Next Generation: la congiura della confraternita

di Classicboy
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Gene X ***
Capitolo 2: *** Nuovi scontri, nuovi poteri ***
Capitolo 3: *** Scuola per giovani dotati ***
Capitolo 4: *** Benvenuti all'istituto per giovani dotati ***
Capitolo 5: *** Chat imbarazzanti e fughe in moto: chi ha detto che la vita da mutante è noiosa? ***
Capitolo 6: *** Pronto? Polizia? Due tipi in tuta aderente mi stanno sfasciando la casa ***
Capitolo 7: *** Dna mutanti e altri imprevisti ***
Capitolo 8: *** Verità, misteri e nuove opportunità ***
Capitolo 9: *** Profezie di cui si farebbe volentieri a meno ***
Capitolo 10: *** Un vecchio ricordo, una punizione "crudele" e tanta tanta confusione ***
Capitolo 11: *** Vecchi amici, sensi di colpa e complesso da eroe: la nascita dell'eroe ***
Capitolo 12: *** Di feste a sorpresa e attacchi non programmati ***
Capitolo 13: *** La fine della festa: Hellfire vs Winter ***
Capitolo 14: *** Tavole micenee, geni mutanti sopiti, profezie catastrofiche... in questa scuola non c'è mai un attimo di pace ***
Capitolo 15: *** Intrighi nell'ombra e echi dal passato ***
Capitolo 16: *** La tigre e il ciclope, il fulmine e il lupo ***
Capitolo 17: *** verità svelate e premonizioni di guerra ***
Capitolo 18: *** Piani d'attacco e piani di difesa, l'inizio dell'assedio ***
Capitolo 19: *** Ragione e istinto (Emma e Francis vs Kyle), fumo e illusioni (Abel vs Heracles) ***



Capitolo 1
*** Gene X ***


CAP.1: GENE X

 

New York
10 ottobre 2005

 

Lovino si alzò, facendo attenzione che il fratello non si svegliasse. Feli non aveva il sonno leggero, ma condividevano il lettone del nonno per quella notte, e un solo movimento falso avrebbe potuto svegliarlo. Non era mai stato curioso, ma non lo potevano far trasferire da Roma a New York da un giorno all'altro senza alcuna spiegazione, e sperare che lui se ne stesse tranquillo e buono, accettando passivamente la situazione. Aveva già sette anni, non era più un moccioso!
Lentamente si avvicinò alla porta e l’aprì appena, giusto uno spiraglio per vedere quello che stavano facendo il nonno e quel suo strano amico biondo.
“Ti hanno fatto domande?’’
“Lovi sì, mentre per Feli invece è tutto nuovo… mi ricorda sua madre quando aveva la sua età’’
Singhiozzo, e il piccolo sussultò. Suo nonno stava… piangendo? Perché piangeva parlando della mamma? Lei stava bene, era venuta con loro in quella orribile città.
“Livia conosceva i rischi, Claudio - asserì freddo il biondo - Quello che ha fatto…”
“Sì, lo so! L’ha fatto per proteggere i bambini. Ma questo non vuol dire che l’accetti, Alberich. Io dovevo rimanere con lei, sapevo che tipo è Sadiq. Prima minaccia, poi agisce”
Di che stavano parlando? La mamma stava bene, stava bene! E chi era questo Sadiq? Si avvicinò di più, sentendosi coinvolto in prima persona. Sua madre cosa ha fatto per proteggere lui e Feli?
“Lovino ha visto tutto?’’
Cosa? Cosa ha visto? Ma perché gli adulti non parlavano mai chiaramente?
“Non lo so… quando sono arrivato, non aveva neppure un graffio. Feli invece stava per… non riesco neppure a dirlo”
“Elena è riuscita a curarlo, no?’’
“E io ho cancellato i loro ricordi. Non mi è mai piaciuto farlo, ma è stato necessario’’
Silenzio. Poi Alberich disse: “Pensi che anche Lovino sia come me e te? Che abbia…’’
“E’ troppo presto per dirlo – l’interruppe l’italiano – Non ha nemmeno raggiunto la pubertà. Ma io preferire che fosse normale. Problemi, problemi… si, ci sono i costumi e i poteri, ma per il resto veniamo perseguitati e…’’
“Smettila, lo spaventi.’’
“Chi?’’
Il biondo fece un cenno verso la porta, e Claudio capì.
“Lovino… esci pure’’
Il bambino, dopo i primi attimi di esitazione, aprì la porta. Aveva un cipiglio serio in viso, come se cercasse di ricordare, di capire cosa ci fosse di sbagliato. Come se stesse cercando di ricomporre uno di quei stupidi puzzle che piacevano tanto a suo fratello.
Claudio sospirò. Si avvicinò al nipote e gli accarezzò la testa, dicendogli: “Sei proprio come il tuo vecchio, eh? Sempre al posto sbagliato, al momento sbagliato’’
“Non mi parlare come se fossi un moccioso, vecchiaccio - sbottò il più piccolo, gonfiando le guance - Mamma è venuta con noi. Perché hai quella faccia quando parli di lei?”

“È … complicato, Lovi’’
“Prova a spiegarmelo, vecchio’’
Diavolo di un bambino. Ma da chi aveva preso quel temperamento? Ah sì… da lui. Era proprio vero, il sangue non è acqua. Claudio sapeva che la verità era un arma a doppio taglio, e avrebbe preferito poter evitare un momento del genere il più a lungo possibile. Ma come gli aveva detto il professor X, fino a quando continueranno a combattere contro Sadiq e i suoi, le loro famiglie erano a rischio. Anche se non sapevano niente della loro missione, sarebbero stati coinvolti solo per poter soddisfare la sete di vendetta di quel dannato turco.
Claudio aveva il dovere di proteggere i suoi nipoti, lo doveva fare per Livia, per far sì che il suo sacrificio non sia stato vano. Era una scelta dolorosa, ma mai nessuno ha detto che la loro vita sarebbe stata priva di sacrifici.
“Lovi… chiudi gli occhi. Ti voglio rivelare un segreto’’
Da un grande potere, derivano grandi responsabilità. E lui è disposto a tutto, pur di proteggere i suoi nipoti. Anche a costo di far credere loro di essere morto.
“Mi dispiace…”


New York
10 anni dopo
Casa Vargas

 

“Veneziano? Veneziano svegliati! Stupido fratello: ti vuoi svegliare?!”
Feliciano aprì lentamente gli occhi alla luce della mattina e vide suo fratello che lo osservava severo.
“Era ora bastardo - lo riprese distogliendo seccato lo sguardo - Alzarti prima no, eh? Sono cinque minuti che ti chiamo, dobbiamo andare a scuola”
“Ve, se ti seccava svegliarmi allora perché l'hai fatto?” domandò con un sorriso innocente il minore, ben sapendo che quella frase sarebbe bastata a far tacere l'altro.
Infatti Lovino divenne rosso in viso prima di mormorare “Non voglio fare tardi per colpa tua” e andarsene in direzione della cucina.
L'italiano sorrise prima di stiracchiarsi. Quella giornata sarebbe stata speciale se lo sentiva, nulla gliela avrebbe rovinata!
Con calma si alzò, si andò a lavare e a cambiarsi prima di dirigersi verso la cucina a fare colazione.
Entrato trovò suo fratello intento a bere un cappuccino mentre gli occhi erano fissi sullo schermo del televisore che in quel momento trasmetteva il telegiornale.
“E passiamo ora alla cronaca nazionale: nuovo attacco da parte della comunità terroristica mutante. Stavolta gli obbiettivi erano alcune importanti figure di potere, molti i feriti. Tra gli aggressori si è potuto riconoscere anche il super-criminale che va sotto al nome di Othoman”
La telecamera inquadrò in quel momento la figura di un uomo col volto coperto da una maschera bianca e vestito con una tuta verde scuro e rossa e con in mano una spada con la lama che emetteva vapore.
Proprio in quel momento Lovino spense la TV.
“Bah, mutanti… un giorno di questi ci accopperanno tutti, me lo sento”
“Ve, dai non sono tutti cattivi, ce ne sono anche di buoni, no? Come quel gruppo, come si chiamano? I Generation X, mi pare”
“La verità è che sono solo un gruppo di coglioni disadattati a cui piace mettersi in mostra. Ora finisci in fretta di fare colazione che poi dobbiamo andare”
“Ve, okay Romano”
Mangiò il più velocemente possibile, per poi andare a lavarsi i denti e a prendere la cartella.
I due uscirono per poi dirigersi verso la macchina. Lovino mise in moto e partirono.
Ad un certo punto arrivarono ad un semaforo e il maggiore si fermò.

“Ve fratellone!” lo chiamò Feliciano.
“Che vuoi?”
“Tra un paio di giorni è il nostro compleanno, cosa vuoi come regalo?”
“Non lo so, mi va bene di tutto”
“Ve, io voglio delle tele e dei pennelli nuovi!”
“Okay okay, ne terrò conto ”
Davvero una strana coincidenza quella dei fratelli Feliciano e Lovino Vargas: nati con un anno di differenza uno dall'altro, però lo stesso identico giorno e alla stessa ora, finiva che spesso venivano scambiati per gemelli anche se Lovino era di un paio di centimetri più alto dell'altro.

In quel momento scattò di nuovo il verde e il ragazzo fece ripartire la macchina, la testa sul regalo del fratello.
 

Intanto, in un vicolo a pochi metri di distanza

 

Erano in una situazione di merda. Francis avrebbe storto il naso al sentirlo, ma non era il momento per preoccuparsi del galateo e del bon ton. Emma pesava, ma nelle sue condizioni, con una gamba rotta, non le era possibile correre, così Antonio la trasportava sulle spalle.

''Lasciami andare - gli biascicò la ragazza, mentre si nascondevano in un vicolo - Dovresti andare da Alfred, Tonio. Non può affrontare East Tiger da solo''

''Querida, e tu? Non posso lasciarti qui con una gamba rotta!''

''Ci sono altri mutanti della scuola, in città. Manderò un messaggio col telefonino e mi farò venire ad aiutare''

''Non se ne parla. Qualcun'altro della confraternita potrebbe trovarti e allora...''

''Yawhh.... che noioso - fece una voce alle loro spalle. Lo spagnolo impallidì - Qualcuno quando parli ti dovrebbe registrare, sai? Così sentiresti quanto sei lagna''

Quick silver, perfetto! Ma proprio un velocista doveva trovarli?

''Tonio...''

''Non preoccuparti, chica - asserì sicuro il ragazzo - Tu rimani dietro di me''

Accese una fiammella sul palmo della mano destra. Non permetterà che qualcun'altro faccia del male alla sua amica.

 

New York,
Midtown Highschool

 

Lovino parcheggiò di fronte alla scuola e scesero e scesero.
Feliciano si diresse spensierato verso la scuola, una volta dentro si voltò in direzione dell'altro: “Ora ti lascio fratellone, la prima ora ho scienze e non voglio fare tardi, ciao”
Dal canto suo Lovino si diresse svogliatamente verso la sua di aula. La prima ora aveva letteratura e non aveva certo voglia di starsene un'ora ad ascoltare un vecchio barbogio che parlava di un non si sa bene quale grande scrittore dell'800.
Si guardò un attimo attorno e vide che non c'era nessuno. Sorrise diabolico prima di imboccare un corridoio laterale e prendere le scale che portavano sul tetto.
Una volta arrivato fuori prese una profonda boccata d'aria prima di buttare lo zaino per terra e mettersi a sedere sul muretto mentre ammirava il profilo della città sotto ai suoi piedi.
Non è che personalmente impazzisse per l'America. Si era trasferito lì dall'Italia solo perché costretto dalla morte dei genitori e perché il parente più stretto che poteva occuparsi di loro viveva lì. Poi non è neanche che lo vedessero spesso, solo il giorno che erano giunti lì, poi per il resto inviava loro una volta al mese il pagamento per l'affitto dell'appartamento e per altre varie spese extra. Buffo… non ricordava neppure il grado di parentela, se era uno zio o qualche cugino alla lontana. Non doveva essere importante, dato che suddetto parente non si era mai preoccupato di farsi vedere.
Però c'era un particolare del nuovo mondo che amava: i grattacieli.
Quegli ammassi di vetro e acciaio che permettevano di elevarsi al di sopra del mondo esterno e che lo facevano sentire un dio.
Man mano si mise in piedi sul muretto e aprì le braccia per farsi catturare dalle correnti d'aria.
Sorrise lievemente: sarebbe potuto rimanere lì per sempre.
Aprì leggermente gli occhi e notò che c'era qualcosa che non andava: un gruppo di tre ragazzi stavano camminando di fronte alla scuola. Erano vestiti normalmente ma si vedeva lontano un miglio che stavano cercando di non dare nell'occhio. Inoltre c'era anche un altro particolare che non andava. Il modo in cui una figura camminava, tenendosi il bacino...
Poi lo vide fermarsi e gli sembrò quasi di poter scorgere il volto contrarsi in una smorfia dolorosa e allora capì: era ferito.
Se ne stava fermo lì ad osservarli e li vide prendere la direzione della scuola per poi dirigersi verso il cortile interno.
Incuriosito continuò a tenerli d'occhio facendo il giro del tetto.
Vide la figura più alta poggiare quella ferita su di una delle panchine mentre la terza si guardava intorno come per vedere se c'erano pericoli.
Eppure poteva giurare che ci fosse qualcosa che non andava.
In quel momento successe!
Ci fu un esplosione e i tre furono scagliati di lato. All'istante la figura che era stata in guardia si alzò e si osservò un po' intorno mentre urlava qualcosa ai suoi due compagni. Non fece in tempo a finire la frase che fu atterrata da un calcio in pieno petto che lo spedì contro al muro.
Sentì la persona ferita urlare: “Alfred!” e capì che si trattava di una ragazza.
Guardò meglio il nuovo venuto: era un ragazzino piuttosto basso, pareva orientale, con i capelli castani e una tuta nera senza maniche con una cintura nera sfilacciata. Portava anche dei guanti senza dita e alla vita teneva quelli che sembravano essere pugnali.
Con un brivido Lovino lo riconobbe: era East Tiger, uno degli scagnozzi della congrega terroristica di mutanti. I suoi poteri erano, se non ricordava male, supervelocità e superforza miste ad una maestria innata nelle arti marziali.
Vide il giovane che era stato scaraventato via, Alfred, passarsi una mano sul rivolo di sangue che gli usciva dalla bocca per poi alzarsi.
L'attimo dopo lo vide spiccare un salto innaturalmente alto per poi finire sul nemico.
Lui fece per colpirlo un'altra volta, ma il biondo si limitò a saltare di nuovo e a fermarsi stavolta a mezz'aria e allora capì: era anche lui un mutante dotato del potere della levitazione.
Lo guardò mentre continuava con degli attacchi aerei mentre gli altri due cercavano di tenersi lontani dalla battaglia.
Poi accadde: Alfred prese troppa rincorsa, East ne approfittò, lo schivò e facendo perno su di una gamba girò fino a colpirlo con violenza sullo stomaco e mandarlo in aria. Dopodiché lo vide prendere qualcosa dalla cintura e lanciarlo sull'eroe.
Lo vide contorcersi in aria mentre delle scariche elettriche gli percorrevano il corpo.
Si trattava di scosse talmente violente che finì sul tetto della scuola.
In fretta Lovino andò a nascondersi.
Sentì il giovane imprecare mentre si staccava dei piccoli congegni elettronici dal corpo e li schiacciava a mani nude.
L'attimo dopo fu raggiunto dall'orientale che aveva scalato la facciata dell'edificio contando sulle sue abilità marziali.
L'italiano pregò mentalmente che non lo scoprissero mentre cercava con tutte le sue forze di non tremare per non fare rumore.
Si sporse leggermente e vide che il cattivo era arrivato fino a fermarsi sopra al biondo.
“E così è finita, eh?” gli domandò con voce neutra.
“Parla per te” rispose con un sorriso strafottente il ragazzo steso a terra per nulla impaurito “Io sono un eroe, e gli eroi hanno sempre un asso nella manica. Ma soprattutto non ci arrendiamo”
Lovino non poté che ammirarlo: era in una situazione disperata eppure non esitava ad irritare il nemico e a mantenere il proprio orgoglio. Se fosse stato lui al suo posto quasi sicuramente o se la sarebbe data a gambe dopo averlo distratto o avrebbe implorato in ginocchio di risparmiarlo.
“Sempre il solito sbruffone” mormorò Tiger tirando fuori uno dei suoi pugnali e inginocchiandosi “Vediamo se tra un po' continuerai a sorridere”
Lovino era un codardo ma non era insensibile, nonostante quel che dicessero i suoi compagni. Quando vedeva qualcuno in difficoltà provava l'assurdo desiderio di aiutarlo. E non poteva certo ignorare ciò proprio ora che stava per vedere un ragazzo morire di fronte ai suoi occhi.
Vide che c'era un trave di legno poco distante da sé. La prese in mano per poi accertarsi che il malvagio, che gli dava le spalle, fosse distratto. A quel punto facendo piano, ma il più velocemente possibile gli si avvicinò per poi dargli la trave in testa urlando con tutto il fiato che aveva in gola.
Il colpo andò a segno e il mutante cadde svenuto ai suoi piedi sotto lo sguardo attonito del ragazzo.
“Ehi, dude, ma chi sei?”
“È questo il modo di ringraziare per averti salvato il culo?” domandò con la sua solita gentilezza offrendogli la mano per alzarsi.
Lui l'afferrò: “Ok, scusami. Se non fosse stato per te... - si passò il pollice sul collo in un chiaro messaggio continuando a sorridere - Sei stato grande!”
“Nessuno dovrebbe rimanere a guardare mentre accoppano una persona di fronte ai suoi occhi” fu la risposta borbottata dal ragazzo, non abituato a ricevere molti complimenti.
“Ad ogni modo io sono Alfred” e gli porse la mano.
“Lovino ” rispose stringendogliela, anche se riluttante.
“Allora, direi che è il caso di...”in quel momento Alfred fu scagliato in aria e Lovino si ritrovò per terra con un corpo sopra di sé.
“Complimenti, non è da tutti riuscire a prendermi di sorpresa” ringhiò East Tiger. A quanto pare il colpo infertogli prima non era servito poi a granché.
“Lascia che ti ricambi il favore” e prima che Alfred potesse fare qualunque cosa il giovane conficcò il pugnale nello stomaco dell'italiano.
L'attimo dopo però un pezzo di comignolo colpì il castano mandandolo a sbattere contro la parete.
“Così impara! - esultò Alfred pulendosi le mani. L'attimo dopo fu affianco a Lovino - Dude, ehi dude! Non mi morire davanti! Se no, che razza di eroe sarei?”
“Non portare sfiga ” fu la risposta sussurrata del ragazzo mentre si teneva lo stomaco tra le mani.
“Ehi! Come ti senti? Cosa provi?”
“Brucia, cazzo!”
“What?! Ok, io non ne so molto di ferite e cose varie, ma sono quasi certo che una cosa del genere non dovrebbe bruciare...” si illuminò.
“Fammi vedere!”
L'attimo dopo, senza ascoltare la risposta, gli scostò la felpa e la maglietta.
Lovino osservò e quello che vide lo lasciò senza parole. Gli indumenti erano sporchi di sangue però quest'ultimo stava rifluendo all'interno del suo corpo mentre la pelle cominciava a rimarginarsi fino a lasciare soltanto una cicatrice bianca che però stava via via scomparendo, come se nulla fosse accaduto.
“Ma che cazzo...?” fu l'unica cosa che riuscì a mormorare.
Alfred lo osservava con gli occhi che brillavano mentre mormorava: “Non ci credo...”
L'attimo dopo parve riscuotersi, lo osservò e disse: “Aspetta qui - dopodiché andò fino al bordo del tetto e chiamò - Antonio, Emma, sono io! Sì, sto bene, aspettatemi lì, ho una novità!”
Si volto a guardarlo mentre gli occhi ancora risplendevano: “Ho trovato un nuovo mutante!”
 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Angolo autori:

Ehilà gente!

Chi vi parla è il vostro classico ragazzo preferito, che assieme alla mia collega Lady White Witch, ha deciso di lanciarsi nell'ennesima impresa AU, stavolta con gli X-man e la Marvel.

Gioisci, popolo!

Ad ogni modo, tornando seri (certo, come no?) questo è il primo capitolo della storia, e spero sinceramente che l'abbiate apprezzato, come abbiate apprezzato i vari personaggi. Alcuni di loro sono facilmente riconoscibili, le identità di altri invece verranno svelate nel corso dei capitoli, abbiate pazienza.

Non credo che ci sia molto da dire. Ah, un avviso per i fanatici della marvel come noi due: gli avvenimenti riportati nel corso della storia non prendono in considerazione gli avvenimenti di M-day, Utopia e Scisma (se non sapete cosa sono allora molto probabilmente state vivendo una vita felice).

Ringrazio infinitamente Lady White Witch per avermi prima betato la storia e poi aver aggiunto la fantastica introduzione sopra riportata.

Spero che abbiate apprezzato e che lascerete una recensioncina se ne avrete voglia.

Byeeeeee!!!!!

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Capitolo 2
*** Nuovi scontri, nuovi poteri ***


CAP.2: NUOVI SCONTRI, NUOVI POTERI

 

Lovino fissò ancora per qualche secondo quel ragazzo, incapace di comprendere fino in fondo il significato della sua frase.
Lui un mutante? No, quello era un fottuto scherzo. Andiamo… ma chi voleva darla a bere? Se non fosse stato che era quasi stato ucciso, avrebbe riso in faccia al ragazzo e sarebbe tornato a scuola. Magari avrebbe anche costretto Feliciano a tornare a casa, giusto per sicurezza. Se East Tiger voleva fare un attentato a scuola, meglio che il suo fratellino non rimanesse coinvolto.
Alfred gli si avvicinò: “Avanti dude, andiamo! L’eroe ti porterà in un posto sicuro” e gli porse la mano continuando a sorridergli.
L'italiano guardò prima il volto poi la mano, salvo poi scansarla con uno schiaffo e protestare ringhiando: “Posto sicuro? Cazzo spari coglione?! Io non ho bisogno di nessunissimo posto sicuro perché non sono un disadattato come voi!”
“Ora mi offendi - mormorò il biondo storcendo la bocca - Senti: tu sei un mutante. Altrimenti come spieghi il fatto che la ferita ti sia scomparsa? E’ fattore rigenerante, un potere da mutante!”
“Fattore rigenerante? Tutte stronzate. Quello manco riesce a prendere la mira ” mormorò l'altro distogliendo lo sguardo.
L'americano rimase fermo lì a riflettere. Come fare per convincere quel riottoso ragazzino a seguirli?
In quel momento si illuminò: “Ok, fa come vuoi, non seguirmi. Solo, tra un po', mezz'ora al massimo, East si risveglierà, e dubito che sarà molto contento dopo che avrà scoperto che gli siamo fuggiti. E sono quasi certo che si ricorderà anche de ragazzo che ci ha aiutati a metterlo KO. Però come dici tu, non hai bisogno di un posto sicuro, quindi...”
Lovino cominciò ad imprecare mentalmente, tirando giù tutti i santi del paradiso. Ecco cosa si otteneva a fare del bene: si finiva con un terrorista psicopatico alle calcagna, e a dover fare affidamento per un rifugio sicuro ad un cretino sovraeccitato coi superpoteri.
Lo guardò con astio prima di cedere: “E va bene, vengo con voi. Però…- lo ammonì, puntandogli contro un dito - Mio fratello viene con noi”
“Tuo... fratello?” chiese Alfred dubbioso.
Lovino annuì: “Esattamente. Se non viene anche lui, il mio culo rimane qui”
Aveva un'aria decisa, come nessuno gliela aveva mai visto. Per la sua pigrizia, era considerato un imbelle rinunciatario. Poco gli interessava. Ma quando c’erano in gioco cose più importanti, tirava fuori una risolutezza tale da farsi ubbidire anche da una mandria di bisonti inferociti. Vedendo il suo sguardo, Alfred capì che non sarebbe riuscito a fargli cambiare idea.
“E va bene, può venire anche tuo fratello. Dov'è?”
“ In classe, a fare lezione. Ma credo che dopo tutto il casino che avete fatto tu e i tuoi amici, il preside annulli le lezioni. Molto probabilmente ora mi starà cercando. Bah, chi lo sente… andiamo coglione!” detto questo andò a recuperare lo zaino e si diresse verso l'interno della scuola, seguito a ruota da Alfred.
I corridoi dell’istituto erano nel caos: folle di studenti e insegnanti si riversarono fuori dalle classi, creando un rumore tale da coprire quasi il suono della campana d'allarme.
Il lato positivo è che in tutta quella calca nessuno fece caso ad Alfred e Lovino.
Spintonando ed esibendosi nel suo colorito frasario, finalmente l'italiano riuscì a individuare il fratello, che si guardava attorno con aria persa.
“Feliciano!” urlò afferrandolo per la spalla.
Questi si voltò con un sussulto, poi lo vide e si illuminò per poi abbracciarlo: “Veee, fratellone, che bello! Stai bene!”
“Ovvio che sto bene. Ora però andiamocene da qui e... che cazzo fai?!’’ sbottò, quando si accorse che il minore gli aveva sollevato la maglietta, proprio lì dove East Tiger l’aveva colpito.
“No! Ho sentito dolore al fianco, come se qualcuno mi avesse colpito con una lama e ho sentito la tua voce nella mia testa urlare, e poi...”
Lovino si bloccò e si voltò a fissarlo. Lo prese per la spalle e incominciò a scrollarlo: “Che cazzo hai detto?! Tu... tu mi hai sentito quando mi hanno pugnalato?!”
“Ve?! Ti hanno pugnalato?!” urlò isterico il minore, salvo poi essere messo a tacere dalla mano del più grande che gli coprì la bocca in fretta.
Il castano si accertò che nessuno li avesse sentiti e prese a fissarlo.
Suo fratello aveva percepito quando si era fatto male, come se avessero un qualche tipo di legame fisico e mentale. Se si fosse trattato di una situazione normale avrebbe dato la causa di ciò a un qualche genere di legame psichico che collega i gemelli o cazzate del genere.
Ma quella non era una situazione normale, non più. E cazzo, loro non erano neppure gemelli.
“Dobbiamo andare. Ti spiegherò tutto strada facendo” gli sussurrò prima di prenderlo per mano e uscire, sempre seguiti dal biondo.
“Ve, e lui chi è? Non l'ho mai visto”
“Alfred F. Jones - si presentò il ragazzo - Sono un mutante e ho appena salvato la vita a tuo fratello”
“Che cosa?!”
“Ho detto che ti spiegherò tutto, ora taci!” urlò Lovino.
Finalmente arrivarono all'esterno e il castano si diresse verso il posto dove ricordava di aver visto i due compagni dell'esaltato.
Infatti eccoli lì. Li osservò meglio: la ragazza, che era ferita, aveva i capelli biondo castani lunghi fino alla base del collo, ed erano raccolti indietro da una fascia, aveva gli occhi verdi, affaticati dal dover rimanere cosciente nonostante l'ingente perdita di sangue. Il fisco pareva agile e aggraziato e Lovino non potè che pensare che fosse davvero carina.
L'altro ragazzo invece aveva i capelli castano scuri medio lunghi che ricadevano in disordinai ciuffi ribelli. Anche i suoi di occhi erano verdi, solo leggermente più scuri. Era alto e abbronzato e le rughe attorno ai lati della bocca facevano pensare ad una persona a cui piaceva sorridere. Peccato che in quel momento la sua espressione fosse tutt'altro che festosa, anzi era parecchio preoccupato.
“Alfred, finalmente - esordì il ragazzo, che aveva un forte accento spagnolo (particolare che fece storcere la bocca del giovane europeo) - Dov'eri finito? Emma ormai è allo stremo delle forze! Dios, che fine ha fatto East Tiger? E soprattutto chi sono questi due?”
“Per tua informazione io sono quello che ha salvato il culo al tuo amico” rispose seccato Lovino squadrandolo. Quel tipo era un idiota, ci si giocava la testa. E lui gli idioti li riconosceva da lontano un miglio.
“Sono due mutanti che l’eroe che rintracciato - intervenne Alfred, ignorando l'intervento dell'italiano - O almeno, lui lo è - ed indicò Lovino - Dell'altro non sono sicuro, però ha insistito perché venisse anche lui. East è al tappeto, ma non so ancora per quanto. Ci conviene affrettarci!”
Il castano annuì prima di prendere per le spalle la ragazza.
“Ve, aspetta, ti aiuto!” intervenne Feliciano andando dall'altra parte. Ecco che veniva fuori il lato tenero di suo fratello. Per quanto la situazione fosse un casino, se c'era una persona nei guai, tutte le sue preoccupazioni personali finivano al secondo posto e l'unica cosa che importava davvero era aiutare gli altri.
“Gracias, sei molto gentile” lo ringraziò, sorridendo il giovane.
Cominciarono ad arrancare, con Alfred in retroguardia.
Arrivati ad un certo punto però sentirono un rombo, come un fulmine. Il cielo però era sereno.
Lovino alzò lo sguardo e le vide: un banco di nubi temporalesche. Parevano minacciose, ma quello che era più strano e che non sembravano portare pioggia, solo fulmini.
“Oh no...” senti mormorare il castano, mentre Alfred imprecava a mezza voce.
“Possibile che siamo così sfigati? Presto, ci rimane poco tempo ormai!” urlò l'americano.
“Sfigati? Poco tempo? Che cazzo succede?!” chiese l'italiano mentre aiutava a sua volta a portare la ragazza ormai semi svenuta.
“Quelle, querido, ci avvisano che stiamo per incontrare un tipo decisamente poco amichevole - gli rispose lo spagnolo - A proposito, io sono Antonio”
“Ma ti pare questo il momento di presentarti? Cazzo hai nella testa?! Stiamo per essere raggiunti da un pazzo pluriomicida!”
“Beh, la cortesia prima di tutto - rispose Antonio sorridendogli. Quel ragazzino era davvero tenero - Tu invece sei...?”
“Lovino. Ma che cazzo hai da sorridere ora, bastardo?! Sei deficiente o che?!”
“No no, solo che...”
“Ecco siamo arrivati!” urlò Alfred interrompendolo, mentre scompariva dietro una macchia d'alberi.
Lovino lo seguì e rimase senza fiato.
Di fronte a lui svettava un jet futuristico, come non ne aveva mai visti.
Si riprese e cominciò a portare la ragazza sul jet.
Erano appena entrati quando si sentì uno scoppio. Alzò la testa e vide che la tempesta era ormai sopra di loro.
“Merda...” pensò. In quel momento vide Antonio staccarsi a dirigersi verso l'esterno.
“Dove cazzo vai?!” gli urlò Lovino.
“Io lo distraggo, voi nel frattempo accendete il jet!” urlò il castano prima di avventurarsi all'esterno, dove era ormai in corso una tempesta.
Alfred si era precipitato alla console e stava già smanettando con i controlli.
“Andiamo andiamo andiamo...” mormorò mentre cercava di far partire il tutto.
Nel frattempo lui e Feliciano stavano mettendo quella ragazza, Emma, seduta, e le avevano allacciato la cintura.
“Feli, tu rimani qui e bada a lei!” ordinò il maggiore mentre l'altro annuiva.
Dopo aver detto ciò andò ad affacciarsi sullo sportello.
“Sì, ce l'ho fatta!” urlò in quel momento Alfred. Il jet prese a decollare man mano.
“Bastardo!” urlò Lovino affacciandosi.
Lo spettacolo che vide andava nell'assurdo. Vide Antonio che muoveva le mani di fronte a sé ed ogni creando piccoli fuochi, lucciole che volteggiavano attorno a lui e che via via aumentava di grandezza. Era uno spettacolo che lo lasciò a bocca aperta. Peccato che il suo avversario non fosse da meno. Non riusciva a vederlo, ma scorgeva bene i fulmini che scagliava, intercettati dalle fiamme dello spagnolo.
“Bastardo, presto vieni!” gli urlò, e l’altro si voltò. Fece un cenno di assenso. Aveva capito. Dopodiché si volto verso l'avversario, dicendogli:’’ Asta la vista, amigo. Mi dispiace, ma i miei amici mi stanno aspettando.’’
Antonio fece esplodere le rimanenti sfere di fuoco, e approfittando del fumo causato dalle esplosioni corse in direzione del jet, ormai a tre metri buoni da terra.
Lovino sporse la mano cercando di resistere alle raffiche di vento.
Antonio spiccò un salto, aggrappandosi alla mano che gli stava porgendo il giovane, che subito lo aiuto a risalire.
I portelloni del jet si chiusero proprio in quel momento e Lovino ebbe uno scorcio di una figura in tuta blu e nera circondato da fulmini.
“Vai vai vai!” urlò Antonio facendo segno al biondo, il quale non se lo fece ripetere due volte e ingranò il turbo.
Non furono però abbastanza veloci perché una delle ali fu colpita da un fulmine, senza però riportare danni gravi.
Antonio si mise a sedere al fianco del giovane, respirando a fatica.
“Muchas gracias, mi hai salvato la vita’’
“Cazzo spari, non ho fatto nulla” borbottò il castano in risposta, mentre il viso diventava rosso.
“Invece hai fatto una cosa importante. Ti sarò per sempre grato... Lovinito”
Il maggiore degli italiani arrossì prima di trargli una testata in piena fronte e urlare: “Chi ti ha dato il permesso di usare il mio nome come vezzeggiativo bastardo?!”
In quel momento un mugolio portò però l'attenzione dei due sulla ragazza ferita.
“Emma...” mormorò lo spagnolo scattando in direzione dell'amica.
Feliciano al suo fianco cercava di tamponare la ferita: “Ve, Ha perso molto sangue!”
“Shit, e siamo ancora a un'ora buona dalla scuola” mormorò Alfred sempre ai comandi del jet.
“Scuola?” chiese Lovino squadrandolo, pensando di aver sentito male.
“È una lunga storia” liquidò la faccenda l'americano “Ora però che facciamo?”
Feliciano guardò un attimo la ferita, poi assunse un'aria decisa e mise le mani su di essa.
“Feli, cazzo fai?” domandò nel panico il maggiore.
L'attimo dopo sentì come se qualcuno lo avesse colpito nello stomaco e si chinò.
“Lovi!” urlò Antonio accucciandosi al suo fianco “Che ti succede?!”
Ma le attenzioni dell'altro erano puntate su Emma e sul fratello. Le mani di questo infatti si erano illuminate e ora stavano miracolosamente guarendo la ferita della ragazza, esattamente nello stesso modo in cui prima lui aveva guarito la ferita infertagli da East Tiger.
“Madre di Dios...” mormorò Antonio che aveva visto in quel momento cosa stava succedendo.
Anche Feliciano, come il fratello, aveva un'espressione sofferente, e il sudore gli gocciolava lungo la fronte, però pareva più deciso che mai a portare a termine il suo compito.
Dopo un altro paio di minuti, finalmente lasciò andare le mani. La ferita era completamente rimarginata e sul viso della giovane c'era ora un'espressione di pace, come se stesse dormendo.
“Ma che cosa...?” domandò Antonio spostando il suo sguardo da Lovino a Feliciano a Emma, ora guarita.
“Direi che ne avete avuto la conferma - borbottò Lovino rialzandosi faticosamente in piedi - Avete trovato due mutanti, oggi”

Valletta nascosta
Pochi minuti dopo

 

Il terrorista corse veloce verso il luogo in cui sapeva si trovava il jet di quei ragazzini.
Quei maledetti, come avevano osato lanciargli un comignolo in testa?!
Non vedeva l'ora di avere Alfred tra le mani così da poterlo sminuzzare ben bene, ma soprattutto non vedeva l'ora di torturare quell'altro ragazzo. Per lui, aveva in mente qualcosa di speciale.
Arrivò , ma era troppo tardi: erano già fuggiti. Ma c'era qualcosa che non andava. Carcasse di arbusti ormai incenerite giacevano qua e là sparsi per la radura.
Questo poteva significare solo una cosa...
“Era ora che arrivassi, da-ze!” esclamò una voce alle sue spalle.
Si voltò lentamente e vide fermo seduto su di un masso un ragazzo orientale dai capelli castani corti e una ridicola tuta blu e nera seduto su di una pietra intento a pulirsi il costume.
“Im Yong Soo”
Lui storse la bocca: “Non chiamarmi così, chiamami col mio nome di battaglia: Thunderbolt! Del resto io mica ti chiamo Li - si asciugò la tuta - Bleah, odio con tutto il cuore la linfa degli alberi, non va mai via!”
“Che ci fai tu qui?”
Il coreano gli sorrise: “Beh, visto che non parevi essere messo molto bene ho pensato che ti sarebbe servita una mano”
“So cavarmela anche da me. Avevo ferito Belcat e Stealeagel era in mano mia, se non fosse intervenuto quel ragazzino...”
“Di chi parli?”
“Un giovane, capelli castani con un assurdo ciuffo di lato. Ma ci ho pensato ben io a metterlo a posto - mormorò guardandosi il pugnale ancora sporco di sangue - A quest'ora sarà morto”
“Io non credo” replicò con calma il castano alzandosi dal suo comodo posto a sedere.
“Che stai dicendo?”
“Dico che l'ho visto prima, e pareva piuttosto in buona salute” gli sorrise strafottente.
Li impallidì: “Ma non è possibile, a meno che...”
“Non sia un mutante” completò per lui l'altro “Peccato solo non sapere chi sia”
“Ti sbagli - sorrise il cinese prendendo fuori dalla tasca la patente che quel ragazzo aveva perso - La sappiamo. Lovino Vargas…’’
“Vargas? - ripeté il giovane - Ma sai che mi ricorda…’’
“Zitto, dannato. Se Sadiq venisse a sapere chi ci siamo lasciati sfuggire… ci spedirebbe dal Dottor Destino. Noi dovremo rintracciare quel ragazzino…”
“…e ucciderlo’’
“Bravo, vedo che c’è vita in quella testolina. Ricorda: Sadiq non dovrà sapere niente di questo ragazzo. E’ una nostra questione… personale’’

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Angoli autori:

Salve bella gente, come va?

E rieccoci col secondo capitolo di questa AU. Spero che i colpi di scena siano stati abbastanza interessanti e che la trama stia incominciando a catturarvi man mano.

Direi che il caso di fare luce su alcune identità: come avrete già capito il gruppo di mutanti incontrati da Lovino sono America, Spagna e Belgio, per l'occasione ribattezzata Emma. I cattivi del capitolo invece sono niente meno che Corea del Sud (che però ha fatto finora solo un piccolo cameo) e... Hong Kong! Esattamente: due dei cattivi appartengono alla Asian family. Non so perché, mi parevano adatti come cattivi.

E bom, non c'è molto altro da dire. Speriamo di riuscire ad aggiornare ogni domenica (questa volta è passata un po' più di una settimana per mio capriccio, ma vabbé, spero che mi perdonerete).

Ringrazio ancora moltissimo Lady White Witch per avermi betato il capitolo e per il fatto che mi stia aiutando con la stesura dell'intera storia, davvero grazie mille.

Ci si vede al prossimo capitolo, in cui si incominceranno a scoprire davvero chi saranno i compagni dei fratelli Vargas nella loro nuova avventura.

Bye!!!!!!!!!!

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Capitolo 3
*** Scuola per giovani dotati ***


CAP.3: SCUOLA PER GIOVANI DOTATI

 

Quinn Jet,
da qualche parte nel cielo

 

Feliciano se ne stava seduto sui sedili del jet mentre ascoltava suo fratello raccontargli la storia di come aveva incontrato quei ragazzi, spesso interrotto dall'americano che interveniva con frasi inopportune che volevano essere una sua autocelebrazione.
Alla fine del racconto si strinse le ginocchia al petto: “Mi state dicendo che sono riuscito a guarire questa ragazza...”
“Emma”
“Ve… che bel nome! ‘’
“Feli…’’
“Ah sì! Dicevo, sono riuscito a guarirla perchè sarei...”
“Un mutante ” gli sorrise Antonio “Su, andiamo non abbatterti. All'inizio può essere uno shock ma col tempo ci si abitua. Però c'è ancora una cosa che non mi spiego - si voltò verso Lovino - Perché quando l'ha guarita tu ti sei sentito male?”
E lui che diavolo ne poteva sapere? Fino a quella mattina non sapeva neppure di avere un cazzo di fattore rigenerante.
“La mia è solo un'ipotesi - intervenne Emma, come se avesse capito il suo disagio - Ma credo che i tuoi poteri e quelli di Feli siano collegati. Quando tuo fratello mi ha guarito, in un certo senso l'ha fatto attingendo anche alla tuaenergia, esattamente come credo che tu abbia fatto quando ti sei auto rigenerato dalla ferita che hai”
“Ve, scusa fratellone, non volevo farti del male” si scusò il minore, che sembrava essere sul punto di scoppiare a piangere.
Anche se burbero, Lovino si concesse un mezzo sorriso. Odiava vederlo piangere, era più forte di lui. Doveva essere una cosa tipica dei fratelli maggiori, prendersi cura dei più piccoli.
“Bah, fa niente. Sto bene, e almeno hai salvato Emma. Almeno sono servito a qualcosa.’’
Rassicurato, il minore si aggrappò al collo del fratello che, dopo le proteste iniziali, ricambiò l’abbraccio. Antonio li guardò, e sorrise a sua volta. Quella era la potenza di un legame fraterno. Subito, si rabbuiò.
Con suo fratello invece le cose non erano così rosa e fiori... Si costrinse a tornare sorridente.
Feliciano in quel momento gli pose una domanda: “Ve, ma voi che poteri avete?’’
“Non mi interessa che poteri abbiano – si intromise il fratello – Voglio sapere dove cazzo stiamo andando. Avete parlato di una scuola, giusto?’’
Antonio si mise a sedere a sua volta, vicino a Lovino: “Ci stiamo dirigendo verso l'unica scuola mutante del mondo, in cui vi insegneranno a governare i vostri poteri, in modo che poi in futuro possiate integrarvi nella comunità non mutante senza problemi”
“Perfetto, una scuola di disadattati. Se sono tutti come voi, quasi quasi preferivo rimanere nelle grinfie dei terroristi” mormorò il ragazzo, accigliandosi.
Lo spagnolo non gli riprese, sapeva che l'altro doveva sentirsi parecchio scosso da tutte le vicende di quel giorno.
“A proposito - domandò di nuovo Feliciano - Ma voi siete i Generatione X?”
Antonio sorrise: “No, non proprio. Sappiamo chi sono e sono nostri amici, ma noi siamo troppo giovani per farne parta. Però la scuola in cui andiamo è retta da loro. Noi eravamo fuori perché facciamo parte di una sorta di unità di controllo e recupero. Ci avevano segnalato la possibile presenza di un mutante in città, solo che poi si è rivelata essere tutta una trappola. In cambio, abbiamo trovato voi”
“Seh, che fortuna…’’
“Ve… E quali sono i vostri superpoteri?”
“Partiamo dal sottoscritto - intervenne Alfred sempre ai comandi - Ovvero l'eroe del gruppo per eccellenza, che possieda la stupefacente abilità di volare e forza sovraumana. Da qui il mio nome, ovvero: Stealeagel, aquila d'acciaio!”

Antonio sorrise: “Alfred ha un po' di manie di protagonismo, ma per il resto è un tipo simpatico. Andando avanti: io sono un pirocineta. Nome in codice: Hellfire. E lei infine - indicò la ragazza - È Emma e possiede il DNA di un gatto”
“Cosa?!” domandò nel panico Lovino mentre osservava stranito la giovane. Okay la brutta copia di Superman e il fiammifero umano, ma una ragazza gatto... qui si esagerava. E no, non c’entrava nulla il fatto che avesse una leggera fobia dei gatti. Assolutamente.

Antonio annuì: “Velocità e forza superiori al normale, capacità di vedere al buio, unghie retrattili e così via. Voi invece … Feli dovrebbe avere dei poteri curativi, mentre tu dovresti possedere una sorta di fattore rigenerante, ma è meglio aspettare che la incontriate per saperlo con certezza”
“Incontrare chi?” domandò diffidente il maggiore.
“Semplice” sorrise Alfred “La signora Zafirah Hassan, preside dell'istituto Xavier per Giovani Dotati. Siamo arrivati”
Subito Feliciano andò ad affacciarsi, in preda alla curiosità. Tutta quella storia di superpoteri non gli era chiara, ma era incredibilmente eccitante.
Sapeva che non c'era nulla da temere: fin quando sarebbe rimasto con suo fratello, sarebbe stato al sicuro. E poi poteva anche essere che si sarebbe fatto qualche nuovo amico. La scuola svettava chiara e aveva l'aspetto di un'immensa villa bianca circondata da giardini. Vide campetti di corsa e di basket, fontane che gorgogliavano allegre, ma soprattutto decine e decine di ragazzi di tutte le età e nazioni. Non riusciva a vederli bene, ma si sentiva bene a guardarli. Lui non era un tipo a cui piaceva la solitudine, e sapere che non sarebbe stato solo in quella scuola lo mise di buonumore.
“E sono tutti mutanti?” domandò Feliciano sempre affacciato. Antonio annuì: “E ciascuno con un proprio potere, alcuni si ripetono, ma sono pochi. Ora andiamo, mettetevi le cinture di sicurezza, stiamo per atterrare”
 

Westchester, New York
Istituto Xavier per giovani dotati

 

“Che diavolo avete fatto?!” Lovino si voltò. Erano atterrati e scesi dal jet proprio in quel momento, quando quella voce gli aveva chiamati. Proveniva da un ragazzo con i capelli a caschetto e gli occhiali che continuavano a ricadergli sulla punta del naso.
Storse la bocca: << Questo qui è un nerd >> fu il suo unico pensiero.
“Oh, ehilà Eduard!” lo salutò allegramente Alfred scuotendo il braccio in segno di saluto.

“Hai poco da ridere Jones! - replicò isterico il giovane - Si può sapere che avete fatto al jet?! Avete idea di quanto ci impiegherò per riparare l'ala?! Mi pareva di avervi detto che potevate prenderlo solo a patto che non gli fosse successo nulla!”

“Perdonaci Ed, ma siamo finiti in un'imboscata da parte di East Tiger e Thunderbolt” intervenne Antonio cercando di fermare il giovane. Questi lo squadrò per un attimo prima di sospirare: “E va bene, non riesco a rimanere arrabbiato con qualcuno che mi chiede scusa. Ma sarà il caso che mi metta subito al lavoro”
Detto questo si avvicinò ad un pannello, passò la mano vicino e partirono delle scintille. Subito dopo i pezzi meccanici presero a volare mentre si disponevano in maniera nuova e il giovane mormorava qualcosa. Lovino si voltò stupefatto verso lo spagnolo. Lui sorrise: “Eduard Von Bock. Viene dall'Estonia, è un tecnopata, ovvero è in grado di controllare gli oggetti meccanici ed elettronici col potere della mente. Inoltre pare anche essere in grado di parlare con le macchine. Meglio andare, dobbiamo accompagnare Emma in infermeria e poi voi dalla preside”
“Ci penso io a loro, tu occupati di Emma” intervenne Alfred con un sorriso. Antonio lo squadrò un attimo, per poi sospirare: “E va bene, e mi raccomando, fa attenzione e non inserire parti della storia di tua invenzione”

“Quando mai l'ho fatto?” chiese con un sorriso il biondo.

“Sempre” fu la risposta dell'europeo, prima di prendere una barella e portare l'amica in infermeria. Alfred accompagnò gli altri verso un ascensore.
“Esagerato, solo perché altero leggermente come sono andate le cose durante le mie eroiche imprese...” continuava a borbottare indispettito.
Le porte si aprirono e Alfred si fiondò fuori. In fretta i due fratelli seguirono l'americano.
Feliciano fissava ad occhi aperti la folla di mutanti che c'erano in giro. Vide ragazzi appesi a testa in giù, uomini che cambiavano aspetto e donne che scomparivano per poi comparire a dieci metri di distanza. “Ehi Al ” in quel momento Feliciano riportò la sua attenzione di fronte a sé e vide che l'americano era stato raggiunto da un giovane ragazzo che pareva essere la sua fotocopia. La voce era talmente bassa che quasi non riusciva a sentirla.

“Oh, ciao Mattie. Scusa non ti avevo visto”
L'altro assunse un'aria sconsolata: “Non è una novità... Ad ogni modo come è andata la ricognizione? Trovato qualcosa di interessante?”
“Beh, sì e no. Alla fine quel messaggio era un'imboscata ma qualcosa di interessante lo abbiamo trovato ugualmente”
Mentre raccontava continuavano a camminare. Ad un certo punto il nuovo arrivato era talmente assorto dal racconto del supereroe che non si accorse che stava camminando diritto contro una colonna.
“Attento!” urlò Feliciano, ma era troppo tardi. La superficie era ormai a pochi centimetri del biondo... e lui la attraverso senza problemi. Il minore lo osservò sbalordito. In quel momento il giovane si accorse di lui e si voltò a guardarlo.
Fissò prima la sua espressione basita e poi la colonna, per infine sorridere timidamente e portarsi una mano dietro la testa a mo' di scusa: “Grazie dell'avvertimento, ma io sono in grado di variare la densità delle molecole del mio corpo. In pratica so rendermi intangibile, oltre che invisibile. Io sono Matthew, comunque, Matthew Wiliams” e tese la mano.
Feliciano gliela strinse, solare: “Feliciano Vargas”
Anche Lovino lo fece, diffidente e con una leggera smorfia: “Non è che la tua mano si scompone tutto d'un tratto mentre te la stringo, vero?”
“Lovi!” urlò Feliciano.
“Che vuoi? Andiamo, non dirmi che non ci hai pensato anche tu!’’
Matthew sorrise dolcemente: “Fa nulla, e no, non ti preoccupare. Ad ogni modo ti ringrazio per aver salvato mio fratello dalle grinfie di East. Ti sono debitore”
“Di-di nulla...” borbottò l’italiano, rosso in viso. Tre persone che gli facevano i complimenti in un giorno? Okay, questo era strano, mica tutta la faccenda dei poteri eccetera.
“Oh, siamo arrivati!” esclamò Alfred. Bussò su di una gigantesca porta che recava incisa su di una lastra di ottone la scritta: “Zafirah Hassan, preside”.
Una dolce voce li invitò ad entrare. Alfred aprì la porta.

Zafirah Hassan era una bella donna dalla pelle olivastra e i capelli neri a caschetto, vestita con un professionale taileur beige. Offriva di sé un'immagine impeccabile, degna di una preside di qualsivoglia istituto normale. Ma quella non era una scuola normale: quanti presidi nel loro ufficio hanno un impianto di super computer stile Terminator?
''Porca miseria...'' si lasciò sfuggire Lovino, come incantato.
''Fratellone!''
''Non ti preoccupare - lo rassicurò la donna, sorridendogli - Molti ragazzi si lasciano in esclamazioni più o meno lecite, appena arrivano qui''
''Vero - confermò Alfred - Io per esempio...''
''Alt! C'è un minore qui!'' lo fermò Lovino, tappando le orecchie del fratello. Feliciano era abituato al linguaggio colorito del maggiore, ma lui non voleva far sentire al minore cose che poi lui gli avrebbe dovuto spiegare.
''Ehi, mi avrebbero solo cacciato da cinque stati!''
''Solo cinque?''
''Beh, già non mi vogliono quindici stati per un lieve incidente di percorso - si giustificò l'americano - Non fu niente di ché, l'eroe aveva tutto sotto controllo''
''Alfred - lo riprese la preside - Stai divagando. Di nuovo''
''Uhm sì, mi scusi... comunque, la missione a New York non è stata un fallimento. L'eroe ha trovato due mutanti''
''Ma taci, se sono stato io a salvarti il culo!''esclamò Lovino, tanto per sottolineare il fatto che, se non fosse intervenuto, l'altro ora si troverebbe presso le alte sfere.
''Con East Tiger avevo la situazione sotto controllo''
''Seh, come no.''
''Ma poi non tutti possiedono un fattore rigenerante come te!''
''Fattore rigenerante?''
Era solo un'impressione di Lovino, o la preside aveva cambiato espressione.
''Uhm... mi hanno pugnalato e sono guarito''

''Voglio il resoconto della missione...''
Alfred era pronto a parlare, ansioso di descrivere le sue eroiche gesta. Purtroppo, ciò che la preside aggiunse subito dopo mandò a quel paese tutti i suoi progetti di gloria.
''...e voglio che sia proprio tu a darmelo, ragazzo''
''Io?''
''Sì''
''No, aspettate... io non so niente di questi East Tiger o vattelapescà''
''Voglio anche la tua versione... oh, che sbadata. Mi sono dimenticata di chiedere il tuo nome. Credo che siano gli effetti dell'età''
''Lovino... Lovino Vargas''
''Ve... e io mi chiamo Feliciano Veneziano Vargas''
L'egiziana cambiò espressione, a Lovino sembrò quasi che fosse stupita. Ma si riprese subito. Tutto nel giro di pochi secondi.
''Sarei interessata alla tua versione, Lovino. Alfred è un caro ragazzo, ma non sono sicura sulla sua attendibilità su certi particolari''
''Ehi!''
''Alfred, ti devo ricordare la missione a Terranova?''
L'americano ammutolì, in evidente imbarazzo. Qualunque cosa fosse successa a Terranova, era talmente imbarazzante che la brutta copia di Superman non voleva che fosse divulgata.
Lovino scrollò le spalle.
''Che vuole che le dica? Ho incontrato questo qui per puro caso. Stavo solo marina... ehm... approfittando dell'ora libera per salire sul tetto della scuola, tutto qui''
La signora Hassan lo ascoltava, ma la sua mente era proiettata su tutt'altro genere di pensieri.
<< Hanno il suo stesso cognome... e Lovino gli somiglia veramente molto. Mentre Feliciano somiglia a Livia. Se loro sono i suoi nipoti... no, non è possibile. Dovrebbero essere morti. E se Elena mi avesse mentito? No, lei è troppo onesta per farlo. A meno che... oh, a meno che Claudio non abbia fatto uno dei suoi giochetti con la mente di Elena. Non gli è mai piaciuto giocare con la mente delle persone... a meno che non la situazione non lo richiedesse >>
''Signor Vargas - disse, interrompendo il racconto del giovane. Aveva bisogno di una risposta ai suoi dubbi - Lei e suo fratello siete in America da soli?''
''Sì... i nostri genitori sono morti, e ci siamo dovuti trasferire in America per via di un nostro parente''
''L'avete mai conosciuto?''
''Ve... no''
''E' uno zio, un nonno o...''
''Non ho la minima idea di chi sia. Mai visto''
''E non avete dei nonni?''
''Forse... ma non mi ricordo di loro - rispose Lovino - Saranno morti quand'eravamo molto piccoli. Ma questo che c'entra?''
''Mi dispiace, ho divagato.Volevo sapere se nella vostra famiglia ci fosse qualche altro caso di mutazione. A volte succede''
''Per quel che ne so, erano tutti normali''
''Capisco...''
Intanto, pensò: << Claudio ha cancellato la sua esistenza anche dalla memoria dei nipoti... testardo di un mutante, poteva portali qui, sarebbero stati più al sicuro. Però... e se lui avesse sperato che non fossero come noi? Dopo la morte di Livia, sarebbe comprensibile. Non posso dirgli ancora niente, sarebbe prematuro. Questi ragazzi hanno già avuto troppe emozioni per oggi... >>
''Alfred...''
''Yes?''
''Puoi far fare loro un giro della scuola? Avranno bisogno di ambientarsi.''
''Ehi, io voglio solo andare in infermeria - aggiunse Lovino - Ditemi dov'è e faccio anche da solo''
''Ve... qui c'è anche il giornalino? E il club d'arte?''
''Wow, calma! L'eroe ti farà vedere tutto!''
Vedendo i due Vargas, la donna rivide anche Claudio e Livia. La storia aveva il brutto vizio di ripetersi. Per quei due, non si prospettava un percorso facile.
 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Angolo autori:

E con un ritardo mostruoso (colpa esclusivamente mia e da non attribuirsi in alcun modo alla mia collega) ecco che pubblico anche il terzo capitolo incentrato stavolta sull'arrivo dei nostri eroi alla scuola Xavier per giovani dotati (che poi non sono neanche sicuro che sia questo il nome preciso della scuola, ma vabbé).

E qui avete fatto la conoscenza con un altro paio dei nostri personaggi: primo fra tutti Eduard ovvero Estonia, che però farà più che altro da sfondo alla vicenda; dopo di lui è la volta del nostro timido Matthew cioè Canada, immagino che il suo potere in un modo o nell'altro risultasse scontato; e infine ultima ma non per questo meno importante: la preside Zafirah Hassan alias Antico Egitto, il suo potere sarà presentato più avanti nel corso della storia e lei personalmente avrà un ruolo di primo piano in tutta la vicenda.

Avete inoltre conosciuto i nomi dei nostri ragazzi (fantasia portami via -_-||) e inoltre il mistero che circonda la figura di Claudio si fa sempre più fitto.

Chi sarà mai? E perché la preside si comporta così? Chi altri fa parte della scuola? Quali misteri celano coloro che si fanno chiamare “la confraternita mutante? Riuscirò ad essere puntuale negli aggiornamenti e nelle risposte? Arriverò vivo fino alle vacanze di Natale?

Per queste ultime due domande spero che la risposta sia sì, per le altre invece dovrete aspettare mi sa.

Ci si vede domenica (cercherò di essere puntuale), passate bene e sopravvivete, byeeeeeee!!!!!!!!

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Capitolo 4
*** Benvenuti all'istituto per giovani dotati ***


CAP.4: BENVENUTI ALL'ISTITUTO PER GIOVANI DOTATI

 

 

A Lovino non fregava nulla del club dell'arte, né tantomeno del giornalino. A lui interessava solo andare in infermeria a trovare Emma. Quella ragazza era davvero carina, e in fondo, a detta degli altri, si era comportato come un eroe, quindi perché non provare a fare colpo? Per questo approfittando di un momento in cui l'esaltato era distratto dalle assidue domande del fratello se le era svignata alla chetichella. Ora doveva solo trovare qualcuno che gli dicesse come giungere in infermeria.

<< Cazzo, possibile che non si trovi un singolo individuo qui? Avanti non chiedo molto: solo una persona che mi accompagni da Emma >> pensò.

Ma si sa: fai attenzione a quello che chiedi...

“Looooviiiiiiii!”

… potresti essere accontentato.

L'italiano si bloccò sul posto, per poi girarsi lentamente e incontrare un sorriso a trentadue denti.

“Che ci fai da queste parte di bello? Siete già stati dalla preside?” gli domandò Antonio.

“Sì sì, bastardo. Stavo solo cercando l'infermeria”

“Oh, e come mai questa decisione?”

“Volevo solo vedere come stava Emma. Problemi bastardo?”

“No no, non ti preoccupare. Anzi ti accompagno io!”

“Non ce ne è bisogn...” non fece in tempo a finire la frase che il castano si trovò con un braccio stretto attorno alle spalle e un solare spagnolo che gi faceva da guida.

Quando finalmente arrivarono in infermeria il castano era riuscito a raccontargli praticamente tutta la storia dell'istituto, dalle origini fino ai giorni nostri.

Quando entrarono furono accolti da una donna orientale con dei lunghi capelli castani decorati con un fiore sul lato della testa e un camice bianco.

“Oh, Antonio, già di ritorno? Avevi dimenticato qualcosa?” chiese sorridendo con fare materno.

“No, Mei, sono semplicemente venuto ad accompagnare un amico. Lovi, lei è Xiao Mei, si occupa dell'infermeria della scuola e di tutti i problemi 'scientifici' che di tanto in tanto affliggono l'istituto e la squadra. È una ricercatrice brillante ed una della scienziate più in gamba del mondo. Mei, lui è Lovino, l'abbiamo incontrato durante la missione di recupero e ha salvato la vita a me e ad Alfred”

“Non è vero” borbottò rosso l'italiano imbarazzato dal fatto che l'altro lo elogiasse così tanto. Lui non aveva fatto nulla di speciale in fondo...

“Beh, è un piacere conoscerti Lovino. Allora, perché siete qui?”

“Lovi voleva venire a vedere come stava Emma e io l'ho accompagnato” esclamò sorridendo lo spagnolo.

“Oh - la donna si agitò leggermente - È stato un pensiero davvero gentile il tuo Antonio, ma credo che sia meglio che ripassiate tra un po' ”

Lovino vide il volto dello spagnolo diventare duro e perdere ogni traccia di cordialità diventando simile ad una maschera di pietra: “Non dirmi che lui è qui?”

“Beh, sai com'è fatto. Una volta che saputo che Emma si era fatta male si è precipitato qui. È arrivato da poco, se vuoi incontrarlo...”

Antonio annuì: “Sì, capisco. Beh, tanto prima o poi mi avrebbe trovato comunque e mi avrebbe fatto la predica, quindi tanto vale togliersi subito il pensiero. Vieni Lovi, sarà il caso che tu faccia la conoscenza con un nuovo mutante”

Prese l'italiano per mano e lo portò verso una zona separata dal resto da una tenda.

L'altro ne approfittò per osservare meglio il ragazzo: era la prima volta che lo vedeva con un'aria seria, e doveva dire che gli faceva quasi... paura. Inoltre era preoccupato: chi mai poteva essere di così terribile da far perdere il buon umore ad un tipo del genere?

Antonio scostò la tenda.

Lovino vide che sul letto era distesa a dormire pacificamente Emma, mentre seduto vicino a lei se ne stava un ragazzo. Il giovane lo guardò meglio: aveva i capelli biondo castani come quelli della ragazza sparati in aria da quantità industriali di gel, gli occhi erano di un ipnotico verde chiaro che tendeva al marrone. Era di corporatura grossa e muscolosa. Una sciarpa blu e bianca gli avvolgeva il collo. Ma era l'espressione che gli faceva paura: era dura e per niente affabile. Neanche una scintilla di luce usciva da quegli occhi.

Il biondo piegò la bocca in una smorfia di fastidio e disgusto: “Ma tu guarda chi si vede” esordì gelido.

“Ciao Abel” fu la risposta di Antonio. Anche la sua voce era dura e bassa.

“Cosa ci fai qui?” domandò quel ragazzo. Lovino notò che aveva un leggero accento, che gli faceva pronunciare la parole in maniera dura. Tedesco forse? Sperava di no, lui non li sopportava i crucchi.

“Sono venuto a vedere come stava Emma”

Gli occhi del biondo si accesero di una luce pericolosa: “Fuori”

“Come scusa?”

“Come osi dire che sei venuto a vedere come sta? Come puoi anche solo pensare una cosa del genere? Come vuoi che stia in questo momento?! - si alzò a sedere e mandò la sedia per terra nell'impeto - Si è fatta accoltellare per colpa tua, perché sei un inetto! Tu saresti un supereroe? Non farmi ridere! Non sai quello che fai! Tu le dovresti proteggere le persone, non far rischiare loro la vita! Per colpa tua mia sorella è finita in infermeria, e so che se non fosse stato per una questione di pura fortuna, a quest'ora sarebbe all'altro mondo! Sei inutile, Antonio, l'ho sempre detto, sei un buono a nulla! Dovresti andartene e lasciar ad altri questo compito”

“Altri come te?” domandò gelido lo spagnolo.

Il ragazzo lo osservò dopodichè aprì una mano e Lovino la vide diventare bianca fino a scomparire in una nuvola di fumo: “Io almeno so come usare al meglio il mio potere. Tu invece...”

“Fratellone, smettila”

L'attenzione generale fu portata sul letto dove Emma se ne stava seduta a guardare quel giovane con occhi duri.

“Antonio non è inutile, tuttaltro. È uno dei mutanti più forti che abbia mai incontrato. Smettila di avercela con lui per quella vecchia storia, è acqua passata ormai”

Il biondo la guardò, per poi voltarsi e andarsene borbottando qualcosa in quello che era... olandese, forse? Quando passò vicino ad Antonio si premunerò bene di tirargli una spallata. Lovino lo seguì con lo sguardo e una volta arrivato alla porta lo vide tirarsi fuori dalla tasca un pacchetto di sigarette.

“Uao, direi che ho appena incontrato Mister Simpatia in persona. Ma che problemi ha quel tipo? E soprattutto chi è?” domandò l'italiano agli altri due.

Emma sospirò: “Hai appena incontrato il mio amabile fratello maggiore, Abel. Un mutante col potere di controllare le sostanze gassose e che è in grado di trasformare il proprio corpo in fumo”

“E che mi vuole vedere morto” sottolineò Antonio.

“Sì, l'ho notato. La domanda è: perché? Che gli hai fatto?”

Lo spagnolo arrossì leggermente e si portò imbarazzato una mano dietro alla testa: “Ecco, vedi Lovinito, un tempo... io ed Emma uscivamo insieme”

Il castano spalancò la bocca: “Che cosa?!”

“Sì, sarà stato circa per quanto, due, tre anni? - si affrettò a spiegare Emma - Ci piacevamo e ci siamo messi insieme. Al fratellone la cosa non è mai piaciuta, è molto protettivo nei miei confronti. Poi quando ci siamo lasciati è stato convinto che io abbia sofferto, quando in realtà ero stata io stessa a troncare il tutto. Inoltre il fratellone è leggermente... invidioso di Antonio”

“Invidioso? Perché?”

“Te lo spiego subito - intervenne lo spagnolo - Quando si è deciso di fondare la squadra di recupero, si scelsero i membri tra gli studenti più promettenti dell'accademia. Ad un certo punto finimmo per competere per l'ultimo posto disponibile io e Abel. Io vinsi e entrai a far parte del gruppo, e lui non me lo ha mai perdonato. Si ritiene superiore a me in quanto a capacità e non accetta che lo abbiano scartato perché: 'estremamente egoista e egocentrico, inadatto al lavoro di squadra'. Questa cosa non gli è mai piaciuta”

“Perché non è vera?”

“Oh sì che è vera. Il fratellone è sempre stato un tipo che pensa prima a sé stesso che agli altri, ma io sono convinta che gli basterebbe incontrare il gruppo giusto e tutto cambierebbe. No, non gli è piaciuta perché lui odia che qualcuno gli dia dei giudizi contrari all'immagine perfetta che ha di sé stesso e non sopporta di arrivare secondo”

“Oh, capisco. Però che soggetto”

“Eh già. A proposito che ci fate qui?” domandò Emma sorridendo.

Lovino arrossì. Nonostante tutto le spacconate che diceva era un tipo molto timido e insicuro, e soprattutto non riusciva mai a flirtare con le ragazze quando queste sembravano starci.

Ci pensò Antonio a toglierlo dai guai: “Lovi era preoccupato ed era venuto a vedere come stavi!”

“Ch-che cosa?! Bastardo, chi ti ha dato il permesso di dirglielo?!” e gli sfondò il torace con una testata.

“Davvero? Grazie mille Lovino - Emma si esibì in un sorriso luminoso e gli diede un bacio fraterno su una guancia - È stato proprio un pensiero gentile da parte tua, grazie mille”

Il castano arrossì mentre si trovava a sorridere leggermente. Forse quella scuola di disadattati non era così male.


 

''Ve... quei ragazzi stanno volando! Oh, ma non c'era una ragazza lì? Ora è un ragazzo?! Ah, che ci fa quella ragazza in un armatura da samurai? Ve... ci sono dei poteri strani eh?''
Aveva a che fare con un bambino. Feliciano si meravigliava per tutto, guardando con gli occhi sgranati tutti i ragazzi che incrociavano durante il tour della scuola. Alfred era sconcertato: nessuno dei ragazzi che ogni anno arrivava all'Istituto si mostrava tanto entusiasta come l'italiano. La maggior parte era confusa, disorientata... e molto, molto arrabbiata. I mutanti non erano mai ben visti, ed erano perseguitati fin da quando si presentavano i primi segni della loro mutazione...

''Io non voglio continuare a vivere qui''
''Perché?''
''Sono da solo... e nessuno vuole avere a che fare con me. Dicono che sono un mutante...''
''E allora? Jenny ha la faccia da rana, ma non per questo le dicono che è una mutante!''


''Wow! - esclamò Feliciano, distogliendo dai suoi pensieri - Quindi questa è una scuola come quella di Harry Potter?''
''Dude, noi siamo più fighi di un undicenne sfigatello con una cicatrice. Siamo mutanti, e un giorno alcuni di noi diventeranno degli eroi!''
''Ve... ma non lo siete già?''
Alfred scosse la testa, e rispose: ''Magari, amico! Noi siamo degli... apprendisti eroi, ecco. Siamo delle spalle, tipo Robin. I veri eroi sono i Generetion X. Sono il secondo gruppo mutante che dirige la scuola''
''Secondo? Che è successo al primo?''
''Alcuni sono dispersi per lo spazio, altri sono impegnati in guerre intergalattiche, altri sono morti, altri ancora si sono ritirati per vivere con le loro famiglie. Mentre alcuni...''
L'americano si fermò, quando si rese conto di aver detto troppo cose al povero Vargas, che sembrava sconvolto all'accenno della morte di alcuni degli ex eroi mutanti.
''Ve... poverini! Sarà stato doloroso!''
''Beh, ma loro erano eroi! - spiegò il biondo - Sapevano quello che stavano affrontando''
''E tu vuoi diventare come loro?''
''Io lo sono già! Devo solo ufficializzare la cosa e... ehi, ma stai piangendo?''
Feliciano aveva i lacrimoni, e singhiozzando disse: ''Ma se tu diventi uno di loro... morirai?''
''Ehi? Certo che no! I'm the Hero''
''Anche loro erano eroi... - pigolò debolmente l'altro - Hai salvato il mio fratellone, non voglio che tu muoia!''
''Ehi, io sono uno tosto - lo rassicurò Alfred, a cui non era mai piaciuto veder piangere qualcuno. Non era da eroi veder piangere senza fare niente! - Mica mi farò fare fuori tanto facilmente!''

''Perchè piangi?''
''Perchè tu e Matt domani ve ne andrete...''
''Ehi, quelli lì non hanno capito niente. Se non vieni anche tu, io non mi muovo da qui''
''Davvero?''
''Ehi, sono un eroe! Quando faccio una promessa, la mantengo sempre. Anche a costo di dover mangiare per due settimane le verdure!''


Spinto dal suo istinto di eroe protettore dei deboli e degli indifesi, l'americano accarezzò la testa di Feliciano con fare amichevole, come se lo volesse confortare.
''Ehi, va bene piangere. Ma l'eroe è qui, e non si farà uccidere senza prima combattere!''
''Ve... ma anche se è pericoloso, non hai paura?''
Alfred scosse con decisione la testa.
''Paura? Io? Eh no, gli eroi non hanno paura... ok , forse qualche volta sì... ma il più delle volte non hanno paura di niente!''
''Ve... beato te. Io invece ho paura di tutto. Ho paura dei temporali, di dormire da solo, di non stare con il fratellone, di ...''

''Ho paura...''
''E di cosa? Ci sono io qui!''
''Ma i fantasmi...''
''Saranno solo trucchi delle ragazze. Ma noi siamo coraggioso, e non ci faremo fregare da loro!''


''ATTENZIONE!''
Una voce concitate interruppe l'elenco di Feliciano, e i due ragazzi si voltarono verso la direzione da cui avevano sentito arrivare il grido.
''Ve... ma cosa...?''
Una statua di marmo atterrò a pochi passi da Feliciano, e un'altra apparve proprio sulla testa di Alfred. Che, vuoi per il potere del giovane e per la sua proverbiale testaccia dura, si frantumò sotto lo sguardo stupito di Feliciano.
''Ve... stai bene?''
''Mhm... ho un leggero mal di testa, in effetti''
''Ma quelle da dove...''
In quel momento, arrivò un ragazzo dai tratti orientali, vestito con un kimono grigio e seguito da un'altro ragazzo dalla pelle ambrata e l'aria più tranquilla rispetto alla sua.
''Oh, ciao Kiku. Ciao Heracles. Siete ancora impegnati con i vostri esperimenti?''
''Mi dispiace, Alfred -san. E' stato un incidente''
''Mhm... per me ci stavi riuscendo - intervenne l'altro ragazzo - Forse devi aggiustare la mira, ma siamo a un buon punto''
''Ve... scusate, ma di che esperimenti state parlando?''
''Ecco, Kiku è un teleporta. Può aprire portali e teletrasportarti dove vuole. Solo, questo è un potere piuttosto seccante, perchè non permette di combattere o cose così. E lui...''
''E io non voglio essere di peso durante le missioni della mia squadra - finì l'asiatico - E'... è una cosa personale, ecco. Heracles mi aiuta con vari esperimenti, ma molto spesso si rivelano dei disastri. Come in questo caso...''
''Ve... questa sembra la Venere di Milo! - esclamò Feliciano, osservando curioso la statua che per poco non lo stava spiaccicando - E' una copia?''
''Ehm... non esattamente... E' quella originale''
''Cosa? Davvero? Wow, ho sempre desiderato di vederla da vicino!''
Per uno che era quasi morto, la stava prendendo bene.
''Sei nuovo, giusto? Mi dispiace non essermi presentato come si deve. Io mi chiamo Kiku Honda, e lui è Heracles Karpusi''
''Heracles come l'eroe?''
''Sì, proprio come l'eroe''
''E dov'è il satiro?''
''Quello c'è solo nel film disney''
''Uff, che peccato''
''Ehi, ho un idea - esclamò Alfred - Ti va di aiutarli con i loro esperimenti? Scommetto che ti divertiresti!''
''Ve... e tu?''
''Io? Beh, l'eroe ha bisogno di un mega hambuger. E di qualche chilo di patatine fritte''
 

''Non vuoi rimanere?''
''Ehi, vado solo a mangiare. L'eroe torna sempre, ricordarlo. Tu vieni con me, vedrai che nessuno ti prenderà in giro , con me a proteggerti''


''Alfred san, state bene?''
Il ragazzo scosse la testa, e disse: ''Ah, tutta colpa della fame. Faccio sempre strani pensieri quando sono affamato. Comunque, sono sicuro che con voi Feliciano sia in ottime mani''
''Ve... mi porteresti a Roma?''
''Potrei provarci, sì...''
''Non avevamo mai avuto un volontario''
''E' doloroso il teletrasporto?''
''Boh, oggi vedremo''
''Ve... forse era meglio far riportare la Venere di Milo al museo''


 

“Okay, allora sei pronto?” domandò Kiku.

Feliciano deglutì prima di annuire. I tre ragazzi erano fermi nel cortile della scuola, Heracles se ne stava disteso su di una panchina e stava dormendo della grossa. Stranamente inoltre non appena si era seduto era stato circondato da gatti di ogni genere e razza. Gli altri due invece erano in piedi, l'orientale teneva le spalle dell'altro e lo osservava serio e leggermente preoccupato. L'italiano avrebbe preferito che il suo nuovo amico nascondesse meglio la preoccupazione. Subito dopo aver riportato la Venere di Milo al legittimo museo i tre avevano deciso di fare un paio di lanci di prova su scala minore prima di provare il grande salto verso Roma.

Teletrasportare oggetti era un conto, teletrasportare persone invece era tutto un altro paio di maniche.

“O-okay, allora vado” mormorò il moro prima di chiudere gli occhi per concentrarsi. L'attimo dopo Feliciano sentì un rumore simile ad un esplosione e venne avvolto dal fumo, provò la sensazione di non pesare nulla, dopodiché si sentì sottosopra e perse l'equilibrio finendo per terra. Cercando di orientarsi vide che si trovava non più nel cortile all'aria aperta bensì in un corridoio della scuola. Affianco a lui in piedi e leggermente stordito se ne stava il giapponese.

“Ve Kiku ce l'hai fatta! Mi hai portato qui senza problemi e senza fare del male a nessuno!”

“Ehm, non proprio...” mormorò in quel momento una voce sotto di lui. Il castano abbassò lo sguardo e incontrò degli occhi azzurri e un volto piegato in una smorfia di dolore.

“Mathew -san! - strillò spaventato il giapponese prima di aiutare l'altro ragazzo a mettersi in piedi - Stai-stai bene? Mi dispiace davvero tanto, non ti avevo visto. Ti eri reso invisibile per caso?”

“Sigh, no non proprio” sospirò il giovane esasperato. Era inutile, per quanto ci provasse gli altri non lo notavano mai. A volte si chiedeva se per caso la sua mutazione non avesse un qualche difetto per il quale continuava a restare invisibile a sua insaputa. Sperava di no.

“Ve, scusami scusami. Mi dispiace davvero tanto di esserti finito addosso! Ve, scusa!”

Quella voce acuta lo riportò al mondo reale. Alzò gli occhi e rivide quel ragazzino castano con quel curioso ciuffo di lato.

“Fa nulla, davvero. Feliciano, giusto?”

“Ve, sì. Mentre tu sei Matthew, il fratello di Alfred. Minore o maggiore, a proposito? Oppure siete gemelli visto quanto vi assomigliate?”

Matthew sorrise leggermente. Quel ragazzino era davvero curioso: “No no, io sono il maggiore. Di due anni. Alfie però crescendo mi ha raggiunto e molto probabilmente mi supererà di altezza”

“Ah, capisco” mormorò l'italiano.

In quel momento sentì una mano dargli una pacca sulla spalla e una voce mugugnare: “... libro...”

Il castano si voltò salvo poi fare un salto indietro e urlare: “Mamma mia, il Krampus!”

Dietro di lui se ne stava un grosso ragazzone con dei corti capelli biondi, il volto era corrucciato in un cipiglio perenne e portava degli occhiali da sole con delle curiose lenti rosso scure. A sentire il paragone il nuovo arrivato assunse un'aria che era una via di mezzo tra il sorpreso, il confuso e l'abbattuto.

A quel punto intervenne Matthew: “Oh, il libro è mio, grazie mille per avermelo raccolto Berwald - e prese il volume che l'altro stava porgendo - A proposito lascia che ti presenti uno dei nuovi arrivati. Lui è Feliciano, è stato recuperato oggi insieme al fratello”

“P*cere” mormorò il ragazzo porgendo la mano.

“Pia-piacere” rispose non molto convinto il giovane.

“Lui è Berwald Oxenstierna - continuò la presentazione Matthew - Viene dalla Svezia. Può sembrare un tipo pauroso ma ti garantisco che in realtà è buono come il pane. Il suo potere consiste nello sparare raggi ottici ad alta concentrazione, e causa di questo però è sempre costretto a portare gli occhiali da sole per non far del male a qualcuno”
A sentire quelle parole tutte le paure di Feliciano scomparirono per essere sostituite, come al solito, dal suo lato premuroso: “Ve, davvero? Mi dispiace tanto, deve essere brutto non essere in grado di guardare direttamente negli occhi qualcuno per la paura di fargli male. Scusa se prima ti ho dato del Krampus, ma mi hai spaventato, mi dispiace tanto”

Il biondo rimase sorpreso da quelle parole e si limitò ad annuire confuso: “F* nulla, io...”

“Ma si può sapere cos'è tutto questo rumore? Sappiate che qui c'è anche gente che sta cercando di studiare, eh?” sbottò in quel momento una voce.

Feliciano si voltò e vide una porta aperta dalla quale faceva capolino un giovane dai capelli biondo chiari tenuti indietro su di un lato da un fermaglio a forma di croce e gli occhi blu scuri.

“Ma si può sapere che avete così tanto da discutere, io... - si interruppe non appena vide lo svedese - Oh, ciao Berwald” mormorò.

Feliciano sentì il ragazzo irrigidirsi al suo fianco per poi mormorare: “Lukas”

Vide i due osservarsi in cagnesco per alcuni secondi per poi uno andarsene parecchio indispettito e l'altro chiudere loro la porta in faccia.

“Ve, che è successo?” domandò l'italiano che non riusciva a metabolizzare la scena appena vissuta. Chi era quel ragazzo? Perché Berwald si era comportato in una maniera del genere? Come mai tra i due pareva scorrere odio?

“Ecco - intervenne Kiku - Il ragazzo che hai appena visto uscire dalla porta si chiama Lukas, Lukas Bondevik. È un telecineta ed è in grado di creare proiezioni psichiche con la mente. E tra lui e Berwald... non scorre buon sangue”

“Ve, come mai?”

“Nessuno lo sa. Berwald è giunto a scuola dopo l'arrivo di Lukas e sin da quando si sono incontrati la prima volta lo ha trattato con freddezza, quasi odio”

“Strano... - mormorò il castano. Osservò ancora per qualche attimo la porta salvo poi riscuotersi - Ve, ad ogni modo, quando mi accompagni a Roma?”

Sorrise ma la mente continuava a tornare a quei ragazzi incontrati, e avrebbe scommesso che gli incontri sarebbero proseguiti, e ciascuno sarebbe stato particolare come quelli.

Il moro si agitò leggermente: “Ecco, credo che sia meglio prima fare almeno un altro lancio per sicurezza, così anche ti abitui”

“Ve, okay”

Kiku prese di nuovo per le spalle l'altro, si concentrò e lo teleportò.

Stavolta finirono seduti su di una panchina nell'atrio della scuola.

“Toh, ciao Kiku. Ancora esperimenti?”

Feliciano osservò il ragazzo che aveva appena parlato. Lui e l'orientale telportandosi erano finiti seduti ai suoi due lati. Era un giovane coi capelli biondi lunghi circa fino alla base del collo, portava una lieve barbetta e gli occhi azzurri erano concentrati su di un libro che stava leggendo elegantemente. Come era possibile essere eleganti leggendo un libro Feliciano non lo sapeva, però quel ragazzo aveva un portamento regale.

“Buondì, Francis -san. Mi dispiace se ti abbiamo disturbato. A proposito, lui è uno dei nuovi arrivati, si chiama Feliciano Vargas”

Il biondo alzò gli occhi dal libro per scrutarlo per un po' e infine sorridere malizioso. Chiuse il volume e si esibì in un elegante baciamano: “Enchanté, permettetemi di presentarmi: Francis Bonnefoy. Fare la sua conoscenza è un vero piacere”

Gli sorrise e Kiku comprese all'istante quello che stava succedendo. Il francese stava adoperando il suo potere di creare feromoni per irretire l'italiano. Stava per intervenire ma fu preceduto dal castano che trillò felice: “Feliciano, il piacere è tutto mio!”

Il biondo assunse un'aria sorpresa e così l'orientale. Quel ragazzo non aveva risentito per nulla della malia, un avvenimento mai accaduto prima d'ora. Poteva succedere che qualcuno riuscisse a spezzare il suo potere, ma ciò succedeva solo dopo che ci si rendeva conto di quello che lui stava facendo. Il giovane italiano invece non sapeva nulla del suo potere.

“Curieux. Trés curieux...” mormorò l'europeo osservando il ragazzo.

Inoltre notava che c'era qualcosa di familiare nel suo viso. I capelli, quel ciuffo, gli occhi allegri, il modo in cui sorrideva... perché gli risultavano così familiari?

“Ve, tutto bene?”

La voce del ragazzino lo riportò in sé. Si esibì in un sorriso amabile: “Mais oui, tutto perfetto. Io ora devo andare in camera. Ci si vede Kiku. Ciao, Felì, incontrarti è stata un'esperienza... interessante” detto questo si alzò e se ne andò.

“Ve, che succede?” chiese spaesato il giovane ragazzo.

Kiku si limitò a sorridere nervoso: “Niente di importante. Allora: Roma dicevi?”


 

Lovino e Feliciano si rividero solo alle 22.30, quand'era ormai ora di andare a dormire. Per entrambi, era stata una giornata sfiancante: il maggiore era rimasto in infermeria con Antonio ed Emma, e tutti i suoi tentativi di flirtare era andati a vuoto. Almeno, di positivo c'era che Emma non aveva paura di lui, come le ragazze della sua vecchia scuola. Ok, aveva un caratteraccio, ma mica era un sociopatico!
Feliciano invece era stato la cavia per gli esperimenti di Kiku ed Heralecs, finendo da Roma fino alle piramidi di Giza, e per poco non era stato investito da un cammello. Di buono c'era una cosa: Kiku aveva stabilito che sugli altri esseri umani, il teletrasporto non aveva effetti collaterali.
E l'italiano non vedeva l'ora di ripetere l'esperienza. Teletrasporto? Per lui era pura fantascienza, fino a poche ore prima!
''Ve... è stato fantastico fratellone!''
''Seh, certo. Ho capito'' borbottò l'altro, mentre apriva la porta della camera che la preside aveva preparato per loro. Non si aspettavano l'arrivo di due mutanti, ma comunque l'Istituto era attrezzato ad ospitare gli studenti e i nuovi iscritti. A Lovino sembrava quasi una tipica camera del college. Ironico, dato che nessuno dei suoi professori avrebbe scommesso mezzo dollaro sulla sua futura ammissione al college. Che gran bastardi.
''Ve... abbiamo un letto a castello!''
''Si, lo vedo anch'io''
''Posso stare sopra?''
Lovino scrollò le spalle, e rispose: ''Fa come vuoi. Per me è indifferente. Voglio solo dormire e svegliarmi tra due settimane. Uff, dovrò anche togliere le macchie di sangue da qui... che seccatura''
Essendo andati via in fretta e furia per cause di forza maggiore, non aveva niente con cui personalizzare quella camera. Era fastidioso, ma meno di quand'erano arrivati a New York la prima volta. Da soli e senza sapere una parola d'inglese. L'assistente sociale aveva dovuto lavorare molto con loro, per farli integrare a scuola. E di tanto in tanto veniva a dare un'occhiata da loro, per accertarsi che due bambini da soli non facessero saltare in aria l'appartamento. La tutela c'era, certo. Ma chi si doveva occupare di loro era un fantasma. Bah, tanto meglio. Loro due se l'erano cavata benissimo senza adulti tra i piedi. E Lovino si era sempre preoccupato di proteggere il suo fratellino dai bulli a scuola e da i possibili pedofili per le strade di New York. Certo che Law e Order non aveva tutti i torti, e Benson e Stabler avevano un lavoraccio.
''Ve... fratellone...''
''Che vuoi?''
''Non credi anche tu che manchi qualcosa?''
Il maggiore sospirò e disse: ''Beh, praticamente dovremmo dormire nudi, dato che non abbiamo nient'altro oltre che i vestiti che abbiamo addosso. Sì, in effetti qualcosa manca''
''Ve.. ma non mi riferivo ai vestiti''
''A cosa stai...''
''Mi manca la mamma''
Feliciano conservava una foto della loro mamma in un cassetto della sua camera. E lui sapeva che il suo fratellino la guardava sempre, prima di andare a dormire. Era un suo speciale rito, erano dieci anni che non si staccava da quella foto. L'aveva aiutato ad andare avanti, a sorridere nonostante tutto. Anche se era in un posto sconosciuto, a sei anni aveva trovato la forza di non piangere grazie a quella foto.
''Ve... mi sarebbe piaciuto salutarla sai?''
''Tsk, quante storie... domani vado a prendere la tua foto''
Il minore sgranò gli occhi.
''Davvero? lo faresti per me?''
''Si, ma non urlare. Consideralo come un regalo di compleanno. Tanto, non avevo la minima idea di cosa regalarti''
Poteva anche fare il duro, ma Lovino aveva il cuore tenero. Inoltre, non sopportava di vedere suo fratello triste. Si era sempre impegnato per proteggerlo. Era suo dovere portargli quella foto

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Angolo autore:

Bene, questa settimana sono riuscito ad essere puntuale, dieci punti a Tassorosso!

Ad ogni modo con voi come va? Spero bene e spero che accoglierete come me con allegria finalmente l'arrivo del Natale e delle tanto sospirate vacanze.

In questo capitolo abbiamo fatto maggiore conoscenza con altri membri della scuola, che ora andrò ad elencarvi, tanto perché abbiate un'idea di chi io stia parlando: Xiao Mei alias Taiwan, che svolgerà la funzione di infermiera e pertanto è un'adulta rispetto agli altri ragazzi che sono tutti adolescenti, il suo potere lo scoprirete più avanti; Abel cioè Olanda (o Paesi Bassi, fate voi) il fratello maggiore di Emma che odia Antonio e che è in grado di controllare le sostanze gassose e di rendere sé stesso di fumo; seguono poi Kiku cioè Giappone che è un teleporta e Heracles, Grecia, che invece (qui non è stato detto) è in grado di creare illusioni prendendo ispirazione dai suoi sogni; poi passiamo a Svezia cioè Berwald che ha il potere di Ciclope; segue poi Norvegia-Lukas che è un telecineta e che possiede inoltre l'abilità di creare proiezioni psichiche (per chi non lo sapesse sono cose simili alle illusioni); concludiamo infine con Francia e il suo controllo sui feromoni, potere che verrà chiarito più avanti nel tempo.

Però anche i misteri si infittiscono all'interno della storia: chi era il misterioso interlocutore nei ricordi di Alfred? Perchè Berwald e Lukas si odiano così tanto? Come mai il potere di Francis non ha effetto su Feliciano? E soprattutto chi gli ricorda al francese il minore dei Vargas?

Tanto per essere chiari la prima frase della storia riprende direttamente l'ultima frase di Feliciano dello scorso capitolo nella quale chiede se a scuola ci siano il giornalino e il club dell'arte.

Inoltre approfitto di questo angolino per ringraziare Lady White Witch per avermi aiutato nella realizzazione del capitolo inserendo la parte dedicata ad Alfred e la conclusione.

Vi auguro inoltre un felice Natale, ci vediamo domenica prossima, byeeeee!!!!

Avviso: da questo capitolo in poi ci vorranno due recensioni come minimo per continuare, ve le chiedo così anche potrete dirci se ci sono cose che abbiamo sbagliato. Volete fare felici due autori, da? ^J^

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Capitolo 5
*** Chat imbarazzanti e fughe in moto: chi ha detto che la vita da mutante è noiosa? ***


CAP.5: CHAT IMBARAZZANTI E FUGHE IN MOTO: CHI HA DETTO CHE LA VITA DA MUTANTE È NOIOSA?

 

 

Westchester, New York

Istituto Xavier per giovani dotati

La mattina dopo

 

''Aspetta... quindi un novellino avrebbe salvato il culo ad Antonio?''
''Oui, e non è tutto: suo fratello è immune ai miei feromoni!''
''Kesekesekese... ma chi hanno portato all'Istituto, Franny? Vi divertite proprio quando io non ci sono? Il Magnifico è profondamente offeso''
Francis sorrise, mentre si sistemava meglio sulla poltroncina. La connessione ultimamente lasciava a desiderare, ma era sempre meglio di niente. Almeno, poteva parlare via Skype con Gilbert. Il suo amico era dall'altra parte del mondo, in Europa, a cercare di riprendere i contatti con un gruppo di mutanti lì presente, per accertarsi che non fossero stati sterminati o adescati dalla Confraternita. E, cosa ancora più importante, doveva anche controllare suo fratello minore, che viveva con una sua amica ungherese. Era sicuro che anche lui fosse un mutante, solo non aveva ancora sviluppato i suoi poteri. Il francese non l'aveva mai visto, ma Gilbert non faceva altro che parlare di lui, le rare volte che si degnava di rimanere a scuola a lungo. Era un giramondo, il ragazzo. E dato il suo potere, poteva anche permetterselo.
''Mon ami, ieri è stata una giornata... particolare''
''Me ne sono accorto. Ma almeno questo qui è carino?''
''Mhm... non ti saprei dire, non l'ho ancora visto - ammise a malincuore il mutante - Spero che non sia immune anche lui ai miei feromoni, come il suo fratellino. Sarebbe estremamente frustante. Due nuove leve a scuola, e nessuna possibilità di socializzare''
''Franny, l'ultima volta che hai provato a socializzare, come dici tu, Abel ti stava spedendo sulla faccia blu della Luna''
''Sono particolari''
''Oh certo, come no. E Antonio? Lui che ne pensa del nuovo arrivato?''
''E' rimasto tutta la giornata con lui''
''No, davvero? Kesekesekesekese... questa è proprio bella!''
''Cosa?'' chiese il diretto interessato , arrivato proprio in quel momento e sedendosi su uno dei braccioli della poltroncina.
''Ehilà Tonio! - lo salutò Gilbert - Stavamo proprio parlando di te''
''Oui, di te e del nuovo arrivato''
Antonio inarcò un sopracciglio.
''Feli non è il mio tipo'' disse, pensando di stroncare sul nascere eventuali pettegolezzi da parte dei suoi migliori amici.
''Eh? Mon ami, non ci riferiamo a lui, ma a suo fratello maggiore - precisò Francis, armatosi di tanta santa pazienza. Per certe questioni, il suo amico era veramente ottuso - Sono andato a trovare Emma, e lei mi ha detto che ieri avete passato tutto il pomeriggio in sua compagnia''
''Oohhh... Lovinito''
''Gli hai già dato un nomigniolo? E' cotto!'' scherzò Gilbert.
''Non essere acido, Gil. Questa è la forza dell'amour!''
''Ragazzi, non credete di esagerare?''
''Porquoi? L'amore sboccia nei momenti più inaspettati. Non ti ricordi di Claudio e...''
''MA PORCA PUTTANA! QUESTA SCUOLA E' UNA MERDA!''
Francis fu interrotto da un italiano furioso e completamente fuori di sè. Lovino entrò nella saletta e sbatté la porta con un tale strattone da far vibrare gli oggetti più delicati lì presenti.

Francis non aveva sentito mai nessuno imprecare tanto. Certo, anche Gilbert e Abel spesso e volentieri sembravano dei marinai. Ma qui... oh, qui si raggiungevano tutt'altri livelli.
Antonio, al contrario, non si scompose più di tanto.
''Lovinito! - esclamò, salutando il nuovo arrivato - Non hai una bella cera. E' successo qualcosa?''
''Vorrei vedere te, bastardo. Non posso tornarmene a casa!''
''Non ti piace stare qui?'' gli chiese, quasi deluso. Delusione notata sia da Francis sia da Gilbert. Eccolo il misterioso fratello maggiore di Feliciano. In effetti, la somiglianza c'era. Ma in quanto a carattere, non potevano essere più diversi.
''Ehi, non fare quella faccia. Mica ho detto che voglio andarmene via''
''Ma hai detto...''
''So quello che ho detto - lo interruppe l'italiano - Feli mi ha chiesto un favore. Devo recuperare delle nostre cose... personali, a casa. Solo che la vostra preside non mi vuole fare uscire. Per quale cazzo di motivo, non lo so!''
''Ehm... sai che East Tiger è ancora là fuori, e probabilmente ti starà cercando?''
Lovino rabbrividì appena, ricordando la disavventura del giorno prima. No, quel tipo era l'ultima persona che avrebbe voluto incontrare. Solo, aveva fatto una promessa a suo fratello. E, cascasse il mondo, lui le sue promesse le manteneva sempre.
''Andasse a fanculo, io devo tornare a casa. Ho promesso a mio fratello che avrei recuperato... una certa cosa per lui''
Antonio lanciò uno sguardo eloquente a Francis. 'Ti prego, fallo calmare' gli voleva dire. I feromoni del mutante funzionavano sia su uomini che su donne, variando gli effetti a seconda dei suoi desideri. E se voleva, poteva persino convincere qualcuno a desistere dai propri proposito. Come dimenticare quando riuscì a far calmare Abel, quando quest'ultimo aveva tutta l'intenzione di spezzare le ossa ad Antonio, dopo la rottura con Emma?
In questo caso, era evidente come lo spagnolo non volesse che il giovane se ne andasse dalla scuola, verso una probabile missione suicida.
Ah, com'era dolce vedere i primi germogli del dolce amour!
''Tonio ha ragione - disse il francese, caricando bene le parole - Dovresti rimanere qua, al sicuro. La preside ha le sue ragioni per non farti uscire, è una donna molto saggia. Che ne diresti di rimanere un po' qui, con noi?''
Doveva funzionare. In quel momento stava usando tutto il suo potere, certo che, su di lui, avrebbe funzionato. Antonio si era allontanato, per non rientrare nel suo raggio d'azione. Certo, aveva imparato col tempo a resistere agli effetti dei feromoni del suo amico, ma questo non gli impediva ogni santa volta di cascare nei suoi trucchi. Entrambi i mutanti, più Gilbert che stava assistendo curioso alla scena da Skype, erano in trepidante attesa.
Lovino squadrò Francis, e sbottò: ''Scusa, ma tu chi cazzo sei?''
''Eh?''
''Perchè fate quella faccia? Sembra che vi sia morto il gatto''
''Tu... tu non mi hai ascoltato...''
''Senti coso, ho altri cazzi a cui pensare. Devo trovare il modo di andarmene via per qualche ora da questa scuola di matti''
Gilbert ,dallo schermo del pc, rideva sguaiatamente, mentre Francis e Antonio erano rimasti impietriti.
''Due... due persone immuni '' mormorò il biondo, stranito. Non era mai successo che qualcuno gli resistette. E ora, arrivavano due nuovi mutanti in grado di contrastare il suo potere. Ma da dove erano usciti?
Intanto, Antonio si riprese subito dalla sorpresa. Lovino voleva uscire, in barba alle regole e al buon senso? Perfetto, lui l'avrebbe aiutato a non farsi beccare a non morire. Mhm... forse non necessariamente in quest'ordine.
''Non preoccuparti, Lovi. Io conosco un modo sicuro per uscire dalla scuola e tornare subito''
''Mi pigli per il culo?''
''Io? Non potrei mai! Solo, ti dirò quello che so se mi permetterai di venire con me. Sono abbastanza versato col mio potere, ti potrei proteggere in caso di incontri indesiderati''
''Io non ho bisogno di nessuno che.... - poi, ricordandosi del dolore della pugnalata, si corresse - Ok, farò un eccezione per te, bastardo. Ti avverto , non fare troppe domande, e non toccare niente quando saremo lì. Intesi? ''
''Sei stato cristallino, Lovinito''
''E non chiamarmi Lovinito''
''Come vuoi... Lovi''

 

Gli schiamazzi dei bambini che giocavano riempivano la stanza.

Emma si ritrovò a sorridere. Era appena stata rilasciata dall'infermeria e ne aveva subito approfittato per andare a trovare i bambini dell'istituto, abbandonati lì perché i genitori temevano fossero mutanti e non volevano averci niente a che fare.

Lei adorava quei ragazzi e, sarà stato per il fatto che era orfana e non aveva mai avuto una vera famiglia, però teneva a quei bambini come se fosse la loro madre. Inoltre facendo visita lì poteva anche andare a trovare suo fratello minore Sigfried.

Stava proprio chiacchierando col ragazzino quando questo fu chiamato da un altro giovane, con i capelli biondo paglia tagliati in un caschetto e due imponenti sopracciglia sopra agli occhi blu come il mare.

“Sieg! Vieni, abbiamo bisogno di te! Ci manca il sesto per un tre contro tre sul campetto di basket!” urlò il ragazzino mentre indicava l'esterno.

“Sì, Peter, arrivo ora” urlò in risposta il giovane. Dopodiché si voltò in direzione della sorella e si esibì in un occhiata di scuse.

Emma sorrise: “Vai, non c'è problema”

Il fratello si esibì in un sorriso a trentadue denti prima di correre verso l'esterno. Emma stava per tornare in camera quando notò una bambina con dei capelli biondi tagliati corti e oranti da un fiocco rosa che se ne stava seduta in disparte a osservare fuori dalla finestra con aria sconsolata.

La belga le si avvicinò: “Ehi, Lily. Tutto bene?” le domandò con voce dolce dandole una leggera pacca sulla spalla.

La bionda si voltò con aria sorpresa, salvo poi rilassare le spalle e tornare a guardare fuori: “Più o meno...” disse con un sussurro.

“Cosa c'è che non va? Dai, sai che a me puoi dirlo” le sorrise e le si sedette di fronte.

La bambina si mordicchiò nervosamente il labbro per poi alla fine cedere: “Si tratta del fratellone. Questo mese non mi ha chiamato” rivelò.

“Oh, tuo fratello, già... Vash, giusto?”

Lily annuì. Emma aveva sentito parlare solo di nome del fantomatico fratello della bambina. Le poche cose che sapeva erano che una sera si era presentato alla porta dell'istituto questo bambino che avrà avuto sì e no nove o dieci anni e che portava con sé questo fagottino, che altri non era che la sua sorellina. Dopo averla data in custodia, dicendo che erano entrambi mutanti e che la loro famiglia non li voleva, se ne era andato. Successivamente col passare degli anni era ricomparso più volte a farle visita. Poi man mano che crescevano le visite si erano fatte sempre più rade ma lui si era sempre premunerato di chiamarla per telefono almeno una volta al mese.

“Magari aveva degli impegni ed è troppo occupato per chiamarti” azzardò Emma.

“Però è anche possibile che sia nei guai o...” la bambina si bloccò. Emma le mise una mano sulla gamba. Sapeva cosa l'altra voleva dire: morto. Poteva essere nei guai oppure morto. Daltronde era un mutante, e purtroppo nella società in cui vivevano ciò non era visto di buon occhio.

“Dai, sono sicurissima che stia bene. Del resto a quanto ho sentito è un mutante molto potente. Ti richiamerà, ne sono certa!” si esibì nel suo migliore sorriso alla quale la bambina rispose incurvando leggermente le labbra.

“Hai ragione” mormorò sollevata.

In quel momento le due furono raggiunte da un trafelato Antonio.

“Emma, per fortuna ti ho trovata - si chinò sulle gambe e prese profonde boccate d'aria dopo la corsa fatta per raggiungerla - Ho bisogno del tuo aiuto”

“Di che si tratta?” chiese la ragazza pronta ad aiutare l'ex-fidanzato.

“Ecco, ho bisogno che tu distragga per un po' di tempo i professori” le sussurrò lo spagnolo.

La giovane aggrottò le sopracciglia: “E come mai? Ti prego, dimmi che tu e Francis non ne avete pianificata una delle vostre” sbuffò. Era Gilbert l'elemento casinista del gruppo ma anche in assenza del tedesco gli altri due riuscivano in imprese a dir poco epiche (a loro parere, per gli altri erano solo l'ennesima prova del fatto che erano degli idioti a cui piaceva mettersi in mostra).

“Oh no no - si affrettò a difendersi il castano - Ecco devo aiutare Lovinito a uscire di nascosto dalla scuola per tornare nel suo appartamento. La preside non vuole che lasci l'istituto e quindi dobbiamo andarcene senza farci notare”

La belga notò in quel momento il castano che se ne stava fermo poco distante e aspettava impaziente.

Lentamente la bionda fece due più due: “Ma è un appuntamento!” esclamò non preoccupandosi di tenere basso il tono della voce.

A sentire quell'esclamazione l'italiano si fece rosso: “Ma non scherziamo! Il bastardo deve aiutarmi a prendere delle cose che ho lasciato a casa!”

“È un appuntamento - dichiarò alla fine la giovane scrollando le spalle. Tornò a fissare Antonio - Ad ogni modo fidati di me. Chiederò anche aiuto ad Heracles, basta che facciate in fretta”

“Grazie Emma, sei sempre la migliore!” esclamò il ragazzo prima di stamparle un sonoro bacio fraterno sulla guancia (cosa che se Abel avesse visto probabilmente non ci avrebbe pensato due volte a togliere l'ossigeno in tutta la zona attorno al corpo del ragazzo).

“Andiamo Lovi!” esclamò a quel punto il castano prima di precipitarsi fuori. Il giovane lo seguì.

“E ora che si fa, bastardo? - domandò Lovino - Ti ricordo che ci troviamo a Westchester. Hai idea di quanto sia distante da New York? Mi auguro che tu non abbia intenzione di fartela tutta a piedi!”

“Non ti preoccupare Lovi - lo rassicurò con un sorriso furbo Antonio. Erano usciti e ora si stavano dirigendo verso una siepe nascosta dalle fronde degli alberi - Qualche tempo fa nei garage della scuola io e i miei amici abbiamo rinvenuto una vecchia moto. Abbiamo chiesto ad Eduard di aggiustarcela e lui l'ha fatto in maniera egregia”

Lo spagnolo si guardò attorno per accertarsi che non ci fosse nessuno che li stesse guardando, dopodiché si avventurò attraverso una macchia del cespuglio solo apparentemente fitta ma che in realtà era una copertura e che permetteva di uscire nascosti dalla scuola. Lovino, leggermente diffidente, lo seguì e si ritrovò a pochi metri dalla strada. Antonio nel frattempo si era diretto verso lo scheletro di una vecchia casa bruciata probabilmente da un incendio. Facendo attenzione tirò fuori una moto scintillante e due caschi.

“Forza Lovi. Salta su!” esclamò dopo aver lanciato all'altro il casco ed aver acceso con un rombo il veicolo.

Il giovane storse diffidente la bocca: “Sei sicuro di sapere come si guida un affare del genere?”

“Ma certo! Non è la prima volta che io e Franny usiamo questo vecchio bolide per sgattaiolare fuori dalla scuola per andare a qualche festa a New York. Ora avanti monta su!”

Il giovane alla fine cedette, indosso il casco e salì sulla vettura.

“Puoi anche stringerti a me, se ti fa sentire più protetto” disse con finta innocenza il castano.

“Ma sei fuori?!” chiese arrabbiato Lovino contento che il casco mascherasse il rossore che gli ricopriva le guance.

“Potremmo anche fermarci a mangiare qualcosa fuori io e te da soli Lovi, che ne dici?”

“Ma sei rincretinito, proprio?! Prendiamo le mie cose e poi torniamo diritto difilato qui, che non ci tengo ad incontrare un altro di quei pazzoidi. Su parti!”

Lo spagnolo si scrollò le spalle e diede gas allontanandosi dalla scuola.

 

Casa psichiatrica “St. Patrick”,

Da qualche parte poco fuori New York,

Rifugio della confraternita mutante


Silenzio. Troppo silenzio. Sadiq tese le orecchie, come a voler captare dei suoni. Niente. E questo gli faceva sospettare che ci fossero guai in arrivo. Specie se avevi come due sottoposti degli idioti amanti del casino e di Gangam Style. Sospirò. Come poteva realizzare un mondo in cui erano i mutanti a comandare, se aveva a che fare con degli idioti? E sopratutto, si doveva accontentare come base provvisoria di un manicomio abbandonato con il minimo indispensabile, come armi e cibo. E con una tecnologia che neppure i Kree avrebbero voluto copiare. Com'era che era in quello stato? Ah sì... Fenice. Tutta colpa sua, sua e di quei dannati Generation X. Prima poteva contare su un arsenale da far tremare l'intera America. Ora era al massimo capace di spaventare qualche politico in vista. Attentati, assassinii... non erano niente, in confronto a quello che dieci anni prima faceva a New York. Bei tempi...
''Ehi, capo - gli chiese Cam, uno dei pochi membri della confraternita con un po' di sale in zucca - Avete notato che c'è troppo silenzio?''
''Purtroppo sì''
''Quei due sono di nuovo usciti a fare casino?''
''Fosse utile, almeno. Ieri non hanno neppure ucciso nessuno''
''Si vorranno rifare.''
''Tsk, da soli e senza un piano? Preparati a chiamare Winter, per stasera scommetto che dovremo far evadere due imbecilli''

 

New York,

Casa Vargas

 

L'appartamento era accogliente. Certo, il pavimento era costellato di felpe sgualcite e tavole da disegno, ma nonostante ci vivessero due adolescenti da soli, senza la costante osservazione dei genitori, era in ottime condizioni. Per esempio, se lui, Francis e Gilbert vivessero insieme, non si troverebbe niente al suo posto, e probabilmente i loro vestiti finirebbero anche sopra il lampadario. Una simile possibilità era remota, considerato il fatto che erano mutanti, giovani e che le ali di Gil fossero difficili da nascondere per molto senza provocare un terribile mal di schiena al suo proprietario.
"Non avete degli amici che vengono a dormire qui?" chiese distrattamente lo spagnolo, mentre si guardava attorno, toccando i vari soprammobili e gli schizzi lasciati in giro da uno dei due giovani Vargas. Davvero, quel posto era troppo in ordine per i suoi standard.
''Che cavolo ti frega?”
"Scusa Lovi, ma..."
Lui l'interruppe, rispondendogli: "No, nessuno dei nostri amici viene mai a dormire qui. Anche perché io non ne ho e quelli di Feli hanno paura di me."
"COSA?"
L'italiano si massaggio l'orecchio, vittima della voce concitata del mutante.
"Perché sei così sorpreso, stronzo? Non so se l'hai notato, ma ho un carattere di merda. Sono uno stronzo con cui nessuno vuole avere a che fare, pigro, inutile e senza alcuna particolarità. Feli è un artista, io non so fare un cazzo. Ovvio che la gente preferisca avere a che fare xon lui, piuttosto che con me"

Lovino strinse con forza il pugno chiuso per impedire che l'amarezza trapelasse fuori dalla sua voce. Visto che l'altro non gli rispondeva alzò la testa e vide che lo stava guardando con gli occhi spalancati. Finalmente Antonio parlò: "Scusa, e questa idiozie chi te le avrebbe dette?"

Lovino sollevò un sopracciglio: "Nessuno coglione, lo so da me come sono fatto, non ho bisogno che nessuno mi ricordi che razza di perdente sono..."

Lo spagnolo lo prese per le mani e lo costrinse a guardarlo negli occhi: "Stammi bene a sentire: puoi insultarmi, prendermi a testate, fare quello che vuoi. Ma non osare mai più dire una cosa del genere di fronte a me, sono stato chiaro?"

"Ma che cazzo stai dicendo, bastardo?"

"La verità : ti conosco da poco ma so che sei una persona leale e sincera, forse insicura ma fantastica. Di certo so che colui che mi hai descritto non farebbe mai ciò che hai fatto tu salvando la vita a me e ad Alfred, quindi non dire mai più una cosa del genere"

Lovino arrossì come non aveva mai fatto in vita sua. Non credeva che al mondo ci potesse essere veramente qualcuno che lo ritenesse degno di alcuna considerazione.

Nessuno, eccetto suo fratello. Ma Feliciano non contava, erano parenti stretti, soli al mondo e con un parente che se ne fregava altamente di loro. Avevano bisogno l'uno dell'altro. Un po' melenso da pensare, ma era la verità. Ora quel bastardo, quell'Antonio... non lo conosceva che da meno di tre giorni, e già con assoluta sicurezza gli diceva che era una brava persona. Cosa aveva nella testa, pomodori secchi?

''E' un emerita stronzata''

''Hai salvato delle vite, Lovi. Quanti dei cosiddetti amici di tuo fratello l'avrebbero fatto? In 900 anni di tempo e spazio, non ho mai incontrato nessuno che non fosse importante''

L'italiano inarcò un sopracciglio, e ribatté: ''Doctor Who? Sei serio? Andiamo, bastardo!''

L'altro ridacchio appena, imbarazzato: ''Forse è un po' da nerd, ma io amo quella serie. Troppo inglese, vero... ma molto spesso credo di capire come si debba sentire il Dottore''

''Questo non cambia che tu gli abbia appena rubato una frase da speciale di Natale''

''E tu come fai a saperlo?''

Fu la volta di Lovino di sentirsi in imbarazzo.

''Mio fratello - farfugliò lui - E' stata colpa sua''

''Oh, allora anche lui è un fan?''

''No, preferisce Da Vinci's Demons. E non sono sicuro che sia per la trama''

''Piace anche a Francis, sai?''

''Il biondino? Chissà perchè, non me ne stupisco''

"Che ci vuoi fare. Siamo un gruppo di nerd"

"E l'albino? Quello con cui stavate chattando stamattina? Anche lui ha una serie per cui va pazzo?"

"Oh sì: Teen Wolf, ma per adesso l'unica stagione che gli è piaciuta davvero è stata la prima le altre le ha tutte trovate piuttosto deludenti"

"Ah..." Lovino non potè fare a meno di pensare che quella scena non aveva alcun senso: eccolo lì, nel soggiorno di casa sua a parlare con un ragazzo conosciuto l'altro ieri di serie TV, cosa che non aveva mai fatto con nessun'altro ad eccezione di suo fratello. Perché con quello spagnolo si sentiva a suo agio al punto da comportarsi così? Non aveva senso!

<< È così che ci si sente ad avere... un amico? >> si domandò mentalmente. Poi scosse la testa. No, in Italia aveva avuto degli amici ma con nessuno di loro si era mai sentito così attaccato e a suo agio.

Distolse lo sguardo dal castano completamente rosso in viso prima di dirigersi verso la camera di suo fratello: "Avanti bastardo, prima prendiamo le nostre cose, prima la finiamo con queste stronzate e torniamo a scuola, limitando il rischio di incontrare pazzi psicopatici"

"Ehm... okay Lovi"

''Cazzo, e non chiamarmi Lovi''

''Perchè? - chiese, quasi come se fosse un cucciolo bastonato - Lo trovo carino''

''Io non sono carino''

''Ma di specchi ce ne sono in questa casa? Andiamo, sei messo decisamente meglio rispetto ad Abel, te lo dico io''

''C-cosa?''

"Ma sì mi hai sentito. Io trovo che tu sia molto carino" esclamò con un sorriso Antonio. Lovino si fece più rosso di un pomodoro.

"Oh, Lovi sei così tenero quando ti imbronci" il castano si sporse e gli pizzicò una guancia.

A quel punto Lovino agì d'istinto. Ovvero tirò una testata in pancia al ragazzo mandandolo a finire contro la libreria.

"Smettila di sparare cazzate!- urlò infuriato -Oppure comincierò a pensare che tu ti sia ubriacato di tequilla già a quest'ora!"

''Preferisco la sangrìa''

Lovino si passò esasperato una mano sul viso. Allora ci aveva visto giusto: quel tipo era proprio un idiota. Non è che fingeva, lo era veramente. Eppure, perchè aveva il sospetto di trovarsi di fronte a un abile attore? Argh, decisamente non avrebbe dovuto seguire quel corso di teatro, a scuola. Corso seguito giusto per tre lezioni, ma l'aveva pur sempre seguito.

''Bando a ste stronzate - disse, sperando che non si notasse più il rossore che gli colorava le gote - Devo trovare la foto di Feli e prendere dei vestiti puliti''

''Foto? Quale foto?''

''Fatti i cazzi tuoi''

Stava per dirigersi verso la camera del fratello, però tutt'a un tratto si bloccò di botto.

"Querido, è successo qualcosa?" chiese candidamente lo spagnolo. L'italiano nel frattempo era in subbuglio. Non voleva che l'altro vedesse la foto che andava a prendere. Già lo disturbava il fatto di averlo dovuto portare fin nel suo appartamento, e ora non aveva nessuna intenzione di condividere qualcosa di intimo e personale come la foto di sua madre. Come fare quindi? In quel momento trovò la soluzione.

"Ehm, senti bastardo, perché tu non rimani qui a controllare un paio di robe? Mi sembra che sia finito qualcosa sotto la libreria e vorrei recuperarla, ti va?"

"Certo Lovi, nessun problema!" esclamò il castano che si mise subito a gattoni. Lovino ghignò malefico prima di andare nella camera del fratello.

Nel frattempo Antonio controllò dappertutto, ma l'unica cosa che trovò furono ciuffi di polvere, due graffette e un vecchio pennello.

<< Mah, si sarà sbagliato >> pensò. Si rialzò in piedi, si spazzolò i pantaloni e prese a guardarsi in giro. Rabbrividì: quel posto era davvero troppo ordinato per i suoi gusti. Prese a camminare su e giù per la stanza, quando la sua attenzione venne catturata da una foto appoggiata sopra una mensola. La prese: ritraeva due ragazzi castani, uno pareva avere sei anni, l'altro era poco più piccolo. Se ne stavano seduti sopra una tovaglia da pic-nic in una giornata di sole. Il più grande era stato colto nell'atto di addentare sorridente un pomodoro, mentre il più piccolo stava sollevando una forchetta su cui erano avvolti una miriade di spaghetti. Sorridendo riconobbe i due ciuffi che caratterizzavano i fratelli Vargas. Certo che da piccoli erano proprio teneri, soprattutto Lovi. In quel momento però notò che la foto aveva qualcosa che non andava. Aguzzò la vista e notò che lo spazio tra i due fratelli era leggermente sfocato, come se qualcuno lo avesse rovinato, oppure modificato...

"Ehi bastardo!"

La voce di Lovino lo riportò alla realtà. All'istante si voltò verso il più giovane.

"Che stavi facendo?"

"Niente! - rispose mentre si nascondeva l'immagine dietro alla schiena - Recuperata la tua foto?"

''Mhm... diciamo di sì...''

La foto era al solito posto, per fortuna. Solo, non sapeva come fare per non portarla sgualcita o rovinata a suo fratello. Perciò, teneva la cornice stretta al petto, non volendo che lo spagnolo guardasse. Ma, a quanto pare, quel ficcanaso non aveva perso un'occasione per farsi gli affari suoi. Gli si leggeva in faccia che aveva rovistato dove non doveva.

''Cosa hai visto?''

''Como?''

''Non fare il finto tonto, bastardo. Cosa hai visto? Hai trovato qualcosa, non è vero?''

''In effetti...'' Antonio davvero non riusciva a dirle, le bugie: aveva nascosto la foto dietro la schiena, e la porse al giovane, non sapendo come giustificarsi.

Lovino sgranò gli occhi: ''Chi cazzo ti ha dato il permesso di...vabbè, non importa. E' una stupida foto, non è importante. Siamo solo io e Feli''

''Però è rovinata''

''Cazzo dici?''

''Ma sì, perchè siete voi due soli?''

''Sarà stata scattata dopo la morte dei nostri genitori... o prima... non lo so, non me lo ricordo. A quella stramaledetta foto non ci ho mai fatto caso''

"Come sarebbe a dire che non te lo ricordi? Almeno sai dove l'avete fatta?"

"Certo, l'abbiamo fatta a New York. Oppure era in Italia durante una gita...?"

Alzò gli occhi e vide che l'altro lo stava guardando con insistenza: "E smettila di osservarmi, maniaco! - urlò rosso l'italiano - è solo una stupida foto"

"Ma almeno ti ricordi chi te l'ha scattata?"

"No, d'accordo? Ma insomma cos'è questo? un interrogatorio della polizia? Non mi ricordo nulla, va bene!" e fece per andarsene irritato.

Antonio osservò la foto ancora per qualche attimo dopodiché commento: "Sai, dovresti sorridere di più"

Lovino si fermò di botto: "Come, scusa?"

"Sei carino quando sorridi. Secondo me dovresti sorridere di più. Saresti più felice. Felice come lo eri in questa foto" e gli sorrise dolcemente.

Lovino sentì le guance andare a fuoco, mentre biascicava qualcosa: ''Io... io non... sembro un idiota quando sorrido''

''Non è vero. Qui non lo sei''

''Ero un bambino, i bambini non sembrano maniaci''

''Mi permetto di dissentire. Mio fratello da piccolo...'' Antonio si morse il labbro, e l'italiano capì che stava per rivelare qualcosa di scottante. Ma, qualunque cosa fosse, non gli poteva importare di meno. Insomma, se aveva dei segreti, non gli interessava. C'era una cosa chiamata privacy. Il suo pensiero tornò alla foto che lo spagnolo teneva in mano. In effetti, chi gliel'aveva scattata? E quando? Quel parco sembrava familiare...

''Non è New York - disse, in un sussurro, sorprendendo anche se stesso - No, non è stata scattata qui. Lei era viva e...''

''Lei?''

''Eh?''

''Lovinito, Lei chi?''

"Lei..." si morse il labbro. Che fare? Dirglielo? Ma era una cosa privata, e poi... se avesse scoperto che lei... gli mancava? Se avesse scoperto che ogni sera prima di andare a dormire pregava sua madre affinché vegliasse su di lui e su suo fratello? Se avesse scoperto che quando aveva giornate no a scuola si metteva a desiderare che lei ci fosse ancora per parlarle e rivelarle quanto si sentiva male? L'avrebbe preso per un bambino che credeva in una chimera, come avrebbero fatto tutti. Alzò gli occhi. Vide che Antonio lo stava guardando con una luce diversa negli occhi: decisa, ma amichevole. E capì. Capì che Antonio non era tutti, poteva dirglielo tranquillamente,

Prese un profondo respiro e gli porse la foto che teneva attaccata al petto: "Lei, mia madre"

Antonio afferrò la foto e si mise a guardarla. Subito, con una convinzione paragonabile a quella che aveva Alfred quando si dichiarava l'eroe del gruppo, disse: ''Lei è tua madre? Non ti somiglia''

''Spari ancora cazzate?''

"Ehm, quello che volevo dire..."

"Oh, ma taci. Lo sapevo! Vatti a fidare degli altri, apriti con loro! - prese rabbioso la foto dalle mani di Antonio mentre il volume della sua voce andava sempre più alzandosi - Tutte cazzate! Credevo di potermi aprire con te, ma per fortuna mi hai ricordato in tempo che le uniche persone di cui mi posso fidare sono me e mio fratello"

Oramai il ragazzino era sull'orlo delle lacrime. Antonio cominciò a boccheggiare mentre cercava qualcosa da dire. Aveva parlato senza riflettere, ma come era possible che la donna bionda della foto con il volto dolce e gentile che ricordava i mosaici bizantini, etereo e al contempo angelico, assomigliasse a quel ragazzino?

''Mi dispiace, non volevo... non sono bravo con queste cose...''

''Hai il tatto di un elefante''

''Emma me lo diceva spesso... comunque, non volevo offenderti. So che il legame con la propria madre è qualcosa di sacro, io per esempio la mia la sento una volta al mese, se sono fortunato e se non c'è nessuno a controllarle il telefono. Ma non puoi negare che questa donna...''

''E' mia madre, idiota. Ti basta sapere questo. Per anni ho pregato che Lei ci sentisse, dovunque fosse. E non sarai certo tu a...''

Si bloccò, portandosi una mano alla testa. Perchè all'improvviso gli faceva così male?

''Lovi, cos'hai?''

''N-niente, coglione... dammela, e sta zitto''

''Lei come si chiamava?''

''Come?''

''Sì, come si chiamava? Mia madre si chiama Isabella Maria Manuela Fernandez Carriedo''

''E' uno scherzo, vero?''

''No, è il suo nome. Francis disse che sembrava il nome di un personaggio di una telenovela argentina. Forse aveva ragione. Solo, quel giorno lo pestai così tanto, che nemmeno il suo potere riuscì a calmarmi...''

"Potere?"

"Ehm, dicevamo - non era certo intenzionato a far scoprire all'italiano che aveva provato a farlo calmare tramite il potere dell'amico quella mattina - Non trovo che questa donna ti sia molto simile come aspetto, nè a te nè a Feliciano. Almeno un minimo, come gli occhi o la forma del viso..."

"Embè? Avremo preso da nostro padre, evidentemente! Comunque direi che questa gita è durata anche troppo. Forza torniamo a scuola!"

"Aspetta Lovi..."

"E non chiamarmi Lovi cazzo!" si voltò e Antonio deglutì spaventato. C'era una scintilla che ardeva nei suoi occhi, una scintilla di potere, qualcosa di profondo e antico, qualcosa di... speciale. Potente e al contempo tremendamente pericoloso.

"Lovino..." mormorò preoccupato. Il ragazzo sbatté le palpebre e la luce scomparve. Antonio notò che due lucenti lacrime stavano correndo giù dalle sue guance.

"Lovi che hai?"

"Sniff... nulla - rispose brusco - Sto fottutamente bene, bastardo. Non sto male per via di mia madre, perché lei non c'è più, perché lei non è al mio fianco, perché non mi consola quando ne ho bisogno... perché non mi ricordo neanche il suo nome" ammise con un sussurro roco.

''Non ricordi... il suo nome?''

''Cazzo, ma mi stai a sentire?! No, non me lo ricordo. Così come non mi ricordo se era brava in cucina o se si bruciava di continuo, se amava l'arte come Feliciano o se aveva un brutto carattere come il mio. Non mi ricordo di mio padre, non so se era un brav'uomo o era uno stronzo. Non so se gli piaceva guidare o se preferiva prendere i mezzi pubblici. Della mia famiglia non so niente, ma non l'ho mai detto a Feliciano. Sai come si sente un bambino a sei anni, a miglia e miglia di distanza da casa, che non ha una figura su cui fare affidamento? Feli era terrorizzato... e ho cercato di essere forte, per lui. Gli ho fatto da padre e fratello, l'ho protetto dai bulli e da altri stronzi che si aggirano per New York. E quando era così... così distrutto dal dolore, completamente perso, confuso... io gli raccontavo storie della nostra famiglia. Gli raccontavo delle cose... inventante di sana pianta. Non volevo che anche lui sentisse il mio stesso vuoto, non volevo che...''

Non finì la frase: Antonio, senza troppe cerimonie, l'aveva abbracciato forte, come se temesse di vederlo frantumarsi da un momento all'altro.

Lovino era talmente shockato che rimase fermo sul posto non sapendo cosa fare. Sentiva il corpo dell'altro premere contro il suo, sentiva le braccia muscolose del maggiore stringerlo a sé, sentiva il suo respiro caldo sulla nuca.

"Deve essere terribile per te - gli sussurrò Antonio nell'orecchio con voce dolce - La famiglia è una delle cose più importanti che abbiamo e immagino che non ricordarti nemmeno le cose basilari per te sia davvero orribile. Ti prego perdonami, non volevo farti stare male. Io a te ci tengo Lovinito. Sento che sei speciale, e scommetto che è così anche per molta altra gente"

Lovino a quel punto gli afferrò la schiena e ricambiò l'abbraccio mentre le lacrime scendevano sempre più copiose lungo le guance. Inspirò a fondo l'odore dell'altro. Sapeva di terra, di bruciato e di pomodori. Quel mix aveva un che di tranquillizzante, gli ricordava quando andava nei vigneti o nei campi di quel villaggetto poco fuori Roma assieme alla madre e...

Si bloccò. cercò di focalizzare il ricordo, ma questo esattamente come era comparso, se ne andò. Lovino strinse ancora di più Antonio e cercò in tutti i modi di ricordare.

Un viso. Gli apparve un viso. Un uomo di mezza età, dall'aria bonaria e scanzonata. Sembrava familiare... ma chi era? La testa gli stava scoppiando, come se lo sforzo di mantenere impresso quel ricordo stesse sottoponendo la sua mente a uno forte stress. Ma lui doveva, voleva sapere... perchè una parte di lui sentiva che Antonio aveva ragione? Cosa... cosa c'era che non andava nella sua testa?

"L-Lovinito? Mi-mi stai facendo male..."

L'italiano a sentire quelle parole aprì di scatto gli occhi e notò che stava stringendo con violenza la schiena dell'altro.

"Sc-scusami" borbottò rosso per l'imbarazzo mentre si staccavano. Molto probabilmente aveva lasciato il segno.

"Che è successo? Tutt'a un tratto hai fatto una strana smorfia"

Il castano all'istante cercò di ricordare ciò che aveva appena visto. Provò a ricordare quel viso, ma il ricordo stava scomparendo man mano.

"No, non te lo permetterò..." borbottò il ragazzo testardo. Era vicino a scoprire qualcosa di importante, se lo sentiva. Tutt'a un tratto la figura di un sorriso luminoso e triste gli si affacciò nella mente, e nella sua testa risuonarono chiare le parole "Mi dispiace..."

Antonio osservava incuriosito e preoccupato l'amico. Sentiva che stava succedendo qualcosa, infatti poco dopo che l'altro aveva mormorato qualcosa aveva sentito una stretta allo stomaco e aveva provato la stessa sensazione di quando aveva visto quel bagliore nei suoi occhi.

In quel momento però sentì qualcos'altro. I peli sulle braccia si rizzarono e provò un brivido lungo tutta la spina dorsale.

Erano le stesse sensazioni che si provavano quando stava per scoppiare un temporale.

"Lovinito..."

"Non ora bastardo!"

"Lovinito!" il tono si fece più urgente.

"Non vedi che sono occupa..."

"Dobbiamo andare!" urlò Antonio prendendolo per mano e correndo un direzione dell'uscita.

Un fulmine sbarrò loro la strada. Lovino tossì, Antonio gli si frappose davanti, come a volerlo proteggere. Una voce familiare li schernì, avvolta dal fumo che il fulmine aveva provocato. '' Ho interrotto una scena così stucchevole... beh, almeno prima d morire il ragazzino avrà un bel ricordo.''

"L'ho sempre detto che sei un sentimentale, fratello" rispose un'altra voce in quel momento alla loro destra.

Antonio ancora di fronte all'altro ringhiò: "Possibile che voi malvagi non rinunciate mai?"

"No, siamo tipi molto testardi" rispose la prima voce uscendo fuori dal fumo. Era un ragazzo orientale, i capelli castani erano tenuti corti e indossava una ridicola tuta blu nera che all'italiano risultava molto familiare. Con un brivido si rese conto che quello altro non era che il tipo che gli aveva aggrediti al jet.

"Thunderbolt" ringhiò Antonio mentre la mano si accendeva di un fuoco rosso. "Hellfire - rispose con un ghigno il coreano mentre delle scariche azzurre scintillavano tra le mani - È così bello rivederti. Devo ancora ringraziarti per la pessima figura che mi hai fatto fare nella radura e per le macchie di resina sulla tuta. Hai idea di quanto ci abbia messo a toglierle?! Ma sono disposto a passare oltre, basta solo... che tu ti faccia da parte e mi consegni il ragazzino"

Lovino per poco non si strozzò. Volevano lui? Oh merda, era fottuto!

"Mai, dovrete passare sul mio corpo" rispose lo spagnolo prima di scagliare una fiammata verso l'avversario che si parò con una scudo di fulmini.

"Scenografici vero?"

Lovino trasalì a sentire quella voce a pochi centimetri dal suo orecchio. Si voltò e vide fermo accanto a lui un ragazzo talmente simile al primo da poterne essere il fratello.

"Coloro che controllano gli elementi sono sempre così. Hanno uno spiccato senso teatrale e il gusto per i colpi di scena, non trovi?" guardò nella sua direzione con un sorriso inquietante. Lovino deglutì per poi girare sui tacchi e correre verso le scale anti-incendio.

"Ma perché fuggono sempre - borbottò indispettito il giovane - Io non ho nulla contro di te. Ma il fratellone ti vuole morto.Nessun rancore, amico"

L'attimo dopo Lovino si ritrovò a volare per la stanza finendo contro un muro e facendo finire per terra alcuni quadri appesi da suo fratello. Alzò la testa e strinse ancora di più la foto al suo petto. Qualunque cosa sarebbe successa, lui non l'avrebbe lasciata andare per nulla al mondo. L'attimo dopo di fronte a lui comparve il ragazzo con la tuta argentea che gli sorrise diabolico: "Non ti hanno detto che è maleducazione andarsene via quando qualcuno sta parlando con te?"

"Fratello, il ragazzino ha il fattore rigenerante" gli ricordò l'altro.

"Capirai: sarà più difficile da uccidere, ma un colpo netto alla testa e..."

Non fece in tempo a finire la frase che un quadro volò nella sua direzione e il castano si trovò con una nuova e ingombrante collana rettangolare attorno al collo.

"Non mi sottovalutare" esclamò Lovino deciso. Se doveva andarsene l'avrebbe fatto alla sua maniera.

"Oh, questo non dovevi farlo - ringhiò il ragazzo mentre si strappava dal collo la tela - Adesso è diventato qualcosa di personale. Preparati a soffrire le pene dell'inferno"

"Bel colpo Lovinito!"

"E tu non chiamarmi in quel modo e concentrati sul tuo di avversario!"

Per poco Antonio non fu colpito da un fulmine. E ti pareva che quello lì non approfittasse della sua momentanea distrazione per colpirlo. Si morse il labbro: lì ci voleva una buona strategia per salvare sia lui che Lovino. Il ragazzo aveva appena scoperto di essere un mutante, non sapeva cosa poteva fare o non fare con le sue capacità. E soprattutto era senza addestramento. Doveva fare di tutto per riportarlo sano e salvo all'istituto.

A costo della sua vita.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Angolo autore:

Ehilà, vado di fretta e non ho avuto tempo per ricontrollare, quindi scusate eventuali errori.

I mutanti cattivi comparsi sono Corea del Sud (Thunderbolt, controllo dei fulmini) e Corea del Nord (OC, Quicksilver, supervelocità).

Spero che abbiate apprezzato, perdonatemi ma devo proprio scappare ora.

Ringrazio davvero tantissimo Lady White Witch e avviso che la prossima settimana potrei non aggiornare in quanto sono via, scusate.

Attenzione: minimo due recensioni per continuare. Volete fare felici due autori, da? ^J^

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Capitolo 6
*** Pronto? Polizia? Due tipi in tuta aderente mi stanno sfasciando la casa ***


CAP.6: PRONTO? POLIZIA? DUE TIPI IN TUTA ADERENTE MI STANNO SFASCIANDO LA CASA

 

 

Westchester, New York

Istituto Xavier per giovani dotati

Aula di Informatica

 

 

L'aula di informatica sarebbe stata il teatro per la loro piccola messa in scena. Heracles si era già messo in posizione, sulla cattedra. Un po' scomoda, ma per lui non sarebbe stato un problema addormentarsi. Si addormentava facilmente, e più di una volta aveva rischiato di affogare perchè si era addormentato mentre entrava in acqua.
''Heracles, al mio segnale dovrai utilizzare i tuoi poteri. Bambini, rimanete qui con me e assecondatemi. Kiku, tieni lontano Feliciano. Lui non sa niente, e credo che Lovino preferisca non rovinargli la sorpresa''
''E tu cosa farai?''
''Beh Kiku... vedrò di inventare una storia plausibile con la preside''
Emma aveva preso molto seriamente il favore chiestole da Antonio, e subito dopo che lui e Lovino se n'erano andati, aveva chiamato d'urgenza sia Kiku che Heracles per mettere in atto il suo piano. Non era una stratega come il fratello, ma anche lei non se la cavava male nella creazione di piani machiavellici. Sopratutto se erano per una buona causa: far trionfare l'amore!
Ok, Antonio le aveva detto che non stava uscendo per ''quel motivo'' e Lovino, dopo essere arrossito, aveva detto chiaro e tondo che lui non era tanto stupido da mettersi insieme a una persona dopo nemmeno due giorni. Non lo conosceva nemmeno, ed Emma aveva detto, un po' scherzando e un po' seriamente: ''Bene, questa sarà l'occasione per conoscervi meglio no? Sia chiaro, al vostro matrimonio voglio fare da damigella d'onore''
La giovane mutante credeva nei colpi di fulmine. Forse era una romantica senza speranza, ma era convinta che, se si incontrava la persona giusta, l'anima gemella, non importava da quanto tempo la si conoscesse, l'amore sbocciava subito. Forse da piccola aveva visto troppi film Disney (erano il suo unico svago quando i genitori litigavano e il padre accusava la madre di aver partorito '' dei mostri''), ma la sua era una fede incrollabile.
E incrollabile era la sua convinzione che, in Lovino, Antonio potesse trovare quello che lei non aveva saputo dargli: pace. Di prima che arrivasse all'Istituto non ne parlava mai, e quando lei ne faceva cenno un ombra gli calava sul viso. Un ombra che lei non era mai riuscita ad allontanare. E poi, aveva visto come sorrideva quando c'era Lovino: gli occhi si illuminavano, e non c'era ombra che potesse offuscare quella luce.
''Emma! - la richiamò alla realtà Peter - La preside sta arrivando!''
''Bene, mettetevi tutti in posizione! Heracles...''
Non ci fu neppure bisogno del suo ordine, il greco si era già addormentato alla grossa. La mutante sospirò, sollevata. Fortunatamente, il suo potere si attivava dormendo e due perfette illusioni di Lovino e Antonio comparvero affianco a lei.
''Fate quello che faccio io - disse - Non parlate, perchè Heracles conosceva a malapena la voce di Tonio''
Era creazioni perfette, doveva ammetterlo: il potere del giovane consisteva nel proiettare illusioni mentali che ingannavano tutti e cinque i sensi, ma tale abilità gli costava molta fatica, e pertanto, fino a quando non sarebbe sopravvenuto a uno stadio più avanzato delle sua capacità, doveva dormire per riuscire ad esercitare un buon controllo sulle sue creazioni.
Quando Zaphira entrò, trovò tre adolescenti intenti ad insegnare ai loro “fratelli acquisiti” come usare il computer e i siti in cui, data la loro età, potevano accedere. La donna sembrò sorpresa dal vedere Lovino, quasi come se si fosse aspettata che, dopo la sfuriata di cui era stato protagonista poche ore prima, si fosse chiuso a guscio e si fosse rifiutato di svolgere qualsiasi attività offerta dall'Istituto. Non badò neppure ad Heracles addormentato sulla cattedra, tanto che era abituata ai frequenti pisolini del ragazzo. Una caratteristica ereditata dalla madre, anche lei possedeva un potere che la stancava molto.
''Emma , come hai fatto?''
''Oh, io non ho fatto niente - rispose prontamente lei - E' stato Antonio a convincerlo a distrarsi''
''Antonio?''
''Già, hanno legato subito''
Zaphira sembrò compiaciuta.
''Signor Vargas, ho riflettuto attentamente sulla sua richiesta - riferì la preside, aggiustandosi gli occhiali - E ho deciso di mandare due insegnati a prelevare le cose di cui lei e suo fratello avete bisogno. Spero che capiate il perchè della mia reticenza a farla uscire da qui. Sono misure precauzionali necessarie, specie ora che non sappiamo se East Tiger è ancora in città''
Emma impallidì. Quello non l'aveva previsto.
<< Oh no - pensò - Antonio non si è neppure portato il cellulare! E ora come faccio ad avvertirlo? >>
''Comunque - continuava a parlare l'altra, ignorando l'agitazione di Emma - Sono contenta che abbiate stretto subito amicizia con Carriedo. Anche se spero vivamente che non vi farete coinvolgere da lui e da Bonnefoy in uno dei loro scherzi di cattivo gusto''
''Ma i loro scherzi sono divertenti!'' protestò una bambina.
''Non per tutti, Whillelmina cara. Non per tutti''
Zaphira rimase altre dieci minuti. Se avesse notato qualcosa di strano, Emma non sapeva dirlo. Sicuramente voleva accertarsi che il nuovo arrivato si ambientasse a scuola. Ma c'era qualcosa di strano nel suo sguardo, era come se cercasse di risolvere un complicato enigma che aveva come chiave di risoluzione proprio Lovino.
'' Gli somiglia... - mormorò, a voce talmente bassa che solo Emma, grazie al suo udito super sviluppato, poté sentire - Ha l'età giusta. E il fratello è il ritratto di Livia. Eppure...''
Scosse la testa, come se fosse affollata da troppi pensieri.
''Emma, scusa se vi ho disturbati. Io devo tornare nel mio ufficio per fare delle ricerche''
''Nessun disturbo, signora. A proposito, chi avete mandato a casa di Lovino?''
''Blu Dragon e Red Dragon. La loro presenza fuori da qui è necessaria anche per accertarsi che in città non siano rimasti altri membri della Confraternita''
''I draghi gemelli? Spero che non trovino niente''
E non si stava riferendo solo a possibili minacce per la città: sperò con tutto il cuore che Lovino e Antonio non fossero ancora a casa dell'italiano.
<< Dio, perchè non mi hai donato poteri telepatici? Quei due devono darsi una mossa... e io non so come contattarli! >>

 

 

New York

Casa Vargas

In quello stesso momento

 

 

Ad Antonio fischiavano le orecchie, solo non riusciva a capire se era perché qualcuno stava parlando di lui o lo stava pensando, oppure perché un fulmine gli era appena passato a pochi centimetri dall'orecchio.

Voltò la testa e osservò la figura di Thunderbolt in quella sua ridicola tutina attillata. Ma perché ce l'aveva tanto con lui? Ah, già: perché gli aveva fatto fare la figura dell'idiota.

Un'altra scarica gli sfiorò il bacino e a quel punto Antonio serrò il pugno e una sfera di fuoco si avvolse attorno ad esso. Caricò indietro la mano e lanciò la palla di fuoco addosso al suo avversario che si limitò a rispondere saltando a sinistra e lasciando che le fiamme centrassero una vecchia lampada. Dopodiché punto un dito e un carica elettrica si libero dall'indice per incenerire la libreria dei fratelli Vargas.

<< Spero che Lovinito non avesse dei libri a cui teneva qui >> pensò Antonio.

Ormai il soggiorno era irriconoscibile rispetto a poche ore prima. I quadri che un tempo pendevano ordinati alle pareti erano ora sbilenchi o caduti per terra, i divani erano ribaltati e fumanti in giro per la stanza, le foto erano per terra con le cornici completamente distrutte. Inoltre alcuni dei libri avevano preso a fumare, colpiti dalle scintille o dalle braci.

Antonio odiava il potere di quel ragazzo. Già era difficile gestire nemici con poteri quali superforza, supervelocità o simili, ma quando si aveva a che fare con qualcuno in grado di controllare gli elementi (cosa che effettivamente riusciva a fare anche lui) allora erano problemi seri. Si trattava di individui imprevedibili, la cui portata della mutazione era incalcolabile.

Vide Thunderbolt aprire la destra di fronte a sé. Antonio saltò indietro sperando di schivare qualunque attacco l'altro avesse in mente, solo che invece che di una solo scarica dalla mano del ragazzo si aprì un ventaglio di fulmini che colpirono indiscriminatamente tutto e incenerirono la maggior parte degli oggetti presenti. Uno dei fulmini colpì anche Antonio in pieno petto, e il ragazzo si trovò scagliato indietro dalla forza delle scosse. Andò a sbattere contro il muro e l'impatto fu tale che lo sfondò.

Il supercattivo ghignò: “Bene, bene, bene. Mi aspettavo qualcosa di più da parte tua, Hellfire, però evidentemente mi sarò sbagliato. Molto probabilmente sei riuscito a battermi nella radura solo per via di un colpo di fortuna. Beh, ed ora che ti ho sistemato direi che è il caso di passare a quel tuo altro amico. Molto probabilmente mio fratello avrà già pensato a tutto, ma in ogni caso credo che sia meglio che io...”

Il ragazzo non fece in tempo a finire di gongolare che una fiammata uscì dal buco e lo centrò in pieno petto. Dalla nuvola di polvere e di calcinacci uscì la figura di Antonio. La maglia e la felpa erano bucherellate, i peli sulle braccia bruciati e i capelli erano ritti verso l'alto, ma lo spagnolo non aveva mai avuto un'espressione più agguerrita.

“Non ti permetterò di toccare Lovinito con un solo dito, sono stato chiaro?! - ringhiò mentre si strappava via la felpa ormai distrutta per rimanere solo con la T-shirt - Inoltre sappi che quella era una delle mie maglie preferite!”

Dopo aver detto questo unì i due bracci di fronte a sé facendo chiudere le mani tra di loro in un unico pugno. Subito gli arti si illuminarono mentre scintille andavano a formarsi sugli avambracci. L'attimo dopo una colonna massiccia di fiamme partì in direzione dell'avversario. Thunderbolt preso alla sprovvista aprì entrambe le mani di fronte a sé ed un gigantesco fulmine andò a scontrarsi sulla colonna.

Rimasero fermi alcuni secondi mentre fuoco e fulmini ingaggiavano una lotta mortale tra loro. Alla fine i due elementi esplosero ed entrambi i ragazzi furono scagliati distanti l'uno dall'altro.

Entrambi si rialzarono praticamente subito, tutte e due con uno sguardo folle negli occhi, lo sguardo di chi non vuole essere sconfitto per nulla al mondo.

Si scagliarono uno addosso all'altro, circondati da fuoco e lampi.



Lovino sentì odore di bruciato.

Sperava che il bastardo non gli stesse distruggendo la casa, come invece stava facendo quel tipo in argento.

No, sul serio: chi era lo stilista dei mutanti? Possibile che tutti dovessero indossare dei vestitini che impedivano la corretta circolazione sanguigna e che facevano sembrare chi li indossava un'idiota? Sperava di non doverle mai e poi mai portare delle cose del genere: aveva una dignità da difendere, lui!

In quel momento un pugno dato alla velocità del suono gli colpì la spalla e lo mandò contro il muro, riportandolo dolorosamente alla realtà. Sentiva il braccio fargli un male cane. Probabilmente quello stronzo glielo aveva lussato. Per fortuna però quasi subito lo sentì rimettersi a posto. Alla fin fine quei poteri di guarigione una qualche utilità l'avevano. Il dolore però continuava a farsi sentire.

Alzò gli occhi infastidito sull'altro, che adesso era fermo di fronte a lui. Questo si esibì in un sorriso strafottente: “Mi chiedo perché ci abbiano scomodato in due per ucciderti. Sei talmente pietoso nel combattere”

Lovino sentì il sangue ribollirgli nelle vene. Facendosi forza e cercando di ignorare il dolore che via via andava, per fortuna, affievolendosi, il ragazzo si alzò in piedi e si mise in posizione di guardia, come aveva visto fare nei film di wrestling. Quickslver si limitò a ridacchiare: “Davvero? Provi a fronteggiarmi così?”

Non appena ebbe finito di dire quelle parole scomparve in un lampo d'argento e assestò un pugno nel costato dell'italiano. Il ragazzo sentì le ossa scricchiolare paurosamente e per riflesso provò a colpire dove pensava fosse l'altro, riuscendo però a prendere solo il vuoto. Dopodiché gli arrivò un calcio all'altezza del ginocchio e sentì le ossa distaccarsi dal loro luogo naturale. Per il dolore urlò e si accasciò a terra tenendosi il ginocchio appena rotto. Non appena toccò terra però gli arrivò l'ennesimo calcio alla velocità della luce sul viso. L'italiano andò di nuovo a sbattere contro il muro. Aveva il torace e la gamba in fiamme e il viso era completamente sporco di sangue, visto che l'ultimo colpo gli aveva se non rotto almeno storto il naso e fatto saltare minimo due denti e qualche otturazione.

Non riusciva quasi ad alzare la testa, se la sentiva scoppiare per il dolore. Inoltre di tanto in tanto vedeva degli scorci di qualcosa: una casa quasi completamente distrutta, lui che stringeva a sé Feliciano che stava tremando, una donna che si poneva tra loro ed un uomo con una strana maschera bianca nonostante si vedesse che stava tremando, un uomo molto più vecchio che piangeva sopra il corpo ormai senza vita della donna...

Il dolore alla gamba lo riportò alla realtà. Sentì la voce dell'altro sopra di sé: “Davvero, mi fai pena”

Lovino alzò lievemente lo sguardo e vide che le gambe del supercattivo erano ferme a pochi centimetri da lui.

“Speravi davvero di riuscire a sconfiggermi così? A mani nude senza l'aiuto di un qualche tipo di potere? Io sono veloce come il vento, ed un novellino che ha appena scoperto chi è non può certo sperare di essere alla mia altezza” continuava a vantarsi l'orientale.

Era vero, non poteva sconfiggerlo, Lovino lo sapeva. La differenza di potere e di abilità tra loro due era troppo grande. Era come provare a fermare un carro armato o un bazooka armati solo di fionda. Era impossibile!

Ma non si arrendeva. Non voleva arrendersi! Aveva promesso a Feliciano di portargli la foto che in quel momento era nei suoi jeans al sicuro e, merda!, gliela avrebbe portata! Inoltre suo fratello era un imbranato, non poteva morire e lasciarlo da solo ad affrontare quel mondo di cinici bastardi! Ma come fare a...?

In quel momento il castano fu colpito dalla rivelazione. Aveva trovato il modo per sconfiggerlo: bastava impedirgli di muoversi, dopodiché lo avrebbe sopraffatto sul piano fisico!

“Però sei anche stato sfortunato a doverti confrontare con un mutante con le mie capacità! Eh già, tu non lo sai ma io sono un professionista, uno dei migliori sul campo. Devi sapere che tre anni fa, durante il raduno a Stoccolma, io...”

L'italiano ringraziò mentalmente i monologhi dei cattivi, dopodichè agì con la velocità di un fulmine. La mano scattò in avanti afferrando la gamba dell'altro, dopodiché la tirò indietro con uno strattone. Il coreano non ebbe neppure il tempo di dire “Che cos...?!” che si ritrovò con il sedere per terra. A quel punto facendo forza sulla gamba ormai guarita e ignorando il dolore che però non voleva andarsene, Lovino gli saltò sul petto e prese a sferrare pugni su pugni. L'orientale era troppo sorpreso per riuscire a rispondere a quella furia, inoltre Lovino combatteva come una belva. Nei suoi occhi ardeva un fuoco primordiale, un fuoco di rabbia e desiderio di rivalsa. Era stanco che gli altri lo sottovalutassero, era stanco che gli altri lo prendessero in giro solo perché non aveva le abilità di suo fratello, era stanco che gli altri gli ripetessero che non sapeva badare a Feliciano! Avrebbe dimostrato loro il contrario: avrebbe sconfitto quel tipo e avrebbe portato a Feli quella fottutissima foto, fosse stata l'ultima cosa che avrebbe fatto!

In quel momento si sentì l'ennesimo scoppio provenire dalla camera affianco dove si stavano scontrando Antonio e quell'altro, quel Thunderbolt. Lo scoppio però in questo caso fu talmente violento che Lovino venne sbalzato via dal petto dell'altro e finì per la sesta volta in meno di un'ora contro il muro.

''Lovi! Stai bene?'' urlò Antonio, dopo aver lanciato una sfera di fuoco al suo avversario.
''No, idiota! - imprecò lui. Poteva anche guarire dalle sue ferite, ma questo non significava che non sentisse un male cane. - Non vedi... attento!''
Troppo tardi: approfittando della distrazione dello spagnolo, Thunderbolt lo colpì alla spalla con un fulmine e lo scaraventò addosso all'italiano.
''Auch... cazzo, sei pesante!''
''Mi... mi dispiace'' provò a scusarsi, mentre l'altro guardava con gli occhi sgranati la sua spalla. Ora sapeva da dove proveniva la puzza di bruciato che stava sentendo.
''O cazzo. Sei ferito! Devo...''
''Tu non farai proprio niente - disse Thunderbolt, con suo fratello dietro di lui - Game Over, ragazzino. Sia per te, che per il tuo amico''
''Merda''
''Giusta sintesi della vostra situazione - fece l'asiatico, sorridendo sghembo - Non preoccuparti, sarà veloce e indolore... per lui. Per te, un po' meno''
''Bah, io continuo a dire che con un colpo netto alla testa lo ammazzi di sicuro''
''L'ultima volta che lo dicesti, il tipo tornò in vita prese la testa e se ne andò via''
Quicksilver scrollò le spalle, e disse: ''Fratello, era Deadpool. Quello lì non riesce ad ammazzarlo neppure Galactus''
''Deadpool verrebbe tranquillamente ucciso da Magneto''
''Nei tuoi sogni, Magneto è in pensione. E non sarà mai figo quanto Deadpool''
''Ma ti senti quando parli? Porta un po' di rispetto, Magneto è colui che ha iniziato la battaglia contro i...''
''Magneto questo, Magneto quest'altro. Uff, sei noioso. Ormai quello lì è in pensione, a Genosha. Non gli interessa più un fico secco della lotta mutante''
''Lovi - sussurrò Antonio, approfittando della momentanea distrazione dei due - Senti questa puzza?''
''Sì che la sento, idiota. La tua spalla...''
''Non è la mia spalla - l'interruppe lo spagnolo - E' puzza di gas. Se riesco ad accendere anche una fiammella piccola...''
''Così salteremo tutti in aria''
''Non tutti: tu ti salverai. Al mio segnale, corri verso la finestra. ''
Lovino inarcò un sopracciglio.
''E tu, bastardo? Cosa farai?''
''Non ti preoccupare, me la caverò''
Era una bugia pietosa, e Lovino lo capì subito: Antonio si era spinto troppo oltre, era ferito e non riusciva neppure a stare in piedi. Se avesse messo il atto quel piano, sarebbe morto anche lui.
Si sarebbe spinto davvero fino a quel punto per lui?
''Idiota...''
Gli diede un pugno sulla testa, così forte che persino i loro avversari smisero di litigare.
''Non hai capito proprio niente! Oggi non morirà nessuno, bastardo. Chiaro?''
Thunderbolt trattenne una risatina.
''Si vede che sei un novellino - disse, fissando l'italiano - Sei ancora nella fase dove credi che ci sia una soluzione a tutto''
''E' c'è - disse, alzandosi e frapponendosi tra lui e Antonio. Da dove tirava fuori tutto quell'ottimismo? Non era Feliciano. Ma forse... forse stava cercando di mostrare ad Antonio che c'era un'altra possibilità che non richiedeva la sua morte. - Non morirà nessuno, oggi. Noi vi daremo tanti di quei calci in culo da spedirvi sulla luna''
Il coreano trattenne una risata.
''Tu vorresti sconfiggerci entrambi? Da solo? E con quale potere? - gli domandò, avvicinandosi. Erano faccia a faccia ora, e una luce elettrica illuminò il suo sguardo - Sono a un livello del tutto superiore, dovresti averlo già capito''
''A me sembri solo un pezzente''
''Oh oh - fece Quicksilver dietro il fratello - Il ragazzino ti ha capito subito. Mi sta simpatico. Ma dobbiamo per forza ucciderlo? Non potremmo portarlo al covo, da Sadiq?''
''Assolutamente no! - ringhiò il coreano - Ti ho già detto che questo marmocchio qui deve morire''
''In realtà, non mi hai detto proprio niente''
''Ti ho detto il necessario - poi, tornando a Lovino - Sei un gran grattacapo tu. Grazie al cielo hai un potere inutile, se fossi stato come...''
Si interruppe, capendo che stava per dire troppo.
''Bah, sbrighiamoci. Dato che vuoi tanto fare l'eroe, credo che inizierò da te''
''Che ne dici se invece iniziamo da te, Thunderbolt?''
Una sfera azzurra circondò la testa del mutante, mentre Quicksilver schivò per un soffio un mobile scagliato contro di lui.
''No, non voi!''

Lovino seguì con lo sguardo la traiettoria dalla quale era venuto il comodino che teneva in soggiorno e vide fermi dietro ai ragazzi due persone. Chiaramente dei mutanti, lo si capiva dal vestiario moda anni '80. Entrambi erano bassini di statura e dai tratti erano orientali. Il più basso dei due aveva lineamenti femminili e una tuta in cui predominava il blu e su cui era riportata una X. L'altro era di poco più alto, e al posto del blu in lui il colore dominante era il rosso. Da come si comportavano si capiva che dovevano aver lavorato molto uno affianco dell'altra.

C'era solo un dubbio che attanagliava Lovino nel profondo: ma quello in rosso era un uomo o una donna? Non lo capiva bene: aveva lineamenti femminili, e quando prima aveva parlato il timbro di voce era piuttosto acuto, ma se lo guardava bene gli sembrava un uomo...

“Red Dragon! Blue Dragon!” esclamò Quicksilver, mentre Thunderbolt ancora lottava contro la barriera che gli avvolgeva la testa e che gli impediva quasi di respirare.

Lovino sentì al suo fianco Antonio mormorare: “Oh cavolo...”

“Che c'è? Altri nemici?” domandò l'italiano allarmato mentre con lo sguardo cercava tutte le possibili vie di fuga.

Il castano fece cenno di no con la testa mentre continuava con voce stentorea: “Peggio, molto peggio. Membri di Generation X”

“E con ciò? - domandò perplesso il più giovane - Non è un bene che siano venuti ad aiutarci?”

“Non capisci? Se sono qui vuol dire che hanno automaticamente scoperto che siamo fuggiti di nascosto da scuola quando la preside ti aveva severamente proibito di uscire. Siamo nei guai fino al collo”

Lovino impallidì mentre si rendeva conto anche lui della portata della notizia appena data dall'altro. A questo punto quasi quasi era meglio morire uccisi da quei due psicopatici in calzamaglia.

In quel momento l'attenzione dei due venne portata di nuovo sul quartetto da una micro esplosione.

Thunderbolt era riuscito finalmente a liberarsi da quella sorta di bolla che gli circondava la testa, solo che per farlo aveva dovuto creare un fulmine a pochi centimetri dal volto per colpire i punti deboli e farla collassare. Risultato? Era sì libero, ma i suoi capelli adesso ricordavano gli aculei di un istrice.

Quicksilver prese a ridere tenendosi la pancia: “Ahahahahah, fratello dovresti vederti, sei assolutamente fantastico! Ti prego, dov'è una fotocamera?! Devo assolutamente riprenderti, ahahahahah!”

“Taci - ringhiò l'altro prima che la mano risplendesse di scintille - Che sorpresa inaspettata vedervi. Inaspettata e spiacevole. Si può sapere che diavolo ci fate voi due qui?”

Red Dragon fece un passo avanti mentre una sorta di aura psichica circondava la sua testa e alcuni libri prendevano a volare attorno a lui: “Beh, a dire il vero siamo noi ad essere sorpresi di trovarvi qui, aru. Eravamo venuti perché dovevamo prendere un paio di robe da questo appartamento per qualcuno, che sospetto essere quel ragazzo lì dietro - ed indicò con un cenno del mento Lovino - E invece ci troviamo con una casa mezza distrutta, due dei nostri alunni feriti e due idioti che si divertono a fare casino in giro per la città. Non vi è bastata la batosta di qualche giorno fa, aru?”

Proprio in quel momento si scorse un veloce guizzo argentato.

<< Il bastardo velocista! >> fu l'unico pensiero di Lovino mentre si rendeva conto che Quicksilver doveva aver approfittato del momento di dialogo tra i due per colpire i supereroi alle spalle. Che vigliacco!

Non fece in tempo ad urlare di fare attenzione però, che subito una sorta di campo di energia azzurro circondò i due draghi e il ragazzo ci finì contro, rimbalzandoci contro con violenza e finendo contro il muro.

<< Un po' per uno non fa male a nessuno >> fu l'unico pensiero di Lovino mentre sorrideva malefico. Nell'ultimo quarto d'ora quello stronzo non aveva fatto altro che buttarlo contro la parete sfruttando la sua velocità. Ora era giunto il momento che lo ripagassero con la stessa medicina.

Nel frattempo il coreano si rialzava tenendosi il naso: “Ehi, i campi di forza non valgono!” urlò indispettito.

“Esattamente come non vale attaccare alle spalle le persone” fu l'unica risposta della donna. Aveva entrambe le mani alzate e circondate da una sfera azzurra.

“Tsk, non potete rifugiarvi dietro quello scudo per sempre - fu il commento sprezzante di Thunderbolt mentre tra sue mani si generava l'ennesimo fulmine - Prima o poi dovrete uscire, e allora state certi che ve ne faremo vedere delle belle”

“Oh, ma noi non ci tiriamo certo indietro, vero Blue?” domandò l'uomo (perché Lovino era arrivato alla conclusione che quello era un uomo. La tuta superaderente metteva in risalto le curve, e lui non aveva tette, quindi...).

Per tutta risposta lei richiamò lo scudo, però altre piccole barriere a forma di bolla le si generarono attorno facendo capire che comunque era più pronta che mai a dare battaglia.

Thunderbolt sorrise sprezzante: “Non prendeteci sotto gamba” mormorò prima di prepararsi a lanciare un fulmine contro i due.

“...ga...”

Il mugugno indistinto di Antonio fece ricordare a Lovino in che stato di salute fosse l'altro. All'istante si chinò verso di lui: “Bastardo! Ehi bastardo, avanti!”

“... ga... ga...”

“Ga?! Che cazzo vuol dire ga?! Parla chiaro ti prego?!”

Avvicinò il suo orecchio alla bocca dell'altro che tremante riuscì a comporre la parola: “Ga...s...”

In quel momento un senso di orrore si diffuse nell'italiano: il gas! Cazzo, si erano dimenticati del gas!

Si protese con una mano in avanti, come se così poteva fermare ciò che stava per accadere, mentre urlava con una paura folle: “NO!”

Troppo tardi: Thunderbolt lanciò il fulmine, e non appena le scintille si diffusero nell'aria l'intero stanza scoppiò in un'esplosione infernale.



Era morto.

Cazzo, era morto.

Ma lui non voleva essere morto! Anche perché continuava a sentire dolore dove era stato colpito e provava una sensazione di bruciore sul viso. Se quello voleva dire essere morti, allora faceva davvero schifo.

In quel momento però sentì anche un rumore sordo e capì che invece era ancora vivo.

Tirò un sospiro di sollievo mentre riacquistava la vista, momentaneamente persa a causa del bagliore dell'esplosione, e la sensibilità in tutto il corpo. E la prima cosa che vide fu che c'era qualcuno di fronte a lui.

Con sgomento si rese conto che si trattava di Antonio!

Quel coglione doveva aver fatto affidamento sulle sue ultime forze per proteggerlo col suo corpo.

“No... no, no, no, no, no... NO!” urlò l'italiano mentre lo prendeva aspettandosi che fosse chissà come orribilmente sfigurato, invece a prima vista sembrava stare benissimo.

Dopo qualche secondo di perplessità si rese conto che c'era anche qualcos'altro che non andava: tutto attorno a loro la luce era un po' più azzurra. Finalmente si rese conto che erano circondati da una barriera. Proprio in quel momento calò e i due furono raggiunti dai due supereroi, leggermente coperti di fuliggine e con i capelli bruciacchiati, ma comunque in forma.

“State bene, grazie al cielo, aru! - esclamò Red mentre si chinava per accertarsi delle loto condizioni - Beh, meglio dire: uno meglio dell'altro” finì di mormorare mentre il suo sguardo cadeva su Antonio.

Lovino, ormai di nuovo perfettamente lucido, allarmato prese ad osservare meglio lo spagnolo... e si sentì strozzare. Già prima, per via di quell'avanzo da discoteca con la mania per le esplosioni, la ferita alla spalla era grave: la pelle era completamente piagata a causa del calore, e tutto intorno era circondata da orribili bolle. Ora però pareva che il giovane fosse addirittura messo peggio!

Blue si chinò e mise una mano sul collo di Antonio per sentire le pulsazioni. Dopo un paio di secondi si lasciò sfuggire un lieve sospiro di sollievo: “Sta bene, è vivo, però ha bisogno urgente di cure. Portiamolo al Quinn Jett, lì gli porteremo i primi soccorsi. Poi una volta arrivati alla scuola finiremo le cure. Andiamo” e esortò il compagno a prenderlo.

Lui fece cenno affermativo con la testa mentre afferrava il castano da un lato: “Mi aiuti, aru?”

Lovino si riprese dallo shock e fece come gli era stato chiesto.

“Ma... quei due?” riuscì a domandare con voce secca mentre si dirigevano in fretta verso il Jett.

“Scomparsi - fu la risposta sbrigativa di Red - Spererei che l'esplosione gli abbia colpiti, ma credo che Quicksilver sia stato veloce come Lin nel portare suo fratello via. Se non fosse stato per lei l'esplosione avrebbe centrato anche noi e voi, e allora per Antonio sarebbe stata davvero la fine, anche con la sua parziale invulnerabilità al fuoco. Ti dobbiamo la vita, aru”

“Grazie Yao - fu la risposta della donna mentre gli sorrideva - Ma a dire il vero è solo perché questo giovanotto ha urlato che sono stata abbastanza pronta da erigere le difese necessarie. È lui l'eroe”

Lovino arrossì violentemente mentre distoglieva imbarazzato lo sguardo.

Nel frattempo erano arrivati a bordo del mezzo. Dopo aver depositato il giovane, Yao si diresse ai comandi mentre Lin prese ad armeggiare con la ferita e il kit del Pronto Soccorso. Lovino se ne stava ad osservare, con la mente che non riusciva a formare nessun pensiero se non “Ti prego, fa che stia bene, fa che non siamo arrivati troppo tardi, cazzo!”. Rimasero tutti in silenzio per una decina di minuti buoni, fino a che dalle labbra dello spagnolo non uscì un mugolio di dolore e aprì lentamente gli occhi.

“Donde estamos?” riuscì a chiedere con voce roca prima di essere scosso da un violento attacco di tosse. Lovino riprese a respirare. Neanche si era accorto di quanto aveva trattenuto il fiato.

“Antonio. Tranquillo siamo noi. Sei sul Quinn Jett, adesso” gli disse con voce calma l'orientale.

“Lin? - domandò cercando di metterla a fuoco. In quel momento furono raggiunti anche dall'altro che aveva appena inserito il pilota automatico - Yao?”

“In persona, aru - replicò il cinese con un sorriso - Sono conteno di vedere che stai bene”

“Grazie - replicò con un lieve sorriso l'europeo. Sorriso che però si pietrificò mentre veniva colto da un dubbio - Stare bene...?”

In quel momento scattò a sedere mentre urlava: “Lovinito!”

“Sono qui, bastardo” borbottò burbero l'italiano venendogli vicino.

“Grazie al cielo - fu la risposta dell'altro mentre tornava a sedersi con il volto un po' più sereno - Stai bene, per fortuna”

“Ma ti sembra il caso di essere felice perchè io sto bene? Ma ti sei visto, razza di deficiente?! Hai idea di che pericolo hai corso cercando di difendermi col tuo corpo?! Sei proprio rincoglionito, altroché!” urlò l'italico infuriato, cercando di mascherare con la rabbia il piacere nello scoprire che il primo pensiero dell'altro fosse stata la sua incolumità.

Antonio si limitò a fare un sorriso che però si tramutò in una sorta di smorfia di dolore: “È sempre stato un mio problema. Mi preoccupo sempre prima degli altri, invece che di me stesso. Mamma me lo ripeteva sempre quando ero in pensiero per...” si bloccò mentre l'espressione si faceva scura.

Lovino avrebbe voluto chiedergli di che cosa stava parlando, ma i due furono interrotti dagli adulti.

“Ehm, mi dispiace interrompere questo quadretto, aru, però ho anche un ruolo di tutore da svolgere: si può sapere cosa diavolo stavate facendo lì?” domandò Yao.

“Ecco, è tutta colpa mia - provò a mormorare Antonio - Lovi doveva prendere una cosa, e visto che ci teneva tanto ho pensato di accompagnarlo. Doveva essere una toccata e fuga”

“Cosa importante? Oh cazzo, la foto!” urlò Lovino mentre tirava fuori dai pantaloni la cornice ormai completamente distrutta dalla foga del combattimento. Con mani tremanti tirò fuori l'immagine, pregando che fosse integra. La sua preghiera venne esaudita a metà: infatti un lato era lievemente bruciacchiato.

“Oh, merda, sono fottuto...” mormorò nello sconforto prima di buttarsi pesantemente a sedere sulla sedia.

“Bah, qualunque sia la spiegazione, vi conviene che sia convincente. Ho chiamato Zafirah prima, e non sembrava affatto felice quando ha scoperto della vostra fuga” rivelò loro Yao.

Antonio rabbrividì. Conosceva ormai troppo bene le sfuriate della preside, dopo tutte le volte che aveva ripreso lui, Francis e Gilbert in seguito ad uno dei loro scherzi.

Lovino invece si limitò a scrollare le spalle mentre pensava: << Che vuoi che mi importi di una punizione? Mi spieghi piuttosto come faccio a spiegare a Feli che ho rovinato la foto di mamma?! >>

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Angolo autore:

Allora: siamo in un ritardo mostruoso? Eccome!

Chiedo profondamente perdono a tutti i lettori che seguono questa storia

(voce nella testa: Perché? Ce ne sono?

Io: Taci tu)

ma tra vacanze che stai via di casa, Gennaio e Febbraio che sono i mesi in cui i professori si sbizzarriscono a più non posso con le verifiche e un mio blocco dello scrittore che praticamente mi impediva di andare avanti, questo capitolo si è protratto per tutto questo interminabile lasso di tempo.

Mi dispiace davvero tanto che abbiate dovuto aspettare tutto questo tempo con l'ansia dello scorso capitolo, chiedo scusa (di nuovo).

Ad ogni modo spero che il capitolo vi sia piaciuto!

I personaggi gli abbiamo comunque presentati negli scorsi capitoli, solo due sono le nuove comparse da specificare: Red e Blue Dragon, che altri non sono se non Cina (come si poteva facilmente intuire dagli “aru”) e un OC: Mongolia! Quest'ultima immaginatevela come una sorta di Nyo!Cina.

Ed ora: che cosa succederà nel prossimo capitolo? Antonio riuscirà a rimettersi in sesto? Lui e Lovino riusciranno a sopravvivere alla sfuriata di Antico Egitto? Non vi resta che scoprirlo.

Un paio di avvisi finali solo: ormai come avrete capito gli aggiornamenti non saranno regolari, pubblicheremo non appena avremo qualcosa di pronto. Inoltre chiedo scusa a tutti coloro che lasciano recensioni e che non ricevono subito una risposta ma che devono aspettare anni, ma tra impegni, studio e una pigrizia che mi assale nei momenti meno opportuni, sto sempre secoli a rispondere. Sappiate comunque che per me la vostra opinione è importantissima. Anzi per entrambi gli autori.

Ci si vede, bye!

 

Suddivisione capitolo: intro scuola e momento successivo a scontri individuali fino ad apparizione Cina e Mongolia sono da attribuirsi a Lady White Witch.

Scontri individuali e finale sono da attribuirsi al sottoscritto.

 

Attenzione: minimo due recensioni per continuare. Volete fare felici due autori, da? ^J^

 

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Capitolo 7
*** Dna mutanti e altri imprevisti ***


CAP.7: DNA MUTANTE E ALTRI IMPREVISTI

 

 

Westchester, New York

Istituto Xavier per giovani dotati

Parecchi anni prima...

 

Aveva bisogno di un posto dove nascondersi, e l'aula di arte sembrava il posto ideale. Aveva ancora problemi a dover controllare i suoi poteri, ma non credeva che bastasse poco per attivarli e bruciare i capelli di quell'Abel. Non gli dispiaceva averlo fatto, così imparava a dire che i suoi poteri erano inutili, ma ora Fenice e gli altri di Generation X si arrabbieranno e lo espelleranno dall'Istituto. Antonio non voleva andarsene da lì, quel posto gli piaceva. Perciò, meglio nascondersi fino a quando le acque non si fossero calmate. Se non fossero stati più arrabbiati con lui, non l'avrebbero espulso. Giusto?
''E con le stesse scarpe camminare per diverse strade/ O con diverse scarpe su una strada sola''
Antonio si bloccò, spaventato. Non si aspettava che ci fosse qualcuno a quell'ora. Specie se quel qualcuno era la figlia di Fenice, Rouge (quello era il nome in codice con cui tutti la chiamavano, e il bambino non sapeva ancora quale fosse il suo vero nome). Era lei a dare lezioni ai ragazzi per il corso di arte e, doveva ammetterlo, aveva anche una bella voce. Se non stesse correndo il rischio di venir punito, rimarrebbe volentieri ad ascoltarla.
''Tu non credere se qualcuno ti dirà che non sono più lo stesso ormai/Pioggia e sole abbaiano e mordono ma lasciano, lasciano il tempo che trovano''
Non l'avevano mai vista prima di allora, e alcuni ragazzi più grandi avevano detto che per un po' era rimasta lontano dalla scuola per ''maternità''.
<< Devo andarmene - pensò il bambino, indietreggiando lentamente mentre lei continuava a cantare - Forse Fenice le ha detto quello che ho fatto, e lei potrebbe portarmi dagli altri. Meglio... >>
Inciampò su un secchio di vernice lasciato da uno degli studenti dell'ora precedente, e cadde rovinosamente a terra.
Lei smise di cantare e si voltò, e il viso di Antonio si imporporò per la vergogna. Oh, ora era davvero fregato.
''E tu chi sei? Sei nuovo?''
''Mi... mi chiamo Antonio signora. E sono arrivato due settimane fa''
La donna si alzò e si avvicinò per aiutarlo ad alzarsi. Era davvero bella.
''Signora? Oh, chiamami Livia. O Rouge, se preferisci. Quanti anni hai?''
''S-sette... non mi vuole punire?''
''E perchè dovrei?''
''Ho fatto una cosa molto brutta...''
Lei parve riflettere per un momento sul da farsi, poi continuando a sorridere disse: ''Facciamo così, io ti accompagno in cucina a mangiare dei biscotti, e mi racconti cosa è successo, con calma. Sono sicura che un giovanotto come te non abbia fatto niente di male di sua spontanea volontà''




Westchester, New York
Istituto Xavier per giovani dotati
Infermeria della scuola
Presente...


''E con le stesse scarpe camminare per diverse strade/ O con diverse scarpe su una strada sola''
Quando Antonio si sveglia, la prima cosa che sente è la voce di Lovino. Rimane a bocca aperta quando riconosce la canzone, anche se sembrano passati secoli dall'ultima volta in cui l'ha ascoltata. Sono nell'infermeria dell'istituto. Deve aver perso conoscenza sul jet a causa delle ferite, perciò non ricorda quanto successo nel lasso di tempo che andava dall'arrivo di Red e Blu Dragon al ritorno all'Istituto.
Ora saranno nei guai. Era certo che Yao sarebbe andato dalla preside per riferirle quanto successo. Stranamente, la cosa non gli importava più di tanto. Beh, era stato quasi ucciso. Per quel giorno poche cose lo potevano terrorizzare.
''Lovinito?''
Il ragazzo arrossì e smise di cantare. Per un attimo, gli parve di rivedere Rouge. Ma quanta morfina gli aveva dato Elena? Ora aveva anche le allucinazioni.
''Non essere tanto sorpreso, stronzo''
''Sei rimasto... per me?''
''Mi sembrava il minimo, dato che quasi ti ammazzavano per colpa mia''
''Ehi, non è mica la prima volta - tentò di sdrammatizzare lui - Ci si abitua qui''
''Sto cazzo, deficiente.Non dovevi mica venire per forza con me''
''Mhm... forse ... ma se dovessi rifare tutto, accetterei comunque. Non potevo mica lasciarti da solo''
La sua frase colpì tanto l'italiano che quest'ultimo rimase in silenzio. Lui inclinò la testa. L'aveva forse offeso?
In quel momento, arrivò Yao.
''Signor Vargas, la preside vorrebbe parlare con lei''
''Minchia, ora anche questa... bah, tu vedi di non schiattare mentre non ci sono''
Fece per andarsene, ma prima Antonio aveva una domanda da fargli.
''Cantavi per me prima?''
Aveva bisogno di sapere da chi avesse ascoltato prima quella canzone. La stessa che amava Rouge. Poteva essere un caso, ma lui voleva vederci chiaro.
''Uhm... - Lovino sembrava imbarazzato, come se avesse sperato che a causa dei sedativi lui non sentisse niente - Forse, bastardo. Ma non farti strane idee. L'ho fatto solo ... non lo so... credo che servisse a qualcosa. Ho fatto la prima cosa che il mio cervello mi ha suggerito. E poi, era la canzone preferita di mia madre. Ce la cantava sempre, a me e Feli, prima di farci dormire e quando stavamo male''




Ufficio di Zafirah Hassan

 

“MAI! Mai in... 'anta anni di carriera! Mai mi è capitato di avere uno studente così sconsiderato! Ha la minima idea del pericolo che ha corso?! Per poco lei e quel suo degno compare di Carriedo non finivate uccisi!”

Lovino era stupefatto. Quando aveva conosciuto la preside aveva pensato subito che fosse una di quelle donne fredde, che quando si arrabbiavano ti facevano sentire uno schifo commentando con voce tagliente quanto avevi fatto facendoti così sentire la persona più stupida al mondo. Invece non appena Yao lo aveva accompagnato in presidenza e se ne era andato chiudendosi la porta alle spalle, Zafirah era esplosa urlandogli giù di tutto. Ed era andata avanti così per cinque minuti buoni, senza neanche riprendere fiato.

L'italiano si domandò se per caso la preside non possedesse anche un paio di polmoni di riserva.

Il castano era abituato alle sfuriate degli adulti, e anche se quella che aveva di fronte raggiungeva il primo posto nella sua “Classifica delle più spettacolari arrabbiature che abbia mai visto” (al primo posto c'era in precedenza quel professore di terza media che gli aveva fatto quella scenata quando in gita aveva chiuso dei compagni rompicoglioni per tutta la notte nella terrazza dell'albergo al freddo) non è che le prestasse molta attenzione.

I suoi pensieri andavano ad Antonio. Antonio l'altruista che aveva accettato di mettersi nei guai per aiutarlo, Antonio l'affidabile con il quale era riuscito ad aprirsi come mai con nessun altro, Antonio il coraggioso che era pronto a sacrificare la sua stessa vita per salvarlo, Antonio...

Si riscosse: perché cazzo pensava al bastardo spagnolo in quel momento?! Era soltanto un esaltato cretino che sorrideva come un ebete e che da quando lo aveva incontrato gli aveva procurato solo problemi e nient'altro.

<< Sì, un problema. Ecco che cos'è... >> pensò il ragazzo non molto convinto.

Inoltre aveva ancora stampato a fuoco nella mente l'immagine del volto dello spagnolo quando, un attimo prima di andarsene, gli aveva detto della canzone che stava cantando e del rapporto che la legava a sua madre. L'altro aveva assunto un'espressione stupefatta, con gli occhi sgranati e la bocca spalancata, e l'italiano proprio non riusciva a capire perché. Sembrava quasi che avesse appena visto un fantasma...

Nel frattempo la preside continuava a strillare, e dal caso particolare di Lovino era passata al generale iniziando a lamentarsi del suo lavoro, cosa che spesso facevano gli adulti.

“Ma sì, vedrai Zafirah: un lavoro semplicissimo! Mi hanno detto così: dovrai solo badare a dei ragazzini, quanto difficile potrà mai essere? Un casino, ecco quanto! Perché ora, oltre che badare affinché gli adulti non finiscano ammazzati dal megalomane di turno mi tocca anche darmi da fare affinché un gruppo di adolescenti mutanti in piena crisi ormonale non si faccia uccidere a causa di idee cretine spuntate da chissà dove! Perchè si sa: quando un pericolosissimo assassino mi cerca non c'è niente di più sicuro che io possa fare se non andarmene in giro per la città e fare un capatina nel posto più ovvio in cui io possa andare! Ma dico: il buon senso lo avete dimenticato a casa?! Visto quanto è successo ora non mi sorprenderebbe più scoprire che tu sia effettivamente parente di...!”

All'istante la donna si bloccò, chiudendo di scatto la bocca.

Peccato che Lovino avesse sentito l'ultima frase, ed ora un campanello d'allarme suonava dentro la sua testa: “Che cosa? Parente di chi? Di cosa sta parlando?”

Ma l'egiziana non lo ascoltava più ormai. Aveva il viso rivolto verso la sua scrivania e stava riordinando nervosamente alcune carte: “Non ha importanza. L'importante ora è che lei ha corso un gran rischio con questa sua bravata, spero che se ne sia reso conto. Tutto ciò avrà delle conseguenze. Al più presto le farò sapere quale punizione la attende, arrivederci” commentò sbrigativa.

“No aspetti! Lei ora...” provò a intervenire il ragazzo ma la donna alzò una mano e lui si sentì bloccato all'altezza della cintura.

“Arrivederci” esclamò lapidaria. Dopodiché sfruttando il suo potere sui campi magnetici lo fece voltare e lo mandò fuori dall'ufficio, prima di chiudere la porta e far girare la chiave.

Il castano, finalmente libero di muoversi di nuovo, si trattenne dal mettersi ad urlare epiteti poco consoni ad un luogo scolastico e a tempestare la porta di pugni tirando giù tutti i santi del paradiso, limitandosi a tirare un calcio alla moquette. Dopodiché marciò a passo svelto verso l'infermeria. Se non otteneva risposte dalla preside, allora le avrebbe ottenute da quel ritardato di Antonio, costi quel che costi!




Nel frattempo nel suo ufficio Zafirah si buttò pesantemente a sedere sulla sedia, prima di chiudere gli occhi e portarsi una mano alla tempia.

Per poco non aveva mandato tutto all'aria, rivelando al ragazzo i sospetti che nutriva su di lui e sul fratello riguardo le loro identità. Non glielo avrebbe detto, a nessuno dei due. Non prima di aver avuto la pressoché totale certezza.

Con un gesto stanco della mano chiamò a sé una cornice di metallo da una mensola. La prese e con un sorriso triste prese ad osservarla. Vi erano immortalati una serie di giovani, con un'età compresa tra i 18 e i 35 anni. Tutti avevano delle tute attillate e stavano, chi più chi meno, sorridendo spensierati all'obbiettivo. Con lo sguardò esaminò i volti di coloro che erano i Generation X agli albori del supergruppo.

In prima fila notò Lin che sorrideva dolcemente, con dietro Yao che le teneva una mano sulla spalla con fare fraterno. Elena in un lato della foto tirava per un braccio un'altra persona, un ragazzo molto simile alla donna, esortandolo a mettersi in posa con loro. Vide sé stessa che sollevava gli occhi esasperata alla vista di quella scena mentre un leggero sorriso le illuminava il volto. C'erano anche molte altre persone, ma la sua attenzione si puntò su di un terzetto, coloro per i quali aveva preso quell'immagine. A destra c'era un uomo biondo di corporatura muscolosa con i capelli lunghi, il volto era corrucciato ma si riusciva a vedere che le labbra erano leggermente incurvate in un sorriso. Al suo fianco vi era un'altro uomo che lo attirava a sé in una sorta di abbraccio, mentre sorrideva come se quello fosse il giorno più bello della sua vita. Aveva un aria allegra e scanzonata, i capelli erano castani e scompigliati e portava una barba sfatta. Con l'altro braccio circondava l'esile figura di una ragazzina, la più giovane del gruppo, che sembrava avere meno di vent'anni. Era molto simile all'uomo per colore di capelli e incarnato, e aveva anche un sorriso molto simile, aperto e cordiale.

Zafirah sospirò: “Claudio, Claudio... che tu ci sia o meno, solo problemi mi dai, eh?”

Con lo stesso sorriso amaro posò la cornice e tornò a concentrarsi sulle carte. Avrebbe trovato una risposta alle sue domande, quant'era vero che si chiamava Zafirah Hassan!



Aula di informatica

 

Emma voleva tanto che ci fosse qualcuno con lei in quel momento, nell'aula di informatica. Ma purtroppo erano andati tutti, anche i bambini, a vedere in che condizioni fosse Antonio. Anche lei ci sarebbe voluta andare, ma suo fratello l'aveva bloccata prima che uscisse, dicendole ''ti devo parlare''.
Tre parole che bastavano a farla sentire come un condannato a morte.
Abel scrutava la sorella come se fosse una potenziale nemica. Sapeva che gli stava nascondendo qualcosa, ed Emma era abbastanza sicura che con le giusta ''argomentazioni'' il maggiore avrebbe potuto farle sputare facilmente fuori tutta la verità. Ma Abel non era un mostro... con lei. Non le avrebbe mai fatto del male. Ma c'erano delle volte in cui un suo sguardo le faceva venire la pelle d'oca e le faceva capire perchè a scuola tutti gli avessero affibbiato il nome in codice Killer Smoke.
''Emma...''
''Si?''
''Dimmi la verità... perchè hai aiutato Antonio ad uscire dalla scuola?''
Lei impallidì. Allora sapeva...
''Io... come... in realtà...''
''Non serve che menta - l'interruppe lui - Quello lì non poteva uscirsene dall'Istituto senza che qualcuno lo aiutasse. E guarda caso, ho saputo dal nostro piccolo Lux...''
''Per favore, non assecondarlo. Usa il suo nome!'' protestò debolmente, facendo appello a tutto il suo istinto di sorella maggiore.
''Lui vuole essere come noi, e vuole che il suo nome sia Lux... dicevo, il nostro fratellino mi ha detto che hai convinto lui e gli altri bambini a fare uno strano gioco, un bello scherzo da fare alla preside. Solo, non era uno scherzo, vero? Era una tattica (discutibile aggiungerei) per convincere la preside del fatto che quei due non fossero assenti''
''Tattica per... no Abel, in realtà...''
Cominciò a sudare freddo. Non riusciva a mentire a suo fratello. Lui la conosceva troppo bene! Ma se gli avesse detto la verità, si sarebbe arrabbiato con Antonio che, a detta sua, ''approfitta ancora dei tuoi sentimenti per fare i suoi porci comodi''. Non voleva aumentare l'astio tra qui due, che di problemi ne avevano già tanto. Ma, allora, cosa doveva fare?
La sua salvezza le si presentò con l'aspetto di una dolce ragazza asiatica dai lunghi capelli neri raccolti e con la camicia bianca da medico.
''Ehi Emma! Eri qui! Dovrei parlarti''
''Di cosa, Mei?''
L'asiatica guardò prima Abel poi la ragazza, e disse: ''Forse è meglio che ne parliamo... in privato. Ho delle analisi da farti vedere''
''Analisi? - ripeté il mutante - Ha a che fare con la sua mutazione? C'è qualche problema? Deve fare altri accertamenti?''
Ed ecco che Antonio passava in secondo piano. Meno male che l'unica cosa superiore al suo odio nei confronti del pirocineta fosse il suo affetto per lei.
''Calmati, Abel. - gli disse con tono conciliante Mei - Non è niente di preoccupante... ma dovrei fare un paio di domande un po'... intime a tua sorella''
''Del genere?''
''Del genere che se non lo fai tu, ti teletrasporto su Marte. O dai Kree. Chissà come sarebbero felici di avere un mutante di questa scuola sul loro pianeta... specie lo stesso che per poco non ammazzò il loro generale più forte''
Abel non ribattè. Evento piuttosto raro, in realtà. Ma Mei era una teleporta eccezionale, sul livello di Magik o Nightcrawler. Il suo potere si era sviluppato nel corso degli anni fino a coprire distanze oceaniche, addirittura da un pianeta all'altro. Certo, c'erano dei limiti. Ma comunque era una pessima idea voler provare a vedere se stesse scherzando o meno.
''Va bene, va bene... ma se c'è qualcosa che non va, io voglio saperlo''
''Sarai il primo ad essere informato, in quel caso''
Emma sentì i battiti del cuore di Mei aumentare: stava mentendo. Solo... perchè?



Corridoi fuori dai dormitori della scuola

 

In tutto l'istituto per giovani Mutanti era noto il terzetto formato da Francis Bonnefoy, Antonio Carriedo e Gilbert Beilschmidt. I tre ragazzi erano famigerati soprattutto per i loro scherzi e le scappatelle che facevano fuori da scuola e che spesso li mettevano nei guai. In molti si chiedevano come facessero Carriedo e Bonnefoy a sopportare l'elemento più casinista e megalomane del gruppo, cioè Beilschmidt. La verità era che, nonostante tutto, essere in due aiutava molto a tenere a freno l'albino, che approfittava di ogni secondo libero per autocelebrarsi. E se era appena tornato da una missione di cinque mesi in Europa senza aver visto i suoi amici la sua voglia di mettersi in mostra era tale da arrivare a livelli di esasperazione.

In una situazione normale Francis avrebbe avuto il sostegno di Antonio, però in quel momento il ragazzo era in infermeria in seguito allo scontro avuto con la confraternita. I due erano andati a trovarlo, ma dopo un po' erano stati cacciati da Mei che li aveva detto che lo spagnolo aveva bisogno di riposo. E così l'intera situazione si era conclusa con loro due da soli e il francese che si doveva sorbire per intero il monologo dell'altro.

“Kesesese, e allora io sfreccio verso il ponte pericolante, credendo ormai di non riuscire più a fare niente per le persone che sono sopra e che rischiano di finire nel fiume. Quel pensiero mi da la carica e ingranando il turbo riesco a prendere un altro paio di signore e a portarle in salvo. Le poggio a terra e le affido agli altri e ritorno veloce. Ormai rimaneva soltanto una ragazza, pensavo che ce l'avrei fatta, però ecco che il ponte cede del tutto e lei urlando cade nel vuoto. Sento il panico, il mondo si restringe su quell'unica singola vita che ormai dipendeva solo dalla bravura e dalla destrezza delle ali del Magnifico. Mi spingo, lei è sempe più vicina all'acqua, vado, lei e a dieci metri, nove, otto, sette, do il turbo, sei, cinque, quattro... e BUM! Riesco a prenderla e a portarla in salvo!”

Sorride e si volta verso l'amico con gli occhi che brillavano, probabilmente aspettandosi come minimo un applauso.

Francis invece distolse l'attenzione dalle sue unghie e dalla manicure riportandola sull'altro: “Mh, come? Oh, hai finito mon amì? Bene, un racconto davvero mozzafiato, bravo davvero...” mormorò prima di scrutarsi di nuovo le dita, alla ricerca di una qualche microscopica imperfezione.

Il mutante sbuffò, mentre le ali bianche fremevano per il fastidio che l'altro non gli tributasse gli onori che meritava: “E comunque il racconto non è finito” borbottò.

“Ah no? E che succede ancora? Salvi qualcuno che cade dalla cima di un campanile?” domandò distratto il biondo.

“No - lo bloccò infastidito l'altro prima che gli occhi gli si illuminassero di una luce... fiera? - Dopo aver condotto la ragazza dalla polizia mi dirigo verso dove i terroristi stavano seminando il panico, e lì vedo Liz e il damerino intenti a proteggere le persone. A quel punto mi aggrego anch'io allo scontro. Ad un certo punto però vedo uno di quei figli di puttana dei terroristi puntare il mitra verso la folla, e capisco che ha intenzione di sparare lì. Urlò cercando di avventarmi su di lui, ma siamo tutti troppo distanti. Lui fa fuoco, ma proprio in quel momento una figura si frappone e si becca tutti i proiettili. Una volta finito Liz è addosso al bastardo e gli assesta un pugno in pancia e un calcio nelle parti basse così forte che probabilmente quello lì non avrà mai più bambini, e ci voltiamo verso il tipo che si è comportato da eroe. Ci aspettiamo che cada da un momento all'altro, ormai senza vita, e invece con un grugnito si raddrizza, e solo in quel momento vediamo due cose che non vanno: tutti i proiettili sono per terra di fronte a lui e la sua pelle... è d'acciaio!”

“Quoi?”

“Ja, mi hai sentito bene. Solo a quel punto noto che si tratta di un ragazzo giovane. In quel momento la sua pelle si schiarisce ritornando ad essere carne e i capelli diventano biondi. Con sorpresa finalmente lo riconosco... si trattava di West!”

“Quoi? Il tuo fratellino?” gli chiese stupito il ragazzo.

“Ja, finalmente anche il suo gene X si è attivato. Sono così felice!” esclamò con un sorriso fiero l'albino.

“Che bello” disse Francis con un sorriso. Sapeva quanto l'amcio fosse affezzionato al fratello minore, che era anche uno dei motivi per cui aveva chiesto di occuparsi delle questioni mutanti in Europa, dove l'altro stava sorvegliato ad un'amica di Gilbert, un'altra mutante.

''Ma quanti anni ha?''
''Mhm... più o meno diciassette - fu la risposta dell'albino - Ha scoperto i suoi poteri per caso, sai? E devo dire che ci sono rimasto un po' male, non ha voluto dirmi niente! Eppure era già un mese che sapeva di averli. Insomma, logico che fosse un mutante, dato che nostro nonno è stato uno dei membri fondatori di Generation X''
Difficile dimenticarlo, Gilbert tirava fuori quella storia ogni santa volta, da anni. E quando si ubriacava, su quell'argomento diventava ancora più logorroico del solito. Ma Francis trovava la cosa... tenera, a suo modo. Il nonno di Gilbert era scomparso da dieci anni senza lasciare traccia, e il nipote sentiva quell'abbandono come un tradimento. Si era impegnato per diventare un membro operativo della squadra e farsi assegnare alla ricerca e protezione dei mutanti in Europa, non era solo per tenere d'occhio suo fratello, lasciato con degli zii ignari della natura del ragazzo, ma anche per provare a rintracciare quell'uomo che, agli occhi di tutti, era diventato una leggenda insieme a Fenice.
''Ha bisogno di allenamento - proseguì l'albino - E sapere i limiti del suo potere. Insomma, potrebbe essere veramente un grande X-men. Gli potremmo dare come nome in codice Colosso. Che ne dici? Fantastico vero?''
''Mhm... a parte che mi sembra che ci sia già qualcuno con quel nome, non sai neppure se voglia venire all'Istituto''
''Ecco... voglio che finisca gli studi. Che si goda l'adolescenza, anche se è decisamente troppo serio. Avrà tutto il tempo per fare l'eroe. Ma per ora, meglio che si goda un po' di normalità''
Francis sgranò gli occhi. Non si aspettava tanta maturità dall'amico. Ma quando si trattava della sua famiglia (almeno, di quel poco che ne restava), mostrava il lato migliore di sè.
''Ovviamente, è così fantastico che rischierei di essere messo in ombra da lui. Mica glielo posso permettere, no?''
E ti pareva... ed ecco che tornava a fare il megalomane.
''Mi hai rovinato la poesia!''
''Poesia?''
''Lascia stare, non capiresti''

Gilbert si grattò la testa confuso. Certo che a volte i suoi amici si comportavano in maniera davvero strana...

“Ad ogni modo! - esclamò il ragazzo, lasciando completamente perdere l'argomento in quanto non suscitava più la sua attenzione - Che mi dici dei due nuovi arrivati, quelli che hanno raccolto Antonio e gli altri? Il più piccolo è carino non trovi?” domandò ammiccando con le sopracciglia.

Francis scrollò le spalle: “Oui, ma sinceramente nulla di che. È simpatico, ed è anche molto dolce, ma non mi sembra il mio tipo. Io cerco qualcuno con una personalità... un po' più forte”

“Oh, quindi sei più come Antonio?” gli domandò Gilbert con la voce carica di sottintesi.

Francis sorrise. Ecco che si arrivava all'argomento che più suscitava il suo interesse: i pettegolezzi sulle storie d'amore all'interno della scuola!

Il biondo si guardò attorno per essere sicuro che non ci fosse nessun'altro a sentirli, prima di avvicinarsi all'altro e sussurrargli: “Mon amì: è cotto, te lo dico io! Può cercare di negarlo quanto vuole, ma si vede lontano un miglio che non riesce a staccargli gli occhi di dosso”

Gilbert rise: “Kesesese, lo dicevo io. E del tappetto isterico che mi dici?”
Francis assunse un'aria pensierosa: “Non saprei, ovviamente non lo conosco bene, però mi è stato riferito che da quando sono tornati non si è staccato dal letto di Antonio fino a che non ha riaperto gli occhi”
“Davvero?”
“Oui oui, e stava pure cantando per lui”

“Ooooh, amico mio siamo vicini alla svolta. Secondo te quanto ci vorrà perché si mettano assieme?”

Il francese si portò una mano al mento mentre rifletteva sulla domanda dell'altro: “Non saprei... se fosse per Antonio probabilmente si metterebbero insieme in qualcosa tipo tre settimane, un mese al massimo. Lovino però a quanto ho visto è un tipo un po' più... riservato. Inoltre non sono neanche sicuro che abbia capito la sua sessualità. È davvero difficile dare un responso, ma temo che che le cose potrebbero andare avanti anche per più di un anno”

Gilbert assunse un'aria infastidita, come se la risposta di Francis non lo soddisfacesse affatto.

“Troppo - sentenziò l'albino - Dobbiamo dar loro una mano per poter far trionfare l'amore...!”
“Gilbert, non ti riconosco più”

“Così poi potrò anche prendere in giro Antonio fino alla morte e a fare continue battutine a sfondo sessuale per farlo sentire in imbarazzo, kesesesese!”
Francis si limitò ad osservare l'amico con aria sconsolata. Ora sì che lo riconosceva.

“State discutendo di Antonio e Lovino?”

I due ragazzi sobbalzarono prima di voltarsi e vedere due grandi occhi azzurro mare che li fissavano curiosi.

“Peter! Mon Dieu, mi hai fatto prendere un colpo. Quante volte te lo dobbiamo ripetere di non sgusciare alle spalle delle persone?” lo rimproverò Francis.

Il bambino si limitò ad ignorarlo, per poi ripetere: “Allora? Stavate parlando di Antonio e Lovino?”
“Ja, ma si tratta di cose da grandi che tu non puoi capire” lo liquidò Gilbert facendogli poi gesto con la mano di andarsene, come a voler scacciare una mosca.

L'inglese gonfiò le guance irritato: “Uffa, non mi ignorate! Io vi voglio aiutare!”

Francis e Gilbert alzarono scettici un sopracciglio.

“È vero! - protestò Peter - E poi ho già un piano su come fare per metterli assieme!”

“Ma davvero? - commentò scettico il francese - E sentiamo un po': quale sarebbe questo brillante piano?”

Il piccolo mutante cominciò a illustrare ciò che aveva in mente con gli occhi che luccicavano: “Allora, prima di tutto immaginatevi questa scena: Antonio e Lovino, nel parco della scuola, intenti a cenare a lume di candela, una musica d'archi si diffonde nell'aria rendendo l'atmosfera estremamente romantica. Loro due si guardano intensamente negli occhi...”

Gli europei fissavano rapiti il biondino. E chi si aspettava che possedesse un animo così romantico?

“Quando ecco che saltano fuori dei cyber ninja che incominciano a rompere tutto e rapiscono Lovino, e allora Antonio comincia ad inseguirli per riprenderselo, ma i ninja sono dotati di ali e se ne vanno dicendogli che avrebbero portato Lovino nel castello del re dei cyber ninja. E così Antonio va fino al loro castello e dopo aver fatto fuori tutti ninja si scontra con il loro re, mentre Lovino invoca il suo aiuto. Alla fine allo stremo delle forze Antonio riesce a sconfiggerlo e lo salva e vivono per sempre felici e contenti. Fine”

Il bambino aveva un'espressione fiera e felice, per contro Francis lo stava guardando con aria a metà tra l'incredulo e il disperato. Ma che cavolo aveva appena detto?! Grazie al cielo nessuno sano di mente avrebbe dato corda a Peter per poter attuare il suo assurdo piano...

“Ma è un piano assolutamente Magnifico!”

Il francese si dovette ricredere ricordandosi chi era l'altra persona che aveva sentito quel discorso.

“Mon amì, non credo che sia proprio un idea eccellente...” cercò di persuaderlo il biondo, ma ormai Gilbert era partito per la tangente.

“Considerati parte del gruppo del Magnifico, tappetto! Ed ora vieni con noi, ci sono ancora molti punti che dobbiamo chiarire di questo piano perfetto” e i due si allontanarono chiacchierando concitati e riflettendo su dove avrebbero potuto trovare dei cyber ninja.

Dietro di loro Francis sospirò: lo attendevano dei lunghi, lunghissimi giorni!



Infermeria, ufficio di Xiao Mei

 

Mei guardò preoccupata le analisi di Emma, e la giovane avrebbe tanto voluto sapere cosa ci fosse scritto sopra di così allarmante da far avere alla sua amica quell'espressione.

''Dimmi... per caso i tuoi sensi ultimamente si sono sviluppati di più? Fino a che punto riesci a vedere, sentire, odorare? Ci sono limiti?''

''Perchè lo vuoi sapere?''

''Vorrei solo appurare una cosa. Gradirei la massima sincerità, Emma. Non sarò una telepate, ma so riconoscere quando qualcuno mi sta nascondendo qualcosa''

Emma era spaventata. Aveva riconosciuto il tono dell'altra, ed era quello che usava di solito per dare cattive notizie.
''Mei... sto bene. I miei poteri non hanno fatto i capricci, ultimamente. Vedo al buio ora, ma credo che sia normale, dato che ho in parte il Dna di un gatto''
Il medico non sembrava convinta, e continuava a guardare la sua cartella. Rimasero in silenzio per alcuni minuti, che alla belga parvero interminabili.
Avrebbe preferito una lezione con il prof Summer, piuttosto che stare lì, tesa come una corda di violino, in attesa che l'altra le dicesse, finalmente, cosa ci fosse che non andasse in lei.
Stava per perdere i poteri? Si era aggiunta una mutazione secondaria a quella che già aveva? Magari una mutazione che non l'avrebbe fatta sentire inutile. Il fattore rigenerante le farebbe comodo, così suo fratello la smetterebbe di preoccuparsi per lei, ogni volta che uscivano in missione
Capiva perchè era preoccupato, ma anche lei voleva una sua autonomia. E voleva dimostrare di essere un eroina, proprio come le X Woman del passato.
''Ti prego - disse a un tratto, non riuscendo più a sopportare la tensione - Cosa sta succedendo? Perchè mi hai fatto venire qui?''
''Scusa, ero sovrappensiero... - l'asiatica sospirò, poi proseguì - Emma, non so come dirtelo. Ma da oggi ti vieto categoricamente di uscire in missione con Antonio o con tuo fratello''
''Cosa? Perchè?''
Era un ingiustizia, lei aveva lavorato sodo per ottenere un posto nella squadra di Antonio, ed erano solo due mesi che aveva avuto il permesso di uscire per svolgere delle missioni.
Certo, erano cose di poco conto. Ma si sentiva utile, almeno un po'.
''Lo faccio per il tuo bene, Emma. Devi rimanere in osservazione.''
''Osservazione? C'è qualcosa che non va con i miei poteri?''
Mei si morse il labbrò.
''Emma, non c'è un modo delicato per dirtelo. La tua mutazione ha un anomalia. C'è il serio rischio che tu possa perdere il controllo, e che la tua parte animale prenda il sopravvento''




Antonio se ne stava fermo nel letto dell'infermeria, sprofondato nei cuscini e nelle coperte. Il ragazzo non poteva praticamente muoversi, e ne aveva quindi approfittato per schiacciare un pisolino. L'infermeria era vuota (Mei aveva allontanato tutti quelli che erano venuti a trovarlo, dicendo che lo spagnolo aveva bisogno del più assoluto riposo e della calma più totale per riprendersi dallo scontro) e l'infermiera era scomparsa nel suo studio assieme ad Emma, in quanto doveva fare degli accertamenti con la giovane mutante. Antonio sperò che l'amica stesse bene. Sapeva che aveva avuto un'infanzia difficile e credeva che ad una persona del genere dovesse capitare solo il meglio! Chissà però che cosa aveva...

Il castano venne risvegliato dal suo torpore da un tornado con un ciuffo castano.

“Bastardo!” esclamò Lovino spalancando di botto la porta dell'infermeria e dirigendosi con passo deciso verso l'altro ragazzo.

“Lovinito!- lo salutò con un sorriso lo spagnolo - Come è andata con la preside? Ti vedo leggermente alterato...”

Antonio aveva ben pensato di misurare le parole, visto che ormai gli era nota la suscettibilità dell'italiano. Se ci fosse stato Gilbert lì, probabilmente avrebbe sostituito quel “leggermente alterato” con un “incazzato come una bestia”.

“Lascia stare, piuttosto: che diavolo sta succedendo in questa scuola?” sbottò il più piccolo.

L'iberico aggrottò la fronte confuso: “Che intendi, scusa?”

“Oh, non fare il finto tonto! È da quando sono arrivato che la preside continua a guardarmi come se fossi un fantasma uscito da chissà dove, e non mi puoi dire che sia normale che dei mutanti mi diano la caccia in una maniera così insistente! Che cazzo sta succedendo qui?! Cosa mi state nascondendo?!”
Lo spagnolo fece per aprire la bocca, quando la porta fu aperta di nuovo di scatto. Lovino fece in tempo a voltarsi che venne placcato con una mossa degna del miglior giocatore di football americano.

“Ve, Romano, che bello stai bene! Ero così preoccupato!” esclamò Feliciano abbracciando sempre più stretto il fratello.

“Sì sì, ma adesso levati, idiota” borbottò rosso per l'imbarazzo il maggiore cercando di staccare l'altro. Una volta che il minore lo ebbe lasciato lui si mise una mano nella tasca posteriore dei pantaloni e tirò fuori la foto: “Tieni - borbottò completamente rosso in viso - È stata rovinata dal fuoco, mi dispiace”

A Feliciano brillarono gli occhi, mentre un sorriso ancora più grande si faceva largo sul suo viso: “Ve, Romano, ma cosa dici? Non c'è assolutamente nulla di cui devi scusarti! Sei riuscito ad andare a prendermi la foto. Grazie, grazie mille! - il tono si trasformò in un borbottio mentre il sorriso scompariva dal suo volto – Mi dispiace per tutto il dolore che hai dovuto soffrire a causa di un mio capriccio. Perdonami...”

Il maggiore assunse un'espressione confusa a sentire quelle parole, poi si illuminò. Quando usavano i loro poteri loro due erano collegati!

“Merda...” mormorò a denti stretti prima di prendere il fratello e incominciare a tastarlo, guardandolo da tutte le angolazioni possibili.

“Romano, che cosa...?”

“Come stai? Hai sentito tanto male? Come sta la gamba? Hai ferite permanenti? C'è qualche dolore che non riesci a farti passare? Feli, mi dispiace così tanto...” esclamò Lovino, rivelando il suo lato nascosto di fratello maggiore premuroso.

“No no, non ti preoccupare, sto bene, ve” lo rassicurò il minore con un lieve sorriso e mettendogli una mano sul braccio.

“È che mi sento in colpa...” borbottò il fratello rosso.

Quel momento di perfetto rapporto fraterno fu inopportunamente interrotto dall'intervento di un certo spagnolo.

“Oh, ma come siete carini!” trillò allegro Antonio.

A sentire quelle parole i due fratelli si irrigidirono e Romano allontanò con un gesto brusco l'altro.

“Tu l'atmosfera non la sai proprio percepire, eh?” gli chiese Lovino lanciandogli uno sguardo di fuoco, a cui l'iberico rispose con un'espressione confusa, non capendo che cosa aveva fatto di male.

Romano alzò gli occhi al cielo di fronte all'ennesima dimostrazione di stupidità dello spagnolo, prima di spostare di nuovo la sua attenzione sul fratello minore. Vide che questo stava osservando intensamente la foto e si stava mordendo il labbro con fare pensieroso.

“Senti, ti ho già detto che mi dispiace molto per il fatto che si sia rovinata. Il fatto è che c'era molto fuoco, e inoltre c'erano anche questi tipi che ce l'avevano con me e poi...” il resto della frase si trasformò in un mormorio mentre il giovane cercava di farsi perdonare per lo stato pietoso con cui aveva riportato il ricordo.

Feliciano alzò gli occhi per fissarlo per qualche secondo con un'aria persa, prima di riscuotersi: “Come? Oh, no Romano, non stavo guardando quello, te l'ho già detto: non mi importa dello stato della foto. Stavo solo pensando... e adesso io che cosa ti regalo per il nostro compleanno?”
Lovino assunse un'aria sorpresa, salvo poi rilassare le spalle e assumere di nuovo la sua aria seccata: “Pensi ancora a 'sta cazzata? Ti ho detto che non mi interessa, puoi anche non farmi alcun regalo se vuoi. Non mi fa né caldo né freddo”
“Ve, ma io voglio fare un regalo al fratellone! Mi sentirei in colpa altrimenti, dopo tutto quello che lui ha fatto per me!”
“Ti dico che non devi preoccuparti, idiota. Ma che? Sei sordo o cosa?”
In quel momenti furono interrotti da Antonio che chiese sorpreso: “Compleanno? Di che compleanno state parlando?”
Lovino si voltò a fissarlo con aria infastidita, prima di rivelare con un sospiro: “Del nostro compleanno”
“Vostro?”
“Sì, coglione. Io e Feli non siamo gemelli, ma a causa di una strana coincidenza siamo nati esattamente ad un anno preciso di distanza l'uno dall'altro, pertanto festeggiamo il nostro compleanno assieme, che cade tra alcuni giorni”
Lo spagnolo si esibì in un irritante “Oooooh” di comprensione, per poi assumere un'aria pensierosa.

L'italiano cominciò a preoccuparsi: ormai aveva capito che non era mai un bene quando il pirocineta cominciava a pensare. Significavano guai per lui.

E ne ebbe la conferma non appena il ragazzo si illuminò per proclamare con un sorriso: “Allora ti farò un regalo!”

Lovino spalancò gli occhi incredulo: “Come, scusa?”
Antonio continuò a sorridere mentre ripeteva: “Il giorno del tuo compleanno ti farò un regalo, anzi: ti farò il miglior regalo di compleanno esistente al mondo”
“Non ce n'è bisogno, bastardo” sentenziò lapidario l'italico mentre distoglieva imbarazzato lo sguardo e il suo viso andava sempre più imporporandosi.

Il castano assunse un aria affranta: “Aw, andiamo, perché no? Ti voglio semplicemente fare un regalino, come tuo amico”
“E da quando noi due saremmo amici?”

“Lovi, abbiamo appena rischiato di morire entrambi uccisi da due membri della confraternita. Abbiamo lottato fianco a fianco come una squadra - il sorriso andò allargandosi sempre di più – Nella vita di un mutante ciò significa che si è grandi amici!”

“Lo dicevo io che essere un mutante portava solo problemi” borbottò imbarazzato Romano.

“Ad ogni modo ti farò un regalo, e aspettati una fantastica sorpresa” ripetè l'iberico.
“No, non lo voglio”
“Ok, ti farò il regalo”
“Ti ho detto di no, io lo rifiuterò”
“Ed io continuerò a dartelo, a costo di starti dietro tutto il giorno”
E mentre la discussione continuava tra Lovino che cercava di distogliere lo spagnolo dai suoi propositi e Antonio che sorridendo continuava ad ignorarlo confermando la sua idea, Feliciano osservava incuriosito l'intera scena.

Il giovane nascose il viso dietro la foto, per impedire che il fratello notasse il sorrise che gli increspava le labbra.

Era così contento che finalmente anche Romano avesse trovato un amico!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Angolo autore:

Bene, a circa un mese dalla fine della scuola finalmente riusciamo a pubblicare anche questo capitolo. Mi dispiace che abbiate dovuto aspettare così tanto, e spero sinceramente che ne sia valsa la pena.

In questo capitolo non incontriamo molti nuovi personaggi, però facciamo la diretta conoscenza di Gilbert il cui potere, se non lo si era già intuito, è quello di avere due gigantesche ali da angelo sulla schiena; Xiao Mei/Taiwan l'avete già incontrata ma ora sapete anche che il suo potere è quello di essere una teleporta come Kiku; e infine fa la sua comparsa diretta il piccolo Peter, alias Sealand, che per ora non è molto importante.

Spero sinceramente che vi sia piaciuta, ma ora: chi è la misteriosa Livia/Rogue? Perché Lovino conosce la canzone che questa stessa mutante amava tanto cantare? Quali sono i dubbi che attanagliano Zafirah e che cosa nasconde ai giovani Vargas? Emma riuscirà a risolvere la sua intricata situazione? Ma soprattutto... Peter e Gilbert riusciranno a procurarsi dei robot ninja e ad attuare il loro assurdo piano o Francis riuscirà a farli ragionare prima che sia fatto il danno?!

La risposta a queste e altre domande le troverete forse o forse no nel prossimo capitolo, bye!!!!!!!!

P.S: Minimo due recensioni per continuare! Volete fare felici due autori, da? ^J^

P.P.S: Se vi piace questa storia e vi interessano gli AU, fate casomai un salto sulla nostra altra quattro mani, una Pottertalia!AU tra l'altro recentemente aggiornata: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3242547

P.P.S: Probabilmente il prossimo aggiornamento sarà finita la scuola (post 11 Giugno), questo perché dobbiamo davvero dare il massimo per resistere a questi ultimi giorni e non possiamo permettere di distrarci, spero comprendiate, grazie.

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Capitolo 8
*** Verità, misteri e nuove opportunità ***


CAP.8: VERITÀ, MISTERI E NUOVE OPPORTUNITÀ

 

 

Westchester, New York

Istituto Xavier per giovani dotati

Corridoi della scuola, poco distante dall'infermeria

 

 

Feliciano, facendo piano, si chiuse la porta dell'infermeria alle spalle. Dopo un paio di minuti aveva pensato che fosse meglio lasciare suo fratello a “discutere” da solo col suo nuovo amico, e, quanto più in silenzio possibile, era uscito. Il giovane sorrise mentre prendeva le scale per dirigersi verso la sua camera e mettere a posto il piccolo tesoro che suo fratello gli aveva portato. Alzò la foto di sua madre e un'espressione dolce e malinconica scurì il suo viso. Inclinò la testa e prese ad osservarne il volto. Lui non ricordava molto di quando i suoi erano ancora in vita, e l'unico ricordo che aveva dell'Italia era la sensazione del sole caldo sulla pelle e di alcuni uccellini che cinguettavano su di un albero mentre lui osservava il cielo da sotto una veranda. Non era nulla di specifico, ma era qualcosa di cui faceva tesoro.

Con la testa tra le nuvole svoltò in un corridoio e si avviò verso l'ingresso. Ad un certo punto un rumore attirò la sua attenzione.

Il castano si riscosse e assunse un'espressione confusa. Se non si sbagliava, quello era il rumore di una discussione che stava lentamente degenerando in rissa.

In un primo momento pensò che fosse coinvolto Lovino (suo fratello era un asso nel finire in quel genere di guai), poi però si ricordò che lui era ancora probabilmente in infermeria, e si tranquillizzò. Ma le voci dei due contendenti comunque gli suonavano familiari...

Si affrettò ed andò a vedere.

Giunto in ingresso vide un campanello di ragazzi raggruppati sulle pareti, e tutti avevano un'espressione preoccupata in viso. Al centro della sala due giovani coi capelli biondi stavano litigando aspramente. Feliciano vide un paio di occhiali da sole e un fermaglio a forma di croce e riconobbe Berwald e quell'altro ragazzo che aveva intravisto il giorno prima, quello che si era affacciato dalla porta.

Non capiva che cosa si stavano dicendo, si stavano urlando contro in una lingua gutturale che poteva essere svedese o danese, non era un esperto di questo genere di cose. Tutto attorno gli altri ragazzi si sussurravano qualcosa e fu quasi certo di vedere qualcuno passarsi dei soldi come per delle scommesse.

Ad un certo punto il ragazzo con la croce (gli sembrava che si chiamasse Lukas) diede un forte spintone allo svedese. Questo incespicò all'indietro e riuscì a mantenere l'equilibrio, solo che gli si storsero gli occhiali. In una frazione di secondo un intenso raggio color rubino partì dagli occhi del biondo e si diresse verso l'altro. Il norvegese assunse un'aria sorpresa prima di muovere la mano di fronte a sé in uno scatto. All'istante dei libri schizzarono via dalle mani di alcuni studenti e formarono un muro di fronte a lui.

Berwald si aggiunstò gli occhiali e Lukas fece cadere per terra le carcasse fumanti dei tomi.

Idiot - ringhiò il nordico più basso in norvegese - Impara a controllare meglio i tuoi poteri, o c'è il serio rischio che tu uccida qualcuno”

“Questo non sarebbe successo se un certo cretin non mi avesse spinto e mi avesse quasi tolto gli occhiali di dosso” rispose con rabbia Berwald.

“E così sarei un cretino, eh?” domandò con un tono di voce pericoloso il norvegese mentre tutto intorno gli oggetti presero a tremare, alcuni anche ad alzarsi e l'immagine di quello che pareva essere un gigantesco troll si formava dietro al ragazzo.

“Certo, lo sei sempre stato. E sappi un'altra cosa - Berwald portò una mano agli occhiali pronto a sfilarseli, mentre continuava con voce dura, senza alcuna traccia di pietà - Lui ti stava vicino solo perché gli facevi pietà”

Il volto del norvegese, fino a quel momento praticamente impassibile a parte per una lieve traccia di fastidio, si trasfigurò in una maschera di rabbia mentre alle sue spalle si formavano figure di draghi e guerrieri armati.

Feliciano stava per urlare loro di fermarsi quando sentì la temperatura scendere di botto. Il giovane prese a tremare leggermente mentre il suo fiato andava condensandosi e le guance arrossivano leggermente. Sui vetri andò a condensarsi un leggero strato di brina mentre i vari studenti incominciavano a sussurrare qualcosa nervosi.

Persino Berwald e Lukas si fermarono e presero a guardarsi attorno leggermente preoccupati.

Un rumore di passi si fece largo nel silenzio irreale che era andato a formarsi nella scuola. Feliciano vide vari studenti spostarsi mentre una figura faceva il suo ingresso. Era un uomo, di stazza grossa, vestito con una strana giubba e un vecchio mantello logoro, il volto era duro e severo ed era incorniciato da una scompigliata barba biondo platino e da dei lunghi capelli incolti dello stesso colore.

“Cosa succede qui?” domandò con voce roca, non si capiva se rovinata dall'età o da cose come fumo e alcol.

I due nordici distolsero lo sguardo, con aria leggermente seccata.

“Nulla signore” borbottò Berwald mentre si chinava a raccogliere dei libri che aveva messo per terra quando era iniziata la discussione.

L'uomo annuì, prima di ordinare: “Bene, ed ora filate in classe o in stanza o dovunque dobbiate essere in questo momento. E voi due - ed indicò i due biondi - Sia ben chiaro che se vi becco di nuovo in atteggiamenti così minacciosi non chiuderò di nuovo un occhio e riferirò tutto alla preside” e si voltò per andarsene. Per un attimo però i suoi occhi si fermarono sull'italiano, e il ragazzo fu quasi certo di vedergli assumere un'aria stupita, salvo poi ritornare a guardare di fronte a sé.

Fu quasi certo di udirlo borbottare qualcosa in russo e fare un paio di nomi che suonavano molto come “Claudio” o simili.

“Da brividi, eh?” domandò una voce alle sue spalle facendolo sobbalzare. Il giovane si girò e vide dietro di sé un biondino con gli occhiali.

“Matthew, che spavento. Non ti avevo visto”

Il giovane si lasciò sfuggire un piccolo sospiro prima di continuare: “Lui è il Generale, uno dei membri di Generation X, nonché ex membro della Confraternita convertito alla parte dei buoni”

“Oh - mormorò sorpreso Feliciano - Ora capisco perché tutti lo trattavano con tanto rispetto. Ma piuttosto cos'è successo tra Berwald e Lukas? Sembravano pronti a uccidersi”

Il biondo si passò una mano tra i capelli: “Non lo so, nessuno lo sa. Si comportano così da quando sono arrivati, e spesso gli adulti sono dovuti intervenire prima che la situazione degenerasse”

Feliciano spostò lo sguardo verso le due direzioni opposte verso le quali se ne erano andati i due giovani.

Chissà che cosa era davvero successo tra quei due...

 

 

Biblioteca della scuola

 

Matthew era un bravo ragazzo. Peccato che ogni tanto scomparisse (ben strano potere l'invisibilità) e se lo ritrovasse improvvisamente vicino.
Era una compagnia piacevole, e aveva scoperto che anche lui amava l'arte, per lo più la paesaggistica. Non era portato per il disegno, ma aveva un buon occhio per i particolari.
''Oh, sei davvero bravo!''
''Grazie - rispose lui, timidamente - Nella biblioteca ci sono un sacco di libri sull'argomento''
''E li hai letti tutti? Ve... io mi sarei addormentato!''
''Come mio fratello - disse l'altro - Io ho sempre passato molto tempo a leggere, anche all'orfanotrofio. Lui invece passava il tempo a giocare fuori, e a difendere dai bulli un suo amico...''
Si interruppe, come se avesse appena ricordato una cosa spiacevole. L'italiano non se ne accorse,e disse:'' Difendeva il suo amico dai bulli? Ve... molto coraggioso.''
''O anche molto stupido. Era da solo contro cinque ragazzi anche più grandi di lui. E allora non aveva ancora manifestato i suoi poteri. Quindi alla fine era il suo amico a doverli far andare via perchè, per avere giusto giusto sette anni, sembrava un armadio a due ante''
''Ve... se era tanto grosso, perchè non si difendeva da solo?''
''Non l'ho mai capito. Probabilmente, all'epoca aveva paura di fare del male agli altri. Ma sai, le cosa cambiano...''
''Cambiano? Ve... in che senso?''
La risposta non arrivò: i due vennero letteralmente travolti da Wy e dagli altri bambini dell'istituto.
''Avete visto il Generale?'' chiese lei, con gli occhi sgranati per la meraviglia.
''E' cattivo come dicono?''
''E' vero che riesce a gelare anche il sangue nelle vene?''
''Ragazzi - pigolò piano Matthew - Chi vi ha detto che abbiamo visto il Generale?''
''Io vi ho visti! - esclamò orgoglioso Wy - Sono stata brava, vero? Vi ho visti!''
''C-ci hai visti? C-come?'' chiese il canadese, mentre cercava di tenere a bada quelle piccole pesti.
''Tsk, una signora non rivela i propri segreti''
''Ha i poteri - intervenne Lily - Le sono venuti oggi''
''Lily, era un segreto!''
''Ma non è una bella notizia?''
''Sì, ma comunque dovevamo mantenere la suspance''
''Oh... mi dispiace''
Quella scenetta aveva un che di nostalgico, per Matthew. Anche Alfred era così...nessun timore per quelle capacità che si erano manifestate così improvvisamente. Ne era entusiasta e subito le mostrò alla persona più importante per lui: il suo migliore amico...

 

 

Sala svago

 

''Tu sai chi era tuo padre?''
Quella domanda stupì non poco Kiku, che fece cadere il vaso che aveva tra le mani. Dovevano teletrasportarlo nella camera a fianco, ma ormai non sarebbe più servito per quello scopo.
Era abituato alle domande strane del greco, ci aveva fatto il callo. Ma quella... quella era del tutto inaspettata.
''Mio padre?'' ripetè, stando attento a non andare sui cocci del vaso rotto.
''Si... tu sai chi era?''
''Ecco... non proprio - ammise timidamente - Non ricordo molto della mia famiglia d'origine in generale''
''Sei scappato?''
''No... non sapevano che fossi un mutante. Non ne hanno avuto il tempo... morirono entrambi prima dei miei 4 anni''
''Mi dispiace... se non vuoi parlarmene...''
''No, non preoccuparti. E' passato molto tempo, e io non ho ricordi precisi di quel che successe. Quel che so di loro, mi è stato detto da Yao. Sai, fu lui a trovarmi e salvarmi''
Già, Yao... era stato lui a portarlo all'istituto, a dargli una famiglia. Il Governo nipponico aveva ordinato di ''depurare'' il suo villaggio in quanto si sospettava la presenza di una comunità di mutanti facinorosi e desiderosi di attaccare il paese. Personalmente, lui non sapeva se ci fosse o meno la comunità mutante. Sapeva solo che si era ritrovato da un giorno all'altro senza una famiglia e che, se Yao non lo avesse trovato, sarebbe sicuramente morto anche lui. Il telecineta si era occupato di lui, era la cosa più simile a un fratello che lui avesse mai avuto. E poco importava se non c'era un vero legame di sangue tra loro.
''Dunque puoi dire che lui è come un padre?''
''Più come un fratello maggiore molto, molto saggio - spiegò Kiku - Ma come mai questa domanda?''
''Mia madre mi ha rivelato chi è mio padre...''
''Ah...''
In diciannove anni, Heracles era stato tenuto all'oscuro sull'identità di suo padre. Al suo migliore amico aveva rivelato che non gli interessava, quell'uomo aveva abbandonato lui e sua madre prima ancora della sua nascita. Come poteva interessargli conoscere una persona che non si era preoccupata mai della sua esistenza?
Ma qualcosa era cambiato, altrimenti Elena Karpusi non avrebbe mai rivelato al figlio l'identità dell'uomo che aveva amato e da cui poi era stata abbandonata.
''Quell'uomo non merita di vivere...''
''Capisco il tuo risentimento nei suoi confronti, ma...''
''Kiku, non sto esagerando - lo interruppe, senza la placidità che di solito caratterizzava il suo tono. C'era tanta rabbia in lui - Non è solo risentimento. Mio padre... mio padre è il capo della Confraternita mutante. E' Sadiq''

 

 

Corridoi della scuola

 

Feliciano camminava per i corridoi della scuola. Matthew alla fine era riuscito a convincere i bambini a smettere di tartassarli con le domande in cambio di una sortita in cucina per svaligiare il frigo da tutto il gelato presente. L'italiano aveva declinato l'offerta di unirsi a loro e aveva preferito andare in stanza a depositare la foto. Ora stava andando in giro per la scuola, chiedendosi se fosse stato il caso di fare di nuovo un salto in biblioteca a vedere se c'era qualche libro interessante, quando la sua attenzione venne attratta da una porta socchiusa.

Feliciano era un tipo curioso per natura e quella stanza pareva poco frequentata. Facendo attenzione e con un groppo alla gola si avvicinò e aprì la porta.

Rimase senza fiato. Era capitato nell'aula di arte.

Secondo il tour che gli aveva fatto fare il giorno prima Alfred (erano capitati lì solo ieri? Pareva passata un'eternità...) quella classe non veniva più usata molto, a causa di alcuni problemi nel trovare personale o cose del genere. Ma era davvero un peccato, perché era davvero molto attrezzata: le postazioni disponevano di tutto il materiale necessario, negli armadi tutto era riposto con cura, pennelli, tavolozze e tele parevano essere appena usciti dalla confezione.

Feliciano si morse il labbro. Non aveva avuto tempo di portarsi dietro nulla da casa sua, a parte il piccolo blocchetto che teneva nello zaino sempre con sé, e disegnare gli mancava. Era davvero uno spreco non usare quella roba, quindi, dopo essersi ben premunerato che non ci fosse nessuno lì in giro, prese una delle tele e la mise su di un cavalletto. Preparò i colori, si mise di fronte al foglio bianco... e lasciò libera la sua immaginazione.

Non sapeva da quanto stava pitturando, semplicemente le sue mani lavoravano da sole mischiando linee e colori e dando vita alle immagini che c'erano nella sua mente.

Ad un certo punto sentì una voce alle sue spalle esclamare: “Cosa sta succedendo qui, aru?”
Feliciano si voltò spaventato e vide un uomo asiatico con dei lunghi capelli castani che lo fissava incuriosito.

“Mi-mi scusi signore, non volevo usare queste cose senza permesso, è solo che volevo disegnare. Poi avrei rimesso tutto a posto, lo giuro. E-e...”
“L'hai fatto tu quello?” lo interruppe l'altro indicando il quadro dietro di lui.

Feliciano si voltò e vide il suo dipinto: al centro c'era disegnata una scuola, in alto su di un lato vi era rappresentato Antonio avvolto dalle fiamme, mentre di fronte c'era Kiku circondato da una nuvola, altre figure si alternavano sui lati, i vari volti che aveva visto quel giorno, e il punto focale dell'intera composizione era l'immagine sua e di suo fratello che si guardavano attorno stupiti.

“Ehm, sì” ammise con leggero imbarazzo il giovane.

L'uomo si avvicinò e prese a studiarlo con attenzione: “Straordinario... la luce e la resa dei particolari è praticamente perfetta, hai saputo mischiare toni caldi e freddi senza problemi. Sei un talento nato, aru!”
Feliciano arrossì lievemente. I complimenti sulla sua abilità nel disegnare lo mettevano sempre in imbarazzo.

“Gra-grazie mille, ma è solo una cosa così, senza pretese...”

“Ti sottovaluti ragazzo. A proposito, io sono Yao Wang”

“Feliciano Veneziano Vargas”
Yao assunse un'aria sorpresa: “Vargas? Sei il fratello di Lovino?”
“Ve, sì. Lo conosci?”
L'orientale sbuffò: “Io e Lin siamo andati a recuperare lui e Antonio dopo la loro bravata”

“Ve, ma allora tu sei uno di quelli che ha salvato il fratellone! Grazie mille per quello che hai fatto”
“Figurati, aru. Normale amministrazione. Ad ogni modo, un'abilità come la tua deve essere coltivata”
“Ve, che vuol dire?”
“Semplice, io sono l'insegnante di arte, ti piacerebbe avere un posto come mio assistente di laboratorio?”

Il castano era senza parole: “Co-come? Io? Ma-ma sono solo un ragazzino! E-e poi non sono così bravo...”
“Su, non svilirti! Hai davvero un'ottima capacità. E poi sinceramente tutti gli altri alunni sono davvero pessimi, per questo anche non usiamo spesso questa sala. Accetta, dai! Inoltre se sarai mio assistente avrai libero accesso all'attrezzatura come e quando vorrai”
“B-beh, se la metti così... accetto più che volentieri!” e sorrise.

“Perfetto, aru! Io ora devo andare, così anche avviso la preside di questa novità. Domani mi raccomando puntuale alle 10:05 ci sarà la prima lezione. Ci si vede, aru” e se ne andò.

Arrivato alla porta si fermò e si voltò a guardare Feliciano, ancora fermo e imbabolato con un sorriso sulla faccia. Yao piegò le labbra all'insù. Era davvero tanto tempo che non aveva un'assistente. Da dopo la morte di Livia, 10 anni prima, non aveva neanche preso in considerazione di scegliere qualcun altro, sia per mantenere vivo il suo ricordo sia perché non aveva trovato nessuno che eguagliasse la sua bravura.

Ma quel ragazzo era diverso: così abile, con un sorriso così solare e con un certo imbarazzo per quanto riguardava le proprie abilità.

In un certo senso gliela ricordava molto.

Non seppe perché ma gli venne sa pensare a quando le aveva offerto il posto.

 

 

Sala professori,

parecchi anni prima...

 

''Mi cacceranno da qui!''
Yao inarcò un sopracciglio. In sala professori gli capitava spesso di dover parlare con degli studenti che temevano di essere cacciati per qualche guaio combinato durante le lezioni. Mai, mai prima d'allora una come Livia , la più innocente in quella scuola di matti, gli aveva espresso simili dubbi.
''Esattamente, perchè dovrebbero cacciarti?''
La ragazzina sospirò e si strinse le mani. Sembrava più piccola dei suoi tredici anni. Tutta sua madre, era solito dirgli Claudio. Per fortuna, doveva dire. Un'altro mini Claudio avrebbe comportato la fine della scuola.
''Ecco... non ho manifestato alcun potere fino ad ora. Papà dice di non preoccuparmi, di dover dare tempo al tempo. Ma la mia mamma non era una mutante, e io potrei...''
Non finì la frase, ma il telecineta aveva capito cosa volesse dirgli: aveva paura di essere una ragazza comune. Ironico, c'erano mutanti che cercavano di reprimere la loro natura facendo di tutto per sembrare comuni umani, e poi c'era lei, cresciuta a contatto con persone dotate di facoltà incredibili, e che voleva a tutti i costi essere come loro.
Claudio sperava che fosse una semplice ragazzina, ma Livia era di tutt'altro parere.
''Non sei ancora nel pieno della pubertà - cercò di spiegarle - Alcuni hanno un genere di potere che tarda a manifestarsi. Bisogna avere pazienza in queste cose''
''Ma io voglio essere utile al mio papà! Non è ancora tornato dallo spazio!''
''Beh... è una missione diplomatica molto delicata''
''E perchè hanno mandato lui?''
<< Bella domanda >> pensò il telecineta, grattandosi la testa.
''E' molto potente - disse invece - E sono sicuro che lo sarai anche tu''
''Ma sono senza poteri! Sono inutile! Io voglio aiutarvi, non voglio starmene sempre in camera a studiare!''
''Non sei inutile. Sei... ecco.... ''
Cosa poteva dirle? Non voleva farle sentire ulteriori complessi, e in quel momento era la figura paterna di cui aveva bisogno.
Poi, ricordò i disegni che lasciava per la scuola, distratta, mentre cercava di non perdere alcuna lezione. Disegni deliziosi, piccole opere d'arte. Aveva talento. E gli venne un'idea.
''Sei un'ottima artista. E sai, io mi occupo delle lezioni d'arte... ti andrebbe di farmi da assistente?''
Gli occhi della ragazzina si illuminarono.
''Davvero? Anche se sono senza poteri e piccola?''
''Momentaneamente senza poteri - precisò Yao - E non preoccuparti per l'età, la maggior parte dei miei studenti neppure sta tenere un pennello in mano''
''Grazie, zio!''

 

 

Si riscosse e uscì definitivamente dall'aula. Erano da anni che non pensava a Livia. Chissà come sarebbe ora se fosse stata ancora viva, e chissà come sarebbero stati i suoi figli. Due piccole pesti, di questo era praticamente certo.

“Buffo – borbottò voltandosi un'ultima volta – Se il più piccolo fosse ancora vivo avrebbe la sua età...” e con questi pensieri si avviò verso la presidenza.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Angolo autore:
Allora, salve, come va?

Finalmente è finita la scuola e ci aspettano 3 mesi di relax e sapete cosa significa questo? Probabili aggiornamenti più regolari, yay!

Parlando di questo capitolo: non ho dato un'occhiata finale ma mi sembra che sia tutto a posto, se vedete qualcosa che no nva per favore fatecelo notare. Comunque, stavolte non ci siamo concentrati su Lovino bensì un po' più su Feliciano e su alcuni piccoli spaccati della vita scolastica. Nessun nuovo personaggio in vista, però molti misteri e alcune risposte (se siete stati abbastanza attenti da coglierle) si sono fatti largo.

Pertanto: per quale motivo Lukas e Berwald si odiano così tanto e cosa o chi è la causa del loro litigio? Matthew a chi si riferiva parlando con Feliciano? Fino a che punto è disposto a spingersi Herakles ora che ha scoperto la vera identità di suo padre? Che connessione c'è tra Feliciano e la misteriosa Livia?

Dovrete aspettare per avere risposte, ma fidatevi: arriveranno!

Ci si vede gente, e passate una buona estate (tenpo permettendo), bye!

P.S: Lukas e Berwald si insultano in norvegese e svedese (traduzione tramite Google Translate)

P.P.S: Attenzione: minimo due recensioni per continuare, volete fare felici due autori, da? ^J^

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Capitolo 9
*** Profezie di cui si farebbe volentieri a meno ***


CAP.9: PROFEZIE DI CUI SI FAREBBE VOLENTIERI A MENO

 

 

Westchester, New York,

Istituto Xavier per giovani dotati,

Ufficio di Zafirah Hassan


“...e questo e quanto”

Yao finì il suo rapporto e rimase fermo di fronte alla scrivania della preside. Zafirah annuì lentamente, dopodichè di lasciò sfuggire un sospiro e disse: “E ci sono novità sulla localizzazione del nuovo rifugio della Confraternita?”
Yao abbassò le spalle amareggiato: “Purtroppo no, aru. Abbiamo setacciato in lungo e in largo buona parte dello stato di New York, però di quelle canaglie non c'è neanche l'ombra. Certo sarebbe molto più facile se disponessimo di un telepate...”

L'egiziana lo fermò con un gesto della mano: “Lo so Yao, lo so. Però di teletpati non se ne vedono ormai da dieci anni, e sarebbero utili non solo per questo. Sembra quasi che i telepati si siano estinti...”

I cupi pensieri della donna furono interrotti da un incerto bussare alla porta.

“Avanti” disse Zafirah, dopodiché l'uscio si aprì rivelando un imbarazzato Kiku Honda.

“Kiku, a cosa devo il piacere?” domandò con un sorriso la donna.

“Ehm, ecco signora preside, non so come spiegarlo - mormorò rosso il giapponese mentre osservava intimorito lei e Yao - Ma ho... perso Heracles”

“Come? Di nuovo?” domandò stupito il cinese.

“Mi-mi dispiace”
Zafirah sospirò: “Kiku, spiegaci come è successo, anche se probabilmente un'idea me la sono già fatta”
“Ehm, ecco, eravamo nella sala e stavamo conducendo alcuni esperimenti riguardo i nostri poteri combinati. Ad un certo punto stavo vedendo se riuscivo a teletrasportare un libro, quando uno dei gatti di Heracles mi è piombato davanti. Sono andato nel pallone, e l'attimo dopo Heracles era scomparso”

La bruna si portò le dita alle tempie: “Un giorno o l'altro distruggerete la scuola voi due coi vostri esperimenti. Beh, sempre meglio di quella volta che faceste scomparire Mei. Ci vollero quattro ore per ritrovarla nello scantinato”
“Mi dispiace...” mormorò affranto il ragazzo, mentre il cinese gli si avvicinava e gli scompigliava i capelli sospirando con finta esasperazione.

“Vedrai che lo troveremo subito” lo rassicurò con un sorriso. L'attimo dopo bussarono di nuovo.

“È aperto. Oh, buongiorno Emma. È successo qualcosa, cara?”
“Ehm, sì signora preside, a dire il vero volevo solo chiederle... è normale che Heracles sia addormentato in braccio ad uno dei gargoyle sul tetto?”
“Visto? L'abbiamo ritrovato subito! Yao, manda qualcuno a recuperarlo, prima che si faccia male o che Elena rientri. Non voglio certo spiegarle io come mai suo figlio è sul tetto”



Istituto Xavier, il giorno dopo

Aula di arte


“Oh, eccoti qua, ti ho cercato dappertutto!”

Feliciano si voltò e vide che fermo sull'ingresso dell'aula d'arte se ne stava Lovino.

“Appena sveglio non ti ho visto e mi sono preoccupato, che cazzo ci fai qui?”

“Ve, fratellone, buongiorno! Oggi non vai a fare visita ad Antonio?” chiese Feliciano ignorando la sua domanda.
Sbuffò: “Col cazzo. Mei ieri mi ha detto che dimettevano il bastardo dopo gli ultimi accertamenti, ed io di certo non me lo voglio trovare subito accanto quando potrà di nuovo camminare”

Il minore sorrise lievemente. Suo fratello poteva negarlo quanto voleva, ma lui riusciva a scorgere la particolare scintilla che si accendeva nei suoi occhi quando parlava dello spagnolo.

“E tu? Che hai fatto ieri? Sono rientrato talmente tardi che non siamo nemmeno riusciti a parlare. Sembri parecchio euforico oggi, ti è successo qualcosa di bello?”

Feliciano sorrise: “Beh, effettivamente...” e gli raccontò del pomeriggio passato con Matthew e del dialogo avuto con Yao e della sua offerta, da lui accettata.

Lovino fischiò: “Però! Bel colpo, Feli, sono davvero felice che ti sia capitata una cosa del genere”
“Ve, sono così eccitato! Sono anche un po' a disagio, in fondo dovrò aiutare a preparare le lezioni, e non so se riuscirò a spiegare in modo adeguato. Però dall'altra parte sono così contento di poter lavorare e fare qualcosa di utile per la signora Zafirah e gli altri che ci hanno accolto e trattato così bene. Ci sono davvero un sacco di cose da peparare e...”

Lovino lo ascoltava e sorrideva leggermente. Suo fratello ormai pareva una macchinetta, e sapeva che andava in quello stato solo in due occasioni: o quando rifletteva ad alta voce o quando era estremamente contento. Aveva temuto che il più piccolo si sarebbe sentito disorientato di fronte a tutte quelle novità, invece stava dimostrando di averla presa molto meglio di lui.

“Ve, Romano perché sorridi?” chiese il castano interrompendosi.

Il maggiore gli si avvicinò e gli arruffò i capelli, un gesto che faceva solo quando era particolarmente tenero nei suoi confronti: “Niente, sono solo felice che tu ti sia ambientato così bene”

Si sorrisero, e avrebbero continuato a parlare, se non fosse che furono interrotti da una torma di bimbi urlanti.

“Eccoli eccoli, sono loro due!”
“Sono quelli arrivati da poco!”
“Com'è la vita fuori da scuola?”

“La gente tratta davvero così male i mutanti?”
“Com'è andare in una scuola in cui c'è gente che non ha poteri?”

“Com'è mangiare in un ristorante?”

“Davvero le persone si vestono come fanno nei telefilm?”
“Ragazzi, ragazzi, calma... una domanda per volta per favore...” cercò di arginare l'onda Feliciano.

Dopo un paio di minuti finalmente i bambini la smisero di agitarsi e presero a fare domande ordinatamente.

“Allora, com'è vivere come semplici teenager?” chiese curioso un ragazzo coi capelli rosso castani, leggermente più alto degli altri.

Lovino aggrottò la fronte: “Perché ci fate queste ca...”
“Romano, linguaggio!”
“...volo di domande? - lanciò un'occhiata esasperata al fratello che annuì - Non potreste semplicemente uscire e farle?”

Tutt'ad un tratto l'umore generale si fece tetro.

“Purtroppo no - mormorò Siegfried - A noi bambini non è permesso uscire dalla tenuta della scuola. Dicono che è troppo pericoloso...”
“Cheeee?! Ma che razza di mi...!”
“Romano!”
“...steriosa presa di posizione è questa da parte della preside? In questo luogo non si dovrebbero aiutare i ragazzi a gestire i loro poteri in modo che possano poi vivere semplicemente affianco al resto del mondo?”
“Beh, sì, ma questo lo fanno con i ragazzi più grandi. Noi siamo ancora troppo piccoli, hanno paura che ci facciamo male sul serio. Per questo quando arrivano ragazzi grandi che hanno vissuto all'esterno cerchiamo di ottenere più informazioni possibile”
Lovino osservava il volto di quei bambini, così depressi, costretti a vivere reclusi per via di una colpa non loro.

Alla fine sospirò: “E va bene, quali erano le vostre domande?”

I volti si illuminarono e presero a bombardare l'italiano che cercava di rispondere come meglio poteva, aiutato dal fratello.

Fuori dall'aula, un paio di occhi scrutavano l'intera scena.

Antonio sorrise leggermente. Vedere Lovino comportarsi così con quei piccolini gli stringeva il cuore, sarebbe potuto rimanere ore lì a guardarlo...

“Tonio, che cosa stai facendo?” domandò una vocina alle sue spalle, facendolo sobbalzare così tanto da farsi sentire anche nell'aula d'arte.

Lo spagnolo si voltò e vide un bambino coi capelli rosso arancio e una cicatrice sul volto che dallo zigomo andava fino alla radice del naso che lo osservava incuriosito.

“J-Jan! Mi hai fatto prendere un colpo!” esclamò il ragazzo portandosi una mano al cuore.

Il giovane lo ignorò: “Perché te ne stavi qui fermo da tre minuti buoni? Sembrava quasi che fossi molto interessato nel nuovo arrivato. Ti ha per caso fatto qualcosa?”

“COME?!”

La voce di Lovino giunse alle sue orecchie e Antonio si bloccò sul posto. Si voltò lentamente e vide il giovane che lo osservava a bocca aperta, livido di rabbia.

“Tu mi stavi spiando, razza di bastardo?!”
“Lovino!” esclamò Feliciano, ma il fratello lo ingorò bellamente prima di correre verso lo spagnolo e stringere entrambe le sue mani intorno al suo collo.

“L-Lovi... mi stai strozzando... Lovi, non riesco a respirare...” mormorò mezzo asfissiato Antonio battendo alcune pacche sul braccio del giovane.

“E proprio questo il mio scopo, razza di maniaco” sussurrò l'italiano stringendo ancora di più, mentre la faccia dello spagnolo diventava sempre più livida.

“Ma che stanno facendo?” sussurrava nel frattempo Wy a Peter.

Il biondino scosse la testa: “Non lo so, magari sarà solo uno strano modo degli adulti di abbracciarsi”
“Quindi si stanno mostrando affetto... - mormorò la bambina, prima di illuminarsi - Antonio, Lovino, perché non ci fate voi da mamma e papà?!”
Quella domanda fu talmente inaspettata che il castano lasciò la presa sull'altro che potè così finalmente respirare.

“C-come?” domandò scioccato.

Nel frattempo tra i vari ragazzini si era già diffuso un mormorio di assenso.

“Ehi, smettetela di ignorarmi! Perché diavolo dovrei fingermi sposato con questo demente?!”
Lily si fece avanti timidamente: “Beh, ecco, molte delle nostre famiglie ci hanno abbandonato per paura che fossimo pericolosi, quindi molti di noi non sanno che vuol dire avere una mamma e un papà o come siano davvero le cose là fuori. Vorremmo provare almeno un po' questa sensazione, sempre che a voi non dispiaccia...”

Lovino restò lì a fissarli a bocca aperta. Non ci credeva! Un genitore che abbandonava il proprio figlio per paura di ciò che poteva essere? Tutto ciò suonava come pura fantascienza alle sue orecchie. Si strinse i pugni e si conficcò le unghie nel palmo talmente forte che per poco non uscì sangue.

“Che stronzata...” sussurrò pieno di rabbia.

“Lovi...”
“Un figlio è un figlio, un genitore non dovrebbe mai e poi mai fare un'azione così infame, e se anche lo facesse non è degno di questo titolo. Un figlio non è un oggetto, quando nasce bisogna trattarlo come se fosse la cosa più importante della propria vita. Se i vostri vi hanno abbandonato... allora erano proprio dei cretini”

Il ragazzo si accovacciò e mise una mano sulla testa di Lily, prima di fissarla serio: “Non ti preoccupare, da ora in poi saremo noi la tua vera famiglia”

Le sorrise goffamente e lei lo abbracciò d'impeto, presto seguita da tutti gli altri.

“Oh, che teneri che siete. Posso aggiungermi anch'io?” domandò Antonio, prima di precipitarsi lì in mezzo senza neanche aspettare la risposta.

Dopo un po' si staccarono, e Lovino prese a guardare torvo lo spagnolo: “Ma perché devo proprio fare la famiglia con questo coglione?”
“Lovi, modera il linguaggio di fronte ai piccoli!” lo riprese Antonio.

L'italiano lo ignorò alzando gli occhi al cielo. Sapeva che non doveva accettare, ecco lì che quell'idiota si gasava subito per una sciocchezza.

Peter rispose titubante: “Beh, perché in fondo voi due vi piacete”
“Come? Io e il bastardo? Ma stiamo scherzando?”
“Ora dici così, ma tra un paio di giorni la penserai diversamente” intervenne Wy.

Lovino le rivolse un sorriso da psicopatico: “E invece ti sbagli, tesoro”

“E invece sì”
“E invece no”
“Sì”

“No”

“Sì”

“No”

“Sì, ti dico, l'ho visto!”
Lovino assunse un'aria sorpresa: “Visto cosa?”

La castana assunse un'aria fiera: “Mi sono spuntati i poteri!” annunciò orgogliosa.

“Davvero, Wy? Sono così contento!” esultò Antonio sorridendo.

Lei annuì beandosi di quelle attenzioni: “Sì, un potere unico”

“E qual'é?”

Peter intervenne elettrizzato: “È una ves-, vez-, veg-, vegan-, vechsi-...”

“Sono una veggente - concluse lei alzando gli occhi al cielo di fronte all'infantilità dell'amico - Vedo ciò che succederà nel futuro, anche se purtroppo per ora vedo solo cose che succederanno entro tre settimane!”
“E questo che centra con noi?” chiese confuso l'italiano.

“Beh, tu e lui finirete a dormire nello stesso letto”

Silenzio. Glaciale silenzio. Serviva tempo per metabolizzare la notizia, specie ai diretti interessati.

Antonio scrollò le spalle e disse: ''Sarà una serata molto strana''

''Brutto bas...''

''Fratellone!''

''Figlio di una donna non esattamente virtuosa... come fai a essere così... così?''

Lo spagnolo inclinò appena la testa, confuso.

''Lovi, non capisco di cosa tu stia parlando''

''Ma brutto... stesso letto, semi nudi... non ti dice niente?!''

Antonio inclinò la testa, ignaro. Lovino si sentì le mani prudere, aveva una voglia matta di picchiarlo. Persino quei marmocchi avevano capito cosa significava due ragazzi nudi nello stesso letto.
Dei bambini!
Evidentemente, però, la mente di quello lì era ferma ai dieci anni, cristallizzata e bloccata nel tempo. Che fosse una di quelle cose ''da mutanti''?
''Lovi, sinceramente non capisc...''
''Brutto... invertebrato non esattamente intelligente... Te lo spiego dopo''
''Da soli - intervenne Wy - E entro tre settimane esatte!''
''Non succederà mai! Io e lui... insomma... sono etero!''
''Ve... fratellone, però non capisco una cosa... se sei etero, perchè ti beccai a pomiciare con un poster di Michael Fassbender?''
Il maggiore arrossì, e balbettò in risposta: ''Non è mai successo! Te lo sei immaginato!''
''Ma non è...''
''Feli... - un aura rosso fuoco circondò Lovino, facendo venire i brividi al fratello - Un'altra parola, e ti stacco la lingua come Khal Drogo''
''Ma fratellone... non c'è niente di male ad essere bisessuali. La bellezza va sempre apprezzata, sia quella maschile sia quella femminile...''
''Feli...''
''E poi Michael Fassbender è un bell'uomo, non capisco perchè te ne vergogni...''
''Feli...''
''Era l'unico poster che avevi? Mi par di ricordare che nell'armadio...''
''FELICIANO - Lovino non avrebbe permesso alla sua dignità di venir ulteriormente umiliata davanti a un pubblico così nutrito - CORRI, FRATELLINO COGLIONE!''
Feliciano non se lo fece ripetere, lo conosceva come le sue tasche e doveva ammettere che aveva esagerato. Prima di darsela a gambe levate, però, c'era una cosa che doveva assolutamente dire.
''Bambini, mi raccomando, non ripetete le parolacce del mio fratellone. Va bene?''
 


Un'ora dopo...


''Ma quanto cazzo è grande questa scuola?'' si chiese Lovino, mentre girava a vuoto per i corridoi. Confidava nel fatto di poter subito riacchiappare suo fratello, ma perderlo... quello non era nei suoi piani, ecco.
''Feli, esci fuori. Giuro che non ti picchio. Forse''
Sentì una mano sulla spalla e sussultò. Stava per sferrare un pugno bloccato appena in tempo dal suo misterioso amico.
''Antonio? Cazzo ci fai qui?''
''Ehm... Wy mi ha detto di seguirti - ammise lo spagnolo, mentre lasciava andare il polso dell'altro - Ed è stato complicato, tu e tuo fratello siete veloci! Se non avessi visto Quicksilver all'opera, direi quasi che siate anche voi velocisti''
''Me la posso cavare da solo, scemo. E perchè mai la mocciosa ha detto che dovevi seguirmi?''
''Ha detto qualcosa riguardo a un quadro e a una stanza dei cimeli... e che devo raccontarvi una storia insieme a Francis''
''Una storia? Chè, stiamo all'asilo?''
''Capiscila, poveretta. Sta appena sviluppando il suo potere. Credo che quando sarà più grande, ce la ritroveremo a recitare versi enigmatici e delirare come...''
''Non è la Sibilla Cumana, scemo!''
''Ehi, però tutti i veggenti amano le frasi ad effetto. Mai una volta che dicono le cose come stanno. Gli piace darsi un certo mistero, facendo impazzire noi''
''Hai conosciuto altri veggenti?''
Antonio annuì, e disse: ''Ne arrivò uno a scuola due anni fa. Veniva da Genosha, una specie di ambasciatore che Magneto ci manda ogni tanto per assicurarci che non ha più intenzione di distruggere il mondo e cose così. Lui e la preside stessero tutto il pomeriggio a parlare, e noi studenti cercavamo di capire cosa stessero combinando. Io riuscii solo a capire la parola ''Confraternita'' e ''Fenice''. Francis però disse che non era ''Confraternita'' ma ''Club''. Fenice però lo aveva sentito anche lui, e la cosa sorprese non poco tutti perchè...''
''Fratellone! - Feliciano, sbucato da chissà dove, interruppe lo spagnolo e si avvicinò al fratello - Scusami per prima, scusami! Devi venire a vedere una cosa!''
''Feli, che ti prende? Io ti dovrei menare, brutto scemo!''
''Dopo, fratellone. Prima vieni a vedere cosa ho trovato''
Lovino inarcò un sopracciglio. Doveva essere veramente qualcosa di grosso per far parlare in quel modo suo fratello. Sembrava fuori di sè, e non era neppure spaventato dalle sue minacce. Di solito, frignava tanto da farlo desistere.
''Va bene, va bene...facci strada''
Il minore non se lo fece ripetere più di una volta e, preso il fratello per un braccio, lo condusse verso una porta in mogano in fondo al corridoio.
''Cazzo Feli , mi stai stritolando il braccio! Cazzo ti prende?''
''Devi vedere... sono dipinti stupendi! Alcuni sembrano miei!''
Non capì di cosa stesse blaterando, prima di oltrepassare la porta ed entrare in quella che sembrava, a tutti gli effetti, una fortezza dei ricordi della scuola.
L'ambiente era raccolto, un po' polveroso, come se nessuno vi entrasse da anni. Appesi alle pareti vi erano i ritratti di vari giovani, alcuni in divise sgargianti, altri con costumi meno colorati, altri ancora vestiti da ''civili''.
''Che razza di posto è questo?'' domandò Lovino, guardandosi attorno stupito.
''Non è ho idea... ma forse Wy poco fa parlava proprio di questa stanza...''
''Fratellone, devi vedere questo qui! Ti somiglia parecchio!''
Feliciano portò il fratello vicino al ritratto di un uomo imponente, sui trent'anni e terribilmente familiare. Suo fratello aveva ragione, c'era una certa somiglianza. Eppure...
''Oh, ma io lo conosco... questo è Fenice!''
I due fratelli si voltarono nella sua direzione.
''Ve... Fenice?''
''Che nome del cavolo...''
''Se fossi in voi, non lo direi - commentò una voce vicino alla porta - E' una terribile mancanza di rispetto verso il più potente mutante della scorsa generazione''
''Franny? - chiese Antonio - E tu che ci fai qui?''
''La preside voleva che ti portassi da lei per parlare della punizione tua e di Lovino. Wy mi ha detto poi dove vi avrei trovati''
''Quella ragazzina già inizia a mettere le mani dappertutto'' commentò Lovino, e Antonio era d'accordo con lui.
''Quindi adesso ci porterai dalla preside, Franny?''
''Neppure per sogno! Qui bisogna assolutamente rimediare''
''Rimediare a che, biondino?''
''Alla vostra ignoranza! Su, mettetevi comodi. Sto per raccontarvi la storia di Claudio, colui che ospitò la forza Fenice e sconfisse la Confraternita Mutante''

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Angolo autore:

Zhan zhan zhaaaaan!

Ed eccoci qui con il nuovo capitolo, yeeeeh!

Spero che vi sia piaciuto, un capitolo forse un po' di passaggio, il cui momento principale risulta essere la predizione di Wy su Antonio e Lovino e il fatto che i due si stanno avvicinando sempre di più.

Chisssà come andrà a finire...

Altro punto princiapale è poi la fine, con la sala dei cimeli. E voi siete pronti per il prossimo capitolo e alla storia di Francis? Chissà, magari finalmente si riusciranno ad avere delle risposte.

Comunque, di fatto di personaggi abbiamo incontrato principalmente i bambini, la piccola Lily alias Liechtenstein già intravista un paio di capitoli indietro, Siegfried/Lussemburgo, i due ragazzi coi capelli rossi che sono rispettivamente Seborga e Ladonia (Jan), e poi ovviamente c'è la piccola Wy, unica tra i bambini finora ad aver manifestato il suo potere della preveggenza, e che sarà non poco importante per il futuro, vedrete vedrete...

Ad ogni modo: qual'è la storia di Fenice? Zafirah e Yao riusciranno a trovare il rifugio della Confraternita? Perché Lovino finirà nello stesso letto di Antonio? E poi, la profezia di due anni fa, cosa ha a che vedere con Fenice e la Confraternita? E poi, cosa sarà mai questo misterioso Club?

Per alcune di queste domande dovrete aspettare mooooolto tempo, per altre... un po' di meno.

Ci si vede gente, e sappiate che non so quando riuscirò ad aggiornare il prossimo capitolo, in quanto il 17 parto per l'Irlanda e sto via 2 settimane, quindi se entro quella data non c'è il prossimo capitolo allora dovrete aspettare davvero un bel po'. Mi dispiace, ma spero comprenderete, bye!

Attenzione: minimo due recensioni per continuare, volete fare felici due autori, da? ^J^

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Capitolo 10
*** Un vecchio ricordo, una punizione "crudele" e tanta tanta confusione ***


CAP.10: UN VECCHIO RICORDO, UNA PUNIZIONE “CRUDELE” E TANTA TANTA CONFUSIONE

 

Westchester, New York,
Istituto Xavier per giovani dotati,
Sala della memoria

 

Francis si era seduto sulla poltrona, con la stessa espressione di un padre sul punto di raccontare alla figlia la favola della buonanotte.
Lovino trovava la cosa terribilmente cliché, e quando lo fece notare Antonio disse: ''Ti ci abituerai, Lovi. In questa scuola sembra che siamo tutti dei cliché viventi. Vedi Alfred...''
''Chi, il Superman dei poveri?''
''Esatto ,proprio lui. E lui è solo il caso più eclatante''
''E tu? Tu in cosa saresti un cliché?''
Lo spagnolo stava per rispondere, venendo però interrotto da Francis: ''Gradirei un po' di attenzione, grazie. Non è che tutti i giorni racconti una storia come questa. Neppure ai bambini dell'Istituto''
''e... scusaci! Io sono super curioso! Quest'uomo somiglia tanto al fratellone!''
''Bene Feli - intervenne il fratello - Adesso hai anche le visoni, come Wy. Ma dove diavolo la vedi la somiglianza? Io vedo solo un tizio tutto muscoli con una tutina aderente imbarazzante''
''Ma guardalo meglio! - fece il minore, mettendogli davanti agli occhi la fotografia presa poco prima - Non vedi? Avete gli stessi colori!''
''Feli, non sono un quadro''
''Si ma...''
''Tu racconta - fece bruscamente Lovino - Così mettiamo fine a quest'altra pagliacciata. Tant'è che è quasi ora di pranzo''
''Uff fratellone... ma la cosa non finisce qui!''
''Certo certo... e tu? Che aspetti a iniziare?''
''Che modi! Comunque, la nostra storia inizia vent'anni fa, alla creazione del primo gruppo di Generation X... la storia di come un ragazzo divenne Leggenda''
''Sembra l'intro di Star Wars''
''Licenza poetica... dovete sapere che Fenice in origine era un telepate. Uno dei più promettenti. Sviluppò solo in seguito la telecinesi, e non la sapeva usare neppure tanto bene. Eppure, era uno dei membri più forti della squadra operativa. Nessuna sorpresa che lo mandarono insieme a un piccolo gruppo per fermare Galactus e...''
''Galactus? E chi diavolo è?''
''Sigh neppure questo sapete... è il Divoratore di Mondi. Non è un supercattivo in senso stretto (meno male, nessuno avrebbe della possibilità contro di lui) ma semplicemente il suo ruolo nell'universo è cibarsi di pianeti''
Silenzio.
''Bastardo, scherzi spero...''
''No, è la verità. Diglielo anche tu Tonio''
''Confermo - fece lo spagnolo - Accidenti, quando i fantastici 4 ce ne parlarono io non riuscii a dormire per giorni''
''O merda...''
''Mon ami, non essere tanto spaventato. Galactus non tornerà più a cercar di mangiare la Terra. Primo, il nostro ecosistema è un disastro ed è difficilmente digeribile. Secondo, fece una promessa a Fenice... ossia all'entità Fenice''
''Un momento... non è solo uno stupido nome in codice?''
''In origine, Claudio si faceva chiamare Marvel Boy - spiegò Antonio , capendo la confusione dell'italiano - Ma dopo la missione con Galactus...''
''Ehm... stavo raccontando io, Tonio''
''Ops... scusami amigo. Va avanti...''
''Grazie... come ha spiegato già Tonio, dopo la missione Marvel Boy cambiò il suo nome in Fenice? Perchè? E chi era in realtà questa fantomatica Fenice? La Fenice è una entità cosmica dagli enormi poteri, che nel corso della sua plurimillenaria esistenza spesso sceglie degli esseri (di molte specie, umane o aliene) che la ospitino, affinché essa possa compiere la propria missione. Di solito, la difesa di un questo o quell'altro mondo''
''Merda... è Gesu Cristo''
''Non sarei così blasfemo, ma se la vogliamo mettere in questi termini... comunque, Fenice era stata catturata da uno degli araldi di Galactus, un tale Firelord, che sperava di usarla nel momento giusto per uccidere il suo padrone e tornare libero. Aveva relegato Fenice in angolo della nave, rinchiusa, e a squadra di Marvel Boy la trovò. Le condizioni erano disperate, la missione diplomatica era fallita, e loro erano troppo deboli per affrontare uno come Galactus. Loro non poteva affrontarlo... ma Fenice era dotata di un potere cosmico sufficiente a impedire al Divoratore di distruggere la Terra. Marvel Boy la liberò, e le chiese in cambio di aiutarli a salvare la Terra. Fenice fece di più: scelse proprio Marvel Boy come contenitore e fermò Galactus e smascherò FireLord, che venne ucciso all'istante dal suo stesso creatore. Galactus accettò di andarsene, ma prima scelse un nuovo araldo (uno dei membri della squadra di Marvel Boy, e a quanto ne so è ancora vivo e tiene lontano Galactus da pianeti abitati) e ringraziò Fenice. Al rientro, Fenice non abbandonò il suo nuovo corpo, e Marvel Boy si adatto subito, scegliendo di cambiare nome in codice e di collaborare con l'entità che aveva preso possesso del suo corpo. Fu così che nacque una vera leggenda. Il terrore di Sadiq e della Confraternita Mutante''
Lovino era scettico. Una storia simile sembrava troppo campata in aria. E, sopratutto, gli sembrava avere il sapore di una favola, di un mito. Insomma, una balla campata in aria.
''E uno così potente che fine ha fatto?''
''Nessuno lo sa - ammise Francis- Scomparve circa dieci/undici anni fa, a seguito della morte della figlia e dei nipoti. Forse per il senso di colpa, forse per cercare il responsabile e vendicarsi...''
''Ve poveretto... la figlia si chiamava Livia, giusto?''
''Si, e il suo nome in codice era Rouge. Era una vera artista, così dolce e gentile che suo padre si rifiutava categoricamente di lasciarla andare in missione. Era il suo gioiello, la sua ragione di vita... non sposò mai la madre... anche perchè era troppo ubriaco per ricordarsi chi fosse e lei l'aveva abbandonata davanti alla porta del suo appartamento di New York. Quasi come in una brutta copia di Baby Daddy...''
''Come ho detto - intervenne Antonio - In questa scuola siamo pieni di cliché''
''Giù... Rouge era una mutante potente, aveva persino sviluppato una mutazione secondaria. Non era sul livello del padre (difficilmente qualcuno potrebbe essere su quel livello) ma era potente. E io ho dei bellissimi ricordi di lei... anche perchè, vedete... lei mi salvò''
''Ve... ti salvò? Come?''
''Beh è una lunga storia...''
''Un'altra...'' borbottò irritato Lovino che, davvero, ora iniziava davvero ad avere tanta fame. Ma quando la finiva?
''... la storia di come sono entrato in questa scuola. Sono più di tredici anni che sono qui, sapete? E lo devo a Rouge...Le cose andarono più o meno così...''

 

Un appartamento parigino
12 anni fa

 

Francis era andato troppo lontano, quella volta. Pensava che con la sua ''capacità'' potesse far rimettere insieme i suoi genitori. Non immaginava certo che arrivassero ad odiarsi fino a quel punto!
''Mi hai rovinato la vita!''
''Sgualdrina, ti sei fatta mettere incinta solo per prenderti i miei soldi!''
''Ma quali soldi che sei povero in canna? Sei un essere disgustoso''
''Io almeno non ti ho mai tradito!''
''Ma sentitelo... almeno Jean, Paul e gli altri avevano quel minimo di romanticismo che mi ha fatto capire che non sto vivendo una vita completamente insulsa''
Il bambino si coprì le orecchie. Cosa aveva sbagliato? Era sicuro che sarebbe andato tutto bene. Li aveva fatti dormire nello stesso letto! Li aveva... manipolati, sì... ma era per una buona e giustissima causa. Non capiva... perchè stava andando ugualmente tutto a rotoli? Poi sentì uno sparo. Si azzardò a uscire da camera sua e vedere cosa stesse succedendo.
''Robert... posa quella pistola...''
''Perchè? Per essere di nuovo preso in giro da te? Ucciderò te, ucciderò il marmocchio, e poi...''
La pistola gli cadde di mano, e lui perse i sensi. Stessa cosa successe alla moglie, e Francis si spaventò. Ad averli stesi, senza torcergli un capello o toccarli, era stata una donna sui trentacinque anni dai bellissimi occhi ambra.
''Sono intervenuta appena in tempo... meno male!''
''Ma... tu chi sei?''
''Beh, sono la vostra vicina di casa! O meglio, lo ero... temo che dopo questo piccolo intervento dovremo cambiare casa. Peccato, ad Alexandros piaceva tanto! E pure ai bambini. Beh, mi sa che dovremo tornare per un po' da papà. E' anche ora che i ragazzi conoscano l'Italia''
''E' stata lei... è una mutante?''
''Diciamo di sì''
''E che potere ha?''
''Telepatia. Sono un po' un disastro, ma a far perdere i sensi le persone sono un asso!''
''Oh... anch'io... anch'io credo di essere un mutante.''
''Credi?'' gli chiese la donna, confusa.
''S-si... riesco a far fare alle persone determinate cose''
''Oh... e hai cercato di farlo anche coi tuoi genitori?''
''Si...''
Si aspettava di essere rimproverato per aver fatto una cosa tanto stupida, ma invece la donna lo stupì. Gli porse la mano, dicendogli:'' Che ne dici di venire da me? Parleremo di un paio di cose e, se vorrai, potrai andartene da qui e unirti all'Istituto del prof X''
Mai fidasi degli sconosciuti. Ma lei aveva appena impedito a suo padre di fare una pazzia, intervenendo pur sapendo di mettersi nei guai.
Era una brava persona, lo sentiva!
''Mi chiamo Francis... grazie mille!''
''Figurati, tesoro!''



A fine racconto, Feliciano aveva le lacrime agli occhi.
''Ve... che storia triste.''
''Oh no - fece Francis - Non piangere. Alla fine, i miei divorziarono. Non erano compatibili. E io venni qui''
<< Solo a me questa sembra la fiera delle storie strappalacrime? >> pensò Lovino. Per delicatezza (anche lui sapeva essere delicato), non lo disse. Altrimenti, guai a sentire quei tre piagnoni.
''Ve... Antonio, tu invece come sei entrato qui?''
''Mhm... non è una storia molto interessante...''
''E' più triste di quella di Francis?''
''Cosa? No, no... assolutamente no! E' solo molto noiosa''
''Ve.. .dai, racconta. Sono curioso''
Lo spagnolo si grattò la testa. Non gli andava di rivelare una cosa simile... ma l'altro sembrava tenerci. Perciò, decise di raccontare una mezza verità. Ciò che non sai non ti uccide, giusto?
''Vediamo... iniziò tutto a causa di mio fratello... litigammo, e io scappai di casa. Avevo giusto sette anni...''
 

 

Da qualche parte nella campagna spagnola,
12 anni fa

 

Vagava da ore per la vasta campagna spagnola. Era finito in una zona rurale disabitata e disseminata di campi e animali. Perdere l'orientamento era facile. Antonio sapeva che avrebbe fatto meglio a prendere un autobus, ma aveva preferito fare di testa sua. Insomma, Juan gli aveva spiegato un sacco di strade o modi per svignarsela e andare nella città vicina senza che mamma e papà lo sapessero.
Provo una strana sensazione al pensiero di suo fratello... arricciò le labbra. Era colpa sua se ora si trovava lì da solo e senza cibo!
Sua e del suo impicciarsi...
Per la rabbia, appiccò inavvertitamente un mini incendio vicino a lui, che venne prontamente spento da un misterioso uomo comparso alle sue spalle in quel momento. Lui era alto e possente, bruno e con uno strano vestito verde e giallo. Aveva sbagliato la strada ed era finito lì invece che in Brasile?
''Guarda un po', a quanto pare quella testarda di Fenice mi ha fatto trovare qualcuno di parecchio interessante''
''E lei chi è? E da dove è sbucato?''
''Calma, calma... non sono cattivo. Per quanto riguarda la mia apparizione improvvisa... ecco, è una storia divertente. Sto cercando di tenere a bada un'entità cosmica che è in sub affitto abusivo nel mio corpo da dieci anni circa. E per dispetto, mi teletrasporta nei luoghi più assurdi. Una vera scocciatura, specie se cerchi di catturare il nemico numero 1 del governo americano''
''Non ho capito molto, signore...''
''Non preoccuparti giovanotto, sono cose complicate anche per me, eppure io ho già i miei cinquant'anni. E due nipoti, di cui uno quasi della tua età... beh quasi perchè da poco ha compiuto sei anni. Si chiama...''

 


''Bastardo, che hai?''
Antonio scosse la testa. Strano, non ricordava più il nome del nipote di Fenice. Erano pure passati tanti anni, e lui era solo un ragazzino spaventato all'epoca. Logico che ci fossero cose che avesse dimenticato.
''Niente, Lovi. Mi sono solo accorto che ho dimenticato delle cose... comunque, dopo un'iniziale diffidenza, raccontai la mia storia a Fenice. Quando finii, lui mi propose si seguirlo. Considerati i miei problemi, disse, l'Istituto era il posto migliore per me. E Francis arrivò un mese dopo di me''
''Che ricordi - sospirò il francese - Gil invece viveva già qui sia per il nonno sia per la sua mutazione. Le sue ali erano già un tantino... complicate da nascondere''
''Non capisco una cosa - intervenne Lovino - Pensavo che bisognasse raggiungere la pubertà per le prime manifestazioni dei poteri''
''Di solito è così. Ma ci sono casi come i nostri e Wy in cui i poteri si manifestano, seppur in maniera molto più blanda, nell'infanzia - spiegò Antonio - Poi, ci fu il caso dell'Uomo Ghiaccio. Lui congelava cose già nella culla!''
''Ah, Bobby... peccato che sia in pensione ora.''
''Già - concordò lo spagnolo - Giocava sempre con noi. Faceva nevicare anche in piena estate''
''Un giorno dovremmo andare a trovarlo.''
''Si! E potrebbero venire anche Lovi e Feli! Dovremmo rompere qualche regola ma...''
''Ve si! Mi va!''
''Ma neanche per sogno!'' disse Lovino, di parere del tutto opposto a suo fratello.
''Ma fratellone, perchè no?''
''Già Lovi, perchè?''
A rispondere, non fu l'italiano, ma la preside, che si stagliava minacciosa dietro di loro.
''In primo luogo, perchè sareste esposti a possibili attacchi della Confraternita. In secondo luogo, credete che vi lascerei uscire di soppiatto come l'ultima volta? Piuttosto, preferisco chiudervi tutti a chiave nelle vostre stanze. Avevo mandato Bonnefoy a cercarvi, ma a quanto pare si è unito al vostro dolce far nulla...''
''Madame, posso spiegare''
''Certo, Bonnefoy... nel mio ufficio! Alzatevi, prima che vi sollevi tutti a forza''
''Ve... avete la superforza?''
''No, signor Vargas. Io...''
''Lei - si intromise Antonio - E' come Magneto. Si, controlla i metalli e cose così. E guarda caso, io ho una cintura che potrebbe essermi lievemente fatale...''
''Ecco, dato che sapete tutti di avere del metallo addosso, anche in minime parti, vi conviene starmi a sentire''
''Sì, signora!''
Lovino sospirò. Ecco, era finita la pacchia. Eppure... perchè non si sentiva sollevato ad andarsene da quella stanza?
 

 

Istituto Xavier,
Ufficio di Zafirah Hassan

 

Lovino, Feliciano, Francis e Antonio se ne stavano fermi di fronte alla scrivania della preside, mentre Zafirah era seduta di fronte a loro, la mani giunte di fronte al viso.

La preside non disponeva di abbastanza sedie e quindi i quattro dovevano starsene tutti in piedi.

“Ve, ma io che centro?” domandò ad un certo punto Feliciano, dopo tre minuti nel più totale silenzio.

Zafirah si mise dritta e scrutò l'italiano negli occhi. Questi dovette fare forza su sé stesso per non andare a nascondersi dietro alla schiena del fratello.

Lovino, per conto suo, doveva ammettere che ora le ricordava molto di più la figura della preside che si era immaginato la prima volta, quella fredda e gelida, piuttosto che la rabbiosa che si era imbufalita con lui l'altro giorno.

“Non la voglio mettere in punizione, signor Vargas - disse l'egiziana - Semplicemente ho chiamato anche lei qui in segreteria perché aveva pianificato assieme a Bonnefoy e Carriedo di uscire di nascosto da scuola senza tenere conto dei rischi che ciò avrebbe potuto comportare”

“Ve, ma la mia era solo un'idea...”

“Una pessima idea. Non ci pensi nemmeno, glielo dico per il suo bene. È troppo pericoloso là fuori per i mutanti privi di addestramento. Fino a quando non saprà destreggiare al meglio il suo potere non uscirà da queste mura se non autorizzato e con un'adeguata scorta di mutanti esperti, ci siamo capiti?”

“Ve, sì...” mormorò affranto l'italiano.

“Ed ora, passando a questioni più urgenti...” la preside spostò la sua attenzione sugli altri tre, e tutti presero a sudare freddo.

“Bonnefoy, lei in fondo non ha fatto nulla di male, semplicemente ha tardato quando le ho detto che volevo Lovino e Antonio subito nel mio ufficio. Non sarò severa con lei, semplicemente aiuterà la professoressa Karpusi a riordinare il suo archivio”

Francis si sentì morire all'idea. L'insegnante di storia gli piaceva, era una brava donna, però riordinare il suo arcihivio significava un pomeriggio intero di notizie su vari siti archeologici sparsi per il mondo. Non esattamente il tipo di conversazione che andava a genio al biondo. Però sapeva anche che gli sarebbe potuta andare molto peggio, e pertanto decise saggiamente di annuire e mormorare: “Oui, signora preside”

“Ed infine...”

Lo sguardo cadde su Antonio e Lovino. L'italiano provò l'assurdo desiderio di prendere la mano all'altro, come in cerca di rassicurazione, ma riuscì a trattenersi.

“Antonio, Lovino, ciò che avete fatto è stato oltremodo stupido e pericoloso. Avete apertamente ignorato e infranto le mie decisioni, e così facendo per poco non siete finiti tutti e due uccisi da due membri della Confraternita. Sono estremamente delusa da voi, ragazzi, pensavo che foste almeno un minimo più intelligenti di così”

I due ragazzi abbassarono la testa in segno di vergogna.

Zafirah sospirò e si buttò contro lo schienale: “Mi dispiace dovervi punire, ma è la cosa giusta da fare. Uno dei prossimi giorni, devo ancora decidere quale, Lovino ti occuperai di mettere in ordine le cartelle cliniche della scuola nell'ufficio di Mei, seguendo precisamente le sue indicazioni, mentre Antonio tu dovrai occuparti della biblioteca, sistemando i registri e mettendo a posto i vari volumi”
“Ma, preside, non voglio lamentarmi, però il mio compito è di gran lunga più lungo e faticoso di quello degli altri, perché?” protestò lo spagnolo.

Zafirah gli lanciò un'occhiataccia e lui si fece piccolo piccolo.

“Perché - spiegò gelida - Nonostante sia tu il più grande, e pertanto tecnicamente anche il più assennato, hai permesso a Lovino di scappare fornendogli una via di fuga e un sistema perché non me ne accorgessi”

In quel momento qualcuno bussò alla porta e Yao fece il suo ingresso.

“Signora preside, mi scusi ma... oh, è impegnata? Vuole che ripassi più tardi?”

“No, Yao. I ragazzi andavano via ora. Vi farò sapere le date delle punizioni, ed ora via”

I quattro fecero dietro front salutando rispettosamente i due mutanti, e una volta usciti sospirarono di sollievo.

“Beh, se vogliamo guardare il lato positivo, almeno siamo ancora tutti interi” cercò di sdrammatizzare con un sorriso Antonio.

“Bah, parla per te bastardo. Un intero pomeriggio con l'infermiera? Mi si prospetta una giornata d'inferno”

“Ve, dai fratellone. Poteva andarti peggio”
“Oui, ha ragione. Ricordo quella volta che io, Gil e Tonio siamo scappati per la prima volta dall'Istituto per andare a Manhattan a “fare i grandi”. In quell'occasione ci è andata decisamente peggio”

“Me lo ricordo. Credevamo di averla scampata, ma non appena abbiamo messo piede in stanza la luce si è accessa e ci siamo trovati con metà del corpo docente che ci guardava male. Abbiamo dovuto lavorare una settimana per rimettere a posto il cortile della scuola. Ho ancora i segni che mi sono fatto quando sono caduto nella siepe”

“Ah, quanti ricordi. Gli unici che non parevano essersela presa erano Claudio, che se ne stava in disparte cercando di non scoppiare a ridere, e Livia che tentava invano di calmare Zafirah”

“Ve, a questo proposito - intervenne allegro Feliciano - Com'erano nella vita reale? Ci avete raccontato le loro imprese da supereroi, però non sappiamo com'erano qui a scuola”

“Però, siamo curiosi, eh? - disse con un sorriso Francis - Ad ogni modo, dovendo descrivere Claudio nella vita di tutti i giorni direi che era... un festaiolo”

“Come scusa?” chiese Lovino perplesso.

“Eh eh, non sembra, eppure. Vedete, lui non era un vero e proprio insegnante, grazie al cielo, pertanto il più delle volte cercava di aiutare i vari studenti: nei compiti per casa, nel caso in cui stessero facendo tardi per la lezione, un paio di volte ci ha persino aiutato a copiare in delle verifiche altrimenti impossibili”

“Quando passava per i corridoi aveva sempre un sorriso contagioso stampato sul volto - continuò nostalgico Antonio - Aveva l'aria di uno che non aveva un solo pensiero al mondo. C'era sempre per i vari studenti, si comportava come una figura paterna con tutti. Da questo anche il fatto che la maggior parte di noi non si riferiva a lui chiamandolo Claudio o Fenice o Marvel Boy. Noi lo chiamavamo semplicemente... nonno”

“Nonno? Ma quanti cazzo di anni aveva? Sessanta?” domandò scettico Lovino.

“Chi lo sa. Nessuno glieli ha mai chiesti, inoltre li portava molto bene, al punto che ne dimostava sempre al massimo una quarantina”

L'italiano sbuffò un: “Se se, come no” eppure per tutta la durata della descrizione aveva sentito una profonda nostalgia e come uno strano dolore dietro alla testa, come se tutto quello gli ricordasse qualcosa...

“Ve, e Livia com'era invece?” domandò curioso Feliciano, che per tutta la durata della spiegazione se ne era rimasto a bocca aperta.

“Livia? Beh, direi che Livia non può essere descritta con nessun'altra parola se non gentile” disse Francis.

“Eh già, se eri triste o dovevi confessare una marachella andavi da Livia. Aveva sempre una parola carina o un consiglio mite da darti. Era un angelo, tutti la adoravamo”

“Claudio più di tutti. La amava al punto che accettò il suo matrimonio nonostante il marito di Livia non gli stesse poi così simpatico”
“Ve, era sposata?”
“Oui oui, ed aveva anche due figli. Il marito lo abbiamo visto qualche volte in giro per la scuola, era l'insegnante di letteratura, un tipo un po' ombroso, ma in fondo simpatico. Solo Claudio sembrava non apprezzarlo granché, ma penso che in fondo fosse solo iperprotettivo nei confronti di Livia. I figli invece non li abbiamo mai conosciuti, a quanto ne so vivevano all'estero”

“Ve, però hai detto che sono morti, giusto?”

Francis e Antonio si rabbuiarono subito, e Lovino pensò bene di tirare un pugno in testa al fratello.

“Deficiente! Ti pare una cosa da dire, così su due piedi con tanta leggerezza?”

“Ve, scusatemi scusatemi scusatemi, mi è prorpio scappato” si lamentò il castano.

“No no,fa nulla - mormorò Antonio con un leggero sorriso - È... è solo che è una cosa che lascia ancora oggi l'amaro in bocca un po' a tutti. Comunque sì, una sera Fenice tornò a scuola, aveva un'aria scovolta, e non appena Zafirah gli si avvicinò la abbracciò per poi mettersi a piangere”

“Eravamo tutti sconvolti nel vedere una cosa del genere: il sorridente Claudio... che piangeva a dirotto. Gli insegnanti ci intimarono di rientrare subito nelle nostre stanze. Ovviamente io, Antonio e Gilbert non li ascoltammo e ci appostammo per origliare. Purtroppo non sentivamo granché, le uniche cose che riuscimmo a capire furono le parole Livia, bambini, Confraternita e...”

Francis si bloccò e deglutì. Si capiva che stava facendo fatica a proseguire.

“E “quando sono arrivato era ormai troppo tardi per la mia bambina” ” concluse mesto Antonio.

Un silenzio di tomba scese sul quartetto.

Alla fine lo spagnolo proseguì: “La mattina dopo Claudio era scomparso, nessuno sapeva che fine avesse fatto, e da allora non abbiamo più sue notizie. Ormai tutti qui lo consideriamo morto”

“Ve, che cosa triste...” mormorò Feliciano.

Lovino annuì, però sentiva dentro di sé anche qualcos altro. A sentire che sia quell'uomo che la figlia erano morti aveva provato nel petto una sensazione di vuoto, di caduta libera. Una sensazione simile alla disperazione, solo cento volte peggiore.

“Ve, fratellone, perché stai piangendo?” domandò ad un certo punto stupito il minore.

“Cazzo spari?”

“Ve, ma è vero!”

Lovino si toccò le guance e constatò che l'altro aveva ragione: aveva le guance completamente bagnate dalle lacrime, e il pianto sembrava non volersi fermare.

“Lovi, ti fa male da qualche parte?” chiese preoccupato Antonio.

“Zitto, bastardo!” esclamò il ragazzo, con un tono più brusco di quanto intendesse fare. Si asciugò gli occhi, ma la sensazione di disagio e tristezza non se ne voleva andare.

Ma perché? Perché si era sentito così dopo che quei due avevano nominato due persone di cui non aveva mai sentito parlare prima e che non aveva mai conosciuto?

Inoltre ogni volta che ci pensava aveva come una sorta di strani flashback di dei volti che gli sorridevano o che gli parlavano, ma erano tutti sfocati e confusi, come una pellicola rovinata.

Il castano aveva la sgradevole sensazione che quella non fosse altro che la sua memoria, ma perché era così?

Doveva sapere, e c'era un solo modo in cui poteva farlo.

Prima che potesse parlare la porta della presidenza si aprì di nuovo.

Zafirah e Yao si bloccarono non appena li videro.

“Che ci fate qui? Non stavate per caso origliando, vero?” chiese sospettosa la donna.

Lovino si affrettò a scuoterela testa: “No no, ci eravamo solo fermati a chiacchierare, ora ce ne andiamo subito” e prese Francis e Antonio per un braccio per poi trascinarli via.

Feliciano gli seguiva saltellando: “Ve, fratellone, dove stai andando? È ora di pranzo, e la mensa è dall'altra parte...”
“Non mi frega nulla del pranzo” sibilò Lovino, sorprendendo i tre. Eppure al ragazzo era passata completamente la fame.

“Ora statemi a sentire, adesso andiamo in camera mia e voi mi raccontate tutto per filo e per segno di questi Claudio e Livia. E vieni anche tu, Feli, ci sono delle domande che ti devo fare, sul nostro passato e su ciò che ti ricordi”

“Ve, cosa?”
“Mi hai sentito. E ora non perdiamo altro tempo”

Zafirah, nel frattempo, dopo aver congedato Yao, aveva visto il gruppo allontanarsi.

La donna aveva notato subito che c'era qualcosa che non andava con Lovino, e il suo sesto senso le diceva che quel qualcosa aveva anche a che fare con Claudio.

<< Dobbiamo agire, forse sta ricordando qualcosa. Devo avere un esame completo del DNA di quei due il prima possibile. Dovrò dire a Mei di tenersi pronta, e di prelevarlo di nascosto. Non voglio che lo scoprano, non prima che ne abbia avuto la conferma io >>

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Angolo autore:

Ehilà, gente!

Alla fine con un po' di buona volontà e dell'impegno riesco a pubblicarvi questo capitolo prima di andare per due settimane in Irlanda. Evviva!

Ad ogni modo spero che abbiate apprezzato il capitolo, nel quale scopriamo qualcosa di più anche sul passato di Francis e Antonio. Anche se non tutto!

Come vi sembrano Claudio e Livia, apparsi nel flashback? Spero che vi siano piaciuti.

Però questo capitolo ci solleva ulteriori domande: in che senso quella raccontata da Antonio in realtà è solo una mezza verità? Che cos'è la strana sensazione che pervade Lovino quando sente parlare di Claudio e Livia? Zafirah riuscirà ad ottenere i campioni di DNA dei due ragazzi? E poi, a cosa le servono? Antonio, Lovino e Francis riusciranno a sopravvivere alla loro punizione?

Per questa e altre risposte non vi resta che continuare a seguire questa storia, e magari otterrete delle risposte XP

Vi ricordo che parte per due settimane per l'Irlanda, quindi il prossimo aggiornamento sarà ad Agosto, scusate.

Ci si vede, gente, bye!

Attenzione: minimo due recensioni per continuare! Volete fare felici due autori, da? ^J^

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Capitolo 11
*** Vecchi amici, sensi di colpa e complesso da eroe: la nascita dell'eroe ***


CAP.11: VECCHI AMICI, SENSI DI COLPA E COMPLESSO DA EROE: LA NASCITA DELL'EROE

 

 

Andiamo Ivan, fai la magia!”

Il bambino si strinse nel giubbotto di due taglie troppo grande mentre guardava nervoso il migliore amico.

Non lo so - mormorò alla fine - In fondo siamo ancora vicini alla scuola...”
“Oh, andiamo! Ti preeeeego!”

Lui cedette con lieve sorriso mentre prendeva un respiro profondo. Aprì le mani e una leggera palla di neve si formò in mezzo, dopodiché la lanciò in aria e una nevicata di dolci fiocchi bianchi scese sui due.

L'altro rise deliziato mentre ne prendeva una manciata e la lanciava in aria: “Sei il migliore, Ivan!”

L'altro sorrise imbarazzato mentre si riaggiustava la sciarpa e pensava: << No, sei tu il migliore, Alfred >>

 

 

L'uomo con la maschera bianca si sporse verso di lui e lo fissò serio. Ivan indietreggiò spaventato, mentre cercava di trovare il fiato per chiamare qualcuno in suo aiuto.

Oh, no. Non ti spaventare, bambino mio”

La voce dello sconosciuto era calda ed esotica. Ammaliante in un certo senso.

L'uomo si guardò attorno per qualche secondo, per poi rivolgere di nuovo su di lui lo sguardo: “Hai fatto tu tutto questo?”

Ivan annuì riluttante. Il mascherato, invece di arrabbiarsi, gli fece un grande sorriso, anche se un po' sinistro: “Sei bravissimo, hai davvero molto talento! Ti basterebbe solo coltivarlo e diventerseti capace di imprese straordinarie. Potresti diventare il signore del ghiaccio, lo spirito dell'inverno. Se solo conoscessi a fondo il tuo potere potresti sovvertire le stagioni e soggiogare la natura stessa. L'unico limite che conosceresti sarebbe quello della tua fantasia, e tu mi sembri uno che ne possiede in grande quantità”

Il piccolo russo lo ascoltava rapito.

Oh, ma che sbadato - disse l'uomo dandosi una pacca in testa - Mi sono dimenticato le buone maniere. Come ti chiami, figliolo?”

Ivan...”

Sorrise: “Bene, Ivan, io sono Sadiq. E ora, permettimi di raccontarti del futuro...”

 

 

Casa psichiatrica “St. Patrick”, stanza 302,
Da qualche parte poco fuori New York,
Rifugio della Confraternita mutante

 

Ivan aprì gli occhi ametista e osservò il soffitto della casa psichiatrica.

L'aveva fatto di nuovo. Aveva sognato.

A Ivan i suoi sogni non piacevano, visto che erano perlopiù ricordi di una vita che non riconosceva ormai più come propria. Una vita dove era deriso e infelice.

Si alzò a sedere e fece gemere le molle di quel vecchio materasso ormai sfondato. Guardò fuori e rimase fermo qualche secondo, a ricordare e a riflettere. Alla fine si alzò e si diresse con decisione verso la porta. Aveva bisogno di distrarsi, altrimenti era certo che sarebbe impazzito. Il che sarebbe stata un'ironia visto che il loro rifugio era una vecchia casa psichiatrica abbandonata.

Non appena fu in corridoio però una voce lo riprese: “Dove stai andando, Winter?”

Il biondo si bloccò e si voltò lentamente. Fermo, con la schiena appoggiata alla parete, gli occhi chiusi e il volto in ombra se ne stava fermo un piccolo orientale coi capelli castani.

“East - salutò il russo - Vado a fare quattro passi, ormai sono troppi giorni per i miei gusti che non ci muoviamo” e sfoderò il suo inquietante sorriso angelico che di solito metteva fine a qualunque discussione. Peccato che nell'intero gruppo gli unici a non temerlo erano proprio Sadiq e Li. Difatti il ragazzo si staccò dal muro e lo affiancò come se niente fosse: “Aspetta prima di andare, c'è un affare che voglio proporti”

“No grazie, non sono interessato”
“Non hai sentito neanche di che si tratta”

“Non mi interessa, grazie East - continuò il russo riavvinadosi quella vecchia sciarpa - Sai che sono uno che preferisce lavorare in solitaria” e detto questo si voltò e riprese a camminare.

Li si conficcò le unghie nel palmo: “Posso almeno chiederti quanto starai via?!” gli urlò dietro.

“Faccio missione lunga, si vedrà. Ci si vede East, avvisi tu Sadiq, da?”

Una volta che lo slavo fu sparito dalla vista, il cinese sfogò la sua frustrazione tirando fuori un coltello da caccia dalla cintura e conficcandolo fino all'elsa nel muro, immaginando che fosse la giugulare del compagno. Vista l'inettitudine dimostrata dai fratelli So, il giovane aveva sperato di riuscire a coinvolgere anche il russo per la faccenda Vargas, sicuro che così non ci sarebbe più stato nessun fallimento, ma purtroppo le trattative erano andate a finire male.

<< Calmati Li, troverai una soluzione, in fondo è solo questione di tempo >> tirò fuori il coltello e fece passare un dito sul filo della lama, tingendola leggermente di rosso.

“E quando avrò trovato il modo, signor Vargas, è bene per te cominciare a pregare. Nessuno sfugge due volte a Li Chun Xiao, la tigre dell'est”

 

 

Westchester, New York
Istituto Xavier per giovani dotati
Sala professori

 

La sala professori era diventata un frigorifero. Appena Yao vi entro quasi rischio di scivolare e rompersi l'osso del collo. Conosceva solo due mutanti abbastanza potenti per riuscire a trasformare l'aula in una nuova Antartide, e dato che Bobby Drake era andato via da un anno, l'unico che rimaneva era...
''Generale!!''
'' 'Giorno signor Yao'' disse l'uomo, seduto pigramente dinnanzi al televisore... o a quello che doveva essere il televisore, dato che in quel momento sembrava più un cubetto di ghiaccio gigante.
''È tutto quello che avete da dire?''
''Vediamo... perché non affidate mai a me la gestione delle punizioni?"
Yao si passò una mano sulla fronte, e disse : "Non fate finta di non capire, non sapete bluffare come Claudio. E no avete sufficiente faccia tosta"
"Dite? Credevo di essere migliorato"
"Assolutamente no! Ma per favore, vorreste spiegarmi perché la sala professori sembra una pista di pattinaggio?"
"Porgo le mie più umili scuse - disse il russo, monocorde - Non sono molto abituato a dover aver a che fare con la ... sfera sentimentale della mia vita. Non ci sono più abituato''
''Ah... credo di capire.. - la storia personale del Generale era conosciuta da tutti i membri anziani dei Generation X, poteva solo immaginare le cause di quel comportamento così strano da parte di quell'uomo che aveva fatto dell'impenetrabilita il suo marchio di fabbrica - Natalia o Ivan?"
"Ivan - rispose lugubre il Generale - Natalia è a Genosha con mia sorella e non sa neppure chi sono''
"Oh... cos'ha fatto?"
Saggiamente il cinese evito di aggiungere " questa volta ". Voleva evitare di far cadere l'intera scuola nella nuova era glaciale solo perché aveva fatto irritare un uomo come il Generale.
"È un esibizionista, come lo ero io alla sua età. E ha un macabro senso dell'umorismo. Ha distrutto Alberta e metà del Texas per dimostrare... non lo so neppure io cosa voleva dimostrare. Ha trasformato gli abitanti in statue di ghiaccio, come in una pessima riproduzione del film di Frozen. E mentre succedeva questo, io dove ero ? Qui, a non fare niente di niente!"
"Non è colpa vostra" cercò di rassicurarlo il mutante, ma bastò uno sguardo dell'altro per farlo interrompere.
"Ti prego, siete un uomo intelligente. Se Ivan è diventato così... buona parte della colpa è mia. Avrei dovuto... fare di più. Essere un padre, mettere da parte il mio orgoglio"
Piego la testa di lato e continuo: "Se ora la singnora Elena fosse qui, mi direbbe qualcosa sulla hybris o il difetto fatale e che tutti gli eroi ne hanno uno"
"Non ne parliamo... una volta mi disse che per la mia saccenza non avrei avuto una vita facile. Come se quello fosse il mio unico problema. Comunque... tornando a noi... l'aula..."
"Già... mi sono lasciato trasportare... stavo pensando a come rintracciare Ivan. Dopotutto, spesso si dedica a ...missioni solitarie. Solo che è così imprevedibile"
"Non si farà mai convincere a venire qui"
"Fermarlo è una mia responsabilità. E se ucciderlo porrà fine a tutto questo..."
Si i interruppe. Non perché per lui era troppo difficile da dire, non era tipo da avere un cuore tenero. No, gli era sembrato di vedere qualcuno vicino la porta.

 

 

Fuori dall'aula professori...

 

Alfred si portò una mano sopra la bocca per non fare rumore col fiato.

Oh cavolo. Oh cavolo, cavolo, cavolo, cavolo. Cavolo!

Il Generale lo aveva visto!

Doveva muoversi, se lo scoprivano l'avrebbero messo in punizione, e ciò significava addio missioni all'esterno, ma soprattutto addio pause di rifornimento al McDonald, e non era sicuro di riuscire a sopportare questo!

L'americano mosse alcuni passi per allontanarsi, ma il parquet scricchiolò traditore.

Con un brivido lo raggiunse la voce di Yao: “Ehi, c'è qualcuno, aru?”

Il ragazzo stava sudando freddo, quando in uno sbuffo comparve al suo fianco Kiku.

“Coff coff... okay, stavolta direi che è andata male - borbottò l'asiatico prima di notare l'altro - Alfred- san, che cosa ti succede? Sei pallido, e inoltre sei tutto sudato. Inoltre che ci facevi fuori dalla...?”

“Kiku! Presto, portami via di qui”

“A-Alfred, ma che cosa...?”

“Non c'è tempo per le spiegazioni, ti prego. Tu fallo e basta”

“Ehi, ma chi c'è?”

A sentire la voce di Yao all'istante il moro afferrò l'amico, e i due scomparvero.

Il cinese uscì e perlustrò con lo sguardo il corridoio, trovandolo vuoto. Scrollò le spalle. Probabilmente il Generale si era sbagliato...

 

 

Istituto Xavier,
Stanza di Kiku Honda

 

I due ragazzi caddero scompostamente sopra al letto dell'orientale, senza farsi per fortuna troppo male. Alfred si mise a sedere e si aggiustò gli occhiali, mentre provava a calmare il respiro e il battito a mille. Era felice che Yao non lo avesse scoperto (altrimenti sarebbe stato in punizione fino alla prossima decade, poco ma sicuro), però lo la parte di discorso che aveva sentito continuava a ronzargli in testa e con essa un nome e dei ricordi che per tanti anni aveva lasciato sepolti e nascosti dalla vista di occhi estranei.

“Insomma, Alfred- san - borbottò Kiku riaggiustandosi e guardando negli occhi l'amico - Si può sapere che cosa sta succedendo? Cosa ci facevi fuori dall'aula insegnanti? E perché hai quell'espressione? In tutti gli anni che ti conosco non ti ho mai visto così...”

L'americano lo osservò per un paio di secondi, indeciso se dirgli tutta la verità, o mentire e come al solito nascondersi dietro alla sua finta sicurezza e alla sua risata. Ma del resto il giapponese lo aveva aiutato senza praticamente fare domande, e inoltre si portava dietro quel peso da fin troppo tempo, aveva bisogno di liberarlo con qualcuno.

Sospirò e si buttò con la schiena contro al muro, crepandolo leggermente.

“Io... stavo andando in biblioteca, lo giuro. Avevo un appuntamento con Mattie. Ad un certo punto sono passato lì di fronte per caso e ho sentito un'aura gelida che... che mi ha spinto a fermarmi. Lì ho sentito una parte di un discorso tra Yao e il Generale”

Kiku lo osservava serio. C'era qualcosa che non andava nell'amico. Ora aveva tirato entrambe le ginocchia al petto e stava tremando leggermente. Inoltre nel tono della sua voce si poteva sentire una nota di uno strano misto di... eccitazione, ma soprattutto dolore e paura.

“Alfred - mormorò il giovane - Che cosa hai sentito?”

Il ragazzo rimase un paio di secondi in silenzio a fissare il vuoto, prima di sussurrare: “Ivan...”

“Come scusa?”

“Kiku - l'americano lo fissò negli occhi - Tu cosa sai della mia vita di prima che venissi all'istituto?”

L'amico lo fissò confuso prima di balbettare: “B-beh, e-ecco, a quanto ricordo tu e Matthew vivevate in un orfanotrofio, perchè vostra madre era morta, giusto? Poi i Generation X vi hanno trovati e vi hanno portati qui...”

Alfred annuì: “A grandi linee è così, ma manca una parte...”

“E cioè?” l'orientale non ci stava capendo nulla ormai.

“All'orfanotrofio avevo un amico. Era un tipo forse un po' strano, ma a posto. Eravamo molto uniti, passavamo tutto il tempo assieme e per qualunque cosa ci supportavamo l'un l'altro. Fino a quel giorno...”

“Quale giorno?”

Alfred si prese un momento per trovare la forza di raccontare quel momento, il più doloroso della sua breve vita, prima di parlare: “Il giorno in cui il mio amico per poco non uccise tutti e decise di unirsi alla Confraternita, e tutto per colpa mia”

 

 

Orfanotrofio Edward Sorin,
Austin, Texas,
12 anni fa

 

Alfred si rialzò e si guardò attorno. A stento riuscì a deglutire mentre il freddo pungente gli entrava nelle ossa. Tutto attorno a lui l'orfanotrofio era diventato un deserto bianco. Il bambino chiuse gli occhi e cercò di ricordare cosa fosse successo.

Tutt'ad un tratto i ricordi si riaffacciarono violenti nella mente. Lui e Ivan che giocavano, e il suo amico che su sua insistenza creava una leggera neve perché si potessero divertire un po'. Sapeva che sarebbe stato rischioso, gli altri bambini non sapevano del potere del piccolo russo lo sospettavano e basta, ma l'americano non era riuscito proprio a resistere, voleva a tutti i costi fare a palle di neve, inoltre credeva che fossero al sicuro, che non ci fosse nessun altro da quelle parti. Quanto si sbagliava. Dopo neanche un minuto dei ragazzi delle medie erano sbucati fuori, armati di pietre e bastoni. Avevano assistito a tutta la scena, e ciò che volevano fare ora era distruggere il mostro. Alfred, ovviamente, essendo l'eroe che era, aveva cercato di proteggerlo, ma gli altri lo avevano spostato. Vedendo che però il ragazzino, nonostante tutto, continuava a voler difendere quell'abominio, avevano deciso di passare alle cattive. Lo avevano spinto per terra e avevano incominciato a prenderlo a pugni e calci.

La cosa che il biondo ricordava dopo era una sorta di urlo roco e del freddo improvviso, poi una sorta di esplosione.

Il bambino tornò a guardarsi attorno. Pareva di essere piombati in una sorta di nuova era glaciale. Tutto, alberi, pietre, fiori, persino l'erba, era congelata.

Si avvolse le braccia attorno al corpo e prese a guardarsi attorno impaurito: “Ivan...” chiamò a mezza voce facendo vagare lo sguardo. Non vedendolo da nessuna parte incominciò a essere preso dal panico.

Ivan, dove sei? Non è divertente...” ormai era sull'orlo delle lacrime.

Alla fine notò delle orme che si dirigevano incerte verso l'orfanotrofio.

Ivan!” urlò stavolta correndo verso la scuola. Un paio di volte scivolò e finì a faccia a terra, ferendosi leggermente, ma non si preoccupò. Doveva trovare il suo amico!

Ivan! Ivan, dove sei?! Vieni fuori! Iv...!”

Arrivato di fronte alla scuola le parole gli morirono in gola. Il suo migliore amico era davanti al portone e gli dava le spalle, solo che c'erano anche altre persone con lui.

Erano degli adulti, una mezza dozzina tra uomini e donne, ed erano tutti vestiti in modo strano con delle tute leggermente inquietanti.

Iv...” provò a chiamare di nuovo, ma venne preso di forza e portato a nascondersi dietro ad un albero.

Ma che cos...?! Mattie?! Cosa stai...?!”

Sht! - lo zittì il maggiore mettendogli una mano sulla bocca - Alfred, per favore sta zitto”

Alfred si bloccò e guardò il fratello: stava tremando, e inoltre, nonostante il freddo, era sudato.

Ma-ma perché? Cosa succede? Chi sono quelli? E che cosa vogliono da Ivan?”
“Alfred, per favore, quella... quella è la Confraternita, un gruppo di terroristi mutanti. Riconosco quello al centro che sta parlando con Ivan, è il loro capo”

Alfred impallidì: dei terroristi?!

E-e che cosa vogliono da Ivan? Lui-lui è solo un bambino...”

Matthew lo guardò negli occhi: “Alfred, guardati attorno: lo vedi questo ghiaccio nonostante sia piena estate? È stato Ivan a crearlo. Ti prego, dobbiamo andarcene, se ci scoprono...”
“No! Non me ne andrò senza il mio migliore amico!” protestò il minore, prima di sgusciare via dalla presa dell'altro e uscire fuori.

Alfred, ferm...!”
“Ivan!” urlò il bambino.

All'istante l'attenzione del gruppo venne portata su di lui. Il piccolo corpo del russo si irrigidì a sentire quelle parole, mentre l'uomo che parlava con lui, il capo della Confraternita, prendeva ad osservarlo.

Alfred sentì una scossa di paura nel guardare quel volto coperto da una maschera bianca come la morte, ma prese coraggio e urlò: “Ehi tu, ciccione con quell'orrenda maschera! Restituiscimi subito il mio amico!”
Ci fu silenzio per qualche secondo, poi l'uomo spostò lo sguardo su Ivan e chiese: “È un tuo amico?”

Il biondo lentamente si voltò. Alfred mise su un sorriso, sicuro che l'altro avrebbe detto di sì, avrebbe tirato un calcio nello stinco di quel tipo e poi usando i suoi poteri avrebbe portato loro due e Mattie in salvo. Invece l'americano incontrò due occhi più freddi del ghiaccio. La voce di Ivan lo trafisse come un coltello, mentre sillabava gelida: “No, io non sono amico degli esseri inferiori”

L'uomo con la maschera fece un sorriso crudele: “In tal caso, possiamo anche eliminarlo” e fece un cenno ad un membro del suo gruppo.

Quasi all'istante quella che pareva essere una scarica di energia andò verso il bambino ancora immobile dopo le parole del suo ormai ex amico. Poi ci fu il bianco.

Quando riacquistò il senso della vista vide un corpo che lo stringeva a sé, facendogli da scudo. Con un sussultò riconobbe il fratello.

Mattie!” urlò.

Questi aprì gli occhi e si guardò le mani. Era tutto intero, come era possibile?

Poi i due notarono che erano avvolti in una sorta di barriera di luce azzurra. L'attimo dopo un nuovo gruppo di adulti si parò di fronte a loro.

Bene bene, Sadiq, e così adesso te la prendi anche coi bambini, eh? Non c'è che dire, sei peggiorato...” esordì un uomo coi capelli castani e una voce calda.

Fenice e i Generation X” ringhiò la voce dell'altro.

Il gruppo si stava già preparando a dare battaglia, quando Sadiq esclamò: “Ci ritiriamo”

Cosa? Ma capo...”
“Ho detto che ci ritiriamo, il mio è un ordine. E chiunque non si voglia ritrovare distrutto fino all'ultima molecola faccia come dico!”

All'istante l'intero gruppo di terroristi, sotto lo sguardo allibito degli eroi, se ne andò.

Non oggi Fenice - disse Sadiq con un sorriso da lupo - Ma presto, molto presto. Ho faccio pesca abbondante, e non ho certo voglia di rovinarla per una stupida provocazione - e si voltò - Vieni Ivan, è il momento per te di raggiungere la tua vera casa”

Sì... capo” furono le uniche parole del bambino, prima che con un ultimo sguardo in direzione dell'amico di un tempo si voltasse e corresse via.

Beh, in fin dei conti ci è anche andata bene, no? Ora dobbiamo solo... ragazzino? Ehi ragazzino che cosa ti succede?! Ragazz...!”
 

 

“Svenni, e la cosa seguente che mi ricordo è che sono sul Quinn jett con i Generation X e Mattie che ci dirigiamo alla scuola. Il resto... beh, penso che tu lo sappia”

Kiku osservava senza parole l'amico. Si aspettava una storia drammatica, tutti in quella scuola ne avevano una, ma di certo non una cosa del genere. Era spiazzato, anche per il tono dell'americano, basso, serio, privo delle sue solite fanfaronate.

L'orientale deglutì, mentre gli poggiava una mano sulla spalla: “A-Alfred -san, mi dispiace davvero. Non mi sarei mai aspettato...”
“Che in passato sono stato il migliore amico di un terrorista? Che in realtà è il mio sorriso la mia maschera per la mia vera identità? Beh, tutti, per un motivo o per l'altro, cerchiamo di nascondere chi siamo davvero, no?”

A quelle parole, subito il moro pensò ad Heracles, in realtà figlio di uno dei peggiori criminali del mondo, colui che aveva corrotto un bambino trasformandolo in un mostro.

“Quindi - mormorò il giapponese dopo un paio di minuti nel silenzio più totale - è per questo che hai insistito tanto quando hanno annunciato che cercavano studenti per la squadra di ricognizione? Per andare fuori e trovare questo tuo amico, questo Ivan?”

Alfred annuì: “Lui è lì fuori, e sono certo di riuscire a convincerlo, anche con le cattive se necessario, ad abbandonare la Confraternita”

Kiku si morse il labbro, dopodiché espresse i suoi dubbi cercando di usare il più possibile le parole adatte: “Alfred, non voglio suonare pessimista, ma hai mai pensato che forse... lui non ti darà la possibilità di parlare? O che addirittura non riuscirai nemmeno a convincerlo?”

Alfred aggrottò le sopracciglia: “Ce la devo fare, è il mio compito come eroe”

“Ma... e se non ci riuscissi? In fondo non stiamo più parlando di Ivan come dell'orfanello che era il tuo migliore amico, ma come il terrorista in grado di congelare interi stati senza battere ciglio”

Il biondo teneva la testa china e la scuoteva a più non posso: “No... no. Io-io lo salverò, costi quel che costi”
“E se il costo fosse troppo alto per te”

All'istante un silenzio di tomba precipitò tra i due, mentre Kiku osservava serio l'amico che lo guardava a occhi sgranati.

Alla fine l'orientale sospirò: “Alfred, mettiamola così: ormai tu sei un eroe. In quanto tale il tuo compito è quello di difendere il mondo dal male, a qualunque costo. E Ivan è un malvagio. Quando te lo troverai di fronte, perché penso che sia solo questione di tempo in fondo, nel peggiore degli scenari possibili, se ti verrà data l'opportunità, riuscirai a compiere il tuo dovere di eroe? Riuscirai a salvare il mondo? O lo lascerai andare perché non sarai capace di farlo?”

Detto queste parole l'asiatico si alzò e uscì dalla stanza, lasciando il giovane da solo a riflettere su quelle parole.

 

 

Istituo Xavier,
Corridoi

 

Antonio, tutto sommato, non era deluso: nel corso degli anni ne aveva combinate tante, insieme ai suoi migliori amici, e la preside si era dimostrata sempre molto fantasiosa nel punirlo.
Quindi, per una volta, gli era andato tutto bene.
''Spero che la settimana prossima non saremo in punizione - gli confidò Feliciano, mentre andavano in mensa (Lovino aveva preferito tornare in camera per dei ''mal di testa di merda'') - Volevo provare a fare qualcosa di speciale per il fratellone''
''Uh? Cosa?''
''Nessuna idea - ammise l'italiano - Ma per il nostro compleanno è sempre lui ad organizzare qualcosa per me, per una volta vorrei...''
''Compleanno? Aspetta... vuoi dire che sarà la settimana prossima?''
Feliciano inclinò la testa, e disse: ''Ve sì... io che ho detto? Il fratellone ti ha detto qualcosa?''
''Uhm non esattamente... solo che... non mi aspettavo che mancasse così poco''
''Beh... a mio fratello non è mai piaciuto pubblicizzare la cosa''
''Di cosa state parlando?'' intervenne Francis, arrivato in quel momento alle loro spalle.
''La settimana prossima è il compleanno di Lovi e Feli! E io non so cosa regalare a Lovi... voglio dire, non so cosa regalarvi, Feli''
Il ragazzo con un cenno del capo gli fece capire di non preoccuparsi, e gli disse: ''Ve.. sono contento che tu voglia fargli un regalo. Il fratellone se lo merita!''
''Si, ma cosa protre...potremmo fargli?''
''Ve... bella domanda''
In quel mentre, Francis aveva ascoltato, interessato. Sembrava che il Cielo gli stesse fornendo gli elementi necessari per un magnifico, eccezionale piano per far capire a due... patate in denial di essere fatte l'una per l'altra.
''Ohohohohoh... ho un'idea!'' esclamò, cogliendo di sorpresa gli altri due.
''Amigo, se è un locale di strip club come al compleanno di Gil meglio...''
''Non questa volta - lo interruppe il biondo, che continuò dicendo - Ho in mentre qualcosa di molto meglio! E molto più rom... classico''

''È illegale?''
''No, Tonio. Mhm... forse potrebbe farvi restare in punizione per tutta la vita, ma per un'occasione come questa...''
''Sì, ma di che parli?''
''Come siamo impazienti mon ami... abbi un po' di pazienza, e ti spiegherò tutto''
 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Angolo autore:
Salve, come va?

Chiedo scusa se è passato un po' dall'ultimo aggiornamento, ma come vi avevo già annunciato, alla fine di Luglio ero in Irlanda per due settimane, e una volta tornato ci sono stati dei problemi di connessione che hanno reso un po' difficile la stesura dei capitoli.

Ad ogni modo, eccoci qua! Il capitolo è principalmente concentrato su Alfred, e un nuovo personaggio fa la sua comparsa tra gli attori di questo spettacolo: il caro Ivan! A dire il vero in un certo senso l'avevamo già anticipato come figura, anche se non come personaggio, nel capitolo 8, ma soprattutto nel capitolo 4! Vi ricordate? No? Male male...

Ad ogni modo, sarà importante, per il potere se non vi è chiaro qui, vi sarà chiaro tra un paio di capitoli.

Ed ora: come si comporterà alla fine il Generale? Dove sarà diretto Ivan e quale sarà la sua missione in solitaria? East Tiger riuscirà a portare a termine la sua crudele vendetta? Alfred riuscirà mai a convincere Ivan a ritornare con lui? Ma soprattutto: quale è il misterioso piano di Francis per il compleanno di Lovino?

Non vi resta che aspettare i prossimi capitoli.
Attenzione: minimo due recensioni per continuare! Volete fare felici due autori, da? ^J^

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Capitolo 12
*** Di feste a sorpresa e attacchi non programmati ***


CAP.12: DI FESTE A SORPRESA E ATTACCHI NON PROGRAMMATI

 

Westchester, New York
Istituto Xavier per giovani dotati
Sala svago, quella sera

 

“Oui, esattamente... ah-ha... oui... allora è sicuro di potermi garantire una prenotazione per un tavolo per due per la prossima settimana? C'est magnifique! Grazie mille, arrivederci”

Francis chiuse allegro la chiamata e tornò nella sala svago, pronto a dare l'allegro annuncio a Gilbert.

Quello era il piano perfetto, se lo sentiva. Finalmente l'amour avrebbe trionfato!

Il suo sorriso si spense non appena raggiunse l'amico, chino su di un tavolo con Peter di fronte a lui, le ali che fremevano di eccitazione e tra di loro dei pessimi disegni di quelli che sembravano essere dei robot e due figure che il francese non ci mise molto a capire essere Antonio e Lovino.

“Gil...” riuscì solo a mormorare, prima che l'albino alzasse gli occhi su di lui e gli rivolgesse il suo sorriso da vampiro.

“Franny! Vieni qui, il piano appena progettato dal marmocchio è perfetto e magnifico come il sottoscritto! Non ci resta che attuarlo e poi...!”

“Gil, noi non faremo rapire Lovino da dei robot ninja per fare in modo che Antonio possa salvarlo” lo interruppe con esasperazione l'amico.

“Ma... Franciiiiiiis!” si lamentarono in tono molto simile il tedesco e Peter.

“Niente ma, e ascoltate me, piuttosto. Ho trovato il modo perfetto per far innamorare quei due” e si esibì in un sorriso furbo.

“Di che si tratta, e, per favore, mi auguro che non sia nulla come quando organizzi la mia festa di compleanno” cercò di informarsi incuriosito il ragazzo.

“Umpf, no. Vedi, ho scoperto che tra una settimana è il compleanno di Lovino, e pertanto ho appena prenotato un tavolo per due in un ristorante italiano a Times Square. Antonio accompagnerà lì Lovino, i due chiacchiereranno, scherzeranno, rideranno e finalmente capiranno i loro veri sentimenti. Perché in fondo non c'è niente di più romantico di una bella cena a lume di candela, no?”

Gilbert si limitò a storcere la bocca, visto che a suo parere un salvataggio da dei robot ninja era altrettanto romantico. Ma in fondo quello esperto di relazioni era Francis, quindi...

“Solo una cosa - domandò dopo un po' l'albino - E con la preside come fai? Dopo che ha beccato Lovi e Tonio fuori da scuola li tiene sotto una sorveglianza strettissima, e se li becca che progettano di uscire di nuovo di nascosto, poco ma sicuro li uccide”

“Ho già pensato anche a questo - si vantò il biondo mentre si studiava la manicure assolutamente perfetta - Parlerò con la preside e le dirò che quel giorno è il compleanno sia di Lovino che di Feliciano e le chiederò il permesso di poter organizzare una festa per i due. Quando lei me lo darà, perché sono sicuro che lo farà, chiederò a Heracles di creare delle copie di quei due, in tal modo Zafirah crederà di avere Lovino e Antonio sotto il naso, mentre loro in realtà saranno a New York a festeggiare, e una volta finito torneranno qui come se non fosse successo niente. Oh, non c'è bisogno che mi diciate che sono un genio, già lo so!”

Il silenzio nella sala fu interrotto da una nuova voce che esclamò allegra: “Ve, che piano stupendo! Mi sembra perfetto!”
Francis si voltò stupito e vide Feliciano fermo poco più in là che li osservava deciso.

“Contate su di me per convincere il fratellone, vi appoggerò!” esclamò il ragazzo.

“Oh... bene... grazie Feli” mormorò Francis leggermente perplesso. Non lo aveva notato, e tra l'altro i modi di fare dell'italiano lo lasciavano sempre un po' perplesso, così schietti e diretti.

“Ve, ora io devo andare, però state pur certi che nei prossimi giorni ne parlerò anche col fratellone. Ciao!” e se ne andò.

Francis lo salutò con un gesto della mano, prima di voltarsi di nuovo verso Gilbert, che si contorceva per continuare a vedere Feliciano.

“Però... quello è l'altro italiano, giusto? Ha un culo niente male, inoltre lo trovo assolutamente adorabile” disse con un ghigno.

“Gil, scusa, ma non mi sembra adatto a te”

“Non ti preoccupare, uno del genere non è proprio il mio tipo. Troppo puro, ed io sono un diavolo, mi brucerei - ghignò - Ora che lo guardo sembra avere circa l'età di West, però come caratteri non potrebbero essere più diversi. Chissà cosa nascerebbe in un incontro tra quei due...”

 

 

Stanza di Lovino e Feliciano Vargas,
Il giorno dopo

 

Lovino era sicuro di poche cose nella vita : Bart ed Ernie erano gay, la pizza americana era orribile e suo fratello era un perfetto idiota.
Quest'ultima convinzione si stava rafforzando sempre di più man mano che lo sentiva parlare di feste appuntamenti e.., ristoranti a Manatthan ?
"Fammi capire bene - fece, mentre uscì dalla doccia e si ritrovò il fratello seduto sul letto - Vorresti che io passassi il compleanno con un perfetto sconosciuto, fuori di qui (e forse questa è l'unica cosa che non mi dispiace), in un ristorante in uno dei quartieri più costoso di New York?"
"Ve si!"
"E i soldi, fratellino? Non navighiamo certo nell'oro "
"Francis ha detto che penserà a tutto lui!" esclamò fiducioso il minore, facendolo sbuffare. Un giorno l'eccessiva fiducia negli altri di suo fratello li avrebbe messi in grossi guai.
"Seh certo. Feli, dubito che quell’idiota abbia più soldi di noi...anzi, dubito che abbia anche il becco di un quattrino! Quindi no, preferisco tenermi fuori da... qualunque guaio stiate architettando. Sono stati quasi ucciso, non ci tengo a rivivere l'esperienza"
"ve... è un no?"
"secondo te? Certo che è un no, fratello"
Conoscendo Feliciano, non avrebbe rinunciato al suo piano. Probabilmente, sarebbe ricorso alla sua arma segreta : gli occhi da cucciolo bastonato e abbandonato in mezzo alla strada.

Dio, con quello sguardo lo fregava sempre. Ma questa volta non ci sarebbe riuscito , no signore ! Era un duro, lui!
"Hola Feli, cosa ha detto tuo...ops... momento sbagliato?"
Lovino arrossì fino alla punta dei capelli. Ma che cazzo, nessuno aveva l'abitudine di bussare in quella dannata scuola ?!
Meni male che aveva ancora l'accappatoio (non suo, tra l'altro)!
"Ma sei deficiente?"
"Scusami Lovi, ma qui siamo come una famiglia. Nessuno bussa e... beh... in effetti la cosa ha dato origine a situazioni più imbarazzanti di questa. Non sai quante volte ho beccato Francis con..."
"Non voglio sapere" gli disse l'italiano, per la purezza delle sue orecchie e della sua mente.
"Perché? Sono storie molto carine, una volta..."
"No, stop ! Niente, non lo voglio sapere. E poi... cosa ci fai qui?"
"Ovvio Lovi : volevo parlarti del tuo regalo!"
"Una cena solo tu ed io a Manatthan... non mi sembra tanto un regalo" commento caustico il giovane.
''In effetti, Francis e sempre stato un po spendaccione"
"Io non mi riferivo a questo....bah senti, ho già detto a Feli come la penso. Adesso puoi anche toglierti dai..."
"Voi due - lo interruppe la voce squillante di una ragazzina- Dovete andare a Manatthan!!"
L'italiano si batte una mano in faccia. Era così difficile il concetto di privacy? E lui indossava solo un fottuto accappatoio ! Tra l'altro, iniziava a sentire pure freddo.
"Wy per favore... non ti ci mettere anche tu!"
"Ma non capisci, voi dovete uscire - replicò la bambina - è importante, l'ho visto"
"E cosa hai visto, sentiamo?"
"Oh tante cose... sopratutto lui" disse, indicando Antonio.
"Eh?"
"Sì, lunga storia e non posso dire tutto. Comunque, devi uscire con Antonio, devi incontrare una persona importante e salvare la città. Beh... in realtà lo farà Antonio ma per il momento non ci interessa"
Lovino si gratto la testa. Ma di che diavolo stava parlando?
"Senti, con tutto il rispetto ma io..."
"Tu uscirai dalla scuola! E festeggerai alla grande. E lo giuro sulla testa di Peter ( tanto lui non ha un cervello ) io riuscirò a convincerti a uscire con questo gnocco qua"
"Wow - commento Feliciano - ve ... sei molto...ehm...esplicita"
"Imparo molto in fretta dagli adulti, non capisco perché, credono sempre che noi bambini non li stiamo a sentire. È stupido"
Perfetto...nota mentale per Lovino: evitare bestemmie o parolacce in italiano nelle vicinanze di Wy e degli altri marmocchi.
"Vogliamo davvero avere questa discussione mentre io sono nudo? Vorrei vestirmi, grazie tante"
"Ve... e poi dirai di sì?"
"Mhm... vedremo"

 

 

Una settimana dopo,
Istituto Xavier per giovani dotati,
Sala Grande,
Sera

 

Heracles amava il suo potere. Non poteva essere definito potente o di livello omega, ma gli permetteva di dormire ovunque senza venir ripreso.
La sua giustificazione? Allenamento con le illusioni. Una scusa che funzionava sempre, persino con Yao. Purtroppo, gli unici a non cascarci mai erano sua madre e Kiku.
Il che, considerato che ci sarebbe stata anche lei alla festa a sorpresa organizzata da Francis, costituiva un bel problema .
Di certo si accorgerà che il suo pisolino durava un po troppo. E non si poteva ignorare un altro fatto importante: lui adorava le feste.
Forse erano l'unica occasione in cui era quasi sveglio . Quindi, unendo queste due cose,non ci sarebbe voluto molto per sua madre capire che c'era qualcosa sotto.
E dato che era spaventosamente intelligente, la più intelligente che lui avesse mai avuto la fortuna di conoscere, ci avrebbe messo ben poco per fare due più due e scoprire tutto.
Argh, era un vero problema!
"Qualcosa non va ?" gli chiese il suo migliore amico, vedendolo tanto combattuto. Mancavano meno di venti minuti all'inizio della festa, e non si sapeva se era più nervosa la preside o Feliciano, che sapeva benissimo dove era veramente suo fratello.
"Nai" rispose nella sua lingua madre, sovrappensiero.
"Sicuro?"
"Sto solo pensando a come non farmi scoprire da mia madre. Sai, lei è..."
"Inteliggentissima e col fiuto di un segugio - lo anticipo il giapponese - Lo so, me lo dici sempre. Di cosa hai paura? Che capisca che Lovino e Antonio sono illusioni?"
"Se mi vedrà dormire durante una festa, e noterà come Lovino sia... un tantino Ooc, capirà tutto"
"Mhm... e vero - ammise Kiku - Ma non è detto che non possiamo fare un esperimento ''
''Di che tipo?"
"Non hai mai provato a creare un illusione di te stesso "
"Mai, non sono abbastanza egocentrico. "
''Per una volta, potremmo fare uno strappo alla regola - gli spiego Kiku - Oltre a creare dei finti Lovino e Antonio, crea anche una tua copia. I questo modo, tua madre non si accorgerà di niente. Forse"
"Consolante...''
"E pur sempre un idea , no? E poi in questo modo troveremmo anche un uso difensivo per il tuo potere. Immagina cosa potresti fare, riuscendo a creare una tua copia perfetta. Confondere il nemico, attaccarlo di sorpresa... tutto dipenderà da come andrà questa sera"
"Vista in questo modo, l'idea mi piace - commento Heracles - Beh tanto vale tentare''
''Perfetto. Preferisci nasconderti da qualche parte qui o andare in camera?"
"Che domande! Qui ci sarà troppo rumore ! Ovvio che voglia la comodità di camera mia ! Non necessariamente il letto, eh. Mi accontenterei anche del pavimento."
Kiku scosse la testa. Forse un giorno capirà come il suo amico riesca a dormire dappertutto e su tutte le superfici solide.
"Sbrighiamoci allora . Manca poco, e noi non dobbiamo dare nell'occhio"
"Ricevuto!"

 

 

Cortile della scuola

 

Lovino calciò stizzito un sasso e lo mandò diritto nei cespugli.

Alla fine gli altri erano riusciti a convincerlo ad andare a quella cena, e lui nel corso di quella settimana aveva già avuto modo di pentirsi all'incirca una decina di volte.

Inoltre a peggiorare l'intera situazione il giorno prima la preside gli aveva detto che la sua punizione era cambiata, ed ora invece di rimettere in ordine le cartelle dell'infermiera doveva occuparsi di lucidare la statua del primo gruppo di X men. E ciò significava almeno un pomeriggio passato a sgobbare sotto il sole!

Il ragazzo si sedette su di una panchina, vicino alla siepe dietro alla quale c'era il buco per arrivare in strada.

Secondo i piani lui e il bastardo sarebbero usciti poco prima della festa, avrebbero preso un bus per andare in città, e una volta arrivati avrebbero cenato, poi avrebbero pagato, avrebbero preso il bus per tornare fin lì e sarebbero rientrati senza che nessuno se ne accorgesse.

Un piano, a detta di Antonio, infallibile, a detta sua che poteva andare storto in mille modi diversi.

Il giovane abbassò la testa pensieroso, e proprio in quel momento gli giunse al suo fianco una voce che lo fece scattare in piedi dalla paura: “Pensieroso? Rilassati ragazzo. È una serata stupenda, pensa a goderti questa brezza, piuttosto che avere cupi pensieri”

Lovino si voltò e vide una uomo castano dai capelli scompigliati e una barba rada, di forse cinquant'anni, che guardava il cielo, seduto rilassato sulla panca. Il giovane avrebbe giurato che fino ad un attimo fa non ci fosse.

Quello abbassò lo sguardo e si esibì in un sorriso cordiale.

Era un uomo strano, familiare in qualche modo.

Lovino non si fidava mai degli sconosciuti, anni passati a fare da supervisore a Feli gli erano serviti per riconoscere eventuali pervertiti o pedofili.

Quell'uomo, invece, era uno strano miscuglio di stranezza e familiarità. Aveva l'aria di poter iniziare a picchiare uno solo per il gusto di farlo, ma... ecco, era stano, ma era sicuro che non gli avrebbe neppure toccato.

''Ehi vecchio, chi sei? Sei un'altro di quegli stramboidi di Generetion X?''

"Uno dei Generation X? Domanda interessante ragazzo. Potrei risponderti di sì come di no"

Lovino storse la bocca.

Ma chi diavolo era quello che si divertiva a parlare per enigmi?

"Stai cercando di darti delle arie per caso?" gli domandò.

L'uomo scrollò le spalle: "Può essere"

"No, perché non ci stai riuscendo" lo falciò il ragazzo.

L'uomo per poco non cadde per terra in seguito alla risposta del giovane.

"Ah ah - rise non molto convinto - Non c'è che dire, hai proprio un caratterino niente male"

Gli sorrise e Lovino non potè che trovare in quel sorriso qualcosa di familiare, di caldo e di accogliente.

'' Senti, ma io ti ho già visto. Se sei uno dei miei vecchi professori, giuro, non ho allagato io lo spogliatoio della squadra di football .''

'' Hai allagato gli spogliatoi della tua scuola?''

Lovino arricciò le labbra: '' Non c'è niente che lo provi.''

L'uomo lo fissò, un misto di ammirazione e stupore. Poi, scoppiò in una fragorosa risata.

'' Ragazzo, sei proprio come me alla tua età. Non sai cosa feci io ai ragazzi della squadra di nuoto per aver insultato il mio migliore amico. Beh, oggi è un po' più di migliore amico, e già allora dovevamo immaginare che saremmo arrivati a un certo punto e... ok, sto straparlando. Sarà l'emozione.''

<< O sarà perché sei un coglione >> pensò il ragazzo ma si morse la lingua. Le recenti disavventure gli avevano insegnato che talvolta è meglio starsene zitti, se non sai di preciso chi ti trovi davanti.

"Ad ogni modo, che vuoi vecchio? Annoiarmi con gli aneddoti della tua infanzia come tutti quelli della tua età? In tal caso per favore sbrigati, che ho anche altro da fare"

L'uomo assunse un aria offesa: "Io non sono così vecchio" e prese a guardarsi il corpo, come per assicurarsi che fosse quello giusto. Lovino sbuffò: aveva a che fare con un coglione, come lo spagnolo e talvolta suo fratello.

"Senti, mi dici chi sei?"

"Beh, ecco, diciamo che in questo momento sono il tuo grillo parlante, la tua coscienza che ti consiglia per il meglio"

"Ah ha, io a dire il vero avrei preferito il grillo ad un vecchio come te. Quello se non altro se incominciava a rompere le palle avrei potuto schiacciarlo senza pensarci due volte"

L'altro lo fissò per qualche secondo con gli occhi sgranati prima di scoppiare di nuovo in una fragorosa risata: "Certo che sei davvero spigliato ragazzo mio, una lingualunga. Mi piaci"

'' Di solito mi dicono il contrario.''

'' Bah, la gente non sa come prendere i tipi come noi. Ma, sinceramente, caratteraccio a parte, io da giovane facevo sempre un figurino con le ragazze - gli confessò l'uomo, con aria sognante. Poi, facendogli l'occhiolino, disse - Scommetto che anche per te è lo stesso. Un stacco di belle figluole avranno fatto a pugni per uscire con un bel ragazzo come te.''

Lovino arrossì violentemente, e abbassò di scatto lo sguardo.

'' In realtà... no.''

'' Eh?''

'' Mi hai sentito, vecchio. Nessuna ragazza ha mai voluto uscire con me. Hanno sempre preferito quelli dell'ultimo anno, o uno di quelli delle squadre di lacrosse e football. Senza contare che le ho sempre spaventate.''

'' E' che oggi i giovani si accontentano della cose facili - disse l'uomo, stringendosi nelle spalle - La sfida li spaventa. Ma se non c'è fatica, non c'è gloria. Potremo anche non essere persone facili da gestire, ma ci sarà certamente qualcuno in grado di riconoscere il nostro valore.''

"Uao, e questa da quale biglietto dei cioccolatini l'hai tirato fuori?"

"Ahahahah, mi piaci sempre di più. Mi ricordi davvero me alla tua età"

Lovino sbuffò. Ma che diavolo voleva quel vecchio? Eppure doveva ammettere che in un certo senso gli piaceva: prendeva le cose con spirito, non permetteva che nulla scalfisse il suo buonumore, faceva di tutto per metterlo a suo agio. Erano sensazioni nuove per lui, di solito gli altri o se ne andavano o rispondevano acidi per le rime oppure si mettevano a piangere.

Eppure al contempo tutto quello lo sentiva così familiare...

"Ma comunque - esclamò l'uomo riportandolo nel mondo reale - Non ti devi abbattere. Anche se le ragazzine ti hanno sempre ignorato, scommetto invece che i ragazzi avranno fatto a botte per ottenere i tuoi favori. Eh, mi ricordo io alla tua età... Quanti ragazzi ho anche fatto cadere ai miei piedi..."

"Ma-ma sei scemo?! - gli urlò l'italiano - Cosa vai a dire queste cose in giro?! E comunque no, nemmeno un ragazzo ho mai avuto, e non ci tengo sinceramente ad averlo!"

L'uomo assunse un'aria sorpresa: "Non dire queste cose. Ricorda: nella vita nulla è certo, tutto può succedere. Fidati, io lo so bene. Ho visto talmente tante di quelle cose. Alcune bellissime, altre... non proprio"

Gli occhi dell'uomo si fecero scuri.

Lovino deglutì. Non sapeva perché, ma provava la strana sensazione di dover consolare quel vecchio. Ma non aveva senso: l'aveva appena conosciuto!

L'ombra scomparve dal suo volto sostituita dal solito sorriso: "Scusami, continuo a vaneggiare. Eh, si sa: l'età che avanza"

'' Nonno...''

L'uomo a quel nome sgranò gli occhi.

Lovino si portò una mano davanti alla bocca, non sapendo da dove gli fosse uscito.

'' Cazzo, va bene che sei vecchio ma addirittura nonno...''

'' No, non preoccuparti... sono anni che non mi chiamano più così.''

'' Come?''

L'altro sospirò, triste.

In quel momento, sembrava avere molti più anni di quelli che aveva in realtà.

'' Io... ho due nipoti a cui ho fatto una cosa tremenda, credendo di proteggerli. Gli sono stato vicino, in maniera molto discreta, assicurandomi che dopo la morte della loro mamma fossero felici e al sicuro. Non è sempre stato così, e il maggiore ha saputo essere più bravo di me sotto tutti i punti di vista.''

"Dai scommetto che non sarai così terribile - non sapendo bene perché il giovane gli si sedette vicino - Di sicuro sarai meglio del mio di parente affidatario. Si tratta di un coglione a cui non è mai importato un cazzo di noi. Ho sempre dovuto badare io a mio fratello, e questo si faceva vedere solo tramite un inviato che veniva a controllare che non sfasciassimo la casa. Sinceramente se ce lo avessi davanti la prima cosa che farei sarebbe tirargli uno schiaffo e poi andarmene. Rispetto a lui sarai un agnellino"

L'uomo aveva assunto un'aria affranta e ad ogni insulto si era fatto sempre più scuro: "Tu non hai idea di ciò che ho fatto. Il maggiore dei miei nipoti mi odia" sussurrò con voce roca.

"Beh, e allora è lui un coglione - affermò con certezza il castano - Se ti sei preso cura di lui allora non dovrebbe odiarti. si tratterà sicuramente si un cretino"

L'uomo sembrava stare facendo forza su di sè per non scoppiare a ridere di fronte ai suoi commenti.

"Beh, che hai ora da ridere, bastardo?!" chiese rosso in viso l'italiano.

"Niente niente, è solo che... ti trovo molto simile a mio nipote, tutto qui"

''Mi stai dando del coglione?''

''No, è che... ecco, è complicato''

Lovino sbuffò: '' Odio quando lo dicono. Cazzo, cosa 'è di tanto complicato nel dire la verità?''

''Bisogna vedere come una persona riesce ad affrontarla, figliolo''

''Bisogna avere le palle per dirla''

''Sicuro?''

Il giovane annuì, deciso: '' Odio non sapere perchè la preside di questo Istituto mi guardi come se fossi un fantasma. Odio non sapere perchè la Confraternita, o almeno buona parte, mi vuole morto. E odio non sapere perchè non mi ricordo niente prima dei miei sette anni.''

''Non ricordi... niente?''

''No, cazzo. Mio fratello è sicuro di tutto, ma io so che... non è giusto, che quello che ricorda e che dovrei ricordare io non è giusto''

''Non può essere - fece concitato l'uomo - Tu dovresti avere dei ricordi ben definiti''

''Lo so, cazzo! Ma non li ho, è come se la mia mente fosse un puzzle per mocciosi. E' tutto sconnesso. E' come... merda... è come se il mio cervello cercasse di rimettersi a posto. Ho sempre mal di testa da quando sono arrivato qui, nessuno è mai riuscito a capirci niente''

"Co-come sarebbe a dire? Ma-ma io credevo...?"

"Beh, che hai da balbettare come un coglione? Mi hanno sottoposto a diverse prove ma non hanno funzionato, anzi ho ancora più mal di testa di prima. Inoltre sto incominciando a dire cose senza rendermene conto, a volte credo di stare impazzendo. E ad aggiungere carne al fuoco ci sta il fatto che quando mi sembra di essere vicino alla verità, puff, questa scompare, si dissolve come se non fosse mai esistita!”

L'uomo parve rilassarsi un po' a sentire questa notizia. Lovino inarcò il sopracciglio: quel vecchio era davvero strano. Prima era sembrato spaventato, ora invece pareva sempre più rilassato.

Inoltre più lo guardava più aveva la certezza di averlo giù visto.

"Uhm..." si avvicinò col viso.

Il castano si ritrasse leggermente.

"Ehm, cosa stai cercando di fare?" domandò nervoso.

"Uhm... Sì, noi due ci siamo già visti. Ma dove? Vecchio, avanti rispondimi!"

"Ehm... forse mi hai visto in televisione?" domandò.

"No, io ti ho incontrato dal vivo"

"Forse in giro per le strade di New York?"

"Neppure"

"Allora, forse sarà stato in un qualche centro commerciale o ristorante"

"Acqua. Insomma, dove ti ho già visto?"

''Nei sogni? Insomma, mi hai visto no?''

''No, non faccio quel genere di sogni. Io sono sicuro di conoscerti. Ma... non so...''

''Senti, sei piuttosto confuso, è normale quando si scopre di avere certe inclinazioni...''

''Non sono gay!''

'' Allora perchè c'è un ragazzo che ti sta aspettando da un po', all'ingresso della scuola?''

Lovino arrossì.

Quella era una domanda scorretta.

''E' il mio compleanno... e mi sta portando a mangiare fuori. Tutto qui''

"Awww, siete già agli appuntamenti per il compleanno, quanto siete teneri"

"T-taci vecchio! - urlò il ragazzo scattando a sedere - Io-io non sono gay chiaro? Sono etero e ci sto provando con Emma, va bene?"

"Mhm, ne sei sicuro? No, perché altrimenti sarebbe uno spreco buttare via un così bel pezzo di ragazzo. Non trovi che sia carino? Il suo lato B di sicuro merita un dieci e lode"

"Ma ti sembro tipo da mettersi a guardare il culo di un altro uomo?!"

Quel vecchio era incredibile! L'attimo prima gli stava simpatico, l'attimo dopo lo mandava fuori dai gangheri.

Era un po' come il bastardo spagnolo.

"Di' un po' ragazzo: almeno sai che dovete usare le protezioni?"

Lovino era davvero tentato di strozzare quel vecchiaccio della malora.

''Vaffanculo!''

''Oh, questo mi fa capire che non sei mai arrivato a quello... che tenero...''

''Ma che fai, mi leggi nel pensiero?''

''Magari, ma con te non ci riesco. Più che altro, sono bravo a capire le persone''

Lovino smise di agitarsi. Una cosa detta dal vecchio l'aveva colpito, e molto.

''Aspetta... leggi davvero nel pensiero? Allora ho ragione, anche tu sei un mutante!''

''Su questo non posso replicare''

''E non riesci a leggermi nel pensiero...''

''No, ragazzo - improvvisamente, l'uomo si fece serio - Sei un caso raro, sai? Ascoltami bene, questo la cara Zaf non te lo dirà mai, è troppo cauta e non si muove mai senza avere più di una freccia nel suo arco. Tu probabilmente possiedi qualcosa di più di un semplice fattore rigenerante. Non so cosa sia, ma è come se la tua mutazione ''blocca'' gli interventi di tipo mentale, come se fermasse il tempo stesso. Affascinante, ma anche spaventoso...''

"Aspetta, cosa..."

"Col tempo lo capirai. Sei un caso davvero unico, ragazzo mio. L'unica cosa da chiarire adesso è: quando scoprirai il tuo potere che cosa ne farai? Ti comporterai come l'egoista che gli altri ti dipingono o diverrai l'eroe che dentro al tuo cuore sei sempre stato?"

"Ma che razza di domande sono? Ovvio che starò dalla parte del bene, non c'è alcun motivo per cui dovrei diventare un malvagio!"

"Ne sei sicuro, ragazzo? Molte delle persone che ho incontrato mi hanno giurato la stessa identica cosa, eppure prima o poi alcune di loro, più di quante io voglia, hanno tradito questi loro ideali, ultimo fra tutti..." si bloccò.

Lovino stava per chiederli che cosa gli era preso quando notò che l'altro stava conficcando con forza le unghie nei palmi della mano. Era una cosa che spesso faceva anche lui: scacciare le lacrime tramite il dolore.

"Scusami ragazzo - disse l'uomo tornando a fissarlo sorridendo, Lovino vide però comunque che aveva gli occhi lucidi - Però davvero: ricordati ciò che ti ho detto"

"Aspetta un attimo! Tu hai chiamato la preside 'la vecchia Zaf', come se fossi in rapporti amichevoli con lei. Ciò vuol dire... che la conosci bene?"

"Sì, conosco da tanto tempo ormai quella donna. Un vulcano, non si fa mai mettere i piedi in testa da nessuno. è proprio la persona adatta per fare da preside in un istituto pieno di ragazzini"

"Però, se la conosci... magari sai anche perché mi guarda in questo modo, come se fossi un fantasma! Se lo sai dimmelo, per favore"

Il sorriso scomparve dal volto dell'uomo: "Mi spiace ragazzo, alcune cose prendono il loro tempo per essere rivelate, e questa temo sia una di quelle"

''Cazzo, ma chi sei Gandalf?''

''Chi?''

''Se non conosci il Signore degli Anelli, è grave. Senti, io voglio delle risposte. Non so se mi piaceranno, ma so che se dovrò, dirò tutto a mio fratello. Mi sono inventato tante balle su una famigliola felice a Roma, che la domenica andava in gita fuori città a fare un pic nic e che avevamo anche un vigneto dove...''

''Non era un vigneto. Era un agriturismo, è diverso.''

Ora fu la volta di Lovino essere sorpreso: '' E tu come cavolo fai a saperlo?''

''Lunga storia...''

''Se sento qualcun'altro dirlo, giuro che ... giuro che corro nudo per Manatthan!''

''Oh, credo che al tuo amico farebbe molto piacere''

"E se sento ancora un commento sullo spagnolo e me giuro che ci aggiungo che mi metto a bere birra, che tra parentesi odio, e mi metto a cantare l'inno nazionale!"

"Americano o italiano?"

"E che ti frega!?!?!"

Lovino stava sinceramente incominciando a perdere la pazienza. Il castano continuava a osservarlo imperturbabile.

"Stammi a sentire, vecchio -mormorò con voce roca l'italiano - Ora tu mi darai delle risposte: come fai a conoscere alcune parti del mio passato, in che rapporti sei con la scuola, e soprattutto chi diavolo sei. Io voglio delle risposte e le otterrò, non mi importa come"

"Te l'ho detto ragazzo, non ti posso rispondere"

"E allora dimmi: chi. Cazzo. SEI?!"

Lovino era davvero fuori di sè: quei tipi lo avevano davvero stufato con il loro atteggiamento di superiorità e il fatto che continuavano a trattarlo alla stregua di un bambino. Lui era un uomo cazzo, oramai da anni, da quando aveva incominciato a prendersi cura di suo fratello! Lovino fissò il vecchio negli occhi e notò che c'era qualcosa.

Osservò meglio... e vide delle fiamme che divoravano ogni cosa, fiamme gialle e rosse, fiamme che volevano distruggere e al contempo creare, fiamme che avrebbero potuto ridurre l'universo stesso in cenere.

Fece un passo indietro e deglutì.

L'uomo continuava a fissarlo serio: "Non ti posso dire niente. Fidati, questa cosa fa più male a me che a te, ma è così. Alcune volte per fare del bene ai nostri cari, dobbiamo prima far loro del male"

''Cazzate...''

''Tu non hai inventato delle storie sulla tua famiglia per non far sentire solo tuo fratello?''

''E' diverso, è solo perchè quel cazzone di nostro... nostro ... insomma, quello lì non si faceva mai vivo. Ero io a dovermi prendere cura di lui. Gli ho creato un'infanzia, e non mi pento di niente''

''Allora perchè non glielo dici?''

''Cosa?''

''La verità: che non ricordi niente della vostra famiglia.''

Lovino si morse il labbro, incerto su cosa rispondergli.

''Visto, io e te siamo uguali - fece trionfante l'uomo - Entrambi siamo dovuti a scendere a dei compromessi, anche se ci è stato difficile. Tutto, perchè abbiamo anteposto il bene di un'altra persona al nostro. Finchè tu non dirai tutto a tuo fratello , io non potrò dirti niente su di me, e su cosa mi lega a questa scuola. Sono vecchio, molto più vecchio di quanto tu possa immaginare...

''Inoltre - proseguì, ignorando lo sguardo del giovane - Ognuno ha la propria croce da sopportare. E' la nostra condanna, il nostro destino come mutanti''

Lovino abbassò la testa e prese a rimuginare su quelle parole. Quando la rialzò per ribattere vide che l'uomo era scomparso.

Confuso prese a guardarsi attorno, come per vedere se fosse lì vicino.

“Ehi, Lovi!” esclamò la voce di Antonio che lo raggiunse con un grande sorriso.

Lo spagnolo si fermò al suo fianco: “Scusa se ci ho messo un po', io e Franny dovevamo portare a termine gli ultimi preparativi. È un peccato che Gil sia dovuto partire così in fretta per l'Europa, il suo aiuto ci avrebbe fatto comodo. Ad ogni modo, sei pronto per andare?”

Il castano vide in quel momento lo sguardo sperduto dell'altro. Aggrottò le sopracciglia e chiese: “Lovi, stai bene? Ti senti male? Se è così... se è così possiamo anche annullare la cena, fa niente. Rientro, vado da Francis e gli dico che...”
“Come? Oh no, dopo che mi hai dannato per una settimana con questa cosa, scordatelo che mi tiri indietro. Su andiamo!” e con uno sbuffo gli prese il braccio.

“Lovi, ma sei sicuro...”

“Bastardo, sto bene, quante volte te lo devo ripetere?” sbottò Lovino, cercando di nascondere all'altro quanto in realtà fosse scosse dall'incontrò appena avuto con quel misterioso e familiare individuo.

 

 

New York,
Times Square,
Ristorante “La Luna”

 

Lovino non era mai stato a Manatthan. Troppo cara, per uno che doveva stare attento ai bilanci e far sì che il fratello minore non sperperasse soldi in stronzate. Mai si sarebbe aspettato che qualcuno, per il suo diciottesimo compleanno, lo portasse in uno dei locali più cari di Manatthan. Mai, neppure nei suoi sogni più sfrenati.

Sul serio, sembrava che in quel posto si dovesse pagare persino l'aria che si respirava.

"Lovinito, stai bene? Sei tutto sudato..."

Il castano si voltò stupito verso il suo accompagnatore e cercò di ritrovare un po' di calma: "Sono solo un po' agitato bastardo, nulla di che. Tutto questo sfarzo e questa eleganza... mi mettono a disagio, ecco tutto"

''Anche a me, sai? - ammise Antonio - Questo posto è più nei gusti di Franny. Gli piacciono le cose sfarzose''

''Cose sfarzose... sfarzoso è un termine riduttivo. Qui sembra di essere in un mondo a parte''

''Spero non Narnia, non ho mai amato molto quella saga''

"Secondo me invece l'hanno comunque saputa rendere piuttosto bene" mormorò Lovino salvo poi mordersi il labbro.

"Lovinito, non mi starai per caso dicendo che..."

"Ma perché non controlliamo che cosa fanno di buono da mangiare qui?" si affrettò a cambiare discorso l'altro. Aprì il menù in cerca di qualcosa che attirasse la sua attenzione... e per poco non so strozzò vedendo i prezzi.

''Bastardo... forse è meglio andarcene''

''Mhm... perchè?''

Gli mostrò i prezzi sul menù, e l'altro non si scompose minimamente.

''Oh, per questo? Non sarà un problema?''

''Cazzo dici? Come sarebbe a dire che non sarà un problema? Io tutti questi soldi non li ho!''

''Neppure io''

''E come diavolo fai a essere così tranquillo''

''Merito di Francis''

Lovino inarcò un sopracciglio: '' Che intendi?''

'' Sai qual'è il suo potere?''

L'italiano scosse la testa in segno di diniego.

''Può controllare i feromoni umani - spiegò Antonio - Non è utile in battaglia, ma nella vita di tutti i giorni fa miracoli''

"Sai vero che io non ci sto capendo comunque un cazzo, vero?"

Antonio sorrise lievemente: "Ti spiego: ti è mai capitato di vedere qualcosa e desiderarla ardentemente con tutto te stesso?"

"Beh, sì, un paio di volte dei giocattoli quando ero marmocchio"

"Si da il caso che a grandi linee potremmo dire che il potere di Francis consista proprio nell'essere in grado di poter ottenere quella cosa semplicemente domandandola"

''Non ci credo''

''E' così, lo giuro!''

''Senti bastardo, metti che ti creda. Ottiene la cosa che vuole, ma cosa succede dopo?''

Antonio lo guardò confuso: ''Dopo?''

''Sì, dopo. Quando svaniscono gli effetti. Come fa?''

"Ehm, ecco quello effettivamente è sempre un po' un problema - pensò ad alta voce il pirocineta - Ora che mi ci fai pensare la maggior parte dei guai in cui ci siamo trovati sono stato proprio conseguenza del potere di Francis. Ma non ti devi preoccupare, mi ha assicurato che non ci saranno questo tipo di problemi stasera" e con un sorriso tornò a guardare il menù alla ricerca di qualcosa che gli potesse piacere.

''E tu ti fidi?''

''Beh, è uno dei miei migliori amici. Perchè non dovrei fidarmi?''

''Come fa a dire che non ci saranno problemi stasera? Come pagheremo?''

"A quanto ho capito è riuscito ad ottenere uno sconto in modo che il prezzo finale sia accessibile alle nostre tasche. Inoltre mi ha dato un po' dei risparmi suoi e di Gil, non ti preoccupare"

'' Risparmi?''

'' Beh, lui lavora. Al contrario di me, può uscire dall'istituto. Il suo potere è stato classificato come non pericoloso.''

'' Non pericoloso? Uno che fa il lavaggio del cervello alla gente è considerato non pericoloso?''

'' Lovi credimi, ci sono mutanti con poteri più pericolosi del suo. Come me, per esempio.''

"Già, peccato che per essere pericoloso un potere bisogna anche sapere come usarlo"

Il ragazzo aveva appena finito di parlare che si diede mentalmente dello stupido. Uno era gentile con lui e subito lo insultava con la sua lingua lunga. Antonio lo fissò basito a bocca aperta, per poi mettersi a ridere.

"Bella battuta, Lovi. Non ti facevo tipo"

''O... ecco...''

''Stai bene?''

''A meraviglia'' mentì.

Lui non voleva fare una battuta. Era geneticamente incapace di farle e di risultare simpatico a chiunque.

Allora, perchè quello lì lo trovava... divertente? Era solo stupidità?

Antonio gli sorrise: "Sai mi chiedo perché continui a sottovalutarti così e a dire che sia tuo fratello il più bravo. Anche tu hai un sacco di punti positivi"

No, forse era qualcos'altro. Possibile che fosse...

"E tutto ciò non so perché mi ricorda quella volta in cui io, Gil e Francis rubammo tutti gli abiti di Abel, mutande comprese, e glieli spargemmo per il giardino per aver ritenuto i nostri poteri mediocri!"

Come non detto: era definitivamente stupidità.

''Ora capisco perchè ti odia.''

''Io non lo odio... cioè lo vedo come un rivale. Tipo Logan e Scott''

''Chi?''

''Due vecchi insegnanti. Sono andati in pensione. Ma... sai, il prof Logan aveva il tuo stesso potere. Credo che ancora adesso dimostri solo una trentina o quarantina d'anni''

<< Beh, se non altro questo potere del cavolo un aspetto positivo ce l'ha>> pensò Lovino per poi riportare la sua attenzione sullo spagnolo che continuava a sorridergli come un ebete.

"Ad ogni modo non mi sembra che quello lì ti consideri un rivale. A me pare che ti odi dal più profondo del suo cuore"

"Te l'ho già detto no? Emma, la squadra, eccetera eccetera. Ma io di mio non lo odio. Anzi credo che sarebbe andato molto d'accordo con..." il ragazzo si bloccò mente la sua espressione si faceva scura. Romano stava per chiedergli cosa gli fosse preso quando furono raggiunti dal cameriere per prendere le ordinazioni.

''La fate qui la paella?''

''Certo, signore. La migliore dello stato di New York''

"Bene,allora la prendo! Tu Lovinito invece?" c'era una nota di nervosismo nella voce del giovane.

"Ah sì" mormorò sovrappensiero l'italiano dando una scorta al menù per poi dare la sua ordinazione.

''Anche tu la paella?''

''Si, non guardarmi come se fossi un alieno. A mia madre piaceva, e anche io la so cucinare''

''Sei pieno di sorprese! Se fossi una donna, ti sposerei''

Lovino borbottò qualcosa mentre abbassava imbarazzato lo sguardo. Ma quello lì ce lo aveva un freno tra cervello e lingua oppure parlava senza pensare?

<< Già, è vero: stiamo parlando di lui, è ovvio che non ce l'ha in cervello. Che stupido >> pensò il ragazzo, prima di mettersi a giocare distrattamente con le posate.

"Ehm, Lovino? Ho detto qualcosa che non va?" chiese timidamente lo spagnolo.

<< Che faccio? Glielo dico? >>

Alla fine vedendo il suo sorriso angelico e spensierato, decise di optare per una scrollata di spalle ed un generico: "Niente"

Già una volta prima per poco non aveva rovinato tutto insultandolo, non aveva certo voglia di rovinare tutto di nuovo.

Si concentrò sul piatto, appena arrivato, e cominciò a mangiarlo.

Nel frattempo però aggrottò la fronte: sbagliava, o tutt'ad un tratto si era fatto improvvisamente più freddo?

 

 

Times Square,
tetto di un palazzo

 

Ivan guardò le luci della piazza sotto di lui.

Un ghigno si fece strada sul suo volto paffutto.

Aprì la mano di fronte a sé e un sfera di energia azzurra brillò tra le sue dita.

Un vento freddo si alzò, mentre i passanti sotto di lui si stringevano stupiti nei giubbotti.

“Perfetto - mormorò deliziato - Ed ora, New York, preparati per la tua nuova era glaciale”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Angolo autore:

Ed eccoci arrivati a rallegrarvi l'inizio della scuola con un nuovo capitolo! ^_^

Spero che vi sia piaciuto, con vari momenti Spamano, un piano alla Francis, un finale che lascia col fiato sospeso, ma soprattutto un incontro che nessuno si sarebbe aspettato.

Avete riconosciuto il vecchio inerlocutore di Lovino? Beh, lui no XD

Ma a parte gli scherzi, spero che il capitolo vi sia piaciuto, inoltre faccio un annuncio: dopo poco meno di 11 mesi siamo arrivati esattamente a metà storia, yay! Ciò significa che per soddisfare tutte le vostre curiosità dovrete aspettare solo altri 12 capitoli (agiornati chissà quando in quanto questo è l'anno sia per me che per la mia collega della matura, quindi dovremo stare sotto coi libri, sorry).

Spero che abbiate apprezzato il capitolo, bye!

Attenzione: minimo due recensioni per continuare! Volete fare felici due autori, da? ^J^

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Capitolo 13
*** La fine della festa: Hellfire vs Winter ***


CAP. 13: LA FINE DELLA FESTA: HELLFIRE VS WINTER

 

 

Westchester, New York,
Istituto Xavier per giovani dotati,
Sala Grande

 

La festa ormai stava procedendo da un paio d'ore e Kiku era arrivato al punto da sperare che alla fine tutto si potesse davvero risolvere per il meglio, senza causare danni a niente e a nessuno. Cosa che sarebbe stata parecchio insolita, visto come di solito andavano a finire i piani di Gilbert, Antonio e Francis.

Il giapponese se ne stava fermo al tavolo del buffet, mentre osservava intorno a sé i bambini e gli altri ragazzi della scuola divertirsi, ballare e ridere. Di tanto in tanto lanciava sguardi attorno a sé per vedere dov'erano le copie di Antonio e Lovino, e quando le vedeva parevano sempre comportarsi in maniera esatta, come la copia di Heracles, che in quel momento stava ballando in mezzo alla pista.

La preside e il resto del corpo docente non sospettavano nulla, ed il ragazzo non si sarebbe potuto sentire più felice di ciò.

Kiku dovette distogliere lo sguardo per non scoppiare a ridere al vedere l'amico esibirsi nella mossa del dabbing presto seguita da tutti gli altri bambini, Peter, Wy e Stefano in testa.

Si voltò verso il tavolo e il sorriso gli scomparì dal volto.

In mezzo alle varie pietanze, in bella vista, se ne stava un piatto quasi vuoto di souvlaki, tipici spiedini greci, portati lì probabilmente da Elena Karpusi, e purtroppo uno dei piatti preferiti di Heracles.

Il moro si fiondò all'istante sul piatto per coprirlo, e spostò al contempo lo sguardo sull'amico, per vedere però che il peggio era accaduto.

Heracles aveva visto la pietanza, e soprattutto aveva visto che era quasi finita. E se l'aveva vista lui, significa che l'aveva vista anche l'originale.

Infatti quasi all'istante la copia, sotto lo sguardo stupito di tutti scomparve, e così fecero anche Lovino e Antonio, quest'ultimo proprio mentre stava chiacchierando con Elena e Zaphira.

Poco istanti dopo le porte si aprirono e la sagoma indistinta del giovane greco si buttò sul buffet iniziando a mangiare con aria gioiosa il piatto.

“No no no no, Heracles! Hai rovinato tutto! Siamo rovinati” non si riuscì a trattenere Kiku mentre si portava le mani alla testa disperato.

Il castano pareva sul punto di dire qualcosa, quando un'ombra li coprì con fare quasi minaccioso.

“Penso che non avrebbe potuto descrivere la sua situazione in maniera migliore, signor Honda” mormorò glaciale la voce di Elena mentre il silenzio calava nella sala.

I due amici si voltarono a guardare la donna dai lunghi capelli castani e gli occhi grigi che dardeggiavano.

Heracles provò a mettere su un sorriso col viso ancora sporco di carne: “Ciao mamma, c'è qualcosa che non va?”

Una vena cominciò a pulsare paurosamente sulla tempia della donna, mentre questa cominciava a parlare: “Sì, Heracles, e penso che tu e i tuoi amici possiate aiutarci a risolvere il tutto. Ragazzo mio, sappi che sei nei guai fino al collo!”




 

New York,
Times Square,
Ristorante “La Luna”, in quello stesso momento...

 

Faceva freddo.

Troppo freddo per un essere umano normale. Ma Antonio non era normale, lui aveva il fuoco dentro. Letteralmente.

Purtroppo però Lovino non era così fortunato.

"Lovi?" domandò lo spagnolo al ragazzo notando che aveva preso a tremare. In quel momento saltò la corrente.

"Qui sta succedendo qualcosa che non va..." mormorò lo spagnolo.

L'attimo dopo i vetri del ristorante esplosero uno per uno e un freddo gelido entrò nel locale.

"Giù!" urlò Antonio buttando l'altro per terra. Quando si rialzarono videro un'immagine che non aveva senso: le strade erano completamente coperto di neve, il ghiaccio invadeva i marciapiedi, i vari schermi che decoravano la piazza erano saltati per il freddo eccessivo.

"B-bastardo...”

Antonio tornò a concentrarsi sull'altro e si sentì gelare a sua volta. Ormai i tremiti erano diventati incontrollati e le labbra di Lovino erano diventate livide. Gli occhi stavano incominciando a chiudersi.

"No... no, no... Lovi! Lovi apri gli occhi! Non addormentarti! Ti porto a scuola, resisti!" urlò lo spagnolo, dopodiché gli mise un braccio attorno alla spalla e se lo caricò per portarlo fuori.

Lo spettacolo che gli si profilò d'avanti sembrava partorito dalla mente di un regista di disaster movie: le strade erano completamente ricoperte di neve, un manto gelido che si estendeva fino al ponto che collegava Manatthan a New York. Le macchine erano bloccate nella neve, ma i conducenti non lottavano per uscire e fuggire: si erano addormentati. Il freddo li aveva storditi, proprio come era successo a Lovino. Non era un esperto, ma sapeva che, minimo un ora o due, se non avesse fatto qualcosa, tutta quella gente sarebbe morta.

''Ma chi ...?''

"Ma tu guarda, credevo che il freddo avesse messo KO tutti quanti" esclamò una voce dolcemente alle sue spalle.

Antonio non fece in tempo a girarsi che si ritrovò scagliato in aria da quella che gli sembrava una palla di neve da dieci chili. Andò diritto contro ad un mucchio di neve e cadde scompostamente a terra con Lovino al suo fianco. Si rialzò dolorante e vide fermo in mezzo alla strada un ragazzo con dei capelli biondo platino ed un naso imponente, il volto mezzo nascosto da una sciarpa ormai logora e stinta dal tempo.

"Un colpo come quello avrebbe mandato al tappeto individui normali, ma sento che tu non sei normale, da?" gli fece un sorriso privo di allegria prima di aprire una mano di fronte a sè. Antonio vide formarsi man mano una piccola palla di neve che andava via via ingrandendosi. Quando aveva ormai raggiunto le dimensioni di una mela matura, il biondo scagliò la mano in avanti e la palla colpì con violenza la spalla di Antonio. Il ragazzo gemette dal dolore. Abbassò lo sguardo, per accertarsi che il suo amico non fosse stato colpito.

''Sei veramente strano, sai? - disse il biondo, inclinando appena la testa- Ti ho colpito, e forse sei ferito. Eppure, ti preoccupi più per lui. Perchè?''

''Vuoi la verità? Mi piace - asserì lo spagnolo, tornando a guardare il suo avversario - E' mio amico, e lo voglio proteggere''

''Amico?''

''Si, amico. Lui per me... è molto importante. E non permetterò a nessuno di torcergli un capello!''

''E saresti disposto ad affrontare me, per difenderlo?''

''Si!''

Le mani del ragazzo si infiammarono, e il russo lo fissò, lievemente sorpreso.

''Oh, ora capisco perchè tu sei ancora sveglio. Sei un pirocineta. Che ironia, da?''

''Io non ci trovo niente da ridere”

"Io invece trovo che sia divertente, un criocineta che incontra un pirocineta, sembra una barzelletta - lo osservò con uno sguardo crudele e Antonio sentì una stretta allo stomaco - Però comunque mi divertirò ancora di più tra un po'... quando ti avrò trasformato in una statua di ghiaccio e ti avrò fatto a pezzi"

Lo spagnolo agì d'istinto: aprì le mani di fronte a sè e scagliò addosso al suo avversario due colonne fiammeggianti. Quello non fece altro che muovere con il braccio di fronte a sè e un muro di ghiaccio bloccò l'attacco.

"A questo proposito, non mi sono ancora presentato. Che sgarbato, perdonami: io sono Winter"

Antonio sentì un brivido corrergli lungo la schiena.

Winter? Quel Winter? Il mutante quasi di livello omega che faceva parte della confraternita? Se non trovava il modo di metterlo KO al più presto era spacciato.

Il biondo si esibì in un sorriso dolce come il miele avvelenato: "Oh, dalla tua espressione deduco che hai sentito parlare di me. Tu invece sei...?"

Delle colonne di fuoco circondarono il mutante, Antonio si tolse la giacca e la posò su Lovino, in un goffo tentativo di essere premuroso. Il viso era una maschera, impenetrabile, indecifrabile.

''Io son Hellfire. E non permetterò che tu ti prenda nè la mia vita nè quella del mio amico''

''Hellfire, eh? Ho sentito molte cose su di te, sai? Peccato che Sadiq non ti abbia trovato prima dei Generation X''

"Io direi che è stata una fortuna invece" ribattè il castano. Dopodiché si scagliò contro l'avversario i pugni circondati da fiamme.

L'altro era decisamente più grosso di lui e buttarla sul fisico era decisamente una pessima idea, ma ad Antonio non interessava. Quello era l'unico modo che aveva per non coinvolgere anche Lovino.

Avrebbe fatto di tutto per proteggerlo, anche mettere a repentaglio la sua stessa vita.

Winter schivò agilmente i colpi del giovane, dimostrando di avere una notevole agilità, nonostante la stazza. Continuava a sorridere, come se tutta quella storia per lui non fosse nient'altro che un simpatico passatempo, prima di uccidere le sue prede. Magari era così, pensò Antonio. Col suo livello di potere, poteva facilmente schiacciarlo, da un momento all'altro.

Deglutì, ripensando alle parole che tempo prima gli aveva rivolto Abel: ''Gli eroi proteggono. Tu non sai in grado neppure di proteggere te stesso, figuriamoci gli altri'' << Ti sbagli... - pensò, mentre la neve attorno a lui e Winter si scioglieva - Io lo proteggerò. Non sarò potente come lui, ma darò fondo a tutto il mio potere per salvare tutti quanti >>

Vedendo che l'altro si stava a malapena impegnando, Antonio sentì un impeto di rabbia salirgli dentro. Tirò un pugno verso il lato destro della testa dell'altro. Poco dopo che l'ebbe schivato lo spagnolo sorrise. Approfittando del fatto che lui non lo vedeva lo prese per il bavero della tuta e dando fuoco alla mano, si butto indietro con tutto il suo peso, sbilanciando l'altro. Una volta toccato il pavimento gelato con la schiena sfruttò la leva e lo mandò con tutte le sue forze contro il muro di un palazzo vicino.

Antonio non era tipo da sottovalutare. Si era allenato molto, e sapeva bene come sfruttare i punti deboli degli avversari. E il punto debole di WInter era senz'altro la sua enorme stazza da lottatore.

''Credi davvero che questo basti a sconfiggermi? - biascicò il russo, rimettendosi in piedi - E' stato un bel tentativo, ma non è sufficiente''

''Lo vedremo''

''Sicuro? Non vorresti invece scappare con il tuo amico? - gli chiese con tono infantile - Siete due mutanti, no? E noi della Confraternita non uccidiamo i nostri simili. A meno che non siamo costretti, ovvio. E tu, vuoi morire per proteggere queste persone, le stesse che, potendo, ti denuncerebbero, oppure salvare lui?''

''Io non morirò''

''Nei sei sicuro? Mi sembri molto stanco. Per quanto riuscirai ad usare i tuoi poteri? Sarai sicuramente molto dotato, ma hai comunque dei limiti, Hellfire. Limiti che io non ho''

"Ah sì? A me sembra che quello che è appena volato contro una palazzina non sia io, ma tu"

Il volto del russo divenne per un momento una maschera livida di rabbia.

Antonio sentì le orecchie tapparsi per via della pressione, dopodiché si sentì scagliare indietro con violenza da un esplosione di freddo.

"Non mi irritare - pronunciò gelido Winter facendo un passo avanti. Antonio notò che dove poggiava i piedi si formava uno strato di brina - Continua a comportarti in una maniera così infantile e sta pur certo che ti ucciderò. Fuggi. Non lo sai che i guerrieri migliori sono quelli che sanno quando è giunto il momento di scappare"

"Sarà anche così - lo spagnolo si rimise in piedi tremante. Non sapeva per quanto ancora il suo potere lo avrebbe protetto dal freddo. Sentiva il gelo pungergli le braccia - Però i guerrieri che vengono ricordati di più sono quelli che muoiono credendo nei loro ideali. Ed io se devo morire lo farò nell'ideale di proteggere i miei amici e tutte queste persone. Morirò come un eroe se necessario"

''Come un eroe, eh? Mi ricordi una persona, Hellfire. Una persona che Sadiq ha tolto di mezzo davanti ai miei occhi, per rendermi più forte. E' questa la verità: solo dal dolore l'uomo impara qualcosa. E io ho imparato che i legami ti rendono debole''

Un aura azzurrognola circondò il russo, quasi fosse un armatura. Camminava adagio, spense le colonne di fuoco e la neve attorno a lui aumentò. Neppure Antonio riusciva più a scioglierla: semplicemente, era troppa.

''I forti sopravvivono, i deboli soccombono. Tu a quale categoria appartieni?''

Il castano chiuse gli occhi e inspirò a fondo. Dopodichè gli riaprì e guardò in un punto alle spalle dell'altro.

<< Perdonami Lovi >> pensò, dopodiché concentro a fondo anche l'ultimo residuo di energia.

Il suo era un potere pericoloso, se ne eccedeva rischiava di andare in autocombustione spontanea.

"Ai testardi" rispose con un sorriso. Se doveva ardere, tanto valeva ardere al massimo.

''Non così in fretta, ragazzo - risuonò una voce nella sua mente. E non solo nella sua, a giudicare dall'espressione di Winter - Oggi non morirà nessuno''

Alzò gli occhi al cielo, e vide una Fenice rossa volare sopra di loro.

Una Fenice... no, non poteva essere. Lui era scomparso!

Ma era lì, nessun mutante pirocineta poteva imitare quella forma, nessuno all'infuori del vecchio poteva riuscirci.

''Oggi è una giornata importane, e non voglio che mio nipote muoia''

All'istante la neve evaporò come se non fosse mai esistita. Una sensazione di calore pervase Antonio che sentì man mano le forze tornargli.

Nel frattempo Winter si osservava attorno leggermente stupito. Chi poteva fare una cosa del genere? Di sicuro si trattava di qualcuno di potente...

Alzò la testa e la fissò sulla sagoma di quella fenice di fuoco che col suo potere scaldava tutta Manhattan. Mano a mano la fenice scese e divenne sempre più piccola rivelando un uomo al suo interno, avvolto dalle fiamme.

"Sei stato tu a fare tutto questo?" gli domandò con tono curioso il russo. "Esattamente" anche l'ultima fiamma scomparve e venne rivelata così la figura del salvatore misterioso.

Antonio trattenne il fiato. Quei capelli castani scompigliati, quei ciuffi ribelli, quel tono di voce così caldo e sicuro. L'uomo si voltò a guardarlo e il giovane riconobbe all'istante gli occhi allegri ed il sorriso canzonatorio.

"Nonno...?" domandò con un filo di voce il ragazzo.

L'uomo sorrise: "Ne è passato di tempo... Antonio"

Avrebbe voluto piangere. Avrebbe voluto abbracciare quell'uomo che, anni prima, l'aveva salvato. Ma era troppo stanco, aveva usato troppo potere per quella sera.

''Sei diventato proprio un bel ragazzo... sia tu che Lovi...''

Il tono era nostalgico, e lo spagnolo si chiese come facesse a conoscere anche l'italiano.

"Avrai delle domande, ti risponderò, ma prima... - si voltò a fissare il biondo, il suo tono di voce si fece duro - Lasciamo sistemare questo sbarbatello"

Winter fissò impassibile l'uomo, dopodiché gli diede le spalle.

Il castano assunse un'aria sorpresa.

"Me ne vado, non combatterò. So chi sei tu, e so che non riuscirei a batterti, sarebbe solo uno stupido spreco di energie - si voltò a fissare Antonio e si esibì in un altro dei suoi sorrisi inquietanti - è stato divertente incontrarti Hellfire. Spero che penserai a ciò che ti ho detto e capirai che la tua è solo la visione di un bambino. Se così non sarà... allora sappi che la prossima volta non sarai così fortunato" e se ne andò, i passi che riecheggiavano nelle strade deserte.

'' La visione di un bambino, eh? Ironico, detto da uno che ha ancora la sciarpa di quando aveva sei anni - ribattè secco Fenice, che si voltò verso Antonio - Non dargli retta, ragazzo. E' cresciuto con Sadiq, non sa cosa significhi avere una vera famiglia su cui fare affidamento''

''Tu... - stava per abbracciarlo, ma un pensiero attraverso la sua mente come un fulmine a ciel sereno - Oddio, Lovino!''

All'istante scattò verso dove aveva lasciato l'altro. Vide che era ancora disteso per terra, gli occhi erano chiusi.

Il cuore perse un battito. No. non poteva essere vero!

Si chinò in fretta sul suo petto. Dopo un po' sentì un flebile battito e tirò un sospiro di sollievo.

Era vivo.

"L'unico motivo per cui ce l'ha fatta è perché tu lo hai difeso. Sentiti fiero"

Antonio si voltò verso l'uomo e si asciugò le lacrime di gioia che avevano preso a scorrergli lungo le guance: "Grazie, ma non sono stato molto utile. Se non fosse stato per te Winter avrebbe ucciso prima me e poi tutto il resto degli uomini di Manhattan"

"Non sottovalutarti - l'uomo gli diede una pacca sulla spalla talmente violenta da mandarlo quasi a faccia per terra - Ti ho visto combattere, sei stato bravissimo. Sei diventato davvero potente in tutti questi anni che non ci siamo visti"

''Non sono potente '' borbottò il giovane, abbassando lo sguardo.

Come si poteva definire potente, lui che non era riuscito a fronteggiare un membro della Confraternita? Era ancora troppo debole, non era neppure a un livello paragonabile a quello di Fenice o degli altri membri di Generation X.

''Ragazzo mio, sei più potente di quello lì. Tu sai una cosa che lui non sa''

''Cosa?''

''L'amore''

Lo fissò per qualche secondo in silenzio. Poi vide che l'altro indicava Lovino ai suoi piedi e arrossì.

"N-no, non è come pensi. Io-io non sono..."

"Non sei innamorato di Lovi? - rise - Antonio, ti ho sentito prima. Lo hai ammesso tu stesso di fronte a Winter che ti piaceva"

"Sarà stata l'euforia del momento" biascicò imbarazzato lo spagnolo.

"Oh, non ti preoccupare. Se dovessi scegliere qualcuno per il mio nipotino sceglierei sicuramente te. Sei perfetto per lui, sempre così insicuro e imbronciato"

A sentire quelle parole l'imbarazzo di Antonio scomparve all'istante sostituito da un'espressione di pura incredulità.

“L-l'hai detto anche prima” riuscì a borbottare nel panico.

“Mh? Di cosa parli, Antonio?” domandò Fenice con un largo sorriso.

“Nipote. Anche prima hai detto la parola nipote. All'inizio pensavo che ti stessi riferendo a me, visto che ci chiamavi tutti così a scuola, ma ora... ora stai parlando di Lovi. Mi-mi stai dicendo che tu... tu...?”

L'espressione scura di Claudio fu per lo spagnolo una risposta sufficiente.

“Madre de Dios, ma allora è vero! Sei-sei il nonno di Lovino, e-e anche di Feliciano! Ma-ma questa fa di loro automaticamente anche-anche... sono i figli di Livia?!”

Il castano si portò le mani tra i capelli, incapace di metabolizare tutte quelle notizie in una volta sola. Claudio lo osservava, con un sorriso triste e malinconico.

Non intervennè in alcun modo, sapeva che al ragazzo ci sarebbe voluto ancora qualche minuto per metabolizare completamente quell'informazione.

Alla fine Antonio si rimise dritto, emise un profondo sospiro e mormorò più a sé stesso che altro: “Sto bene. Non sono nel panico più totale”

“Davvero?” domandò il supereroe con un lieve sorrisetto.

“No, però credo di poterlo sopportare. Ma ad ogni modo, dove sei stato? Tutti ti credevano morto assieme a Livia. E poi perché né Feliciano né Lovino sanno della tua identità?”

L'uomo lo fissò con uno sguardo di infinita tristezza: “Scusa, Antonio, ma non penso che questo sia il luogo e il momento per rivelarti queste informazioni” e gli mise una mano sulla guancia, come era solito fare quando lo spagnolo era bambino. Un gesto d'affetto che subito richiamò alla sua memoria giornate di sole e allegria.

Antonio toccò la mano come in trance. Era calda, ruvida e forte, proprio come se la ricordava.

“Almeno... almeno dirai a Lovino chi sei? O mi permetterai di rivelarglielo?” domandò con un singhiozzo il giovane, mentre con tutta la sua forza cercava di avere la conferma che quella era la realtà, e non un sogno.

Claudio si esibì in un sorriso triste col cuore straziato: “Antonio, ti voglio bene. Sei stato come un figlio o un nipote per me. So che sei un ragazzo affidabile e potente e sono contento che i miei ragazzi ti abbiano incontrato. Ma purtroppo ora per te è giunto il momento di dimenticare”

Prima che lo spagnolo potesse realizare appieno il significato di quelle parole, la mano di Claudio si avvolse di delicate fiamme arancioni, e Antonio precipitò nelle tenebre dell'oblio.

 


 

Westchester, New York,
Istituto Xavier per giovani dotati
Corridoi della scuola

 

Elena era furiosa: come aveva potuto suo figlio credere di poterla ingannare con un trucco tanto bieco? Procedeva per il corridoio a falcate, con dietro la preside, Kiku e gli altri ragazzi della festa. E teneva per una orecchio Heracles, senza fare alcuna attenzione a non fargli male.
Dopo quello che aveva fatto, si meritava di peggio!
"Mamma, rallenta!"
"Solo quando ammetterai che hai architettato un piano inutile. Anzi - si dovette correggere - L'idea era anche buona. Ma ti sei scoperto per i souvlaki!"
''Ma erano gli ultimi!"
Kiku scosse la testa. Ma a che razza di conversazione stava assistendo? Tanto meticoloso lavoro era andato in fumo ... per degli spiedini. Era logico che il greco si svegliasse, dal momento che c'era il suo piatto preferito è stava finendo, Ma doveva saperlo che lui gliene avrebbe conservato un po, per farlo mantenere concentrato sul suo lavoro.
E ora, stava per andare tutto a rotoli. I professori non avrebbero trovato Antonio e Lovino nella camera di quest'ultimo, avrebbbero capito a cosa erano servite le illusioni e avrebbero messo tutti in punizione. E addio ammissione come membri attivi della squadra di Generation X.
Non che a lui importasse più di tanto, ma Heracles ci teneva per delle sue precise motivazioni che, seppur non condivideva, comprendeva.

Elena si arrestò di fronte alla camera di Lovino e Feliciano. Lasciò l'orecchio del figlio e senza alcuna grazia apri la porta.
Era certa di quello che avrebbe trovato...
"Oh per Zeus...''
''Cosa? "
"Zaph... o mio dio ... io pensavo che fossero di nuovo usciti... non mi aspettavo questo..."
"Si ma cosa?"
Dal momento che come risposta otteneva solo dei borbotti e frasi come ''son giovani, bisogna capirli '', la preside si spazienti e la fece spostare, per poter vedere finalmente cosa fosse successo.
Rimase a bocca aperta.
Lovino e Antonio erano nello stesso letto, abbracciati... e lo spagnolo era senza maglietta, Non riusciva a vedere l'altro, ma era convinta che fosse nelle medesime condizioni. E non ci potevano essere dubbi sulle attività che li avevano portati a quella posizione.
"Dato che non hanno infranto le regole...''
"Uhm si Elena... dopotutto sono pur sempre giovani, e Lovino poteva decidere benissimo da solo come festeggiare il suo compleanno"
"Che dici, lì svegliamo ?"
"Nah Elena...per una volta che non hanno combinato guai... "
"Già. Facciamoli godere...ehm... si insomma... lasciamoli soli"
"Mi sta bene''
Lentamente chiusero la porta, e ai ragazzi che le fissavano curiosi la preside disse: "La festa è finita, tornate tutti nelle vostre stanze. Ah Feliciano per stasera dormirai con Kiku. Cause di forza maggiore, ragazzo mio''

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Angolo autore:

E finalmente riesco a pubblicare anche questo capitolo, non ce la facevo più ormai.

Innanzitutto mi scuso per avervi lasciati col fiato sospeso dall'ultimo capitolo con Russia e tutto, ma spero che i contenuti vi abbiano comunque soddisfatto.

Come vedete in questo capitolo assistiamo ad uno scontro tra Antonio e Ivan e l'intervento provvidenziale di Claudio che salva il nostro povero spagnolo, più dei siparietti scolastici con Grecia e Giappone.

Molte domande immagino si saranno fatte strada nella vostra mente, ma non vi preoccupate, più passa il tempo più arriviamo vicini alle risposte.

Ci si vede nel prossimo capitolo, gente, bye!

P.S: chi mi riconosce una citazione che ho fatto fare ad Antonio durante il dialogo con Ivan riceverà la paella che i due non sono riusciti a mangiarsi XP

P.P.S: Attenzione: minimo due recensioni per continuare! Volete fare felici due autori, da? ^J^

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Capitolo 14
*** Tavole micenee, geni mutanti sopiti, profezie catastrofiche... in questa scuola non c'è mai un attimo di pace ***


CAP.14: TAVOLE MICENEE, GENI MUTANTI SOPITI, PROFEZIE CATASTROFICHE... IN QUESTA SCUOLA NON C'È MAI UN ATTIMO DI PACE

 

 

 

Westchester, New York,
Istituto Xavier per giovani dotati,
Stanza di Lovino e Feliciano Vargas,
La mattina dopo...


 

La luce entrò dalla finestra e colpì gli occhi di Lovino. Il ragazzo imprecò sottovoce mentre cercava il cuscino o le coperte da mettersi sopra agli occhi. Però erano irremovibili, come se qualcuno ci avesse messo sopra un macigno.

Il giovane sbuffò irritato e si voltò, cercando di riprendere sonno. Girato vide però a pochi centimetri il volto di Antonio che sorrideva beato nel sonno.

Il giovane lo fissò per un paio di secondi immobile, ad un tratto sveglissimo, mentre cercava di concepire ciò che aveva davanti e non dare di matto.

Non ci riuscì.

“Che cazzo ci fai tu nel mio fottutissimo letto, stronzo?! Ma che razza di maniaco sei che ti intrufoli nelle stanze degli altri e ti metti a dormire mezzo nudo con loro?!” esclamò furente saltando a sedere e portandosi le coperte a coprire il petto, quasi fosse una pudica damigella del '700.

Lo spagnolo mormorò un “Chi? Come? Cosa?” mentre si guardava attorno completamente spaesato.

Nel frattempo all'italiano come un pugno nello stomaco, ritornarono i ricordi della sera prima.

La cena, il piano per non farsi scoprire, il tempo passato al tavolo a chiacchierare quasi fossero due normalissimi adolescenti... e poi quel freddo gelido e quella voce paurosa che si divertiva a prendere in giro Antonio e che diceva di aver congelato l'intera Manhattan.

La voce di un membro della Confraternità.

Perchè anche se non sembrava Lovino era rimasto in uno stato di semi-incoscienza per tutta la durata della serata, al punto che si ricordava anche la figura grossa e minacciosa e la sciarpa stinta del loro avversario. Poi i ricordi diventavano sempre più confusi fino a che non era svenuto completamente.

Tutt'ad un tratto il castano sentiva la necessità di vomitare.

Nel frattempo Antonio si era segliato del tutto, e lo stava fissando con aria confusa e sorpresa: ''Lovinito? Che ci fai in camera mia?''

''Coglione, questa è la mia stanza!''

Lo spagnolo si guardò attorno confuso.

"Ma ne sei sicuro? Questa a me pare proprio camera mia, eh già!"

''Cazzo dici? Questa è camera mia! Mi ci hai portato tu... un momento, come ci sei riuscito? Il russo psicotico ... l'era glaciale a Manhattan... Merda ma aiutami, davvero non ti ricordi?''

Lo sguardo del castano era più confuso che mai: "Lovi, non ho la più pallida idea di che cosa tu stia parlando. Cioè capisco che il Generale sia inquietante, ma dargli del russo psicopatico mi pare leggermente eccessivo. E poi ieri capisco che sia venuto un po' di freschetto verso sera, ma dire che c'è stata l'era glaciale mi sembra un po' un'esagerazione. Infine non siamo usciti da scuola, la cena l'abbiamo fatta qui, in giardino, non ricordi?"

''Ma... no dannazione, è tutto sbagliato! Noi siamo usciti fuori, siamo andati a 'sto fottuto locale a Manhattan... e minchia chi è il Generale?''

"Oh, non l'hai mai incontrato? Un tipo alto, inquietante, porta sempre un mantello logoro e controlla il ghiaccio"

Lovino storse la bocca: "Mi ricorda tanto il tipo di ieri, solo che non indossava un mantello, ma una vecchia sciarpa stinta... Ad ogni modo ti dico che ieri sera siamo usciti a Manhattan"

Antonio gli mise una mano sulla fronte, e chiese:' 'Sicuro di non avere la febbre? Oppure... Francis è riuscito finalmente ad usare i suoi poteri su di te?''

''Come sarebbe a dire, finalmente?''

''Niente! Ma Lovi... ti comporti in modo strano''

"Io? Che mi comporto in modo strano? Sei tu quello che sta facendo come se non fosse successo assolutamente nulla, e sappi che questo mi preoccupa e anche molto!"

"Mhm... penso che ti porterò da Mei. Magari ha qualcosa da poterti dare..."

In quel momento, in camera entrò Feliciano. Era in pigiama e aveva un bicchiere di latte in mano.

''Fratellone...?''

All'istante il più piccolo osservò la stanza e vide subito che suo fratello era a letto con Antonio, e soprattutto vide una cosa di cui il maggiore si rese conto solo in quel momento: entrambi erano semi nudi

"Fratellone..." ripeté Feliciano come in trance.

"Non è come sembra!" strillò Romano coprendosi con il lenzuolo.

''Perchè - iniziò Antonio, con tutta l'espressione di chi non aveva capito in che razza di posizione fosse - Com'è che sembra?''

''Taci, diglielo che non è come pensa''

''Ma... cosa esattamente?''

''Noi non... insomma... non abbiamo.... dai, hai capito''

Lui lo fissò con un'espressione vacua, e in preda alla rabbia l'italiano gli tirò una testata.

"Ahia, perché?"si lamentò.

"Digli che non è come sembra!" strillò in preda all'isteria il più giovane.

Nel frattempo Feliciano continuava ad assistere muto alla scena dalla porta, il bicchiere ancora in mano.

''Io... fratellone, sono così felici per te!''

''Eh?''

''Finalmente hai trovato la tua metà, ve!''

''Ma cazzo ti sei fumato, Feli?''

"Oh, sapere ciò mi rende così... così felice! Scusate se vi ho interrotti, ora vado. Sarò tutto il giorno da Kiku, e mi raccomando, per questo genere di cose bisogna sempre premunirsi"

"Feliciano fermo lì!"

"Io vado fratellone, divertitevi!"

''Non hai capito un cazzo!'' gli urlò, mentre Antonio cominciava finalmente a capire.

''Oh... crede che io e te...''

''Finalmente, testa di minchia! Feli pensa che abbiamo fatto sesso!''

"Oh, e l'abbiamo fatto?"

"Ma ti pare?! Certo che no! Figurati se mi metto a fare sesso con uno come te!"

"Lovinito, così mi ferisci"

"Non così tanto come vorrei... E levati di dosso una buona volta!" e con un calcio lo buttò fuori dal suo letto.

''Sicuro che non abbiamo fatto...''

''STA ZITTO!''

"Va bene, va bene... Cielo Lovi, non ti facevo così pudico"

"Taci e rivestiti. Manca solo che entri qualcun altro e incominci a pensare male" rabbrividì alla sola idea. L'ultima cosa che gli serviva in quel momento era l'essere al centro di un pettegolezzo scolastico.

Antonio fece per rivestirsi, quando notò una cicatrice dietro le spalle dell'italiano. Senza pensare a cosa stava facendo, la toccò, facendolo tremare.

'' Bastardo, cosa...''

'' Lovi... chi te l'ha fatta?''

"Di che cazzo stai parlando?" il giovane andò di fronte allo specchio a muro e la vide. All'istante si rabbuiò.

"Da dove cazzo spunta questa?" si domandò tra sé e sé sottovoce. Gli sembrava di ricordare che centrava un incidente o roba del genere, ma non ne era sicuro. Se la guardava e cercava di ricordare come se l'era fatta era come se due immagini nebulose si sovrapponessero tra loro.

''Non lo sai?''

''No, stronzo. Me ne ricorderei... insomma, guardala. Sembra ... sembra che mi abbiano marchiato come una vacca!''

"Uao, che bel paragone. Comunque sembra quasi una ferita da arma da taglio. Fidati, le conosco. Non sai quante ne ho beccate io"

"Ma non ha un cazzo di senso! Come avrei fatto a ferirmi con un coltello sulla spalla, e poi dove cazzo ne avrei trovato uno con una lama così grande?"

"Non so proprio cosa dirti...”

Poi, lo spagnolo ebbe come un'illuminazione

''Andiamo da Elena!''

''Chi?''

''La mamma di Heracles! Lei è come tuo fratello, guarisce le persone!''

"Davvero? E mi spieghi come mai una del genere non l'avete messa in infermeria?"

"Beh, Elena ha molti talenti, e inoltre non è che sia una molto adatta a rivestire il ruolo di infermiera..."

"Come mai?"

"Ti dico solo che una volta propose come metodo di cura il salasso di uno studente. Alcuni suoi rimedi potremmo definirli un po' troppo... all"antica, ecco"

''Un po'? Sembra che sia ferma al Medioevo. Te lo scordi che vada da lei!''

''Ma... dalle una possibilità. E' brava, sai?''

''E io ti credo pure, scemo. Come minimo mi metterà le sanguisughe addosso per controllarmi il sangue''

''Una volta lo fece con me. Non fu tanto male, le sanguisughe mi fecero il solletico''

"Io sono convinto che tu in passato ti sia sottoposto ad una lobotomia. Non c'è altra spiegazione per la tua stupidità"

"Oh, andiamo Lovi. Sono certo inoltre che Elena ti starà simpatica. È una brava donna, certo... a parte quando si mette a parlare di archeologia, ma vabbè, per il resto vedrai, è simpatica!"

''Ma da dove l'avete presa questa qui?''

''Questa qui, come la chiami tu, è una dei membri fondatori di Generation X. Ha conosciuto Fenice!''

"Beh, mi sembra che la maggior parte dei vecchi conosca Fenice"

"Andiamo, è anche la migliore amica della preside"

"Allora di bene in megl..." si bloccò di botto mentre si rendeva conto delle parole di Antonio. La migliore amica della preside... ciò significava che forse era a conoscenza del perché dello strano comportamento di quella donna! Andare a trovarla non gli risultava più così sgradita come idea.

''Bah, mi hai convinto''

''Davvero?!''

''Sì, ma prima fammi...''

Non riuscì a finire la frase, lo spagnolo lo prese per un braccio e lo trascinò fuori dalla stanza, incurante del fatto che non fosse ancora riuscito a mettersi una maglietta e che qualcuno potesse equivocare.

"Ma sei completamente deficiente allora?! Mettimi giù all'istante!"

"Oh, andiamo che c'è di male?" chiese Antonio con un sorriso.

Lovino alzò scettico un sopracciglio: "Di in po', hai visto in che condizioni mi trovo?"

"Come? Oh è vero - rimase qualche attimo in silenzio - Dovresti andare in palestra a smaltire quella pancetta, sai?”

''Pancetta? Come ti permetti?''

''Mica ho detto che sei grasso - si giustificò il ragazzo - Dovresti solo fare più movimento. Ti dovrei portare alla stanza delle simulazioni un giorno. Dovrebbe anche aiutarti ad allenarti con le tue capacità''

''Gran belle capacità del cazzo''

"Ehi, guarda che la rigenerazione superveloce è una capacità piuttosto utile in battaglia, devi solo saperci anche fare con le mani. Magari riusciamo a trovare qualcuno che ti insegni qualcosa di arti marziali, così magari riesco anche a convincere Francis a prendere lezioni..."

"Col cazzo! Preferisco amputarmi una mano piuttosto che avere un idiota lobotomizzato con un sorriso da scemo come tutor!"

''Mhm... ma sai che forse potrebbe ricrescerti la mano?''

''Forse?''

''Per saperlo, sai...''

''Non ci pensare neppure''

Ripresero a camminare, dando il tempo a Lovino di mettersi la maglietta che si era portato dietro.

"Bah, che scuola di matti" borbottò il ragazzo continuando di tanto in tanto a lanciarsi in imprecazioni e simili.

Dietro di lui Antonio lo osservava mentre cercava di afferrare quanto era successo finora. La sveglia con gli strani commenti di Lovino su quanto fatto la sera prima, Feliciano che si faceva una strana idea sul loro rapporto (cosa che in fin dei conti non è che gli dispiacesse poi granché ad essere sinceri), l'italiano che cambiava idea dopo tutte quelle proteste e poi l'averlo portato in braccio.

Era stata una mattinata assurda persino per i suoi standard, ed erano appena le 9:30 di mattina.

''Io credo che il tuo potere non sia male'' gli disse a un tratto, e Lovino si voltò.

''Che cazzo dici? E' inutile''

''Nah, te l'ho detto, un po' di allenamento... forse anche un po' di dieta... comunque, il fattore rigenerante potrebbe farti vivere molto a lungo. Forse addirittura per sempre, se è molto potente''

"Certo, come no. Con la sfiga che mi ritrovo probabilmente mi scopro leucemico e allora non ci sarà fattore rigenerante che tenga"

"Andiamo, perché devi sempre essere così pessimista?"

"È la mia natura, che ci vuoi fare. Feli è quello che vede sempre il lato positivo delle cose, io invece preferisco un approccio ai fatti più realista"

''Mi sembra solo tanto negativo - commentò Antonio - Sei nato con un potere fantastico''

''Disse quello che controllava il fuoco''

''Beh, modestamente... comunque, dico sul serio. Nessun potere è inutile. Bisogna solo imparare ad usare al meglio le proprie capacità''

''E sta cazzata chi te l'ha detta?''

''Rouge''

"Bah, evidentemente questa qui non ha mai avuto a che fare con un perdente come me"

"Per favore smettila si svilirti, mi fai stare male. Hai un potere fantastico, sei fantastico, e sono certo che se ti impegni sarai in grado di fare grandi cose" Antonio lo fermò e gli sorrise. Lovino arrossì leggermente, prima di scansare con forza il più grande.

''Sei imbarazzante''

''In effetti, me lo dicono spesso''

''Mai abbastanza!''

''Ma... Lovi! Io lo penso davvero! Sono sicuro che sarai un X man fantastico''

''Non mi pare che siamo su una rivista per nerds''

"Avanti, intendo un membro della squadra. Ne hai tutte le qualità!"

"Bah - borbottò l'italiano cercando di non dare a vedere quanto quel complimento gli avesse fatto piacere - Piuttosto dov'è questa fantomatica donna delle sanguisughe?”

''Siamo arrivati''

''Eh?''

''Qui c'è il suo ufficio''

Lovino alzò alzò la testa e vide che erano arrivati di fronte ad una porta in legno scuro su cui c'era una targa con su scritto "Elena Karpusi, docente di storia".

"Insegna storia?"

"Sì, te l'avevo detto che aveva il pallino dell'archeologia. Su entriamo!"

''Eh no, io lì non entro. Sta sicuro che ci troviamo come minimo in un'altra dimensione''

''Esagerato... non è una teleporta, Se fosse stato lo studio personale di Mei allora sì che ti avrei dato ragione. Una volta Francis venne spedito in Messico per una cosa del genere. E anche per aver insultato i teleporta''

In effetti, appena entrarono Lovino trattenne a stento un ''Wow che figata'' vedendo come era arredato l'ufficio: quadri, vasi, statue antiche e, se faceva abbastanza attenzione, poteva persino cogliere qua e là il luccichio di qualche oggetto d'argenteria . Gli ricordava una vecchia illustrazione su un libro di fiabe che leggeva a suo fratello quando erano piccoli: la storia di Alibaba e i quaranta ladroni. Quel posto era esattamente come da piccolo si immaginava la caverna dei ladroni. Solo, mancava qualcosa. O meglio, qualcuno.

"Ehi, dov'è la prof?"

''Se siete qui in cerca di preservativi o di consigli per non contrarre malattie veneree - fece una voce alle loro spalle - Sono spiacente di dirvi che questo è il posto sbagliato. Andate in infermeria, Mei vi darà lo stretto necessario per capire i meccanismi base per la vostra... storia''

Lovino si sentì andare a fuoco, mentre il cuore faceva una tripla capriola nel suo petto.

Si voltò e si trovò faccia a faccia con una donna dall'incarnato abbronzato, dei lunghi capelli castani e degli occhi grigi che lo osservavano incuriositi.

L'italiano si sentì la gola secca mentre balbettava: "Noi non... non... cioè ecco, noi ecco, ecco..."

La donna sollevò un sopracciglio confusa.

"Noi... noi non siamo venuti qui per una cosa del genere! - riuscì a sputare fuori il castano alla fine - A dirla tutta non stiamo nemmeno insieme"

"Oh - esclamò la donna mentre gli osservava con quella sua espressione curiosa - Ne siete sicuri?"

"Certo!" strillò il castano mentre sentiva le guance andare a fuoco per la rabbia, stavolta.

"Ah, capisco... - la donna si illuminò - Allora siete qui per sapere qualcosa di più sulla civiltà micenea? Ho recentemente comprato un libro a riguardo..." e si fiondò verso la libreria, senza neanche prestare attenzione alle eventuali risposte.

"In molti sottovalutano questa civiltà, credendo che abbiamo troppi pochi elementi per parlarne, ma io sono della convinzione che ci basterebbe consultare altre fonti di quell'epoca per riuscire a capirne qualcosa in più. Ad esempio, se analizzassimo accuratamente il disco di Festos noteremmo che..."

Lovino rivolse un'occhiata scettica allo spagnolo, assolutamente tranquillo, come se quella fossa per lui una scena usuale, mentre la donna metteva per terra tomi su tomi riguardanti l'archeologia e vari utensili risalenti all'età del bronzo e tavolette in ceramica con elaborati disegni.

"Ma di un po', chi è 'sta squinternata?" riuscì a sussurrargli.

Antonio lo osservò confuso: "Come chi è? Questa è l'insegnante di storia della scuola, la madre di Heracles, la supereroina con poteri di guarigione nota come Athena: Elena Karpusi"

"Mi stai dicendo che una così ha una cattedra e lavora per difendere il mondo dal male?"

"Beh, sì"

L'italiano lo fissò interdetto: "Ma che razza di insegnanti avete qui? Ehi, aspetta un attimo, ma quella che ha appena tirato giù è una spada?"

''In realtà sarebbe un pezzo miceneo piuttosto raro - disse la donna - Mi ci è voluto molto per ridargli la bellezza di un tempo"

"Ah si occupa anche di restauri?"

"Occasionalmente - ammise l'altra - Coi miei poteri è facile. Incredibile come riesca ad utilizzarli anche sulla materia inorganica"

"E noi siamo qui proprio per questo! - esclamò Antonio- Lovino qui non conosce appieno il suo potere e crede che sia inutile per poter essere un eroe"

"Eh no aspetta idiota... io non ho mai detto di voler essere un eroe!"

"Dettagli"

Intanto, Elena sorrideva maliziosa verso i due adolescenti: "Ah, i giovani amori! Se mia cugina Aphrodite fosse qui..."

"Non stiamo insieme!" urlò Lovino completamente rosso in viso, mentre la donna sogghignava esclamando un "Certo certo, come dici tu caro".

Il castano spostò lo sguardo arrabbiato, e notò che su di una libreria erano riportate delle foto in varie cornici.

Si avvicinò incuriosito.

"Ah, quelle sono delle vecchie fotografie. Anche se mi piacciono ruderi e rovine apprezzo comunque la compagnia delle persone, cosa credete eh?" scherzò lei mentre si avvicinava al ragazzo.

Lovino osservò le immagini: in una c'erano tre donne molto giovani che si stringevano in un braccio, o per meglio dire le due ai lati soffocavano quella al centro, in un'altra vi era riportata l'immagine di un bambino molto piccolo che dormiva su di un divano mentre un gatto gli stava vicino, come a fargli la guardia, in un'altra vi erano ritratti due ragazzini dai capelli castani, un maschio e una femmina, lei chiaramente più grande che sorrideva felice, lui che osservava cauto l'obbiettivo mentre si stringeva un libro al petto.

Di foto così ce ne erano a bizzeffe, ma la sua attenzione venne attirata da una vecchia cornice in argento, lasciata più indietro, come se volesse essere dimenticata. L'italiano la afferrò, attirato come da una forza magnetica. Era la vecchia foto di un matrimonio. Vi erano ritratti due giovani, di poco meno di trent'anni, lei in uno stupendo abito bianco, lui in un elegante smoking scuro. Riconobbe la donna come la ragazza della prima foto e l'uomo come il ragazzino dell'ultima.

Il giovane si portò una mano alla testa con una smorfia di dolore. Chi erano quei due, e perché si sentiva così... confuso mentre li guardava?

"Oh, questa è una vecchia foto personale. Nulla di che" intervenne la voce di Elena, mentre prendeva la cornice dalle mani del giovane e la rimetteva a posto. Aveva un tono di voce triste e duro.

Si voltò a guardarli e al più giovane sembrò che avesse gli occhi umidi.

"A proposito, non so ancora il tuo nome"

"Lovino... Lovino Vargas"

In un'istante un'espressione di sorpresa e incredulità passò sul viso della donna, come era accaduto con la preside, prima che questa gli sorridesse amabile: "Oh, Vargas. Intendi quello che per poco non si è fatto uccidere da Quicksilver e Thunderdragon?"

"Come è possibile che lo sappiano tutti?!''

''È una scuola piccola, ragazzo"

"Non mi pare!"

"Su, no prendertela. Piuttosto... sei sopravvissuto a uno scontro con due dei più potenti tirapiedi di Sadiq. O hai un potere fenomenale o sei immortale"

"Forse lo è - disse Antonio - intendo, lui ha il fattore rigenerante come Wolverine. È possibile che possa vivere quanto lui!"

"Oh spero di no, cent'anni e passa di sfiga non li augurerei a nessuno"

"Certo - commento sarcastico l'italiano - Perché fino a questo momento è andata tutto così bene. Una favola proprio"

"La sfortuna serve a temprare gli eroi"

"E chi lo dice?"

"Oh lo puoi trovare in quasi tutte le tragedie greche"

"Non esattamente il mio genere"

"Un vero peccato. Se i miei nipoti..." Elena si blocco, mordendosi il labbro.

''Tutto bene?"

"Oh certo caro. Vecchi ricordi, alla mia età capita"

Lovino storse il labbro, non esattamente sicuro. Più incontrava insegnanti in quella scuola, più gli sembrava che gli stessero nascondendo qualcosa. Stava per chiedere qualcosa di più, quando intervenne Antonio: "Ad ogni modo, ci sono dei consigli che puoi dare a Lovino per quanto riguarda i suoi poteri?"

L'italiano gli tirò uno scappellotto: "Ma che dici, razza di coglione?! Io non ho bisogno di nessun tipo di consiglio per quanto riguarda i miei poteri! Anzi, l'unica cosa che vorrei sapere è come posso liberarmene, grazie!"

La donna sorrise lievemente di fronte a quella scena: "Beh, sono spiacente ma non si può. Un potere come il nostro è per sempre. Certo a meno che non trovino un antidoto contro il gene X, ma in quel caso... - si mise a fissare per un attimo il vuoto di fronte a lei, prima di riscuotersi - Scusatemi, cari, oggi ho tanti pensieri per la testa"

''Quindi sono fregato. Mi terrò un potere inutile a vita. Ok, capito. Andiamocene”

"Di già? Ed io che volevo un po di compagnia"

"La prossima volta prof. Se magari riesce a reperire qualcosa del Siglo de oro..."

 

 

Westchester, New York,
Istituto Xavier per giovani dotati,
Corridoi della scuola, nei pressi dell'infermeria



Zafirah camminava veloce per i corridoi della scuola, i suoni dei passi sul parquet che rimbombavano. Di tanto in tanto incontrava degli studenti e sorrideva loro salutandoli, solo che il suo era un sorriso teso e nervoso.

L'egiziana era preoccupata. La sera prima Winter congelava mezza New York senza che loro se ne accorgessero e poi quasi per magia la neve si scioglieva completamente facendo sembrare il tutto quasi un sogno.

Puff, così, di colpo!

I rilevatori avevano segnato un picco di energia incredibile, come non veniva registrato da un decennio almeno.

Doveva scoprire qualcosa di più. Ah, se solo avessero avuto un telepate al quale far usare Cerebro...

La donna si riscosse. Un problema alla volta, la prima cosa che doveva fare era andare da Mei. La cinese l'aveva chiamata per dirle che aveva delle novità per quanto riguardava alcuni esami, e Zafirah in parte sperava che l'altra si riferisse ai Vargas.

Almeno si sarebbe tolta un pensiero dalla testa.

Arrivò di fronte all'infermeria e fece per aprire la porta quando questa si spalancò di scatto.

“Oh, buongiorno, signora preside” mormorò un ragazzo dai capelli biondi e dei profondi occhi blu scuri.

“Salve, Lukas. È successo qualcosa?”
Il norvegese scrollò le spalle: “Una visita di controllo, nulla di che. Ora mi scusi, ma devo andare a studiare. Arrivederci” e se ne andò in fretta in camera sua.

La mora continuò a seguire con lo sguardo la sua figura che si allontanava. Lukas Bondevik era un ragazzo davvero curioso: era silenzioso, glaciale, astuto, inoltre sembrava quasi essere incapace di stabilire dei legami con chiunque, cosa che la preoccupava non poco. Non era mai bene che un ragazzo così dotato si isolasse. Solitamente le persone così finivano per diventare... imprevedibili. Inoltre vi era poi tutta la questione tra lui e Berwald.

La donna scacciò una fastidiosa vocina che le sussurrava qualcosa nell'orecchio prima di entrare.

“Eccomi qui, Mei, scusami se ti ho fatto aspettare”

La castana alzò gli occhi da alcune analisi che aveva di fronte prima di sorridere: “Oh, non si preoccupi, signora preside, io ne stavo approfittando per analizzare alcune schede”

Zafirah le fu accanto e osservò incuriosita i fogli che l'altra aveva di fronte. Dopo anni che insegnava in quella scuola aveva imparato, più o meno, a leggere i grafici dei poteri degli studenti, ma tutt'ora alcuni aspetti più complessi le risultavano più difficili dei geroglifici egizi. Guardò un attimo un foglio e aggrottò le sopracciglia. C'erano dei valori decisamente sballati. All'istante gli occhi guizzarono sul nome.

“Come vanno le condizioni di Emma?”

Mei alzò gli occhi da una scheda prima di osservare il grafico della belga e farsi scura: “Non bene purtroppo. Sembra che il gene animale sia più forte di quanto ci aspettassimo. Ancora un po' e c'è davvero il rischio che la sua parte ferina prenda il sopravvento rendendola selvaggia e pericolosa. Le ho proibito di andare in missione per un po', con la speranza che con un po' di inattività il gene regredisca. L'ultima cosa di cui abbiamo bisogno è che qualcuno o qualcosa forzi il suo potere e acceleri il processo - posò un foglio e si stropicciò gli occhi - Ma ad ogni modo non è di questo che volevo parlarle” e prese fuori un altro foglio e glielo porse.

Zafirah lo prese e lo studiò incuriosita. Era un encefalogramma, solo che presentava delle curve particolari, decisamente innaturali.

“Mei che cos'è questo?”

“Si tratta di un analisi più approfondita che ho voluto fare a Lukas. Il fatto è che durante l'ultima ispezione erano emersi dei dati... particolari. Ecco vede questa curva? - e indicò una linea più ondulata - Sta a significare che vi è un maggiore uso di energia psichica rispetto ai parametri normali”

“Beh, non ci vedo nulla di strano, il potere di Lukas consiste nel generare proiezioni psichiche e una latente telecinesi. Ovvio che in lui ci sia un potenziale psichico più forte che negli altri”
“Lo pensavo anch'io, poi però ho paragonato questo encefalogramma... con quest'altro” e porse un altro foglio, stavolta un po' più vecchiotto.

“Beh, sono molto simili”
“Esatto, ma quello che in mano ora è l'encefalogramma di un telepate”
Zafirah spalancò la bocca per lo stupore: “Mi stai dicendo che questo ragazzo è anche in grado di esercitare la telepatia?”

“Così parrebbe, ma c'è un problema. I valori della telepatia sono deboli, molto deboli, come se fosse sopita, ma al contempo sono abbastanza forti da far pensare che almeno un paio di volte l'abbia usata”
“Mi stai dicendo che lui sa di essere un telepate, ma lo tiene nascosto apposta” tutto quello era assurdo.

Mei scrollò le spalle: “Così sembra, questa è l'ipotesi più accreditata”

L'egiziana posò i due fogli sul banco prima di sospirare e portarsi due dita alle tempie. Problemi, solo problemi che non facevano altro che aumentare a vista d'occhio.

“E come sei invece per gli esami ai Vargas?”

Mei si mosse a disagio: “Ecco, questo è ancora più complicato”

“Oh, santo cielo, che c'è adesso?”

La cinese si diresse verso un vecchio proiettore di diapositive: “Ho condotto delle analisi sul loro sangue e sul DNA dei due giovani Vargas e in entrambi si sono manifestate delle anomalie, simili, ma per certi versi completamente diverse. E più li guardo più mi viene da pensare che il loro non sia un semplice fattore di guarigione”
“Parla chiaro, voglio i fatti”

“E va bene. Per primo ho analizzato Lovino - mise su una slide del DNA del maggiore degli italiani - Ecco guardi bene la sequenza di amminoacidi e nucleotidi e cerchi di memorizzarli. Fatto? Bene, ora guardi... questo - mise su un'altra slide - Notato niente di strano?”
Zafirah aggrottò la fronte: “Beh, tecnicamente le sequenze sono identiche. Sei sicura che non sia la stessa sezione?”
“Ne sono sicura, ho fatto la foto di due parti diverse in due momenti diversi, ma le basi azotate sono le stesse, si ripetono. È come... se fosse stato riavvolto il nastro”

“Mi stai dicendo che presenta parti del DNA tra loro molto simili?”

“No, sto dicendo che presenta parti del DNA identiche. Anzi, sono sicura all'ottanta per cento che questa sia la stessa identica parte”

“Non ci credo...”
“Eppure è così. Poi ho condotto anche analisi sul sangue di Lovino. Ho anche provato a, diciamo così, infettare alcuni globuli rossi per vedere come reagivano alle malattie”

“E?”
“E dopo una manciata di secondi i globuli erano tornati esattamente come erano prima del mio esperimento”

“Si sono autoguariti?”
“No, non so cosa abbiano fatto, ma è come se non fossero mai stati infettati”

“Però...”

“Inoltre vi è poi un altro particolare. Un particolare decisamente... inquietante”
“Sarebbe a dire?”
“Beh, ad un certo punto ho posato il campione di sangue di Lovino vicino a delle altre provette di altri studenti, e entrambe hanno cominciato a reagire in modo strano. Sembra quasi che il sangue di Lovino “attragga” il gene X degli altri mutanti”

Zafirah si morse il labbro nervosa mentre una nuova ipotesi si facevano largo nella sua mente: “E per quanto riguarda Feliciano invece?”

“Beh, potremmo quasi dire che il suo caso sia... diametralmente opposto a quello del fratello”
“Esponi”
“Il DNA diventa come impazzito, ci sono sezioni che scompaiono per essere sostituite da come sarebbero successivamente, saltando però completamente alcuni passaggi intermedi. Come se in un libro ci fossero continui salti temporali che escludono alcune scene e alcuni momenti”

“E il sangue?”

“Per quanto riguarda la prova del sangue infetto... una volta contaminati i globuli rossi accade una cosa assurda, la malattia comincia a progredire alla velocità della luce fino alla cura più completa. Come se qualcuno avesse premuto il tasto avanzamento veloce”

Zafirah annuì: “Quindi tirando le somme, la cosa che non va in questi ragazzi è... il loro tempo”

Mei annuì grave: “È una mutazione assolutamente unica, non ne avevo mai viste di così”
“Beh, in fondo c'era da aspettarselo”
“Che intendi?”
Zafirah sospirò: “Sono quasi sicura che si tratti dei nipoti di Claudio, pertanto trovare un comportamento anomalo nelle loro cellule... potremmo dire che è solo un passo in avanti nella conferma della mia ipotesi”

Mei trattenne il respiro: “I... i nipoti di... ma credevo fossero morti! Morti come...”
“Come Livia. Già, lo credevo anch'io, ma hanno il suo stesso cognome, Lovino assomiglia a Claudio e Feliciano a Livia, e inoltre ora sappiamo che i loro poteri sono così particolari”

La preside prese a fissare le analisi dei due fratelli mentre la sua mente elaborava dati alla velocità della luce.

In quel momento ci fu un incerto bussare alla porta e fece timidamente capolino la testa di Wy: “Ehm, scusa Mei, ma avevi detto che l'appuntamento era per... oh, signora preside, c'è anche lei. Buongiorno”
“Buongiorno Whillelmina, a cosa dobbiamo la tua venuta qui?”
La bambina prese a tormentarsi nervosamente i capelli: “Beh, ecco, Mei mi aveva detto che dovevo venire per fare degli... ac-cer-ta-men-ti, giusto?”

La cinese annuì con un lieve sorriso: “Esatto Wy. Non ti preoccupare, non è nulla di che. Devi sapere che ogni volta che il potere di un nuovo mutante si manifesta è sempre bene monitorarlo, così da poter capire anche un eventuale spettro totale dei suoi nuovi poteri”

La bambina annuì confusa. Aveva capito metà delle cose dette dall'altra.

Zafirah le sorrise dolcemente: “Non ti preoccupare, non è nulla di che. Se vuoi rimango anch'io qui”

La bambina annuì, rassicurata dalla presenza della donna.

Mei la fece sedere su di un lettino, con la schiena dritta e le prelevò un po' di sangue.

“Le analisi è sempre opportuno farle, anche se nel tuo caso si tratta più di un potere di natura psichica che fisica”
“Cioè?” domandò la bambina, curiosa di sapere qualcosa di più sulle sue nuove abilità.

“Beh, a quanto sappiamo sei una veggente, puoi vedere nel futuro, quindi usi un tipo di vista interiore. Il gene X probabilmente ha influenzato una parte del tuo cervello che ti permette di scorgere ciò che sarà”

“Ma non è un potere un po' inutile in battaglia?” domanda con la sua solita schietta sincerità la giovane mentre si esibiva in una smorfia.

La preside trattenne un sorrisetto: “Non dire così, Whillelmina. Ricorda: nessun potere è inutile”

“Appunto. Magari non ti concederà grandi vantaggi in uno scontro sul piano fisico, però potrai aiutare i tuoi amici stando dietro alle quinte. Inoltre c'è la possibilità che in futuro potresti anche conoscere gli avvenimenti del passato, insomma una vista totale sul tempo” la rassicurò Mei con un sorriso, mentre Wy la guardava scettica.

“Dici così solo perché gli altri ti lasciano sempre indietro mentre loro vanno a fare le missioni”

Quella frase fu decisamente un duro colpo per la cinese, che reagì chinando la testa mortificata e esibendosi in un grande sospiro.

“Whillelmina!”

“Che c'è signora preside, è la verità! Non pretenderà per caso che io dice una bugia, vero? È lei che ripete che bisogna sempre dire la verità!”

“Beh, sì, però in alcuni casi...”
“Mi sta esortando a mentire? Guardi che vado a dirlo alla mamma e al papà!”

Le due donne la fissarono confuse.

“Di chi stai parlando, scusa?”
“Noi bambini dell'istituto abbiamo decretato che Lovino e Antonio saranno i nostri due nuovi papà, in quanto non ne abbiamo di veri”

“Mi domando chi sia chi e quali altri ragazzi formino i loro parenti” mormorò Mei, incapace di decidere se quella fosse la cosa più divertente, la più assurda o la più tenera che avesse mai sentito.

“Mei, fidati, talvolta è meglio che alcune informazioni...”

“Il papà è Antonio, mentre la mamma è Lovino - esclamò in quel momento la bambina - Mentre gli zii sono Feliciano, Emma, Kiku (quest'ultimo uno zio aggiunto) e Abel. Ma a dire il vero lui lo abbiamo messo solo perché è il fratello di Emma”

Zafirah sospirò: “Quel ragazzo è davvero impopolare a scuola, non c'è che dire. Persino i bambini...”

“Beh, non si può certo dire che abbia un carattere facile, no?”
Wy annuì: “Però ditegli di non abbandonare il papà!”

Le donne la osservarono confuse, per la seconda volta in meno di cinque minuti: “Come scusa?”

La castana annuì: “Sì, ditegli di non abbandonare il papà e la mamma nelle grinfie dell'uomo vestito di rosso e con la maschera bianca!”

Mei e Zafirah impallidirono all'istante, mentre il vero significato di quelle parole le colpiva come uno schiaffo.

“Whillelmina - mormorò la preside - Dicci chiaramente di cosa stai parlando. Si tratta per caso di una visione?”
La giovane le fissò confusa: “Beh, credo di sì”
“E cosa hai visto di preciso? Ti prego sii la più dettagliata possibile, è una cosa molto importante”

Wy chiuse gli occhi e aggrottò la fronte, cercando di ricordare: “Beh, ho visto l'immagine di un corridoio circolare futuristico, tutto bianco e in acciaio, anche se mi sembrava che fosse abbandonato da molto tempo. Il corridoio è in parte distrutto, ci sono chiazze di ghiaccio in giro, e al centro se ne sta l'uomo vestito di rosso e con la maschera bianca, che impugna due strane spade ricurve. Il papà difende la mamma, le braccia avvolte dal fuoco, più figo che mai, mentre dietro Abel se ne va trascinando lo zio Heracles...”

“Zio Heracles?”
“Beh, sì. Lui sta con lo zio Kiku, no? Mei, non interrompermi!”

“Già, hai ragione scusa, che domanda sciocca. Va avanti, ti prego”

“Okay, allora: Abel se ne sta andando mentre trascina lo zio e al contempo urla “Qui c'è bisogno di un eroe”. Heracles però non è molto felice, infatti si sta dimenando e urla cose in una strana lingua mentre cerca di andare verso l'uomo in rosso”

“Heracles... che si agita?” domandò confusa Zafirah. Questa cosa era decisamente più strana di tutte le altre che aveva sentito dire dalla bambina.

“Sì, curioso, vero? Pare però molto arrabbiato con l'uomo, di tanto in tanto dice cose come padre o mamma, ma mi sembra strano che si riferisca così ad Antonio e Lovino, no?”
Zafirah annuì, mentre capiva il motivo dell'agitazione del giovane greco nella visione.

“E poi che succede?”
“Beh, ecco l'uomo dice una cosa strana come: ''Oggi porterò a termine ciò che ho iniziato dieci anni fa'' ”

Zaphira trattenne il fiato. Mei le mise una mano sulla spalle, e le chiese: ''Tutto bene? Sembri...''

''Sto bene - l'interruppe l'egiziana, brusca - Sto bene, non preoccuparti. Sono sorpresa, ecco tutto. E' una visione molto dettagliata''

"Effettivamente sì. Devo ammettere che per essere così giovane ha un potenziale incredibile"

Zafirah prese a mordersi il labbro mentre Wy le osservava, confusa.

"Sai per caso entro quanto tempo la tua visione si avvererà?" domandò la preside.

"Entro tre settimane"

''Come fai a...''

''Oh beh preside, è una questione di statistiche - rispose semplicemente la bambina - Insomma, le mie ultime visioni ci hanno messo tra le due/tre settimane per realizzarsi. Non so con precisione quando esattamente, però. Ci so lavorando su''

''Quindi, fammi capire - riprese Mei - Ogni volta che hai una visione, sai che potrebbe succedere nell'arco di tre settimane, ma non sai esattamente quando?''

''Yup, sì è così''

"Fantastico, il nostro futuro è nelle mani di una bambina di nove anni - mormorò l'egiziana - Avanti Zafirah, riprenditi, non è certo la situazione più disperata in cui sei mai capitata"

La donna osservò con serietà la bambina: "Whilelmina, gradirei che che tu rimanessi con noi per analizzare meglio le tue visioni"

''Sapete vero che non ho firmato per essere il vostro topo da laboratorio vero?''

''In realtà, non ti abbiamo fatto firmare niente''

''Appunto, Mei''

''Senti - le disse la preside - Probabilmente la scuola attraverserà un bruttissimo momento, e noi abbiamo bisogno di sapere tutti i dettagli possibili per evitare che qualcuno di molto, molto cattivo abbia la meglio. Poco fa hai detto di voler essere un elemento utile della tua squadra, non è così? Bene, noi ti stiamo dando l'opportunità di esserlo''

''Eh? Ma io non sono in nessuna squadra''

''Per ora, bimba mia. Per ora...''

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Angolo autore (che finalmente dopo secoli riesce ad aggiornare):

Allora, salve a tutti, come va?

Ringraziate il fatto che abbia ponte lungo da scuola per il fatto che sia finalmente riuscito ad aggiornare questo capitolo.

Ad ogni modo, dopo avervi lasciato con un capitolo pieno di scontri e azione arriviamo ad un capitolo un po' più statico, ma comunque ricco di eventi. Le analisi di Mei hanno portato alla luce varie novità per quanto riguarda i poteri dei giovani Vargas, e poi la profezia di Wy. Prima o poi quella ragazzina vi ucciderà con le sue profezie, dico bene? XP

Ad ogni modo, passando alle domande: chi erano le persone nelle foto di Elena? Perchè la donna sembra comportarsi come la preside in presenza di Lovino? Perchè Lukas nasconde le sue abilità di telepate? Il potere di Lovino e Feliciano è davvero una cosa semplice come il fattore rigenerante e la guarigione di terzi? Ma soprattutto: cosa significa la visione di Wy e quando si avvererà?!?!?!

Non vi preoccupate, ormai molti nodi stanno venendo al pettine, e presto saprete la verità sul mistero che circonda i fratelli Vargas.

Non perdetevi il prossimo capitolo, in cui faremo finalmente la conoscenza con tutti i nostri adorati cattivi!

Attenzione: minimo due recensioni per continuare! Volete fare felici due autori, da? ^J^

 

 

 

Angolo pubblicità (se volete saltatelo):

Stanchi dei misteri al cardiopalma di Martin Mystere? Stufi di zombie e alieni mangia budella che vi fanno venire gli incubi? Le fiabe e le leggende vi creano un senso di angoscia? Niente paura! Feliciano, Ludwig, il magnifico Gilbert, Lovino, Antonio, Arthur, Francis e molti altri sono qui per risolvere i vostri problemi. Sotto la guida dell'irascibile Sadiq e del suo fin troppo rilassato assistente Heracles, l'Agenzia risolverà tutti i vostri problemi di natura soprannaturale... nella maniera più demenziale e incasinata possibile!

Lettore avvisato mezzo salvato.

La fic “The Agency” è disponibile sulla pagina della mia collega, Lady White Witch. Fateci un salto, non ve ne pentirete!

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Capitolo 15
*** Intrighi nell'ombra e echi dal passato ***


CAP.15: INTRIGHI NELL'OMBRA E ECHI DAL PASSATO

 

 

Casa psichiatrica “St. Patrick”,
Da qualche parte poco fuori New York,
Rifugio della Confraternita mutante,
Sala svago

 

Ivan rientrò alla base fischiettando. Sadiq e Cam lo squadrarono, insospettiti da tanta allegria. Gli altri non ci fecero neppure caso, troppo impegnati a fare quello che facevano di solito prima di una missione: ossia, niente.

Li era seduto su di una sedia, il pugnale in una mano, lo straccio nell'altra, che puliva la lama con precisione metodica. Im Yong e suo fratello erano seduti su di un vecchio divano scassato di fronte ad un televisore del secolo scorso a giocare a "Mario Kart" (Sadiq trovava svilente che due dei suoi scagnozzi giocassero ad un gioco del genere, ma non ci poteva fare nulla). Kyle in un lato della stanza stava muovendo la mano a formare delle figure e delle mosche ripetevano con precisioni i suoi gesti. Nikolaj stava leggendo un libro, sempre lo stesso, per la quindicesima volta.

Erano apatici, inattivi prima di una missione. Sul campo, non erano tanto meglio.

Ma questo la gente non lo sapeva.

Se i politici o qualche altro pezzo grosso avesse scoperto che non erano altro che un branco di fannulloni, si sarebbero sicuramente rilassati, pensando '' ehi, di cosa ho paura? Sono così patetici...''

Il turco rimpiangeva i tempi in cui c'era Magneto, ma ormai lui si era ritirato, preferendo arroccarsi a Genosha con la sua famiglia (o con quello che ne rimaneva), e accogliere i mutanti che fuggivano da anni di persecuzioni.

"Bentornato" disse Cam al russo continuando a fissarlo con aria inespressiva.

Sadiq ringraziava il cielo di avere il ragazzo del Camerun al suo fianco, altrimenti molto probabilmente sarebbe impazzito. Inoltre col suo potere poteva anche dare via al progetto da troppo tempo rimandato, gli serviva solo il giusto incentivo...

Ma non era il momento di pensare a quello, ora doveva svolgere il suo ruolo di leader all'interno di quel gruppo.

"Ivan, hai idea di cosa hai fatto?" domandò con tono di voce imperioso il turco.

Il giovane assunse un'aria sorpresa per poi portarsi un dito sul mento, riflettere per qualche secondo e infine rispondere: "Penso di essere uscito a divertirmi, da?"

"Divertirti? Ha idea dei guai che hai combinato? Per poco non congelavi l'intero stato di New York ,e allora su cosa avrei, voglio dire avremmo - si affrettò a correggersi notando che Li aveva alzato leggermente il sopracciglio al sentire quel singolare - Su cosa avremmo dovuto governare? Ghiacciolo York?"

"A me il freddo piace, da?"

"Mi chiedo se il tuo cervello non sia gelato - biascico il turco - Altrimenti sapresti che non bisogna mai andare in missione senza un piano o per motovi personali"

"Eppure mi par di ricordare che anche tu, fino a dieci anni fa, ti defilavi spesso dalla base per i tuoi scopi personali. Sarò anche stato un bambino, ma io certe cose non me le dimentico"

Il viso di Sadiq si fece inespressivo, ma Cam sapeva che avrebbe voluto uccidere sul posto Ivan.

"I motivi che mi hanno spinto non sono cose che ti riguardano. Stavo agendo per il bene della Confraternita"

"Anch'io - replicò altrettanto gelido il biondo - Dobbiamo mostrare al mondo di che cosa siamo realmente capaci. Ed ora tutti, compresi i Generation X sanno che noi non scherziamo"

''Bah, quelle mezze calzette lo hanno capito da anni - sentenziò il turco - Da quando non hanno più il loro prezioso Fenice, si sono rammolliti''

''Rammolliti? Ho conosciuto Hellfire,e ti possa assicurare che se sono tutti come lui, ci siamo trovati dei nemici degni di una morte veloce. Per Fenice... sai, quando l'ho visto mi è sembrato piuttosto in salute e vivace''

All'istante nella stanza calò il silenzio.

Li non puliva più il suo pugnale, il televisore lasciava venire fuori il rumore dei veicoli che uscivano di pista, Nikolai fece cadere il libro, le mosche si fermarono.

Cam si voltò verso Sadiq e vide che il suo volto si era contratto in in una smorfia di quella che pareva essere confusione, rabbia e un briciolo di quella che l'africano avrebbe giurato essere... paura.

"Fenice sarebbe... - il turco scosse la testa mentre un risata roca ed incerta gorgogliava fuori dalla sua gola - No... no, tu stai mentendo, lui... - alzò la testa - Lui è morto!"

Gli oggetti nella stanza cominciarono a tremare, quelli più vicini all'uomo si ruppero. I vari ragazzi corsero ai ripari, ben sapendo quanto potesse essere pericoloso trovarsi nella linea di tiro del loro capo. Solo Ivan se ne stava fermo di fronte all'altro.

Il russo si sistemò meglio la sciarpa e si esibì di nuovo nel suo sorriso infantile: "Eppure io l'ho incontrato, e stava anche piuttosto bene. Anche se era leggermente contrariato per quello che avevo appena fatto. A quanto pare avevo interrotto qualcosa di speciale..."

''Fenice è morto. Avrai visto un mutante versato in questo genere di illusioni'' lo liquidò lui, stringendosi i pugni per non perdere il controllo del suo potere.

Ci mancava solo che uccidesse uno dei suoi, proprio ora che aveva così tanto bisogno di uomini dalla sua parte.

Ivan arricciò le labbra, come offeso dalla mancata fiducia nel suo giudizio.

''Sono perfettamente in grado di riconoscere un illusione - replicò il mutante - Dopotutto, anche il ghiaccio può riflettere quello che si desidera. La superficie può ingannare, ma quando conosci la verità... mi comprendi, da?''

''Fin troppo''

''Ebbene, so riconoscere un illusione. E quella non lo era. Fenice è vivo, è potente, e arrabbiato. Il Generale a confronto sembra un tenero agnellino''

"E sentiamo un po': quale sarebbe "l'evento speciale" che hai interrotto?"

"Non so bene. Vedi stavo per uccidere Hellfire ed un amico che si era portato dietro, un ragazzo castano con uno strano ciuffo al lato della testa"

A sentire quelle parole Li si gelò sul posto. Oh no, no no no no... Non poteva finire così!

"Però tutt'a un tratto mi è comparso di fronte Fenice - continuò Ivan - Che ha detto qualcosa tipo "è una giornata importante non voglio che mio nipote muoia" ”

Il russo calcò volutamente le ultime tre parole per vedere la reazione del turco.

Sadiq aveva smesso di respirare, gli occhi si erano dilatati, i muscoli si erano bloccati. Cam si allontanò ancora di più mentre anche gli altri andavano a nascondersi.

Alla fine il castano liberò completamente con un urlo tutta la sua rabbia e distrusse gran parte del mobilio e il vecchio televisore. Ivan non si fece trovare impreparato e creò un muro di ghiaccio che lo protesse dall'onda d'urto del potere dell'uomo.

"No, non è possibile - mormorò come un pazzo il turco - Io-io li ho uccisi. Con le mie stesse mani. Tutti e tre: quella donna e i suoi due marmocchi. Loro non dovrebbero più essere in vita!"

Alzò gli occhi furenti sul giovane biondo che stava guardando fuori dalla finestra della stanza come se non avesse un solo pensiero al mondo: "Raccontami per filo e per segno ciò che è successo e le parole che Fenice ha detto" ordinò gelido.

''Oh, adesso mi credi?''

''Smettila di giocare, e parla! Non ho tempo da perdere con le tue idiozie''

Sentendoli parlare, istintivamente Li si strinse le mani, pregando che non venisse fuori niente che potesse dare a Sadiq delle ottime ragioni per ucciderlo. E sapere che già due volte si era lasciato sfuggire il nipote del suo nemico giurato... beh, tanto bastava a ucciderlo come un cane, per uno come Sadiq.

Deglutì, e spero che Fenice non avesse detto niente che potesse danneggiare lui.

''Beh, è stato molto laconico - prese a parlare il russo - Ha sciolto tutta la neve che ricopriva Manathan, e si è frapposto fra me ed Hellfire. Quel pirocineta l'ha chiamato nonno, e...''

''Non è lui suo nipote - l'interruppe l'altro - Hellfire stava all'Istituto da... oh, quel vecchio si faceva chiamare nonno da tutti i mocciosi della scuola. Prima di essere scelto da Fenice, per un breve periodo si faceva chiamare Roma, prima che Aberich gli facesse capire quanto fosse idiota come nome''

''Molto interessante... comunque, Fenice sembrava più preoccupato per l'amico di Hellfire''

''Per il suo amico ... sai chi è? Il suo nome... sai qual'è il suo nome?''

"Uhm, fammici pensare... sì. Mi sembra che Fenice abbia chiamato il ragazzo con un nome, ma pareva molto l'abbreviazione del suo vero nome. Tony, Roby, Rocky, Loky... No, aspetta ci sono: Lovi"

"Lovi... Lovino. Lovino Vargas" i mobili cominciarono a muoversi sempre più pericolosamente.

"Capo - intervenne Cam - Calmati o distruggerai completamente la base"

Il turco prese dei respiri profondi.

Doveva calmarsi, non poteva permettere al suo potere di prendere il controllo.

"Allora? Lui è davvero il nipote di Fenice?" chiese Ivan guardando fisso l'uomo.

Questi alzò lo sguardo e storse la bocca: "Sì"

"Però, pensavo che gli avessi uccisi. Che smacco, da?"

"Ragazzino, farai bene a non irritarmi. Sei già in una pessimo posizione" minacciò Sadiq mentre una sezione del pavimento affianco ad Ivan si crepava sempre di più.

Per tutta risposta il biondo puntò i suoi occhi color ametista sull'altro.

L'aria all'istante si fece più fredda, il pavimento cominciò a coprirsi di brina, una vecchia lampada in terracotta esplose: "Io dico quello che mi pare e piace. Io sono Winter, il gelo del Nord. Tu dici di essere un mutante di livello omega, però c'è livello e livello - sorrise e tutti gli altri arretrarono di fronte all'inumanità di quel sorriso - Ed io scommetto che il mio è superiore al tuo. Vogliamo vedere, da?"

I due stavano già per scontrarsi quando intervenne saggiamente Cam: "Adesso basta. Sadiq, calmati e tu Ivan, smettila di comportarti in maniera così infantile. Sappiamo che sei forte non c'è bisogno di una prova. Ora entrambi calmatevi"

Il ragazzo ne aveva approfittato per usare un po' il suo potere sui due.

Cam era un ipnotista, solitamente doveva guardare negli occhi le persone perché il suo potere avesse effetto, però talvolta gli bastava parlare concentrandosi quel tanto che bastava per riuscire comunque nel suo intento. Tramite le parole gli aveva ipnotizzati quel tanto che bastava per farli calmare.

I tremiti cessarono e il freddo si ritirò.

''Credevo che fossero entrambi morti - borbottò tra sè e sè il turco, a voce abbastanza alta da farsi sentire dagli altri - Tutti e due i mocciosi di Fenice''

''A quanto pare, questo Lovi... beh, è molto resistente. Non è morto, anche se si trovava a una temperatura al di sotto dello zero''

''Mhm... così su due piedi direi che si tratta di fattore rigenerante... Dannazione, quanto odio quel potere!''

''E se è ancora vivo, vuol dire che si è manifestato prima dell'adolescenza... magari a sette anni...''

''Non dire altro, russo dei miei stivali. Si, probabilmente la sua mutazione si è attivata prima a causa mia. Quel marmocchio è l'unico ad essere mai sopravvissuto indenne a me, a Othoman!''

"Pssst, Yong...?"

"Sì fratello?"

"Tu hai mai capito perché si è chiamato in maniera così ridicola?"

"E poi dice che noi non possiamo giocare a Mario Kart"

"Idioti - sussurrò Li dando uno scappellotto in testa ai due coreani - Vi rendete conto del rischio che stiamo correndo? Ora statemi bene a sentire: dopo, quando questo casino sarà finito, venite con me. Riunione speciale"

Nel frattempo Sadiq continuava a pensare: cosa fare? Fenice si era rivelato un nemico potente, il più potente che avesse mai affrontato, e non lo preoccupava tanto che fosse ritornato quanto più che i suoi due pargoli fossero ancora vivi e in buona salute!

Doveva agire al più presto.

"Che fare?" si domandò ad alta voce mentre cominciava a camminare nervosamente avanti e indietro.

"Ah, io non lo so. Del resto sei tu il capo - Ivan gli rivolse un sorriso spettrale - Sei tu che decidi, a me basta poter dimostrare la mia forza contro quella feccia che è il genere umano non evoluto. Ed ora scusatemi ma la mia giterella mi ha leggermente stancato, andrò a dormire. Ciao ciao" e uscì mentre con una mano copriva un sonoro sbadiglio.

"Quel ragazzo è potente, imprevedibile e si sente il maschio alfa del gruppo - mormorò Sadiq - È un pericolo, prima o poi dovrò occuparmene. Ma ora ho problemi più urgenti di cui occuparmi"

''Calmati. Non hai fallito: uno è comunque morto, no?'' gli chiese Cam, squadrandolo.

Sadiq scosse la testa.

''Non lo so... forse solo Lovino si è salvato, o forse tutti e due. Non lo so, davvero non ne ho idea. Ma non posso escludere che in qualche modo anche l'altro sia ancora vivo...''

''Non sappiamo neppure se anche lui avesse ereditato il gene X''

''No, ed è questo il problema: non sappiamo niente di niente! Fenice si è rifatto vivo, dopo dieci anni e dopo che tutti lo credevano morto o disperso nello spazio a fare una delle classiche cose che fanno le entità cosmiche. Suo nipote è vivo, e davvero non so come sia riuscito a passare inosservato in tanti anni e senza che io mi accorgessi di lui!''

''New York è grande - liquidò la cosa l'altro mutante - Non puoi avere tutto e tutti sotto controllo''

''Se avessi ancora la mia vecchia base, avrei potuto. Eccome! Ma Polaris l'ha distrutto, quando ... bah, anche questa è una lunga storia''

"Un giorno o l'altro magari me la racconterai" sbuffò il giovane mutante ansioso di liquidare quell'argomento. Sapeva che uno dei difetti maggiori di Sadiq era il fatto di essere uno che rimpiangeva molto "i bei tempi andati" come era solito chiamarli, in cui terrorizzava tutti, seminava il terrore in tutto il mondo, teneva nel sacco le nazioni intere, bla bla bla.

Lui quelle storie le aveva sentite almeno un centinaio di volte, e non aveva nessuna voglia di sentirle per la centounesima.

E poi quell'incidente aveva in sè troppi ricordi dolorosi, i ricordi della morte dei suoi genitori.

Sin da quando erano stati uccisi, assieme a quelli di Kyle e di Nikolaj, lui, l'australiano e il bulgaro avevano vissuto assieme a Sadiq come se questo fosse il loro padre. Certo un padre violento, psicopatico e crudele, ma per necessità pur sempre un padre.

"Ad ogni modo, che facciamo?" domandò l'africano distogliendosi da quei cupi pensieri.

Sadiq si morse il labbro: "Per ora direi di controllare per lo meno se sono entrambi vivi o meno"

"E come si fa?"

Un sorriso spettrale deformò il volto del turco: "Lo so io. Kyle! Vieni subito qui!"

Il castano a sentire quelle parole balzò in piedi e si fiondò verso l'uomo. Entro in scivolata sugli ultimi rimasugli di ghiaccio e si inchinò: "Eccomi qui: Berserker a rapporto!"

Sadiq ghignò: "Perfetto. Manda uno dei tuoi animali, voglio che entrino nella scuola e mi riferiscano subito se ci sono dei ragazzi che rispondono alle descrizioni date da Winter"

''Subito!''

Sadiq si massaggiò le tempie. Problemi, problemi... doveva prendere la situazione in mano ed eliminare alla radice i suoi ostacoli.

Senza alcuna pietà.

 

 

Westchester, New York,
Istituto Xavier per giovani dotati,
Stanza del Generale

 

Quella mattina, il Generale si svegliò con una strana sensazione di angoscia. Ma la liquidò subito come effetto dei suoi incubi notturni. Tuttavia, la sensazione non se ne andò, ma al contrario rimase persistente dentro di lui fino a quando non accese il televisore mentre faceva colazione.

E lo vide.

Manatthan era stata colpita da una strana bufera di neve che gli esperti non avevano previsto, e c'erano diversi feriti. Nessun morto grazie al cielo, dal momento che così come era iniziata così era finita, di punto in bianco.

Ma la cosa che lo spaventava di più, era riconoscere in quell'evento il suo vecchio modus operandi, quando ancora era uno degli uomini della Confraternita. Quello stile per lui era inconfondibile, e solo una persona poteva averlo ereditato... suo figlio Ivan.

Quasi soffocò col cibo e tossì.

Non era un ingenuo, ed era chiaro come quella tempesta di neve non fosse naturale. E al mondo , al momento, c'era solo un altro mutante in grado di fare una devastazione... oltre a lui, ovviamente. Ma il Generale aveva abbandonato quel passato e se lo era lasciato alla spalle.

O, almeno, così credeva.

Il passato non si era dimenticato di lui e aveva ripresentato il suo debito con Ivan. Il sangue del suo sangue. Il figlio che lo odiava con tutto sè stesso. E a ragione. Il mutante uscì come un automa dalla sua camera.

Aveva bisogno di una boccata d'aria.

 

 

Casa psichiatrica “St. Patrick”,
Da qualche parte poco fuori New York,
Sede della Confraternita mutante
Ex-ufficio del direttore

 

“No, no, no, no! No, non va bene!” urlò Sadiq prima di buttare per terra le carte e scaraventare via il tavolo, che andò a sfracellarsi contro la parete.

Dietro di lui Cam si ritirò leggermente più vicino al muro, mentre assisteva con volto impassibile allo sfogo del suo capo. Non era la prima volta che il turco era preda di simili attacchi d'ira, e una cosa che il ragazzo aveva imparato quando succedevano era che l'unica cosa da fare era starsene in disparte e aspettare che sbollisse. Dopo cinque minuti di imprecazioni in turco e mobilia che volava per la stanza, più un episodio in cui l'uomo aveva mandato a pezzi il computer con il suo potere, finalmente Sadiq si fermò.

Cam si staccò e prese a parlare con calma: “Qual'è il problema?”
Sadiq si voltò a guardarlo con occhi da folle, prima di sospirare: “L'attrezzatura! Ci ho messo dieci anni per elaborare un piano che ci permettesse di assoggettare l'America, anni per prepararti e istruirti, anni perché tutto fosse perfetto, e ora che i miei sogni sono a portata di mano fallisco per colpa di uno stupidissimo problema tecnico!” e diede un pugno al muro, crepandolo leggermente.

“Non potremmo semplicemente rubare i componenti necessari o rapire qualche scienziato?”

“No, attireremmo l'attenzione dei Generation X. Zafirah è furba, e ancora di più lo è Elena, capirebbero subito che cosa stiamo tramando, e allora ci darebbero la caccia in maniera ancora più ossessiva di quanto fanno ora. Inoltre, c'è il rischio che anche gli altri comincino a capire qualcosa”

L'africano alzò un sopracciglio: “Non ti fidi di loro?”
Sadiq si esibì in una risata da iena: “Certo che no! Mi sembra ovvio. Tu sei l'unico, Cam. L'unico mutante abbastanza intelligente e fedele da sapere i miei grandiosi progetti”

<< Inoltre sei l'elemento indispensabile perché il mio piano possa compiersi >> aggiunse mentalmente l'uomo.

“Non capisco, cosa c'è che non va negli altri? Ad esempio se informassimo solo Kyle o Nikolaj...”

“Idioti. Sono entrambi degli idioti, uno che si butta a capofitto nel pericolo senza pensare, l'altro che non riesce a capire quando agire e quando invece deve starsene zitto”

“Ivan, allora. È abbastanza forte per...”
“Non mi fido di Ivan, e ancor meno mi fido di lui dopo quanto è successo oggi”

“I fratelli? Loro hanno sempre seguito i tuoi ordini in maniera egregia...”

“Burattini nelle mani di Li. Sono la sua piccola Task Force. E non provare neanche a prendere in considerazione East Tiger - lo fermò Sadiq, prima che l'altro avesse modo di aprire bocca - Di lui mi fido ancor meno che di Ivan. Quel ragazzo è forte, spietato, carismatico e estremamente ambizioso. Sarebbe disposto a fare di tutto pur di rovesciarmi e prendere il potere. In un certo senso mi ricorda me alla sua età, certo dopo che avevo lasciato la scuola e avevo capito quale fosse il vero posto dei mutanti nella scala sociale: ai vertici della società!”

Sadiq ghignò, mentre ricordava con piaceri i suoi tempi d'oro.

Cam scrollò le spalle: “A proposito di Li e dei fratelli, di questi tempi mi sembra che si stiano comportando in maniera strana, non trovi? Tutte quelle missioni in solitaria...”

“Bah, lascia che quegli idioti a risolvere i loro casini da sé. Ripeto: più Li sta lontano dal covo, meno trama per soffiarmi il titolo di capo. Ora dobbiamo concentrarci sul problema dei materiali”

“Capito. Che ti serve, magari posso aiutare”

“Ne dubito fortemente, ad ogni modo ho bisogno di qualcosa che amplifichi i tuoi poteri mentali. Una stanza che possa metterti in contatto con tutte le persone del mondo per convincerle a fare ciò che vogliamo”

E pensare che un posto del genere lo conosceva e c'era stato dentro più e più volte! Ma questo riguardava una vita precedente, e non poteva più adoperarlo.

Se solo avesse avuto una scusa per invadere quel posto senza insospettire i suoi sottoposti...

 

 

Westchester, New York,
Istituto Xavier per giovani dotati,
Corridoi della scuola

 

Manatthan era stata devastata. Di morti non c'erano, grazie a Dio. Ma i feriti e tutte le persone e a rischio di ipocondria... perso com'era nei suoi pensieri, il Generale andò a sbattere contro qualcuno. Non si degno neppure di guardarlo, abbassò appena lo sguardo.
Mormorò: "Scusa Claudio, non ti avevo visto" e se ne andò, diritto vero il cortile. Lovino sbatté gli occhi un paio di volte, stupito. Ma che cos'era successo?
"Ragazzo - lo richiamò Yao - Non dovresti avere una punizione tu ora ?"
"Sì sì... solo che il Generale li..."
"Ti ha minacciato?"
"Eh? No! Solo... mi è venuto addosso e dopo si è scusato chiamandomi Claudio! Per caso è vicino alla demenza senile?"
Il viso di Yao si fece improvvisamente serio. Lo prese per un braccio e si avvicinò al suo orecchio.
"Questo deve rimanere tra noi... non so se il vecchio Generale sia contento di farlo sapere. Ma vedi... lui ha un figlio. Un ragazzo... particolare, che purtroppo ha scelto di schierarsi con la Confraternita mutante"
"Merda... ed oggi è stralunato perché..."
"Perché ha appena saputo che ieri sera a Manatthan c' è stata una tempesta di neve... strana. E dal momento che ha riconosciuto il modus operandi di Ivan... non si dà più pace"
Un momento... Manatthan? Ma era dove erano andati ieri sera. No pardon... era dove lui aveva sognato di essere ieri sera. O almeno, credeva. Accidenti, la sua testa era così confusa!
"Ma il Generale non è uno dei pezzi grossi, qui? Perché non va a prendere il figlio e lo riporta a casa?"
"Non è facile. Prima di tutto, non sappiamo dove si trova il covo della Confraternita, Secondo... Ivan ha scelto liberamente la sua strada. Ha fatto una scelta tempo fa, quando...''
Si interruppe e sospirò. Lovino penso che il momento cuore a cuore fosse finito, invece Yao lo sorprese dicendo : "Alfred, esci fuori. Lo so che ci stai spiando"
"Wow, ma come hai fatto ? Ero sicuro di essermi nascosto bene questa volta!" protestò il giovane, uscendo fuori dal suo nascondiglio.
''E' un po difficile ignorare qualcuno... specie se sta mangiando molto rumorosamente delle patatine. Davvero Al? Sai che ore sono? E questa marca poi... vuoi ingrassare?"
"Non sono grasso. Ho le ossa grandi"
"E il cervello piccolo" commento Lovino.
"Si, me lo dicono spesso"
"Io mi preoccuperei sai?"
"Pure questo mi è stato detto molto spesso"
"Ehm ragazzi ... Vargas, tu puoi andare. La preside pretenderà la mia testa se non ti vede lavorare come si deve per la tua punizione, Per quella faccenda, acqua in bocca. Jones... io e te dobbiamo parlare"
"Sulla dieta? Andiamo, sto bene ! Ho più muscoli che grasso!"
"Non, non sulla dieta... - ora il viso di Yao si era rabbuiato - Dobbiamo parlare della... tua missione personale"

 

 

Casa psichiatrica “St. Patrick”,

Da qualche parte poco fuori New York,
Rifugio della Confraternita mutante,
Stanza 418

 

Li continuava a camminare avanti e indietro, mormorando parole sottovoce sotto lo sguardo confuso di Yong Soo e Sung.

I due fratelli si guardarono un attimo confusi. Appena finita la riunione il cinese li aveva presi e portati alla velocità della luce fino alla sua camera, dove ora erano chiusi. I coreani ebbero tra loro uno scambio di battute in silenzio, mentre si incitavano a vicenda a parlare con l'amico.

Alla fine Sung vinse e l'altro si schiarì la gola, prima di azzardare un: “Ehm, allora Li...”

Non fece in tempo a finire la frase che un coltello sfrecciò ed andò a conficcarsi nel muro, mancando di pochi millimetri il viso del sud coreano.

“Ti ho per caso detto che puoi parlare?” chiese il cinese lanciandogli uno sguardo penetrante.

I due fratelli tacquero e fecero segno di dinniego, mentre iniziavano a tremare leggermente.

Li continuò ad andare avanti e indietro, fino a fermarsi e sospirare: “Dobbiamo escogitare qualcosa per sbarazzarci di Vargas, prima che Sadiq scopra del casino che abbiamo, ma soprattutto che avete, fatto. Idee?”

I fratelli rimasero zitti e si scambiarono un'occhiata.

“Potete parlare ora” esclamò stizzitò il castano.

“Ah, bene, non ne ero sicuro. Ad ogni modo ancora non capisco perché tu abbia tanta paura che Sadiq lo scopra. E se anche fosse?” chiese Sung.

Li si portò una mano alla fronte: “Yong Soo, potresti dare uno scappellotto a tuo fratello? Grazie”

“Ahio, perche?” si lamentò il coreano mentre il fratello lo colpiva.

“Te l'ho già spiegato: se Sadiq scopre che abbiamo avuto tra le mani Vargas non una, ma ben due volte, e che ce lo siamo lasciati sfuggire come dei poppanti, poco ma sicuro ci ammazza per non averlo ucciso quando ne avevamo la possibilità. E se non per questo ci ucciderà per non avergli detto prima che sapevamo che era vivo”

Il castano annuì: “Capisco”

“No, non è vero”

“Hai ragione fratello, è tutto fin troppo cervellotico e complicato per i miei gusti”

Li alzò gli occhi al cielo. Perché si era scelto quei due come compagni? Non poteva prendersi qualcuno con un po' più di sale in zucca?

Yong Soo prese parola: “Ma non ci basterebbe eliminarli per primi?”

“Sarebbe la soluzione più ovvia, però c'era il problema che dovevamo agire senza farci scoprire da Sadiq, ora però...”

“Visto che ha già scoperto che Lovino Vargas è vivo non abbiamo tempo da perdere e dobbiamo essere il più veloci possibile, giusto?”

Li annuì: “Esatto. Vedo che di tanto in tanto anche il tuo cervello funziona, Sung. Bando alle ciance, dobbiamo trovare Vargas e eliminarlo”

“Ma non sappiamo dov'è!”

“Sbagliato. Sadiq non è sicuro che si trovi nella scuola, però noi abbiamo la certezza, dopo il vostro incontro con i Draghi Gemelli, che i Generation X l'hanno preso sotto la loro custodia. Dobbiamo andare all'Istituto Xavier e ucciderlo lì!”
“All'Istituto? - domandò impallidendo il sud coreano - Ma non è troppo pericoloso? E se ci scoprissero? Ci imprigionerebbero, ci darebbero allo SHIELD, e nella loro mensa si mangia da schifo”

“Concordo con mio fratello. Mi pare una mossa un po' troppo azzardata”
“Pensate che a me piaccia? È l'unica cosa che possiamo fare per completare il nostro piano. Dobbiamo essere rapidi come il fulmine e non farci catturare. Ecco il piano: Yong Soo, tu verrai con me fino alla scuola, prenderemo la mia moto per raggiungerla. Sung, tu rimarrai qui, cerca di distrarre Sadiq dalla nostra assenza e ritarda più che puoi la sua scoperta della vera identità di Vargas. Sono stato chiaro?”
“Ma io voglio venire con voi! - protestò Sung - Ho un conto in sospeso con Vargas, mi deve parecchi pugni”

“Non voglio sentire proteste! - ruggì Li - E sia ben chiaro: stavolta non possiamo permetterci di fallire”

Estrasse un coltello dalla cintura e se lo rigirò tra le mani, per poi guardarsi nel riflesso distorto della lama: “Oggi si arriverà alla fine di questa commedia durata anche fin troppo”

 

 

Westchester, New York,
Istituto Xavier per giovani dotati,
Sala Grande

 

''Madre de Dios... cosa è successo qua?" chiese stupito Antonio, appena vide come era ridotta la stanza che la sera prima era stata adibita come sede per la festa di compleanno dei Vargas.
Heracles roteò gli occhi e prese un festone da terra.
"Mia madre, ecco cosa è successo. Ama le feste . E ama organizzare"
"C'è stata una a festa? E non me lo ha detto nessuno?"
Il greco lo fissò, come a dover decidere se lo stesse prendendo in giro o meno. Poi optò per la soluzione più diplomatica: "Non c'è la preside qui, puoi parlare liberamente. Non devi aver paura di altre punizioni"
"Ehm...di che stai parlando?"
"Ah allora è vero che dopo il sesso non si capisce più niente. Devo dare dieci dollari a Kiku..."
"Non seriamente, non capisco di cosa stai parlando"
"Facciamola breve, che sennò qua non la finisco piu: ci sono state due feste, una qua e una a Manatthan. A Manatthan tu ci hai portato Lovino. E il finale è stato anche piuttosto dolce, visto come vi abbiamo ritrovati poche ore dopo. La seconda, eravamo noi con Feliciano e una mia illusione tua e di Lovino, per non insospettire gli insegnanti. Può essere successo che io abbia lievemente perso la concentrazione e abbia mandato tutto a monte, ma intanto tu e il tuo ragazzo non siete stati puniti perché, tecnicamente, la scuola non vieta a due ragazzi di stare nella stessa stanza... anche se è chiaro a tutti che sono gay"
''Heracles... esattamente perché siamo andati a Manatthan?"
"Ringrazia Francis, era un suo regalo. A proposito, lo hai visto? Doveva aiutarmi a ripulire il casino qui"
"No...scusami, devo andare!"
Antonio era impallidito di colpo, e si sentiva il cuore in gola. Lovino allora non aveva sognato, erano stati effettivamente a Manatthan . E probabilmente quella non era l'unica cosa su cui aveva ragione. Aveva parlato di un attacco, giusto? Dios, perché non ricordava niente?
 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Angolo autore:
Buone anno e buone feste, gente! Quale modo migliore per chiudere questo 2016 se non con un nuovo capitolo della vostra (spero) fic Mutant!AU preferita?

Ci è voluto un po' per aggiornarla, lo so, e mi dispiaca, sinceramente, ma sono intervenute le feste e vari problemi di natura più... personale (febbre e cose così).

Ad ogni modo che vi pare del nuovo capitolo, incentrato stavolta sui nostri cattivi? Finalmente hanno fatto la loro comparsa, eh? Scommetto che non vedevate l'ora di conoscere qualcosa di più sulla nostra combricola.

Ad ogni modo i personaggi, oltre a Li, Yong So, Sung (Corea del nord), Sadiq e Ivan che già conoscevate, sono: Cam alias Camerun, che ha qui il potere dell'ipnosi, sarà importante per la storia, come vedrete in seguito; Kyle alias Australia, che qui sta dalla parte dei cattivi, il suo potere, come si capisce, ha a che fare con gli animali, e verrà spiegato più avanti; Nikolaj alias Bulgaria, che qui ha un potere misterioso...

Spero che questo capitolo vi abbia soddisfatto, il prossimo non so quando riusciremo a pubblicarlo, ma vi garantisco che sarà un capitolo denso di avvenimenti e azione.

Ed ora: Lovino e Antonio riusciranno a scoprire qualcosa di più su quello che hanno fatto la sera precedente? Qual'è il piano di Sadiq e a quale macchinario si riferisce? Li e Yong So riusciranno nella loro terribile missione di vendetta a uccidere Lovino e Feliciano? E di cosa vuole parlare Yao con Alfred?

Scoprirete questo e molto altro nei prossimi capitoli, ormai la fine è vicina.

Attenzione: minimo due recensioni per continuare! Volete fare felici due autori, da? ^J^

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Capitolo 16
*** La tigre e il ciclope, il fulmine e il lupo ***


CAP.16: LA TIGRE E IL CICLOPE, IL FULMINE E IL LUPO

 

 

Westchester, New York,
Istituto Xavier per giovani dotati,
Parco della scuola, statua dei primi X-men

 

"Lovi! Lovi! Finalmente, eri qui!"
Lovino fini di lucidare il basamento in marmo e si alzò, stiracchiandosi. Dio se era una faticaccia . E gli restava ancora tutta la statua da ripulire! Che merda la vita a volta.
"Che vuoi bastardo?" chiese, vedendo l'altro arrivare tutto trafelato.
"Avevi ragione! Ieri è successo qualcosa!"
"Mo calmati, e respira. Di che stai parlando?"
"Di ieri sera, del tuo compleanno ...a proposito, auguri di nuovo ... cioè ho saputo che io e te.... Wow che bel lavoro stai facendo...dicevo che ho saputo da Heracles che eravamo fuori... cioè io non me lo ricordo ancora e chissà perché ma..."
Antonio dovette fermarsi e riprendere fiato , e Lovino lo fissò, confuso.
"Io te lo avevo detto , idiota ! - riuscì infine a dire l'italiano - Ma mi ascolti mai? Certo che no!"
"Ma Lovi... abbiamo un problema! Perché non mi ricordo niente? E perché... "
Si interruppe, e si guardò attorno allarmato. Il cambio di reazione era stato così repentino da sorprendere persino Lovino.
''Bastardo, mo che hai?"
"Non ti senti... osservato anche tu?"
"No, affatto"
"Non sono paranoico ma...ATTENTO!"
Lo spagnolo lo spinse a terra, appena in tempo per evitare che un fulmine lo colpisce in pieno.
"Oh che guastafeste - disse Thunderbolt , facendo la sua entrata in scena in perfetto stile Megamind con tuoni e saette a fargli sa coreografia - sarebbe stato un colpo lineare e pulito, senza troppa fatica. Sarei riuscito a fare fuori tutti e due senza troppi problemi"
"Ma tu non ti arrendi mai?" gli urlò Lovino, mente Antonio lo aiutava a rialzarsi
''Per le cose importanti, no. Sai, ho una reputazione da difendere. Senza contare, ci tengo alla mia pelliccia e se Sadiq sapesse di te...beh, bye bye Thunderbolt"
''Se vorrai fare del male a Lovi, dovrai prima passare sul mio cadavere" disse Antonio, frapponendosi tra il suo amico e l'altro mutante.
"Scena molto toccante, ma tu no riusciresti a resistere per più di cinque minuti con me''
"Vogliamo provare?"
Antonio stava per attaccare, quando una colonna di energia elettrica squarcio il terreno e lo colpì in pieno.
"Bastardo!" urlò Lovino, prendendolo in braccio.
"Tutta quella elettricità di solito uccide persone grosse il doppio - si sentì in dovere di precisare Thunderbolt - e dal momento che sta ancora respirando e non vedo segni di ustioni, immagino che il suo potere mutante lo abbia tutelato un po. Giusto quel tanto che basta per non morire tra atroci dolori"
Lovino sapeva che contro quello lì non aveva possibilità. L'unica cosa positiva era che non poteva morire...forse. Non subito almeno. Argh, che schifo il fattore rigenerante!
Dato che sapeva di non poter far niente ,e che se Antonio era già conciato male, fece l'unica cosa sensata che gli venne in mente : se lo mise sulle spalle ed inizio a correre .

 

 

Interno della scuola, aula d'arte, in quello stesso momento...

 

Era uno di quei giorni in cui l'ispirazione tardava ad arrivare. Il signor Yao era stato gentile a concedergli di usare l'aula di arte, ed inizialmente Feliciano si era sentito a casa. Aveva fatto più o meno venti schizzi e paesaggi, e aveva riempito subito la sua nuova camera con bozzetti e tempere. Per fortuna il suo fratellone stava passando più tempo con Antonio che con lui (anche se un po di gelosia la provava , naturalmente) altrimenti si sarebbe lamentato a non finire del disordine .
Ora che ci pensava, aveva fatto un ritratto di lui e Antonio. Solo, chissà dove lo aveva messo...
Scrollò le spalle, e riporto la sua attenzione alla tela bianca.
Teneva la matita stretta tra indice e pollice, e sembrava quasi in attesa che la musa gli si palesasse un qualche modo.
Gli sarebbe andato bene tutto, davvero. Beh...niente roba di quel yaoi a cui aveva cercato di convertirlo il suo nuovo amico Kiku. A quello non si sentirà mai pronto.
Sospirò. Forse quella non era giornata per disegnare. Stava per riporre la matita a posto, quando qualcuno lo prese per il collo da dietro le spalle.
"Finalmente ti ho trovato! - esclamò il suo assalitore - Mio fratello sarà fiero di me! Sono stato prima io a trovare Lovino Vargas!"
Cosa voleva quello da suo fratello? Anzi... forse non era la domanda migliore da fare in quel momento. Non quando lo stava stringendo tanto da farlo soffocare.
"Che io sia dannato se questa volta non me ne vado portandomi la tua testa. Così Sadiq mi darà una promozione!"
Feliciano stava letteralmente diventando blu, mentre l'altro iniziava un lungo sproloquio su tutti i vantaggi che avrà una volta ucciso "Lovino".
Ecco, ora gli avrebbe fatto comodo avere la telecinesi come Yao! Oppure...
"ARGH!"
La presa si allento e Feliciano potè divincolarsi e liberarsi. Il suo aggressore era steso a terra con una spalla fumante e alla porta c'era Berwald, con gli occhiali alzati e gli occhi rossi.
"Wow... è questo il tuo potere? Fantastico! Solo, se ti attaccano da dietro le spalle è un po inutile"
"Lo so - fece sibillino lo svedese, con gli occhi puntati verso il ragazzo misterioso - Ora vieni con me"
"Oh...ve non me lo faccio ripetere due volte!"
L'aggressore provo a rialzarsi tuonando con una frase del tipo "Come osi tu ragazzino ferire me che sono uno dei membri più potenti della Confraternita? Preparati a subire la mia vendetta e..."
Per sua sfortuna, Berwald non era certo tipo da perdere tempo con dichiarazioni così prolisse , e lo ricolpi diritto al petto. La potenza del raggio fu tale da far catapultare l'asiatico dall'altra parte della stanza , facendolo finire su uno dei dipinti di Feliciano.
"Ma... chi è?" domandò l'italiano. Se era della confraternita, doveva essere uno importante, giusto?
"Non lo so - fu la risposta dello svedese, che prendendolo per un braccio poi disse - Seguimi, la preside ti vuole al sicuro..."

 

 

Corridoi della scuola

 

Berwald correva tenendo per mano Feliciano, che annaspava dietro di lui. Il ragazzo inciampava nei suoi stessi piedi, mentre cercava di stare dietro al ritmo del più grande, decisamente più allenato e in forma di lui. E di certo non aiutava il fatto che continuasse a fare domande a tutto spiano con voce terrorizzata.

“Ve, che succede? Dove mi stai portando? Chi diavolo era quello?!”

Berwald sbuffò un attimo: certo che quel ragazzino parlava davvero tanto, la sua prima impressione non era sbagliata.

D'altra parte le sue domande erano sensate: chi diavolo era quel tipo, e perché ce l'aveva con Feliciano? Gli sembrava di ricordare che fosse uno dei membri della Confraternita, e la cosa lo preoccupava ancora di più. La Confraternita nella scuola? E tra l'altro non avevano cercato di uccidere uno dei memebri dei Generation X, ma Feliciano! Perché, cosa c'era dietro?

Ad un tratto vide uno dei pulsanti di emergenza, si fermò e diede un pugno rompendo il vetro e attivando l'allarme.

“Questo ci dovrebbe aiutare... - grugnì, prima di voltarsi verso l'italiano - Forza, quel tipo ci sta ancora inseguendo, e tu devi raggiungere un posto sicuro al più presto”

 

 

Ufficio di Zafirah Hassan

 

Zafirah stava mettendo a posto alcuni documenti quando le arrivò il segnale di pericolo.

Ogni sensore nella scuola era collegato al suo ufficio, e da lì lei vedeva se c'era un vero problema o se si trattava solo dello scherzo di uno dei suoi studenti (tutti gli anni passati a guardarsi dagli scherzi di Gilbert, Francis e Antonio l'avevano resa previdente sotto questo punto di vista) e di conseguenza decideva se dare l'allarme in tutta la scuola o meno.

L'egiziana si alzò ed andò ai monitor. Scrutò per qualche secondo gli schermi. Non c'era traccia di fuoco, e l'aula di chimica pareva nella normalità più assoluta.

Scrollò le spalle: uno scherzo.

Stava per tornare alla scrivania, quando vide un movimento veloce in un angolo. Aggrottò la fronte e ingrandì. Vide per un attimo due ragazzi che correvano veloci, e i suoi occhi furono abbastanza pronti da riuscire a riconoscere gli occhiali speciali di Berwald e il taglio di capelli di Feliciano. Non sembravano correre perché erano in ritardo, ma pareva più che altro che stessero fuggendo da qualcuno.

In quel momento un'ombra passò veloce dove poco prima erano i due ragazzi.

La preside bloccò l'immagine, la rimandò indietro, fermò il fotogramma e mise a fuoco.

Per poco non si strozzò: East Tiger.

Cosa diavolo ci faceva un memebro della Confraternita nella sua scuola?! E tra l'altro perché stava inseguendo Berwald e...

“Feliciano...” mormorò mentre capiva finalmente il motivo della venuta dell'asiatico. Sadiq sapeva della presenza dei Vargas e aveva mandato il cinese a eliminarli!

All'istante la mano scattò a premere il pulsante di emeregenza e le sirene presero a suonare nella scuola. Dopodiché la donna prese dalla scrivania un comunicatore portatile.

“Qui è Zafirah, a tutto il corpo docente, priorità livello Alpha-sette-uno. Un membro della Confraternita è riuscito a penetrare a scuola. Lin voglio che tu tenga al sicuro i bambini, andate nel laboratorio di bio-chimica; Elena occupati degli studenti dalle medie in su, fa in modo che non facciano idiozie; Generale le mando la posizione del nostro ospite; Yao tu verrai con me e il Generale ad occuparci dell'intruso, capito? Yao, mi senti?”

Quando aveva dato gli ordini aveva sentiti in sottofondo i suoi colleghi rispondere con un “ricevuto”, ma quando provava a chiamare il cinese l'unica cosa che sentiva erano scariche elettrostatiche. L'egiziana imprecò: probabilmente l'altro non aveva il ricevitore a portata e probabilmente era nel suo studio, dove non si sentiva il rumore dell'allarme.

“Mei, va subito da Yao, probabilmente è in ufficio, e digli che noi andiamo verso la biblioteca, cercheremo di bloccare East Tiger lì, passo e chiudo!” e mise via il comunicatore, prima di correre verso dove concordato.

Avrebbe protetto i suoi studenti, costi quel che costi, o il suo nome non era Zafirah Hassan!

 

 

Ufficio di Yao Wang

 

“Io so quello che vuoi fare” gli disse Yao, quando furono da soli.

Alfred lo fissò per qualche attimo, poi chiese: “Ehm… di che parla?’’

“Ragazzo, non fare il finto tonto con me – gli disse l’insegnante – Tu sei uno di quelli che hanno la tipica sindrome dell’eroe. E posso anche comprendere che, in parte, sia giustificabile. Voi ragazzi di oggi crescete con tutti quei fumetti… comunque, il punto è che devi fermarti”

“Fermarmi? Da cosa?”

“Dalla tua missione personale. Credi che non lo sappia, Jones? Il Generale non ti ha mai notato, ma io sì. Ci spii, cerchi informazioni…”

“In realtà…”

“Cosa?’’

“Mhm… molto spesso ero lì per caso”

“Davvero?”

“Giuro sul mio onore di eroe’’

Yao sospirò, e disse: “Vedi, è proprio questo di cui ti stavo parlando: hai la sindrome dell’eroe! Credi di poteri salvare tutti… ma non è possibile”

Alfred non era d’accordo. Affatto.

“Chi lo dice? Tutti possono essere salvati!’’

“Solo se lo vogliono!”

“Questo non vuol dire che gli altri non meritano almeno un tentativo’’

Yao roteò gli occhi. Quel ragazzo gli avrebbe fatto venire i capelli bianchi prima dei cinquant’anni.

“Senti – cercò di spiegargli – A volte, le persone scelgono il bene o il male. E percorrono la strada che si sono scelti. Non puoi costringere una persona a cambiare , ad andare contro la sua natura. Non è così che le salvi”

“Io però ho promesso!” disse l’americano, gonfiando le guance. Come fossi possibile che riuscisse ad essere tanto immaturo anche durante una conversazione tanto seria, era un mistero. Sarà l’età.

“Alfred…” iniziò Yao, ma una Mei trafelata entrò proprio in quel momento nella sala professori.

“Yao, finalmente ti ho trovato… c’è un problema!”

“Cosa è successo? E santo cielo, respira’’

“La Confraternita… due membri sono qui!”

Il primo a cercare di uscire , fu Alfred, che venne prontamente bloccato dalla telecinesi di Yao.

“Tu non vai da nessuna parte, ragazzo - disse il cinese – Mei , lo affido a te. Bada che non tendi di fare idiozie. Se necessario, trasferiscilo da qualche altra parte. Va bene?’’

“Sì…”

“Ora, dov’è mia sorella?”

“Coi bambini”

“Elena?”

“Con gli studenti più grandi”

“Zaphira?”

“In laboratorio, mi ha mandato a chiamarti. Credo che abbia deciso di intervenire personalmente”

“Chiaro… accidenti, pensavo che non fossero così stupidi da attaccare proprio qua!’’

 

 

Corridoi della scuola

 

Berwald ormai aveva il fiatone, sapeva che non avrebbe retto ancora per molto quell'inseguimento.

Era allenato, questo sì, ma non era mai stato tra quelli che volevano entrare a tutti i costi nei Generation X. Fare l'eroe... non era nelle sue corde.

Orami sentiva i passi di East Tiger dietro di sé, e doveva prendere una decisione in fretta.

Ma dove diavolo erano la preside e i professori?!

Alla fine si decise.

“Ora lo affronto, tu fuggi” borbottò con voce rotta.

“Ve, cosa?! No, non...!”

“Non discutere” ringhiò fulminandolo con uno sguardo. Non avrebbe permesso che una persona se ne andesse senza che lui potesse fare niente per salvarla.

Non di nuovo.

“Ora!” esclamò. Prese Feliciano per il braccio e lo scaraventò di fronte a sé, per poi girare su sé stesso e togliersi gli occhiali con un gesto brusco. Un intensa luce color rosso rubino illuminò l'ambiente circostante, mentre il raggio laser partiva dagli occhi del biondo e il ragazzo emetteva un urlo roco.

East Tiger in un certo senso se lo aspettava: non appena lo svedese si era tolto gli occhiali il giovane era saltato in alto, accucciandosi a palla e facendo una capriola a mezz'aria. Non appena ebbe raggiunto la parte alta del muro di sinistra aveva stesso le gambe e, approfittando dello slancio, si era scagliato esattamente dietro il suo avversario. Una volta toccato il pavimento il cinese si voltò e diede un calcio ai piedi dell'altro, che non aveva fatto nemmeno in tempo a registrare il tutto, facendolo finire a pancia all'aria.

Il laser colpì il soffitto e Berwald fu costretto a chiudere gli occhi per non causare danni, mentre cercava di rialzarsi. In quel momento Li lo raggiunse e gli sferrò una ginocchiata nelle costole, mandandolo a finire contro il muro. La schiena del biondo aveva colpito la parete che il castano tirò fuori uno dei suoi pugnali e lo conficcò nello stomaco dell'altro.

Berwald urlò di dolore, mentre spalancava gli occhi e centrava un quadro appeso alla parete incenerendolo, mancando il nemico che si era accucciato per colpirlo.

“Questo è quello che succede a coloro che intralciano la Confraternita, e faresti bene a ricordartelo” sibilò Li, estraendo l'arma e facendo cadere a terra l'altro che aveva di nuovo chiuso gli occhi.

Li lo osservò per un attimo che si stringeva dolente la pancia, si chinò, prendendo di nuovo fuori il coltello e puntandoglielo alla gola: “Per te è finita, biondino, e dopo di te... toccherà a Vargas”

Berwald aveva gli occhi chiusi e poteva sentire solo la voce dell'altro sopra di lui e il rumore di un coltello che veniva sguainato.

Non poteva aprire gli occhi, non era sicuro di cosa avrebbe colpito. Inoltre la ferita allo stomaco gli bruciava e faceva un male cane. La mano stretta sulla pancia era zuppa di sangue e bastava solo quello a fargli capire quanto fosse grave.

Ironico: era sempre stato un tipo tranquillo, non era mai andato alla ricerca di guai o di avventure, e ora moriva semplicemente perché si era trovato al momento sbagliato nel posto sbagliato. Beh, almeno Vargas era salvo. Inoltre tra un po' avrebbe rivisto lui...

Lo svedese era pronto per il colpo fatale quando sentì un rumore metallico e la voce di East Tiger che imprecava.

In quel momento lo raggiunse una voce femminile dal tono deciso: “Fermo!” e sentì che il cinese si allontanva di corsa.

Dopo una manciata di secondi sentì qualcuno corrergli vicino e accucciarsi al suo fianco e la voce della preside che domandava: “Berwald, Berwald mi senti? Ti prego di qualcosa”

Il ragazzo mugugnò una frase sconnessa, per far capire che almeno era ancora viva.

Sentì Zafirah sospirare per il solievo, salvo poi dire con voce ferma: “Cerca di non muoverti, mi raccomando. La ferita è grave...”

“Ve, signora preside ho trovato i suoi occhiali!” li raggiunse in quel momento la voce di Feliciano, e dopo un paio di secondi lo svedese sentì la presenza dell'apparecchio dul viso.

In quel momento si arrischiò ad aprire gli occhi, e subito riconobbe i visi della donna e dell'italiano che lo osservavano preoccupati, tinti nel solito tono rosso scuro.

Zafirah si stava mordendo nervosamente il labbro. Non sapeva cosa fare! Doveva portare al più presto Berwald in infermieria, però c'era il rischio che muovendolo la sua situazione si aggravvasse. Inoltre c'era anche il problema di East Tiger...

Un mugolio del biondo bastò a ricordarle che la vera urgenza in quel momento era l'allievo.

La donna stava per rischiare e prenderlo per portarlo via da lì quando Feliciano si inginocchiò al suo fianco. Lei lo guardò confuso, ma tutto ciò che il ragazzo fece fu poggiare le mani sulla ferita e mormorare: “Ve, tranquillo, tra un po' sarà tutto finito”

L'attimo dopo una tenue luce verde coprì la ferita, mentre il biondo tratteneva il respiro.

La luce dopo un po' si fece più intensa e il volto dell'italiano divenne pallido e sudato.

“Feliciano...”
“Ve, tranquilla signora preside, ce la posso... ce la posso fare” le sorrise il ragazzo, prima di concentrarsi di nuovo sulla cura.

Dopo un paio di minuti finalmente la ferita si risanò completamente e sul volto di Berwlad si dipinse un'espressione pacifica.

“Ben fatto Feliciano!” si congratulò la donna.

Lui sorrise, prima di svenire.

 

 

Corridoi della scuola, da tutt'altra parte...

 

Lovino correva veloce per i corridoi della scuola, trascinandosi dietro un semi svenuto Antonio che non faceva altro che mugolare frasi sconnesse al suo fianco.

L'italiano correva con in testa un solo pensiero: salvarsi. E mentre lo faceva dietro di sé sentiva il rumore dei fulmini e dei lampi di elettricità e la voce canzonatoria di Thunderbolt che lo provocava canticchiando: “Scappa scappa topolino, o ti cuocio il codino. Scappa scappa piccolo leprotto, che tra un po' ti ritroverai di sotto!” prima di ridere.

Di tanto in tanto qualche fulmine lo colpiva di striscio, facendogli un male cane, ma subito il suo potere interveniva guearendolo prontamente.

Ad un certo punto svoltò in un corridoio e prese a correre verso una porta, quando sentì tutt'ad un tratto le forze venirgli meno. Inciampò nei suoi stessi piedi e finì diritto disteso per terra. Non sapeva cosa gli fosse successo, ma il ragazzo si strinse il cuore, come se fosse in preda ad un attacco cardiaco.

Il coreano lo raggiunse e lo osservò leggermente incuriosito: “Ma come? Ti fermi di già? E io che speravo di divertirmi almeno un altro po'. E vabbè...” scrollò le spalle prima di avvicinarsi di qualche altro passo.

Aprì le mani e nugoli di scintille sprizzarono tra le dita.

Lovino cercò di mettere a fuoco il suo avversario, ma puntini neri gli impedivano di focalizzare l'altro e atroci mal di testa continuavano a colpirgli la testa.

In quel momento sentì distintamente la voce di suo fratello dire: “Ve, ti prego, fa che riesca a salvarlo!”
<< Feliciano, cazzo! >> pensò, capendo finalmente il motivo della perdita di energie. Suo fratello stava curando qualcuno, e quel qualcuno doveva anche essere una persona ferita molto gravemente, ma per farlo gli stava sottraendo molte energie. Energie in quel momento molto preziose.

Thunderbolt gli fu vicino: “Beh, che hai? Sembra quasi che... Argh!” il castano si coprì la faccia mentre Lovino recuperava man mano la vista. Vide che l'altro si stava spegnendo una fiamma sui capelli, mentre dietro di lui Antonio lo osservava ansimante, con una mano alzata.

Il bastardo doveva aver ripreso conoscenza e aveva pensato di proteggerlo perché lo aveva visto in pericolo. Che coglione!

Yong Soo si voltò verso lo spagnolo con uno sguardo da folle: “Ah sì?! E così sei proprio convinto a voler morire da eroe, eh?!” e scagliò una scossa, che fece alzare da terra il corpo dello spagnolo e lo scagliò contro un armadietto, mentre questo urlava con voce straziata.

“E non è finita! - continuò il castano - Sei stato una spina nel fianco della Confraternita per troppo tempo, Hellfire! La mia missione è uccidere Vargas, ma penso che Sadiq gioirà nel sapere della morte di un altro membro dei Generation X” e si avvicinò con fare minaccioso, pronto a finire l'avversario.

Lovino guardò sperduto la scena, mentre cercava di mormorare qualcosa per avvertire l'amico, ma questi era di nuovo svenuto. In quel momento il giovane sentì un sorta di fuoco che iniziava a bruciargli nel petto.

Thunderbolt si mise sopra ad Antonio, la mano aperta e pronta a scagliare un'altra folgore.

“Hasta la vista, Hell...” non fece in tempo a finire la frase che sentì una sorta di ruggito e qualcuno che lo placcava per la schiena e lo buttava per terra.

“Tu... non... gli farai... altro male!” ringhiava Lovino mentre si accapigliava con il coreano. Questi cercava di rispondere in qualche modo ai pugni che l'altro gli stava dando. Suo fratello aveva ragione: quel piccoletto era una vera furia!

Ma lui non era Sung, lui aveva un asso nella manica.

L'orientale urlò e una scarica di fulmini partì da tutto il suo corpo, colpendo l'italiano e mandandolo a sbattere contro un muro.

“Ora basta, mi sono davvero stufato di te, di Hellfire, di questa maledetta scuola!” urlò avvicinandosi mentre l'altro si stava rialzando e dandogli un pugno che lo fece ritornare a terra.

“Vi ammazzo tutti! Vi riduco in cenere! Vi elettrizzo completamente fino all'ultima cellula!” e fece per dargli un altro pugno, stavolta con la mano avvolta dall'elettricità, ma Lovino in ginocchio lo bloccò.

“Ora basta...” mormorò.

“Come hai detto, moscerino?!”
“Ho detto... basta! - esclamò con voce dura Lovino, alzando la testa e mostrando gli occhi nei quali brillava una luce calda, potente, primordiale - Basta con questo tuo potere! Basta coi fulmini!”

Il ragazzo aveva appena finito di pronunciare quelle parole che una lieve luce verde gialla cominciò a brillare nella sua mano. Yong Soo sentì come un pugno del petto, mentre percepiva l'energia elettrica del suo corpo convogliare verso la sua mano. Le scariche presero a uscire come impazzite mentre le figure dei due contendenti venivano avvolte da un alone di luce verde. I due ragazzi presero a gridare, mentre entrambi sentivano un bruciore avvolgere il petto per poi espandersi in tutto il resto del corpo.

Quando la luce se ne andò entrambi caddero a terra.

Lovino era svenuto, sdraiato sulla schiena con il corpo scosso da tremiti incontrollabili. Yong Soo invece si guardava sconvolto le mani.

C'era qualcosa che non andava!

Dentro di sé non riusciva a sentire nient'altro che un senso di vuoto.

“Che mi hai fatto...?” riuscì a mormorare.

Dopodiché alzò la testa e urlò, arrabbiato a spaventato: “Che diavolo mi hai fatto?!”

In quel momento sentì il rumore di qualcuno che correva, e subito fu raggiunto da Li.

“Yong, che diavolo è successo?! Ho visto una luce e... aspetta, quello è Vargas? Ma come è possibile, credevo fosse rimasto col biondino! Non importa, dobbiamo andarcene, ci hanno scoperto!” e prese di peso il coreano per poi correre verso l'uscita.

Avevano fatto solo pochi passi che la via venne sbarrata da dei quadri.

“Ma che...?!”
“Voi non andrete da nessuna parte, aru!”

La voce aveva appena finito di parlare che gli orientali sentirono un vento freddo colpir loro il viso, e dopo neanche un secondo i due furono intrappolati in due bozzoli di ghiaccio.

Li imprecò, mentre di fronte a lui comparivano il Generale e Yao.

“Bene bene, e così direi che abbiamo due nuovi acquisti per la prigione dello SHIELD, vero signor Yao?”

“Ha ragione Generale” rispose il cinese con un leggero sorriso. In quel momento però notò le due figure distese di Lovino e Antonio, e subito il suo sorriso sparì, prima di fiondarsi verso i due ragazzi.

Raggiunse per primo Antonio. Tastò il polso e si calmò un attimo: il cuore batteva. Pareva essere appena uscito vivo da un incendio, ma non sembrava essere in situazione critiche.

Di tutt'altra condizione invece pareva l'italiano.

Non appena Yao mise una mano intorno al polso sentì il battito forte, ma estreamamente irregolare. Inoltre fisicamente pareva a posto, ma non appena gli alzò le palapebre vide che c'era solo il bianco negli occhi del castano.

Subito lo prese su e ordinò all'altro: “Generale, lei tenga d'occhio questi due fino all'arrivo della preside, io devo portare subito in infermeria i ragazzi. Vargas ha bisogno di cure urgenti”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Angolo autore:

Fic: “Forse non hai sentito bene, sono Next Generation, la fanfiction importante. Ero mortissima, ma ora sono finalmente, TORNATA, ALLA, VIIIIITAAAAA!!!!!”

Fandom: “No, sì, ho capito. Ben tornato”

 

Okay, salve, come va? Sì, sono ancora vivo, e sì, lo so che vi ho lasciato in sospeso e che ricompaio dopo un mese e mezzo di assenza, e mi dispiace davvero moltissimo ragazzi, sul serio. Ma è che è un periodo di casini. Tra scuola, preparazione per l'esame di matura, studio, ispirazione che va e viene, il fatto che non mi sembra più di essere capace di mettere due parole in fila che siano decenti... beh, questo capitolo è stato davvero difficile da finire.

Ad ogni modo, spero l'abbiate apprezzato, e spero che mi perdonerete per come mi è venuto fuori (sinceramente: non sono soddisfatto di come ho scritto le mie parti).

Ad ogni modo: come stanno Lovino e Feliciano? E il povero Berwald? Cosa succederà a Li e a Yong Soo ora che sono stati catturati? E Sadiq cosa farà una volta scoperto che due dei suoi uomini sono finiti prigionieri dei Generation X?

Scoprirete tutto questo molto presto, qualcosa anche nel prossimo capitolo, in cui vari misteri verranno a galla.

Attenzione: minimo due recensioni per continuare! Volete fare felici due autori, da? ^J^

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Capitolo 17
*** verità svelate e premonizioni di guerra ***


CAP. 17: VERITÀ SVELATE E PREMONIZIONI DI GUERRA

 

 

Westchester, New York,
Istituto Xavier per giovani dotati,
Presidenza

 

La presidenza era stata adibita a stanza degli interrogatori. Tutti i membri anziani di Generation X erano d'accordo che a dover interrogare i terroristi mutanti dovesse essere il Generale. E Zapirah era disposto a chiudere un occhio su tecniche di interrogatorio non propriamente approvate dalla convenzione di Ginevra. Aveva altro a cui pensare, i suoi studenti erano stati feriti e lei non era nello stato d'animo di essere misericordiosa verso i loro nemici.
Thunderbolt, dal momento che il fratello era ancora privo di sensi, fu il primo ad essere sottoposto alle "amorevoli" Mani del Generale.
Ora, Sadiq li aveva addestrati a sopportare qualsiasi forma di tortura. Non erano certo facili da piegare. Ma due minuti col Generale, fecero piangere Thunderbolt tutte le sue lacrime, implorare pietà e dimensioni per un po di calore.
Avrebbe dovuto immaginarlo, quell'uomo era stato un ex membro della Confraternita. Sapeva come far parlare con i giusti mezzi...
"Allora ragazzo... perché volete tanto la vita di Vargas?"
"No...non te lo dirò mai vecchio!"
"Ah no? E il tuo capo sa che siete qui?"
"Pfff...ovviamente"
"Sai, qualcosa mi dice che stai mentendo. Quest'operazione non è affatto nello stile di Sadiq. Inoltre, avrebbe fatto in modo di non farsi scoprire prima che l'operazione fosso riuscita. Quindi... perché volete uccidere tanto quel ragazzo, agendo alle spalle del vostro capo?"
"Merda... l- lo chieda a mio fratello. Io ho solo seguito i suoi... cazzo... lo giuro non so niente di niente. Lui vuole uccidere il ragazzo. Non io"
"Ah davvero? E non gli hai chiesto perché?"
"No!"
"O sei molto bravo a mentire o sei un completo idiota. Anzi, neppure...almeno gli idioti di tanto in tanto mostrano un minimo di iniziativa. Tu sei un'ameba"
"Ehi! Sono un terrorista ricercato in tutto il mondo, io!"
"Ed ora sei finito in mano mia. E credimi, finché non saprò tutto, non ti lascerò andare"
''Ma...ma ho già detto tutto quello che so!"
"Io non stavo parlando di Vargas...io voglio sapere dov'è il vostro covo. Voglio riprendermi ciò che Sadiq mi ha sottratto più di dieci anni fa. Rivoglio mio figlio"

 

 

Infermeria, in quello stesso momento

 

Antonio se ne stava seduto vicino al letto di Lovino, la schiena curva, le mani congiunte di fronte a sé e lo sguardo fisso sul monitor dell'elettrocardiogramma. Aveva ancora delle bende che coprivano i punti in cui i fulmini lo avevano colpito direttamente, ma non sentiva quasi il dolore.

I valori erano stabili... ma allora perché Lovino non si svegliava?

Lo spagnolo sospirò, passandosi una mano tra i capelli. Erano passate quasi ventiquattr'ore da quando East Tiger e Thunderbolt avevano fatto irruzione a scuola, ventiquattr'ore da quando quei due avevano cercato di uccidere i Vargas, ventiquattr'ora da quando Lovino lo aveva salvato, ventiquattr'ore... da che l'italiano pareva essere in coma.

Antonio gli prese titubante la mano. Da quando lo avevano portato lì lui non si era praticamente mosso dal suo letto, aveva passato un'intera notte insonne lì, con la scusa di sorvegliarlo, e per sua fortuna Francis era stato abbastanza accorto da portargli qualcosa da mangiare dalla mensa, perché in quel momento per il pirocineta il cibo era l'ultimo dei suoi pensieri.

“Lovi, mi senti?” domandò ad un certo punto il castano, non sopportando più quel silenzio opprimente. In quel momento non c'era nessuno in infermeria, anche Mei era dovuta andare a fare chissà che coi bambini.

“Lovi, ti prego, apri gli occhi. Io... io non posso andare avanti senza di te...”

L'altro non si mosse.

Ad un certo punto allo spagnolo venne un'idea: “Ti racconto una storia, che ne dici? Io non sono bravo a cantare, di certo non quanto te, pertanto una storia mi sembra adatta, che te ne pare?”
Ancora silenzio.

Antonio annuì con un lieve sorriso: “Bene, allora inizio: c'era una volta un ragazzo. Beh, più che un ragazzo è meglio dire un bambino. Questo bambino viveva in un villaggietto di campagna, con sua madre, suo padre e suo fratello maggiore. Il bambino amava suo padre e sua madre, ma sopra ogni altra cosa adorava suo fratello. Lui era il suo eroe, il suo modello, il suo migliore amico. Anche se lui era di cinque anni più grande passavano tutto il loro tempo assieme, a giocare e a scherzare. Arrivarono a dire che ci sarebbero sempre stati l'uno per l'altro, perché sapevano che nulla li avrebbe mai separati”

Il sorriso di Antonio scomparve di colpo, mentre le spalle di abbassavano e lo sguardo si incupiva. La voce divenne un sussurro roco di rabbia e amarezza: “Poi un giorno tutto cambiò. Il fratello maggiore prese a farsi sempre più distante, evitava la compagnia del più piccolo e lo trattava male. I genitori lo rimproveravano, dicendogli che stava prendendo una cattiva strada, ma il minore continuava a difenderlo, e quando l'altro lo insultava o gli dava dei colpi lui rispondeva sempre con un sorriso. Era certo che non fosse colpa del fratello se si comportava così nei suoi confronti, era certo che in realtà la colpa fosse tutta sua, che avesse fatto qualcosa per farlo arrabbiare, e ora voleva rimediare. Poi un giorno il bambino scoprì di essere diverso dagli altri, di essere speciale, e vide in questo la possibilità tanto ricercata di riuscire finalmente a fare pace col fratello. Le cose però non andarono come si era aspettato. Quando fece sfoggiò delle sue abilità di fronte all'altro, questo si spaventò, lo scacciò via violentemente e lo chiamò mostro e scherzo della natura, e per quanto il bambino lo chiamasse fratello, lui rispondeva con rabbia e paura di non essere fratello di un demone. Il bambino allora sentì con chiarezza il cuore spaccarsi in mille pezzi e corse via piangendo. Quando poi, dopo che si fu calmato, tornò a casa, ciò che vide ridusse in polvere i frammenti rimasti del suo cuore: il fratello aveva chiamato la polizia perché lo portassero via. Devi sapere, infatti, che dove viveva il bambino le persone speciali erano viste male, considerate pericolose perché diverse. E quando stavano per prenderlo per portarlo via per sempre dalla sua casa e dalla sua famiglia, il bambino reagì nel solo modo possibile: diede sfogo dei suoi poteri e fuggì”

Antonio si fermò e tirò su col naso, per poi passarsi una mano sugli occhi umidi e aprirsi in un timido sorriso: “Ma la storia ha un lieto fine, sai? Il bambino venne trovato da un uomo gentile, speciale come lui, che lo portò in un posto pieno di persone con le sue stesse capacità. Qui il bambino incontrò amici, rivali, e persone che arrivò a considerare come una nuova famiglia. Qui il bambino crebbe, divenendo prima un ragazzo e poi un giovane uomo. E allora si innamorò - il sorriso sul volto del castano si fece dolce, e una mano si mosse per scostare una ciocca di capelli dal volto dell'italiano - Si innamorò di una persona difficile, che si considerava sempre una seconda scelta, e che mascherava la sua insicurezza con commenti acidi. Ma lui vide quanto questa persona era speciale, e così, senza che se ne rendesse conto, si innamorò”

Lo spagnolo si bloccò ed emise un resprio tremante.

“Questa è la mia storia, Lovino, la storia di come sono diventato chi sono adesso, il mio passato e la mia famiglia. Lovi, quello che sto provando a dirti è che... è che io ti... ti...”

In quel momento la porta si aprì ed entrarono Emma e Feliciano. Subito il ragazzo si scostò, arrossendo lievemente.

“Oh, ciao Antonio. Spero che non abbiamo interrotto nulla” borbottò imbarazzata Emma.

“No no, figuratevi - si affrettò a rispondere il ragazzo, alzandosi in piedi dalla sedia - Che fate da queste parti?”
“Ve, io sono venuto a vedere come sta il fratellone” spiegò Feliciano, che ora stava fissando incuriosito prima il fratello maggiore e poi Antonio.

“Io invece devo fare degli accertamenti” mormorò la belga, leggermentre in imbarazzo.

Antonio stava quasi per chiederle di che cosa si trattasse, e perché tra l'altro sembrava così nervosa, quando sentì un mugolio.

All'istante si voltò e vide che l'italiano si stava muovendo, prima di aprire lentamente gli occhi e alzarsi a sedere, leggermente stordito.

“Lovi, stai bene” quasi urlò Antonio andandogli vicino con un sorriso che andava da parte a parte.

“Fai più piano, bastardo, ho la testa che mi scoppia...” mormorò soltanto il maggiore degli italiani, portandosi le mani alle orecchie.

“Sì, stai bene, che bello” esclamò lo spagnolo asciugandosi gli occhi, bagnati.

Lovino si limitò a fissarlo, un leggero sorriso di fronte a quelle sincere dimostrazioni di preoccupazione da parte dell'altro, ma tutt'ad un tratto Antonio cadde indietro mormorando: “Lovi...” e fu solo grazie ai movimenti fulminei di Emma se il ragazzo non sbattè la testa per terra.

All'istante l'italiano si drizzò allarmato: “Che cazzo gli prende adesso a questo qui?!”
La belga tastò un attimo il polso, per poi emettere un sospiro sollevato: “Nulla di che, per fortuna, era solo distrutto. Subito dopo essere stato guarito si è fiondato vicino al tuo letto e non ha lasciato il tuo fianco per praticamente un giorno. Non ha dormito e ha mangiato poco o niente, non dando tempo al suo fisico di recuperare. È normale che ora, scomparsa tutta la preoccupazione e l'adrenalina, sia crollato”
Lovino emise un sospiro indispettito: “Solo casini provoca questo qua”

Ma Feliciano riuscì a vedere il lieve sorriso che si era andato a formare sulle labbra del fratello.

 

 

Infermeria, alcune ore dopo...

 

''Come sta? '' fu la prima cosa che Feliciano chiese, appena mise piede in infermeria. Antonio era disteso su un lettino vicino la finestra, ricoperto di bende, però con uno sguardo sereno sul volto.

Dopo che lo spagnolo era svenuto Feliciano e Emma lo avevano portato su di un letto libero perché riposasse e l'altro italiano si era offerto di tenerlo sotto controllo, visto che si sentiva ormai relativamente bene, e soprattutto dopo che Feliciano gli ebbe raccontato a grandi linee cos'era successo a lui e come erano stati presi i cattivi. E Lovino aveva ricordato. Aveva ricordato ogni singola cosa successa... anche il coraggio di Antonio.

Erano passate alcune ore e il minore aveva pensato di venire a vedere come stavano andando le cose in infermieria.
Lovino non si mosse dal letto dello spagnolo, e senza voltarsi a guardare il fratello disse:'' Dorme ancora alla grossa. Mei ha detto che è meglio così, potrà riprendersi più velocemente''
''Meno male, ve... e tu? ''
''Con sto cazzo di potere non ho nemmeno un graffio. Ma...- esitò, poi continuò - Avrei potuto fare di più''
''Fratellone...''
''No, sul serio - fece, voltandosi a guardare diritto negli occhi il minore. Feliciano indietreggiò, non aveva mai visto negli occhi del suo fratellone tanto dolore come in quel momento - Questo bastardo si è fatto il culo per salvarmi, ed io? Io non riesco a ricambiare il favore. E' una cosa che detesto''
''Mei ha detto che quelli della Confraternita sono addestrati per essere spietati e uccidere le proprie vittime...''
''...e poi ci sono io che al massimo sono stato addestrato a cucinare la carbonara e la pizza. Andiamo, la cosa ridicola è che questi vogliono far fuori me. Manco fossi quel cazzone di Tony Stark''
''Ve... ma non ha Capitan America a proteggerlo ora?''
''Le solite fortune dei ricconi... resta il fatto che sono un inutile moccioso, e questo bastardo non ha ben chiaro che dovrebbe badare più alla sua, di vita, che alla mia''
''Si vede che ti ama molto''
Lovino roteò gli occhi. E daje con quella storia. Accidenti se rimpiangeva il giorno in cui il suo stupido fratellino li aveva sorpresi per sbaglio nello stesso letto. Va bene, la situazione era compromettente, ma erano ancora entrambi con tutti i vestiti addosso, per l'amor del cielo!
''Certo Feli, come io amo te''
''Non è quel tipo di amore, ve''
''Feli...''
''No fratellone, ascoltami. Non devi aver paura di ammettere i tuoi sentimenti, nè di accettare quelli di Antonio. Sono perfettamente normali. Certo, scoprire di essere bi da un giorno all'altro può essere scioccante, ma quel che conta è che tu abbia trovato qualcuno che ti ami tanto da dare tutto per te. E fratellone, tu lo meriti quel qualcuno. Hai sempre sacrificato tanto per me, per una volta è giusto che sia tu ad avere qualcosa di buono. Appena Antonio si sveglierà, dovrai essere chiaro con lui. Bacialo, se vuoi. Altrimenti... ve , non lo so. Inventati qualcosa''
''Feli... hai appena detto qualcosa di incredibilmente intelligente''
''Ve.. . non provare a cambiare argomento. Lo farai?''
''Io... ''
Non rispose. Anche perchè, coi pensieri e i sentimenti tanto incasinati, neppure Lovino sapeva quello che provava. E cazzo se aveva paura.

 

 

Sala svago, in quel momento...

 

Mei passò un brutto quarto d'ora a dover placare gli animi dei bambini. Non erano terrorizzati, come si era inizialmente aspettata.
Al contrario, sembravano... indispettiti.
Sì, erano indispettiti dal fatto che la preside non li avesse chiamati a combattere. E non era certo una cosa dei bambini mutanti, ovviamente: ai suoi tempi mica i bambini come lei erano così!
Anzi, speravano tutti che il prof X li tenesse il più lontano possibile da gentaglia come Sinistro o Magneto.
Stranamente, l'unica a non essere in preda all'irritazione generale, era Wy, che se ne stava seduta vicino alla finestra con lo sguardo perso nel vuoto.
La mutante le si avvicinò, preoccupa.
''Tutto bene, cara?''
''Mhm... sì, perchè?''
''Beh, mi sorprende che tu non ti stia lamentando con Peter''
La bambina scollò le spalle, e disse: ''Bah, Peter è stupido. Si lamenta per cose inutili. Se vuole combattere, non gli resta che aspettare il signore in rosso''
''Signore... in rosso?'' domandò confusa Mei.
''Beh sì... ha questa maschera strana che gli copre metà faccia. Nelle sue intenzioni dovrebbe essere un modo per far paura ai suoi nemici, ma secondo me lo fa sembrare solo scemo''
''M-maschera...''
Vestito in rosso, indossava una maschera... non c'era dubbio, quello era Sadiq.
''Cara, e tra quanto verrà questo signore in rosso?'' chiese, conscia che la risposta avrebbe potuto salvare molte vite.
''Non ci metterà molto - fu la risposta di Wy - Al tramonto del terzo giorno dopo l'attacco di oggi, lui sarà qui''
''Al tramonto... non potresti essere più precisa?''
''Eh che vuoi che ti dica... nelle mie visioni gli orologi non ci sono!''
Mei sospirò. Doveva avvertire immediatamente Zapirah.
 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Angolo autore:
Sono. Distrutto.

E mi sento anche uno schifo per aggiornare dopo mesi e mesi di ritardo.

Scommetto che mi avevate dato per morto, ma la verità è che ci sono stati davvero molti impegni in mezzo, e inoltre non ero granché ansioso di pubblicare il capitolo, di fatto succede poco o niete, niente scontri, e inoltre la verità? Ormai siamo sempre più vicini alla fine e non vedo l'ora di mettere un sacco di cose che aspettano i nostri eroi.

Ad ogni modo: la verità su Antonio e sul suo passato è finalmente stata svelata, ma ruscirà a dirla a Romano anche quando questo è sveglio? Il Generale riuscirà a convincere Yong Soo a dirgli dove è situata la base? Lovino ammetterà una volta per tutte il suo sentimento per Antonio? Ma soprattutto riusciranno i nostri eroi a prepararsi in tempo per l'assedio predetto da Wy?

Scoprirete tutto nei prossimi capitoli, ci si vede gente!

Attenzione: minimo due recensioni per continuare, volete fare felici due autori, da? ^J^

P.S: le risposte per le recensioni verranno date appena l'autore avrà un po' di tempo, che ora è davvero di fretta, grazie per la comprensione.

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Capitolo 18
*** Piani d'attacco e piani di difesa, l'inizio dell'assedio ***


CAP.18: PIANI DI ATTACCO E PIANI DI DIFESA, L'INIZIO DELL'ASSEDIO

 

 

Casa psichiatrica “St. Patrick”,
Da qualche parte poco fuori New York,
Sede della Confraternita mutante
Ex-ufficio del direttore

 

Sadiq buttò in aria un altro plico di fogli mentre ruggiva tutta la sua frustrazione.

Perché?! Perché non riusciva a portare a termine il suo progetto?!

Se avesse avuto il suo vecchio covo... invece doveva accontentarsi di quello squallido posto, senza un minimo di attrezzatura adatta al suo piano!

Era talmente arrabbiato che avrebbe ucciso chiunque si fosse azzardato a disturbarlo in quel momento, poco ma sicuro.

“Boss, ehi boss!”

Ed ecco la sua vittima.

In quel momento Kylen entrò di corsa dalla porta ansimando leggermente, ma si fermò subito non appena vide il volto del suo capo e i pezzi di mobilia distrutta sparsi per la stanza.

L'australiano impallidì e deglutì spaventato: “Ehm, è-è un brutto momento, boss?”

“Sì, e lo diventerà ancora di più per te se non mi dici subito che cosa stai facendo qui. E spero con tutte le mie forze che tu non sia venuto per chiedermi che pizza voglio stasera per cena”
“Si-si tratta della cosa su cui mi avevi chiesto d'indagare, l'istituo e i Vargas, ti ricordi?”

La rabbia di Sadiq sbollì all'istante, mentre l'impazienza e l'ansia di sapere prendevano posto: “E allora? Cosa hai scoperto?”

“Beh, ho mandato qualcuno dei miei ragni ad indagare, ed effettivamente mi hanno detto che dentro c'erano non uno, ma ben due ragazzini simili a quelli che ci avevi descritto”

L'uomo imprecò in turco: “Si sono salvati entrambi? Maledizione, e io che credevo di averli fatti fuori...”
“Oh, io non mi preoccuperei. Mi hanno riferito che uno pare più di là che di qua”
L'altro si voltò lentamente a guardarlo: “Che intendi dire?”

Il castano si aigitò sul posto. Era il momento di dare anche l'altra notizia che aveva appreso.

“Ehm, la cosa che ti sto per dire non ti farà, ecco, molto piacere, ma i miei ragni mi hanno riferito che...” e biascicò qualcosa di incomprensibile.

Sadiq si avvicinò seccato: “Parla, non ti ho sentito bene, e cerca di sillabare bene le parole, stavolta”
Kyle prese un respiro profondo e sganciò la bomba: “Li e Yong Soo erano andati alla scuola per uccidere i Vargas e sono stati catturati!”
Ci fu un attimo di silenzio, e l'australiano già si aspettava di essere scagliato da un momento all'altro indietro contro il muro e di rompersi qualche costola (cosa a cui era ormai fin troppo abituato), ma l'urlo non arrivò.

Il giovane si apprestò ad alzare il volto, e vide che sul viso di Sadiq vi era un'espressione assorta, la stessa che aveva quando elaborava un piano.

Dopo un po' il turco si voltò di nuovo verso il membro della sua squadra: “Bene, se sono stati catturati allora sarà il caso di andare a salvarli, non trovi?”
Il castano sgranò gli occhi. Questo non se l'aspettava.

“B-beh, non saprei. Se tu pensi che sia il caso di farlo...”

“Direi proprio di sì. Ora Kyle stammi bene a sentire: trovami Cam, spiegagli brevemente la situazione e mandalo da me in Sala Svago, dopodiché va dagli altri e di loro che li aspetto lì tra dieci minuti, sono stato chiaro?”

Non ricevendo risposta e vedendo che l'altro continuava a fissarlo con occhi sgranati Sadiq si innervosì: “Embé, che aspetti?! Di ricevere l'ordine per iscritto?! Va subito a fare quanto ti ho detto, scattare!”
Kyle sobbalzò e si affrettò a uscire di corsa.

Sadiq, una volta che il giovane se ne fu andato, ghignò. I suoi seguaci prigionieri proprio nel posto doveva c'era ciò che agli avrebbe permesso di ultimare il suo ultimo grandioso progetto. A quanto pare la fortuna gli sorrideva, dopo tutto...

 

 

Sala svago, più tardi...

 

Sullo schermo Sadiq mise una piantina dell'Istituto, evidenziando con dei cerchi rossi i punti deboli. La missione non era recuperare i due idioti.
Anzi, se li avrà tra le mani provvederà lui stesso a farli fuori per la cazzata fatta (questo però non lo aveva detto ai suoi uomini, dovevano essere motivati, senza temere di fare la stessa fine dei loro compagni in caso di errori).
Per la barba di Maometto, che gli era saltato in mente di attaccare senza un piano? E di farsi prendere, poi! Il Generale a quell'ora li avrà anche fatti parlare, venendo a sapere chissà quali segreti della Confraternita!
Si massaggiò la fronte, un principio di mal di testa che gli stava iniziando a fare noie.
''Sadiq, gli altri stanno per arrivare''
''Grazie Cam. Tu siediti. Ah, ricorda...''
''Devo rimanere in silenzio, annuire qualche volta e non far pesare il mio alto livello intellettivo su questo branco di bambini disadattati''
''Ti stavo per dire ''attento a non rivelare il vero piano'', ma vedo che hai comunque centrato il punto''
''Che vuoi farci... sono un genio''
Il turco scosse la testa. Che ragazzino impertinente. Almeno non era inutile come il resto della marmaglia con cui aveva a che fare.
''Cam...''
''Sì?''
''Ti sei allenato?''
''Certamente!''
''Bene. E poi...''
''Sì, ci sono stati dei progressi. Scarsi, ma ci sono stati''
''Ottimo. Sai però cosa mi irrita di più?''
''La gente che ti interrompe. Lo so''
''E porca miseria perchè continui a farlo?''
''Sono un genio lievemente stupido''
''Già... vatti a sedere guarda. Ho altro a cui pensare''
''A cosa?''
''Al piano d'attacco, Cam. Ci sono dei punti deboli da sfruttare a nostro vantaggio. Zapirah non si aspetterà mai di venir attaccata lì''
''Potrebbe sorprenderti''
''Quella donna sarà pure un mutante omega, ma è ingenua. E questo ci sarà molto utile''
''Non sei carino con la tua ex''
''Le mie ex sanno come sono fatto. Secondo te perchè sono ex?''
''Hai parlato al plurale... per caso tra i Generation X....''
''Cam, questi non sono affari tuoi''
''Era solo curiosità. Non parli mai di te. So che bisogna mantenere tutta l'aura di mistero attorno alla figura del cattivo, ma così è troppo. Pure quella maschera...''
''Questa non è per bellezza - l'interruppe seccato il turco - Mi aiuta a vedere''
''Come?''
''Non mi va di scendere in dettagli. Diciamo che ho iniziato ad averne bisogno dopo una battaglia particolarmente violente contro Fenice''
''Prima o dopo avergli ucciso i nipoti?''
''Prima. Quando scoprì che avevo... lascia stare. Lunga storia. Non credo neppure che sia adatta a un minorenne''
Cam gli avrebbe voluto far notare che faceva parte di un'organizzazione terroristica da quando aveva due anni. Non ci poteva essere niente in grado di traumatizzarlo.
Si limitò a scrollare le spalle e a dire: ''Ti ci vuole molto per questo tuo piano? ''
''No. Qualche ritocco forse. E un piano B. Sai, per ogni evenienza''
''Se il piano A è fatto bene, non vedo la necessità del piano B''
''Credimi, il piano B mi ha sempre salvato il culo. Ora zitto e fammi lavorare''
''Ok, lunatico''

 

 

Westchester, New York,
Istituto Xavier per giovani dotati,
Corridoio fuori dall'Infermeria,
Quella sera

 

Mei, dopo una giornata passata in infermeria con Lovino, Feliciano e Antonio, ed essere stata coi bambini durante l'attacco del giorno prima tenendoli al sicuro, si sentiva sfinita.
Stava uscendo in quel momento dall'infermeria, sbadigliando. Aveva controllato per un'ultima volta i suoi pazienti (in realtà, Lovino non aveva bisogno di lei, i suoi poteri lo avevano lasciato senza neppure una ferita. Però sembrava sfinito, e per la mutante era meglio farlo rimanere per fare degli altri controlli).
Si stropicciò gli occhi, stanca. Non vedeva l'ora di andare in camera sua e buttarsi sul letto.
''Mei...''
'' Wy? - si voltò, trovando la bambina in pigiama dietro di lei - Non dovresti essere a letto a quest'ora?''
''Lo ero. Ma... ho avuto un incubo''
''Oh cara... aspetta... era un incubo parto del subconscio dopo una brutta giornata o incubo dovuto a una visione?''
''Dimmelo tu, tutte queste robe astruse non le capisco. So solo che ho sognato l'uomo vestito di rosso con attorno un sacco di altri brutti ceffi. Aveva un mappa e diceva ''tu attaccherai ad est'', manco fosse Hitler''
''Attaccare?Quando?''
Quindi Sadiq sapeva - o lo verrà a sapere - che dei suoi uomini erano stati catturati da loro. E preparerà - o aveva già preparato - un piano d'attacco per riprenderseli.
Le faceva male la testa. Odiava le premonizioni, specie quando non era sicura se fossero visioni del futuro o del passato.
''Tra due giorni. Ha detto così''
''Ma porc... '' si interruppe, c'era pur sempre una bambina in ascolto. Provò a darsi un contegno, tossì, e disse: ''Wy cara, ho bisogno che tu mi descriva per filo e per segno il tuo sogno''
''Tutto tutto?''
''Ogni particolare''
''Va bene... ma non so se sarà utile, perchè l'uomo cattivo diceva un sacco di cose complicate. Tipo 'finalmente avremo l'occasione per arrivare a Cerebrus'... ehi, perchè sei così pallida?''
''N-niente. Deve essere la stanchezza...''
Sadiq non sarebbe venuto per riprendersi i suoi uomini (probabilmente non gliene fregava niente di loro)... no, lui voleva il macchinario del professor X.
La domanda ora era : perchè? A cosa gli serviva? Lui non era certo un telepate nè ce n'era uno tra i suoi sottoposti.
Doveva parlarne al più presto con Zapirah.
 

 

Quella notte...
Ufficio della preside

Zapirah stava indossando la sua divisa da x-woman, una tuta in spandex nera e viola, colori che rimandavano al Magneto dei tempi d'oro, quando era anche il nemico n.1 del prof X e i due cercavano di ignorare la tensione sessuale tra di loro.
Erano anni che Mei e gli altri non la vedevano in divisa, da quando Fenice era scomparso e i bambini... scosse la testa, non era il momento di pensarci. Il motivo per cui l’egiziana aveva rimesso la divisa era chiaro come il sole a tutti: avrebbe combattuto in prima linea con loro , proteggendo la sua famiglia da Sadiq. Mei l'ammirava, il Generale la rispettava, ed Elena...sembrava guardarla come se fosse a conoscenza di un cruccio segreto dell'amica, cruccio che era lo stesso del suo.
Era lo sguardo di chi aveva amato tanto e poi era stato tradito nel peggiore dei modi.
"Sapete tutti perché vi ho fatti venire qui, quindi è inutile perdere tempo in riassunti e convenevoli. Stasera, noi prepareremo il piano di difesa dell'Istituto"
''Sembri sicura su questo fantomatico attacco - le disse il Generale- ma Sadiq è imprevedibile, punterà sull'effetto sorpresa per depistarci . Non possiamo prevedere le sue mosse, me sapere quando attaccherà"
"Noi no, ma conosco qualcuno che lo può fare...Mei"
"Si?"
"Fa entrare Wy"
''Subito''
Gli altri sembravano sorpresi, tanti che Yao disse: "Sei impazzita? È solo una bambina!"
"Bambina che ha già risvegliato i suoi poteri. Wy è il mostro jolly, Yao. E mi fa male dirlo, ma anche lei dovrà essere coinvolta se vogliamo salvare l'Istituto"
"Ma..."
Zapirah lo fissò, lo sguardo di chi non ammetteva repliche. Il cinese si limitò a sospirare, alzando le mani in segno di resa.
Wy entro timidamente, quasi percependo la tensione degli adulti. Mei le mise una mano sulla spalla, quasi a volerla incoraggiare.
'' Wy, sai perché sei qui vero?"
"Sì preside: devo aiutarvi a salvare la scuola. Però non ho capito perché non l'ho potuto dire a Peter: sono sicura che sarebbe verde d'invidia se lo sapesse"
"Purtroppo la situazione è molto delicata, e non possiamo coinvolgere troppe persone"
"Ma saranno coinvolte!"
"Come?"
"Anche i ragazzi grandi combatteranno. E qualcuno morirà"
Silenzio. Molti lo sospettavano: non si usciva completamente indenni da uno scontro di tale portata. Ma sentirselo dire...
''Non vogliamo sapere chi morirà- disse il Generale- non lo si può evitare. Però possiamo salvare delle vite"
"Aru, è vero"
"Visto che si questo siamo d'accordo,...Wy tesoro, per favore, indicaci punto per punto dove attaccherà Sadiq. Quando arriverà non ci troverai impreparati"

 

 

Westchester, New York,
Fuori dall'Istituo Xavier per Giovani dotati,
Due giorni dopo, sera

 

Sadiq osservava in silenzio l'Istituto.

Erano passati anni da quando l'aveva visto l'ultima volta, e non era cambiato di una sola virgola. Per un attimo provò una sorta di fitta di nostalgia nel vedere i luoghi dove aveva passato la sua infanzia: il giardino con i suoi alberi secolari, i campetti da basket e di calcio, le terrazze che decoravano la facciata, le fontane...

Il turco chiuse un attimo gli occhi e inspirò a fondo l'aria serale. In un secondo si ricordò di quando ancora lo chiamavano eroe, di quando era ancora un giovane con la testa vuota piena di ideali e sogni. Gli tornarono in mente le lezioni col professor X in cui c'era sempre una nuova scoperta da fare, le punizioni del professor Summers quando lo beccava per i corridoi fuori orario dopo qualche scappatella in cittò, le studiate in biblioteca con Alberich e Lin, gli scherzi fatti con Augusto, i momenti passati con Yao a confrontare le loro culture, le passeggiate per i corridoi a scherzare con Zaphira, i rimproveri di Mei che lo curava ad insaputa dei professori quando si faceva male, e soprattutto gli vennero in mente i dolci momenti di riposo sotto l'ombra degli alberi durante le calde giornate estive in compagnia della dolce Elena. Elena, la ragazza con cui lui...

Ma il mutante riaprì gli occhi e subito i ricordi se ne andarono, e così quelle emozioni da tempo dimenticate. Era diverso, era cambiato, ed ora ne aveva la conferma. Perché adesso quando guardava la scuola non sentiva più rimpianto o nostalgia, non vedeva più il luogo della sua infanzia, ma vedeva soltanto il quartier generale dei suoi peggiori nemici, il luogo nel quale poteva portare a compimento il suo sogno.

Un sorriso sinistro si aprì sul volto dell'uomo, prima che questo si voltasse verso i suoi uomini. C'erano tutti: Cam, Kyle, Sung, Nikolaj e Ivan. Forse pochi, ma il numero giusto per tenere occupati i Generation X e i loro mocciosi. Avevano un'aria spaventata e decisa sul volto, quasi euforica, e se ne stavano tutti zitti, compreso Ivan.

Sadiq sorrise: “Ragazzi, preparatevi, state per affrontare una grande sfida. Quei cani dei Generation X hanno intrappolato i nostri compagni e noi ora siamo qui per salvarli. Adesso ripasseremo un attimo il piano di attacco per vedere se è chiaro a tutti, e poi attaccheremo”

 

 

Infermeria, in quello stesso momento...

 

Lovino sbuffò, sdraiato nel letto dell'infermeria. Si stava annoiando a morte!

Erano ormai due giorni che si era risvegliato, e ne erano passati tre da quando era stato attaccato. Grazie al suo potere ormai stava bene, ma l'infermiera non ne voleva proprio sapere di dimetterlo, e insisteva affinché lui se ne stesse bello tranquillo lì seduto. Per lui non c'erano troppi problemi sullo stare a letto tutto il giorno, ma dopo un po' era iniziata a subentrare la noia.

Senza contare che in quel momento Mei non era neanche lì, quindi non poteva neppure chiederle di portargli un libro. Ora che ci pensava erano un paio di giorni che la cinese si comportava in maniera strana. Sembrava costantemente agitata e spesso l'aveva vista borbottare tra sé e sé frasi sconnesse. Inoltre Feliciano gli aveva che anche gli altri professori parevano parecchio nervosi ultimamente.

Chissà come mai...

In quel momento la porta si aprì e fecero capolino in infermeria Feliciano e Antonio.

“Cù cù, fratellone, come stai? Siamo venuti a salutarti” sorrise il fratello minore avvicinandosi.

“Tsk, sto benissimo idioti, non c'era nessun bisogno di venire” rispose acido il castano, mascherando la gioia di avere qualcuno con cui parlare.

Antonio rise: “Sempre il solito socievole Lovi. Forza, sono certo che tra un paio di giorni Mei ti rilascerà. Solitamente tempo una settimana e tutti escono da qui, anche quelli con le ferite più gravi. In effetti, visto il tuo potere, mi sorprende che tu non sia già fuori”
“Bah, va a dirlo all'infermiera. Si ostina a tenermi qui continuando a ripetere cose della serie “i tuoi poteri sono ancora immaturi, non sappiamo se ci sono degli effetti collaterali, pertanto dobbiamo tenerti sotto osservazione” e cazzate simili”
Lo spagnolo si portò una mano al mento: “Strano, sembra più una cosa che direbbe la preside”
“Allora è evidente che c'è lei dietro tutto questo”

“Ve, a proposito, ma dov'è adesso Mei?” intervenne Feliciano.

Lovino scosse le spalle: “Mah, non l'ho vista per tutto il pomeriggio”

“È strano, anche il resto dei professori non si vedono da oggi pomeriggio. È da quando siamo stati attaccati che paiono più preccoccupati del solito”
Al ricordo dell'attacco Lovino sentì le orecchie rimpirsi di una sorta di rumore di sottofondo, mentre le lampadine lampeggiavano un attimo.

“Ma cosa...?” riuscì a domandare solo Antonio, prima che ci fosse il rumore sordo di un'esplosione e l'edificio fosse scosso da cima a fondo.

“Ve, ma che sta succedendo?!” domandò spaventato Feliciano.

“Feliciano, stammi vicino!” urlò Lovino alzandosi di scatto dal letto e andando vicino agli altri due.

In quel momento la sirena prese a suonare, e negli altoparlanti risuonò la voce di Zaphira: “Attenzione, la scuola è stata attaccata da forze ostili, tutti gli studenti devono dirigersi verso i punti di raccolta al più presto possibile! Gli insegnanti e il personale adulto agisca di conseguenza!”

I tre si guardarono per un attimo negli occhi, prima di correre verso l'uscita e fare come era stato detto dalla preside. Ma fatti pochi metri il muro alla loro sinistra esplose, mandandoli quasi per terra.

I ragazzi alzarono gli sguardi e videro che fermi sopra i resti del muro, con i rimasugli di una bomba vicino, se ne stavano due giovani di circa vent'anni. Uno era alto e abbronzato con dei capelli castani scompigliati e due occhi verdi e la coporatura massiccia e muscolosa, l'altro aveva i capelli neri e lisci di media lunghezza il fisico magro e asciutto e due occhi neri come la pece.

I giovani li videro e sorrisero, e il moro disse: “Toh, a quanto pare sarete voi i miei avversari''

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Angolo autore:
Lo so che mi odiate perché aggiorno con un ritardo di mesi e mesi, e lo so che mi odiate perché faccio finire il capitolo in una maniera del genere, e pertanto perché non farmi odiare ancora un po'? Vi avviso che purtroppo l'aggiornamento dei capitoli verrà molto probabilmente sospeso fino agli inizi di Luglio, causa esame di maturità, sia mio che della mia collega.

Lo so, una rottura. Fidatevi, lo è tanto per me quanto per voi, soprattutto perché ormai siamo arrivati quasi alla fine.

Ma parliamo della storia in sé, va: allora, come potete vedere siamo ormai all'ultimo arco della storia, arco che potremmo chiamare “assedio”, cioè la parte più movimentata della storia, in cui vari misteri verranno finalmente risolti e in cui vedrete i nostri eroi confrontarsi con i loro avversari. Non vi anticipo nulla ma ne vedremo della belle, statene certi!

Questo capitolo è di passaggio, non c'è altro modo per definirlo, ma ormai nessuno dei prossimi sarà cosi, fidatevi.

Ed ora: Sadiq sembra quasi nutrire dei rimpianti per la sua vecchia vita, ma ciò lo porterà a trattenersi dal ferire i suoi vecchi compagni, oppure sarà spietato come sempre? Cosa succederà a Li e Yong Soo adesso che Sadiq ha scoperto l'intera situazione? Qual'è il piano di difesa preparato da Zaphira, Mei e gli altri adulti contro l'assedio della Confraternita? Lovino e Feliciano riusciranno a uscirne indenni o saranno costretti ad intraprendere il loro primo vero super scontro?
La risposta a queste e altre domande l'avrete solo a partire dagli inizi di Luglio, probabilmente, ma vedrete che ne varrà la pena.

Ci si vede gente, bye!

Attenzione: minimo due recensioni per continuare, volete fare felici due autori, da ? ^J^

 

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Capitolo 19
*** Ragione e istinto (Emma e Francis vs Kyle), fumo e illusioni (Abel vs Heracles) ***


CAP.19: RAGIONE E ISTINTO (EMMA E FRANCIS VS KYLE), FUMO E ILLUSIONI (ABEL VS HERACLES)

 

Westchester, New York,
Istituto Xavier per giovani dotati,
Infermeria

 

Antonio deglutì, mentre si metteva d'istinto di fronte ai fratelli Vargas, come a volerli proteggere, il che, francamente, era ridicolo. Non si era ancora ripreso del tutto dallo scontro con Thunderbolt, e i suoi avversari erano due.

Nel frattempo il castano si esibì in una smorfia verso il compagno: “Ehi, non è giusto! Perché devi essere proprio tu a prenderti questi qui?”

Il compagno sospirò, mentre alzava gli occhi al cielo: “Questi sono gli ordini, non ti ricordi? E poi abbiamo fatto a morra cinese e tu hai perso, quindi ora sciò! Vattene da qualche altra parte coi tuoi animaletti e non disturbare”

Il ragazzo mormorò un “rompiballe” prima di scomparire diretto verso... verso la sala ricreativa dove si erano radunati i bambini!

All'istante Antonio si buttò in avanti, pronto ad intercettare il nemico, quando venne colpito in pieno da qualcosa e si trovò disteso per terra, mentre si teneva la pancia per il dolore.

“Ve, Antonio!” esclamò preoccupato Feliciano correndo al fianco dello spagnolo.

“Che è successo...?” riuscì solo a mormorare il ragazzo, mentre lanciava un'occhiata di sbieco al loro avversario, che li osservava sorridendo, e al pezzo di calcinaccio che era volato verso di lui colpendolo in pieno stomaco.

“Chiedo perdono, temo sia stata colpa mia. Permettetemi di presentarmi: sono Nikolaj, anche se per il grande pubblico sono noto come Mindcrusher”

Antonio spalancò gli occhi sorpreso.

“Ve, lo conosci?” domandò impaurito Feliciano.

Lo spagnolo annuì: “Uno dei tirapiedi di Sadiq. È un telecineta di medio livello”
“Merda” fu l'unico commento di Lovino, commento che a parere dell'iberico riassumeva bene la situazione in cui si trovavano.

Nikolaj nel frattempo si era esibito in una smorfia: “Dovevi per forza dire medio livello? Non è molto carino, sai? Ad ogni modo basta con le ciance, siamo venuti fin qui per mettervi ko, mentre Sadiq si dava da fare per portare a termine il suo piano”
“Aspetta, quale piano?”

“Come se ve lo dicessi. Ed ora addio” e con un gesto della mano alzò altri calcinacci.

Era già pronto a lanciarli addosso ai tre, quando metà esplosero in un lampo di luce rossa e l'altra metà veniva abbattuta da dei chiodi.

“Ma che cazz..?!” fu l'unica cosa che riuscì a chiedersi il mutante, prima che due figure si disponessero di fronte ad Antonio, Lovino e Feliciano.

“Berwald, Lukas!” esclamò lo spagnolo riconoscendo i due ragazzi.

“Antonio, prendi gli altri due e andate dalla preside, ditele che la scuola è in pericolo e che Sadiq è alla ricerca di Cerebro” mormorò soltanto Lukas.

“Cosa? Cerebro? E poi, andarcene? Ma voi due...”
“Fa come dice” commentò solo lo svedese, mentre si preparava per togliersi gli occhiali e lanciare un'altra scarica di raggi ottici.

“Va, non ti preoccupare, ci pensiamo noi a lui”

Antonio fece per ribattere, quando Lovino gli mise una mano sulla spalla.

“Bastardo, fidati di loro. Ora andiamo” e uscirono in fretta e furia, seguiti da Feliciano che pigolò un “buona fortuna ragazzi” prima di scomparire.

“Ma tu guarda - commentò Nikolaj - E io che speravo di fare in fretta. Vabbè. Ora preparatevi a morire”

I due nordici si misero in posizione, pronti per il loro primo vero scontro in coppia.

 

 

Corridoi

 

I tre uscirono in corridoio e presero a correre.

“Dove stiamo andando?” riuscì a domandare col fiatone Lovino.

“Ovunque ci sia bisogno di noi”
“Il che vale a dire dappertutto, bastardo. Lascia le frasi da eroe a quel coglione dell'americano, noi ora dobbiamo capire cosa fare. Dobbiamo...” e si fermò mettendosi ad imprecare sotto voce.

“Ve, che succede?”
“Emma! E i bambini! Saranno sicuramente in pericolo!”

Antonio sentì una lieve stretta al cuore quando sentì che l'italiano era così preoccupato per la belga, ma si costrinse a tornare razionale: “Ovunque siano i bambini Emma sarà con loro a difenderli. È una X-woman, sa quello che fa. Noi ora dobbiamo trovare la preside e dirle che...” non fece in tempo a finire la frase che per poco non andò a sbattere contro ad un affannato Abel, seguito da un sonnolento e leggermente infastidito Heracles.

''Voi che ci fate qui?'' domandò solo lo spagnolo sorpreso
''Sto cercando Emma. Mi aveva detto che doveva fare un controllo con Mei e pensavo che fosse qui''

“È-è passata prima, è stata una cosa veloce e se ne è subito andata”

Il biondo imprecò in olandese.
''Io invece stavo dormendo qui in corridoio. Abel mi ha svegliato'' intervenne in quel momento il greco.
''Sono inciampato addosso a te... di nuovo! Non puoi sceglierti un'altro posto per dormire?''
''Non scelgo, dormo e basta''
''Mio Dio, parlo con un bradipo''
''Tutto molto interessante - esclamò Lovino - Ma che dite se ce ne andiamo? Magari cerchiamo Emma e...''
''E cosa? Vorresti combattere?''
Il tono di Abel era così sprezzante che Lovino si trovò a dire ''certo che sì '' per puro dispetto. Non aveva l'intenzione di combattere, non era la sua battaglia. Ma l'orgoglio lo fregò di nuovo.
''Davvero? Tsk, un mutante con un potere inutile come il tuo? Andiamo, mi porterei dietro solo tuo fratello perchè può guarirmi in caso di bisogno. Ma tu? Dovrei preoccuparmi di te in continuazione''
''Cosa?!''
''Non fare quella faccia, è risaputo che il fattore rigenerante è un potere inutile, se non ha qualche altro potere vicino''
''Senti coso, intanto ti calmi. E poi mister Simpatia, attento a non colpire qualcuno col veleno che ti esce dalla bocca ogni volta che parli"
''Io almeno sono utile a qualcosa. Tu al massimo puoi sopravvivere a qualche colpo, niente di più. Il fattore rigenerante è un potere per codardi''
"Certo, come se trasformarsi in fumo fosse questa gran cosa. Il titolo di pallone gonfiato ti calza proprio a pennello, stronzo"
''Intanto io posso uccidere col mio potere. Tu invece, tu cosa puoi fare?''
"Vienimi un po' più vicino e vedi cosa posso fare coi miei pugni"

Quelle parole furono seguite da un calo di corrente
''Ragazzi, seriamente, Othoman sta facendo qualcosa con Cerebro. Non abbiamo tempo per litigare!” esclamò Antonio.
"Oh, taci bastardo non vedi che io e il pallone gonfiato stiamo litigando?!"
''Ve... perchè sono d'accordo solo su di te?' chiese Feliciano ad Antonio, il quale sospirò sconsolato.
''Non lo so Feli. E non credo di volerlo sapere''
''Ve.. litigheranno a lungo?''
''Fino a quando uno dei due cederà''
''Facevi prima a dire che resteremo qui a farci uccidere Antonio''
''Tuo fratello e Abel sono testardi, tanto che potrebbero farsi uccidere''
'' Lo scemo qui si - disse Lovino - Io sono immortale''
''E che ne sai, moccioso?''
''Sesto senso''
''Certo, ora hai pure la preveggenza come Wy. Ma fammi il piacere''
''Emma non può essere tua sorella. Siete troppo diversi!''
''Adesso basta - intervenne Antonio - Abel, Lovino verrà con noi. Lovi, tu rimarrai nelle retrovie, ti proteggerò io''
''Non sono una damigella in pericolo''
''No, non lo sei. Ma ho bisogno di saperti al sicuro''
Lo disse con una tale sincerità che l'italiano non se la sentì di dire nient'altro. Si limitò ad annuire, e Antonio sospirò sollevato.
''Vedo che hai capito... bene, ora andiamo. Abel, so che sei preoccupato per Emma, ma sono certo che se la caverà. Noi ora dobbiamo trovare Othoman e Cerebro”
 

 

Sala ricreativa

 

“Ssshh, bambini, tranquilli. Sono certa che andrà tutto bene” esclamò Emma, cercando di tranquillizzare i ragazzi.

Alcuni di loro, come Lily, erano spaventati e si avvinghiavano alla maggiore, altri, come Peter, invece fremevano per uscire e dare il contributo.

“Eddai, sono anch'io un eroe!” protestava in quel momento il bambino.

“E no, scordatelo, petite, tu non vai da nessuna parte, questo non è un gioco. E tra l'altro sei anche privo di qualunque tipo di potere, ti faresti ammazzare” esclamò Francis, spingendo il biondino di nuovo nel gruppo.

Al momento dell'attacco il francese ed Emma erano gli unici adulti presenti nella sala ricreativa, e subito si erano assunti il compito di proteggere i bambini da qualunque eventuale pericolo.

“Francis, che facciamo?” domandò la bionda all'amico sottovoce per non farsi sentire dai piccoli.

“Non lo so, cherie, l'unica cosa che possiamo fare per ora è...” non riuscì a finire la frase che la porta venne scardinata, rivelando sull'uscio due lupi famelici.

Francis non riuscì nemmeno a gridare, che Emma scattò in avanti, già mezza trasformata, e tramortì con due colpi secchi i predatori che svennero uggiolando.

In quel momento una figura umana si fece avanti, seguita da un intero branco di quei predatori, dei tassi e dei procioni parecchio rabbiosi e degli scoiattoli che parevano tutt'altro che ben disposti nei loro confronti (Francis non credeva che degli scoiattoli potessero guardarti con un tale odio e tanta malvagità). Il nuovo venuto guardò i lupi, scosse la testa e entrò nella luce, rivelandosi essere una ragazzo abbronzato dai capelli castani.

“Il vostro è stato un atteggiamento proprio scortese, sapete? Io vi mando i miei amici per giocare, e voi li colpite senza pietà. Questa è crudeltà verso gli animali”

Il ragazzo, squadrando Francis ed Emma, si morse istintivamente il pollice: ''Scusate, ma qui non c'è Hellfire? O Polaris? O meglio ancora, il Generale? Voi chi siete?''

Emma si mise all'istante di fronte ai bambini: "Io sono Bellecat, e non ti permetterò di toccare i bambini neanche con un dito... o unghia, o artiglio nel caso di quei cosi"

Il giovane ghignò: "Senti senti. Bellecat, eh? Ho sentito parlare di te, certo non mi aspettavo di trovarmi di fronte una pupa così sexy. Che peccato che dovrò ucciderti. Vabbé - la sua attenzione di spostò su Francis - E tu saresti...?"

Il giovane si erse in tutta la sua altezza: "Non ho un nome da supereroe, ma sappi che difenderò i bambini a costo della vita"

"Non hai un nome? Allora mi trovo di fronte ad una mezza calzetta, non mi interessi" e tornò a concentrarsi sulla belga.

Peccato che Francis non era affatto interessato a lasciar perdere, specie dopo il commento del giovane: "Scuuusa? Io sarei una mezza calzetta? Almeno non ho un pessimo gusto nel vestire come te. Non lo sai che il beige non va più di moda dagli anni sessanta... dell'ottocento"

''Per uno che non ha neppure un nome in codice, sei piuttosto chiacchierone. Io al posto tuo non me la tirerei, si vede che sei così debole che non hanno avuto il coraggio di farti andare in missione con loro''

Emma sfoderò gli artigli: ''Francis è una brava persona... anche se non esce quasi mai per combattere. E' relativamente civile''

''Grazie, Emma. Anche se il relativamente potevi risparmiartelo''

''Non ti perdono per aver usato il tuo potere su di me''

''Mi pare che Abel abbia già da un pezzo...''

''STOOOP! - esclamò irritato Kyle - Io i bambini non li toccherò, non ci sarebbe gusto. E col biondino so già che mi annoierò a morte. Preferisco te, Bellecat''

''Non guardarmi come se fossi un Pokemon''

''Quelli non sono sicuro di riuscire a controllarli... ma coi gatti, è tutta un'altra storia!''

"Che diavolo intendi...?"

"Guardami" la voce di quel ragazzo risuonò chiara nella testa della giovane. Era ammaliante, fluente, ipnotica.

"Ascolta la mia voce, Bellecat. Io non sono tuo nemico, pensaci. Siamo entrambi mutanti, non avrei motivo. Io lotto per un mondo migliore, in cui noi siamo in cima alla società. Non lo vuoi anche tu, non vuoi smettere di essere discriminata?"

"Sì... lo voglio..."

"Emma..." la voce di Francis giungeva attutita, come se la stesse ascoltando attraverso delle cuffie, la voce del castano invece risuonava chiara e limpida. Era la cosa più bella che avesse mai sentito. Istintivamente si ritrovò a fare le fusa e ad avvicinarsi, solo che lo fece a quattro zampe.

"Ecco, brava - il ragazzo si chinò e prese a grattarla dietro alle orecchie, come se fosse... un gatto! - Io non ti sono nemico, per contro il tuo nemico è... lui!"

Il castano puntò un dito su Francis. Subito Emma scoprì la dentatura simile a quella di un gatto e le unghie ora trasformate in artigli e si avventò sul giovane. Francis fece un salto indietro mentre la bionda gli strappava un lembo della maglia.

"Emma, che ti è preso?" domandò spaventato. Poi si voltò verso il castano e vide che si stava esibendo in un sorriso si trionfo.

"Che le hai fatto?!" urlò mentre schivava un altro letale assalto dell'ex-alleata.

Il giovane si esibì in un inchino mentre con voce chiara declamava: "Permettetemi di presentarmi: Berserker al vostro servizio. Io controllo i feromoni animali. Non c'è bestia che non segua i miei ordini senza fiatare"

''Hai detto... feromoni?''

Una scintilla di comprensione attraversò lo sguardo di Francis. Il destino aveva un curioso senso dell'umorismo, per far scontrare due mutanti capaci di controllare i feromoni.

Schivò un calcio dell'amica, e la sua mente subito cominciò a formulare un piano per salvare sè stesso, Emma e i bambini. Non sarà stato un granchè sul piano fisico, ma non se la cavava male con i piani complessi. Insomma, se non fosse per merito suo, lui, Antonio e Gil non riuscirebbero mai a uscire inosservati dall'Istituto.

''Emma, ascolta la mia voce! Tu non sei solo un gatto, sei una donna. Una gran bella donna, tra l'altro.''

Lei si fermò, con le guance rosse.

''D-davvero?''

''Certo! Perchè dovrei mentirti? Tu sei una persona fantastica e brillante. Mi ha sorpreso che la tua storia con Tonio sia durata tanto''

''Brillante.... e fantastica...''

"Esattamente, quindi adesso ascoltami: i pensieri che sono nella tua testa non sono tuoi, sono suoi. Devi sconfiggerli, perché solo così sconfiggerai lui e potrai salvare i bambini. Emma: io so che: tu. Ce. La. Puoi. Fare!"

Le pupille della ragazza passarono da verticali a rotonde. La giovane scosse lentamente la testa: "Ma cosa..."

"Emma, sei tu? Bene, il nemico è dietro di te, ce la puoi fare. Discuteremo dopo su quanto successo. Ora vai vai vai!"

La giovane annuì decisa prima di voltarsi e scagliarsi addosso al ragazzo. Questi sorpreso schivò le prime artigliate. Ad un certo punto però una di esse lo colpì al bacino.

"Shit! - esclamò. Poi guardò la ragazza e con la voce carica di potere esclamò - Fermati subito! Io ti sono amico, tu sei molto più potente di questo: vedo in te il fascino selvaggio di una guerriera. Lascia sfogare i tuoi istinti e: attacca. Il. Damerino!"

Emma fu scossa da un brivido e gli occhi tornarono quelli di un animale. Si voltò verso Francis ma stavolta il ragazzo non si fece trovare impreparato.

"Emma, non dargli ascolto. Non permettergli che il tuo lato animale prenda il sopravvento"

"Ascolta la mia voce. Io ti capisco, so come ti senti con l'altro dentro di te. Lascia che si sfoghi e tutto andrà bene"

Il francese squadrò il ragazzo. Ormai in quella lotta vinceva chi riusciva a vincere Emma. Era la lotta tra la ragione e l'istinto. Quale dei due avrebbe trionfato?

<< Mon dieu, ma cosa mi metto a pensare proprio ora? Stare troppo tempo con Gilbert mi fa male >> pensò e riprese a guardare l'altro.

''E' questo il tuo potere? - chiese l'australiano - Controlli i feromoni umani? Bah, che potere inutile''

''Meglio del tuo''

''Almeno io posso contare su un esercito, damerino. Tu invece cosa puoi fare? Sbatti gli occhi, qualche parolina dolce... ma dai, mi fai ridere. Ammettilo, è un potere inutile. Meglio il fattore rigenerante, almeno protegge il suo possessore. Ma tu ... o diavoli della Tazmania... scoperto il tuo trucco, sei indifeso. Debole. Alla completa mercé del nemico''

''Si dia il caso che le parole sono un arma potente. Basta saperle usare''

''I leoni sono armi. Gli elefanti sono armi. Le parole invece... amico, le parole non ti salvano il culo''

Francis sorrise di sbieco. '' Davvero? Si vede che non hai prestato affatto attenzione''

''Cosa?''

''Dov'è Bellecatt?''

Il ragazzo sgranò gli occhi mentre voltava la testa. Una artiglio lo prese in pieno viso ferendolo proprio all'altezza del naso.

"Fuck you, son of a bitch!" urlò Berserker mentre si teneva con una mano il volto sanguinante.

Puntò il dito su Emma e esclamò: "Ferma dove sei!"

Non usava più parole gentili, semplicemente ordinava, imponeva il suo ruolo di maschio dominante all'interno del branco.

All'istante la belga si arrestò, dopodiché il castano indicò Francis e ordinò: "Attacca!"

La giovane era veloce. Francis riuscì a schivare alcuni colpi, ma ad un certo punto la bionda lo colpì con un calcio in viso.

"Emma - disse Francis con un tono di voce più nasale del solito - Sono io, fermati"

"Non dargli ascolto! Trituralo! Riduci lui e quei suoi odiosi vestiti e quei ricci da quattro soldi in un mucchietto di stracci!"

Il ragazzo sgranò gli occhi e disse con voce comprensiva: "Emma fermati, e tu piccolo teppista - aggiunse con voce gelida - Chi è che avrebbe dei vestiti da quattro soldi? E da quando i miei ricci sarebbero da buttare? Dico, hai idea di quanto li tenga da conto? E poi, uno con delle sopracciglia del genere non dovrebbe avere voce in capitolo per quanto riguarda argomenti di moda di alcun genere"

''Andiamo, almeno io spendo meglio i miei soldi!''

''Sì, davvero? Certamente non in deodoranti! Mon Dieu, si sente un certo olezzo... sei tu o uno dei tuoi animali?''

''Razza di... ehi tu, Bel come cavolo ti chiami! Affettagli la faccia!''

''Non lo farà - disse sicuro il francese, anche se Emma aveva gli artigli già pronti per usarli su di lui - E' più forte di te, questa gattina. Ha bisogno del giusto incentivo per capirlo''

''Gli animali non riescono mai a ribellarsi a me!''

''Lei non è un animale. E' un essere umano. Ed è ora che se lo ricordi''

"Magari era un essere umano prima, ma ora non è altro che un animale, e ti ricordo che non c'è animale che mi resista"

"Mon dieu, sai quanto tutto ciò suoni ambiguo? Mi dai tanto l'idea dello zoofilo tu"

Il castano si fece sempre più rosso in viso mentre gli occhi si facevano sempre più simili a quelli di un animale: "Non hai idea di quanto io mi stia trattenendo dal saltarti personalmente addosso"

"Cosa che di certo non faranno le ragazze"

"Brutto pezzo di...! Bel, uccidilo e fallo soffrire!"

"Emma, ascoltami, non dare retta a questo bamboccio. Tu puoi sconfiggerlo!"

"Bamboccio a chi? Ho diciotto anni, amico"

"Non ti crede nessuno... zoofilo"

"Pezzo di... Bel, per prima cosa tagliagli quella lingua velenosa che si ritrova!"

"Si chiama Emma, e non è certo il tuo gatto"

"Lo è per metà. Questo basta"

"Impegnati a imparare il suo nome, provincialotto"

"Io faccio quel che mi pare e piace!" in quel momento il giovane sembrava un bambino petulante che chiedeva un gelato alla madre.

"Però, che risposta pronta ed arguta - rispose Francis con un leggero sorrisetto - E immagino che oltre alle tue incredibili doti di oratore sia stato anche il tuo potere ad assicurarti un posto"

"Certo che sì!"

"Ne sei sicuro? A dire il vero il tuo potere mi pare un po'... sopravvalutato"

"Io posso contare su un esercito"

"Se Fenice fosse qui, il tuo esercito verrebbe spazzato via con un battito d'ali. Letteralmente"

Kyle era furioso.

"Anche Fenice è un animale. Controllerei anche lui!"

"Ma per favore, sei veramente ottuso. Fenice è un entità cosmica, una divinità quasi"

Peter sbadiglio: "Ragazzi, volete combattere ora? Seriamente, qui ci stiamo annoiando"

"Il ragazzino non ha tutti o torti, forza damerino fatto sotto!"

"Nah grazie - replico Francis con uno svogliato gesto della mano. Poi schiocco le dita, come se fosse stato colto da un'illuminazione improvvisa - Finalmente ho capito, ecco quale animale mi ricordi! Tu sei identico ad un vombato!"

L'altro divenne completamente rosso: "Ch- che diavolo hai appena...?"

"Ma sì, non hai presente i vombato? Quei mammiferi piccoli, pelosi che scavano buche? Molto carini. Ecco tu sei identico a loro!"

Oltre Peter, anche gli altri si erano stufati del loro continuo battibeccare, e quasi non erano più spaventati dalla presenza degli animali né di quello strano tizio che si credeva il nuovo Lex Luthor. Ma tutti i loro bisticci permisero ad Emma di prendere nuovamente controllo di sé. Ecco un difetto del potere dei mutanti capaci di controllare i feromoni: se la vittima capiva che la si stava cercando di controllare, subito trovava il modo di contrastarne gli effetti. E ora Emma era in grado di resistere ad entrambi.

"Io non sono carino! - strillava nel frattempo Kyle - Io sono Berserker, il signore degli animali e...!"

"Ehi, milord!" Kyle si voltò e di ritrovò con la suola della scarpa di Emma in faccia.

La ragazza continuò a colpire il giovane e a nulla valevano i goffi tentativi del castano di riprendere il controllo su di lei.

Alla fine, il viso era tanto gonfio da non riuscire a distinguerne i lineamenti.

Kyle aveva perso i sensi, e gli animali che si era portato dietro si dispersero, cercando di tornare a casa: questo voleva dire che New York si sarebbe ritrovata invasa da animali, ma in quel momento era un problema secondario.

A fatica, Emma si rimise in piedi.

''Sia chiaro - fece, rivolta sia a Francis che al suo nemico - Nessuno dovrà più tentare di controllarmi. Altrimenti vi trasformo in giocattoli per gatti. Mi sono intesa?''

''Sei stata chiarissima '' le rispose l'amico, grato che alla fine il lato umano della ragazza fosse prevalso.

I bambini so avvicinarono lentamente al corpo esanime del ragazzo.

Peter si chinò leggermente sul suo viso, aggrottò le sopracciglia e proclamò con voce decisa: "Effettivamente assomiglia ad un vombato"

"Hai ragione - gli fece eco Stefano - Soprattutto per quel ciuffo..."

"Senza contare le sopracciglia" aggiunse Lily.

 

 

Piani superiori

 

Coppia più improbabile non ci poteva essere: il manipolatore del fumo e il creatore di illusioni oniriche.

Davvero ad Antonio era sembrata una buona idea farli andare insieme a controllare che non ci fossero feriti da qualche parte? Assurdo.

Quello non era un leader, era un pagliaccio.

Dovevano lasciare il comando a lui, altroché! Era molto più valido come capo e come combattente. Lui era meglio dello spagnolo.

"Yawn, che sonno..."

"Non ti azzardare ad addormentarti di nuovo, Heracles. Già prima ho dovuto tirarti uno schiaffo per non farti addormentare mentre stavi correndo. Seriamente, come è possibile addormentarsi mentre si corre?"

"È un'abilità che si acquisisce col passare del tempo. E comunque potevi anche andarci più leggero, sai? Ho la guancia che mi fa ancora male..."

"Taci, idiota, non ti ho colpito neanche così forte. E comunque fa attenzione, potrebbe sbucare fuori un nemico da un momento all'altro"

''Paranoico''

''Preferisco dire prudente''

''Per me rimani paranoico e pesante. Andiamo, prova a rilassarti''

''Con la Confraternita che ci sta attaccando?''

Bastarono quelle parole ad accendere una strana luce negli occhi del greco. All'improvviso divenne serio, e ogni traccia di stanchezza parve scomparire dal suo volto, mentre assumeva un'aria meditabonda.

"Ehm, Heracles, tutto bene? Sembri strano..." mormorò solo Abel perplesso.

Il greco continuava a rimanere zitto.

"Ehi, ma mi stai a sentire o no? Non è che ti stai addormentando di nuovo?"

"... quindi forse c'è anche lui..."

"Come dici?"

"Nulla" mormorò solo il greco, ma non pareva affatto nulla.

''Mi manca di rispetto''

''È vero... - gli sussurrò una voce - E non ti fa rabbia?''

''Sì''

''Vuoi accettare passivamente il suo atteggiamento?''

''Certo che no''

''Ehi - lo riprese Heracles - Tutto bene? Perchè parli da solo?''

''Non sto parlando da solo''

''Invece sì. Ti prego dimmi che non hai un telepate che si è insidiato nella sua mente''

''Se ti dico di no potrei mentire''

''Cert... un momento... o cavolo... è un paradosso filosofico. Puoi dire la verità così come puoi mentire''

"Non è quello che intendevo, dom griekse!" sbottò con rabbia il biondo. Heracles lo osservò per un attimo, mentre si mordeva il labbro inferiore.

"Fermiamoci"

"Come?"

"Ho detto di fermarci, Abel"

"Tu non sei il mio capo tanto quanto non lo è quell'idiota di Antonio, chiaro?"

"Nessuno ti considera, tutti ti passano sopra" sussurrò di nuovo la voce nel suo orecchio.

L'olandese scosse la testa, e sentì qualcuno afferrarlo per un braccio.

Si volto con impeto e vide che era stato Heracles, che ora lo guardava con un'espressione mortalmente seria.

"Mollami subito" ringhiò il biondo, mentre la voce sussurrava "E in fondo come dargli torto. Un capo mica si farebbe trattare in questo modo da un suo subordinato"

''Tu devi fare quello che ti dico''

''Perchè? Non sei il mio capo''

''Infatti rispetta più quell'altro che te... dai, fagli vedere quello che sai fare''

E Abel non se lo fece ripetere due volte

All'istante Heracles sentì la presa svanire sul braccio di Abel, prima che questo gli tirasse un destro in pieno stomaco mandandolo contro il muro. Il greco mugolò dal dolore, prima di guardare l'europeo.

"Ma che fai? Sei impazzito?"

"Insegno solo a chi mi è inferiore a stare al suo posto" ringhiò il biondo, prima di diventare a sua volta di fumo e scomparire, per poi materiallizzarsi proprio sopra il petto del castano e iniziare a prenderlo a pugni.

"Abel... smettila... basta... non sei in te..." provò a protestare il greco, mentre si difendeva come meglio poteva.

In quel momento alzò gli occhi sul volto dell'olandese, e vide che le pupille erano spente, senza luce, come se stesse guardando un robot.

<< Ipnosi? Possibile? >> pensò il ragazzo, colpito dalla rivelazione. In quel momento riuscì in qualche modo a disarcionare l'olandese e a rimettersi in piedi ansimante, mentre sentiva un taglio sul labbro prendere a sanguinare e il sapore metallico del sangue in bocca.

Ma il problema dell'ipnosi era che il possessore del potere doveva essere di fronte alla persona su cui voleva esercitare il suo potere. Ma erano da soli.

Quindi come...

Non ebbe modo di pensare, perchè venne colpito in pieno petto da un calcio di Abel.

Un ringhiò uscì dalle sue labbra, mentre per un attimo la sua espressione solitamente mite si faceva combattiva.

E va bene: Abel era sotto ipnosi? Allora lo avrebbe messo fuori combattimento lui stesso.

Dopotutto: era un alunno della scuola del professor X, no?

Il greco chiuse gli occhi, si concentrò, e gli riaprì di scatto mentre protendeva una mano di fronte a sè. All'istante un leone si materializzò in mezzo alla sala e balzò addosso all'olandese, il quale sorpreso non potè fare altro che tramutarsi in fumo e volatilizzarsi, per poi comparire poco distante, con un'espressione confusa.

''Ma sei sveglio''

''Sorpresa!''

''È impossibile!''

''Oh no, con un po' di allenamento...''

''Kiku? È colpa sua?''

''Merito suo. Mi disse 'ehi, ma sei sicuro di poter creare illusioni solo dormendo? non vogliamo provare qualcosa di diverso'?''

"Illusioni anche da sveglio...?"

"Irritante non trovi? - mormorò di nuovo la voce con fare suadente - Adesso ti trovi inferiore anche a lui..."

"No, io non sono inferiore a nessuno... a nessuno!"

"Abel, qualunque cosa ti stia succedendo, è una trappola. Sei vittima di..."

Hearcles non fece in tempo a finire la frase che sentì ad un tratto tutta l'aria aspirata dai polmoni. Si accasciò a terra e prese a boccheggiare. Abel... gli stava togliendo tutto l'ossigeno!

Stava facendo sul serio? Così rischiava davvero di morire!

Con una smorfia, cercando di ignorare il dolore e il senso di soffocamento il greco ricordò un'immagine dei suoi sogni: un porto circondato da una pesante nebbia mattutina. Adoperando quell'immagine fece scendere una nebbia impenetrabile in tutto il corridoio.

Abel doveva essere di nuovo stato preso alla sprovvista, perché il greco sentì di poter respirare di nuovo.

Subito prese una pesante boccata d'aria, per poi strisciare via, cercando di non farsi sentire dall'altro. Sapeva che il potere di Abel sugli altri gas aveva un'area limitata, per sua fortuna, quindi se si allontava da dove era prima il biondo non sarebbe più dovuto essere ingrado di trovarlo.

Nel frattempo in mezzo alla nebbia Abel strillava come un pazzo, dicendo frasi senza senso.

''Io sono un leader... mi devi ascoltare! Non sei niente niente...''

Heracles a quel punto capì. Per battere Abel non doveva usare la forza, ma i buon vecchi metodi alla Socrate.

''Oh ma certo... che sciocco che sono! Antonio ha dato a te il comando!''

"Esatto! No, aspetta... no, ti sbagli! Quello stupido spagnolo non mi ha dato proprio un bel niente!"

"Certo, scusami, è che mi sono un attimo confuso quando ha detto "Abel, tu e Heracles dirigetevi verso i piani superiori". Eh già, proprio il classico comportamento da leader, dividersi in due gruppi per far coprire così un'area più elevata. Immagino che anche tu ti saresti comportato così, no Abel?"

"Sì! Voglio dire: no! Io sono superiore ad Antonio, sono migliore di lui, non ci paragonare!"

''Non potrei mai - continuò Heracles - I vostri poteri sono su due livelli completamente diversi. Tu potresti essere un mutante di livello omega!''

''Già... è vero.... sono letale''

''Di Antonio non ci si può fidare. Ma di te sì. Sai il fatto tuo''

''È ovvio''

''Sei un leader naturale''

''Sempre detto alla preside!''

Heracles roteò gli occhi. Cavolo, l'orgoglio era una brutta bestia.

"Eh già, anche i più piccoli dovrebbero ammirarti"

"Già, hai completamente ragione!"

"Il posto nella squadra di recupero... sarebbe dovuto andare a te, altro che ad Antonio. Si sono sbagliati completamente"

"È la stessa identica cosa che ho detto io. Sono superiore ad Antonio, su tutti i livelli, allora perché non mi hanno preso?!"

''Se lo vuoi sapere, io seguirei sempre te''

''Davvero?''

''Certo! Io ti rispetto''

"Tu... mi rispetti?"

"Ti ho sempre rispettato Abel. Sei forte, e sei intelligente. Soprattutto per questo! Una persona intelligente vale più di cento persone forti"

"Hai ragione... io sono intelligente..."

"Ti sta ingannando, non dargli ascolto" mormorò la voce, ma questa volta pareva male sintonizzata, come un eco lontano.

Abel assunse una smorfia: "Non ti stai prendendo gioco di me, vero?"

"Certo che no, andiamo: ti sembra che possa mentire su questo genere di cose? Tu hai sempre ragione, basta guardare il caso di Antonio ed Emma. Tu l'avevi detto sin da subito che tra quei due non poteva funzionare, no?"

''Mia sorella merita di meglio!''

''Sì!''

''Merita te!''

''Beh non esageriamo, non sono esattamente propenso al gentil sesso''

Abel inarcò un sopracciglio. Poi chiese: ''Kiku?''

''Eh già''

''Lo sa?''

''No''

''Mi dispiace''

"Fa nulla, ho intenzione di dichiararmi... Prima o poi... preferibilmente poi..."

"Amico, non mi pari molto convinto"

"Preferisco fare le cose con calma, non ho fretta"

"E da quando ti piace?"

"…"

"Heracles?"

"... cinque anni"

"Questo è più che prendersela con calma... di questo passo avrete sessant'anni a testa quando avrai il coraggio di confessarti"

"Meglio, saremo due vecchietti sulla veranda assieme a varie decine di gatti"

"Chissà perché una risposta del genere mi sa che dovevo immaginarmela"

"Cosa fai idiota, dovresti ucciderlo" sibilò la voce nella sua testa, ma ormai Abel non le dava praticamente più retta.

Heracles dal canto suo sperava che fossero vicini alla fine. Tenere attiva quell'illusione onirica richiedeva molte energie, non ci era abituato.
''Sai... forse non ti ucciderò''

''E non farlo - gli suggerì il greco - Uccidiamo insieme mio padre''

''Perchè no? Un momento... chi è tuo padre?''

''Te lo dirò dopo... ora che ne dici di deporre le armi e farci una bella dormita?''

''Dormire? Non so... la scuola è sotto attacco, Emma potrebbe essere in pericolo...''

"Eddai, Ab, come ha detto Antonio: Emma è una ragazza che sa badare a sè stessa, è una x-woman dopotutto, no? Fidati di lei, e per adesso dormiamo un po'"

"Effettivamente... ora che me lo dici, yawn, mi sento la testa un po' pesante. Sai che ti dico? Yawn... Penso proprio... che..." prima ancora di finire la frase l'olandese si era disteso per terra e aveva chiuso gli occhi. Nel giro di pochi secondi Heracles sentì che il biondo stava russando.

Con un sospiro fece terminare l'illusione. Per fortuna si era ricordato una cosa che gli aveva detto Yao: dopo un attacco mentale di qualunque tipo, come l'ipnosi o la manipolazione della mente, la vittima provava sempre un profondo senso di stanchezza, che lo o la portava, una volta finito il tutto, ad addormentarsi come un sasso.

A quel punto, c'era una sola cosa da fare... si addormentò anche lui.

 

 

Ingresso

 

Romano correva per i corridoi della scuola con Antonio di fronte a sé e Feliciano dietro che mugolava di dolore e fatica per quella lezione di ginnastica non prevista.

L'italiano si guardò attorno e notò con fastidio i segni dell'attacco della Confraternita. Era da poco in quella scuola, ma vedere lo stato in cui l'avevano ridotta quei fenomeni da baraccone lo faceva imbestialire.

Ad un certo punto Antonio si fermò di fronte ad una parete.

“Che fai bastardo, dobbiamo trovare la preside e avvertirla!” esclamò seccato il maggiore degli italiani, mentre al suo fianco il fratello si appoggiava sfinito contro la parete e prendeva profondi respiri, sembrando sul punto di svenire da un momento all'altro.

“Ci ho pensato, e non credo che la preside sia nel suo ufficio - disse lo spagnolo - Credo che in un modo o nell'altro si aspettasse questo attacco, e pertanto forse si trova già nei sotterraneri della scuola a difendere Cerebro”

“E perché allora ti sei fermato di fronte a questa parete?”

Il ragazzo aveva appena finito la domanda che la parete di legno scivolò di lato rivelando l'interno di un ascensore futuristico.

“Questo è l'istituto Xavier per giovani dotati, raramente le cose sono quello che sembrano” rivelò con un sorrisetto e una strizzata d'occhio Antonio, prima di entrare, seguito dai due fratelli.

Mentre scendevano Feliciano si aggrappò al maggiore: “Ve, Romano, ho paura...”
Il maggiore deglutì, prima di dargli un paio di pacche amorevoli sulla testa: “Tranquillo, Veneziano, vedrai che ce la faremo”
L'uso del secondo nome da parte di entrambi era un modo per far sapere che qualunque cosa sarebbe successa ci sarebbero sempre stati l'uno per l'altro. Non importa il pericolo, non importa ciò che sarebbe successo. Lovino non avrebbe mai abbandonato Feliciano, e viceversa.

La porta si aprì e i tre si fiondarono fuori.

Arrivarono ad un incrocio e per poco non andarono a sbattere diritti contro un uomo vestito di rosso con una maschera bianca sopra il volto abbronzato.

All'istante Antonio impallidì, mentre urlava ai fratelli: “Indietro, scappate!”
“Che cazz...! Che succede, bastardo? Chi è quello?”
“Othoman...” mormorò solo Antonio, mentre mentalmente si preparava ad affrontare il capo della Confraternita in uno scontro che probabilmente sarebbe stata una disfatta totale.

Di fronte a loro l'uomo ghignava, mentre estraeva una delle sue due scimitarre dalla cintura.

“Ma tu guarda, ero venuto fin qua giù per occuparmi di Zafirah e per impedire a chiunque di intralciare il mio piano, e mi ritrovo davanti l'opportunità di chiudere finalmente un conto in sospeso. Direi che la fortuna è dalla mia parte oggi”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Angolo autore:

Sì, dunque, salve.

Scusatemi davvero tantissimo per non aver aggiornato prima la storia, ma molte cose sono accadute in mezzo, oltre alla ormai felicemente conclusa maturità, che riguardano blocchi dello scrittore, altre storie da aggiornare, nuovi interessi, e poco voglia di andare avanti con questa storia. Non volevo pubblicare un capitolo tanto per farlo, ormai stiamo arrivando alla fine e non voglio mandare tutto al diavolo solo perchè non mi sento ispirato per questa storia.

Ad ogni modo, come potete vedere sono accadute un sacco di cose. Il carattere di Bulgaria all'inizio della storia è assolutamente OOC, e così lo è quello di un altro paio di personaggi nel corso della trama, ma questo è il risultato, che spero apprezzerete.

Non ho molto altro da dire, quindi sepro che abbiate apprezzato e che mi lascerete una recensioncina il prima possibile. Spero di non lasciarvi di nuovo così sospersi.

Ci sentiamo gente, bye!

Attenzione: minimo due recensioni per continuare, volete fare felici due autori, da? ^J^

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