aveva imparato a vivere nel riformatorio, un posto completamente al di fuori della società e dai suoi modelli di vita, dai suoi pregiudizi e dalle sue differenze e discriminazioni. Lì dentro tutti erano uguali, nessuno giudicava nessuno. In un certo senso, tutto era più semplice. Il rispetto degli altri lo si guadagnava dimostrando a tutti chi si era davvero, si imparava a badare a sè stessi e si comprendeva il vero valore della vita, il vero valore della libertà e delle occasioni che ci vengono offerte in essa. Alkalie Lake, in qualche modo, era stato un miracolo ed era diventata la sua nuova casa. Era grata a quel luogo e alle persone che gli appartenevano per averla fatta cambiare, per averle aperto gli occhi e per averla salvata da ciò che aveva dentro di sè. Le sarebbe mancato quel posto.
E mentre i suoi pensieri si susseguivano l'un l'altro come lupi che correvano in branco, il suo lavoro procedeva senza troppi intoppi. Era tornata alle pulizie della gigantesca palestra, stavolta da sola, accompagnata soltato dagli eco e dalla pioggia leggera che ticchettava contro i vetri delle finestre. Era un posto così cupo senza i suoi compagni, ma d'altronde tutto il riformatorio sarebbe stato soltanto un labirinto di muri freddi senza di loro. 
Il silenzio opprimente le faceva sentire l'infinita nostalgia di Trent e della sua vitalità. Si chiese come stesse, anche se aveva telefonato a Gwen soltanto poco tempo prima. Sentiva la sua mancanza ogni singolo giorno e si meravigliava del fatto che fosse ormai passato quasi un anno dal giorno in cui l'aveva lasciata. Anche Duncan se ne sarebbe andato a maggio e allora si sarebbe ritrovata da sola con i suoi fantasmi, di nuovo. Non le dispiaceva la loro compagnia, bensì la mancanza di qualcuno di vivo, delle uniche persone che potevano farla stare bene. 
Affaticata, si accomodò per qualche secondo sul bordo del ring, asciugandosi la fronte. Aveva pulito per bene il pavimento, ma c'era ancora molto da fare. Si sciolse la bandana di suo fratello dal braccio, stendendola sulle ginocchia e osservandola con malinconia e con le lacrime che minacciavano di rigarle il viso pallido. In quel momento volle soltanto riavere il suo fratellone, poterlo abbracciare, poterlo vedere in salute e pronto a diventare un grande ricercatore. 
-" Hey, è tutto a posto? "
La voce che la chiamò era giovane ma severa ad un tempo, la voce del suo primo amico. Berry le si avvicinò con la sua autorità smorzata da un tenero sorriso; come sempre, la sua divisa era perfettamente stirata ed il suo aspetto impeccabile, tutto il contrario di lei. Si levò il cappello e si passò la fronte con il dorso della mano, un gesto che le era fin troppo familiare, e si sedette accanto a lei con tanta dolcezza nei suoi begli occhi acquosi.
-" Ciao Berry. "
-" Allison. È la bandana di McCord? "
Allison annuì, sorridendo con tristezza per poi riallacciarla al braccio. 
-" Come sta la famiglia? "
chiese al secondino per sviare l'argomento e il giovane uomo le sorrise con affetto.
-" Stanno tutti bene e presto sarò di nuovo papà. "
Gli occhi di ghiaccio della ragazza si spalancarono, colti di sorpresa dalla bellissima notizia; l'espressione soddisfatta ed orgogliosa di Berry era semplicemente impagabile.
-" Congratulazioni! Tra quanto? "
-" In teoria, ad ottobre. "
-" È una notizia bellissima! Sono felicissima per voi, porta le felicitazioni ad Elizabeth. "
Berry annuì, poi ci fu una piccola pausa di silenzio. Non era silenzio teso o imbarazzato, soltanto silenzio, interrotto appena dalle gocce fine e taglienti della pioggia che s'infrangevano contro le grandi finestre della palestra e i muri solidi del riformatorio.
-" Il momento si avvicina. "
esordì il secondino, facendo un chiaro riferimento al giorno in cui sarebbe uscita da Alkalie Lake. Le sarebbe molto mancata. Si era affezionato a lei, era la sorellina che non aveva mai avuto e, anche se negli ultimi tempi si erano leggermente allontanati, rimaneva sempre una delle migliori amiche che avesse mai avuto. Malgrado si conoscessero appena, in fondo, era come se l'avesse conosciuta da una vita intera. Era così diversa da tutte le persone che aveva incontrato, così desiderosa di essere libera dalla società, da tutto quello che la teneva ancorata al suo passato. Era felice di essere stato al suo fianco. 
-" Già... Mi mancherai, amico mio. "
-" Anche tu piccoletta. "
Le cinse le spalle con un braccio e la trasse a sè, coccolandola per la prima volta. 
~~~
Si svegliò di soprassalto, prendendo una lunga boccata d'aria come se fosse appena riemersa da una lunghissima apnea. Poggiò la mano al suo fianco, dove avrebbe adovuto esserci Duncan, ma al suo posto trovò soltanto le lenzuola ancora tiepide. 
-" D-Duncan?! "
boccheggiò allarmata con una voce che non riconobbe come sua, cercando nel buio la rassicurante figura del suo Lupo Cattivo. Apparve da dietro la tenda, in apprensione per aver sentito la sua principessa tanto agitata; si precipitò da lei, le infilò le mani sotto le ascelle e la prese in braccio come una bambina, cullandola con dolcezza e consolandola. Il suo respiro era concitato e il cuore le batteva rapido nel petto, ma l'aria fresca al di fuori del loro letto sembrava calmarla, così come il suo abbraccio.
-" È tutto okay principessa, sono qui... "
Quel dolce sussurro, la sua voce profonda, la riportarono a tanto tempo prima, quando nella notte la sentiva dall'altra parte della cella e la consolava sempre dopo uno dei suoi terribili incubi. La sua voce era sempre lì, non se ne andava mai, e ne era felice. Era una delle poche cose a cui si aggrappava quando tutto dentro di lei si sgretolava e nessun altro appiglio era sicuro.
-" Di nuovo quell'incubo. "
mormorò vicino all'orecchio di Duncan, che la strinse di più al suo petto.
-" Quello con Trent? "
La sentì annuire contro la sua guancia e sospirò. Quel sogno la stava logorando e lui non poteva farci nulla. Si sentiva così inutile...
-" È soltanto un sogno, non ti preoccupare... Va tutto bene. "
le disse a voce bassa, nella speranza che almeno quello potesse tranquillizzarla. Rimasero abbracciati per lunghi secondi nella fredda oscurità della cella, poi Allison, quando si sentì meglio, si riaccoccolò sotto le coperte. Duncan prese il piccolo Pinky e lo posò tra le sue braccia; doveva ammettere di essere geloso di quell'unicorno rosa, ma era una delle poche cose che la rasserenavano nei momenti difficili. 
La sua principessa sorrise, stringendo teneramente il suo peluche per poi rifugiarsi a sua volta nella stretta dolce e sicura del ragazzo. 
-" Me l'hai regalato tu, vero? "
Quella domanda lo stupì, e non poco. Come faceva a saperlo? 
-" Me l'ha detto Berry molto tempo fa. È stato gentile da parte tua. Grazie. "
Quelle parole gli riportarono alla mente la sua principessa quand'era appena arrivata, un uccellino ferito bisognoso di cure e amore che aveva paura perfino della sua ombra. La ricordava come se fosse stato ieri, con i suoi capelli lunghi e sbiaditi e gli occhi acquosi sempre pieni di lacrime, i suoi pianti strazianti nella notte e il suo sguardo perso nell'oscurità anche quando splendeva il sole. Quell'unicorno le aveva donato un po' di sollievo nei suoi giorni più bui. Ricordava benissimo il suo visetto angelico pieno di felicità nello stringere tra le braccia quell'animaletto e ricordava la lavata di capo che Berry gli aveva fatto per tutta la fatica impiegata a procurarglielo. 
Le baciò dolcemente la fronte e le sorrise con amore, coccolandola finchè non riprese sonno. Non sapeva perchè, ma sentiva che il giorno seguente non sarebbe stato molto bello. Rimase sveglio per molto tempo a guardarla e a sperare che tutto andasse per il meglio e per la prima volta gli parve di intravedere i demoni che tanto tormentavano la sua principessa.
 
Già alle prime luci del mattino, i lampi avevano cominciato a rischiarare il cielo plumbeo al posto del sole. La pioggia cadeva a goccioloni e il vento soffiava gelido nella vallata. Come sempre quando c'erano acquazzoni come quello, il cortile era un mare di fango e i secondini che pattugliavano l'esterno erano equipaggiati al meglio per evitare di inzupparsi perfino le ossa. 
Nella mensa era tutto insolitamente silenzioso, eccezion fatta per pochi bisbigli. Tutto era terribilmente tranquillo.
Sia Allison che Duncan, seduti come sempre uno di fronte all'altro, mangiavano a fatica la colazione, Allison in particolare. Non si sentiva bene, aveva un tremendo groppo allo stomaco che le impediva di toccare qualsiasi tipo di cibo o bevanda. Più che un fattore fisico, era psicologico. L'incubo sempre più frequente la turbava parecchio e la notte scorsa era stato più terribile delle altre volte. Si sentiva incredibilmente stanca, voleva soltanto andare a dormire, anche se sapeva che probabilmente quel sogno sarebbe tornato a tormentarla. 
Ascoltò l'opprimente silenzio che come una cappa aleggiava nella mensa, la pioggia che batteva insistente e i tuoni che rimbombavano tra le gelide pareti del riformatorio. Tutto in quel momento le riportò alla mente i suoi primi giorni ad Alkalie Lake, anche se non capiva perchè. 
Quel soffocante silenzio venne stroncato da uno dei portoni che si apriva all'improvviso; molti saltarono sulle sedie e rivolsero il loro sguardo verso chi stava entrando; Harrison, per la prima volta, non indossava la maschera dell'impassibilità, bensì un viso tirato ed ansioso. Era accompagnato da uno degli Humpa-Lumpa, una delle sue guardie carcerarie preferite, e Berry, il quale sembrava ancora più preoccupato del suo superiore. Il Grande Capo ispezionò la sala silente con sguardo quasi isterico, finchè i suoi occhi non si posarono su Allison. Incrociò le sue iridi sorprese e sentì una fitta aprirgli il petto. Respiró profondamente e cercó di ricomporsi, sistemandosi la cravatta e gli occhiali sul naso, poi si schiarì la voce con un colpo di tosse.
-" Detenuta McLean. Mi segua, è urgente. "
Berry la raggiunse in poche falcate, la fece alzare e l'ammanettò in tutta fretta; gli tremavano le mani. Allison era fin troppo perplessa per fare domande, ma ci pensò Duncan, il quale scattò in piedi pronto a strangolare tutti i maledetti secondini che avessero osato toccarla.
-" Dove la porti? "
La sua voce era rotta dalla tensione, cominciava a stringere e rilasciare i pugni. Berry avrebbe fatto meglio a parlare, ma si limitò a guardarlo con pena e dispiacere negli occhi per poi riabbassarli sulle manette che non riusciva a mettere.
-" Ti ho chiesto dove la stai portando. Rispondi! "
-" Duncan! "
I secondini li circondarono in poco tempo ed afferrarono il ragazzo per le braccia; alle sue spalle, ma non fu sufficiente a fermarlo. Riuscì ad afferrare con violenza la camicia di Berry, il quale dovette lasciare la presa su Allison e arretrare; altre guardie sopraggiunsero e lo costrinsero a terra con qualche buon colpo di manganello, mentre la ragazza strillava in preda ad una crisi isterica e Duncan per il dolore. Tutti i presenti erano sconvolti : da parecchio non si vedeva una cosa simile. Tutti gridavano; Harrison fece sgombrare la sala il più in fretta possibile, mentre Berry sollevò Allison dalla vita per riuscire a portarla via. Continuava ad urlare il nome del suo ragazzo che non finiva di essere malmenato dai secondini e li maledisse tutti. Si trovò davanti Harrison con uno sguardo di ferro; afferrò con poca delicatezza il viso della ragazza coperto di lacrime e straziato dalla disperazione di vedere il fidanzato trattato in quel modo e la guardò dritta negli occhi.
-" Stai buona. C'è una persona qui, devi andare subito da lei. Stai buona, a loro ci penso io. Vai Berry. "
Il secondino annuì con decisione e la portò via lungo i corridoi di un'Alkalie Lake in pieno fermento, mentre nella mensa il Grande Capo si avventava con ira contro il gruppo di secondini; li strattonò per la camicia, spostandoli con violenza dal povero Duncan.
-" Idioti! Tornate a lavorare, e pregate che nessuno di loro vi uccida nella notte! Sparite, coglioni! "
Le sue grida furiose rimbombarono nella stanza ormai deserta, terrorizzando gli uomini che se ne andarono di corsa. Respirò profondamente, gettando gli occhiali su un tavolo e strofinandogli gli occhi con una mano. Aveva a che fare con degli autentici mentecatti, ma non era il momento di pensarci. S'inginocchiò accanto a Duncan che, malgrado fosse stordito e ferito dalle percosse, si stava rialzando.
-" Vuoi una... "
Il ragazzo lo interruppe con un gesto della mano dopo essersi messo in ginocchio. Non sapeva dove non provasse dolore. L'avevano colpito alla schiena e alle gambe, qualcuno gli aveva pestato una mano e qualcun'altro gli aveva dato un pugno nei denti. 
-" D-dove la portano? "
La sua voce era roca e rotta, affaticata. 
-" Ti porto in infermeria. "
-" Non ci voglio andare in infermeria! Voglio sapere dove sta andando con la mia ragazza! "
Il suo grido risuonò come un ruggito, facendo un certo effetto ad Harrison. Doveva amarla davvero molto per pensare a lei anche dopo essere stato picchiato in quel modo. Li aveva visti insieme più di una volta, anche attraverso le telecamere; aveva visto il modo in cui si guardavano e si sorridevano e aveva rivisto lui e Margaret al fronte nel Centrafrica. 
-" Stammi bene a sentire figliolo, la tua ragazza sta andando a fare il peggior incontro della sua vita e dopo questo avrà molto bisogno di te. Ora noi andiamo in infermeria, ti fai curare ed eviti di fare cazzate, hai capito? "
Gli occhi di Duncan si spalancarono. 
-" Che cos'è successo? "
 
Allison, nonostante il velo di lacrime, riconobbe i corridoi che portavano alla stanza delle visite. Berry ancora la teneva in braccio, evidentemente non intenzionato a lasciarla; fissava dritto davanti a sè e sembrava sul punto di piangere insieme a lei.
-" Lasciami! Berry, cazzo, mollami! "
Il secondino la poggiò a terra non molto delicatamente e la ragazzina lo spinse via con una forte spallata. 
-" Che diavolo sta succedendo?! "
-" Andiamo. "
-" No, non andiamo! "
Stava urlando. Sapeva che non era giusto farlo contro Berry, quel poveretto non sapeva nemmeno come rispondere e aveva l'aria di un cane bastonato, ma sentiva il bisogno di sfogarsi ed Harrison non era lì a sentire tutti i suoi insulti. 
Il secondino l'afferrò dolcemente per le spalle e fissó gli occhi nei suoi.
-" Hai sentito cos'ha detto il Capo? Hai una visita urgente e devi andarci, subito. Duncan starà bene, ci ha pensato Harrison, ma tu devi andare lì. Corri. "
La fece voltare senza aspettare nessuna risposta, la liberó dalle manette e la spinse per incitarla a correre. Dopo un breve sguardo che non riuscì ad interpretare, Allison finalmente obbedì e corse verso la stanza delle visite, lasciandolo solo nel corridoio deserto. Pregò Iddio perchè avesse pietà delle loro anime. 
Nel frattempo, lungo la strada, la mente di Allison non percepiva il pavimento sotto i suoi piedi e nemmeno la via che stava percorrendo a perdifiato; sentiva soltanto il rumore dei suoi passi rimbombare tra le pareti e la domanda Che cosa mi aspetta dall'altra parte?. Era terrorizzata, si sentiva come se il Diavolo le stesse alle calcagna e continuava a correre verso quella porta come se non ci fosse stata altra via di fuga. Probabilmente, però, quella sarebbe stata soltanto la porta dell'Inferno.
Quando arrivò, entrò all'improvviso, senza nemmeno concedersi un attimo per riprendere fiato. La stanza era fredda e solitaria, le gocce di pioggia s'infrangevano contro i vetri opachi e nel silenzio vuoto sentiva soltanto i suoi respiri a pieni polmoni; si appoggiò ad un tavolo e alle ginocchia, tentando di riprendersi da quella corsa sfrenata. Poi però una sedia si mosse sul pavimento e dei passi di donna le si accostarono con cautela.
Quando alzò lo sguardo vide Gwen. La fatica sparì. Sparì la stanza, le sue pareti, il temporale, ogni cosa. C'erano solo lei e la ragazza. Le sue guance pallide erano rigate dal trucco nero ancora fresco di pianto.
Le si fermò il cuore nel petto.
Gwen si avvicinò lentamente e portò la mano fuori dalla tasca. Da essa spunto la sua catenina, il ciondolo di Sant'Antonio che dondolava nell'aria immobile e il suo cuore che cessava di battere. Con il volto del dolore ed il corpo ridotto ad un fremito, tese le dita tremolanti per riprenderla e quando la sfiorò ne sentì il calore ed immaginò che fosse il calore di suo fratello. Le cedettero le gambe e crollò bocconi, respirando con la bocca aria che sembrava non arrivarle ai polmoni. Si sentiva affogare, soffocare, credeva che il cuore avesse smesso di battere. Si sentiva marcire da dentro, sentiva un fuoco devastante bruciarle l'anima.
Gwen s'inginocchiò al suo fianco, la obbligò dolcemente ad appoggiarsi a lei e, abbracciate l'una all'altra, piansero.
 
Erano tutti riuniti in infermeria. Duncan stava seduto su una delle brande con lo sguardo fisso nel vuoto e le mani congiunte contro le labbra ad aspettare uno dei momenti peggiori della sua vita. In sua compagnia c'erano Harrison e Berry, entrambi con la stessa ansia. Il Grande Capo se ne stava appoggiato al bancone, la cravatta slacciata e la camicia sbottonata, l'aria stanca di chi combatte tutto il giorno; il secondino invece era alla finestra a fissare la pioggia che cadeva senza fermarsi, i lampi che illuminavano quella distesa grigia e la vita che andava avanti come se niente fosse.
Il silenzio era tombale, nessuno che facesse un rumore, nessuno che volesse parlare. Attendevano tutti il momento in cui la piccoletta fosse entrata in quella stanza con il volto della morte e gli occhi pieni di lacrime, il cuore spezzato e l'anima abbattuta.
Sentirono i passi lenti e strascicati nel corridoio e poi la videro, un fantasma. Soltanto un guscio vuoto. Tutti si sistemarono, pronti ad accoglierla; Duncan si alzò in piedi, avvicinandosi di qualche passo ed aspettandola. Si reggeva alla parete, sembrava che non riuscisse a stare in piedi; sul suo volto si disegno il dolore più puro nel vederla così. Si avvicinò a lui con cautela, attenta a non perdere l'equilibrio, e si fermò ad un passo. Fece scivolare dal suo pugno la catenina di zia Adeline e si gettò tra le sue braccia, scoppiando a piangere contro il suo petto. Duncan la strinse forte a sè, le carezzó i lunghi capelli biondi e ascoltò tutta la sofferenza del suo lutto, mentre fuori i tuoni intonavano un canto di morte.

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Capitolo 12
*** Part 12 ***


BROKEN PIECES - Part 12
 
Aprile
Il cimitero di Aprilville, venti chilometri a nord-ovest di Castle Rock, si estendeva in un bellissimo campo verde all'ombra di circa una decina di querce e faggi. Le lapidi erano tutte bianche e lucenti nella luce di quel sole che ironicamente aveva cominciato a splendere il giorno dopo la morte di Trent e tutto profumava di erba bagnata e pioggia. Era un posto silenzioso e pacifico, dove la morte sembrava essere una benedizione e non il contrario. Le piaceva quel posto. 
Per lungo tempo si perse a guardare il cielo azzurro e le nuvole bianche che lo macchiavano, le grandi distese di campi e le case della cittadina; si perdeva nell'aria fresca di quel tardo pomeriggio a pensare a tutti i momenti vissuti e mancati con suo fratello senza smettere per un attimo di piangere. Era arrivato ad un passo dalla libertà, ma Dio o l'Universo o chiunque fosse sopra di loro gliel'aveva tolta. Forse era più giusto così. Trent era una persona troppo buona per vivere in un posto come quello e Dio aveva avuto ragione a chiamarlo a sè.
Harrison aveva avuto il buon cuore di chiamare Chris McLean per fargli portare qualche abito adeguato e le aveva accordato immediatamente il permesso di essere presente al funerale, non ammanettata bensì dotata di bracciale elettronico. Ed ora era lì, di fianco a Gwen e alla famiglia, a sentire ma non ascoltare le parole del sacerdote che benediva la bara chiusa e sospesa sopra la fossa. La fissava chiedendosi mille cose a cui non si dava risposta, pentendosi infinitamente per tutto il tempo perduto e continuando a versare lacrime silenziose. 
Non l'avrebbe più rivisto. Non avrebbe più guardato quegli occhi verdi e luccicanti come l'erba estiva sfiorata dalla rugiada, non avrebbe più ammirato quel bellissimo e dolce sorriso che lo caratterizzava. Non avrebbe più sentito la sua voce calda e rassicurante e non avrebbe più potuto abbracciarlo e sentire il suo cuore d'oro che gli batteva nel petto. Avrebbe soltanto parlato ad una lastra bianca in attesa di una risposta che non sarebbe arrivata mai.
Il funerale terminò, tutti fecero le condoglianze alla famiglia, pochi a Gwen e nessuno ad Allison, poi se ne andarono, lasciando le due ragazze lì da sole. Aspettarono entrambe che gli addetti delle pompe funebri calassero la bara e la seppellissero, poi si accomodarono sull'erba, una di fianco all'altra, di fronte alla tomba che non avrebbero voluto vedere, non in quel momento, non nei prossimi sessant'anni. Era ormai sera, ma nessuna delle due voleva andare. Volevano restare lì, a far compagnia al loro tesoro e a dirgli tutto quello che non avevano potuto quando ancora poteva rispondere. 
Allison si rigirò tra le mani la sua bandana, asciugandosi le guance di tanto in tanto.
-" Pensi di ridargliela? "
chiese Gwen, senza staccare gli occhi dalla lapide, e lei rispose allo stesso modo, senza alcuna emozione al di fuori della desolazione più vuota.
-" No. Non è ancora il momento. " 
 
Era buio quando arrivò nella sua cella. Duncan la accolse immediatamente, saltando giù dalla branda e stringendola tra le braccia, coccolandola e consolandola. Lei rimase ferma e silenziosa, limitandosi a rifugiarsi in quell'abbraccio che mille e più volte l'aveva salvata. 
Le incorniciò il viso con le grandi e fresche mani, baciandole la fronte e guardandola negli occhi. Vi lesse tristezza, un'infinita tristezza, ma non la disperazione che avrebbe potuto vedere un tempo. 
-" Come stai? "
Allison annuì, sforzando un sorriso e carezzandogli le mani. Era ancora tutto dolorante dalle percosse di pochi giorni prima e ancora si preoccupava per lei. Era una benedizione. 
-" Tu piuttosto? Ti fa ancora male? "
-" Ho la schiena a pezzi, quegli stronzi me le hanno suonate di brutto. "
Trovarono la forza per ridacchiare un poco, poi Allison andò a prepararsi per la notte mentre il suo ragazzo le scaldava il letto. La osservò per tutto il tempo, ammirandone il nuovo comportamento e il modo in cui stava affrontando il lutto. Stava chiaramente pensando al volere di Trent : lui desiderava solo il meglio per lei e di sicuro non avrebbe voluto che si deprimesse o peggio per la sua scomparsa. Sapeva che lui voleva che andasse avanti. Stava realizzando il suo ultimo desiderio per lei. Era davvero coraggiosa, ne sarebbe stato fiero come lo era lui.
Allison si accoccolò di fronte a Duncan; si abbracciarono e si fissarono a vicenda per lunghi minuti, entrambi persi nei loro tanti, tantissimi pensieri. Si carezzavano il viso, scavavano nei loro occhi e intanto riflettevano su quanto necessitassero della presenza dell'altro.
-" Non mi hai mai guardato in quel modo. "
sussurrò Duncan, sfiorandole dolcemente la guancia con il dorso delle dita.
-" In che modo? "
-" Come se fossi l'ultima cosa che ti sia rimasta. "
Allison sorrise con tristezza, passò la mano sul volto del ragazzo e lo fece avvicinare a sè, gli baciò dolcemente la fronte, come lui faceva con lei, e tornò a fissare quei bellissimi occhi acqua marina che luccicavano nella penombra. 
-" Forse perchè sei davvero l'ultima cosa che ho. "
Duncan la baciò delicatamente, l'abbracciò e la lasciò piangere finchè non si addormentò.
~~~
L'aria nel cortile era fresca e profumava di erba umida e terra secca; il cielo era turchese e sporcato appena da qualche nuvoletta bianca, con il sole che splendeva alto e tiepido. Le montagne erano ancora leggermente spolverate di neve sulle cime, dove sarebbe rimasta per tutto l'anno, e i campi erano ormai tinti di verde. La primavera sembrava finalmente essere giunta dopo quel lungo e terribile inverno durato fino a pochi giorni prima.
Come ogni anno quando i detenuti di Alkalie Lake uscivano all'aria aperta dopo lunghi mesi di clausura nella struttura penitenziaria, i ragazzi erano tutti molto allegri. Correvano, baciavano la terra, giocavano tra loro e facevano impazzire le guardie oltre la recinzione, le quali pensavano che da un momento all'altro sarebbero evasi. Quell'ora d'aria era una delle cose più preziose che avessero.
L'ultima a mettere piede fuori dal riformatorio fu Allison; si schermó gli occhi con una mano, i raggi del sole erano ancora troppo forti, e osservò il cielo. Un piccolo stormo di passerotti sorvoló il cortile, cinguettando allegramente e scomparendo oltre la recinzione, sopra i prati verdi e in fiore. L'aria era fresca e profumata e le urla dei suoi compagni riempivano di gioia quel luogo solitario e grigio. Ma lei non si unì a loro. Guardò alla sua destra alla ricerca della presenza di Trent, che un anno prima l'aveva affiancata in quello stesso momento, ma non lo trovò. Ormai non l'avrebbe mai più trovato, nè al suo fianco, nè a Denver, soltanto ad Aprilville, la sua cittadina, in un curato ed assolato cimitero. Respirò profondamente quella brezza frizzantina e chiuse gli occhi, avvertendo un brivido lungo la schiena; le sembrò di percepire il suo respiro e la sua risata, la mano che s'intrecciava alla sua e la dolce sensazione che lui fosse ancora lì. Forse c'era davvero, anche se lei non lo vedeva.
-" Hey principessa... "
Duncan era a pochi passi da lei, la tuta arancione sporca di terriccio sabbioso e una macchia simile sulla sua guancia era a forma di mano. Allison ridacchiò vedendolo in quello stato, gli si avvicinò e cominciò a spazzargli la camicia con le dita fine. Era un bambinone! 
-" Cos'hai combinato?! "
Il ragazzo rise imbarazzato, grattandosi la nuca e spostando lo sguardo sui suoi anfibi impolverati.
-" Dovresti uscire da questo angolino, stiamo aspettando tutti te per festeggiare. "
le disse con tono basso e rassicurante, carezzandole le gote pallide e sorridendole con dolcezza, ma il suo sorrisetto s'incrinò e con esso quel momento di rara ilarità. Non se la sentiva di festeggiare con gli altri, voleva soltanto stare lì, nel suo angolino, e fissare il cielo turchese sopra le cime dei monti a sud-est. 
Duncan la obbligò ad incrociare il suo sguardo acqua marina, le spostó una ciocca di capelli dietro l'orecchio e le sorrise con amore, strappandole a sua volta un piccolo sorriso.
-" So che ti manca, ma so anche che non avrebbe voluto questo per te. Devi sopravvivergli piccola, prima o poi dovrai sopravvivere a tutti noi. Avrebbe voluto che ti godessi la vita, ora che l'hai ritrovata, non che sprecassi ore a pensare a lui e torturarti in questo modo. "
Le lacrime salirono agli occhi di Allison, come sempre ogni volta che Trent s'insinuava nelle loro conversazioni. Anche lei lo sapeva, ma aveva bisogno di tempo, molto tempo. Le era ancora difficile accettarlo. Aveva soltato diciotto anni, ne avrebbe compiuti diciannove a luglio, ma un cancro fulminante se l'era portato via. Era successo troppo presto. Decisamente troppo presto. 
La ragazza annuì appena, denotando grande stanchezza che traspariva da ogni poro del suo corpo. Aveva perso il sonno e l'appetito, spesso rinunciava agli allenamenti e quando combatteva reagiva a malapena; faceva terminare l'incontro in pochissimi minuti e poi spariva in spogliatoio, facendo imbestialire Duncan, il quale si sfogava soltanto con Paulie. Se avesse potuto prendere a pugni McCord, l'avrebbe fatto. Pace all'anima sua, ma la sua morte stava uccidendo anche Allison. Non era colpa di nessuno, erano cose che accadevano, ma non accettava che la sua principessa si stesse disintegrando un pezzo alla volta, di nuovo, forse mai così gravemente come ora. Non voleva farle pesare la sua frustrazione, ma stava diventando sempre più difficile. 
Le incorniciò in viso con le mani, avvicinandosi al suo viso e puntando lo sguardo penetrante nel suo. 
-" Ascoltami tesoro. Riprenditi. Torturarti così non lo riporterà indietro, peggiorerà soltanto le cose. Lascialo andare piccola, ora sta bene. "
Allison soffocò a fatica un singhiozzo e Duncan la trasse immediatamente a sè, stringendola tra le braccia; la piccoletta s'impedì di piangere e riprese il controllo. Aveva ragione, aveva ragione su tutto, ma non era così facile. Ce l'avrebbe fatta, era quello che anche Trent voleva, ma per il momento aveva soltanto bisogno di un po' di riposo e forse anche di solitudine. 
Si separarono dopo lunghi secondi, si presero per mano ed attraversarono il cortile in cui i ragazzi erano ancora impegnati a festeggiare il ritorno della primavera e dell'ora d'aria. Raggiunsero il posticino in cui Allison soleva sedere e vi si accomodarono uno a fianco all'altra, lasciando che lo sguardo vagasse sul panorama lontano delle montagne argentee, dei campi sconfinati e dei boschi scuri. E poi eccola lì, la strada. Non era cambiata, era sempre la stessa. Malgrado l'avesse vista soltanto pochi giorni prima, osservarla di nuovo da dietro la recinzione le ricordava di essere un uccellino in gabbia e, in un certo senso, di non avere altro posto in cui andare. Era triste, ma alla fine era così. Non voleva ritornare alla villa McLean a Castle Rock, si sarebbe sparata in bocca piuttosto, e non voleva nemmeno essere sempre in viaggio con zio Chris. L'unico posto che sentiva di avere era Rockford Lake, dove sarebbe stato anche Duncan. E Duncan, come aveva capito, era tutto quello che le restava. 
Respirò profondamente l'aria fresca, abbandonandosi per qualche attimo al sussurro del vento dolce, e in esso percepì il sussurro di suo fratello. Alzò gli occhi al cielo e gli parve di rivederlo sorridente in una delle rade nuvole che macchiavano la distesa turchese sopra le loro teste. La brezza sciolse la nuvola e con essa il suo dolore. Era pronta a ricominciare. Non l'avrebbe dimenticato, nè avrebbe smesso di soffrire per la sua perdita o di piangere per la nostalgia di quando in quando, ma sapeva che doveva andare avanti. Trent le aveva insegnato che la vita è troppo breve, che ogni attimo va vissuto come l'ultimo, perchè ogni cosa ha una fine che arriva prima di quanto ci si possa aspettare. 
Duncan l'abbracciò e accostò la guancia alla sua tempia, perdendosi insieme a lei tra i boschi e vedendola riemergere una volta per tutte dall'oceano nero che per anni l'aveva affogata.
~~~
La biblioteca era vuota e silenziosa. Quella mattina Carven sembrava molto stanco e probabilmente non aveva molta voglia di accedere la sua radiolina, ringraziando il cielo. 
Si accomodò alla sua grande scrivania, la riordinò in pochi minuti e poi cercò un libro in cui immergersi. Da molto tempo non si concedeva il piacere della lettura ed ora sentiva assolutamente il bisogno di rimediare. Fece un rapido giro di tutta la stanza trovando su di un alto scaffale quello che stava cercando : Insieme Con I Lupi, di Nicholas Evans. Per molto tempo era stato uno dei suoi romanzi preferiti; era ambientato nella natura selvaggia del Montana, in mezzo ad orsi e lupi, il sogno della sua vita. L'aveva letto almeno una decina di volte, ma non si stancava mai. Come mille piccole cose, anche quel romanzo era diventato parte di lei.
In lontananza sentiva Paulie insultare il vecchio carrello delle pulizie, mentre in palestra altri due ragazzi stavano litigando per l'uso del mocio più nuovo. Per il resto, tutto era tremendamente silenzioso. Non le dispiaceva, riteneva che il silenzio fosse fondamentale per poter leggere per bene un libro, ma era molto insolita tutta quella pace. Si ricordò poi che la maggior parte dei suoi compgni era tornata a lavorare fuori, nei boschi o sulla strada o in qualche cantiere lì vicino, per questo tutto era così tranquillo. Ancora doveva abituarsi alla primavera appena arrivata.
Le ore passarono nella quietezza e nelle pagine del suo libro, in uno sguardo serenamente sognante e in qualche raro pensiero su Trent, finchè Finch non irruppe nella stanza senza fiato, facendo sobbalzare sia lei che Carven. Sembrava che avesse fatto la corsa più impegnativa della sua vita ed Allison si rifiutò di ricordare che Berry ed Harrison erano entrati in quel modo pochi giorni addietro.
-" M-McLean... Una telefonata per te... "
Il secondino si resse allo stipite della porta e Carven lo prese in giro, dicendogli che ormai non era più un baldo giovinetto; il collega gli fece un gestaccio, poi accompagnò Allison al corridoio dei telefoni. Senza pensarci troppo, prese la cornetta e se la portó all'orecchio, temendo di sentire l'ennesima brutta notizia. 
-" Pronto? "
-" Allison?! Finalmente! "
Riconobbe la voce di Viktor. Sembrava eccitato e terrorizzato allo stesso tempo, anche lui con il fiato corto. Sembrava quasi in iperventilazione. Il battito del suo cuore accelerò al massimo e la mano sinistra cominciò a tremare visibilmente; strinse con forza l'orlo della sua camicia e riuscì a calmare almeno minimamente quel tic. 
-" Che succede? "
-" È Valery, le si sono rotte le acque! "
Sentì chiaramente esplodere tutto il suo apparato cardiaco. Stava per nascere. Il suo nipotino stava per venire alla luce. Doveva assolutamente partire.
Riattaccò la cornetta senza dare il tempo al cognato di dire altro, afferrò Finch per una manica e cominciò a correre verso l'ufficio di Harrison a rotta di collo. Piombò nel grande ufficio luminoso come un fulmine a ciel sereno, facendo fare un salto al Grande Capo, il quale la incenerì con lo sguardo. Era per caso impazzita?! si chiese, ma quegli occhi color ghiaccio erano fin troppo determinati per essere pazzi.
-" Che diavolo ti salta in mente, eh ragazzina?! "
-" Ho bisogno di un permesso di libertà vigilata per due giorni. Subito. "
L'uomo spalancò gli occhi, chiedendosi che diamine avesse nella zucca quella piccoletta per l'ennesima volta. Sapeva cosa gli stava chiedendo? Avrebbe dovuto compilare i documenti in dieci nanosecondi, chiamare la volante di trasporto, farle mettere il bracciale e trovare qualcuno dei suoi secondini che la potesse accompagnare chissà dove. Era davvero fuori di sè. 
-" Mi stai prendendo in giro?! "
Allison si avvicinò con grandi falcate alla scrivania, battendovi i pugni per imporre la sua presenza. Non se ne sarebbe andata da quell'ufficio senza il permesso.
-" Sta per nascere mio nipote. Devo esserci. "
Ci fu un lunghissimo scambio di sguardi tra Harrison e Allison, in cui il Grande Capo comprese che la signorina non avrebbe ceduto. Doveva andare e sarebbe andata, in un modo o nell'altro. In fondo, la comprendeva. Anche lui aveva fatto una scenata simile al suo superiore il giorno prima che Will nascesse. Trasse un lungo sospiro prima di parlare.
-" Permesso accordato. Finch, portala all'ufficio e dalle il bracciale elettronico, io compilo i documenti e chiamo la macchina... Tutti pronti a partire tra un quarto d'ora. "
Non finì nemmeno la frase; Allison aveva già cominciato a correre al vecchio ufficio-magazzino per chiedere i suoi vecchi vestiti civili all'anziano secondino, con il quale litigò almeno cinque minuti prima che arrivasse Harrison con i documenti. Tutto fu preparato molto alla carlona, ma non le importava assolutamente nulla. Saltò sulla volante di trasporto detenuti appena fu pronta e maledisse cento volte Finch e il suo collega perchè non si davano una mossa; nel frattempo, Alkalie Lake si allontanava alle sue spalle e nel suo studio Harrison si stava strappando i capelli dalla testa. Per tutta l'infinita durata del viaggio, si agitò sui sedili, si morsicò le unghie e imprecò contro il traffico e l'autista della volante. Fu il secondo tragitto più lungo della sua vita. 
Non si rese nemmeno conto del cartello che scriveva BENVENUTI A CASTLE ROCK, e neppure di essere di nuovo a casa dopo più di un anno di assenza. Non le importava assolutamente nulla. Vide soltanto l'Angel Of Mercy Hospital e pensò soltanto a Valery e il suo bambino.
Finch dovette ammanettarsela al polso e non appena chiuse i braccialetti lei iniziò a correre. Alla reception spaventò l'infermiera, che le diede la stanza e il piano di sua sorella, poi riprese la sua corsa sfrenata per i corridoi con il secondino attaccato al suo braccio che inciampava ogni due per tre. Non sentiva nulla, l'adrenalina scorreva nelle sue vene come l'acqua di una cascata. Quando piombò nella stanza, fu accolta da un sorpreso e traumatizzato silenzio. Erano tutti lì. Viktor teneva la mano a sua moglie, Emily e Peter se ne stavano in un angolino a fissare i due sposi e presto genitori, mentre Aliss stava seduta in disparte a chattare sul cellulare. Nonna Florence era seduta accanto alla sua nipote maggiore e Valery osservava Allison con la più immensa gioia negli occhi. Non poteva credere che fosse lì; certo, era in condizioni pietose, ma almeno c'era. Era arrivata lì per lei e per suo figlio.
La ragazza si precipitò al suo fianco non curandosi minimamente del resto della famiglia, stringendole la mano libera e baciandole la fronte con un sorriso commosso e le lacrime agli occhi. Aveva sognato ed immaginato migliaia di volte quel momento da quando aveva ritrovato la via, ma nessuna di quelle visioni poteva essere paragonata alla realtà che stava vivendo.
-" Ciao tesoro... Hai visto? Sono qui... " 
Valery sorrise raggiante, fissandola da sopra il gigantesco pancione e facendo una smorfia per le contrazioni sempre più frequenti. Chissà quante ore erano passate dall'inizio del parto e lei evidentemente era arrivata al momento cruciale.
-" Sono così felice che... "
Un grido interruppe la frase e una squadra di infermiere irruppe nella stanza, annunciando che era entrata in travaglio. Tutti furono fatti uscire eccetto Viktor, ma Allison protestò immediatamente.
-" Io devo restare con lei! "
Un'infermiera l'afferrò saldamente per le spalle mentre Finch cercava di usare le manette come guinzaglio per tirarla indietro.
-" Non lo può fare. "
Finalmente il secondino riuscì a strattonarla via e l'infermiera chiuse la porta. Allison fulminò la guardia con lo sguardo e per poco non gli rifilò un pugno. Rimase in piedi davanti alla porta a torturarsi mentre in quella dannata stanza Valery gridava, sovrastando le istruzioni degli ostetrici. Sentiva che da un momento all'altro sarebbe impazzita. Che diamine stavano facendo a sua sorella?! Probabilmente nulla di male, la stavano soltanto aiutando a dare alla luce il suo bellissimo figlioletto. 
 
Le ore passarono lente e strazianti tra le grida e gli infermieri che entravano e uscivano. La maggior parte della famiglia aveva un mal di testa allucinante, ma Allison era vigile e perfettamente in forma, pronta a strangolare chiunque le avesse detto qualcosa di sbagliato. Sembrava che fosse sotto l'effetto di qualche droga sintetica, eroina o crack, con gli occhi spiritati e ogni singolo muscolo in tensione. Faceva spavento.
Non aveva parlato con nessuno dei familiari di sua sorella, ma aveva notato il modo in cui la guardavano. Quelli che una volta erano stati i suoi secondi genitori ora la fissavano come se fosse stata un cane randagio e idrofobo, per non parlare di Aliss che si rifiutava di rivolgerle anche soltando un misero cenno di considerazione. Non un saluto od un sorriso da parte di quelle persone che vedeva ormai come sconosciute, tutti a parte Florence. L'aveva riaccolta con gioia, abbracciata e calmata ed ora bevevano del caffè caldo sedute fianco a fianco proprio davanti alla porta, in attesa che la aprissero definitivamente. Era ormai notte e ognuno di loro era stremato, ma non lei. Lei era lì, e vi sarebbe rimasta fino alla fine.
Peter era scomparso e con lui Aliss, chissà dov'erano finiti, e restavano solamente Emily e loro due e, per sua sfortuna, Finch, che si era addormentato su una delle sedie di plastica blu. Il corridoio era diventato gradualmente sempre più silenzioso, senza nessuno che vi camminasse attraverso o che parlasse dalle stanze vicine. C'era soltanto il rumore ronzante dei neon sopra alle loro teste, le grida delle persone nella stanza di fronte a loro e il leggero ronfare del secondino.
Finalmente, dopo ore di urla terribili, un magnifico pianto di neonato e i sospiri di sollievo. Si sentì leggera di mille chili e finalmente si rilassò sulla scomodissima e consunta sedia di plastica. Un sorriso strafatto le si dipinse sul volto e lo rivolse a Finch, svegliato dal meraviglioso pargolo appena nato. Le rispose con affetto, lasciandole un'affettuosa pacca sulla spalla. 
Dopo mezz'ora o forse più, la porta si aprì e ne uscì il medico con un gran sorriso in volto; non disse nulla, si spostò dall'uscio e fece cenno di entrare. Tutti corsero dentro, ma non Allison. Voleva aspettare che tutti la lasciassero sola con sua sorella, non voleva che la fissassero come un mostro che tentava di mangiare il loro nipote o la loro figlia. Li avrebbe uccisi se l'avessero guardata ancora in quel modo. Attese con pazienza, fissandosi i piedi ed ascoltando le risa e le moine. Ancora una volta, il pensiero di non far più parte di quel mondo la pugnalò al cuore.
-" Perchè non sei entrata? "
Allison di voltò stanca, quasi abbattuta, ma sorrise al suo amico.
-" Non hai visto come mi guardavano? Pensano che tutto quello che è successo a Valery sia colpa mia. Ce l'hanno scritto in faccia. "
Finch colse tutta l'amarezza della sua voce e si limitò ad annuire. Sì, aveva visto perfettamente e avrebbe voluto prenderli a manganellate. Non era giusto che la pensassero così di lei. 
Attese lunghi, lunghissimi minuti, forse anche ore prima che la famiglia abbandonasse la stanza, e nel frattempo pensò a quegli sguardi carichi di disprezzo. Si rese conto che ogni cosa era cambiata nella sua vita, che tutto quello che c'era stato prima di Alkalie Lake ora era sparito. L'affetto dei Johnson, la sua bella villa, la vita a scuola... Nulla c'era più. Tutto scomparso in un colpo di martelletto. Com'era facile far crollare un castello di carte. 
Viktor uscì con il più grande sorriso mai visto; lo salutò con amicizia, abbracciandolo e congratulandosi per la sua nuova situazione familiare.
-" Valery ha chiesto di te. "
Allison annuì sorridendo a fatica; Finch la liberò dalle manette e il cognato l'accompagnò fino al letto di sua moglie, chiudendo la porta dopo che tutti se ne furono andati. La sua sorellina era lì, a letto, con un meraviglioso fagottino di morbide coperte di cotone tra le braccia. Si avvicinò con cautela, le lacrime che le riempivano gli occhi. Era un bellissimo bambino sbadigliante avvolto in una soffice copertina azzurra. Tutta la stanchezza sparì, sparì l'amarezza e la disillusione, ci fu soltanto gioia. Immensa e purissima gioia. Il cuore le esplodeva nel petto, faceva perfino fatica a respirare. Si appoggiò al letto e sotto lo sguardo dei due neogenitori fissò incredula il loro bimbo.
-" È un maschietto. Andrew. "
Allison fu colta da un tuffo al cuore che la fece quasi piangere. L'aveva chiamato davvero Andrew. Aveva mantenuto la sua promessa.
-" Su, prendilo. "
Tremava dalla felicità. Non sapeva cosa fare, o cosa dire. Lo prese dolcemente tra le braccia, seguendo le istruzioni di Valery con molta, molta cura, si accomodò su una poltrona ed iniziò a cullarlo, asciugandosi le lacrime di tanto in tanto. Era il bimbo più bello che avesse mai visto, la copia di sua madre, con la pelle vellutata e le dita come spilli. Sbadigliò in modo buffissimo, facendola ridere e piangere ad un tempo, ed aprì i suoi splendidi occhi chiari. La guardò curioso e felice come solo i neonati potevano fare, poi cominciò ad agitare pian piano le piccole braccia cicciose. Non aveva mai tenuto in braccio un neonato. Era un'esperienza semplicemente sconvolgente.
-" Ciao piccolino... Io sono la zia Ally. Ciao, ciao... "
sussurrò, e il piccolo Andrew le afferrò un dito e le sorrise. In quel sorriso vide l'immediato affetto che nutriva per lei e per la prima volta si sentì a casa dopo tanto tempo. Peccato che quella non fosse casa sua, bensì di Viktor e Valery. Doveva essere meraviglioso avere un figlio, lo leggeva nei loro sguardi. Per un attimo s'immaginò anche lei e Duncan a coccolare un bambino, a crescerlo e a vederlo diventare un bellissimo giovinetto pieno di ragazze oppure una splendida signorina dai lunghi capelli corvini. Rise e pianse a quell'immagine, ricordandosi che non sarebbe mai potuto accadere.
~~~
Erano partiti appena tutti erano rincasati oppure si erano addormentati in ospedale. Nessun saluto, nessun commiato, a parte ad Andrew. Era scomparsa nella notte come un fantasma e forse non sarebbe più tornata. Ricordò perchè aveva voluto allontanarsi da sua sorella e perchè non volesse più rivedere Castle Rock, per questo si fece riaccompagnare alla sua nuova casa. 
Il viaggio durò molto, immerso nell'oscurità della notte, ed arrivarono ad Alkalie Lake soltanto alle primissime luci del mattino. Indossò in tutta fretta la sua tuta arancione, gettando gli abiti civili nel suo scatolone come spazzatura; li osservò con amaro disprezzo, poi corse alla cella 42B. Casa. 
Duncan saltò sulla branda e non appena la vide le balzò al collo, l'abbracciò e baciò con inaudita passione carica di sollievo. Era stato in pena tutto il giorno : era sparita da un momento all'altro e come spiegazione aveva soltanto ricevuto un'informazione sul nipotino in arrivo; la notte non aveva chiuso occhio, l'aveva aspettata tutto il pomeriggio nel cortile, a fissare la strada in attesa che la volante ritornasse, e a cena non aveva mangiato nulla. Aveva sofferto terribilmente la mancanza della sua principessa. Quando la guardò meglio, le vide in volto la stanchezza più assoluta e la tristezza più desolante.
-" Gesù, che cos'è successo?! "
Allison sorrise e gli carezzò il volto; aveva le lacrime agli occhi ed il sorriso più disarmante che le avesse mai visto indosso. 
-" È un bambino bellissimo, tutto sua madre. Avresti dovuto vederlo... Era così piccolo, così fragile. L'ho stretto tra le braccia e... e... "
Le si ruppe la voce e crollò in ginocchio, le mani a coprirle il viso deturpato da tanta stanchezza. Non aveva mai pensato a cose del genere, ma con Duncan era cambiato tutto, per non parlare di quella notte passata a cullare il piccolo Andrew. Era una tortura terribile per una donna, forse la peggiore dopo lo stupro o la perdita di un figlio. La tortura peggiore che avesse mai subito. 
-" Non sarò mai capace di darti un bambino... Non avremo mai un figlio... Mi dispiace Duncan, mi dispiace di averti tolto la cosa più bella del mondo, ti prego perdonami... "
La strinse a sè il più forte possibile e la blandì con tutto l'amore che potesse dimostrarle. Non l'aveva mai vista così, ed era spaventoso. Non sapeva che dire, o che altro fare se non tenerla tra le sue braccia e sussurrarle che avrebbero trovato un modo, che lui non l'avrebbe mai lasciata, che non c'era nulla di cui scusarsi perchè non era colpa sua. Quando fu sicuro che non potesse vedere, coperta dalla sua imponente spalla, lasciò che le lacrime scorressero. Non gli importava di sè, ma di lei. Era disperato nella coscienza che lui non avrebbe potuto fare nulla per rimediare a ciò che il destino le aveva riservato. 
Passati lunghi ed interminabili minuti, la costrinse a mettersi a letto; mancava ancora molto alla sveglia, perciò decise di provare a prendere sonno. Ne avevano estremo bisogno entrambi.
Uno accanto all'altro, pensarono alla loro relazione. Ne avevano parlato, non era necessario sposarsi; non potevano avere bambini. Non sarebbero mai stati la coppia dei sogni generali, ma dei loro sì. Non avevano nulla e nulla potevano avere oltre a sè stessi. E l'uno per l'altro, ci sarebbero stati per l'eternità.
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Maggio
Un altro mese se n'era andato come uno sbuffo di fumo nell'alito implacabile del vento. Le giornate si susseguivano come un noioso e penoso scorrere delle ore, un ruotare delle lancette senza fine sinchè calava la notte; solo allora la loro vita riprendeva per lunghi e dolci minuti. 
Le giornate si facevano sempre più lunghe e calde, mentre quella data cominciava ad avvicinarsi inesorabilmente. La conta dei giorni era partita, finalmente. Quindici giorni e sarebbe tornato libero. Non stava nella pelle, ma c'era sempre lo stesso pensiero a smorzare il suo entusiasmo : Allison. Sapeva che non sarebbe stato facile per lei ritrovarsi completamente sola nel riformatorio, ma sapeva anche che era abbastanza forte per farcela. Aveva superato migliaia di ostacoli durante tutta la sua permanenza ad Alkalie Lake, la sua assenza per due mesi l'avrebbe scalfita ben poco. In ogni caso, anche lui avrebbe sentito incredibilmente la sua mancanza. Si godeva ogni momento passato insieme, ogni bacio, ogni carezza, ogni sguardo ed ogni sorriso. Stava serbando più ricordi possibili di lei per quando si sarebbe ritrovato in un letto vuoto e freddo a fissare il cielo notturno fuori dalla finestra o il soffitto sopra la sua testa. Nemmeno per lui sarebbe stata una passeggiata.
Sbuffò via una nuvoletta di fumo azzurrino, distrattamente, fissando inconsciamente quella lunga e snodata strada che a breve l'avrebbe condotto alla libertà. Soltanto quindici dannati giorni. 
-" Manca poco... "
La voce dolce della sua principessa lo riportò a terra; le sorrise con amore, guardandola dall'alto, spense la sigaretta e le circondó le spalle con il braccio forte. Allison si rimpicciolì nel suo abbraccio, guardando insieme a lui quello sconfinato panorama baciato dai primi raggi di maggio. Era davvero bello. 
-" Mi mancherai. "
gli sussurrò, persa nei suoi pensieri e con gli occhi vaganti su quel serpente di piatto asfalto grigio e lucente; le baciò la testa, nascondendo il viso tra i suoi soffici capelli raccolti e godendosi appieno il loro profumo inevitabilmente di muschio bianco. 
-" Shh, non ci pensare... "
le disse, e lei si rifugiò ancora di più contro il suo corpo; socchiuse le palpebre ed inspirò a fondo l'odore che tanto amava, quello che ormai era diventato parte del suo corpo e del suo spirito. Sperò che le lenzuola fossero impregnate di quell'odore, in modo che la nostalgia non fosse così terribile. Era un'idiota, ma alla fine quello sarebbe stato tutto ciò che rimaneva di lui per due mesi, Pinky a parte. Egoisticamente, non voleva che se ne andasse. 
S'immaginò il momento della sua partenza, l'ultimo istante in cui l'avrebbe visto, un passo dietro alle porte ad apertura automatica che davano sulla libertà; un brivido l'attraversò e lo lasciò fare, in modo da poter ingoiare le lacrime che minacciavano di uscire allo scoperto. Sarebbe stato difficile guardarlo scomparire dietro a quella maledetta porta. Sarebbe stato incredibilmente e terribilmente difficile, ma quella era l'ennesima prova a cui l'Universo la stava sottoponendo. Doveva resistere a quei due mesi e ce l'avrebbe fatta, tutto per ritornare da lui.
Si voltò abbastanza da scorgere l'imponente e non più opprimente struttura in cemento di Alkalie Lake; il sole brillava contro le sbarre e i vetri delle finestre e luccicava sulle recinzioni, mentre il verde dei campi circostanti la faceva sembrare più chiara, più viva. Ricordò la prima volta in cui vide quel mostro mangiatore di anime e sorrise, rendendosi conto di nuovo che quel posto era stato la strada per ritrovare sè stessa. Alkalie Lake era stata la sua salvezza, non la sua condanna.
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Ogni singolo giorno era volato via come uno stormo di uccelli migratori nel cielo violetto del tramonto, fino ad arrivare a quella sera. Nella mensa c'era un grande brio : la mattina seguente, Duncan Nelson, conosciuto come il Marcio, campione per due anni di lotta libera nel riformatorio, avrebbe dato la sua dipartita. Lui e la sua spledida fidanzata quella sera sedevano al grande tavolo dei loro amici, scherzando e ridendo allegri per l'ultima volta in compagnia di quel ragazzo così tanto cambiato grazie alla sua regina, che, nonostante i sorrisi, lasciava trasparire senza troppe riserve la sua infinita tristezza. In mezzo alle risa gioiose e spensierate, lei era l'unico dolce e leggiadro fantasma che, seduta al fianco del suo re, sorrideva in modo chiaramente sforzato e distoglieva lo sguardo, riportandolo sul suo piatto. 
Duncan invece cercò di godersi ogni momento con coloro che erano da sempre stati i suoi più fidati compagni, Paulie in particolare. Avrebbe sentito grande mancanza di quel gigante gentile. Era stato il primo con cui aveva stretto amicizia e ricordava ancora il viaggio sul bus di trasporto detenuti in cui si erano conosciuti. Sperava di poterlo rivedere, un giorno. 
La campanella di fine cena trillò e tutti porsero i loro saluti al Marcio con fiere strette di mano e grandi abbracci. Allison si fece in disparte, osservando quello spettacolo con un nostalgico e malinconico sorriso. Stava finalmente dicendo addio ad Alkalie Lake.
Quando il tempo dei saluti terminò, si avventò su di lei; la sollevò tra le braccia e corse alla loro cella, strappandole una piccola ma gioiosa risata in mezzo alle acclamazioni dei loro compagni. Si fiondarono immediatamente sotto le coperte, i vestiti che scivolavano via dalla loro pelle mentre assaporavano le loro labbra con amore e passione. 
-" Stanotte, nessuno dorme. "
le sussurrò con un malizioso sorriso, guardandola dall'alto e tenendola dolcemente protetta sotto il suo corpo scultoreo. Allison ridacchiò altrettanto maliziosamente, carezzandogli delicatamente i capelli corvini e intrecciando le gambe attorno alle sue.
-" Stai scherzando? "
-" Neanche per sogno! Non ti vedrò per due mesi, di sicuro non mi accontento di un giro soltanto! "
Risero entrambi e continuarono a baciarsi ed amarsi, proiettando tutto il loro amore l'uno attorno all'altro in un gioco di mille colori ed emozioni, sensazioni e vibrazioni. Fu tutto così intenso che sembrò la prima volta, la prima volta che si sfiorarono, che assaporarono le loro labbra. Per molto tempo si sentirono fuori dal mondo, come se i loro corpi fossero solo spinti da riflessi mentre le loro anime sorvolavano le foreste, s'inseguivano tra gli alberi, si fondevano l'una nell'altra. Mai avevano provato emozioni tanto mistiche e per quella notte entrambi vollero che il tempo si potesse fermare, che quelle ore non scorressero, che il domani non arrivasse.
Nel silenzio dell'oscurità, si prepararono per andare a dormire, nonostante sapessero che non avrebbero chiuso occhio; Allison poggiò la testa sulla spalla di Duncan, circondandogli la vita con il braccio fino, mentre lui la strinse a sè con dolcezza, carezzandole la schiena. I loro corpi erano ancora caldi e i loro cuori stavano pian piano riprendendo un ritmo regolare, uno scalpitante contro l'altro.
-" Domattina non sarò capace di camminare... "
Entrambi scoppiarono in una dolce e cristallina risata, abbracciandosi più forte e godendosi quegli ultimi momenti di ilarità in compagnia l'uno dell'altra. 
-" Bene, così resterai qui con me... "
Duncan sospirò. Nonostante non vedesse l'ora di lasciare Alkalie Lake, il pensiero di Allison lo tormentava. Lasciarla era l'ultima cosa che voleva, ma cosa poteva fare? Soltanto uscire ed aspettare la sua principessa.
Fissò gli occhi nei suoi, carezzandole dolcemente la guancia e guardandola con un'intensità raggelante; Allison si paralizzò, persa in quelle bellissime iridi e in quello sguardo a cui non si sarebbe abituata mai. Rabbrividì, si strinse a lui e attese. 
-" Ti amo Allison. "
Lo stomaco le si contorse violentemente e un brivido più potente la scosse da capo a piedi. Era micidiale l'effetto di quelle due parole, soprattutto dette da Duncan e riferite a lei. Era sempre un'emozione inspiegabile quella di sentirgli esprimere in quel modo i suoi sentimenti; Duncan era un ragazzo così chiuso, molto spesso freddo, quasi apatico, e, nonostante ormai lo conoscesse come le proprie tasche, vederlo esternare certe cose esplicitamente la lasciava sempre interdetta. Era una delle mille cose che amava di lui. 
Gli sorrise con dolcezza, carezzandolo a sua volta.
-" Ti amo anch'io. "
 
Se ne stava seduta sul pavimento, accanto al portone automatizzato. Fissava i blocchi di linoleum verde senza davvero guardarli e di tanto in tanto si asciugava frettolosamente le silenziose lacrime che le scorrevano sulle gote pallide. Scattò in piedi non appena sentì la tenda scostarsi e rimase di stucco nel vederlo con abiti civili. Indossava una camicia nera, le maniche arrotolate ai gomiti, e un paio di jeans strappati sulle ginocchia, accompagnati ovviamente da un paio di Coverse All Star nere. Quella mattina si era sbarbato e sistemato i capelli ed ora era semplicemente troppo attraente. Sembrava così adulto e persino più grosso di quanto già non fosse. Già cominciava a sentire un fiotto di gelosia nel pensarlo a vagare per le strade piene di ragazze che si voltavano a fissarlo. 
Duncan si bloccò non appena vide lo sguardo di Allison e si guardò il corpo scolpito, chiedendosi se qualcosa fosse fuori posto e perchè lo stesse fissando in quel modo. Si era ormai dimenticato che cosa significasse essere il ragazzo più desiderato della scuola... 
-" Che c'è? "
La sua principessa gli si avvicinò quasi tremante, con un dolcissimo sorriso e le guance arrossate; gli sistemò con premura il colletto e stirò qualche piega con le mani fine e candide. Adorava il modo in cui lo stava toccando. 
-" Nulla. Sei... bellissimo. "
Ridacchiarono entrambi, poi il portone si aprì davanti a loro, stroncando la loro momentanea allegria. Videro in lontananza, oltre il cortile, le recinzioni separate e dall'altra parte un lussuoso fuoristrada, quello di Chef. Videro la libertà a pochi passi, ma solo uno di loro l'avrebbe raggiunta.
-" Allora è il momento... "
La voce di Allison era così debole che non fece alcun eco nello stanzone. Duncan le circondò la vita e l'abbracciò forte, stringendosela al petto; tremava come una foglia nella bufera e in pochi secondi la sentì singhiozzare. Per una volta, si lasciò andare e permise alle sue lacrime di scendere e bagnargli la pelle. Nel petto di entrambi si stava aprendo una voragine, chiusa a forza dal fatto che dopo poco si sarebbero rivisti. Le baciò la testa, la scostò appena da sè e le incorniciò il viso con le mani, asciugandole le lacrime con i pollici; sorrise con dolcezza nonostante le guance umide e la guardò per l'ultima volta prima di quei due lunghi mesi. Allison non si sarebbe mai scordata quel colore acqua marina o quello sguardo, o il suo profumo o il contatto dolce e rude ad un tempo delle sue mani grandi e ruvide. Tutto per un attimo si fermò.
-" Ti aspetto, principessa. "
La baciò con violenta passione, poi la lasciò fulmineamente; prese il borsone e corse via, verso una libertà tanto desiderata eppure ora senza un senso. Era già molto lontano quando il meccanismo del portone scattò, ma in quel momento scattò anche qualcos'altro nel cuore di Allison. Si fiondò fuori prima che si chiudesse e vide Duncan passare oltre la recinzione ed infilarsi nell'auto senza guardarsi indietro. Come Euridice ed Orfeo, temeva che se l'avesse guardata di nuovo sarebbero morti entrambi; il cancello si stava gia richiudendo e tutte le sentinelle erano pronte con i fucili spianati non appena la videro spuntare dal portone. Ogni porta tra di loro si era già chiusa, non c'era più nulla da fare. 
Vide la macchina partire sgommando, non sapendo che al suo interno Duncan stava ormai piangendo; un fulmine squarciò il cielo e la pioggia cominciò a cadere battente. La guardò allontanarsi e scomparire dietro quegli alberi che tanto amava guardare e che ora odiava, come odiava quella strada e tutto ciò che la circondava. Sentì le gambe come gelatina e crollò sulla terra umida, colpendo duramente le ginocchia ma non provando alcun dolore. Il calore delle sue labbra sembrava già un ricordo lontano, un dolce sogno di cui si ricordano pochi spezzoni e che si dimenticano presto. C'era solo la pioggia attorno ad Allison, il fango che cominciava a lambirle la tuta arancione, la recinzione e una trentina di fucili puntati su di lei. Ma non sentì nulla di tutto ciò, soltanto l'acqua scrosciante.
Qualcuno le sfiorò la spalla e subito sobbalzò, perdendo l'equilibrio. Era una sentinella, con il fucile a tracolla pronto all'uso e penetranti occhi scuri sotto la tesa del cappello; non disse una parola, le porse semplicemente la mano, invitandola ad alzarsi. Si guardò intorno e vide tutte quelle bocche degli M16 puntate su di lei, pronte a far fuoco, e l'uomo che rassicurava tutti con un semplice gesto della mano libera. Afferrò l'altra, grande e ruvida, forse con diffidenza, e fu tirata in piedi senza alcuna difficoltà, come una bambola. L'uomo le coprì le spalle con il suo impermeabile e la riaccompagnò al coperto, dove fu presa in custodia da un preoccupatissimo, se non terrorizzato Berry. Quando fece per resituire l'impermeabile, la fermò e le picchettò dolcemente il dito sul naso come se fosse stata una bambina dispettosa.
-" Tienilo, bambolina. Ti servirà per la prossima volta. " 
E se ne andò, lasciandole un triste sorriso sulle labbra. 
 
Il tavolino era vuoto. 
Tutto era normale; c'erano le chiacchiere e le risate, l'odore del cibo surgelato e il rumore di stoviglie. Tutto c'era, tranne qualcuno seduto di fronte a lei. Continuava a fissare quel posto senza pensare a nulla, senza vedere nulla. Lo fissava e basta. Si sentiva di nuovo un fantasma in quell'accumulo di persone e le sembrava di essere piombata in un pianeta alieno. Non era più la stessa cosa senza di lui, e nemmeno senza Trent, o Freddy. Erano andati tutti. 
Spostò il suo sguardo vuoto sui compagni e vide che la loro vita, malgrado tutto, continuava. La sua invece pareva ferma. Si chiedeva com'era possibile che si sentisse sola in quel momento. Era circondata da moltissime persone, eppure si sentiva sola, quasi abbandonata. Un fantasma. 
Una lacrima le scivolò silente sul viso, ma non l'asciugò. 
-" Hey principessa. "
Al suono di quella voce sobbalzò, come se si fosse risvegliata da un sogno. Ma alle sue spalle c'era Paulie, non Duncan. L'espressione del ragazzo da allegra si tramutò in preoccupata non appena vide le sue lacrime; si piegò davanti a lei, i grandi occhi nocciola che la guardavano come un cucciolo curioso. Paulie era così, una specie di San Bernardo : grande e grosso ma adorabile.
-" Stai bene? "
Allison sorrise, ma scosse la testa.
-" Ti manca già il tuo principino, eh? "
le sussurrò il gigante buono, dandole una delicata gomitata e sorridendole maliziosamente. Era incredibile, ma con quel piccolo gesto amichevole le tirò su il morale. Era sempre sorprendente l'effetto che poteva avere un amico.
-" Senti, invece che startene qui tutta sola, perchè non vieni con noi? "
Perplessa, lanciò un'occhiata al tavolo di Paulie, pieno di altri ragazzi che aveva conosciuto per la maggior parte in biblioteca. Tutti li stavano fissando impazienti, ma il suo sguardo cadde sull'unico posto vuoto, il posto di Duncan. Lo riconobbe subito e ricordò tutte le volte in cui si erano guardati, anche da così distante; un sorriso le si dipinse sul volto segnato dalla tristezza.
-" Una volta mi ha detto che sarebbe stato orgoglioso di vederti seduta lì. Quello è il posto riservato al boss e lui era il nostro. Ha scelto te come erede del trono, principessa. "
Quelle parole la colpirono nel profondo. Rivide il sorriso del suo amore e si portò una mano alla bocca per soffocare un singhiozzo. Aveva scelto lei. Tra tutti i lupi del suo branco, aveva scelto la sua compagna. Sarebbe stato orgoglioso di vederti seduta lì. Sì, Duncan sarebbe stato orgoglioso di moltissime cose. 
Si asciugò le lacrime e si riordinò un pochino, poi si alzò, prese il suo vassoio e s'incamminò verso quel tavolo con il passo di una tigre, di un capobranco; alle sue spalle, Paulie la guardava incantato, così come il branco di Duncan, un gruppo di circa venti ragazzi. Poggiò il vassoio e li fissò commossa, sorridendo ad ognuno di loro e ricevendo molte speranzose risposte. Nessuno aveva preso quel posto, sapevano a chi spettava, e questa cosa le toccò il cuore. Questa era un'altra prova della vita che si faceva in un riformatorio, basata sul rispetto. E loro avevano molto rispettato Duncan. 
-" Ragazzi, per chi non la conoscesse ufficialmente, questa è Allison McLean, detta Tigre. Sapete tutti perchè è qui e per conto di chi. È lei il boss, adesso. "
Tutti i ragazzi batterono entrambi i pugni sul tavolo, attirando l'attenzione dell'intera sala e proprio come un branco urlarono all'unisono :
-" Tigre! Tigre! Tigre! "
Grida di acclamazione e gioia invasero la sala mensa, facendo sorridere tutti i presenti. Nel suo petto, il cuore le stava esplodendo dalla velocità a cui batteva. Sembrava un mustang imbizzarrito o un branco di lupi in corsa verso una preda. Non aveva mai provato un'emozione simile. Paulie le mise una delle grandi mani sulla spalla e le sorrise con tenerezza dall'alto del suo possente corpo.
-" Benvenuta nel Branco, principessa. "

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Capitolo 13
*** Part 13 + Epilogue ***


BROKEN PIECES - Part 13
 
Giugno
Corse al contenitore più vicino che riuscì a raggiungere e vi rigettò dentro l'insipido pranzo gustato poche ore prima, sotto gli sguardi carichi di compassione del Branco. Da quando Duncan se n'era andato, Allison passava le giornate in palestra ad allenarsi, a lottare; spingeva il suo corpo e la sua mente fino al punto di rottura, finchè il suo stomaco reggeva e i suoi muscoli non collassavano. E nessuno poteva fermarla. Sembrava volesse autodistruggersi, ma, se gliel'avessero chiesto, la nuova capobranco avrebbe risposto di no ed in effetti non era quello il suo intento. 
Come guida per il Branco, era davvero una tigre : aveva un pugno di ferro e un cuore tenero che apriva quasi esclusivamente a Paulie, il suo Dolce Gigante, e al secondino Berry, a cui si era molto riavvicinata. Tutti nel riformatorio la rispettavano; quando passava nei corridoi, nel cortile e addirittura alla mensa, i ragazzi si spostavano per farla passare, abbassando la testa quasi ad inchinarsi al suo cospetto. Nonostante fosse la più piccola creatura di Alkalie Lake, era anche la più letale e rispettata. Tutti conoscevano i suoi aneddoti, la sua forza e il suo carattere e nessuno osava mancarle di riverenza. Era ufficialmente la nuova alpha del riformatorio. 
Paulie, allarmato ma abituato a quella scena quasi giornaliera, s'inghinocchiò accanto ad Allison, sorreggendola e porgendole un piccolo asciugamano stracciato con cui si pulì la bocca; l'odore acre del suo vomito le contorse il viso in un'espressione disgustata e trovò la forza di spingersi indietro, finendo praticamente in braccio al Dolce Gigante. Per lunghi secondi il mondo girò attorno a lei, rallentando gradualmente fino a fermarsi. Si rialzò pian piano, rifiutando silenziosamente l'aiuto dell'amico, respirò una profonda boccata d'aria viziata ed impregnata di odore di detersivo e sudore e s'incamminò come uno spettro verso gli spogliatoi, fendendo la piccola folla del Branco con la sua minuta presenza. 
Prese meccanicamente la sua divisa dallo sportello dell'armadietto di Duncan e cominciò a cambiarsi. Fece tutto in un modo così dannatamente distratto, come se fosse lì solo ed esclusivamente con il corpo. Si sentiva effettivamente così. La sua mente era altrove, cercava costantemente Duncan, il suo re perduto; lo cercava ovunque, nel profumo che si andava lentamente dissolvendo nelle lenzuola, nel posto vuoto al suo tavolo, nell'aria fresca del cortile e nell'umidità delle docce. Lo sentiva dappertutto. Era una presenza così intensa da essere quasi materiale, quasi reale nonostante fosse a chilometri e chilometri dal riformatorio.
Aveva tentato di combattere quel senso di vuoto che provava da quando se n'era andato, ma non c'era riuscita. Ormai sentiva di non poter vivere davvero senza di lui. Aveva finalmente trovato il suo compagno di vita, colui che la faceva sentire al sicuro, che la cullava dolcemente anche a distanza, che incontrava nei suoi sogni più selvaggi e liberi, a correre insieme nelle foreste e volare vicini sopra le cime innevate. Conviveva con questo sentimento sfrenato e quasi animale finchè la notte non calava; poi, nella cella solitaria, si rifugiava sotto il suo piumone, inspirando boccate del suo profumo sempre più fievole, e cominciava a piangere sommessamente fino al momento in cui il sonno vinceva. Arrivava la mattina con la sua luce opaca, le sirene della sveglia e vedeva di nuovo la loro branda vuota e fredda, l'angolo della toletta silenzioso e nessuno che le desse il buon giorno con un dolce ed appassionato bacio. Voleva uscire da quel posto. Voleva tornare da Duncan, tornare ad essere viziata con le sue blandizie, le sue coccole, il suo amore. 
S'infilò nella sua tuta arancione ed uscì dallo spogliatoio, dirigendosi ai bagni superiori, dove si era tagliata i capelli in quella sera ormai lontanissima di un anno prima. Ora che ci pensava, era proprio passato un anno da quando Duncan le aveva accorciato i capelli. Forse era ora di rifarlo.
Si levò frettolosamente la camicia, gettandola in terra, e prese dall'armadietto un rasoio elettrico e lo stesso paio di forbici da cavallo che aveva usato lui. Si guardò intensamente allo specchio, rimirando la sua lunga chioma bionda ancora legata in una coda di cavallo. Sorrise con il cuore che le pulsava in gola. Stava pensando ad una cosa decisamente troppo pazza da fare, ma sentiva che era giusto. Le cose erano cambiate e sarebbero cambiate nuovamente poco meno di un mese dopo. Era ora che cambiasse nuovamente anche lei.
Sciolse i capelli dorati e li inumidì per tutta la loro lunghezza, poi li pettinò con cura distratta, tenendo i suoi magnetici e meravigliosi occhi azzurri incollati al suo riflesso leggermente opaco e macchiato. Per la prima volta dopo molto, si ammiró il fisico rinforzato, privato in pochissimo tempo delle poche morbidezze che possedeva; aveva ancora un fisico quasi secco, ma ormai era un blocco d'acciaio, senza contare che le sue curve femminili ne avevano molto giovato. Perfino il viso era diventato più affilato. Sorrise nel ricordare la sua paffutezza di quasi due anni prima, il modo goffo in cui teneva le spalle incurvate e la magrezza flaccida delle sue braccia. Era passato molto tempo, molto più di quanto non fosse stato in realtà. 
Tornò sulla terra, in quel vecchio bagno silenzioso, i rumori del piano di sotto in sottofondo, e senza indugiare oltre afferrò le forbici affilate e cominciò a tagliare con diligenza tutte quelle belle ciocche poco sopra alla spalla. I capelli caddero leggiadri sul pavimento attorno ai suoi piedi e il suo cuore prese a battere più forte, le mani quasi a tremare. I ciuffi diventavano man mano più corti e i tagli più precisi, anche se quasi fulminei. Li scalò dall'alto, lasciando un ciuffo lungo fino al mento, mentre li accorciò di più sui lati. Rifinì tutto con il rasoio elettrico e poi li pettinò con una strana delicatezza. Si rimirò nuovamente allo speccio e non riuscì a trattenere un grido di sorpresa. Si porto le mani alla bocca e rise con un sollievo quasi isterico. Si trovava fantastica, incredibilmente cresciuta, incredibilmente se stessa. Da molto tempo trovava che quei capelli lunghi non le donassero più : era diventata grande ormai, ed il tempo delle trecce era passato. 
Riordinò il bagno, gettò i capelli nel cestino di metallo arrugginito e si rimise la camicia, poi corse ai piani inferiori con un gioioso ed ormai quasi estraneo sorriso. Stava ripartendo, e lo stava facendo in grande stile. 
~~~
Era sulla veranda della baita a Rockford Lake, con una sigaretta tra le labbra, una bottiglia di whisky sul tavolino accanto alla comoda sedia di legno e lo sguardo perso nel cielo stellato. 
Ora capiva perchè Allison amava quel posto. La baita era in realtà una villa sulla riva del gigantesco Rockford Lake, in una valle circondata da alte cime e una magnifica foresta di sempreverdi, ma non era quello. Era il silenzio. Nessun rumore della città, nessun vicino, nessuna automobile. C'era soltanto la natura, gli animali che sussurravano tra loro, i lupi che chiamavano la luna in lontananza e il cielo che brillava indiamantato. Cominciava a credere che spiriti arcani della foresta, durante quelle magnifiche notti stellate, vagassero attaverso gli alberi fino al gigantesco specchio d'acqua; pensava che si sedessero sulle rive erbose del lago, alzassero i loro sguardi mistici e vedessero chissa quali meraviglie sconosciute agli uomini. Sorrideva spesso a quelle fantasie, ma le trovava piacevoli. Gli tenevano compagnia. 
Si era trasferito lì due giorni dopo essere uscito da Alkalie Lake, giusto il tempo di prendere le sue cose, tra cui la sua moto e la Mustang di Allison, e per dare una bella pulita alla casa. Dalla quantità di polvere che aveva trovato, nessuno ci andava da un bel po' e questo gli dispiacque. Era un luogo troppo bello per essere dimenticato. Passava le notti a fissare il cielo, bevendo forse un po' troppo e fumando una sigaretta o due, mentre di giorno lavorava come tatuatore nella cittadina più vicina. Gli piaceva molto la sua nuova vita, una vita quasi normale, ma mancava la cosa più importante.
Pensava a lei ogni attimo della sua esistenza. Negli ultimi tempi, grazie al suo lavoro, avrebbe potuto approfittare di almeno dieci occasioni per rimorchiare qualche bella ragazza, ma a stento le guardava. Ognuna di loro, dopo Allison, era come morta. Gli mancava, gli mancava terribilmente, e aveva come la sensazione di vivere così passivamente senza di lei. Si chiedeva come stesse, che cosa pensasse, se in quel momento stesse dormendo nella loro branda, se stesse davvero dormendo o se fosse sveglia, ad immaginarsi il cielo stellato di Rockford Lake o a torturarsi come soleva fare quando erano spesso erano insieme, nelle notti tempestose d'autunno. 
Bevve un lungo sorso di whisky, sentendo la sua voce rimproverarlo con un dolce sorriso, come sapeva fare soltanto lei. Non dovresti bere così tanto. Diventerai lento e goffo se continui così. Ridacchiò tra sè e sè e poi tornò a fissare quel manto indiamantato che stava limpido a migliaia di chilometri da lui. L'acqua del lago gorgogliava calma non lontano da lui e qualche grillo dava un po' di colonna sonora a quel silenzio quasi surreale. Era un posto così bello, un posto che rispecchiava perfettamente la sua principessa, quieta eppure piena di meraviglie dentro di sè. 
In quella che doveva essere la sua stanza nei giorni in cui andava lì in vacanza con lo zio aveva trovato cumuli di libri e cd, disegni e peluches. Aveva curiosato un po', trovando nell'armadio un bellissimo vestitino marrone a fiori bianchi e ridendo nell'immaginarsi Allison infilata in quel sacco di patate, e poi aveva visto sul comodino una foto che sembrava di molti anni prima, quasi di un'altra epoca. Riconobbe immediatamente la sua principessa. Aveva i capelli morbidamente sciolti sulle spalle e il viso rotondo, ma presentava già evidenti accenni dello sviluppo che il suo corpo stava affrontando sotto un delicato abitino bianco e azzurro; in viso aveva stampato un sorriso che avrebbe illuminato un palazzo buio, gli occhi come zaffiri nel sole. Era bellissima anche da bambina. Accanto a lei, abbracciata, c'era Valery Johnson con il suo stesso sorriso, quasi gli stessi capelli ed un vestito bianco sfumante al lilla. Gli ritornò improvvisamente in mente il ritratto che Allison aveva attaccato alla parete della sua branda e ne rimase quasi sconvolto. Per un attimo, si sentì mancare l'aria. Non sapeva perchè, ma quel dettaglio lo obbligò a sedersi sul letto morbito e leggermente impolverato, trattenendo a stento le lacrime. In quel momento, volle la sua tigre più che mai. Dopo lo shock iniziale, aveva lasciato lì quella foto e chiuso la stanza, non tanto perchè gli ricordava Allison, anzi, ma perchè non riteneva giusto cambiare proprio quel posto. Si sentiva come se avesse in qualche modo violato uno spazio sacro, e non era assolutamente sua intenzione. L'avrebbe aspettata, poi avrebbero messo a posto per bene la loro nuova casa. Insieme. Per il momento, si arrangiava perfettamente nei pochi spazi che aveva osato invadere.
Finì la sigaretta in un'unica lunga boccata, la spense nel posacenere e rientrò, riponendo la bottiglia di whisky nel minibar. Lavò le poche stoviglie, nonostante ci fosse un'ampia lavastoviglie, salì al piano supriore, all'ultima camera in fondo a destra, la più piccola ma funzionale, quella che aveva scelto per sè per quel lungo periodo. L'unica finestrella dava su un angolo del lago, uno spazio cespuglioso e ricco di arbusti che si evolveva lentamente nella grande e fitta foresta di abeti che circondava Rockford Lake. Nella fioca luce proveniente da quella cameretta, l'unica per miglia e miglia, vide qualcosa brillare proprio tra quei cespugli. Aguzzò la vista e notò che non era solo : due ambre dorate risplendevano come fiochi lumi nell'oscurità e sembravano fissare proprio lui. Nel luccichio delle stelle distinse a fatica il morbido manto grigio e la figura regale che stava nascosta tra gli arbusti. Passarono pochi secondi, poi il lupo scomparve, lasciando un sorriso ammirato e stupito sul viso di Duncan. Per un attimo, gli era parso che fosse Allison.
 
Luglio
Anche luglio era arrivato, portando con sè il Giorno dell'Indipendenza e il caldo cocente. Le piogge tipiche di giugno erano terminate in poco più di due giorni e il cielo azzurro era quotidianamente illuminato da un sole meraviglioso. Nel cortile si respirava l'odore della secca terra sabbiosa bruciata, il tepore del soffice vento estivo e il cambiamento. 
I ragazzi erano molto gioviali, stavano disputando un ardua partita di football, supervisionata da una spensierata e sorridente Allison, seduta su una delle vecchie panche che solo quell'estate avevano fatto la loro comparsa nel cortile. Guardava i suoi compagni battersi per il possesso della palla, esultare per una meta oppure imprecare per un punto mancato, ma alla fine li vedeva sempre come dei cuccioli di leone giocherellare tra di loro. Ogni tanto in mezzo al gruppo le sembrava di rivedere l'ombra di Trent e Duncan, ma non la rattristava. Sapeva che erano in un posto migliore, Duncan fuori da Alkalie Lake e Trent in Paradiso. Ripensava poi a Valery e suo nipote, a quanto felice potesse essere, e sorrideva ancor di più. Forse era il sole, o forse era la consapevolezza che in poco meno di due settimane avrebbe varcato le soglie del riformatorio per poter essere di nuovo libera, poter di nuovo vivere.
Le sarebbe mancato quel posto. Lì era cresciuta, aveva combattuto i suoi demoni ed incontrato le persone migliori di sempre. Aveva imparato che non ogni male viene per nuocere e che anche nel luogo più buio si può trovare la speranza, ritrovare se stessi. Si chiedeva come sarebbe stato dopo la sua partenza. Chi avrebbe preso il comando del Branco? Probabilmente Paulie. E Berry, Finch e il resto delle guardie? Avrebbero sentito la sua mancanza? Sì, glielo ripetevano ogni giorno, e nei loro occhi brillava la sincerità. Forse alla fine non sarebbe cambiato nulla, o magari sarebbe cambiato tutto. Non ne aveva idea onestamente, ma, anche se avrebbe avuto nostalgia dei bei ricordi, non voleva certo ritornare per controllare. 
Puntò i suoi occhi azzurro ghiaccio sulla strada contornata dai prati verde luminescente, quella lunga lingua grigia e luccicante al sole che la richiamava da due anni e nove mesi a quella parte. Dilatò il suo sorriso ferino, sentendo quasi l'odore dell'asfalto invaderle le narici, l'aria che le sferzava il viso, il rumore del motore mentre si allontanava da quell'orrendo palazzo grigio. Quel momento stava arrivando ed era più felice che mai.
L'atmosfera gioviale fu bruscamente interrotta dalla porta metallica del cortile che si apriva cigolando prima del previsto. Il tempo parve fermarsi; tutti i ragazzi si voltarono verso quella direzione. Allison notò ogni singolo sguardo incupirsi, ogni compagno diventare una spaventosa statua di sale. Quando anche lei vide chi stava entrando, spalancò gli occhi color ghiaccio. Scortato come un sacco d'immondizia da due secondini e lanciato malamente in mezzo alla terra secca, Scott Laughton si copriva gli occhi dall'accecante luce solare, gemendo e rialzandosi tentennando, fallendo e ricadendo. Era in condizioni pietose : puzzava da far schifo, la sua pelle era bianca come quella di un cadavere e portava barba e capelli completamente incolti; erano palesi i segni della sporcizia e del degrado su ogni parte di lui, compresa la tuta arancione diventata ormai di un colore indefinibile. 
Allison si alzò in piedi automaticamente, avvicinandosi lentamente, così come tutto il Branco stava facendo. Si ritrovò accanto a Paulie, entrambi con uno sguardo così apatico da far spavento, a pochi metri da quello che una volta era stato il terrore di Alkalie Lake. Sentivano un concitato brusio di completo disappunto tutto intorno a loro ed Allison percepì chiaramente la tensione crescente nelle guardie che pattugliavano il cortile. Nel frattempo, Scott sembrava riuscire a tollerare la luce del sole e non appena si vide circondato dal gruppo di detenuti si fece piccolo e con occhi pietosi, come un cane randagio. 
-" Che diavolo ci fa qui questo sacco di merda? "
chiese qualcuno, con voce gelida, e Paulie rispose : 
-" Evidentemente il periodo di isolamento è finito. Boss, che ne facciamo del sacco di merda? "
Tutti si volsero verso Allison, che, con le braccia incrociate al petto ed un aria fieramente pensosa, fissava con freddo disprezzo l'ex terrore del riformatorio. Non riusciva a credere che quello fosse lo stesso mostro che un anno addietro aveva tentato di violentarla, che l'aveva traumatizzata e terrorizzata per mesi, tanto da spingerla ad imparare a lottare contro degli armadi una volta e mezzo più grandi di lei. Chiaramente l'isolamento gli aveva impartito una bella lezione, e di questo era molto soddisfatta. Con una certa tristezza ammise di provare piacere nel vederlo in quello stato e quasi sorrise al lato più sadico di lei. 
Scott la stava guardando sconvolto, pallido forse più di prima, con un crescente terrore negli spiritati occhi verde sporco. Avrebbe voluto spaventarlo ulteriormente, ma si sarebbe soltanto abbassata al suo livello. 
-" Nulla. Nessuno gli parlerà, lo guarderà e lo terrà in considerazione o alzerà mai le mani su di lui. Dovrà diventare il manichino di Alkalie Lake, dimenticato da chiunque. Dovrà essere un morto tra i vivi. Fin quando io sarò il capo qui, queste sono le regole. Paulie, quando il comando passerà a te, deciderai cosa fare poi. "
Sorrisi carichi di malvagia soddisfazione si dipinsero sui volti dei ragazzi del Branco, che pian piano si allontanavano da quell'essere indegno; gli unici a rimanere furono proprio Allison e Paulie. Mentre lei teneva gli occhi fissi su Scott, guardandolo strisciare via sempre più impaurito, lui la guardava a bocca aperta, incredulo per le ultime parole pronunciate.
-" I-io? Al comando? "
Solo in quel momento Allison si volse verso il gigante, con un gioviale ed orgoglioso sorriso.
-" Sì, tu. Saresti stato tu l'erede al trono se non ci fossi stata io, quindi è giusto che questo diritto ti ritorni. Sarai un ottimo capobranco, so che mi renderai più che fiera. "
Quelle dolci frasi toccarono il cuore del ragazzone, che, in lacrime di commozione, abbraccio forte la sua piccola Tigre. La strinse con delicatezza, ma le fece sentire tutto l'affetto che provava per lei. Da molto tempo qualcuno non gli diceva quanto fosse fiero di lui ed Allison era stata la prima; ed era stata anche la prima amica che avesse avuto, la prima ad aver visto com'era in realtà e la prima ad aiutarlo a diventare se stesso e non ad essere il ciclopico criminale che tutto il resto del mondo aveva conosciuto. 
Non era stato l'unico. Nei pochi mesi in cui Allison aveva avuto il potere, ognuno dei ragazzi era diventato qualcun'altro. Forse era stata la sua gentilezza, o forse la sua delicatezza di ragazza, ma qualcosa in lei aveva fatto cambiare gran parte del riformatorio. Era stata il raggio del cambiamento, quello di cui quei ragazzi avevano bisogno. Perchè non erano solo criminali, erano anche esseri umani, esseri umani con problemi, insicurezze, paure, tutte cose che un gesto amorevole poteva curare. Ed Allison, di gesti amorevoli, ne aveva fatti tanti, a partire dall'ascoltare le storie di ognuno dei suoi compagni all'ora di lettura di un libro in biblioteca. Più che un capo, era diventata mamma e sorella, quella che per molti era sempre mancata e per cui avevano sempre pregato. Ora avevano la forza e capivano quanto Duncan Nelson, il Marcio per i tabloid, fosse fortunato ad avere una compagna come lei.
 
Quella sera, nella mensa, c'era un clima molto allegro. Nonostante il ritorno dello zombie Laughton, i ragazzi si erano molto divertiti quel pomeriggio ed anche le guardie parevano essersi godute quel duro match di football. Tutti stavano cenando e chiacchierando concitatamente, riempiendo la grande stanza di quel calore e quell'allegria che ad Allison tanto piacevano; lei al contrario era silenziosa, sorridente ma quieta, e, come spesso faceva, si guardava intorno e controllava che tutto fosse in ordine. 
Ad un tratto, però, alcune guardie abbandonarono la mensa in fretta e furia, seminando un po' di panico nello stanzone. Allison stessa sentì la tensione crescere sulla sua pelle, che cominciò ad intirizzirsi. Che sta succedendo? , leggeva sulle facce del suo Branco, guardandosi perplessi l'un l'altro. Tutte le guardie cominciavano ad attaccarsi alle radio, una corse verso i telefoni, la maggior parte abbandonò la mensa. Stava accadendo qualcosa di grave, molto grave. Si sentiva nell'aria. 
Tutti volsero gli sguardi preoccupati verso la biondina, la quale aveva indossato la sua maschera di gelida calma che ormai i ragazzi conoscevano molto bene.
-" Continuate a mangiare. Torno subito. "
Si alzò rapidamente dal tavolo, camminando in mezzo alla sala come un fantasma e andando direttamente da Berry, pallido come un cencio ed evidentemente nervoso.
-" Che succede? E non dirmi niente. "
Il secondino non oppose alcuna resistenza di fronte alla durezza della ragazza e prima di parlare sospirò.
-" Scott Laughton ha appena tentato il suicidio nella sua cella. "
La notizia, stranamente, non toccò minimamente Allison. Non era sorpresa. Era sempre stato un codardo, non sarebbe cambiato nemmeno dopo mesi e mesi in isolamento, questa fu soltanto l'ultima conferma. Sperava che sopravvivesse : voleva che i demoni che l'avevano spinto a questo lo tormentassero fino alla fine naturale dei suoi giorni. Questo era quello che meritava per tutto ciò che aveva fatto e questa era l'ennesima conferma del trionfo di Allison. Lei aveva sconfitto i suoi mostri con le sue fragilità, lui, con la sua finta durezza e il suo cuore torbido, li aveva soltanto nutriti.
-" Fammi sapere. E dì agli altri secondini di non mettere così tanto panico, per favore. "
Berry annuì e lei tornò al suo posto, con gli occhi dell'intero branco puntati addosso.
-" Niente di grave, il sacco di merda voleva fare l'addobbo appendendosi al soffitto. Continuate a cenare tranquilli, noi non abbiamo nulla di cui preoccuparci. "
Non che fosse stato molto carino, ma tutti tirarono un sospiro di sollievo e ripresero a mangiare e chiacchierare con calma. Era grottesco il modo in cui tutti odiassero Scott Laughton, così tanto da non curarsi della sua vita o morte. Ma per tutta la vita si era fatto odiare ed aveva fatto del male a così tante persone... Sarebbe stato assurdo che qualcuno avesse potuto amarlo per davvero. Era l'unica persona al mondo di cui Allison avesse quest'opinione. 
Finita la cena, tutti tornarono alle rispettive celle con calma e quasi con serenità; l'unica cosa che smorzava la tranquillità erano i secondini che correvano avanti e indietro e la presenza di polizia ed ambulanza nel cortile, tutti con le sirene e i lampeggianti spianati. Era molto disturbante che delle autorità estranee ad Alkalie Lake fossero lì, per questo molti dei detenuti dormirono poco o male. 
Lei era sveglia sotto il piumone profumato, ad ascoltare i suoni lontani sola nella sua branda fissando i disegni dalla parte opposta della cella, e per un solo momento si sentì in colpa. Pensava che fosse stato per la nuova regola imposta quel pomeriggio che Scott avesse deciso di compiere un gesto tale, ma poi si rese conto di quanto stesse sbagliando. Lui stesso aveva decretato la sua condanna a morte molto tempo prima, in quella gelida e piovosa mattina di un lontano febbraio, quando per arroganza e lussuria aveva deciso di volerle fare del male, e poi ancora quella sera nelle docce, quando per poco non c'era riuscito. Scott Laughton era morto molti mesi prima, ma ancora non se n'era accorto. Lei, invece, era riuscita a sopravvivere.
~~~
Come ogni mattina, dopo essersi svegliato, lavato e vestito, era sceso in cucina per prepararsi la colazione e nel mentre aveva acceso la piccola televisione posta in un angolino vicino all'entrata della stanza. Stava mettendo quattro deliziosi pancake a cucinare e segnando un giorno in meno sul calendario quando una giornalista nominò qualcosa nel suo interesse.
-" La notte scorsa, nel penitenziario minorile di Alkalie Lake, uno dei detenuti ha tentato il suicidio impiccandosi ad una delle brande. "
Duncan mollò la presa sulla forchetta, inciampando poi su una delle sedie, e si lanciò davanti al televisore con gli occhi sbarrati; vide la giornalista in piedi nel cortile del riformatorio, circondata da secondini, una volante della polizia e l'ambulanza nella serata scura che contornava l'edificio.
-" Il detenuto in questione, Scott Laughton, diciotto anni, era stato condannato per crimini sessuali a venticinque anni di carcere, da scontare ad Alkalie Lake fino al raggiungimento della maggiore età. Il direttore del carcere minorile Abraham Harrison dichiara che il ragazzo soffriva di gravi disturbi mentali, tra cui la schizofrenia. In questo momento si trova al Saint Helena Hospital di Aprilville, ma non è ancora stata sciolta la prognosi... "
Duncan rimase per lunghi secondi a fissare stordito lo schermo, come se il suo cervello si fosse spento, poi corse di scatto al telefono e digitò tremando il numero di Alkalie Lake. Riconobbe all'altro capo la voce di Finch, ma non si perse in ciance, aveva di meglio a cui pensare. O di peggio.
-" Devo parlare con la detenuta McLean. "
-" Attenda in linea. "
Un silenzio ronzante e frustrante calò dall'altra parte del filo, facendolo innervosire terribilmente. Era preoccupato come non mai e non sapeva il perchè. In fondo era di Scott Laughton che avevano parlato, perchè essere così ansiosi? Perchè quel bastardo era uscito dall'isolamento. E fuori c'era Allison.
-" Pronto? "
La voce confusa ma sana della sua principessa lo fece volare per il sollievo. Quasi non riusciva a credere di risentire la sua voce dopo due mesi. Era davvero passato così tanto tempo?
-" A-Allison? Principessa, sono io. "
-" Oh mio Dio! Tesoro, come stai? "
La felicità nella voce della sua piccoletta gli tolse il fiato e lo fece sorridere come un ebete. Non poteva vederla, ma sapeva perfettamente che in quel momento anche lei sorrideva, rossa in viso e con gli occhi azzurrissimi che brillavano di gioia ed euforia. Era bellissima, come sempre. 
-" B-bene, e tu? Ho sentito di Laughton al telegiornale... Dimmi che stai bene piccola. "
-" Sto benissimo, sta' tranquillo. Qui va tutto benone. Come mai tanta preoccupazione? "
Duncan sospirò al pensiero di cosa quella bestia avrebbe potuto farle.
-" Nulla, nulla... Soltanto... Beh, quello stronzo. "
La risata cristallina di Allison cancellò ogni singolo problema al mondo. Dio, come gli mancava.
-" Sì, immagino... Ma lo sai che sono cambiata. È diverso adesso. E comunque, non potrà più fare nulla a nessuno. Lo trasferiranno in un manicomio criminale. "
-" Bene... Mi fa piacere che te la cavi anche senza di me. "
-" Mi hai insegnato tu come fare, Grande Lupo Cattivo. "
Duncan ridacchiò a quel soprannome, sentendo una gioisa nostalgia e una grande commozione dentro di sè. Era così fiero di lei. Ripensando alla Allison di quasi tre anni prima, non riusciva a credere che fosse cambiata così tanto. Eppure eccola lì, potente più che mai, una splendida donna pronta a sbocciare. La sua splendida donna.
-" Ora devo andare, Berry mi sta per strappare il telefono di mano. Manca poco Duncan. Manca poco. Ti amo. "
-" Non vedo l'ora principessa. Ti amo anch'io. "
La chiamata s'interruppe e Duncan si sentì il cuore pieno di felicità. Controllò il calendario ed effettivamente mancavano meno di due settimane. Meno di due settimane e lei sarebbe tornata. Sorrise pieno di energie e decise che quel giorno era l'ideale per mettere a posto un po' di cose.
 
Erano le tre del pomeriggio quando arrivò ad Aprilville. Il sole era come sempre splendente ed il cielo limpido, ed il caldo era smorzato da una piacevole brezza estiva. Malgrado fosse un cimitero, quello di Aprilville era un posto molto piacevole in cui stare. Non era cupo od ombroso, ma alla luce del sole, pulito e dalle lapidi semplici. Camminò a lungo prima di trovare la tomba che stava cercando, ma alla fine eccola lì, non lontana da un albero di faggio che la copriva parzialmente dai cocenti raggi del sole. La lapide era di un bianco forforescente, semplice e squadrata, un po' come Trent; qualcuno, probabilmente Gwen, aveva piantato un'adorabile piantina di narcisi gialli che incredibilmente erano ancora in fiore. C'era una sola scritta sotto il nome e la foto del ragazzo : I drove for miles and miles and wound up to your door, I've had you so many times but somehow I want more, una strofa di She Will Be Loved dei Maroon 5. Ricordava bene tutte le volte in cui canticchiava quella canzone e sorrise. Gli dispiaceva non aver mai fatto di più per quel ragazzo, ma era inutile ed ipocrita farlo ora che era troppo tardi. 
Si tolse i Ray Ban da sole che Allison aveva lasciato nella Mustang e pregò solennemente per lunghi minuti, promettendo a Trent, il fratello perduto della sua compagna, che avrebbe realizzato il suo ultimo desiderio. 
Si rimise poi gli occhiali ed uscì commosso dal cimitero, rimontando in auto ed accendendo lo stereo di nuova generazione che aveva fatto montare insieme a Chris; sapeva che Allison detestava le vecchie radio, e dopo turni su turni in biblioteca con Carven le avrebbe odiate ancora di più. Con gli AC/DC a tutto volume in sottofondo, si diresse sfrecciando sull'autostrada verso Castle Rock. Fece per cinque volte il giro della città alla ricerca di quel maledetto appartamento e alla fine lo trovò. Era ormai sera, ma non gli interessava; non era molto tardi ed in qualunque caso non sarebbe tornato indietro, non quel giorno.
Il posto che stava cercando si trovava in un tranquillo quartiere residenziale a metà strada tra il centro e la periferia; non era un luogo per ricchi, ma non si trattava nemmeno di favelas, anzi. Tutte le case erano piccole e sembravano confortevoli, con un ampio giardino e dei bei vialetti lindi ed ordinati. Parcheggiò la Mustang davanti alla numero 223, in cui le luci erano accese. Si sistemò la giacca e si tolse gli occhiali, poi pigiò il pulsante del campanello ed attese. Ad aprire la porta fu un sorpresissimo Viktor in canottiera e pantaloni della tuta dall'aria felicemente stanca, che lo fissò dall'alto in basso prima di salutare senza far trapelare alcuna emozione.
-" Hey. Sei l'ultimo di cui mi aspettavo una visita. "
-" Immagino... "
Entrambi i ragazzi ridacchiarono forse un po' imbarazzati, stringendosi però calorosamente la mano; entrarono nell'accogliente seppur piccola casetta e Duncan udì la gioviale voce di Valery arrivare dalla cucina; un delizioso profumino proveniva dalla stessa direzione e dedusse che era arrivato al momento giusto.
-" Hey tesoro, chi era? "
I capelli bruno rossicci della ragazza spuntarono dalla porta e s'illuminarono appena videro Duncan. 
-" Oh Gesù, guarda chi si vede! Vik, non mi avevi detto che il nuovo armadio a muro sarebbe arrivato così presto! "
Tutti risero alla battuta di Valery, che accolse il ragazzone con un dolce ed affettuoso abbraccio. I due coniugi si affrettarono a far accomodare l'ospite nel piacevole salotto e Viktor portò due birre fresche, lasciandosi poi cadere sul morbido divano accanto al ciclopico amico.
-" Allora, come mai da queste parti? "
chiese, sorseggiando dalla bottiglia. Duncan lo imitò, apprezzando l'ottima qualità dell'alcolico.
-" Ero in giro ed ho pensato di venire a trovarvi. È da un po' che sono uscito, ma non ho mai avuto molto tempo, così ne ho approfittato. "
-" Capisco. Anche noi siamo stati occupati... "
Duncan sorrise con dolcezza ed una grande emozione, molto palpabile dai suoi occhi acqua marina che si illuminarono tutt'a un tratto.
-" Il bambino? "
Negli occhi di Viktor si accese una luce di gioia inquantificabile ed automaticamente puntò gli occhi verso Valery, che stava cucinando allegramente sulle note di una canzone dei Blink-182. Si capiva immediatamente quanto quel ragazzo amasse la sua famiglia e Duncan ne fu toccato.
-" Proprio lui. Cresce ogni giorno più in fretta, fa già sentire vecchio suo padre. "
Risero entrambi, poi Viktor lo invitò ad alzarsi e lo condusse in cucina, dove sul seggiolone stava un fagottino di ciccetta ad osservare sorridente la mamma che canticchiava e ballava goffamente. Era un quadretto meraviglioso, pensava, quasi non riuscendo a crederci. Si avvicinò con cautela, attirando l'attenzione dell'ometto. 
-" Salve signor capitano! "
Gli porse il dito ed il bimbo sorrise immediatamente, afferrandolo con le minuscole manine. Si sentì il cuore pieno di gioia e di un sentimento a lui sconosciuto ma stupendo che lo scaldò.
-" Come si chiama? "
Fu Valery a rispondere, guardando commossa l'affetto innato che suo figlio provava per lo zio.
-" Andrew. Vuoi tenerlo in braccio? "
Duncan si voltò sconvolto e rosso in viso. Non riuscì a parlare, perciò annuì, e Valery fu più che felice di mostrargli come tenerlo. Quando ebbe il piccolo tra le braccia, non riuscì a trattenere le lacrime. Era una creatura bellissima, identico alla madre ma con gli occhi del padre, e si sentì onorato di averlo tra le braccia. Il suo nipotino. Non avrebbe mai pensato che un bambino potesse fargli tale effetto. Era così piccino... Essere papà doveva essere qualcosa di eccezionale. 
-" Vi assomiglia... Bula-bula-bula! "
Andrew ridacchiò alla buffa smorfia dello zio, e così i genitori, che riconobbero di avere un nuovo membro in famiglia. Era bello poter accogliere qualcuno che aveva fatto così tanto per sua sorella e nei suoi occhi aveva riconosciuto tutto l'amore che provava per lei. Era davvero felice e sapeva che lo sarebbe stata anche Allison. Se lo meritava.
-" Ti fermi per cena? "
Alla domanda di Valery, con quello sguardo carico di gioia e speranza, Duncan non potè assolutamente rispondere di no.
 
La serata passò in tutta tranquillità tra risate, chiacchiere, un chiassosissimo ed energico Andrew e una gustosissima cenetta. Valery ai fornelli era un vero fenomeno. Quando arrivò l'ora dei saluti dispiacque a tutti, era stata una bella avventura per tutti. 
Duncan abbracciò affettuosamente Valery e salutò calorosamente Viktor, per poi rimettersi in marcia verso casa. Era felice. Aveva constatato di avere una nuova famiglia ormai. Ora mancava soltanto la sua principessa. E mancava davvero poco.
~~~
Quella sera i cuochi avevano addirittura acceso la radio, collegandola agli altoparlanti della mensa, per fare da colonna sonora a quel grandissimo evento : uno degli ospiti più importanti nella storia di Alkalie Lake il giorno seguente avrebbe lasciato la struttura, tornando ad essere libero. Nonostante la crescente malinconia e nostaglia, l'atmosfera era carica di felicità. Tutti ridevano, cantavano, alcuni addirittura ballavano; le guardie giocavano a carte con i detenuti in gruppi da sette e alcuni sfruttavano il piccolo televisore rubato alla biblioteca per seguire la partita di football che si stava svolgendo quella sera, organizzando scommesse su cui si puntava qualsiasi cosa. Harrison aveva dato il consenso alla preparazione di un ottimo e lauto pasto per tutti, pollo arrosto con patate e una squisita torta con frutti di stagione per tutti. La festa continuò fino a tardi, molto oltre l'orario di regolamento, ma a nessuno importava. In fondo, perfino il Grande Capo era sceso a fare visita ai ragazzi, finendo col giocare con loro a poker e perdere miseramente per tre volte di fila. 
Avevano ballato e cantato per ore, animando Alkalie Lake di uno spirito mai visto. Per la prima volta in tutta la storia di quella triste struttura, nessuno era triste e nessuno pensava alla pena del domani, di un altro giorno da scontare senza poter respirare l'aria fresca, o fissare il cielo notturno, o uscire con gli amici. Era tutto perfetto, tutto così dannatamente perfetto. Sembrava che il tempo si fosse fermato con tutta quella gioia. Era forse un sogno? Onestamente, nessuno lo sapeva con certezza, nemmeno i membri più introversi di quel nuovo ed estraneo gruppo. 
In una sola serata l'intero riformatorio era cambiato. Nessun secondino, nessun direttore, nessun detenuto. Erano tutti uguali, tutte persone, che fossero giovani o più mature, e tutti stavano insieme a ridere, giocare, a godersi la reciproca compagnia e a scoprire lati nascosti di ognuno di loro. Quella sera il Branco non fu un gruppo ristretto di ragazzi detenuti, bensì l'intero istituto, guardie e direttori compresi. Qualcosa di simile fino a due giorni prima era stato ritenuto impossibile da ogni fronte, perfino da quello più ottimista e speranzoso, ed ora eccoli là, tutti quanti allo stesso bancone ad urlare su una scommessa persa o su quale artista country tra Johnny Cash e Kris Kristofferson fosse migliore, o ancora a ballare su un tavolo in barba a leggi civili e regole penitenziarie. Era uno spettacolo incredibile. Avrebbe voluto che tutto il mondo potesse vederlo, ma non era necessario. Bastava a lei, bastava a loro. Perchè quello era un luogo al di fuori del mondo, era oltre il reale e oltre le regole umane; dopo quei cancelli e quelle recinzioni, tutto finiva e una nuova vita ricominciava. Una vita di prigionia, di stress, di demoni, ma anche di amore, di fratellanza e di crescita. Questo era stato Alkalie Lake. Di questo si sarebbe ricordata per il resto della sua vita. Avrebbe ricordato quella serata. Avrebbe ricordato un'intera famiglia. La sua. 
 
Ad attenderla oltre la tenda c'erano Paulie e Berry. Quella mattina, il vecchio secondino Rileigh le aveva fatto trovare un paio di bellissimi jeans, una camicetta, anfibi ed un chiodo, tutti indubbiamente neri e probabilmente provenienti da suo zio, mentre Paulie l'aveva aiutata a preparare le valigie; il dolce gigante aveva pianto per tutto il tempo, era stato incapace di celare la sua infinita tristezza. Già sentiva la mancanza della sua migliore amica, l'unica che avesse avuto in lunghi anni.
Si guardò per un secondo prima di uscire, sentendosi completamente estranea in quei vestiti. Era davvero strano ritornare ad indossare degli abiti civili, quasi la spaventavano, ma non si vedeva male in essi. Scostò la tenda e i due uomini la fissarono a bocca aperta, sconvolti nel vedere quanto bella fosse. Sorrise imbarazzata, arrossendo e continuando ad abbassare la testa per celarlo, anche se in vano. Paulie le andò incontro, osservandola con un sorriso incantato e quasi ebete dall'alto in basso, ammirandola in tutto il suo giovane e quasi infantile splendore.
-" S-sei bellissima... "
Allison ridacchiò timidamente, ma tornò subito seria, anche se con le labbra piegate in un sorrisino.
-" Mi mancherai. "
Il gigante l'abbracciò immediatamente, stringendola con tutto l'affetto che potesse darle e cominciando a singhiozzare nuovamente; nascose il viso paffuto nel collo pallido della ragazza, inumidendolo con lacrime salate che non riuscì a trattenere in alcun modo. Si era ripromesso di non piangere più, di non farla sentire male e di essere felice per lei, perchè stava avendo il privilegio di abbandonare quel luogo e di ricominciare a vivere insieme al suo Duncan, ma non vi riuscì. Non che fosse triste per lei, anzi, ma già ne sentiva l'infinita nostaligia. Da quel momento, Alkalie Lake sarebbe tornata il grigio inferno che era stato due anni prima. O forse no? Non ne era sicuro, ma una cosa era certa : sarebbe stato molto più brutto senza di lei.
Allison ricambiò l'abbraccio, piangendo sommessamente a sua volta. Molte volte Paulie era stato la sua ancora di salvezza, tanto quanto lo era stato Trent a suo tempo; l'aveva sostenuta durante i suoi crolli e l'aveva portata in infermeria ogni volta che agli allenamenti si era sentita troppo male. Era stato il suo nuovo fratellone, non una sostituzione, semplicemente un nuovo membro dlla famiglia. 
-" Ti voglio bene... Mi mancherai anche tu... "
-" A-avrei solo voluto incontrarti in un posto diverso... "
-" Verrò a trovarti Dolce Gigante, promesso.. E quando uscirai ti verremo a prendere. "
La sirena e l'enorme portone si spalancarono, interrompendo quel momento di amichevole intimità tra i due, che si rassettarono a vicenda. Non appena Allison lanciò lo sguardo sul cortile, vide che era colmato dalla presenza di ogni detenuto di Alkalie Lake, i membri del Branco in pirima fila, e da tutte le guardie del penitenziario minorile. Tutti guardavano nella sua direzione in un silenzio solenne, alla luce del caldo sole mattutino che inondava la prateria circostante. L'aria profumava di rugiada. Percepì un soffio al cuore, un'emozione incomparabile e mai provata prima. Erano tutti lì per lei, per darle l'ultimo saluto che si meritava e che nessun detenuto prima di lei aveva mai ricevuto. Era sconvolta, non si capacitava di quella meravigliosa e scioccante sorpresa. Non poteva essere più felice, pensò, ma si sbagliava : questo era solo l'inizio.
Il rombo di un motore potente falciò la quiete e a quel suono il mare di ragazzi si divise in un piccolo corridoio, mentre le recinzioni si aprivano una dopo l'altra, pigramente e ronzando nell'eco lontano. Ogni sensazione fu moltiplicata per mille, dal contatto con la brezza leggiadra all'intensità dei colori e degli odori fino al più flebile respiro. Era semplicemente devastante. 
Con gli occhi colmi di felici lacrime, lacrime che non versava da anni ed anni, si voltò verso Berry, stringendolo in un abbraccio disperato. Non l'avrebbe mai dimenticato, di questo era sicura. Il suo secondino preferito, il primo che le aveva dato il benvenuto nel penitenziario, la prima amicizia che aveva avuto, la guardia perfetta dal nascosto cuore d'oro. Ritornò per un attimo a quel primo giorno, in ottobre, appena varcate le due recinzioni da cui ora stava per uscire, stavolta per sempre, e si sentì il cuore colmo di mille emozioni. 
-" Avanti, corri! "
gridò il secondino, quasi lanciandola via, ed Allison partì. Fu in quel momento che la folla esplose. Urla, fischi, feste, salti; niente di simile si era mai visto ad Alkalie Lake prima d'ora. Mentre quell'angelo biondo correva verso la libertà, un'ovazione invase la pianura, assordando e caricando chiunque. Allison per prima sorrise al mare di volti che stava attraversando di corsa, nonostante fosse in lacrime, e sentì una scarica elettrica sfolgorare lungo ogni singolo capillare nel suo corpo; il suo cuore stava scalpitando selvaggio e i suoi occhi sfolgoravano di un'emozione sconosciuta ad ogni essere umano, da tanto forastica e violenta che fu. 
In un tempo brevissimo ed infinito, giunse alla fine di quel lungo corridoio di corpi, anime, cuori e si fermò bruscamente. Proprio davanti all'uscita stava in Grande Capo in persona, con il suo abito migliore e i due bagagli della ragazza; sorrideva dolcemente a quella piccola teppista scompigliata dall'emozione e dalla fatica e per la prima volta da anni si lasciò andare davvero. Poggiò i borsoni a terra e la strinse in un affettuosissimo abbraccio paterno, aumentando ancor di più l'euforia dei galeotti; Allison ricambiò quasi rabbiosamente quella stretta, ringraziando silenziosamente quel vecchio soldato per averle dato tanto in quel quasi infinito cammino di sofferenza. 
-" Sei stata l'angelo di questo posto. Non ti dimenticherò mai, Tigre. "
-" Grazie signore. Lo stesso vale per lei. È stato un ottimo comandante. "
Una lacrima rigò il volto segnato del duro Harrison, che asciugò con le grandi mani ruvide il visetto delicato della piccoletta che in qualche modo gli aveva cambiato la vita.
-" Non farti più vedere da queste parti, teppistella. "
Le porse i borsoni e si fece da parte. 
Ed eccolo lì, bellissimo come sempre, tutto in nero e fasciato da un sensuale giubbotto di pelle, che la aspettava fuori dall'auto rossa fiammante con un sorriso stupendamente felice. Un grido di pura gioia scaturì dalla sua fragile eppure potentissima gola, prese nuovamente a correre e saltò in braccio al suo Duncan, che la sollevò da terra come un'esile bambolina di pezza, stringendola a sè, baciandola e facendole ogni festa possibile. Urla ancora più forti, se possibile, uscirono dal cortile di Alkalie Lake mentre i due ragazzi si riunivano con dolci baci e in un fortissimo abbraccio, dicendosi mille cose che soltanto loro compresero tra i pianti di gioia, le grida e tutta l'euforia che aveva preso il posto dell'aria in quella pianura. Era così surreale, non credeva possibile che il momento che aveva sognato per mesi e mesi fosse finalmente arrivato, eppure era lì, tra le braccia del suo Grande Lupo Cattivo fuori da Alkalie Lake.
Duncan caricò i borsoni nel bagagliaio della Mustang ed Allison corse al porto del passeggero, salutando a non finire i suoi cuccioli mentre le recinzioni si richiudevano alle spalle dell'auto e qualche guardia sparava a salve alcuni potenti colpi di addio. Tutti avrebbero sentito la mancanza di quella ragazza angelo che aveva salvato molte anime in quel luogo di morte spirituale e da quel momento nulla sarebbe più stato lo stesso. Ancora una volta, Alkalie Lake mutava.
 Il ragazzo fece avviò il motore rombante e partì sgommando, suonando il clacson a non finire; Allison si sporse un'ultima volta dal finestrino agitando la mano e piangendo, dicendo addio non solo i suoi grandi amici, ma anche all'enorme edificio mangiatore di anime che per molto, molto tempo l'aveva ospitata, l'aveva spaventata, cullata, cresciuta, temuta. Salutò il suo luogo di ritiro spirituale e il suo fantasma finchè non sparì dietro agli alberi che per mesi aveva osservato da una prospettiva diversa. Non credeva che sarebbe stato così semplice, ma ora era lì, in auto con il suo fidanzato in rotta per la sua nuova vita. In libertà.
-" Andiamo a casa? "
Duncan le sorrise con una dolcezza inquantificabile, posando delicatamente una mano sul ginocchio della sua piccoletta. Nemmeno lui credeva possibile che fosse davvero in quell'auto con lui. Aveva aspettato così tanto...
-" No. Non ancora. "
Si guardarono per un breve secondo negli occhi e per Duncan non ci fu bisogno di ulteriori chiarimenti, sapeva esattamente dove portarla. Appena arrivato sulla strada principale, imboccò la prima uscita a sud-ovest. 
~~~
Epilogue
Lungo la strada avevano parlato di mille cose, a partire dal nuovo lavoro di Duncan fino alla stravagante e bellissima pettinatura di Allison. Per tutto il tempo, l'abitacolo della Mustang fu colmato soltanto da chiacchiere gioviali, risate e buona musica. Era bello, pensavano entrambi, anzi, bellissimo poter finalmente essere liberi insieme. Avrebbero ricominciato la loro vita insieme, in compagnia di Valery e Viktor e del loro figlioletto Andrew e chissà, magari avrebbero potuto mettere su famiglia anche loro, in qualche modo. 
Duncan narrò delle mirabolanti avventure allo studio di tatuaggi, di quanto adorasse quel lavoro e di quanto gli sarebbe piaciuto che anche Allison andasse a lavorare lì; aveva talento, diceva, e molto probabilmente era vero. Ci avrebbe fatto un pensierino. Allison invece gli raccontò di tutti gli allenamenti e gli incontri nel penitenziario, di tutte le volte in cui aveva vinto e di quando aveva iniziato un nuovo ospite di Alkalie Lake. In quei mesi ne avevano passati entrambi delle belle e di sicuro non si erano annoiati.
Nel frattempo, giunsero a destinazione. Dopo aver parcheggiato la Mustang rossa fiammante, varcarono il cancello ed entrarono in quello spazio aperto e fresco in cui brillava calda la luce del sole pomeridiano; tutti gli alberi erano in fiore ed il prato era di un sano verde fosforescente. Si avviarono lentamente, mano nella mano, scrutando i nomi sulle lapidi e facendo una piacevole passeggiata nel silenzio pacifico di quel luogo sacro. Alla fine, giunsero al luogo predestinato, un posto che Allison non aveva mai lasciato spiritualmente, che, come Alkalie Lake, si era tenuto un buon pezzo della sua anima. Si sentiva quasi nervosa, era molto agitata, anche se non ne conosceva il motivo. Era strano tornare in quel posto dopo così tanto tempo e realizzare un'ultima volta che ora iniziava qualcosa di nuovo.
S'inginocchiò e sorrise alla foto del suo fratello perduto, carezzandola delicatamente con la punta dell'indice fino; Duncan rimase due passi indietro : pensava che fosse più rispettoso lasciare a quei due un piccolo momento insieme.
-" Ciao fratellino. Come hai visto, sono uscita e sono venuta a trovarti. In fondo, te l'avevo promesso e sai che mantengo sempre le mie promesse. Nei prossimi giorni andrò a trovare anche Gwen, ma per il momento sono qui. Volevo solo dirti che sono guarita. Sono sopravvissuta. Adesso sto per cominciare una nuova vita con Duncan, lo amo e lui ama me e mi rende terribilmente felice. Vorrei che fossi stato con lui oggi, ad abbracciarmi e coccolarmi, ma... Beh, alla fine sei sempre con me, vero fratellino? Ti adoro, ti adorerò sempre e sempre sarai nei miei pensieri. Sicuramente sarai in un posto migliore, ma sappi che mi manchi. Mi manchi da morire. Ti voglio bene Trent. Infinitamente. "
Lasciò che qualche lacrima le sfuggisse, ma non era un pianto di disperazione, quanto più di nostalgia e forse di sfogo. Per molto tempo aveva atteso quell'attimo ed ora, giustamente, le sembrava surreale. Davvero era lì? Davvero era libera? Davvero stava portando a termine una delle promesse più importanti che avesse mai fatto? Sì, era proprio così, il tempo dei sogni era finito.
Si alzò lentamente, spazzandosi le ginocchia, e lasciò il suo piccolo debito sulla tomba di Trent, per poi incamminarsi insieme all'amore della sua vita verso la Mustang. Lanciò un ultimo sguardo alla lapide candida e quasi luccicante sotto i raggi del sole e sorrise orgogliosa. 
Questa volta fu lei ad accomodarsi al posto del guidatore, più entusiasta che mai. Indossò i vecchi Ray Ban di suo padre e come colonna sonora scelse Good Times degli All Time Low, poi avviò il motore, sorridendo elettrizzata al volante in legno massello.
-" Allora principessa, dove andiamo? "
Già alla guida, Allison sorrise fieramente, lanciando un dolcissimo sguardo di complicità al suo Duncan.
-" Ho qualche faccenda in sospeso a Castle Rock, direi di cominciare da lì. "
Il ragazzo ricambiò quell'occhiata quasi sognante e baciò sulla guancia la sua splendida principessa.
-" Per me va benissimo. " 
Entrambi ridacchiarono, poi la ragazza spinse la ruggente Mustang a tavoletta sulla strada illuminata dal cocente sole estivo di metà luglio. Erano così diretti a sud, verso la vecchia e raggiante Castle Rock. Prima di andare a casa, dovevano ancora salutare Valery, Viktor e il nipotino. In fondo, ora avevano tutto il tempo per poter stare insieme, tanto valeva aspettare ancora un po'.
 
Nel mentre, su una tomba candida nel cimitero di Aprilville, quella del giovane Trent McCord, nella brezza estiva, sventolava attaccata ad un asticella di fortuna una bandana Stars And Stripes. 
 
The end.~

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