Scusa Edward, mi piace tuo padre

di rihal
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Piacere, signori Cullen! ***
Capitolo 2: *** L'importanza del tipo di pigiama ***
Capitolo 3: *** Il liceo ti seguirà per tutta la vita ***
Capitolo 4: *** La colazione è il pasto più importante della giornata ***
Capitolo 5: *** Abbiamo fatto pace ***



Capitolo 1
*** Piacere, signori Cullen! ***


C’erano giorni in cui desideravo estraniarmi dal mondo.

C’erano momenti in cui pregavo, sperando che la vita vissuta finora potesse essere solo uno stupido scherzo del destino. Qualcuno o qualcosa di indefinito doveva essersi preso gioco di me, delle mie facoltà mentali, della razionalità a cui ero tanto aggrappata.

Sono cresciuta con una famiglia spaccata a metà: dopo avermi messa al mondo, i miei genitori si separarono, rendendosi conto che gli attuali compagni erano i più adatti al loro stile di vita. Una sorta di amore al secondo tentativo.

Seppur circondata da quella situazione, mia madre mi fece crescere con l’ideale del principe azzurro, della persona da amare per tutta la vita.

Credevo fosse così: credevo di aver trovato l’agognato principe, colui al quale sarei rimasta accanto con un “per sempre” tipico delle favole.

Non volevo fare la fine dei miei genitori, sprecando un’unione per aprire gli occhi; scioccamente, non mi ero sottratta a quell’errore, a quella promessa che stavo bellamente infrangendo.

Pensavo di essere innamorata di Edward; bravo ragazzo, bello, un ottimo partito.

Ma mi sbagliavo.

Avevo conosciuto lui, e la mia vita era cambiata: tutte le convinzioni radicate nel mio essere erano crollate, riviste con un’ottica nuova, una prospettiva a cui non ero pronta. Lui mi aveva fatto scoprire cosa volesse amare, farlo intensamente, riversando tutti i sentimenti che il mio cuore potesse contenere.

Ero folle, era folle, ma non poteva essere altrimenti.

Pensavo di essere innamorata di Edward, ma mi sbagliavo.

Mi ero innamorata di suo padre.

 

 

 1. Piacere, signori Cullen!

 

La mia valigia è pronta e chiusa ermeticamente.

La osservo con emozione mista a paura; lo ammetto, me la sto facendo sotto, è il mio primo viaggio in aereo e non so cosa mi aspetta.

Tra poco conoscerò i genitori di Edward: li ho visti solo in foto e sentiti al telefono, e sono una gran bella coppia; Esme è una maestra di scuola elementare che dirige anche la struttura stessa; Carlisle è un primario di chirurgia. Entrambi dai nomi sicuramente raffinati, sono ansiosi di conoscermi.

Così ha detto Edward; mi spaventa relazionarmi con persone che non ho mai incontrato, ma per il mio ragazzo supererò anche questo ostacolo. Sempre se da quell’aereo ne uscirò viva.

Edward minimizza da giorni su questo tarlo, ma sa che sono un tipo pensieroso, e se qualcosa può spaventare, su di me farà effetto immediatamente.

“Tesoro! Non trovo il mio kit da barbiere!”

È il tipo più ordinato e precisino che conosca; quel kit da barbiere ho sempre cercato di buttarglielo via, ma il signorino ha insistito e si è impuntato nel farmelo tenere. Sono curiosa di vederlo con la barba incolta, a lui starebbe bene visto che sarebbe bionda.

“In bagno!” urlo sbuffando. Si è ricordato di quel kit, diamine!

“Dove?”

Se è precisino, allo stesso tempo ci mette anni a trovare le cose.

Lo raggiungo, aprendo l’armadietto sopra il lavabo e mostrandogli sul ripiano più in alto un astuccio trasparente.

“Eccolo lì!” esclama, prendendolo e dandomi un bacio al volo. Lo mette nella sua valigia, inserendo le ultime cose che ha sopra il divano; computer, carica batterie del portatile, libri di anatomia e un paio di magliette a maniche corte bianche, che usa per la notte.

“Tre ore!” annuncia lui, e l’ansia comincia ad aumentare. Tra tre ore prenderemo quel maledettaccio aereo, ma non so quanto durerà il viaggio, né lo voglio scoprire. Meno cose so, meglio sto.

Do un’ultima occhiata alla cucina, controllando che il gas sia spento e che tutto sia al suo posto; sei settimane di viaggio saranno dure da gestire, non mi sono mai allontanata troppo da Phoenix.

Edward ed io stiamo insieme da quasi due anni, ma non abbiamo mai avuto occasione di passare del tempo con la sua famiglia; come il padre si sta specializzato nell’ambito della medicina, e ha svolto il tirocinio qui in città durante i primi tre anni della laurea; per questo ci siamo conosciuti. Ebbi un capogiro un pomeriggio e lui era di turno al primo soccorso; mi aiutò e mi piacque sin dal primo istante, anche se la pressione era bassissima e potevo incorrere in un miraggio.

Dopo due settimane ci siamo incontrati per caso in una caffetteria vicino l’ospedale, e non credevo potesse riconoscermi. Per ringraziarlo prendemmo un caffè e da lì la nostra storia ha preso il via; nel giro di sette mesi siamo andati a convivere in un delizioso appartamento.

Spesso mi parla di Forks, il suo paese natale, dove abitano i suoi genitori e sua sorella minore; lei ha diciotto anni, mentre Edward ne ha venticinque. So che i loro genitori lo hanno avuti quando erano adolescenti; Carlisle aveva diciassette anni come sua moglie Esme, facendo due rapidi calcoli ora ne hanno quarantadue, mese più mese meno. Come siano riusciti ad intraprendere quei lavori rimane tuttora un mistero, perché studiare con dei figli a carico non deve essere facile, oltre che dispendioso; Ed però mi spiegò che aveva vinto una borsa di studio per l’università, che copriva buona fetta delle rette, perciò poté studiare e laurearsi a poche spese.

Io sono un po’ più grande del mio ragazzo, di ben due anni. Inizialmente ero scettica per questa differenza d’età, ma col tempo mi sono abituata, e considero intrigante questo scarto tra noi; è ciò che dà alla nostra relazione un input in più.

“Edward, vuoi un panino prima di partire?” gli chiedo, la fame sta salendo per il nervosismo.

Lui nega, e decido di prepararne uno per me; so che me ne pentirò, avrò lo stomaco sottosopra e mangiare è l’ultima cosa consigliabile, ma è l’unico modo per allentare lo stress che conosco.

Ovviamente ce ne sarebbe un altro, ma rischieremmo di perdere l’aereo.

Guardo fuori, il piccolo giardino di cui mi prendo cura; spero che i vicini si ricordino di abbeverare le mie piante. Ho il forte sospetto che se ne dimenticheranno, ma lo faranno senza innocenza; sono due fratelli sulla cinquantina burberi e spilorci, e se domandi loro un favore te lo fanno pesare sulla coscienza come se avessi arretrati di affitto da pagare. Fortunatamente non sono loro i proprietari del nostro immobile, altrimenti vivrei in un eterno inferno sulla terra. Attacco briga di frequente con quei due, Edward ha un animo più pacato e cordiale, preferisce non affrontare certi argomenti; io alla minima situazione scatto senza controllo, sono troppo irosa.

Dovrei calmarmi un po’ di più, ma con quelle palle di lardo proprio non riesco e non voglio quietarmi. Non che siano in sovrappeso, ma è uno dei tanti nomignoli dispregiativi che amo affibbiargli nel mio tempo libero.

Cerco di respirare correttamente, ma non ricordo come si faccia. Sento il cuore che batte all’impazzata al contare le ore che mi separano dal volo. Edward mi comunica che è ora di metterci in macchina, anche se l’aeroporto è vicino vuole arrivare in anticipo, per essere sicuro di fare il check-in in tutta tranquillità.

Mi viene incontro, abbracciandomi e sussurrando parole dolci per tranquillizzarmi; mi sento una vera fifona.

“Mi stringerai la mano al decollo?”

“Certo Bella, sai che farò qualsiasi cosa per metterti a tuo agio.”

Ecco perché lo amo. Sa quali sono i miei punti deboli, le mie insicurezze, e sa esattamente cosa fare per tirar fuori il mio lato più coraggioso.

Mentre carica i bagagli in auto, guardo casa nostra un’ultima volta: la camera da letto, il bagno piccolo ma confortevole, la zona living e la cucina. Mi mancherà questo porto sicuro, ma allo stesso tempo sono curiosa della prospettiva di conoscere i suoi genitori, di visitare una nuova cittadina e incontrare i suoi amici.

Qui lui ha conosciuto tutti: il mio fratellastro Jacob, adottato quando aveva due anni, ora è un mostro del basket all’università; i miei genitori, zia Sue con i miei cugini Leah e Seth, Jessica ed Angela, le mie più strette compagne del liceo… Qui chiunque lo adora, e spero a Forks di poter essere di gradimento anche alla sua cerchia.

Salgo in auto, direzione aeroporto. Lui cerca di fare conversazione, io provo a regolare il mio respiro.

Aiuto, ho bisogno di aiuto!

“Come sono i tuoi amici?” domando, un po’ per sviare le mie paure, un po’ per tastare il terreno.

“Beh, simpatici…” la sua risposta non placa la mia sete di curiosità. Anzi, è così generica da aumentarla.

“Sì, ma come sono? Che tipi sono?”

Edward assume un’espressione pensierosa.

“Beh… Spassosi, e semplici. Hai paura che possano giudicarti?”

Forse devo smetterla di farmi così tante paranoie; ormai lui le conosce come le sue tasche.

“No, no, voglio solo sapere con chi avrò a che fare. Tutto qui.”

Cerco di mettermi sulla difensiva, ma lui non molla. Ha compreso perfettamente, e cerca di incalzarmi con le sue solite accuse.

“Sei troppo ansiosa, dovresti rilassarti…”

Rilassarmi… lo appunterò, nel mio quadernetto che si chiama non mi sei di aiuto. Come posso calmarmi se sto andando in un altro stato, in una famiglia che non ho mai incontrato, in mezzo a persone sconosciute con i miei cari a centinaia e centinaia di miglia?
Perché non considera anche questo punto di vista? È così facile per lui parlare, è abituato a stare lontano da casa per lunghi periodi. Sa benissimo che nel mio caso è la prima volta che compio un viaggio dal tragitto così lungo, e forse dovrebbe considerare di più il mio umore.

“Potresti venirmi incontro, Ed. Sai che faccio fatica a relazionarmi con la gente.”

“Hai quasi trent’anni Bella. Non puoi essere sempre così pessimista.”

Eccolo lì. Quando non sa cosa dire usa la scusa dell’età; sei più vicina ai trenta, Bella… Odio quando dice così, quando rimarca puntigliosamente la nostra differenza, e lo fa in virtù delle sue esperienze di vita, perché lui ha lasciato casa dei suoi a vent’anni eccetera, eccetera.

“Perdonami, mister perfezione. Non intendevo disturbare il suo ego.”
Assumo un cipiglio arrabbiato, cosa che sono ai massimi termini. È vero, non sarò particolarmente audace come lui, ma se ha scelto me ci sarà un motivo. O forse ero la prima di passaggio?

“Bella…” il suo sospiro accresce il mio stato d’ira. Mi volto verso il finestrino, i negozi e le strade di Phoenix scorrono salutandomi. Non rispondo ad Edward, fino a che non giungiamo in aeroporto, nel mentre mi preparo a dire un amarissimo arrivederci alla mia meravigliosa Arizona.

 

********

Stiamo atterrando nella penisola di Olimpia. Guardo fuori dal finestrino, stringendo i braccioli del sedile come se fossero il mio salvagente. Quando siamo partiti Edward è stato di parola, come se quel battibecco in auto non fosse mai avvenuto. Ero grata del suo aiuto, ma mi sentivo – e mi sento- ancora in ansia per queste sei settimane. Il paesaggio è completamente differente da dove vivo, freddo, uggioso, quasi spettrale.

Non posso però non soffermarmi sulla bellezza di questi paesaggi: i boschi sono fitti e pieni di arbusti delle più disparate specie, le montagne si ergono all’orizzonte con le loro cime innevate, e anche se non è il caldo clima a cui sono abituata, devo dire che questo posto è puro spettacolo per gli occhi.

Mi sono ricreduta, vero: mi volto verso il mio ragazzo, sorridendo. Vedo che lui è felice di essere a casa, e allora cerco di tenere quella conversazione alle spalle, guardando quanto mi ispiri tenerezza vedendolo così allegro. Gli stampo un bacio sulla guancia, poi l’aereo fa un leggero sobbalzo, tanto basta a spaventarmi a morte.

“Non te lo aspettavi, eh?” mi chiede divertito, e mi scompiglia i capelli. Io quasi soffoco con la cintura allacciata, e lo fisso truce.

“Questi aggeggi sono diabolici.”

“Quando arriveremo a casa ti preparerò una tazza di tè caldo.”

Adoro il tè caldo! Mi rilassa totalmente, e ne bevo litri e litri ogni giorno.

L’aereo atterra, e vedo il mio ragazzo sprizzare di energia in tutti i sensi; quasi si toglie la cintura con anticipo, è impaziente di scendere. L’ho visto poche volte così raggiante, e ha contagiato anche me.

Non potrebbe andare peggio di così, questa giornata sta prendendo una piega piacevole!

È quasi sera, il fuso orario è di un’ora indietro; sono le sei, e fortunatamente siamo arrivati in orario di cena. Il mio stomaco è abbastanza chiuso, ma so che davanti alle prelibatezze della signora Cullen magicamente la fame tornerà.

Parole di Edward, ovviamente. Gli credo, essendo una buona forchetta è difficile che mi tiri indietro quando so che mangerò qualcosa di buono!

Possiamo toglierci le cinture; ci alziamo entrambi, prendendo la borsa che avevo messo sul cruscotto sopra i nostri sedili. Le valigie le recupereremo quando saremo scesi; spero che nessuno si porti via la mia, ci ho messo così tanto a prepararla!
“Sono così impaziente!” sembra che Ed sia punto dagli spilli; saltella ovunque come un canguro. Cerco di tranquillizzarlo, l’aria di casa lo sta mandando in tilt!

Percorriamo il corridoio, Edward cerca di aguzzare la vista per vedere i genitori; intravede il padre, una chioma castano chiaro che spicca tra gli altri in altezza. Lui alza il braccio, e subito si lanciano letteralmente incontro.

“Figliolo!” esclama l’uomo, dandogli un abbraccio poderoso. Poco dopo è il turno della signora Cullen, io sono ancora sotto shock per aver volato in aereo!

Avanzo timidamente, cercando di non guastare quel quadretto familiare. Li osservo dal vivo: Esme è minuta e piccolina di statura, ma è molto bella: i suoi capelli chiari cadono in dolci boccoli sulle spalle, e ha un modo di fare pacato e gentile.

Poi vedo Carlisle; è davvero affascinante. La foto non gli rende giustizia; sembra di vedere Edward tra vent’anni. Posato, composto, elegante, è un personaggio che subito mi conquista; incede verso di me, un sorriso illumina il suo volto, risaltandone i lineamenti tipicamente adulti.

“Isabella, è un vero piacere conoscerti!” mi stringe la mano, e la sua stretta è ben vigorosa. Mormoro un “piacere” a bassa voce, quelle movenze mi hanno letteralmente rapita; è come se fosse un uomo di altri tempi.

“Bella, lei è Esme!” la voce di Ed mi riporta nella realtà. La donna è amichevole, e mi abbraccia subito, come se già fossi di famiglia.

“Mio figlio ci ha parlato tanto di te! Ed ora posso conoscerti dal vivo, non solo sentire la tua voce!” tutte le volte che la salutavo al telefono non posso contarle come conoscere i suoi.

“È un vero piacere conoscervi, grazie per la vostra ospitalità!”

“Figurati, siamo contenti di averti tra noi per qualche settimana. Sarà fantastico!”

E poi realizzo.

Starò sotto lo stesso tetto con il signor Cullen, colui che al momento sta deliberatamente scombussolando il mio duodeno; anche lui esprime la felicità nell’averci tra loro, e so che la mia è stata una semplice reazione ormonale davanti ad un uomo di indubbio fascino.

Insomma Bells: hai Edward, ti ama e vive con te! Cosa può andare storto?

Prendiamo le valigie, allontanandoci dall’aeroporto e salendo nella jeep di suo padre.

In silenzio guardo il panorama, mentre lascio che il mio ragazzo e sua madre si aggiornino sulle ultime cose. Di sottecchi, lancio qualche occhiata a Cullen senior, e mi accorgo con imbarazzo che una di queste occhiate è ricambiata, grazie allo specchietto centrale.

Sto delirando; sarà il volo che mi sta dando allucinazioni.

E se fosse così? E se davvero mi avesse guardata?
Non posso abbandonarmi a dubbi adolescenziali; quell’età è passata da un bel pezzo.

Sei settimane; devo resistere sei settimane, non devo fare congetture o ipotesi fantascientifiche: è sposato, diamine!

Se prima non poteva andare peggio, ora ho cambiato idea.

Il peggio è iniziato adesso.

 

 

 

Lo so, lo so! Ho altre due storie all’appello, ma questa idea ronzava da tempo; colpa di una canzone, che mi ha fatto pensare ad una possibile what if.
So che il pairing è inusuale, anzi, magari solleverà qualche polemica; ma io amo sperimentare, e prendete questa storia per quello che è, un mero esperimento di una mente che sogna troppo invece di studiare.
Il prologo ha un tempo verbale differente dal capitolo; la storia sarà narrata in prima persona esclusivamente da Bella, al presente, in modo tale che tutti possiamo avere un unico punto di vista, e scoprire pezzo dopo pezzo come andrà a finire. È voluta questa differenziazione dei tempi verbali, quindi no, non è un errore di distrazione!
Per Carlisle, non vorrei mantenere quel biondo platinato che aveva nella saga; l’attore mi ispira di più come appare in “Supergirl” (dateci un occhio, castano è molto meglio!)
Che dire, dopo questo primo capitolo di apertura, spero che questa storia possa piacervi ed incuriosirvi. Aspetto vostre notizie, anche se non la gradite.
Alla prossima!
Anna

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Capitolo 2
*** L'importanza del tipo di pigiama ***


2. L’importanza del tipo di pigiama

 

Arriviamo nel vialetto di casa Cullen… se di vialetto possiamo parlare.

In realtà mi trovo in un giardino immenso, o meglio, spazioso e curato; in confronto al mio questo è una reggia. Hanno una villa di modeste dimensioni, non esageratamente grande ma nemmeno piccola, è nella media. Edward mi invita ad entrare, e mi accorgo che l’arredamento è assolutamente impeccabile. Non che mi intenda di interni, ma ho sempre avuto un occhio di riguardo per i dettagli, e qui vi dominano eleganza e perfezione.

Il salotto è ampio, illuminato da due vetrate che danno sulla strada; ha due divani in similpelle, materiale economico e ben resistente. L’ho scelto anch’io per quello che abbiamo a Phoenix, e mi fa piacere sapere che condividiamo gli stessi gusti in fatto di divani.

Spero però che non sia l’unica cosa che abbiamo in comune.

Mi sento ancora scombussolata per il volo, anche se non so dire se questo mio stato d’animo in tempesta sia causato dall’aereo o… da un altro fattore. Fattore che si è appena seduto davanti a me, prendendo posto su un divano e accomodandosi placidamente.

“Allora Isabella, come è andato il viaggio?”

Classica domanda di routine; di certo non posso rispondere che avrei preferito rimanere nella mia assolata Arizona, o che ad ogni secondo pensavo di morire.

“Abbastanza bene!” opto per una risposta neutrale, nella speranza di celare la mia inquietudine, se penso che dovrò sorbirmi pure il ritorno.

“Era parecchio agitata! Non è stato facile tenerla tranquilla!” e ti pareva che non dovesse commentare. Edward mi sta guardando complice, il sorriso sibillino lo rende tremendamente carino, ma sono talmente furiosa che non mi basta quel gesto per tranquillizzarmi e dimenticare. Gli lancio un’occhiata truce, e lui cambia subitamente argomento.

“Che c’è per cena? Muoio di fame!”

“Roastbeef e patate!” esclama Esme dalla cucina. Ho già l’acquolina, e sento lo sguardo amichevole di Carlisle su di me. Più che sentirlo, lo vedo, ma non posso girarmi e ricambiare la sua attenzione; mi sto facendo così tante tare mentali che mi sento ridicola.

Decido di alzarmi, e vado a dare una sbirciata in cucina; Esme ha quasi finito di preparare, mentre Ed si è offerto di prendere le valigie e portarle nella nostra stanza. Il tour della casa è rimandato a dopo cena, ma non mi dispiace, dato che la fame mi impedirebbe di goderlo appieno. Il buon odore del roastbeef mi manda in estasi.

“Ti piace?” domanda Esme, e io la affianco sul tavolo da lavoro.

“Ha un odore squisito!”

“Alice ne va pazza, a momenti scenderà dalla sua camera.”

La sorella minore del mio ragazzo è una studentessa all’ultimo anno di liceo, e so che è molto brava a scuola; io invece ero più “scapestrata”, non avevo una media brillante. Non ho mai pensato di iscrivermi al college, preferendo inventarmi sul lavoro; il negozio di floricultura che ho aperto con Angela sta avendo i suoi risultati.

“Sono molto curiosa di conoscerla. Posso aiutarti a fare qualcosa?”

Esme mi sorride.

“No grazie, tesoro. Ali finirà di preparare le ultime cose, quando deciderà di scendere.” La vedo un po’ spazientita, e allora abbandona temporaneamente la teglia di patate al forno, per sporgersi verso le scale e urlare il nome della figlia. Sento che la ragazza risponde, poi il rumore dei passi precedono il suo arrivo.

“Ciao Bella!” Edward le avrà detto che preferisco il diminutivo. Vedo che incede verso di me, sorridente; è una giovane donna, i capelli marroni hanno qualche nota rossa, e sono portati corti. Indossa un paio di pantaloni neri ed una camicia azzurro cielo, che risalta il suo corpo magro e slanciato; mi porge la mano, stringendola, poi mi prende a braccetto, anche lei contenta di conoscermi.

“Sai, mi sono sempre chiesta come fossi! Dalle foto spesso ci si fa un’idea sbagliata.”

Il suo entusiasmo mi coinvolge; vedo che prende dalla dispensa dei bicchieri di vetro e li porta in tavola, poi i piatti e infine dal frigo una bottiglia di ottimo vino bianco.

“Mamma, stasera lo assaggio anch’io!” Annuncia con un sorriso sbarazzino, e mi fa l’occhiolino.

“Solo perché questa è un’occasione speciale!” ribatte la madre, ma con un tono altrettanto sereno. Chiama all’ordine gli uomini, raccomandando ad Alice di prendere le patate tra pochi minuti.

Vedo che ha preparato qualche stuzzichino: ci sono pezzi di focaccia, grissini, qualche pizzetta mignon. Alla faccia della cena leggera!

Mi siedo, in mezzo a Edward e sorella. A capotavola c’è Carlisle, mentre vicino a lui, quindi davanti ad Alice, sta Esme.

“Un po’ di vino?”

Non rifiuto affatto, e mi viene versato sulla flûte davanti a me. Lo assaggio: è davvero squisito!

“A Isabella!” Carlisle mi dedica il brindisi, e gli sorrido, alzando il calice e facendolo tintinnare prima col suo, poi con quello degli altri. In questo momento sono totalmente concentrata sulla cena, e infatti inizio dalle pizzette, mangiandone tre di fila; mi gusto poi un pezzo di focaccia, e nel mentre Alice prende la teglia con le patate.

Esme serve tutti, e gentilmente ringrazio, poi mi butto a capofitto sul piatto; quel nervosismo accumulato mi ha fatto aprire lo stomaco.

“Raccontaci di te, studi, lavori?”

“Ho un negozio di floricultura con un’amica: lei è esperta nella cura delle piante, io sono più sul versante amministrativo.”

“Molto interessante!” mi dice Carlisle, servendosi ancora di altre patate. Questo slancio mi rende fiera, insomma, l’approvazione dei futuri suoceri è importante, no?

Per un momento cala il silenzio, siamo tutti impegnati a mangiare. Vedo che Alice finisce velocemente, prendendo il piatto e riponendolo in lavastoviglie; Edward mi ha detto che stasera sarà ospite a casa di amiche, e quindi deve finire di preparare le sue cose.

“Le serve tempo.”

“Infatti è come te!” gli rimbecco, ricordandogli quanto sia lento nel prepararsi.

“Non è vero!” protesta, guardandomi stupito. Ma il suo lamento ha vita breve: sua madre sta annuendo convinta, ribattendo che ho pienamente ragione; Carlisle se la ride di gusto, e finalmente la tavolata non ha più tempi morti.

Finiamo di mangiare, chiacchierando più del lavoro di Edward e dei suoi studi; da loro non ho sentito quesiti riguardanti i miei genitori, forse Ed avrà detto loro che non amo sentirli nominare.

Dal loro divorzio mi sono allontanata leggermente, e li vedo davvero di rado. La delusione riguardante la fine del loro rapporto è ancora lampante, e l’unica persona che ho piacere di rivedere sono Jacob, Leah e Seth.

Ci alziamo da tavola, mi dirigo nella stanza da letto e prendo il portatile dal trolley di Ed, facendo una videochiamata con fratello e cugini.

Tramite Skype, vedo Jake e Seth con una ciotola stracolma di popcorn.

“Ehi Bellaz!” devo dire a Seth che odio quel soprannome.

“Ciao ragazzi!”
“Stavamo giusto per scegliere un film! Che horror ci consigli?”

Ora capisco perché Leah non sia con loro. Jacob è a casa, per una pausa dal college, e sicuro che stasera hanno organizzato maratona di film solo tra uomini.

“Nessuno, sapete quanto li detesto!”

“Come è andato il viaggio?”

“Devastante, sono ancora viva, il che è positivo.”

“Devi chiamare mamma: era in ansia più di te.” Sbuffo: Jacob mi ricorda che devo avvisare Renee del mio arrivo. Ma sinceramente non ho voglia di sorbirmi la sua voce acuta e le sue pressanti rassicurazioni; delego il compito a Jake, ringraziandolo per la sua infinita pazienza. Davvero non so come faccia a sopportarla, quando è preoccupata è intrattabile.

“Quindi non ci aiuti a scegliere?” Seth non si arrende mai. Gli sorrido, sarcastica, e scuoto la testa.

“Edward?”

“Si sta lavando, poi è il mio turno.”

“Salutacelo!” dicono in coro.

“Mi mancate già, idioti.”

“Anche tu vecchiaccia. Noi ti salutiamo, altrimenti si freddano” Jacob alza la ciotola, e li saluto, mandando un bacio. Mi disconnetto, sospirando.

Non mi sono mai sentita tanto un pesce fuor d’acqua come in questo istante. Avrei già voglia di tornare a casa, ma devo resistere, devo farlo per il mio ragazzo.

Mi distendo, attendendo che lui esca dal bagno. Una doccia mi ci vuole per distendere i nervi, e prima di dormire, un tè caldo mi rilasserà.

 

Non riesco a dormire.

Come prima notte è proprio un inferno. Continuo a rigirarmi tra le coperte, facendo attenzione a non svegliare Edward, ma lui è un ghiro e sta pure russando. Sbuffo, mettendomi seduta e cerco di sistemare le federe ad un’altezza consona alla mia testa, ma non sono mai come voglio io. Una volta troppo alte, poi troppo basse, il cuscino è troppo duro…

Adesso sono troppo sveglia per poter pazientare e riacquistare sonno. Non so, ho voglia di alzarmi e bere una tazza di tè caldo, la cura per ogni mio male; mi sento a disagio muovermi da sola per una casa in cui sono ospite.

Eppure, ogni minuto che passa fa aumentare il mio nervosismo. Scosto le coperte, decidendo di andare in cucina a passi felpati; devo solo uscire, arrivare alla fine del corridoio e scendere le scale.

Fortunatamente il mio pigiama – se così si può definire- è un assemblaggio ben congeniale di un paio di leggins ed una maglia a maniche corte; non ho freddo mentre dormo, e non ho eccessivamente caldo.

Scendo, indossando le calze nere che avevo appollaiato per terra; cammino lentamente, sbirciando ancora che Edward continui a dormire. Apro la porta, lo scricchiolio non aiuta la mia piccola fuga notturna, ma so che per svegliare uno come lui nemmeno le bombe lo smuovono.

Proseguo, andando a tastoni per il muro fino a raggiungere le scale; solo un piccolo pezzo di vetro della porta d’ingresso garantisce un po’ di luce in quel posto, sebbene sia fioca. Scendo e vado verso la cucina, riempiendo una pentolina di acqua e la metto sul fuoco.

Spero che le prossime nottate siano meno ardue, non voglio arrivare alla mattina con gli occhi di un panda. Magari devo solo abituarmi al materasso, e al fatto di essere con gente estranea…

No Bella, le paranoie alle due di notte no!

I genitori di Ed sono simpaticissimi, e molto cortesi! Sua sorella è la tipica adolescente energica e pronta a divertirsi, stasera è via e quindi non corro il rischio di disturbare il suo sonno leggero.

L’acqua sta quasi per bollire; ci metto le mani sopra, scaldandomi un po' e chiudo gli occhi, stendendo i nervi, quand’ecco che un rumore alle spalle mi fa sobbalzare.

Non è un ladro, sono passi provenienti dalle scale. La cucina è illuminata dalla finestra che dà sul cortile, e ho alzato leggermente la tapparella per avere maggior chiarore.

La figura longilinea di Carlisle irrompe nella stanza; entrambi ci guardiamo scettici, e poi mi accorgo che è a petto nudo, con solo un paio di boxer addosso.

Sento le guance bollire, caspita ha un torace davvero niente male… mi volto, prima che possa notare questo cambio inopportuno di gradazione.

“Isabella… non pensavo fossi in cucina. Notte insonne?”

“Si, esatto” farfuglio, imbarazzata. Vedo che si avvicina al frigo, e i miei occhi non riescono a spostarsi dal suo corpo; seguo ogni movimento, il modo in cui si china e prende la bottiglia del latte, il modo in cui mi sorride, il modo in cui batte la mano destra all’altezza della pancia, come se avesse in testa il motivetto di una canzone…

Oh merda.

Quello è lo stesso tic che ha Edward quando… quando…

Quando finiamo di fare sesso!

Ho appena beccato Carlisle in versione post coito la prima notte che trascorro in quella casa?

Ora sì che le mie gote si sono arrossate; la temperatura è rovente, vorrei che una voragine si aprisse sotto di me e mi inghiottisse. Devo mantenere la calma, senza farmi scoprire.

Se solo riuscissi a cancellare l’espressione da pesce lesso che ho stampata in faccia…

“Tutto bene?”

Sono così agitata che ho la bocca aperta.

Così si che faccio breccia nel cuore dei miei futuri suoceri.

“S-sì!” balbetto, versando l’acqua in una tazza che ho trovato in un ripiano. Ci metto il filtro al limone, il mio preferito, ed annuso l’aroma intenso e fruttato della bevanda.

È come il nettare degli dei.

“Nemmeno tu riesci a dormire?” quella domanda mi suona come allusiva, e so per certo che il motivo non corrisponde al suo, nettamente più piccante.

Annuisco con aria innocente, sentendo ancora l’imbarazzo; ciò è aumentato dal fatto che stiamo parlando a voce bassa, e per sentirci meglio lui si è avvicinato al piano della cucina, dove ho appoggiato la tazza. Maggiormente esposto alla luce, noto ancor più dettagli del suo corpo, e sento come un fremito in una zona dove non dovrebbe esserci.

Non credo di aver mai visto tanta prestanza in un uomo: le linee che distinguono i vari muscoli, il petto, la pancia da cui si intravede qualche addominale. Nulla a che vedere con il classico fisico dei protagonisti maschili dei film, non è esagerato, anzi.

Ma è terribilmente sexy, e non posso negarlo a lungo.

“Il tè non aiuta a dormire, meglio una tazza di latte” mi sorride, e io vado in tilt.

“Su di me il tè fa miracoli.”

“Davvero?”

Si sta mordendo il labbro inferiore, e la lentezza con cui esegue l’atto mi fa sobbalzare. Non riesco a spostare lo sguardo, e nemmeno voglio farlo. Vedo che incede verso di me, un piccolo passo annulla un pezzo di distanza che si era creata. È vicino, terribilmente vicino.

“Perché sai, conosco un altro modo, e credimi, quello i miracoli li compie davvero.”

Ok, che sta succedendo?
Il suo sussurro è stato roco, come se ci stesse provando spudoratamente con me. Nel mentre, fa un altro passo, ora sento le sue dita che accarezzando il mio braccio.

Avverto un brivido, poi un altro, poi l’opposto: fa caldo, la gola è secca, e non riesco a muovere nessun muscolo. I suoi occhi mi stanno incatenando, la mano sinistra ha fatto presa sulla schiena, tirandomi verso di lui; sento il suo profumo fresco inondare le mie narici, mentre quella stessa mano è scesa verso il mio sedere, stringendo un gluteo con possanza. Emetto un gridolino, e mi tappo subito la bocca.

Questa situazione è così… surreale. Non ci credo, Carlisle mi sta palpeggiando in cucina di casa sua, con sua moglie e il mio ragazzo ai piani superiori che dormono?
Eppure, mi sento eccitata. Le mie mani si appoggiano alle sue spalle, e la sua mano destra accarezza la guancia. Si avvicina ancora, inarcando la testa e scendendo all’altezza del mio orecchio; mormora qualcosa, e la mia testa ha dichiarato forfait.

“Ti voglio, Bella.” Il modo in cui pronuncia il mio diminutivo è letale.

Non ce la faccio: vorrei essere fedele ad Edward, ma come mi tocca, come sta esplorando il mio corpo senza farsi il minimo scrupolo, la sicurezza con cui si muove e la sua espressione, un puro angelo tentatore.

Le sue labbra si stanno avvicinando alle mie; questo momento è bollente.

E prima che possa baciarlo, sento un trillo acuto che rovina quel momento.

Il trillo è sempre più forte, la figura di Carlisle sta svanendo…

Sta svanendo?

Di colpo, mi sveglio. Stringo le coperte, sentendo Edward mugolare di spegnere la sveglia. Maledetto aggeggio!

Allora era solo un sogno… un sogno erotico sul futuro suocero, la prima sera di permanenza.

Grandioso Bells, peggio di così non potevi fare!

Avverto come un vuoto dentro di me… voglio che sia reale? In questo istante sto cercando di affrontare il trauma di questa fantasia, la cosa più sbagliata che potessi immaginare. Cerco di non pensarci, voltandomi verso Edward ed abbracciandolo, dopo aver quasi rotto il suo telefono per disattivare la canzone dei Muse che usa per alzarsi.

Devo riacquistare un minimo di autocontrollo, non devo lasciare che la mia mente rifaccia lo stesso sogno, devo impostarmi sull’idea che io amo e desidero solo Edward.

Carlisle deve smetterla di ossessionare i miei pensieri. E decido di agire.

Comincio a baciare il mio ragazzo sulla guancia, scendendo automaticamente sul suo collo; ho deciso di concedergli un risveglio molto audace, molto peccaminoso.

“Mmm” prende un pezzo di lenzuolo, coprendosi fin sopra la testa. Questa mossa non mi desiste dal mio intento, perciò la tolgo e ricomincio la mia opera, ma stavolta baciandolo in maniera più passionale.

“Mmm… Bella che fai?”

“Ti do il buongiorno” mormoro, vogliosa. So che quello che sto facendo è un chiodo scaccia chiodo, cioè, non devo scacciare nessun chiodo.

“Ci sono i miei di sotto…”

“E allora?” si gira verso di me, sgranando le palpebre. Dal modo in cui mi fissa, capisco che non è possibile andare oltre. Non che volessi, dopo quello sguardo il mio desiderio si è completamente spento.

“Vado a cambiarmi” dico, ed esco dal letto. Sono furiosa, e non ho nemmeno voglia di ascoltare le sue lamentele. Da quando è così pudico? Non pretendo di rotolarmi tra le lenzuola ad ogni ora del giorno, nemmeno io ci riuscirei. Ma questo rifiuto proprio non me l’aspettavo.

Prendo un paio di jeans scuri ed una maglietta, sono le prime cose che trovo dal trolley; oggi lo disferò nella parte di armadio che Esme mi ha liberato.

Sento un conato di vomito al solo pensare il suo nome; contando che fino a dieci minuti prima stavo vedendo suo marito come un libertino, non so come riuscirò a guardarli in faccia senza diventare color pomodoro maturo.

Mi chiudo in bagno, aprendo il getto del lavandino e sciacquandomi il volto; mi preparo al primo giorno sotto il loro tetto, sotto il tetto della famiglia Cullen.

 

 

Hola! Scusate l'attesa, ma i miei tempi sono molto... occupati! Ma spero che vi piaccia anche questo capitolo!
Inizialmente volevo che tra Bella e Carlisle ci fosse qualcosa, poi ho cambiato idea... è ancora troppo presto, anche se mi sono divertita a scrivere quel sogno!
Fatemi sapere se vi piace o meno, le vostre recensioni mi spronano a dare il meglio!!!
Grazie a chi ha letto, recensito, ed inserito la storia tra preferite/seguite!
Alla prossima!
Anna

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Capitolo 3
*** Il liceo ti seguirà per tutta la vita ***


 

Cap.3: Il liceo ti seguirà per tutta la vita

 

La mattinata è cominciata nel peggiore dei modi; io arrabbiata ed irata all’ennesima potenza, Edward troppo preso da sé stesso per accorgersi del mio cambiamento d’umore. Ovviamente ringrazio il suo ego e il sonno mattutino che non gli permette di essere totalmente conscio, ma quest’atmosfera non mi fa respirare granché.
La colazione è stata un susseguirsi di “vuoi altri pancakes” e sguardi imbarazzanti rivolti ad Esme; mi sentivo completamente a disagio a rispondere alla donna, dato che il mio sogno nei confronti del marito fu tutt’altro che casto. Fortunatamente, Carlisle dovette andare via presto, dato che iniziava il turno all’ospedale, per cui da quel lato potei godermi la colazione con più serenità.
Edward era sceso mezz’ora dopo, in jeans e camicia scura, avvisandomi che avremo pranzato con una coppia di amici.
Emmett era stato il suo migliore amico dal liceo, e da anni era fidanzato con Rosalie; si erano sposati da otto mesi, il classico amore nato tra i banchi di scuola.
Sono un po’ in ansia nel conoscere gente nuova, ma allo stesso tempo elettrizzata: non permetterò che la mia paura del giudizio altrui comprometta queste settimane.
Mentre aiuto Esme a lavare le tazze della colazione, Ed si mette sui libri, a studiare appunti di anatomia; una volta ho provato a sfogliarli, col risultato di non averci capito un acca. Sorrido al pensiero della mia espressione; quella volta lui si era messo a ridere, guardandomi intenta a tradurre definizioni che per me erano scritte in arabo.
“Oggi ti porto a visitare la zona!” mi annuncia il mio ragazzo con allegria. Esme mi fa l’occhiolino e sorride, mentre io mi sento avvampare.
“Ok!” replico, avvicinandomi a lui per dargli un bacio tra i capelli. La sua mano cerca il mio braccio, stringendolo in maniera affettuosa, senza staccare la testa dal libro. Tutta la mia frustrazione è svanita, non ne vale la pena essere di cattivo umore.
Mentre aspetto, decido di salire nella nostra stanza a disfare entrambe le valigie; lo porto avanti col lavoro, dato che in questi giorni sarà assorbito dallo studio.
Dovrò trovare anch’io qualcosa da fare… avrei potuto continuare a gestire la burocrazia in negozio, ma Angela ha tanto insistito nell’assumere temporaneamente un commercialista che conosce bene, in modo da farmi godere questa vacanza improbabile.
“Devi essere al meglio per conoscere i suoi genitori, e lavorare a distanza non ti aiuterà a rimanere concentrata sul tuo obiettivo” mi disse qualche giorno prima di partire. Con quella frase alludeva al fatto che dovessi lavorarmi i futuri suoceri, in modo da piacere a loro e sperare in una proposta di matrimonio di Ed. Come se tutto questo fosse comparabile ad una partita a scacchi!
A volte Angela è molto calcolatrice, e quando ci si mette non la finisce più con le sue strampalate teorie.
Mentre ripongo con cura le mie magliette nell’armadio che mi ha tenuto libero, il cellulare squilla. Lo prendo dalla tasca, leggendo sul display mamma.
Sbuffo, ora inizierà il mio incubo. Potrei lasciarlo squillare e rimandare la conversazione, ma così protrarrei questo strazio e rimarrei tutto il giorno con la costante ansia della sua chiamata.
Così, a malincuore, decido di aprire la chiamata, con annesse conseguenze.
“Mamma…”
“Tesoro come stai? Stai bene? Il viaggio in aereo?”
Mi mitraglia letteralmente di domande.
“Mamma, sto bene! Rilassati!” le rispondo, non nascondendo un velo di nervosismo che si sta annidando nella mia mente.
“Oh bene” sembra calmarsi, e la sento armeggiare con le padelle.
“Sto preparando il pranzo, Phil sarà qui a momenti.”
“Come sta?”
“Bene, gli allenamenti vanno avanti, e Jacob è a casa di Charlie.”
Le dispiace che lui non stia da lei nel periodo di pausa dall’università. Ma sinceramente è troppo presa dai viaggi di Phil per poterci concedere qualche attenzione anche a noi, perciò ha fatto bene Jake ad andare da papà.
Ovviamente non le dirò mai che sono stata io a consigliarlo di non andare da mamma.
“So che ti dispiace, ma vedila così: ormai è grande e decide lui dove andare. La prossima volta proverò a convincerlo di venire da voi.”
Dovrò sudare parecchio per farcela.
“Va bene zuccherino, Edward è con te?”
“Di sotto, sta studiando. Tra poco andiamo a pranzo con degli amici.”
“Vedrai che gli piacerai!” come fa a leggermi nel pensiero è ancora un mistero. O forse, questo lato insicuro l’ho preso da lei.
“Si, farò del mio meglio. A presto, ti voglio bene.”
“Anch’io te ne voglio, tesoro!”
Chiudo la chiamata, sedendomi nel letto. Ho ancora un paio di cose da sistemare, ma rimando questo compito, nella speranza che sia Ed a farlo.
Scendo le scale, trovando solo Edward che sta usando il laptop.
“Amore! Tra poco andiamo?”
“Certo!” annuisco, andando verso il frigo e prendendo la bottiglia di succo. Me ne verso un po’ sul bicchiere, aspettando che il mio ragazzo finisca le sue cose.
Dopo mezz’ora, Ed e io siamo in macchina, pronti a dirigerci verso il ristorante scelto da Emmett. È in una cittadina vicina, si chiama Port Angeles, e non vedo l’ora di mangiare.
 
“Piacere di conoscerti, Bella!” Emmett mi stringe la mano, una stretta davvero vigorosa. Rosalie mi sorride, e non posso non notare quanto sia bella.
“Entriamo?” lui ci invita ad incedere, mentre ci sediamo in questo locale piccolo e delizioso.
“Che bel posto!” esclamo, guardandomi attorno. Tavoli in legno ben lavorati, le luci sono abbastanza soffuse, e mi sento parecchio a mio agio con loro. Sono davvero cordiali.
“Non so cosa ordinare, ci sono così tanti piatti!” sbuffa Rosalie, guardando il menu. Rido assieme a lei, sfogliando attentamente e trovandomi indecisa su un paio di piatti che mi ispirano.
Mentre la mia attenzione è catalizzata sulla scelta, avverto un rumore di tacchi sempre più vicino a noi; inizialmente non ci faccio caso, ma esso si blocca improvvisamente, e con la coda dell’occhio scorgo una figura femminile che ci fissa sbigottita.
“Edward!” esclama in direzione del mio ragazzo. Alzo lo sguardo, vedendo lui boccheggiare prima e sorridere poi; si alza, abbracciandola, e sento la gelosia aumentare.
“Victoria, che piacevole sorpresa!”
Victoria? La sua ex del liceo è qui?
Vedo Rosalie confusa, lo stesso sguardo in Emmett; alterno loro a quella scena impietosa che fa Victoria, in un abito parecchio scollato che sta troppo avvinghiata a Edward.
Devo calmarmi…. Bella calmati, è solo la sua ex, una bombastica e procace ragazza con i capelli rosso fuoco e un fisico… ma chi frequentava, il casting di America’s Next Top Model?
Sento ribollirmi le vene e vorrei che quella evaporasse all’istante.
 “Ti presento Bella, la mia ragazza” continua Ed, riferendosi a me. Vedo la rossa osservarmi con espressione annoiata, e subito le si dipinge un sorriso falsissimo.
Che poi, non è così diverso dal mio.
“Piacere” le stringo la mano, un momento fugace e imbarazzante; quasi non mi calcola, cerca di escludermi, e nuovamente si volta verso Edward.
“Come vanno le cose?”
“Tutto bene, sto studiando per diventare medico, sono tornato qui a Forks per motivi universitari” da come risponde sembra che siano rimasti in ottimi rapporti. Di lei mi aveva accennato qualcosa, non mi piace frugare nelle relazioni passate, e quello fu un discorso nato per caso.
Sono stati insieme tre anni, ma non ho idea di come sia terminato quel rapporto; non mi aspettavo quest’atmosfera allegra tra di loro.
Mi da fastidio vederli così in sintonia; con gli ex solitamente non ha rapporti così amichevoli, e so per certo che con le altre che ha avuto prima di me non ha contatti.
Victoria saluta anche gli altri due, che ricambiano stupiti; il mio imbarazzo non accenna a diminuire, ma allo stesso tempo sta aumentando la gelosia. Lei sta continuando a chiacchierare con Ed come se nulla fosse, la normalità fatta persona.
“Scusatemi” mormoro. Mi alzo ed esco di volata, non riesco più a sorbirmi quella patetica scena.
Ora sto rimpiangendo l’Arizona; da quando sono qui non faccio altro che imbattermi in situazioni surreali, questo viaggio si sta rendendo travagliato, e non sono passate nemmeno ventiquattro ore.
Sento la porta aprirsi, e riconosco Edward dalla falcata.
“Mi dici che ti è preso?”
Ah, ora è colpa mia?
“Ti stai rendendo ridicola di fronte ai miei amici.”
“Scusami?” mi volto, e ora partirà una litigata. “Praticamente la tua ex ti sbavava addosso senza ritegno e sono io quella ridicola?”
“Bella, è stato un caso averla incontrata. Insomma, mi scrive una mail ogni tanto, ma non pensavo che…”
“Lei cosa?”
Ora sono furiosa. Se prima mi pareva che fossero rimasti in contatto, ora ne ho le prove.
“Non sarai gelosa, spero. E poi pure tu ti scrivi ancora con Garrett.”
Sta comparando i nostri ex? Davvero?
“Garrett si è sposato con Kate due anni fa, lei per quello che so è ancora a piede libero.”
Garrett fu il mio ragazzo del liceo, come Victoria lo fu per Ed. Però noi ci lasciammo perché lui partì per il college e se ne andò distante, sapevamo entrambi che non potevamo rimanere insieme; non ci furono drammi e litigi, per questo ci sentiamo ancora. Sua moglie poi è un tesoro, e più di una volta è passata in negozio a salutare e comprare fiori.
“E cosa cambia? Anche da sposati si può tradire.”
Ma questo è pazzo!
“Stai mettendo in dubbio la mia fedeltà?”
Vedo la sua espressione mutare; ora si sta nascondendo il viso con le mani, pentendosi dell’ultima affermazione.
“Senti, Bells” tentenna, ma non lo lascio finire.
“Non so cosa ti passi per il cervello, ma non mi è piaciuto il tuo comportamento. Mi rendi la permanenza impossibile, tu sei impossibile.”
Sputo tutto senza fermarmi; forse dovevo essere più delicata e misurare le parole, ma la realtà è questa. E deve saperlo.
“Se la pensi così. Ora torniamo a mangiare, almeno salviamo questo pranzo.”
Non posso che essere d’accordo. Gli concedo questa piccola tregua, ma se pensa di passarla liscia, si sbaglia di grosso.
 
Il viaggio di ritorno lo passammo nel silenzio più totale; quel giro a Forks l’ha rimandato ad un altro giorno, entrambi eravamo troppo intrattabili per poterci permettere qualche svago senza rovinarlo.
A cena ci siamo solo io e sua madre. Esme è indaffarata nel preparare la cena, e per questo non ha il tempo di prestare attenzione a me. La nostra conversazione è un susseguirsi di convenevoli e racconti sulle nostre vite, e ringrazio il cielo che non mi stia osservando troppo; sono furibonda, frustrata, un fascio di nervi.
Se mi ha dato fastidio Ed oggi? Sì.
Se mi ha dato fastidio l’espressione trionfante di Victoria? Sì.
Se devo essere l’ultima a parlare perché stanotte ho fatto un sogno erotico su suo padre e adesso me la sto prendendo col suo fidanzato? Sì, ma no. Dopotutto, cara coscienza del cavolo, non ero a conoscenza del fatto che si sentano ancora.
Victoria, da quel che mi ha raccontato, è sempre stata una bomba sexy, una di quelle che ti giri appena la vedi, che passi ore ad osservare le sue foto, che ti senti inadeguato al suo fianco, tanto è mozzafiato in ogni azione che compie. Anche gli sguardi attoniti di Emmett e Rosalie oggi hanno confermato quelle dicerie, e averla vista dal vivo ha dato ulteriori sviluppi a quei ricordi: è dannatamente bella. E dannatamente single, da quel che ho constatato.
“Preferisci la carne o il pesce?”
La domanda mi riscuote dalle mie paranoie.
“Come?”
“Dicevo, carne o pesce?” Esme si volta e mi sorride, non notando il mio umore nero.
“Va bene tutto, mangio tutto” rispondo piatta, dando una sbirciata al telefono.
Ed è uscito a cena con amici, tutti studenti come lui; dopo oggi non lo biasimo, se fossimo rimasti insieme si sarebbe scatenata una guerra. Ho bisogno di ore di pace, senza il suo sguardo da lesso e le sue frecciatine sulla mia vita.
“Da quando ho avuto Edward ho dovuto imparare a cucinare; ero giovane, ma abbiamo potuto contare sui miei nonni per tirare avanti.”
Ed ecco spiegata la carriera di Carlisle. Non solo la borsa di studio, ma dietro i nonni materni hanno sborsato fior di quattrini per aiutarli nei primi anni del bimbo; non deve esser stato facile far fronte a tutte quelle spese, ma col senno di poi le cose sono andate decisamente meglio.
Sento la porta aprirsi: Cullen senior fa il suo ingresso. È stanco, sbuffa mentre chiude la porta, lanciando la cartella per terra in un angolo.
“Che giornata!” esclama, e non riesco a levargli gli occhi di dosso.
Il giubbotto semi aperto, i pantaloni scuri, il berretto di lana che avvolge la sua chioma splendente…
Torna sulla Terra, dolcezza.
“Buonasera Isabella, ti fermi con noi oggi?”
Per qualche secondo mi si mozza il respiro.
“S-sì” farfuglio, cercando di nascondere il rossore sulle mie guance. Ma che diavolo, non ho sedici anni per essere così impacciata? È il padre del mio ragazzo, il mio futuro suocero, non un porno attore col mestolo per aria!
Mi rifugio in bagno, mi sciacquo il viso e cerco di respirare normalmente. Che succede? Perché sono succube di qualsiasi parola, espressione, gesto, azione che compie Carlisle? Perché ogni volta che pronuncia il mio nome – completo, per giunta- mi sento avvampare?
Tutte queste sensazioni non le ho mai provate, nemmeno quando ho conosciuto Edward; me lo ricordo bene, ero euforica, esaltata, cretina, ma non così. Riuscivo a mantenere un briciolo di dignità, ma adesso non riesco a rispondere di me. Sembra che ogni cosa che faccia in presenza del padre sia eseguita da una scimmia ubriaca.
Esco, mi dirigo in cucina e mi siedo a tavola.
“Allora Isabella” armeggia con le posate, tagliando un pezzo di salmone “Come è stata la tua giornata?”
Ma perché queste domande? Come posso rispondere?
Analizziamo per un secondo le possibili varianti. Variante A:
“Una merda. Quel deficiente di suo figlio si sente ancora con la sua ex, praticamente un incrocio tra un angelo di Victoria’s Secret e una sportiva da urlo, e me l’ha accuratamente tenuto nascosto, poi provo imbarazzo nel fissarla perché stanotte l’ho sognata mentre mi palpeggiava e voleva fare le peggio cose in cucina, e se non fosse suonata la sveglia mi creda, avremo fatto acrobazie che al circo son dilettanti. Siamo solo al primo giorno, ho tempo oltre un mese per impazzire e continuare a sbavarle dietro. E lei, come sta?”
Variante B:
“Una merda. Suo figlio mi ha fatta arrabbiare e quando la guardo ho gli ormoni impazziti. La smetta di comparire nei miei sogni.”
Variante C:
“Una merda. Voglio tornare a casa.”
Ma non posso essere così sincera. Ne così spudorata.
Decido di passare alla variante D, quella che salva da ogni qualsivoglia dubbio:
“Benone, sono molto stanca. E Lei?”
BAM! Salvata in corner.
“Impegnativa, ho eseguito due interventi e quasi ci scappava un morto; Isabella, la smetta di darmi del lei, mi chiami Carlisle.”
E, davanti a quella richiesta, non posso fare altro che sorridere.
“Solo se fai lo stesso. E chiamami Bella!” aggiungo, con un po’ di imbarazzo.
Esme si alza, prendendo un’altra teglia di verdure, e Carlisle continua a sorridermi. Ricambio, certa che il mio cuore ora sta pompando a mille. Mentre mi perdo tra i suoi lineamenti –perfetti- ripendo a ciò che è successo stamattina.
Victoria è in città, conosce il posto, sa dove va Edward a studiare, quali locali gli piacciono, chi sono i suoi amici. Io, al contrario, sono una novellina, non ho la più pallida idea di dove sia capitata, che gente ci sia, come mi senta.
Il mio cuore riceve un’altra coltellata mentre una considerazione si fa largo tra la mia mente: la lessi tempo addietro, dove non ricordo, ma ora è più viva che mai.
Il liceo ti seguirà per tutta la vita.
E, nel caso di Edward, ha perfettamente ragione.
 
 
 
 
 

Holaaaa!! Ne è passato di tempo! Nel mentre ho finito gli esami, mi son laureata, e l’ispirazione è si è decisa a ripresentarti! Spero che questa storia vi piaccia, e spero che raccolga anche nuovi lettori! Qualsiasi parere è ben accetto, si può solo migliorare!!
Alla prossima!
 

 
 

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Capitolo 4
*** La colazione è il pasto più importante della giornata ***


La colazione è il pasto più importante della giornata
 
Sono passati due giorni dalla litigata con Edward. Abbiamo fatto una sorta di pace, una tregua silenziosa fatta di abbracci e qualche bacio rubato; niente sesso, niente magie, come se accanto avessi un marito stanco della routine coniugale.
Questo rapporto freddo non fa altro che alimentare i miei dubbi: possibile che ad una minima incomprensione come quella avuta ci sia questo clima tra noi? Per me certamente non è insuperabile, anche perché con i gli ex ho avuto ben altre questioni, ed erano decisamente più spinose.
Quanto a Carlisle, ho passato ore ad evitarlo; i turni in ospedale, le mie uscite con Alice al centro commerciale, i momenti intimi con Ed hanno aiutato a smorzare i miei iniziali bollori.
Alice si è rivelata una ragazza niente male: adora lo shopping, ma allo stesso tempo ama passeggiare per la città, facendomi da Cicerone in quel minuscolo paese dal meteo instabile.
Sono quasi le undici del mattino: Esme è al lavoro, Alice a scuola, Ed si è rinchiuso in biblioteca ed io sono a casa da sola. Fortunatamente posso contare su mio fratello, che questa mattina si è connesso su Skype dopo averlo supplicato tramite messaggio.
Se c’è una cosa che Jake sa fare è ascoltarmi: nonostante la sua giovane età ha sempre trovato il modo di aiutarmi. Ogni dubbio, domanda, consiglio: chiedere a lui era la cosa più naturale del mondo. Anche in questa vicenda ho deciso di appellarmi al suo giudizio, perché sento la necessità di confidarmi con qualcuno.
“Ciao sorellona!” esordisce con un sorriso caldo. È steso a letto, la maglia dell’università la usa come pigiama.
“Ciao tesoro! Hai fatto colazione?”
“Sì, questa è la seconda tazza” e mi mostra orgoglioso un bicchiere pieno di caffè, la sua bevanda preferita.
“Come vanno le cose?”
A quella domanda deglutisco. Dopo pochi giorni sento come se mi mancassero le forze. Doveva essere una vacanza, e invece Ed è distante, e suo suocero mi manda in subbuglio le sinapsi.
Gli racconto della scena del ristorante: Jacob non ha mai avuto nulla da ridire sul mio ragazzo, ma la sua espressione è facilmente interpretabile. Sorpreso, disgustato, e anche un po’ arrabbiato.
“Non capisco perché ti abbia nascosto questa cosa” ci pensa su, toccandosi il mento, e intanto sorseggia il caffè. Nemmeno io so darmi una risposta, insomma, che io sia ancora in contatti con Garrett lo sa sin dalle prime settimane, addirittura gli mostrai una foto con sua moglie che mi aveva mandato!
“Magari sapeva che mi da fastidio!” provo a sparare qualche opzione, ma non convince nemmeno me.
“Io l’avrei detto, a maggior ragione l’averlo scoperto da te deve esser stato peggio!”
E non sa quanto ha ragione. Mi passo una mano tra i capelli, desiderando che questa situazione non sia mai accaduta.
“Come farai?”
“Non lo so, pare che stiamo su due pianeti diversi. Quando siamo insieme avverto una sorta di lontananza, e non capisco il motivo.”
Affranta, abbasso lo sguardo. Mi sento impotente di fronte a questa realtà.
“Vedrai che presto tutto tornerà come prima.”
La sua rassicurazione non fa l’effetto sperato, o almeno non completamente. Perché so a cosa sto andando incontro, e devo dirglielo.
“Jake, c’è un’altra cosa… oddio, mi sento così in imbarazzo..”
Mio fratello mi sprona a parlare, ma sono ammutolita. Davvero mi sto prendendo una cotta per un uomo sposato, come se fossi un adolescente in tempesta ormonale? Ci mancava anche questa.
“Suo padre…”
“Cosa? Ti odia?”
“Non lo so, spero di no… il punto è…”
Mamma mia. Davvero sto per pronunciare ho una cotta per lui?
Alla soglia dei trenta – e sì, Ed è davvero uno stronzo, ma ha ragione- io mi sono rimbecillita di fronte ad un uomo, il mio futuro suocero, che non mi fila di striscio? E come potrebbe, data la bellezza della moglie e la solidità del loro matrimonio?
“Suo padre è un figo assoluto.”
Pronuncio senza prendere fiato, e a fine frase mi accorgo dell’immensità della stronzata. La faccia di Jake è impagabile, esterrefatto.
Poi, con mia grande sorpresa, scoppia a ridere.
Sta ridendo.
Si sta contorcendo dalle risate.
“Grazie per la sensibilità eh!” Quel ragazzo non ha un briciolo di cervello! Ritiro tutto, se prima lodavo le sue qualità di saggio universitario, ora non tesserà più le sue lodi.
“Oddio Bells! Mi fai morire! Sei la solita cretina!”
“Jacob, non sto scherzando! Ogni volta che mi fissa, quando parla, come si muove… tutto mi fa eccitare!”
Non è la conversazione più comune che io abbia mai avuto con lui, senza dubbio. Ma non gli ho mai nascosto nulla, ovviamente nei limiti della decenza. Una volta maturo, non ho più avuto bisogno di censurare, potevo usare la terminologia senza pormi problemi di scandalo.
“E avete combinato qualcosa?”
“Certo che no!” esclamo. Dal tono sembro offesa, ma il pensiero mi ha già sfiorata una volta.
Lo sguardo di Jake si fa serio.
Vedo che apre bocca, ma è titubante. “Se devi dirmi qualcosa, non esitare.”
Fa un profondo respiro, poi decide di farlo.
“Bells, tu sai quanto apprezzi il libertinaggio” per un attimo accenna un sorriso, ma non si scompone.
“Devi stare attenta, è sposato, sei fidanzata con suo figlio e ultimamente le cose con lui non vanno alla grande. Direi che hai tutte le carte in regola per un tradimento coi fiocchi.”
Effettivamente… sì. Tutte le cause che mi ha fornito sono sufficienti per poter fregarmene della monogamia e decidere di fare avance a Carlisle. Spudoratamente, eroticamente, in qualsivoglia modo.
“Però non otterrei nulla. È sposato” rimarco, più a me stessa che a lui. Sospiro, mi sento totalmente confusa. Insomma, io amo Edward, perché ho queste sensazioni, questo trasporto nei confronti di suo padre?
“Esatto. Soffriresti, e non saresti l’unica.”
Ma oggi Jacob ha mangiato pane e intelligenza?
Appoggio la mano sulla guancia, sorridendogli. Non che non avessi già pensato a quelle cose, ma sentirle dire da mio fratello mi aiuta a passare oltre.
Ha ragione: devo concentrarmi sul rapporto che ho con Ed, e non su fantasie inopportune. Dopotutto sono solo utopie, mere utopie.
E tali dovranno restare.
“Va bene, grazie per la conversazione. Tu come stai?”
“Bene, studio e conosco ragazze.. il solito!” e mi fa l’occhiolino.
So bene quanto successo abbia con l’altro sesso, è sempre stato dotato di fascino.
“Stai attento, ti tengo d’occhio!” lo ammonisco, severa; poi però gli mando un bacio, è impossibile rimanere arrabbiata con quello scemo.
“Pure io, nanetta!” e chiude la chat.
Mi alzo, chiudendo il laptop e dirigendomi in cucina: prendo una tazza e metto a scaldare la teiera; ho ancora un buco allo stomaco.
Improvvisamente sento un rumore alla porta: guardinga, mi avvicino.
“Ma che diamine!” sento esclamare. Dapprima rimango perplessa, poi realizzo: Carlisle. A quanto pare è rimasto chiuso fuori.
Vado ad aprire, e me lo trovo davanti: il camice da dottore è aperto, sotto indossa una t-shirt blu e un paio di pantaloni grigi. Il suo volto ha delle occhiaie belle pesanti, e i suoi capelli non sono in ordine. È la prima volta che lo vedo così stanco, e non posso- e non voglio- negare quanto sia bello anche in questo stato.
“Ehi Bella! Grazie, a quanto pare devo far riparare la serratura, non è la prima volta che mi da questi grattacapi!”
“Di niente, figurati!”
Devo allontanarmi. Torno in cucina, e poco dopo arriva anche lui, sbadigliando.
“Sei da sola in casa?”
Una domanda prettamente innocente, ma che fa scattare in me un sussulto incontrollato.
“Sì.”
“Hai già fatto colazione?”
“Sì, ma ho messo comunque a bollire la teiera.”
“Ottimo!” batte le mani, come un bambino, e prende una tazza anche lui “Ho una fame!”
“Ci penso io, penso sarai stanco.” Wow, che genio: dopo un turno massacrante, è più che logico che abbia sonno!
“Grazie mille Bella, sei molto gentile!” mi sorride, un sorrido caldo, gentile, genuino; ricambio, e mi sento incredibilmente goffa davanti ai suoi occhi.
Cerco di mantenere la calma, eseguo ogni mio movimento con estrema lentezza, come per paura di combinare qualche disastro. È come se non avessi pieno controllo delle mie facoltà.
Lo sbircio con la coda dell’occhio, intenta a tirar fuori i biscotti dalla dispensa: sbadiglia ancora, appoggiando la testa sul braccio. È così imperfetto, semplice, lontano dall’immaginario che ho sempre avuto in questi giorni. Vederlo sotto questa luce è una sorpresa.
Avverto qualcosa di intimo, un’atmosfera strana, ma è pacifica: come se lo conoscessi da anni. Prendo i biscotti, li appoggio sul tavolo, e intanto prendo le bustine del thè inglese: ogni gesto mi fa pensare.
È tutto surreale…
Mi sento come quando sono con mio fratello, la persona a cui tengo di più al mondo: una sensazione di serenità mi avvolge, e non capisco… perché mi sento così, quando conosco a malapena Carlisle?
L’acqua è calda: la verso su entrambe le tazze, e immergo la bustina. Sono sovrappensiero, nessuno dei due parla, e mi sporgo in avanti per prendere i biscotti.
Ecco che, come un fulmine, anche lui pare fare lo stesso: le nostre mani si sfiorano, solo per un breve istante. Alzo gli occhi, guardandolo, e lui mi sorride, spingendo la confezione in avanti. Provo uno strano calore, poi il mio cuore batte forte, sempre di più.
“Ti dispiace se vado a dormire?”
“Certo che no!” rispondo, riuscendo a stabilire un contatto visivo. Morde il biscotto, chiudendo gli occhi e riaprendoli subito.
“Questa è stata la miglior colazione della mia vita.”
Quel complimento mi fa sussultare. Abbozzo un sorriso, imbarazzata, e bevo in un sorso il thè, anche se mi scotto la lingua.
Mi alzo, mettendo a lavare la tazza. Canticchio qualcosa, per evitare nuovamente di essere a disagio. Dopo qualche minuto sento la sedia spostarsi, e Carlisle che si fa sempre più vicino.
Mi porge la tazza, e mi volto, trovandolo a pochissimi centimetri di distanza; il mio corpo è proteso verso di lui, così come la mia attenzione, che si concentra esclusivamente sulle sue labbra, e poi sui suoi occhi, magnetici e brillanti.
“Grazie” sussurra, ma è il modo in cui lo dice che mi fa elettrizzare. Ogni parte di me che pensava, sperava di poter andare oltre quell’attrazione sconveniente si ricrede; sbigottita, afferro l’oggetto, la mano tremante rischia di farlo cadere. Mi rigiro verso il lavandino, e apro il rubinetto, cercando la spugna e il detersivo.
“Vado a dormire, a dopo!” mi saluta Carlisle, e la sua figura scompare nella tromba delle scale.
Sospiro, cercando di controllarmi.
Non posso andare avanti così. Devo decidere, decidere chi voglio avere.
È escluso a priori che io mandi a monte la relazione con Edward.
È escluso a priori che io smetta di provare attrazione per Carlisle.
Navigo in acque decisamente turbolenti, e sono ufficialmente, incondizionatamente, nella merda fino al collo.
 
 
 

Hola!!! Spero che vi piaccia anche questo capitolo! Ringrazio chi segue la mia storia, e chi ha letto, se vi va scrivete cosa ne pensate!
La storia sta prendendo una piega decisamente interessante, non credete? Bella cerca di contrastare la sua folle attrazione per il padre, e nel contempo vuole fare pace con il figlio. Riuscirà a non impazzire completamente?
Per scoprirlo, continuate a seguirmi!
 

 
 

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Capitolo 5
*** Abbiamo fatto pace ***


Abbiamo fatto pace
 

“Sii realista per un momento: cosa farai se dovessi davvero innamorarti?”
Questa domanda tormenta il mio subconscio da ore. Seduta sul letto, sono quasi le undici di sera; i signori Cullen sono rintanati nella loro stanza, Alice è uscita come quasi tutte le sere ed Edward è in bagno.
Continuo a pensare alla mattinata precedente: dopo quella colazione non sono più rimasta sola con Carlisle, e per fortuna, aggiungo. Stare con lui è come una lenta, dolorosa agonia, ma allo stesso tempo è una sinfonia musicale, una melodia rilassante.
“Eccomi” dice Ed, con addosso boxer e maglietta dell’Hard Rock. Si sdraia accanto a me, posandomi un bacio sulla guancia, e prende il telefono.
Mi sento a disagio. Cioè, non a disagio a stare al suo fianco, anzi, ne sono orgogliosa. Da quando sto insieme a lui mi sento felice, tranquilla, positiva.
Come no. E la parentesi “padre fichissimo”?
Magari è un aumento del desiderio. Mi manca farlo col mio fidanzato, forse è per questo che mi ritrovo a fantasticare sul suocero.
Forse…
Mi volto, e fisso intensamente Ed; qualcosa si muove dentro di me, una forza incontrollabile, un istinto primordiale…
Mi avvicino lentamente, come se avessi paura di invadere il suo spazio; ricambio il bacio sulla guancia, e non si scosta, ma sorride. Questo mi spinge ad avanzare.
Il bacio si fa meno casto; scendo, arrivando al mento, mentre con la mano sinistra gli accarezzo i capelli.
Poi mi sposto, mettendomi davanti a lui, mi sorreggo con la destra; gli do un bacio a stampo, poi un altro, poi ancora… e continuo, ma con più insistenza.
“Bella…” sussurra, e mi bacia. Ma stavolta è passionale, intenso. Mi prende, facendomi sedere sulla sua pancia, e le sue mani vagano sulla mia schiena. Comincia a baciarmi il collo, passandoci la punta della lingua, e mi sento in estasi.
Mi toglie la maglia, e faccio altrettanto, ammirando il suo torace e i suoi pettorali: ha un corpo non troppo asciutto, ma si tiene in forma. I suoi bicipiti sono la mia parte preferita, e comincio a baciarli.
Sento l’eccitazione salire, e non solo la mia. Siamo irrefrenabili, sentiamo la nostra voce farsi sempre più roca, ci chiamiamo, mentre i vestiti volano verso il bordo del letto e per terra.
Tutto si fa rovente: l’atmosfera, la temperatura, ormai siamo all’apice del desiderio.
Sembra che sia la prima volta che lo faccio con Edward; tutto sembra nuovo, il modo in cui mi tocca, come io lo tocco. È come esplorare un nuovo territorio, sentire un nuovo sapore, delle labbra sconosciute che pronunciano il mio nome.
Sono totalmente in balia di lui; è qualcosa di fisico, carnale. Non c’è nulla di dolce nei nostri gesti, lentamente ci trasformiamo in bestie, ma la passione, quella, continua ad aumentare.
Mi fa gemere, sempre di più, la mia intimità lo richiede subitamente… lo chiamo, la mia mente è attratta da lui, tutto è attratto da lui… sento un fuoco che divampa, non capisco più nulla, voglio solo raggiungere l’orgasmo.
E allora accade: Edward si posiziona sopra di me, i suoi occhi si chiudono al suo ritmo, sempre più veloce, sempre più emozionante.
Cerco di non urlare, ma è difficile; allora gli pianto le unghie nella schiena con violenza, serro le labbra, ma esce un suono duro, simile a un ringhio.
E tutto il mondo si ferma per un attimo; per un secondo, o forse due, riesco ad essere realmente felice.
 
“Wow!”
È steso accanto a me, la mia testa è poggiata sul suo petto. Ascolto il ritmo del suo cuore, che pompa all’impazzata; il suo respiro è ancora incontrollato, così come il mio, cercando di riprendere fiato.
È stato… bè, pazzesco. Non sono più tesa, nervosa, scontrosa; questa dose di sesso mi aiuta a tenere tutto sotto controllo.
E abbiamo fatto pace, oltretutto.
La sua mano sinistra stringe la mia, ma ora si libera; mi accarezza una ciocca di capelli, piano piano, seguendo le linee ondulate e sinuose della mia chioma.
Dentro di me scorre un’energia… lo rifarei?
Sì. Altre mille volte.
Con Edward?
Forse.
Stasera è stato strepitoso. Come se anche lui sentisse la mancanza del mio corpo, così come io sentivo la mancanza del suo. Ammetto che sono stata egoista, perché quando lo guardo mi fa impazzire; sin dalla prima volta che l’ho visto in costume, ogni muscolo mi attirava a sé come una falena, ero ipnotizzata dalle sue forme perfette e desideravo di poterle ammirare a distanza ravvicinata.
La prima volta che siamo stati insieme… non è paragonabile a stasera. È come se l’avessimo vissuta ad un livello superiore.
“Dovremmo farlo più spesso” commenta, e scoppio a ridere.
“Decisamente” convengo.
Ride anche lui, una risata cristallina, allegra: è bello sentirla.
Mi mancavano questi momenti intimi.
“Pensi che avranno sentito?”
“Chi, i miei? Nah” scuote la testa, sogghignando. “Hanno entrambi il sonno pesante, specialmente papà.”
A quella parola mi si annida lo stomaco: possibile che il solo sentirlo nominare mi faccia uno strano effetto?
Devi smetterla.
Autoimporsi di ignorarlo non aiuterà molto, ma è già un inizio.
Mi da un bacio tra i capelli, e poi si alza, battendosi la mano sulla pancia. Noto con piacere che l’eccitazione non è ancora scemata.
Mi alzo anch’io, sorridendo, e vado in bagno. Prima di uscire raccatto la maglietta del pigiama e le mutande, e a piedi scalzi mi dirigo nel bagno principale della casa; ieri sera ho lasciato là il mio spazzolino.
La camera dei genitori ha la porta chiusa; buon segno, sarebbe troppo imbarazzante incontrare LUI dopo una sessione di sesso incredibile. Non riuscirei a guardarlo negli occhi per più di mezzo secondo, diventerei color pomodoro all’istante.
Mi sciacquo il viso, guardandomi allo specchio: le guance sono rosse, i capelli scompigliati, e le labbra… come se le avessi usato una quantità ingente di botulino.
Lavo i denti, giocherellando un po’ col getto d’acqua calda, poi mi asciugo faccia e mani e torno a letto.
Ed è già crollato, tipico di lui: è quasi mezzanotte e mezza, e ancora sono frastornata.
Guardo il telefono: un messaggio di Angela.
Ehi Bella, come vanno le cose? Scusa per l’orario, ma devo assolutamente comunicarti una cosa. Appena puoi scrivimi, o chiamami, insomma, non riesco a dormire!!!!
Che usi troppi punti esclamativi è strano, davvero strano. Esco dalla stanza, sedendomi sulla rampa delle scale, abbastanza lontana dalle camere per non disturbare.
La chiamo: il telefono squilla, poi la sua voce squillante quasi fa cadere il telefono.
“Piano Angie! Stanno dormendo!” La redarguisco.
“Bella! Mamma mia come stai?”
Il suo entusiasmo è sempre contagioso, e a dir poco esagerato: come fa ad essere così pimpante?
“Alti e bassi, ma stasera decisamente alti. Avevamo litigato qualche giorno fa, ma abbiamo risolto.”
“E non oso immaginare come” risponde sarcastica, ma non ha tutti i torti.
La nota negativa del nostro rapporto (ma negativa fino a un certo punto, eh) è che ogni chiarita equivale a fare l’amore, e non parliamo molto.
In fondo, i problemi non si son più fatti rivedere, forse questa soluzione è davvero efficace.
“E tu come stai?” sussurro, sbirciando ogni tanto per vedere se nessuno si sveglia.
“Ho grandi notizie!”
Fa una piccola pausa: fa un respiro profondo, poi si decide.
“Sono incinta!”
A quella rivelazione rimango sbalordita: se potessi salterei per tutta la casa, urlando, correndo, insomma, mi lascerei andare a festeggiamenti molto assordanti; tuttavia, il mio buon senso mi impedisce tali fragori.
“Che bello Angela! Sono felicissima!”
“ Di poche settimane, vero, quindi ancora non so se sarà maschio o femmina… Ben deve ancora saperlo, tu sei la prima!”
Quale onore! Se deve ancora dirlo al suo ragazzo, vuol dire che ci tiene davvero a me! Questa cosa mi fa quasi commuovere, Angie è davvero una ragazza in gamba, e sono sicura che sarà una madre fantastica.
Fortunatamente non è accanto a me, altrimenti vedrebbe la lacrima che sta scendendo, e diventerebbe pazza di gioia e mi prenderebbe in giro fino allo sfinimento: non mi piace esternare troppe cose di me, specialmente non amo piangere in pubblico.
“Ora starai a casa immagino… insomma, nausee, voglie inconsuete, altre nausee…”
“Bella fermati, sto ancora in piedi per poter lavorare! E tu devi goderti le vacanze, penserò io a trovare un sostituto per quando il mio pancione sarà lievitato!”
Come sempre, ha già pensato al futuro; la sua organizzazione è impeccabile, se in un futuro utopico dovesse conquistare il mondo, saremo tutti tranquilli nelle sue mani.
“Va bene, Angela, voglio solo che tu stia bene.”
Sento un sospiro dall’altra parte.
“Certo Bella. Dai, vedrai che presto ci rivedremo.”
La saluto, agganciando, e non posso fare a meno di sorridere.
Voleva così tanto un figlio: Ben era entusiasta quando Angela voleva provare a rimanere incinta. Come padre sarà perfetto, è uno di quegli uomini gentili, premurosi, eleganti…
Proprio come Carlisle.
La mia testa sta vagando in acque troppo profonde per aver elaborato una simile congettura. Ma sì, è proprio come lui. È inutile negarlo, Ben è più simile a Carlisle di quanto non lo sia con Edward, nonostante abbia solo tre anni più di lui.
Mi alzo, e a piccoli passi torno a letto, addormentandomi subito e più serenamente.
 
La colazione è come sempre un tripudio di cibo Sono quasi le nove del mattino, e siamo tutti a tavola. Chi è sveglio, come i coniugi Cullen, chi invece desidererebbe altre ore di sonno, come Alice, che stanotte ha fatto ritorno all’ovile davvero tardi.
Vedo che ogni secondo sbadiglia, versandosi un’altra tazza di caffè; Esme cerca di limitarne il consumo, ma le occhiatacce della figlia le intimano di non provarci.
Ed sta mettendo altro sciroppo sui pancake, mentre io cerco lo zucchero in mezzo ad una tavolata imbandita.
“Allora ragazzi, la prima domenica tutti insieme!” esclama Esme. Ci sorride,  prendendo il latte caldo dalla cucina e facendo un’affettuosa carezza tra i capelli del figlio.
“Eh sì! Che cosa possiamo fare? Gita, passeggiata al parco, giro in centro…”
Tutte quelle proposte le immagino farle con le temperature più alte; guardo fuori dalla finestra, e vedo che si preannuncia l’ennesima giornata uggiosa e fredda.
Mi immergo nei pensieri, cercando di trovare un’altra idea più consona (a mio parere), quando Esme si avvicina col mio telefono.
“Cinque chiamate perse da tua madre… forse dovresti rispondere.”
Sorride, non immaginando quanto i livelli di stress stiano salendo. Ma nemmeno qui mi lascia in pace, specialmente di domenica mattina?
La richiamo: avevo lasciato il telefono in silenzioso in salotto questa mattina.
“Mamma..”
“Bella tesoro…”
“Mamma cosa c’è? Sto facendo colazione…”
“Bella.” Il suo tono di voce è allarmato.
Qualcosa non va.
Il suo respiro è irregolare, cerco di tranquillizzarla ma non riesco.
Prendo in mano il cucchiaino, cercando di recuperare il biscotto che ho inzuppato.
“Jacob…”
“Che è successo? Sta bene?”
Mi alzo, spaventata. Tutti gli occhi sono puntati su di me, preoccupati.
“Non sta bene. È in ospedale.”
Il telefono mi scivola dalla mano, schiantandosi a terra. I miei occhi cominciano a lacrimare, sto tremando. Subito Ed mi fa sedere, mentre Carlisle si avvicina.
Ho un attacco di panico.
Tutti mi chiedono che succede; le voci si fanno confuse, non ragiono più. Cerco di respirare, di controllarmi, di calmarmi. E, a un fil di voce, riesco a parlare.
“Jake... è in ospedale.”
 
 
 
Hola!!! Finalmente i due hanno fatto pace, ma i guai sono dietro l’angolo… che sarà successo?
Il prossimo capitolo vedrà un avvicinamento tra Carlisle e Bella… non odiatemi, ma anche Ed oggi ha avuto il suo momento!
Ringrazio chi legge, chi segue la storia e chi recensisce: fatemi sapere cosa ne pensate!
Alla prossima!
Anna

 

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