I Wish You Would

di FrancescaPotter
(/viewuser.php?uid=126249)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo Uno. ***
Capitolo 2: *** Capitolo Due. ***
Capitolo 3: *** Capitolo Tre ***
Capitolo 4: *** Capitolo Quattro. ***
Capitolo 5: *** Capitolo Cinque. ***
Capitolo 6: *** Capitolo Sei. ***
Capitolo 7: *** Capitolo Sette. ***
Capitolo 8: *** Capitolo Otto. ***
Capitolo 9: *** Capitolo Nove. ***
Capitolo 10: *** Capitolo Dieci. ***
Capitolo 11: *** Capitolo Undici. ***
Capitolo 12: *** Capitolo Dodici. ***
Capitolo 13: *** Capitolo Tredici. ***
Capitolo 14: *** Capitolo Quattordici. ***
Capitolo 15: *** Capitolo Quindici. ***
Capitolo 16: *** Capitolo Sedici. ***
Capitolo 17: *** Capitolo Diciassette. ***
Capitolo 18: *** Capitolo Diciotto. ***
Capitolo 19: *** Capitolo Diciannove. ***
Capitolo 20: *** Capitolo Venti. ***
Capitolo 21: *** Capitolo Ventuno Parte 1 ***
Capitolo 22: *** Capitolo Ventuno Parte 2 ***
Capitolo 23: *** Capitolo Ventidue. ***
Capitolo 24: *** Capitolo Ventitré ***
Capitolo 25: *** Capitolo Ventiquattro. ***
Capitolo 26: *** Capitolo Venticinque. ***
Capitolo 27: *** Capitolo Ventisei. ***
Capitolo 28: *** Capitolo Ventisette. ***
Capitolo 29: *** Capitolo Ventotto. ***
Capitolo 30: *** Capitolo Ventinove. ***
Capitolo 31: *** Capitolo Trenta. ***
Capitolo 32: *** Capitolo Trentuno. ***
Capitolo 33: *** Capitolo Trentadue. ***



Capitolo 1
*** Capitolo Uno. ***


I Wish You Would

Baby, now we've got bad blood,
you know, we used to be mad love,
so take a look what you've done,
'cause baby now we've got bad blood.

Bad Blood, Taylor Swift

Capitolo uno.


Il rumore assordante della sveglia rimbombò per tutta la stanza come un'allarme antincendio. Mi tirai a sedere di scatto e allungai una mano per recuperare il mio cellulare e mettere fine quell'assordante agonia.
Merlino! Odiavo dovermi alzare a quell'orario indecente per studiare, ma non avevo altre alternative. Tra esattamente due giorni il mio settimo ed ultimo anno a Hogwarts sarebbe iniziato e io, Rose Weasley, futura caposcuola e studentessa modello, degna erede di mia madre, non avevo ancora iniziato i compiti delle vacanze.
Okay, probabilmente non ero una secchiona come la grande Hermione Granger, ma in qualche maniera riuscivo a sempre a prendere il massimo in tutte le materie, e se volevo iscrivermi alla scuola di medimagia dovevo rimboccarmi le maniche e darmi da fare.
Mi passai svelta una mano sul viso, scostandomi delle ciocche di capelli rossi dagli occhi e reprimendo a stento uno sbadiglio.
Le tende verde pastello della mia finestra erano leggermente mosse dalla brezza di fine stagione, e dalle tapparelle alcuni raggi di sole entravo furtivi nella mia stanza, raggiungendo i miei occhi e impedendomi di tenerli completamente spalancati.
Sbuffai e mi alzai dal letto amareggiata, diretta verso il bagno. Mi feci una bella doccia fredda per schiarirmi le idee -e soprattutto per svegliarmi, perché, Merlino!, ero in procinto di riaddormentarmi- poi mi misi il primo vestito che ripescai dall'armadio e mi guardai allo specchio: una diciassettenne bassettina e dal viso lentigginoso mi fissava con i suo grandi occhi azzurri al di là del vetro. Aveva lunghi capelli mossi, ovviamente rossi, marchio di fabbrica Weasley, e il vestito giallo che indossava faceva decisamente a cazzotti con suddetti capelli, ma ehi, era l'unica cosa comoda che avevo a portata di mano.
Ah, giusto, la ragazza nello specchio ero io: Rose Weasley, figlia dei due migliori amici del Prescelto, del ragazzo che è sopravvissuto, del salvatore del mondo magico o, come piace chiamarlo a me, di zio Harry.
Con una scrollata di spalle, scesi le scale in punta di piedi per non svegliare mio padre che quel giorno avrebbe avuto il turno di notte al quartier generale degli Auror, e mi diressi furtivamente in cucina per sgranocchiare qualcosa prima di affrontare il mio destino. Avevo stilato una scaletta del lavoro che avrei dovuto svolgere per il rientro a scuola e, se l'avessi rispettata alla lettera, allora ce l'avrei fatta. E io dovevo farcela. Quell'anno avrei avuto gli esami, i M.A.G.O., che avrebbero deciso le sorti del mio futuro, e io non potevo iniziarlo con un meno perché avevo passato l'estate a... praticamente non fare nulla.
Me ne vergogno immensamente, ma era tutta colpa sua. Era sempre colpa sua. Di colui che non deve essere nominato.
No, non sto parlando di Lord Voldemort, sto parlando dell'origine di tutti i miei problemi.
Quell'estate l'avevo trascorsa in Francia con i nonni babbani e, ecco, avevo dimenticato tutti i libri a casa, sotto il letto, dove il avevo confinati a Giugno non intenzionata a ripescarli fino all'inizio di Luglio. Il problema era stato che il giorno della partenza avevo litigato rovinosamente con Albus per colpa di quell'individuo, e perciò li avevo dimenticati.
Avrei potuto farmeli spedire dai miei genitori? Probabilmente sì, ma la verità era che non mi andava di sentir mia madre urlarmi dietro quanto fossi sbadata, distratta, poco concentrata e di come in questo modo non sarei mai giunta da nessuna parte nella vita. Perciò eccomi qua, il 30 di Agosto, con una sfilza di compiti da svolgere, ma psicologicamente pronta: alla faccia di Hermione Granger! Scommetto che non si è mai trovata ad affrontare nulla del genere, pensai fiera di me. Poi però mi ricordai che aveva aiutato Zio Harry a salvare il mondo magico, e il mio entusiasmo venne miseramente sgonfiato.
Parlando di mia madre, mi stava giusto fissando da sopra la tazza di caffè con occhi spalancati. «Rose?»
Hermione Granger era rimasta una bella donna. Slanciata, con folti capelli castano stretti in uno chignon dietro la nuca -unico modo per tenerli a bada- e grandi occhi nocciola. La gente mi diceva sempre che io e lei ci somigliavamo, ma io, tutta questa somiglianza, non la vedevo. Fisicamente ero sicuramente più conforme ai caratteri Weasley: lentiggini, capelli rossi e occhi chiari, ma caratterialmente tutti dicevano che ero una Granger. Anche su quest'ultima affermazione avrei qualcosa da ridire, ma comunque.
«Cosa ci fai in piedi a quest'ora?» Chiese. Poi lanciò un'occhiata veloce all'orologio e tornò a fissarmi ancora più stupita. «Sono le 6.00 di mattina, e sei appena tornata dalla Francia, come mai già sveglia?»
«Buongiorno anche a te, mamma» borbottai imbronciata io, in una perfetta imitazione di mio padre appena alzato dal letto. Mi sedetti al mio solito posto a tavola, cercando di sembrare il più sveglia possibile ed iniziai ad imburrare una fetta di pane con nonchalance. «Non avevo sonno»
Balla.
«Mh, caffè?» Fece finta di crederci mia mamma.
Annuii grata, e lei me ne versò una tazza piena. Sia benedetta la caffeina.
«Che piani hai per oggi? Andrai a trovare Albus e gli altri?»
«Mmm mmm,» annuii decisa, spalmando un gentile strato di marmellata d'arance sul pane. «Si, devo assolutamente vedere Albus, mi è mancato tantissimo!»
Altra balla.
O meglio, non che non mi fosse mancato, anzi! Albus era il mio cugino preferito, nonché migliore amico, ma in quel momento le mie priorità erano altre. Quando gli avevo spiegato la situazione, via sms, si era offerto di passare per darmi una mano, ma avevo educatamente rifiutato: in questi casi me la cavavo meglio da sola, senza distrazioni.
«Pronta per il nuovo anno scolastico?» Eccola che tornava ad affrontare il suo argomento preferito: scuola, futuro, scuola, voti, scuola e ancora scuola.
«Prontissima» risposi secca con un sorriso forzato, mordendomi la lingua per non urlarle contro che no, non ero pronta affatto.
«Quest'anno ci sono i M.A.G.O» continuò ad infierire lei.
Ma guarda, se non me lo avessi detto tu, avrei voluto rispondere, invece mi limitai a scrollare le spalle. «Lo so, mi sto già preparando»
Balla clamorosa!
«Oh, bene!» Esclamò soddisfatta lei. «Sono molto fiera di te, Rose, diventerai un ottimo medimago» Mi si avvicinò per posarmi un bacio veloce sul capo, poi si diresse al lavello e sciacquò velocemente la sua tazza.
La guardai finire di sistemare la cucina assorta. Sembrava così calma ed appagata dalla propria vita, e a volte mi domandavo se si fosse mai sentita incasinata come mi sentivo io in quel momento. Poi mi diedi della stupida e pensai che no, Hermione Granger era sempre stata una ragazza che sapeva che cosa voleva e quale fosse il suo posto nel mondo, oltretutto aveva una guerra da combattere e zero tempo da dedicare a queste paranoie. Io non sarei mai stata alla sua altezza, non avevo imprese eroiche da compiere. Certo, a lei per essere fiera di me bastava che prendessi bei voti e che diventassi medimago. A volte mi domandavo se quello fosse il suo, di sogno, o il mio.


Una volta che mia madre uscì per andare al Ministero della Magia, mi precipitai in camera mia e raccattai i libri da sotto il letto. Primo punto da spennare sulla mia lunga lista: trasfigurazione, scrivere un saggio di 50 centimetri sulle varie procedure per diventare animago.
Odiavo trasfigurazione. Non tanto perché non mi interessasse come materia, al contrario, era solo che non mi usciva particolarmente bene come le altre, ecco.
Lui era molto bravo invece, e mi aiutava sempre prima... prima che le cose cambiassero radicalmente.
Scacciai subito quell'essere dalla mia mente e mi concentrai sui libri.
Incantesimi avanzati, pozioni, difesa contro le arti oscure, erbologia, artimanzia, rune antiche... fine.
Ricontrollai un'altra volta, e poi un'altra ancora.
Dove porco Merlino era il mio libro?
Ma certo! Mi venne in mente dopo dieci minuti buoni passati a mettere a soqquadro la stanza: lo avevo prestato ad Al per ricopiare i miei appunti, e si era dimenticato di restituirmelo.
Fantastico.
Presi il cellulare e gli scrissi un messaggio.
Al, Merlino! Hai il mio libro di trasfigurazione!
Il display segnava che erano le 6.17 della mattina, pertanto non mi stupii quando alle 6.41 non ricevetti ancora nessuna risposta.
Molto bene, mi dissi, me lo sarei andata a riprendere da sola, quel maledettissimo libro. I Potter abitavano esattamente di fronte a noi, perciò mi bastava attraversare la strada per essere da Al, inoltre avevo una copia delle chiavi, quindi mi sarei potuta intrufolare nella loro villetta senza troppi problemi.
«Accio chiavi casa Potter.» Sussurrai, e un mazzo di chiavi entrò velocemente dalla porta rischiando di colpirmi in fronte. Per fortuna mi abbassai in tempo e queste finirono contro il muro, per poi ricadere sul letto con un leggero tintinnio metallico.
Ah, adoravo avere diciassette anni.
Sapete invece chi non era ancora maggiorenne? Sì, esatto, proprio lui.
Ricordo che lo prendevamo sempre in giro, Albus ed io, perché era il più piccolo tra noi. Il suo compleanno era il 13 Dicembre.
Smettila, Rose, di pensare a lui. Adesso.
Mi alzai in piedi e mi precipitai giù dalle scale. Mi infilai alla svelta un paio di scarpe da ginnastica trasandate, e dieci secondi dopo stavo già attraversando la strada, diretta alla casa dei miei zii.
Una volta saliti i tre gradini che portavano alla veranda diedi un'occhiata da una delle finestre al piano terra e, come mi aspettavo, in salotto e in cucina non c'era nessuno. Tutti i Potter erano ancora nel mondo dei sogni.
Fantastico.
O forse no.
Infilai la chiave nella serratura e girai due volte, cercando di fare il meno rumore possibile. Ammetto che mi sentii molto uno scassinatore, ma come biasimarmi? Quel dannato Potter aveva il mio libro e io dovevo studiare.
Aprii la porta molto lentamente e questa, ovviamente, cigolò. Trattenendo il fiato la chiusi alle mie spalle e mi addentrai nell'abitazione, che era praticamente identica a casa mia. Attraversai con due falcate il salotto e iniziai a salire le scale. Uno, due, tre, contai le porte del corridoio e quando mi trovai di fronte alla terza partendo da sinistra mi fermai soddisfatta. Misi una mano sulla maniglia ed entrai di soppiatto fingendomi un ninja. Tutte le tende erano tirate, perciò regnava l'oscurità, e se non avessi conosciuto la stanza a memoria probabilmente mi sarei andata a schiantare contro...
«Aiah!»
«AAAAAAAAHHH»
Merda.
Ero appena finita per terra a gambe all'aria, per giunta. Mi sistemai il vestito con una mano, ma restai ferma, terrorizzata all'idea di muovermi. Infatti sì, ero per terra, ma ero atterrata contro qualcosa di morbido e che si... muoveva?
«Ma che cavolo?» Sentii imprecare sotto di me, e quella voce, la sua voce, l'avrei riconosciuta tra mille.
«Chi? Dove? Come? Chi ci attacca? Lumos!» Al agguantò la bacchetta e si mise ad agitarla a caso, con gli occhi ancora chiusi e impastati di sonno.
Una volta che la stanza fu inondata da luce, impiegai qualche istante ad abituarmi, ma quando lo feci e mi arrischiai a guardare su cosa fossi appena caduta, mi sentii male.
Lì, sdraiato di fianco a me su un materasso, giaceva lui, il mio colui che non dev'essere per alcun motivo al mondo nominato: Scorpius Hyperion Malfoy.

NOTE DELL'AUTRICE
Ciao a tutti! 
Questa è una RoseScorpius.
*MA DAI?*
No comunque, questa è una RoseScorpius, ma non si tratta solamente della loro storia d'amore, vorrei creare un racconto che vada ad analizzare anche la loro crescita come persone. Poco più avanti vedrete che cos'ho in mente, e spero che la cosa vi piaccia e vi intrighi, almeno un po'.
Faccio schifo con le presentazioni e con i discorsi introduttivi, perciò lascio parlare il capitolo. Se avete domande, non esitate a chiedere :)
Ringrazio particolarmente Daniela e Veronica che hanno letto i primi capitoli prima della pubblicazione e mi hanno spinta a premere quel maledetto pulsante! E' grazie a loro, e a tutte le altre Corvette, se ora sono qui a scrivere queste note davvero penose. 
E ovviamente grazie a tutti voi per aver letto questo primo capitolo.
Un bacio,
Francesca  

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Capitolo Due. ***


 

Capitolo due

 
I'm sick and tired of your attitude,
I'm feeling like I don't know you,
You tell me that you love me
then push me down.
[…]
It's still you and your temper, yes,
I remember what you said last night,
And I know that you see
what you're doing to me:
tell me why.
Tell me why, Taylor Swift.

«Rose, si può sapere che cavolo ci fai qui?» Domandò Albus inforcando gli occhiali.
Io non risposi, ancora troppo scioccata per essere appena caduta rovinosamente su Scorpius Malfoy.
«Weasley» sibilò suddetto Malfoy da qualche parte vicino al mio orecchio, e io decisi che era decisamente troppo vicino: le mie narici erano piene del suo profumo e il suo respiro sui capelli mi fece venire i brividi. Poi parlò, e la sua voce spazzò via come vento gelido tutte le sensazioni positive che mi faceva provare. «Hai intenzione di levarti o pensi di restare qui tutto il giorno?»
Tremendamente in imbarazzo mi alzai in piedi spazzolandomi il vestito con le mani, mentre borbottavo qualche sorta di scusa che comprendeva le parole libro, trasfigurazione e mi dispiace.
Nel frattempo zia Ginny e Lily si erano a loro volta precipitate nella stanza, entrambe con un'espressione spaventata sul volto e le bacchette alla mano. Grazie al cielo la famiglia Potter non era al completo: Zio Harry era al lavoro, mentre James si trovava in Irlanda a giocare come titolare nella nazionale di Quidditch.
«Che cosa sta succedendo?» Chiese mia zia, e non riuscivo a capire se fosse più arrabbiata o preoccupata.
Albus era decisamente confuso e si guardava intorno spaesato, io dal mio canto continuavo a fissare ostinatamente il pavimento e a contorcermi le mani, sul punto di evaporare per l'umiliazione.
Non guardarlo, Rose. Mi hai sentito? Non lo guardare.
Perché non mi davo mai retta? Lo guardai, infatti, e me ne pentii l'istante dopo. Scorpius si era seduto sul materasso, e i suoi capelli biondi sparavano in tutte le direzioni. Era senza maglietta, e indossava dei pantaloni del pigiama grigio chiaro che gli arrivavano appena sotto l'ombelico. Stava fissando Al e io sapevo bene che i suoi occhi erano verde pastello, anche se non stava guardando me. Dopotutto, non mi guardava mai.
«Io...» incominciò mio cugino. «E... Scorpius ha urlato, e...» poi decise che no, non spettava a lui raccontare la storia perché, effettivamente, non la conosceva, perciò lasciò perdere.
«Rose?» Chiamò Lily, come se si fosse accorta della mia presenza solo in quel momento.
Improvvisamente quattro paia di occhi si puntarono su di me, e io sollevai titubante lo sguardo dalle mie mani. «Ehm, sorpresa!» Esclamai poco convinta spalancando le braccia e sbattendo qualche volta di troppo le ciglia. «S-sono appena tornata e, ecco, volevo venire a trovare Al, ma sono caduta» mentii spudoratamente. Non ero una bugiarda provetta, ma ultimamente avevo affinato la mia tecnica. Il trucco era mostrarsi calmi e sicuri della balla che si stava raccontando.
«Oh, che pensiero carino da parte tua, cara. Com'era la Francia?»
«Davvero meravigliosa»
«Poi ci mostrerai tutte le foto. Vuoi del tè?» Chiese zia Ginny con fare gentile.
«Uhm, no, ho già fatto colazione» risposi spiccia.
«Di già?» Infierì Albus con un sopracciglio inarcato.
Gli rifilai un'occhiataccia assassina e rivolsi un sorriso angelico -che ero sicura stesse uscendo piuttosto inquietante- a zia Ginny.
«Oh, non importa. Per voi ragazzi, il solito?»
«Sì, mamma»
«Grazie, signora Potter»
Le risposero loro due in coro.
Il solito? Da quanto tempo quel Biondaccio si trovava a casa di mio cugino? Era successo qualcosa con suo padre? Stava bene? Era scappato?
Fermati, Rose. A te non importa. Non ti importa più ormai.
Mi morsicai il labbro per impedirmi di chiedergli informazioni, ormai avevo rinunciato a lottare per mantenere un rapporto civile. Ci avevo provato: dopo che era successo quello che era successo, io avevo tentato in tutti i modi di parlare con lui, di spiegarmi o di farlo ragionare, ma non mi ascoltava, non mi guardava, non mi lasciava neppure avvicinare, come se fossi un'arma pericolosa. Allora avevo smesso di farmi male da sola, e lo avevo mandato a quel paese. Non mi volevi più nella tua vita? Bene, neanche io ti volevo più nella mia.
Quando restammo soli cadde un silenzio pesante come piombo. Scorpius agguantò il cellulare -probabilmente per mandare un messaggio alla sua ragazza- mentre Al aveva l'aria di uno che si stava divertendo decisamente troppo.
«Dunque, come mai sei qui?» Scandì piano, mettendosi a sedere dritto sul suo letto.
Io, nel mezzo della stanza, sentivo gli occhi di Malfoy fissi su di me bruciare come tizzoni ardenti. Stavo andando a fuoco e di lì a pochi istanti sarei morta. Mh, o forse stavo solamente arrossendo come un peperone.
Presi un respiro e tentai di parlare in modo calmo, ma la voce che sentii non era la mia. «Di' che cosa sei venuta a fare così te ne puoi andare, Weasley» disse Scorpius con il tono tagliente che mi rivolgeva ormai da più di un anno. Albus lo guardò malinconico, tutto il suo entusiasmo spazzato via. Lui continuava a sperarci, in una nostra possibile tregua, ma questa non sarebbe mai stata possibile.
E io che mi sono anche preoccupata per te, maledetto idiota!
«Scusami?» Sibilai di rimando voltandomi di scatto verso di lui. Ero molto fiera della freddezza nella mia voce.
«Mi hai sentito, sputa il rospo e facciamola finita»
«Scorp...» Lo richiamò Albus. «Non iniziare»
«Non sto iniziando niente» disse lui, poi scostò le coperte dal materasso e si alzò in piedi, diretto fuori dalla stanza. Io lo guardai sfilarmi davanti con la schiena dritta e quel portamento regale dei Malfoy, come se fosse appena uscito da un film babbano in costume. Agguantai un cuscino e lo scagliai contro la porta ormai chiusa, colma di frustrazione. «Lo odio!» Urlai. «Al, io non ce la faccio più! Non mi sopporta? Perfetto! Non ne ha alcun motivo, e se mi odia davvero per quello allora è un grandissimo cretino! Ma se vuole detestarmi ed ignorarmi, bene, che eviti però di fare lo stronzo!»
Iniziai a camminare avanti e indietro per la camera, desiderosa di distruggere ogni cosa. I battiti del mio cuore avevano iniziato pericolosamente ad accelerare e mi dovetti fermare un attimo per prendere due profonde boccate d'aria.
Al si alzò piano dal letto e mi si piazzò davanti, poggiandomi delicatamente le mani sulle spalle e guardandomi con i suoi grandi occhi verde giada, così diversi da quelli verde chiaro di Scorpius. «Rosie, io non so perché si comporti così, so solo che non è per quello. E' qualcos'altro, e ogni volta che cerco di tirare fuori l'argomento, lui si chiude a riccio. Lo conosci»
«No» affermai scuotendo la testa. «No, io lo conoscevo. Ora non so più chi sia. E, Al... non importa. Non mi interessa più ormai, qualunque sia la motivazione io non potrei mai perdonarlo, perché ha preso quello che avevamo e lo ha gettato via come se niente fosse»
«Non è così e lo sai» la voce calma e pacata di mio cugino era un toccasana per i miei nervi sempre in procinto di saltare e, in quel momento, ero così felice che lui fosse lì con me che mi venne da piangere. Per impedirmi di fare scenate gli gettai le braccia al collo e lo abbracciai forte. «Ti voglio bene, anche se sei un grandissimo rompipluffe»
Lo sentii ridere vicino al mio orecchio mentre mi accarezzava i capelli. «Anche io, Rosie, ma lo sai che non smetterò mai di tentare di far sì che le cose tornino come erano un tempo»
«Non è la tua battaglia» borbottai di rimando, stritolandolo ancora di più.
«Invece lo è» si limitò a rispondere sereno. «Ma ora, non credere che me ne sia dimenticato: come mai se qui?»
«Uh, giusto» mi staccai da lui controvoglia e gli spiegai la situazione. «Hai il mio libro di trasfigurazione. E ne ho assolutamente bisogno per fare i compiti»
Albus si schiaffeggiò una mano in fronte ed imprecò. «Merlino! Hai ragione, scusami! Sono un perfetto idiota. Accio libro di Rose»
Un enorme tomo schizzò dal baule di Al e andò a posarsi tra le mie braccia. Stavo per ringraziarlo, ma il sorriso mi si congelò sulle labbra: l'idiota era appena rientrato nella camera, seguito da zia Ginny. Lui aveva lo sguardo di uno che ha fatto indigestione di cioccorane, mentre lei sembrava molto soddisfatta di sé.
«Rose, che ne dici di venire a cena da noi domani sera per festeggiare l'ultimo giorno delle vacanze?»
«Ehm...»
«Dai, Rose» iniziò Albus con fare malizioso, per vendicarsi di essere stato svegliato troppo presto. «Fermati da noi a cena, almeno puoi raccontare a Scorp e me della Francia»
Malfoy era sul punto di avvicinarsi e tirargli un pugno, anche se per un occhio meno attento del mio era semplicemente un ragazzo che sorrideva affabile. Ma io vedevo la sua mascella contratta, i pugni serrati dietro la schiena e, con il passare degli anni, avevo iniziato a distinguere il suo sorriso vero da quello di cortesia che sfoggiava nelle occasioni formali e davanti ai suoi genitori.
«Giusto, giusto. Così voi tre potete stare insieme, c'è anche Scorpius, guarda» lo indicò con una mano zia Ginny, come se non lo avessi visto.
In preda al panico mi ritrovai ad annuire impercettibilmente.
Fantastico, in meno di dieci minuti avevo rovinato miseramente il mio piano malvagio, mi ero umiliata davanti a colui che non dev'essere nominato, e mi ero fatta invitare ad una cena. Con Malfoy.
Gli adulti di casa Weasley-Potter -e anche di casa Malfoy, suppongo- non erano a conoscenza delle nostre ultime divergenze. Per loro eravamo ancora i quattordicenni spensierati che passavano tutte le loro giornate ad Hogwarts insieme. Pensavano fossimo ancora migliori amici. Non erano a conoscenza della sofferenza, della solitudine e disperazione che, almeno io, avevo provato nell'ultimo anno e mezzo. Ho sempre dato a lui la colpa delle mie disgrazie, ma in realtà sono stata io. Io, è tutta colpa mia.


Pensavo che una volta tornata a casa avrei potuto iniziare i compiti in santa pace, e ovviamente mi sbagliavo.
«Rose?» Mi sentii chiamare non appena misi piede in salotto. «Rose, sei tu?»
Percepivo una nota allarmata nella voce di mio padre, perciò mi trascinai in cucina controvoglia. «Sì?» Domandai con aria innocente.
«Miseriaccia, Rose! Che fine hai fatto? Io e Hugo ci stavamo preoccupando» mi rimbeccò mio padre, molto rosso in viso.
«Tu, ti stavi preoccupando» sottolineò mio fratello, mangiando i suoi cereali assonnato. «Io lo avevo detto che era uscita a fare un giro perché è strana»
Ah, il mio fratellino, quanto mi era mancato.
«Ehi, pulce» gli feci un grattino in testa, scompigliandogli i capelli rossi, e lui mi scostò la mano infastidito. Poi sgraffignai la scatola di Coco Pops dalle sue grinfie e ne mangiai un po', tanto per fare qualcosa.
«Prima di uscire, la prossima volta, avvisami»
«Non volevo svegliarti» replicai paziente, masticando con calma i cereali.
«Allora lascia un biglietto!» Mio padre si preoccupava sempre troppo. Per lui ero ancora la piccola Rosie che non sapeva andare in bicicletta, e che aveva bisogno che il suo papà controllasse ogni sera che non ci fossero mollicci sotto al letto.
«D'accordo ma sono solo andata da Al» lo tranquillizzai io, dandogli un veloce bacio sulla guancia.
«D-da Al? Ci sei andata per tuo cugino o per quel Malfoy? Guarda, Rose, che se vi siete messi assieme me lo puoi dire» iniziò ad accarezzarmi i capelli e io mi scostai in imbarazzo. «Davvero, preferisco saperlo, così posso spezzargli le... voglio dire, così posso fargli un bel discorsetto, da uomo a uomo»
Non sapevo se scoppiare a ridere per la tragi-comicità della situazione, o se rattristirmi per tutto quello che era successo tra quell'individuo e me. Se solo mio padre lo avesse scoperto... A volte, mi veniva voglia di spifferargli tutto, ma quello sarebbe stato troppo anche per me, dato che mi avrebbe ossessionata a vita per essermi fatta avvicinare da un Malfoy.
Che ti avevo detto, Rosie? Di stargli alla larga, hai visto? Io te lo avevo detto. Devi sempre ascoltare il tuo papà.
E forse avrei davvero dovuto farlo. Mi ripromisi che la prossima volta gli avrei dato retta.
Osservai suo viso dolce, con le orecchie arrossate, solcato da quell'espressione decisa da Auror, e sorrisi per quanto era buffo: per me non avrebbe mai fatto paura ad una mosca, ma era pur sempre il mio papà, perciò credo non contasse.
«Stai tranquillo, tra noi non c'è e mai stato e mai ci sarà alcunché» E la verità di quell'affermazione mi toccò nel profondo: non c'era più nessun tipo di relazione tra lui e me, e questo mi faceva ancora male a distanza di tempo.
Mio padre sembrò leggermente rincuorato e tornò a rivolgersi a mio fratello. «Hugo, tu tienila d'occhio e poi riferiscimi tutto, okay?»
Hugo mugugnò una risposta incomprensibile, troppo concentrato sulla sua tazza di latte per proferir parola. A me scappò un sorriso, perché Hugo, come tutta Hogwarts, era a conoscenza delle divergenze tra me e il Biondaccio, ma per un tacito accordo mai espresso, nessuno ne aveva mai fatto parola con gli adulti della famiglia, e io ero loro grata per questo.
«Adesso io dovrei andare a... uhm, studiare» abbozzai, sperando che mio padre non indagasse oltre.
«Non hai ancora finito i compiti?» Chiese mio fratello sconvolto, distogliendo l'attenzione dal cibo per qualche istante.
«Ecco, in realtà no... però per favore non ditelo alla mamma» pregai i due uomini della famiglia, e, come speravo, mi sorrisero complici.
«Fila in camera, dai» mi disse mio padre con un sorriso. «Con Hermione bocca cucita»
Non me lo feci ripetere due volte. Mi precipitai nella mia stanza con il libro di trasfigurazione sottobraccio e mi richiusi velocemente la porta alle spalle. Lanciai il tomo sul letto e, mentre lo stavo per raggiungere, il mio sguardo si impigliò in una vecchia fotografia.
Dal muro una me un paio di anni più giovane mi sorrideva, e al suo fianco si stagliava un alto ragazzo biondo dagli occhi dello stesso colore delle tende della mia stanza. Erano entrambi rilassati e sorridevano felici. Il ragazzo mi cingeva le spalle con un braccio e mi sussurrava qualcosa all'orecchio, facendomi ridere.
Mi avvicinai alla foto e la staccai dal muro, con l'intenzione di ridurla in coriandoli, ma una volta che mi trovai sul punto di distruggerla non ce la feci, e la schiacciai con forza nel libro di trasfigurazione.

Forse sembro patetica, ma con gli anni la presenza di Scorpius nella mia vita era diventata parte della mia quotidianità, così che la sua assenza, adesso, era praticamente insopportabile.
La sua, era un'assenza che si vedeva. E faceva incredibilmente male.




NOTE DELL'AUTRICE
Salve!
Ecco qui il secondo capitolo, che spero vi piaccia. Si iniziano a racimolare alcuni indizi di quello che è successo tra Rose e Scorpius, ma ancora non penso che la situazione sia molto chiara. In questo capitolo succede poco e niente, ma nel prossimo si risponderà a parte delle domande, promesso!
Ringrazio ancora e mando un muffin gigante a Veronica e a Daniela che mi danno sempre ottimi consigli e leggono le cose che scrivo prima della pubblicazione. Grazie mille!
E grazie a voi che leggete e recensite, davvero.
A presto,
Francesca

 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Capitolo Tre ***


Capitolo tre.

 
Your kiss, my cheek, I watched you leave
Your smile, my ghost, I fell to my knees
When you’re young you just run
But you come back to what you need
This Love, Taylor Swift

 

13 Dicembre 2020. Quinto anno.

Albus salì su un tavolino laccato di nero e si puntò la bacchetta vicino all'orecchio. «Ragazzi!» Disse, e la sua voce rimbombò per tutta la Sala Comune di Serpeverde. «Sta arrivando. Nascondetevi tutti e mi raccomando: aspettate che si accendano le luci prima uscire allo scoperto.»
Non me lo feci ripetere due volte. Mi accovacciai dietro un divanetto e rabbrividii, un po' per il freddo e un po' per l'emozione. Il quindicesimo compleanno del tuo migliore amico non capita mica tutti i giorni. Quella sera, infatti, io e Albus gli avevamo organizzato una festa a sorpresa con tutti i suoi compagni di Casa e anche con studenti di Corvonero, Tassorosso e persino un paio di Grifondoro. Può sembrare strano, ma Scorpius Malfoy era un ragazzo molto popolare -e fin qui niente che non ci si aspettava- che veniva apprezzato da tutta Hogwarts. Certo, essere alto, biondo e terribilmente affascinante aiutava, ma era una persona davvero piacevole, e il suo carattere non aveva niente a che vedere con quello altero e sofisticato del padre.
Non mi ero ancora abituata a quella luce verdognola che proveniva dalle finestre, nonostante non fosse la prima volta che mi trovavo nella Sala Comune delle Serpi. Scorpius e Al dicevano che era rilassante; a me trasmetteva soltanto inquietudine.
Avevamo cercato di rendere il luogo più accogliente e festivo per l'occasione, appendendo striscioni e palloncini al soffitto e alle pareti: il risultato era un connubio stravagante di cupezza e vivacità di colori.
Mentre ringraziavo Merlino per non avermi preso sotto la sua ala, e il Cappello Parlante per avermi smistata in Grifondoro, sentii Al sussurrare. «Lumos.»
«SORPRESA!» Esclamammo quindi tutti in coro, per poi riversarci nell'ampia stanza rettangolare, urlando e battendo le mani contenti. Il nostro entusiasmo, però, scemò non appena vedemmo la faccia del festeggiato.
Scorpius se ne stava lì, davanti al muro d'entrata alla Sala Comune, con la scopa sulla spalla sinistra e una lettera accartocciata nella destra; i capelli erano umidi, e i vestiti sporchi di fango, ma c'era da aspettarselo, dato che aveva appena terminato un duro allenamento di Quidditch sotto la pioggia. Quello che mi paralizzò sul posto era la sua espressione: vitrea. Era pallido e sbattuto, non era lo Scorpius splendente e brillante al quale ero abituata.
Scrutò la folla velocemente come se stesse disperatamente cercando l'acqua nel deserto, e quando posò lo sguardo su di me, il suo viso si distese leggermente e sembrò che ricominciasse a respirare. Capii allora la sua muta preghiera di aiuto. «Scorp...» Lo chiamai, allungando una mano, come per chiedergli il permesso di avvicinarmi.
Lui in risposta scosse la testa, fece cadere rovinosamente la scopa al suolo, si voltò e scappò via, come un cucciolo spaventato che batte in ritirata.
Sapevo di doverlo seguire, e così feci. Mi misi a corrergli dietro, e lui era consapevole che io ero lì, a pochi passi da lui, pronta a raccogliere i pezzi del suo cuore per impedirgli di crollare del tutto.
Attraversammo corridoi, passammo davanti ad arazzi e salimmo un numero non determinabile di scale, fino a quando non arrivammo nell'aula di astronomia, sulla torre più alta del castello.
«Scorpius.» Dissi di nuovo, meno titubante.
Lui si voltò di scatto e i suoi occhi, arrossati e allo stesso tempo vuoti, mi rimasero impressi a fuoco dietro le palpebre per settimane.
«Cos'è successo? Che cos'ha fatto sta volta?» Domandai, senza nemmeno il bisogno di mettere un soggetto alla frase.
«Questi dovrebbero essere gli auguri da parte sua.» Sollevò in aria la lettera e si schiarì la voce. «Quale parte vuoi che ti legga? Quella in cui si domanda dove ha sbagliato con me, o quella in cui mi sprona a prendere il suo posto al ministero, o quella in cui si lamenta delle mie dubbie amicizie?»
Vedendomi leggermente ferita da quell'ultima parte mi si avvicinò, improvvisamente spaventato. «No, Rose, sai che non mi importa quello che ha da dire su di te, o su Al, o sulla vostra famiglia. Lo sai, vero?» C'era una certa urgenza nella sua voce, che mi spinse a fare di tutto per tranquillizzarlo e per sollevare dalle sue spalle almeno parte delle pressioni che suo padre gli riversava addosso.
Mi allungai verso di lui e gli presi il viso tra le mani, premendo la mia fronte contro la sua. «Lo so, Scorp. Tu non sei come lui.» Mi limitai a dire.
Io non ero brava con le parole, Albus invece era un maestro nel consolare le persone, e non riuscivo a spiegarmi come mai, ogni volta che Scorpius stava male, era a me che si rivolgeva.
Lui strinse le mani attorno ai miei polsi e chiuse gli occhi, beandosi di quell'attimo di tregua che ci stavamo ritagliando dal resto del mondo.
«Ho paura che un giorno diventerò come lui.» Sputò fuori, tenendo gli occhi serrati. «E lui è tutto ciò che non voglio essere nella vita.»
Sapevo quanto il venire paragonato al padre fosse frustrante per lui, lo vivevo io stessa sulla mia pelle ogni giorno quando mi facevano i complimenti per essere incredibilmente uguale a mia madre.
«Scorpius, guardami.» Lo chiamai, e la mia voce sembrò riportarlo alla realtà. I suoi occhi erano più verdi che mai, anche al buio dell'aula di astronomia. «Tu non sei Draco Malfoy, così come io non sono Hermione Granger. E mai lo saremo. Noi siamo noi, e abbiamo la possibilità di fare del nostro futuro ciò che vogliamo, indipendentemente da chi siano i nostri genitori. Senti, lo so che è dura, ma non devi dare peso a ciò che tuo padre ti dice. Se sei una delusione per lui? Forse, ma non è questo l'importante: ciò che conta è che tu non sia un fallimento per te stesso.»
Mi sentivo particolarmente soddisfatta del mio discorso e, sì, sono una di quelle persone che predica bene ma razzola male.
Anche Scorpius sembrava incredibilmente colpito dalle mie parole, tant'è che stette zitto per un interminabile lasso di tempo, fino a quando non sussurrò, così piano che pensai di essermelo immaginato. «Rose, io ti amo.»
E mi baciò.
Improvvisamente, come se fosse la cosa più naturale dell'universo, le sue braccia erano attorno alla mia vita, le sue labbra sulle mie, le mie mani allacciate dietro al suo collo e i nostri corpi premuti l'uno contro l'altro.
Mi baciò come se non avesse fatto altro per tutta la vita, e io ricambiai il bacio, a metà tra lo stordito e lo sconvolto.
Scorpius sapeva di montagna, aria fresca e dopobarba, era caldo e mi faceva sentire come se fossi l'essere più prezioso sulla faccia della terra.
Ed era il mio migliore amico.
Scorpius premette un'ultima volta le labbra sulle mie, stringendomi come se non volesse lasciarmi andare mai più e io fossi la sua ancora in mezzo alla tempesta.
Quando ci allontanammo, lui continuò a tenermi per la vita e io feci passare le mani dal suo collo al petto, dove riuscivo a sentire il suo cuore battere come un treno ad alta velocità.
«Rose, sono innamorato di te.» Continuò lui, lasciandomi ad ogni parola sempre più scioccata. «Non so quando sia successo, so solo che un giorno ti ho guardato e ho capito che non volevo stare con nessun'altra che non fossi tu.» Mi diede un altro bacio e io lo lasciai fare, troppo in balia di sentimenti che non sapevo di avere, o neanche di poter provare.
Per un istante fui tentata di rispondergli che, per Merlino!, lo amavo anche io, però poi mi piombò in mente la faccia infuriata di mio padre, e quella di suo padre, di mio nonno, e quella del suo, di nonno. Per non parlare dei pettegolezzi che si sarebbero diffusi a macchia d'olio per tutto il castello nel giro di qualche ora.
No, no, no, no, no. Così avrei perso del tutto la sua amicizia, e io non potevo perdere Scorpius.
«Rose...» Mi chiamò lui, improvvisamente incerto.
Era così bello ed elegante che sembrava essere appena uscito da un romanzo ottocentesco, mentre io... io ero un bel casino. Mi ama, mi dissi, non riuscendo a credere a quelle parole. Come poteva essere innamorato di me? Voglio dire... di me! Magari durante gli allenamenti aveva battuto la testa, e adesso stava delirando. Per forza, perché non era possibile che un ragazzo tanto perfetto amasse proprio me. Io ero così complessata e tremendamente insicura, goffa e sgraziata, al suo fianco ci sarei stata bene come i cavoli a merenda.
«E'... uno scherzo per caso?» Mi arrischiai a domandare con voce sottile, pregando Merlino e tutta la banda che sì, fosse solo un tremendo malinteso.
«Non bacio una ragazza in quel modo, se è uno scherzo.» Rispose lui con una risata amara.
Questo avrebbe complicato le cose, e io odio le cose complicate. Cerco sempre di non mettermi troppo in mostra e di non attirare l'attenzione. Complicato mi mette ansia.
A proposito di ansia, non stavo troppo bene su quel fronte, e Scorpius parve notarlo quando presi un gran respiro e poi un altro ancora subito dopo.
«Non volevo farti venire un attacco d'ansia, Rose, mi dispiace.» Mi abbracciò forte e mi accarezzò i capelli. «Va tutto bene, scusa.»
Scorpius, insieme ad Al e alla mia amica Julia, erano gli unici a conoscenza delle crisi di ansia che mi colpivano nei momenti meno opportuni e di particolare stress, e Scorpius, in particolare, riusciva a calmarmi in men che non si dica.
«No, non devi scusarti. Sto bene, mi hai solamente colta di sorpresa.» Gli spiegai sciogliendo piano l'abbraccio e fissando ostinatamente il pavimento.
Che faccio? Che faccio?
«Lo so, lo so, e... mi dispiace. Avrei dovuto avere più tatto, sono un tale idiota.»
Gli presi la mano e gliela strinsi. «No, non lo sei. E' solo che io... n-non... posso.» Mi ritrovai a balbettare senza senso.
«Non puoi cosa?»
«Non credo... dovremmo.» Dissi in fretta prima di potermelo rimangiare.
Ma cosa stavo facendo? E soprattuto, perché lo stavo facendo!?
«Rosie...» Mi sentii chiamare di nuovo, e finalmente alzai lo sguardo su di lui. Aveva un'espressione tanto afflitta da farmi male al cuore, perché era tutta colpa mia. «Guardami negli occhi e dimmi che non provi niente per me.»
Scossi la testa, perché non ce l'avrei fatta.
Che cosa stupida, avere davanti a te il ragazzo che ami che ti dice che anche lui prova lo stesso per te, e andare nel panico, spezzando ad entrambi il cuore. E' proprio vero che la paura, purtroppo, è la bestia peggiore tra tutti i sentimenti.
Ma l'attacco di panico mi era passato, così che ora potesse arrivarmi abbastanza sangue al cervello da farmelo usare: ero una Grifondoro, i Grifondoro sono coraggiosi, sono orgogliosi e pronti a combattere per ciò che vogliono, e io volevo Scorpius. Terribilmente. Quindi al diavolo le nostre famiglie e i pettegolezzi, se fossimo stati insieme tutto sarebbe andato per il meglio.
Proprio quando ero in procinto di dirgli tutto ciò -che anche io lo amavo e al diavolo il resto del mondo!- e di gettargli le braccia al collo, fummo interrotti dalla porta che si apriva e richiudeva con un tonfo assordante.
«Oh, ho interrotto qualcosa?» Una ragazza eccessivamente bella da sembrare finta, con lunghi capelli biondo miele era appena entrata nella stanza, scoppiando quella bolla magica che si era andata a creare tra Scorpius e me. Ci staccammo velocemente, e io mi ricomposi i capelli alla bell'e meglio.
«Ciao, Giorgina.» Salutò piano Scorpius, guardandomi complice di sottecchi.
La ragazza, invece, pareva alquanto infastidita. «Weasley, la tua amichetta ti sta cercando disperatamente nella vostra Sala Comune, perché la festa è stata ormai annullata. Fossi in te andrei.» Disse con tono annoiato, arrotolandosi una ciocca di capelli attorno alle dita, pensando di essere attraente, a quanto pare.
«Ti accompagno.» Si offrì Scorpius, e quando mi mise una mano sulla schiena, sentii una strana sensazione all'altezza dello stomaco.
«In realtà, Scorpy, vorrei scambiare due parole con te in privato, posso?» Ebbe la faccia tosta di chiedere, sbattendo le ciglia piene di mascara.
«Uh, d'accordo.. ci vediamo domani e terminiamo il discorso, Rose, okay?»
Scorpius mi sorrise, e non potei far a meno di pensare che fosse la cosa più bella del mondo. Chissene frega se parlava con Giorgina, lui amava me. Non so per quale scherzo cosmico, ma non erano i capelli perfetti o il fisico asciutto di Giorgina, bensì le mie lentiggini e la mia goffaggine delle quali era innamorato.
Annuii a Scorpius e rivolsi un veloce cenno a Giorgina, per poi dirigermi verso la torre di Grifondoro. Fuori un lampo e poi un tuono spezzarono il cielo temporalesco, e un terribile presentimento si impossessò di me.

 

14 Dicembre 2020, sera.

Quel giorno non ero riuscita a parlare con Scorpius, e mentre stavo seduta al tavolo di Grifondoro a cenare non riuscivo a smettere di lanciare occhiate in sua direzione.
«Vai da lui.» Sillabò Julia, sistemandosi gli occhiali sul naso con fare pratico. «Ha finito di mangiare, guarda! Vai lì, lo chiami e via. Non sopporto più di vederti così persa tra le nuvole.»
Io non riuscivo davvero a contenere il mio entusiasmo. Sorridevo a destra e a manca, ed ero consapevole di risultare leggermente inquietante, ma non me ne importava niente: Scorpius Malfoy mi amava. E andava tutto bene.
Mi alzai di scatto, e lui fece lo stesso, con un sorrisetto sulle labbra e gli occhi brillanti come pietre preziose.
Ci incamminammo verso la porta principale continuando a guardarci e a sorridere, ed era come se Scorpius sapesse quello che gli avrei detto di lì a pochi minuti.
«Rose.» Mi salutò, scompigliandosi un po' i capelli.
«Scorpius.» Ricambiai io. «Devo dirti una cosa.»
«Non vedo l'ora.» Sembrava nervoso, e non ero abituata ad uno Scorpius non sicuro di sé, ma era bello pensare di fargli quell'effetto.
Quando raggiungemmo un'aula vuota ci infilammo dentro, e non feci in tempo ad aprire bocca che subito non eravamo più soli.
«Scorpius! Devo assolutamente parlarti.» Giorgina Nott si materializzò sulla soglia con un'espressione sconvolta sul volto.
La bacchetta! Dove Merlino era la mia bacchetta quando serviva? Giorgina deve ringraziare il cielo che non la avessi a portata di mano, altrimenti giuro che l'avrei schiantata senza pensarci due volte.
«Puoi aspettare dopo, in Sala Comune?» Scorpius si stava alterando, e la cosa non poteva che farmi piacere.
«No.» Scosse fermamente la testa lei, entrando nell'aula e avvicinandosi a lui, per poi rivolgermi uno sguardo sdegnoso. «No, devo dirtelo subito. Si tratta di quello di cui abbiamo discusso ieri.»
Alzai gli occhi al cielo e sbottai. «E va bene, Nott. Come vuoi.»
Raccolsi la mia borsa da terra e rivolsi un cenno di saluto a Scorpius, seccata e demoralizzata.
Se non gli dico che lo amo al più presto potrei esplodere.
«Domani, okay?» Mi disse.
«Okay.» Gli sorrisi.

 

16 Dicembre 2020, mattina.

Ieri non vidi Scorpius. Era strano che non ci incontrassimo per una giornata intera, tuttavia lasciai correre. Quando quella mattina Scorpius non si presentò a colazione, e nemmeno a lezione di Pozioni -unico corso che condividevamo- iniziai a preoccuparmi sul serio.
«Albus! Che fine ha fatto Scorpius?» Gli chiesi a metà tra il disperato e il divertito. Ma il mio sorriso si spense quando guardai Al in faccia. «Cos'è successo?» Chiesi improvvisamente seria, terrorizzata che potesse essergli capitato qualcosa di brutto.
Stava male? Ancora suo padre? Dov'era ora?
«Non lo sai neanche tu?» Esclamò Al con occhi spalancati. «Non ho idea di che cos'abbia, pensavo che almeno a te lo avesse detto!»
«Spiegati.» Il mio cuore aveva iniziato a battere all'impazzata.
«Gli ho fatto mille domande, e non mi dà retta. Non vuole uscire dal dormitorio, ma stasera lo trascino a cena di peso, fosse l'ultima cosa che fac...» Le parole gli morirono in bocca e si ritrovò a fissare un punto dietro di me con espressione sconvolta.
Mi voltai e mi sentii come se avessi appena visto il sole di inverno. Scorpius stava camminando verso di noi, brillante come una supernova, ma c'era qualcosa di incredibilmente sbagliato in lui: i suoi occhi erano innaturalmente freddi.
«Eccoti, razza di idiota!» Lo accolse Albus, dandogli un'affettuosa pacca sulla spalla.
«Sto bene, Al, non è successo niente.» Disse minimizzando il pessimo umore degli ultimi giorni con un gesto della mano. «Weasley.» Mi salutò.
Io girai la testa, convinta si stesse rivolgendo a qualcun altro. Poi guardai Albus che aveva spalancato la bocca e nemmeno si era preso il disturbo di richiuderla.
«Stai parlando con me?» Chiesi, certa che mi stesse prendendo in giro. Che razza di scherzo era mai quello? Da quando mi chiamava per cognome e da quando i suoi modi si erano fatti tanto glaciali?
«E con chi sennò? Vedi altre teste rosse da queste parti?»
«Scorpius, ma che hai?»
Lui si limitò a scrollare le spalle, come se io fossi un fastidioso insetto che gli stesse dando il tormento.
«Ehi, amico, si può sapere che ti prende?» Al si era finalmente ripreso e guardava il suo migliore amico -il nostro migliore amico- come se fosse un alieno.
«Ho capito chi è davvero importante nella mia vita, e chi merita le mie attenzioni.» Mi rivolse un'occhiata di sufficienza e poi tirò dritto, e senza voltarsi urlò:«Ci vediamo a cena, Al.»
Io e mio cugino ci guardammo: Albus aprì la bocca, ma non riuscì a formulare alcuna domanda. Io scossi la testa. «Non lo so, Al. Non lo so.»

 

30 Gennaio 2021, biblioteca.

«E allora perché non mi parla? Perché mi tratta come se fossi una nullità?» Mi ritrovai ad esclamare tra i vari manuali di trasfigurazione.
«Shhht, tesoro, abbassa la voce.» Mi rimbeccò Julia passandomi un'altra cioccorana per farmi stare zitta.
«Al, ti prego, fa qualcosa. Lui non mi ascolta, non vuole ascoltarmi e... mi odia! Mi odia e basta.» Implorai mio cugino, che, poverino, desiderava solamente studiare in santa pace.
Albus mi guardò da sopra gli occhiali, poi chiuse il libro e sospirò. «Rose, lo sai che ci sto provando. Lo sto tartassando di domande, ma è irremovibile. Se non mi avessi raccontato tu quello che è successo tra voi nell'aula di astronomia, lui non me ne avrebbe mai fatto parola. E' come se volesse cancellare tutto, come se, non parlandone, volesse fingere che non fosse mai successo.»
«Ma perché?»
«Non lo so.» Affermò Al, impotente in questa situazione quanto lo ero io.
«Secondo me qualcuno gli ha fatto il lavaggio del cervello.» Buttò lì Julia leccandosi le dita sporche di cioccolato, e guadagnandosi così un'occhiataccia da parte mia e di Al. «Che c'è? Un giorno era innamorato perso e il giorno dopo la odia, i casi sono due: o è stato rapito dagli alieni o gli hanno fato il lavaggio del cervello.»
«Comunque sia, non ho intenzione di arrendermi.» Decisi. «Non può comportarsi in questa maniera senza darmi alcuna spiegazione. Voi dite che potrebbe essere perché pensa che io... insomma, che io non ricambi i suoi sentimenti?» Se mi avesse odiata per quel motivo, non me lo sarei mai perdonata.
«No, non è quello.» Meditò Al. «Un giorno gli ho urlato contro che non può trattarti in questo modo perché pensa che tu non lo ricambi, e mi ha detto che non si tratta di questo. Non so se crederci o meno.»
Sprofondai la testa tra le mani, senza sapere come procedere, come fare a convincerlo a parlare con me e a spiegarmi che cosa gli fosse successo.
«E ora che faccio?» Chiesi ai due amici che mi erano rimasti.
Questi mi guardarono come si guarda un bambino prima di dirgli che le sue caramelle preferite sono terminate.
Avete presente quel detto che dice che se non hai cose carine da dire è meglio tacere? Ecco: stettero zitti.

 

1 Settembre 2021, sesto anno.

«Hai sentito della nuova coppia?» Mi chiese titubante Julia, servendosi un'altra fetta di torta al cioccolato e iniziando a mangiarla con gusto.
«Me lo ha detto Al.» Biascicai io depressa, decidendo che il mio suffle non mi andava più. Il pensiero di Scorpius con un'altra ragazza che non fossi io mi faceva rivoltare lo stomaco. Se poi si trattava di Scorpius e Giorgina Nott, allora potevo anche dire addio alla cena.
«Pare abbiano dato spettacolo.» Continuò la mia amica, tirandosi una ciocca di capelli rossi dietro l'orecchio. «A quanto ho sentito, lui l'ha baciata davanti a tutti, sul vagone di Serpeverde! Tuo cugino era scandalizzato perché non se lo aspettava.»
Feci un bel respiro per non mettermi ad urlare. Julia mi prese la mano da sotto il tavolo e me la strinse. «Come ti senti? Non badare a quel Malfoy, è uno stronzo e non merita un secondo del tuo tempo.»
«Lo so, Julie.» La rassicurai io con una risata triste. Tirai su con il naso. «Va tutto bene, mi sono lasciata scappare l'occasione, e ora mi odia. E' tutta colpa mia, avrei dovuto dirgli che lo amavo anche io quando ne avevo l'opportunità.» Ripensare a quel momento mi fece venire le lacrime agli occhi e la mia amica mi passo un braccio attorno alle spalle con fare protettivo. «Guarda la luce, tesoro. Guarda la luce. Ti aiuterà a non piangere.»
Feci come mi diceva e, prima che potessi ringraziarla, vidi Scorpius alzarsi dal tavolo dei Serpeverde, da solo. Albus incrociò il mio sguardo e mi fece cenno di seguirlo. Io non me lo feci ripetere due volte: ero già in piedi e gli stavo trottando dietro.
«Rose!» Sentii Julia chiamarmi.
Mi voltai e lei mi rivolse un'occhiata rassegnata da dietro i suoi occhiali neri. «Stai attenta.» Disse solo.
Le mandai un bacio con la mano e tornai ad inseguire Scorpius.
E' passata un'estate, Rose. Provaci, coraggio.
Scorpius uscì dal portone principale, probabilmente diretto alla Guferia, e io camminai dietro di lui, cercando di raggiungerlo.
«Scorpius.» Gridai, per sovrastare gli ululati del vento che soffiava gelido. Avevo dimenticato il mantello, ed incrociai le braccia al petto nella speranza di proteggermi dal freddo che mi stava lambendo le viscere.
Lui neanche prese la briga di voltarsi, o di fermarsi. «Che vuoi, Weasley?»
L'aria era satura di parole non dette e sentimenti repressi, e io rabbrividii nel tessuto del mio maglione grigio.
«Ho sentito di te e la Nott. Congratulazioni.»
Sul serio, Rose? Vuoi davvero parlare di questo adesso?
Era l'unico argomento che mi venne in mente per iniziare la conversazione, e inoltre volevo sapere esattamente che cosa c'era tra di loro: lui la amava? L'aveva baciata come aveva baciato me quell'inverno?
Finalmente smise di camminare e mi degnò di uno sguardo. Non gli ero stata così vicina da mesi e nonostante mi stesse guardando con disprezzo, nonostante i suoi capelli sparassero da tutte le parti a causa del vento, io non potevo fare a meno di pensare che non esisteva ragazzo più affascinante di Scorpius Malfoy.
«Non sono affari tuoi, Weasley.» Mi sputò addosso, senza pietà.
Perché, perché, perché si comportava così? Perché mi faceva del male e provava piacere nel vedermi soffrire?
Ma sapete cosa, mi ero stufata. Non ne potevo più di sopportare lui e il suo tono altero, i modi altezzosi che usava solamente con me, lo sguardo disgustato che serbava per me e per nessun altro. Avevo fatto il possibile per sistemare le cose, e lui non voleva collaborare.
«Mi sbagliavo, sai? Sei esattamente uguale a tuo padre.» Sibilai maligna, sperando di ferirlo almeno quanto lui mi aveva distrutta per tutto questo tempo. La sua guardia sembrò vacillare impercettibilmente, e questo mi bastò, perché sapevo quanto fosse bravo a mascherare le sue emozioni. «Vai al diavolo, Malfoy.»
Tornai nel castello e mi precipitai su per le scale, verso la Sala Comune, verso il mio dormitorio, il mio letto, Julia. Verso la mia migliore amica.
Avevo incredibilmente freddo e mi sentivo tutta intorpidita, nonostante fossi ormai al coperto; ma non era colpa del clima, era tutta colpa sua.
Fu in quel momento che lo ribattezzai Colui che non dev'essere nominato. Non volevo più sentire parlare di Scorpius Hyperion Malfoy.


In quei mesi imparai che non si possono costringere le persone a volerti bene, o ad essere tue amiche, o a perdonarti. Se queste non vogliono, devi rispettare la loro decisione; ed era ormai evidente che Scorpius Malfoy non era più interessato ad avere niente a che fare con me.
Dovevo solo tenerlo a mente.

NOTE DELL'AUTRICE
Salve a tutte!
Sono molto, molto, molto agitata per questo capitolo, perché è proprio da qui che è nata questa ff; è da qui che mi è venuta l'idea. Perciò, ecco, è un capitolo importante e spero non vi abbia deluso. Non si scopre come mai Scorpius odia Rose, ma si svela il mistero di che cosa c'è stato tra di loro.
Come ho detto sono abbastanza terrorizzata perché ho paura faccia schifo, ma vabbe, schiaccio il pulsante e mi butto!
Volevo pubblicarlo oggi perché domani inizia la scuola e questo voleva essere una specie di regalo; inoltre da domani avrò meno tempo per scrivere e per pubblicare. Anche se ho comunque due capitoli già pronti, non so con che regolarità pubblicherò.
Ringrazio ancora Daniela e Veronica, non mi stancherò mai di farlo -grazie, grazie, grazie- e grazie a voi che avete letto e che mi avete lasciato una recensione. Grazie infinite <3
Un abbraccio,
Francesca
 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Capitolo Quattro. ***


Capitolo Quattro

Let me remind you: this was what you wanted.
You ended it.
You were all I wanted.
But not like this.

All You Had To Do Was Stay, Taylor Swift




Alla fine non ero riuscita a finire i compiti.
Avevo passato tutto il giorno prima a cercare di scrivere quel maledetto saggio di trasfigurazione -che mi era uscito malissimo oltretutto- mentre quella notte mi ero dedicata agli esercizi di incantesimi, che era la mia materia preferita in assoluto. Quella mattina, invece, avevo terminato le pozioni che il professor Lumacorno ci aveva assegnato e, anche se una mi era uscita verde chiaro (del colore degli occhi del Biondaccio, come se Merlino non mi odiasse già abbastanza) al posto di giallo brillante, potevo dirmi abbastanza soddisfatta. Purtroppo non avevo avuto tempo di studiare erbologia, e avrei dovuto svolgere le equazioni magiche di artimanzia sul treno, ma che ci dovevo fare? Si fa quel che si può.
«Al, mi passi il sale?» Chiesi piano a mio cugino che, essendo seduto al mio fianco, era il più lontano da ciò che mi serviva. Sarebbe stato ideale rivolgersi a voi sapete chi, che era posizionato di fronte a me, ma non se ne parlava.
«Scorp, passi il sale a Rose?» Fece Al con fare annoiato, deciso a non supportare né me, né il suo amico, in quella crociata che stavamo combattendo da più di un anno.
Gli tirai un calcio da sotto il tavolo, e sperai di avergli fatto male.
Perché ho un cugino più stronzo del mio ex-migliore amico stronzo?
Malfoy non fece una piega, e io non potei fare a meno di ammirare il suo essere impassibile. Mi chiesi se quella fosse tutta una recita, o se davvero gli ero così indifferente. Se io fossi stata al suo posto sarei arrossita, avrei iniziato a balbettare frasi sconnesse, per poi agguantare la boccetta e rovesciare tutto il contenuto sul tavolo. Come minimo.
Scorpius, invece, sorrise affabile, allungò un braccio e poggiò con leggiadria il sale di fianco al mio bicchiere. Mi arrischiai ad alzare lo sguardo su di lui, e lo trovai a fissarmi con un sopracciglio alzato, in attesa di un ringraziamento, suppongo.
Col cavolo! Pensai, irremovibile. Poi notai che l'attenzione generale si era concentrata su di noi -a causa del mio sopracitato arrossire e andare nel panico. Immaginai mia madre che mi guardava contrariata perché non sia mai che la figlia di Hermione Granger non conosca le buone maniere, perciò strinsi i pugni e lo guardai male. «Grazie.» Mi costrinsi a sibilare, sottintendendo tutto l'astio e l'antipatia dei quali ero capace, e sperando che lui le cogliesse.
Merlino! Sei lettere, due sillabe, una parola, eppure avevo il fiatone come se avessi appena pronunciato un'interminabile orazione in senato.
«Non c'è di che.» Ebbe il coraggio di replicare lui, come se si stesse divertendo un mondo.
Io non lo sopportavo. La cosa che più mi stupiva era che avevo iniziato ad odiarlo per colpa sua, perché lui un giorno aveva deciso che io non ero più degna delle sue attenzioni, dato che “non ero innamorata di lui”. Se solo avesse saputo la verità...
Stronzo, stronzo, stronzo. Ho già detto che è un maledettissimo stronzo?
«Allora, Rose, com'era la Francia?» Iniziò zio Harry, e io sapevo che sarebbe arrivata quella domanda.
Il punto era che ogni volta che mi si chiedeva di raccontare qualcosa, mi veniva sempre da rispondere bene e bello, perciò preferivo non dire niente e mostrare le foto. Si risparmiava un sacco di tempo. «Mh, stupenda.»
Appunto.
Harry e Ginny mi guardarono in attesa, Lily messaggiava di nascosto sotto il tavolo, perciò non era molto interessata, e sentii Al sospirare al mio fianco. Ma quello che mi smosse fu il sorrisetto strafottente di Malfoy.
«Stupenda.» Ripetei, più convinta e raddrizzando la schiena. «Ho frequentato una scuola di francese e ho conosciuto un sacco di ragazzi simpatici e gentili.» Misi particolar enfasi su quest'ultima parola, sperando di suscitare una reazione dal biondaccio che mi sedeva di fronte, ma niente, sembrava fatto di pietra. «E' stata la cosa migliore che potesse succedermi quest'anno, avevo proprio bisogno di cambiare aria.»
«E come stai, Rosie?» Chiese Harry apprensivo, poggiandomi una mano sul braccio.
Maledetta mia madre! Sapevo che glielo avrebbe detto, ci avrei messo la mano sul fuoco, anche se le avevo espressamente imposto di non farlo. «Sto bene ora. Questo viaggio è stato un toccasana.» Risposi sincera, perché era vero: non avevo più avuto crisi d'ansia dal giorno della partenza; andare lontano per tutta l'estate mi aveva aiutata molto a rimettere a posto le idee e a prendermi una pausa dallo stress.
«Oh, é un vero sollievo, Rose.» Esclamò zia Ginny, guardandomi apprensiva. «Tua madre, appena sei partita, era così preoccupata e temeva che non ce l'avresti fatta e che, una volta arrivata in aeroporto, avresti chiamato un taxi per tornare a casa.»
Sentivo la pena che provavano per me, e lo odiavo. Odiavo essere guardata con compassione, perché non ne avevo bisogno: né in quel momento, né prima, durante i giorni più bui.
Ammetto che scoprire che mia madre avesse così poca fiducia in me mi fece un po' male, ma come biasimarla? Non posso negare che ci pensai davvero, a chiamare un taxi per scappare a casa. Ma non l'ho fatto, ecco cosa conta davvero.
«Be', no. Ce l'ho fatta.» Affermai, alzando la testa, fiera di me.
Bevvi un sorso d'acqua, per evitare che la mia voce tremasse. Detestavo pensare a quel periodo perché mi faceva sentire debole e fragile. Posai il bicchiere e mi bloccai. Scorpius non lo sapeva. Non sapeva che la primavera passata le mie crisi di ansia si erano fatte quasi insostenibili; non sapeva che ero stata davvero poco bene; non sapeva niente.
E ora glielo avevano praticamente detto, convinti che io mi fossi confidata anche con lui, oltre che con Al; dopotutto era un trio inseparabile, il nostro. Un tempo almeno.
Malfoy mi guardava dall'altra estremità del tavolo e, finalmente, riuscivo ad intravedere qualcosa attraverso il muro di pietra che ergeva ogni volta che era in mia presenza, frammenti dello Scorpius che pensavo di conoscere.
Per la prima volta quella sera lo osservai: indossava una camicia azzurro chiaro che gli metteva in risalto gli occhi verde pastello, aveva i capelli leggermente umidi che gli ricadevano sulla fronte in ciocche irregolari, ed era sempre bello. E mi stava guardando. Mi stava guardando senza quell'aria di superiorità che indossava ogni volta che mi vedeva, al contrario, sembrava sinceramente dispiaciuto e quasi... ferito?
Fu questo a mandarmi in bestia: che diritto aveva, lui, di sentirsi così? Che cosa gli importava di come stavo io? Aveva messo bene in chiaro che con me non voleva più avere niente a che fare, e io non potevo perdere la mia vita a cercare di farmi perdonare da lui per qualcosa che non avevo fatto. Quasi quasi lo preferivo impassibile.
«C'era qualche ragazza carina in Francia che puoi presentarmi, Rose?» Tentò di cambiare discorso Al, suscitando le risate di tutti, e io non potei che essergliene eternamente grata.
«Mmh, in realtà sì!» Mi ritrovai a dire, stupendomi di come non mi fosse venuto in mente prima, ma tra i compiti, quella cena indesiderata, e l'imminente rientro ad Hogwarts, mi era completamente passato di mente. «C'è questa ragazza, Danielle, che verrà a frequentare l'ultimo anno a Hogwarts, ed è molto carina. Le piace leggere, scrivere, sarebbe la ragazza perfetta per te.»
Albus arrossì violentemente e si guardò in giro in imbarazzo, mentre Sorpius se la rideva di gusto e Ginny batteva le mani esaltata. «Merlino, Rose! Presentagliela, ti prego!»
«E' ora che ti trovi una ragazza, Al.» Lo schernì Lily con una risata.
«Concordo con i tuoi famigliari, amico.» Fece Scorpius, con un ghigno malandrino stampato sul volto che lo rendeva così affascinante che mi fece venire voglia di tirargli un pugno.
«M-ma, Rose!» Esclamò mio cugino, sul punto di evaporare per l'imbarazzo. «Ma io stavo scherzando!»
I suoi occhi spalancati e le sue guance teneramente dipinte di un rosso acceso mi fecero scoppiare a ridere, benché mi fossi ripromessa di non farlo per solidarietà. «Sono seria, sarebbe perfetta.»
«Benissimo! Allora tu forniscigli quante più informazioni possibili su questa Danielle, magari si dà una svegliata.»
«Mamma!»
«Ginny!» La richiamò Harry, scuotendo la testa esasperato.
«Che c'è?» Ginny si sistemò una ciocca di capelli dietro un orecchio e si alzò con un sospiro. «Vado a prendere il dolce, che è meglio. Mi sa che dovrò aspettare Lily per avere dei nipotini.»
«Mamma!» Esclamarono in coro i due Potter più piccoli.
La madre fece loro un occhiolino e scomparì in cucina, canticchiando una vecchia canzone di Celestina Webber.
Ah, i Potter, adoravo stare in loro compagnia, e se non fosse stato per il biondaccio, quella sarebbe stata una serata perfetta.
La suoneria di un telefono spezzò l'atmosfera giocosa che si era andata a creare come carta velina. «Uh, scusate. E' il mio.» Disse Scorpius un po' in imbarazzo mentre si tastava le tasche alla ricerca del cellulare.
«Se è Giorgina, dovresti rispondere.» Mi uscì di getto, prima che potessi fermarmi. «Non si sa mai che si offenda.»
Scorpius mi rivolse uno sguardo interrogativo e io scossi le spalle, guardando ostinatamente altrove. Lui rimase a fissare il telefono che squillava impazzito, improvvisamente indeciso sul da farsi.
«E' la terza volta che ti chiama oggi, dovresti proprio risponderle.» Disse mio cugino ragionevolmente, e io cercai di sorvolare su quella terza volta. Perché non le rispondeva?
Non ti interessa, Rose. Non sono affari tuoi, mi ricordò la vocina nella mia testa. Giusto.
«Non preoccuparti, Scorpius, vai pure.» Lo rassicurò Zio Harry con un piccolo sorriso.
Malfoy borbottò un veloce ringraziamento e si alzò dal tavolo, mentre premeva il tasto verde. «Ehi, Giorg... Lo so, lo so, scusami....»
«Hanno dei problemi?» Chiese Harry, e mi sembrò assurdo che la domanda fosse indirizzata sia ad Al che a me. A me! Poi però mi ricordai che lui non sospettava niente di tutti i casini che erano successi, perciò mi limitai a stare zitta e ad annuire a ciò che diceva Albus. «Non è che hanno esattamente dei problemi. E' solo che lei ultimamente è eccessivamente gelosa e pressante, diciamo che Scorp non la sopporta più.»
Non chiederlo, non chiederlo, Rose.
Ovviamente lo chiesi. «E allora perché non la molla?»
Albus mi rivolse un'occhiata sbarazzina e la domanda che mi stava rivolgendo con lo sguardo era “Perché ti interessa, Rosie?”. Poi però si incupì e si limitò a dire:«Per una serie di motivi, tra cui suo padre.»
Dato che non sembrava incline ad aggiungere altro, zio Harry annuì mesto, e il suo sguardo era solcato da un leggero velo di tristezza.
Io invece desideravo solo che quella serata finisse per poter mettere la maggior distanza possibile tra me e Scorpius Malfoy.

Terminato il dolce, feci per andarmene. La mia mano si era appena poggiata sulla maniglia della porta, e sentivo cori di angeli intonare alleuia, quando zia Ginny mi bloccò. «Te ne vai di già, Rose? Ma è così presto, voi ragazzi dovreste andare in camera di Al e passare un po' di tempo insieme... non vi vedete da mesi!»
Chiusi gli occhi, imprecai a bassa voce e sfoggiai il sorriso meno inquietante del mio repertorio. «Ehm, io... sono molto stanca, sapete... fuso orario.»
«Ma c'è differenza di solo un'ora.» Fece notare pungente Malfoy, guadagnandosi un'occhiata inceneritrice da parte mia.
Ma allora era scemo forte. Lui non mi voleva tra i piedi, e la cosa era reciproca. Non poteva reggermi la farsa per una volta nella vita?
«Sì, Rose.» Colse la palla al balzo Al. «Resta con noi per un paio d'ore.»
Il Biondaccio sperava di avermi messo in difficoltà, ma io non ci stavo. «D'accordo, se insistete!» Esclamai con decisamente troppo entusiasmo.
Bene, Malfoy, ti starò tra i piedi per tutta la sera. Ora non hai più tanta voglia di fare il saputello, eh?
Mi diressi impettita verso le scale e poggiai un piede sul primo gradino. Poi mi voltai e guardai con aria di sfida i due ragazzi. «Venite o no?»
Quelli si scambiarono un'occhiata stupita, poi mi seguirono con una scrollata di spalle, senza dire una parola. Salii i gradini sbattendo i piedi seccata. Una volta giunta in camera di Albus mi sdraiai sul suo letto ed incrociai le braccia dietro la testa per guardare quei due allocchi con aria truce: mio cugino per non avermi permesso di andare a casa, e l'altro semplicemente per il fatto che esistesse.
«Beeene, come i vecchi tempi!» Esclamò Albus con forzata allegria. «Vero?» Si rivolse a colui che non deve essere nominato con un sorrisone, che venne ricambiato con una smorfia. Né io né il Biondo eravamo intenzionati a spiaccicare parola infatti, e Al parve accorgersene. «Oh, andiamo! Rose.» Sbottò, puntandomi il dito contro minaccioso. «Racconta qualcosa sulla tua estate che vada oltre il è stato tutto bellissimo, è stata l'esperienza migliore della mia vita, oh Merlino! Perché so che avresti molto altro da dire, dato che scrivi papiri ogni qualvolta che ne hai la possibilità. Ti conosco.» Poi si fermò e guardò Scorpius. «Ti conosciamo.»
Quello fece una smorfia contrariata e stette zitto.
Albus aveva ragione: non parlavo molto di quello che mi succedeva, preferivo scriverlo. Era forse la mia più grande passione, assieme alla lettura: non importava quanto la mia giornata avesse fatto schifo, la consapevolezza di avere un libro, o un block notes con una penna, a casa ad aspettarmi era una grande consolazione.
E fu per questo che raccattai il volume che era posato sul comodino di Al ed iniziai a leggere. Il Quidditch attraverso i secoli, bene, la mia sfiga non aveva limiti. Mi piaceva il Quidditch, ma non al punto da leggere un manuale a riguardo. Da oltre le pagine scrutai Malfoy sedersi imbronciato sul letto e iniziare a mandare sms con il cellulare, mentre Al alzava gli occhi al cielo esasperato. Mi guardò, poi guardò il suo amico, e riprese la sua invettiva. «Senti, bello.» Gli disse. «Non lo so che cosa ti sia passato per la testa l'anno scorso. Probabilmente un Gorgosprizzo ti ha mangiato il cervello, o magari è tutta colpa dei Nargilli -no, non ho idea di che cavolo siano i Nargilli!- ma non puoi comportarti così.»
Scorpius non rispose.
«Vedi come fa?» Continuò ad urlare Al, questa volta rivolto a me, indicando l'amico con la mano. «Tace. Non dice niente. Ti pare normale?»
No, ovvio che non era un comportamento da persona normodotata, ma avevo da tempo stabilito che colui che non dev'essere nominato fosse completamente scemo. Oltre che intrinsecamente stronzo.
Stavo per rispondere che non me ne fregava niente se il suo amichetto era un mestruato del cavolo, ma le parole mi si impigliarono in bocca quando qualcuno bussò alla porta. «Comportatevi in modo civile, voi due.» Sibilò mio cugino gelido. Mi ricordò vagamente sua madre quando si infuriava con James per averne combinata una delle sue.
«Lily, grazie al cielo sei tu.» Sospirò grato, vedendo apparire la sorellina sulla soglia.
«Albus, abbassa la voce. Dal corridoio si sente tutto.» Lo rimbeccò lei, osservando me e Malfoy dalla spalla del fratello. «Nessun progresso, uh?»
«Nada.»
«Comunque, mamma ha appena visto uno scarafaggio e sta dando di matto. Vai ad aiutarla, ti prego.»
«Proprio adesso? Non può farlo papà?» Chiese Albus, passandosi una mano tra i capelli.
«Papà? Seriamente? Ma se è più terrorizzato lui della mamma! Sono ridicoli, se solo avessi diciassette anni me ne sarei già occupata io.» Sbottò Lily scocciata, incrociando le braccia al petto.
«Non posso lasciarli qui da soli, si scannerebbero a vicenda. » La implorò Al, sull'orlo di una crisi isterica.
Io, dal canto mio, continuavo a far finta di leggere il mio libro, sbirciando di sottecchi il Biondaccio.
«Non sono mica dei bambini!» Disse allora la rossa scandalizzata. «E tu non sei il loro baby-sitter.»
«Ehm... vi sentiamo.» Fece notare in modo eloquente Malfoy, non alzando gli occhi da quel maledetto aggeggio babbano.
Stava scrivendo ancora alla Nott? Se c'era qualcuno che sopportavo meno di lui, quella era la sua ragazza. Così perfetta, bella e... bionda. Non che avessi qualcosa contro i biondi, sia chiaro, avevo qualcosa contro i biondi Serpeverdi piene di sé, ecco.
«Bene, che ci sentiate! Limitatevi a comportarvi da ragazzi maturi e ignoratevi cordialmente. Albus, andiamo» Ci sgridò Lily, il che fu imbarazzante dato che aveva due anni meno di noi. Agguantò il fratello per la mano e lo trascinò via, ignorando le sue magre proteste.
«Io mi comporto da persona matura e lo ignoro.» Puntualizzai, ma i fratelli Potter erano giù usciti dalla porta, sbattendola alle loro spalle con un tonfo.
Perfetto, da sola in una stanza con colui che non dev'essere nominato. Cosa avrei potuto chiedere di più dalla vita? Un giro su un ippogrifo infuriato? Una lezione con Hadrig e i vermicoli? O magari una vacanza insieme al nonno dei gemelli Scamander, Xenophilius?
Cercai di concentrarmi sul libro, senza successo. Restai bloccata alla stessa pagina, colma di figure per giunta, per un lasso di tempo indefinito, sperando che mio cugino si sbarazzasse di quello scarafaggio il più in fretta possibile.
«Pensavo che stessi meglio.» Disse tutto d'un tratto Malfoy, e per un pelo non mi cadde il libro dalle mani. Lo poggiai sul letto e mi tirai a sedere con gli occhi spalancati.
Anche lui aveva abbandonato il cellulare, e mi fissava con cipiglio serio, ma senza quella durezza e cattiveria che sfoggiava di solito.
«Scusa?» Domandai, non credendo alle mie orecchie.
Stava parlando con me? O forse era un sogno causato da tutta la torta alla melassa che avevo divorato?
«Hai capito. Pensavo stessi meglio.» Ripeté con fare pratico, respirando piano, regolarmente.
«Non è che tu lo abbia mai chiesto, o sbaglio?» Sibilai, sul punto di afferrare il libro sul Quidditch e lanciarglielo in testa.
«Tuo cugino è il mio migliore amico.» Commentò semplicemente. «Mi teneva aggiornato.»
Quando alzò lo sguardo fui travolta dai suoi occhi verdi, e qualcosa si smosse nel mio stomaco.
Detestavo l'effetto che a distanza di anni riusciva a farmi; non sopportavo il fatto che nonostante mi avesse ignorata per mesi io non potessi evitare di sperare che forse provasse ancora qualcosa per me; ma più di tutto, odiavo sentirmi come se l'aria fosse appena stata risucchiata dalla stanza quando lui era presente.
«E questo per te sarebbe sufficiente?» Replicai, incapace di trattenermi. Non mi andava di litigare, di nuovo. Era una storia archiviata, e stavo davvero cercando di auto convincermi che per me lui, adesso, contasse meno di zero. Non capivo il motivo delle sue preoccupazioni: forse si sentiva solo in colpa.
Lui abbassò il capo, lievemente imbarazzato, e quando lo risollevò era come se avesse indossato una maschera. «Non glielo chiedevo io, ovviamente. Mi raccontava e basta.»
Mi diedi della stupida per aver pensato anche solo per un nano secondo che Malfoy avesse potuto cavare ad Al informazioni su di me.
Ricordati che ti odia. Ti odia, e tu odi lui.
«E allora, se non ti importa, cosa me lo chiedi a fare?» Sbottai, sul punto di mettermi ad urlare. Parlare con lui, stare nella sua stessa stanza, o anche solo condividerci l'aria, era una tortura, e mi sentivo come se fossi percorsa da una serie di lesioni interne, perché un conto era ignorarlo, ma stargli così vicino era tutta un'altra storia. La sua presenza, così distaccata e diversa da quella a cui ero abituata, mi ricordava maligna tutto ciò che avevo perso e che non avrei mai più riavuto.
«Mi importa.» Sussurrò piano, come se stesse condividendo un terribile segreto.
E fu in quel momento che sentii gli occhi bruciare, e chiusi le mani a pugno per impedirmi di crollare.
No, Rose. Non farti ingannare da lui. Non si merita più niente.
In quel momento, Albus rientrò nella stanza.

Sembri così sincero che potrei anche crederti, se solo non conoscessi fin troppo bene gli sguardi di sufficienza che mi riservi solitamente.
Se solo non mi ignorassi ogni qualvolta che ne hai l'occasione, forse potrei perdonarti.
Se non mi avessi delusa così tanto, ti avrei anche potuto amare per tutta la vita.






NOTE DELL'AUTRICE:
Ciao a tutti!
Ho solo una cosa da dire su questo capitolo che, tra parentesi, non mi piace per niente! Mi pare sconclusionato, e se anche voi avete avuto questa impressione mi scuso.
Se vi ha sorpreso la reazione di Scorpius... be', vi dico che è normale, ma capirete presto. Lui voleva davvero bene a Rose -cioè era innamorato di lei- e ancora gliene vuole, nonostante tutto, perciò è normale che si preoccupi.
Un'altra questione che ha destato un certo scompiglio (?) è stata la scelta di dare ai nostri maghetti dei cellulari. Ma ormai siamo nel 2022 circa (ho appena sparato l'anno, non fatemi fare i conti, ahahha) e Rose è ha passato l'estate dai nonni babbani, inoltre ricordiamoci che i ragazzi hanno appena compiuto 17 anni (Scorp no, ma dettagli), perciò per me un cellulare durante le vacanze lo usavano. Ovviamente a Hogwarts questo aggeggio babbano scomparirà.
Alla fine non ho detto solo una cosa, ma vabbe, non avevamo dubbi che mi sarei dilungata.
E niente, sempre mille grazie a Daniela e a Veronica (si, vi metto in tutte le note, fateci l'abitudine <3 <3 <3 ) e grazie a tutte le persona fantastiche che hanno recensito, o che solo leggono la storia! Grazie mille!

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Capitolo Cinque. ***


Capitolo Cinque

This is me praying that:
this was the very first page,
not where the storyline ends,
my thoughts will echo your name,
until I see you again,
these are the words I held back,
as I was leaving too soon:
I was enchanted to meet you.

Enchanted, Taylor Swift



La mattina del primo Settembre dell'anno 2022 diluviava.
Scaricai il baule dalla macchina e mi misi a correre sotto la tettoia della stazione, senza aspettare gli altri. Sentivo Hugo imprecare dietro di me e, una volta che fui al riparo, rabbrividii e mi concessi di guardare alle mie spalle.
I nostri genitori stavano anch'essi accorrendo al coperto, perché papà aveva dimenticato l'ombrello a casa.
«Ti avevo raccomandato di prenderlo!» Lo rimproverò la mamma cercando di sistemarsi i capelli bagnati che le erano sfuggiti dallo chignon e che ora sparavano in tutte le direzioni.
«Lo so, Hermione, ma eravamo in ritardo! E poi basta un incantesimo e...»
«Gente!» Chiamò Hugo. «Non vorrei fare il guastafeste, ma mancano 7 minuti alla partenza, ci vogliamo muovere?»
Mamma e papà smisero di bisticciare e concordarono con il loro figlio più piccolo, incamminandosi di corsa verso il binario. Io, dal canto mio, non ci facevo caso. Ero già partita in quarta verso la banchina, smaniosa di salire sul treno e vedere finalmente la mia migliore amica Julia.
Attraversai il muro subito dietro a Hugo, e sentii i miei genitori seguirmi immediatamente.
«Eccoci qua. Date a me i bagagli, ragazzi.» Io e mio fratello affidammo i bauli alle mani esperte di papà e iniziammo a salutare la mamma.
«Si, ti mancheremo, fate i bravi, non fate arrabbiare il professor Paciock.» Fece Hugo con uno sbuffo mentre elencava tutte le raccomandazioni della mamma sulle dita.
«Hugo!» Lo rimproverò lei, mettendosi le mani sui fianchi con cipiglio fermo. Lui in risposta la abbracciò, sollevandola in aria e facendole fare una giravolta. «Ci vediamo a Natale, mamma.» Poi mi scompigliò i capelli e sparì, inghiottito dal treno.
«Forza, Rose. Questo è un anno importante e sono sicura che sarà anche il migliore della tua carriera scolastica. Impegnati come al solito e tutto andrà per il meglio.»
Come mettere ansia a Rose Weasley, un tutorial di Hermione Granger.
Sapevo già molto bene tutto ciò senza che lei me lo ricordasse alla prima occasione, ed ero consapevole che gli esami avrebbero deciso le sorti del mio futuro. Non doveva ripeterlo venti volte al giorno, anche prima della mia partenza.
«Sì, mamma, lo so.» Risposi. «Ci vediamo a Natale.» E feci per andarmene, ma lei mi prese per mano e mi abbracciò forte.
La strinsi anche io un po' a disagio, pregando Merlino che mi infondesse parte della sua temperanza e del suo sangue freddo.
La locomotiva fischiò cogliendomi di sorpresa, e mi portai una mano al petto dallo spavento. «Merlino, ma perché fa sempre così?» Imprecai.
«Corri, Rose! E' tardi!»
«No, aspetta, devo salutare papà!» Esclamai, guardandomi attorno frenetica. Dov'era, dov'era, dov'era?
«Rose, devi andare!» Continuò mia madre ragionevolmente.
No, dovevo salutare mio padre. Mi misi a correre verso il vagone dove andavano riposti i bagagli, ma lui non c'era.
Merda.
Tornai indietro con il fiatone, e mi resi conto che il mio tempo stava finendo: mancavano pochi secondi allo scoccare delle undici.
«Rosie!» Mi sentii poi chiamare dalla sua voce incredula. «Muoviti, o farai tardi!»
Ron Weasley se ne stava in mezzo alla folla con la camicia stropicciata e un'aria stravolta in viso. Io non dissi niente, mi limitai ad andargli incontro e ad abbracciarlo forte, come se non volessi allontanarmi mai più.
«Lo so, Rosie. Lo so.» Mi disse accarezzandomi i capelli. «Io credo in te, forza.»
Non c'era bisogno di parole; gli diedi un bacio veloce sulla guancia e mi staccai da lui con forza, pronta a affrontare quel nuovo anno, con la speranza che sarebbe stato migliore del precedente.
Mi intrufolai in un vagone per miracolo un istante prima che le porte si chiudessero dietro di me, e mi voltai a guardare mio padre scorrere via oltre il vetro. Lui alzò una mano in segno di saluto e io imitai quel gesto con un sorriso, ma lui era ormai lontano.

Mi incamminai come facevo sempre da due anni verso la coda del treno senza un minimo di entusiasmo. Desideravo solo sgattaiolare in uno scompartimento vuoto con Julia e parlare con lei fino a perdere la voce, invece ciò che mi aspettava era una pesantissima riunione con gli altri Caposcuola e Prefetti. Ma non era la riunione in sé che mi preoccupava, ciò che non mi andava a genio era l'idea di dover restare chiusa per così tanto tempo a distanza ravvicinata con colui che non dev'essere nominato. Perché sì, la mia sfiga non aveva limiti e la cara McGranitt aveva pensato bene di nominarlo Caposcuola di Serpeverde.
Fuori il cielo era cupo e continuava ad imperversare il temporale, gocce d'acqua scorrevano impetuose contro i finestrini come se stessero partecipando ad una gara di velocità e io rabbrividii impercettibilmente nella camicia leggera della divisa.
Un lampo attraversò il cielo illuminando il treno e quando lo vidi, in fondo al corridoio, fui seriamente tentata di fare dietrofront e battere in ritirata, invece -stupida- mi fermai ad osservarlo come uno stoccafisso.
Scorpius Malfoy guardava fuori dal finestrino assorto, come se stesse cercando di scorgere qualcosa di molto lontano tra le case della campagna londinese, e dava le spalle alla porta spalancata dello scompartimento dal quale proveniva già un vociare concitato. Nonostante avesse il viso in ombra riuscii ad intravedere quell'espressione rilassata che lo contraddistingueva quando stavamo insieme a ridere e a scherzare in biblioteca o nel parco della scuola, e mi domandai se anche Giorgina riuscisse a tirare fuori quel lato della sua personalità.
Poi, all'improvviso, come se avesse percepito il peso del mio sguardo su di lui, si voltò di scatto e i suoi occhi si puntarono automaticamente nei miei come attratti da una calamita. D'istinto mi venne da sorridergli e da alzare la mano in segno di saluto, poi mi ricordai chi avevo di fronte e mi conficcai le unghie nella carne per evitare di fare sciocchezze. Era incredibile come fosse automatico per me confondere lo Scorpius Malfoy che era stato il mio migliore amico con quella specie di statua di marmo che aveva le sue sembianze ma non la sua anima. Perché quello non era il ragazzo che conoscevo. Mi ero illusa che lui si trovasse ancora da qualche parte, seppellito sotto strati di rabbia e orgoglio, ma rimanevo ogni volta scottata dalla consapevolezza che purtroppo non era così.
Anche il biondaccio ebbe un attimo di esitazione durante il quale mi sembrò di scorgere una piccola increspatura nella sua espressione seria. Durò solo una manciata di istanti, quindi decisi di essermelo immaginato.
«Malfoy.» Salutai per mera educazione.
«Weasley.» Ricambiò lui posato, senza sgarrare e seguendo le regole di quel gioco di scacchi fatto di indifferenza e rancore che aveva iniziato senza che io me ne accorgessi.
Lo superai a testa alta e mi intrufolai nello scompartimento prendendo posto vicino a Susan Hale, prefetto di Grifondoro. Di fronte a me sedevano le due prefette del sesto anno di Corvonero e la loro caposcuola: Victoria, Felicity ed Emma. Le prime due erano intente a parlottare tra loro, mentre la terza stava fissando con aria incantata il caposcuola di Tassorosso, Matt Dowson.
«Psss, Emm,» La chiamai divertita. «Attenta a non sbavare.»
Quella sbattè le palpebre un paio di volte e mi sorrise. «Ciao, Rose. Passato bene le vacanze?»
«Qualche bel ragazzo ti ha rubato il cuore?» Chiese Victoria avvicinandosi piano a me. «A noi puoi dirlo.»
«Certo.» Concordò Felicity, sistemandosi una lunga ciocca di capelli castano dietro all'orecchio con fare sbrigativo. «E se ti fa arrabbiare c'è sempre la mia mazza.»
Felicity era infatti battitrice di Corvonero e sembrava vivere in simbiosi con la propria mazza, tant'è che era davvero strano che in quel momento non fosse lì con lei.
«Credo che Rose sappia bene contro chi usarla.» Commentò Emma, per poi lanciare un'occhiata allusiva a Malfoy che, in quel momento, stava prendendo posto il più lontano possibile da me.
«Buongiorno a tutti e bentrovati.» Iniziò Matt alzandosi in piedi per richiamare l'attenzione generale.«Possiamo cominciare la riunione, ora che ci siamo tutti.»
Matt mi stava simpatico. Era un Tassorosso e come tale era estremamente gentile e pronto a darti una mano nei momenti di difficoltà. Ad esempio non lo ringrazierò mai abbastanza per avermi aiutata a passare l'esame di erbologia al quinto anno, dopo che era successo voi sapete cosa.
Era molto alto, più di Scorpius, aveva capelli castano chiaro di media lunghezza ed era il tipico ragazzo che vuoi presentare ai tuoi genitori. Se la bellezza di Scorpius era disarmante, la sua trasmetteva una piacevole sensazione di sicurezza. Non c'era da stupirsi che Emma avesse una cotta per lui da anni.
Mentre parlava me ne stavo lì, in mezzo ai prefetti e ai caposcuola, sentendomi incredibilmente sola. Scorpius sedeva al lato opposto dell'abitacolo, teneva le braccia conserte e lo sguardo lontano dal mio, perso tra i suoi pensieri. Ero sicura non stesse ascoltando una parola di quello che Matt stava spiegando, e provai una punta di rammarico per la facilità con la quale ero stata in grado di leggere il suo sguardo in quel momento in cui aveva abbassato leggermente la guardia.
«Prefetti, potete andare. Iniziate a perlustrare il treno, mentre noi Caposcuola decidiamo i turni per le ronde notturne.» Annunciò ad un certo punto Matt gentilmente, congedando i ragazzi più piccoli con un sorriso.
Quando restammo solo in quattro, io mi affrettai a dire. «Io con Emma!»
La ragazza corrugò la fronte e mi guardò interrogativa. «Rose? Di cosa stai parlando?»
«La ronda.» Spiegai guardandomi attorno. «Ti va di farla con me?» Sbattei le ciglia un paio di volte sapendo che non mi avrebbe mai detto di no. Emma era troppo gentile per abbandonarmi nelle grinfie del biondaccio, anche se sapevo che aveva una cotta storica per Matt. Forse il mio ragionamento era leggermente egoista, ma eravamo nello stesso corso di Artimanzia e Rune Antiche, studiavamo in biblioteca insieme e mi portava sempre muffin al cioccolato -di provenienza sconosciuta- e sapeva perché non volevo fare la ronda con Malfoy.
«Ehm...» Iniziò lei con un'espressione che preannunciava guai. Iniziò a contorcersi le mani e lanciò un'occhiata supplichevole a Matt come per spingerlo a dire qualcosa. Lui aveva l'espressione di uno che avrebbe preferito sotterrarsi piuttosto che guardarmi in faccia, però si schiarì la voce e annunciò: «Ecco, Rose... io ed Emma ci siamo messi assieme quest'estate.»
«Stai scherzando?» Sbottò il Biondaccio che aveva finalmente deciso di dargli retta.
«No, direi che non scherza.» Fece Emma con un sorrisetto angelico e gli occhi a cuoricino.
Maledizione.
Ero sinceramente felice per la mia amica, ma... ma porca merda!
«Rose, ti senti bene?» Aggiunse poi, improvvisamente preoccupata. Sapevo di essere sbiancata, e certamente non avevo una bella cera; ma l'idea di dover passare due sere alla settimana in compagnia di Malfoy proprio no. Non era concepibile.
«Q-quindi... voi due vorreste fare la ronda insieme per, insomma... per controllare i corridoi?» Mi ritrovai borbottare tra me e me.
«Weasley, per Salazar! Vogliono passare le serate a pomiciare al posto che svolgere il loro dovere. Spero tanto che la McGranitt vi becchi e vi costringa a pulire gli escrementi dei vermicoli di Hagrid. Senza bacchetta.»
«Ehy!» Lo fulminò Emma. «Tu faresti lo stesso con la Nott!»
Una smorfia gli si disegnò sul viso perfetto, come se il solo nominarla gli provocasse fastidio.
«Per voi va bene fare la ronda insieme?» Chiese titubante Matt, guadagnandosi una gomitata nel fianco da Emma.
«Shhh.» Gli sibilò.
«No!» Urlammo all'unisono io e la Serpe.
Emma sembrava sul punto di mettersi a piangere, e capii dal mondo in cui mi guardava che era dilaniata dai sensi di colpa. Prese la mano di Matt e lo guardò afflitta. «Hanno ragione... non posso lasciare Rose, mi dispiace.»
Lui sembrava aver appena ricevuto un pugno nello stomaco e non disse niente per paura di ferirla, ma riuscivo ad intuire il nervoso dietro a quell'aria gentile che non lo abbandonava mai.
E allora mi chiesi se davvero fossi disposta a comportarmi in questo modo... per cosa? Perché Malfoy non mi poteva vedere? Col cavolo! Ero una Grifondoro e i Grifondoro affrontano le situazioni avverse a testa alta, inoltre avevo da tempo deciso che non mi sarei mai più lasciata intimorire da Scorpius Malfoy.
«No.» Dissi decisa. «Ragazzi, fate la ronda voi due insieme. Io e Malfoy sopravviveremo.»
«Weasley!» Sbottò questo. «Ti sei mangiata il cervello per caso?»
«No, sto solo facendo la cosa giusta. Dovresti provare, sai?»
«Sei incredibile.» Mise fine alla questione lui, vedendo che la mia decisione era irremovibile. Guardò in modo altezzoso i due piccioncini che si tenevano ancora per mano, poi afferrò la borsa e uscì dallo scompartimento sbattendosi la porta alle spalle.
«Davvero, Rose? Lo faresti per me?» Ad Emma brillavano gli occhi e quando annuii impercettibilmente mi gettò le braccia al collo dandomi poi un bacio sulla guancia.
«Grazie.» Mi disse, con un sorriso che avrebbe potuto illuminare l'intera città, e io mi rincuorai pensando che, dopotutto, la sua gratitudine avrebbe ripagato le mille notti passate insonni per colpa di Malfoy.

«Rose Weasley, dove credi di andare?»
Stavo camminando lungo il corridoio del treno, quando una voce allegra, solcata da una finta punta di irritazione, mi evocò da uno scompartimento.
Mi intrufolai dentro, consapevole di chi avrei trovato, ma non feci in tempo a guardarmi attorno che mi ritrovai sommersa da un ammasso di capelli rosso scuro appartenenti ad una ragazza bassettina -be', era alta quanto me- che mi stava stritolando poco gentilmente.
«Julia, Julie, così mi soffochi.» Sputacchiai tra le ciocche dei suoi capelli.
«Ben ti sta!» Mi sgridò lei. «Almeno impari a non rispondere ai miei post su facebook.»
«I tuoi che?» Domandai non capendo a cosa si riferisse. Julia era una nata babbana, e di tecnologia ne sapeva molto più di me. Non che io me ne intendessi in alcun modo, ero solo in grado di mandare qualche sms con i cellucari. Cellu... mani. No, cellulari. Oh, insomma.
«Lascia stare.» Fece cadere il discorso lei, liberandomi poi dalla sua stretta d'acciaio e permettendomi di accomodarmi sul sedile. Prese posto di fronte a me e mi sorrise. Notai che si era abbronzata, e le lentiggini spiccavano ancora di più sul suo viso paffuto.
«Raccontami della Francia.» Mi disse, e suonava tanto come un ordine. Ma lei era così: niente convenevoli. Non aveva bisogno di chiedermi come stavo, perché in qualche modo lo sapeva di già.
«Cosa vuoi sapere, Julie?»
«Tutto!» Si sistemò gli occhiali e si mise in ascolto.
E io per la prima volta da quando ero tornata lo feci. Raccontai ogni cosa che mi era successa durante l'estate: di come fossero state dure le prime settimane lontano da casa, e di come poi la situazione era migliorata incredibilmente. Le parlai dei luoghi bellissimi che avevo avuto la fortuna di visitare, da Parigi alla Provenza, della scuola, del clima ventilato e delle persone fantastiche che avevo conosciuto.
«Insomma, ne è valsa la pena alla fine.» Conclusi con un sorriso, che la mia amica ricambiò. «E tu, invece? Qualche pop star si è innamorata di te?»
Quella domanda la fece ridere e la sua risata era talmente contagiosa che mi ritrovai a farlo anche io.
«Magari!» Rispose poi. «Però sono andata al concerto dei Magic For You, e wow, John è ancora più figo dal vivo. Ah, ho anche vinto i biglietti per un gruppo babbano, i Coldplay, ma non penso tu li conosca.»
«I chi?»
«Appunto. Comunque, il concerto sarà a Dicembre durante le vacanze natalizie, quindi posso andarci!» Sembrava davvero emozionata, e io ero felice per lei. Julia aveva una fortuna enorme quando si trattava di concorsi per incontrare personaggi famosi. Due anni addietro era stata scelta per un Meet&Greet con un attore famosissimo nel mondo dei babbani -Leo qualcosa- mentre qualche mese prima aveva assistito alla Coppa Mondo di Quidditch in Irlanda perché aveva trovato il numero vincente in una scatola di cioccorane.
«Che sciocca, quasi dimenticavo: i biglietti sono due, quindi ti va di venire con me?»
«Certamente.» Le risposi complice.
Il bello di avere un'amica benvista dal fato, era che spesso condivideva le sue vittorie con te.
«Perfetto, allora dobbiamo iniziare a pensare a che magliette indossare, e a quanto tempo prima presentarci allo stadio. L'unico problema è che la scaletta con le canzoni non è ancora uscita e a Hogwarts non ho la connessione wifi per andare a controllare sul forum ufficiale. Merlino! Maledetti i maghi e la loro avversione per la tecnologia. Come fanno a vivere senza internet?»
Ma che cavolo è un forum? Pensai tra me e me, annuendo a ciò che diceva per darle sostegno morale. Preferii infatti non esprimere i miei dubbi, altrimenti mi avrebbe rifilato una lezione extra-dettagliata sul computer, e quello sarebbe stato decisamente troppo anche per me.
«Julia, abbiamo tempo, non iniziare a pensarci ora.» Cercai di tranquillizzarla, sorvolando anche sul fatto che non avessi la più pallida idea di come funzionasse una connessione wifi.
«Lo so, è solo che non vedo l'ora!» Agitò le braccia al cielo e poi il suo viso si piegò in una smorfia imbronciata che la faceva assomigliare a una bambina di dieci anni. Adoravo il suo immenso entusiasmo verso ogni cosa perché era contagioso, e ne avevo un immenso bisogno. Se io ero razionalità e compostezza, lei era un concentrato di energia.
«Per cosa non vedi l'ora?» Chiese un Albus depresso mentre entrava nello scompartimento e si lasciava cadere sul sedile al mio fianco come un sacco di patate.
«Un concerto di un gruppo babbano al quale andremo nelle vacanze.» Gli spiegai osservandolo attentamente. «Perché hai quella faccia? Hai visto un molliccio per caso?»
«No, peggio.» Disse lui scuotendo il capo stravolto.
«Ehy, Al!» Lo chiamo Julia. «Dove hai lasciato il tuo gemello biondo?»
Lui le rivolse un'occhiata truce. «Non me lo nominare. Si sta sbaciucchiando con la sua ragazza.»
Emisi un verso disgustato senza riuscire a trattenermi. Allora non avevano tutti questi “problemi” -come il aveva definiti lui- se si stavano pastrugnagndo la faccia proprio in quel momento. O forse erano in bagno, a fare chissà che cosa. Merlino, non ci potevo pensare.
«Scusa, Rose.» Aggiunse poi, guardandomi colpevole.
«Non mi interessa.» Affermai decisa, più per convincere me stessa che altri.
«Mi sono sempre chiesta cosa ci troviate tutte in Malfoy.» Julia pensierosa si grattò il mento con fare criptico. «Okay, è un gran figo, non c'è che dire... e ha anche un bel fondoschiena.»
«Julia!» Esclamammo io e Al all'unisono, guardandola allibiti.
«Che c'è? Non ditemi che non ci avete mai fatto caso. Soprattuto tu, Rose! E Al, tu lo hai in dormitorio tutti i giorni, avrai pur notato qualcosa!»
Albus sembrava oltremodo indignato e si sistemò gli occhiali sul naso con fare altezzoso. «Scusami se non rimiro il fondoschiena dei miei amici... maschi, per giunta!»
«Se se, come vuoi.» Julia sventolò una mano per aria come per liquidare la questione. «Sta di fatto che proprio non so che ci troviate.» Stette zitta per qualche istante, probabilmente ragionando ancora sulla questione, poi se ne uscì con: «Almeno bacia bene, Rose?»
«Julia!»
«Che c'è?»
«Non ho intenzione di risponderti.» La risposta sarebbe stata affermativa, comunque.
Proprio in quel momento la porta dello scompartimento si spalancò e il Biondaccio si materializzò sulla soglia. Aveva i primi bottoni della camicia slacciati, il nodo della cravatta allentato e le mani infilate nelle tasche. Nonostante la scompostezza dell'abbigliamento e della posa riusciva a risultare la persona più elegante e sofisticata del treno, dandomi incredibilmente sui nervi.
«Parli del diavolo...» Borbottò la mia amica lanciandomi una cioccorana per darmi la forza di affrontarlo senza uscire dai gangheri. Io la mangiai senza troppe cerimonie e poi ne afferrai un'altra con fare truce: sfogare la rabbia repressa sul cibo era sempre un buon inizio per risolvere i propri problemi, il segreto era non pensare alla ciccia e ai brufoli che il cioccolato comportava.
«Al, ti stavo cercando.» Disse Malfoy composto, lo sguardo fisso su mio cugino. Era un abile giocatore, Scorpius. Non sgarrava mai, una mossa alla volta, lasciando graffi e ferite difficili da rimarginare. Proprio per questa ragione avevo deciso che quell' Invece mi importa che avevo creduto di sentire il giorno precedente fosse solamente frutto della mia immaginazione, attanagliata da un momento di nostalgia: non era da lui abbassare la guardia in questo modo durante la partita, non più.
«Mi hai trovato.» Biascicò Al, probabilmente ancora seccato per essere stato costretto ad osservare il suo migliore amico esplorare la bocca della sua ragazza. Ragazza che, per l'appunto, apparì come un fungo al suo fianco nel giro di pochi secondi.
«Scorpius, ecco dov'eri!» Si aggrappò al suo braccio in maniera aggraziata e gli stampò un bacio sulla guancia lasciandogli una leggera chiazza di rossetto, poi sembrò accorgersi di noi comuni mortali. «Oh, scusate se vi ho interrotto.» Si sistemò l'alta coda di cavallo che le stringeva i capelli e si strinse al suo ragazzo, come per sottolineare che lui apparteneva a lei e a nessun altro. Se lo poteva tenere, quell'idiota.
Albus, in maniera ragionevole, decise di ignorarla e si rivolse al suo amico. «Di cosa hai bisogno, Scorp?»
Questo gli rivolse un'occhiata estremamente eloquente, sottintendendo la propria esigenza di parlargli di chissà quali loschi affari da Serpe lontano da orecchie indiscrete. O magari voleva semplicemente studiare delle tattiche per la prossima partita di Quidditch, o parlare di ragazze. Maschi, hanno in mente solo quello dopotutto.
«Ho bisogno di te, Al.» Gli lanciò uno sguardo penetrante e mio cugino sembrò cogliere al volo, tanto che annuì mesto mentre un lampo di comprensione gli rischiarava il volto.
Durante questo scambio muto di battute, Giorgina aveva abilmente fatto passare un braccio attorno alla vita di Scorpius, mentre aveva poggiato la mano destra sul suo petto che si abbassava e alzava regolarmente, e io non potei fare a meno di pensare che insieme formassero davvero un quadretto impeccabile. Inoltre lei non aveva smesso un secondo di ghignare, come se la situazione fosse estremamente divertente, sfidando pericolosamente la mia pazienza e quella della mia migliore amica.
«Nott, devi proprio spiegarmi cos'è che ti fa tanto ridere.» Julia aveva perso il suo tono pimpante ed era entrata in modalità di attacco.
Se io e Giorgina ci odiavamo cordialmente, tra loro esisteva un risentimento che nessuna delle due aveva paura di esprimere alla prima occasione.
«Fatti gli affari tuoi, quattrocchi.»
«Ehy.» Si lamentò mio cugino sistemandosi con orgoglio gli occhiali sul naso.
«Scusa, Alby.»
«Non chiamarmi Alby.» Replicò laconico incenerendola con lo sguardo.
«Come vuoi, tesoro.» Giorgina sventolò una mano per aria come se stesse scacciando un insetto fastidioso, poi afferrò il Biondaccio per la cravatta e lo attirarlo a sé per sussurrargli chissà cosa all'orecchio.
Questo era davvero troppo anche per me.
«Uhm...» Tossicchiai per schiarirmi la voce. «Potreste andare cortesemente in qualche luogo appartato a scambiarvi effusioni?» Cercai di suonare il più disinteressata possibile, celando sotto strati di noncuranza il fastidio e l'irritazioni che mi ribollivano nelle vene.
Giorgina mi riservò un'occhiata gelida, come se io fossi semplicemente una nullità a cui non dar retta, mentre Scorpius fece finta di non sentire, anche se vidi la sua mascella contrarsi impercettibilmente.
«Ho davvero bisogno di parlare con te, Al.» Scorpius tornò a rivolgersi a mio cugino con insistenza.
«No, Scorpius.» Piagnucolò la Nott. «Resta con me, oggi è il nostro anniversario.»
Scorpius vacillò per un istante, indeciso se accontentarla o meno. «Ti prego.» Continuò lei sbattendo i suo grandi occhi grigi contornati da folte ciglia troppo truccate.
Io invece ero sul punto di alzarmi e sbatterli tutti fuori. «Grandioso!» Sbottai tra i denti. «Nott o Albus, non mi importa: basta che ve ne andiate tutti.»
Malfoy mi osservò per qualche secondo e io percepii con precisione millimetrica il tocco del suo sguardo su di me, dolorosamente freddo e allo stesso tempo incredibilmente rovente da sentirlo bruciare sulla pelle.
«Hai dello sporco sul naso, Rose.» Disse, spinto da un riflesso condizionato. Quando si accorse dell'errore che aveva commesso chiuse gli occhi e lo vidi maledirsi in silenzio: aveva sbagliato mossa ed era il mio turno di colpire... e lo avrei fatto, se solo non fossi stata sul punto di strozzarmi con la cioccorana che stavo mangiando.
«Peggio dei bambini.» Diede il suo contributo Giorgina, tanto per peggiorare la situazione.
Albus colse la scintilla assassina che mi aveva attraversato gli occhi e agì prontamente con dei riflessi degni di un portiere di Quidditch, evitando un omicidio sull'Hogwarts Express.
«Giorg non ha tutti i torti, oggi è il vostro anniversario.» Disse con calma. «Passate del tempo assieme e noi ci vediamo in dormitorio.»
«Evviva!» Squittì la ragazza battendo le mani felice. «Visto, Scorp? Andiamo.»
Il Biondaccio rivolse un cenno di saluto ad Al e si fece trascinare via dalla Nott, ancora perso nel mare dei suoi pensieri, dove probabilmente si stava insultando per avermi rivolto la parola.
«Ma chi si crede di essere?» Sbottai inviperita, non appena i due Biondacci ci liberarono dalla loro illustre presenza.
Merlino, proprio non la sopportavo, la Nott! Che stesse con Scorpius era solamente la ciliegina sulla torta che me la faceva detestare ancora di più, e non riuscivo proprio a capire che cosa lui ci trovasse in lei. Com'era possibile che nutrisse per lei gli stessi sentimenti che a detta sua aveva provato anche per me? Probabilmente voleva solo prendermi in giro quella notte di Dicembre, perché la personalità della sua ragazza e la mia si trovavano esattamente agli antipodi. Non ce l'avevo con lei perché era bellissima, alta, bionda e sofisticata -okay, magari un pochino anche per quello- ciò che mi mandava in bestia ogni volta che la vedevo era la sua superficialità. Superficiale, eppure lui amava lei, non me. Avevo notato che in quei giorni era passato dall'odio ad un maligno distacco nei miei confronti, il che faceva ancora più male. Il passo tra amore e odio è molto breve, ma la distanza tra amore e indifferenza? Lì ci sta un abisso.
Tentavo in tutti i modi di fingere che non mi importasse, ma nel profondo del mio cuore sapevo che nonostante provassi una marmaglia di sentimenti indistinti, tra quelli l'indifferenza non era presente neanche come una sporadica comparsa in un'opera teatrale.
«Un coniglio!» Julia si batté una mano sulla gamba e sembrava davvero fiera di se stessa, un po' come quando non faceva saltare in aria l'intera classe durante la lezione di pozioni.
«Un gorgosprizzo ti ha mangiato il cervello per caso?» Chiese Albus alzando gli occhi dal libro di incantesimi che aveva appena iniziato a leggere.
«No, scocchi!» Ci accusò lei. «Ho passato anni -anni!- a pensare che cosa mi ricordasse la sua faccia, e ora... è così ovvio!»
Io e Al ci guardammo allibiti, indecisi se scoppiare a ridere o se portarla di filata al San Mugo.
«Julie, ma di che cavolo stai parlando?»
«Ma non è evidente, Rose?» Assottigliò gli occhi in un'espressione biricchina e poi aggiunse. «Giorgina è maledettamente uguale a un coniglio! Insomma, è uguale!»
Ci fu un momento di silenzio nel quale noi tre ci squadrammo attentamente, poi scoppiammo a ridere e credo che persino gli alunni nell'ultima carrozza sentirono il riecheggiare delle nostre risate.
«Tu sei completamente matta.» La prese in giro Al con le lacrime agli occhi. «Non parlare male della ragazza del mio migliore amico!»
«Julie.» Feci io tra un singhiozzo e l'altro. «Sei fuori di testa, ma ti adoro.»
«Oh, ma piantatela. Come fareste senza di me?»
«Hai ragione.» Dissi tornando seria. «Menomale che ci sei tu a tirarmi su di morale, Julie.»
Ed era proprio vero. Lei era la mia ancora di salvezza, sempre pronta a medicare le mie ferite ogni qualvolta che Scorpius me ne infliggeva una nuova. Stargli vicino, parlargli, sopportare la sua freddezza era come affrontare una battaglia che era totalmente nelle sue mani: inizialmente sarei stata disposta ad abbandonare le armi se solo lui me lo avesse chiesto, adesso invece non lo avrei mai fatto. Non avrei più commesso l'errore di abbassare la guardia, perché lui stringeva a sé il suo orgoglio come avrebbe dovuto stringere me. Arrabbiata e ammaccata, con i pezzi del mio cuore che mi premevano dolorosamente contro il petto impedendomi di respirare, mi ripromisi che non ci sarei cascata più: perché lui mi aveva amata, e poi mi aveva pugnalata alle spalle.

Da quando lo avevo conosciuto vivevo costantemente nel suo gioco di scacchi, ma non c'era speranza per me di vincere, perché lui cambiava le regole ogni giorno non lasciandomi il tempo per fare la mia prossima mossa. Perciò che sia maledetto. Che sia eternamente maledetto il giorno in cui incontrai Scorpius Hyperion Malfoy.


La mattina del primo Settembre dell'anno 2015 splendeva il sole.
Una leggera brezza mi sfiorava il viso, calda e soffice come un velo di seta. Chiusi gli occhi, beandomi di quella sensazione di pace, consapevole che di lì a poco avrei dovuto affrontare il caos e la confusione della stazione gremita di giovani maghi pronti a raggiungere Hogwarts.
«Lascia, Rosie, lo porto io.» Mi disse mio padre, sollevando il mio baule pieno di ingredienti strambi per pozioni, piume d'oca, pergamene e inchiostro, e mettendolo su un carrello per poi iniziare a trasportarlo.
Mia madre mi mise una mano attorno alle spalle e mi strinse a sé. «Come ti senti?» Mi sussurrò all'orecchio, mentre seguivamo i due uomini della famiglia.
«Bene.» Ingoiai io, tesa come una corda di violino.
La mia risposta la fece ridacchiare sommessamente. «Il mio primo giorno di scuola ero un fascio di nervi. Non c'è nulla di male ad essere nervosa.»
Decisamente non ero calma. Mi sudavano le mani, il cuore mi batteva a mille, e mi sentivo reduce da una corsa senza sosta nel mezzo del deserto. Sarei stata all'altezza della Scuola di Magia e Stregoneria più illustre d'Europa? E, soprattutto, sarei stata in grado di portare onore al nome dei miei genitori? Essere la figlia dei salvatori del mondo magico non era mica una passeggiata. Ovviamente ero fiera di loro, in una maniera inimmaginabile, ma io ero... estremamente ordinaria.
«Rosie, non ti devi preoccupare. Prendi esempio da me: io ero tranquillissimo!» Mi rassicurò mio padre, girando appena il volto per lanciarmi un sorriso pacato.
La consapevolezza che non avrei visto la sua espressione dolce sorridermi ogni mattina mi fece bruciare gli occhi, e scacciai quel pensiero con forza.
Man mano che ci avvicinavamo al binario 9 e ¾, camminare si fece sempre più difficile, e quando finalmente questo si stagliò davanti a noi, sentii un misto di trepidazione ed euforia che resero le mie gambe pesanti come piombo.
«Tutto bene, cara?» Mi domandò mia mamma apprensiva.
Io presi un respiro e annuii, rivolgendole poi un sorriso rassicurante.
«Direi che ci siamo.» Continuò lei commossa, guardando la parete in mattoncini con nostalgia, persa tra i ricordi di un tempo ormai lontano.
«Bene, statemi a sentire.» Iniziò papà con fare pratico, quasi più emozionato di me. «Il segreto è non fermarsi. Dato che è la prima volta, tirate dritto e vedrete che vi ritroverete sulla Piattaforma in men che non si dica. Se doveste schiantarvi contro il muro, be', non disperate, vi verrà solamente un grosso bernoccolo, lo so per esperienza...»
«Ron!» Lo riprese bonariamente la mamma, alzando gli occhi al cielo.
Lui le rivolse uno sguardo sbarazzino e continuò. «E comunque se il passaggio dovesse essere chiuso abbiamo sempre la macchina...»
«Ronald!»
«Okay, okay, Hermione, sto zitto. Chi va per primo? Rose?»
Vedendomi ferma sul posto, come una statua marmorea, mi si avvicinò piano e mi mise le mani sulle spalle. «Rosie, stavo scherzando. Non ti schianterai contro il muro.»
Io deglutii a vuoto: lo sapevo benissimo, che tutto sarebbe andato come previsto, e che mi sarei ritrovata davanti alla locomotiva rossa come da manuale, ma quello era un bel salto, e non sapevo se ero pronta a compierlo.
Deglutii a vuoto e poi sussurrai. «Lo so.»
«Fifona!» Mi prese in giro mio fratello, saltellando sul posto impaziente. «Muoviti, Rose! Voglio vedere il treno!»
«Shhh, Hugo.» Lo incenerì mia mamma con un'occhiata infuocata.
Mio padre continuava ad osservarmi con i suoi gentili occhi azzurri così simili ai miei, e l'orgoglio che lessi allora nei suoi occhi è ciò a cui penso la notte quando ho carenze di autostima. Il che succede spesso, credetemi.
«Vieni con me.» Proruppi in un sussurro così leggero, che se lui non mi fosse stato tanto vicino non avrebbe sentito. Lui annuì piano e mi strinse un po' di più le mani sulle spalle, come se potesse in qualche modo infondermi la sua forza.
«D'accordo.» Disse poi ad alta voce. «Io e Rose siamo pronti ad andare.»
La mamma ci rivolse un sorriso commosso e annuì mesta. «Forza! Io e Hugo vi seguiamo.»
Io e mio padre ci posizionammo dietro al carrello, le sue mani erano sulle mie, calde e rassicuranti.
«Uno...» Sussurrò al mio orecchio.
«Due...» Ci mettemmo in posizione.
«Tre!»
Iniziammo a correre alla volta del muro, chiusi gli occhi e quando li riaprii mi trovavo sulla piattaforma, davanti a me l'Espresso per Hogwarts.
Trassi un respiro di sollievo dopo una lunga apnea: finalmente c'eravamo, ed era stato facile come respirare.
Pochi istanti dopo il resto della famiglia ci raggiunse, e ci addentrammo tra la folla di maghi indaffarati ad imbarcare le valigie sui vagoni.
«Guardate, ci sono Harry e Ginny!» Mamma indicò gli zii con un dito, e questi ci vennero incontro, insieme ai due figli più piccoli. Albus era un fascio di nervi proprio come me. Vederlo fu un toccasana per i miei nervi, e gli sorrisi radiosa. «Ciao!»
Mentre gli adulti si salutavano e caricavano i nostri bagagli, lui bisbigliò:«Come te la passi?»
«Non troppo bene, in realtà.» Confessai. «E tu?»
«Io neanche...» Si contorceva le mani e si guardava attorno con aria spaesata; sapere di non essere sola in quella situazione di euforia mista a nervosismo era un vero sollievo. Un enorme moto di affetto mi attraversò, solamente per la sua presenza: ero riconoscente che fosse mio cugino e il mio migliore amico. Io e lui eravamo un duo perfetto ed indistruttibile.
«Guarda chi c'è.» Sentii dire mio padre a Zio Harry.
Seguii il suo sguardo e vidi una piccola famiglia sofisticata che spiccava per eleganza e alterigia sopra la folla affaccendata di maghi e streghe. Li riconobbi solo perché avevo visto più volte l'uomo sui giornali: i Malfoy, purosangue fino al midollo.
«E così quello è il piccolo Scorpius.» Commentò papà sottovoce. «Cerca di batterlo in tutti gli esami, Rosie. Per fortuna hai il cervello di tua madre.»
«Ron, per l'amor del cielo! Non metterli contro ancora prima che la scuola cominci.» Ribattè mamma tra il serio e il divertito.
Mi fermai a fissare quel ragazzino smilzo con i capelli biondi che suscitò subito l'antipatia di mio padre, non capendo. Era circondato dai suoi genitori, che lo stavano salutando prima che si imbarcasse sul treno che lo avrebbe portato via di casa per mesi e mesi.
Era pallido. Era sempre stato troppo pallido, ma a me piaceva così, perché quell'incarnato faceva splendere ancora di più i suoi occhi. Questi erano verde chiaro, e furono la prima cosa di lui che mi colpì, prima ancora del pallore, dei suoi costosi abiti di sartoria o delle sue movenze regali. Furono gli occhi a restarmi impressi a fuoco nella mente, e onestamente non sono ancora riuscita a liberarmi di loro. Anche a distanza di anni, sento che mi perseguitano: nei miei pensieri, nei miei sogni, ovunque.
Mi fermai a fissarlo e le voci e i rumori della carrozza in partenza mi sembrarono improvvisamente solo un eco lontano, che risuonava perpetuo attorno a me, avvolgendomi e cullandomi, ma senza toccarmi davvero: ero troppo assorta nel contemplare quel ragazzo smilzo e incredibilmente biondo.
«Hai ragione, scusa.» Concesse papà, ma non riuscendo a trattenersi aggiunse. «Non dargli troppa confidenza, Rosie. Nonno Arthur non ti perdonerebbe mai se sposassi un purosangue.»
Quelle parole mi fecero arrossire, e allontanai di scatto lo guardo dai Malfoy, come se fossi stata colta sul punto di commettere un terribile crimine.
Da quel momento tutte le voci attorno a noi erano solamente un ronzio lontano, tutto ciò che sentivo era il pulsare del sangue nelle vene nel mio cervello.
James blaterò qualcosa riguardo a Ted e Victoire, ma io non lo sentivo, troppo sopraffatta dalle emozioni.
«Credo che ci siamo.» Annunciò lo zio, avvicinandosi ad Al, dato che il figlio maggiore era già da tempo sparito con i suoi amici.
Io guardai i miei genitori, a corto di parole. Cosa si dice in questi casi? Mi mancherete? Ci vediamo a Natale?
E' esattamente ciò che mi dissero.
«Ci mancherai, tesoro.»
«Ci vediamo a Natale, piccola. E mi raccomando: niente ragazzi, e niente Malfoy.»
«Ronald!»
«Okay, okay, scherzo... più o meno.» Mio padre mi strinse per parecchi minuti in un abbraccio da orso e prima di affidarmi alle braccia di mia madre mi posò un bacio sul capo.
Mamma mi sistemò la cravatta della divisa, cercando di trattenere la commozione. «Andrai benissimo, Rose. Sono sicura che sarai smistata o a Corvonero o a Grifondoro, ma comunque vada non preoccuparti. Saluta Neville da parte nostra e mandagli un grosso bacio. E Hagrid, mi raccomando....»
«Vai a trovare Hagrid.» Terminai io per lei, avendo ormai imparato a memoria quel discorso. «Lo so, mamma. Prometto che sarà la prima cosa che farò.»
La abbracciai un'ultima volta, diedi un bacio a mio fratello e mi voltai, trovandomi davanti alla porta del vagone. Senza nemmeno che me ne accorgessi, Albus era al mio fianco.
«E' ora.» Disse.
«Già. Ci siamo.» Deglutii io, ancora senza crederci.
«Stiamo andando a Hogwarts.»
«E se non ci affrettiamo, rischiamo di essere lasciati a Londra.» Commentai con un risolino nervoso, quando la locomotiva fischiò, impaziente di partire.
Mi sentivo pronta, o quasi insomma. Credo che in questi casi non lo si è mai: bisogna solo buttarsi e vedere che cosa succede, sperando di uscirne interi.
«Giusto, andiamo allora.» Al mi prese per mano e insieme salimmo sul treno, lasciando alle spalle la nostra famiglia, la paura e le insicurezza e iniziando una nuova avventura piena di magia.

«E se finisco in Serpeverde?» Mi chiese Al per l'ennesima volta.
«No, Al, non finirai a Serpeverde.» Cantilenai io, alzando gli occhi al cielo. Non importava che cosa gli rispondessi, ormai mi limitavo a dirgli ciò che voleva sentire.
Per fortuna avevamo trovato uno scompartimento vuoto e ci eravamo intrufolati dentro, riuscendo così a ritagliarci un po' di pace dal trambusto diffuso su tutto il treno.
Albus stava borbottando qualcosa contrariato, e mi ricordò pericolosamente una pentola di fagioli. Quando fui sul punto di metterlo al corrente della somiglianza, mi interruppe. «Ho fame. Vado a prendere qualcosa da mangiare.»
«Io ho... » Incominciai a rovistare nella borsa, ma quando alzai lo sguardo lui si era già volatizzato nel nulla. «... dei panini.»
Improvvisamente sola, lasciai perdere le ricerche e iniziai a rimuginare su quello che mi avrebbe attesa a Hogwarts. Non feci però neanche in tempo a lasciare spazio alle mie paturnie che la porta dello scompartimento si aprì di nuovo.
«Ti stavo dicendo che papà ha insistito che portassi dei...» Le parole mi rimasero incastrate in gola e per poco non mi strozzai.
Ecco lì, davanti a me: il ragazzo pallido dal quale mi aveva messa in guardia mio padre. Eppure io, osservandolo da vicino, non riuscivo proprio a capire che cos'avesse che non andava. I suoi occhi sembravano sussurrare una domanda silenziosa, come se ci fossimo già incontrati in un'altra vita, e ora, lontano dai suoi genitori, la sua espressione aveva perso parte dell'alterigia tipica delle antiche famiglie nobiliari. Tuttavia, con le sue movenze eleganti e sofisticate mi faceva sentire insignificante ed estremamente goffa, come se lui appartenesse ad un rango superiore, e forse era così.
«Ciao.» Mi salutò, restando sulla soglia con fare esitante. «Si può?» Accennò ai sedili di fronte a me e mi guardò in attesa.
Bastò una semplice domanda per fondere tutti i neuroni che avevo in testa. Che cos'avrei dovuto rispondere? Dovevo trovare una scusa, non potevo dirgli che no, non poteva parlare con me perché mio padre mi aveva chiesto di stargli alla larga. Ma dove Merlino era finito Albus?
«Uhm... sto aspettando mio cugino in realtà.» Abbozzai, sperando se ne andasse. Ma lui continuava a fissarmi con sguardo sostenuto, e io non me la sentivo di lasciarlo vagare per il treno il primo giorno di scuola, dopotutto non tutti possedevano la mia fortuna: io avevo mio cugino, nonché migliore amico, con me; lui invece sembrava incredibilmente solo.
«D'accordo, accomodati pure.» Gli sorrisi il più gentilmente possibile, sperando di rimediare per l'indecisione di poco prima.
«Grazie.» Mi disse lui, prendendo posto di fronte a me e iniziando a guardare assorto fuori dal finestrino.
Lo fissai per qualche istante senza dire niente, poi non ce la feci più e gli chiesi. «Posso farti una domanda strana?»
Richiamato dalla mia voce mi rivolse uno sguardo e annuì piano, e anche un gesto così semplice mi sembrò tanto sofisticato da farmi arrossire.
«Perché ti sei seduto proprio qui?»
«Perché tutte le altre carrozze erano già strapiene.» Si limitò a dire ragionevolmente.
«Ma... Tuo padre non ti ha detto di stare lontano da me?» Borbottai in fretta, ormai di una tonalità pericolosamente simile a quella dei miei capelli rosso fuoco.
Lui distolse prontamente lo sguardo e vidi una lotta infuriare dentro la sua testa: probabilmente stava decidendo se dirmi la verità o meno.
«Devi sapere.» Iniziò con tono sommesso, come se parlare gli costasse una grande fatica. «Che non amo fare quello che mi dice mio padre.»
«Quindi stai parlando con me per fare un dispetto lui?» Incrociai le braccia al petto, improvvisamente ferita. E' vero, non volevo avere niente a che fare con lui, ma l'idea che si fosse avvicinato a me semplicemente per fare un dispetto a Draco Malfoy non mi andava particolarmente a genio.
Be', che ti aspettavi, Rose? Lui sta ad un livello superiore. Mi ricordò maligna la vocina nella mia testa. E' un purosangue.
A quella domanda gli si disegnò un piccolo sorriso sulle labbra, e non potei fare a meno di pensare che fosse ancora più bello quando sorrideva. Il viso, già luminoso per natura, si accendeva di luce propria rischiarando tutto ciò che gli stava attorno. «No, semplicemente perché mi sembri simpatica.» Spiegò, e in quel momento i nostri occhi si incrociarono per la prima volta.
I suoi erano di un verde chiaro, cristallino, era quel verde pastello che usano i bambini per dipingere i prati in primavera, e mi stupii con quanta chiarezza riuscivo a distinguerlo dal colore di quelli di Albus.
Continuai a fissarlo per qualche istante, domandandomi se credergli o meno.
«Ma tu sei un Malfoy.» Me ne uscii io criptica, come se stessi cercando la soluzione di un complicatissimo quesito circa la natura del mondo.
«Bell'osservazione.» Mi sorrise lui, questa volta con una punta di amarezza.. «Solitamente però preferisco essere chiamato Scorpius. Tu, invece?»
«Io sono Rose... Weasley.» Mi presentai, sistemandomi una ciocca di capelli rossi dietro l'orecchio.
«E' un piacere, Rose Weasley.»
Allungò una mano verso di me e io gliela strinsi un po' titubante. Sentire il mio nome completo pronunciato da lui suonava quasi sbagliato, perciò dissi: «Rose. Solo Rose.»
Gli occhi di Scorpius brillarono, e si guardò attorno con fare concitato. Poi si sporse verso di me e mi fece cenno di avvicinarmi, come se fosse sul punto di confidarmi un terribile segreto. «Dunque, uhm.. che ne dici di iniziare ad essere solo Rose e solo Scorpius da ora in avanti?»
Un sorriso spontaneo mi si disegnò sulle labbra, e decisi che non c'era niente che non andasse in quel ragazzo. «Trovo sia un'ottima idea.»
«Ecco qua.» Albus entrò nello scompartimento, facendoci allontanare di scatto.
Mio cugino era così sommerso di dolciumi che il suo volto non era visibile dietro a tutte quelle cioccorane e gelatine tutti i gusti più uno. «Ho chiesto una cinquantina di Piperille, e la Signora del carrello non voleva darmele! Assurdo.»
Le scaricò tutte di fianco a me e tirò un sospiro di sollievo, come se avesse appena trasportato cento chili di cemento. «Uh, che fatica, ma...» Improvvisamente si bloccò, notando solo in quel momento la presenza di Scorpius seduto di fronte a me. Poi passò lo sguardo più volte da me a lui, senza nascondere un profondo sgomento. Scorpius sembrava in attesa della sentenza che lo avrebbe condannato a morte, e fissava mio cugino sul punto di darsela a gambe, terrorizzato all'idea che avrebbe potuto affatturarlo per aver osato parlare con sua cugina. Poi però Al fece spallucce e si presentò. «Ciao, sono Albus.»
«Piacere, Scorpius.» Disse lui, finalmente con un sorriso tranquillo disegnato su quelle labbra sottili ed eleganti. «Bella maglietta.»
«Sei tifoso dei Tornados anche tu?» Chiese Al con gli occhi fuori dalle orbite.
«Certo! Meritano di vincere il campionato quest'anno.» Rispose Scorpius, contento di aver acquistato almeno in parte l'approvazione dell'altro.
«Anche tu appassionato di Quidditch?» Chiesi cercando di inserirmi nella conversazione.
«Moltissimo! Spero di entrare in squadra.»
«Anche io!» Esclamò Al. «Non vedo l'ora di volare su una scopa.»
«Merlino, i maschi.»Proruppi io in un'esclamazione contrariata, ma divertita.. «Io per niente, invece!»
I due risero complici, poi Al offrì una cioccorana a Scorpius e a me, e tornò ad affrontare il tema che più lo spaventava. «In che casa vorresti finire?» Chiese piano al nuovo arrivato. Questo si prese un attimo per pensarci, e poi rispose. «Tutto, ma non Serpeverde.»
«Mio padre ha detto che non c'è nulla di male se vengo smistato lì, e che ci sono stati molti maghi valorosi anche in quella casa.» Disse Al, e io non capii se stesse cercando di confortare Scorpius o se stesso.
«Di sicuro mio padre non è stato uno di questi.» Ammise l'altro tetro, spostando la sua attenzione da Albus al panorama fuori dalla finestra.
«A me non importa dove sarò smistata.» Ammisi, e al suono della mia voce Scorpius mi guardò, interessato a ciò che stavo dicendo. «Il Cappello Parlante sa quello che fa: ovunque mi smisterà sarà la scelta giusta.»
I due ragazzi mi sorrisero all'unisono, nei loro sguardi vi era un muto ringraziamento colmo di gratitudine.
«Spero di finire in casa con voi, almeno.» Arrischiò Malfoy, lanciando poi un'occhiata ad Albus e me di sottecchi.
«Anche io.» Annuì mio cugino, non capendo quanto quelle sue parole avesse reso felice l'altro. Io, invece, che lo avevo di fronte, riuscivo a leggere il sollievo sul suo volto come se fosse stato scritto a caratteri cubitali su un libro aperto.
«Vale lo stesso per me.» Conclusi mesta.
«Rose, hai dello sporco sul viso, proprio qui.» Mi informò Scorpius, indicando la punta del suo naso per farmi capire.
«Sei peggio di Zio Ron, Rosie.»
«Oh, sono un tale danno quando mangio, scusatemi.» Afferrai un lembo del mantello e lo usai per pulirmi la faccia, desiderosa di scavare una fossa e sotterrarmici per sempre.
Merlino, che figura! Chissà cos'avrà pensato Scorpius. Di sicuro che sono una buzzurra ingorda.
«E' divertente.» Decise invece lui con una scrollata di spalle, continuando a mangiare zuccotti con gusto.
Io lo guardai, e notai con piacere che le raccomandazioni di mio padre avevano smesso di ronzarmi in testa come uno sciame inferocito di api. Quello che avevo di fronte non era lo spettro del giovane Draco Malfoy che era solito dare il tormento ai miei genitori, al contrario, era un semplice ragazzo in cerca di amici.
Eravamo sempre stati solo noi due, Albus ed io. Ma qualcosa, lì sull'Espresso per Hogwarts, mi disse che presto ci saremmo trasformati in un magico trio.

Quel giorno io, mio cugino e Scorpius iniziammo a costruire mattone per mattone un'amicizia che sembrava davvero indistruttibile, a prova di bomba atomica. Non date retta a ciò che dico ora, accecata dalla rabbia e dal dolore.
La verità è che fu davvero incantevole incontrarlo.





NOTE DELL'AUTRICE
Premetto dicendo che tra poco devo uscire e sono maledettamente in ritardo, perciò queste note saranno molto brevi: il capitolo è stato scritto a pezzi e questa settimana non ho avuto tempo per rileggerlo e sistemarlo a dovere, perciò inutile dire che non mi piace e che mi suona terribilmente poco scorrevole. Grazie al cielo ora sarò più libera di scrivere, perciò andrà meglio. :)
Un grazie speciale come al solito ai miei due angeli custodi che leggono i capitoli e mi danno consigli, Daniela e Veronica, tanti cupcakes per voi!
E mille grazie a tutti voi che avete recensito e che avete inserito la storia tra le preferite e le seguite, io davvero non so come ringraziarvi! Grazie mille!
Buona serata,
Francesca

 

P.S.alcune frasi, nella parte dove Ron e Harry avvistano i Malfoy, sono prese pari pari dal settimo libro :)

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Capitolo Sei. ***


Capitolo sei.

 
Alla mia bellissima Angela che lunedì dovrà affrontare il suo primo esame universitario.
Questo è per te.

 
I’ll leave my window open,
Cause I’m too tired at night for all these games.
Just know I’m right here hopin’,
That you’ll come in with the rain.
I could go back to every laugh,
But I don’t wanna go there anymore.
Come In With The Rain, Taylor Swift


Oltre ad essere in procinto di congelarmi, mi stavo spazientendo. La mia pazienza aveva infatti un limite, mentre la mia sbadataggine no.
Avevo riposto il mio mantello nel baule, intenzionata a prenderlo una volta giunti a Hogwarts, ma non ne avevo avuto il tempo. Perché? Perché mio cugino Albus era venuto a chiamarmi disperato implorandomi di mettere fine ad una lite con la sorella, perciò mi ero dimenticata il mantello, e in quel momento la mia valigia sarà stata già nella mia stanza, dove mi era utile come un ombrello nel deserto.
L'aria era gelida, ma almeno aveva smesso di piovere, così avrei evitato di farmi una doccia prima ancora di mettere piede nella scuola.
«Al, smetti di fare la mamma!» Sbottò Lily con i capelli infuocati che la facevano brillare come una fiamma nel buio della sera.
«Se non ci fossi io, stareste la metà del vostro tempo in punizione.» Al alzò gli occhi al cielo e poi continuò:« La scuola non è ancora iniziata e già rischiate di far infuriare la McGranitt.»
Eravamo sulla banchina della stazione, e nessuno accennava a volersi muovere da lì. Infatti, Lily e i due gemelli Scamander volevano a tutti i costi salire sul treno per catturare dei Gorgosprizzi. O forse erano Nargilli? Oh, insomma, giuravano solennemente di averli avvistati e affermavano che quella era un'occasione imperdibile per poterli studiare da vicino. Inutile dire che nessuno credeva all'esistenza di quegli esserini -nemmeno Lily che voleva solamente passare del tempo con Lysander- e Albus si stava rifiutando categoricamente di permetter loro di salire di nuovo sul treno e fare tardi al banchetto.
«Non facciamo niente di male.» Scherzò Lysander con quel sorriso smagliante che aveva fatto capitolare ai suoi piedi gran parte della popolazione femminile di Hogwarts, mia cugina compresa.
«Esatto, e io giuro di aver visto un Gorgosprizzo gigante nei pressi della locomotiva.» Disse con una mano sul cuore Lorcan, che era più tranquillo del gemello ma pur sempre stravagante.
«Già.» Annuì con enfasi l'altro, per poi indicare la testa del treno. «Era proprio lì! Lo ha visto anche Lily, vero?»
Lily sembrò momentaneamente depistata, ma il suo sgomento durò una frazione di secondo: si ricompose e sorrise smagliante. «Ma certo.»
«Oh, per favore.» Albus mise le mani sui fianchi in una perfetta imitazione di zia Ginny e fissò la sorella in modo truce. «Non esistono i Gorgosprizzi.»
I tre quindicenni parevano mortalmente offesi da quell'affermazione, ma Albus non se ne curò. Si voltò verso di me e mi guardò disperato come se io fossi in grado di risolvere tutti i suoi problemi, cosa che invece non potevo fare. «Ti prego, falli ragionare tu.»
Io guardai i due Scamander, che mi sorrisero angelicamente con occhi vivaci, poi mia cugina, che se non avesse avuto un orgoglio da difendere si sarebbe messa in ginocchio a supplicarmi di lasciarli andare, e capii che in base alla mia decisione uno dei due Potter mi avrebbe tenuto il muso per un po'.
Optai per la scelta più ragionevole: li accontentai entrambi, ma senza che nessuno dei due potesse dirsi pienamente soddisfatto.
«Albus, smetti di assillare tua sorella.»
«Ma...»
Gli rivolsi un'occhiata truce e stroncai le sue proteste sul nascere. «E' grande e sa badare a se stessa.»
«Grazie, Rose! Sei la cugina migliore del mondo e...»
«Tuttavia, è fuori discussione che voi andiate alla ricerca dei Gorgosprizzi adesso.»
L'entusiasmo di Lily si smorzò precipitosamente e abbassò il capo sconfitta. Lysander le passò un braccio attorno alle spalle dicendole di non preoccuparsi e che sarebbero andati a caccia di Gorgosprizzi per il parco di Hogwarts uno dei prossimi pomeriggi. Lei sembrò improvvisamente essere meno triste e mi rivolse un muto ringraziamento.
Albus invece non pareva del tutto contento del risvolto degli eventi, ma non poteva lamentarsi, dopotutto gli avevo dato ciò che voleva.
«Quindi ora sparite tutti, quest'anno sono io che devo controllare che non sia rimasto nessuno a bordo, perciò ci vediamo a cena.» Conclusi, ma prima che potessi salire sul treno, la voce di Lysander mi raggiunse. «Attenta ai Nargilli, mi raccomando.»
Mi limitai a sorridere e ad annuire. Quando i gemelli Scamander iniziavano a speculare sull'esistenza di strane creature magiche quella era la tua unica via di uscita, se non volevi ritrovarti immerso in un'assurda conversazione sul Ricciocorno Schiattuso. O forse era Schiattoso?
Salii sul treno e mi beai del calore delle carrozze, prolungando il più possibile la mia permanenza sul mezzo. Non volevo uscire fuori al freddo al gelo, perciò controllai ogni scompartimento con assoluta accuratezza finché non ci fu più nulla da ispezionare.
Con un grandissimo sforzo da parte della mia buona volontà affrontai il freddo di Settembre e mi diressi piano verso il parcheggio delle carrozze, stringendomi le braccia al petto per proteggermi dal vento gelido.
Mi bloccai di botto quando mi sembrò di scorgere un'ombra attraverso gli alberi, ma dopo aver sbattuto un paio di volte le palpebre decisi che si trattava solamente di un'allucinazione dovuta alla grande fame che avevo.
Non mi stupii quando notai che non era rimasta nessuna carrozza e che perciò avrei dovuto aspettare che ne arrivasse un'altra dal castello; ancora una volta la fortuna non era stata dalla mia parte, ma che strano.
Alzai il viso al cielo sperando di scorgere qualche stella, ma questo era coperto da una coltre fitta di nubi che minacciavano di far piovere di nuovo da un momento all'altro. Inutile dire che non feci in tempo a formulare questo pensiero che una goccia di pioggia mi bagnò il volto, poi un'altra, e un'altra ancora, cosicché nel giro di cinque minuti mi ritrovai bagnata fradicia dalla testa ai piedi, e per un istante temetti di poter annegare.
Lo percepii ancora prima di vederlo. Ancora prima di sentire i suoi passi, io sapevo che era lì. Non so dirvi quanto fosse frustrante sentirmi ancora tanto legata a lui. Era come se quella notte di Dicembre, con quel bacio, mi avesse strappato un pezzo di anima che portava sempre con sé. E io la rivolevo, volevo essere tutta intera.
Mi si avvicinò con passo leggiadro e stette immobile al mio fianco, senza dire nulla.
«Malfoy.» Sputai fuori, cercando di mantenere un tono di voce impassibile e obbligandomi a non guardarlo.
«Weasley.» Proferì lui, e da quella sola parola riuscii a cogliere il ghigno che gli solcava le labbra, anche se non potevo vederlo, perché sapevo che probabilmente si stava divertendo un mondo.
Ma che cosa ci faceva lui lì? La Nott dov'era? Quello era il loro anniversario, non avrebbero dovuto stare insieme in ogni momento?
Feci per chiederglielo, poi mi resi conto dell'errore madornale che così facendo avrei commesso e mi tappai la bocca.
A te non interessa, ricordalo. Ricordatelo.
«Di' quello che devi dire.»
«Come, prego?» Mi voltai verso di lui e lo scorsi guardare dritto davanti a sè con le mani infilate nelle tasche. «Cosa ti fa pensare che voglia dire qualcosa?» Continuai con una punta di irritazione nella voce.
Merlino, perché doveva essere tanto irritante? Era stato lui ad iniziare quel gioco di indifferenza, perciò il minimo che potesse fare era continuarlo senza rompere le pluffe.
«Non è così per caso?» Mi guardò di sottecchi mantenendo un tono casuale, come se stesse parlando del tempo. Le sue lunghe ciglia erano piene di gocce d'acqua che gli si riversavano sulle guance come lacrime ogni volta che apriva e chiudeva gli occhi.
Dannato Biondaccio, e dannata la mia incapacità nel mascherare le emozioni: era in grado di leggermi come un libro aperto, e questa era una grande debolezza se ti trovavi nel bel mezzo di una partita già persa in partenza, come lo ero io.
Rispondergli o non rispondergli? La mia indole Grifondoro urlava affinché tenessi la bocca cucita, incassando il colpo e non mostrando che in realtà aveva indovinato, ma la mia parte irrazionale era smaniosa di sapere dove avesse scaricato la sua fidanzatina perfetta.
«D'accordo.» Iniziai, così colma di stizza da poter riempire l'intero castello. «Che ci fai qui?»
«Quello che ci fai tu. Prendo una carrozza per raggiungere Hogwarts.»
Ma che simpatico. Alzai gli occhi al cielo e incrociai le braccia al petto per impedirmi di sfoderare la bacchetta e affatturarlo. «Intendo perché sei solo? Dove hai lasciato... i tuoi amici Serpeverde?» Meglio prenderla alla larga e non chiedere direttamente della Nott, o avrebbe potuto pensare che me ne importasse qualcosa. Cosa che non era vera. Perché non me ne poteva fregar di meno. Davvero.
«Giorg li ha fatti scappare.» Rise sommessamente, e io cercai di capire se in quella risata ci fosse più traccia di amore o di fastidio. Mi aveva servito su un piatto d'argento la prossima domanda, che mi affrettai a porre: «E ora dove l'hai abbandonata?»
«Tecnicamente ci siamo persi di vista.»
Tecnicamente, appunto.
C'è una cosa della quale sono certa, e questa è che se Scorpius Malfoy non vuole farsi trovare, non c'è modo che tu possa farlo; se Scorpius Malfoy non vuole parlarti, non hai possibilità di riuscirci; se Scorpius Malfoy decide di ignorarti, devi rassegnarti alla sua scelta.
«Il che significa che sei scappato.» Dedussi io, improvvisamente divertita.
«Nient'affatto. Sono casualmente rimasto sopraffatto da un'orda di studenti del primo anno che mi hanno impedito di ritrovarla.»
Mi apparve nella mente l'immagine di Scorpius che, furtivo e con il colletto del mantello alzato, si allontanava dalla folla e si nascondeva nel bosco fino a quando la Nott non avesse smesso di cercarlo, e improvvisamente mi venne da ridere.
«Cosa c'è di tanto divertente?» Chiese lui, ma senza alcuna traccia di astio nella voce.
«Oh, nulla.» Feci io sventolando una mano per aria. «Riesco proprio ad immaginare come tu ci abbia provato.»
«Ho lottato con quei ragazzini fino allo sfinimento per poter raggiungerla, lo giuro!» Si mise solennemente una mano sul cuore per sincerare quelle parole.
«Che galante.» Commentai io ironica.
Notai con piacere che riuscii a strappargli un leggero sorriso. Non era un vero e proprio sorriso, uno di quelli ai quali ero abituata e che avrebbe potuto rischiarare una notte tempestosa, era un semplice ghigno che nemmeno scopriva i denti, ma era pur sempre qualcosa. Negli ultimi anni aveva affinato la propria capacità di celare le emozioni anche a coloro che meglio lo conoscevano, perciò, quel sorrisetto accennato, era tutto ciò che potessi desiderare. Era una crepa nella maschera.
Smettila di fingere che non ti importi.
La pioggia continuava a scendere copiosa, incollandomi i capelli al volto e folate di vento mi investivano facendomi rabbrividire nel maglione di cotone della divisa.
In lontananza vidi la carrozza -che si trainava da sola come consuetudine- avvicinarsi piano e pregai silenziosamente che facesse in fretta. Avevo le dita intorpidite, le punte dei piedi in procinto di staccarsi e il mio corpo aveva iniziato a tremare senza che io glielo permettessi.
«Hai freddo.» Disse Scorpius iniziando a sbottonarsi il mantello. Lui, intelligentemente, se lo era portato a dietro.
«No, sto benissimo.» Asserii io caparbia. Se aveva intenzione di prestarmi il suo, aveva capito malissimo. Mai, mai e poi mai lo avrei accettato; piuttosto sarei morta per assideramento.
«Non è vero, ti stai congelando.» Mi porse il capo di abbigliamento con fare superiore, come se stesse facendo l'elemosina a un mendicante.
«Non lo voglio.»
«Andiamo, Weasley. Non essere idiota.»
Si poteva dire di tutto su Scorpius Malfoy, ma non che non avesse buone maniere. Se poi le sfoggiasse per compiacere se stesso o per educazione, questo non mi era dato sapere. Sta di fatto che lo agguantai e borbottai un cupo ringraziamento, che sono abbastanza certa suonasse più come un insulto.
«Non c'è di che.»
«Vai al diavolo.» Sibilai.
Quando mi infilai il mantello mi scappò un sospiro di sollievo, il caldo della lana era un toccasana per la mia pelle fredda e improvvisamente mi sentii meglio. L'unico problema era il suo odore. Quel capo maledetto era pieno zeppo del suo profumo, e nel momento stesso in cui lo indossai sapevo per certo che non me ne sarei liberata facilmente.
Quando la carrozza arrivò poco dopo, con uno scricchiolare di rametti e foglie secche, Scorpius aprì la portiera e si fece da parte, facendomi segno con la mano di precederlo al suo interno. Io alzai un sopracciglio talmente in alto che questo scomparì sotto i miei capelli. «Stai scherzando, spero?»
«Muoviti, prima che cambi idea.»
«Come vuoi.» Entrai nella carrozza e mi sedetti, lui mi seguì per poi prendere posto di fronte a me.
Restammo in un silenzio imbarazzato per tutto il tragitto, lanciandoci occhiate di sottecchi e arrossendo quando ci accorgevamo di essere stati colti in flagrante con gli occhi puntati sul viso dell'altro. O meglio, io mi coloravo di un'orribile tonalità di rosso, mentre lui si limitava a distogliere lo sguardo e a scrollare le spalle.
Avrei voluto dire qualcosa, qualsiasi cosa, ma la mia bocca si era fatta improvvisamente secca, la mia mente prosciugata, e il mio cuore colmo di sentimenti indistinti.
Com'era possibile essere così fisicamente vicini, e allo stesso tempo sentirsi infinitamente lontani? Come possono due persone che si sono volute tanto bene arrivare a questa condizione di indifferenza e astio reciproco?
Quando la carrozza si fermò, mi affrettai a scendere per prima dalla vettura, impedendogli così si sfoggiare la sua cavalleria di stampo medioevale non richiesta ed estremamente maschilista.
Mentre camminavamo fianco a fianco senza proferir parola mi sembrava di sentire scariche di corrente elettrica vibrare tra di noi, la tensione era così forte che mi sarei messa volentieri a correre, ma mi trattenni, tant'è che il tragitto fino alla Sala di ingresso parve durare giorni interi. Una volta che fummo al riparo dall'impeto della pioggia, mi strinsi un po' di più nel mantello, beandomi del calore che mi conferiva e cercando di non pensare al suo profumo.
Scorpius poggiò la mano sul legno delle porte della Sala Grande e, non appena queste si spalancarono al suo tocco, fummo investiti dalla luce delle candele e da un vociare di studenti in attesa della cerimonia dello smistamento. Il brusio si smorzò precipitosamente quando questi si resero conto che io e Malfoy eravamo apparsi sulla soglia, insieme. Gli occhi di tutta Hogwarts si puntarono su di noi, interrogativi e curiosi, facendomi arrossire e desiderare di scomparire. Mi sentivo come se mi trovassi sola su di un palcoscenico, illuminata da una luce immaginaria che mi accecava e impediva di ragionare. Detestavo stare al centro dell'attenzione, mi dava la spiacevole sensazione di essere esposta e vulnerabile. Un facile bersaglio per insulti sui miei capelli spettinati o per malelingue sul mio conto e quello del Biondaccio.
Non osai immaginare i pettegolezzi che sarebbero divampati nel giro di poche ore: racconti di un'epica tregua, sancita da trattati di pace controfirmati da Albus come mediatore; o storie di come ci fossimo baciati appassionatamente davanti alla carrozza; e per non parlare delle voci che avrebbero certamente insinuato che avessi sfidato la Nott a duello per il cuore di Scorpius.
Suddetta Nott spiccava dal tavolo di Serpeverde: i suoi freddi occhi grigi parevano in grado di lanciare fiamme, e con quei pallidi capelli biondi sembrava una regina delle nevi pronta a distruggermi senza pietà.
Fui invasa da una soddisfazione maligna nel vederla così gelosa di me perché significava che in qualche modo mi temeva, anche se non c'era davvero nulla di cui preoccuparsi. E glielo avrei anche detto, che poteva stare tranquilla, ma vederla crogiolarsi nella disperazione che il suo fidanzato potesse essere interessato alla sua ex migliore amica era un divertimento al quale non volevo fare a meno.
Qualche posto alla sua sinistra sedeva mio cugino, che mi rivolse un ghigno malizioso, ricco di sottintesi scomodi. Riuscivo ad intravedere dietro i suoi occhiali l'ingenua soddisfazione che i suoi sforzi per farci riappacificare stessero dando i loro frutti.
Alzai gli occhi al cielo all'indirizzo di Albus, poi rivolsi un sorrisetto alla Nott, presi un respiro e alzai la testa, mostrando di non essere intimorita né da lei, né dal resto della scuola.
Mi voltai per salutare Scorpius, ma al posto di incontrare il suo sguardo, mi trovai a fronteggiare la sua schiena mentre si allontanava alla volta del tavolo di Serpeverde.
Il sorrisetto strafottente che avevo rivolto a Giorgina mi si congelò sul volto, perché per l'ennesima volta avevo abbassato le difese, e lui, come da copione, ne aveva approfittato per colpirmi. Aveva infatti la straordinaria abilità di ferirmi senza fare di fatto nulla. E io stupida, stupida, stupida che interpretavo come un grande passo avanti ogni suo minimo gesto vagamente amichevole nei miei confronti.
Amareggiata, mi diressi verso la mia tavolata e mi lasciai cadere con un sospiro davanti a Julia, che inarcò un sopracciglio in maniera eloquente.
«Non chiedermelo.» La precedetti bevendo una sorsata di succo di zucca.
«Rosie.» Allungò una mano verso di me e io gliela stinsi grata, sentendo la pressione delle sue dita sulle mie, come se stesse cercando di assorbire la mia delusione dentro di lei.
«Va tutto bene.» Dissi a denti stretti. «Dopo ti racconto.»
Lei si voltò e fissò Scorpius. Lui sentendo quello sguardo accusatore su di sé alzò gli occhi ed incontrò quelli della mia amica, che erano tanto pungenti da poter bucare l'acciaio. Intrapresero una muta lotta, fatta di occhiate penetranti, con le quali lei lo insultava per essere uno stronzo, e lui ne sembrava quasi rassegnato.
«Buonasera a tutti.» Iniziò la preside alzandosi dal proprio posto e sistemandosi il cappello con fare severo. «Bentrovati per questo nuovo anno a Hogwarts. Mi auguro che siate tutti pronti ad impegnarvi e a lavorare sodo, mi riferisco soprattutto a voi studenti del quinto e del settimo anno che avrete gli esami. Non voglio che li prendiate sottogamba e mi aspetto il massimo da voi.»
«Grandioso.» Borbottai. Ci mancava giusto la McGranitt che aumentasse la nostra pressione. Io e Julia ci guardammo imbronciate e lei fece una smorfia buffa per farmi ridere.
«Quest'anno si unirà a noi una studentessa francese, Danielle Vitalié, che arriverà insieme agli studenti del primo anno e sarà smistata in una delle Case. Confido che sarà accolta al meglio e messa a proprio agio.» La McGranitt ci osservò attentamente, e mi sembrò si soffermasse con particolare enfasi sui Caposcuola come per sottolineare la fiducia che riponeva in noi. «E ora diamo il benvenuto ai nuovi alunni.»
Le grandi porte della Sala Grande si spalancarono con un tonfo, e una schiera di ragazzini impauriti attraversò la navata centrale dirigendosi verso lo sgabello sul quale la Preside aveva appena deposto l'antico Cappello Parlante.
Tra i nuovi studenti impauriti, scorsi la mia amica Danielle che non sembrava meno nervosa degli altri: aveva i capelli rosso scuro raccolti sulla nuca e i suoi brillanti occhi neri splendevano come pozzi di petrolio sul viso pallido. Si guardava attorno spaesata, ma quando mi vide sorrise impercettibilmente e io la salutai con la mano cercando di infonderle coraggio.
Dopotutto tutti sono terrorizzati il giorno del proprio smistamento: il cappello definisce le sorti del tuo futuro, decide chi sarà la tua famiglia per i prossimi mesi, per i prossimi anni. Ammetto che essere stata assegnata a una casa diversa da quella dei miei due unici amici fu un duro colpo. Però non avrei desiderato essere altrove, perché qui conobbi Julia. Ricordavo benissimo la prima lezione di incantesimi, quando ci sedemmo vicine. Julia mi chiese una penna, e così era fatta. Certe cose non sono spiegabili, succedono e basta. Non so se c'entra la chimica, il destino, o la magia, ma quando trovi quella persona che starà al tuo fianco per il resto della tua vita lo capisci senza rendertene conto fino in fondo: lo percepisci dentro di te, sotto la pelle, come una coperta calda che ti scalda il cuore e la mente. Julia mi faceva sentire come se non tutto fosse perduto, mi dava speranza, e persone così bisogna tenersele strette.
«Ellen Anderson» Chiamò imperiosa la professoressa McGranitt tenendo la lunga pergamena sollevata davanti al volto.
Un piccola ragazzina tremante con capelli e occhi neri si sedette sullo sgabello ed indossò il vecchio cappello. Questo tacque per qualche istante per poi gridare «GRIFONDORO»
Applaudii e mi alzai in piedi insieme ai miei compagni per accogliere la nuova arrivata, che sembrava sul punto di svenire da un momento all'altro.
Un quarto d'ora più tardi, i piccoli del primo anno erano terminati, ed era il turno di Danielle.
La ragazza approcciò titubante il Cappello. Se lo mise delicatamente in testa e attese.
Dall'altro lato della Sala notai Al rivolgerle un'occhiata un po' troppo interessata, al suo fianco, invece, il biondaccio pareva assorto nel i suoi pensieri, con gli occhi verdi persi nel vuoto.
«CORVONERO!»
Emma saltò su dalla sua sedia come una molla, battendo le mani e sorridendo contenta. Victoria e Felicity la imitarono, e mentre facevano sedere Danielle tra di loro Emma iniziò a parlare e a spiegare alla nuova recluta le regole del castello. Io le guardai attentamente: la Caposcuola che le offriva dei dolci -seriamente, dove Merlino li prendeva proprio non lo sapevo- e le due prefette che le parlavano con fare cospiratorio, probabilmente di ragazzi, e io seppi, con assoluta certezza, che la mia amica era in buone mani.
«E ora, che il banchetto abbia inizio. Buon appetito.»
Non appena la professoressa parlò le lunghe tavolate si riempirono di ogni sorta di cibo e leccornie, e il mio stomaco brontolò in protesta.
«Farò finta di non aver notato che quello è il mantello di Scorpius Malfoy.» Iniziò a bruciapelo Julia.
Io abbassai a rallentatore lo sguardo sullo stemma di Serpeverde che spiccava sul mio petto e avvampai. Mi ero completamente dimenticata di indossarlo ancora, così lo tolsi immediatamente di dosso come se si trattasse di un capo maledetto -e forse lo era- e lo infilai alla bell'e meglio nella borsa chiudendo la cerniera per impedirgli di uscire e di perseguitarmi.
«Mi auguro che Scorpius baci davvero bene, per continuare a sbavargli dietro così.» Continuò lei senza pietà, scuotendo la testa e servendosi una grande porzione di arrosto.
«Io non gli sbavo... » Ma una sua occhiata infuocata mi fece ammutolire.
«Io non gli sbavo dietro.» Ripetei dopo un po' più a me stessa che a lei.
«Ah no? Tu non hai visto la tua faccia appena entrata, né quella che hai fatto quando quello stronzo si è presentato nel nostro scompartimento con la sua stupida Barbie.»
«La sua cosa?»
«Lascia perdere.» Mi zittì lei con un gesto della mano. «Io sì, Rose. Io c'ero e ho visto quanto male ti faccia la sua sola presenza. E vorrei affatturarlo, non sai quanto lo vorrei, ma non lo faccio. E lo sai perché? Perché tu continui a sbavargli dietro e non me lo perdoneresti mai.» Mi guardò con i suoi grandi occhi nocciola e mi sorrise. «Ma è okay, Rose, io ti guardo le spalle sempre e comunque.»
Non sapevo esprimerle quanto gliene fossi grata, semplicemente per essere al mio fianco, perciò non dissi nulla. Mi limitai a guardarla intensamente, e sapevo che lei in qualche modo aveva capito.


«Ciao a tutte!» Julia ed io prendemmo posto al tavolo di Corvonero durante il dolce. «Ciao ragazze.» Ci salutarono Felicity e Victoria.
Abbracciai Danielle e le chiesi quale fosse stata la sua prima impressione di Hogwarts.
«E' tutto magnifique, e le mie compagne di casa sono state molto accoglienti.» Disse lei, parlando con un delizioso accento francese che la rendeva ancora più tenera.
«Immagino come ti avranno accolto bene. Fatemi indovinare: dolci e chiacchiere su ragazzi?» Chiesi facendo finta di sparare a caso e suscitando l'ilarità delle ragazze.
Felicity si guardò attorno con fare casuale mentre Victoria fece una finta faccia stupita. «Chi, noi? Certo che no! Ci siamo mostrate molto professionali.»
«Già...» Concordò l'altra prefetta annuendo convinta.«Emma non è qui è solo perché aveva una cosa molto urgente da svolgere.»
Io mi voltai per esaminare il tavolo di Tassorosso e non mi sorpresi per niente quando notai che Matt Dowson non era presente.
«D'accordo, d'accordo.» Acconsentii allora, trattenendo a stento le risate. «Danielle, ti presento la mia migliore amica Julia.»
«Piacere.» Disse lei stringendole la mano con un sorriso.
«Il piacere è tutto mio.»
«E invece quello lì.» Indicai con la mano mio cugino, seduto tra il Biondaccio e Tomas Lee. «E' mio cugino Albus.»
«Quale, quello biondo?» Chiese Danielle servendosi un pezzo di torta al cioccolato.
Mi sentii avvampare e un silenzio teso calò tra di noi. «No. Quello di fianco con i capelli neri.»
Danielle parve notare il mio disagio, ma non indagò oltre, mostrando un gran tatto.
«Sembra... simpatico.» Lo guardò di sottecchi per un po', poi distolse lo sguardo imbarazzata. Io colsi la palla al balzo per sollevare l'attenzione generale da me e Malfoy. «Dovrei presentartelo, avete molte cose in comune.»
Le guance della bella francese si colorarono di una leggera sfumatura rossiccia che le conferiva l'aspetto di una delicata bambola di porcellana, e non potei far a meno di pensare che sì, ad Al sarebbe piaciuta davvero.
«Non credo sia il caso.» Balbettò, improvvisamente interessata alla sua torta e non più ad Albus.
«Rose ha ragione.» Mi diede man forte Victoria. «Dovresti davvero conoscerlo.»
«Fidati di me.» Le sorrisi rassicurante coprendole la mano con la mia. «Ci so fare con queste cose.»
Bugia più grande mai fu detta: io, di questo genere di cose, non capivo proprio un fico secco.


«Rose!» Mi chiamarono da un punto indistinto a qualche metro da me.
Julia ed io eravamo rimaste bloccate dalla folla ai piedi delle scale davanti all'ingresso e stavamo spintonando a destra e a manca per farci strada. Avevo incaricato i prefetti di scortare i nuovi studenti nella Sala Comune. Mi sentivo vagamente potente ad essere caposcuola e, nonostante non volessi abusare del mio potere, ritenevo che un po' di lavoro non avrebbe di certo fatto loro male.
«Rose!» Un ragazzo di Grifondoro che conoscevo fin troppo bene, non particolarmente alto e di costituzione massiccia, si fece largo tra la folla e mi raggiunse con un sorriso smagliante stampato in faccia.
«Ciao, Jason.» Lo salutai prudente.
«Ciao, Rose. Come sono andate le tue vacanze?» Chiese passandosi una mano tra i corti capelli castano.
«Alla grande, grazie.» Risposi, guardandomi attorno e sperando di essere inghiottita dall'orda di studenti.
Julia, dal momento in cui non sembravo intenzionata ad aggiungere altro, mi diede una dolorosa gomitata nelle costole per destarmi. «Uh, giusto... e tu, invece? Passato bene l'estate?»
«Non c'è male...»
Ti prego, non chiedermelo.
«Senti stavo pensando...» Iniziò lui, improvvisamente imbarazzato.
Per favore, Merlino, per una volta nella vita: dammi retta.
«... che magari potremmo vederci qualche volta, così possiamo raccontarci cos'abbiamo fatto in questi mesi.»
Merda.
No, no, no e poi no!
Non fraintendetemi, Jason era un caro ragazzo, è solo che... no. Semplicemente non faceva per me, non c'era la scintilla. Okay, d'accordo, se la scintilla non c'era era anche colpa mia, che continuavo a pensare ad occhi verdi, capelli biondi e portamento regale. Proprio per questo motivo non volevo illuderlo inutilmente, anche dopo quello che era successo tra di noi.
«Certo, ci vediamo domani a lezione, o in Sala Comune.» Odiavo interpretare la parte della stupida, ma in alcuni casi è la tua unica via di uscita. Sentivo Julia alzare gli occhi al cielo e imprecare a bassa voce, consapevole che se avesse potuto mi avrebbe tirato qualcosa in testa.
«Ecco, io pensavo che potessimo uscire io e te, da soli.» Jason si passò con fare impacciato una mano sul collo e sorrise di nuovo. Aveva davvero un bel modo di sorridere, pensai, molto diverso da quello affascinante e raffinato di Scorpius.
Iniziarono a sudarmi le mani perché, per Morgana!, non volevo ferirlo in alcun modo, soprattutto non per colpa del Biondaccio.
Eravamo rimasti quasi soli, non più sopraffatti da studenti smaniosi di raggiungere il loro letto a baldacchino, proprio come lo ero io. Mi trovavo infatti in uno stato di torpore, prossima ad addormentarmi in piedi se Jason non mi avesse mollata nel giro di pochi secondi. Tuttavia la mia pace interiore se ne andò al diavolo qualche istante più tardi. Dalla Sala Grande apparvero la Nott e Malfoy, stretti l'uno all'altra come due sanguisughe disgustose. Lui non si accorse di me, grazie al cielo, mentre lei mi rivolse uno sguardo cattivo, per poi scomparire nei sotterranei con il suo ragazzo.
Mai smistamento era stato più azzeccato: quei due, erano proprio delle Serpi.
«Sai cosa ti dico, Jason?» Proclamai decisa a prendermi una rivincita per una volta nella vita. «Dico che è un'ottima idea.»


Dopotutto, non puoi passare la tua vita a struggerti per qualcuno che non ti vuole, che è capace solo di farti soffrire, e che è la fonte del tuo dolore. Arrivi ad un certo punto in cui dici basta e, semplicemente, fai l'unica cosa che ti resta da fare: vai avanti. 




NOTE DELL'AUTRICE
Buonasera a tutti!
Lo so, sono in anticipo, ma questo weekend non posso postare, perciò eccomi qui :)
Non ho molto da dire sul capitolo, se non che si vede un po' di più Scorpius. Capisco che lui sia un'incognita, ma pian piano si sveleranno sempre più tratti del suo carattere.
Ora vado a cena e poi mi fiondo a rispondere a tutte le recensioni meravigliose che mi avete lasciato! Non so come ringraziarvi, davvero! 
Grazie mille per tutto,
buona serata,
Francesca 

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Capitolo Sette. ***


Capitolo Sette.

Something made your eyes gone cold.
Haunted, Taylor Swift



Fissavo l'Accettabile scritto con inchiostro rosso brillare come una macchia di sangue. Trasfigurazione non era la mia materia, ma doveva a tutti i costi diventarlo se volevo diventare un Guaritore.
Lo vuoi?
Taci, tu. Zittii la vocina maledettamente simile a quella di Albus che interveniva nei momenti meno opportuni.
Quella A non era accettabile per niente, soprattutto dal momento in cui non era la prima dell'anno: in quelle due settimane di scuola avevo collezionato un Accettabile in Erbologia, assegnatomi da un super dispiaciuto Neville Paciock, e un Discreto in Incantesimi, cosa per me assolutamente inconcepibile.
Una sola parola luccicava nella mia mente come una scritta al neon a caratteri cubitali: fallimento.
Cosa c'era che non andava in me?
Ero fermamente convinta che con duro lavoro avrei potuto raggiungere tutti gli obiettivi che mi ero prefissata, ma dove trovavo la forza necessaria per farlo quando tutti i miei sforzi sembravano esser vani?
Tirai su la testa in una mossa strategica per sottolineare quanto poco mi importasse, anche se la verità era tutt'altra: sentivo l'umiliazione bruciare sotto la pelle come fuoco ardente e l'ombra della delusione avvolgermi come nebbia.
«Nessuno te ne fa una colpa, Rose. Capita a tutti di prendere un brutto voto.» Mi disse piano Julia. I suoi grandi occhi nocciola che mi avevano sempre dato conforto per la prima volta dopo anni non mi trasmisero quel senso di pace al quale ero abituata osservandoli.
Il problema non era cosa gli altri pensavano di me: il problema ero io. Il nocciolo della questione era che io ero delusa da me stessa.
«Signorina Weasley, può fermarsi a parlare un secondo con me? Anche lei, signor Malfoy.»
«Ci vediamo a Pozioni, Rose.» Mi salutò Julia.
Io le feci un cenno con il capo e mi avvicinai titubante alla cattedra, pensando che probabilmente la preside volesse fornirci delle indicazioni da Caposcuola, o forse solo sgridarci per le pessime ronde che avevamo condotto in quelle settimane. Infatti ci limitavamo a controllare a turno la Stanza delle Necessità e la Torre di Astronomia, ognuno rigorosamente per la propria strada, senza rivolgerci la parola e cercando di impiegarci il minor tempo possibile.
Il Biondaccio sembrava confuso quanto me mentre si metteva la borsa a tracolla sulla spalla e ci raggiungeva.
La donna distrusse la mia già precaria autostima senza troppi giri di parole: impassibile e fredda come un cecchino. «Weasley, penso tu abbia bisogno di un aiuto in trasfigurazione. I tuoi voti a fine anno non sono stati il massimo e sto constatando in queste prime lezioni che hai delle lacune che necessitano di essere colmate se vuoi essere ammessa alla scuola di medimagia.»
Alzai la testa con gli occhi che bruciavano per l'umiliazione. Sentivo il biondaccio stare in piedi al mio fianco, rigido ed impassibile come suo solito. Mi rifiutai di guardarlo, altrimenti sarei morta di imbarazzo.
«Pertanto, dal momento in cui il Signor Malfoy condivide la tua ambizione di diventare guaritore e siccome i suoi voti sono impeccabili, ritengo che dovrebbe darti un aiuto in orario extrascolastico.» Proseguì lei in modo pratico.
Io e Malfoy ci mettemmo qualche secondo per metabolizzare la richiesta mossa dalla professoressa, perché doveva essere uno scherzo. La McGranitt ci stava prendendo in giro e da lì a qualche secondo ci sarebbe scoppiata a ridere in faccia urlando ah, ve l'ho fatta!
O forse no, dato che quella era Minerva McGranitt, non Albus Silente.
Insomma, non poteva costringerci: io non ero d'accordo, e lui figuriamoci. Inoltre me la sarei cavata egregiamente da sola come avevo sempre fatto; non avevo bisogno di un tutor, ero abbastanza intelligente per farcela, dovevo solo ingranare la marcia giusta.
Nonostante la professoressa avesse avuto il tatto di parlarci dopo la lezione quando la classe era ormai vuota, riuscivo ancora a sentire gli occhi di tutti i miei compagni fissi su di me. L'aula era silenziosa, ma bastava la presenza di Malfoy per riempirla di brusii e sguardi inesistenti: lui, con la sua personalità e la sua parlata sagace riempiva lo spazio attorno a sé come un gas mortale. Per me, almeno.
«Possiamo obiettare?» Chiesi, una volta che mi fui ripresa. «Voglio dire, potrei chiedere un altro compagno? Malfoy è così impegnato, tra la squadra di Quidditch e... Le altre... Cose che fa...»
Ti prego, ti prego, tutti ma non lui, pregai tra me e me. Già era umiliante dover essere affiancata a qualcuno per studiare, se poi questo qualcuno era il Biondaccio allora era la fine. Sarei potuta morire di vergogna. Ero una Grifondoro, accidenti, non potevano triturare e gettare al vento il mio orgoglio in questa maniera.
«Il Signor Malfoy è lo studente migliore che mi sia capitato da tempo, e dal momento in cui anche lui desidera diventare Medimago credo sia la scelta più conveniente.» Disse la McGranitt con aria altera.
Lo studente migliore.
Era stato al quarto anno, quando sua nonna Narcissa era morta per una rara malattia, che Scorpius aveva deciso di diventare medimago. Da quel momento la sua ambizione aveva avuto il sopravvento e, anche se quella carriera non era quella che il padre desiderava per il figlio, a lui non importava: si era rimboccato le maniche e, mi duole ammetterlo, era davvero lo studente più brillante del mio corso. O forse di tutta Hogwarts.
Ero rovinata. Questa volta avremmo dovuto interagire e non saremmo riusciti ad evitarlo. Non volevo. Non volevo. Non volevo.
«Tuttavia.» Continuò la professoressa, riaccendendo in me la scintilla della speranza. «Il Signor Cameron di Grifondoro ha voti eccellenti, perciò potrebbe...»
«Lo faccio io.» Tagliò corto Scorpius, che era stato zitto fino a quel momento.
Mi voltai a guardarlo e gli lanciai un'occhiata che avrebbe potuto dare fuoco all'oceano. Se prima avevo dei sospetti, ora ne ero totalmente certa: era scemo forte.
Jason sarebbe stata la scelta ideale. Ammetto che sarebbe stato imbarazzante lavorare con lui, ma decisamente mi sarei sentita più a mio agio che con Malfoy. Jason almeno era gentile con me, forse fin troppo.
«Ma Jason ha più tempo libero.» Gli feci notare a denti stretti.
Lo avrei ucciso con le mie mani, maledetto biondo.
«Anche lui è nella squadra di Quidditch, per cui non vedo quale sia il problema. Inoltre.» Aggiunse con un sorrisetto strafottente. «Io sono mille volte più bravo e da ciò che ho visto sei messa piuttosto male. Fidati, sono la tua unica speranza.»
Evviva la modestia.
Perché il suo maledetto ego doveva sempre farci invischiare in situazioni scomode?
Non era solito dare spettacolo, se ti odiava si limitava ad ignorarti altezzosamente -ne so qualcosa- ma Jason era capace di far emergere il peggio di lui. Durante la finale di Quidditch del quinto anno Scorpius aveva rubato una mazza al battitore di Serpeverde e aveva spedito un bolide contro il povero Jason senza una ragione precisa. Be', povero Jason mica tanto, dato che questo, terminata la partita, aveva raggiunto la Serpe e gli aveva tirato un pugno sul naso dando così inizio ad una rissa alla babbana.
Sapevo che odiava Jason ma il motivo mi era ancora oscuro, probabilmente non gli andava a genio perché era gentile, caratteristica a lui sconosciuta. Poi però mi ricordai che Scorpius era gentile, solo non con me. Allora mi deprimetti ancora di più.
«E' deciso.» Sentenziò la McGranitt. «Vi incontrerete due sere alla settimana. Potete andare.»
Ero ancora sconvolta, ma quando mi ripresi mi affrettati a seguire la serpe fuori dall'aula.
La seconda ora era già iniziata, perciò il corridoio era completamente deserto, vi si aggirava solo qualche studente anziano diretto in biblioteca o alla propria Sala Comune.
«Malfoy.» Urlai alle sue spalle. «Si può sapere che ti è preso?»
Lui si voltò con calma stoica e mi guardò impassibile. «A cosa ti riferisci esattamente?»
«Perché non hai lasciato che fosse Jason ad aiutarmi in trasfigurazione?»
Una leggera contrazione della mascella mi suggerì che stesse facendo appello a tutto il suo autocontrollo per mantenere la calma, e non potei far a meno di domandarmi il perché.
«Per quanto possa capire che avresti preferito passare la serata a sbaciucchiarti con Cameron, se vuoi imparare qualcosa è meglio che tu abbia un insegnante professionale e non uno con secondi fini.»
«Io non mi sbaciucchio con Cameron!» Esclamai indignata. E questa da dove era saltata fuori? Era assurdo. Non ero in alcun modo interessata a Jason, né mai lo ero stata, e lo avevo messo ben in chiaro fin dall'inizio, anche se lui pareva non demordere.
«Certo.» Sputò fuori Malfoy con una smorfia per poi riprendere a camminare. Io lo seguii, quasi di corsa per riuscire a mantenere il suo passo. «E che diavolo intendi con secondi fini?»
«Che quelli come lui vogliono solo una cosa. È un idiota che usa le ragazze. Dovresti saperlo.»
«Forse ti confondi con te stesso. E poi come ti permetti proprio tu di dire una cosa del genere?»
«Proprio io? Sto con Giorgina da un anno.» Mi fece notare tagliente come una lama appena affilata.
E ti sei messo con lei dopo aver dichiarato eterno amore a me, pensai. Ma non lo dissi.
«Giusto, tu sei San Malfoy.» Riempii con quanto più sarcasmo possibile quelle parole.
Lui ne sembrò quasi ferito ma non mi importava, non quando sputava sentenze su un ragazzo come Jason.
«E tu sei un'ingenua, Weasley.»
Aumentò l'andatura, non permettendomi più di camminargli vicino.
Guardai la sua schiena dritta sparire dietro l'angolo, e non potei far a meno di pensare che avesse ragione.

Ingenua.
Quella parola mi ronzava in testa senza darmi pace e più tardi, mentre mi trovavo nel laboratorio di pozioni, intenta a preparare con estrema perizia un distillato della morte vivente -pronta a somministrarlo a io sapevo chi- ero giunta ad una conclusione: ero stata terribilmente ingenua, ma stavo cercando di non esserlo più. Avevo infatti creduto alle parole di Scorpius apparentemente piene di amore e sincerità, e poi ero stata colpita alle spalle con tanta violenza da cadere rovinosamente al suolo. Mi ero scottata e le ferite bruciavano ancora ogni volta che incrociavo il suo sguardo o sentivo a sua voce. Era così demotivante che non sapevo più che cosa fare per uscirne.
«Guarda che quella che va male in pozioni sono io, non tu.» Julia mi bloccò la mano prima che potessi versare nel calderone la radice di valeriana che era invece l'ultimo ingrediente da aggiungere. «Hai intenzione di rubarmi il primato? Ti ricordo che hai già trasfigurazione, vuoi Malfoy come tutor anche in Pozioni?»
Scossi la testa, uscendo dalla trans nella quale ero piombata.
Basta, mi dissi.
Mi raccolsi i capelli in un'alta coda di cavallo e riacquistai la concentrazione. La mia pozione era lilla chiaro, della stessa tonalità indicata dal libro, e ciò significava che avevo avuto fortuna a non sbagliare nulla. Ma ora non mi sarebbe più servita, la fortuna, perché avevo rinchiuso Malfoy fuori dalla mia testa ed ero pronta a strappare una E.
Aggiunsi 150 grammi di radice in polvere di asfodelo, poi presi il calderone con la mano destra mentre con la sinistra iniziavo a mescolare dieci volte in senso antiorario e otto volte in senso orario. Contai ogni giro con attenzione, intenzionata a non sgarrare di nemmeno una virgola.
Lasciai riposare l'intruglio per circa due minuti e infine aggiunsi un pezzetto di valeriana, trattenendo il respiro senza nemmeno accorgermene.
La pozione si colorò di un chiarissimo rosa pallido suscitando in me un grande senso di commozione. Ce l'avevo fatta: quella era la miglior pozione che avessi mai preparato in vita mia.
«Signorina Weasley, ma che meraviglia.» Cinguettò il professor Lumacorno da sopra la mia spalla, osservando il mio distillato della morte vivente. «Ha ereditato il talento di sua madre. Ah, che strega brillante, seppur nata babbana.»
Sorvolai su quell'ultima affermazione alquanto bigotta e gli rivolsi un sorriso, troppo felice per il primo buon risultato dell'anno. «La ringrazio, Signore.»
«Rinnovo il mio invito al Luma Club, cara. Le farò sapere quando ci sarà la prossima riunione e sarei deliziato se ci onorasse anche quest'anno della sua presenza.»
Ecco il problema di andare bene in pozioni: il Luma Club, ovvero il Club esclusivo dei pupilli scelti dal professor Lumacorno o per il proprio talento o, come nel caso di Albus, per la popolarità dei genitori. Io volevo bene a mio cugino, ma in pozioni era un vero disastro; eppure sia zio Harry che zia Ginny -e persino James- erano membri del Luma Club, e per questo Albus ne faceva parte ancora prima di mettere piede a Hogwarts.
«Sarebbe un grande piacere.» Mentii per accontentarlo.
«Perfetto!» Poi, rivolgendosi al resto della classe, disse:«Riempite una fialetta e mettetela sulla cattedra. Per dopodomani voglio una ricerca sulla Felix Felicis.»
«La cosa?» Chiese Adelaide aggrottando le sopracciglia.
«Lo scoprirete, lo scoprirete.»
Io e Julia raccattammo i nostri strumenti e decidemmo di recarci in biblioteca per iniziare quella ricerca sulla Felix Felicis, dato che per un po' sarei stata impegnata tutte le sere, tra ronda e lezioni con il biondaccio.
Merlino, non ci potevo pensare.
Nel corridoio al secondo piano -dove si trovava l'ufficio della preside- incontrammo un gruppo di ragazze Corvonero di nostra conoscenza, intente a borbottare tra loro con fare preoccupato.
Emma, Victoria e Felicity stavano in cerchio parlottando a bassa voce, il che era un pessimo, pessimo segno.
«Ciao ragazze, che si dice?» Salutai, facendole sobbalzare per lo spavento.
«Ciao, Rose!» Esclamò Emma con troppo entusiasmo guadagnandosi un'occhiata minacciosa da Felicity, che le fece abbassare il tono di voce. «Ciao, Rosie. Non si dice niente, perché dovrebbe dirsi qualcosa? Che cosa assurda.»
Felicity si schiaffeggiò una mano in fronte, probabilmente ponderando l'idea di usare la mazza sulla propria caposcuola, mentre Victoria alzò gli occhi al cielo.
«Si vocifera che Draco Malfoy sia qui, a Hogwarts.» Spiegò quest'ultima incrociando le braccia al petto.
«Victoria!» La sgridò Emma.
«Oh, andiamo, lo avrebbe scoperto tanto.»
«Ma avevamo deciso di non farne parola con Rose!»
Io guardai prima una, poi l'altra e mi domandai quando avrebbero finito di parlare di me come se non fossi presente. «Ragazze...»
«Silenzio, voi due!» Mi precedette Felicity. «Rose, Draco Malfoy è qui per parlare di questioni burocratiche con la preside.» Quando si rivolse a me la sua espressione si addolcì un po'. «Hanno avuto un incontro alle nove di questa mattina che ora è terminato. Perciò crediamo che il Signor Malfoy sia andato a fare una visita al figlio, e si sa che tra i due non scorre buon sangue, quindi probabilmente staranno litigando.»
Io, saggiamente, decisi di non indagare e di non chiederle come facesse a conoscere tutte queste informazioni riservate. Mi concentrai su quanto avevo appeno scoperto: due Malfoy a Hogwarts. Uno era già abbastanza, non avevamo bisogno anche del padre in giro per il castello. Poi, i miei pensieri corsero subito a Scorpius come attratti da una calamita. Lo aveva già incontrato? Come stava? Cosa pensava?
«E perché non volevate mettermi al corrente?» Chiesi all'improvviso, non capendo il motivo di tanta apprensione nei miei confronti.
«Ah, non lo so.» Victoria spalancò le braccia e indicò Emma. «Chiedi a lei.»
Le due prefette non erano a conoscenza di tutto quello che era successo tra me e Scorpius, mentre Emma sì.
Mi aveva trovata rannicchiata dietro un arazzo a piangere tutte le mie lacrime e non mi aveva dato pace finché non le avevo confessato la causa delle mie disgrazie. Allora mi aveva portato una teglia di muffin al cioccolato ed era stata a studiare con me rune antiche in biblioteca mentre ci abbuffavamo di dolci e insultavamo il genere maschile. Aveva mantenuto il segreto per tutto questo tempo, e probabilmente ora temeva che mi potessi preoccupare per Scorpius.
Improvvisamente mi avvicinai a lei e la abbracciai forte, eternamente grata di quel pensiero di riguardo. Lei ricambiò e mi strinse un po' impacciata. «Grazie, Em. Ma va tutto bene.»
Quando Emma si staccò da me vidi il suo sguardo farsi vacuo. «Quello è Draco Malfoy?» Esclamò, spalancando la bocca senza curarsi di dissimulare il suo stupore.
Mi voltai e vidi padre e figlio fronteggiarsi a qualche metro di distanza. Scorpius era chiaramente turbato mentre discuteva animatamente con il padre. Gesticolava e si passava frustrato le mani tra i capelli, eppure riusciva a risaltare raffinato e terribilmente regale anche con il volto sformato dalla rabbia.
«Ecco Scorpius da chi ha preso quel fondoschiena perfetto.»
«Julia!» Esclamai tirandole una gomitata nelle costole. «Shhhh.»
«Oh, andiamo. Non mi ha mica sentito.» Commentò lei con voce troppo divertita.
«Per Priscilla, mi sento male.» Disse Victoria sventolandosi la mano davanti al viso per farsi aria.
«Io l'ho sempre detto che il sangue Black era una garanzia.» Felicity infatti aveva una cotta per Sirius Black, defunto padrino dello zio Harry, dal giorno in cui lo avevano studiato in Storia della Magia. Inutile dire che quella era stata l'unica lezione durante la quale aveva prestato attenzione al povero professor Ruf.
«Siete incorreggibili.» Sbottai. «Così traumatizzerete Danielle.»
Sarebbe stata in buone mani, avevo detto. Tzè, quelle tre Corve l'avrebbero condotta sulla via della perdizione entro fine anno.
Che poi, detto molto sinceramente, non capivo tutto questo entusiasmo per Malfoy senior. Okay, era un bell'uomo, ma il figlio era decisamente più affascinante. Aveva infatti dei lineamenti più fini e meno spigolosi, e nonostante il viso di Draco fosse un meraviglioso gioco di spigoli e ombre, la dolcezza e l'eleganza di quello di Scorpius non erano superabili. Per non parlare dei meravigliosi occhi verde chiaro del biondaccio contro quelli grigi del padre. No, decisamente non c'era storia.
Rose, ma a cosa porco merlino stai pensando? Smettila subito.
Arrossii violentemente e, come ogni volta, tutti lo notarono.
«Scommetto che stai fantasticando su Scorpius, guarda che faccia.» Mi prese in giro Victoria.
Arrossii ancora di più. «Non so di cosa tu stia parlando.»
«Sì, Rose, lo sappiamo tutte che preferisci Scorpius.»
Se era possibile, mi feci ancora più rossa. «No... io...»
«Lasciate stare la povera Rose.» Intervenne in mio aiuto Emma, passandomi un braccio attorno alle spalle con fare materno. «Non preoccuparti, Rosie, puoi sbavare dietro a Malfoy Junior quando vuoi, noi non ti giudichiamo.»
Julia iniziò a ridere così forte che per poco non le caddero gli occhiali dal naso. Tradita anche da Emma e dalla mia migliore amica, le uniche due persone insieme ad Al a sapere tutta la storia. Ottimo.
«Che si dice?» Apparve suddetto Albus proprio nel momento meno opportuno.
Ci mancava solo lui.
«Che Draco Malfoy è maledettamente figo.» Lo informò Victoria tranquilla, come se stesse parlando del primo che passava per la strada e non di un famoso membro del Ministero della Magia e del Consiglio di Hogwarts.
«Ma Rose non è d'accordo.» Continuò Felicity. «Sostiene sia più attraente Scorpius. Per quanto mi riguarda ogni individuo con sangue Balck è intrinsecamente figo, perciò non mi schiero... Tu che ne pensi, Albus?»
Mio cugino era decisamente schifato, io risposi al suo sguardo sconvolto alzando le mani in segno di resa. «Non ho detto nulla, hanno fatto tutto loro.»
«Mi rifiuto di commentare.» Fece lui con una scrollata di spalle. «Siete disgustose.»
«Io continuo a credere che tu e Malfoy formereste un'ottima coppia.» Disse Julia, per poi aggiungere subito. «Scusa, Rosie.»
Io sventolai una mano per aria per far cadere la questione.
«Me ne vado, non starò qui ad ascoltare i vostri discorsi perversi un secondo di più.»
Ma proprio in quel momento Scorpius alzò gli occhi e notò il nostro gruppetto intento a fissarlo. Victoria e Felicity, leggermente imbarazzate per la prima volta in vita loro, borbottarono qualcosa e scapparono via; Emma prese a guardarsi attorno con fare casuale, Albus alzò gli occhi al cielo e Julia scoppiò a ridere. Io, invece, da brava tonta quale sono, incrociai il suo sguardo prima che potessi evitarlo.
Visibilmente irritato, Scorpius sbottò qualcosa all'indirizzo del padre e poi si diresse verso di noi con passo deciso, ignorando i richiami di Malfoy Senior dietro di lui.
«Amico, tuo padre pare parecchio incazzato.» Disse Al.
Scorpius non lo ascoltava, la sua attenzione era totalmente rivolta a me. «Ci vediamo stasera alle nove nell'aula di trasfigurazione.» Sentenziò.
Poi, senza aspettare una risposta, aggiunse. «Al, pomeriggio allenamento straordinario.»
«Che cosa?» Sbottò questo passandosi una mano tra i capelli corvini e scompigliandoli ancora di più. «Non possiamo! Abbiamo venti centimetri di pergamena assegnati da Lumacorno per dopodomani. Sei impazzito per caso?»
«Nient'affatto.» Scorpius non si scompose di una virgola.
«Sei anche impegnato stasera, quando hai intenzione di farlo?»
«La notte, caro Al, è incredibilmente lunga.»
Gli diede una pacca sulla spalla e andò via, lasciando dietro di sé una scia di profumo che mi fece ricordare che io, porco di quel Merlino, avevo ancora il suo mantello.

Erano passate due settimane e io non avevo ancora avuto l'occasione di restituirgli quel capo di vestiario maledetto. E sì, lo era, maledetto. Era sempre nella mia borsa e ogni volta che la aprivo mi fissava maligno, ricordandomi che prima o poi lo avrei dovuto riconsegnare al legittimo proprietario.
Va bene, lo ammetto, forse l'occasione si era presentata ma io, carente di coraggio, l'avevo abilmente aggirata, rimandando ancora, ancora e ancora.
Bella Grifondoro che ero, davvero.
Complimenti, Rose.
Me ne stavo seduta ad un banco dell'aula di trasfigurazione ad aspettare Malfoy Junior che aveva deciso di arrivare in elegante ritardo. Tuttavia, la sua mancata presenza era tutto fuorché elegante. Infatti avevo avuto una brutta settimana e tutto ciò che desideravo era rintanarmi nel mio letto a baldacchino con un buon libro per leggere tutta la notte, ma i miei piani erano stati rovinati da una simpaticissima professoressa McGranitt che aveva deciso di affibbiarmi Malfoy come Tutor di trasfigurazione. Come se non fosse stato abbastanza incontrarlo per i corridoi, o dover sopportare la sua presenza due sere alla settimana, o sentire i suoi occhi puntati su di me per poi accorgermi di essermi immaginata tutto quando mi decidevo ad alzare lo sguardo.
Mi rigiravo distratta tra le mani il tessuto soffice del mantello, quando sentii la porta cigolare alle mie spalle.
«Weasley.»
«Malfoy.» Mi voltai astenendomi per miracolo dall'alzare gli occhi al cielo. «Sei in ritardo.»
«E' tutta colpa di tuo cugino che arrivando tardi agli allenamenti ha scatenato una reazione a catena che mi ha impedito di essere puntuale stasera.»
Tipico delle Serpi scaricare la colpa sugli altri.
«Farò finta di crederci.» Commentai.
Mentre Malfoy prendeva posto di fianco a me notai che aveva i capelli umidi e stranamente spettinati, segno che aveva appena fatto una doccia. Quell'aria scomposta, aliena alla sua personalità integra e impeccabile, lo rendeva ancora più bello e misterioso, come se fosse appena riemerso da un antico dipinto.
Mi morsicai l'interno della guancia fino a sentire il sapore del sangue per impedirmi di pensare ad argomenti che andassero contro la mia etica di vita: non rivolgere la minima attenzione al Biondaccio.
Direi che la stavo seguendo con successo invidiabile.
«Vogliamo iniziare?» Chiese laconico mentre poggiava il grosso tomo di trasfigurazione sul tavolo.
«Questo è tuo.» Spinsi il mantello sul banco verso di lui. «Me lo hai prestato il primo giorno di scuola e poi mi sono dimenticata di restituitelo.»
Scorpius lo osservò come se fosse un qualcosa di alieno, poi parve decidere che sì, si trattava davvero del suo mantello, quindi lo prese e lo rimise nella borsa.
«Pensavo avessi deciso di tenertelo per dormirci insieme la notte.» Commentò in un'egregia prestazione di sarcasmo che però mi fece ridere.
«Sei fortunata che ne posseggo più di uno.» Continuò con un sospiro.
«Altrimenti?» Alzai un sopracciglio e lo guardai con aria di sfida.
«Altrimenti ti sarei venuta a cercare per reclamare ciò che è mio.»
Bugiardo.
«No.» Scossi la testa e ciocche di capelli rossi mi ricaddero sugli occhi. «Non lo avresti fatto. Avresti pregato Al di intercedere per te e di chiedermi il mantello al posto tuo.» Sentivo che c'era amarezza nella mia voce ma non potevo e non volevo evitarlo. Ero stanca e la mia filosofia di vita, diciamocelo, si stava rivelando un fiasco totale.
«Fa qualche differenza?» Mi guardò con quei brillanti occhi verdi capaci di rovesciare l'ordine cosmico dell'universo, e le parole successive mi uscirono di bocca prima che potessi fare alcunché per fermarle. «Sì... Fa tutta la differenza del mondo.»

Nessuno sapeva indossare l'indifferenza come lui, anche quando dentro di sé ardeva un fuoco di passione. Ma dopotutto era un modellatore di emozioni e un maestro nell'arte della menzogna.




NOTE DELL'AUTRICE
Ciao a tutte! E' tardi e vorrei andare a dormire, ma oggi ho avuto davvero una brutta giornata e volevo aggiornare. Non so come le due cose possano essere collegate ma è così.
Sul capitolo ho da dire due cose: la prima è che mi scuso per i discorsi equivoci di Julia e delle Corvonero, ahahah. A mia discolpa dico che è tuuuuutta colpa delle ragazze a cui sono ispirati questi personaggi che mi danno l'ispirazione per certe conversazioni perverse. Spero che vi abbiano fatto ridere quanto hanno fatto ridere me mentre le scrivevo.
La seconda è che se volete cruciare qualcuno per la fine del capitolo dovete cruciare la bella Veronica che come al solito legge i miei capitoli e mi dà consigli <3
E niente, io scappo e vi mando un bacio.
Vi ringrazio per le recensioni, voglio dire... otto? Ma siamo serie? A me viene un colpo al cuore! Non vi ringrazierò mai abbastanza. <3
Domani prometto che risponderò a tutte: di solito rispondo prima di pubblicare, infatti stasera non avevo in programma di farlo, ma ne sentivo l'esigenza. Spero mi perdoniate.
Buona notte,
Francesca 

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Capitolo Otto. ***


Capitolo Otto.

All this time I was wasting hopin' you would come aroud,
I've been giving out chances everytime and all you do is let me down,
And it's taken me this long baby but I've figured you out,
And you think it will be fine again but not this time around.
You're not sorry, Taylor Swift.


«Sì... Fa tutta la differenza del mondo.»

Cercai il suo sguardo come un naufrago tenta disperatamente di avvistare una nave all'orizzonte. Era seduto a pochi centimetri da me, ma con mente e animo si trovava distante anni luce. Stava tracciando con l'indice della mano sinistra -mano con la quale scriveva- il titolo del volume di trasfigurazione. Mascella contratta, occhi fissi, posta statica, sembrava una statua di un antico scultore greco.
Osservai i suoi muscoli tesi sotto la camicia leggera e mi domandai come facesse a non avere freddo, dato che io ero scossa da una moltitudine di brividi.
Mi limitavo ad aspettare una sua reazione, seduta rigida sulla sedia al suo fianco, e non mi sarei mossa da lì fino a quando non avesse detto qualcosa, qualsiasi cosa.
Il cuore mi batteva forte nel petto, rimbombando nel mio corpo come se avessi appena ingoiato un pendolo.
«Vuoi biasimarmi?» Sembrava incredibilmente interessato al libro di testo e per niente intenzionato ad alzare gli occhi su di me.
Dovevi aspettatelo, Rose.
Ormai i miei occhi erano pieni di lacrime, quindi presi dei bei respiri profondi per evitare che la mia voce tremasse.«Non riesci neanche a guardarmi.»
In quel momento lui lo fece, mi guardò, come per dimostrare che invece ce la faceva benissimo. Mi ritrovai immersa nel verde delle sue iridi, in un prato d'estate. Mi sorprendevo sempre di come tutto in Scorpius -dai capelli al candore della pelle- urlasse freddezza eccetto i suoi occhi. Quelli solitamente ardevano come un fuoco tra i ghiacci del circolo polare artico, ma quando li posò su di me erano imperscrutabili.
Colta alla sprovvista battei le palpebre e mi cadde lungo la guancia una lacrima che mi affrettai ad asciugare con una mano.
«Che cosa vuoi da me, Rose?» Mi domandò in un sussurrò appena accennato.
Mi ha chiamata Rose.
Il mio nome pronunciato dalla sua voce suonò come una preghiera disperata e allo stesso tempo come una terribile maledizione.
«Capire. Voglio solo capire.» Dissi.
«Non c'è niente da capire.» Tagliò corto lui, distogliendo lo sguardo e riportando la propria attenzione al tomo di trasfigurazione.
«Ah, no? Tu credi che non ci sia nulla da dire?»
La sua totale mancanza di reazione mi fece infiammare di rabbia. Mi chiedevo spesso se tutta quella situazione lo stesse uccidendo lentamente come stava facendo con me, e mi rispondevo che anche lui aveva sofferto. Doveva aver provato qualcosa. Però con il passare del tempo avevo iniziato a temere che, forse, a lui non importava niente per davvero. Ero convinta che mi avesse voluto bene, ma era difficile tenerlo a mente quando pareva così impassibile. Me ne sarei dovuta fare una ragione, solo che non ci riuscivo: ogni volta che lo vedevo mi tornavano in mente i pomeriggi passati a studiare in biblioteca, le interminabili passeggiate nel parco, le risate e le serate trascorse di nascosto nella Sala Comune di Serpeverde.
«Sei stata molto chiara.»
«Io...» Spalancai gli occhi, più stupita che ferita, non cogliendo il significato sotteso da quelle parole. Giocava, giocava, continuava a giocare con me, ma non volevo più essere una pedina dei suoi giochi meschini. Mi ero rotta.
«Stammi a sentire.» Sibilai, ogni traccia di vulnerabilità cancellata dal mio volto. «E' evidente che per una serie di circostanze ci siamo trovati a dover collaborare, e io non ho intenzione di rovinare il mio ultimo anno a Hogwarts a causa tua. Perciò o sputi il rospo e inizi a parlare chiaramente, o la smetti di comportarti da immaturo.»
Piuttosto soddisfatta del mio discorso raddrizzai la schiena e lo guardai in attesa. Scorpius pareva sorpreso a sua volta mentre mi fissava con aria interrogativa, indeciso se prendermi sul serio o se scoppiare a ridere.
Per precauzione gli rifilai un'occhiata assassina, auspicandogli una morte lenta e dolorosa se solo avesse provato a deridermi in alcun modo.
«Bene.» Proclamò dopo un tempo che mi parve infinito. «Allora facciamo un patto: non parliamo più di quanto accaduto due anni fa. Sarà come se non fosse mai successo.» Allungò una mano verso di me, invitandomi a sigillare quell'accordo con una stretta.
Era la prima volta che si riferiva a quel periodo così apertamente. Ripensandoci, però, era la prima volta che parlavamo seriamente da quando lo avevo accusato di essere meschino quanto suo padre. Fu proprio per questo motivo che quella proposta mi sembrò inconcepibile. «Stai scherzando, spero.»
Aveva passato tutto quel tempo ad ignorarmi e ora voleva fare come se niente fosse? No, non mi stava bene.
«Sono pronto a passarci sopra, se tu lo sei.»
Ovvio che non lo ero! E poi... lui non aveva niente da perdonarmi! Ero io quella ferita, non lui, ma sembrava che tendesse a dimenticarlo troppo spesso. Inoltre a me pareva ci avesse già messo una pietra sopra, dato che viveva felice e contento con Giorgina, la regina dei conigli.
Guardai la sua mano, ancora testa verso di me, e fui seriamente tentata di schiaffeggiarla e di andarmene via. Poi però mi ricordai che avevo bisogno del suo aiuto, perciò ingoiai l'orgoglio e gliela strinsi.
«E va bene.» Sbuffai, soffocando la voce della mia coscienza che mi urlava di mandarlo al diavolo.
Scrollai le spalle per dissimulare il brivido che mi percorse come una scarica elettrica quando lo toccai. «Ho una condizione però.» Non gliela avrei data vinta così: era troppo facile e non se lo meritava.
«Sentiamo.» Se era sorpreso non lo diede a vedere, mantenne il celeberrimo contegno Malfoy in maniera magistrale.
«Se dobbiamo lavorare insieme quasi tutte le sere, voglio che tu la smetta di comportarti male con me.» Diretta e sincera come mai lo ero stata, lo guardai valutare le mie parole con circospezione.
«Io non mi comporto male con te.» Decretò infine, impassibile.
«No, hai ragione.» Concordai annuendo. «Tu non ti comporti proprio con me. E' come se io non esistessi. Non pretendo che tu mi chieda come ho passato la mia giornata, che tu ti interessi a me o che passi più del necessario in mia compagnia; credimi, nemmeno io lo voglio. Ti sto solo chiedendo di comportarti in modo... normale. Pensi di poterci riuscire?»
«Sì.» Sibilò, ma io non lo sentii.
«Capisco se non vuoi.» Continuai imperterrita, ormai incapace di fermare il fiume in piena di quelle parole che ripetevo a più riprese nella mia mente da anni.
«Rose.» Tentò di interrompermi lui, ma io non gli diedi retta.
«Posso chiedere alla McGranitt di lavorare con Jason, così...»
«Weasley!» Sbottò Malfoy, incrociando le braccia al petto. «Ho detto che va bene.»
«Cosa?» Spalancai gli occhi inebetita, non credendo alle mie orecchie.
«Lo ripeterò per un'ultima volta, quindi cerca di prestare attenzione: ho detto che va bene.»
«Oh... uhm, okay.» Borbottai, ancora non molto consapevole di quanto era appena successo.
«Vogliamo metterci al lavoro adesso? Torno da un allenamento sfiancante e desidererei andare a letto a dormire.» Si lamentò Scorpius.
«Ai vostri ordini.» Alzai gli occhi al cielo e tirai fuori dalla borsa il libro e la bacchetta. «Possiamo procedere allora.»
Scorpius mi rivolse un ghigno, mentre io, nonostante fossi ancora mortalmente incazzata con lui, gli risposi con un sorriso non riuscendo a farne a meno. Ero stanca di essere in guerra, un momento di tregua me lo ero proprio meritata.
Attenta solo a non cadere nella sua rete un'altra volta, Rose.
Non accadrà, mi ripromisi.

«Ti accompagno.»
«Non è necessario.»
«Insisto.» Scorpius sistemò i libri nella sua borsa a tracolla per poi gettarsela sulla spalla con una mossa aggraziata degna di una ballerina di danza classica.
«Davvero, non era questo che intendevo prima...» Sbadigliai io, sfoggiando tutta la mia eleganza e femminilità.
Si era fatta quasi mezzanotte, e il mio mal di testa era diventato insostenibile. Il ticchettio delle lancette dell'orologio mi rimbombava nella testa come un martello: avevo bisogno di dormire.
«Ci abbiamo messo una pietra sopra, giusto? Io accompagnerei qualsiasi ragazza al suo dormitorio, perciò consentimi di scortare anche te.»
Alzai gli occhi al cielo divertita, avvertendo qualcosa smuoversi alla bocca del mio stomaco. Era tipico di Scorpius comportarsi come un nobiluomo del passato, e con il passare del tempo lo faceva apposta per suscitare l'ilarità mia e di Albus. Senza poterlo evitare mi domandai se avesse quell'abitudine anche per tirare su di morale Giorgina. Sperai di no.
Uscimmo dall'aula in silenzio, avventurandoci nei meandri del castello verso la Sala Comune di Grifondoro.
I nostri passi erano l'unico rumore che spezzava la quiete della notte, rimbombando lungo i corridoi deserti. Alcune torce, che erano rimaste accese, disegnavano sul pavimento le nostre ombre innaturalmente allungate. Queste, l'una di fianco all'altra, procedevano al ritmo dei nostri passi ed era quasi comico di quanto la sua superasse la mia.
«Come stanno i tuoi genitori?» Interruppe il silenzio il biondaccio all'improvviso, passandosi una mano sul collo con fare imbarazzato. Sembrava aver preso molto sul serio il nostro accordo, quindi non volevo essere da meno.
«Bene, grazie.» Risposi.
Seriamente, Rose? Aggiungi qualcosa, per Merlino!
«Uhm, sono sempre i soliti: papà un po' sbadato e la mamma si arrabbia sempre per la sua goffaggine, ma alla fine si vogliono bene.» Iniziai a giocherellare con l'orlo del maglione per scaricare la tensione: dopo anni, stavo avendo una conversazione civile con Scoprius. Scorpius, il quale rise sommessamente, ricordando probabilmente qualche episodio in cui mio padre aveva dato il peggio -o il meglio- si sé. «Come quando ha inavvertitamente dato fuoco al regalo per vostro zio Harry e tua madre ha minacciato di lanciargli una fattura orcovolante.»
«Già, le solite cose insomma.»
«L'ho incontrato un paio di volte quest'estate, mi detesta ancora così tanto?» Chiese un po' nervoso, osservandomi attraverso le ciglia bionde.
A mia madre piaceva molto Scorpius, lo riteneva un ragazzo intelligente che sapeva ciò che voleva e, nonostante all'inizio fosse stata restia nei suoi confronti -dopotutto era pur sempre il figlio di Draco Malfoy- aveva poi iniziato a volergli davvero bene come lo zio Harry e la zia Ginny. Per quanto riguarda mio padre invece... be', inizialmente non riusciva proprio a sopportarlo, anche se ovviamente tentava di celarlo per amor mio e di Albus, però con il tempo si era davvero affezionato a lui. Ovviamente non lo avrebbe ammesso nemmeno sotto tortura; per lui Scorpius sarebbe sempre stato “quel brutto biondaccio che voleva portargli via la sua bambina”. Quante cose che non sapeva, il mio papà.
«Non ti detesta.» Affermai decisa. «E' solo convinto che stiamo insieme.» Mi ritrovai a dire, pentendomene l'istante successivo.
«Che cosa?» Esclamò Scorpius con una leggerissima nota isterica nella voce.
«Già.» Sospirai, grata che il rossore delle mie gote non fosse visibile nella penombra del corridoio. «Dice che è per questo che non ti si vede più a casa nostra, perché hai paura che lui ti cruci, o che ti uccida.»
«Ah.» Scorpius spalancò gli occhi turbato, per una volta non preoccupandosi di celare il suo stato d'animo.
«Ma lo sai com'è lui.» Mi affrettai ad aggiungere per rassicurarlo. «Parla tanto, ma in realtà ti vuole bene. Tutti te ne vogliono nella mia famiglia.»
Era vero: nonna Molly stravedeva per il giovane rampollo Malfoy; gli mandava tutti i Natali un maglione con una S ricamata sul petto e ogni volta che si presentava alla Tana gli preparava lo sformato di cavoli che lui tanto amava. Sì, è il suo piatto preferito, e io ancora non concepisco come questo possa essere possibile. Io lo odio, non posso tollerarne nemmeno l'odore.
Nonno Arthur invece aveva deciso che Scorpius gli stava simpatico quando gli aveva chiesto quale fosse l'esatta funzione di una paperella di gomma. Da quella semplice domanda erano poi scaturite una serie di conversazioni sui più disparati oggetti babbani che avrebbero fatto inorridire Lucius e Draco Malfoy.
«Sono tutti estremamente gentili con me.» Sussurrò Scorpius dopo un po'. Dal suo sguardo si intravedeva tutta la gratitudine che provava nei confronti di quella famiglia un po' bizzarra che lo aveva accolto come un figlio. Le sue labbra si piegarono in un leggero sorriso e i suoi occhi si persero in un'altra dimensione.
Io non avevo nulla da aggiungere, perciò mi limitai ad annuire.
Salimmo un'ultima rampa di scale e ci trovammo davanti al dipinto della Signora Grassa, la quale stava chiacchierando con la sua amica Violette.
«E voi due che cosa ci fate in giro a quest'ora» Chiese inquisitoria mettendosi le mani sui fianchi.
«Siamo Caposcuola.» Bofonchiai scocciata. Non le sopportavo, quelle due ubriacone. «E con ciò? E' inconcepibile che due studenti si aggirino per i corridoi a quest'ora, da soli per giunta.» Ci guardò con un sorrisetto malizioso e poi scoppio a ridere istericamente con la sua amichetta. «Chissà che cos'hanno combinato.»
«Stavamo facendo ripetizioni di Trasfigurazione, autorizzati dalla Preside stessa.» Fece notare educatamente Scorpius. «Dubito invece che l'egregia professoressa McGranitt sia al corrente dei vostri passatempi.» Accennò con il capo alla bottiglia di vino che Violette reggeva tra le mani, facendo ammutolire la Signora Grassa.
C'era poco da fare, Scorpius Malfoy sapeva come uscire vincitore da tutte le situazioni più scomode; ecco perché la mia guerra contro di lui era già persa in partenza.
«Grazie per avermi accompagnato.» Dissi voltando le spalle al quadro della Signora Grassa per fronteggiarlo.
Lui se ne stava fermo davanti a me con un'espressione indecifrabile. I capelli biondi gli coronavano il viso come la flebile fiamma di una candela e i suoi occhi brillavano come pietre preziose.
Mi ritrovai a deglutire a vuoto e a distogliere lo sguardo.
«E' okay.» Disse. «Ci vediamo lunedì per la ronda. Alle nove qui davanti?»
Stupita, mi ritrovai ad annuire piano. Se doveva essere tregua, doveva esserlo su tutti i fronti dopotutto. Sarebbe stata la nostra prima ronda insieme. Al quinto anno speravamo di diventare Caposcuola e fantasticavamo sempre su come avremmo passato le serate per i corridoi deserti di Hogwarts a ridere e a scherzare tra di noi. Poi le cose erano cambiate e tutto era sfociato in sguardi rubati e indifferenza ostentata.
«Buonanotte allora.» Mi salutò iniziando ad incamminarsi all'indietro lungo il corridoio in modo che potesse guardarmi ancora.
«Buonanotte.» Risposi, desiderosa di rintanarmi nel mio letto a baldacchino.
Fu come la miccia che innesca una bomba. Non appena si voltò il mio cuore perse un battito per poi accelerare esponenzialmente come un treno ad alta velocità.
Calma, Rose. Stai calma.
Mi premetti le mani gelate sulle guance, cercando di sbollire il calore che era divampato improvvisamente sul mio viso.
Borbottai la parola d'ordine. Ormai mi muovevo per inerzia, ancora inconsapevole di quanto fosse appena successo: io e Scorpius Malfoy avevamo stipulato un trattato di pace. Ci saremmo comportati da persone civili senza far accenno al passato. Non era precisamente un nuovo inizio, perché questo non ci sarebbe mai potuto essere -non da parte mia- ma almeno era qualcosa.
Mi ritrovai nella mia amata Sala Comune, accolta dall'abbraccio rassicurante del rosso e dell'oro. Il fuoco era quasi estinto, ma una piccola fiamma lottava contro l'aria fredda per sopravvivere, rischiarando appena la zona davanti al camino.
Mi fermai al centro della stanza e lasciai cadere la borsa lungo la spalla. Questa cadde a terra con un tonfo che riecheggiò per tutta la torre di Grifondoro, ma non mi importava. Mi guardai attorno: ero circondata da poltrone e sedie vacanti, ero avvolta dalla penombra, ma mi pareva di brancolare nel buio più profondo.
Che cos'avrei dovuto fare adesso?
Mi feriva, mi distruggeva, poi mi chiedeva di non parlarne più, di fare come se nulla fosse mai successo, e si aspettava che io ci riuscissi senza conseguenze. La cosa che più mi faceva infuriare era che io, stupida, non ero riuscita a dirgli di no.
Non appena mi ero convinta che sarei potuta andare avanti, ecco che lui in qualche modo ripiombava nella mia vita portando il caos e lo scompiglio. Avevo faticato per stare bene di nuovo e per raggiungere questa condizione di apparente tranquillità: non volevo che rovinasse tutto.
Ma chi volevo prendere in giro? Nel profondo del mio cuore c'era sempre stato un posto solo per lui che avevo custodito inconsapevolmente. Il problema era che non appena mi stava vicino quella parte di cuore riprendeva a battere. Sempre più forte... sempre più forte.
Maledetto.
Strinsi i pugni conficcandomi le unghie nella carne. Poi, dopo qualche minuto, ora, o forse giorno intero, mi incamminai piano verso il mio dormitorio, cercando di non pensare a quanto Scorpius Malfoy mi fosse mancato.

«Sveglia, pigrona.»
Un cuscino rosso mi atterrò sulla faccia destandomi dal sonno con poca gentilezza.
«Mph.» Bofonchiai, per poi girarmi dall'altro lato del letto.
«Andiamo, muoviti, Rose.- Julia sembrava spazientita, ma io non me ne curai.
Mi sentivo come se mi avessero attaccato dei macigni di piombo alle gambe. Non ce la facevo ad andare a lezione. «Sono malata.»
«Sì, di Scorpius Malfoy.» Fece lei, e dal suo tono di voce percepii il ghigno che le solcava il volto. «Forza, Rose, è tardi! Sono già andate tutte a fare colazione.»
Facendo appello ad ogni fibra della mia buona volontà mi alzai a sedere e mi tirai in piedi. Scossa da un capogiro mi portai una mano alla testa e chiusi gli occhi.
Quella notte avevo dormito davvero poco. Anzi, si potrebbe anche dire che non avevo dormito affatto, turbata da sogni infestati da occhi verde chiaro e da capelli biondi come il sole.
«Vedi? Sto male.» Mi lamentai piagnucolando.
Non volevo vedere il biondaccio. Non volevo dover sopportare la sua presenza e quella di Giorgina. Non volevo uscire dal dormitorio.
Julia mi squadrò attentamente dalla testa ai piedi. «In effetti sei proprio uno schifo.»
«Grazie tante.» La guardai male e lei scoppiò a ridere.
«D'accordo.» Concessi alla fine. «Mi vesto e andiamo.»
Soddisfatta delle sue abilità persuasive, Julia mi scoccò un bacio volante e si mise a raccattare i libri sparsi per la stanza.
Io mi trascinai davanti allo specchio e quando vidi il mio riflesso non potei far a meno di concordare con la mia migliore amica: stavo davvero da schifo.
Due grosse occhiaie violacee mi cerchiavano gli occhi, dandomi l'aspetto di una Caposcuola Cadavere, mentre i capelli mi ricadevano spenti sulle spalle, quasi come se fossero meno rossi del solito.
«Mi devi raccontare tutto quello che è successo ieri.» Mi impose Julia tornando seria. Le sue labbra non erano più piegate in un sorriso rassicurante, ma erano dritte come una linea retta.
«Niente!» Esclamai aprendo la braccia, la voce piena di disperazione. «Non è successo niente, Julia! Eppure sto da schifo!»
Mi sedetti di nuovo sul letto e mi presi la testa tra le mani.
Respirai profondamente e le raccontai tutti gli eventi della sera precedente, dalla tregua sancita da me e da Scorpius, ai sentimenti contrastanti che divampavano nella mia mente. Le dissi di come la presenza di Scorpius mi terrorizzasse, di quanto fossi spaventata all'idea di poter soffrire ancora.
Julia mi posò piano una mano sulla spalla. Il suo tocco riuscì a calmarmi e ad impedirmi di perdere completamente la ragione. Alzai il capo e sbirciai il suo volto: i grandi occhi marrone erano colmi di preoccupazione e i codini che le sparavano ai lati del collo stonavano con la maturità che la sua espressione esprimeva.
«Sono un controsenso. Un momento dico che lo odio, quello dopo mi manca e quello dopo ancora sono terrorizzata all'idea che possa tornare nella mia vita. Io... non lo voglio, Julie! E sai perché? Perché vederlo, stargli vicino porta solo complicazioni, e le situazioni complicate mi mettono ansia.» Sputai fuori tutto di un fiato.
Non era successo niente la sera precedente, eppure avevo l'impressione che la mia vita si sarebbe tramutata in un gran casino di nuovo. Non c'era niente che non andasse, la mia quotidianità non sarebbe stata alterata, eppure mi sentivo come se fossi appena uscita da una centrifuga. Come al solito il problema non erano gli altri, ero io. Era sempre tutto solo nella mia testa.
Julia prese posto al mio fianco e si ritagliò qualche istante per riflettere e ponderare le proprie parole, poi parlò. «Ogni volta che devi fare qualcosa che vada fuori dagli schemi, tu non vuoi farla.» Disse.
«E questo cosa c'entra? Non vuol dire niente, ora.» Iniziai a fissarmi le punte dei piedi, colpita dalla verità di quell'affermazione.
«Invece vuol dire tutto! Tu rivuoi quel maledetto biondaccio nella tua vita. Sai perché sei convinta del contrario? Perché sei spaventata. Ed è proprio per questo che mantieni sempre un profilo basso, non corri mai dei rischi e non ti metti in gioco.» Julia raddrizzò la schiena e si schiarì la voce, indecisa se continuare o meno quando vide che i miei occhi si erano riempiti di lacrime. «Guardami e dimmi che sei soddisfatta. Dimmi che a te va bene così e che non ti senti neanche un po' ordinaria.»
«Tutto questo non c'entra con Scorpius.» Ripetei come un mantra, lo sguardo fisso sul tappeto e gli occhi spalancati per non far uscire le lacrime.
«No, ma c'entra con te! Devi vederti quasi tutte le sere con Malfoy? E chissene frega! Se ti affezionerai a lui di nuovo? Probabilmente sì. Magari ti ferirà ancora. E ancora. Oppure andrà tutto a gonfie vele e capirete di essere innamorati, vi sposerete e avrete cinque figli dai capelli rossi.»
Emisi un verso a metà tra una smorfia di disgusto e un singhiozzo. Julia mi ignorò e continuò: «Non importa, comunque andrà sopravviverai come hai sempre fatto. Lascia correre, lascia che le cose ti accadano, non isolarti nella tua teca di vetro. La calma è sopravvalutata.» Julia si alzò e si accovacciò davanti a me prendendo le mie mani tra le sue.
«Non voglio, ho già sofferto abbastanza. Almeno se mi faccio i fatti miei vivo più tranquilla.» Piagnucolai con voce tremante.
«Ma è proprio questo il punto: questa non è vita, Rose. Smetti di esistere e inizia a vivere.»
«E come si fa?» Chiesi in un sussurro.
Julia mi sorrise. Sul volto le spiccavano milioni di lentiggini che la rendevano ancora più carina. «Non ne ho idea.» Disse semplicemente. «Ma credo che un buon inizio sia smettere di dipendere da Scorpius Malfoy.»
«Io non...» Iniziai, ma lei mi bloccò scuotendomi appena le mani.
«Non dire che non è vero, perché sai benissimo che lo è. Non vai a vedere le partite contro Serpeverde perché lui è il capitano della squadra; se lo becchi in biblioteca corri a studiare in Sala Comune; hai paura che possa farti del male e questa paura ti blocca in ogni altro aspetto della tua vita.»
«Non è solo questo, lo sai...»
«Lo so.» Si affrettò subito ad aggiungere. «Lo so che non è solo lui il problema. Diciamo però che ne costituisce una grande parte.»
Su questo dovevo darle ragione. L'aver chiuso i rapporti con Malfoy aveva condizionato molte mie decisioni, e la cosa non mi era mai piaciuta. Eppure non potevo farne a meno, era sempre nei miei pensieri, come una sanguisuga che succhia via la forza vitale.
«Quante volte ho detto che ci avrei messo una pietra sopra?» Sbuffai, depressa. «Mille. Ma non funziona.»
«Non ti sto consigliando di non pensare più a lui, di non soffrire più o di essere la persona più felice del mondo da un giorno all'altro. Il contrario. Voglio spingerti a provare emozioni e a non esserne terrorizzata. Soffri, odialo, amalo, non importa. Ma prova qualcosa e apprezza questi sentimenti, qualsiasi sia la loro natura. Vivi, Rose. Voglio vederti vivere.»

A questo punto, avevo bisogno anche io di stringere un patto con me stessa: basta esistere, iniziare a vivere.
Era però necessaria una condizione di fondamentale importanza: questa volta non mi sarei dovuta innamorare per nessun motivo di Scorpius Malfoy.




NOTE DELL'AUTRICE:
Ehm, salve!
Mi scuso per il finale dello scorso capitolo, e spero di essermi fatta perdonare con questo, anche se non credo di esserci riuscita al cento per cento.
Non ho molto da dire a riguardo in realtà, solo che sono un po' agitata all'idea di farvelo leggere e che spero davvero tanto che vi piaccia.
Poi volevo proporvi una questione, ovvero quella dei presta-volto per i nostri protagonisti! Voi chi chi vedreste bene nei panni di Rose, Scorpius, Albus, Julia, Giorgina e gli altri? Sinceramente io non sono solita assegnare dei presta-volto semplicemente perché i personaggi li immagino a modo mio, talmente nel dettaglio, che sarebbe impossibile trovare qualcuno di adatto. Però so che è una cosa che spesso si fa, perciò rimetto a voi la questione.
Avevo pensato a Holland Roden per Rose ed Emma Stone per Julia. Scorpius è un bel problema: io lo immagino un tipo alla Tim Burton. Mi spiego meglio, lo immagino molto alto, un po' smilzo, pallidissimo con due brillanti occhi verdi! Non credo che esista un ragazzo così, ma se lo trovate fatemelo sapere!
La parte del "basta esistere, inizia a vivere" è ispirata un po' anche a Once Upon A Time. Amo Anna 💙💙💙💙 E nulla, penso di aver terminato.
Vi mando un abbraccio e vi ringrazio all'infinito per seguire la mia storia e per le recensioni che mi lasciate. Grazie mille, davvero <3
Francesca 

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Capitolo Nove. ***


Capitolo Nove.



Alla piccola Giuls che domani compie gli anni. 

 
And you were wild and crazy
Just so frustrating, intoxicating
Complicated, got away by some mistake and now
I miss screaming and fighting and kissing in the rain
It's 2am and I'm cursing your name
I'm so in love that I acted insane
And that's the way I loved you

The Way I Loved You, Taylor Swift

Vivere.
Apparentemente così facile ma in realtà maledettamente difficile.
Puoi definirti davvero vivo se respiri e cammini? O è qualcosa di più, qualcosa che senti dentro di te?
Come si faceva a smettere di esistere e ad iniziare a vivere se nemmeno sapevi che cosa volesse dire?
«Rose... ci sei?» Julia mi sventolò una mano davanti al viso. Mi resi conto di star fissando un punto davanti a me con la tazza stretta tra le mani. La appoggiai e uscii dal turbine dei miei pensieri.
«Sì, Julie. Ci sono.» Presi una fetta di toast e ci spalmai sopra della marmellata di mirtilli, la mia preferita. «Si può sapere come fai a mangiare quella roba?» Chiesi poi schifata, guardando il piatto della mia migliore amica pieno di pancakes ricoperti sia di cioccolata che di marmellata.
«Me lo domandi tutte le mattine!» Sbuffò lei.
«E' solo che è... disgustoso!» Feci una smorfia e storsi il naso io.
Julia, che era seduta di fronte a me, mi guardò con un sorrisetto. «Be, non devi mica mangiarli tu.»
Alzai le mani in segno di resa e bevvi una sorsata di tè, lasciando che il liquido caldo mi scaldasse le membra
«Andiamo a Hogsmeade il prossimo weekend?» Chiesi dopo qualche secondo di silenzio.
Julia alzò lo sguardo su di me. I suoi capelli color mogano erano stretti in due codini ai lati del viso conferendole l'aspetto di una tredicenne. Attorno al collo portava una collana arcobaleno e la montatura nera degli occhiali spiccava aliena in quel panorama colorato.
«Pensavo ci andassi con Jason.» Alluse giocherellando con il cibo che aveva nel piatto.
«No.» Scossi la testa convinta della mia decisione.
Volevo vivere, certo, ma questo non comportava uscire con ragazzi che non mi piacevano.
Appoggiai la testa di lato sulla mano aperta, e guardai per caso verso le grandi porte di quercia. Proprio in quel momento Scorpius e Al stavano entrando nella Sala Grande parlottando allegramente tra loro. L'argento e il verde della divisa faceva risaltare il colore dei loro occhi che brillavano di luce propria anche a distanza di metri. Scorpius si passò una mano tra i capelli con aria rilassata e si lasciò cadere aggraziato su una sedia, dando le spalle al tavolo di Grifondoro. Albus invece prese posto di fronte a lui e, incrociando il mio sguardo, mi salutò con la mano.
Io ricambiai quel gesto con un sorriso. Julia si voltò per capire cos'avesse attirato la mia attenzione, poi parlò. «Andiamo a vedere gli allenamenti di Serpeverde questo pomeriggio?»
Per poco non mi strozzai con il tè che stavo bevendo. Iniziai a tossire e a sputacchiare, e quando mi ripresi cominciai a ridere. Che simpatica la mia amica.
Fuori il candido sole autunnale splendeva nel cielo, riscaldando con i suoi raggi l'ultima domenica di Settembre. L'aria stava iniziando a diventare sempre più fredda, e gli studenti approfittavano del bel tempo per studiare nel parco o per fare una passeggiata intorno al Lago Nero.
Tuttavia, Scorpius Malfoy, capitano della squadra di Serpeverde, voleva iniziare col botto e pertanto aveva indetto un allenamento straordinario ogni domenica pomeriggio. Il problema era che la prima partita dell'anno si sarebbe disputata contro Grifondoro solo a fine Novembre, quindi mio cugino aveva minacciato di abbandonare la squadra di fronte ad una richiesta tanto assurda. Malfoy, che non poteva assolutamente far a meno della sua punta di diamante, aveva accettato di ridurre gli allenamenti
«Guarda che ero seria!» Disse Julia incrociando le braccia al petto. «Ci saranno anche Emma e le altre con Danielle. Chi se ne frega di Malfoy.» Aggiunse poi, notando l'occhiata che avevo lanciato alle sue spalle.
«E va bene.» Acconsentii, fedele al patto che avevo stretto con me stessa qualche giorno addietro. Nessun problema, sarebbe stato facile: Julia era con me.


Quando arrivammo al campo da Quidditch non faceva tanto caldo come avevo sperato. Mi strinsi nel maglione grigio scuro che indossavo e alzai gli occhi verso il cielo. Qui la squadra di Serpeverde aveva spiccato il volo e volava attorno ai grandi cerchi metallici.
Scorpius, cercatore e capitano, aveva appena liberato il boccino d'oro e si apprestava a cercarlo nei dintorni, mentre Albus, miglior cacciatore di Hogwarts con una media di ottanta punti a partita, si passava una pluffa con Jerome Stuart.
«Ricordami ancora una volta perché siamo qui.» Mi lamentai poggiando la testa sulla spalla di Julia.
«Perché non avevamo niente di meglio da fare, e non so davvero chi sia il più figo tra i componenti della squadra di Serpeverde. Direi il Biondaccio, ma mi sta troppo antipatico e non vorrei mai dargli questa soddisfazione.» Rispose lei mangiucchiando una cioccorana con gusto.
«Si parla di gente sexy?» Intervenne Victoria sedendosi alla mia sinistra con i suoi svolazzanti capelli biondo scuro stretti in un'alta coda.
«Finalmente la giornata si fa interessante.» Commentò Felicity prendendo posto alla destra di Julia.
«Ciao ragazze.» Disse in tono sconsolato Emma arrivando da dietro con Danielle.
Mi voltai e rivolsi loro un sorriso. Quando puntai di nuovo gli occhi sul campo capii che qualcosa non andava: era appena apparsa la squadra di Grifondoro al completo.
Non appena Scorpius se ne accorse smontò dalla scopa come una supernova che si schianta al suolo. «Si può sapere che succede qui?»
«Giochiamo a Quidditch, a me pare ovvio.» Jason sorrideva come un bambino in un negozio di caramelle e, nonostante Scorpius lo superasse di parecchi centimetri, non pareva in alcun modo intimorito.
«Ho prenotato io il campo, Cameron.» Malfoy parlò con voce così gelida da farmi rabbrividire anche se quelle parole none erano dirette a me.
«Si mette male.» Borbottò Julia al mio orecchio, e io non potei far a meno di concordare con lei.
Jason sorrise sventolando un foglio di carta. «Lo so, ma siccome la prossima settimana non possiamo allenarci ho chiesto alla Preside un permesso per questa domenica.»
Scorpius parve a corto di parole ed ero certa che se avesse potuto gli avrebbe sferrato un pugno sul naso. La mano di Albus fu immediatamente sulla sua spalla, infondendo in lui il buon senso che tendeva a perdere in presenza del capitano di Grifondoro. «Scorp, calmo.» Gl disse a bassa voce.
Scorpius chiuse gli occhi e prese un respiro profondo, aumentando la stretta sulla propria scopa. «D'accordo. Il campo è vostro. Ma la prossima volta non sarò più tanto magnanimo. Voglio minimo ventiquattro ore di preavviso.»
Si diresse verso lo spogliatoio con grandi falcate, probabilmente immaginando di spiaccicare la faccia di Jason ad ogni passo. Albus ed il resto della squadra lo seguirono, da un lato delusi e dall'altro lieti di avere una domenica di libertà.
Jason salì sulla scopa e mi sorrise. «Ciao Rose!»
Ricambiai il saluto con un cenno della mano e distolsi lo sguardo.
«Andiamo via.» Dissi alla mia migliore amica, sperando mi desse retta per una volta.
«Scorpius sparisce e Rose non è più interessata al Quidditch.» Fece Victoria con fare allusivo studiandosi le unghie smaltate di blu e argento.
Emma le tirò una gomitata nel fianco e le sussurrò un insulto all'orecchio, mentre Julia ridacchiava tra sé e sé.
«Scorpius è il più figo.» Felicity annuì tra sé e sé, poi aggiunse. «Quel Jason non è niente male, ma non è il mio tipo.»
Perché tutte a me?
«Quindi Albus non si allena più?» Chiese Danielle, allungando il collo per controllare che i Serpeverde non stessero tornado in campo.
Le Corvonero si misero a ridere ed iniziarono a fare battutine circa quell'ultima uscita della povera francese. Io approfittai del momento di distrazione per prendere Julia per un braccio e trascinarla via. Scendemmo velocemente le scale degli spalti e ci incamminammo verso il castello.
Il sole era prossimo al tramonto, illuminava il parco con i suoi raggi dorati riflettendosi nel lago nero e conferendo alle acque una tonalità rossiccia. Di lì a poco avrebbe lasciato spazio alla luna e alle stelle, privando il mondo del suo tiepido calore.
«Si può sapere che ti è preso?» Mi domandò Julia a metà strada, i capelli color mogano resi ancora più rossi dal crepuscolo.
Io continuavo a trascinarla per un braccio, mentre camminavo velocemente davanti a lei per paura di incontrare i Serpeverde di ritorno al Castello.
«La prossima settimana c'è la prima uscita ad Hogsmeade.» Dissi, come se quello spiegasse tutto.
«E quindi?»
«Quindi...» Abbassai la voce e mi guardai intorno per evitare che orecchie indiscrete ci sentissero. «Quindi non voglio che Jason mi chieda di accompagnarlo.»
«Oh, ma insomma!» Julia si fermò e incrociò le braccia al petto. «Hai detto che ci saresti andata, non puoi rimangiartelo.»
«L'ho detto solo per essere gentile!» Mi difesi io, voltandomi per fronteggiarla. «Non c'è nulla di deciso. Devo solo evitarlo fino alla prossima settimana.»
«E come pensi di fare, se posso chiedere? Frequentate praticamente gli stessi corsi e lo vedi ogni santo giorno. Perché non puoi uscire con lui e basta? Magari ti diverti e scopri che ti piace.»
Io storsi il naso. «Perché non voglio.»
«Perché?»
«Perché no!» Sbottai con un tono di voce troppo alto. «Non voglio uscire con un ragazzo che non mi piace, e Jason non mi piace.»
«Come puoi dirlo se nemmeno hai provato a conoscerlo meglio? Non gli hai mai dato una possibilità.»
Esasperata perché nemmeno la mia migliore amica riusciva a capirmi abbassai il capo e mi fissai le punte dei piedi. «La scintilla, Julia. Manca la scintilla.»
Lei stava per replicare quando le voci infuriate della squadra di Serpeverde ci raggiunsero. Poggiai il dito indice davanti alle labbra per zittire Julia, la quale alzò gli occhi al cielo e lasciò perdere.
Sophia Mulciber si stava lamentando del fatto che i Grfondoro non avessero dato loro alcun preavviso, affermando che sarebbe andata subito a lamentarsi con la McGranitt. Posai gli occhi su Albus e Jerome Rosier che annuivano alle sue parole, poi la mia attenzione venne catturata dall'immagine onirica di Scorpius. Camminava rigido in coda al gruppo, con sguardo basso e mani infilate nelle tasche della felpa grigio scuro che gli metteva in evidenza le spalle larghe.
Anche se aveva il viso in ombra, coperto dai capelli biondi che gli ricadevano morbidamente sulla fronte, riuscivo a percepire la sua tensione dal modo in cui stringeva la tracolla della borsa. Il suo pugno era avvinghiato attorno al tessuto nero come se questo fosse il suo unico appiglio in un mondo di caos e confusione. Non capivo come fosse possibile che Jason riuscisse a farlo uscire dai gangheri in quella maniera.
«Ciao ragazze.» Ci salutò Albus quando ci raggiunse.
Il resto delle Serpi borbottò frasi sconnesse e se ne andò non prestandoci troppe attenzioni. Quando Scorpius ci oltrepassò senza degnarci di uno sguardo, tenni gli occhi fissi sulla sua schiena mentre scompariva dietro le grandi porte di pietra. Anche se era ormai stato inghiottito dalle tenebre, continuai a guardare il punto in cui era sparito, come se potessi in qualche modo seguirlo all'interno del castello.
«Jason è un cretino.» Stava dicendo mio cugino. «Lo fa apposta per istigare Scorpius.»
«Si può sapere perché si odiano tanto?» Domandai rivolgendo la mia attenzione ad Al.
Lui mi guardò intensamente con i suoi occhi verde giada, poi alzò le spalle. «Non ne ho idea. Penso che il fatto che sia un cretino possa bastare.»
Julia sbuffò. «Anche tu la pensi come Malfoy? A me sembrate solo gelosi, è un caro ragazzo.»
Albus, dopo un momento di iniziale stupore, scoppiò a ridere. «Sì, certo, e io sono biondo.»
«E' l'influenza di Malfoy che ti condiziona, parli così per lealtà nei confronti del tuo migliore amico che è geloso marcio di Rose.» Decretò infine Julia con decisione.
«Quello di sicuro.» Albus annuì e mi rivolse un sorrisetto.
«Ragazzi!» Li sgridai avvampando. «Smettetela di sparare idiozie. A Malfoy non importa un accidenti di me, e ricordiamoci che sta con la Nott.»
Al distolse lo sguardo e si passò una mano tra i capelli. «Fatto sta che dovresti girare a largo da Cameron. Sono serio, Rose.»
«Oh, ma dai! Anche tu no!» Julia si mise le mani sui fianchi, sull'orlo dell'esasperazione.
«Grazie, Albus.» Sospirai, grata che almeno mio cugino non mi spingesse ad uscire con Jason. «Non preoccuparti, non sono interessata.»
«Va bene, fai come vuoi. Poi non lamentarti se resti zitella a vita.»
Julia era sempre la solita esagerata, Merlino che ansia. Se stavo bene da sola che problema c'era?
«Be', direi che l'età giusta per sposarti, Rose, sia attorno ai quarant'anni. Anzi, facciamo quarantacinque.» Albus si portò una mano al mento con fare pensieroso. «E ovviamente l'unico uomo al quale sarei disposto a dare la mia benedizione è Scorpius.»
«Invece Scorpius è l'ultimo ragazzo che avrebbe la mia, di benedizione. Come la mettiamo adesso?» Lo sfidò Julia scostandosi frettolosamente una ciocca di capelli che le ricadeva sul viso.
«Io sono suo cugino. La sua famiglia! E' più importante la mia.»
«Tzè! Io sono la sua migliore amica.» Julia mi prese sottobraccio e poggiò la testa sulla mia spalla. «Diglielo, Rosie, che tu non sposeresti mai nessuno senza il mio consenso.»
«Piantatela entrambi!» Mi scollai Julia di dosso senza troppe cerimonie e mi spazzolai la gonna con le mani. «Mi sembra decisamente troppo presto per parlare di matrimonio! Per Morgana, se vi sentisse mio padre vi ucciderebbe.»
Non potevo nemmeno pensarci. Se mio padre fosse stato presente avrebbe dato di matto, iniziando a piagnucolare che la sua Rosie non poteva crescere e bla, bla, bla.
«Anche zio Ron darebbe la sua benedizione solo a Scorpius. Non lo ammetterebbe neanche sotto tortura, ma nel profondo gli piace.»
«A tutti piace Scorpius.» Mi ritrovai a concordare, con lo sguardo perso nel vuoto.
«A me no.»
Io e mio cugino guardammo Julia inarcando un sopracciglio.
«Cosa?» Fece lei con aria di sfida. «Lo sapete che per me ha un bel fondoschiena ma un carattere del cavolo.»
Alzai una mano per zittirla e per liquidare la questione, che ci stava decisamente sfuggendo di mano. «Io non sposerò mai e poi mai Malfoy, quindi non c'è da preoccuparsi. Albus, dovrai fartene una ragione, mi dispiace.»
Mio cugino non pareva per niente convinto mentre iniziava ad incamminarsi canticchiando verso il cancello. «Sai come si dice, Rose?» Urlò una volta che fu arrivato sulla soglia dell'ingresso. Quando girò la testa per guardarmi il suo viso era solcato da un sorrisetto cospiratorio. «Se due persone sono fatte per stare insieme...»
Tenne la frase in sospeso e se ne andò, lasciandomi spaesata e confusa al fianco di Julia che era piombata in un silenzio ostinato.
Che assurdità, pensai. Se c'era una cosa della quale ero certa, questa era che tra me e Scorpius non ci sarebbe più stato niente di niente.

Camminavo per i corridoi del Castello a passo veloce. Merlino, ero in ritardo. Perché ogni volta uno di noi doveva arrivare dieci minuti dopo facendo così aspettare l'altro? Quella sera era toccato a me e Scorpius avrebbe fatto meglio a non lamentarsi, altrimenti lo avrei schiantato.
Okay, no, non lo avrei mai fatto probabilmente, ma insomma, se avessi aumentato l'andatura mi sarei messa a correre, il che non era il caso.
Mancavano pochi metri alla mia meta. Solo una manciata di secondi e sarei arrivata, ma il destino non era dalla mia parte: incontrai Emma e Matt nel bel mezzo di una discussione.
Fosse stato per me, mi sarei resa invisibile per raggiungere la mia destinazione indisturbata, ma il mio cognome non era Potter e pertanto non possedevo un mantello dell'invisibilità.
«Rose» Mi accolse Emma quando mi vide. «Digli di aiutarmi, ti prego, ti prego, ti prego.»
«E' bello vederti anche per me, Emma.»
Matt mi guardò con fare implorante e io gli sorrisi.
«Domani è il compleanno di Juliette.» Disse Emma con le guance colorate di rosso. «E io non le ho fatto una torta! Per Priscilla, penserà che non mi importa niente di lei.»
«Ma no, tesoro, stai tranquilla.» Matt le posò una mano sulla spalla ma lei se la scrollò di dosso con un gesto brusco. «Ho bisogno che Matt, vada a chiamare Andy, Alex, Moni e Lux in Sala Comune e che dica loro di raggiungermi..... loro sanno dove.» Continuò, i capelli che a momenti si sollevavano per l'elettricità.
«Em, io non sono Corvonero, non posso entrare nella tua Sala Comune.» Ribadì Matt paziente, probabilmente per la millesima volta.
«Certo che puoi! Devi solo rispondere correttamente all'indovinello che il batacchio a forma di aquila ti sottopone.»
Matt la guardò male, e io accorsi in suo aiuto. «Emm, deve esserci almeno un caposcuola a fare la ronda, o la McGranitt ci uccide.»
Emma mi guardò come se io fossi la sua salvezza appena discesa in terra. «Rose!» Mi si avvicinò e mi prese per le spalle. «Ti supplico, puoi farlo tu? Tanto di sicuro saprai rispondere al Corvo.»
«Non posso. Ho ripetizioni, ricordi? Se faccio tardi il biondaccio mi uccide.»
«Portatelo dietro. E poi potrete studiare.»
«Chi, Scorpius? Ma sai di chi stai parlando? Non lo farebbe mai...Emma, mi stai ascoltando?» Ma la sua mente era altrove: lasciò cadere le mani dalle mie spalle ed emise un urletto strozzato. «Scorpius Malfoy.»
Proprio Scorpius Malfoy stava salendo le scale con passo strascicato e le spalle stranamente curve, portando la borsa dei libri come se questa fosse piena di cemento.
Quando si sentì chiamare e ci notò, inarcò un sopracciglio e si diresse verso di noi. «Tutta la banda al completo, noto. Mi sono per caso perso una qualche comunicazione importante, Dowson?» Chiese a Matt, il quale era il caposcuola che interagiva direttamente con la preside e che pertanto organizzava le varie riunioni.
«No, nulla. Emma si è ricordata che domani è il compleanno di Juliette e ha bisogno di qualcuno che vada nella loro Sala Comune a chiedere alle altre ragazze di raggiungerla “loro sanno dove”.»
«Non vedo come questo possa riguardarmi.»
Emma, che nel frattempo aveva annuito alle parole del suo ragazzo, sbuffò. «Ti riguarda perché Matt non ci può andare dato che deve fare la ronda.»
Malfoy annuì fingendosi interessato. «Quindi?»
«Quindi.» Disse Emma con un sorriso nervoso. «Ho bisogno che tu e Rose andiate a chiamare le altre ragazze.»
«Mi dispiace, ma non abbiamo tempo.»
Fece per andarsene, ma Emma lo bloccò per un braccio e lo guardò seria. «Ti prego. Prometto che ti preparerò un sacco di muffin al cioccolato per i prossimi due mesi.»
«Odio il cioccolato.»
«Odia il cioccolato.»
Mi maledissi e tornai a tacere, con le guance leggermente rosse per aver parlato all'unisono con Malfoy.
Idiota, idiota, sono un'idiota.
«Senti.» Tentò un'ultima volta la povera Corvonero sistemandosi i lunghi capelli marroni dietro le orecchie. «Domani è il compleanno di Juliette e io, sormontata dai compiti e dalle ronde, mi sono dimenticata di prepararle una torta e di organizzare qualcosa di carino. Cerco sempre di rendere speciali i compleanni delle mie amiche, perché i miei essendo d'estate fanno tutti schifo. Non voglio che pensi che non mi importi di lei.» Mi guardò titubante e la sua voce divenne molto sottile. «Io lo so che non sei uno stronzo, Malfoy. Se Rose era tua amica ci sarà stato un motivo. Perciò ti prego di farmi questo favore.»
Scorpius la guardò come se stesse parlando in una lingua studiata da troppo poco tempo, poi vidi qualcosa mutare nella sua espressione. Con lentezza esasperata annuì e spostò lo sguardo su di me. «Diamoci una mossa.»
Salutai velocemente Emma e Matt, poi lo seguii nel corridoio buio. L'unica fonte di luce erano poche torce rimaste accese. Esse brillavano flebilmente conferendo un'atmosfera spettrale a tutto il castello.
«Rose!» Mi chiamò Scorpius senza girarsi.
«Arrivo.» Contrariata lo raggiunsi, camminando con lunghe falcate per poter mantenere il suo passo veloce. Mi superava di parecchi centimetri in altezza -non che ci volesse molto- perciò un suo passo corrispondeva a tre dei miei.
«Perché Emma mi odia?» Mi chiese dopo un po', mentre approcciavamo le scale che portavano alla torre di Corvonero.
«Lei... Non ti odia.» Risposi leggermente a disagio.
Emma non lo odiava infatti, diciamo che non le stava particolarmente simpatico.
«Si direbbe da come mi guarda... Come se volesse tirarmi un pugno in faccia da un momento all'altro.»
«Uhm, mi dispiace essere io a dirtelo, ma non puoi pretendere di piacere a tutti.»
Scorpius mi guardò dall'alto verso il basso attraverso le ciglia bionde. «Tecnicamente no, ma ci si può sempre provare.»
Il suo tono di voce era leggero, senza alcun segno di affanno; io invece avevo il fiatone e dovevo prendere grandi respiri per non morire agonizzante al suolo. Nonostante fosse il mio settimo anno, le scale per raggiungere la cima della torre di Grifondoro erano un duro colpo per una anti-sport come me.
«Be'...» Dissi. «Non ci stai riuscendo molto bene, dato che ti sei fatto odiare da Jason.»
Dovetti salire un altro paio di gradini per accorgermi che Scorpius si era fermato. Mi voltai e lo guardai male. «Si può sapere che stai facendo?»
«É Cameron che si fa odiare. Se il sentimento è reciproco non può che farmi piacere.»
«Ma non ti ha fatto niente!» Esclamai esasperata, sentendomi in dovere di scagliare una freccia in favore del mio compagno di casa.
Scorpius a quelle parole impallidì assumendo la colorazione di un cencio sporco. Cercando di darsi un contegno mi rivolse uno sguardo pieno di veleno: i suoi occhi brillavano nel buio trasudando rabbia e un odio antico. Non disse nulla, impassibile mi superò e continuò a salire le scale senza preoccuparsi di aspettarmi.
Mi misi quasi a correre per evitare che mi seminasse, con la bacchetta in mano per fare luce davanti a me. «Scorpius... Scorpius!» Ma lui non mi ascoltava, camminava imperterrito. Riuscivo a sentire gli ingranaggi del suo cervello tessere pensieri sconnessi mentre lo osservavo salire gli ultimi gradini con quella grazia intrinseca che lo contraddistingueva in ogni situazione.
In cima alle scale mi piegai sulle ginocchia per prendere fiato e lo guardai attraverso le ciocche di capelli che mi erano cadute davanti al viso.
«Vedi come fai?» Domandai una volta stabilizzato il respiro. «Perché lo odi tanto?»
Scorpius si fermò, ma continuò a darmi le spalle. «Ci sono tante cose che non sai. Ho sempre i miei motivi, tieni presente solo questo.»
Riprese a camminare e io lo seguii con un diavolo per capello.
Che cavolo voleva dire? Forse che se non mi sopportava c'era una ragione? Certo che c'era, mi dissi fermamente: l'avevo rifiutato, e il rifiuto fa male. Se solo quel cretino mi avesse dato modo di spiegarmi, le cose sarebbero andate diversamente. Chissà, forse in quel momento avrebbe festeggiato il primo anniversario con me e non con Giorgina.
Mi diedi della stupida per aver pensato a qualcosa di simile. No, no e poi no. Era inutile rivangare il passato: le cose erano andate così e non c'era niente che potessi fare per modificarle.
«Eccoci arrivati.» Sussurrò Scorpius, e per poco non gli andai addosso.
Lui bussò con il batacchio e attese paziente la domanda che ci avrebbe permesso di accedere alla Sala Comune di Corvonero.
Una cosa che io e il biondaccio avevamo in comune era l'essere stati entrambi testurbanti. Il Cappello parlante infatti era stato molto indeciso per i nostri smistamenti: per me la scelta dondolava tra Grifondoro e Corvonero, mentre per Scorpius tra Serpeverde e Corvonero. Anche in questo caso non potei far a meno di domandarmi cosa sarebbe successo se fossimo stati assegnati alla stessa casa.
«La getti quando ti serve e la riprendi quando non ti serve. Che cos'è?» Chiese l'aquila incantata con voce metallica.
«Dunque...» Fece Scorpius passandosi una mano tra i capelli. «L'ancora.» Disse poi, quasi senza pensarci.
«Complimenti.» Lo lodò l'oggetto stregato lasciando aperto il passaggio che conduceva alla Sala Comune di Corvonero. Questa era analoga alla nostra, con la differenza che si trovava nella torre ovest e che era dominata dal blu e dal bronzo. Spaziosa e ariosa, illuminata da una serie di finestre ad arco acuto, dava un grande senso di libertà, e non potei far a meno di pensare che non mi sarebbe dispiaciuto vivere qui. Il soffitto era adornato da un motivo decorativo ripreso dalla mochette: un cielo stellato. L'elemento che però mi stupì maggiormente fu una grande statua di marmo che, come un faro di vedetta, si stagliava imponente tra i divanetti. Rappresentava una donna con il viso incorniciato da lunghi capelli mossi tra i quali spuntava una piccola tiara. Supposi si trattasse di Priscilla Corvonero, la fondatrice dell'omonima casa.
Nel momento stesso in cui io e Scorpius uscimmo dalla tenebra un coro di ooooh ci accolse. Immaginai lo stupore nel ritrovarsi due studenti, uno Grifondoro e l'altro Serpeverde, nella propria Sala Comune. Eravamo intrusi.
Mi schiarii la voce e poi parlai. Ero pur sempre Caposcuola, una qualche autorità l'avevo anche io, no?
«Buonasera a tutti. Ci rincresce distogliervi dalle vostre attività, ma siamo qui sotto domanda di Emma.» Cercai con lo sguardo il sostegno di Scorpius, ma questo si stava guardando attorno con occhi spalancati. La sua attenzione si soffermò su un meraviglioso scaffale che si ergeva fino al soffitto, pieno di libri. Riuscivo a percepire la brama che provava di avvicinarsi e di immergersi nella lettura di quei tomi antichi per scoprire i loro segreti.
«Emma ha bisogno che Andy, Alex, Moni e Lux la raggiungano.... ehm, voi sapete dove.» Il mio sguardo si soffermò su un gruppo di ragazze del sesto anno sedute ad un tavolo pieno di caramelle a tutti i gusti più uno sparpagliate tra i libri aperti. Queste, quando sentirono i loro nomi, si alzarono parlottando tra loro. Tutte, tranne una che identificai come Juliette, la festeggiata. Era una ragazza molto carina con lunghi capelli scuri che le ricadevano leggiadri ai lati del viso. Guardò le sue amiche allontanarsi leggermente confusa e triste. Quando incrociai il suo sguardo, le rivolsi un sorriso rassicurante.
«Di cos'ha bisogno Emma?» Chiese una delle Corvonero che se non mi sbagliavo doveva essere Alex.
«Ecco...» Lanciai un'occhiata allusiva alla piccola Juliette. Le altre capirono al volo. Non a caso erano le protette di Priscilla.
«Andiamo.» Disse Lux annuendo. «Muoviamoci.»
Le guardai sparire oltre la porta, e la loro aria determinata quasi mi commosse: Juliette avrebbe certamente trascorso un meraviglioso compleanno.
Cercai Scorpius con lo sguardo. Quando non lo trovai più al mio fianco fui tentata di andarmene e di mandarlo al diavolo. Poi lo scorsi vicino al grande scaffale colmo di libri, intento ad osservarli come se fossero fatti d'oro.
Mi diressi verso di lui, cercando di ignorare gli occhi indagatori di tutti i Corvonero che mi fissavano come un'intrusa. Cosa che effettivamente ero, ma preferii non farci caso perché quella libreria era troppo affascinante per essere riservata ad una sola Casa di Hogwarts.
«E' bellissima, vero?» Chiese Scopius sfiorando con la punta delle dita un libro dall'aria molto antica. La delicatezza che riservava a questi era sconcertante, come se fossero un piccolo tesoro prezioso da maneggiare con cura. Era sempre stata una cosa che avevamo in comune, la lettura. Passavamo pomeriggi a discutere dei nostri romanzi preferiti e ogni Settembre ero solita portargli libri di autori babbani presi in prestito dalla collezione della mamma. Il suo autore preferito era Dickens, la mia era la Austen. Affermava che nessuno come Dickens riusciva a muovere determinate corde del suo animo, portandolo a riflettere sui temi più disparati. Inoltre grazie a lui si era appassionato alla storia babbana, pregandomi di procurargli qualcosa -qualsiasi cosa- che trattasse la rivoluzione francese. E io lo adoravo. Adoravo il fatto che avessimo questa grande passione in comune, perché il primo passo per avere accesso all'anima di qualcuno è amare gli stessi libri.
«Davvero bellissima. E' un'ingiustizia che sia qui, inaccessibile a noi altri.» Sfilai un tomo da una mensola e lo aprii a caso, annusando il profumo delle pagine consumate dal tempo.
«Mi mancano i libri babbani che mi portavi di solito.»
Bloccai la mano che stavo passando su una pagina giallastra e alzai lo sguardo di scatto. Scorpius, i capelli biondo chiaro che gli ricadevano sulla fronte e le iridi verde appena visibili attraverso gli occhi socchiusi, sembrava perso in un mondo parallelo lontano dall'indifferenza che si era insinuata tra noi negli ultimi anni. Per la prima volta in mia presenza sembrava stranamente rilassato. Sembrava che avesse abbassato le armi.
«Ne ho alcuni nuovi nel baule... potrei passarteli.» Sbirciai di lato verso di lui e vidi il suo viso illuminarsi. Trattenne un sorriso, ma io riuscivo a scorgere il sollievo celato dietro il contegno che era solito ostentare.
«Davvero? Lo faresti?» Mi chiese, senza guardarmi.
«Certo.» Alzai le spalle a sottolineare la naturalezza di quella proposta. Agli occhi di tutti mi ero semplicemente offerta di prestargli qualche libro, ma entrambi sapevamo che c'era di più. Per noi scambiarci e consigliarci romanzi aveva un significato speciale: si trattava di aprire il nostro cuore all'altro; era come dire ehy, ecco qua un pezzo di me, prenditene cura.
Non mi disse grazie, ma fece qualcosa che in qualche modo valse come un mare di ringraziamenti: mi sorrise. E questa volta era un sorriso vero, pieno di gratitudine.
«Ho proprio bisogno di qualcosa da leggere che non sia un manuale di Incantesimi Avanzati o di Pozioni.» Disse poi sospirando.
«Ti stai preparando per la scuola di medimagia?» Chiesi rimettendo il volume che avevo tra le mani al suo posto.
«Sì.» Annuì lui. «Tu no?»
Risposta da copione. Forza, Rose. Rispondi come ci si aspetta che tu risponda.
«Uhm.» Mi appoggiai con la schiena alla libreria e Scorpius si posizionò davanti a me, mantenendo una distanza di sicurezza di venti centimetri. Non sia mai che si avvicinasse di più.
ROSE! Per il tanga tigrato di Merlino, non pensare a queste cose.
«No, non sto facendo nulla per prepararmi.» Risposi nervosa, stanca di mentire a tutti e soprattutto a me stessa.
Scorpius aggrottò la fronte. «Nulla? Albus mi ha detto che ti eri decisa al cento per cento.»
Cercai di sorvolare sul fatto che lui e Al parlassero di me -con scarsi risultati- e sospirai. «Mia madre si è decisa. Io no.»
«E glielo hai detto che non sei convinta?»
Scossi la testa con le labbra serrate. Se avessi parlato probabilmente mi sarei messa a piangere: questo era l'effetto che pensare al mio futuro mi faceva. Buio, vedevo solo il buio, e l'illusione di sapere che cosa desideravo diventare era sempre meglio di niente. Il problema era, appunto, che si trattava di mera finzione. «Non posso. Se lo dico significa che è vero, e non voglio deluderla.»
«Tua madre è una persona intelligente, sono sicuro che capirebbe.» Tentò di rincuorarmi abbassando il capo per guardarmi negli occhi. Aveva parlato con tono leggero, ma sapevo che dietro a quella rassicurazione era celata tanta amarezza per la disapprovazione del padre.
«Non lo metto in dubbio!» Esclamai, cercando di mantenere la voce ferma. «Il problema non è lei, sono io. Sono io che mi sento in dovere di renderla fiera di me. E' come se dovessi fare qualcosa di importante anche io.»
Malfoy tacque per qualche istante annuendo tra sé e sé. Aveva sentito quel discorso molte volte, conosceva bene le mie paure e i miei complessi di inferiorità, ed era bello che non si prendesse gioco di me, nonostante tutto. Non sapevo nemmeno perché mi ero decisa a parlare, forse perché non ce la facevo più.
«Sai, un giorno una persona mi ha detto che siamo noi a decidere chi essere nella vita.» Se ne uscì lui ad un certo punto facendomi spalancare gli occhi.
Mentre parlava sprigionava ondate di tranquillità che mi facevano sentire come se non avessi alcuna preoccupazione al mondo. «E che non sono i nostri genitori a definirci.»
Sbattei le palpebre un paio di volte, indecisa se scoppiare a piangergli in faccia o se non dire proprio niente. Lui parve capire, perché continuò: «Io per esempio ho imparato a fregarmene, di ciò che mio padre pensa di me. Dovresti iniziare a farlo anche tu.»
Avrei voluto sapere di più.
Avrei voluto dirgli quanto fossi felice che si ricordasse ancora le mie parole.
Avrei voluto promettergli che sarei diventata più disinteressata e che avrei preso la vita alla leggera.
Non lo feci.

Quando Felicity e Victoria si accorsero di me mi saltellarono incontro entusiaste per salutarmi, o forse solo per rimirare Scorpius, questo non mi era dato sapere.
Spiegai loro la situazione mentre Malfoy si ritagliava qualche istante ancora con quei meravigliosi libri antichi. Le due Corve annuirono serie alle mie parole, poi si precipitarono a tenere compagnia a Juliette, circondandola una a destra e l'altra a sinistra. La poverina parve inizialmente spaventata, ma dopo una battuta di Felicity la situazione si scongelò ed iniziarono a parlare del più e del meno.
Le ragazze Corvonero erano peggio di un'associazione a delinquere, ma il fatto che Emma fosse il loro Capo mi consolava: il peggio che avrebbero potuto fare era saccheggiare una pasticceria.
Scorpius ed io decidemmo che avevamo perso fin troppo tempo, così ci affrettammo a tornare nell'aula di trasfigurazione per dare la parvenza di aver lavorato almeno un po'.
Scendemmo le scale velocemente, in rigoroso silenzio. Stavamo attraversando il corridoio del settimo piano che portava dall'ala ovest alla parte est del castello quando sentimmo un rumore.
Scorpius alzò a sinistra il braccio per fermarmi e io mi bloccai appena in tempo per evitare di finirgli addosso.
«Hai sentito?» Mi chiese a bassa voce.
«Sì, sembrava il rumore di qualcosa che scorre...»
Mi avvicinai all'arazzo di Barnaba il Babbeo Bastonato dai Troll ignorando le proteste di Scorpius che mi invitavano a farmi da parte. Seguii il muro con la mano e, quando fui sul punto di voltare l'angolo, andai a sbattere contro qualcuno.
«Aiah.»
«Ouch.» Fece lo sconosciuto, che tanto sconosciuto non era. «Rose, ma che piacere vederti.»
Jason Cameron mi stava davanti con aria stropicciata. La cravatta rosso e oro gli penzolava ai due lati del collo e la camicia era abbottonata in modo sbagliato. Un ghigno divertito aleggiava sul suo volto e i suoi occhi erano animati da un sinistro luccichio.
«Ciao Jason, cosa ci fai qui?» Ero sinceramente stupita di vederlo. Il coprifuoco era scattato da tempo e solo i Caposcuola erano autorizzati ad aggirarsi nel castello a quell'ora.
«Un giro.» Rispose evasivo quello. «E tu invece?»
«Io sono Caposcuola.» Puntualizzai. Com'è che tutti parevano dimenticarlo sempre?
«E fai la ronda tutta sola? Ti prego, torniamo in Sala Comune insieme.» Mi mise una mano sulla schiena, ma questa si congelò nell'istante in cui la voce di Scorpius ci raggiunse come un proiettile di ghiaccio.
«Trenta punti in meno a Grifondoro.»
«Che cosa?» Esclamammo in coro io e Jason con occhi spalancati.
Scorpius scrollò le spalle, per niente colpito dalla nostra indignazione. «Cameron, sei fuori dal dormitorio oltre il coprifuoco, e sono circa meno dieci punti. Poi, aggiungiamoci il fatto che ti stessi aggirando nei pressi della Stanza delle Necessità, perciò meno altri dieci.»
«E come mai me ne hai tolti trenta?» Chiese Jason serrando i pugni ai lati del corpo. Ora i due si scrutavano come bestie feroci ad una distanza di qualche metro, e io mi accorsi di essere esattamente nel mezzo.
«Oh, giusto.» Commentò Scorpius con finta aria sorpresa. «Meno altri dieci perché sei un brutto idiota.»
«Scorpius.» Lo ammonii io con un sibilo. Perché doveva sempre passare dalla parte del torto in quella maniera quando si trattava di Jason?
Il Grifondoro però mi sorprese, non dando il via ad una rissa alla babbana. Al contrario, si mise a ridere di gusto.
«Come vuoi, Malfoy. Recupereremo questi punti quando vi stracceremo a Quidditch. Ci vediamo in giro, Rose.»
Si allontanò di qualche passo, camminando all'indietro per continuare a guardarci in faccia, poi aggiunse:«Oh, quasi dimenticavo. Domenica prossima c'è la prima uscita a Hogsmeade dell'anno, ci vediamo nella Sala di Ingresso alle dieci, Rose.»
Chiusi gli occhi ed imprecai mentalmente. Sapevo che sarebbe successo e che non avrei potuto evitarlo per sempre, ma perché, perché, proprio in quel momento?
Perché sei sfigata. Infierì maligno l'Albus nella mia testa. Oh, zitto tu.
Mi rifiutai di guardare verso Scorpius. L'aria era satura di tensione e respirare si era fatto estremamente complicato.
Dovevo solo dire di no, che non me la sentivo. Era facile. Jason avrebbe capito.
Diglielo, Rose. Coraggio.
Lui però interpretò il mio silenzio come una forma di assenso. Mi fece un occhiolino passandosi una mano sul collo. «Perfetto, non vedo l'ora.»

Prima regola per vivere felice: se non vuoi fare qualcosa, non farla.




NOTE DELL'AUTRICE
Buona Domenica a tutte!
Sono davvero di corsa, quindi vi lascio il capitolo e mi eclisso. In giornata risponderò a tutte le vostre bellissime recensioni per le quali vi ringrazio immensamente! <3
Scusate se non dico nulla sul capitolo, se avete dei dubbi sul comportamento dei due polli scrivetemi pure che vi rispondo senza problemi. :)
Un abbraccio,
Francesca 

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Capitolo Dieci. ***


Capitolo Dieci

I just wish I could run to you,
and I hope you know that
everytime I don't, I almost do.
I Almost Do, Taylor Swift

Strinsi i pugni lungo i fianchi e mi imposi di respirare.
Jason sparì dietro l'angolo dopo averci rivolto un ghigno soddisfatto. Desideravo cancellarglielo dal viso a suon maledizioni senza perdono.
Rose, a qualche passo da me, aveva le guance arrossate e il respiro pesante, come se fosse riemersa dagli abissi dopo una lunga apnea. I capelli rossi splendevano nella penombra che si era andata a creare grazie alla luce delle bacchette, e le ricadevano ai lati del viso in maniera scomposta.
«Avrei dovuto togliergliene cinquanta, di punti.» La mia voce fredda rimbombò per tutto il corridoio. «Chissà qual è stata la povera sfortunata che ha preso in giro questa notte. Non avrai intenzione di uscire davvero con lui, mi auguro.»
«La vuoi smettere?» Sputò fuori Rose alzando il capo per riuscire a guardarmi negli occhi. «Non lo conosci neanche, come puoi accusarlo in questa maniera senza le prove?»
Reputavo Rose una ragazza estremamente intelligente, ma perché, perché, doveva sempre vedere un lato buono nelle persone anche quando non se lo meritavano? Jason era un cretino e prima se ne rendeva conto meglio era per tutti. Per quanto mi riguardava poteva uscire con chi voleva, ma non con Jason Cameron. Albus era già abbastanza preoccupato e stava iniziando a diventare paranoico.
«Cosa credi che ci facesse in quelle condizioni davanti alla Stanza delle Necessità?» La indicai con la mano e poi feci ricadere il braccio lungo il fianco. «Quello che fa tutti i weekend.»
«Che ti importa?» Perse la calma lei. «Che ti importa di ciò che fa lui?»
Punto sul vivo, mantenni un'espressione impassibile. In effetti, a me che importava? Niente.
«Niente.» Risposi infatti.
Rose mi si avvicinò, bloccandosi a due centimetri da me. «Ecco, allora lascialo in pace.» Mi diede uno spintone. «Lasciami in pace.»
Per poco non finii per terra per la sorpresa.
«Non so cosa sia successo tra voi due.» Continuò dopo un attimo di riflessione. «Ma se devi insultarlo, solo... non farlo davanti a me.» Le sue parole trasudavano indignazione mentre mi voltava le spalle e correva via.
La guardai venire inghiottita dalle tenebre e mi maledissi. Ancora una volta non le avevo confessato tutto ciò che sapevo.

I capelli biondi di Giorgina erano fulmini che illuminavano la pelle nera del divanetto sul quale eravamo accoccolati. Il mio braccio sinistro le cingeva le spalle mentre la sua testa aveva trovato un perfetto incastro nell'incavo del mio collo e le sue lunghe gambe stavano stese di fianco alle mie. La guardai ed ebbi l'impressione che così come la luna nel bel mezzo della notte brilla più splendente delle altre stelle, lei si distinguesse per grazia e bellezza da tutte le altre ragazze.
«Domani andiamo a Hgsmeade?» Mi chiese, giocherellando con le dita della mia mano.
Eravamo sdraiati su un divanetto al centro della sala comune. Il coprifuoco era passato da qualche ora e gran parte degli studenti si era ritirata nel proprio dormitorio per concedersi un momento di meritato riposo.
Ultimamente Giorg ed io non ci vedevamo quasi mai. Tre le ronde, gli allenamenti e le lezioni di trasfigurazione con Rose le mie serate erano sempre piene di impegni e la mia ragazza aveva minacciato di cruciarmi senza pietà se non avessi approfittato della cancellazione degli allenamenti -causa mal tempo- per passare del tempo con lei. Credevo che con l'inizio della scuola la sua gelosia sarebbe scemata, ma queste speranze si erano rivelate vane. La mia quasi perenne assenza non aveva giovato alle sue preoccupazioni, rendendola sospettosa e paranoica.
«Speravo potessimo passare la giornata qui, noi due da soli.» Proposi, sapendo di giocare una carta vincente: non volevo uscire e rischiare di imbattermi in Rose e Cameron, o peggio ancora incontrare Albus intento a spiarli.
«Se non ci andiamo la gente parlerà. Penseranno tutti che stiamo attraversando un periodo di crisi.»
«Perché, non è forse così?»
Giorgina emise un verso stizzito e si appoggiò su un gomito per guardarmi in faccia. I suoi occhi erano freddi come il ghiaccio. «Certo che no. Va tutto bene.»
«Hai un concetto di bene leggermente diverso dal mio.» Le feci notare distogliendo lo sguardo. Mi prese il mento con due dita e mi baciò. «Non c'è nessun problema.» Sussurrò sulle mie labbra. «Sono i pettegolezzi che ci distruggeranno. Non dobbiamo dare alle persone niente di cui sparlare.»
Avevo i miei dubbi. Le malignità della gente ti feriscono solo se lasci loro il permesso di farlo. Al contrario, baciarsi per risolvere i propri problemi di coppia non la vedevo come la migliore delle soluzioni.
«La fai facile tu...» Borbottai, liberando il viso dalla sua presa.
«Domenica andremo ad Hogsmeade.» Scandì con una calma così profonda da non risultare credibile. «E tutti vedranno quanto siamo felici insieme e moriranno di invidia.»
I suoi occhi erano grandi e gelidi come i ghiacci del circolo polare artico, e mi fecero venire la pelle d'oca.
Dall'ingresso alla Sala Comune sbucò l'ombra scura di un ragazzo alto e sottile. Questa si diresse verso di noi a passo di marcia, apparentemente furiosa.
Mi tirai a sedere e Giorgina mi imitò. Il coprifuoco era passato da molto tempo ed era strano che qualche studente, a meno che non fosse un caposcuola, rientrasse a così tarda ora. Una volta che lo sconosciuto venne investito dalla tenue luce del camino lo riconobbi. Lo conoscevo fin troppo bene.
«Al?» La mia voce uscì più sorpresa di quanto avessi previsto.
«Alby?» Esclamò insieme a me Giorgina.
Albus non ebbe il tempo di storcere il naso a quell'appellativo perché era troppo preoccupato ad evitare di farsi venire un infarto.
«Salazar!» Imprecò portandosi una mano sul petto. «Mi avete spaventato a morte. Si può sapere che ci fate ancora svegli?»
«Potrei farti la stessa domanda. Anzi, te la faccio.» Mi alzai, così che fossimo alla stessa altezza. Io ero di qualche centimetro più alto di lui ma quell'idiota non voleva ammettere l'evidenza. «Come mai sei stato in giro fino a quest'ora?»
Albus alzò le spalle con nonchalance, fingendosi totalmente indifferente. «Un giro.»
«Un giro?» Chiese Girogina con un sopraccigli alzato. «Da solo?»
«Sì.» Rispose laconico il mio amico, il viso una tabula rasa.
Fui tentato di complimentarmi per la performance: sembrava me. Peccato che era ben lungi dal superare il maestro. Non me la dava a bere, non ancora.
«Giorg, ci lasceresti solo un secondo?» Tenni gli occhi fissi su Al e sentii Giorgina sbuffare indignata. Non erano i programmi per la serata, ne ero consapevole, ma Albus stava alla freddezza come la professoressa McGranitt stava ai vestiti rosa di pizzo, capite? Era una situazione di massima emergenza.
La mia ragazza si alzò con aria altezzosa e ci sollevò della sua presenza, camminando leggiadra come una piuma verso il suo dormitorio.
«Avanti, spara.» Incrociai le braccia al petto, in attesa.
Non appena la chioma di Georgina fu sparita nell'oscurità Albus tornò il paranoico checca-mestruata Albus di sempre. Gettò la borsa a terra e iniziò a camminare avanti e indietro. «Ero con Rose.» Iniziò, facendomi alzare gli occhi al cielo. Sua cugina non era il mio argomento di conversazione preferito. «Ero con Rose e mi ha parlato dei suoi programmi per domenica.»
«Che idiota.»
«Chi? Cameron?»
«No, cioè anche, ma mi riferivo a Rose. Se c'era una cosa che non doveva fare era dirtelo.» Commentai, sedendomi sul divanetto e osservando il mio amico contorcersi le mani con aria preoccupata.
«Aspetta un momento.» Si bloccò con lo sguardo perso nel vuoto, per poi puntare i suoi occhi verdi come l'Avada Kedavra su di me. «Tu lo sapevi e non mi hai detto niente?»
Mi passai una mano tra i capelli. «Sei impazzito per caso? Avresti dato di matto come stai facendo ora, e non mi andava.»
«Non ci credo! Va bene, capisco che ora voi due vi odiate, ma pensavo che ti importasse un minimo di lei e, se proprio non te ne fregasse niente... è mia cugina, Scorpius! E Cameron è un verme.»
Sbattei gli occhi un paio di volte per metabolizzare le parole del mio migliore amico. «Albus.» Scandii con calma esemplare. «Non volevo farti preoccupare, me ne sarei occupato io in qualche maniera.»
«Tu?» Al alzò un sopracciglio.
«Ho già provveduto a dirle che è un cretino.»
«Parliamo di Rose. E tu sei l'ultima persona alla quale darebbe retta.»
Touché. La mia opinione contava meno degli escrementi di un vermicolo per lei, e io non la biasimavo. Volevo che fosse così.
«Basta che sappia verso cosa va in contro.» Conclusi risoluto. «E' in gamba e in grado di suonargliele di santa ragione, a Cameron, se solo osa spingersi troppo in là senza il suo consenso. Lo hai detto tu: è di Rose che stiamo parlando.»
«Lo so, hai ragione, è solo che...»
Albus si sedette vicino a me. Nel suo sguardo lessi non solo preoccupazione ma anche una punta di rammarico. «Sai com'è lei. Non metto in dubbio che sappia difendersi, ma è la parte emotiva che mi preoccupa. E' già stressata per la questione della scuola di medimagia e non ha bisogno di un'altra preoccupazione, di soffrire ancora e di essere delusa come...»
«Come l'ho delusa io.» Conclusi, capendo il nocciolo della questione. Al aveva paura che Rose potesse tornare a stare male. Il suo discorso mi aveva ricordato che io non ero tanto meglio di Cameron, anzi, forse ero anche peggio.
«Non è quello che intendevo.»
«E' esattamente quello che intendevi, invece.» Sussurrai in tono neutro.
Era strano, una contraddizione forse: ero consapevole del dolore che le avevo causato con le mie azioni, volevo infliggerglielo, la vendetta era il mio obiettivo, eppure, ogni qualvolta che ripensavo a tutto quello che era successo tra di noi non potevo fare a meno di sentirmi un vero schifo.
Mi alzai. «Vado a dormire.» Sentenziai, deciso ad annegare i miei sensi di colpa nel sonno. «Rose è forte, supererà senza problemi questa storia con Cameron.»
Albus non rispose, e io me ne andai con uno strano peso sul cuore.
«E tu, Scorp? Tu la supererai?»Lo sentii dire, ma ero ormai lontano.


Quella domenica imparai che tutti i modi di dire sono veri. Il buongiorno si vede sempre dal mattino, e le sfighe non arrivano mai da sole.

Stavo sanguinando.
Un dolore lancinante mi attraversava la testa e una sostanza appiccicosa mi colava sul viso. In bocca sentivo il metallico sapore del sangue.
Ero disteso per terra, in mezzo al corridoio, e un gruppo di ragazzi si stagliava sopra di me.
«Adesso non ti diverti più così tanto, mangiamorte.» Diceva una ragazza con i capelli neri e un viso angelico.
«I Malfoy sono dannati. Destinati ad essere crudeli servitori delle arti oscure.» Continuava ad infierire un altro ragazzo molto alto e robusto.
Ero immobilizzato. Non riuscivo a parlare, a respirare, a difendermi. Avrei voluto urlare che no, io ero diverso. Io non ero cattivo. E allora perché dalla mia bocca non uscivano parole?
Spalancai gli occhi e riemersi dall'incubo. Mi ritrovai nel mio letto, circondato dal verde rassicurante delle tende del baldacchino. La fitta alla tempia se ne era andata, ma mi sentivo come se mi avessero preso la testa a martellate, e nelle mie orecchie riecheggiava ancora il suono della parola mangiamorte.
«Buongiorno.» Disse Albus, seduto sul bordo del mio letto.
Preso dallo spavento mi misi ad urlare, e quel fifone di Potter mi imitò.
«Che cavolo ci fai qui?» Gridai, spingendolo e facendolo cadere dal letto.
Albus si rialzò indignato e si sistemò la camicia. Notai che era già vestito di tutto punto, e mi chiesi che ore fossero. Lanciai un'occhiata all'orologio e dovetti contare fino a dieci per non affatturare il mio migliore amico. Erano le sette e mezza di domenica mattina.
«Ti stavo per svegliare!» Replicò lui, come se fosse normale aprire gli occhi e ritrovarsi il proprio migliore amico intento a fissarti dormire.
«Non potevi aspettare che mi svegliassi da solo?»
«No, perché passi le ore a rigirarti tra le coperte prima di alzarti. E noi non abbiamo tempo da perdere.»
Lo guardai con occhi spalancati, non sapendo se essere più sconvolto per lui -seriamente, ma che amici mi scelgo?- o se esserlo per l'incubo. «Sei ubriaco?»
Albus ghignò. «Ti piacerebbe. No, sono sobrissimo e abbiamo dei loschi affari da sbrigare.»
Sarà anche stato sobrio, ma di certo era anche maledettamente inquietante.
«Aiha!» Un cuscino lo colpì sulla testa, seguito dalla voce arrabbiata di Jerome.
«Se non state zitti giuro che risveglio il basilisco e gli ordino di pietrificarvi per sempre.»
Jerome e Kyle erano i nostri due coinquilini nel dormitorio del settimo anno di Serpeverde. Mentre Kyle avrebbe potuto dormire anche con il suono di una batteria come ninnananna, Jerome non era così fortunato e, come una qualsiasi persona normale, si era svegliato quando avevo urlato.
«Non lo farebbe mai.» Albus alzò le spalle. «E' dal primo anno che minaccia di uccidermi e non lo ha ancora fatto.»
«Se volevi suonare rassicurante, beh, non ci sei riuscito.»
«Forza, alzati. Abbiamo un Grifondoro da sistemare.»
Non voglio incontrare Cameron e Rose ad Hogsmeade e non voglio far parte dei piani cospiratori di Albus, avevo detto.
Sei un povero illuso, Scorpius.

«Stanno anche facendo colazione insieme. Ma mollala, Cameron.»
Per poco non mi strozzai con il tè che stavo bevendo. Un ragazzo non può nemmeno bere il suo tè in santa pace oggigiorno.
«Albus Severus, devi smetterla di farti seghe mentali.»
«Guardalo!» Sbottò il mio amico, stringendo la tazza di caffè come se questa fosse il collo di Jason.
Puntai gli occhi verso il tavolo di Grifondoro ed identificai Rose e Cameron intenti a parlare tra di loro. Lui probabilmente aveva appena detto qualcosa di molto stupido che aveva fatto ridere Rose, che sembrava leggermente a disagio ma non troppo. Vedere il modo in cui lui si sporgeva verso di lei mi fece prudere le mani e un'irrefrenabile voglia di prenderlo a pugni mi infiammò. Mi trattenni e respirai profondamente. Uno tra me e Albus doveva pur mantenere la calma, e lui aveva un motivo per essere preoccupato e geloso, io no.
«Lo sto guardando.» Dissi. «Sì, è un maledetto idiota, ma non possiamo farci niente.»
Albus mi rivolse un sorrisetto degno di suo cugino Fred. «Ho parlato con Roxanne.»
Appunto. Roxanne era la sorella di Fred, tanto combina guai quanto il fratello.
«E mi ha dato questa.» Sfilò una boccetta di liquido trasparente dalla borsa e me la mostrò sotto il tavolo.
«Che cos'è?» Aggrottai le sopracciglia, cercando di identificarne il contenuto.
«Fidati, non vuoi saperlo.» Albus si sistemò meglio gli occhiali sul naso. C'era determinazione sul suo viso. «Due gocce di questa nel succo di zucca e vedrai come gli passa la voglia di uscire oggi.»
«Senti, amico, non credo che...»
«Ciao.»
Il mio cuore smise di battere per un secondo, per poi riprendere a farlo ad alta velocità. Non c'era più un muscolo nel mio petto, in quel momento, c'era un treno.
Albus nascose la boccetta in tasca, ed entrambi alzammo lo sguardo sulla nuova arrivata, anche se avevo già capito di chi si trattasse.
Un altro detto che è sempre vero: parli del diavolo e spuntano le corna.
Infatti proprio Rose, i capelli rossi che le ricadevano morbidi sulle spalle, ci fissava con la fronte aggrottata.
«Che hai lì?» Chiese indicando con il capo la tasca di Al.
«Niente.» Rispondemmo entrambi all'unisono.
Lei fece finta di crederci e poggiò due grossi libri sul tavolo vicino a me. Li osservai senza proferir parola, troppo confuso per capire cosa stava succedendo.
«Sono i libri che ti avevo promesso.» Spiegò spiccia lei. «Dan Brown. E' un genere diverso dal solito, ma penso possa piacerti.»
Sfiorai i libri con la punta delle dita, indeciso se accettarli o meno.
«Prendili.» Mi incoraggiò lei. «Lo so che li vuoi.»
«Grazie.» Le dissi, senza guardarla. Ero sinceramente colpito dal fatto che, nonostante qualche sera prima avessimo litigato, lei aveva messo da parte l'astio per portarmi quei libri. Sapeva che ne avevo bisogno e, senza esitare, me li aveva imprestati. Non mi sarei dovuto stupire, perché Rose era così: troppo buona con tutti, anche con chi non lo meritava. Ancora una volta Rose Weasley mi aveva mandato in confusione.
«Che pensiero gentile.» Sibilò Albus con aria divertita.
In risposta ricevette due occhiate infuocate, una da me e l'altra da sua cugina.
«Ora devo andare a prepararmi...»
«Per il tuo appuntamento?» Chiesi, e non c'era malizia nel mio tono di voce, solo un triste interesse.
Rose annuì senza dire nulla, ma il silenzio venne spezzato da Albus. «Non dovresti proprio uscire con Cameron.»
«Ci risiamo.» Rose alzò gli occhi al cielo e sospirò. «Faccio quello che voglio.»
«Il mio è solo un consiglio.» Puntualizzò lui giocherellando con il cucchiaino da caffè.
«Albus ha ragione.» Mi sentii in dovere di scagliare una freccia in favore del mio amico. «Cameron è un verme viscido, e...»
«Non ho intenzione di ascoltarvi oltre. Buona giornata.» Rose girò sui tacchi e se ne andò a passo di marcia.
Sia io che Albus sbuffammo, sconfitti.
«Forse dovremmo dirle quello che so.» Conclusi ragionevolmente.
«Mica non ti importava di quello che faceva? Mica “è di Rose che stiamo parlando, sa badare a se stessa?”» Mi schernì Al. Incrociò le braccia al petto e mi guardò serio.
«Smettila.» Sibilai. «Lo dicevo per te. Almeno la smetti di preoccuparti.»
«Anche se la mettessimo al corrente, non ci crederebbe mai. Più che altro perché l'informazione viene da te. Direbbe subito che te lo sei inventato per rovinarle la vita.»
Non aveva tutti i torti: non mi avrebbe creduto nemmeno sotto maledizione Cruciatus. «Cos'hai intenzione di fare allora?»
«Ci atteniamo al piano originario.»
«Ci?»
«Sì, tu mi aiuterai.»
«Non ci penso neanche.» No, no e poi no. Non avrei preso parte alle sue manie da detective. «Devo uscire con Giorgina questo pomeriggio.»
Ma Albus non mi ascoltava. «Le gocce. Quelle sono la nostra unica possibilità, ma come... Hugo!» Si alzò e sventolò una mano in direzione della porta di ingresso. Lì, sulla soglia, stava un ragazzo alto e smilzo con dei ricci capelli rosso fuoco: suo cugino Hugo, il fratello di Rose. Il ragazzo guardò dietro si sé per assicurarsi che Albus si stesse riferendo proprio a lui e, quando si accorse che sì, la sfiga aveva voluto così, si diresse incerto verso il nostro tavolo come un condannato a morte si dirige vero il patibolo.
«Cuginetto caro.» Lo accolse Al spalancando le braccia e posandogliene uno sulla spalla. «Vieni, siediti qui con Scorpius e me.»
Hugo mi fissò con aria confusa, e io scrollai le spalle. «Albus ha deciso di improvvisarsi Sherlock per un giorno, assecondalo. Ma non guardare me: io non c'entro niente.» Mi limitai a dire.
«Devi farci un favore.» Iniziò a spiegare Al.
«Devi fare a lui un favore.» Puntualizzai, ormai abbastanza seccato. Perché non poteva lasciarmi fuori da questa situazione? Se così sperava di farmi riavvicinare a Rose, beh, non aveva capito niente. Non sarebbe mai successo.
«Devi versare qualche goccia di questa pozione nel succo di zucca di Jason Cameron. Puoi farlo?»
«Ricevuto.» Annuì Hugo pratico. «Ma costo caro.»
«Fantastico, quanto vuoi?»
«Che tu mi faccia i compiti di trasfigurazione per un mese.»
Mica scemo il ragazzo.
«Affare fatto, Scorpius te li farà.»
Mi strozzai con il tè che stavo bevendo. Di nuovo.
«Che cosa? Perché io?» Tossicchiai per evitare di strozzarmi.
Al mi diede qualche pacca sulla schiena, parlando con tono comprensivo. «Insomma, dovrai pur fare qualcosa. Io ho messo l'idea, tu metti la ricompensa.»
Posai il bicchiere e tirai un pugno sul braccio al mio amico. «Albus Severus Potter, giuro che io...»
«Allora è deciso.» Tagliò corto lui con un sorrisone. «Vai, Hugo, rendimi fiero di te.»
Hugo si alzò e si affrettò ad allontanarsi, come se avesse appena parlato con due psicopatici. Ovviamente io, i compiti, non glieli avrei mai fatti.
Albus lo seguì attentamente con lo sguardo, gli occhi ridotti a due fessure. Hugo si sedette di fronte al suo obiettivo e, mentre allungava il braccio per prendere una fetta di pane, fece accidentalmente scivolare qualche goccia di pozione nel bicchiere che stava davanti a Cameron. Peccato che il tempismo non è mai stato dalla nostra parte e che in quel momento il migliore amico di Cameron, Thompson, bevve proprio da quel bicchiere.
Io scoppiai a ridere, mentre Albus iniziò a picchiare la testa contro il tavolo. Più volte.
«Perché.» Sbatté la testa. «Sono.» Sbatté la testa. «Così.» Sbatté la testa. «Sfigato?» Lo fermai, prima che si procurasse una commozione cerebrale. Era già abbastanza suonato senza che si spaccasse il capo in due.
Thomson si alzò dal tavolo di Grifondoro tenendosi la pancia con due mani. Aveva un espressione corrucciata, come se stesse provando un immenso dolore, mentre si allontanava di corsa, diretto probabilmente in bagno.
«Ne avrà per un bel po'.» Borbottò Al. «Non che mi dispiaccia, si intenda. Ma dannazione.» Picchiò il pugno sul tavolo e si alzò.
«Dobbiamo andare.» Decretò. Mi guardò pieno di aspettative, ma queste vennero infrante con l'entrata in scena della mia ragazza.
«Buongiorno Scorpy.» Mi salutò stampandomi un bacio sulle labbra. «Buongiorno Alby.»
«Giorg, oggi mi serve Scorpius.» Se ne uscì diretto Albus, pronto a sorbirsi una sfuriata.
Albus e Giorgina erano in piedi, l'uno di fronte all'altra, come due soldati pronti a sfidarsi a duello. Nonostante Giorgina fosse di qualche centimetro più bassa del mio amico, sembrava molto più temibile e letale. «No.» Scandì con quella stessa calma che prepara i marinai ad una terribile tempesta.
«Ti prego, è... questione di vita o di morte.» Albus si passò una mano tra i capelli e la guardò implorante, ma stava parlando con Giorgina, e Giorgina era la freddezza fatta a persona.
Lei gli puntò un dito contro il petto. «Non fare la faccia da cucciolo bastonato con me, Potter. Scorpius è il mio ragazzo e passeremo la giornata insieme, intesi? Quindi gira a largo.»
Per quanto mi riguardava, mi ero stufato. Ero stufo marcio che nessuno mi chiedesse che cosa volessi fare io. E non ci stavo. Ero Scorpius Malfoy, per Salazar!
Mi alzai. Ero più alto di entrambi e li guardai con quell'aria di sufficienza che ultimamente era il mio marchio di fabbrica. «Se non vi dispiace gradirei che la smettesse di parlare di me come se fossi un oggetto. E ora me ne vado, con il vostro permesso.»

Alla fine quei due mi raggiunsero in Sala Comune, a testa bassa, e mi chiesero scusa. Decisi di uscire con Giorgina perché era la mia ragazza e ultimamente non ci vedevamo davvero quasi mai. Inoltre non avevo per niente voglia di pedinare Rose per sabotare il suo appuntamento. Prendere parte al complotto di Albus avrebbe significato pensare a lei, e averla sotto gli occhi per tutto il pomeriggio era l'ultima cosa della quale avevo bisogno. Al contrario, stare con Giorgina avrebbe potuto distrarmi.
Passeggiavamo tranquillamente lungo High Street, parlando del più e del meno, quando li notai. Su una panchina qualche metro distante, in una zona più appartata lontana dalla folla di studenti, stavano seduti Rose e Cameron. Furono i rossi capelli di Rose ad attirare la mia attenzione. Maledetti. Adesso che mi ero accorto di loro non avrei più potuto ignorarli. Mi guardai intorno, pregando che Albus fosse nei paraggi. Se ci fosse stato Albus me ne sarei potuto andare, cercando di confinare l'immagine delle mani di Rose intrecciate a quelle di Cameron. Ma Albus non si vedeva in giro, e il mio sguardo si era ormai incollato su di loro in maniera irremovibile.
Potevo solo tenerla d'occhio da lontano, cercando di non farmi beccare da Giorgina.
Giorgina, la quale mi passò un braccio attorno alla vita. Tutto ciò che contava per me era Rose, seduta di fronte a Jason con un'aria contrariata stampata sul volto. Conoscevo quell'espressione, e voleva dire che non era d'accorto con quanto Cameron stava blaterando.
C'erano certe cose che non sarebbero mai cambiate: il modo in cui alzava un sopracciglio quando non credeva ad una parola di quanto le stavi dicendo, o la sua irrimediabile goffaggine, il luccichio che le splendeva negli occhi quando trovava un nuovo libro che l'appassionava... Nonostante tutto quello che era successo, era la persona che meglio riuscivo a comprendere. La capivo più di quanto capissi me stesso.
Quando Jason posò le sue labbra sulle sue e lei lo spintonò via, decisi che no: io non ci stavo. Lasciai andare Giorgina, diretto a passo di marcia verso i due Grifondoro.
«Scorpius.» Mi chiamò la mia ragazza con voce isterica. «Se ti allontani di un solo altro passo, non te lo perdono.»
Mi voltai di scatto e la trovai a fissarmi, furiosa. Era bellissima come la regina dei ghiacci. Metà Hogwarts avrebbe dato un braccio per poter stare con lei, e io non riuscivo proprio a rendermi conto di quanto fossi fortunato, troppo preso a tormentarmi per una ragazza complessata dai capelli rossi.
«Tu stai con me, non con lei. Che ti importa di chi bacia?» Giorgina piegò le labbra in un broncio adorabile e incrociò le braccia al petto.
Non mi importava, ovviamente!
«Cameron l'ha baciata contro la sua volontà.» Sentii il bisogno di difendermi io. Mantenni un tono accuratamente neutrale ed annoiato che parve convincerla. «Interverrei con chiunque: se una ragazza non ti vuole devi girare a largo.» Io questo lo sapevo fin troppo bene: era quello che avevo fatto con Rose, e Cameron avrebbe dovuto seguire il mio esempio.
«Pensa ad Albus.» Aggiunsi, alzando le spalle. «Se non vado a controllare che tutto vada bene non mi darà pace.»
Pregai di averla convinta e, per una volta in vita mia, Salazar mi diede retta.
«D'accordo.» Sibilò. «Ma tra cinque minuti ti voglio ai Tre Manici Di Scopa, intesi?»
Ma io mi ero già girato e, con lunghe falcate, mi stavo già dirigendo verso Rose e Cameron.
Lui le stringeva i polsi e la guardava fisso negli occhi, lei ricambiava il suo sguardo per niente intimorita. «Jason, non potrebbe funzionare. Lasciami adesso.»
«Ma...» Borbottò lui con una punta di disperazione -che non aveva il diritto di avere- nella voce. «Si tratta ancora di Malfoy, non è così?»
«No!» Rose scosse la testa e ciocche di capelli rosso fuoco le caddero sul viso. «No, si tratta di me. Adesso lasciami.»
«Ha detto.» Scandii facendo appello ad ogni briciolo del mio autocontrollo. «Di lasciarla andare.»
Potevo leggere negli occhi di Jason il disprezzo e l'odio che nutriva nei miei confronti, ma la cosa non poteva far altro che compiacermi: quei sentimenti erano reciprochi.
«Si tratta sempre di lui, Rose.» E così dicendo se ne andò, le spalle incurvate e la testa bassa, nella perfetta imitazione di un cane bastonato. Puah, che attore. Quella notte non si sarebbe fatto alcuno scrupolo a scaricare i propri dispiaceri amorosi su una qualche ragazzina del quinto anno, illudendola di avere una misera speranza con lui.
«Non era necessario che intervenissi. » Disse Rose alzando il capo per guardarmi negli occhi. Osservandola da lontano tendevo a dimenticare quanto fosse esile e minuta, forse complice la sua personalità titanica.
Deglutii a vuoto e modulai il tono della voce su una frequenza neutrale. «A me sembravi in difficoltà invece.»
Lei agitò una mano per liquidare la questione. «Va tutto bene, è solo che non demorde proprio.»
Mi sedetti sulla panchina vicino a lei. «Perché hai accettato ad uscire con lui se non volevi?»
Rose tenne lo sguardo fisso davanti a sé e dondolò le gambe nel vuoto. «Chi ti dice che non volessi uscire con lui?»
«Lo avresti baciato sennò, o sbaglio?» Le feci notare impietoso. Con Rose funzionava così: bisognava andare dritto al sodo per estorcerle le informazioni che volevi ottenere.
«Fatti gli affari tuoi.» Mi sputò contro.
Notai con maligno piacere di essere riuscito a farla arrossire. Le sue gote si erano infatti colorate di una tonalità di rosso pericolosamente simile a quella dei suoi capelli.
Ghignai, come se non me ne fregasse niente che Cameron l'avesse baciata. Come se spaccargli la faccia non fosse il mio più grande desiderio in quel momento. «Te lo avevo detto che era un idiota. Ora ne hai la prova.»
«Scorpius, mi ha solo baciato e se vogliamo dirla tutta...» Finalmente alzò lo sguardo su di me, ma ammutolì quando capì ciò che stava per dire.
Peccato che lo avevo capito anche io. «Se vogliamo dirla tutta, cosa?» Chiesi comunque a bassa voce.
«Niente.» Scosse la testa lei.
Se vogliamo dirla tutta anche tu mi hai baciato. Ecco che cosa era stata sul punto di dire. L'avevo baciata e lei mi aveva rifiutato, proprio come aveva fatto con Cameron.
Vedete, non ero tanto meglio di lui.
«Dillo.» Dissi, stupendomi di quanto la mia voce suonasse ferma.
Avevo bisogno di sentirmelo dire, allora forse me ne sarei fatto una ragione e sarei potuto andare davvero avanti con la mia vita, smettendo di indossare questa maschera di indifferenza. Magari se lo avesse detto, sarei diventato indifferente per davvero.
«Che cosa?» Mi chiese, guardandomi negli occhi.
Mi presi qualche istante per fissare ogni suo minimo dettaglio nella mente, ma si sa, il tempismo e Albus Potter non vanno d'accordo.
«Ragazzi, ma che piacere vedervi insieme.» Albus sbucò davanti a noi come un fungo dopo un temporale.
Rose alzò gli occhi al cielo, mentre io incenerii con lo sguardo il mio migliore amico -che se avesse continuato ad essere così snervante avrebbe fatto la fine di un avvincino spiaccicato.
«E' meglio che vada.» Sussurrò piano lei.
A testa bassa si avviò lungo High Street, diretta al castello. Probabilmente si sarebbe rintanata in biblioteca per cercare il conforto in qualche libro antico. La tentazione di seguirla era tanta, ma dovevo preservare le apparenze. Inoltre una vocina maligna nella mia testa mi ricordò che avevo ancora le cicatrici del coltello che aveva usato per pugnalarmi alle spalle.

Ricorda che ti ha preso in giro, Scorpius. E tu la odi per questo.


NOTE DELL'AUTRICE
Sono una brutta persona.
Sono una persona orribile.
Da quanto tempo non aggiorno? Un mese, due mesi, tre mesi? BOH.
Non vado a controllare per evitare di sentirmi mortalmente in colpa.
Be', spero di essermi fatta perdonare con questo capitolo dal POV di Scorpius. Non so se è ciò che vi aspettavate, in effetti non si scopre nulla, ma... ogni cosa a suo tempo.
Non ho molto da dire, anche se ci sarebbe molto da spiegare su Scorpius, che come avrete notato è un personaggio abbastanza complesso. Ma forse è proprio questo il bello. Chissà.
Poi volevo dirvi che ho scritto una OS su Emma e Matt e sulla loro storia d'amore. L'ho intitolata “You are the best thing that's ever been mine”, la trovate sul mio profilo se vi interessa.
E nulla, vi ringrazio infinitamente se ci siete ancora. Più tardi o stasera risponderò a tutte le vostre meravigliose recensioni -che non mi merito.
Grazie a tutte,
Francesca 

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Capitolo Undici. ***


Capitolo Undici

 
I miss how you held me in you arms that September night,
the first time you've ever saw me cry.
Back To December, Taylor Swift


Tamburellavo le dita sul banco mentre aspettavo che Scorpius si facesse vivo per le nostre ripetizioni serali. Gliene avrei dette quattro, oh sì. Lui si lamentava sempre quando tardavo io, ora era il mio momento per vendicarmi.
Erano passati ormai due mesi dall'inizio della scuola e sole due settimane dalla prima uscia ad Hogsmeade dell'anno. Da quella domenica Scorpius aveva iniziato a comportarsi un po' meno da stronzo con me, non sapevo nemmeno io come mai. Fatto sta che mi parlava e mi trattava come se... come se fossi una persona normale, quasi una conoscenza amichevole, e questo era il massimo a cui potessi aspirare ora come ora. Io ricambiavo con la stessa moneta: ci comportavamo da persone civili, niente di più e niente di meno, e a me andava bene così.
La situazione cambiava quando si trattava di libri, o quando uno di noi -solitamente io- toccava un argomento tabù, come la nostra amicizia, allora quei piccoli passi avanti che sembravamo aver fatto venivano azzerati.
Scorpius entrò nell'aula a passo di marcia e sbatté Angeli e Demoni, il libro babbano che gli avevo prestato, sul tavolo. Lo guardai dal basso verso l'alto, mentre se ne stava in piedi davanti a me, con gli occhi spalancati e l'aria stravolta. Aveva i capelli scompigliati, ma non in quella maniera studiata con cui li portava di solito, sembrava piuttosto che ci avesse passato le mani attraverso più e più volte.
«Sono in ritardo.» Disse.
«Lo vedo.» Replicai cauta, studiando la sua espressione sbigottita.
«Ed è tutta colpa di questo libro. L'ho appena finito e....»
«E...» Non riuscivo a capire se lo avesse amato o se lo avesse detestato.
Gesticolò per un attimo, cercando le parole adatte, per poi uscirsene con un. «Wow.»
Provai una piacevole soddisfazione nel vedere che gli era piaciuto, significava che alcune cose non erano cambiate. «Bello, vero?»
«Bello?» Mi chiese indignato. «Bello è riduttivo! È stato fenomenale, e la fine, io non...» Si bloccò e si passò una mano tra le ciocche di capelli dorate, scompigliandoli ancora di più. «Stanotte inizio il Codice da Vinci. Non si discute.»
Si sedette al mio fianco, iniziando a tirare fuori il grosso manuale di trasfigurazione dalla borsa. Io lo guardavo, indaffarato a sistemare le proprie cose sul banco da un lato, e con la mente persa nel mondo di Dan Brown dall'altro. Non potei far a meno di provare un forte moto di empatia nei suoi confronti: sapevo come ci sentiva dopo aver finito un buon libro, e nessuno meritava di essere lasciato solo con quella sensazione di vuoto misto ad euforia.
«Se ti va, dopo la lezione, possiamo parlarne. Del libro intendo.» Buttai lì senza guardarlo negli occhi, giocherellando invece con la mia piuma.
Era una cosa che facevamo sempre quando eravamo amici e che mi era mancata. Scorpius era l'unica persona con la quale potessi parlare liberamente delle mie letture. O meglio, era l'unica persona alla quale sapevo che importasse qualcosa. Per questo, pregai che mi dicesse di sì.
«Mi piacerebbe.» Non si limitò ad acconsentire; si spinse più in là. «Posso accompagnarti al tuo dormitorio, così ne parliamo durante il tragitto.»
Trattenni il fiato per qualche secondo e sperai non se ne accorgesse. Ogni sera durante la quale ci eravamo trovati avevamo preso direzioni opposte una volta usciti dall'aula: io a destra, verso l'alta torre di Grifondoro, lui a sinistra, verso i meandri del castello. Mi aveva accompagnato soltanto una volta, più di un mese prima, dopo aver deciso di comportarci in maniera civile l'uno con l'altra.
Ti accompagna solo per discutere del libro, Rose. Mi ricordai seccamente, ritornando con i piedi per terra.
«Va bene.» Risposi piano.
Scorpius mi sorrise leggermente prima di iniziare a leggere il capitolo sulla trasfigurazione corporea. Non lo ascoltavo, troppo impegnata a riflettere su come la letteratura riuscisse a sciogliere la corazza di ghiaccio che lo rivestiva. Finalmente riuscivo a vedere il ragazzo che un tempo era stato il mio migliore amico.
Fu la lezione più lunga della mia vita. Non riuscivo a restare concentrata per più di cinque minuti. Nonostante diedi la colpa alla stanchezza temevo che Scorpius si innervosisse, invece fu stranamente paziente con me. Mi ripeté cosa fare e come tenere la bacchetta, anche se capivo dalla sua espressione che si stava chiedendo -e, credetemi, me lo domandavo anche io- cosa ci fosse che non andasse in me: di solito imparavo in fretta.
Quando fu quasi mezzanotte decidemmo che per quella sera era abbastanza e ci incamminammo verso la mia Sala Comune. All'inizio la conversazione fu imbarazzante, ma una volta che Scorpius la avviò fu difficile interromperla. Mi spiegò tutte le parti del libro che gli erano piaciute di più, quelle che lo avevano sorpreso e quelle che avrebbe cambiato. Poi mi raccontò che durante l'estate aveva letto pochissimo e che gli mancava la sensazione di immergersi in un intreccio tanto bello da stregarti. E poi chiese di me, così io lo aggiornai sulle mie letture, promettendogli che a Natale gli avrei portato qualcosa di nuovo.
«A proposito.» Mi venne in mente a qualche metro dalla Sala Comune. In fondo al corridoio vedevo la Signora Grassa intenta a bere del vino con l'amica Violette. «Vieni da noi durante le vacanze?»
Scorpius, che era sempre posato e non incespicava mai, quasi fini per terra. Si passò una mano tra i capelli ed assunse subito un'espressione neutra per liquidare la questione. «Questi pavimenti!» Sbottò, come se la colpa fosse stata davvero delle piastrelle.
Io nel frattempo mi maledissi per averlo chiesto. Fino al quinto anno era tornato a casa con i suoi, dato che ai tempi la situazione con suo padre non era critica come adesso, ma il Natale del sesto anno era rimasto al castello. Albus aveva insistito affinché andasse a stare da lui, ma Scorpius aveva rifiutato, e io, guardandolo adesso, non potei far a meno di sentirmi in colpa perché di sicuro non aveva accettato a causa mia. Nessuno merita di passare il Natale da solo. Ma magari non lo sarebbe stato questa volta. Mi diedi della stupida quando realizzai che probabilmente avrebbe passato le vacanze con Giorgina.
«Sai una cosa? Dimentica tutto. Ovviamente avrai di meglio da fare...» Sventolai una mano per aria per liquidare la questione.
«Vorresti che venissi?» Mi chiese. Notai che mantenne i nervi saldi, cosa che io non sapevo fare: diventai rossa e poi bordeaux, e sentii le guance andarmi a fuoco come tizzoni ardenti.
«No, certo che no. Cioè sì, insomma, se Albus ti invita e ti fa piacere venire va bene. Questo. Solo questo.»
Rise piano al mio fianco e mi sentii male al solo pensiero che credesse che lo stavo praticamente invitando da noi per Natale.
La sua risata si spense in un sussurro. «Ci penserò.»
Rallentai inconsapevolmente il passo, mentre mi stropicciavo il maglione per tenere le mani occupate.
«E invece alla festa di Halloween ci sarai?» Cambiò abilmente argomento lui.
Non sapevo come ci riuscisse, ma era in grado di dirigere il discorso dove meglio preferiva così da evitare argomenti scomodi. Scomodi per lui, dato che io volevo parlare della festa di Halloween tanto quanto volevo partecipare a tutte quelle organizzate dal professor Lumacorno. Ovvero non volevo.
«Uhm...» Presi del tempo. «Non saprei.»
Il 31 di Ottobre, per tradizione, i Serpeverde organizzavano una grande festa nella loro Sala Comune alla quale erano invitati anche alcuni membri delle altre case che avevano delle conoscenze tra le serpi. Ovviamente io, con un cugino e un (ex) migliore amico argento e verde, ero sempre stata sulla lista. L'anno precedente non ci avevo partecipato per ovvi motivi -evitare il biondaccio- mentre quello prima, be'... non era andata molto bene.
«Capisco, non preoccuparti. Solo... è il nostro ultimo anno, sarebbe un peccato mancare.»
Erano le stesse cose che Albus mi aveva detto ma, chissà come mai, dette da lui suonarono in maniera diversa: meno pedanti, più incoraggianti.
«Ci penserò.» Dissi, imitando la sua risposta di prima con un sorrisetto.
Arrivati al ritratto della Signora Grassa salutai Scorpius e lui se ne andò con le mani infilate nelle tasche e il passo elegante. Prima di entrare nel mio dormitorio, però, restai ad osservarlo diventare una sagoma indistinta nel buio.
Una volta arrivata nella mia camera indossai silenziosamente il pigiama e mi infilai sotto le coperte. Improvvisamente ogni traccia di stanchezza mi aveva abbandonata, cosicché mi ritrovai stesa nel letto con gli occhi spalancati, cercando di non pensare a quanto realmente Scorpius mi fosse mancato.

 

31 Ottobre 2020. Quinto anno.


«Dove sono Scorpius e Albus?» Mi domandò Julia sedendosi al mio fianco.
«Sono andati a prendere da bere.» Le risposi con un sorriso forzato.
Ci trovavamo alla festa di Halloween organizzata dai Serpeverde, nella loro Sala Comune. Per la prima volta dopo cinque anni non ero felice di trovarmi lì. Ci ero andata solamente perché i miei amici avevano insistito e io non potevo...
Arrivò inaspettato come al solito, perché è così: non te lo aspetti. Un momento stai bene, e quello dopo non sei più padrona della tua mente.
Improvvisamente il mio cuore accelerò, il respiro divenne affannoso come se avessi corso per ore, e mi sentii sprofondare nel fango della mia umiliazione.
Non sarei dovuta venire.
Non sono gli attacchi di panico che ti distruggono, quello che ti riduce in frantumi è la consapevolezza che sta tutto nella tua testa, che sia un problema tuo e non del tuo corpo. Io, se avessi voluto sarei stata bene, mi dicevano, e allora perché mi sentivo così lontana dal benessere?
Basta, mi imposi mentre aprivo e chiudevo le mani per far circolare il sangue nelle vene. Smettila subito.
Ma ancora prima di provarci sapevo che sarebbe stato inutile, ormai avevo perso le redini dei miei pensieri e per una persona che vuole sempre avere tutto sotto controllo, come me, non poter esercitare alcun tipo di autorità sulla propria mente è la peggiore delle torture.
«Rose?» Mi disse Julia con una nota di preoccupazione nella voce che mi riportò alla realtà.
Mi guardai attorno frenetica e sentii la musica pulsarmi nel petto, rendendo ancora più insopportabile il battito impazzito del mio cuore. Ragazzi e ragazze ballavano, saltavano di qua e di là, bevevano litri e litri di burrobirra corretta, mentre i miei occhi bruciavano pericolosamente perché sapevo che non sarei mai stata in grado di buttarmi in mezzo alla mischia e di divertirmi come facevano loro.
Mi alzai. L'acqua viola che stavo bevendo cadde per terra rovesciandosi sul pavimento, ma non mi importava.
Dovevo uscire di lì.
Borbottai qualche frase sconnessa a Julia e scappai via, diretta ovunque avrei potuto trovare un attimo di tranquillità.
I rumori della festa continuarono a rimbombarmi nelle orecchie come i rintocchi di un orologio anche quando raggiunsi il bagno dei prefetti.
Mi diressi verso un lavello e aprii l'acqua gelata. Mi bagnai i polsi per poi sciacquarmi il viso. Commisi il terribile errore di guardarmi allo specchio. Grosse occhiaie mi cerchiavano gli occhi, aumentate dal mascara sbavato che cercai di ripulire con scarsi risultati. Notai che i miei capelli sembravano meno rossi, il mio viso meno rosa, i miei occhi meno azzurri... Odiavo tutto ciò.
Il silenzio non sortì l'effetto che avevo sperato, al contrario, mi fece sentire peggio.
Tremante mi stesi per terra, la guancia a contatto con il pavimento freddo. Chiusi gli occhi e feci l'unica cosa che mi restava da fare: aspettai.

Quando Scorpius mi trovò non sapevo quanto tempo fosse trascorso. Minuti, ore, giorni interi, non faceva alcuna differenza.
Ero passata dall'essere sormontata da troppe emozioni a non provare più nulla.
«Rose! Rose, stai bene?» C'era panico nella sua voce quando mi vide stesa al suolo, i capelli sparsi in ciocche rosse sul pavimento freddo.
Si inginocchiò al mio fianco e lo sentii trarre un sospiro di sollievo non appena notò che ero cosciente.
«Rosie.» Mi chiamò posandomi delicatamente una mano sulla spalla, come se fossi una bambola di porcellana in procinto di spezzarsi in mille pezzi. «Che succede?»
Non so dove trovai le parole, ma in qualche modo riuscii ad articolare una risposta in quel momentaneo black out che aveva invaso la mia mente. «Niente. Non provo niente.»
Si sdraiò al mio fianco e coprì la mano che avevo poggiato di fianco al viso con la sua. «Vorrà dire che starò qui finché non sarai pronta ad andare.»
«E se non lo sarò mai?» Domandai con la voce tremante, proprio mentre una lacrima solitaria mi colava lungo la guancia.
«Non importa.» Mi si avvicinò fino a quando le nostre fronti furono a contatto. Poi, con la stessa delicatezza con la quale mi aveva toccata poco prima, mi asciugò il viso con il pollice, soffermandosi un attimo più del necessario sulla mia guancia.
C'era qualcosa nel suo sguardo. Una tenerezza innaturale e una premura che raramente aveva mostrato nei miei confronti.
I suoi occhi erano di un verde così chiaro da sembrare quasi trasparenti; attenti e indagatori scrutavano ogni mia piccola mossa.
«Mi dispiace.» Mi ritrovai a sussurrare, non riuscendo a credere che mi stessi mostrando tanto vulnerabile a qualcuno.
«Non devi chiedere scusa.» Mi disse serio.
«Sono un tale disastro.»
«Invece vai benissimo così.»
Non so come, ma detto da lui sembrava terribilmente facile da credere.
Quando mi fui ripresa Scorpius fu irremovibile: voleva riaccompagnarmi nel mio dormitorio.
«Sto bene.» Gli dissi per la centesima volta mentre ci avvicinavamo al ritratto della Signora Grassa. «Non mi spezzerò, Scorpius. Riesco a stare in piedi anche da sola.»
Mi camminava vicino lanciandomi occhiate preoccupate, come se fossi in procinto di sgretolarmi in mille pezzi.
«Lo so, è solo che... cos'è successo? Perché te ne stavi lì per terra?»
Presi un respiro profondo e spiattellai tutto. Prima lo avevo detto ad Albus, quando quell'estate mi ero sentita male in piscina, poi a Julia, quando mi aveva trovata in bagno a piangere, e ora era arrivato il momento di vuotare il sacco anche con lui.
«Ansia.» Dissi semplicemente. «Attacchi di panico, chiamali come preferisci. A volte, non chiedermi come mai perché non ne ho la più pallida idea, mi manca l'aria. Non respiro più. E devo allontanarmi da tutto e da tutti. Mi succede spesso quando la gente invade il mio spazio personale, come prima alla festa.»
Scorpius stette in silenzio. «Io...»
«Non devi dire niente.» Lo rassicurai prendendogli la mano.
«Da quanto tempo va avanti?» Quella domanda suonava come un'accusa. Aveva capito che non era la prima volta e sapeva che glielo avevo tenuto nascosto.
«Agosto.» Sputai fuori senza guardarlo negli occhi.
«Perché non me ne hai parlato prima?» Il suo tono di voce era ferito, deluso.
Alzai le spalle e continuai a camminare, la mia mano ancora nella sua.
«Parola d'ordine.» Ci accolse la Signora Grassa. Poi sembrò accorgersi di Scorpius. «Sei un Grifondoro, ragazzo?»
«Lui mi stava solo...» Iniziai, ma venni interrotta.
«Sì.» Annuì convinto Scorpius alla mia destra. «Non mi riconosce? Guardi che mi offendo.»
Che stai facendo? Mimai con le labbra nella sua direzione. Lui mi rispose con un sorriso e un occhiolino. «Rose, stavi dicendo... la parola d'ordine.»
Sbattei le palpebre un paio di volte, non capendo lo scopo della messa in scena, poi dissi la parola d'ordine alla Signora Grassa così che ci facesse entrare.
L'interno della Sala Comune di Grifondoro non era messo molto meglio di quello della Sala Comune di Serpeverde. Praticamente tutti i Grifondoro si trovavano lì, intenti a bere burrobirra e a festeggiare Halloween.
«Devo uscire di qui.» Dissi, sopraffatta dalla marea di gente che intasava la stanza.
«Ehi, aspetta, aspetta.» Scorpius mi poggiò le mani sulle spalle e mi guardò negli occhi: verde contro azzurro. «Va tutto bene. Ti porto nel tuo dormitorio, fammi strada.»
Così feci. Lo condussi attraverso la folla verso le scale, cercando di concentrarmi sulla stretta della sua mano attorno alla mia. Ad un certo punto un tizio mezzo ubriaco mi finì addosso.
«Attento a dove cammini.» Lo freddò Scorpius.
Il ragazzo alzò la testa e parve stupito di vedere Scorpius in “territorio nemico”. «Che ci fai qui, Malfoy? Gente come te non è ammessa...»
«Taci.» Lo incenerii io con sguardo infuocato. Tutte quelle stronzate che circolavano sul suo conto, solo perché suo padre era stato un Mangiamorte, mi facevano infuriare. «E' con me.» Dissi decisa, trascinandomelo dietro mentre iniziavo a salire le scale che portavano ai dormitori.
Qui la musica era più lieve e l'aria più fresca, così che potei finalmente respirare a pieni polmoni. «Per di qua.»
Svoltai a destra e salii i primi gradini che portavano alla mia stanza ma, non appena Scorpius mi seguì, questi si appiattirono trasformandosi in un lungo scivolo e facendoci cadere rovinosamente per terra.
«Ouch.»
«Per Salazar, ma che era?»
Mi scostai i capelli dal viso e lo guardai tra il divertito e il colpevole. Mi ero completamente dimenticata che i ragazzi non possono salire nel dormitorio delle ragazze, papà mi aveva raccontato di quella volta in cui lui e Harry ci avevano provato e si erano presi una bella botta. «Non hai mai tentato di intrufolarti nel dormitorio di nessuna ragazza, allora.»
Scorpius mi guardò storto. «Be', ma nemmeno ora mi sto intrufolando, teoricamente.»
Fu in quel momento, con il suo respiro che mi sfiorava la guancia, che mi resi conto di essere completamente sdraiata di lui. Mi affrettai a tirarmi su in piedi. Gli tesi poi la mano per aiutarlo ad alzarsi, e lui la accettò.
Mi spazzolai il maglione, anche se non ce n'era bisogno, ma sentivo la necessità di far qualcosa. «Mh, dunque...» Iniziai davvero molto, molto in imbarazzo.
E' solo Scorpius, Rose! Mi dissi, cercando di mantenere la calma.
E lo stavi praticamente invitando in camera tua. Mi risposi automaticamente, peggiorando la situazione. «Be', grazie per avermi accompagnato.»
Lo guardai, in attesa non so nemmeno io di che cosa. Forse speravo che in qualche modo potesse stare con me ancora. Proprio quando ero sul punto di proporgli di sgattaiolare da qualche parte per stare un po' da soli, lui mi interruppe.
«Aspetta un attimo.» Si guardò attorno, poi continuò. «Apri la finestra della tua camera, okay?»
«Che cosa vuoi fare?» Gli chiesi con occhi spalancati, ma lui si era già allontanato di qualche metro.
Si voltò con un sorriso sghembo che gli illuminava il viso. «Ci vediamo tra dieci minuti.»
E poi sparì inghiottito tra la folla, lasciandomi con la sola compagnia del mio cuore che batteva all'impazzata.

Mi arrampicai per pura inerzia sulle scale e spalancai la porta del mio dormitorio, pregando Merlino e Morgana che le mie compagne non ci fossero.
«C'è nessuno?» Chiesi.
Trattenni il fiato per qualche secondo e, quando non ricevetti risposta, lo lasciai andare. Le mie compagne erano tutte alla festa, nella nostra Sala Comune o in quella dei Serpeverde come Julia. Anche se ero convinta che fosse tornata nella torre di Grifondoro per rimirare mio cugino James. Dal primo anno aveva una cotta per lui che le faceva perdere la facoltà della parola ogni volta che lo vedeva, il che era abbastanza controproducente quando cercavo di presentarglielo.
Corsi alla finestra e la spalancai, poi mi sedetti sul letto e aspettai. L'aria fredda della notte mi fece rabbrividire nel maglione pesante che avevo indossato, scegliendolo a caso dal mio baule. Non mi ero travestita, nonostante le proteste di Julia, e neppure Scorpius aveva indossato un costume facendomi sentire un po' meno fuori posto.
Proprio in quel momento apparve, fuori dalla mia finestra, con un sorriso sghembo stampato sul viso e... ed era a cavalcioni sulla sua scopa.
«Sei impazzito?» Urlai, affrettandomi a chiudere la finestra alle sue spalle mentre atterrava con leggerezza sul pavimento. «Avresti potuto ammazzarti!»
«Rosie, sono cercatore della squadra di Quidditch.» Disse con eloquenza mentre poggiava la scopa contro il muro. «So volare.»
Alzai gli occhi al cielo e mi lasciai cadere seduta sul letto.
Maschi!
Scorpius mi raggiunse, e stette in attesa. «Puoi parlarmi di quello che vuoi.» Disse poi. «Oppure puoi non dire niente. Come preferisci.»
Non proferii parola per qualche minuto, poi mi lasciai andare. Gli raccontai tutto: le pressioni di mia madre, il fatto che mi sentissi in dovere di fare qualcosa di grande proprio come i miei genitori, e gli raccontai di come semplicemente non stessi bene con me stessa.
Lui mi ascoltò senza dire niente e poi, non seppi neppure io come o perché, mi ritrovai a piangere.
«Non voglio che tu dica nulla.» Lo avvertii tra un singhiozzo e un altro, mentre lui mi offriva un fazzoletto.
«Ma...»
«Niente ma.» Mi soffiai il naso. «Non voglio sentire le solite cose che mi hanno già detto tutti. Mi dispiace, vedrai che passerà tutto, porta pazienza e sii forte. Non serve. Me lo ripeto sempre da sola, non ho bisogno che me lo si continui a dire.»
«Okay, allora vieni qui. Posso abbracciarti almeno?»
Lo guardai, incorniciato dai raggi di luna che filtravano attraverso il vetro della finestra. I suoi occhi, nonostante il buio, sembravano brillare nell'oscurità, allo stesso modo dei suoi capelli chiari. Ancora una volta, il mio cuore perse un battito mentre rispondevo in un sussurrò. «Devi.»
Senza farselo ripetere si avvicinò e mi fece passare un braccio attorno alle spalle, tirandomi più vicino a sé. Gli posai il capo nell'incavo del collo e respirai il suo profumo, stringendogli le braccia attorno al torace.
Prima, nel bagno dei prefetti, ero arrivata ad un punto in cui non avevo provato nulla. Mi ero sentita intorpidita e sospesa in una dimensione di apatia tale da non sentire davvero più niente: ad un certo punto il mio corpo e la mia mente avevano detto basta. Poi però era arrivato Scorpius che in qualche modo era riuscito a riportarmi alla realtà. E in quel momento, stretta nel suo caldo abbraccio, con il cuore che aveva ripreso a battere, capii: mi ero innamorata del mio migliore amico.
 

31 Ottobre 2022. Settimo anno.

Era l'Halloween peggiore della mia vita. E lo dico da una che di feste schifose ne sa qualcosa -ogni riferimento al compleanno di Scorpius e all'Halloween del quinto anno è puramente casuale.
Scorpius era seduto su una poltroncina verde e teneva Giorgina in grembo circondandole la vita con le braccia. Più li guardavo più qualcosa si incrinava nel mio petto. Non mi ero travestita e iniziavo a pentirmene. Volevo stare comoda e soprattutto al caldo, però, in quel momento, circondata da ragazze bellissime in costume, non potevo far a meno di sentirmi tremendamente fuori posto.
«Ricordami ancora perché abbiamo deciso di partecipare a questa stupida festa.» Borbottai rivolta a Julia. Lei si sedette vicino a me e mi posò un bicchiere pieno di succo di zucca tra le mani. «Ci veniamo tutti gli anni, ed è sempre divertente.»
Già, peccato che avessimo idee di divertimento completamente diverse.
«C'è Emma, guarda.» Mi disse, indicandomi un divanetto poco lontano dove la Corvonero e il suo ragazzo, Matt, stavano parlando a pochissimi centimetri l'uno dall'altra. Lui le stringeva un braccio attorno alle spalle, mentre la mano di lei era lievemente appoggiata sul petto di lui. Le loro labbra erano così vicine da sfiorarsi, probabilmente non badavano al fatto che fossero in mezzo alla gente, o magari se n'erano solo dimenticati. Era un momento molto intimo, e mi affrettai a distogliere lo sguardo con una punta di invidia. Il loro amore era così evidente da far quasi male.
«Penso che tra poco tornerò in Sala Comune. Mi sta venendo mal di testa.» Era vero, inoltre non mi andava di stare lì. Il nuovo libro che avevo appena iniziato mi stava aspettando, e lì c'erano un sacco di persone che mi mettevano a disagio. O forse ero io a mettere a disagio me stessa?
«Come te ne vai?» Julia mi guardò attraverso gli occhiali con occhi sbalorditi. Si era travestita come una cantante babbana per l'occasione, con il risultato che nessuno la riconosceva. Aveva indossato un caschetto biondo platino che le conferiva l'aria di un folletto piuttosto che della popstar, abbinato ad un vestito nero pieno di brillantini argentei.
L'arrivo di Albus accompagnato da una ragazza carina con una parrucca fucsia ci interruppe. «Chi se ne va?» Chiese mio cugino guardando l'orologio. «E' prestissimo.»
Io alzai gli occhi al cielo. «Ho sonno e mal di testa.»
Albus mi rifilò un'occhiata preoccupata, con la quale mi stava chiaramente chiedendo se ci fosse qualche altro tipo di problema. Ma no, non c'era, non volevo stare lì. Punto.
«Albus, ne abbiamo già parlato: sto bene, sul serio.»
Il mio tono deciso parve convincerlo, tanto che mi rivolse un sorriso smagliante. La ragazza con cui era si era allontanata un po' per parlare con un serpeverde molto alto del sesto anno e, quando si voltò, la riconobbi.
«Victoria?» Esclamai sbigottita. Non mi aspettavo di vederla lì, nonostante Emma fosse presente.
«Ciao Rose!» Mi salutò lei con un ampio sorriso. «Bella festa, vero?»
«Uhm, sì... Ma cosa ci fai qui?»
Lei sventolò una mano per aria. «Un tipo che ho conosciuto ieri in biblioteca mi ha invitato e ho pensato di fare un salto. Poco fa ho incontrato Albus e per passare il tempo ci siamo messi a dare un voto ai costumi. A fine serata sceglieremo il migliore.»
Inarcai un sopracciglio e guardai mio cugino che in risposta alzò le spalle e alzò le mani in segno di resa. «E' stata una sua idea, non guardare me.»
«E il fortunato vincitore cosa vince?» Domani allora oramai curiosa.
«La nostra stima, ovviamente!»
«Oh, giusto... e per ora chi è in testa?»
«Julia.» Rispose Albus con un sorriso. «Complimenti.»
Julia, che non stava partecipando attivamente alla conversazione, parve destarsi.
«Io?» Esclamò con gli occhi fuori dalle orbita. «Ma siete sicuri?»
«Certo tesoro.» Victoria le fece un occhiolino. «Quel caschetto ti sta una favola e il vestito è meraviglioso, devi assolutamente dirmi dove lo hai comprato.»
«Per non parlare degli orecchini.» Si intromise Albus. «Quelli sono un tocco di classe.»
Notando che lo guardavo malissimo mi fece la linguaccia. «Che c'è?»
«Niente... ma da quando te ne intendi di moda?» Domandai davvero molto perplessa.
«Mi è sempre interessato in realtà.» Si difese lui con fare tranquillo, anche se notai un leggero imbarazzo sotteso da quelle parole.
Oh, be', affar suo. Se aveva un nuovo hobby, oltre al Quidditch, ben venga. Albus non ne era ossessionato come Scorpius -il quale non avrebbe disdetto un allenamento nemmeno sotto tortura cinese- ma io quello sport proprio non lo capivo e preferivo diventasse un guro di moda piuttosto che un giocatore di Quidditch-testa vuota. Non che tutti i giocatori di Quidditch fossero teste vuote, si intende.... la maggior parte, ecco. Come mio cugino James che non si rendeva conto che Julia era completamente innamorata di lui. Valli a capire, i maschi.
«Fosse per me.» Intervenne Victoria. «Farei vincere Scorpius Malfoy. Voglio dire, stasera è particolarmente splendido, inoltre starebbe bene anche con indosso un semplice straccetto.»
Albus emise un verso a metà tra uno sbuffo e un lamento. «Ne abbiamo già parlato, Victoria. Non faremo vincere Scorpius.»
«Certo, certo, ma penso che Rose la pensi come me, vero?»
Perché, io mi domando, perché devono sempre tirarmi in mezzo quando si parla del Biondaccio?
«Io do ragione ad Al.» Borbottai contrariata.
Che Malfoy fosse un figo era evidente, lo pensavano tutti, non era necessario chiedere sempre a me un parere a riguardo.
«Certo, come no.» Sentii Julia sibilare al mio orecchio. «Ti crediamo tutti.»
«Comunque, per ora Julia è in testa.» Victoria finì la sua burrobirra e guardò nel bicchiere con espressione delusa, come se si aspettasse di trovarne ancora. «Albus, andiamo a cercare qualcosa da bere e torniamo al lavoro.»
Una volta che si furono congedati decisi che era giunto il momento di tagliare la corda. Julia si unì a Victoria e ad Albus come giudice di outfit, mentre io uscii dalla Sala Comune, ritrovandomi finalmente da sola, circondata dal solo silenzio.
Mi presi un attimo per assaporare quel momento di pace, quando mi sentii chiamare e un senso di déjà-vu si impossessò di me.
«Rose.»
Mi voltai e non fui sorpresa di ritrovarmi davanti Scorpius. Indossava una semplice camicia bianca e un mantello nero, il suo costume era costituito da due canini appuntiti che gli spuntavano da sotto le labbra.
«Ti sei travestito.» Constatai stupidamente. Scorpius ed io non ci travestivamo mai ad Halloween. Era il nostro marchio di fabbrica: le due pecore nere della festa, gli unici a non indossare un costume.
Ma suppongo che le cose cambiano, anche quelle che davamo per scontate.
«Oh sì, più o meno.» Scorpius si passò una mano tra i capelli e si tolse i denti affilati. «Sono un vampiro.»
«Lo avevo immaginato.»
«Mi chiedevo come mai te ne stai andando.» Mi domandò, senza il minimo accenno di imbarazzo. Come faceva? Come faceva a mantenere sempre la propria integrità? Io mi sentivo sulle montagne russe in sua presenza, o in una sauna, a seconda delle volte.
«Non mi andava di stare lì.» Risposi sinceramente con un'alzata di spalle. «Ho un libro che mi aspetta in Sala Comune e... Mi sento a disagio, lo sai. Sono tutti così... Diversi da me.»
Scorpius annuì sommessamente. «Pensavo che non ti sentissi bene, per questo ti ho seguita.»
«Ho solo un po' di ma di testa. Nient'altro, davvero, sto bene. Non dovete più preoccuparvi per me.» Lo rassicurai aprendo le braccia per mostrargli che ero tutta intera.
«Okay, quindi io vado.» Disse, senza però il minimo accenno ad andarsene. Se ne stava lì, in piedi davanti a me, come se fosse in attesa di qualcosa. La luce delle torce conferiva ai suoi capelli una tonalità quasi spettrale e andava a creare un interessante gioco di chiaroscuri sul suo viso. La sua espressione era difficile da decifrare proprio come una lingua studiata da troppo poco tempo.
«Ciao.» Lo salutai, anche io immobile.
Ci guardammo per qualche minuto, senza proferir parola. Poi lui ruppe il silenzio, cogliendomi di sorpresa. «Quindi stai andando in Sala Comune?»
«Proprio così.» Risposi dondolandomi sui talloni.
«Uhm... Bene.»
«Bene.»
D'accordo, la situazione si stava facendo imbarazzante. Che cavolo...
«Non è che ti andrebbe di fare un giro?»
... si era fumato Scorpius Malfoy?
Dovetti trattenermi dallo scoppiare a ridere per la sorpresa. «Hai bevuto?» Chiesi invece.
Scorpius parve vagamente offeso, ma non lo diede a vedere. «Ti sembro ubriaco? No, ho solo bisogno di una pausa.»
«Da Giorgina?» Tira ad indovinare.
«Da tutto. Puoi capirmi, vero?»
«Sì, fin troppo bene.»
Sorrise. «Non avevo dubbi.»





NOTE DELL'AUTRICE
Sono una persona malvagia, dite? Si, okay, un po' malvagia mi sento, mwuahahahha.
*Francesca, piantala*
Okay, scusate. Ciao a tutte!
Premetto dicendo che mi dispiace -no, okay, non così tanto- per il finale sospeso. Avrei voluto troppo farvi leggere anche il resto ma voglio prendermi più tempo per scriverlo meglio, perciò dovrete pazientare ancora un pochino. :)
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto: come avrete notato nel mezzo c'è un flashback di Halloween del quinto anno, quando Rose capisce di essere innamorata di Scorpius. Adesso Rose sta bene, ma sono tutti preoccupati del contrario, e questo la spazientisce alquanto, ma penso si capirà meglio più avanti.
E nulla, io vi ringrazio tanto come al solito... se volete potete scrivermi in privato così vi do il mio accounto “fake” di facebook almeno possiamo sentirci anche così. :)
Vi mando tanti baci e cupcakes,
Francesca

 

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Capitolo Dodici. ***


Capitolo Dodici

Who you are is not what they did.

 
Uscire nel parco non era stata una grande idea. Era autunno inoltrato e a quell'ora della notte il freddo si era fatto ancora più pungente. Scorpius mi camminava di fianco, la schiena dritta come un fuso e il passo deciso e veloce. Dato che le sue gambe erano molto più lunghe delle mie, per poter mantenere la sua andatura dovevo quasi correre con il risultato che mi ritrovai presto senza fiato.
Dalla foresta proibita provenivano i versi di animali notturni e, dopo aver lanciato uno sguardo agli alti alberi, avrei potuto giurare di aver visto qualcosa muoversi tra le fronde: un gufo, una civetta, un lupo o chissà quale altra strana creatura, non volevo saperlo.
Pensavo che saremmo scesi verso la capanna di Hagrid, ma Scorpius deviò a sinistra, posandomi una mano sul braccio per guidarmi. Una grande mezzaluna si stagliava nel cielo illuminandoci con i suoi chiari raggi. Pregai che nessun professore o caposcuola ci vedesse, anche se probabilmente avrebbero scorto solo due ombre nel buio.
Scorpius mi condusse verso un cortile laterale del castello e si sedette per terra con le spalle appoggiate al muro di pietra. Io lo imitai, lasciandomi cadere al suo fianco a gambe incrociate.
Era inquieto, Scorpius, si percepiva. Emanava tensione e nervosismo, caratteristiche per niente tipiche del suo carattere sempre misurato e studiato. Giocherellava distratto con la manica del mantello, senza accorgersi che lo stava rovinando.
«Ma tu lo sapevi che Albus è diventato peggio di un fashion blogger?» Domandai ad un certo punto tanto per dire qualcosa.
«Un fashion cosa?» Scorpius aggrottò le sopracciglia e mi guardò storto.
«Uno che se ne intende di moda.» Spiegai paziente.
Grazie a Julia e ai miei nonni materni, ero un'esperta del mondo babbano. Sapevo come usare un computer e, benché qualsiasi mago adolescente possedesse un cellulare, sapevo sicuramente maneggiarlo con più naturalezza io.
Scorpius scoppiò a ridere. «Mentre ci stavamo preparando per la festa ha minacciato di non lasciarmi uscire conciato così. Ha borbottato qualcosa riguardo alla camicia.»
«Che ha di sbagliato la camicia?» Chiesi, scostandogli leggermente il mantello per osservarla meglio. Era una normalissima camicia bianca, anche se probabilmente era fatta di seta e quindi valeva quanto tutto il mio guardaroba.
«Non ne ho la più pallida idea.» Fece lui in un sussurro. Sentendo il suo respiro così vicino al mio viso mi affrettai a ritornare al mio posto.
«Allora, com'è Il Codice Da Vinci?»
Trovavo assurdo il modo in cui tentavo disperatamente di fare conversazione. Scorpius sembrava strano. Se ne stava seduto al mio fianco con le gambe distese e lo sguardo perso nel vuoto, la mente lontana. Non era più lì con me, ma era partito lungo la tangente del suo flusso di coscienza.
«Uh?» Mi guardò e io sospirai.
«Il Codice Da Vinci. Lo hai iniziato?» Se aveva intenzione di continuare in quella maniera, con me che facevo domande e lui che rispondeva a monosillabi, aveva capito molto male.
«Oh, sì.» Distolse lo sguardo.» Sono solo ai primi capitoli, ho avuto molte cose a cui pensare ultimamente.»
«Che cosa?» Domandai, aggiungendo subito. «Se mi rispondi di farmi i fatti miei giuro che ti affatturo.»
Scorpius rise, per poi camuffare quello scoppio di ilarità con un battito di tosse, il che significava che lo avevo colto di sorpresa. Succedeva raramente, ma amavo quando riuscivo a far vacillare il suo autocontrollo.
«No, non avevo intenzione di risponderti così.»
«Bene.» Borbottai incrociando le braccia al petto.
Avrebbe fatto bene ad avere un valido motivo per avermi fatto uscire all'aperto durante una notte tanto fredda. Rabbrividii nel mantello e mi strinse le ginocchia al petto, in attesa.
«I miei hanno divorziato.»
Non tentò di indorare la pillola, lo disse e basta con un tono che non lasciava trasparire la minima emozione: così impassibile che sapevo che non era vero. Scorpius non era tagliato per i giri di parole, lui era dritto e diretto al punto, talvolta mancando anche di sensibilità.
«Quando è successo?» Domandai sbigottita.
Non me lo aspettavo. Sapevo che suo padre e sua madre a volte litigavano, ma non era mai nulla che non si potesse risolvere con una bella chiacchierata. Non avrei mai sospettato che avessero potuto arrivare addirittura ad un divorzio, ma a quanto pare in due anni cambiano molte cose.
«Hanno aspettato che tornassi da scuola per avviare le trattative. Come se io avessi voce in capitolo. Per questo ero da Albus, non volevo star a sentire le loro discussioni.»
Scorpius infatti non aveva mai passato tutte le vacanze dai Potter. Un paio di settimane, certo, ma tutto quel tempo mai.
«Oh. Mi spiace.» Fu tutto ciò che riuscii a dire.
Sul serio, Rose? Non puoi fare niente di meglio?
«Non voglio la tua compassione.» Disse con fare scontroso.
Certo, ovviamente. Mi ero sempre lamentata delle parole vuote che le persone ti propinano per esprimere la loro empatia nei tuoi confronti dopo che hai confidato loro un tuo problema, e ora stavo facendo lo stesso con Scorpius. Ma in quel momento capivo: che cosa si può dire in una situazione del genere?
«Okay. Di cosa hai bisogno allora?»
Si guardò intorno come alla ricerca delle parole giuste, poi strappo dei fili d'erba dal prato e li lanciò con forza davanti a sé.
«É solo che sono costantemente incazzato.» Sbottò, con una tonalità di voce di un'ottava più alta del normale. «Mio padre mi tormenta perché vuole che prenda il suo posto al ministero, e mia madre... Non fa niente. Non si schiera da nessuna parte, dice che è fatto così e che lo devo accettare, ma io non lo accetto. Mi invia una lettera alla settimana in cui in maniera indiretta cerca di convincermi, facendomi infuriare. E questo si ripercuote sulle persone che mi stanno attorno.»
Stavo per dire qualcosa, qualunque cosa per alleviare il suo dolore, ma lui mi bloccò, parlando velocemente. «Mi ricordo quello che mi hai detto due anni fa, sai? Che non sono mio padre e il resto... Continuo a ripetermelo, ma è difficile quando c'è ancora gente che mi guarda con diffidenza e che mi accusa di essere invischiato nelle arti oscure. Io, capisci? Arti oscure.» Si mise a ridere senza allegria.
«È ridicolo.» Dissi decisa, piena di rabbia verso quegli individui che lo tormentavano a causa della cattiva reputazione della sua famiglia.
Durante i primi anni era stata molto dura per lui, ma con il passare del tempo si era fatto conoscere per la bella persona che era, sfatando tutte le malelingue sul suo conto. Tuttavia, esistono persone meschine, pronte a gettare fango sugli altri per il semplice gusto di farlo e senza pensare che, spesso, le parole possono ferire più di una maledizione cruciatus.
«È come se non ci fosse mai stato nessuno di buono tra i miei antenati: mio padre, mio nonno... E se fossi destinato anche io ad essere cattivo? Dopotutto sono vissuto in quell'ambiente e sarebbe normale che io...»
«No!» Sbottai, strisciando per terra per sedermi di fronte a lui. «Tu non sei una persona cattiva. Sono le tue decisioni che ti rendono ciò che sei, e sei tu a prenderle, non i tuoi genitori o il tuo cognome.»
Avevo voglia di tirargli un pugno. Non poteva seriamente pensare di essere malvagio perché si chiamava Malfoy.
«Vuoi diventare medimago.» Gli ricordai allora. «Vuoi salvare le persone, cosa c'è di meno oscuro di questo?»
Per tutta la durata del mio monologo non mi aveva guardata, aveva tenuto il capo chino con gli occhi fissi al suolo. Quando smisi di parlare e lui alzò lo sguardo mi sentii quasi mancare. Eravamo a pochissimi centimetri di distanza, tanto che sentivo il suo respiro sfiorarmi la guancia. C'era qualcosa nei suoi occhi -che in qualche modo brillavano al chiaro di luna- un'intensità che cercava di comunicare un messaggio. Scorpius alzò una mano, come se volesse sfiorarmi il viso, ma poi ci ripensò e se la passò tra i capelli per camuffare quel gesto. Ed improvvisamente quella scintilla che c'era nel suo sguardo si spense, come una candela che si estingue al vento.
Si allontanò da me e tossicchiò per schiarirsi la voce. «Non avrei dovuto parlartene.»
Si tirò a sedere e fece per andarsene.
«Scorpius!» Esclamai, paralizzata al suolo, senza capire che cosa stesse succedendo.
Lui si voltò e mi fronteggiò con un'espressione di pietra. «Ora andrai a raccontare tutto alle tue amichette?»
«Che cosa? No! Certo che no.» A questo punto ero in piedi anche io. «Che stai dicendo?»
«Niente.» Tagliò corto lui, imbronciato ma senza la freddezza con cui mi aveva parlato poco prima. «Niente, dimentica tutto. Grazie per la chiacchierata, ci vediamo lunedì alle nove.»
Non feci in tempo a metabolizzare quello che era appena successo che mi ritrovai sola, avvolta dalle tenebre. Anche la luna si era oscurata.

Rose Weasley, sei una maledetta idiota.
Ma che cos'avevo in testa? Segatura? Sì, probabilmente il mio cervello si era spappolato e poi mi era uscito dalle orecchie durante il sonno. Scena alquanto macabra, lo so, ma era l'unica spiegazione.
Mentre mi addentravo nel castello, i miei passi rimbombavano per i corridoi deserti come se stessi marciando verso la mia esecuzione. Ogni gradino che salivo la mia confusione aumentava in un crescendo di emozioni contrastanti.
No, mi dissi. Mi fermai e poggiai una mano contro il muro per trarre conforto dalle fredde piastrelle squadrate. Non potevo permettere a Scorpius di rientrare nella mia vita e di sconvolgerla nuovamente. Avevo faticato tanto per chiuderlo fuori e ora si stava facendo strada dentro di me come se niente fosse, senza chiedere il permesso. E mi mandava in bestia.
Scossi la testa con la speranza che questi pensieri mi abbandonassero. Quando ripresi a camminare mantenni la mano premuta contro il muro, strisciandola contro le irregolarità del cemento.
Arrivai nella mia Sala Comune senza rendermene conto, spinta da inerzia. Le mie gambe mi avevano portata nella mia stanza senza che me ne accorgersi, come se fossi in uno stato di trans. O più semplicemente avevo la testa tra le nuvole, per dirla in maniera molto poco poetica. Anzi, la testa persa tra le praterie. Lunghe distese di terra del colore degli occhi del bionda... O per Godric! Rose, smettila subito.
Scorpius Malfoy era uno dei tanti misteri della mia vita. Un attimo era gentile, quasi il ragazzo che conoscevo un tempo, e quello dopo si trasformava nella statua di ghiaccio alla quale mi ero abituata durante quegli ultimi anni.
Come al solito ci ero cascata,: lui arrivava, faceva gli occhi da cucciolo bastonato, io lo ascoltavo, e mi spezzava di nuovo.
Però questa volta non ero impreparata: lui non era l'unico ad essersi costruito una corazza.


NOTE DELL'AUTRICE
Ciao a tutte!
Questo capitolo è corto, lo so. E' solo che, essendo la continuazione di quello precedente, è uscito piuttosto breve, ma prometto che con il prossimo mi farò perdonare. :)
Nulla, spero tanto che vi piaccia e lascio a voi la parola.
Un bacio,
Francesca

P.S. ho notato che il sito fa confusione con i capitoli, nel senso che la numerazione risulta sbagliata. Io non posso far nulla a riguardo e penso che andrà a posto da solo. Ve lo dico nel caso vi steste domandando se fossi impazzita. :D

 

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Capitolo Tredici. ***


Capitolo Tredici

Are we out of the woods?
Are we in the clear yet?

Taylor Swift, Out Of The Woods.

Era da tutta settimana che Julia mi guardava in modo strano.
Lunedì, mentre a tavola mi passava il sale, aveva alzato un sopracciglio con fare eloquente prima di posare la boccetta nella mia mano; martedì, durante l'ora di trasfigurazione, dopo avermi osservato con attenzione scientifica eseguire un incantesimo ben riuscito -o quasi- su una rana, se ne era uscita con un commento malizioso riguardo a cosa facevamo io e il biondo durante le nostre lezioni serali insieme; il mercoledì mi aveva proposto di andare a vedere gli allenamenti della squadra di Serpeverde, lanciandomi occhiate di sottecchi per tutto il tempo, come se fossi stupida e non me ne accorgessi; giovedì, quando Albus si era fermato al nostro tavolo -portandosi dietro la sua dolce metà, alias Scorpius- per dirmi che Lily aveva preso il morbillo e lo aveva passato ad Hugo, Julia si era messa a tamburellare con il piede per terra, come se si aspettasse che io dicessi qualcosa.
Venerdì sera non ce la feci più.
«Rose!»
Mi voltai e il mio stomaco si attorcigliò: Scorpius Malfoy mi aveva chiamato e ora stava venendo verso di me con la borsa a tracolla posata su una spalla.
Julia, al mio fianco, incrociò le braccia al petto e assunse un'espressione altezzosa, sistemandosi meglio gli occhiali sul naso.
Alzai gli occhi al cielo e decisi di ignorarla.
«Ciao.» Mi salutò Scorpius.
«Ciao.» Gli risposi con un sorriso.
«Stasera abbiamo la ronda, giusto?» Mi chiese, anche se sapeva già la risposta.
«Sì, c'e qualche problema?»
Indossava un maglione blu scuro e un paio di jeans che mettevano in evidenza la sua figura slanciata. Se non lo avessi conosciuto avrei potuto giurare che fosse un angelo caduto dal cielo, invece di un diavolo sotto copertura. Ripensandoci, però, mi sentii in colpa: lui non era cattivo, solo un po' stronzo. Delle volte. Principalmente con la sottoscritta.
Insomma, se ne stava lì a pochi passi da me, con gli occhi verde chiaro che parevano fatti di vetro e con l'aria innocente del il tipico ragazzo che ogni padre sogna per la propria figlia. Be', ogni padre tranne il mio, ovviamente. Ron Weasley avrebbe preferito mangiare centomila vermicoli piuttosto che vedermi fidanzata con Scorpius Malfoy.
«No, tutto bene.» Disse, apparentemente tranquillo. «Volevo solo avvisarti che farò un po' tardi.» Sventolò una lettera che teneva in mano e continuò. «Devo spedire questa. Il tempo di andare in Guferia, fare un salto in Sala Comune a lasciare giù i libri e sono da te.»
Osservando la busta, non potei far a meno di domandarmi se fosse indirizzata a suo padre.
Non avevamo parlato della notte di Halloween, o dei suoi genitori, o della sua ultima accusa, e forse mai lo avremmo fatto.
Ora, a distanza di tempo, capisco qual era il nostro problema: non comunicavamo. Ci tenevamo tutto dentro, serbavamo rancore, ed é per questo che a un certo punto le cose sono crollate come un castello di carte.
«Va bene.» Gli risposi con un'alzata di spalle. «Anche io devo passare per il dormitorio a lasciare la borsa, quindi non ci sono problemi. Ci vediamo qui davanti alla Sala Grande?»
«Certo. A dopo allora.»
Lo salutai con la mano e lui scomparì fuori dalla porta di ingresso, inghiottito dalle tenebre.
Io e Julia salimmo le scale in silenzio. Sentivo la tensione che ribolliva sotto la pelle della mia migliore amica, ma proprio non riuscivo a capire. Mentre attraversavamo il corridoio del quinto piano, lei disse. «Hai finito di flirtare con Malfoy?»
«Scusami?» Mi fermai.
Un gruppo di studenti di Grifondoro ci superò lanciandoci occhiate curiose, ma io li ignorai.
«Nulla, nulla.» La mia amica liquidò la questione con una mano, ma io non ci stavo.
«Si può sapere che ti prende? È tutta settimana che sei strana.»
«Dimmelo tu.» Fece lei maliziosa. Non c'era rabbia nel suo sguardo, o nel suo tono di voce, il che mi mandava ancora più in confusione.
«Di che cavolo stai parlando?» Sbottai, al limite della sopportazione.
«Oh, andiamo!» Julia incrociò le braccia al petto e mi guardò storto. «Non posso crederci che hai una relazione segreta con Malfoy e non mi hai detto niente.»
Omiodio, che cosa?
«Shhhhhhhh.» Rossa come i miei capelli, le tappai la bocca e mi guardai attorno. Adocchiai una porticina sulla nostra destra e ci spintonai dentro la mia amica senza troppe cerimonie.
Quando fummo al sicuro da orecchie indiscrete, circondate dalle quattro mura di pietra dello sgabuzzino, allentai la presa sulle sue labbra e sussurrai. «Che cavolo stai dicendo!?»
«È così evidente!» Urlò.
«Shhhhhhhh.»
«Allora è vero!»
«No, certo che no!» Stavo urlando anche io. «Si può sapere come ti è anche solo passato per la testa?»
Quando una cordicella che pendeva dal soffitto mi colpí in fronte, la agguantai e la tirai. Una piccola lampadina si accese sulle nostre teste illuminando l'ambiente circostante.
Notai che Julia aveva avuto la decenza di arrossire. Abbassato il tono di voce, mi spiegò. «Be', vi ho visti andare via insieme la sera di Halloween, e non hai dormito nella nostra stanza. Mi sono addormentata e non c'eri, mi sono svegliata e il tuo letto era immacolato.»
«Questo perché sono rientrata tardi e mi sono svegliata presto.» Sbottai.
Non potevo credere che avesse potuto pensare una cosa così assurda. Io e il Biondo? Sì, certo, mai nella vita.
«Che ne so.» Si difese lei con una scrollata di spalle. «Magari avevate finalmente parlato di tutto quello che vi è successo e, sai, una cosa tira l'altra.......»
Mi diede una gomitata sul braccio e mi fece l'occhiolino.
«Omiodio. Sto per vomitare.» Mi tappai le orecchie e iniziai a scuotere freneticamente la testa. «Basta, non voglio sentire oltre.»
«È un gran figo, non ti avrei biasimata.»
«Julia!» Ero isterica.
Se non avesse smesso di fare quel tipo di allusioni su me e il Biondaccio sarei totalmente impazzita per la vergogna.
«Oh, andiamo! E che cosa avreste fatto per tuuuutto quel tempo?» Disse con una risata, che però si spense non appena vide la mia occhiata assassina. «Okay, okay.» Fece allora, posandomi con cautela un braccio attorno alle spalle. «Segreti tra te e Malfoy, come vuoi.»
Il suo profumo alla violetta mi inebriò le narici e placò i miei istinti suicidi -e omicidi.
«Solo... Promettimi una cosa.» Poggio la testa sulla mia spalla mentre apriva la porta dello sgabuzzino e mi conduceva fuori in corridoio, di nuovo in mezzo agli studenti che si stavano affrettando per raggiungere il proprio dormitorio prima dello scattare del coprifuoco. Avvicinò la bocca al mio orecchio e mi sussurrò impercettibilmente. «Se dovessi mai finire a letto con Malfoy, voglio essere la prima a saperlo.»
Omiodio.

Su, Rose, stai calma. Continuavo a ripetermi mentre camminavo avanti e indietro davanti alle ampie porte della Sala Grande. Ora arriva e tutto sarà come al solito, quello che ha insinuato prima Julia non conta niente: non pensarci e basta.
La testa bionda di Scorpius sbucò dalle Scale che conducevano ai sotterranei e io iniziai ad arrossire senza motivo.
Merda.
«Eccomi.» Scorpius alzò una mano nella mia direzione, come se non lo avessi visto arrivare.
Cercai di darmi un contegno: era solo Malfoy.
Malfoy, Rose. Hai presente lo stronzo che ti ha spezzato il cuore? Proprio lui.
Giusto.
Raddrizzai le spalle e mi spazzolai la gonna, anche se non ce n'era bisogno. «Possiamo andare allora.»
Con due falcate Scorpius fu al mio fianco. Grazie al cielo aveva iniziato a camminare più lentamente. In quel modo riuscivo a mantenere la sua andatura senza il rischio di perdere un polmone. Era stato un gesto gentile che avevo apprezzato molto, anche se probabilmente lui non se ne era neppure accorto.
«E' da molto che aspetti?» Mi chiese.
«Oh, no. Stavo... io... ero con Julia.»
Come da copione sentii le guance bruciare. Il brutto di avere i capelli rossi e la pelle chiara -oltre ovviamente alle lentiggini e al non riuscire a prendere il sole senza beccarsi un'ustione di secondo grado- era l'arrossire come niente.
Abbassai il capo e lasciai che i capelli mi coprissero metà del viso.
Mi sentivo una stupida, sul serio.
«Ah, okay.»
Iniziammo la ronda in silenzio, controllando dietro gli arazzi e nelle aule vuote. Una volta raggiunto il terzo piano il bilancio degli studenti scovati fuori dal letto era di due coppiette e un teppista del quarto anno. La cosa divertente era che una delle due coppiette era formata da Matt ed Emma.
«Per Godric, voi due!» Esclamai quando li beccammo intenti a divorarsi il viso in uno sgabuzzino.
«Oh, be'.» Fece Scorpius con voce divertita. «Questa non me la aspettavo.»
«Siete Caposcuola, insomma.» Li ripresi fingendomi indignata.
Scorpius non si prese nemmeno la briga di nascondere quanto si stesse divertendo. «Meno dieci punti a Tassorosso e meno altri dieci a Corvonero. Ah, la miglior ronda dell'anno.»
Emma si sistemò la maglietta sulla spalla e sbatté gli occhi un paio di volte. «Oh, ma piantatela! Malfoy, tu e la tua ragazza abitate nello stesso dormitorio, sii comprensivo.»
«Mmm.» Scorpius fece finta di pensarci, e poi mostrò la sua natura di vera serpe. «Naah. Se non tornate subito nelle vostre Sale Comuni vi tolgo altri dieci punti.»
«Non lo faresti.» Emma lo guardò con aria di sfida.
«Vogliamo provare?» Le rispose lui con un ghigno.
«Questa me la lego al dito, ricordatelo.» Emma lo incenerì con lo sguardo, ma anche lei sotto sotto stava ridendo.
Matt invece aveva assunto una tonalità pericolosamente simile a quella dei miei capelli e si stava affrettando ad abbottonarsi il colletto della camicia. Dato che io non ero Malfoy e non traevo gusto dalle disgrazie altrui, decisi di salvare la situazione.
«Andate nella stanza delle necessità, se proprio dovete. Ringraziate Merlino che vi abbiamo trovato noi e non un professore.»
«Non so cosa sarebbe stato peggio.» Biascicò Matt.
Scorpius annuì convinto. «Già, la McGranitt vi avrebbe messo in punizione, noi vi prenderemo in giro per il resto della vostra vita.»
Il mio cuore perse un battito quando lui disse noi. Eravamo stati solo Rose e solo Scorpius per troppo tempo.
Salutammo Matt ed Emma, promettendo di non farne parola con la preside e augurando loro di trovare un posto appartato per stare insieme senza essere disturbati.
«Sono contento che si siano messi insieme.» Disse Scorpius osservando il punto in cui i due piccioncini erano scomparsi. «Matt era davvero miserabile alla fine dell'anno scorso.»
«Anche Emma. Decisamente disperata.» Concordai io.
Scorpius mi guardò pensoso per qualche istante. «Sai qual è il problema, Rose? La vita fa schifo. Fa schifo. Un attimo sei felice e quello dopo fa schifo di nuovo. Non fai in tempo di assaporare quell'istante di gioia che...» Schioccò leggermente le dita. «Sei di nuovo triste. E miserabile.»
«Non la penso così.» Mi ritrovai a rispondere.
«Ah, no?» Fece lui divertito.
Aprii la porta dell'aula di Incantesimi e l'ambiente venne illuminato dalla luce della mia bacchetta. Dopo essermi assicurata con non ci fosse nessuno, scossi la testa. «È questo il bello. Il non sapere mai che cosa ti accadrà, il provare emozioni. Ogni sentimento è prezioso. Non c'e nulla di peggio della totale apatia: non provare nulla è atroce.»
Mi tornò in mente quando qualche mese prima avevo toccato il fondo. Sì, non sentire niente era la peggiore delle condanne. Almeno, se soffrivi, sapevi di essere ancora vivo.
«Non era ciò che intendevo.» Mi lanciò un'occhiata con cautela. «È solo che secondo me bisogna assumere come dato di fatto che la vita faccia schifo, e poi ripartire da lì. Se non ti aspetti nulla è più difficile rimanere ferito.»
Non ero sicura di cogliere a fondo quello che voleva dire, così decisi di lasciar perdere.
«Da quando sei così cinico?»
Lui rise cupamente. «Il melodramma ha sempre fatto parte del mio DNA, non credi?»
«Uhm... Di solito è Albus l'apocalittico, non tu.»
«Credo di essere cresciuto.» Alzò le spalle con noncuranza. «Ho messo i piedi per terra.»
Avevamo terminato di controllare le aule del terzo piano, perciò iniziammo a salire le scale diretti al quarto.
«Tu vuoi rendere il mondo un posto migliore, hai dei sogni. Li avevi almeno. Vuoi ancora diventare un guaritore, no?» Domandai con un principio di fiatone. Sul serio, le scale per me erano un vero problema.
«Sì.» Rispose tranquillamente. «Ho solo smesso di credere nei supereroi. Essere un guaritore è un lavoro come un altro che ti dà tante soddisfazioni, fine della storia.»
Improvvisamente mi sentii molto arrabbiata. Furiosa con chiunque avesse spento quell'aura di positività che soleva circondarlo. Amavo che Scorpius vedesse sempre il bicchiere mezzo pieno quando io mi ostinavo a vederlo mezzo vuoto. Adoravo quando cercava di vedere il lato positivo in una tragedia, e adoravo la scintilla che brillava nei suoi occhi verdi quando parlava del proprio futuro. Scintilla che, ora, era stata oscurata.
Quello che diceva era vero, ma avevo imparato che a volte si ha bisogno di una motivazione in più. «Sarebbe sciocco credere il contrario. E' solo che non c'è niente di male nel prendere le cose con entusiasmo. Perché quando avrai una brutta giornata, quando tutto andrà per il verso sbagliato e ti ritroverai da solo in camera tua con una tazza di caffé...»
«Io odio il caffé.» Mi fece notare con voce sottile.
Lo guardai male e andai avanti. «... ti chiederai perché lo stai facendo. Come mai continui ad alzarti alla mattina, ad andare al San Mungo e ad affrontare quella realtà che non era come l'avevi immaginata. Cos'hai intenzione di risponderti, che è un buon lavoro che dà soddisfazioni? Be' auguri. Questo non ti fa andare avanti, questo ti fa sprofondare.»
«E tu? Tu perché lo fai?» Si fermò, incrociò le braccia al petto e si appoggio al muro. Mi guardava dal suo metro e novanta con aria di sfida, come a volermi dire che me l'ero cercata. E aveva ragione.
«Perché faccio che cosa?» Deglutii a vuoto, sapendo già la risposta.
Mi posizionai davanti a lui e alzai la testa per guardarlo negli occhi. Il segreto era non mostrarsi intimoriti.
«Perché hai acconsentito a prendere ripetizioni da me? Perché stai studiando così tanto per ottenere il massimo dei voti e perché ti senti uno schifo se prendi un Oltre Ogni Previsione?»
«Perché voglio diventare un medimago.» Risposi a macchinetta.
«Lo vuoi?» Lui inarcò un sopracciglio e ghignò.
Automaticamente mi guardai intorno, come per sincerarmi che il corridoio fosse completamente deserto.
«Smettila.» Gli sibilai di rimando.
Il suo viso era un gioco di chiaroscuri, unica punta di colore erano gli occhi, che in qualche modo riuscivano a brillare anche alla luce delle torce. Tanto per cambiare, volevo prenderlo a pugni.
«Non ci sto Rose.» Mi disse stranamente tranquillo. «Tu vieni qui, mostri di conoscermi meglio di chiunque altro, mi costringi ad affrontare la verità, e io non posso fare lo stesso?»
Avrei voluto rispondergli che sì, era esattamente così che funzionavano le cose, ma mi trattenni.
«Io lo so perché lo fai.» Proseguì lui. «Perché lo vuole tua mamma. Bella motivazione, davvero. Così quando tra vent'anni ti ritroverai in una situazione simile a quella che hai descritto prima potrai consolarti pensando che almeno tua madre è orgogliosa di te. E tu invece? Tu sarai orgogliosa di te stessa?»
Sbattei un piede a terra e iniziai a camminare a passo di marcia lungo il corridoio. Ero furiosa perché tutto ciò che aveva detto era dolorosamente vero, e si sa: la verità fa male.
Nel giro di qualche secondo lui fu al mio fianco, mantenendo la mia andatura senza alcun tipo di problema.
«Vattene via.» Gli diedi una leggera spinta sul braccio per sottolineare il concetto, e lui si mise a ridere.
«Dovrai spingermi un po' più forte se desideri davvero allontanarmi.» Mi fece notare ragionevolmente.
Mi fermai. «Che cosa vuoi da me, Scorpius?»
«Niente.» Esclamò. «Non volevo farti arrabbiare, sul serio. Però che ti piaccia o meno io ti conosco, così come tu consci me, ed è terribile vedere come ti stai impegnando in qualcosa che non ti piace.»
«E' anche terribile che tu sia diventato un cinico del cavolo peggio di Draco Malfoy.» Replicai imbronciata.
Stranamente riuscii a strappargli un sorriso. «Esagerata.»
«Spocchioso.»
Scorpius rise. La sua risata era contagiosa, tanto che dovetti prendere due respiri profondi per mantenere la mia aria imbronciata.
«La lettera che dovevo spedire prima era indirizzata a lui.» Mi confessò tornando serio.
Io alzai lo sguardo e cercai di decifrare la sua espressione. Non sembrava turbato o arrabbiato, solo molto stanco. Notai che aveva gli occhi cerchiati di viola; chissà se aveva ancora gli incubi la notte.
«Che cosa gli dicevi?» Pigolai, notando che non aveva intenzione di aggiungere altro.
«Le solite cose. Che no, al Ministero a lavorare non ci vado; che non ho intenzione di fare amicizia con la sua nuova compagna -che ha dieci anni in meno di lui- e che non mi prenderò neanche la briga di rispondere ai suoi insulti velati diretti a me o a mia madre.» Liquidò la questione con una scrollata di spalle. «E' sempre mio padre, certe cose non cambiano.»
«Mi dispiace.» Gli dissi guardandolo fisso negli occhi. Poi mi maledii per quella risposta banale e snervante.
«Lo so. Grazie.» Mi rispose inaspettatamente.
Mi sorprese. Temevo mi dicesse che non voleva la mia compassione, e invece aveva capito. Sapeva che da qualche parte nel profondo -proprio profondo profondo- del mio animo mi importava ancora di lui.
«Mia mamma invece mi ha mandato una lettera in cui mi dice che la cosa più importante è non perdere la motivazione.» Spiattellai allora io, sentendomi in dovere di ricambiare. «E che devo dare sempre il massimo, e che non mi devo preoccupare perché tanto sarò un ottimo guaritore.»
Alzai gli occhi al cielo e trovai Scorpius che mi osservava intensamente. «Che c'è?» Gli domandai allora.
«Tu non ci vuoi andare, alla scuola di Medimagia, vero?» Fece un passo verso di me come se mi volesse studiare più da vicino.
Il suo profumo mi inondava le narici e mandava in cortocircuito gli ultimi due neuroni che mi erano rimasti.
Probabilmente avrei fatto meglio a mentire, ma nonostante tutto quello che era successo tra di noi, nonostante ciò che continuavo a ripetermi, Scorpius Malfoy aveva su di me l'effetto del veritaserum.
«No.» Era la prima volta che lo dicevo ad alta voce. Essere finalmente riuscita ad ammetterlo lo rendeva tremendamente reale. «Non ci voglio proprio andare.»
«E che cosa vuoi allora?» La domanda arrivò semplice e diretta, nel perfetto stile alla Malfoy.
Decisi di rispondergli con altrettanta semplicità. «Non ne ho idea.»
«Okay. Lo scoprirai.»
Era il primo che si comportava come se non sapere cosa ne sarebbe stato del proprio futuro fosse una cosa assolutamente normale. Era una bella sensazione non essere guardata come se fossi stata un esperimento andato male.
«Sì, credo... E' solo che è difficile. E ho paura di deludere la mia famiglia.» Continuavo a stropicciarmi la manica del maglione. Era un vizio che avevo da sempre; quando ero nervosa non riuscivo a tenere le mani ferme e dovevo avere la sensazione di star facendo qualcosa.
Scorpius ci pensò per qualche minuto, poi mi si avvicinò e mi passò un braccio attorno alle spalle. Se non fossi stata totalmente sotto shock, mi sarei messa a ridere istericamente. Mi condusse lungo il corridoio, ma non abbassò il braccio. Era come se volesse darmi conforto senza sapere come fare e l'unica cosa che gli era passata per la testa fosse... questo.
Scorpius Malfoy mi sta toccando.
Omiodio.
«Lo vedi, Rose?» Mi disse mentre continuavamo la nostra ronda, ancora abbracciati. «La vita fa schifo.»
«Già...» Mi ritrovai a confermare. «Fa proprio schifo.»


Quel sabato pomeriggio stava succedendo qualcosa di strano. Scorpius Malfoy e Albus Potter stavano studiando insieme in biblioteca, e fin qui tutto normale. La cosa assolutamente inspiegabile era che non erano soli: seduta al tavolo con loro c'ero anche io. Io, capite? Rose Weasley.
Se questo fosse successo qualche anno prima non ci sarebbe stato niente di bizzarro, ma il fatto era che questa scena si stava presentando agli occhi di Hogwarts durante il nostro settimo anno. L'intero castello si era ormai abituato alla distanza di almeno dieci metri che intercorreva sempre tra il biondaccio e me, perciò vederci seduti allo stesso tavolo era una novità.
«Se vuoi puoi fare una foto, almeno puoi fissarla tutto il giorno senza problemi.» Disse sarcastico Albus a un ragazzo del quarto anno che non la smetteva di fissarci come se stessimo ballando la conga nudi sul tavolo.
«Ignorali e basta, Al.» Gli fece eco Scorpius, mantenendo il proprio contegno regale. «Oppure possiamo metterci a pomiciare, almeno avrebbe qualcosa di più interessante da guardare.»
Albus colse la palla al balzo. «Aha! Lo sapevo che eri segretamente innamorato di me. Comunque no grazie, chi la sente poi Giorgina.»
Scorpius rise mantenendo gli occhi sul libro di trasfigurazione, così da non vedere Albus che si passava una mano tra i capelli con fare isterico.
Inarcai un sopracciglio nella sua direzione. «Che hai?»
«Niente.» Borbottò lui, tornando al suo saggio di Pozioni.
Io ancora non riuscivo a credere a quello che stavo facendo.
Dopo la ronda di venerdì sera Scorpius mi aveva accompagnata nel mio dormitorio, abitudine che aveva assunto ormai da un paio di settimane. L'indomani mattina -ovvero questa mattina- si era presentato con Albus al mio tavolo in Sala Grande e mi aveva semplicemente detto che quel pomeriggio avrebbero studiato in biblioteca. E che potevo andare con loro, così se avessi avuto dei dubbi di qualunque tipo avrei potuto chiedere a lui. Ero certa di essere stata per cinquanta secondi buoni a fissarlo con la bocca aperta, perché, davvero, non ci potevo credere. Poi Julia mi aveva rifilato una gomitata nello stomaco, destandomi dal mio stato di shock e facendomi rispondere.
E ora eccoci qui: Albus, Scorpius, ed io, seduti al nostro solito tavolo in biblioteca per studiare, ognuno di noi una materia diversa. Per qualche coincidenza cosmica non finivamo mai per dedicarci alla stessa disciplina; quel giorno Scorpius stava approfondendo la trasfigurazione umana -mi veniva mal di stomaco solo al pensiero- Albus stava scrivendo un tema di Pozioni, e io stavo cercando di svolgere gli esercizi di Artimanzia. Quella situazione era così assurda, eppure... mi sembrava dolorosamente normale. Mi erano mancati i pomeriggi trascorsi tra libri e cioccorane; mi erano mancati i miei amici.
«Rose, ho una domanda veloce.» Scorpius si avvicinò a me con la sedia e mi mostrò una riga del libro. «Secondo te con torsione del polso di trenta gradi si intende a destra o a sinistra? Essendo mancino queste indicazioni mi mandano in confusione.»
«A me lo chiedi?»
«Di sicuro non lo chiedo ad Albus.» Rispose lui lanciando un'occhiata di sottecchi all'amico.
«Ti sento.» Fece mio cugino senza alzare gli occhi dalla pergamena.
Se c'era qualcuno più scarso di me in trasfigurazione, quello era Albus. Non che io fossi un completo disastro, si intende. Me la cavavo ma non eccellevo, complice la mia antipatia per la materia in generale.
«Uhm, io direi che è indifferente, l'importante è mantenere salda la mano e concentrarsi sull'immagine dell'animale nel quale ci si vuole trasformare.»
«Scorpius parve abbastanza convinto. «Sì, lo pensavo anche io. Non saprei se provarci senza la supervisione della McGranitt...»
«Vuoi diventare animagus?» Era matto. «Fossi in te mi concentrerei su come tornare umano allora.»
L'idea di trasformarmi in un animale e poi di restare tale per il resto dei miei giorni mi dava i brividi.
Scorpius fissò la pagina per un po', poi alzò i suoi occhi verdi su di me. «E' un'idea in effetti.»
«Tanti auguri. Non contare su di me però, le pulci non mi attirano.»
«Chi lo dice che avrò le pulci?» Domandò stando al gioco.
«Sono sicura che avrai le pulci.» Gli risposi mettendomi una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
«Piantatela di flirtare, voi due.» Ci ammonì Albus -che era seduto di fronte a noi- con un sorrisetto malandrino.
Scorpius ed io ci allontanammo velocemente. Lui lanciò una pergamena accartocciata in testa a mio cugino, mentre io gli tirai un calcio da sotto il tavolo.
«In che, ehm, animale ti piacerebbe trasformarti?» Tossicchiai allora per smorzare l'imbarazzo.
«Oh, non saprei proprio. Forse un cane.»
«Banale.» Gli fece eco Albus.
«Certo. Vai in giro per Londra sotto le sembianze di un leone, poi vediamo quanto duri.» Fece notare Scorpius.
«Hai ragione.» Concordai io. «E poi mi piacciono i cani.»
Mi maledissi subito per averlo detto.
Adesso Albus farà una battuta stupida delle sue, bel lavoro Rose.
Guardai di sottecchi mio cugino mentre alzava la testa con uno strano luccichio negli occhi. Questi erano di un verde intenso, molto diversi da quelli di Scorpius che avevano una tonalità più chiara e che sembravano quasi fatti di vetro.
«Ti piacciono i cani, Rose?»
«Stai zitto.»
Scoppiammo a ridere tutti e tre. Cercai di godermi quel momento al massimo perché come aveva detto Scorpius la sera prima: ogni momento di gioia è effimero; ti accorgi veramente di averlo vissuto solo quando è tutto finito.
Appunto.
«Rose!» Emma, Victoria e Felicity sbucarono dal nulla come funghi.
Presero posto al nostro tavolo come se fossimo tutti grandi amici e iniziarono a fissarmi con aria cospiratoria. Notai che Victoria aveva tinto i capelli di due tonalità diverse di rosa.
«Viky, cos'hai fatto ai capelli?» Chiesi sbigottita.
Victoria fece per rispondere ma Felicity fu più veloce. «Voleva cambiare, ma è negata con gli incantesimi coloranti. Le ho detto di venire da me, ma lei nooo, ha voluto fare tutto da sola ed ecco il risultato.»
Victoria alzò le spalle con noncuranza, come se avere i capelli più bizzarri di tutta la scuola non fosse niente di speciale. «Mi piacciono un casino.»
«Ragazze, ragazze, concentrazione.» Le richiamò all'ordine Emma.
Le tre Corvonero lanciarono un'occhiata sbarazzina al povero Albus, che le stava osservando come se fossero completamente matte, e poi tornarono a rivolgersi a me.
Dato che non degnavano Scorpius di uno sguardo -per una volta in vita loro- lui continuò a leggere il suo libro tranquillo, ignorandole a sua volta.
«Dunque, Rose, abbiamo bisogno del tuo aiuto.» Iniziò Victoria.
Questo non prometteva nulla di buono. Qualsiasi cosa fosse venuta loro in mente non sarebbe stata una buona idea. Sarebbe stato qualcosa di estremo che ci avrebbe fatto finire tutti in punizione, oppure con la pelle verde, o i capelli rosa.
«Devi combinare un appuntamento tra Danielle e tuo cugino Albus.» Disse Felicity con fare sbrigativo.
«Felicity!» Esclamarono le sue amiche.
«Che cosa?» Albus si strozzò con la sua stessa saliva ed iniziò a tossire.
Victoria per impedirgli di strozzarsi gli diede dei colpetti sulla schiena. «Hai capito bene, Al. Hai presente Danielle? E' bellissima, non trovi?»
«Io, uhm, sì...» Albus aveva l'aria di uno che avrebbe preferito sprofondare. Si sistemò gli occhiali sul naso e tentò di darsi un contegno.
«E io cosa dovrei fare?» Domandai non capendo. «Albus è qui, chiedete a lui se vuole uscire con Danielle.»
«Tu devi convincerlo se dice di no, ovviamente.» Rispose Felicity con aria innocente. Passò un braccio attorno alle spalle di Albus e gli scompigliò i capelli. «Ma tanto lui non dirà di no, non è così, Albus?»
In quel momento Scorpius, preso da non so quale istinto fraterno, intervenne in salvo del suo migliore amico. «Albus non può uscire con Danielle.» Disse paziente, chiudendo il libro e appoggiandolo sul tavolo. «Sono geloso. Albus ama me e solamente me.»
Emma alzò gli occhi al cielo. «Sei sempre il solito, Malfoy.»
«Ehi, Sullivan.» Fece lui, come se si fosse accorto solo in quel momento della sua presenza. «Tu e Dawson allora, siete riusciti a combinare qualcosa alla fine, o...»
Lei gli tirò un pugno sul braccio e gli rifilò un appellativo che avrebbe fatto inorridire la professoressa McGranitt.
«Comunque.» Proseguì Emma con fare pratico. «Che ne dici della festa del Lumaclub di Venerdì prossimo?»
Sia io, che Albus, che Scorpius facevamo parte del Lumaclub, l'élite scelta dal professor Lumacorno con la quale organizzava feste ed incontri serali. Si veniva selezionati o per il proprio talento in Pozioni, o per il proprio cognome. Noi tre eravamo stati scelti già dal terzo anno per entrambe le cose. Eravamo abili pozionisti, ma il radar del professore si era puntato su di noi fin dalla tenera età per via dei nostri genitori.
«Festa del Lumaclub?» Scorpius si schiaffeggiò una mano in fronte. «Me ne ero completamente dimenticato. Rose, pensiamo ad una scusa per non andarci, ti prego.»
Lo guardai con occhi spalancati, ma cercai di darmi un contegno.
Non arrossire. Rose, mi hai sentito? Non arrossire.
«Perché non includi anche me nei vostri piani?» Chiese Albus offeso, portandosi una mano all'altezza del cuore.
«Perché tu devi uscire con la bella Danielle, no?» Replicò il biondo con un occhiolino.
Quando eravamo amici cercavamo di eludere le riunioni del Lumaclub in tutti i modi possibili. La maggior parte delle volte ci rintanavamo nella Sala Comune di Serpeverde a mangiare schifezze e a giocare a scacchi. Mi sarebbe piaciuto farlo anche questa volta, ma non credevo fosse possibile, non ancora almeno e non con la Nott nei paraggi.
Le Corvonero erano su di giri, mentre Albus pareva alquanto afflitto.
«Allora è deciso!» Sentenziò Emma battendo le mani.
Victoria tentò di sistemargli i capelli con scarsi risultati, poi disse:«Se vuoi qualche consiglio sull'outfit, sai dove trovarmi.»
«Ricorda, Potter, ti tengo d'occhio.» Lo minacciò Felicity puntandogli un dito contro. «Non far soffrire la nostra Danielle, o ti verrò a cercare.»
Albus deglutì a vuoto, indeciso se mettersi a piangere o se scappare a gambe levate.
Le tre ragazze ci salutarono e sparirono da qualche parte nel Castello, probabilmente a mangiare cupcakes per merenda.
«Dite che il Quidditch può essere una scusa plausibile per saltare la riunione? Dopotutto è il giorno subito dopo e il professore non vorrà mica che il suo cercatore sia troppo stanco.» Meditò Scorpius, sfiorandosi il mento con la punta della piuma.
«Si gioca al pomeriggio.» Rispose laconico Albus, ancora offeso per essere stato incastrato in un appuntamento con Danielle.
Scorpius fece una smorfia. «Dettagli.»
«Temo che ci dobbiamo andare.» Sospirai mentre chiudevo il quaderno.
Scorpius mi stava fissando, e quando alzai gli occhi lui non tentò di nasconderlo. Ricambiò il mio sguardo e mi sorrise. «Con chi ci vai?»
Impiegai qualche secondo per ricevere e rielaborare la domanda. Sul serio, ultimamente il mio cervello non stava funzionando come avrebbe dovuto.
«Io... ehm, non lo so.» Balbettai alla fine. «Con Jason, forse. Se vuole.»
«Che cosa?» Esclamarono i due ragazzi in coro.
«Vacci con Scorpius piuttosto.» Disse Albus con un tono che non ammetteva repliche.
Scorpius lo guardò, indeciso se prenderlo a pugni o se dargli ragione, e io gli lanciai l'occhiata più velenosa di tutto il mio repertorio.
Albus alzò le mani in segno di resa. «Scherzavo. Ma davvero, Rose. Andiamoci insieme io e te, piuttosto. Ma Cameron no.»
Dovetti prendere un respiro profondo per non esplodere. Odiavo che mi si dicesse che cosa dovevo fare: se volevo uscire con Jason, lo facevo. Non me ne fregava niente di quello che pensavano loro. Jason non era cattivo, anzi, a quanto pareva gli piacevo parecchio. Sapevo che illuderlo non era corretto, ma avevo intenzione di invitarlo come amico. Avrei messo le cose in chiaro fin da subito e poi chissà, magari con il tempo mi sarei anche potuta innamorare di lui.
Non sarebbe stato facile farlo però, con il biondaccio che, senza chiedere il permesso, si stava facendo strada nella mia vita un'altra volta. Silenzioso e furtivo, eccolo lì, ancora tra capo e collo, che mi confondeva e mi incasinava l'esistenza. E io, stupida, ero pronta a lasciarmi sconvolgere di nuovo da lui.
Cameron, dovevo andare alla festa con Jason Cameron.
«Stammi bene a sentire, Albus.» Mi sporsi sul tavolo verso mio cugino. «Io esco con chi voglio, va bene? E poi ho intenzione di chiedergli di accompagnarmi come amico. Metterò subito le cose in chiaro.»
Alla mia sinistra Scorpius rise alla parola amico. «Premettendo che secondo me quello lì neanche sa cosa sia l'amicizia, penso che comunque Rose abbia ragione.»
«Davvero?» Domandai sorpresa.
Scorpius annuì. «Mica possiamo dirti noi cosa fare.»
«Grazie, Scorp. Sei sempre di aiuto.» Fece Albus imbronciato.
Raccolse i suoi libri e li sistemò nella borsa. «Devo andare.»
«Sei veramente arrabbiato con me?»
«No, Rose. Tu e Scorpius avete ragione, okay? Devo davvero andare, è tardissimo. Ci vediamo più tardi.»
E così dicendo sparì, più veloce della luce.
«Okay, Albus si comporta in modo strano.» Decretai rivolgendomi a Malfoy.
Lui alzò le spalle. «E' Albus, che ti aspetti?»



NOTE DELL'AUTRICE
Ciao a tutte!
Per questo capitolo voglio solo dire che il discorso di Scorpius sulla schifezza della vita (?) è ispirato ad un episodio di New Girl, in cui Nick dice a Jess che la vita fa schifo. Se sapete di cosa sto parlando, vi dico che Scorpius è più simile a Jess che a Nick, ma che in quel momento era un po' demoralizzato. Se non sapete di cosa sto parlando, uhm, va bene lo stesso. <3
Nulla, spero che il capitolo vi sia piaciuto. Personalmente ne sono abbastanza soddisfatta, quindi fatemi pure sapere che ne pensate. :)
Un bacio,
Francesca

P.S. Stasera o domani risponderò a tutte le recensioni, ma ora devo scappare a studiare. Vi ringrazio qui tantissimo per tutto e poi p

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Capitolo Quattordici. ***


Capitolo Quattordici

Heartbreak is a national anthem,
We sing it proudly.
New Romantics, Taylor Swift

Julia era fermamente convinta che Scorpius ed io avessimo una relazione segreta.
«Andiamo, com'è che di punto e bianco siete diventati amiconi?» Mi chiedeva almeno una volta al giorno.
«Non siamo diventati amiconi.» Le rispondevo puntualmente io, paziente.
«Ah, no? Che strano. Potrei giurare di avervi visto insieme ieri in biblioteca, ma magari era un altro ragazzo biondo e un'altra ragazza rossa con gli occhi azzurri e le tue lentiggini. Assolutamente probabile.»
Io mi limitavo a sbuffare e ad ignorarla. Scorpius ed io non eravamo amici. Anzi, oserei dire che eravamo molto lontani dall'esserlo. Il fatto che ci vedessimo qualche volta anche di nostra spontanea volontà, tipo in biblioteca per studiare, voleva solo dire che lui aveva smesso di fare lo stronzo con me. Solo questo. Nient'altro, okay?
Okay, Rose.
Nel frattempo non avevo ancora raccolto il coraggio per invitare Jason alla festa di Lumacorno. Sapevo che avrebbe accettato, ma non avevo idea di come mettere in chiaro che volevo uscire con lui solo come amica. Il problema era che suonava tremendamente ridicolo nella mia testa, quindi non osavo immaginare come sarebbe sembrato assurdo dirlo ad alta voce.
Ehi, Jason! Hai presente la festa del Lumaclub di questo Venerdì? Ti va di venirci con me? Oh, ma solo da amici. Non mi piaci in quel senso, sai, potrei avere ancora una cotta per il mio ex migliore amico che mi ha spezzato il...
Omiodio.
No, no, no, decisamente non andava bene.
Julia, d'altra parte, non era di aiuto.
«Invitalo e basta.» Mi diceva quando le chiedevo consiglio.
Ma non potevo. Perché davvero, non volevo niente di più da lui e, conoscendo i suoi sentimenti nei miei confronti, non sarebbe stato corretto illuderlo in quella maniera.
Alla fine però mi buttai.
E fu imbarazzante. Molto imbarazzante.
Stavo camminando verso l'aula di trasfigurazione, quando mi imbattei in Jason sulle scale.
«Rose, è sempre un piacere incontrarti.» Mi sorrise. Aveva un bel sorriso, pensai. Trasmetteva allegria.
«Ciao.» Lo salutai sistemandomi una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
Okay, era il mio momento. Presi un respiro profondo, ma le parole non uscivano dalla mia bocca.
Jason mi fissava, in attesa. Aveva la cravatta della divisa che gli pendeva slacciata ai lati del collo e la camicia abbottonata in modo sbagliato. Gran parte della popolazione femminile di Hogwarts avrebbe fatto carte false pur di poter uscire con lui, io no. Ma perché io no? La vita era così ingiusta. Faceva schivo, aveva ragione Scorpius.
Scossi la testa; non dovevo pensare a Malfoy.
«Va tutto bene?» Mi chiese Jason, mettendomi una mano sul braccio.
Io riemersi dalle mie elucubrazioni mentali e decisi che o lo facevo in quel momento, o non avrei mai più trovato il coraggio. Se non mi fossi data una mossa, sarei finita alla festa da sola, a guardare Scorpius insieme a Giorgina.
Deglutii. «TiavenirlafestaLumabluconme?»
«Cosa?»
«Ti va di venire alla festa del Lumaclub con me questo venerdì sera?» Scandii lentamente.
Jason mi sorrise felice. «Ma certo, Rose. Per te questo ed altro.»
«Come amici!» Esclamai poi, a caso.
Jason inarcò un sopracciglio. Quando capì che cosa volevo dire, ghignò.
«Questa cosa dei solo amici non fa per me, lo sai, vero?» Mi si avvicinò di qualche passo, ci separavano solo pochi centimetri.
Presi due respiri profondi per cercare di rallentare i battiti cardiaci. Ogni volta che qualcuno invadeva il mio spazio personale mi sentivo a disagio, e Jason lo stava totalmente facendo.
«Uhm...» Borbottai. «Bene, allora lo chiederò a qualcun altro. Non preoccuparti.»
Feci per andarmene ma Jason mi afferrò per un braccio. «Io non mi arrendo, Rose dai capelli rossi.» Mi disse con una risata che in qualche modo riuscì a far sciogliere i miei nervi. «Ormai mi hai invitato e non puoi più tirarti indietro. Sappi che passerò tutta la serata a cercare di farti innamorare di me.» Mi fece un occhiolino e iniziò a camminare all'indietro.
Io sospirai. «Jason, davvero, io non voglio illuderti in nessun modo. Sto bene da sola.»
«Cambierai idea, vedrai.» Rispose prontamente lui.
Il problema più grosso era che io non volevo cambiarla. Non sentivo il bisogno di un ragazzo; desideravo concentrarmi sulla scuola e su di me. Finalmente, dopo tanto tempo, avevo ritrovato me stessa: stavo bene così, e avrei difeso quella condizione di benessere con le unghie e con i denti.
«Ah, Rose.» Mi chiamò Jason quando era ormai lontano. «E' un appuntamento.»
Sbigottita, lo fissai per qualche secondo. «No che non lo è!»
Lui mi salutò con la mano e continuò a camminare. La sua risata riecheggiò attraverso tutto il corridoio.

Anche se hai le migliori intenzioni di questo mondo, alla fine farai la cosa sbagliata; dopotutto la strada che porta all'inferno è lastricata di buone intenzioni, no? E io finirò di sicuro all'inferno per questo.
Merlino, son un tale disastro!
«Non è colpa tua.» Mi ricordò Julia versandosi un bicchiere di succo di zucca. «Tu gli hai chiesto di uscire da amici, lui ha rifiutato ma ha deciso di accompagnarti comunque. E' un suo problema.»
Lo sapevo. Julia aveva ragione, eppure... Passare una serata con Jason e la consapevolezza che lui desiderava di più mi metteva ansia. E io non volevo.
Sospirai. «Complico sempre le cose.»
«No, pensi sempre che le cose lo siano. E' diverso.»
Imbronciata, tornai a concertarmi sul mio purè di patate.
Era tutta colpa del Biondo. Era sempre e solo colpa sua. E mia. Sì, era anche colpa del mio cervello che non se ne faceva una ragione: non ti vuole più, accettalo!
Mi ritrovavo a pensare che magari si era messo con Giorgina per farmi ingelosire. Capite a che punto ero arrivata? Era come se la mia mente si rifiutasse di accettare il rifiuto.
Poi li vedevo insieme ed era un altro colpo al cuore. Ma non importava quante pugnalate ricevessi, il mio subconscio avrebbe inventato una nuova scusa ogni volta. "Non la ama davvero. Non è felice. In realtà vuole ancora te." Ma tanto che cosa importava al mio cervello? Non era lui quello che soffriva. Quello tutto ammaccato era il cuore.
Vidi Al entrare in Sala Grande guardandosi intorno. Quando mi adocchiò si diresse verso di me a passo di marcia.
«Rose, devi aiutarmi.» Disse, lasciandosi cadere al mio fianco sulla panca.
Aveva i capelli scompigliati e gli occhi vitrei. Il fiato era corto, come se avesse passato la mattinata a correre.
«Che succede?» Gli domandai con apprensione, poggiandogli una mano sulla spalla.
Albus si guardò intorno preoccupato. Quando sulla soglia della Sala Grande apparvero Victoria, Felicity e Danielle, esclamò. «Merda!» Per poi nascondersi sotto il tavolo.
«Che problemi ha?» Mi chiese Julia da dietro un bicchiere di succo di zucca.
Alzai le spalle. «Non ne ho idea.»
«Se ne sono andate?» Borbottò mio cugino dal suo nascondiglio.
Cacciai la testa sotto il tavolo e lo guardai storto. «Ma di chi stai parlando?»
Il suo viso era a due centimetri dal mio. «Felicity e Victoria, e chi sennò?»
Dovetti seriamente fare appello a tutto il mio autocontrollo per non scoppiargli a ridere in faccia. Quelle ragazze erano assurde e Albus non aveva capito che assecondarle era la soluzione migliore: scappare non sarebbe servito a niente; erano Corvonero, prima o poi ti avrebbero trovato comunque.
«Non ho ancora trovato il coraggio per invitare Danielle.» Spiegò spiccio. «E da come mi guardavano prima in corridoio ho capito che avevano in mente qualcosa.»
«E quindi sei scappato?»
Lui annuì. «Sì, sono scappato.»
A questo punto non ce la feci più e mi misi a ridere.
«Albus, sei un idiota.» Si intromise improvvisamente la voce di Scorpius.
Mio cugino picchiò la testa contro il tavolo. «Scorp! Come hai fatto a trovarmi?»
«Ti si vede dall'ingresso.» Spiegò lui annoiato. «E poi c'era Rose che parlava con qualcuno sotto il tavolo. Ho fatto due più due.»
«Odio il tuo lato Corvonero.» Mugugnò mi cugino massaggiandosi il bernoccolo che gli stava spuntando sulla fronte. «Controlla che non stiano venendo qui.»
Scorpius salutò in direzione delle Corvonero con un sorriso angelico. «Sei assolutamente antisgamo. Ciao Rose.»
Quando mi salutò mi strozzai con il succo di zucca che stavo bevendo. Perché dovevo comportarmi come una ragazzina stupida in sua presenza?
Gli feci un cenno della mano per dirgli che stavo bene e che poteva continuare.
«Stavo pensando...» Iniziò allora lui. «Sei proprio sicura di non voler saltare la festa del Lumaclub? Potremmo usare come scusa le ripetizioni, tra poco ci sono gli esami e scommetto che Lumacorno non avrebbe nulla da ridire.» Prese posto al mio fianco e mi guardò, in attesa.
I miei compagni di Casa ci lanciavano occhiate di sottecchi. Era molto strano vedere un Serpeverde seduto al tavolo dei Grifondoro, sopratutto se quello era Scorpius Malfoy e se stava parlando con Rose Weasley. Cercai di ignorarli.
«Per me va...»
«Ehi!» Mi interruppe Albus, indignato. «Non se ne parla! Voi due verrete con me a quella stramaledettissima festa.»
Scorpius alzò un sopracciglio. «Rose ha intenzione di invitare Cameron, e io ci devo andare con Giorgina. Quindi no, non verremmo con te in ogni caso.»
Tentai di sorvolare sul fatto che avesse accettato che andassi alla festa con Jason. Non mi lasciai però sfuggire la punta di amarezza con cui aveva detto che lui doveva portare Giorgina.
Era la sua ragazza, ovvio che lei lo avrebbe accompagnato. Eppure avevo commesso il fatale errore di dimenticarmi della sua esistenza: per un attimo eravamo solo io, Scorp e Al.
«Non importa.» Replicò tagliente mio cugino. «Se io mi devo sorbire questa cosa, allora ve la sorbite anche voi.»
«Devi invitare Danielle.» Gli ricordai io maligna.
Ero arrabbiata con lui perché avrei preferito mille volte passare la serata sola con Scorpius, e invece mi ritrovavo invischiata in quella situazione scomoda con Jason.
«Non gliel'hai ancora chiesto?» Esclamò Scorpius.
Albus, che si trovava inginocchiato sotto al tavolo, scosse la testa. «Lo farò. Ma le ragazze si muovono in branco! Come faccio a beccare Danielle per invitarla se è sempre spalleggiata da almeno cinque Corvonero ogni volta?»
«Chiedi di poterci parlare in privato.» Gli suggerii con il tono di una mamma che parla ad un bambino duro di comprendonio.
«Oppure invita chi vuoi veramente invitare.» Propose Scorpius inaspettatamente.
Sia io che mio cugino lo guardammo interrogativi. Lui alzò le spalle con noncuranza. «Dico solo che non sei obbligato ad andarci con lei.»
Albus finalmente si decise a sedersi sulla panca tra Malfoy e me.
«Danielle è molto bella, ma... Sí, insomma, voglio dire... Oh, ragazzi, non lo so.» Iniziò a borbottare con sguardo triste.
Io non capivo. Era chiaro come il sole che lei fosse interessata a lui, quindi non riuscivo davvero a vedere che problema ci fosse. Dopotutto, se anche a lui piaceva... A meno che a lui non piacesse! Quello avrebbe spiegato il suo essere restio, ma allora la domanda che sorgeva spontanea era: perché non dirlo chiaro e tondo a me o a Scorpius?
«Ci vado. Mi butto.» Dichiarò alla fine. Si alzò in piedi di scatto e si passò una mano tra i capelli scompigliandoli ancora più del normale. Accortosi del suo errore tentò vanamente di appiattirli peggiorando solo la situazione.
Mi faceva una tenerezza infinita, così gli presi la mano e tentai di rassicurarlo. «Sei bellissimo, Al. Non preoccuparti.»
«Si, tesoro, sei uno schianto.» Concordò Scorpius, guadagnandosi uno spintone da parte del suo amico.
«Vado.» Albus inspirò, poi espirò, e infine si diresse verso il tavolo di Corvonero, non senza aver lanciato una fugace occhiata alla tavolata Serpeverde.
Sembrava stesse marciando verso la gogna.
Scorpius mi si avvicinò strisciando sulla panca. Ora il suo braccio era premuto contro il mio e il suo profumo familiare stava mandando in corto circuito i miei neuroni.
Ricorda di respirare, Rose.
«Tu sai cosa gli prende?» Mi sussurrò piano all'orecchio.
Io scossi la testa. «Non ne ho la più pallida idea.»

Era venerdì sera.
Quel venerdì sera.
Tra meno di venti minuti mi sarei dovuta trovare in Sala Comune con Jason, e non ero ancora pronta. Anzi, si può dire che fossi in alto mare.
Tirai fuori l'ennesima gonna dal mio baule e poi la gettai sul letto.
Troppo corta.
Feci per prendere un vestito lilla ma ci ripensai e tornai dalla gonna. Me la provai e poi mi diedi della stupida. Non potevo indossare quella cosa. Jason avrebbe sicuramente riso di me, sembravo una bomboniera.
Okay, niente panico. Mi dissi mettendomi le mani sui fianchi. Potevo sempre mettermi il mio vestito nero a mezze maniche, era elegante, formale e sarei sembrata la figlia della professoressa McGranitt. Merlino! Non andava bene neanche quello.
Cercai più a fondo nella valigia e lo trovai: l'abito che mia mamma mi aveva regalato per il compleanno e che aveva insistito che portassi a scuola. Era un semplice vestito senza maniche che mi arrivava sopra il ginocchio. Lo adoravo perché era di una tonalità di verde scuro che non stonava con i miei capelli.
Il problema di avere i capelli rossi era che non potevi indossare tutti i colori. Il giallo, ad esempio, quello era un tabù. O il rosa. Un pugno in un occhio.
Quel vestito verde invece no. Era perfetto, e proprio perché lo era lo rimisi al suo posto: mi ero ripromessa che lo avrei utilizzato per un'occasione speciale, e quella non lo era abbastanza.
«Hai per caso fatto esplodere il tuo baule?» Julia era entrata nella stanza e neppure me ne ero accorta.
Stupita, puntò i suoi occhi su di me e poi sui vestiti sparsi per tutta la camera. Un barlume di comprensione le attraversò il viso. «Non sai cosa metterti?»
«Esatto!» Esclamai gettando le braccia al cielo. «Aiutami, ti prego.»
Presi la spazzola ed iniziai a pettinarmi i capelli istericamente.
Julia sospirò e raggiunse il suo baule. Lo aprì e ci frugò dentro per qualche minuto, per poi esclamare un aha! soddisfatta.
«Eccolo!»
Mi lanciò un abito bordeaux stretto in vita che cadeva morbido sui fianchi. Era bellissimo. «Mmm, non lo so.»
«Che ha che non va?» Chiese lei non capendo la mia indecisione.
«Vorrei qualcosa di speciale, ma che non sia troppo. Capisci?»
«Ohw, vuoi fare colpo su Jason!»
«Non osare.» Le dissi puntandole la spazzola contro. «Dire che voglio fare colpo su Jason. Non voglio.»
«Giusto. Vuoi fare colpo su Malfoy.»
Mi bloccai con la spazzola tra i capelli.
Touché, colpita e affondata: il problema era che non volevo che a Jason sembrasse che mi fossi fatta carina per lui, ma allo stesso tempo non volevo apparire troppo semplice ed innocente perché ero sempre semplice ed innocente. E Scorpius sarebbe stato lì con Giorgina, e io desideravo solamente riuscire a guardarla senza sentirmi una nullità.
Mi lasciai cadere sul letto e mi limitai a fissare la mia migliore amica, sapendo che avrebbe capito.
«Sempre il Biondaccio.» Sospirò infatti lei, sedendosi al mio fianco. «Perché non riesci a dare una possibilità a Jason?»
Eravamo sole in camera. Le nostre compagne di dormitorio si trovavano probabilmente in Sala Comune o in biblioteca a godersi qualche ora in compagnia.
Io mi stropicciavo le mani, cercando di trovare le parole adatte. «Forse non lo hai notato, ma ho qualche problema a fidarmi delle persone.»
«Quindi è perché hai paura che ti faccia soffrire?» Continuò inquisitoria la mia amica.
«Mmm.» Replicai io, ma sapevamo entrambe che c'era molto di più. Era inutile continuare a tenermi tutto dentro, così decisi di dire ad alta voce la cosa che per tutto quel tempo non avevo ammesso nemmeno a me stessa. «È solo che... Potrei, ipoteticamente parlando, forse, pensare ancora a Malfoy.»
«Credevo che certe cose succedessero solo nei film, e invece suppongo che non sia così. Non smetterai di amare quell'imbecille nemmeno se ti urlasse in faccia che ti odia, vero?»
Probabilmente no. Il mio cervello mi avrebbe detto che anche io lo odiavo, che non mi importava, ma alla fine sapevamo tutti come sarebbe andata a finire. Un sorriso, uno sguardo gentile, una parola, e mi sarei ritrovata un'altra volta al punto di partenza.
«Me ne ero fatta una ragione. Avevo accettato il fatto che non volesse più avere niente a che fare con me. Poi sono arrivate quelle dannate ripetizioni, e le ronde, e tutto il resto! E io ci sono cascata, di nuovo.»
Mi presi il viso tra le mani, poggiando i gomiti sulle ginocchia. Julia mi diede qualche colpetto sulla schiena per consolarmi. «Magari questa volta sarà diverso...»
«Lui sta con Giorgina. Dio, sta con Giorgina da un anno.» Sussurrai con voce tremante. Quella consapevolezza faceva male come una maledizione cruciatus. «Io lo guardo, con lei. Guardo quando si tengono per mano, quando si guardano, quando si parlano; e ogni bacio, ogni carezza, é come una pugnalata dritta al cuore, perché è come se non mi avesse mai amata.» Alzai gli occhi sulla mia amica. «Non mi ha mai amata per niente.»

Alla fine scelsi il vestito rosso, anche se scegliere non è il verbo più adatto. Direi piuttosto che Julia mi costrinse a scegliere il vestito rosso. Mi raccolse anche i capelli in uno chignon morbido dietro il capo e mi pestò in mano un paio di scarpe nere con il tacco.
«Mettile.» Mi ordinò con un tono che non ammetteva repliche.
Io ubbidii, pregando Merlino di essere clemente con me e di non farmi cadere dalle scale. Mi misi un velo di fondotinta e un po' di rossetto in tinta con il vestito sulle labbra, passai un paio di volte il mascara sulle ciglia ed ero pronta. Il risultato era pienamente soddisfacente: era una delle poche volte in vita mia in cui mi sentivo vagamente carina.
Scesi nella Sala Comune in con equilibrio precario e trovai Jason che mi aspettava davanti al ritratto della Signora Grassa.
Non l'avevo mai visto così elegante: portava un paio di pantaloni scuri e una giacca nera che si apriva su una camicia azzurro chiaro. Nel complesso stava molto bene.
«Jason Cameron elegante. Chi lo avrebbe mai detto?»
«Ho preso molto seriamente il nostro appuntamento.» Mi rispose facendomi l'occhiolino mentre mi avvicinavo a lui.
Io sbuffai. «Non è un appuntamento.»
«D'accordo.» Mosse una mano per aria come a scacciare una mosca fastidiosa. «Chiamalo come preferisci.»
Alzai gli occhi al cielo ma sorrisi. «Davvero, stai molto bene.»
«Grazie. Sei bellissima stasera.»
Mi porse un braccio e io lo accettai.

L'ufficio di Lumacorno era stato completamente riarredato per l'occasione e grazie ad un incantesimo sembrava tre volte più grande del solito. Una serie di tavolini era stata disposta vicino alle pareti mentre lo spazio al centro della sala era stato lasciato libero per chiunque volesse destreggiarsi nelle danze. Un quartetto d'archi suonava una melodia malinconica ma allo stesso tempo sublime che rendeva l'atmosfera quasi magica.
«Andiamo a ballare.» Mi disse subito Jason.
Ah. Ah. Ah.
No.
«Uhm, salutiamo il professor Lumacorno prima.» Tentai di prendere tempo io.
«Come vuoi.»
Lumacorno stava parlando con un uomo barbuto e tarchiato sulla sessantina. Quando si accorse dalla nostra presenza ci accolse calorosamente e ci presentò al funzionario del ministero. Si trattava di Jonathan Westbrook, un abile pozionista alle dipendenze del Ministro della Magia in persona. Jason stava prendendo in considerazione proprio quella carriera, perciò ne approfittò per porre a Westbrook qualche domanda. Sentendomi di troppo decisi di sgattaiolare via. Sussurrai a Jason che mi sarei andata a sedere e che lo avrei aspettato al tavolo, e lui mi sorrise per darmi il via libera.
Trovato un posto libero, mi lasciai cadere sulla sedia e presi un profondo respiro.
Non stava andando poi così male.
Mi guardai attorno, studiando gli invitati. Quando dovevo passare il tempo, mi piaceva soffermarmi ad osservare il mondo intorno a me. Amavo osservare le persone senza che queste si accorgessero di essere osservate.
Cercai Albus con lo sguardo, ma non lo trovai. Al contrario, trovai il Biondaccio.
Scorpius se ne stava appoggiato ad un tavolino sul lato opposto della stanza. Tra le mani reggeva un bicchiere, probabilmente di whisky incendiario anche se andava contro la politica della scuola. Indossava una semplice camicia bianca con sopra una giacca grigio scuro, il tutto abbinato ad un paio di jeans. Tra tutti i ragazzi era forse quello vestito in maniera meno elegante, eppure appariva comunque il più affascinante della festa. Il suo portamento e il suo aspetto compensavano l'abbigliamento poco formale.
Come Merlino faceva?
Si passò una mano tra i capelli, ispezionando la stanza con gli occhi verdi. Quando questi si poggiarono su di me, io non distolsi lo sguardo. Fu uno di quei momenti in cui sei circondata da un mare di gente e la tua attenzione è totalmente, inevitabilmente, concentrata su una persona. Poi quella persona si accorge di te e alza il capo. L'intensità del tuo sguardo muove qualcosa dentro di lei, così che i vostri occhi si ritrovano incollati gli uni agli altri. E non c'è imbarazzo per essere stati colti sul fatto, non c'è tensione, rancore o amarezza. La vita va avanti e il mondo continua a girare, ma voi due, rinchiusi in una dimensione parallela, vi ritrovate a condividere un momento che, seppur sotto gli occhi di tutti, è profondamente intimo.
Un brivido mi corse lungo tutta la spina dorsale, come se mi avessero infilato un cubetto di ghiaccio all'interno del vestito. Restammo a guardarci, bloccati, per qualche istante. Poi Scorpius ammiccò nella mia direzione e alzò il bicchiere, fingendo un brindisi immaginario; io lo imitai e bevvi un sorso di succo di zucca per celare il sorriso che mi si era disegnato sulle labbra.
Poi arrivò Giorgina e l'incantesimo si ruppe come un cristallo che si frantuma al suolo. Stretta nel suo tubino argentato era tutto ciò che io non ero: alta, bella e sicura di sé. Gli si aggrappò al braccio con quel pretenzioso atteggiamento di chi vuole rimarcare la propria proprietà, come se Scorpius fosse un effimero oggetto e non una persona con dei sentimenti. Scorpius Hyperion Malfoy accanto a lei si riduceva ad un misero accessorio, ad un trofeo da sfoggiare, e la cosa mi mandava su tutte le furie. Lui era luce, energia allo stato puro, ma al fianco della Nott il suo splendore si affievoliva. La persona che ami dovrebbe aiutarti a brillare, non dovrebbe spegnere il fuoco che brucia dentro di te.
Lei gli sussurrò qualcosa che gli fece alzare gli occhi al cielo. La sua postura era rigida, innaturale. Il suo sorriso non era quello spontaneo in grado di rischiarare una città avvolta dalla nebbia, ma era quello di cortesia che sfoggiava con gli sconosciuti. E allora non potevo far altro che domandarmi: ma lui la ama davvero?
Certo, mi rispondevo. Altrimenti che senso avrebbe avuto continuare a stare con lei?
Ma non aveva alcun senso, per me, amare qualcuno che non ti rendeva felice.
Ma lui è felice. Mi ricordai con quell'ultima punta di razionalità che mi era rimasta.
Lo è? Chiese maligna la vocina di Albus che aveva ormai piantato le radici nella mia mente.
Presi un respiro profondo tornando con i piedi per terra.
Cameron, Rose. Sei qui con Jason. Mi ricordai con un moto di stizza. Dovevo concentrarmi sul ragazzo che era lì con me in quel momento, e non su quello che probabilmente non mi avrebbe mai più voluta nella sua vita. Non in quel senso almeno.
Cercai Jason tra la folla di studenti che si aggiravano per tutto l'ufficio. Lo trovai intento a chiacchierare con il professor Lumacorno, Westbrook e un affascinante signore sulla quarantina. Sembrava a proprio agio, Jason. Ma lui era fatto così: socievole e amichevole con tutti, e anche se aveva a che fare con personalità di spicco della comunità magica non perdeva la fiducia in se stesso.
La sedia al mio fianco si mosse producendo un rumore fastidioso che attirò la mia attenzione. Seduto vicino a me c'era ora Scorpius.
Inclinò la testa di lato e mi guardò mesto. «Non è educato lasciare la propria dama sola al primo appuntamento, non trovi anche tu?»
«E' il secondo appuntamento.» Mi sentii in dovere di puntualizzare.
Mica non era un appuntamento?
Incrociai le braccia al petto e lo guardai storto. «E comunque non è un appuntamento.»
«Per Al sarà un vero sollievo.» Commento allora lui con un ghigno.
Voleva prendermi in giro? Bene, anche io avevo voglia di giocare, ma secondo le mie regole. «E la tua, di dama, invece? Dove l'hai lasciata?» Chiesi maliziosamente, appoggiando i gomiti sul tavolo per poi incrociare le mani sotto il mento.
Lui mi si avvicinò e sussurrò. «E' lei che ha lasciato solo me. Quindi in teoria è colpa sua.»
Risi, contro la mia volontà. «Trovi sempre il modo per uscirne pulito.»
Lui alzò le spalle con noncuranza. «E' un dono naturale.»
Lo era.
Assottigliai lo sguardo e lui ricambiò con un sorriso angelico. Quando dietro di me passò un cameriere -che poi si rivelò essere Lorcan Scamander- con un vassoio pieno di bicchieri, ne prese uno e me lo porse.
«Che fine ha fatto Albus, comunque?» Chiesi bevendo un sorso di quello che credevo fosse burrobirra. Non lo era, era whisky incendiario.
Scorpius si guardò intorno e poi indicò un punto alle mie spalle. «Laggiù, guarda. Con Danielle.»
Seguii il suo sguardo e lo trovai. Mio cugino, in un completo nero, stava chiacchierano tranquillamente con Danielle, che sembrava a proprio agio nel suo vestito rosa chiaro. Albus si stava comportando da bravo ragazzo qual era, intrattenendo la sua accompagnatrice senza comportarsi da idiota.
Quando i suoi occhi si puntarono nei miei gli sorrisi per fargli capire che stava andando alla grande.
«Si stanno divertendo.» Dissi compiaciuta.
«Tu credi?»
«Perché, tu no? Guardali.»
Scorpius Malfoy era un tale guastafeste.
«Certo, certo. Penso solo che le apparenze ingannano.» Spiegò lui mentre giocherellava con il bordo del bicchiere, ormai vuoto.
Bevvi un altro sorso di whisky che mi incendiò la gola. Dovetti trattenermi per non mettermi a tossire e perdere la dignità davanti al Biondaccio.
Poi un pensiero mi colpì. «Tu sai qualcosa che io non so!»
Scorpius alzò lo sguardo su di me. La sua fronte era aggrottata e il suo sguardo un punto di domanda.
«Su Albus.» Mi affrettai a spiegare. «Sai qualcosa che Albus non mi ha detto!»
Il Biondo rise sommessamente. «Oh, Rose. Ci sono tante cose che non sai.»
Detestavo quando mi prendeva in giro. Stavo cercando di portare avanti un discorso serio, e lui la buttava sul ridere, vanificando la gravità delle mie parole.
«Cos'è, fai misterioso adesso?» Chiesi acidamente.
«Io sono misterioso.»
Ma certo.
Scorpius ghignò e si avvicinò a me con la sedia.
Qualcuno aveva lasciato una bottiglia di whisky incendiario sul tavolo, quindi la agguantai e me ne versai un altro bicchiere. Dopotutto, in qualche modo dovevo pur sopportare la vicinanza di Malfoy.
Bevvi un gran sorso e mandai giù con occhi chiusi. Beccai Scorpius mentre tratteneva una risata, quindi gli diedi una spinta.
«Se non ti conoscessi, direi che sei una bevitrice accanita.»
«Io sono una bevitrice accanita.» Replicai imitando la sua risposta precedente.
«Ciao.»
Una voce gelida ci fece sobbalzare. Per poco non versai tutto il whisky sul vestito di Julia. Alzai piano lo sguardo, consapevole di ciò che avrei trovato.
Giorgina Nott ci stava fissando a braccia conserte, come se ci avesse colti in flagrante a pomiciare nel bel mezzo della sala.
«Ehi, Giorg.» Sospirò Scorpius. Anche se il suo viso non tradiva il minimo segno di agitazione, si allontanò lentamente da me.
«Nott.» Borbottai, seppellendo la faccia nel mio bicchiere per celare il rossore che mi tingeva le guance.
«Hai intenzione di lasciarmi da sola tutta la sera?» Chiese lei con voce glaciale. «Basta che me lo fai sapere, Scorpius, almeno me ne vado.»
Presi coraggio e la guardai. Era furiosa, ma la cosa inquietante era che sembrava la calma fatta a persona. Respiro regolare, voce misurata, sguardo impassibile. Così calma che non poteva essere vero.
Mi sentii in colpa. Scorpius era il suo ragazzo ed era venuto lì con lei, non era giusto che la lasciasse sola per stare con me.
Feci per alzarmi.
«No, aspetta.» Scorpius mi mise una mano sulla spalla, impedendomi di allontanarmi. «Hai ragione, Giorg. Dammi un paio di minuti e sono subito da te.»
Giorgina fece una smorfia e vidi una crepa nella sua maschera di bronzo. «Sai una cosa, Scorpius? Mi sono stufata di aspettare sempre un paio di minuti. Ci vediamo domani mattina, vado a dormire.»
E così, veloce com'era arrivata, Giorgina Nott sparì.
Scorpius guardò per qualche istante nel vuoto. Poi sbatté le palpebre e sembrò ritornare alla realtà. «Wow.»
«Già... wow.» Gli feci eco io.
Che cos'era appena successo?
Restammo in silenzio per qualche minuto, poi mi venne in mente Jason.
Dov'era?
La risposta arrivò un istante dopo: Ancora insieme a Westbrook e al signore del Ministero con i quali lo avevo lasciato prima. Si erano seduti ad un piccolo tavolo circolare a parlare amichevolmente di chissà che cosa e Jason non sembrava sentire la mia mancanza.
Mi stropicciai le mani, indecisa sul da farsi. Sarei dovuta andare dal mio vero accompagnatore, stare al suo fianco e fingermi interessata alla conversazione che stava intrattenendo con Westbrook, oppure fare finta di niente e restare qui con Scorpius?
Lo stai davvero chiedendo?
Fece beffarda la vocina nella mia testa.
Zitto, tu.
Lanciai un'occhiata di traverso a Malfoy per assicurarmi che fosse ancora al mio fianco e, stranamente, lo era. Se ne stava affondato nella sedia con le spalle leggermente incurvate in una posa scomposta. Per l'occasione si era pettinato i capelli all'indietro, ma ora alcune ciocche gli cadevano sulla fronte. Per un folle istante fui sul punto di scostargliele con la mano, ma quando mi resi conto di ciò che stavo per fare mi bloccai e per sicurezza allontanai da me il bicchiere e la bottiglia di whiskey.
«Non dovresti... che ne so, correrle dietro?» Azzardai quando il silenzio si fece così opprimente da far male.
«E' quello che si aspetta che faccia e mi sono stufato di essere ciò che tutti si aspettano da me.»
«Uhm. Come vuoi.»
Non ero certa di aver capito, ma in quel momento il mio cervello non era al massimo delle sue prestazioni. Anzi, diciamo che era alquanto annebbiato.
Proprio per questo trovai il coraggio di porre la domanda che mi infestava la mente da più di un anno. «Scorpius, ma tu... la ami?»
«Come?»
«Giorgina. La ami?»
«Certo.» Rispose subito lui, senza pensarci. Poi si affrettò ad aggiungere. «Non lo so.»
Di sicuro gli ero sembrata un'impicciona ma non riuscivo a tenere a freno la lingua.
Post-it per Rose: non bere mai più in presenza del Biondaccio.
Benché fossi ancora pienamente padrona dei miei pensieri, la testa mi girava e mi sentivo come sospesa in una dimensione dove tutto era semplice e perfetto.
Vuoi sapere se Scorpius è innamorato di Giorgina? Be', ma perché non glielo chiedi? Lui è proprio lì. A pochi centimetri da te.
Ero come un fiume in piena una volta che la diga che conteneva le sue acque era stata distrutta. «Non dovresti essere abbastanza certo della risposta?»
«Ti sei mai innamorata, Rose?» Mi domandò.
Sì, di te.
«No.» Riuscii a mentire.
«Io sì. Non è così semplice come si dice.» Si passò nervosamente una mano tra i capelli. «Quando mi sono messo con Giorgina, un anno fa, ero innamorato di lei.»
Una pugnalata in pieno petto avrebbe fatto meno male. Eccola lì, la conferma che mi serviva. Era innamorato di lei.
Dovetti lottare per non scoppiare a piangere. Gli occhi mi bruciavano e guardai i pugni che tenevo stretti in grembo per non farlo notare a Scorpius.
«Superata quella prima fase in cui non potevamo fare a meno l'uno dell'altra le cose si sono smorzate. Non so esattamente quando sia successo, ma ad un certo punto vederla non era il momento più emozionante della giornata e mi sono abituato alla sua presenza nella mia vita. Diciamo che non mi sudano le mani quando la vedo, non mi batte il cuore quando sorride.» Si passò nervoso una mano sul collo. «Insomma, quelle cose lì che ti succedono quando hai una cotta per qualcuno. Non è che non la amo più, la amo in modo diverso. E' così che amano gli adulti, no?»
«Cazzate.» Dissi acidamente. «L'amore è amore, a tutte le età.»
«Sapevo che lo avresti detto.»
«Ah, sì?»
Scorpius annuì. «La tua famiglia è perfetta. Unita. E vi volete tutti un gran bene. Siete tantissimi e all'inizio ammetto che ero un po' in soggezione quando Albus mi invitava da lui per le vacanze, ma poi mi sono abituato e sono giunto alla conclusione che siete fortunati. Sei cresciuta circondata da amore ed è normale che tu creda che l'amore sia quello eterno che ti consuma l'animo, dopotutto lo hai avuto sotto gli occhi per tutta la vita. Ma esiste ancora? E' ancora possibile amare qualcuno per sempre? Non ne sono più così sicuro.»
Non c'era amarezza nella sua voce. Parlava come se ormai se ne fosse fatto una ragione. Rassegnato. Scorpius aveva smesso di crederci, e sembrava andargli bene così.
Be', a me no.
Tanto ormai avevo già detto troppo, una cosa in più non avrebbe peggiorato la situazione.
«Non devi farti condizionare così tanto da ciò che sta accadendo ai tuoi genitori. Loro non sono te. Tu non sei Draco Malfoy. Sei Scorpius. Quante volte devo ripeterti che non è scritto nei tuoi geni quello che diventerai?»
«Non sono solo loro!» I suoi occhi, spenti fino a qualche istante prima, parvero accendersi. «Prendi Giorgina e me. E' come se stessimo insieme perché dobbiamo, perché va bene così.»
«E non ti è mai passato per la testa che forse non è quella giusta?»
Omiodio. Non posso credere di averlo detto veramente.
Trattenni il fiato ma non distolsi lo sguardo. Il mio tono era fermo, duro. Quella doveva suonare come una semplice domanda, ma aveva assunto la connotazione di un'accusa che ora aleggiava tra di noi in attesa di una risposta.
Scorpius aprì la bocca come in cerca delle parole giuste da dire, poi la chiuse. Ci pensò qualche istante ancora e sospirò. «Troppe volte. Ecco il punto. Ho sempre pensato che quando trovi la persona giusta lo sai, che è quella con cui passerai il resto della vita.»
Mi venne quasi da ridere. «Sei giovane, Scorpius. Non devi mica sposarla.»
«No, non devo. Anche se la mia famiglia lo vorrebbe.» Rabbrividì impercettibilmente.
«Scusa?»
«Mia madre quest'estate mi ha detto che quando sarei stato pronto per chiedere a Giorgina di sposarmi mi avrebbe dato il suo anello.» Spiegò con tranquillità, come se fosse normale che i propri genitori pensassero al tuo matrimonio quando avevi solo diciassette anni.
«Stai scherzando.» Dissi, e non era una domanda.
«Per niente.» Replicò lui con una scrollata di spalle.
Vedendomi pietrificata mi scosse piano la mano. «Tranquilla, non ho intenzione di sposarmi per almeno i prossimi dieci anni.»
Avevo bisogno di un altro bicchiere. Tipo in quel momento.
Annuii piano e poi sussurrai. «Certo che le nostre famiglie sono proprio agli antipodi.»
«Cosa intendi dire? Cioè, a parte gli aspetti ovvi.»
«Mio padre piuttosto che pensare al mio matrimonio si farebbe amputare un braccio.»
Immaginai l'ipotetico giorno in cui gli avrei detto che mi sarei sposata. Sangue, maledizioni senza perdono, urla isteriche e scenari apocalittici. Decisi di abbandonare quella fantasia non tanto per la drammaticità della situazione, quanto perché nella mia testa il povero sventurato che avrebbe dovuto subire l'ira di Ron Weasley era alto, biondo e somigliava a Malfoy.
Smettila subito, Rose Weasley. Subito.
«Fa bene.»
«Cosa?» Riemersi dai miei film mentali -che non erano film ma tragedie- e lo guardai interrogativa.
Lui ghignò con quel suo ghigno alla Malfoy che o mi faceva venire voglia di prenderlo a pugni o mi mandava in cortocircuito il cervello. Ultimamente succedeva spesso la seconda. Dovevo darmi una regolata. Seriamente.
«Ci sono troppi stronzi al mondo.» Si limitò a dire.
Io alzai un sopracciglio. Come te? Pensai, ma non lo dissi. A distanza di tempo mi resi conto che molte conversazioni che avevo erano con me stessa. Non so quanto la cosa fosse normale, ma comunque.
«Oh, certo. So identificarli anche da sola, gli stronzi. Grazie.»
Seh, come no.
«Seh, come no.» Le parole di Scorpius rispecchiavano i miei pensieri.
«Cosa intendi dire, scusa?» Gli chiesi pungente, sporgendomi leggermente sul tavolo verso di lui.
Scorpius mi imitò. Ci separavano pochi centimetri. «Guarda con chi sei qui.»
Ti riferisci a Jason o a te stesso? Era tutto ciò che desideravo chiedergli.
«Jason non è uno stronzo.»
Scorpius non disse niente. Mi fissò qualche istante con la mascella contratta e poi distolse lo sguardo.
Parli del diavolo e spuntano le corna. Fidatevi, nessun altro proverbio fu mai più vero di questo.
Jason aveva finito di parlare con il signor Westbrook e ci aveva raggiunti.
«Rose, è stato terribilmente maleducato da parte mia lasciarti da sola.» Mi sorrise, poi notò Scorpius. Il suo sorriso vacillò appena ma non scomparì. «Malfoy, ti ringrazio per averle tenuto compagnia.»
«Cameron.» Borbottò di rimando Scorpius.
«Il Signor Westbrook è un uomo molto interessante. Mi ha dato il suo biglietto da visita e mi ha detto che posso scrivergli se dovessi avere ulteriori domande.v
«E' fantastico!»
«Jonathan Westbrook?» Chiese Scorpius. «E' un amico di mio padre. E' il pozionista del Ministro, giusto?»
«Proprio lui.» Rispose angelicamente Jason. «Dev'essere comodo avere tutte le conoscenze al Ministero. Ti invidio.»
Scorpius si alzò di scatto, ma io fui più veloce. Mi tirai in piedi e mi posizionai tra i due.
Ripensandoci non fu una grande idea. Infatti avevo bevuto qualche bicchiere di troppo e non ero molto stabile sui tacchi. Per evitare di cadere mi aggrappai a Scorpius. «Calmo.» Gli dissi, trovando il mio baricentro e stabilizzandomi sui piedi. «Vai a... fare un giro, okay?»
Scorpius rivolse un'occhiata assassina a Jason e poi raggiunse Albus e Danielle, che stavano continuando a parlare vicino ad una finestra.
«Agitato il ragazzo.»
«Già... Lascia perdere.»
«Beviamo qualcosa?» Mi chiese Jason.
Stavo per rispondergli che no, non volevo niente, ma mi aveva già piantato un bicchiere tra le mani.
Passammo il resto della serata tranquillamente, parlando del più e del meno. Jason mi raccontò di come si stesse allenando duramente per l'imminente partita di Quidditch, e io gli promisi che sarei andata a vederla allo stadio.
Non fummo più interrotti e non vidi più né Scorpius, né Albus. Jason riuscì addirittura a farmi ballare per qualche minuto, poi ebbe compassione di me e accettò di tornare a sederci al nostro tavolino.
Con il passare del tempo, gli effetti di tutto quel whisky incendiario che avevo bevuto iniziarono a farsi sentire. Mi girava leggermente la testa e mi sentivo come sospesa tra due mondi: Jason era fantastico e io mi stavo divertendo come mai prima.
Insomma, ero felice e non stavo pensando a Scorpius Malfoy.
Quando gli invitati iniziarono a lasciare la festa, era quasi mezzanotte.
Proposi a Jason di tornare in Sala Comune, dato che l'indomani avrebbe dovuto disputare la più importante partita di Quidditch dell'anno. Lui fu d'accordo con me, ma quando uscimmo dall'ufficio di Lumacorno mi prese per un braccio.
«Che ne dici di fare un giro, prima di rientrare?»
Inclinai il capo e sbattei le palpebre un paio di volte. Il mondo continuava a girare attorno a me, quindi credetti di aver capito male. «Eeehh?»
«Un giro. Non sono ancora stanco.» Spiegò Jason con un sorriso.
«Uhm. E dove?»
Che ti importa? Vacci e basta!
«Non saprei.» Jason iniziò a trascinarmi lungo il corridoio.
Non mi accorsi subito che stavamo andando dalla parte opposta rispetto alla torre di Grifondoro, ma quando lo notai puntai i piedi.
«Dimmi dove stiamo andando.» Gli dissi con tono strascicato, per niente autoritario.
Jason mi mise una mano attorno alla vita e mi attirò a sé. Quando parlò, sentii il suo respiro sulle labbra. «Non preoccuparti, Rosie. Adesso andiamo a divertirci per davvero.»
Una voce nei meandri dalla mia mente stava urlando di opporre resistenza. Di andarmene via. Ma il mio cervello non mandava input al resto del corpo.
Me ne stavo inerme tra le sue braccia, con la testa che continuava a girare.
E poi la sfiga si abbatté su Jason Cameron. La cosa più sfigata che potesse capitargli, capitò: arrivò Albus Potter.
Tante cose successero contemporaneamente. Jason venne allontanato da me con tale violenza che per un istante temetti di essere stata io a spingerlo via. Ma non mi ero mossa, era stato Albus, che lo aveva preso per il colletto e lo aveva sbattuto contro il muro.
«La prossima volta che ti vedo con le mani addosso a mia cugina, sarà l'ultima volta che hai delle mani*.»
«Potter, che cazzo fai? Non le stavo facendo niente!»
«Sì, certo. Adesso non stavi facendo niente, lurido...»
«Albus.»
Una voce che avrei riconosciuto anche il primo di Settembre sul binario nove e tre quarti parlò.
Troppo scossa per dire alcunché mi voltai e vidi Scorpius e Danielle stare in piedi dietro di me l'uno di fianco all'altra.
Scorpius si avvicinò ad Albus e gli mise una mano sulla spalla. «Tiragli un pugno e lascialo andare. O se non vuoi, avrò io l'onore. Conosco la tua politica contro la violenza.»
«Per questa volta farò un'eccezione.» Sibilò mio cugino prima di sferrare un destro sulla mascella di Cameron.
L'adrenalina aveva contribuito a risvegliare i neuroni che il mio cervello ancora possedeva e, ripresa dallo shock, mi misi ad urlare.
«Voi due!» Additai Scorpius e Albus. «Lasciatelo andare subito!»
Non potevo credere che lo avessero fatto sul serio. Mi sentivo umiliata ed in tremendo imbarazzo per essere stata messa in una situazione del genere. Non avevano il diritto di dare spettacolo in quella maniera.
Albus mi diede retta e mollò la presa sul Grifondoro. «Sparisci. Domani in campo facciamo i conti, Cameron.»
«Tu sei completamente fuori di testa, Potter.» Poi, rivolgendosi a me, Jason continuò. «Mi dispiace, Rose, che questo pazzo sia tuo parente. Ci vediamo comunque dopo la partita?»
Okay, il mio cervello non era più totalmente succube dell'alcol, ma non era neppure nel fiore delle sue facoltà. Me ne uscii con un assolutamente mortificante:«Ci vediamo dove?»
«Albus ti ha detto di andartene, Cameron. Lo deve ripetere?» Scorpius era entrato in modalità scheggia di ghiaccio. La sua mano era ancora sulla spalla di Albus, ma se Albus sembrava un vulcano sul punto di eruttare, Scorpius, al contrario, era freddo come le acque del Mare del Nord.
Jason alzò le braccia in segno di resa e se ne andò. Avrei voluto dire qualcosa, qualsiasi cosa, ma dalla mia bocca non uscivano parole. Non avevo ancora metabolizzato quello che era appena successo, e il giramento di testa si era trasformato in un martellare costante contro le tempie.
Mi portai una mano alla fronte e strizzai gli occhi. Sentii Albus e Scorpius parlottare tra loro, Albus prossimo ad un esaurimento nervoso. Perché non potevano tacere? Volevo solo dormire.
Mi lasciai cadere per terra e appoggiai la schiena contro il muro. Il freddo delle piastrelle mi diede un attimo di sollievo e mi beai di quell'istante di pace che preannuncia lo scoppio di una tempesta.
Danielle si sedette vicino a me e mi chiese come stessi. Non ricordo che cosa le risposi. Non ricordo nemmeno se le risposi qualcosa o se mi limitai a borbottare parole sconnesse, sta di fatto che iniziavo a sentirmi poco bene.
Dopo qualche minuto Danielle si alzò e raggiunse Albus. In quel momento non ne capii il motivo, ma a distanza di tempo suppongo che Albus avesse incaricato Scorpius di riportarmi nel mio dormitorio mentre lui accompagnava Danielle.
«Tirati su, Rose.» Mi disse Malfoy con voce stanca, rassegnata.
«Mmmm.»
Mi prese per un braccio e mi fece alzare senza troppe cerimonie. Grosso errore. Non si fa alzare di scatto una ragazza con indosso un paio di tacco dodici. Ovviamente persi l'equilibrio. Sarei finita per terra, se solo lui non mi avesse presa per la vita, rimettendomi dritta.
«Andiamo, forza.»
Era arrabbiato. Camminava con passo veloce senza mollare la presa sul mio braccio, come se fossi un animale sul punto di scappare via. Lo spintonai con forza e mi fermai. «Lasciami!»
Adesso ero arrabbiata anche io. «Tu non hai il diritto di essere incazzato con me.»
Scorpius si bloccò e mi guardò. «Io non sono incazzato con te.»
«Ah. Bene!» Incrociai le braccia al petto e gli lanciai un'occhiata velenosa. «Io sono incazzata a morte con te, invece.»
«Perché? Se è per Cameron, non voglio neanche iniziare questa discussione.»
«Per tutto!» Mi ritrovai ad urlare. «Per tutto, Scorpius.» Gli tirai un pugno sul petto per sottolineare il concetto. «Sono incazzata perché non mi hai parlato per due anni senza darmi uno straccio di spiegazione, sono incazzata perché ti sei innamorato di Giorgina e sono incazzata perché tu e Albus non potete piombare qui e rovinare i miei appuntamenti.»
Scorpius stava zitto. Si limitava a fissarmi come se fossi un alieno appena atterrato sulla terra. Non capivo se si sentiva ferito, se era sorpreso, o se non gliene fregava proprio niente.
«Hai intenzione di parlarmi o no?» Gli tirai un altro pugno sul braccio. «Ti odio, Malfoy. Dio, ti odio così tanto.»
E poi iniziai a piangere. Senza un apparente motivo, anche se di motivi ne avevo a bizzeffe.
Non tentai di nasconderlo, mi limitai a starmene lì, inerme davanti a lui, a piangere. Era stata la goccia che aveva fatto traboccare il vaso. Arrivi ad un punto in cui non ce la fai più e in qualche modo devi far uscire la rabbia, il rimpianto e il dolore. Altrimenti scoppi.
Scorpius allungò piano una mano nella mia direzione, come se fossi un animale feroce da avvicinare con cautela, e poi la poggiò delicatamente sul mio braccio. Io lo lasciai fare, troppo scossa dai singhiozzi per oppormi.
Piano piano mi si avvicinò e mi circondò nel suo abbraccio. Senza sapere quello che stavo facendo, seppellii il viso nella sua camicia e continuai a piangere a dirotto.
Scorpius appoggiò il mento contro la mia fronte e mi diede leggere pacche sulla schiena, come se stesse cercando di riparare il cuore che lui stesso aveva spezzato.


NOTE DELL'AUTRICE
Buonasera a tutti! :)
Per prima cosa mi scuso per il capitolo vergognosamente lungo, ma non sapevo davvero dove tagliarlo. Ogni punto suonava sbagliato, perciò ho deciso di postarlo integralmente.
Non ho molto da dire, se non che mi rendo conto che sia ancora tutto molto confuso ma nel prossimo capitolo qualche risposta arriva. :)
Poi volevo sottolineare che Rose non è ubriaca. E' consapevole di quello che fa e di quello che dice, semplicemente è “allegra” e le gira la testa perché ha bevuto qualche bicchiere di troppe, ma ciò che dice lo dice perché lo vuole dire. L'alcol la rende un po' più disinibita, ecco tutto. Per intenderci il giorno dopo ricorderà tutto, ogni singolo gesto che ha fatto e ogni singola parla che ha detto.
Ci tengo a precisarlo perché... be', vedrete.
Non vedo l'ora di finire la scuola per dedicarmi alla scrittura! Questo capitolo è stato scritto a pezzi e a tratti in modo frettoloso, vorrei avere il tempo per scrivere come si deve, ma in questo periodo è proprio scarseggiato.
Vi ringrazio tanto e vi prometto che domani risponderò a tutte le recensioni!
A presto,
Francesca

Sapevo che mi sarei dimenticata qualcosa. C'è una frase di Games of Thrones e per sottolineare il fatto che si tratta di una citazione ci ho messo un piccolo * alla fine. :)

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** Capitolo Quindici. ***


Capitolo Quindici

 
 
Maggio 2021. Quinto anno. Pov Scorpius.
Camminavo lungo il corridoio con la scopa sulla spalla sinistra. Mentre mi dirigevo il più in fretta possibile verso il Campo di Quidditch, il mantello della divisa sventolava dietro di me come un drappo mosso dal vento. 
Grifondoro contro Serpeverde sarebbe stata la partita decisiva, quella che mi avrebbe fatto concludere quel quinto anno con almeno una vittoria in tasca. Dovevo solo prendere il boccino.
Ce l'avrei fatta: sarei arrivato anche a disarcionare Cameron dalla scopa se fosse stato necessario.
Non è che dovessi proprio vincere, è solo che ne avevo bisogno.
«Scorp, aspettami.»
Albus, dietro di me, mi stava chiamando. Non mi voltai.
«Scorpius Hyperion Malfoy.» Continuò lui, raggiungendomi e parandomisi davanti. «Smettila di fare il coglione con me.»
«Levati dai piedi.» Gli risposi io in tono monotono.
Non mi andava di litigare di nuovo con Albus. Volevo solo scendere in campo, vincere la partita, esserne felice per qualche ora e poi tornare a riflettere su quanto la mia vita facesse schifo.
Quando cercai di sorpassarlo Albus mi diede una spinta. «No. Scorpius, sei il mio migliore amico. Devi parlare con me. Cosa ti sta succedendo?»
Che mi succedeva? La mia migliore amica, della quale mi ero stupidamente innamorato, mi aveva voltato le spalle e ora sembrava pappa e ciccia con Jason Cameron, mio padre non mi rivolgeva la parola e mia madre gli dava ragione. A tutto ciò si aggiungeva il fatto che mi sentissi costantemente osservato: se erano occhiate di compassione o di disprezzo non lo sapevo, in ogni caso lo odiavo. Era come andare in giro con un peso opprimente sulle spalle.
«Niente. Non succede niente.»
«Stronzate, Scorpius.» Mi placcò di nuovo Albus. Mi prese per la maglietta e mi costrinse a guardarlo negli occhi. «So che è successo qualcosa tra te e Rose, e se non me lo vuoi dire lo accetto, ma smettila di comportarti così. Mi sono rotto di stare a guardare mentre ti distruggi.»
Potevo immaginare la visione che gli si parava di fronte ogni giorno. Un ragazzo pallido con due grandi cerchi violacei attorno agli occhi, un ragazzo stremato, abbattuto, logorato. A volte mi sentivo così mentalmente provato da perdere la voglia di combattere, di alzarmi dal letto. Quello che era successo con Rose era stata la goccia che aveva fatto traboccare il vaso, mi aveva completamente sfinito. Volevo essere forte, andare avanti a testa alta fregandomene di tutto e di tutti, ma avevo perso il coraggio per esserlo. Ero stato forte per tutto quel tempo e ora mi ero concesso di fermarmi un attimo e di dire: basta, sono solo stanco. Lasciatemi stare.
«Cosa c'è, Scorpius?» Mi chiese di nuovo il mio migliore amico, guardandomi con gli occhi colmi di preoccupazione.
Scossi la testa. «Mi sono rotto, Albus.»
«Se è per Rose...»
«Non è per tua cugina, maledizione!» Mi ritrovai ad urlare.
Albus mollò la presa sulla mia maglietta, appurato che non sarei scappato via. Non si allontanò da me, ma dal suo sguardo era evidente che, perdendo il controllo, avevo ferito i suoi sentimenti.
Continua così e perderai l'unico amico che ti resta.
Forse me lo merito.
«Non è solo per lei.» Spiegai abbassando il capo e ridimensionando il tono di voce. «E' un insieme di cose, è tutto. E' la vita in generale. Rose, la mia famiglia, Hogwarts.»
«Cos'ha che non va Hogwarts?»
«Scherzi?» Feci beffardo. «Hai visto come tutti mi guardano?»
«Come ti guardano?»
Feci una smorfia. «Come se fossi un orfano alla disperata ricerca di casa o un diavolo travestito da umano. Dipende dalle persone, ce n'è per tutti i gusti.»
Albus ridacchiò tra sé e sé. Io lo guardai male.
«Sei Scorpius Malfoy, da quando ti preoccupi di quello che la gente pensa di te.»
Da sempre, solo che non lo faccio vedere.
Davanti al mio silenzio Albus si incupì, come se avesse letto i miei pensieri. «Non badare a loro, vai avanti per la tua strada.»
Certo, era quello che dicevano tutti: non ascoltarli, non ti curar di loro ma guarda e passa, insomma. Facile, quando eri tu a dare il consiglio.
«Solo... non allontanarmi.» Continuò Albus con una nota leggermente isterica nella voce. «Non puoi affrontare tutto da solo, lascia che ti aiuti. Sono io, sono Albus.»
Restai per qualche istante stupito da quelle parole. Sapevo che Albus ci sarebbe sempre stato per me, ma sentirglielo dire era tutta un'altra cosa.
«Per Salazar, non metterti a piangere adesso.» Mi ammonì subito lui con un sorriso sarcastico.
«Sei un idiota, Potter.»
«Adesso vuoi spiegarmi che problema c'è con l'amabile Draco Malfoy?»
E così gliene parlai. Non lo avevo previsto, non mi ero preparato un discorso logico, semplicemente buttai fuori tutto. Ci sedemmo contro il muro del corridoio, incuranti dell'imminente partita.
Gli spiegai della lettera e del suo contenuto -sorvolando sulla parte che coinvolgeva Rose, perché tanto lei gli aveva già detto che l'avevo baciata- e gli dissi che non sapevo cosa fare, se seguire ciò che mio padre mi diceva e diventare quindi un funzionario del Ministero, o se seguire la carriera di Medimago.
«Mi manda in confusione. Se continuano a dirti che sei una delusione, alla fine inizi a crederci. Tra poche settimane la scuola finisce e se solo penso che dovrò passare tre mesi con loro rabbrividisco.» Conclusi con un filo di voce.
«Vieni da me.»
«Dove?»
«A casa mia.» Disse Albus come se fosse la cosa più normale del mondo.
«Si, passerò gli ultimi giorni di Agosto da te, ci siamo già messi d'accordo.»
«No, intendevo tutte le vacanze. Vieni a casa con me il primo di Giugno e torna a scuola con me a Settembre. O se preferisci andare dai tuoi un paio di settimane e poi venire da me, va bene uguale. Come preferisci.»
Io lo guardai. Lui si sistemò gli occhiali sul naso e mi sorrise.
Non so esprimere a parole la gratitudine che provai nei suoi confronti, per il fatto che fosse ancora lì, al mio fianco, dopo tutto quel tempo. La nostra era una di quelle amicizie nate per caso, una di quelle sulla quale nessuno avrebbe mai scommesso un centesimo, eppure avevamo sfatato ogni pronostico.
Ero sul punto di dire di sì. Un'estate lontano dalle fredde pareti di Villa Malfoy era quello che desideravo da tempo, ed ero disposto a mettere da parte l'orgoglio e di accettare l'ospitalità di Albus. Poi però mi ricordai che mai avrei potuto farlo per un semplice motivo: Rose Weasley.
«Non posso.» Le parole non mi uscivano dalla bocca. Pronunciarle mi costava un'immenso dispendio di energia. «Non sai quanto vorrei accettare, ma non posso proprio.»
«Perché no?» Albus aggrottò le sopracciglia e inclinò il capo di lato.
Cercai una motivazione ragionevole, ma non la trovai. Senza via di scampo, dissi la verità. «E' per Rose. Non posso passare l'estate nella casa di fronte alla sua e non posso rischiare di vederla alla Tana o a cene di famiglia varie. Non voglio rovinarvi le vacanze.»
Albus fece per protestare, ma poi cambiò idea. «Vi siete baciati, lei ha borbottato qualcosa di incomprensibile, e tu hai smesso di parlarle. Non vuoi proprio dirmi il perché, vero?»
La verità era che non volevo. Tutto ciò che desideravo era mettere una pietra sopra quella storia, rinchiuderla in una cassaforte e poi gettarla nell'oceano.
Non davo tutta la colpa a Rose, certo che no. Se eravamo arrivati a quel punto era anche colpa mia. Scoperto quello che aveva fatto, sarei potuto andare da lei a chiederle spiegazioni, ma non lo avevo fatto. La vergogna e l'orgoglio erano troppi: ero incazzato, ferito e mi sentivo mortificato. Chi ha detto che i Serpeverde non hanno orgoglio non aveva capito niente. Riuscivo a mala pena a guardarla, come potevo anche solo pensare di parlare con lei per sistemare le cose? E non c'era nemmeno nulla da chiarire, per quanto mi riguardava. Le sue scuse, non le volevo.
Balla. Balla. Balla più grossa dell'intero castello.
Per tutto quel tempo avevo sperato si presentasse da me per implorare il mio perdono, e invece niente: continuava a far finta di non saperne nulla, come se un giorno io fossi ammattito e avessi deciso di chiuderla fuori dalla mia vita.
Non mi conosceva meglio? Non sapeva che piuttosto che perderla mi sarei fatto amputare un braccio?
Ogni volta che cercava di intavolare una conversazione con me non riuscivo a sostenere il suo sguardo e battevo in ritirata.
Ma io ero lo stronzo della storia, e al dolore degli stronzi non pensa mai nessuno.
«Albus, ora devi promettermi una cosa: non chiedermi più cos'è successo con Rose. Non riesco a parlarne, non riesco quasi nemmeno a pensarci. Quindi ti prego, se sei davvero mio amico fammi questo favore.»
Albus mi guardò intensamente, e poi annuì. «Forza, allora. Siamo in ritardo e la partita non si può giocare senza Cercatore e senza Cacciatore.»
Si tirò su in piedi e poi si voltò con la mano tesa. Io la accettai e lui mi aiutò ad alzarmi. Non mi stava solamente aiutando a rialzarmi dal pavimento freddo dei sotterranei di Hogwarts, mi stava riportando sulla strada che conduceva a me stesso, come aveva sempre fatto.

Penso di non aver mai corso così tanto in vita mia. Arrivammo al campo di Quidditch un secondo prima che Madama Bumb annunciasse l'annullamento della partita a causa dell'imprevista mancanza di due giocatori.
«Ci siamo, ci siamo.» Urlò Albus fermandosi al centro del campo. Io mi bloccai qualche passo dietro di lui, chinandomi poi sulle ginocchia per riprendere fiato. Iniziare la partita con un forte dolore alla milza non era il massimo, ma non importava: dovevamo vincere.
«Potter, Malfoy, alla buon ora.» Ci apostrofò severamente Madam Bumb. «Salite sulle vostre scope e datevi una mossa.»
Eseguimmo l'ordine senza replicare e nel giro di dieci secondi eravamo in groppa ai nostri manici di scopa e stavamo raggiungendo i nostri compagni in cielo. Mi rivolsero un'espressione che esprimeva sollievo, ma che allo stesso tempo voleva dire: non ce ne frega niente se sei il capitano, dopo facciamo i conti.
Mai far arrabbiare un gruppo di Serpeverde sotto pressione.
Rivolsi loro un cenno di scuse e poi rivolsi la mia attenzione sul gioco. Dovevo concentrarmi, tenere bel presente il mio scopo: prendere il boccino d'oro prima di Jason Cameron.
«Voglio una partita pulita. Niente falli e non si imbroglia.» Disse la professoressa lanciando la pluffa in aria.
Sophia fu subito sulla palla, come una tigre sulla sua preda, e in men che non si dica ci ritrovammo dieci a zero per noi.
Brava ragazza.
Iniziai a sorvolare il campo dall'alto e vidi Cameron, dal lato opposto rispetto al mio, fare lo stesso.
Dato che la mia sfiga non aveva limiti, quel giorno il sole splendeva alto nel cielo e mi impediva di tenere completamente gli occhi spalancati.
Tutti pensano che avere gli occhi verdi sia una fortuna, ma credetemi, non lo è: non importa che tempo faccia fuori, la luce ti darà sempre fastidio.
In quel momento Albus mandò un tiro a segno, eludendo la sorveglianza del portiere di Grifondoro.
Venti a zero per noi.
«Ehi, Malfoy.» Mi urlò Cameron, avvicinandosi a me da dietro.
Mi voltai e vidi il suo sorrisetto strafottente squadrarmi con ilarità.
Sii maturo, Scorpius.
Non ti distrarre.
Il boccino.
Trova il boccino.
«Sparisci, Cameron.» Sibilai continuando a scrutare il campo con attenzione.
«Siamo suscettibili oggi, vedo.» Continuò ad infierire lui. Si abbassò per evitare un bolide che altrimenti lo avrebbe colpito in pieno. Non mi sarebbe dispiaciuto per niente.
L'aria mi scompigliava i capelli e mi faceva lacrimare gli occhi. Il sole splendeva alto nel cielo e nonostante mi impedisse di vedere chiaramente, riuscivo a distinguere la sagoma di Cameron a pochi metri da me.
«Ti consiglio di concentrarti sulla partita. Sai, non vorrei prendere il boccino troppo in fretta e umiliarti così tanto.» Dissi con tono casuale, come se fossi certo della mia vittoria. E lo ero.
«Ti piacerebbe» Ghignò lui. Virò con la scopa e si ritrovò esattamente davanti a me, i capelli corti ritti sulla nuca e gli occhi pieni di un maligno divertimento.
«Non provocarmi, Cameron. O si mette male.» Lo minacciai, compiendo uno sforzo enorme per misurare le mie parole.
«Sennò? Chiamerai tuo padre e i suoi amici Mangiamorte e mi farai dare una lezione?» Si avvicinò ancora di più con un sorriso sarcastico sul viso.
Mantenni gli occhi fissi davanti a me, con sguardo imperscrutabile. Non volevo fargli vedere quando quell'allusione al passato oscuro di mio padre mi avesse ferito.
Tu non sei Draco Malfoy. Tu sei tu, e vai bene così.
Le parole che Rose mi aveva detto qualche tempo prima tornarono a ronzarmi nelle orecchie, regalandomi una punta di sollievo.
«Ah, no, aspetta...» Fece una finta faccia pensierosa lui. «Tu non hai più l'approvazione di tuo padre, giusto? Cos'è, scapperai a piangere dalla McGranitt adesso?»
Il mondo si bloccò. Era come se fossi stato trasportato in una di quelle scene a rallentatore e il tempo si fosse fermato. Intorno a noi le urla degli studenti mi riempivano le orecchie, ma io non le sentivo.
Rose lo aveva detto anche a lui. Lo aveva detto a tutti. Come aveva potuto farmi questo? La delusione che provavo non era esprimibile a parole: era una tortura alla pari del sale nelle ferite. Pensavo di potermi fidare di lei, era la mia migliore amica. Invece mi aveva colpito nel mio punto più debole, distruggendo la fiducia che avevo nei suoi confronti. Ogni volta che qualcuno si presentava da me per mostrarmi la propria solidarietà o, come nel caso di Cameron, per deridermi, era una nuova pugnalata alle spalle.
«Non mi stupisco che Rose ti abbia scaricato senza pensarci due volte.» Continuò impietoso. «Un figlio di Mangiamorte frignone. Cosa ti aspettavi, che la figlia dei salvatori del mondo magico potesse provare qualcosa per te? Già era improbabile che foste amici. Le avrai fatto pena.»
Touchè.
Avrei dovuto immaginarlo. Aveva toccato i miei punti deboli: mio padre e Rose Weasley.
Mi aveva detto quelle cose con il solo fine di farmi infuriare e ci era riuscito in pieno. Ma questa volta, oltre alla rabbia, il mio animo era pervaso anche da un altro sentimento: la delusione. Mi si gelò il sangue nelle vene ed iniziai a sudare freddo.
«Non osare nominarla.» Le mie parole si fecero quasi un sussurro. «Tu non sai niente.»
«Invece so molte cose. Tu, invece, non sai quello che vorrei farle, ma penso tu possa immaginare. Sarà divertente ottenere qualcosa che tu non potrai mai avere.»
Quello era davvero troppo. Lo avrei ucciso, se solo avesse osato toccarla.
Allungai una mano per sfilare la bacchetta da sotto il mantello, quando Madama Bumb ci richiamò all'ordine. «Voi due. Concentratevi sulla partita.»
Detto fatto. Cameron si allontanò da me in in un battito di ciglia, lasciandomi solo a ciondolare nel bel mezzo del cielo azzurro di fine Maggio.
Non appena Jerome Rosier mi passò di fianco lo bloccai, afferrandolo per il braccio. «Capitano, si può sapere che stai facendo?»
«Dammi la mazza.» Gli ordinai.
«Che cosa?» Jerome spalancò gli occhi e mi guardò come se fossi un folle. «Sei ammattito per caso?»
Dal momento in cui non sembrava intenzionato ad ascoltarmi gli strappai la mazza dalle mani e mi fiondai sul primo bolide che vidi. Caricai con il braccio sinistro, presi la mira ad occhio e croce, e spedii la palla di cuoio rosso contro quel vermicolo di Cameron.
Centro.
Lo colpii sulla spalla, facendolo ruzzolare giù dalla scopa.
Madama Bumb fischiò un time-out, i capelli ritti sulla nuca per la rabbia. «Signor Malfoy, lei non è un battitore!»
«Oooops.» Esclamai portandomi una mano alla bocca. «Non era mia intenzione, professoressa. Desideravo solo provare la mazza.» Mi scusai con viso angelico, facendo appello al fascino Malfoy. Mi passai una mano tra i capelli e sfoggiai un sorriso accattivante che parve vincere il suo consenso.
La donna si limitò ad inarcare un sopracciglio. Poi con una scrollata di spalle andò a sistemare la spalla di Cameron borbottando. «Ragazzini.»
Una volta che questo si fu ripreso la partita ricominciò, e io volevo metterle fine il più presto possibile.
Avvistai immediatamente il boccino, strinsi le mani sul manico della scopa, e mi gettai all'inseguimento. Cameron fece lo stesso. La la rabbia di prima bruciava nelle mie vene come petrolio infuocato. Il vento mi soffiava tra i capelli: una scintilla di vitalità si era riaccesa in me.
Allungai il braccio per prendere la pallina dorata, e sentii Cameron imprecare mentre la mia mano si chiudeva sul boccino d'oro.
Ti sta bene, brutto idiota.

Avevamo vinto la partita, ma quella vittoria non era bastata a risolvere i miei problemi. E come avrebbe potuto?
Non parlai con Rose quell'estate, e nemmeno l'autunno o l'inverno successivi. Con mio padre le cose non cambiarono, anche se pian piano imparai a fregarmene, del suo parere. L'autunno seguente mi misi con Giorgina e il resto della storia già lo sapete.
Se potessi cancellare quell'anno dalla mia vita, lo farei. Ma non posso, quindi cerco semplicemente di imparare dai miei errori.


Fine Novembre 2022. Settimo anno. Pov Scorpius.
Quando Rose si fu calmata l'accompagnai alla sua Sala Comune. Non parlammo lungo il tragitto, l'unico rumore era quello dei nostri passi e dei nostri respiri.
Probabilmente avrei dovuto dire qualcosa, tipo che anche io la odiavo e che se eravamo arrivati a quel punto era anche colpa sua. Ma, come mi succedeva sempre in sua presenza, tenni la bocca chiusa. Orgoglio, vergogna e delusione si risvegliavano ogni volta che si faceva riferimento a quello che era successo due anni fa, mi annebbiavano la vista e mi impedivano di ragionare con razionalità. Perciò preferivo tacere. Ero stato umiliato a sufficienza.
Rose si teneva una mano sul cuore e l'altra sulla bocca; non sapevo se era per non scoppiare a piangere di nuovo o se era per evitare di dire qualcosa del quale si sarebbe poi pentita. Camminava con sguardo fisso davanti a se e le spalle leggermente incurvate, come un condannato a morte che si dirige verso il patibolo.
Ecco la differenza tra di noi: lei non aveva paura di indossare il proprio dolore, non pretendeva di sembrare forte quando invece era distrutta; io, al contrario, facevo di tutto per apparire impassibile, come se niente mi toccasse. Il risultato era che mi trovavo sull'orlo di un baratro, sul punto di cadere nella voragine che si apriva ai miei piedi.
«Non devi accompagnarmi.» Borbottò Rose ad un tratto.
Eravamo davanti alla rampa di scale che portava al ritratto della Signora Grassa. Le torce conferivano al corridoio un'aria spettrale. Le nostre ombre, che si stagliavano sui gradini, erano vicine, quasi unite a formare un disegno bellissimo. Erano un tutt'uno, mentre noi non saremmo potuti essere più separati di così.
«Siamo quasi arrivati, non è un problema.»
«So che Albus ti ha chiesto di portarmi in Sala Comune.» Sbottò lei. «Ma non ho bisogno di una baby-sitter. Non sono ubriaca, ho solo mal di testa e voglio dormire.»
Mi venne quasi da ridere. Non aveva capito niente, come al solito.
«Non sono il cagnolino di Albus.»
Rose aggrottò la fronte, incrociando le braccia al petto.
«Sono stato io a volerti accompagnare, non me lo ha chiesto lui.» Spiegai stizzito.
Rose sbatté le palpebre un paio di volte e poi spalancò la bocca, senza curarsi di celare il suo stupore. «Perché?»
No, la vera domanda era: come mai doveva rendere tutto così maledettamente difficile? La risposta arrivò subito: perché era Rose, e lei non si accontentava delle mie risposte sintetiche.
«Perché sì. Adesso andiamo.»
Iniziai a salire le scale a passo di marcia, mentre Rose mi seguiva a qualche gradino di distanza. Per tutto il tragitto mi ero chiesto io stesso perché lo stessi facendo. Perché la stavo accompagnando?
Non avevo ancora trovato una risposta, e la cosa mi tormentava.
Non volevo che, camminando su quei tacchi, perdesse l'equilibrio e cadesse dalle scale, o che si perdesse per il castello... o che incontrasse chi non doveva incontrare... tipo Jason Cameron.
Ancora mi prudevano le mani. Non sapevo dove avevo trovato l'autocontrollo per non ridurre in pezzettini quel vermicolo. Con tutti i ragazzi dei quali si poteva invaghire, lei si era andata ad incasinare con il più idiota di tutti. Ovvio.
Arrivato davanti al ritratto della Signora Grassa, mi fermai.
«Parola d'ordine.» Mi disse questa, stropicciandosi gli occhi. «Voi mocciosi con le vostre ore piccole disturbate il mio sonno di bellezza.»
«Non sono un Grifondoro.» Dissi automaticamente.
La donna mi osservò e poi si grattò il capo pensierosa. «Ah no? Ma io ti ho già visto da queste parti.»
«Deve avermi confuso con qualcun altro.» Spiegai cortese, anche se sapevo che aveva ragione: una volta mi ero spacciato Grifondoro per avere accesso alla loro Sala Comune.
«È con me.» Rose mi aveva raggiunto e ora si trovava al mio fianco.
Mi stupivo ogni volta di quanto fosse piccola. La sua testa mi arrivava sotto la spalla e se mi voleva guardare negli occhi doveva piegare il capo all'indietro.
Quel giorno però indossava un paio di tacchi -che a me parevano dei veri e propri trampoli- cosicché il suo viso fosse quasi alla stessa altezza del mio.
«Allora, uhm, grazie.» Fece lei, spazzolandosi il vestito con le mani.
Cosa si dice in questi casi? Il piacere è stato mio? Bella serata, dovremmo rifarlo?
Mi limitai a scrollare le spalle. «Ci vediamo in giro.»
Feci per andarmene, ma Rose mi prese per un braccio. «Aspetta.»
I punti dove le sue dita si stringevano attorno alla mia giacca bruciavano come tizzoni ardenti.
La guardai negli occhi, e in essi ci lessi paura, disperazione, e una punta di follia.
«Senti, Scorpius. Volevo dirti che – io non so perché mi odi. Solo... Sappi che mi dispiace. Qualunque cosa sia, mi dispiace davvero tanto.»
Poi lasciò la presa e sparì dietro la porta del ritratto.
Restai un attimo inebetito davanti alla Signora Grassa, che mi guardava con aria divertita. «Be', la perdoni o no?»
Ad un certo punto nella vita si arriva ad un bivio: destra o sinistra, testa o cuore, soffrire o rimpiangere?
A volte devi prendere una decisione che potrebbe cambiare il corso della tua vita; altre, invece, ti rendi conto che non c'è nessuna scelta da compiere, perché in fondo il tuo cammino era già segnato.
L'ho perdonata da tempo e non me ne sono neppure accorto, pensai sbigottito.
Mi voltai, ed iniziai a correre.

Dovevo chiuderla. Subito. Mi precipitai nei sotterranei e poi attraverso il muro che portava alla nostra tetra dimora. Solo una volta che mi trovai nella Sala Comune, mi resi conto di aver corso per niente. Era completamente deserta. Giorgina era sicuramente andata a dormire, e io avrei dovuto aspettare l'indomani mattina.
Mi ripromisi che le avrei parlato non appena l'avessi vista. Non potevo rischiare di ripensarci o di perdere il coraggio. Dovevo comportarmi da Grifondoro per una volta nella vita, scappare non era più un opzione.
Era arrivato il momento, sia per me che per Giorgina, di affrontare la realtà: le cose non andavano bene da mesi tra di noi, continuare a stare insieme era una presa in giro per entrambi.
Poi però la notai, raggomitolata su una poltrona, Giorgina. Si era avvolta in una coperta verde scuro e stava sonnecchiando con la bocca leggermente aperta. La testa le cadeva da un lato facendo in modo che i capelli le coprissero parte del viso.
La mia ragazza aveva aspettato che tornassi, nonostante avessimo litigato, nonostante l'avessi praticamente messa da parte per un'altra. Improvvisamente mi sentii un vero schifo.
Come se avesse percepito la mia presenza, lei spalancò gli occhi. Sbatté le palpebre un paio di volte per rendersi conto di dove si trovava, poi mi vide.
«Finalmente sei tornato.» Mi salutò, alzandosi piano dalla poltrona. «Cos'hai fatto fino a quest'ora?»
«Sono stato alla festa.» Replicai guardandola con circospezione, consapevole di quello che ero sul punto di fare.
Giorgina era bellissima anche appena svegliata, con i capelli spettinati e senza trucco. Aveva tolto il vestito e nonostante indossasse il pigiama sembrava pronta per affrontare un servizio fotografico.
«E non ti sei annoiato da solo?» Inarcò un sopracciglio e mi si avvicinò.
Mi allacciò le braccia dietro al collo e tentò di darmi un bacio. Io voltai il capo e mi liberai del suo abbraccio con quanta più delicatezza possibile.
«No, sono stato con Albus. E con Rose.» Risposi sincero.
Qualcosa si incrinò nell'espressione di Giorgina. Vidi i suoi occhi farsi di ghiaccio e il suo sguardo affilarsi come la lama di un coltello.
«Sei stato ancora con la Weasley?»
Era ferita, e ferirla era tutto ciò che volevo evitare. Ma come puoi dire ad una persona che ti ama che tu non ricambi più i suoi sentimenti senza spezzarle il cuore?
«Sí. Senti, Giorg, io credo che sia arrivato il momento...»
«No.» Scosse la testa lei.
Aveva capito. Se lo aspettava, ma non voleva accettarlo. Non aveva passato gli ultimi mesi con me, Scorpius Malfoy. Li aveva passati con un fantasma, con lo spettro di un ragazzo che non aveva mai smesso di amare qualcun altro.
«Lo sai che ti voglio incredibilmente bene, Giorg, ma non posso continuare a stare con te. Meriti qualcuno che ti ami al cento per cento, qualcuno migliore di me.»
«Ma io voglio te.» Sibilò lei. «Non ti permetto di mollarmi per la Weasley.»
«Non è per Rose. È per me. Non funziona più, è come se fossimo due estranei e non dirmi che non te ne sei accorta.»
«Io sono disposta a lavorarci sopra, Scorpius. Non puoi mandare al diavolo più di un anno delle nostre vite. E per cosa poi? Per quella stronza che ti ha trattato da schifo.»
«Giorgina.» La ammonii tagliente io.
«No, Scorpius. Ti ha preso in giro, fattene una ragione.»
Mi prese il viso tra le mani e mi guardò negli occhi. «Perché ci stai facendo questo? Io ti amo e anche tu mi ami.»
Le presi i polsi e tolsi le sue mani dal mio viso. Ora era tutto chiaro, persino a me. Mortificato, decisi di dirle la verità. «Io non ti amo più.» Sussurrai, cercando di essere il più gentile possibile. «E credimi quando ti dico che mi dispiace davvero tanto. Sarebbe stato tutto più semplice, sai? Continuare a stare con te e il resto. I nostri genitori sarebbero stati felici, mio padre avrebbe ereditato le quote della tua famiglia e avrebbe saldato i suoi debiti, ma noi? Non posso continuare a prendermi in giro: ho scelto me.»
Fu come se Giorgina avesse ricevuto uno schiaffo in pieno viso. Si allontanò di qualche passo, guardandomi con sguardo colmo di disprezzo. «Sei uno stronzo.»
Sospirai. Mi avevano dato dello stronzo così tante volte che finii per crederci anche io. Ero proprio un maledetto stronzo.

NOTE DELL'AUTRICE
Ehilà! :D
Si vede che la scuola sta finendo, vero? Ho aggiornato presto, non so se questo sia un bene o se sia un male, ma comunque. :)
Il capitolo doveva essere molto più lungo e doveva concludersi con il pov di Rose, ma ho deciso di terminarlo qui per renderlo meno confusionario. 
Nella prima parte ci troviamo al quinto anno, a Maggio. Rose e Scorpius si baciano il Dicembre prima e Scorpius e Giorgina si mettono insieme il Settembre dopo. 
Spero sia tutto chiaro, se avete domande non esitate a pormele. 
Un bacione e a presto,
Francesca <3

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** Capitolo Sedici. ***


Capitolo Sedici.

 
He's so tall, and handsome as hell
He's so bad but he does it so well

Wildest Dream, Taylor Swift

 
C'è un momento, appena apri gli occhi, in cui sembra che tutto sia perfetto. Un breve istante di pace in un universo dominato dalla guerra. Ti svegli e pensi di non avere alcuna preoccupazione al mondo. Ci vogliono almeno cinque secondi per acquisire una piena consapevolezza di te, del tuo corpo, e di tutte le cazzate che hai fatto la sera prima.
Quel mattino non fu diverso per me. Spalancai gli occhi e presi un grande respiro, riemergendo da un sogno confuso come se fossi stata sul punto di annegare. Cercando di stabilizzare il battito del cuore ricaddi tra i cuscini e mi tirai le coperte sopra la testa. Mi voltai su un fianco con l'intenzione di rimettermi a dormire, ma i cinque secondi erano passati e il peso di quello che era successo poche ore prima si riversò su di me come una valanga.
Jason e il suo viso a pochi centimetri dal mio, il Whiskey incendiario, Scorpius, Giorgina e poi ancora Scorpius e le sue di mani attorno alle mie spalle.
Ti odio, Malfoy. Dio, ti odio così tanto.
Mi tirai a sedere di scatto, una mano sul cuore per impedirgli di uscire dal petto. Ciocche di capelli mi caddero sul viso, ma non le scostai. La testa mi faceva un male atroce, pulsava come se il mio cervello stesse prendendo a martellate la scatola cranica.
Se mi fossi ubriacata come si deve, almeno, non avrei ricordato niente. Sarebbe stato meglio. O forse no. Non essere consapevoli delle proprie azioni e non riuscire a ricordarle a distanza di tempo era una cosa che mi terrorizzava; era come leggere un libro con una pagina mancante.
Okay, calma Rose. Andrà tutto bene.
Incrociai le gambe e raddrizzai la schiena, mentre prendevo dei respiri profondi. Feci una rapida analisi di tutto quello che era successo la notte prima, soffermandomi su ogni minimo dettaglio: sul modo di Jason di essere a proprio agio in ogni situazione e su come aveva stretto in maniera possessiva un braccio attorno alla mia vita, su come Albus -Albus!- gli aveva tirato un pugno con tutta la forza di cui era capace, e su Scorpius. Scorpius e i suoi occhi verdi che mi guardavano con stupore misto a... a cosa? Rimpianto, forse.
E io, come una stupida, avevo fatto l'unica cosa che mi ero ripromessa che non avrei mai e poi mai fatto: gli avevo chiesto scusa.
Scossi la testa e mi dissi che non potevo farmi prendere dal panico. Sarei andata dritta da Scorpius per assicurargli che non intendevo niente, niente, di quello che gli avevo detto quella sera, e le cose sarebbero tornate alla normalità. Facile.
Oppure un'altra idea geniale era evitarlo per il resto della mia vita. L'esame di Trasfigurazione era fissato per fine Dicembre, qualche giorno prima dell'inizio delle vacanze Natalizie, e Scorpius era riuscito a risanare quasi tutte le mie lacune; avrei potuto farcela anche da sola.
Sì, come no.
Okay, quella di interrompere le lezioni non era una soluzione possibile, a meno che non avessi voluto prendere un Troll in trasfigurazione, in quel caso sarebbe stata perfetta. Ma il Troll non lo volevo, perciò la scartai.
Potevo però evitarlo per un paio di giorni. Sì, così si sarebbe dimenticato di tutto. Magari non proprio di tutto ma insomma, sarebbe stata storia passata e non ne avremmo parlato più.
Tanto non parlate mai, voi due. Fece notare maligna la voce di Albus.
E di chi è la colpa? Risposi io, stizzita.
Le tende del mio letto a baldacchino si spalancarono rivelando la presenza di Julia. Indossava un maglione con la scritta Keep Calm and be a Unicorn e la sua amata collana arcobaleno che la facevano sembrare una ragazzina del primo anno.
«La bella addormentata nel bosco si è svegliata, vedo.»
«La chi?»
«Lascia perdere.» Sventolò una mano per aria e poi tornò all'attacco. «Devi raccontarmi tutto quello che è successo alla festa, ma non adesso. E' quasi ora di pranzo e pomeriggio c'è la partita. Se non ci muoviamo faremo tardi.»
Merda. Me ne ero completamente dimenticata.
La partita avrebbe implicato incontrare, o almeno vedere, Scorpius Malfoy.
In quel momento, mi feci prendere dal panico.

«Non l'ha fatto veramente.» Urlò Julia mentre ci dirigevamo al campo da Quidditch.
«Julia! Abbassa la voce, ti prego.» Mi aggrappai al suo braccio e le poggiai la testa sulla spalla.
«Col cavolo che la abbasso!» Continuò lei. «Gli ha tirato un pugno?»
«Shhhhhht.» La ammonii nuovamente io.
Hogwarts quando si trattava di pettegolezzi era peggio della sede di un giornale scandalistico. I gossip divampavano come fulmini da studente a studente e improvvisamente ti ritrovavi coinvolta in una relazione incestuosa con tuo cugino, il quale non aveva più tirato un pugno a Jason Cameron, bensì a Scorpius Malfoy. Rabbrividii alla possibilità che una notizia così distorta potesse diffondersi.
«Allora fammi capire.» Disse la mia amica, questa volta con un tono di voce umano. «Jason ti stava per baciare.»
«Uhm, be', ecco... non direi proprio baciare...»
«Ti stava per baciare, Rose, svegliati! Dunque, ti stava per baciare e sono sbucati Albus e Scorpius che lo hanno preso a pugni?»
«No.» Sospirai io. «Albus gli ha tirato un solo pugno, ma sarebbe andato avanti se Scorpius non lo avesse fermato.»
Julia rifletté per qualche secondo. Fece per parlare ma si bloccò quando vide che un gruppo di Serpeverde ci stavano passando di fianco. Abbassò ulteriormente la voce e gliene fui grata. «Questo è strano. Voglio dire, non sarei stata così stupita se i ruoli fossero stati invertiti: Scorpius che prende a pugni Cameron e tuo cugino che gli dice di smettere.»
La situazione era così assurda che a volte mi chiedevo se fosse davvero successo o se fosse solo frutto del mio subconscio. L'umiliazione e la mortificazione che avevo provato, però, erano così forti che mi dicevo che sì, doveva essere accaduto per forza.
«E poi...» Andò avanti Julia. «Ti sei messa a piangere.»
Alzai gli occhi al cielo. «Sì, ma...»
«Ma prima hai detto a Malfoy che lo odi. Che lo odi per essersi innamorato di Giorgina.» Scoppiò a ridere e io le tirai un pizzicotto. «Scusa, scusa, ma sei davvero un genio, Rose.»
Vagamente offesa, alzai il capo e la guardai in faccia. Lei mi rivolse un sorriso vivace e poi scrollò le spalle. «Voglio dire, hai passato tutto questo tempo a ripetere che non ti importava niente di lui, che era storia vecchia e che non volevi neppure parlargli, e poi che fai? Gli urli addosso quelle cose! Avresti fatto prima a dirgli che sei ancora innamorata di lui e che è uno stronzo per averti spezzato il cuore. Almeno saresti stata sincera.»
Io incrociai le braccia al petto, consapevole di somigliare ad una bambina alla quale non vengono date le caramelle. «Sì, facile.»
«Non ho detto che è facile.»
«E ora cosa dovrei fare?» Chiesi con una nota disperata nella voce. «Cosa gli dico?»
«Non ne ho idea. E anche se l'avessi, devi essere tu a decidere la prossima mossa.»
La guardai con un sopracciglio inarcato. Julia non perdeva mai l'occasione per darmi un consiglio; non era una di quelle persone che ti lasciano carta bianca e che si limitano ad offrire perle di saggezza zen, lei era più il tipo che ti dice senza problemi l'enorme stronzata che sei sul punto di fare.
«Uhm, pensavo di evitarlo per un paio di giorni.» Sussurrai, fissando i sassolini del sentiero.
Julia emise un verso e imprecò. «Merlino, Rose! Devi parlargli. Digli quello che ti pare, ma devi dirgli qualcosa. Qualsiasi cosa.»
«Mica dovevo fare ciò che mi sentivo?» Parafrasai io quello che aveva appena sostenuto lei.
«Non se quello che senti può solo incasinarti ulteriormente la vita. Vai da lui adesso, prima che inizi la partita, e parlaci.»
«Non saprei da che parte iniziare.» Confessai.
Nonostante non avessi toccato cibo a pranzo, sentivo lo stomaco chiuso da una morsa di acciaio. Mi girava la testa e desideravo solo scavare una buca profonda e seppellirmici.
«E allora lascia iniziare lui.»
Arrivate al campo da Quidditch ci fermammo davanti alle scale che portavano alla tribuna. Serpverde e Grifondoro avevano già iniziato ad intonare cori per sostenere la propria squadra o per sbeffeggiare quella avversaria, e lo stadio era un'esplosione di verde e rosso.
Ci passarono di fianco i gemelli Scamander, emozionati e su di giri.
«Ciao ragazze!» Ci salutò allegro Lorcan.
«Ehi.» Ricambiai io.
«Allora oggi è il gran giorno?» Chiese Julia rivolta a Lisander. «Sarà la tua prima telecronaca?»
«Esattamente.» Fece lui gonfiando il petto. «Sarà leggendario!»
«Speriamo di vincere.» Disse Lorcan con un sospiro. «I Serpeverde mi paiono abbastanza agguerriti.»
Julia ed io avevamo assistito un paio di volte agli allenamenti dei Grifondoro, ed ero sicura che avrebbero dato del filo da torcere alle Serpi.
I due gemelli si congedarono e andarono a posizionarsi vicino alla tribuna dei professori, di fronte al grande megafono incantato.
La mia amica guardò in modo eloquente prima me e poi la mia mano ancora avvinghiata alla sua giacca. La staccai con calcolata lentezza, cercando di darmi una calmata.
«Allora vado.»
«Vai.»
Prima che ci ripensassi, Julia sparì, inghiottita dalla marea rosso e oro di Grifondoro.
Mi tirai il cappuccio sul capo e attraversai il campo correndo, diretta agli spogliatoi dei giocatori.
Speravo che nessuno mi riconoscesse; non avrei sopportato le chiacchiere che si sarebbero diffuse nel castello se la gente avesse visto Rose Weasley andare a parlare con qualcuno prima della partita dell'anno. Odiavo stare al centro dell'attenzione, mi sentivo come se avessi un riflettore costantemente puntato contro, ma quando i tuoi genitori erano i paladini del mondo magico muoversi nell'ombra risultava difficile.
Le urla degli studenti esagitati erano solo echi lontani per me. Nelle mie orecchie rimbombava ancora la conversazione che avevo avuto con Malfoy quella notte.
Ho sempre pensato che quando trovi la persona giusta lo sai, che è quella con cui passerai il resto della vita
Non ce la potevo fare.
Entrai nel corridoio sotto la tribuna e mi bloccai. A destra c'erano due porte, mentre sull'altro lato ce n'era solo una, abbellita con una ghirlanda Rosso-Oro. Rivolsi la mia attenzione alle due porte sulla destra: qual era quella giusta? Misi la mano sulla prima maniglia, poi mi bloccai. Non potevo fare irruzione nello spogliatoio della squadra di Serpeverde come se niente fosse. Oh Merlino, e se erano nudi?
Rabbrividii e feci qualche passo indietro.
Respiravo a fatica e sentivo i sintomi di un attacco di panico imminente. Dovevo andarmene da lì. Ero bloccata al centro del corridoio deserto quando la porta dei Grifondoro si spalancò alle mie spalle.
I miei compagni di Casa furono stupiti nel vedermi. Come mi aspettavo, mi chiesero se avessi bisogno di qualcosa e io restai a fissarli per dieci secondi buoni, non sapendo che cosa rispondere. Poi vidi Jason e la soluzione arrivò inaspettata. Per tutto quel tempo non avevo pensato minimamente a lui.
«Jason.» Dissi, cercando di suonare convincente. «Volevo augurarti buona fortuna.»
Gli altri ragazzi se ne andarono con sorrisetti maliziosi, pensando di farci un favore lasciandoci da soli.
Ba', a me non lo stavano facendo di certo. Volevo scappare via e imprecare contro quella Serpe di Merlino: non bastava chiarire le cose con Scorpius, adesso dovevo affrontare anche Jason.
«Senti, riguardo a ieri sera.» Iniziai senza guardarlo negli occhi. «Non so che cosa sia preso a mio cugino, ma...»
«Non preoccuparti, Rose. Possiamo sempre riprovarci.»
Jason stava sorridendo. E si stava avvicinando. Il tutto aveva un fastidioso sapore di deja-vu, e io ero sul punto di dirgli che no, non ci volevo riprovare, ma fui interrotta dalla squadra di Serpeverde che si riversava nel corridoio.
Jerome Rosier, seguito da Sophia Mulciber, fu il primo che ci notò.
«Ciao, Rose.» Mi salutò con un sorriso di cortesia. «Cameron.»
Tra Jason e i Serpeverde non era mai corso buon sangue. Lui portava un grande rancore nei confronti di quasi tutti i purosangue, come se a loro fosse da imputare tutto il male che c'era nel mondo.
Cameron rivolse a Jerome un cenno del capo, mentre io ricambiai il saluto con una mano.
«Ancora tra i piedi, Cameron? Pensavo di essere stato chiaro.»
Albus sbucò dallo spogliatoio affiancato da Tom Smith -portiere- Caterina Zabini – la terza cercatrice- e dal secondo battitore del quale non ricordavo il nome; all'appello mancava solo Scorpius.
Jason sembrava divertito. «E' lei che è venuta da me, Potter. Forse dovresti fartene una ragione e accettare il fatto che...»
«Senti, lurido...» Albus stava già estraendo la bacchetta da sotto la veste, quando io mi misi ad urlare. «Adesso basta!»
Gli altri Serpeverde decisero che era meglio tagliare la corda e si affrettarono a seguire Sophia e Jerome in campo. Davanti a me Albus mi guardava con occhi spalancati.
«Non sono venuta qui per Jason, porco Salazar!» Un istinto animale si era impossessato di me e aveva mandato la mia ragione in vacanza alle Hawaii. «Sono qui per parlare con Scorpius. Con Malfoy. Il tuo amico biondo platino, hai presente?»
Se avessi avuto ancora il controllo della mia mente, non avrei mai detto una cosa del genere davanti a Jason, ma soprattutto non avrei mai e poi mai pronunciato quelle parole davanti a Scorpius, che era comparso al fianco a mio cugino proprio in quel momento.
Tre paia di occhi mi fissarono attoniti.
Il cuore mi rimbombava nel petto e sentivo il sangue pulsare nelle vene. Misi una mano contro il muro, sperando di trarre conforto dal freddo del cemento.
Chiusi gli occhi e mi ci appoggiai. Non volevo vederli. Non volevo vedere nessuno.
«Andiamocene, muoviti.» Sentii Albus dire a Scorpius mentre lo portava via. Malfoy oppose una leggera resistenza, ma probabilmente mio cugino gli rivolse uno sguardo così velenoso da convincerlo a seguirlo senza storie.
Non ero pronta per affrontare Jason, anche se era il momento.
Aprii gli occhi e, fidatevi, se non fossi stata appoggiata al muro, sarei caduta per terra. Di fronte a me non c'era Jason Cameron; c'era Scorpius Malfoy.
Se ne stava in piedi a pochi passi da me, con la scopa stretta nella mano sinistra e il braccio destro abbandonato inerme contro il fianco. I suoi occhi, di una tonalità più chiara rispetto alla divisa, erano così cristallini da sembrare trasparenti e mi stavano guardando. Scorpius mi stava guardando come se mi vedesse davvero.
Un leggero sorriso gli solcava le labbra. Era un qualcosa di flebile come una fiamma che arde al vento e di delicato come un fiore appena sbocciato; trasmetteva un'emozione che andava protetta, custodita.
«Ciao.» Mi disse.
Non si avvicinò a me, non allungò una mano per toccarmi; semplicemente se ne stette al suo posto, a qualche passo di distanza, con le braccia strette lungo il corpo.
Qualcosa di strano gli aleggiava sul volto, e mi stupii quando mi accorsi che si trattava di sincera sorpresa: non si aspettava di trovarmi lì.
Il fatto che non ostentasse indifferenza significava che aveva abbassato la maschera: finalmente riuscivo a capire cosa provava, finalmente riuscivo a vedere quello che era stato il mio migliore amico.
«Ciao.» Risposi io, tanto inebetita per la sua reazione quanto lo era lui per la mia presenza. «Stavo... Passavo da queste parti.»
Passavo da queste parti? Seriamente, Rose?
Scorpius mi guardò male e poi ghignò. «Mmm, passavi per gli spogliatoi prima di una partita?»
Come al solito, non voleva farmela passare liscia.
«Okay, d'accordo, hai vinto.» Concessi alzando le mani in segno di resa. «Ti stavo cercando.»
«Non potevi aspettare più tardi? Tra poco devo raggiungere gli altri...»
«No, non potevo.»
Scorpius si bloccò. «Perché no?»
Si rivolgeva a me con rinnovata delicatezza, in una maniera che mi era diventata ormai estranea.
«Perché se avessi aspettato dopo la partita, avrei probabilmente perso il coraggio.»
«Il coraggio?»
«Si, be'... Volevo dirti che mi dispiace se ieri sera sono scoppiata e me la sono presa con te.»
Scorpius non si aspettava di trovarmi lì, questo era certo, ma mai e poi mai si sarebbe aspettato che fossi lì per scusarmi con lui. «Mi stai chiedendo scusa?»
«Sì, mi pare abbastanza evidente.»
«Per ieri sera.»
«Sì.» Risposi nuovamente io. «Stai bene?»
«Mmm.»
No, Scorpius non aveva la faccia di uno che stava bene.
«E poi.» Aggiunsi prima di avere il tempo per ripensarci. «Tutta quella questione sul fatto che ti odio e... Su Giorgina, sai... Ecco. Non facevo sul serio, non so che mi è preso.»
Scorpius mi guardava a bocca aperta, come se fossi un esperimento che non aveva dato il risultato sperato.
Era buio nel corridoio. Sopra la testa di Scorpius c'era una piccola finestra dalla quale provenivano dei raggi solari che illuminavano l'ambiente mettendone in evidenza le imperfezioni. Le crepe che attraversavano il muro come fili intricati di una matassa, la polvere che si era accumulata sul pavimento in soffici batuffoli e le ragnatele tessute lungo gli stipiti delle porte facevano da coronamento a Scorpius, il quale portava un briciolo di luce in quell'ambiente dimesso e imperfetto.
Si allontanò da me di qualche passo e poggiò la schiena contro la parete opposta alla mia. Era come se non avessimo le forze per reggerci in piedi. La luce del sole gli illuminava i capelli conferendogli una sfumatura quasi dorata, mentre i suoi occhi erano ora nell'ombra e sembravano profondi come pozzi di petrolio.
Poi sorrise, sfoggiando il suo sorriso di cortesia. «Certo. Nessun problema. Non eri propriamente te stessa ieri sera. Ricordami di non farti toccare il whiskey incendiario la prossima volta.»
Decisi di non contraddirlo per non peggiorare la mia situazione. «Sì, già. Quindi siamo a posto?»
«A posto.»
Mi scostai dal muro e lui mi si avvicinò. Mi tese una mano e io gliela strinsi, non senza un attimo di esitazione. Quel gesto formale suonava tremendamente sbagliato.
«E' meglio che vada. Ci si vede in giro.» Disse lui.
Io deglutii e alzai la testa. «Certo. Buona fortuna.»
Era già a metà strada verso l'uscita quando si voltò. «Come si dice in questi casi? Che vincano i migliori, ovvero noi.»
«Sei così sicuro di te, Malfoy?»
Lui ghignò. «Assolutamente.»
Se ne andò, e io restai nel corridoio, sola, per qualche istante ancora.
Avevo sentito il fischio di inizio, eppure non mi ero ancora mossa.
Eventualmente, decisi di uscire dal retro e andare in Sala Comune.
Quella era la prima partita di Quidditch alla quale non assistevo.

Desideravo soltanto nascondermi a leggere un libro.
Arrivai a destinazione per inerzia, i miei piedi ormai conoscevano a memoria la strada.
«Parola d'ordine.» Chiese annoiata la Signora Grassa.
«Api Frizzole.»
Il quadro della Signora Grassa si aprì per lasciarmi passare attraverso il buco che portava alla mia dolce Sala Comune. Tutto era al suo posto, il camino spento sulla destra, le poltrone rosse ed oro, tutto era in ordine, tranne la mia testa. Mi sedetti per terra, con la schiena appoggiata ad un divanetto e appellai Orgoglio e Pregiudizio con uno sventolio di bacchetta.
Immersa nella lettura, rimasi lì a bearmi dell'atmosfera surreale che si era creata nella stanza. Non so dire con precisione quanto tempo passò. Minuti. Ore. Giorni. Anni. Quello che so è che iniziavo a sentire le voci degli studenti di Hogwarts che si dirigevano verso il castello per festeggiare una vittoria o per piangere una sconfitta. Tra pochi minuti la sala comune si sarebbe riempita di persone e non era il caso che mi trovassero rannicchiata per terra a rimuginare sui miei problemi.
No. Decisamente, quella sera non potevo farcela.
Mi alzai dal tappeto e mi spazzolai la gonna, anche se non ce n'era proprio bisogno, ma era un'abitudine. Mi guardai intorno per bearmi della calma prima dell'uragano di Grifondoro che si sarebbe abbattuto nella stanza di lì a pochi minuti...
… o secondi?
Il mondo si bloccò.
Era come se fossi stata trasportata in una di quelle scene a rallentatore e il tempo si fosse fermato. Vidi il retro del ritratto scorrere di lato con una lentezza innaturale e dei ragazzi entrare in Sala Comune, scuri in volto come se su di loro si fosse abbattuta una tempesta. E capii: Grifondoro aveva perso.
«Rose!» Julia si fece largo tra la folla e mi raggiunse. «Che fine hai fatto?»
Scrollai le spalle. «Non avevo voglia di vedere la partita.»
Julia sospirò. «Cos'ha combinato il Biondaccio?»
«Niente!» Esclamai passandomi una mano tra i capelli. «E' questo il punto: parlare con lui mi destabilizza.»
Dopo che ci fummo sedute ad un tavolino appartato per evitare orecchie indiscrete, Julia mi fece cenno di proseguire.
«Gli ho detto che mi dispiaceva per aver perso il controllo e... non lo so, non riesco a capire cosa gli passa per la testa, e ovviamente lui non ha intenzione di dirmelo.»
«Continuo a non afferrrare perché sei tornata qui. Ti sei persa la partita, anche se forse è stato meglio così. Abbiamo giocato da schifo, Jason è su tutte le furie.»
Mi lanciai un'occhiata attorno ma non vidi nessun componente della squadra. Probabilmente si trovavano ancora negli spogliatoi a sorbirsi la ramanzina del capitano per non aver giocato al loro meglio.
Nel frattempo la Sala Comune si stava riempiendo di ragazzi e ragazze, facendomi sentire in trappola.
«Devo uscire di qui.» Sussurrai, facendo strisciare la sedia contro il pavimento.
«Vengo con te.» Si offrì la mia amica.
Misi una mano sulla sua. «No, Julie. Vorrei stare da sola.»
«Così potrai continuare a farti paranoie mentali riguardo a Malfoy?» Mi chiese lei inarcando un sopracciglio.
«Qualcosa del genere. Lasciami ancora stasera per pensare a lui, poi inizierò la disintossicazione da Scorpius Malfoy.»

Mi sedetti in riva al lago con le gambe incrociate. Il sole era sul punto di sparire oltre l'orizzonte, facendo sprofondare il mondo nell'oscurità. Lo fissai per qualche istante per poi distogliere lo sguardo. Adoravo i colori del tramonto: era come venire trasportati un un dipinto dominato dalle più svariate tonalità di rosso e rosa che pian piano lasciano spazio al blu della notte.
Presi un sasso a caso e lo gettai nell'acqua. Non mi curai lanciarlo nella maniera corretta, non volevo che rimbalzasse sulla superficie del lago, avevo solo bisogno di fare qualcosa. Ne presi un altro e ripetei il gesto, ma ci misi più forza, più violenza.
Iniziavo a rimpiangere di non aver assistito alla partita. Non esserci andata voleva dire che davo a Malfoy più importanza di quella che meritava. Avevo vissuto senza di lui per più di due anni, e sapete cosa? Stavo bene! Alla fine ero sopravvissuta, quindi non sarebbe stato difficile farlo di nuovo. Funzionavo prima di conoscerlo, e avrei funzionato anche senza di lui.
Se solo non avesse continuato ad intralciare la mia strada, sarebbe stato tutto più semplice. Negli ultimi mesi, continuavo a ritrovarmelo tra capo e collo. Non solo fisicamente, ma anche mentalmente. Mi sembrava di scorgerlo ogni volta che voltavo lo sguardo e intravedevo una chioma bionda, e quando mi convincevo che non mi interessava più lui era pronto a farmi ricredere.
Merlino, dovevo smetterla. Stavo perdendo la testa.
Qualcuno si sedette al mio fianco, leggiadro come una piuma che si posa al suolo. «Dio!» Esclamai portandomi una mano sul petto.
Scorpius Malfoy ghignò e mi rivolse uno sguardo divertito. «Abbagliata dalla mia presenza?»
Si era cambiato: al posto della divisa da Quidditch indossava un paio di jeans scuri e una maglietta azzurro chiaro che si intravedeva dal cappotto aperto sul petto. Aveva i capelli bagnati e la sua scopa giaceva abbandonata al suo fianco. Repressi l'impulso di dirgli di abbottonarsi la giacca di andare ad asciugare i capelli. Non ero sua madre, se voleva prendersi un raffreddore peggio per lui.
«Direi più che altro spaventata a morte.» Raddrizzai la schiena e cercai di stabilizzare il respiro. «Che cosa ci fai qui, comunque? Non dovresti essere in Sala Comune a festeggiare?» Chiesi poi, con una punta di stizza nella voce. Non volevo parlare con lui, eppure ero felice che fosse lì.
«Festa noiosa.» Rispose tranquillamente. «Non ti ho vista in tribuna, prima. Da quando ti perdi una partita?»
Se ne era accorto. Certo.
«Uhm, mal di testa.» Biascicai, consapevole che non ci avrebbe creduto in ogni caso.
Lui proruppe in una risata roca. «Mal di testa, Rose? Seriamente?»
Mi voltai per guardarlo. Il suo viso risplendeva, illuminato dagli ultimi raggi che si erano sottratti al tramonto. Sembrava sereno, privo di ogni preoccupazione. Mi stupii: non lo vedevo così da tanto tempo.
Alzai le spalle, ma non dissi niente. Sentivo che se avessi parlato, la mia voce avrebbe tremato.
Avrei dovuto urlargli di andare via e di lasciarmi da sola, ma non volevo farlo. Non potevo farlo.
Rivolsi lo sguardo alle mie mani, che tenevo saldamente intrecciate in grembo. Nonostante sentissi gli occhi di Scorpius puntati su di me, non alzai il capo.
«Rose.» Mi chiamò lui. La sua voce era sottile, quasi un sussurro.
Lo guardai. Quando parlò di nuovo, sul suo volto aleggiava un velo di disperazione. «Mi manchi da fare schifo.»

No.
Insomma. Devo aver capito male.
«Cos'hai detto?» Balbettai talmente piano che pensai non mi avrebbe sentito.
Lui non rispose subito. Chiuse gli occhi e prese dei respiri profondi, come se parlare gli costasse un enorme sforzo, e probabilmente era così.
«Mi manchi così tanto che mi fa male.» Disse con la voce strascicata.
Ah.
«Sei impazzito, non sai ciò che stai blaterando.» Affermai scuotendo la testa, non credendo ad una parola di quello che mi diceva.
Il problema era che io non ci volevo credere. Farlo avrebbe significato mostrarmi debole finendo per uscirne sconfitta e più distrutta di prima. Non potevo permetterlo, non di nuovo.
«Forse lo sono.» Disse, i suoi occhi erano ancora fissi su di me. «Assurdo, non trovi? Io ti ho servito il mio cuore su un piatto d'argento e tu lo hai fatto a pezzi senza scrupoli. Perché? Che cosa ti ho fatto di male?»
Doveva di certo essere un incubo perché non ci stavo capendo niente. Io lo avevo ferito? Era stato lui che un giorno aveva smesso di parlarmi. Lui mi aveva distrutta, non io.
Lo guardai a bocca aperta, indecisa se abbracciarlo o tirargli un pugno in faccia. Il mondo attorno a me prese a girare violentemente e l'ultimo briciolo di sanità mentale mi abbandonò.
«Vai via, Scorp. Se qualcuno ci vedesse qui...»
«No, devi ascoltarmi.» Allarmato, mi poggiò una mano sulla spalla per impedirmi di fuggire via. Sembrava aver acquistato un minimo di lucidità, mentre io ero sul punto di perderla del tutto.
Il mio cervello urlava a gran voce di scappare, ma il mio cuore non era dello stesso avviso. Cosa fai quando cervello e cuore intraprendono una battaglia all'ultimo sangue, lasciandoti letteralmente nella merda?
«Salazar, domani mattina mi prenderò a pugni da solo, ma devi sapere che ci ho provato ad odiarti, giuro che ho tentato così tanto...» Sospirò, e poi aggiunse così a bassa voce che sembrava stesse parlando con se stesso. «Ma non ci sono riuscito.»
Ormai era tanto vicino che riuscivo a sentire il suo respiro bruciare sul viso.
E poi non ce la feci più. Senza pensarci, senza avere il tempo di cambiare idea, poggiai delicatamente le labbra sulle sue, pregando che non mi respingesse. Non lo avevo previsto, successe e basta.
Durò una manciata di secondi, poi capii immediatamente il mio sbaglio e quindi mi allontanai.
Ha una ragazza, Rose. Cosa pensi di fare?
Non sapevo proprio che cosa mi era preso. Feci per dire qualcosa -che mi dispiaceva, che non era mia intenzione- ma le parole mi morirono in gola quando Scorpius si riprese dallo shock e mi baciò di nuovo.
Strinsi la sua maglietta tra le dita e lo attirai a me, avevo bisogno di sentirlo più vicino, sempre di più. La sua bocca era gentile contro la mia, ma non era dolcezza che cercavo, non dopo tutto quel tempo.
L'immagine di Giorgina sparì completamente dalla mia mente, esisteva solo Scorpius e la sua mano sulla mia guancia.
Poi le sue braccia furono attorno alla mia vita e in qualche modo mi ritrovai sdraiata sotto di lui. La schiena mi faceva male a causa dei sassi che mi premevano contro le vertebre, ma non mi importava. Anche attraverso i vestiti riuscivo a sentire il calore che il suo corpo emanava.
Il mio mondo era stato appena ribaltato.
Il ghiaccio era diventato caldo, il fuoco freddo. L'acqua asciutta, il deserto umido.
Scorpius Malfoy mi stava baciando e io stavo rispondendo al bacio. Di nuovo.
Quando la consapevolezza di quello che stavo facendo si insinuò in me, maligna come una serpe, mi bloccai.
Aprimmo gli occhi nello stesso istante, l miei azzurri immersi nei suoi verdi. Per un secondo restammo immobili a guardarci, senza sapere che cosa dire o che cosa fare, il respiro affannato. Poi Scorpius fece per parlare, e io rotolai via da lui per poi alzarmi in piedi.
«Rose, aspetta.» Disse, ma io mi ero già messa a correre.

Disintossicarti da Scorpius Malfoy? Brava, Rose. Direi che ce la stai proprio mettendo tutta.




NOTE DELL'AUTRICE
Ehm, salve!
Ecco qua il capitolo. Spero che vi piaccia, anche se non ne sono per niente convinta! Volevo dire che ci ho messo ore solo per scrivere l'ultima scena, che quindi spero non faccia schifo, anche se a me pare assolutamente innaturale, ma lascio a voi il giudizio. Vi dico solo che mi escono meglio le scene stupide e le litigate, ahahahahahah.
Il capitolo era diverso all'inizio, ma per una serie di motivi ho dovuto -e voluto- modificarlo. :)
Spero solo che vi piaccia.
Vi ringrazio tanto per le recensioni che mi lasciate e solo per il fatto che leggiate la mia storia! Ah, e volevo anche ringraziare tutte le persone che hanno aggiunto la storia tra le seguite\preferite\da ricordare. Siete davvero tanti, e io non so come ringraziarvi. <3

Francesca 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** Capitolo Diciassette. ***


Capitolo Diciassette. 

 
I bet it never, ever, occurred to you that I can’t say hello to you
and risk another goodbye.
I Almost Do, Taylor Swift.



… Ma io mi ero già messa a correre.
Correvo, veloce come se fossi inseguita dal mio peggior nemico.
Fuggivo da Scorpius, quando tutto quello che desideravo era tornare indietro da lui.
«Rose, aspetta» mi stava chiamando, ma era ormai troppo tardi. Fermarsi non sarebbe servito a nulla. Avevo bisogno di stare da sola, di punirmi per quanto avevo fatto.
Ha una ragazza, ha una ragazza, ha una stramaledettissima ragazza. Continuavo a ripetermi nella mente. Aveva una ragazza e, per quanto odiassi Giorgina, quello che avevo fatto era sbagliato. Mi sentivo talmente mortificata e umiliata che non volevo rivederlo mai più. Proprio per questo non potevo permettergli di raggiungermi; perché se mi fossi trovata faccia a faccia con lui di nuovo, non sarei più stata in grado di voltarmi e andarmene via.
Ma Scorpius Malfoy era alto un metro e novanta e, oltre ad avere le gambe lunghe il doppio delle mie, era sicuramente più veloce di me.
Non ero neppure a metà salita verso il castello che già sentivo un acuto dolore alla milza. Mi mancava il fiato, in parte per la corsa e in parte per tutto quello che era successo. Non ci voleva un genio per capire che mi avrebbe raggiunta di lì a pochi istanti. Iniziai ad andare nel panico. Per un istante presi in seria considerazione l'idea di smaterializzarmi, ma la voce di mia madre mi raggiunse prontamente: non ci si può smaterializzare entro i confini di Hogwarts.
Giusto.
Stavo per voltarmi, testa alta per fronteggiare Malfoy e probabilmente l'ennesimo suo rifiuto, quando la vidi. La casetta di Hagrid si ergeva modesta alla mia destra come un fungo nel bel mezzo di una prateria. Senza pensare, mi nascosi dietro di essa.
Spiai Scorpius mentre si guardava intorno, gli occhi socchiusi per vedere meglio tra le ombre. Lo vidi sbottare di frustrazione e poi andarsene con le mani infilate nelle tasche. Non provò a cercarmi, e ne fui contenta.
Mi appoggiai al muro di pietra e chiusi gli occhi, concedendomi finalmente di respirare a pieni polmoni.
«Rose!» La voce di Hagrid mi colse alla sprovvista.
Il mezzo-gigante si trovava a pochi passi da me con un grosso cesto pieno di erbe tra le mani. La barba e i capelli erano ormai striati di bianco, ma sapevo che un tempo erano stati neri come la pece. I suoi occhi, invece, avevano mantenuto la scintilla che avevano nelle foto che i miei genitori mi avevano mostrato più volte.
«Mi hai spaventato» dissi in un sospiro.
«Scusa» mi rispose lui con gentilezza. «Ma cosa ci fai da queste parti? E' quasi il coprifuoco, non dovresti andartene in giro a quest'ora tutta sola»
Hagrid mi rivolse il suo solito sorriso rassicurante, ma quando mi guardò in viso la sua espressione mutò.
«Che ti è successo, Rosie?» Mi chiese passandomi un braccione attorno alle spalle. «Ogni volta che tua madre c'aveva quello sguardo era per colpa di tuo padre. Vieni, ti preparo del tè»
Mi lasciai condurre all'interno della sua casetta, dove mi accolse un fuoco scoppiettante insieme ad un piacevole calore che fu un toccasana per le mie membra intorpidite.
«Si tratta di Scorpius» biascicai, prendendo posto sulla lunga panca di legno. «Si tratta sempre di Scorpius»
Hagrid sistemò la teiera sul fornello e poi sospirò. «Voi donne c'avete sempre una grande debolezza, e solitamente questa è un ragazzo idiota» La teiera iniziò a fischiare, ma Hagrid proseguì, sventolando un grosso cucchiaio per aria. «Ma la sai una cosa? Voi non c'avete mica bisogno di loro!»
«Poi però mia mamma lo ha sposato, l'idiota, anche se a scuola lui la faceva arrabbiare» sussurrai contorcendomi le mani e sentendomi ancora più piccola sotto lo sguardo del semigigante.
Hagrid mi passò una tazza fumante e mise su un piattino un paio di biscotti, duri come il cemento. Li rifiutai cortesemente e bevvi una sorsata di tè, sentendomi quasi rinvigorita. Mia nonna aveva ragione quando diceva che il miglior rimedio dopo un forte shock è una bevanda calda. Io ero decisamente traumatizzata, quindi ne avevo bisogno.
«Lo ha sposato, ma alla fin fine era lui quello che aveva più bisogno di lei, non il contrario. Magari anche tu sposerai Scorpius Malfoy»
Mi andò di traverso il tè e tossicchiai per evitare di strozzarmi. Morire in quel modo sarebbe stata una fine molto poco dignitosa.
«Sì...» riuscii a biascicare poi. «Mai nella vita»
Hagrid mangiò un biscotto -sul serio, come faceva?- e si mise a ridere. «Certo che se decidessi di sposare un Malfoy ce ne sarebbero davvero delle belle. Non so se la prenderebbe meglio tuo padre o tuo nonno»
Perché, di grazia, ogni volta che nominavo il Biondaccio si finiva sempre per parlare del nostro matrimonio o del nostro fidanzamento? No, no e poi no. La gente doveva piantarla. Mi ero rifugiata da Hagrid per evitarlo, eppure in qualche modo riusciva sempre a seguirmi. Era come se si fosse insinuato sotto la mia pelle. Se chiudevo gli occhi riuscivo ancora a sentire le sue mani sul viso, attorno alla vita. Le sua labbra sulle mie... e avevo bisogno di fare una doccia per liberarmi dal suo odore che mi impregnava i vestiti. Immediatamente.
«Penso sia presto per parlare di matrimonio, che dici, Hagrid?»
«Comunque Ron se ne farebbe una ragione, non preoccuparti»
«Non mi preoccupo, infatti» spiegai spiccia. Poi aggiunsi, tanto per essere chiara. «Non c'è niente di cui preoccuparsi!»
Hagrid sogghignò e spazzò via anche l'ultimo biscotto. «Va bene, Rose. Non parliamo più di ragazzi»
Gli sorrisi grata e lui ricambiò, dandomi una pacca sulla spalla con una delicatezza innaturale per un uomo della sua stazza.
 «Come stanno i tuoi genitori? E gli zii?» Mi chiese con gli occhi che brillavano. Era loro molto affezionato, tant'è che un paio di volte all'anno mamma, papà e zio Harry venivano a scuola per salutarlo e passare un pomeriggio in sua compagnia.
«Stanno bene, grazie. Ti salutano» risposi, felice del cambio di argomento.
«E tu, invece? Sempre la più brava della classe?»
«Mmm» mi limitai ad annuire vagamente, sorvolando sul fatto che non lo ero più. Scorpius era più bravo di me, in trasfigurazione almeno.
«Aha! Lo sapevo. Proprio come tua madre!»
Hagrid non intendeva alcun male con quella frase, eppure alle mie orecchie suonò come un grosso insulto. Io non ero all'altezza di Hermione Granger, e le persone dovevano iniziare a capirlo.
Nonostante tutto, gli rivolsi un piccolo sorriso. «Grazie» Grazie per pensare che io possa essere anche solo vagamente al suo livello.
«Sono stati qui qualche settimana fa, i tuo genitori e lo zio Harry» continuò lui.  «E Hermione mi ha detto che stai studiando molto per entrare alla scuola di medimagia»
Mia madre non aveva idea delle ore passate a recuperare trasfigurazione con il Biondaccio. Se lo avesse saputo sarebbe stata dalla mia parte, ne ero sicura, ma sarebbe anche andata in paranoia, buttandomi ansia addosso. E se c'era una cosa della quale non avevo bisogno, quella era la sua ansia.
«Sì, be'... Ci sto provando» non era una bugia. Ci stavo provando davvero.
 «Cavoli, Rose! Medimago, mica una cosa da niente» esclamò Hagrid con così tanto orgoglio che sentii gli occhi bruciare. Come potevo deludere anche lui?
Rimasi in silenzio, non sapendo che cosa dire senza scoppiare a piangere. Hagrid parve capire che non ero dell'umore per una chiacchierata, perciò iniziò a preparare la cena, permettendomi di restare lì seduta in casa sua con lo sguardo perso nel vuoto. Mentre stringevo la mia tazzona tra le mani, non potevo smettere di pensare a quanto successo poco prima e a quanto la mia vita si fosse incasinata nel giro degli ultimi mesi, proprio quando pensavo che le cose stessero andando meglio. Come se non bastasse, non avevo ancora racimolato il coraggio per ammettere che il mio sogno non era diventare medimago. Ma era sempre meglio avere un sogno falso piuttosto che non averne alcuno.
Il sole cedette definitivamente il posto alle tenebre. Il coprifuoco era passato e se non mi fossi sbrigata avrei perso la cena. Non che mi importasse: non avevo fame. Mi sentivo male.
 «É meglio che torni al castello» mi fece notare Hagrid guardando fuori dalla finestra. «Non vorrei che finissi nei guai»
Io annuii, distante anni luce, e di mala voglia mi alzai. Lo ringraziai e mi diressi a passo veloce verso Hogwarts, e poi verso la mia sala comune, iniziando a sentirmi vagamente in colpa per essere scappata via da Scorpius Malfoy.


Il giorno dopo andai dritta da Jason Cameron.
Non avevo neppure il coraggio di guardare Scorpius in faccia, ma almeno avevo trovato quello per parlare con Jason.
«Ciao» gli dissi quando lo beccai fuori dall'aula di incantesimi. «Hai un attimo?»
I ragazzi con i quali stava chiacchierando mi rivolsero occhiate divertite. John Lewis, il suo migliore amico, gli diede una pacca sulla spalla per poi andarsene insieme agli altri.
«Ciao, Rosie» Jason mi sorrise, la sua voce era allegra come al solito, non lasciava tradire alcuna traccia di quanto successo il giorno prima negli spogliatoi. «Come stai questa mattina?»
«Bene, grazie» Bugia. «Tu?»
Si passò una mano tra i capelli e la camicia gli si sollevò, lasciando intravedere una striscia di pelle. Distolsi lo sguardo.
«Non c'è male»
«Volevo chiederti scusa per ieri» sospirai. «Ultimamente continuo a scusarmi. Mio cugino che si comporta così è assurdo. E io che, insomma, ero lì per Malfoy, però mi ha fatto piacere vederti prima della partita»
«Non preoccuparti. Potter è solo geloso, sei come una sorella per lui e ha paura che tu possa soffrire. E' normale. E poi è un po' svitato, lo sanno tutti»
Stavo per rispondere che solo io, e Scorpius, potevamo dare dello svitato a mio cugino, ma Jason non lo aveva detto con cattiveria, perciò lasciai perdere.
«E' solo che, davvero, non voglio ferirti in nessun modo» continuai stropicciandomi le mani.
«Non mi ferisci, Rose. Sei stata chiara, sono io che non me ne faccio una ragione» mi si avvicinò di un passo, e io indietreggiai.
«Prima o poi ti innamorerai di me» disse con tranquillità.
Ma magari!
Sarebbe stato tutto più semplice.
«Jason!» Gli tirai una piccola pacca sulla spalla e lui rise.
«Non ti libererai di me tanto facilmente. Per ora mi va bene esserti amico. Per ora» mi passò una mano attorno alle spalle e insieme entrammo nell'aula, giusto quando la campanella suonò.
«E poi sono molto più simpatico di Malfoy, oltre che più figo» mi sussurrò all'orecchio prima di raggiungere il suo posto.
Io lo guardai mentre si sedeva, tranquillo e rilassato, come se non avesse alcuna preoccupazione al mondo.
Sì, era bello e sì, era simpatico. Aveva solo un piccolo grande difetto: non era Scorpius.


I giorni seguenti furono strani, confusi. Passavo il tempo a nascondermi da Malfoy, che tentava in tutti i modi di parlare con me. Inoltre Albus non era dalla mia parte e continuava a dirmi che dovevo fronteggiarlo, quindi alla fine presi ad evitare anche lui senza sentirmi minimamente in colpa.
Julia non si pronunciava sulla questione, ma riuscivo a percepire che non capiva fino a fondo il mio comportamento. Sinceramente neanche io lo capivo, tutto quello di cui ero sicura era che non volevo guardare Scorpius negli occhi e sentirmi dire che il nostro bacio era stato un errore -già lo sapevo- e che non voleva più avere a che fare con me. Non potevo sopportarlo di nuovo.
Quella mattina ero seduta sola al tavolo di Grifondoro, quando mio cugino mi tese un agguato. Letteralmente.
«Rose Jean Wasley.» Disse, lasciandosi cadere al mio fianco e inchiodandomi sul posto con un'occhiata affilata come un coltello. «Dobbiamo parlare»
«Buongiorno anche a te, Albus Severus Potter» lo salutai io maligna. Albus odiava il suo secondo nome, ma sorvolò sulla questione andando dritto al sodo.
«Tu lo sai che giorno è oggi, vero?»
Lo sapevo. Eccome, se lo sapevo.
Era il 13 di Dicembre. Il compleanno di voi tutti sapete chi.
«Mmh, no, non lo so» replicai distrattamente, mentre rigiravo il cucchiaino nella tazza del caffè.
«Sì, certo, e io abbinerei un paio di mocassini neri con un mantello blu. Non scherziamo, Rose. Oggi devi venire alla sua festa»
«La festa di chi?» Domandai angelicamente, sbattendo le ciglia.
«Rose»
Albus era serio, e io mi imbronciai. «D'accordo. Mi ricordo che oggi è il suo compleanno, ma non ho intenzione di presentarmi alla festa»
«Perché no?» Esclamò Al battendo un pugno sul tavolo. «Mi sono stufato di voi due! Giuro, quant'è vero che mi chiamo Albus Severus e quant'è vero che il mio nome fa schifo, che se non vi sbrigate a chiarire tutti i vostri problemi vi rinchiudo in un fottuto sgabuzzino finché non vi parlate»
«Senti» iniziai io con calma. Non mi andava di litigare anche con Albus. «Ho fatto un cazzata e ho incasinato tutto»
«E allora risolvila. Pensi sia meglio stare qua a rimuginare su…»
«Albus! Ho baciato Scorpius» lo interruppi. «E lui ha una ragazza. E non vorrà vedermi mai più. E io non ce la faccio a rivivere tutto un'altra volta, tutto da capo»
Albus prese un respiro profondo per calmarsi. Se solo avessi detto un'altra parola probabilmente mi avrebbe affatturato.
«Stammi bene a sentire. Se tu lasciassi Scorpius dirti quello che ha da dire…»
«Non voglio»
«Merlino, Rose! Visto che non vuoi ascoltarlo, allora ti dirò io che lui e….»
Ma non seppi mai quello che Albus era in procinto di rivelarmi perché Victoria comparì alle sue spalle e lo abbracciò dal dietro. «Albus, eccoti qua! Ti ho cercato dappertutto»
«Vicky, ti prego, non adesso» sospirò lui sull'orlo di una crisi isterica. «Devo davvero terminare questo discorso con Rose»
«Oh, ciao, Rose!» Mi salutò la Corvonero con un sorriso. Poi tornò a rivolgersi ad Albus. «Non possiamo rimandare. Emma ha finito adesso la torta e ha bisogno di una mano per portare tutto nella vostra Sala Comune»
«Non puoi aiutarla tu?» Chiese lui tra i denti.
Victoria alzò gli occhi al cielo e si sedette tra di noi. «Certo, e chi tiene impegnato il tuo amico mentre tu sei qui a perdere tempo? Il tuo compito oggi è tenerlo occupato, ricordi?»
L'espressione sul viso di Albus mi diceva che sì, lo ricordava fin troppo bene. Quello che non mi era chiaro era come mai non potesse farlo Giorgina, ma magari aveva un altro ruolo nell'organizzazione della festa a sorpresa (che dopo anni non era più così a sorpresa dato che ormai Scorpius se l'aspettava ogni volta).
«Emma a mala pena lo sopporta e gli prepara una torta?» Domandai con leggerezza, nascondendo una punta di invidia.
Solitamente anche io ero coinvolta in tutta questa messinscena per organizzare qualcosa di carino per il compleanno di Scorpius, ma oramai mi ero giocata il mio ruolo da un pezzo.
«Albus ci ha assunto» spiegò Victoria con il suo tono pimpante.
«Le hai pagate?» Rivolsi a mio cugino un'occhiataccia e lui scrollò le spalle.
«Certo che no. Victoria è mia amica e si è proposta di aiutarmi, poi Emma e Felicity si sono aggiunte. Ho bisogno di tutto l'aiuto necessario quest'anno, dato che tu non sei disponibile e neppure…»
«'Giorno» Julia prese posto di fronte a me con l'aria addormentata. «Caffè. Datemi del caffè e nessuno si farà del male»
Solo dopo che, con occhi semi chiusi per il sonno, se ne versò una tazza parve accorgersi di noi. «Ciao ragazzi, che ci fate qui?»
Albus imprecò in maniera così poco elegante che se lo avesse sentito zia Ginny lo avrebbe messo in punizione per un mese intero.
«Adesso è ufficiale. Merlino mi odia» disse poi, guardando preoccupato il tavolo di Serpeverde e poi la porta della Sala Grande. «Devo scappare»
Si alzò. Non fece in tempo ad allontanarsi che Victoria lo chiamò stizzita.
«Albus! Come facciamo con Malfoy? Lo abbiamo bisogno lontano dai sotterranei fino a questa sera»
Mio cugino si voltò, poi guardò nuovamente verso la porta e sospirò.
«Che siano maledetti tutti» borbottò cupo tra sé e sé. Mi osservò dalla testa ai piedi, meditabondo.
«Al, sei sicuro di stare bene?» Allungai una mano verso di lui come per toccargli la spalla, ma si mise ad urlare.
«Scorpius ha mollato Giorgina prima della partita! Capito? Prima della fottuta partita! Okay, l'ho finalmente detto»
Ci guardammo negli occhi per qualche istante. Albus sembrava sollevato per essersi tolto quel peso dal petto. «Scorpius voleva comunicartelo di persona e Giorgina ha minacciato di nascondere il mio maglione di cashmere nuovo se lo avessi detto a qualcuno, ma sapete cosa? Che si arrangino, sono il migliore amico che si possa desiderare solo per aver tenuto la bocca chiusa fino ad ora. Perché qui, senza di me, siete tutti perduti»
Non capivo. Scorpius aveva mollato Giorgina? E perché non me lo aveva detto? Perché non gliene hai dato la possibilità. Mi risposi da sola, sentendomi molto, molto stupida.
Julia era rimasta senza parole, con un biscotto bloccato per aria davanti alla bocca, mentre Victoria fu la prima a riprendersi. «E' tutto molto interessante. Albus, tesoro, sai che ti adoro, ma ora vai a tenere impegnato il tuo amico, okay?»
«Vado, vado» biascicò lui improvvisamente irritato. Chiaramente aveva di meglio da fare, ma in quel momento i loschi affari di mio cugino erano l'ultimo dei miei problemi: Scorpius e Giorgina non stavano più insieme e io dovevo trovare qualcosa da mettere perché quella sera avevo una festa alla quale non potevo mancare per nulla al mondo.

Scorpius ha lasciato Giorgina. Prima che io lo baciassi. Prima che lui ricambiasse il bacio.
Omiodio.
«Rose, stai bene?»  Chiese Julia posando il biscotto sul tavolo. «Sembra che tu stia per svenire da un momento all'altro»
«La domanda non è se Rose sta bene» disse Victoria irritata. «La domanda è com'è possibile che Scorpius Malfoy -voglio dire, Scorpius Malfoy, mica il primo che passa- ha lasciato la sua fidanzata storica e io non lo sapevo?» Victoria squadrò il tavolo di Corvonero e poi si alzò di scatto. «Devo parlare con Felicity. Adesso. Quando avremo più informazioni verremo a cercarti, Rose»
Io continuavo a guardare fisso nel vuoto, a mala pena consapevole di quello che mi succedeva attorno.
Scorpius non stava più con Giorgina. Lei non era più la sua ragazza.
Be', io lo avevo baciato pensando che ne avesse una ma… chi se ne frega!
Merlino, si sono lasciati. Era ora!
Okay, dovevo darmi un contegno. Non era poi questa gran cosa… oh, ma chi voglio prendere in giro. Era un gran cosa. La notizia migliore dell'anno, del secolo. No, anzi, dell'intero millennio. Okay, forse stavo esagerando, ma ero contentissima, questa è la verità e non volevo nasconderla più.
«Sei passata dal guardare nel vuoto come una morta vivente al sorridere in modo inquietante»
«Julia…. Scorpius e Giorgina…» Borbottai. «Si sono lasciati!»
Mi misi le mani, che erano sempre gelate, sulle guance per raffreddarle e riacquistare un briciolo di lucidità.
«Già, me ne sono accorta» Julia si pulì gli occhiali sulla gonna e poi tornò a guardarmi. «Strano che nessuno ne parli. Giorgina avrà messo tutti a tacere fino a quando troverà un rimpiazzo, o fino a quando inventerà una storia epica su come lei ha piantato lui»
Alzai le spalle, perché a me non importava. Io lo sapevo, e questo era abbastanza.


Quella mattina per poco non appiccai fuoco all'aula di Pozioni.
A mia discolpa ho da dire che la radice di Valeriana e quella di Bobotubero sono maledettamente simili. Per questo motivo al posto di versare 3 grammi della prima nel calderone, ne versai 3 -okay, forse 5- della seconda. Il risultato fu abbastanza spiacevole, ma il professor Lumacorno intervenne appena in tempo, impedendo alla mia pozione di esplodere.
«Signorina Weasley» mi riprese mortificato. «Che cos'hai combinato qui?»
Mi grattai la testa leggermente in imbarazzo. «Mi scusi, professore. E' che… uhm, non mi sento molto bene e mi sono confusa. Credo di avere la febbre»
Julia, dietro di lui, alzò un sopracciglio e mi fece una boccaccia.
Lumacorno parve sentirsi in colpa per aver dubitato di me.
«Certo, certo» guardò l'orologio e annuì convinto. «Prima della prossima lezione passa da Madama Chips per farti dare qualcosa»
«Farò sicuramente un salto da lei, grazie»
«Volevo dirti che a Gennaio, durante la prima riunione del Luma Club, sarà presente il Signor Smith, un importante pozionista alla ricerca di nuovi talenti, e ho suggerito il tuo nome e quello del signor Cameron, dato che siete i due alunni più brillanti di questo corso» abbassò la voce. «A parte il piccolo inconveniente di oggi. Ma è colpa della febbre»
«Mi piacerebbe tanto parlare con lui» dissi, sinceramente interessata.
Dall'altro lato dell'aula Jason mi fece un occhiolino e poi sorrise. «Sarebbe un onore per me, professore»
La relazione che avevo con Jason era tanto complicata quanto quella che avevo con il Biondaccio. La differenza era che con Jason le cose sembravano incredibilmente semplici. Gli avevo detto che da lui non volevo nient'altro che amicizia e lui aveva accordato ad essere mio amico. Il problema era che aveva messo in chiaro che gli piacevo e che nel profondo del suo cuore non avrebbe mai smesso di sperarci. A me dispiaceva tanto, ma doveva farsene una ragione: tra di noi non sarebbe mai successo nulla.
«So che vuoi diventare Guaritore.» Mi disse Lumacorno. «Ma il Signor Smith lavora al San Mungo nel campo della ricerca. Magari potrebbe essere interessante per te.»
Mi era sempre piaciuta Pozioni come materia, ma non avevo mai preso in considerazione una carriera in questo campo. Ora però che il professor Lumacorno mi presentava questa possibilità non mi pareva più così assurdo.
«Prometto che ci penserò» E lo intendevo sul serio.
Proprio in quel momento la campanella suonò, segnando la fine della lezione.
In corridoio iniziavano a sentirsi i primi bisbigli circa la rottura di Malfoy e della Nott.
Una biondina del terzo anno di Serpeverde stava dando la notizia a delle sue amiche che la ascoltavano rapite. Tentai di ignorarle, ma quando io e Julia passammo loro vicino mi sentii chiamare.
«Per Merlino!» Esclamò la ragazza bionda. «Tu sei amica di Scorpius Malfoy, vero?»
Io mi guardai intorno con occhi spalancati, convinta che si stesse riferendo a qualcun altro.
«Credo stia parlando con te» sussurrò Julia inclinando la testa di lato e guardando con curiosità le Serpeverdi, che ora stavano cercando di trattenere le risate.
«Uhm, ciao» dissi con calma. «Dici a me?»
Quella annuì vigorosamente. Rispetto alle sue amiche, riuscì a mantenere il controllo. Sembrava molto calma e sicura di sé mentre mi guardava in attesa di una risposta. «Allora, sei amica di Scorpius Malfoy o no?»
«Ehm…»
«Fate sempre la ronda insieme e vi vedete quasi ogni sera per delle lezioni private di… cosa, esattamente? Trasfigurazione, se non erro. Quindi lo conosci, no?»
La guardai inebetita per qualche istante, domandandomi come facesse a sapere tutte quelle cose. Voglio dire, non erano certo un segreto, ma non avevo mai pensato che potesse interessare a qualcuno quello che facevo nel tempo libero. Ma probabilmente a lei non importava nulla di me, voleva solo informazioni su Scorpius.
Rimasi zitta. Non sapevo che cosa dire. Io e Malfoy non eravamo amici, ma neppure semplici conoscenti. Era tutto troppo complicato.
Julia mi diede una gomitata nel fianco e rispose al posto mio. «Sì, si conoscono. E allora?»
Trionfo aleggiò sul viso della ragazza, che si voltò per zittire gli urletti isterici delle sue compagne.
«Shht» disse loro stizzita, poi si rivolse a me con un sorriso, la voce dolce come zucchero filato. «E' vero che ha lasciato Giorgina Nott per te?»
Il mio viso si infiammò, tingendosi di una tonalità pericolosamente simile a quella dei miei capelli. Temetti di andare a fuoco per l'imbarazzo, poi però capii che la risposta a quella domanda era molto semplice.
«No» La mia voce era ferma. «Non l'ha lasciata per me, c'era molto di più»
Le Serpeverdi parvero deluse, ma la ragazza bionda si riprese subito.
«Peccato» disse imbronciata. «Però se non l'ha lasciata per te significa che è libero! Ragazze, Scorpius Malfoy è finalmente sul mercato»
E così, come se avessimo avuto una conversazione assolutamente normale, mi ringraziarono e se ne andarono via, saltellando felici come non mai.
«Okay, è stato strano» Julia rabbrividì nel maglione pesante della divisa e mi mise una mano sulla spalla. «Tutto bene?»
Non ne ero convinta. Non volevo che la mia vita fosse sulla bocca di tutti, odiavo stare al centro dell'attenzione e sentire gli sguardi degli altri puntati su di me come riflettori.
«Non lo so» risposi. «Se dovessi mai mettermi con Scorpius, è così che sarà? Metà scuola che spera che ci lasciamo e l'altra metà che spettegola su di noi?»
«Credo che tu debba viverlo per scoprirlo. Ma soprattutto devi capire se ne vale la pena»
Ne valeva la pena, ma io lo avrei sopportato?


Decisi di saltare trasfigurazione quel pomeriggio per dedicarmi alla stesura di un saggio di Pozioni. Il fatto che trasfigurazione fosse l'unica materia che seguivamo con i Serpeverde era un dettaglio assolutamente irrilevante che non condizionò in alcun modo questa decisione.
Va bene, d'accordo. Non ero pronta a vedere Scorpius. Avevo bisogno di un discorso, insomma, non potevo presentarmi da lui a mani vuote. Il che mi fece ricordare che non avevo neppure un regalo.
«Julia!» Esclamai non appena la vidi entrare in Sala Comune. «Non posso andare alla festa questa sera»
«E perché mai, sentiamo? E' un'unghia spezzata, come un'ora fa? O è perché dici di non avere un vestito adatto, come questa mattina? No, aspetta. Te lo dico io perché pensi di non poterci andare: perché sei una fifona»
Le feci una smorfia, vagamente offesa. «No, questa volta è un problema serio: non ho un regalo»
Julia mi guardò, probabilmente domandandosi come mai fosse ancora mia amica. «A Scorpius non frega niente del regalo. Anzi, il regalo migliore che tu possa fargli è presentarti alla sua festa»
«Lo pensavo anche io» sussurrai mentre salivamo le scale dirette al nostro dormitorio. «Ma se non fosse così?»
Julia si bloccò sui gradini e io mi voltai per guardarla.
La Sala Comune era quasi vuota, tutti gli studenti erano ancora a lezione. Solo noi del settimo anno avevamo l'ultima ora buca.
«Cosa intendi dire?» Mi chiese lei.
Il suo viso era un gioco di ombre dovuto alle torce che ardevano contro il muro. Fuori, infatti, era già buio.
«Cosa succede se ha deciso che non mi vuole più in ogni caso? Magari preferisce stare da solo, o magari è furioso perché sono scappata via.»
Julia mi raggiunse e mi prese sottobraccio. «Non succede niente. Se dovesse accadere -e non accadrà, te lo dico io- ti farai una ragione anche di questo. Sei sopravvissuta a cose peggiori, Rosie. E' solo Malfoy»
Peccato che solo Malfoy risultava più spaventoso, e allo stesso tempo più rassicurante, di qualsiasi cosa.
Entrammo in camera e lì vi trovammo Adelaide, Johanna e Samantha, le nostre tre coinquiline, intente a studiare Incantesimi.
«Avete sentito la notizia?» Chiese Adelaide con un sorrisetto stampato sul viso di chi la sapeva lunga. «Malfoy e Giorgina Nott si sono lasciati!»
Io alzai gli occhi al cielo, Julia sogghignò. «Sì, lo abbiamo sentito dire»
Mi buttai sul letto a pancia in giù e seppellii la testa sotto il cuscino.
«Che ha?» Sentii Samatha chiedere a Julia.
«Niente. Ha deciso di andare alla festa di Malfoy questa sera e non sa cosa mettere, né cosa regalargli»
«O mio Dio» Esclamò Johanna. «Finalmente! Io vi shippo dal primo anno»
Mi tirai a sedere a fatica, incrociando le gambe sotto il resto del corpo. «Tu ci cosa?»
«Vi shippa» Spiegò Adelaide con un sospiro. «Significa che spera che vi mettiate insieme, prima o poi»
Johanna annuì, sistemandosi una ciocca di capelli dietro l'orecchio con fare sbrigativo.
«Ha ragione, eravate così carini insieme» Disse Samantha, persa nel suo mondo fatto di unicorni e girasoli.
«Ho deciso. Ci vado in divisa!» Dichiarai alzandomi in piedi. «Ci vado proprio così»
Adelaide e Julia si scambiarono uno sguardo complice.
«Non se ne parla proprio» disse la mia migliore amica. « Vieni qui, ci pensiamo noi»

Venti minuti più tardi mi ritrovai seduta sul bordo del letto con Adelaide intenta a dare il meglio di sé come make up artist.
Alla fine avevo deciso di indossare -le mie amiche avevano accordato a farmi indossare- una gonna nera  stretta in vita e una camicetta verde scuro. Io avevo lasciato aperto il primo bottone di suddetta camicia, ma Johanna mi impose di slacciarne altri due. Seriamente, quella ragazza a volte mi faceva paura.
«Et voilà» Adelaide fece un piccolo inchino e mi passò uno specchio. «Signorina Weasley, lei è pronta per il suo appuntamento galante»
«Non è un appuntamento galante» Cantilenai. «Non sa nemmeno che ci vado, alla festa. Festa, Ade, dove ci sarà mezza Hogwarts»
«Dettagli» disse lei, sventolando per aria il pennello del blush.
Sollevai lo specchio e guardai il risultato finale. Non era male per nulla. Adelaide, come le avevo chiesto, non aveva esagerato, si era limitata a tracciarmi una linea di eye liner -che io non sapevo usare- e a mettermi un filo di mascara e fondotinta.
«Sei bellissima, cicci» Mi disse Julia stampandomi un bacio sulla guancia.
«Ehi» la riprese Ade dandole un colpetto sulla spalla. «Fai attenzione a non rovinare la mia opera d'arte»
«Sempre la solita esagerata» Johanna alzò gli occhi al cielo e poi si mise a saltellare per la stanza. «Rose, poi devi raccontarci tutto, okay? Ah, finalmente siete diventati canon!»
«Siamo diventati cosa?»
«Vuol dire che vi siete messi insieme» intervenne Samantha per tradurre il linguaggio di Johanna.
«Ma non ci siamo…» Tentai di spiegare io, ma poi mi bloccai.
Il mio cuore smise di battere quando mi cadde lo sguardo sul mio baule, mezzo vuoto dato che avevo riposto gran parte dei vestiti nell'armadio.
Come avevo fatto a dimenticarlo?
Io, un regalo per Scorpius, lo avevo eccome!
Mi inginocchiai davanti alla mia valigia ed iniziai a tirare fuori tutto il suo contenuto. Fogli di pergamena stropicciata, qualche piuma rotta, un maglione, e un paio di guanti sgualciti. Poi finalmente lo trovai, nei meandri più profondi: il regalo che gli avevo preso due anni fa e che non avevo più avuto occasione di dargli.
«Lo hai ancora» disse Julia sbirciando da sopra la mia spalla.
«Che cos'è?» Chiese Johanna con la sua voce squillante.
«Nulla» passai una mano sulla carta colorata, improvvisamente un po' più sicura di me. «Ora sono pronta»



NOTE DELL'AUTRICE
Come promesso sono tornata, il problema è che il capitolo è pallosissimo! Voglio dire, non c'è neppure Scorpius. Mi dispiace davvero, ma andava scritto. Prometto che nel prossimo accadranno più cose. Anche se qui ne accadono comunque parecchie: Rose scopre che Scorpius ha mollato Giorgina, c'è la proposta di Lumacorno e vi devo dire di tenere d'occhio Albus....... Ho anche introdotto le compagne di dormitorio di Rose e Julia, spero vi piacciano. <3
E nulla, per la prossima volta vi prometto un capitolo pieno di Scorpius per farmi perdonare. <3
Mangio e poi corro a rispondere alle recensioni. Grazie mille a tutte, siete fantastiche! 
Sapere che vi importa davvero dei miei personaggi e che desiderate sapere come va a finire mi rende davvero contenta. :)
A presto,
Francesca

Ritorna all'indice


Capitolo 18
*** Capitolo Diciotto. ***


Capitolo Diciotto

 

So this is me swallowing my pride
Standing in front of you saying, "I'm sorry for that night."
And I go back to December all the time.

Taylor Swift, Back To December

 

 

Volevo proprio sapere di che cosa si era fatto il Cappello Parlante quando aveva deciso di assegnarmi a Grifondoro.
Coraggiosa, io? Non era proprio l'aggettivo che avrei usato per definirmi.
Ma ora ero lì, davanti al muro che portava alla Sala Comune di Serpeverde. Tutto ciò che dovevo fare era attraversarlo.
Il difficile sarebbe arrivato dopo, quando mi sarei trovata faccia a faccia con Scorpius.
Continuavo a pensare a che cosa dirgli, a come iniziare il discorso, a come scusarmi. Scusa non mi sembrava abbastanza.
Camminavo avanti e indietro, rigirandomi il regalo tra le mani, quando per poco non andai a sbattere contro Jerome Rosier, battitore della squadra di Quidditch di Serpeverde.
«Ehi, attenta» mi disse con un sorriso gentile, tenendomi per le spalle per non farmi cadere.
«Scusami, non so dove ho la testa ultimamente» mortificata, mi raddrizzai e cercai di rimettermi assieme.
«Stai andando alla festa di Scorpius?»
«Sì» risposi, guardandolo attentamente. «Tu stai bene?»
Jerome era sempre stato pallido, con folti capelli neri e occhi che parevano due macchie di inchiostro dello stesso colore. In quel momento però le sue guance erano tinte di una leggera tonalità di rosso e il suo respiro era affannato. Sembrava avesse corso per ore.
«Sì, ero andato a fare una passeggiata in riva al lago» mi spiegò. «Mi sono reso conto solo poco fa di essere in ritardo. Albus mi ha ricordato mille volte di farmi trovare in Sala Comune per le cinque in punto, ma mi sono distratto e questo è il risultato» diede un'occhiata all'orologio. «Le sei e venti. Ottimo, direi»
Era alto e longilineo, sempre circondato da un'aurea di tranquillità che non credevo fosse possibile associare ad un battitore di Quidditch. Proprio per questo mi era sempre stato simpatico. Tra tutti i Serpeverde amici di Albus e Scorpius era quello più gentile con me.
«Albus ti farà una scenata delle sue» gli dissi, scherzando.
Ma Jerome si rabbuiò. «Non è che lui sia sempre puntuale. Almeno io mi sono ricordato di venire»
Confusa per quel repentino cambio di umore, aggrottai le sopracciglia. «Ti ha dato buca?»
«Fosse solo quello» si mise le mani in tasca e scrollò le spalle. «Sarà meglio entrare»
Si avviò verso il muro di mattoni scuri; poi, quando si rese conto che non lo stavo seguendo, si voltò.
«Dopo di te, Rose» mi fece un mezzo inchino e mi indicò la direzione da seguire.
Deglutii. «Ehm, forse dovresti andare prima di me»
Jerome si raddrizzò e mi guardò seriamente. «Ho capito che tra te e Scorpius le cose non stanno andando per il meglio ultimamente, ma non pensi sia arrivato il momento di affrontarlo?»
Sì, aveva ragione. Non potevo continuare a scappare per sempre.
«E' il rifiuto che mi fa paura» sussurrai distogliendo lo sguardo.
«Credo sia un problema di famiglia» sospirò lui. «Digli quello che provi, e poi riparti da lì. E' il miglior consiglio che io possa darti»
Ecco perché adoravo questo ragazzo: con due semplici parole mi aveva fatto sentire come se, forse, non stessi per fare la più grande stronzata della mia vita.
«Grazie» gli dissi, sinceramente grata.
Lui mi sorrise e mi offrì il braccio. Lo accettai volentieri, mentre ci posizionavamo davanti all'ingresso della Sala Comune, come due supereroi pronti a buttarsi dall'ultimo piano di un grattacielo.
«Al tre?»
«Al tre» concordai.
«Uno»
«Due»
«Tre» E insieme entrammo in quella che, per me, era sempre stata la tana del lupo.


L'atmosfera che regnava nella Sala Comune di Serpeverde era surreale. Come ogni volta che venivo nei sotterranei, un brivido mi corse lungo la spina dorsale. Questo non era il luogo per una persona claustrofobia come me: eravamo letteralmente sommersi dall'acqua. Infatti, affacciandosi a una delle strette finestre che si trovavano lungo tutta la parete sinistra della stanza, si potevano scorgere le profondità del Lago Nero, e non mi sarei stupita se fosse spuntata la Piovra Gigante per fare gli auguri a Malfoy.
I tavolini d'ebano e i divanetti di pelle nera riempivano l'ambiente come macchie di carbone e ritratti di maghi illustri erano appesi al muro sopra ciascuno dei cinque focolari. Scorpius mi aveva spiegato che ce n'erano così tanti perché, essendo la Sala Comune situata sottoterra e per di più a stretto contatto con il Lago Nero, in inverno avevano bisogno di tutto il calore possibile. Potevo capirli benissimo: il fuoco era accesso, e io stavo morendo di freddo.
«Rose Jean Weasley, è sempre un piacere vederla da queste parti»
Mi voltai e scorsi Mago Merlino -sì, quel mago Merlino!- che mi salutava con la mano da un quadro sulla mia desta.
Gli sorrisi, ancora stupita dal fatto che si ricordasse di me. «Il piacere è tutto mio, Signor Merlino»
«Chiamami Merlino e basta» mi disse ridacchiando. «Il titolo "signor" mi fa sentire un vecchio decrepito. Ah, Jerome caro, come stai oggi?»
«Diciamo che sono stato peggio. E lei come sta?» Rispose educato il Serpeverde.
«Non c'è male. Vi siete persi per un pelo un gruppo di sirene che si sono messe a lanciare sassi contro le finestre per fare gli auguri al signor Malfoy. Per fortuna è intervenuto il Professor Lumacorno e se ne sono andate, quelle fifone. Ah, se avessi ancora il mio corpo, nessuna creatura marina oserebbe avvicinarsi alle finestre della mia Sala Comune!» Le sue parole erano piene di orgoglio verde-argento, proprie di una persona che amava e stimava la propria Casa.
I lunghi capelli e la barba bianca gli conferivano un'aria austera, ma i suoi modi di fare erano ammalianti. Gesticolava in maniera teatrale, come se si stesse rivolgendo a un'ampia platea, e capii che in vita era stato un leader.
«E' un vero peccato non essere riusciti a, uhm, salutarle» disse Jerome, lanciandomi un'occhiata di sottecchi.
«Già, un vero peccato» annuii io, per niente dispiaciuta. Non mi erano mai piaciute le sirene.
Merlino ci stava osservando, senza preoccuparsi di risultare indiscreto. Si grattò il mento con aria corrucciata e poi incontrò il mio sguardo. I suoi occhi erano di un azzurro così chiaro da sembrare trasparenti.
«Hai un regalo alquanto sgualcito e posso dedurre sia quello che avevi pensato di regalare al tuo amico Scorpius due anni fa. Ti sei truccata, indossi una gonna e la tua camicia ha ben… un, due, tre… tre bottoni slacciati. Qualcosa mi dice che non ti dispiace per nulla che le sirene se ne siano andate, anzi, credo tu sia qui per fare colpo sul Signor Malfoy. Magari per chiedergli scusa per qualcosa che è successo tra di voi. E' stato parecchio indiscreto ultimamente, e non credo sia solamente a causa della rottura con la signorina Nott»
Lo guardai con occhi e bocca spalancati, senza curarmi di richiuderli. Come cavolo aveva fatto?
«Il potere della deduzione» spiegò lui con un sorrisetto divertito. «Deduzione e un paio di occhi per osservare. Sapete, le persone vedono tante cose ma non prestano attenzione ai dettagli. E sono i dettagli la parte importante»
Quando mi ripresi dallo shock raddrizzai le spalle e incrociai le braccia al petto.
«Be', e allora?» Era tutto quello che mi veniva in mente di rispondere per mantenere un pizzico di dignità. Lasciatemelo dire: Mago Merlino era peggio di una pettegola di mezza età.
«Oh, nulla nulla. Semplicemente mi piace scovare le bugie»
Jerome mi passò un braccio attorno alle spalle. «Andiamo, Rose. Per oggi è abbastanza»
«Vuole un'analisi anche lei, signor Rosier?» Domandò eccitato Merlino. «E' una tale noia restare qui tutto il giorno! Ogni volta che c'è qualche festa do il meglio di me!»
«Il peggio di sé» borbottò Jerome così piano che solo io riuscii a sentirlo.
Ridacchiai e mi appoggiai a lui. «A presto, Signor Merlino.»
«A presto, cari. Divertitevi anche per me»
«Cavolo, mi ero dimenticata di quanto fosse seccante!» esclamai una volta che ci fummo allontanati.
«Pensa passarci davanti ogni giorno»
Non li invidiavo per niente. Essere costantemente sottoposti a un'analisi da un ritratto non doveva essere il massimo.
Ci addentrammo nella Sala Comune, che era piena di gente come mai l'avevo vista. Tutti i Serpeverde erano presenti, ma di tanto in tanto riuscivo a scorgere qualche Tassorosso e Corvonero.
Senza farlo apposta, i primi che avvistai furono Emma e Matthew intenti a parlare tra di loro. Emma pareva abbastanza nervosa -probabilmente per paura che a nessuno piacesse la sua torta- e Matt iniziò a tracciarle una serie di baci lungo il collo che a fecero ridere.
«Quei due mi faranno venire la carie» Era stata Felicity a parlare.
Era comparsa al mio fianco come un fungo -caratteristica propria di tutte le mie amiche Corvonero- e stava mangiucchiando un muffin.
«Voglio dire, guardali» continuò indicando con il mento la sua Caposcuola e Matthew.
«Sono molto carini, Fel» le dissi io.
«Sono innamorati» mi diede man forte Jerome con voce bassa.
«Certo, certo, ehi» Felcity alzò le mani in segno di resa. «L'importante è che Emmina sia felice, e quel tipo la rende felice. Ma lo tengo d'occhio, la mia mazza è sempre pronta. Un passo falso e si ritrova appeso per le mutande alla torre di astronomia»
«Non vorrei mai mettermi contro di te, Fel» ridacchiai io. «Matt è un bravo ragazzo, vedrai che non ci sarà bisogno di prenderlo a mazzate»
«Me lo auguro. Non è che a me piaccia minacciare la gente»
Qualcosa mi diceva che non era proprio vero, ma preferii non esprimere quel pensiero per evitare che Felicity appendesse me alla torre di astronomia.
«Come sta Danielle? E' uscita ancora con Albus?» Domandai alla Corvonero.
«Non saprei» rispose lei, finendo di mangiare il proprio muffin e leccandosi le dita. «Danielle sta bene ma non so se ha rivisto tuo cugino. Ha detto che l'uscita è stata okay, però… Ma che sta facendo Vicky?»
Dall'altra parte della stanza, Victoria, che quel giorno aveva i capelli blu elettrico, si stava sbracciando per chiamare la sua amica.
«Uhm, sarà meglio che vada» disse questa con una scrollata di spalle. «Ci si vede in giro»
Felicity venne letteralmente inghiottita dalla folla. Qualcuno aveva spostato tutti i divanetti lungo il perimetro della Sala così che al centro ci fosse spazio per ballare.
Non ci volle molto tempo per capire il motivo per cui Victoria aveva bisogno di Felicity. Di lì a poco partì l'intro di una canzone a tutto volume, che però si spense subito per problemi tecnici.
«Buonasera a tutti! Mi sentite?» Victoria era salita su un tavolo e stava parlando con la bacchetta puntata contro l'orecchio, cosicché la voce risuonasse alta e chiara per tutta la stanza. «Uh, bene! Grazie di essere venuti a questa festa da sballo organizzata da noi Corvonero con la collaborazione di quello schianto di Albus Potter. Volevo cogliere l'occasione per fare gli auguri a Scorpius Malfoy che oggi diventa maggiorenne!»
Un coro di urla si alzò da tutti i presenti. Io mi misi sulle punte per cercare di scorgere Scorpius tra tutte quelle persone, ma dalla mia esigua statura mi era possibile.
Porco Merlino -e non mi sentii per niente in colpa per aver imprecato in quel modo-. Malfoy era alto quasi due metri, possibile che non riuscissi a vederlo?
«Jerome» chiamai. «Lo vedi per caso?»
Jerome si guardò attorno ed annuì. Non avevo specificato chi stessi cercando, ma lui aveva capito. «E' di fianco al tavolo su cui è salita Victoria»
«Okay, vado. Augurami buona fortuna»
Ma non feci in tempo a chiedere "permesso", che Giorgina Nott mi si parò davanti, in tutto il suo splendore.
Aveva raccolto i capelli in un'altra coda che le metteva in evidenza i tratti delicati del viso. Portava un tubino nero abbinato ad un paio di tacchi che la rendevano ancora più alta. Raddrizzai le spalle e alzai la testa per non sentirmi schiacciare dal peso del suo sguardo.
«Permesso» le dissi, con voce ferma. «Dovrei passare»
«Che cosa ci fa lei qui?» Chiese a Jerome, rifiutandosi di rivolgersi direttamente a me.
«Sono passata per portare un regalo» mostrai il pacchetto. La carta che avevo usato per impacchettarlo si era scolorita e stropicciata con il passare del tempo e ora sembrava un pezzo di carta raccolto direttamente dal cestino dei rifiuti, ma non mi importava. Volevo solo che si levasse di torno.
Gli occhi di Giorgina erano così freddi che rabbrividii. «Divertente. Perché sono abbastanza sicura che tu non sia stata invitata»
«E' vero» intervenne piano Jerome. «Ma credo che a Scorpius farà piacere vederla, ed è lui il festeggiato dopotutto»
Quella semplice frase pronunciata con gentilezza fu come uno schiaffo in pieno viso per lei. Mantenne la sua tipica aria di superiorità, ma era chiaro che la mia presenza la infastidiva come nessun'altra cosa.
«E tu che ne sai di quello che vuole?» Gli sbottò contro senza pietà. «Perché non torni dal tuo amichetto? Ah, no, anche lui preferisce Scorpius a te. Cos'è, te la fai con la Weasley per ripicca adesso?» 
La mascella di Jerome si contrasse, ma non perse la calma. Io, al contrario, avevo estratto la bacchetta.
«No. Il mio amichetto è impegnato al momento» I suoi occhi erano cupi, più scuri del solito. Sembravano due pozzi senza fine.
«Con Scorpius» puntualizzò lei, maligna. «Sempre il secondo, Rosier. Non venire qui a fare i discorsi filosofici a me, perché tu non sai niente. Sei solo uno sfigato che non ha il coraggio di lottare per ciò che vuole»
«Smettila di parlargli così» mi intromisi io, sentendomi in dovere di difendere Jerome. «Non ti ha fatto niente»
Il Serpeverde mi mise una mano sulla spalla, poi si rivolse nuovamente alla Nott. «Ferire me non curerà il tuo cuore spezzato»
La voce di Giorgina tremò. «Io non ho il cuore spezzato. Guardate lì» Indicò il tavolo al quale era seduta fino a poco fa con la mano. «Taylor Hann, Corvonero. Bello, vero? E' il mio nuovo ragazzo, molto meglio di Malfoy»
Ma era chiaro che non lo pensava davvero. Era molto truccata quella sera, ma sapevo che senza fondotinta e correttore sarebbe apparsa sciupata e, semplicemente, molto triste. Per la prima volta da quando avevo saputo della rottura con Malfoy mi sentii dispiaciuta per lei. Ma durò poco.
«Sono felice che tu abbia trovato qualcun altro» le disse Jerome con un piccolo sorriso. Anche lui aveva capito che, sotto sotto, Giorgina stava soffrendo.
«Smettila di essere gentile con me!» Gli urlò contro lei. «Sei sempre schifosamente gentile con tutti, anche quando non lo meritano. Ti sto trattando di merda, dovresti insultarmi»
«Concordo» annuii io, incrociando le braccia al petto e guardando Jerome. «Dovresti proprio
»
Giorgina mi ignorò, e Jerome pure.
«A che pro?  Farti sentire ancora più miserabile di quanto ti senta ora?» Le disse lui.
Sia io che la Serpeverde lo fissammo a bocca aperta per qualche istante: Giorgina, a corto di una risposta velenosa; io pensando che se fossero esistite più persone come Jerome Rosier, il mondo sarebbe stato un posto migliore.
La Nott alzò le braccia in segno di resa e scosse la testa. «Basta, me ne vado»
Tornò a sedersi in un angolo della Sala Comune, assieme ai suoi amici e il più lontano possibile da Scorpius.
La osservai e provai pena per lei. Si sforzava così tanto per dimostrare che era andata avanti con la propria vita, che risultava evidente che non era vero. Ma chi ero io per giudicare? Nessuno. Forse celare la propria sofferenza e trattare male chiunque tentasse di mostrare empatia nei suoi confronti era il suo modo per non crollare. Tuttavia non aveva alcun diritto per parlare in maniera tanto meschina ad una persona buona come Jerome.
«Mi dispiace così tanto per come ti ha trattato!» Esclamai indignata, desiderosa di lanciarle una fattura orcovolante.
Jerome alzò le spalle. «Alcune persone, quando soffrono, pensano che far sentire gli altri delle nullità sia il miglior rimedio per lenire il proprio dolore. Ma non è così»
«So che non sono affari miei, ma a chi si riferiva prima? Se posso aiutarti in qualche modo, ti prego di dirmelo» dissi, un po' titubante.
L'ultima cosa che desideravo era che pensasse che mi volessi fare gli affari suoi. Volevo solo dargli una mano, se mi era possibile.
Jerome arrossì violentemente e il fatto che avesse una carnagione cadaverica non aiutava. «Uhm…»
«No, guarda. Lascia perdere. Non voglio sembrare ficcanaso»
Il ragazzo fece per dirmi qualcosa, ma le parole gli morirono sulle labbra quando davanti a noi apparve mio cugino.
«Eccoti qua» sbottò mettendosi le mani sui fianchi Albus. «Che fine hai fatto? Avevo bisogno di una mano per sistemare le ultime cose e ho dovuto fare tutto da solo perché non c'eri»
Jerome lo fissò, serio. «Davvero, Albus? Mi stai rinfacciando il fatto di essere arrivato in ritardo?»
«Senti, mi dispiace per oggi» iniziò Al, avvicinandosi e abbassando la voce. «E' solo che… Rose?!» Esclamò quando mi vide. «Che cavolo ci fai tu qui?»
«Sorpresa...?» Dissi spalancando le braccia e mostrando il regalo che avevo portato.
Albus per poco non iniziò a piangere dalla gioia. «Grazie a Merlino ti è rimasto un briciolo di sale in zucca!»
Mi abbracciò e mi fece fare una giravolta per aria.
«Scorpius!» Si mise ad urlare dopo avermi rimesso a terra. «SCORPIUS!»
«Con tutto questo baccano» fece notare piano Jerome. «Dubito che riesca a sentirti»
«Albus, shhhhhhht» gli tirai una gomitata nelle costole.
Quasi tutti i presenti, da quando ero arrivata non la smettevano di fissarmi e di borbottare chissà cosa tra di loro. Non osavo pensare ai pettegolezzi che sarebbero divampati l'indomani, soprattutto dopo esser stata vista con Scorpius. Odiavo questa situazione, desideravo essere invisibile.
«Be', che aspetti?» Albus si scompigliò i capelli corvini. «Va' a parlarci. Subito!»
Presi un respiro profondo.  E mi avviai verso Malfoy.
Mi passai le mani sudate sulla gonna, tentando di stabilizzare i battiti del cuore, che pareva in procinto di scoppiarmi nel petto.
E' solo Scorpius. Continuavo a ripetermi. Andrà tutto bene.
Dicono che se continui a pensare che andrà tutto bene alla fine riuscirai ad autoconvincertene. Provare non costa nulla.
«Scusate per il piccolo inconveniente» stava dicendo Victoria, ancora sul tavolo. Io seguivo la sua voce per raggiungere Scorpius. Speravo fosse ancora vicino a lei. «Abbiamo avuto problemi con l'audio, ma ora...» Sventolò la bacchetta per aria e partì una canzone a tutto volume. «DOVREBBE FUNZIONARE!» Urlò infine per sovrastare il baccano, saltando poi per terra.
«Permesso» stavo balbettando io, facendomi largo tra le persone. «Permesso. Oh, scusami»
Dopo qualche gomitata e un paio di piedi schiacciati, arrivai dove si trovava Victoria; peccato che fosse sparita. Mi guardai intorno e per poco non mi scappò un urlo isterico.
Scorpius Malfoy se ne stava appoggiato al muro con un bicchiere tra le mani a mezzo metro da me.
Era diventato buio nella Sala Comune, l'unica fonte di luce erano le luci psichedeliche portate dalle Corvonero e da Albus, ma io lo avrei riconosciuto anche nel bel mezzo di Diagon Alley la domenica prima di Natale.
Indossava un paio di pantaloni scuri e un maglione grigio chiaro che gli metteva in evidenza i fianchi stretti e le spalle larghe. Sembrava ancora più alto del solito, nonostante fosse accasciato contro la parete come se questa fosse l'unica cosa che lo teneva in piedi. 
Era a due passi da me, ma non mi aveva notata. Fissava dritto davanti a sé, non veramente presente. Mi domandai come mai non fosse circondato da una marea di persone; dopotutto era il suo compleanno. Un velo di malinconia gli aleggiava sul volto.
Mi ero preparata un lungo discorso. Ero pronta. Tutto ciò che dovevo fare era ripetere a memoria quello che avevo pensato quel pomeriggio: che mi dispiaceva di essere scappata, che non mi importava di tutto quello che era successo tra di noi e che volevo ricominciare tutto da capo; che non ce la facevo più e che anche a me mancava, tanto. Mi mancava il mio migliore amico.
Ma quando i suoi occhi si posarono su di me, il mio cervello andò in cortocircuito.
Sul suo viso si dipinse un'espressione sorpresa. Mi squadrò con dolorosa lentezza da capo a piedi, come per accertassi che fossi davvero lì e che non fossi un fantasma.
«Rose?» Vidi le sue labbra articolare. «Sei davvero tu?»
E io, con tutte le cose che avrei potuto dirgli, me ne uscii con la più stupida di tutte. Ma era l'unica alla quale riuscivo a pensare perché il mio cervello si era improvvisamente svuotato.
«HosentituGiorginavisietlasciati»
Scorpius posò il bicchiere sul tavolo lì vicino e mi guardò. «Cosa?»
«Ho sentito» scandii lentamente. «Che tu e Giorgina vi siete lasciati»
Scorpius abbassò la testa verso di me, alcune ciocche di capelli biondi gli caddero sulla fronte. Il suo volto era a pochi centimetri dal mio e riuscivo ad intravedere l'esatta sfumatura dei suoi occhi anche nella penombra della Sala Comune.
«Non sento, Rose»
«Tu e Giorgina» urlai, cercando di sovrastare il volume altissimo della musica. «Vi siete lasciati»
«Oh, uhm… sì» rispose, poi disse qualcos'altro, ma questo si perse tra le note dell'ultima canzone degli Hippogriff Style.
«Vuoi seguire una via?»
Scorpius mi fece di no con la testa ridendo. Poi, prima che me ne potessi rendere conto, mi prese per mano e mi portò lontano dalla calca, lontano dalla musica, lontano dalla festa. Lontano dal resto del mondo.
E io per la prima volta non opposi resistenza.


Non ero mai stata nella stanza di Scorpius, ma suppongo ci sia sempre una prima volta.
Era molto simile alla nostra con la differenza che il colore dominante non era il rosso, bensì il verde. Quattro letti la riempivano, tre perfettamente fatti e uno -quello di mio cugino di sicuro- sfatto, coperto da una valanga di vestiti. Non mi sedetti, e Scorpius non mi invitò a farlo. Restò in piedi al centro della camera e io lo imitai. Tra di noi l'aria era tesa e poteva essere tagliata come carta velina.
Mi guardai attorno, soffermandomi su ogni minimo dettaglio. Non fu difficile individuare il letto di Scoprius: era sicuramente quello più lontano dall'entrata, accanto al muro. Lo riconobbi perché sul comodino si ergeva un'altra pila di libri.
Quando riportai la mia attenzione su di lui, notai che mi stava guardando, gli occhi verdi in perfetta armonia con l'ambiente circostante.
«Non pensavo saresti venuta» mi disse con voce piatta.
«Non era in programma» risposi io, rigirandomi il regalo tra le mani. «Ma volevo darti questo»
Scorpius parve stupito. «Uh, grazie»
«E' una cosa da niente, in realtà. Te lo avevo preso per il tuo quindicesimo compleanno, ma insomma…» tossicchiai, imbarazzata. «Non ho più avuto modo di dartelo»
Scorpius era impallidito. Si passò una mano sul viso, sembrava sfinito.
«Okay» annuì semplicemente. Visto che continuavo a fissarlo senza accennare a muovermi, aggiunse piano. «Posso vederlo o…?»
«Certo, certo!» Mi ripresi io, passandogli il pacchetto. «Non è niente di speciale, sul serio. Non era pensato per un diciassettesimo, e immagino che, paragonato a tutti i regali sfarzosi che hai ricevuto oggi, non sarà nulla, ma ci tenevo che lo avessi. Quindi, ecco, buon compleanno»
Rose, smetti di parlare a macchinetta. Mi rimproverò la vocina fastidiosamente simile a quella di Albus che abitava nei meandri del mio cervello.
Scorpius mi ignorò e aprì il pacchetto. C'era qualcosa di estremamente affascinante nell'osservare le sue mani staccare ad uno ad uno i pezzi di scotch, cercando di non rovinare la carta che avevo usato, come se anche quella fosse parte del regalo e quindi meritasse attenzione.
«E' una cornice» disse, sottolineando l'evidenza. La osservò per qualche istante con aria corrucciata. «Mi ricordo di questa foto. Eravamo in biblioteca e Albus ti aveva appena rubato il saggio di Pozioni per copiarlo, quindi ti eri arrabbiata. Ecco perché avevi il broncio»
«Tu avevi mangiato troppi zuccotti, nonostante Al ti avesse detto di smetterla» continuai io, piena di nostalgia. «E allora lui ha preso la macchina fotografica e ha iniziato a fare foto, ignorando me che continuavo a chiedergli indietro il mio saggio»
Quando Scorpius alzò gli occhi su di me, questi erano profondi, senza fine. Un brivido mi corse lungo la schiena, improvvisamente preoccupata che non gli piacesse.
«Come mai hai scelto proprio questa foto?» Il suo tono di voce era serio ma non accusatorio.
«Perché… non lo so» Fanculo, ormai ero lì, tanto valeva fare le cose per bene. «Perché i miei capelli erano scompigliati, la tua camicia era abbottonata storta, io ero imbronciata e tu avevi la faccia di uno che stava per rimettere il pranzo, eppure sembravamo… oh, non lo so!» Sbottai, alzando le braccia al cielo.
«Felici»
«Cosa?» Domandai.
«Sembravamo felici» mi spiegò lui, appoggiando la cornice sul suo comodino, di fianco ai libri. «Grazie, Rose.»
 «Figurati» risposi spiccia, continuando a fissarlo.
«Che cosa ci fai qui? Il vero motivo, intendo» mi domandò con aria stanca.
«Volevo chiederti scusa» dissi. «Per essere scappata via. È solo che... Credevo stessi con Giorgina e che non volessi più avere a che fare con me»
Scorpius parve accendersi come una lampadina. «Se solo mi avessi lasciato il tempo per spiegarti, lo avrei fatto»
«Non potevo!» esclamai, ormai incapace di fermarmi. «Non potevo perderti di nuovo. E sì, mi sono comportata da codarda, ma sono innamorata di te dal primo anno e pensavo non volessi vedermi più, un'altra volta. Quando mi hai baciato, sulla torre di astronomia, mi hai preso così alla sprovvista che sono andata nel panico perché… Come potevi essere innamorato di me. Tu, Scorpius Malfoy, innamorato di me. Voglio dire, di me! Forse se non fossi stata così spaventata ora le cose sarebbero andate diversamente: non avremmo litigato, non ci sarebbe stata nessuna Giorgina e nessun cuore infranto. Ma non voglio essere più debole, voglio essere degna della Casa a cui appartengo»
I nostri occhi erano incollati. I suoi sembravano risplendere nella penombra della stanza. Avevo il fiato corto, come se avessi corso per chilometri senza mai fermarmi. Scorpius sembrava essere appena stato preso a pugni. Quando la consapevolezza di quello che avevo appena confessato mi colpì, arrossii violentemente.
Mi ero appena dichiarata a Scorpius Malfoy?
Merda.
«Omiodio» dissi, mettendomi le mani sul viso. «Non posso credere di averlo finalmente detto»
Mi accasciai contro la porta, libera da quel peso enorme che mi pesava sul petto da anni. «Io ti amo, Scorpius. E se per questo non vuoi vedermi mai più, allora okay, penso che prima o poi me ne farò una ragione, ma non potevo più vivere senza che...»
«Tu sei innamorata di me» Scorpius non aveva smesso di fissarmi. Aveva acquistato un po' di colore e le sue guance si erano tinte di una leggera sfumatura di rosa. Se non lo avessi conosciuto, avrei giurato che stesse arrossendo.
«Tu. Innamorata di me» sussurrò di nuovo avvicinandosi di un passo. «Come mai non me lo hai detto prima?» Esclamò, passandosi una mano tra i capelli. «Io non... Oh, vieni qui»
Mi prese il viso tra le mani e, prima ancora che potessi chiudere gli occhi, mi baciò. Fu un bacio intenso, senza la gentilezza con la quale mi aveva baciato sulla torre di astronomia. E questa volta non avevo intenzione di scappare. Mi beai del suo profumo, del sapore delle sue labbra, morbide contro le mie.
La stanza era fredda, ma Scorpius irradiava calore da tutti i pori, come una stella che brilla nel cielo.
Si staccò da me solo di qualche millimetro per riprendere fiato, la fronte attaccata alla mia, i nasi che si sfioravano. «Rose» tracciò con il pollice il contorno delle mie labbra. Sentivo i punti che toccava bruciare come tizzoni ardenti. Ero come benzina accesa da una scintilla. «Io non so da quando sono innamorato di te. So solo che un giorno ti ho visto e l'ho capito, che eri tu. Sei sempre stata tu» Mi posò un leggero bacio sul collo, poi un altro più in alto, sotto la mandibola. «Giorgina ha curato il mio cuore spezzato, ma con lei non è mai stato come con te. Non mi sentivo a casa e contemporaneamente sulle montagne russe» Ero in balia del suo tocco, il cuore in procinto di uscirmi dal petto. Mi chiesi se riuscisse a sentirlo battere all'impazzata. Avevo bisogno che capisse tutto quello che provavo per lui, altrimenti sarei scoppiata. «Tutti vogliono qualcosa da me» continuò in un sussurro. «Soldi, popolarità, mio padre vuole che prenda il suo posto al ministero e la McGranitt che diventi animagus entro la fine dell'anno. Insomma, tutti si aspettano qualcosa da me, ma tu no. Tu vuoi me, solo me. E credevo che, dopo tutto quello che era successo, non mi volessi più. E il pensiero di aver perso l'unica persona a cui bastavo solo io mi distruggeva»
Non potevo credere che si sentisse davvero così. Ma era questa la bellezza di Scorpius Malfoy: sicuro di sé all'apparenza, ma nell'anima solcato da profonde insicurezze.
Mi misi in punta di piedi e gli passai le braccia attorno al collo. Le sue mani furono subito sulla mia schiena.
«Voglio te e la tua bravura in trasfigurazione» gli dissi sfiorandogli il naso con il mio.
Lui scosse la testa. «No, sappiamo entrambi che non è vero. Tu vorresti amare la trasfigurazione, ma va bene se non ti piace. Devi solo accettarlo. Be' non che mi dispiaccia vederti tutte quelle sere per le nostre ripetizioni»
Nessuno mi capiva come Scorpius e, dopo quelle parole, ne ebbi ulteriore conferma.
Premetti le labbra contro le sue, desiderando di sentirlo sempre più vicino. Mi strinse a sé e mi sollevò da terra, facendomi appoggiare la schiena contro la porta. Gli allacciai le gambe attorno alla vita per avere miglior equilibrio e gli passai una mano tra i capelli, continuando a baciarlo come se fosse la mia ancora nel bel mezzo della tempesta.
Gli posai una mano sulla guancia. Avevamo entrambi il fiato corto
«E ora cosa facciamo?» Gli domandai.
«In che senso?»
Sentivo il suo respiro sulla pelle, caldo e leggero.
Sospirai e gli raccontai la conversazione che avevo avuto con quel gruppo di ragazze Serpeverde quella mattina e di come mi fossi sentita esposta, sotto gli occhi di tutti.
«E mio padre» continuai. «Se glielo dico via gufo si precipita qui e ti uccide»
Scorpius deglutì, visibilmente spaventato. «Stai scherzando, vero?»
«Mi piacerebbe, credimi, mi piacerebbe. Ho bisogno del supporto di mia madre, lei ti adora»
Piuttosto compiaciuto di se stesso alla notizia che la grande Hermione Granger lo stimava, Scorpius meditò per qualche istante sul da farsi. «Senti, la prossima settimana abbiamo gli esami e dobbiamo dare il massimo. Soprattutto in trasfigurazione, dobbiamo lavorare sodo la sera, così prenderai E. Non abbiamo bisogno di tutta la scuola che parla di noi»
«Sono d'accordo» dissi subito io. Era esattamente la mia paura: sentirmi costantemente osservata, essere fermata per i corridoi da ragazzine che volevano sapere se Scorpius Malfoy e io stessimo insieme, e pettegolezzi, tanti pettegolezzi.
No, con gli esami imminenti non potevo sopportarlo. Avevo bisogno di concentrazione.
«Quindi possiamo tenere la nostra relazione segreta fino a Gennaio, tanto mancano solo una decina di giorni alla fine della scuola. Durante le vacanze lo diciamo ai tuoi e, se sopravviviamo a Ron Weasley, possiamo sopravvivere anche a Hogwarts»
«Mi pare perfetto» gli sorrisi e lo baciai di nuovo.

Sul serio, avrei passato tutta la notte così: tra le sue braccia, contro il muro, a baciarlo finché non mi si fossero seccate le labbra.
Prima però c'era un'altra questione che andava affrontata per poter essere davvero felici: dovevo chiedergli cosa lo aveva spinto ad allontanarsi da me due anni addietro.
«Scorp» bisbigliai sulla sua bocca.
«Mmm»
«Devo chiederti una cosa» iniziai, ma venni interrotta.
«Oh... Questa è nuova» disse una voce divertita. «Bravi ragazzi, dateci dentro. Woo!»
Albus se ne stava accasciato contro lo stipite della porta con una bottiglia di whiskey incendiario in mano. Portava gli occhiali in bilico sul naso e la camicia mezza fuori e mezza dentro ai pantaloni. I suoi capelli sembravano un cespuglio ingarbugliato e i suoi occhi erano velati per il troppo alcool. Jerome stava al suo fianco con l'aria stanca.
«Volevo metterlo a dormire» spiegò molto in imbarazzo per averci interrotto. «Ha bevuto troppo, non sa più quello che fa»
«Sì che lo so invece» iniziò Albus, per poi scoppiare a ridere. «Vi lascio la stanza. Mi raccomando, usate protezioni»
«Albus!» Esclamammo io, Scorpius e Jerome all'unisono.
Malfoy mi posò a terra, prestando molta attenzione a non incrociare il mio sguardo.
«Potter» sibilò. «Sparisci, siamo impegnati»
«Ma ceerto. Adesso siete diventati una di quelle coppiette che parlano al plurale e si dimenticano degli amici» staccò le mani dal muro e ci fece un breve applauso. «Bravi, complimenti»
Jerome lo tirò per la manica. «Al, non hai appena detto che li avresti lasciati soli? Andiamo a dormire su un divanetto, da bravo»
Mio cugino lo fissò intensamente per qualche istante, un lampo di lucidità passò sul suo viso arrossato.
«Sai che ti dico, Jerome?» Disse a bassa voce. «Qua tutti si dichiarano, sono innamorati e felici, perché noi no?»
Jerome era diventato dello stesso colore dei miei capelli. «Albus, sei ubriaco. Andiamo a bere dell'acqua, vieni»
«No. Ho un annuncio da fare. Rose, Scorpius, anche voi dovete essere presenti» si raddrizzò e si sistemò la maglietta. «Andiamo!»
Jerome aveva la faccia di uno che non sapeva se fare salti di gioia, se sbattere la testa contro il muro per la disperazione, o se prendere a mazzate mio cugino. Nel dubbio, imprecava sottovoce.
«Albus» Scorpius si avvicinò a lui mentre camminavamo verso la Sala Comune. «Non devi dire a nessuno di me e Rose, hai capito?»
«Mmm, okay»
«Albus, sono serio. Dobbiamo mantenere un profilo basso fino a Natale»
«Profilo basso. Natale. Afferrato» Albus annuì con determinazione, e mi augurai che avesse capito sul serio. Scorpius mi rivolse un sorriso sghembo e mi diede un veloce bacio a fior di labbra.
Passammo attraverso il corridoio deserto e arrivammo nel bel mezzo della festa, tesi come corde di violino. Albus si diresse impettito verso un tavolo, lo spostò al centro della pista da ballo improvvisata, e tentò di arrampicarvisi sopra, senza risultati, dato che aveva bevuto Merlino solo sa quanto. Stavo seriamente iniziando a preoccuparmi. Che diavolo voleva combinare?
«Ehi, Scorp» disse, facendo segno a Malfoy di raggiungerlo. «Vieni qua a darmi una mano»
«Non se ne parla» Incrociò le braccia al petto quest'ultimo. «Se sali lassù rischi di ammazzarti, e... Albus!?»
Ma mio cugino era già in ginocchio sul tavolo e stava cercando di tirarsi in piedi in qualche modo.
«Ci penso io» sospirò Jerome con una pazienza sovrumana. Lo raggiunse e lo aiutò a stare in equilibrio.
«Un attimo di attenzione, gente. Ho un annuncio da fare» esclamò Albus, tenendo con una mano la bacchetta a mo' di microfono e gesticolando animatamente con l'altra.
Vicky e Felicity ci raggiunsero.
«Che sta facendo?» Chiese la prima a bocca aperta. «Con tutta la fatica che abbiamo fatto a impostare l'impianto audio. Oh, no!»
Albus era riuscito a far sì che la propria voce superasse la musica, la quale cessò improvvisamente con un suono assordante. Borbottii di disapprovazione si levarono dai ragazzi presenti.
«Lo uccido» affermò Felicity. «Ci ho messo ore di duro lavoro per ottenere un audio decente e lui rovina tutto cosi!»
Ah, l'efficienza dei Corvonero. Tutto doveva essere perfetto.
«Okay» iniziò Victoria. «Pensiamo a come sistemare tutto. Se utilizziamo un altro Muffliato e poi un...»
«Dunque, dicevo!» Urlò mio cugino dalla sommità del suo tavolo, come un re che parla ai propri sudditi dal trono. «Che ho un annuncio da fare»
«Albus, andiamo via» gli disse il povero Jerome. «Non sai quello che fai, ti prego. Domani te ne pentirai»
«Sono gay!» Esclamò Albus, per poi scoppiare a ridere aprendo le braccia. «Avete capito bene, donne di Hogwarts, non sono più sul mercato. Ma non temete, ci sono altri bei ragazzi che potete puntare. Anche se il più bello di tutti sta già con me»
Saltò giù dal tavolo e si posizionò di fronte a Jerome con il sorriso più splendente che gli avessi mai visto sfoggiare.
«Che hai fatto?» Sussurrò quest'ultimo con la voce rotta dalla commozione. «Pensavo non fossi pronto per... che ti vergognassi e... Oh Salazar!, sei ubriaco e domani te ne pentirai»
«No. Ho solo trovato il coraggio per fare quello che avrei dovuto fare mesi fa» Albus lasciò cadere la bottiglia di Whiskey per terra e lo baciò come se fosse la cosa più naturale dell'universo, come se non avesse fatto altro per tutta la vita.
«Come ho potuto non accorgermene?.» Sussurrai mettendomi una mano sulla bocca.
«Il solito esibizionista» sbottò Scorpius divertito.
«Tu lo sapevi?» Gli domandai con occhi spalancati.
«No» Scorpius scosse le spalle. «Ma vivo con loro due, ed era diventato evidente. In più Al è il mio migliore amico. Lo conosco»
Anche io avrei dovuto conoscerlo.
«Per Priscilla!» Victoria si stava soffiando il naso con le lacrime agli occhi.
«Vicky, stai bene?» Mi avvicinai a lei preoccupata e le misi una mano sulla spalla.
«Benissimo! Il mio bambino lo ha finalmente ammesso. Sono così felice»
«Ma ero l'unica a non saperlo?» Domandai stizzita.
«Io non lo sapevo» Victoria mise via il fazzoletto e mi sorrise. «Però ho degli occhi per guardare, tesoro»
«Oh cielo» Emma apparve, Matthew al suo fianco. «E ora chi lo spiega a Danielle?»
«La mazza» borbottò Felicity. «Lo sapevo che avrei dovuto prendere di nuovo la mazza»
«Ehi, Sullivan» Scorpius sfoggiò un ghigno divertito. «Penso che Danielle scoprirà da sola i gusti di Albus, se va avanti di questo passo» Al stava ancora baciando Jerome, che sembrava davvero tanto imbarazzato ma felice.
«Ci rimarrà malissimo» mugugnò la Corvonero depressa, sistemandosi una ciocca di capelli castano dietro l'orecchio.
«Sicura?» Chiese Victoria.
«Cosa intendi dire?» Intervenni io, non capendo.
Victoria alzò le spalle. «Solo che non credo Danielle sia poi così interessata ad Albus, eravamo più noi che volevamo stessero insieme. Se ne farà una ragione, e poi lui continuerà a volerle bene e a essere suo amico»
Speravo proprio che Danielle non ci sarebbe rimasta male. L'ultima cosa che volevo -e che anche Albus voleva- era farla soffrire, ma suppongo che certe cose non possano essere controllate. È un po' come il latte e il caffè. O ti piace uno o ti piace l'altro per colazione, e non importa quante volte le persone ti dicano di bere il latte, tu continuerai a preferire il caffè, e vice versa. Albus amava Jerome e andava bene così; anche Danielle lo avrebbe accettato.


Scorpius ed io passammo il resto della serata in compagnia di Victoria e Felicity per non dare nell'occhio, ma il cambiamento era per me evidente. Ci eravamo seduti vicini, con le gambe e le braccia che si toccavano. Ogni occasione era buona per sfiorarci e scambiarci sguardi di nascosto.
Dio, ma quand'è successo?
Non me ne frega niente, decisi. L'importante era che, appunto, fosse successo.
Certo, avevamo ancora quella questione in sospeso, ma avremmo avuto tempo per parlarne. Magari dopo gli esami.
Quando la Sala Comune si svuotò quasi completamente, Scorpius si alzò e mi porse la mano.
«Che fai?» Chiesi, non capendo.
«Ti invito a ballare. Se ne sono andati quasi tutti e non facciamo niente di male. Ragazze» disse poi alle Corvonero. «Mi mettereste una canzone un po' più, uhm, romantica?»
Victoria era mezza addormentata mentre Felicity aveva bevuto qualche bicchiere di troppo.
«Eehh?» Chiese la prima.
«Sono sobria!» Esclamò la seconda.
Scorpius alzò gli occhi al cielo. «Lasciate stare» sventolò la bacchetta e partì una melodia più tranquilla.
«Quindi? Vuoi concedermi l'onore di questo ballo, Rose?»
«Mmm non lo so. Te lo concedo solo perché non c'è niente di meglio» gli sorrisi e lo seguii in pista, che era ormai vuota.
Scorpius mi mise le mani attorno ai fianchi e io intrecciai le mie attorno al suo collo, poggiando il capo sul suo petto. Riuscivo a sentire il battito leggermente accelerato del suo cuore e vi giuro di non aver mai sentito suono più bello.
«Tu sei il miglior regalo che potessi desiderare. E non posso credere di poter finalmente stare con te» sussurrò ad un certo punto da qualche parte tra i miei capelli. «E di poter fare questo» Mi posò un bacio sulla fronte. «E questo» Me ne diede un altro dietro l'orecchio. E poi un altro. E un altro.
«Promettimi una cosa» Alzai il capo e lo trovai a guardarmi intensamente.
«Tutto quello che vuoi»
«Prometti che domani sarai davanti alla Sala Grande ad aspettarmi e che non te ne andrai via da me»
Scorpius mi sorrise. «Te lo prometto. Non vado da nessuna parte»
Restammo abbracciati per molto tempo ancora, fino a quando non rimase più nessuno oltre a noi.
Scorpius insistette per riaccompagnarmi al mio dormitorio e io non opposi resistenza.
Mi diede un bacio augurandomi la buonanotte, e io andai a dormire, felice dopo tanto tempo.




Affrontare una persona che ami e che potrebbe ferirti fa paura. Non c'è niente di più terrificante. Alla fine, però, comunque vada sopravvivi. Se le cose vanno bene, sei felice; se vanno male, hai il cuore spezzato. Ma ho imparato sulla mia pelle che, prima o poi, si aggiusta.




NOTE DELL'AUTRICE
Ciao a tutti. <3
Sappiate che sono in ansia per questo capitolo. IN ANSIA.
Sinceramente mi piace com'è uscito, ed è proprio perché mi piace che ho paura non vi soddisfi. *complessi, lo so*
Perciò mi limito a dire che Scorpius e Rose non hanno ancora risolto tutto; prima di poter essere davvero felici e di poter stare insieme come di deve, devono affrontare QUEL discorso, ovvero "cosa cavolo è successo due anni fa?" Più o meno è evidente, nel senso che è intuibile perché ho lasciato indizi espliciti per tutta la storia. Penso lo avrete capito tutti a questo punto, se non lo avete capito, meglio così, ahahahah.
In ogni caso sto in ansia, l'ho già detto? No, dai, non sto proprio in ansia, spero solo che vi piaccia! Ce l'ho messa tutta per scriverlo e nulla, fatemi sapere perché ci tengo. <3
Vorrei ringraziare tutte le ragazze stupende che su facebook o su whatsapp mi scrivono che si sono affezionate ai personaggi e che gli piace questa storia, vi giuro che vi adoro all'infinito e che mi fate andare avanti. <3
Un grazie enorme anche a tutti coloro che sprecano del tempo per lasciarmi una recensione, o anche solo un piccolo commento. Grazie mille a tutti!
E basta, direi che è tempo di andare.
Vi mando un bacio grande,
Francesca

Ritorna all'indice


Capitolo 19
*** Capitolo Diciannove. ***


Capitolo Diciannove. 


 
Don't you worry your pretty little mind,
Peolpe throw rocks at things that shine. 

Ours, Taylor Swift.
 


«Shhh, così la sveglierete!»
«Per Merlino, ma secondo voi dorme?»
«Sì, Samatha. Dorme. Guardala!»
«Uh»
«Ragazze, per l'ennesima volta: silenzio!»
Ormai sveglia a causa di tutto quel baccano, mi girai di lato.
«Si può sapere cosa succede?» Biascicai tirandomi a sedere sul letto, gli occhi ancora impastati dal sonno.
Le mie amiche mi stavano fissando. Samantha si mangiucchiava le unghie, Adelaide e Julia indossavano lo stesso sguardo malandrino e Johanna sembrava una bambina la mattina di Natale.
«Allora?» Chiese quest'ultima senza riuscire a mascherare l'entusiasmo. «Com'è andata?»
«Com'è andata cosa?» Chiesi, mezza addormentata.
«Lo sai benissimo» intervenne Adelaide, dritta al punto. «Malfoy»
Panico iniziò a scorrere nelle mie vene al solo sentir pronunciare il suo nome.
Immagini della sera precedente si riversarono nella mia mente come flashback di una vita passata. Era successo veramente? O si era trattato solo di un sogno?
In ogni caso, non potevo confidar loro quello che era successo -o che non era successo- altrimenti nel giro di poche ore tutta Hogwarts ne sarebbe stata al corrente. Non fraintendetemi, amavo Johanna, Adelaide e Samantha, ma avevano un difetto: non sapevano tenere la bocca chiusa. Per non parlare del loro sfrenato amore per il gossip.
Con Julia, invece, era un altro discorso. Lei non mi avrebbe mai tradita e avrebbe portato con sé il segreto nella tomba se solo glielo avessi chiesto. Tuttavia non potevo confidarmi con lei in quel momento. Avrei dovuto farlo più tardi.
Non sorridere come un'ebete, Rose. Non far capire quanto sei felice.
«Oh. Quello» dissi, impassibile, cercando di mantenere un'espressione neutrale. «Non è andata come previsto»
Le mie amiche mi guardarono a bocca aperta per qualche istante. La prima a riprendersi fu Adelaide.
«Cosa cavolo significa che non è andata come previsto?» Sbottò, mettendosi le mani sui fianchi. «Tutto quel lavoro con il trucco, la camicia sbottonata, e mi dici che non ha funzionato? Rose, eri uno schianto ieri sera. Malfoy è un idiota»
Julia mi lanciò un'occhiata interrogativa da dietro gli occhiali ma stette in silenzio.
«Per Godric» esclamò Johanna, colma di indignazione. «Basta, non vi shippo più»
Sorvolai sul suo vocabolario -che faticavo ancora a comprendere dopo anni- e mi avviai verso il bagno.
«Ma cos'è successo, esattamente?» Chiese Samantha con la sua voce delicata. «Voglio dire, Malfoy ti ha rifiutata? Cosa ti ha detto?»
Non dovetti neppure elaborare una risposta perché la mia migliore amica intervenne in mio soccorso.
«Non vedete che non vuole parlarne?» Sbottò incrociando le braccia al petto. Poi, rivolgendosi a me come se fossi un cucciolo bisognoso di coccole, aggiunse: «Forza, Rosie, vestiti che andiamo a fare colazione. Non ti preoccupare, potrai parlarcene quando ti sentirai pronta»
Le rivolsi uno sguardo colmo di gratitudine e lei mi fece l'occhiolino.
Adelaide, Johanna e Samantha si avviarono subito verso la Sala Grande, mentre io mi precipitai in bagno per cambiarmi e farmi una doccia. Julia mi aspettò, poi andammo a fare colazione insieme.
«Quindi» iniziò la mia migliore amica mentre scendevamo le scale che portavano al piano terra. «Sputa il rospo»
La mia risposta fu un sorriso a trentadue denti.
«Lo sapevo!» Esclamò lei battendo il pugno sulla mano. «Lo sapevo! Allora? Malfoy bacia bene come due anni fa? O è migliorato? Be', con tutti i baci che avrà dato a Giorgina sarà un maestro» la guardai malissimo e lei si bloccò. «Oh. Non che questo sia importante. Insomma, raccontami tutto!»
La aggiornai su quello che era successo la sera precedente e sul patto che Scorpius e io avevamo stretto, ovvero non dire a nessuno della nostra relazione fino a Natale.
«Capito» annuì Julia. «Bocca cucita. Chi altri ne è al corrente oltre a me?»
Ci pensai un attimo. «Jerome e Albus, credo»
«Jerome Rosier? Perché? Voglio dire, so che ti sta simpatico, ma perché dirlo a lui?»
«Ecco…» iniziai, non sapendo come continuare.
Possibile che fossi stata così cieca da non accorgermi dei sentimenti che mio cugino nutriva per il battitore di Serpeverde? Ero stata talmente presa dai miei problemi con il Biondaccio e con mia madre da non notare quelli di Albus. Non avevo visto la sua sofferenza. Non potevo neppure immaginare come doveva essere stato duro per lui affrontare tutto questo da solo. Si meritava delle scuse.
«Ci ha visto» abbozzai vaga. «Perché stava cercando di portare Albus nella loro stanza, dato che era ubriaco»
«Aspetta» Julia si bloccò a metà della scalinata. «Eri nella camera di Malfoy? Omiodio, lo sapevo!»
«Shhhhhhhhhhh!» La strattonai per un braccio e la costrinsi a proseguire. «Julia. Non dare nell'occhio»
«Non mi ha sentito nessuno! E non cambiare discorso. Cosa cavolo ci facevi nella sua stanza?»
«Niente» dissi con pazienza. «Gli ho dato il regalo, abbiamo parlato e…»
Sospirai.
«Quel sospiro vuol dire che ti ha baciata. E che è stato bello»
«Ehi, non ho detto niente io!»
«Ti prego» Julia alzò gli occhi al cielo. «Conosco i tuoi sospiri, molto bene anche. Vorrei che non fosse così»
Le passai un braccio attorno alle spalle e posai la testa sulla sua spalla. «Non è vero. Leggermi come un libro aperto ti fa sentire potente»
«Un po'» concesse lei con un ghigno divertito. «Uh, guarda  chi si vede. Scorpius -ho un bel fondoschiena- Malfoy  a ore dodici»
Per poco non inciampai. Mi raddrizzai e mi tirai un pizzicotto per essere sicura che non fosse un sogno.
Eravamo arrivate davanti alle porte della Sala Grande e, appoggiato al muro, stava proprio Scorpius.
Sarò sincera: per un istante, quella mattina, avevo temuto di essermi immaginata tutto e che avremmo ripreso a ignorarci cordialmente, come due semplici conoscenti. Vederlo lì, proprio lì dove mi aveva promesso che sarebbe stato, fu la sorpresa migliore del mondo. Eppure, nonostante la meraviglia e l'insicurezza, un piccolo angolo del mio cuore era sicuro che questa volta non mi avrebbe delusa.
«Buongiorno» mi salutò. 
«Buongiorno» gli sorrisi io, sentendomi leggermente idiota. Ma chissene frega. «Hai mantenuto la promessa»
Esisteva solo lui, il resto del mondo era in bianco e nero. Vedevo solo il verde dei suoi occhi e l'oro dei suoi capelli.
«Proprio così» allungò una mano, come se volesse sfiorarmi la guancia, poi sembrò ripensarci e la lasciò cadere lungo il fianco. Eravamo in pubblico.
Il mio stomaco sprofondò, desideroso di quel  contatto. Era come una droga: ora che avevo avuto un assaggio di Scorpius non potevo più farne a meno.
«Ciao anche a te, Malfoy» Julia sventolò una mano per aria in segno di saluto. «E' un piacere vederti. Più o meno»
«Julia» Rispose ponderato Scorpius. «Come stai?»
«Io bene, grazie» disse lei con un sorrisone. «Tu non così bene se farai soffrire ancora la mia…»
Le tappai la bocca con la mano e iniziai a trascinarla via.
«Ci vediamo a trasfigurazione?» Urlai a uno Scorpius sconvolto.
Quando si riprese mi sorrise e annuì. «Certo. A dopo»
Strattonai Julia fino al nostro tavolo e la feci sedere al mio fianco. Poi le rivolsi un'occhiata assassina.
«Che c'è?» Sbuffò lei versandosi una tazza di tè e servendosi una porzione di pancakes. «Sapevi che gliene avrei dette quattro, prima o poi»
«Sì, lo so bene. Il problema è che non abbiamo ancora affrontato quella questione»
Julia posò lentamente la forchetta e alzò lo sguardo su di me. Prese un paio di respiri per calmarsi e poi sibilò. «Definisci la parola "questione" e spiega cosa cavolo intendi con "non abbiamo ancora affrontato"»
Strinsi tra le mani una tazza di caffè e cercai di non incontrare il suo sguardo. «Vuol dire che non abbiamo ancora parlato di quanto successo due anni fa»
«Non ci credo» Julia era allibita. «Sapevo che eravate stupidi, ma non pensavo fino a questo punto»
Aveva ragione.
Era la prima cosa di cui discutere. E ci avevo provato, ma a che pro farlo adesso? Avevo già abbastanza per la testa con la scuola, avevamo tutte le vacanze per pensarci.
«Stavo per chiedergli perché si è comportato così due anni fa. Però Al ci ha interrotto e poi non me la sono sentita più. Era tutto così perfetto e io non volevo rovinare l'atmosfera. Inoltre siamo sotto esami e sai che devo dare il massimo, non ho bisogno di altri problemi»
Julia fece una smorfia. «La verità è che hai paura della risposta»
«Anche» risposi piano io. «Non lo nego. Sono terrorizzata dalla risposta. Proprio per questo ci penserò una volta in vacanza. Prima o poi verrà fuori. Lo so io e lo sa anche lui»
Julia tornò a dedicarsi ai suoi pancakes con più foga del necessario.
«Incredibile» sbottò tra un boccone e l'altro. «Assolutamente incredibile»
Alzai gli occhi al cielo e la ignorai.
Il resto della mattinata passò in tranquillità, tra pozioni e difesa contro le arti oscure. Il professor Lumacorno mi ricordò l'incontro del LumaClub previsto per Gennaio e la professoressa DeFriars ci fece esercitare con gli incantesimi non verbali. L'ultima ora della mattina era buca, e la passammo in Sala Comune a scrivere il saggio di artimanzia assegnatoci il giorno prima. Ero piuttosto soddisfatta del risultato, quindi decisi di dare una mano a Julia con il suo lavoro, dato che era una frana in artimanzia. Sosteneva che i numeri non facevano per lei e che nulla di quello che studiavamo in quella materia aveva senso. A me non dispiaceva. Mi piaceva il fatto che ci fosse un ordine da seguire: almeno nel mondo dell'artimanzia le cose andavano come dovevano andare.
Pranzammo insieme a Johanna e Samantha -Adelaide era rimasta indietro con trasfigurazione e aveva saltato il pranzo per recuperare. Tipico.
Le mie compagne di stanza si erano sedute vicino a Julia e a me per cercare di tirarmi su di morale, pensando che avessi il cuore spezzato. Mi sentii vagamente in colpa per questo, ma sapevo che ne valeva la pena.
Julia, Johanna e Samantha avevano mollato trasfigurazione dopo i Gufo -saggia decisione- quindi, mentre loro si avviarono verso la casetta di Hagrid per una lezione di Cura delle Creature Magiche, io mi diressi verso l'aula di trasfigurazione.
Ammetto che da quando avevo iniziato quelle lezioni serali con Malfoy i miei risultati erano migliorati notevolmente. Avevo finalmente capito il procedimento per trasfigurare gli oggetti inanimati, nonostante avessi ancora qualche difficoltà con quelli animati. Ci stavamo lavorando e, a detta di Scorpius, entro la fine del quadrimestre sarei stata in grado di maneggiare anche quella tecnica ad occhi chiusi. Speravo avesse ragione perché ne avevo assoluto bisogno, data l'imminenza degli esami.
Camminavo per i corridoi della scuola persa tra i miei pensieri e non prestando particolare attenzione a dove stavo andando. Le mie gambe conoscevano a memoria la strada e si muovevano per inerzia. Ad un tratto, qualcuno mi afferrò per un braccio e mi trascinò in uno stanzino per le scope.
«Che cavolo?»
Il mio assalitore mi mise una mano sulla bocca e mi fece appoggiare con la schiena contro il muro.
«Shhh» sussurrò, e io mi rilassai.
Tolse piano la mano dalle mie labbra e mi posò un bacio dietro l'orecchio. Era Scorpius. Avrei riconosciuto il suo profumo e il suo tocco ovunque.
«Sei un idiota» sospirai, allacciandogli le braccia attorno al collo e alzandomi in punta di piedi così che i nostri occhi fossero alla stessa altezza. «Mi hai fatto spaventare e stavo per affatturarti»
Scorpius rise e mi sistemò una ciocca di capelli che mi era ricaduta sul viso. «Avevo bisogno di vederti»
«Ci saremmo visti tra cinque minuti» gli feci notare ragionevolmente io.
«Sì, ma non avrei potuto fare questo» Posò le labbra sulle mie e mi baciò.
Mi sciolsi tra le sue braccia e smisi di pensare. Fuori sarebbe potuta scoppiare anche la terza guerra magica, e io non me ne sarei accorta. C'era qualcosa di più passionale rispetto alla sera precedente, quando ci eravamo baciati come se ne fossero dipese le nostre vite. Questa volta volevo sentirlo sempre più vicino, volevo toccarlo e rendermi conto che stava succedendo davvero. Perduta ogni lucidità, gli allentai la cravatta e gli posai un leggero bacio sul collo.
«Ah no?» Chiesi, continuando il discorso di prima. «Dici che la McGranitt avrebbe avuto da ridire?»
Scorpiu iniziò a giocherellare con il colletto della mia camicia e, titubante, slacciò il primo bottone. «Nah. Probabilmente ci avrebbe regalato una E per la prestazione»
Vedendo che non mi opponevo, ne slacciò un altro e posò le labbra sulla mia clavicola.
Sospirai e gli passai le mani sulle spalle, poi lungo le braccia, e infine le arrestai sul suo petto. Sentivo il suo cuore battere e i muscoli tendersi sotto il mio tocco.
«Scorp» Borbottai ad un certo punto. «Non credi che dovremmo andare? Se arriviamo in ritardo, la McGranitt ci trasfigura in rospi»
Ma Scorpius non pareva per niente preoccupato dalla professoressa. Mi sorrise e mi stampò un bacio sulle labbra.
«Abbiamo ancora un sacco di tempo» disse. Un secondo dopo, la campanella che segnava l'inizio delle lezioni pomeridiane suonò. «O forse no»
«Andiamo, forza» Mi abbottonai la camicia, improvvisamente consapevole di tutta la pelle che avevo mostrato. Sperai fortemente che nella penombra dello sgabuzzino Scorpius non avesse visto troppo.
«Possiamo saltare trasfigurazione»
Mi stava tentando, e lo sapeva. Non potevo saltare una lezione di trasfigurazione. Dovevo prendere appunti e seguire la spiegazione, altrimenti non avrei capito nulla. Leggendo i miei pensieri, Scorpius ghignò. «Posso rispiegarti io quello che spiegherà oggi la McGranitt. Andiamo, sono quasi un insegnante più bravo di lei»
«Per quanto le tue lezioni siano utili, non credo sia il caso. Non possiamo davvero, lo sai»
 La mia voce era titubante. Sarebbe bastata un'ultima spinta per farmi precipitare nel barato della tentazione e cedere.
«Oh per Tosca, scusate!»
La porta si era spalancata e un fiotto di luce si era riversato all'interno dello sgabuzzino. Sia io che Scorpius alzammo una mano per proteggere gli occhi -abituati alla semioscurità- da quella luce accecante.
«Chi è?» Chiese Malfoy leggermente teso.
«Nessuno» replicò velocemente l'intruso. O meglio, l'intrusa, dato che aveva una squillante voce da ragazza. «Non è nessuno. Anzi, ora me ne vado»
«Aspetta!» La rincorsi fuori dal corridoio, ormai deserto, finendo di sistemarmi la camicia.
La ragazza si fermò, il viso rosso per l'imbarazzo.
«Sapete cosa? Dimenticate tutto! Ora me ne vado…» fece per allontanarsi di nuovo, ma la trattenni gentilmente per un braccio.
«Ciao» le dissi con un sorriso, cercando di tranquillizzarla. «Sono Rose»
Non osai immaginare come dovessimo sembrarle: io con le guance arrossate e i capelli scompigliati; e Scorpius senza l'aria di compostezza che lo caratterizzava di solito, con la cravatta che gli pendeva ai lati del collo.
«Oh, sì. Lo so bene» rispose questa con una risatina nervosa.
«Tu sei?» Chiesi, vedendo che non aggiungeva altro.
«Sono Lexie Colfer» disse. «Quinto anno, Tassorosso»
Mi porse la mano e gliela strinsi.
Portava i capelli neri lunghi fino alle spalle e una frangetta che le arrivava poco sopra gli occhi. Era alta -bassa- come me e aveva una voce solare e un viso simpatico.
Scorpius nel frattempo ci aveva raggiunte e stava squadrando dubbioso la Tassorosso.
«Ciao» disse con un leggero sorriso. «Sono Scorpius. Scorpius Malfoy»
Lexie lo guardò con un misto di adorazione e confusione. «Io… uhm, sì, ti ho visto in giro. Qualche volta. Forse»
La ragazza non era ancora totalmente a proprio agio, ma come biasimarla? Scorpius era così, metteva in soggezione la gente anche senza volerlo. Bisognava conoscerlo per poter star bene in sua compagnia.
Riuscivo a sentirlo imprecare internamente per essere stati scoperti. Era infatti di vitale importanza che la nostra relazione restasse segreta fino alla fine degli esami. Non conoscevo Lexie e non potevo sapere se avrebbe custodito il nostro segreto, ma dovevo tentare.
«Senti» iniziai. «Riguardo a quello che hai appena visto…»
«Non ho visto niente!» Disse subito questa, arrossendo violentemente. «Niente, giuro. Mi dispiace. Omiodio»
«E' tutto okay» cercai di tranquillizzarla io, mettendole una mano sulla spalla. «Non devi preoccuparti»
«Peccato» disse invece Scorpius con un ghigno. «Non sai che ti sei persa»
Lexie era sul punto di scappare via per l'imbarazzo e io lanciai a quell'idiota del mio ragazzo uno sguardo assassino.
«Idiota» alzai gli occhi al cielo e Lexie mi sorrise.
«Ragazzi» concordò lei. «Sono tutti uguali»
«Ehi, così mi offendete» Scorpius si mise una mano sul cuore.
Sorvolai su quell'affermazione e tornai alla questione importante. «Devo chiederti un favore enorme. Potresti non dire a nessuno quello che hai visto? Per favore. Vorremmo mantenere tutto questo segreto fino all'inizio delle vacanze di Natale»
«Certo. Come vi ho già detto, io non ho visto niente. Dimentichiamo tutto» Lexie aveva l'aria di una che avrebbe preferito sotterrarsi piuttosto che avere quella conversazione.
«Grazie.» Le dissi grata. «Se c'è qualcosa che possiamo fare per te, ti prego, faccelo sapere.»
«Possiamo mettere di nuovo in scena lo spettacolo di poco fa» Scorpius alzò le spalle con noncuranza, come se stesse parlando del tempo. Poi mi fece l'occhiolino. «A me non dispiace»
«Ignoralo» sospirai. «Se non gli dai corda, dopo un po' la smette»
Lexie annuì e mi si strinse il cuore per lei. Scorpius probabilmente voleva metterla più a suo agio. Non ci era riuscito.
«Allora vado» disse questa. «Sono già in ritardo per Pozioni. Lumacorno si arrabbierà di sicuro»
«Posso parlarci io!» Proposi. «Gli dirò che è colpa mia se hai fatto tardi, così non ti assegnerà compiti extra»
«E pensi che ti darà ascolto?» Lexie fece una smorfia.
«La adora» spiegò pratico Scorpius.
«Non è che mi adora...»
«Ti adora»
«Okay, forse un pochino» concessi con un sorrisetto. «Ma meglio per noi, no?»
«Oh» Lexie parve sinceramente toccata. «Ti ringrazio. Davvero, grazie mille!»
«Non dirai niente, vero?» Disse Scorpius, incrociando la braccia al petto.
Gli tirai un pizzicotto e Lexie per poco non alzò gli occhi al cielo. «Potete stare tranquilli»
«Grazie» diedi un'occhiata all'orologio e per poco non mi misi a urlare. «Scorpius. La McGrantt non ci trasfigurerà in rospi, ci ucciderà direttamente. Muoviti!»
Non feci in tempo a muovermi che Emma apparve dal nulla. Seriamente, come facevano le Corvonero? Secondo me avevano capito come materializzarsi all'interno di Hogwarts. Era l'unica spiegazione.
«Bene, bene, bene, che cos'abbiamo qui?» Emma ci squadrò da capo a piedi con aria divertita. «Non avete trasfigurazione a quest'ora, voi?»
«Uhu?» Feci io, sistemandomi i capelli con nonchalance.
«E tu, Sullivan?» Chiese Scorpius tranquillo. «Non hai lezione?»
«No» rispose angelicamente lei. «Stavo giusto girando per i corridoi alla ricerca di studenti che infrangono le regole» poi parve notare Lexie. «Tu sei?»
«Lexie Colfer» rispose questa con sguardo basso. «Quinto anno. Tassorosso»
Emma parve accendersi. Aveva quello sguardo. Lo sguardo di quando trovava un'idea geniale.
«Dimmi un po', Lexie» iniziò, passando un braccio attorno alle spalle della ragazzina con fare cospiratorio. «Cosa ci facevi con questi due?»
«Niente. Io, no, davvero, non ci facevo niente» Lexie sembrava sul punto di svenire.
«Be',» iniziò casualmente la Corvonero, rivolgendo un'occhiata piena di significato alla porta spalancata dello stanzino delle scope. «Se mi dici cosa stavano combinando nello sgabuzzino, non ti tolgo punti. Voglio dire, me lo immagino benissimo cosa stessero facendo, semplicemente ho bisogno di un testimone»
«Pesante, Sullivan» fece Scorpius divertito. «Degna di un Serpeverde»
Lei lo ignorò, continuando a fissare Lexie.
«Lasciala stare» sospirai io. «Lexie, vai via, torna a lezione»
La ragazzina non se lo fece ripetere due volte. Sgattaiolò via dalla presa della Corvonero e sparì, borbottando delle scuse.
«Ehi!» Emma si mise le mani sui fianchi. «Era la mia testimone!»
«Se devi toglierci punti perché siamo in ritardo, fai pure» dissi io depressa. «Ma non stavamo facendo niente. Abbiamo sentito un rumore e siamo andati a controllare»
Sperai che se la bevesse, ma era della Caposcuola di Corvonero che stavamo parlando. Anche Scorpius era teso, ma, a differenza mia, non lo faceva trasparire in alcun modo.
«Non è questo che i Caposcuola fanno? Ricercare minacce nel castello?» Mi diede mai forte lui. «E se si fosse trattato, che so io, di un troll e noi non lo avessimo riportato?»
Emma alzò un sopracciglio. «Un troll. Nel ripostiglio delle scope»
Malfoy alzò le braccia in segno di resa. «Non si può mai sapere cosa puoi trovare»
Emma ci puntò la bacchetta contro, e per un istante temetti volesse affatturarci. «Un giorno vi beccherò. Avete vinto una battaglia, ma non la guerra»
Perché, perché, perché il mondo ce l'aveva con me?
«E quando ci "scoprirai"» iniziò Scorpius ponendo particolar enfasi sull'ultimo verbo. «Che cosa hai intenzione di fare?»
Emma parve presa alla sprovvista. Sbatté gli occhi per qualche secondo e poi parlò. «Prendervi in giro fino alla morte, ovviamente!»
«Be', buona fortuna» Sorpius mi prese per il braccio e iniziò a trascinarmi lungo il corridoio. «Come ci hai ricordato, abbiamo una lezione a cui andare»
«Certo» Borbottò la ragazza, per poi alzare la voce. «E comunque, Rose, hai la camicia abbottonata male»
Merda.


Entrammo in classe dieci minuti dopo il suono della campanella. Tutti gli occhi erano puntati su di noi e la McGranitt ci squadrò con aria critica dalla testa alla punta dei piedi. Pregai che scambiasse il nostro disordine e fiatone per la corsa fatta e non per qualcosa di meno casto. Albus ci guardava interrogativo, mentre Jerome ci rivolse un sorrisetto appena accennato di chi sapeva più di quanto avrebbe dovuto.  Non mi preoccupai di lui; era una persona estremamente discreta e riservata, perciò ero sicura che avrebbe custodito il nostro segreto.
«Malfoy, Weasley» disse con voce severa la professoressa. «Vi ringrazio per averci degnato della vostra presenza. Meno dieci punti a Serpeverde e meno dieci punti a Grifondoro per la vostra mancanza di puntualità. E ora seduti, veloci»
Trasfigurazione era l'unica materia che Grifondoro seguiva con Serpeverde. Gli unici posti liberi erano uno di fianco a Jason Cameron in ultima fila e un altro vicino ad Albus in seconda fila. Scorpius sedeva, ovviamente, sempre vicino a mio cugino, perciò mi diressi demoralizzata per la perdita di punti verso il banco vuoto al fianco di Jason. Lui mi sorrise, ma il suo sorriso si spense quando  Scorpius scivolò con naturalezza al suo fianco. Già, avete capito bene: Scorpius Malfoy si era seduto -di sua spontanea volontà- di fianco a Jason Cameron.
Seriamente, Malfoy? Quando si dice: non attirare l'attenzione.
Alzai un sopracciglio e lui mi rivolse un sorrisetto angelico. Cameron sembrava sul punto di vomitare.
«Weasley, si muove o vuole una mano?» Commentò seccata la professoressa.
Mi affrettai a prendere posto vicino a mio cugino prima che mi trasfigurasse in un verme.
«Che cavolo succede?» Mi chiese questo in un sussurro. «Sembrate appena usciti da una lavatrice.»
Evitai di indagare sul come facesse a sapere che cos'era una lavatrice. Io lo sapevo solo perché mia madre era una nata babbana e me lo aveva spiegato, quindi mi rendevo anche conto che non era positivo se una persona ti diceva che sembravi uscito da una lavatrice dopo che avevi passato dieci minuti buoni a pomiciare con il tuo ragazzo. Soprattutto se volevi che questo rimanesse un segreto.
«Niente» risposi spiccia, prendendo la bacchetta. «Stavamo, uhm… parlando di trasfigurazione e abbiamo perso la cognizione del tempo»
Albus parve convinto e io lo guardai male. Come poteva crederci davvero, dopo quello a cui aveva assistito la sera precedente? Di solito per queste cose aveva occhio… Che fosse diventato idiota anche lui?
Non avevamo avuto modo di parlare neppure del suo coming-out, cosa che invece volevo fare al più presto. «Albus, riguardo a ieri sera…»
Al scosse la testa. «Mi dispiace per non avertelo detto. Davvero, mi dispiace. Non era neppure previsto… quello»
«Al, non devi scusarti!» Esclamai, un po' troppo ad alta voce. «Sono io che devo chiederti scusa per non averlo capito»
«Come vedete, sul vostro banco c'è una gabbia con all'interno un rospo» tuonò la McGranitt, rivolgendo un'occhiataccia nella nostra direzione. Bastò il tono della sua voce per zittirci. «Voglio che lo trasfiguriate in una teiera con un incantesimo non verbale. Ormai, al settimo anno, dovete esserne in grado»
Ci diede una dimostrazione di come fare e poi ci guardò altera. «Cominciate, coraggio! Ricordate di pensare intensamente al risultato che volete ottenere e concentratevi»
Presi la mia bacchetta e fissai intensamente il mio rospo.
A noi due.
Un paio di settimane addietro, avevo trasfigurato in un calamaio il gatto di Scorpius, quindi potevo farcela anche questa volta. Okay, d'accordo, avevo trasfigurato il suo gatto dopo ore e ore di tentativi e di Scorpius che mi faceva vedere come fare e come impugnare la bacchetta, però alla fine ci ero riuscita. Questo è l'importante.
Mi concentrai, raccogliendo tutta la magia della quale ero capace. Non era per niente semplice farlo quando riuscivo ancora a sentire la labbra di Scorpius sul mio collo e le sue mani attorno alla mia vita.
Scossi la testa, tentando di liberare la mente. Sventolai la bacchetta come la professoressa ci aveva mostrato e pensai Epismendo.
La testa del rospo si trasformò, ma il resto del corpo no. Delusa, sbuffai e incrociai le braccia al petto stizzita. Mi diedi un'occhiata attorno, per vedere i progressi dei miei compagni e non rimasi sorpresa nel notare che al posto del rospo di Scorpius si ergeva una graziosa teiera di porcellana. Il resto della classe, mio cugino compreso, era in difficoltà e continuava a fissare il proprio animale senza ottenere alcun risultato.
Scorpius, notando il mio sguardo su di sé, alzò il capo e mi fece l'occhiolino.
Tornai ad affrontare il  mio rospo. Feci uno sforzo ancora più grande del precedente perché dovevo farcela. Volevo farcela.
Quando il rospo si trasformò in una teiera per poco non lasciai cadere la bacchetta per la sorpresa. Ero stata davvero io?
Per Merlino, sì!
Probabilmente era la prima volta nella mia vita che riuscivo a trasfigurare qualcosa al secondo colpo. E anche con un incantesimo non verbale. Grandioso! La trasfigurazione non era poi così male, una volta che l'avevi capita.
«Wow, Rose. Allora le lezioni con Scorpius servono a qualcosa» mi disse con ammirazione Albus. «Credevo che le passaste a fare cose poco caste»
Gli rivolsi un sorrisetto. «Grazie»
«Mmm»
«Cosa?»
«Non dici niente della mia battutina su te e Scorpius?» Chiese Al tra il confuso e il divertito. «Non lo sai che chi tace acconsente?»
Che senso aveva quella domanda? Albus sapeva quello che stava succedendo tra me e Scorpius, quindi il suo comportamento non aveva senso. Sembrava quasi che fosse all'oscuro di tutto.
E poi un dubbio atroce mi colpì. Era ubriaco e probabilmente non ricordava nulla. Niente.
«Albus, ma Scorpius non ti ha detto che…»
«Signorina Weasley» La McGranitt mi si era avvicinata e stava osservano il mio lavoro con occhio critico. «Ben fatto, complimenti. E anche lei, signor Malfoy, come al solito dopotutto. Dieci punti a Serpeverde e dieci punti a Grifondoro. Siete stati fortunati, voi due, avete fatto riacquistare alle vostre case i punti che avete perso»
Scorpius e io ci scambiammo uno sguardo complice e nei suoi occhi lessi anche una punta di orgoglio. Certamente i miei erano colmi di gratitudine: in quei mesi il Biondaccio mi aveva aiutato tanto, nonostante tutto quello che era successo.
Poi mi ricordai che si era seduto vicino a Jason per impedire che mi ci sedessi io e il mio sorriso venne sostituito da un'espressione assassina.
Dopo facciamo i conti, sillabai con le labbra, per poi indicare con il capo Jason. Scorpius mi rivolse un ghigno e distolse lo sguardo.
Idiota.
Non guardai più nella sua direzione per il resto della lezione, che trascorse tranquillamente. Una volta che tutti, bene o male, riuscirono a trasfigurare il rospo, la professoressa ci mostrò come farlo tornare normale. L'incantesimo inverso era molto più semplice e quasi tutti avemmo successo ai primi tentativi. A quel punto suonò la campanella e ci riversammo fuori, in corridoio.
«Che fatica» Albus si stiracchiò mentre usciva dalla porta.
Non appena Scorpius ci raggiunse gli tirai un pugno sul braccio. Probabilmente gli fece il solletico, ma trasmetteva bene il concetto.
«Perché ti sei seduto vicino a Jason?» Sibilai.
«Volevo migliorare i rapporti tra le case. Magari io e Cameron potremmo diventare amici» rispose serissimo lui. Guardò Albus e poi scoppiarono entrambi a ridere. «No, mai nella vita. Piuttosto mi faccio amputare il braccio sinistro»
«Addirittura il sinistro?» Sospirai divertita.
«Proprio così» annuì fiero lui.
Jerome mi invitò ad andare con loro a esercitarci con gli incantesimi non verbali, e io colsi l'occasione al volo. Ogni ora di studio di trasfigurazione extra -soprattutto con Scorpius- era preziosa.
In biblioteca c'erano solo un paio di studenti del sesto e dell'ultimo anno che si stavano preparando per gli imminenti esami. Scegliemmo un tavolo appartato, poco prima della sezione proibita. Mi sedetti di fronte a mio cugino, e fui felice quando Scorpius prese posto di fianco a me.
Prima di incominciare però, avevo bisogno di parlare con Al a quattrocchi.
«Al, ti dispiacerebbe uscire in corridoio con me un secondo?» Domandai poggiando i miei libri sul tavolo. «Vorrei continuare il discorso di poco fa»
Al mascherò la propria confusione con una scrollata di spalle. «Certo»
Fuori, il corridoio era deserto. Rabbrividii impercettibilmente nel maglione della mia divisa e presi un bel respiro.
«Penso di doverti delle scuse» iniziai, guardandolo dritto negli occhi.
Al mise le mani avanti. «No, Rose, non hai nulla di cui scusarti»
«Fammi finire. Devo chiederti scusa non perché non ho capito che ti piacciono i ragazzi -il che è totalmente okay per me- devo chiederti scusa perché non ti ho dato modo di confidarti con me. Ero così presa da tutto quello che stava succedendo nella mia vita che non l'ho visto. Mi dispiace. Non ho visto quanto stavi soffrendo, ma ora lo vedo. Se ripenso agli ultimi anni, riesco a vederlo chiaramente: le tue battute sul fatto di voler trovare una ragazza, affiancate al tuo andare in panico non appena ne trovavi una interessata a te; o la tua espressione, quando tua madre faceva riferimenti a dei futuri nipotini. Erano tutti segnali che avrei dovuto cogliere. E non so dirti quanto mi senta in colpa per non esserti stata vicino.»
«Rose…» tentò di interrompermi di nuovo lui, ma io non glielo permisi.
«Tu ci sei sempre stato per me e io non ho fatto niente! Al contrario, ti ho solo causato dolore con tutta la questione di Scorpius. Ne ho sofferto io, ne ha probabilmente sofferto lui, ma ne hai sofferto anche tu. Ecco un'altra cosa per la quale devo chiederti scusa. Voglio che tu sappia che da ora in poi cercherò di farmi perdonare. Puoi dirmi tutto. Ti starò vicino quando lo dirai ai tuoi, e poi al resto della nostra famiglia, ti darò la mano come quando eravamo piccoli e avevamo combinato qualche disastro, se sarà necessario. Ma non voglio che tu sia spaventato. Voglio che tu stia bene»
Ero così immersa nel mio discorso che notai solo una volta terminato che Al aveva gli occhi lucidi. Tirò su con il naso e fece per dire qualcosa, ma dalla sua bocca non uscì alcun suono.
«Non dirlo a Lily o agli altri…» Continuai con un sorrisetto per alleggerire la tensione. «… ma sei davvero il mio cugino preferito. Non c'è niente -niente- che tu potrai mai dirmi che mi farà allontanare da te»
A questo punto Albus mi abbracciò forte e mi posò un bacio tra i capelli. Il suo corpo contro il mio era forte, caldo e sapeva di tranquillità. Sapeva di casa.
«Grazie per aver capito»
Raggiungemmo Scorpius e Jerome in biblioteca e li trovammo immersi nello studio. Quando Scorpius alzò lo sguardo dal suo libro, mi rivolse un leggero sorriso che fece fare un triplo salto mortale al mio stomaco. Dovevo darmi una calmata, seriamente.
Iniziammo con un ripasso dei principi base della Trasfigurazione, per poi esercitarci con la trasfigurazione non verbale. Stavo migliorando e mi sentivo sempre più sicura di me. Inoltre, vedere Scorpius guardarmi con approvazione mista a orgoglio mi spronava a fare meglio. Non potevo deludere anche lui. Trasformai senza problemi il mio libro in una matita e Scorpius mi posò un bacio tra i capelli per complimentarsi con me.
«Si può sapere che cavolo fate?» Urlò Albus, così forte che Madama Pince apparve con sguardo assassino.
«Shht, Potter»
Albus ridimensionò la voce. «Da quando voi due vi sbaciucchiate?»
Io e Scorpius ci guardammo e poi scoppiammo a ridere, seguiti a ruota da Jerome.
«Tu lo sapevi?» Sbottò allora rivolto al proprio ragazzo. «Com'è possibile che tu lo sapessi? Perché non me lo avete detto?»
«Anche tu dovresti saperlo, in realtà. Credo che non te lo ricordi perché eri ubriaco» spiegai sintetica con un sorrisetto.
«Fermi. Fermi. Fermi» Al poggiò le mani sul tavolo e tentò di calmarsi. «Fermi»
«Siamo fermi, Albus» fece notare con calma Jerome.
«Shhht. Sto pensando» Albus si sistemò gli occhiali sul naso e ci squadrò. «Tu» esclamò poi indicando il suo migliore amico. «Come hai potuto non menzionare la cosa? Razza di idiota!»
Scorpius continuò a ridere. «Ero convinto che te lo ricordassi»
«Oh, certo» sbottò l'altro, oltraggiato. «Non tutto il mondo gira intorno a te, sai?»
«Il tuo coming out è avvenuto dieci minuti dopo che ci hai beccato in camera, com'è possibile che tu non te lo ricordi?» Intervenni io, giocando a fare l'avvocato del diavolo.
Albus mi lanciò uno sguardo truce. «Ho solo vaghi ricordi, Jerome mi ha spiegato la dinamica delle cose, ma evidentemente si è dimenticato di…» Si bloccò, lo sguardo perso nel vuoto. «Fermi tutti» disse di nuovo alzando una mano. «CHE CAVOLO SIGNIFICA CHE VI HO BECCATO IN CAMERA NOSTRA?»
Omiodio.
«Veramente…» Scorpius fece per dire qualcosa di sarcastico, ma Albus continuò.
«Jer, ti prego» disse, prendendolo per il colletto e guardandolo negli occhi. «Non mi fido di quel Biondaccio»
«Ehi!» Esclamammo io e Scorp all'unisono. Lui per essere stato chiamato in modo dispregiativo, e io perché rivendicavo i diritti di autore. 
Albus ci ignorò. «Dimmi che la mia virtù non è stata compromessa da questi due svergognati»
«Dipende cosa intendi con compromettere la tua virtù» infierì Scorpius maligno.
Gli tirai una pacca sulla spalle e lo guardai male. «Non ascoltarlo, Al. Ci stavamo solo baciando»
«Ha ragione Rose» mi diede man forte Jerome. «Non preoccuparti, i tuoi occhi non hanno visto niente di scandaloso»
«Solo baciando? E dite poco! Ho bisogno di un momento per metabolizzare la cosa» sentenziò, sventolandosi la mano davanti al viso per farsi aria. Poi scattò in piedi e venne ad abbracciarci.
«Finalmente!» Esclamò, dandomi un bacio in fronte. «Era ora. Sapevo che non potevate essere così scemi. Voglio dire, un pochino sì, ma così tanto scemi era troppo anche per voi»
Si buttò su Scorpius e gli scompigliò i capelli.
«Ahh, stai lontano da me, Potter!» se lo scrollò di dosso lui senza troppe cerimonie.
Ad Albus pareva non importare, tanto era contento della buona notizia. Diede un bacio stampo a Jerome -il quale arrossì- e poi sospirò. «Dobbiamo festeggiare!»
«No» dissi io inespressiva. «Non deve saperlo nessuno, ricordi?»
«In realtà no, non me lo ricordo» sorrise Al, sistemandosi gli occhiali sul naso.
«Vogliamo tenere la relazione segreta fino a Natale. Non vogliamo tutta la scuola che parla di noi prima degli esami» spiegò Scorpius. «Abbiamo bisogno di concentrazione»
«Secchioni» ci prese in giro Al, ma il suo sorriso si spense. Guardò Jerome e gli prese la mano. «Sappiamo cosa si prova però»
«Già, ma ne vale la pena» commentò semplicemente l'altro. Nel suo sguardo c'era così tanto amore che per poco mi sciolsi sul posto.
«Decisamente» concordò Albus.
«Ohw»
«Disgustoso»
«Scorpius!» Sbottai. «Hai rovinato l'atmosfera»
«Non ascoltarlo, Rosie» fece Al, lanciando una pallina di pergamena al suo amico. «E' solo geloso»
«Immensamente» Rispose Scorpius mettendosi una mano sul petto.
Verso le cinque, la biblioteca iniziò a riempirsi, perciò Scorpius e io iniziammo a comportarci in maniera più distaccata per evitare di attirare sguardi indiscreti.
In quelle ultime settimane la popolazione di Hogwarts si era abituata a vederci studiare insieme, ma non potevamo permettere che ci vedesse mentre ci tenevamo per mano e ci guardavamo con sguardi svenevoli. Sì, eravamo in quella fase. Non ne vado fiera, ma come biasimarmi? Stavo finalmente con il ragazzo del quale ero innamorata da tutta la vita, se non potevo urlarlo al mondo, potevo almeno guardarlo.
A cena Adelaide si unì a noi e per poco non mi smascherò, domandandomi come mai avevo fatto tardi a trasfigurazione quel pomeriggio. Me la cavai rispondendo che avevo chiesto dei chiarimenti a Malfoy prima della lezione e che avevo perso la cognizione del tempo. Se non se l'era bevuta, non lo diede a vedere. Al contrario, annuì e lasciò cadere la conversazione.
Per il resto della cena le ragazze tentarono di tirarmi su di morale, e il mio senso di colpa crebbe notevolmente: non avevo bisogno di conforto, e mi si stringeva il cuore al pensiero che fossero preoccupate per me.
Julia, invece, mantenne per tutto il tempo l'aria di una che si stava divertendo un mondo, chiedendomi ogni due per tre come mi sentissi e se avessi bisogno di qualcosa. Si sforzava tantissimo per non scoppiare a ridere, e io mi sforzavo tantissimo per non sbottarle in faccia di smetterla di trattarmi come una malata.
Dopo cena, le mie compagne tornarono in Sala Comune, mentre io mi diressi verso l'aula di trasfigurazione. Non potevo perdere tempo, dovevo esercitarmi, esercitarmi ed esercitarmi. L'ansia da prestazione iniziava a farsi sentire e io non potevo andare male, non questa volta. Non potevo deludere mia mamma, non potevo deludere Scorpius -che si era impegnato tanto per aiutarmi- e soprattutto non potevo deludere me stessa.
Quando Scorpius mi raggiunse capii subito che qualcosa non andava. Era rigido, teso, anche se si sforzava di nasconderlo. Sfoggiò il suo sorriso di cortesia e mi poggiò un leggero bacio sulle labbra.
«Pronta?» Mi chiese, tirando fuori il grosso libro di trasfigurazione. «Stasera ancora solo incantesimi non verbali»
Seriamente? Era chiaro come il sole che era successo qualcosa.
«Va tutto bene?» Azzardai piano, mentre prendevo in mano la mia bacchetta. «Sembri nervoso»
Scorpius incurvò un po' le spalle e si prese la testa tra le mani. Era una posa così scomposta, così poco da lui che mi sentii fisicamente male. Non potevo vederlo così. Gli misi una mano sulla spalla.
«Non è importante adesso. Abbiamo del lavoro da fare. Se ci avanza tempo dopo ne parliamo»
«No» scossi la testa io. «Non puoi davvero pensare che degli esercizi di trasfigurazione siano più importanti!»
«Il tuo voto lo è» mi rispose serio, sollevando il capo e guardandomi fisso negli occhi. Il suo sguardo era così penetrante che mi fece rabbrividire.
«Al diavolo la trasfigurazione!» Esclamai una volta ripresa. «Tu sei più importante»
Come poteva davvero essere convinto che avrei preferito studiare quando era evidente che gli era successo qualcosa?
«D'accordo» sospirò infine. «Ho litigato con mio padre e la sua compagna, Claire. Di nuovo. Il solito, in realtà, solo che ora Claire è coinvolta nelle nostre discussioni e devo discutere con due persone e non più con solo una» fece una piccola pausa, come indeciso se proseguire o meno, e poi continuò. «E' che a volte mi sento così incazzato, Rose. Io faccio discorsi, parlo con lui, gli spiego la mia posizione, ma lui non capisce, non capisce che tutto quello che voglio è che le cose migliorino. O almeno, era quello che desideravo: ora non mi importa più. Sono arrivato a un punto in cui, davvero, non mi interessa. Mi sono abituato a vivere così, senza una figura paterna costante, e va bene. L'anno prossimo ho intenzione di trovarmi un appartamento a Londra, così non dovrò più vivere sotto il suo tetto. Me ne ero fatto una ragione, ma ogni volta riapre ferite che credevo si fossero chiuse. Io non ho bisogno di questo, è meglio che mi lasci stare»
Scelsi con cura le seguenti parole. «Non ha senso parlare con qualcuno che non ti vuole ascoltare. Hai fatto quello che hai potuto, ma ci sono cose che sono fuori dalla nostra portata. Se non ti ascolta, se non capisce, tu non ci puoi fare nulla. Ed è questo che devi accettare per poter andare avanti: hai tentato, hai combattuto, e lui non ti ha ascoltato. Sii fiero, perché hai fatto tutto quello che potevi fare»
Ora si spiegava il suo pessimismo degli ultimi tempi. Quel suo lo sai , Rose? La vita fa schifo. E io non potevo permetterlo. Non potevo permettere che una persona buona come Scorpius si tramutasse in un concentrato di rabbia e oscurità.
«Vieni da noi per le vacanze di Natale» gli dissi, una nota di panico nella voce. «Scommetto che Albus te lo ha già chiesto. Nonna Molly ti preparerà lo sformato di cavolo, una teglia tutta per te, dato che sei l'unico a cui piace»
«Siamo d'accordo che verrò da voi il 27 Dicembre, come ogni anno»
«No» scossi la testa io. «No, vieni prima. Subito dal 23. Vieni a casa con noi, vieni a casa con me. Non voglio farti passare il Natale con quelle persone. Oppure vai da tua madre, ma vai da qualche parte dove sei felice»
«Mia madre è alle Maldive a fare un viaggio per sole single» Scorpius mi guardò, cercando di sdrammatizzare. «Ma che cos'ha di sbagliato la mia famiglia?»
«Ti obbligo a venire da noi, allora» sentenziai, con un tono che non ammetteva repliche.
«Devo tornare a casa, non posso dargliela vinta così»
«Sei assurdo» replicai. «Con questo orgoglio che ti ritrovi potresti essere un Grifondoro»
«Nah» disse lui con una scrollata di spalle. «Un Grifondoro sarebbe andato avanti mantenendo integra la propria dignità, io torno a casa... neanche io so il perché. La vedi la differenza?»
«La vedo» abbassai lo sguardo sulle nostre mani intrecciate con un sospiro.
Scorpius mi sfiorò la guancia con l'altra mano, poi mi mise due dita sotto il mento e mi sollevò il viso.
«Rosie» sussurrò sulle mie labbra, gli occhi socchiusi. «Grazie»
E poi mi baciò. Cercai di trasmettergli tutto l'amore di cui ero capace. Volevo che si sentisse amato, parte di qualcosa. Non potevo sopportare il pensiero che si sentisse così a terra.
«Ti amo, Scorpius» gli dissi tra un bacio e l'altro.
Scorpius si bloccò, spalancando gli occhi. Mi tracciò con un dito il contorno delle labbra e quando parlò la sua voce era rotta. «Ti amo anche io, Rose. Probabilmente troppo»
 
A volte restiamo impotenti davanti alla sofferenza delle persone che amiamo. Tutto quello che possiamo fare è fargli sapere in qualche modo che noi, non importa quello che succederà, ci siamo. 
 
 
NOTE DELL'AUTRICE
Ciao a tutti. Sono di fretta anche oggi -ma che novità- e voglio dirvi che questo capitolo è un po' di passaggio e non mi soddisfa per niente. Spero però che a voi piaccia! Sono pessima, ma non ho il tempo di aggiungere nient'altro, devo davvero fare i compiti. :(
Vi mando un abbraccio e vi ringrazio per le recensioni e, semplicemente, per leggere la mia storia. Siete i migliori. <3
Francesca

Ritorna all'indice


Capitolo 20
*** Capitolo Venti. ***


Capitolo Venti

 
He'll never see you cry
Pretend he doesn't know
That he's the reason why
You're drowning
I knew you were trouble, Taylor Swift.

 


La campagna londinese scorreva velocemente fuori dal finestrino dell'Espresso per Hogwarts. Questa volta però la meta non era la scuola di magia e stregoneria, bensì Londra stessa. Stavamo infatti tornando a casa per le vacanze Natalizie e io, Scorpius, Julia, Al e Jerome avevamo deciso di ammazzare il tempo mangiando dolci e giocando a scacchi in uno degli ultimi scompartimenti del treno.
«Cavallo in E 5» disse Scorpius con un ghigno.
Il cavallo nero si mosse, animato da vita propria, e schiacciò la regina di mio cugino, il quale non si scompose di una virgola. Teneva gli occhi fissi sulla scacchiera e si massaggiava le tempie con la punta delle dita. Da dietro gli occhiali squadrati brillava il verde giada dei suoi occhi, che avrebbero potuto incenerire gli scacci da un momento all'altro per quanto intensamente li stava fissando. Continuava a passarsi le mani tra i capelli, come se grazie a questo gesto automatico potesse trovare la mossa vincente, con il risultato che i suoi capelli corvini erano più scompigliati del solito e sparavano in tutte le direzioni. 
Avevamo iniziato un torneo di scacchi e i due stavano disputando la finale. Ero furiosa perché mi ero fatta battere da mio cugino per un errore stupido, e quindi ora mi ritrovavo fuori dai giochi. Julia era negata, e si era rifiutata di giocare, mentre Jerome mancava di spirito competitivo per poter davvero vincere. Io, Albus e Scorpius, invece, ne avevamo da vendere.
«Ancora non capisco cosa ci troviate in questo gioco» mugugnò Julia mangiucchiando una cioccorana.
«Shhhhhht» fece mio cugino, senza staccare gli occhi dalla scacchiera.
«Abbandona il campo con dignità finché sei ancora in tempo, Potter. Hai praticamente perso» Scorpius si lasciò cadere contro lo schienale del sedile e mi passò un braccio attorno alle spalle. «Che dici, Rose?»
Osservai la situazione con attenzione, ancora un po' imbronciata per essere stata eliminata. Albus doveva mettere in salvo il proprio re, oppure trovare un modo per mangiare l'alfiere di Scorpius, altrimenti questo avrebbe vinto al prossimo turno. Sarebbe stato complicato, ma non impossibile.
«Dico che non è tutto perduto» risposi enigmatica.
«Lo ripeterò un'ultima volta» disse Albus con voce pericolosamente calma. «Fate. Tutti. Silenz… oh, merda!»
Il suo viso si illuminò: aveva trovato la soluzione. La sua torre poteva eliminare facilmente l'alfiere di Scorpius. In questo modo il suo re sarebbe stato salvo, almeno per ora.
Ah, se fossi stata io al posto di Albus avrei già concluso la partita da un pezzo. Avevo ereditato il talento per gli scacchi da mio padre, ero un asso.
«Torre in B4»
«Maledizione, Potter!» Esclamò Scorpius. «Speravo non lo notassi»
Se andavano avanti così, la partita si sarebbe protratta per ore. Tornai a guardare fuori dal finestrino, perdendomi nei miei pensieri. Negli ultimi giorni la temperatura era scesa di numerosi gradi sotto lo zero, e faceva troppo freddo per nevicare. Era il primo anno in cui si arrivava a Dicembre senza neve, il che mi rendeva triste: amavo la neve.
Fortunatamente non avevo avuto molto tempo per preoccuparmi del clima. Ero stata troppo impegnata a studiare per gli esami -trasfigurazione in particolare- e a tenere segreta la mia relazione con Scorpius, cosa che si era rivelata più difficile del previsto. Le  mie compagne di dormitorio che mi bombardavano di domande non aiutavano, così come non aiutava il fatto che Emma avesse chiesto a Felicity aiuto per smascherare me e il Biondaccio. Felicity infatti era nota per le sue abilità investigative -se volevi sapere qualcosa di segreto su qualcuno, lei era la tua donna- ed Emma ce l'aveva sguinzagliata alle calcagna senza un pizzico di pietà. Durante l'ultima settimana di scuola notai che aveva iniziato a squadrarmi con aria cospiratoria e il fatto che l'avessi incontrata causalmente per i corridoi più spesso del normale non faceva altro che aumentare i miei sospetti che stesse indagando su di noi. Ma Scorpius ed io eravamo troppo impegnati a studiare -oltre che molto attenti- per essere davvero scoperti. Alla fine credo che anche lei abbia perso le speranze, grazie a Merlino! Non avevo tempo per pensare a detective improvvisati che si divertivano a stalkerarmi. Dovevo concentrarmi su trasfigurazione.
Trasfigurazione, appunto.
L'esame era andato, e io mi ero tolta un peso dallo stomaco. Letteralmente. Mi sentivo più leggera, come se potessi prendere il volo da un momento all'altro. Non volevo sbilanciarmi troppo nel dare un giudizio, ma potevo almeno dire che non era andato male. Anzi. Ero riuscita a trasfigurare non verbalmente sia un rospo in un calice di vino, sia il calice di vino di nuovo nel rospo, quindi ero fiduciosa. I risultati sarebbero arrivati per posta durante le vacanze, ma per ora non volevo pensarci più del dovuto.
«Aha! Ho vinto!» Esclamò Albus battendo le mani.
«Che cosa? No che non hai vinto» replicò nervoso Scorpius.
«Guardami» fece  l'altro con un sorrisetto. «Cavallo in A2»
Il cavallo di Albus eliminò il re di Scorpius, il quale non lo aveva previsto e pareva esser stato appena schiaffeggiato.
«Campione del mondo! Inchinatevi, perdenti!» Albus scattò in piedi alzando le braccia in aria, come se si trovasse nel bel mezzo di un campo da Quidditch.
Julia continuava a mangiare cioccolato, ignara di quanto stava succedendo, e io poggiai la testa sulla spalla di Scorpius con solidarietà. Anche lui odiava perdere.
«La prossima volta giochiamo insieme io e te» gli dissi complice, riuscendo a farlo ridere.
«Oh, sì» rispose lui, stampandomi un leggero bacio tra i capelli. «Lo distruggiamo»
«Non possiamo giocare a coppie» fece notare Jerome. «Siamo dispari»
«Non preoccupatevi per me» disse Julia sventolando una mano per aria. «Odio giocare a scacchi. E odio anche assistere, quindi la prossima volta farò di tutto per non esserci. Senza offesa, eh»
Mancava poco all'arrivo, e passammo il resto del viaggio a parlare dei nostri piani per quelle vacanze. Julia sarebbe andata in Svizzera a sciare, mentre Jerome avrebbe passato tutte le vacanze tra la casa dei suoi genitori e quella dei suoi nonni materni in Norvegia. I programmi di Albus e Scorpius li conoscevo: erano i miei, ovvero restare a casa, mangiare tanti biscotti allo zenzero e bere tante cioccolate calde alla Tana.
Il treno iniziò a rallentare, e capii che ormai eravamo arrivati. Ero felice, ma allo stesso tempo non lo ero perché non volevo separarmi da Scorpius. E no, non ero diventata una di quelle ragazze che non poteva stare mezza giornata senza vedere il proprio ragazzo, semplicemente volevo fare di tutto per posticipare i quattro giorni di inferno che lo aspettavano.
«Tu sei sicuro che vuoi tornare a casa tua, vero?»
La mia domanda lo fece sospirare. «La risposta è la stessa che ti ho dato quando me lo hai chiesto un'ora fa. E quella prima. E quella prima ancora» mi prese una mano tra le sue e iniziò a tracciare con un dito dei disegni circolari sul mio palmo. «Starò bene»
No, invece. Non capivo perché si ostinasse a tornare ogni anno e volevo che me lo spiegasse. Volevo domandarglielo, e invece mi limitai ad annuire.
Così lasciai correre. Dopotutto, non potevo mica rapirlo. Anche se… mh.
Sto scherzando. Non lo avrei mai fatto. Suvvia.
«Ew» Julia fece una smorfia all'indirizzo di Jerome e Albus che si stavano praticamente divorando la faccia. «Credo che me ne andrò» disse, rivolgendosi poi a me e a Scorpius. «Prima che anche voi due iniziate a pastrugnarvi e a fare… cose. Ci salutiamo sulla banchina, Rose. Buone vacanze, gente»
«Sarà meglio che inizi a incamminarmi anche io» disse Jerome leggermente rosso in viso. «I miei genitori si arrabbiano se perdo tempo, come dicono loro, sul treno»
«Vuoi che ti accompagni?» Si offrì Albus, parecchio nervoso.
Jerome gli sorrise. «Mi farebbe molto piacere»
Albus deglutì. Non si aspettava una risposta affermativa e chiaramente non era pronto per incontrare i genitori del suo fidanzato.
Coraggio, gli sillabai con le labbra spingendolo a non tirarsi indietro. Sorprendendomi, lui parve darmi retta, e si affrettò a seguire Jerome fuori dallo scompartimento con un sorriso svenevole stampato sul viso.
«Ti prego» iniziò Scorpius allarmato. «Dimmi che io e te non siamo come quei due»
«Nah»loo rassicurai io ridacchiando. «Anche perché non possiamo permetterci certe smancerie. Ti immagini se dovessi guardarti in pubblico come Albus guarda Jerome?»
«Ma anche quando diremo a tutti che stiamo insieme…» continuò lui, evitando il mio sguardo. «Se divento un allocco come Albus, ti prego, tirami una padellata in testa»
«Con molto piacere» concordai io, pensando che l'idea di prenderlo a padellate non fosse poi così male. «Vale lo stesso anche per me. Se mi dovessi trasformare in una di quelle ragazze appiccicose e stupide, ti autorizzo a spadellarmi»
«Impossibile» Scorpius mi sorrise. «Tu non potrai mai essere stupida»
Mi avvicinai a lui sul sedile e gli misi una mano sulla guancia. Appoggiai la fronte alla sua e chiusi gli occhi.
«Allora abbiamo un accordo» sussurrai. «Un altro»
«Abbiamo un accordo»
Quando mi baciò, mi sciolsi tra le sue braccia con un sospiro, dimenticandomi che ci trovavamo sull'Espresso di Hogwarts e che fuori da esso stava il mondo intero che probabilmente scommetteva contro di noi. Quando stavamo insieme, non mi importava. Non eravamo più Malfoy e Weasley, eravamo tornati a essere solo Scorpius e solo Rose, come ci eravamo promessi cinque anni prima, proprio su quello stesso treno.
«Buon Natale, Rosie» borbottò Scorpius sulle mie labbra, senza allontanarsi da me.
Gli passai una mano tra i capelli e mi rattristii. «Cerca di passare un buon Natale anche tu»
«Ci proverò»
Scorpius si allontanò leggermente per guardarmi negli occhi, e notai che stava sorridendo. 
«Ehi» mi disse, prendendomi le mani tra le sue per riscaldarle. «Ci vediamo presto.»
Non risposi; mi limitai ad allacciargli piano le braccia al collo e a stringermi a lui, poggiando le testa nell'incavo del suo collo. «Se decidi che non vale la pena farti rovinare il Natale da Draco Malfoy e da quella Claire, le porte di casa nostra sono aperte»
«Lo terrò a mente» Scorpius mi posò un bacio in fronte e poi si alzò. «Sarà meglio che inizi ad andare adesso»
Scese dal treno, ma io aspettai un paio di minuti per non dare troppo nell'occhio. L'intera carrozza era silenziosa ormai, le urla degli studenti con i propri familiari erano echi lontani e mi sentivo come avvolta da una bolla insonorizzante. Proprio per questo motivo, quando qualcuno aprì la porta dello scompartimento, sobbalzai portandomi una mano al petto per lo spavento.
«Ciao, Rose» Jason Cameron mi sorrideva sulla soglia. «Ti ho cercata dappertutto»
Si era cambiato. Indossava una felpa blu scuro che gli ricadeva morbida sui fianchi e che gli metteva in evidenza le spalle larghe. I suoi capelli erano un po' più lunghi del solito e se li scostò dalla fronte con una mano.
«Ciao, Jason» lo salutai piano io. «Mi hai fatto prendere un colpo»
«Non era mia intenzione spaventarti» mi disse lui facendomi l'occhiolino.
Mi alzai e feci per uscire dallo scompartimento, ma mi bloccò la strada.
Anche se non era alto quanto Albus o Scorpius, mi superava di parecchi centimetri cosicché dovetti alzare il capo per poterlo guardare in faccia.
«Iniziamo a scendere, che dici?» Gli domandai leggermente nervosa.
«Certo» fece lui, spostandosi di lato per lasciarmi passare e seguendomi poi lungo il corridoio del treno. «Volevo solo salutarti e augurarti buone vacanze»
«Grazie» risposi piano. «Auguro buone vacanze anche a te»
Ci fermammo poco prima dell'uscita del treno, l'uno di fronte all'altra.
«Senti» iniziò lui titubante. Vederlo nervoso era qualcosa di strano per me, solitamente era sempre sicuro di sé. «Ti andrebbe di uscire durante queste vacanze?»
Stavo per dirgli che non era il caso, ma lui non me lo permise. «Non devi rispondermi subito. Voglio dire, non ti sto esattamente invitando ad andare da qualche parte, ti sto solo dicendo che se ti va ci possiamo vedere. Come amici»
Lo guardai interdetta per qualche secondo.
Cioè, fatemi capire. Mi stava dicendo che potevamo uscire insieme, ma non mi stava invitando ad uscire. E mi stava chiedendo, e non chiedendo, il tutto da amico?
Okay.
«Ehm…» abbozzai, non sapendo esattamente che cosa si aspettasse che dicessi. «Sei molto gentile… ma…»
«Non preoccuparti, ci sentiamo in questi giorni» mi diede un bacio sulla guancia e saltò giù dal treno con un balzo stranamente aggraziato per un ragazzo della sua stazza. «Di nuovo buone vacanze»
Mi salutò con la mano e sparì, inghiottito dalla folla.
Mi toccai la guancia con la punta delle dita, scossa da quello che era appena successo. Se lo avesse visto Scorpius, o peggio, Albus, lo avrebbe ucciso. Menomale che non erano nei paraggi. Scesi anche io dal treno e venni subito accolta da mio padre, rosso in viso.
«Chi era quel tipo?» Mi chiese burbero.
Io alzai gli occhi al cielo perché, seriamente, che problema avevano gli uomini nella mia vita? «Nessuno»
Sarebbe stato meglio che ci avesse visto Albus, a questo punto.
Mio padre mi lanciò un'occhiata torva e incrociò le braccia al petto. «Non mi sembrava nessuno, voglio dire, ti ha dato…»
«Ciao anche a te, papi» lo abbracciai e troncai la sua arringa -che avevo già sentito mille volte- contro tutti gli individui di sesso maschile che mi si avvicinavano.
«Ciao, Rosie» mi carezzò i capelli e mi strinse a sé. «Ne parliamo dopo»
Mi lasciò andare dopo parecchi minuti e mi mise le mani sulle spalle, scrutandomi con attenzione. «Cavolo, ogni volta che torni da Hogwarts diventi sempre più bella. Com'è possibile?»
«Papà!» Lo ripresi io. Era l'unica persona che mi avesse mai detto che ero bella. Ogni volta lo apprezzavo davvero tanto, ma, sapete com'è, era mio padre, non è che potesse dire altrimenti.
«Rose, eccoti finalmente!» Una Hermione Granger un po' spettinata apparve insieme a mio fratello Hugo. «Ciao tesoro, come stai?»
Mi abbracciò velocemente e poi mi diede un bacio sulla fronte, proprio come aveva fatto Scorpius poco prima, con la differenza che ora non era stato poi così romantico.
«Tutto bene, mamma. E tu?» Risposi io, davvero contenta di vederla. Non mi andava di ammetterlo, ma un po' mi era mancata la sua presenza rassicurante.
«Bene, sono solo molto impegnata al lavoro» mise una mano sulla spalla di Hugo e lanciò un'occhiata al treno. «Hai detto che il tuo baule è verso la locomotiva, giusto?»
Mio fratello annuì. «Sì, ma devo andare a salutare Lucy e Tommy»
«Vai, veloce» disse allora lei sistemandosi una ciocca di capelli ricci dietro l'orecchio. «Vado a recuperare il tuo baule, ci vediamo davanti al muro tra dieci minuti. Ron, aiuteresti tu Rose con le sue cose?»
«Certo, andiamo»
Mentre stavamo scaricando le mie valigie dal treno, notai con la coda dell'occhio Albus e Scorpius che si salutavano. Il primo stava dicendo qualcosa al secondo, che annuì di rimando. Poi si diedero la mano, in quel modo strano con cui si salutano i ragazzi, anche se sapevo che Albus avrebbe preferito abbracciarlo e che lo avrebbe fatto, se solo non fossero stati in pubblico con Draco Malfoy a pochi passi di distanza.
 Mio cugino ci si avvicinò con aria afflitta.
«Mi dispiace che Scorpius non possa venire da subito» disse, prendendo il proprio baule e posandolo per terra.
Alzai la testa di scatto e lasciai cadere il mio baule, che finì sul piede di mio padre. «Ahai, Rose! Miseriaccia!»
«Cosa intendi dire con "non è potuto"?» Chiesi, il cuore che accelerava nel petto.
Albus sospirò. «Già. Non avevamo posto a casa. I genitori degli Scamandro sono via per il giorno di Natale, quindi ci hanno chiesto di ospitare i ragazzi. Lily è felicissima, ovviamente, ma Scorpius non può venire fino al 27»
Fissai mio cugino per una manciata di secondi, tentando di metabolizzare la notizia.
Questo spiegava tutto. Altro che dare fastidio a Claire! Scorpius era stato letteralmente costretto a buttarsi nelle fauci del leone. Ma non avrebbe dovuto farlo; se solo me lo avesse detto, avremmo potuto trovare una soluzione. Merlino, che stupido! Lo avrei ucciso. Sarei andata a prenderlo a Villa Malfoy, lo avrei portato a casa con me, e poi lo avrei strozzato.
«Rose, stai bene?» Chiese mio padre e bassa voce.
«E' un maledetto idiota!» Sbottai mettendomi le mani sui fianchi. «Anzi, siete dei maledetti idioti, tutti e due»
Albus parve oltraggiato. «Io? Cosa c'entro io?»
«Perché non me lo hai detto, eh?» Gli puntai un dito contro il petto con aria minacciosa. «Sarebbe potuto stare da noi»
«Wo, wo, wo, Rose Jean Weasley» fece mio padre con le orecchie che si stavano colorando pericolosamente di rosso. «Tu e Malfoy non dormirete mai sotto lo stesso tetto, almeno finché sarò in vita»
Alzai gli occhi al cielo. «Non lo avrei mica fatto dormire in camera mia! Starebbe stato nella stanza degli ospiti»
«E' comunque troppo vicino alla tua»
«Papà!» Sbottai indignata. «Scorpius e io siamo… amici! Siamo amici, davvero.» Mi chiedevo di che cosa avesse paura, che Scorpius sgattaiolasse in camera mia la notte? Era ridicolo.
Albus riuscì a camuffare una risatina sotto i baffi con un colpo di tosse.  «Sì, zio Ron, sono proprio amiconi, loro due»
«Non mi interessa» fece mio padre mettendomi un braccio attorno alle spalle con fare protettivo.«Quel Malfoy non deve neppure pensare di avvicinarsi alla mia bambina»
«Papà» Borbottai con il viso in fiamme. «Smettila. Guarda che chiamo la mamma»
«La mamma sarebbe d'accordo con me, alla fin fine»
No, invece. Se c'era una cosa che sapevo era che Hermione Granger agiva sempre in vista di quello che era logico e giusto, quindi, se avesse visto che i sentimenti che legavano me e Scorpius erano autentici, avrebbe messo da parte la propria esperienza personale per sostenere la nostra causa. Hermione Granger si schierava sempre dalla parte dei bisognosi e, in questa battaglia, i bisognosi eravamo decisamente, senza ombra di dubbio, io e Scorpius.
«Basta così, lo vado a prendere» mi liberai della stretta di mio padre e mi misi a correre.
Non sapevo esattamente che cosa avrei fatto, ma in quel momento sentivo che impedire a Scorpius di passare un Natale miserabile era la cosa giusta da fare. Non avrei permesso a Draco Malfoy e alla sua compagna di ferirlo, non di nuovo.
«Rose, non ti azzardare!» Mi urlò dietro mio padre, ma io ero già scappata via, a metà strada verso il muro che riportava nel mondo dei babbani.
Lo attraversai e mi ritrovai nel caos di King's Cross, tra il binario 9 e 10. Un uomo con un valigione per poco non mi venne addosso, ma non mi prestò molta attenzione; si scusò frettolosamente e proseguì per la propria strada. I pendolari mi passavano di fianco, sballottandomi a destra e a sinistra, senza curarsi di me, come se fossi una semplice ragazza appena scesa da un treno. Non avevano idea che, a pochi passi da loro, stava l'accesso ad un mondo magico, e, in qualche modo, era meglio così. Essere a conoscenza dell'esistenza della magia e non poterla neppure sfiorare doveva essere la peggiore delle maledizioni. A volte, è più facile non sapere.
Mi guardavo attorno freneticamente, cercando Scorpius tra la folla. Se solo avessi sentito la sua voce, lo avrei trovato immediatamente: l'avrei riconosciuta ovunque, anche nel bel mezzo di un ciclone. I rumori delle locomotive in partenza e dei londinesi in attesa del prossimo treno mi riempivano le orecchie, dandomi quasi una sensazione di stordimento. Misi una mano contro il muro per riprendermi. Il freddo delle mattonelle mi diede la lucidità mentale della quale avevo bisogno per intravedere tra la folla una chioma di capelli corvini accompagnata da altre due così bionde da sembrare albine: riconobbi all'istante Claire e i Malfoy.
Prima che potessi ripensarci, mi mossi. Chiesi permesso e mi scontrai con diverse persone e valigette da lavoro ma, alla fine, dopo qualche spinta e qualche piede calpestato, riuscii a raggiungerli. Mi piantai subito di fronte al signor Malfoy, non sapendo da dove provenisse tanta audacia: quel giorno mi sentivo una vera Grifondoro. Quell'ultimo anno ero stata spaventata, chiusa in me stessa, oltre la linea del baratro. Grazie al cielo quel periodo era passato e stavo ritornando il grifone che sapevo di essere.
Dagli sguardi stupiti che si dipinsero sui volti dei tre, capii di averli colti di sorpresa. E, effettivamente, che cavolo stavo facendo? Non avevo preparato un discorso, non sapevo che cosa dire, non avevo mai rivolto la parola a Draco Malfoy e ora mi presentavo lì con la pretesa di portare a casa con me suo figlio per Natale? 
Un piano, Rose, ti serve un fottuto piano!
«Rose?» Sussurrò Scorpius, gli occhi verdi spalancati come se avesse appena visto un fantasma.
«Posso esserti di aiuto?» Mi chiese suo padre, guardandomi dall'altro verso il basso. Anche se di aspetto era simile al figlio, nei modi non aveva niente a che fare con lui. Se parlare con Scorpius era facile come respirare, Draco Malfoy faceva di tutto per renderti le cose difficili e farti sentire inferiore. Ma ero pronta: Scorpius mi aveva trattato in questo modo per quasi due anni. Era il momento di tirare fuori le armi.
Raddrizzai la schiena e pregai affinché la mia voce non tremasse.
«Buonasera, signor Malfoy» iniziai con un sorriso, cercando di suonare il più naturale possibile, come se stessi parlando con un mio vecchio parente. «Sono Rose Weasley»
Al sentir pronunciare il mio nome, la sua espressione si fece, se possibile, ancora più fredda. I suoi occhi erano come stalattiti di ghiaccio. Quando parlò, un brivido mi corse lungo la schiena. «La famosa Rose Weasley, ma che piacere» dal suo tono era chiaro che non era un piacere. «Scorpius mi ha parlato molto di te»
AH.
Scorpius ha parlato di me a suo padre?
AH.
E' ovvio che lo abbia fatto, Rose. Mi dissi. Sei la sua migliore amica. O beh, lo sei stata. Ora sei… cosa sei?
Tenevo lo sguardo puntato su Draco perché sapevo che, se avessi guardato Scorpius, sarei crollata e mi sarei limitata a prenderlo per mano e a portarlo via.
Lanciai però un'occhiata a Claire. Era una donna alta, sulla trentina, con dei folti capelli lisci del colore dell'ebano. Non possedeva l'eleganza propria delle antiche famiglie purosangue, però aveva il tipico portamento arrogante di chi si crede superiore agli altri.
«Allora probabilmente Scorpius le ha anche detto che era invitato a casa nostra per le vacanze di Natale» dissi. «Tutte le vacanze. Sfortunatamente c'è stato un terribile malinteso e pensavamo potesse raggiungerci solo il 27 Dicembre, ma abbiamo appena scoperto che può unirsi a noi da subito. Quindi, se non le dispiace,» a questo punto presi la mano di Scorpius. «Noi andiamo»
Dietro ai Malfoy vidi i miei genitori dirigersi verso l'uscita insieme a Hugo e ai Potter. Era perfetto, Scorpius e io dovevamo solo correre fino a un vicolo e poi ci saremmo potuti smaterializzare. Draco Malfoy non poteva mettersi a inseguirci in pubblico e non poteva usare la magia nel bel mezzo di una stazione babbana. Era la nostra occasione. Stavo per voltarmi, quando sentii il suo bastone da passeggio bloccarmi il braccio.
«Devo aver capito male» Malfoy senior proruppe in una risata senza allegria. «Anzi, forse non sei stata messa al corrente dei nostri programmi: Scorpius non va da nessuna parte. Tornerà a casa con la sua famiglia»
A questo punto tentai di incrociare lo sguardo di Scorpius, ma lui non mi stava guardando. Era come immobilizzato, come se, nel bel mezzo di una tempesta, avesse deciso di lasciarsi trasportare dalle onde. Scorpius era stanco.
«La sua famiglia?» Domandai con la voce che iniziava a tremare per la rabbia. «Il sangue non fa la famiglia»
Draco Malfoy sembrò sorpreso della mia spavalderia e non fu in grado di rispondermi immediatamente; si limitò a fissarmi come se fossi una mocciosa irritante, ma a me non importava, non quando Scorpius pareva sul punto di rompersi in mille pezzi.
 «Scorpius» sussurrai, aumentando la pressione sulla sua mano. «Se vuoi venire via con me, basta che me lo dici. Me lo dici e scappiamo in questo preciso istante»
Finalmente mi guardò, ma senza vedermi veramente. Con gli occhi vuoti e le gote pallide pareva un antico dipinto il cui colore si era sbiadito. Scorpius, che mi ricordava sempre un esplosione di luce, si era spento.  Lo splendore che lo accompagnava solitamente lo aveva abbandonato, lasciandolo a brancolare nel buio senza pietà.
Per tutti quegli anni mi ero chiesta come Scorpius facesse a mascherare le proprie emozioni, e per tutti quegli anni lo avevo guardato affrontare la vita con distacco, lo avevo visto mascherare i propri sentimenti in maniera così abile da domandarmi se ne avesse di propri. Mi ero convinta che la maggior parte delle cose non lo toccasse, e che era per questo che spesso mi pareva una statua di marmo senza emozioni. Ma lì, in quel momento, capii di essermi sbagliata. Non era vero che Scorpius non provava niente, Scorpius provava troppo. Provava così tanto da essere arrivato al punto di saturazione. Incassava ogni colpo ostentando distacco e portando dentro di sé ferite che difficilmente sarebbero guarite. Ma è risaputo, no? Sono le emorragie interne quelle che ti uccidono.
«Rose» la sua voce era roca. «Vai a casa, per favore»
«No» scossi la testa io. «Non essere ridicolo, puoi stare da me»
«No, Rose. Non voglio stare a casa tua» replicò Scorpius con il fiato corto, guardandomi fisso negli occhi.
«Perché?» Chiesi allora io, non abbassando lo sguardo. Lo avrei costretto a dirmi la verità.
«In ogni caso la decisione non spetta a lui» Draco sbatté il bastone da passeggio per terra con stizza, poi, rivolgendosi a me. «Stai solo perdendo il tuo tempo, qui»
«Tesoro, andiamocene» Sbuffò Claire mettendo una mano sulla spalla del compagno. «Non vorrai mica perder tempo con questi ragazzini»
Alzai un sopracciglio e incrociai le braccia al petto.
Provavo una rabbia cieca nei confronti di quell'uomo e di quella donna che stavano facendo soffrire Scorpius così tanto. Era così acuta che riuscivo a sentirla scorrere nelle vene, ne sentivo il sapore in bocca, come metallo.
«Claire ha ragione, non abbiamo tempo da perdere» stabilì allora il Signor Malfoy raddrizzando la schiena e prorompendo in un ghigno divertito così simile a quello di Scorpius da farmi venire voglia di cancellarglielo a suon di maledizioni. Vedere sul viso del signor Malfoy caratteristiche che ero così abituata ad associare al figlio era per me destabilizzante. «Porta i miei più sentiti auguri alla tua famiglia, Rose»
Pronunciò quelle parole come una presa in giro, colme di risentimento e antipatia. Stavo per rispondere in maniera velenosa, ma Scorpius mi precedette.
«Sono maggiorenne» disse tra i denti.
«Come hai detto, scusa?» Fece il padre tagliente.
«Ho detto» spiegò Scorpius con aria sfinita. «Che sono maggiorenne ormai. Ci terrei che lo ricordassi quando prendi decisioni per me, dato che, per legge, non ne sei più autorizzato. Quindi se non voglio venire a casa con te, non vengo a casa con te. Ti va bene che io abbia deciso di tornare»
«Scorpius caro ha ragione» si intromise di nuovo Claire, cercando di portare acqua al proprio mulino. «Draco, insomma! Se Scorpius vuole passare le vacanze con la sua fidanzatina ha il diritto di farlo, è grande abbastanza»
Il Signor Malfoy parve essere appena stato schiaffeggiato, mentre Scorpius rimase impassibile. Io arrossii violentemente, sul punto di sotterrarmi.
Okay, adesso mi giro e me ne vado. Non ce la posso fare, ma che cavolo stavo pensano? Sono la regina degli idioti.
«Claire, ma cosa dici?» Sbottò indignato Malfoy. «E' ridicolo. Questa conversazione è ridicola»
Scorpius parve risvegliarsi. Assottigliò gli occhi ed eliminò ogni traccia di dolore dal proprio viso, sostituendogli un'indifferenza degna del proprio nome. «E anche se fosse così? Anche se io e Rose stessimo insieme e io volessi andare da lei per Natale?»
«Ehm, no, be', ecco…» balbettai io nello stesso momento, non sapendo dove sbattere la testa. Il muro. Il muro era maledettamente invitante.
«E anche se fosse? Una Weasley, Scorpius?» Il Signor Malfoy era indignato. E io mi pentii di aver provato a far ragionare Scorpius. Non voleva venire a casa con me per le vacanze, e io stavo solo incasinando le cose con suo padre. Inoltre, non volevo essere presente mentre Draco Malfoy illustrava tutti i motivi per i quali non ero degna di stare con suo figlio. A partire dal mio sangue. Conoscevo i suoi pregiudizi e non mi importava, ma vedermeli sbattere in faccia in questa maniera era un duro colpo. Mi domandai come facesse mia madre alla mia età a sopportarlo.
«Pensavo di averti istruito meglio. Hai mollato Giorgina Nott per una Weasley? Dio, Scorpius, cosa hai nella testa?»
«Rose» Scorpius mi prese per le spalle e mi fece girare verso di lui, così che fossimo l'uno di fronte all'altra. Incrociai il suo sguardo e il resto del mondo parve scomparire.
Scorpius si abbassò e mi guardò negli occhi, mortificato. La sua voce era tesa e colma di una tristezza che non gli avevo mai visto sfoggiare. «Vai via. Torna a casa, ci vediamo tra qualche giorno. Non voglio che tu assista a questa discussione»
Stavo per rispondergli che non avevo intenzione di andare da nessuna parte e che avevo in mente un paio di cose da dire al suo amato padre, quando il mio, di padre, arrivò. Perché, vedete, la situazione non era abbastanza complicata.
«Che succede qui?» Chiese Ron Weasley sulla difensiva.
Prima che qualcuno potesse fiatare, Scorpius si era allontanato da me e gli stava tendendo la mano.
«Niente, non succede niente» disse prontamente. «Signor Weasley, è un piacere incontrarla»
Mio padre gli strinse la mano, sospettoso, ma gli rivolse un piccolo sorriso. «Ciao, Scorpius. Vale lo stesso per me»
«La famiglia quasi al completo, fantastico» borbottò Draco Malfoy. «Dove hai lasciato tua moglie, Weasley? Ha finalmente deciso di mollarti?»
Stranamente mio padre non si scompose. «No. E' rimasta fuori con gli altri. Sai, non voleva vedere la tua brutta faccia più del dovuto»
Io e Scorpius scoppiammo a ridere, senza neppure curarci di mascherarlo.
«Andiamo, ragazzi?» Papà mi mise un braccio attorno alle spalle guardò Scorpius in attesa.
Il suo, era un invito implicito. Era come se gli stesse dicendo che era il benvenuto a casa nostra. In quel momento mi venne quasi da piangere per quanto gli ero grata.
Anche Scorpius parve sinceramente commosso.  «Signor Weasley, la ringrazio infinitamente, ma credo che tornerò a casa mia per Natale»
«Scorpius!» Esclamai, continuando a non capire.
Perché? Ero io il problema? Non voleva stare con me? Era l'unica spiegazione per il suo comportamento. Non riuscivo a capire perché ostinarsi a tornare a casa ogni anno se non era il benvenuto. Perché?
«Rose» disse, questa volta con freddezza. «Basta, ti prego»
«D'accordo» fece allora mio padre tentando di calmare gli animi. «Solo… sappi che puoi venire da noi quando vuoi»
Dovetti fare appello a ogni stilla di autocontrollo che avevo per non abbracciarlo. E anche per non picchiare Scorpius. E Draco Malfoy. E già che c'ero anche Claire.
Il Signor Malfoy parve piuttosto compiaciuto di sé, mentre era evidente che Claire non era soddisfatta dall'evolversi degli eventi.
«Possiamo andare, allora» disse, sorpassandoci. «Buone vacanze»
Scorpius mi lanciò uno sguardo mortificato e si affrettò a seguirlo.
Una volta che furono lontani, decisi che potevo respirare a pieni polmoni e lasciarmi andare. Mi premetti una mano contro la bocca per non scoppiare a piangere davanti a tutti; gli occhi mi bruciavano per la rabbia e il nervoso.
Guardai la figura sottile del Biondaccio venire inghiottita dalla folla e scomparire oltre le porte della stazione, chiedendomi quando lo avrei rivisto di nuovo.
 

Camera mia mi era sempre piaciuta.
Era grande e spaziosa, ma soprattutto era tutta per me. A Hogwarts rimpiangevo il non poter stare mai davvero per conto mio. Non fraintendetemi; la solitudine era una delle mie più grandi paure, però mi piaceva stare da sola quando sapevo di non esserlo. Ad esempio, adoravo rintanarmi nella mia cameretta quando avevo la certezza che al piano di sotto mia madre stava preparando la cena, mio padre stava leggendo la Gazzetta del Profeta e mio fratello stava facendo i compiti. A volte avevo bisogno di ritagliare un paio di ore di tranquillità per me stessa, di staccare la spina e riposare la mente, di prendermi una pausa dalla frenesia del mondo. Avevo quindi la necessità di un luogo tutto mio, che a Hogwarts mi era difficile trovare. Per questo, quando ero a scuola la cosa che più mi mancava era la mia stanza. E i miei libri, tutti sistemati su uno scaffale che arrivava quasi a sfiorare il soffitto. Non potevo portarli tutti con me, anche se avrei tanto desiderato farlo. Al quinto anno mia madre mi aveva impedito di portarne più di cinque, il che per me era stato un vero trauma. Lei sosteneva che avrei potuto trovare tutti i libri che desideravo nella biblioteca di Hogwarts ma, nonostante lì ci fossero dozzine di tomi affascinanti, io avevo bisogno dei miei romanzi babbani, di quei libri che leggevo quando ero giù di morale e sentivo che il mondo mi stava voltando le spalle, quei libri che erano in grado di farmi spuntare un sorriso sulle labbra.
La mia cameretta era uno dei posti che preferivo sulla faccia della terra e le foto e i fogli pieni di citazioni con i quali avevo tappezzato le pareti aiutavano a rendere l'ambiente ancora più confortevole. Aveva solo un piccolo, grande, problema: era verde.
Ora, se avessi sollevato la questione con i miei genitori -o con chiunque altro- mi avrebbero presa per pazza, non capendo che problema ci fosse se la mia camera era verde. Dopotutto era sempre stato il mio colore preferito ed ero stata io, quando ero ancora una bambina, a chiedere di dipingere le pareti di quella tonalità. Non mi ero mai pentita della mia scelta.
Poi conobbi il Biondaccio e il verde divenne il mio più grande problema, perché i suoi occhi erano dello stesso colore delle mie pareti e non potevo guardarmi attorno senza che questi mi perseguitassero.
Lasciai cadere lo zaino a terra e feci levitare il baule ai piedi del letto con uno sventolio di bacchetta. Di nuovo, la prima cosa a cui pensai quando misi piede nella stanza fu Scorpius. Mi domandai che cosa stesse facendo in quel momento, se avesse già discusso con suo padre, se stesse bene. Desideravo scrivergli una lettera, ma temevo che potesse essere arrabbiato con me per aver ficcato il naso in faccende che non mi riguardavano. D'altra parte io non ero nessuno e quello che lui faceva non era affar mio. Comportandomi in quella maniera avevo solo peggiorato le cose e diminuito le possibilità che ricostruisse un rapporto con il padre, cosa che non avevo ancora capito se volesse o non volesse fare.
Ma che cavolo mi era passato per la testa? Avevo rovinato tutto e incasinato a Scorpius la vita, il che era l'opposto di quello che volevo.
Mi venne in mente che ci trovavamo nel mondo babbano e che quindi avrei potuto telefonargli per chiedergli come stava e capire se ce l'aveva con me. Nonostante sentire la sua voce era tutto quello che desideravo in quel momento, mi trattenni e abbandonai quell'idea. Dovevo lasciargli i suoi spazi e rispettare le sue decisioni. Voleva passare il Natale con suo padre, la sua famiglia? Bene. Chi ero io per obiettare? Avrà avuto le sue ragioni.
Mi lasciai cadere sul letto e seppellii la testa sotto il cuscino, reprimendo il desiderio di urlare.
Non potevo scegliermi un ragazzo meno problematico?
Non appena formulai quel pensiero mi sentii in colpa. Avrei amato Scorpius anche se fosse stata la persona con più problemi sulla faccia della terra e non lo avrei mai scambiato con un ragazzo perfetto. Lui andava bene così. Era un enigma che stavo cercando di decifrare pezzo per pezzo. E poi, parliamoci chiaro, lui avrebbe potuto stare con quasi qualsiasi ragazza di Hogwarts, con qualcuna più bella, più ricca e più simpatica, ma aveva scelto me, una ragazza complessata e chiusa in se stessa come poche altre. Potevo solo essergli grata. Per questo volevo rendergli la vita più facile. Pensavo che invitandolo qui gli avrei fatto un favore, e invece avevo solo peggiorato le cose.
Stupida. Mi insultai picchiando la testa contro la testiera del letto. Stupida, stupida, stupida.
«Rose!» Mia madre stava bussando alla mia porta. «E' pronta la cena»
«Mmmmm» risposi io, la testa ancora coperta dal cuscino. «Nonhofmmm»
«Come hai detto?» A questo punto, mia madre aprì la porta ed entrò in camera mia. «Oh, Rosie»
Si sedette al mio fianco e mi poggiò delicatamente una mano sulla schiena. «Va tutto bene?» Chiese con una nota apprensiva nella voce. «Vuoi che ti prepari una pozione per l'emicrania?»
Mossi la testa su e giù, sperando che capisse che il  mio era un enorme sì.
Vedendo che non aggiungevo nulla, continuò, questa volta un po' più titubante. Vedere esitare Hermione Granger era un evento più unico che raro. «Papà mi ha detto di Scorpius»
Ah. Ecco.
Ovvio che gliene avesse parlato, onestamente mi sarei stupita del contrario. Quello che non mi era chiaro era che cosa ci facesse lei qui. Di solito, quello che mi consolava quando ero giù di morale era mio padre. Non che mia madre non ci provasse, anzi, era sempre disposta a parlare con me di tutto quello che volessi e a darmi consigli pratici per affrontare situazioni sconvenienti. Se avevo un problema da risolvere, era a lei che mi rivolgevo. Però, quando si trattava di sentimenti feriti era il sostegno di mio padre quello che cercavo. Anche in questo campo i consigli di mia madre erano migliori, ma non erano ciò che volevo sentirmi dire. Non volevo trovare un metodo efficace per presentare a Scorpius i miei dubbi e domandargli che cosa lo affliggesse; volevo sfogarmi per il fatto che si tenesse tutto dentro e volevo insultare Draco Malfoy fino allo sfinimento. E magari versare anche qualche lacrima perché sì, ho la lacrima facile, okay? Quando provo forti emozioni, piango. O meglio, non è che proprio piango… mi lacrimano gli occhi.
Okay, piango.
Non davanti alla gente, lo faccio in privato. Per me è come una valvola di sfogo, un modo per buttare tutto fuori. In quel momento però ero così piena di emozioni contrastanti da non riuscire neppure a piangere.
«Mmm» mugugnai di nuovo. Era tutto quello che ero disposta a commentare.
«Se vuoi parlarne sai che puoi farlo con me» continuò piano lei, iniziando a carezzarmi i capelli con la mano.
Quando ero bambina le chiedevo sempre di farmi le treccine e lei accettava sempre volentieri. Al contrario dei suoi capelli, impossibili da acconciare o pettinare, i miei erano leggermente mossi e quindi poteva sbizzarrirsi nello sperimentare le più disparate acconciature, anche se la mia preferita erano le trecce.
«Lo so» dissi, la voce ovattata dal materasso. «E' solo che non mi va»
Hermione Granger sospirò. «Vuoi che chiami tuo padre?»
Si, le avrei voluto rispondere, ma un qualcosa nel suo tono di voce mi bloccò. Suonava afflitta, ed era chiaro che anche lei era consapevole che in situazioni simili preferivo mio papà.
Non era colpa sua, però mi sentivo sempre come se dovessi essere alla sua altezza. Lei, alla mia età, stava combattendo una guerra, mentre io? Il mio unico problema era un ragazzo e un'eccessiva emotività. Ero debole, paragonata a lei. Mi era bastato niente per cadere nel vortice degli attacchi di panico, e me ne vergognavo. Mia madre aveva il sangue freddo nell'anima, peccato che non me lo avesse trasmesso. Non ero degna di essere sua figlia, quindi mi sentivo a disagio a mostrarle le mie debolezze o a parlarle delle mie insicurezze e paure.
Tuttavia, non me la sentivo, in quel momento, di mandarla via: non volevo ferire i suoi sentimenti, ma non volevo neppure che mi vedesse in queste condizioni.
Mi tirai a sedere e mi passai una mano sul viso.
Sono patetica, mi rimproverai. Chissà cosa pensa la mamma di me. Scommetto che lei non si è mai lasciata ferire da nessun ragazzo.
«No» Risposi alla domanda che mi aveva posto. Poi abbozzai un sorriso. «Ho solo mal di testa»
Mamma si stropicciò le mani  in grembo e fece per dire qualcosa, poi però sembrò ripensarci e stette zitta. Mi sistemò una ciocca di capelli dietro l'orecchio e si decise a parlare.
«Anche io avevo due migliori amici alla tua età. Uno era zio Harry, che per me era come un fratello, e l'altro era tuo padre» distolse lo sguardo quando nominò papà, le guance leggermente velate di rosso. «Zio Harry era il fratello che non avevo mai avuto, mentre Ron… non so nemmeno io cosa fosse per me, so solo che con lui è sempre stato diverso. Tutto più complicato, più doloroso, più distruttivo; infastidirmi era il suo modo di farmi capire che gli piacevo, a quanto pare. Ho perso il conto delle volte in cui mi ha fatta infuriare, o delle lacrime che ho versato a causa sua quando eravamo a scuola, ma se mi guardo indietro capisco che ne è valsa la pena. Ho avuto altri ragazzi prima di lui. Ragazzi per bene, perfetti, che qualsiasi donna vorrebbe, uno era anche un giocatore di Quidditch molto famoso. Ma non erano Ron. Non era la stessa cosa. Mancava la scintilla, con loro non mi sentivo davvero viva»
Aggrottò leggermente le sopracciglia, come se neppure lei sapesse esattamente cosa stava dicendo. «Sai cosa? E' assurdo, scusami. Mi sono espressa malissimo e scommetto che non si è capito lo scopo di questo discorso» Scosse la testa e fece per alzarsi, ma io la trattenni per un braccio.
«E invece capisco» sussurrai, guardandola come se fosse un extraterrestre.
Hermione Granger aveva avuto delle storie a Hogwarts? Non era troppo impegnata a salvare il mondo e a prendere E in tutte le materie? Io a mala pena riuscivo a finire i compiti in tempo e avevo una vita sociale imbarazzante.
Non le chiesi niente del genere, perché non era quello che davvero mi stupiva. La cosa che davvero mi toccava era che lei, la super donna che io avevo imparato ad ammirare, era un essere umano.
«Tu hai sofferto per dei ragazzi?» Chiesi stupita.
Mia madre raddrizzò la schiena. «Non per dei ragazzi qualsiasi! Per tuo padre. E Draco Malfoy, ma lui era un vero stron… uhm, uno stupido»
«Mamma» la guardai male io. «Puoi dire stronzo davanti a me, non ho più cinque anni»
Mi ignorò e continuò. «Scorpius non è come lui. Lo vedo. Lo so»
«Mh, credo che la stronzaggine sia di famiglia» borbottai io sconsolata.
«Secondo me sei solo arrabbiata. Scorpius è una brava persona, non dovresti essere così dura con lui»
Vedete perché avevo bisogno di mio padre in questi momenti? Lei mi metteva brutalmente di fronte alla realtà, e anche in una situazione simile, finiva per dare ragione a Scorpius. Non mi aveva chiesto come mi sentissi. Se solo lo avesse fatto, le avrei spigato che la cosa che più mi spaventava era che lui non mi ritenesse alla sua altezza, o che non volesse passare del tempo con me, o che avesse realizzato di aver fatto un errore. Le avrei persino confessato che stavamo insieme.
Ma non lo aveva fatto. Non aveva chiesto niente, limitandosi a dire che tanto Scorpius è un bravo ragazzo. Sì, e allora? Si poteva essere bravi e stronzi, non lo sapeva?
Le sorrisi sarcastica e mi alzai dal letto, diretta alla porta.
«Grazie della chiacchierata, è stata davvero utile, mamma» dissi, la voce che traboccava di rabbia.
«Rose…»
Mi voltai e lessi confusione sul suo volto, ma non mi fermai. «Fossi in te chiederei a Draco Malfoy uno scambio di figli, anche se non so se vorrà vivere sotto lo stesso tetto di una mezzosangue come me. Dovresti provare a informarti però»
Uscii dalla mia stanza, sbattendomi la porta alle spalle e senza curarmi delle magre proteste di Hermione Granger.
 
«Non dovresti essere così dura con tua mamma»
Mio padre mi fissava stando appoggiato allo stipite della porta a braccia incrociate.
Durante la cena la tensione tra le due donne di casa era diventata evidente. Avevo chiesto a mia madre di passarmi il sale e lei lo aveva fatto senza degnarmi di uno sguardo, segno che era arrabbiata con me. Si aspettava delle scuse, lo sapevo, e prima o poi le avrebbe ricevute. Ma non quella sera.
Dopo mangiato mi ero rintanata nella mia camera, avevo riesumato il mio ipod che non vedevo da quell'estate e mi ero buttata sul letto con le cuffie e un libro con l'intenzione di leggere tutta la notte.
«Non so di che cosa tu stia parlando» abbassai il volume della musica e poi voltai una pagina con nonchalance.
«Lo sai invece, Rose»
Qualcosa nel suo tono mi fece poggiare il libro sul petto. Lo guardai e nel suo sguardo lessi una punta di delusione che faceva più male di tutta l'indifferenza di mia madre.
Sbuffai. «Mi sono comportata male, okay?»
«Okay» disse lui. «Perché?»
Ci pensai su. Lo sapevo bene, ma non volevo ammetterlo.
«Non voglio essere come lei. Tutti mi dicono che le somiglio, ma io non voglio somigliarle»
«Chi te lo dice?»
«Tutti» sospirai. «Tutti. E io non mi sento alla sua altezza e non voglio essere così. Io non sono così»
Mio padre venne a sedersi sul letto con me. «Così come, Rosie?»
«Fredda» dissi.
«Tua madre non è fredda»
«Allora troppo analitica. Troppo logica. Non lo so, quello che ti pare. Lo sai cosa mi ha detto prima?» Chiesi amaramente, non incrociando i suoi occhi. «Che non dovrei essere così dura con Scorpius. Lo vedi? Non ha capito niente. Niente! Io non sono dura con Scorpius. Io…» cercai le parole adatte ma non le trovai.
«Non sei dura con Scorpius...» annuì piano mio padre seguendo il filo del mio discorso. «Tu sei troppo dura con te stessa»
Non risposi e mantenni lo sguardo fisso sul soffitto.
«Volevo solo aiutarlo» sussurrai poi.
Mio padre si chinò e mi diede un bacio sulla fronte. «Lo so, Rosie. Lo so»
«Domani chiedo scusa alla mamma» concessi poi, iniziando a sentirmi davvero in colpa.
Papà mi sorrise. «Brava. Voleva solo aiutarti. Ci sta provando. Sta davvero provando e tu devi lasciarglielo fare: permettile di starti vicino»
Aveva ragione, e lo sapevo. Come ogni volta in cui mi comportavo male il senso di colpa arrivò, meschino come una pugnalata. Riuscivo a sentirlo premermi sul petto. Mia madre non faceva che volermi bene, e io la ripagavo così.
«D'accordo. Ci proverò»
 
Ci volevo provare, sul serio, ma era difficile.
Cosa facevi quando dovevi chiedere scusa alla tua perfetta madre, alla quale volevi essere all'altezza senza però somigliarci?
Mh.
Bel casino, Rose.
Come al solito, cercai di non badare alla fastidiosa vocina che abitava nella mia mente, ed entrai in cucina.
C'era solo lei, seduta al tavolo con una tazza di caffè in mano.
Quella notte non avevo chiuso occhio e, da ciò che sembrava, neppure lei se la passava tanto meglio: aveva i capelli scompigliati, e due cerchi violacei sotto gli occhi. Hermione Granger non stava mai in casa in vestaglia, anche se era in vacanza. Hermione Granger si svegliava sempre presto, si vestiva e si metteva a lavorare sul metodo più efficace per vincere una causa.
Quella mattina, però, nonostante l'abbigliamento impeccabile, si capiva che era stanca. Non era circondata dall'aurea di vivacità ed efficienza che erano solite accompagnarla. Mi sentii di nuovo in colpa perché sapevo che, in parte, era anche colpa mia.
Mio padre e Hugo stavano ancora dormendo, eravamo noi donne le mattiniere di casa.
«Ciao» mi salutò quando mi vide sulla soglia. Pareva stupita di vedermi lì. «Pensavo dormissi di più il primo giorno di vacanza»
«Potrei dire la stessa cosa di te» risposi io, prendendo posto di fronte a lei e versandomi una tazza di caffè.
«Ho del lavoro da sbrigare» mi mostrò con un cenno del capo tutte le pergamene che le stavano davanti.
«Mmm» bevvi un sorso, cercando di capire come iniziare le mie plateali scuse per uscirne in qualche modo non totalmente sconfitta.
«Volevo scusarmi per ieri sera» abbozzai piano. «Ero stanca, e agitata, e tante altre cose che nemmeno io so, quindi me la sono presa con te perché tu eri lì» fissavo la mia tazza senza alzare lo sguardo, ma sentivo i suoi occhi su di me. «So che non è stato giusto nei tuoi confronti, quindi scusa, ecco»
La sentii sospirare e azzardai un'occhiata. Aveva poggiato le mani sotto il mento e mi osservava con aria rassegnata.
«Anche io devo chiederti scusa»
Quasi mi andò il caffè nel naso e rischiai di morire il giorno della vigilia di Natale.
Si stava scusando con me? Seriamente?
«A volte non tengo da conto del fatto che prendi sempre le cose molto sul personale. Ma devi imparare a lasciartele scivolare addosso. E non parlo solo di Scorpius, mi riferisco a tutto. Non farti sopraffare di nuovo dalle situazioni difficili, okay?»
Ah.
Ci sono diversi modi con cui si può esprimere un concetto. Più frasi con cui si può dire la stessa cosa. Ecco, mia madre sembrava scegliere sempre quella sbagliata. O meglio, quella giusta per lei, ma sbagliata per me.
Probabilmente voleva solo dirmi di essere forte, ma detta in quel modo sembrava che io fossi debole. Fragile. Cosa che ero, in effetti, ma che odiavo essere. Non avevo bisogno lo sottolineasse. Lo sapevo. Lo sapevo, e quello era il problema.
Mi morsicai l'interno della guancia per non risponderle in malo modo e scappare via. Invece, annuii e sorrisi.
Non dissi più niente.
Lei mi aveva già perdonato, ma io non avevo ancora perdonato lei. Guardai fuori dalla finestra: era cominciato a nevicare.
 

«Pronto?»
«Per niente»
Era la Vigilia di Natale e di lì a tre minuti ci saremmo dovuti smaterializzare per andare alla Tana.
Stavo sdraiata sul letto di Albus mentre sfogliavo distrattamente Il Quidditch attraverso i secoli, lettura che avevo iniziato e lasciato in sospeso mesi prima, quando mi ero ritrovata in quella stessa stanza con Scorpius.
Facevo fatica a credere a tutta la strada che avevamo fatto in quell'ultimo periodo, eppure sapevo che ne avevamo ancora molta davanti a noi. Smisi però di pensare al Biondaccio immediatamente: non volevo rovinarmi la serata, che era già partita male.
Ero rimasta chiusa in camera mia a vegetare per le ultime ventiquattro ore. Letteralmente. Me ne ero stata lì a guardare il soffitto, senza la voglia né di leggere, né di parlare con Albus, il quale quel giorno si era presentato da me e mi aveva trascinato a casa sua per aiutarlo a scegliere cosa mettere. Ma avevo il sospetto che, il suo, era solo un modo per non farmi stare da sola. Infatti, sapeva benissimo che cosa indossare. Apprezzavo davvero i suoi sforzi, e ammetto che parlare di cose frivole come vestiti mi fece stare meglio, ma non stavo bene. Avevo il terrore che i miei parenti mi chiedessero degli esami, di Hogwarts, della scuola di medimagia e dei miei progetti futuri che, tra parentesi, non avevo.
«Gh, ho finito il gel» sbottò mio cugino lanciando il flacone vuoto nel cestino. «E ora come faccio?»
Poggiai il libro e ridacchiai. I capelli di Albus parevano avere vita propria. Anche quelli di James erano così ma lui li portava davvero corti e quindi non erano un problema; per Albus invece, che li aveva a lunghezza media, sì. Solitamente non si preoccupava di sistemarseli, pensando probabilmente che i capelli scompigliati gli dessero un'aria più affascinante, però quando dovevamo andare da nonna Molly tentava in tutti i modi di farli stare a posto per evitare le prediche della donna.
Albus caro, dovresti proprio tagliare i capelli. Guarda quelli di James come sono in ordine! Se solo mi lasciassi…
Non aveva bisogno di un altro motivo per sentirsi inferiore al fratello.
Mi alzai e lo raggiunsi davanti allo specchio.
«Siediti» gli dissi, avvicinandogli una sedia.
Lui mi guardò male.
«Coraggio!» Gli dissi io. «Conosco un incantesimo che potrebbe aiutarti»
Albus si sedette, poco convinto. «Beh, ma in realtà non sono un totale disastro. Credo possano andare…»
«Zitto» gli intimai io. «Altrimenti ti faccio diventare i capelli verdi. O peggio, ti faccio diventare calvo»
Mi afferrò il braccio, riuscivo a vedere il panico nei suoi occhi. «Non ti azzardare, Rose Jean Weasley!»
«Tranquillo, farò del mio meglio per non farti perdere i capelli»
Albus guardò verso il soffitto e alzò le braccia al cielo. «Merlino, ti prego, proteggi i miei capelli!»
«Prima donna» borbottai.
«Ti ho sentito» brontolò di rimando lui.
«Bene» ghignai sfoderando la bacchetta. «Pronto?»
«Veramente no» Albus si mise le mani davanti agli occhi per non guardarsi nello specchio. «Mh, okay. Vai»
Recitai l'incantesimo nella mia mente. In realtà, anche se non era semplicissimo, lo avevo fatto un migliaio di volte. Me lo aveva insegnato mia madre quando mi aveva raccontato del Ballo del Ceppo.
«Ecco qua» piuttosto soddisfatta di me, osservai il risultato. I capelli corvini erano ancora al loro posto, semplicemente, non sparavano più in ogni direzione. Ora ricadevano morbidi sulla fronte e gli davano un'aria più composta. Glieli scostai con una mano cosicché non gli dessero fastidio e pensai che stava proprio bene anche così.
Al allargò le dita per sbirciare il suo "nuovo" aspetto e, quando capì che i suoi capelli c'erano ancora e che erano del colore giusto, osò abbassare le mani.
«Mh, non male» mi sorrise. «Grazie, Rose»
«Non male?» Feci io mettendomi le mani sui fianchi. «Sei uno schianto. Peccato che Jerome non possa vederti»
Al sbiancò. «Shhh. Non nominarlo qui»
Mi guardai attorno sbigottita, non capendo la sua preoccupazione. Al secondo piano c'eravamo solo io e lui, gli altri erano di sotto che ci stavano aspettando impazienti.
«Anche i muri hanno le orecchie. Soprattutto ora che c'è James in giro. E Lily, si salvi chi può. Lei sa sempre tutto di tutti, perciò… shhh» concluse posandosi l'indice davanti alla bocca.
«Ma che cavolo…»
Come non detto. A volte penso ci sia una forza superiore che si diverte a prendersi gioco di noi. Ero sul punto di dirgli di smetterla di essere paranoico, quando la porta si spalancò, facendomi prendere un colpo.
«Mamma ha detto che se non vi muovete ce ne andiamo senza di voi. Capito, Alby Bello?»
James Sirius Potter, appena tornato dall'Irlanda, era entrato nella stanza. Senza bussare, ovviamente.
Era alto quanto Albus e aveva gli stessi capelli corvini, gli unici due tratti che condividevano, praticamene. Se Albus era  magro e asciutto, James aveva le spalle larghe e un fisico che faceva impazzire le ragazze. O almeno la maggior parte, non me di sicuro. Trovavo molto più carino Albus, ma lui non mi credeva quando glielo dicevo.
Nonostante il suo successo con il gentil sesso, James era ancora single, o almeno così diceva a nonna Molly quando lo tormentava per sapere se si era finalmente trovato una fidanzata che gli facesse mettere la testa a posto.
«Non. Chiamarmi. Alby bello» inveì questo contro il fratello, puntandogli un dito contro. «Non sono un bambolotto»
«Sarai sempre il mio bambolotto invece» gli si avvicinò e fece per scompigliargli i capelli, ma Albus -che era più agile- si scostò immediatamente, passandogli sotto il braccio e mettendosi a distanza di sicurezza.
«ATTENTO AI CAPELLI!» Urlammo insieme io e Al.
Mi portai una mano sul petto e mi avvicinai ad Albus per constatare i danni. «A posto, sono a posto» gli scostai una ciocca dal viso e gli sorrisi.
«Per Godric, Albus!» Disse James alzando le braccia in segno di resa. «Sei peggio di una ragazza»
«Oh, ma stai zitto!» Gli rispose acido Al.
«Siamo pronti» mi misi tra i due per calmare gli animi. «Possiamo andare»
«Voglio dire» continuò James, ignorandomi bellamente. «Da una come Rose mi sarei aspettato una reazione così, interessata solo al trucco, ai vestiti e ai capelli, ma da te, Al, proprio no»
«Ehy!» Esclamai oltraggiata io. «Io non mi interesso solo ai vestiti e… oh»
James era scoppiato a ridere e mi aveva messo una mano attorno alle spalle. «Ah, no? Da come ti vesti, avrei detto di sì»
Gli tirai una gomitata nelle costole e me lo scostai di dosso. «Sempre simpatico, Jamie»
James mi squadrò da cima a fondo, come se mi stesse scannerizzando, e poi sorrise con quel sorrisone che rivolgeva a tutti.
«Non ti ricordavo così carina, Rosie Posie. E devo ammettere che questo vestito ti sta bene»
James aveva la scomoda abitudine di dare soprannomi a tutti.
«Wow. Mi hai appena fatto un complimento, tu? Sei serio?» Chiesi incrociando le braccia al petto.
Con James non potevi mai capire quando era serio e quando non lo era, ovvero il novanta per cento delle volte.
«Serissimo, parola di Potter» mi assicurò mettendosi una mano sul cuore. «E il nostro Malfoy? Se non è caduto ai tuoi piedi è proprio uno stupido»
Questa volta arrossii. Albus tossicchiò divertito e nella stanza cadde un silenzio imbarazzante.
Il sorriso di James, quando colse la nostra tensione, si spense.
«Oh. Porco. Salazar.» Disse, spostando lo sguardo da me al fratello. Poi scoppiò a ridere. «Ci ho preso! Vi prego, ditemi che ci ho preso!»
«NO» esclamai io, riprendendomi. «No. No. No no no. Siamo amici, come lo siamo sempre stati»
«Certo, e tu non sei dello stesso colore dei tuoi capelli» poi si rivolse ad Al. «Scommetto che vi sbaciucchiate nei ripostigli delle scope a ogni cambio dell'ora. Vero, Al?»
Questo, piegato in due dal ridere, riuscì a mala pena a biascicare un magro no comment.
No comment? NO COMMENT!? Avrebbe fatto prima a confessare tutto, a quel punto.
Mi sarei vendicata, oh sì. Quando meno se lo aspettava.
«James!» Urlai, coprendomi il viso con le mani. «Smettila subito!»
«La piccola Rosie Posie è diventata grande. Ah, chissà cosa dice zio Ron»
«Zio Ron non dice niente, dato che non sa niente» asserì io, per poi aggiungere subito. «Non che ci sia qualcosa da sapere. O da dire»
«Mmm» fece James, decisamente troppo divertito. «Se non lo vuoi dire a tuo padre, dovrò fare io il discorsetto al nostro caro Scorpius»
Deglutii, improvvisamente davvero spaventata.
«Discorsetto?» Chiesi con voce stridula.
«Certo» sorrise angelicamente lui. «Qualcuno dovrà pure minacciarlo di spezzargli l'osso del collo se ti spezza il cuore, no?»
Ah.
Se solo avesse saputo, probabilmente gli avrebbe già spezzato il collo da un pezzo.
 
La Tana era esattamente uguale a come la ricordavo.
Piccola, calda e accogliente. Il fuoco nel camino ardeva, riscaldando l'ambiente. Davanti a questo, i membri della famiglia Weasley-Potter si erano disposti nelle poltrone o sul piccolo divano slabbrato, chiacchierando del più e del meno e aggiornandosi sulle ultime novità.
Nonna Molly e nonno Arthur ci accolsero a braccia aperte, anche se la nonna ci rimproverò un po' per il ritardo. Ritardo che era dovuto a James Potter che aveva pensato bene di torturarmi psicologicamente per farmi ammettere che stavo con Malfoy. Non avevo ancora ceduto, ma se avesse continuato a fare allusione e battutine davanti a mio padre, lo avrei ucciso senza farmi troppi scrupoli.
All'appello mancavano solo Teddy e Victoire, la più grande tra i figli di zio Bill e zia Fleur. Questa aveva sangue di veela che aveva trasmesso ai propri bambini, i quali erano sempre stati più belli della norma. Da piccola ammiravo Victoire e in particolare Dominique, che aveva solo un anno più di me e i capelli rossi, con una punta di invidia mista ad ammirazione. Perché non potevo avere una pelle perfetta come la loro? Perché non potevo essere anche io alta e slanciata?
Con il passare del tempo me ne ero fatta una ragione, e ora non mi importava proprio più.
Presi posto in una poltrona muffita e mi beai del calore del camino. Le mie mani erano congelate come al solito; fuori potevano esserci stati anche trenta gradi, e io avrei comunque avuto le mani fredde.
Lily e i gemelli Scamander si sdraiarono sul tappeto e iniziarono a chiacchierare con Roxanne e Lucy, mentre Fred e Hugo, che avevano la stessa età, andarono in cucina per cercare di rubare del cibo.
Gli adulti parlavano di politica e affari del ministero, ed ero felice non badassero a me. Finché non mi prestavano attenzione, non potevano chiedermi della scuola di medimagia.
Albus mi si avvicinò e mi fece cenno di alzarmi. Lo feci, controvoglia, e lui si sedette al mio posto per poi prendermi in braccio. Mi passò le braccia attorno alla vita e io mi appoggiai contro di lui, posando il capo sulla sua spalla.
«Chissà cosa sta facendo Scorpius» sussurrai piano vicino al suo orecchio.
Sapevo che lui mi avrebbe capito: anche lui era preoccupato per il suo migliore amico. Lo sentivo.
«Già…» replicò, la voce tesa come una corda di violino. «Sono in pensiero anche io, sinceramente. Ho provato a convincerlo a stare da te in questi giorni, ma sai com'è fatto. Se si mette in testa qualcosa, non c'è alcun modo per fargli cambiare idea»
Si, avevo presente molto bene questa sua caratteristica.
«Pensi che…» Iniziai titubante. «Pensi che sia colpa mia? Che non voglia stare con me?»
Albus si agitò sulla poltrona. «No» disse sicuro si sé. «Non sei tu il problema, credo che sia lui»
«Come possiamo aiutarlo?»
Mi rifiutavo di lasciarlo in quella situazione standomene con le mani in mano. Dovevo fare qualcosa.
«A volte, Rose, le persone non vogliono essere aiutate»
«E sei pronto ad arrenderti così?»
Girai un po' il capo per guardarlo negli occhi. Questi erano cupi, scuri come fondi di bottiglia. «No. Certo che no. Ma noi cosa possiamo fare?»
«Non lo so» sbottai, arrabbiata con me stessa e con il mondo.
Al aveva ragione, ma ci doveva essere qualcosa.
«Ehy, voi due» ci chiamò zio George. «Cos'avete da confabulare?»
Entrambi sorridemmo angelicamente. «Niente»
«Certo, niente!»
«Lasciatelo perdere» intervenne zio Percy, che era appena arrivato dalla cucina. Si tolse gli occhiali e iniziò a pulirli con il maglione. «Dimmi, Rose, Hermione mi ha detto che stai studiando per la scuola di medimagia. Ottima scelta. Come procede?»
Mi pietrificai. La presa di Al si strinse su di me, anche lui era teso. Anche se non gli avevo mai confessato apertamente i miei ripensamenti, ero certa che lui li avesse comunque colti e che Scorpius glieli avesse confermati. Albus sapeva.
«Mmh. Va tutto bene, sì… cioè»
«Bussano alla porta!» Urlò nonno Arthur dal divano, sfogliando una pagina di giornale.
 
«Teddy e Victoire, finalmente!» Esclamò Nonna Molly battendo le mani. «Albus caro, andresti ad aprire la porta?»
Sventolò la bacchetta per aria e tutte le posate levitarono verso la tavola, mentre l'arrosto continuava a cuocere nel forno.
«Lily!» urlò Albus. «Vai ad aprire»
Lily, che stava ancora sdraiata sul tappeto di fronte al fuoco con i gemelli, sbottò. «Nonna lo ha chiesto a te! Come mai devo fare sempre tutto io? Non sono la tua serva»
Zio Harry stava già per fare da paciere, ma siccome era Natale e non mi andava di assistere a discussioni inutili, mi alzai dalla mia comodissima poltrona. O meglio, mi alzai dal mio comodissimo Albus.
«Vado io» dissi con voce piatta.
Attraversai assonnata il salotto. Nessuno mi stava prestando attenzione, tutti continuavano a svolgere le proprie attività e io mi sentivo un fantasma che errava tra la gente.
«Dovreste tutti prendere esempio da Rose» urlò la nonna dalla cucina, ma nessuno le diede retta. Qualcuno mugugnò una risposta, qualcuno se ne uscì con un distratto uhu e qualcun altro -come mio cugino James- borbottò un "che Merlino ce ne scampi!"
Grazie, James.
Tra tutti, Teddy era il mio cugino preferito dopo Albus. Anche se ripensandoci Teddy non era proprio mio cugino.
Adoravo la banda Weasley-Potter, sul serio. Era solo che a volte, durante queste cene di famiglia, non sapevo con chi parlare: non c'era nessuno che condivideva i miei interessi, a parte Albus. Però Albus era capace di intavolare una conversazione riguardo qualsiasi argomento con chiunque, io no. Se quindi Albus era impegnato, la maggior parte delle volte mi ritrovavo in un angolo con un libro, tentando di evitare le occhiatacce di mia madre che mi dicevano di smetterla di essere asociale e maleducata.
Però, quando arrivava Teddy, era tutto diverso. Con lui potevo parlare: mi chiedeva della scuola, di quello che facevo, dei libri che stavo leggendo, e sapevo che gli interessava. Gli interessava davvero, questa era la parte migliore.
Quindi immaginatevi la mia delusione quando non lo trovai fuori dalla porta. Non trovai nessuno fuori dalla porta.
A qualche metro di distanza, però, intravidi una figura tra le ombre. Assottigliai lo sguardo per poter distinguere meglio i suoi tratti, ma era buio pesto e l'uomo -o almeno, quello che pensavo essere un uomo- si era appena voltato per andarsene.
«Ehi!» Gli urlai dietro facendo un passo avanti. Una folata di vento mi investii. Strinsi le braccia attorno al petto per difendermi dal freddo. La neve cadeva copiosa e mi si impigliava tra i capelli, si posava sul mio volto accaldato per poi sciogliersi e bagnarmi le guance come lacrime. 
«Aspetta!» Urlai di nuovo, tremando ormai come una foglia.
Dalla casa sentivo i miei parenti chiamarmi preoccupati, ma non mi importava.
Lo sconosciuto si era fermato al suono della mia voce, ma continuava a darmi le spalle.
Aveva il cappuccio del mantello tirato su sul capo per proteggersi dalla neve e la prima cosa che notai di lui fu l'altezza: era davvero alto, troppo per poter essere Teddy.
Lo raggiunsi. Non indossavo gli stivali e le mie ciabatte erano completamente bagnate, ma dovevo fermarlo. Il mio istinto diceva che dovevo fermarlo.
Quando ci separarono solo pochi centimetri, indugiai. Magari era un serial killer e io avevo appena firmato la mia condanna a morte.
Sei sempre il solito genio, Rose. Ecco perché non sei stata smistata a Corvonero.
«Chi sei?» Gli chiesi in un sussurro, pensando che se mi avesse davvero voluto uccidere, probabilmente lo avrebbe già fatto.
Il ragazzo si voltò, e quando vidi il suo viso per poco non mi misi a urlare.
 
A volte non vale la pensa sforzarsi di capire le persone, o ciò che sta dietro le loro scelte. A volte, bisogna prenderle così come vengono e sforzarsi di amarle, nonostante tutto.
 

 
NOTE DELL'AUTRICE
Sono in ritardissimo, lo so! Però questo capitolo è chilometrico e non si voleva proprio scrivere. Inoltre sono piena di cose da fare e studiare, mi viene da piangere quasi. Non so dove ho trovato il tempo per scrivere, ma l'ho trovato. Non ho riletto attentamente questo capitolo, quindi mi scuso se risulta scritto un po' male, o se suona  poco lineare, ma l'ho davvero dovuto "partorire", ahahaha.
Nulla, io voglio ringraziare tutte voi che continuate a leggere la storia e a sopportare Biondaccio e Padella (Rose), in particolare tutte le ragazze carinissime che mi hanno scritto una recensione o che mi hanno scritto su facebook. Grazie mille, davvero!
A presto,
Francesca 
 
 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 21
*** Capitolo Ventuno Parte 1 ***


CAPITOLO VENTUNO, PARTE 1

 
 
«Cosa ci fai tu qui?»
La mia voce era acuta. Un lamento isterico che si perdeva nell'immensità della notte. Mi strinsi le braccia attorno al petto per porre fine al tremito che mi attraversava le viscere, con la vana speranza che queste potessero ripararmi dal gelo.
«Che cosa.» Scandii poi lentamente, pronunciando ogni parola con intensità, come se ciascuna fosse un pugnale di ferro. «...ci fai tu qui?»
Era buio pesto. Se non fosse stato per la luce soffusa che proveniva dalle finestre della Tana non sarei stata in grado di vedere nulla. E anche così l'ambiente intorno a me era confuso. Ero circondata dalle tenebre. Però i suoi occhi li vedevo, anche se il suo capo era ancora coperto dal cappuccio del mantello.
«Farai meglio a rispondermi.» Dissi allora puntando un dito contro di lui. «Perché altrimenti giuro che è la volta buona che ti affatturo, Scorpius Malfoy.»
Scorpius rise. La sua era una risata roca, cupa, priva di qualsiasi segno di allegria.
Alzai un sopracciglio, un'indignazione cieca si impossessò di me risvegliando ferite non ancora del tutto rimarginate.
«Ti prendi anche gioco di me?» Chiesi, tirandogli un pugno sul braccio. «No. Tu non ti prendi gioco di me. Non più. Perciò ora mi dici che cavolo ci fai qui, altrimenti me ne torno dentro e cercherò in tutti i modi di dimenticare di averti visto questa sera, dovessi farmi un incantesimo di memoria. Mi sono spiegata?»
Respiravo affannosamente, come alla ricerca di aria, e questa, gelida come un vento proveniente dal circolo polare, mi entrava nei polmoni facendomi bruciare la gola. Cercai di raddrizzare la schiena e di non mostrarmi intimorita. Alzai il capo e indossai l'espressione più velenosa del mio arsenale.
Non aveva alcun diritto di presentarsi qui dopo che lo avevo chiamato -e non mi aveva risposto- dopo che avevo provato a convincerlo a restare da me, dopo quello che avevo detto a suo padre. Non aveva il diritto di essere lì, di fronte a me nella tempesta di neve. Non quella volta.
«Non mi prenderei mai gioco di te, Rosie.» Sussurrò, portandosi le mani al cappuccio e abbassandolo lentamente. «Diciamo che potrei essere stato cacciato di casa.»
Non ero pronta a quello che vidi.
Non ero pronta al viso di Scorpius martoriato. Assottigliai la vista e, tra le ombre, riuscii a intravedere delle zone più scure.
Ma a lui pareva non importare. Mi guardava tranquillo, come se ci fossimo incontrati per caso al parco.
«Che cos'hai fatto alla faccia?» Domandai in un sussurro.
Scorpius parve confuso. Si portò un dito sul labbro e poi, sentendo probabilmente una fitta di dolore, lo tolse di scatto.
«Uh, questo?» Alzò le spalle. «Si nota tanto? Non è niente di che.»
«Ti ho chiesto.» Dissi, avvicinandomi per analizzare meglio la situazione. Gli presi il mento con due dita e gli girai il viso verso la luce proveniente dalle finestre. «Che cosa hai fatto alla faccia.»
Una fitta di panico mi attanagliò le viscere quando notai la situazione.
Un cerchio violaceo gli circondava l'occhio sinistro e, sparse sul naso e sulle guance c'erano croste di sangue ormai secco.
Sapevo che Draco Malfoy era severo, ma non pensavo potesse arrivare a tanto. Picchiare il proprio figlio, il suo così tanto amato sangue del suo sangue. Non mi pareva possibile, non poteva essere vero.
Eppure Scorpius era lì. Con il viso rovinato e sanguinante.
«Il fratello di Claire.» Spiegò spiccio con un scrollata di spalle. «Abbiamo discusso.»
«Ah. Quindi ora Claire ha anche un fratello adesso?»
«Così pare.»
Spostai la mano dal suo volto al petto, quasi per accertarmi che fosse davvero davanti a me, vivo.
Scorpius poggiò la fronte sulla mia e sospirò. «Non era mia intenzione venire qui.»
Sentivo il suo respiro caldo sfiorarmi le guance. Un flusso di sangue mi inondò il viso e, con lui vicino, riuscii a dimenticarmi persino del freddo.
«Sono andato a Londra.» Continuò parlando velocemente a mangiandosi le parole. Scorpius non biascicava mai. «Ma mio padre ha freddato il mio conto alla Gringott. Siccome sono appena diventato maggiorenne l'intestatario è ancora lui. Penso che la sua fosse una tattica per farmi tornare a casa, e ce l'aveva quasi fatta. Sarei tornato, non volevo disturbarti. Ma non potevo. Non potevo, e per tutto il tempo sentivo rimbombare le tue parole nella mente. Vedevo il tuo viso, vedevo te che mi dicevi che ero il benvenuto. E so che probabilmente non lo sono più, ma... quella non è casa mia. Tu sei casa mia.»
Una sensazione di calore mi invase. Riuscivo a percepirla al centro del petto, dolce come un balsamo calmante. Improvvisamente, tutti i pezzi del puzzle andarono al loro posto e anche io mi sentii a casa.
Mi allontanai di scatto da lui e il freddo mi avvolse.
«Seguimi.»
Questa volta non gliel'avrei fatta passare liscia troppo facilmente.
Mi voltai e mi diressi a passo di marcia verso la porta. Non mi sentivo più le dita dei piedi, le mie pantofole erano ormai zuppe e per poco non inciampai a causa di queste. Dietro di me, Scorpius mi mise un braccio attorno alla vita per evitare che cadessi. Una volta che fui di nuovo salda sulle gambe, me lo allontanai senza troppe cerimonie e mi voltai.
Eravamo praticamente davanti alla porta di ingresso, perciò abbassai la voce.
«E non pensare di passarla liscia così, capito? Andiamo dentro, ti ripulisco e poi parliamo. Merlino! Non riesco neanche a guardarti.» Sbottai, ormai sull'orlo delle lacrime per la frustrazione. Non sapevo neppure io che cosa provavo, desideravo soltanto urlare e prendere Scorpius a pugni.
Tutta la disperazione e la delusione di quei giorni stavano tornando a galla, riversandosi nel mio petto come un'eruzione vulcanica.
Scorpius mi guardava con aria mortificata. Teneva gli occhi bassi in maniera studiata apposta per non incontrare i miei.
«Rose...»
«Non so se prenderti a schiaffi o se gettarti le braccia al collo.»
«Voto la seconda opzione. Ho avuto abbastanza schiaffi per ora.» Ghignò lui, portando un pizzico dello Scorpius che conoscevo in superficie.
«Non per baciarti, idiota.» Replicai io serissima. «Per strozzarti. E ora vieni, muoviti. Sto morendo di freddo.»
Spalancai la porta e venni investita dal torpore della Tana. A mala pena riuscivo a sentire le dita dei piedi, per non parlare di quelle delle mani. Non avendo tirato su il mantello, ero anche bagnata fradicia, perciò non mi stupii quando incontrai gli sguardi stupiti dei miei parenti. Non so se fossero più turbati dalle mie condizioni pietose o dal fatto che Scorpius Malfoy, con un occhio nero e il naso spaccato, si trovava al mio fianco.
Dopo un attimo di silenzio durante il quale tutti ci fissarono con sguardo sbigottito, esplose un gran baccano. Parlavano, uno sopra l'altro; mi chiedevano cosa stava succedendo; li sentivo rivolgersi a Scorpius, sentivo che lui rispondeva con calma. Poi il mio sguardo venne rapito dall'espressione Albus, paralizzato sulla poltrona, che ci fissava come se il suo peggior incubo fosse appena diventato realtà.
Fu allora che mi svegliai dallo stato di coma in cui ero piombata.
«Silenzio!» Urlai, i nervi a fior di pelle.
Ne avevo avuto abbastanza.
«Rose, si può sapere che cosa succede?»
Mia madre. Si era avvicinata a noi e stava osservando il viso di Scorpius con aria preoccupata. «Scorpius, è un piacere vederti, ma cosa ti è successo?»
«Signora Weasley, il piacere è tutto mio, ma davvero...»
«Albus, con me.» Sbottai, senza alcuna intenzione di rimanere ancora un secondo sotto gli occhi curiosi dei miei parenti.
Mio padre, sulla nostra sinistra ci stava osservando. Sentivo il suo sguardo su di noi, ma non mi voltai di proposito per evitare discussioni.
Presi Scorpius per la manica del mantello e lo trascinai su per le scale, fino alla soffitta dove tanto tempo fa era solito dormire mio padre.
«Seduto.» Gli intimai, spingendolo sul letto con poca delicatezza.
Scorpius fece una smorfia, e si portò una mano alla spalla.
«Dove ti fa male?» Gli domandai cercando di suonare fredda e di mascherare il vuoto che sentivo dentro.
«Non mi fa male niente.»
«Se non vuoi essere affatturato, farai meglio a dirmelo, almeno posso sistemare la situazione.» Mi misi le mani sui fianchi e lo guardai storto. «E poi mica vuoi diventare guaritore? Non potevi sistemarti la faccia da solo?»
Scorpius fece per rispondere, ma fu zittito da Albus che entrò nella stanza e si richiuse la porta alle spalle con un tonfo.
«Che cazzo hai combinato?» Chiese mio cugino, sull'orlo di una crisi isterica.
Scorpius puntò i gomiti sulle ginocchia e poi poggiò il mento sul dorso delle mani.
«Perché tutti mi chiedono cos'ho combinato? Mica mi sono preso a pugni da solo.»
«Assurdo. Sei assurdo.» Fece Al passandosi le mani tra i capelli.
«Prima ti do una ripulita e poi potrai raccontarci tutto.» Decisi io, non ammettendo alcuna obiezione.
Albus prese posto su una poltrona ammuffita in un angolo, e io mi sedetti vicino a Scorpius.
Lui mi rivolse un sorriso sghembo e mi mise una ciocca di capelli bagnati dietro l'orecchio.
«Prima di curare me dovresti asciugarti.» Mi prese le mani tra le sue e ci soffiò sopra. «Ti stai congelando.»
«Sono ancora arrabbiata con te.» Risposi io, ignorando il freddo e beandomi del calore del suo respiro. Questa volta non lo allontanai.
«Lo so.»
Sciolsi le mani dalle sue e presi la mia bacchetta. Usai un incantesimo riscaldante per asciugarmi e nel giro di due minuti fui di nuovo asciutta. L'unico problema erano i capelli che ora sembravano molto simili a quelli di mia madre. Presi un elastico e me li legai.
«Peccato per i capelli.» Commentò Al con una smorfia.
Lo ignorai e andai in bagno a prendere una bacinella con dell'acqua.
Sulla cima delle scale trovai mia madre con l'aria preoccupata.
«Rose, posso fare qualcosa per il povero Scorpius?» Mi chiese, posandomi una mano sulla spalla. «Se vuole intraprendere un'azione legale, deve assolutamente parlare con me, o con te, o con Albus. Chi lo ha conciato in quelle condizioni? Non possono farla franca. Digli che posso aiutarlo.»
«Per ora non puoi fare nulla, è ancora scosso.» Risposi all'avvocato Granger. «Di' solo alla nonna di aggiungere un posto a tavola.»
Lei annuì. «Certo, certamente. Ci sarà tempo dopo per parlare di quanto accaduto.»
«Mamma?»
«Dimmi, Rose.»
«Scorpius può stare da noi stanotte? Non voglio farlo ritornare a casa sua.» Rabbrividii al solo pensiero di quello che gli avrebbero fatto e iniziai ad agitarmi. «No, non può tornare. Ti prego, parla tu con papà e cerca di convincerlo.»
Sentii il cuore iniziare con ritmo più incalzante, avevo le mani sudate, stavo tremando. Mi stava per venire un'attacco di ansia e mia mamma parve comprenderlo.
«Ma certo, tesoro. Starà da noi, non c'è nessuna discussione da iniziare con tuo padre.»
«Prometto che chiudo la porta della mia camera a chiave, se vuole.» Dissi, sentendomi molto ridicola.
«Non essere ridicola.» Sbottò lei. «Non sarà necessario. Se Ron ha qualcosa da dire se la vedrà con me. Ora tieni.» Mi mise in mano una boccetta contenente un liquido giallastro. Passai il pollice sull'etichetta consumata e intravidi la scritta DITTAMO.
«Applicalo sulle zone lese e vedrai che il bel viso di Scorpius tornerà come nuovo.»
Ha davvero detto bel viso di Scorpius? Ew.
Cominciavo a credere che tutte le donne di famiglia fossero platonicamente innamorate di lui, mia mamma compresa.
Bleh.
Che aveva una cotta per lui era evidente, ma che almeno non lo ostentasse così, per Merlino.
Okay, stavo esagerando. Era solo che non avevo ancora digerito il fatto che avesse preso le sue difese qualche giorno prima.
«Grazie.» Dissi solo.
«E' un rimedio ormai antico, ma funziona. Ci è stato molto utile in passato.» Spiegò lei pratica. Poi cambiò repentinamente argomento. «Fortuna che nonna Molly ha cucinato lo sformato di cavolo. Scorpius ne sarà entusiasta!»
Mi venne da ridere. Era l'unico che lo mangiava; piaceva solamente a lui, eppure la nonna si ostinava a prepararlo.
«Perfetto, sono sicura che ne sarà contentissimo.» Le dissi con un sorriso.

Andai comunque in bagno a prendere dell'acqua fredda. Avrei potuto usare un gratta e netta, ma sarebbe stato troppo facile per Scorpius. Volevo dargli almeno un po' fastidio. Mi sentivo molto Serpeverde, ma chissene frega. Se lo meritava.
Il bagno dell'ultimo piano era il più piccolo. Il soffitto si stagliava a pochi centimetri dalla mia testa e, contando che io non sono più alta di un metro e sessanta, una persona della statura di mio padre doveva piegarsi per entrare.
Girai le manopole del rubinetto e alzai lo sguardo mentre aspettavo che la bacinella si riempisse. Nello specchio, incontrai gli occhi cerchiati del mio riflesso. Anche se avevo passato gli ultimi giorni sdraiata in camera a guardare il soffitto, non avevo praticamente chiuso occhio e la stanchezza accumulata si stava facendo sentire.
Cercai di sorridere, ma tornai seria subito.
Fanculo.
Ero stufa di comportarmi come se andasse tutto bene, perché niente andava bene. Se la gente smettesse di fingere e incominciasse a fare qualcosa per risolvere i propri problemi, le cose andrebbero meglio. Tipo me. Se avessi smesso di autocommiserarmi prima, mi sarei risparmiata un sacco di sangue amaro. Ma ehi, sono Rose Weasley e complicarmi la vita fa parte del mio DNA.
L'acqua era straboccata dalla bacinella e si stava riversando nel lavandino, perciò chiusi il rubinetto e tornai in camera.
Qui trovai Scorpius e Albus nell'esatta posizione in cui il avevo lasciati: il primo seduto sul letto con aria stravolta e il secondo appollaiato sulla poltrona con gli occhi che sparavano avada kedavra.
«Puoi dirgli di smettere di tenermi il muso?» Mi chiese Scorpius con voce monotona. «Sta diventando seccante.»
«Chiediglielo tu.» Risposi io, prendendo posto al suo fianco.
«Pensi che non ci abbia provato?» Continuò lui voltandosi verso di me e puntando i suoi occhi verde pallido nei miei. «Mi ignora come una diva in piena crisi premestruale.»
Mi morsicai il labbro per non scoppiare a ridere, e lui lo notò perché ghignò, contento di aver suscitato una reazione almeno in me.
«Ti sento.» Sibilò, Albus. «Non ti parlo, ma ti sento, idiota.»
«Aha!» Fece il Biondaccio prendendo un cuscino e lanciandoglielo addosso. «Per dirmi che non hai intenzione di parlarmi, mi hai parlato.»
Albus alzò un braccio per evitare il cuscino e si alzò stizzito. Si sistemò la camicia e gli rivolse uno sguardo altezzoso.
«Finché non mi racconti cosa cavolo ti è successo, non ho intenzione di calcolarti.» Sentenziò. «E ora, se volete scusarmi, me ne vado. Magari preferisci parlare da solo con Rose, tanto io chi sono? Nessuno, solo il tuo migliore amico da tutta la vita. Massì, ripudiami per la ragazza. Traditore.»
«Non ci conosciamo da così tanto tempo, Al.» Fece notare Scorpius. Poi ci pensò. «Effettivamente ho conosciuto prima Rose, quindi...»
Al si tappò le orecchie e si voltò verso la porta. «Lalalala, non ti sento a meno che le tue non siano delle spiegazioni.»
Una volta che Al se ne fu andato, presi un fazzoletto imbevuto di acqua e lo passai sulla guancia di Scorpius per togliere i residui di sangue.
«Ahi.» Scorpius si allontanò. «E' fredda.»
Ops.
«Davvero?» Spalancai gli occhi, come se non l'avessi presa ghiacciata apposta. «Be', tanto meglio, no? Almeno ti fa andare via la botta.»
«Non puoi usare un incantesimo e basta?»
Sorrisi angelicamente. «No.»
Scorpius borbottò una serie di insulti non ripetibili e incrociò le braccia al petto.
Gli passai il panno sul mento, poi sul naso e sull'altra gota, finché non ci furono più tracce di sangue. Ora il cerchio violaceo attorno all'occhio era più evidente e il labbro inferiore stava iniziando a gonfiarsi. Ci poggiai un dito sopra con delicatezza e Scorpius sobbalzò, senza però allontanarsi.
«Ti fa tanto male?» Gli chiesi in un sussurro.
Lui scosse le spalle, e si fece più vicino. Il suo viso era poco distante dal mio.
«All'inizio non tanto. Ora stanno uscendo i lividi.»
Annuii mesta e stappai la boccetta di Dittamo. Mi misi un po' di lozione sulla punta delle dita e gliela spalmai piano prima attorno all'occhio e poi sul labbro rotto.
«Che cos'è?»
«Essenza di Dittamo.»
«Dittamo?»
«Già. Pare un vecchio rimedio, me lo ha dato mia mamma. Wow.»
Il viso di Scorpius era come nuovo. Occhio e labbro si erano sgonfiati e anche il livido stava pian piano scomparendo.
Anche lui pareva stupito. «Non sento più male.» Disse toccandosi la faccia con un sorriso. «Grazie.»
«Di nulla. Hai intenzione di dirmi cosa ti è capitato o farai finta di niente?»
«Mmm.»
Gli tirai un pugno sul braccio indignata.
«Non è successo niente!» Esclamò lui passandosi una mano tra i capelli per la frustrazione. «Okay. D'accordo. Ho accusato Claire e quel verme del fratello di essere arrampicatori sociali a cui interessano solo i soldi. Ovviamente il fratello è intervenuto quando non avrebbe dovuto e, ecco, la cosa potrebbe essermi sfuggita di mano e potrei averlo accusato di avere il cervello di un babbuino.»
«Oh, Scorp.» Sussurrai, non sapendo cos'altro aggiungere. Ma come consoli una persona che ha appena visto la sua famiglia sgretolarsi in mille pezzi? «Non è finita qui» Continuò lui con un finto tono allegro. «Lui mi ha dato del ragazzino viziato e arrogante senza etica del lavoro. Ha detto che grazie ai soldi di papino non avrò neppure bisogno di lavorare e che la mia vita dev'essere perfetta. Certo.» Rise amaramente, e io mi sentii molto triste. «A quel punto mi sono alzato e me ne sono andato. John, è così che si chiama quel vermicolo, ha capito che se me ne fossi andato davvero sarebbe stata principalmente colpa sua, perciò ha tentato di fermarmi, afferrandomi per un braccio e affermando che stava solamente scherzando. A quel punto gli ho intimato di non toccarmi. Ma quello continuava a ridere e a minimizzare l'accaduto, come se fosse un grande scherzo: sono diventato il permaloso, quello a cui non si può dire niente, quello che non sa accettare una critica costruttiva. Ho perso la pazienza e gli ho tirato un pugno.»
«Scorpius!» Urlai portandomi le mani alla bocca. «Ma quindi hai iniziato tu?»
Scorp mi guardò oltremondo offeso e mi sentii in colpa.
«Voglio dire.» Cercai di rimediare in qualche modo. «Lo hai colpito tu per primo.»
«Sì, Rose. L'ho colpito io.» Mi rispose freddamente.
Ecco, avevo detto la cosa sbagliata al momento sbagliato come mio solito. Bel lavoro, Rose, davvero.
Non ero capace. Non ero capace di consolare le persone. Come potevo consolare qualcuno quando neppure riuscivo a consolare me stessa?
Gli presi la mano e gliela strinsi, appoggiando poi il capo sulla sua spalla. «Sai cosa?»
«Cosa?»
«Hai fatto bene a colpirlo.»
Lo sentii ridacchiare sommessamente e ricambiare la stretta sulla mia mano.
«Dici?»
«Già. Certo, non dev'essere stato piacevole beccarsi i pugni di risposta, ma insomma, penso che ne sia valsa la pena, no?»
«Immensamente.» Ridacchiò lui, poi proseguì. «La cosa che più rimpiango è che sono stato zitto.» Si passò una mano tra i capelli. «Per tutti questi anni, mentre mio padre cercava di rendermi ciò che lui voleva che fossi, mentre mi spingeva ad amare Giorgina per risolvere i suoi problemi finanziari, tutto ciò che desideravo fare era salire in cima a una montagna e urlare con tutto il fiato che avevo in gola. E invece sono stato zitto. Sono stato zitto e ora ne pago le conseguenze.»
«L'importante è che ora tu non stia zitto più. Segui i tuoi sogni senza farti condizionare da lui.» Mi strinsi un po' di più a lui. «Ciò che continuo a non comprendere però è perché non mi hai detto che non potevi stare da Albus sin dall'inizio?»
Scorpius stette in silenzio per un po' e poi emise un verso a metà tra un lamento e un sospiro. Mi mise due dita sotto il mento e mi girò il viso così che potesse guardarmi negli occhi.
«Perché siete tutti così incredibilmente gentili con me, che sento di non meritarlo. Ho sempre paura di risultare l'intruso, la serpe in seno alla vostra famiglia perfetta. Distruggo ogni cosa che tocco, in qualche modo sento di aver distrutto persino te, l'unica persona che io abbia davvero amato. Ogni anno mi ostino a tornare perché spero che le cose andranno meglio. E' solo che mi sento così in colpa, come se tutto quello che è accaduto sia stato per colpa mia. E' capace, mio padre, di farmi sentire la causa di tutti i suoi, e i nostri, mali. E quindi torno a casa, ogni anno, con la speranza che le cose si aggiustino almeno un po'. Ma ho capito che non è possibile, ormai. E ho deciso che non mi importa più. Te l'ho già detto: mi sono abituato. Sto bene così, da solo. L'unica cosa che spero è che non mi diseredi e che non chiuda il mio conto alla Gringott perché ho bisogno dei soldi per andare a vivere da solo l'anno prossimo. Cinico, uh? Lo so, Rose. So quello che pensi, e so anche che non puoi capire fino in fondo, ma ti chiedo di fare uno sforzo. So che tutto questo ti è alieno -e ti giuro che ne sono felicissimo- ma ti chiedo solo di provare a capire. Per me.»
Capivo, sul serio. O almeno ci provavo. Gli posai una mano sulla guancia e gli sorrisi leggermente. «Mi basta che tu sia qui ora.» Dissi. «E poi ho una notizia fantastica!» Mi alzai dal letto e mi voltai per fronteggiarlo. In questo modo Scorpius doveva sollevare il viso per potermi guardare.
«Ovvero?»
«Nonna Molly ha fatto lo sformato di cavolo e, contando che fa schifo a tutti, ce ne sarà una teglia tutta per te. Sei il salvatore della famiglia Weasley, Malfoy. Chi lo avrebbe mai detto, uh.»
Quando mi sorrise, il suo volto si illuminò. Per la prima volta quella sera riuscivo a vederlo davvero. Scorpius, il mio Scorpius, era tornato in superficie. A casa sua lo avevano distrutto, fatto a pezzi, sommerso nell'amarezza e nella frustrazione, e io non avrei più permesso a nessuno di ridurlo in quello stato un'altra volta. Sarebbero dovuti passare sul mio cadavere.
«Direi che è perfetto.» Disse, poi però il suo sorriso si spense leggermente. «Anche se pensandoci credo che non dovrei disturbare oltre.»
«Non azzardarti.» Sibilai io. «Non ti lascerei mai ritornare a casa tua. Resti qui. Fine della discussione.»
«Non ho intenzione di tornare a Malfoy Manor, infatti.» Mi spiegò molto pratico. «Posso trovare un posto a Londra. Ci vediamo tra qualche giorno, okay?»
Ci misi un attimo per metabolizzare le sue parole. Aveva seriamente intenzione di passare il Natale da solo? Credeva seriamente che glielo avrei lasciato fare?
Presi un respiro profondo per non far tremare la voce.
«Stammi bene a sentire.» Iniziai, guardandolo fisso negli occhi. Il dolore che questi trasudavano mi spezzò il cuore, ma andai avanti. «Se non vuoi stare qui perché non ti va di passare del tempo con me, o con la mia famiglia, perfetto, vai. Quella è la porta.» Gliela indicai, e poi continuai prima che potesse interrompermi. «Ma se invece non vuoi stare qui per tutte quelle stronzate che Merlino solo sa chi ti ha inculcato in testa, allora lasciatelo dire, Scorpius, sei davvero un idiota. E io ti conosco, e non sei un idiota. So bene che pensi di non essere il benvenuto e che credi di dare fastidio, ma notizia dell'ultima ora, Scorp: qua tutti ti adorano. A partire da mia mamma e mia nonna, per terminare con mio nonno e persino mio padre. Per non parlare di zio Percy, penso che tu sia la sua persona preferita. Dice sempre che sei un ragazzo con la testa sulle spalle e pieno di buone maniere e chiedere sempre a me e ad Albus quando passi a salutare. Per zio Harry e zia Ginny sei come un quarto figlio, come puoi non rendertene conto? Ti vogliono bene. Tutti te ne vogliono.»
Scorpius abbassò lo sguardo e si guardò le mani per qualche istante. Vederlo lì, davanti a me, con le spalle incurvate e il capo chino era come una strana visione. C'era qualcosa di incredibilmente sbagliato in tutto ciò: Scorpius era il sole, non la tenebra.
Improvvisamente si alzò, e i suoi occhi erano lucidi, brillavano nella penombra della stanza.
«Vieni qui.» Mi passò un braccio attorno alla vita e mi abbracciò. Ricambiai la stretta così forte che riuscivo a sentire il suo cuore battere contro il mio orecchio.
«Grazie, Rosie.» Sussurrò piano tra i miei capelli.
Mi allontanai quel poco che bastava per stampargli un leggero bacio sulle labbra e per guardarlo negli occhi.
«Sei un incredibile arrogante, presuntuoso rompi scatole.» Dissi con un sorriso.
«Mm... ma?» Fece lui leggermente confuso. «C'è un “ma”, vero? Non puoi rovinare l'atmosfera così, Weasley.»
«Ma credo di amarti anche per questo.» Sospirai con finta aria afflitta.
Scorpius ghignò, e poi tornò serissimo. Mi prese il viso tra le mani e poggiò la fronte contro la mia.
«Ti amo anche io.»


NOTE DELL'AUTRICE
Ciao a tutti, premetto che sono di fretta (MA DAVVERO? CHE STRANO). Mi dispiace tantissimo, questo capitolo sarebbe essere stato lungo il doppio ma ultimamente ho così tanto per la testa, e in generale così tanto da fare, che non ho mai tempo per scrivere, perciò se non avessi postato ora questa prima parte non avrei postato il capitolo intero per un bel po' di tempo, dato che la seconda parte è principalmente, beh, nella mia testa, ecco.
Insomma, mi dispiace! Davvero tantissimo. Spero solo che vi piaccia questa cosa che si spaccia per capitolo. E perdonatemi anche per la banalità. Ovvio che era Scorp, scommetto che ve lo aspettavate tutte!
Nulla, scappo e prometto che appena potrò risponderò alle recensioni. Grazie mille per tutto. <3 <3 <3
Un abbraccio,

Francesca


P.S. non ho neppure messo la citazione di Taylor e la frase finale, che persona triste che sono, mamma mia!

Ritorna all'indice


Capitolo 22
*** Capitolo Ventuno Parte 2 ***


Capitolo Ventuno Parte Due

 
Per la mia cuginetta Chiara che, incredibilmente, segue questa storia.

 

Scorpius ed io avevamo raggiunto gli altri in salotto e ci trovavamo seduti davanti al fuoco assieme ai fratelli Potter.
James non smetteva di lanciarmi occhiate eloquenti, come se volesse che dicessi qualcosa. Ciò che mi limitavo a fare era rifilargli sguardi velenosi.
«Dunque, Scorpius.» Iniziò James con un sorrisetto strafottente stampato sulle labbra. «Mi ha detto Rose che voi due siete molto intimi.»
Mio padre, seduto dall'altra parte del salotto insieme a zio Harry e a zia Ginny, alzò la testa di scatto. C'era confusione in casa: Roxanne e Fred stavano spiegando a Lily e ai fratelli Scamandro come far scoppiare una caccabomba senza farsi beccare da Gazza, sul tappeto Victoire e Teddy stavano parlando con mia madre, e tutti gli altri erano sparsi un po' sulle poltroncine muffite del salotto e un po' in cucina ad aiutare nonna Molly con gli ultimi preparativi.
Eppure, nonostante il brusio, mio padre aveva sentito. Assurdo.
Mi lanciò un'occhiata infuocata, per poi spostare lo sguardo su Scorpius che, grazie al cielo, non lo aveva notato.
Scossi fermamente la testa.
E' James, mimai con le labbra nella direzione di papà. Cosa poteva aspettarsi da lui? Era ovvio che stesse scherzando. A parte per il piccolo dettaglio che in realtà stesse dicendo la verità.
Mio padre parve leggermente rassicurato e tornò alla sua conversazione con lo zio, lanciandomi occhiate sospettose di tanto in tanto.
Fiut.
Al mio fianco, Albus era sul punto rotolarsi per terra da quanto stava ridendo.
Calma, Rose. Non puoi far fuori entrambi i figli maschi del salvatore del mondo magico.
Scorpius, al contrario di me, non si era scomposto di una virgola. Per l'ennesima volta invidiai il suo autocontrollo. Osservava James con aria tranquilla e un sorriso pacato sulle labbra. I suoi capelli biondo chiaro riflettevano la luce del fuoco che ardeva nel camino assumendo una colorazione quasi rossiccia, e i suoi occhi verde parevano brillare. Era da quando eravamo scesi a cena che uno strano luccichio gli illuminava il viso, e lo adoravo. Sembrava davvero felice.
«Ah, ti ha detto così?» Chiese, voltando il capo verso di me.
«Certo che no!» Sbottai imbarazzata. «James, piantala con queste illazioni senza fondamento.»
«Illazioni!» James era oltraggiato. «Così mi offendi, Rosie Posie. Le mie osservazioni si basano sui fatti.»
«Fatti?» Chiesi io alzando un sopracciglio. «E quali fatti? Sei appena tornato dall'Irlanda, genio.»
«Okay, più che fatti veri e propri, diciamo che mi baso su ciò che mi viene detto.» Disse lui pratico. «Ho molti informatori a Hogwarts.»
«Vuoi dire spie.» Precisò Al.
James sventolò una mano per aria. «Chiamateli come vi pare, sta di fatto che mi hanno riferito cose. Cose su voi due piccioncini, e anche cose su di te, Alby Bello.»
Il sorriso di Al si trasformò repentinamente in una linea serissima.
«Che cosa sai?» Il suo tono di voce era così testo che avrebbe potuto tagliare la carta velina. «James Sirius Potter, dimmi quello che ti hanno detto.»
Personalmente, se fossi stata nei panni del più grande dei Potter me la sarei data a gambe, o avrei avuto almeno l'accortezza di chiudere la bocca. Ma io non ero James e James era… be', era James. Perciò continuò ad inveire con i suoi modi che potevano essere divertenti se non ce l'aveva con te, ma al contempo potevano risultare assolutamente fastidiosi se eri tu l'obiettivo delle sue battute.
«Guarda come ti infiammi.» Disse. «Allora hai davvero qualcosa da nascondere.»
Scorpius posò una mano sulla spalla di Al e questo parve rilassarsi impercettibilmente, anche se le sue mani erano ancora strette a pugno. Notai con orrore che le aveva strette così forte che le nocche erano sbiancate.
«Va tutto bene.» Sussurrò impercettibilmente Scorpius. «Non permettergli di vedere.»
Aveva parlato così piano che nessuno riuscì a sentirlo, tranne Albus e me che eravamo seduti sul tappeto di fianco a lui.
«Scusami se voglio sapere cosa dice la gente sul mio conto.» Disse acidamente Al. «E sentiamo, chi fa parte del tuo gruppo di pettegole?»
«Non lo saprai mai, mio caro Alby Bello.» Rispose James. «Ma non cambiamo discorso. Non abbiamo finito di parlare della nostra Rosie. Su di lei sì che ho informazioni.»
Fantastico, non vedevo l'ora.
«Non hai niente.» Dissi monotona, cercando di seguire il consiglio di Scopius, detto anche mastro di indifferenza.
«Niente, uh.» James ghignò. «Niente non è esattamente ciò che mi è stato detto. Al contrario, ho sentito che siete stati avvistati molte sere ad andare in giro per i corridoi del castello quando non eravate di turno per la ronda.»
Si riferiva alle ripetizioni che Scorpius mi stava dando. Solo poche persone fidate ne erano al corrente e non mi andava che la notizia si diffondesse. Soprattutto non mi andava che lo venisse a sapere James.
«Non so di che cosa tu stia parlando.» Dissi, e mi diedi mentalmente una pacca sulla spalla per la freddezza.
«No? E tu invece cos'hai da dire?» Chiese rivolto a Scorpius. «Sembri un po' troppo silenzioso.»
Scorpius parve preso alla sprovvista. Si grattò la testa e fece spallucce. «Certo che io e Rose passiamo molto tempo insieme a Hogwarts. Oltre alle ronde e alle riunioni del Lumaclub, stiamo lavorando a un progetto per la professoressa McGranitt. Ecco perché siamo stati visti fuori dal nostro dormitorio quando non avevamo la ronda. Le sere libere le passiamo a studiare trasfigurazione.»
Progetto uguale a ripetizioni. Potevo amarlo più di così? Era riuscito a trovare una scusa assolutamente plausibile come se niente fosse, senza neppure alterare di troppo la verità.
«Di che progetto si tratta?» Continuò James senza demordere. «Sicuro che si tratti di trasfigurazione e non di anatomia?»
«JAMES!» Urlai io sul punto di prenderlo a schiaffi.
«Andiamo Rose!» Fece questo spazientito. «Non c'è niente di male nell'avere un fidanzato.»
«Chi ha un fidanzato?» Si intromise Hugo.
A quanto pare l'udito eccezionale era prerogativa degli uomini Weasley.
«Nessuno.» Lo misi a tacere io nello stesso momento in cui James rispondeva:«Tua sorella.»
«Uh.» Hugo raddrizzò la schiena. «E chi è?»
«Nessuno.» Replicai di nuovo io, ma nessuno pareva ascoltarmi.
«Scorpius.» Disse James. «Sto cercando di farglielo ammettere, ma non demorde la ragazza. Ti va di aiutarmi?»
Che il suolo si apra e chi mi inghiottisca. Ora.
Hugo parve inorridito. «Non voglio avere niente a che fare con la vita amorosa di Rose, che schifo.»
Amavo mio fratello, l'ho mai detto?
James parve oltraggiato. «Hugo! E' tua sorella. Tu in quanto fratello hai il dovere di proteggerla dagli stronzi che potrebbero farla soffrire.»
«Mi stai dando dello stronzo?v Domandò Scorpius leggermente confuso.
«Be', non esattam…» iniziò James, poi si bloccò di botto. «E' per caso una confessione questa?»
«Rose e Scorpius stanno insieme?» Disse Lily a voce troppo alta. «Da quando? Com'è che io non lo sapevo?»
«E' ciò che sto cercando di scoprire, sorella.»
«Lily, shhht. Abbassa la voce.» Feci io, sul punto di sotterrarmi.
Mia cugina ci raggiunse e si sedette sul tappeto con noi, come se fossimo tutti a un gran pigiama party.
«Allora?» Iniziò, spostando lo sguardo da me al Biondaccio entusiasta. «Dove, come, quando è perché? Non vedevamo l'ora! Teddy! Teddy! Vieni qui a sentire!»
Scorpius ridacchiò. A quanto pare si stava divertendo, l'infame. Massì, tanto non era suo padre a portata di orecchie.
A proposito di padri a portata di orecchie… Ron Weasley si era alzato dal divano e ora si trovava in piedi davanti a noi, proprio dietro a Lily.
«Voglio partecipare anche io a questa conversazione.» Disse con le orecchie rosse. «Sembra interessante.»
«Ronald, lasciali stare.» Lo richiamò bonariamente mia mamma e io pregai che le desse retta.
«Credo che starò qui per un po' invece.» Rispose lui.
Poi, con mio grande orrore, si sedette a gambe incrociate di fianco a Scorpius.
Merda.
«Papà, vai via.» Borbottai coprendomi il viso con le mani.
«E' pronto!» Urlò nonna Molly dalla cucina.
Tirai un sospiro di sollievo. Forse Merlino non mi odiava poi così tanto.
«Salvati dalla nonna.» Mugugnò mio papà.
Mi alzai e feci per seguire gli altri a tavola, ma Scorpius mi trattenne per la manica del maglione.
«Come mai ti preoccupi tanto?» Mi sussurrò all'orecchio.
Sentire il suo respiro sfiorarmi il collo mi diede i brividi.
«A cosa ti riferisci?» Domandai, tenendo lo sguardo fisso davanti a me e sperando che nella confusione nessuno prestasse attenzione a noi.
«Ti comporti come se non volessi che i tuoi parenti sappiano di noi.» Spiegò lui.
«Be', è così.»
Scorpius sembrava ferito. Mi lasciò andare il braccio. «Perché?»
«Non mi sento pronta.» Dissi. «Se lo venissero a sapere non ci lascerebbero più in pace. Possiamo parlarne dopo? Ti prego.»
Scorpius acconsentì, anche se non del tutto convinto.
Prendemmo posto a tavola.
«Scorpius caro, indovina un po'?» Esordì nonna Molly reggendo tra le mani una teglia che emanava un odore disgustoso. «Ho fatto lo sformato di cavolo!»
Ottimo. Scorpius era seduto tra Albus e me, perciò come minimo avrei avuto quella poltiglia sotto gli occhi -e il naso- per tutta la cena.
Albus sembrava del mio stesso avviso mentre sbatteva ripetutamente la testa contro il tavolo, invece gli occhi di Scorpius si illuminarono.
«Fantastico!» Esclamò. «La ringrazio, signora Weasley. Il suo è lo sformato di cavolo migliore dell'Intera Inghilterra.»
«Meno male che è il migliore.» Disse zio George. «Pensa se fosse stato il peggiore che schifo!»
Scoppiammo tutti a ridere.
La nonna alzò gli occhi al cielo e gli diede una pacca sulla spalla.
«Dunque, Scorpius.» Iniziò zio Percy con fare pomposo. «Come procedono i tuoi progetti futuri? E' vero che stai studiando con la Professoressa McGranitt per diventare animagus?»
Mi estraniai da quella conversazione e iniziai a fissare il bicchiere davanti a me. Non mi andava di stare a sentire di come Scorpius avesse le idee chiare circa il suo futuro, mentre io brancolavo ancora nel buio.
Lily, al mio fianco, stava guardando con occhi sognanti Lysander, seduto di fronte a lei.
«Ehi.» Le sussurrai piano all'orecchio. «Come va con Lysander?»
«Non va.» Replicò lei con un sospiro. «Se non si muove, giuro che sarò io a fare la prima mossa.»
Invidiavo molto la sicurezza di mia cugina, io non ne sarei mai stata in grado.
«Fai bene.» Le dissi. «Magari così apre gli occhi.»
Lei alzò le spalle. «Lo spero.»
«Non hai paura del rifiuto?» Le domandai piano.
«Certo.» Mi sorrise lei. «Ma mi fa più paura il rimpianto, non ti pare?»
E fu così che mia cugina quindicenne mi diede una lezione di vita. Aveva maledettamente ragione. Vivere di parole non dette e scelte non prese ti porta alla distruzione.
«E tu e Malfoy?»
Ecco, lo sapevo.
Stupida, Rose!
Non avrei dovuto chiederle di Lysander, in questo modo era logico che lei mi avrebbe automaticamente chiesto di Scorpius.
«Io e Malfoy niente.» Le risposi senza guardarla. Afferrai il bicchiere e bevvi una lunga sorsata di succo di zucca per non doverla guardare negli occhi. «Proprio un bel niente.»
«Però siete tornati amici, no?» Continuò lei con una scintilla di divertimento negli occhi color nocciola. «A Hogwarts vi vedo spesso insieme ultimamente.»
«Mmm, più o meno.» Borbottai. «Aspetta, tu saresti per caso una delle spie di James?»
Lily mi guardò storto. «Una delle cosa?»
Battei piano il pugno sul tavolo. «Dannazione, e allora chi diavolo è?»
«Rose, stai bene?» Chiese Lily poggiandomi una mano sulla spalla con fare preoccupato.
«James sa tutto quello che succede nel castello e afferma di avere delle fonti dalle quali attinge le notizie.» Spiegai a bassa voce per non farmi sentire dal diretto interessato.
«Probabilmente non sarà nessuno e avrà tirato a indovinare.» Scoppiò a ridere lei, gettandosi i lunghi capelli rossi dietro la spalla. «Tipico di James. E' una grandissima pettegola, e penso gli manchi davvero la vita a Hogwarts.»
«Qualcuno mi ha nominato?» Chiese questi nella nostra direzione con un sorriso smagliante.
«Sì.» Disse Lily. «Stavamo sparlando proprio di te»
«Mi raccomando.» Fece lui sventolando nella mia direzione una forchetta sulla quale aveva inforcato una patata arrosto. «Dite solo cose belle.»
«Certo.» Risposi io in tono angelico. «Stavamo constatando il tuo essere un'inguaribile pettegola.»
James mi fece una boccaccia e tornò a concentrarsi sul suo arrosto. Me ne servii un po' anche io e iniziai a mangiare.
«Come va con lo sformato?» Chiesi a Scorpius arricciando il naso.
«Delizioso.» Rispose lui, felice come un bambino davanti a un piatto pieno di caramelle. «Ora è davvero Natale.»
Probabilmente se non fossi stata circondata da una ventina di parenti ficcanaso gli avrei stampato un bacio sulla guancia per dimostrargli quanto fossi felice che lui fosse lì e che si stesse divertendo, ma mi trattenni. Mi limitai a guardarlo e a sorridergli.
Quando distolsi lo sguardo da lui, incrociai quello di mio padre. Scosse leggermente la testa con aria rassegnata e io arrossii. Tentai di assumere un'espressione che dicesse be' che vuoi?, ma non so quanto mi riuscii bene.
I gemelli Scamander e Lily avevano iniziato a parlare dei gorgosprizzi e zio Percy si stava spazientendo.
«Ma insomma! Non esistono queste sciocchezze.» Sbottò indignato. «Lily, ti facevo più intelligente di così!»
Lily alzò gli occhi al cielo. Nemmeno lei ci credeva, ma manteneva le apparenze per far colpo su Lysander, e lo zio stava rovinando tutto quello che lei aveva tentato di costruire in quei mesi, facendole fare una brutta figura, per giunta. Ma lui era fatto così, razionale e pratico fino al midollo, non poteva capire che tutto ciò che Lily desiderava era passare del tempo con il ragazzo per il quale aveva una cotta.
«Signor Weasley, con tutto il rispetto.» Iniziò Lysander allegro, come se un mago con più del doppio dei suoi anni non lo avesse appena contraddetto. «Ma se non ne ha mai visto uno, come può dire che non esistono?»
«Ha ragione, Perc.» Fece zio George con un ghigno. «Devi dar loro almeno il beneficio del dubbio.»
Lo zio Percy parve indignato. «Proprio perché non ci sono testimonianze visive posso affermare con certezza che i gorgosprizzi non esistono.»
«E' qui che si sbaglia, signore.» Intervenne Lorcan con voce pacata e sporgendosi sul tavolo come se fosse stato sul punto di confidare un terribile segreto. «Nonno Xenophillius li ha visti! E ha assistito anche agli effetti che questi hanno sul cervello umano: se ti entrano nelle orecchie sei destinato alla pazzia.»
«So io chi è il pazzo qui.» Borbottò zio Percy guadagnandosi un'occhiataccia dalla povera Lily.
«Tu?» Chiese angelicamente zio George facendo ridere tutti.
«Oh, ma piantala, sei proprio un ragazzino!» Gli sputò contro l'altro.
Zio George si toccò il petto fingendosi commosso. «E' il complimento migliore che potessi farmi.»
Zio Percy si imbronciò e tornò a mangiare il suo arrosto, mugugnando che i ragazzi del giorno d'oggi sono tutti dei perdigiorno che non faranno mai strada nella vita.
«Parliamo di cose serie.» Iniziò Albus rivolgendosi sia a me che a Scorpius. «Cosa facciamo durante queste vacanze?»
«Film babbani.» Rispondemmo all'unisono io e Scorp, per poi scambiarci un'occhiata complice.
Infatti, ogni volta che questo si fermava dai Potter per le vacanze, ci rintanavamo in camera di Albus per vedere qualche film babbano. Spesso capitava che mi addormentassi sul letto di mio cugino e che quindi non tornassi a casa per la notte, suscitando la rabbia di mio padre, ma me la levavo di dosso con un scrollata di spalle.
«Sì, la sera.» Disse Albus. «E di giorno?»
«Ci inventeremo qualcosa.» Disse Scorpius.
«Potremmo giocare a Quidditch qui alla Tana qualche volta.» Azzardò Al, lanciando un'occhiata in mia direzione.
Io sventolai una mano per aria. «Come vi pare, basta che non mi coinvolgete. Io me ne starò in casa con una cioccolata calda e un libro.» Guardai nella direzione di Scorpius e lui sogghigno. «Davanti al fuoco…- Continuai, avvicinandomi a lui. «Veramente preferisci stare fuori al gelo con Al piuttosto che con me, un libro e un camino ardente?»
Sbattei gli occhi come un cucciolo bastonato, sforzandomi di non scoppiargli a ridere in faccia.
«Non ci credo!» Sbottò Albus incrociando le braccia al petto. «Non farti corrompere, Scorpius.»
Questi ci pensò un attimo, poi assunse una finta aria altezzosa.
«Be'.» Disse, pulendosi gli angoli della bocca con un tovagliolo. «Tu non vuoi dire a nessuno che stiamo insieme quindi dubito che potremmo fare alcunché davanti al fuoco, no?»
Albus scoppiò a ridere e io alzai gli occhi al cielo fingendomi irritata, anche se sentii una punta di rossore colorarmi le guance.
«Mi stai forse ricattando, Malfoy?»
«Forse.» Fece lui con un sorrisetto maligno.
«Bravo.» Albus gli diede una pacca sulla spalla. «Rimani fedele al tuo migliore amico.»
«Tecnicamente,» iniziai, ma Albus mi fermò alzando una mano. «Shht, non voglio sentire obiezioni. Il suo migliore migliore migliore amico sono io!»
«E chi lo dice, tu?» Chiesi divertita.
«Lo dice il codice degli amici.» Rispose lui con sufficienza. «Tu hai già il titolo di fidanzata, non puoi essere anche la  migliore amica.» Si bloccò e gli si disegnò un ghigno sulle labbra che avrei voluto cancellare a suon di fatture. «Ah no, quel titolo ancora non lo hai ufficialmente, dato che non lo vuoi dire a nessuno.»
Lo guardai male e feci per rispondergli a tono, quando Scorpius tossicchiò.
«Ehm, sono proprio qui.» Fece notare. «Seduto in mezzo a voi.»
«Giusto!» Esclamò Al, come se se ne fosse accorto in quel momento. «Così puoi dirle che il tuo migliore amico sono io.»
«Certo, Albus.» Disse Scorpius.
Io mi finsi oltre mondo offesa e gli diedi un pizzicotto sul fianco facendolo saltare in aria. Scorpius soffriva il solletico.
«Se non vuoi che inizi a farti il solletico.» Lo minacciai tirandogli un altro pizzicotto. «Dovrai rimangiarti tutto.»
«Va bene, va bene.» Disse lui prendendomi le mani per farmi stare ferma.
I suoi occhi si puntarono nei miei e mi sorrise, un sorriso che mi era mancato durante tutto quel tempo che eravamo stati lontani. Quel sorriso che sognavo la notte e che era contemporaneamente il mio sogno più bello e il mio incubo più temuto.
«Mi rimangio tutto.» Sussurrò piano, incrociando le dita alle mie.
«Siete così palesi.» Commentò Albus disgustato. «Che mi domando come sia possibile che zio Ron non abbia ancora affatturato Scorpius.» Distolsi velocemente lo sguardo e sciolsi le dita da quelle di Malfoy. Lui, invece, sembrava tranquillo e diede una leggera spallata all'amico. Perché ero l'unica che si preoccupava? Forse... Forse avrei solo dovuto dirlo. Mio padre avrebbe capito. Lo cercai con lo sguardo e lo beccai mentre guardava Scorpius con fare truce. Okay, ripensandoci, dire la verità non sembrava più un'opzione tanto allettante. Inoltre, se mi avesse fatto soffrire di nuovo, come lo avrei spiegato? A quel punto sì che papà lo avrebbe ucciso, e io, mi duole ammetterlo, non mi fidavo ancora ciecamente di Scorpius. Mi ero fidata un tempo. Anni fa credevo che non avrebbe mai fatto alcunché che potesse ferirmi, ma mi ero sbagliata. Mi aveva distrutta con l'arma più letale che si possa usare per frantumare i sentimenti di una persona: l'indifferenza. Improvvisamente mi rattristai e allontanai il piatto di arrosto, cupa come non lo ero stata da tempo. Mi era passata la fame.
 
Entrai in casa e mi beai del calore del salotto con un sospiro. Fuori l'aria era gelida e la neve continuava a cadere copiosa senza aver intenzione di smettere. Dietro di me Scorpius rabbrividì nel suo mantello nero e mio fratello Hugo starnutì.
«Ew.» Feci una smorfia io. «Metti la mano davanti alla bocca, pulce.»
«Oh, tesoro.» Mia madre gli posò una mano sulla fronte con fare preoccupato. «Temo ti stia venendo la febbre. Ora ti preparo una pozione per l'influenza, fila a letto.»
Eravamo tornati presto quella Vigilia, tantoché la mezzanotte non era ancora scoccata, perché l'indomani papà e zio Harry avrebbero avuto entrambi il turno di pattuglia la mattina presto, perciò ci fermammo dalla nonna solamente per la cena e per scambiare gli auguri con il resto della famiglia.
«Scorpius, Rose, volete una bevanda calda allo zenzero?» Chiese la mamma sparendo in cucina. «Ronald? Vuoi qualcosa?»
Papà sbucò dalla porta di casa e starnutì anche lui come aveva fatto Hugo. La mamma mise la faccia fuori dalla porta della cucina e sospirò. «Una pozione per l'influenza anche per te. Ragazzi.» Disse poi rivolta a me e a Malfoy. «Attenti a non farvi contagiare, almeno voi. Non voglio avere un ospedale in casa per tutte le vacanze»
«Non posso ammalarmi.» Mugugnò papà soffiandosi il naso. «C'è un sacco di lavoro da sbrigare al ministero.»
«Non preoccuparti, Ron.» Lo rincuorò la mamma posandogli una mano sulla spalla. «Starai benone.»
«Mamma, tu vai a preparare la pozione per papà e Hugo.» Proposi mentre appendevo il mio mantello e quello di Scorpius all'appendiabiti. «Io e Scorpius ce la caveremo.»
«La stanza degli ospiti è quella di fianco a quella di Rose e di fronte a quella di Hugo.» Spiegò lei con fare pratico a Scorpius, come se io non lo sapessi. «E' già tutto pronto, dato che non la usa mai nessuno. Fai come se fossi a casa tua caro.»
«La ringrazio infinitamente per la vostra ospitalità, signora Weasley.» Rispose lui educatamente con un leggero sorriso che fece fare una capovolta al mio stomaco anche se non era rivolto direttamente a me.
Mio padre borbottò qualcosa circa il fascino Malfoy e seguì la mamma nel suo studio, dove teneva tutti gli ingredienti per preparare le pozioni.
«Tè di Natale alla Rose?» La mia era una domanda retorica, sapevo che Scorpius odiava lo zenzero mentre adorava il tè che preparavo io.
«Mi conosci.» Mi sorrise lui mentre prendeva posto al tavolo della cucina. «Se a casa dovessi proporre di versare del succo di arancia nel tè mi caccerebbero.» Si bloccò e ci pensò un attimo. «Il che non sarebbe neppure così male.»
Misi l'acqua sul fuoco e presi due tazze con il tè, il succo di arancia e la cannella, e poi mi sedetti di fianco a lui.
«Non ti mancherebbe nemmeno un po'?» Chiesi. «Casa tua, intendo.»
So che le situazioni erano diverse, e che io probabilmente non potevo capire, ma non avrei mai avuto il coraggio di lasciare per sempre la mia famiglia. L'idea di andarmene di casa in generale mi faceva paura. Vivere per conto proprio era una sfida che non ero sicura di riuscire a intraprendere ancora.
«No.» Scorpius sembrava tranquillo. «Non vedo l'ora dell'anno prossimo, così non dovrò tornare più. E poi, la tua famiglia non sempre corrisponde al sangue. Lo hai detto anche tu, no?»
Arrossii violentemente al riferimento a quanto successo qualche giorno prima a King's Cross con suo padre, quando avevo -incoscientemente- affrontato Draco Malfoy. Con tutto quello che era successo, me ne ero quasi dimenticata.
«Oddio.» Esclamai portandomi le mani alla bocca e spalancando gli occhi. «Che cavolo ho fatto? Mi dispiace, Scorpius. Ho aumentato i problemi con tuo padre? Mi dispiace così tanto.»
Il solo pensiero che Draco Malfoy si fosse arrabbiato ulteriormente con lui a causa mia mi distruggeva. Volevo che risolvessero le loro questioni in sospeso, non volevo aggravare la situazione.
Scorpius alzò lo sguardo su di me, e i suoi occhi erano cristallini come vetro verde chiaro, ma non erano freddi. Al contrario, pareva quasi commosso.
Mi prese la mano e se la portò alle labbra. «Rose, sei troppo buona.» Mi posò un leggero bacio sul palmo e una scarica di brividi mi corse lungo tutto il braccio e la schiena, come se qualcuno avesse appena aperto la finestra. «Stranamente mio padre non ha menzionato più di tanto la questione. Si è comportato come se non fosse successo niente.»
Sentirglielo dire mi rincuorò un po', ma mi sentivo comunque in colpa, e Scorpius lo capì. Ovvio. Facevo prima ad andare direttamente in giro con un cartello con scritto quello che provavo a caratteri cubitali, a quel punto.
«Ehi.» Scosse la mano che stringeva ancora tra le sue per richiamare la mia attenzione. «Smetti di sentirti in colpa. Ho apprezzato davvero tanto quello che hai fatto per me a King's Cross, e credo di doverti delle scuse.»
Cosa?
Gli misi la mano libera sulla fronte. «Sicuro di non avere anche tu l'influenza?»
«No.» Sorrise lui, sistemandomi una ciocca di capelli che era sfuggita dalla mia coda dietro l'orecchio. «Ho solo capito che avevi ragione tu: sarei dovuto venire qui sin dall'inizio. Dovrei darti retta più spesso, sei la voce della mia coscienza.» Ci pensò qualche istante e poi aggiunse subito. «Ma non dirlo ad Albus. Sai com'è lui.»
Sì, lo sapevo.
La teiera iniziò a fischiare. Mi destai dal sonno ipnotico nel quale ero piombata mentre osservavo il Biondaccio -sì, lo chiamo ancora Biondaccio- e sventolai la bacchetta.
Due tazze fumanti si posarono con grazia davanti a noi. Ne presi una e la sollevai verso di lui, sentendomi stranamente in pace con me stessa.
Chissà, magari non doveva andare sempre tutto per il verso sbagliato.
Tzé. Illusa, Rose. Sei una povera illusa.
Già, ma io allora ancora non lo sapevo.

Circa una mezz'ora più tardi, andammo a letto.
«Hai bisogno di qualcosa?» Chiesi, davanti alla porta della stanza degli ospiti. «No, Rose. Me lo hai già chiesto cinque volte. Sono a posto.»
Sospirai. «D'accordo. Allora buona notte.»
Scorpius mi guardò, come indeciso sul da farsi. Poi sembrò mandare tutto al diavolo e si chinò su di me. Per un istante pensai volesse baciarmi, poi però spostò le labbra sulla mia guancia. «Buona notte anche a te, Rosie.»
Si richiuse la porta alle spalle e io rimasi per qualche secondo a fissare il legno marrone di questa, finché non sentii tossicchiare alle mie spalle.
Merda.
«Non è come sembra.» Esclamai, ancor prima di voltarmi. «Sto andando a dormire. Giuro.»
Mio padre mi fissava a braccia incrociate e con sguardo imbronciato. «Farò finta di non aver visto niente perché è Natale e questo raffreddore mi distrugge.»
Mi trattenni dall'alzare gli occhi al cielo e sfoggiai l'espressione più angelica del mio arsenale. Mi avvicinai a lui e lo abbracciai. «Ti senti ancora tanto male?»
Lui mi diede qualche colpetto sulla schiena e poi mi posò un bacio sulla fronte. «Non preoccuparti, Rosie. Sai che la pozione della mamma fa miracoli.»
«Grazie per aver permesso a Scorpius di stare da noi questa notte.» Borbottai contro il suo petto, tentando di celare il rossore delle mie guance con i capelli.
«Non avrei potuto fare altrimenti.» Rispose lui con un leggero sorriso, allontanandosi per guardarmi in viso. «Mi ricorda una persona alla tua età.»
Non capivo il senso di quell'affermazione, ma avevo bisogno di rimarcare il fatto che Scorpius non somigliava a Draco Malfoy. «E' completamente diverso da suo padre! Dovresti saperlo, ormai.»
«Lo so, infatti.» Mio padre si diresse verso la sua camera e mi parlò dandomi le spalle. «Buona notte, Rose. E mi raccomando, resta in camera tua. Non costringermi a chiudere la porta a chiave.»
Oltremodo imbarazzata, mi limitai ad annuire vaga.
«Se non ti ricorda Draco Malfoy, allora chi ti ricorda?» Domandai testarda, non capendo il filo del suo discorso.
Mio padre si voltò, una mano già sulla maniglia della porta della sua camera da letto. «Zio Harry. Mi ricorda zio Harry, il mio migliore amico.»

 
Entrai in camera e mi sbrigai a struccarmi e a prepararmi per andare a dormire. Ero molto stanca a causa di tutto quello che era successo quella sera, ma si trattava di una stanchezza più mentale che fisica. Mi sentivo vuota, ma allo stesso tempo sul punto di esplodere.
Mi infilai il pigiama, composto da un paio di pantaloncini corti e da una canottiera viola con sopra la stampa di un gufo, e mi buttai a letto. Accesi la lampada che si trovava sul mio comodino e presi un libro da leggere, nella speranza di tenere occupati i pensieri che mi frullavano nella testa come agitati da un frullatore. Se mi concentravo, riuscivo a sentire il ronzio degli ingranaggi del mio cervello che si stava surriscaldando.
Troppe domande mi affollavano la mente, prima di tutte: che cavolo era successo due anni prima, quando improvvisamente Scorpius aveva deciso di bandirmi dalla sua vita? Che cosa potevo aver mai fatto?
Pensa, Rose. Mi dissi. Che cos'hai sbagliato?
Niente.
Ecco qual era la risposta: non avevo fatto proprio un bel niente.
E allora perché...?
Rinunciai alla lettura, gettai il libro in fondo al letto e mi misi a fare mente locale di tutto ciò che lui si era lasciato scappare sulla questione.
Si era detto, ancora a Ottobre, disposto a metterci una pietra sopra, anche se pensava di meritare delle scuse. Era quindi convinto che io gli avessi fatto qualcosa. Ma cosa?
Dopo una mezz'ora buona, giunsi alla conclusione che eravamo entrambi due grossi idioti, me per prima. Bastava chiederglielo, mettendolo con le spalle al muro. Questa volta non poteva negarmi una risposta.
Presi un respiro profondo e mi ripromisi che l'indomani mattina la prima cosa che avrei fatto sarebbe stata chiedergli -anzi, pretendere- una spiegazione. Dopotutto, credevo di meritarla.
Lanciai uno sguardo all'orologio appeso al muro di fronte a me e notai che era mezzanotte, ovvero era Natale.
«Auguri, Rose.» Sussurrai piano tra me e me.
Di lì a poco un mucchio di regali sarebbe spuntato ai piedi del letto, ma quell'anno mi importava poco. Lo spirito natalizio mi aveva abbandonata, lasciandomi addosso un fastidioso velo di cinismo difficile da allontanare, perciò l'ultimo dei miei pensieri erano i regali.
Sentii un rumore alla porta, come se qualcuno stesse bussando. Si trattò di un paio di colpi leggeri, sferrati con delicatezza, come se non si volesse che questi fossero percepiti.
Mi alzai di scatto con il cuore in gola e aprii piano la porta per evitare che cigolasse e svegliasse i miei genitori.
«Scorpius?» Esclamai a voce un po' troppo alta.
«Shht.» Fece lui con una punta di panico nella voce. «Ti ho per caso svegliato?»
«No, no, stavo leggendo.»
Balla. Rose, non si dicono le balle a Natale.
Scorpius lanciò un'occhiata dietro di me. «Cosa leggevi?» Chiese, mentre cercava con gli occhi l'ipotetico libro che ipoteticamente stavo leggendo.
«Orgoglio e pregiudizio.» Risposi senza pensare, e lui ridacchiò.
«Di nuovo?» Mi sorrise con complicità. «Sarà la quinta volta!»
«La settima.» Dissi con un'alzata di spalle.
Volevo chiedergli che cosa ci facesse sulla soglia della mia camera, ma non volevo che se ne andasse.
Ci guardammo per qualche istante, poi si passò una mano tra i capelli. «Oh sì, giusto. Sono qui per farti gli auguri.»
«Oh.» Non me lo aspettavo. «Grazie. Auguri anche a te.» Gli presi la mano e feci per tirarlo in camera, ma lui si ritrasse. «No no, Rose. Non sono qui per questo.» Disse, agitato e con la voce bassissima, guardandosi attorno come se si stesse nascondendo da un branco di lupi affamati. «Volevo davvero essere il primo ad augurarti Buon Natale.»
Lo guardai storto. Aveva i capelli leggermente scompigliati, segno che aveva provato a dormire e non ci era riuscito, e i suoi occhi, nell'oscurità, parevano fondi di bottiglia. Se ne stava lì, davanti alla mia porta con indosso una maglietta nera a maniche corte e un paio di pantaloni verde scuro, e per me era comunque bellissimo.
Mi diedi un'occhiata dalla testa ai piedi e mi venne da morire. Non solo ero in pigiama, senza un filo di trucco e con i capelli che sparavano da tutte le parti, ma stavo mostrando anche un sacco di pelle.
Scorpius mi studiò dalla testa ai piedi e io sentivo i punti dove si posavano i suoi occhi ardere come tizzoni ardenti. Quando si rese conto che mi stava fissando, distolse velocemente lo sguardo e arrossì leggermente. Le sue guance si tinsero di una delicata sfumatura di rosso che, sulla sua carnagione pallida, spiccava ancora di più. Scorpius Malfoy che arrossiva? Impossibile. Dovevo avere le allucinazioni.
«Be', credo si meglio che vada.» Borbottò, imbarazzato come mai lo avevo visto. «Ancora Buon Natale.- Fece un passo in avanti per darmi un bacio sulla fronte e io capii. Quello scemo aveva paura che mio padre lo beccasse in camera mia e lo castrasse. Allora non era poi così tanto tranquillo come ostentava, eh.
Lo presi per la maglietta e lo trascinai in camera, chiudendo la porta alle sue spalle.
«Non essere ridicolo!» Sbottai alzando gli occhi al cielo, ma in realtà ero molto divertita. Vedere Scorpius impacciato e a disagio era un'esperienza più unica che rara. «Puoi stare qui per un po'.» Presi la bacchetta e la puntai contro la porta. «Muffliato.»
«Rose, davvero, non credo…»
Mi avvicinai a lui e gli misi le mani sul petto. «Scorpius Malfoy che ha paura, chi lo avrebbe mai detto?»
Scorpius deglutì e mi guardò serissimo. «Be', diciamo che tengo alla mai pelle e se tuo padre mi becca qui, mi uccide.»
Mi venne da ridere, anche se aveva ragione: se mio padre ci avesse beccato in camera mia da soli a quell'ora, anche solo mentre giocavamo a carte completamente vestiti, avrebbe ucciso Scorpius e messo in un convento per suore di clausura me.
Ripensandoci non c'era niente da ridere.
«Non ci sentirà. Ho usato un muffliato per insonorizzare la stanza, puoi parlare anche ad alta voce.» Tentai tranquillizzarlo -e di tranquillizzare me stessa.
Gli passai le mani attorno al collo e mi alzai in punta di piedi. «Ora lascia che ti dia la buonanotte come si deve.»
Scorpius mi allacciò le braccia attorno alla vita e mi attirò a sé, annullando la distanza tra i nostri corpi e facendo scontrare le nostre labbra con forza.
Lo presi per la mano e lo condussi verso il letto, non più padrona del mio cervello. Scorpius mi seguì, seppur titubante, e quando si sdraiò sopra di me si sorresse sui gomiti per non gravare sul mio corpo. I nostri baci erano ora più lenti, profondi e mancavano della foga iniziale. Scorpius mi passò una mano lungo tutto il braccio nudo, fino alla spalla, per poi posarla sulla mia guancia.
«E' ufficiale.» Borbottò, stampandomi un bacio sul collo che mi fece il solletico. «Se tuo padre mi becca qui, mi uccide.»
Io ridacchiai e gli scostai dagli occhi un paio di ciuffi biondi che gli erano ricaduti sulla fronte. «Rilassati, non gli permetterò di ucciderti.»
Lo baciai di nuovo, ma mi resi conto che io per prima non riuscivo a rilassarmi, e la colpa non era di mio padre. Sentivo che qualcosa non andava, come se mancasse un pezzo al puzzle che mi ero decisa a ricostruire.
Mi ero ripromessa che l'indomani mattina gli avrei chiesto spiegazioni e tecnicamente in quel momento era già mattina, però non volevo smettere di baciarlo. Eppure, sentivo di non poter essere completamente me stessa, c'era ancora qualcosa di irrisolto tra di noi, e non avremmo potuto costruire una relazione stabile finché non ci fossimo detti tutto.
«Scorpius.» Sussurrai sulle sue labbra. «Scorpius. C'è una cosa che ancora non capisco.»
«Che cosa?»
«Perché hai smesso di parlarmi due anni fa?» Chiesi, cercando di mantenere ferma la voce. Il suo respiro irregolare che mi sfiorava sul viso era una grande fonte di distrazione, ma tentai di rimanere concentrata. «Non ti ho fatto niente. Ci ho pensato e ripensato, eppure non riesco a trovare un singolo motivo che possa spiegare razionalmente il tuo comportamento.»
Scorpius si allontanò leggermente, sollevandosi sui gomiti e mi guardò confuso. «E tu ne vuoi parlare adesso?»
«Sì.» Risposi convinta. Non riuscivo a lasciarmi andare. Mancava qualcosa, e quel qualcosa era la verità: in quella situazione di bugie e parole non dette non riuscivo a fidarmi completamente di lui. Dovevo sapere e dovevo saperlo in quel preciso istante.
«E' storia passata.» Disse Scorpius. «Davvero, non c'è problema se ti sei fatta prendere la mano e lo hai raccontato a un paio di persone.»
Mi bloccai. «Di che cosa stai parlando?»
«Certo, mi hai causato un po' di problemi.» Continuò lui leggermente irritato. «La gente mi fermava per i corridoi e si metteva a piangere, i Grifondoro mi hanno tormentato per un bel po' e ancora oggi mi rinfacciano la cosa, però ci ho fatto l'abitudine. Ormai è acqua passata.»
Lo allontanai da me e mi sedetti a gambe incrociate sul letto, inclinando il capo di lato.
Era serio o mi stava prendendo in giro?
«Ma cosa stai dicendo?» Domandai il più delicatamente possibile per evitare di mettermi a ridere. «So che i Grifondoro ti danno del piagnone da anni ormai, ma io che cosa posso c'entrare in tutto questo?»
Non era mica colpa mia se alcuni dei miei compagni di casa erano stupidi e si divertivano così.
«Cosa c'entri tu?» Mi chiese, sedendosi di fronte a me e guardandomi più confuso di prima. «Tu gliel'hai detto.»
«Detto cosa?» Seriamente, mi sentivo una deficiente. Doveva essere tutto un grosso scherzo.
Scorpius prese un bel respiro e spiattellò ogni cosa. Con il senno di poi, avrei quasi preferito non sapere. «Okay, è inutile che continui a fingere di non ricordare nulla, Rose. Ti ho detto che è acqua passata, me ne sono fatto una ragione e ho voltato pagina, non capisco perché continui a tirare in ballo la questione.-
«Scusami?» Alzai un sopracciglio, pronta a lanciargli una fattura, o direttamente un pugno, se solo fosse andato avanti a parlarmi così.
«So tutto. So che hai detto in giro della lettera. Così come hai detto in giro che ti ho baciato. E so anche che mi hai dato del patetico, so tutto quello che hai detto di me.» Mi guardò con sguardo colmo di delusione. «Avresti dovuto vederlo. Mi ha detto che mi ama. Patetico, è stato davvero patetico. Ovviamente non ho risposto, perché se lo avessi fatto, gli sarei scoppiata a ridere in  faccia
Pronunciò quelle parole come se fossero state le battute di un copione che aveva imparato a memoria. Battute di un copione che però non avevo scritto io.
Mi bruciavano gli occhi per il nervoso. Strinsi le mani a pugno per evitare di tremare.
«Scorpius.» Dissi, la voce rotta, non so se per la rabbia o se per la disperazione. «Non ho mai, mai, fatto o detto nulla di simile! Chi ti avrebbe riferito tutto questo? No, aspetta, so già la risposta. E' stata Giorgina!» Mi ritrovai a urlare, ormai non più in grado di trattenermi. I tasselli del puzzle stavano andando pian piano al loro posto. «Non posso credere che tu le abbia creduto. Come hai potuto? Eri il mio migliore amico e… e tu mi hai distrutto. Per Giorgina.»
«Non venire a farmi il discorso del migliore amico.» Rispose lui freddo. «Me lo sono già fatto io, più e più volte. Pensavo che non avresti mai potuto farlo, credevo che non saresti mai arrivata a tanto.»
«E allora perché le hai creduto?» Gli sibilai addosso. «Perché non sei venuto a parlare con me? Ti avrei spiegato come stavano le cose.»
Scorpius abbassò lo sguardo e quando parlò la sua voce era poco più alta di un sussurro.
«E' vero, Giorgina mi ha detto che stavi diffondendo voci su di me, ma io non le ho creduto.» Disse. «Pensi davvero che avrei potuto crederle senza prima sentire la tua versione dei fatti? Pensi davvero che avrei potuto rinunciare alla tua presenza costante nella mia vita sulla base di voci di corridoio?»
«E allora cos'è successo?» Domandai ridimensionando leggermente la voce. La voglia di prenderlo a schiaffi mi era improvvisamente passata. «Perché non sei venuto da me a chiedere spiegazioni?»
«Perché non ne avevo bisogno.» Disse. «Io ti ho vista.»

NOTE DELL'AUTRICE
Hello… it's me!
Ehm, salve!
No, non sono morta, non temete! Sono solamente stata sommersa dallo studio e dalle simulazioni per la maturità. Ero così piena di pensieri che non riuscivo più a scrivere, ed è stato terribile. Non mi sembra vero di aver finalmente concluso questo capitolo -che è palloso da morire, ma era necessario, credo- e di aver pubblicato. Il prossimo sarà più interessante e arriverà prima del 6 Gennaio perché è già mezzo scritto, promesso!
Se siete ancora lì, a leggere questa storia, vi ringrazio infinitamente. Davvero, grazie mille. <3

Francesca
P.S. molti sono rimasti sorpresi dal fatto che Albus sia gay e vorrei spendere qualche parola a riguardo: davvero, mi spiace se non condividete questa scelta, ma io l'ho sempre immaginato così. E credo che il mio Albus, quello di cui io ho scritto, non possa essere altrimenti. Come dice Rose qualche capitolo indietro, Albus ama Jerome, e va bene così. Mi dispiace se non ce lo vedete, ma Al è lo stesso Al dei primi capitoli! Il suo carattere non è cambiato: è sempre stato appassionato di moda ed è sempre stato esuberante, ma allo stesso tempo insicuro. Perciò non temete, è Albus, lo stesso Albus che -forse- avete iniziato ad amare nei primi capitoli, con la differenza che ora anche lui è innamorato. Il fatto che la persona che ama sia un ragazzo non influisce sul suo carattere o sul suo personaggio. :3 <3 Ripeto, mi dispiace tanto se non ce lo vedete gay, ma spero che continuiate ad amarlo comunque, semplicemente perché è sempre lui, sempre il nostro Al. <3

Ritorna all'indice


Capitolo 23
*** Capitolo Ventidue. ***


Capitolo Ventidue

The monsters turned out to be just trees,
When the sun came up, you were looking at me.

Out Of The Woods, Taylor Swift.
 


15 dicembre 2020. Pov Scorpius.


Quella mattina era iniziata per il verso sbagliato.
Dopo un sogno ambiguo nel quale venivo inseguito da un vermicolo gigante con la faccia di Jason Cameron, Albus mi aveva fatto fare tardi perché aveva perso ore in bagno per sistemarsi i capelli. A lezione di Pozioni avevo quasi fatto saltare in aria i sotterranei facendo perdere ben dieci punti alla mia casa e a incantesimi non ero riuscito a padroneggiare l'engorgio.
Come se non bastasse, dopo pranzo avevo trovato Giorgina in Sala Comune che mi aveva chiesto di accompagnarla a lezione, dato che io per quel pomeriggio non ne avrei avuta nessuna. Infatti mi sarei dovuto trovare con la Preside per discutere del mio desiderio di diventare animagus.
Giorgina, in quel periodo, non potevo proprio sopportarla. Continuava a sparare idiozie sul fatto che Rose mi parlasse alle spalle rivelando i miei segreti, e anche quel giorno le cose non andarono diversamente. Attaccò non appena mi vide, e io alzai gli occhi al cielo, attraversando il muro e uscendo dalla Sala Comune. Lei mi seguì senza demordere.
«Te l'ho detto, Scorpius.» Sbottò incrociando le braccia al petto. «Lo sta spifferando a tutti. Come farei a saperlo io altrimenti? L'ho sentita!»
Ero certo che Rose non stesse in alcun modo tradendo la mia fiducia. Voglio dire, non lo avrebbe mai fatto, giusto?
Giusto.
Mi sentii subito in colpa per aver dubitato anche solo lontanamente di lei. Era di Rose Weasley che stavamo parlando. Era la mia migliore amica e non mi avrebbe mai e poi mai preso in giro per i miei sentimenti. Lei sapeva quanto la relazione con mio padre fosse complicata. Lei capiva. E che cosa ci avrebbe guadagnato nello spifferarlo a tutti? Niente. Assolutamente niente.
«E io ti ho detto.» Risposi paziente. «Che ti stai sbagliando.»
«E invece no!» Continuò Giorgina frustrata mentre imboccavamo le scale che portavano nell'atrio. «Mi ha detto che sei un frignone. Che hai pianto per tutta la sera del tuo compleanno e che sei innamorato di lei. Dovevi vedere come rideva.»
Scossi la testa. Avevo il voltastomaco al solo pensiero che avesse potuto dire davvero quelle cose. «No.» Ripetei come un mantra. «Ti sbagli.»
Giorgina sbuffò esasperata gettando le braccia al cielo. «Allora è proprio vero quello che dicono, uh?»
«Ovvero?»
«Che l'amore rende ciechi!» Esclamò. «Guardati attorno, Scorpius. Tutti ti fissano in modo strano. Perché, secondo te? Perché si sentono dispiaciuti per te, e perché ormai tutti sanno che le cose tra te e tuo padre vanno male, ecco perché. Ed è colpa sua. Della  Weasley.»
Non le risposi. Continuai a camminare guardando dritto davanti a me. Non volevo stare più ad ascoltarla. Come si permetteva di insinuare quelle cose sulla mia migliore amica?
Era assurdo, eppure… eppure era riuscita a far nascere in me un piccolo, minuscolo, dubbio del quale mi vergognavo profondamente. Maligno, se ne stava lì nella parte più remota del  mio animo come un'erbaccia da estirpare. E avevo intenzione di estirparlo alla radice.
Devo parlare con Rose al più presto, mi dissi risoluto. Continuare a rimuginare non sarebbe servito a nulla.
«Merda.» Imprecò Giorgina al mio fianco. «Ho dimenticato il libro sulle proprietà della radice di valeriana in Sala Comune, se non lo riconsegno oggi, Madama Pince mi affattura.» Guardò di fretta l'orologio e sbuffò. «E sono in ritardo per Antiche Rune.»
Era la mia occasione, e non me la feci scappare.
«Te lo riporto io in biblioteca.» Mi offrii, desideroso di liberarmi di lei al più presto. «Dimmi dove lo hai lasciato.»
«E' sul tavolino di fronte al ritratto di Merlino.» Mi diede un bacio sulla guancia. «Grazie mille tesoro, mi hai salvato.»
Se ne andò saltellando, e io mi voltai per tornare in Sala Comune.
Oltrepassai il muro di mattoni e mi guardai attorno. La stanza era vuota, fatta eccezione per un paio di studenti del sesto anno che stavano studiando davanti al fuoco. Il libro si trovava esattamente doveva aveva detto Giorgina. Lo presi e mi diressi verso la biblioteca.
Ero sovrappensiero, non potevo smettere di pensare alle sue parole. Perché inventare tali assurdità? A che pro?
Camminavo per inerzia. La biblioteca era come la mia seconda casa a Hogwarts perciò non avevo neppure bisogno di pensare al percorso per arrivarci: i miei piedi si muovevano da soli.
Al terzo piano, voltai a sinistra e mi bloccai.
A qualche metro da me si trovava Rose. Mi dava le spalle, ma capii subito che si trattava di lei. Capelli rossi, bassa, le spalle leggermente incurvate, l'avrei riconosciuta ovunque. Quando parlò, ebbi la conferma che non mi ero sbagliato, e le sue parole sono impresse a fuoco nella mia mente ancora oggi.
«Avresti dovuto vederlo.» Stava raccontando a un gruppo di Grfondoro del suo stesso anno, tra cui quel vermicolo di Jason Cameron. «Mi ha detto che mi ama. Patetico, è stato davvero patetico. Ovviamente non ho risposto, perché se lo avessi fatto, gli sarei scoppiata a ridere in  faccia.»
Un momento… che cosa?
Jason sembrava si stesse divertendo un mondo. «Giura, Rose, giuralo.»
«Te lo giuro.» Disse lei mettendosi una mano sul petto. «Mi faceva quasi pena.»
«Sapevo che Malfoy era un rammollito, ma non pensavo fino a questo punto.» Commentò l'amico di Jason, John Smith.
«Vero?» Continuò Rose con noncuranza. «Non so perché continuo a passare il mio tempo con un tale sfigato.»
Mi cadde il libro dalle mani e non mi curai di raccoglierlo.
Avevo sentito abbastanza. Avevo visto abbastanza.
Scesi le scale lentamente,  un gradino alla volta, guardandomi attorno come se mi trovassi nel bel mezzo di un paese alieno. Vedevo gli arazzi che di solito mi erano tanto familiari senza riconoscerli davvero. Ero a Hogwarts, ma mi sentivo perduto.
Le orecchie mi fischiavano e sentivo un sapore metallico in bocca.
Che cos'era appena successo?
Sbattei gli occhi un paio di volte e mi passai una mano tremante tra i capelli.
Mi diedi una calmata, ed eccola lì. Dopo lo stupore, dopo la confusione, eccola arrivare, la stavo aspettando: la rabbia. Sorda, cieca, mi lambì le viscere in una morsa di ferro. Perché Giorgina aveva ragione. Aveva ragione, maledizione!
Rose non era chi credevo che fosse. Non si era limitata a tradire la mia fiducia, ma mi aveva umiliato, denigrato, e perché? Come aveva potuto farmi questo?
Non lo sapevo, ciò che sapevo era che non le avrei più rivolto la parola in vita mia, perché se mi concentravo riuscivo a sentire il punto esatto in cui mi aveva pugnalato alle spalle.


25 dicembre 2022. Pov Rose. 

Ci misi un attimo per metabolizzare il tutto. Sentirgli ripetere le parole di quell'altra me mi spezzò il cuore.
Parlava con la voce bassa, rotta, leggermente incrinata come se un'antica ferita fosse stata improvvisamente riaperta. Avevo sempre pensato di essere io quella ad essere stata distrutta, ma anche Scorpius non se la stava passando tanto meglio. Lui, per tutto quel tempo, era stato convinto che io lo ritenessi ridicolo. Per tutti quegli anni aveva creduto che fossi così meschina da spifferare al mondo i suoi segreti più intimi. Pensava che allora non lo amassi.
I suoi occhi erano scuri, profondi come pozzi senza fondo e non lasciavano trasparire alcuna emozione.
«Ti ho vista con questi occhi e sentita con queste orecchie, Rose.» Disse piano guardandosi le mani. Poi alzò le spalle con aria rassegnata. «Non hai idea di quante volte mi sono domandato il perché.» Puntò lo sguardo su di me e mi guardò intensamente. «Perché lo hai fatto? Mi credevi davvero ridicolo?»
«Non ero io.» Dissi con una nota di panico nella voce, non sapendo che altro fare. «Non so come dimostrartelo, ma non ero io. Ti giuro che ci dev'essere una spiegazione, e nel profondo lo sai. Nel profondo del tuo cuore, tu sai che non potrei mai pensare qualcosa di simile su di te.»
Ero confusa. Non capivo che cosa stesse succedendo. Avevo passato i giorni successivi alla sua dichiarazione con la testa tra le nuvole a fantasticare sulla nostra ipotetica relazione. Come avrei potuto fare qualcosa di simile, senza poi neppure ricordarlo? Scorpius non si aspettava la mia risposta. Aggrottò le sopracciglia senza sapere che cosa dire.
«Be', a me parevi tu.» Borbottò. «Bassa, capelli rossi, lentiggini. Direi che c'era tutto. Eri tu, Rose, e parlavi con Cameron.»
Non era possibile. Non era successo e lo sapevo.
«Senti, non so perché dovresti credermi ma ti prego.» Lo implorai. «Io... Non ero io.»
«E allora chi era?» Chiese un po' scettico. «Hai una gemella di cui non so l'esistenza?»
Scossi la testa. E poi mi bloccai.
«Scorpius.» Dissi, con il cuore letteralmente in gola. Era un'ipotesi azzardata, ma dovevo tentare. «Ricordi Lumacorno? Quella volta al quinto anno quando era impazzito per dei furti avvenuti alla sua scorta?»
Mi accucciai sul letto al suo fianco e gli presi le spalle tra le mani. «Ti ricordi che ci aveva chiesto di indagare sui furti?»
«Sì, polvere di corno di bicorno, centinodia...»
«E formicaleoni!» Esclamai, quasi urlando. «Ti dicono niente?»
Scorpius si immobilizzò. Era diventato verde e sembrava sul punto di vomitare. «La pozione polisucco.
Annuii mesta, la consapevolezza che pian piano iniziava a farsi strada dentro di me. «E penso di sapere chi sia l'artefice di tutto.»
«No, é impossibile. Disse lui leggendo la mia mente. «Giorgina era con me.»
«Allora dev'essere stato qualcuno per conto suo.» Insistetti io, sempre più convinta. Giorgina era cattiva e capacissima di un'azione tanto deplorevole.
«No.» Scorpius scosse il capo. «Non sarebbe mai potuta arrivare a tanto.» Stette in silenzio per qualche istante e poi aggiunse. «Vero?» Come per cercare una conferma alle mie parole.
Alzai le spalle. «Non posso dirtelo con certezza, l'unica cosa che so per certo é che quella che hai visto non ero io.»
«Un momento. Il libro di incantesimi.» Scorpius si prese la testa tra le mani. «Quel fottuto libro di incantesimi.»
«Libro?» Domandai io. «Quale libro?»
«Giorgina mi ha chiesto di andare in Sala Comune per prenderle un libro.» Trasse le conclusioni Scorpius. «In quell'arco di tempo deve aver bevuto la pozione e preso le tue sembianze.»
«Oh.» Fu tutto ciò che riuscii a dire. «Quindi abbiamo risolto il mistero.»
«Ha senso.» Disse Scorpius con amarezza. «Giorgina sapeva tutto. Ci ha spiato sulla torre di astronomia e ha sentito tutto.»
Mi sentivo svuotata. Non ero neanche arrabbiata, ero solo vuota. Per tutto quel tempo si era trattato di un malinteso. Era tutta colpa di Giorgina. Ero talmente scossa che non riuscivo a provare neppure rabbia. Non provavo niente.
«Scorpius.»
«Sì, Rose?»
Scorpius, al contrario di me, provava il mondo. Sembrava che i nostri ruoli si fossero invertiti. Sul suo viso aleggiava rabbia, tristezza, disperazione. Mi guardava pieno di aspettative, come se si aspettasse che esplodessi e che lo prendessi a pugni, o semplicemente scoppiassi a piangere.
«Vai via.» Dissi in tono monotono.
«Rose, aspetta.» C'era urgenza nella sua voce. Mi mise una mano sul braccio e mi sollevo il viso. Tentò di guardarmi negli occhi, ma io non lo vedevo. «Ti prego, di' qualcosa, qualsiasi cosa.»
«Scorpius, ti ho detto di andare via.»
Lasciò cadere la mano lungo un fianco e si allontanò di un passo.
«Non è giusto.» Disse, poi alzando la voce.
«La vita non è giusta.» Mi limitai a sussurrare io. «La vita fa schifo, lo hai detto tu. Lasciami da sola ora. Per favore.»
E così, sconfitto, fece come gli avevo chiesto. A testa bassa, senza nemmeno le forze per camminare, se ne andò. 

 
Non dormivo così bene da anni.
Mi ero addormentata non appena Scorpius aveva lasciato la mia camera e mi ero risvegliata in quel momento. L'orologio segnava le 7.53 del mattino e per me, che solitamente mi svegliavo alle 6, era tardi.
Ai piedi del letto c'era una pila di regali e mi stupii di vederne così tanti quando avevo espressamente detto di non desiderare nulla.
Li scartai e fui piuttosto soddisfatta: i miei genitori mi avevano regalato un libro di medimagia -che avrei a mia volta rifilato a Scorpius alla prima occasione- Al mi aveva preso un romanzo babbano e Julia un CD. Non ero sicura di come funzionassero i CD, ma credo che andassero messi in degli aggeggi elettronici o qualcosa di simile.
Presi un altro regalo e mi salì il cuore in gola. Era da parte di Scorpius. Ma la cosa strana era che i regali da parte di Scorpius erano tre.
Ha completamente perso la testa per caso?
Lo ucciderò. Pensai commossa. Prima o poi lo farò fuori, quell'idiota.
Era un idiota e io lo amavo. Forse quella idiota ero io, dopotutto.
Il primo consisteva in un paio di guanti verdi con dei brillantini argento alla base -che interessante scelta di colori, pensai trattenendo una risata. Il verde era il mio colore preferito e Scorpius scherzava sempre su questo fatto, accusandomi di essere una Grifondoro con il cuore da Serpeverde.
In questo modo spero smetterai di avere le mani costantemente congelate, aveva scritto nel biglietto. Sospirai, ripensando a quando Scorpius mi prendeva le mani tra le sue con naturalezza per cercare in qualche modo di riscaldarmele.
Il secondo pacchetto, conteneva un'edizione illustrata di orgoglio e pregiudizio.
Stavo camminando per Londra con Albus qualche mese fa. L'ho vista, e ho pensato a te.
Aveva pensato a me. Forse, una parte del suo cuore sapeva anche allora che in realtà non avevo fatto nulla che potesse ferirlo.
L'ultimo pacchetto era più piccolo e conteneva una catenina d'oro bianco con appeso un ciondolo a forma di rosa.
Ti immagino già mentre alzi gli occhi al cielo per la banalità della cosa. Una Rosa per Rose dai capelli rossi. Ma non mi importa.
Si era sbagliato. Non avevo pensato per neppure un istante che fosse banale, avevo pensato subito che fosse bellissima. La indossai e la feci scivolare sotto il pigiama.
Decisi che era arrivato il momento di alzarmi. Mi diressi in punta di piedi in bagno e mi preparai velocemente, indossai un paio di pantaloni e un maglione pesante, poi mi diressi piano in cucina.
La casa era silenziosa. Sentivo l'orologio scandire i secondi e riuscivo quasi a percepire la neve posarsi al suolo fuori dalla finestra.
Papà era probabilmente già uscito e tutti gli altri erano ancora nel mondo dei sogni, perciò avevo la casa tutta per me.
Chissà se Scorpius questa notte ha dormito.
No, non ci pensare. Non pensare a lui.
Aprii la credenza e presi i cereali al cioccolato. Ne misi un po' -troppi- in una tazza e poi ci versai sopra del latte. Mi mancavano i miei amati cereali a Hogwarts. Julia diceva che ero matta, dato che il banchetto a scuola offriva una vasta scelta di dolci per colazione, ma a me piaceva quel tipo preciso di Coco Pops, e ogni volta che tornavo a casa per le vacanze ne mangiavo scatole intere per riuscir poi a far fronte all'anno scolastico.
Soddisfatta consumai la mia colazione con estrema lentezza, assaporando ogni boccone. Anche i cereali al cioccolato facevano parte delle gioie della vita, no? E quando la vita è particolarmente stronza bisogna aggrapparsi anche a queste cose.
Siccome non avevo intenzione di rimanere in casa con Scorpius e la mia famiglia, uscii. Andai sul retro della casa e, dopo essermi assicurata che nessuno mi stesse guardando, mi smaterializzai.
Avverti il familiare senso di vuoto allo stomaco e per un momento mi sembrò di essere sospesa a mezz'aria. Poi i miei piedi colpirono il suolo e per poco non finii per terra. Ero abbastanza brava a smaterializzarmi, ma dovevo perfezionare il mio atterraggio, e la mia goffaggine non aiutava.
Mi trovavo in un vicolo laterale, nel centro di Londra. Piccadilly Circus si trovava di fronte  a me, caotica e trafficata come suo solito, nonostante fossero solo le 9 della mattina di Natale.
Avevo bisogno di normalità, per quello non ero andata a Diagon Alley. Avevo bisogno di un mondo dove le persone non potevano prendere le sembianze di altre persone per rovinar loro la vita. In quel momento, la magia mi faceva schifo.
Camminai per le strade affollate, osservando la gente che mi passava di fianco senza che questi vedessero me. Chissà dov'erano diretti. Chissà se avevano famiglia, o se si sentivano soli. A volte il desiderio di sapere delle loro vite era così forte che dovevo reprimere l'impulso di fermarli per porre loro quelle domande che mi attanagliavano la mente.
Ad un tratto, una vetrina attirò la mia attenzione e pensai perché no?
Entrai nel negozio e mi beai del calore che pervase le mie membra infreddolite. Non mi ero resa conto di quanto freddo facesse fuori. La neve si era impigliata tra i miei capelli e sul mio cappotto senza che me ne accorgessi.
«Buongiorno e Buon Natale!« Mi salutò una ragazza sulla trentina con un sorriso. «Sei qui per un taglio dell'ultimo momento? Be', sei fortunata: siamo aperti fino a mezzogiorno.»
Aveva un grande sorriso e aveva i capelli lunghi fino ai fianchi con le punte colorate di rosa shocking.
Sorrisi con naturalezza. «Esattamente. Vorrei tagliare i capelli.»
«Certo, tesoro.» Mi fece togliere la giacca e mi condusse in un'altra stanza. «Ti faccio accomodare qui.»
La mia mente era stranamente vuota. Nessuna voce che mi diceva che stavo per commettere l'errore più grande della mia vita, nessun ripensamento. Era come se il mio cervello si fosse spento, o semplicemente come se si fosse silenziato. La mia mente era sempre un tale caos. La confusione regnava sovrana, ma ora, dopo tanto tempo, c'era silenzio. Chiusi gli  occhi e mi beai di quella sensazione di pace che per me era tanto aliena e in men che non si dica mi ritrovai di fronte a uno specchio con i capelli bagnati che mi ricadevano come due tende rosse ai lati del viso.
Mi guardai. Il mio volto era piccolo e pallido, e i miei occhi erano arrossati, come se avessi pianto. Non lo avevo fatto, non di mia spontanea volontà, almeno. Era possibile piangere nel sonno?
Avrei voluto piangere, almeno mi sarei sfogata. Ma non riuscivo. Non provavo rabbia. Non provavo niente. Ed era terribile. Mi sentivo vuota, come se mi avessero strappato l'anima dal petto per poi gettarla via; mi sentivo come se fossi stata baciata da un dissennatore.
«Vuoi spuntare un po' le punte?» Mi chiese la parrucchiera mentre mi pettinava i capelli con mano esperta.
«No.» Dissi convinta. «Voglio tagliarli, fin sopra le spalle.»
La donna spalancò gli occhi. «Sei sicura, tesoro? Hai dei capelli meravigliosi.»
«Sì.» Risposi guardando fissa davanti a me. «Li tagli e basta.»

 
«Dove diavolo sei stata?» Urlò mia madre non appena misi piede in casa.
«Buon Natale anche a te, mamma.» Borbottai entrando in cucina.
Hugo pareva sul punto di addormentarsi davanti al suo tè, mentre Scorpius mi osservava con aria preoccupata. Se ne stava appoggiato alla credenza con lo sguardo vitreo e le spalle leggermente incurvate. Quando mi vide si raddrizzò e mi guardò con un'espressione strana, un misto di preoccupazione e disperazione. Il verde delle sue iridi era messo in evidenza dai cerchi violacei che gli cerchiavano gli occhi ed era evidente che fosse stanco.
Probabilmente non ha chiuso occhio, pensai apprensiva.
Scorpius faceva finta di essere costantemente calmo, ai più sembrava che fosse capace di non farsi toccare da ciò che gli succedeva a causa del tipico atteggiamento stoico che era solito sfoggiare. Ma io conoscevo la verità: quando qualcosa lo preoccupava era capace di non chiudere occhio per tutta la notte e di pensarci costantemente, finché non lo divorava dall'interno. Non volevo succedesse anche questa volta. Forse avrei dovuto essere arrabbiata con lui, ma ero così stanca di essere arrabbiata con lui. Per una volta, volevo pensare  a me stessa.
«E si può sapere che cos'hai fatto ai capelli?» Continuò a sbraitarmi contro mia mamma.
Hugo alzò lo sguardo come se avesse notato solo in quel momento che ero lì. «Sembri Julia.»
Simpatici, i miei familiari. Sempre molto di supporto.
«Grazie!» Esclamai io sarcastica. «Sono felice che vi piacciano. Anche voi state bene oggi.»
«Smetti di fare la spiritosa.» Mi rimproverò la mamma serissima. «Ci hai fatto preoccupare. Avresti almeno potuto lasciare un biglietto.»
Alzai gli occhi al cielo e mi tolsi il cappotto. «Immagino, quanto foste preoccupati.»
Mia madre corrugò la fronte senza capire. «Tra l'altro, sei in ritardo. Dobbiamo andare a pranzo dai Potter, ricordi?»
Sì, ricordavo. Purtroppo me lo ricordavo.
«Mmm.» Mugugnai. «Sono già pronta. Perciò, Scorpius, vieni con me.»
Feci cenno a Malfoy di seguirmi e ignorai le magre proteste di mia madre che mi diceva che mi dovevo mettere qualcosa di più carino per andare a pranzo dai miei zii.
Sulle scale, iniziai a parlare a vanvera per eliminare l'imbarazzo.
«Simpatici, vero?» Sentivo Scorpius camminare dietro di me, ma non mi voltai per guardarlo in faccia. «Okay, magari questi capelli non mi stanno bene, ma avrebbero potuto dire qualcosa di più carino, ti pare?» Scorpius non rispose e io proseguii. «A Londra c'era un sacco di gente, nonostante sia Natale. Sono andata a…»
Scorpius mi prese per la manica del maglione e mi fece voltare. Mi trovavo su uno scalino più in alto di lui e i nostri occhi erano alla stessa altezza.
«Sei sicura di stare bene?» Mi chiese, confuso.
«Sì.» Risposi io con un sospiro. «Ho solo tagliato i capelli.»
«Che strumento musicale suono?»
Lo guardai malissimo. Scorpius suonava il violino da quando aveva sei anni, ma a Hogwarts nessuno lo sapeva a parte me e i suoi compagni di stanza. Per qualche strana ragione si vergognava di farlo sapere in giro e si esercitava quando era completamente solo, dopo aver insonorizzato la stanza. Diceva di non riuscire a suonare davanti ad altre persone e che per lui la musica era qualcosa di intimo che non riusciva a condividere con altri. Perciò non lo avevo mai sentito suonare, e spesso glielo rinfacciavo perché lo desideravo davvero tanto.
«Che razza di domanda è mai questa?» Gli chiesi in un sussurro. «Sei impazzito?»
«No.» Esclamò lui spalancando gli occhi. «Tu sei impazzita! Mi sto accertando che tu sia tu.»
«Oh, ma ti prego.» Sbottai ruotando gli occhi al cielo. «Suoni il violino.»
Scorpius parve rilassarsi, per poi tendersi di nuovo. Il suo sguardo si rabbuiò.
«L'hai messa.» Disse. Aveva notato la catenina d'oro appesa al mio collo.
 «Sì, be'… E' bellissima. Grazie.»
Quando alzai gli occhi su di lui, però, non lessi riconoscenza suo suo viso, o sollievo per il fatto che non provassi rancore nei suoi confronti, lessi rabbia.
«E' ufficiale. Sei impazzita.» Sbottò acido, per poi superarmi e dirigersi verso la sua stanza.
Che cosa è appena successo?
Esterrefatta, restai per cinque secondi buoni a fissare il vuoto davanti a me. Sbattei le palpebre un paio di volte non capendo bene che cosa stesse succedendo. Quando mi fui ripresa mi affrettai a seguire quell'idiota di un biondaccio per capire che cavolo gli era preso.
 
«Sei davvero arrabbiato con me?» Sbottai entrando nella sua camera e chiudendomi la porta alle spalle.
«No.» Si voltò, scuro in viso. «Sono arrabbiato con me stesso per averti fatto questo.»
Mi limitai a fissarlo senza sapere cosa dire.
Me lo sarei dovuta aspettare: Scorpius dava a sé la colpa. E faceva bene, il problema era che non era l'unico su cui scaricare il fardello. Era colpa di tutti, mia compresa. Ma Scorpius era fatto così, sempre troppo duro con se stesso e convinto di non poter mai sbagliare.
«E smettila!» Continuò, indicandomi con la mano. «Smettila di fare… così.»
Alzai un sopracciglio e incrociai le braccia al petto. «Beh, come dovrei comportarmi? Che ti aspetti?»
«Non lo so.» Si passò una mano tra i capelli, ormai disperato. I suoi occhi brillavano di verde. «Arrabbiati!»
Mi cadde la mascella. Tra tutte le risposte che avrebbe potuto darmi, questa era quella che non mi sarei aspettata.
«Pensi che non sia arrabbiata?» Sbottai, perdendo la pazienza. «Ho il voltastomaco da quanto sono arrabbiata! Sono furiosa! Ma non con te.»
Scorpius mi osservò, confuso. Fece per dire qualcosa, però poi sembrò ripensarci e stette zitto.
Si avvicinò a me ma non mi toccò. Non mi sfiorò neppure.
Alzai lo sguardo verso di lui e gli spiegai quello che intendevo.
«Siamo maledetti.» Feci spallucce, la voce quasi rotta dal pianto. «L'universo ci vuole separati.»
E lo pensavo sul serio.
Ero ipocrita, e lo sapevo. Passavo il mio tempo a sostenere di non credere alle idiozie come il "destinati a stare insieme per sempre", e poi mi ritrovavo a fare questi discorsi. Però doveva pur esserci una base di verità, no? Evidentemente io e Scorpius non eravamo predestinati, non eravamo compatibili, o come vi pare. Eravamo due amanti avversi come Romeo e Giulietta.
Era patetico come paragone, ma avete capito, insomma. Giulietta non si sarebbe mai dovuta innamorare di Romeo, e lei lo sapeva. E' stata una mossa stupida che l'ha portata alla morte. Giulietta era più intelligente di così, o almeno avrebbe dovuto esserlo, e io non volevo fare la sua fine.
«L'universo non vuole un bel niente.» Scorpius scosse la testa convinto. «Sono io che ho incasinato tutto.»
«Be', non la penso così.» Ripetei testarda. «Abbiamo passato anni fianco a fianco e non ci è mai passato per la testa! E quando finalmente abbiamo iniziato a pensarci è successo un putiferio che ci ha tenuto lontani per due anni.»
«Credevamo di odiarci a vicenda.» Mi fece notare Scorpius cercando di essere ragionevole.
«Già.» Concordai io, ormai con gli occhi che bruciavano. «E poi ci siamo riavvicinati e abbiamo avuto il coraggio di risolvere questo enorme malinteso solo quando ci siamo innamorati di nuovo.»
«Ma ora è risolto, no?» Sussurrò piano Scorpius. «Possiamo… insomma, possiamo tornare insieme e cercare di rimettere a posto i pezzi?»
«No!» Esclamai, e mi venne da piangere. Mi passai le mani sul viso e presi un respiro per calmarmi. «Non è risolto un bel niente.»
«Non mi ami più?»
«No! Cioè, sì.» Risposi subito. «Non lo so, ma non posso smettere di provare qualcosa per te da un giorno all'altro, ma non è questo il punto.»
«E allora qual è?»
«A causa di quello che è successo sono danneggiata.» Dissi aprendo le braccia con crescente consapevolezza. «E' la verità, non c'è niente da fare. Pensavo di essere guarita ma in realtà non lo sono, tutto ciò che ho fatto è stato nascondere le ferite. Prima di poter stare con te devo tornare a essere me stessa, la stessa Rose della quale ti sei innamorato un tempo.»
«Sono stronzate.» Disse Scorpius guardandomi dritto negli occhi. «Preferirei che mi dicessi che sei incazzata con me e che non mi vuoi più vedere. Giuro che lo capirei.»
Scossi la testa. «Non sono arrabbiata con te. Te l'ho detto.»
Scorpius non capiva. Il suo volto era pallido e i suoi occhi si erano improvvisamente spenti. Sembrava che lo avessi schiaffeggiato e, per una volta, non era mia intenzione farlo.
«Non sono io l'unica vittima qui, Scorpius.» Gli dissi poggiandogli una mano sul braccio. «Anche tu sei danneggiato.»
«Sto bene invece.»
«No, non stai bene.»
«Non dirmi come mi sento, Rose. Non mi sento danneggiato, sono solo incazzato e pronto a farmi perdonare.»
Lo guardai confusa. «Ma te l'ho detto, non ne hai bisogno.»
«E invece sì.» Rispose lui serissimo. «Ti ho maltrattato per due anni. Due anni. Sono stato un vero stronzo e non lo meritavi.»
«Tutto ciò che puoi fare è darmi tempo.» Dissi convinta. «E promettimi una cosa.»
«Tutto quello che vuoi.»
Gli presi la mano e gliela strinsi forte. «Non essere troppo duro con te stesso. La vita è già abbastanza difficile di per sé.»
«Mi odio, Rose.» Disse lui. «Mi odio per esserci cascato.»
Scossi la testa. «Smettila. Prova a trattati come tratteresti il tuo personaggio preferito di un libro.»
Scorpius rise senza allegria e distolse lo sguardo da me.
«Sono seria.» Continuai io, cercando di guardarlo di nuovo negli occhi. «Se il tuo personaggio preferito stesse così male, che cosa faresti?»
«Gli direi che non è colpa sua.» Rispose lui. «Che non poteva fare nulla di diverso.»
«Bene. Non è colpa tua. Non potevi fare nulla di diverso.» Gli dissi. «Se si trattasse del mio personaggio preferito gli direi che ha fatto ciò che riteneva più giusto. Anche se poi non lo era, al tempo, lui credeva che lo fosse. Non puoi cambiare le scelte che hai fatto, tutto ciò che puoi fare è non lasciare che ti rovinino.»
Scorpius ghignò. «Potrei potenzialmente essere il tuo personaggio preferito allora?»
«Non potresti.» Gli sorrisi io. «Lo saresti di sicuro.»
Scorpius mi abbracciò e mi diede un bacio sulla fronte.
«Mi sono reso conto di non averti ancora chiesto scusa.» Bisbigliò tra i miei capelli. «Scusa.» Mi disse piano. «Mi dispiace tanto.»
«Anche a me.» Borbottai io sul suo petto senza allontanarmi. «Io ti amo, Scorp, ma ho bisogno di stare da sola per un po' per ritrovare me stessa. So che suona molto drammatica come cosa, ma è così.»
«Okay.» Disse lui con un piccolo sorriso e allontanandosi quando bastava per guardarmi.
«Okay.» Risposi cauta io.
«Vorrà dire che aspetterò.» Fece spallucce. «Non ho più niente da nascondere. Sono innamorato di te e voglio stare con te, non importa quanto tempo dovrò aspettare. Io aspetterò e farò tutto ciò che posso per farti cambiare idea.»
«Farmi cambiare idea?»
Lui mi rivolse un ghigno divertito. «Ti farò innamorare di me di nuovo. L'ho già fatto due volte, posso farlo anche una terza, non trovi?»
Lo guardai e sospirai.
Non capiva che non ce n'era bisogno: non avevo mai smesso di essere innamorata di lui.
«Prima che arrivassi, Albus mi ha mandato il suo gufo per dirmi di portargli immediatamente del magigel.» Fece Scorpius con aria stanca, come se quella fosse l'ultima cosa che volesse fare. «Starà probabilmente impazzendo, è meglio che vada.»
Si allontanò da me e si diresse verso la porta, poi si voltò, la mano sulla maniglia. «E comunque, stai benissimo con i capelli così.»


NOTE DELL'AUTRICE
Buonasera a tutti!
Mi sento vagamente commossa a pubblicare questo capitolo -anche se ovviamente non è uscito come lo avevo originariamente pensato e anche se mi sembra smielato all'ennesima potenza e, o mio Merlino, ho paura vi sia venuto il diabete!- perché finalmente ci siamo, si scopre cos'è successo al quinto anno! Probabilmente lo avevate capito dagli albori, però, ecco, è successo così insomma. Ovviamente era tutto un grosso -molto grosso- malinteso, ed è stata tutta colpa di Giorgina, e direi che anche Cameron una piccola fetta di colpa la ha, ma vedrete in seguito a cosa mi riferisco.
Rose non è arrabbiata con Scorpius, anche se una padellata in testa io gliel'avrei tirata. Ma Rose è stanca di essere arrabbiata con lui, ora vuole pensare a se stessa e tornerà con lui solo quando si sentirà pronta.
Scorpius invece è distrutto e divorato dal senso di colpa. Ha bisogno di chiarirsi con Giorgina e di perdonare se stesso prima di poter stare con Rose, anche se non lo capisce. Fosse per lui starebbe con Rose da subito perché non vuole perderla più. Ma Rose lo conosce meglio di quanto lui conosce se stesso e sa che anche lui ha bisogno di tempo. Ne hanno bisogno entrambi.
La scena finale, quella dell' "arrabbiati!" è palesemente ripresa da un episodio di Agents of S.H.I.E.L.D. E' solo che è stata una scena così bella che, per puro divertimento, ho provato a scriverla impersonata da Rose e Scorpius, e siccome il risultato mi è piaciuto, ho deciso di inserirla.

Il prossimo capitolo non so quando arriverà. Con l'inizio della scuola temo di non poter postare molto presto, ma si vedrà.
Grazie a tutte per il sostegno che mi date, per le recensioni e semplicemente per leggere ciò che scrivo.
Grazie!
Francesca 

Ritorna all'indice


Capitolo 24
*** Capitolo Ventitré ***


Capitolo Ventitré 

 
 

Baby, don't be afraid to jump then fall.
Taylor Swift - Jump Then Fall
 

«Fatemi capire.» Scattò Albus iniziando a camminare avanti-indietro per la sua stanza, passandosi nervosamente le mani tra i capelli.
Io e Scorpius ce ne stavamo seduti vicini sul suo letto con le teste basse, come due bambini che hanno combinato qualcosa di sbagliato e che aspettano depressi la ramanzina della mamma.
«No, fatemi proprio capire.» Ripeté Albus, fermandosi e spostando lo sguardo tra me e Scorpius, per poi indicare quest'ultimo. «Tu pensavi che lei avesse spifferato a tutti quello che era successo sulla torre di astronomia, e che dicesse in giro che sei un frignone patetico.»
«L'ho vista, non è che me lo sono sognato.» Puntualizzò Scorpius irritato.
«Shhhht.» Albus lo incenerì con lo sguardo e poi mi puntò il dito contro con fare accusatorio. «E tu invece non ne sapevi niente e pensavi -come me, del resto- che fosse uscito completamente fuori di testa.»
«Be', sì…»
«E alla fine… era tutto un malinteso. Era tutta colpa di… Giorgina?»
«Già.» Commentai io con un'alzata di spalle, ormai rassegnata all'assurdità della situazione.
Albus chiuse gli occhi e si massaggiò le tempie con due dita, come se fosse molto stanco. Prese due respiri profondi, e poi scoppiò a urlare.
«Sì può sapere perché cazzo non me ne hai parlato subito? Perché non sei venuto da me quando hai sentito Rose -cioè, Giorgina che faceva finta di essere Rose… oh, insomma hai capito- dire quelle cose?» Sputò contro il suo migliore amico. «Se solo me ne avessi parlato, testa di un vermicolo che non sei altro, io lo avrei detto a Rose…»
«Per questo non te l'ho detto… perché sei una pettegola!...»
«… la quale mi avrebbe a sua volta assicurato che non c'entrava nulla, io lo avrei riferito a te e la storia si sarebbe risolta nel giro di due giorni.»
«Non volevo che Rose sapesse che l'avevo sentita!» Esclamò Scorpius, per poi bloccarsi. «Be', non era Rose, ma pensavo che lo fos…»
«Ma tu, no!» Continuò Albus furioso, ignorando le parole di Scorpius. «Devi sempre tenerti tutto dentro fino ad esplodere perché fa più figo fare quello arrabbiato con il mondo. Oh, fanculo, Scorpius.»
Scorpius si imbronciò. «Io non voglio fare quello arrabbiato con il mondo.»
Albus gli lanciò uno sguardo velenoso che lo azzittì all'istante. Abbassò il capo come se fosse improvvisamente molto interessato alle punte delle sue scarpe.
«Al, dagli un attimo di tregua, dopotutto…» Feci per dire qualcosa in sua difesa io, ma mio cugino bloccò.  «Non azzardarti a difenderlo, tu! Dovresti essere furiosa, non dovresti prendere le sue parti.»
«Gliel'ho detto!» Esclamò Scorp, raddrizzando la schiena. «E' quello che le ho detto anche io.»
«Sono stanca di essere arrabbiata.» Replicai con un sospiro. «Basta così. E, Al, smetti subito di urlare contro Scorpius. Tu non dovresti essere arrabbiato con lui.»
Albus parve oltremodo indignato.  Si mise una mano sul petto e mi guardò con uno sguardo che non avrei mai dimenticato: era pieno di delusione.
«Non dirmi cosa fare. Nessuno di voi due tonni mi dica cosa fare. Perché se solo aveste ascoltato quello che IO VI DICEVO DI FARE, adesso non saremmo in questa situazione. Pensate che durante tutto questo tempo abbiate sofferto solo voi?» La sua voce tremò per un istante. Si bloccò, gli occhi verdi che brillavano come l'avada kedavra, e poi proseguì, il tono di nuovo fermo. «Non è stato bello star lì a guardarvi mentre vi autodistruggevate senza poter fare qualcosa per aiutarvi. Non è stato bello dovermi dividere tra i miei due migliori amici senza poter prendere le parti di nessuno. Non è stato bello, okay? Quindi, se permettete, penso di avere il diritto di essere incazzato anche io.»
Io e Scorpius ci scambiammo uno sguardo pieno di sensi di colpa.
«Oh, Al.» Mi alzai e lo abbracciai forte. «Mi dispiace tanto.»
Anche Scorpius si era alzato, e ora abbracciava sia me che Albus.
«Mi dispiace, Al.» Borbottò da qualche parte sopra la mia testa. «Sono un vero coglione.»
«Sì, lo sei.» Concordò Al serio, ma si sentiva dal cambio di tonalità che in realtà si stava divertendo.
«Ti prometto che da ora in poi ti ascolteremo sempre.» Continuai io con voce sottile.
«Sempre.» Concordò Malfoy. «Anzi, ti consulteremo per ogni…»
«Oh, ma piantatela!» Esclamò Albus gettando un braccio attorno al collo di Scorp e uno attorno al mio, stringendoci forte. «Siete i più grandi idioti che io abbia mai conosciuto, ma sono troppo felice che le cose si siano più o meno sistemate, perciò credo che farò lo sforzo di perdonarvi.»
In quel momento, stretta tra Albus e Scorpius, fu davvero Natale.

«No, fammi capire.» Disse Julia, e io provai una sgradevole sensazione di déjà-vu. «E' sempre stata solo colpa di Giorgina?»
Sospirai e mi sedetti sul bordo della vasca da bagno.
Prima di pranzo Julia mi aveva chiamata per farmi gli auguri e io avevo colto l'occasione per sgattaiolare via. Nonostante mi fossi rintanata nel bagno dei Potter all'ultimo piano, il più lontano possibile dal salotto, tenevo la voce bassa per evitare che qualcuno origliasse. Come dice sempre Albus: a casa sua anche i muri hanno le orecchie.
«Sì.» Giocherellai con l'orlo della gonna, imbarazzata. «E' stato un grosso malinteso.»
Julia stette in silenzio. Le lasciai qualche minuto per metabolizzare, ma lei continuò a tacere. Quando temetti che avesse riagganciato il telefono feci per dire qualcosa, ma lei mi precedette.
«Quella brutta stronza!» Esclamò, così forte che dovetti allontanare il cellulare dall'orecchio. «Non ci credo. Non. Ci. Posso. Credere. Come… come si può essere così meschini? Com'è possibile? Questo è troppo anche per un Serpeverde! Oh, ma la pagherà. Quando meno se lo aspetta le farò spuntare due orecchie da coniglio e le farò crescere gli incisivi così tanto che toccheranno il pavimento.»
«Julia.» Alzai gli occhi al cielo io. «Non è il caso. Non voglio abbassarmi al suo livello.»
«Oh, ma questo non sarebbe il suo livello.» Puntualizzò lei. «Il suo livello non è umanamente raggiungibile. Ha già un posto prenotato all'Inferno. Dante in che girone ha collocato le stronze invidiose?»
«Chi?»
«Non fa niente. Cose babbane.» Mi liquidò la mia amica pratica. «Ciò che intendo dire è che non puoi lasciar correre in questo modo. Non vuoi vendicarti?»
La verità? Sì, volevo. Volevo strapparle tutti i capelli, uno per uno. Volevo prenderla, metterla in una scatola, poi in un'altra scatola, e poi spedirla via. Volevo darla in pasto alla piovra gigante. Volevo che soffrisse come aveva fatto soffrire me. Volevo che si sentisse come se le fosse stato strappato un pezzo di anima che mai le sarebbe stato restituito. Volevo che perdesse la cosa a cui teneva di più. Avevo rimuginato e rimuginato su che cosa dirle, su che cosa farle, e poi avevo capito che io non dovevo fare proprio un bel niente: aveva fatto tutto la verità.
Giorgina Nott era ossessionata da Scorpius, e la dimostrazione stava in quello che aveva fatto per ottenerlo. Ma ora che la verità era venuta a galla, lo avrebbe perso per sempre. E questa era la vendetta migliore per me. Mi andava bene così. Ora eravamo pari.
«Certo che lo voglio.» Replicai. «Ma la vendetta non mi porterà da nessuna parte, la verità è sufficiente. E poi sono stanca, Julie. Voglio un attimo di tranquillità… per una volta. Non voglio più aver nulla a che fare con lei.»
«Almeno posso farle una fattura e fare finta che sia stato un incidente?»
Mio malgrado, mi ritrovai a sorridere. «D'accordo.»
«Fantastico! Penserò a tutto io e tu dovrai solo goderti il risultato.»
Umiliare Giorgina pubblicamente non mi avrebbe restituito quello che avevo perduto, ma sarebbe stato comunque esilarante.
«Dopodomani andiamo al concerto, allora?»
Eh?
Cosa?
Chi?
Dove?
«Uhm…» Borbottai. «Concerto…?»
Julia sospirò in maniera teatrale. «Il concerto di Coldplay, Rose! La band babbana di cui ti parlavo sull'espresso per Hogwarts questo settembre.»
Giusto. I Coldplay.
Non me lo ricordavo per niente, probabilmente non le avevo prestato davvero ascolto.
«Oh, certo!» Feci finta di ricordare. Seriamente, dovevo darci un taglio con le bugie. «Fantastico. Non vedo l'ora.»
Non ero particolarmente entusiasta, in realtà. Le folle mi spaventavano, e ritrovarmi in mezzo a quindicimila persone non era la mia più grande aspirazione. Non avevo più attacchi d'ansia, ma sentirmi circondata da troppa gente mi faceva stare male.
Julia ovviamente capì il mio disagio senza che dovessi esternarlo a parole.
«Se non te la senti, non preoccuparti.» Mi rassicurò con una punta di incertezza nella voce. «Ci andrò… da sola.»
«No, no.» Mi affrettai a dire. «Non ti lascerò andare da sola! E se ti succedesse qualcosa?»
«Non mi accadrà nulla. E avrò la bacchetta con me.»
«Non se ne parla.» Sentenziai. «Verrò con te.»
Potevo sopravvivere per un paio d'ore. Non sarebbe stato grave. Per Julia potevo farlo, perché se lei era felice, allora lo ero anche io.
«Davvero?» Mi chiese entusiasta la mia amica.
«Davvero.»
«Oh, grazie Rose! Sarà fantastico.»
Già… pensai. Non vedevo proprio l'ora.

Salutata la mia amica, mi affrettai a raggiungere gli altri in salotto.
Mia mamma stava parlando con lo zio Harry, mentre James se ne stava sdraiato per terra a guardare la tv assieme ai gemelli Scamander e a Lily, che pareva piuttosto irritata dalla vicinanza del fratello maggiore. Zia Ginny canticchiava dalla cucina mentre finiva di preparare il pranzo e Scorpius e Albus erano seduti sul divano a confabulare tra di loro con aria piuttosto indignata. Probabilmente stavano parlando di Quidditch.
Era evidente dall'espressione truce che mi rivolse mia madre quando mi vide comparire sulla soglia, che si stava spazientendo per la mia assenza.
Le rivolsi un sorrisetto di scuse e mi lasciai cadere sul divano tra Albus e Scorpius, invitandoli a farmi spazio senza troppe cerimonie.
Sospirai, ma quelli proseguirono la loro conversazione quasi come se non fossi appena piombata tra di loro come un sacco di patete.
«Non posso credere che il Puddlemere United abbia superato i Tornados.» Scorpius pareva parecchio arrabbiato. «Assurdo. Gioco meglio io del loro cercatore.»
Quidditch, pensai tra me e me compiaciuta. Ci avevo azzeccato! Non che avessi qualche dubbio, Scorpius e Albus erano fan sfegatati dei Tornados, proprio come mio padre.
Albus si incupì. «L'intera squadra di Serpeverde gioca meglio del Puddlemere United, Scorp.»
Sospirai di nuovo e incrociai le braccia al petto.
«Sì, ma è assurdo. Non possono avere tutta questa fortuna!- Esclamò Scorpius battendosi un pugno sulla gamba. «Hanno vinto l'ultima partita solamente perché il battitore ha spedito per sbaglio un bolide in testa a Splinter.»
Albus si passò una mano tra i capelli, come se stesse cercando la soluzione ad un complicato enigma. «Se la prossima settimana vinciamo contro i Chudley Cannons, forse possiamo ancora vincere il campionato.»
Mio cugino non pareva molto sicuro di ciò che stava dicendo, e neppure Scorpius.
«La vedo dura. I Chudley Cannons sono molto in forma quest'anno. Però se perdono di almeno 150 punti contro i Ballycastle Bats… Nah, è impossibile. I Ballycastle sono più scarsi della squadra di Grifondoro di quest'anno a Hogwarts.»
Stettero in silenzio per qualche istante per meditare sulle loro parole, o per trovare una piccola possibilità per i Tornados di vincere la coppa a fine stagione.
Approfittai di quella pausa per fare un altro sospiro, sperando che mi chiedessero cosa ci fosse che non andava. Ma erano ragazzi e questi segnali non riuscivano proprio a coglierli, in più stavano pensando al Quidditch, quindi avrebbero continuato a ignorarmi senza farsi troppi problemi.
«Ragazzi.» Li chiamai con eloquenza. «Sospirare con aria afflitta è il segnale universale per una persona che ha bisogno di aiuto.»
«E continuare a fare ciò che si stava facendo ignorando il sospirare è il segnale universale per qualcuno che ti vuole ignorare.» Mi rispose Albus con un sorriso angelico, battendo il cinque a Scorpius sopa la mia testa.
Guardai in cagnesco entrambi e poi tirai una spallata a mio cugino, probabilmente facendo più male a me stessa che a lui.
«Divertente. Sapete cosa? Me la caverò da sola, visto che voi due siete così impegnati a blaterare di Quidditch.»
«Noi non blateriamo.» Mi riprese Scorpius. «Il Quidditch è roba seria.»
Sventolai una mano per aria per liquidare le sue parole. «Come vi pare.»
«D'accordo, Rose.» Fece Al con un sorriso. «Che succede?»
Raccontai della conversazione che avevo avuto con Julia pochi minuti prima, sperando che parlandone con qualcuno sarei stata meglio.
«Facile, non ci andare.»
Ecco, sempre di aiuto.
«Cosa?» Voltai il capo verso Scorpius così velocemente che mi feci male al collo.
Lui mi guardava con leggerezza, come se avesse appena detto la cosa più logica dell'universo. Mi fissò negli occhi per qualche secondo, poi distolse lo sguardo come se si fosse scottato.
«Se non vuoi andare e se pensi che possa farti più male che bene, dovresti stare a casa.» Scorpius si contorceva le mani, come se parlare gli risultasse particolarmente difficile. Mi sembrava piuttosto turbato, e temevo fosse colpa mia.
«Non so.» Aggiunse Al pensoso. «Voglio dire, è un'occasione unica… quando ti ricapita?»
«Ti ricordo che a me di questa band non importa un accidenti.» Specificai io. «Non ricordo neanche il nome.»
«Visto? E' lei la prima a non volerci andare.» Disse Scorpius rivolto a mio cugino.
«Lo so, ma…»
«Di cosa parlate?»
James, da brava pettegola qual era, si era avvicinato a noi e ora se ne stava seduto davanti al divano a gambe incrociate.
«Di niente, James.» Mi affrettai a rispondere io. «Fatti gli affari tuoi.»
«Rosie Posie, si è svegliata dalla parte sbagliata del letto oggi.» Mi rivolse un ghigno malizioso e poi ammiccò in direzione di Scorpius. «E credo di sapere di chi è la colpa.»
Sentii il viso colorarsi della stessa tonalità dei miei capelli. Presi il cuscino che avevo dietro la schiena e glielo lanciai in faccia.
Albus rideva, Scorpius, alla mia sinistra, era immobile.
Non voltarti a guardarlo, Rose. Mi imposi. Non lo guardare.
Quella volta mi diedi ascolto.
James aveva acciuffato il cuscino e me lo aveva lanciato indietro.
«Dài, seriamente.» Disse brontolando. «Non escludetemi dai vostri discorsi! Non ce la faccio più ad ascoltare Lorcan e Lysander blaterare sulle proprietà curative della polvere di Nargilli.»
Effettivamente, un po' mi faceva pena, quindi decisi di metterlo al corrente del mio dilemma.
«Tu sei completamente fuori di testa, Rose!»
«Sempre gentile, James.»
«Sono serio!» I suoi occhi brillavano e sembrava un bambino al quale erano appena stati regalati due sacchi pieni di caramelle. «Ho sempre desiderato andare a un concerto babbano. E conosco i Coldplay, in Irlanda ne parlano tutti. Come fate a non sapere chi sono? Ma dove vivete?»
«Ehm…» Iniziò Al, facendo finta di pensarci. «A Hogwarts?»
James lo ignorò. «Rose, ci devi andare.»
Il mio cervello aveva iniziato a lavorare. E se…
«Ragazzi, volete scusarmi un secondo?»
Senza attendere una risposta, mi alzai e scappai verso il bagno all'ultimo piano.
Mi chiusi la porta alle spalle, controllando che nessuno mi seguisse, e poi composi il numero di Julia.
Rispondi, rispondi, rispondi.
«Rose?» La voce della mia amica mi arrivò dall'altra parte del dispositivo e io tirai un sospiro di sollievo. «Che succede? Va tutto bene?»
«Cosa risponderesti se ti dicessi che, ipoteticamente parlando, potrei averti combinato un appuntamento con James Sirius Potter?»
Silenzio.
Julia aveva sempre avuto una cotta per mio cugino James. Non chiedetemi come potesse una ragazza meravigliosa come Julia essere innamorata di un tale idiota, perché non conoscevo la risposta.
Okay, va bene. Effettivamente ero troppo dura con James. In realtà gli volevo bene e sapevo che aveva un gran cuore, però io e lui ci eravamo sempre stuzzicati e presi in giro sin da quando eravamo bambini; o meglio, lui mi prendeva in giro e io lo mandavo a quel paese.
«Che cos'hai fatto?» Julia sembrava furiosa. «Rose Weasley, dimmi che non gli hai detto nulla. Omiodio, ti odio.»
«Calma, calma, calma.» Le dissi io ridendo. «Non gli ho detto proprio niente e non c'è nulla di fatto.»
«Allora ti diverti solo a farmi prendere gli infarti.»
«No, no. Stavamo parlando del concerto dei, ehm, della band…»
«Coldplay.»
«Sì, loro, ed è venuto fuori che James ci vorrebbe venire.»
Sperai che ci arrivasse da sola, e così fu.
«E tu vorresti lasciare il tuo biglietto a lui?»
«Esatto. Dopotutto io non so neanche chi siano questi Colsay, James invece li conosce molto bene.»
Julia sembrava scettica. «Non lo so, Rose. Non ha mai mostrato il minimo interesse per me in quel senso… eravamo amici, sì. Ci scambiavamo qualche battuta, ma niente di più. Magari si è anche dimenticato di me, con tutte quelle ragazze che gli girano intorno ora che è un giocatore di Quidditch affermato.»
Quello era assurdo. James sapeva bene chi era Julia e di sicuro si ricordava di lei. Mi aveva giusto chiesto quella mattina come stesse e se fossimo ancora amiche.
«Sciocchezze, Julie. So per certo che si ricorda di te e che desidera davvero venire a questo concerto.»
«E tu saresti disposta a rinunciare per farmi andare con lui?»
Temevo me lo avrebbe chiesto, e mi sentii terribilmente in colpa. Credeva che mi stessi sacrificando per renderla felice, quando invece stavo soltanto sfruttando la sua cotta per James per evitare di accompagnarla.
«Se è ciò che vuoi davvero, certo.» Le risposi, tentando di pulirmi la coscienza come potevo. «Ovviamente solo se lo vuoi. Se non ti va, vengo io con te.»
Julia ci pensò un po' e poi borbottò qualcosa che non colsi.
«Julia, non capisco se parli così a bassa voce.»
«Ho detto che va bene. A una condizione però.»
Dovetti reprimere un'esclamazione di gioia. «Qualsiasi cosa.»
«Non fargli per nessun motivo intendere che ti ho chiesto io di rinunciare al biglietto per darlo a lui. Devi fargli credere che è una tua decisione spontanea.»
Non credevo ci sarebbero stati molti problemi, dato che James sapeva che non ci volevo andare.
«Non preoccuparti.» Dissi. «In ogni caso James non sarebbe abbastanza sveglio per capire che si tratta di una cospirazione per farlo uscire con te.»
«Rose.» Mi richiamò Julia, e la immaginai alzare gli occhi al cielo e sistemarsi gli occhiali sul naso.
«Be', è vero.»
Lei si mise a ridere, e io mi unii a lei.


Uscii dal bagno con il cellulare ancora in mano e un sorriso soddisfatto stampato sulle labbra, e per poco non mi andai a schiantare contro Scorpius.
«Oh, ecco dov'eri.» Mi disse lui con aria confusa.
«Ho trovato una soluzione per dopodomani!» Esclamai entusiasta, e per poco non gli gettai le braccia al collo per abbracciarlo. Scorpius inarcò un sopracciglio e inclinò il capo.
Mi ricordai che gli avevo espressamente chiesto di darmi del tempo e di mantenere le distanze, quindi non potevo biasimare il suo distacco e, soprattutto, non potevo comportarmi così. Dovevo mantenere anche io una certa distanza.
Mi diedi un contegno e gli spiegai a cos'avevo pensato. «E' perfetto, no? Julia esce con il ragazzo che le piace, James potrà assistere a un concerto e io non mi ritroverò schiacciata da quindicimila persone. Sono un genio!»
Scorpius sorrise leggermente e il suo sorriso mi scaldò il cuore. Temevo fosse arrabbiato con me, per quello che gli avevo chiesto quella mattina. Sinceramente lo avrei capito: dopo tutto quello che era successo tra di noi, la cosa più sensata era stare insieme e lasciarci tutto alle spalle, ma io ancora non ci riuscivo. Gli avevo detto che non aveva bisogno di farsi perdonare, ma la realtà era che ogni volta che mi stava vicino, mi venivano in mente le parole velenose che mi aveva sputato addosso durante gli anni precedenti. E anche se sapevo che non era colpa sua e che credeva che io per prima lo avessi tradito, non riuscivo a lasciarmi andare. Avevo bisogno di elaborare l'accaduto e poi, forse, sarei potuta stare di nuovo con lui.
«Sì, Rose.» Mi disse. «Lo sei.»
Mi guardò, la mascella contratta e il petto che si alzava e abbassava regolarmente. Ormai lo conoscevo e avevo capito che qualcosa lo turbava. Fece per dire qualcosa, poi però sembrò ripensarci.
«Che ci fai qui?» Chiesi allora.
«Ti cercavo.» Mi rispose. «E' arrivato tuo padre e tua madre si sta arrabbiando perché continui a sparire.»
«Oh, giusto. Sarà meglio andare, allora.»
Ma né io, né Scorpius, accennavamo a muovere un passo. Era come se ci fosse qualcosa sospeso tra di noi, come se avessimo bisogno di più tempo lì, da soli, sulle scale di casa Potter.
Mi diedi della stupida e feci per superarlo con una scrollata di spalle, ma lui mi bloccò.
«Aspetta, Rose.» Mi prese delicatamente per il braccio, quasi avesse paura di spezzarmi, e mi fece voltare verso di lui. Era così alto che per guardarlo negli occhi dovetti alzare il capo.
«Dimmi.» Lo incoraggiai, un po' scossa per la sua vicinanza.
Mi lasciò andare e fece un passo indietro, passandosi nervosamente una mano tra i capelli.
«Scorpius, stai bene?»
«Vuoi uscire con me?» Chiese tutto d'un fiato, e giurai di aver intravisto le sue guance arrossarsi.
«Ehm...»
«No, cioè, non in quel senso.» Si affrettò a precisare. «Okay, sono un idiota.»
«Uhm.»
Non riuscivo ad articolare una frase di senso compiuto, e ammetto di essermi sentita piuttosto stupida a starmene lì a fissarlo con la bocca semiaperta.
Che gli prendeva?
Scorpius si appoggiò al muro e mi guardò incerto. «E' solo che dopodomani Albus si vede finalmente con Jerome, e in teoria dovrei andare con loro, ma sai… non vorrei fare il terzo incomodo. E poi credo che vogliano stare un po' da soli. Quindi, visto che tu non devi più andare via con Julia, stavo pensando che potremmo andare da qualche parte insieme, io e te. Tipo Diagon Alley, o anche nella Londra Babbana. Dove vuoi tu.»
Avrei potuto dirgli che dovevo pensarci; avrei potuto passare le ore successive a corrodermi il fegato; avrei potuto dirgli di no. Avrei dovuto dirgli di no. Invece la risposta uscì dalle mie labbra come se non ci fossero altre possibilità. Certo che volevo andare a fare un giro con lui, dopotutto mica mi stava chiedendo di sposarlo.
«Okay.»
«Non ho secondi fini, davvero, è solo per non passare la giornata in casa, o fuori con Al e Jerome che si sbaciucchiano.»
«Scorpius?»
«Capisco se non vuoi. Cioè, giusto oggi mi hai detto che hai bisogno…»
«Scorpius!»
Lui finalmente smise di parlare e sbatté gli occhi un paio di volte.
Gli sorrisi e cercai di non scoppiare a ridere. «Ho detto che va bene.»
«Oh.» Parve stupito, ma si ricompose subito. «Bene, ottimo.»
Delle voci ci chiamarono dal piano di sotto, e nel giro di qualche secondo James apparve sulle scale.
«Ehi, voi due piccioncini.» Ci apostrofò con un sorrisone. «Vi muovete o no? Ho fame.»
Alzai gli occhi al cielo e pensai a una risposta pungente, ma, per la prima volta, non me ne venne nessuna.


Mio padre, dopo avermi dato un bacio sulla fronte aveva stretto la mano a Scorpius, rifilandogli poi un'occhiata truce di nascosto.
Nonostante tutto, apprezzavo che si sforzasse di essere gentile con lui.
Ovviamente a tavola non mancò la battuta di James sul fatto che io e Scorpius ci fossimo assentati per -a detta sua- un sacco di tempo. Tutti scoppiarono a ridere tranne me, Scorpius e mio padre. Io arrossii violentemente e lanciai un calcio negli stinchi al povero Albus invece che a James (la mia mira ha sempre fatto schifo),  Scorpius si chiuse in un silenzio meditabondo ostentando indifferenza, come se quelle insinuazioni non lo sfiorassero minimamente, e mio padre rischiò di strozzarsi con l'arrosto.
James aveva preso bene la notizia del concerto, e aveva detto che gli sarebbe piaciuto rivedere Julia. Chissà se avrebbe capito che la mia amica era cotta di lui. Non si direbbe, ma James non ci sapeva proprio fare con le ragazze. Mezza popolazione femminile di Hogwarts era innamorata di lui, ma questi aveva avuto solo qualche storia durata a mala pena un paio di settimane perché, davvero, non ne sapeva niente del gentil sesso. Faceva tanto la predica a me, ma lui non era poi così migliore. Forse era per questo che si divertiva a darmi del filo da torcere. 
Fu un pranzo tranquillo, Lily chiacchierò tutto il tempo con i gemelli Scamander, facendo gli occhi dolci a Lysander, James raccontò come procedevano gli allenamenti in Irlanda, gli adulti chiesero a Scorpius dei suoi progetti per il futuro, e ovviamente coinvolsero anche me nella conversazione, ma questa volta seppi destreggiarmi nelle mie bugie piuttosto bene. Albus annunciò che aveva deciso di diventare Auror come suo padre, e per poco sua madre non si mise a piangere, se per orgoglio o se per preoccupazione, non saprei proprio. 
Avevo mangiato tantissimo, e mi sentivo piena, sul punto di scoppiare. Mi rannicchiai meglio sulla sedia e repressi a fatica un grosso sbadiglio. Poi arrivò, assieme alla torta, la fatidica domanda.
«Albus, come va con Danielle?» Chiese Zia Ginny con naturalezza, senza la consapevolezza di essere sul punto di rovinare il Natale al figlio. «Era così che si chiamava, vero, Rose?»
Mi raddrizzai di scatto, e lanciai un'occhiata a Scorpius, anche lui preoccupato.
«Uhm… zia Ginny, come fai a sapere di Danielle?» Domandai piano, cercando di non lasciar trasparire il panico che mi attanagliava le viscere.
«Ce ne hai parlato quest'estate, ricordi? Prima di partire per Hogwarts! Hai detto che ad Al sarebbe piaciuta. Quindi sto chiedendo.» Si rivolse al figlio. «Ti piace, caro?»
Incredibile come le persone ricordassero solo ciò che faceva comodo a loro.
«Oh sì!» James sbucò dalla cucina con la torta. «Ne ho sentito parlare. Sapete, le mie fonti. Alby Bello sta diventando uomo, eh?» Posò il dolce sul tavolo, per poi tirare una pacca sulla schiena al fratello, facendogli quasi cadere la faccia nel piatto.
Perché quella pettegola non si tappava la bocca?
Gli occhi verdi di Albus erano spalancati, vuoti, e brillavano ancora di più sul suo viso, che era pallido come quello di un cadavere.
«I-i-io… Sì, mi piace.» Decise di rispondere mio cugino, e io non obiettai, anche se ero dell'avviso che prima o poi, la verità, sarebbe venuta a galla. Viene sempre a galla.
Gli presi la mano da sotto il tavolo senza farmi vedere, e gliela strinsi. Dall'altro lato, Scorpius aveva appoggiato la mano sulla sua gamba. Eravamo lì entrambi per lui.
Zia Ginny proruppe in un'esclamazione di giubilo. «Fantastico! E dicci un po' di lei. Com'è?»
«Signora Weasley, questa torta è deliziosa.» Attaccò Scorpius, mettendosi in bocca un pezzo di torta gigante. «Mai mangiato niente di simile, mi può dare la ricetta?»
«Scorpius ha ragione.» Cinguettai io andandogli dietro. «Ci hai messo la cannella? Io amo la cannella. Davvero. E' fantastica. Non pensate sia fantastica?»
«Sì, anche io. Ma non penso ci sia della cannella qui.»
«Io continuo a credere che qui dentro ci sia la cannella, invece.» Ripetei io imperterrita, sporgendomi sul tavolo per guardare Scorpius.
Lui mi rivolse uno sguardo educato, ma sul suo volto lessi una punta di divertimento quando mi fece di nascosto l'occhiolino.
Mia madre spostava lo sguardo da me a Scorpius indignata, papà e zio Harry si scambiarono occhiate confuse, zia Ginny era chiaramente spiazzata, e persino James ci guardavano come se avessimo appena sbattuto la testa. Gli unici che non ci prestavano attenzione erano i gemelli, troppo persi nel loro mondo fatto di Nargilli e Gorgosprizzi, e Lily che si faceva i fatti suoi con molta discrezione.
Zia Ginny fu la prima a riprendersi. «No, non ci ho messo la cannella, Rose. Ma sono felice che vi piaccia, vi ringrazio per i complimenti.»
«Ragazzi.» Mia madre era sconvolta. «Vi sembra il modo di interrompere una conversazione? Albus stava per dire qualcosa, vero caro?»
«Sì.» Questa volta mio cugino sembrava più sicuro, ma non volevo darlo in pasto ai leoni senza combattere.
Iniziai a scervellarmi per trovare un altro argomento che avrebbe risucchiato l'attenzione di quel branco di pettegole, ma non mi veniva in mente nulla. L'unica notizia che avrebbe potuto salvare il povero Albus era che io e Scorpius ci eravamo fidanzati e che avevamo fissato la data delle nozze per il mese prossimo alle Hawaii.
Notando il mio nervosismo, Albus mi strinse la mano, come se fosse stato lui quello che doveva infondere coraggio a me e non il contrario.
«Lei è bellissima.» Disse semplicemente lui. «Non sorride spesso, ma quando lo fa è come se si illuminasse l'intero castello.»
Dovetti trattenermi dall'inarcare un sopracciglio. Wow, Scorpius gli aveva dato delle belle lezioni di recitazione…
«Che dolce.» Sospirò zia Ginny. «Non è dolce, Harry?»
Zio Harry annuì. «Certo. Ma credo tu lo stia mettendo in imbarazzo, Ginny.»
«Sciocchezze!» Fece lei sventolando una mano per aria. «E cosa le piace?»
Albus ci pensò un po', e quando rispose pareva sereno. «Il Quidditch.»
«Allora sei a posto, Albus.» Ridacchiò mio padre. «Avere una ragazza che non capisce niente di Quidditch è davvero frustrante.»
Mia madre alzò gli occhi al cielo e mio padre le stampò un bacio sulla guancia.
«Ci sono anche altre cose oltre al Quidditch, ma voi uomini non sembrate capirlo.»
«Le piace anche la musica. Suona il pianoforte.» Continuò Albus.
Da quando Danielle suona il piano?
«E' una persona molto tranquilla, perciò mi fa bene stare con lei.» Non capivo perché Al continuasse a parlare. Aveva dato a sua madre ciò che voleva, che senso aveva andare avanti a mentire? «Mi piace davvero tanto. Mi fa sentire come se potessi essere davvero me stesso.»
«Quindi state insieme?» Chiese James.
«Sì.» Rispose secco Albus, sfidandolo a prenderlo in giro.
«Devi assolutamente invitarla a cena, caro!»
Albus perse il poco colore che aveva riacquistato poco prima.
«Non trovate che la neve sia bellissima?» Saltai su io. «Propongo di uscire a giocare a palle di neve!»
Scorpius era praticamente già in piedi. «Concordo. Albus, andiamo?»
Ma Albus non dava segno di volersi muovere. Se ne stava seduto al suo posto con le spalle incurvate e un'espressione vuota, come se gli fosse stata risucchiata via la vita dal corpo. Gli tirai la manica della felpa e lui mi sorrise. «Va tutto bene, Rose. E' ora, temo.»
Zia Ginny stava iniziando a preoccuparsi. «Stai bene, Albus?»
«Sì. E mi piacerebbe invitare Danielle a cena. C'è solo un piccolo problema: non credo che lei vorrà venire.»
«E come mai?» Chiese suo padre pulendosi gli occhiali nella tovaglia. «Se è per colpa mia, se si sente in soggezione, posso sempre uscire…»
«No no!» Si affrettò a rassicurarlo Al. «No, non è per questo. E' solo che io e Danielle non stiamo insieme.»
«Aha! Lo sapevo!» Esclamò James. Tutti lo guardammo in cagnesco e lui si strinse nelle spalle. «Che c'è? Non esiste che Alby Bello porti a casa una ragazza prima di me.»
«Credo che tu non debba preoccuparti di questo.»
James parve confuso. «Okay, sei un po' sfigato, ma non essere così negativo, Al. Prima o poi troverai una ragazza a cui piaci.»
«Il punto è proprio questo, James.» Albus guardò i suoi parenti e prese un respiro profondo. «Sono io a non volere una ragazza.»
«Oh, non importa, Albus caro.» Disse subito Ginny. «Hai tutto il tempo di questo mondo.»
Ora Albus sembrava a disagio, e suo padre lo capì. «Ginny, non credo che quello fosse ciò che Albus stava cercando di dirci.»
«Non voglio una ragazza perché non mi piacciono le ragazze.» Sputò fuori mio cugino con la voce che tremava. «Però prima non ho mentito. Non del tutto, per lo meno. C'è davvero qualcuno che mi piace e che posso invitare a cena, sempre se siete d'accordo. Il suo nome è Jerome.»
Scoppiò il putiferio. James si mise a ridere senza mostrare il minimo tatto, mio padre spalancò la bocca, zio Harry pareva tranquillo, mentre zia Ginny svenne.
«Dovresti vedere la tua faccia, Al.» Continuò a sghignazzare James. «Sembrava volessi comunicarci che ti restano solo tre settimane di vita.» Poi si accorse della madre svenuta e inarcò un sopracciglio. «Santo cielo, quante storie. E poi sarei io il melodrammatico e l'esibizionista.»
«Oh, Merlino!» Esclamò zio Harry avvicinandosi alla moglie. La fece rinvenire con un incantesimo e la aiutò a sedersi su una sedia.
Quando questa si fu ripresa, balbettò. «C-c-che significa?»
«A me pare molto chiaro.» Feci io arrabbiata. «Non è difficile da capire.»
«Rose Weasley!» Mi riprese mia madre. «Modera i toni.»
Nessuno osava dire niente e Albus iniziò a sentirsi a disagio. Era evidente che era mortificato per aver fatto svenire zia Ginny, e il fatto che nessuno lo confortasse, o gli dicesse che andava bene così, non aiutava. I suoi occhi si riempirono di lacrime, e io desiderai prendere tutti a pugni.
Scorpius gli mise una mano sulla spalla, ma Albus la ignorò. Si alzò con una lentezza disarmante e lasciò la stanza.
«Wow.» Dissi, battendo le mani un paio di volte. «Complimenti.»
«Rose!»
«E' vero, mamma!» Continuai indignata, una rabbia cieca che mi montava nelle viscere. «Avreste potuto dire qualcosa. Qualsiasi cosa! E invece lo avete lasciato lì a guardarvi come uno stoccafisso.»
«Per una volta sono d'accordo con la rossa.» Disse James con fare annoiato. «Non è questa grande tragedia, mamma.»
«No no no.» Mugugnò zia Ginny con una mano sul cuore. «Certo che no! Qualcuno lo fermi, vi prego. Sono una stupida! Che madre è quella che sviene in situazione simili?» Fece per alzarsi ma Harry la rispinse sulla sedia.
«No, lo vado a chiamare io. Tu resta qui.»
Ma zio Harry non fece in tempo a muoversi che in lontananza si sentì la porta di casa sbattere, segno che Albus se n'era andato.

 
NOTE DELL'AUTRICE
Buongiorno a tutti!
Ecco qua il capitolo. Non so dove ho trvoato il tempo per scriverlo, ma l'ho trovato ed ecco qua! Spero tanto che vi piaccia. <3
Come potete notare è Albus-centrico, perciò i fan di Albus ne saranno felici, e spero davvero che le persone che non erano d'accordo con la sua sessualità si possano ricredere. Perché questo è il mio Albus, ed è lo stesso dei primi capitoli. <3
Ha bisogno di molto amore in questo momento (?), quindi farei una colletta per comprargli una valanga di cioccolato per tirarlo su! Vorrei inoltre precisare che gli adulti Weasley-Potter erano soltanto molto stupiti perché non se lo sarebbero mai aspettato -Albus non aveva mai dato alcun segno come indizio alla sua omosessualità- e perciò non hanno saputo reagire nella maniera più adeguata, e Albus ha interpretato in maniera negativa una mancata reazione da parte di Harry -che stava solo pensando a cosa dire per evitare di dire la cosa sbaglata- e il mancamento di Ginny -che, semplicemente, non se lo aspettava. A James invece non frega niente della sessualità del fratello e si è fatto una bella risata, e il tatto non è una sua caratteristica. In reltà James supporterà molto Albus, e probabilmente vi stupirà! James è molto buono in realtà. :)
Nulla, spero vi piaccia e vi ringrazio immensamente per aver letto il capitolo. <3
A presto,
Francesca

Ritorna all'indice


Capitolo 25
*** Capitolo Ventiquattro. ***


Capitolo Ventiquattro

And I forget about you long enough
To forget why I needed to
All too well, Taylor Swift

 
 
«Mi odia! Mio figlio mi odia»
«No, Ginny. Albus non ti odia» Zio Harry passò un fazzoletto alla moglie.
«Invece sì» Ginny si soffiò il naso e assunse un'espressione risoluta. «Vado a parlarci»
«Ginny, credo sia meglio che tu ti riprenda prima» disse la mamma.
«Sto benissimo, Hermione» La zia si alzò. Nei suoi occhi ora brillava la determinazione. Mi ricordò una mamma orsa alla quale avevano ferito il cucciolo, con la differenza che era stata lei, seppur involontariamente, a fare del male al proprio figlio. «Vado»
«No» Dissi io, ancora arrabbiata. «Avete perso il diritto di parlare con lui, ora»
«Rose Weasley, adesso basta!» Sbottò mia madre rossa in volto. «Questi non sono affari tuoi, siediti e fa' silenzio. Ronald, di' qualcosa!» Aggiunse poi rivolta a papà, il quale mi lanciò un piccolo sorriso di scuse prima di difenderla. «Rose, sta' buona»
Traditore.
Non avevo intenzione di stare zitta. Non dopo aver visto la sofferenza dipinta sul volto di mio cugino.
Albus seguiva sempre le regole, sia a casa che a Hogwarts. Riordinava la camera quando la madre gli diceva di farlo, sparecchiava la tavola, non alzava la voce con i suoi genitori, e non se ne andava quando lo facevano arrabbiare. Restava, si scusava, e cercava di risolvere la situazione. Lui era sempre stato quello responsabile, quello pronto a ritrattare la propria posizione per cercare di trovare un compromesso.
Ma ora aveva deciso di andarsene. Aveva girato i tacchi e, silenzioso come un fantasma, se n'era semplicemente andato via. Aveva deciso di non cercare una mediazione. Era arrabbiato, probabilmente più con se stesso che con altri.
Sapevo che in quel momento aveva bisogno dei suoi genitori che gli dicessero che andava tutto bene e che lo amavano tanto quanto prima, ma un istinto protettivo così intenso da farmi tremare le mani mi urlava di non permettere a nessuno di avvicinarsi a lui. Avevo paura che, senza volerlo, potessero ferirlo di nuovo.
«Prima di parlare con lui, dovete essere pronti» dissi allora. «E dovete essere chiari per evitare che fraintenda le vostre parole»
Scorpius, che per tutto quel tempo era stato zitto, si schiarì la voce. «Se posso permettermi, non credo ci sia molto da dire»
Gli lanciai un'occhiata, non capendo se mi stesse dando ragione o torto.
«Ditegli semplicemente che niente cambierà» spiegò con semplicità. «Perché è così, vero?»
«Certo» sospirò zio Harry pulendo gli occhiali con un lembo della tovaglia. «Certo che sì»
«Ovviamente!» Esclamò zia Ginny.
«Malfoy ha ragione» Si intromise James con fare annoiato. «Come al solito rendete una sciocchezza una questione di stato. E sono sicuro che se la mamma andasse a parlare ora con Albus, gli butterebbe addosso solamente ansia»
Zia Ginny parve oltraggiata. «Che stai dicendo?»
Suo figlio maggiore sospirò, come se dovesse spiegare un concetto molto difficile a un bambino di cinque anni. «Sei agitata»
«No che non lo sono»
James la guardò male e continuò. «Se cerchi di chiarire la situazione con Al in queste condizioni, lo farai sentire in colpa»
«Non essere ridicolo, James» lo riprese suo padre. «Nessuno farà sentire in colpa Albus»
Eppure, per quanto mi costasse ammetterlo, James Sirius Potter aveva maledettamente ragione: Albus si sarebbe sentito responsabile per aver causato un mancamento alla madre. Lui era fatto così.
Aprii la bocca per parlare, ma quella che udii non era la mia voce.
«Chiedo scusa, signora Potter, ma stiamo parlando di Albus. Sapete...» Scorpius sembrava mortificato. «Be', sapete com'è lui. E' convinto di avervi causato dolore, e se andate a parlargli mostrandovi agitati o a disagio, confermerete la sua teoria e lo distruggerete. Non è pronto»
Zia Ginny si lasciò cadere sulla sedia sconfitta e incrociò le braccia al petto. «Che cosa dovremmo fare, allora?»
«Niente» rispose James, alzandosi. «So io dove si è cacciato. Vado a recuperarlo»
«Tu?» Alzai un sopracciglio. «Come puoi saperlo tu?»
James mi rivolse un sorriso sghembo mentre si infilava la giacca. «Sono un ragazzo pieno di risorse! Ci si vede più tardi, gente»
Guardai Scorpius accigliata e sul suo volto lessi la mia stessa confusione.
«Me ne vado anche io» decretai stizzita.
«Rose! Non se ne parla» mi riprese mia madre, ma io la ignorai e afferrai il cappotto dall'appendiabiti con aria di sfida.
«Lasciala andare, Hermione» disse zio Harry. «Lasciala andare»
Scorpius sussultò leggermente e parve indeciso sul da farsi.
Non pretendevo che mi seguisse. Dopotutto mi stavo comportando in modo maleducato, abbandonando il pranzo prima del tempo, e Scorpius non era un maleducato.
Mi affrettai verso la porta, sperando di raggiungere James e di riuscire a parlare anche io con Albus, ma quando mi ritrovai per strada, questa era deserta.
Imprecai sottovoce e cercai di capire dove potesse essersi cacciato Albus.
Forse al parchetto dove ci piaceva giocare da piccoli, pensai.
Valeva la pena tentare, perciò mi avviai in quella direzione. In lontananza si ergeva il monumento in onore di Lily e James Potter -i nonni di James, Al e Lily- ma la mia testa era altrove: lo fissavo senza vederlo veramente.
Sfilai il telefono dalla tasca del cappotto e mandai un messaggio a mio cugino.
 
Al, tutto okay?
 
Pregai che mi rispondesse in fretta dicendomi dove si trovava, in modo che potessi raggiungerlo. Mi fermai in mezzo alla strada con il telefono tra le mani -congelate, dal momento che avevo dimenticato i guanti a casa- in attesa di una sua risposta. Attesi, infreddolita e scossa dai brividi, finché fu chiaro che Albus non mi avrebbe dato sue notizie.
Decisi comunque di fare una passeggiata, nel tentativo di trovare mio cugino nascosto da qualche parte.
Godric's Hollow non era un gran paese; al contrario, era piuttosto piccolo. Nel giro di un'ora avevo controllato in tutti i posti dove Albus avrebbe potuto cacciarsi. Ero persino entrata in Chiesa e mi ero seduta su una panca a sentire i canti di Natale, per poi lasciare l'edificio all'inizio della funzione del tardo pomeriggio, giunta alla conclusione che probabilmente mio cugino si era smaterializzato chissà dove.
Fuori era ormai buio, e le strade continuavano a essere deserte, a parte per alcuni babbani che si scambiavano gli auguri sui gradini della Chiesa.
Decisi che era il momento di tornare a casa.
Mi sentii improvvisamente in colpa per aver lasciato tutto il pomeriggio Scorpius da solo.
Bell'amica, Rose. Mi sgridai.
Mi affrettai verso la mia via stringendomi le braccia attorno al petto per proteggermi dal vento. Stava ricominciando a nevicare e il freddo mi si infilava sotto il cappotto pesante.
La luce del salotto di casa mia era accesa e immaginai mamma e papà che si riposavano sul divano, Hugo probabilmente era rimasto dai Potter perché dalla sua stanza proveniva solo il buio.
Sbattei i piedi sullo zerbino e mi passai le mani tra i capelli bagnati per togliere la neve che ci era rimasta impigliata lungo il tragitto.
Entrai piano, cercando di non farmi sentire dai miei. Ma ovviamente niente andava mai come desideravo io.
«Rose?» Mi chiamò mia madre. «Rose, sei tu?»
«Sì» mugugnai in risposta.
Mi tolsi la giacca e mi beai un attimo del calore di casa mia prima di dirigermi in salotto contro voglia.
Lì trovai papà su una poltrona che leggeva il giornale e la mamma sul divano con delle carte dall'aria importante sparse sul tavolino di fronte a sé.
L'avvocato Hermione Granger fece per dire qualcosa, ma io la bloccai.
«Sentite, so che siete arrabbiati» dissi. «Ma stavo per esplodere prima. Tutto ciò che desideravo era trovare Albus. Andrò a scusarmi con zia Ginny e zio Harry domani. Lasciatemi andare in camera mia, non riuscirei a sopportare una predica in questo momento»
«L'hai trovato?» Mi chiese papà chiudendo la Gazzetta del profeta. «Albus, intendo»
«No» risposi cupa. «Temo si sia smaterializzato da qualche parte… Forse da Jerome stesso»
Mia madre si alzò rigidamente e mi si avvicinò con un'espressione incerta dipinta sul volto. «Non era mia intenzione sgridarti, Rose» mi disse piano.
«Ah no?» Non c'era sarcasmo nella mia voce, solo una genuina sorpresa.
Lei scosse la testa e mi abbracciò.
Lo ammetto, fu strano. Io e mamma non ci abbracciavamo, e mi sentivo strana quando accadeva.
«Sono solo contenta che tu stia bene» mi mormorò piano nell'orecchio.
Le diedi qualche pacca sulla schiena imbarazzata. «Sto bene, perché non dovrei?»
Lei si allontanò da me e prese tra le mani la tazza di tè che aveva lasciato sul tavolino. «Eri sconvolta prima. Rose, avresti dovuto vedere la tua faccia»
Mi sentii leggermente punta sul vivo, perché quel pomeriggio avevo avuto modo di riflettere sulla mia reazione e mi ero resa conto di aver esagerato. Zia Ginny non intendeva ferire Albus, nessuno intendeva ferire Albus.
«E' solo che...» Guardai mio padre in cerca di aiuto.
Lui mi sorrise. 
«Voglio solo che Al sia felice» continuai abbassando il capo e fissandomi la punta dei piedi. Le mie collant erano bagnate fradice, ma non avevo la forza per fare un incantesimo per asciugarmi. «Lui non merita di soffrire. Lui è buono, e gentile, e puro, e non c'è niente che non vada in lui»
«Nessuno pensa che ci sia qualcosa di sbagliato in lui» mi fece notare piano mia mamma.
«Lo so!» Esclamai. Mi bruciavano gli occhi. «Il problema è che lui lo pensa. E oggi glielo avete confermato. So che non era vostra intenzione» mi affrettai ad aggiungere. «Davvero, lo capisco. E capisco anche di aver reagito in maniera esagerata. Mi dispiace»
«Non ti devi scusare, Rosie» disse mio padre.
Annuii piano. «Io andrei in camera ora»
Misi un piede sul primo gradino delle scale e poi mi bloccai. «Uhm… Scorpius… ?»
«E' di sopra» mi rispose mia madre con un sorrisetto.
Papà borbottò qualcosa contrariato, ma io non gli prestai attenzione.
 
«Avanti»
Mi rispose la voce di Scorpius da dietro la porta.
«Posso?» Chiesi, mettendo la testa nella stanza.
Scorpius era seduto sul letto con un gran libro aperto davanti a sé. L'unica luce proveniva da una lampada accesa sul comodino, che proiettava ombre scure sul suo volto. Eppure, nonostante la semi oscurità, lo splendore del suo viso avrebbe potuto rendere pallide le stelle, così come la luce del giorno debole la fiamma di una torcia*.
Quando mi vide, sospirò di sollievo. «Certo»
Non me lo feci ripetere. Entrai e mi sistemai sul letto accanto a lui, appoggiando la schiena alla testiera e allungando le gambe affianco alle sue.
«Notizie da Al?» Mi chiese.
Scossi la testa. «Nessuna. Tu?»
«Mi ha appena mandato un messaggio James» rispose lui. «Ha detto che sono appena tornati a casa»
Inarcai un sopracciglio. «Da quando hai il numero di James?»
«Non lo ho»
«Da quando James ha il tuo numero?»
Scorpius alzò le spalle. «Non ne ho idea. Glielo avrà dato Albus»
Non riuscii a nascondere la delusione dal mio volto. «Avrebbe potuto scrivere anche a me»
Scorpius mi mise una mano sulla spalla. «Rose»
«Sono stata fuori tuto il pomeriggio a cercarlo» sussurrai. «Ero preoccupata»
Scorpius tolse la mano dalla mia spalla e annuì. «Lo so. Anche io lo ero»
Lo guardai. Si era cambiato e ora indossava una felpa grigia al posto della camicia, i suoi occhi brillavano leggermente e sul suo volto era dipinta un'espressione dispiaciuta.
Era dispiaciuto per me.
Scrollai le spalle. «Non importa. L'importante è che Albus stia bene, e che ora sia a casa»
«Albus ti vuole bene»
«Lo so» dissi piano io. «E' solo che con me non parla mai delle cose che davvero contano»
«Ovvero?»
«Ovvero» mi bloccai, a corto di parole. «Io non sapevo nulla di Jerome. Non sapevo neppure che… che ad Albus piacessero i ragazzi»
«Se è per questo, neppure io lo sapevo» disse Scorpius. «Lo avevo intuito, ma lui non me ne ha mai parlato. E' Albus. Fa fatica ad aprire il suo cuore agli altri, ma pretende che gli altri lo facciano con lui»
Annuii mesta, consapevole che Scorpius aveva ragione, e mi misi a giocherellare con l'orlo della gonna tanto per avere qualcosa da fare.
«Mi dispiace» sospirai dopo un po'. «Ti ho lasciato da solo tutto pomeriggio» 
Scorpius parve colto di sorpresa e inclinò il capo. Una volta che si fu ripreso mi sorrise, e sentii una strana sensazione alla bocca dello stomaco.
«Non importa. Ho giocato a scacchi con Lily e i gemelli. È stato divertente»
Ci credevo. Sembrava davvero felice. «E hai vinto?»
Lui ghignò. «Ovviamente»
Solo Albus era stato in grado di sconfiggerlo a scacchi.
Mi prese una ciocca di capelli e se la rigirò piano tra le dita.
«Non ti stai raffreddando?» Chiese piano, continuando a giocherellare con i miei capelli.
Alzai le spalle. «Ho lasciato la bacchetta nella giacca»
Scorpius prese la sua dal comodino e me la batté una volta sulla testa. Una sensazione di calore mi invase e in un attimo mi ritrovai perfettamente asciutta.
Scorpius mi prese le mani tra le sue e il mio cuore mancò un battito. Se le portò alle labbra e ci soffiò sopra nel tentativo di riscaldarle.
«Sono sempre gelide» disse. «Le tue mani, intendo»
Io annuii, e quando incrociai il suo sguardo probabilmente lesse nei miei occhi il mare di sentimenti che quel piccolo contatto aveva risvegliato, perché mi lasciò andare imbarazzato.
«Che ne dici di guardare un film?» Chiesi, per spezzare la tensione.
Quella era la stanza degli ospiti che di solito occupavano i nonni babbani quando ci venivano a trovare, perciò ci avevamo messo una TV e altri strumenti elettronici, così che si sentissero più a loro agio in una casa piena di magia.
«Uhm, okay» acconsentì lui.
Mi alzai e mi diressi verso il televisore.
«Che film vuoi vedere?» Chiesi, dando un'occhiata ai DVD che la mamma aveva lasciato per i nonni.
«Ehm…»
Davo le spalle a Scorpius, ma potevo immaginare la sua espressione confusa. A casa sua la tecnologia era bandita -teneva il cellulare di nascosto- e gli unici film che avesse mai visto li aveva visti a casa mia qualche anno addietro.
«Okay, scelgo io» decretai.
«Non Orgoglio e Pregiudizio» disse subito Scorpius, e io ritrassi la mano con cui stavo giusto per afferrare il DVD. «Me lo hai già fatto vedere due volte»
«Non avrei scelto quello» mentii spudoratamente, voltando il capo e rivolgendogli un'espressione innocente.
Scorpius incrociò le braccia al petto e alzò un sopracciglio.
Scrollai le spalle e optai per Titanic. Scorpius mi avrebbe probabilmente preso in giro una volta realizzato di che cosa si trattava, ma non mi importava.
«Hai presente il Titanic?» Gli chiesi, mentre inserivo il DVD nel lettore e facevo partire il film.
«Il transatlantico dell'iceberg?»
Lo guardai male. «Il transatlantico dell'iceberg? Chi sei e che cosa ne hai fatto di Scorpius - sono un'enciclopedia vivente - Malfoy?»
«Mi stai sfidando?» Mi chiese lui con un ghigno.
«Forse»
«Il Titanic era un transatlantico diretto negli Stati Uniti che affondò a causa di una collisione con un iceber nel 1912. Era il 15 Aprile, se non ricordo male»
Okay, ora lo riconoscevo.
«Comunque» proseguì, un po' troppo compiaciuto. «Ci hanno fatto un film?»
«Esatto» dissi, sedendomi accanto a lui sul letto.
«Interessante»
Trattenni una risata e spensi la luce. Non vedevo l'ora che si rendesse conto che in realtà si trattava della storia d'amore più cliché del secolo.
 
Più di due ore e mezza e qualche sbuffata più tardi, il film terminò.
Scorpius aveva storto il naso quando aveva capito che purtroppo non stavamo guardando un documentario -né tanto meno di un film d'azione- ma aveva tenuto i commenti per la fine.
«Finito?» Chiese indignato.
«Già» feci io di rimando, trattenendo una risata.
Scorpius sembrò riflettere per qualche istante, come se volesse raccogliere i propri pensieri prima di esprimerli.
«Come fa alla gente a piacere certa roba?» Sbottò alla fine. «Non è reale. Non lo è neanche lontanamente»
«E' un film, Scorp, e la gente non vuole che sia reale»
«Be', io sì» ribadì testardo, per poi riprendere la sua invettiva. «Non si conoscevano! Quei due non si conoscevano per niente… E lui ha sacrificato la sua vita per lei» sembrava sconvolto. «Questo non è amore. Come può esserlo?»
«Sarebbe potuto diventarlo» feci notare io ragionevolmente.
«E se invece, con il tempo, avessero scoperto di non sopportarsi?» Scorpius scosse la testa. «Povero Jack. Anzi, stupido Jack! Su quella porta ci sarebbero benissimo stati tutti e due!»
Mi venne da ridere. Una delle mie certezze nella vita era che, nel bene o nel male, per Scorpius non era mai "solo un libro" o "solo un film". Si avvicinava all'arte con l'anima aperta e si lasciava toccare da essa, proprio come me.
Scorpius mi guardò con occhi spalancati. «Non dirmi che tu ci credi?»
«A cosa?»
«A questo» Scorp gesticolò in direzione della TV, dove ormai scorrevano i titoli di coda. «All'amore a prima vista e a tutte quelle altre stronzate»
«No» Risposi tranquillamente. «Per niente»
«E allora perché ti piace?»
«Mi piaceva» dissi. «La prima volta che lo vidi piansi, in effetti»
Scorpius si mise una mano sul cuore. «Tu quoque, Rose?»
Alzai gli occhi al cielo. «E' successo anni fa e pensavo che quello fosse, sai, il vero amore. Poi ho capito che l'amore matura con il tempo, che è complicato, e che non ti puoi innamorare di una persona dopo due giorni che la conosci. Però resta comunque una bella storia»
«Bella storia? Lui è morto e lei ha dovuto vivere con il peso della sua morte sulle spalle. E' una storia terribile»
«Hai capito cosa intendo» dissi con una scrollata di spalle. «Piace alle persone perché tutti vorremmo provare un sentimento tanto forte per qualcuno, indipendentemente dalla fine tragica»
Scorpius si girò su un fianco reggendosi sul gomito per guardarmi meglio. «Jack non sapeva niente di Rose. Ad esempio... neanche conosceva il suo colore preferito»
Il tuo è il rosso, pensai.
«O il suo libro preferito»
Il tuo è Grandi Speranze.
«Scommetto che non avrebbe mai riconosciuto la sua voce in mezzo a Diagon Alley la domenica prima di Natale»
Io la tua la riconoscerei anche nel bel mezzo di una tempesta.
«E che non conosceva le sue insicurezze, o i luoghi più oscuri della sua anima»
Tuo padre è l'oscurità che non ti lascia splendere come potresti.
«E non dimentichiamoci la squadra di Quidditch» proseguì serio. «Non ti puoi innamorare di qualcuno senza sapere per che squadra tifa»
Sorrisi. «Non esiste il Quidditche nel mondo babbano, Scorp»
«Dettagli»
«E comunque» continuai piano. «Puoi amare qualcuno anche senza sapere queste cose»  Sprofondai un po' di più tra i cuscini e mi voltai anche io su un lato.
A metà film, più o meno quando la nave si era scontrata con l'iceberg, ci eravamo infilati entrambi sotto le coperte, mantenendo una netta distanza. Scorpius aveva rispettato i miei spazi, e a me stava bene così. Ora però i nostri visi erano alla stessa altezza e sentivo il suo respiro sfiorarmi la pelle.
«Davvero?»
Non risposi. Non ne ero convinta al cento per cento, anche se a volte pensavo di essermi innamorata di Scorpius sin dall'inizio. Certo, lo avevo realizzato al quinto anno, ma quando erano cambiate le cose tra di noi? Quando era diventato più di un amico? Magari era sempre stato qualcosa di diverso, solo che non me ne rendevo conto.
«Forse» mi si stavano per chiudere gli occhi dalla stanchezza; continuavo a ribattere solo perché non volevo smettere di parlare con lui e di sentire la sua voce.
Scorpius mi si avvicinò impercettibilmente, e io feci lo stesso, come attratta da una calamita.
Nell'oscurità vedevo i suoi occhi risplendere, le sue labbra a pochi centimetri dal mio viso, il suo naso sottile che sfiorava il mio...
«Per favore, non baciarmi» sospirai così sottovoce che sperai non mi sentisse.
Scorpius non si scompose di una virgola. «Non ti bacerò, se non vuoi»
«Non voglio»
«Okay» rispose, tenendo fisso lo sguardo su di me. «Non lo farò allora. Puoi fidarti»
«Lo so»
«Posso almeno…?» Mi chiese, sfiorandomi la guancia con le dita.
Annuii.
Spostò lentamente la mano sul mio fianco, poi la fece scorrere dietro la mia schiena e mi attirò a se. Glielo permisi. Mi lasciai circondare dal suo abbraccio e mi abbandonai contro il suo petto. Sentivo il suo cuore battere sotto l'orecchio e chiusi gli occhi, permettendogli di rimettere insieme i pezzi del disastro di cui lui stesso era stato artefice.

NOTE DELL'AUTRICE
CHIEDO UMILMENTE PERDONO PER IL RITARDO. Non voglio trovare scuse, ma... questa quinta mi distrugge! Mi distrugge a tal punto che ho dovuto tagliare il capitolo per poterlo pubblicare ora. Però questo significa che il prossimo arriverà relativamente presto! 
Chiedo anche scusa per gli errori di battitura che ci saranno sicuramente, argh!
Spero che il capitolo vi piaccia, anche se non succede niente, ma come ho detto ho sovuto tagliarlo, altrimenti chissà quando avrei pubblicato!
Vi lascio e vi ringrazio infinitamente! Non appena ho un attimo rispondo alle recensioni, grazie grazie se avete la pazienza di seguirmi ancora! <3 <3 <3 

Francesca

P.S. Un grazie a Veronica, lei sa perché. <3

    

*Questa è una citazione di Shakespeare.

Ritorna all'indice


Capitolo 26
*** Capitolo Venticinque. ***


Capitolo Venticinque

 
And our daddies used to joke about the two of us
They never believed we'd really fall in love
And our mamas smiled and rolled their eyes
And said oh my my my...
Mary's song, Taylor Swift

Faceva freddo.
Faceva freddo ed era ripreso a nevicare.
I fiocchi di neve volteggiavano nel cielo in una danza armoniosa, ricoprendo silenziosamente il mondo dei morti, così come quello dei vivi.
Tenevo gli occhi fissi sulla lapide davanti a me, in ricordo di coloro che non c'erano più.
 
                          Lily Evans                                          James Potter
                  30 gennaio 1960 - 31 ottobre 1981            27 marzo 1960 - 31 ottobre 1981
 
L'ultimo nemico che sarà sconfitto è la morte
 
L'ultimo nemico che sarà sconfitto è la morte. Lessi nella mia mente.
Non avevo mai afferrato veramente il significato di quelle parole, e ogni volta che chiedevo spiegazioni a mio padre, lui mi rispondeva che lo avrei dovuto capire da solo, vivendo.
Quando ero turbato venivo qui, al cimitero, davanti alla tomba dei miei nonni. Parlare con loro mi faceva sentire capito: loro ascoltavano e non giudicavano.
«Ehi» li salutai. Non mi aspettavo una vera e propria risposta, perciò continuai. «Buon Natale. Sono io, Albus»
Attesi, ma neppure io sapevo bene che cosa stessi aspettando. Un segno, forse. Qualcosa che mi dicesse che sì, mi avevano riconosciuto ed erano felici di vedermi. La parte razionale del mio cervello mi urlava di smettere di essere ridicolo e di andarmene, ma le mie gambe non si muovevano, ero come pietrificato. Paralizzato dalla neve che cadeva e si posava leggera tra i miei capelli, sul mio viso, sul mio cappotto.
Estrassi la bacchetta dalla tasca dei pantaloni e la sventolai davanti a me, facendo apparire dei fiori che si posarono delicatamente davanti alla lapide. Questi, incorniciati dal bianco della neve, davano una punta di colore alla spettrale atmosfera invernale. Portavano vita in un ambiente impregnato di morte.
«Vi starete chiedendo che cosa ci faccio qui» dissi a bassa voce. «Me lo domando anche io, in realtà. Non volevo stare da solo, ma non volevo neanche rimanere a casa. Non so neppure io perché sono così turbato da quanto successo. Dovrei essere fiero di ciò che sono» ci pensai su e mi corressi. «Ne sono fiero. Ho imparato ad accettarlo, sapete. E' solo che… non te lo dicono, quando sei un bambino. Non ti dicono quanto sia difficile essere diversi. Ti dicono che essere unico ti rende speciale, ma non ti dicono il prezzo da pagare. E' difficile» sospirai. «A volte è solo difficile»
Ero felice. Jerome mi rendeva davvero tanto felice. Da quando avevo avuto il coraggio di lasciarlo entrare nella mia vita, questa era migliorata drasticamente. Lui aveva portato luce nelle tenebre del mio animo; mi aveva fatto sentire davvero speciale.
Essere diversi era difficile, sì, ma lo era un po' meno con Jerome al mio fianco.
«Ho ereditato i tuoi occhi, sai?» Sussurrai poi, rivolto immaginariamente a mia nonna. «Mi sarebbe piaciuto incontrarti. E' un peccato che nessuno li erediterà più. In ogni caso però i figli di Lily e James potrebbero, giusto? Non so bene come funzioni la genetica, ma sono quasi sicuro che sia così. Inoltre, non sarei stato obbligato ad avere figli comunque, anche se non fossi stato…» Mi bloccai, incespicando sulla parola che tanto avevo paura di pronunciare. «Così»
«Gay, Albus» fece una voce alle mie spalle. «Puoi dire gay»
Mi voltai e trovai James a pochi passi da me con un cappello rosso tra le mani. «Tieni» me lo porse. «O ti ammalerai. Poi chi la sente, la mamma?»
Lo presi e me lo infilai, borbottando un grazie distrattamente. Tornai a guardare la lapide, non riuscendo a sostenere lo sguardo tranquillo di mio fratello.
«Sapevo che saresti stato qui» disse James. Non c'era scherno nella sua voce, sembrava stesse constatando un dato di fatto.
«Da quanto tempo stai ascoltando?» Chiesi con voce strozzata, leggermente imbarazzato.
«Abbastanza» rispose James raggiungendo il mio fianco. Stette in silenzio per qualche minuto, poi sospirò. «La mamma non è arrabbiata con te. Lo sai, vero?»
«Lo so» ero sincero. Ero consapevole che mia mamma non fosse arrabbiata con me, ma la sua reazione mi aveva irritato e mi aveva fatto sentire a disagio. 
«Bene» fece James. «E allora perché te ne sei andato?»
Ci misi un po' per formulare una risposta. Poi decisi di dire semplicemente la verità. «Mi sono sentito umiliato. Non avrebbe potuto dire semplicemente "okay" e basta?»
James alzò le spalle. «E' la mamma» disse. «Sai com'è fatta. Reagisce in modo esagerato per tutto, soprattutto quando si tratta del suo Alby Bello»
Feci una smorfia e trattenni un'imprecazione. «Forse ho sbagliato io. Non avrei dovuto dirlo davanti a tutti il giorno di Natale. Non voglio che la mamma soffra per colpa mia»
«Non dire assurdità! La mamma sta benone e non è colpa tua» disse secco James. «Mi hai sentito, Albus? Niente di tutto questo è colpa tua. Anzi, non è colpa proprio di nessuno perché non è successo niente di male»
«Lo so, lo so!» Esclamai. Feci per passarmi la mano tra i capelli, ma mi bloccai, ricordandomi che indossavo il cappello che James mi aveva portato.
Mio fratello mi fece passare un braccio attorno alle spalle e posò la testa sulla mia spalla. Quel gesto mi sorprese. Io e lui non eravamo tipi da abbracci.
«Va tutto bene, fratellino» mi disse. «Le mie fonti mi hanno riferito che al compleanno di Scorpius hai urlato ai quattro venti il tuo amore per il tuo ragazzo… Jerome, giusto?»
«Si può sapere chi cavolo sarebbero queste tue fonti?» Borbottai imbronciato, ma in realtà stavo celando un piccolo sorriso.
«Non è importante» continuò James con fare solenne. «Ciò che è importante è che sono fiero di te, Alby Bello. Continua così che vai alla grande»
Non dissi nulla, sapendo che James avrebbe capito lo stesso quanto quelle parole significassero per me.
Mi ero sempre sentito inferiore a lui. Io ero quello meno bello, meno carismatico, meno simpatico, meno tutto. Ero cresciuto con l'obiettivo di fare colpo su di lui, volevo la sua approvazione. E sapere che in quale modo era fiero di me mi scaldava il cuore.
«Grazie, James» lo strinsi a me per qualche secondo e poi mi allontanai per guardarlo negli occhi nocciola, tanto diversi dai miei. Gli sorrisi piano. «Che ne dici di rientrare? Non mi sento più le dita dei piedi»
James si stiracchiò e guardò mesto la lapide dei nostri nonni. Prese la bacchetta e fece comparire anche lui dei fiori colorati, dei girasoli per l'esattezza. Dovevo ammettere che lo rispecchiavano: James era un girasole.
«Dico che è un'ottima idea. Dovresti chiamare Rose, era molto preoccupata per te»
Rose.
Mi passai una mano sul viso. Che cos'avrei detto a Rose? Non volevo farla preoccupare, aveva già abbastanza problemi per conto suo, non aveva bisogno anche delle mie paturnie da sopportare.
«Manda un messaggio a Scorpius» decisi. «E digli di stare con Rose stasera»
James alzò un sopracciglio e quando vide che non ero intenzionato ad aggiungere altro scrollò le spalle e prese il telefono. «Allora avevo ragione io» farfugliò mentre digitava frettolosamente un messaggio per Scorp. «Quei due stanno insieme sul serio! Perché la Rossa non lo ammette a basta?»
Mi venne da ridere, sia per James che era una pettegola, sia per Rose e Scorpius che erano uno più scemo dell'altro.
«E' una lunga storia, Jamie» sorrisi io. «Davvero una lunghissima storia»
 
 
Non so dire se arrivarono prima le urla, o se arrivò prima la luce.
«CHE CAVOLO STA SUCCEDENDO QUI?»
Aprii gli occhi di scatto e fui accecata dai raggi solari. Qualcuno aveva tirato le tende, e ora la stanza era illuminata a giorno.
«HERMIONE!» Continuava ad inveire la voce. «HERMIONE!»
Mi portai una mano davanti agli occhi, cercando di tenerli aperti con scarsi risultati.
«Ronald, si può sapere che diavolo… oh»
Ma perché dovevano fare tutto quel baccano? Io volevo solo dormire e… porca merda. PORCA MERDA!
Mi resi conto con orrore che i miei genitori erano nella stanza, e che io ero ancora nel letto di Scorpius. Durante la notte ci eravamo mossi, ma le braccia di Scorpius erano ancora strette attorno alla mia vita e la mia testa poggiava ancora nell'incavo del suo collo.
Mi ero addormentata e non ero più tornata in camera mia, con il risultato che ora mi ritrovavo in questa situazione a dir poco umiliante. Come avevo potuto addormentarmi e non svegliarmi più per tutta la notte? Io, che non dormo mai, per una volta che non avrei dovuto farlo… Stupida, Rose! Mi sgridai. 
Scorpius non si era svegliato completamente, ma io sì. Ed ero anche molto consapevole di mio padre che dava di matto e di mia madre che cercava di farlo ragionare.
«Insomma, Ronald, quante storie» stava dicendo lei, tra il divertito e lo spazientito. Probabilmente stava tentando con tutte le sue forze di non scoppiare a ridere.
Mi tirai a sedere di scatto, terrorizzata. Mio padre avrebbe sicuramente ucciso Scorpius, e poi mi avrebbe rinchiusa in un convento per suore di clausura.
«QUANTE STORIE? QUANTE STORIE, DICI?» Continuò a inveire papà paonazzo. «SONO NELLO STESSO LETTO»
«Completamente vestiti!» Ribatté la mamma mettendosi le mani sui fianchi. «Stai facendo fare una brutta figura a Rose, andiamo via»
«Non è successo niente!» Esclamai, probabilmente della stessa tonalità dei miei capelli.
«IO NON VADO DA NESSUNA PARTE SENZA MIA FIGLIA»
Balzai giù dal letto, senza prestare la minima attenzione a Scorpius, troppo imbarazzata per poterlo anche solo guardare, e afferrai mio padre per la manica della camicina, trascinandolo fuori dalla camera il più velocemente possibile per evitare che affatturasse il Biondaccio.
Mia madre ci seguì, chiudendosi la porta della stanza alle spalle.
«Papà» sbottai arrabbiata. «Per Morgana! Hai esagerato»
Mi arrabbiavo poche volte con mio padre, ma quella mattina aveva superato il limite. Sentivo ancora la faccia bruciare per la vergogna. Chissà che cosa pensava Scorpius ora. Forse che vivevo in un covo di pazzi sclerotici.
«Ho esagerato? Io?» Le sue orecchie erano dello stesso colore dei nostri capelli, il che non era un buon segno. «Tu, invece? Eri nel letto con un ragazzo sotto il mio tetto, e…»
«Ho diciassette anni, papà!» Gli urlai sopra io. «Non sarò una bambina per sempre, fattene una ragione! E non stavamo facendo assolutamente niente, a parte dormire. Dormire, con gli occhi chiusi e i sogni, hai presente?»
«Adesso basta, voi due» sbottò la mamma. «In cucina, subito»
Io e papà chiudemmo finalmente il becco e, a testa bassa, la seguimmo da basso, continuando però a lanciarci occhiate in cagnesco. Era meglio non contraddire Hermione Granger in certi casi, in più speravo che per una volta fosse dalla mia parte, quindi non volevo di certo farla innervosire ulteriormente.
Arrivati in cucina, mi sedetti dalla parte opposta del tavolo rispetto a mio padre, incrociando le braccia al petto e guardando ostinatamente la tazza di caffè che la mamma mi mise davanti.
«Ronald» sospirò questa. «Rose ha ragione»
Ecco perché stava nevicando: mia madre mi aveva appena dato ragione. Era una bella sensazione.
«Davvero?» Esclamai, per poi tornare subito seria. «Certo. Ovvio che ho ragione»
Lei mi incenerì con lo sguardo e io tacqui.
«Che cosa?» Papà pareva allibito. «Stai seriamente dicendo che non c'è niente di male in quello che è successo?»
«Sì, è esattamente quello che sto dicendo» disse la mamma risoluta. «Inoltre non saresti dovuto entrare in camera di Scorpius a prescindere»
«Rose non era nella sua stanza e mi sono preoccupato» borbottò papà, ancora rosso in volto.
Provai quasi pena per lui.
Quasi.
«Tra l'altro» continuai a infierire io. «Sono maggiorenne, se voglio…» Papà mi guardò malissimo, ma io continuai, «…dormire con un ragazzo, lo faccio.»
«Non sotto il mio tetto!» Urlò papà ancora più rosso in viso.
Alzai gli occhi al cielo e incrociai le braccia al petto. In quel momento entrò in cucina Scorpius con un'espressione così stravolta e imbarazzata che mi si strinse il cuore.
Anche lui era ancora vestito dalla sera scorsa, e la felpa era tutta stropicciata dove avevo poggiato la testa per dormire. Mi resi conto che era la prima volta che lo vedevo così: appena svegliato e senza quell'aria impeccabile che era solita contraddistinguerlo. Mi domandai come dovesse essere aprire gli occhi e trovarlo addormentato accanto a me, totalmente senza difese. Immaginai di poterlo osservare prima che si svegliasse senza essere interrotta da mio padre, di passare la mano tra i suoi capelli mentre lo guardavo dormire…
«Signor Weasley» iniziò con voce ferma. Come faceva a mantenere la calma in tutte le situazioni, a me continuava a essere oscuro. «Le posso assicurare che non è successo niente. Ci siamo solo addormentati»
«Scorpius, non devi» dissi io. «Davvero»
«Va tutto bene» intervenne subito la mamma. «Non preoccupatevi, ragazzi. Ronald?» Si rivolse a mio padre con un sopracciglio inarcato.
«Accetto le tue scuse» disse papà alzando le spalle.
«Papà!»
«Okay, d'accordo» acconsentì lui imbronciato. «Non mi sarei dovuto comportare così. Mi dispiace» Agguantò la bacchetta, il mantello e si diresse verso la porta per andare al lavoro borbottando tra sé e sé.
Poi si voltò e puntò un dito contro Scorpius. «Tratta bene la mia bambina, ragazzo. Ti tengo d'occhio»
Scorpius sorrise, come se non fosse successo niente e quella fosse una mattina come un'altra. «Con piacere, signore»
Mio padre aveva appena implicato che Scorpius fosse il mio ragazzo, e quella testa di un vermicolo non aveva detto nulla per contraddirlo.
 
Quel pomeriggio, Scorpius ed io andammo a casa di Albus.
Lo trovammo in camera sua intento a fare i compiti di pozioni, la schiena curva sulla scrivania e i capelli che sparavano in tutte le direzioni.
Avevo aperto la porta senza bussare, sorda alle magre proteste di Scorpius e decisa a fare una predica a mio cugino così plateale che se la sarebbe ricordato per il resto della sua vita.
Ero incazzata. Ero incazzata perché, ancora un volta, mi aveva esclusa dalla sua vita quando tutto ciò che desideravo era stargli vicino.
Ma quando incrociai il suo sguardo, tutta la mia rabbia si spense come un fiammifero al vento. Albus sembrava stanco, gli occhi cerchiati da occhiaie violacee che rendevano le sue iridi ancora più verdi. Ci rivolse un piccolo sorriso sincero e posò la piuma sul tavolo con un sospiro.
«Ciao» disse. «Lumacorno ci è andato giù pesante per queste vacanze, eh.»
Non risposi. Improvvisamente non avevo più niente da dire. Tutto il discorso che avevo pensato di rifilargli, nel quale mi lamentavo per il fatto che mi avesse fatto preoccupare a morte, mi pareva tremendamente stupido e petulante, perciò tacqui.
Scorpius mi lanciò un'occhiata storta, come a chiedermi che stesse succedendo, e io scrollai le spalle in risposta.
«Già» concordò Scorpius, capendo che se non avesse detto qualcosa lui, nessun altro lo avrebbe fatto. «E io non ho neanche iniziato, ora che mi ci fai pensare»
Scorpius si appoggiò al muro con disinvoltura, mentre io mi sedetti sul letto di Al e iniziai a dondolare le gambe nel vuoto, fissandomi ostinatamente le punte dei piedi come una bambina di cinque anni.
«Rose? Rose, ci sei?»
Albus mi stava chiamando. Alzai lo sguardo e lui mi sorrise. «Ehi» mi disse.
«Ehi» gli risposi io, cercando di suonare allegra. Inutile dire che suonai come una stronza. E' solo che non ce la facevo. Non ce la facevo proprio a mascherare le mie emozioni come faceva Scorpius, sembravano stampate sulla mia faccia come insegne al neon.
«Tutto bene?» Mi chiese apprensivo mio cugino, come se fossi io quella che aveva bisogno di una spalla su cui piangere, e non lui. Quella punta di tristezza che avevo intravisto sul suo viso appena entrata nella stanza era scomparsa; al suo posto vi era un'espressione tranquilla, anzi, quasi preoccupata. Preoccupata per me.
Perché, alla fine, tutti si preoccupavano sempre per me anche quando non era necessario? Non lo sopportavo. Tra lui e Scorpius non so chi fosse peggio.
«Che fine hai fatto ieri?» Gli chiesi, ignorando la sua domanda.
Albus scosse le spalle. «Sono andato a fare un giro per schiarirmi le idee»
«Un giro?» Chiesi, alzando un sopracciglio. «Strano. Ti ho cercato per tutta Godric's Hollow ma non ti ho trovato da nessuna parte»
Non era mia intenzione suonare petulante, lo giuro, ma se non mi voleva dire dov'era andato, che almeno non mi mentisse in faccia.
«E' tutto okay» continuai. «Non c'è bisogno che tu me lo dica, se non vuoi. Vorrei solo capire quando hai smesso di fidarti di me»
«Rose, io mi fido di te» mi disse Albus, colto di sorpresa, come se gli avessi appena detto che avevo deciso di sposarmi con Jason Cameron alle Hawaii.
«No» risposi io scuotendo la testa. Alcuni ciuffi di capelli rossi mi caddero sul viso, ma non li scostai. Mi limitai fissare il pavimento, incapace di incontrare il suo sguardo. «Non ti fidi più di me da anni ormai. Te l'ho detto, dopo la festa di Scorpius, che mi dispiace per essere stata così sopraffatta dai miei problemi da non essermi accorta che avevi bisogno di me. Mi dispiace, Albus»
«Rose» mi chiamò Scorpius con tono ammonitore. Alzai il capo e lui scosse piano la testa nella mia direzione.
Presi un respiro e finalmente guardai Albus negli occhi. «Sei una delle persone a cui tengo di più al mondo e voglio solo sapere se stai bene. Quindi, la prossima volta che decidi di sparire dalla circolazione per un paio d'ore, per favore, per favore Albus, almeno mandami un messaggio per dirmi che è tutto okay»
Albus si incupì. Sembrava stesse combattendo una battaglia contro se stesso.
«Sono andato al cimitero» disse poi, sconfitto.
«Al cimitero?» Chiese Scorpius, sorpreso quanto me.
Albus annuì. «Quando sono giù vado lì e parlo con i miei nonni. E' un qualcosa che mi tranquillizza. James lo sa, e quindi è venuto a recuperarmi. Siamo stati lì un po' insieme, abbiamo parlato… So che sembra stupido»
Albus tacque, non sapendo più che cosa aggiungere. Pareva imbarazzato. Lo era sempre quando il discorso ruotava attorno a qualcosa che lo riguardava direttamente, proprio non ce la faceva a esprimere ciò che provava, ma doveva. Doveva, altrimenti prima o poi sarebbe scoppiato.
Fu Scorpius a interrompere il silenzio. «Non è stupido» disse con voce tranquilla. «E' umano. Anche io a volte vado al cimitero per parlare con mia nonna Narcissa»
«Mi dispiace se non ti ho avvisato, Rose» Albus mi raggiunse sul letto e mi prese la mano. «Non volevo darti un'altra preoccupazione. Ho detto a James di scrivere a Scorpius perché speravo che ti raggiungesse per dirti che stavo bene e che ti avrebbe tranquillizzato»
Se io mi lasciavo sopraffare dalle mie emozioni e spesso non sapevo come gestirle, Scorpius, al contrario, era razionalità allo stato puro. Mi aiutava sempre a valutare le situazioni più critiche da ogni prospettiva, valutando sia gli aspetti positivi che quelli negativi, alleviando non poco le mie preoccupazioni. Questo tuttavia non giustificava il comportamento di Al.
Alzai gli occhi al cielo. «Smettila di preoccuparti per me. Lascia che sia io a preoccuparmi per te, qualche volta. Non puoi prenderti cura di tutti, Al»
Albus appoggiò la testa sulla mia spalla. «Lo so, ma ci posso provare»
«Non sono fatta di porcellana» dissi risoluta, piantando gli occhi in quelli di Scorpius. Quell'affermazione era anche per lui. Sostenne per un attimo il mio sguardo, poi abbassò il capo. «Non ho bisogno di qualcuno che mi controlli, Al» continuai poi. «Sto bene adesso»
«Sì. E ne sono sollevato. Ma ci ricordiamo com'era quando stavi male» Guardò Scorpius che annuì, stranamente a disagio.
«Statemi a sentire, voi due» dissi, alzandomi e spostando lo sguardo da uno all'altro. «Io sto bene, e non so quante volete ve lo dovrò ripetere ancora» raddrizzai le spalle e presi un respiro. «E so badare a me stessa. Quindi, Albus, non sentirti in dovere di proteggermi da tutti i mali del mondo, perché il mondo è un posto piuttosto incasinato e penso di poterlo affrontare. E tu…» Mi rivolsi a Scorpius, aprendo le braccia e gesticolando nella sua direzione, non sapendo bene che cosa dire. Scorpius alzò un sopracciglio divertito come per invitarmi ad andare avanti, ma lo ignorai. Mi diressi invece verso la scrivania di Al. Diedi un'occhiata ai fogli di pergamena e alle piume sparse sul tavolo e sospirai. «Questo è sbagliato, Al.»
«Quale parte?» Chiese lui depresso. Era una frana in pozioni, la disgrazia della famiglia, a sentire Lumacorno.
Solo nell'introduzione del suo saggio sull'Amortentia trovai quattro errori. «Uhm… ci penso io» estrassi la bacchetta e iniziai a correggere le imprecisioni e a sistemare le frasi troppo contorte.
«Ehi!» Esclamò Scorpius. «Perché non correggi anche i miei, di compiti?»
Sia io che Al lo guardammo indignati. «Stai scherzando, spero!» Esclamò Al, per poi prendere un cuscino e lanciarglielo. «Tu non hai bisogno che Rose ti corregga i compiti. Sei un secchione!»
Scorpius afferrò al volo il cuscino e lo sferrò di nuovo contro mio cugino, prendendolo in piena faccia.
«Ouch!» Fece quello sistemandosi gli occhiali sul naso.
Scorp lo guardò male. «Dobbiamo lavorare sui tuoi riflessi non appena torniamo a Hogwarts. E' il nostro ultimo anno e non ho intenzione di perdere la Coppa di Quidditch perché il mio cacciatore migliore si è fatto colpire in testa da un bolide»
Albus grugnì qualcosa in risposta e si sdraiò sul letto, mentre io cercavo di rendere più comprensibili i suoi compiti di Pozioni.
«Ho parlato con mia mamma» confessò ad un certo punto, tenendo gli occhi fissi contro il soffitto.  «Si è messa a piangere quando James mi ha riportato a casa, e non la smetteva più di chiedermi scusa»
«Dopo che te ne sei andato era molto scossa» dissi io. «Non era sua intenzione reagire in quel modo»
«Certo che no» concordò Scorp, con un ghigno. «E poi sei il suo cocco, Alby, che ti aspettavi?»
Albus gli rilanciò il cuscino, e Scorpius lo evitò di nuovo. Io scoppiai a ridere, finalmente più leggera.
 
Qualche ora più tardi, io e Scorpius decidemmo di tornare a casa mia.
Misi una mano sulla maniglia della porta e sospirai, sul punto di andarmene. «In ogni caso, quando vorrai parlare di qualsiasi cosa tu voglia parlare, sono qui»
Albus annuì piano. «Grazie, Rose»
Feci per andarmene -questa volta per davvero- ma mi trattenne. «Divertitevi domani» disse con fare malizioso.
Alzai gli occhi al cielo e sventolai una mano per aria. «Certo. Ma non nel modo perverso a cui stai pensando tu.»
Scorpius ghignò e fece per dire qualcosa, ma gli tirai un pugno sulla spalla per zittirlo.
Albus alzò le spalle e fece un occhiolino al suo amico.
Stizzita, li lasciai nella stanza e me ne andai, sbattendomi la porta alle spalle, per nascondere il sorriso che mi si era spontaneamente disegnato sulle labbra. 
 
Quella del giorno dopo fu la colazione più imbarazzante della mia vita.
La mamma era dovuta uscire presto per andare al Ministero, mentre papà aveva il giorno libero.
«Fammi capire» disse, rosso in volto quest'ultimo. «James è nel mondo babbano con Julia, Albus è con il suo ragazzo, e tu e Scorpius passerete l'intera giornata insieme?»
Grazie a Merlino, Scorpius non era ancora sceso in cucina, altrimenti avrei tentato il suicidio con il cucchiaino del tè.
Alzai gli occhi al cielo. «Sì» risposi annoiata. «Non è che abbiamo molte alternative»
«Ah, okay» Papà cercava di mantenere un'espressione neutra, senza risultati. Sembrava una pentola a pressione sul punto di esplodere. «Primo appuntamento… ormai sei grande»
«Papà!» Esclamai. «Non è il mio primo appuntamento»
Mi guardò male, e non capii se fosse sul punto di mettersi a piangere o sul punto di affatturarmi. Mi affrettai ad aggiungere. «Perché non è un appuntamento! E'… è Scorpius»
Dov'era mia madre quando avevo bisogno di lei?
Papà sospirò, mangiando un biscotto con aria depressa. «Nella mia mente, non sarai mai abbastanza grande per uscire con qualcuno» farfugliò. «Soprattutto se questo qualcuno è un Malfoy»
Oh no, non di nuovo con questa storia.
Rigirai il cucchiaino nel caffè e sorrisi maligna. «Tu lo sai che io e Malfoy abbiamo passato quasi sette anni sotto lo stesso tetto, uh?» Papà mi guardò confuso e io continuai. «E Hogwarts è molto grande, ci sono un sacco di posti…»
«Okay, basta! Ho sentito abbastanza» esclamò. «E stanotte chiudo a chiave la porta della tua camera, così non si ripeterà più una scena come quella di ieri»
«Certo» ridacchiai io, per niente preoccupata da quella minaccia.
Sapevo che, la sua, era tutta scena. Ovviamente era davvero preoccupato che qualche ragazzo mi facesse soffrire, ma sapevo che, nel profondo, il Biondaccio gli piaceva. Piaceva a tutti.
«Buongiorno»
Mi voltai e trovai Scorpius sulla soglia della porta. Aveva l'aria leggermente assonnata e i capelli scompigliati. Indossava una camicia azzurro chiaro infilata in un paio di jeans scuri che lo facevano sembrare ancora più alto. Era tanto bello da far male al cuore, pensai con un sospiro. 
«Buongiorno, Scorpius» lo salutò papà, riportandomi con i piedi per terra.
«Signor Weasley» ricambiò Malfoy, per poi sedersi di fronte a me.
Mi sorrise leggermente e io ricambiai, dimenticandomi che mio padre era proprio lì, di fianco a me che ci studiava con attenzione.
Scorpius sembrava più riposato dei giorni precedenti. Le occhiaie che gli circondavano gli occhi di solito stavano scomparendo, e il suo viso pareva più disteso. Sperai che stesse trovando un po' di pace e che stesse pian piano perdonando se stesso.
Scorpius si versò del tè e cadde un silenzio imbarazzante che mi fece prendere seriamente in considerazione l'ipotesi del suicidio. Di solito era mia madre quella che teneva viva la conversazione, ma ora non c'era e…
«Il Puddlemore United ha vinto a Liverpool ieri» se ne uscì ad un certo punto mio padre.
Gli rivolsi un'occhiata di traverso. «E quindi?»
Scorpius spalancò gli occhi. «Non ci credo! Di nuovo?»
«Proprio così» sospirò mesto papà. Poi prese la Gazzetta del Profeta e la passò al Biondaccio. «Prima pagina della sezione sportiva»
Scorpius scorse velocemente l'articolo, sbuffando di tanto in tanto. «Assurdo!»
«Hanno aperto un'inchiesta per corruzione, al Ministero» spiegò papà pensieroso. «Il vecchio Gildey non pensa sia possibile avere tutta quella fortuna»
Scorpius sembrava seriamente depresso. «Immagino non ci sia più speranza per i Tornados, ora»
Spostavo lo sguardo da uno all'altro, certa che da un momento all'altro mi sarei svegliata. Perché quella scena era così improbabile che doveva essere per forza un sogno: mio padre e Scorpius Malfoy che parlavano di Quidditch?
Papà sembrò illuminarsi. «Anche tu fan dei Tornados?»
Poi si accorse del mio sguardo sbalordito e tossicchiò, cercando di assumere un'espressione seria.
Scorpius annuì, senza mostrarsi imbarazzato. «Grande fan, direi»
«E' un brutto periodo però» continuò mio padre. «Pessima stagione, questa. Stiamo giocando davvero male»
«Già» concordò Scorpius. «E gran parte dei tifosi sta passando all'Appleby Arrow. Traditori»
Papà lo osservò per un attimo, poi spostò lo sguardo su di me.
«D'accordo» sospirò controvoglia. «E' a posto» Sventolò la bacchetta e la sua tazza volò via verso il lavandino. Poi si alzò e prese la Gazzetta del Profeta.
«D'accordo… cosa?» Chiesi, non capendo di cosa stesse parlando.
Papà alzò le spalle. «E' fan dei Tornados» spiegò, accennando a Scorpius con il capo. «Puoi uscirci insieme. Ma solo in luoghi affollati, intesi?»
Eh?
Io e Scorpius lo fissammo come se stesse parlando un'altra lingua.
Papà non si aspettava davvero una risposta, quindi ci salutò con la mano e se ne andò via, probabilmente in salotto.
Sia io che Scorpius ci guardammo con occhi spalancati e sguardi confusi.
«Ha appena…?» Iniziò lui, la fronte corrugata. «Che cosa…?»
«Non ne ho idea» scossi il capo io, ancora sotto shock.
Mio padre ci aveva dato la sua benedizione? Seriamente? Solo perché Scorpius era fan dei Tornados?
Maschi!
«Oh be'» Scorpius si sporse sul tavolo verso di me con un ghigno. «Meglio così» la voce ridotta a un sussurro, in modo che dovetti sporgermi anche io per sentirlo. «Almeno quando cadrai di nuovo ai miei piedi, non dovremo preoccuparci anche di lui»
Alzai gli occhi al cielo e sbuffai, appoggiandomi allo schienale della sedia. Scorpius ridacchiò, e io pensai che non aveva capito niente. Non aveva bisogno di farmi cadere di nuovo ai suoi piedi. Ci ero già caduta. Da un bel pezzo. Probabilmente di faccia.

 

NOTE DELL'AUTRICE
Io non so se questo capitolo ha senso. Davvero, ci ho messo mesi a scriverlo, in piena maturità per di più, e non so davvero se ha un senso compiuto.
In più no, so che vi aspettavate l'appuntamento di Rose e Scorpius ma mi sono dilungata un po' su Albus e su Ron, quindi non ci è stato. Nel prossimo capitolo però prometto che arriverà, ne ho anche già scritto un pezzettino.
Il primo paragrafo è un POV Albus, mentre il resto è POV Rose come al soltito. E' stato molto bello scrivere dal suo POV, spero che vi piaccia. <3
Scusate per il grande ritardo, ma la quinta mi ha sfinito. Ora avrò più tempo per scrivere. :)
Buona serata,
Francesca 

Ritorna all'indice


Capitolo 27
*** Capitolo Ventisei. ***


CAPITOLO VENTISEI 

 
They are the hunters and we are the foxes,
and we run.
I know Places, Taylor Swift
 

«Hai deciso dove vuoi andare?» Mi chiese Scorpius mentre si sistemava la sciarpa attorno al collo.
Scesi i gradini che separavano la veranda dalla strada e mi voltai per guardarlo con aria eloquente. Lui sapeva dove volevo andare, così come io sapevo dove voleva andare lui.
«Ghirigoro?» Chiese con un ghigno, leggendomi nella mente.
«Oh, non lo so» feci io, indossando i guanti in maniera noncurante. «Avrei preferito Magie Sinister in realtà, ma se proprio insisti, farò questo sforzo e verrò al Ghirigoro»
Scorpius trattenne una risata. «Immagino che gran fatica debba essere per te. Un posto pieno di libri, cavoli»
«Già» feci finta di rabbrividire al solo pensiero. «Tremendo»
Scorpius mi prese la mano ed estrasse la bacchetta. «Il Paiolo Magico, allora?»
Annuii e chiusi gli occhi, pensando intensamente alla nostra meta. Girammo su noi stessi e, mentre la terra scompariva da sotto i nostri piedi, sentii all'altezza dell'ombelico il familiare senso di vuoto che caratterizzava la smaterializzazione.
Nel giro di una frazione di secondo, ci ritrovammo in un vicolo secondario nel centro di Londra, proprio di fronte all'ingresso del Paiolo Magico, l'accesso babbano a Diagon Alley. Mi guardai attorno e notai con un sospiro di sollievo che eravamo soli. Sarebbe stato piuttosto difficile spiegare a un povero babbano come avessero fatto due adolescenti ad apparire dal nulla.
C'erano casse di legno abbandonate contro il muro, e dei bidoni dell'immondizia dai quali proveniva un odore davvero sgradevole poco lontano. Non c'era da stupirsi che fossimo soli.
In lontananza, però, riuscivo a sentire il rumore vivace di Londra, i rombi delle auto e degli autobus che sfrecciavano lungo la strada principale, e di tutte le persone che camminavano di fretta lungo i marciapiedi, probabilmente parlando al telefono, rendendo la città meravigliosamente viva.
«Ripetimi ancora una volta perché non abbiamo preso la metropolvere» Scorpius mi lasciò andare la mano e arricciò il naso. «Odio questo posto»
«Troppo poco sofisticato per Scorpius Malfoy?» Lo presi in giro io, appoggiandomi alla porta del Paiolo Magico con la spalla per aprirla.
Malfoy alzò gli occhi al cielo e mi seguì nel locale con aria contrariata.
L'interno mi era familiare e notai con una punta di affetto che non era cambiato molto. I tavolini erano gli stessi tavolini trasandati ai quali ero abituata e dietro al bancone vi era sempre la presenza rassicurante di Tom. Anche la gente che frequentava il Paiolo Magico era rimasta la stessa nonostante il passare degli anni. Goblin, nani, elfi, streghe incappucciate o maghi dalle più stravaganti acconciature: il Paiolo Magico era il crocevia di specie e culture diverse.
«Ehi, Rose!» Mi salutò Tom con un sorriso. «Come se la passano i tuoi?»
«Stanno bene, grazie» risposi io.
Tom era un vecchio amico di famiglia. I miei genitori sapevano che odiavo la metropolvere, così ogni volta che dovevamo raggiungere Diagon Alley ci smaterializzavamo qui prima.
Tom parve notare Scorpius con un attimo di ritardo, e non si curò di mascherare il proprio stupore.  «E chi è il bel giovanotto che ti accompagna?»
Rimasi in silenzio per un secondo, insicura su come rispondere. Scorpius non sembrava nervoso, ma, nonostante guardasse Tom con un sorriso disteso e il petto che si alzava ed abbassava regolarmente, lo sentii irrigidirsi al mio fianco, probabilmente timoroso che Tom capisse chi fosse e lo giudicasse.
«Lui è...» Lo osservai di sottecchi, indecisa su come continuare, chi era? «Lui è Scorpius» risposi semplicemente.
Anni fa mi aveva chiesto di lasciare da parte i pregiudizi che separavano le nostre famiglie e di essere semplicemente noi stessi. Al diavolo Weasley e Malfoy, Grifondoro e Serpeverde, eravamo solo Rose e Scorpius. Scorpius e Rose. E lo saremo sempre stati.
«Ah!» Vidi il lume della comprensione accendersi sul viso di Tom, mentre allungava una mano per presentarsi. «Il signor Malfoy, che piacere conoscerla» Scorpius ricambiò il gesto, grato che Tom si fosse mostrato cordiale con lui. «Il piacere è tutto mio, signore»
«Chiamami Tom, ragazzo!» Disse Tom, poi rivolgendosi a un cliente che stava cercando di attirare la sua attenzione: «Sì, arrivo, Bradley. Merlino, questi Goblin! Devo scappare, divertitevi, ragazzi!»
Ci dirigemmo verso il retro del locale, dove si trovava il muro attraverso il quale si raggiungeva Diagon Alley.
Alcuni avventori ci lanciarono occhiate sospette, e tre vecchiette si misero a confabulare tra loro al nostro passaggio. Nel giro di qualche ora tutte le comare del mondo magico avrebbero saputo che Rose Weasley era in giro a zonzo con Scorpius Malfoy. 
Odiavo stare sempre sotto i riflettori ovunque andassi solo perché i miei genitori avevano salvato il mondo.
Capirai che roba.
Okay, d'accordo, era una gran cosa, ma io che cosa c'entravo? Erano loro quelli che avevano sconfitto Voldemort, mica io.
Mi scrollai di dosso i loro occhietti acquosi e cercai di ignorarle. Mi rivolsi invece a Scorpius. «Come fai?»
«Devi essere più precisa, Rose. Come faccio a fare cosa?»
«Come fai a piacere a tutti?» Spiegai. «Prendi Tom. Ti ha appena incontrato e è evidente che tu gli piaccia»
«Non è così. Me lo hai detto anche tu, ricordi? Non puoi piacere a tutti.»
Ci eravamo fermati a parlare davanti al muro, lontano da sguardi indiscreti.
Alzai il viso per guardarlo negli occhi. I capelli biondo chiaro gli ricadevano in ciocche irregolari sulla fronte e dovetti trattenermi dallo scostarglieli con la mano.
«Ed è la verità, per la maggior parte delle persone» dissi dopo essermi schiarita la voce. «Ma non per te. Dimmi una persona che non ti sopporta»
«Jason Cameron» rispose Scorpius piatto estraendo la bacchetta e iniziando a picchettarla sul muro.
«Non vale» incrociai le braccia al petto e lo guardai male.
«Perché no?»
«Lui non ti odia, è solo... geloso, credo» Scorpius sbuffò, ma io lo ignorai. «Dimmi un'altra persona»
«Julia» rispose lui secco.
Scoppiai a ridere. Il muro davanti a noi stava pian piano scomparendo per lasciare spazio al mondo dei maghi.
«E Emma. E anche le altre Corvonero» continuò con Scorp con convinzione.
Risi ancora più forte. Non poteva essere serio. Eppure, era evidente che lo fosse. Era davvero convinto che quelle persone lo odiassero e io non riuscivo a capacitarmi della cosa.
«Le Corvonero ti adorano, Emma compresa» dissi una volta che mi fui ripresa. «E Julia è solo protettiva nei miei confronti»
Ormai Diagon Alley era comparsa davanti ai nostri occhi, perciò ci avviammo lungo la via principale. Nel giro di pochi secondi ci ritrovammo circondati da persone, maghi e streghe che si affrettavano dentro e fuori dai negozi.
«Ma non puoi saperlo, Rose» continuò Scorp. «Hogwarts e il mondo sono enormi, e sono sicuro che siano pieni di persone che non possono neppure tollerare la vista di quello spocchioso Malfoy»
«Tu non sei uno spocchioso Malfoy» sorrisi. «La maggior parte del tempo, almeno.»
Scorpius scosse la testa e lasciò perdere il discorso.
Proseguimmo entrambi soprappensiero per qualche minuto, poi voltammo a sinistra senza che nessuno dei due dovette avvertire l'altro, come se fossimo collegati telepaticamente.
Sulla destra vi era la nostra destinazione: il Ghirigoro, un negozio pieno zeppo di libri di ogni genere, anche quelli appena usciti, a dispetto del suo aspetto. Sembrava infatti avere qualche secolo da quanto era trasandato, ma ehi, mai giudicare un libro dalla sua copertina.
«Entriamo?» Chiesi, con il sorriso spontaneo che mi si disegnava sulle labbra ogni volta che andavo dal Ghirigoro. Ma questo sorriso si congelò sul mio viso quando notai l'espressione di Scorpius. Stava osservando fisso qualcosa sopra la mia testa, e il suo sguardo era freddo come una scheggia di ghiaccio.
Mi voltai e identificai subito l'origine del suo cambiamento repentino. A pochi passi da noi stava una figura altera, tanto maestosa quanto imperturbabile.
«Papà» disse Scorpius. «Che cavolo ci fai tu qui?»
 
«Scorpius» pareva sorpreso di trovarmi lì. «Non mi aspettavo di incontrarti da queste parti»
«Neanche io» risposi asciutto, desiderando di andarmene al più presto.
«Possiamo parlare un momento?» Chiese, guardandomi fisso negli occhi.
«No» risposi in tono di sfida. Non avevo niente da dirgli.
Rose mi diede una leggera gomitata per spingermi ad accettare, ma ero stufo di dargli sempre un'altra possibilità, perché alla fine rimanevo deluso ogni volta. Sapevo che lui ci provava, ci provava davvero. Lo faceva solo nel modo sbagliato.
Quel giorno però, dopo il mio rifiuto, scorsi nel suo sguardo una certa urgenza, un velo di rimpianto, quasi.  Fu questo a spingermi ad annuire, seppur controvoglia.
Attento a non sperarci troppo, Scorpius. Mi ricordai per sicurezza.
«Inizio a entrare al Ghirigoro» disse Rose. Mi strinse la mano e poi si rivolse a mio padre con distacco. «Signor Malfoy, è stato un piacere incontrarla»
Mio padre accennò un leggero sorriso e si comportò in maniera educata. «Anche per me, Rose»
Rose spalancò gli occhi, colta così di sorpresa che la maschera di freddezza che aveva indossato per affrontare Draco Malfoy cadde. Mi guardò leggermente sbigottita, e io ricambiai il suo sguardo, non sapendo cosa dire. Mi strinse la mano di nuovo e poi si allontanò piano, scomparendo all'interno del negozio.
La gente camminava lungo la strada principale di Diagon Alley e, di tanto in tanto, qualche passante ci lanciava un'occhiata curiosa. C'era di buono che eravamo in pubblico, quindi mio padre non avrebbe fatto una scenata, anche se non era il tipo. Draco Malfoy aveva quasi più autocontrollo di me.
«Premetto che non sono qui per litigare» iniziò con voce roca. «Sei il mio unico figlio, Scorpius»
«Oh, davvero?» chiesi sarcastico. «Non lo avevo notato»
Mio padre chiuse gli occhi e prese un bel respiro. «Sai cosa voglio dire. Io tengo a te, e non voglio che mi odi»
«Forse avresti dovuto pensarci prima» sibilai impietoso.
Mio padre mi guardò negli occhi, cosa che faceva spesso. A differenza mia, lui era in grado di fissare negli occhi il suo interlocutore per tutta una discussione. «Sì, hai ragione. E per questo mi voglio scusare»
… cosa?
Incrociai le braccia al petto e inclinai il capo. «Davvero?» Questa volta non c'era sarcasmo nella mia voce, solo pura curiosità. Mi sembrava di essere tornato un bambino.
«Sì» rispose lui con semplicità. «Mi dispiace per quanto accaduto a Natale, e anche a Claire dispiace. Davvero, lei ti vuole bene»
«Uhm…»
«E' così, Scorpius. Ti vogliamo tutti bene»
Bel modo di dimostrarlo, pensai. Ma non lo dissi.
«Okay» dissi invece, solo per accontentarlo. «Grazie»
«Mi piacerebbe che venissi a lavorare con me al Ministero così da prendere il mio posto un giorno, ma…»
Alzai gli occhi al cielo, non intenzionato a portare avanti quella conversazione che già conoscevo a memoria. Tanto andava sempre a finire così. Pensavo solo che forse, dopo tutto quel tempo, avesse davvero capito…
«No, no, lasciami finire» mi posò una mano sulla spalla. Sembrava nervoso. «Mi piacerebbe che prendessi il mio posto al Ministero un giorno, ma devo accettare che questa non è la tua strada. Diventare medimago è un'aspirazione onorevole, e mi dispiace per averti dato del filo da torcere in questi ultimi anni. E' una tua decisione, e io devo rispettarla»
Non sapevo come reagire. Mi sembrava tutto così assurdo. Non credevo che questo giorno sarebbe mai arrivato, tanto che ero seriamente convinto che si trattasse di uno scherzo. Poi però vidi la decisione sul suo volto e capii che no, non stava scherzando; era maledettamente serio.
«Quando sei nato, feci una promessa a me stesso, ovvero che ti avrei sempre lasciato scegliere la tua strada» continuò. «Mi sono reso conto che non lo stavo facendo. Anche se non mi credi, sono fiero di te, Scorpius. Sono orgoglioso perché, nonostante le mie pressioni, tu non ti sei lasciato in alcun modo condizionare. Sono fiero, perché sei un uomo molto migliore di me e sono sicuro che sarai un guaritore eccellente»
Non me lo aspettavo, lo ammetto. Non me lo aspettavo proprio. Ovviamente non bastavano solo le sue scuse per sistemare le cose tra noi, ma almeno era un inizio.
«Grazie» dissi di nuovo, perché, davvero, non sapevo che altro aggiungere.
«Mi ero ripromesso di non commettere con te gli errori commessi da mio padre, e invece guarda che cos'ho combinato e quanto tempo ci ho messo per rendermene conto» si passò una mano sul viso, improvvisamente sembrava molto stanco.
Io iniziavo a sentirmi leggermente a disagio, ma in maniera positiva. Io e lui non parlavamo mai del suo passato, quindi quella situazione per me era del tutto nuova.
«Voglio sempre trasferirmi a Londra l'anno prossimo» misi in chiaro nel modo più delicato possibile. Finalmente aveva capito, e io gliene ero grato, ma avevo desiderato andare via di casa per così tanto tempo che nemmeno le sue scuse mi avrebbero fatto cambiare idea.
«Certamente» concordò subito lui. «Sei grande e indipendente, e non mi aspetto in alcun modo che tu ora decida di rimanere a casa con me e Claire. Voglio solo che tu sappia che mi dispiace e che tenterò di essere un padre migliore da ora in poi»
Lo Scorpius razionale che era stato ferito da lui innumerevoli volte non voleva credergli, né tanto meno perdonarlo, ma ero stanco di litigare con lui, perciò decisi di dargli una possibilità.
«D'accordo» dissi. «Lo apprezzo»
Sono consapevole di quanto suonai freddo -e non era mia intenzione, credetemi- ma era tutto quello che riuscii a dire in quel momento.
Mio padre mi guardava e non sembrava intenzionato ad andare via. Al contrario, sembrava più rilassato, come se si fosse tolto un pesante peso dal petto.
«Ti chiederei di fare un giro assieme» disse con un leggero ghigno. «Ma Rose Weasley ti aspetta»
Se fossi stato Rose, sarei probabilmente arrossito. Ma non ero Rose, ero Scorpius, perciò tentai di rimanere impassibile.
«Già» risposi passandomi una mano tra i capelli. Non volevo che dicesse qualcosa di cattivo su di lei, rovinando tutto. «Se vuoi che il nostro rapporto migliori, devi accettare la mia amicizia con Rose, con Albus e in generale con tutti i Weasley e i Potter»
«Pensavo che tra te e la Weasley ci fosse qualcosa di più della sola amicizia» Mi guardò sinceramente confuso. «Non hai lasciato Giorgina per lei?»
Okay, ora forse arrossii. Solo un pochino.
«Ehm, ecco… io… insomma, sì» stavo balbettando e io non balbettavo. Presi un respiro profondo. «E' complicato»
Mio padre continuava a fissarmi negli occhi, e io a quel punto non ressi più il suo sguardo. Abbassai il capo, e in quel preciso istante capii di aver commesso un errore: in quel modo gli avevo appena dato conferma del fatto che sì, avevo lasciato Giorgina proprio perché ero innamorato di Rose.
«Uh… è peggio di quanto pensassi» disse infine lui, e il suo tono era divertito. «Ammetto che non ero per niente contento della tua rottura con la figlia di Nott, ma immagino che Giorgina l'abbia presa bene, almeno così Nott mi ha detto. Grazie a Salazar! Almeno io e lui siamo potuti restare in buoni rapporti»
«Bene. Mi fa piacere» dissi. In realtà non me ne fregava niente.
Non mi interessava un accidenti se il signor Nott continuava a collaborare con mio padre o meno, e soprattutto non mi interessava di come stava Giorgina. Non volevo vederla mai più, anche se ero consapevole che prima o poi l'avrei dovuta affrontare. Non sapevo ancora che cosa le avrei detto, ma di sicuro non mi sarei trattenuto.
«Quindi… Rose Weasley» andò avanti lui, sospirando afflitto. «Immagino che non ci sia nulla che io possa dire per farti cambiare idea»
«No, non c'è» mi irrigidii, e mio padre lo notò. Alzò le mani in segno di resta e ridacchiò.
Mi stava prendendo in giro, ma non lo stava facendo con cattiveria.
«Chi lo avrebbe mai detto che ti saresti innamorato proprio di una Weasley» Sospirò, tornando serio. «Mi ricorda molto sua madre»
«Se ti sentisse, probabilmente ti affatturerebbe» immaginai Rose alzare gli occhi al cielo e sibilare qualcosa come io non assomiglio a Hermione Granger. Ed era vero, almeno in parte: sotto svariati punti di vista lei e sua madre erano molto diverse, agli antipodi quasi, ma erano anche parecchio simili. Erano entrambe idealiste, caratterizzate da un forte senso di giustizia, e a volte mi meravigliavo di quanto Hermione Granger somigliasse a Rose nel modo di parlare e nella gestualità. Quindi non c'era da stupirsi che mio padre avesse notato la somiglianza, era solo Rose che si rifiutava di vederla.
Allo sguardo confuso di mio padre, mi affrettai a spiegarmi. «Odia che la si paragoni alla madre»
«E perché mai?» Mi chiese sorpreso. «Mi costa ammetterlo, ma tutto sommato è una donna in gamba»
Okay, la situazione stava diventando imbarazzante.
Alzai le spalle. «Non è mai bello essere paragonati ai propri genitori, non importa quanto siano eccezionali»
Lui annuì piano senza dire nulla. Chissà se stava pensando a tutte le volte che io ero stato paragonato a lui, e non per le nobili caratteristiche per le quali Rose veniva paragonata a sua madre.
Ero stato accusato di essere invischiato nelle arti oscure così tante volte che ormai avevo perso il conto e, nonostante ciò, ogni volta faceva male come se fosse la prima.
«Sarà meglio che vada. Rose mi starà aspettando»
Ero ancora scosso da quanto successo, convinto che di lì a qualche minuto mi sarei svegliato realizzando che si trattava di un meschino incubo. Avevo il terrore che fosse solo il mio subconscio che si divertiva a prendersi gioco di me.
«Certo» Mio padre raddrizzò la schiena e mi mise una mano sulla spalla. «E' stato un piacere vederti, Scorspius. Le porte di casa sono sempre aperte per te»
Annuii piano.
Stai attento, Scorpius. Continuavo a ripetermi. Non sperarci troppo, non ci sperare troppo.
Ma che cosa potevo fare?
Mio padre dopo anni faceva finalmente un passo verso di me, il minimo era dargli il beneficio del dubbio e sperare che da quel momento in poi le cose sarebbero migliorate.
«Grazie» gli risposi e lo salutai rigidamente.
Entrai nel Ghirigoro più leggero, come se mi fosse stato strappato un peso dalle spalle. Riuscivo a respirare.
Mi lasciai avvolgere dal profumo dei libri e cullare dalla sensazione di pace e tranquillità che caratterizzava il negozio.
Ci misi poco a trovare Rose, le mie gambe mi portarono da lei come attratte da una calamita. Si trovava nella sezione di erbologia, in piedi davanti a un alto scaffale, intenta a fissare uno degli ultimi ripiani con aria di sfida, come se volesse muoverlo con la sola forza del pensiero.
Mi appoggiai al muro e sogghignai. «Non sapevo possedessi il dono della telecinesi»
Rose sobbalzò e si portò una mano al petto, per poi tornare seria. «Sono convinta di poterci arrivare» alzò il braccio e si mise in punta di piedi, ma per quanto si sforzasse di allungarsi verso il suo obiettivo -un libro rivestito di cuoio marrone scuro- questo rimaneva troppo lontano perché lei lo raggiungesse.
«Sai che hai una bacchetta, vero?» Le feci notare con perspicacia.
«Shht» mi zittì lei. «Voglio prenderlo senza magia. In questi giorni sto cercando di usarla il meno possibile»
«Come mai?» Domandai stupito. Rose amava la magia, tanto che quando era diventata maggiorenne la usava alla prima occasione, non mancando mai di rinfacciarmi che io, invece, ero ancora soggetto alle leggi del Ministero che impedivano ai minori di diciassette anni di usarla fuori da Hogwarts.
Rose mi ignorò e fece un piccolo salto, il braccio sempre teso. Ovviamente non prese il libro -era davvero troppo in alto, e lei era davvero troppo bassa- e sarebbe finita per terra se non mi fossi mosso prontamente per prenderla e tenerla in piedi.
«Rose» la raddrizzai e le passai le mani lungo le braccia, per poi fermarle sulle sue spalle. «Si può sapere che succede? Sei perfettamente in grado di usare un Vingardium Leviosa, o di chiedere a me di prenderti il libro.»
Lei mi guardò e si morse il labbro, cosa che faceva quando non voleva dire qualcosa che la preoccupava. A questa distanza riuscivo a vedere con chiarezza le lentiggini che le decoravano il naso e le guance, e quando mi resi conto che mi sarebbe bastato avvicinarmi pochissimo per baciarla, il mio cuore perse un battito. Le sistemai una ciocca di capelli rossi dietro l'orecchio e indugiai un po' troppo sul suo viso. Deglutii, come ipnotizzato, e mi affrettai a spostare la mano di nuovo sulla sua spalla. «Che succede, Rose?»
Lei sbuffò. «Niente. E' solo che in questo momento la magia mi fa schifo e vorrei vivere in un mondo dove la gente non può prendere le sembianze di altre persone rovinando loro la vita»
Si liberò delicatamente dalla mia stretta e si strinse le braccia attorno al petto, come a volersi proteggere da un vento immaginario.
«Puoi aiutarmi, per favore?» Mi chiese con voce sottile senza guardarmi negli occhi.
«Ma certo, Rosie» dissi, avvicinandomi alla mensola. Presi il libro senza difficoltà e glielo porsi. Si trattava di un tomo molto pesante, quasi più grande di lei, che trattava erbe curative. «Ma ricorda che non è colpa della magia, è colpa delle persone che la usano»
Prese il libro e lo strinse a sé, annuendo. «Forse hai ragione. In ogni caso, com'è andata con tuo padre?»
Le raccontai della bizzarra conversazione che avevo avuto con mio padre poco prima, e Rose mi rivolse un sorriso così genuino e sincero che il desiderio di abbracciarla si fece quasi insopportabile. Ma non potevo, dovevo mantenere una certa distanza e lasciarle il suo spazio come mi aveva chiesto. Almeno questo glielo dovevo.
«Sono così contenta per te, Scorp!» Mi disse battendo le mani.
«Già, grazie» Feci io passandomi una mano tra i capelli, un po' titubante. «Spero che questa sia la volta buona. Sai com'è lui»
«Lo sarà. Vedrai» I suoi occhi brillavano nella penombra del negozio. «Ha capito che se continua così ti perderà, e non vuole perderti. E' comunque tuo padre»
Vedere la speranza sul suo viso dava speranza anche a me.
Mi resi conto che la stavo fissando, probabilmente con un'espressione piuttosto ebete, quindi mi affrettai a distogliere lo sguardo. «Quello hai intenzione di comprarlo?» Chiesi con voce un po' roca, cambiando argomento. «Il libro intendo»
Rose parve accorgersi di avere ancora in mano il libro solo in quel momento. «Oh, non so in realytà. Stavo, ecco… stavo pensando di parlare con Westbrook quando torniamo a scuola, sai il pozionista? Lumacorno mi ha detto che alla festa di Natale del Lumaclub non ha avuto occasione di presentarmelo, ma gli piacerebbe che lo incontrassi, visto che non ho ancora le idee chiare sul mio futuro» Quando vide che le stavo per porre una domanda, mi precedette, come se potesse leggermi nella mente, e mi conosceva da così tanto tempo che forse era così. «Sì, gliene ho parlato. E' l'unico professore che sa che non voglio diventare guaritore. Mi ha proposto una carriera come pozionista al San Mungo. Però non dirlo a nessuno, perché non sono ancora del tutto convinta» Aggiunse in fretta. «Neppure ad Albus»
«Okay, non lo dirò» le sorrisi. «Sono contento che tu stia trovando la tua strada»
«Sì, anche io»

Fuori si era alzato il vento e sperai non si mettesse a nevicare proprio in quel momento. Mi strinsi nel mio mantello e infilai le mani -ormai congelate- in tasca.
«Cosa vuoi fare ora?» Mi chiese Scorpius, mentre ci facevamo strada nell'affollata via principale di Diagon Alley.
Davanti a noi si ergeva la Gringott, la banca dei maghi dove lavoravano zio Bill e zia Fleur, mentre sulla nostra sinistra stava Olivander, il più famoso negozio di bacchette di tutto il mondo magico.
«Non saprei» risposi rabbrividendo. «Basta che entriamo da qualche parte perché sto congelando»
«Vieni con me» mi prese delicatamente per il braccio e mi condusse in un vicolo laterale dove il vento soffiava meno violentemente.
Sulla nostra sinistra c'era un piccolo negozio di antiquariato piuttosto affollato, e poco più avanti un negozio di calderoni.
Scorpius si appoggiò al muro con una spalla e mi guardò. Alzai il capo per ricambiare il suo sguardo, in attesa che dicesse qualcosa. Ma lui non disse nulla; mi sorrise leggermente e mi prese la mano poggiandoci poi sopra un bacio a fior di labbra.
«Sempre congelate» disse, staccando dalla mia pelle le labbra quel po' che bastava per parlare.
Le chiamavano farfalle nello stomaco, quella sensazione di vuoto che si prova quando si è innamorati, ma in quel momento io le sentivo in tutto il corpo. Ero consapevole della presenza di Scorpius a pochi centimetri da me in una maniera impressionante. Mi prese anche l'altra mano e le avvolse tra le sue, per poi soffiarci sopra come era solito fare.
«Mio padre sa di noi» disse con tranquillità, come se stesse constatando un dato di fatto, come se stesse semplicemente commentando il tempo.
«Ah» deglutii io, sentendo le guance scaldarsi pericolosamente. «E come l'ha presa?»
Scorpius mi sorrise e poggiò il mento sulle nostre mani intrecciate. «Sembrava saperlo di già... o forse lo ha solo intuito. Penso sia scritto su tutta la mia faccia, quello che provo per te»
Be', avrei avuto qualcosa da ridire, dato che lui era la persona più abile che conoscessi quando si trattava di celare le proprie emozioni. O forse ero solo io che non le vedevo, o che non le volevo vedere. Perché in quel momento era come se i suoi occhi verdi stessero parlando: erano pieni di desiderio, rimpianto, amore. E sapevo che quelle emozioni dovevano per forza rispecchiarsi sul mio viso. 
Mi insultai mentalmente e desiderai rimangiarmi tutto quello che gli avevo detto la mattina di Natale. Fanculo i miei spazi, fanculo il tempo, fanculo il guarire. Io volevo lui e per una volta potevo averlo. Perché dovevo sempre complicare le cose?
Feci per dirgli tutto quello che provavo, e poi lo vidi. Una figura scura stava alle nostre spalle, il viso celato dal cappuccio di un mantello nero orlato di rosso e la bacchetta in mano, puntata contro Scorpius.
Mi gettai addosso al Biondaccio e, non so neanche io con quale forza, riuscii a scaraventarlo a terra, sentendo l'incantesimo sfiorarmi la testa. Atterrai sopra Scorpius e con un'ondata di terrore mi affrettai a controllare che non fosse ferito.
«Scorpius» ansimai. «Scorpius, stai bene?»
Scorpius annuì piano, poi il suo volto si dipinse di orrore mentre notava qualcosa dietro di me.
Mi voltai di scatto e notai la fonte del suo shock. A pochi passi da noi, una donna sulla trentina giaceva a terra in una pozza di sangue. L'incantesimo l'aveva colpita.
Non feci in tempo a realizzare quanto era successo che Scorpius era già al suo fianco con la bacchetta in mano e il viso privo di espressione. Era il ritratto della razionalità, sembrava che la situazione non lo sfiorasse minimamente. Ora aveva solo un obiettivo: salvare quella vita. Il resto non contava, i suoi sentimenti non contavano.
«Rose» mi chiamò con voce roca mentre si toglieva il mantello. «Rose, premi qui»
Presi il mantello con mani sorprendentemente ferme e feci pressione sull'addome della donna. Il sangue inondava la via e tingeva di rosso le mattonelle della strada, senza accennare minimamente a fermarsi.
«C'è qualcosa che non va» fece Scorpius a un certo punto, quando il suo ennesimo tentativo di bloccare l'emorragia non andò a buon fine. «Non riesco a frenare il flusso di sangue. Temo che… no, non può essere» Iniziò a borbottare tra sé e sé e io non riuscii più a seguire ciò che stava dicendo.
«Come ti chiami?» Chiesi alla donna che aveva iniziato ad ansimare.
«Chloe» Rispose quella.
«Andrà tutto bene, Chloe» dissi. «Sei in ottime mani»
In quel momento lei perse in sensi con un gemito. Guardai Scorpius spaventata e vidi una nota di panico farsi strada sul suo viso altrimenti impassibile.
«Fanculo» sbottò, e iniziò a sussurrare una strana formula magica. Mi resi conto che stava usando parole di una lingua che non conoscevo. Non era serpentese -sapevo di cosa si trattava grazie a zio Harry. No, quello sembrava un incantesimo antico che nessun adolescente dovrebbe conoscere.
Alzai leggermente il mantello e notai che piano piano le ferite si stavano rimarginando, ma era troppo tardi. Chloe esalò un ultimo respiro e non si mosse più.
Poggiai una mano insanguinata sul suo cuore e non sentii nulla. Scorpius le prese il polso e imprecò.
Si alzò di scatto guardandosi attorno, come se volesse cercare il responsabile per poi ridurlo a brandelli. Io feci lo stesso, e notai che si era formata una piccola folla attorno a noi, che ci osservava con occhi sgranati.
«Che cos'era quello, ragazzo?» Chiese un uomo con dei grossi baffi bianchi indicando Scorpius. «Quel linguaggio che hai usato. Sembrava magia nera!»
Scorpius era impassibile, mentre dire che io ero sconvolta sarebbe un eufemismo. Mi veniva da vomitare. «E' ridicolo!» Sbottai. «Stava cercando di salvarle la vita!»
«Be' non ci è riuscito molto bene, no?» Fece una donna alta e smilza con voce tremante. «E' morta. Proprio dopo che lui ha mormorato l'incantesimo»
«Non ci si poteva aspettare nulla di diverso dal figlio di Draco Malfoy» riprese l'uomo con i baffi. «Chissà quante cose ti ha insegnato tuo padre, eh»
La folla iniziò a borbottare, alcune persone scuotevano il capo in dissenso, altre invece annuivano spaventate. Io sentivo solo un forte ronzio nelle orecchie.
Presi la mano di Scorpius e lui la strinse forte, come un naufrago che cerca di aggrapparsi a una roccia per non affogare.
Non feci in tempo a dire nulla, perché nel giro di qualche secondo fummo circondati da una pattuglia di Auror.
Una donna alta e con la carnagione color cioccolato si fece avanti. Era bellissima ma allo stesso tempo spaventosa, con la schiena dritta e lo sguardo altero. La riconobbi all'istante: era Viola Thompson, il capo del dipartimento Auror, nonché capo di mio padre.
«Voi due» disse con voce ferma guardandoci negli occhi. «Siete pregati di seguirmi al Ministero della Magia senza opporre resistenza»



NOTE DELL'AUTRICE
Se vi state chiedendo che cavolo ho combinato con questo capitolo, beh, me lo sto chiedendo anche io, lol. in questo modo i capitoli della storia aumentano e voi ora direte: fai fatica ad aggiornare con regolarità così, e ora ci aggiungi pure un plot twist? 
Ehmi, sì.. faccio schifo, lo so. E' solo che non sono pronta a dire addio a questi personaggi, anche se so che prima o poi dovrò farlo. 
E nulla, spero che il capitolo abbia senso perché ci ho messo mesi a scriverlo, se  non ha senso fatemi sapere che lo ricontrollo. Nulla vi ringrazio se state ancora leggendo e vi mando un abbraccio. Grazie mille davvero!
A presto,
Francesca 
     
 

Francesca 

Ritorna all'indice


Capitolo 28
*** Capitolo Ventisette. ***


Capitolo Ventisette

 
Alla mia Edward Cullen,
che mi fa sentire compresa anche quando io non comprendo me stessa.
Questo è per te.

 
 
Mio padre questa volta avrebbe ucciso Scorpius per essersi quasi fatto ammazzare, ma soprattutto per aver quasi fatto ammazzare me.
No, sono seria. Aveva i minuti contati.
Viola Thompson ci aveva portato nel suo ufficio, quindi io e Scorpius ci trovavamo seduti di fronte alla scrivania di niente di meno del capo del dipartimento degli auror.
Figo.
Oh Merlino!
Zio Harry era arrivato da qualche minuto insieme a Kingsley e, dopo essersi assicurato che io e Scorpius stessimo bene, si era messo a parlare a bassa voce con la signora Thompson. Cercai di capire quello che si stavano dicendo ma i miei tentativi furono vani, sembrava si stessero impegnando affinché non li sentissimo. Cosa piuttosto stupida, dato che eravamo entrambi maggiorenni ed eravamo noi quelli che erano quasi stati uccisi da un pazzoide.
Kingsley, invece, stava in piedi contro la parete e ci osservava, come a volersi accertare che non scappassimo via.
E certo, perché scappare dal cuore del Ministero della Magia, in particolare dal bel mezzo del quartier generale degli auror, con di fronte alcuni dei maghi più in gambe della storia, era proprio un gioco da ragazzi! E poi perché mai avremmo desiderato andarcene? Di sicuro eravamo più al sicuro qui che per strada, alla mercé di qualsiasi psicopatico con un mantello nero orlato di rosso.
Noi eravamo le vittime. Scorpius era la vittima.
Scorpius.
Mi voltai di scatto verso di lui, seduto sulla poltroncina al mio fianco, e dovetti fare violenza psicologica su me stessa per non prendergli la mano insanguinata e stringergliela.
Stava guardando nel vuoto dritto davanti a sé con espressione assente. I suoi occhi erano socchiusi e il verde delle sue iridi non brillava come suo solito. Era più pallido del normale ed era sporco di sangue sulla guancia, in ricordo del tragico avvenimento del quale eravamo stati protagonisti.
Mi guardai le mani e ritrovai anche queste sporche di sangue. Ma non il mio sangue, e nemmeno quello di Scorpius. Era il sangue innocente di Chloe.
Avremmo entrambi potuto farci un gratta e netta, ma nessuno dei due ne aveva la forza. Ogni azione sembrava vana, fine a se stessa, priva di senso.
Non avevo ancora elaborato quanto accaduto, ero ancora in stato di shock e non mi rendevo neppure lontanamente conto del fatto che una vita si era spenta davanti ai miei occhi, del fatto che avevo sentito il cuore di quella donna smettere di battere proprio sotto le mie mani.
«Rose!» In quel momento mio padre entrò nell’ufficio con un’espressione preoccupata sul volto e le guance arrossate. Si inginocchiò davanti a me e mi strinse forte in un abbraccio, posandomi un bacio tra i capelli. «Che diavolo è successo?»
Feci per parlare ma nessun suono uscì dalla mia bocca. Come potevo spiegare in poche parole l’accaduto? Come potevo non rendere la morte di quella donna assolutamente banale e priva di significato?
Mio padre capì che non avrebbe ricevuto alcuna risposta da me, quindi rivolse la sua attenzione a Scorpius.
«Scorpius» lo chiamò piano, poggiandogli una mano sulla spalla. «Ragazzo, va tutto bene?»
Scorpius si voltò verso di lui senza vederlo davvero. I suoi occhi erano lucidi e avevo la sensazione che se avesse parlato si sarebbe messo a piangere.
Mi sentii molto in colpa nei confronti di mio padre in quel momento. Ovvio che non se la sarebbe mai presa con Scorpius. Checché ne dicesse, gli voleva bene ed era preoccupato per lui.
«Vorrei tanto sapere anche io la vostra versione dei fatti» tuonò la Thompson da dietro la scrivania appoggiando le mani sul legno scuro davanti a sé e sporgendosi verso di noi minacciosa. «Alcuni auror hanno interrogato dei testimoni oculari che sostengono di aver visto il signor Malfoy usare un incantesimo sconosciuto dopo il quale la signorina Lynch sarebbe deceduta»
Scorpius, se possibile, divenne ancora più bianco. Io invece mi accesi come una lampadina.
«Stava tentando di salvarle la vita!» Sibilai, furiosa. «Dopo l’incantesimo le ferite si stavano rimarginando, ma era ormai troppo tardi.»
Viola Thompson si rivolse a me. «E tu conosci l’origine dell’incantesimo?»
«Ehm, no, non lo avevo mai sentito, ma….»
«E allora non penso tu abbia niente da dire in questo momento»
Guardai mio padre indignata e lui mi fece segno di fare silenzio, ancora inginocchiato al mio fianco.
Scorpius finalmente parlò, la sua voce era ruvida come carta velina e bassa come un alito di vento. «E’ stata colpita da un Sectumsempra. Chloe… la signorina Lynch, intendo. Quando mi sono accorto che gli incantesimi normali non funzionavano ho usato il contro incantesimo per il Sectumsempra, ma non sono stato abbastanza veloce»
Era evidente che si stava dando la colpa per quando successo, più tardi avrei dovuto prenderlo a mazzate per questo.
«Il Sectumsempra è magia oscura, è un incantesimo proibito» Disse Thompson con tono duro. «Come hai fatto a riconoscerlo? E soprattutto, come possiamo sapere che non stai mentendo?»
Zio Harry si schiarì la voce. «Io ho visto un Sectumsempra, io… come ti dicevo prima, so di cosa si tratta e posso confermare che la descrizione delle ferite riportate dalla donna combacia con quelle provocate dal Sectumsempra. Inoltre conosco Scorpius. Scorpius non mente. E, Viola, per favore, vacci piano con loro… sono solo ragazzi»
Viola, a quanto pare, nutriva grande rispetto per Harry, perché annuì comprensiva. E quando si rivolse a Scorpius la sua voce aveva perso la severità precedente. «Può dirci com’è venuto a conoscenza di questo incantesimo, signor Malfoy?»
«L’ho letto in un libro, a Hogwarts»
Papà si alzò in piedi lentamente e guardò zio Harry. Si guardarono, e in quello sguardo erano sottese migliaia di parole incomprensibili per noi altri. Era il linguaggio dei migliori amici, di coloro che avevano vissuto insieme per così tanto tempo da non aver più bisogno di parole per comunicare.
«E’ ridicolo!» Sbottò la signora Thompson. «Nella biblioteca di Hogwarts non ci sono libri che trattano magia oscura!»
Scorpius si osservò le mani. «Non ho detto di averlo trovato in biblioteca» Aveva parlato così a bassa voce che per un momento pensai di essere stata l’unica ad averlo sentito.
Viola Thompdon pareva non capire. «E allora dove lo ha trovato?»
«Nella stanza delle necessità»
«Di che libro si tratta?» Chiese zio Harry con la voce tesa come una corda di violino.
«Il libro del Principe Mezzosangue» rispose Scorpius asciutto, ormai rassegnato.
Papà e zio Harry trattennero il fiato, mentre Viola e Kingsley aggrottarono la fronte.
«E’ un libro dove uno studente ha annotato degli appunti per rendere delle pozioni più semplici da preparare. Pensavo potesse essermi utile, quindi l’ho preso e l’ho studiato» Scorpius si bloccò, come se non sapesse bene come continuare. «Pensavo potesse essermi utile» ripeté, e in questo momento iniziò a tremare impercettibilmente. Stava borbottando, e Scorpius non borbottava mai. «Pensavo… pensavo potesse essermi utile, invece poi mi sono accorto che oltre alle note per migliorare le pozioni, vi erano anche annotati e spiegati incantesimi che si servivano di magia nera. Credo che il Sectumsempra lo abbia inventato il Principe Mezzosangue e credo che molti Mangiamorte ne abbiano fatto uso durante le guerre magiche. So il contro-incantesimo perché era scritto. Quando mi sono accorto di che cosa si trattasse, ho rimesso il libro nella stanza delle necessità. L’ho nascosto, nella speranza che nessuno potesse trovarlo»
Ci fu un lungo silenzio, come se la signora Thompson stesse decidendo se credere o meno alle parole di Scorpius. Poi zio Harry parlò con voce ferma. «Sta dicendo la verità. Il libro esiste. Io l’ho visto, l’ho letto. E’ stato il mio libro di pozioni per il sesto anno»
Viola parve colta alla sprovvista e guardò zio Harry come se l’avesse appena pugnalata alle spalle. «Tu sei il Principe Mezzosangue?»
«No, certo che no» rispose Harry con una risata nervosa. «Seversu Piton lo era. Non ho idea di come sia finito nella Stanza delle Necessità, però… Probabilmente mentre era preside lo avrà passato a qualche studente che poi lo ha nascosto lì»
«Severus Piton?» Viola parve molto stupita, ma non chiese ulteriori spiegazioni, ci scrutò per qualche istante ancora e poi decise di dare a Scorpius fiducia. «D’accordo, allora. Signor Malfoy, è stato molto irresponsabile da parte sua non comunicare alla preside la sua scoperta. Manderò una squadra a cercare e a distruggere questo libro, mentre un’altra sarà impegnata a cercare l’uomo che vi ha attaccato. Potete andare»
«Un momento!» Esclamai. «Quell’uomo mirava a Scorpius»
La donna mi guardò e inclinò il capo, come se stessi parlando una lingua che non conosceva. «Cosa intende dire, signorina Weasley?»
«Intendo dire che voleva uccidere Scorpius» replicai chiudendo le mani a pugno per non farle tremare. «Quindi dovete trovarlo. Presto»
Per la prima volta, Viola Thompson sorrise. «Ma certo. Faremo del nostro meglio»
E fu in quel momento che la consapevolezza dell’accaduto si riversò su di me come un’onda anomala.
Avevo visto morire una donna davanti ai miei occhi.
Quell’uomo voleva uccidere Scorpius.
Sarebbe potuto essere lui quello morto in quel momento.
Mi alzai e mi avviai di fretta verso la porta, premendomi una mano contro la bocca per non scoppiare a piangere. Mio padre mi chiamò e fece per raggiungermi, ma zio Harry lo fermò.
Sentivo Scorpius dietro di me mentre attraversavo il quartier generale degli auror e mi rintanavo in un corridoio deserto poco più avanti, vicino agli ascensori dorati.
Mi appoggiai al muro e mi resi conto che stavo tremando e non riuscivo più a smettere.
Scorpius mi si parò davanti e senza dire nulla mi prese tra le braccia per poi stringermi così forte che per poco mi mancò l’aria nei polmoni.
Anche lui stava tremando.
 
Dopo parecchi minuti, quando entrambi ci fummo calmati, Scorpius si allontanò quanto bastava per circondarmi il viso con le mani e poggiare la fronte contro la mia.
«Rose» sussurrò con occhi socchiusi, accarezzandomi la guancia con il pollice. 
Gli misi le mani sul petto e sentii il suo cuore battere contro la mia pelle. 
«Avrebbe potuto ucciderti» dissi, con gli occhi che mi bruciavano.
Scorpius sospirò. «Ma non è successo» cercò di sorridere, ma anche i suoi occhi erano lucidi e brillavano nella penombra del corridoio. «Sono ancora qui. Non ti libererai così facilmente di me»
Avrei voluto dirgli così tante cose, che ero spaventata a morte, che non volevo per nessun motivo al mondo liberarmi di lui. Che mi dispiaceva. Che lo amavo davvero tanto. Ma non riuscivo a parlare. Era come se avessi inghiottito del gesso. 
«Lo so» disse allora Scorpius al posto mio, indovinando i miei pensieri semplicemente tenendo la fronte premuta contro la mia. «Lo so, Rose»
Mi alzai sulla punta dei piedi e lo baciai. Scorpius non se lo aspettava, e non potevo biasimarlo, neanche io lo avevo previsto. Gli passai le mani attorno collo e poi tra i capelli, morbidi sotto il mio tocco, mentre lui allacciava le braccia attorno alla mia vita. Avevo sempre amato i suoi capelli, e poterli toccare così liberamente era ancora un’esperienza nuova per me.
Lo sentii trattenere il fiato per la sorpresa e per un istante temetti volesse respingermi, poi però mi strinse a sé e ricambiò il bacio.
«Mi dispiace tanto» sussurrai piano sulle sue labbra con voce strozzata, facendo per allontanarmi.
«Shh» Scorpius mi attirò a sé e mi baciò di nuovo, con calma, con intensità, mandando anche l’ultimo briciolo di sanità mentale che mi era rimasto in vacanza sulla Luna.
Assaporai le sue labbra, mi beai del suo profumo e del calore del suo abbraccio, sentendomi finalmente a casa, sentendomi come un viaggiatore che dopo aver vagato per giorni nel deserto trova finalmente l’acqua.
Ci allontanammo leggermente per prendere fiato, il respiro di Scorpius che mi sfiorava la pelle e il suo viso a pochi centimetri dal mio.
Tenendo gli occhi socchiusi, mi posò un leggero bacio a stampo sulle labbra, poi un altro sul naso, sulla guancia, sulla fronte. Le sue labbra erano calde contro la mia pelle, febbricitanti; pareva un drogato al quale dopo una lunga astinenza era stato dato il permesso di avvicinarsi di nuovo alla propria droga.
Qualcuno tossicchiò alle nostre spalle, e Scorpius mi lasciò andare velocemente sistemandosi la camicia spiegazzata senza che ce ne fosse davvero bisogno.
Era stato mio padre la fonte di quel suono. Lui e zio Harry ci guardavano con sguardo preoccupato, insicuri su cosa dire. Papà non pareva arrabbiato, quanto più rassegnato. Senza abbassare lo sguardo e tenendo gli occhi puntati nei suoi, così simili ai miei, presi piano la mano di Scorpius e la strinsi, sfidandolo a dire qualsiasi cosa.
Non disse nulla; al contrario, annuì mesto tra sé e sé.
Dopotutto, mica ci aveva dato la sua benedizione? Be’ certo, di sicuro con “benedizione” non intendeva che potevamo baciarci davanti al suo naso alla prima occasione, ma comunque. Ormai ero stanca, ero così stanca che neppure avevo la forza di essere imbarazzata per il fatto che mio padre mi avesse appena visto baciare Scorpius Malfoy.
«Volevamo solo assicurarci che steste bene» disse schiarendosi la voce e guardando l’amico in cerca di supporto.
Zio Harry sorrise in modo rassicurante, rivolgendosi a Scorpius. «Viola ti crede, Scorpius. Noi tutti ti crediamo, sappiamo che non è stata colpa tua. Probabilmente…» Si bloccò, come in cerca delle parole giuste da usare. «… i giornali parleranno. Non si risparmieranno e non saranno clementi nei tuoi confronti, si cibano di questo, di scandalo. Non prestar loro attenzione, non permettere loro di incidere sulla tua vita. Fidati, ci sono passato. Alla fine ciò che conta è che le persone vicino a te ti credano, e poi la verità verrà a galla. Viene sempre a galla»
Scorpius deglutì e rafforzò la presa attorno alla mia mano senza neppure rendersene conto, fu un gesto meccanico. Aveva perso quella punta di colore recuperata dopo che lo avevo baciato, e temetti seriamente che potesse svenire da un momento all’altro.
Sentii una fitta attraversarmi lo stomaco. Non lo avevo mai visto così vulnerabile, così apertamente scosso e spaventato. Solitamente era in grado di celare tutto quello che provava dietro a una maschera di indifferenza, ma non questa volta. Questa volta era tutto all’aria aperta, era tutto scritto a caratteri cubitali sul suo viso delicato.
Provai un moto di affetto nei suoi confronti così forte che mi diede le vertigini. Volevo solo proteggerlo da tutti i mali del mondo, perché aveva sofferto abbastanza, meritava una tregua. La vita glielo doveva, gli doveva una tregua.
Ecco perché lo avevo baciato. Non perché era quasi morto o perché ero sotto shock. Lo avevo baciato perché era ciò che davvero desideravamo entrambi e la vita era già abbastanza stronza e complicata senza che noi le rendessimo il lavoro ancora più facile.
«D’accordo» disse Scorpius, la voce ridotta a un sussurro. «Grazie. Vi ringrazio davvero tanto»
«E per cosa?» Fece zio Harry con un sorriso.
Scorpius non rispose, ma non ce n’era bisogno; zio Harry sembrò capire lo stesso.
«Ho delle scartoffie da sistemare, ci vorrà almeno una ventina di minuti» disse. «Puoi aspettare qui con me e poi possiamo tornare a casa. I gemelli sono andati via questa mattina, quindi puoi venire a stare da noi ora»
«Be’, ma non è necessario, no?» Era stato mio padre a parlare, lasciando me, Scorpius, e persino zio Harry senza parole.
Lo guardammo tutti e tre con occhi spalancati senza sapere bene come reagire, come se stesse parlando un’altra lingua.
«Voglio dire» continuò lui imbarazzato, le orecchie che pian piano si stavano tingendo di rosso. «Le tue cose, Scorpius, sono già da noi, dopotutto… e se andassi dai Potter dovresti dormire sul divano o sul materasso gonfiabile in camera di Albus. Noi abbiamo una stanza libera con un letto che sarebbe tutto per te, perché sprecarla?»
Ancora silenzio. La mia bocca era ormai spalancata, e non mi curai neppure di chiuderla.
Il primo a riprendersi fu zio Harry. «Uh, non c’è problema. Come Scorpius preferisce»
Se Scorpius non sviene oggi, pensai, non sverrà mai più. Era verde. «Ehm, ecco… Non vorrei creare disturbo»
«Nessun disturbo» disse papà, con più convinzione di prima. «Sono sicuro che Albus capirà»
Ti prego, resta da noi. Ti prego, ti prego.
Avevo bisogno che restasse. Avevo bisogno di sapere che potevo andare da lui la notte se non riuscivo a prendere sonno o se avevo gli incubi. Avevamo appena visto una donna morire davanti ai nostri occhi, avevamo bisogno di stare insieme per elaborare il lutto, e mio padre lo aveva capito.
Scorpius sorrise. «D’accordo. Grazie»
Tuttavia, non volevo si sentisse in qualche modo obbligato a stare da noi se non lo voleva. Mentre mio padre salutava zio Harry, tirai la manica della camicia di Scorpius per attirare la sua attenzione. Lui abbassò il capo e mi guardò. Notai con piacere che stava riacquistando colore e che il suo viso ora era più disteso.
«Non sei obbligato a restare da noi, lo sai, vero?»
Lui corrugò la fronte. «Non vuoi che rimanga?»
«No, no, no. Lo voglio, lo voglio» sospirai. «Lo voglio così tanto. Quello che non voglio è che tu ti senta obbligato. Voglio che lo voglia anche tu»
«Be’, voglio» Finalmente mi sorrise, e il mio cuore perse un battito. Dovetti trattenermi dall’alzarmi in punta di piedi per baciarlo di nuovo.
«Pronti, ragazzi?» Chiese papà, stringendo il mantello in una mano e una cartelletta nell’altra. «Torniamo a casa»
 
Non appena misi piede in casa, venni sormontata da un ammasso di capelli ricci.
Mia madre mi abbracciò ancora prima che potessi togliere il mantello, e per un istante temetti di morire soffocata.
«Mamma, è tutto okay» Le dissi con voce tremante, dandole piccole pacche sulla schiena per cercare di tranquillizzarla. «Siamo ancora tutti interi»
«No, non va bene per niente!» Sbottò questa lasciandomi finalmente andare e osservandomi dalla testa ai piedi per vedere se fossi effettivamente tutta intera. «Quello che hanno fatto è assurdo, assurdo! Non ne avevano alcun diritto, e va contro almeno una quindicina di leggi»
Rivolse la propria attenzione a Scorpius e abbracciò forte anche lui. «Oh, Scorpius. Stai bene?»
«Tutto bene, signora Weasley, la ringrazio»
Mamma scrutò attentamente anche lui e, una volta appurato che tutte le parti del corpo erano al loro posto, si mise le mani suoi fianchi e riprese la sua invettiva contro il Ministero.
«Portarvi in quel modo al quartier generale degli Auror come dei sospettati, e interrogarvi… Non possono approfittarsene così solo perché siete giovani!»
«Hermione, nessuno li ha interrogati» fece notare pacato papà dandole un leggero bacio sulla guancia. «Viola voleva solo sentire la loro versione dei fatti, e io e Harry eravamo lì»
«Avrebbero dovuto chiamare me, voi non siete avvocati!» Proseguì lei arrabbiata. «E a parte questo, la prima cosa da fare non era portarli al quartier generale. Viola ha sbagliato, Ron, mi spiace dirlo. La prima cosa da fare era portarli dritti al San Mungo!»
Papà si tolse il mantello e annuì piano. «Lo so, Hermione. Non so dirti la mia paura quando me li sono ritrovato in ufficio tutti sanguinanti»
«Non abbiamo bisogno di un dottore, mamma» sussurrai piano. «Non siamo stati feriti fisicamente»
Ed era vero. Dal punto di vista fisico non c’era nulla che non andava. Era il nostro animo ad essersi incrinato, era il nostro cuore che probabilmente aveva perso un pezzo che non avrebbe più riacquistato.
La mamma sospirò e si sistemò i capelli dietro le orecchie, per poi rivolgersi a noi con gentilezza, abbandonando le vesti di avvocato indignato. «Perché non andate a darvi una ripulita mentre preparo la cena?»
Scorpius ed io non ce lo facemmo ripetere due volte. Scorpius mi poggiò una mano sulla schiena e ci levammo dai piedi velocemente prima che la mamma ricominciasse a ispezionarci per assicurarsi che stessimo bene.
Sulle scale era appollaiato Hugo, che aveva osservato la scena da lontano. Era pallido e le lentiggini che gli decoravano le guance spiccavano più del solito sulla carnagione chiara.
«Hey, pulce» lo salutai, arruffandogli i capelli. «Che fai qui tutto solo?»
Mio fratello si alzò e mi guardò con aria strana. «Sei viva» disse, come se stentasse a crederci.
«Sì, Hugo» risposi. «Sono viva»
Lui annuì piano e fece per abbracciarmi. Poi sembrò ripensarci e mi diede una pacca sulla spalla. Io e mio fratello non eravamo tipi da abbracci, e andava bene così. «Sono contento che tu sia ancora qui»
 
Dicono che quando vedi qualcuno morire, perdi una parte di te. In quel momento, immobile sotto la doccia con il sangue di Chloe che scivolava via dalla mia pelle, non potevo fare a meno di pensare che fosse maledettamente vero.
Chloe era morta davanti ai miei occhi, avevo sentito il suo cuore smettere di battere sotto le mie mani, e nonostante lo avessi grattato via con quantità industriali di sapone, sentivo ancora l’odore del suo sangue impregnarmi le narici come un veleno mortale.
Mi passai per l’ennesima volta le mani sul viso, come se in qualche modo potessi schiarirmi le idee, e cercai di rilassarmi, sperando che l’acqua calda potesse lavare via la paura e la tensione accumulata.
Ero ancora sotto shock. Non realizzavo quanto accaduto. Non poteva essere davvero capitato a me.
Io ero ordinaria, e alle ragazze ordinarie accadono cose ordinarie. Casa, scuola, amici, un brutto voto, un raffreddore. Le ragazze ordinarie come me non si vanno a ficcare in situazioni potenzialmente mortali… eppure io non mi ci ero ficcata, era stata la situazione a trovare me. Iniziavo a capire che cosa intendessero i miei genitori quando sostenevano che non erano certo loro a cacciarsi nei guai, erano i guai che li inseguivano impietosi. E lo stesso era accaduto a me. Che avessi ereditato questa sgradita qualità da loro?
Io non volevo salvare il mondo, non volevo fama, gloria, o che altro… volevo solo tranquillità. E volevo anche recuperare il tempo perduto con Scorpius.
Per Merlino, pensai. Scorpius. Il mio Scorpius che quasi era morto.
Non riuscivo a sopportare il pensiero di uno Scorpius morto, la sola idea mi faceva venire il voltastomaco, era come se il mio cervello si rifiutasse di processarla. Eppure sarebbe potuto succedere, e io non ne sarei uscita viva. Se Scorpius fosse morto, non so proprio come avrei fatto a rimettere insieme i pezzi e ad andare avanti con la mia vita; probabilmente non ce l’avrei fatta. La morte non capita a coloro che muoiono, ma a coloro che sopravvivono. Sono loro quelli che devono avere a che fare con le conseguenze della tua morte, e io non ero abbastanza forte per poter sopportare la perdita delle persone che amavo. Non lo ero e basta.
«Rose» mi chiamò mia madre da dietro la porta del bagno. «Prenditi il tuo tempo, ma è quasi pronta la cena e Albus è qui e chiede di te»
«Albus?» Chiesi morsicandomi il labbro per impedirmi di scoppiare a piangere. «E’ già tornato a casa?»
«Sì, non appena ha saputo quanto successo si è precipitato qui con Jerome» Mia mamma sospirò felice. «L’ho finalmente conosciuto, è un così caro ragazzo e fa proprio brillare gli occhi a tuo cugino»
Sentire quelle parole mi scaldò il cuore e mi diede la forza per chiudere il getto dell’acqua e avvolgermi nell’accappatoio con un sospiro. «Cinque minuti» dissi. «Dammi cinque minuti e arrivo»
 
Questa volta venni sormontata da una valanga di capelli corvini.
«Rosie! » Albus mi prese tra le braccia e mi sollevò da terra di ben dieci centimetri, stringendomi forte. «Merlino, lo spavento che mi avete fatto prendere! » Esclamò, continuando ad abbracciarmi. «Siete i soliti due idioti, ma cosa devo fare con voi? »
«Albus» Tossicchiai tra i suoi capelli. «Puoi mettermi giù… non respiro»
«Oh, già» Finalmente mi lasciò andare e mi rimise per terra. «Scusa»
«E’ bello vederti, Rose» mi disse Jerome con voce delicata mentre mi abbracciava, come se avesse paura di rompermi.
«Mi dispiace per la vostra giornata! » Esclamai mortificata. «Non dovevate tornare, stimo bene! » Cercai di stamparmi un sorriso convincente sulle labbra, che però mi uscì più come una smorfia, quindi smisi subito.
Scorpius stava seduto sul divano e mi stava guardando. I capelli umidi gli ricadevano sulla fronte e gli si arricciavano leggermente all’attaccatura del collo, indossava un paio di jeans e una felpa verde scuro che in qualche modo gli metteva in risalto gli occhi.
Mi sedetti accanto a lui, ignorando gli occhi di Albus che mi scrutavano indagatori, e gli diedi un bacio sulla guancia, per poi poggiare la testa sulla sua spalla. Scorpius non disse nulla, né si mostrò colto di sorpresa; si limitò a passarmi un braccio attorno alle spalle e a stringermi a sé, posandomi a sua volta un bacio tra i capelli.
Albus sorrise e, per la prima volta in vita sua, tacque.

NOTE DELLA PSEUDO AUTRICE RITARDATARIA:
Come al solito mi faccio viva dopo secoli, ma piano piano questa storia la concluderò, abbiate fede. <3 
Non ho molto da dire sul capitolo, se non che sarebbe dovto essere più lungo ma che l'ho tagliato così da poter pubblicare qualcosa! Il resto arriverà la prossima volta, che sarà... ehm, spero presto ???
Quando ho pubblicato lo scorso capitolo ci sono stati dei problemi con EFP e alcune recensioni sono scomparse prima che potessi ringraziarvi, quindi lo faccio qui: grazie mille, grazie di cuore a tutti! <3 
Questo capitolo è per la mia Edward Cullen che vive nella mia testa 24/7, Rebs. <3
Tanti auguri, cuore. <3 

Francesca 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 29
*** Capitolo Ventotto. ***


Capitolo Ventotto
 
 
You and I walk a fragile line
I have known it all this time
Never ever thought I'd see it break.

Never thought I'd see it...
Haunted, Taylor Swift

 
 
 

Alla fine, dopo una buona mezz’ora durante la quale mia madre aveva tentato in tutti i modi di convincerli –e di farli sentire in colpa- Albus e Jerome si fermarono a cena.
Io mi sedetti tra mio cugino e Scorpius, provando un senso di sicurezza così forte che riuscivo a sentirlo alla bocca dello stomaco. Ero ancora scossa, ma lì, stretta tra i miei due migliori amici e la mia famiglia, mi sentivo in qualche modo protetta, come se niente di brutto potesse accadere. Ero consapevole che si trattava di un’illusione, di una bolla immaginaria costruita dalla mia mente per tenere lontano i mali del mondo, ma desideravo che fosse vera. Desideravo poterli davvero proteggere tutti con la sola forza del pensiero.
Jerome prese posto di fronte ad Albus, e non sembrava imbarazzato, bensì in pace con se stesso. Jerome era sempre tranquillo. Era una di quelle persone che paiono avvolte da un’aurea di calma e pacatezza che li rende incredibilmente piacevoli da avere attorno. Jerome era piacevole, non solo caratterialmente, ma anche esteticamente; con i suoi occhi profondi come pozzi di petrolio e i tratti delicati del viso pareva un angelo caduto in terra, un’anima pura che non aveva nulla a che fare con la corruzione di questo mondo. Era davvero una brava persona e non potevo essere più felice per mio cugino. L’animo tranquillo di Jerome era in grado di placare il fuoco che spesso accendeva quello di Albus, rendendolo insicuro e tormentato. E non è proprio questo che dovrebbe fare la persona che ami? Renderti migliore giorno dopo giorno e insegnarti ad accettarti per quello che sei?
Mamma aveva proibito di parlare di quanto accaduto quel pomeriggio, infastidendomi non poco. Papà era un auror, di sicuro aveva informazioni -doveva avere informazioni!- e tutto ciò che desideravo era riempirlo di domande. E invece non potevo, perché ogni volta che provavo a sollevare la questione venivo incenerita dallo sguardo di mia madre. Alla fine ci rinunciai e continuai a mangiare imbronciata.
Scorpius al mio fianco era silenzioso. Nonostante avesse indossato il suo tipico sorriso di cortesia, riuscivo a percepire la sua tensione.
«Rose, potresti passarmi il sale?» Chiese mia mamma, seduta di fronte a me.
Feci per porgerglielo, ma quando lei allungò la mano per prenderlo io lo tirai indietro in fretta. «Se solo mi lasciassi chiedere a papà come sia possibile che…»
«Oh insomma!» Sbottò lei, spazientita. «Ho detto di no, Rose»
Avevamo avuto quella conversazione come minimo cinque volte nel giro di venti minuti, e finiva sempre nella stessa maniera: lei perdeva la pazienza e io l’appetito.
Spinsi il piatto di insalata lontano da me, solo la vista del cibo mi faceva stare male.
«Rose, sei sicura di non voler mangiare più?» Chiese mio padre preoccupato. «Hai bisogno di…»
Qualcuno bussò forte alla porta. Mamma e papà si scambiarono uno sguardo confuso che sottendeva una muta domanda: aspettavi qualcuno? Papà scosse leggermente il capo, lo sguardo sempre fisso sulla mamma, per poi estrarre piano la bacchetta. Il mio cuore perse un battito e misi una mano sul braccio di Scorpius in un gesto automatico, senza pensare che un serial killer avrebbe semplicemente sfondato la porta senza prendersi la briga di bussare, annunciando così il suo arrivo. Ma in quel momento ero ancora sotto shock e avevo smesso di ragionare.
La mamma sorrise. «Sarà zio Harry, o zia Ginny»
Non avendo ricevuto un’immediata risposta, il visitatore riprese a bussare, questa volta più forte. 
«Non è possibile» sussurrò piano Al, lanciando un’occhiata a mio padre mentre si dirigeva verso la porta.  
«Oh miseriaccia!» Esclamò papà, per poi scoppiare in una risatina nervosa.
«Chi è, Ronald?» Chiese la mamma alzandosi e avvicinandosi alla porta della cucina. «Oh, cielo!»
«Ce ne hai messo di tempo, Weasley» fece una voce fredda come il ghiaccio. «Ora, se non ti dispiace, esigo vedere mio figlio.»
Draco Malfoy varcò le soglie della cucina come un re che fa ritorno al suo castello, nonostante la mia cucina fosse ben lontana dall’assomigliare a un castello, figuriamoci a un castello dei Malfoy.
Indossava ancora il mantello di seta verde di quella mattina e, nonostante la stanchezza e la preoccupazione dipinte sul suo volto, si ergeva altero di fronte a sei paia di occhi che lo guardavano come se fosse un alieno con tre teste.
Scorpius inclinò la testa di lato, come se stesse studiando la figura del padre per accertarsi che fosse davvero lui. «Papà» disse piano sbattendo più volte le palpebre. Improvvisamente mi sembrò molto giovane, un bambino che rivede il padre dopo tanto tempo, nonostante lo avesse incontrato solo qualche ora addietro. «Che cosa ci fai tu qui?»
Il signor Malfoy si lasciò scappare un’espressione stupita, per poi ricomporsi subito. «Che cosa ci faccio qui?» Esclamò indignato. «Al Ministero non mi hanno permesso di vederti dopo l’attacco e tu non ti sei nemmeno degnato di scrivermi che stavi bene. Che cosa avrei dovuto fare?»
Scorpius lo guardava come se fosse uno sconosciuto, come se non stesse capendo mezza parola che usciva dalla sua bocca. «Tu sei venuto al Ministero?»
«Certamente» disse il signor Malfoy indignato. «Non appena ho saputo, ma non mi hanno permesso di entrare nel quartier generale degli auror per vederti. A tal proposito» aggiunse poi, rivolto a mio padre che lo aveva seguito in cucina. «…scambierò due parole con il Ministro riguardo all’incompetenza di Viola Thompson, Weasley.»
Papà alzò gli occhi al cielo e fece per dire qualcosa, ma la mamma gli tirò una gomitata per farlo tacere.
Scorpius continuava a sembrare confuso. Era incredibile come si trasformasse di fronte a Draco Malfoy: il ragazzo sempre sicuro di sé, fatto di logica e razionalità, diventava vulnerabile, quasi fragile. Lui, che capiva sempre tutto, non era in grado di comprendere come fosse possibile che il padre si stesse davvero preoccupando per la sua incolumità.
«Non ti ho scritto perché…» iniziò, guardandosi le mani come se stesse cercando le parole più adatte. Poi alzò lo sguardo sul signor Malfoy, gli occhi spenti che fissavano nel vuoto. «… perché me ne sono dimenticato»
Il viso di Draco Malfoy, caratterizzato da lineamenti tanto belli quanto spigolosi e pungenti, si addolcì. «Ma certo. Devi essere ancora parecchio scosso. Uhm, grazie per esservi presi cura di lui» Disse poi, rivolto ai miei genitori.
Mia madre sorrise e poi fece segno a me, ad Albus e a Jerome di seguirla in salotto con papà, così da lasciare ai due Malfoy un po’ di privacy.
«Come può biasimarlo per non avergli fatto avere sue notizie?» Sbottò Albus velenoso una volta chiusa la porta della cucina alle sue spalle. «Non è che possa essere eletto genitore dell’anno»
«È pur sempre suo padre, Albus» sussurrò piano Jerome, che era stato in silenzio fino a quel momento.
«Avremmo dovuto scrivergli noi, Ron» disse mia mamma, passandosi una mano sul collo angosciata. «Avremmo dovuto pensare noi ad avvisare Malfoy»
Papà le mise un braccio attorno alle spalle e le posò un bacio tra i capelli. «Abbiamo fatto abbastanza, Hermione. L’importante è che ora lui sia qui e sappia che Scorpius sta bene»
Mi voltai e puntai lo sguardo contro la porta della cucina, come se in qualche modo potessi vedere attraverso il legno. Sentivo i due Malfoy parlare a bassa voce senza però riuscire a decifrare le loro parole, ma non importava. Ciò che mi importava era che non stessero litigando. Non potevo sopportarlo. Se Draco Malfoy avesse in qualche modo peggiorato le condizioni di Scorpius lo avrei preso personalmente a calci.
«Mi è passata la fame» sussurrai senza togliere gli occhi dalla porta. «Posso andare a dormire?»
«Certo, Rose» acconsentì mia mamma avvicinandosi e posandomi una mano sulla spalla. «Hai bisogno di qualcosa? Vuoi un tè?»
Scossi piano il capo e, dopo aver fatto un segno di saluto ad Albus e Jerome, mi diressi in camera mia, trascinandomi su per le scale con capo chino. Non mi ero resa conto fino a quel momento di quanto fossi stanca. Eppure, quando finalmente raggiunsi la mia camera e mi gettai a pancia in giù sul mio letto, il sonno non si decise a farmi visita. Ero stanchissima, tanto stanca che non riuscivo ad addormentarmi.
Rimasi così, il viso sprofondato nel cuscino e gli occhi chiusi, ma la mia mente era vigile, e non voleva darmi tregua.
 

Dopo quelle che parvero ore mi arrivò un messaggio. Inizialmente decisi di non leggerlo, poi però mi venne in mente che non avevo chiamato Julia, perciò raccolsi le poche briciole di buona volontà che mi erano rimaste e afferrai il cellulare.
Era Julia, appunto.
Mi girai sulla schiena e le scrissi brevemente quanto era accaduto, promettendole che stavo bene e che l'indomani l’avrei chiamata. Posai il telefono sulla pancia, attendendo una risposta che arrivò nel giro di qualche minuto.
Se mi fai preoccupare ancora così tanto, ti faccio fuori.
Sorrisi alla sua minaccia e mi girai di lato. La sveglia sul comodino segnava le dieci di sera, eppure il sonno non si decideva ad arrivare.
Chissà se Draco Malfoy se n’era andato… Chissà se Scorpius aveva deciso di seguirlo e di tornare a casa con lui. Pensai anche a sua madre, Astoria, che di materno doveva avere ben poco. Dopo il viaggio in Polinesia che aveva fatto quell’autunno era andata a vivere con i suoi genitori, e Scorpius non la vedeva da mesi. Chissà se sapeva che cos’era successo e se era preoccupata, o se in quel momento si trovava in qualche altra isola tropicale a prendere il sole. Sospirai amareggiata perché Draco Malfoy era davvero l’unica famiglia che rimaneva a Scorpius.
Volevo sapere come stava, ma avevo paura che stesse dormendo, perciò decisi di inviargli un messaggio pregando che avesse silenziato il telefono. Sempre che sapesse come si faceva. A me lo aveva spiegato Julia, che era una nata babbana, altrimenti non avrei mai nemmeno pensato che fosse possibile. Ma di nuovo, io e la tecnologia non andavamo per niente d’accordo. Anche se dovevo ammettere che era piuttosto comoda quando si trattava di comunicare con Albus durante le vacanze: Leotordo era stufo marcio di fare avanti e indietro da casa mia alla sua (che si trovavano l’una di fronte all’altra) e dopo un po’ si arrabbiava e mi beccava il dito, obbligandomi ad alzarmi dal letto, a mettermi le scarpe e ad andare da mio cugino così da poterci parlare di persona. Con i cellulari era tutto più semplice, anche se per capire come funzionassero ci misi un’estate intera. Per fortuna mamma era piuttosto brava con gli aggeggi babbani e mi aveva dato una mano.
Scorpius bussò alla mia porta qualche istante dopo aver ricevuto il mio sms. Indossava il pigiama di Serpeverde che gli avevano regalato i miei per Natale; era composto da una maglietta verde scuro e dei pantaloni bianchi tempestati dallo stemma della casa. Albus lo aveva preso in giro, sostenendo che i ragazzi non usano il pigiama, ma Scorpius aveva storto il naso blaterando qualcosa sugli stereotipi di genere e sul fatto che lui faceva quello che gli pareva e che lo avrebbe indossato con piacere.
Beh, se avevo voce in capitolo, evviva i pigiami di Serpeverde!
«Ehi,» mi disse. «Posso?»
«Certo.» Mi scostai di lato per farlo entrare nella mia camera e mi chiusi la porta alle spalle. Scorpius non si fece tutti i problemi che si era fatto l’altra volta, e si sedette subito sul letto, appoggiando la schiena contro la testiera e allungando le gambe davanti a sé. Io incrociai le braccia al petto e ghignai.
«Bel pigiama»
Lui alzò gli occhi al cielo divertito. «Non dirmi che anche tu hai qualcosa contro i pigiami»
«Assolutamente niente»
«Sto bene, comunque» disse, rispondendo così al messaggio che gli avevo mandato poco prima. «Mio padre sembrava davvero preoccupato. Non abbiamo litigato, solo parlato. È andato via quasi subito perché aveva del lavoro da sbrigare ma mi ha fatto piacere vederlo»
Annuii tra me e me e mi avvicinai piano al letto, sedendomi al suo fianco, la schiena a mia volta poggiata alla testiera del letto e la mia spalla che toccava la sua.
«E tu stai bene?»
«No, non sto bene» sussurrai piano posando la mano sulla sua.
Scorpius mi guardò serio. «Non farlo più»
Aggrottai la fronte e inclinai il capo di lato, non capendo a che cosa si riferisse. Ritrassi la mano, ferita, come se mi fossi scottata. Non voleva che lo toccassi?
«Mi hai sentito, Rose?» Si sistemò meglio sul letto così che potesse guardarmi fisso negli occhi. «Che non ti venga in mente mai più di gettarti tra me e una maledizione»
Alzai gli occhi al cielo, improvvisamente infastidita dalla sua mania di fare il melodrammatico. «Non dirmi cosa posso o non posso fare, Scorpius»
Lui scosse il capo ridendo piano. «Non me lo sognerei mai. Anche perché so che non mi ascolteresti»
Lo guardai storto. «Tu avresti fatto lo stesso per me. O per Albus»
Quando alzò i suoi occhi su di me, questi erano cupi. «Sì,» disse senza esitazione, «e tu mi avresti detto di non farlo più»
Mi strappò un sorriso che cercai di celare abbassando il capo.
«Non me lo perdonerei mai se ti capitasse qualcosa per colpa mia» La sua voce si ridusse a un sussurro. «Chloe è morta a causa mia. Si è presa la maledizione che era diretta a me. A me, Rose, capisci?» Si passò una mano sul viso e sospirò. «Mi sento terribilmente male per lei, eppure…» Aveva perso quel poco di colore che aveva, il suo viso era tirato, stanco, mortificato. «Eppure non posso fare a meno di pensare che saresti potuta essere tu. E sono sollevato, sono così sollevato che non sia toccato a te, perché vivere con il peso della morte di Chloe sulle spalle sarà terribile, ma con il tuo, Rose? Non ce l’avrei fatta… Questo fa di me una persona orribile? Che razza di essere umano prova sollievo per morte di qualcuno?»
«Anche io mi sento allo stesso modo. Sono devastata dalla morte di Chloe. È stato ingiusto, crudele, e a volte penso che non mi riprenderò mai più. Qualcosa in me è cambiato, non sarò più la stessa persona. Ma se fossi stato tu a morire?» Scossi il capo. «Avrei probabilmente perso la testa»
«Non posso fare a meno di pensare che avrei potuto salvarla»
«Scorpius, no…»
«Invece sì!» Si animò lui. «Se solo avessi pensato prima al Sectumsempra, se solo fossi stato più veloce... il minimo che potevo fare era salvarle la vita»
Sapevo che, in un modo o nell’altro, si sarebbe incolpato per quanto successo. «Non puoi salvare tutti, Scorp. Hai fatto quello che potevi in quel momento. Anche se non è stato abbastanza, tu hai fatto tutto quello che potevi fare. Non è colpa di nessuno se non di quell’uomo. O almeno, credo si trattasse di un uomo, ormai non sono più sicura di niente»
Scorpius sbuffò e sprofondò tra i cuscini, passandosi una mano sul viso. Mi soffermai ad osservare la linea di pelle che si intravedeva tra i pantaloni del pigiama e la maglietta, per poi distogliere in fretta lo sguardo. 
«Voglio solo essere un ragazzo normale, chiedo troppo?»
«Con dei genitori come i nostri…» iniziai sconsolata, «nessuno ci considererà mai dei ragazzi normali, non importa quanto ci sforziamo per esserlo» C’era amarezza nella mia voce. Amavo la mia famiglia, ma a volte desideravo solo essere… una tra i tanti. Desideravo passare inosservata, senza bisbigli curiosi che mi seguissero dovunque andassi solo perché ero imparentata con i salvatori del mondo magico. Per Scorpius doveva essere ancora peggio. Almeno le persone mi guardavano con ammirazione e si aspettavano grandi cose da me, Scorpius invece veniva sempre etichettato come il figlio dell’ex mangiamorte, non importava quanto si impegnasse per scrollarsi di dosso quell’etichetta.
«Lo odio» disse Scorpius, tenendo gli occhi chiusi e parlando a bassa voce, come se fosse sul punto di cadere tra le braccia di Morfeo. «Odio tutto questo»
Mi sdraiai al suo fianco, girandomi di lato per poterlo osservare.
Avevo acceso la lampada sul mio comodino e la luce disegnava uno strano gioco di ombre sul suo viso delicato. Gli misi una mano sul petto, proprio sopra al cuore che batteva piano sotto al mio palmo, e poi posai il capo sulla sua spalla.
«Lo so, Scorpius» sospirai. «Mi dispiace»
Restammo così per un po’, l’unico rumore udibile erano i nostri respiri regolari, tanto che ad un certo punto credetti si fosse addormentato.
«Cosa succede se tuo padre mi trova qui?» Chiese Scorpius improvvisamente, gli occhi chiusi e la voce impastata di sonno, a metà tra il mondo dei sogni e quello reale.
«Niente» Risposi io, dandogli un bacio sulla guancia. «Non succede proprio niente»
 
 ---

«Penso che dobbiate uscire un po'» disse mia mamma risoluta una mattina di gennaio.
Papà alzò gli occhi dal giornale che stava leggendo confuso, Scorpius raddrizzò la schiena e io mi misi a ridere.
«Sì, certo» dissi, convinta che fosse uno scherzo. Poi, vedendo la sua espressione mi bloccai. «Oh, aspetta. Parli sul serio?»
Scorpius ed io eravamo seduti sul divano a guardare la televisione, mentre papà stava leggendo la Gazzetta del Profeta. La mamma, che era appena entrata in soggiorno, ci guardò male.
«Tu e Scorpius avete passato quasi tutte le vacanze in casa!» Si spiegò, chiaramente nervosa. «Non dico che dobbiate tornare a Diagon Alley, solo che penso dovreste prendere un po' d'aria. Non so, fate un giro qui a Godric's Hollow»
«No» dissi, e Scorpius al mio fianco sospirò.
Io e Scorpius non avevamo messo piede fuori di casa dall'attacco, se non per attraversare la strada e andare da Albus a passare qualche pomeriggio. Ormai era però il quattro gennaio e ci erano rimasti solo due giorni prima di rientrare a Hogwarts il sette.
Non che me ne importasse, si intende. Non avevo intenzione di mettere piede fuori di casa, o meglio, di far mettere piede fuori di casa a Scorpius, fino a quando non avessero preso il pazzoide che aveva tentato di ucciderlo.
«Magari tua mamma ha ragione» disse Scorpius, ma io non mi voltai a guardarlo. «Non posso nascondermi per sempre»
«Non abbiamo alcun motivo per pensare che quell’uomo stesse davvero mirando a Scorpius» intervenne papà con calma chiudendo il giornale. «Viola pensa piuttosto che si sia trattato di un attacco casuale»
Viola Davis mi iniziava davvero a stare sulle scatole.
«Ve l’ho detto» sibilai a denti stretti. «Aveva la bacchetta puntata verso Scorpius. L’ho visto»
«Rose, tesoro, magari ti stai sbagliando…» Mia mamma fece per mettermi una mano sulla spalla ma me la scrollai di dosso.
«Voi non eravate lì, okay?» Non piangere, Rose. Non metterti a piangere, mi ripetevo come un mantra nella testa. «Non potete sapere quello che è successo»
«Nessun testimone lo ha visto, Rosie»
Guardai mio padre con affronto. «Oh, ora stai dalla sua parte. Grazie»
«Non ci sono delle parti, Rose» disse la mamma. «E non siete obbligati a uscire, se non volete. Dico solo che è una cosa che a mio avviso potete fare, almeno qui in paese dove potete essere raggiunti facilmente da noi»
Chiusi gli occhi e presi un gran respiro.
Era da anni che la mia mente pareva non voler darmi un attimo di tregua –tutte le mie ansie, le indecisioni per il futuro, la faccenda Biondaccio- e quando finalmente si decideva a concedermi un respiro di sollievo, ecco che un pazzo assassino uccideva una donna davanti ai miei occhi.
Io mi chiedevo che cosa avessi fatto di male nella vita, perché c’era sempre qualcosa. Sempre. Qualcosa.
«Tu cosa ne pensi?» Chiesi piano a Scorpius, tenendo gli occhi chiusi.
«Penso che sia una buona idea»
Il mio cellulare, che si trovava posato sul bracciolo del divano, vibrò. Lo presi, aspettandomi di trovare un messaggio di Albus che ci invitava da lui a cena, invece ne trovai uno da parte di Jason.
Dopo l’incidente di fine dicembre mi aveva chiamata per assicurarsi che stessi bene e per dirmi che aveva intenzione di chiedermi di uscire durante le vacanze una volta che mi fossi ripresa. Dato che con le interazioni umane facevo decisamente schifo, ero rimasta zitta per un minuto buono, per poi dirgli che probabilmente non me la sarei sentita di lasciare casa mia per un bel po’. Ma Jason Cameron era famoso per la sua testardaggine, perciò eccolo lì di nuovo, una settimana più tardi, a chiedermi se mi andava di fare un giro a Londra con lui.
No, ovviamente non mi andava. Forse avrei solo dovuto dirgli che ora stavo con Scorpius così l’avrebbe piantata, ma il solo pensiero che la notizia si diffondesse a Hogwarts mi faceva venire il mal di stomaco. Non perché non volevo che si sapesse, anzi. Fosse stato per me sarei andata in giro con una maglietta con scritto “Scorpius Malfoy è finalmente il mio ragazzo” e lo avrei urlato ai quattro venti, ma Hogwarts era pieno di pettegole –e pettegoli- pronti a inventare qualsiasi storia per saziare il loro desiderio di sapere i fatti altrui. E non lo sopportavo.
«Jason» dissi a bassa voce facendo accenno allo schermo del cellulare, così che solo Scorpius potesse sentirmi.
Mia madre era tornata di là, probabilmente per preparare la cena, mentre papà era di nuovo immerso nella lettura. La televisione era ancora accesa e le voci dei protagonisti del film che stavano trasmettendo –un thriller dove tutti si sparavano a vicenda- smorzavano la mia.
Scorpius sbuffò, leggermente infastidito. «Digli che vorrei unirmi anche io al vostro appuntamento»
«Non penso Jason sarebbe d’accordo»
«Non vedo l’ora che sappia che stiamo insieme» continuò lui. «Almeno ti lascerà stare. E se non ti lascerà stare, farò in modo che lo faccia»
Alzai gli occhi al cielo, sicura che non ce ne sarebbe stato bisogno.
«Gli dico che domani ho già da piani con te e Al» decisi, digitando velocemente una risposta gentile ma sintetica.
«Uh, quindi usciamo?»
Alzai le spalle sconsolata. «Non possiamo mica stare in casa per sempre, no? Pensavo potremmo andare al parco qui vicino.»
«Battaglia di palle di neve?» Chiese Scorpius con gli occhi che brillavano come perle preziose.
Adorava giocare a palle di neve. Anzi, ne era quasi ossessionato, peggio di un bambino di dieci anni. Ogni volta costruiva, con o senza magia, un muro fatto di neve così da distinguere i “territori” da invadere. E poi le regole. Per Merlino, le sue regole! Non ti aspetteresti mai che un gioco come “palle di neve” possa avere delle regole che vadano oltre il “colpisci e scappa”, e invece no. Ogni volta le spiegava e rispiegava come un generale che istruisce le truppe sul piano di attacco. Io e Albus lo assecondavamo in preda alla disperazione, ma ogni volta la partita finiva con Scorpius che si lamentava perché avevamo dimenticato quanto tempo stare fermi dopo essere stati colpiti e Albus che sbottava e iniziava a riempirlo di neve senza ritegno urlando Vai al Diavolo, tu e le tue regole!
«Mmmm»
«Oh, andiamo!» Sbottò lui. «Sarà divertente!»
Sì… un vero spasso.
 
 
«No, no, no e poi no!» Strillò Albus puntando il dito contro il di me. «Quando ieri mi hai chiesto di uscire, Rose, io ho acconsentito ad una condizione: niente palle di neve con Scorpius!»
Ci trovavamo al parco di Godric’s Hollow, di fianco alla Chiesa e al cimitero. Non era molto grande, ma vi erano dei giochi per i bambini e d’estate era sempre pieno di sportivi che correvano tra i sentieri sterrati, oppure di scansafatiche –tipo me- che cercavano riparo all’ombra dei fitti alberi del boschetto, che si iniziava qualche metro più avanti rispetto a dove stavamo noi.
«Oh, ma dai, Albus» fece Scorpius divertito. «Solo perché perdi ogni volta»
Albus pareva oltremodo offeso mentre si portava una mano al petto e lo guardava indignato. «No. Non voglio più giocare perché tu sei un pazzo psicopatico!»
Ora era Scorpius ad essere offeso. «Io… io sarei lo psicopatico? Sei tu che ogni volta impazzisci e inizi a infilarmi la neve nella giacca!»
A me veniva da ridere perché qui, quella sana di mente, ero ovviamente io.
«Ragazzi» mi misi tra i miei due migliori amici e voltai lo sguardo da uno all’altro, cercando di trovare un compromesso. «Possiamo giocare, uhm… senza regole?»
Scorpius parve schifato e arricciò il naso. «Non si può giocare senza!» Esclamò alzando le braccia al cielo. «Cosa siete, dei barbari?»
«Aha!» Albus batté le mani inguantate. «Visto? Anche Rose pensa che tu sia uno psicopatico, solo che non lo dice»
Inarcai un sopracciglio. «Lo sai che non ho problemi a dirgli che è uno psicopatico» feci notare ragionevolmente a mio cugino. «Tra parentesi, Scorpius, un po’ psicopatico sei.» Gli sorrisi angelicamente ignorando le sue proteste, poi tornai a rivolgermi ad Albus. «Però, Al, non puoi negare che alla fine ci divertiamo. Anzi, direi che ci divertiamo proprio per quelle stupide regole»
Entrambi mi guardarono male, Albus perché stavo dando ragione a Scorpius e Scorpius perché avevo definito le sue regole stupide.
Io stavo iniziando a sentire davvero freddo. La neve mi arrivava alle ginocchia e avevo i pantaloni fradici nonostante gli stivali, perciò era meglio mettersi a fare qualcosa per evitare di morire congelati. Incrociai le braccia al petto e li guardai a mia volta, con aria di sfida.
Scorpius indossava un cappotto grigio che era ben lungi dall’essere adatto a una battaglia di neve, ma a lui pareva non importare. Si era tirato un cappello in tinta sopra i capelli biondi e le sue guance erano colorate di rosso per il freddo, rendendolo davvero bellissimo. Mi guardò e, quando finalmente capì che stavo acconsentendo a giocare secondo i suoi termini, mi sorrise e mi si avvicinò con due lunghe falcate.
«Grazie» Mi prese il viso tra le mani e mi stampò un bacio sulle labbra.
«Non farmene pentire» sospirai, e lui mi baciò di nuovo.
Albus ci stava probabilmente insultando, ma io non lo sentivo.
Scorpius si mise a costruire il suo muro, felice come un bambino al quale è appena stato dato il permesso di mangiare tutte le caramelle.
«Ehi!» Gli urlò dietro Albus. «Io non ho ancora acconsentito»
«Siamo due contro uno, Potter» Scorpius alzò le spalle, inginocchiato per terra mentre accatastava la neve per formare un divisorio. «Mi dispiace»
Era evidente che non gli dispiaceva per niente.
Io lo guardavo imbambolata, come un serpente ipnotizzato dal proprio incantatore. Okay, forse il paragone non era dei migliori, dato che qui, le serpi, erano loro, ma avete capito.
«Quasi quasi vi preferivo quando litigavate» disse Albus imbronciato, ma si vedeva che, in fondo in fondo, si stava divertendo.
Io mi ricomposi e gli sorrisi. «Scusa»
Albus tornò a concentrarsi su Scorpius, che si era alzato e osservava la sua opera compiaciuta.
«Siamo in tre, Scorp» fece Al. «Hai diviso il campo –Merlino! Non ci credo che sto davvero parlando come te- solo in due parti»
«Io gioco con Rose»
«Oh, no» Albus mi prese per il braccio e iniziò a trascinarmi dal lato opposto rispetto a quello di Scorpius, che lo guardava con aria confusa. «Se dobbiamo farlo, io mi prendo Rose»
A Scorpius era evidente che poco importasse, quello che gli interessava era iniziare. O meglio, spiegare le regole del gioco nuovamente. Come se ormai non le sapessimo a memoria.
«D’accordo, come vuoi. Dunque, ricordate che dopo essere stati colpiti tre volte scatta la penitenza, cioè…»
«Sì sì, lo sappiamo, dopo tre colpi si viene riempiti di neve, e anche se si varcano i confini o se si fa invasione di campo. Se si viene colpiti si sta fermi quattro secondi, eccetera eccetera» Albus sventolò una mano per aria come a scacciare un moscerino fastidioso e mi guardò come per dirmi È tutta colpa tua, lo sai vero?
«No! Sono sei secondi, Albus!» Esclamò Scorpius. «Concentrati, amico!»
Albus sbuffò e si sfregò le mani guardandolo minaccioso. «Non vedo l’ora di farti arrivare la neve su per…»
«E ovviamente non si può usare la magia» lo interruppe Scorpius, per niente spaventato dalle sue minacce. «Non possiamo rischiare che qualche babbano ci veda»
Il problema non erano tanto le regole. Il problema principale era Scorpius che diventava paranoico se non le rispettavi, e Albus lo sapeva e si divertiva a infrangerle di proposito. Perciò non mi stupii quando diede le spalle a Malfoy e si voltò verso di me con un ghigno diabolico.
«Che state facendo, voi due?»
Non riuscivo a vedere Scorpius perché Albus, chino davanti a me, mi copriva la visuale, ma sentii una nota di preoccupazione nella sua voce.
«Stiamo preparando un piano d’attacco, se non ti dispiace» Gli urlò di rimando Al. Poi mi sussurrò all’orecchio. «Al mio segnale attraversiamo il muro e lo attacchiamo. Tu a destra e io a sinistra. Fanculo le sue regole. Voglio vederlo bagnato fradicio nel giro di cinque minuti»
«Okay, basta che sia conforme alle regole. Scegliete un capo squadra, già che ci siete…» stava dicendo Scorpius, ma noi avevamo già finito di confabulare e ci stavamo avvicinando al muro con nonchalance.
«… dobbiamo scegliere il campo e decidere… aspettate, che state facendo? No, no. Non ci provate»
Albus urlò, e io scoppiai a ridere perché, davvero, non potevo avere amici così stupidi. Albus caricò Scorpius e lo gettò per terra, coprendogli la faccia di neve. Scorpius se lo levò di dosso, rotolandogli sopra per vendicarsi.
«Rose, dannazione» gridò Al. «Aiutami!»
Uh, giusto.
Corsi verso di loro, Scorpius ancora a cavalcioni su Albus, che si dimenava per liberarsi. Con tutta la forza che avevo cercai di spingere Scorpius via da Albus, che riuscì a liberarsi e a scappare via dalle grinfie del Biondaccio. Biondaccio che mi guardò e mi puntò un dito contro. «Traditrice»
«Scusa, Scorpius» dissi io con un’alzata di spalle. «A questo giro sto con Albus»
Lui alzò un sopracciglio e poi ghignò. «Oh, molto bene. Se la metti così»
Prima ancora che si muovesse, mi ero già messa correre. Non volevo finire con la neve nella giacca e i capelli bagnati, faceva freddo e avevo un orgoglio da difendere. Ma Scorpius non solo aveva le gambe più lunghe delle mie, era anche più forte, quindi quando mi afferrò per la vita e io tentai di liberarmi invano, mi gettò a terra senza troppe cerimonie, bloccandomi le mani sopra la testa.
«E ora cosa pensi di fare?» Mi chiese con un ghigno.
«Posso darti un bacio» iniziai seria. «O tirarti un calcio dove non batte il sole»
«Picchialo, Rose!» Urlò Albus qualche metro dietro di noi.
«Credo di preferire il bacio»
Scorpius mi liberò le mani e posò le labbra sulle mie. Improvvisamente non avevo più freddo. Le mie mani erano ora tra i suoi capelli, ormai liberi dal cappello che si trovava abbandonato da qualche parte tra la neve.
«Sto per vomitare!» Continuò Albus. «Lo sapevo che avrei dovuto chiamare Jerome»
«Che ne dici di continuare questa conversazione a casa?» Sussurrò piano Scorpius, il suo respiro che mi sfiorava la pelle.
«Dico che è un’ottima idea» Gli diedi un bacio a stampo, che durò un po’ più del dovuto e che venne interrotto da Albus che urlava, e poi ci alzammo entrambi, spazzolandoci via la neve dalla giacca alla bell’e meglio.
Mi voltai intenzionata a rispondere per le rime a mio cugino, ma qualcosa al limitare del bosco catturò la mia attenzione e mi fece congelare il sorriso sulle labbra.
Tra gli alberi, proprio vicino al sentiero, c’era un uomo con il volto coperto e quel mantello nero bordato di rosso che avrei riconosciuto tra mille. Mi bloccai, pietrificata dalla paura. Ebbi un déjà-vu, e improvvisamente non ero più a Godric’s Hollow, ma mi trovavo di nuovo nel vicolo di Diagon Alley, con quell’uomo che puntava la bacchetta contro Scorpius e qualche istante dopo Chloe a terra morente.
Scorpius e Albus stavano andando a sedersi sulle altalene a una decina di metri da dove mi ero fermata io, ed era proprio loro che l’uomo stava osservando. Non aveva ancora alzato la bacchetta, ma la stringeva con forza tra le mani e con una buona mira gli sarebbe bastato pochissimo per colpirli.
Una rabbia cieca mi invase, il cuore iniziò a battermi così forte nel petto che temetti potesse scoppiare da un momento all’altro. Senza pensare ulteriormente, e accesa da una scarica di adrenalina, mi misi a correre come mai avevo corso in vita mia. Ma non stavo correndo verso casa per chiamare aiuto, o verso Scorpius e Albus per proteggerli in qualche modo, stavo correndo contro quella figura. Probabilmente era una mossa che mi avrebbe fatto uccidere, ma in quel momento non stavo pensando lucidamente; volevo solo prenderlo.
Quello non si accorse di me fino a quando non fui a pochi metri di distanza, ma riuscì in ogni caso ad abbassarsi per evitare il mio schiantesimo, che lo mancò per un pelo. Al posto di attaccarmi a sua volta, girò sui tacchi e se la diede a gambe.
Non avevo intenzione di lasciarlo fuggire così, doveva pagare per quello che aveva fatto.
Lo inseguii lungo il sentiero che portava nel folto del bosco; sentivo Albus e Scorpius che mi chiamavano in lontananza, e sperai davvero che corressero a chiamare i rinforzi piuttosto che seguirmi come due idioti. Anche se, in quel momento, forse la più idiota di tutti ero io.
Il bosco si stava facendo sempre più fitto e l’uomo, essendo molto più veloce di me, mi stava seminando. Però non era molto furbo, perché si stava mantenendo sul sentiero principale e io avevo un’ottima mira.
Impedimenta, pensai. L’incantesimo lo colpì sul polpaccio, facendolo cadere rovinosamente per terra. Se solo il mio braccio non avesse tremato, sarei stata benissimo in grado di beccarlo in piena schiena, così che la fattura durasse più a lungo, ma una ragazza fa quel che può. 
Tenendomi il fianco con un braccio cercai di raggiungerlo, ma l’incantesimo era davvero debole, e lui stava già riprendendo a muoversi. In più, non aveva perso la bacchetta, quindi riuscì a lanciarmi addosso un incantesimo che parai abilmente con un semplice protego, pregando che non si trattasse di una maledizione senza perdono.
Perché cavolo ha usato un banale stupeficium? Mi domandai perplessa mentre riprendevo fiato. Probabilmente non aveva la forza per compiere un incantesimo più complesso, dato che era ancora sotto effetto del mio impedimenta.
«Chi sei?» Gli domandai ansimante, la bacchetta ancora puntata contro di lui. «Che cosa vuoi da Scorpius?»
Lui non disse niente e tenne il capo chino, la bacchetta sempre salda nella sua mano destra.
Ormai lo avevo raggiunto e troneggiavo su di lui particolarmente fiera di me. Dovevo solo pietrificarlo prima che l’effetto dell’impedimenta svanisse e aspettare che papà lo portasse al quartier generale degli auror. Ma forse prima era meglio disarmarlo.
«Expell…» Non feci in tempo a terminare l’incantesimo, che l’uomo si mosse. Con la gamba mi fece lo sgambetto e nel giro di una frazione di secondo mi ritrovai per terra. Avevo perso la bacchetta e mentre la cercavo, l’uomo aveva ripreso a correre, questa volta però non stava più seguendo il sentiero, si era addentrato tra gli alberi, probabilmente per cercare un posto nascosto dove smaterializzarsi.
Mi diedi della stupida per non aver notato che la mia fattura aveva smesso di fare effetto e per essermi fatta mettere a tappeto da quell’energumeno, poi guardai alle mie spalle e pregai che Scorpius e Albus avessero chiamato i nostri genitori, altrimenti ero davvero spacciata.
Le loro voci si stavano avvicinando e li vidi in lontananza, ma io non li aspettai. Mi diedi di nuovo all’inseguimento, cercando di colpirlo con qualche fattura, ma i rami degli alberi e i cespugli mi stavano rendendo il lavoro particolarmente difficile. Inoltre qui la neve era più alta e soffice, rallentandomi ulteriormente. Dovevo assolutamente impedirgli di fermarsi e smaterializzarsi, altrimenti lo avrei perso per sempre e sarei stata punto e a capo.
Dopo quelli che mi parvero secoli, gli alberi iniziarono a diminuire e ci ritrovammo davanti a un piccolo laghetto ghiacciato; aveva la strada sbarrata.
«Fermo» gridai, senza fiato. Non svenni solamente grazie all’adrenalina.
L’uomo mi dava le spalle e alzò le mani in segno di resa, ma in quel momento Albus e Scorpius mi raggiunsero con le bacchette sfoderate.
«Rose, che cavolo succede?» Esclamò Albus, prendendomi per le spalle. Chiaramente nessuno dei due aveva capito perché mi fossi messa a correre nel bosco.
«No, Albus, aspetta» me lo levai di dosso, ma l’uomo incappucciato aveva colto quel momento di distrazione per girare su se stesso e smaterializzarsi.
«No!» Gridai, lanciandomi in avanti con il braccio teso per afferrargli la caviglia, ma la mia mano si chiuse attorno al nulla e mi ritrovai stesa a faccia in giù con il viso nella neve.
 
Non pensavo che avrei avuto la forza per sollevarmi da terra. Volevo solo star lì e dormire per il prossimo decennio.
Il cuore mi martellava nel petto come un pendolo che scocca la mezzanotte, e sapevo per certo che se mi fossi alzata sarei svenuta. Ero davvero una mezza cartuccia con zero resistenza. Se solo fossi stata più veloce, sarei stata in grado di prenderlo.
Due mani mi afferrarono per la vita e mi tirarono su da terra con delicatezza. Mi ritrovai tra le braccia di Scorpius.
«Rose» mi chiamò con la voce rotta dal panico. «Che cos’è successo?»
«Era lui, Scorp» ansimai con voce strozzata. Mi mancava l’aria. «Era lui. L’uomo di Diagon Alley»
Scorpius sbiancò e sentii Albus imprecare dietro di me.
«Ne sei sicura?» Mi chiese serio.
«Rose, che cazzo ti è preso?» Albus si avvicinò così che potessi guardarlo. «Avresti dovuto chiamarci!»
«Albus, sto bene» dissi, ma non ci credeva nessuno, neanche io.
Scorpius continuava a tenermi un braccio attorno alla vita, probabilmente conscio del fatto che avrei potuto perdere i sensi da un momento all’altro. Mi veniva da vomitare e mi girava la testa.
«Bene?» Scorpius mi guardava serio ora. Mi toccò la guancia con il pollice e poi sospirò. «Stai sanguinando. Come puoi stare bene?»
Mi allontanai piano da lui, guardandomi attorno per assicurarmi che fossimo davvero soli, o per cercare qualche indizio che potesse in qualche modo non rendere del tutto vano il mio inseguimento. Ma non appena feci un passo le mie gambe iniziarono a tremare e mi portai una mano alla testa. Mi si annebbiò la vista e, se Scorpius non mi avesse afferrata, probabilmente sarei caduta di nuovo.



NOTE DELL'AUTRICE CHE FA DAVVERO SCHIFO PERCHE' NON AGGIORNA DA UN SACCO DI TEMPO:
Ehm, ciao a tutti!
Mi dispiace così tanto per non aver aggiornato in questi mesi! Ma ve l'ho detto, mi  sono trasferita, ho iniziato l'università, ed è stato davvero un momento della mia vita davvero impegnativo che mi ha lasciata un po' spaesata inizialmente. Spero però di essermi rimessa "on track". Uno dei miei propositi per l'anno nuovo è leggere e scrivere di più, quindi vi prometto che mi impegnerò per avere più costanza. 
Passando al capitolo, spero in qualche modo di essermi fatta perdonare per l'attesa. E' molto lungo, e sinceramente sarei volentieri andata avanti, ma non volevo esagerare e ho preferito concluderlo qui. 
Spero davvero che vi piaccia e, se ci siete ancora, vi ringrazio tanto e vi abbraccio forte. <3
Un bacio e a presto!

Francesca 

P.S. Non so nemmeno se ha molto senso, dato che ho scritto la prima parte a novembre, e il resto in questi giorni. Nel caso fatemi sapere! 

Ritorna all'indice


Capitolo 30
*** Capitolo Ventinove. ***


Capitolo Ventinove


This is the last straw there's nothing left to beg for
And you can tell me that you're sorry
But I don't believe you baby

You're not sorry, Taylor Swift

 
«Rose, credo che dovresti fermarti un attimo»
Camminavo avanti e indietro di fronte al tavolo della cucina ignorando gli inutili tentativi di mia mamma per convincermi a sedermi. Se mi fossi fermata, sarei probabilmente impazzita.  
«Non ha senso» continuavo a borbottare tra me e me reggendo una tazza di tè caldo tra le mani. «Avrebbe potuto uccidermi. Ero lì, a due passi da lui, e…» aggrottai la fronte e mi bloccai, come se neanche io credessi alle parole che stavano per uscire dalla mia bocca. «Mi ha lanciato uno stupeficium!»
La mamma, Albus e Scorpius mi osservavano in silenzio con aria preoccupata, come se temessero che potessi svenire di nuovo o mettermi a piangere da un momento all’altro, ma nessuna delle due cose sarebbe successa. 
Stavo bene. Per quanto dovevo ammettere che bene fosse diventato un termine piuttosto relativo in quel periodo.
«Se quell’uomo vuole davvero Scorpius…» iniziò la mamma titubante, lanciando un’occhiata di sottecchi al Biondaccio, che se ne stava appoggiato alla credenza con lo sguardo fisso sul pavimento «… non aveva motivo per farti del male» 
Il pensiero che là fuori ci fosse qualcuno che voleva ferire –o anche peggio, uccidere- Scorpius mi faceva venire il voltastomaco. Bevvi un sorso di tè per combattere il brivido che mi corse lungo la schiena, anche se ero consapevole che non fosse dovuto al freddo.
«Ma perché?» chiese Albus, che era l’unico che si era seduto al tavolo. «Per ogni omicidio ci deve sempre essere un movente, no? Non sono molto dentro ai gialli, ma questo lo so anche io»
«Hai ragione, Albus. Scurpius…» la voce di mia mamma era gentile e allo stesso tempo pratica mentre si rivolgeva a Scorpius. «… ti viene in mente nessuno che potrebbe avercela con te, o che potrebbe volerti fare del male?»
Scorpius spalancò gli occhi e ci guardò. Scosse leggermente il capo, pallido come un panno sporco. «Ci sono persone a cui non piaccio, certo, ma… nessuna di loro arriverebbe mai a tanto. Vero?»
Lanciai uno sguardo alla mamma e lei lo ricambiò preoccupata. «Spesso le persone sono capaci di cose che non ci aspetteremmo mai da loro» disse piano.
«Ho preso a pugni il fratello di Claire a Natale» disse Scorpius aprendo le braccia con fare rassegnato e prorompendo in un’amara risata. «Ma che senso avrebbe uccidermi quando tutto ciò che desidera è l’approvazione –e i soldi- di mio padre? Signor Malfoy, le ho fatto un regalo per il nuovo anno: ho ucciso il suo unico figlio»
«Scorpius!» sibilai. «Non c’è da ridere»
«E cosa dovrei fare, Rose?»
Non lo sapevo, ma sentirlo scherzare in quel modo sulla sua vita mi faceva attorcigliare lo stomaco. 
«Secondo me ne sarebbe capace» affermò Albus arrabbiato. 
Scorpius continuava a scuotere il capo, come se non ci potesse credere per davvero. «Tu non lo conosci»
«Perché, tu sì?» ribatté acido Al.
«C’è anche la possibilità» si intromise di nuovo mia mamma, «che la persona che ha inseguito Rose non fosse la stessa di Diagon Alley. Dopotutto erano entrambe incappucciate e con il volto coperto, giusto?»
Annuii, e se mi concentravo riuscivo a vedere gli ingranaggi nel suo cervello al lavoro per risolvere il mistero. «Questo potrebbe significare…»
«Aspetta» la interruppi io alzando una mano per fermarla. «Stai suggerendo che potrebbe essercene più di uno?»
Mi appoggiai al muro con la schiena per rimanere con i piedi per terra… in tutti i sensi. Già l’idea di una sola persona ossessionata da Scorpius mi spaventava, ma più di una? La mia mente non riusciva a processarlo.
«No» rispose la mamma guardandomi negli occhi e parlando con voce ferma, cercando di tranquillizzarmi. «Ho solo detto che è un’opzione, e noi dobbiamo analizzare ogni scenario possibile»
Mi passai una mano tra i capelli e guardai Scorpius, che mi stava guardando a sua volta. 
Feci per avvicinarmi a lui e abbracciarlo, ma in quel momento mio padre entrò in cucina con il fiatone, come se avesse corso per miglia. 
In teoria non doveva essere a conoscenza di quanto successo, per questo mi meravigliai quando squadrò la cucina con aria spaventata.
«Oh, grazie a Merlino siete tutti qui!» disse, prendendo un grosso respiro.
La mamma si alzò e gli andò incontro prendendogli la valigetta marrone dalla mano. «Sì, Ronald, ma che…»
«C’è stato un altro attacco» la interruppe papà, rosso in volto. «Questa volta a Hogsmeade»
«Hogsmeade?» esclamò Albus orripilato. «Ma è vicinissimo a Hogwarts!»
«E non è questo il peggio» continuò papà togliendosi il mantello. «È stato colpito uno studente, Colin Mulciber. Per fortuna è stato portato immediatamente al San Mungo e ora è in condizioni stabili»
«Lo conoscevi, Scorpius?» chiese subito la mamma.
«È il fratello di una dei cercatori della squadra di Quidditch di Serpeverde, Sophia. Loro passano quasi sempre il Natale a Hogwarts. Sophia è un’amica, ma non siamo in confidenza, e penso di non aver mai rivolto la parola a suo fratello. Se non sbaglio è solo al quinto anno»
Albus era quasi più sotto shock di Scorpius. «Se Sophia becca quel bastardo lo riduce a pezzettini»
«Quindi la mamma ha ragione» dissi. «Ce n’è più di uno»
«Cosa intendi dire?» chiese papà non capendo.
«Ronald, tesoro, forse è meglio se ti siedi» La mamma gli mise una mano sul braccio e lo condusse verso una sedia. 
Spiegai brevemente quanto successo quel pomeriggio, sicura che la frustrazione per l’essermi lasciata scappare l’incappucciato fosse evidente.
«Rose» papà mi guardava come se mi vedesse davvero per la prima volta. «Come ti è venuto in mente di inseguirlo? Ma sei impazzita?»
Si alzò e mi stritolò in un abbraccio che quasi mi mozzò il fiato, ma io non opposi alcuna resistenza. 
«Sei stata un’irresponsabile» continuò. «però sono fiero di te»
«Grazie» borbottai io contro il suo petto.
Riluttante, mi lasciò andare dopo qualche minuto. «Avete già informato qualcuno di quanto successo?»
«No» disse la mamma. «Stavamo aspettando te. Rose dice che l’uomo si è smaterializzato, quindi non è possibile rintracciarlo»
«Come facciamo a sapere che la persona che ha attaccato Scorpius e che abbiamo visto oggi –sempre ammesso che sia la stessa- sia collegata a quella che ha colpito Colin?» chiese ragionevolmente Albus. «Non potrebbe essere una coincidenza?»
Non credevo nelle coincidenze, ma desideravo con ogni stilla del mio essere che quella lo fosse.
«Abbiamo due testimoni» spiegò papà. «Un elfo che stava andando alla Testa di Porco e Adam Zabini, un amico di Colin. La loro descrizione combacia con quella di Rose e l’incantesimo usato contro Colin è lo stesso che è stato usato contro Scorpius, il sectumsempra»
Albus abbassò il capo, preoccupato, mentre io mi accasciai di nuovo contro il muro, come se fossi stata colpita da un proiettile. 
«Credo di dover tornare a casa mia» Scorpius, che fino a quel momento non aveva aperto bocca se non interpellato, parlò. Aveva riacquistato un po’ di colore e pareva risoluto nella sua decisione. «Restando qui vi metto solo in pericolo»
Feci per ribattere, ma mio padre mi precedette.
«Capisco le tue preoccupazioni, Scorpius» disse. «Ma è davvero meglio se resti. Dopodomani tornerete a scuola e qui hai due auror a portata di mano» La mamma tossicchiò e papà si affrettò ad aggiungere. «E non dimentichiamoci di Hermione. Senza di lei io e zio Harry probabilmente non saremmo qui»
«E poi vi ricordo che voglio diventare auror» saltò su Albus, improvvisamente pimpante e ammiccando a Scorpius. «Considerami la tua nuova guardia del corpo personale. Anzi, io e Rose saremo le tue due guardie del corpo personali! Oggi, Rose, ti sei dimostrata degna di un auror, mai preso in considerazione questa carriera?» disse poi rivolto a me.
Scorpius borbottò che poteva difendersi anche da solo, però poi non aggiunse altro. 
Io mi misi a ridere perché, seriamente, io ero adeguata a essere auror tanto quanto Albus era adeguato a diventare pozionista. 
Avete visto tutti com’è andata a finire, no?
L’ho lasciato scappare e sono anche svenuta, come se non bastasse.
Be’, ma con dell’allenamento, iniziò la vocina di Albus che viveva nella mia mente e che emergeva nei momenti meno opportuni.
Silenzio, la zittii subito io.
Nessuno disse più nulla, neanche la mia testa. Non c’era più niente da dire. 
---

La mattina del 7 gennaio splendeva il sole.
La neve stava iniziando a sciogliersi, lasciando al suo posto solo tracce di acqua e fango. Faceva freddo, e per andare alla stazione avevo indossato non solo la mia sciarpa di Grifondoro, ma anche il cappello e i guanti che mi aveva regalato Scorpius. Sì, lo so che erano verdi e che con il giallo e il rosso facevano a cazzotti, ma cosa avrei dovuto fare? Non volevo mica congelarmi le mani. E poi me li aveva regalati Scorpius; li avrei indossati anche con un cappotto rosa fosforescente. 
Essendo maggiorenni, Scorpius, Albus ed io ci eravamo smaterializzati direttamente in un vicolo vicino a King’s Cross, mentre i nostri genitori avevano raggiunto la stazione con i mezzi babbani assieme a Lily e a Hugo. In realtà, anche se mamma e papà non lo avevano detto esplicitamente, sapevamo tutti che era più sicuro per Scorpius smaterializzarsi direttamente in stazione piuttosto che attraversare Londra in metropolitana. 
«Diamoci una mossa» disse Albus stringendosi nel suo mantello, le guance rosse e le labbra screpolate. «Morire ibernato non è nei miei propositi per il nuovo anno»
Scorpius era silenzioso. Camminava rigidamente, con la schiena dritta e le braccia strette lungo i fianchi, come un soldato che marcia verso quella che sa essere la sua ultima battaglia. Non indossava il suo tipico portamento tranquillo ed elegante; era come se mancasse un pezzo al puzzle che lo componeva solitamente, con il risultato che Scorpius Malfoy, per la prima volta da quando lo conoscevo, non dava l’impressione di essere a suo agio nella propria pelle. 
Io mi guardavo attorno, non senza un pizzico di ansia, il cuore che batteva forte contro la gabbia toracica.
Un gatto saltò su un bidone della spazzatura facendomi prendere un colpo. Mi bloccai, portandomi una mano al petto e prendendo un respiro profondo. 
«Cosa?» chiese Albus tirando fuori la bacchetta.
«Niente» mi affrettai a tranquillizzarlo io. «Era solo un gatto» 
Rimettiti assieme, Rose, mi dissi stizzita. Non potevo spaventarmi per ogni cosa.  
Raggiungemmo il binario nove e tre quarti senza altri intoppi, caricammo i nostri bagagli su un vagone vicino alla locomotiva e, dopo aver salutato i nostri genitori e aver promesso loro che avremmo fatto i bravi –sì, a diciassette anni ancora ci raccomandavano di comportarci bene- salimmo sul treno. 
Trovammo Julia in uno scompartimento e ci unimmo a lei. Quando ci vide saltò in piedi e abbracciò forte tutti e tre, anche Scorpius. 
«Grazie al cielo state tutti bene!» Esclamò mentre stritolava un perplesso Biondaccio. «Anche tu, idiota!»
«Uhm, grazie, Julia…» rispose Scorpius dandole piano delle pacche sulla schiena. 
Julia lo lasciò andare e lo guardò altezzosa sistemandosi gli occhiali sul naso. «Voglio dire, se qualcuno ti uccide per davvero, poi chi la sente Rose?»
Guardai malissimo la mia amica, mentre Albus e Scorpius si misero a ridere. 
Forse avrei dovuto unirmi a loro, ma non ce la facevo. Ogni volta che si parlava dell’ipotetica morte di Scorpius mi veniva da vomitare, anche se lo si faceva con toni scherzosi. Era come se il mio corpo avesse una reazione allergica al solo pensiero. 
«Sto scherzando, Rose» fece Julia alzando gli occhi al cielo.
Io non dissi niente, e Scorpius mi passò un braccio attorno alle spalle per attirarmi a sé.
«Va tutto bene» mi sussurrò piano all’orecchio, posandomi poi un bacio sulla tempia.
«Quindi…» iniziò Julia con fare malizioso, e io la pregai mentalmente di non dire niente di stupido. «… voi due state finalmente insieme ora? Voglio dire… insieme, insieme, una volta per tutte, senza più segreti?»
Girai il capo verso Scorpius e lo trovai che mi guardava con un sorriso sghembo. 
«Così pare» disse. 
Julia fece una finta faccia schifata e si rivolse a me. «Certo che se lo hai davvero perdonato deve baciare proprio bene, Rose»
Ecco appunto. Niente di stupido, avevo detto?
Mi coprii il viso con le mani e scossi il capo, non perché Scorpius baciasse male, ma semplicemente perché la mia amica era senza vergogna. 
«Vuoi provare, Julia?»
E a quanto pareva Scorpius era anche peggio di lei.
Mi tolsi le mani dal viso e lo guardai male, sicura che le mie guance fossero ormai dello stesso colore dei miei capelli. Scorpius fece spallucce e mi sorrise leggermente imbarazzato, come per dire be’, cos’avrei dovuto risponderle?
E effettivamente aveva anche ragione.
Julia rise, per poi tornare subito serissima «Stammi a sentire» disse, questa volta rivolgendosi a Scorpius, che pareva vagamente spaventato. «Sappiamo tutti che questo momento sarebbe arrivato prima o poi, quindi meglio farla finita una volta per tutte: se ti azzardi a fare soffrire Rose, io e te avremo un problema»
«Julia» mugugnai io poggiando la testa contro il finestrino, considerando seriamente la possibilità di prendere a testate il vetro. «Smettila»
«No no no» fece lei incrociando le braccia al petto. «Non mi sto riferendo a quanto successo due anni fa. Quello è stata colpa di Giorgina –per la maggior parte almeno- e state certi che la Bionda non la passerà liscia tanto facilmente. Non ha senso rivangare il passato, giusto? Quindi io sto mettendo le mani avanti: fai lo stronzo, comportati male, e ti prendo a calci, Scorpius Malfoy»
«Posso prenderlo a calci da sola» dissi io con voce piatta. 
«Seh, certo» fecero Albus e Julia contemporaneamente inarcando un sopracciglio. 
Scorpius sembrava perplesso, probabilmente indeciso sulla risposta da dare alla mia amica per evitare la sua ira, mentre io mi indignai non poco. Ero benissimo capace di mandare a quel paese Scorpius se si comportava male… più o meno. 
Okay, forse no.
«Farò del mio meglio, Julia» disse piano Scorpius, prendendomi la mano e stringendola. 
Io ricambiai la stretta. 
In quel momento arrivò Jerome, ponendo fine alla conversazione scomoda che Julia aveva iniziato. Si sedette di fianco ad Albus, che gli stampò un bacio sulle labbra facendolo arrossire. Essendo per definizione molto pallido, il rossore sulle sue guance spiccava ancora di più.
Ora che anche Jerome si era unito a noi, raccontammo a lui e a Julia gli avvenimenti degli ultimi giorni. 
Julia non sapeva nulla di Colin Mulciber, e sbiancò in modo allarmante quando le dicemmo che era stato quasi ucciso proprio a Hogsmeade. Anche Jerome, nonostante ne fosse già al corrente, pareva molto preoccupato. 
Spiegai anche meglio le dinamiche del mio inseguimento, non senza un pizzico di vergogna. Dopotutto se il Cappello Parlante mi aveva smistata in Grifondoro ci sarà pure stato un motivo, no? Da brava Grifondoro peccavo di quella che Al e Scorpius definivano “la sindrome dell’eroe”, che significava avere un orgoglio grande come una casa che ti portava a pensare che in qualche modo dovevi salvare il mondo. In quel momento, mentre ripensavo a come mi ero lasciata scappare quell’uomo, non potevo far altro che sentirmi una nullità, nonostante la mia parte di cervello Corvonero (e quindi quella intelligente) mi diceva che non era colpa mia.
«Cavolo» Julia aveva perso la voglia di scherzare. «Questa storia non mi piace per niente»
«Già» fece Albus guardando fuori dalla finestra pensieroso. «Neanche a me»
Fu Scorpius, che era rimasto silenzioso tutto il tempo, a spezzare la tensione. «Non ha senso preoccuparsi ora- disse con un sospiro. «Staremo tutti bene. Gli auror cattureranno chiunque sia il responsabile e le cose torneranno presto alla normalità» 
Strano come in queste situazioni, le persone maggiormente minacciate siano sempre le più positive. Scorpius era stato quasi ucciso –due volte- eppure riusciva a non farsi sopraffare dalla paura. Era un qualcosa che ammiravo tanto di lui: la sua razionalità. Non puoi lasciare che le tue emozioni oscurino il tuo giudizio, Rose, mi diceva sempre prima di un esame. Sai che hai studiato, e quindi andrà tutto bene.
Peccato che qui non fosse la stessa cosa. Non mi ero preparata, non avevo studiato, non c’era una formula magica per catturare i responsabili degli attacchi. E quindi mi domandavo: non sappiamo neanche da che parte partire; come può andare tutto bene?
---

Quando arrivammo a Hogwarts il sole era tramontato da un pezzo e, se alzavo lo sguardo, riuscivo a distinguere una miriade di stelle brillare nel cielo. 
Una volta scesi dal treno, ci affrettammo a cercare una carrozza per raggiungere il castello e sfuggire al freddo pungente della sera. Raccattammo i nostri bagagli e uscimmo di fretta dalla stazione.
Il castello si ergeva imponente davanti a noi, circondato dalle rocce e dagli alberi che tanto mi erano familiari. Pensai al delizioso banchetto che ci attendeva al suo interno e al mio amatissimo letto a baldacchino che mi aspettava nella torre di Grifondoro. Tutto era come lo ricordavo, ed era strano pensare che quella sarebbe stata l’ultima volta che scendevo dall’Espresso per Hogwarts da studentessa. Improvvisamente sentii un nodo all’altezza dello stomaco che mi affrettai a scacciare via rivolgendo i miei pensieri altrove, come ad esempio a tutte le fette di torta che avrei mangiato di lì a qualche minuto. 
Non è il momento per essere malinconici, Rose, mi dissi, vivi il presente e goditi questi ultimi mesi.
«Oh per Merlino» sussurrò Scorpius guardando dritto davanti a sé con occhi spalancati.
«Scorpius? Che hai?» chiese Al aggrottando la fronte e guardando nella stessa direzione del suo amico. 
«Le carrozze si sono sempre trainate da sole» Scorpius si avvicinò a una di esse e la osservò con occhio critico.
«Uhm… già» Albus pareva più confuso di Scorpius. «E continuano a farlo… vero… Scorpius?»
«Malfoy, si può sapere che ti prende?» chiese Julia mettendosi le mani sui fianchi. «Non sarai ufficialmente impazzito?»
«Non li vedete?»
«Che cosa non vediamo?»
Dato che l’attenzione di Scorpius era stata interamente risucchiata dalla carrozza, Albus e Julia si rivolsero entrambi a me, come se io avessi la risposta a tutte le loro domande. Ma anche se così fosse stato, in quel momento non sarei riuscita a dare una spiegazione coerente a quello che stava succedendo, perché li vedevo anche io. 
Imponenti animali neri con ali da pipistrello e un corpo scheletrico simile a quello di un cavallo stavano trainando le carrozze. 
Mi portai una mano alla bocca e mi avvicinai a Scorpius che, una volta deciso che quelle creature erano inoffensive, aveva iniziato ad accarezzarne una sul capo. 
Lo imitai, e questa in risposta mi leccò la mano facendomi il solletico. 
«Okay, siete completamente andati» Sentenziò Julia, cercando il supporto di Albus e Jerome. 
Ma se Julia pareva divertita, Albus era decisamente preoccupato.
«Si può sapere che cosa state facendo?» chiese, una nota di panico nella voce. «Siete per caso sotto imperius? Qualcuno si sta divertendo a farvi fare cose stupide?»
Scorpius ed io ci voltammo e lo guardammo confusi. 
«Non li vedi?» chiesi io.
«Cosa dovrei vedere, Rose?» replicò Albus, ormai esasperato. «Non c’è mai stato niente a trainare le carrozze! E continua a non esserci un bel niente! Sono stregate, ricordate?»
«No, non lo sono» disse Scorpius. 
«Sono Thestral» intervenne Jerome a bassa voce. 
Albus si voltò verso di lui. «Sono cosa?» 
«Thestral, ce ne ha parlato Hagrid a lezione» si spiegò lui con uno strano luccichio negli occhi. Tra di noi, era l’unico ad aver scelto di studiare cura delle creature magiche. «Sono davvero affascinanti. Possono trainare quintali e volare per lunghissime tratte senza mai fermarsi. Devono essere davvero bellissimi»
«Lo sono» disse Scorpius con un piccolo sorriso.
«Un po’ inquietanti» aggiunsi io. «Ma tanto carini»
«Come mai solo Rose e Scorpius li vedono?» Chiese Julia ragionevolmente. «Non è giusto!»
Le guance di Jerome si colorarono leggermente di rosso mentre rivolgeva uno sguardo di scuse a me e al Biondaccio. «Sono visibili soltanto a coloro che…» si interruppe, come indeciso sulle parole giuste da utilizzare. «Si mostrano soltanto a chi ha visto qualcuno morire»
Julia ammutolì e Albus si passò una mano tra i capelli, cosa che faceva quando era nervoso e non sapeva bene che cosa dire.
Scorpius mi prese la mano e la strinse. Improvvisamente quelle creature non mi parevano più tanto carine.
«Io direi di salire su queste benedette carrozze prima di morire di freddo» fece Julia per spezzare la tensione. «Cavalli alati o meno, l’importante è che ci portino al castello»
«Non sono cavalli alati, Julia» la riprese Jerome. «Sono Thestral»
Lei sventolò una mano per aria mentre saliva sulla carrozza senza troppe cerimonie «Sì sì, come ti pare»
Jerome sospirò e la imitò. Albus fece per seguirlo, ma indugiò un attimo davanti a me e a Scorpius come se volesse dirci qualcosa. 
Ci guardò, ma non disse nulla, e non ne aveva bisogno.
Io annuii, mentre Scorpius sussurrò appena «Lo sappiamo, Al. Lo sappiamo»
---

«Bene, i nostri cammini si separano» annunciò Albus con fare volutamente tragico. «Signore, ci vediamo domani»
Ci trovavamo davanti all’ingresso della Sala Grande e, nonostante dessi le spalle ai quattro lunghi tavoli delle Case, avevo notato gli sguardi curiosi che gli studenti ci rivolgevano mentre ci passavano di fianco per raggiungere il banchetto. 
Ignorali, Rose, mi ordinai concentrandomi su mio cugino.
«Certo Al, a domani»
«È torta ai mirtilli quella?» Esclamò Julia guardando il tavolo di Corvonero. «Sarà meglio che ne abbiamo un po’ anche noi, altrimenti la preside mi sentirà»
«Credo l’abbia preparata Emma» Fece Scorpius che, essendo più alto di lei, riusciva a vedere meglio lungo i tavoli. 
«Ci si vede in giro, allora. Sarà meglio che Emma me ne abbia lasciato un pezzo, altrimenti… Cavolo, non posso toglierle punti, ma qualcosa mi inventerò»
E così Julia sparì, andandosi a sedere con le Corvonero invece che con i Grifondoro.
Scorpius si avvicinò e mi diede un bacio sulla fronte, come se fosse la cosa più naturale del mondo, come se non avesse fatto altro per tutta la vita. «Dormi bene, Rose. A domani» 
Il mio cuore perse un battito, per poi accelerare a tutta velocità. Sapevo che non mi aveva baciata normalmente sulle labbra perché non voleva mettermi in imbarazzo e perché era a conoscenza di tutte le mie paranoie. Ma mi ero stancata di avere paura e di vivere in questo modo.
Non sei l’opinione di qualcuno che non ti conosce1.
Scorpius mi sorrise e fece per andarsene, ma io lo bloccai e lo tirai verso di me per la cravatta. Gli stampai un leggero bacio sulle labbra e sussurrai, continuando a tenerlo vicino «Cerca di dormire anche tu, ne hai bisogno» 
Mi affrettai a raggiungere il mio tavolo, con le guance dello stesso colore dei capelli ma con il cuore decisamente più leggero. Mi guardai indietro una volta e vidi Scorpius dirigersi verso il tavolo di Serpeverde un po’ sbigottito ma con un’aria contenta dipinta sul volto. 
Sorrisi tra me e me, sicura di sembrare una completa idiota, ma non mi importava. 
Mi sedetti di fronte ad Adelaide e a Samantha, che non avevano notato nulla, quindi non mi fecero domande su Malfoy.
Tuttavia, non feci in tempo a servirmi un piatto di arrosto che Felicity, Emma e Victoria mi tesero un agguato.
«Cos’era quello?» Chiese Victoria –che quel giorno aveva i capelli azzurro fosforescente- sedendosi alla mia destra.
«Uhm…» feci finta di non capire. «Quello cosa?»
«Oh, andiamo. Non fare la finta tonta» Felicity fece scostare senza troppe cerimonie un ragazzino del primo anno e prese posto alla mia sinistra. «Non dirmi che devo andare a prendere la mia mazza per farti parlare»
Deglutii e bevvi una lunga sorsata di succo di zucca per guadagnare del tempo e posticipare l’inevitabile.
«Ovviamente» Emma, che si era seduta di fronte a me, si sporse sul tavolo e abbassò la voce guardandosi attorno «ci stiamo riferendo a te che ti sbaciucchi Malfoy»
«Ahhh, quello…. Certo…» le guardai una ad una e poi sospirai. «Quindi lo avete notato» e la mia non era una domanda.
«Ma certo che lo abbiamo notato!» Esclamò Victoria.
Ma certo che lo avevano notato! Mi rimproverai io. Sciocco da parte mia pensare che in tutta Hogwarts proprio loro non ci avessero fatto caso.
«Quindi?» mi imboccò Emma «Racconta tutto!»
«Non c’è molto da raccontare» dissi io, ed era in parte vero.
«Certo» Emma mi guardò come per dire sai che tanto non mi bevo le tue stronzate, e poi sorrise malefica. «Se tu non parli, possiamo sempre andare da Scorpius» 
«Tanto, da Scorpius, ci andrete lo stesso. Vi conosco» sospirai, per poi sorridere a mia volta. «Lo sai, Emma, a volte mi chiedo come mai il Cappello Parlante non ti abbia smistata a Serpeverde»
Victoria e Felicity si misero a ridere, mentre Emma si portò una mano sul cuore. «Io sono fedele alla mia casa, cento per cento Corvonero. La casa migliore dell’intero universo, non solo di Hogwarts»
«Mmm okay, come dici tu…» sperai di essere riuscita a cambiare discorso, ma era con la Caposcuola e le Prefette di Corvonero che stavo parlando. Non era facile ingannarle.
«Tornando a Malfoy» riprese Victoria battendo le mani.
Ecco, appunto. Feci un verso strano e bevvi ancora del succo di zucca, facendomelo quasi andare di traverso.
«Oh dai Rose!» continuò lei un po’ rattristita. «Non vogliamo mica i dettagli!» 
«Sì, esatto. Vogliamo solo sapere quando, dove e come! Il perché è abbastanza ovvio»
«Non siamo mica delle impiccione, noi» Diede man forte alle sue Prefette Emma.
Ah no?
La guardai con lo stesso sguardo che mi aveva rivolto lei prima.
«Okay, forse un po’» ammise con un sorriso. «Ma solo perché ti vogliamo bene e vogliamo solo che tu sia felice! Guarda me, sono contenta per te anche se hai scelto di innamorarti di Scorpius Malfoy»
«Chiamala stupida» fece Victoria sospirando in direzione del tavolo di Serpeverde. «I Malfoy sono uno più bello dell’altro, anche se il mio cuore è di Malfoy Senior»
Quando le rivolsi un'occhiataccia, si affrettò ad aggiungere «in modo totalmente platonico ovviamente»
«Io l’ho già detto e lo ripeterò fino alla morte» disse Felicity con sguardo leggermente sognante «il sangue Black, anche solo in minima percentuale, rende intrinsecamente fighi»
Mi guardavano con gli occhi che brillavano e mi resi conto che Emma aveva ragione: erano davvero contente per me. E mi resi anche conto che volevo a tutte tre un gran bene e che la mia vita senza di loro sarebbe stata molto ma molto più noiosa. 
Dovevo imparare ad aprirmi di più con le persone, almeno per le piccole cose. Non potevo fidarmi solamente di Albus, di Scorpius e di Julia. 
Sospirai e con un sorriso sincero raccontai loro come Scorpius ed io ci fossimo messi insieme alla sua festa di compleanno e di come avessimo deciso di tenere segreta la relazione fino alla fine degli esami di dicembre. Sorvolai su tutta la questione di Giorgina e sul fatto che Scorpius si fosse presentato a casa mia a Natale dopo essere scappato da villa Malfoy. Mi limitai a dire che aveva passato le vacanze con noi, sorvolando anche sulla nostra momentanea rottura dopo che avevo scoperto la verità.
«Lo sapevo che era successo alla festa di Scorpius!» Esclamò Victoria, guardando Felicity «Mi devi dieci cioccorane»
Felicity borbottò qualcosa e mi guardò male «Non potevate aspettare qualche giorno e mettervi insieme durante le vacanze?»
«Quindi c’eri davvero anche tu alla festa di Scorpius» disse Emma leggermente confusa.
«Sì, c’ero anche io» le dissi con nonchalance «Ma tu eri troppo occupata a pastrugnarti la faccia con Matt»
Emma arrossì violentemente e non disse niente. 
Ora siamo pari.
«Devo andare a salutare il mio Albus» Saltò su Victoria a un certo punto. «E già che sono in territorio Serpeverde ne approfitto per fare due chiacchiere con un Biondo di nostra conoscenza»
«Vengo anche io» disse Felicity con tono serio, sistemandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio. «Devo metterlo in guardia»
«Felicity…» iniziai io.
«No no, niente scuse» disse lei alzando una mano per fermarmi. «È la regola: tutti i fidanzati delle mie amiche si devono subire il mio discorso. E le mie minacce» 
Emma sospirò «Ha minacciato anche Matt. Matt, ti rendi conto? Lui che non farebbe del male a una mosca»
«Non fa nulla» replicò Felicity con convinzione «Non ci sono eccezioni»
«In tal caso, mi unisco a voi. Abbiamo importunato Rose a sufficienza, andiamo a dare un po’ di fastidio anche a Scorpius Malfoy» 
Victoria mi stampò un bacio sulla guancia e Emma me ne mandò uno con la mano. Se ne andarono saltellando e io pensai che avrei pagato milioni per poter andare con loro e assistere all’interrogatorio al quale erano sul punto di sottoporre il Biondaccio.
---

Dopo cena, Albus, Jerome ed io ci ritirammo in Sala Comune davanti a una delle alte finestre che davano sul lago nero. Le acque parevano più scure del normale e talvolta si intravedeva qualche creatura che nuotava davanti al vetro osservandoci con occhi curiosi. 
All’interno, l’atmosfera era tesa: Colin Mulciber si trovava ancora in infermeria e più di una volta dei ragazzi mi si avvicinarono per dirmi che erano felici che almeno io stessi bene. 
Lo apprezzavo davvero tanto. Noi Serpeverde non eravamo tipi sentimentali come i Tassorosso o i Grifondoro, e potevamo risultare all’apparenza piuttosto freddi e distaccati, persino tra di noi. In realtà eravamo tanto uniti quanto tutti gli altri: quando qualcosa di grave accadeva a un nostro compagno di Casa, ci stringevamo tutti attorno a lui per mostrare il nostro sostegno.
Prima di prendere posto sul divanetto rivestito di pelle nera, avevo parlato con Sophia e le avevo detto che avrei trovato un sostituto per la squadra di Quidditch, ma lei mi aveva assicurato che era pronta a scendere in campo sin da subito. 
«Non sono io quella che è stata colpita da un Sectumsempra» mi aveva detto, fissandomi negli occhi e stringendo i pugni lungo i fianchi. «Voglio giocare. Ho bisogno di scaricare tutta la rabbia che ho accumulato in questi ultimi giorni»
«D’accordo, Sophia» le avevo risposto io. «È una tua decisione. Se c’è qualcosa che posso fare per te, basta che tu me lo faccia sapere»
Lei aveva annuito e mi aveva dato una pacca sulla spalla in segno di ringraziamento, per poi dirigersi nella sua camera per cercare di dormire un po’.
Anche io dovrei dormire, pensai, standomene seduto davanti alla finestra con Al e Jerome che discutevano di Quidditch. Iniziava a pesarmi la testa e prestare attenzione a ciò che Albus diceva si stava facendo sempre più difficile. 
«Scorp» mi chiamò questi posandomi una mano sulla spalla. 
Lo guadai e lui mi indicò l’ingresso della Sala Comune. 
Giorgina era appena entrata si stava dirigendo spedita verso i dormitori. Fissava dritto davanti a sé e camminava velocemente come se volesse scappare da qualcuno.
Ma non sarebbe scappata da me. 
Mi alzai di scatto, ormai completamente sveglio. 
«Giorgina» la chiamai, ma non mi sentì. O fece finta di non sentirmi, dipende dai punti di vista. 
«Giorgina» replicai alzando un po’ la voce. 
Finalmente si rese conto che la stavo seguendo e si voltò. Ci trovavamo ormai nel corridoio deserto che portava ai dormitori del settimo anno. Non c’erano finestre e l’unica fonte di luce erano delle fiaccole verdognole che conferivano un’atmosfera che sarebbe stata definita dalla maggior parte delle persone inquietante, o serpentesca. Ma non da me. Io la trovavo rilassante. 
«Scorpius» mi salutò lei incrociando le braccia al petto. 
La osservai per qualche istante in cerca di qualcosa di diverso dall’ultima volta che l’avevo vista. Era sempre bellissima, con i suoi lunghi capelli argentei che parevano riflettere i raggi lunari anche in una notte senza stelle. Tuttavia, nonostante nulla fosse cambiato nel suo aspetto esteriore, il modo in cui appariva ai miei occhi era completamente diverso. La sua vista non suscitava più in me sentimenti contrastanti, ora era chiaro ciò che provavo nei suoi confronti.
«Ce ne hai messo di tempo» mi disse con un sorriso freddo, totalmente privo di calore. La sua voce era bassa e melodiosa, ma alle mie orecchie era diventata gesso che strideva contro una lavagna.
Aggrottai la fronte non capendo. 
«A renderti conto che sei innamorato di Rose Weasley, intendo» mi spiegò, continuando a sorridere. 
Ne sono sempre stato consapevole, pensai furioso. Sei stata tu a rovinare tutto.
«Quando avevi intenzione di dirmelo?» Le chiesi diretto. Non avevo intenzione di stare al suo gioco.
«Di cosa stai parlando?» Sembrava davvero confusa, quindi decisi di scoprire subito le carte così da farla finita il prima possibile.
«Sto parlando di come hai preso le sembianze di Rose con la pozione polisucco al quinto anno» Il suo sorriso vacillò e le sue pupille si dilatarono leggermente. «E di come ci hai spiato sulla torre di astronomia. Di come tu sia andata a raccontare a tutta Hogwarts ciò che ci siamo detti, per poi dare la colpa a Rose. Sto parlando di come mi hai ingannato per tutto questo tempo»
Giorgina era a corto di parole. I suoi occhi brillavano nella penombra del corridoio, come se fosse sul punto di piangere da un momento all’altro, quando non riuscì più a sostenere il mio sguardo, ebbi la conferma di cui avevo bisogno. Abbassò il capo ed emise un verso strozzato simile a un singhiozzo, e per me valse più di una confessione scritta. 
«Dio, non provi neanche a negarlo» sibilai cercando di tenere fermo il tono di voce. «Voglio solo sapere perché lo hai fatto. Con che coraggio mi guardavi negli occhi tutti i giorni e…»
«Mi dispiace!» mi interruppe lei, gli occhi lucidi e la voce di un’ottava più alta del normale. «Mi dispiace così tanto, Scorpius. Avrei voluto dirtelo non appena ci siamo messi insieme, ma non ho trovato il coraggio» 
«E se non lo avessi scoperto?» chiesi con voce tremante di rabbia, non provando neanche un pizzico di pietà per lei e le sue giustificazioni. «L'avresti semplicemente fatta franca così?»
Giorgina mi guardò, seria come poche volte l'avevo vista. «Avevo paura che non mi avresti mai più rivolto la parola e non potevo rischiare. Ero innamorata di te, Scorpius» 
«No» la voce ora mi tremava e me ne vergognavo, ma non mi ero mai sentito così tradito e preso in giro in tutta la mia vita. «No. Tu credevi di amarmi, ma non mi amavi per niente, perché non fai questo alla persona che ami. Anche se su una cosa avevi ragione: non ti rivolgerò mai più la parola»
Per la prima volta da quando la conoscevo, Giorgina Nott non sapeva come ribattere. Raddrizzò un po' le spalle e annuì mesta, ferita quasi. «É giusto così» disse. Poi, sorprendendo persino me, scoppiò in un'amara risata. «Mio Dio, avevo iniziato a credere che non lo avresti mai capito. All'inizio temevo mi avresti beccato subito, che neanche ci saresti cascato... poi ho cominciato a pensare che non ci saresti proprio mai arrivato. Merlino! Bastava parlare con lei» sospirò e mi guardò con un misto di affetto e rimpianto. I suoi occhi erano tornati asciutti. Tristi, ma asciutti. «A volte sei incredibilmente cocciuto, Scorpius Malfoy» 
«Oh, quindi ora è colpa mia?» Ero arrabbiato, amareggiato, deluso. Umiliato. 
Giorgina alzò le mani e fece una smorfia. «Non ho intenzione di avere questa conversazione con te, qui»
 «No, voglio sentirlo» ordinai, avvicinandomi a lei. «Voglio sentire perché pensi che sia colpa mia» 
Giorgina rimase in silenzio per qualche istante senza incontrare il mio sguardo, poi parlò. «Non è colpa tua, ma... Era la tua migliore amica» 
«Già» feci io sarcastico. «Sono lieto che tu te ne renda conto» 
«Era la tua migliore amica e non le hai nemmeno dato il beneficio del dubbio!» 
«L'ho vista dire tutte quelle cose terribili, Giorgina. Io l'ho vista!» urlai, ormai furioso. Non perdevo mai la calma, mai, ma in quel momento desideravo solo cancellare Giorgina dalla faccia della terra. «E invece eri tu. Ma come avrei potuto capirlo? Quale persona sana di mente va a pensare che qualcuno possa essere così disperato da assumere le sembianze della tua migliore amica per rovinarti la vita?» 
«Non volevo rovinarti la vita» sussurrò. «Mi dispiace, doveva essere uno scherzo…» 
«Uno scherzo?» mi passai una mano sul viso, ormai stanco. «Due anni. Due anni, Giorgina. E tutto ciò che hai da dire è che ti dispiace e che doveva essere uno scherzo?»
«Che cosa dovrei dire, allora? Dimmi cosa vuoi sentirti dire, Scorpius» 
Ci pensai. Ci pensai davvero: cos'è che volevo da lei?
«Niente» risposi secco, guardandola fisso negli occhi. «Non devi dire proprio niente»
Giorgina fece come le avevo chiesto, e io me ne andai in camera mia, lasciandola sola al centro del corridoio. 


NOTE DELL’AUTRICE
Hello!
Wow, non ci credo che sto davvero pubblicando dopo un solo mese!
Lo so, è comunque tanto tempo, ma per questo nuovo anno mi sto davvero impegnando tanto a mettere un capitolo al mese. Quindi ecco qua il capitolo di febbraio. :3
Voleva essere un po’ più romantico per restare in tema San Valentino inizialmente, però non sarebbe stato coerente con il resto della storia, quindi prometto di rifarmi con il prossimo. 

1.La frase You are not the opinion of someone who doesn’t know you (= non sei l’opinione di qualcuno che non ti conosce) è stata detta da Taylor Swift (ma dai, che strano!) durante un suo concerto, nell’intro di Clean. 

Spero tanto che il capitolo vi piaccia e vi ringrazio davvero tanto se ci siete ancora. <3 

Ritorna all'indice


Capitolo 31
*** Capitolo Trenta. ***


Capitolo trenta

 
A Giada, che mi ha sopportato con tanta pazienza durante la stesura di questo capitolo.
Grazie, spero che ti piaccia.
 
 
Cinque giorni.
Solo per cinque miseri giorni ero riuscita ad evitare Jason Cameron. Ogni volta che entrava nella Sala Comune scomparivo nel mio dormitorio, e se mi capitava di incontrarlo per i corridoi cambiavo direzione in maniera neanche troppo discreta, rendendomi a dir poco ridicola.
Ovviamente capivo di non poter vivere un intero semestre evitando un mio compagno di casa, del mio stesso anno, che frequentava tutte le mie lezioni, e che aveva un evidente, e molto indesiderato, interesse per me. Prima o poi avrei dovuto affrontarlo, o quanto meno parlarci.
Ma non volevo. Tanto ormai ero venuta a patti con il fatto di essere la peggiore tra i Grifondoro, smettere di evitare i miei problemi non mi avrebbe di certo fatto risalire la classifica.
Okay, forse Peter Minus è stato un Grifondoro peggiore di me, ma io vengo subito dopo, pensai depressa mentre mi trascinavo sulle scale che portavano alla torre di Grifondoro dopo cena.
«Rose» mi chiamò Julia a un certo punto. «Rose, insomma, ma mi stai ascoltando?»
«Uh?» Feci io riemergendo dai miei pensieri.
«Lo prendo per un no» disse lei laconica. «Ti stavo facendo notare che sei ridicola»
«Oh, grazie» risposi io pungente. «Me lo ripeto abbastanza anche da sola, non ho bisogno che me lo ricordi anche tu»
«E invece ne hai bisogno!» Continuò lei imperterrita battendo i piedi a ogni scalino come a ribadire il concetto. «Senti, ormai è chiaro a tutta la scuola che tu e Scorpius state insieme, ma indovina un po’? Lo sapevamo tutti che sarebbe successo, Jason compreso. Per Godric, Rose! Senza offesa, ma se ne farà una ragione»
«Uhm…»
Julia alzò le braccia al cielo in rassegnazione. «Lo sai che ho ragione»
Lo sapevo che aveva ragione.
Ero più che consapevole che a Jason non importasse più di tanto; anzi, probabilmente neanche ci era rimasto male e aveva trovato un’altra ragazza da corteggiare, ma non era quello il mio problema. Il mio problema era che Jason odiava Scorpius tanto quanto Scorpius odiava Jason, ed ero sicura che quest’ultimo non avrebbe mancato di esprimere la sua opinione –non richiesta- circa la mia relazione con il Biondaccio.
E io non volevo sentirla.
Potevo sopportare Scorpius che parlava male di Jason -poco mi importava- ma non avrei sopportato cattiverie su Scorpius uscire dalla bocca di Jason Cameron.
Stavo per spiegare per l’ennesima volta tutto ciò alla mia migliore amica, quando mi schiantai proprio contro di lui.
Parli del diavolo…
Chi ha detto che i proverbi non hanno un fondo di verità mentiva spudoratamente.
Una volta raggiunta la sommità delle scale, Julia ed io avevamo voltato l’angolo che ci avrebbe portate al ritratto della Signora Grassa, e fu proprio lì che per poco non finii spiaccicata contro la schiena Jason.
Probabilmente stava avendo una discussione con il suo amico John Smith, perché quando si voltò verso di noi c’era una strana scintilla nei suoi occhi, che però si spense non appena posò il suo sguardo su di me.
«Rose» mi sorrise composto. «Mi sembra di non vederti da un’eternità»
Chissà come mai…!
«Già, sono stata piuttosto impegnata»
Julia bofonchiò qualcosa prima di salutare i due ragazzi e raggiungere la Sala Comune.
Traditrice.
«John, puoi lasciarci un attimo?» Chiese Jason, ogni traccia di rabbia sparita dal suo volto, tanto che mi domandai se stessero davvero litigando o se me lo fossi solamente immaginata.
John però non pareva tranquillo quanto Jason, e il tono di voce con cui parlò era duro come la pietra. «Rose, ci si vede in giro»
Se ne andò, scendendo le scale rigidamente senza guardarsi indietro. Jason lo osservò con attenzione e solo una volta che fu scomparso alla vista, tornò a rivolgersi a me con il suo solito sorriso cordiale.
«Come stai, Rose?» Mi chiese scrutandomi con curiosità, come se stesse cercando tracce di malessere nascoste sul mio volto.
«Tiro avanti, grazie» risposi piano io. «Tu?»
«Io sto bene, ma non sono stato io ad essere attaccato da un pazzo psicopatico»
Aggrottai la fronte. «In realtà è stato Scorpius ad essere…»
Jason annuì tra sé e sé e mi interruppe. «Sì, sì, Malfoy, lo so. Ma le voci corrono: ho sentito cos’è successo prima di tornare a Hogwarts a Godric’s Hollow. Hai inseguito quell’uomo e lo hai quasi preso, Rose! Sei stata fenomenale, davvero»
«Ah…» Jason mi guardava con tanta ammirazione e sembrava davvero entusiasta per ciò che avevo fatto, quando, davvero, non era stato niente di che: me l’ero lasciato sfuggire, giusto? Per non parlare di come fossi svenuta come una pappa molle.
«Grazie!» Mi affrettai ad aggiungere quando notai che lo stavo fissando a bocca aperta come uno stoccafisso. «Grazie, sei molto gentile, ma…»
«No no» alzò una mano e poi si chinò così che i suoi occhi nocciola fossero all’altezza dei miei. «Non ti permetterò di screditarti. Sei stata grande. Fine della discussione»
Gli sorrisi e feci un passo indietro per mettere una certa distanza tra noi.
Apprezzavo davvero tanto quello che mi aveva detto; mi stava facendo sentire come se avessi fatto qualcosa di buono, e gliene ero grata. Improvvisamente mi sentii molto stupida per averlo evitato per tutto quel tempo.
Jason, sempre con aria serena, come se non avesse alcun problema sulla faccia della terra, incrociò le braccia al petto e si appoggiò con una spalla al muro. «Quindi tu e Malfoy, uh?»
Sapevo che la domanda sarebbe arrivata, ma via il dente via il dolore, no?
«Già» dissi, cercando di sostenere il suo sguardo. «Mi spiace per non essere stata io a parlartene, Jason, sul serio. Non mi sono comportata bene»
«Non devi scusarti. L’ho sempre saputo che sarebbe successo» non pareva arrabbiato, solo rassegnato. Scosse piano il capo e poi continuò. «Penso davvero che tu sia una delle ragazze più in gamba che io conosca, Rose. Non lo dico tanto per dire. E meriti qualcuno di migliore di Malfoy»
Il fatto era che io non volevo qualcuno di migliore. Io volevo Scorpius. E basta.
«Sono felice, Jason» dissi, cercando di nascondere l’emozione che mi spezzava la voce. «Sono davvero tanto felice»
Mi resi conto che non mi importava ciò che pensava lui. Avrebbe anche potuto dire che Scorpius era la persona più deplorevole mai esistita, e per me Scorpius sarebbe continuato a essere perfetto nel suo essere un completo disastro.
«Ne sono sicuro» Jason si allontanò dal muro e si passò una mano tra i capelli, insicuro sul come continuare. «Però stai attenta. Voglio dire, oltre a essere uno stronzo -e questo è un giudizio personale- è anche il figlio di un Mangiamorte» disse serio, come se insinuare che Scorpius avesse a che fare con le arti oscure fosse la cosa più normale del mondo.
Non estrassi la bacchetta e non lo affatturai solamente perché ero troppo scioccata per fare alcunché.
«Scusami?» Non avevo mai sentito la mia voce suonare tanto fredda; era così pungente che fece quasi paura anche a me. Ero paralizzata dalla rabbia, riuscivo a sentirne il sapore in bocca, metallico come quello del sangue. Ed ero sicura che questa lampeggiasse sul mio viso come un’insegna al neon, perché Jason alzò le mani in segno di resa.
«Ehi, ehi, tranquilla» sorrise, e per la prima volta da quando lo conoscevo, mi venne voglia di cancellargli il sorriso a suon di maledizioni. «Non volevo offenderti»
«Se insulti Scorpius, insulti me» mi misi una mano sul cuore, che stava rischiando di uscirmi dal petto. «Scorpius non è solo il mio ragazzo, è il mio migliore amico e una delle poche persone delle quali io mi fidi davvero sulla faccia della terra. Va bene, a volte si comporta da stronzo, ma sono innamorata di lui, Jason. Quindi sì, mi hai offeso»
Jason mi appoggiò una mano sulla spalla e io rimasi immobile, sopprimendo l’urgenza di scrollarmela di dosso per evitare di essere scortese.
«Non facevo sul serio. Ti chiedo scusa. Era solo per dire che Malfoy non mi piace e non mi è mai piaciuto, e che se ti farà soffrire, io e lui avremo un altro problema, perché io tengo a te, Rose»
Avrei dovuto ringraziarlo e dirgli che anche io tenevo a lui? Forse, ma a questo punto poteva sognarselo.
Gli sorrisi con freddezza. «Sei molto gentile, ma credo di saper badare a me stessa»
«Ne sono sicuro» sollevò la mano dalla mia spalla e controllò l’orologio con un sospiro. «Sarà meglio che vada, John mi starà aspettando. È sempre un piacere parlare con te, Rose. E ricorda: se hai bisogno di qualsiasi cosa, io ci sono. Anche se si tratta di Malfoy»
«Se mai avrò problemi di cuore sarai il primo che contatterò» sperai che il sarcasmo nella mia voce fosse evidente, perché Jason Cameron era l’ultima persona con la quale volevo parlare di Scorpius Malfoy.
Se Jason lo aveva notato, non lo diede a vedere, perché mi fece un cenno con la mano per poi dirigersi giù dalle scale, probabilmente diretto verso il campo di Quidditch per l'allenamento.
Io mi avviai verso la Sala Comune, un po’ depressa. Ogni volta che qualcuno insinuava che Scorpius fosse cattivo solamente per il sangue che scorreva nelle sue vene, non ci vedevo più. Era come discriminare i nati babbani perché tali. Era la stessa identica cosa. Come potevano pensare tutti coloro che odiavano Scorpius e gli altri Serpeverde solamente per il loro cognome di essere migliori dei sostenitori di Voldemort che discriminavano chiunque non fosse purosangue?
Speravo davvero che Jason non dicesse sul serio, e che magari avesse fatto quell’uscita infelice mosso da sentimenti di gelosia, perché altrimenti sarebbe stata una grande delusione per me.
«Parola d’ordine?» Mi chiese la Signora Grassa annoiata. Quella sera indossava un abito lilla semitrasparente che la avvolgeva da capo a piedi facendola somigliare a un insaccato. Credetemi, non era un bello spettacolo.
«Molliccio» dissi distrattamente, pensando che anche io, come Jason, ero in ritardo.
La Signora Grassa non si mosse di una virgola, e io la guardai male.
«Molliccio» ripetei impettita.
«Sbagliato» mi rispose quella con un ghigno.
«Cosa significa sbagliato?» Alzai un sopracciglio e incrociai le braccia al petto.
«Significa che la parola d’ordine è cambiata»
Mi misi a ridere perché doveva trattarsi di uno scherzo. «Sono caposcuola. Lo so se la parola d’ordine cambia»
La Signora Grassa mi guardò maliziosa. «Probabilmente la sua testa in questo periodo sta da qualche altra parte, signorina Weasley» Fece comparire dal nulla una bottiglia di vino per poi versarne quasi la metà in un grande calice incastonato di pietre preziose.
«Cosa intende dire?»
«Beh» iniziò lei bevendo un lungo sorso con fare pomposo. «Evidentemente è umana come tutti noi comuni mortali. L’amore rende non solo ciechi ma anche distratti a quanto pare!»
Fantastico, ora dovevo farmi prendere in giro anche dalla Signora Grassa. Evitai di sottolineare il fatto che lei non era una comune mortale dato che, sì insomma… dato che era un fottuto ritratto!
Ancora non capivo come la mia relazione con Scorpius potesse c’entrare con il fatto che quelle due teste di vermicolo dei miei prefetti avessero cambiato la parola d’ordine senza dirmelo…
Ah.
Merda.
Susan, quel pomeriggio, mi aveva detto che voleva parlarmi di qualcosa, ma io le avevo risposto di riferire tutto a Julia perché io avevo… da fare. E con “da fare” intendo che stavo andando da Scorpius per organizzare la ronda.
La ronda, capite? Non ero distratta! Si trattava di lavoro, di responsabilità. Sarebbe potuto capitare a chiunque!
Il fatto che io mi fossi dimenticata che per ordine della McGranitt, in seguito all’attacco che si era verificando a Hogsmeade, dovevamo cambiare la parola d’ordine più spesso e che avremmo dovuto modificarla proprio quel giorno, era del tutto irrilevante.
A chiunque, pensai di nuovo. Sarebbe potuto succedere a chiunque!
Avevo imparato che se continui a pensare tanto intensamente a qualcosa, poi questa diventa vera. Almeno nella tua testa.
Aprii le braccia guardandomi attorno e sospirai. «E quindi che cosa dovrei fare? Mi sono dimenticata di chiedere la nuova parola d’ordine a Julia, d’accordo, lo ammetto, ma non posso stare qua fuori tutta la notte! Lei mi conosce, sa chi sono. Mi faccia…»
«Ah ah ah, non se ne parla assolutamente! Prendo molto sul serio il mio compito di custode della Sala Comune di Grifondoro, e non lascerò passare nessuno senza parola d’ordine» fece la Signora Grassa ridacchiando e riempiendosi un altro bicchiere di vino.
Certo. Molto seriamente.
Chissà, magari se avesse bevuto a sufficienza sarebbe stata abbastanza ubriaca da lasciarmi entrare. I dipinti potevano ubriacarsi?
«È ridicolo!» esclamai, ormai disperata. «Mi basta aspettare qui che qualche mio compagno rientri per farmi dire la parola d’ordine»
«E allora aspetti!» Mi rispose stizzita. «Non sarò io a far passare un criminale»
«Ma…»
Il coprifuoco si stava avvicinando, e probabilmente se fossi rimasta lì qualche studente ritardatario sarebbe arrivato in mio soccorso, ma il coprifuoco si stava avvicinando! E io avevo una ronda da portare avanti.
Sbuffai e mi diressi ancora più depressa verso la torre di Astronomia, dove sapevo che Scorpius mi stava aspettando.
Avrei trovato un modo per rientrare nella Sala Comune più tardi. Probabilmente l’unica soluzione era andare a testa bassa dalla McGranitt per chiederle gentilmente di far tornare un po’ di senno alla Signora Grassa. Sarebbe stato imbarazzante, ma nonostante la McGranitt fosse una delle donne più severe e distaccate che conoscessi, sapevo che nel profondo mi voleva bene e che si sarebbe limitata a sospirare, a mettersi una vestaglia, e a salvarmi da una notte al freddo e al gelo.
Magari non mi avrebbe neanche tolto dei punti… Okay, non esageriamo, non ero mica Scorpius. Le stavo simpatica, ma non fino a quel punto.
Presi una scorciatoia passando dietro un arazzo che ritraeva dei troll vestiti da ballerine di danza classica, e mi ritrovai sulle scale che portavano alla torre di Astronomia.
Scorpius era già lì, seduto per terra con le spalle poggiate contro al muro e un libro aperto davanti a sé. I raggi della luna, che splendeva alta nel cielo, disegnavano un gioco di luci e ombre sul suo viso, concentrato sulla lettura.
Mi bloccai sulla sommità delle scale, un po’ per il fiatone e un po’ perché adoravo osservare Scorpius quando non si rendeva conto che lo stavo guardando. Era come guardare un ballerino danzare senza che sapesse di avere un pubblico.
Scorpius si passò una mano sul viso e si stropicciò gli occhi, come se fosse molto stanco; probabilmente stava avendo ancora problemi a dormire. Erano sempre stati lì, gli incubi, maligni come delle serpi, pronti a non dargli tregua nelle notti più tormentate. Ma aveva imparato a conviverci e, con il tempo, erano diventati sempre più sporadici. Non me ne aveva parlato apertamente, ma sapevo che nell’ultimo periodo erano tornati: non aveva bisogno di dirmelo, lo leggevo chiaramente dal suo viso sbattuto e dai cerchi violacei che gli circondavano gli occhi.
«Rose» quando si accorse che ero lì, mi sorrise e chiuse il libro. «Stavo iniziando a pensare che mi avresti dato buca»
Sospirai e mi appoggiai anche io con la schiena al muro, scivolando piano contro di esso finché non mi ritrovai seduta di fianco a lui.
Posai la testa sulla sua spalla e chiusi gli occhi.
«Non voglio fare la ronda» dissi a bassa voce, come se gli stessi confidando un segreto. «Restiamo qui»
«E venir meno ai nostri compiti da caposcuola?» Scorpius poggiò a sua volta il capo sul mio e mi prese la mano. Sapevo che mi stava prendendo in giro e che se fosse stato per lui non avrebbe fatto nessuna ronda, ma poco mi importava. Ero davvero stanca, e anche se non lo ammetteva, anche lui lo era. «Chi sei e che cosa ne hai fatto di Rose Weasley?»
«Se è per questo sono anche rimasta chiusa fuori dalla Sala Comune» continuai a biascicare, sicura che da un momento all’altro mi sarei addormentata.
Sentii Scorpius ridere e gli tirai un pizzicotto sul fianco. «A quanto pare è colpa tua»
«Ah sì?» chiese divertito.
Mi misi a sedere dritta e lo guardai un po’ assonnata, senza però lasciargli la mano. «La Signora Grassa dice che mi distrai»
Scorpius ghignò e si avvicinò, il suo viso era a pochi centimetri dal mio ora e riuscivo a sentire il suo respiro sfiorarmi le labbra. «Be’, non è una novità questa, o sbaglio?»
Alzai gli occhi al cielo e lo spinsi via. Facendo appello a tutta la mia forza di volontà mi alzai e poi allungai il braccio per aiutarlo a tirarsi su.
Lui mi guardò dal basso verso l’alto per qualche istante -cosa che succedeva raramente dato che Scorpius era più alto anche di Albus- e poi accettò la mia mano e si alzò.
Feci per dirigermi verso la porta e giù dalle scale, ma Scorpius mi attirò a sé.
«Solo un secondo» sussurrò prima di posare le labbra sulle mie.
Improvvisamente non avevo più sonno. Gli passai le mani sul petto, per poi arrivare al colletto della camicia e tirarlo verso di me così da poterlo baciare meglio. «Sei troppo alto»  
«Magari sei tu che sei troppo bassa» Scorpius mi sollevò da terra e mi fece fare una giravolta tra le sue braccia, e per poco non perse l’equilibrio, facendo cadere entrambi.
Scoppiammo a ridere e quando mi rimise a terra, gli stampai un bacio sul collo, proprio sotto la mandibola, per poi allontanarmi da lui a malincuore.
«Sarà meglio andare» scesi il primo scalino e mi voltai a guardarlo. «Se qualche professore ci trovasse qui ci toglierebbe minimo venti punti a testa»
Scorpius sospirò «Ed ecco che la mia Rose è tornata»

---
 
Come per ogni altra ronda, credetti che quella sera non sarebbe successo nulla di particolarmente interessante, e invece mi sbagliavo.
Controllammo con calma ogni piano, l’aula di trasfigurazione, quella di incantesimi, l’ingresso alla stanza delle necessità e persino la Sala Grande. Tutto pareva in ordine. Verso le undici e mezzo, beccammo due ragazzi del quinto anno che si stavano baciando in biblioteca, e Scorpius mi convinse a non togliere loro punti.
«Dai, Rose» disse guardandoli mentre se ne andavano mortificati e imbarazzati. «Con che coraggio puoi togliere loro punti? È già una punizione abbastanza grande essere stati scoperti»
«Be’» replicai io passandomi una ciocca di capelli rossi dietro l’orecchio. «Dovrebbero essere grati per essere stati scovati da noi e non dalla McGranitt»
«Pensa che saremmo potuti essere noi» continuò passandomi un braccio attorno alle spalle.
Lo guardai storto ma non dissi nulla. Ero troppo stanca per discutere con lui e, nel profondo, sapevo che aveva ragione.
«La verità è che non vuoi togliere punti a Serpveverde» scherzai allora, sgattaiolando sotto al suo braccio e avviandomi verso l’uscita della biblioteca.
«Anche» ammise lui seguendomi nel corridoio. «Abbiamo finito, no?»
Era quasi mezzanotte e tutti i focolari del castello erano stati spenti. Non essendo potuta passare dal mio dormitorio per prendere il mantello, sentivo il freddo infilarsi sotto la camicia e dentro le ossa. Anche Scorpius non indossava il mantello; portava solo il maglione della divisa, ma sembrava star bene così.
«Direi di sì» dissi passandomi le mani sulle braccia per scaldarmi un po’. «Si muore di freddo stasera»
Iniziammo ad avviarci lungo il corridoio che portava alla Sala Grande, ma invece di prendere le scale di destra che portavano all’ingresso, girai a sinistra.
«Che stai facendo?» Chiese Scorpius confuso.
«Devo andare dalla McGranitt, ricordi?» Gli dissi depressa. «Non mi hanno detto la parola d’ordine. Sono chiusa fuori»
Scorpius stava in piedi a pochi passi da me e mi guardava come se fossi impazzita. «Vuoi andare seriamente dalla Preside?»
Le nostre ombre, proiettate sul pavimento dalle torce appese al muro, si fondevano in una strana figura geometrica ai nostri piedi, come se fossero un tutt’uno.
«Cosa dovrei fare?» Gli chiesi, coprendomi la faccia con le mani.
Ero stanca. Davvero stanca. Era venerdì e avevo avuto una giornata piena di lezioni, la notte di giovedì non avevo chiuso occhio per motivi a me sconosciuti, quella sera avevo dovuto affrontare Jason e tutte le sue stronzate su Scorpius e, come se non bastasse, ero rimasta chiusa fuori dalla mia Sala Comune peggio di una ragazzina del primo anno e dovevo andare dalla Preside a mezzanotte per chiederle per favore di farmi rientrare. E tutto ciò che desideravo era tornare nella mia camera, al caldo, mettermi il pigiama e dormire. Per sempre possibilmente.
«Rose» mi chiamò piano Scorpius senza però avvicinarsi.
Mi tolsi le mani dal viso e sospirai. Scorpius mi stava guardando con il sorriso che piaceva a me, quello appena accennato ma che era in grado di illuminargli il viso.
«Pensavo saresti stata da me» disse, senza distogliere lo sguardo dal mio.
«Oh» rimasi immobile per qualche istante, senza capire come avessi fatto a non pensarci, e poi mi diedi della deficiente.
«Ovviamente se vuoi» si affrettò ad aggiungere Scorpius. «Albus e Jerome sono in infermeria, puoi stare nel letto di tuoi cugino»
Alzai un sopracciglio e lo guardai male. «Ah, ora che non c’è mio padre che potrebbe ucciderti, ti fai problemi a dormire con me?»
Scorpius arrossì un po’, ma poi sorrise. «No, non mi faccio nessun problema. Pensavo te ne facessi tu, dato che neanche avevi preso in considerazione l’idea di venire a stare da noi»
Scrollai le spalle e lo guardai seria «A quanto pare sono davvero distratta»
Scorpius rise e mi prese per mano.
«Aspetta» dissi, mentre ci dirigevamo verso i sotterranei. «Come mai Albus e Jerome sono in infermeria?»
«Uhm, ecco, Jerome è caduto dalla scopa durante l’allenamento» disse Scorpius mortificato.
«È caduto?» Io l’ho sempre detto che il Quidditch è uno sport pericoloso. Bello da guardare, certamente, ma pericoloso. «Cosa significa che è caduto dalla scopa? Sta bene ora?»
«È stata colpa di un bolide che lo ha colpito inaspettatamente. Albus si sente in qualche modo responsabile…»
«Che strano…»
«… perché lo ha visto cadere ma non ha potuto arrestare la caduta dato che aveva dimenticato la bacchetta negli spogliatoi. Jerome si è rotto parecchie costole e una gamba, ma Madama Chips lo ha rimesso insieme e potrà lasciare l’infermeria tra un paio di giorni»
Mi dispiacque tantissimo per Jerome, far ricrescere le ossa era molto doloroso.
«Poi sai com’è Albus» stava continuando a dire Scorpius «si è preoccupato ed è rimasto in infermeria con lui»
Quando svoltammo nel corridoio che portava alla Sala Comune di Serpeverde, per poco non ci scontrammo con Kyle Morgan che se ne andava in giro con una scopa sottobraccio.
«Kyle?» Esclamò Scorpius. «Che cavolo ci fai in giro a quest’ora? Ehi, ma quella è la mia scopa?»
Kyle era il compagno di stanza di Scorpius e Albus assieme a Jerome. Era quasi alto quanto Scorpius, con la differenza che se Scorpius era slanciato e filiforme, Kyle aveva delle spalle e delle braccia che avrebbero fatto invidia a un giocatore di rugby professionista.
«Ehm» Kyle si passò una mano tra i capelli e arrossì. «Sì, non ti dispiace se la prendo in prestito, vero?»
«Non mi sarebbe dispiaciuto se me lo avessi chiesto»
«È per Susan» disse Kyle imbarazzato.
«Vuoi regalare la mia scopa alla tua ragazza?» chiese Scorpius sempre più confuso, e sinceramente ero confusa anche io.
«Credo che la domanda qui sia: cosa ci fai a mezzanotte fuori dal tuo dormitorio e con la scopa di Scorpius?» Non potevo credere che stesse succedendo per davvero. Per quella sera ne avevo viste abbastanza.
«Sto andando da Susan» spiegò Kyle con fare malizioso. «Lei è Corvonero, quindi mi serve la scopa per raggiungere il suo dormitorio»
Oh.
«Non che volessi te e la tua ragazza nella mia camera mentre fate… cose» iniziò Scorpius. «Ma non sarebbe stato più intelligente far venire lei da te?»
Kyle si grattò la testa e ci guardò come se fossimo due alieni. «Cavolo, amico, hai ragione»
Kyle era un caro ragazzo, ma non era molto sveglio.
«Be’» continuò con fare allusivo, dando una pacca sulla spalla a Scorpius. «Dovresti ringraziarmi, in questo modo ho lasciato la stanza libera a te, no?»
Si mise la scopa sulla spalla e ci salutò con la mano. «Non divertitevi troppo, ragazzi!»
E fu in quel momento che la consapevolezza mi colpì in pieno.
Rose Weasley, pensai, sei la regina delle tonte.
Non è che fossi distratta, è che ero proprio tonta.
Non solo non mi era venuto in mente di chiedere a Scorpius di poter stare da lui quella notte, ma non mi era neanche proprio passato per l’anticamera del cervello che lui potesse voler fare qualcos’altro oltre al semplice dormire.
Probabilmente ero sbiancata, perché Scorpius pareva mortificato. «Lo sai che non ti ho chiesto di passare qui la notte con secondi fini, vero?-
«Ah» Non sapevo se la cosa mi rincuorasse o meno.
«Cioè, volevo dire che non devi fare niente che tu non voglia fare»
Ah.
Non lo stavo guardando perché, se lo avessi guardato, probabilmente sarei morta. Se di imbarazzo o di infarto questo non mi era chiaro. Sarei morta e basta.
Scorpius mi prese per le spalle e mi posò due dita sotto al mento per obbligarmi ad alzare il viso.
«Ehi» mi diede un bacio a fior di labbra, e poi un altro sul collo facendomi il solletico. «Non eri mica stanca? Andiamo a dormire, okay?»
Peccato che il sonno mi fosse passato.
Dannato Kyle.
«Okay»
Scorpius si posizionò davanti alla parte di muro che portava alla Sala Comune di Serpeverde e si fece da parte con un inchino. «Dopo di te»
Camminai tranquillamente attraverso il portale e nel giro di mezzo secondo mi ritrovai nella tana dei Serpeverde.
La Sala Comune era vuota, e sembrava ancora più spaziosa rispetto a quando era popolata di studenti; l’ambiente era più buio del solito, l’unica fonte di luce erano un paio di torce appese al muro vicino al corridoio che portava ai dormitori.
Rabbrividii impercettibilmente nel tessuto leggero della divisa; nei sotterranei faceva ancora più freddo e mi domandai come i Serpeverde potessero vivere qui.
«Sbrighiamoci» mi sussurrò Scorpius all’orecchio. «Non voglio svegliare il ritratto di Merlino»
Mi mise una mano sulla schiena e mi condusse attraverso un intrico di corridoi fino alla sua stanza. Ci ero stata solamente un’altra volta, il giorno del suo compleanno, ed era esattamente come la ricordavo.
Quattro letti a baldacchino identici, ma allo stesso tempo diversi. Riconobbi subito quello di Scorpius in fondo alla stanza.
«Tieni, puoi dormire con questa» Scorpius mi passò una maglietta grigia con le maniche lunghe.
La presi e corsi in bagno per cambiarmi.
Mi guardai allo specchio e notai che le mie guance erano dello stesso colore dei miei capelli.
Merda, Rose, rimettiti assieme, pensai premendomi le mani fredde sul viso per cercare di acquisire una tonalità normale.
Presi un respiro e mi cambiai velocemente. La maglietta di Scorpius mi arrivava a metà coscia, lasciando scoperto il resto delle gambe, ma cercai di non pensarci. Avevo già dormito con Scorpius in precedenza, non capivo perché mi sentivo così nervosa.
Tutte le mie ansie furono spazzate via dalla vista di Scorpius che si era messo il suo pigiama con lo stemma di Serpeverde e mi stava aspettando nel letto, con la schiena appoggiata alla testiera e le gambe distese davanti a sè. Quando si accorse che ero uscita dal bagno, mi squadrò dalla testa ai piedi per poi distogliere velocemente lo sguardo e farmi spazio sotto alle coperte.
Lo raggiunsi e spensi la luce. Posai il capo nell’incavo del suo collo e Scorpius mi abbracciò posandomi un bacio tra i capelli.
«Buonanotte, Rose»
Feci per rispondergli, ma mi ero già addormentata.
---

Mi svegliai nel cuore della notte perché sentivo freddo. Allungai una mano per cercare Scorpius, ma non c’era. Mi tirai a sedere di scatto con il cuore in gola. Scostai le tende del baldacchino e lo trovai che camminava avanti e indietro per la stanza a piedi nudi.
Accesi la lampada sul comodino e Scorpius si bloccò. «Mi dispiace» disse. «Non volevo svegliarti»
«Non mi hai svegliato» lo rassicurai. «Stai bene?»
Lui annuì distaccato, ma non aveva l’aria di uno che stava bene. Era chiaro che qualcosa lo preoccupasse. Il suo viso era teso, i suoi occhi, di solito verde pastello, erano tormentati, scuri.
«Ancora gli incubi?» Chiesi piano per paura che si chiudesse in se stesso senza darmi la possibilità di aiutarlo.
«Il solito» rispose, continuando a camminare avanti e indietro con fare quasi maniacale. «Sogno Chloe che mi accusa di averla uccisa, di venir mandato ad Azkaban per aver usato le arti oscure, anche se oggi è stato diverso»
Si passò entrambe le mani tra i capelli, come se volesse staccarseli dal capo.
«Perché non torni qui e mi racconti cos’hai sognato? Magari parlarne può aiutarti»
Si fermò davanti al letto e inchiodò i suoi occhi nei miei. «È molto semplice, Rose. Ho sognato ciò che è successo a Diagon Alley. Con la differenza che l’incantesimo non colpiva Chloe, colpiva te. E morivi tra le mie braccia. Dio, se mi concentro sento ancora l’odore del sangue»
«Scorpius era solo un brutto sogno, io sono qui…»
«Lo so, lo so» mi interruppe lui velocemente. Fece per aggiungere qualcosa ma ci ripensò. «Quando ho aperto gli occhi, ti ho vista lì al mio fianco, che dormivi tranquilla, e non me la sono sentita di svegliarti. Ma tutto quello che volevo era assicurarmi che fossi davvero viva, abbracciarti, baciarti fino a perdere coscienza di me»
«Allora fallo» sussurrai piano aprendo le braccia verso di lui. «Vieni qui»
Scorpius non se lo fece ripetere. Con due falcate mi raggiunse e mi strinse forte a sé, seppellendo il viso nell’incavo del mio collo. Io gli carezzai i capelli, e poi la schiena, dondolandomi avanti e indietro per cercare di calmarlo. Scorpius mi stringeva così forte che per poco non mi mancava l’aria nei polmoni, ma poco mi importava. Respirare era quasi diventato secondario.
«Rose» sussurrò scostandomi i capelli dal viso.
«Sì?»
In risposta mi baciò. All’inizio fu un bacio delicato, come se avesse paura di spezzarmi, poi divenne qualcosa di più intenso e mi ritrovai ricambiare il bacio come se da ciò ne dipendesse la mia vita.
Caddi distesa sul letto sotto al suo peso, senza mai staccare le labbra dalle sue.
Sentivo la sua pelle bruciare sotto al mio tocco nonostante il pigiama. Infilai le mani sotto la sua maglietta e Scorpius si allontanò da me quanto bastava per sfilarsela dalla testa e gettarla sul pavimento.
Posai le mani sul suo petto e deglutii. Sentivo il suo cuore battere regolarmente, come il ticchettio di un orologio. La sua pelle chiara risplendeva nella semioscurità della stanza come se possedesse luce propria e i suoi capelli avevano perso la compostezza che li caratterizzava solitamente e sparavano in tutte le direzioni. Cercai di appiattirglieli un po’ con la mano e di scostaglieli dal viso, ma questi non volevano sentire ragioni.
«Come mai ridi?» Mi chiese Scorpius con voce roca, sorreggendosi sui gomiti per non pesare troppo su di me.
«Perché i tuoi capelli sembrano quelli di Albus in questo momento»
«Oh» fece lui, posandomi un bacio sul collo. «Adesso vuoi parlare di tuo cugino?»
«No, preferisco lasciare Albus fuori da questa conversazione»
Scorpius non se lo fece ripetere due volte e mi baciò di nuovo, per poi far scorrere la mano dalla mia coscia a sotto alla maglietta fino al mio fianco, dove si fermò.
«Puoi toglierla» mormorai sulle sue labbra.
Scorpius si bloccò e mi guardò. I suoi occhi erano vitrei, assenti, come se fosse appena riemerso da un’altra dimensione.
«Che cosa?»
«La maglietta» gli dissi piano, sentendo le mie guance farsi rosse. «Puoi toglierla»
«Rose, non devi sentirti obbligata…»
Sbuffai e lo feci spostare un po’ di lato così che avessi lo spazio per sfilarmela da sola, rimanendo in biancheria intima. «Non mi sento obbligata a fare niente»
Posai di nuovo la testa sul cuscino, consapevole del mio corpo e di quello di Scorpius poco distante dal mio.
Alzai lo sguardo su di lui e sentii un vuoto allo stomaco. Gli occhi di Scorpius erano profondi come fondi di bottiglia e mi stavano osservando con intensità, come se fossi l’unica cosa che erano in grado di vedere. Fu in quell’istante che realizzai che lui provava per me esattamente ciò che io provavo per lui, ed era bellissimo.
«Okay» disse, dandomi un leggero bacio a stampo per poi guardarmi negli occhi. Le sue iridi risplendevano nella semioscurità della stanza, erano così magnetiche che non riuscivo a guardare altrove. «Okay» ripeté ridendo nervosamente.
Vedere Scorpius nervoso era un’esperienza nuova per me, era come osservare un attore di teatro lontano dal palcoscenico.
Mi passò una mano lungo tutto il braccio e quando arrivò alla spallina del reggiseno si bloccò come indeciso sul da farsi.
«Rose, io…»
Scorpius Malfoy quella notte mi stava esasperando, facendomi provare un misto di tenerezza e imbarazzo.
«Scorp» sospirai ridendo piano. «Sono io quella inesperta qui. Sono sicura che sai come funziona un reggiseno»
Scorpius si unì alla mia risata e scosse il capo come se fossi io quella che esasperava lui. «Sei incredibile»
Il reggiseno alla fine andò a fare compagnia alle nostre magliette, così come il resto dei nostri indumenti.
«Un’ultima cosa» Scorpius posò la fronte contro la mia e il mio cuore perse un battito. Volevo sentirlo ancora più vicino. Volevo che smettesse di reggersi sui gomiti per paura di schiacciarmi. «Se ti vuoi fermare o qualcosa non va, me lo dici, okay?»
In risposta lo attirai a me e lo abbracciai con una forza che non sapevo di possedere. Lui mi passò le mani sui fianchi e poi sulla schiena, annullando la distanza tra i nostri corpi.
Le sue labbra tornarono sulle mie con urgenza; ero in balia del suo tocco, del suo sapore, del suo profumo, di tutto ciò che rendeva Scorpius ciò che era. E quando i nostri corpi su unirono e diventarono un tutt’uno, pensai per un attimo a tutta la sofferenza che avevamo dovuto sopportare, e mi resi conto che se tutto ciò ci aveva portato a questo, allora ne era valsa la pena. Ne era decisamente valsa la pena. 


NOTE DELL'AUTRICE
Heya!
Ehm, oddio, non so da che parte iniziare. Sappiate che è stato difficilissimo scrivere questo capitolo, e che inizialmente doveva essere lungo il doppio perché doveva comprendere almeno altre due fatti importanti, ma non volevo rovinare il momento, ecco. Quindi ho deciso di tagliarlo qui e renderlo un capitolo melenso all'ennesima potenza, fatto di cuoricini e vibrazioni positive. <3
Per la disperazione e il mainagioia c'è tempo, giusto?
Ma il fatto che io lo abbia tagliato è positivo, perché significa che ho il prossimo capitolo quasi pronto! 
Comunque niente, io in ansia sto. Spero che vi piaccia, io mi sento come una mamma che vede i suoi figli crescere, non so voi ahahah.
Ringrazio Giada anche qui, perché senza il suo supporto non sarei mai arrivata alla fine: grazie Giada, ti voglio bene. 
E nulla, io spero DAVVERO che non vi faccia schifo e mi dileguo. 
Alla prossima,

Francesca 

Ritorna all'indice


Capitolo 32
*** Capitolo Trentuno. ***


Capitolo Trentuno

 
 This is a state of grace
This is the worthwhile fight
Love is a ruthless game

Unless you play it good and right
State of Grace, Taylor Swift


La mattina seguente quando mi svegliai, a darmi il buongiorno trovai dei pesanti drappi verde scuro invece delle tende rosse del mio baldacchino alle quali ero tanto abituata. Sbattei un paio di volte le palpebre per mettere a fuoco l’ambiente circostante, un po’ confusa. Ma lo sgomento durò una manciata di secondi, fino a quando i ricordi di quella notte si fecero vivi. Riuscivo ancora a sentire Scorpius pronunciare il mio nome come se fosse l’unico che contava e mi ritrovai a sorridere come una deficiente; quando si trattava di Scorpius mi comportavo come una tredicenne alla prima cotta. Anche se, pensandoci bene, Scorpius era la mia prima cotta e sì, me l’ero presa probabilmente attorno ai tredici anni. Mi sembrava di vivere all’interno di un film, dove tutto alla fine si risolveva per il meglio; ma quella era la vita reale e il vissero felici e contenti era tutto tranne che garantito. Io e Scorpius stavamo finalmente insieme, ma non era abbastanza. L’amore, avevo imparato, non basta per essere felici, non quando là fuori ci sono persone malvagie che ti vogliono uccidere almeno.
Non pensarci ora, Rose, mi dissi risoluta. Scorpius stava dormendo con la testa poggiata nell’incavo del mio collo, le braccia attorno alla mia vita; era lì con me, il resto non contava. Gli passai piano una mano tra i capelli e gli diedi un bacio sulla fronte, come per assicurarmi che fosse reale, come per accertarmi che non si trattasse di un semplice sogno.
Appena mi mossi però, Scorpius aprì gli occhi. Era buio nella stanza, rischiarata debolmente solo da alcuni raggi di luce che erano riusciti a oltrepassare le tende, ma i miei occhi si erano abituati all’oscurità così che riuscissi comunque a distinguere i tratti del suo volto. Gli zigomi alti, un po’ arrossati per il sonno, l’arco delle sopracciglia, il naso sottile, la curva delle labbra che solo qualche ora prima avevo baciato; il suo corpo era caldo contro il mio, nonostante i vestiti che avevamo rindossato, e i suoi capelli mi solleticarono il viso quando si mosse.
«Ehi» dissi piano. «Sei riuscito a dormire?»
Scorpius si appoggiò su un gomito e sbatté le palpebre un paio di volte, come se stesse cercando di mettermi a fuoco, poi sorrise. «Solo grazie a te»
Sorrisi anche io, automaticamente, mossa da un moto di affetto così grande per lui che quasi mi faceva male al cuore. Poi mi diedi della deficiente, di nuovo.
Rose, ti devi seriamente rimettere assieme, non puoi andare avanti in questo modo.
«Non essere così…» iniziai, pensandoci un attimo «…drammatico»
E il premio alla persona meno romantica dell’intero mondo magico va a me, Rose Weasley. Non ero proprio capace di esprimere a parole quello che provavo per lui. Speravo lo sapesse.
Scorpius corrugò la fronte e mi guardò male, inclinando il capo di lato come se stessi parlando un'altra lingua. «Non sono drammatico»
«Un po’ sì» dissi io, stampandogli un leggero bacio a fior di labbra, cercando di fargli capire in questo modo che ciò che in realtà intendevo era che mi sarei strappata il cuore dal petto per renderlo felice e che ero stata sveglia finché non si era addormentato tra le mie braccia. E che sarei stata sveglia anche tutta la notte se fosse stato necessario.
Scorpius fece un verso di protesta quando mi allontanai da lui per dare un’occhiata alla sveglia sul comodino. Lessi l’ora, e il mio stomaco sprofondò. Erano le dieci passate.
«Sarà meglio salire a fare colazione» dissi controvoglia. «È piuttosto tardi e se…»
Stavo per alzarmi, ma Scorpius mi prese per il braccio e mi attirò a sé così che mi ritrovai addosso a lui.
«Perché tanta fretta» disse, poggiando delicatamente le labbra sulle mie.
«Perché è tardi…» risposi io con un sospiro.
«È sabato» replicò lui, dandomi un bacio sulla mandibola, poi un altro sul collo, sulla clavicola…
«E pensa alla faccia di Albus se ci trovasse qui» conclusi io la frase per lui, facendo appello a tutta la mia forza di buona volontà.
Scorpius si immobilizzò, come colpito da un pietrificus totalus, le pupille leggermente dilatate mentre la consapevolezza di cosa avrebbe comportato essere beccati da Albus Potter pian piano si faceva spazio nella sua mente.
«Merda» imprecò a bassa voce spintonandomi di lato poco gentilmente e precipitandosi giù dal letto.
La stanza si riversò di luce, segno che aveva aperto le tende, e dovetti alzare un braccio per proteggere gli occhi, ormai abituati al buio.
«Che stai facendo?» gli chiesi. A volte quel ragazzo cambiava umore più facilmente di mio cugino.
«Che sto facendo?» rispose lui, una leggera nota di panico nella voce mentre si sfilava la casacca del pigiama e afferrava una camicia per poi iniziare ad abbottonarla velocemente.
Eppure, nonostante la fretta, non potei fare a meno di notare che ogni suo movimento risultasse aggraziato e delicato. Lo odiai un po’, perché io non avrei mai avuto quella leggerezza e pacatezza.
«Che stai facendo tu ancora a letto!» Continuò, passandosi una mano tra i capelli per cercare di appiattirli un po’. Aveva finito di allacciare la camicia e mi stava guardando. Stando in piedi davanti alla finestra, illuminato dalla luce spettrale del lago nero, pareva uscito da un dipinto. «Se Albus ci becca qua, ci prende in giro fino alla morte. Già lo vedo a ogni mio futuro compleanno. Ah, quella volta che ho beccato Scorpius a letto con…»
«Okay, okay» lo bloccai io scostando le coperte di lato e poggiando i piedi sul pavimento freddo. «Hai reso bene il concetto»
 
---
 
Alla fine non avevamo incrociato Albus; in compenso però avevamo incontrato metà casata Serpeverde nella sala comune. Lo ammetto, avevo paura di essere sottoposta nuovamente a occhiate e borbottii curiosi, invece la maggior parte degli studenti neppure ci degnò di uno sguardo. Continuarono tutti a parlare tra di loro o a studiare come se niente fosse.
Vedete perché adoravo i Serpeverde? Perché erano la casa meno pettegola di tutta Hogwarts, o forse semplicemente si ritenevano superiori al gossip. In ogni caso, a me stava bene così e non avevo intenzione di lamentarmene. Ovviamente questo discorso non si applicava a mio cugino Al, che era l’eccezione a conferma della regola. Se avesse trovato me e Scorpius nel loro dormitorio, avrebbe continuato a parlarne per giorni senza darci un attimo di tregua. Ma che dico giorni, settimane! Anzi, sarebbe probabilmente andato avanti per tutta la vita.
Ringraziai nuovamente Salazar Serpeverde per aver evitato una tale catastrofe.
«Saranno ancora in infermeria?» chiese Scorpius mentre attraversavamo i sotterranei diretti alla sala grande. «Albus e Jerome, intendo»
«Non ne ho idea, sei tu l’esperto di Quidditch qui…» poi mi bloccai. Gli misi una mano sul braccio per fermarlo, lo sguardo fisso davanti a me.
«Scorpius» dissi. «E se sono tornati in dormitorio ma non li abbiamo sentiti?»
Scorpius si mise a ridere. «Sembrava che avessi appena visto un dissennatore»
«Peggio» dissi io seria, alzando il capo per incrociare il suo sguardo. «Albus sarebbe peggio di un dissennatore»
«Fidati, se Albus fosse davvero tornato in dormitorio questa mattina, lo avremmo saputo» Mi sorrise, gli occhi che gli brillavano al ricordo di quello che era successo la notte prima. Poi il suo sguardo si fissò su qualcosa alle mie spalle, e il sorriso gli scomparve dal viso come sabbia al vento.
Mi voltai e capii cos’aveva causato il suo cambio di umore. Giorgina Nott, a qualche metro di distanza, stava venendo verso di noi. Si muoveva lenta e aggraziata come un felino che si avvicina alla propria preda, i capelli chiari che le incorniciavano il viso come una corona di stelle.
Sperai che ci oltrepassasse, invece si fermò proprio davanti a noi.
«No» la precedette Scorpius, gli occhi puntati su di lei come se potesse ridurla in cenere con la sola forza dello sguardo. «Qualunque cosa tu voglia, la risposta è no»
Giorgina lo osservò con sufficienza per qualche secondo, poi lo ignorò e si rivolse a me, come se Scorpius non esistesse. «Posso scambiare due parole con te in privato?»
Eh?
«No» rispose Scorpius, prima che potessi dire alcunché, prima ancora che il mio cervello potesse processare la richiesta.
Giorgina si rivolse al Biondaccio. «Sto parlando con Rose, se non ti dispiace»
«Scorpius…» iniziai io, cercando di far funzionare gli ingranaggi del mio cervello per elaborare una risposta di senso compiuto.
«No» disse lui, continuando a fissare Giorgina. «Chissà che cosa potrebbe inventarsi questa volta»
«Scorpius» dissi di nuovo, cercando di attirare la sua attenzione.
Quando posò il suo sguardo su di me, i suoi occhi erano grandi, più verdi del solito e pieni di preoccupazione.
«No, Rose» ripeté scuotendo la testa. «So che non posso obbligarti a fare qualcosa che non vuoi, ma… Per favore, no»
«Oh, andiamo, Scorpius» gli disse Giorgina stizzita. «Penso di aver imparato la lezione, smetti di essere melodrammatico»
Scorpius fece per estrarre la bacchetta ma lo bloccai. Gli misi una mano sul petto, sopra al cuore, e l’altra sulla sua guancia.
«Va tutto bene» dissi con voce ferma. «È okay. Non succederà niente. Te lo prometto»
Scorpius chiuse gli occhi e respirò profondamente, per poi annuire piano. «È umanamente impossibile convincerti a fare qualcosa che non vuoi» disse rassegnato. «Ti aspetto in cima alle scale»
Senza prestare più alcuna attenzione a Giorgina, si voltò e si incamminò lentamente verso la Sala Grande, le spalle un po’ incurvate e il capo chino, come se stesse trascinando un enorme peso dietro di sé.
«Non preoccuparti» disse Giorgina con voce fredda. «Non ho intenzione di fare niente di male questa volta»
Io annuii piano ma non aggiunsi nulla. Volevo sentire che cos’aveva da dire lei prima.
Indossava un lungo vestito verde scuro che le arrivava poco sopra le caviglie e che la faceva sembrare ancora più alta, nonostante portasse degli stivali senza il tacco. Era bella, Giorgina; bella e letale come un serpente velenoso. 
Se solo sorridesse di più, pensai mentre attendevo che continuasse. Sarebbe davvero perfetta.
«Non funzionavamo da un pezzo» sospirò amaramente, osservando il punto in cui Scorpius era scomparso. Poi mi guardò con aria assente. «Scorpius ed io, intendo. Avrei dovuto mollarlo mesi fa… Ma non l'ho fatto, e lo sai perché?»
Scossi piano il capo, troppo confusa per formulare una frase di senso compiuto.
«Perché avevo paura, suppongo» Giorgina focalizzò lo sguardo su di me, come se mi vedesse davvero per la prima volta. «Di rimanere da sola, di quello che avrebbe detto la gente, di accettare il fatto che Scorpius non fosse innamorato di me. La verità è che nemmeno riesco a odiarti, Rose. Lui ha sempre voluto te, e io non lo vedevo. Pensavo che gli sarebbe passata, ecco perché ho tentato in tutti i modi di separarvi. Quando mi sono accorta di quanto in realtà lo avessi ferito era ormai tropo tardi. Che cosa avrei dovuto fare?»
«Oh non lo so, dire la verità magari?» Ero consapevole della fatica che le costava ammettere tutto questo, ma non riuscivo a provare empatia per lei.  
Giorgina sbuffò e incrociò le braccia al petto, ogni traccia di simpatia nei miei confronti sparita dal suo viso. «La verità è sopravvalutata, spesso non porta da nessuna parte»
Alzai un sopracciglio e mi morsicai la lingua per non mandarla a quel paese.
Se va avanti così, mi giro e me ne vado, pensai iniziando a perdere la pazienza.
«Tipico dei Grifondoro» continuò lei scuotendo il capo e guardandomi dall’alto verso il basso con quei suoi occhi grigi che avrebbero fatto rabbrividire persino un ghiacciolo. «Pensate che la verità sia la soluzione ai vostri problemi, ma non lo è. Non sempre, almeno»
Mi sanguinavano le orecchie e, se fosse andata avanti così, probabilmente anche il suo naso avrebbe iniziato a sanguinare. Non ero una persona violenta, ma Giorgina Nott metteva davvero alla prova i miei nervi.
«E mentire dove ti avrebbe portato?» chiesi, non riuscendo proprio a seguire il suo discorso. «Ti rendi conto che Scorpius probabilmente non ti rivolgerà più la parola? Non è il tipo che perdona tanto facilmente. Io l’ho provato sulla mia pelle, grazie a te»
Giorgina ora sembrava infastidita.
«E pensi che non lo sappia?» Chiese. Poi, a voce più bassa, aggiunse: «Che tu ci creda o no, io voglio davvero bene a Scorpius e mi dispiace per tutto quello che è successo. Non per te, ma per lui. Mi dispiace che abbia sofferto così tanto e, anche se sono consapevole che sia stata colpa mia, so anche di non poter fare nulla per cambiare le cose. Non ho detto la verità perché speravo che non lo scoprisse. Se non lo avesse scoperto, prima o poi se ne sarebbe fatto una ragione e sarebbe andato avanti con la sua vita»
Non potevo credere che una persona potesse essere tanto egoista. Ma la cosa che più mi meravigliava era che lei era davvero convinta di aver agito negli interessi di Scorpius. Mi faceva quasi pena.
«Lasciami parafrasare: non gli hai detto niente così se ne sarebbe fatto una ragione e sarebbe andato avanti con te. Gli hai mentito per anni così che continuasse a essere il tuo ragazzo, perché sapevi che non appena avesse scoperto quello che avevi fatto ti avrebbe completamente eliminato dalla sua vita. Non lo hai fatto per lui, Giorgina, hai tenuto la bocca chiusa per te. Per puro egoismo»
Giorgina ora sembrava divertita. «Proprio non ci arrivi, eh?» Rise, e la sua risata rimbombò per tutto il corridoio. «Cavolo, e poi dicono che sei intelligente. Certamente, in parte sono stata egoista, ma ho preferito esserlo piuttosto che dirgli la verità così che scoprisse di averti trattato da schifo per niente. Adesso come sta Scorpius, eh? Probabilmente è divorato dai sensi di colpa. Mi sorprende che riesca a guardarti in faccia»
Abbassai il capo, consapevole di quanto vera fosse la sua ultima affermazione. Continuavo a pensare che non le importasse di niente se non di sé, nemmeno di Scorpius. Però su una cosa aveva ragione: Scorpius continuava a incolparsi.
«Non ha nulla da rimproverarsi» dissi.
«Io lo so» rispose lei fredda. «Ma lui no»
Ora ero davvero arrabbiata. Se non fosse stato per lei, niente di tutto questo sarebbe successo: Scorpius non avrebbe smesso di parlarmi e non si sarebbe sentito una persona orribile per avermi trattata male.
Quando Giorgina vide che non aggiungevo altro, continuò con fare pratico «Sarà meglio che vada. Non siamo mai state amiche e mai lo saremo, Weasley. Volevo solo farti sapere che sono consapevole di essermi comportata male e che…» si passò una ciocca di capelli dietro l’orecchio e per la prima volta da quando la conoscevo mi parve a disagio. «E che sei fortunata. Avere una persona come Scorpius che ti ama è una benedizione. Non capisco cosa ci trovi in te, ma lo rendi felice. Di questo almeno sono sicura» Raddrizzò la schiena e mi guardò composta. «Ci si vede in giro»
 
---
 
Scorpius mi stava aspettando dove aveva promesso, in cima alle scale, appoggiato contro il muro con le braccia conserte. Davanti a lui, lungo il lato opposto dell’atrio, si aprivano le grandi porte della Sala Grande, dalla quale proveniva il mormorio assonnato degli studenti che stavano facendo colazione. Guardava dritto davanti a sé, assorto nei suoi pensieri. Una ruga di espressione gli attraversava la fronte, ma quando mi vide il suo viso si distese.
«Allora?» mi chiese apprensivo, allontanandosi dalla parete e venendomi incontro. I suoi occhi verde chiaro parevano fatti di vetro. «Mi odi?»
Inarcai un sopracciglio e mi misi a ridere. «No, certo che no. Perché dovrei odiarti?»
«Non lo so» Scorpius si passò una mano tra i capelli. «Magari Giorgina… aspetta. Sei Rose, vero?»
Mi prese per le spalle e mi osservò attentamente in viso, come se potesse capire solo in questo modo se fossi davvero io.
«Scorpius» gli dissi spalancando gli occhi e fissandolo con aria inquietante. «Sono io!»
Mi rivolse un sorriso sghembo e raddrizzò la schiena, anche se non pareva totalmente convinto. «Sì, immagino di sì» 
Non potevo biasimarlo per essere preoccupato, dopo tutto quello che era successo per colpa di Giorgina. Ma non era da Scorpius mostrarsi spaventato, in nessuna circostanza. In realtà, non era da Scorpius mostrare ciò che provava, punto.
«Non è stato poi così terribile» dissi a bassa voce, come se gli stessi confidando un segreto. «Mi ha quasi chiesto scusa. Quasi»
Che persona contorta, Giorgina Nott, pensai.
Scorpius non disse niente e distolse lo sguardo, la bocca ridotta a una linea sottile, come se si stesse sforzando per non aggiungere altro. Se avesse parlato, probabilmente se ne sarebbe uscito solo con insulti.
Era turbato, lo percepivo. Ciò che Giorgina mi aveva detto su Scorpius e i suoi sensi di colpa continuava a ronzare nella periferia della mia mente come una mosca che sbatte ostinatamente contro a un vetro.
Mi sorprende che riesca a guardarti in faccia.
Non volevo che Scorpius continuasse a rodersi il fegato per quella faccenda; volevo che andasse avanti. Volevo che fosse felice.
«Lo sai che non sono in nessun modo arrabbiata con te, vero?» dissi lentamente, scandendo ogni parola così che non se ne perdesse alcuna.
La sua espressione si ammorbidì. «Lo so» mi sorrise e riacquistò un po’ del suo solito splendore. «A volte penso che dovresti esserlo, ma so che non lo sei. Come mai me lo chiedi?»
«Giorgina…» iniziai, ma Scorpius imprecò sotto voce e mi bloccò.
«Qualsiasi cosa abbia detto, non è vera. È ciò che fa, entra nella tua testa e ti porta a credere a quello che vuole lei finché non impazzisci»
«In realtà penso che un po’ avesse ragione» dissi con calma. «Ha detto che ancora ti incolpi per quanto successo e si domanda come fai a guardarmi in faccia»
«Non è difficile guardarti, hai un viso davvero carino»
Mi misi a ridere e alzai gli occhi al cielo. «Sono seria»
«Be’, anche io»
Lo guardai male e lui sbuffò. «D’accordo. A volte c’è una piccola parte di me che continua a domandarsi e se? E se me ne fossi accorto, che non eri davvero tu? E se ti avessi dato la possibilità di spiegarti? Forse le cose sarebbero andate diversamente. Però non posso cambiare quello che è successo. Se a volte ci penso? Dio, certo che ci penso! Ma non ha senso continuare a guardarsi indietro» si avvicinò e posò la fronte sulla mia «Si è tutto risolto ora. Okay? Basta Giorgina, basta tutto. Siamo solo io e te, il resto del mondo non conta»
Annuii e mi alzai sulla punta dei piedi per dargli un bacio, perché io non sapevo fare i discorsi e ogni volta che ci provavo il risultato era insipido e ridicolo alle mie stesse orecchie. Ma non feci in tempo neanche a toccarlo che mi sentii chiamare.
«Rose! Ecco dov’eri finita!»
Julia ci corse incontro e si fermò davanti a noi con il fiatone. Indossava la sua collana arcobaleno e si era fatta le treccine, dalle quali scappavano alcune ciocche di capelli rosso scuro.
Si sistemò meglio gli occhiali sul naso piegandosi sulle ginocchia per riprendere fiato. «È da stamattina presto che sto girando il castello perché non ti trovavo. Non ti ho detto la parola d’ordine, si può sapere dove hai passato la… oh» Julia si bloccò, passando lo sguardo da me a Malfoy, e poi da Malfoy a me. Raddrizzò la schiena e ci scrutò attentamente da capo a piedi.
«Julia…?» Iniziai preoccupata io, allungando una mano per toccarle il braccio. «Stai bene?»
Lei però si scostò. Fece un passò indietro, portandosi le mani alla bocca.
«Voi due siete andati a letto insieme!» Ci puntò un dito contro come se ci stesse accusando di un terribile crimine.
Perché, di grazia, le mie amiche dovevano essere tutte… così?
Non dissi niente, mi limitai a fissarla sbigottita con gli occhi spalancati; davvero, che cos’avrei dovuto dire?
«E cosa te lo fa pensare, Julia?» Chiese Scorpius con un ghigno.
Beato lui che si divertiva.
«Oh ti prego» Julia si mise le mani sui fianchi in una posa che la faceva somigliare spaventosamente a nonna Molly e lo guardò divertita. «È scritto su tutte le vostre facce. In particolare sulla tua, Malfoy»
Scorpius alzò un sopracciglio. «Ah sì?»
Pregai che il terreno sotto ai miei piedi si aprisse e mi inghiottisse perché io non volevo più prendere parte a quella conversazione.
«Voglio dire» continuò a spiegare Julia con fare pratico. «Rose ha sempre quella faccia ogni volta che ti vede, nonostante oggi sia peggio del solito»
Come non detto.
«Quale faccia?» chiesi incrociando le braccia al petto. «È la mia faccia questa»
«Ma tu, Malfoy» continuò la mia amica ignorandomi «mantieni sempre quell’aria contenuta che tutti trovano affascinante ma che secondo me ti fa solo sembrare uno snob»
Scorpius si mise una mano sul petto. «Grazie, sei sempre così gentile»
«Shhh, lasciami finire» Julia gli sorrise sincera e abbassò un po’ la voce. «Sto cercando di dire che oggi sembri proprio felice, e sei molto più bello così»
Poi mi prese per la manica e iniziò a trascinarmi verso la Sala Grande. «Ci si vede in giro, Malfoy» gli urlò dietro, sventolando una mano per aria e fregandosene della gente che la guardava come se fosse impazzita. «Io e Rose dobbiamo avere una conversazione molto lunga e tu non sei invitato!»
 
---
 
Scossi il capo divertito mentre osservavo Rose e Julia scomparire oltre le porte della sala grande. Julia trascinava Rose come se fosse una bambola di pezza, mentre questa scuoteva il capo, esasperata dall’esuberanza della sua amica. A volte mi chiedevo come due persone tanto diverse potessero andare così d’accordo; Julia era chiassosa, talvolta sfacciata, mentre Rose era tranquilla e riservata. Ma d’altronde anche io e Albus eravamo caratterialmente agli antipodi, eppure perdere la sua amicizia sarebbe stato peggio che perdere un braccio.
Mi avviai anche io verso la Sala Grande, ma se Julia e Rose erano sparite tra i Grifondoro sulla destra, io mi diressi a sinistra, dove si trovava la lunga tavolata dei Serpeverde.
Cercai con lo sguardo Ablus e Jerome, ma di loro neanche l’ombra; individuai invece Kyle, che stava stringendo una tazza tra le mani osservando il suo contenuto con occhi socchiusi, come se fosse sul punto di addormentarsi.
Mi lasciai cadere sulla panca di fronte a lui e mi schiarii la voce per segnalare la mia presenza, ma questo non parve sentirmi.
«Kyle» dissi allora. «Kyle!»
Kyle si destò e si rovesciò del caffè sulla mano. Imprecò sottovoce e sbatté le palpebre un paio di volte per mettermi a fuoco. «Oh, ciao Scorp»
Io sorrisi, velocemente, per poi tornare immediatamente serio. «Kyle. Dov’è la mia scopa?»
Non era nella nostra camera, di quello ero sicuro perché non solo Kyle indossava ancora i vestiti di ieri sera, ma anche perché Rose ed io non lo avevamo sentito rientrare, e Kyle era una persona rumorosa, fidatevi. Perciò potete immaginare cosa passò nella mia testa quando vidi che non aveva la mia scopa lì con lui in quel momento: inizia per A e finisce con vada Kedavra.
«Oh, sì!» disse quello grattandosi il capo. «Credo di averla dimenticata da Susan»
«Tu credi… che cosa significa che credi di averla dimenticata da Susan?» Esclamai orripilato. «Non lasci una Nimbus 2020 incustodita! E se lo fai, ti assicuri di sapere dove l’hai messa!»
Scorpius, mantieni la calma, mi dissi. Sei una persona adulta. Puoi stare mezza giornata senza scopa. Adesso vai da Susan Lee e le chiedi gentilmente di riportartela.
Cercai di comportarmi razionalmente, ma la mia scopa era dispersa chissà dove nel castello: come avrei fatto ad allenarmi? E a giocare le due partite restanti?
Mi versai una tazza di tè e ne bevvi una lunga sorsata; e giuro che non stavo cercando di affogarmi per la disperazione…
«Non preoccuparti, amico» fece Kyle, chiaramente non capendo la mia angoscia. «Susan è proprio lì, assieme alle sue compagne di stanza. Ora vado e le chiedo di andare a recuperare la tua…»
Ma io non lo stavo ascoltando. Avevo trovato Susan tra i Corvonero che stavano facendo colazione, e capii di essere spacciato.
«Kyle» deglutii, ormai pronto al peggio. «Susan è al sesto anno, vero?»
«Sì» Kyle mi guardò. Aggrottò le sopracciglia e inclinò il capo di lato. «Scorpius, sicuro di stare bene? Senti mi dispiace, ma non è la fine del mondo…»
«È per caso in dormitorio con Victoria?» Lo interruppi io.
«Victoria?»
«La ragazza che cambia colore di capelli ogni settimana. Ora li ha» la cercai tra i Corvonero e, indovinate un po’? Era proprio seduta di fianco a Susan! «Sembrerebbero… biondo chiaro…?»
«Ohhh» fece Kyle. «Intendi Viky! Sì, sono assieme, perché?»
Mi presi la testa tra le mani, per evitare di iniziare a sbatterla contro al tavolo. Se Susan era una delle compagne di stanza di Victoria, allora lo era anche di Felicity, il che significava che io potevo anche dire addio alla mia scopa e al campionato di Quidditch.
Felicity Killegan era battitrice della squadra di Quidditch di Corvonero, contro la quale avremmo dovuto giocare tra un paio di settimane, e non mi avrebbe ridato la scopa tanto facilmente. Avrei dovuto pregare. Sputare sangue. Strisciare. Supplicare. E io ero Scorpius Malfoy. Io non imploravo nessuno. Anche se per la mia scopa…
No, mi dissi risoluto. Non esisteva.
Mi alzai, soffocando un’imprecazione e ignorando le proteste di Kyle che mi stava chiamando. Mi diressi a passo di marcia verso il tavolo dei Corvonero, come un soldato che si avvia verso una battaglia che sa essere già persa in partenza. Perché Felicity Killegan era quasi più cocciuta di me.
Mi fermai davanti a lei, dal lato opposto del tavolo rispetto a quello dove era seduta. Portava i lunghi capelli castano raccolti in una treccia e indossava la divisa da Quidditch, segno che dopo colazione sarebbe andata ad allenarsi.
Pensai che anche io mi sarei allenato volentieri quel pomeriggio… se solo avessi avuto la mia dannata –amata!- scopa.
«Guarda un po’ chi è venuto a trovarci, Scorpius Malfoy» Mi sorrise angelicamente appoggiando il mento sulle mani intrecciate. «Ti stavamo aspettando»
E in quel momento ebbi la conferma che sì, la avevano loro.
Merda.
Victoria, che stava seduta di fronte a lei e mi dava le spalle, si voltò. Quando mi vide il suo viso si aprì in un grande sorriso che andò a creare un netto contrasto con il suo abbigliamento. Quel giorno infatti portava il rossetto nero, rigorosamente in tinta con un vestito che le arrivava sopra al ginocchio abbinato a degli stivali dello stesso colore, così che i suoi capelli sembrassero ancora più biondi.
«Malfoy!» Esclamò contenta. «È sempre un vero piacere vederti. Letteralmente»
Scrollai le spalle e la ignorai. Non persi neppure tempo a chiedere a Felicity della mia scopa, perché tanto sapevo che sapeva che io sapevo che la aveva lei. Insomma, avete capito.
«Come possiamo aiutarti?» Mi chiese, come se non avesse idea del perché mi trovassi lì.
«Io non parlo con i criminali» le dissi sprezzante, per poi rivolgermi a Susan, che proprio in quel momento si stava alzando. Le sorrisi e cercai di mantenere un tono di voce rilassato. «Ciao, Susan»
«No no» disse lei, mettendo le mani avanti. «Io non voglio sapere niente di quella maledetta scopa. Abbiamo litigato tutta la mattina, alla fine gliel’ho lasciata perché non le sopportavo più. Mi dispiace, Scorpius»
Si mise a tracolla la borsa e si allontanò velocemente, prima che potessi ribattere e tentare di convincerla a stare dalla mia parte.
«Ma…»
«Non sprecare le tue forze, Malfoy» mi interruppe Felicity scuotendo il capo e ridacchiando. «La tua cara scopa è sotto la mia custodia ormai, e il fascino Malfoy con me non funziona»
Victoria fece un verso e Felicity le tirò un calcio da sotto al tavolo, per poi fulminarla con lo sguardo. Io dovetti trattenermi per non mettermi a ridere, dopotutto ero furioso, no?
«Okay, facciamola finita in fretta» decretai allora. «Ridatemi la mia scopa e nessuno si farà male»
«E che cosa otteniamo in cambio?» Chiese con voce cantilenante Victoria muovendo il capo da destra a sinistra come una bambina.
«Il mio primo figlio maschio…?» Tentai io, aprendo un po’ le braccia e sperando seriamente che accettassero.
«Non credo che Rose sarebbe d’accordo» fece notare Felicity con un luccichio maligno negli occhi.
«Beh, possiamo chiederglielo se vuoi…» dissi, voltandomi verso il suo tavolo.
Trovare Rose fu facile come respirare, era come se sapessi esattamente dove guardare ancor prima di voltarmi. Stava ridendo per qualcosa che Julia aveva detto; i suoi capelli catturavano la luce del sole che li faceva risplendere e sembrare ancora più rossi e riuscivo a distinguere chiaramente le lentiggini sul suo viso nonostante la distanza che ci separava.
Alzò il capo improvvisamente, come se avesse percepito il mio sguardo su di sé, e i nostri occhi si incontrarono. Mi osservò con aria interrogativa, aveva notato che qualcosa non andava con le Corvonero, ma io scossi il capo e le feci segno che le avrei spiegato tutto più tardi.
«Io vorrei andare a cena con tuo padre» disse Victoria con aria sognante.
Felicity la guardò male, e io anche.
«Sto scherzando» fece lei sulla difensiva. «Forse…»
Ew, pensai orripilato, arricciando il naso. Quale persona sana di mente avrebbe voluto uscire con mio padre? Ma lo sapeva che avrebbe passato i tre quarti del tempo a parlare di sé, del suo lavoro, di sé, di quanto fosse intelligente e in gamba?
«Fidati» dissi, cercando di cancellare dalla mente quell’immagine. «Non ci vuoi davvero passare assieme un’intera serata»
«Questo lo pensi tu» mi rispose lei offesa, incrociando le braccia al petto.
«Be’» mi passai una mano tra i capelli, ormai disperato. «Se mi ridate la mia Nimbus, ci vengo io a cena con te»
«Mmm» Victoria sbuffò sventolando una mano per aria come se stesse scacciando un moscerino fastidioso. «Tu sei off limits. Cioè, molto bello, ma off limits. E poi non mi importa un fico secco della scopa, per me te la puoi anche riprendere»
«Non se ne parla!» Esclamò Felicity sbattendo un pugno sul tavolo. «L’ha lasciata in territorio nemico e ora ne paga le conseguenze»
«Tecnicamente, io non ho lasciato proprio un bel niente da nessuna parte» feci notare infastidito. «È tutta colpa di Kyle, che è un imbecille che non capisce nulla di Quidditch e strategia»
«Non è un mio problema» Felicity si guardò le unghie della mano destra e poi alzò lo sguardo su di me. Io non ero una persona che si spaventava facilmente, ma quella ragazza mi faceva vagamente paura. «Ho deciso cosa voglio da te» disse. «Voglio che ti inginocchi, proprio qui davanti a me, e che tu dica: Oh Felicity, miglior giocatrice di Quidditch della storia di Hogwarts -e quindi anche di me medesimo, Scorpius Malfoy- ti prego, ti imploro, di illuminarmi con la tua benevolenza e di restituirmi la mia scopa. Ad alta voce, così che tutti ti sentano»
La guardai serio, senza fare una piega. Emma, che era seduta di fianco a Victoria e che aveva seguito la discussione con attenzione, scoppiò a ridere così forte che per poco non si strozzò con la sua stessa saliva. Victoria le diede delle pacche sulla schiena paziente.
Mi domandai per l’ennesima volta come diavolo avessero fatto a diventare Caposcuola e Prefette. Secondo me la McGranitt aveva sbattuto la testa, non c’era altra spiegazione.
Misi le mani sul tavolo e mi sporsi verso Felicity così da poterla guardare dritto negli occhi.
«Stammi bene a sentire, Killegan, perché non lo ripeterò un’altra volta» scandii ogni parola lentamente e con precisione. «Te lo puoi sognare. Piuttosto che fare una cosa del genere, gioco la partita con una delle scope della scuola, così la vostra sconfitta sarà ancora più umiliante»
Raddrizzai la schiena, e questa volta fu il mio turno di sorridere diabolicamente. Poggiai poi una mano sulla spalla di Victoria e le dissi, fingendomi dispiaciuto: «Ah, e ritiro ufficialmente l’invito a cena»
 
---
 
Ovviamente stavo bluffando. Non avrei mai giocato una partita contro Corvonero senza la mia Nimbus 2020, ma soprattutto non l’avrei mai e poi mai lasciata nelle grinfie di Felicity Killegan. Chissà che cosa le avrebbe fatto... a quali torture l’avrebbe sottoposta… okay, forse stavo esagerando. Dopotutto Felicity era un’amante di Quidditch, e in quanto tale era consapevole del valore di una Nimbus 2020. Probabilmente si sarebbe limitata ad usarla per un allenamento o due, ma quella rimaneva la mia scopa e la rivolevo. Subito.
Perciò andai diritto da Rose, sperando che potesse in qualche modo aiutarmi.
Mi sedetti di fianco a lei al tavolo di Grifondoro, ignorando i suoi compagni di casa che mi rifilarono occhiate curiose. Al contrario di lei, a me non importava. Che guardassero pure.
«Che carino» disse Julia con sarcasmo pungente. «Non sa starle lontano neanche per dieci minuti»
Rose sbuffò e le fece segno di tacere, per poi rivolgersi a me con aria dispiaciuta. «Che cos’hanno combinato le Corvonero ‘sta volta?»
Mi guardò preoccupata, e mi resi conto che credeva seriamente che, se io e lei non fossimo stati insieme, non mi avrebbero dato del filo da torcere. Ma quelle tre mi tormentavano da anni, Rose o non Rose, e io ci avevo fatto l’abitudine.
Tuttavia dovevo ammettere che da quando eravamo tornati dalle vacanze di Natale avevano alzato il tiro. Il primo giorno del nuovo semestre mi avevano teso un’imboscata per estorcermi informazioni sulla nostra relazione, e Emma stava ancora tramando vendetta per quella volta che le avevo tolto dei punti dopo averla sorpresa fuori dal dormitorio oltre il coprifuoco con Matt.
Ma le loro domande impertinenti non mi toccavano. Anzi, se dovevo essere sincero, una parte di me si divertiva a discuterci e a rispondere in modo ambiguo con il solo obiettivo di mandarle in confusione; e poi era obiettivamente esilarante vederle mettere in imbarazzo Rose. Forse aveva ragione quando diceva che un po’ ero stronzo… oh beh, ognuno le sue.
«Non è colpa tua» le dissi con un’alzata di spalle. «È nella loro natura essere… impertinenti»
«Oh no. Ti hanno fatto un altro discorso?» mi chiese lei con una smorfia. «Ti prego, dimmi che non ti hanno fatto un altro discorso»
Io mi misi a ridere al ricordo di quando mi avevano minacciavano di non far soffrire Rose, pena torture indicibili. Anche se, ripensandoci, forse non c’era niente da ridere, perché non si scherzava con le Corvonero. «No, nessun discorso»
Rose sospirò per il sollievo e mi sorrise, gli occhi dello stesso colore del cielo in primavera e le lentiggini che le decoravano il volto come un prato fiorito. Forse non rispettava i canoni di bellezza tradizionali, ma per me era bellissima, e mentre la guardavo pensai che volevo davvero baciarla, nonostante lo avessi fatto per tutta la notte precedente.
Avevo passato anni a ripetermi che non avrei mai potuto averla, a nascondere tutto ciò che provavo per lei, a ripetermi che ormai l’avevo persa per sempre, e ora avevo paura di svegliarmi per scoprire che si era trattato di un meschino scherzo della mia immaginazione. Invece era tutto vero e potevo toccarla, potevo baciarla… anche solo sedermi vicino a lei al tavolo dei Grifondoro per raccontarle quello che mi passava per la mente era un’esperienza surreale per me.
Sbattei le palpebre un paio di volte, realizzando forse per la prima volta che finalmente, finalmente, le cose tra di noi erano tornate ad essere come un tempo; anzi, erano migliorate, perché avevamo avuto il coraggio di aprire i nostri cuori e non dovevamo più nascondere quello che provavamo l’uno per l’altra.
E allora baciala, idiota! Sbottò nella mia testa quella voce fastidiosamente simile a quella di Albus che si faceva sentire nei momenti meno opportuni.
Rose stava per dire qualcosa, ma io mi ero già chinato verso di lei. La baciai con delicatezza, senza alcuna fretta, assaporando ogni istante. La sentii trattenere il fiato per la sorpresa mentre scivolavo sulla panca per farmi più vicino; poi, passato lo sgomento iniziale, mi mise una mano sul viso e mi attirò a sé. Era come una droga, ne avevo avuto un assaggio e ora ne volevo sempre di più, perché lei era tutto quello che avevo sempre desiderato, e la amavo così tanto che mi faceva male al cuore.
«Julia ha ragione» sussurrai con voce roca sulle sue labbra.
«Mmm?»
«Non so starti lontano neanche dieci minuti» e stavo scherzando solo per metà.
Rose si allontanò scuotendo il capo. Non rispose, ma i suoi occhi brillavano e le sue guance si erano colorate di rosso. Non aveva bisogno di dirmi quello che provava, perché era scritto su tutta la sua faccia. Io invece dovevo. Sentivo la necessità di esternarle tutti i miei sentimenti, terrorizzato dall’idea che pensasse che non l’amassi quanto lei amava me. Perciò qualsiasi cosa mi passasse per la testa, per quanto melensa e sdolcinata fosse, io gliela dicevo senza vergognarmi neanche un po’, senza filtri.
«Ohw» fece Julia mettendosi una mano sul cuore. «Sareste quasi carini se non foste così disgustosamente innamorati»
Rose tenne gli occhi fissi su di me, ignorando Julia. «Quindi, stavi dicendo… le Corvonero?»
La scopa, Felicity, e tutto il resto erano completamente spariti dalla mia mente, tanto che ci misi qualche secondo a capire di che cosa stesse parlando.
Una volta che mi fui ripreso, le raccontai di come Kyle avesse commesso l’errore di abbandonare la mia Nimbus 2020 nel dormitorio della sua ragazza, che guarda caso era lo stesso di Felicity, così che ora i Corvonero avessero in ostaggio la mia scopa.
«Non sono il tipo che implora» le dissi, una volta terminato il mio racconto. «Ma ti prego, aiutami»
Rose alzò il capo per guardarmi, chiaramente combattuta sul da farsi. «Non lo so, Scorpius. Sai com’è fatta Felicity… posso provare a parlarci»
«Se lei non ti ascolta, puoi andare da Emma! Lei ti adora e loro le danno retta»
Rose rise e scosse il capo. «D’accordo. Ti prometto che ci proverò, però non posso assicurarti nulla. Sono imprevedibili, le Corvonero»
Sospirai e posai la fronte sulla sua spalla per il sollievo. Sapevo che stavo esagerando, e non era da me, sul serio, ma… era la mia scopa, porco Salazar!
«Grazie, Rosie» le diedi un bacio sulla guancia e trovai Julia che mi fissava.
«Una cosa non mi è chiara» disse quest’ultima «Felicity ha solo preso la tua scopa e non vuole niente in cambio?»
Deglutii ed esitai una frazione di secondo, ma fu abbastanza perché lei lo notò.
«O forse» continuò mentre girava con cura il cucchiaino nella sua tazza di caffè. «C’è qualcosa che vuole, ma che tu non vuoi darle…»
«Okay, d’accordo» non mi andava di giocare con Julia quella mattina. Ne avevo avuto abbastanza con la Killegan. «Voleva che mi inginocchiassi davanti a tutti per implorarla di restituirmi la scopa. Contenta?»
Julia e Rose mi fissarono entrambe per qualche secondo, poi si guardarono a vicenda e scoppiarono a ridere.
Ah ma tanto sono io lo stronzo, pensai, ormai depresso. O forse questa è solo la mia punizione.
«Rose, ti prego, non parlare con le Corvonero e faglielo fare» Julia stava quasi piangendo dal ridere. «Ti prego»
Rose si ricompose ma non disse niente, come se ci stesse seriamente pensando…
«Questo non cambia le cose, vero?» le lanciai un’occhiata di traverso. «Mi aiuterai comunque?»
«Non lo so…» fece lei con un’alzata di spalle. «Vederti implorare potrebbe essere divertente»
Che cos’avevano le ragazze quel giorno? Si erano forse coalizzate tutte contro di me? Anche Rose, seriamente?
Basta, decisi che io avevo chiuso con il sesso femminile. Dov’era Albus quando avevo bisogno di lui?
«Tranquillo, Malfoy. Lo sai che per te Rose farebbe di tutto» disse Julia quando ebbe deciso che mi aveva torturato abbastanza. «Avrai la tua scopa entro stasera, ci scommetto cinque cioccorane»
«Io scommetto che la riavrà entro mezzogiorno» fece invece Rose mentre si alzava dalla panca. «Ci vediamo più tardi»
«Dove vai?» Le chiesi, prima che si voltasse.
«A cambiarmi» mi rispose, indicando la divisa che stava ancora indossando dal giorno precedente. «E poi ho delle Corvonero con cui parlare e una scommessa da vincere, no?»
La guardai come se fosse un miracolo, probabilmente con una faccia da ebete, ma per una volta non mi importava.
 
---
 
 
Decisi che ormai non aveva più senso continuare a fare colazione. Dopo aver concordato con Rose che ci saremmo trovati più tardi in infermeria, lei se n’era andata a passo veloce, diretta alla torre di Grifondoro. Io avevo afferrato un pezzo di pane imburrato e mi ero avviato verso la suddetta infermeria, nella speranza di trovare oltre a Jerome anche Albus.
Le mie preghiere furono esaudite, perché lo trovai affondato in una poltrona accanto al letto di Jerome, i capelli che sparavano in tutte le direzioni e gli occhiali un po’ storti sul naso. Nonostante si vedesse che non aveva dormito bene, o forse non aveva proprio chiuso occhio, era più sereno rispetto al giorno precedente.
Solitamente quando un giocatore cade dalla scopa, c’è sempre qualcuno che arresta la sua caduta. Quella volta però non c’era stato nessuno per Jerome e ci eravamo presi tutti, me compreso, un bello spavento. Albus aveva rischiato di avere un esaurimento nervoso, e solo quando Madama Chips ci disse che si sarebbe ripreso nel giro di un giorno, ma soprattutto che era vivo e che non aveva battuto la testa, potemmo tirare un sospiro di sollievo.
Ed effettivamente l’infermiera aveva avuto ragione. Jerome sembrava essersi quasi del tutto rimesso in sesto, il suo viso aveva acquistato un po’ di colore, e benché fosse evidente che stesse soffrendo, mi sorrise quando mi vide entrare nell’infermeria.
«Ciao, Scorpius» mi salutò con la sua voce delicata.
Era adagiato su un lettino verso il fondo della stanza con la schiena appoggiata a un paio di cuscini e le gambe stese davanti a sé.
«Ehi» ricambiai io il saluto, sedendomi accanto a lui sul letto e battendogli piano una mano sulla spalla. «Come sta il mio battitore preferito?»
«Attento» fece Albus dalla sua poltrona con la voce impastata dal sonno. «Potresti fargli male»
«Sto bene, Al» disse Jerome, poi si rivolse a me. «Madama Chips dice che questa sera mi dimette. Il mio femore è andato a posto, mancano solo un paio di costole e poi sarò come nuovo. Domani possiamo allenarci…»
«Ancora con questa storia!» Albus alzò gli occhi al cielo e si raddrizzò un po’. «Dovresti prenderti almeno una settimana. Diglielo, Scorp!»
«E tu dovresti andare a dormire» Jerome incrociò le braccia al petto e distolse lo sguardo da Albus, come se avessero già avuto quella discussione parecchie volte e non ne potesse più. «Sembri uno zombie»
Normalmente avrei chiesto un consulto medico a Madama Chips per vedere cosa sarebbe stato meglio per Jerome. Con la magia, una volta che l’osso era stato aggiustato, non era necessaria la fisioterapia, l’osso tornava come nuovo, come se niente fosse successo. Perciò, se dovessi essere totalmente sincero, avrei fatto giocare Jerome sin da subito perché la sua salute non sarebbe stata messa a rischio, ma Albus si era preso un bello spavento e non volevo dargli un ulteriore motivo per stare in pensiero.
«Credo che Albus abbia ragione» dissi piano. «Prenditi tutto il weekend per riposare, puoi rientrare in campo a metà settimana»
Albus spalancò gli occhi. «Chi sei e che cos’hai fatto a Scorpius Malfoy?»
«Penso che sia giusto che Jerome riposi così da rimettersi al cento per cento»
Non potevo biasimarlo per il suo stupore, perché nella squadra di Quidditch quello più ossessionato… be’, ero io. Ammetto che a volte potevo risultare ossessivo quando si trattava di allenamenti e di partite, ma quella mattina ero particolarmente contento e in pace con il mondo: neanche Giorgina e la mia scopa mancante erano riuscite a scalfire il mio buon umore.
Albus continuava a fissarmi, come se stesse cercando un pezzo mancante, qualcosa in me che non andava. «C’è qualcosa di diverso» decise ad un tratto toccandosi il mento con fare meditabondo. «Brilli»
Inarcai un sopracciglio e gli rifilai un’occhiataccia. Possibile che avesse capito che… oh, insomma, Scorpius! Mi dissi scocciato. Non sei mica in uno di quei film babbani che piacciono a Rose. Nella realtà le persone non possono leggerti per davvero nella mente… a meno che non fossero legilimens, ma sapevo per certo che Albus non lo era. E poi io non mostravo mai le mie emozioni, quindi come poteva Albus essere in grado di decifrarmi così bene? Julia lo aveva capito perché Rose non era ritornata nella sua camera quella notte, ma Albus non ne aveva la più pallida idea. Era come se avesse un manuale intitolato Come decriptare Scorpius Malfoy.
«Ma Madama Chips ha detto che posso giocare sin da subito!» Jerome sembrava non essersi neppure accorto di quell’ultimo scambio di battute tra me e Albus e continuò a perorare la sua causa. «Dovrò già perdere l’allenamento di questo pomeriggio, non voglio saltarne altri»
«Già, uhm… a proposito dell’allenamento» iniziai io grattandomi il capo.
Non sapevo bene come dir loro della scomparsa della mia scopa, perché avrebbero capito la gravità della situazione e sarebbero andati nel panico come me, altro che Rose e Julia!
«Credo di doverlo cancellare… a meno che Rose non faccia un miracolo e riesca a recuperare la mia scopa»
Vidi Albus tendersi come una corda di violino e i suoi occhi accendersi, improvvisamente sveglio.
«Cosa vuol dire che Rose deve recuperare la tua scopa?» chiese Jerome, anche lui sulle spine.
«Scorpius» mi chiamò Albus con la voce di un’ottava più alta del normale. «Cos’è successo alla Nimbus 2020?»
Raccontai per l’ennesima volta la storia, partendo da quando io e Rose avevamo incontrato Kyle nei sotterranei per concludere con la promessa fatta da Rose di provare a farsela ridare dalle Corvonero.
«Io lo uccido» decretò Albus, battendo un pugno sul bracciolo della poltrona. «Quell’idiota che neanche sa cos’è il Quidditch!»
«Albus...» lo riprese piano Jerome, nonostante fosse evidente che anche lui era scosso dalla presa in ostaggio della Nimbus. «Non essere così duro»
«Non essere così duro?» esclamò l’altro alzandosi e iniziando a camminare avanti e indietro come un maniaco. «Quella scopa è ciò che ci fa vincere le partite! E come facciamo ad allenarci senza cercatore?»
«Ehi!» esclamai offeso. «Io vi faccio vincere le partite!»
«Sì, tu su quella dannata scopa!»
«Okay, okay, state calmi» ci interruppe Jerome. «Sono sicuro che possiamo parlare con Felicity e farla ragionare»
Io e Albus scoppiammo in un’amara risata davanti all’ingenuità di Jerome.
«Fidati, se solo ci dovessi provare, ti ritroveresti appeso per le mutande alla torre di astronomia» Albus rabbrividì al solo pensiero. «Mi sorprende che tu sia ancora tutto intero, Scorp»
Anche io, Albus, pensai. Anche io.
«Be’, allora andiamo a riprendercela» Jerome alzò le spalle come se quella fosse la conclusione più logica, e pensandoci lo era. «La tengono nel dormitorio, vero? Basta volare fino alla loro finestra mentre sono a lezione e il gioco è fatto»
Meditai qualche istante sulla proposta, non riuscendo a capire come diavolo avessi fatto a non pensarci io. A volte mi chiedevo come mai Jerome fosse stato smistato a Serpeverde, dal momento che sapeva essere davvero compassionevole ed era sempre pronto a dare il beneficio del dubbio a tutti, qualità non molto popolari tra le Serpi; poi però proponeva certi piani per ottenere ciò che voleva e mi rendevo conto che sì, era stato assegnato alla giusta casata.
Stai perdendo colpi, Scorpius. Mi sgridai infastidito. Avrei dovuto analizzare la situazione dall’esterno senza dare di matto sin dall’inizio.
«Vedi perché ti amo?» esclamò Albus commosso stampandogli un bacio in fronte. «Sei geniale. Diabolicamente geniale, certo, ma pur sempre geniale»
Jerome scosse piano il capo, le guance arrossate e gli occhi se possibile ancora più scuri.
«Non credo ci sarà bisogno di fare irruzione nel dormitorio di Corvonero per due motivi» disse una voce alle spalle di Albus. «Primo, perché se pensate davvero che sia così facile entrare nella stanza di Felicity e Victoria, be’… siete degli idioti; secondo, perché la vostra tanto amata scopa è proprio qua»
Eravamo così immersi nella discussione che non avevamo visto arrivare Rose. Si era cambiata e ora indossava una gonna nera e un maglione verde scuro, e se non avessi saputo che apparteneva a Grifondoro, avrei pensato senz’ombra di dubbio che si trattasse di una Serpeverde.
Appoggiò la scopa contro la poltrona e fece un piccolo inchino, per poi guardare l’orologio che portava al polso. «Le undici e cinquantaquattro. Direi che ho vinto la scommessa» decretò compiaciuta. Poi si rivolse a me. «E da te ne voglio dieci, di cioccorane»
«Ti compro anche tutta Mielandia se vuoi» fu l’unica cosa che riuscii a dire, perché ancora dovevo metabolizzare quanto successo, dato che non era possibile che gliel’avessero ridata così facilmente. Se non fossi stato Scorpius Malfoy, mi sarei messo a piangere.
Siccome era evidente che nessuno di noi riuscisse a proferir parola, Rose sbuffò e si rivolse a Jerome, sperando di ottenere un qualche tipo di reazione almeno da lui. «Come ti senti, Jerome?»
Quelli tossicchiò un po’ e si sistemò meglio tra i cuscini. «Ora che hai recuperato la scopa, sto una favola»
La voce di Jerome innescò qualcosa in Albus, che riprese possesso delle sue facoltà cognitive. «Io l’ho sempre detto che tu sei la mia cugina preferita!» Urlò battendo una volta le mani. Poi prese Rose in braccio e le fece fare una giravolta per aria, stampandole un bacio appiccicoso sulla guancia.
«Ew, Albus» disse lei una volta che l’ebbe rimessa a terra. Si pulì la guancia con la manica e fece una smorfia. «Hai reso bene il concetto. Per Merlino, ragazzi! È solo una scopa!»
«Solo una scopa?» Albus si mise una mano sul petto. «Tu non capisci»
Nel frattempo mi ero ripreso anche io. Mi alzai e inciampai nei miei stessi passi, come se fossi ubriaco. Io, che non barcollavo mai, davanti a Rose Weasley incespicavo più di uno zoppo. Mi inginocchiai davanti a lei e l’abbracciai per la vita seppellendo il viso nel suo maglione.
Mi passò le dita tra i capelli e sentii la sua pancia alzarsi ed abbassarsi regolarmente mentre respirava.
«Grazie, Rose» dissi. Poi le presi le mani tra le mie e ci stampai un leggero bacio sopra, consapevole che probabilmente la stavo mettendo in imbarazzo, ma non c’erano molte persone nell’infermeria e io mi divertivo con poco.
Rose impallidì per un istante per poi diventare della stessa tonalità dei suoi capelli. «Se hai intenzione di chiedermi di sposarti per una stupida scopa, Malfoy, la risposta è no»
Le rivolsi un ghigno divertito e cercai di sorvolare sul fatto che avesse definito la mia Nimbus stupida. «No, niente proposta di matrimonio. Però tu sei l’unica persona per la quale mi inginocchierò nella mia vita, adesso e quando ti chiederò di sposarmi… tra qualche anno»
Rose deglutì e mi guardò con occhi spalancati.
«Okay, va bene» sbottai io alzandomi in piedi, ma senza lasciarle le mani. «Tra tanti anni» Le diedi un bacio a stampo e le sussurrai piano all’orecchio: «Seriamente però, grazie»
«Non è stato poi così difficile» alzò il capo per guardarmi negli occhi. Brillavano di una strana luce, quasi diabolica. «So cose sulle Corvonero che preferirebbero che non sapessi»
«Quando tiri fuori il tuo lato Serpeverde, ti amo ancora di più»
Albus si schiarì la gola, rompendo la bolla di vetro nella quale entravo ogni volta che stavo con Rose. Ci allontanammo velocemente, e sentii il sangue inondarmi le guance. Già, ero umano anche io e anche a me veniva da arrossire delle volte. Non ne andavo fiero, no.
Presi un respiro e mi calmai subito, riacquistando una tonalità normale.
«Voi due…» iniziò Albus, mettendosi le mani sui fianchi e scuotendo il capo. Poi decise che non aveva niente di intelligente da dire e si limitò ad alzare le braccia al cielo. «Bah, eterosessuali!» Sbottò, andandosi a sedere vicino a Jerome, come a sottolineare che non volesse più avere niente a che fare con noi.
Io esaminai la mia Nimbus per vedere se tutto fosse al suo posto e, come avevo immaginato, era in ottimo stato.
«Spero non ci sia nessun Grifondoro qui» mugugnò Rose, guardandosi attorno. «Se scoprono che Corvonero aveva la tua scopa e che io sono andata a riprenderla mi uccidono. Sono finita. Basta, spacciata. Mi radiano dalla mia stessa casa e non mi permettono più di entrare in Sala Comune»
«Se dovesse succedere, sei ufficialmente la benvenuta tra i Serpeverde» disse Albus con un’alzata di spalle.
«No, seriamente. Jason e gli altri mi uccidono se lo scoprono, o meglio…» ci pensò un attimo e poi continuò. «Mi uccidono per non averla portata a loro e per averla ridata a voi. Sono una traditrice della mia stessa Casa!»
Stavo per dirle che se Cameron osava anche solo avvicinarsi a lei, era un uomo morto, ma Albus mi precedette.
«Mettiamo in chiaro una cosa» disse. «Se Cameron ha qualcosa di cui lamentarsi, può venire direttamente da me»
«O da me» aggiunsi io.
«Anche da me se vuole» si intromise Jerome.
«Jerome, senza offesa…» Albus gli mise una mano sul braccio e gli sorrise. «Ma non fai tanta paura»
«Ah perché, tu sì?» gli chiese questo alzando un sopracciglio.
«Ehi!» Albus parve oltraggiato. «Io l’ho preso a pugni!»
«Non ti azzardare» iniziò Rose, alzando una mano per fermarlo. La sua voce era fredda, dura, una voce che raramente usava con Albus, e assieme al maglione verde la faceva sembrare ancora più Serpeverde. «Non ti azzardare, Albus Severus Potter, a tirare in ballo quella faccenda. Non ne parlare più. Dimenticati di averlo fatto, perché io sono ancora arrabbiata con te!»
«Jason Cameron è un dannato imbecille!»
«Okay, okay, basta così» mi intromisi io. Cercai di placare le acque nonostante mi trovassi d’accordo con Albus, perché sapevo che non sarebbe andata a finire bene se avessero iniziato a litigare. E come ho già detto: niente quel giorno avrebbe potuto scalfire il mio buon umore. «Che ne dite di festeggiare la dimissione di Jerome questa sera in Sala Comune? E domani niente allenamenti, andiamo tutti a Hogsmeade. Ci state?»
Albus mi guardò di nuovo, un’espressione interrogativa sul suo volto. «Ma si può sapere che hai?»
Io alzai gli occhi al cielo. «Quando ti ci metti, Al, sai essere incredibilmente fastidioso. Lo sai, vero?»
«Va bene, Scorpius» disse Jerome. «Mi farebbe piacere»
Passai un braccio attorno alle spalle di Rose e l’attirai a me. «Ovviamente anche tu sei invitata»
Lei sospirò, dandomi piano una pacca sul petto. «Voi tre mi farete davvero odiare da tutti i Grifondoro»
«Non possono odiarti per qualcosa che non sanno essere successo» fece notare Jerome ragionevolmente.
Albus continuava a fissarmi con insistenza, e se non l’avesse piantata nel giro di due secondi, lo avrei affatturato.
«Ho una teoria» disse, e io capii che era il momento di andarsene per evitare conversazioni che né io né Rose volevamo avere.
«Uhm, bene» presi Rose per mano e iniziai a trascinarla verso l’uscita dell’infermeria. «Tienitela per te, perché non la vogliamo sentire»
«Ho una teoria!» Urlò di nuovo Albus. «Devo solo trovare le prove!»
«Be’ buona fortuna» gli disse Rose salutandolo con la mano. «Lo sa, vero?» mi chiese poi abbassando la voce.
«Oh, sì. Lo sa eccome»
 
---
 
 
Rose e io avevamo passato tutto il pomeriggio a scrivere un saggio di Pozioni sulle proprietà della radice di valeriana, e dopo cena eravamo tornati in biblioteca per studiare un po’ di Trasfigurazione nell’attesa che Jerome venisse dimesso dall’infermeria.
Rose era migliorata molto rispetto a settembre, tuttavia continuava a odiare la materia e ad avere qualche difficoltà. Inoltre la McGranitt ci aveva già riempito di lavoro e di compiti nonostante il nuovo semestre fosse appena iniziato.
La biblioteca era deserta, fatta eccezione per noi, Madam Pince e un paio di ragazzi del quinto anno di Tassorosso che stavano studiando Erbologia qualche tavolo più in là. Dopotutto era sabato sera, e solo i disperati o i maniaci dello studio andavano in biblioteca il sabato sera.
Potete dunque immaginare il mio stupore quando alzai il capo e vidi Jason Cameron avvicinarsi con aria compiaciuta.
Ricordati, Scorpius, che niente può rovinare il tuo buon umore quest’oggi.
Rose, che era seduta di fronte a me e dava le spalle all’entrata della biblioteca, non lo aveva visto arrivare e non aveva notato il mio cambio di espressione perché era china su una pergamena intenta a sistemare i suoi appunti di trasfigurazione.
Non mi stupii quando Cameron si fermò davanti al nostro tavolo, perché lo scopo della sua vita era infastidirmi. Anche quello delle Corvonero era darmi il tormento, ma con loro era tutta un’altra cosa, un altro tipo di battute. Io e le Corvonero ci volevamo bene –negherò fino alla morte di averlo anche solo pensato- ed era divertente discutere con loro, io e Cameron ci odiavamo.
«Rose, è sempre un piacere vederti» disse. Quando spostò lo sguardo su di me, il suo sorriso mellifluo si congelò. «Ahimè, non posso dire lo stesso per te, Malfoy»
Rose alzò gli occhi su di lui e gli fece un cenno di saluto con la mano, senza però dire niente, chiaramente non volendo essere coinvolta in quella discussione.
«Che cosa vuoi, Cameron?» gli chiesi allora, pensando che prima diceva quello che aveva da dire, e prima l’avremmo fatta finita.
«Ho saputo che i Corvonero hanno la tua scopa»
Rose abbassò piano il capo, tornando a scrivere sulla sua pergamena, cercando di coprirsi il viso con i capelli.
«Be’, dovresti controllare meglio le tue fonti, perché la mia scopa è al suo posto nella mia camera»
La faccia di bronzo di Jason parve incrinarsi leggermente, ma mantenne comunque quel ghigno che mi faceva venire voglia di prenderlo a calci. «Stai mentendo»
Sventolai una mano nella sua direzione. Era arrivato da due minuti, e già mi dava sui nervi; volevo solo che se ne andasse presto, perché sapevo, sapevo, che non appena avesse finito di attaccarmi sulla mia Nimbus, avrebbe iniziato a tirare in ballo Rose. E questa volta lo avrei preso a pugni io, perché non c’era Albus a farlo per me.
«Credi ciò che ti pare, Cameron, sai che mi importa» gli dissi tornando a leggere da dove ero stato interrotto, segno che quella conversazione, per me, era finita.
«Com’è che riesci a ottenere sempre quello che vuoi, Malfoy?»
«So essere incredibilmente persuasivo» gli risposi con un sorriso freddo, senza alzare gli occhi dal tomo impolverato e sperando che se ne andasse.
Ma lui si chinò verso di me, poggiando una mano sulla pagina del libro e una sullo schienale della mia sedia. «O magari sai usare bene la maledizione imperius» sussurrò piano nel mio orecchio, eco di tutte le voci maligne che rimbombavano già nella mia mente e mi facevano visita ogni notte. Che mi accusavano di servirmi di magia nera, di rimpiangere Voldemort, di odiare i mezzosangue e i nati babbani…
Non lasciare che veda quanto ti sta facendo male, Scorpius.
Deglutii, restando però impassibile. «Sapevo che eri stupido, Cameron. Ma non pensavo fossi così tanto stupido. Credi davvero che se facessi uso di imperius quotidianamente, tu ora saresti qua ad infastidirmi?»
Aveva parlato a bassa voce così che Rose non riuscisse a cogliere le sue parole, ma lei aveva sentito comunque. «Jason!» sbatté la piuma sul tavolo con un po’ troppa forza, tanto che dell’inchiostro si rovesciò fuori dal calamaio. La sua mano tremava, ma quando parlò la sua voce era ferma. «Chiedigli scusa» disse, e onestamente Cameron non era l’unico a essere sorpreso.
Raddrizzò la schiena e le sorrise affabile. Mi faceva veniva da vomitare. «Mi dispiace, Rose, ma sai che non posso farlo»
Lei alzò un sopracciglio. Era chiaro che non si aspettasse una risposta del genere. Rose era buona, sempre pronta a dare una seconda possibilità a chiunque, ma se non eri disposto ad accettarla e a redimerti, per lei eri morto. «Allora meno dieci punti a Grifondoro»
Mi portai una mano alla bocca e la guardai con occhi spalancati. Per una volta non mi impegnai per nascondere quello che provavo: completo ed inesorabile stupore.
Scossi il capo perché non doveva farlo. Non doveva. Non doveva e basta, sapevo gestire Cameron e i suoi amici, andavano avanti così dal primo anno. Ci ero abituato.
Ma lei era ferma nella sua decisione e fissava Cameron con aria di sfida e con un tale orgoglio che mi sentii uno stupido per aver pensato anche solo per un istante che quella ragazza potesse essere Serpeverde.
Cameron rise, non prendendola davvero sul serio. «Non puoi farlo»
«L’ho appena fatto, invece. E vuoi sapere una cosa?» A quel punto capii che dovevo fermarla prima dicesse qualcosa del quale si sarebbe pentita più tardi.
«Rose» scossi il capo. «Non devi…»
Ma lei mi ignorò e proseguì. «È vero che le Corvonero avevano la sua scopa, ma ora l’ha di nuovo lui, e lo sai perché? Perché sono andata da Felicity e me la sono fatta ridare. E se potessi tornare indietro, lo rifarei. Quindi i casi sono due: o te ne vai, o gli chiedi scusa, altrimenti ti tolgo altri dieci punti»
L’ostentata tranquillità di Cameron vacillò. La guardò e per la prima volta lessi qualcosa di diverso nel suo sguardo solitamente viscido e mellifluo, un’innaturale durezza che non gli associavo quando era con Rose. Sembrava che lo avesse appena preso a schiaffi, e forse era così. Se non fosse stato Jason Cameron e non fosse stata una delle persone che meno sopportavo sulla faccia della terra, mi sarei quasi sentito male per lui.
«Certe cose non cambieranno mai, suppongo» disse a bassa voce. Distolse lo sguardo da Rose e si guardò intorno, come se volesse assicurarsi che nessuno avesse assistito alla sua umiliazione. «Sempre dalla sua parte, anche quando si tratta della tua stessa Casa. Non posso credere che tu gliel’abbia ridata»
«Be’» rispose Rose con voce pungente. «È sua. È la sua scopa. L’avrei ridata a qualsiasi Serpeverde perché era la cosa giusta da fare»
«La cosa giusta…» rise sprezzante lui. «Certo. Sarà meglio che vada. Ah, e Malfoy, non abbiamo bisogno della tua scopa da mille galeoni per vincere il campionato; ci avrete anche battuto, ma ci sono altre due partite e la vedo dura per Serpeverde avere la meglio contro Corvonero con un battitore infortunato»
Io ero ancora scosso, per nulla in grado di sostenere una discussione con lui in quelle condizioni.
«Jerome sta bene. Sarà fuori dall’infermeria questa sera» mi limitai a dire, sintetico ed essenziale.
«In ogni caso, non cantate vittoria troppo presto»
Vattene, Cameron. Ti prego, vattene.
E forse Merlino mi ascoltò, perché Cameron mi diede una pacca sulla spalla, come se fossimo amici di vecchia data che si rincontrano dopo tanto tempo, e se ne andò, non senza aver prima lanciato un’occhiata ferita a Rose, che però non sembrava toccata dalla sua faccia da cucciolo bastonato. Lo guardò con freddezza mentre si allontanava e quando sparì oltre le grandi porte di legno sbottò.
«Perché non me lo hai detto?» mi chiese. «Perché non mi hai mai detto che anche Jason ti dice tutte quelle cose orribili? È per questo che lo odi, vero?»
Per questo e perché è un lurido vermicolo che vuole solo venire a letto con te dal quarto anno, pensai, ma non lo dissi.
Non la guardavo, non riuscivo a guardarla. Fissavo la piuma sul tavolo, le labbra serrate per evitare che tremassero. Cercai di ringraziarla, di dirle quanto fosse importante quello che aveva fatto per me, ma sentivo gli occhi bruciare e non ero sicuro di essere in grado di formulare un discorso di senso compiuto. Perché non erano state le accuse di Cameron ad avermi scosso in quel modo, era stata Rose.
Vedere come mi aveva difeso, a spada tratta, profondamente convinta che fossi buono e che meritassi qualcuno che stesse dalla mia parte, mi aveva toccato in luoghi che erano difficili da raggiungere.
Jason Cameron era forse l’origine dei miei incubi e di tutte le mie insicurezze: erano stati lui e alcuni suoi amici, al primo anno, a iniziare quelle voci secondo le quali io fossi invischiato con le arti oscure. Poi con il passare del tempo erano scemate e la gente aveva capito che erano prive di fondamento, però certi sguardi, certe parole, non si dimenticano, perché hanno il potere di ridurti in mille pezzi. Come avrebbe detto Rose, ero riuscito a rimettermi assieme, sapevo come affrontare Jason ormai, ma le cicatrici restavano, come dimostravano i miei incubi ricorrenti e la mia insonnia perenne.
«Non dovevi sentirti in dovere di farlo» riuscii a dire. La mia voce era bassa, sottile come carta velina, al punto che suonava estranea alle mie stesse orecchie.
Rose sospirò. Non mi accorsi che stavo tremando finché lei non posò la sua mano sulla mia. «Non mi sono sentita in dovere di fare niente. L’ho fatto perché era la cosa giusta da fare e perché io non lo sopporto. Non lo sopporto quando ti associano al passato di tuo padre. Gliene avrei tolti anche cinquanta, di punti»
Poco prima le avevo detto con leggerezza che lei era l’unica persona per la quale mi sarei mai inginocchiato, ma la verità era che per lei mi sarei anche messo a strisciare come un verme davanti a tutta Hogwarts.
Alzai lo sguardo e la trovai che mi fissava con occhi grandi, le pupille dilatate che li facevano sembrare più scuri del normale.
«Andiamo in Sala Comune» decretò infine. Si alzò e iniziò a sistemare le pergamene e i libri nella borsa. «È tardi, abbiamo studiato abbastanza e scommetto che Jerome sarà già uscito dall’infermeria»
Annuii piano e la imitai. Andai a sistemare il libro dal quale stavo studiando al suo posto nello scaffale dietro di me, mosso da inerzia perché ormai conoscevo quelle mensole a memoria.
«Pronto?» chiese Rose, la borsa a tracolla che le pendeva dalla spalla destra e un libro tra le mani.
Le passai un braccio attorno alle spalle e, mentre ci dirigevamo fuori dalla biblioteca, le stampai un leggero bacio tra i capelli, per poi sussurrare: «Grazie»
 
---
 
«Quando hai detto che mi avresti comprato tutta Mielandia, non pensavo facessi sul serio» disse Rose, reggendo tra le braccia due sacchetti di Zuccotti, quattro di Cioccorane, tre di Api Frizzole, e uno di Piperille. Volevo prenderle anche un pacchetto di Gelatine Tutti i Gusti+1 per concludere in bellezza e fare un lavoro fatto bene, ma lei me lo aveva impedito perché le detestava. Allora le avevo comprato una manciata di Gomme Bolle Bollenti, ignorando le sue proteste.
Ero un uomo di parola io, e se mi fosse stato possibile, le avrei comprato per davvero tutto il negozio.
Era ormai da una settimana che c’era bel tempo, sole ma con un velo di nuvole che non lo rendevano troppo potente, l’ideale per giocare a Quidditch. Pensai che quel pomeriggio avremmo potuto allenarci, ma non mi pentivo di aver cancellato l’allenamento, perché una giornata in compagnia dei miei amici era ciò che mi serviva.
Jerome rise e rubò una cioccorana a Rose. Si era rimesso completamente, per il sollievo di Albus, e si era impuntato per rientrare in campo l’indomani.
«Ehi, non le Cioccorane! Prendi uno zuccotto piuttosto» lo sgridò Rose. Non avrei mai capito la sua ossessione per il cioccolato. Non era poi così buono.
«Ne avrai un centinaio lì» Albus gliene rubò un’altra e le fece un occhiolino. «Non hai paura di ingrassare se le mangi tutte?»
Rose si bloccò in mezzo a High Street e per poco una strega con un cappello a punta non le finì addosso. Guardò i dolci che reggeva tra le braccia e si imbronciò. «Il cioccolato non fa ingrassare»
«Stavo scherzando, Rose» disse Albus.
Io gli tirai uno spintone perché delle volte non pensava prima di parlare. Non si dicevano a una ragazza certe cose, soprattutto se la ragazza in questione era Rose che si faceva paranoie per tutto.
Le posai una mano sulla schiena mentre riprendevamo a camminare. «Non ascoltarlo, è un idiota»
«Lo so» disse Rose con una scrollata di spalle. «Però se mangio davvero tutti questi dolci rischio di morire di indigestione. Quindi sarà meglio che vi portiate qualcosa in dormitorio da voi. Tranne le cioccorane. Quelle le tengo io»
«Sono tutte tue» le dissi arricciando il naso.
«Devo ancora capire come sia umanamente possibile che non ti piaccia il cioccolato» Rose alzò il capo e mi guardò storto. «Cosa sei, un alieno?»
Ci fermammo alla fine della via principale di Hogsmeade, indecisi sul da farsi. Il sole stava per tramontare e il crepuscolo era vicino. Non c’erano molti studenti in giro per il vecchio borgo a causa del freddo pungente; molti avevano preferito restare al caldo nella propria Sala Comune.
«Ci riavviamo verso il castello?» chiese Albus, sfregando le mani per riscaldarle. Indossava un cappello rosso un po’ sgualcito e pensai che c’era qualcosa che non andava in noi e nelle nostre scelte di colori. Perché il mio colore preferito era il rosso, quello di Rose era il verde, e Albus stava indossando un cappello che era probabilmente appartenuto a suo fratello James, Grifondoro fino al midollo.
Rose starnutì. «Sì, se non vogliamo morire ibernati»
Per Rose c’era sempre il rischio di morire ibernati, quindi non era molto affidabile. Però dovevo ammettere che quello era uno dei giorni più freddi dell’anno.
Rose si mise a trafficare con la tasca del mantello, probabilmente alla ricerca di un fazzoletto, e per poco non fece finire per terra tutti i pacchetti di dolciumi che stava reggendo.
«Aspetta, ti aiuto» mi offrii andandole incontro e prendendole dalle mani un sacchetto di Cioccorane.
«Oh, ti è caduto uno zuccotto» Jerome si chinò per raccoglierlo, e poi il mondo esplose.
Non sapevo che cosa fosse successo, non vidi né chi scagliò l’incantesimo, né l’incantesimo stesso. Tutto ciò che vedevo era Albus. A terra. Che urlava di dolore.
Per un istante non provai niente. Non riuscivo a muovermi, ero come paralizzato. Mi limitai a guardarlo, mentre il sangue si riversava per terra. La mia testa era come svuotata, non riuscivo a pensare, ero lì ma non ero lì.
Poi sentii una mano sul braccio, e qualcosa dentro di me si sbloccò. Rose aveva lasciato cadere i pacchetti di caramelle e si era aggrappata a me, ma non mi stava guardando. Stava fissando Albus con occhi spalancati e una mano premuta sulla bocca, se per non scoppiare a piangere o se per non urlare, non lo sapevo. Probabilmente entrambe le cose.
«Non guardare» le dissi, passandole un braccio attorno alle spalle e attirandola a me. «Per l’amor del cielo, Rose, non guardare»
Sapevo che Rose non si impressionava alla vista del sangue, ma quello era il sangue di Albus. Era diverso. Lo era anche per me.
Jerome non stava messo meglio di lei. Era così bianco da sembrare un fantasma. «Jerome» lo chiamai e spinsi Rose verso di lui. «State indietro»
«Deve essere portato al San Mungo» stava dicendo qualcuno, probabilmente un passante che si era avvicinato per vedere che cosa stava succedendo.
Ma io ero tornato in me, e sapevo che Albus non sarebbe arrivato vivo in ospedale se non avessi fatto qualcosa prima.
«Non gli stia addosso» dissi a quell’uomo che si era chinato su Albus per aiutarlo, e la mia voce suonò così ferma che me ne meravigliai persino io. «Ho bisogno di spazio»
Questa volta sapevo che cosa fare. Mi inginocchiai di fianco a lui, e gli scostai il mantello, per poi alzargli la maglietta. Riconoscevo le ferite sull’addome e sul petto, le stesse che avevano ucciso Chloe. Ma ero pronto, non sarebbe successo di nuovo. Non ad Albus.
Estrassi la bacchetta e iniziai a mormorare il contro incantesimo del Sectumsempra che avevo letto anni fa su quel libro di pozioni sgualcito. Non ricordavo esattamente la teoria, ma speravo di riuscire a bloccare l’emorragia quanto bastava per farlo arrivare vivo da Madama Chips.
Cercai di ignorare gli spasmi di dolore di Albus e di concentrarmi. Avrei voluto digli che sarebbe andato tutto bene, ma non potevo distrarmi, non quando la posta in gioco era così alta.
Terminata la formula tenni gli occhi chiusi per un paio di secondi.
Ti prego, funziona.
Quando li riaprii Albus non stava sanguinando più. Provai una scarica di sollievo così forte che mi diede le vertigini.
«Sta bene?» Jerome era inginocchiato davanti a me e teneva stretta la mano di Albus. Non mi ero accorto che si fosse avvicinato, ma ero felice che lo avesse fatto.
Avevo iniziato a tremare. «Dobbiamo portarlo in infermeria»
Non feci in tempo a terminare la frase che Albus emise un verso di dolore, si girò di lato e sputò sangue. 
«Subito» gli misi una mano sulla fronte e dovetti reprimere l’impulso di urlare perché scottava in modo innaturale. Come temevo, il mio contro incantesimo aveva rimarginato le ferite superficiali, ma il Sectumsempra creava anche lesioni interne. Quelle, non ero stato in grado di sistemarle.
«Ha delle emorragie interne» spiegai a Jerome. Vidi il mio riflesso nei suoi grandi occhi neri e mi riconobbi a stento. Come potevo anche solo sperare di riuscire a tranquillizzarlo quando io per primo ero terrorizzato? «Ma starà bene. Starà bene, dobbiamo solo portarlo da Madama Chips»
Mi guardai intorno in cerca di Rose, ma di lei neppure l’ombra.
Imprecai, e giurai che se non si fosse fatta ammazzare, l’avrei uccisa io prima o poi.
«Dov’è Rose?» chiesi, la voce più alta del mio solito. Stavo quasi urlando. «Jerome, dov’è andata Rose?»
Jerome pareva confuso. «Era lì giusto poco fa»
Spostai lo sguardo da lui ad Albus, non sapendo che cosa fare.
«Vai» mi disse Jerome. «Vai a cercarla. Porto io Albus in infermeria»
Il pensiero di lasciare il fianco di Albus mi faceva venire il voltastomaco, ma sapevo che era in buone mani e che sarebbe stato affidato alle cure di Madama Chips al più presto. Invece non avevo idea di che cosa fosse capitato a Rose.
Mi alzai e mi misi a correre nella direzione che mi aveva indicato Jerome. Girai l’angolo, il cuore in gola e la bacchetta stretta nella mano sinistra, ma non andai molto lontano perché mi scontrai proprio con Rose, che se ne stava immobile al centro della strada, gli occhi fissi sul muro davanti a sé.
«Rose, per Salazar!» Urlai, afferrandola per un braccio per evitare che cadesse. «Ti ho fatto male?»
Quando avevo voltato l’angolo le ero andato addosso e per poco non l’avevo fatta finire per terra. La raddrizzai e le posai le mani sulle spalle, cercando di catturare il suo sguardo assente. Era come se non fosse davvero lì con me, come se il suo corpo e la sua anima fossero stati momentaneamente scollegati. Mi vedeva, ma senza vedermi davvero.
«Rose» la chiamai di nuovo scuotendola appena. «Rose!»
Sbatté un paio di volte le palpebre ed emise un verso strozzato, come se fosse appena riemersa da una lunga apnea. Il pallore innaturale del suo viso metteva in risalto l’azzurro dei suoi occhi e il rosso dei suoi capelli che le arrivavano quasi alle spalle. Se avessi saputo come disegnare, avrei passato le mie giornate a ritrarla.
«Scorpius» disse con voce strozzata, voltandosi verso il muro che stava osservando prima. Me lo indicò senza aggiungere una parola, e non ne aveva bisogno.
Una scritta rosso scarlatto risplendeva sulla parete:
 
 
Questa volta la Camera dei Segreti non vi proteggerà,
sostenitori dell’Erede… temete.
 
 
 
 
NOTE DELL’AUTRICE
Ciao a tutti! Non posso credere di essere riuscita a pubblicare ad aprile (in piena sessione di esami) un capitolo così lungo! Però sono orgogliosa di me perché sto davvero mantenendo la parola e sto facendo di tutto per pubblicare una volta al mese. <3
Questo capitolo è lunghissimo e spero solo che non vi annoi.
Volevo solo dire che io non ho colpa se quei due salami (aka Rose e Scorpius) perdono l’uso delle funzioni cognitive ogni volta che sono in presenza l’uno dell’altra, perché fanno tutto da soli. Nel senso che non c’è niente di più vero del “i personaggi hanno vita propria”. Vi giuro che io inizio a scrivere pensando di andare in una direzione, e poi loro mi mandano quasi in quella opposta. Parto con un’idea, e nel mentre Scorpius deve guardare Rose con la faccia da pesce lesso, altrimenti non è contento. Quindi scusate se sono due trote innamorate, ma fanno tutto da soli! Io c’entro fino a un certo punto, ahaha.
Comunque, tornando seri per un momento: quando Jason insulta di nuovo Scorpius e Rose lo difende è un momento molto importante secondo me, perché Rose capisce che Jason è uno stronzo e che Scorpius non lo odia solo perché è geloso. Ma soprattutto Rose si rende conto che Jason alimenta il fuoco delle insicurezze di Scorpius, e che è anche colpa sua se Scorpius ha gli incubi e si fa le paranoie sul fatto di essere cattivo perché “è nel suo sangue” etc. E questo non glielo può perdonare, quindi non lo guarderà più nello stesso modo. Sarà già tanto se gli rivolgerà ancora la parola.
Per quanto riguarda la scritta, sì, è la stessa della Camera dei Segreti, ma al posto di “Nemici dell’erede” dice “Sostenitori dell’erede”. Se ve lo state chiedendo, no, nessuno ha aperto la camera dei segreti e non c’è nessun basilisco in giro per il castello, per carità ahahah.
Ah, già, ultima cosa e poi giuro che me ne vado: io nello scorso capitolo non l’ho sottolineato perché già ho fatto fatica a scrivere la scena, quindi figuratevi, ma Rose e Scorpius sono due persone responsabili che hanno preso tutte le precauzioni che dovevano prendere quindi ecco nessuno è incinta e nessuno si sposa. Basta, l’ho detto.
Me ne vado.
 
A presto e grazie mille a tutti se continuate a leggere con tanta pazienza, ma in particolare a Giada che mi ha letto il capitolo prima che lo pubblicassi segnalandomi errori di battitura. E’ solo grazie a lei che per la prima volta non mi sono lamentata per non aver avuto tempo di rileggerlo, perché lo ha fatto lei. Facciamola santa <3
 
Francesca
 
P.S. Albus che sbotta “Bah, eterosessuali” è il degno sostenitore di Alec Lightwood comunque, non so se avete notato la citazione. xD E ora me ne vado sul serio… Giuro!

Ritorna all'indice


Capitolo 33
*** Capitolo Trentadue. ***


Capitolo trentadue
 
«Dobbiamo andare via di qui» dissi, una nota di puro panico nella mia voce. Lo shock che avevo provato nel leggere la scritta scarlatta sul muro mi aveva abbandonato, lasciando il posto alla paura. Perché chiunque avesse voluto uccidere Scorpius a Diagon Alley era proprio lì, probabilmente a pochi passi da noi. E non avrei sopportato che facesse del male anche a Scorpius quando aveva già ferito mio cugino.
Pensare anche solo per un attimo ad Albus mi fece venire una fitta allo stomaco: l’immagine di lui steso a terra in preda agli spasmi mi avrebbe perseguitato per il resto della mia vita.
Presi Scorpius per il braccio e iniziai a trascinarlo fuori dal vicolo e poi sulla strada che portava al castello. Inizialmente non sembrava molto cosciente di sé, metteva un piede davanti all’altro spinto da inerzia, senza pensarci davvero: era come se mi stessi trascinando dietro un manichino. Poi però si riprese e iniziò a camminare al mio fianco a passo veloce, senza che ci fosse più bisogno che lo strattonassi.
«Albus… è…» iniziai, senza riuscire però a terminare la domanda. Il mio cervello si rifiutava anche solo di prendere in considerazione l’idea che mio cugino potesse non esserci più. Perché se Albus fosse morto, lo avrei sentito. «Come sta Albus?»
«È vivo» si affrettò a rispondermi Scorpius. «Ho rimarginato le ferite superficiali ma non sono stato in grado di sistemare quelle interne. Jerome lo sta portando da Madama Chips»
Stavamo percorrendo la strada che portava a Hogwarts quasi di corsa, con la testa china per proteggerci dal vento che aveva iniziato a soffiare sempre più forte.
Scorpius si scostò i capelli dal viso e notai con orrore che c’era del sangue incrostato sulle sue mani, il sangue di Albus. Quando si accorse che lo stavo osservando, si affrettò a mettersele in tasca, come se neanche lui potesse sopportarne la vista.
Raggiungemmo il castello in meno di dieci minuti e ci precipitammo subito in infermeria come se avessimo l’Inferno alle calcagna.
Entrammo nell’ampia stanza di corsa, ma non facemmo neppure in tempo a guardarci attorno per cercare Albus che ci ritrovammo la McGranitt a sbarrarci la strada.
«Fuori» disse, ergendosi davanti a noi come una statua di marmo. «Madama Chips ha bisogno di concentrazione per lavorare, non appena avrò informazioni certe ve le darò»
«Ma…» feci per dire io.
«Niente ma, signorina Weasley» nonostante la sua tipica durezza, era evidente che anche la preside fosse spaventata. «Se vi sta a cuore il benessere del signor Potter, unitevi al signor Rosier fuori dall’infermeria. Adesso»
Scorpius fece per protestare, però poi sembrò ripensarci e chiuse la bocca. 
Nell’arrivare, non ci eravamo neppure accorti di Jerome, che se ne stava seduto davanti alla porta dell’infermeria con le spalle incurvate e la schiena poggiata contro al muro.
Quando io e Scorpius lo raggiungemmo per terra, non disse nulla e continuò a guardarsi le mani, che stringeva a pugno in grembo.
«La McGranitt non fa entrare neppure te, eh?» Chiese Scorpius con voce piatta.
«Già» rispose quello, così piano che per un attimo pensai di essermelo immaginato.
«Andrà tutto bene» disse allora Scorpius, guardando prima Jerome e poi cercando me con lo sguardo. Ma io lo stavo già osservando, perché quando il mondo mi crollava addosso, io guardavo lui. Perciò, quando alzò il capo su di me, i nostri occhi si incontrarono. I suoi grandi e verde chiaro, pieni di preoccupazione, e i miei che probabilmente rispecchiavano il suo stesso stato d’animo.
«Andrà tutto bene» ripeté, questa volta diretto a me in particolare.
E io gli credetti, nonostante le voci nella mia testa continuassero a urlare che tutto sarebbe andato per il peggio.
Ripensai alla scritta che avevo letto sul muro non riuscendo a comprenderla fino in fondo. Questa volta la Camera dei Segreti non vi proteggerà. Sostenitori dell’Erede, temete. Papà mi aveva raccontato che quando lui, la mamma e zio Harry erano a Hogwarts la camera dei segreti era stata aperta per la seconda volta. L’anima di Voldemort racchiusa in un diario si era servita proprio di zia Ginny per farlo. Perciò se l’Erede di Serpeverde era Lord Voldemort, Tom Riddle, i suoi sostenitori dovevano essere i Mangiamorte. Questo spiegava perché Scorpius era stato preso di mira, ma Albus? Cosa poteva c’entrare Albus, il figlio di colui che, Voldemort, lo aveva proprio sconfitto?
Dovevo assolutamente parlare con i miei genitori: avevo bisogno di più informazioni sul quel periodo e non credevo che i vecchi numeri della Gazzetta del Profeta che si trovavano in biblioteca mi sarebbero stati molto utili. Avevo imparato che spesso, i giornali, non raccontano tutta la verità.
«Stai bene, Rose?» Jerome mi aveva posato una mano sulla spalla e mi stava guardando con i suoi grandi occhi di un marrone così scuro da sembrare nero. Era seduto in mezzo tra Scorpius e me con le gambe incrociate e la schiena poggiata al muro.
«Certo» mentii prontamente io. Non capivo il senso della domanda: ovvio che non stessi bene, ero terrorizzata, così come doveva esserlo lui.
Jerome scosse il capo. «Intendevo… sei sparita prima, Scorpius ed io eravamo preoccupati»
Oh. Certo. Raccontai a Jerome della scritta che avevo trovato sul muro e, se possibile, divenne ancora più pallido.
«Ma non ha senso» disse. «Albus è il figlio di Harry Potter. Di Harry Potter!»
«Io stavo pensando a una cosa» si intromise Scorpius serio. Raddrizzò la schiena e si voltò verso me e Jerome per guardarci entrambi in faccia. «Secondo me si tratta di Cameron»
Mi misi a ridere istericamente, e Jerome si unì a me, ma le nostre risate si spensero quando Scorpius non mostrò alcuna intenzione di unirsi a noi. Ci guardava con sguardo impassibile, come se avesse espresso un semplice fatto e non avesse invece mosso un’accusa enorme contro un nostro compagno di classe.
«Scorpius» iniziai allora con calma; nonostante sembrasse tranquillo, lo conoscevo abbastanza bene da sapere che sarebbe bastata una piccola scintilla per farlo esplodere. «Solo perché Jason è uno stronzo e lo odi, non significa che sia anche un assassino»
«È un’accusa piuttosto pesante, quella che stai facendo» mi diede manforte Jerome, il viso dello stesso colore di un panno sporco.
«Cameron odia i Mangiamorte e non sopporta Albus. Gli ha tirato un pugno»
Emisi un verso esasperato. «Le persone dietro questi attacchi sono chiaramente dei fanatici. Odiano Voldemort e i Mangiamorte, ma idolatrano gli eroi della guerra magica. Non avrebbe senso ferire il figlio di Harry Potter solo per… un pugno»
Guardai Scorpius in cerca di qualche segno di cedimento, ma la sua espressione era illeggibile. Distolse lo sguardo e non disse nulla. Al contrario, si alzò in piedi velocemente.
«Dove pensi di andare?» Chiesi, imitandolo.
Aveva iniziato a camminare lungo il corridoio, verso le scale che portavano ai piani superiori e io, dopo aver fatto segno a Jerome di aspettare davanti all’infermeria nel caso la McGranitt avesse notizie di mio cugino, mi misi a corrergli dietro. Lo raggiunsi a metà corridoio, cercando di mantenere il suo passo, nonostante fosse più alto di me e avesse le gambe molto più lunghe delle mie.
«Scorpius» gli misi una mano sul braccio e lui si fermò, ormai davanti alle scale, lo sguardo fisso sul muro dietro di me. «Si può sapere che cosa pensi di fare?»
«Ha quasi ucciso Albus» il suo viso era privo di espressione, ma la sua voce trasudava una rabbia che non gli avevo sentito usare neppure quando pensava che lo avessi pugnalato alle spalle.
«Scorpius, che stai dicendo?» Esclamai disperata, cercando di farlo ragionare, perché, in quello stato, non sapevo davvero che cos’avrebbe potuto fare. «E quale sarebbe il tuo piano, eh? Fare irruzione nella Sala Comune di Grifondoro e affatturare Jason?»
Scorpius abbassò il capo e incrociò il mio sguardo. «Non sarebbe male come idea»
«Ti prenderebbero per pazzo!» E forse lo era, troppo acciecato dall’odio che provava nei confronti del ragazzo che aveva reso i suoi primi anni a Hogwarts un inferno. «E non hai le prove»
«Be’, sto andando a cercarle!» Aveva alzato la voce, cosa che non faceva mai, men che meno con me.
Lasciai correre perché era chiaramente scosso da quanto accaduto e cercai di convincerlo a ragionare. Non era da Scorpius essere così illogico. «D’accordo, ammesso che Jason sia coinvolto, potrebbe farti del male. Queste persone hanno cercato di ucciderti, non è sicuro per te andare in giro da solo per il castello»
«Oh, giusto» disse con tono piatto. «Ora sei preoccupata per me»
Lo guardai, ferita, perché non aveva nessun diritto per arrabbiarsi con me quando tutto ciò che io facevo era stare in pensiero per lui. Ero sicura fosse scritto su tutta la mia faccia come mi sentivo, e mi odiai per la mia incapacità di mantenere un’espressione neutrale e impassibile anche quando tutto dentro di me stava urlando.
E Scorpius lo capì. Lo capì e si morsicò il labbro, come se volesse rimangiarsi tutto.
Gli diedi una piccola spinta, perché se avessi tirato fuori la bacchetta, lo avrei affatturato. «Sono sempre preoccupata per te, idiota»
A quel punto Scorpius lasciò cadere la messinscena. Finalmente non sembrava più un automa freddo e incapace di provare emozioni, finalmente riuscivo a vedere dietro la machera: tutto il dolore e la paura per il suo migliore amico. «Scusami, Rose. Mi dispiace» mi prese la mano e ci posò sopra un bacio, mettendosela poi sulla guancia.
Qualcosa alle sue spalle colse la mia attenzione. Mio padre e zio Harry stavano parlando con la professoressa McGranitt davanti alla porta dell’infermeria.
Scorpius seguì il mio sguardo e quando notò i due auror mi lasciò andare la mano.
Papà ci stava guardando a sua volta. Ci rivolse un cenno di saluto e poi tornò a rivolgere la propria attenzione alla preside.
Scorpius ed io ci affrettammo a raggiungerli. Il mio cuore aveva preso a battere all’impazzata, perché ero sicura che zio Harry e mio padre ci avrebbero potuto dare qualche informazione in più sull’attacco.
«Non sono rimaste tracce di smaterializzazione questa volta» stava dicendo zio Harry quando fummo abbastanza vicini da sentire. Aveva dei cerchi violacei attorno agli occhi, ed era evidente che l’ultima cosa che volesse in quel momento era aggiornare la Preside sulle indagini. «Sospettiamo che il colpevole, o i colpevoli, si siano nascosti nei boschi a ovest per poi smaterializzarsi da lì. Viola sta conducendo una squadra di auror a perlustrarli»
Papà mi mise un braccio attorno alle spalle e mi diede un bacio tra i capelli. «Ciao ragazzi» disse, dando poi la mano a Scorpius.
Zio Harry invece lo abbracciò forte e lo strinse a sé, lasciando senza parole il Biondaccio, che ricambiò l’abbraccio in modo quasi goffo, come se non sapesse bene come reagire. «Per fortuna voi state bene» disse zio Harry lasciandolo andare e avvicinandosi a me per darmi un bacio sulla fronte.
«Albus?» Chiese Scorpius. «Si sa qualcosa sulle sue condizioni?»
«Ancora nulla, temo» disse la McGranitt. «Madama Chips ha cacciato tutti dall’infermeria e non permette a nessuno di entrare»
«Invece per quanto riguarda gli assalitori?» Chiesi io. «Avete detto che non ci sono tracce di smaterializzazione?»
«Sì, probabilmente sono scappati nei boschi per smaterializzarsi lì» spiegò papà passandosi una mano sul viso. Era stanco.
«E se fosse uno studente di Hogwarts?» si intromise Scorpius con naturalezza, come se stesse chiedendo l’ora.
«Scorpius» mio padre spalancò gli occhi e lo guardò come se gli fosse appena cresciuta una seconda testa. «Cosa intendi dire?»
Scorpius alzò le spalle, non tradendo alcun segno di nervosismo e non lasciando trasparire i suoi sospetti nei confronti di Jason Cameron. «Dal momento che non avete trovato segni di smaterializzazione a Hogsmeade, pensavo che per uno studente sarebbe stato facile sbarazzarsi del mantello e mischiarsi alla folla per poi rientrare al castello inosservato» Sembrava un’idea che gli era appena passata per la testa, ma io sapevo che ci aveva pensato molto.
Aveva proposto la sua visione dei fatti in modo tranquillo, tipico di Scorpius, ma nei suoi occhi brillava una certa aria di sfida, un qualcosa di accusatorio che diceva Scommetto che neanche ci avevate pensato.
«È assurdo» disse papà scuotendo il capo. «Uno studente non farebbe mai niente di simile»
«Davvero?» Chiese zio Harry con aria triste. «Davvero lo pensi, Ron? Tom Riddle ha iniziato il suo percorso di violenza e distruzione proprio tra questi corridoi»
Papà parve sul punto di dire qualcosa, ma tacque.
«Quello che lei sta suggerendo è molto grave, signor Malfoy» lo riprese la preside. Scorpius la guardò negli occhi senza dire altro, e lei proseguì. «Terremo gli occhi aperti. Essere prudenti dopotutto non ha mai fatto male a nessuno. Il coprifuoco sarà anticipato e voglio che tutti i capiscuola conducano la ronda ogni notte. In questo modo vi accerterete più velocemente che tutti gli studenti siano nel proprio dormitori così da raggiungerli al più presto. Vorrei anche degli auror a pattugliare il castello, se è possibile. Potter, cosa ne pensi?»
Zio Harry annuì. «Penso sia una buona idea. Ne parlerò con Viola al più presto»
Scorpius sembrava compiaciuto del risultato ottenuto, ma la preside non ci mise molto a sgonfiare il suo entusiasmo. «Malfoy, non voglio che tu faccia la ronda. Sarai ancora caposcuola, ma qualcun altro svolgerà la ronda al posto tuo con la Signorina Weasley»
Nella mia vita non volli mai così tanto bene alla Professoressa McGranitt come in quel momento.
Grazie, pensai con un peso in meno sul cuore.
Non credevo ci fossero reali minacce nel castello, ma preferivo sapere Scorpius al sicuro nel proprio dormitorio dopo il coprifuoco. Dovevo già preoccuparmi per Albus, non potevo preoccuparmi anche per lui.
Sentii Scorpius tendersi al mio fianco. Non si scompose di una virgola, ma sapevo che non era d’accordo. «No» disse infatti, scuotendo il capo. Ciocche di capelli gli caddero sul volto e lui se le scostò dagli occhi con una mano. «Se io non faccio la ronda, non la fa neanche Rose»
Alzai gli occhi al cielo e incrociai le braccia al petto. «Non vedo perché non dovrei»
«Dal momento che non è stata arrecata nessuna minaccia alla sua persona, questa è una scelta della Signorina Weasley» decise la McGranitt.
«Bene» dissi. «Non ho problemi. Farò la ronda assieme a Emma e a Matt»
«Anche io avrei qualcosa da dire…» si intromise mio padre, ma sia io che la professoressa McGranitt lo fulminammo con lo sguardo.
«Smettetela, voi due. La Signorina Weasley è in grado di badare a se stessa, soprattutto dal momento in cui non penso che la sua incolumità sia a rischio»
Se non fosse stata la Professoressa McGranitt, le avrei dato il cinque.
«In che modo la mia invece lo sarebbe?» chiese Scorpius con una nota pericolosa nella voce.
«Penso che non ci sia bisogno che te lo spieghi, Malfoy. In ogni caso sono la Preside e non devo dar ragioni a te. Così ho deciso e così sarà» replicò la McGranitt freddamente, e Scorpius abbassò il capo sconfitto. «D’accordo» disse. «Però sceglierò io chi prenderà il mio posto» la preside lo fulminò con lo sguardo e lui si affrettò ad aggiungere: «Se posso, Professoressa»
«Puoi proporre un sostituto, e io deciderò se va bene»
Potevo vedere chiaramente la fatica che gli costava stare in silenzio e accettare di fare un passo indietro.
«Kyle» disse a denti stretti senza pensarci. «Lascio il mio posto a Kyle Morgan»
La McGranitt parve vagamente sorpresa, ma si ricompose nel giro di un secondo. «Se il signor Morgan è disposto a sostituirti, non vedo perché no. Acconsento, Malfoy»
Scorpius parve un po’ più sollevato, ma non del tutto soddisfatto.
Anche io, come la McGranitt, ero rimasta sorpresa dalla scelta, ma Kyle mi era sempre stato simpatico, quindi ero felice di quella decisione.
In quel momento Madama Chips ci raggiunse in corridoio con un’espressione stanca dipinta sul viso rugoso. Nonostante l’età avanzata, era una donna di polso, magra come un chiodo ma con una grande forza di volontà.
«Potter, Weasley, sono felice che siate già qui» disse come saluto a papà e a zio Harry. «Temo che Albus debba essere spostato al San Mungo. È stabile, ma necessità cure che io non posso fornirgli qui»
Sentii vagamente la voce di zio Harry dire qualcosa, seguito da quelle della McGranitt e di Scorpius, ma erano distanti, un eco lontano che non riuscivo a raggiungere.
Nella mia testa riuscivo solo a sentire le parole Albus, San Mungo, stabile.
«Torno subito» dissi, iniziando a camminare a passo veloce lungo il corridoio senza sapere neppure io dove stessi andando.
Scorpius provò a chiamarmi, ma io non gli diedi retta. Volevo stare da sola.
Raggiunsi il bagno più vicino e mi ci precipitai dentro. Mi sciacquai il viso con dell’acqua fredda e notai che le mie mani stavano tremando. Afferrai il lavandino per imporre loro di stare ferme e presi un respiro profondo per calmarmi.
Albus starà bene.
Alzai il capo e vidi Scorpius riflesso nello specchio osservarmi con preoccupazione. Non mi ero neppure accorta che mi avesse seguito. I corridoi del castello erano silenziosi quel pomeriggio, ma nella mia mente regnava il caos, tanto che sentivo ancora l’eco delle grida di Albus rimbombare contro le tempie.
«Rose» disse Scorpius, facendo un passo verso di me.
Scossi il capo continuando a dargli le spalle, non volendo che si avvicinasse.
Scorpius si bloccò con la bocca semiaperta come se stesse per dire qualcosa, poi si raddrizzò e mi guardò ferito. I nostri sguardi si incontrarono nello specchio e dovetti trattenermi per non scoppiare a piangere e correre da lui. Perché non volevo che mi vedesse in quelle condizioni. Sentivo l’attacco di panico arrivare, e io stavo meglio, stavo meglio, stavo meglio.
Stavo bene.
Eppure lo sentivo, riuscivo quasi a distinguerne i contorni mentre piano piano mi avvolgeva e mi schiacciava al suolo. E non potevo permettere che Scorpius mi vedesse stare di nuovo così: se nessuno mi avesse visto crollare, avrei potuto fare finta che non fosse mai successo. Perché io stavo bene.
«Per favore» sussurrai con voce sottile.
Vai via.
Non riuscivo a chiedergli di andarsene ad alta voce, perché ogni terminazione nervosa del mio corpo desiderava che restasse, che mi prendesse tra le braccia fino a quando non avessi smesso di tremare.
Ma Scorpius non era mai stato una persona insistente, quindi mi rivolse un ultimo sguardo e se ne andò senza dire una parola. Come gli avevo chiesto io. Come desideravo.
Mi voltai e mi morsicai la guancia per impedirmi di richiamarlo e di chiedergli di restare con me.
Mi coprii il viso con le mani e aspettai la sensazione familiare di soffocamento che accompagnava l’attacco di panico, consapevole che l’unico modo per farlo passare era viverlo.
 
---
 
 
Uscii dal bagno con un’espressione il più possibile tranquilla, e per poco non finii per terra. Ero inciampata di qualcosa, o meglio, qualcuno, seduto contro al muro.
«Ma che cavolo…?» esclamai, cercando di non cadere. «Scorpius?»
Scorpius mi sorrise con aria colpevole dal basso verso l’altro e si alzò in piedi. «Mi hai chiesto di lasciarti da sola e l’ho fatto»
Tipico di Scorpius fare quello che gli chiedevi rigirando la situazione a proprio favore. Sperai almeno che non mi avesse sentita piangere.
Iniziai a camminare lungo al corridoio e lui mi venne dietro, mantenendo la mia andatura spedita senza difficoltà.
Fuori era ormai calata la sera e nel castello le torce risplendevano di luce giallastra illuminando le aule e i corridoi. Mi chiesi che ore fossero e mi resi conto di essere affamata: probabilmente avevamo perso la cena.
«Ti avevo detto di lasciarmi da sola» dissi. «Non di aspettarmi fuori dal bagno»
«Questione di semantica» rispose lui e, nonostante stessi fissando ostinatamente davanti a me, percepii un sorriso sulle sue labbra.
«Aspetta, Rose» Scorpius mi prese per il braccio e mi fece fermare.
Io chiusi gli occhi, preparandomi a dare spiegazioni, perché sapevo che aveva capito e che non avrebbe fatto finta di niente.
«Voglio che tu sappia che puoi parlare con me di qualsiasi cosa e che se stai male io voglio aiutarti. Ma non posso farlo se non me ne parli, come non me ne hai parlato due anni fa»
«Non puoi aiutarmi» risposi con voce piatta, fissando il muro dietro di lui, incapace di guardarlo negli occhi. «E non puoi capire»
Scorpius non disse niente e io alzai il capo. Aveva un’espressione illeggibile, ma io sapevo di averlo ferito, e mi odiavo per questo.
Feci per aggiungere qualcosa, ma lui mi precedette.
«Okay, allora parlane con Julia. Ma devi lasciarti aiutare dalle persone che ti vogliono bene»
Annuii e poi ripresi a camminare, ma non feci in tempo ad andare lontano che mi fermai di botto.
«Nella mia testa non c’è mai silenzio» dissi di getto, guardando Scorpius negli occhi. Sentivo i miei iniziare a bruciare ma non mi importava.
«Rose, non devi…»
Ma io non gli diedi retta perché doveva sapere, doveva sapere che cosa lui significasse per me. «È sempre così rumoroso, al punto che a volte non riesco neanche a pensare lucidamente. Ma tu mi dai pace quando dentro di me tutto urla. Prima, ogni cellula del mio corpo desiderava chiederti di restare con me, ma non l’ho fatto. E sai perché? Perché mi vergogno»
Scorpius parve sorpreso. «Rose, non c’è niente di cui vergognarsi»
«E invece sì» continuai io, ormai con le lacrime gli occhi. «Tu sei sempre così integro, e tutto d’un pezzo; sai gestire ogni situazione e non ti lasci mai sopraffare dai ciò che provi. Mentre io sono… il contrario. Mi sento così debole certe volte, e non penso tu voglia stare con una persona debole»
«Rose» disse Scorpius con voce ferma. Mi mise le mani sulle spalle e mi guardò negli occhi. «Tu non sei debole. Sei una delle persone più in gamba che io conosca. Crollare qualche volta non significa non essere forti»
Abbassai il capo, incapace di sostenere il suo sguardo perché le sue iridi verde chiaro mi aprivano un buco nello stomaco ogni volta che mi guardava in quel modo. «Forse non ti è chiaro, e se non lo è, lascia che te lo ripeta: sono innamorato di te» Scorpius mi mise due dita sotto al mento e mi sollevò il viso con gentilezza. «Non voglio stare con un’esatta copia di me stesso… sono un stronzo! Non vorrei mai stare con uno stronzo. Tu hai un’anima meravigliosa e ti amo. Ti amo»
Deglutii a vuoto. «Non sei veramente uno stronzo»
Scorpius mi prese il viso tra le mani e mi baciò prima le lacrime sulle guance e poi le labbra. «Grazie» sussurrai piano mentre mi stringeva a sé come se non volesse lasciarmi andare mai più.
«Per cosa?» chiese lui tra i miei capelli.
«Per aver scelto me»
 
---
 
«Continuo a non spiegarmi perché abbiano colpito Albus» dissi mentre facevo il solletico a una pera in una natura morta all’inizio del corridoio che portava alla Sala Comune di Tassorosso.
Emma mi aveva insegnato il passaggio segreto che portava alle cucine, ma non avevo mai avuto occasione di andarci -di solito non saltavo mai i pasti- perciò ero curiosa di vedere cosa sarebbe successo.
La pera ridacchiò appena e si trasformò nella maniglia di una porta.
«Wow» fece Scorpius, guardandomi con un pizzico di ammirazione. «Rose Weasley, riservi sempre continue sorprese»
«Questa è la prova che non sai tutto, caro il mio egocentrico» gli rivolsi un ghignò divertito e feci strada attraverso il passaggio nel muro.
Ci ritrovammo in una grande stanza, ampia quanto la Sala Grande, contenente quattro tavoli identici ai tavoli delle Case. Attorno a questi, alcuni elfi domestici si stavano affrettando a preparare la colazione e ricordai di aver letto da qualche parte che il cibo, una volta posto sui tavoli, veniva trasferito magicamente nella Sala Grande.
«Non avevo mai pensato a chi preparasse da mangiare» disse Scorpius, guardandosi attorno con occhi grandi, come un bambino in una fabbrica di cioccolato. «Ma ha senso»
«Benvenuti!» squittì un elfo che indossava minimo dieci berretti e altrettanti calzini. «Sono Dobby. Dobby come può esservi utile?»
«Aspetta» feci io, osservandolo con attenzione e ricordando i racconti dei miei genitori. Zio Harry aveva liberato un elfo domestico di nome Dobby che poi li aveva aiutati a sconfiggere Voldemort, rimanendo ucciso nella seconda guerra magica. «Ti chiami come un elfo che conosco»
 
«Non credo che abbiamo mai avuto il piacere di incontrarci» Dobby mi guardò con attenzione e poi si rattristì. «A Dobby dispiace non ricordare la signorina. La signorina è molto graziosa, ma Dobby non ricorda»
Oww, pensai. Dobby era davvero carino, volevo abbracciarlo.
«No, hai ragione, non ci siamo mai incontrati» lo rassicurai io. «Sono la figlia di Ron Weasley e Hermione Granger»
Dobby spalancò gli occhi e iniziò a tremargli il labbro inferiore. Temetti di averlo in qualche modo offeso perché i suoi grandi occhioni si stavano riempiendo di lacrime.
«Ron Weasley e Hermone Granger?» sussurrò Dobby. «Hermione Granger è un idolo per noi elfi, è solo grazie a lei che abbiamo dei diritti»
Dobby iniziò a piangere e mi abbracciò, seppellendo il viso contro al mio stomaco. Guardai Scorpius spaventata e iniziai a dargli delle pacche sulla schiena per cercare di consolarlo. Quando finalmente si fu ripreso, mi lasciò andare e mi fece un lungo inchino, tanto che il suo naso sfiorò il pavimento.
«Quale onore, quale onore!» esclamò. «Mia madre mi ha raccontato tante cose sui signori Weasley e sul signor Potter anche! Erano amici di mio padre. È morto durante la seconda guerra magica e non l’ho mai conosciuto. Ma la mamma parla sempre di lui»
Finalmente capii, quello non era il Dobby di cui mi parlavano sempre i miei genitori, era suo… figlio?
Un altro elfo ci raggiunse. Indossava un vestito rosa e un berretto bianco. Sembrava più grande di Dobby ed era chiaramente una elfa.
«Chi sono i tuoi amici, Dobby?» chiese, mettendosi le mani sui fianchi e guardandoci storto. Dedussi che dovesse essere la mamma di Dobby.
«Lei è la figlia di Hermione Granger!» esclamò Dobby.
L’elfa mi guardò impressionata e io arrossii.
«Salve» dissi titubante.
«Io sono Winky» si presentò lei facendomi un inchino profondo. Poi guardò Scorpius. «E lui è?»
«Sono Scorpius» disse Scorpius. «Scorpius Malfoy»
Winky emise un verso strozzato e si portò le mani alla bocca. «Malfoy?»
Afferrò una padella da una mensola e ci si nascose dietro, come se avesse paura di Scorpius. Il sorriso del Biondaccio si spense e mi venne voglia di prendergli la mano.
«È a posto» dissi io. «Non so cosa vi abbiano detto sui Malfoy, ma…»
«I M-M-Malfoy erano i p-p-padroni di Dobby» balbettò Winky, continuando a nascondersi. «Del padre di Dobby Junior»
«Mi dispiace» disse Scorpius, inginocchiandosi davanti a lei così che i loro visi fossero alla stessa altezza. «Mi dispiace per qualsiasi cosa gli abbiano fatto mio nonno e mio padre. Si comportano in modo terribile anche con me delle volte, posso solo immaginare come debbano aver trattato lui»
Winky abbassò finalmente la pentola e si mise a osservare Scorpius.
«Lui non sembra cattivo» disse suo figlio a bassa voce.
Scorpius esitò, e quindi intervenni io. «Scorpius non è cattivo»
Dobby sorrise. «Se lo dice la signorina Weasley, io ci credo, mamma»
Scorpius lo stava guardando con occhi lucidi e potevo leggere sul suo viso il senso di colpa e il disprezzo nei confronti del proprio cognome.
Improvvisamente sgattaiolare nelle cucine non mi pareva più una così buona idea, non se il prezzo da pagare era vedere Scorpius in questo stato: aveva già dovuto affrontare abbastanza per quella giornata.
«Ho un regalo per te, Dobby» disse a un tratto Malfoy. Si tolse velocemente una scarpa e si sfilò un calzino, per poi porgerlo all’elfo. «Ho visto che ti piacciono…» ma non riuscì neppure a terminare la frase che Dobby urlò; gettò le braccia attorno al collo di Scorpius e per poco lo fece cadere per terra.
«Quale onore!» gridò. Si allontanò da Scorpius e prese il calzino. «Me ne mancava uno a righe, vedete? Ne ho due con i pois, ma niente righe. Guarda, mamma! Guarda!»
Scorpius si rinfilò la scarpa e si alzò con un sorriso. «Mi fa piacere che ti piaccia»
Winky sospirò. «Ha la passione dei calzini come suo padre»
Winky andò a rimettere la pentola al suo posto, mentre Dobby prendeva me e Scorpius per mano e ci trascinava verso il tavolo che corrispondeva a quello dei Grifondoro.
«Immagino che siate venuti qui per mangiare qualcosa» disse mentre ci faceva sedere e ci versava del succo di zucca nei bicchieri.
«Sì, abbiamo perso la cena» spiegai io.
«Ma certo!» esclamò Dobby. «Ci pensa Dobby»
Dobby sparì per qualche istante e lo vidi dare ordini a un paio di altri elfi, che indossavano anch’essi sfilze di cappelli, calzini e maglioni colorati.
Scorpius gli lanciò un’occhiata divertita e poi si rivolse a me. Aveva le guance leggermente arrossate e nonostante sembrasse davvero stanco, non aveva più l’espressione distrutta di poco prima.
«Dobby è simpatico» disse. «Se penso a come devono aver trattato suo padre i miei nonni…Non mi stupisco che Winky mi odi»
«Lo so» risposi io, prendendogli finalmente la mano. «Ma non puoi ritenerti responsabile per le loro azioni. E Winky non ti odia»
«Sì, ma fa male comunque sapere la tua famiglia capace di maltrattare una creatura indifesa»
«Era tradizione e…»
Scorpius si mise a ridere, una risata roca e profonda, e mi sistemò una ciocca di capelli dietro all’orecchio. «Grazie, Rose. Ma credo che non ci sia niente che tu possa dire per farmi sentire meglio»
Sbuffai e decisi di cambiare discorso.
«Continuo a pensare a Albus» iniziai. Non volevo parlare di qualcosa di così pesante, ma era la verità: la mia mente sembrava non avere spazio per altro. «Non mi spiego ancora come mai sia stato colpito»
Scorpius ci ragionò per qualche istante. Riuscivo quasi a vedere gli ingranaggi del suo cervello lavorare. «E se non avessero voluto colpire Al? E se avessero mancato l’obiettivo? Magari ero di nuovo io»
Sentii una fitta attraversarmi il petto, perché quell’opzione non era certamente migliore. E poi, proprio mentre stavo iniziando a preoccuparmi di nuovo anche per Scorpius, mi venne in mente che mi era caduto uno zuccotto.
«Scorpius…» dissi. «Mi è caduto uno zuccotto»
Scorpius aggrottò le sopracciglia e mi guardò storto. «Rose, sei sicura di star bene?»
Mi voltai verso di lui così che potessi guardarlo dritto negli occhi. «A Diagon Alley mi è caduto uno zuccotto e Jerome si è chinato a raccoglierlo. Albus era dietro di lui, e se avessero voluto ferire Jerome?»
Scorpius rimase in silenzio qualche istante per metabolizzare la cosa.
«Il nonno di Jerome era un Mangiamorte» disse infine. «Evan Rosier. Era uno dei più fedeli seguaci di Voldemort assieme a mio nonno»
«È chiaro, allora» conclusi io. «Volevano colpire lui! Dobbiamo dirglielo»
Scorpius scosse il capo. «No»
«Ma…»
«Non stasera, Rosie» Scorpius sospirò. «Ha già dovuto affrontare abbastanza, non si merita di sapere che sarebbe dovuto esserci lui al posto di Albus. Non stasera almeno»
«D’accordo» Chiusi gli occhi e poggiai la testa sulla spalla di Scorpius. «Non stasera»
 
NOTE DELL’AUTRICE
Ehm, salve!
Se ci siete ancora vi voglio tanto bene, perché non me lo merito assolutamente. Sono in ritardissimo, lo so, lo so bene. Ho iniziato una long su Shadowhunters trascurando questa, so anche questo e chiedo scusa.
Manca poco alla conclusione e non so, forse non voglio che finisca e inconsciamente rimando sempre la stesura degli ultimi capitoli. Non che sia una scusante.
In ogni caso stiamo tirando le somme. Spero vi piaccia e che non sia super deludente almeno. :(
Buona serata e a presto –spero!
                
Francesca

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2971624