Twilight

di Always_Always
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Darkness ***
Capitolo 2: *** Opposites ***
Capitolo 3: *** Pain(ting) at midnight ***
Capitolo 4: *** Bedtime story ***



Capitolo 1
*** Darkness ***






Darkness
 


 
La paura dell'oscurità mi è rimasta finché non ci ho fatto l’amore dentro.


 
 
 
L’oscurità mastica ricordi, ingoia sogni e rigurgita incubi.
 
Si staglia mansueta sul profilo della notte, stiracchia le ossa fatte di polvere e si lascia cadere sul mondo.
Silenziosa e implacabile, s’insinua in ogni fessura priva di luce.
Priva di difese.
 
"Sei ancora qui."
 
È una considerazione carica di accettazione. Un grumo rappreso dal sapore mestamente amaro.
 
Le dita deformi dell’oscurità si allungano e scivolano sotto al letto.
Le unghie putride si arrampicano sul legno e scricchiolano a ogni affondo.
 
Crick. Crick. Crick. Crick.
 
"…Vattene via," mormora Bulma sollevando la testa dal cuscino.
Assonnata e impaurita - determinata e innamorata. "Non è posto per te."
 
L’oscurità assottiglia il sorriso slabbrato.
Bava e sangue sfuggono dai denti cariati, colano sul pavimento e si impregnano nelle assi del letto.
Bulma ne avverte il fetore e riconosce le sue stesse paure.
 
Non mentire, risponde l’oscurità, beffarda, orgogliosa. Io vedo quello che lui nasconde.
 
Bulma ha un fremito ma non cede lo sguardo.
La sua mano striscia sotto le lenzuola e trova quell’altra, che è anch’essa sua ma non perché parte del suo corpo; che è più grande e forte, più calda e fiera e le dà la spinta che stava cercando.
 
I suoi occhi si incendiano, diventano roventi come quelli di una fiera spietata e bellissima.
 
"Lascialo stare," ringhia, il cuore ricolmo di un sentimento che fa troppo male.
"Non lo avrai. Non stasera."
 
La risata stridente dell’oscurità assume i tratti dissonanti di una maledizione.
 
Sciocca! Urla e ride, ride e urla.
Una follia cieca guizza nei suoi occhi gialli e la rende spaventosa. Non puoi privarmi di ciò che è mio!
 
Un lampo di consapevolezza attraversa lo sguardo di Bulma: ha imparato a sue spese cosa significhi condividere l’anima e il letto con qualcuno che ogni notte deve pagare un debito di sangue e ombra e terrore.
 
Ha imparato, Bulma, piano piano e in silenzio.
Ha imparato e non si è mai arresa, tentando, sbagliando e amando - anche quando era così difficile da rinunciare, anche quando non poteva essere, perché l’amore doveva portare felicità e non avvinghiarsi attorno al cuore, mordere e squarciare come un mostro affamato.
 
Ma ha imparato, Bulma, e finalmente ha capito.
 
Il cuore di Vegeta è trincerato e irraggiungibile a chiunque sia troppo distratto per ascoltare.
Bisogna immergersi nell’ombra dei suoi occhi per comprenderlo ed essere pronti a condividere il buio, perché il dolore del Principe non è un fardello sopportabile da tutti. È una condanna, recide la carne, strappa il buono e lascia una voragine temprata nella stessa sostanza della pazzia.
È un dolore tremendamente umano - ma non sarebbe saggio farglielo notare.
 
"Vattene," ripete Bulma e questa volta non ammette repliche. "Vattene via."
 
L’oscurità la scruta con ostentata insistenza.
Il sorriso è morto sul suo volto, le rughe sulle guance si infossano e sgretolano la pelle già marcia.
Un accenno di smorfia è tutto quello che le concede.
 
Sei una strana creatura, appura. Proteggi chi è già condannato.
 
"Non è mai troppo tardi", ribatte Bulma, ma è un’altra la risposta che conserva nella mente, che divora tutto e non lascia più nulla.
Amore, amore e ancora amore. Sempre amore.
 
Crick. Crick. Crick. Crick.
 
I tentacoli putridi dell’oscurità si allontanano dalle due figure, scivolano giù dal letto e si ritirano nell’ombra.
Lei indossa un mantello di incubi – incubi che, questa volta, non sono i loro – e arretra lentamente, il sorriso torna a snaturare il volto scheletrico.
 
Sai cos’altro vedo? Aggiunge, altezzosa. Quello che nascondi tu.
 
Bulma non risponde e l’oscurità scompare nella notte.
 
La prossima volta che verrò, non sarà solo per lui.
 
 
Un filo di vento penetra nella stanza e la fa rabbrividire. Bulma si stringe di più al compagno, si prende del tempo per osservarne il volto addormentato e poi chiude gli occhi.
 
Questa volta è riuscita a proteggerlo; questa volta sono ancora loro due.
Al resto penseranno poi.
 
 
 
 
La luce crede di viaggiare più veloce di ogni altra cosa, ma si sbaglia. 
Per quanto veloce viaggi, la luce scopre che l'oscurità arriva sempre prima.
Ed è lì che l'aspetta.
 
 
 
 
Angolo dell'autrice: 
Bo, ecco qui. Non so che cosa sia. Mi sono immaginata questa scena e dovevo scriverla. Credo che questa sarà la politica di tutta questa raccolta: scrivere quello che mi viene in mente. Senza una connessione logica o temporale o quant'altro. Soltanto momenti. E... beh, se avete qualche idea su un momento che vorreste vedere scritto, potete dirmelo con una recensione! Sono aperta a qualsiasi cosa (credo...:D). 

Niente, grazie mille a chi ha letto e a chi lascerà una recensione!
Alla prossima!

Always_Always
 
 
 

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Capitolo 2
*** Opposites ***


Opposites
 

Amate, amate, tutto il resto è nulla.



L'amore è una convergenza di opposti dai confini sbiaditi.

Bulma ne respira l’ipocrisia ogni notte, rotolandosi nelle lenzuola vermiglie di un letto di spine e intraprendendo una battaglia di concessione e dominanza, una danza di voglie che assume i tratti di una squisita punizione.
 
Opposti.
Una mano di ferro contro una di burro.
Un morso che scotta e un bacio che scioglie.

L'amore è, pensa Bulma, i miei difetti che si sommano ai tuoi e diventano una nuova imperfezione.

Ansima: "Non… fermarti."

La mente è arrendevole al desiderio e la pelle malleabile sotto il tocco bollente di lui.
Crea sculture col suo corpo, Vegeta, la modella con le abili dita di un artista e le fa scoprire sensazioni inesplorate che la lasciano attonita - in balia di un piacere travolgente che la sgualcisce in minuscoli pezzetti di carta pesta.

Lui ansima: "Non… darmi ordini."

Lo stuzzica, pungendolo sul vivo; mettere costantemente alla prova il suo sconfinato orgoglio è un passatempo pericoloso, ma eccitante.
È l'azzardo di fare il passo sbagliato.
È la soddisfazione di imboccare la strada giusta dopo miliardi di tentativi mancati.
Dopo svariati vicoli ciechi taglienti come cocci di vetro.

L'amore è: trucco sbavato e asma cardiaco.

Un sospiro che si libra in aria e un ringhio che sfugge da due labbra serrate. 
Un pugno che va sempre a segno - sempre - e una carezza che guarisce qualsiasi ferita.
È la forza di andare avanti, nonostante tutto.

Bulma inarca la schiena, allaccia le mani dietro al collo di lui e infila le unghie nella sua carne. Infierisce sulla sua pelle con la meticolosità di chi vuole vendicarsi di non reggere le redini del gioco e con la spavalderia di chi sa toccare i tasti giusti: Vegeta è un artista, certo, ma anche lei conosce bene i suoi punti deboli.

I movimenti si fanno più veloci, gli affondi creano altri affondi e donano un appagamento vizioso che sa di sconfitta - la consapevolezza di aver bisogno dell’altro per poter stare così bene.

"Sempre… così rozzo," mormora lei. Il suono di un’accusa falsamente seria.
"Sempre… così romantica," ribatte lui. La replica di chi sa cosa vuol dire avere qualcosa da perdere.

I loro corpi si intrecciano e le bocche si scontrano, si bramano, si amano.
Il sudore che ricopre entrambi disegna un velo sopra di loro; è una linea che li unisce e li rende un tutt’uno.

L'amore è, pensa ancora Bulma, non capire più dove cominci tu e dove finisco io.

Vegeta nasconde il volto nell’incavo del suo collo liscio. Respira affannato sulla sua pelle, un soffio caldo che le solletica i sensi.
Le regala un bacio rude e selvaggio, il lascito di una razza guerriera che poco ha familiarità con la tenerezza.
Eppure Bulma sente che non potrebbe volere nulla di più di quel cancro balsamico che la divora da dentro.
Nulla di meglio.

L'amore è: trovare il bello nel brutto.

Due respiri all’unisono e due corpi che si mischiano.
Il piacere che si disseta negli sguardi di entrambi e resta impresso nell’aria rarefatta di quella stanza buia.

L'amore è.

"Ti… ah… ti odio, Bulma."

Anche quando l’orgasmo le toglie qualsiasi volontà, Bulma sogghigna.

L'amore è: la verità che si nasconde sotto ogni tua bugia.

"Ti odio anche io."

La tua realtà che diventa la mia.

 
 
 
L'amore ha diritto di essere disonesto e bugiardo. Se è sincero. 







Angolo dell'autrice:
Sono tornataaa! :D , sono le 5 di mattina e , probabilmente domani mi maledirò in aramaico antico per non essere andata a letto prima e per non aver rimandato la pubblicazione di questo capitolo.
MA, c'è un perché: ho finalmente trovato il tema di questa raccolta.

Visto e considerato che la maggior parte dell'ispirazione mi viene di notte e che le storie che ho in mente (?) sono ambientate tutte bene o male al calar della sera, ho deciso di ambientare i miei racconti dopo il crepuscolo.
Ecco. Quindi ho modificato il titolo della storia, l'intro e anche il rating (è ufficialmente l'arancione - non mi spingerò oltre ciò che avete letto in questa OS).

Nulla, infine. Questo è quanto.
Ah, la frase "Non capire più dove cominci tu e dove finisco io" è parte di una canzone, almeno credo. Avete presente quando sapete di aver già sentito una cosa ma non ricordate dove e il vostro cervello l'ha registrata senza chiedervi il permesso e ogni tanto ve la piazza davanti agli occhi totalmente a caso? Ecco, è la stessa cosa che è successa a me con questa frase. Mi perseguitava e ho deciso di inserirla. So che non è farina del mio sacco, ma nulla di più.

Ringrazio infinitamente chi ha avuto il buon cuore di recensire il capitolo scorso, chi ha inserito la mia storia nelle seguite/preferite/ricordate e anche i lettori silenziosi.
Ovviamente, una recensione è sempre ben accetta.
Ora ho davvero finito e me ne vado a dormire.

Alla prossima!
Always_Always

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Capitolo 3
*** Pain(ting) at midnight ***




 
Pain(ting) at midnight



Non siamo mai così indifesi verso la sofferenza come nel momento in cui amiamo.


 
Il dolore è un pittore con un'innata passione per il sadismo.

È una tela di ghiaccio da scolpire - occhi lapislazzuli che riempiono i tuoi.
È una pennellata d’acciaio che solca lo stomaco e fa sputare sangue - quando ormai ti sei lasciato andare, quando gli hai aperto le porte del cuore come se fosse un amico lontano che non vedevi da qualche tempo.
Bulma sa che il dolore è costante, un confidente che la conosce estremamente bene.

«Condividiamo i segreti, noi due. Le perdite e le sconfitte - le tue, le sue.»

Bulma vorrebbe dire di essere riuscita a rialzarsi, a un certo punto, ma la verità è che resta impressa nella tela di quel dipinto notturno ogni volta che qualcuno combatte - ogni volta che quel maledetto pianeta ha qualcosa che non va e lei deve sacrificare la sua felicità per il bene superiore, come se fosse dovuto. Bulma sa che dovrebbe essere forte perché la sua sicurezza e il suo incrollabile coraggio sostengono quella squadra raffazzonata di guerrieri mai veramente cresciuti, eppure fa male.

Ogni tanto - più spesso di quanto le piaccia ammettere - Bulma inghiotte il sapore rugginoso della sua esistenza e si lascia andare a una frustrazione latente. Allora si chiude in camera, spegne le luci e seduta sul letto lascia che il suo sguardo vaghi oltre la finestra, dove le luci della città coprono le stelle - le piacerebbe davvero riuscire a vederle, le stelle, spegnere tutto quel fastidioso brillare artificiale per riuscire a godersi la semplicità della notte.

Ogni tanto - così spesso da non rendersene nemmeno conto - Bulma si stringe tra le braccia e sente il dolore coprirle le spalle, insinuarsi nel petto, premere sul cuore; il dolore è paziente e calcolatore, le offre l’appoggio di cui ha bisogno per poi strapparglielo via e guardarla soffrire. E Bulma ha imparato che piangere è un buon modo per inebetire i sensi, per annebbiare le luci artificiali - della città, della sua vita - e intravedere le stelle.

«Lasciati andare,» le sussurra il dolore, «hai tenuto duro, ma adesso è finita; adesso è finita.»

Così Bulma piange e ricorda, fissando la notte; ricorda il pugno dell’alieno contro la mascella di Vegeta e ricorda di aver sentito quel dolore sulla sua stessa pelle; ricorda lo sputo di sangue sul terreno sabbioso; ricorda lo sforzo e la fatica, ricorda la sconfitta - bruciante e indelebile - ricorda la rabbia e ricorda come l’intervento di tutti abbia contribuito alla vittoria; poi ricorda di come lui le abbia lanciato un’occhiata di sfuggita prima di abbassare lo sguardo - il Principe dei Sayan non abbassa mai lo sguardo - e ricorda di averlo sentito tremare, nel profondo, perché le sue sole forze non erano state abbastanza.
Bulma ricorda perché Bulma vede, anche quando nessuno dovrebbe; c’è un filo di spago che la intreccia a Vegeta tanto da fondere i loro pensieri e renderli un tutt’uno, così che Bulma non deve far altro che guardarlo - o sentirlo - e ogni cosa le appare chiara e tangibile, come se ce l’avesse davanti agli occhi pronta per essere afferrata.
Sa anche che per lui è lo stesso ed è proprio per questo che si premura di tenere duro fino a quando le riesce possibile, mostrandosi forte e indomabile e lasciandosi andare soltanto nel momento in cui è sicura che sia tutto finito e che non ci sia più pericolo. Piange quando gli altri non vedono, quando la sua forza non serve più; quando la roccia può sgretolarsi e a lei non resta altro da fare che sfogare tutto lo schifo che ha sepolto dentro.

«Con te stessa non devi fingere, Bulma. Stai male e lo puoi mostrare.»

Nemmeno si accorge quando, silenzioso e implacabile, Vegeta apre la porta e la richiude dietro di sé; si siede accanto a lei - non abbastanza vicino per riuscire a toccarla - e resta immobile, avvolto nel buio.
Bulma sa che Vegeta è molto più di quello che dice - che non dice, che fa, che non fa, che pensa, che prova. Bulma sa questo e molto di più, perché l’ha visto tatuato a fuoco sul suo corpo, cicatrici di sentimenti e emozioni che non hanno altro modo di mostrarsi se non attraverso di lei. Come sa che, anche ora, anche adesso, è tutto come dovrebbe essere. Che è giusto così. Che il male è un’inevitabile conseguenza dell’amore - perché amare comporta sacrifici e dolore e difficoltà, ma sa sempre come ricambiarti.

E allora Bulma lascia andare la testa e la poggia sulla spalla scolpita di lui - che la stava aspettando, precisa e perfetta, perché Vegeta non ha bisogno di tante cerimonie per capire quando qualcosa non va per il verso giusto e risolve le faccende sempre a modo suo, con una tenerezza ruvida e sbrigativa che però non lascia mai niente al caso. Stagliati nell’ombra, sono il ritratto silente del legame che li unisce, brillante tanto quanto una di quelle stelle che Bulma ama tanto. Poi lei tira su con il naso e condivide quello che sente. 

"La prossima volta andrà meglio. La prossima saremo migliori."

Perché tra loro è semplicemente così: lui combatte - vincendo, perdendo - per entrambi, e lei piange - resistendo.
Per entrambi. 


 
Anchor up to me, love.

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Capitolo 4
*** Bedtime story ***


N.B: Dragon Ball Super mi sta influenzando più di quanto dovrebbe, me ne rendo conto. Solo che la piccola Bra è troppo tenera. Non sono riuscita a levarmela dalla testa e così, alla fine, è diventata l'ospite speciale di questa storia, che doveva essere tutta un'altra cosa.
Grazie a tutti voi che passate di qua. 
Always_Always


 
 
Bedtime story


 
Che cos’è la felicità? Una casa con dentro le persone che ami.
(Amy Bratley)


 
La felicità di Bulma è capricciosa e incoerente come il suo stesso cuore.

Le sue fondamenta sono fatte di carte che si ammucchiano alla rinfusa e sorreggono un traballante castello di nuvole e sogni.
Sarebbe così facile - così facile - soffiare via le carte e buttarlo giù.

«Papà papà, raccontami la storia di mister scimmia!»

Così facile. Come guardare una bambina di cinque anni in quei grandissimi occhi azzurri e calpestare le sue speranze fino a frantumarle tutte - e dirle che no, mister scimmia non è uno di quei cartoni animati da strapazzo che la fanno tanto ridere ma un simbolo di morte e disperazione, una ghigliottina tagliente che si è abbattuta con ferocia sulle teste di milioni di vite innocenti, persino sugli amici della sua stessa madre.

Vegeta sbuffa, serio. «Tua madre non te l'ha già raccontata?», è la semplice risposta e Bulma lo intuisce con chiarezza che è il suo modo gentile per far cadere la conversazione, perché anche a lui non piace ricordare quei tempi andati: la rabbia è ancora lì che brucia, incandescente come lava, mischiata al sapore amaro di quella schiavitù che l'ha costretto a schiacciare il suo infinito orgoglio per piegarsi ai voleri di quella stessa lucertola che ha causato la morte di tutta la sua specie.

Nessuno dei due ha messo in conto che Bra non è una bambina normale - Bra è un batuffolo celeste che sprizza tenerezza e furia a seconda del momento, è il connubio perfetto di due razze agli antipodi - la parte migliore di entrambi.

«È più bello quando la racconti tu», ribatte, furba - Bulma si specchia in quegli occhi così simili ai suoi ma è la determinazione rovente di Vegeta che vi scorge dentro.

Vegeta sbuffa di nuovo. Bulma, dietro la porta socchiusa, lo osserva sedersi sul letto di Bra - che si è prontamente sistemata le coperte addosso, conscia che papà non è la mamma e certe cose non le fa - e incrocia le mani davanti al petto.

«Un guerriero venuto dallo spazio—».
«No, papà, così non va bene, devi dire "C'era una volta". Tutte le storie cominciano così».
«La storia è mia e decido io come raccontarla».

Bra si acciglia proprio come fa lui, con le stesse rughe sulla fronte e la stessa smorfia insoddisfatta - Bulma soffoca una risata cercando di non farsi scoprire e li guarda scambiarsi occhiatacce ostinate. Alla fine Vegeta brontola sottovoce e riprende a parlare.

«C'era una volta», sottolinea, «un guerriero venuto dallo spazio che stava cercando un degno avversario con cui misurare la sua incredibile forza. Tutti gli altri che avevano combattuto contro di lui non erano stati alla sua altezza, facendogli solo perdere del tempo prezioso. Così sperava che, arrivando sulla Terra, le cose potessero cambiare».
«Quanto era forte questo guerriero, papà?»
«Era molto forte».
«Forte fortissimo?»
«Anche di più».

Bra spalanca gli occhi dallo stupore, si lascia trasportare da quel racconto che ormai conosce a memoria ma che ogni volta è in grado di rapirla. Pende dalle labbra del padre, innocente ma al tempo stesso consapevole, e sogna di incontrare, un giorno, un principe valoroso tanto quanto il suo papà - poco importa se Vegeta sia tutto meno che un principe azzurro.
Bulma ricorda quando anche il suo sogno era quello di trovare il principe perfetto e non può che sorridere di fronte alla sua stessa ingenuità - bisogna andare molto, molto indietro con la memoria, al tempo in cui Goku era solo un bambino su una nuvola gialla e lei non era altro che una ragazzina pronta a dominare il mondo. Non sa dire quando tutto sia cambiato ma un giorno Goku è cresciuto e lei si è scontrata con la violenza cruda di una realtà che non concede principi azzurri, nemmeno con le sfere del drago.

«Sulla Terra», riprende Vegeta, «il guerriero venuto dallo spazio incontrò un altro combattente che, sebbene fosse di una classe inferiore alla sua, era in grado di tenergli testa. Il guerriero venuto dallo spazio, finalmente contento, si impegnò a fondo per vincere quell'ennesima battaglia. Lo scontro fu intenso e feroce, senza esclusione di colpi. Entrambi i guerrieri erano al limite delle loro forze e nessuno sembrava avere la meglio. Ma il guerriero venuto dallo spazio aveva un'asso nella manica, un'abilità che lo differenziava dall'altro: la trasformazione oozaru».
«Mister scimmia!» trilla Bra entusiasta.
Vegeta annuisce. «Grazie alla coda che caratterizzava tutti quelli della sua razza, il guerriero aveva l'abilità di usare la luce della luna per diventare più forte e gigantesco, praticamente imbattibile. Certo, se fosse stato un combattente di terza classe non avrebbe potuto trasformarsi in pieno giorno, dovendo aspettare per forza la luna piena; ma il guerriero faceva parte della stirpe reale, era il migliore, quindi era in grado di creare una luna artificiale per trasformarsi ogni volta che voleva».
«E l'altro guerriero non poteva farlo?»
«No, perché era debole e senza coda. E anche un po' stupido».

Bra ridacchia e Vegeta sogghigna - Bulma sente un tuffo al cuore.

«Ripresa la lotta, il guerriero della Terra non poté nulla contro la potenza inarrestabile del guerriero venuto dallo spazio e fu sul punto di morire nello scontro; ma poi…».
Bra stringe le lenzuola, trattiene il fiato. «Poi? Poi cos'è successo?»
Vegeta la guarda, severo - risponde solenne, come se stesse proclamando una condanna a morte.

«Poi, Bra, hanno imbrogliato».

Bulma deve soffocare un'altra risata per non rivelare la sua presenza che, ne è certa, desterebbe risentimenti da parte di entrambi - è un momento esclusivo, soltanto loro, e lei non dovrebbe immischiarsi; tuttavia c'è così tanto calore tra quei due - ruvido e impacciato, ma innocente e spontaneo - che non riesce a schiodarsi dalla porta.

«In aiuto del guerriero terrestre arrivarono altri tre combattenti. Non erano forti quanto il guerriero venuto dallo spazio - in verità, non erano nemmeno degni di essere chiamati combattenti - ma lo scontro aveva costretto il guerriero venuto dallo spazio a consumare molta energia; inoltre, quei tre lo attaccarono alle spalle, come dei veri codardi».
«Il guerriero dello spazio non lo avrebbe mai fatto, vero?» chiede Bra. «Lui non era un codardo».
«Certo che no. Lui sarebbe morto con onore, come un vero soldato. Ma loro erano dei pidocchi di infimo livello, per questo dovettero ricorrere all'inganno. Mentre il guerriero venuto dallo spazio era distratto, uno di loro gli tagliò la coda e scappò via senza guardarsi indietro».

Bulma ancora ricorda la piena crisi d'isterismo in cui avevano trovato Jirobai, dopo. Ancora oggi, se si fa cenno a quella brutta faccenda, viene scosso da profondi brividi.

«Gli ha fatto male?» domanda timida Bra, catturando di nuovo la sua attenzione.
«Che cosa?» chiede Vegeta.
«Gli ha fatto male quando gli hanno tagliato la coda?»
Vegeta non parla subito. La osserva per alcuni istanti senza muovere un muscolo, poi volta la testa dall'altra parte e risponde: «Questo la storia non lo dice».

E Bulma sa che la risposta è una sola ma sa anche che lui non la rivelerà mai, neppure sotto tortura.

«Comunque, alla fine quei quattro riuscirono ad avere la meglio. Il guerriero della Terra, però, ammise la sconfitta e lasciò andare il guerriero venuto dallo spazio con la promessa che, un giorno, lo avrebbe sfidato di nuovo, e avrebbe vinto senza l'aiuto di nessuno. Fine della storia».

Tra i due cala il silenzio. Vegeta osserva la bimba di sottecchi, con le mani ancora incrociate davanti al petto - la guarda stropicciare la faccia paffuta, la guarda intrecciare le manine tra loro; poi Bra fissa Vegeta con occhi irremovibili e, con la vocina morbida, abbozza un sorriso.

«Se non avessero imbrogliato, avresti vinto tu!»
Vegeta le scocca un'occhiata in tralice. «Non ci senti? La storia non parla di me», si affretta a dire, ma Bra non lo ascolta neppure.
«Che cosa avresti fatto se avessi sconfitto il guerriero, papà?»

Un altro istante di silenzio. Vegeta accantona le scuse e pondera la risposta, poi squadra la figlia e accenna un ghigno - Bulma ha la netta sensazione di dover interrompere i due prima che lui dica qualcosa di irreparabile che per niente si addice alla psiche di una bambina di cinque anni, e sta quasi per entrare nella stanza quando…

«Avrei distrutto la Terra, è ovvio».

Maledizione, pensa Bulma, sulla soglia. Questa me la paghi.
Inaspettatamente, però, Bra scoppia a ridere di gusto, lasciando entrambi di sasso.

«Non dire bugie, papà! Se avessi distrutto la Terra non avresti mai incontrato la mamma!»

Una semplicità spiazzante - la logica di una bambina che vede il mondo solo in bianco e nero, e non come un infinito pastrocchio di sfumature in perenne contrasto tra loro. Vegeta arrossisce di un poco, sotto le guance, e si affretta a voltare la faccia dall'altra parte.

«Sai che liberazione?» ribatte. «Tua madre è una vera rompiscatole. Tu e Trunks siete come lei».
Bra libera un'altra risata leggera. «La mamma dice che questo è il tuo modo per dirci che ci vuoi bene».

Bulma avverte un altro tuffo al cuore, non tanto per le veridicità delle parole di Bra - di cui lei stessa è sempre stata e sempre sarà convinta - quanto piuttosto per lo sguardo di Vegeta, che sebbene resti categoricamente nascosto agli occhi della figlia appare ammorbidito e accondiscendente, quasi docile.

«Visto? Una vera rompiscatole».

Bulma si addentra nel corridoio con la risata cristallina di Bra che entra dalle orecchie e arriva dritta al petto. Pensa che dovrebbe negare a se stessa di sentirsi così bene dopo aver permesso a Vegeta di raccontare alla loro figlia di come ha quasi conquistato il pianeta, rischiando di ucciderli tutti quanti - perché nonostante nelle sue vene scorra il sangue sayan, Bra ha pur sempre cinque anni; eppure…

«Grazie per la storia, papà».
«Adesso dormi».

Eppure sente che ne vale la pena. Che l'incoerenza è diventata parte integrante del gioco nel momento in cui ha dato ospitalità ad un rabbioso principe dei sayan che non voleva altro che morte e distruzione; e che si è perpetrata, negli anni seguenti, concedendole emozioni così forti che non proverebbe mai in nessun altra circostanza, fino a concederle una famiglia che non vorrebbe sostituire per niente al mondo. Nemmeno per il principe azzurro.


 
Ogni famiglia ha un segreto, e il segreto è che non è come le altre famiglie.
(Alan Bennett)



 

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