🐞La conseguenza inevitabile delle nostre scelte

di leti_0907
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La conseguenza inevitabile delle nostre scelte- Parte 1 ***
Capitolo 2: *** I Always Will Love You- parte 2 ***
Capitolo 3: *** -Non alzarti, devi riposare. Abbi pazienza- ***
Capitolo 4: *** "Se Adrien fosse qui, sarei la persona più felice di questo pianeta" ***
Capitolo 5: *** -Sei vivo!- ***
Capitolo 6: *** Papillon due la Vendetta ***



Capitolo 1
*** La conseguenza inevitabile delle nostre scelte- Parte 1 ***


Cadde in ginocchio a terra. Il suo corpo tremava, e dalle labbra semiaperte caddero gocce di linfa densa e scura. Lei lo osservava terrorizzata, mentre si portava le mani a coprire la bocca aperta sia per lo stupore che per la paura e l'orrore.

L'ammirò da lontano, mentre le sue labbra si aprivano in un lieve sorriso, tutto ciò che quel poco di vita che gli era rimasto in corpo gli permetteva di compiere. La sua lady era così bella in quel momento, anche se odiava vederle quell'espressione di spavento in faccia.

Due anni. Erano passati due anni dalla sconfitta di Papillon e per la prima volta i due eroi avrebbero potuto godersi la tranquillità dopo la tempesta, ma non fu così: Parigi venne comunque attaccata da briganti e super cattivi, e sia Ladybug che Chat Noir si erano ritrovati a combattere strane creature e mostri d'ogni genere. Non sia erano mai dati per vinti, e questo era motivo d'orgoglio per gli abitanti della città dell'amore: non tutti potevano vantarsi di avere due eroi a proteggerli.

Eppure, Chat Noir sentiva di star per mollare tutto. Le sue forze scemavano sempre più, e sarebbe caduto a terra se la sua partner non fosse corsa da lui per sorreggerlo. Le sue mani, così piccole e soffici, andarono ad incorniciargli il volto, mentre lacrime di rabbia e dolore scendevano lentamente lungo le guance rosee.

-Perché, Chat? Perché ti sei messo in mezzo?- era disperata, lo avvertiva poco distintamente ma il tremore della sua voce lo fecero sorridere di nuovo, anche se sembrava più una smorfia. 

Sapeva bene perché lo aveva fatto. Mettersi tra lei e quelle numerose lame che minacciavano di ucciderla era stata la scelta più giusta che aveva mai preso. Avrebbe fatto di tutto per la ragazza di cui era follemente innamorato, anche buttarsi dalla Torre Eiffel.

Due anni. Due anni passati ad amarla silenziosamente, senza che lei lo scoprisse in alcun modo. Due anni in cui le sue scandenti battutine e frecciatine nascondevano un fondo di verità, anche se lei non se ne era mai resa conto. L'amava, e non sarebbe bastata la morte a porre fine ai suoi sentimenti.

-Non c'è bisogno che tu te lo chieda. L'ho fatto, punto. Parigi è salva... tu sei salva, e questo mi basta- tossì violentemente, e portò una mano ad accarezzare il viso della giovane donna. Non sopportava di vederla piangere, ma sapere che lo stava facendo per lui lo rendeva felice e speranzoso: e se avesse iniziato a piacergli, ad amarlo? Sarebbe potuto morire felice se fosse stato così.

-Ma tu no! Andiamo, ti porto dal Maestro Fu, lui saprà come curarti- fece per rimettersi in piedi, ma lui la trattenne per una mano. La sua presa era debole, e quella fu la goccia che fece traboccare il vaso: era il chiaro segno che lui stava per morire. Per lasciarla. Non poteva permetterlo.

Due anni. Due anni per capire che Chat Noir era più di un semplice e grande amico. Due anni a capire che lui era simpatico, divertente, dolce, le prestava un sacco di attenzioni ed era bello da morire. Due anni a cercare di comprendere i sentimenti contrastanti che provava per Adrien, il ragazzo del quale si era infatuata, e Chat Noir, il suo compagno di avventure. Come poteva essere stata così crudele a non rendersi conto che il ragazzo che stava perdendo era la persona a cui teneva più d'ogni altra cosa al mondo insieme alla sua famiglia?

-No, My lady. Non c'è più niente che tu possa fare- con quella frase la gelò completamente. Non poteva averlo detto veramente.

-Mi stai dicendo che preferisci morire?- gli urlò in faccia. -Mi vuoi abbandonare, è così?-

-Affatto, fosse per me non ti lascerei mai- la rassicurò. Ci mancherebbe altro. -Ma è il destino, Ladybug-

-Il destino si può mutare, poiché è solo una conseguenza inevitabile delle nostre scelte. Tu puoi ancora vivere, Chat Noir, se solo lo volessi- lo sgridò velatamente. Non voleva certo che il suo ultimo ricordo di lei fosse che lo stava rimproverando delle sue scelte.

-E questa è una mia scelta, My lady- Chat Noir poggiò la sua fronte imperlata di sudore e sangue contro quella sporca di lei, ed inspirò a pieno il suo dolce profumo. Lo tranquillizzava, e allontanava da lui il pensiero della Morte che stava calando su di lui.
-Insettina- la richiamò dopo brevi attimi di riflessione. 

-È da tanto ch non mi chiami così- sorrise lei, al ricordo della prima volta che l'aveva soprannominata in quel modo. Solo in quell'istante capì quanto le era mancato quel nome. -Dimmi-

-Per prima cosa, smetti di piangere. Detesto vederti triste- quando lei esaudì il suo desiderio, continuò. -Secondo, volevo chiederti: neanche in punto di morte mi riveli la tua identità? Non posso morire senza sapere chi è la ragazza che mi è sempre stata accanto e che ho amato in questi ultimi anni-

Ladybug trattenne il respiro, decisamente non si aspettava di ricevere una dichiarazione così diretta. Lui l'amava? 

-C...cosa?-

-Hai capito bene- tossì di nuovo, e stavolta volarono gocce di sangue sul volto di lei. -Ti amo, e neanche la morte potrà impedirmi di continuare a farlo. Ma non sapere chi si cela dietro a quella maschera mi uccide più di tutti questi coltelli infilzati nella mia schiena-

Abbassò lo sguardo. E se rimanesse deluso da lei? Se avesse scoperto quanto lei fosse timida e goffa? Se a lui non fosse piaciuta? Troppe domande e troppe poche risposte. 

-Io non ti giudico, My lady- una mano, che a poco a poco stava divenendo fredda, le alzò il viso. Le iridi cangianti del gatto la catturarono come sempre e si rese conto quanto assomigliassero quelli del ragazzo che per anni aveva amato invano. -Io ti amo indipendentemente da chi si realmente-

-Anche tu mi mostrerai chi sei?- la domanda lo spiazzò. Era pronto per rivelarsi? Lo avrebbe fatto per lei, questo era poco ma sicuro. 

Nello stesso istante, entrambi si tolsero i loro Miraculous e tornarono ad essere semplicemente due ragazzi normali: Adrien, il ricco figlio di Gabriel Agreste, e Marinette, la figlia del fornaio.

-A... Adrien?-  -Marinette?-

Entrambi erano sconvolti. La ragazza non aveva mai sospettato che dietro quella maschera si nascondesse il ragazzo timido che tutti conoscevano, era davvero diverso il suo comportamento con il costume da Chat Noir. D'altro canto, anche Adrien non poteva sapere che sotto la maschera rossa a pois neri si nascondesse la compagna di classe che non riusciva mai a rivolgergli una frase senza balbettare. 

Chat Noir sorrise intenerito mentre si avvicinava al viso della sua lady. Chiuse gli occhi e seguì il suo istinto: si appropriò con impeto della sua bocca, mentre lei, con impazienza, ricambiò il bacio. Le mani della ragazza andarono a stringere i fili d'oro della chioma di Adrien, mentre lui portò le sue mani a stringerle i fianchi. Il loro contatto era passionale, per anni avevano aspettato di potersi amare senza freni inibitori, ed ora che ne avevano la possibilità, lui stava per abbandonarla.

-Ti amo, Marinette- soffiò sulle sue labbra non appena si staccarono. Ma lei non sapeva che quello era stato il suo ultimo respiro. Anche se stava per lasciare quel mondo, era felice di aver donato il suo ultimo alito di vita a lei, alla sua insettina.

Il corpo del ragazzo, ormai privo di vita, cadde a terra, una rosa si sangue che ormai aveva smesso di estendersi sotto il suo corpo freddo. Alla vista della sua schiena martoriata dai coltelli, Marinette si buttò al fianco di Adrien e pianse. Pianse disperatamente come se avesse perduto una parte della sua anima. Il suo cuore si infranse in milioni di schegge, mai aveva provato un dolore così assurdo. 

Non poté evitare di pensare che a causa sua una vita si era spenta. Se lei fosse stata più attenta, avrebbe potuto evitare quella fine. Adrien non avrebbe mai potuto scoprire cosa significava avere una propria famiglia, non sarebbe mai potuto diventare padre. Anche se da un paio di mesi lo era già.

Marinette aveva scoperto di avere un ritardo. Proprio il giorno prima Aveva sempre avuto il ciclo regolarmente, e si era ricordata della notte di passione che qualche mese prima li aveva condotti a raffreddare la loro complicità: entrambi ubriachi, avevano passato la notte a scoprire la travolgente sensazione di appartenere a qualcuno, sentirsi amati. Peccato che la mattina dopo, lei si era pentita di quello che era successo tra loro.

Ed ora aspettava un figlio. Un bambino che Adrien non avrebbe mai potuto conoscere.

Ma lo avrebbe tenuto. Sarebbe stato l'ultimo ricordo del ragazzo che aveva amato. Sorrise tra le lacrime e sussurrò: -Mi prenderò cura del nostro bambino, te lo prometto. Ti amo Adrien, e per sempre-


Tikki e Plagg, abbracciati, assistevano tristi alla scena. E fu così come Chat Noir morì, circondato da tutto quell'amore che gli era stato negato, ma che era stato in grado di meritarsi.




 

Okay, ditemi pure che sono una stronza, me lo merito😄 ma voglio farvi notare il titolo.

C'è una speranza? Forse.

Non vi voglio illudere troppo. See You soo💕

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Capitolo 2
*** I Always Will Love You- parte 2 ***


P.s.: consiglio di ascoltare la canzone "A Thousands Years" di Christina Perri. L'ho trovata particolarmente adatta a questo capitolo. Buona lettura❤




Trattene le lacrime. Asciugò la due scie bagnate che le attraversavano le guance paffute che da un mese erano insolitamente pallide. Aveva l'aria di una perenne malata, e Tikki era molto preoccupata: Marinette non sorrideva più come un tempo ed aveva perso la sua goffaggine. Sembrava una donna adulta, sebbene avesse solo diciotto anni, ma anche se era in dolce attesa, non sembrava davvero felice del nuovo e futuro arrivo.

Erano passati due mesi dalla morte del suo più caro amico, il suo amante, il suo compagno di avventure, nonché di scuola, Adrien. Il suo Chat Noir se n'era andato, e la giovane si illudeva ancora che potesse tornare da lei, ma il funerale che si sarebbe svolto quello stesso pomeriggio rendeva ancora più reale la vita: Adrien era morto per salvare la sua vita, la loro vita, e mai avrebbe visto il bambino nascere.


Strinse le mani sul suo grembo e riprese a piangere come se volesse annegare tra le sue stesse lacrime. "Amore mio, sono passati due mesi dalla tua scomparsa e già vorrei raggiungerti in cielo per stare con te. Ma non posso lasciar morire con me il frutto del nostro amore"

Era la promessa che aveva fatto al suo amato poco prima di morire e, sebbene quella piccola vita che cresceva in lei mese dopo mese le ricordava il suo gattino, andava avanti solo e soltanto per il piccolo o la piccola.

Plagg raggiunse Tikki che, intristita, osservava Marinette. Il Kwami stava davvero male, il suo Possessore era morto ed anche se non lo avrebbe mai ammesso apertamente, si era affezionato a quel ragazzino che aveva un carattere così diverso dal suo. Si avvicinò alla Kwami sua coetanea e le diede un lieve bacio sulla guancia, ottenendo un sorriso di gratitudine che lo riempì d'orgoglio.

In Tikki aveva ritrovato cosa significava avere qualcuno accanto nella vita, ed in soli due mesi trascorsi insieme aveva capito che la piccola coccinella non era solo una amica, ma tutto ciò che aveva sempre desiderato. Facevano coppia fissa da pochi giorni, eppure per loro sembrava passata un' eternità.

Ma in fondo al suo animo, la piccola amica di Marinette si sentiva in colpa per la sua protetta. Lei aveva trovato l'amore vero in quei due mesi, mentre lei soffriva e passava la notte a disperarsi, e continuava ad averlo al suo fianco. Rifletteva su quanto risultasse ingiusto essere felice per aver trovato Plagg in quel periodo così difficile per Marinette perciò le stava sempre accanto a confortarla, sebbene ormai sembrava un traguardo impossibile farla tornare serena.

Perché era questo il motivo dei suoi numerosi sfoghi: si sentiva in colpa. In colpa perché lei doveva stare attenta più del solito, ma si era distratta e Adrien aveva pagato con la sua vita il suo sbaglio, e questo non se lo perdonava.

Si asciugò nuovamente le guance e finì di truccarsi con l'obiettivo di far scomparire le due zone viola che si estendevano sovrane sotto gli occhi blu mare, le stesse iridi che più volte Adrien le aveva detto di adorare.

Scosse la testa ed applicò sulla palpebra un filo di eye-liner per poi passare lo scovolino impregnato di mascara sulle sue lunghe ciglia. Voleva rendersi davvero bella per dare il suo ultimo saluto al suo Chat Noir, anche se probabilmente sarebbe scoppiata a piangere al momento del discorso.

Poichè solo Gabriel Agreste, il padre di Adrien, avrebbe tenuto il discorso di addio, lo stilista aveva più volte insistito che Marinette avrebbe dovuto fare lo stesso. Tutti in città la consideravano la sua fidanzata, siccome era incinta di lui, e perciò sembrò giusto che lei avesse dovuto condividere i suoi pensieri e considerazioni. Dopo numerosi dissensi, si era fatta coraggio ed aveva accettato l'offerta.


Notando che mancavano venti minuti prima della funzione religiosa, indossò con accuratezza il suo vestito nero a maniche lunghe, che sottolineava il suo stato interessante, subito dopo aver infilato le lunghe calze nere di nylon. Come se anche il cielo piangesse per la perdita della sua più bella stella, quella mattina l‘azzurro limpido venne oscurato da nubi plumbee e da circa dieci minuti stava piovendo a dirotto. Sospirò, sia per quello che stava per accadere sia per la frustrazione di sopportare il tempaccio, e calzò gli stivali neri con tacco. Indossò un lungo cappotto caldo, avvolse il collo con un sciarpona e mise al riparo i capelli, lasciati sciolti per l'occasione, con un cappello dello stesso colore di tutti i suoi vestiti.


Scese le scale e raggiunse i suoi genitori che l'aspettavano davanti alla soglia di casa, suo padre vestito elegantemente e sua madre ce teneva in mano un grande mazzo di rose rosse. Le sue preferite.


Arrivati al cimitero, la futura madre intravide una gruppetto di ombrelli neri. Avvicinandosi, vide i volti dei presenti, ovvero tutti coloro che conoscevano l'identità segreta del defunto: la sua migliore amica Alya, Nino, il migliore amico di Adrien, Chloé con suo padre, il signor Agreste ed infine il parroco che avrebbe officiato la cerimonia. Il tutto sarebbe durato al massimo mezz'ora, davanti alla lapide sulla quale erano state incise poche parole piene di significato:

Ad Adrien Agreste,
figlio, fidanzato devoto e padre affettuoso
24 Marzo 2019

Non si sapeva come fosse stato possibile, ma mentre Marinette piangeva disperata sul corpo esanime del suo amato, quello scomparve nel nulla. Dopo numerose ricerche che coinvolsero tutte le guardie di Parigi e l'aiuto di Ladybug, non era stato ritrovato perciò alla fine si erano arresi: avrebbe celebrato comunque il suo funerale. Con o senza il suo corpo, il suo nome sula lapide sarebbe rimasto per sempre, e tanto bastava.

Verso la fine della funzione, il signor Agreste invitò Marinette ad affiancarlo e prese parola.

-Come ben sapete tutti, non sono mai stato presente nella vita di mio figlio: avevo spesso e volentieri riunioni a cui dovevo partecipare, e della sua felicità mi importava ben poco. Non riuscivo a stargli accanto non solo per i miei numerosi impegni, ma anche perché i suoi occhi, il suo carattere mi ricordavano la mia amata moglie perduta. Lui era la prova lampante che lei aveva fatto parte della mia vita, e sapere che non c'era più mi mandava in bestia. Forse tutto questo non giustifica i miei comportamenti passati e il mio passato da Papillon, ma volevo solo dire di essere davvero orgoglioso di mio figlio, sia come Adrien, sia come Chat Noir, un eroe che va ricordato assolutamente. Sono veramente fiero di te, figlio mio-

Tutti avevano già le lacrime agli occhi quando l'ultima parola di orgoglio paterno lasciò le labbra del famoso stilista, che andò a mischiarsi tra le persone per lasciare spazio alla ragazza.

Marinette prese un lungo sospiro e lasciò perdere il foglio su cui si era appuntata il suo discorso. Preferiva che parlasse il cuore in modo che, se Adrien l'avrebbe sentita, avrebbe capito subito che gli stava parlando con il cuore in mano e in modo sincero.

-Lo sai che la prima volta che ti ho incontrato ho pensato che fossi uno snob, insopportabile e presuntuoso?- ridacchiò lievemente al ricordo dei pensieri poco buoni che gli aveva rivolto. -Ho pensato da subito che saresti stato bene in coppia con Chloé. Ed invece lo stesso giorno mi hai fatto ricredere prestandomi quell'ombrello che ancora custodisco gelosamente. Ogni giorno passato con te è stato fantastico, ma non solo perché eri i mio compagno di classe, ma perché eri il mio compagno di aavventure e, ahimè, di guai. Le tue battutine, la tua aria arrogante e d ogni tuo tentativo di flirt con me hanno contribuito ad affezionarmi sempre di più a te, ma il mio cuore era già occupato da qualcun altro. Ma come se tu mi avessi letto nei miei pensieri, hai rivelato di essere sempre stato tu, Adrien, il mio Chat Noir, e ciò mi ha reso la donna più felice di questo mondo, ma per poco, perché te ne sei andato. Se mi stai ascoltando, credo che ripeterò le tue stesse parole, le stesse a cui non ho saputo rispondere mentre mi guardavi lì, ferito gravemente: ti amo Adrien, ti ho sempre amato ed ora non ho niente che mi possa ricordare te, ma c'è una persona che mi ricorderà ogni giorno quale grande eroe sei realmente: nostro figlio. Perché amore mio, sono incinta e nel mio grembo sta crescendo una vita che abbiamo generato noi due. Pazzesco vero?- lacrime nere scendevano lungo le sue gote ed andavano a macchiare la superficie levigata della lapide. -Ora so di averti per sempre con me, e come ti ho già promesso, proteggerò il nostro bambino a costo della mia vita. Saprà che grande e buona persona era suo padre, lo porterò qui e farò in modo che si ricordi sempre di te, in modo che il tuo nome non si perda mai-

Il parroco, quando la ragazza tacque in preda ai singhiozzi, annunciò la fine della cerimonia. Il gruppo si separò, ognuno prese la sua strada ma non prima di aver fatto le proprie condoglianze al padre di Adrien ed a Marinette.

Tutti si allontanarono dalla lapide, i loro cuori pieni di tristezza per la sorte del loro amico, tranne la giovane futura madre. Lacrime che scioglievano il trucco continuavano a scendere, e lei sentiva l'impellente bisogno di rimanere ancora lì con lui.

Suo padre la guardò intenerito. La sfortuna aveva scelto lei come vittima: anni e anni di silenzioso amore, per poi potersi dichiarare al suo amato solo in punto di morte di lui. Ma adesso aveva un figlio a cui badare ed aveva bisogno assolutamente della sua speciale cioccolata calda per tirarle su il morale.
-Vieni tesoro, andiamo a casa- la prese per le spalle e lei, ormai senza più forze per controbattere, lo seguì in silenzio.



Ecco, sono pronta al secondo round di insulti😊 Ho già ricevuto minacce di morte per il primo, non immagino quante ne arriveranno dopo aver letto questo😑
Al prossimo capitolo!

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Capitolo 3
*** -Non alzarti, devi riposare. Abbi pazienza- ***


Durante il funerale, dall'altre parte della città…




La testa gli martellava fortemente. Avvertiva sotto di se una consistenza morbida che gli facilitava lo stare sdraiati, mentre qualcosa di caldo lo copriva da metà busto in giù. Quando, con estrema lentezza, sollevò il braccio per portarsi una mano in fronte, le sue dita toccarono qualcosa di fresco e bagnato. Acqua.


Sempre con molta cautela, piano piano le sue palpebre si sollevarono, anche se una potente luce impediva la totale apertura. All'inizio le iridi vedevano tutto sfocato, come se una patina semitrasparente gli sbarrasse la vista del mondo intorno a lui. Piantò le mani ai lati di quello che sembrava un comodissimo materasso e si sollevò a sedere, ma, dopo aver compreso che gli girava la testa e la sua stabilità non era delle migliori, cercò un appoggio per la schiena, ovvero il muro dietro a lui.


Ricordava ben poco di quello che era successo. Parigi, una strada, ruvide pietre che cozzavano contro le sue ginocchia, due mani che lo accarezzavano con la stessa leggerezza di una farfalla e due occhi così cristallini che si potevano confondere con i più limpido degli oceani. In mezzo a tutta la confusione che regnava nella sua mente ancora assopita, erano davvero poche le cose che gli erano facili riconoscere con sicurezza, e quelle iridi marine erano le uniche che poteva ricordare con nitidezza: sembravano tristi, disperate, e lacrime sgorgavano senza alcun freno da quegli occhi così belli eppure così spenti.


"Cosa è successo per renderti così triste, misteriosa ragazza?"


Scosse la testa e spostò entrambe le mani sulla sua nuca, come in un disperato gesto di liberarsi dai suoi demoni interiori. Il suo cuore batteva furiosamente, e lui non riusciva a capire perché il battito aumentava solo quando il suo cervello gli rimandava quel ricordo, a quel poco che rimembrava di una voce, prettamente femminile, che gli sussurrava, con la voce tremante, forse per la rabbia ed il dolore, due parole. Ti Amo.


"Avevo una vita prima di tutto questo? Perché non ricordo niente? Avevo una famiglia? Un lavoro? Amavo qualcuno?"


-Finalmente ti sei svegliato- una voce roca lo risvegliò dalle sue riflessioni. Sulla soglia di quella camera, un uomo di bassa statura, dalla barba grigia e gli occhi a mandorla, si avvicinò a lui, e non era solo: una strana creatura dalle sembianze di una tartaruga fluttuava nell'aria ed accompagnava l'anziano. Il ragazzo si appiccicò ancor di più con il busto al muro e si portò una mano al cuore, ma le sue dita, al posto di incontrare la pelle calda del suo petto, toccarono una superficie ruvida. Abbassò lo sguardo e rimase stupefatto alla vista del busto coperto da bende candide come le vesti di un angelo.


-Cosa mi è successo? Perché sono qui?- cercò lo sguardo dell'uomo che ricambiò con determinazione quell'espressione confusa. Aveva ragione ad essere così curioso, voglioso di sapere perché si trovava in un luogo che non riconosceva. Sperava che i suoi ricordi si sarebbero aperti non appena gli avrebbe raccontato della sua vita e soddisfatto le sue curiosità.


-Sei a casa mia, nella camera degli ospiti. Ti ricordi di me?- domandò mentre si sedeva sulla sedia a dondolo a fianco al letto ed accoglieva nella mano la tartaruga volante.


-Io… io non ricordo niente- confessò il giovane, e chiuse gli occhi. -Per favore, mi può dire cosa è accaduto?-


-Allora, io sono il maestro Fu e lui è il mio Kwami Wayzz. Ora ti dirò tutto, stai tranquillo, ma prima vorrei chiederti se ti ricordi come ti chiami-


Il ragazzo rispose a malapena. -Se ricordo bene, mi chiamo Adrien Agreste- Il maestro annuì e prese fiato. Sottoposto allo sguardo impaziente del giovane, iniziò a raccontare.


-Allora, io vado direttamente al sodo, non farò troppi preamboli. Tu sei morto, due mesi fa-


Adrien spalancò gli occhi. Morto? Ma come poteva respirare ed avvertire il suo cuore pompare il sangue se il maestro Fu gli stava dicendo di essere deceduto due mesi prima?


-Ma come è possibile?- il ragazzo espresse i suoi dubbi. -E come sono morto?-


-Ragazzo, purtroppo certi misteri non posso spiegarteli. So soltanto di essere tornato a casa, un giorno, e di averti trovato sdraiato sul pavimento del mio salotto in una pozza di sangue ma che respiravi ancora. Io mi sono limitato a curarti- il vecchio alzò le spalle, noncurante. -Solo dopo un po' ho scoperto che Wayzz aveva usato i suoi poteri per teletrasportarti qui. Sapeva che solo io avrei potuto aiutarti. Ma vedi, sapere come sei arrivato qui non è più importante di come sei morto. Tu hai una vita, un'identità nascosta, tu sei...-


-Chat Noir! Mi ricordo- esultò Adrien, ma la sue espressione mutò da felice a spaventato. -Plagg, il mio Kwami, dov'è?-


-Se ne sta occupando una persona davvero speciale- lo tranquillizzò Fu. -Ti ricordi il nome della tua partner?-


Il giovane strinse le palpebre e cercò a fondo tra i suoi latenti ricordi. Una ragazza dalla tuta rossa a pois prese forma nella sua testa: era di spalle, ma riconobbe i suoi capelli color pece divisi in due codini bassi e il laccetti rossi che li fermavano. "Ladybug. La mia lady."


-Ladybug- rispose alla fine, lasciando che un sospiro uscisse dalle labbra semiaperte. "Perché mi sono dimenticato di te, my lady? Fortuna che il mio cuore non potrebbe mai farlo."


-E ti ricordi anche la sua vera identità?-


Scosse la testa. -No, mi dispiace- La cosa che più gli premeva di ricordare non riusciva proprio a tornargli, era come se stesse giocando a nascondino: più lui la cercava disperatamente, più quel ricordo si nascondeva in posti difficili.


-Non te ne devi dispiacere, a tempo debito tutto tornerà al proprio posto. Ora vado a prepararti qualcosa per riempire il tuo stomaco- il maestro si alzò ed avanzò verso la soglia ma sentí un fruscio di lenzuola spostate: Adrien stava cercando di alzarsi.


Con cipiglio severo, l'uomo si girò e lo guardò severamente. -Non alzarti, devi riposare. Abbi pazienza- e solo al cenno di assenso rassegnato del giovane, si apprestò ad uscire.



Sto gioendo pure io, non crediate che far morire temporaneamente il caro ed amatissimo Chat Noir non mi abbia toccata minimamente. See You soon🐞💕

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Capitolo 4
*** "Se Adrien fosse qui, sarei la persona più felice di questo pianeta" ***


Sette mesi dopo il funerale di Adrien…


-Marinette! Mi prepareresti due croissants alla crema, uno alla cioccolata e…- sua madre si precipitò in negozio, correndo verso il bancone. Marinette le sorrise e in un attimo Sabine si ritrovò in mano un vassoio con l'ordine e un succo di frutta già stappato. 


-Come facevi a sapere del succo? Non mi hai neanche fatta finire di parlare!- la donna era rimasta letteralmente a bocca aperta. Era come se l'avesse letta nella mente!

-A quest'ora i signori Abajour vengono a fare merenda con il loro figlio più piccolo, e sempre a quest'ora tu ti precipiti qui a dirmi le stesse ordinazioni di quattro mesi fa- una grassa risata scoppiò dietro di loro, e il viso del padre di Marinette, Tom, lievemente sporco di farina e un pezzo di guscio d'uovo attaccato alla chioma corta dell'uomo, fece capolino dietro al muro che separava il forno dal resto del negozio.


-Perché ridi, papà?- la ragazza guardò il padre stralunata. -Perché tua madre ormai non si rende conto di essere diventata prevedibile- rispose con ovvietà Tom, beccandosi uno schiaffo sul braccio da parte della moglie.


Davanti a tutta quella complicità coniugale, Marinette sorrise. I suoi genitori, negli ultimi mesi, l'avevano resa orgogliosa di loro: avevano ampliato la loro attività comprando il locale accanto al loro, adibendolo a bar, e andava tutto a gonfie vele.


Per lei, invece, andava meglio di sette mesi prima. Il ricordo del suo amato Adrien era sempre presente nelle sue giornate, ma la ragazza aveva imparato a convivere con il dolore che ancora e procurava. Si accarezzò l'enorme pancione, segno che al parto mancava poco più di una settimana, e sorrise, felice che presto avrebbe conosciuto i suoi bambini.


Quando era stata chiamata all'improvviso dalla sua dottoressa, la quale l'aveva seguita per tutto il periodo della gravidanza, e le venne riferito di portare in grembo non uno, ma ben due bambini si era sentita come se il pavimento la stesse per risucchiare. Per la felicità dovuta alla stupenda notizia, aveva iniziato a saltellare, battendo le mani come una bambina davanti al regalo più bello che avesse mai ricevuto. Subito dopo, era corsa per andare ad annunciare la buona novella ai suoi genitori.


Sabine e Tom erano per lei dei fantastici genitori, e facevano di tutto per renderla serena. Quando avevano assistito alla morte di Chat Noir, scoprendo subito dopo che si trattava del giovane innamorato della figlia e che la giovane era la coraggiosa Ladybug, e con loro Nino, Alya, Chloè ed il sindaco, si erano dimostrati subito orgogliosissimi di lei e delle sue innumerevoli coraggiose gesta. Senza di loro sarebbe crollata sicuramente.


Marinette si diresse verso l'uscita del negozio, quando una fitta al pancione la costrinse a piegarsi in due dal dolore. Le sue labbra lasciarono scappare un gemito, e solo allora i due genitori si accorsero che la figlia non stava affatto bene.


Mentre correvano da lei, in controluce, Sabine notò che una pozza di una sostanza trasparente, simile ad acqua, si stava allargando bagnando il pavimento e le scarpe della giovane, che aveva iniziato a prendere profondi respiri.


-Tesoro, ti si sono rotte le acque!- urlò la donna, accorrendole a fianco. -Tom, prepara subito la macchina!-

Quando vide l'uomo iniziare a balbettare in preda al panico, lo guardò esterrefatta. In un momento del genere, quando i loro nipoti stavano per venire alla luce, si faceva venire le paure?


-ORA!-


•• ••


Prese un respiro profondo. Stritolò la mano di suo padre fino a far scrocchiare le ossa ed urlò spingendo con tutte le sue forze. Un pianto ruppe il silenzio della sala operatoria, e Marinette si sdraiò sul lettino, chiudendo gli occhi e riposandosi un attimo prima del secondo round.


Non appena avevano messo piede in ospedale, un'infermiera si era avvicinata al trio e non appena Sabine le aveva comunicato l'imminente parto, come un razzo, la ragazza si era precipitata a chiamare un dottore che potesse assistere Marinette.


Proprio nel momento in cui le contrazioni si stavano avvicinando e la giovane futura madre iniziava ad avere la voglia di spingere, un dottore sulla cinquantina, con al seguito alcuni infermieri, l'aveva fatta sdraiare su un lettino e l'aveva trasportata di corsa in sala operatoria.


Non appena si erano preparati, il dottore le aveva alzato ed allargato le gambe per facilitare il parto, ed erano arrivati giusto in tempo: si vedeva già la testa del primo bambino, pronto ad uscire e conoscere il mondo.


Dopo sei ore di lungo travaglio, tra urla, spinte ed incitazioni, il primo bambino era nato. Tom, con gli occhi lucidi, accarezzò i capelli impregnati di sudore della figlia, ottenendo un sorriso stanco.

-Congratulazioni, è un maschietto- annunciò il dottore, avvolgendo il bambino piangente in una copertina azzurra dopo aver tagliato il cordone ombelicale, per poi porgerlo ad una infermiera che andò a lavarlo.

Sul punto di spingere di nuovo, Marinette prese l'ennesimo respiro profondo, ma venne fermata dall'espressione corrucciata del dottore.


-Cosa succede dottore?- spaventata a possibile risposta, la mano del padre della giovane venne di nuovo strizzata per bene, e Tom si impegnò a reprimere un gemito di dolore. Quando ci si metteva, quella ragazza sapeva essere davvero forte!

-Adesso affronteremo un parto podalico- l'uomo guardò Marinette, che l'osservava confusa. Non sapeva cosa significava, perciò desiderava avere delle risposte.


-Si ha un parto podalico quando il bambino si trova nel senso opposto, ovvero i piedi rivolti verso l'uscita. C'è una possibilità difarlo uscire naturalmente: proverò a girarlo. Quando te lo dico, spingi il più forte che puoi. Va bene?-


La giovane madre annuì, vigile ma prontissima. Dopo una mezz'ora passata ad aspettare impazientemente e sentire bisbigliare il dottore con gli infermieri, l'uomo le diede il via per ricominciare a spingere e lei obbedì immediatamente. Dopo ancora esattamente sei ore di dolori, un altro maschietto nacque e raggiunse il fratello alla nursery, così Marinette, finalmente madre, poté riposare.


•• ••


I suoi occhi blu non riuscivano a staccarsi dalle due figurine che insieme dormivano nella stessa culla. Era felice come non mai, era diventata madre di due magnifici e bellissimi maschietti di appena un paio d'ore di vita. I loro corpicini erano avvolti in tutine blu, ed erano così piccoliche ispiravano amore e protezione.


"Se Adrien fosse qui, allora sarei la persona più felice diquesto pianeta" e solo allora si permise di piangere davanti ai suoi figli, i loro piccoli ometti. Adrien non avrebbe mai potuto conoscerli, non li avrebbe mai visti muovere i primi passi, perdere il loro primo dentino, sentirli dire papà. Stava male per loro, perché sicuramente quando sarebbero cresciuti avrebbero risentito della mancanza di una figura paterna nella loro vita e verrebbero additati come quelli senza un padre. Non voleva pensare al futuro in modo così pessimistico, ma guardando i suoi bambini non riuscì ad evitare di farlo. Desiderava il meglio per loro e si sarebbe impegnata al massimo per renderli felici. Ma c'era un altro problema: Ladybug sarebbe tornata? E se sì, avrebbe dovuto tenerlo nascosto ai suoi figli?


La trovarono così Sabine e Tom, seduta nel letto d'ospedale a rimuginare. I due si guardarono negli occhi: che stesse pensando alla sua doppia identità?


-Cosa è successo, piccola mia?- le chiese Sabine, sedendosi accanto a lei.


-Mamma, come farò a conciliare le mie due identità?Da una parte sono Marinette, una ragazza che ha appena partorito due bambini, mentre dall'altra sono Ladybug, l'eroina di Parigi. Come farò?- la ragazza portò entrambe le mani davanti agli occhi. Come avrebbe potuto essere sempre presente per i suoi figlise uno dei suoi lavori consisteva nel salvare Parigi?


-Mio piccolo bignè, secondo te che nonni saremmo se non ci prendessimo cura dei nostri…ehm, a proposito, come vuoi chiamarli?-


-Louis e Hugo Agreste- rispose Marinette, aspettando che il padre andasse avanti. Era giusto che bambini portassero il cognome del loro papà.


-Eh sì... che nonni saremmo se non ci prendessimo cura dei nostri Hugo e Louis per viziarli?-


-Tuo padre intende che- si espressa Sabine, non appena intravide una nota di confusione nello sguardo della figlia. -Semplicemente, quando dovrai salvare la nostra città, porta pure Louis e Hugo da noi. Saremmo più che felici di occuparci dei nostri nipoti-


-Gabriel mi ha appena mandato un messaggio- annunciò Tom, leggendo velocemente il contenuto dell'sms del padre di Adrien.


-Si augura che i tuoi figli siano in salute e ti manda le sue più sincere congratulazioni. Ah, e dice anche che verrà a trovare i suoi nipoti non appena sarai tornata a casa-


-Aspetta papà, corri troppo lo fermò Marinette. -Dimentichi che la mia camera non è attrezzata per due bambini- osservò.


-Invece sì, pasticcino mio- la corresse Tom, gonfiando il petto. -Mentre riposavi, io e tua madre abbiamo tirato fuori e pulito la tua vecchia culla e il fasciatoio, per poi sistemarli in camera tua. Inoltre abbiamo disinfettato ogni gioco che usavi da neonata e lavato le tutine che potrebbero andare bene ai piccoli, almeno non spenderai ulteriore denaro. Anche se tuo suocero ci ha mandato una decina di vestiti solo per loro-


La giovane madre scoppiò a ridere ed abbracciò i suoi genitori e, buttando gli occhi sui figli in procinto di svegliarsi, rivolse un pensiero al defunto fidanzato.


"Oh Adrien, amore mio, veglia sui nostri figli da lassù, affinché ti portino sempre nel cuore. Esattamente come faccio io, ogni giorno"





E fu così che i nostri pargoli nacquero! Come ve li immaginate? Forse, e dico forse affinché, miei cari lettori, non vi illudiate, vi farò sapere come sono i piccoli Louis e Hugo nella mia malvagia e contorta mente!😈 See You Soon!💕
Leti_0907

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Capitolo 5
*** -Sei vivo!- ***


Era una calda mattinata d'estate quando Plagg lo avvertì. Era in camera con Tikki ad osservare i due gemelli che, abbracciati, sonnecchiavano sereni dopo la poppata mattutina, quando una lontana percezione e un leggero brivido che lo percorse da capo a piedi in un battito di ciglia.


All'inizio gli era sembrato impossibile, siccome quelli erano i segnali che il suo minuscolo corpo gli trasmetteva per segnalargli la presenza, anche se lontana, del suo protetto, ma poi ci aveva riflettuto bene: quante possibilità c'erano che qualcuno avesse teletrasportato il corpo di Adrien lontano da loro per poterlo curare?


Si sedette sulla scrivania, abbandonando la sua postazione sopra al bordo della culla e lasciando così Tikki ad occuparsi dei bambini, e addentò distrattamente la sua fetta puzzolente di Camembert. La Kwami di Marinette, avvertendo che lo spiritello si era allontanato, si voltò verso di lui e lo fissò, confusa. Di solito Plagg ingoiava tutta l'enorme fetta di formaggio, mentre quel giorno gli aveva dato si e no uno o due morsi.

 
Vedeva da lontano un miglio che c'era qualcosa che lo rendeva preoccupato, ma fino a quel momento aveva pensato che non fosse niente di che, un problema da quattro soldi, ma la mise in allerta il fatto che quella mattina non mangiava il suo formaggio preferito con la consueta voracità ed ingordigia!

Fluttuò fino alla scrivania e lo affiancò. -Cosa ti turba così tanto Plagg?-

-Non è niente, pensa a guardare i due poppanti che se si svegliano e non vedono zia Tikki si mettono a strillare come se non ci fosse un domani- il Kwami cercò di risultare acido come sempre, ma la verità era che si era affezionato ai bambini e non riusciva a parlare male di loro.


Non come faceva per gioco con il suo Protetto. Era più che certo che la reazione di cinque minuti prima avesse a che fare con Adrien, e si sarebbe dato da fare per scoprirlo.


-Non provare a depistarmi, chiaro?- le dava fastidio che lui cercasse di raggirarla per cambiare argomento. C'era qualcosa che bolliva in pentola, e lei avrebbe scoperto cosa. -Se non mangi il tuo Camembert come se ne andasse della tua vita, significa che sei pensieroso, e da quando ti conosco non lo sei mai. Cosa c'è?-


-Okay, ora te lo dico. Ma non dire niente a Marinette, intesi?- acconsentì lo spirito, e Tikki si fece il segno di chiudere la bocca. Plagg sapeva che lei, per quanto il loro sentimento li legasse, non gli avrebbe creduto facilmente.


-So che può sembrare assurdo, ma ho avvertito la presenza di Adrien- le confessò e, come aveva previsto, Tikki scoppiò in una grassa risata.


-Sai che è impossibile, Plagg- ansimò lei tra le risate, smettendo solo quando vide il Kwami incrociare le braccia al petto e fissarla in malo modo. -Adrien è morto, e sai che non percepiamo più niente quando un nostro Protetto viene ucciso-


-Appunto per questo sono preoccupato- la bloccò. -Se fosse realmente morto, io non avrei sentito niente invece è successo. Sai quando si è smaterializzato tra le braccia di Marinette? Credo abbiano usato il dono del Teletrasporto da lontano-


-Ma se non fosse mai morto? Avresti dovuto percepirlo nove mesi fa- esclamò Tikki.


Plagg si prese il mento, meditando. -Secondo me, hanno schermato Adrien per non permettermi di sentire la sua presenza. E conosco solo una persona che potrebbe fare entrambe le cose-


-Intendi…?- chiese la Kwami, ricevendo un cenno di assenso dal suo compagno. Stava per domandargli quando sarebbero andati a fargli visita, quando dei leggeri passi che percorrevano il tragitto delle scale li misero in allerta. Marinette stava per entrare nella camera ma Plagg non riusciva ad essere paziente. Doveva andare subito a cercarlo.


-Tikki, io vado da lui. Se Marinette ti chiede dove sono, digli che sono uscito a farmi un volo, okay?- lo spiritello le posò un dolce bacio sulla bocca di lei e, senza aspettare una sua risposta, volò a razzo fuori dalla finestra. Scosse la testa: Plagg non sarebbe mai cambiato, ma era per questo motivo che si era innamorata di lui.


-Tikki, Plagg, tutto apposto?- la voce dolce della ragazza che richiamava entrambi la sorprese. Marinette era entrata nella stanza di soppiatto per non svegliare Louis e Hugo. La giovane madre si avvicinò ai figli ed accarezzò la testolina ad entrambi, sorridendo dolcemente. Erano la sua più grande benedizione, anche se era difficile prendersi cura di due bambini contemporaneamente, sentiva di farcela. -Sono due angioletti- espresse la sua opinione la piccola amica, volando al suo fianco.


-Hai proprio ragione, Tikki. La notte dormono, mangiano e pesano giusti. Sono stata fortunata- annuì, per poi cercare l'acido Kwami di Adrien. -Plagg dov'è?-


-È andato a farsi un volo, ha detto che tornerà presto- mentì, ma sapeva che lo stava facendo per ridare una speranza al suo compagno, a Marinette di riavere l'uomo e l'amore della sua vita e dare una possibilità a Hugo e Louis di conoscere il loro papà.


-Va bene- disse la ragazza distrattamente, troppo presa ad accogliere tra le sue braccia Hugo che si era svegliato. Tikki sospirò interiormente per il sollievo: Marinette sembrava crederci, quindi la bugia aveva funzionato. "Speriamo che torni presto" Tikki si voltò ed osservò il cielo, nella speranza del ritorno del suo Plagg.


Nel frattempo, il Kwami stava perlustrando la città dall'alto, cercando di seguire al meglio le sue percezioni. Solo quando arrivò davanti alla casa del Maestro Fu, avvertì la presenza di Adrien molto più di prima: il ragazzo era all'interno dell'abitazione, ora ne era più che certo.


Suonò al campanello e, non appena l'uomo gli aprì la porta, non fece neanche in tempo a salutarlo che si precipitò verso le scale che portavano al piano superiore e svoltò a destra dopo aver percorso il lungo corridoio. Aprì la porta lentamente, nella vana speranza di non aver sbagliato, ma quello che vide lo fece sorridere: un ragazzo biondo si era voltato verso la soglia della stanza, dando le spalle alla grande vetrata, i suoi occhi verdi si sgranarono per la sorpresa.


-Adrien, sei vivo! Lo sapevo!- Plagg fluttuò verso e di lui e gli si gettò al petto, sfregando il musetto contro le bende del torace. Gli era mancato il suo Protetto, e anche se si era affezionato a molti altri Chat Noir del passato, quel ragazzino era di gran lunga il suo preferito.


-Plagg!- esclamò il ragazzo. Non si aspettava di rivedere il suo Kwami, e per di più vederlo correre da lui per abbracciarlo, ma in un certo senso gli era mancato il suo puzzolente spiritello. Quando fece per portare le mani al corpicino di Plagg, quest'ultimo si librò di nuovo in volo ed andò a colpirgli la parte posteriore della nuca, causandogli una buffa espressione di dolore.


-Sei un incosciente!- lo rimproverò ad alta voce, anche se gli urli di Plagg erano un po' stridenti. -Mi hai fatto preoccupare a morte, e non solo me, ma anche tuo padre e Marinette! Per di più, lei non sa che il padre dei suoi figli è ancora vivo e vegeto, pensa a quanto soffrirà quando lo saprà!-


-Frena un attimo e riavvolgi il nastro- lo fermò Adrien, accogliendolo sul palmo della sua mano. -Come sarebbe a dire? Io… io sono papà? Figli? Sono padre di due gemelli?-


-Ma come, non ricordi? Marinette te lo aveva riferito sul punto di morte- nella più completa confusione, Plagg lo guardò con occhi circospetto. Possibile che non si ricordava che Marinette era da sempre la sua amata Ladybug e che li aveva svelato di essere incinta?


-Ha perso la memoria momentaneamente- la voce del Maestro rimbombò nella stanza. Fu entrò seguito da Wayzz, e si avvicinò al due. -Si ricorda della sua vita, ma sembrava, fino a qualche secondo fa, di non sapere la vera identità della sua partner. Cosa che tu gli hai appena svelato ma che malauguratamente non dovevi rivelargli tu-


-Pensavo che ricordasse- borbottò Plagg, abbassando la testa.


-Aspettate- sempre più confuso e in agitazione, Adrien mosse la testa da una parte al'altra, per osservare le espressioni corrucciate dei due. -Mi state dicendo che la mia compagna di classe Marinette, la ragazza timida e goffa che conosco, in realtà è la mia Ladybug?- quando entrambi annuirono, lui strillò dalla gioia, ottenendo così due sguardi piuttosto preoccupati. Allora il ragazzo si affrettò a spiegare. -Avevo iniziato a provare qualcosa anche per Marinette, ed io non sapevo proprio se scegliere lei o Ladybug. Sapere che l'amore della mia vita mi è sempre stata al mio fianco nella vita reale e che ricambia i miei sentimenti, mi ha fatto toccare il cielo con un dito. In più sono padre!- il giovane iniziò a saltellare contento come una Pasqua.

Maestro Fu sorrise, contento che Adrien riavesse acquistato il tanto agognato buon umore. -Allora, chi vuole dei croissants e del Camembert?-




Amo questo capitolo! Non so voi, ma mi sono divertita a scrivere di un Plagg così tenerone, non trovate sia stupendo? Spero vi si piaciuto il capitolo e credo che la storia finirà tra un paio di capitoli, così da non annoiare troppo… troppo lunga dopo poi inizia a stancare me HAHAHHA
See you soon💕,
Leti_0907

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Capitolo 6
*** Papillon due la Vendetta ***


Il pianto di Hugo la distrasse dalla realizzazione del suo nuovo abito, e per girarsi verso il figlio di circa un mese si punse un dito con l'ago. Mugolò dal dolore, e, mentre si infilava il dito ferito in bocca per succhiare il sangue che colava, si avvicinò alla culla. Il gemello più piccolo strillava ed agitava i piccoli pugni in aria, come a pretendere qualcosa di cui Marinette non sapeva.


-Oh tesoro, ma cosa ti prende?- esclamò la donna, prendendolo in braccio e lanciando uno sguardo a Louis, che, beato, dormiva ancora. Possibile che non sentisse il fratello piangere? E perché invece Hugo reagiva così?


-La pappa l'hai fatta mezz'ora fa, sonno è impossibile siccome hai dormito fino ad adesso… hai mal di pancia, piccolo?- gli domandò, fissandolo mentre si dimenava, come se potesse capire e rispondere alla domanda.


Iniziò a cullarlo, ma proprio in quel momento dalla botola della stanza spuntò Sabine, lo sguardo a metà tra lo sconforto e il sorridente. Marinette seguì con lo sguardo i movimenti della donna, che si avvicinava alla sedia su cui era seduta. Chissà cosa era successo per esibire quell'espressione così demoralizzata, si chiedeva Marinette mentre la madre infilava un dito tra le dita del bambino. Fece oscillare il braccio del piccolo che a poco a poco si stava riaddormentando.


-Mamma, sei ufficialmente la mia soluzione preferita- esclamò eccitata, mentre Sabine scoppiò a ridere. -Non sapevo come farlo dormire, questa piccola pesta. In questi giorni non riposa molto-

-Quando vuoi, sono disponibile-dichiarò la donna, facendole segno di porgerle il bambino. -C'è una persona che ti sta aspettando in cucina. Ti conviene scendere-
 

La ragazza, piuttosto incuriosita, diede in braccio alla madre Hugo e si affrettò a scendere lungo le scale che collegavano la sua camera ad il resto della casa, non prima però di aver scoccato un bel bacione in fronte ai figli. Quel gesto era puramente quotidiano e spontaneo: anche se i bambini ancora non riuscivano a comprendere le paure e l'amore, Marinette, con quel bacio, ci teneva a dimostrar loro che sarebbe sempre tornata da loro, a costo di morire e risorgere in seguito.


Raggiunse la cucina e la figura che vide seduta al tavolo con in mano una tazza di the freddo la mise in allerta. Maestro Fu non usciva mai da casa se non per rare occasioni, soprattutto quelle di pericolo, e ritrovarselo in casa non era molto rassicurante.


<> lo chiamò per annunciare la sua presenza nella stanza e lui sollevò il viso. Era molto preoccupato, lo si notava da come le sopracciglia erano corrugate. -Come posso aiutarla?- domandò, spostando una sedia per potersi sedere.


-Noto che ti sei ripresa molto bene dal parto- prese parola, osservandola per bene. Era vero, Marinette era davvero in forma per essere una donna che un mese prima aveva dato alla luce due gemelli: la sua pancia non era piatta come prima, ma le piaceva persino di più. Testimoniava che i bambini non erano un sogno.


-Già, mi sento molto meglio- sorrise. -Mi doveva dire qualcosa di importante? Non la si vede molte volte da queste parti-


-Hai ragione, figliola- disse, abbassando lo sguardo sul contenuto della tazza ed specchiandosi nel liquido ambrato del the.


Come avrebbe detto alla giovane che una nuova minaccia incombeva sulla città? Non era di certo da poco quella notizia, e si sentiva un egoista a strappare una madre ai propri figli, ma la situazione era grave: aveva commesso un errore ma non voleva che ci andasse in mezzo tutta Parigi. Era d'obbligo, a quel punto, chiedere aiuto a Ladybug.


-Mi dica tutto allora- a quella frase, il maestro si commosse. Aveva un cuore d'oro, pronta sempre ad aiutare chi era in difficoltà. Ora capiva perché Adrien se ne era innamorato perdutamente.


-Ti ricordi del Miraculous della Farfalla che possedeva il signor Agreste?- Marinette annuì. Si ricordava del loro primo nemico, e in fondo ringraziava Gabriel di essere diventato Papillon: aveva avuto in modo di far innamorare di lei Chat Noir, il suo Adrien.


-Beh… è stato rubato- confessò l'anziano. Marinette sgranò gli occhi. Come era possibile? Il Miraculous della Farfalla era custodito nello scrigno apposito per i Miraculous, come era possibile che qualcuno sia fosse intrufolato nella casa del maestro e sapesse dove si nascondeva?


-Ne è certo?- si assicurò la giovane, mentre posava le mani intrecciate sul grembo.


-Purtroppo si- sospirò l'anziano, lasciandosi andare contro lo schienale della sedia. -Non so come il ladro sapesse dello scrigno, ma adesso è inutile stare qui a ripensarci. Dobbiamo intervenire e c'è bisogno di Ladybug-


-Io ci sono- dichiarò Marinette, ma non appena ebbe pronunciato l'ultima lettera, un boato interruppe la quiete che regnava sulla città. I due si guardarono e in contemporanea corse alla finestra per osservare la Tout Eiffel: un esplosione di farfalle nere si stava propagando per Parigi, colpendo le persone e trasformandole in strani mostri.


Marinette strinse i pugni. Non poteva lasciare che la sua città venisse invasa da quegli esseri, comandati dal nuovo Papillon, e, anche se la sfida era divenuta più ardua non avendo al suo fianco il suo compagno di avventure, avrebbe fatto il possibile per dare un futuro prospero alla sua Parigi e soprattutto ai suoi figli. Non avrebbe permesso a quella sottospecie di Papillon 2 la vendetta di farla franca, e Ladybug le avrebbe dimostrato che con lei non si scherzava.


Senza avvertire Fu, corse su per le scale ed aprì di botto spaventando Tikki e Sabine, che stava ancora cullando Hugo. -Mari, che succede? Cosa era quel botto?- le chiese a raffica la madre, ma ottenne uno sguardo determinato.


-C'è bisogno di Ladybug- disse a Tikki, che annuì. -Tikki trasformami!-


La coccinella venne risucchiata nel suo orecchino sinistro e ben presto apparvero la sua maschera e la tutina rossa rigorosamente a pois neri. Prima di correre sul terrazzo, Marinette si avvicinò ai neonati e diede loro un bacio sulla fronte, guardandoli con tenerezza, per poi rivolgersi alla madre. -Resta qui con i bambini, e soprattutto non uscire di casa. Risolverò tutto vedrai- la rassicurò.


Salita in terrazza, prese il suo yo-yo e lo fece volare fino al comignolo di una casa, per poi saltare fino al tetto. Era così bello ritornare a provare quelle stupende emozioni: la sensazione del vuoto sotto i piedi, il vento che sferzava le sua pelle e scompigliava i capelli… era tutto così bello eppure così estremamente doloroso. Non aveva più nessuno con cui condividerlo.


Scosse la testa ed atterrò sul tetto della casa che dava sulla via dove lei, in forma di Ladybug, aveva incontrato Chat Noir. Sospirò di dolore: quando passeggiava con i bambini, evitava sempre di percorrere quella strada, il ricordo vivo di Adrien che si presentava faceva male. Erano passati quasi tre anni…


Abbassò la testa. Non ce l'avrebbe mai fatta senza di lui.


-È passato così tanto tempo da quella volta, eppure a volte mi sembra che fosse solo ieri quando ti sei letteralmente catapultata tra le mie braccia. Anche se sono ancora mortalmente offeso che tu mi abbia fatto penzolare a testa in giù, il mio cervello annaspava nel sangue- Ladybug sgranò gli occhi. Quella voce l'aveva già sentita, solo una persona aveva quella tonalità… ma era impossibile. -Eppure mi sono così tanto innamorato di te che quasi non mi importava che tu mi rifiutassi, ti avrei sempre amata e protetta da lontano. Quando invece mi hai detto il tuo primo ti amo e mi hai annunciato che presto saremmo diventati genitori, ho sentito di essere la persona più felice del mondo. Anche adesso, qui, su un tetto, mi rendo conto di essere l'uomo più fortunato del mondo… Marinette-


L'interessata si voltò di scatto, e ciò che vide le fece venire le lacrime agli occhi. Una figura avvolta dall'inconfondibile tutta mogano in pelle, che evidenziava ed aderiva ai muscoli non indifferenti delle braccia e gli addominali, la maschera, le orecchie da gatto e la coda che fendeva l'aria la stava osservando con evidente amore negli occhi prato. Chat Noir le sorrise con dolcezza, e fu allora che la giovane eroina si permise di piangere. Lacrime di gioia scorrevano senza freni lungo le goti e notò, con la vista appannata, che anche il ragazzo aveva gli occhi lucidi per la commozione. Si alzò e corse verso Adrien, che l'accolse tra le sue braccia stringendola al petto.


Aspirò il suo profumo, inebriandosi di quella essenza che avrebbe voluto racchiudere in una boccetta per avere sempre Marinette con sé. Adrien era felice come non mai: era tornato a casa, era con Marinette ed era padre di due gemelli. Che altro poteva avere di più?


-Oh mio Dio, ancora non ci credo!>> esclamò lei, divincolandosi dalla presa e lo guardò negli occhi. -Pensavo fossi morto!-


-Per due mesi lo sono stato- le spiegò. -Ma Maestro Fu mi ha guarito. È stato lui, oggi, a convincermi a mostrarmi. E non sai quanto gli sono debitore-


-Sei qui- sospirò mentre sfregava la testa contro il petto di Adrien. Lui le alzò il mento e la fissò negli occhi prima di baciarla con trasporto. Marinette ricambiò con tutto l'amore che aveva da offrirgli. Quello non era un bacio consumato dalla passione, dalla voglia di sfregare le loro pelli calde, era un bacio dettato dall'amore profondo che provavano l'un per l'altro, e questo a loro bastava.


-Non me ne sono mai andato, My Lady-





TA-DAAAA! Adesso potete amarmi gente!😂😊

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