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di AlnyFMillen
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo
 











“E’ qui da qualche parte.”
Alcuni quadri accatastati alla parete, delle corde per il ghiaccio.
Una slitta rotta, assi spezzate per una brusca caduta; vestiti ammuffiti sul fondo dell’armadio rinascimentale, posto in quello che avrebbe dovuto essere, ad occhio e croce, l’angolo destro della stanza. Due poltrone in pelle, rovinate dal tempo; un divanetto con braccioli dorati, quasi completamente privo d’imbottitura.
E libri, libri ovunque. Grandi, piccoli, medi, vecchi e nuovi.
La giovane donna sfiorò appena il busto imbronciato di Thor Heyerdahl, attenta a non farlo sbilanciare in avanti. Aprì per bene i palmi delle mani, così da poter afferrare un tomo particolarmente polveroso, caduto inavvertitamente da una mensola in alto. Mugugnò, tirando un sospiro di sollievo quando le Histoires ou contes du temps passé atterrò sano e salvo nella sua stretta.
“Deve essere qui, ma dove?”
Con un movimento fluido, Elsa ripose il volume su di un piccolo comò, appoggiando cauta la pianta dei piedi sui pochi spicchi di pavimentazione sgombri da cianfrusaglie. Invano, cercò di raggiungere la voce della sorella che, destreggiandosi fra scaffali e oggetti accatastati gli uni sugli altri, risultava invisibile alla sua vista.
Quando le aveva domandato in quale luogo dimenticato dal mondo avesse nascosto il loro prezioso Man in the moon, una tra le prime fiabe che avevano avuto la possibilità di leggere assieme, non si aspettava certo di scoprire tutto... quello.
Chi lo avrebbe mai detto? Lei no di certo. Eppure Anna pareva una vera e propria accumulatrice seriale o, come l’aveva corretta qualche momento prima, una rispettabile collezionista.
“Eccol-- no, non è vero. Falso allarme!”
Da qualche parte, percepì l’eco di una risatina nervosa e, senza che nulla potesse impedirlo, avvertì nascere dal più profondo dell’animo l’ormai usuale moto compassionevole nei confronti del povero Kristoff. Se lei aveva passato gran parte della vita con Anna, il ragazzo vi ci avrebbe trascorso il resto dell’esistenza, per scelte prettamente personali. Elsa adorava sua sorella, la credeva una giovane unica e, soprattutto, speciale. A volte, però, risultava un po’ troppo speciale, tanto da esasperare al limite il fidanzato.
Mentre lasciava vagare lo sguardo per la stanza, un sorriso fiorì spontaneo dalle labbra. Meglio mettersi comodi, si disse, e trovar qualcosa da fare. Aveva più volte tentato di convincere Anna che quattro mani erano meglio di due e, se lei l’avesse aiutata, sicuramente avrebbero terminato prima. Ma nulla, la rossa era sembrata irremovibile: colpa sua lo smarrimento, merito suo anche il ritrovo.
Aveva immaginato, Elsa, che fosse un modo per dimostrare a se stessa - e forse anche a lei - un certo grado di responsabilità. Indi per cui, si era ritirata in un angolino, fiera della donna che stava diventando la sua sorellina, ed ora non le restava che cercare di occupare il proprio tempo nel modo più costruttivo possibile. Stava giusto pensando di aprire l’enciclopedia poco distante - Storia e cultura d’Arendelle, quando venne bloccata.
Quel che, sorprendentemente, attirò la sua attenzione, fu un lembo di tessuto  avviluppato alla bella e meglio su di una superficie quadratica. Da quanto poteva vedere, quell’ultima rimaneva nascosta per ben tre quarti, lasciando però intravedere il profilo leggermente sbiadito di un ginocchio.
La ragazza voltò il capo in un verso, nell’altro, di nuovo a destra.
Si avvicinò, mento in alto, occhi alteri, cercando di non inciampare. Accostò leggermente il viso al telo, squadrandolo furtivamente: non riusciva a distinguere nulla. Cercò di scostare la copertura con un cenno: ancora niente.
Gettò uno sguardo nella direzione dove credeva fosse diretta Anna, poi nuovamente all’oggetto.
Veloce, si alzò sulle punte, in modo tale da raggiungere l’angolo più alto del quadro, poi tirò forte. La stoffa cadde, scivolando verso il terreno, con un tonfo sordo e poco udibile.
Cinque figure, avvolte da spire luminose, facevano bella mostra di loro sulla tela.
In alto, la luna, tanto bianca e splendente da parer meritare un posto a se stante.
Dalle basse nubi del cielo, un uomo, unico rappresentante - o almeno così sembrava - con sembianze propriamente umane. Barba e baffi bianchi, sul capo un cappello invernale, simile ai colbacchi russi. Da principio, si sarebbe detto anziano, ma, dopo un’analisi più attenta, Elsa si ritrovò nella totale incapacità di definirne l’età.
Poco più in basso, sulla stessa linea di prospettiva, due figuri dai tratti trascendenti. Quello sulla sinistra, che decretò un’essere femminile, data la curva leggermente accennata del seno e le fattezze delicate del viso, era provvisto, proprio sotto le scapole, di sottili ali diafane. Il corpo riluceva di smeraldo, come fosse ricoperta di piume di colibrì.
Quello sulla destra, invece, risultava più tozzo e rotondeggiante, bambinesco. La nube dorata cui doveva essere padrone, si allungava sinuosamente verso il quarto individuo, il più animalesco. Grandi orecchie grige, folte sopracciglia e naso schiacciato. Le ricordava davvero...
Un coniglio.
Inarcò canzonariamente un sopracciglio, divertita dall’assurdità del dipinto. Eppure, c’era qualcosa che le sfuggiva, qualcosa che pareva averla attratta fin lì.
Fece scorrere lo sguardo sul resto del quadro, ormai certa di aver trovato un passatempo poco costruttivo e pronta a dirigersi verso l’enciclopedia, ma il respiro le si mozzò brutalmente in gola.
Un ragazzo, all’incirca ventenne , sorrideva spavaldo a fondo tela. Nonostante l’abbigliamento poco elegante, il suo intero essere sprigionava disinvoltura.
La regina sgranò gli occhi, la bocca leggermente schiusa per lo stupore.
Prestò solo un minimo d’attenzione a osservarlo nella sua interezza, poichè l’interesse s’era interamente catalizzato sul volto pallido. La pelle eterea della fronte, coperta a tratti di ciocche ribelli, candide come la neve; la linea perfettamente dritta del naso, ginta fino alle labbra di un rosa pallido che, leggermente schiuse, lasciavano intravedere i denti chiari; gli zigomi nivei, seguiti dalla curva pronunciata della mascella.
Si prese del tempo per osservarlo, senza fretta. Lasciò gli occhi per ultimi, e fu un bene, perchè ad incrociare un simile sguardo, così profondo e diverso, così dannatamente azzurro, si ritrovò a trattenere il fiato.
Era meravigliata. Stupefatta. Ammaliata.
Era come se un quadro - un quadro - le stesse setacciando l’anima.
Era come se...
Senza che potesse impedirlo, protese una mano in avanti, pronta a sfiorare la tela.
Era come guardarsi allo specchio.
“Finalmente!”
Sobbalzò, ritrasse la mano, distolse in fretta l’attenzione dal misterioso ragazzo. Volse il viso verso la sorella, trovandola sorridente a pochi metri da lei. Fra le mani, il libro tanto cercato.
Per distogliere l’attenzione da sè, parlò, così che Anna smettesse di guardarla con espressione stupita.
“Chi sono loro?” domandò allora, accennando al dipinto.
Chi è lui, avrebbe voluto chiedere, ma si trattenne.
“Come, Elsa! Ti sei dimenticata proprio tutto dei bei tempi andati, eh?” la prese in giro l’altra, “Sono i Guardiani.”
Con l’indice indicò ad uno ad uno i soggetti rappresentati.
“Babbonatale - il vecchio, la Fatina dei Denti - la donna sulla sinistra, l’Omino del Sonno - quello dall’aria bambinesca, il Coniglietto Pasquale - il coniglio - e Jack Frost.”
Per un attimo, regnò il silenzio, poi Anna riprese a parlare.
“Sai, da piccola credevo davvero in loro e, anche se lo negherai, sono sicura che anche tu lo facessi, sotto sotto. Qualche tempo fa ne parlavo con Kristoff e, beh... Mi sono detta: perchè no? Se esistono i troll, se tu hai i poteri che hai...”
Lei si limitò a stringere le mani l’una contro l’altra, cercando di fingersi meno interessata di quanto in realtà non fosse.
“Si... Insomma, è possibile.” mormorò infine.
Passò qualche attimo e, d’improvviso, Anna sorrise, luminosa. Sventolò la mano destra avanti e indietro, poi enunciò in tono forzatamente casuale.
“Saaai”
“Si?”
“Stavo pensando...”
Un’altra pausa.
“Stavo pensando che ti vedrei bene con uno del genere.” buttò lì.
“Con chi, Babbonatale?” rise lei, “ In effetti, il Polo Nord potrebbe essere il posto giusto per me.”
“Eddai, non fare la finta tonta. Anche Jack Frost controlla i ghiacci, sai? Sareste la coppia per eccellenza, dammi retta.”
Ora, Elsa conosceva perfettamente l’inclinazione di Anna nel tentare di farle fare nuove conoscenze, cosicché anche lei potesse sperimentare la felicità scaturita dall’amore cui tanto parlava la minore. Non c’era mai stato nessun tentativo eclatante, fin ad allora, da parte della rossa, ma più volte la regina s’era ritrovata davanti principi a lei del tutto sconosciuti. Casualmente, subito dopo presentazioni e conseguenti scuse per l’impossibilità di accettare i qualsivoglia inviti, Anna si precipitava da lei, smaniosa di conoscere l’esito della serata. Eppure, adesso, le sembrava che la cosa stesse davvero degenerando.
“Anna” la richiamò, leggermente esasperata.
Se sua sorella riusciva a mettersi in testa qualcosa, era pressoché impossibile distoglierla.
“Cosa?” fece quella, fingendosi ignara.
Elsa sospirò, prima di voltarsi verso l’uscita.
“Sono soltanto leggende.”












Per saperne di più:
Thor Heyerdahl é uno scrittore ed esploratore norvegese (informazioni dettagliate qui )

•Le Histoires ou contes du temps passé sono una serie di racconti scritti da Charles Perrault nel 1697. Tra le fiabe presenti, Cappuccetto Rosso, Balbablù, Cenerentola e Il gatto con gli stivali. (qui)

Man in the moon invece, é un libro di William Joyce, correlato alla raccolta dei Guardiani dell'Infanzia, nonché Le 5 leggende di cui fa parte Jack Frost. (qui)

Infine, questa é l'immagine da cui é stata ispirata la descrizione del quadro.

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


Capitolo 1
 











“Vostra maestà! Regina Elsa!”
Il ciambellano si affrettò nella direzione dov’era apparsa la sovrana. Aveva passato l’intera mattinata a rincorrerla, per i corridoi del palazzo, senza mai avere la possibilità di rivolgerle la parola, causa il susseguirsi di riunioni con re di principati vicini. Doveva assolutamente comunicarle delle notizie entro fine giornata e non poteva lasciarsi sfuggire quell’occasione, più unica che rara.
Elsa soppresse un sospiro, chiuse per un attimo gli occhi, conscia dei propri doveri. Arrestò la camminata regale, voltandosi verso il sottoposto ed attendendo che quello riprendesse fiato.
“Ci... Ci sono...” balbettò l’uomo.
La ragazza portò le mani al ventre, aspettando pazientemente che il dignitario si calmasse prima di riprendere a parlare.
“Ci sono alcuni inviti da spedire per il ballo di venerdì sera” riuscì a dire infine, “Il Duca di Weselton, per esempio...”
“Mi spiace interrompevi, ma temo sia meglio non far intromettere quell’uomo negli affari riguardanti Arendelle. Eliminatelo subito dalla lista, non capisco nemmeno come possa esservisi.”
Il cappellano sgranò gli occhietti neri, sorpreso, poi annuì frettolosamente.
“Certo, provvederò subito. Sono costernato per quest’inconveniente, Altezza.” snocciolò, accompagnando quell’uscita con veloci colpi del capo.
La sovrana fece per rassicurarlo, prima di domandare all’uomo se avesse altro da comunicarle. Quest’ultimo, però, scosse la testa, troppo concentrato sul proprio errore per poter prestare attenzione ad altro. Senza indugio, si congedò.
Elsa lo guardò allontanarsi, perplessa ma, tuttosommato, felice di poter aver un attimo per se stessa. Stava incamminandosi nuovamente verso il suo studio, quando il pensiero che l’assillava dalla mattina si ripresentò d’improvviso.
“Aspettate” lo richiamò, vedendo che non era ancora troppo lontano.
Il ciambellano si bloccò all’istante, voltandosi a passo di marcia nella sua direzione.
“Avete per caso visto la principessa Anna, quest’oggi? Non riesco a trovarla.”
L’altro dissentì.
“In caso doveste incontrarla, riferite che ho delle questioni urgenti di cui parlarle e la indirizzi nelle mie camere.”
“Indubbiamente. Farò in modo di trovarla al più presto, poiché ho da consegnarle anche alcuni fogli da lei richiesti.”
La regina annuì.
“Bene, potete andare”
Sospirò pesantemente, preoccupata. Già dalla sera prima, la sorella le era sembrava strana e, quando svegliatasi non l’aveva trovata da nessuna parte, ecco che i suoi sospetti erano stati confermati. La minore, al contrario di lei, non poteva certamente dirsi una persona mattiniera, quindi la sua assenza l’aveva oltremodo stranita.
Si morse il labbro, accorgendosi ormai troppo tardi di quel che in realtà il funzionario aveva detto. Da quando in qua, Anna chiedeva le fossero recapitati documenti?
 
Ahi. Kristoff, Mi stai schiacciando il piede!”
La giovane si dimenò, per quanto la scomoda posizione glielo permettesse, e, così facendo, finì per premere la pianta del suddetto piede proprio sulla guancia del ragazzo.
Du bi sdai spappolando il nado: era la bia faccia, quella che hai colpito.” si lamentò l’altro, cercando inutilmente di spostare l’arto lontano dal suo viso.
“Non è mica colpa mia se siamo chiusi qui dentro.”
Seguì un attimo di silenzio, poi il ragazzo parlò con tono spazientito.
“Stai scherzando, vero?”
Anna gli lanciò un’occhiataccia nel buio. Ruotò su se stessa fin quando non riuscì ad avere una visuale più o meno accettabile del compagno. Nella scarsa luce dell’abitacolo, Kristoff la fissava a bocca aperta, come sbigottito dalle sue ultime parole.
“E’ esattamente, completamente, indiscutibilmente colpa tua!” la rimbrottò il biondo, alterato.
“Non... Non è così.” cercò di difendersi lei, questa volta imbronciata.
“Beh, chi ha cercato di rubare la mia slitta per imbarcarsi in una missione suicida?”
“In realtà...”
“E chi è stato a scagliarsi contro uno yeti di ben due metri e mezzo senza nemmeno avvertirmi, a metà strada?”
“Potrei aver...”
“E ancora, chi ha gentilmente consigliato al bestione di rinchiuderci in un gigantesco sacco?”
“Gli ho solo detto che avrebbe dovuto ucciderci per ridurci al silenzio. Volevo intimidirlo.” si giustificò la principessa, come se quella potesse essere una motivazione più che sufficiente per tirarla fuori dalla scomoda situazione.
”Hai detto poco! Se ci aveva preso a calci la prima, la seconda volta, cosa ti ha fatto pensare che non l’avrebbe fatto anche una terza? Quello lì mica scherza.”
“Esagerato.” sbuffò lei, per sdrammatizzare.
Kristoff incrociò le braccia al petto, corrucciato, nel mentre masticava una serie sconclusionata di “esagerato”.
Improvvisamente, il perpetuo dondolare cui erano succubi da qualche tempo cessò. A stroncarlo fu un movimento più violento e repentino dei precedenti, il quale fece emettere alla giovane un urletto strozzato. Entrambi entrarono quindi in collisione con il terreno.
Con i palmi ben aperti, la ragazza tastò il suolo, cercando di comprenderne la natura al di sotto dello spesso tessuto. Lo strato di iuta, cui era composto il sacco dov’erano imprigionati, nascondeva una superficie liscia e fredda. Probabilmente pavimento, decretò.
Fece leva sui gomiti, così da poter ritrovare una posizione più comoda di quella che la caduta gli aveva regalato, e nel farlo notò sotto di sé qualcosa - o meglio qualcuno - di estremamente morbido. Appena fu consapevole che quella morbidezza proveniva dal povero Kristoff, dolorante per la botta ricevuta, si rizzò in piedi, squittendo.
“Kristoff!” chiamò a gran voce, non riuscendo a scorgere la sua espressione nella semioscurità.
“Kristoff, dimmi che stai bene!”
Avendo attutito, non solo la caduta del proprio corpo, ma anche quella della compagna di sventura, doveva essersi fatto veramente male.
“Kristoff” continuò a ripetere, “Per favore, dimmi che stai bene.”
Prima che potesse concludere la frase, un verso dolorante la interruppe.
“Che male, la testa.” mormorò fra i denti il giovane Bjorgman, portando una mano al punto leso, “Dovevi proprio buttarti così a peso morto?”
In un attimo, la ragazza gli buttò le braccia al collo, felice che stesse bene. Senza nessun imbarazzo, si strinse a lui, e stava giusto per aprir nuovamente bocca, quando delle voci la bloccarono. Provenivano dall’esterno, questo era certo.
“Pensate siano morti?”
“Io dico che stanno pomiciando un po’.”
“Calmoniglio, non essere scortese!”
“Che c’è? Non puoi mica aspettarti che stiano chiaccherando, lì dentro.”
“Magari si sono fatti male.”
“Per una volta sono d’accordo col Canguro.”
“Non so se tu sia duro d’orecchie o semplicemente stupido, Frost.”
“Di certo te ne intendi, di orecchie e stupidità.”
“Senti un po’ moccioso...”
“Ragazzi!” li riprese un’essere dai tratti femminili e la voce gentile, “Abbiamo ospiti, contenetevi. Perché non prendete esempio da Sandman?”
Il Guardiano dei Sogni gonfiò il petto, in segno di orgoglio, mentre quelli del Divertimento e della Speranza borbottavano parole apparentemente prive di senso compiuto.
Un vecchio dall’aria bonaria, si avvicinò ai due litiganti, dando loro vigorose pacche sulle spalle.
“Dentolina ha ragione, rimandate battibecchi. Voglio proprio sapere cosa spinge due innamorati a venire qui, in Polo Nord!” esclamò con tono allegro.
“Magari...”
L’urlo prolungato di Anna mise definitivamente fine alle chiacchiere, facendo voltare gran parte delle Leggende verso la ragazza. Questa era riuscita a evadere dal nascondiglio, ed ora stava ritta di fronte ai cinque, gli occhi brillanti di meraviglia.
Gli yeti, nel panico per essersi lasciati sfuggire la prigioniera, provavano vanamente ad acciuffarne le braccia minute.
“Jack Frost!” cinguettò la rossa, estasiata.
Lo spirito, dal canto suo, era piuttosto stupito del fatto che una sconosciuta potesse conoscerlo, ed assolutamente sconvolto che la stessa fosse arrivata fin lì per lui. Jack si guardò intorno, come se in realtà non fosse il suo nome quello che la ragazza aveva appena pronunciato.
“Dice a me?”
“Sei tu! Ti ho trovato!” continuò Anna, avanzando pericolosamente nella direzione dell’albino.
“E ho il piacere di parlare con...?”
La principessa batté una mano sulla fronte, ricordatasi solo allora di un dettaglio importante: lui non la conosceva, anche se lei sapeva ormai praticamente tutto sul suo conto. Rizzò la schiena, alzando il mento così come aveva visto fare a sua sorella in molte occasioni. Cercando di darsi un’aria altera, per quanto le fosse possibile, parlò.
“Io, signore, sono la principessa Anna, della cittadina di Arendelle. Sono qui per proporvi un’offerta che certamente non potrete rifutar--”
“Anna, si può sapere perché cavolo mi hai lasciato lì dentro urlando come un’ossessa? Oh.
Kristoff, fin a quel momento ancora confinato all’interno del sacco, comparve accanto la fidanzata. Con un movimento impacciato della mano destra, si massaggiò la nuca.
Ehm, salve.”
“Kristoff!” sbottò Anna, “Ma ti sembra questo il modo di interrompermi? Mi stavo presentando.”
“Ehy, e io che potevo saperne?”
La ragazza assottigliò le labbra, un’espressione vagamente seria ad aleggiarle in volto: forse attuare il suo piano sarebbe stato più complicato del previsto.












Per saperne di più:
Nicholas St Nord: detto semplicemente Nord, è, in parole povere, Babbo Natale. Ha un forte accento russo, per questo a volte la sua parlata non è fluente, ed è il leader del gruppo. Al suo servizio ci sono gli yeti ed è il Guardiano della Meraviglia.

E. Aster Calmoniglio: il coniglietto di pasqua, seppur alto un metro ottantacinque. Il più delle volte discute con Jack, a causa del suo carattere irrascibile. E’ il Guardiano della Speranza.

Dentolina: nonchè la fata del dentino. Spesso è accompagnata da una piccola fatina, Dente da Latte e dimostra più volte di avere una lieve infatuazione per Jack *cough* io la shippo con Calmoniglio *cough*. E’ la Guardiana dei Ricordi.

Sandman: spesso abbreviato in Sandy. Non parla, ma comunica tramite attraverso illustrazioni di sabbia che fa comparire sul capo. E’ l’omino del sonno e, di conseguenza, Guardiano dei Sogni.

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