[SOF] Saga della Vera Famiglia

di Master Chopper
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Target Number 1: No! Mi rifiuto di morire! ***
Capitolo 2: *** Target Number 2: I hate everything about you! ***
Capitolo 3: *** Target Number 3: La mia nebbia di sempre. ***
Capitolo 4: *** Target Number 4: Cogli una rosa e spezzale la vita ***
Capitolo 5: *** Target Number 5: Komm, Süßer Tod ***
Capitolo 6: *** Target Number 6: Questa è una vera famiglia ***



Capitolo 1
*** Target Number 1: No! Mi rifiuto di morire! ***


Target Number 1: No! Mi rifiuto di morire!



Ore 22:30

 

Gli pneumatici delle vetture sfrecciavano sull’asfalto.

Nero su nero, esattamente come le automobili stesse sotto il cielo notturno.

 

I fari illuminavano la strada, percorsa solo da quelle tre vetture.

 

I Bravi avevano raggiunto il Veneto da poco, e rimaneva solo una via da percorrere, senza più svolte o interruzioni, per poter raggiungere Venezia.

 

La macchina in testa ospitava tre individui.

Al volante, un uomo anziano, alto e scarno pure sul viso. I suoi capelli grigi erano pochi, ma pettinati con cura all’indietro. Sul naso lungo ed aquilino erano poggiati degli occhialini tondi.

 

Sui sedili posteriori, una ragazza dai capelli neri ed una figura maschile con un corpo enorme e muscoloso, coperto però da un cappuccio.

“ Quanto manca ancora ?” Xian, figlia di Xanxus, era desiderosa di raggiungere la Regina dell’Adriatico.

 

A differenza di quanto si sarebbe potuto aspettare da lei, non aveva però in volto un ghigno. Sarebbe stato adatto in quella circostanza, dato che grazie agli Anonimato avevano praticamente volto la situazione a loro pieno vantaggio. Ci si sarebbe potuti aspettare solo la vittoria.

Xian aveva altri pensieri in mente, pensieri che costringevano il suo volto a ringhiare, ed i suoi occhi ad incattivirsi col passare del tempo.

 

“ Non più di mezz’ora, signorina. Saremo al punto d’incontro per le undici in punto.”

Alberto, suo maggiordomo e guidatore, non aveva quel genere di rabbia o tensione.

Alberto non provava assolutamente nulla, o almeno non lasciava trasparire niente dai suoi occhi, coperti dagli occhiali che si illuminavano nell’oscurità, riflettendo la luce dei fari.

“ Ovviamente non saremo i soli a dover essere a Venezia per quell’ora.” Mormorò lugubremente nel silenzio subito creatosi, la misteriosa figura in ombra al fianco della giovane.

 

L’uomo, essendo chiaramente un umano quella presenza, sotto il cappuccio di pelle nera indossava un’ulteriore maschera completamente bianca, rendendo impossibile riconoscerne i tratti.

 

Alfredo, sentendo quella voce camuffata, sollevò lo sguardo verso lo specchietto retrovisore, per limitarsi a fissare in silenzio l’immobile uomo alle sue spalle.

Rimasero così per qualche secondo, fino a quando non fu proprio a Xian a prendere parola.

 

“ Non sei autorizzato a parlare.”

Luc1f3r0 si voltò, incrociando gli occhi freddi della mora.

“ Arriveremo a Venezia, ed avrò quello che voglio !” Una puzza di zolfo si diffuse nell’abitacolo, mentre dalla pelle bianca della ragazza non iniziavano ad agitarsi degli spettri di fiamme, segno che la Fiamma dell’Ira voleva manifestarsi.

La sua rabbia infatti, era palpabile, come se avesse voluto distruggere qualsiasi cosa nella sua strada fino a destinazione. Aspettare ancora non avrebbe migliorato la situazione, e la Figlia dell’Ira lo sapeva.

 

“ Uh ?”

Quell’attimo di tensione venne interrotto da numerosi rumori elettronici, che emisero rumori graffiati ed incomprensibili.

Alberto stava armeggiando con il computer incorporato nella macchina, ma il display appariva disturbato.

“ Non dovrebbe star succedendo.” L’anziano conosceva bene la tecnologia fornita e rubata dai Varia stessi alla C.E.D.E.F dei Vongola, e quel genere di evento non era mai stato anche solo ipotizzato.

 

“ Cosa non dovrebbe succedere ?!” Xian, allarmata si sporse verso il maggiordomo, mentre alle sue spalle Luc1f3r0 rimase seduto senza far nulla.

“ Non riesco a contattare le altre macchine.” Persino l’uomo, che fino ad allora non si era mai dimostrato in difficoltà, stava mostrando una certa preoccupazione.

“ Il segnale è assente, persino il canale di comunicazione privato è stato chiuso.”

 

Fu allora, e solo allora, che Xian si voltò per poter scorgere il resto della sua squadra.

Il suo più grande sbaglio fu non averlo fatto prima.

 

 

Ore 22:45

 

“ Iniziamo.”

 

“ Ore 22:45, l’operazione Meet Me in the Woods ha inizio.”

Drake Schlmit terminò il messaggio, prima di distruggere con una leggera scarica di Fiamme del Fulmine la ricetrasmittente nel suo palmo.

Infine, si calò il cappuccio della divisa nera, coperta solo da un giubbotto di pelle verde ripieno di fondine e tasche, e corse con tutte la sua forza nell’oscurità delle fronde.

 

L’autostrada, percorsa esclusivamente da quelle tre vetture, passava a poco più di un chilometro da Venezia, nei pressi di un acquitrino nascosto a cupola da cespugli ed alberi.

Con il favore del buio, all’interno di quella tana si mossero numerose sagome.

 

“ Box Storage !”

Momoka Reader sussurrò nel freddo della notte, venendo illuminata in volto solo con la luce dello schermo del suo Cellulare Posseduto.

E fu proprio grazie ad esso, quando iniziò ad emettere una forte vampata di Fiamme della Nebbia, che si spalancò un enorme portale di forma circolare.

 

Non passò molto tempo prima che da quel varco di energia color indaco, si udisse un rombo di motori.

Materializzandosi dal nulla, due enormi jeep fuoriuscirono dal portale con un balzo.

 

“ Fase due !!”

Nel momento in cui le due automobili toccarono l’asfalto dell’autostrada, Akane Mizuno sbucò dall’oscurità.

La ragazza dai capelli corvini gettò alle sue spalle un fucile di precisione, insieme a delle cartucce di proiettili speciali.

Le scritte riportavano “Granata Fumogena”.

 

In seguito, Akane sollevò con entrambe le braccia un fucile più piccolo, ma dalla bocca di fuoco più larga e spessa. Quando premette il grilletto, un boato fece vibrare l’aria.

 

Il proiettile completò una perfetta parabola, schiantandosi a pochi metri dalla terza macchina dei Bravi in coda. L’esplosione fu ancor più rumorosa dello sparo, ed un’onda d’urto incrinò l’asfalto, rischiando di far sprofondare le vetture in strada.

In quel preciso momento le Jeep avevano iniziato a sfrecciare verso due rispettive limousine.

 

La ragazza della Tempesta ed ex-assassina dei Vongola strinse con una mano l’impugnatura del lanciagranate, per poi staccarlo in una misteriosa pioggia di scintille rosse scarlatte. Quando ebbe finito, l’arma era stata pervasa di Fiamme della Tempesta, ma si era trasformata in una pistola dalla canna lunga.

 

“ Fase due completata! Fase tre !!” Gridò la mora, prima di balzare fuori dal suo nascondiglio, anch’ella rivestita da una tuta nera e dal giubbotto antiproiettili rosso scuro.

 

I ragazzi dovevano ormai urlare per annunciare il successo o la prosecuzione delle fasi della missione. Questo perché, circa dieci minuti prima di poter vedere arrivare i Bravi, il Cellulare Posseduto di Momoka aveva attivato una sua pericolosa funzione: il Blitz Blackout.

 

Il Blitz Blackout permette di isolare ogni tipo di linee elettriche e telefoniche, in un raggio costante ed inalterabile di cinquanta metri. L’uso di questo effetto, consuma una percentuale fissa della batteria del Cellulare Posseduto.

 

Lista delle funzioni che utilizzano un costo fisso di energia del Cellulare Posseduto di Momoka:

Blitz Blackout: -20%.

Box Storage: -10% ad ogni oggetto rilasciato.

Creazione di un oggetto tramite un immagine: -10%

Alterazione di colori: -0%

Nessuno conosce ancora l’effetto o il consumo delle altre funzioni.

 

 

 

Nel frattempo, Xian aveva appena messo piede a terra quando avvertì il suono di altre due macchine nelle vicinanze.

Avvertì, e poté fare solo quello, perché ormai l’area era completamente coperta da una coltre di fumo.

 

Avrebbe potuto aspettare che la cortina si diradasse, oppure nascondersi, o magari anche richiamare i suoi seguaci ed operatori. Non fece così.

 

“ TENGOOOOKUUUUUUUUU !!!”

 

Una potentissima colonna di fuoco si sollevò verso il cielo notturno, mentre l’aria e la terra vibravano, colpite da quella scarica di energia rossa e arancione. Fiamme dell’Ira purissime, che per poco non distrussero la macchina con all’interno Alberto e Luc1f3r0, a poca distanza dalla Boss dei Bravi.

 

Xian quella notte indossava un corpetto rosso vivido che a malapena conteneva il suo seno prosperoso, al di sotto di un gilet in similpelle abbottonato soltanto alla base. Le gambe erano coperte da dei pantaloni con linee orizzontali nere e rosse, sopra degli stivali carrarmato con tacco basso.

 

E mentre il suo urlo risuonava nella notte, sebbene fosse accecata dall’ira, lo vide.

Era lui.

 

Come un incubo che le procurò un brivido gelato lungo la schiena, Tengoku Marco Sawada emerse dal fumo. Era avvolto in una tuta nera come la pece ed aderente come una seconda pelle, mentre i capelli bruni erano contenuti sotto ad un cappuccio mimetico, attaccato al busto come un girocollo.

Il ragazzo sollevò il volto. La bocca era coperta dal drappo, ma gli occhi verdi brillavano tra le luci bianche e nere di quel campo di battaglia.

Sembrava aver portato con sé un vento gelido, in netto contrasto con la vampa di calore generata dall’assassina.

 

“ Mi cercavi ?”

Mormorò Tengoku, senza alcuna espressione, continuando ad avanzare con passo deciso.

 

Xian non l’aveva mai visto così, neppure alla festa quando le aveva dichiarato guerra. Sembrava un’altra persona, e non riusciva a capacitarsi del perché.

 

Ebbene, la ragazza non avrebbe mai potuto immaginare cosa avesse portato Tengoku a maturare, a fortificare il suo cuore e la sua mente davanti alle peggiori paure, e davanti agli ostacoli più mortali.

Per un secondo solo, fu Xian stessa a provare paura.

 

“ Io ti ammazzo !!”

Come Ten già sapeva, l’essere umano di fronte a qualcosa che lo spaventa cercherà sempre di eliminare la causa della paura, per liberarsene.

Di fronte a quell’ovvietà, il pugno sinistro di Xian, avvolto da un maglio di Fiamme, divenne prevedibile e facilmente evitabile.

 

In seguito, il ragazzo saltò sul posto, per colpire calando la gamba verso il braccio teso dell’avversaria. Questa volta fu l’assassina ad evitare di venir ferita, ritraendo il braccio, per poi sfruttare il colpo a vuoto di Tengoku per colpirlo con una ginocchiata mentre era ancora sbilanciato.

 

Persino il ginocchio venne avvolto dalle Fiamme divoratrici dell’Ira, ma nel momento in cui si scontrarono con un’energia dal colore più chiaro, arancione, sembrarono venir trasformate in una fiamma innocua e fragile.

Era stata la mano del ragazzo, avvolta dalla tuta nera che faceva traspirare delle Fiamme del Cielo purificatrici, a bloccare il colpo della ragazza.

Utilizzando proprio quel nuovo appoggio mentre era ancora a mezz’aria, il giovane ruotò sul proprio asse e, distendendo la gamba avvolta da nuove Fiamme arancioni, colpì con un calcio in pieno volto l’avversaria.

 

Xian tentennò, con la sua vista che iniziava ad annebbiarsi per via dell’urto ricevuto al cervello.

- L’aveva… calcolato ?- si chiese, incredula, poggiando un piede a terra per non perdere l’equilibrio.

Il suo sguardo si stabilizzò sulla figura snella del ragazzo, atterrato su tutti e quattro gli arti, come un felino.

 

La sicurezza negli occhi di Tengoku non facevano altro che aumentare la sua rabbia.

E di conseguenza, la sua potenza.

 

Emettendo un ruggito gutturale, avvertì tutto il male ed la corruzione che emanava la sua anima salirle in gola. Strinse i pugni, e con un singolo passo che penetrò il cemento, scattò in avanti.

 

Sai che esiste una città sul mare?

 

Xian sentì il suo corpo diventare leggero.

La sua mente era stata portata altrove per un attimo, ma in quel momento non riusciva a spiegarsi il perché.

- Sto… cadendo ?!-

 

Durante quel momento di distrazione, qualcuno aveva avuto la fortuna di entrare nella guardia di Xian con un tempismo perfetto, tanto da esser diventato invisibile alla ragazza stessa.

Drake, apparso dalla cortina fumogena, aveva afferrato con la mano sinistra il polso sinistro di Xian, mentre con la mano destra aveva schiacciato verso il basso la testa la testa della corvina, utilizzando un potente pugno di dorso sulla nuca.

 

Quando la ragazza se ne rese conto, il suo braccio sinistro era stato già intrappolato tra il petto e la morsa del biondo, e stava già venendo torto ad angolo retto.

 

Per quanto il tedesco fosse stato impeccabile, sia lui che Tengoku dovettero scontrarsi contro l’asso nella manica dell’avversaria, che fino a quel momento non avevano notato.

 

Nell’opprimente calma risuonò il suono di una leggera pressione, seguito da un boato molto più potente.

Un flusso di Fiamme dell’Ira diradò il fumo in quella zona, rivelando la presenza di un fucile a canne mozze nella mano destra di Xian.

Il getto di Fiamme fu così improvviso che Drake non ebbe il tempo di vedere la ragazza che stava immobilizzando, sfruttare la pressione dello sparo per sferrare una potente gomitata nel suo collo con il braccio piegato.

 

“ Muori anche tu, stupido impiastro !” Sbraitò Xian, senza alcuna pietà.

 

Il giovane perse il respiro, e sarebbe svenuto se lo scontro con la macchina alle sue spalle non lo avesse tenuto cosciente con un dolore lancinante.

A dispetto delle apparenze, si sentì molto fortunato: se lo sparo del fucile avesse centrato lui, al posto della terra, non avrebbe neanche potuto provare quel dolore.

 

E fu proprio quando il flusso di Fiamme si spense, che piombò il silenzio.

Il tempo pareva essersi fermato, ma la Figlia dell’Ira non poteva smettere di vivere, di provare quella rabbia.

Durante quel secondo di silenzio si voltò in cerca di Tengoku, e scelse il momento più sbagliato per farlo.

 

“ Amygdala Shock !”

 

Per lo spavento di udire il suono di due dita schioccare all’improvviso, Xian chiuse gli occhi.

Quando li riaprì, aveva ormai perso ogni motivazione per combattere, e si accasciò al suolo.

 

A pochi centimetri da lei, Tengoku era rimasto immobile, pietrificato per la tensione.

Il rischio di agire con una probabilità altissima per usare l’Amygdala Shock nel momento sbagliato, non lo aveva aiutato ad avvicinarsi alla spaventosa aura distruttiva della sua avversaria.

In fin dei conti però, la tecnica della doppia esca, dove per l’appunto il suddetto ruolo si era scambiato da lui a Drake, aveva avuto effetto. Senza superiorità numerica, al contatto con un solo attacco a piena potenza della ragazza sarebbero diventati cenere.

 

- La sua adrenalina è troppo elevata, temo che l’effetto potrebbe durare meno del previsto.-

Pensò preoccupato il bruno, mentre andava a soccorrere l’amico.

Fortunatamente Drake sembrò non aver accusato molto il colpo, anche grazie alle speciali tute da battaglia realizzate dall’Arcobaleno Colonnello.

 

“ Adesso dobbiamo passare solo alla fase quattro, giusto ?” Domandò il biondo, non appena poté riprendere a respirare regolarmente. Si sentiva provato, nonostante avesse incassato un solo colpo, ma era psicologicamente preparato all’idea di dover lottare fino all’abbandono di tutte le energie.

 

Il bruno gli rispose con agitazione, rivolgendo uno sguardo alla macchina alla quale erano appoggiati.

Potendo abbandonare un altro po’ di preoccupazione, costatò la presenza di una figura familiare al loro fianco.

 

Akira Shirogawara, colei che possedeva la Fiamma più pura nella loro squadra, era immobile con un sorriso soddisfatto sul volto. Il suo fioretto era stato estratto, e puntato alla gola di un uomo seduto all’interno della macchina, al posto del guidatore.

La corvina ascoltava, sentiva e percepiva la conversazione dei due, e allo stesso tempo teneva d’occhio l’anziano uomo. Alberto non osava muoversi.

 

“ Dobbiamo portare Xian a Venezia, da Reborn e da Yukiteru.” Dichiarò infine il bruno, pronto ad entrare in macchina assieme ad Akira e a farsi condurre fino a destinazione, come era stato programmato.

La vettura in questione era vuota, fatta eccezione per il maggiordomo dei Bravi.

 

In quell’istante, prima che la quarta fase potesse avere effettivamente inizio, Akira Shirogawara agì in una maniera per nulla prevista nel piano.

La ragazza infatti, mentre i suoi amici cercavano di sollevare il loro ostaggio, afferrò con la mano libera il collo di Alberto, per poi spingerlo verso l’alto e fargli sfondare con la testa il tettuccio dell’auto.

Contemporaneamente, compì una rotazione di quasi trecentosessanta gradi, caricando un colpo con il suo fioretto ed affondando la lama in direzione di Ten e Drake.

 

I due giovani non riuscirono nemmeno a vedere il colpo arrivare.

L’affondo si trasformò in una lama di energia a forma di nuvola viola, ma andò a colpire qualcosa ben oltre le loro teste.

 

In quel momento, un’ombra aveva fatto capolino da dietro la vettura, e non appena vide arrivare quell’attacco di Fiamme della Nuvola, riuscì in tempo a sollevare il braccio e pararsi.

La lama di Fiamme si scontrò contro quella che sembrava una corazza fatta di energia rossa, ma che in breve assunse il colore di un normale ferro.

 

La luce di un lampione fece breccia nella cortina di fumo, illuminando l’imponente figura di Luc1f3r0, dalla quale Drake e Tengoku si allontanarono con un balzo.

 

Ma il misterioso assassino dei Bravi non li attaccò, né perse tempo a difendere il proprio Boss.

- Se l’ammazzassi adesso, a mio padre potrebbe risultare solo uno spiacevole inconveniente in battaglia.- Questi erano i pensieri contorti nella mente di quella creatura sconosciuta.

Chi era quel mostro, e cosa voleva davvero dai Bravi o dalla morte di Xian?

 

L’esistenza del Karma, come riportano le religione e le scuole di pensiero indiane, è basata ed influenzata sull’inclinazione di un individuo nei confronti di un evento.

Tuttavia, il pensiero che un atteggiamento negativo o positivo possa richiamare una conseguenza dello stesso genere, pare esser condiviso anche da chi non ha mai ascoltato queste filosofie o conosciuto tali religioni.

Nella religione cristiana, per l’appunto, è riconosciuta la frase “Qui ventum seminabunt et turbinem metent”, adattata in seguito in “ Chi semina vento raccoglie tempesta”.

Questa frase, indica che l’inclinazione negativa porterà l’indebolimento di un karma positivo, e l’attrazione di un uguale karma negativo.

 

“ Legge del Karma !”

Fu proprio l’Intento Omicida rilasciato da Luc1f3r0 ad impedirgli di avvertire la presenza di una nuova avversaria, e per questo motivo venne colpito senza nemmeno poter difendersi.

 

Azura Schlmit aveva affondato la sua lancia Steel Soul nell’armatura del misterioso avversario, dopo un lungo scatto che le aveva permesso di rendere il colpo ancor più preciso.

La punta dell’arma sembrava tuttavia non aver scalfito di molto la spessa corazza dell’assassino, e forse per questo motivo la ritrasse un istante dopo.

 

Prima che Luc1f3r0 potesse prendere in considerazione l’idea di agire, avvertì una strana sensazione di gelo al petto, che allo stesso tempo gli stava appesantendo i muscoli del torace.

Quando abbassò lo sguardo, notò che nel punto in cui si era aperta una piccola crepa nella sua armatura, un fuoco di color azzurro zampillava proprio come una fontana d’acqua.

 

Non riuscì ad agire, perché l’istante dopo Azura aveva trasformato la punta di lancia nell’estremità di un bastone, per sferrare così un colpo di spazzata verso quel preciso punto.

La Fiamma della Pioggia aveva reso l’armatura del membro dei Bravi molle come un budino, per questo Steel Soul parve scivolare su di essa per qualche secondo, prima che Luc1f3r0 venisse scagliato all’indietro con un’onda d’urto incredibilmente potente.

 

Lo stile di combattimento della rossa, basato su onde di energia in grado di perforare qualsiasi barriera, non avevano rivali di fronte a delle armature o corazze.

 

“ Wow …” Fischiò suo fratello, mentre una goccia di sudore scivolava lungo il suo volto sorpreso e spaventato allo stesso tempo.

 

Allo stesso modo, lui e Tengoku trovavano sbalorditivo il modo in cui Akira aveva percepito la presenza di un avversario senza nemmeno guardarlo.

Ebbene, la giovane Shirogawara aveva passato la sua intera adolescenza ad ascoltare.

 

Non avendo più potuto sentire il suono della propria voce dopo l’incidente stradale che l’aveva privata della famiglia, aveva appunto potuto ascoltare molto meglio il mondo attorno a sé.

Questo suo udito sopraffino, non avrebbe mai pensato potesse venir propagato in quella maniera dall’effetto Propagante delle Fiamme della Nebbia dentro di lei. In un modo o nell’altro, questo la rendeva simile ad un possessore dell’Hyper Intuizione Vongola.

 

“ La fase quattro è già iniziata. Drake, dobbiamo andare !” Azura corse verso i due ragazzi, afferrando il fratello per una manica e tirandolo a sé.

“ Hai già posizionato le Catene ?” domandò lui, e ricevette un segno di assenso come risposta. Dopo di che, corse via e sparì nel fumo.

 

La rossa rimase immobile, guardando fissa Tengoku mentre Akira si occupava di legare Xian dentro l’auto.

“ Promettimi che se avrai difficoltà chiamerai aiuto non appena ti sarai allontanato dal Blitz Blackout.”

Quello della giovane non era un ordine, né una supplica, bensì una preghiera.

 

Con voce rotta dalla tristezza e dalla preoccupazione, per quanto tentasse di essere ottimista, non riusciva a fingere di avere speranze. Era in quel momento di tregua che sorgevano i primi pensieri negativi.

 

“ Ehi …” sussurrò il bruno, con un tono sereno e pacato, mentre le si avvicinava per stringerle la mano tra la sua.

“ Siamo già alla quarta fase, ci resta solo da portare Xian da Reborn. Tu sei stata incredibile, e sai bene che la fase più rischiosa era la terza, ovvero quella che abbiamo appena concluso.”

Tengoku credeva nel futuro, e dopo tutto quello che aveva superato assieme ai suoi migliori compagni ed amici, non poteva immaginarsi di fallire. Non importava se avesse fatto degli errori in quanto Capo, perché ognuno si prendeva cura dell’altro e lo proteggeva.

 

E fu con quella speranza che i due si salutarono, guardandosi negli occhi in un istante che parve eterno.

 

 

Non sapevano che si sarebbero ritrovati un’altra volta dopo tempo, in circostante molto, ma molto, diverse. 

 

 

 

“ NON È POSSIBILE, PORCA PUTTANA !!”

All’interno di una delle limousine dei Bravi, Kravis Superbi stava dando voce alla sua frustrazione e rabbia, imprecando e bestemmiando in italiano mentre riempiva di pugni lo sportello dell’auto.

 

“ Sta succedendo qualcosa a Xian, ne sono certo.” Al suo fianco, Geronimo tentava sfondare il finestrino con i gomiti, avendo perso la calma a causa della cortina che gli impediva di comprendere cosa stesse succedendo.

 

Quello che non potevano sapere, era che la loro vettura fosse stata legata dalle Catene di Markov, delle vere e proprie catene lunghissime ricoperte di Fiamme del Fulmine.

Erano state una dotazione di Verde, l’Arcobaleno del Fulmine, insieme alle tute di Colonnello.

Questi particolari legamenti erano uniche nel loro genere e create appositamente per quella missione, con l’effetto di rendere le macchine immobilizzate come delle statue indistruttibili ed inalterabili.

 

La durata era scarsa, per via del tempo limitatissimo in cui lo scienziato era stato costretto a lavorare, tuttavia era stata presa in considerazione questa loro debolezza nello svolgimento del piano.

 

Mentre i due Bravi erano ancora intenti a cercare disperatamente di uscire, qualcosa scosse l’intera vettura, ed altri bagliori verdi scintillanti apparvero fuori dai finestrini.

“ Ma che… ?!” Esclamò Kravis, quando l’intero abitacolo iniziò a muoversi all’improvviso, facendolo inciampare all’indietro sul sedile. Il loro guidatore personale era altrettanto stupito, perché per quanto avesse provato a premere sull’acceleratore, neppure le ruote parevano funzionare.

 

Davanti alla limousine, Drake aveva appena finito di ancorare un altro capo di Catene di Markov ad una delle loro due jeep, ed ora avevano iniziato a trainare i Bravi come dei cavalli per un carro.

Azura Schlmit salì al volo nel fuoristrada, evitando il pericolo di venir investita, ed insieme al fratello e ad un misterioso guidatore sfrecciarono in avanti.

 

 

 

Mentre il rumore dei motori risuonava nell’aria, Duncan e Daezel Tortora, i rimanenti membri della squadra Bravi, non erano stati imprigionati nella loro macchina, e correvano nel fumo in cerca della loro Boss.

 

“ Quel maledetto incompetente del guidatore… è scappato !” ringhiò il ragazzino dal ciuffo color fucsia, tenendo d’occhio il suo compagno per non perdersi.

“ Odio gli incompetenti che non sanno svolgere il loro lavoro, dovrebbero morire tutti !”

 

Duncan invece non prestava attenzione a quel dettaglio. Segretamente era contento di esser bloccato lì con il nemico.

- Tengoku… io ti troverò. E ti dimostrerò con tutta la sofferenza di questo mondo, che sono molto più spaventoso di quanto possa immaginare !-

Il ragazzo dai lunghi capelli biondi e dalla fame insaziabile manteneva bene in mente il ricordo di come Tengoku si fosse preso beffe di lui, durante l’incontro con Arboc.

Tuttavia aveva rimosso come si fosse messo a piangere di fronte alla paura della morte, e questo dimostrava la sua evoluzione nei confronti della conoscenza del pericolo.

In parole povere, non si sarebbe più dovuto preoccupare della morte, in quanto credeva che non sarebbe mai stato sconfitto.

 

All’improvviso, la visione della seconda jeep sorprese i due assassini, ed in particolare fu il trovarla ferma immobile sulla strada, con i fari accesi ed uno sportello aperto.

 

Senza alcuna esitazione, fu proprio Duncan il primo a sporgersi all’interno, verificando che a causa dello sportello aperto il fumo era entrato anche lì.

Sebbene la scarsa visibilità, riuscì ad accorgersi, forse troppo tardi, della presenza di un guidatore anche su quell’automobile.

 

Era un’inquietante presenza, seduta a gambe accavallate e con le braccia dietro la testa.

La testa era coperta da un casco simile a quello di un astronauta, dai contorni dorati, esattamente come quelle che sembravano le giunture robotiche delle sue mani. Vestiva un completo nero ricoperto di brillanti in argento, e delle eleganti scarpe lucide in pelle.

 

“ Eh ?!” esclamò Duncan, non potendo trattenere lo stupore alla vista di quella creatura.

Il robot a quel punto voltò il casco verso la sua direzione, senza proferire parola.

 

L’istante successivo dal suo elmo eruppe un getto di poltiglia gialla, che schizzò ad alta velocità verso il biondo. L’assassino dei Bravi non riuscì nemmeno a scrollarselo di dosso, perché quando si rese conto di ciò che era successo, le Catene di Marvok erano state attorcigliate attorno al suo busto e alle sue gambe.

 

La poltiglia sgusciò giù dalla jeep, venendo individuata da Daezel.

Il ragazzino fu più reattivo del compagno di squadra, e alla vista di quella creatura la puntò con il dito indice.

Dalla sua unghia smaltata di nero venne sparato un ago di energia color indaco, che esplose a contatto con la creatura in Fiamme della Nebbia, polverizzandola.

 

“ Selezione colori: Opacità Zero Percento !”

 

Quando Daezel udì quella voce da dietro le sue spalle, si voltò di scatto, aspettandosi un attacco.

In realtà, quello che vide fu Momoka Reader con in mano il suo Cellulare Posseduto. E proprio sulla spalla della ragazza, dal nulla apparve qualcosa.

 

“ Cosa ?! Ma… era lì !” Il giovanissimo assassino sussultò per l’incredulità, mentre quel qualcosa si colorava di giallo, diventando in tutto e per tutto la poltiglia da lui distrutta un secondo prima.

“ Sei anche tu… un’illusionista ?” sul suo volto si dipinse allora uno strano ghigno di soddisfazione, eccitato alla vista di un avversario capace come lui di manipolare la realtà attraverso la Nebbia.

 

“ Uhm… sì.” Rispose la castana con disinteresse, prima di stringersi nelle spalle ed avanzare verso la jeep.

 

“ Allora adesso non pensare di… eh? EEEEHH ?!” La sadica voglia di combattere di Daezel si interruppe quando scoprì di esser stato anche lui legato con le Catene, e d’altronde il Cellulare Posseduto aveva iniziato a far levitare sia lui che Duncan.

 

Prima di lanciare un urlo, Momoka lo anticipò:

“ CTRl C: CTRL V !”

 

I due assassini vennero illuminati dalle Fiamme della Nebbia, per poi sparire come delle bolle di sapone scoppiate.

 

“ Sono all’interno della limousine già imprigionata ?” Domandò la poltiglia gialla alla ragazza, con una voce molto familiare per lei.

“ Ti fidi di me ?” rispose indirettamente Momoka, con un sorriso un po’ debole.

Il costante uso del Blitz Blackout la affaticava molto, e dopo la creazione dell’ultima illusione le rimaneva solo il cinquanta percento di batteria per il Cellulare Posseduto.

Sapeva bene come avrebbe dovuto sfruttare quella percentuale di potere donatole da Viper, e per questo non poteva sprecarlo inutilmente.

 

“ Piuttosto, non ho ancora ben capito come fai… questa cosa.”  Dichiarò la castana, ormai salita sulla jeep, quando la poltiglia in cui si era trasformato Kiiro tornò dopo aver collegato la limousine alla loro auto.

 

“ Intendi questa forma ?” rise la macchina assassina, iniziando a traballare come una gelatina, cosa che fece ridere la ragazza.

“ Mi sono diviso in due, in modo da poter controllare i guidatori per le nostre jeep. Sono dei robot costruiti da Yukiteru, li ho chiamati Daft Punk.”

 

 

 

Ore 23:15

 

L’operazione Meet Me in the Woods era stata completata nelle sue prime tre fasi, nell’arco di mezz’ora precisa.

Una sola limousine dei Bravi sfrecciava sulla Strada Regionale senza la costrizione delle Catene di Markov, ed era diretta verso la Città della Laguna.  Mancava ormai poco alla sponda, ed il paesaggio circostante si poteva ammirare mutare, in avvicinamento delle acque adriatiche.

 

Il guidatore, Alfredo, perdeva sangue dalla testa, avendo persino dei cocci dei suoi stessi occhiali conficcati nel viso, ma non mostrava alcuna emozione né dolore. Semplicemente guidava, con il fioretto di Akira Shirogawara, al suo fianco, puntato alla gola.

Nei sedili posteriori sedevano Akane Mizuno, che fino a prima aveva monitorato il procedere delle operazioni, e Tengoku, con al centro fra loro due, una ragazza dai capelli neri come il carbone.

 

Xian, con i polsi e le caviglie legate da delle catene di ferro, non aveva ancora ripreso i sensi dopo lo stordimento provocato dall’Amygdala Shock.

 

In quella situazione, senza che nessuno lo sapesse, la feroce e temuta assassina figlia di Xanxus, stava vivendo un sogno ad occhi aperti. Tutto merito del suo cervello, che in quel lasso di tempo aveva preso possesso sull’amigdala, e durante la sua fase rem rielaborava in tempo reale dei ricordi.

Ricordi speciali, che attraverso la negatività nel cuore di Xian, erano stati cancellati o rimossi.

 

Sai che esiste una città sulle acque ?

 

“ Una città… sulle acque ?”

“ L’ho letto in un libro. Tu non lo sapevi ?”

“ Tu sei piccolo, e puoi leggere e comportarti come vuoi. Io però sono grande, e mio padre dice che gli adulti non possono perdere tempo con queste cose.”

“ Però pensavo che sarebbe davvero bello andarci, nella città sulle acque.”

“ Mi ci porteresti ?”

“ Eh ?”

“ Se ci andrai, potresti portarmi con te… via da qui ?”

 

“………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………”

 

 

 

 

Provincia di Venezia.

A metà strada tra la Strada Regionale e l’aeroporto Marco Polo dal quale sono atterrati nella stessa mattina Reborn e gli altri maestri, è situato Parco San Giuliano.

Un’area verde di 700 ettari di terra e canali affacciata sulla Laguna di Venezia

 

Sotto la luce di un lampione solitario, una limousine era parcheggiata sull’erba, avvolta da catene verdi pregne di scintille.

 

“ Saremo abbastanza lontani ?” Domandò Drake, seduto sul tettuccio della jeep, a circa quaranta metri dalla macchina dei Bravi.

“ Non ne ho idea, ma Tengoku ha detto che questa zona sarebbe andata ugualmente bene.”

Rispose Azura, mentre da un fodero lungo la sia schiena estrasse Steel Soul. Fece roteare l’arma nell’aria, fino a quando il bastone metallico non si allungò abbastanza per formare la lancia completa, munita di punta affilata.

 

La tensione nei due fratelli Schlmit si poteva quasi palpare, ma ugualmente i due giovani sapevano che, se c’era qualcuno di cui potevano fidarsi più di tutti, era proprio il loro amico Tengoku.

A quella distanza da Venezia avrebbero rischiato che i Bravi potessero ricongiungersi più velocemente a Xian, ma allo stesso modo in caso di necessità, sarebbero stati loro più vicini a Tengoku.

 

“ Ricorda… nel momento in cui le Catene di Markov si scioglieranno, li colpiremo alla sprovvista. Non si aspetteranno il nostro attacco, e li sconfiggeremo una volta per tutte.”

La freddezza con la quale la rossa aveva pronunciato quelle parole non piaceva neanche a lei stessa, ma, in fin dei conti i suoi sentimenti verso quegli assassini erano sinceri.

Voleva fargliela pagare, esattamente come Drake, che respirando profondamente per qualche secondo recuperò il controllo di sé.

 

“ Andiamo ?” Sorprendentemente, sua sorella lo guardò, un’ultima volta, rivolgendogli uno sguardo pieno di fiducia.

“ Andiamo.” Rispose Drake, assottigliando gli occhi, finalmente pronto.

 

Dopo quella frase, un’esplosione di terra ed polvere coinvolse la zolla di terra sulla quale sostava la limousine, accompagnata da un boato che raggiunse la Laguna.

Davanti ai due fratelli tedeschi, paralizzati per la violenza dell’esplosione, due ombre indistinguibili emersero dalla polvere, saettando nel buio della notte ed azzerando la distanza tra di loro.

 

“ Fast As A Shark !!”

Una di queste ombre compì un salto in avanti, elevandosi ben oltre le teste dei due ragazzi.

Quando la figura venne illuminata dalla luce della luna, dei capelli argentei, pettinati per formare una pinna, furono l’unica cosa che si riuscì ad intravedere di quel velocissimo essere.

 

Suberbi Kravis turbinò in aria mulinando i suoi katar, ma quando arrivò al punto di toccar terra, fendette con la sua lama il terreno erboso. In seguito, sollevò il braccio, compiendo una mezza luna nella direzione dei suoi due obbiettivi.

 

Immediatamente delle Fiamme della Pioggia resero la zolla di terra morbida e fragile, e si scompose in innumerevoli frammenti che schizzarono come proiettili.

Questi, una volta allontanati da Kravis, ripresero  l’originale durezza, e penetrarono in profondità nella carne di Drake.

 

Il biondo non riuscì nemmeno ad urlare di dolore, ma gemette atterrito quando vide i frammenti conficcati nelle sue braccia e nel suo petto, che ormai avevano aperto delle ferite sanguinanti nei muscoli.

 

Neppure Azura riuscì ad urlare il nome del fratello, oppure a reagire per colpire con un colpo l’avversario, sebbene fosse a distanza molto corta e per questo facilmente attaccabile.

Questo perché qualcosa dalla mole decisamente più gigantesca della sua si frappose fra lei e Drake, senza che fosse stata notata mentre si avvicinava.

 

Azura vide con la coda nell’occhio il volto impassibile, freddo, di Geronimo, mentre l’assassino con il solo palmo aperto della sua mano la colpiva tra il collo e la spalla, per poi venir scaraventata via come se non avesse peso.

 

“ Tenderci una trappola, imprigionarci e poi pretendere di sconfiggerci senza problemi ?” Rise Kravis, camuffando il suo scherno per un monologo, mentre ripuliva con la mano i residui di sporco da un suo katar.

“ Siete solo dei patetici pivelli, troppo ingenui per poter stare al mondo.” Dichiarò, ghignando e accarezzando con la lingua la lama sul suo dorso.

“ Chiunque si sarebbe liberato senza perdere tempo non appena ne avesse avuto la possibilità. Non pensarlo è stato sciocco.” A differenza dell’albino, Geronimo non lasciava trasparire nessuna emozione, e semplicemente si guardava la propria mano, stringendola a pugno e flettendo le dita.

 

A distanza di dieci metri, Azura Schlmit aveva appena scontrato il proprio pugno sul terreno, conficcandolo non troppo in profondità, ma abbastanza da rallentare la spinta subita. Così facendo, mentre ancora le sue gambe non avevano toccato terra, fece roteare Steel Soul attorno alla spalla sinistra, e piantando anche l’arma nel terreno poté fermarsi.

La rossa, ripresa dal colpo, sollevò gli occhi, scostandosi i capelli sporcati dalla polvere.

 “ Drake… sei pronto ?” Scandì bene ogni singola parola, respirando profondamente per stabilizzare il ritmo del proprio corpo.

 

“ Certo. Non è nulla …” sorprendendo l’assassino dai capelli bianchi, Drake, in ginocchio e con il petto bagnato di sangue, rispose debolmente senza alcuna preoccupazione o terrore.

“ Guarda che anche se sei duro a morire, non cambia assolutamente nulla !” Ruggì Superbi Kravis, cercando di nascondere quanto fosse ferito nell’orgoglio, in quanto era stato convinto fino a quel momento di aver ucciso il ragazzo in un sol colpo.

L’assassino sollevò il katar oltre la sua testa, e si preparò a sferrare un fendente obliquo per decapitare il biondo.

 

In quel momento però, la sua attenzione venne catturata da qualcosa che riuscì a vedere con la coda dell’occhio, così esitò prima di attaccare.

Quando voltò la testa, vide distintamente che Azura si era scagliata verso di lui, caricando Steel Soul in verticale parallelo al terreno, preparando dunque un affondo di lancia.

 

Kravis sogghignò, pensando nuovamente quanto i suoi avversari fossero prevedibili, ed ideò di ammazzare i due fratelli non appena la ragazza fosse entrata nel suo raggio d’azione.

- Deviare un affondo con una spazzata ad arco è roba da nulla, soprattutto se posso contrattaccare in un istante con il braccio libero, e perforarle la gola nello stesso secondo.- Il suo sorriso perfido si allargò ancor di più, pregustando l’attimo nel quale la vittima sarebbe entrata nell’acqua, preda dello squalo.

 

La sua visione cambiò mentre pensava a tutto ciò: dal vedere Azura correre verso di lui, si ritrovò a guardare direttamente il cielo notturno, con le piccole stelle simili a chiodi bianchi.

- COSA ?!- Realizzò, troppo tardi, mentre sentiva la sua schiena ed il suo bacino spostarsi dalla posizione eretta.

 

“ Anche ignorare un avversario, per lo più dopo aver appurato che sia ancora vivo e vegeto, è da pivelli ingenui !” L’albino sentì il respiro di Drake sul proprio collo.

Nell’istante in cui aveva volto lo sguardo verso la rossa, il ragazzo tedesco gli aveva afferrato il braccio sinistro, e rimanendo verso quello stesso lato, con una mano gli aveva afferrato il mento, facendogli inarcare la schiena parallelamente al terreno.

 

“ Panzermensch !!”

Al grido di Drake, il suo corpo iniziò a cospargersi di scariche di elettricità, provenienti dallo strato più esterno della pelle, che attraverso i peli e la fibra dei vestiti si liberarono nell’aria.

 

- Questo stronzo !-  Gridò interiormente Kravis, perché la bocca gli era stata tappata.

- Deve essere un utilizzatore di Fiamme del Fulmine! Così prima… HA INDURITO I MUSCOLI E LASCIATO CHE SOLO LA PELLE VENISSE FERITA !!- L’assassino, attraverso quella stretta e la vicinanza del corpo del biondo al suo, poteva sentire chiaramente le pulsazioni del corpo dell’altro.

E, senza dubbio quella prontezza di riflessi non apparteneva ad un tizio con i muscoli lacerati.

- Il mio braccio sinistro è bloccato, ed il destro è troppo lontano da uno qualsiasi dei suoi punti vitali… non posso ucciderlo !-

Drake iniziò a tendere il braccio destro in avanti, mentre l’elettricità si condensava lungo tutto l’arto, come il dardo di una ballista che veniva caricato.

Caricato e pronto a sparare verso la testa del membro dei Bravi.

 

“Let The Beat Drop !!”

“ In Your Arms !!”

 

Il caso volle, che in quello stesso momento, le restanti due persone che avevano preso parte alla battaglia, si fossero avvicinati a circa cinque metri da Drake e Kravis.

Azura, caricando Steel Soul di Fiamme della Pioggia, decise all’ultimo istante di cambiare obbiettivo del suo attacco, rendendolo così Geronimo.

L’assassino dei Bravi, allo stesso modo, permeando il proprio palmo aperto di Fiamme del Fulmine, era intenzionato a colpire il biondo per mettere in salvo il compagno.

 

Quando però notò, la lancia di Azura dirigersi verso di lui, si ritrovò nella condizione di compiere una scelta difficile, e nel minor tempo possibile.

Difendersi e lasciare che Kravis venisse sconfitto, oppure proteggere la propria vita?

 

- Io sarò per sempre fedele …- decise il  gigantesco ragazzo, voltandosi sul fianco per cambiare anch’egli direzione del proprio attacco.

- SOLTANTO A XIAN !-

 

Il suo palmo di elettricità frantumò come carta pesta la punta di Steel Soul, senza lasciare nemmeno un taglio sulla propria mano grazie al potere dell’Indurimento delle proprie Fiamme.

 

Una potente corrente elettrica circolò, come un tornado, attorno ai due, sollevando per aria i capelli scarlatti della ragazza tedesca.

Senza quei capelli di mezzo, uno sguardo infiammato di Azura trapassò Geronimo, che venne attraversato da un brivido.

 

Spazzando via la corrente elettrica, un’ondata di Fiamme intangibili della Pioggia si espanse in tutta l’area circostante, rendendo la temperatura più fredda ed ogni movimento ostacolato.

Ed in quello spazio distorto, la punta di lancia di Steel Soul, anziché schizzare via in tanti frammenti, si sciolse come una crema sulla mano di Geronimo.

La Tranquillità delle Fiamme della Pioggia avevano reso l’acciaio liquido, mantenendone la temperatura originale, e sebbene fosse di consistenza molle, non pareva aver perso una certa proprietà del ferro…

 

Nel frattempo, mentre tutto ciò accadeva, Drake Schlmit aveva allentato la sua presa, sentendo arrivare a sé l’attacco di Geronimo. Voleva prepararsi per usare l’avversario come uno scudo, ma vedendo la sorella intervenire aveva abbandonato quel timore.

Purtroppo per lui, quell’attimo di paura era stato colto da Superbi Kravis.

 

L’albino infatti, dimenandosi come un pesce nella rete, aveva curvato il proprio corpo verso sinistra, scalciando all’indietro per liberare il braccio destro.

In un lampo, era balzato verso Geronimo, scoppiando a sghignazzare per l’euforia di essersi salvato.

“ PUHAHAHAHAHA! Se pensi che mi farò di nuovo prendere alla sprovvista, allora abbandona le speranze !”

 

Uno sguardo di Drake bastò, ed Azura saltando all’indietro si allontanò dai due avversari.

I Bravi non avrebbero mai potuto comprendere quello che i due fratelli si erano comunicati, mentre invece avevano potuto intuire che Drake Schlmit era capace di utilizzare le proprie Fiamme esclusivamente a contatto.

 

Per questo non avrebbe più potuto trattenere una scarica di elettricità sulla testa di un ago, infilzato nel braccio destro di Kravis, ora che l’albino si era allontanato.

 In quel modo le Fiamme del Fulmine si scatenarono non troppo dopo che l’assassino fosse saltato via da Drake, e malauguratamente coinvolsero persino Geronimo, a causa della propagazione dell’elettricità sul metallo che gli avvolgeva la mano.

 

 

“ BUAAAAAARRRGH !!”

“GWUOOOOOOH !!”

I due ragazzi vennero folgorati, illuminando l’intera zona nel Parco come due fari nel buio, mentre i loro capelli si rizzavano ed i loro occhi perdevano di lucidità.

 

 

Quello che non riuscirono a vedere, fu Drake che si rialzava lentamente da terra dopo esser inciampato, scoppiando a ridere come mai aveva fatto prima.

“ PUHAHAHAHAHA !!”

Ma, in un battito di ciglia, si interruppe e ritornò con un’espressione incredibilmente seria, indicando i suoi due avversari, fulminati vivi.

“ Non sono io colui che deve abbandonare le speranze !”

 

“ Se pensate di averci feriti gravemente, allora vi state sbagliando.” Lo seguì Azura, puntando la lancia nel terreno e poggiandoci sopra le braccia conserte, tenendo fisso lo sguardo davanti a sé.

“ Questa è guerra, nessuno vuole arrendersi e lasciarsi ammazzare !”

 

 

Le Fiamme del Fulmine si dispersero, lasciando i due Bravi altamente ustionati, e grondanti di sangue dalla bocca.

Geronimo incespicò, non riuscendo a reggersi in piedi.

“ Non potete… sconfiggerci !” Ringhiò rabbioso, cercando di riprendere fiato.

- Finché sono vivo combatterò. Vi pentirete di non avermi ucciso quando potevate.-

Improvvisamente, mentre tentava di riprendere il controllo, notò qualcosa di sorprendente a poca distanza dai suoi due avversari.

 

Dei sassi, o residui rocciosi, erano rimasti sospesi in aria, immobili come se vi fossero stati incollati.

Ma ancor più strano, era che quelle rocce sembravano starsi liquefacendo, sciogliendosi e colando in piccole cascate a terra.

- Che possa essere… opera di quei due ?!-

 

Il sospetto del Guardiano del Fulmine dei Bravi lo consumava, ma non riuscì ad arrivare a nessuna conclusione, perché dal suo fianco Superbi Kravis era scattato in avanti.

Tentò invano di fermarlo, ignorando l’Intento Omicida emanato dal Guardiano della Pioggia, che ringhiava come una belva, caricando i suoi avversari e fonte dell’umiliazione subita.

 

Non pronunciava parole, ululava in maniera spaventosa, con gli occhi fuori dalle orbite per il furore, agitando in aria le sue lame.

 

Di fronte a Kravis si parò Drake, ed il biondo rimase immobile, aspettando che l’avversario si avvicinasse.

- Qualche giorno fa, in una situazione del genere mi sarei disperato a tal punto da non riuscire più a combattere …- La mente del ragazzo era un mare, dove dagli abissi emergevano alla luce i ricordi.

 

Il katar dell’assassino della Pioggia tracciò una mezzaluna in avanti, affondando nella spalla del tedesco.

Un fiotto di sangue sprizzò in aria, bagnando le carni ed i vestiti dei due, anche se uno solo era stato ferito.

 

La lama però, come prima aveva inciso solo la pelle, ed il dolore fu sufficientemente basso affinché Drake Schlmit afferrasse con entrambe le braccia l’arto dell’albino, tirandolo a sé.

Il corpo di Kravis aderì alla spalla del ragazzo, ed in quel momento il biondo sferrò un calcio laterale al busto dell’assassino, scagliandolo all’indietro.

 

Superbi Kravis, mentre rimaneva sospeso a mezz’aria, ancor prima di toccare il suolo, ebbe un sussulto.

Quel fremito, si trasformò in una tragica risata colma di pazzia e rabbia.

“ NON MI HAI FATTO NIENTE !!”

 

Geronimo provò ad urlare, ma il compagno non lo sentiva più.

 

Altri spruzzi di sangue si innalzarono al cielo, per poi ricadere sull’erba verde nel fragore simile a quello di una violenta pioggia.

L’assassino dai capelli argentei era stato perforato da delle lame di roccia, sollevate da terra di qualche metro, lacerandogli la divisa nera della Squadra Assassina e raggiungendogli la schiena.

 

Il ragazzo, tramortito dal dolore, tentò invano di sollevare un braccio per districarsi da quella trappola, ma abbandonò presto ogni sensazione e perse i sensi.

 

I fratelli Schlmit, artefici di ciò che era successo, non si sorpresero della sconfitta di uno dei loro avversari, e senza perdere tempo iniziarono lentamente ad avanzare.

Geronimo strinse i propri denti e i propri pugni, furente e spaventato dall’idea di venir sconfitto.

- Sono dei principianti ad usare le Fiamme, non hanno per niente un alto raggio d’azione e non posseggono una purezza elevata… eppure hanno saputo usare tutto ciò che potevano per sconfiggere Kravis !!-

 

Quello che era successo, era il successo di una strategia semplice ma efficace, iniziata dal momento in cui Drake aveva subito il suo primo attacco.

Nel momento in cui si era sollevato, le rocce, non penetrate nel suo corpo ma rimaste attaccate alla pelle, erano state infuse di Fiamme del Fulmine.

Attraverso l’Indurimento di questo specifico tipo di Fiamme, erano state solidificate assieme all’aria attorno a loro, a tutti gli effetti come se fossero stati chiodi su di una parete.

 

In seguito, l’onda di Fiamme della Pioggia proveniente dall’attacco In Your Arms, di Azura, aveva utilizzato un altro effetto peculiare, ovvero quello della Tranquillità.

Grazie alla Tranquillità, la roccia, così come la punta di Steel Soul, erano diventate liquide.

Per concludere, Drake aveva nuovamente indurito le rocce sciolte, trasformandolo in lame sottili ma affilate e durissime, che Superbi Kravis non avrebbe mai potuto aspettarsi.

 

“ Si può sapere perché continuate a lottare ?”

Quella domanda sbucò  fuori come dal buio, cogliendo alla sprovvista i due fratelli Schlmit.

Drake ed Azura non si sarebbero mai aspettati di sentire una cosa del genere, proprio come non riuscivano a capire perché Geronimo si stesse sollevando, ridendo.

 

L’assassino si pulì dal sangue sbavato sulla propria guancia, mentre i suoi denti ghignavano.

“ Avete perso, non importa quanti di noi batterete !!”

 

I due Guardiani di Tengoku rimasero in silenzio. Con l’oscurità di quella notte senza luna era impossibile riconoscere i bagliori nei loro occhi.

 

“ Pensate che saremo soltanto noi i vostri ultimi ostacoli? Forse non avete capito chi ci ha fatto salire così in alto, perché i vostri nemici sono ovunque !”

Geronimo continuava imperterrito, mentre nella sua folle euforia lampi di Fiamme del Fulmine esplodevano dal suo corpo, squarciandogli la divisa nera.

“ Nei media, nei civili, nella politica, nella religione, NELL’INTERO MONDO !!”

Il suo tono di voce si elevò vertiginosamente, ed dalle sue pupille scomparve l’ultimo barlume di sanità e coscienza. Con forza si strappò l’ultimo drappo di ciò che rimaneva delle sue vesti, rivelando un imponente corpo forgiato da muscoli sull’intero dorso e sulle braccia.

“ Siete solo pesci piccoli, pochissimi microbi contro il mondo. Non avete speranze, esistono ancora centinaia di nemici molto più forti di noi, più forti di voi… PERCHÉ NON MORITE E BASTA ?!

 

Squarciando il silenzio, l’assassino estese le proprie braccia all’indietro, rendendo i suoi muscoli dei giganteschi conduttori di Fiamme del Fulmine, simili a pile verdi permeate da scariche.

 

“ Scuola del Pugno che Uccide: TEMPESTA SOTTERRANEA !!”

 

Con un rumore spaventoso la terra eruppe in un’area di cinquanta metri, sprigionando dalle sue profondità scariche elettriche simili a cascate dirompenti, che presero a salire verso il cielo, polverizzando qualsiasi cosa nel loro volo.

 

 

“ Potreste anche essere così tanti da riempire DUE PIANETI! Non importa, arrivati a questo punto per noi tutti è impossibile anche solo pensare di arrenderci !!”

Assecondando ogni speranza, ogni sua volontà di sopravvivere, Drake emerse dalla nube di fumo generata con un balzo, per poi scattare verso il suo unico avversario.

 

Il tedesco aveva la pelle quasi del tutto arsa e livida, le vesti si erano consumate per il calore ed ogni suo muscolo doleva oltre ogni limite. Non aveva importanza!

“ Geronimo! Non puoi comprendere il motivo per il quale noi combattiamo, non puoi immaginare quanti ostacoli abbiamo dovuto superare per avere anche solo una chance di battervi… per questo, tu non capirai mai COSA CI FA RESTARE VIVI !!”

Urlò il biondo a pieni polmoni, senza più alcuna paura nel suo animo, e sferrò un calcio infuso di Fiamme del Fulmine contro l’assassino.

 

“ Sei STUPIDO! STUPIDO! STUPIDO!! Solo il più forte resterà in vita, non colui che ha più ambizioni !”

In un istante però, Geronimo fu più veloce di Drake, e contrattaccò il calcio con una raffica di colpi portati con i palmi, ed ovviamente infusi di elettricità.

 

“ Le tue Fiamme sono così deboli che non riuscirai mai a trasformare la tua difesa in attacco. Muori sotto la mia Tempesta Aerea della Scuola del Pugno che Uccide! STUPIDOOO !! ”

“… No.”

 

In quel momento, Drake sollevò lo sguardo, incurante di qualsiasi cosa lo stesse colpendo, mostrando un’espressione di rifiuto, pronunciando secco quel ‘No’, che spiazzò l’avversario.

 

- Forse, in tutta la mia vita ho sbagliato a lasciarmi privare dei miei sogni. Ho rischiato di perdere tutto ciò che avevo di più caro al mondo per non aver saputo rifiutare l’ordine di mio padre. Adesso, finalmente ho imparato …- Nella sua mente, ogni sensazione ed ogni pensiero era limpido come una sorgente di acqua pura.

Sentiva perfettamente cosa provava, l’oscurità non lo avrebbe più trascinato nella tristezza.

“ Mi rifiuto di morire !!”

 

Geronimo affondò un ennesimo colpo, ma stavolta andò a vuoto, perché il ragazzo biondo si era portato con un balzo felino alle sue spalle.

L’assassino sentì le braccia del suo avversario bloccare le sue a partire dalle giunzioni, ma nonostante quello riuscì a vedere qualcosa arrivare nel suo campo visivo.

 

Si accorse dunque di Azura, anch’ella grondante di sangue e ferita dal suo precedente attacco, che con la stessa risolutezza del fratello gli aveva scagliato contro Steel Soul.

 

L’asta di ferro, avvolta da un’aura di gocce d’acqua, turbinava come una trottola verso la sua direzione, e lo avrebbe colpito senza dubbio, se Geronimo non avesse spiccato un balzo.

 

Così facendo lascio che l’arma lo superasse da sotto le proprie gambe, anche se non poté dichiararsi salvo, dal momento in cui sentì Drake alle sue spalle urlare:

“ Esattamente come volevo !”

Il tedesco, anche lui a mezz’aria, inclinò il proprio peso in avanti, iniziando a far precipitare l’assassino a testa in giù verso il terreno.

 

“ Eh eh eh …” la risata lugubre di Geronimo però, non trasmise l’impressione di un uomo arreso alla sconfitta.

Al contrario, il membro dei Bravi tese le gambe, avvicinandole al proprio busto, assumendo la forma di una ‘C’. Così, si preparò ad atterrare con gli arti inferiori, difendendo la testa dall’impatto.

 

Sarebbe bastato poco ad entrare in contatto con la terra, se un oggetto non meglio identificato non avesse colpito le gambe di Geronimo da dietro, facendogli perdere ogni modo di attutire la caduta.

“ Cosaaa ?!” Esclamò l’assassino, accorgendosi che ciò che gli aveva falciato le caviglie era stata l’asta di Steel Soul.

 

Troppo tardi poté accorgersi che alle sue spalle fosse presente una roccia, ed usando la sua esperienza nelle Fiamme del Coraggio di Morire, intuì che la ragazza avesse reso con l’elemento Tranquillità la roccia elastica, in modo da far rimbalzare all’indietro la propria arma.

 

Come detto, fu troppo tardi, e misteriosamente il suo corpo, dalle gambe fino alle spalle, sprofondarono nel terreno come se fosse acqua.

Geronimo provò a divincolarsi, ma la terra era diventata scivolosa, ed uscirne per lui era diventato impossibile. Alle sue spalle Drake atterrò, lontano da lui, e senza dir nulla rimase immobile.

 

Azura, con i suoi capelli rossi vermigli che ondeggiavano nel manto nero della notte, avanzava silenziosa.

Solo il suono dei suoi passi era udibile, ed incurante non si fermò neppure per raccogliere Steel Soul.

 

Due metri, un metro…

“ No… ti prego.”

 

Un’imponente aura di pura pericolosità aveva rivestito la figura insospettabile e magra della ragazza, che, con il volto semi nascosto dalle ombre notturne, puntava con i propri occhi azzurri il nemico.

Quella sensazione fece sentire Geronimo incredibilmente insignificante, spacciato, senza speranze di vita.

 

Era come un pesce in una rete, strappato dal mare dove poteva compiere ogni genere di cosa volesse, ed ora destinato alla morte per mano di una creatura gigantesca ed onnipotente al confronto.

 

Azura Schlmit sollevò il braccio destro dietro la sua testa, con la mano serrata e rivolta verso l’alto.

“ Ti prego! Neanche io voglio morire, ti darò tutto quello che vuoi! Non mi farò più trovare, lo giuro…”

Geronimo, per la prima volta in vita sua sentì la necessità di abbandonare ogni suo orgoglio, ogni sua ceca fedeltà al più forte… per arrendersi di fronte ad un pericolo che lo terrorizzava.

 

“ Ironico… adesso sei tu che non vuoi morire. Ma per averci minacciato, e per aver detto che non riusciremmo mai ad annientarvi tutti, chiunque voi siate, hai compiuto un grande errore.”

Un sorriso apparve sul volto della ragazza, venendo illuminato dalla luce di un lampione.

 

Quell’espressione era di una dolcezza infinita, ma che sovrapposta all’energia brillante di Fiamme della Pioggia che rivestiva il suo pugno, allo stesso tempo pareva la rappresentazione della distruzione.

 

-Questa ragazza …- Una goccia di sudore scivolò dalla guancia dell’assassino, arreso all’idea di continuare ad implorare, mentre un gigantesco colpo rivestito di Fiamme brillanti si avvicinava al suo volto.

-… è terrificante !- Chiuse gli occhi, pregando qualsiasi cosa che il colpo non arrivasse mai.

 

 

“ GEEERONIIIMOOOO !!”

Il pugno affondò nella faccia dell’assassino, contorcendola come se fosse argilla malleabile e distorcendola fino a renderla irriconoscibile. Un istante dopo, la carne riprese delle sembianze umane, ma il corpo di Geronimo schizzò fuori dal terreno per la pressione, come un’eruzione che fece esplodere centinaia di detriti nel cielo.

 

Il corpo del membro dei Bravi scomparve oltre le cime degli alberi dall’altra parte del Parco, rilasciando in aria una striscia di sangue, che precipitò al suolo macchiando l’erba in una striscia perfetta.

 

“ Per l’amor del cielo… mi sono slogata la mano, e che cazzo !” Si lamentò Azura, guardandosi il polso tirando un grande sospiro di esasperazione.

La rossa infine, riprese Steel Soul con la mano sinistra, e si avviò verso la Strada Regionale, continuando a borbottare sul dolore che la tormentava.

 

- Papà …- pensò Drake nel frattempo, apprestandosi a seguire la sorella nonostante le ferite.

- Grazie a te ho imparato a dire no, ogni tanto. Ma stai certo che non lo dirò mai più ad Azura, cribbio !-

 

 

 

Nello stesso momento, da tutt’altra parte, in Italia.

 

“ Decimo! Non può farlo, è troppo pericoloso avvicinarsi ai territori dei Bravi !”

 

Sulla pista d’atterraggi in un aeroporto deserto, illuminato dalle luci di numerosi riflettori, numerose ombre si stavano muovendo con il favore della notte.

 

Hayato Gokudera cercò di trattenere per un’ultima volta il braccio di un uomo, ma questi con uno strattone si liberò dalla presa, ed entrò nel suo jet privato.

 

Quell’uomo era Tsunayoshi Sawada, Decimo Boss dei Vongola, che guardò per un’ultima volta Gokudera, Mukuro Rokudo e Chrome Dokuro, i suoi unici Guardiani rimasti in vita.

Infine, con la sua mente tormentata dal dolore, si rivolse alla donna che più avesse amato in tutta la sua vita, sua moglie Kyoko.

- Sto andando a salvarlo, Kyoko. Sto finalmente agendo come un padre …- Sospirò, abbandonando ogni pensiero, mentre alcuni dei suoi fedeli uomini lo salutavano con urla di incoraggiamento.

 

“ Andiamo! Direzione Venezia, come ci ha segnalato Reborn !” urlò Tsunayoshi, con gli occhi infiammati dalla determinazione, rivolto al pilota seduto davanti a lui.

 

Il misterioso individuo sorrise di quella forza di volontà, compiaciuto, e si sfilò il cappello da aviatore dalla testa, rivelando dei folti capelli argentei che gli ricaddero sulle spalle.

“ Mettiamo fine a tutto questo una volta per tutte, Sawada !” ringhiò, colmo di grinta il giovane, azionando i motori dell’aereo.

 

 

In poco meno di un’ora, Tsunayoshi Sawada e Corex Licaone sarebbero atterrati a Venezia.

 

 

 

 

 

 

 

 

Angolo Autore:

Welcome back!  Spero di aver iniziato questa ultima Saga con Tengoku e compagnia bella, nel modo giusto e senza farvi vomitare compulsivamente per il disgusto.

 

In questo capitolo abbiamo visto un piccolo raid da parte della Squadra Tengoku sulla Strada Regionale che conduce verso Venezia.

Per maggiore chiarezza, l’operazione Meet me in the Woods comprende quattro fasi.

La Prima è stata isolare con Blitz Blackout le linee comunicative tra le tre limousine dei Bravi.

La Seconda è stata lanciare i fumogeni e una granata per far arrestare le macchine.

La Terza è stata rapire Xian e catturare i Bravi con le Catene di Markov.

La Quarta fase consiste nel portare Xian a Venezia, da Reborn, e sconfiggere i restanti membri dei Bravi dopo aver allontanato gli uni dagli altri.

 

In questo capitolo, oltre che a vedere la sconfitta solo di due membri dei Bravi (non penserete che gli altri non combatteranno, vero?), ho inserito per divertirmi vari riferimenti al mondo della musica.

E… sì, il finale sarà da spiegare MOOOLTO bene, per non creare troppe confusioni xD. Anche se penso che per alcune persone non fregherà nulla di sapere i motivi, ma basterà sapere che quel personaggio è vivo e vegeto.

Tanto ormai negli anime/manga spazzatura moderni i personaggi resuscitano come se niente fosse.

 

Tutti: Ma Master, sei cattivo!1!1

Sì, Master è cattivo.

 

Alla prossima !

P.S: Sono giorni in cui non ho molta ispirazione, principalmente perché sto trascurando la scrittura per progetti vari, o altre robe. Quindi… sì, la colpa è solo mia se potrei pubblicare capitoli di m*, compreso questo.

 

 

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Capitolo 2
*** Target Number 2: I hate everything about you! ***


BRAVI




 

Target Number 2: I hate everything about you!



“ Mi stai dicendo che i Varia non centrano nulla con il piano di Sebastian ?”

Sorvolando ormai l’Europa, il jet privato che trasportava i due Boss, in poco tempo sarebbe arrivato a Venezia.

Tsunayoshi Sawada, Decimo Boss dei Vongola, stringeva tra le mani un telefono, in collegamento con l’ultima persona con cui pensava avrebbe più parlato.

 

“ Sì, e siamo stati tutti fregati come dei polli.” Gli rispose il suo ex-Tutor Hitman dei tempi delle superiori, Reborn in persona, attualmente pronto ad aspettarlo nella Città della Laguna.

 

“ O almeno, i Varia servivano come esca per Xian, in modo da convincerla a non ribellarsi.”

“ Che vuol dire? Pensavo che Xian non vedesse l’ora di essere indipendente dal padre.” Corex Licaone, Ottavo Boss dei Licaone voltò la testa in direzione del telefono, ma non per molto, a causa della difficile missione da pilota che stava intraprendendo.

 

“ No, Xian è sempre stata terrorizzata da Xanxus… lui non ha mai accettato l’idea di avere una figlia femmina destinata a prendere il suo posto come comandante dei Varia. Le ustioni sul suo corpo …”

Mormorò Tsuna, afflitto dal dolore di quel ricordo ben impresso nella sua mente.

“ …risalgono ad uno scatto d’ira del padre, accaduto quando lei aveva dieci anni. Da allora però non si sono più manifestati episodi di violenza, in quanto Xanxus la affidò a me e lui non la rivide più.”

 

“ Ma allora come fai a dire che i Varia non centrano nulla ?” domandò il Boss albino al celebre sicario, che rimase in silenzio per qualche secondo prima di rispondere.

“ Insieme a  Yukiteru ho trovato qui a Venezia una delle basi di Sebastian. Ho interrogato alcuni assassini, e mi hanno spiegato che i Varia sono stati rapiti da quel coglione di Providence, lo stesso che ha freddato Kyoya, Takeshi, Basil e buona parte delle uniche persone a cui volevo bene.”

Un’ennesima pausa silenziosa sembrò evidenziare un certo sentimento di Reborn, come amarezza, o forse desiderio di vendetta. Tsunayoshi invece, venne assalito solo da molta tristezza, ma allo stesso tempo trovò la forza di insistere:

“ E quindi? Li hai trovati, hai trovato Xanxus, Squalo e la Squadra Varia ?”

 

“ Sì. Morti, fatti a pezzi così piccoli che per identificarli ho dovuto utilizzare le Fiamme del Sole per ridargli la forma di un corpo umano, collegando i tessuti e gli organi.”

 

 

Il Decimo Boss dei Vongola si rese conto di aver sbagliato qualcosa, di aver creduto che le persone che un tempo lo avevano aiutato a sconfiggere Byakuran rischiando la loro stessa vita, fossero passati dalla parte del male.

 

- Perdonatemi… per aver dubitato di voi.- Se non avesse creduto sin dall’inizio che la scomparsa dei Varia fosse dovuta ad un’alleanza con il nemico, li avrebbe cercati per tutta Italia, setacciando ogni angolo pur di riportarli indietro.

Ma non l’aveva fatto, ed ora non poteva riportarli in vita.

- Così come non posso riportare indietro i miei amici.-

 

“ Probabilmente Sebastian ha voluto distruggere l’unica altra persona che avrebbe potuto condizionare il pensiero di Xian, ed intanto ha fatto credere alla ragazza di avere anche dalla sua parte l’approvazione di Xanxus. È come se potesse trasformare qualsiasi persona in un fantoccio grazie al proprio carisma, per questo non possiamo lasciarlo assolutamente prendere Tengoku !”

La voce di Reborn servì per risvegliare i sensi di Tsuna, ridonandogli energia come se fosse un motore, per risollevare la testa verso il cielo attorno a lui.

 

Lui, indubbiamente, era il vero Cielo, e non poteva venir alterato contro la propria volontà.

 

“ In più, se posso permettermi, anche se gli togliessimo i Bravi e Providence, Sebastian resterebbe un avversario pericoloso, ora che ha la Fiamma del Valhalla.”

Aggiunse Corex Licaone, diventando scuro in volto al sol ricordo del suo ultimo incontro con quel mostro.

 

“ E qui penso che nessuno abbia davvero capito cosa sia questa Fiamma di cui parli.” Commentò con una punta di ironia Reborn, ma l’albino non si scompose affatto.

“ Era un potente dono, un leggendario potere che spetta ad un Boss dei Licaone ogni cento anni. Molto tempo fa io finii in fin di vita, e mio padre me la donò per permettermi una rigenerazione pressoché illimitata. Sebastian è riuscito a rubarmela completamente, ed io non ne possiedo più.”

 

“ Per conoscere questo segreto deve aver avuto un qualche contatto con la tua Famiglia, non credi ?” gli chiese Tsuna, convinto che ogni dettaglio in più su Sebastian potesse aiutarli ad avere un vantaggio su di lui, nel momento in cui lo avrebbero affrontato.

“ Quando ho avuto modo di osservare la sua vera forza, in qualche modo la sua anima mi ha ricordato quella dell’uomo che anni fa sterminò la Famiglia di mio padre, ma che venne sconfitto da me e Himeko. Fu proprio quell’uomo a ridurmi in fin di vita, effettivamente.”

 

“ Eeee… esiste un modo per uccidere qualcuno con ‘rigenerazione pressoché illimitata’ ?” Reborn iniziò a pensare che svolgere quell’ultima missione non sarebbe stato poi tanto semplice.

“ Sì, certamente. La Fiamma del Valhalla consuma l’energia del suo portatore, quindi basterebbe costringerlo a stancarsi a furia di rigenerare le proprio ferite, per far esaurire l’effetto.”

 

“ Ma allora è perfetto, se lo attaccassi a piena potenza con l’X-Burner lo ridurrei a frammenti minuscoli, e si stancherà moltissimo per rigenerarsi !” Esclamò Tsunayoshi, scatenando una risata divertita da parte di Reborn.

“ E tu a quel punto potresti riavere la Fiamma del Valhalla.” Insistette nel suo entusiasmo il Boss, sporgendosi verso l’albino, il quale a differenza del killer era rimasto impassibile.

 

“ No, solo un corpo vivo può ospitare la Fiamma. Probabilmente la erediterà uno di voi, il più vicino o forse chi lo ucciderà.” Rispose Corex, disperdendo ogni sorta di emozione da Tsuna, fatta eccezione per la confusione.

“ Che… vuoi dire con ‘solo un corpo vivo’ ?” Domandò il Boss dei Vongola con la voce ridotta appena ad un sussurro, a causa del timore della risposta che sarebbe potuta seguire.

 

Passò una quantità di tempo apparentemente eterna prima che il pilota si voltasse leggermente verso Tsunayoshi.

Così, il maggiore dei due poté notare che le palpebre del Licaone erano più dilatate rispetto a quelle di un normale essere umano, e allo stesso tempo avvertì, o meglio, non avvertì nessun fiato provenire dalla sua bocca quando parlò.

“ Sebastian mi ha ucciso definitivamente otto giorni fa, ma un residuo di Fiamma del Valhalla permette al corpo di muoversi ancora, anche se non so per quanto. Tra meno di una settimana, a causa del movimento, senza che il cuore possa pompare nuovo sangue, il mio corpo inizierà a decomporsi. Forse smetterò di parlare ben prima che questo accada, e magari non riuscirò persino a vedere l’alba di domani.”

 

 Non fu facile realizzare per le persone in ascolto, di star parlando con un cadavere.

La mente di Tsuna venne confuso da centinaia di pensieri, quasi tutti riguardanti il come avrebbero sconfitto Sebastian, o come avrebbero detto addio a Corex.

Ma…

- Ed Hime? Dovremmo dirle tutto, oppure farle sapere che non è più tornato in vita ?-

 

L’uomo ricordò il giorno in cui era ufficialmente diventato Decimo Boss dei Vongola. Venne allestita una festa nel giardino della Magione, e tra gli invitati ovviamente ci fu la Famiglia Licaone.

Corex, allora sedicenne non arrivò subito assieme al padre, ma si presentò praticamente di sera, in compagnia di Himeko, l’attuale Guardiana della Neve dei Vongola.

 

Tsuna non riuscì ad associare l’immagine del volto spensierato di quel ragazzo, a quello apatico dell’uomo di fronte a lui.

 

“ Non andrò ai vermi prima di aver ottenuto la nostra vendetta, Sawada.” Come se l’avesse letto nel pensiero, il giovane albino pronunciò quelle parole, facendo come riscuotere da un freddo abisso Tsunayoshi.

“ A proposito di questo, ehm… Corex ?” Improvvisamente una nuova voce sopraggiunse dall’altro capo del telefono.

 

Era Yukiteru, l’agente sotto copertura e vice-direttore della C.E.D.E.F. , attualmente a Venezia con Reborn in attesa dell’arrivo di Tengoku con Xian.

“ Scusatemi, ma stavo parlando con mia moglie e solo adesso vi ho potuto sentire.” Si scusò frettolosamente l’uomo, prima di riprendere il discorso appena accennato.

 

“ Come dicevo, vorrei potermi occupare io stesso della sconfitta di Sebastian.”

 

 

 

 

Venezia

Venezia

La città sulle acque

Vuoi venire?

Venire con…                               Venire con me?

Non devi…

…devi

Non devi piangere

 

XIAN!

 

 

Tormentata da una voce misteriosa nella propria testa, la giovane donna dai capelli color dell’ebano, e Boss dei Bravi, si contorse sul sedile emettendo un lungo lamento tra le labbra serrate.

 

Tengoku Marco Sawada non poté non prestare attenzione a Xian, seduta al suo fianco ed attualmente in stato d’incoscienza.

- Chissà cosa starà sognando ?- Fu l’unica cosa che, stranamente, il ragazzo riuscì a chiedersi.

 

“ Quanto durerà ancora l’effetto di Amygdala Shock ?” Domandò Akane, seduta alla sinistra di Xian, facendo riprendere il bruno dai suoi pensieri.

L’ex assassina, e Guardiana della Tempesta di Tengoku stesso, era molto preoccupata, forse la più di tutti.

Questo perché lei aveva provato sulla propria pelle la potenza di Xian, rimanendo in uno stato tra la vita e la morte per diversi giorni, e riuscendo a salvarsi solo grazie a cure straordinarie degli Arcobaleno.

Persino quella che Tengoku aveva affrontato non era la massima potenza del Boss dei Bravi.

 

“ Non esiste un limite di tempo specifico, in teoria è la prima volta che utilizzo Amygdala Shock per stordire persone così a lungo. Per lei in questo momento è come cercare di inserire la chiave in una serratura quando si è completamente al buio.”

Rispose preoccupato il ragazzo, e non poté fare a meno di soffermarsi ancora sul volto della donna, fonte di ogni sua disgrazia a partire da un mese prima.

 

Perché anche se rimaneva consapevole di ciò che stava facendo, non riusciva togliersi di dosso una strana sensazione, un chiodo fisso nella sua mente.

- Perché mi sembra di averla già vista prima ? È solo ora che me ne accorgo, oppure è sempre stato così ?-

 

 

“ Non posso sopportare di vedere la signorina in questo stato !”

Improvvisamente, l’unica voce che non avrebbe dovuto essere sentita in quella macchina, colse di sorpresa Ten, Akane Mizuno ed Akira Shirogawara, seduta al posto del passeggero accanto al guidatore.

E proprio la Guardiana della Nuvola aveva subito sfoderato il proprio fioretto, puntandolo alla gola di Alberto, il quale aveva aperto bocca.

 

L’uomo, voltandosi, aveva rivelato due occhi rossi dal pianto, ed il volto contorto in una maschera di dolore e rabbia.

“ Siete dei mostri… io non ce la faccio a sopportarlo.” Mormorò tra i singhiozzi l’anziano, con la voce rotta dal pianto.

Essendo rimasto impassibile, fu strano vederlo così fuori di sé, senza controllo.

 

“ Ti ho detto… che se parli rischi la vita, quindi faresti meglio a mantenere il tuo dolore per te e…” Akane, subito intervenuta per non rischiare di perdere il controllo della delicata situazione, si interruppe accorgendosi di Akira, la quale aveva improvvisamente sgranato gli occhi dalla sorpresa.

 

Così, la Tempesta, prestò più attenzione all’uomo, e quando se ne accorse anche lei, la tensione salì alle stelle.

 

Alberto aveva scostato con una mano un fianco della sua giacca nera e viola, rivelando all’interno un complesso dispositivo di cavi, collegato ad un cubo di acciaio, legato con del nastro adesivo.

 

Quando delle luci ad intermittenza iniziarono ad illuminarsi su quella bomba, Akira Shirogawara comprese che in circa 1.5 secondi non avrebbero più potuto fare niente per salvarsi dall’esplosione.

Mentre il tempo scorreva, avvicinandosi perfettamente alla fine di quel secondo, centinaia di infinite possibilità le si proiettarono davanti agli occhi, esattamente come riuscì a comprendere ogni singola conseguenza che sarebbe avvenuta dopo un’azione.

 

Così non reagì cercando di distruggere l’esplosivo, sarebbe stato troppo rischioso.

Girò interamente il suo corpo sul sedile verso il guidatore, e sferrò un calcio colpendo Alberto, scaraventandolo fuori dalla macchina attraverso la portiera.

Ma... non poteva andare semplicemente così.

 

- Sono una stupida !- Gridò a se stessa, prima di saltare dallo stesso punto in cui era caduto l’uomo.

 

Con la macchina in corsa, Akane e Tengoku non riuscirono a non sorprendersi, soprattutto per quegli eventi troppo frenetici e veloci per la loro comprensione.

Fortunatamente, l’assassina Guardiana della Tempesta fu celere, e spostandosi sul sedile del guidatore prese controllo del volante.

 

Tengoku sprofondò sul sedile per la tensione, prima di ricordarsi di Akira, saltata sulla strada per inseguire Alberto.

Si voltò verso il finestrino posteriore, e l’ultimo ricordo che gli rimase della corvina, fu il vederla correre allontanandosi da loro.

 

“ Maledizione !” ruggì Akane, sbattendo il pugno contro il tettuccio, ma allo stesso tempo aumentando la pressione sul pedale d’accelerazione.

- Dovevamo rimanere uniti! Ma adesso fermarci non è consenito …-

 

 

Tengoku rimase così solo con Akane, l’ultima dei suoi amici che avrebbe abbandonato, quella sera.

 

 

 

Ormai scomparsa dalla visuale della vettura che procedeva verso Venezia, Akira continuava la sua corsa senza esitazione, abbandonando persino lo sforzo di voltarsi per rivolgere uno sguardo ai suoi amici.

 

- L’ho visto! Quel bastardo, che si è dimostrato fin’ora così debole …-

La ragazza stava rivolgendo tutta la rabbia che provava contro se stessa. Si sentiva troppo incapace: proprio lei che ormai aveva sviluppato una percezione incredibile, avrebbe dovuto essere gli occhi e le orecchie della Squadra, ma stava rischiando di compromettere l’intera operazione.

 

Quando Alberto entrò nel suo raggio d’azione, disteso a terra in procinto di rialzarsi come se nulla fosse accaduto, lei sfoderò il fioretto in una frazione di secondo.

- Ha finto tutto quello solo per farsi buttare giù dalla macchina !-

 

La ragazza lo aveva capito solo nel momento prima che l’uomo sparisse dalla visuale, mentre stava per precipitare sull’asfalto. La sua espressione in quel momento non sembrava più così disperata, certamente non di un uomo che desiderava la morte, ed in più la lama di un coltello sporgeva dalla sua manica.

Con una precisione ed una fermezza spaventosa, quell’anziano uomo aveva tagliato le ruote della limousine, dopo essere stato scaraventato giù dalla suddetta auto in corsa, ad una velocità di circa centocinquanta chilometri orari.

 

Purtroppo, Akira non riuscì a muovere un altro passo in avanti.

Successe tutto mentre sfoderava la sua arma.

 

Un proiettile penetrò la sua spalla sinistra, proveniente dai boschi al suo fianco, e proseguendo il suo percorso aprì un profondo taglio orizzontale sotto il collo.

La vecchia cicatrice, vergogna e paura più grande di Akira, la stessa che l’aveva privata per sempre della parola, venne riaperta in un attimo, e un fiotto di sangue sgorgò violentemente dalle ferite.

 

 

A duecento metri di distanza, nella più profonda oscurità silvestre, un raggio di luna si riflesse sulla superficie metallica di un fucile di precisione.

Un MSG90, precisamente, montato su di un bipiede e munito di un silenziatore, il quale allungava ancor di più la sua canna leggera. L’uomo accovacciato che stava imbracciando la sua impugnatura sogghignò, in quel silenzio surreale.

 

Dei folti e crespi capelli corvini si sollevarono dalla sua fronte, rivelando due affilati occhi da rettile.

“ Sembra che abbia appena rotto la bambolina ...” sussurrò con tono serio, mentre sul suo volto si spalancava un sorriso di soddisfazione.

Quell’eccitazione, quel piacere, aumentava ogni volta che guardava nel suo mirino telescopico, ed osservando il sangue colare dalle ferite di Akira.

 

Arboc Bellum, fratello dell’ex istruttore di Akane, Korvo, era stato reclutato dagli Anonimato con il compito di proteggere i Bravi.

Segretamente il killer dei Bravi aveva temuto il peggio poco prima, osservando da distanza il terribile blitz della squadra di Tengoku sulla Strada Regionale. In più, con la cortina di fumo sollevata ad oltre tre metri da terra non avrebbe potuto neanche essere efficiente con il suo fucile.

 

- Ma ora è tutto diverso, anche grazie a quel vecchio che ha mandato la soffiata.- Come cecchino, Arboc aveva giocato un ruolo importantissimo nella strategia d’emergenza progettata da Alberto.

A voler dire di più, proprio la balia di Xian, aveva ideato circa duecentotrenta piani d’azione per i Bravi, in caso di ogni emergenza possibile ed immaginabile.

Non era certo un segreto, tra i ranghi degli Anonimato, il passato da comandante militare di Alberto.

Voci di corridoio raccontavano addirittura che l’uomo avesse combattuto tra le trincee italiane nella Prima Guerra Mondiale, ma per quanto fossero assurde queste storie, lui non aveva mai negato nulla.

 

- Non vedo l’ora di sapere che premio mi daranno per un obbiettivo così importante! Forse proprio… mio dio dimmi di sì… l’incarico di torturare a morte quel Tengoku Sawada !!-  Gemette a bocca serrata Arboc, al limite del suo malato autoerotismo immaginario, desideroso della vendetta contro Tengoku in persona.

 

E così, con la lussuria che offuscava la sua mente, non guardò nel mirino, e non poté mai sapere cosa fosse accaduto ad Akira.

 

All’incirca cinque secondi prima, infatti, la ragazza era scivolata sull’asfalto, per via della pressione salita alle stelle.

La balia di Xian, troppo ferita per combattere, rilassò i muscoli, consapevole della vittoria.

- Qualsiasi cosa accada, l’importante è aver rallentato la macchina… Signorina Xian, lei sarà al sicuro.-

 

Alberto l’aveva osservata con il sorriso sulle labbra fino all’ultimo istante, prima di vederla scomparire.

 

L’uomo non comprese il perché tutto in realtà fosse sparito, proprio perché in quell’esatto istante era morto.

Trasformato in decine di frammenti umani volanti, che ricaddero al suolo in un lago di sangue.

 

Insieme a quel tonfo, Akira posò un piede al suolo, mentre i suoi capelli ricadevano sulla testa chinata verso il basso, nascondendole il viso.

Con quell’ultimo sforzo, che avrebbe potuto compiere in ancor meno tempo se non l’avessero sparata, aveva però esaurito tutte le sue forze fisiche. I muscoli delle gambe non rispondevano più, necessitava di sangue ed aria che non poteva avere.

 

 

Così le rimase solamente da pensare.

 

- È stato bello, e mi dispiace di non avervelo potuto dire con la mia voce. In questi tre mesi passati con voi tutti mi sono divertita, e mi avete in qualche modo aiutato a vincere la mia paura del prossimo. Non penso che ci sia mai stato qualcuno così vicino a me come voi.-

 

Ricordò il momento in cui si era addormentata leggendo un libro, lì in Italia, e nonostante stesse riposando da sola sorrideva, consapevole di avere vicino delle amiche.

 

- Per alcuni sarò stata una figura autoritaria …-

“ Senpai Shirogawara !”

“ È la presidentessa del Consiglio Studentesco, quella che lotta contro gli abusi di potere del Comitato Disciplinare. Che figa !”

 

- Per alcuni sono stata solo qualcuno che non sarebbe dovuto nascere …-

“ Come ti permetti di fissarmi, inutile spreco d’ossigeno! Metti i brividi, sei peggio di un mostro, smettila !”

 

- Mentre per me, siete stati l’inizio di un capitolo della mia vita, scritta su un foglio davanti ad una finestra aperta. Ed ora, anche se è dura… questo foglio dovrà volare via, ma anche se sarà ancora più libero, mancherà le mani con cui è stato scritto.-

 

“ Non ha chiesto lei di essere abbandonata dal mondo ! Non è affatto cambiata, è cambiato solo il modo con cui la vede la gente. Quindi non ti azzardare mai più a parlare così di lei !”

- Sakura …-

 

“ Non potevi pensare cosa più stupida. Nessuno di noi la penserà mai così.”

- Tengoku …-

 

 

- E tutti voi, grazie ancora per questi momenti indimenticabili, e per avermi dato una casa ...-

 

 

Delle mani si sollevano da un foglio di carta finissima, ormai riempito in tutte le sue righe da parole in inchiostro asciutto.

Senza il peso, il vento proveniente dalla finestra aperta abbraccia quella pagina, sollevandola nella luce.

 

Ragazzi e ragazze che sorridono. Akira Shirogawara li saluta tutti dall’alto, sorridendo e pronunciando la parola “ Addio”, mentre sua madre, suo padre e sua sorella finalmente possono riabbracciarla, uniti.

 

 

 

Mentre la vita abbandona un corpo troppo giovane, misteriosamente il fioretto si illumina di una impressionante energia violacea.

L’arma pare fluttuare nell’aria, vincendo la gravità mentre il cadavere di Akira si riposa sul suolo, ed infine fende un colpo in direzione del bosco.

 

Quel fioretto non era altro che un altro caso di Fiamme degli Arcobaleno donate alla Squadra di Tengoku, come era accaduto per tutti i suoi membri, fatta eccezione per Akame.

La Fiamma della Nuvola di Skull, contenuta nell’aria sollevata dalla lama, si ingigantisce sempre di più, diventando in pochi secondi un’ondata che travolge il muro di alberi.

 

Come successo prima con LUC1F3R0, ma stavolta il fendente volante è ben più grande e potente, a tal punto che…

 

“ CHE CAZZO È QUELLO ?!”

Esclamò Arboc Bellum, vedendo una fiammata viola superare le cime degli alberi, e con la velocità di una valanga, raggiungerlo e travolgerlo.

- Non è possibile… che sia davvero riuscita ad individuare dove fossi grazie al proiettile, nell’istante in cui è stata colpita ??-

 

“ YAAAAEEEEEAAAAAAARGH !!”

 

 

 

Provincia di Venezia.

 

Porto Marghera, una delle più grandi aree industriali costiere d’Europa, formata principalmente da cantieri fino al suo porto, dal quale è possibile avvistare Venezia.

 

In tarda serata, come in quel momento, gli operai ed i lavoratori aveva abbandonato i loro lavori da un paio di ore, e nel silenzio di quei silos e di quelle gru metalliche, tutto era immobile.

 

E così rimase fino a quando un rumore di pneumatici sull’asfalto non sopraggiunse, senza però che si potesse avvistare alcuna macchina.

Solo quando il suono cessò dal nulla apparve una jeep nera, incatenata a quella che pareva una limousine trainata attraverso delle catene verdi scintillanti.

 

“ Quanto manca allo scioglimento delle Catene di Markov ?” domandò una voce femminile, aprendo la portiera del fuoristrada e scendendo dalla vettura.

“ Poco meno di un minuto. Tu, piuttosto, come ti senti ?” Anche l’altro sportello venne aperto, ma stavolta ne uscì uno dei robot rinominati Daft Punk, il quale si aggiustò lo smoking e la cravatta.

 

Momoka Reader si voltò verso il corpo che ospitava Kiiro, e si domandò se il suo nervosismo non fosse troppo palese.

“ Bene, ho ancora il 50% del potere di Viper. Fortunatamente la modifica dei colori e l’aumento dell’opacità non consumano nemmeno un 1%.” Rispose ugualmente, avvicinandosi al compagno.

“ Parlavo di te. Te la senti di affrontare questo scontro ?”

 

I due membri della Squadra, rispettivamente Momoka Reader, la Guardiana della Nebbia e Kiiro, il Guardiano del Sole in veste di Daft Punk, si posizionarono frontalmente rispetto alla limousine dei Bravi.

Avrebbero aspettato fino all’ultimo istante in cui le Catene inventate dall’Arcobaleno Verde avrebbero retto, e da allora sarebbe stata battaglia.

 

Momoka ebbe per un solo istante la voglia di scappare via, come faceva spesso di fronte ad un ragazzo, o ad una persona che reclutava troppo estroversa.

- No! Non sono più quella di un tempo… non scapperò mai più, lo giuro !- Stringendo il pugno però, ricordò il sorriso di Tengoku, le lacrime di Kevin e l’abbraccio di Kiiro.

Comprese che non sarebbe mai stata la stessa di un tempo.

 

Kiiro invece, era convinto di poter rimanere chi era sempre stato. Non una macchina assassina, ma Pinocchio Vongola, e nessuno lo avrebbe mai costretto ad essere chi non voleva essere.

 

 

Quando le Catene di Markov smisero di brillare, si dissolsero in leggere scariche di elettricità statica sulla macchina e nell’aria. In quel momento, dagli sportelli posteriori fuoriuscirono i due Bravi rimasti in gioco.

 

Nonostante la loro giovane età, Duncan e Daezel rifilarono agli avversari uno sguardo carico di tutto il loro Intento Omicida, ad un livello impressionante anche per un normale assassino.

 

“ Quella sottospecie di Slime di Dragon Quest è mio.” Comunicò Duncan al ragazzino dai capelli fucsia, con voce bassa e gutturale mentre avanzava. Il ragazzo dai capelli biondi si schioccò le nocche rumorosamente, puntando Kiiro come se fosse la sua preda.

 

“ Prima che me ne scordi, Momo …” La macchina assassina non fece una piega di fronte a quella minaccia, e si rivolse all’amica con serenità.

“ Momo ?” ripeté sorpresa la ragazza.

“ Siccome l’altra metà del mio corpo è all’interno del Daft Punk che guida la jeep di Azura e Drake, attualmente in questa forma possiedo esattamente la metà della mia velocità. Vedi di non scordartelo anche tu, ok ?”

“ Come si fa a scordarsi una cosa così importante !” Urlò Momoka contro Kiiro, che non rispose più.

- Sta… dicendo sul serio? Mi sta forse dicendo che è indebolito...- Un terribile presentimento trafisse la sua speranza, la quale iniziò a sgretolarsi non appena sentì quella fatidica frase.

 

 

Il Guardiano del Sole dei Bravi non perse tempo, ed approfittò di quel momento di distrazione per scattare in avanti, verso il suo bersaglio.

Ugualmente Kiiro non si scompose, e incrociando le braccia dietro la schiena, si lasciò esposto all’avversario.

“ Spostati, Momo! Ora schiverò tutti i suoi attacchi fino a quando non esaurirà tutte le sue energie.”

 

Momoka non si spostò di sua volontà per assecondare la richiesta dell’amico, perché nel momento in cui l’assassino atterrò tra lei e Kiiro, un’esplosione di aria la scaraventò all’indietro come se fosse fatta di carta.

- Ma questo ragazzo… Reborn aveva detto che non era per nulla forte !- Sussultò la ragazza, atterrando a circa sei metri di distanza, costretta ad osservare la sorte del suo compagno a distanza.

 

Infatti, in quel momento Duncan sferrò un pugno discendente verso la testa del robot, che nonostante la sorpresa, evitò inarcando la schiena all’indietro ed indietreggiando di un passo.

L’aria spostata da quel colpo creò una crepa nel cemento sottostante.

“ E questo è solo il primo, amico mio.” Rise la macchina assassina, schernendo il suo avversario con aria provocatoria.

 

Purtroppo, una risposta diretta da Duncan non arrivò mai, perché il biondo dopo aver compiuto un rapido giro attorno al suo asse, concatenò al pugno un calcio di rovescio, che stavolta centrò in pieno collo l’avversario.

“ Parli troppo …” Disse semplicemente l’assassino, con tono imperturbabile, come deluso dalla prestazione del suo bersaglio.

 

Prima che Kiiro potesse ricadere al suolo, Duncan sollevò la gamba con la quale aveva appena colpito, e poggiando una mano sul ginocchio, pestò verso il basso con tutta la sua forza, schiacciando la testa del robot al suolo.

Un’altra crepa si aprì nel cemento, questa volta molto più grande e profonda, tanto da far sollevare decine blocchi di pietra di qualche metro da terra.

 

 

“ KIIROOOOOO !!” Urlò Momoka, sentendo un profondo odio risalirle lungo la gola, misto però alla paura di perdere il suo amico.

Quella paura, si trasformò presto in dolore, ed un rivolo di sangue sgorgò a terra.

 

Una creatura simile ad un uomo stilizzato, alto circa due metri e composto da materia nera indefinibile, le aveva appena perforato il fianco da parte a parte con il suo braccio acuminato, simile ad un ago.

La castana sentì tutti i suoi sensi intorpidirsi, fatta eccezione per il bruciante dolore mentre la creatura la sollevava da terra attraverso quel suo pungiglione.

 

Momoka urlò. Non poteva fare altro, non aveva la forza per opporsi.

 

“ La distrazione sul campo di battaglia è un peccato terribile, che va ovviamente punito con la morte …”

Un innocente, ma allo stesso tempo crudele sorriso si allargò sul volto di Daezel, mentre il ragazzino aveva iniziato a camminare verso la creatura fatta di oscurità.

 

A differenza di tutti gli altri Bravi, la sua divisa era bianca, anziché nera, con un mantello lungo fino alle ginocchia ed il collo del giubbotto più alto, il quale lo copriva fino al mento.

Daezel si accostò alla creatura da lui evocata, appoggiandosi al suo corpo come se fosse un muretto, e rimase a braccia conserte, sorridendo ad occhi chiusi.

“ Tra l’altro, ‘distrazione’ somiglia tanto a ‘distruzione’, no ?”

Quell’ultima, irritante battuta fu l’ultima cosa che la Guardiana della Nebbia sentì, prima di perdere i sensi.

 

 

Intanto, a pochi metri di distanza, Duncan si era chinato sul corpo immobile di Daft Punk, la corazza di Kiiro.

Rimanendo impassibile, insoddisfatto, il ragazzo sussurrò, sperando che il nemico potesse sentirlo.

“ Dopo di te, arriverà il piatto forte con la mia prossima preda, quella femminuccia del vostro capo… morirete tutti nelle sofferenze più atroci per esservi opposti a Xian.”

 

Nemmeno un tremito provenne dal robot, così Duncan senza alcuna esitazione spalancò la sua bocca, per poi serrare i denti in un morso sulla gola del suo avversario.

Con un’impressionante forza di mascella, strappò come nulla il metallo, facendo schizzare dal buco creato un liquido giallo fosforescente.

 

In quel momento Kiiro si mosse, forse per il dolore o forse per voler sfruttare un’apertura del nemico.

Si girò sul fianco sinistro, sferrando allo stesso tempo una gomitata sul pavimento sottostante. Il colpo gli permise di sollevarsi da terra nonostante fosse disteso, ed un suo pugno destro venne assecondato da quel movimento ascendente.

 

Nonostante la mossa imprevedibile, e realizzata in un lasso di tempo brevissimo, l’assassino del Sole riuscì ad evitarla saltando all’indietro, senza nemmeno che il pugno si avvicinasse a sé.

- Cosa ?!- sussultò Kiiro, mentre cercava di rimettersi in piedi il più velocemente possibile.

Nonostante il dimezzamento della sua velocità, rimaneva comunque capace di superare la barriera del suono di cinque volte.

 

In quel momento avvertì una massa di energia schiacciargli il torace, e quando abbassò lo sguardo vide distintamente il ginocchio di Duncan perforare anche il busto della sua armatura.

Kiiro venne immediatamente scaraventato all’indietro in un’esplosione di pressione, ed il suo volo venne arrestato soltanto quando distrusse una pila di pilastri di cemento accatastati.

 

Quando finalmente si fermò, poté distintamente comprendere di essere stato colpito. Il che era strano, dato che la sua velocità di concepimento non poteva essere stata più lenta del colpo che gli era stato inferto.

Avvertì un movimento alle sue spalle, quasi del tutto impercettibile, e riuscì a voltarsi.

Purtroppo, la velocità che impiegò per sollevare le braccia in difesa non fu necessaria. L’immagine di Duncan, in procinto di colpirlo con un doppio calcio dopo aver saltato, gli rimase impressa nella mente.

 

Per la seconda volta il corpo di Kiiro schizzò via, rilasciando come la coda di una cometa, frammenti di pezzi della sua armatura.

Questa volta l’impatto avvenne sul suolo, in prossimità del luogo dove si trovava prima.

 

L’assassino del Sole apparve sopra il suo corpo, accompagnato da un rombo di tuono che non era altro se non l’aria che aveva trascinato con sé spostandosi ad altissima velocità.

La pelle di Duncan, dalle braccia e dal collo , ora emanava un sottile fumo in alcuni punti che sembravano incandescenti come tizzoni. Ma il ragazzo sembrò non averci fatto caso, e sorridendo iniziò ad inclinare la testa a destra e a sinistra, sgranchendosi i muscoli del collo.

“ Non mi era mai capitato, davvero …”

 

Mentre parlava, il biondo osservava divertito Kiiro, o almeno quello che ora restava di lui.

Senza più l’armatura dei Daft Punk, la macchina assassina sembrava essere soltanto composto da una melma gialla e fosforescente completamente molliccia, se non in alcuni punti dove prendeva la forma di muscoli del corpo umano. Un volto, privo di lineamenti, spuntava da quella poltiglia, e dal modo in cui il corpo si gonfiava e sgonfiava sembrava star respirando affannosamente.

 

“ Quando mordo qualcuno e divoro le sue cellule, posso assorbire per circa mezz’ora le capacità della mia vittima. Però… questa velocità, mi sta facendo sentire un dio. È stupendo, quasi odio il fatto che non potrò più averla.”

Facendo spallucce, il biondo sorrise per l’ultima volta al suo avversario, prima di poggiare tutto il suo peso sulla gamba sinistra, mentre sollevava all’indietro e verso l’alto quella destra.

 

“ Bye bye !”

 

Un’ombra oscurò la luce diretta sopra Kiiro, il quale poté soltanto provare a vedere cosa stesse accadendo, seppur senza la sua maschera fosse molto più difficile.

Non riuscì a realizzare a pieno cosa fosse successo, come del resto persino Duncan.

 

L’assassino dei Bravi aveva sferrato il suo calcio alla velocità originale di Kiiro, ossia di match 10, ma la sua gamba si era scontrata contro un ostacolo.

Proprio le ossa del suddetto arto, nel momento dello scontro, si erano incrinate come una vetrina colpita da un mattone.

Il biondo, non essendo abituato a quella velocità, percepì il dolore con molto ritardo, ma quando arrivò al suo cervello…

 

“ U-U-UUUGHYAAAAAAAAAAH !!”

 

Daezel Tortora, dalla distanza assistette alla scena, e stupito provò a cercare il motivo di quella improvvisa comparsa, frapposta tra il suo compagno ed il Guardiano di Tengoku.

- Non può essere la ragazza! Lei è …-

 

Voltandosi, il ragazzino constatò che la ragazza di cui stava parlando effettivamente era davanti a sé, ma senza più la creatura di ombra che aveva evocato.

 

“ N-n-non è possibile! Io ti avevo fatto trafiggere…”

“ Trafiggere dalla tua illusione, giusto ?”

Momoka Reader, senza nemmeno una goccia di sangue nel foro sul suo corpo, misteriosamente anch’esso scomparso, si chinò mettendosi le mani sulle ginocchia, per arrivare all’altezza di Daezel.

“ Sei un po’ troppo infantile per la tua età se credi che mostri del genere possano esistere. Direi che ti sei fatto un po’ troppo influenzare dalla tua stessa illusione.” Sorrise in maniera adorabile la castana, facendo di rimando far rabbrividire il ragazzino.

 

“ Cosa vuoi fare, b-brutta p-putta…”

“ Non dovresti dire le parolacce, sai ?”

 

Sopra la testa dell’assassino della Nebbia si materializzò una scritta, composta da lettere e numeri in color blu scuro.

LIFE POINTS: 2000

 

- Che vuol dire ?!- si domandò, non sopportando l’idea di star venendo messo sotto pressione dal suo bersaglio.

Improvvisamente un suono metallico ma ritmato, come di passi che si avvicinavano, lo sorprese.

 

Con la coda nell’occhio poté notare la creatura che prima aveva difeso Kiiro, avvicinarsi sempre di più verso la sua direzione.

Sembrava a tutti gli effetti un robot, alto all’incirca un metro e mezzo, con gli arti ed il corpo robusti. Non aveva angoli spigolosi, aveva pressoché una forma molto arrotondata.

Era di color blu scuro, però con delle linee argentate e, cosa più strana, al posto del viso possedeva uno schermo verde con sopra presenti delle lettere nere.

 

Mentre lo strano robot si avvicinava, delle scritte simili a quelle sopra la testa del ragazzino apparvero.

NOKIA 3310 -ATK: 1800 DEF:2100

 

“ Spaventato? Oltre ad avere un buon attacco, Nokia 3310 una volta per turno può diventare invulnerabile ad un attacco diretto …”

La voce rilassata di Momoka mentre si allontanava dando le spalle a Daezel, non impedì al ragazzino di andare nel panico.

Mentre la strana creatura evocata dalla ragazza si avvicinava, il giovane assassino tentò di scappare.

 

Non ci riuscì. O almeno non subito, dato che solo dopo dieci secondi riuscì a muovere un passo in avanti, ma in quel frangente di tempo per lui era come se fosse stata un’azione normalissima.

Nel momento in cui vide chiaramente Nokia3310 a pochissimi metri da lui, Daezel si accorse di ciò che stava succedendo.

 

“ Non puoi scappare ora che hai attivato la mia Illusione Trappola !”

Sogghignò Momoka, ormai allontanata a sufficienza per non rimanere coinvolta nello scontro.

Quello a cui si stava riferendo, stavolta non era un robot, ma uno strano aggeggio ai piedi del ragazzino.

 

Dalla forma di una scatola non molto alta, larga e con la presenza di buchi per l’inserimento di cavi elettrici.

Era di colore nero, ma su suo bordo frontale troneggiava una scritta bianca in caratteri cubitali, la stessa riportata dalle lettere blu apparse all’improvviso.

 

[TRAPPOLA] MESSAGE MODEM 56K

 

“ Il mio Modem 56K rallenterà sensibilmente ogni tua singola azione, e non potrai evitare il prossimo attacco !”

Le profetiche parole della Guardiana della Nebbia vennero accompagnate dal suono di Nokia3310 che saltava in aria.

- Io… non mi arrenderò mai più !-

 

“ NO! Ti prego, non farlo !!” strillò Daezel, ridotto ad una maschera di sudore e lacrime, a causa del terrore di quella enorme massa di metallo indistruttibile che precipitava su di lui.

 

 

Questa volta non ebbe fortuna, e l’impatto dell’evocazione sul terreno sollevò un’imponente nuvola di polvere. L’intera area vibrò, per circa un secondo o due, prima di smettere.

Lentamente Modem 56K si dissolse, così come Nokia3310, ritornando ad essere semplicissime illusioni.

 

Momoka rimase immobile, nel silenzio che aveva seguito l’impatto.

A testa bassa, fissava lo schermo del suo Cellulare Posseduto.

- Evocare delle Illusioni per combattere è una cosa che non mi è mai stata insegnata dalla Maestra Viper, ma… hanno consumato ciascuna il 24% della batteria.-

Sul display, ormai con la luminosità ridotta, apparve il messaggio che indicava l’urgenza di ricaricare la batteria, ormai ridotta al 2%.

 

- Sarà difficile aiutare ancora gli altri senza poter evocare illusioni, ma dovrò continuare a combattere.-

Sollevando lo sguardo, sugli occhi della castana si riflesse l’istante in cui vedere il sorriso di Kevin, il giorno prima, le aveva riempito il cuore di speranza.

- Se potrò aiutare anche lui a ritrovare sua sorella, non posso arrendermi adesso !-

 

 

Se la Guardiana della Nebbia avesse alzato la testa molto prima, e si fosse anche voltata, avrebbe potuto anche accorgersi di un importante dettaglio.

 

 

Una figura dalla mole gigantesca emerse dalla polvere sollevata, venendo illuminata dalle bianche luci dei lampioni nel cantiere.

Sembrava essere un gigante, alto tre metri e con il corpo umanoide dotato di muscoli possenti e scultorei.

 

La sua pelle era nera come la pece, e sul suo torso nudo appariva un simbolo, un tatuaggio color cremisi, a forma di zampa di volatile.

Il volto era adulto, ma per il taglio sottile degli occhi ricordava quello di Daezel. I capelli erano solo composti da un ciuffo color fucsia, il quale ricadeva all’ingiù, fino al petto e nascondendo l’occhio destro.

 

 

Daezel Tortora, così come Superbi Kravis e Xian, era figlio di un mafioso.

Come bambino sarebbe potuto essere normale, se non fosse stato che l’ambiente corrotto e malato della sua famiglia, composta da individui che uccidevano e torturavano per soldi, non lo avesse convinto che il potere si potesse ottenere solo incutendo terrore.

Aveva trascorso la sua pre-adolescenza minacciando e ricattando cittadini innocenti ogni qual volta uscisse dalla sua villa, spesso compiendo atti di violenza ed appropriandosi di ogni cosa gli interessasse.

 

Credeva di essere la persona più spaventosa del mondo, fino a quando non incontrò, in una sera d’inverno in giro per le strade, Xian.

Volle provare a derubarla, ma quando lei uccise in un istante tutte le sue guardie del corpo, lasciando solo lui in vita ma ricoperto del sangue dei suoi uomini, provò per la prima volta in vita sua il vero terrore.

Da quella fatidica notte ha giurato di seguirla e rispettarla, favorendo così anche un’amicizia tra la sua Famiglia ed i Bravi, che lo portò ad entrare, seppur ad una giovane età, nei Bravi.

 

Siccome volle da subito diventare forte come gli altri subordinati che Xian già possedeva, ottenne il permesso di studiare autonomamente i segreti dell’illusionismo. Il suo studio senza controllo di un maestro lo ha portato ad apprendere tecniche incredibili quanto proibite e mortali dell’esoterismo.

 

 

“ Questa è la mia ultima tecnica: Pretty Little Psycho …” Dalla bocca di ciò che era diventato l’assassino dei Bravi, fuoriuscì un vapore ad altissima temperatura.

 

Sentendo quella voce cavernosa e rauca, Momoka Reader si voltò prima che potesse, seppur la stanchezza l’avesse indebolita.

 

Quando si ritrovò di fronte quel colosso, non ebbe nemmeno il tempo di urlare, pietrificata dalla paura com’era, che il braccio del mostro la raggiunse in un istante.

 

Sangue e frammenti di vestiti si sollevarono nell’aria, mentre il corpo della ragazza rotolava sulla terra, lasciando che le ferite su tutto il suo corpo macchiassero il grigio asfalto di rosso.

 

- …no .- La castana provò a sollevare un braccio, ma ogni singolo muscolo le doleva, così come le sue costole rotte e probabilmente anche le ossa delle gambe, spezzate nella caduta.

Un lago di sangue si stava allargando sotto di lei.

 

Quando i passi di Daezel si fecero vicini, il silenzio regnava padrone. Il colosso si avvicinò a quel corpo morente ed immobile, e si chinò.

Ciò che ne raccolse, fu il Cellulare Posseduto, di colore nero ed indaco, ora riempito di graffi e sporcature persino sul display.

 

 

“ Scarico, eh ?” Disse soltanto la creatura, squadrando nella sua mano gigante il catalizzatore di illusioni più potente che avesse mai visto. Infine lo strinse nel suo pugno, con estrema cautela per non romperlo.

“ Ma se ho ben capito, mi basterebbe fare così …” Improvvisamente il suo corpo iniziò ad emanare da ogni poro della sua pelle fiamme di color indaco.

Quando la Fiamma della Nebbia si concentrò nel pugno serrato, un’impressionante luce gli costrinse ad aprire il palmo, a causa anche di una strana energia.

 

“ Eccezionale! È di nuovo carico, l’ho ricaricato grazie alla mie Fiamma !” Esclamò Daezel, scoppiando a ridere istericamente, sentendosi inebriato dal potere che avrebbe avuto in quel momento, con la sua potente abilità da illusionista unita ad un potente catalizzatore di Fiamme della Nebbia.  

 

“ Hai qualcosa da dire adesso, eh?! No? Bhe, è normale… visto che sei stecchita !” Ghignando con le sue zanne animalesche si chinò fino a raggiungere il cadavere di Momoka.

 

Non soddisfatto della sua malvagità, ne afferrò la testa tra il dito indice ed il pollice della mano libera, e applicando una minima pressione, la schiacciò come fosse stata un acino d’uva.

 

 

“ Non… ho… PIÙ… RIVALI! WAHAHAHAHAHAHA !!” Ululando al cielo notturno la sua rinascita come più forte illusionista del mondo, Daezel Tortora si premette la mano insanguinata sul volto, continuando incessantemente a ridere.

 

In quel momento, sul display del Cellulare Posseduto apparve una notifica.

“Batteria sufficiente per inizializzare il download”

 

 

Il tempo si fermò, letteralmente, quando una misteriosa luce bianca ed azzurra illuminò il cielo a giorno.

Ogni cosa parve diventare di ghiaccio, quando le nuvole si aprirono, lasciando che una pressione si avvicinasse alla terra, facendo tremare l’aria e l’intero pianeta.

 

Qualcosa posò un piede per terra, circondato dall’intero mondo immerso nel silenzio.

 

Momoka Reader si rimise in piedi, come risvegliata dal suo arrivo. Il suo cranio era intatto, così come non c’erano segni di ferite sul suo corpo.

 

Rifilò al nuovo arrivato uno sguardo indispettito, ed incrociando le braccia al petto disse:

“ Ce ne hai messo ad arrivare.”

 

“ Guarda… è già tanto che io sia qui. Sai che è contro le regole ?” il misterioso individuo sembrò essere sulle spine, ma ugualmente parve tollerante nei confronti della ragazza.

“ Lo so, lo so …” gli rispose la castana, come se lo stesse prendendo in giro. Infine però sorrise, facendo spallucce.

“ Però io ho rischiato la vita per farti arrivare. Insomma, dovevo per forza far ricaricare il Cellulare Posseduto a quello lì, altrimenti il download d’emergenza non sarebbe mai partito.” Momoka rifilò un’occhiata supplicante all’altro, che sospirò profondamente.

 

“ Va beeeeene! Ma sarà l’ultima volta.”

 

La creatura proveniente dal cielo aveva le sembianze di un giovane, più alto della ragazza, e dai capelli corvini corti.

Dei diademi dorati a forma di triangoli allungati verso il basso gli coprivano le orecchie, di fattura simile alla collana in placche d’oro con una gemma verde incastonata che indossava, o ad una cintura ugualmente in placche dorate.

Indossava un abito leggero, bianco, scoperto sui fianchi, mentre sotto la cintura dei pantaloni larghi, coperti in parte da una stola azzurra lungo la vita. Calzava dei sandali, e diversi anelli adornavano le sue dita.

 

“ Quindi, perché sono qui ?” Domandò il ragazzo, sedendosi nel nulla a gambe incrociate ed appoggiando il mento tra i palmi.

“ Ma tu lo sai già, no? Sei tipo… il creatore.” Gli rispose, un po’ confusa, Momoka.

 

“ Ah, già.” Disse semplicemente il ragazzo, come se nulla fosse, prima di rimettersi con i piedi per terra.

“ E allora mi conviene sbrigarmi. Sai, ero impegnato con una cosa che inizia per ‘mas’ e finisce per ‘zione’…”

 

“ EH ?!” Esclamò la Guardiana della Nebbia, arrossendo, un istante prima di sparire, assieme all’intero universo.

 

“ Non voglio che si sappia in giro.” Mormorò il creatore, rivolgendosi ai lettori della sua storia.

“ Perché la MASTERizzazione di giochi è illegale !”

E siccome non faceva ridere nessuno, scomparve anch’egli.

 

 

 

 

 

Una figura dalla mole gigantesca emerse dalla polvere sollevata, venendo illuminata dalle bianche luci dei lampioni nel cantiere.

Sembrava essere un gigante, alto tre metri e con il corpo umanoide dotato di muscoli possenti e scultorei.

 

La sua pelle era nera come la pece, e sul suo torso nudo appariva un simbolo, una runa color cremisi, a forma di zampa di volatile.

Il volto era adulto, ma per il taglio sottile degli occhi ricordava quello di Daezel. I capelli erano solo composti da un ciuffo color fucsia, il quale ricadeva all’ingiù, fino al petto e nascondendo l’occhio destro.

 

Una goccia di sangue cadde sulla terra, venendo poi seguita da un fiotto apparentemente senza fine.

La creatura che era diventata Daezel si portò le mani al ventre, stupita, accorgendosi di un enorme foro che gli perforava interamente l’addome.

Lentamente, mentre senza più vita cadeva al suolo, riacquistò la forma umana.

 

Momoka Reader in quel momento cadde al suolo, esausta, ma viva.

Prima di chiudere gli occhi, con il sorriso sul volto, pensò:

- Io credo in te, Kiiro …-

 

 

...

 

 

Intanto, sia Kiiro che Duncan avevano assistito alla morte di Daezel, la quale non era stata presa molto bene dall’assassino biondo dei Bravi.

 

“ Dannazione !” Ringhiò furente il Guardiano del Sole di Xian, sollevandosi sulle braccia, mentre non riusciva ad ignorare il dolore della gamba destra rotta.

 

Della macchina assassina invece rimaneva immobile, rimessa su a sedere, ma con il suo indefinibile volto perso nel vuoto. Pareva quasi una statua di melma gialla, non era neanche più possibile comprendere se stesse respirando o no.

 

“ Per ucciderti… per uccidervi tutti, devo usare il potere che ho assorbito al massimo potenziale !” Esclamò improvvisamente Duncan, senza prestare attenzione alla condizione dell’avversario.

Con uno sforzo incredibile delle braccia si pose in equilibrio sulla sua unica gamba funzionante, e sopportando l’atroce sofferenza, si piegò fino a raggiungere quasi il suolo con il ginocchio.

 

L’istante dopo saltò in avanti a piena velocità, tendendo le braccia in avanti per colpire la sua preda, come un leone in balzo.

Ma un istante prima di riuscire a raggiunge Kiiro, questo trasformandosi completamente in gelatina come aveva fatto circa mezz’ora prima, guizzò fuori dalla sua presa.

 

Il membro dei Bravi per la sorpresa rischiò di cadere per terra, ma penetrando con le dita l’asfalto riuscì a rimanere in equilibrio sulle braccia.

Ruggendo furente osservò il suo nemico, che come un serpente aveva iniziato a strisciare ad alta velocità lontano da lui, senza dire alcuna parola.

 

“ MALEDETTO BASTARDO !” Urlò Duncan, prima di usare i suoi arti superiori per saltare nuovamente in avanti, stavolta atterrando venti metri in avanti in circa un secondo.

Per la seconda volta si avvicinò alla macchina assassina, ma che anch’ella per la seconda volta riuscì a scappargli, strisciando esattamente sopra il suo corpo per cambiare direzione.

 

- Sta approfittando del fatto che io non possa usare le gambe per correre… maledetto! In questo modo abbiamo la stessa velocità !- Realizzò finalmente il biondo, fermandosi per un istante mentre il suo avversario si nascondeva tra le ombre dei silos.

- Sta aspettando che l’effetto della mia abilità finisca, e a quel punto sarà più veloce di me e potrebbe facilmente sconfiggermi. Non posso lasciarglielo fare… o morirei !-

 

La pressione sanguigna prodotta a causa della paura stimolò il suo cervello a pensare, piuttosto che agire inutilmente.

Così, il Guardiano di Xian realizzò un piano malvagio, e di conseguenza sogghignò, soddisfatto del suo genio.

 

“ Bene! Tu continua a scappare, ed io ucciderò la tua amica prima che il mio potere finisca, zehahahaha !” Il suo urlo divertito raggiunse ogni angolo di Porto Marghera, e anche le orecchie di Kiiro, il quale si stava ormai arrampicando lungo una gru, a circa cinquanta metri da Duncan.

 

- Non so se farlo davvero, non mi piace uccidere le donne… però penso proprio che dovrò farlo per stanare quel ratto schifoso.- Il Guardiano dei Bravi, sempre più sotto pressione, era pronto a reagire ad ogni singolo movimento sospetto, mentre si dirigeva saltando verso il corpo inerme di Momoka.

- Da qui dovrei riuscire a percepire un’area molto buona, nel momento in cui si muoverà qualcosa, saprò contrattaccare !-

 

Nel mentre, Kiiro, ancora in forma di melma, aveva raggiunto la sommità della gru. Da lì in cima aveva la visione completa di Venezia e del Ponte della Libertà.

Osservando il ponte sulle acque pensò a Tengoku, perché quella era la destinazione che il ragazzo avrebbe dovuto raggiungere il più presto possibile.

Ancora non si vedevano macchine percorrerlo.

 

Svuotò la mente, e schizzò in avanti, verso lo spiazzo libero dove si trovava Duncan.

Mentre l’aria colpiva il suo fragile corpo invertebrato, più veloce di un proiettile, separò una parte del suo corpo, una goccia di melma gialla che sparò alla sua destra.

 

 

Intanto l’assassino del Sole rizzò le orecchie, e ogni suo muscolo si tese. Più veloce di un fulmine si voltò verso sinistra, ed in un batter d’occhio spappolò una sostanza gialla fosforescente nel suo pugno, scomponendolo in minuscole gocce e rendendola inoffensiva.

 

Il vero corpo di Kiiro, dove era nascosto il suo cervello, proprio in quell’istante raggiunse il ragazzo biondo, centrando con precisione millimetrica il suo orecchio sinistro.

Un fiotto di sangue fuoriuscì dal naso e dalla bocca di Duncan, nel momento in cui il proiettile Kiiro fuoriuscì dall’orecchio destro, avendo dunque trafitto il suo nervo auricolare e parte del cervello.

 

L’assassino cadde disteso sul suolo, morto, mentre il Guardiano del Sole di Tengoku si affrettava a recuperare le sue parti del corpo disperse sul suolo.

 

Quando ebbe finito, dalla melma gialla sorse il volto umano senza lineamenti, che guardando Momoka sana e salva sospirò profondamente.

“ Se non avessi calcolato il rimbalzo di quell’esca, probabilmente lui avrebbe distrutto il mio, di cervello.”

 

 

 

 

 

 

Ore 23:45.

 

Mancavano poco meno di cinque chilometri al Ponte della Libertà, e due ragazzi stavano percorrendo quella strada senza più l’ausilio della macchina.

 

Akane Mizuno imprecò tra i denti stretti, mentre tra le mani impugnava una pistola e correva a testa bassa.

La rabbia e l’ansia alimentavano la sua anima, ma allo stesso tempo la stavano facendo consumare da dentro.

- Perché Akira non sta tornando ?- Era tutto ciò che la corvina potesse pensare in quel momento.

 

Da quando la limousine si era fermata a causa della ruota forata, avevano dovuto percorrere la Strada Regionale a piedi. In teoria sarebbero dovuti arrivare a destinazione per mezzanotte precisa, come voleva Reborn, ma anche il fatto che i restanti membri della loro Squadra non li avessero ancora raggiunti con le jeep era preoccupante.

 

D’altra parte, Tengoku guardava la preoccupazione nel volto dell’amica, e non poté fare a meno di pensare al meglio per i suoi amici.

Avrebbe voluto tentare di confortarla, ma stava trasportando sulle spalle il corpo privo di sensi di Xian, e per mantenere quella velocità di corsa non avrebbe potuto sprecare fiato.

 

In lontananza apparvero dal buio le prime luci del ponte, che si rispecchiavano sulle acque della Laguna di Venezia. Per i due fu come vedere un bagliore di speranza, che servì per sollevarli dalle preoccupazioni.

Avrebbero completato anche l’ultima fase dell’operazione Meet Me In The Woods, e avrebbero finalmente potuto usare Xian per porre fine a quell’inestinguibile focolare di massacri e rivolte.

 

Forse fin troppo distratti dalla luce e dai sogni ad occhi aperti, i giovani si accorsero troppo tardi di un rumore in avvicinamento.

Era un suono incredibilmente forte, come di una catena di ferro trascinata su di un pavimento roccioso.

 

Akane fu la prima a voltarsi, puntando automaticamente la pistola verso ciò che sentiva.

Un istante dopo sgranò gli occhi, e stringendo ancor di più l’arma tra i pugni, urlò:

“ Vai avanti Undicesimo!! Non ti voltare !”

 

Tengoku esitò.

Era stato addestrato da Reborn ad obbedire immediatamente agli ordini, perché anche con un secondo di troppo si sarebbe rischiato di mandare all’aria un’intera missione, ma quella volta, per una frazione di secondo, non volle andarsene.

Aveva paura, una sensazione normalissima nell’essere umano, che non avrebbe fatto altro che crescere se avesse corso da solo senza vedere più la ragazza accanto a sé.

 

Decise di correre, sebbene in quella situazione fosse lui il Capo. Gli venne ancora più naturale, dopotutto Akane era sempre stata la sua guida, la più esperta, colei che non l’aveva mai tradito.

Abbandonando quella tristezza, come aveva detto ad Azura quasi un’ora prima, e si fidò di chi gli era vicino.

Sparì, correndo verso le luci del futuro.

 

Quando Akane sentì i passi del ragazzo allontanarsi,  sparò tre colpi di fila a ciò che la stava raggiungendo.

Non appena i proiettili entrarono in contatto con la gigantesca massa fuoriuscita dalle ombre, si disintegrarono in minuscole scintille di metallo fuso.

Dopo di che, il gigantesco corpo corazzato di LUC1F3R0 si mostrò alla luce, rivelando sotto i suoi stivali di ferro dei piccoli cingoli, simili a quelli di un carro armato, che gli avevano permesso di raggiungere i due nemici.

 

Quando il mostruoso membro della squadra Bravi arrestò la corsa, si poté notare distintamente che la sua armatura, nei punti dove era entrata in contatto con i proiettili, era diventata color rosso vivido.

Ma in una manciata di secondi quelle zone erano ritornate dello stesso colore del resto della corazza, emettendo soltanto degli sbuffi di fumo.

 

“ Tu… io ti ho già vista prima, vero ?”

Una voce distorta provenne dall’interno della maschera bianca coperta dal cappuccio nero, un istante prima che su quell’elmo si schiantasse un’altra raffica di proiettili.

“ Bastardo !!”

Akane fu su di lui in un lampo, balzando su quel corpo gigantesco, in preda ad una furia impressionante.

 

Gli occhi della Guardiana della Tempesta erano iniettati di sangue, come dei pozzi d’odio, odio e nient’altro che odio.

Il modo in cui stringeva le sue armi, talmente tanto da far sporgere le sagome delle vene dalla pelle, con i capelli selvaggi nell’aria notturna, gelida ma infiammata da quell’urlo che aveva saputo produrre.

 

La pistola che impugnava nella mano destra iniziò a vibrare, emettendo scintille di fiamme rosse, come se fosse sul punto di esplodere. E così fece, in un modo o nell’altro, dissolvendosi per un brevissimo tempo in luce scarlatta, prima di prendere la forma, sempre nella mano della ragazza, di un coltello militare.

 

La lama fendette l’armatura di LUC1F3R0 all’altezza del collo, non producendo nessun effetto, visto che nel momento del contatto la corazza divenne incandescente, al punto da respingere il colpo grazie alla vibrazione molecolare.

L’assassino corazzato tentò di spazzare via la ragazza, ancora a mezz’aria, con un ampio movimento del braccio, come si tenta di fare per scacciare i moscerini.

 

Ma, la ex-killer della Famiglia Vongola era tutt’altro che un insetto impertinente, e sfruttò, senza alcuna esitazione, quell’arto in avvicinamento come piattaforma di slancio per entrare in pieno contatto ravvicinato con l’avversario.

La creatura ricoperta di acciaio si ritrovò sorpresa nel vedere la ragazza poggiare entrambe le gambe sul suo busto, mentre lui per istinto aveva inarcato la schiena all’indietro.

 

Akane rimase completamente in equilibrio su quel corpo, nonostante le suole delle sue scarpe avessero iniziato a fumare per via dell’incandescenza del metallo. Senza esitare, si chinò in avanti, affondando una quantità indefinibile di colpi sulla maschera del suo avversario, senza mai fermarsi e privandolo di ogni respiro fino alla fine.

 

Quando LUC1F3R0 non percepì più la presenza della ragazza sopra si sé, la maschera era diventata incandescente, e per questo non possedeva una visione ben definita.

All’improvvisò però, avvertì un peso sulla sua schiena, e l’istante dopo avvertì la lama del coltello penetrare completamente nella sua armatura, ed affondare nella carne della spalla.

“ Deepest Cut !”

La Guardiana della Tempesta, aggrappata  con la sola mano sinistra al cappuccio del suo avversario, in completo silenzio lo aveva aggirato, per conficcargli un coltello nella schiena.

Se l’armatura non avesse impedito alla lama di sprofondare più in profondità, probabilmente il taglio si sarebbe aperto su tutto il pettorale destro, giungendo al cuore.

 

Il suo sguardo, diretto verso il volto mascherato del nemico, sembrava gustarsi quello stupore, quel senso di impotenza mentre si viene feriti senza sapere il perché, rischiando di perdere tutto in un istante.

 

 

“ Adesso mi risponderai a delle semplicissime domande: se dici o pensi qualcosa che non mi vada bene, scioglierò questo coltello, trasformandolo in un fiotto di metallo fuso che inizierà a circolarti nel sangue. Se hai compreso, volta la testa lontana da me.”

Con voce glaciale, la corvina aveva applicato una leggera pressione del polso verso il basso, sottolineando la sua serietà.

 

“ Già… Akane Mizuno. Tu eri l’allieva di Korvo, vero ?”

LUC1F3R0, piuttosto che ubbidire, si era voltato per guardare direttamente Akane, la quale era allibita al suono delle parole appena pronunciate.

 

“ Preparati a morire allora, bastardo !” Ruggì la ragazza, digrignando i denti e stringendo l’impugnatura sempre più forte, preparandosi ad affondare ancor di più la lama nel corpo del suo avversario.

“ No, no, no… non è così che funziona un interrogatorio.”

 

Inizialmente la corvina pensò che il tono provocatorio del membro dei Bravi fosse solo un tentativo di distrarla, ma improvvisamente si rese conto che al suono di quelle parole, qualcosa era successo.

Inizialmente avvertì un movimento alle sue spalle, poi una luce rossa, e quando infine si voltò, vide cinque piccoli missili composti di Fiamme della Tempesta dirigersi verso di lei.

 

La prima reazione fu di saltare via, ma i due esplosivi si erano avvicinati sensibilmente al suo corpo, e nel momento in cui aveva usato la spinta delle gambe per evitarli, questi erano già entrati in collisione con lei.

Esplosero simultaneamente, rilasciando delle Fiamme concentrate al loro interno, che coinvolsero la parte inferiore del corpo di Akane. La ragazza urlò dal dolore, ma era troppo tardi ormai, così non poté far altro che atterrare inerme a terra.

 

Le sue gambe erano ridotte a dei pezzi di carne sanguinanti, e si accorse ben presto di essere paralizzata dall’addome in giù, incapace persino di muovere gli arti inferiori.

Tutto ciò che provava era un dolore atroce, che ben presto la costrinse a stringere furiosamente il terreno tra i suoi pugni, mentre distesa con la schiena rivolta al cielo, non si sarebbe più potuta rialzare.

 

I passi pesanti prodotti dagli stivali di LUC1F3R0, per la prima volta procurarono una sensazione misteriosa nella mora. Un qualcosa che non provava da tempo.

- Paura !?- domandò Akane al suo stesso corpo, che aveva iniziato a tremare al suono del metallo sempre più vicino.

 

- Non posso aver paura… ora! Devo… devo raggiungere l’Undicesimo, non posso fallire !- Ma le sue mani tremanti tradivano il tentativo di indursi coraggio, e quando l’ombra dell’assassino dei Bravi l’avvolse, non sapeva ancora come reagire per ribaltare la situazione.

- Se mi attaccasse adesso, è molto probabile che morirei. Devo, in qualche modo, distrarlo mentre comprendo cosa sia stato l’attacco che mi ha ridotto così !- Il piano della corvina era rischioso, non conoscendo bene il suo avversario, ma in nome di tutte le prossime che aveva fatto, decise di dare tutta se stessa.

 

“ Tieni così tanto a salvare il tuo Boss, a costo di metterti contro tutti i Vongola? Lo sai chi ti aspetta a Venezia ?” Trattenendo il dolore all’interno della sua mente, sperando che non svenisse per lo sforzo, Akane sorprese il nemico, sfidandolo con un’occhiata provocatoria.

Nonostante le sue condizioni, il sorriso pieno di sé che mostrò riuscì per un istante a far breccia nella sicurezza di LUC1F3R0, il quale fu visibilmente sorpreso.

 

“ No, non tengo per niente a Xian… ed in più so solo che a Venezia mi aspetta il Padrone.”

L’assassino si fermò a qualche metro dal corpo disteso della ragazza, fissandola immobile dalla sua maschera inespressiva.

 

Si accorse troppo tardi di aver involontariamente rivelato un informazione importante alla nemica, che da quel momento lo stava guardando interrogativa, ovviamente sorpresa dalla sua prima affermazione.

Così, facendo finta di non aver combinato nulla che non avrebbe dovuto, continuò a parlare senza interrompersi.

“ Penso che se tu, che tra poco diverrai nient’altro che un cadavere, venga a sapere di questa cosa non succederà proprio un bel niente. In breve, apri bene le orecchie… io sono il secondogenito di Xanxus, il fratello di quella stronza !”

 

Un’improvvisa pressione iniziò ad emanarsi dal corpo di LUC1F3R0, mentre la corvina spalancava gli occhi, allibita da quell’informazione.

“ Ho dovuto sopportare tutto questo… un anno con questa maschera e quest’armatura per non farmi scoprire, mentre quella incapace comanda il teatrino degli assassini al servizio del Padrone! Non sa nemmeno che senza i Varia e nostro padre non l’avrebbero nemmeno presa in considerazione… inutile, squallida, pezzente …”

 

Ad ogni parola, sembrava quasi che un pezzo della corazza si stesse togliendo, rivelando un mostro, all’interno di un gruppo di mostri, che dimostrava di covare solo rancore ed odio dentro di sé.

“ Ma quando morirà… oh, quando morirà! Nostro padre farà diventare me, Riccardo II, successore al titolo di Boss dei Varia! E tutti quegli stupidi mocciosi raccattati dalle fogne del mondo spariranno dalla mia vista, sono stanco di questi Bravi e delle loro azioni da adolescenti nella fase di ribellione e post-pubertà.”

 

Intanto che Riccardo andava avanti con il suo lungo monologo, Akane aveva imparato a distogliere l’attenzione dalla rivelazione iniziale, e a pensare ad una strategia vincente.

Eppure, c’era ancora qualcosa che voleva scoprire.

 

“ Il Padrone sarebbe Sebastian, il Boss degli Anonimato ?” Domandò infine, facendo interrompere l’avversario di colpo, come se una scossa lo avesse attraversato dalla testa ai piedi.

 

L’assassino della Tempesta puntò nuovamente il suo sguardo distante su di lei, rimanendo immobile come una statua.

“ Sì.” Disse soltanto, senza aggiungere altro se non uno sbuffo di vapore da sotto la maschera.

 

Dopo quell’interruzione la tensione crebbe, segno che si era decisamente alterato, e la situazione cadeva solo a svantaggio della ragazza, ancora dolorante ed inferma per terra.

L’armatura parlante riprese nuovamente la parola, e questa volta non fu per cominciare un monologo.

“ Adesso lo faccio io l’interrogatorio, e tu hai una sola regola: dirmi la verità entro cinque secondi, oppure morirai.”

 

Akane strinse i pugni fino a far schioccare le nocche delle dita, e chinando la testa verso il suolo serrò i denti, in segno di resistenza.

“ Prima hai detto di sapere che qualcuno ci aspetta a Venezia: chi è ?”

 

I secondi avevano iniziato a scorrere, e la mente dell’assassina a metabolizzare.

- Sono stata allenata per anni a resistere ad interrogatori sotto torture… ma questo qui vuole solo uccidere chi non gli dia la risposta, tanto dopo di me potrebbe rintracciare in un lampo tutti gli altri della Squadra. E per questo non posso morire, devo fermarlo, o comunque prendere tempo fino a che l’Undicesimo non raggiungerà Reborn. A quel momento verranno in mio soccorso, e sarò salva !-

 

Non passarono più di due secondi, che le labbra sigillate della corvina si aprirono.

“ Degli assassini speciali provenienti da varie parti del mondo, incaricati di fermarvi nel caso raggiungiate Venezia.”

- Perfetto, adesso vorrà sapere le loro posizioni, ed io cercherò di impiegare più tempo possibile nel dirle !-

Pensò infine, dopo aver ideato una bugia non molto dissimile dalla verità, se non fosse stato che l’assassino in questione era uno solo, ed in più il più letale del mondo.

 

Nuovamente però, Akane avvertì una luce rossa provenire da sopra di lei, nella direzione in cui era rivolta la sua schiena. Fu troppo tardi quando riconobbe i missili fiammeggianti, e l’esplosione la investì in pieno.

 

“ Falso… falso, falso… FALSO !” urlò Riccardo, prima di scoppiare in una risata sadica, osservando il fumo sollevato da terra disperdersi nell’aria.

 

Questa volta l’assassina non era riuscita a sottrarsi all’attacco, e la sua schiena, lasciata nuda per via di un grosso buco nella parte posteriore della divisa, rivelava la pelle ustionata e sanguinante.

La ragazza aveva gli occhi spalancati, così come la bocca, dove però un urlo le stava morendo, non riuscendo ad urlare per il dolore.

 

“ Il falso, davanti  ai miei missili Birds and the Worms, viene eliminato seduta stante! Su, coraggio… prova a ritardare la risposta di cinque secondi da quanti ti pongo la domanda, oppure a mentirmi. Il mio potere lentamente ti ucciderà, annegandoti nel tuo stesso sangue !”

La risata malata del figlio di Xanxus era macchiata dal piacere perverso di osservare la giovane tremare per gli spasmi, mentre lui era l’unico a detenere il controllo della sua vita.

- In realtà esiste anche un’altra versione, usata per eliminare persone scomode per il Padrone, come Platino, grazie alla quale i missili attaccano chiunque riveli un’informazione che io non accetto. Adesso però, non mi servirà, perché anche non mi importa se lei dica il vero o il falso… in entrambi i casi morirà quando mi sarò annoiato !-

 

“ Cosa ne farete di Xian, una volta portata a Venezia ?” Insistette allora, divertito da quel suo gioco.

Niente.

Akane non rispose più, si limitò a tremare, anche se dalla sua voce sembrava star provenire un flebile suono.

 

- Non mi dire che ha già perso la voce …- pensò Riccardo, annoiato e disgustato da quella scena, che nonostante tutto lo stava privando del suo divertimento principale.

Osservò con calma un altro plotone di missili abbattersi sull’inerme assassina, coprendola nuovamente di Fiamme della Tempesta, fumo e cenere.

 

“ Ti ho distrutto le corde vocali attraverso la schiena, per caso ?” Domandò provocatorio il killer spietato, piegandosi in avanti, sulla sagoma bruciata davanti a sé.

“ No. Stavo solo risparmiando la voce …” vomitando sangue ai piedi di Riccardo, Akane sollevò la testa da terra, riprendendosi da uno stato di morte apparente. Il suo volto era bagnato dal suo stesso sangue, che scivolando lungo gli zigomi tracciava delle linee perfette.

 

Il figlio di Xanxus si rispecchiò negli occhi azzurri della corvina, e fu intimorito dal trovarli estremamente pericolosi, in grado di rispecchiare i sentimenti di un predatore nel momento in cui sta per uccidere la preda.

“ Conosco Xanxus da numerosi anni, anzi, si può dire che sia stato lui il mio primo padre naturale, dopo che venni adottata dai Vongola. Non mi ha mai parlato né di te né di Xian, ed in più ha sempre avuto un forte rispetto di Korvo, il mio maestro. Penso di conoscerlo abbastanza bene, ma adesso tu, dimmi… sai con certezza che tuo padre sia ancora vivo ?”

 

Quegli occhi avevano parlato, assieme alla bocca sporca di sangue di Akane Mizuno, e stranamente fu solo Riccardo ad essere in difficoltà.

 

Il tempo per l’assassino perse ogni punto di riferimento, catturato com’era da… quegli… occhi, che sembravano sapere e non sapere cose che lui non sapeva, come se potessero svelargli ogni suo dubbio.

Ed era completamente posseduto dalla paura istigata nel suo corpo dallo sguardo di leonessa conficcato nel cuore.

 

“ Sì.”

Erano passati quattro secondi da quando la domanda di Akane era stata posta, e i cinque missili Birds and the Worms si mossero.

Questa volta però assunsero una rotta diversa, e superarono la ragazza distesa per terra, puntando verso il corpo corazzato del figlio di Xanxus.

 

Solo in quel momento il tempo si bloccò.

Riccardo aveva il più vicino dei missili a cinque centimetri dal suo occhio destro.

- COME HA FATTO ?!-

 

L’esplosione simultanea di Fiamme della Tempesta concentrare immolò l’assassino come una pira, e ben presto la sua armatura divenne completamente incandescente, mentre lui urlava di dolore ardendo vivo nella sua stessa difesa.

 

“ A quanto pare tu non puoi scegliere una vittima precisa sul quale lanciare i tuoi missili, ma semplicemente li evochi a distanza ridotta da dove ti trovi, e successivamente loro colpiranno chiunque non risponda correttamente alla domanda di qualcuno. L’ho notato dal fatto che quando inizialmente fui io a porgerti delle domande, tu rispondesti immediatamente, in maniera troppo corretta per un assassino in una missione ad alta sicurezza.”

Le parole di Akane non poterono raggiunsero il suo avversario, ma ugualmente l’assassina proseguì, impugnando mentre era ancora distesa per terra, una Walther PPQ dal calcio in argento.

 

“ Intanto… bisogna battere il ferro finché è caldo, no ?!” Ed urlando tutta la sua rabbia repressa per il successo della sua battaglia, la ragazza, facendo appello a tutte le sue forze sparò esattamente al centro della testa di Riccardo.

 

L’armatura dell’assassino avrebbe disintegrato il proiettile senza problemi, ma l’unico problema era che l’esplosione dei missili avessero reso il ferro molto molle, al punto che la pallottola penetrò senza ostacoli.

 

Molteplici spruzzi di sangue fuoriuscirono dai buchi per la respirazione della maschera, quando il figlio di Xanxus morì sul colpo, terminando le sue sofferenze in un battito di ciglia.

Il suo cadavere cadde al suolo, mentre ancora l’armatura si stava sciogliendo su di lui, rendendo il corpo nient’altro che una carcassa fumante, simile ad un falò nel buio.

 

Akane cercò disperatamente di rimettersi in piedi, ma con rabbia constatò che le sue gambe erano ormai inutilizzabili, per questo riuscì solo a sollevarsi puntando i gomiti per terra.

- Dovrò aspettare che qualcuno mi trovi… ma potrei anche mandare una frequenza agli altri. L’unica cosa che spero è che l’Undicesimo non abbia trovato altri ostacoli …-

 

 

Una lacrima cadde al suolo, nel silenzio della notte.

“ Xanxus …”

 

 

Dei passi veloci, ma appesantiti, percorrevano la strada in cemento del Ponte della Libertà.

Tengoku era circondato dalle luci che non avrebbe mai pensato di raggiungere, e nonostante tutto, non era per niente rassicurato.

La notte era fredda, silenziosa, non si sentivano più i suoni delle battaglie, solo una Venezia addormentata davanti a lui, e alle spalle un buio infinito.

 

Ogni cosa sarebbe potuta esser accaduta, ma lui non poteva saperlo, perché l’unica cosa che doveva fare era correre.

 

 

 

Mare… sul mare… città sul…

Xian?... Non…

TENGOKU!

 

Per un secondo il ragazzo giurò di aver sentito Xian, sulla sua schiena, pronunciare il suo nome, ma allo stesso tempo quella voce provenne dagli antri più nascosti della sua memoria.

A causa di quella violenta scarica di parole, perse l’equilibrio, e cadde rovinosamente di faccia a terra, raschiandosi il naso.

 

Non avrebbe potuto mettere le mani in avanti, altrimenti insieme a lui anche la ragazza che trasportava sulla schiena sarebbe caduta malamente. In quel momento, Xian, forse per aver accusato della caduta mentre era stesa sul corpo immobile di Tengoku, si rigirò nel sonno.

Lentamente scivolò a terra, con il suo volto pallido rivolto verso il cielo stellato. Il gilet di pelle si spostò, rivelando la scollatura al di sopra del corpetto in pizzo nero.

 

Il bruno sussultò a quella visione.

Delle cicatrici molto profonde ricoprivano la pelle chiarissima della ragazza, deturpando la bellezza di un corpo quasi perfetto.

Le ferite scendevano fin sotto il seno, a partire dalla base della nuca, allargandosi come la foce di un fiume.

 

- Che cosa deve aver passato per procurarsele ?- Si domandò lui, anche se per un momento fu convinto, per qualche ignoto motivo, di conoscere la risposta.

 

Xian aprì gli occhi, vedendo la volta celeste e, sopra di sé, il volto di Tengoku, afflitto da una cupa tristezza.

- È… proprio lui ?- realizzò la ragazza, incantata da quella visione, in quel preciso istante dove il mondo si sarebbe potuto fermare.

 


“ TU! BOSS INDEGNO !!”

Con un calcio infuso di Fiamme dell’Ira, il Boss dei Bravi colpì in pieno lo stomaco di Tengoku, cogliendolo di sorpresa.

Sulla faccia di lei era stampato un ghigno di malvagità, misto alla furia che alimentava il suo potere.

 

Con quel colpo il ragazzo venne sollevata da terra, in modo che l’assassina potesse rialzarsi in fretta, mentre lui ancora stava ricadendo.

 

“ INDEGNO, INDEGNO, INDEGNO, INDEGNO, INDEGNO, INDEGNO, INDEGNO, INDEGNO, INDEGNO, INDEGNO, INDEGNO, INDEGNO, INDEGNO, INDEGNO, INDEGNO, INDEGNO, INDEGNO, INDEGNO, INDEGNO, INDEGNO, INDEGNO, INDEGNO, INDEGNO, INDEGNO !”

In breve tempo, dopo aver infiammato entrambi i pugni, Xian assaltò Tengoku con una raffica senza fine di colpi su tutto il suo corpo, mentre urlava a pieni polmoni. Le Fiamme dell’Ira si scatenavano prive di limiti, rispendendo nelle loro sfumature nere, corrotte, come l’animo della ragazza stessa.

“ INDEGNO !!”

Con un ultimo colpo finale, un pugno al centro del volto di Tengoku, la Boss dei Bravi scagliò il corpo del ragazzo all’indietro, assieme ad un’esplosione di fuoco ed immenso calore.

 

 

Quando il bruno atterrò al suolo, schiantandosi, fece tremare l’intero ponte. Tuttavia, qualche secondo dopo un movimento nella nube di polvere creata, segnalò che fosse ancora in vita.

Sputando sangue e rialzandosi facendo raschiare le sue giunture, avvolse la sua divisa nera, simile ad una seconda pelle, di Fiamme del Cielo.

I suoi occhi non vacillarono, e risposero alla risata beffarda dell’avversaria, con un’occhiata spietata.

 

L’istante dopo i due combattenti saltarono l’uno verso l’altro, usando le Fiamme come propulsori dalle loro gambe.

 

“ Quando avrò finito con te, non avrai nemmeno il coraggio per pensare di potermi battere !” Ruggì Xian, continuando a ridere, prima di caricare un calcio, scagliando allo stesso tempo un’ondata di fiamme.

“ Se non ti fossi ribellata, nessuno dei due si sarebbe fatto male …”

Quando udì una voce tenebrosa provenire dalle sue spalle, la ragazza si accorse di non aver colpito assolutamente nulla con il suo ultimo attacco.

 

Tengoku, invece, aveva deviato la sua traiettoria di salto, aggirando la visuale di Xian e giungendole alle spalle, dove da una posizione sopraelevata aveva disteso le braccia dietro la schiena.

Quando le portò in avanti, serrò le dita ad artiglio sui contorni della faccia della corvina, che presa alla sprovvista, venne fatta roteare molteplici volte, prima di venir scagliata al suolo.

 

Una volta realizzato cosa le fosse successo, si era ritrovata con la schiena conficcata nel cemento, come se fosse uno stampo per i dolci. Non avvertì minimamente il dolore, ma solo una forte umiliazione in grado di farle sopportare qualsiasi cosa, tramutata in rabbia.

La figlia di Xanxus puntò i palmi per terra, dietro la sua testa, e sollevandosi verticalmente pervase le sue gambe di Fiamme dell’Ira.

Poi, mulinandole verso l’alto violentemente, generò un enorme tornado ardente, che si abbatté su Tengoku ancora in volo, investendolo.

 

Il ragazzo si ritrovò ustionato da quel calore, ma la pressione prodotta dal fuoco non fece altro che spingerlo sempre più in alto, come una corrente ascensionale. Improvvisamente si ritrovò fuori dall’attacco, fluttuando ad oltre venti metri da terra.

- Che cosa ?!- Si domandò, sbigottito, prima di notare la sua avversaria preparare l’ennesimo attacco.

 

Xian aveva serrato i pugni in direzione della sua nemesi, continuando a ridere istericamente mentre iniziava a convertire una potente energia attorno alle sue mani.

Non passò un secondo prima che, lanciando un urlo selvaggio, proiettasse dalle sue braccia delle gigantesche colonne di Fiamme dell’Ira.

“ Fucile dell’Ira !”

 

Quando il bruno osservò i pilastri di fuoco avvinarsi a sé, pensò in fretta fino a che non trovò una pericolosissima, ma necessaria strategia.

Non sarebbe mai riuscito ad allontanarsi in tempo, così rimase immobile, muovendo però le braccia come se fossero delle lancette di orologio, formando dei cerchi nell’aria.

 

Nel momento in cui i colpi furono vicini, davanti a lui si generò un disco di Fiamme del Cielo, a forma di imbuto.

Il corpo di Tengoku smise di esser pervaso dal fuoco, così come la Fiamma arancione sulla sua fronte si estinse.

 

Intanto, il Fucile dell’Ira di Xian, nel momento in cui si scontrò contro lo scudo, a causa della sua forma finì per concentrarsi verso la parte più piccola, al suo centro. Un secondo dopo si trasformò in un raggio di calore diretto verso il cielo, ma ben lontano dal punto dove il ragazzo si era spostato.

 

La corvina serrò la mascella, imprecando tra i denti per il fallimento del suo attacco, distraendosi dal giovane che intanto precipitava al suolo, apparentemente privo di energie.

 

Prima che la testa di Tengoku si schiantasse irrimediabilmente al suolo, gli occhi del bruno si spalancarono, come se fosse stato svegliato di soprassalto da una voce che solo lui poteva sentire.

Più rapidamente di un fulmine si capovolse, e scattò verso la sua avversaria, la quale sussultò nel vederlo arrivare d’improvviso.

- Non posso venir colpita! Devo …-

Negli occhi del ragazzo, notò una strana ombra, come se impedissero alle sue emozioni di trasparire.

L’unica cosa che sembrava dire quello sguardo assassino era “ Ti uccido !”.

La ragazza, motivata dalla paura dell’attacco imprevisto, generò più velocemente che potesse una piccola scintilla dal suo gomito destro. Quel bagliore tanto flebile si trasformò in un’esplosione, capace di far schizzare in un batter d’occhio la Boss dei Bravi in avanti, più veloce di Tengoku stesso.

 

E fu in quel momento che l’Intento Omicida emanato dal bruno scomparve, spegnendosi come una candela al minimo soffio. Piantò i piedi per terra, arrestando il suo scatto, e caricò un pugno sopra la sua testa.

 

- Non è possibile! ERA UNA FINTA ?!- Xian non ebbe il tempo di reagire, perché nel mentre aveva già raggiunto Tengoku, il quale vedendola ad una distanza tanto ridotta, l’attaccò prima che lei potesse sferrare un pugno.

Utilizzando l’intero arto, il ragazzo sferrò un colpo discendente sul collo della ragazza, schiacciandole il suo fianco destro per terra, insieme al braccio.

Un istante dopo, la corvina vide soltanto un pugno diretto verso il suo volto, e quando chiuse istintivamente gli occhi, questo l’aveva già colpita.

 

Tengoku scaraventò con tutta la sua forza la figlia di Xanxus lontana da lui, la quale roteò come una bambola di pezza prima di rimbalzare numerose volte al suolo.

 

- Xian è una combattente che si affida sull’istinto per prevedere l’avversario e sorprenderlo, più o meno come faccio io con il mio Istinto d’Emulazione. Per questo mi basta attivare o disattivare l’Intento Omicida per tenderle una trappola ed attirarla a rispondere ad attacchi che non esistono.-

Calmo ed impassibile, il ragazzo a capo della Squadra speciale per il rapimento della Boss si rimise in guardia, sollevando un braccio ad angolo retto sopra la testa, e distendendo una gamba con il ginocchio puntato verso terra, dietro la sua schiena.

Era un’antica posa marziale insegnatagli da Reborn durante i suoi allenamenti.

 

Ogni volta che la applicava, gli ritornavano in mente i duri periodi per prepararsi a combattere Xian, e si ricordava il motivo per il quale avrebbe dovuto sostenere innumerevoli avversità:

Impedire che il male colpisse le persone che amava.

 

 

Allo stesso modo, Xian si risollevò di scatto da terra, interrompendo la concentrazione del bruno.

La ragazza sembrava non risentire dell’ultimo colpo, nonostante gli spruzzi di sangue che le colavano dagli angoli della bocca e dal naso.

 

In un istante spalancò gli occhi, divenuti bianchi, senza nemmeno l’ombra della pupilla, ed un ringhio bestiale si allargò sul suo volto, trasformandola apparentemente in una bestia accecata dalla pazzia.

Come l’ombra di un eclissi, l’Intento Omicida si diffuse a vista d’occhio, rendendo la temperatura attorno al corpo di Tengoku ben sotto gli zero gradi centigradi.

 

Seguendo quel terrore, la Boss dei Bravi saltò in avanti, avvolgendo il suo corpo interamente di Fiamme dell’Ira. Agli occhi del ragazzo parve di vedere un meteorite schiantarsi sul suo corpo, e così fu.

Prima ancora di poter difendersi, Xian aveva iniziato a colpirlo violentemente con una raffica di calci, non dando tregua al suo corpo e sollevandolo in aria come se non avesse peso.

 

“ UN CODARDO COME TE SAREBBE IL FUTURO BOSS?! NON FARMI RIDERE, NON SEI NEMMENO IN GRADO DI MANTENERE UNA PROMESSA, DOVRESTI SOLO MORIRE E FARLA FINITA !!”

Soffocato dal dolore, assieme al rumore delle ossa che, non venendo protette abbastanza dalla tuta, si incrinavano, il ragazzo riusciva solo a sentire le parole della corvina.

 

“ INDEGNOOO !!”

SHADOW COUNTER !!”

Le urla di entrambi i combattenti risuonarono sull’intero Ponte della Libertà, prima di venire disperse nel silenzio.

 

Solo le onde del mare ed il cemento erano testimoni di quanto era successo: nell’esatto istante in cui Xian aveva assestato un calcio al collo del bruno, con l’intento di decapitarlo, Tengoku si era chinato e, ruotando sul suo intero asse restando accovacciato, rialzandosi le aveva sferrato un montante.

 

Il pugno, ricoperto di intense Fiamme del Cielo, si spense immediatamente sul volto della corvina.

 

- Queste erano… le mie ultime… Fiamme.- Un ultimo pensiero scivolò via dalla mente del ragazzo, mentre tutto per lui sembrava farsi più scuro e lattiginoso.

Le energie lo stavano abbandonando, il respiro era diventato più difficile e l’unica cosa che sentiva di fare era dormire. Lì, in mezzo ad una battaglia ancora non conclusa.

 

Poco prima di riuscire a realizzare il suo pensiero, qualcosa colpì lui, facendogli spalancare gli occhi e tendere ogni muscolo come una corda di violino.

Non aveva fatto caso allo sguardo di Xian.

 

Se ci avesse prestato attenzione, si sarebbe accorto che quello non era lo sguardo di un assassino in preda all’istinto omicida, tanto meno di un qualcuno che volesse impedire di diventare Boss dei Vongola.

La Boss dei Bravi, invece, era lucidissima, non combatteva per l’orgoglio, per l’avarizia, o per l’invidia.

Era una fonte d’Ira, contenuta però in qualcosa che continuava a tenerla in vita, come le Fiamme del Coraggio di Morire fanno per realizzare i rimpianti dei morti.

 

C’era qualcosa per il quale Xian non poteva perdere.

 

 

Il ginocchio di Tengoku cedette, ed il ragazzo si ritrovò con la gamba destra poggiata a terra, affidando il suo precario equilibrio sul piede sinistro. Con le braccia gettate all’indietro, e la testa rivolta verso l’alto che boccheggiava in cerca d’aria, il ragazzo era vuoto.

Spento, privo di pensiero, emozione, libero. I suoi occhi trasmettevano freddezza.

 

Le prime gocce di pioggia toccarono il suo volto pallido, prima di trasformarsi in un ticchettio costante lungo tutto il ponte.

Le nuvole nere tuonarono all’orizzonte.

 

Era forse la fine del mondo.

 

La mano di Xian agguantò i capelli del giovane, tirandolo a sé prima di rifilargli una ginocchiata sul mento, la quale scosse la testa di lui come in preda agli spasmi.

Le Fiamme dell’Ira bruciavano a contatto della pelle, e Tengoku vomitò altro sangue dalla bocca.

 

 

Negli occhi della figlia di Xanxus si riflesse quell’ultimo barlume di vita, patetico, per nulla glorioso o eroico, e che non aveva condotto assolutamente.

“ Perché l’hai fatto? Perché ti sei spinto in un qualcosa che non avresti mai voluto ?”

Domandò la ragazza mentre le fiamme nere l’abbandonavano, come se le parole le fossero state strappate dalla lingua contro le sue previsioni.

 

“ Pensavi che questo mondo sarebbe stato facile, che sarebbe andato tutto bene solo perché credevi in ciò che facevi ?!”

Stringendo i pugni, con una voce colma di tristezza, la ragazza urlava al corpo abbandonato del ragazzo, prima di lasciare la presa.

 

 

“ Hai parlato di… una promessa.”

Il corpo non cadde a terra, e la sua testa non si abbassò mai più.

“ Tu… ed io…”

 

Tengoku era rimasto in piedi. Odiava il suo corpo per stargli donando quel dolore immenso, ma non voleva cedere.

Ed ora, con i suoi occhi verdi in quelli grigi di Xian, i due ragazzi si stavano guardando.

Senza più combattere, senza più nemmeno parlare.

Non c’era più assolutamente nulla in quel momento, niente Vongola, niente Bravi e nessun obbiettivo da compiere.

 

C’erano solo due ragazzi. Non due assassini.

 

 

“ Non… dovresti più ricordarti di me.” La corvina ebbe un sussulto, prima di iniziare a tremare senza controllo.

Il ragazzo non si stupì di quella reazione… perché dal momento in cui aveva realizzato che la voce di Xian azionava qualcosa nella sua memoria, i brividi avevano assalito il suo corpo.

Non ci fu dolore, durò tutto un secondo.

 

 

 

 

 

La palla rimbalzava tra le mani dei bambini, posizionati a cerchio nel vasto giardino dei Vongola.

Veronica Cavallone, undici anni, passò la palla a Simon Kozato, anch’esso di undici anni.

Il bambino dai capelli rossi sollevò la palla fino a farle raggiungere lo sguardo di un bimbo, di appena sei anni, bruno ma con un ciuffo bianco a forma di foglia tra i capelli.

Quando la palla cadde in terra, lo sguardo di Tengoku tornò su chi aveva di fronte, una bambina dai capelli neri e lisci, con un sorriso timido in volto.

 

Un Tengoku Sawada di nove anni, in quanto figlio del Decimo Boss dei Vongola, aveva l’accesso ad ogni anfratto della Magione. Eppure, gli era stato severamente sconsigliato di visitare le camere ospitanti la Squadra assassina dei Varia, nei giorni in cui loro erano di visita.

Siccome però un giorno Lambo, il Guardiano incaricato di tenerlo d’occhio, era impegnato ad assistere la moglie nel parto della sua unica figlia, il bambino si era dileguato in quei corridoi bui, tanto malfamati.

 

Per nulla spaventato decise di orientarsi seguendo il primo rumore che sentisse. Solo proseguendo, si accorse che quel suono era soltanto un pianto, e nel mentre sembrava essere arrivato davanti la porta la quale nascondeva la fonte del singhiozzio.

Così entrò, e gli si parò davanti una stanza buia, ove però le ombre si squarciarono con la luce del corridoio.

 

Quando le tenebre si dileguarono, la sagoma di una ragazza dai lunghi capelli corvini, rannicchiata su se stessa, si illuminò.

 

“ Xian !” strillò il bambino impaurito, riconoscendo l’amica e correndole incontro.

La ragazzina, ormai undicenne, si voltò verso di lui, con il volto rigato dalle lacrime e con le labbra rinsecchite. Un attimo prima che lui si avvicinasse, però, forzatamente si ripulì dalle tracce di pianto e cercò di assumere un’espressione diversa da quella terrorizzata e distrutta di poco prima.

 

“ C-che ci fai qui per terra ?” domandò allora Tengoku, inginocchiandosi di fronte a lei per guardarla in faccia.

“ Niente, niente… è che trovavo il divano un po’ scomodo.” Mentì la corvina, sfoderando il sorriso più credibile che potesse, sebbene la situazione rendesse più che ovvio il contrario.

 

Fortunatamente, a giudicare dallo sguardo, il bambino ci credette. Eppure, insistette rivolgendosi a lei:

 “ Ma tu dormi sempre sul divano! Anzi, dormi solo sul divano… anzi, di solito dormi e basta…”

 

Si fermò soltanto quando la castana, innervosita, gli sferrò un pugno, controllato ma ugualmente d’effetto, al centro della testa.

“ Ho capito, sai?! Vuoi per caso dire che sono pigra ?” Grugnì offesa, prima di girarsi e voltando le spalle al bimbo.

 

“ No, dai, non volevo io …” singhiozzò Tengoku, disperato per aver fatto arrabbiare la sua amica.

 

Ma Xian non si lasciò intenerire, e rimase in silenzio, con le gambe incrociate intenta a disegnare cerchi immaginari con le dita sul pavimento.

Passarono alcuni secondi prima che il bruno si sedette accanto a lei, anch’egli a gambe incrociate, osservando ogni cosa che facesse con curiosità.

 

 

“ Ehi, Xian ?” la chiamò ad un certo punto.

“ Che vuoi ?” rispose lei, ancora con tono offeso.

 

Sai che esiste una città sulle acque ?”

 

“ Una città… sulle acque ?” Al suono di quelle parole, pronunciate dal bambino come se stesse raccontando una fiaba, un qualcosa di straordinario, la ragazza, senza motivo, sentì muovere qualcosa dentro di sé.

“ L’ho letto in un libro. Tu non lo sapevi ?” Insistette Tengoku, spalancando il sorriso quando si accorse di aver finalmente ottenuto una reazione dall’amica.

 

A quel punto la corvina mascherò con imbarazzo la sua sorpresa, e voltandosi nuovamente assunse un atteggiamento più distaccato.

“ Tu sei piccolo, e puoi leggere e comportarti come vuoi. Io però sono grande, e mio padre dice che gli adulti non possono perdere tempo con queste cose.”

 

In parte era vero, lei lo sapeva, e decisamente leggere un libro, così come uscire di casa per giocare con i suoi amici, per suo padre era un qualcosa di inammissibile.

Da pochi anni suo fratello si era arruolato nei Varia, e lei, in quanto donna ed allo stesso tempo la primogenita di Xanxus, non era presa di buon occhio come futura Boss della Squadra assassina.

 

Ma preferiva dire a Tengoku, Veronica o Devon che preferisse restare nel suo appartamento a dormire, piuttosto che svelare loro la verità. Non voleva problemi con suo padre, o avrebbe rischiato di non vederli più in assoluto.

L’unico a conoscenza della sua situazione che le prestava aiuto, era Tsunayoshi Sawada, assieme a sua moglie Kyoko, che ormai la consideravano al pari del loro unico figlio Ten.

 

Loro si erano sempre opposti alle misure di Xanxus, e lei ricordava sempre con paura il giorno in cui scappò tra le gambe del Decimo, inseguita dal padre furioso, ed il Boss dei Vongola e dei Varia erano sul punto di iniziare una violenta discussione. Fortunatamente i Guardiani di suo padre furono pronti a fermarlo, mentre quelli di Tsuna la portarono al sicuro, ma nonostante questo non riuscì mai a rassicurarsi riguardo quell’episodio.

 

“ Però pensavo che sarebbe davvero bello andarci, nella città sulle acque.” Riprese il bruno, prima di volgere lo sguardo al cielo, sognante. Nei suoi occhi brillava la meraviglia dell’immaginazione, e dell’attesa che un giorno avrebbe potuto vedere da sé quel luogo.

 

- Mi ci porteresti ?- La voce di Xian risuonò a vuoto all’interno della propria mente.

Non aveva il coraggio di immaginare la libertà, a differenza di quel bambino. Per certi versi ammirava Tengoku, in quanto la sua ingenuità era sinonimo di libertà.

Una libertà che a lei era stata negata sin dalla nascita.

 

 

“ Vorrei vederla con te, un giorno, Xian !” Sorrise il bruno, e la corvina, meravigliata, arrossì.

 

 

 

 

 

“ Perché avevo dimenticato tutto questo ?” Una lacrima solitaria percorse la guancia del Tengoku quindicenne, nel buio di quella notte piovosa.

I ricordi appena visti erano apparsi nella sua memoria come dalla nebbia diradata, e per quel motivo si rese conto di avere dei sigilli nella sua mente.

Non gli accadeva da tempo, ma si ricordò lucidamente ogni volta che i ricordi parevano sbloccarsi nel suo presente, richiamando eventi di quando viveva in Italia, di cui non ricordava nulla.

Gli era successo con i Guardiani di suo padre, con Simon e con Doku Rokudo.

 

Il ragazzo non ebbe la forza di pensare a tutto ciò, e finalmente crollò in ginocchio, piangendo in silenzio.

Non reagì nemmeno quando sentì delle braccia cingergli la schiena, e Xian inginocchiarsi di fronte a lui seguendolo in un pianto a dirotto.

 

C’era stato solo odio tra di loro, dal primo momento in cui si erano incontrati il mese prima. Tengoku aveva odiato Xian nel momento in cui lei aveva ferito Akane, e Xian aveva odiato Tengoku perché aveva ricevuto l’approvazione di suo padre al titolo di Boss.

 

Non sarebbe mai dovuto succedere niente di tutto ciò, e i due ragazzi piangevano perché erano consci che niente da allora, sarebbe mai più stata come un tempo, quando erano felici.

 

Il mondo che conoscevano non sarebbe tornato. Il tempo che era passato non sarebbe tornato.

E le vite che avevano non sarebbero più state quelle di due bambini innocenti, ma amici.

 

“ Non posso crederci! Io stavo… per uccidere… TE !?” urlò disperata la figlia di Xanus, stringendo ancora più forte a sé il ragazzo, che non disse altro, e pianse più forte con la testa sulla sua spalla.

 

 

Erano arrivati a Venezia, la città sulle acque, e l’avevano vista insieme, perché Tengoku aveva portato Xian lì. Come si erano promessi sei anni prima.

 

 

 

 

 

 

“ Non posso credere che tu voglia continuare a seguirmi !” Dall’ombra di un corridoio, una voce sussurrata cercò di farsi sentire al ragazzo nascosto dietro alla porta.

“ Certo che voglio !” la voce maschile di lui rispose con un tono più alto del dovuto, e a quel punto la ragazza con cui stava parlando si girò verso di lui, intimandogli di rimanere in silenzio.

 

Numerose voci provennero dal corridoio fuori dalla stanza, accompagnate da suoni di passi.

Urlavano qualcosa riguardo degli intrusi.

 

La ragazza si voltò, chiudendo definitivamente la porta.

- Non dovrebbero passare più di qui per un po’.- Pensò, rassicurandosi mentre tirava un sospiro di sollievo per lo scampato pericolo.

Davanti a sé, il ragazzo dai capelli neri corti, con la punta di un ciuffo colorata di viola, continuava a guardarla.

“ Io ti amo, Taylor. Ti seguirò qualsiasi cosa tu farai… solo, dimmi che fino ad ora non hai solo finto di amarmi per portarti qui !” Devon, nipote di Hayato Gokudera ed ormai orfano della madre, Bianchi, la guardava supplicante, in attesa di una risposta.

Non si sarebbe potuto dire che quel ragazzo fosse in realtà uno dei più giovani e pericolosi killer di tutta Italia, dati gli occhi spalancati e quasi il timore di qualsiasi cosa gli avrebbe risposto la ragazza.

 

Taylor lo ignorò, appoggiandosi alla porta e scivolando fino a sedersi sul pavimento freddo.

I suoi capelli castani, mossi e lunghi fino alle spalle, erano sporchi di polvere e sangue, segno che avesse da poco sostenuto una battaglia per la sua sopravvivenza.

 

In quella base nemica, l’innocente ragazza che si era presentata un mese prima a Devon, era costantemente in svantaggio, ma grazie al supporto del fidanzato, si era riuscita a salvare.

 

“ Ti rendi almeno conto che sono una spia? Sto facendo il mio lavoro per conto dei Vongola, e per aiutare mia sorella ora che ho scoperto che fine ha fatto. Non è un fottuto gioco, riuscire a sgominare gli Anonimato dall’interno è la missione più difficile che mi sia mai capitata !”

Mentre Taylor, tremando per la rabbia ed il nervosismo si stringeva tra le sue stesse braccia, venne distratta improvvisamente dal suono di un ticchettio.

 

Un rumore liquido, come di una goccia che scivola dal rubinetto nel lavandino.

 

Abbassò lo sguardo, ed atterrì nel vedere una macchia di sangue sul pavimento, la quale saliva, o meglio scendeva, lungo la gamba del moro davanti a sé.

“ T-tu… sei stato colpito… al mio posto ?” Balbettò la castana, rabbrividendo per il terrore, accorgendosi solo in quel momento del foro di proiettile nella pancia di Devon.

 

Il ragazzo non rispose a quella domanda, ma abbassando la testa e stringendosi con la mano il punto dove era stato ferito, sussurrò a voce sostenuta.

“ Non sono da questa parte solo per seguire te, se è questo che vuoi sentire. Io… ho fatto cose, per un’ambizione che non approvo, di cui non faccio altro che vergognarmi.”

Il ricordo del proiettile nella testa di sua madre, e di come il corpo di lei cadeva al suolo, lo fece sentire ancora una volta colpevole di un crimine non suo, ma di cui era stato incaricato.

 

“ Sono sicuro, che muoia o che viva, sia questa la strada che mamma voleva seguissi.” Con un sorriso tremante, incapace di schermare le forti emozioni in contrasto dentro di sé, Devon concluse con una pausa di silenzio.

Taylor rimase immobile a guardarlo, non sapendo davvero cosa dire, ma provando solo tanta tristezza per quel povero ragazzo.

 

 

Improvvisamente la porta si aprì, ma seppur lentamente, facendo sobbalzare per lo spavento Taylor.

La ragazza ebbe appena il tempo di voltarsi, prima che una voce la gelasse sul posto.

“ Non contro di me. Quella pistola ti servirà per il futuro.”

 

Una donna, in piedi davanti alla castana, la stava puntando con dei freddi occhi color acquamarina, spenti e profondi come un abisso marino.

Mentre chiudeva la porta alle sue spalle, lunghissimi capelli argentei, come una pioggia di stelle, si mossero sopra la divisa bianca con della pelliccia nera che indossava.

“ Mi perdoni, Signorina !” Taylor si alzò immediatamente in piedi, piegando la schiena in un umile inchino, vergognandosi per aver scambiato la Guardiana della Neve dei Vongola per un nemico.

Con un rapido movimento rinfoderò la pistola, facendola roteare dal grilletto sull’indice.

 

 

Himeko Ogawa non le disse niente, se non un cenno veloce per indicarle di alzarsi, e camminò in fondo a quella stanza, adibita a magazzino per le scorte di cibo.

 

“ Dove sono finiti gli ultimi adepti ?” Domandò preoccupato Devon alla donna, riferendosi ai cinquanta uomini che avevano costretto sia lui che Taylor alla ritirata.

“ Non ci sono più.” Rispose rapidamente l’albina, lasciando intendere cosa volesse dire, prima di sedersi su di una scatola, con le braccia poggiate sulle ginocchia.

Chinò la testa verso il basso, inspirando profondamente prima di liberare un singolo, forte respiro.

 

 

Era da un giorno che assediavano quella base, ed erano passate più di dodici ore da quando era riuscita a mettersi in contatto con Sebastian.

Il tempo sembrava essere trascorso in un attimo.

- Se non è ancora arrivato fin qui, né ha mandato qualcuno di forte per eliminarmi, vorrà dire che preferisce occuparsi prima di Tengoku in Italia. Probabilmente dopo di allora verrà qui …-

 

 

Himeko Ogawa sollevò lo sguardo, e davanti a sé vide il sorriso di Corex, sotto le stelle durante la festa alla Magione di un mese prima.

- E sarò qui ad aspettarlo! Per te… Corex !-

 

 

 

 

 

 

Intanto Italia, a cinquanta metri sopra la Laguna di Venezia era sopraggiunto un grosso jet militare color nero.

“ Sono loro !” urlò Corex Licaone, avvistando Tengoku e Xian, svenuti per la stanchezza al centro del Ponte della Libertà.

 

“ Sono… loro…” Il respiro di Tsunayoshi si fece più affannoso, ma allentandosi la cravatta della camicia mentre l’aereo si preparava all’atterraggio, comprese il perché di quel nervosismo.

Se l’era ripetuto per l’intero volo, ed ora più che mai lo sentiva vero.

 

 

- Sono stato un pessimo padre, sia per Tengoku che per Xian. Questi due ragazzi si sono ritrovati, per colpa della mia inesperienza, a combattere una guerra inutile… e mi sento di parte per mio figlio, perché so di averlo condotto io in Italia, promettendogli una vita che non desiderava.-

Il Decimo Boss dei Vongola spalancò lo sportello del jet, ed il vento sferzò il suo corpo come mille fruste.

Assottigliò lo sguardo, preparandosi a fare ricorso a tutto il suo coraggio, come padre, e non come Boss.

 

 

“ Una volta terminata questa lotta di potere, ognuno di voi potrà vivere la vita che vorrà !” I pensieri di Tsuna vennero ripetuti dalla sua voce, che nonostante il vento, raggiunse le orecchi del pilota.

L’albino rimase in silenzio, per poi sollevare le mani dalla barra di comando, azionando il pilota automatico.

“ La vita che vorrà …” ripeté a vuoto.

 

 

Un istante dopo però, qualcosa attirò la sua attenzione.

Delle figure erano appena fuoriuscite dall’ombra, nella direzione opposta a dove si trovava Venezia.

Due uomini ed una ragazza.

Corex Licaone ebbe un brivido, riconoscendo colui in testa a quel trio.

 

 

Sebastian avanzava correndo ad alta velocità, i suoi capelli neri dalle sfumature violacee svolazzavano nel vento. Il volto impassibile, per la prima volta da quando si mostrava in pubblico, era una maschera intimidatoria, con degli occhi dove ardeva il fuoco della sua vendetta.

A seguirlo c’era il killer Providence, anche chiamato Il Teschio, per via della maschera che anche in quel momento indossava, seguendo il suo datore di lavoro.

 

Invece la ragazza che correva al fianco di Sebastian pareva appartenere ad un altro mondo rispetto i due mostruosi uomini.

Si muoveva in modo spettrale, come se i suoi passi non sfiorassero nemmeno il suolo, e pareva sparire nelle pieghe svolazzanti del suo vestito nero, lo stesso colore dei lunghi capelli. Il suo viso era pallido, con due occhi celesti che brillavano nel buio.

 

 

Quando il Boss dei Licaone fece per voltarsi ed avvisare il suo compagno, dallo sguardo di Tsuna intuì che li aveva già visti, anche se in quel momento il bruno osservava in direzione della città.

 

Dall’altro lato del ponte, infatti, due figure correvano alla stessa velocità verso il centro.

Una di queste era Reborn, con il fedora schiacciato sul viso a causa dell’elevata velocità di corsa, ed al suo fianco c’era Yukiteru, la spia sotto copertura dei Vongola che aveva supportato con gli allenamenti la Squadra di Tengoku.

In lontananza, alle porte di Venezia, correva un ragazzo dai capelli cremisi, probabilmente incapace di mantenere l’andatura di quegli altri esseri umani mostruosi.

Nonostante tutto, Kevin Celeste correva comunque più veloce di quanto un normale ragazzo potrebbe fare.

 

 

“ Corex, ti ricordi ciò che ti ho detto dopo la telefonata con Reborn ?” domandò improvvisamente Tsunayoshi all’albino, nel mentre l’aereo si avvicinava al centro di Ponte della Libertà.

Il Boss dei Licaone rimase in silenzio per qualche secondo, prima di rispondere con il suo solito tono freddo, nonostante nascondesse dell’insicurezza.

“ Mi hai detto che nonostante Yukiteru creda di parlarci a telefono, sua moglie è morta all’inizio dell’anno per mano degli Anonimato.”

Corex non avrebbe mai pensato che una persona solare, vivace e goffa come Yukiteru potesse nascondere una situazione tanto difficile, a tal punto da essersi creato un falso mondo dove sua moglie era ancora viva ed insieme parlavano a telefono. Accettare la morte di una persona cara è la cosa che più si avvicina all’impossibile, e lui lo sapeva, per questo non reputava il suo amico un folle.

 

 

“ Ti ho detto anche che la figlia di quattordici anni è sparita da quella notte. ” Aggiunse cupamente il Decimo.

Inizialmente il Boss dei Licaone non comprese il motivo di quel dettaglio, o di quella discussione, ma infine rifletté su quello che aveva appena visto. Si voltò verso il lato degli Anonimato.

 

 

Rabbrividì. La somiglianza tra la ragazza in nero era tutta con la foto della moglie di Yukiteru, Lara, che gli aveva mostrato almeno un centinaio di volte.

“ Quella ragazzina, la figlia di un Vongola, è dalla parte di Sebastian ?!” senza accorgersene, per la sorpresa l’albino parlò ad un tono di voce più elevato del suo solito.

“ Pare di sì, e penso si tratti di una qualche forma di vendetta.” Il suolo era sempre più vicino.

“ Ma allora, se quella ragazzina è una Vongola, le informazioni che ci ha diffuso Akisame Shoichi sull’unione di un Vongola e di un Estraneo non hanno senso !”

 

Tsunayoshi rimase in silenzio.

 

 

 

 

 

 

Un istante dopo, Reborn, Yukiteru, Sebastian e Giustizia incrociarono i loro sguardi, nonostante fossero a circa un chilometro di distanza.

Lo scontro era inevitabile, ma se non si fossero fermati avrebbero inevitabilmente coinvolto Xian e Tengoku, al centro del ponte.

 

Non ce ne fu bisogno per uno di loro, che iniziò a rallentare fino a quando non si fermò-

Yukiteru aveva occhi solo per la ragazza dai capelli color dell’ebano, mentre alle spalle di lei appariva un’immagine della moglie, in procinto di abbracciarlo.

 

“ Primula …”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Angolo Autore:

Welcome back! Prima di parlare del capitolo, vorrei chiarire una cosa importante: da Gennaio non sono stato per niente bene, e solo in questo periodo sto iniziando a riprendermi, quindi vorrei scusarmi se tutto quello che ho scritto da inizio anno fino ad oggi sia stato influenzato negativamente dalla mia condizione.

Non ho intenzione di parlarvi di cosa ho avuto, almeno non qui in un angolo autore, un posto per discutere del capitolo… e delle persone che faccio morire in questa storia xD.

 

Ma tralasciando gli scherzi, chi segue questa fan fiction dalle origini potrebbe pensare che io abbia fatto morire Akira perché la sua creatrice, Maki Chrome, ha smesso improvvisamente di recensire. La risposta è no, perché come dissi ormai tempo fa, gli OC che ho ricevuto all’inizio di SoF, ormai li sento miei.

Per questo, sebbene li adori, dipende da come voglio creare la mia storia scegliere se moriranno o no.

Spero almeno di aver descritto decentemente l’atmosfera, tutto qui.

 

La locandina speciale di questo capitolo è un capolavoro, come sempre di nekomata04, però stavolta vorrei davvero ribadirlo persino qui: È UN CAPOLAVORO!

Ed io che pensavo di scrivere per quattro gatti che seguissero la mia fan fiction tanto per xD. No, ovviamente voi recensori, e voi lettori, non siete affatto quattro gatti.

Siete i recensori ed i lettori di questa storia, e questo per me significa moltissimo.

 

Troppo smielato oggi, non va bene. Vado a rimpinzarmi di sale e aceto, così per i prossimi capitoli potrò essere ancora più malvagio ^^.
Ah, no! Why not, all'ultimo secondo mi sono ricordato di dirvi una cosa: 
Siccome la storia sta giungendo al suo termine (prevedo di finirla prima di Agosto, quindi potete immaginare il numero di capitoli rimanenti), avevo pensato che se volete, potete richiermi o consigliarmi delle piccole one-shot spin-off o AU di Story of a Family.
Mi basterebbe semplicemente che voi mi diciate i personaggi ed il contesto e... sì, sono accette anche crack-pairing, se volete.

Alla prossima!

 P.S: Il primo che capisce il maggior numero di citazioni (contenute tra questo capitolo ed il precedente) vince proprio un beneamato *****. E sì, se ve lo steste ancora chiedendo, per qualche motivo random Momoka ha evocato la versione SoF di Master Chopper. 

 


Omake Numero 5: Non raggiungerai mai la verità!

 

Tengoku era lì, immerso nella disperazione.

Attorno a lui vedeva solo i corpi dei suoi amici, sconfitti dal primo all’ultimo.

 

Un piede si posò sul cadavere di Reborn, prima che un’ombra calasse sul ragazzo.

“ Tu… non puoi essere tu !” Tengoku, rabbrividendo, sollevò lo sguardo verso due occhi malvagi, che lo squadravano famelici.

 

“ Non hai ancora incontrato Sebastian, vero ?” Sghignazzò la voce lugubre sopra il ragazzo, prima di spalancare le braccia teatralmente.

“ Temo di no… allora Sebastian non sarà mai il primo ad averti battuto, perché lo sarò io, TAKEDA LONGCHAMP !!” Indicandosi con il pollice, il ragazzino dai lunghi capelli fucsia lisci, che non appariva davvero da tanto in questa fan fiction, riempì l’aria di tensione.

 

“ Non è possibile! Era da otto capitoli che non apparivi …” Tremò Tengoku, sbalordito.

 “ Sì! E adesso, dopo essermi allenato grazie ad un tutorial su Youtube, sono diventato l’essere più potente del mondo, WAHAHAHAHAHA !!”

 

La risata di Takeda Longchamp si ripeté all’infinito, come un incubo.

Proprio come…

 

 

“ Oh cielo, no !” urlò Tengoku, svegliandosi nel cuore della notte. Quando vide soltanto il buio della sua camera, si rese conto di esser completamente sudato, con i battiti del suo cuore tanto forte da poter essere ascoltati nitidamente.

“ Hai avuto un brutto sogno ?” Gli chiese qualcuno.

“ Sì… ma adesso è tutto finito.” Il bruno tirò un ultimo respiro di sollievo, prima di rimettersi a dormire.

 

Dal lato della sua schiena, Claus lo guardò riaddormentarsi, ed infine, rasserenato, fece lo stesso anche lui.

 

Perché il creatore oggi ha voglia di rispolverare vecchissimi personaggi di questa fanfiction…

 

Fin.

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Capitolo 3
*** Target Number 3: La mia nebbia di sempre. ***


a cura di nekomata04




Target Number 3: La mia nebbia di sempre.

 

 

La pioggia circondava ogni cosa.

Circondava il mondo di Yukiteru, un intero universo che dal nulla si stava manifestando.

Tutto in quel buio decorato dalle gocce d’acqua implacabili.

 

L’uomo sentiva Reborn al suo fianco continuare a correre, mentre lui si era già fermato, e nient’altro che Providence e Sebastian, come su uno sfondo sfocato.

Si accorse che anche la ragazza dai capelli neri e la pelle candida aveva incrociato il suo sguardo.

 

Nocciola.

“ Lo stesso colore degli occhi di Lara.” Sussurrò con le sue labbra tremanti, mentre davanti a sé Primula rimaneva immobile, fermatasi anch’ella a circa due metri di distanza.

Uno scontro tra Reborn, Providence e Sebastian era iniziato, in lontananza, ma Yukiteru decise per una volta nella sua vita di concedersi un istante di egoismo.

Un istante per poter rivedere la sua figlia scomparsa.

 

“ Sei davvero tu ?”

Insistette il moro, e la ragazza abbassò lo sguardo, senza rispondergli.

“ Ti prego… Primula …” Yukiteru barcollò, muovendo un passo in avanti.

Il suo volto era distrutto dal dolore e la tristezza, perché in quel momento non riusciva a sentirsi vicino alla cosa più importante che gli fosse rimasta.

 

“ PRIMULA, TI PREGO DIMMI CHE SEI TU !” Urlò infine, dando aria ai suoi polmoni fino a diventare rosso in viso.

Lacrime di umano si mescolarono con le lacrime del cielo.

 

Ed entrambe scivolarono dagli occhi della corvina, nel silenzio del buio.

“ Papà …” rabbrividì Primula, stringendosi le braccia senza però riuscire a sollevare lo sguardo verso il genitore, il quale davanti a quella visione le stava correndo incontro.

“ Primula !” Inciampando e scivolando, con il cuore che batteva nel petto più forte di mille tuoni, l’uomo raggiunse la figlia.

 

Le braccia di Yuki strinsero forte Primula, e la ragazza non fu più l’unica a tremare, in preda ai singhiozzi del pianto.

“ Perché te ne sei andata ?” Sussurrò debolmente l’uomo nel suo orecchio, mentre scivolava in ginocchio, abbracciando la figlia per non lasciarla più andare via.

 

Era come un bambino il quale ha visto volare in cielo il suo palloncino, e la seconda volta che ne vede uno lo stringe più forte nella mano.

E quel bambino, che un tempo aveva una famiglia come tutti, che l’aveva persa in poco più che un battito di ciglia, non poteva perdere più ciò che più temeva di aver lasciato.

 

“ Non… piangere, papà.” Disse Primula, affondando la faccia nell’incavo del collo di suo padre, finalmente stringendolo anch’ella con forza.

 

 

Un uomo ed una donna che si baciavano, lei distesa su di un letto d’ospedale, esausta, ma con le mani un’infante addormentata.

Lui commosso, e tra le lacrime in silenzio salutava con un bacio la nuova vita che aveva fatto apparizione nel suo universo.

 

Un incendio, voci, sangue e solo terrore quando l’uomo trovò il corpo di sua moglie al suolo, nel buio.

Guardò l’ombra sopra di sé, ma prima di perdere conoscenza riconobbe soltanto il simbolo di una lettera E circoscritta all’interno di un cerchio e di un rombo.

Simbolo maledetto, che da allora perseguitò i suoi sogni come un cane affamato, mentre lui stringeva forte il suo telefono.

Le telefonate a sua moglie che squillava a vuoto, le foto di sua figlia che ormai voleva vedere dal vivo.

 

 

“ Papà, ti prego… non devi uccidere Sebastian.” Mormorò la ragazza, ripresasi dalle lacrime, facendo spalancare gli occhi del padre dalla confusione.

 

 

 

 

 

Non molto distante dai due, Reborn aveva raggiunto con un balzo Sebastian e Providence.

L’intento dell’assassino, non appena aveva visto Yuki avvicinarsi alla ragazza, era stato quello di proteggere l’amico e di distrarre gli avversari il più possibile.

 

Nel momento in cui entrò nel raggio d’azione di Providence, il rosso spalancò gli occhi da sotto la sua maschera, e contemporaneamente allungò il braccio davanti a sé.

In meno di un istante le sue dita si stavano stringendo sul volto di Reborn, ed il Tutor Hitman rabbrividì, sentendo la pressione al contatto con la pelle.

 

Qualcosa però sfiorò il killer del Teschio, che fu costretto ad allontanarsi per schivare un colpo improvviso.

- Un proiettile ?- si domandò l’uomo, ormai distanziatosi dal suo avversario, accorgendosi troppo tardi di una piccola pistola stretta nella mano sinistra dell’altro.

Reborn sorrise beffardo, prima di inclinare la testa lateralmente per evitare un calcio di Sebastian, sopraggiunto nello scontro.

“ Tu sei l’uomo che ha nascosto Tengoku dai Vongola ?” Sussurrò freddo il corvino, nel mentre sferrava una raffica di calci verso l’Arcobaleno.

 

Con fatica Reborn cercò di evitare i colpi, avvertendo che parandoli avrebbe rischiato di farsi davvero male. Quel ritmo incalzante non gli dava tempo di mirare con la sua pistola, sebbene la distanza fosse minima.

“ Perché, lo cercavi ?” Con questa piccola domanda retorica l’intento dell’assassino era quello di provocare il Boss degli Anonimato, così anche da conoscere meglio il suo carattere e comportamento.

Nell’arte della guerra prevalere sull’avversario con ogni mezzo era la vera strada che portava alla vittoria, e questo lo sapeva bene.

 

A dispetto di ogni sua previsione, però, Sebastian rimase impassibile, con un’espressione che mostrava solo seccatura e distacco. Non era minimamente influenzato da qualsiasi cosa facesse, e rispose alla domanda con un’occhiata spiazzante.

“ Quanto sei disposto a perdere pur di rimanere dalla parte dei Vongola ?”

 

Reborn venne assalito da un brivido, e comprese che in quegli occhi si nascondeva una rabbia sopita, il vero motore di quell’uomo capace di tutto.

 

“ Potrei toglierti ogni cosa, ucciderti lentamente pezzo per pezzo. Ho tutto il tempo del mondo, e tu verresti lasciato qui, per vedere il sole che sorgerà quando sarai in punto di morire. ”

Ad ogni parola il Boss degli Anonimato diminuiva la distanza tra un colpo e l’altro, e allo stesso tempo anche la prontezza di schivate dell’assassino.

 

Reborn si sentiva messo alle strette: quella raffica di colpi lo stava accerchiando  in uno spazio sempre più ristretto, tanto che persino Providence si teneva lontano, incapace di trovare un apertura per attaccarlo.

E tutto quello che poteva fare era muovere il suo corpo, incapacitato dalla paura di alzare le braccia per pararsi.

- Se me le rompesse sarebbe la fine, non potrei più usare le Fiamme e la mia pistola… ed è questo quello che lui vuole.-

 

Un pugno gli sfiorò il corpo, lacerandogli in parte il fianco del completo nero. Da quel momento, mentre il Tutor Hitman assumeva uno sguardo più concentrato, furono molti i colpi a ferirlo di striscio, aprendo sottili graffi sanguinanti in molteplici punti del suo corpo.

- Ma non importa !- Il pensiero nella mente dell’uomo rimbombò limpido, nel momento in cui spalancò gli occhi.

 

Davanti a sé c’era la minaccia contro il quale era pronto anche a morire, come lo era sempre stato, per Tengoku e per Tsunayoshi.

 

Dalla mano armata che teneva puntata verso terra, sparò un proiettile un secondo prima che Sebastian sferrasse un pugno verso la sua testa, questa volta impossibile da evitare.

Il corvino, mentre ogni suo muscolo in tensione si muoveva affinché il suo braccio si tendesse, osservò vigile il movimento di quella pallottola.

E per l’appunto, il colpo dopo aver colpito il terreno rimbalzò in alto, verso la testa di Sebastian alla stessa velocità del suo pugno.

 

Il proiettile e la mano di Sebastian.

Il primo penetrò nella fronte del Boss degli Anonimato, esattamente tra i suoi occhi, mentre la seconda, a causa del cervello danneggiato, si arrestò a pochi millimetri dalla faccia di Reborn.

 

Gli occhi di Sebastian si mossero, osservando con la stessa freddezza micidiale l’avversario.

“ Questo trucco non funziona con me !”

Grazie alle Fiamme del Valhalla la sua fronte iniziò a rigenerarsi, quando all’improvviso, qualcosa incastrato nella carne squarciò ancora di più la pelle.

 

Solo allora il Boss si accorse dello sguardo tranquillo di Reborn, il quale sembrava schernirlo dietro quella serenità.

“ È proprio la tua immortalità il vero punto debole.” Allargando il suo sorriso, l’assassino osservò il proiettile precedentemente scagliato allontanarsi verso il cielo, avvolto però da una sottilissima rete di radici.

Quel fogliame, subentrato nella testa di Sebastian, a causa della velocità con la quale stava venendo trascinato all’indietro, si spalancò come un paracadute.

 

In un secondo il Boss ebbe appena il tempo di contrarre la bocca in una smorfia per lo stupore, prima che qualsiasi cosa dal suo collo in su venisse spaccato dall’interno, in un’esplosione di sangue, carne e materia celebrale.

 

L’assassino non venne sconvolto nemmeno dal venir macchiato interamente sulla sua giacca nera o sul suo fedora. Asciugandosi con un dito una goccia di sangue sulla guancia, sorrise nervosamente, rilassandosi dalla tensione trattenuta fino a quel momento.

- I consigli di Corex si sono rivelati utili… anche se effettivamente ho azzardato ad usare la Fiamma del Sole per accelerare la crescita di quelle piccole radici sui miei proiettili. Devo stare più attento d’ora in poi …-

 

E con quel pensiero, il Tutor si voltò verso Providence, accorgendosi solo in quel momento che l’assassino dai capelli rossi era già scattato verso di lui.

 

“ Merda !!” Imprecò Reborn per la sorpresa, prima di cozzare il suo pugno contro quello del killer chiamato provvidenza.

L’aria vibrò, esplodendo in una bolla di pressione rilasciata dai muscoli dei due esseri dalla forza sovrumana.

 

 

Il sicario con il fedora digrignò i denti, venendo sollevato in aria ed accusando i dolori per la potenza dell’avversario.

Dal canto suo, Providence attraverso la sua maschera non faceva trapelare alcuna emozione, e semplicemente spingeva il suo pugno verso Reborn senza esitazione.

A muoverlo erano i soldi, l’incarico che, in quanto nato per essere un assassino, doveva completare.

 

L’uomo dai capelli rossi serrò anche la mano libera a pugno, prima di sferrare un colpo simultaneo verso l’avversario, il quale si difese troppo tardi sollevando un piede.

Nella posizione in cui si trovava, Reborn sapeva di non avere un appoggio stabile che gli garantisse forza, ed inoltre l’ultimo colpo dell’assassino stava iniziando a fargli incrinare le ossa della gamba.

“ Maledetti… tutti voi ed il vostro Istinto d’Emulazione !” ruggì il Tutor Hitman, cercando l’ironia per sopportare il tremendo dolore che stava provando. Un sorriso stavolta gli riuscì troppo falso.

“ Ti cercavo, sai? Uccidere il bersaglio più forte è sempre la soddisfazione migliore, specialmente perché i tuoi sottoposti perderanno le speranze quando morirai.” Sibilò Giustizia, aumentando la pressione su entrambi i pugni, ormai sollevando l’avversario sopra la sua testa.

 

“ Sottoposti? Morirò? Quante cazzate che dici, mamma mia !” Sogghignando, Reborn avvertì tutte le sue giunture cigolare come dei cardini pronti a rompersi, mentre contrastava la forza dell’avversario con una spinta di reni.

Del sangue scivolò dalle sue labbra, contratte in un sorriso determinato, di sfida.

 

 

Sfida che l’autoproclamato miglior assassino del mondo colse senza esitare, fino a quando qualcosa proveniente a grande velocità dalla sua sinistra non catturò la sua attenzione.

Non riuscendo ad avere il tempo né gli arti superiori liberi per difendersi, un blocco di cemento lo colpì in testa senza un margine di errori, scaraventandolo all’indietro di qualche metro.

 

- Hanno forse trovato il metodo per contrastare l’Istinto d’Emulazione ?- Ipotizzò a mente fredda nonostante il danno ricevuto, nel momento in cui sollevò la testa verso la strada che portava a Venezia.

Un rivolo di sangue, colante dalla tempia gocciolò davanti ad un suo occhio, coprendo per un attimo la visione di un giovane che correva verso di sé.

 

 

“ Non puoi andartene! Come faranno i bambini a crescere senza un padre ?!”

“ Io non sono il padre che un bambino vorrebbe avere …”

“ Sei… un mostro …”

“ Lo sono… ma ti amo, e amo anche Angelyca e Kevin.”

 

 

- Ogni convinzione… ogni cosa che vuoi credere …-

I pensieri dell’uomo scorrevano nella sua mente, mentre Kevin, in lontananza, iniziava a correre sempre più veloce.

- Tutto quello che vuoi essere… può svanire in un attimo ?-

 

“ Aspetta, fermo !” Urlò Reborn al ragazzo dai capelli rossi, che troppo veloce per venir fermato, lo aveva superato e si stava avvicinando sempre di più a Providence.

 

- Io penso di no. Non ci ho mai creduto.-

 

“ MUOOORIIII !!” Urlò Kevin con tutta l’aria che aveva in corpo, saltando e caricando un pugno dietro la sua testa. Il suo corpo, avvolto da Fiamme della Tempesta intense, era contratto in una tensione muscolare oltre ogni limite.

Ogni frammento dei suoi tessuti era illuminato da quell’accecante energia, che altro non era se non la Fiamma donatagli da Fon, l’Arcobaleno della Tempesta.

 

Negli occhi del giovane si riflesse per un secondo l’immagine del padre, immobile, mentre lo guardava dal basso.

 

 

Quell’uomo.

Non lo conosceva, era solo un nemico incaricato di ucciderli, e avrebbe combattuto come contro qualsiasi altro avversario.

 

Ironicamente, la decisione presa da Giustizia fu la stessa. Entrambi, a modo loro, avevano cancellato qualsiasi parte oscura del loro passato, affrontando qualcosa che avevano paura di incontrare con coraggio.

 

 

Quando Kevin impresse tutta la sua Fiamma nel pugno, diretto verso il padre, i loro corpi vennero investiti in un’esplosione di pressione ed aria calda.

Solo una leggera brezza di mare poté sollevare il fumo verso il cielo, scoprendo la superficie del ponte, completamente intatta.

 

 

Il volto del ragazzo era incredulo, sentendosi al pari di un animale nelle spire di un serpente.

Concretizzò, sentendosi trafitto dagli occhi gelidi di Providence, che l’uomo con una sola mano lo aveva bloccato in un punto tra il collo e la spalla destra.

Così facendo, il pugno intriso di Fiamme della Tempesta non aveva potuto spingersi più in profondità, ed adesso sembrava un pezzo di carbone ardente, a pochi centimetri dalla maschera dell’assassino.

- Usa lo stesso potere di Tengoku ?!- Kevin ricordava bene quando alla Magione Vongola era stato attaccato dal suo ex compagno di scuola, e la sensazione di sentirsi impotenti di fronte all’Istinto d’Emulazione non era affatto nuova.

 

Prima che potesse agire ancora, venne scagliato alle spalle di suo padre, atterrando duramente sul cemento.

In una frazione di secondo, dato che aveva mantenuto le palpebre spalancate nonostante il dolore, un bagliore si illuminò nei suoi occhi.

Poggiando le mani al suolo, con i gomiti rivolti verso l’alto, si rialzò immediatamente compiendo una capriola all’indietro, in tempo per vedere Providence scaraventarsi con il gomito teso verso il punto dove si trovava prima.

 

Il fiato gli mancò quando vide quell’area del ponte frammentarsi in un’enorme crepa, come se a colpirlo fosse stato un peso da molteplici tonnellate.

 

- Sì, lui… vuole uccidermi !- Pensò per l’ultima volta Kevin, abbandonando qualsiasi dubbio avesse prima, ora ridotto ad una maschera di sudore e paura.

 

 

 

 

 

 

- Ti risparmio solo perché hai mantenuto Tengoku in vita, cane dei Vongola …-

Nella mente di Sebastian c’era solo un abisso di freddezza, qualsiasi cosa provasse non era tenuta in considerazione.

 

Si sollevò da terra, finalmente ripristinato grazie alle Fiamme del Valhalla, e riprese a camminare lasciandosi un combattimento alle spalle.

- Cos’è questa sensazione che invade il mio corpo ?-

I suoi occhi si rivolsero verso il centro del ponte, a non troppi metri da lui.

I corpi di Xian e Tengoku giacevano, abbracciati l’uno a l’altro ma privi di sensi.

 

- Ecco !- Ricordò l’uomo, con un bagliore sinistro scaturito nelle sue pupille. Ogni rumore veniva isolato mentre si muoveva, come a rallentatore, riducendo la distanza da ciò che stava osservando con somma attenzione.

 

 

Improvvisamente qualcosa apparve nella sua visuale, ed in un istante fu costretto ad evitare un’ombra scattata nella sua direzione.

Saltò lateralmente, proprio come la misteriosa figura, e fu lì che i due incrociarono gli sguardi.

 

Gli occhi glaciali di Sebastian, e quelli ardenti di Yukiteru. Una flemma inestinguibile ed un ghiaccio implacabile.

 

Troppo veloce per essere visto da occhio umano, l’agente sotto copertura dei Vongola attaccò come un’animale inferocito, sferrando un pugno verso il suo unico vero avversario.

Sebastian non reagì, e l’avambraccio del moro si conficcò nel suo petto, spappolando i muscoli pettorali e la cassa toracica.

 

Il caldo ed una vibrazione nella mano di Yukiteru. L’uomo assottigliò il suo sguardo posseduto dalla rabbia, stringendo fino a schiacciare il cuore dell’altro nel pugno.

Il suo stesso sangue ribolliva, ogni sua fibra muscolare implorava pietà per il mastodontico sforzo a cui stava sottoponendo il suo stesso corpo.

Il cervello non rispondeva di sé.

 

“ Cosa pensi sia successo adesso? Non hai ottenuto niente.” Le parole del Boss degli Anonimato penetrarono nell’anima dell’uomo, il quale venne attraversato da un brivido di puro dolore.

Un dolore che portò solo ad un nuovo afflusso di collera.

 

Yukiteru ruggì al cielo la sua sofferenza, estraendo il braccio dal torace dell’avversario, che lo guardava impassibile, come se nulla fosse successo.

Il foro nel petto si rigenerò quasi all’istante, e stavolta Sebastian e Yuki si mossero contemporaneamente.

 

Le braccia dell’assassino dei Vongola distese in avanti, con i palmi aperti per colpire il volto del corvino. Ma il Boss degli Anonimato era stato così rapido da spezzare quelle braccia con un doppio colpo mirato ai gomiti dell’avversario, il quale si rese conto troppo tardi di star attaccando con degli arti rotti.

 

Yukiteru non poté più contrattaccare, ritrovatosi in un battito di ciglia con la mano di Sebastian sulla propria faccia, serrandogli la bocca e stringendogli il cranio in una morsa.

 

Ma gli occhi del genitore non smettevano di ardere, neppure quando una lacrima discese quelle guance, sfiorando la mano del suo nemico.

Odio nella visione distorta del volto di Sebastian, come in uno specchio d’acqua agitata dalle onde.

 

 

“ NO! Non ucciderlo… ti prego !”

Gocce di pianto appartenenti a qualcun altro toccarono terra, appartenenti ad una ragazzina dai capelli neri come l’ebano, inginocchiata ai piedi del Boss degli Anonimato.

 

Primula, figlia di Lara e Yukiteru, provava paura e dolore alla vista di suo padre sul punto di morte, ma ugualmente cercava di soffocare quella paura. Per qualche motivo le emozioni non potevano tradire il suo corpo, spingendola a compiere gesti che non avrebbe voluto compiere.

“ Lui è mio padre… è sempre mio padre, per favore !” singhiozzò Primula, stringendo le palpebre per non far più colare altre lacrime, nonostante i suoi occhi lucidi ed arrossati la provassero nello sforzo.

 

Il coraggio di supplicare un uomo il quale aveva ordinato la morte di innumerevoli membri dei Vongola, che in quel momento appariva come una statua, fredda ed implacabile nel giudicare i colpevoli e gli innocenti.

 

“ Per quanto ne so, non dovresti pregare me: non sono né un santo, né un Buddha, tantomeno un Dio. Non rivolgere le preghiere ad un peccatore, ma solo a chi davvero possiede un animo puro.”

Con quelle enigmatiche parole, sussurrate nell’espressione marmorea di Sebastian, l’uomo lasciò che Yukiteru cadesse sulle sue stesse gambe.

 

- Cosa vuol… dire… tutto questo ?- fu l’ultimo pensiero del padre di Primula, rivolgendo un ultimo sguardo alla figlia, sentendosi morire dentro per starla perdendo un’altra volta.

Non ottenne mai risposta, perse i sensi un momento dopo, disteso sul Ponte della Libertà.

 

Nei suoi ricordi c’era la verità, una confusa e terribile verità.

 

 

 

Dopo aver superato l’esame di maturità, Yukiteru, di padre giapponese e madre italiana, decise di diventare un poliziotto nella città in cui un tempo viveva, Roma.

Il destino volle che il suo primo incarico fosse di mettersi in contatto con uomo di cui non poteva assolutamente sospettare la vera identità.

 

“ Perché sei diventato un poliziotto, ragazzino ?” domandò l’uomo schiettamente, rimanendo all’ombra della sua stanza.

Fuori alla porta chiusa, come richiesto, un diciottenne Yukiteru in divisa da poliziotto sostava. Sudava freddo senza interruzione, messo sotto pressione dall’atmosfera creata.

Nell’albergo in cui era stato portato aveva notato almeno una cinquantina di uomini armati, i quali lo avevano tenuto sotto controllo sin dai suoi primi passi all’interno dell’edificio.

Fu allora che nacquero i suoi primi sospetti, ma decise di tenerseli per sé a causa della situazione.

 

“ Per proteggere il prossimo, signore.” Rispose allora, tremante.

Una risata sprezzante ferì il suo orgoglio dopo quella risposta, ma strinse i denti e rimase in silenzio.

“ Che cazzate! Al giorno d’oggi ciò che conta di più sono la famiglia ed i soldi. Non dirmi che proteggi solo quelli della tua famiglia ?” Domandò nuovamente l’uomo dentro la stanza buia.

“ No, signore.” 

 

“ Buon per te, ragazzino. Allora vedi che lo fai solo per i soldi …”

“ No, signore, glielo ripeto.” Yukiteru, dalla sua giovane età, nonostante la paura che provava, non riusciva a contenersi sentendo i propri ideali venir disprezzati.

 

Sin dal giorno in cui si era arruolato in caserma aveva giurato di proteggere la sua patria e chiunque avesse bisogno di aiuto. Odiava i suoi colleghi che prendevano mazzette per infangare dei crimini, oppure che venivano deviati dall’accidia e dall’avarizia.

Non voleva essere così, voleva poter essere anche il solo a portare sicurezza in quel mondo.

 

“ Chi credi di fare felice proteggendo chiunque? Io, per esempio, non voglio essere protetto da un ragazzino come te che non sa ammettere la verità.”  L’uomo dentro la stanza alzò il volume della sua voce, sbattendo il proprio pugno su di un tavolo.

“ Peggio per lei, signore… perché penso di saper fare bene il mio lavoro.” Nonostante avesse bluffato, il ragazzo stava perdendo la pazienza, e qualsiasi cosa dicesse, purché contraddicesse le parole dell’altro, gli andava bene.

- Chi cazzo pensa di essere questo qui?! Ragazzino un paio di palle, tempo cinque secondi e me ne vado di qui senza ripensamenti.- Fumando di rabbia, Yukiteru si accinse ad alzare i tacchi, ma improvvisamente sentì quello che ormai non sperava più di sentir dire.

 

“ Ah sì? E allora voglio vedere quello che sai fare, ragazzino …”

La porta alle sue spalle si aprì, e quando si voltò poté vedere un uomo in giacca e cravatta che lo invitava ad entrare.

 

Yukiteru avanzò nel buio di quella stanza, prima che, mentre la porta alle sue spalle si richiudeva, qualcuno accendesse la luce.

Il giovane non badò all’arredamento del luogo, tantomeno si interrogò sul perché le tapparelle e le finestre fossero chiuse ermeticamente.

 

Individuò istantaneamente un uomo, seduto dietro la scrivania in mogano, con al suo fianco un ragazzo ed una ragazza.

 

L’uomo sembrava anziano solo per i lunghi capelli bianchi ed una barba rada e grigia, mentre mostrava una corporatura muscolosa ed un’altezza impressionante, nonostante fosse seduto.

Vestiva una giacca bianca aperta che mostrava una maglia rossa ed una cravatta gialla allentata, dandogli un aspetto selvaggio, trasandato.

 

In completo contrasto, era la ragazza sulla quale Yukiteru posò immediatamente lo sguardo.

Aveva dei lineamenti dolci, tutto il contrario di quelli squadrati e arroganti dell’uomo, con dei grandi occhi verdi, ed una carnagione chiara. I capelli erano biondi, di media lunghezza ed acconciati in un ciuffo che le copriva l’occhio destro, insieme a parte del volto.

Vestiva un abito lungo, azzurro, munito di corpetto che faceva risaltare le sue forme non troppo esagerate.

 

Per un motivo che il ragazzo non comprese all’istante, quella visione gli parve l’unica cosa sulla quale i suoi occhi avrebbero dovuto posarsi per il resto della sua vita.

 

Quello stordimento, quasi magico, durò poco, dal momento in cui Yukiteru avvertì il freddo di una pistola puntata sulla sua fronte.

Quando riacquisì controllo di sé, venne attraversato da un brivido accorgendosi del secondo ragazzo, il quale lo squadrava intimidatorio, premendo l’arma sempre più forte sulla sua testa.

“ Contieni la tua erezione, animale! Sei davanti alla figlia del capo, sai ?!” Ruggì il giovane, facendo ammutolire Yukiteru per la paura.

 

Il ragazzo non poteva avere più anni di lui, anzi, pareva persino più piccolo, forse un sedicenne. Vestiva un completo nero sopra una camicia bianca, con tanto di cravatta e scarpe lucide.

Sulla sua testa portava una fedora nera, decorata da un nastro arancione, la quale nascondeva completamente i suoi capelli, se non per due basette nere incredibilmente lunghe e ricciolute.

 

La pistola che stringeva con forza nella mano destra era un modello abbastanza antiquato anche per l’epoca, e dava per l’appunto l’impressione di esser stata usata diverse volte.

Si chiamava Smith & Wesson 357 Magnum, con una particolare impugnatura di legno laccata di rosso cremisi. Da quella pericolosa distanza, Yukiteru riuscì persino ad intravedere una scritta incisa: “Occīdo ergo sum”.

 

“ Datti una calmata, Reborn !” Sbraitò, con una punta di ironia, l’uomo seduto, e a quell’ordine l’assassino rinfoderò l’arma.

 

- Questi non sono tipi normali …- pensò nervosamente Yukiteru, squadrando i presenti restando in guardia… fino a quando non posò nuovamente gli occhi sulla bionda, ed allora un sorrisetto ebete gli riapparve sulla faccia.

Venne risvegliato dalle imprecazioni di Reborn, il quale si accingeva a togliere la sicura alla sua pistola, venendo fermato prontamente dall’anziano.

“ Passiamo al dunque, ragazzino.” Riprese parola l’uomo, stiracchiandosi pigramente.

- Aridaje !- Sbuffò il giovane.

 

“ Visto che ti credi tanto bravo, voglio che tu diventi la seconda guardia del corpo di mia figlia Lara.”

 

 

 

 

 

- Mamma, papà …-

Primula stinse forte la giacca di Sebastian, alla quale si era aggrappata. Sollevò la testa, con gli occhi ed il naso arrossati dal pianto di lacrime ora asciutte. Il cielo riflesso in quelle pupille, le stelle lontane, irraggiungibili.

- Sono passati quattro mesi da quando vi ho lasciato, ma non potremo più abbracciarci tutti insieme come un tempo.-

 

Rimase per qualche istante così, immobile sotto lo sguardo indecifrabile dell’uomo, il quale riprese il suo cammino.

Venne lasciata indietro.

- Spero solo che quello che faccio per proteggere papà possa aiutare… per quanto riesca a farlo.-

 

La ragazza congiunse le mani, portandole alla bocca per sussurrare una preghiera silenziosa.

- A tutte le vittime innocenti, a tutti i peccatori impuniti, a tutti coloro toccati dall’ira di Sebastian… per coloro che non conoscono il dolore dell’uomo e del mostro.-

Non ebbe nemmeno la forza di chiedersi a quanti sarebbe giunta quella preghiera.

- Perché in fondo, papà, tu e Sebastian siete così simili …-

 

 

 

 

 

Il Boss degli Anonimato mosse un altro passo prima di fermarsi.

Davanti a sé, Tengoku giaceva addormentato, con un rivolo di sangue secco che gli macchiava le labbra e la propria mano in quella di Xian, al suo fianco.

 

Sebastian si chinò, sfilandosi un guanto dalla mano destra.

L’azione successiva fu avvicinare quella stessa mano nuda, con una cautela simile alla paura, al volto dormiente del ragazzino.

Si avvicinò talmente tanto da riuscire a sfiorare quel ciuffo di capelli bianchi, quelle palpebre chiuse, ma improvvisamente l’arto si ritrasse, iniziando a contorcersi come in preda ad un attacco epilettico.

Con l’altra mano ritirò il braccio a sé immediatamente. Del sudore freddo colava sul volto, vicino ai suoi occhi spalancati.

 

 

“ NON TI AVVICINARE !!”

In quel momento il cielo venne illuminato da due luci intense: una arancione ed una celeste.

Quando Sebastian si voltò, notò distintamente un jet sorvolare il Ponte, così come due uomini che precipitavano ad alta velocità verso di lui.

 

Con un braccio teso all’indietro ed uno in avanti, Tsunayoshi Sawada stava aumentando la sua velocità emettendo dietro di sé un propulsore di Fiamme, mentre preparava un devastante X-Burner da scagliare frontalmente.

Al suo fianco Corex Licaone aveva le braccia protese verso l’alto, accumulando una nube d’aria a bassissima temperatura, al punto da iniziare a generare del ghiaccio puro dal nulla. Quella coltre di gelo gassoso e solido stava prendendo la forma del gigantesco muso di un serpente con le fauci spalancate.

 

Non passò un secondo prima che Sebastian balzasse verso l’alto.

La rabbia negli occhi dei due Boss alleati non era nulla di fronte all’odio più oscuro che avvolgeva il corvino, il quale con il suo corpo immortale aveva intenzione di incassare i colpi.

 

Tutto, pur di raggiungere il suo bersaglio.

 

- Sei TU, Tsunayoshi Sawada !!- Sebastian si vide travolgere dalla luce delle Fiamme avversarie.

 

 

“ X-BURNER: LO SCIROCCO VERSION !!” Dalla mano del Decimo Vongola scaturì un cono di Fiamme del Cielo, che si abbatté impetuoso come il vento caldo dal quale prendeva il nome.

“ RAGNAROK: DIVORAMENTO DEL TUONO !!” Il Boss dei Licaone invece scagliò in avanti le sue Fiamme del Ghiaccio, ed il Jormungandr esplose in una corrente di aria gelida e schegge di ghiaccio lunghe come lance.

 

 

La raffica di fuoco e gelo scatenò un’onda d’urto di pressione, la quale si abbatté sul Ponte della Libertà, facendolo vibrare pericolosamente come le acque della laguna.

Ben presto l’asfalto sarebbe ceduto, ma nonostante tutto i due Boss continuavano ad emanare i loro attacchi, concentrandoli nello stesso punto.

 

- Non abbiamo potuto usare la nostra potenza per via di Tengoku e Xian, che si trovano proprio a pochi metri da noi. Ma dovrebbe bastare… deve bastare !- Pensava nel mentre Tsunayoshi, osservando con la coda nell’occhio lo sguardo determinato di Corex.

Il suo vacillava, era colmo di dubbi ed era costantemente invaso dalla paura di perdere i suoi amici, o Tengoku.

 

Fu quell’esitazione a farlo reagire troppo tardi, quando qualcosa sembrò fuoriuscire dall’X-Bruner, nella sua direzione.

Nel momento in cui provò ad evitarlo, era stato colpito da un pugno in pieno volto. E ciò che l’aveva colpito era a tutti gli effetti solo il braccio di Sebastian, ancora ricoperto dalla manica nera e con il guanto indossato.

 

- Di lui è rimasto solo un braccio… ed è ancora così forte ?!- Realizzò il Decimo Vongola, venendo scagliato all’indietro di diversi metri.

Corex Licaone si girò in tempo per vederlo schiantarsi sul Ponte, vicino al punto dove Reborn, Kevin e Providence si stavano sfidando.

 

L’Ottavo Boss dei Licaone non si accorse però del braccio del suo avversario, e la prima cosa che fece fu scattare verso il suo amico per soccorrerlo.

Fu allora che si accorse di un intruso sul loro campo di battaglia, un’ombra che aveva iniziato a muoversi sotto di loro, verso Primula, Tengoku e Xian.

 

 

 

 

 

 

 

 

“ Non posso credere che tu mi stia facendo fare questa figura !”

Soffiò inviperita Akane, voltando il capo per nascondere la vergogna  che le stava facendo aumentare quel nervosismo.

Non avrebbe mai rivelato che, in un angolo nascosto del suo cuore, lo star venendo portata a cavalcioni da Drake era quasi tollerabile. Forse, anche più che tollerabile.

 

Il biondo, continuando a correre all’ombra degli alberi, tentò un sorriso per nascondere l’imbarazzo, poi chinò il capo assumendo un’espressione più decisa.

“ Se ti avessi lasciata lì, a morire, non saremmo mai potuti essere in grado di mantenere la nostra promessa. Ricordi ?”

La corvina rimase in silenzio, stringendo tra le sue braccia il collo del ragazzo.

- Grazie.-  Sorrise timidamente mentre arrossiva, nascondendo il volto nella schiena di Drake.

 

“ E si può sapere perché devo essere io a portarti, invece ?!”

Azura Schlmit, anche lei in corsa, stava invece inveendo contro Kiiro, ormai recuperato il suo aspetto originale, ma comodamente a cavalcioni sulla sua schiena.

La macchina assassina inizialmente non comprese a chi si stesse riferendo, e si indicò con fare interrogativo.

“ Certo che sei tu, CRETINO !” Ruggì la ragazzina dai capelli rossi, per nulla felice di star trasportando il biondo, ben più alto di lei.

 

“ Oh, ma perché tu Azura sei molto più muscolosa e forzuta di Momoka, ed io non ho ancora recuperato le energie necessarie per muovermi.” Annuì serenamente Kiiro, con la sua maschera sorridente in perfetta sintonia con la sincerità delle parole che diceva.

 

Sia Azura che Momoka, al suo fianco, si voltarono verso di lui con un’espressione truce, fulminandolo.

 

Nonostante tutto, la Guardiana della Nebbia distolse presto l’attenzione dall’irritante compagno, e riprese a guardare la strada davanti a sé.

- Non siamo riusciti a trovare Akira, ed a quanto pare ha lasciato il suo ricetrasmettitore nella limousine dove trasportavano Xian. Dove può essere finita ?-

La castana socchiuse gli occhi, concentrandosi in un pensiero proveniente dal suo cuore.

- E Kevin… tu dove sei ?-

 

In quel momento i cinque ragazzi si resero conto di essere arrivati al limitare della costa adriatica, ed il sentiero di alberi scomparve alle loro spalle.

Il cielo, il mare, il Ponte della Libertà, le luci lontane provenienti da Venezia. Tutto fu finalmente visibile.

 

In principio vennero notati Kevin e Reborn, impegnati nello scontro con un solo avversario, che riusciva  a tenere testa ad entrambi senza farsi ferire, ed in lontananza il corpo di Tengoku disteso accanto a quello di Xian.

I ragazzi non potevano saperlo, ma sul ponte giaceva anche il corpo privo di sensi di Yukiteru, coperto però dal fumo sollevatosi dopo l’esplosione.

 

E, cosa più importante, le ombre di due individui chinati sul bruno, loro amico. Una di queste era Primula.

La missione Meet Me in The Woods era fallita, ma anche questo non lo avrebbero potuto sapere.

 

 

Prima che la Squadra di Guardiani riuscisse anche solo a muoversi, qualcosa precipitò apparentemente dal cielo dopo numerose rotazioni, atterrando di fronte a loro.

Si sollevò da terra un ragazzo, come si poteva notare dal petto e dalle braccia ricoperte di muscoli, lasciate scoperte.

La carnagione era scura, indossava solo dei corti pantaloni neri e delle scarpe gialle, insieme ad una maschera dello stesso colore che gli copriva il volto dal naso in su.

Dei lunghi capelli biondi gli ricadevano sulle spalle, e la prima cosa che fece dopo essersi rialzato fu spalancare un largo sorriso smagliante.

 

“ Siete dunque voi i ragazzi che hanno fermato i Bravi ?” domandò con una voce calda e ridente.

La Squadra notò un bagliore sinistro nei suoi occhi pieni di gioia, e senza dubbio quel ragazzo biondo dall’accento messicano emanava un forte Intento Omicida sebbene non fosse in guardia.

 

“ Vi avverto già che non potrete mai tentare di battermi, oppure di farmi un graffio: i Bravi non sono per niente degli assassini qualificati, e questo non fa di voi, che li avete sconfitti, dei grandi combattenti.”

Iniziò a parlare, mantenendo un atteggiamento ed un tono giocoso. Chiaramente non aveva l’intenzione di prendere sul serio quei ragazzi.

“ Chiamatemi Lobo, ho disertato dalle Forze speciali dell’esercito messicano per diventare un mercenario, e per vostra sfortuna le nostre strade si sono incrociate ! Come potete vedere dal mio outfit sono un appassionato combattente di lucha libre, l’unico vero wrestling , anche se sto perfezionando la mia gimmick… ”

 

“ Parli troppo, bastardo.” Il messicano venne interrotto improvvisamente da Drake, in quanto il tedesco, con ancora Akane sulle sue spalle, lo aveva scostato per passare oltre.

“ Non ho tempo per sentire le tue chiacchere: ho un amico da salvare.” Lo sguardo negli occhi del Guardiano del Fulmine era più determinato che in passato.

Tutte le esperienze affrontate, i dolori, le gioie, si erano forgiate in lui per poter creare quello sguardo. Non più lo sguardo di un ragazzo spaventato, no, la paura non avrebbe più guidato il suo cuore.

 

 

Lobo rimase in silenzio, con gli occhi spalancati, così come era stato interrotto, nel mentre Drake camminava alle sue spalle.

Lentamente, il suo sorriso pietrificato si contorse in un ringhio ferale, trasformando il suo volto in un’espressione totalmente diversa, come se fosse impazzito di punto in bianco.

 

 

Il tedesco si voltò nell’esatto istante in cui avvertì qualcosa muoversi troppo velocemente dietro le sue spalle, ed Akane fece lo stesso, seppur potesse girare solo la testa.

Quando Drake ebbe voltato le spalle al Ponte della Libertà, venne travolto  da un drop kick, ovvero da un doppio calcio volante portato con entrambi i piedi congiunti ed il corpo in diagonale.

 

 

Sul volto di Lobo, che aveva appena eseguito quell’attacco aereo, riapparve il sorriso di prima, potendo osservare Drake sputare sangue.

Il tedesco, piuttosto, era consapevole che fintanto la corvina fosse rimasta sulle sue spalle non si sarebbe potuto muovere, neppure pararsi con le proprie braccia, e per questo avrebbe dovuto incassare i colpi del suo avversario.

I suoi occhi freddi apparvero come un messaggio di sfida per il killer messicano, il quale, infiammato di rabbia, sembrava non poter tollerare di essere ignorato, così come per i suoi colpi.

 

“ Te la faccio sparire io quell’aria da saputello !” Ruggì furiosamente il luchadores, inarcando la schiena all’indietro per atterrare sui palmi delle mani, assumendo una posizione accovacciata.

Un istante dopo scattò in avanti, allungando una mano verso il basso fino a sfiorare il terreno, e rapidamente la sollevò compiendo un arco verso l’alto, una volta raggiunto il suo avversario.

Drake si vide afferrare dai genitali, proprio in mezzo alle gambe, ma prima che potesse soffocare un grido di dolore, Lobo lo scaraventò in alto con una forza sovrastante.

 

Nel lancio l’assassina dei Vongola scivolò dalla schiena del ragazzo, e poté osservare, mentre cadeva di schiena al suolo, il suo compagno ricadere anch’egli compiendo una parabola all’indietro.

 

Fortunatamente il Guardiano del Fulmine atterrò con una mae-ukemi, assorbendo l’impatto della caduta rotolando su di una linea immaginaria che dal gomito scendeva in diagonale lungo il dorso.

Allo stesso modo però, il biondo si dovette portare una mano alla bocca dello stomaco, ancora dolorante per il colpo subito, in attesa delle forze necessarie per rimettersi in piedi.

 

“ PWUWAHWAHWAHWAH!! Hai visto, hai visto?! Mi hai chiamato bastardo e ci hai solo fatto una figura pessima davanti a tutti !” Dal canto suo Lobo era scoppiato a ridere, allargando le braccia come se stesse parlando ad un pubblico immaginario.

Un teatro sarebbe stato effettivamente adatto per contenere il suo ego smisurato.

 

 

La risata non poté protrarsi per molto, perché in un battito di ciglia parte della sua guancia destra e della sua mascella vennero polverizzati in un’esplosione di Fiamme della Tempesta.

Una lacrima per il dolore gli venne strappata, mentre con tutto il suo corpo il killer cercava di rimanere immobile e di sopportare l’atroce dolore che stava provando.

 

Alle sue spalle, Akane Mizuno stava ancora stringendo tra le mani, seppur fosse seduta per terra a causa delle gambe ferite, la sua Walther PPQ fumante per il colpo sparato.

“ Se sei un bastardo lo sei e basta, anzi, non ci sarebbe neanche bisogno di dirtelo, feccia schifosa !”

Quelle parole pronunciate lentamente, con calma ma allo stesso tempo freddezza, fecero soltanto crescere la paura in Lobo, sentendosi perso negli occhi spietati con i quali la corvina lo stava trafiggendo.

 

 

In meno di un secondo percepì però un ennesimo movimento, e riportando l’attenzione davanti a sé vide soltanto una massa di capelli rossi danzare, come fiamme selvagge, prima di svelare il luccichio di un lungo bastone metallico.

“ Di solito non difendo mio fratello, ma per questa volta farò un’eccezione in merito di quanto mi hai fatto arrabbiare …” Sibilò Azura Schlmit, sollevando i suoi occhi blu verso l’alto, facendo roteare Steel Soul attorno al proprio avambraccio.

 

 

Nel momento in cui l’assassino messicano pensò di muoversi, la rossa lo aveva già colpito con sei decisi affondi di bastone in sei differenti punti del suo corpo, seguendo una linea verticale che lo tagliava in due.

Rispettivamente i punti colpiti si illuminarono di una intensa Fiamma della Pioggia: in mezzo alle sopracciglia, sulla gola, al centro del petto, sul plesso solare, nel basso ventre e sull’osso terminale della colonna vertebrale.

“ Trasmigrazione delle Sei Vie Terrestri di Chakra !!”

 

Quando i colpi simultanei cessarono, l’intero corpo del messicano venne investito da un’enorme Fiamma della Pioggia, nel mentre lui, ormai privo di sensi, crollò al suolo.

 

Una volta sconfitto il loro avversario, la Squadra poté riportare l’attenzione sull’obbiettivo originale.

O almeno quel che ne restava di loro.

 

 

“ Momoka !” Esclamò Drake all’improvviso, tendendo la mano verso la Guardiana della Nebbia, vedendola ormai correre in direzione del ponte.

Anche Azura la chiamò, ed essendo l’unica in grado di camminare, tentò anche di inseguirla.

- Che fa?! Non sappiamo ancora quanto sia sicuro superare l’area occupata da Reborn, Kevin e quell’individuo. Farlo senza attenzioni potrebbe soltanto coinvolgerci nella battaglia, e le probabilità di salvezza in quel caso sembrerebbero bassissime !-

Con un solo e attento sguardo la ragazza aveva intuito il livello di pericolosità nella battaglia tra i due potentissimi assassini.

Purtroppo, temeva che persino Reborn stesso sarebbe stato sconfitto, a giudicare dalle sue ferite.

 

- No! Non può essere… Reborn non può …- non osò concludere il discorso, limitandosi a correre più veloce che potesse verso l’amica.

 

 

A qualche metro di distanza, Momoka aveva ormai raggiunto il Ponte della Libertà, e si stava accingendo a percorrerlo in corsa.

- Kevin …-

Il volto insanguinato e stremato del ragazzo dai capelli cremisi si riflesse nei suoi occhi sconvolti.

La ragazza stava provando un sincero terrore. Non perché dubitasse della forza di Kevin, dei suoi allenamenti o della Fiamma donatagli da Fon, l’Arcobaleno della Tempesta in persona.

 

- Tu non puoi… uccidere tuo padre !-

Lei conosceva bene la mente del ragazzo, dopo esserci persino entrata attraverso un collegamento empatico. E solo lei sapeva quanto fossero complicati i sentimenti del ragazzo nei confronti di suo padre, l’uomo che aveva abbandonato lei e sua sorella, ma allo stesso tempo l’uomo che aveva permesso loro di incontrarsi.

 

- Se solo potessi entrare anche nella mente di Providence! Se ci riuscissi, potrei scoprire se lui vuole davvero uccidere Kevin …-

Era un piano rischioso, e questo lo sapeva. Non era assicurato che il Contatto della Vipera Fantasma si potesse attivare nuovamente, proprio perché si trattava di una modalità difensiva del Cellulare Posseduto che Momoka non poteva controllare manualmente.

 

Si sarebbe dovuta affidare al caso.

- Come ho sempre fatto, del resto.- Concluse, emanando un profondo sospiro.

Il cuore le batteva nel petto, ed il sangue nelle sue gambe sembrava volerle schizzare via per tutta la foga impiegata nella corsa.

 

Le urla dei suoi amici dalle spalle, i rumori vibranti della battaglia nelle orecchie.

 

 

Ma, in una frazione di secondo, tutti quei rumori scomparvero.

Momoka Reader si sentì travolta da una corrente d’aria potentissima, ma prima ancora di rendersene conto, tutto ritornò come prima.

Spalancò gli occhi, accorgendosi di essere sospesa di qualche centimetro sopra la terra.

- Che cosa succede ?- Pensò sorpresa, una volta atterrata il suolo.

 

 

 

Ad una distanza più considerevole, Kevin, Reborn e Giustizia si stavano ancora dando battaglia.

Il giovane non riusciva a colpire il padre, avendo ormai perso l’effetto sorpresa, come se l’assassino chiamato Providence anticipasse le mosse dei suoi due avversari allo stesso tempo.

 

In quel momento Reborn esplose un colpo di pistola mirato alla testa dell’uomo dai capelli rossi, dopo aver finto di approcciare un combattimento corpo a corpo.

L’assassino con la maschera del teschio non si scompose, aprendo il palmo della mano e distendendo le dita.

 

- Non mi sembrano in grado di continuare questa battaglia per molto. Giudico che se non ci saranno interruzioni, potrebbero perdere fino al cinquanta percento della loro resistenza tra circa dieci minuti …-

 Ragionando freddamente, iniziò a calcolare il punto esatto in cui avrebbe afferrato tra l’indice ed il pollice il proiettile.

 

Quando le serrò, invece, afferrò l’aria ed il colpo aveva superato la sua mano, come se si fosse mosso di sua volontà.

- COSA ?!- Sussultò l’assassino, nel mentre la sua guancia destra veniva lacerata, seppur non mortalmente, dal proiettile stesso.

 

Anche Reborn e Kevin ebbero la sensazione di esser stati spostati di qualche centimetro in avanti contro la loro volontà, e tutto in una quantità di tempo talmente rapida da esser stata inconcepibile.

 

 

 

Quello che i presenti sul Ponte della Libertà non avevano compreso, era che qualcosa aveva percorso la distanza da loro occupata ad una velocità tale da causare un gigantesco spostamento d’aria. Essendo però quel qualcosa ben più veloce del suono, non era stato possibile individuarlo, e la pressione trascinata era stata in grado di accelerare qualsiasi corpo in movimento.

 

Come una cometa che trascina dietro di sé una scia di detriti spaziali, Kiiro, la macchina assassina, aveva trascinato con sé qualsiasi cosa sul Ponte, nel mentre lui lo aveva percorso in meno di mezzo secondo.

Colui che un tempo era stato umano, il figlio rinnegato di Dado Emanuele Vongola, si fermò soltanto nell’istante in cui dovette caricare il proprio pugno dietro la testa.

 

Nell’istante successivo lo abbatté verso la seconda figura in piedi davanti ai corpi inermi di Xian e Tengoku.

 

 

“ LEEEEEROOOOYY !!”

Dal petto del biondo esplose un ruggito di rabbia, nel mentre il suo pugno si scontrava contro un oggetto metallico, generando un’onda d’urto impressionante lungo tutta l’area.

 

La pressione fece svolazzare nel vento una sciarpa rossa, indossata dal ragazzo sui vent’anni che, sollevando un avambraccio interamente costruito con un metallo scintillante nero come la pece, aveva parato il colpo di Kiiro.

 

Il misterioso individuo indossava un lungo impermeabile color verde scuro, al quale erano state strappate le maniche per mostrare i suoi arti, simili a quelli umani, ma interamente composti da quel materiale sconosciuto.

Indossava dei pesanti anfibi, e attorno al suo collo era allacciata una fascia rossa, con su incise all’interno di un cerchio bianco, le lettere “C.E.D.E.F”.

I suoi occhi avevano un taglio molto affilato, con la pupilla di colore rosso in forte contrasto con la sua carnagione nivea. I capelli erano di color verde smeraldo, non troppo lunghi e mossi, acconciati in un ciuffo arruffato che si sollevava sopra la sua fronte.

 

“ Jenkins ?” domandò a quel punto il verde, con un ghigno, sfidando il suo avversario.

Nell’istante dopo riuscì a superare la velocità di Kiiro, sferrandogli un colpo con la sua mano robotica, scaraventandolo al suolo grazie ad un pugno devastante.

 

I muscoli finti sul suo arto sembrarono gonfiarsi e alleggerirsi come delle pompe a vapore, nel momento in cui generò un’altra esplosione di pressione.

Il corpo del biondo invece venne schiacciato al suolo, incastrandosi nel cemento che si crepò all’istante, facendo dubitare dell’ormai precaria situazione del Ponte.

 

“ Si può sapere perché diavolo mi hai attaccato, eh Pinocchio ?!”

Il ragazzo dai capelli verdi chinò il capo avvicinandosi a Kiiro, poggiandogli intanto il suo stivale sulla testa, schiacciandola ancor di più al suolo.

Il sorriso dipinto sul suo volto metteva in mostra una fila di denti acuminati, il che gli donava un aspetto ancor più inquietante, insieme allo sguardo tetro nelle sue pupille scarlatte.

 

La macchina assassina strinse i pugni, cercando inutilmente di alzarsi.

“ Non ti azzardare a chiamarmi con il mio nome, Leroy !”

Nonostante si fosse ricongiunto anche con il Daft Punk che pilotava la jeep di Azura e Drake, gli sforzi fatti per sconfiggere Duncan si facevano sentire. Normalmente non gli era permesso di muoversi alla sua massima velocità, ovvero Match 4, per evitare di coinvolgere in modo pericoloso i suoi amici.

 

Ma da quando aveva avvistato il ragazzo in impermeabile, dall’altro capo del ponte, aveva sentito il proprio corpo agire senza un controllo.

 

“ Dopotutto sono io quello che ha esaudito i tuoi desideri: ti ho riportato in vita e ti ho reso più forte. Si può sapere perché ce l’hai con me ?!” Leroy fece ancor più pressione sul suo piede, strisciando lo stivale sui capelli biondi della macchina assassina.

“ Sarà perché ho tradito i Vongola, forse ?”

Tirando fuori la lingua tra i canini sporgenti, il verde mostrò un sorriso spiazzante, rispondendosi da solo.

 

Vento gelido si sollevò sul ponte, portato dal mare fino alle porte di Venezia.

 

“ No, tu hai fatto benissimo il tuo lavoro. Non posso lamentarmi di nulla …” Con voce graffiata, causata forse dall’essere danneggiato, Kiiro rispose a tono a quell’ovvia provocazione.

Sollevò il capo,  come se stesse sorridendo anch’egli dietro la maschera bianca.

“ Però tu sai tutto del mio passato, e ora che sei dalla parte del nemico non posso permetterti di rivelare informazioni pericolose su di me. È semplice e si chiama lavoro, nulla di personale !”

 

Quella fredda dichiarazione di morte era tutto ciò per cui Kiiro aveva sacrificato la propria umanità: essere il perfetto assassino nel momento del bisogno.

Non poteva dimenticare ancora il momento in cui desiderò tanto intensamente di diventare forte.

 

 

Anni fa, quando ancora vigeva la legge che i figli maschi di Dado Emanuele Vongola si sarebbero dovuti tenere in considerazione per decidere il futuro Boss, Pinocchio Vongola era stato il più piccolo tra le sue sorelle.

Nonché unico maschio, nacque poco dopo la nomina di Tsunayoshi Sawada, troppo tardi dunque per diventare un candidato. Suo padre lo odiò per questo: se fosse nato persino pochi giorni prima avrebbe anche solo avuto una possibilità di venir eletto per quando sarebbe diventato maggiorenne, ma il tempo lo aveva tradito.

 

Così venne cresciuto dalle sue sorelle maggiori, Elisabetta, Lara e la sua unica gemella, Taylor, le quali decisero che per evitare scandali sui parenti dei Vongola, lo avrebbero disconosciuto come loro fratello di sangue.

Tuttavia la vita di Pinocchio trascorse tranquillamente, forse agevolato dal non esser legato agli affari della Famiglia, trascorse la sua infanzia con le sorelle segrete. Quando persino queste si sposarono, allora si prese cura della minore.

 

Entrambi, troppo piccoli per il matrimonio, vissero una vita serena sotto la protezione del Decimo.

O almeno tutto questo proseguì fino a quando, in una serata come le altre, Pinocchio e sua sorella uscirono a fare una passeggiata.

Avevano entrambi diciassette anni, ben sette anni prima del presente.

L’anno era il 2010.

 

Quando meno se lo aspettavano, dal buio fuoriuscì un uomo che non avevano mai visto, il quale li attaccò brandendo un coltello. Specificatamente la prima ad essere attaccata fu proprio Taylor, prima che suo fratello potesse accorgersi del malintenzionato.

 

All’epoca Pinocchio non avrebbe mai potuto sapere che quel serial killer di trentaquattro anni fosse in realtà Morfeo, uno dei fratelli maggiori di Sebastian ed esperimento dell’ormai debellata Famiglia Estraneo, atto a vendicarsi sui Vongola attraverso bambini geneticamente modificati.

 

E fu così che il legame tra quel ragazzo e la genie degli Estraneo iniziò: nel momento in cui, per difendere sua sorella, estrasse una pistola e la puntò alla tempia di Morfeo.

Nell’esatto istante in cui premette il grilletto e le cervella del suo avversario schizzarono nel buio, era già stato pugnalato sul volto e sul petto molteplici volte.

 

Venne portato da sua sorella alla Magione dei Vongola, ma quando i medici provarono a curarlo, giaceva prossimo alla morte, in condizioni terribili.

 

 

Sette anni prima. Quartier Generale della C.E.D.E.F.

 

Un giovane Irie Shoichi camminava a passo rigido lungo il corridoio, seguito a ruota da un suo gruppo di scienziati e tecnici per le loro apparecchiature all’avanguardia.

“ Vuoi davvero provare a curare quel ragazzo attraverso la nostra tecnologia ?” Domandò ad un certo punto con nervosismo, rivolgendosi ad un ragazzo della sua età al proprio fianco.

 

“ Me lo ha chiesto lui, io non ho preso nessuna iniziativa.” Rispose con un impercettibile sorriso eccitato l’altro. Vestiva un lungo camice bianco, i suoi capelli erano verdi e mossi, pettinati accuratamente all’indietro.

 

“ Non puoi giocare con la vita umana, ti ricordo che sei solo un acquisto dei Vongola, non dovresti neanche avere il diritto di operare con i nostri mezzi senza il mio permesso !” Il rosso lo afferrò per un braccio, trattenendolo dal proseguire.

Anche la troupe di scienziati si arrestò di colpo, rimanendo in silenzio.

 

“ Mi ha chiesto di farlo diventare più forte.” Sussurrò Leeroy, inclinando la testa verso Irie con un’espressione irritata.

“ E poi anche se rimanesse ucciso nel processo, è come un fantasma: non ha collegamenti con i Vongola e non rischieremmo niente, se è questo ciò che più ti preme.”

 

Shoichi Irie ammutolì. Quel nuovo “acquisto dei Vongola”, come lo aveva chiamato, era a tutti gli effetti un giovane scienziato militare che si lasciava comprare dalle più disparate organizzazioni del mondo in cambio di cospicue somme di denaro.

Era a tutti gli effetti un mercenario, e questo all’uomo non piaceva per niente. Sebbene gli fosse da riconoscere la propria abilità nel proprio mestiere, tanto che vociferava che avesse costruito a dieci anni un missile nucleare.

 

Nonostante tutto, si ritrovò costretto a lasciarlo operare per quella volta, senza però assecondarlo.

 

 

Ciò che fece Leeroy quella notte fu uccidere Pinocchio, per dare la vita a Kiiro. Il giovane scienziato sperimentò per la prima volta un progetto che gli avrebbe garantito il successo negli eserciti di tutto il mondo: la creazione di un assassino quattro volte più veloce del suono, composto di una sostanza malleabile e capace di riflettere i fotoni.

 

Tutto, ovviamente, venne archiviato come segreto speciale.

 

 

 

 

Presente. Italia, Ponte della Libertà.

 

“ Non ti trovo per niente invecchiato da allora, sai ?” Ironizzò Kiiro, facendo sorprendentemente sorridere Leeroy sopra di lui.

“ Me ne rendo conto: è un farmaco che rallenta il processo di invecchiamento della pelle, dei muscoli e delle ossa. Mi sta facendo davvero guadagnare parecchio, tra tutte le figure di spicco nel mondo che lo desiderano !”

Lo scienziato infatti avrebbe dovuto avere la stessa età di Kiiro, ovvero ventiquattro anni, se non fosse che anche la macchina assassina era eternamente confinata nella struttura fisica di un adolescente.

 

 

“ I soldi… hai fatto da talpa nei Vongola solo per i soldi degli Anonimato ?”

“ Gli Anonimato adesso non hanno per niente i soldi che vorrei, MA… è il loro potenziale futuro che mi interessa.”

Una poltiglia gialla strisciò tra le gambe dello scienziato, in maniera quasi impercettibile, avanzando come una lumaca silenziosa verso i corpi di Tengoku e Xian.

 

In quel momento Leeroy si voltò, schiacciando con il piede destro quella melma, simile alla mano di Kiiro.

“ Cosa cazzo pensavi di fare mentre stavo parlando, eh ?!” Ringhiò il verde, visibilmente offeso dopo quel tentativo di ingannarlo.

Un istante dopo, ovvero quando si voltò verso la sua direzione iniziale, un pugno lo colpì sulla mascella ad una velocità quattro volte superiore a quella del suono.

Tutto ciò che riuscì a vedere, prima di venir scagliato all’indietro, fu la parte superiore della macchina assassina che si era staccata da quella inferiore con il solo scopo di balzare in alto nel modo più veloce possibile.

 

“ Au revoir… a te ed al tuo potenziale futuro.” Sussurrò freddamente Kiiro, vedendo il corpo dello scienziato volare all’indietro, quasi fino alle porte di Venezia, per poi precipitare giù dal ponte.

Il suo urlo risuonò nella notte, agghiacciante, per poi venir assorbito dal silenzio.

 

Il biondo ricadde a terra, iniziando a ricongiungere le parti del corpo staccate.

- Cosa ci faceva Leeroy qui? E poi… sento nell’aria l’odore di Sebastian che Reborn mi ha insegnato a riconoscere… ma lui dove si trova ?-

 

 

Nel mentre la macchina assassina si poneva queste domande, non poteva sapere che a pochi metri da lui si trovava lo stesso Sebastian che stava cercando.

Ridotto ad un braccio destro ricoperto da ustioni, l’arto di Sebastian, tutto ciò che rimaneva dell’uomo dopo lo scontro con Tsunayoshi, si ritrovava tra le mani di Primula.

 

La ragazza lo strinse a sé, avvertendo una strana pulsazione a contatto con il suo corpo.

- È ancora vivo, sebbene la sua Fiamma si sia indebolita di molto.- Serrando l’arto in quell’abbraccio nel freddo della notte, la corvina si lasciò scivolare una lacrima solitaria lungo la guancia.

La piccola goccia le sfiorò le labbra, prima di ricadere sulla mano tra le sue braccia.

Infine lei si voltò, ed i suoi occhi si incrociarono con quelli serrati di Tengoku.

 

 

“ You need to shut the fuck up, KIIROOO !!”

Con un rombo di motori ed un impressionante ronzio, da sotto il Ponte della Libertà si sollevò il grido di Leeroy.

 

La macchina assassina ebbe solo il tempo di sollevare lo sguardo, per osservare l’ombra proiettata da un elicottero Hind-D su di lui.

Il veicolo corazzato, veloce ma dotato di un armamento distruttivo, aveva nella sua cabina di pilotaggio proprio il sadico scienziato dai capelli verdi, il quale osservò furente la sua creazione.

 

Kiiro impallidì, per la prima volta senza alcuna idea, osservando cos’altro ci fosse nell’abitacolo dell’elicottero, visibile grazie all’enorme sportello lasciato aperto.

Vide se stesso.

Tanti,  almeno dieci copie di sé, immobili, che lo fissavano nel silenzio come ombre in agguato.

 

Completamente identici a lui nel fisico e nella forma, se non fosse che i colori del loro abbigliamento e dei loro capelli fossero soltanto tonalità più o meno scure di grigio. La maschera inoltre, interamente nera, aveva il disegno che formava uno smile sorridente dipinto di rosso sangue.

 

- Cosa diavolo è riuscito a creare per colpa mia …- Rabbrividì la macchina assassina, osservando l’Hind iniziare ad atterrare a venti metri da lui, riducendo la velocità dei suoi rotori.

 

 

Al momento dell’atterraggio Leeroy, rivelando un livido gonfio e sanguinante sulla mandibola, si lanciò a terra con un salto, prima di iniziare a correre verso Primula.

Un attimo dopo Kiiro realizzò cosa i due stessero cercando di fare, vedendo la ragazzina cercare di trascinare l’inerme Tengoku verso lo scienziato.

 

“ TEEENGOKU !” I suoi muscoli non più umani reagirono il prima possibile: come un processo chimico, si era manifestata in lui la volontà di salvare il suo amico nell’esatto istante in cui lo aveva visto in pericolo.

Non sapeva perché lo volessero rapire, nessuno lì poteva saperlo. Sapeva soltanto perché avrebbe dovuto salvarlo.

 

Non riuscì ad avanzare di oltre tre metri: nel momento in cui si mosse, fu costretto a schivare indietreggiando una pioggia di proiettili.

- Che cosa ?!- Sussultò sbalordito prima di venir costretto a muoversi nuovamente per evitare altri colpi.

 

Nell’unica frazione di secondo in cui riuscì a sollevare lo sguardo, individuò immediatamente la fonte dei suoi problemi.

Gli occhi dei suoi sosia a bordo dell’Hind, così come i mirini dei loro fucili, riuscivano a vedere ogni suo spostamento. E considerata la superiorità numerica, possedevano anche meno margine di errore concentrandosi su di un solo bersaglio in movimento.

- Merda! Per spingermi ancora oltre i miei limiti di velocità dovrei aspettare di rigenerare tutte le cellule. Così non mi faranno mai avvicinare neanche di dieci metri …- Con la rabbia che gli risaliva lungo il petto, Kiiro incrociò il suo sguardo con quello di Leeroy, voltatosi improvvisamente verso di lui.

 

 

Lo scienziato, fermo sul posto, gli sorrideva divertito, provocatorio.

“ Sei stato la fonte del mio progresso, Pinocchio.” Gli rivelò continuando a sorridere, osservandolo evitare un’altra scarica di proiettili.

“ Senza di te non sarei riuscito a creare i tuoi fratelli, i Kuro. Sono solo dieci per adesso, visto che la produzione di uno solo di loro mi costa ormai quanto mantenere una repubblica indipendente, ma con i soldi degli Anonimato saprò evolverli …”

Guardò i suoi Kuro con molto orgoglio, per poi carezzare uno dei suoi avambracci artificiali.

 

Infine, si voltò nuovamente verso il suo primo esperimento, e porgendogli una mano spalancò la bocca in un ghigno. Negli occhi balenò l’avarizia e la sete di potere che ormai lo accecava.

“ Senza la guerra questo mondo non può andare avanti, Pinocchio, quando lo capirai ? E quello che gli uomini di potere vogliono è un esercito perfetto con il quale comandare tutti gli altri. Un solo uomo da solo non può essere forte come il mondo, proprio per questo mi servirai tu… così da poter sempre continuare la clonazione dal mio, modestamente, miglior successo !”

 

“ Vuoi che diventi tuo, mi stai dicendo questo ?” Domandò il biondo, cercando di mantenere alta la concentrazione sui colpi che turbinavano attorno a sé.

“ Tu, come arma rivoluzionaria, sarai mio e solo mio! Ti temeranno e ti vorranno in ogni ombra di questa corsa all’armamento. Sai cosa farebbero le bombe Fat Man e Little Boy se potessero parlare? Sono sicuro che ringrazierebbero i loro creatori per averle costruite così potenti e capaci di aver terrorizzato il mondo per qualche decennio !”

 

Nonostante la sua maschera sorridesse, Kiiro avrebbe solo mostrato disgusto di fronte all’entusiasmo malato del verde. Così la macchina assassina rimase in silenzio, prima di rispondere sprezzante:

“ Se proprio credi nella guerra, spero solo che tu ci possa morire dentro, schifoso rifiuto !”

 

Le dita della mano di Leeroy si chiusero, nel mentre lo scienziato apparentemente ancora giovane cercò di nascondere una smorfia infastidita.

“ Go fuck yourself …” E con quella frase voltò le spalle al suo avversario, carico di astio e anche urtato nella sua ambizione, ma troppo orgoglioso per darlo a vedere.

 

Nel momento in cui concentrò la sua attenzione sull’obbiettivo principale, sgranò gli occhi per la sorpresa.

Non si era accorto di nulla, e solo ora si accorgeva di Xian, in piedi di fronte a lui.

 

 

La figlia di Xanxus sembrava aver recuperato le forze, e con una mano sola manteneva sollevata di una spanna da terra Primula, fissandola con uno sguardo carico di furia.

Xian si era alzata di scatto, come percependo l’attimo in cui l’altra corvina si era avvicinata a Tengoku, il quale giaceva dove prima si trovava anche lei. Come una leonessa che protegge il proprio cucciolo, la ragazza aveva espanso attorno a sé un’aura di ostilità, emettendo nel mentre dai pori della sua pelle piccole braci di Fiamme dell’Ira.

La figlia di Yukiteru era paralizzata dal terrore, incapace di poter sostenere un terrore così viscerale come quello sprigionato dagli occhi iniettati di sangue della Boss.

 

La Figlia dell’Ira voltò lentamente il capo verso Leeroy, fulminandolo con un’occhiata fredda, prima di lasciar cadere come un peso inutile la ragazzina ai suoi piedi.

“ Non ho tempo da perdere… e sono anche abbastanza infastidito da tutto questo casino.”

 

 

La bocca dello stomaco di Xian venne perforata dal braccio destro dello scienziato, il quale le penetrò il ventre da parte a parte con un solo pugno. Era avvenuto tutto in un battito di ciglia di lei, la quale non si era nemmeno resa conto di quanto l’altro fosse stato veloce.

Macchie di sangue ricaddero sul freddo asfalto.

 

 

Leeroy estrasse l’arto, mantenendo un’espressione fredda ed impassibile, mentre al suo fianco la ragazza scivolava senza forze a terra.

La mano della corvina venne protesa in avanti, come se stesse cercando di raggiungere qualcuno.

Una lacrima le rigò le guancie, mentre con le labbra pronunciò debolmente un nome a lei familiare.

 

Notandola, il verde si incuriosì, ma mai avrebbe sospettato cosa gli stesse succedendo.

Fu come una scarica che lo attraversò all’improvviso.

Era un odore, un colore, un sapore, oppure una semplice reazione istintiva del cervello animale: tutto ciò che percepiva era come un gigantesco occhio posato su di sé, assieme ad una morsa gelida attorcigliata attorno al suo cuore.

 

Si voltò, incominciando a sudare freddo prima ancora di comprendere cosa fosse il motivo di quel terrore viscerale.

 

 

Tengoku era in piedi, rialzatosi da dove prima giaceva privo di sensi. Le ferite della precedente battaglia potevano ancora intuirsi dalle chiazze di sangue secco e dagli ematomi, visibili tra gli strappi della sua tuta nera, compresi sul busto e sulle gambe.

Ogni singolo muscolo era in tensione, come le gambe piantate con forza per terra, i pugni serrati, la mascella contratta in un ringhio che per la prima volta dimostrava, lasciando esposti i suoi denti, macchiati anch’essi di sangue.

Ed infine i suoi occhi.

 

C’era qualcosa di incredibile in quegli occhi, pensò Leeroy. Lo scienziato si sentì in estasi, come perso nello sguardo incredibilmente folle dal dolore e dalla rabbia del ragazzo, il quale si era piazzato su di lui in un’evidente dichiarazione di morte.

Sentì di non avere scampo, come se fosse diventato la preda di una bestia dalla quale non sarebbe mai scappato.

 

Una lacrima scivolò sul suo sorriso paralizzato, mentre l’Istinto Omicida del bruno lo investiva.

- Che magnificente… arma…- Sospirò, in preda all’eccitazione che si avvicinava al proprio limite percependo i passi del ragazzo avvicinarsi.

 

 

Nell’esatto istante in cui Tengoku ricoprì entrambi i suoi pugni di Fiamme dell’Ira, avventandosi sul verde per distruggerlo, tutto per i suoi occhi ed il suo cervello fu buio.

“ Limbus Shock !”

 

Il ragazzo iniziò lentamente a cadere in avanti, nel mentre al suo fianco, una figura avvolta dall’oscurità lo superava camminando.

L’unica parte visibile del corpo di quell’essere era il braccio sinistro, ricoperto da una manica viola e da un guanto nero. Le dita erano ancora immobili, dopo averle fatte schioccare tra di loro.

 

Con la mano agguantata l’ombra fermò Ten dalla spalla, impedendogli di cadere direttamente per terra.

 

Intanto, Leeroy iniziò a ridacchiare nervosamente, senza smettere di lacrimare con il suo ultimo pensiero ancora vivido nella mente.

“ Quindi siete voi… l’arma magnificente ?” Impazzito dalla paura instillata fino alla radice del suo cervello, il verde venne immediatamente trafitto da un’occhiata assassina.

 

Non poté singhiozzare o ridere ancora, perché dopo aver pronunciato quella frase, la sua testa venne dilaniata in minuscoli pezzi sanguinolenti.

Nonostante il loro creatore fosse appena stato ucciso, i dieci Kuro presenti sull’Hind non reagirono assolutamente, probabilmente anche loro sotto l’influenza della massiccia aura oscura e di desolazione che emanava quell’essere misterioso.

 

Primula osservò terrorizzata l’uomo che aveva appena freddato Leeroy avanzare verso l’elicottero, con Tengoku appoggiato tra la spalla e la mano agguantata.

Infine, con molta cura lui posò il ragazzo dentro il largo e spazioso abitacolo, lasciandolo disteso su di un divanetto fatto montare appositamente.

 

La figlia di Yukiteru cercò di soffocare lo shock di quanto era appena successo davanti ai suoi occhi, e decise di salire sull’Hind più in fretta possibile.

 

 

Quando il suo piede destro si sollevò per avanzare, un bagliore giallo la superò, dirigendosi verso la figura ricoperta di oscurità.

 

Kiiro aveva approfittato immediatamente del cessato fuoco da parte dei suoi cloni, ed immediatamente scaricò una raffica di pugni alla sua massima velocità contro l’unico avversario che gli si parava di fronte.

Il suo scopo era recuperare il suo Capo, il suo amico, e nonostante iniziasse a percepire un indebolimento nel suo corpo, decise di spingersi oltre ogni limite consentitogli.

Alla sua stessa velocità, però, l’uomo misterioso deviò ogni suo colpo con solo l’avambraccio destro. Non importava quanto il biondo tentasse di avvicinarsi, di sfondare la sua guardia, di tentare di distrarlo per superarlo, gli veniva impedita la chance di mettere a segno anche un solo pugno.

 

Con un bagliore minaccioso negli occhi, l’uomo distrusse entrambe le braccia della macchina assassina. Nello stesso istante, con la mano sinistra gli toccò la maschera bianca, per poi impiegare una leggera pressione nel palmo.

 

Primula posò a terra il piede destro, avanzando, e fu allora che Kiiro venne scagliato all’indietro da un singolo colpo.

Fu così rapido che la ragazzina non percepì nulla di quanto fosse successo, e la macchina assassina si schiantò per terra ad oltre trenta metri di distanza.

 

 

Così, con due passeggeri e dieci Kuro a bordo, l’Hind-D iniziò a sollevarsi in volo. In pochi secondi sorvolò il Ponte della Libertà, facendo rotta verso Est.

Erano le 01:00 del 27 Aprile, e dopo due ore e trenta minuti dal suo inizio, l’operazione Meet Me in the Woods si era conclusa con un fallimento critico.

 

Primula aveva il suo sguardo posato sull’espressione serena di Tengoku nel sonno, e con molta compassione soffrì dei dolori che il ragazzo aveva provato per tutto questo tempo.

“ Pensi che sia rimasto ferito ?” domandò timidamente all’uomo di fronte a sé, cercando di non guardarlo per nessun motivo.

 

Davanti a lei, Sebastian, parzialmente avvolto dall’oscurità e dalle ombre, si stava rivestendo con un completo militare trovato da qualche parte lì sopra.

“ Se commettessi errori dopo tutti gli anni di addestramento, non avrei ragione di vivere.” Rispose enigmaticamente l’uomo, liberando i suoi lunghi capelli neri e lasciandoli scivolare fuori dalla giacca che ora indossava.

“ Il Limbus Shock è frutto delle abilità naturali che ho ricevuto dalla mia nascita… perché come sai, per creare me ed i miei fratelli utilizzarono il DNA dei più esperti assassini della Famiglia Estraneo.” Mormorò infine, lasciando percepire per un istante alla ragazza un misterioso bagliore nella sua sclera rossa.

 

- Interrompendo per un istante il funzionamento del sistema limbico, consento all’essere umano di dimenticare qualsiasi istinto primordiale, ossia tutto ciò che è conservato nella zona più antica del telencefalo. Rabbia, paura, Intento Omicida, la sopravvivenza: approfittando delle grandi vibrazioni che causano questi istinti, le “rompo” per un intero secondo, e faccio collassare i neuroni che mantengono svegli gli esseri umani. –

Sebastian era dunque consapevole che il Limbus Shock fosse una sua capacità innata, ma non era ancora a conoscenza dell’Amygdala Shock di Tengoku.

 

Proprio il ragazzo che fissava misteriosamente, con un’abilità tanto simile alla sua, seppur non fosse un assassino.

 

In quel momento l’elicottero vibrò bruscamente per poco tempo, ed immediatamente i dieci Kuro iniziarono ad andare verso la cabina di pilotaggio, rigidi ed in marcia.

“ Mi sorprende che quel Licaone sia ancora in vita.” Mormorò serenamente il Boss degli Anonimato, prevedendo una domanda nella mente confusa di Primula.

 

 

A poco più di venti metri sotto di loro, dalla Laguna di Venezia era sorta una massiccia colonna di ghiaccio, che non faceva altro che continuare ad ergersi verso il cielo.

Sulla sua sommità, proprio Corex, Ottavo Boss della Famiglia Licaone, sfruttava la piattaforma per scagliare dardi di Fiamme della Neve dalle sue mani. Lance di ghiaccio sfrecciavano nel cielo, cercando di colpire l’Hind in allontanamento, il quale però si allontanava sempre più in fretta verso l’orizzonte.

 

Dopo numerosi tentativi falliti, l’albino si accasciò sulla lastra di ghiaccio, esausto.

- Le energie… si stanno esaurendo. Tra poco tempo non sarò più in grado di muovermi come voglio.- Pensò con amarezza e rabbia.

Sembrava che perdere per sempre la sua vita non gli implicasse nessun problema, quanto più voleva portare a termine ciò che sentiva di aver lasciato in sospeso.

 

 

Intanto, alla base del pilastro, sul Ponte della Libertà un uomo stava correndo in direzione dell’elicottero in allontanamento.

Tsunayoshi Sawada, con un rivolo di sangue a sporcargli il mento, portava in spalla il corpo ferito di Kiiro, sebbene il peso aggiuntivo sembrava non rallentarlo affatto. Muovendosi a velocità incredibile sulle proprie gambe, il Decimo Boss dei Vongola aveva il proprio volto oscurato.

Soltanto i denti, serrati, ed una lacrima brillante nella luce lunare, costituivano tutto ciò che quell’uomo stava provando.

- Ten… ho fallito! Non ho mantenuto la mia promessa, neanche insieme a Kyoko !-

 

Il castano continuò la sua corsa senza fermarsi, fino a quando non entrò nel campo visivo dei tre che ancora continuavano il loro scontro qualche decina di metri più avanti.

Reborn e Kevin avevano visto l’elicottero allontanarsi con Tengoku a bordo.

 

- COME HO POTUTO LASCIARE CHE LO PRENDESSERO !?- Nella mente del Tutor Hitman stava esplodendo un inferno di collera e dolore, nel mentre l’assassino attaccava senza sosta con la ferocia di una belva.

Si scagliò in una combinazione apparentemente infinita di attacchi corpo a corpo, nel mentre il giovane dai capelli rossi non riusciva più neanche ad avvicinarsi a Providence, a causa proprio della furia del suo alleato.

 

L’assassino del teschio notò la sete di sangue negli occhi della sua nemesi, ma non reagì in nessun modo, rimanendo immobile in attesa di un colpo.

E quando avvenne, afferrò il pugno di Reborn con una sola mano, immobilizzandolo nella sua presa.

 

Alle sue spalle, fu allora che Tsuna lo superò a gran velocità, senza nemmeno degnarlo di uno sguardo. E così fece Giustizia, aprendo il palmo e fissando impassibile lo sguardo sorpreso dell’avversario.

Infilò una mano nella tasca dell’impermeabile e portò l’altra al volto.

Nel silenzio di quel surreale momento di calma, si tolse la maschera, denudando il suo volto come mai aveva fatto in missione.

 

Quando la fece ricadere al suolo, Reborn si era già allontanato verso il corpo svenuto di Yukiteru, prendendo l’amico sulle spalle.

 

 

 

 

- Io… ho avuto paura.-

Azura Schlmit era rimasta pietrificata, in piedi a pochi passi dall’inizio del ponte, rivolta verso Venezia.

Con il capo chinato e le mani tremanti, pallide, non aveva più mosso un muscolo dopo aver provato ad inseguire Momoka.

 

E con quell’unica giustificazione nella mente, provava ad ignorare il fatto che il suo migliore amico, il ragazzo di cui si era perdutamente innamorata per il suo coraggio e la sua determinazione, fosse stato portato via.

Ma non poteva farlo, per questo non le restava altro che tremare.

Per la prima volta in vita sua non sapeva cosa fare, così come suo fratello ed Akane, alle sue spalle.

 

L’assassina dai capelli neri si mordeva furiosamente il labbro, mentre con occhi lucidi malediceva le sue gambe, l’unica colpa per la quale non si fosse lanciata in soccorso della persona per cui avrebbe dato la vita.

- Ma quale vita? Cosa si fa della vita di una che non può neanche salvarlo !-

 

Al suo fianco, Drake sudava freddo, anche lui con il timore instillato nel cuore.

Si sentiva colpevole di aver sprecato un periodo della loro amicizia nel pensare di lasciarlo. Da allora avrebbe voluto che la oro amicizia, che loro tutti restassero insieme per sempre.

- E ora… ci hanno separato così ?- Non riusciva a capacitarsi che qualcosa di così puro come la felicità e la speranza potessero esser distrutte in un istante, come una farfalla che vola verso la luce prima di venir schiacciata senza pietà.

 

Tutti loro non avevano neanche solo pensato ad un risvolto così tragico per la loro missione.

Se solo avessero potuto resettare l’intero mondo per scegliere le vie del lieto fine, l’avrebbero fatto.

Anche a costo di sacrificare la loro stessa amicizia.

 

 

Passò qualche secondo prima che un’abbagliante luce arancione attirasse la loro attenzione, in direzione del Ponte.

E immediatamente, prima ancora di rendersene conto, qualcuno atterrò tra di loro.

 

Si voltarono tutti, nel mentre il Decimo Boss dei Vongola adagiava a terra Kiiro. Il volto dell’uomo era stato temprato dal dolore, ma adesso con un’espressione determinata fronteggiava il futuro senza l’ombra del dubbio.

“ State tutti bene ?” Domandò con voce ferma, rivolgendosi ovviamente solo a Drake e ad Azura.

 

I due fratelli ricordavano quell’uomo in due occasioni particolari.

La prima era stata quando, stupito dalla loro determinazione, li aveva lasciati venire in Italia assieme a Tengoku un giorno dopo l’attentato alla Namimori High School. La seconda occasione invece, lo avevano trovato ad intimare loro di lasciare la Magione Vongola con tono preoccupante.

 

In quel momento però lasciarono da parte il passato, ed impressionati dalla fermezza che emanava quell’uomo, annuirono tesi come corde di violino.

 

Tsunayoshi si volto poi verso la corvina, la quale lo stava guardando arrossendo dall’emozione, con gli occhi lucidi.

“ Perdonami per quello che ti sto chiedendo Akane, ma nonostante le tue condizioni il tuo aiuto sarebbe indispensabile.” Senza lasciar trasparire anche solo un sorriso, a modo suo espresse un po’ di gentilezza anche in quella situazione delicata.

 

Akane Mizuno non lo lasciò nemmeno concludere l’ultima parola, perché aveva già risposto con un serio e composto: “ Affermativo, Decimo !”.

 

Fu allora che sopraggiunsero anche Reborn, con sulle spalle Yukiteru, e Corex Licaone, planando dall’alto grazie a due getti d’aria fredda che emanava dalle mani.

Il Tutor Hitman rallentò improvvisamente la sua corsa, fino a che non si ritrovò immobile, a testa alta di fronte a Tsunayoshi.

 

I due uomini si guardarono negli occhi, impassibili, ma con un certo fremito nello sguardo che sembrava voler trattenere le loro emozioni.

Il sicario lasciò Yukiteru scivolare a terra, nel mentre si sollevava le maniche della giacca. Il Boss invece si sfilò con uno scatto il cardigan di pelle che indossava sopra la camicia, allentandosi persino la cravatta.

 

Il secondo successivo, sotto lo sguardo sbalordito dei presenti, i due uomini sferrarono un pugno direttamente nella mascella dell’altro.

Gocce di sudore e sangue sprizzarono nell’aria, nel mentre i muscoli delle guance vibravano dopo quel singolo colpo. Poi, piombò il silenzio.

 

“ Sei una mezza sega, Dame-Tsuna …” Sibilò Reborn, ridacchiando, prima di rimettersi sulle spalle l’amico moro.

Il Decimo Boss soffocò una breve risata tra i denti, e stavolta con un’espressione più rilassata, rispose:

“ E tu sei invecchiato proprio male !”

 

Corex, con un sopracciglio inarcato e molta confusione, si intromise in quella discussione.

“ Ok… ma forse adesso dovremmo iniziare a seguire Sebastian.”

Ed, esausto, si portò una mano alle tempie per massaggiarsele.

 

“ Quindi noi sappiamo dove siano andati ?!” esclamò improvvisamente Azura, facendo sussultare il giovane Boss, quasi spaventandolo.

“ Sì, sono riuscito ad attaccare un frammento della mia Fiamma della Neve all’Hind, così da poter percepire i loro spostamenti.” Rispose allora l’albino, stupito dalla veloce ripresa della rossa, la quale lo stava guardando con gli occhi lucidi.

Un istante dopo, senza che potesse evitarlo, la ragazzina si lanciò su di lui, stringendolo in un abbraccio a dir poco soffocante persino per uno come lui.

 

“ Grazie !” Mormorò Azura, iniziando a piangere con il volto premuto contro la maglia dell’albino.

Per quell’istante, il Boss dei Licaone non sentì più il fastidio del contatto umano, e tentando un sorriso naturale, diede una pacca sulla spalla della ragazzina.

“ Dai, dai …” le disse, visibilmente imbarazzato, fino a quando lei non sciolse l’abbraccio per asciugarsi le lacrime.

 

Alle sue spalle, Drake sorrise, e fu contento di aver trovato un motivo per farlo.

La sua attenzione venne catturata da Akane, la quale distesa di schiena a terra, con un braccio sugli occhi singhiozzava con tutta la forza dei polmoni.

“ Ehm… vuoi anche tu un abbraccio ?” improvvisò il tedesco, prima di impallidire nel momento in cui la corvina gli puntò con la mano libera la Walther PPQ.

 

“ M-ma Momoka e Kevin ?!” Azura, come risvegliata, si ricordò che non erano esattamente tutti radunati.

Non ricevette immediatamente una risposa.

 

Reborn si avvicinò a loro della Squadra, e calandosi il fedora sopra gli occhi mormorò freddo:

“ Hanno fatto la loro scelta. Tutto ciò che possiamo fare noi è sperare per la loro salvezza.”

 

 

 

 

 

Kevin scagliò dal suo pugno un’ennesima onda di Fiamme della Tempesta, la quale come tutte le precedenti venne evitate dal suo unico avversario.

 

“ Fuck !”

Il ragazzo lo aveva di nuovo perso di vista.

 

Da solo, nella vastità del Ponte della Libertà, con solo il freddo che lo pungeva attraverso gli strappi nei suoi vestiti.

Sapeva che non avrebbe ricevuto aiuti, né da Reborn, e tantomeno dai suoi maestri Iemitsu e Lancia, in quanto impegnati nella ricerca di informazioni sugli Anonimato a Venezia.

 

E tutto ciò che gli veniva in mente erano le parole di suo padre qualche istante prima, esattamente dopo aver parato un colpo di Reborn.

 

“ Vi lascerò andare, ma solo se il ragazzo rimarrà qui.”

 

E da allora, Kevin aveva iniziato ad attaccarlo senza sosta, ma Providence si era limitato ad evitare ogni suo colpo con facilità.

- Grazie all’allenamento posso utilizzare fino all’ottanta percento del vero potere della mia Fiamma senza perdere il controllo. Ma sono ancora troppo lento !-

Sebbene fosse cosciente del fatto che il suo avversario si stesse nascondendo tra le ombre, cambiò la sua posizione, non più in guardia.

 

Piegò le gambe, tra loro divaricate, e richiamando i pugni a sé iniziò a venir pervaso da un vortice di calore.

Quel caldo bruciante che lo avvolgeva, che lo attraversava come un respiro, il suo stesso respiro, pulsava nel sangue e nei polmoni senza sosta.

 

E la vista si dissolveva.

 

“ KEVIN !!”

Come un fulmine a ciel sereno, le Fiamme della Tempesta si placarono, ed il ragazzo spalancò gli occhi.

- Stavo… perdendo il controllo ?- Tremò, realizzando il rischio contro il quale stava andando incontro senza nemmeno che avesse potuto accorgersene.

 

Così si voltò verso la voce che lo aveva risvegliato, ed il suo cuore accelerò il battito per l’emozione.

Non ne comprese il perché, ma la visione di quella ragazza dai capelli castani e gli occhi color nocciola che correva verso di lui, dopo quanto era appena successo, gli provocò una strana sensazione nel petto.

 

“ Che ci fai qui ?!” Le urlò contro comunque, ma Momoka Reader non rispose, fermandosi a pochi metri da lui.

“ Stavi cercando di superare il tuo limite ?” La Nebbia ignorò quella domanda, ed utilizzando un volume altrettanto alto, zittì il rosso.

Kevin spalancò gli occhi, ammutolito. Vedeva chiaramente che la ragazza stava tremando, nel mentre lo guardava con uno sguardo di rimprovero.


Lui era esausto, ferito ed aveva provato a superare suo limite per raggiungere il pieno potenziale della Fiamma di Fon.

Il motivo della paura di lei era tutto ciò, lo aveva capito.

 

“ No.” Rispose con un sospiro, prima di passarsi una mano tra i capelli, appiccicati alla fronte per il sudore.

La castana rimase immobile a fissarlo con sguardo fermo, fino a quando il ragazzo non aprì di nuovo bocca.

 

“ Non sono così stupido da farmi sconfiggere dalle mie debolezze. Ricordi ?” E con un sorriso beffardo, Kevin si picchiettò la tempia con l’indice.

Momoka rimase impassibile per qualche secondo, prima di sorridere. Anche il suo cuore in quel momento si stava riempiendo di gioia, senza sapere il perché.

 

Non c’era un perché, era così e basta. Ed a entrambi andava bene.

 

 

Kevin Celeste si voltò e sollevò la testa verso l’alto, ritornando improvvisamente serio.

In piedi su di un lampione, in contrasto tra il cielo notturno e la luce giallastra, l’ombra di un uomo li fissava.

Il ragazzo sapeva che quella persona fosse l’assassino chiamato Providence, e allo stesso tempo suo padre.

 

Giustizia, con i suoi lunghi capelli rossi che si sollevavano nella brezza marina come una bandiera, fece schioccare una nocca della sua mano alla volta, interrompendo ogni secondo il silenzio con quel leggero rumore.

Lo sguardo del padre e del figlio si era incontrato.

 

Kevin avvertì un tocco caldo sulla pelle, ma non si scompose.

Momoka aveva cinto il suo collo con le braccia, appoggiandosi alle sue spalle come in un delicato abbraccio.

In entrambe le mani stringeva il Cellulare Posseduto, ormai scarico ed inutilizzabile.

 

“ Hai intenzione di ucciderlo ?” domandò lei, con una nota di tristezza nella voce.

Un mondo senza domande del genere era tutto ciò che desiderava, ma non stavano vivevano in una fiaba.

Kevin non rispose, sebbene quelle parole lo avessero colpito al cuore.

 

“ Vivi …” sussurrando ciò nell’orecchio di lui, Momoka incominciò ad emettere una misteriosa luce indaco dal suo corpo.

Il Cellulare Posseduto e le Fiamme di Viper non si attivarono, come se quell’energia fosse solo merito della ragazza, questa volta.

 

“ Sono le tue Fiamme della Nebbia ?” domandò il ragazzo, avvertendo quella calda e confortante energia pervadere anche la sua di pelle, diventando un tutt’uno con essa.

La Guardiana annuì silenziosamente, prima di sciogliere quell’abbraccio ed allontanarsi indietreggiando.

 

I suoi occhi, affaticati ma allo stesso tempo luccicanti di una luce chiamata speranza, erano puntati sulla schiena del rosso.

“ Ricordati di vivere.” Ripeté un’altra volta, fermandosi.

 

 

Il corpo di Kevin esplose in una colonna rossa cremisi, la quale si sollevò fino al cielo come un faro nel velo notturno.

Quando il bagliore si placò, attorno alla figura del ragazzo stava venendo emanata una bruciante Fiamma rossa, avvolta però da un colore meno intenso, più caldo e piacevole alla vista.

Il cremisi e l’indaco, assieme in quell’aurora di fiamme ed energia che risplendeva adesso anche negli occhi del ragazzo.

 

 

Le ferite non gli erano state curate, così come non gli erano state ripristinate le energie, eppure adesso sembrava mille volte più intimidatorio di prima.

- Con il cento percento del mio potenziale …- il rosso strinse il pugno destro davanti al proprio volto, prima di caricarlo dietro la testa.

- …e la fiducia di non poter crollare …- Piegò le ginocchia e distese una gamba all’indietro, assumendo una posizione adatta per saltare.

 

 

Tutto si fece buio, senza una certezza.

- Io ti… ucciderò ?-

 

 

 

 

 

 

 

 

Ricordi.

Tutto ciò che aveva erano ricordi. O forse no?

 

Non per la prima volta in vita sua, il ragazzo si domandò perché non riuscisse a ricordare qualcosa, specialmente nel periodo che precedeva i suoi dieci anni.

 

Fu allora che tutto ciò che riconobbe immediatamente come dei ricordi, lo attraversarono in un turbine di colori, suoni, odori, immagini.

Non sentiva niente di tutto ciò sulla sua pelle, ma riconosceva ogni singolo senso come il suo, soltanto appartenente a qualcosa che aveva ormai dimenticato.

 

Come sassi che non sprofondano nell’acqua, ma attraverso il processo inverso riemergono in superficie.

 

 

Tsunayoshi Sawada che lo prendeva in braccio e, per la prima volta lo appoggiava sul seggiolino montato sopra la sua bicicletta. Quante volte lo aveva portato in giro per i giardini della Magione, facendogli provare sulla pelle il contatto del sole e del vento, mentre lui si stringeva alla maglia dell’uomo con un’iniziale paura.

Kyoko Sawada, l’unica verso la quale correva quando piangeva, fosse per la paura di una cavalletta nel prato, o per aver sbattuto la testa. Si era rifugiato tra le sue braccia, spesso anche solo con il pretesto di ricevere delle attenzioni quando si sentiva solo, o quando non voleva raccontare di un pasticcio combinato.

I Guardiani, l’apprensivo Gokudera, Yamamoto il compagno di giochi, Lambo il distratto confidente, Mukuro lo strambo, lo zio Ryohei, la gentile Chrome, Kyoya…

 

La luce dei giorni in cui si divertiva, in cui era circondato da volti sorridenti, da amici. Nessuno era nemico.

 

E rideva.

 

Rideva…

 

 

 

“ NO !!”

“ BASTA RIDERE! BASTA… con questa… luce !”

Pensava di essere già sveglio, ma quando Tengoku spalancò gli occhi di soprassalto si rese conto che non era così.

Gli occhi gli bruciavano, sentiva la gola secchia, con la saliva che la raschiava e la sua pelle rabbrividiva ad ogni goccia di sudore che gli scivolava sopra.

 

Era triste, ed aveva voglia di piangere per un’ora intera, ma non ne capiva il motivo.

 

 

Si trovava seduto su di un divano bianco, ed in ginocchio con le gambe accanto alle sue, una ragazza dai capelli neri si era distesa su di lui.

Anche gli occhi di Primula lacrimavano, e con mano tremante tentò di sfiorare il volto del ragazzo.

 

Tengoku rimase immobile, senza parole mentre le dita affusolate di lei percorrevano una scia sulla sua guancia, fino a giungere sulle labbra.

“ Tu sei… la figlia di Yukiteru ?” Mormorò con quelle stesse labbra il bruno, facendo sobbalzare dalla sorpresa lei.

“ C-come hai… ?” Primula ritrasse la mano, vedendo l’altro asciugarsi lentamente il volto.

 

“ I lineamenti del volto ed il collo sono simili, e quando battete le palpebre si forma una piccola piega sul lato esterno dell’occhio.” Rispose serenamente Ten, riacquistato un atteggiamento ed un tono completamente diverso da quello di pochi secondi prima.

Si sentiva a disagio in quella situazione, quasi in maniera infantile, ma nel suo modo di fare Primula riconobbe l’innocenza e la purezza di un bambino.

 

 

“ Tu sai perché sono qui ?” domandò allora il ragazzo, ugualmente senza scomporsi.

Per qualche misterioso motivo non si sentiva spaventato o in pericolo, sebbene si fosse reso conto di esser stato rapito e portato lontano dai suoi amici.

“ Sì, Sebastian ti stava cercando.” Allora Primula si sollevò dal divano, permettendo anche a lui di rialzarsi.

 

In quel momento, entrambi si stavano guardando negli occhi.

La corvina era alta esattamente quanto l’altro, il che per i suoi quindici anni non voleva dire molto.

Quello che Ten constatò fu che la ragazza riportava tratti di due etnie differenti, essendo a tutti gli effetti di padre giapponese e madre italiana.

 

“ Non ti manca tuo padre ?”

 

E con quel timido e completamente fuori luogo sorriso, il bruno perforò la figlia di Yukiteru con una scarica di sensazioni che non aveva mai provato prima.

Lei esitò, per poi nascondere il disagio che l’aveva assalita abbassando la testa.

“ S-sì… ma tornerò da lui solo quando Sebastian lo vorrà.”

 

 

“ Yukiteru ti starà cercando, deve essere preoccupato.”

Nel momento in cui pronunciò quelle parole, Tengoku realizzò qualcosa che prima non aveva concepito.

 

Tsunayoshi… lo aveva sempre assecondato.

Nel momento in cui aveva iniziato a sentire la sua mancanza, si era presentato a Namimori per portarlo in salvo. E tutto quello che aveva sentito durante la sua misteriosa ed ancora ingiustificata permanenza in Giappone solo con Veronica, era proprio di rivedere i suoi genitori.

Ma quando Kyoko e Tsuna erano arrivati, lui stava già iniziando a costruire la sua vita, con Reborn, Veronica, Drake, Akane… e così lo avevano lasciato andare.

 

 

“ Vattene. Tu e chiunque abbia intenzione di seguirti.”

 

 

Lo aveva lasciato crescere con i suoi amici, attraversare tempi bui e difficili, rischiare la sua vita.

Ma in quei momenti aveva mai chiamato il nome di suo padre o di sua madre, pregandoli di riportarlo al sicuro?

No.

 

Aveva riso, aveva provato la gioia di salvare i suoi amici e di essere salvato da loro, di innamorarsi, di piangere assieme a Xian, di continuare a rimanere assieme a Reborn.

 

 

“ Lo so. Però, anche se Sebastian ha ucciso mia madre… io l’ho perdonato, perché in fondo l’oscurità che alberga dentro di lui è un peccato presente anche nel mio sangue.”

Le parole di Primula lo fecero rinsavire da quel flusso di pensieri.

 

“ Lo hai perdonato… io non potrei mai perdonare una persona così.” Senza rivolgersi a qualcuno in particolare, il ragazzo si infilò una mano nella tasca.

Avvertì un qualcosa di freddo e spigoloso al tatto, così prese qualsiasi cosa fosse.

 

Un anello con due pietre incastonate, entrambe a forma di goccia, ma di colore rispettivamente rosso e giallo.

Lo strinse nel pugno.

Non pensava di averlo ancora in tasca.

 

- Questo anello è un altro ricordo di quella sera. Perché ho l’impressione che oggi il destino voglia dirmi qualcosa ?- Un po’ emozionato, sorrise divertito dall’ipotesi che aveva appena pensato.

 

“ No, tu lo hai già fatto… fidati.” La risposta all’affermazione di poco prima gli arrivò all’improvviso, ma quando sollevò lo sguardo Primula lo guardava con le gote arrossate ed un sorriso incerto.

In quel momento la porta in fondo a quella misteriosa stanza si spalancò, e l’ultima frase rimase senza risposta.

 

“ Sawada, vieni !” Una voce maschile, appartenente ad un ragazzino, richiamò il bruno all’attenzione.

Doku, figlio di Mukuro Rokudo e Chrome Dokuro, ovvero i due Guardiani della Nebbia di Tsunayoshi, lo stava fissando con un’espressione truce.

 

Tengoku non si lasciò intimidire, e senza dire altro avanzò. I suoi occhi si focalizzarono sul pugnale ancora nel fodero, pendente dalla cintura del ragazzino.

Al suo fianco, però, sentì Primula agitarsi, come se avesse voluto dire altro, ma non avesse potuto farlo a causa del terzo individuo.

 

Però la corvina, prima che lui la lasciasse, protese una mano verso di lui per accarezzargli un’ultima volta la guancia.

“ Non odiare Sebastian, te ne prego.”

 

 

Nel mentre la porta di chiudeva alle sue spalle, il bruno rabbrividì per quelle parole.

Non ebbe il tempo di voltarsi, perché il corvino di fronte a sé si stava già incamminando nel lungo corridoio buio dove si trovavano.

 

Il pavimento e le pareti sembravano esser costruite con un cemento molto spesso, mentre l’alto soffitto era ricoperto da reticoli di tubature e misteriosi luci ad intermittenza sparse nell’oscurità.

 

“ Ascolta bene …” ringhiò Doku mentre continuava a camminare, quasi sfiorando con le mai il manico del coltello.

“ Se il piano è sempre quello che mi hanno raccontato, dopo che non avrai più un utilizzo potrò fare di te ciò che voglio. Così una volta per tutte capirò cos’hai poi di così speciale !”

 

Tengoku non stava nemmeno ascoltando cosa l’altro gli stesse dicendo.

I suoi occhi rimanevano fissi davanti a sé, ma il suo intero corpo era in realtà già in ricerca, attraverso i sensi, di ciò che stava cercando.

- Qualcuno ci sta osservando… qualcuno molto bravo a nascondere la sua presenza. Però non si fa avanti, rimane lontano, forse a circa cinquanta metri, nell’oscurità.-

 

Doku si fermò di fronte ad un portone di acciaio spesso, prima di voltarsi verso il ragazzo e fargli cenno di entrare.

“ Il padrone fin’ora ha voluto che solo tu entrassi in questa stanza. Spero sia la sa sala delle torture o robe del genere, wehehehe !” e ridendo con voce graffiante e acuta, il corvino si incamminò lentamente verso la direzione dove erano venuti, lasciando il bruno da solo.

 

Ten non esitò nemmeno un istante prima di aprire la porta.

- Ho bisogno di risposte !-

 

 

La visione che si ritrovò davanti nel momento in cui il portone si chiuse alle sue spalle, non era affatto una camera delle torture.

Pochi scalini procedevano verso il basso, portando ad una stanza  di forma rettangolare, anche più piccola di quella dove si era risvegliato.

Il buio ne faceva da padrone, tranne per quattro candele dispose a forma di quadrato al centro.

 

E proprio lì, sopra ad una piattaforma di granito, una specie di lunga scatola nera e massiccia era adagiata, illuminata a malapena dal fuoco.

 

Tengoku mosse il suo primo passo. Lo aveva visto.

 

Vestito con un completo nero, senza però i guanti, Sebastian gli dava le spalle, inginocchiato di fronte a quel misterioso oggetto.

Era chino sulle ginocchia, con il capo e le mani posate sul freddo pavimento. Non si mosse neppure quando il ragazzo raggiunse il suo stesso piano, rimanendo immobile a pochi metri dalla sua schiena.

 

Passarono  poco più di cinque minuti, finché l’uomo interruppe qualsiasi cosa stesse facendo per alzarsi.

Fu allora che si voltò, ed il loro incontro avvenne.

 

Gli occhi verdi di uno negli occhi rossi dell’altro.

 

“ Scusami per averti portato qui in modo così brusco. Non volevo che ti facessi male, lì sul Ponte.”

Il ragazzo si sarebbe aspettato del sarcasmo da una frase del genere. Anzi, si sarebbe aspettato di tutto dall’uomo dietro i movimenti che ormai stavano, a detta di Reborn, terrorizzando i Vongola.

 

Eppure il bruno sentì solo una voce calda, anche molto incerta, come se fosse per l’uomo difficile dire quelle parole.

 

“ È… molto gentile da parte tua.” Sul serio, tutto ciò che il ragazzo sentiva di dire era quello.

Non riusciva a contestualizzare il comportamento di Sebastian con tutto ciò che era successo, ed a tutti gli effetti lui non gli aveva mai fatto del male.

 

Il corvino, a quella risposta, sorrise amaramente.

“ Quindi non ti ricordi proprio di me ?”

Il silenzio inghiottì qualsiasi parola da parte del ragazzo, che sentendo ciò avvertì la stessa sensazione di prima nel petto, ma molto più forte e destabilizzante.

 

Il cuore gli batteva forte ed il respiro si faceva più profondo, mentre sentiva che se non si fosse mosso, se non avesse parlato, sarebbe impazzito in quel silenzio.

Doveva parlare, ma non sapeva cosa dire.

 

Sebastian non ottenne quindi risposta, e dopo poco abbassò il capo, scuro in volto.

Le ombre lo abbracciavano come due braccia umane. Per meglio dire, li abbracciavano, perché lì dentro il ragazzo si sentì avvolto da una presenza che non conosceva.

Ma calda e malinconica allo stesso tempo, simile ad una ninnananna.

 

“ Tutta colpa di quei maledetti dei Vongola !”

Ringhiò l’uomo, stringendo i pugni con una specie di sussulto al petto.

“ Perché stai attaccando i Vongola ?” Domandò all’improvviso il bruno, avanzando di un passo verso l’altro.

La sua voce tremava, non riusciva a provare rabbia verso i pensieri di Sebastian.

 

Non dopo l’ultima sensazione provata e quei ricordi.

 

 

“ Perché mi hanno tolto tutto ciò che avevo… che mi aveva per la prima volta fatto sentire bene !”

Un scintillio venne riflesso in qualcosa che cadde a terra. Seguì un altro bagliore.

 

Quel ticchettio si interruppe nel momento in cui l’uomo si portò una mano in volto, e fu allora che a Tengoku mancò il fiato.

Non poteva credere che quelle fossero lacrime.

Non poteva credere che Sebastian stesse piangendo.

 

 

Ma perché?

Perché non ci credeva?

 

 

Mentre il cuore batteva sempre più forte, facendolo impazzire con quel rumore costante nelle proprie orecchie, il ragazzo notò che la luce del fuoco si rifletteva in parte anche su delle cornici appoggiate alla scatola nera.

 

Una grande fotografia raffigurava una donna in abito da sposa.

Al ragazzo apparve subito una donna molto bella. Era giovane, con dei grandi occhi verdi, un piccolo naso leggermente all’insù e le gote rosse mentre sorrideva, forse emozionata per quello che sembrava essere il suo matrimonio.

I capelli erano bruni, raccolti sopra la nuca ed intrecciati davanti in due piccole trecce che le ricadevano ai lati del volto.

 

Una fotografia sulla sinistra, più piccola, raffigurava invece quella stessa donna, forse con qualche anno in meno e con i capelli più corti, in compagnia di un giovane uomo.

Entrambi sembravano avere appena vent’anni, lei aveva un gomito poggiato sulla balconata dalla quale si sporgeva, con il mento nel palmo ed un sorriso divertito.

Il ragazzo l’abbracciava con un solo braccio, ed era palese l’espressione molto timida che mostrava.

I suoi capelli erano bianchi come la neve, corti e mossi, mentre i suoi occhi di colore rosso.

 

A giudicare dal loro vestiario doveva essere estate, ed infatti una data riportava “15/07/1998”.

 

La terza fotografia, sulla destra, raffigurava nuovamente la donna bruna, questa volta distesa su di un letto d’ospedale.

Aveva un sorriso stampato in volto, seppur apparisse affaticata, e nelle braccia stringeva un neonato avvolto da un panno.

Il piccolo piangeva, con le palpebre serrate ed nel piccolo pugno stringeva una ciocca di capelli bianchi, appartenenti all’uomo chinato a cui li stava tirando.

L’albino era lo stesso della foto del 1998, questa volta però con i capelli molto più lunghi e lisci, fino al bacino. L’espressione, seppur sofferente, non nascondeva una grande gioia che lo aveva inevitabilmente portato alle lacrime, le quali arrossavano i suoi occhi.

La data era 18/03/2002, molto probabilmente la data di nascita di quell’infante.

 

 

Tengoku tremò, attraversato da una scarica di brividi.

Le lacrime di Sebastian, il sorriso del’uomo e della donna in foto, la scatola nera di forma rettangolare posta sopra a quello che sembrava un altare.

 

 

Anche lui scoppiò a piangere, e per la prima volta, come aveva pensato pochi minuti prima, sentì il bisogno di avere vicino a sé i suoi genitori.

“ Papà… ?”

 

Sebastian sollevò lo sguardo davanti a sé, mostrando un volto distrutto dal dolore che provocò ancora nel cuore del bruno una fitta gelida.

“ Hanno ucciso tua madre… e ti hanno portato via da me !”

Crollando al suolo, il corvino urlò il nome di una donna, “Elisabetta”, al quale immediatamente Tengoku associò la parola “mamma”.

 

 

Ma Elisabetta Vongola, figlia di Dado Emanuele Vongola non poteva rispondere, rinchiusa nel freddo e nel buio della bara nera, rischiarata appena dalle quattro candele.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Angolo Autore:

Welcome back! Come va? Spero tutto bene, soprattutto perché con questo capitolo non vorrei avervi trasmesso troppa tristezza.

Tutti i nodi vengono al pettine, non ci sono più altri misteri, se non forse uno solo ed un flashback.

Abbiamo scoperto il motivo per il quale Kiiro è diventato quel che è, ed infine (in parte) è stato svelato il passato di Tengoku.

 

Sin dall’inizio di SoF non volevo creare il solito protagonista dal passato difficile che ha alterato il suo carattere ed il suo modo di essere. Allo stesso tempo non volevo neanche un protagonista dal passato troppo normale, o altrimenti sarebbe stato identico a Tsuna.

Per questo mi è piaciuta l’idea di non fargli avere un ricordo preciso della sua infanzia, ma di farla scoprire pezzo per pezzo con l’evoluzione della trama.

So benissimo che non si è ancora scoperto il perché lui abbia i ricordi così annebbiati, o addirittura che non si ricordasse dei suoi veri genitori. A tutto c’è un motivo, con il prossimo capitolo spero davvero di far venire tutti i nodi al pettine per quanto riguarda il background di Tengoku… ma non solo.

 

Vi anticipo anzi che il prossimo capitolo sarà un salto nel passato che non potreste neanche immaginare.

Più di quindici anni indietro nel tempo, per conoscere la tragedia di Sebastian.

 

Prima di concludere vi lascio con una frase, sulla quale spero ci ragionerete un po’ su: “ Sebastian è il vero protagonista della seconda saga”.

 

Alla prossima!

 

P.S: Il titolo di questo capitolo è una frase presente nella poesia “Non recidere forbice quel volto”, di Eugenio Montale. A mio parere, per il significato del verso si addice incredibilmente bene a questo capitolo, ed alle sensazioni dei suoi due protagonisti: Tengoku e Sebastian.

Inoltre, la scena dell’attacco di Kiiro a Sebastian in meno di un secondo è stato strutturato in maniera simile ad una parte della fanfiction “Fairy Tail ga Kill”. È stato un mio piccolo omaggio al suo autore, uno dei primi che ho iniziato a seguire da quando sono su questo sito, ovvero andry_94_hell, o meglio Lord_Ainz_Ooal_Gown.

 

 

Omake Numero 6: Una battuta fredda come il Ghiaccio.

 

Tengoku, con in spalla Xian, stava correndo a perdifiato verso Venezia, attraversando a lunghe falcate il Ponte della Libertà.

Fu allora che si accorse del suono.

 

Un suono stridulo in lontananza, ma che con il passare del tempo si faceva più forte e vicino.

Il bruno si voltò in un battibaleno, in tempo per vedere uno strano uomo ricoperto da un’armatura bianca, intento a pattinare verso di lui, generando ad ogni spostamento una scia di ghiaccio sull’asfalto.

 

“ Ehi, autore di merda! Si può sapere che modo di dire idiota è ‘ a perdifiato’?! Chi è il coglione che perde il fiato, ma soprattutto come si fa a perdere il fiato? Non si può perdere, perché emettiamo fiato in continuazione, cazzo !”

Ghiaccio ed il suo White Album continuarono ad inveire nella notte, sotto lo sguardo molto confuso di Tengoku.

 

“ E poi ‘battibaleno’? BATTIBALENO! Che cos’è, un battito ed un baleno? Ma non c’entrano assolutamente niente, perché non si parla in un italiano normale, vaccadì !!”

 

 

 

Fin.

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Capitolo 4
*** Target Number 4: Cogli una rosa e spezzale la vita ***



Target Number 4: Cogli una rosa, spezzale la vita.




1987

 

Iniziò tutto con un fastidio quasi impercettibile, simile ad una puntura di spillo.

Con il passare del tempo, gli occhi si spalancarono percependo un dolore insopportabile.

 

Era atroce, gli divorava i polmoni ed il fegato come un acido, aprendogli i capillari dall’interno.

Il suo corpo stava implodendo per colpa di un qualcosa nascosto sotto la pelle, il quale provava insistentemente a raggiungere la luce.

Se avesse potuto parlare, l’unica cosa che avrebbe detto sarebbe dunque stata: “Fa male.”

 

“ Un’altra volta non ha funzionato proprio un cazzo !” Tossendo e rigurgitando del catarro, un uomo anziano chino su di una macchina abbatté il proprio pugno sul tavolo.

Si alzò, zoppicando a causa di una malattia alle gambe verso gli occhi spalancati che lo fissavano.

 

“ Continua così… e giuro su quant’è vero Iddio, che ti ammazzo.” Si avvicinava tanto da poter sentire il respiro profondo ed ansimante, poi lo afferrava per i capelli, strattonandolo a destra e a manca in uno dei suoi scatti d’ira.

Quando lo lasciava stare, dopo almeno due minuti, non si curava di slegarlo dalla sedia, e spegneva la luce nella stanza dopo essersene andato.

 

In quei momenti il dolore sussisteva, ma almeno era al sicuro.

Protetto dalle ombre, dalle voci che gli parlavano da dentro al suo corpo, c’era il bambino.

La sua pelle magra che lasciava sporgere le ossa, era ancora ferita dalle creature solite ad apparire ogni volta che lo facevano sedere su quella sedia. Insetti, simili a zanzare pulsanti di sangue, forse proprio il suo, che scoppiavano come nauseabondi palloni gonfi di carne, schizzando le loro viscere nell’oscurità.

 

E da dietro la maschera di ferro che indossava, il bambino senza nome poteva solo sperare di addormentarsi il più in fretta possibile, mentre le sue carni bruciavano al punto che se le sarebbe strappate se ne avesse avuto modo.

Non faceva altro che piangere per il dolore.

Aveva fame, sentiva dolore. Non aveva paura.

 

Sapeva che quell’uomo era solo il suo papà, così come gli altri bambini più grandi di lui che vedeva raramente erano i suoi fratelli. E quella stanza lurida e ricoperta di muffa, la sua casa.

Non poteva aver paura della sua casa, perché non aveva conosciuto altra vita al di fuori di quella.

- Solo che …-

Pensò nel silenzio, scoppiando a piangere per il dolore che non poteva lenire, a causa delle sue mani legate dietro lo schienale della sedia.

- Vorrei non provare più dolore. Vorrei che papà trattasse me come i miei fratellini.-

 

Avrà avuto all’incirca nove, o forse dieci anni, ma poteva sopravvivere molti più giorni di un normale umano senza mangiare, bere o espellere i propri rifiuti organici. Lo sapeva, sapeva che il suo corpo era diverso, suo padre glielo avrà ripetuto una quantità infinita di volte.

Per questo sapeva che lo ‘stare sulla sedia’ e subire quel dolore ogni giorno, era solo un modo per farlo diventare più forte. Ecco perché voleva bene a suo padre.

 

 

 

1988

 

“ Dieci anni… Non avrei potuto sprecare peggio il mio tempo, quattro dei tuoi fratelli erano più che sufficienti !”

Faceva freddo sul canale di scolo, in quella sera d’estate.

 

In lontananza macchine e passanti sulle strade producevano rumore, così come l’acqua dirompente nello scolo che sgorgava nelle buie fogne.

Per raggiungere quel varco oscuro bisognava seguire il canale in un salto di qualche decina di metri, sprofondando tra il muschio ed i rimasugli di rifiuti incastrati nelle pareti.

 

 La figura, inginocchiata a poca distanza dal precipizio, aveva i gomiti legati fra loro ed un sacco sulla testa.

Al di sotto, anche la bocca inondata di lacrime, era stata tappata da un capo di corda.

Tremava, per la prima volta provando paura in vita sua. Aveva capito tutto.

 

Dalle parole fredde del padre, dal freddo e dal suono scrosciante dell’acqua dietro di sé.

 

L’uomo anziano, nonostante il suo corpo stesse per cedere a causa dell’età, con quel gelo riusciva ad impugnare una pistola di fronte a sé, rimanendo immobile.

“ Ma a chi importa… quattro di loro sono già abbastanza, soprattutto per chi vorrà seguire gli ideali della Famiglia.” Mugugnò tra sé e sé, rivelando sul collo un tatuaggio appartenente ad un clan ormai stato bandito dalla mafia.

“ A me poi uno in più, uno in meno, tra l’altro mal funzionante, non cambia nulla.”

E dicendo ciò, senza esitare nemmeno per un istante, premette il grilletto.

 

La canna della pistola esplose un proiettile, risuonando nella notte fino alle stelle.

La pallottola si conficcò nel petto del bambino ai suoi piedi, prima che questi, bruciando i suoi polmoni in un grido, scivolasse nel baratro.

 

Sangue spruzzò nell’aria. Sangue si mescolò nell’acqua.

Sangue fu l’ultima cosa a venir inghiottita dal buio, prima però di quello straziante urlo soffocato, di paura.

 

 

 

 

 

1998

 

 

Liz aveva appena concluso un’altra giornata di studi quando le 14 erano già scoccate, così si affrettò a raggiungere la metro.

Frequentava il terzo anno dell’università di lingue, nonostante ultimamente iniziava a pensare che avrebbe preferito studiare letteratura, la sua più grande passione assieme al Giappone.

 

Così passava le sue giornate sui banchi sognando la terra del Sol Levante, oppure sbirciando di nascosto un passo degli autori contemporanei italiani dalla sua immancabile raccolta di romanzi nella borsa.

Forse un po’ credeva a quello che gli dicevano i suoi genitori ed alcuni suoi conoscenti, ovvero che continuando a rimanere in disparte non si sarebbe mai fatta un amico.

 

Aveva da un paio di anni cambiato città per continuare gli studi ed iniziare a vivere da sola, ma nonostante tutto il peso di abbandonare le certezze della vita da minorenne, protetta dai genitori e dai suoi amici d’infanzia, adesso le ricadeva addosso più forte.

Lavorava in un bar come cameriera part-time, appartenente allo zio di uno degli amici che aveva ormai salutato per non rivedere più.

Studiare e lavorare circa quattro ore al giorno, dal pomeriggio fino a sera, a volte le causava dei problemi.

 

- Ma senza qualche piccola difficoltà che gusto ci sarebbe ?- Si diceva spesso da sola, cercando di sorridere quando si risvegliava alle sei del mattino, dopo aver passato una notte sui libri, magari anche a poche ore da un esame.

 

 - Ho voluto io la mia vita, e non posso smettere di pedalare… o non era così ?- Si domandò curiosa in merito a quell’argomento, fermandosi in mezzo al marciapiede con un dito sul mento.

- O forse era una bicicletta… che non posso cambiare ?- Mentre continuava a pensare a proverbi e modi di dire, senza un motivo si distrasse al punto da guardare altrove, verso i raggi di sole.

La luce attorno a lei filtrava tra le foglie di un parco necessario da attraversare per raggiungere la fermata del tram, di fronte alla stazione.

 

Si stropicciò gli occhi, un attimo incerta di ciò che aveva appena visto.

Il suo sguardo mutò improvvisamente, accigliandosi e stringendo forti i pugni. Un secondo dopo stava avanzando a passo rigido e ferma, puntando quel qualcosa davanti a sé infuriata.

“ EHY !” Urlò, appoggiando i pugni ai fianchi e chinandosi in avanti con un’espressione molto arrabbiata.

 

Davanti a lei, un ragazzo pressoché della sua stessa età, sedeva ad una panchina all’ombra di un acero.

I capelli bianchi, morbidi, gli ricadevano sulle spalle, spostati dietro le orecchie per non intralciare gli occhi nella lettura. Stava infatti leggendo, prima che l’ombra della ragazza gli si parasse davanti alla luce del sole, un fumetto giapponese abbastanza noto.

 

Sollevò allora lo sguardo, notando per prima cosa davanti a sé la scollatura di lei, arrossendo. Cercò di far finta di niente e sollevò ulteriormente gli occhi, per poi indicarsi con fare interrogativo.

“ Sì, dico a te !” Ruggì Liz, spaventando l’albino avvicinando ancor di più il suo volto, e rispettivamente il suo seno a lui.

 

- Cosa vuole questa?! Ommioddio, spero non si sia accorta che le ho guardato… non sarà tipo una teppista o robe del genere ?- La mente di lui intanto era in un attimo di caos, non riuscendo effettivamente a capire perché mai gli stesse succedendo tutto quello.

“ Stavi leggendo da sinistra verso destra !” Continuò allora la ragazza, facendo scivolare una ciocca dei suoi lunghi capelli bruni sulla propria spalla, per poi farla ricadere al fianco.

“ Eh ?” rispose l’altro, sempre più confuso su cosa volesse la ragazza.

 

“ Che vuol dire EH?! Ho detto che stavi leggendo da SINISTRA verso DESTRA! Questo è un manga, se non lo sapessi, e se proprio hai avuto il coraggio di comprarlo avresti dovuto avere, come minimo, un po’ di rispetto per la cultura giapponese, e quindi avresti dovuto leggerlo da DESTRA verso SINISTRA! Capito ?!”

Dopo aver detto quelle frasi con una sola emissione di fiato, la bruna si ritrovò a boccheggiare in cerca d’aria, ma comunque rimase con sguardo furente ancora sugli occhi leggermente spaventati dell’albino.

- Ah.- Pensò allora lui, senza però dirlo per evitare un altro discorso isterico da quella specie di fanatica.

 

Infine si schiarì la gola, cercando di mostrarsi tranquillo, nonostante il seno di lei a poca distanza dalla sua faccia non lo aiutasse. E per i seguenti motivi non poté nemmeno alzarsi, così accavallò le gambe.

“ Intanto non lo stavo ancora leggendo, stavo solo sfogliando le pagine… non è certo il primo manga che leggo questo, eh.” Rispose con una punta di saccenteria, giusto per cercare di scoraggiare un’ulteriore attacco di isteria da parte dell’altra.

“ Sì, è facile nascondere la propria ignoranza: tu lo stavi chiaramente leggendo !” Lo interruppe Liz, senza nemmeno ascoltare le ultime parole.

 

Una vena iniziò a pulsare sulla fonte dell’albino, nonostante lui cercasse di mantenere un finto sorriso.

“N-no, fidati, ti stai sbagliando.”

“ Ed invece a me questo sembra proprio il manga che prenderebbe un ignorante nel settore. Guarda qui: è una schifezza stereotipata, si vede benissimo anche solo dalla copertina !” Lo interruppe nuovamente la bruna, incrociando le braccia al petto.

- No, questo no !- Si disse allora il ragazzo, ed ignorando qualsiasi conseguenza estetica, si alzò di scatto con determinazione.

“ Ma lo sai almeno che la Principessa Chou-Neko è stato un manga campione di incassi, ed ha anche un seguito incredibile? L’ho comprato proprio perché sin dalle prime pagine ne avevo già carpito il capolavoro !” Anche con un tono di voce più alto rispetto a prima, agitò il pugno nell’aria, come bruciando per la carica che gli saliva dentro parlando dell’opera che aveva appena scoperto.

 

“ Seh, che gusti di merda.” Si limitò a dire Liz, voltando anche il capo per distogliere lo sguardo seccato, freddando in un istante l’altro con quel modo di fare gelido.

“ M-m-a …” mormorò l’albino, iniziando a scivolare verso il basso.

“ E-e sentiamo, quali sono i tuoi gusti, visto che ti credi tanto un’esperta di manga ?” Nonostante il duro colpo incassato si rialzò subito, sostenendo un’occhiata di sfida ed un sorriso di chi non vuole darla per vinta.

 

A quel punto la studentessa gli rivolse lo sguardo, prima di sogghignare in maniera molto preoccupante.

In una pochi secondi gli pronunciò una lista di opere, alcune completamente sconosciute, che sommate avrebbero superato la cinquantina, con una serietà ed una compostezza incredibile.

“ Allora, cosa ne dici, pivello ?” Quando concluse calcò l’ultima parola, osservando sadicamente il ragazzo scivolare nuovamente, sconfitto.

A quel punto decise di andarsene, voltando le spalle come nei finali dei film cult.

 

Non ci riuscì, dal momento che una voce alle sue spalle la bloccò di sasso.

“ E se ti dicessi che non credo ad una parola di ciò che hai detto !?”

Si voltò con un sussulto, incrociando lo sguardo del più grande bugiardo che avesse mai incontrato, ma allo stesso tempo dell’uomo che più detestasse perdere al mondo.

“ Dimostramelo, su !” Gonfiando il petto nonostante la consapevolezza e la vergogna di star bluffando spudoratamente, l’albino si sollevò da terra forzando un ghigno di superiorità.

 

“ Non puoi ?”

“ Vieni con me.” Afferrandolo per un braccio, Liz non gli aveva nemmeno dato il tempo di concludere, lasciandolo così con un groppo in gola per la sorpresa. Gli voltò le spalle, iniziando a trascinarlo senza esitare in direzione della stazione.

 

 

In pochi minuti, senza ancora aver capito il come o il perché, il ragazzo era stato trascinato in un complesso che non conosceva.

“ Pronto a doverti ricredere ?” Gli sorrise allora beffarda la ragazza, sorprendendolo nuovamente mentre era intenta ad aprire la porta del suo condominio.

 

Si bloccò, con ancora le chiavi in mano.

“ Non provare ad entrare.” Sussurrò rapidamente, prima di correre all’interno nascondendo il volto all’altro, che la vide sparire senza poterle fare nemmeno una domanda.

 

- Ma io che ci faccio qui ?- Chiese allora a se stesso, ritrovandosi solo in un luogo che non conosceva, senza sapere nemmeno cosa fare.

Tirò un lungo sospiro e, rassegnatosi, appoggiò la schiena al muro. Sollevò la testa, guardando il cielo.

Una nuvola paffuta si muoveva a grande velocità, per niente minacciosa a causa del suo colore bianco candido.

 

Dopo qualche minuto la bruna si ripresentò, aprendo la porta con un piede. Tra le mani stringeva al petto una pila di manga, tutti con la copertina segnati dalle impronte delle sue dita, segno che li avesse letti una moltitudine di volte.

“ Toh.” Li mostrò orgogliosa all’altro, che non sapendo cosa farne, provò ad afferrarne qualcuno e a sfogliarlo.

- Che roba si legge questa ?!- Fu l’unica cosa che gli venne in mente, osservando pagine di mecha in combattimento, oppure di scene di fanservice con ragazze dotate di un seno molto prosperoso in pose ammiccanti.

Sollevò dunque un’occhiata indagatrice per capire se lei lo stesse prendendo in giro, ma l’altra interpretò quello sguardo in modo completamente diverso.

“ Senza parole, neh ?” Sorrise guardandolo dall’alto in basso, lasciandosi sfuggire una risata pomposa.

 

“ Sì, infatti me ne vado a casa, guarda …” gli rispose soltanto l’albino, lasciandola a bocca aperta mentre quello le voltava le spalle borbottando tra sé e sé.

“ S-sei solo una femminuccia !” Gli gridò allora dietro, visibilmente offesa, prima di rientrare sbattendosi la porta alle spalle senza ritegno.

 

- Femminuccia… IO ?- L’albino spalancò gli occhi e tutto quello che riuscì ad assumere fu un’espressione inebetita, mentre si indicava confuso.

 

Intanto, chiudendo la porta del suo appartamento, Liz si accasciò sul pavimento.

Era esausta dalla giornata di studi, e litigare con uno sconosciuto per circa mezz’ora non le aveva dato nemmeno il riposo meritato.

Finalmente calmata, diede un’occhiata all’orologio, sospirando nel silenzio che tra poco sarebbe dovuta andare a lavoro.

 

- Però è strano… chi l’avrebbe detto che mi avrebbe aspettata qui giù ?-

 

 

 

Quando la mattina seguente la bruna si risvegliò, per prima cosa ringraziò qualsiasi forma di divinità esistente per la domenica appena giunta.

Se n’era appena resa conto dalle coperte che l’avvolgevano, e dal materasso sul quale era distesa: il sabato sera, terminato il turno da lavoro, era assicurato che si sarebbe sempre gettata sul letto.

Le altre sere era troppo stanca per sollevarsi dalla scrivania dove studiava, così decise di godersi per almeno un’altra mezz’ora il morbido abbraccio del sonno.

 

Quando ebbe trovato la determinazione giusta, si sollevò dalle coperte e si diresse verso la doccia.

L’appartamento non era molto grande, con un salone che condivideva un piccolo angolo cucina, un bagno dotato di vasca e la sua camera da letto.

Asciugatasi, indugiò parecchio sul quanto gli passasse per la mente di uscire. Infine optò per una maglietta leggera e degli short, sorridendo ad una soleggiata giornata senza nuvole.

 

Non avrebbe mai potuto immaginare chi avrebbe trovato davanti al portone del condominio.

 

“ CHE COSA CI FAI TU QUI ?!”

Urlò stupita, rivolgendosi ad un ragazzo  che le dava le spalle, appoggiato ad un muro e ricurvo su se stesso.

Improvvisamente l’albino, sentendosi chiamato, iniziò a sudare freddo, anche perché già di suo stava ansimando senza fiato.

Si voltò cercando di sfoggiare un’espressione serena, nonostante la stanchezza ed il sudore fossero molto più palesi.

“ I-io? Bhe, mentre ti aspettavo facevo giusto le mie… mille flessioni. Sai, cose di… tutti i giorni.” Disse con una pessima interpretazione, come se non stesse provando neanche a credere alle sue stesse parole.

 

“ Eh? Aspettando ?” Ripeté lentamente la bruna, mettendosi sulla difensiva mentre con un gesto impercettibile manteneva la porta aperta dietro di sé. Stava iniziando sinceramente ad essere inquieta, e la faccia poco credibile dell’altro non aiutava.

 

“ Sì. Perché siccome tu ieri mi hai chiamato con la parola che inizia per “f” e finisce per “a”, volevo smentirti mostrandoti il mio programma di allenamenti quotidiani… in una delle più famose palestre della città.”

E dicendo questo, l’albino estrasse un foglio ripiegato dalla tasca, aprendolo per farlo vedere alla ragazza di fronte a sé.

“ Senti… scusami per averti dato della fighetta, ok. Ti basta questo ?” Ma, per l’ennesima volta lei non finì di ascoltare cosa stesse dicendo, ed indietreggiando ritornò nel suo palazzo.

“ Cosa fai, rafforzi l’insulto ogni volta ?!” Urlò esasperato il ragazzo, non ricevendo più risposta.

 

Rimasto solo col silenzio, strinse nel pugno il foglio fino quasi a strapparlo.

“ Cazzo... e pensare che ho sprecato ben un’ora della mia vita per fare jogging e non sembrare una fighetta.” Imprecò, ferito nell’anima e nello spirito.

 

 

 

Un nuovo giorno stava iniziando per Liz, questa volta risvegliatasi con la guancia su di un libro aperto.

- Come diavolo era quel proverbio ?- si chiese, iniziando a sistemare il proprio materiale per l’università dentro la borsa. I suoi occhi erano stanchi, e sentiva di aver bisogno di una doccia, anche se purtroppo non ne avrebbe potuto usufruire.

 

Avviatasi verso la facoltà, attraversò la strada verso la stazione ed i marciapiedi del quartiere appena fuori dal centro, fino a sbucare nel parco degli aceri.

La giornata si prospettava nuvolosa, con il timido cielo coperto da un velo grigio. I raggi di luce non filtravano più tra le foglie rossastre.

Non stava più pensando al proverbio, tanto meno agli studi o al lavoro che l’aspettava.

- Perché questa giornata mi sembra fin troppo… normale ?- Si domandò senza pensare ad una risposta, limitandosi a camminare con aria distratta verso l’università.

 

Un’ombra balenò alle sue spalle, non appena ebbe superato l’ultimo albero del parco.

 

Liz avvertì una stretta attorno alla mano con al quale portava la borsa, ed una presenza alle sue spalle che l’aveva colta alla sprovvista.

“ Dammi la borsa !” Sussurrò una voce misteriosa, poco prima che la bruna si voltasse e lo colpisse in pieno volto con una gomitata.

 Un’imprecazione si levò nel parco, ed i passanti si voltarono incuriositi per osservare un ragazzo cadere di schiena a terra, premendosi il naso dolorante.

 

“ Ancora tu ?!” Nel momento in cui si voltò, la ragazza sfilò il passamontagna nero che il ragazzo albino dei giorni precedenti aveva indossato per nascondere il proprio volto.

Non ricevette subito risposta, nel mentre lui non faceva altro che singhiozzare di essersi spaccato il setto nasale.

Solo allora Liz si accorse dei numerosi occhi puntati su loro due, e del silenzio appena piombato. Con una carica di adrenalina e nervosismo, agguantò l’altro dal colletto della maglia e, sollevandolo di peso, lo trascinò via in corsa.

 

Il ragazzo, proprio come due giorni prima, stava venendo trasportato come un sacco di patate, ma il silenzio della bruna questa volta non era intenzionato a dargli risposte.

Muovendosi tra le strade ed i vicoli, nell’ombra e nella folla sui marciapiedi, i due raggiunsero il retro di un convenience store, e solo allora interruppero la loro corsa.

“ Si può sapere che cosa vuoi da me ?” Domandò proprio il ragazzo, e la bruna rimase interdetta nel sentire quelle parole.

- Ma è… stupido, oppure lo fa apposta ?- Lottò contro l’istinto di prenderlo a pugni, e soffocando l’irritazione lo guardò seria.

“ Tu, piuttosto, perché hai tentato di scipparmi ?”

“ Ehm… ship ?” Rispose l’altro, confuso.

 

- Adesso lo ammazzo sul serio !- Liz sollevò il pugno, serrando le palpebre ed i denti per prepararsi definitivamente all’esecuzione che tanto agognava.

“ A-ah! Intendi la borsa ?!” Fortunatamente l’albino percepì subito il pericolo, e mettendosi sull’attenti tremando si decise a fare il serio.

“ Bhe, semplicemente volevo rubarti la borsa per poi spuntare da un angolo e poter dire di aver fermato il ladro.” Il suo tono faceva trasparire una semplicità indescrivibile, nel mentre l’altra stava impiegando un po’ di tempo per comprendere davvero se avesse detto quelle parole.

 

“ E perché ?!” Insistette la bruna, facendolo sobbalzare per aver alzato nuovamente il tono di voce.

“ Perché mi da fastidio essere chiamato femminuccia, o fighetta, o quello che vuoi tu.”

 

- Eppure mi ha fatto molta paura quando si è avvicinato da dietro… non mi sono accorta della sua presenza fino al momento in cui non ha parlato.- Lei, lasciando momentaneamente perdere l’altro, si sedette per terra senza preoccuparsi di sporcarsi la gonna.

Sospirò profondamente, maledicendosi per aver saltato gli studi.

 

“ Non c’era bisogno di scappare… o di colpirmi.” Un tono particolarmente offeso da parte dell’albino riportò le sue attenzioni sulla realtà, potendo dunque notare che anche lui si era accovacciato a terra al suo fianco.

La ragazza rimase ferma a guardare l’altro guardarla imbronciato, ed allora si dovette trattenere dal non ridergli in faccia.

- Certe volte però fa proprio tenerezza…- Si vergognò leggermente di averlo pensato, soprattutto dopo averlo anche colpito in faccia.

 

“ Va bene, scusa. Però …”

“ Scuse accettate.” La interruppe il ragazzo, sorridendo come se si fosse già dimenticato di tutto.

“ No, ascoltami.” Nonostante fosse davvero buffo il suo modo di fare, Liz cercava di essere seria.

“ E’ stato meglio per te che io ti abbia portato via con me, piuttosto che lasciarti scappare con la mia borsa.”

 

“ Intendi che la polizia avrebbe potuto accusarmi lo stesso se mi avessero fermato ?” Le domandò allora lui, ora preoccupato per il rischio che aveva corso.

La ragazza non rispose, si limitò a guardare altrove con sguardo fermo.

 

Il tempo passò molto velocemente per i due giovani, e prima che se ne potessero accorgere, il silenzio si era protratto per più di due minuti.

 

“ Comunque non me li ricordo tutti i titoli che mi hai fatto vedere ieri.” Parlò allora il ragazzo.

Lei si voltò verso di lui.

“ Come ?”

“ Avevo intenzione di comprare tutti i manga che tu ritenevi dei capolavori… ma non ne ricordo i titoli. Porca miseria, me ne avrai fatti vedere almeno un centinaio.” Rise l’albino, fingendo di arrabbiarsi per una sciocchezza.

“ Se vuoi te li posso prestare.”

“ Eh ?” Esclamò sorpreso, notando però che l’altra questa volta non lo stava prendendo in giro, bensì gli sorrideva serenamente.

“ Lo faresti davvero ?” Continuò, per assicurarsi di non aver sentito male.

 

“ Non farmi cambiare idea.” E nella luce del giorno, la ragazza si alzò in piedi, voltandogli le spalle.

Non esitò a voltarsi, e con un finto sguardo di rimprovero intimò l’altro a sbrigarsi.

 

L’albino venne dunque condotto nell’appartamento della studentessa, dove nel momento in cui entrò si sentì immensamente a disagio, perdendo tutta la sicurezza che fino a poco prima aveva dimostrato.

La bruna invece prese coscienza del fatto che quel bizzarro tipo fosse la prima persona che faceva entrare nel suo appartamento, dopo tre anni di trasferimento.

I due, dapprima con molto imbarazzo, iniziarono a discutere delle letture preferite di lei, alle quali il ragazzo riuscì ad incuriosirsi solo dal suo modo di raccontarle.

Si sentiva come un bambino al quale si sta raccontando una fiaba in grado di trasportarlo altrove grazie solo alla pura fantasia.

 

Trascorsero dunque così la mattinata fino a quando non arrivò mezzogiorno.

“ Forse dovrei andare… d’altronde ti ho già fatto saltare la lezione.” Disse allora il ragazzo con un sorriso incerto.

- La prossima volta però fermati- Questo fu quello che la ragazza volle dirgli, ma una morsa al cuore le serrò le labbra prima del tempo.

“ Va bene allora.” Rispose, ricambiando il sorriso come peggio poteva, non sentendosi nelle condizioni per farlo.

“ Però …” Rompendo quel blocco nella sua voce, riuscì ad interrompere lui prima che potesse lasciarla.

 

“ Voglio sentire il tuo parere sui manga che ti ho prestato. E guarda che se non me li restituisci farò a pezzi quella robaccia di Principessa Chou-Neko !” Arrossendo senza accorgersene sulle guance, poté solo allora sfoderare il più sincero dei suoi sorrisi.

“ Contaci !” Rise divertito il ragazzo, facendole il segno dell’ok con le dita.

“ Sempre la mattina quando finisci con la palestra ?”

“ Anche se dopo l’università vuoi farti una passeggiata o andare a mangiare fuori.”

 

Passarono un'altra piccola eternità a decidere quando rincontrarsi ancora, ed una volta che le decisioni furono prese da entrambe, una piccola domanda sfuggì dalla bocca di lui.

 

“ Ma tu come ti chiami ?”

“ Elisabetta. Tu ?”

“ Mi chiamo Sebastian.”

 

Presentandosi ufficialmente per la prima volta, si salutarono dopo aver passato una divertente ed emozionante mattinata insieme.

 

 

Da allora, proprio come avevano pianificato, si incontravano ogni giorno, con Sebastian che accompagnava Elisabetta all’università, ed al termine delle lezioni giravano per la città in disperata ricerca di un posto originale e sempre nuovo dove mangiare.

Tra acquisti e chiacchiere sorsero anche le prime domande sulla vita dell’altro.

 

“ Anche tu vivi da solo ?” Domandò Liz, camminando al fianco del ragazzo nelle vie del centro città.

“ Sì, da quando avevo dieci anni.” Esitò lui, volgendo i suoi occhi altrove da lei.

La ragazza comprese allora di esser stata indiscreta, e vergognandosene oltre l’inverosimile, si strinse nelle spalle pensando in fretta ad un modo per rimediare.

“ E-ehm… che lavoro hai detto che fai ?”

“ Sono un assistente nel turno serale al centro di riposo per anziani.” Rispose lui, imbarazzato.

In seguito notò che la ragazza lo stava guardando sorridendo.

“ Che c’è, ti fa ridere ?”

“ No! Tutt’altro, è bellissimo. In pratica ridai il sorriso a delle povere persone sole !” L’entusiasmo negli occhi di lei era grande quanto il cielo sopra le loro teste, e per un attimo Sebastian ne rimase abbagliato.

- Perché è così… bella ?-

“ Ma dai! In realtà sono loro che mi fanno compagnia durante la sera, visto che sanno quanto io abbia paura di stare da solo di notte.”

Ridendo insieme, continuarono a parlare del più e del meno.

 

 

Ma ogni volta che Sebastian si ritirava nel suo appartamento, rimasto solo, cadeva in ginocchio sul pavimento, guardando verso il basso con i suoi capelli che gli scivolavano davanti alla fronte.

“ Lei è così bella …” Si ripeteva, singhiozzando nella penombra, in compagnia solo delle voci oscure nella sua testa.

Guardava la propria mano tremante e fredda, dalla quale come fiammelle danzanti, si sollevavano insetti volanti composti di energia nera come la pece.

“ Ma io sono solo un mostro !” Urlava allora, rivolgendo le sue lacrime al mondo che lo aveva creato così.

- Che senso ha vivere per essere felice, se sono un fallimento ?-

 

 

 

Accadde un sabato sera.

Era passato ormai un mese da quando i due giovani si erano incontrati, ed entrambi aspettarono la fine del turno di lavoro dell’altro per incontrarsi.

A mezzanotte in punto, il parco tra la fermata del tram e l’università di lei era deserto.

Una leggera brezza soffiava tra le foglie scure delle siepi e tra le foglie scure degli aceri, accompagnati dal rumore di macchine in lontananza.

 

Con i saluti di sempre ed i soliti sorrisi, si sedettero su di una panchina.

Pensavano di poter fare gli stessi discorsi degli altri giorni, ma dal momento in cui il silenziò calò tra di loro, non riuscirono ad aprire bocca.

 

Senza guardarsi, erano affascinati dall’altro, tremando dentro per un’emozione che entrambi non sapevano di star provando.

 

“ Posso mettermi qui ?” Sussurrò Elisabetta, chiudendo gli occhi ed avvicinando la testa al corpo del ragazzo.

Prima che lui potesse capire quali fossero le sue intenzioni, un istante era trascorso, ed ora una sensazione di calore gli pervadeva il petto.

Arrossendo con le guance fredde, la bruna si era poggiata sull’altro, con la testa nell’incavo del collo di lui.

 

“ No.” Con voce tremante, il ragazzo rispose alla domanda dopo almeno dieci secondi.

Elisabetta aprì gli occhi, e senza dire altro ritornò seduta al suo posto originario.

“ Scusami…” Disse, talmente tanto flebilmente da non esser nemmeno ascoltata da lui. In quel momento nel suo cuore qualcosa aveva iniziato a spezzarsi, mentre si dava da sola la colpa di qualsiasi cosa avesse sbagliato nella sua vita.

- Non puoi approfittarti delle persone così… lui non ha fatto niente, mentre tu hai sbagliato ad affidarti al primo sconosciuto.- Non credeva alle parole nella sua mente, ma l’unica alternativa per non soffrire sarebbe stata urlare il perché di quella risposta.

 

“ Perché tu… mi fai male.” Sospirò con un brivido Sebastian, interrompendo i pensieri di lei.

Il ragazzo si curvò in avanti, prendendosi il volto tra le mani per nasconderlo.

“ Con la tua gentilezza mi ferisci, mi illudi che per la prima volta in tutta la mia vita io stia provando la felicità !”

Con gli occhi spalancati Liz ascoltava ogni singola parola, iniziando però ad avvertire una fitta al cuore diversa dalla precedente.

 

“ Ho vissuto in un orfanotrofio senza nemmeno una parola gentile per consolarmi quando piangevo, senza nessuna che potesse mai ridere delle cose che dicevo, o farmi sorridere parlando di ciò che mi interessava.

E poi… ora mi vuoi anche stare vicina? Come mai ha fatto mio padre, fino al momento in cui mi abbandonò, augurandomi di morire ?!”

 

 

Nei giorni di solitudine all’orfanotrofio, Sebastian aveva pensato a lungo su quale potesse essere il suo posto nel mondo.

Tutte le creature viventi hanno un posto nel mondo, e sin dal momento della loro nascita ne sono consapevoli, questo diceva.

Proprio come il ragno che conosce già come tessere la propria tela, o il bruco che è già a conoscenza di dover diventare una farfalla, anche lui avrebbe dovuto sapere per cosa fosse nato.

Non riuscendo allora a rispondersi, prese una decisione importante:

Vivere fino a quando non avrebbe trovato il proprio posto nel mondo.

 

 

Si sentì parte di qualcosa.

Semplicemente fu questa la sensazione che avvertì, sentendo due braccia stringergli il petto e tirarlo in avanti.

Il calore che bruciava, il freddo del vento sulla pelle, il tocco tremante ed il respiro sulla pelle.

“ Basta !” Urlò Elisabetta, soffocando la voce premendo il proprio volto nel petto di lui.

 

Lacrime percorrevano i suoi occhi nel momento in cui sollevò la testa, rabbrividendo in continuazione mentre un dolore al cuore la straziava.

- Perché io non…-

“ Non devi soffrire !” Urlò ancora, incapace di non lasciarsi trasportare dalle emozioni.

Sebastian la guardava senza parole, rispecchiandosi nelle pupille lucide di pianto.

“ Tu sei quello che deve continuare a dire cazzate su cazzate, a fare la figura dell’idiota anche se vuoi apparire serio, ma rimanendo comunque adorabile ed irresistibile! Come fai? Dimmi come cazzo fai a dirmi queste parole e a sorprenderti di quanto facciano male anche a me !”

 

- Chi è questa donna per me ?- si domandò allora il ragazzo, avvertendo per la prima volta il bisogno di ricambiare un abbraccio caldo nel gelo della notte.

Nessuno si era mai preoccupato per lui, ed a dispetto di quanto aveva detto prima:

- Non mi sta facendo male.- Come ipnotizzato dal volto perfettamente ovale di lei, pallido sotto la luce della, e da quegli occhi verdi splendenti, le accarezzò i lineamenti con una dolcezza ed una cautela quasi spaventata.

 

Aveva paura che quel sogno potesse infrangersi, sbriciolandosi sotto le sue stesse mani.

 

 

Elisabetta socchiuse le palpebre ancora umide, sollevandosi quel che bastava per poter sfiorare con le sue labbra il sorriso incantato dell’albino.

In quel parco solitario, si fece mattina prima del previsto.

 

 

 

 

Da allora Sebastian si trasferì a casa di Elisabetta, una decisione dettata dalla differenza sostanziale di dimensioni tra gli appartamenti.

Ci misero un paio di giorni, ma ogni volta che lui e lei decidevano dove posizionare gli ornamenti ed i soprammobili traslocati, sentivano di star concludendo qualcosa.

Era come costruire mattone per mattone il loro castello, il loro nido, l’unico luogo che avrebbero potuto amare, perché lì l’uno aveva l’altra.

 

L’albino posizionò davanti al letto matrimoniale una piccola libreria ad un solo scaffale, sormontata da un televisore economico ed una radio massiccia di colore nero.

Lui rivelò di non avere nessun oggetto legato al proprio passato, nemmeno una foto di quando era più giovane.

 

Per entrambi non fu un problema: avrebbero costruito anche nuovi ricordi, ed iniziarono scattandosi una foto sul piccolo balcone.

 

Il giovane imparò a cucinare per aiutare la ragazza al ritorno dall’università, mentre lei a sua volta gli preparava dei pranzi al sacco da portare al turno serale.

Entrambi si prendevano cura dell’altro all’interno del loro spazio, scambiandosi dolci effusioni, prova dell’amore che sembrava crescere ogni giorno dentro di loro.

Per due come loro che non avevano mai conosciuto quel contatto ed erano abituati ad essere lasciati da soli, provare la sensazione di avere qualcuno su cui contare e a cui dedicare tutto te stesso, era una scoperta emozionante.

 

 

Il primo vero e proprio litigio, se non per i soli sciocchi battibecchi scherzosi sulle preferenze nei manga, avvenne quando Elisabetta terminò il triennio in Luglio.

“ Ma sei davvero sicura di non voler fare la specializzazione?”

 

Ogni volta che Elisabetta parlava della decisione di affrontare un altro biennio aggiuntivo o meno, le sue opinioni a riguardo rimanevano le stesse.

E così rispondeva sempre al suo fidanzato:

“ Preferisco fare al più presto esperienza nel mondo del lavoro.” Lei non voleva mai toccare quell’argomento, ed ogni volta cercava di cambiarlo rapidamente.

Destino volle che un giorno fu Sebastian a continuare la conversazione.

 

“ Ma diciamo che i tuoi studi in lingue sono un qualcosa che hanno bisogno di continuo allenamento.” 

La ragazza lo guardò con aria seccata, un’espressione che fece sorgere un dubbio nell’altro.

“ Bhe, per adesso posso fare gavetta per qualche casa produttrice.” Detto questo si voltò, riprendendo a stirare una camicia in silenzio.

Parlava chiaramente del suo sogno di diventare traduttrice di manga e libri, dal giapponese all’italiano.

 

L’albino la notò farsi più cupa, e forse perché non avevano mai portato a fondo quella discussione, volle spronarla a rivelargli i suoi pensieri.

“ Gavetta, eh ?” Facendo un sorriso amaro, le si avvicinò e lentamente le accarezzò le braccia e le spalle da dietro.

“ Quella che poi ti fanno fare per magari anni senza farti vedere l’ombra di una lira ?” Stava chiaramente parlando con tono ironico, provocatorio, ma osservando il broncio corrucciato sulla ragazza inarcò il sopracciglio sorpreso.

“ Sì, perché intanto facendo cose stupide che non mi aiutano ad integrarmi nel sistema lavorativo ci guadagno molto. Preferisco fare ricerca e sperare in fretta che qualcuno mi prenda.” La bruna scostò le sue mani di dosso, riponendo la camicia sul materasso per poi passare ad un maglione da stirare.

 

L’albino non si arrese, lasciandosi scivolare su di lei in un abbraccio fino a sfiorarle il viso con il suo.

Sussurrò:

“ Si può sapere che cos’hai ?” Sorrise, impiegando tutto se stesso per ricevere almeno una risposta.

Elisabetta, a quel punto si voltò, guardandolo. I suoi occhi sembravano stanchi, e delicatamente lo baciò sulle labbra.

“ Scusami, è solo che …”

“ Solo che ?” Domandò il ragazzo.

 

“ Voglio rendere al più presto questo sogno una realtà concreta, non mi importa se per adesso non potremo permetterci una casa più grande, magari anche in un altro paese.”

Con forza ed insicurezza, quelle parole pronunciate da delle labbra ipnotiche, fecero sentire parte Sebastian del dramma nel cuore della sua ragazza. Si sentì allora colpevole di non averlo scoperto molto prima.

 

 

 

Entrambi lavorarono molto duramente da allora.

Liz, ormai lasciata l’università continuava a lavorare fino a sera, impiegando tutto il suo tempo libero in ricerca di un posto di lavoro e nello spedire curriculum.

Il suo fidanzato, da parte sua, cercava di guadagnare più soldi con gli straordinari, anche se questo comportava ridurre le ore di sonno o in compagnia di Liz durante la notte.

 

L’estate si concluse, e così anche l’anno.

Fu allora che, nel Febbraio del 1999, Elisabetta divenne traduttrice di manga.

La notizia li rese felici come non mai, e quando lei tornò dalla sua prima giornata lavorativa, il ragazzo le preparò una cena al lume di candela sul piccolo balcone.

 

Pareva un goffo tentativo di una serata romantica, ma entrambi non ne avevano bisogno: bastavano loro due, il cielo stellato e un po’ di musica di sottofondo.

Per la prima volta da quando si erano messi insieme fecero l’amore. Dapprima timidissimi, specialmente Sebastian, visto che non gli avevano mai dato nemmeno una carezza prima di fare conoscenza, al mattino dopo si risvegliarono con il sorriso sulle labbra.

Il sole filtrava dalla finestra ancora spalancata, le coperte bianche sul pavimento, ed i loro corpi nudi distesi, immobili. Solo le loro mani si intrecciavano, mentre l’uno guardava, arrossendo, l’altro.

 

 

 

Trascorse un altro anno, ed il ventunesimo secolo tanto atteso giunse.

Quell’inverno del 2000, Sebastian tornò a casa prima del previsto dal suo turno serale, trovando dunque la sua ragazza distesa sul divano.

 

La salutò chinandosi su di lei per baciarla, verificando dunque che fosse sveglia quanto anche lei ricambiò.

“ Finito prima ?” domandò Elisabetta sorpresa, alzandosi per avviarsi verso la cucina.

L’albino la notò, e sorridendo gentile sollevò una mano per fermarla, facendole intendere che avrebbe cucinato lui quella sera.

“ Sì, ultimamente ho un po’ di mal di schiena e non riesco a fare gli straordinari.” Le rispose allora lui, controllando cosa ci fosse nel frigorifero.

“ Sai che per me potresti anche smettere di rimanere oltre il tuo turno: non c’è né più bisogno.” La bruna si appoggiò alla sua schiena, baciandolo su di una guancia.

 

L’altro non rispose, fece un sorriso rapido e si mise all’opera con i fornelli ed una tonno acquistato il giorno prima.

“ Sai, ho sentito che alcuni miei colleghi si sposeranno. Non è che anche tu vorresti un matrimonio ?”

Non appena realizzò quella domanda a bruciapelo, Liz arrossì, voltandosi di scatto in direzione del suo fidanzato.

Lui cucinava tranquillamente, canticchiando tra sé e sé come era solito fare.

Le sorse allora un dubbio, cercando di calmarsi:

“ Tu… sai cos’è un matrimonio ?” Domandò incerta, rischiando di apparire come una stupida.

 

“ Uh ?” L’albino voltò appena la testa verso di lei, con un’espressione incuriosita, ma con ancora un sorriso sereno ed innocente.

“ Ah …” Sospirò la ragazza, aspettando che il batticuore finisse.

“ Bhe, devi sapere che quando due persone si sposano, lo fanno perché si amano tanto e… sono pronti per vivere sempre insieme.” Si sentiva abbastanza in imbarazzo a parlare di tutto ciò, nonostante non fosse con uno sconosciuto. Forse era proprio esprimere il significato di un qualcosa di così semplice quanto importante che la faceva sentire inadatta, l’unica persona che avrebbe potuto avere parola in merito.

 

“ Ah, come noi ?” Rise Sebastian, continuando a cucinare.

 

Quella piccola frase rimase impressa per molto tempo nella testa di Liz, nonostante lei avesse subito cambiato argomento dopo quella discussione.

- Non mi sento ancora pronta… ho paura.- Pensava tra le sue braccia mentre lui dormiva, stringendogli le mani ed accarezzandogli il volto.

- Per adesso no. Se ci amiamo davvero, riusciremo ad aspettare un altro po’.-

 

 

Da allora, seppur rimanendo nella loro città, iniziarono a dedicare più tempo per uscire di casa nel tempo libero e godersi le poche belle giornate invernali.

 

Con un montgomery ed una sciarpa, Elisabet correva tra le strade sotto il cielo nuvoloso, giocando come una bambina a farsi inseguire da Sebastian, il quale aveva sempre paura di scivolare sul cemento umido.

Respirare l’aria fredda e pungente, osservare le onde dirompenti e possenti del mare scuro, avvertire la solitudine ed il silenzio in luoghi visitabili solo in estate, come una spiaggia, era il loro passatempo.

Per alcuni sarebbe sembrato strano, ma insieme riuscivano a trovare quei paesaggi insoliti comunque molto belli.

 

La solitudine ed il freddo potevano trasformarsi in qualcosa di incantevole, proprio come avevano scoperto conoscendosi, e per questo non si sentivano estraniati dal mondo.

D’altronde, non avevano ancora nessun amico a cui confidare la loro vita di coppia.

In merito a questo, solo una volta Sebastian domandò ad Elisabetta dei suoi genitori. Lei, nonostante il tempo della loro relazione proseguisse senza che potessero accorgersene, non riuscì a rispondergli.

 

 

 

Giugno del 2001

 

L’afa serale preannunciava un’estate molto calda, a dispetto delle previsioni meteorologiche. Il cielo non velava con le sue nuvole le stelle splendenti, e la vita sembrava proseguire normalmente.

 

La porta dell’appartamento venne aperta, e dei passi entrarono nel buio della casa.

“ Ehm… Liz ?” Sebastian chiamò la sua fidanzata, accendendo la luce e togliendosi le scarpe.

Non ricevette subito risposta, ma nel momento in cui, con sguardo confuso avanzò di un passo, poté accorgersi di una musica proveniente dalla loro stanza da letto.

 

“ Sì ?” La voce della bruna lo accolse nel momento in cui aprì la porta, assieme ad un odore di candele profumate.

La trovò distesa su di un paio di coperte nere, mentre la camera era illuminata solo dalla luce di poche candele sul comodino, dove si trovavano anche le cornici delle loro fotografie.

Sebastian cadde in ginocchio sul letto, ridendo divertito.

 

“ C-Che cos’hai da ridere ?” Non comprendendo quella reazione, Elisabetta arrossì e si strinse nelle spalle.

Era coperta solo da una leggera maglia bianca, la quale lasciava intravedere oltre che la sua biancheria in pizzo nero, anche il corpo longilineo dalla carnagione rosata.

Imbronciò lo sguardo, preparandosi a sferrare un pugno sulla testa di quell’albino che continuava a ridere a crepapelle.

“ Ora ti ammazzo !”

 

“ No, aspetta !” Sentendo quelle parole il ragazzo si mise subito sull’attenti, soffocando la risata e proteggendo il capo tra le mani.

“ E allora si può sapere perché stavi ridendo ?” Liz si voltò indispettita e anche offesa, serrando le braccia al petto.

Segretamente aveva paura di aver sbagliato tutto, che tutti i preparativi per quella sera fossero stati vani.

Ormai lei ed il suo ragazzo, a causa del lavoro di entrambi, avevano sempre meno tempo ed energie per passare la notte insieme, per questo aveva programmato…

- Non è colpa mia se sembro ridicola così !- Divenne rossa come un peperone, ostinandosi ancor di più a nasconderlo dalla vista dell’altro.

 

Nonostante tutto Sebastian continuò a sorridere, sfilandosi la cravatta e sbottonandosi la camicia.

Dopodiché, rimasto a petto nudo, si sdraiò a pancia in su al fianco di lei, che continuava a non volerlo guardare in faccia.

 

“ Rido perché sono felice, Liz.”

Il silenzio aleggiò nella stanza, così come la luce arancione, tra le ombre delle fotografie fino alla finestra aperta, su, su nel cielo notturno.

“ Penso che non ci sia niente di più bello che vivere per questi momenti.” Sussurrò l’albino a fior di labbra, con il cuore che gli batteva all’impazzata.

 

Senza dire un’altra parola, Elisabetta si voltò di scatto, stendendosi su di lui.

Gli prese con dolcezza e forza il volto fra le mani, facendo scorrere le dita trai suoi capelli nivei.

“ Voglio vivere per sempre momenti come questi.” Mormorò con un sospiro carico di emozione, prima di poggiare le sue labbra su quelle di lui, lasciando che i loro corpi si stringessero sempre di più.

 

 

 

 

Passarono un paio di giorni da quella sera, ed una mattina Liz si risvegliò senza lui al proprio fianco nel letto.

Quando giunse in cucina trovò immediatamente una tazza di caffè con dei biscotti, assieme ad un piccolo pos-it giallo appiccicato sul tavolo.

- Sono andato in lavanderia.- Lesse mentre beveva.

Effettivamente quello era il giorno di lui per le commissioni mattutine. Il caldo non era cessato.

 

Quando addentò il terzo biscotto però, avvertì un sapore acido nella gola, il quale gli fece passare immediatamente l’appetito.

Toccandosi la pancia si sentì debole, come se una scarica di brividi l’avesse attraversata.

Stava accadendo qualcosa di strano, lo comprese.

 

 

Circa due ore dopo la porta dell’appartamento venne aperta, ed i due fidanzati entrarono in silenzio.

Lui aveva il volto pregno di sudore, mentre lei serrava le labbra, rimanendo in silenzio ed evitando la parola.

 

“ Adesso mi puoi dire cosa ti è successo? Mi hai fatto preoccupare, non pensavo di doverti prendere dalla clinica !” Sebastian era preoccupato dal silenzio della sua ragazza, nel mentre lei si sedeva su di una sedia.

Con un gesto della testa, lo invitò ad imitarla.

Entrambi allo stesso tavolo si presero le mani, e finalmente la bruna aprì la bocca. Le sue labbra si contrassero in un sorriso.

“ Sono incinta !” Esclamò con le guance rosse e gli occhi accesi da una brillante gioia.

 

Strinse forte le mani del ragazzo per qualche secondo, fino a quando non si accorse di non aver ricevuto risposta.

Proprio quanto fu sul punto di farsi delle domande, l’albino sorrise lievemente, con gli occhi spalancati.

“ Amore, sei felice ?” Insistette Liz, felice di aver la propria felicità condivisa.

 

Sebastian rimase in silenzio, come paralizzato, con quell’espressione inebetita.

Non appena l’altra lo sfiorò, i suoi occhi si ricoprirono di lacrime e le saltò addosso, abbracciandola fortissimo.

“ UOOOOH!! Sono troppo felice !” Urlò a squarciagola senza smettere di piangere, sembrando tuttavia un disperato in preda ad una crisi.

La bruna, sentendo quel cocciuto e strano ragazzo piangere come un bambino, si sentì inevitabilmente ancora meglio, e scoppiò a ridere, anch’ella commossa.

 

 

 

Il tempo iniziò a trascorrere in fretta, ed i mesi sparivano come i raggi di sole nelle prime giornate invernali.

L’umore di Liz, la quale era sempre stata una donna un po’ goffa e testarda, variava da momenti di gentilezza con il suo fidanzato, ad altri in cui il minimo contatto la trasformavano in una belva.

Le dava inevitabilmente fastidio che le guardasse la pancia, la quale con il passare delle stagioni si era gonfiata, e quando l’altro non voleva che continuasse a lavorare a casa nonostante la gravidanza.

Ovviamente, quando iniziava a risentire della nausea e dei dolori alla schiena, si sedeva sul divano fino ad addormentarsi per il fastidio di alzarsi in seguito.

 

Una sera Sebastian le stava massaggiando la schiena e le spalle, entrambi seduti sul letto.

Non potevano più mantenere la finestra aperta, avevano freddo.

Elisabetta sussultò sentendo la mano calda di lui posarsi sulla sua pelle, e mordendosi le labbra si voltò per baciarlo.

“ Come si chiamerà ?” Domandò a quel punto lei, soffermandosi a riflettere.

 

Sapeva che alle sue spalle il cuore dell’albino aveva iniziato a pulsare molto forte: gli succedeva sempre quando parlavano del loro figlio. Trovava questa sua sensibilità molto dolce, ma apprezzava gli sforzi che lui faceva per badare a lei.

Aveva paura che qualsiasi cosa potesse rovinare la sua gravidanza, ed il pensiero di avere con sé un qualcosa di così piccolo, fragile e prezioso, spesso la faceva chiudere in sé stessa per ripararsi dal mondo.

Non voleva uscire di casa, seppur sapesse quanto lavoro in più dovesse fare il suo fidanzato per sostenere la mantenere da solo.

 

“ Un nome italiano ?” Sussurrò lui, posando la testa nell’incavo del collo di Liz.

“ No. Quando nascerà voglio andare a vivere in Giappone.”

“Ah, sì ?”

“ Un amico di mio padre quando ero piccolo mi parlava della città in cui era nato, un sobborgo tranquillo e con tutte le convenienze. Si chiama Namimori.”

“ Quindi pensiamo ad un nome che possa farlo integrare meglio ?”

“ No, solo un nome che non lo faccia sentire lontano dal luogo in cui vivremo.”

A quel punto Sebastian si posò un indice sul mento, socchiudendo gli occhi. Lei lo imitò.

 

“ Sebastian !” Fece lui.

“ A parte che è il tuo nome, ma ti ho appena detto che voglio un nome giapponese. E poi se fosse una bambina ?”

“ Chouri-Neko, la principessa magica !”

“ Oh cielo …” Sbuffò la bruna, stringendo il pugno come faceva da sempre per minacciarlo.

“ Ehi, stavo scherzando.” Rise l’albino, tirandole un leggero pizzicotto sulla guancia.

“ In realtà sarebbe bello un nome che avesse a che fare con la libertà.” Rifletté infine.

 

“Uhm… vediamo… di belli potrebbero esserci Sora*, Hoshi*… oppure Tenshi*!” La donna sembrò parecchio entusiasta dell’ultimo nome, ed a giudicare dall’espressione che assunse, anche l’altro venne contagiato.

“ Mi piace! E magari se fosse maschio, perché non proprio Tengoku* ?!”

Entrambi risero.

“ Così potrebbero anche essere i gemelli Tengoku e Tenshi.”

 

Non vedevano l’ora di stringere tra le braccia loro figlio, che fosse maschio, femmina o due gemelli.

Volevano solo abbracciarlo e continuare a ridere come allora per sempre.

 

 

 

*Sora vuol dire Cielo.

*Hoshi vuol dire Stella.

*Tenshi vuol dire Angelo.

*Tengoku vuol dire Paradiso.

 

 

 

18 Marzo 2002. In un ospedale di Roma.

 

Dopo quattro anni di relazione, i coniugi Elisabetta e Sebastian rimasero abbracciati fino a tarda sera, quando il momento avvenne.

L’uomo entrò di corsa nella stanza, avendo già indossato il vestiario necessario per evitare malattie infettive dopo il parto.

 

Sapeva tutto: sapeva che fosse un maschio, che fosse sano e che fosse nato in totale sicurezza da parte della madre.

Fu allora che li vide.

 

Pensò che il paradiso, da qualche parte nel mondo esistesse, e lui lo aveva finalmente trovato.

C’era la donna alla quale aveva donato la propria vita, l’unica che lo aveva amato e che gli aveva dato la famiglia. Una famiglia negata sin dalla sua nascita, in quanto ad errore inumano, scartato dal suo stesso padre.

 

E c’era lui.

Sangue del suo sangue si dimenava tra le braccia di Elisabetta, così piccolo e fragile che dal momento in cui lo vide si fece una promessa:

 

- Io mi prenderò cura di lui sempre e per sempre, qualsiasi cosa succeda.-

 

Strinse sua moglie, stanca ma felice quanto lui, piangendo su quella creaturina che nel mentre aveva iniziato a stancarsi, finendo per addormentarsi tra le loro mani.

 

“ Stai bene ?” Le sussurrò quando portarono il bambino via, nel momento in cui anche lui si sarebbe dovuto allontanare dalla sala.

“ Mai stata meglio.” Rispose lei con voce rotta dall’emozione e dalla stanchezza, regalandogli uno dei più incantevoli sorrisi del mondo.

Era una dea.

 

 

 

Quando Tengoku entrò per la prima volta nell’appartamento, tutto l’occorrente era stato comprato: a partire da peluche e giocattoli fino ad un seggiolone.

Per un giorno Elisabetta fu troppo stanca per allattarlo, e dovettero imbevere un fiocco di cotone con il suo latte.

 

Il bambino era pieno di gioia e vita, ogni volta che lo accarezzavano o lo baciavano rideva e mulinava le mani. Quando iniziò a gattonare era sempre in movimento.

Cercava, vagava per l’appartamento con curiosità, ma non appena si spaventava anche solo per l’ombra sotto un divano, scoppiava a piangere e voleva essere preso in braccio.

E piangeva, piangeva e piangeva ancora, anche fino a notte fonda, fino a quando Sebastian ed Elisabetta lo lasciavano dormire tra di loro nel letto.

Puntualmente però, dopo qualche ora la sveglia che l’uomo si dimenticava di silenziare suonava, ed allora ricominciava a piangere.

 

Era sempre pieno di felicità, quando sentiva sua madre cantare emetteva degli urletti acuti e muoveva le mani verso di lei per farsi abbracciare. Gli piacevano molto le coccole e giocare, si spaventava quando veniva lasciato da solo anche per un attimo e si divertiva a rotolare sul divano, in quel caso terrorizzando i genitori con la paura che potesse cadere.

 

Era la quotidianità che Sebastian ed Elisabetta amavano, e che non avrebbero voluto cambiare per nulla al mondo.

 

Una sera, poco dopo che Tengoku avesse compiuto il suo primo anno, Liz aveva appena finito di tradurre un manga per lavoro sul tavolo da pranzo.

Stanca, si passò una mano trai capelli e finalmente si convinse di andare a dormire.

Quando però aprì la porta della camera da letto, rimase immobile.

 

Sebastian dormiva con i suoi lunghi capelli che gli ricadevano sul volto ancora giovane, mentre con un braccio teneva stretto a sé il figlio.

A Tengoku  stavano crescendo i primi capelli, dei curiosi ciuffi bruni attorno ad uno più folto, del colore della neve.

Ebbene, anche il bambino dormiva, con le sue paffute manine sulla faccia del padre, come se gli stesse accarezzando le palpebre abbassate.

 

Elisabetta rimase ancora ferma per qualche secondo, affascinata e allo stesso tempo commossa.

 

 

Non poteva sapere quanto quei momenti sarebbero stati irripetibili, in futuro.

 

 

Tutto ebbe inizio una sera in cui Sebastian era appena tornato da lavoro con Tengoku a cavalcioni sulle sue spalle.

Capitava spesso che i due genitori lo portassero con loro a lavoro, impegnati com’erano nel risparmiare i soldi per il trasferimento in Giappone.

 

L’uomo salutò come al solito la donna, la quale prese subito tra le braccia il piccolo bruno per dargli tanti baci.

“ Ti saluta tuo padre.” Disse intanto l’albino, legandosi i capelli per mettersi a cucinare.

 

Per un istante il cuore di Liz perse un battito, e rischiò di far scivolare il piccolo dalle sue mani.

“ Mio… padre ?” Cercò in tutti i modi di non apparire nervosa, ma quello era un eufemismo.

Sembrava terrorizzata.

“ Tutto bene ?” Sebastian, sentendo quella voce tremante si voltò, avvicinandosi a lei preoccupato.

“ Rispondimi !” Quando lei si alzò in piedi, urlando, Tengoku scoppiò a piangere e l’albino rimase paralizzato.

 

Gli occhi verdi di lei sembravano colmi di paura.

“ Aveva il tuo stesso cognome, mi ha detto di chiamarsi Emanuele Vongola… e poi ti ha lasciato i suoi saluti, e anche gli auguri siccome ha visto Tengoku.” L’uomo, restando sull’attenti per cogliere ogni tipo di informazione per comprendere lo stato d’animo dell’altro, si avvicinò lentamente al bambino.

Lo tirò a sé, iniziando ad accarezzargli la schiena cercando di tranquillizzarlo.

 

Elisabetta abbassò lo sguardo. Nessuna emozione traspariva dal suo volto di pietra.

“ Qual è il problema ? Per favore, dimmelo.” Con voce ferma ma decisa, l’uomo fece un passo in avanti, posando una mano sulla sua guancia.

 

Passarono interminabili secondi.

Improvvisamente la bruna sollevò lo sguardo, mostrando un’inimmaginabile sorriso a trentadue denti stampato in volto.

Sembrava serena, quasi raggiante, e non perse un secondo per lasciare un bacio rapido sulla fronte di lui.

“ Tranquillo, sono le mie cose.”

 

Non tornarono più su quel discorso: era palese che lei non volesse farlo, per questo, almeno per un po’ di tempo, l’uomo decise di non insistere.

Entrambi sorrisero, ed incominciando ad apparecchiare posizionarono Tengoku, parecchio affamato, nel suo seggiolino.

 

 

 

Quella notte Elisabetta spalancò gli occhi, sollevandosi dal materasso.

Il chiarore della luna scivolava attraverso le tende, illuminando la sagoma distesa di Sebastian, facendo quasi brillare quei capelli argentei.

Il bambino era ancora accoccolato al fianco di lui, ma avendo avuto problemi respiratori durante le prime fasi di vita, spesso nel sonno si agitava.

La donna sorrise, sistemandolo in maniera sicura per poi lasciargli un bacio sulla fronte.

 

- Sta davvero per svanire tutto questo ?-

Volse lo sguardo al cielo buio, illuminato da una luna piena come un gigantesco occhio sopra il mondo.

- Deve davvero succedere ?-

La luce si rifletteva sulle fotografie poste al fianco del letto, offuscandole e trasformandole in lampi di luci improvvisi nel buio.

 

- L’ho sempre saputo: sono piccola, piccola, minuscola… e loro sono più grandi della mia forza, della mia volontà.- Raccolse le ginocchia al petto, lasciando scorrere le unghie e le dita nei suoi capelli.

Nel buio e nel silenzio, si sentiva divorata da una malattia mortale, incapace di immaginare la luce del domani.

Era tutto troppo lontano, persino il giorno seguente, troppo per essere raggiunto.

 

- Che cos’è il giorno senza la luce ?- Di nuovo lo sguardo si posò sulla sua famiglia.

- Che cosa sarei io senza di loro ?-

 

Un rumore catturò la sua attenzione, e la porta della camera venne aperta con un cigolio.

 

 

Sebastian si svegliò di soprassalto, con ancora nella mente l’eco di un urlo.

Era abituato a fare sogni del genere, anche dopo aver iniziato una nuova vita continuava ad avere incubi riguardo gli esperimenti effettuati sul suo corpo, in un passato sempre troppo vicino a lui.

 

Sbatté nuovamente le palpebre.

Prima venne lo stupore, poi il dolore, a seguire la rabbia, ed infine la paura.

Non era un incubo.

 

 

Davanti a sé, sotto lo stipite della porta, Elisabetta era immobile. Una mano le serrava la bocca, proveniente da una sagoma nell’ombra che, attraverso la testa di lei, lo scrutava con occhi di ghiaccio.

La luce prodotta da un sigaro acceso era l’unica luce, eccetto quella della luna, appartenente però ad un’altra figura al di fuori della camera, ma comunque visibile.

 

Gli occhi della donna erano spalancati, tremanti. Era ovvio che avrebbe voluto esplodere in un pianto, solo per ripararsi nella sua paura, ma si limitava a guardare Sebastian.

Nemmeno un fiato.

 

“ Allora gli insegnamenti di quando eri piccola ti sono serviti? Fai bene a non urlare, se ci tieni alla tua vita.” Parlò l’uomo che fumava, con una voce rauca ed anziana, ma ugualmente forte.

La figura nell’ombra non sembrò comunque lasciare la presa dalla bocca di Elisabetta.

 

Per l’albino sembrava di star combattendo una lotta contro il tempo, mentre tutto il mondo correva più veloce e lui restava miglia indietro.

 

Cosa?

Quando?

Perché?

 

Alle sue spalle Tengoku aveva ricominciato a respirare rumorosamente, probabilmente tra poco si sarebbe svegliato in lacrime. Il suono costante della caldaia in bagno, le macchine in strada, la musica dalla discoteca ad un isolato di distanza.

Si sbagliava, il mondo era sempre alla stessa velocità.

Era lui troppo spaventato per correre.

 

Per prima cosa si alzò, sperando che non facendo rumore avrebbe sfruttato il buio per avvicinarsi. Non riusciva a stare fermo un secondo di più, come un prurito lungo tutto il corpo che lo scuoteva, in preda a brividi, scariche, fremiti.

 

Non appena mosse il primo passo fuori dal letto, aveva già assunto una guardia nonostante fosse in movimento.

Nelle frazioni di secondo precedenti aveva calcolato la distanza tra il suo avversario più vicino e quale sarebbe stato il modo più veloce per fermarlo.

 

In quel momento l’uomo con il sigaro estrasse una pistola e, nonostante ci fosse la parete adiacente alla porta ed i due corpi sull’entrata, riuscì a sparare esattamente tra gli ostacoli.

- È preparato. - Pensò Sebastian, senza riuscire a contenere il battito accelerato del suo cuore.

- Ma io lo sono di più !- Era adrenalina pura, si sentiva come benzina a contatto con il fuoco.

 

Più veloce della pallottola sferzò il cuscino che aveva afferrato alle sue spalle formando un arco davanti a sé. Quest’ultimo esplose in piume e stoffa, ma quando il secondo corrente terminò, il proiettile si era infranto sulla finestra dall’altro lato della stanza.

 

L’uomo in ombra spalancò le palpebre, sorpreso dal non vedere più l’albino.

Sembrava essere scomparso tra il banco ed il nero, immerso nella luce argentea della luna.

 

Se ne accorse solo un istante dopo, quando Sebastian era ormai a meno di un passo da Elisabetta.

 

La donna, nonostante la mano, sorrise e due lacrime le rigarono le guance.

- Amore mio… grazie.-

Sebastian allungò la mano verso di lei.

 

 

Un secondo sparo, a due secondi dal precedente, rimbombò nell’appartamento.

L’uomo con il sigaro rimase impassibile, nel silenzio.

 

Rosso.

Sangue rosso sui bianchi capelli dell’uomo nato per errore, l’esperimento fallito che aveva imparato a vivere come un umano.

Davanti al suo volto pietrificato nell’espressione di un attimo prima, un foro di proiettile penetrava l’addome di Elisabetta, sua futura moglie.

La donna sputò altro sangue, sentendo il suo stomaco ed i suoi polmoni inondarsi di fuoco bruciante.

 

Sebastian, come se fosse stato disattivo, perse l’equilibrio ed iniziò ad affondare verso il basso.

 

Mayday, mayday…

 

Altre pallottole stavolta colpirono il suo corpo, trapassandogli una spalla, una gamba ed un fianco.

Il tonfo, ed un lago di quel liquido rosso che aveva appena trasformato quella notte sotto la luna pallida in un inferno.

 

Schizzò sulle fotografie, macchiando le coperte.

Una goccia scarlatta raggiunse Tengoku, in procinto di svegliarsi, bagnando il ciuffo bianco a forma di foglia sui suoi capelli bruni.

Appena fu sveglio scoppiò a piangere, come se fosse cosciente di quanto fosse accaduto in quella stanza dove aveva trascorso appena un anno di vita.

Strillò, si dimenò, scosse la testa fino a sporcare di lacrime e saliva il materasso.

 

Questa volta nessuno lo cullò tra le braccia, accarezzandogli la schiena fino a farlo riaddormentare in attesa dell’alba.

Non c’era alba in quell’abisso di tenebra.

 

 

Sebastian raschiò con le unghie il pavimento, facendo forza sul braccio per rialzarsi. Ad ogni movimento uno spruzzo di sangue sgorgava dalle sue ferite.

Sollevò lo sguardo sopra di sé.

 

Fiamme nere danzavano macabre attorno ai suoi occhi. Aveva abbandonato il confine tra ciò per cui era nato e ciò che era diventato.

Sentiva solo il suo cuore battere.

Gli bastava, finché avrebbe sentito quel rumore scandito, rimbombante, sarebbe potuto impazzire al punto di continuare a vivere. Non poteva annegare, non poteva affondare, non poteva lasciare gli occhi smeraldo di lei.

 

 

E con uno sguardo ormai spento, ma pregno delle lacrime di prima, Elisabetta si accasciò a terra.

L’uomo si rese conto di aver perso tutto, persino la ragione per cui non si era lasciato morire, sommerso dal sangue, su quel pavimento.

 

Assieme alla luce nei suoi occhi, anche le Fiamme scomparvero.

 

“ Quando non cresci i figli sotto il bastone ed il guinzaglio, come le bestie, diventano pericolosi.”

L’uomo con il sigaro, scoppiando in una spregevole risata, avanzò di un passo.

Il suo stivale calpestò una mano candita, ormai priva di vita, della bruna.

“ Ma addirittura mettersi con uno dei più grandi rivali della Famiglia, un Estraneo… che vergogna.”

I capelli brizzolati ed il volto squadrato vennero esposti alla luce della luna, così come l’espressione di disgusto con la quale fissava il cadavere sotto di sé.

 

Il suo sguardo vagò fino a raggiungere la fonte di tutto quel rumore, ovvero un pianto incessante di rabbia e paura.

Gli occhi si accesero in un bagliore spregevole, così come un’oscurità provenente dalla sua stessa anima.

“ Ma che bella sorpresa, Liz… ” Commentò spalancando la bocca in un ghigno, muovendo così un altro passo verso il letto.

 

“ Se solo …”

Una morsa si strinse attorno alla caviglia di Emanuele Vongola, facendo scricchiolare l’osso.

L’uomo, allarmato abbassò la testa, incrociando uno sguardo ebbro d’odio e di rabbia.

“ Se solo provi anche solo a toccarlo, non mi darò pace fino a quando non vedrò il tuo corpo nelle fiamme !”

 

La mano di Sebastian tremava e le nocche sporgevano per quanto stesse tentando di stritolare la gamba dell’uomo. Ancora inondato del sangue della persona che lo aveva amato per prima, i suoi capelli nivei ora in parte erano colorati di cremisi.

Il suo corpo ferito iniziava ad emanare un’onda di Intento Omicida sottoforma di pura oscurità, la quale lentamente ne stava cancellando l’identità.

Aveva perso se stesso.

 

 

Un proiettile gli si conficcò nel collo, facendo sgorgare un altro fiotto di sangue davanti ai suoi occhi, ormai spenti.

Emanuele Vongola mosse la gamba, accorgendosi di non essere più sotto quella stretta.

Qualcosa però, curiosamente gli scivolò davanti al volto. Si toccò il viso: era madido di sudore.

Non pronunciò nemmeno una parola, semplicemente provò inutilmente a scacciarsi di dosso quel tremore costante.

 

“ Il tuo lavoro qui è finito, più tardi riceverai la tua paga.” Sussurrò a bassa voce all’uomo in penombra dietro di sé, il quale annuì in silenzio.

Le sue mani infine afferrarono il bambino che continuava a strillare nel buio, sollevandolo.

 

 

“ Tu… sei il pretesto perfetto per distruggere i Vongola !” Dado Emanuele Vongola, quella notte, mentre sollevava davanti al suo viso  un infante in lacrime, aveva dato inizio al domino di eventi che si sarebbero protratti per quattordici anni a seguire.

 

 

 

Un mese più tardi.

 

“ Decimo, ma è troppo strano per essere così semplice.”

Fuori dalla Magione dei Vongola imperversava una tempesta di lampi e pioggia, tormentando le cime degli alberi che circondavano la villa.

 

Hayato Gokudera, Decimo Guardiano della Tempesta, allora ventunenne, stava discutendo con il proprio Boss. Era un evento raro, senza dubbio, e gli altri Guardiani infatti lo stavano guardando sorpresi.

 

Davanti all’albino, Tsunayoshi Sawada fronteggiava il suo amico con uno sguardo di disappunto.

“ Gokudera, è un bambino! Mi spieghi cosa ci può essere di strano in un bambino ?” Mentre parlava, il giovane castano indicava sua moglie Kyoko, seduta al suo fianco, mentre accarezzava un bambino seduto sulle sue ginocchia.

Il piccolo Tengoku non aveva smesso di piangere dal momento in cui aveva messo piede nella Magione, ma per qualche strano motivo tra le braccia della donna dagli occhi color nocciola riusciva almeno a smettere di singhiozzare.

Semplicemente guardava tutti quei bizzarri individui nella sala intimorito, stringendosi forte alla veste di Kyoko, la quale vedendolo così impaurito cercava di farlo rilassare sussurrandogli qualcosa.

 

“ Penso che Tsuna abbia ragione.” Aprì bocca Takeshi Yamamoto, Guardiano della Pioggia, ricevendo così una penetrante occhiataccia da parte di Gokudera.

“ Non sono venuto qui per parlare di un moccioso …” in quell’istante da una delle sedie attorno al tavolo si alzò Hibari Kyoya, Guardiano della Nuvola. Senza proferire altre parole, sotto lo sguardo di tutti i presenti, uscì dalla sala.

 

“ Effettivamente …” una voce dal tono ironico e provocatorio, come una risata, si levò tra i Guardiani.

Chrome Dokuro, Guardiana della Nebbia, sollevò lo sguardo verso il marito Mukuro, accovacciato al suo fianco.

L’illusionista si passò una mano tra i capelli, sogghignando.

“ Siamo bene a conoscenza che Emanuele Vongola non sia proprio un uomo avvezzo a buone azioni. Kufufufu !”

“ Mukuro !” Tsunayoshi interruppe l’uomo sollevando il tono della voce.

“ Emanuele Vongola è stato un amico del Nono ed il Tutor di Reborn. Non ti permetto di parlare in questo modo.” Il giovane Boss ottenne come risposta dall’altro solo una risata più quieta.

 

“ Ma stiamo davvero discutendo se tenere o no un bambino? E teniamocelo, che ci costa !” Rudemente, Ryohei Sasagawa, Guardiano del Sole, sbraitò battendosi un pugno sulla coscia.

“ Tanto, dopo il figlio di Bianchi, i gemelli di Cavallone e la figlia di Xanxus stiamo praticamente diventando un asilo !” Scoppiando a ridere, il giovane pugile stava chiaramente pensando all’idea di avere figli anch’egli con sua moglie Hana.

 

“ Ma …” Un Lambo undicenne, Guardiano del Fulmine, alzò la propria mano per chiedere il permesso di parlare. Sembrava che la scuola media lo avesse reso più educato.

“ Chi lo crescerà ?”

Alla domanda del giovane, Kyoko si voltò verso il marito. Nei suoi grandi occhi profondi c’era il desiderio di crescere quel bambino, e di fatto lo abbracciò ancora più forte.

Tsuna esitò, ma prima che potesse dire qualsiasi cosa incrociò lo sguardo con quello di Tengoku.

 

Era così spaventato, solo e triste. Dado Emanuele Vongola gli aveva detto che in realtà fosse il figlio della sua primogenita, ma che sia lei che il padre erano morti per cause misteriose.

- Io e mia moglie non potremo avere figli… questo potrebbe essere un messaggio dal mondo per consentirmi, almeno per una volta, di fare la scelta giusta.-

Il giovane era diventato Boss dei Vongola da appena un anno, ma ne aveva già conosciuto i rischi: la macchina che un giorno lo stava scortando per un impegno lavorativo era stata assaltata da degli assassini, e per proteggere i suoi uomini era stato ferito su tutto il corpo.

Quando si era risvegliato gli avevano comunicato che per salvargli la vita gli avevano dovuto somministrare delle medici con un indesiderato effetto collaterale: la sterilizzazione.

 

- Per colpa mia Kyoko non potrà mai avere dei figli tutti suoi. Come lei, anche io in questo momento voglio salvare questo bambino.-

Pensando a tutto questo, il Decimo si accovacciò, ritrovandosi faccia a faccia con il bambino.

“ Ciao !” Sorrise nel modo più sereno che potesse, osservando come il piccolo si fosse ritratto dalla paura, abbracciandosi così a Kyoko.

 

“ Ahahahaha! Ha deciso di tenerlo con sé, evviva !” Esclamò Ryohei, scoppiando a ridere assieme a Yamamoto.

Gokudera sospirò profondamente con la fronte corrugata. Nonostante quella scena riempisse anche il suo cuore di felicità, non riusciva per niente a non essere preoccupato per il suo migliore amico, nonché Boss.

 

“ Sì… lo cresceremo noi… come una famiglia.” Sussurrò dolcemente Tsunayoshi, poggiando il suo dito indice sulla testa del bambino, più precisamente proprio sul ciuffetto di capelli albini.

Una Fiamma del Cielo illuminò il dito, riflettendosi negli occhi di Tengoku fino a che quest’ultimo, pochi secondi dopo, non cadde addormentato.

- Non posso farti dimenticare completamente il tuo passato, ma vorrei che almeno per un po’, tu vivessi con la certezza di avere una mamma ed un padre che ti amano. -

 

 

 

Qualche giorno più tardi.

Era ormai risaputo che Dado Emanuele Vongola, imparentato con i discendenti di Giotto Vongola, stesse per morire.

Misteriosamente però, l’anziano mafioso aveva richiamato al suo capezzale per gli ultimi addii non i suoi figli, tanto meno Tsunayoshi, bensì un misterioso e giovane scienziato.

 

“ È fatta… cinquant’anni …” mormorò a se stesso Emanuele Vongola. La voce era incredibilmente più rauca e debole.

Le sue condizioni fisiche erano peggiorate, adesso, scarno e privo di forze, poteva solo accasciarsi sul letto e guardare il soffitto con occhi spenti.

 

Al suo fianco un giovane ragazzo lo stava guardando. Avrà avuto poco più di diciassette anni, i suoi capelli erano verdi ed ondulati, simili ad una criniera che gli ricadeva sulle spalle.

Indossava un camicie bianco e degli occhiali rotondi appoggiati sul naso. Con la sua espressione impassibile, quasi seccata, ascoltava le parole del vecchio.

“ Sono stato il primo… a compiere un colpo di stato ai Vongola e a non essere stato scoperto.” Il Vongola, sghignazzando e tossendo, alludeva chiaramente a Daemon Spade e a Xanxus, i quali però erano stati scoperti e puniti anche dopo i danni causati alla Famiglia.

 

“ Non da solo, aggiungerei.” Rise il giovane con sarcasmo, incrociando le braccia al petto.

“ Sta tranquillo, Leeroy. Continuerai a ricevere la tua paga dai Vongola, puoi starne tranquillo.” L’anziano parlava senza un’espressione e mantenendo sempre lo stesso tono.

“ Con il tuo aiuto nel campo della genetica e le predizioni di quella sciamana, non ci vorrà molto prima che questa Famiglia si distrugga con le proprie mani.”

Rimanendo con un ghigno malvagio stampato sul volto, piombò in silenzio.

- Leeroy si è occupato di rendere sterile Tsunayoshi, in modo che sole le mie figlie maggiori avessero potuto dare la nascita ai più probabili successori al titolo di Boss.  E con le predizioni di Yuni ho potuto trovare l’uomo con il quale si sarebbe sposata mia figlia Lara, ed allo stesso tempo scoprire che Elisabetta fosse già diventata madre.-

 

Ricordava esattamente quel giorno.

La sciamana amica di Tsunayoshi e di Reborn aveva da poco avuto un’importante previsione, e per puro caso lui era stato il primo a chiederle quale fosse.

 

“ I pretendenti per divenire i futuri Boss… si uccideranno, provocando solo dolore, sofferenza e morte alla Famiglia.” Con quelle nefaste parole, la donna era scoppiata in lacrime, cadendo in ginocchio.

Così facendo non aveva potuto accorgersi del sorriso d’eccitazione e gioia di Emanuele Vongola sopra di lei.

“ Cosa intendi dire con pretendenti ?” Aveva domandato allora l’uomo, mascherando la sua malvagia euforia con una falsa preoccupazione.

 

“ Quando Tsunayoshi deciderà chi nominare il futuro Boss dei Vongola, un potenziale pretendente causerà la sua morte.”

 

L’uomo l’aveva pregata di non riferire a nessuno di quella profezia, promettendole che avrebbe fatto il possibile per evitarla quando sarebbe successa. Per sicurezza, aveva anche finto un falso attentato alla vita della donna per farla allontanare dai Vongola in una struttura più lontana e sicura.

Lo aveva fatto e basta. Per lui tutto era possibile, grazie al potere conferitogli dalla sua Famiglia.

 

 

“ Il tuo piano è quello di far scoppiare una guerra tra i sostenitori di Tengoku ed i sostenitori di Primula quando saranno cresciuti ?” Domandò Leroy , senza preoccuparsi di sembrare rispettoso o no.

“ Esatto.” Rispose il vecchio con un largo sorriso.

“ E perché lo hai voluto fare ?” Insistette curioso il verde.

 

“ Perché mi andava di farlo. Troppa noia, troppo buonismo e troppa pace.” Quell’unica risposta fu tutto ciò che Dado Emanuele Vongola riuscì a dire prima che i suoi occhi si spalancassero di colpo.

Il suo petto si abbassò, smettendo di respirare, ed un fiato vuoto fuoriuscì dalla bocca.

 

Lo scienziato grugnì, voltando le spalle al cadavere e fuoriuscendo dalla porta con nervosismo. Numerosi presenti in attesa nel corridoio cercarono di fermarlo per fargli delle domande, ma lui si divincolò come una serpe, strisciando via dalla Magione.

- Quell’uomo era un pazzo maniaco, le sue ultime parole potrebbero davvero essere vere. - Pensò con un sorriso amaro, per poi coprirsi la bocca con la sciarpa rossa che portava al collo.

- Si è drogato per anni delle pillole del ringiovanimento solo per cercare di procreare figli con la Fiamma del Cielo e la Fiamma dell’Ira. Ma in fondo non mi interessa più di tanto …-

 

Lasciandosi alle spalle l’edificio ed addentrandosi nel bosco, lo scienziato sorrise perfidamente sotto la sua sciarpa, stringendo il pugno davanti al proprio volto.

- In fondo, con i soldi che mi ha dato potrò completare il mio esercito. Good Lord, I’m so crazy !-

 

 

 

Italia. Anno 2003

 

“ Ti prego! N-non farlo, NON VOGLIO MORIRE !!”

 

All’interno di una stanza simile ad un ufficio, numerosi cadaveri di uomini erano stati massacrati, ed ora giacevano nel loro stesso sangue sul pavimento.

 

Camminando tra i corpi, due stivali neri ora macchiati di rosso raggiunsero la scrivania, dove un uomo sulla mezz’età stava cercando di arrampicarsi dandogli le spalle.

“ Farò tutto quello che vuoi, i-io ho… un figlio! Ti prego, io sono tutto quello che ha !”

 

“ Nero Fioretto !”

Un raggio di fiamme nere perforò il petto dell’uomo grasso, spezzandogli la possibilità di implorare ancora.

“ Anche loro erano tutto quello che avevo.”

 

Sebastian si rinfilò il guanto di seta nera, rimasto ormai in una stanza completamente silenziosa, nonché ricoperta di sangue sul pavimento e sulle pareti.

I suoi capelli, ancora lunghi come qualche mese prima, erano stati tinti di nero seppia, cancellando completamente il bianco naturale che portava sin dalla maledetta nascita.

Il suo volto sembrava aver ormai dimenticato come si sorridesse, ed i segni di numerose notti insonne erano presenti attorno ai suoi occhi di ghiaccio.

 

Dopo qualche secondo si voltò in direzione della porta spalancata, l’unico spiraglio di luce in quel buio.

“ Tu non sei l’assassino di mia moglie, vero ?”

A quella domanda, un’altra figura apparve sullo stipite dell’entrata. Era un uomo alto e muscoloso, dai lunghi capelli scarlatti folti e mossi. Il suo sguardo duro e freddo squadrava Sebastian con attenzione.

 

“ Quando mi hanno proposto l’incarico ho iniziato ad osservarti: ho capito subito che non fossi ciò che fingevi di essere.” Rispose Giustizia senza battere ciglio, continuando a non abbassare la guardia nonostante l’altro non mostrasse segni di ostilità.

“ Buon per te.” Sospirò Sebastian con secchezza, rinfilandosi anche l’altro guanto.

“ Altrimenti ti avrei rintracciato ed ucciso proprio come ho fatto con il vero sicario.” Terminò, rivelando una profonda sete di sangue nei suoi occhi cremisi, come in un abisso senza fondo.

 

“ Non pensare che la mia sia paura! Potrei farti fuori anche adesso, se lo volessi.” L’assassino chiamato Providence trovava snervante il modo dell’altro di sottovalutarlo, come se volesse mettere alla prova il suo talento nell’uccidere.

 

“ No. Solo i colpevoli dovranno pagare, non gli innocenti.”

In un battito di ciglia, la finestra nella stanza si era spalancata per colpa del forte vento.

Quando la tenda smise di ondeggiare anche solo per un secondo, l’uomo dai capelli corvini era scomparso.

 

L’eco delle sue parole rimasero impresse nella mente di Giustizia, il quale si ritrovò in un profondo silenzio colmo di domande e pensieri.

Pochi secondi dopo dovette scappare anche lui, avvertendo dei passi provenienti dall’altra parte della casa.

 

“ Boss !”

“ Jacob… figlio mio.”

“ Chi è stato Boss? CHI È STATO IL BASTARDO !!?”

 

 

 

Magione Vongola. Nove anni dopo.

 

Tsunayoshi Sawada, Decimo Boss dei Vongola, guardava dall’alto del suo ufficio il grande giardino ai piedi della villa.

Nel prato giocavano suo figlio Tengoku, Xian ed il figlio di Enma, Simon.

 

“ Vi chiedo questo favore perché so di potermi fidare di voi.” Mormorò con lo sguardo spento, come se stesse emanando l’ultimo respiro di vita.

 

Dino Cavallone, suo amico da ormai molti anni, provò un forte senso di amarezza nel vedere il sorridente ragazzo di un tempo in quelle condizioni.

“ Tsuna… faremo il possibile.” Sorrise il Cavallone, stringendo il proprio braccio attorno a sua figlia Veronica, anch’ella presente nella stanza. La ragazza dai capelli color del grano raccolti in una coda di cavallo aveva quindici anni  da poco compiuti.

 

“ Grazie… Dino. E grazie Veronica.” Il Boss dai capelli castani si sentì rincuorato, anche se in parte delle parole nefaste gli tornavano in mente, trascinandolo nella preoccupazione.

 

“ Quando deciderai chi nominare il futuro Boss dei Vongola, un potenziale pretendente causerà la sua morte.”

 

 

 

Giappone. Poco tempo dopo.

 

“ Uffa! Pensa te che cosa devo aver fatto per andare a vivere con questo moccioso irritante !”

“ Veronica !”

 

Era l’ennesima volta che Dino riprendeva la figlia, puntualmente sul punto di lamentarsi.

Effettivamente però, poteva comprenderla. Se in quel momento stavano raggiungendo in macchina la città di Namimori, non era di certo una sua scelta.

Sua figlia però non poteva certo crescere da sola in Italia senza un padre, così la decisione di portarla con sé era stata inevitabile.

Il comando della Famiglia Cavallone era stato affidato a Romario, fino a quando almeno  sua figlia non sarebbe diventata maggiorenne.

 

In quel momento Tengoku, seduto sul sedile posteriore, si rannicchiò dando le spalle alla ragazzina bionda, la quale si indispettì ancor di più.

“ Umh !

 

“ Veronica, ascoltami …” L’uomo si fece immediatamente serio, continuando però a guidare con lo sguardo fermo sulla strada.

“ Cosa vuoi essere da grande ?”

Quella domanda improvvisa causò nella giovane un dubbio, di fatto spalancò gli occhi senza sapere cosa rispondere.

Nella sua vita non era mai sorta quella sicurezza, il poter dire – Farò parte della Famiglia- , come invece ripeteva sempre suo fratello Donald. Eppure, in quel silenzio calato di colpo nella vettura, aveva quasi paura a rispondere.

Era cresciuta con i Vongola, senza interessarsi agli affari delle Famiglie o della posizione di chi vedesse in quell’ambito. Aveva sempre e solo voluto giocare con i suoi amici, figli delle persone con cui era cresciuto suo padre.

Si sentiva legata a qualcosa che non conosceva, ma aveva allo stesso tempo paura di prendere una strada che cancellasse quei legami. Cosa avrebbe dovuto fare in futuro? C’era una scelta migliore?

 

Invano sollevò lo sguardo verso il genitori, non ricevendo una risposta.

 

“ Spero che un giorno tu lo possa scoprire da te. Per il momento, sii una buona amica per Tengoku.” Il volto sorridente di Dino generò una strana sensazione di calore nel petto dei due ragazzini.

La città di Namimori si affacciò al loro orizzonte.

 

 

 

Mercoledì 26 Novembre 2016.

 

Reborn era da appena due giorni tornato a Namimori, anche se non fisicamente. A causa di un impegno aveva infatti inviato un mini-Reborn creato da Verde che potesse controllare attraverso la Fiamma del Sole.


Sedeva, aspettando l’alba, nella cucina di casa Sawada, esattamente la stessa abitazione dove vent’anni prima aveva osservato pazientemente la crescita di Tsuna e dei suoi amici.

La sua mente però, dopo tutto quel tempo, era annebbiata da pensieri confusi.

 

- Ten-baka ha reagito in un modo che non aspettavo al Proiettile del Coraggio di Morire, svenendo poco dopo gli allenamenti di ieri mattina.-

Sollevò lo sguardo, oscurato dall’ala del fedora, sulle fotografie a pochi metri sopra di sé.

Immagini di eventi legati alla crescita di Tengoku e Veronica in quella città riempivano la mensola, consentendo di ricostruire parte dei cinque anni in quella casa con una semplice occhiata.

- Che sia vero? Che il Proiettile abbia danneggiato il blocco nella memoria del ragazzo di cui Tsuna mi aveva parlato ?-

 

L’assassino, ignaro della vera natura di Tengoku e della scelta di Tsunayoshi di adottarlo, decise che avrebbe ugualmente aiutato il ragazzino a scegliere quale strada proseguire in futuro.

 

 

 

Febbraio 2017. Russia.

 

“ Finalmente! Finalmente nessuno crederà che io sia pazzo !”

Un ragazzino dai capelli folti e rossi, tremava stringendo i pugni, appoggiato con la schiena alla parete della stazione di servizio lungo l’autostrada.

La neve cadeva senza fine, dando candore al cielo scuro notturno e alle nuvole grigie.

 

Per poco gli occhiali del ragazzo non gli caddero, nel mentre cercava di sistemarseli nervosamente sul naso, essendo però impacciato dai pesanti vestiti invernali e dal tremore alle mani.

“ Non perdiamo il filo del discorso, per favore.”

La voce di un adulto proveniva dalle spalle del ragazzo, più precisamente dalla finestra conducibile al bagno della stazione. La loro conversazione era appena udibile, e la presenza del rosso si confondeva tra la miriade di fiocchi di neve.

 

“ S-Sì, mi scusi! Dicevamo Tengoku, no?! Sarà subito fatto ciò che mi ha chiesto.” Balbettò lui, cercando di darsi un ritegno nonostante la palese agitazione, la quale stava facendo allargare un sorriso di gioia sulla sua faccia.

“ Grazie, Luchas. Sei davvero fondamentale per questo mio piano.” Rispose con voce pacata, come un sospiro di sollievo, l’uomo.

 

“ Mi scusi la domanda, ma… ora che ci penso, come mai non può portare via Tengoku con sé da solo ?” Sarà stato il nervosismo, ma al ragazzino scappò questa domanda, in un tono completamente diverso da quello usato prima.

Non appena se ne rese conto il suo cuore perse un battito per lo spavento, ed iniziò a biascicare una serie di scuse. Dalla sua voce trapelava sincera paura.

 

Oltre la parete, Sebastian abbassò il volto, respirando una nuvoletta d’aria calda.

L’espressione, nascosta dall’ombra, avrebbe potuto rivelare una certa esitazione e timore: entrambe emozioni che non poteva mostrare in pubblico, ma solo nell’intimità della sua mente travagliata ed in preda ad incubi.

 

 

Marzo 2017

 

“ Mio Signore, il piano di prelevare il Tengoku Sawada risulta essere fallito. Sembra che presto il decimo boss dei Vongola lo riporterà in Italia accompagnato dai suoi Guardiani.”

 

Mangiandosi nervosamente le unghie senza un attimo di tregua, Sebastian ascoltava Platino parlargli dall’altro capo del telefono.

Cercò di respirare in modo meno affannoso, con il sudore freddo che gli colava lungo la fronte ed i capelli corvini.

- Ci sarà un modo… prima o poi. Figlio mio, non smetterò di cercarti !-

 

Aprile 2017

 

“ Scusaci, padre …”

La voce di Drake Schlmit venne interrotta dalla linea, nel mentre la cornetta di un vecchio telefono veniva riposta.

 

“ Parti per Namimori: devi accertarti che i prigionieri di Livello S non uccidano Tengoku o i suoi amici.”

Sebastian, ultimata la chiamata da una stanza buia all’interno delle sue basi, rivolse una rapida occhiata verso il suo vice.

Platino raddrizzò la schiena, dando segno con i suoi giovani occhi di aver compreso l’ordine.

 

“ Non devono torcere loro nemmeno un capello.” Ripeté l’uomo nel mentre si allentava il nodo della cravatta. Sorrise tra i baffi, cercando però di non farlo notare: non era mai stato pratico a saperla allacciare, nonostante tutte le volte che Elisabetta avesse tentato inutilmente di insegnarglielo.

 

“ È sicuro che Drake lo abbia scambiato per suo padre ?” Domandò Platino un momento prima di lasciare il proprio Boss, il quale tornò rapidamente serio.

 

“ Peter Heysel Schlmit vuole soltanto proteggere suo figlio e sua figlia da ciò che potrebbe pensare la gente nella loro terra natia, per questo non li chiamerebbe mai per farli tornare a casa.” Rispose semplicemente il corvino.

- Perdonami Tengoku, ma ho bisogno di testare la fedeltà delle persone che ti accompagneranno da me, presto o tardi.-

 

 

 

Presente: 28 Aprile 2017.

 

Nel mausoleo dove giaceva la bara di Elisabetta Vongola, dove la luce di quattro candele danzava nel buio e nel freddo, i frammenti di una memoria cercavano di ricostruirsi alla cieca.

 

“ Tu… sei sempre stato vicino a me ?” Tengoku non stava più piangendo, ma ugualmente con la voce rotta dai singhiozzi fece sussultare il padre, rinsavendolo da un sonno di ricordi.

“ Sì. E quando non potevo farlo, inviavo persone di cui nessuno avrebbe sospettato per assicurarmi che tu stessi bene.”

 

Il ragazzino spalancò gli occhi ancora lucidi, rabbrividendo in silenzio.

Davanti a quella reazione, Sebastian abbassò lo sguardo, proseguendo mentre cercava di alleggerire il proprio tono di voce.

“ Shigeru Orus, Giorgia De Luca o Raxas, non sono mai esistiti. Erano solo informatori pagati per sorvegliarti fino a quando non saresti rimasto in Giappone.”

Durante il suo discorso, l’uomo riuscì ad avvertire una strana espressione nel volto del figlio.

Accertandosi con una seconda occhiata, lo vide sorridere sereno, con le lacrime che avevano ripreso a colare lungo le sue guance rosse.

 

“ Menomale …” Balbettò il bruno nel pianto, non vergognandosi di asciugare le lacrime.

“ Per un attimo ho pensato… ho dubitato che tutti i miei amici fossero stati un’illusione !”

Cadde in ginocchio davanti allo sguardo esterrefatto di Sebastian, il quale era stato colto di sorpresa da quel carattere imprevedibile, lunatico e spesso troppo emotivo.

 

 

In quel momento si rivide quindici anni più giovane, con davanti a sé il viso di una splendida donna bruna che gli sorrideva.

 

 

 

 

 

 

 

 

Angolo Autore: 

Welcome back!

Er… è altamente probabile che questo capitolo possa annoiarvi, starvi davvero sulle scatole e diventare una fonte di linciaggio nei miei confronti, visto che ho dovuto impiegare un mese per scriverlo.

Lo ammetto, scrivendolo mi sono reso conto di tutti questi rischi, ma ho continuato senza  fermarmi solo perché stava piacendo a me. La prima parte almeno, i collegamenti con la prima saga avrei potuto renderli meglio.

So sorry quindi se non vi piacerà, spero di rimediare.

 

Poi, preamboli a parte…

Per le persone a cui questo capitolo sarà piaciuto, un po’ di chicche ^^.

L’ispirazione principale (non essendo io un padre, lol) è stata dall’opera cinematografica del regista Mamoru Hosoda “Wolf Children”.

Ve lo consiglio ASSOLUTAMENTE, non solo perché reputo Hosoda il mio regista giapponese preferito, ma ovviamente perché Wolf Children è un capolavoro apparentemente irreale (come la storia tra Sebastian ed Elisabetta), ma allo stesso tempo vicino ai sentimenti umani.

Spero anche di non aver tralasciato altri buchi di trama per quanto riguarda la storia di Tengoku, e che ovviamente tutto sia chiaro.

 

A riguardo di questo, nell’ultimo capitolo di questa fanfiction farò degli accorgimenti speciali.

Peace, dal prossimo capitolo si ritorna alle botte, oltre che ovviamente ai sentimentalismi pessimi che solo io riesco a descrivere.

 

Alla prossima!

P.S: Il titolo è un riferimento alla poesia di Quinto Orazio Flacco, "O vergine cogli l'attimo che fugge". Lascio a voi la possibile interpretazione del significato.

 

 

Omake Numero 7: Your favorite manga is Overrated.

 

Seduta accanto a suo figlio Tengoku, allora con appena un anno di vita, Elisabetta aveva appena riposto sul letto una pila di manga.

Sorridendo al figlio, che ricambiò non sapendo cosa stesse succedendo, iniziò a fare tante facce buffe per attirare la sua attenzione.

“ Allora, Ten-kun… adesso ti insegno una cosa.”

Con aria serena e allegra, la donna divise in due pile gli albi, mostrandoli al bambino.

Sulla pila a destra erano presenti manga come Le Bizzarre Avventure di Jojo, Soul Eater, Battle Royale, History of the Strongest Disciple Kenichi, Capitan Harlock e La Legge di Ueki.

Sulla pila a sinistra invece, si potevano trovare Sword Art Online, Fairy Tail, Shingeki no Kyojin e Naruto Shippuden.

 

 

Dopodiché Liz, battendo le mani e continuando a sorridere, guardò fisso negli occhi Tengoku.

“ Ora ti farò distinguere i capolavori dalle me-…”

Prima ancora che riuscisse a finire la frase, Sebastian entrò in camera da letto sfondando la porta. Con il fiatone, l’uomo urlò rivolto verso il cielo.

“ Master, che cosa fai ! Ma lo sai quanta gente verrebbe ad ucciderti se lo facessi davvero ??”

 

In un’altra dimensione, lontana dagli avvenimenti di Story of a Family.

“ Ma a me che cazzo me ne frega a me !”

 

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Capitolo 5
*** Target Number 5: Komm, Süßer Tod ***


     a cura di nekomata04

 
 Target Number 5: Komm, Süßer Tod

" In un mondo pieno d'odio, dobbiamo avere il coraggio di sperare. In un mondo pieno di disperazione, dobbiamo avere il coraggio di sognare. In un mondo pieno di sfiducia, dobbiamo avere il coraggio di credere" Micheal Joseph Jackson, 21 Marzo 2001.


 

Accompagnato dal frastuono dei rotori, un elicottero sorvolava l’Oceano Pacifico.

In quella tarda notte senza luna solo il nero colorava le acque, con le onde leggermente increspate da una brezza fredda. Le nuvole si stagliavano nel cielo, così grandi da incutere timore.

 

Reborn si avvicinò al vetro, scrutando il tetro paesaggio con sguardo indecifrabile.

Corex Licaone pilotava, ed al suo fianco Tsunayoshi stava indossando degli speciali guanti in cuoio nero placcati d’acciaio, decorati con una grossa sfera di cristallo riportante il simbolo della Famiglia Vongola.

Erano i leggendari X-Gloves, i quali oltre che essere la sua arma in quanto Boss, in battaglia rendevano il suo stile di combattimento simile a quello di Primo Vongola.

 

Sui sedili posteriori invece sedevano Drake, Azura, Akane e Kiiro, accanto al Tutor.

Il ragazzo biondo rivolgeva spesso degli sguardi preoccupati alla ragazza corvina, senza però domandarle a parole come si sentisse. Di risposta, Akane gli sorrideva per rassicurarlo: la Fiamma del Sole di Reborn aveva curato le ossa e le ustioni sulle sue gambe durante il loro viaggio di cinque ore.

Azura, intanto, respirando profondamente per controllare il proprio nervosismo, concentrava lo sguardo in un piccolo oggetto tra le sue mani. Un anello di acciaio con il simbolo di una goccia scolpito sul fronte, al di sotto di tre piccole vongole.

Era l’unica a non averlo ancora indossato, e ripensò al momento in cui glieli avevano donati.

 

“ Gli Anelli dei Vongola… prima o poi li avrebbero usati.” Aveva mormorato Tsuna, quasi con tono malinconico.

“ Ovviamente non sono quelli originali.” Lo aveva interrotto Reborn sorridendo, quasi per rimproverarlo.

“ …ma ugualmente aumenteranno gli effetti e faciliteranno l’emissione delle Fiamme.”

 

Dopo che Kiiro la ebbe indossata, attraverso i fotoni emessi dal suo corpo riuscì a generare un luminoso fuoco giallo sulla punta dell’anello del Sole. Immediatamente, la rigenerazione delle cellule che era già capace di attivare, ebbe un notevole incremento di velocità.

La macchina fu sorpresa, ma ai restanti tre venne proibito di sperimentare gli effetti delle loro Fiamme potenziate sull’elicottero, ovviamente per questioni di sicurezza.

“ Questi ragazzi erano già capaci di controllare le proprie Fiamme e di propagarle nelle armi… chissà, magari in futuro non ci sarà più bisogno di Anelli o Box.” Quella frase di Reborn, pronunciata durante un sospiro di amara dolcezza, aveva in qualche modo rincuorato il Boss.

 

 

Ma c’era poco su cui ridere e scherzare per i ragazzi. Non ci sarebbero stati ricordi felici, come invece quelli che condividevano Reborn e Tsuna.

Per loro, da quel momento, alcuni ricordi sarebbero stati solo dolorosi.

 

“ Hanno ritrovato il suo corpo sulla strada, poco prima dell’imbocco di Porto Marghera sulla strada regionale. Vi siete incontrati a pochi chilometri dal punto dove si era fermata la macchina guidata da Alberto, non avreste avuto il tempo di salvarla.”

Tutti avevano capito di chi stessero parlando, non erano stupidi.

Si rendevano conto benissimo da soli che in quell’elicottero, andando a soccorrere Ten, ci sarebbe dovuta essere una quarta persona.

 

“ Akira …” Drake strinse i pugni, chiusi sulle sue ginocchia.

- Non riesco nemmeno ad immaginare… ad immaginare una morte per una come lei.- Scuro in volto si chinò in avanti, respirando con un brivido lungo la schiena.

Akane, proprio scorgendo quella desolazione negli occhi del biondo, si rese conto che quella perdita andava affrontata in fretta. Avrebbe messo a dura prova il morale di tutti e…

- Perché non posso piangere per la morte di una mia amica, proprio come ho fatto con il Generale Korvo ?!-

La rabbia, come un fuoco, le incendiava la gola ed il petto, sebbene in quel momento non sapesse chi odiare.

Era un mondo confuso, un circolo continuo di peccato e pentimento.

 

La voce del Tutor fece rinsavire i ragazzi, cogliendoli di soprassalto.

“ Siamo quasi arrivati.” Con un dito l’uomo disegnò un cerchio sul vetro, inquadrando un’ombra avvolta nella nebbia notturna.

Tra le onde del mare, era possibile scorgere una sagoma misteriosa, squadrata e larga.

Dopo pochi secondi, la distanza svelò la sua vera forma: un forte, simile ad una villa, edificato su di una piccolissima isola. Era costruito interamente in pietra e dava l’impressione di un luogo per difendersi da un assedio, il che era strano valutando le dimensioni della struttura.

“ La roccaforte di Groove Island, a quattrocento chilometri dalle coste dell’Hokkaido.”

 

“ Aspetta, siamo in Giappone?! Il covo di Sebastian è in Giappone ?” Esclamò dalla sorpresa Azura, rimasta confusa quanto i suoi compagni.

Reborn gli rispose con uno sguardo incredibilmente freddo e serio.

“ La villa è stata proprietà di Oda Nobunaga dal 1582 fino alla sua morte. In seguito è rimasta abbandonata, prima che un nobile inglese l’acquistasse nell’Ottocento e la facesse restaurare… con il risultato che ad oggi è rimasta ugualmente disabitata e lasciata in rovina.”

 

Dalle sue labbra erano percepibili le parole che avrebbe sussurrato a se stesso.

- Ed in questa notte sarà il nostro campo di battaglia.-

 

“ Avete mai effettuato un’incursione ?”

Domandò Corex Licaone, interrompendo la tensione creata da quella discussione. I giovani lo guardarono con curiosità, anche un po’ interdetti nella risposta.

Il Boss sospirò silenziosamente, riportando la concentrazione sulla guida mentre parlava. Nei suoi occhi spenti si rifletteva perfettamente la sagoma oscura di Groove Island.

“ Va bene anche così, dato che ciò che faremo sarà sfondare l’ingresso principale e condurci fino al cuore dell’edificio, dove secondo le predizioni di Yuni si troverà Sebastian.”

 

Tsuna si portò la mano alla fronte, lisciandosi distrattamente con le dita i capelli castani.

“ Corex ed io sfonderemo dall’alto la prima parete esterna, in modo da poter avere una visuale su cosa potrebbe essere in nostra attesa all’interno. In seguito lasceremo l’elicottero con il pilota automatico e vi paracaduterete nella struttura. Noi vi seguiremo planando.”

Davanti a sé il Boss dei Vongola stringeva una cartina della villa, probabilmente fatta disegnare da Yuni stessa.

“ I nostri alleati ci aspetteranno all’interno, all’incirca nel secondo blocco, quello più vicino alle scale.”

 

“Quali alleati ?” Una voce rauca e cupa proveniente dal retro dell’elicottero, sui sedili posteriori a quelli dei ragazzi, richiamò l’attenzione di Tsuna.

Dei capelli corvini fecero capolino da lì dietro, rivelando presto il volto di Yukiteru, tracciato da un’espressione di odio. Non era riuscito a recuperare il sorriso di un tempo dopo quanto accaduto quattro ore prima, e fino ad allora non aveva aperto bocca per tutto il viaggio.

Akane provò tristezza per la scomparsa di quel sorriso. Per lei Yuki era un uomo sempre solare, ma era ugualmente stupido negare quanto l’importanza dei sentimenti verso sua figlia l’avessero distrutto interiormente.

 

Il Boss dei Licaone abbassò lo sguardo, volgendolo alle proprie mani fredde e scarne sul piano orizzontale.

“ Himeko, Devon e Taylor… la sorella di tua moglie.”

 

 

 

“ Sono arrivati.”

Erano state quelle le uniche parole pronunciate da Sebastian, quando nell’aria immobile della stanza era rimbombato l’eco di un’esplosione.

“ Cosa? Chi è arrivato ?!” Domandò Tengoku, ormai con i nervi a fior di pelle, incapace di controllare le proprie emozioni seppur avesse pianto a dirotto.

 

Il padre lo guardò per un istante, facendo nuovamente incrociare i loro occhi. In quel momento eterno al ragazzo parve quasi di vederlo sorridere.

“Ci hanno seguito per riportarti indietro.”

E dopo quelle parole, voltò gli voltò le spalle e mosse il primo passo verso le scale.

“ E-e tu dove stai andando ?” La voce del bruno, rotta dalla confusione e dalla paura, sembrò chiamare il padre come farebbe un bambino perso.

 

L’uomo spalancò la porta davanti a sé, rimanendo in silenzio durante il processo. Quando l’ebbe aperta, i capelli corvini, un tempo bianchi, scivolarono sul suo viso oscurato dall’ombra.

“ Tengoku, oggi tu dovrai prendere una decisione. Afferrerai la strada che ormai hai deciso di intraprendere, perché solo tu puoi porre fine a ciò che ho fatto.”

Lasciando il ragazzo a bocca spalancata dopo quelle enigmatiche parole, o forse troppo impaurito dallo scoprirne il significato, le pesanti ante della porta iniziarono a richiudersi.

Le fiamme delle candele vacillarono, ma non si estinsero con quel leggero spostamento d’aria.

 

“ Dovrai anche uccidermi, se sarà questa la soluzione che preferisci.”

Il sorriso sulla bocca di Sebastian si allargò. Un triste, ma dolce sorriso premuroso, inghiottito dalla pesante pietra del portone che lo cancellò nel buio.

 

Venne solo altro silenzio in quella sala, riempita dal freddo di un corpo immobile, dentro una bara nera, ed il tenue calore di un cuore che batteva.

 

- La decisione che prenderò ?- Si chiese, e quella singola domanda risuonò all’interno del proprio io, scuotendo tutti i suoi sensi in un refrigerante flusso di coscienza.

Non voleva versare altre lacrime, non voleva piangere per soffocare una perdita o rimpiangere un passato che non avrebbe più potuto riavere.

Ciò che in realtà voleva, era non lasciare da soli i suoi amici. Eppure, sapeva cosa andava fatto prima.

Si voltò con una calma quasi solenne, posando i suoi occhi sulla bara di sua madre.

Le ginocchia sul freddo pavimento e le mani congiunte all’altezza della fronte, anch’essa per terra.

“ È stato un piacere conoscerti, mamma.” Sussurrò sorridendo.

 

 

 

Mentre l’eco del boato vibrava ancora nell’aria, quattro ombre precipitarono in un largo corridoio privato del soffitto. Macerie incandescenti o quasi del tutto trasformate in fragile brina rimbalzavano da ogni dove come schegge impazzite.

Nonostante tutto però, Azura, Drake, Akane e Kiiro atterrarono sul pavimento in completa salvezza, assieme ai loro paracadute.

Se ne liberarono all’istante, e chi di loro poteva, contemporaneamente sfoderò le proprie armi.

Akane estrasse la Walther PPQ a cui  era tanto fedele, mentre Azura allungò il piccolo cilindro di acciaio fino a fargli assumere la forma di Steel Soul. Drake si sfiorò con entrambe le mani gli avambracci, ricoprendoli di una patina di fulmini, e Kiiro semplicemente si aggiustò la maschera sorridente sul volto.

Non si voltarono al suono di passi, nemmeno quando due figure li superarono in corsa.

“ Sbrigatevi !” Incitò Reborn, affiancato da Yukiteru, il quale continuava a non pronunciare parola.

 

I giovani sapevano per certo che i due Boss, dopo aver esaurito il loro attacco di sfondamento, li avrebbero raggiunti dall’alto, così obbedirono rapidamente.

 

Ben presto la luce del cielo terso notturno li abbandonò, coperta dal soffitto rimasto intatto all’interno di quella struttura in pietra e legno massiccio.

I corridoi labirintici richiamavano l’identità di castello giapponese, lasciando perdere qualsiasi traccia di dove si fosse arrivati. Comunque fosse, grazie alla cartina dell’edificio marchiata con le Fiamme di ciascuno di loro sulle mani, riuscivano ad orientarsi senza dubbi.

 

Yukiteru, in testa assieme al Tutor Hitman, non riusciva a rimanere tranquillo e sicuro di sé neppure con quella certezza. Le domande ed i misteri lo avevano lasciato senza parole, assieme all’unica cosa che fin’ora sapeva di non avere: sua figlia Primula.

- Per lei io sarei uguale a Sebastian… ma questo cosa vuol dire ?- Si guardò distrattamente le mani, immaginando che su quella mappa potesse trovare la posizione dell’amore della sua vita, rinchiusa sicuramente tra quelle mura.

- Devo ritrovarla! Solo così potrò sapere cosa l’ha spinta ad andarsene da me. -

 

Improvvisamente, assieme a Reborn, si mise sull’attenti non appena scorse un movimento nell’ombra esattamente davanti a sé.

Si ritrasse all’indietro inarcando la schiena, e poté solo accorgersi di un riflesso metallico sfiorargli la testa.

Quando realizzò il tutto, qualcosa di infinitamente pesante si era abbattuta con forza sul pavimento nell’esatto punto in cui stava correndo una frazione di secondo prima.

 

Kiiro, dalle retrovie, sussultò: era lui.

Dall’oscurità, con lentezza e sotto gli sguardi vigili di tutti, una figura umanoide si fece avanti.

Vestiario nero ed una maschera sorridente nera e rossa, contornato da una poltiglia nera al posto del suo braccio destro dentro la quale si potevano notare lame e spuntoni sporgenti.

“ Quel coso deve essere un Kuro, non avvicinatevi !” Esclamò Reborn, agendo per primo in quanto il più vicino alla creatura artificiale.

Sapeva che alle sue spalle né Akane, né Corex o Tsuna avrebbero potuto colpire dalla distanza il nemico con lui come ostacolo, così l’unica alternativa era attaccare immediatamente e poi scostarsi.

 

- Lo farò arretrare per garantire una maggiore visuale su di lui !- Puntò la pistola in avanti, sparando immediatamente un proiettile.

Quello che vide davanti a sé però non fu il nemico venir perforato, bensì il Kuro essersi avvicinato nell’istante in cui aveva premuto il proiettile. Adesso erano ad un metro di distanza, e la macchina nera stava già allungando i suoi arti, entrambi trasformati in quella massa informe di lame verso il suo corpo.

Non avrebbe avuto il tempo per abbassare il braccio e pararsi, ma rimase ugualmente immobile.

Ovviamente non si trattava di disperazione, perché in fiducia di quella sicurezza il nemico annullò l’attacco poco prima di colpirlo, deformando il cranio per assottigliarlo come un foglio di carta.

Il proiettile precedentemente sparato, che aveva lasciato una crepa sul muro in fondo al corridoio dov’era rimbalzato, era stato schivato sì, ma aveva salvato ugualmente la situazione.

 

La creatura riprese la sua forma originaria, persino nelle braccia, ma sollevò il volto verso quello del Tutor come se non lo avesse mai attaccato per ucciderlo.

I presenti rimasero immobili, in attesa che qualcosa succedesse. Il suono del respiro era l’unico rumore presente nel corridoio, mentre la macchina continuava a scrutare da vicino Reborn come un ragno con la mosca intrappolata.

- È stato creato per essere il plus-ultra dell’assassinio e noi siamo ufficialmente i suoi obbiettivi: a quanto pare cerca di uccidere il primo che provi a muoversi o che emetta un suono.- Ragionò il sicario a mente fredda, non lasciandosi intimorire da quella maschera inquietante.

- Inoltre deve essere sicuramente più forte di Kiiro, visto che nel suo caso mi era stato assicurato che non avrebbe mai potuto darmi del filo da torcere in battaglia. Questo qui, invece …-

Non terminò il pensiero, siccome un leggero movimento alle sue spalle fece scattare la testa del Kuro verso la direzione d’origine.

 

Tsuna, Corex, Yukiteru ed anche i ragazzi puntarono gli occhi verso la responsabile di quel leggero campanello di allarme, ovvero Azura Schlmit.

Videro la ragazza dai lunghi capelli rossi mossi impugnare Steel Soul, distendendo le gambe i più possibile e stabilizzando l’asta parallelamente al pavimento, all’altezza del petto.

Un’aura cristallina composta da gocce d’acqua trasparenti la ricopriva, segno, assieme ai suoi occhi freddi ma assorbiti nel vuoto, che fosse volontariamente in guardia.

 

Nessuno riuscì ad urlare, o a tornare indietro per proteggerla, perché in quell’esatto istante l’ombra nera scivolò tra di loro fino a raggiungere la tedesca.

Azura rimase immobile in quella posizione fino a quando l’aura di morte dell’avversario non le penetrò il cuore, percorrendo il suo sistema nervoso fin dalla radice.

Soltanto un suono ovattato ed un movimento da entrambe le posizioni.

 

Kuro protese i suoi arti mostruosi in avanti, allungandoli mentre si era slanciato ad alta velocità. Allo stesso tempo però, la rossa roteò l’asta davanti a sé, generando un vortice di Fiamme della Pioggia.

Quando l’attacco vi entrò in contatto, Steel Soul aveva già cambiato schema, assumendo la lama appuntita di una lancia.

Āśrama: Affondo Errante !”

Le braccia della macchina erano state distanziate, ed al loro centro adesso Azura aveva appena affondato la sua lancia verso il suo corpo scoperto.

La creatura dovette far ricorso a tutta la sua accelerazione per arretrare in tempo, riuscendo ad allontanarsi dalla punta di qualche millimetro in una frazione di secondo.

 

Nuovamente piombò il silenzio tra i presenti.

Tsunayoshi paragonò quella ragazza al suo equivalente di un mese prima, quando pur di non dire addio a Tengoku si era fatta avanti tra i suoi uomini a Namimori. Già all’epoca vantava di una forza caratteristica, ma dopo gli allenamenti estremi di Reborn e tutte le esperienze passate, sembrava completamente un’altra persona.

- Non è possibile che in così poco tempo… Reborn abbia reso la forza di una ragazza quanto quella di un Guardiano senza Cambio Forma !- Rifletté, impressionato quanto spaventato.

 

 

Il Tutor Hitman in questione non ebbe il tempo di sentirsi orgoglioso del lavoro fatto per Azura, ma in quei pochi momenti di salvezza aveva già ideato un piano.

Così voltandosi di scatto impugnò la pistola davanti a sé, sparando in sequenza sei proiettili.

“ Correte! In due possiamo sconfiggerlo !!” Al suo urlo, Tsunayoshi, Corex e Yukiteru annuirono silenziosamente.

Non che i tre fossero indifferenti alla vita di Azura, ma al contrario si fidavano ciecamente del metro di giudizio del sicario, abituato ad addestrare boss ed assassini.

 

Soprattutto il giovane italo-giapponese dai capelli corvini, il quale aveva conosciuto quell’irritante ed orgoglioso individuo sin da prima di diventare un Arcobaleno.

- Così come ti sei sempre preso cura di me e di Lara… fai sopravvivere Azura, Reborn !- Yukiteru sperò che il suo desiderio fosse giunto sin alla mente del suo amico, perché subito dopo averlo pensato iniziò a correre verso la fine del corridoio.

Corex lo seguì, mentre Tsunayoshi rimase fermo, aspettando che gli ultimi in coda tra loro, ovvero Drake ed Akane, li raggiungessero.

Come temeva, purtroppo, vide solo la corvina strattonare il braccio del biondo, il quale non riusciva a fare altro se non guardare sua sorella con la disperazione negli occhi.

 

- Io non posso lasciarla qui! Perché non capite ?!- Urlava senza voce il ragazzo, non potendo nemmeno chiamare sua sorella per sperare di guardarla in faccia un’altra volta. Non voleva fosse l’ultima volta che l’avrebbe vista in vita sua, dopo essere stati legati sin dalla nascita.

 

Akane gli afferrò il viso con una mano, costringendolo a voltarsi verso di sé con uno strattone.

Era esasperata quanto lui, voleva che lo sapesse, però con un’intensa occhiata cercava di trasmettergli un importante messaggio: - Fidati almeno un’altra volta di tua sorella !-

Con i suoi occhi azzurri lucidi per le lacrime, Drake Schlmit dovette soffocare un singhiozzo di paura, stringendo forte le spalle della sua compagna.

Infine abbassò lo sguardo, e senza più voltarsi, seguì gli altri davanti a loro.

 

Anche in quella situazione, Tsuna non riuscì a non sorridere amaramente: quella situazione gli ricordava tanto quando Kyoko. Sua moglie, temeva per la sopravvivenza di suo fratello Ryohei durante la battaglia contro i Varia.

- Nel bene o nel male, per sostenere la paura di perdere i propri cari questo ragazzo potrà solo diventare più forte combattendo.-

 

A pochi metri da loro, la macchina chiamata Kuro si stava limitando ed evitare i proiettili sparati da Reborn con facilità, osservando incuriosito tutto quel movimento prodotto dai fuggiaschi. Non reagiva, né si ribellava agli attacchi, perché questi non risultavano per lui un vero pericolo.

 

Il Tutor Hitman sogghignò all’ombra del suo fedora, divertito da quella situazione così complessa e pericolosa. Terminò la sua raffica di colpi per un istante, voltandosi verso i suoi compagni di squadra ed urlando ad alta voce:

“ Drake !”

Il biondo, colto di soprassalto, si voltò durante la corsa, scorgendo gli occhi ridenti ed il sorriso beffardo del suo mentore.

L’uomo sollevò il braccio, lanciandogli con estrema precisione e velocità una busta di plastica trasparente.

Lui la afferrò prontamente, senza farsi domande, ma quando ne scorse il contenuto, poté osservare una pistola Magnum in legno laccato rosso ed un anello composta da una pietra rossa ed una azzurra.

“ Ti assegno il compito di portarli a Ten-baka… mi fido di te.” Gli mimò con le labbra l’assassino, e quella carica di fiducia e responsabilità lo fecero riprendere a correre ancora più veloce di prima.

 

In quel momento Kuro reagì, scattando verso la direzione da cui era provenuto: quegli oggetti passati ai fuggitivi sarebbero potuti essere una minaccia, o almeno così aveva intuito.

Si lasciò alle spalle Azura, puntando con il suo arto trasformato Reborn, intenzionato ad ucciderlo per poi eliminare anche Drake.

 

Tuttavia il Tutor non fece sparire il ghigno sicuro di sé, e sollevò una mano all’altezza del suo viso, con il palmo aperto verso l’esterno.

La macchina tentò di avvinarsi il più possibile, valutando solo prima di attaccare la possibilità di una trappola. Bastò un minuscolo spostamento d’aria alle sue spalle per fargli deviare la traiettoria, accovacciandosi a terra come un insetto più velocemente che potesse.

Uno scintillante attrezzo in metallo lo sorvolò, raggiungendo la mano dell’assassino, il quale lo afferrò prontamente.

Era un bastone di acciaio, esattamente identico a Steel Soul, tanto da poter essere proprio quell’arma.

 

Kuro si voltò per constatare la veridicità di quell’ipotesi, ma ciò che vide fu proprio Azura correre nella sua direzione armata dello stesso bastone-lancia.

Così la macchina, si era ritrovata esattamente al centro di due avversari armati allo stesso modo, quando ormai il resto della squadra nemica era scomparsa nell’oscurità dei labirintici corridoi.

Non gli restò altro da fare se non sollevarsi in silenzio, espandendo i propri arti fino a renderli delle poltiglie nere senza forma, dalle quali sporgevano lame ed aculei.

 

Reborn scattò in avanti, così come la ragazza dai capelli rossi, impugnando il bastone per prepararsi ad attaccare.

- Azura deve aver intuito la mia idea ripensando a quando gli insegnai il Bōjutsu e lo Yarijutsu per farle padroneggiare Steel Soul.-

Maestro ed allieva si lanciarono in un turbine di attacchi roteanti, in perfetta sintonia e comprendendo ognuno i movimenti dell’altro per sfruttare al meglio lo spazio ristretto del corridoio.

 

La tedesca stava sudando freddo, senza però lasciandosi scoraggiare dal nemico, il quale riusciva a strisciare attraverso i loro attacchi semplicemente ondeggiando il busto.

- A quanto pare non è in grado di attaccare e difendersi allo stesso tempo, per questo dovremo basare i nostri attacchi come se fossimo in un gioco di strategia a turni.-

Trattenne il respiro mentre appoggiava Steel Soul al petto, in posizione verticale. Fece confluire un’aura di Fiamme della Pioggia nel metallo, per poi sollevare l’arma e colpire il nemico con la sua estremità.

 

Il pavimento si aprì in una piccola fossa, esplodendo in blocchi di pietra e cemento che schizzarono verso l’alto.

- Ho fuso i proiettili indirizzati da Reborn verso di me per trasformarli in un secondo bastone, proprio per sfruttare al meglio una perfetta combinazione di attacchi ravvicinati. In questo modo il nemico non avrà aperture per coglierci alla sprovvista !-

 

Nonostante la forza di volontà impressa nel colpo, la macchina assassina emerse dalla polvere sollevata con un salto all’indietro.

Sfruttando le spalle offerte, Reborn saltò anch’egli per sferrare un fendente orizzontale con la punta di lancia.

- Non posso lasciargli il tempo di attaccare! Se solo lo facesse… sarebbe troppo persino per me sostenere un suo colpo !-

L’uomo ringhiò, tendendo tutti i suoi muscoli per scaricare al meglio la forza in una sola e singola sferzata.

 

Fu quello il suo errore: percependo il suono di un respiro teso e di un battito cardiaco accelerato, la macchina assassina ebbe tutto il tempo per curvare il proprio corpo in volo, lasciando che la lama non tagliasse neppure la punta dei suoi capelli corvini.

In seguito, quasi con derisione, slanciò gli arti all’indietro, schiantandoli entrambi contro l’avversario alle sue spalle.

Con un rumore sordo, tra schizzi di sangue sospesi in aria, Reborn venne scagliato violentemente contro la parete dietro di sé.

 

Allora il Kuro realizzò di avere solo un altro obbiettivo di cui occuparsi, ma proprio in quel momento un’onda di roccia fusa e fredda lo travolse.

Le macerie sollevate dal precedente colpo di Azura si erano sciolte grazie alla Tranquillità della Fiamma, ricoprendo la macchina e facendole perdere l’equilibrio nel momento in cui aveva abbassato la guardia.

 

La Guardiana della Pioggia di Tengoku, Azura Schlmit, fu la prima cosa che Kuro riuscì a scorgere mentre della roccia fusa gli ricopriva in parte il volto.

La rossa, con un’espressione indurita dall’odio e Steel Soul sollevato in obliquo sopra la testa, lo aveva appena superato in altezza con un salto degno di nota.

“ SPARISCI !!” Urlò a pieni polmoni, calando la sua arma verso il basso.

 

Con leggerezza e semplicità il braccio di Kuro intercettò la ragazza in aria, spiaccicandola alla parete come se fosse stata una mosca. Sul muro si espanse una ragnatela di crepe e numerosi schizzi di sangue, accompagnati da un rombo che segnalava la durezza del colpo, tanto da aver scosso le fondamenta di quell’intero piano.

 

La macchina atterrò al suolo in piedi, osservando il corpo di Azura staccarsi dalla pietra e cadere a peso morto sul duro pavimento.

La puntò incuriosito per qualche altro secondo, fino a quando quella ragazza non venne scossa da uno spasmo.

La tedesca vomitò altro sangue, tremando per tutte le costole e le ossa incrinate. Gemette, soffocando un urlo di dolore, e poi, sorprendentemente fece leva con un braccio a terra per risollevarsi.

I capelli rossi le scivolavano sul volto sporco e ferito. Uno dei suoi occhi azzurri era stato serrato da un taglio lungo la fronte, ed adesso solo un altro rimaneva spalancato, con il terrore di perdere per sempre la luce della vita.

Con tutte le sue forze si stava aggrappando a ciò che aveva pur di sopravvivere abbastanza da…

- TEN, NON RIMARRAI SOLO !- Serrò le labbra, ringhiando come un animale inferocito per lo sforzo, mentre tentava di rialzarsi in piedi.

 

“ AZURA! NOOO !!” L’urlo di Reborn scosse il Kuro, che si voltò verso la parete al terminare del corridoio.

Il Tutor Hitman, anch’esso ferito su tutto il corpo, riusciva comunque a sorreggere la pistola per mirare l’avversario.

Bruciando d’ira sparò una raffica di proiettili, terrorizzato dall’idea di veder morire una sua allieva davanti ai propri occhi. Non gli era mai successo in vita, e mai sarebbe accaduto.

 

La creatura artificiale, mentre le pallottole sferzavano l’aria, individuò per terra l’originale Steel Soul della ragazza, e lo afferrò con una delle sue mostruose braccia.

In un attimo riuscì a far roteare con maestria l’asta davanti a sé, intercettando tutti i colpi in volo allo stesso istante.

Infine, sotto lo sguardo terrorizzato ed impotente del Tutor, si voltò con l’arma ancora in mano per impalare alla parete Azura, sollevandola di peso da terra.

 

La tedesca tentennò, sentendo la sua schiena venir schiacciata contro la parete ed il proprio ventre trapassato da parte a parte dalla sua stessa Steel Soul.

Divenne pallida e rigida, avvertendo come tutto il mondo attorno a sé stesse diventando freddo e distante.

 

Tengoku era stato portato via senza che lei avesse potuto fare niente, e nonostante l’illusione di poterlo salvare e ricondurre ad una vita felice, senza mafia o combattimenti, lì stava morendo.

Il respiro le moriva sulle labbra. Reborn iniziò a correre verso di lei.
 

 

C’era una bambina seduta sul proprio banco di scuola. Era minuta e piccola, con i capelli rossi corti che le coprivano gli occhi.

Mancava molto all’inizio delle lezioni, e la sua classe di scuola elementare non era ancora entrata.

Con sguardo vuoto osservava qualcosa.

Scritte. Con il pennarello nero indelebile. Sul suo banco e sui suoi quaderni.

                                  

                                                      AMMAZZATI

        INUTILE

                                     VATTENE

                                                                                                                                                            SCHIFO

                                                                                                    NON TI VOGLIAMO

                               DISGUSTOSA

                                                                                             RACCHIA

 

Non pensava ai suoi lividi, al ciondolo regalatole da sua madre, suo unico ricordo, gettato nel lago il giorno precedente.

Aveva paura di pensare, perché già la paura di restare a lì dentro, in attesa che lontano dagli sguardi dei maestri l’avrebbero ferita, era troppa.

Chiamare suo fratello era inutile, lui frequentava già le medie.

Chiamare i suoi genitori era stupido, suo padre era rimasto in Germania, e quelli che ora si ostinavano a farsi chiamare così non badavano nemmeno alle loro parole.

Le uniche attenzioni che riceveva erano da parte della sua classe… che giorno dopo giorno le ricordavano quanto fosse sola, abbandonata dal suo vero padre e lontana dalla sua vera casa.

 

Sì, questa era lei: una bambina indifesa bisognosa di attenzioni.

Le ottenne, un giorno ottenne proprio le attenzioni che voleva.

I professori la interruppero prima che potesse saltare dal tetto della scuola, e gli assistenti sociali consigliarono alla sua falsa famiglia di farle cambiare scuola.

Dopo molto tempo, per la prima volta allora sorrise colma di gioia, tra le lacrime del fratello che pensava di averla persa per sempre e gli sguardi spaventati di quegli adulti.

AVEVA AVUTO LE ATTENZIONI CHE DESIDERAVA!

 

Eppure, se proprio si sentiva così felice, perché quando la portarono alla Namimori High School, tre anni dopo, aveva di nuovo paura a restare da sola?

Un giorno, mentre ripensava a quanto la sua vita sarebbe stata diversa con sua madre ancora viva e con lei, in Germania, qualcuno irruppe nella sua vita.

Senza nessun avvertimento, come un fulmine a ciel sereno, di punto in bianco nell’oscurità dei suoi pensieri, quell’invasore le disse:

“ Ma quindi tu… sei nuova ?”

Un idiota, tanto quanto la domanda posta, ovviamente retorica e così spudoratamente ovvia da farla infuriare.

“ Sì …”

Ci era cascata lo stesso: gli aveva risposto.

 

Da quel momento tutto ciò che aveva costruito, o meglio distrutto, venne cancellato da un’onda fredda.

Quell’onda si chiamava Tengoku Marco Sawada.

Un ragazzo solo, in cerca di attenzioni e di affetto quanto lei.

 

E per tutto quel maledettissimo viaggio, non avevano fatto altro in fin dei conti se non scambiarsi affetto, leccare le ferite dell’altro per farlo sentire meglio.  Così diversi, così colmi di un dolore che entrambi avevano dimenticato.

 

 

- Sì! Io avevo paura di rimanere da sola !-

Quell’occhio azzurro non perse la forza e rimase aperto. Allo stesso modo i muscoli del corpo freddo si tesero, stringendosi alla parete ed all’asta di ferro piantata nella pancia.

- Ed ho approfittato di un ragazzo emotivamente più fragile di me per sentirmi forte! Eppure io… EPPURE IO… !-

Con il dolore che le esplodeva nella testa, la ragazza serrò la mano destra a pugno, stringendola con tutta la forza che potesse sprigionare su Steel Soul.

- IO DI QUEL RAGAZZO, DEL MIO MIGLIORE AMICO, ME NE SONO INNAMORATA !!-

 

 

Un fiotto di sangue ricadde sul pavimento.

La voce morì nella gola di Reborn, rischiando di lasciar cadere la pistola per lo stupore, nel mentre con forza calpestava il terreno.

Kuro si voltò lentamente verso le proprie spalle, e ciò che gli si parò davanti sorprese qualsiasi sua previsione.

 

I capelli rossi di Azura ondeggiavano in balia di una pressione che si era espansa in un lampo all’interno del corridoio, strisciando attraverso le macerie ed ogni anfratto di quei muri di pietra.

La ragazza, grondante di sangue e con parte della sua divisa nera in pelle lacerata, aveva assunto una posizione di guardia nonostante il buco che le perforava lo stomaco.

Estratta Steel Soul, la impugnava con la sola mano sinistra, puntando la macchina assassina con un terrificante sguardo colmo d’odio.

Prima che qualcuno potesse agire però, il sangue che sgorgava dalla ferita smise di coagulare.

O meglio, fluttuò verso l’alto come un serpente con vita propria, assumendo una forma compatta. Scivolò attorno alla mano destra della tedesca, brillando con scintille di Fiamme della Pioggia.

 

Azura non mosse un muscolo, se non quando strinse la mano libera attorno ad una consistenza solida.

Sapeva cos’aveva appena fatto: il sangue si era trasformato in una seconda lancia scarlatta, poco più lunga di Steel Soul e con una larga lama triangolare.

 

“ E non posso permettere… che qualcuno me lo porti via prima che possa ringraziarlo !”

Il volto era contorto dalla rabbia, come una furia divoratrice incontrollabile.

 

In un istante sia il Kuro che la ragazza scomparvero, generando nello spazio che li separava una pioggia di scintille.

Il primo a riapparire fu la macchina, schiantandosi sul pavimento di roccia ed incastonandosi in esso con violenza. Si rialzò indietreggiando poco prima che un bagliore cremisi calasse sulla sua testa.

Azura ridivenne visibile, estraendo lentamente la lancia di sangue da terra mentre manteneva lo sguardo fisso sul suo nemico.

 

- È riuscita a colpirlo! Come ha fatto? Perché non ho potuto seguire i suoi movimenti ?-  Reborn intanto stava continuando a correre verso i due, impallidito per quanto era accaduto in una frazione di secondo.

Qualcosa però catturò la sua attenzione, distraendolo dalla battaglia.

- Perché mi sembra di non essermi ancora avvicinato ?- La distanza che gli rimaneva da percorrere pareva troppa, soprattutto dato che aveva iniziato a correre all’incirca venti secondi prima.

Lampi rossi si scatenarono nel corridoio.

 

Era Azura, la quale turbinava le sue lance con la dirompenza di una pioggia torrenziale, accorgendo sempre di più la distanza di tempo fra un attacco e l’altro, La macchina assassina, per via della troppa precisione da impiegare o nell’attacco o nella difesa, costretto a schivare tutti quegli attacchi non riusciva più a contrattaccare.

Poteva accadere che delle gocce di sangue si staccassero dalla lancia creata dalla ragazza, disperdendosi in aria.

 

Fu allora che Reborn comprese, osservando come quelle goccioline, nonostante la velocità con la quale la rossa agitasse le sue armi, schizzavano ad una velocità più che normale, impiegando un secondo prima di picchiettare il suolo.

- La Tranquillità delle Fiamme della Pioggia sono capaci di ammorbidire qualsiasi cosa, rendendo inefficaci gli attacchi dell’avversario. Però non è possibile che Azura sia più veloce di un Kuro, quindi… è possibile che con le sue Fiamme abbia rallentato l’intero tempo all’interno di questo corridoio, tranne Azura stessa?!-

Questo spiegava perché, nonostante credesse di correre sempre alla stessa velocità, non avesse ancora raggiunto la sua allieva, oppure perché le gocce staccate dalla lancia non fossero altrettanto veloci.

 

La tedesca, sorella di Drake e figlia di un noto bancario, mai come in quel momento stava provando un dolore lancinante bruciargli in petto.

Tutti i suoi muscoli sembravano starsi spezzando, sovraccaricati dalla sua stessa capacità di muoversi nel tempo rallentato. Il respiro ed il battito cardiaco agivano più lentamente del normale, rischiando di far collassare presto il corpo in un’insufficienza cardiorespiratoria.

- Ma come posso arrendermi ORA ?!- Disse a se stessa, riuscendo a supportare il richiamo di un sonno eterno.

Ruggì ed aumentò ancora la sua velocità, mulinando in un perfetto multiplo taglio orizzontale le proprie armi.

Il busto del Kuro venne lacerato in profondità, ed una melma nera ribollì dal suo interno.

Azura colse l’occasione, soddisfatta di sapere che anche quelle macchine sovrumane fossero distruttibili.

Con Steel Soul compì un taglio obliquo, e la punta si conficcò tra la spalla e la testa della creatura, immobilizzandolo sul colpo. Infine, utilizzando la lancia sanguinea affondò con tutta la sua forza nel ventre dell’avversario, trapassandolo da parte a parte.

 

Allora l’atmosfera parve colorarsi di azzurro, per poi riapparire normale. Reborn con il successivo passo coprì una superficie la quale gli apparve incredibilmente ampia.

- Il tempo ha ripreso a scorrere normalmente !- Realizzò, sollevando lo sguardo in avanti su quelle due figure immobili, che adesso gli sembravano molto più vicine.

Azura aveva il capo chinato, boccheggiando in cerca d’aria con la ferita sanguinante sul fianco. Era possibile che il colpo subito le avesse anche solo leso la colonna vertebrale, anche se nessuna persona sana di mente avrebbe compiuto quegli sforzi rischiando di far crollare sopra il proprio peso la spina dorsale.

Il Kuro era immobile, con quella sostanza nera colante dai fori trapassati.

 

- Un momento… ma se non si sta più difendendo …!- Il Tutor Hitman comprese troppo tardi il piano della creatura artificiale, e solo allora sollevò il braccio urlando il nome della sua allieva.

“ AZURAAA !!”

Senza dover impiegare la propria velocità per schivare i colpi, la macchina avrebbe potuto attaccare a pieno potere, e senza nemmeno la limitazione del tempo rallentato.

Non fece in tempo ad aprir bocca.

 

“ Nirvana: Ultimo Giudizio !”

Azura Schlmit si voltò di scatto, trascinando le sue braccia per formare una X nell’aria una volta lasciatasi alle spalle il corpo del Kuro.

La macchina, con la testa separata dal corpo, ed il busto dalle gambe in due tagli netti che si incrociavano, iniziò a ribollire nella sua stessa schiuma nera. Non ci volle molto prima che della sua figura non rimanesse nulla, se non una macchia di pece sul pavimento in pietra.

 

“ Stai bene ?!” Reborn afferrò la spalla della rossa, costringendola a girarsi nella sua direzione.

Inizialmente venne assalito dal timore, vedendola con gli occhi e la bocca serrata, ma osservando in seguito come il suo petto si muovesse debolmente tirò un sospiro di sollievo.

“ Sei stata molto brava …” sorrise il sicario, fiero della sua allieva, ed eternamente grato per avergli salvato la vita.

 

 

 

Tsunayoshi, Yukiteru, Corex, Akane, Drake e Kiiro continuarono la loro corsa fino a quando non scorsero in lontananza una luce.

Sembrava che lì il corridoio sarebbe terminato.

“ Stiamo per entrare in una vecchia fucina.” Li avvisò il Boss dei Vongola, osservando la mappa sul proprio dorso della mano.

“ Una stanza con una con una piattaforma sopraelevata a forma di anello lungo le pareti.”

Correva in testa al gruppo compatto, ed in volto portava l’espressione tipica di chi fosse pronto ad incassare qualsiasi colpo per la salvaguardia degli altri dietro di sé.

Qualsiasi persona nelle sue condizioni probabilmente avrebbe avuto in mente solo l’idea di salvare Tengoku, ma a quanto pare l’uomo non riusciva a non assumere la responsabilità per quei ragazzi, per il suo amico e per il giovane Licaone che aveva visto crescere.

 

Quando si furono avvicinati abbastanza allo sbocco del corridoio nella stanza, Tsuna improvvisamente sprigionò delle calde Fiamme del Cielo dai suoi X-Gloves, proiettate dietro la schiena come se fossero dei propulsori.

I presenti lo guardarono incuriositi, non avendo tempo per domandarsi cosa stesse facendo, perché in meno di un secondo l’accelerazione lo aveva fatto scattare in avanti.

 

Mentre il Decimo sentiva l’aria sferzargli i capelli castani dove bruciava un’ardente fuoco arancione, ragionava a mente fredda:

- Escludendo Kiiro, dovrei essere il membro più veloce in questa squadra. Se anche ci fosse qualcuno ad aspettarci in questa stanza, dovrei avere modo di accorgermene ed attaccarlo aspettando supporto.-

Inclinò la gamba destra in avanti, diminuendo la propulsione delle Fiamme e perdendo velocità.

- Fingendo di rallentare il nemico dovrebbe abboccare sicuramente !- Pensò rapidamente, ed in un batter d’occhio era all’interno della stanza.

 

La sua attenzione venne catturata da qualcosa, e spalancò gli occhi per la sorpresa. Per un attimo diede l’impressione di voler arretrare, ma si trattenne dal farlo.

 

“ Merda !!” Ringhiò sottovoce Corex Licaone, a qualche decina di metri di distanza dal Boss dei Vongola.

Yukiteru, al suo fianco, lo osservò compiere uno scatto in avanti e sparire dalla sua vista in un istante.

L’Ottavo Boss dei Licaone, avvolto da un turbine di gelido vento, cercò disperatamente di azzerare la distanza tra sé e Tsunayoshi.

Eppure gli manca ancora troppo, mentre lo scintillio che aveva intravisto si stava sempre più avvicinando al suo compagno di squadra. Così, mostrandosi adirato per la decisione appena presa, allungò la mano in avanti e ne fece scaturire un raggio di freddo.

 

Nel momento in cui l’energia bluastra colpì Tsunayoshi, una pallottola proveniente dall’alto penetrò la fronte dell’uomo. Il cranio venne spappolato completamente nell’urto, e la testa, ormai divisa in tanti frammenti, ricadde a terra con un rumore ovattato.

Neve, candida e soffice neve era tutto ciò che restava della testa del Boss.

 

Corex maledisse mentalmente la sagoma appostata tra le ombre della piattaforma sopraelevata metallica, sulla parete opposta all’ingresso: un Kuro inginocchiato dietro una cassa, con tra le braccia un fucile di precisione munito di silenziatore.

Il Licaone agì prima che l’avversario potesse sparare un altro proiettile, ergendo un muro di neve con altre Fiamme turchesi.

La parete bianca ostruì completamente l’ingresso, proteggendo sia lui che il corpo disteso per terra di Tsuna.

 

“ DECIMO !!” Gridò Akane, osservando con i suoi grandi occhi terrorizzati l’uomo immobile, privo della testa.

Prima che potesse muovere un altro passo, l’albino sollevò un braccio per interrompere sia lei che chiunque volesse avvicinarsi. Infine sospirò profondamente, cercando di nascondere l’agitazione palese sul suo viso.

Rivestì le sue mani di Fiamme della Neve, e toccando ciò in cui aveva trasformato il cranio di Tsunayoshi, questo si mosse fino a riattaccarsi al collo mozzato.

In breve tempo la neve si ritrasformò in carne e ossa, ripristinando la forma della testa umana.

Quando anche i capelli si furono riformati del tutto, il castano spalancò gli occhi e sussultò, rimettendosi seduto.

Accorgendosi degli sguardi sorpresi su di lui, si tastò il viso incredulo. Delle ferite ancora sanguinanti solcavano la sua pelle, persino sul collo e sulla nuca.

“ Anche se potrebbero rimanerti delle cicatrici, era l’unico modo per farti sopravvivere.” Con tono distaccato l’albino anticipò qualsiasi sua domanda.

Tsuna si voltò verso di lui, vedendolo a testa bassa e con le braccia conserte al petto mentre si rimetteva in piedi.

“ Grazie …” Disse soltanto quello, sapendo quanto Corex detestasse anche l’ovvio riconoscimento.

 

Kiiro osservò quella scena in silenzio, seppur fosse difficile scacciare la sensazione di paura che aveva provato quando la testa del Boss era caduta per terra.

- Non si è trattato di capacità curative o di rigenerazione… ha trasformato il punto dove sarebbe stato colpito in neve, per poi fargli riassumere la forma originaria.-  Si interrogò su quanti modi potessero esistere di guarire il prossimo utilizzando le Fiamme.

- Se il proiettile avesse penetrato il cranio ed avesse leso il cervello, o nel peggiore dei casi se l’avesse distrutto… nemmeno la Fiamma del Sole avrebbe potuto curarlo. O dovrei dire resuscitarlo? Esistono delle Fiamme capaci di resuscitare un corpo, salvandolo anche dalle lesioni mortali o dagli organi mancanti ?-

Aveva capito che in quanto unico guaritore in assenza di Reborn, si sarebbe dovuto preoccupare maggiormente di queste sue prerogative.

 

“ Si può sapere cos’hai visto lì dentro, se non il cecchino ?” Corex interruppe l’attimo di sollievo generale, attirando l’attenzione di Tsuna, il quale fino a quel momento stava controllando dove altro avesse dei tagli.

Il Boss sollevò lo sguardo, per poi rivolgerlo alla barriera di neve.

“ C’è un secondo nemico. È più lento di un Kuro normale, e penso sia per via della bomba contenuta nel suo corpo.”

Alla parola bomba fu difficile mantenere il sangue freddo, e lo sguardo di tutti inevitabilmente volse al muro, chissà quanto fragile, che li separava momentaneamente dal pericolo.

 

“ Il tuo corpo sarebbe capace di contenere una bomba e farla detonare ?” Domando allarmato Drake, rivolgendosi a Kiiro. La macchina sussultò per la sorpresa, per poi interrompersi a riflettere.

“ Se facessi esplodere una bomba all’interno del mio corpo sono abbastanza sicuro che l’esplosione interna danneggerebbe anche il mio cervello, in tal caso uccidendomi. Però è anche vero che non sono a conoscenza di quanti miglioramenti Leeroy possa aver effettuato in sette anni.”

“ Stai dicendo che i nuovi prototipi potrebbero essere capaci di sopravvivere ad un’esplosione del genere ?” Si intromise Yukiteru, ricevendo un segno di assenso da parte del biondo.

 

“ Ascoltatemi bene …” la voce fredda ma determinata di Tsunayoshi Sawada fu l’ultima cosa che i presenti riuscirono a sentire, prima che una serie di rumori pesanti, come di roccia che veniva frantumata, si facessero sempre più vicini.

Gli occhi di tutti furono indirizzati verso una parete del corridoio, dove in meno di un istante si era aperto un buco proveniente dal muro stesso.

Otto ombre fuoriuscirono da ciò che sembrava una galleria scavata nelle pareti.

“ Nel momento in cui riusciremo ad attirare la loro attenzione, dirigetevi verso l’uscita a destra e proseguite dritto dopo aver bloccato il passaggio.” Il Boss dei Vongola si rialzò da terra aggiustandosi la cravatta nera sul doppiopetto bianco.

 

Corex rimase interdetto e sorpreso, sia per la richiesta di dissolvere il muro di neve, sia nel momento in cui riconobbe le otto figure appena sopraggiunte.

A capo del gruppo c’erano due giovani, un ragazzo dai capelli scarlatti ed una ragazza bionda.

Sembravano avere entrambi sulla ventina.

Lui  lasciava che i capelli lunghi gli ricadessero sulle spalle, con il volto coperto sull’intero lato destro da una maschera simile ad un’ala. Indossava una pancera sopra i pantaloni neri, con i genta tradizionali in legno ed un solo mantello a coprirgli il torso nudo, con il collo alto a forma di V.

La bionda invece portava una lunga treccia che le scivolava lungo la schiena, ed i corti capelli restanti sulla fronte erano acconciati in una frangia. Il suo vestiario era costituito da una giacca di pelle beige, con un tema a ragnatela bianco che si ripeteva anche sui pantaloni neri. Calzava degli stivali muniti di speroni d’acciaio, ed una cintura ricoperta di bottoni a forma di sole coronava il tutto.

 

I restanti sei, quattro uomini e due donne, avevano un vestiario molto simile a quello del ragazzo, tutti con un simbolo raffigurante i quattro punti cardinali ben in vista sulla divisa.

 

“ Spero non abbiate attirato troppo l’attenzione.” Mormorò Tsuna, rivolgendosi all’undicesima generazione della Famiglia Simon.

Simon Kozato, con un’espressione seria ed una voce dura, rispose:

“ Se con Bulldozer avessimo scavato più in profondità, addentrandoci in postazioni che nemmeno voi avevate esplorato, ci avrebbero scoperto sicuramente.”

Un gigantesco uomo alle sue spalle, con degli ispidi e lunghi capelli viola, sia appoggiò sulla spalla un manganello, ricoperto da ciò che sembravano schegge di minerali e roccia.

 

“ Perdonatemi se vi ho chiamato per prendere parte a tutto questo.” Il Decimo Boss dei Vongola appoggiò la mano sulla parete di neve, dando di nuovo il segnale al Licaone di dissolverla.

“ Per tutti i fallimenti compiuti ultimamente, un’occasione di riscatto è più che gradita.” Sorrise sicura di sé Zaffiria Sibilla, Guardiana della Pianura.

“ Sottolineo: ci sarà impossibile fallire anche stavolta.” Decretò Angelo Adith, Guardiano della Palude, aggiustandosi gli spessi occhiali dalla montatura nera.

“ Faremmo davvero schifo se bruciassimo la possibilità di successo, mamma mia …” Sospirò con amarezza Aris Chosen, Guardiano del Ghiacciaio.

“ Con il mio amato Boss alla guida vinceremo di sicuro, non c’è neanche bisogno di chiederselo !” Yuro Raiko, Guardiano della Foresta, fece l’occhiolino a Simon, sorridendo sornione.

“ Sarà dura, ma collaborando con i Vongola ce la faremo !” Raylai Spadafora, Guardiana del Deserto, strinse i pugni, iniziando a fasciarli con delle bende.

“ Sarà il più forte a sopravvivere, questa è l’unica certezza.” Sieg Bulldozer, Guardiano della Montagna, fece roteare distrattamente la propria arma.

 

Veronica Cavallone sfoderò dalla guaina una frusta interamente nera, e spalancando gli occhi sferzò l’aria per poi farla schioccare sul pavimento di pietra.

“ Facciamolo !”

La giovane figlia del Boss dei Cavallone non sapeva cos’altro sarebbe stato necessario dire.

I sospetti che Sebastian potesse essere in realtà il padre legittimo di Tengoku, proprio come per Reborn, erano iniziati da quando il ragazzo era stato rapito.

E se fosse stato così allora, cosa sarebbe stato giusto fare? Senza rischiare di manomettere la determinazione degli altri, si convinse che sarebbe dovuta arrivare fino in fono alla faccenda per prendere una decisione definitiva.

 

Con un flebile vento il muro di neve si dissolse sotto gli occhi di tutti, e Corex, Akane, Drake, Kiiro e Yukiteru si prepararono a seguire gli ordini del Boss.

Improvvisamente Simon estrasse la sua nodachi, e due scintille impercettibili si scontrarono sulla lama.

 

Con sorpresa, il rosso comprese che dei tre proiettili che gli erano stati sparati contro ne aveva parati solo due, mentre il terzo adesso giaceva alle sue spalle. Un fiotto di sangue zampillò dal suo pettorale destro.

“ SIMON  !!” Esclamò spaventato Angelo, venendo però interrotto proprio dal suo Boss prima che potesse avvicinarsi.

Un ghigno beffardo, solcato però da sudore freddo, si dipinse sul volto del ragazzo.

“ Angelo… copertura totale.” Sussurrando con voce tremante quelle parole, rinfoderò lentamente la spada con cura nel fodero.

Mantenendo la mano sull’impugnatura, d’improvviso spalancò entrambi gli occhi, sia quello rosso cremisi che quello verde smeraldo.

“ Simon, Protocollo Δ !!” Senza ancora aver sfoderato la spada scattò in avanti, rimanendo con la schiena e la testa più in basso possibile.

Al suo comando tutta la sua squadra, compresa Vernoica, lo seguirono a ruota estraendo ciascuno le proprie armi.

Tsunayoshi si voltò verso i restanti membri della squadra, rivolgendo quello che sarebbe potuto sembrare un triste sorriso.

“ Correte !” Ordinò in seguito con voce tonante, e grazie alle sue fiamme propulsori planò all’interno della stanza.

 

Nel mentre, dopo pochi metri il giovanissimo Boss rosso aveva già individuato la posizione del cecchino, e vedendolo intento ad osservarli avanzare senza alcuna reazione, colse il momento perfetto per attaccare.

Silenziosamente sfoderò la katana dalla lunga lama, ma tutto ciò che fece fu lasciare un sottile taglio su di una parte del pavimento che aveva appena calpestato.

Vedendolo continuare a correre, alle sue spalle Bulldozer impugnò a due mani il manganello d’acciaio, ricoprendolo con le vigorose Fiamme della Montagna.

 

“ Impeto del Re della Montagna !”

Caricò l’arma fin sopra la sua testa, per poi calarla in una mezzaluna fino a farne sprofondare la punta nella pietra sottostante.

La roccia stessa a quel punto sembrò illuminarsi di una luce color ocra, fino a quando una gigantesca lastra di terreno non venne scagliata verso l’alto con la mera forza dell’omone.

A distanza maggiore, Aris incoccò una freccia nel suo lungo arco azzurro ricoperto di scanalature bianche.

Sollevò i suoi freddi occhi azzurri sulla massa di roccia sollevata, e la fulminò all’istante.

“ Flusso Glaciale Polare !”

 

Mentre il dardo fendeva l’aria iniziò a ricoprirsi di uno spesso strato di ghiaccio, il quale a velocità sorprendente ne raddoppiava le dimensioni.

Ben presto quindi, fino a quando perforò la lastra di pietra, la singola freccia si era trasformata in un’enorme spuntone ghiacciato della grandezza di un autobus.

 

Il Kuro armato di fucile non mostrò alcuna emozione dinnanzi a quell’ammasso di roccia e ghiaccio che gli stava precipitando addosso. Semplicemente, in meno di un secondo, con la sua grande velocità corse verso un’altra direzione della stretta piattaforma.

“ Non pensare di cavartela con così poco !”

Una voce furiosa attirò però la sua attenzione, facendolo voltare in tempo per scorgerne la fonte.

In piedi sulla roccia in atto di precipitare si trovava Simon Kozato, appollaiato con la sua nodachi nel fodero stretta nella mano destra.

L’occhio cremisi del ragazzo, quello che portava impressa la runa tipica della sua stirpe, si illuminò sinistramente, ed una misteriosa Fiamma color terra inondò la spada.

Anche il taglio lasciato sulla pietra parve illuminarsi, e grazie al potere gravitazionale della Fiamma della Terra, la lastra di pietra si bloccò in aria poco prima di schiantarsi sulla parete.

Infatti allora il rosso ghignò, mostrandosi già stanco per la quantità di potere usato, e puntò con sfida il nemico in allontanamento.

“ CARICA !!”

 

Il Kuro avvertì un rumore proveniente dal piano sottostante superarlo, siccome a causa del poco spazio a disposizione non avrebbe potuto superare la velocità del suono e muoversi con precisione.

Sul pavimento di pietra Angelo Adith aveva appena compiuto uno scatto in avanti, mantenendo entrambe le sue pistole gemelle sopra la testa. Nell’istante in cui l’avversario si accorse di lui però non gli sparò, ma andò a colpire con i suoi proiettili la parte della piattaforma poco più distante

Così la macchina assassina accelerò per evitare di avere ulteriori avversari a cui tenere conto, ma quando posò un piede sul punto sfiorato dalle pallottole, l’acciaio sembrò esser diventato gomma molle e soffice.

 

In breve tempo provò inutilmente a muovere le gambe, ma queste erano rimaste intrappolate in un groviglio di metallo sciolto raggrumato sulla piattaforma come una pozza di fango da cui non poteva né cadere né rialzarsi.

Il Guardiano della Palude soffiò sulla canna delle sue armi, voltandosi per ammirare con quanta precisione avesse attirato in trappola il nemico, grazie alla proprietà degradante delle sue Fiamme.

 

Il Kuro a quel punto avrebbe avuto tutto il tempo di imbracciare il fucile ed eliminare il ragazzo dai capelli blu, ma due ombre sopra la sua testa ebbero la priorità sulla sua attenzione.

Sollevò il capo repentinamente, trovando sorprendentemente due perfette copie di Raylai, la Guardiana del Deserto, precipitare dall’alto su di lui, urlando.

Una visione del genere avrebbe lasciato sorpreso chiunque, ma la macchina era stata programmata per uccidere, così per lui non ci fu alcuna differenza nell’avere un bersaglio in più.

Siccome le due ragazze si erano ormai avvicinate troppo, riuscì ad imbracciare il fucile in una mano sola.

Così ad una poté sparare in piena fronte , mentre all’altra sfoderò una potente gomitata nel petto, penetrandolo.

La copia con il buco in testa però, anziché perdere sangue o materia cerebrale, si dissolse in fini granelli di sabbia.

La vera Raylai Spadafora cadde a terra con un tonfo, in un lago del suo stesso sangue.

 

Kuro la osservò silenziosamente, per poi puntarle il fucile contro.

“ Tu …” le labbra della corvina si schiusero in un sorriso, per poi venir interrotto con un colpo doloroso di tosse.

La sabbia dispersa da prima sembrava continuare a danzare in aria, anzi, veniva prodotta dai bendaggi tribali color porpora legati attorno ai polsi ed alle caviglie della giovane tailandese.

“ Non sei immune alle mie illusioni !” Terminò con un ghigno compiaciuto, prima di dissolversi nella polvere.

La macchina assassina vide soltanto il corpo, prima immobile e sanguinante di Raylai, unirsi alla sabbia che già vorticava in aria.

“ Pyramid Gauntlet !”

Ben presto da quella fusione si generò un gigantesco braccio di granito ed arenaria, decorato con tatuaggi fiammeggianti ed una polsiera nera. La creatura, avendo le gambe immobilizzate non poté muoversi, e solo con il proprio fucile non riuscì ad evitare che il maglio la centrasse in pieno.

La parte della grata trasformata in fango si staccò dalla parete, iniziando a precipitare.

 

Frammenti di poltiglia nera schizzarono in aria, ma l’originale Kuro, seppur con una lieve crepa sulla maschera, rimaneva intatto ed ancora armato.

In quel momento, mentre lui stava ancora precipitando al suolo, Zaffiria, Bulldozer, Angelo, Yuro ed Aris si lanciarono verso il punto esatto dove sarebbe atterrato.

Sfortunatamente per loro lui manteneva salda la stretta attorno alla sua arma.

Così, grazie alla straordinaria di 10 Match donatagli dal suo creatore, caricò al massimo il fucile e prese la mira sui suoi bersagli allo stesso tempo.

 

Finalmente il suo corpo toccò terra, non danneggiandosi per niente nella caduta.

In quel preciso istante i restanti membri dell’undicesima generazione dei Simon venne perforata da una pioggia di proiettili precedentemente sparati.

Sangue e schegge d’osso schizzarono in aria, mentre quei giovani assassini stramazzavano a terra privi di forze.

In una frazione di secondo la macchina killer aveva avuto tutto il tempo di centrarli, seppur non proprio nei punti vitali, ma lasciando loro almeno dieci fori di proiettile in corpo.

Risolto anche quel problema decise allora di comprendere come liberarsi dalla grata, dato che la consistenza fangosa persisteva sulle sue gambe.

 

Se avesse avuto una conoscenza superiore in materia di Fiamme, avrebbe capito che il potere della Palude non era svanito proprio perché il suo possessore era ancora in vita.

A testimonianza di ciò, Angelo sollevò il capo sanguinante da terra, mostrando come un colpo di fucile avesse inciso un lungo taglio lungo tutta la sua fronte, quasi fino a scoprire il cranio.

Sfidando a tutti i costi quella terribile ferita, il mafioso puntò una terza pistola, nascosta accuratamente tra l’ascella sinistra ed un capo del mantello rosso, verso il nemico.

“ Disease Swamp Shot !”

 

Proiettili composti da una densa melma verdastra sfrecciarono nel’aria, venendo subito canalizzati dallo sguardo super preciso della macchina.

Le pallottole sparate dall’assassino dei Simon vennero intercettate una ad una dall’improvvisa raffica di fucile, generando nei punti dove si scontravano delle rapidissime scintille sospese in aria.

- Non posso arrendermi… Non posso arrendermi! NON POSSO ARRENDERMI !!- Iniziando a sudare copiosamente, il ragazzo non terminò di sparare, estraendo la sua quarta e ultima pistola per aumentare la quantità di fuoco.

La sparatoria sembrò durare all’infinito, purtroppo ci fu un suono metallico ad annunciare il termine dei proiettili da parte di uno dei due combattenti.

 

Angelo Adith sgranò gli occhi, venendo trapassato da una pioggia di piombo.

I suoi preziosi occhiali dalla montatura spessa, muniti di mirino telescopico, si infransero in centinaia di vetri scuri.

- Mi dispiace figlio di puttana, ma quello era solo il diversivo ...- Un sorriso beffardo si dipinse sul suo volto tumefatto, chiudendo gli occhi con un sospiro tanto simile ad una risata.

- Boss, per favore… in mia assenza non combinare guai.-

 

 

Il Kuro portò una mano al caricatore per controllare i proiettili rimasti. Uno solo.

Nessuna reazione. Neppure quando un’imponente ombra oscurò la luce alle sue spalle.

Bulldozer riuscì a coglierlo di sorpresa, afferrando con le sue grosse mani il collo della macchina, stringendolo e sollevandolo in aria come se non avesse peso.

La creatura artificiale gli sferrò un pugno per liberarsi, un solo colpo, ma abbastanza forte da frantumare tutti i denti davanti dell’uomo e da spaccargli il setto nasale.

L’ex carcerato rimase immobile anche dopo il danno subito, rimanendo a fissare il proprio nemico con uno sguardo vuoto, morto, privo di alcuna emozione.

 

“ Fallo adesso, ragazzo !!”

Sbraitò improvvisamente, con la sua cavernosa voce da animale.

Alle sue spalle Aris Chosen si era appena rialzato, seppur stesse grondando copiosamente sangue.

Con i suoi occhi freddi ed inespressivi prese bene la mira, puntando la freccia verso la schiena del suo compagno di squadra.

“ Sei un grande, vecchio cane bastardo.” Sussurrò impercettibilmente, prima di scoccare il dardo intriso di Fiamme del Ghiacciaio.

Il proiettile, trasformato in un’acuminata ma sottilissima lancia di ghiaccio, trapassò una ferità già presente nel dorso dell’uomo, arrivando a colpire in pieno il corpo del Kuro che Bulldozer stringeva tra le mani.

La macchina assassina sussultò, osservando numerosi rivoli di melma nera schiumosa uscire dal suo petto.

Ma non solo, constatò istantaneamente la presenza di venti coltelli conficcati nella sua schiena, i quali però non erano riusciti a penetrare molto la sua pelle artificiale.

 

Venne lasciato cadere per terra, accorgendosi di come i pugnali ora avessero iniziati a brillare di un’intensa luce azzurrina, quasi metallica.

Accovacciata per terra dove era caduta, Zaffiria si passò una mano tra i capelli biondi a caschetto, sputando per terra un grumo di sangue.

“ Le mie Fiamme della Pianura assorbono l’umidità, e fanno da calamita per ciò che è composto da acqua… specie se quello che attrae è molto grande.” E sorridendo svenne anch’ella, ma non prima di rivolgere speranzosa uno sguardo al cielo.

 

Anche il Kuro lo fece, osservando il gigantesco sperone di ghiaccio sparato da Aris precedentemente, senza più la lastra di roccia attorno, precipitare esattamente verso la sua direzione.

O meglio, dei residui di pietra erano ancora attaccati alla superficie, ma proprio sotto i suoi occhi si stavano sciogliendo. Ed ogni volta che si deterioravano del tutto, dei misteriosi proiettili incastonati tra i detriti precipitavano al suolo.

 

“ Angelo è il miglior pistolero che abbia mai conosciuto …” ruggì con spietatezza Simon Kozato, in piedi sulla lancia in rotta di collisione con il corpo inerme della macchina.

“ …nonché il primo ad aver preso sul serio la mia capricciosa idea di diventare Boss !”

Con un’esplosione di schegge e pietra, l’impatto avvenne, ed il rosso urlò a pieni polmoni tutta la sua rabbia.

“ Ed il suo sacrificio non sarà vano !!”

 

Per almeno un intero minuto dopo il boato, un’irreale silenzio aleggiò quasi etereo nella stanza.

 

Simon rimaneva immobile, come un cadavere, ma in piedi sulle sue stesse gambe.

Era stata una follia schiantarsi su quella specie di iceberg volante, soprattutto dato che adesso il suo nemico…

- È ancora vivo …- Respirò profondamente, sfoderando con un sibilo metallico la nodachi.

Dal fumo, alle sue spalle, un’ombra si fece avanti con un’andatura anormale.

- Si è lasciato colpire per recidersi dal busto in giù.- Intuì il ragazzo, impugnando a due mani la katana, senza però voltarsi.

Ciò che si stagliava dietro di lui era il Kuro di prima, con ancora il fucile imbracciato, ma dalla vita in giù il suo corpo era stato inghiottito da numerosi arbusti verdi e nodosi provenienti da delle voragini nel terreno.

La linfa di quelle piante sembrava brillare come un fuoco verde chiaro.

 

In lontananza Yuro Raiko, Guardiano della Foresta, sorrise mettendosi seduto.

- Angelo… se non fosse stato per le erosioni nel terreno create dai tuoi proiettili caduti, non sarei mai riuscito a salvare la vita al Boss. È tutto merito tuo.- Una lacrima solitaria percorse il suo triste viso accigliato.

 

Nel mentre, il giovane Simon si era finalmente preparato alla mossa finale, il cosiddetto scacco matto.

In un secondo ruotò attorno al proprio asse, tracciando un’arcata in aria con la lama della sua katana.

In silenzio, in completo e puro silenzio, facendo appello a tutta la sua concentrazione.

 

Entrambe le sue braccia vennero però bloccate da una sola mano del Kuro, il quale troppo veloce per poter essere colto di sorpresa, lo fissava senza alcuna reazione.

Gli occhi di Simon si colorarono di paura e frenesia, sentendo come i suoi muscoli fossero impotenti contro la morsa micidiale della macchina.

Il costrutto artificiale intanto,  a dimostrazione della sua forza sovrastante, infilò la canna del fucile sotto il braccio sinistro e così facendo lo caricò con una mano sola.

Infine, con lentezza metodica, infilò l’estremità dell’arma nella bocca spalancata per lo stupore del rosso.

 

Il figlio di Enma pensò di star impazzendo.

Era la paura, era il dolore, era qualsiasi cosa stesse accadendo lì dentro, senza nessuna certezza di poter vedere il domani. Di poter rivedere Veronica, di poter rivedere Tengoku.

Angelo questa certezza non ce l’ha più, così disse una voce nella sua testa.

Ecco cosa lo stava facendo impazzire. Non era la paura e non era il dolore. Era la rabbia.

 

“ È stupido arrabbiarti con tuo padre perché in fondo tu vuoi essere come lui, Simon. Tutto quello che devi fare è scoprire chi vuoi essere, senza doverti per forza legare ad una figura di riferimento. Tu sei tu, e nessun altro potrà mai esserlo…”

Ricordava quelle frasi dette in segreto dall’assassino della sua età, che lavorava da sempre a stretto contatto con suo padre, e per cui fino a quel momento aveva anche sviluppato una sorta di invidia.

Erano periodo in cui non sapeva cosa sarebbe diventato, e per questo vagava disperatamente alla ricerca di certezze. Capì solo in futuro che le certezze non le avrebbe mai trovate guardando il potere di suo padre, ma soltanto sfidando il futuro a testa alta.

 

- Me le avevi insegnate tu queste cose, bastardo.-

Gli occhi bicromatici del giovane si inumidirono, prossimi a delle disperate lacrime liberatrici.

Delle potenti Fiamme della Terra improvvisamente investirono la katana e contemporaneamente anche le sue braccia nude, appesantendone la potenza gravitazionale.

Ed in quel momento così delicato, il rosso aveva deciso che la gravità avrebbe soltanto dovuto spingere verso il basso la propria lama, con il solo scopo di tranciare il suo avversario.

I muscoli e le ossa cigolarono come dei cardini prossimi a sfondarsi, il polso a malapena riusciva a sostenere il peso della spada, che con il passare del tempo sembrava aumentare di tonnellate.

 

In meno di un secondo, persino il Kuro si ritrovò sbalordito, dovendo resistere a quella potenza imprevista e fuori da ogni calcolo.

In preda ad un viscerale istinto di sopravvivenza, premette il grilletto.

 

“ CON CHI CREDI DI AVERE A CHE FARE, EEEEEH ?!!”

La pallottola penetrò nella bocca di Simon, spalancata in quell’urlo selvaggio.

Tuttavia, il destino volle che perforò soltanto una parte superiore del palato, fuoriuscendo sulla guancia ed incidendo la carne in salita lungo la faccia.

Generò una crepa nella mezza maschera di cristallo rosso, aprendone un varco e conficcandosi nella pupilla verde smeraldo, tanto diversa da quella ereditata dal padre.

Quando tutto questo cessò, ovvero quando il proiettile volò via senza perforare gravemente la scatola cranica, la nodachi aveva già tranciato in due parti distinte sia il braccio che la testa della macchina assassina.

 

I pezzi separati del Kuro iniziarono a ribollire, per poi sgonfiarsi in un vapore nauseabondo color petrolio.

Simon Kozato crollò in ginocchio, premendosi con una mano l’occhio che aveva appena perso, e con l’altra il cuore, segno che da allora avrebbe dovuto convivere con un importante lutto.

 

 

Tsunayoshi e Veronica erano riusciti ad interrompere l’avanzata del secondo Kuro, che ora li guardava come incuriosito.

Il suo ventre era visibilmente più gonfio, ed attraverso la veste nera era possibile vedere un bagliore sinistro, quasi pulsante come un cuore, provenire dal suo interno.

 

“ Sai già cosa fare ?” Domandò freddamente il Boss, concentrato su qualsiasi movimento sospetto potesse compiere il suo avversario.

La Cavallone non rispose nemmeno. Con sguardo altrettanto immerso nella battaglia sollevò il braccio sinistro in aria, nel mentre con la mano destra iniziò a far roteare la frusta in moto circolare.

Quando la corda si attorcigliò attorno anche alla mano sinistra, a causa della sua imprevedibile lunghezza tracciò un cerchio perfetto di circa dieci metri attorno a tutti e tre.

Esattamente nella scia d’aria tracciata era possibile intravedere delle sottili Fiamme del Cielo, simili a delle linee di fumo.

 

Prima che il nemico potesse agire, il Decimo dei Vongola unì tutte e dieci le sue dita, facendo combaciare i palmi delle mani. La Fiamma del Coraggio di Morire sulla sua fronte brillò, ed in un batter d’occhio le fiamme arancioni di Veronica si espansero, formando  una cupola di cristallo semi trasparente sopra di loro.

- Così facendo limiteremo qualsiasi tentativo di ostacolare gli altri, oppure di inseguire chi è già scappato.-

Terminata la prima parte del suo piano, il Boss assunse una posa di combattimento, preparandosi al vivo dell’azione.

Persino Veronica non riuscì a seguirlo con lo sguardo: l’uomo in meno di un secondo, sfruttando la propulsione dei suoi guanti aveva rapidamente aggirato lo sguardo di Kuro, giungendogli alle spalle.

Tsuna sollevò la mano destra sopra la testa del nemico, abbassandola come una scure per decapitarlo rapidamente con il taglio.

 

La macchina assassina emise un singolo, ma prolungato sbuffo di fumo da sotto la sua maschera. Troppo velocemente il suo busto si sgonfiò, come liberato da quel vapore.

Una potente luce investì sia il Boss che la ragazza, accecandoli prima ancora che potesse sopraggiungere un forte calore.

I corpi dei due vennero travolti dall’esplosione, e la pressione fu sufficiente a scaraventarli contro le pareti cristalline, le quali sorprendentemente resistettero.

Tsunayoshi Sawada si piegò su se stesso, ritrovandosi con i propri vestiti lacerati e la pelle ricoperta ematomi.

L’eco dell’esplosione ancora rimbombava nelle sue orecchie, stordendo sia la vista che l’udito. Davanti a sé vide il Kuro, intatto, ed il corpo disteso a terra di Veronica. La ragazza sembrava non aver perso i sensi, ma il trauma appena subito era palese nei suoi occhi spalancati e tremanti mentre disperatamente cercava di rimettersi in piedi.

- Ho fallito! Pensavo che il peso dell’esplosivo rallentasse anche i suoi riflessi… se così non fosse stato lo avrei aperto in due per poi pietrificare la bomba nel suo corpo.- Il Boss dei Vongola raddrizzò la schiena, sopportando il dolore delle ustioni sulla pelle per assumere una mentalità più concentrata e calma.

 

Sfortunatamente non ci riuscì, e tutto ciò che ricevette fu un pugno da parte della macchina assassina sul naso, il quale gli ruppe il naso ed il labbro nell’impatto.

Dalla sua bocca zampillò del sangue, accorgendosi l’istante successivo di quanto l’avversario fosse diventato veloce senza l’ordigno esplosivo nel corpo.

Venne bersagliato da un centinaio di quei rapidissimi pugni su tutto il corpo, ed avvertì con un atroce dolore le proprie ossa scricchiolare e spostarsi ad ogni danno. La clavicola sinistra e due costole si ruppero subito, mentre la mascella si slogò dopo un’agonia più prolungata.

 

Nel momento in cui però il Kuro sollevò il pugno dalla carne immobile dell’uomo, notò un qualcosa di singolare che lo circondava.

Seguendo quella corda, decretò che provenisse dalla frusta di Veronica, ora a stento in piedi a distanza di cinque metri. La ragazza bionda lo fissava con paura, ma anche con una forza interiore insostenibile ed intramontabile persino dopo l’ingente danno subito.

“ MALEDETTOOO !!”

Urlò, sentendosi strappare una vita troppo preziosa davanti a sé.

Caricò a testa bassa l’avversario, mantenendo salda il capo della corda ancora teso, sotto lo sguardo inespressivo, quasi annoiato, del costrutto.

Un istante prima che il Kuro potesse reagire, si accorse che la frusta annodata attorno al suo polso si era cristallizzata, bloccandogli la mano in uno strato di brina in continua espansione.

Essendo stato distratto da quel particolare, riuscì a malapena a parare un calcio della ragazza quando questa gli si parò di fronte.

 

Allora però, sentì il proprio peso venir sbilanciato in avanti, ed i propri piedi sollevarsi da terra.

La figlia di Dino sorrise, dissolvendo quella maschera di rabbia creata appositamente per la trappola.

L’impugnatura della frusta, stretta nella sua mano sinistra, dimostrava come la corda fosse effettivamente legata alla mano dell’avversario, ma prima di quel nodo si protraeva come un serpente lungo la schiena della ragazza, attorcigliandosi attorno alla sua caviglia.

In questo modo sollevare la gamba per scalciare verso l’alto aveva trascinato la mano della creatura verso il basso, facendolo dunque scivolare addosso a lei.

 

Veronica non perse tempo, e con entrambe le braccia si aggrappò alle estremità del corpo del Kuro, ovvero al collo e alla gamba. A contatto con la corda lungo la schiena la macchina tremò, essendo che l’intera frusta stava propagando velocemente sul suo corpo i cristalli.

Infine la bionda strinse i denti e rafforzò la presa, spiccando un salto verso l’alto con tutte le energie che le fossero rimaste.

Il terreno si allontanò sotto la sua vista mentre i muscoli dei suoi arti inferiori accusarono una dolorosa fitta.

 

Veronica non aveva ancora perso le speranze: sarebbe arrivata fino in fondo a quella triste storia per scoprirne il lieto fine. Era rimasta per troppo tempo lontana da Tengoku, dal bambino che aveva cresciuto per tutti quegli anni come se fosse suo fratello, festeggiando i suoi successi e consolando le sue paure.

- Perché abbandonarlo proprio ora che, lontano da tutti, starà soffrendo e chiamando aiuto ?!-

“ VAI, DECIMO !!”

Con tutto il fiato nei suoi polmoni lanciò quell’ultimo grido, inclinando il corpo per esporre la schiena a favore del terreno.

 

Sentendosi chiamato, Tsunayoshi Sawada si sentì quasi risvegliato da un sonno d’oblio. Spalancò gli occhi, illuminati da un fuoco ardente di colore arancione, come quello che brillava violentemente sulla sua fronte.

Non ebbe nemmeno bisogno di annuire. Sollevò il braccio destro verso i due ed il sinistro, parallelamente, in direzione del terreno.

- Mi fido di te, Veronica.-

“ X-BURNER: IL LIBECCIO VERSION !!”

Un getto di Fiamme del Cielo ascendente scaturì dal suo X-Gloves, proiettando una linea luminescente nell’aria fino a quando non colpì Kuro e la ragazza. Un’esplosione luminosa illuminò a giorno quella cupola di cristalli, sprigionando un calore tale da trasformare in polvere le macerie di roccia sul pavimento.

La macchina assassina si contorse in preda alle convulsioni, ancora avvolta dal calore, gonfiandosi e poi dissolvendosi tra versi inumani come una lumaca a contatto con del sale.

 

Dalla nuvola di fumo denso sollevata precipitò solo una figura: il corpo svenuto di Veronica, con ancora la presenza di una debole Fiamme del Cielo sulla fronte sanguinante.

- Per fortuna… è riuscita ad effettuare lo Sfondamento del Punto Zero proprio come le avevo insegnato.-

Accasciandosi alla parete di cristalli con un sorriso stanco ma soddisfatto, il castano si lasciò scivolare a terra per le troppe ferite che gravavano sul suo stato di veglia.

In silenzio chiuse gli occhi, avendo terminato parte di ciò che avrebbe garantito la sopravvivenza di tutti loro.

 

 

 

 

La pesante porta di pietra si spalancò, lasciando che uno spiragli di luce squarciasse il buio nella stanza.

Una folata di gelida corrente spense le quattro candele poggiate sul tappeto, scuotendo i capelli bruni di un ragazzo, lì inginocchiato.

 

“ Ma si può sapere che cazzo ha di così interessante questa stanza ?”

Doku Dokuro Rokudo si appoggiò allo stipite della porta, con fare annoiato ed indifferente, scrutando l’interno della sala. Si era stancato di aspettare lì fuori, da quando il suo capo se n’era andato.

Tengoku emise un flebile respiro, come delle parole sussurrate, prima di alzarsi lentamente da terra.

Si voltò verso il ragazzino.

“ Chi ti ha dato il permesso di entrare ?”

Occhi profondi come l’abisso, ed una maschera inespressiva, oscura, al posto di quel volto emotivo e gentile che aveva sempre indossato. Il bruno non aveva mai usato quel tono con qualcuno, eppure adesso la sua voce rimbombava cupa e profonda tra le quattro pareti.

Doku rabbrividì, e non poté fare niente per impedirlo. Per un attimo aveva percepito un intenso Intento Omicida. Anzi, lo stava ancora percependo.

Con falsa sicurezza, resa poco credibile dallo stupore appena provato, iniziò a sghignazzare di gusto.

“ Pensi di poter usare questo tono con me? Vuoi …”

“ Vuoi che ti uccida… vero ?”

 

Il corvino ebbe di nuovo quella sensazione di disagio, osservando il bruno fare un passo avanti verso la scalinata. Camminava a testa bassa, era dunque impossibile scorgere ancora un tratto del suo volto.

“ Non provare …” Ricominciò, leggermente intimorito, Doku, venendo nuovamente anticipato dalla voce piatta dell’altro.

“  Non provare a sottovalutarmi, non sai nemmeno chi io sia… vero ?”

Per un attimo parve di intravedere un sorriso sulle labbra di Tengoku, o forse solo un bagliore sinistro in un suo occhio.

“ Sembra proprio che la tua peggior paura sia quella di venir sottovalutato. O meglio, siccome ormai hai capito di esserti trovato in una situazione più grande di te, fai buon viso a cattivo gioco e speri che nessuno scopra quanto in realtà gli sei inutile.”

Istintivamente il più piccolo portò una mano al coltello, estraendolo quando vide il ragazzo essersi avvicinato di molto a sé.

“ Sono arrivato alla conclusione che questo tuo esibizionismo sia dovuto a pochi riguardi di mamma e papà, o probabilmente dalla mancanza di ciò che tu volevi da loro. È strano però che siano stati proprio tra gli unici a non venir uccisi… per caso ti incutono troppo timore per occupartene con le tue mani? O forse non sei libero di fare ciò che vuoi liberamente ?”

 

Quella voce che gli rimbombava nella testa sembrava star stappando dalla mente ogni suo segreto, come un ladro che scassina la serratura di una cassaforte. Doku non resse più, ed attaccò urlando.

Il ciuffo bianco di Tengoku si scostò dalla sua fronte, scoprendo per un attimo i suoi occhi profondi.

“ Shadow Counter !”

Il bruno inflisse una rapida ginocchiata nella pancia dell’avversario, per poi colpire con la propria mano il polso di quella armata di Doku, lasciando che il pugnale scivolasse a terra.

 

Il ragazzino si ritrovò in un istante piegato su se stesso, con un filo di bile che gli colava dalla bocca ed il respiro affannato.

Ten chinò il capo per avvicinarsi all’orecchio di lui, iniziando a sussurrare:

“ Sei un personaggio secondario, anzi, quasi una comparsa. La tua motivazione di essere qui è insignificante di fronte a quella di chiunque altro, e questo dovrebbe farti capire quanto sia futile la tua presenza. Hai ucciso qualcuno, è vero… ma allora? Ho sconfitto assassini che avranno mietuto almeno il doppio delle tue vittime, cosa ti spinge a pensare che non farei lo stesso anche con te ?”

 

Il figlio di Mukuro e Chrome si sentì tirare per i capelli, ma istintivamente chiuse gli occhi.

Ormai un senso di paura così viscerale lo faceva tremare al solo suono della voce di Tengoku, e nella sua mente era convinto che anche solo guardarlo lo avrebbe ucciso.

“ Lo capisci tu stesso, arrivato a questo punto. Il futuro mostrato dal Bazooka dei 10 anni alla Magione, prima che tu prendessi parte a questa iniziativa, mostrava come le tue abilità sarebbero state usate a fin di bene, facendoti ottenere addirittura un posto prematuro nel campo della medicina. Non sopporto chi spreca il proprio futuro in questo modo, lo sai? Non ti voglio più vedere sulla mia strada.”

Ridotto quindi ad un impotente corpo sudato e lacrimante, venne lasciato cadere a terra dal bruno, il quale in seguito chiuse la porta per il mausoleo e sparì.

 

Del ragazzino non si seppe più nulla, se non che da allora si rannicchiò sul pavimento, tremando convulsamente e pronunciando parole senza un senso logico.

 

 

 

Corex Licaone sentiva l’aria sferzare il suo volto ed i suoi capelli argentei.

Il suo corpo immobile si stava muovendo ad altissima velocità senza nemmeno più toccare terra, tutto questo grazie ad una punta acuminata che gli perforava in pieno il centro del petto.

Alle sue spalle un Kuro stava correndo, spingendolo con la lancia proveniente dalla sua fronte con la quale l’aveva impalato, verso un muro distante ancora pochi secondi di quella sorprendente velocità.

 

Il Boss guardò distrattamente la mappa sulla sua mano, con aria distratta ed annoiata.

- Dovrei quasi essere arrivato, la svolta che cerco è esattamente alla fine del corridoio.-

Osservando meglio il polso freddo, poté osservare come questo si fosse gonfiato, colorandosi di porpora e ricoprendosi di bolle.

La decomposizione stava già iniziando, realizzò. Muoversi per tutto quel tempo, senza più che il sangue circolasse nelle vene, non aveva impedito al suo corpo di andare in cancrena.

Presto si sarebbe decomposto, sciogliendosi in monconi di carne putrefatta con le ossa esposte e poi basta. Era il destino di ogni umano, quale illuso avrebbe creduto di non appartenere a quel ciclo?

 

“ Ehi, idiota !” Con tono indisposto, l’albino voltò il più possibile la sua testa per guardare direttamente il suo assalitore. Questo, impassibile, continuava a correre.

“ Probabilmente il tuo stupido cervello si chiede come mai io non stia sanguinando, visto che in teoria mi avresti reciso l’aorta e dovrebbe esser scoppiata un’emorragia . Non ho tempo di spiegartelo, ma sappi che se mi schiantassi su quella parete mi ridurrei ad una poltiglia zombie immobile, e bhe… sarebbe una gran rottura terminare i miei giorni così.”

Il muro era ormai ad un secondo dall’impatto.

Corex strinse una mano attorno al corno che sporgeva dal suo petto, ed un sottile strato di brina lo ricoprì.

“ Piuttosto, tu non hai freddo ?”

 

Nella distanza di tempo percorsa per raggiungere la parete, il Kuro si scompose in un’implosione della sua materia interna, collassando su se stesso privo di equilibrio.

Sembrava una torre di mattoncini colpita da un pugno, ed i suoi mille pezzi schizzarono senza freni verso il muro, scontrandosi ad una velocità tale da farlo crollare su loro stessi.

Il Boss dei Licaone invece atterrò in piedi, sano e salvo, estraendosi dal busto quel che rimaneva di un corno congelato, il quale si sbriciolò al minimo tocco.

Infine si voltò, dando le spalle ad uno spesso cumulo di neve che aveva improvvisamente camuffato le macerie ed il corpo frammentato del Kuro.

“ Ragnarok: Fimbulvetr !”

 

L’albino manteneva un atteggiamento freddo, il che si addiceva perfettamente al suo potere ed alla sua natura combattiva.

“ A quanto pare nemmeno le tue cellule possono rimanere intatte ad una temperatura bassa come quella dei più freddi inverni. Dicembre del 1708, l’Anticiclone Termico Russo, causato da un gelo imprevisto anche per la Russia stessa, fu in grado di gelare l’intera Laguna di Venezia, il Lago di Garda e tutti i fiumi d’Europa… un po’ troppo per te, in effetti.”

Si tastò il foro nel petto, per poi riempirlo di ghiaccio con le stesse Fiamme della Neve che ancora brillavano nelle sue mani.

- Almeno così puzzerò di meno …-

 

 

 

Tengoku non si muoveva tra quel labirinto di corridoi senza una direzione, sebbene non disponesse di una mappa.

Seguiva quella misteriosa presenza che da quando si era risvegliato lì lo teneva sott’occhio. Si domandò se anche suo padre l’avesse sentita.

Camminò per dieci minuti nell’oscurità, producendo con i suoi passi l’unico rumore in quell’ala del palazzo.

Raggiunse finalmente una fonte di luce, proveniente da dietro una porta d’acciaio con la parte adiacente al soffitto in vetro trasparente.

Constatò subito che l’anta fosse non del tutto chiusa, lasciando che uno spiraglio facesse intravederne parte dell’interno. La presenza si trovava esattamente lì dentro.

 

Portò una mano dentro la tasca, mentre con l’altra fece tamburellare le dita sul muro, componendo uno strano ritmo. Il suono serviva per mimare il rumore di passi, sebbene il ragazzo fosse fermo, in attesa.

Aspettò una quantità di tempo indefinibile prima che qualcuno aprisse la porta, uscendo dalla luce.

Il ragazzo era pronto in qualsiasi momento a lanciare con elevata precisione il sasso nella sua mano destra, facendogli assumere la letalità di un proiettile, ma qualcosa in lui lo trattenne dall’agire d’impulso.

 

Una donna. Una donna con dei lunghi capelli turchesi e la pelle candida impiegò poco per voltarsi verso di lui, puntandolo con dei profondissimi occhi di ghiaccio.

Immobile, in quel silenzio irreale, sembrava una lupa nella neve che con espressione indecifrabile aveva puntato qualcosa.

Il ragazzo si sentì messo in pericolo da quella presenza, non al punto di provare paura, ma sicuramente sentiva che non avrebbe potuto attaccarla impudentemente, o lei l’avrebbe sovrastato con semplicità.

 

“ Puoi entrare.” Sorrise la donna, ritornando improvvisamente dentro la stanza senza aggiungere altro.

Ten spalancò gli occhi, sorpreso. Non aveva compreso il motivo di quell’incontro, ma solo osservando quegli occhi aveva certificato che fosse stata quella donna a seguirlo fino ad allora.

Non si lasciò spaventare ancora, e per svelare il mistero accettò l’invito e si chiuse la porta alle spalle.

 

La stanza doveva essere un magazzino, colmo di casse in legno e container d’acciaio affiancati da scaffali ricolmi di vecchi fogli.

Seduti su di una banca, due ragazzi osservarono sorpresi l’ingresso di Tengoku, scrutandolo in silenzio ma attentamente.

La ragazza aveva le ginocchia portate al petto e le braccia conserte. I suoi capelli erano color castano scuro, lunghi fino a metà della schiena e mossi. Vestiva un top bianco senza maniche sopra dei pantaloni di cuoio nero e degli stivaletti.

Un ragazzo la abbracciava dalle spalle, era poco più alto di lei, ma sembrava leggermente più giovane, poco più di un diciottenne. Aveva i capelli corvini pettinati accuratamente in un corto ciuffo dalla punta tinta di viola e vestiva un completo giacca e pantaloni color lavanda, al di sopra di un maglione nero a collo alto.

Sembravano molto intimi, pensò il bruno prima di rivolgere l’attenzione verso la donna davanti a sé.

 

“ Mi conosci.” Non fu una domanda, bensì un’affermazione quella con cui iniziò il dialogo.

Lei si voltò, nuovamente con quel sottile sorriso in volto che la circondavano di mistero e tristezza.

“ Il mio nome è Himeko Ogawa, sono la Guardiana della Neve del Decimo Vongola.”

Reborn gli aveva spiegato che i Guardiani della Neve svolgevano dei ruoli molto distaccati dalla Famiglia, adoperando nel giusto senza mai far notare della propria presenza. Sebbene si potessero paragonare ai Varia, questi peculiari Guardiani spesso non prendevano nemmeno ordini dal Boss, agendo nel giusto delle eterne leggi della tradizione.

Di fatti, lui non aveva mai visto questa donna, ma non gli balenò in mente l’idea che stesse mentendo. O era molto brava a nasconderlo, oppure era sincera.

Non fu questo però ad attirare l’attenzione del ragazzo. Fu l’ultima parte della frase, qualcosa che istintivamente lo fece scattare sull’attenti, attivando impercettibilmente l’Istinto Omicida per autodifesa.

 

“ Sì, come hai potuto notare sono al corrente che il Boss non sia il tuo vero padre, è questo il motivo per cui ho indagato su Sebastian per tutto questo tempo.” La donna parlava con voce serena, senza mai scomporsi, mentre alle sue spalle Taylor e Devon parvero agitarsi per via dell’oscuro ed imprevedibile sguardo del ragazzo.

“ Volevo parlarti solo per dirti che… non ti saremo d’intralcio. Non sono nemmeno più in grado di battere Sebastian, e quelle macchine che ha portato quattro ore fa sembrano davvero ardue da eliminare. Ero solo curiosa di sapere quale scelta avresti fatto, arrivato fin qui e conosciuta la verità.”

 

Tengoku abbassò lo sguardo, e strizzando le palpebre rimase per un attimo immobile. Quando sollevò il capo guardò Himeko negli occhi, fisso e serio, per poi voltarsi.

“ Non ne ho ancora idea… ma sembri davvero nelle condizioni di non poter lottare, quindi ti consiglio di rimanere qui fino a quando non avrò risolto tutto.”

Pronunciando quelle fredde, ma enigmatiche parole, mosse i primi passi verso la porta.

 

- Se n’è reso conto in questo poco tempo.- Pensò sorridendo la Guardiana, e non poté vedere un futuro radioso per quel ragazzo così sveglio e timidamente altruista.

Taylor invece, osservando come il bruno se ne stesse andando, si alzò allarmata, tirando la mano a Devon. La castana corse subito verso di lui, fermandolo fuori dalla porta.

 

“ Perdonami, ma ho bisogno di te !” Gli disse non appena egli si fermò, notando il suo sguardo speranzoso.

Tengoku rimase in silenzio, aspettando un seguito. Per un attimo incrociò gli occhi con quelli del corvino, e questo si ritrasse istantaneamente, chiudendosi in se stesso.

“ Tu sei il figlio di Elisabetta, giusto ?” Riprese Taylor, e nuovamente lui rimase in silenzio, non dimenticandosi però di annuire.

  “ Lei è mia sorella maggiore! Lasciò me e mio fratello per andare a vivere da sola quando avevamo nove anni, e da allora non l’ho più rivista.”

Curvandosi verso il ragazzo, congiunse le mani in preghiera, e sul suo volto si palesò la paura e la tristezza.

“ Io sento che lei è qui, e anche la profezia di Yuni diceva che avrei ritrovato dei miei parenti tra queste mura! Eppure io… non riesco a trovarla! Tu sai dove la tiene nascosta Sebastian ?”

 

Il bruno spalancò gli occhi, freddi e per un istante spaventosi, puntandoli su quelli della ragazza.

“ Quell’ultima domanda potevi anche risparmiartela !” Sussurrò tagliente come la lama di un coltello.

La voce di Taylor si spezzò, non sapendo cosa dire davanti ad un’aura così minacciosa.

“ Mia madre non c’è più da diverso tempo… ma la sua tomba è custodita qui dentro, questo è vero.”

 

Devon colse la speranza svanire dagli occhi della sua compagna, ed avvertendo la sua silenziosa sofferenza la strinse con un braccio, cingendole le spalle.

Taylor segretamente, nei meandri della sua determinazione incrollabile, temeva una risposta del genere.

Aveva conosciuto a stento Elisabetta, aveva nove anni e lei venti quando si erano viste per l’ultima volta. La maggiore, Lara, aveva già due guardie del corpo ma continuava a vivere tra le mura della Magione, eppure l’unico contatto con la propria famiglia che aveva continuato ad avere dopo la loro partita era stato con Pinocchio.

Non sapeva perché ormai fosse rimasta l’unica figlia di Dado Emanuele Vongola a non essere scomparsa, mentre nel corso degli anni la sua famiglia si era disfatta come tanti fogli ad una folata di vento.

Era rimasta sola, soprattutto ora che aveva ricevuto la certezza al suo peggiore dubbio.

 

“ Perdonami, non volevo …” Bisbigliò Tengoku con un filo di voce, resosi troppo tardi della rudezza con la quale aveva detto le ultime parole.

“ Non preoccuparti.” La castana accennò un sorriso, seppur con le guance tremanti e gli occhi lucidi le fosse difficile. Notò una strana somiglianza nel modo in cui il ragazzino aveva distolto lo sguardo, quasi con vergogna, nei modi misteriosi usati da Elisabetta quando si chiudeva in se stessa.

“ Forse è chiederti troppo, ma vorrei vederla almeno un’altra volta. Potresti portarmi dalla sua tomba ?”

Il bruno annuì energicamente, senza più voltarsi nella loro direzione e ripercorre la strada appena superata, consapevole di star venendo seguito dai due.

 

 

 

Himeko aveva seguito con lo sguardo i tre ragazzi uscire dalla stanza, ma proprio in quel momento era accaduto qualcosa di irreale.

Mentre Taylor e Devon inseguivano Tengoku, una figura era contemporaneamente entrata dalla porta, venendo però attraversata come un velo d’acqua dai due.

Lei aveva spalancato gli occhi, sorpresa. La maggiore sorpresa, tale da farle arretrare di qualche passo, era stata riconoscere quell’individuo misterioso.

 

“ Hime !”

“ Corex !”

 

L’Ottavo Boss dei Licaone, apparso sull’uscio della porta, sembrava altrettanto sorpreso di trovare lì la Guardiana.

Hime rimase per un attimo indecisa su cosa fare, cosa pensare, cosa dire, ma improvvisamente si ritrasse nel silenzio. Distolse lo sguardo dall’albino, fissando il pavimento senza dire una parola.

“ Hime ?” Ripeté il ragazzo, sussultando davanti a quella reazione.

 

Il silenzio perpetuò nella stanza fredda, fino a quando anche lui chinò il capo, respirando con amarezza.

“ Non volevo metterti in pericolo, dato che Sebastian non sospettava che io fossi sopravvissuto …”

“ Ti ho sempre detto che saresti potuto correre da me, in qualsiasi situazione ed in qualunque momento !”

Con una punta di rabbia nel suo tono freddo, la ragazza interruppe la voce triste di Corex, lasciandolo senza parole.

 

“ Di me ti sei sempre potuto fidare, o no ?” A quel punto Himeko alzò il tono di voce, sollevando lo sguardo per fissare con i suoi occhi pieni di energia, una vitalità che da tempo non possedeva, l’altro.

 

“ Però, ti prego, non lasciarmi più sola.”

 

Con una smorfia sofferente che cercò di mascherare, fallendo, il respiro dell’albino si fece più pesante.

“ Riuscirò mai a combinarne una giusta, Hime? Ho sbagliato un’altra volta, sono proprio senza speranza !” Con odio si portò una mano al petto, stringendosi la camicia che indossava, quasi come se volesse strapparsi il cuore per il troppo dolore che stava provando.

 

“ Per me esisti solo tu… qui, davanti ai miei occhi !” Con una rapidità immane, l’azzurra azzerò la distanza che la separava dal Boss, senza nemmeno che lui se ne accorgesse fino all’ultimo istante.

Infine, accarezzandogli il volto tra le mani, lo baciò all’improvviso.

Corex impallidì per lo stupore, rabbrividendo in preda all’emozione che sembrava aver cancellato il dolore straziante al cuore.

Nei suoi occhi celesti adesso però c’era solo molta malinconia, mista alla paura di dirle la verità, e di rovinare quel momento tanto appassionante da estraniarli dal mondo intero.

- Io non sono più qui …-

 

Himeko sussurrò, ancora sulle sue labbra, puntando i suoi occhi in quelli di lui con passione.

“ A me non importa se sei vivo o mezzo morto o morto, tu sei qui con me... e tu sei il mio Corex.”

Inconsapevole di aver appena letto nel pensiero del ragazzo, la Guardiana della Neve crollò in preda alle sue emozioni, dando via libera ad un pianto che le proveniva dritto dal cuore. Si strinse forte al petto grande e forte dell’altro, immergendo il suo volto singhiozzante nel collo.

A quella distanza poteva sentire i capelli argentei del Lupo Immortale sfiorarle la fronte, ed il calore delle sue labbra, e delle sue vere e proprie lacrime.

 

“ Tu lo sapevi ?” Mormorò tremando il Licaone, non riuscendo a trattenere il pianto. Il suo corpo, fino a poco prima tanto reale, sembrava adesso composto da luce fioca, opaca e prossima a dissolversi.

Fragile, come era sempre stato. Fragile, come solo a lei si era mostrato.

Himeko e Corex, per molti gli inseparabili figli di due famiglie mafiose legati ai Vongola, per pochi due amanti in grado di curare i dolori del prossimo.

Come se fossero due avvelenati, l’uno era il costante antidoto dell’altro.

 

“ Non mi importa.” Ripeté tra i singhiozzi la ragazza, cercando disperatamente di convincere se stessa con quelle parole.

“ Perché non potrò mai dimenticarti, amore mio !” Urlando la parola amore, come tra una tempesta dirompente di neve, il silenzio rumoroso cancellò la furia del dolore.

“ Ti amo, Hime… ti ho sempre amata, e sono così felice di essere tornato qui per te !” Disse debolmente Corex, accennando un sorriso tra tutte quelle lacrime, mentre l’azzurra si sollevava dal suo petto per ricambiare il sorriso guardandolo negli occhi.

“ Per noi.”

 

Lo sguardo del ragazzo vacillò, osservando il sorriso radioso di lei farsi largo tra il dolore del pianto, illuminandola di bellezza.

Himeko si portò una mano al ventre, sfiorandolo lentamente, per poi afferrare una mano di lui, quasi composta da bagliori tremolanti.

La appoggiò sulla sua pancia, continuando a guardare la sua espressione confusa, quasi con divertimento.

Era sempre stato molto sveglio ed intelligente, per questo era stato a lungo lo stratega e primo consigliere di suo padre per molti anni… ma in questioni di quel genere, invece, non era facile raggiungere la sua mente eternamente complessata.

 

La ragazza resistette, in attesa che fosse lui a svelare il mistero del suo sorriso.

Improvvisamente qualcosa provenne dal suo ventre: un calore primordiale, simile ad un abbraccio dolce e cullante, una dolcezza infinita in quell’impercettibile vibrazione.

“ Noi ?” Ripeté allora lui, con la voce rotta.

“ Sì, Cor… noi.” L’azzurra sottolineò l’ultima parola avvicinandosi al suo volto.

 

“ Noi.” Questa volta con più decisione, l’albino disse quella parola.

Il suo intero viso si illuminò di speranza e gioia, per poi sollevare le sue mani tremanti.

Con uno scattò abbracciò Himeko, la quale urlò il suo nome tra un singhiozzo di pianto e ricambiò con altrettanta energia.

Nuovamente i due, ridotti in lacrime, ma in preda a delle risate sconnesse, si stavano abbracciando in nome della vita e dell’amore.

 

“ Dopo di te… non pensavo che un’altra cosa meravigliosa mi sarebbe accaduta.” Rivelò il Boss, affondando il suo viso nell’incavo del collo di lei, stravolto da quella valanga di emozioni incontrollabili.

“ Anche se crescerà senza un padre… parlerò sempre a nostro figlio di te, come se non te ne fossi mai andato, e lui crescerà con i tuoi valori… perché è frutto del nostro amore !” La Guardiana scoppiò a piangere più forte, e di conseguenza aumentò la stretta attorno al suo amato.

 

“ Ah, sarà un maschio allora ?” L’albino sorrise, e improvviso il suo corpo si fece più leggero, i suoi stessi vestiti iniziarono come a sprofondare nel corpo.

Hime si accorse immediatamente di questo cambiamento, ma non volle aprire gli occhi, continuando ad abbracciare il ragazzo e a parlare senza mai interrompersi.

“ Sì! Non ho ancora deciso il nome, ma vorrei crescesse con me fino ai diciotto anni, quando potrà decidere quale strada intraprenderà. Potrebbe rimanere nella Famiglia, oppure diventare un fornaio, un musicista, un pittore, uno scrittore, un fotografo, magari anche un parrucchiere, se è questo ciò che vorrà… l’importante sarà che continui a vivere la sua vita senza doversi sentire legato a me, perché il momento in cui proverò maggiore felicità avverrà quando lui sceglierà cosa essere, e per quale ragione vivere in questo mondo. Perché lui è tuo figlio, e se solo avesse la metà della tua forza di volontà, allora so già che ti renderebbe triste, e …”

Una carezza ed un bacio sulle labbra furono ciò che Himeko sentì, e che la costrinsero ad interrompersi.

“ Non preoccuparti… proprio perché è tuo figlio io lo amerò comunque! Così come continuerò ad amare te.”

 

Le sembrò quasi di vederlo.

Un adolescente cupo e silenzioso tra i banchi di scuola, ma che quando tornavano a casa insieme rideva e scherzava, a volte vergognandosene. Adesso però non era quel Corex a sorriderle, bensì un adulto, carico di amore ed affetto, intento a salutarla con il sorriso più caldo che potesse esistere.

 

Eppure tra le mani rimaneva solo quel grosso mantello bianco con la pelliccia polare, raffigurante lo stemma dei Licaone, il lupo che ulula alla luna.

“ Anche io ti amo …” mormorò debolmente la ragazza, chinando il capo con una mano sul ventre, speranzosa che le sue parole non stessero semplicemente riempiendo il vuoto di una stanza con una sola persona.

 

Il 28 Aprile 2017 morì Corex Licaone, Ottavo Boss della Famiglia Licaone, senza aver dichiarato eredi.

Da quel giorno, la sua promessa sposa Himeko Ogawa continuò a ricoprire il ruolo di Guardiana della Neve, crescendo il loro unico figlio nella sicurezza della Magione Vongola.

Lo chiamò Gelo, in memoria di un suo vecchio amico che le salvò la vita tempo addietro.

 

 

 

 

Yukiteru, Kiiro, Drake ed Azura avevano perso di vista Corex da parecchio tempo, e seppur la preoccupazione che il Boss stesse affrontando uno scontro difficile, le sue ultime parole prima di fare da esca ad un Kuro erano state:

“ Continuate a correre !”

 

I ragazzi, ancora scossi da tutti quegli scontri evitati abilmente, o per pura fortuna, avrebbero desiderato almeno qualche parola di incoraggiamento da parte dell’uomo, ma nulla di questo arrivò loro.

D’improvviso una potente luce apparve al terminare del corridoio: una grande stanza di rettangolare, così diceva la mappa.

Ed infatti fu questa la visione che si palesò davanti ai loro occhi, un ampio spazio illuminato da delle lampade attaccate al soffitto, simili ai riflettori usati negli stadi o nelle palestre.

L’area era spoglia, né una colonna né un qualsiasi ornamento riempivano lo spazio vuoto.

 

Soltanto un’ombra, accucciata sulle proprie ginocchia e con le mani penzoloni.

Drake ed Akane lo riconobbero subito, senza nemmeno soffermarsi su quei folti capelli biondi, la carnagione scura o la maschera gialla che gli copriva parte del volo affilato, da lupo.

 

“ Bastardo !” Ruggì il Guardiano del Fulmine di Tengoku, assumendo una posa di guardia prima ancora che la corvina al suo fianco potesse fermarlo.

Lobo aprì le palpebre, sorridendo rilassato mentre i suoi quattro avversari puntavano gli occhi su di lui.

“ Sapete, queste quattro, o cinque ore dopo il nostro incontro mi hanno fatto riflettere molto …”

L’assassino parlava con voce piatta, fino a quando almeno non saltò in piedi, indicando la sua stessa maschera con un sorriso sornione.

“ Ho finalmente trovato il mio nome da luchadores: Voodoo King!! Non è bellissimo ed in perfetta sintonia con la mia gimmick ?”

 

“ Di questo me ne occupo io, voi andate …” Mormorò a voce appena udibile Yukiteru, liberandosi del maglione che indossava per rimanere soltanto con una maglia nera aderente a maniche lunghe e dei pantaloni a mimetica grigia.

“ Ma, Yukiteru …!” provò ad insistere Akane, preoccupata per l’uomo, il quale non conosceva affatto lo stile di combattimento di Lobo. Non che per lei l’avversario avesse rappresentato un problema, ma il vederlo lì, senza più le ferite inferte poche ore prima, le causava dei terribili sospetti.

Eppure l’assassino dei Vongola non disse nulla, schioccandosi le nocche con il proprio sguardo di ghiaccio fisso davanti a sé.

 

“ Dovremmo ascoltarlo, Akane.” Sussurrò al suo orecchio Kiiro, ed allora la ragazza sospirò nervosa, rivolgendo un’ultima occhiata al loro compagno più grande.

Anche Drake approvò annuendo il consiglio della macchina assassina, e per questo i tre scomparvero in un corridoio appena sulla parete a destra.

Rimasti soli, i due combattenti si guardarono con aria di sfida.

“ Ti avverto, qualsiasi cosa ti abbiano detto di me, puoi prenderla e dimenticartela del tutto …” Ridacchiò il biondo, massaggiandosi i muscoli dorsali.

“ Non mi interessa nulla su di te: so solo che devo ucciderti.” Rispose secco il corvino.

 

“ Oooh… divertente !”

Yukiteru spalancò gli occhi, vedendo il suo avversario scomparirgli dalla vista prima ancora che potesse sbattere le palpebre.

“ Stammi dietro allora, se riesci …” Quando però avvertì una spietata e derisoria voce sulla pelle del collo, non aveva avuto il tempo di mettersi in guardia.

- Non è possibile che abbia questa velocità !- Pensò, ruotando attorno al proprio asse mentre preparava un attacco.

All’improvviso però fu il mondo intero a girare, e lui avvertì di essersi sollevato dal terreno senza aver capito come.

Lobo, alle sue spalle, gli aveva afferrato la testa con entrambe le mani, per poi voltarsi di scatto su di un fianco e trascinarla duramente verso il pavimento, con l’intento di schiacciarla.

 

L’uomo venne proiettato a testa in giù, in rotta di collisione contro la dura pietra.

Era tutto troppo veloce, persino per lui. Lui che aveva perfezionato l’arte marziale tramandata dagli assassini dei Vongola da generazioni, insegnata da Dado Emanuele Vongola in persona per proteggere Lara.

Ma ormai Lara non c’era più.

- Quindi dovrò proteggere mia figlia !!- Urlò nella sua testa, risvegliandosi dalla disperazione

 

Distese le braccia verso il basso, conficcando le dita nella roccia come se fosse burro, interrompendo la caduta. Infine sollevò entrambe le sue gambe in aria, sotto lo sguardo esterrefatto del messicano, per sfruttare la poca distanza della sua testa e colpirlo con una raffica di calci discendenti in pieno viso.

Eppure, nonostante quei colpi avrebbero potuto deformare il cranio di un qualsiasi essere umano, il biondo riuscì a dare aria ai suoi polmoni per esplodere in un urlo furioso.

“ IO NON SENTO IL DOLORE !”

 

Yukiteru si sentì afferrato sia dalle gambe che dalla testa, ed impotente sotto il folle sguardo famelico di Lobo, venne sbilanciato lateralmente. Il luchadores, con un solo scatto lo aveva ribaltato, costringendolo a vorticare attorno al suo baricentro come se fosse una girandola.

Intanto lui strinse il pugno destro, caricandolo dietro la testa, prima di compiere una serie di giri su se stesso, caricando con la forza centrifuga il proprio braccio.

“ Lobo Spinning Driver !”

 

Attaccò un secondo prima che il corvino potesse arrestare la rotazione, sferrando un lariat con l’arto teso in avanti.

- Il pubblico, la fama… QUESTA È LA NASCITA DI VOODOO KING !- La sua mente, in preda all’ebbrezza della battaglia, prevedeva il suo successo nel mondo, quando un giorno si sarebbe classificato il miglior wrestler di sempre.

La sicurezza nella sua forza lo fecero però distrarre da un dettaglio importante, ovvero quando d’improvviso, prima di affondare il suo attacco, la stanza intera sembrò ruotare di novanta gradi.

Questo cambio di prospettiva lo allarmò troppo tardi, facendogli rendere conto che la sua testa pendeva sulla spalla sinistra, essendo non più sostenuta dal collo.

- COSA ?!- Imprecò mentalmente per lo stupore, non percependo più nemmeno il suo avversario davanti a sé.

 

Precipitando dal cielo, come mai Lobo avrebbe potuto prevederlo, Yukiteru attaccò in picchiata. I suoi occhi freddi, i muscoli tesi ed il cuore che palpitava all’impazzata per aver rischiato il tutto e per tutto in una manciata di secondi.

Sollevò entrambe le mani a taglio, congiungendole sopra la testa, e quando fu arrivato a pochi centimetri dalla testa del biondo, le calò come se fossero state una spada.

 

La faccia del luchadores venne attraversata verticalmente da un taglio netto e preciso, lasciando intravedere come l’intero cranio, compreso il cervello, fosse stato reciso totalmente.

L’espressione paralizzata di stupore, separata in due metà specchiate, le quali ormai pendevano senza vita verso direzioni opposte.

L’assassino dei Vongola continuò a fissare con odio il volto mutilato del suo avversario, nel mentre ancora doveva ricadere a terra. Era stato velocissimo, un assassinio veloce e pulito come sempre.

- È in questo che mi hai addestrato, maestro …- nella sua mente si palesò l’immagine nitida di Emanuele Vongola, in tutti i giorni passati ad allenarsi per poter passare anche un solo istante in più vicino a Lara.

Erano bei tempi, ma rimanevano solo quegli stupidi ricordi di cui non se ne faceva nulla.

 

“ Sbagliato, idiota !”

Tuonando con voce sprezzante e malvagia, Lobo spalancò di colpo gli occhi, seppur riportasse una ferita mortale.

Yukiteru ebbe il tempo di sussultare per la paura e la sorpresa, prima di venir attaccato con un potente calcio nella bocca dello stomaco. Il biondo intanto, continuò a ridere gioioso, inclinando il capo all’indietro per poi intercettare al volo l’avversario con una testata.

“ Sei debole! Debole !!”

Il corvino venne scaraventato a terra, zampillando sangue dalla fronte e dalla bocca mentre faticava a rimanere cosciente.

- Ha una forza sovrumana !- Realizzò, terrorizzato da come la sua vista ed i suoi riflessi stessero degradando dopo quegli impatti.

 

Il luchadores gli fu subito sopra, sedendosi a cavalcioni sulla sua pancia e sollevando entrambe le braccia verso l’alto. Mostrò per un secondo il suo ghigno terrificante, colmo di eccitazione e divertimento, e scaricò una raffica di pugni verso il suo avversario.

Yukiteru riuscì appena in tempo a sollevare una guardia con gli arti superiori, ma non appena entrarono in contatto con i potenti colpi nemici, un atroce dolore gli percorse la spina dorsale fino al cervello, rischiando di farlo impazzire.

“ Il nuovo corpo che quello scienziato mi ha donato è fortissimo! Mi sento imbattibile, sono potente… è meglio di qualsiasi droga o di qualsiasi match !!”

La voce tuonante del ragazzo gli rimbombava nelle orecchie, così come le ossa delle sue braccia tremavano, segnalandogli che si sarebbero infrante a breve.

Per sua fortuna, fu allora che il wrestler lo afferrò per i polsi, bloccandolo.

 

“ Ho un’idea proprio divertente !” Lobo spalancò il suo sorriso da squalo, fissandolo con occhi folli. In seguito, con incredibile forza e velocità, lo sollevò da terra e lo lanciò verso l’alto con semplicità inumana.

Yukiteru impallidì, osservando il suo nemico raggiungerlo in volo con un semplice salto.

Il biondo lo intercettò sul volto con una seconda testata, questa volta facendogli sprizzare sangue anche dal naso, ormai rotto.

In seguito il ragazzo usò il suo corpo per saltare ancora più in alto, come se fosse un trampolino, raggiungendo il soffitto mentre lui aveva già iniziato a precipitare.

Lobo  inclinò il suo corpo per avere le gambe rivolte verso il cielo, ed incrociò le braccia davanti al suo volto.

“Lobo Tick Cross Guillotine !”

 

L’assassino dei Vongola, osservando il suo avversario avvicinarsi in caduta sempre più a lui, comprese il suo piano mortale: nel momento in cui avrebbero toccato terra, il peso di Lobo e la gravità avrebbero fatto il loro lavoro, decapitandolo prima ancora che potesse muovere le gambe sul pavimento.

 

La situazione era senza speranza, ed ormai il messicano lo aveva raggiunto, preparandosi a poggiare gli avambracci incrociati sul suo collo.

- Lara… perdonami, ma …-

 

Yukiteru incrociò le braccia in modo uguale a quello di Lobo, scontrandole con quelle avversarie mentre lo fissava con freddezza. Un’onda d’urto vibrò nell’aria a quel contatto, assieme alla pressione che sferzava le gambe dell’uomo, dritte ed unite verso il basso come se fosse un palo.

- … non è ancora arrivato il mio momento di raggiungerti !- Terminò il suo pensiero, sorridendo follemente davanti a quella situazione di pericolo mortale.

 

“ Sei forse impazzito?! Ho la gravità dalla mia parte, comunque vada, tu morirai tra pochi istanti !” Ruggì furioso il ragazzo, forse più per convincere se stesso che per intimidire l’avversario.

Sarebbe stato ugualmente inutile, perché ormai l’uomo sorrideva sicuro di sé senza la minima intenzione di abbandonare le speranze.

“ Il nuovo corpo di cui tanto ti vanti ha poco in comune con quello di un Kuro, se non la forza e una minima parte dei riflessi.” Disse, facendo vacillare per un istante l’aura di pericolosità del biondo.

“ Come hai …?”

“ Ho conosciuto personalmente Leeroy, ed ho preso parte al suo primo esperimento di mutazione… tuttavia, come ti dicevo, sembra che tu non possegga una buona rigenerazione come Kiiro. Mi sbaglio ?”

L’ex vice-direttore della C.E.D.E.F sorrise spavaldo, accorgendosi che nemmeno dopo quell’affermazione l’avversario si era reso conto del proprio viso diviso in due.

“ Questo vuol dire che hai solo molta vitalità, ma la tua resistenza è pari a quella di quando eri ancora un essere umano !”

 

In un istante Yukiteru curvò la schiena, lasciando che il suo avversario continuasse a precipitare sopra la sua testa, evitando di colpirlo. Non avendo ancora terminato però, intercettò le gambe di Lobo distendendo le sue braccia.

Il wrestler osservò con orrore i propri arti inferiori venir mozzati con un colpo netto, ed in quel momento i suoi occhi si incontrarono con quelli del corvino.

Trascinato nella disperazione, non poté fare altro che cadere, vorticando senza più un peso per bilanciarlo.

Ed alla velocità con la quale stava atterrando, il pavimento lo raggiunse prima che potesse trovare una via di salvezza.

 

Con un impatto secco, simile ad uno schioppo, frammenti di carne, assieme a poltiglia di melma nera e sangue esplosero, riversandosi in aria per poi ricadere come una pioggia nell’area dell’impatto.

L’uomo compì una capriola prima di toccare terra, usando le braccia per attutire la caduta e scaricare il danno. In seguito si rialzò nel totale silenzio, fatta eccezione per la componente nero pece del corpo modificato di Lobo che iniziava a ribollire, finendo per dissolversi in fumo e cenere.

 

 

 

“ Presto, dobbiamo assolutamente raggiungere Reborn e gli altri all’interno del punto di raccolta nel secondo blocco! Se qualcuno li stesse aspettando per un’imboscata necessiteranno dei nostri rinforzi !” Gridò Kiiro, in coda al terzetto costituito da lui, Drake ed Akane.

“ Sei sicuro che potrebbero già essere lì ?” Domandò preoccupata l’assassina, osservando sulla mappa come effettivamente ci fosse una seconda strada nelle fucine, dove avevano lasciato il Decimo ed i Simon, che come quella che stavano percorrendo adesso, conduceva alle scale per il secondo piano.

Lì, esattamente sopra il punto di raccolta prefissato, avrebbero incontrato Tengoku e Sebastian secondo le previsioni di Yuni.

 

Fu Drake a risponderle, sfoggiando il sorriso più rassicurante che potesse.

“ Sono sicuro che avranno già eliminato tutti i loro ostacoli. Conosci Reborn, così come conosci il padre di Ten.” Anche il tedesco aveva segretamente paura, ma in momenti come quelli il fallimento era l’ultimo pensiero che dovesse passarti per la mente.

La macchina assassina invece non prese parte a quella discussione, bensì tuonò, interrompendoli:

“ A quanto pare sembra che un ultimo ostacolo spetti a noi !”

 

I ragazzi assunsero un assetto da battaglia prima ancora di individuare il bersaglio, facendo illuminare i loro Anelli Vongola con il colore tipico delle Fiamme possedute.

In fondo al corridoio un’ombra più grande e larga li aspettava, bloccando il passaggio.

Non sembrava nemmeno un Kuro come tutti gli altri incontranti, il suo intero corpo era ricoperto da una corazza nera come il carbone, formata da un materiale emanante un fumo dall’odore nauseabondo riconoscibile anche per tutta la distanza che li separava.

L’unico elemento riconducibile alla sua forma originaria era la maschera sorridente al centro delle sue grosse spalle, anch’essa ricoperta da quella materia, fatta  eccezione per il disegno degli occhi e della bocca.

 

Akane puntò le pistole davanti a sé, mentre Drake abbassò le braccia, caricandole di energia elettrica.

Eppure, nessuno di loro riuscì a raggiungere l’avversario, perché un lampo giallo li precedette, azzerando la distanza con la corazza nera in meno di un secondo.

Kiiro osservò silenzioso il Kuro per un brevissimo lasso di tempo, per poi sferrargli un calcio dall’alto verso il basso senza esitazione.

La creatura artificiale venne scaraventata al suolo in quel preciso istante, senza nemmeno essersi mossa.

Il suo largo corpo si conficcò nel pavimento di pietra per poco meno di un metro, ed il biondo lo superò con un salto.

 

“ Non è veloce come gli altri, per risparmiare tempo possiamo anche superarlo !” Urlò ai suoi compagni, che intanto lo guardavano esterrefatti, fermandosi ad aspettarli.

Persino quando il tedesco e l’assassina lo superarono, il costrutto non si mosse di un millimetro, dando l’impressione di essere morto. Nessuno di loro sapeva come morissero i Kuro, per questo dopo poco lo diedero per scontato.

 

La macchina assassina gialla aspettò che i due lo superassero, rivolgendo un ultimo lungo e scrupoloso sguardo dietro di sé.

- Yukiteru, Reborn, Tsuna, Corex… rincontriamoci tutti sani e salvi.- Pregò, voltandosi verso le schiene in allontanamento del biondo e della corvina.

- Anche tu Momo, ed anche tu, Kevin… spero che quando l’alba sarà giunta non avremo motivo di preoccuparci, e che tutta questa paura svanirà dai nostri cuori.-

 

Improvvisamente qualcosa di troppo veloce colpì il soffitto davanti a sé, facendo tremare l’intero corridoio sotto una violenta scossa.

Kiiro si voltò nuovamente, accorgendosi che il suo ultimo dubbio si era tragicamente realizzato: il Kuro corazzato si era tirato su, e mantenendo sollevato il braccio destro mostrava come avesse espulso dei pezzi di armatura dal suo pugno.

 

Drake ed Akane erano ormai troppo lontani quando lo realizzarono, ed il soffitto colpito esplose, lasciando precipitare al suolo una pioggia di macerie.

I ragazzi non fecero in tempo, e la vista di Kiiro venne coperta da un muro di roccia e assi di legno.

“ NOOO !!” Strillò la ragazza, accasciandosi contro la barriera. Disperatamente cercò di scostare qualsiasi frammento di pietra trovasse, con la speranza di aprirsi un varco.

Drake, ugualmente, ebbe subito l’impulso di fare lo stesso, ma una voce proveniente da dietro quel muro interrupe entrambi dal proseguire.

“ Fermi !”

 

Kiiro, muovendo i primi lenti passi in avanti verso il suo avversario, manteneva un tono calmo ed incapace di far trasparire le proprie emozioni.

“ Ricordate quello che vi ho detto? Non preoccupatevi per me, riuscirei anche ad abbatterne dieci di questo bestione !”

Sentì solo silenzio da oltre il muro, ed allora sorrise all’interno della sua mente: si erano fidati della sua parola.

 

Il Kuro corazzato gonfiò il petto, per poi scattare in avanti e  caricarlo con entrambi i pugni sollevati.

Lui, snello e piccolo, quasi spariva di fronte alla mole dell’avversario, ma non impallidì nemmeno per un istante.

Anzi, attese proprio che il nemico gli sferrasse un pugno per attaccare, attivando il suo cervello sovrumano che rispose a comando.

In un attimo intercettò la mano corazzata diretta verso di lui, ma anziché schivarla la colpì ripetutamente con una raffica di colpi.

In una frazione di secondo, ovvero la quantità di tempo in cui il Kuro aveva spostato il pugno in avanti di un centimetro, lui l’aveva attaccato sempre nello stesso punto un centinaio di volte.

Tuttavia, la forza inarrestabile del braccio nero non si interruppe, affondando il colpo senza esitazioni.

 

La macchina gialla venne scagliata in aria, e parte del suo petto e della sua maschera si scomposero in gocce di melma.

- Mi ha colpito solo di striscio, questa è l’occasione per contrattaccare !- Rimbalzò sul soffitto, raggiungendo velocemente la base della creatura gigantesca.

Si rimise in piedi soltanto quando il nemico lo attaccò con uno dei suoi mastodontici pugni, stavolta diretti verso il basso.

 

A quel punto ripeté la strategia di prima, raddoppiando però la propria velocità fino a che il suo intero corpo parve brillare di una luce intensissima.

In una frazione di secondo, mentre si muoveva creando illusioni ottiche nell’aria, fece vorticare tutti i suoi arti come dei tentacoli letali, intercettando quel singolo pugno con tutte le sue forze.

 

Nuovamente però fu inutile, ma non si interruppe neppure per schivare all’ultimo istante, venendo dunque schiacciato al suolo.

La sua luce si estinse, coperta da un maglio corazzato da un’armatura nera spessa quanto il suo stesso corpo.

Il Kuro sollevò il braccio, osservando incuriosito cosa avesse colpito.

 

In una piccola voragine scavata nella pietra, il corpo di Kiiro giaceva immobile, con gli arti inferiori e parte del busto prossimi a venir spappolati.

 

- Taylor, tu non mi hai più cercato da quando sono scomparso ?-

 

Il costrutto allora non interrupe il suo attacco, scagliando una raffica di colpi portati sempre con le sue braccia enormi. Ad ogni singolo pugno la terra tremava, minacciando di fa crollare nuovamente il corridoio intero sotto quelle scosse sismiche.

 

- O forse sono stato io, troppo codardo per rivederti in faccia dopo tutti quegli anni… sette, per la precisione.-

 

Poltiglia giallastra luminosa schizzava ovunque, sulle pareti, sul pavimento, verso l’alto, oppure rimanendo attaccata alle nocche del Kuro. D’improvviso qualcosa volò via dalla voragine, infrangendosi sul muro di detriti lì vicino.

Una maschera bianca, con su disegnata una faccia sorridente, ormai distorta da crepe e ridotta in pezzi.

 

- Sono un codardo per aver dimenticato il mio essere un umano, e per questo adesso sono costretto a soffrire, soffrire come un uomo vero. Eppure io sono una macchina, una macchina dispensatrice di morte e creata con il solo scopo di vincere sempre… vincere… sempre …-

 

Dopo un ultimo colpo, il Kuro corazzato sollevò il pugno, ammirando come un bambino ciò che aveva creato.

Ai suoi piedi dilagava una pozza di liquido giallo, dentro la quale galleggiavano brandelli di una maglietta a maniche lunghe e di un paio di pantaloni, resi irriconoscibili.

 

Il costrutto artificiale tremò, per poi alzare la propria mano al volto.

- Non riesci a controllare il tuo corpo, pezzo d’idiota ?-

Una voce giocosa e beffarda risuonò all’interno dell’armatura nera.

Una minuscola crepa si era formata su di una nocca nel pugno destro della macchina assassina, larga quanto un foro di spillo.

- Ho capito subito che la tua corazza avrebbe nullificato ogni mio colpo, perché a differenza tua, io un cervello umano ce l’ho! Così mi è bastato concentrarmi su di un punto solo, sperando che tu mi facessi a pezzi abbastanza piccoli da potermi permettere di penetrare nella prima crepa che avrei creato.-

 

Il pugno destro si conficcò esattamente al centro del petto del suo proprietario, trapassandolo da parte a parte. Quando il corpo della creatura rimase immobile, un fluido nero e giallo iniziò a colare dal foro aperto, riversandosi sul pavimento come sangue da una ferita.

 

La melma iniziò a ribollire, per poi in un istante gonfiarsi fino a raggiungere un’altezza d’uomo. Le bolle assunsero man mano una forma sempre più distinta, fino a modellare la struttura corporea della massa come quella di un essere umano.

La creatura appena formatasi aveva una carnagione color cenere, in pieno contrasto con dei capelli di un biondo acceso dalle punte corvine.

I vestiti che lo coprivano sembravano essersi formati dalla stessa melma nera solidificata, ed erano un top che lasciava scoperto l’ombelico con due soli giganti attaccati sulle spalle, e degli short con due grosse cerniere laterali. Era scalzo, così come non portava altri adornamenti, fatta eccezione per un anello scintillante appeso con una catenina al collo.

Il volto era coperto da una maschera nera, con due occhi ed un sorriso dipinti in bianco.

 

L’essere gonfiò i bicipiti, ammirandosi le mani, le gambe e la materia che lo ricopriva. Infine, quando si fermò, puntò lo sguardo sul muro di macerie davanti a sé.

Uno strano verso provenne dalla sua bocca, un misterioso gorgoglio simile ad una risata.

“ Nurufufufufufu! È tempo di raggiungere gli altri !”

 

 

 

 

Italia, Venezia. Ponte della Libertà, Ore 05:30

 

Una luce sinistra si agitava nel cielo notturno, ancora troppo distante per essere vista semplicemente sollevando il capo. Anche perché, a quell’ora nessuno era intento ad ammirare la volta celeste.

Sul lungo ponte di cemento, ormai decorato da innumerevoli crepe e persino da una voragine, ove Corex e Tsunayoshi avevano colpito, due figure in movimento riempivano l’oscurità con lampi rossi.

 

Kevin Celeste saettò fuori dalla nube di polvere dov’era appena atterrato, mostrando un ringhio sul suo volto ed il pugno caricato ben oltre la testa.

Quel colpo era indirizzato a Giustizia, in piedi di fronte a lui, quasi in attesa di venir attaccato.

Eppure, per quanto una potente Fiamma della Tempesta fosse sprigionata da quel singolo attacco, l’uomo schivò il colpo all’ultimo istante, roteando sul suo asse.

Prevedendo però una rimonta da parte di suo figlio, sfruttò la rotazione per sferrargli un calcio dietro la nuca, schiacciandolo al suolo.

 

Le fondamenta del ponte tremarono pericolosamente, mentre l’asfalto in un’area di cinque metri sprofondò verso il basso sotto la gravità dell’onda d’urto appena generata.

Il sicario soprannominato Providence a quel punto stava per saltare via dal pericolo di caduta, eppure qualcosa lo bloccò troppo presto.

Con stupore osservò il piede con cui aveva appena scalciato, afferrato dalla mano ricoperta di Fiamme rosse di Kevin.

Il ragazzo, iniziando a precipitare assieme al padre, gli rivolse uno sguardo freddo, e solo all’ora l’uomo comprese che aveva assorbito il calcio con lo stesso pugno sovraccaricato di energia poco prima.

 

Kevin ruggì di rabbia, illuminandosi di un’intensa luce cremisi per poi scagliare l’intero corpo di suo padre verso il mare sottostante.

Giustizia entrò in contatto con l’acqua in un secondo, sollevando un’imponente onda ed un’esplosione di schizzi. Con la vista annebbiata per un attimo a causa dell’impatto guardò verso l’alto, ed oltre al già citato cielo poté accorgersi di una pioggia di frammenti di ponte che precipitavano esattamente su di sé.

Eppure non perse la calma o la concentrazione, e non appena i detriti si furono avvicinati abbastanza, distese le dita delle mani per poi arcuarle come degli artigli.

 

“ Water Jet Cutting !”

Troppo velocemente per qualsiasi occhio umano, mulinò le braccia verso l’alto, e le sue mani scagliarono l’acqua incanalata e compressa ad alta pressione. Quelle lame, dalla forma simili ad unghie affilate, vibrarono nell’aria, fendendo le rocce e disperdendole in grossi frammenti.

 

I rimasugli di cemento affondarono in una perfetta circonferenza attorno a lui, generando una specie di piattaforma galleggiante alla base del ponte.

Il rosso si concentrò allora sulla domanda più importante:

- Dove è finito Kevin ?-

 

In quello stesso istante un’ombra si espanse sulla superficie dell’acqua, strisciando rapidamente da dietro una delle rocce. Fu così veloce che Giustizia poté appena voltare il capo, intravedendo lo sguardo spietato del figlio  avventarsi su di lui.

Kevin venne intercettato al volo da un pugno, ed a causa della velocità della propria spinta, la sua mascella scricchiolò pericolosamente, facendogli vomitare uno spruzzo di sangue dalla bocca.

Il sicario affondò ancor di più il suo pugno nel volto del figlio, generando una pressione tale da schiacciarlo contro l’acqua e generare un’onda ancor più grande.

- L’Istinto d’Emulazione è imbattibile …- Pensò freddamente, osservando il corpo del ragazzo sprofondare sul fondale marino prima ancora che l’acqua potesse riempire il foro di vuoto creatosi.

 

Tuttavia non fu il mare ad inghiottire il corpo del rosso, bensì una calda luce che illuminò il fondale di quell’area dell’Adriatico. Chiunque avrebbe pensato all’eruzione di un vulcano sottomarino, ma l’ipotesi non sarebbe stata tanto dissimile dalla realtà, data l’impressionante quantità di calore proveniente dall’abisso.

Il mare ribollì, ed una corrente di acqua bollente ascese in superficie investendo in pieno Giustizia.

 

L’uomo sussultò, ricoperto di schizzi d’acqua e vapore. Un pugno si era conficcato al centro del suo petto, rischiando di sfondare la cassa toracica.

Gli occhi del padre e del figlio si incontrarono in quello stesso attimo.

- È possibile… che si sia fatto colpire per sfruttare il rimbalzo ed aumentare la propria velocità ?!-

 

Il killer del teschio venne scaraventato in aria da quel singolo pugno del ragazzo, il quale anch’esso fu sollevato dal flusso d’acqua. Entrambi volteggiarono nel cielo, sollevando gocce d’acqua che si fondevano con il buio della notte, riflettendo le luci lontane di Venezia.

Non era la prima volta  che si colpivano in quel modo, da quattro ore e mezza di battaglia. Erano feriti, e non avevano interrotto il loro scontro nemmeno quando una troupe al servizio dei Vongola era atterrata sul ponte per soccorrere Xian.

Da quel che era sembrato loro di vedere, la ragazza respirava ancora nonostante la grave ferita, ed i medici erano riusciti a portarla via in elicottero.

 

Kevin atterrò su di una piattaforma di cemento galleggiante, e la superficie marittima si increspò.

Il ragazzo perdeva sangue copiosamente dal braccio destro, e l’arto in questione lo lasciava penzolare come uno straccio usato. La sua espressione di rabbia e dolore in quel momento non esisteva più, c’erano solo rumori ovattati e luci confuse riflesse sull’acqua.

Il suo ultimo pensiero andò a Momoka, al sicuro sul ponte, ma priva di sensi ed accasciata ad uno spartitraffico.

- Grazie a lei posso utilizzare il cento percento della Fiamma di Fon senza perdere il controllo… eppure non sono ancora più forte di mio padre.- Si passò la mano sana tra i capelli ramati, ed i suoi occhi neri scrutarono una sagoma piombare su di sé all’improvviso.


Giustizia colpì in picchiata il figlio con un calcio sulla gola, ed un rumore agghiacciante provenne dalle ossa del collo del ragazzo, facendogli sparire qualsiasi bagliore dall’iride.

Kevin sollevò istintivamente il pugno destro, abbassandolo per infliggere un devastante colpo su suo padre. Il sicario si parò con le braccia, ma quando l’attacco lo centrò, i muscoli, l’omero assieme all’urna ed il radio di entrambi gli arti, si spostarono verso l’interno.

L’uomo trattenne un urlo di dolore, venendo schiacciato verso il cemento e facendo esplodere metà della piattaforma galleggiante.

 

Il ragazzo intanto ancora agitava il suo pugno sinistro fiammeggiante, con uno sguardo che più umano non era, come se avesse di colpo perso la ragione e qualsiasi emozione. Aveva perso il controllo.

Strinse il pugno destro, e convogliò grezzamente tutte le Fiamme della Tempesta che gli rimanevano nello stesso braccio, tramutandolo dunque in una brace ardente che sprizzava lapilli e scintille.

- Queste sono le mie ultime Fiamme …- Questo suono rimbombò nella sua mente lontana, non dando però alcun colore a quegli occhi spenti.

 

Grondando acqua e sangue, Giustizia riemerse sulla piattaforma come uno spirito della morte, rialzandosi in piedi. Con uno scatto si liberò della giacca nera che lo ingombrava, rivelando un ampio torace scolpito da muscoli e cicatrici di ogni genere e dimensione.

Osservò con uno sguardo pericoloso la sagoma immobile del figlio, e piegò le ginocchia fino quasi a toccar terra con il bacino. Distese le braccia lungo i fianchi, con i palmi rivolti verso l’alto.

“ Non sarei mai voluto arrivare a tanto, ma non mi lasci altra scelta !” Grugnì con la mascella serrata, nel mentre i suoi sforzi si intensificavano fino a far crepare il pavimento in prossimità dei suoi piedi.

“ Farò uso di una tecnica assassina del Pencak Silat, un’arte marziale sviluppata in tempi di guerra, e da me appresa in Indonesia !”

 

“ Ti amo Francine, ed amo anche Angelica e Kevin.”

 

Un lampo balenò negli occhi dell’assassina, facendolo rabbrividire nell’esatto istante in cui i suoi muscoli si stavano distendendo.

- No, no… NO !!-

Inevitabilmente il suo corpo saltò in avanti, protraendo le braccia in avanti come un predatore che balza sulla preda.

“ Sragan Harimau* !” (*Attacco della Tigre)

 

Kevin, ormai solo in balia dei propri istinti, sollevò il gomito destro per caricare il pugno, ma in quel frangente di tempo suo padre, a velocità portentosa, aveva già sfondando la sua guardia. Avvertì la pressione delle sue mani star per penetrare nella sua carne.

Eppure lui non poteva fermarsi, la sua mano era sovraccaricata da quella potenza distruttiva, e sarebbe morto comunque se l’avesse trattenuta ancora.

Doveva lasciarsi andare al viscerale piacere della distruzione?

 

 

La sua mente lo riportò indietro nel tempo, nel mentre sotto quella crono stasi tutto il mondo si era pietrificato.

Venir lasciato da sua madre, perché lei non riusciva a portare avanti lui e sua sorella, convivere con la dura realtà di una famiglia di gangsters. Fu allora che, con orgoglio di quel lignaggio acquisito, per sopportare la mancanza di una vera e propria famiglia, era diventato il temibile Red Fist Kevin.

Aveva guidato lotte e guerre contro altre gang gestite da giovani come lui, e giorno dopo giorno si sentiva sempre più parte di quella feccia. Non riusciva a guardare la luce del sole dall’abisso in cui era caduto, mentre sua sorella Angelyca pareva essere estranea a tutto quel pattume… era ancora troppo piccola.

Era ancora troppo piccola quando, per causa sua, venne investita. Il giorno successivo il suo padrino, Gaetano Celeste, avrebbe dovuto viaggiare fino a Namimori per un accordo con un politico colluso con la Yakuza.

Nonostante sua sorella necessitasse di cure, quell’uomo li costrinse a venire con sé in Giappone pur di non lasciarli soli ed evitare che scappassero.

Fu allora che Kevin trovò la salvezza: attraverso un canale di informazioni all’interno dei gansters era venuto a scoprire che il figlio di un potentissimo Boss italiano, risedeva proprio in quella cittadina.

Sapeva come funzionavano le cose, dal momento in cui sarebbe entrato in contatto con il rampollo dei Vongola, quel bastardo approfittatore del suo patrigno avrebbe fatto di tutto per lasciar fiorire un contatto con la Famiglia. Così venne aiutato da sua sorella, la quale finse un coma, ovviamente anche grazie alla corruzione di qualche dottore nell’ospedale di Namimori, e fu costretto a trasferirsi in città.

Si iscrisse nella stessa scuola di Tengoku, diventando in un anno il Presidente del Comitato Disciplinare, con la speranza di incontralo al più presto. Un giorno però, poco dopo aver falsificato delle prove le quali testimoniavano un passo falso da parte di suo padre nei confronti dei Vongola, accadde il tragico assalto alla Namimori High School.

Quando Tengoku ed i suoi amici vennero allora portati in Italia, i Vongola, che ormai lo avevano catalogato come un soggetto a conoscenza di troppe informazioni per essere lasciato a Namimori, ma allo stesso tempo troppo in contatto con il figlio del Boss per essere ucciso, lo portarono alla Magione.

Probabilmente, dopo la scomparsa dei ragazzi per compiere gli allenamenti, se non fosse stato per volontà di Reborn e fosse rimasto dai Vongola, questi lo avrebbero eliminato.

 

 

“ Sì… questa è la mia vita. Una vita di menzogne.” Sussurrò il ragazzo, perso nella vastità dei suoi pensieri, come il fantasma di se stesso.

Una presenza era apparsa alle sue spalle, rimanendo in silenzio dopo quell’affermazione.

“ Ed ora  questo bugiardo è troppo stanco di vivere, di cercare uno scopo per cui mantenere aperti gli occhi e respirare ancora.”

“ Sei stanco di vivere dopo tutto quello che hai fatto? Non eri forse tu a ritenere stupido arrendersi ?”

 Il Contatto della Vipera Fantasma, un asso nella manica raramente ottenibile del Cellulare Posseduto, frutto delle Fiamme della Nebbia dell’Arcobaleno Viper.

Momoka Reader, in piedi nella coscienza di Kevin, in realtà non era realmente lì, ma chissà dove ancora distesa sul ponte.

 

L’incantamento fatto alla Fiamma del ragazzo non era davvero una protezione in grado di rendergli impossibile perdere il controllo, bensì un modo di poter comunicare con lui nel malaugurato caso fosse successo.

 

Ed ora la castana guardava le spalle del ragazzo con un triste rabbia sul volto.

“ Stanco di vivere? Ma fammi il piacere! Non sai fare altro che parlare e lamentarti, eppure mi sembra che quando ti metti in testa di arrivare fino in fondo, tu ci riesca sempre.”

Quelle parole trafissero il rosso come coltelli, ed a quel punto lui si voltò. La sua espressione vuota rendeva al meglio i sentimenti confusi che lo affliggevano.

“ Devi assicurarti che tua sorella stia bene! Devi riuscire a parlare di nuovo con tua madre! Devi imparare a comunicare con tuo padre! Mi spieghi altrimenti che senso avrebbe tutto ciò? Sia tu che lui siete solo dei sociopatici pompati, e siccome non riuscite ad interagire verbalmente l’uno con l’altro, ve le date di santa ragione !”

“ Eh ?” Kevin inarcò il sopracciglio, impallidendo con un pizzico di imbarazzo.

“ Uccidervi? Spero tu stia scherzando, perché tanto so che non riesci a prendere in giro nemmeno te stesso… e sono sicura che è anche ciò che pensa lui.” Le labbra di Momoka si sollevarono in un timido sorriso.

“ L’unico modo per terminare la tua vita di bugiardo è quello di imparare a vivere in pace con la propria verità.” Lentamente mosse qualche passo in avanti, girando attorno al corpo del ragazzo fino a giungergli di fronte.

 

Ora entrambi si guardavano in faccia, occhi negli occhi e respiri a contatto con la pelle.

“ Mi stai dicendo che se voglio… posso aprire gli occhi e restare con te, con mio padre, con mia sorella o con i miei amici ?” Con voce tremante, il rosso sollevò uno sguardo timoroso, restio ad allargare il sorriso appena nato sulle sue labbra.

“ Sì, se è questo che vuoi.” Rispose la castana, chiudendo gli occhi e sorridendo appoggiandosi al suo petto.

Il profumo riempì le narici del rosso, il quale parve di sentire la realtà risucchiare il proprio corpo.

 

Il tempo di pensare ai propri errori era finito.

 

Quando spalancò gli occhi tutto era rimasto come quando li aveva serrati, e l’impatto con suo padre era prossimo.

- Non mi tirerò mai più indietro !-

Notando il proprio braccio sollevato ad angolo retto, ideò un piano folle, semplice ma efficace.

Kevin cercò il più in fretta possibile di spostare le Fiamme accumulate nel braccio, facendole retrocedere fin dietro alla sua schiena.

Giustizia aveva ormai le sue mani a pochissima distanza dalla sua gola, pronto a spezzargliela con tutta la velocità accumulata dall’accelerazione.

Il tempo restante prima dell’impatto era ormai inesistente, eppure una corrente d’aria improvvisamente attraversò l’assassino del Teschio.

 

L’uomo avvertì quel flusso d’aria, osservandolo filtrare attraverso i suoi capelli, i suoi vestiti, e con incredibile stupore constatò che quella corrente si era generata davanti a sé.

Kevin era sparito, e lui atterrò sul nulla, barcollando per l’incredulità.

Si sentiva sotto pressione, in quanto nulla era più veloce dei suoi occhi, se non Kiiro, il quale però poteva superare di dieci volte il suono.

Non si trattava di teletrasporto, in quanto sull’asfalto ai suoi piedi aveva appena notato delle strisce che avevano fuso in superficie il terreno. L’uomo seguì con la mascella spalancata quelle tracce, ed individuò appena alle sue spalle una figura.

 

Kevin, immobile e con il petto all’infuori, lo guardava con gli occhi colmi di determinazione. A differenza di appena un istante prima, la vitalità sprizzava da ogni poro del suo corpo, sebbene fosse ferito gravemente ed affaticato dopo quattro ore di combattimento senza sosta.

La cosa che l’assassino trovò più sorprendente, però, fu la carne del gomito destro del ragazzo, ridotta ad un grumo rossastro ed aperto come un’arancia sbucciata. Ingenti quantità di sangue colavano da quel punto, e la lacerazione sembrava arrivare all’omero.

- Ha concentrato tutte le sue Fiamme del gomito per usarlo come propulsore !- Realizzò Giustizia, ancora tremando per lo spostamento d’aria che gli aveva attraversato il corpo, seppur non avesse ancora riassunto una posa da combattimento.

 

“ Ti stai chiedendo perché io non ti abbia attaccato quando potevo, giusto ?” La voce del rosso interruppe qualsiasi pensiero dell’assassino, attirando la sua attenzione negli occhi neri e profondi di chi gli stava parlando.

“ Non volevo causare altro dispiacere ad Angelyca… so che l’hai tenuta tu in custodia per questi giorni, e non volevo privarla di un padre, proprio ora che l’ha ritrovato.” La voce di Kevin era grave, ma non usava un tono di rimprovero perché ciò che trasmettevano le sue parole era solo amarezza.

Con occhi saggi, illuminati dalla realizzazione di quanto stupida fosse la violenza che li circondava.

“ Spero che tu continui a trattarla bene, altrimenti un giorno la porterò via con me.”

Giustizia ascoltò quell’ultima frase in silenzio, prima che un sorriso apparisse sul suo volto sudato.

La sua bocca lentamente si aprì, rilasciando una risata sottotono, appena trattenuta.

“ Cosa c’è da ridere ?” Domandò il ragazzo, messo un po’ a disagio da quello strano comportamento dell’uomo.

 

L’assassino sollevò lo sguardo, incrociando i suoi con quelli del figlio, questa volta non con aria di sfida, ma con una sincerità che fece impallidire l’altro.

“ Sai anche che non avevo intenzione di ucciderti per davvero ?” La sua domanda, pronunciata con tono quasi divertito, sembrava più che altro retorica.

Kevin rispose arricciando il naso, accigliandosi:

“ So cosa vuol dire sottovalutare un avversario …”

 

Suo padre rise nuovamente, questa volta con più trasporto e poggiandosi una mano sulla pancia. Quando ebbe finito continuò a sorridere.

“ La mia intenzione era di batterti e lasciarti in vita, per poi portarti da Angelyca e sparire per sempre… ma mi hai battuto tu.”

L’espressione del rosso più piccolo si alleggerì, fino a diventare il ghigno provocatorio che da tempo non sfoderava.

“ Considerala una punizione per averci già abbandonato in passato. Non puoi farmi lo stesso scherzo per due volte di seguito senza aspettarti la vedetta !”

“ Già …” Giustizia sospirò, volgendo lo sguardo al vasto mare alla sua destra.

“ Mi hai fatto imparare la lezione: ho smesso di scappare dai miei errori.”

 

Sul Ponte della Libertà, affacciata per osservare i due uomini alla base, Momoka Reader sorrise.

La luce dell’alba stava per far capolino dall’orizzonte.

 

 

 

 

 

Groove Island, quattrocento chilometri dalle coste del Giappone.

 

Drake ed Akane correvano a perdifiato tra i corridoi del forte, senza nemmeno più controllare dove la loro folle corsa li stesse portando. Si erano però allontanati molto da Kiiro, questo era un dato di fatto, soprattutto dopo che un Kuro aveva iniziato ad inseguirli.

 

“ Siamo sicuri che Reborn e gli altri sono stati in grado di battere da soli questi mostri ?!” Urlò il biondo alla compagna, mostrando palesemente quanto si stesse sforzando per correre il più veloce possibile.

“ Devono averli battuti !” Rispose nettamente convinta la corvina, rivolgendogli poi un sorriso di sfida.

“ Che c’è, hai forse paura ?”

A lui, istintivamente venne da ridere, ma forse per via della situazione e del fiato che non voleva sprecare, le lanciò un’occhiata di intesa.

- Non ho paura se ci sei tu !- Fu questo ciò che avrebbe voluto dire, ma la sorpresa di un rumore proveniente dalle sue spalle lo allertò.

 

“ Vai, ora !”

Al suo segnale, Akane si voltò di scatto mentre era ancora in corsa, estraendo da un fodero alla base della schiena il suo fidato pugnale balistico.

La lama sferzò l’aria, colpendo lo spigolo della parete poco prima della curva che i due stavano per imboccare. A causa delle Fiamme della Tempesta che permeavano il coltello, la sua potenza distruttiva aumentò, facendo esplodere il punto colpito in centinaia di pezzi di roccia.

Così l’assassina voltò subito l’angolo, ma il ragazzo non la imitò, incrociando invece le braccia davanti a sé.

 

“ Il Fulmine è il primo scudo della Famiglia, colui che non si piega e non si spezza.” Così gli aveva detto Reborn molto tempo fa. Lui però era sempre stato un codardo che non si era mai fidato del prossimo, perciò fino ad allora non aveva mai compreso il senso di quelle parole.

 

Dalle sue mani fece espandere una larga fiammata verde brillante, la quale illuminò tutti i detriti. In un istante, grazie alla proprietà dell’Indurimento, tutte le rocce si immobilizzarono in aria, ostruendo il corridoio.

 

“ Perfetto !” Esclamò a quel punto la corvina, accovacciata per terra dietro l’angolo, al fianco destro di Drake. Stava armeggiando con la grossa borsa a tracolla che aveva portato con sé, emettendo bagliori rossastri.

Il tedesco sorrise nervosamente, con un rivolo di sudore che gli scivolava lungo la fronte, e lei ricambiò rapidamente prima di tornare alle sue preoccupazioni.

 

Accadde allora, ed il sorriso sul suo volto si smorzò di colpo: qualcosa di troppo veloce fuoriuscì da un minuscolo spiraglio del muro di rocce, rimbalzando sulla parete.

Un proiettile calibro 9m perforò la sua mano destra, ed il ragazzo reagì anche troppo tardi per mettersi in salvo.

A causa del dolore e della distrazione, parte del muro perse l’immobilità, e cadde a terra con un tonfo. Da uno di quei buchi, gli occhi azzurri del biondo poterono incontrarsi con quelli rossi e disegnati su di una maschera nera. Il Kuro sollevò entrambe le sue pistole, dei piccoli modelli delle Colt M1991, chiamate Colt Officer’s ACP.

Grazie alla sua capacità di riflessi sovrumana sparò esattamente prima che Drake potesse accorgersene.

Due pallottole perforarono il biondo vicino alla base del collo e sul lato sinistro del torace, ovvero proprio dove si trova il cuore umano.

 

Il ragazzo avvertì il tempo rallentare, mentre schizzi di sangue si sollevavano davanti alla sua vista.

Avvertiva il dolore raddoppiato, molto più lento ed agonizzante. Sentiva una costola infrangersi, ed i polmoni venir trafitti, aprendo una strada proprio per il suo cuore.

Solo sangue e frammenti d’osso.

 

“ DRAAKEEE !”

Akane sbucò dall’angolo, frapponendosi tra il suo compagno ed il Kuro, ormai che il muro di pietra si era dissolto, creando un cumulo di macerie per terra.

La corvina digrignava i denti e contraeva il viso dalla rabbia, puntando con odio il nemico impassibile ed immobile.

Nel momento in cui la macchina sollevò nuovamente le pistole, la ragazza gli puntò contro ciò che aveva imbracciato.

 

Persino il costrutto artificiale sussultò, ritrovandosi a pochi metri dalla bocca da fuoco di un lanciagranate. In un istante provò a saltare all’indietro, ma il grilletto era già stato premuto.

La granata a proiettile percorse una traiettoria discendente, colpendo il terreno dove poco prima si trovava il Kuro. L’esplosione che ne seguì divampò in una rapida fiammata che si estinse presto sul pavimento.

 

Allora Akane si rivolse al suo compagno di squadra, cercando preoccupata i punti feriti.

“ Drake …”

Prima che potesse continuare, il biondo riaprì gli occhi, portando il suo indice sulle labbra di lei, zittendola dalla sorpresa.

“ Non preoccuparti… pensi che sarei morto dopo la frase fighissima che ho detto prima ?” Sorridendo con fare provocatorio, il ragazzo osservò la paura svanire dal volto della corvina, la quale ricambiò anche con un’occhiataccia truce.

Osservando la ferita di lui al cuore, poté accorgersi come il proiettile si fosse bloccato a metà strada tra il muscolo e la cassa toracica, non perforando il corpo ma restando incastrato nella carne. Non avrebbe mai potuto aspettarselo, non avendo assistito alle capacità del ragazzo di usare la Fiamma del Fulmine.

 

“ Sei tu che mi fai preoccupare, stupido !” Sbottò lei, voltandosi verso il punto dov’era appena atterrato il loro avversario, per poi stringere con più forza il lanciagranate.

La sua mano emanò delle Fiamme della Tempesta, con la quale strappò violentemente la culatta mobile dell’arma, per poi portarla davanti alla canna.

La parte in acciaio iniziò a vibrare sotto le distruttive fiamme rosse, per poi fumare come un lapillo incandescente immerso nell’acqua.

 

“ Perdonami, allora.” Sussurrò dolcemente il Guardiano del Fulmine, stringendosi petto a petto con Akane, per poi posare le mani sulle sue.

Le loro dita si intrecciarono nel vapore bianco, e quando questo si dissolse, entrambi stavano imbracciando un fucile di precisione, in cui la culatta del lanciagranate si era fusa per assumere la forma di un prolungamento della canna stessa.

“ Ricordati della nostra promessa: se mi farai preoccupare ancora non ti perdonerò più !” Sibilò con scherzosa rabbia la ragazza, per quanto i suoi occhi brillassero di serietà e determinazione.

 

Il Kuro in lontananza osservò il cambiamento d’arma nelle mani dei suoi avversari, e non perse un istante per scattare in avanti. Sollevò le sue pistole e si fece largo con una raffica di proiettili, contando che avrebbero coperto la sua avanzata, comunque rallentata per via della precisione impiegata nel mirare in corsa.

Tuttavia i ragazzi non si nascosero affatto nell’angolo appena ad un metro da loro, ma rimasero fermi ed immobili con il fucile puntato in avanti.

Akane Mizuno premette il grilletto quando ormai la macchina assassina si trovava a circa quindici metri di distanza.

Il proiettile del fucile sfrecciò attraverso la raffica da dodici colpi delle pistole, raggiungendo in una frazione di secondo il bersaglio. Il Kuro però aveva seguito con lo sguardo quel bagliore metallico, e riuscì ad evitarlo un istante prima che raggiungesse la sua carne, lasciandosi graffiare superficialmente la maschera nera.

 

L’assassina dei Vongola sorrise lievemente.

- Sapevo che vedendo il fucile di precisione si sarebbe avvicinato, in quanto non avrebbe potuto vincere la mira. Ora però so anche il tuo margine di schivata in base ad una distanza medio-corta …-

Nella sua mente si strutturò una mappa mentale di calcoli balistici, basati sulla distanza e sul tempo in quello stretto corridoio largo due metri.

 

Mentre lei pensava, anche Drake rimase immobile, e le pallottole sparate dal Kuro li centrarono come una pioggia fitta e dolorosa.

Alcuni mancarono il bersaglio, ma quasi tutti li colpirono, lacerando la carne e sollevando zampilli di sangue.

Tuttavia, mantenendo la calma mentre il suo corpo veniva trafitto, la ragazza usò nuovamente le Fiamme della Tempesta per staccare la canna dal fucile e fondere la forma dell’arma.

Il secondo in cui la raffica del Kuro cessò, i ragazzi erano grondanti di sangue, feriti però in nessun punto vitale.

 

La loro sicurezza, mostrata da un inestinguibile sorriso dipinto sulle labbra, testimoniava quando in realtà non fossero sorpresi dall’essere ancora vivi.

Il fucile, ora trasformato in una pistola mitragliatrice Scorpion, venne stretto dai due, i quali ormai si erano uniti in quello strano abbraccio. I loro volti a contatto, guancia contro guancia, lo sguardo fermo ed i corpi che si scambiavano reciprocamente il calore ed il respiro per nulla affaticato.

 

Fecero fuoco, ed in un istante la macchina assassina si ritrovò costretta a schivare una pioggia di proiettili sempre più precisi. La pressione creava dei vuoti d’aria, riempiendo il corridoio di fischi acuti.

Nessuna pallottola riuscì però a centrare il costrutto, il quale avanzava grazie alla sua velocità sovrumana, scivolando tra i colpi come un serpente tra i sassi.

Infine, sollevò le sue pistole gemelle, pronto a saltare per cogliere i suoi avversari dall’alto.

 

Dalla mitragliatrice Scorpion si scomposero automaticamente dei pezzi, sciogliendosi come ferro fuso, lasciando da quell’involucro una Walther PPQ. Akane estrasse repentinamente la copia già posseduta di quella pistola, ed imitò il Kuro sollevando la coppia d’armi.

 

 

“ È stupido dire che un’arma sia la migliore del mondo !” Sbottò una ragazzina dai lunghi capelli corvini. Vestiva un abitino rosso, in completo contrasto con i suoi modi da maschiaccio, ed il suo viso sporco di fango oppure graffiato.

Un giovane uomo seduto sul davanzale della finestra davanti a lei, le rivolse un’occhiata confusa.

“ Ma come ?” Iniziò col dire, passandosi una mano tra i capelli anch’essi neri, più ispidi ma ugualmente folti.

“ Tutti hanno delle parole con le quali possono essere feriti, ma tu pensi che non esista un’arma in grado di uccidere qualsiasi persona ?”

Si trovavano in una villa circondata da un bosco di pini, e nell’appartamento dove stavano parlando erano accatastate scatole di cartone, lattine di birra ed i resti di un posacenere infranto, il quale aveva riversato le sue cicche sul pavimento.

 

La ragazzina rimase in silenzio per molto tempo dopo quella frase, aspettando che l’altro terminasse di fumare la propria sigaretta con calma e sguardo perso nell’orizzonte.

“ Ed esistono invece …” Con voce tremante, a tratti anche adirata, lei tentò di formulare una frase.

Il ragazzo la osservò incuriosito, notando come dal viso che lei tentava di nascondere con i propri capelli, era palese un’espressione di imbarazzo.

“ Esistono parole per volere bene a qualcuno ?” Terminò con un suolo respiro Akane, divenendo tutta rossa e stringendo i pugni per la vergogna.

“ Keh …” Korvo Bellum trattenne una risata, divertito da quella situazione tanto ingenua quanto sincera, ma sapendo che quella teppista ribelle non l’avrebbe mai perdonato se l’avesse fatto.

 

“ Secondo me no… i paroloni sono inutili, soprattutto in questo campo.” Asserì infine con serietà, facendo sollevare lo sguardo confuso di Akane.

L’assassino prese la sigaretta tra le mani, sollevandola sopra la testa per poi spegnerla sul davanzale in pietra. Il fumo si sollevò fino ai suoi occhi rossi, ed al suo ghigno beffardo.

“ Le parole come: grazie, bentornato, ti voglio bene… bastano ed avanzano.”

“ Bentornato ?” Ripeté con tono piatto la corvina, interrogandosi sul senso di quella parola.

“ Sì !” La precedette Korvo, guardandola negli occhi.

“ Tutti, ma proprio tutti, vogliamo sentirci a casa, ancor meglio se a darci quella sensazione è chi ci vuole bene.”

 

 

“ DRAKE !” Urlò l’assassina, per farsi sentire nel mentre l’aria sibilava di proiettili da quello scambio di colpi tra due Walther PPQ e due Officer’s ACP.

Il ragazzo si voltò prontamente verso la sua compagna, stringendo istintivamente le mani sulle sue con più forza.

“ Sì ?”

“ Quando avremo finito qui, non voglio sentirti dire di voler scappare ancora di casa !” Un taglio si aprì sulla guancia della ragazza.

Il biondo non comprese inizialmente quell’affermazione, e rimase in silenzio. Un foro apparve poco sopra il suo ginocchio, facendogli tremare l’intera gamba.

“ Io voglio essere la tua casa !”

Terminò Akane, palesando un sorriso commosso. Commosso dall’idea di aver appena realizzato una cosa troppo importante: le sue cure e le sue attenzioni per tutto questo tempo non erano state rivolte a Tengoku, bensì a Drake.

Quel ragazzo stupido e vanitoso che aveva cercato di farle notare in ogni modo quanto tenesse a lei, interpretando i suoi rifiuti come degli scherzi.

Ed allora la ragazza aveva compreso che quei rifiuti, in realtà, non erano mai stati sinceri. O meglio, se n’era resa conto il giorno prima, quando nell’albergo di Roma aveva stipulato la promessa che in quel momento la manteneva in vita. Manteneva entrambi in vita in quel disperato bisogno di affetto e attenzioni dopo l’abbandono delle loro figure di riferimento.

Ed allora avrebbero cancellato l’insicurezza, diventando loro stessi figure di riferimento, l’uno per l’altro.

 

Il Kuro continuava a schivare ogni colpo, nel mentre metteva centrava il bersaglio ogni volta che premeva il grilletto. Si ritrovò così sul punto di avere la vittoria in pugno, nel mentre però continuava a trovare strano quanto i suoi avversari non vacillassero né si arrendessero alla morte imminente.

Fu allora che qualcosa lo toccò, nell’istante in cui aveva compiuto un salto all’indietro, sfiorandolo sulla schiena.

Prima ancora che potesse toccare terra, si era accoro di numerosi oggetti contro il quale si era scontrato indietreggiando. E proprio per aver compiuto quel balzo, si rese conto che per tutto quel tempo, dietro il suo campo visivo, i due ragazzi avevano formato un trappola silenziosa ed imprevedibile.

 

Decine di proiettili erano immobili nell’aria, come congelati nello spazio e nel tempo, formando una barriera alle sue spalle ed attorno a sé.

Bastò quell’istante di distrazione, affinché altri dodici proiettili si frapponessero davanti a lui, sparati dalle abili mani di Akane, ed immobilizzati dalla Fiamma del Fulmine di Drake.

Le pallottole pietrificate serrarono quel guscio, intrappolando la macchina, la quale ormai non poteva più muoversi.

 

A quel punto l’assassina lasciò le mani del ragazzo: doveva prendere una decisione da sola.

Rinfoderò la pistola forgiata dalla mitragliatrice, per stringere con forza la Walther PPQ nella mano destra.

L’arma che l’aveva guidata per tutti quegli anni, regalo del suo maestro.

Con le Fiamme della Tempesta la ricoprì, iniziando a fonderla lentamente in una nuova forma. L’acciaio mutava, ma non si distruggeva, esattamente come la legge della conservazione delle masse fosse di riferimento per i ricordi di Akane.

- Nulla si distrugge, tutto si trasforma… non ti abbandonerò mai, maestro Korvo, ma come tu ti sei preso cura di me un tempo… adesso dovrò diventare responsabile di me stessa. Addio !-

 

Sollevò dietro la testa un coltello, ovvero la sua ultima creazione, e spalancando gli occhi lo lanciò in avanti senza esitazione.

Drake spalancò le braccia, e delle scintille elettriche saettarono nei suoi occhi.

“ Che i proiettili riprendano a muoversi !”

 

Nello stesso istante, il Kuro venne perforato in pieno petto dalla lama, e contemporaneamente tutti i proiettili persero la stasi, continuando la loro traiettoria originale e perforandolo su tutto il corpo.

Fiamme scarlatte ardevano il suo corpo, investendolo ben presto in una pira gigantesca. La melma nera che lo ricopriva iniziò a diventare schiuma, e perdendo forma si riversò sul pavimento.

Dopo qualche secondo, non ne rimaneva più niente, divorato dalla distruzione del fuoco.

 

Akane cadde esausta su Drake, il quale, anch’egli dolorante e senza troppo sangue per reggersi in piedi, si accasciò per terra.

I due ragazzi, lei stesa sul petto di lui, respiravano boccheggiando.

 

“ È finita ?” Domandò lui.

“ In che senso ?”

“ Sai cosa voglio dire …”

“ Non capisco, però sì. È  finita.”

 

Il tedesco abbracciò la ragazza, facendola girare verso di sé.

“ Allora posso dirti che ti amo ?”

Per un interminabile lasso di tempo, gli occhi azzurri di entrambi si incrociarono, quasi timorosi di voler interrompere quel momento con qualsiasi altra cosa.

 

Infine, stringendosi forte, ignorando il dolore delle ferite, le loro labbra si incontrarono in un bacio appassionante, colmo di gioia e tanta voglia che tutto il dolore provato potesse solo lasciare il posto ad una moltitudine di momenti bellissimi.

 

Il sole era prossimo a sorgere.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Omake Numero 8: La morte di Drake.

 

 “ Aaaaah, sì !” Disse Master Chopper, finendo di vomitare sangue davanti al suo PC del 2010, mai cambiato e morente.

“ Dopo ben 69 pagine, e dopo aver mandato a quel paese il primo di soli tre mesi di vacanze estive, posso finalmente scrivere della morte di Drake e finire qui.”

“ Come la morte di Drake ?!” Esclamò la vocina dei fan, che il nostro sanissimo Master ha sempre in testa.

“ Sì, la morte di Drake.” Ripeté il Master. “ Forse tu non lo sai, ma è sin dall’inizio della Saga dei Bravi che ho in mente di far morire Drake nella missione per recuperare Ten.”

“ Ma… perché ?”

“ Bhe… all’inizio di SoF io misi una regola, ovvero che chi avesse smesso di recensire si sarebbe trovato il proprio OC morto. E uomi-hime ha smesso di recensire tempo fa. Stessa cosa è valsa per Akira e Angelo.”

“ Ok, ma allora perché non hai ucciso anche Azura ?”

“…”

“ Ma quindi come sarebbe questa morte di Drake ?”

Master va a cercare la bozza scritta tanto tempo fa che descrive la morte di Drake.

“ Ah… avevo scritto questo ?” Passa qualche istante prima che a Master salga un conato di vomito.

“ Allora, com’è ?” Chiede la voce del fan.

“ Ehhh, sai… erano altri tempi, avevo idee diverse su come sarebbe finita la storia. Poi, dovrei scrivere minimo due pagine sul dolore di Akane, e nel prossimo capitolo anche su quello di tutti gli altri.”

“ Dì la verità: ti dispiace per un personaggio a cui ti sei affezionato ?”

“ … sta zitto, tutti amano Drake !”

 

 

 

Angolo Autore:

Welcome back!

Avete appena visto la storia della mia vita (ovviamente con meno esplosioni e avventure emozionanti).

Quello che avete letto invece è, o meglio potrebbe essere, il capitolo più ben riuscito oppure il peggio riuscito che abbia mai scritto.

Ben 69 pagine di combattimenti, seguendo una scaletta incasinatissima che mi ha solo complicato la vita, e per questo penso non utilizzerò più. E non la trascriverò perché non la trovo, la mia scrivania è un oblio di robe accatastate!

 

Ah, sì, messaggio poco importante: il prossimo sarà l’ultimo capitolo di SoF.

La storia volgerà finalmente al termine dopo 31 capitoli divisi in tre saghe… e tre anni di tempo… e molto schifo.

Anticipo il mega spiegone dell’ultimo capitolo e svelo un po’ di retroscena.

Allora, allora, allora… durante la scrittura della storia, il finale è cambiato molteplici volte, così come potete notare dal fatto che numerosi personaggi abbiano perso o acquistato importanza di punto in bianco.

Shigeru Orus e Giorgia De Luca, personaggi apparsi nella Saga della Nascita, non sono più riapparsi durante gli allenamenti, e sono dunque rimasti a Namimori… falso, diranno i veterani! Perché in realtà Giorgia De Luca è arrivata alla Magione, ma non ha seguito gli altri con Reborn, dimostrandosi quindi un buco di trama che adesso io, che avrò pure i miei problemi (cit.), non ho VOGLIA di rimediare!

Esatto, non ho voglia. Sono arrivato a Luglio ormai, e non ho più voglia, non di scrivere, ma di rimediare ai casini di un me stesso di due anni fa, idiota ed irresponsabile.

Avete presente la parte di Azura che si allena con Tengoku? Bhe, gli allenamenti sarebbero dovuti essere tutti così, ovvero due ragazzi che si allenavano in coppia contro una sfida impostata da Reborn.

 

Ho ritrovato i miei appunti!

Allora, le coppie sarebbero state: Azura/Ten, Giorgia/Kevin (ma perché!), Drake/Vito (bho), Simon/Dino (AHAHAHAHA), Akira/Akane.

Poi, per la settimana successiva, e qui tenetevi forte: Tengoku contro Leon (e questo almeno sono riuscito a farlo), Azura contro Falco, Drake contro Keiman, Kevin contro Lancia, Simon contro Linchi, Veronica contro Fon ed Akira contro Oodako.

E qui si nota la mia indole di cazzone incredibile, level 99. Sì, inizialmente Leon non sarebbe stato l’unico animale degli Arcobaleno trasformato in umano, come si deduce dal capitolo 6 della Saga dei Sette Peccati Capitali, dove Reborn menziona una certa Squadra Pet.

Veronica avrebbe dovuto avere un ruolo più centrale, ma purtroppo volevo cambiare le carte in tavola, e sono sicuro che senza qualche menzione a lei ogni tanto, qualcuno di voi se la sarebbe pure dimenticata.

Era in programma anche una Saga extra, basata sulla nostra squadra di matti che affrontava una Famiglia in una dimensione dove i Vongola non erano mai nati, e poi si sarebbe scoperto che tutti erano stati trascinati dentro l’incubo di un neonato con forti Fiamme della Nebbia sin dalla nascita.

Quello era il mio periodo Bloodborne, quindi sorvoliamo (però i nomi dei guardiani erano anche piuttosto fighi: Paradosso, Subconscio, il boss Incubo, Istinto, Amygdala, Rem e Bambola).

 

E per rispondere alla domanda della vita… voglio essere sincero, NO, non era pensato sin dall’inizio che Ten fosse figlio di Sebastian. Penso mi sia venuto in mente mentre scrivevo la Saga dei Sette Peccati, perché mi serviva un motivo per far essere a Sebbo (come ormai mi viene da dire grazie a stardust) il cattivo della situazione.

 

Però, insomma, grazie. Grazie per quei tre che ormai recensiscono, che mi fanno rendere conto che anche se il tempo passa, le schifezze che scrivo sono sempre di loro gradimento.

Va bene, dai, posso anche dire chi sono, tanto non è un segreto!

Un grazie sentito a stardust94, a nekomata04, e a Simon… cioè a Teemo Omegasquad. Bho, sarò ritardato io che fino a qualche capitolo fa continuava a scrivere “grazie a sissi1234/nekomata04”, ma i primi nickname non me li scordo mai xD (e andry_94_hell, se mai leggerà questa roba, ne sa qualcosa)

 

Termino qui, prima che l’angolo autore superi in lunghezza il capitolo! Ci vediamo alla prossima, con la fine delle avventure di Tengoku ;)!

 

P:S: Capitolo pieno di riferimenti alle Bizzarre Avventure di Jojo, neanche fosse il film di Maurizio Merluzzo! E penso non ci sia nemmeno bisogno di dirlo, ma… l’isola di Groove Island è ovviamente una mia invenzione, non esiste una roba del genere a quattrocento chilometri dall’Hokkaido. Il nome è un riferimento a Planet Groove, l’album degli Earth Wind and Fire (esattamente come Voodo King è un riferimento alla canzone “Voodoo Kingdom” dei SOUL’d OUT).

Ah, neanche la Fiamma della Pianura esiste. L’ho dovuta inventare io, perché per l’autrice di KHR era troppo difficile dare un maledettissimo nome ad una Fiamma della Terra. E no, non bastava non dare una spiegazione accurata di cosa facesse la Fiamma della Pioggia, ma lasciamo che la Famiglia Simon utilizzi una Fiamma a cui non ha voluto dare un nome. Scusatemi, ma quando vedo questi buchi di trama mi sale una bestemmia…

P.P.S: Chi ha capito subito il riferimento nel titolo merita un biscotto.

Ehi! Ti vedo già lì a cercare su Google per poi fare il sapientino, piuttosto usa quella ricerca per farti una cultura.

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Capitolo 6
*** Target Number 6: Questa è una vera famiglia ***


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Disegno (invisibile, grazie a Tinypic ed ImageShare, 'rtacci loro) a cura di nekomata04





Target Number 6: Questa è una vera famiglia


28 Aprile 2017. Groove Island nell’Oceano Pacifico.

 

La tenue luce solare dell’alba colorava il cielo d’ocra, scacciando le tenebre che per tempo immemore sembravano aver inghiottito il cielo.

Il mare attorno alla nera fortezza rifletteva appena i raggi solari, delineando la forma dell’isola, simile ad una rovina.

 

Tra i corridoi bui, un rumore di passi inarrestabile procedeva avanzando sempre più verso il centro di quella costruzione. Il suono rimbalzava tra i muri di pietra, accompagnando una figura che, veloce, si stava dirigendo verso la luce davanti a sé.

 

-Percepisco qualcuno !- Si mise in allerta, poco prima di sbucare fuori dal corridoio.

Con un salto emerse dall’oscurità, giungendo in una stanza rotonda, con al centro una lunga scalinata sollevata verso il piano superiore.

La figura atterrò, voltandosi di scatto mentre le suole delle sue scarpe strisciavano rudemente sul pavimento.

 

Alla luce delle torce già accese sulla parete, tre ragazzi lo guardavano con gli occhi spalancati, colti alla sprovvista dalla sua apparizione.

La figura allora si avvicinò, tremando leggermente ed incespicando nel parlare.

Le parole non riuscì a pronunciarle, sicché l’unica ragazza lì presente si alzò e gli corse incontro.

 

“ Boss !”

Esclamò Akane Mizuno, gettando le sue braccia al collo del ragazzino ed abbracciandolo con forza.

Tengoku rimase immobile, sentendo la corvina appoggiare la testa al suo petto, sebbene fosse più alta di lui, ed aumentare la forza della stretta.

Osservò le sue braccia, lasciate scoperte dalla divisa di pelle lacerata in più punti, e trovò numerose cicatrici che le solcavano la pelle, come tante stelle nel cielo.

“ Come al solito, ci hai fatto solo preoccupare.”

Ridendo con un sorriso gentile, Drake Schlmit avanzò verso i due, posando una mano sulla schiena di Akane e l’altra su quella del bruno, unendosi in quell’abbraccio.

“ Nurufufufufu !” Rise Kiiro, alle loro spalle, sollevando una mano ed agitando le dita in segno di saluto.

 

“ Io …”

Tengoku sollevò lo sguardo, incontrando quello paziente dei suoi tre compagni.

 Una lacrima gli percorse la guancia, strappandogli un brivido.

Provava una sensazione di caldo asfissiante nel petto, si sentiva straziato, sconvolto, privato di ogni parola o capacità cognitiva.

E si sentiva bene.

“ Sono felice che voi siate qui !” Riuscì a dire, spalancando un sorriso tremante, con il suo viso che iniziava a bagnarsi al passaggio di copiose lacrime.

I tre si strinsero ancor più forte, ed il Guardiano del Sole li guardò attentamente ed in silenzio, non volendo interrompere quel momento di riconciliazione.

 

 

 

Due uomini  stavano avanzando negli stessi corridoi, nonostante le ferite sanguinanti aperte sui loro corpi.

Tsunayoshi Sawada si era sollevato un X Gloves dal dorso della mano, solo per un istante, impaziente di sapere dove si trovassero grazie alla mappa.

Reborn, al suo fianco, trasportava sulla schiena Azura, priva di sensi. La rossa riportava delle ferite apparentemente più gravi di quelle dei due, ma respirava appena, stringendo debolmente le mani sulla camicia nera dell’assassino.

 

“ Non ci pensare… sono solo dei ragazzi, e non hanno mai avuto il tempo di abituarsi a questo mondo.”

Mormorò con voce ferma il Tutor, ed il suo amico si girò verso di lui.

Stava alludendo chiaramente all’undicesima generazione dei Simon, rimasti indietro nella fucina dove avevano perso un loro Guardiano ed amico, Angelo Adith.

Il Boss annuì in silenzio, per poi aggrottare le sopracciglia e mostrare un’espressione truce, un riflesso della paura che in quel momento lo aveva assalito.

“ Sei davvero sicuro che la ragazzina sul ponte fosse Primula, la figlia di Yukiteru ?” Domandò con palese nervosismo nella sua voce.

“ Assolutamente sì.”

“ E allora dobbiamo trovare al più presto Tengoku ed impedire che loro due si incontrino !” Il Decimo Vongola non si preoccupava nemmeno più di Sebastian, talmente tanto la sua mente era ormai presa da un pensiero fisso, tragico.

 

“È per via della profezia, giusto ?”

La voce di Reborn lo fece sussultare dalla sorpresa, costringendolo a voltarsi, pallido in volto, verso il Tutor.

“ Ti chiedi come lo sappia? Hai forse dimenticato che Yuni è un membro degli Arcobaleno come me ?”

“ Da quanto lo sai ?” Tsunayoshi chinò il capo, avvertendo per la prima volta i sensi di colpa nel non aver fornito prima quell’informazione al suo amico.

“ Da un anno.” Rispose l’altro, secco. “ E tutto è stato confermato dalla telefonata che mi facesti un mese fa, ordinando di riportarti indietro Ten. Io e te pensavamo che gli eredi al trono che si sarebbero eliminati fossero lui e Xian… ma a quanto pare ci sbagliavamo.”

“ Pensi anche tu che sia Primula ?” Tsuna tremava. Sapeva di non star dicendo tutto, ma soprattutto si sentiva un mostro a nascondere, dopo tutti quegli anni ed in un momento così delicato, la vera origine di Tengoku.

Un’origine svelata da un mistero che ancora lui si domandava chi l’avesse mai creato.

Reborn annuì nuovamente, calandosi la fedora sulla fronte.

“ Sono entrambi, geneticamente parlando, due eredi al titolo di Boss dei Vongola, sebbene non abbiano ancora raggiunto l’età minima di sedici anni. Taylor Vongola si è ritirata anni fa, Kiiro è stato diseredato, Lara ed Elisabetta sono morte entrambe… che dir si voglia, sembriamo in balia di una tragedia degna dei teatri siciliani.”

Concludendo il discorso, l’uomo di voltò verso il castano.

“ Tu lasceresti mai il potere a Primula, nel caso dovessimo riuscire a portarla via di qui ?”

“ Yukiteru non vorrebbe, e penso che entrambi si ritirerebbero in un paese straniero per evitare le guerre di successione.”

“ Ti ho sempre detto che avessi usato in passato il pugno di ferro, queste stramaledettissime guerre di successione non ci sarebbero più !” Il sicario perse il tono freddo mantenuto fino ad allora, stringendo i pugni per la rabbia.

 

Tsuna piombò nel silenzio.

“ Reborn… te la sentiresti di diventare il Boss dei Vongola ?”

 

 

 

Tengoku si era finalmente ripreso, ed ora grazie all’aiuto di Kiiro si stava lasciando curare le ferite dell’ultimo scontro, inferte da Xian.

La macchina assassina sembrava aver sviluppato, come aggiunta del suo nuovo aspetto, una capacità curativa più efficace delle semplici Fiamme del Sole.

Il bruno rabbrividì, osservando il biondo inserirgli in un taglio sul braccio una sostanza nera, direttamente espulsa dai pori del suo dito.

“ Sta’ tranquillo, nurufufu !” Lo aveva ammonito il nuovo curatore, lasciandogli osservare come la melma nera avesse aderito alla carne mancante, senza nemmeno sfiorare la pelle.

“ Quando le cellule inizieranno a guarire, la melma nera verrà rimpiazzata !” Rise la macchina assassina, e Ten lo ringraziò con un sorriso.

 

“ Ora che mi ci fai pensare …” Li interruppe Drake, alzandosi da terra per avvicinarsi al ragazzo.

“ Uh ?”

“ Che strada hai percorso per arrivare fin qui ?” E domandando ciò, il tedesco mostrò il dorso della mano, dove vi era incisa la mappa della fortezza.

Con l’indice l’altro percorse i corridoi, indicandogli minuziosamente il percorso. Quando ebbe finito, il Guardiano del Fulmine diventò visibilmente inquieto.

“ Dalla strada che hai fatto, dovresti esser sbucato oltre la fucina, ovvero nello stesso corridoio dove abbiamo perso di vista Corex, per poi percorrere la nostra stessa strada.” Rifletté, voltandosi verso Akane e Kiiro.

Non ci fu bisogno di aggiungere altro, e la corvina si alzò di scatto.

“ E non hai incontrato Yukiteru ?” Domandò allarmata, ricevendo come risposta un preoccupato ‘No’ da parte di Tengoku.

“ Non può essere …” Mormorò Kiiro, premendosi una mano sulla maschera. Persino lui non era più tranquillo.

 

“ Non vi è sembrato di sentire una presenza in questa stanza, poco prima che arrivasse Ten ?” Drake volse lo sguardo alle scale che conducevano al piano superiore.

“ Ma  è assolutamente impossibile che Yukiteru sia riuscito a passare da questa stessa stanza, eludendo i nostri sensi !” Esclamò l’assassina, e Tengoku deglutì a vuoto alle sue spalle.

 

 

 

“ Io non so nemmeno più perché sono viva.”

Quelle parole fecero vacillare Sebastian, in piedi ed immobile nella grande stanza di pietra.

Davanti a sé, rannicchiata per terra un corpo respirava debolmente, stringendo le mani pallide sul pavimento.

“ Tengoku mi ha domandato come avessi fatto a perdonarti …” continuò Primula, inerme e scossa dai singhiozzi.

“ Io non lo so nemmeno più. Ho perdonato persino te, ma adesso non so più cosa voglio dalla mia vita.

Cosa sarò? Perché sono ancora viva, se il mondo non ha un posto per me, ed io non so cosa fare ?”

L’uomo sospirò, rabbrividendo. Si sentiva toccato nell’anima, come ogni volta che quella ragazzina parlava.

Era un sensazione che odiava, certamente, ma gli era impossibile arrabbiarsi: non avrebbe mai tolto la vita ad un innocente.

 

Eppure lì davanti a sé c’era il quesito della sua stessa vita.

 

Aprì la bocca per parlare, ma in quell’istante una pressione sinistra si materializzò alle sue spalle.

Si voltò appena in tempo per scorgere due occhi fiammeggianti nel buio, prima che una forza sovrumana gli perforasse il petto.

Primula spalancò gli occhi, venendo macchiata dal sangue del corvino.

“ P…papà ?” Sussurrò con un filo di voce, spaventata a morte da quell’oscura presenza giunta come un fulmine a ciel sereno.

Yukiteru estrasse il braccio destro dal torace di Sebastian, per poi centrarlo con un calcio ascendente in volto, sollevandolo addirittura di un metro da terra.

Non sembrava più umano, i suoi riflessi avevano impedito persino ad un assassino come Sebastian di reagire in tempo. Esattamente come le specie davanti ad un ostacolo, si era evoluto sviluppando la propria velocità e furtività.

 

 

Il padre di Tengoku venne infine afferrato da una gamba, e scagliato via. Il suo volo ebbe fine solo quando si schiantò violentemente contro una parete, scatenando una scossa in tutto il piano.

Una crepa attraversò la stanza, arrampicandosi fino al soffitto e smuovendo una cascata di polvere che ricadde al suolo come una nebbia.

 

“ Siamo nemici genetici, nonostante io sia nato come umano e tu come un mostro oscuro.” La voce di Yukiteru rimbombò nel silenzio, e l’uomo un istante dopo si portò una mano al petto, tossendo sangue.

“ Fino al momento in cui ho avuto la conferma che fossi davvero tu quel Sebastian, Boss di una Famiglia inesistente ma alleata con i Vongola, ne è dovuto passare di tempo. Ho dovuto entrare a stretto contatto con la Famiglia, ingurgitando pillole del ringiovanimento per fingermi un rampollo dei Bovino… e vedo che tu hai fatto pressappoco lo stesso, non è vero ?”

Il suo corpo pareva ora notevolmente indebolito, eppure con lo stesso odio perenne fissava spietato il nemico, ridotto ad una poltiglia tra le macerie.

“ Si può sapere perché lo hai fatto? Perché sei rimasto lì, per farmi soffrire forse? Per ridere alle mie spalle, mentre io cercavo di capire se fossi davvero il bastardo che ha ucciso mia moglie e rapito mia figlia ?!”

 

“ Non mi interessava niente di te o dei Vongola …” Sebastian lo interrupe freddamente, con il suo tono cubo e lugubre dall’oscurità della crepa nella parete.

Fuoriuscì dal buio con un movimento sgraziato, inumano, ed alla fioca luce di uno spiraglio nel soffitto rivelò il perché: il suo corpo era stato in parte distrutto, e gli arti spezzati o scarnificati penzolavano senza vita. Il volto era ricoperto dai capelli, dai quali scivolavano gocce rosse sul pavimento di pietra.

Un normale essere umano in quelle condizioni non avrebbe potuto sopravvivere, e non ci sarebbero state cure per salvarlo. Eppure i muscoli esposti continuavano a pulsare lentamente, segno che la rigenerazione della Fiamma del Valhalla fosse ancora presente.

E con il silenzio che ne seguì, il corvino non terminò la frase, lasciando così un impeto di odio nel cuore dell’altro.

“ Papà !”

Prima che Yukiteru potesse avanzare e terminare quella bestia davanti ai suoi occhi, si sentì ostacolare da una presenza. Una stretta sul petto, e quando abbassò lo sguardo, dei lunghi capelli neri ed una fronte pallida premuta sulla sua pancia.

L’abbraccio di Primula lo riportò alla realtà, al vero motivo per cui era giunto fin lì, non lasciandolo annegare nell’odio. La paura di perdere il controllo non l’aveva aiutato, ma sua figlia sì.

 

“ Ti prego, non uccidere Sebastian !” Strillò la ragazza, tremando mentre stringeva forte il genitore.

“ Perché ?”

La voce di Yukiteru non era alterata, non c’era più l’odio ora che vedeva Primula.

C’era tristezza, come nel pianto di un bambino che perla prima volta scopre il significato della parola Morte.

“ Perché non posso ?” Ripeté, ed una lacrima scivolò dal suo viso sulla testa della figlia.

Insieme piansero, abbracciandosi dopo un tempo relativamente breve, quanto infinito.

“ Perché lui …”

 

“ Perché non è stato Sebastian ad uccidere nostra madre !”

 

 

Quella notte Primula non era riuscita a chiudere occhio a causa di un violento temporale che imperversava.

Il cielo era scosso da fulmini, i quali illuminavano la coltre grigia sopra il tetto della loro villa.

Si alzò dal letto con un salto, rabbrividendo nell’aria gelida di Gennaio. Nel momento in cui mise piede fuori dalla sua camera, le parve di sentire un suono basso ed ovattato proveniente dal piano di sotto.

Ne fu spaventata, ma volle pensare che si trattasse del vento: la posizione che ricoprivano sua madre e suo padre, sebbene non l’avesse ancora compresa, garantiva la protezione di numerose guardie del corpo all’interno e fuori dalla villa.

Scivolò oltre le camere, e lentamente percorse i gradini delle scale fino al piano terra, semplicemente seguendo nel buio quel suono. Di tanto in tanto i lampi illuminavano gli anfratti della casa, animandola come un incubo di ombre dalle forme più disparate.

Quando il rumore fu molto, molto vicino, percepì anche freddo, ed il suo corpo seguì la corrente d’aria.

 

Un raggio di luce tenue sbucava dalla porta semi chiusa, la quale ondeggiava al passare di un vento freddo.

Senza sapere il perché, come una falena attirata dalla fiamma, Primula sporse leggermente il capo all’interno di quella stanza, riconoscendola un istante dopo come lo studio.

La finestra era spalancata, e la pioggia trasportata dal vento, illuminata dai lampi, dilagava sul pavimento di legno, delineando nell’aria allo stesso tempo due figure.

Una donna, seduta alla scrivania e rivolta verso un uomo, in piedi di fronte a lei.

 

“ Quindi era questo il vero piano di mio padre.” La voce paralizzò la ragazza corvina sullo stipite della porta.

- Mamma ?!-

L’uomo rimase in silenzio.

“ Una macchinazione che ha portato via tuo figlio e mia sorella… ed io sarò la prossima, non è così ?”

Lara Vongola parlava con un tono incredibilmente pacato, dal quale però traspariva una tristezza ed un dolore immane.

“ Tu e la tua famiglia dovete fuggire con me !” Esclamò l’altro, prendendola per le spalle e chinandosi fino a raggiungere il suo volto.

“ Non mancherà molto! Aiutatemi a recuperare mio figlio in Giappone, ti prego! Non lasciare che il piano di tuo padre si concluda come lui voleva.”

 

“ Non ce la faccio.”

Quella fredda e tremante risposta venne accompagnata da un tremendo rombo di tuono, il quale scosse persino i muri della casa.

“ Io sono sangue di colui che ha macchiato con tutti i sette peccati capitali la purezza acquisita dopo anni ed anni dalla Famiglia Vongola. Non è mai esistito un essere più perfido di Dado Emauele Vongola, ed io sono la sua progenie.”

La donna si alzò, scostandosi le mani dell’uomo, il quale non poté fare altro che guardarla impotente.

Lara si avvicinò alla porta, e Primula arretrò rabbrividendo, ma non per la paura dell’essere scoperta: sentiva nell’aria una grave vibrazione, come delle voci che le rivelassero qualcosa, qualcosa che non voleva sentire.

 Tuttavia sua madre si voltò nuovamente, dandole le spalle, verso la figura nell’ombra.

“ Abbi fiducia di Yukiteru e della nostra piccola Primula. Loro sapranno reggere questo peso… non come me, che sono tanto debole da non poter reggere il peso di questo peccato.”

Mormorò, e dal modo in cui si alterò la voce, la ragazza capì che le sue labbra si erano aperte in un sorriso.

 

“ Cosa fai ?!” Sussurrò impietrito l’uomo, muovendo un passo in avanti.

“ Addio …”

Lara si puntò una pistola alla tempia, ed un fulmine colpì in pieno il muro dello studio, illuminando a giorno la stanza.

Tutto tremò in quell’istante, immortalandolo per sempre, senza scampo per gli occhi di Primula, che non riuscì ad evitare la vista del sangue che schizzava in ogni direzione dalla testa di sua madre.

 

Lei cadde, e così cadde il cadavere, spalancando la porta e rivelando uno sguardo di terrore nell’uomo dai lunghi capelli corvini.

Qualcuno gridò all’incendio, mentre fiamme avevano iniziato a divampare tra le librerie.

 

Sebastian guardò Primula per un istante che parve infinito, ma nessuna parola riuscì a fuoriuscire dalle sue labbra sigillate.

“ LARA !!” Urlò Yukiteru dalle scale, spaventando ancor di più la ragazzina.

Quando voltò lo sguardo, l’uomo misterioso era sparito, e solo le fiamme illuminavano il corpo della donna distesa su di lei.

 

“ No.” Sussurrò debolmente l’uomo, scivolando in ginocchio privo di forze.

Primula vacillò, cadendo anche lei sul pavimento, continuando a stringersi al genitore. Aveva paura di guardarlo in faccia adesso, sentiva il suo respiro gelido sul collo.

“ Perché l’hai fatto? Lara …” Yukiteru si abbandonò al pianto, avendo perso ogni speranza di riacquisire il sorriso. C’era sua figlia davanti a sé, e l’avrebbe protetta fino alla fine dei suoi giorni, eppure la sua maledizione sarebbe stata d’ora in avanti continuare a vivere con quel vuoto nel cuore.

 

- Non è passato nemmeno un anno, ma tu già mi manchi.- Si strinse nell’abbraccio di Primula, rimanendo in silenzio. Sebbene i suoi occhi fossero chiusi e ricoperti dalle lacrime, in quel momento visualizzava l’immagine di una donna, vent’anni prima, quando l’aveva conosciuta.

Sorridevano insieme, ignorando l’amore che un giorno sarebbe sbocciato e finito. Non ci pensavano, seppure quel momento sarebbe arrivato di certo.

Ed ora era l’unico pensiero nella mente di Yukiteru: il sorriso che l’aveva fatto innamorare, e che non avrebbe mai più rivisto.

 

 

Tsunayoshi e Reborn salirono le scale al massimo della loro velocità.

Il secondo piano era a pochi metri sopra di loro, eppure non si sentivano fiduciosi come quando avevano fatto irruzione, appena un’ora prima.

No. Il dubbio ed il terrore si erano impossessati dei loro cuori quando avevano raggiunto l’anticamera alla base delle scale, senza trovare nessuno.

Non avevano parlato, non si erano detti niente. Tutto quello che potevano fare era continuare a correre, veloce, più veloce.

 

Il secondo piano si manifestò ai loro occhi come una gigantesca e vuota sala in pietra. Il soffitto era leggermente asimmetrico, solcato da sottili squarci che regalavano una luce biancastra, troppo debole per illuminare l’oscurità.

E davanti alle scale, quattro figure. Infondo, nell’estremità opposta, altre tre.

Tsuna impallidì.

 

Pochi metri più avanti Drake, Kiiro ed Akane si voltarono di scatto, percependo la presenza di qualcuno. I loro volti erano scossi, ma non appena videro Reborn ed il Decimo Boss sembrarono agitarsi ancor di più.

Le ferite erano state curate, seppur in maniera superficiale al momento, ma erano appena arrivati lì, precedendo di pochi secondi i nuovi arrivati. Qualcuno di loro fece per parlare.

 

Nulla fu più importante.

Da i due lati della stanza Sebastian e Tengoku avevano già incrociato lo sguardo. L’uomo sorrise appena, e paziente aspettò che qualcosa accadesse. Dai suoi occhi vedeva esattamente cosa sarebbe successo, lo leggeva nello spettro vacuo e senza vita del ragazzo.

Ten mosse il suo primo passo in avanti.

Davanti a sé, dietro suo padre, vedeva Primula e Yukiteru, abbracciati in ginocchio e scossi da leggeri singhiozzi. E Sebastian continuava a ridere, a ridere, a ridere.

- Quant’è patetico un mondo che non puoi afferrare ?- Disse all’interno della sua mente, rivolgendosi all’entità che da sempre lo osservava. L’ombra, presente quando si era scontrato con Drake a Namimori, che aveva risvegliato un desiderio in lui terribile. Lo aveva chiamato “…mio…mio”.

- Mio figlio, ecco cos’era. Hai sempre vegliato su di me, vero? Anche quando non sapevo della tua esistenza. Ho vissuto fin’ora senza sapere di te… ed ora tu mi vuoi per te. Io sono il mondo che tu vuoi avere, distruggendo tutto ciò che incontri.-

 

Anche Sebastian si incamminò, e solo allora i presenti notarono che i due si stessero avvicinando.

- Ma io non sono di nessuno.-

Lo sguardo di Tengoku aveva perso ogni luce, era diventato proprio lo spettro pallido, o forse l’ombra.

“ Io voglio solo… solo …” Mormorò a fior di labbra, senza in realtà parlare con nessuno. Un’aura di luce intensa iniziò a sprigionarsi dai pori del suo corpo, ed in un batter d’occhio la sua sagoma venne rivestita di un accecante bagliore.

 

 

Il silenzio tombale venne scosso da una vibrazione intensissima, e per attimo sembrò davvero che l’intera Groove Island stesse per sprofondare nell’Oceano Pacifico.

Il soffitto di pietra esplose, ed i blocchi vennero sollevati nel cielo pallido dell’alba da una corrente di vento.

I ragazzi, assieme a Tsuna e Reborn, caddero immediatamente al suolo, stravolti da quella pressione inarrestabile.

Yukiteru strinse più forte che poteva Primula, sollevandosi per coprirla interamente con il suo stesso corpo. Un istante dopo una lastra di pietra si abbatté sui due, nascondendoli nella polvere.

“ NOOOO !!” Urlò una voce sulle spalle di Reborn. Il Tutor si voltò, bianco dalla paura, ed il suo volto pallido si rifletté negli occhi colmi di dolore di Azura, appena rinvenuta.

Nessun’altro riuscì però a rialzarsi da terra per correre verso il loro compagno e sua figlia. Reborn riuscì appena ad emettere un flebile sospiro, mentre le parole gli morivano in gola. Da lui si sarebbe aspettato di tutto, forse una strategia oppure una soluzione, eppure in quel momento non immaginava minimamente come si sarebbe evoluta la situazione.

 

Al centro della sala, Sebastian e Tengoku rimanevano immobili al centro di una tempesta di pressione e Fiamme del Coraggio di Morire nere ed arancioni, la quale intanto imperversava spazzando via qualsiasi cosa si avvicinasse.

Entrambi sembravano in procinto di fiondarsi l’uno sull’altro, rimanendo però immobili nell’attesa, emanando un Intento Omicida infinitamente grande.

Il Decimo Boss dei Vongola si alzò a fatica sulle sue ginocchia, tremando.

“ Tengoku …” provò a biascicare nel momento in cui protese una mano poco oltre le scale.

In un battito di ciglia la pressione gli riversò contro, scagliandolo violentemente in fondo alla rampa.

“ DAME-TSUNA !” Gli gridò contro Reborn, allungando un braccio per afferrarlo, ma il suo eterno amico scivolò tra le sue dita in balia di quella forza invisibile.

 

Sarebbe precipitato inesorabilmente, se due braccia non l’avessero prontamente afferrato appena sotto il gruppo di persone in cima alle scale.

I presenti riuscirono appena a scorgere un bagliore turchese, prima che alle loro spalle, frapponendosi tra loro e la pressione, si ergesse un alto muro di ghiaccio.

“ Nemmeno noi siamo in grado di avvicinarci.” Decretò lapidaria Himeko Ogawa, Guardiana della Neve, sorreggendo l’uomo e posandolo ai suoi piedi.

In quel brevissimo lasso di tempo prima che venisse respinto, Tsunayoshi aveva riportato ferite gravissime su tutto il corpo. Il braccio destro, quello allungato oltre la barriera di vento, si era fratturato ed ora era piegato in una posizione innaturale. Fortunatamente aveva perso conoscenza all’istante per via dello shock.

Kiiro si alzò di scatto, correndo verso il castano e mettendosi subito al lavoro per curare le ferite più gravi, mentre la Guardiana raggiungeva Reborn e gli altri con sguardo grave.

“ Sembra che tu ci debba delle spiegazioni …” Disse soltanto, ed il Tutor abbassò lo sguardo, forse per la prima volta in vita sua, abbattuto da quelle semplici parole.

 

 

Nell’occhio del ciclone, Sebastian spense il suo sorriso quando il figlio scatto verso di lui. Non vedeva alcun’espressione, alcun riflesso di umanità. Solo una maschera da macchina omicida pronta ad uccidere.

Tengoku sferrò un pugno, arrestando la sua corsa ad un palmo di distanza dal padre. Per un attimo i muscoli del suo braccio sembrarono illuminarsi delle stesse fiamme arancioni, ma prima che potesse affondare il colpo fu il corvino ad anticiparlo. Sebastian centrò in pieno volto il ragazzo, atterrandolo e facendogli cozzare la testa contro il pavimento, lasciando allo stesso tempo una crepa.

Non perdendo velocità intercettò il bruno, già intento a rialzarsi per saltare via, con un calcio nello stomaco. Sollevandolo da terra, puntò il dito indice verso di lui, ed un bagliore saettò nelle sue pupille.

“ Nero Fioretto !”

 

Tengoku piegò il collo, evitando che un raggio di energia proiettato dal dito gli perforasse la gola. Tuttavia il laser nero penetrò la spalla, ed iniziò ad espandersi fino a scaraventarlo all’indietro.

Poté fermarsi solo quando si scontrò su di una parete, venendo tuttavia ancorato dal colpo al muro.

Sebastian sollevò anche la mano libera, caricando un ennesimo colpo e mirando il suo bersaglio immobile.

Il ragazzo però non rimase fermo, e nonostante la situazione critica, riuscì a poggiare entrambi i piedi sulla superficie verticale e darsi la spinta. In una situazione normale, al minimo movimento il Nero Fioretto avrebbe lacerato la carne, probabilmente staccando il braccio, eppure il ragazzo saltò vero il padre seguendo l’esatta traiettoria con la quale era stato proiettato.

Non era assolutamente un calcolo umanamente possibile, addirittura più impegnativo di far passare una pallottola in un foro dell’esatta dimensione del proiettile.

 

Il corvino sussultò, vedendo il ragazzo azzerare immediatamente la distanza creata. Sparò a sangue freddo un secondo Nero Fioretto, e questa volta il colpo centrò il nulla assoluto.

L’uomo abbassò lo sguardo appena in tempo per accorgersi che il bruno adesso lo guardava a testa in giù, con le gambe in aria e preparandosi a sferrare un calcio.

- È incredibile !- Esclamò internamente, realizzando che il ragazzo avesse ruotato attorno all’asse del laser nella sua spalla mentre era a mezz’aria, compiendo una manovra ancora più impossibile della precedente.

 

Fu costretto a dissolvere il raggio, rispondendo grazie ai riflessi del suo Istinto d’Emulazione con un calcio.

Nel momento in cui le gambe si scontrarono, quella di Tengoku emise un inquietante suono, probabilmente dalle ossa. Un secondo dopo il suo calcio frantumò di netto l’arto del corvino, spezzandolo e lasciando che sangue e frammenti d’osso schizzassero nell’aria.

“ Nero Bocciolo !”

 

Dal moncone sanguinante venne generata un’esplosione di energia oscura, la quale prese la forma di un pugno fiammeggiante e si scagliò sul petto del ragazzo. L’esplosione che ne scaturì lo respinse all’indietro, permettendo a Sebastian di atterrare sulla sua unica gamba rimasta.

Il bruno si alzò lentamente puntando le mani per terra, nonostante il colpo non sembrava star risentendo dei danni. La sua espressione immutata venne osservata con divertimento dall’uomo.

Quest’ultimo sorrise infatti, senza nemmeno aver bisogno di guardare la nuova gamba che si stava generando dal buco nella carne.

“ Le tue Fiamme non sono abbastanza forti.” Asserì, assumendo uno sguardo truce.

Sollevò un braccio, questa volta sparando una rapida sequenza di Nero Fioretto verso il figlio, ancora per terra.

Tengoku reagì in fretta, saltando di lato per iniziare a correre nell’esatto momento in cui toccò terra. Saettò lungo tutta la sala, evitando i fasci di luce violacea che lo inseguivano, tagliando la pietra come se fosse carta.

Girando attorno al padre molteplici volte, lo costringeva a voltarsi ogni qual volta compiva un giro di oltre centoottanta gradi, così aspettò il momento propizio e gli saltò contro. Nella frazione di secondo impiegata dall’uomo per individuarlo, riuscì a perforare con il suo pugno… un braccio.

Sebastian infatti, sollevando l’avambraccio, si era lasciato perforare il muscolo, ed ora fissava il figlio da qualche centimetro di distanza. La Fiamma del Valhalla iniziò a ripristinare le cellule, bloccando il polso di Ten nella carne, e solo allora il bruno notò un bagliore nella mano libera dell’avversario.

“ Nero Fioretto !”

 

Quattro laser lo colpirono, perforandogli il busto e costringendolo a ritirarsi, strappando di forza il braccio del padre nel quale era incastrato.

Vedendolo allontanarsi il corvino non fece caso alle minuscole fiammelle ancora accese sulla sua giacca in prossimità dell’arto amputato. Quelle scintille infatti si spensero subito, non appena rigenerò il braccio con semplicità incredibile.

 

 

Dietro la barriera di ghiaccio, i superstiti vennero interrotti dalla discussione, quando Akane sussultò in direzione della stanza. Il muro era quasi del tutto trasparente, e l’assassina aveva assistito al mancato tentativo del suo amico di attaccare Sebastian.

“ Non ce la può fare !” Ringhiò frustrato Drake, provando sulla pelle il dolore di non poter essere d’aiuto dopo tutto quello che aveva fatto per arrivare fin lì.

Si sentì afferrato per un braccio, e voltandosi notò sua sorella. Azura, con lo sguardo verso terra ed i capelli rossi scivolati sul volto, manteneva una salda presa sul suo polso.

“ Azzardati un’altra volta a dire così …” La minaccia non aveva emozioni di rabbia o di odio, come era solita fare la ragazza, ma solo di tristezza e paura. Azura non poteva lasciarsi andare allo sconforto, accettando una sconfitta da parte di Tengoku, quel Tengoku che conosceva da sempre.

Lui era coraggioso, forte, si era fatto avanti per proteggere tutti noi.

“ No, ha ragione lui: di questo passo non potrà mai vincere.” La voce fredda di Himeko Ogawa fece sussultare la tedesca, che però non ribatté in alcun modo.

“ In questo momento Tengoku ha manifestato una sua versione dell’AT Field.” Continuò l’albina, osservando attraverso la loro unica difesa dalle continue esplosioni di pressione.

“ AT Field? Intendi l’Absolute Terror Field ?” Kiiro sembrò insospettirsi ripetendo quel nome, e la risposta della Guardiana non tardò ad arrivare.

“ Sì. È un termine relativamente nuovo della psicologia, definisce la chiusura emozionale e comunicativa che i bambini autistici innalzano per proteggersi. In questo momento Tengoku ha spento ogni sua emozione, reagisce solo attraverso l’istinto di sopravvivenza di uccidere… ma quando terminerà la battaglia, nel caso vincesse, rimarrà così per sempre.”

 

I giovani rimasero senza parole, provando una sensazione di sconforto che inizialmente tentarono di negare, per poi abbandonarsi alla disperazione.

“ Non può essere vero.” Balbettò Azura, cadendo in ginocchio. Drake la sentì piangere in silenzio, e stringendosi ad Akane, rabbrividirono cercando di trattenere le lacrime.

“ E quello cos’è ?!” Esclamò improvvisamente proprio Himeko, guardando il campo di battaglia.

 

 

Al centro della sala si stava irradiando un calore misterioso, e la fonte sembrava essere proprio il corpo di Tengoku. Il ragazzo, in piedi, lasciava che ogni parte del suo corpo brillasse, illuminata da fiamme opache, flebili e apparentemente molto fragili.

D’improvviso però la pressione generata iniziò a cambiare direzione, venendo risucchiata dal suo corpo e conglomerandosi nel centro. Il fuoco stesso si spense, apparendo poi sotto forma di piccole X incandescenti sospese sulla pelle del ragazzo.

“ Shadow Counter …”

 

Sussurrò con voce piatta, innaturale, sollevando lo sguardo. Sopra i suoi occhi verdi, ancora spenti, brillava una fiaccola arancione, che altri non era se non il suo ciuffo albino in mezzo alla chioma bruna.

“ X-Cover !”

 

Sebastian rimase colpito da quella nuova forma, aspettandosi che il ragazzo lo attaccasse frontalmente. Eppure ciò non accadde, ed i due rimasero fermi a fissarsi.

- Cos’è? Un nuovo attacco, per caso ?- Rifletté, studiando come le fiammelle galleggiassero nell’aria.

- Comunque sia… non avrà effetto !- Un sorriso si allargò sul suo volto, ed in quel momento preparò dall’indice un Nero Fioretto.

“ Ti ho già detto che le tue fiamme sono troppo deboli per danneggiarmi !” Esclamò sprezzante, sparando il raggio di luce nero e violaceo.

 

Il laser percorse interamente la stanza, raggiungendo il bersaglio senza trovare ostacoli.

Con un movimento netto, Ten spazzò via il colpo estendendo il braccio, ed il proiettile perforò la roccia della parete dietro di sé.

 

“ Cosa ?!!” Impallidì il corvino, e così fecero anche gli spettatori da oltre il blocco di ghiaccio.

 

“ Ha potenziato le sue Fiamme ?” Si stupì Kiiro, ma questa volta fu Reborn a rispondergli, prendendo parola dopo un lungo silenzio.

“ No, le Fiamme di Tengoku sono sempre le stesse, ha solo deciso di concentrarle in punti più piccoli per avere una difesa dal Nero Fioretto …” Il Tutor Hitman si sollevò da terra, dove si era seduto accanto a Tsunayoshi, ancora privo di sensi.

Eppure, dopo quello che aveva detto, non sembrava sereno e fiducioso nei confronti del protetto.

Con l’indice indicò il ragazzo, e tutti poterono notare che dal braccio usato per deviare il colpo, Tengoku avesse iniziato a perdere sangue.

“ Si sta autodistruggendo… perché non è in grado di controllare il suo potere !” Ringhiò ferocemente quelle parole così dure, prima di avvicinarsi a Drake.

Il tedesco non seppe cosa fare, ma l’uomo fu più veloce e gli infilò una mano nella tuta. Sotto gli occhi di tutti, estrasse una busta di plastica, contenente un anello ed una pistola.

“ Vado a svolgere il mio lavoro… una volta per tutte.”

 

 

Anche Sebastian aveva intuito quanto quella difesa non fosse affatto efficiente, e per questo non perse tempo prima di sparare un’altra raffica di laser.

Il bruno saltò in avanti, senza tentare altre strategie di avvicinamento. Alcuni proiettili lo sfiorarono, mentre altri rimbalzarono sulle croci di fiamme, lasciando però tagli aperti sulla sua pelle.

Nel momento in cui si fu avvicinato abbastanza all’avversario, sollevò un piede ed utilizzò un Nero Fioretto come trampolino per sollevarsi da terra. Senza perdere velocità, ritirò le gambe al petto solo per un attimo, distendendole all’improvviso per colpire con un devastante drop-kick il padre.

Sebastian vomitò all’istante un’ingente quantità di sangue, sentendo come la sua cassa toracica fosse stata schiacciata sui polmoni.

Gocce rosse schizzarono in aria quando lui venne scagliato via, posandosi sugli arti inferiori del ragazzo.

“  Nera Scintilla !”

 

Le stille di sangue brillarono sinistramente, un istante prima di esplodere come tante granate, illuminando la stanza.

“ Possedere l’Istinto d’Emulazione vuol dire adattarsi ad ogni possibile situazione.” Il torace di Sebastian iniziò a rigenerarsi, nel mentre lui sollevava entrambe le braccia sopra la sua testa.

“ È la lotta per la sopravvivenza presente nell’Origine delle Specie di Charles Darwin. Evolversi significa affrontare delle sfide, imparare dai propri errori, ma soprattutto conoscere ogni modo di sovrastare con la propria supremazia gli avversari !”

L’uomo gonfiò il petto con aria solenne, sospirando profondamente per svuotare i polmoni da tutta l’aria.

“ Chi sopravvivrà oggi potrà considerarsi il più forte… ma tra dieci anni ci sarà qualcuno di ancora più forte. Tra venti, trenta, quaranta o cento, saranno nate circa quattro volte tanto delle generazioni capaci di cose che noi ora crederemmo impossibili.”

Incrociò le mani in alto, distendendo le dita, mentre con sguardo impassibile osservava suo figlio rialzarsi dal cumulo di cenere e sangue sul pavimento.

“ E le nuove generazioni di una stirpe di malvagi non è degna di esistere. Per questo i Vongola spariranno qui ed oggi !”

Da ogni suo dito si propagò un fascio di luce, ma a differenza dei precedenti sembravano molto più lunghi e solidi. I laser, non appena toccarono le pareti o il soffitto, continuarono ad estendersi in multiple direzioni, come se avessero toccato degli specchi.

 

“ È il mio Inno alla Disperazione !” 

Con quelle parole, l’intera sala venne riempita da fili neri intrecciati tra di loro in aria, formando un labirinto di gabbie, dove al suo centro, Sebastian agitava le mani con la maestria di un direttore d’orchestra, alterando la forma di quella trappola.

 

Tengoku evitò rapidamente che una barriera di fili lo tranciasse di netto, per poi saltare non appena un raggio rimbalzò esattamente in mezzo alle sue gambe.

“ Freude, schöner Götterfunken, Son von Phobetor …” Cantava con voce gutturale il corvino, incrociando il suo sguardo con quello spento del ragazzo.

Con un impercettibile gesto, fece muovere contemporaneamente ogni fascio di luce, tramutando la gabbia in una rete dal diametro dell’intera stanza.

La ragnatela iniziò a precipitare sul bruno, separandolo dal suo avversario, lasciando spazi troppo piccoli di distanza tra un laser ed un altro.

“ … wir betreten feuertrunken, Himmlische, mein Alptraum.”

 

Il ragazzo, mosso solo da istinti omicidi, realizzò in un batter d’occhio che non ci sarebbe stato modo di sopravvivere a quell’attacco, né di evitarlo. Così, con naturalezza, compì l’unico gesto che potesse fare: saltò in avanti, caricando il padre e fronteggiando la barriera a testa bassa.

 

L’impatto fu devastante, ed un ronzio metallico riempì l’aria. Al minimo contatto con i laser, la X-Cover iniziò a frantumarsi. Le croci infuocate bruciavano intensamente, cercando di respingere l’attacco, ma si estinguevano morendo sul corpo di Tengoku.

Così la pelle del ragazzo, in attesa che la sua armatura si esaurisse del tutto, iniziava a bruciare, lasciando che anche il sangue evaporasse in una trasparente nebbia rossastra.

Eppure lui non urlò, non emise un suono.

 

Fu un’altra voce ad anticiparlo, quando un lampo nero saettò nella sua direzione, scagliandolo via.

La barriera di fili all’ora, essendosi piegata all’interno per sostenere il peso dello scontro, si infranse esplodendo in una pioggia di laser neri.

I colpi rimbombarono per tutta la sala, devastando le pareti con la potenza di fulmini e facendo tremare l’intera fortezza.

 

Il muro di ghiaccio di Himeko venne colpito, e per poco non cedette, mentre i superstiti cercavano di proteggersi indietreggiando sulle scale.

Sembrò durare in eterno, eppure ebbe un fine, nel silenzio più assoluto di quell’isola sconosciuta nell’Oceano Pacifico.

 

 

Il soffitto, ormai ceduto in più punti, lasciava che la luce dell’alba, così calma ma allo stesso tempo potente, illuminasse il campo di battaglia.

E fu proprio quando un raggio di luce colpì la sua palpebra, che Tengoku riprese conoscenza.

Il rumore delle onde portato dal vento lo raggiunse, assieme alla polvere illuminata dal sole che danzava attorno a lui.

Si sentì inspiegabilmente spaventato, accorgendosi un istante dopo del luogo dove si trovava.

- C’è sangue sul mio corpo ?- Realizzò, percependo ogni ferita bruciare, il sangue appiccicoso tra le dita ed il respiro affannato.

- Cosa ho fatto ?- Tremava, non sapendo che fare, come fosse arrivato a quel punto, il perché…

 

“ Tenbaka …”

Si sentì chiamare da una debole voce alle sue spalle.
Solo una persona lo aveva chiamato così fino ad allora. Era stato un nomignolo ideato dai bulli della sua scuola, per poi tramutarsi in parole di provocazione ma allo stesso tempo affetto, da parte di un uomo.

Così si volto, con la speranza nel cuore, fino a venir attraversato  da un brivido e spalancare la bocca, senza fiato per urlare.

 

Davanti a sé, steso in una pozza di sangue, si trovava Reborn. Il suo corpo era ricoperto da buchi, e dal suo occhio destro, coperto in parte dal fedora, colava parte del sangue attorno a lui.

Il completo lacerato, ed una mano pallida stretta appena sulla sua, con una forza impercettibile.

“ Reborn !” Singhiozzò Tengoku, chinandosi sull’uomo, troppo spaventato persino per toccarlo.

“ Idiota… non sono ancora morto.” Tossì l’altro, emettendo una bassa risata vedendo dall’occhio sano le lacrime del ragazzo.

Solo allora il bruno notò che, nella mano stretta da Reborn, gli era stato inserito al dito indice un anello. Lo guardò per qualche istante prima di riconoscerne la fattura dorata, ornato con due pietre a forma di goccia unite fra loro per formare un cerchio, una rossa e l’altra gialla.

“ Questo è l’anello che mi regalasti alla Festa della Famiglia.” Si convinse, tirando su col naso e stringendo la mano del sicario. La sua determinazione vacillò, ma provò di tutto per scacciare la paura.

“ Esatto… è stato il mio regalo per scusarmi di ciò che avevo fatto. Che uomo orribile sono …” Mormorò Reborn, volgendo lo sguardo verso il cielo limpido sopra di sé.

“ Di cosa stai parlando ?” Senza sapere perché, il ragazzo percepì un’immensa tristezza e dolore da parte del suo Tutor.

 

L’assassino rimase in silenzio per molto tempo, prima di schiudere le sue labbra secche e pallide.

“ Quando io venni a Namimori per la prima volta, il 10 Settembre duemilasedici… tu eri consapevole del tuo destino di diventare Boss dei Vongola, e conoscevi persino la profezia di Yuni.”

Quelle parole tolsero definitivamente ogni parola dal bruno, che ammutolì spalancando gli occhi.

“ Anch’io però ne venni a conoscenza, recuperando informazioni dagli archivi segreti dal mio insegnante, Dado Emanuele Vongola, il padre di Yukiteru, e di tua madre Elisabetta.”

“ Tu sapevi delle mie vere origini quando mi incontrasti ?” Domandò l’altro, ma lui negò con la testa, sopportando a denti stretti il dolore che ne comportò.

“ Purtroppo no, questo l’ho scoperto poche ore fa, intuendolo dal comportamento di Tsuna… comunque sia, nel momento in cui arrivai a Namimori, proprio lui mi mandò un altro ordine: spararti con il Proiettile del Coraggio di Morire. Compresi qualche giorno dopo il perché… il risveglio della tua Fiamma aveva interferito con il blocco della memoria imposto quando eri piccolo, così dimenticasti gran parte del tuo passato, compresa la profezia.”

 

Tengoku ricordò la sofferenza di quei giorni a seguire, ogni momento in cui si era sentito estraneo nel mondo in cui viveva, senza alcun legame con nessuno. Gli fu difficile concepire che il giorno prima dell’arrivo di Reborn, lui potesse ricordarsi perfettamente del suo passato.

Un passato che a volte si manifestava davanti ai suoi occhi, come la prima volta che aveva rincontrato Simon, o i Guardiani di Tsunayoshi.

 

“ Lo facemmo perché speravamo che tu non seguissi la profezia, finendo per uccidere altri candidati al titolo di Boss dei Vongola. Per un egoistico motivo ti ho privato di parte della tua vita come se nulla fosse… neppure ti conoscevo, ho solamente eseguito un ordine. All’epoca riuscivo a stento a guardarti in faccia, per questo aspettai quasi un anno prima di presentarmi nel mio vero corpo …”

Una lacrima percorse la guancia sinistra dell’uomo, non venendo però notata dal ragazzo, a causa della prospettiva.

Reborn rimase lì, fermo, aspettando che l’altro gli vomitasse in faccia tutto l’odio, dovuto ad una menzogna potente come un veleno.

Improvvisamente, però, si sentì afferrare da dietro la schiena. Quando riaprì l’occhio, vide Tengoku sollevarlo di peso da terra con entrambe le braccia.

“ Cosa- ”

“ Non m’importa niente di cosa fosse la mia vita prima di conoscerti… perché è stato allora che ho iniziato davvero a vivere.”

Quelle parole, pronunciate con un sorriso timido, zittirono Reborn per la prima volta in vita sua. L’uomo non riuscì a dire null’altro, ed abbassando la testa affinché il fedora gli scivolasse sugli occhi sorrise.

 

Il bruno si sollevò da terra, alzandosi in piedi. Nonostante le gambe doloranti, iniziò a camminare verso l’unica uscita, in direzione del muro di ghiaccio che proteggeva le scale.

Il suono dei suoi passi rimbombava nel silenzio.

 

“ L’anello ti permetterà di controllare il tuo potere, e di non perdere ricordi come quella volta.” Mormorò Reborn, ed il ragazzo annuì. Aveva iniziato a provare un calore proveniente proprio dal dito indice.

Lo faceva sentire protetto e sicuro, come prima pensava di potersi sentire solo con il Tutor ed i suoi amici al fianco.

 

Raggiunse la barriera,  ed attraverso la superficie trasparente osservò i volti di persone familiari.

Akane, Kevin, Azura. Loro tre piangevano commossi, e lui non seppe come rispondere, sentendosi così felice da esserne imbarazzato. Kiiro semplicemente lo guardava, eppure giurò che anche lui stesse fremendo dall’emozione.

Accanto a loro, Himeko e Tsunayoshi gli sorridevano. Himeko riponeva sin dal loro primo incontro speranze in lui, e vederle realizzare esattamente come aveva predetto, le ricordò il coraggio di un uomo da lei amato.

Il Boss dei Vongola invece aveva un sorriso molto simile a quello del ragazzo, timido, inadeguato, non sapendo cosa dire o come comportarsi in quella situazione.

Sembrava volergli dire “ Scappiamo adesso.”

 

- No… adesso proprio non posso. Ho un compito da portare a termine prima di tornare a casa.-

Sussurrò al suo cuore, posando il corpo del Tutor alla base del muro.

“ Ascolta …”

Mormorò l’uomo, attirando la sua attenzione. Con non poca fatica, strappandosi un ringhio soffocato di dolore, estrasse dall’interno della sua giacca una pistola.

“ Con questa… potrai valorizzare al meglio la tua forza.” Sorrise, posandogliela nel palmo della mano, prima che il ghiaccio lo trasportasse dall’altra parte, insieme agli altri.

 

Il bruno osservò l’arma, riconoscendola esattamente come l’anello.

Era una vecchia Smith & Wesson 357 Magnum, dall’impugnatura in legno laccato di rosso cremisi. Sul manico era stata incisa la frase:  “Occīdo ergo sum”, ovvero in latino “ Uccido dunque sono”.

Era in tutto e per tutto la pistola di Reborn, da lui usata durante il test contro Leon nell’Arena dei pistoleri, unica occasione in cui l’aveva usata.

 

Un ronzio lo riportò alla realtà, costringendolo a girarsi.

Lì vide di nuovo lui: era rimasto immobile ad osservarlo fin dal suo risveglio.

Sebastian aveva uno sguardo duro, quasi di disprezzo, e sollevando le braccia sopra la sua testa sussurrò:

“ Inno alla Disperazione !”

 

Nuovamente i fasci di luce presero a rimbalzare sulle pareti, restringendo ogni movimento con la loro letalità.

In quel momento Tengoku era da solo, senza nessuno che potesse salvarlo o aiutarlo. Era solo con se stesso. Solo, con la sicurezza di non essere veramente solo.

Sollevò la pistola e sparò un solo colpo.

 

Il proiettile sorvolò la stanza in una direzione casuale. Lo stupore di Sebastian sopraggiunse quando realizzò che la pallottola fosse passata esattamente nel suo Inno alla Disperazione senza incontrare i fili.

Un istante dopo la perse di vista, ed iniziò a sentire un fruscio rapido nell’aria, come di un serpente che striscia tra i cespugli. Il rumore si muoveva senza sosta, a volte allontanandosi, a volte avvicinandosi, ma non persistendo mai nello stesso punto.

- No! È impossibile che stia rimbalzando sulle pareti, altrimenti avrebbe dovuto almeno scontrarsi contro i miei Fili della Disperazione !- Rifletté, cercando di assumere una mentalità fredda, da calcolatore quale era sempre stato.

Per un attimo pensò di guardare Tengoku, e di cercare riferimento in lui, ma fu allora che il fruscio si avvicinò di più.

 

Volgendo lo sguardo sopra di sé, poté vedere troppo tardi l’unica opzione che non avesse calcolato: il proiettile sparato stava letteralmente rimbalzando sui suoi Fili della Disperazione, a volte seguendone la traiettoria come se fossero dei binari. Non si muoveva in direzioni casuali, ma ne ripeteva i rimbalzi al contrario, diretto quindi  alla loro origine.

Prima che potesse evitarlo, il colpo gli frantumò il dito indice, e tutto ciò che poté fare fu emettere un grido di rabbia.

Senza quel singolo dito, un decimo dei fasci di luce nella stanza si dissolsero.

 

- Aveva calcolato tutto… eppure impugna quella pistola da pochi secondi.- Pensò il corvino, vedendo un’ombra saettare nelle zone sicure liberate dal suo controllo.

Un battito di ciglia dopo Tengoku apparve di fronte a lui, colpendolo a tempo zero con un pugno in pieno volto.

L’uomo venne scaraventato duramente a terra, conficcandosi nel pavimento e spaccandolo.

“ Nera Scintilla !”

Come prima, le gocce di sangue posatesi inevitabilmente sul corpo del ragazzo esplosero, coprendolo con un boato.

Il bruno venne scagliato all’indietro dall’esplosione, ma poco prima di toccare terra riaprì gli occhi.

 

Sebastian poté vederli, non era più lo spettro di prima. Lo sguardo bruciava intensamente come un focolare inestinguibile, fonte di speranza e forza. Nonostante il suo corpo ora fosse ricoperto di nuove ferite sanguinanti, l’ombra di un sorriso vittorioso lo scherniva dal suo volto.

Il ragazzo, una volta atterrato, sorprendentemente non si diresse nuovamente verso il suo avversario, bensì corse nella direzione opposta.

 

- Cosa credi di fare ?!- Ruggì il corvino, ferito da quell’affronto. Con una furia animalesca infilò le mani nelle ferite ancora non rigenerato del tutto, ed in seguitò scagliò dalle sue dita, con la precisione di un fucile su lunga distanza, le proprie gocce di sangue.


“ Nera Scinti-”

Un attimo prima che le stille potessero esplodere, raggiungendo la schiena di Tengoku, quest’ultimo si voltò di scatto, puntando la pistola. Sparò in rapida successione tre colpi, tanti quanti i grumi di sangue che vennero rapidamente dispersi davanti ai suoi occhi.

Tante piccole esplosioni sopraggiunsero, lontane, illuminando il vero e proprio sorriso di sfida del ragazzo.

 

Sebastian sussultò, non rendendosi nemmeno conto di cosa l’avesse colpito.

- Ti stai prendendo gioco di me …- Constatò che le pallottole lo avessero trafitto al petto, perforandolo da parte a parte nella frazione di secondo in cui non aveva realizzato il contrattacco.

Quando risollevò lo sguardo, non vide più davanti a sé suo figlio.

Meravigliato si voltò in ogni direzione, ammutolendo quando infine lo individuò.

 

Il ragazzo stava correndo in direzione del muro di ghiaccio, trasportando sulle spalle Yukiteru e Primula. I due avevano perso conoscenza, e le loro ferite ancora aperte sanguinavano, eppure un debole respiro muoveva ancora i loro petti.

Il loro salvatore saltò verso la barriera, coprendo una lunghissima distanza grazie alle lezioni di Free Running alle quali ormai era avvezzo grazie a Reborn. Li posò alla base della barriera, ed oltre i restanti superstiti furono felici di accogliere i due sani e salvi.

 

“ Perché perdi tempo a salvare gli altri ?” Mormorò confuso Sebastian, quasi cantilenando la domanda. Sembrava impazzito, come se l’improvvisa ribalta del suo avversario l’avesse sconvolto nel profondo della sua anima.

Il ragazzo si voltò verso di lui, e sorrise. Non un sorriso beffardo, di sfida, bensì un sereno sorriso di gioia. Gonfiò il petto respirando, ed i suoi occhi pieni di vita brillarono.

In seguito sollevò entrambe le mani: quella destra impugnava la pistola verso il padre, mentre la sinistra teneva sollevate solo due dita.

 

Sparò i restanti due proiettili rimasti nel caricatore, i quali vennero evitati con dei semplici salti dall’altro.

“ Per due motivi.” Dichiarò mantenendo il sorriso.

“ Il primo: Io sarò per sempre grato a chiunque mi abbia salvato la vita, ed a maggior ragione non li lascerei mai morire per colpa mia.”

 

Improvvisamente Sebastian ringhiò, ed iniziò ad avvicinarsi caricando dalle mani un nuovo bagliore violaceo. Tuttavia, nell’esatto istante in cui mosse il primo passo, il piede gli venne tranciato di netto, e perse l’equilibrio cadendo in avanti.

“ Cosa ?!!” Sussultò, sferrando un pugno sul terreno per sollevarsi in aria.

Anche lì però, una forza invisibile lo colpì alla schiena, paralizzandolo dal dolore. Ricadde di peso al suolo, iniziando automaticamente a curare le proprie ferite.

Fu allora che lo vide, o meglio, lo percepì.

Si accorse che intorno a sé, lungo tutta la stanza, sei oggetti di minuscole dimensioni stavano rimbalzando lungo le pareti a velocità immane, diventando invisibili persino per i suoi occhi.

Realizzò, impallidendo.

“ Tu… stai …” guardò il figlio, tornato serio.

 

“E questo è il secondo motivo… Shadow Counter: Requiem della Speranza !”

Tengoku avanzò, mentre intorno a sé, ed ovunque nel raggio di cinquanta metri, i sei proiettili da lui sparati avevano formato una trappola mobile in continua mutazione. Semplicemente osservando il funzionamento dell’Inno alla Disperazione del padre, era riuscito a formulare una sua imitazione, più veloce ed imprevedibile.

“ Mi trovo in disaccordo con quanto hai detto prima …” Disse con tono rilassato, camminando verso Sebastian.

 

“ Certamente tra un paio di generazioni tutto ciò che ad oggi esiste sarà diventato obsoleto e troppo debole per sostenere una comunità in continua evoluzione… eppure tutti questi anni di storia hanno dimostrato che l’essere umano coltiva nella propria specie una qualità, ancora resistente e mai estinta.”

Con la determinazione che gli bruciava negli occhi, rinfoderò la pistola, sollevando davanti al proprio volto il dorso della mano. Il suo riflesso sulle pietre dell’anello lo fece sorridere ancor di più.

“ Ed è la Speranza !” Rettificò, lasciando in silenzio e privo di parole il corvino.

“ La speranza è la fede nel futuro, quello che ci spinge a vivere giorno dopo giorno, anche se ci sentiamo soli e senza niente… perché il futuro è incerto, e tutto ciò che possiamo fare è appunto sperare.”

 

Un sottile strato di roccia cristallina aveva ormai ricoperto il corpo di Sebastian, sviluppandosi dai punti dove i proiettili lo avevano colpito. Ben presto diverse crepe si aprirono, fino a che il suo corpo pietrificato, inerme per terra, non si sgretolò nella polvere.

I proiettili nell’aria si dissolsero in sei scie di fuoco, e la Fiamma del Coraggio di Morire accesa sulla fronte di Tengoku svanì.

 

 

Il ragazzo si ritrovò così immobile, di fronte alla testa del padre sul pavimento, e solo il silenzio attorno a loro.

In lontananza Himeko finalmente poté dissolvere lo scudo di ghiaccio, ed i ragazzi gioirono della vittoria. Fu la voce di Tsunayoshi Sawada, levatasi tra di loro, ad interromperli.

“ Lasciateli parlare …” disse soltanto, trattenendo le loro preoccupazioni.

 

 

 

“ Tu hai solo… recitato.” Lontano dalle orecchie di tutti, Tengoku si inginocchio, osservando con una sensazione di vuoto nel petto il volto di suo padre.

“ Sì. È così.” Sorridendo come mai aveva fatto prima, con un debole sorriso colmo di dolcezza, l’uomo schiuse le sue labbra. Sembrava che la cristallizzazione dovuta alla Fiamma del Cielo gli impedisse di rigenerarsi, ed ora parte della sua pelle iniziava a dissolversi come cenere al vento.

“ Perché l’hai fatto? Tu non hai mai voluto ucciderci tutti !”

“ Quando scoprii che era la Famiglia Vongola ad accudirti, uno sbagliato senso di vendetta mi costrinse ad odiare indiscriminatamente tutti loro. Vivevano felici, mentre io ancora sognavo la notte in cui persi te e tua madre… tutto ciò che volevo, era rendere anche le loro notti un inferno, riempiendo i sogni con incubi e paura.”

Dopo aver detto ciò l’uomo rise sommessamente.

“ Che schifo …” Aggiunse, amareggiato.

“ Perché allora mi hai detto che avrei dovuto ucciderti? Perché mi hai costretto a farlo ?” Stringendo la testa tra le sue mani, il bruno conteneva a stento le lacrime, facendo però arrossare i suoi occhi verdi e tremare le labbra.

Anche questa volta Sebastian attese molto prima di parlare.

 

“ Io mi sono pentito da tempo dei miei crimini… eppure agli occhi della gente sono finito per diventare ciò che un tempo più temevo: un mostro. Per questo ho voluto che tu mi uccidesti. Chi sconfigge il mostro è un eroe, come in ogni fiaba.”

Il ragazzo tremò, scosso dai singhiozzi, ed utilizzando tutte le sue forze per parlare senza cedere alle emozioni, sussurrò:

“ Ma tu non sei un mostro. Non è colpa tua se mia madre è morta e se mi hanno portato via da te !”

“ Ognuno onora i propri caduti in guerra, mai quelli della fazione avversaria.” Fu questa la dura risposta dell’altro.

“ Però tu …” proseguì. “ Tu sei mio figlio, ed io ho giurato, sin dal primo momento in cui ti ho visto, di proteggerti per sempre.”

Un sorriso stanco, ormai prossimo a spegnersi, trafisse il cuore del bruno come una freccia.

“ Io non voglio essere un eroe. Io voglio il mio papà …”

 

Sebastian chiuse le sue palpebre.

“ Ti vorrò sempre bene, Tengoku. Io e tua madre non smetteremo di prenderci cura di te.”

 

 

La polvere nel vento strappò quel sussurro, facendolo volteggiare nel cielo limpido, dove ormai il sole era sorto vittorioso.

Era nata la luce ed erano morte le tenebre.

Così come ora nel vuoto del cuore di un ragazzo di soli quindici anni, si era accesa una piccola luce.

 

 

- Non vi dimenticherò mai.-

 

   

E tra le bianche nuvole sopra il mare piatto, due figure sembrarono intrecciarsi in un abbraccio, illuminate dai raggi solari e trasportate lontano dalla brezza dell’alba.

 

 

 

 

Cos’è il Bene?

Un’entità, un Dio, una legge? Il riflesso del Male?

Cos’è il Male? Una minaccia da cui tutti scappano, ma tu scegli di non farlo.

Per il Bene tutti lottano, ma tu no.

Tu sei nel mezzo, in quello che viene chiamato grigio, come se la vita fosse una questione di bianco e nero.

Nel mezzo c’è gente che muore sorridendo, pensa alla propria famiglia, pensa ad un sogno che non vedrà mai realizzare.

E questo è Bene o Male?

Chi può dirlo?

D’altronde ci hanno insegnato a distinguere il bianco dal nero, non la giustizia dalla realtà.

 

 

 

 

30 Aprile 2017, Italia.

 

All’interno della base di Verde, Arcobaleno del Fulmine, costruita sul litorale pugliese, tra gli stretti corridoi si muoveva molta gente.

D’improvviso la porta di un corridoio particolarmente corto si spalancò, lasciando che due uomini entrassero.

Tsunayoshi Sawada da due giorni ormai necessitava di muoversi solo su di una sedia a rotelle, avendo riportato gravi danni alla spina dorsale. I dottori però, garantivano che avrebbe riacquisito entro qualche mese il controllo delle gambe.

Alle sue spalle, aiutandolo a spingere la sedia, c’era Hayato Gokudera, l’ultimo sopravvissuto dei Guardiani della decima generazione Vongola, assieme a Chrome Dokuro.

“ Siamo arrivati in ritardo? Come sta ?!” Sbraitò subito il cenerino ai presenti in quella stanza, i quali sedevano su delle sedie davanti ad una grande porta azzurra.

“ Gokudera, non mi sembra il caso di urlare …” Mormorò imbarazzato il Boss al suo amico, prima di rivolgere un sorriso alle altre persone.

Tra di loro erano presenti tutti gli Arcobaleno, Simon Kozato e Tengoku, assieme a Drake, Azura, Akane, Momoka, Kiiro e Kevin. Anche Taylor e Devon sedevano tra di loro, rendendo il corridoio molto pieno e difficile da attraversare.

Tengoku sollevò lo sguardo verso il castano, alzandosi e venendogli incontro sorridendo.

Poggiò una mano sulla sua.

 

“ Sembra che si sia appena svegliato.” Rivelò, ed a quel punto persino il burbero Gokudera si lasciò scappare un sospiro di sollievo.

Così i due uomini si andarono a sedere tra gli Arcobaleno, notando che tutti stessero parlando con Verde riguardo le condizioni sanitarie di una certa persona. Yuni si scambiò uno sguardo d’intesa con il Boss, non dicendo però nulla.

 

Tra i ragazzi invece il clima era diverso. Nessuno di loro parlava quel giorno, eppure si guardavano, lanciandosi a vicenda messaggi gli occhi messaggi. Si facevano forza, chi stringeva i pugni, e chi sorrideva nervosamente.

Dopo la notte della missione Meet me in the Woods si sentivano cambiati:

Azura e Ten si facevano forza rimanendo vicini, sebbene qualche mese prima ad un gesto del genere sarebbero solo arrossiti allontanandosi di colpo. Drake ed Akane sorridevano, stringendosi tra le braccia dell’altro.

Kevin e Momoka, entrambi rivisti dopo molto tempo, forse erano quelli più sorprendentemente maturati in una sola notte. Il rosso aveva iniziato a parlare liberamente, con il suo fare un po’ impacciato ed involontariamente provocatorio, mentre la castana non si sentiva più in soggezione in sua presenza, o meglio, in presenza di individui di sesso maschile. Quando gli fecero notare questi cambiamenti, loro reagirono sorpresi, come se non ci avessero mai fatto caso.

 

Kiiro aveva rivelato la sua identità a Taylor, e così i due fratelli poterono riabbracciarsi dopo sette anni di lontananza. La ragazza e Devon annunciarono al biondo il loro fidanzamento ufficiale, ed il rinato Pinocchio non poté che esserne felice.

 

I diciotto così attesero in quella sala per almeno un’ora, prima che un uomo uscisse dalla grande porta azzurra. Era di grande stazza, ma il suo corpo era coperto da un camice da medico, ed il suo volto da una mascherina e da una cuffia dello stesso colore.

Si avvicinò a Tengoku, e gli disse una sola cosa, posandogli una grande mano sulla spalla.

“ Desidera parlare con te.”

Il ragazzo ringraziò con un lieve cenno della testa, per poi alzarsi di scatto dalla sedia. Sfiorò la maniglia della porta, bloccandosi.

- Non succederà assolutamente niente.- Si disse, e riprese la facoltà di sorridere.

 

Sentendosi gli occhi di tutti sulla schiena, avanzò, aprendo la porta e chiudendosela alle spalle.

 

 

La stanza che lo accolse era molto luminosa, e ci mise qualche secondo per abituarsi alla luce. Le pareti erano bianche, ma non coprivano il lato opposto a quello della porta, dove attraverso un davanzale si affacciava il sole al tramonto.

Qualche gabbiano solcò il cielo, stridendo tra i promontori.

Lì, si affacciava il Mare Adriatico.

Era come se la meraviglia del paesaggio cercasse a tutti i costi di far mancare allo spettatore parole per descriverla. Ebbene, le parole erano sprecate.

 

E lì, disteso su di un letto e sotto una coperta bianca, un uomo si era subito voltato verso il ragazzo.

Reborn sembrava essere nelle condizioni peggiori di tutta la sua vita, eppure con il volto scoperto dal cappello, silenzioso e regale, ispirava rispetto e serenità.

Schiuse le labbra in un leggero sorriso, una smorfia beffarda.

“ Non hai riconosciuto Giustizia, vero ?”

“ Giustizia? Intendi il padre di Kevin ?” Sussultò sorpreso il bruno, domandandosi di cosa stesse parlando. Comprese con qualche secondo di ritardo che si stesse riferendo al medico grande e grosso.

 

Il Tutor ridacchiò.

“ Cosa è venuto a dirti ?” Tengoku stava facendo appello a tutte le sue forze per non sembrare nervoso.

“ Una cosa stupida: che non sarebbe potuto essere il miglior assassino del mondo perché avrebbe iniziato a badare ai suoi figli.” L’altro fece spallucce.

 

Per due notti il ragazzo si era svegliato di soprassalto, con sempre lo stesso incubo: Reborn che moriva per colpa sua. Soltanto che, davanti a sé il suo migliore amico era stato ferito gravemente proprio per salvarlo.

Non poteva accettare di essere lasciato solo. Non almeno, senza avergli detto ciò che più gli premeva dire.

 

“ Tengoku …” Sussurrò l’altro, interrompendolo prima che potesse parlare, lasciandolo così con la bocca spalancata ma senza fiato in gola.

Si affrettò subito a riprendere possesso della voce, seppur arrossendo.

“ Ehm… sì ?”

 

L’uomo guardava l’orizzonte, senza aver mai incrociato gli occhi con i suoi dal momento in cui era entrato in quella stanza.

“ Volevo solo dirti una cosa, un ultimo palloso insegnamento che sicuramente ti costerà la vita, un giorno.”

Grattandosi nervosamente il mento sotto lo sguardo attento ed impaziente dell’altro, sembrò quasi imbarazzarsi.

“ Tu hai un dono preziosissimo, e non abbandonarlo mai: tu non riesci ad odiare, e non puoi immaginare quanto sia raro al giorno d’oggi. Non odiare mai, perché l’odio genera solo l’assassino brutale, primitivo, quando io ti ho dato le basi per eliminare ogni tuo ostacolo utilizzando il cuore ed il cervello.”

Accompagnato dalla melodia del mare, una brezza di vento mosse i corti ma irti capelli scuri dell’assassino.

“ Diventa un uomo che non abbandona mai i propri sogni, una figura di riferimento per il prossimo. So che puoi farlo, non mi sono mai sbagliato in vita mia !” Sorridendo con un luccichio negli occhi scuri, Reborn strinse la coperta tra le mani. Le emozioni stavano attraversando quell’uomo così freddo e cinico.

 

“ Vuoi dire… come lo sei stato tu per me ?” Sussurrò con un filo di voce il ragazzo, abbassando la testa per non far vedere all’altro i suoi occhi tremare dalla commozione.

Il Tutor inarcò un sopracciglio, incuriosito.

“ Non ho mai avuto un vero e proprio padre, siccome la mia vita è stata spesso separata da una vera famiglia. Però… con te ho trovato l’unico uomo che riuscirei ad identificare come mio padre, Reborn.”

Non ottenne una risposta, così continuò, in preda al suo flusso di coscienza ed emozioni.

“ Sei stato incredibile! Mi hai aiutato, hai creduto in me quando non avevo amici, ed ora è solo grazie a te se posso guardarmi intorno e trovare il calore di persone per le quali darei la mia stessa vita.”

Il ragazzo strinse i pugni, sorridendo seppur le lacrime stessero solcando il suo volto.

“ Raggiungerò ogni mio sogno! Per tutti quelli che hanno creduto in un Ten-baka senza alcuna speranza, che aveva paura di non riuscire a raggiungere il domani. Invece adesso ho trovato il coraggio… il coraggio di vedere il futuro !”

 

Il sole finalmente iniziò a tramontare nel mare, ed improvvisamente i suoi raggi rossi come il fuoco si infransero sull’acqua, riflettendosi con il doppio dell’intensità.

 

Fu un attimo, ed il bruno si dovette coprire gli occhi con le braccia, a causa di quel lampo accecante. Il silenzio del promontorio e l’odore di salsedine riempivano la stanza, tra le pareti di pietra bianca e le lenzuola svolazzanti alla brezza marittima.

Quando finalmente poté schiudere le palpebre, la luce del sole incorniciò ciò che si trovava davanti ai suoi occhi.

 

 

Reborn, con il suo sguardo fermo ed immobile rivolto verso l’orizzonte. Il suo petto non si muoveva più al ritmo del respiro, e gli occhi, prima pieni di luce e vita, ora si erano spenti silenziosamente in un battito di ciglia.

Come una statua, nella sua magnificenza era privo di vita, eppure da quel corpo immobile, alla prima occhiata anche un completo sconosciuto avrebbe saputo leggere la leggendaria vita di quell’uomo.

 

Tengoku cadde in ginocchio, ed in quel momento la porta alle sue spalle si spalancò, lasciando che tutti i presenti nella sala attese entrassero con la preoccupazione nel volto.

Un timore, che realizzarono essere vero.

 

Il ragazzo senza un padre ed una famiglia strisciò ai piedi del letto, aggrappandosi alla mano pallida dell’uomo il quale era ancora lì disteso. A stento cercò di produrre un suono dalla sua gola, mentre gli occhi arrossati rimanevano spalancati come in un attacco d’asma.

 

 

Il 30 Aprile 2017 si spegne la vita di un uomo, conosciuto da tutto il mondo con il titolo di Tutor Hitman Reborn.  Alcune testimonianze dicono che Reborn nacque come un ragazzo povero italiano, ed in seguito intraprese la carriera dell’assassino su commissione della mafia.

Divenne subito famoso, tanto da esser selezionato tra gli assassini più forti del mondo, e venir inserito a diciannove anni nel progetto Arcobaleno. Da allora si è dedicato ad istruire i giovani successori Boss, guidandoli con il suo sorriso beffardo, ed il suo sguardo sempre attento.

 

 

“ REEEBOOOOOOOOOOORN !!”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

[ STORY OF A FAMILY] Fine.

 

 

 

 

 

 

Angolo Autore:

Welcome back!

Definitivamente, il mio ultimo bentornati su le pagine di questa storia.

Sono passati ben due anni, quasi tre, dall’inizio di questa fan fiction. Il 14 gennaio 2015 Master Chopper, ovvero io, pubblicò il primo capitolo di quella che inizialmente era nata come una storia ad iscrizioni OC.

Direte voi: “Cosa centra?”. Bhe, dopo tutto questo tempo, devo dire che faccio fatica a credere che personaggi come Azura, Drake o Momoka siano stati creati da altri autori. Ovviamente non è un insulto, tutto ciò che voglio dire ai creatori di questi original characters è… grazie! Senza di voi l’intera storia non sarebbe mai andata avanti, quindi vi ringrazio, anche quelli che ormai hanno abbandonato questa storia (con la speranza che un giorno ne leggano il finale, e che magari lo recensiscano, anche a distanza di anni).

 

Che dite, scacciamo la tristezza del finale con un po’ di dati statistici e chicche della storia?

Allora, Story of a Family conta 38 capitoli complessivi, con 14 capitoli per le prime due saghe (Saga della Nascita e Saga dei Sette Peccati Capitali) e 6 con la Saga della Vera Famiglia. 766 pagine totali (wow, per cento pagine stavo sudando freddo e non lo sapevo) e ben 60 OC (ho calcolato tutti i personaggi con un nome creati per questa storia, alcuni sono stati solo nominati).

Il messaggio iniziale della storia era quello dell’abbandono, ma allo stesso tempo dell’inizio del viaggio di un ragazzo che, seppur trascinato dagli ordini di suo padre, cercherà risposte sul proprio io.

La seconda saga vede la vera e propria evoluzione dei personaggi centrali (per questo altri personaggi si faranno da parte) in un viaggio duro, ma ricco di esperienze atte a non far spegnere la forza di volontà che li spinge a lottare. Sotto questo punto di vista vediamo il tema del sacrificio in Drake, che non fidandosi della forza dei suoi amici decide di abbandonarli e salvare loro la vita, oppure di Korvo, che muore piangendo di gioia per la sua allieva ritrovata.

Nella terza ed ultima saga si svelano i misteri riguardo al passato del protagonista, mostrando quanto in fin dei conti l’odio sia sempre sbagliato, e tutto ciò che ne segue come la sete di vendetta o la voglia di prevalere sull’altro.

 

Ciò che canta Sebastian quando sferra il suo attacco è una versione modificata dell’Inno alla Gioia, composto da Friedrich Schiller e messa in musica da Ludwig Van Bethooven. Cercando il corrispondente delle parti modificate scoprirete il vero messaggio nascosto nelle parole di Sebastian, o meglio, nella sua dedica.

L’intera storia è colma di riferimenti. Prevalentemente dalle opere Assassination Classroom di Yusei Matsui e History’s of the Strongest Disciple Kenichi di Shun Matsuena per le evoluzioni dei combattimenti. Ogni tanto la storia presenta delle Jojo References, ovvero il termine nato dall’internet per definire citazioni dalle Bizzarre Avventure di Jojo (per lo più insensate e demenziali, da parte mia).

Il personaggio di Giustizia è ispirato a Hyena Plissken di Fuga da New York, mentre Sebastian nasce dall’idea del personaggio Sacher Torte dell’opera Bakuretsu Hunter (è da ispirazione per i poteri “da stregone”).

 

Qui troverete una (terribilmente realizzata) linea del tempo riguardante i personaggi più incasinati a livello di eventi. Così, giusto per schiarirvi le idee e qualche dubbio.( http://i63.tinypic.com/2w6hr2u.png )

 

Sarei contento di sapere, visto che ormai la serie è finita, quali sono i vostri personaggi preferiti, i momenti che vi sono piaciuti nella serie, ma allo stesso tempo cosa non vi è piaciuto e cosa avreste preferito al posto di ciò.

Fatemi sapere qui sotto! Vi aspetto!

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