Stand By Me

di Dearly Beloved
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 0 - Prologo. ***
Capitolo 2: *** 1 - When the night has come, And the land is dark… ***



Capitolo 1
*** 0 - Prologo. ***


Prologo






Quella notte, il cielo di Parigi non era cosparso di stelle: ospitava solo una grande, enorme luna piena, che illuminava di luce lattea il grande fiume.
Dall’alto del ponte, un gatto nero ne osservava rapito la superficie, domandandosi perché sotto quel cielo l’acqua sembrasse tanto densa e impenetrabile. Se qualcosa ci fosse per sbaglio finita dentro, la corrente non l’avrebbe mai più resa indietro. Quanti segreti aveva da sempre il compito di celare agli occhi del mondo, la Senna?
E, forse, quello di essere inghiottito per sempre nelle sue acque sarebbe stato il destino più coerente per il minuto oggetto che l’eroe di Parigi teneva delicatamente sul palmo della mano. Un semplice orecchino rosso, così banale da poter essere difficilmente considerato un gioiello vero e proprio. Aveva piuttosto l’aspetto di uno di quei pezzi di plastica contenuti nelle uova di Pasqua e spacciati per sorprese, in grado di assumere un qualche valore solo agli occhi di un bambino in un giorno di festa.
Quell’orecchino aveva raccolto in sé i sogni dell’intera Francia, l’aveva protetta dalle più cupe minacce e aveva alimentato la fantasia e il senso di giustizia dei suoi abitanti. La più grande rivoluzione dopo il 1789, ridacchiò tra sé e sé.
Ma, prima o poi, il tempo delle avventure e dei sogni giunge al termine, pensò Chat Noir. È una regola che vale per tutti.
Anche per noi.
La magia a quel punto svanisce, un pezzo di plastica si spoglia del suo incanto e ritorna ad essere un pezzo di plastica.
Nessuno si sarebbe meravigliato al pensiero che il legittimo proprietario non si fosse preso la briga di reclamarlo, per quanto poco valeva.
Eppure, sorrise amaramente Adrien Agreste sfilandosi un anello altrettanto privo di valore, un tempo esisteva chi avrebbe ucciso, pur di mettere le mani su quell’orecchino, sulla Francia e sui suoi sogni.
Il compagno… doveva averlo ancora lei. Ovunque fosse.
Decise di non gettarlo.

Il tempo era ancora fermo.
Nemmeno Fu aveva detto di sapere quando le lancette avrebbero ripreso a muoversi, ma due piccole anime, immerse nella notte senza stelle, temevano quell’istante.
Nel frattempo, il mondo stava cercando di ritrovare il suo equilibrio. Ogni cosa stava riprendendo lentamente, a fatica, ma inesorabilmente, il posto che le spettava, Adrien lo sapeva.
Meno che una.
Dal balcone che aveva ospitato infinite volte i loro incontri, le loro chiacchiere – quegli stupidi battibecchi che, anche nell’anormalità più completa, conservavano sempre il sapore di familiarità per il quale tanto li amava -, …insomma, dal primo posto che aveva considerato casa propria dal giorno della scomparsa di Martine, si poteva ammirare sempre una Parigi stupenda.
Quel sentirsi “al posto giusto nel momento giusto” che Adrien aveva cercato per una vita intera, l’aveva trovato lì. Sul balconcino di quel grazioso palazzo.
E dentro quegli occhi.
«Che ne sarà di noi? »
«Tornerai da tuo padre, avrai il lieto fine che meriti. »
«E tu-»
La ragazza si fiondò tra le sue braccia, impedendogli di completare la frase. Una domanda alla quale non avrebbe mai saputo rispondere.
Lui rispose stringendola a sé con tutte le sue forze. Quelle spalle minuscole che stava avvolgendo nel più disperato abbraccio della sua vita avevano sorretto il mondo.
«Io sono qui, adesso. Mi senti, Adrien? »
 
Il bellissimo giovane si rimangiò una lacrima senza riuscire a trattenere un sospiro. Poi, determinato a parlare con un tono quanto più dignitoso possibile, si rivolse all’oscurità.
«Era il termine di scadenza, Plagg. Sai cosa vuol dire, vero?»
Dopo qualche secondo di silenzio, la notte rispose. «Ngh…»
Due lucciole verdi presero a fluttuargli nervosamente attorno.
«Sono passati tre anni, e chissà quanti ancora ce ne vorranno per portare via questa tristezza! Il mio stomaco al solo pensiero…»
«Fermo lì, so dove vuoi arrivare!» intervenne Adrien simulando quanta più spensieratezza possibile.
«…non credo di essere abbastanza ricco per regalarti tutto il Camembert di cui avresti bisogno per superarla, amico mio.»
Plagg mugugnò qualcosa, irritato, e il suo portatore sorrise.
Rimasero in silenzio per qualche minuto, ad ascoltare il rumore del corso d’acqua che fluiva sotto di loro.
«Sai, si respira l’aria una di quelle serate in cui vegliavamo sulla città sentendoci i gatti-padroni di Parigi,» notò il kwami tentando di nascondere la nostalgia, «ma in realtà… stiamo per dirci addio, vero?» chiese poi mesto, abbassando le orecchie e andandosi a posare sulla sua spalla.
Non ne avevano mai parlato esplicitamente, ma sapevano entrambi quale sarebbe stata la procedura da seguire al termine dei tre anni di speranza che Fu aveva concesso loro.
«Domani mattina restituirò il Miraculous al Guardiano, e lui, lo sai bene, saprà prendersi cura di te come io non sarei mai in grado fare, e com’è giusto che sia… fin quando il mondo non avrà bisogno di un nuovo eroe.»
Si guardarono negli occhi senza aggiungere altro: entrambi sapevano bene che nessun gatto nero sarebbe mai più comparso di nuovo, senza una coccinella pronta a ricreare quanto lui avrebbe distrutto.
«Sei il primo portatore che mi considera un amico, Adrien. E anche io…»
A quelle parole del kwami, complice la penombra, il giovane si concesse il lusso di versare un paio di lacrime, silenziosamente.
Plagg finse di non vedere, e continuò: «Sono certo che, anche fuori dal tempo limite, lei tornerà da te. Eravate destinati dall’inizio, da prima che il Maestro vi trovasse».
Adrien lo prese sul palmo di una mano, e gli carezzò la testolina. In tutti quegli anni Plagg non aveva mai ammesso di apprezzare un certo tipo di esternazioni affettuose, ma sotto quella luna decise di venire incontro alle carezze del giovane, tremolante, nel tentativo di trattenere a stento qualche singhiozzo. Ad Adrien sembrò ancora più piccolo di quanto fosse realmente.
«Lo credo anche io, Plagg. Per questo, contro la mia razionalità e contro ogni saggio consiglio, non riesco ad andare avanti. Potrei continuare ad aspettarla per sempre, e, anche se non dovessi rivederla mai più, non riuscirei a considerare errori gli anni di solitudine trascorsi, o quelli che mi attendono. Se è per lei, ogni cosa è la più giusta. Anche l’attesa, o questa tristezza.»
«Anche io aspetterò con te. Anche se non saremo più insieme, sarà esattamente come se lo fossimo.»
Finalmente il ragazzo si aprì in un sorriso vero, di gratitudine.
Plagg lo percepì e si sentì a sua volta più leggero. Adrien sapeva perfettamente cosa intendeva dire l’amico: anche lui attendeva con amore il ritorno di qualcuno. Se l’erano ripetuto a vicenda tante volte, per farsi coraggio: sperare in compagnia è meglio che farlo da soli. A sperare da soli ci si sente pazzi.
E se, o meglio, quando poi un giorno loro avrebbero fatto ritorno, allora i due avrebbero condiviso la stessa immensa felicità, e la loro pazzia sarebbe stata premiata.


«Sì, ti sento, Marinette








 

 

 





Note dell’autrice svitata:

Grazie per essere giunti fin qui, davvero, sono felicissima di pubblicare per la prima volta dopo anni qualcosa… (anche se non so bene cosa). Essendo trascorso molto tempo dall’ultima volta che ho scritto per un pubblico, sono anche piuttosto nervosa. Ammetto di aver avuto difficoltà con la stesura di questo capitolo, per quanto breve: ho temuto (a ragione) di non sapermi più esprimere in un corretto italiano, e poi le dita digitavano furiosamente mentre il cervello non seguiva con altrettanta rapidità, con il risultato che non ho la più pallida idea di come sia uscito. Se notate qualcosa che non va nel capitolo fatemelo notare, e provvederò a correggere. Sono qui per imparare, quindi mi serve il vostro aiuto (^o^)/
Vi dico che, al pensiero di incontrare questi personaggi che tanto adoro, mi bollivano dentro troppe emozioni forti. Speriamo bene.
Per quanto riguarda la storia, non so dove tutto questo mi condurrà, ho abbozzato le linee generali della trama ma spero che i prossimi capitoli si scrivano da soli come questo (magari gradirei più cooperazione dita-cervello, però ç_ç). Vi avverto che i tempi di questi primi capitoli saranno piuttosto lenti e alternerò i pov in maniera abbastanza disordinata, ma tentando di seguire una certa coerenza di trama. Con le long ho pochissima esperienza.
Orsù dunque, Fandom di Miraculous, ammetto di non conoscerti, ma ho molta voglia di scoprirti! Aggiornerò il prima possibile!

Sempre grata,
Dearly B.

 

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Capitolo 2
*** 1 - When the night has come, And the land is dark… ***


When the night has come
And the land is dark…




Gli bastava tenere gli occhi chiusi per un solo secondo, ed ecco lì scorci di giorni sereni susseguirsi rapidi nella sua mente, ricordi della quiete apparente che covava in sé le premesse di una delle lotte per il bene più folli della storia dell’umanità. La paura di perdere tutto, l’emozione di mettere alla prova se stessi, l’ansia di vincere.
Adesso aveva in mano solo rimpianto e nostalgia.
Una volta rientrati in casa in religioso silenzio, Plagg si era accasciato sul cuscino di Adrien e aveva chiuso gli occhietti. Anche in quel leggero dormiveglia, il suo muso conservava un’espressione addolorata.
Il ragazzo, uscendo dal bagno, pronto per la notte, si soffermò a guardarlo. Il giorno dopo sarebbe stato di nuovo completamente da solo, proprio come lo era stato prima che quell’avventura iniziasse. Certo, molte cose erano cambiate per il meglio, ma altrettante erano state perdute, e la presenza di Plagg era l’unica davvero in grado di risollevare il suo spirito. Del resto, avevano condiviso tutto.
Quindi ora doveva concentrarsi per imprimere nella memoria anche quegli ultimi dolorosi istanti, e il sottile e irregolare respiro del suo kwami nella stanza a colmare un silenzio che altrimenti avrebbe potuto schiacciarlo.
Ne era valsa la pena. Anche se non era stato “per sempre”, come si era trovato più volte a immaginare.
“E adesso dove dormo io?” si chiese abbozzando un sorriso e rivolgendo un’occhiata tenerissima al suo amico.
Beh, del resto poteva anche non dormire affatto e attendere l’alba. In un momento come quello, dormire sembrava quasi uno spreco.

«Che importa se è tardi! Se mi addormento adesso mi perdo la parte migliore, no?»

Adrien sorrise, stendendosi sul divano e socchiudendo le palpebre.

«Che simpatica che sei, principessa», protestò Chat Noir seduto alla scrivania della ragazza con un enorme vassoio di formaggi stagionati di fronte. Lei, al suo fianco, riusciva a malapena a tenere gli occhi aperti.
«Cosa fai micetto, mi soffi contro? Non è colpa mia se scommetti in modo imprudente e poi perdi.»
«Sono le tre del mattino, io non ho neppure fame, e non vedo poi perché dovevi metterci proprio il Camembert…!», protestò estenuato.
«Salvi Parigi ogni giorno ma non riesci a esaudire una richiesta così semplice da parte di una umile cittadina? E poi fai sempre puzza di Camembert, tanto che all’inizio pensavo ti piacesse…»
«Questo non è assolutamente vero!» sgranò gli occhi allarmato.
«Oh sì che lo è! Una super-puzza!» annuì lei incrociando le braccia al petto e sbadigliando a bocca aperta. «E comunque non puoi sottrarti alla tua penitenza: hai perso la scommessa.»
«Non del tutto…» brontolò appena il gatto nero, «Non avevamo neppure fissato una scadenza!»
«Sì che l’avevamo fissata, sei tu che non stai attento.»
«Sono certo di no, e poi… stava per cedere, lo giuro!»
«Niente scuse», Marinette ridacchiò e prese con uno stuzzicadenti uno dei cubetti di formaggio per poi portarlo in prossimità della sua bocca. «Fai “aaaah”.»
Una volta a pochi centimetri dal pezzo di formaggio il ragazzo gli si scagliò addosso con voracità. Marinette lo guardò sconcertata per un paio di secondi, per poi scoppiare a ridere di cuore.
«Per essere il primo sulla lista dei formaggi che odi, sembra ti piaccia molto. Guarda come ti lecchi i baffi, micetto!»
Chat Noir sospirò e si arrese alle carezze che Marinette gli stava posando sul capo come premio, con espressione beffarda. Come spiegare a quella ragazzina che non era lui l’appassionato di Camembert, ma il suo kwami? Troppo complicato probabilmente.
Intanto, nonostante l’ora tarda e la stanchezza, la sua amica aveva tutta l’aria di starsi divertendo un mondo. In classe non rideva mai tanto sguaiatamente, e questo faceva della sua allegria scomposta di quel momento qualcosa di prezioso.
«Se mi avessi dato ancora un po’ di tempo», iniziò lui con tono scherzosamente offeso, «ti dico che mi avrebbe abbracciato. Sono un maestro nel creare l’atmosfera giusta!»
Marinette alzò gli occhi al soffitto, prese un altro cubetto di formaggio e fece di nuovo per imboccarlo. «Non per ferirti, Chat Noir, ma ho la vaga impressione che Ladybug non sia molto... intenzionata ad abbracciarti.»
Il ragazzo allontanò stizzito il pezzo di formaggio dal viso. Plagg doveva essere molto felice in quel momento, ma le narici di Adrien proprio odiavano quell’odore, e le sue papille gustative il sapore.
«Perché dovrebbe non esserlo? In fondo, modestamente, non mi reputo poco attraente.»
«Non si tratta di questo…» Marinette si fece seria, inspirando profondamente. «È che certi amori troppo complicati bisognerebbe lasciarli perdere e basta.»
Ma poi abbassò lo sguardo. Del resto, chi era lei per dargli consigli?
Il ragazzo notò quel mutamento d’umore e aggrottò le sopracciglia.
Si avvicinò all’amica di qualche centimetro e le strinse piano il braccio, come a volerla scuotere.
«…tutto può cambiare. Sempre. Ci credo fortemente.»
A quelle parole lei sorrise dolce, e lui sentì il cuore più leggero.
“Non te la cavi male a consolare le ragazze, eh”, pensò con una punta di soddisfazione.
«Amori complicati, poi…» sbuffò simulando irritazione.
Lasciò la presa sul suo braccio e le diede un lieve buffetto sul viso.
«Mi dirai un giorno per colpa di chi sei diventata così pessimista per le faccende di cuore, principessa?»
«Non sono pessimista, micetto. Sono scema proprio come te, solo… un po’ più stanca.» Marinette chiuse gli occhi e poggiò la testa sulla scrivania. L’altro le si avvicinò un po’ con la sedia e parlò con sicurezza: «Farò l’impossibile per te, vedrai. Farò innamorare di me Ladybug e ti dimostrerò che le cose belle possono accadere a chiunque, anche agli sfortunatissimi gatti neri. E allora capirai che non c’è motivo per cui non debbano accadere a te.»
Non poteva neppure immaginare quanto le sue parole mettessero in subbuglio i sentimenti di Marinette.
«O in alternativa posso andare a provocare qualche cataclisma nella vita del tuo amore complicato, se preferisci.»
Quella possibilità lo allettava molto. Si era scoperto piuttosto protettivo nei confronti di Marinette, e odiava il pensiero che qualcosa o qualcuno potesse ferirla.
«Non parlare più, ti prego» sussurrò lei con un filo di voce.
«Principessa…?»
Chat Noir era così buono, pensava in quel momento. Perché a lei il compito ingiusto di spezzargli il cuore? Perché non riusciva a smettere di struggersi per Adrien se avrebbe potuto trovare l’amore con la persona che le stava ora di fronte? Un buffo, maldestro e a volte fastidioso gattone dal cuore d’oro.
Per quanto ingiusto, non c’era nulla che potesse fare per cambiare le cose. Marinette aveva imparato a conoscere le leggi del cuore.
E anche in quel momento, decise di seguirle.
Alzò la testa, due pomodori per guance e gli occhi lucidi.
Chat Noir sbatté le palpebre un paio di volte, incapace di cogliere pienamente le intenzioni nello sguardo di lei.
La sua più cara amica era innegabilmente bella, ma quando gli rivolgeva quegli sguardi – o meglio, quando li rivolgeva a Chat Noir -, lo era persino più del solito.
Gli si avvicinò cauta, incerta… per poi fiondarsi sul suo petto e circondarlo con le braccia.
«Sei un bravo gatto, davvero.»
Chat Noir rimase rigido senza sapere cosa fare di preciso. Il corpo minuto di Marinette era caldo e il suo profumo delicato. Ogni fibra di lei gli stava mandando una quantità spropositata di affetto, poteva percepirlo da quella stretta, gli attraversava la pelle e arrivava dritto al cuore… Non ne riceveva tanto da quando sua madre era scomparsa. L’emozione gli rendeva difficile rispondere.
«È il sonno», mugugnò lei, senza staccarsi. «Mi rende docile. Non illuderti, eh.»
Quasi temendo di romperla, ricambiò piano l’abbraccio, e prese ad accarezzarle lentamente la schiena.
«Certo, principessa…», si ritrovò a sussurrare con uno strano sorriso stampato sulle labbra.
«Sì, sei proprio un maestro nel creare l’atmosfera giusta.»

«Ho vinto la scommessa, ma mi hai ugualmente fatto scontare la penitenza. Che ingiusta», mormorò tra sé e sé disteso sul divanetto di camera sua.
I giorni, le notti, trascorrevano tutti così, ripercorrendo con la memoria i momenti in cui poteva ancora stringerla tra le braccia.
«Hey, sei sveglio?»
«Plagg, credevo dormissi…»
Il kwami nero gli volò accanto.
«Stavo pensando a…»
«Lo so, parlavi da solo prima, come ogni volta che ci pensi.»
«Mi sa che nessuno di noi riuscirà a dormire stanotte. Hey, mi è venuta improvvisamente voglia di Camembert prima, lo sai?»
«Adrien, non abboffarti di Camembert a partire da domani solo per non sentire la mia mancanza, altrimenti diventerai un modello per taglie forti.»
«Che poi fa veramente puzza.»
«Allora non mangiarlo, è mio, tutto mio.»
«Ah, allora è quello il problema…» ridacchiò tirando fuori una scatoletta da sotto il divano. «Ultimo spuntino notturno, goditelo.»
Plagg fissò colpevole la scatoletta e la indicò con la coda.
«A proposito Adrien, quello… mi sa che l’avevo già trovato, quindi…»
Adrien strabuzzò gli occhi e la aprì frettolosamente, senza neppure curarsi di non strappare la bella confezione. Del Camembert là dentro non erano rimaste neppure le briciole.
«Plagg! Ma è possibile?!» alzò il tono della voce, sorpreso.
Poi ridacchiò. Come avrebbe fatto senza avere quell’ingordo tra i piedi, da lì in avanti?
Forse Plagg pensò lo stesso, perché prese a ridacchiare insieme a lui.
«Mi raccomando, signorino,» esordì allegro tentando di nascondere una punta di malinconia nella voce, «adesso non hai più bisogno di scappare di casa per andare a trovare i tuoi amici, quindi circondati di tante persone simpatiche.»
«…smetterò di tenere il muso lungo…»
«Tieniti stretto Nino, e nascondilo qui per tutto il tempo che servirà se Alya dovesse di nuovo cercarlo sventolando un rastrello o altri attrezzi da giardinaggio per le vie di Parigi.»
«Quando lui smetterà di chiamare “fratello” suo padre e “sorella” sua madre.»
«Non litigare con Gabriel se riaffiorano certi discorsi, mangia tanti croissant dei Dupain-Cheng e non dimagrire troppo. E ti prego, molla quella tremenda Scuola della Moda o come si chiama perché si vede da cento chilometri che non hai un briciolo di talento.»
Adrien scoppiò a ridere di cuore. «Finalmente una cosa su cui ti trovi d’accordo con mio padre!»
«No, lui pensa che la tua creatività faccia fatica a esprimersi nel campo della moda, io penso che tu sia stupido.»
«Ti voglio davvero bene.»
«E per quanto riguarda quello…» Plagg abbassò il tono di voce, indicando con la coda l’orecchino rosso sulla mensola. «Non lo buttare via. Tienilo con cura. E non scarabocchiarci più di sopra, perché se un giorno la proprietaria dovesse tornare potrebbe averne bisogno, e poi è sempre un manufatto antico…»
Adrien assottigliò lo sguardo.
«Scarabocchiare? Perché ci dovrei scarabocchiare?»
Plagg lo guardò in silenzio come se fosse ovvio. Ma non lo era, non per Adrien.
«Non ho scarabocchiato nulla…»
Plagg continuò ignorandolo: «Ammetto anche io che è piuttosto anonimo senza i suoi pois, però allo stesso tempo tenerlo intatto mi sembra la maniera migliore per-»
Bi-bip.
«Plagg?»
«Eh?»
Adrien aveva gli occhi verdi spalancati, quasi fossero pronti a schizzargli fuori dalle orbite.
«Ma che faccia hai?» chiese perplesso Plagg.
«Non hai sentito…?»
«Sentito cosa?» il kwami iniziò a sentirsi agitato sotto la pressione dello sguardo dell’amico. «Secondo me il poco sonno e il troppo stress prolungato a tratti ti rendono un po’…-»
Bi-Bip.
«…aaaaAAAAAHHH!!! »
Scattò dietro il collo del ragazzo, terrorizzato.
Conoscevano entrambi bene quel suono. Era quello di un Miraculous a pochi minuti dalla detrasformazione.
«Hai detto…», ruppe il silenzio Adrien con un filo di voce, fissando la mensola immersa nell’ombra, «…che sono spuntati dei pois?»
«Pensavo li avessi disegnati tu per fare… una cosa carina…» Plagg si affacciò a guardare nella stessa direzione dell’amico spostando il suo padiglione auricolare.
Bi-bip.
I due sobbalzarono contemporaneamente.
«Che diamine, avvicinati, no?!» gli gridò quasi il più piccolo dentro l’orecchio.
«Calmo! Stai calmo!» urlò in risposta, nervoso. «Ora lo faccio…»
Premette cautamente l’interruttore della luce per poi avvicinarsi sospettoso alla mensola, a passo felpato, quasi come se quella potesse esplodere da un momento all’altro. Allungò incerto un braccio e con un movimento rapidissimo prese l’orecchino. Lo tenne in mano giusto il tempo di notare tutti e cinque i pois accesi, ma poi fu costretto a gettarlo sul letto massaggiandosi il palmo, con una smorfia irritata.
«Scotta maledettamente.»
Il ragazzo non capiva. Era confuso e il cuore gli batteva all’impazzata; negli ultimi tre anni quell’oggetto non aveva mai dato un cenno di vita.
Plagg si accasciò incredulo sulla sua spalla. Entrambi si ritrovarono a fissare in silenzio quel pallino rosso e nero sul copriletto, trattenendo quasi il respiro.
Si trattava di un buon segno, oppure li avrebbe privati di ogni speranza residua?
«Stanotte non riusciremo davvero a dormire.»
«E all’alba andremo dal Custode come avevamo programmato» ricordò Plagg in un sussurro.
Nello sguardo di Adrien brillò una strana luce. «No, non proprio.»
«Che intend-»
«Plagg. Trasformami.»

In quel momento esatto scoccò la mezzanotte. Chat Noir pensò che di qualsiasi segnale si trattasse, era arrivato entro il termine di scadenza, e tanto bastava. Si lanciò fuori dalla finestra di villa Agreste, nel buio.
Sentiva il sangue pulsargli nelle tempie.
Non poteva essere un’illusione, non poteva trattarsi di una strana coincidenza, e in particolar modo, non in un giorno come quello.
«Buon compleanno, Marinette. »















Note dell’autrice svitata:
Mi dispiace avervi fatto aspettare tanto per questo, ma in fin dei conti nei miei ritagli di tempo ce l’ho messa proprio tutta per sfornare un nuovo capitolo. Somiglia molto a quello di prima, siamo sempre in un momento di attesa – che noia -. C’è giusto qualcosina in più e magari si iniziano a scorgere vagamente le mie intenzioni future. Forse è anche un po’ più dinamico dello scorso, o almeno, è quello che mi auguro. I personaggi stanno iniziando a muoversi, grazie al cielo.
Ringrazio di cuore le persone che hanno inserito la storia tra le seguite, tra le ricordate e tra le preferite, e ancor di più chi ha speso cinque minuti del suo tempo per lasciarmi un commentino. Non mi stancherò mai di ripetere quanto i vostri pareri siano preziosi per me, e con quale ansia li attendo (anche le critiche, ovviamente, perché fanno crescere e io ho molta voglia di crescere, altrimenti non pubblicherei qui).
Grazie anche a chi è passato da queste parti solo di sfuggita. Aggiornerò prima possibile!

Sempre grata,
Dearly B.

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