Notti nel Vuoto

di Fatelfay
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Abbandono ***
Capitolo 2: *** Salvataggio ***
Capitolo 3: *** Pezzi ***
Capitolo 4: *** Salvataggio - II ***



Capitolo 1
*** Abbandono ***


Disclaimer iniziale: questa storia non è a scopo di lucro, i personaggi e l'opera da cui è tratta (Sherlock) appartengono a Sir Arthur Conan Doyle, alla BBC e ai Mofftiss. I diritti d'autore quindi sono loro.
 
Nota: questa "storia" nasce da un'altra ff "A volte... tu... ancora" ma non è necessario leggerla per capire questa, anche se potrebbe essere più interessante leggerla dopo la prima.
I capitolo non sono legati fra di loro se non dal tema, quindi potete leggerli nell'ordine che più vi aggrada. Personalmente, vi consiglio di intervallare un "Salvataggio" tra un capitolo e l'altro.


 




Abbandono
 

I hurt much more
Than anytime before
I had no options left again
~ Linkin Park,
Breaking the Habit


 
War is coming to take you away.
There will be blood and loss,
there will be sand and smoke,
there will be ash and breeze.
Yet your remains will be nothing.
 

Fa caldo, così tanto caldo che i capelli corti non sono ancora abbastanza corti, la maglia ti si appiccica al petto e ti stritola, mentre il sudore ti cade negli occhi facendoteli bruciare. Sei chino sull’ennesimo corpo urlante che cerca in tutti i modi di essere coraggioso e non gridare, ma con la sabbia nelle ferite e lo shock non si può chiedere dell’auto-controllo e del contegno. Non ti interessa nemmeno dato il caos che ti circonda, il rumore delle armi e le urla dei soldati. Sapevi, più o meno, in cosa ti stavi cacciando quando hai deciso di arruolarti, ma niente ti avrebbe potuto davvero preparare allo spettacolo a cui assisti ogni giorno.
Fasci le ferite più gravi e rallenti l’emorragia del soldato britannico sotto di te, prima di fare segno con un braccio e chiamare a gran voce un collega per aiutarti a portare il ferito via di lì. State bassi, muovendovi veloci e in sincronia acquisita dopo troppo lavoro insieme (anche se solo una settimana in un campo di guerra è troppo lavoro). Poi torni indietro, veloce, attento a non diventare un bersaglio, il peso ormai noto dell’arma a farti compagnia insieme a medicinali e mezzi di fortuna. Corri per avvicinarti al centro del conflitto, dove gli spari sono maggiori, i rumori più confusi e il sangue macchia già la terra.
Il cuore ti batte veloce nelle tempie, segnando lo scorrere del tempo sotto il sole cocente dell’Afghanistan mentre gli schieramenti provano ad uccidersi a vicenda e tu provi a salvare qualche soldato che batte la tua bandiera. Ti chini quando senti alcune urla diverse dal solito, trovando un riparo di fortuna dietro un muro distrutto che avrebbe potuto essere qualsiasi cosa. Ti copri le orecchie con le mani e ti guardi intorno per memorizzare dove sono gli altri prima di chinare il capo e stringere le palpebre, conficcando le orbite nelle ginocchia. Non serve a niente: la luce ti acceca, il rimbombo quasi ti rompe i timpani e la terra trema per qualche secondo. Respiri con il naso anche se ti servirebbe più ossigeno e i tuoi polmoni sbraitano per averne di più. Conti fino a tre prima di aprire gli occhi e staccare le mani dalle tue orecchie che fischiano percependo in maniera distorta gli altri suoni. Corri dal ferito più vicino e mentre quello trema farfugliando cose a caso, tu lo rassicuri dicendogli che andrà tutto bene, che ora è tutto a posto, che lo riporterai al sicuro. Sorridi, fingendo con tutte le tue forze di essere in un ospedale in madrepatria e star controllando un paziente che stai per operare di appendicite. Provi a convincerti che sia così semplice e quella sia la verità, mentre leghi un laccio stretto intorno alla coscia destra del soldato. Stringi un po’ più del dovuto, mentre lui non sente nemmeno il dolore per lo shock, le dopamine e il rilascio immediato di endorfine che gli stanno sconquassando i nervi e il cervello. Speri solo che non si accorga adesso dello stato in cui è la sua gamba. Lo trascini alla svelta lontano da lì nelle retrovie, dove un soldato ti aiuta a portarlo al sicuro con gli altri feriti. Tornate entrambi nel caos della guerra mentre niente ha più senso e tu provi a fare del tuo meglio per limitare i morti e sistemare alla svelta e alla bell’e meglio ciò che a cui poi dovrai prestare fin troppa attenzione.
Ti rendi cura del braccio spezzato e con frattura esposta dell’uomo che piange dal dolore davanti a te anche se stringe i denti e prova a non lamentarsi.
Sorridi ripetendo come un mantra che andrà tutto bene, mentre glielo metti in una posizione più sicura e gli mostri come tenerlo, prima di dirgli come togliersi dai piedi: non vuoi ritrovarti con eroi morti per niente. Almeno non oggi.
Lui annuisce e accenna a un lieve sorriso prima di chinare il capo e chiudere le palpebre per il frastuono che fa accucciare entrambi. È inutile provare a non reagire: ogni volta che un colpo più forte arriva improvviso, tutti si chinano istintivamente senza nemmeno rendersene conto.
Questa volta però non senti il frastuono e non è il tuo istinto a farti cadere. Ti ritrovi a terra, immobile, le orecchie che fischiano e non senti più niente. L’uomo sotto di te ti sposta di peso, facendoti cadere come un corpo morto sul terreno accanto a lui. Non lo senti. Non vedi niente mentre il tuo corpo è pesante ma sembra sospeso nel nulla.
Tutto torna all’improvviso: la polvere, la sabbia, il caldo, il tuo cuore che rulla dentro di te, il cielo azzurro e l’uomo con il braccio spezzato che urla, chiedendo aiuto mentre il tuo corpo non risponde, non ancora. Lo senti gridare tra il fischio alle orecchie e il caos della guerra e non capisci cosa stia succedendo. Fa male, troppo per rimanere lì, la polvere e la sabbia ti bruciano gli occhi e ti fanno respirare in rantoli. Fa caldo e fa freddo: quasi geli sotto il sole cocente dell’Afghanistan mentre ti fa male il petto e credi che un arto si sia improvvisamente trasformato in un grumo di agonia. Il battito del tuo cuore è l’unica cosa che riesci a capire davvero. Batte, batte veloce, ma ad ogni battito va un po’ più lento. Hai freddo, geli sotto il sole estivo dell’Asia. E fa male, troppo male per non gridare e chiudere gli occhi. Se solo tutto potesse finire…

Ti svegli con le tue urla, le guance rigate di lacrime che non ricordi di aver versato. La stanza è nel buio più assoluto e i tuoi occhi non riesco ad adattarsi per riconoscere gli oggetti. Senti però le coperte e man mano che l’odore della guerra se ne va, riconosci anche il profumo dell’abitazione in cui sei. Rimani immobile, mentre le lacrime non smettono di scorrere, anche se nel sogno non stavi piangendo. Il braccio ferito è quasi inesistente accanto a te, ma il dolore al petto non se ne va, quasi più insistente di prima.
Aspetti, preghi senza dire una parola, mentre speri di sbagliarti di nuovo. Chiudi gli occhi fingendo che ciò ti aiuti a concentrarti anche se il buio assoluto della tua stanza ti rende cieco. Aspetti, preghi, speri, ma non ti muovi, mentre cerchi di sentire il minimo rumore.
Il silenzio perdura, mentre l’appartamento tace e la strada dorme.
Non senti niente e il dolore che hai nel petto diventa un buco nero che ti impedisce di respirare.
Ti sdrai di nuovo, stringendo i denti per non fare rumore, mentre le lacrime non smettono di solcare il tuo viso e bagnare il cuscino.
Potresti illuderti che lui stia semplicemente dormendo, sia immerso nella sua mente o sia fuori a girare per Londra. Potresti farlo, ma da solo in camera tua nel buio della notte, non riesci a fingere ancora. Sai che non c’è. Sai che ti ha abbandonato.
Affondi il viso nel cuscino per zittire i singhiozzi e i suoni che non riesci a trattenere, mentre ti chiedi, ancora una volta, perché hai chiesto a Dio di farti vivere.
Il suo violino non sta ancora suonando.












Note di Delirio:
Non so perchè fra tutto ciò che ho da scrivere, ho deciso di iniziare questo piccolo progetto (già finito peraltro).
Tuttavia, si sa che le muse e l'ingegno fanno quello che vogliono e io li seguo fedelmente.
Come già detto, potete leggere le storie indipendentemente dalla fanfiction da cui ha origine e potete anche leggere i capitoli nell'ordine che preferite. Personalmente vi cosiglio di alternare un "Salvataggio" a uno degli altri capitoli.

Seconda nota da fare che c'entra solo relativamente con la storia, è la canzone citata all'inizio di ogni capitolo: sono pezzi tratti sempre dalla stessa canzone dei LP. Di solito preferisco evitare di introdurre canzoni, infatti c'era già una mini-introduzione personale in inglese. Purtroppo, gli avvenimenti recenti mi hanno fatto cambiare idea. Quindi questa è l'eccezione e un modo per ricordare.

Tornando alla storia, sono felice che siate passati di qua e, se ve la sentite, lasciate un commento. Mi fa sempre piacere sentire il parere altrui.
Prometto di non mordere.

Ciao!

 

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Capitolo 2
*** Salvataggio ***



 


Salvataggio

Clutching my cure
I tightly lock the door
I try to catch my breath again

~ Linking Park,
Breaking the Habit

 

Hope is your best friend and worst enemy.
As soon as you let it help you with moving on with your life,
you can always achieve something good and see the good side of the story.
As soon as you let it deceive you because you cannot face reality,
it drowns you in your bitter-sweet poisonous fantasy.
 


Ti chiama semplicemente e tu ti volti per seguirlo. Lui è già scappato fuori in strada mentre tu sei ancora nel salotto del 221B di Baker Street ma ti basta un solo passo per essere dietro di lui. Sei dimentico di qualsiasi cosa stessi facendo prima, i sensi acuiti dall’imminente azione. Senti già l’adrenalina entrare in circolo, mentre il tuo corpo strepita per potersi muovere di più. È facile seguire quell’impulso non appena lo vedi correre per strada senza nemmeno voltarsi a guardarti o rivolgerti la parola. Ti metti a correre cercando di non perdere di vista la sua figura scura e sorridi per la serotonina e l’adrenalina che ti scorrono nelle vene.
Lui è più veloce e tu devi dar fondo a tutte le tue energie per non perderlo ma non ti importa, visto che ad ogni passo ti sembra sempre più facile seguirlo. Giri per i vicoli di Londra, la sua figura scura quasi brillante davanti ai tuoi occhi, mentre il mondo cambia intorno a te. Ti fermi solo quando lui si blocca e alza una mano, e ti schiacci contro il muro del negozio che state costeggiando. Lui sta studiando la strada in attesa di vedere qualcosa che vi serve e che nessuno oltre a lui può vedere.
All’improvviso si butta in strada, investendo un pedone. Sei subito dietro di lui ignorando la strada silenziosa e la gente distante che continua le proprie faccende, mentre picchi, blocchi e ti assicuri che il criminale non possa nuocere a lui e a nessun altro. Ti senti bene mentre sorridi e ti volti per vedere il suo viso familiare che quasi ride. Dimentichi il criminale e segui la sagoma scura che brilla davanti a te, mentre apre la porta di casa e sale di corsa le scale. Lo segui dentro il 221B di Baker Street ma ad ogni gradino il tuo corpo diventa più pesante e lento. La porta del soggiorno è chiusa e allunghi una mano per aprirla.

Apri gli occhi all’improvviso, ritrovandoti al buio e senza capire come sei arrivato in camera tua e ti sia messo a letto. Ripensi a dove eri solo un attimo prima, la porta del soggiorno chiusa, la tua mano a un niente dall’aprirla e mostrarti la figura di cui hai imparato ogni dettaglio a memoria e ora temi di dimenticarne anche solo uno. Senti il peso del tuo corpo schiacciarti sul letto, togliendoti la libertà di poco prima mentre la realtà ti cuce le labbra e riapre le ferite nel tuo petto. È inutile che ti tocchi la spalla ferita, ma lo fai lo stesso anche se il dolore non se ne va. Senti il petto stringersi e schiacciarsi, impedendoti di respirare, non che tu abbia la forza necessaria per farlo. Non sai nemmeno come fai a respirare mentre la tua gola è serrata e hai gli occhi aridi per le troppe lacrime versate. Sai già che non piangerai questa notte, mentre l’appartamento è silenzioso e sai che non c’è nessuno nella camera da letto di sotto e che nessuno tornerà ad occuparla. Non è una notte per piangere questa.
Rimani a fissare il buio che ti acceca, puntando a un immaginario soffitto mentre preghi che l’oscurità, il silenzio e il nulla ti inghiotta o, almeno, si porti via tutti i ricordi di lui.
















Nota Di Delirio:
Non so se stai leggendo, ma dubito fortemente.
Mi dispiace.

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Capitolo 3
*** Pezzi ***


Pezzi
 
Memories consume
like opening the wound
I’m picking me apart again

~ Linkin Park,
Breaking the Habit
 
It is always the same and you know it.
Yet you keep pretending you can change it.
In the end, you hurt more than ever before.
And still, you know you will try again next time.

 
Il cielo è chiaro e per una volta non sembra minacciare pioggia imminente. Le strade sono asciutte e la confusione che ti agita ti fa quasi perdere le buone maniere con il tassista che ti ha portato fin lì. Non capisci cosa stia succedendo, con il freddo di Londra che ti sfiora il viso e ti gela le mani e il tuo cuore che batte troppo forte. Ti squilla il telefono e tu rispondi cercando ancora di orientarti tra le bugie, gli inganni e l’assurdità di tutto. Ancora non capisci, ma non sei mai stato quello intelligente. Sei davanti all’ospedale in cui lavori e la sua voce suona ansiosa nel tuo orecchio mentre ti ordina cosa fare. Obbedisci anche se non è il tuo capo, anche se non senti il soldato dentro di te, anche se sei così agitato e confuso che non sai quello che provi.
Non ti spiega niente, ma dice cose senza senso che ti fanno preoccupare di più. Non capisci davvero il senso delle sue frasi visto che sembrano le allucinazioni di un folle e tu puoi considerarti il massimo esperto di un paio di cose. Saranno solo un paio, meno delle dita di una mano, ma di quelle poche cose sei certo di sapere. Lui parla, continua a parlare e a darti ordini e tu obbedisci anche se le sue parole non hanno senso e non riesci nemmeno a capire il motivo di quella follia cacofonica di parole e frasi.
Provi a raggiungerlo ma non puoi: non è solo la sua voce a bloccarti in un ordine quasi disperato, anche il tuo corpo si ferma come se ci fosse qualcosa a tenerti incollato nel punto in cui sei.
Riesci a riconoscere la paura nel tumulto caotico dei tuoi sentimenti e la senti aumentare avvolgendoti, stringendoti e schiacciandoti nella sua morsa. Hai come la sensazione di sapere cosa stia per succedere ma non riesci davvero a capirlo o a mettere a fuoco quella specie di premonizione o déjà-vu che ti stuzzica senza farsi vedere. Senti l’ansia strisciare, tendendoti i muscoli e non credi proprio che la tua mano ferma sia un buon segno.
Parla lui, confessandoti bugie a cui non credi perché troppo assurde, mentre la consapevolezza di ciò che sta per succedere sorride maligna e deliziata nella tua mente, godendosi la tua negazione e il tuo sgomento, congelando il tuo cuore.
Lui prova di nuovo a convincerti delle sue assurde menzogne ma tu lo interrompi, provando a trattenerlo, provando a guadagnare tempo, provando a mostrargli, suggerirgli un’altra opzione e avere il tempo di chiarire, capire, spiegare e scoprire il perché dell’incubo a cui stai per assistere e a cui non vuoi ancora credere.
Bastano due parole per vanificare lo sforzo della tua mano protesa verso di lui e le tue poche parole.
Non ti senti urlare, mentre chiami il suo nome come se quello potesse evitare ciò che stai vedendo o farlo tornare su suoi passi. Reagisci troppo lentamente mentre le tue gambe sono di cemento e il tuo corpo sembra quello di un altro. Corri, mentre il mondo sparisce intorno a te e lo raggiungi. Ti impediscono di toccarlo, di sfiorarlo, ma senti il suo polso freddo per l’aria di Londra sotto le tue dita. Aspetti, stringi, concentrandoti solo su quel dettaglio, ma ciò che cerchi, ciò che speri di sentire non c’è.
Lo portano via sotto i tuoi occhi increduli, nonostante la tua litania e le tue grida di lasciarti stare con lui, nonostante i tuoi sforzi per raggiungerlo. Ti trattengono mentre lui scompare, portandosi via tutte le tue forze. Ti trattengono, ti tengono mentre le tue ginocchia toccano il suolo gelido e rimani lì immobile, incapace di pensare, incapace di muoverti.

Il tepore del letto non riesce a scaldare il gelo che hai dentro. Non ti muovi, non sollevi nemmeno le palpebre mentre senti il cuscino bagnato contro la tua guancia. Non riesci a respirare mentre speri ancora ingenuamente che sia solo un incubo e non la realtà. Aspetti. Aspetti mentre la verità ti riconquista svuotandoti e lasciandoti solo il dolore e il vuoto. Non ti riaddormenti. Non ti muovi. Aspetti solo che il sole sorga e ti costringa a fare ciò che devi fare.
 
 












Note del Delirio:
Chiedo venia per gli aggiornamenti casuali. Spero che la ridotta lunghezza dei capitoli non vi infastidisca.


 

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Capitolo 4
*** Salvataggio - II ***


Note: Come già detto nel primo capitolo, ricordo che i vari capitoli possono essere letti in qualsiasi ordine, ma credo sia meglio sempre alternare un "Salvataggio" a uno degli altri. 
Se a qualcuno interessa seguire il testo della canzone dei LP, allora l'ordine dei capitoli è 3, 2/4, 1.
Ed ora, ecco l'ultimo capitolo. Spero non sia una delusione.










Salvataggio
 
 
Clutching my cure
I tightly lock the door
I try to catch my breath again

~ Linking Park,
Breaking the Habit

 
Hope is your best friend and worst enemy.
As soon as you let it help you with moving on with your life,
you can always achieve something good and see the good side of the story.
As soon as you let it deceive you because you cannot face the reality,
it drowns you in your bitter-sweet poisonous fantasy.
 

La cena da Angelo finisce con calma, per una volta non interrotta da un caso o da altro. Lui mangia facendoti compagnia e sorride mentre commenta gli altri ospiti del locale e alcuni passanti in strada. Ridi ad alcune sue deduzioni, i commenti sarcastici che fa ogni tanto sulle assurdità scritte sulle persone intono a voi e che tu non puoi leggere. È una delle rare volte in cui uscite a cena, così senza motivo e senza secondi fini, ma solo perché non c’è niente in cucina di commestibile e il tavolo è impraticabile. Ridi, lui pure e non sai nemmeno tu perché sei così felice di mangiare una buona cena calda condita degli insulti rivolti per una volta ad altri. Non ti senti nemmeno in colpa o a provare un po’ di pena per i malcapitati che subiscono il rilevatore di verità nascoste del tuo coinquilino.
Ridi, completamente felice per quella serata, e se anche lui non deducesse il mondo, rideresti comunque da quanto sei felice. Lui ti fa segno di abbassare la voce, ma non ti interessa se sei troppo rumoroso o della candela bianca in mezzo al tavolo. Non ti interessa se gli altri si voltano a guardarvi e dei loro commenti. Ridi e basta, facendolo ridere ancora di più e ciò aumenta le tue risa. Lui prova a smettere o almeno ad abbassare il tono, ma i suoi tentativi sono ancora più ilari e non ti aiutano a riprendere il minimo di serietà.
Ridete, il tuo bicchiere si rovescia e l’acqua bagna tutta la tavola, cola sui tuoi pantaloni e non te ne importa. Piangi dal ridere anche se non hai i crampi e lui ti indica come se fossi la cosa più ridicola e divertente che abbia mai visto. La cesta del pane è ancora in tavola e prendi un pezzo ancora non toccato. Glielo tiri in faccia, lasciandolo stupito e perplesso. È il tuo turno di ridere di lui mentre gli dipingi in volto un’espressione che non gli hai mai visto.
Inizia così una mini lotta di tiri di mollica di pane e risa, incuranti del resto del mondo. Fa quasi male essere così felici.

Il cuscino è bagnato contro la tua guancia e non ricordi come ci sei arrivato. Non ti sembra di aver bevuto così tanto da avere problemi di memoria e non hai i tipici sintomi da postumi di sbronza. Non ti sembra nemmeno di aver toccato alcol in generale, ma non ne hai la certezza assoluta. Cerchi di ricordare come sei uscito dal ristorante di Angelo, sei arrivato a casa e ti sei cambiato per metterti a letto. Non lo ricordi, anche se sei più che certo di aver preso un taxi. Molto probabilmente ha pagato… Ti fermi ricordando improvvisamente perché non sai come sei arrivato nel tuo letto e perché non ricordi di essere uscito dal ristorante. Sai anche che nessun taxi ti ha accompagnato a casa e che lui non ha pagato nessuno.
Affondi il viso nel cuscino bagnato, cercando di fingere di star piangendo ancora dal ridere anziché sentire il vuoto che ti scava dentro e porta via qualsiasi cosa ti sia ancora rimasta. Non guardi la sveglia, non vuoi sapere che ore siano e quanto tempo manca prima di dover ricominciare la tua giornata. Non vuoi sapere se hai ancora abbastanza tempo per essere vittima di un incubo che compete con la realtà.
Piangi in silenzio mentre il tempo passa solo sull’orologio.









Note del Delirio:
E di nuovo, anche se credo proprio che tu non stia leggendo, mi dispiace.

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