Davide contro Golia

di Altair13Sirio
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Mattino ***
Capitolo 2: *** Squadra ***
Capitolo 3: *** Soldato ***
Capitolo 4: *** Vivo ***
Capitolo 5: *** Eroe ***



Capitolo 1
*** Mattino ***


Il sole illuminava caldamente l'avamposto Gloria mentre delle nuvole grigiastre e una sinistra foschia sembravano farsi strada verso la costa da nord. L'oceano cantava dolcemente al colpo di ogni onda, la fresca brezza marina fischiava placidamente e trasportava salsedine sui volti dei soldati di guarda sulla scogliera.
Proprio quel luogo che aveva significato tanta sofferenza per il loro popolo, adesso era il posto da dove nascevano tutte le idee e i sogni di libertà che accomunavano tutti quanti. Quella lunga parete di cemento da cui la gente era precipitata nei decenni, adesso ospitava una base militare dove vigevano l'ordine e la fiducia reciproca, ma anche un condiviso senso di leggerezza dovuto all'ottimismo dilagato dopo la loro prima vittoria con Mahle.
Quella stessa vittoria era arrivata in modo tanto inaspettato quanto improvviso: la Legione era giunta alla barriera dell'oceano da poche settimane, quando all'orizzonte una delle vedette ebbe avvistato una nave diretta proprio lì. Era qualcosa di mai visto prima: un'imbarcazione in metallo che mandava fumo da una enorme cappa e si avvicinava al suo obiettivo a una velocità esageratamente superiore alla norma. Dopo essersi messi al riparo e aver nascosto i segni dell'accampamento – ancora in fase di sviluppo in quel momento – i soldati avevano atteso ulteriori sviluppi e avevano assistito allo sbarco dei passeggeri da lontano, protetti dai loro nascondigli mentre alcune poche vedette si spingevano fino in cima alla Barriera per osservare dall'alto i movimenti degli alieni; si era scoperto che non tutti erano uomini liberi e che, anzi, la maggior parte di loro era disarmata e legata in modo rudimentale. Prigionieri, schiavi di guerra, dissidenti politici… Che importava, quando la scena che stava avvenendo sotto ai loro occhi era la stessa descritta nella lettera di Grisha Jaeger, che si era ripetuta in tutti quegli anni mentre loro vivevano rinchiusi nelle Mura, assoggettati dal terrore?
Era stata organizzata rapidamente un'azione contro i soldati che stavano per portare i prigionieri in cima alla scogliera di roccia, evidentemente creata da mano umana, per neutralizzarli e liberare gli oppressi prima che potesse scatenarsi il peggio e altri Giganti venissero liberati nelle loro terre. Con una rapida imboscata, il Corpo di Ricerca aveva circondato gli uomini armati e li aveva costretti alla resa, mentre un piccolo gruppo di soldati a piedi portava in salvo i prigionieri esterrefatti e li liberava. Nessuno era stato ferito o ucciso, gli uomini di Mahle nemmeno avevano avuto il tempo di reagire tanto era stata grande la sorpresa di scoprire che non erano soli sull'isola quel giorno.
Dopo quella piccola vittoria, il Corpo di Ricerca aveva messo a segno altri successi mentre l'avamposto Gloria si espandeva e cresceva in modo da poter sostenere una più grande autonomia al suo interno, con una vita sempre più animata e uno sviluppo nei rapporti con i Territori Interni, che provvedevano al sussidio di viveri e beni di prima necessità. Le navi arrivavano, cariche di prigionieri destinati ad essere tramutati in Giganti, e una volta che attraccavano e i passeggeri venivano fatti scendere una squadra partiva all'attacco prima che uno solo degli uomini in catene potesse essere trasformato in quei mostri abominevoli. I soldati di Mahle, sempre colti alla sprovvista dagli attacchi a sorpresa del Corpo di Ricerca, venivano imprigionati e interrogati per ottenere più informazioni possibili, e le loro navi bruciate e affondate per non lasciarne traccia alcuna.
Certo era che si trattasse solo di pochi uomini disorganizzati e totalmente all'oscuro di ciò che li aspettava, inadatti alla battaglia anche come preparazione… Una sfida più ardua arrivò quando, dall'orizzonte, fece la sua comparsa una nave più grossa delle altre, più minacciosa, che fermatasi a poche decine di metri dalla costa cominciò a bersagliare la scogliera con i suoi cannoni. A quel punto i prigionieri di Mahle, sentendo le cannonate dalle loro celle, avevano già cominciato a cantare vittoria e a inveire contro le loro guardie; ma sia loro che la nave che era stata mandata ad abbattere la Legione Esplorativa in agguato sulle rive dell'isola non erano preparati a ciò che sarebbe accaduto dopo.
Nessuno sapeva che tra le persone che li avevano imprigionati sull'isola c'era uno in grado di trasformarsi in Gigante; nessuno sapeva chi fosse in mezzo a tutti quei soldati e nessuno aveva neanche lontanamente previsto l'eventualità che gli arretrati e tuttavia valorosi soldati delle Mura fossero provvisti di un piano di riserva per affrontare situazioni ben più gravi di una manciata di uomini armati. E' così che, con un lampo del tutto inaspettato, il Gigante che Avanza aveva sbaragliato anche quella nave.
Facendosi strada nell'acqua dell'oceano, quell'acqua salata che lasciava una strana sensazione su tutto il corpo dopo essercisi immersi e increspava i capelli facendoli annodare tra loro, Eren Jaeger aveva evitato facilmente i colpi della nave – che tuttavia non erano abbastanza forti da causargli danni gravi, come mostrato quando fu colpito di striscio a un fianco – e l'aveva ribaltata con un grande gesto enfatico della parte superiore del corpo, afferrandola dallo scafo con entrambe le mani e sollevandola per poi farla ricadere a testa in giù nel mare, facendo riversare tutto il suo equipaggio nelle acque attorno a sé.
I superstiti erano stati recuperati e imprigionati assieme ai loro compatrioti, avviliti e sconvolti dalla mostruosa dimostrazione del Gigante Eren. Era la prima vittoria dei popoli dentro le Mura su Mahle, il primo passo verso una rivoluzione talmente grande da sconvolgere il mondo e consegnare nuovamente la libertà al popolo di Eldia. L'esercito quella notte aveva festeggiato in onore di Eren, incoraggiato dal recente successo e dalla prospettiva di un futuro migliore finalmente a portata di mano, dopo tanti sacrifici…
Quella mattina Connie era irrequieto. Non dormiva da parecchio tempo, nervoso com'era dal trasferimento al fronte e l'allontanamento dai Territori Interni; non c'era più nulla da temere là fuori, però a lui mancava comunque casa sua, la sua famiglia scomparsa, la vita fragile ma in qualche modo spensierata che conduceva assieme ai suoi amici all'interno delle Mura…  Quegli amici con cui era cresciuto assieme durante l'addestramento per diventare soldato erano quasi tutti lì; alcuni di loro erano morti, uccisi brutalmente dalla furia dei Giganti, mentre altri ancora se n'erano andati lasciando dietro di sé domande inascoltate e un grande vuoto inspiegabile. Il tradimento non era giustificabile, eppure Connie aveva sempre sperato che ci fosse un motivo valido per l'abbandono di Annie, Reiner e Bertholdt… Aveva continuato a desiderare di tornare a vederli sorridere al suo fianco, scherzare come vecchi amici mentre intanto tutto il resto del mondo veniva lasciato fuori da quelle Mura che li avevano intrappolati per tanto tempo. Perché non c'era altro se non una grande delusione nel suo cuore dopo il loro tradimento, e la speranza che tutto quello potesse non essere vero lo aveva corroso per tutto quel tempo, incapacitato a chiarirsi come si deve con loro.
O almeno, Connie aveva provato quel sentimento fino a che Reiner non aveva fatto del male ai suoi amici e aveva ferito Sasha. Quando aveva capito che il suo vecchio compagno non si sarebbe più redento, aveva perso la lucidità e per un attimo aveva pensato di scagliarvisi contro in preda all'ira, ma poi aveva capito che le priorità erano altre e che lasciar fare tutto all'odio non avrebbe condotto da nessuna parte, così si era ricomposto ed era andato ad aiutare la sua amica.
Sasha era una fifona, una che non ci si aspetterebbe di vedere in mezzo alla Legione Esplorativa, ma tra loro era forse uno di quegli elementi che avevano dato più di tutti; bastava pensare al fatto che avesse affrontato un gigante da sola, armata solo del suo arco per proteggere una bambina, per capire il suo valore. Sin da subito, quando entrambi erano stati redarguiti e ridicolizzati davanti a tutti dal loro istruttore, si erano capiti e avevano legato come nessun altro; era bastato poco perché cominciassero a comportarsi come fratelli, sempre insieme e sempre sulla stessa linea di pensiero.
Lui non era un tipo molto sveglio, tuttavia non si era mai fatto da parte per questo motivo e aveva dimostrato le sue doti sul campo anche se spesso gli altri avevano dovuto salvargli la pelle in momenti cruciali… Più ci ripensava, più si rendeva conto che a salvargli la vita in due occasioni erano stati proprio quelli che li avevano traditi: la prima volta si era trattato di Annie, che aveva messo in pericolo la sua stessa vita per tirarlo fuori dai guai, e poi Reiner durante l'attacco all'interno del Wall Rose, che si era fatto mordere all'avambraccio pur di salvarlo. Era proprio questo particolare ad impedirgli di credere fino in fondo al tradimento dei suoi compagni: era vero che, col senno di poi, entrambi ne sarebbero usciti comunque illesi grazie ai loro poteri da Gigante, ma era anche vero che in quel momento le loro menti avevano pensato a mettere tutto pur di salvargli la vita… Che cosa doveva pensare di quelli che adesso chiamava "traditori"?
Nel cortile sotto alla Barriera c'era puzza di fumo; qualcuno doveva aver acceso un fuoco durante la notte e si era dimenticato di spegnerlo. La colazione veniva preparata da alcuni commilitoni in una tenda vicino e loro sapevano cucinare bene, quindi Connie avrebbe escluso che fosse stata loro la colpa di quel fumo.
Tossendo un po' e coprendosi la bocca con una mano, il ragazzo attraversò rapidamente il cortile per raggiungere la tenda-cucina, dove un paio di commilitoni erano già all'opera per preparare la colazione a tutti i loro compagni, che da lì a qualche minuto sarebbero arrivati in massa. A dire il vero, erano stati organizzati dei turni perché i soldati non si ammassassero davanti alla tenda-cucina e i cuochi non venissero esasperati dalle loro pressioni, ma a volte qualcuno non rispettava il protocollo… Connie aveva il turno all'alba, quindi poteva fare colazione presto, e poi conosceva molto bene uno dei cuochi…
<< Buongiorno… >> Disse abbozzando un piccolo sorriso mentre faceva il suo ingresso nella tenda. Dall'altro lato, divise da una fila di banchi su cui veniva posato il cibo, due figure di spalle si agitavano di fronte a un fuoco sfrigolante. Una di loro aveva una lunga coda di capelli rossi legata dietro la testa e si muoveva con grazia tra le cibarie, come se sapesse esattamente quello che dovesse fare.
La ragazza si voltò per sorridere a Connie, che aveva riconosciuto dalla voce. Sasha era ancora più luminosa del solito quella mattina… Era buffo come, quando lui fosse di cattivo umore, a lei avanzassero i sorrisi.
<< Connie! >> Lo salutò ad alta voce mentre l'altra figura accanto a lei – un uomo dai capelli biondi e una magrezza eccessiva, impegnato a pelare patate in quel momento – si voltò per vedere chi fosse entrato solo per un istante. Quello tornò poi al suo lavoro mentre Sasha avanzava verso il suo amico e si sporgeva dai banchi della tenda con in volto un sorriso birbante. << Un'altra alzataccia, eh? >>
<< Lo sai che questo è il mio compito. >> Rispose lui mentre prendeva posto sullo sgabello di fronte a lei e rimaneva a fissarla intontito per qualche secondo. La ragazza stava mordicchiando un rametto di legno trovato chissà dove, forse raschiando il fondo di un sacco di patate o qualche altra cibaria come faceva di solito. Gli rivolse un ghigno divertito mentre intanto si tirava indietro e tornava alla sua cucina, volgendogli le spalle.
<< Sai, ieri mattina abbiamo catturato un bel cinghiale… >> Cominciò borbottando, mentre intanto l'altro cuoco versava le patate appena pelate in una grossa scodella di metallo. La ragazza si voltò verso una pentola dentro cui ribolliva qualcosa e vi infilò un dito che leccò un attimo dopo per assaggiare. << Io volevo tenerlo in dispensa e conservarlo per preparare un pasto speciale ai soldati, ma il comandante Hanji ha deciso di spedirlo ai Territori Interni… Il che è un vero peccato, perché sarebbe sicuramente bastato per molti di noi. Ma non ti preoccupare, sono riuscita ad arraffarne un po' prima che me lo sottraessero… Adesso è nella mia tenda. Se ti va, più tardi potremmo mangiarlo assieme… Dopo tutto quello che abbiamo fatto penso proprio che ce lo meritiamo, no?>>
Connie non era molto attento a ciò che diceva Sasha; non appena aveva nominato quel cinghiale, il ragazzo aveva cominciato a viaggiare con la mente fino ad approdare a quando ancora si allenavano assieme per entrare nell'esercito. Una scommessa, una sfida culinaria e una strana caccia al cinghiale che aveva guadagnato alla ragazza il titolo di "Cacciatrice Furiosa" da Reiner…
<< Ah? >> Chiese sentendosi richiamato mentre Sasha gli rivolgeva uno sguardo interrogativo, chiedendogli se fosse attento. << Sì, perché no? Sei stata davvero furba a conservarne un po'… >> Di nuovo Reiner. Quel giorno sembrava che non riuscisse a pensare ad altro, eppure un motivo doveva esserci… Forse perché ripensando a quel giorno della sfida, tutto quanto per un attimo era sparito ed era rimasta solo l'amicizia con cui il traditore li aveva seguiti per tutto il tempo?
Sasha ammiccò eccitata, già con la bava alla bocca al pensiero di condividere un pasto a base di carne con il suo vecchio amico. Tutti quanti sapevano cosa fosse capace di fare, quando ci andava di mezzo una bistecca…
Connie ricevette una scodella con dentro una strana brodaglia che veniva servita quasi tutti i giorni ai soldati: i prodotti della terra con cui questa era preparata abbondavano nonostante l'inospitalità del suolo nella zona in cui si erano stabiliti, ed era facile preparare quel pasto tutti i giorni per centinaia di soldati. Dopo il loro arrivo al confine con l'oceano, il capitano Hanji si era personalmente incaricata di supervisionare la nascita e l'estensione di una parte di terreno destinata alla coltivazione nei campi, mentre un po' ovunque nella zona erano stati piantati alberi fatti portare direttamente dai Territori Interni in modo da poter sfruttare la manovra tridimensionale  in casi di emergenza; in breve sul terreno sabbioso e franoso dell’avamposto era diventato una morbida e accogliente radura erbosa, grazie all’azione dei soldati. I Giganti erano stati eliminati tutti al di fuori delle Mura, ma non potevano sapere cosa li aspettasse in futuro, né cosa potesse arrivare dall'oceano… Bisognava essere sempre pronti nell'eventualità che qualcosa di inaspettato accadesse all'improvviso.
<< Questa è per te… Non dirlo a nessuno o mi chiederanno dove l'ho presa! >> Sasha si avvicinò a Connie mentre immergeva il suo cucchiaio nella scodella e gli sussurro questa frase tirando fuori da chissà dove una sottile fetta di prosciutto. Il ragazzo non fece nemmeno in tempo a chiederle dove l'avesse presa, che lei gliela infilò direttamente in bocca avvistando dei soldati entrare nella tenda parlottando spensieratamente.
Connie masticò il prosciutto senza farsi notare e ingoiò tutto quanto assaporando quel pasto che raramente potevano gustarsi: era vero che i territori fuori dalle Mura erano stati liberati, ma si trattava di spazi così vasti che lo scambio delle merci era veramente difficile da controllare, e in più nei posti al fronte come l’avamposto Gloria arrivava solo lo stretto indispensabile alla vita dei soldati e dei pochi civili che vi abitavano. La carne era ancora un cibo raro e quella poca che riuscivano a reperire proveniva dai terreni attorno all'avamposto.
Quando ebbe finito di fare colazione, il ragazzo si alzò con disinvoltura dal suo posto – la tenda intanto era stata assaltata da un gruppo di suoi commilitoni ammantati con le divise verdi del Corpo di Ricerca – e salutò Sasha dicendole che si sarebbero incontrati più tardi. Una volta fuori da lì, nel cortile che cominciava ad animarsi sempre di più come il sole illuminava a mano a mano gli ampi spazi che circondavano il piccolo villaggio formatosi attorno all'avamposto – villaggio nato da un gruppo di prigionieri Eldiani che avevano preferito rimanere lì piuttosto che essere spediti nei territori entro le Mura assieme alla maggior parte di loro – Connie si diresse verso la Barriera, il gigantesco composto di roccia simile al materiale utilizzato per fabbricare le Mura che dava sul mare e divideva l'isola dalla costa. Questa costruzione imponente doveva essere stata creata dai Mahleiani per poter effettuare incursioni sull'Isola Paradisiaca – come la chiamavano loro – senza temere l'attacco dei Giganti, e poter al tempo stesso trasformare in Giganti i loro prigionieri senza correre alcun rischio; bastava iniettare loro il liquido che serviva a tramutarli e poi spingerli giù per impedirgli di tornare a fare danni… Adesso erano state scavate migliaia di scalini nella roccia per poter permettere ai soldati i scalarla senza dover ricorrere all'utilizzo della manovra tridimensionale, ma i piani alti avevano preferito evitare di scavare anche all'interno della Barriera, temendo che si potesse trattare, come per le Mura, di un'altra "tomba" di Giganti colossali. A Connie non dispiaceva salire tutti quegli scalini, ma pensava che la Barriera fosse troppo sottile per poter nascondere qualcosa al suo interno…
In cima alla Barriera, ben piantato con i suoi stivali sul terreno e lo sguardo fisso sull'orizzonte nebbioso, Jean faceva la guardia dalla sua postazione mentre la sua squadra si dispiegava lungo una sezione della scogliera. Connie lo avvistò una volta salita l'ultima rampa di scale e lo chiamò da dietro facendolo voltare; il ragazzo dai capelli castani gli rispose con un cenno e un leggero sorriso mentre lui si avvicinava.
<< Brutto tempo in avvicinamento? >> Chiese Connie accostandosi a lui e osservando le nuvole nel cielo che, illuminate dai raggi del sole nascente, si muovevano lentamente in direzione della costa.
Jean non rispose subito; annusò l'aria sentendo altra salsedine poggiarsi sulla propria pelle e si guardò intorno con attenzione, forse cercando qualche componente della sua squadra nelle vicinanze. Alzò poi lo sguardo al cielo e osservò a sua volta le nubi. << Già… >> Disse. << Non ci voleva… >>
Connie ricordò i grandi danni che avevano sempre causato le tempeste quando vivevano all'interno delle Mura e anche la prima volta che si ritrovarono ad affrontare il maltempo lì fuori; non c'erano solo il vento e la pioggia a provocare danni in quel caso, ma anche l'oceano sembrava inasprirsi e infuriarsi con la terra durante una tempesta. L'acqua sbatteva violentemente contro la riva sabbiosa e i moli del porto che un tempo era stato utilizzato per far attraccare le navi di Mahle, tornava indietro trascinando con sé ciò che incontrava sul suo cammino e poi veniva spinta un'altra volta sulla riva con più potenza, sollevando schizzi e creando quella schiuma bianca che incuteva timore in gran parte degli uomini. In quell'occasione però, il comandante Hanji era riuscita a mettere a punto – con l'aiuto del capitano Levi – un pratico sistema di leghe di metallo posto per impedire alle saette dei temporali di abbattersi nei punti più scoperti della Barriera e metterne in pericolo la sicurezza: lo avevano chiamato "parafulmine" e sembrava funzionare molto bene; in pratica si trattava di una grossa asta di metallo piantata in cima alla Barriera che finiva per scendere fino alla riva e scaricava l'elettricità dei fulmini nel terreno. Era stato utilizzato molto materiale per fabbricarlo, ma alla fine i risultati avevano soddisfatto gli alti piani, che avevano avviato una produzione più massiccia per fare arrivare il parafulmine anche nei territori dentro le Mura.
Connie si voltò di tre quarti verso Jean e alzò un pollice indicando l'orizzonte, ottimista. << Però con la nuova invenzione del comandante Hanji, i temporali non sono più così terribili come un tempo! >>
Jean si voltò a guardarlo mesto. << E' vero… Ma non è per questo che mi preoccupo. >>
Connie lo guardò inarcando un sopracciglio mentre sul suo viso si poteva vedere tutta la confusione che regnava nella sua mente:<< Ma allora… Qual è il problema? >>
Lo sguardo del ragazzo più alto tra i due si perse nell'orizzonte a contatto col mare blu scuro che si fondeva alla nebbia a bassa quota dando un effetto suggestivo e surreale a quella vista; un'altra folata di vento scompigliò i capelli di Jean mentre fece rabbrividire Connie. Il capitano del piccolo plotone rimase a lungo a fissare l'orizzonte, e sussurrò:<< Loro. >>
Connie per un attimo non capì. Si voltò a guardare l'oceano nella stessa direzione del suo amico, poi sembrò ricordarsi del loro nemico e le continue spedizioni di Mahle per cercare di riprendersi quel porto che era stato rivendicato dalla Legione Esplorativa; Jean temeva un attacco da parte di Mahle? Quella nebbia avrebbe potuto nascondere le navi nemiche, sì, ma pensare che quella gente decidesse di condurre un'operazione così rischiosa contro degli avversari che fin'ora avevano dimostrato di saperli mettere in ginocchio tanto facilmente nonostante il loro svantaggio in fatto di armamenti era una follia! Connie pensava che Mahle avesse abbandonato l'idea di riconquistare la loro isola, e quindi loro avevano conquistato una pausa per riprendere fiato…
<< Gli attacchi si stavano intensificando ogni volta di più… Fino a che l'altra volta, più di tre mesi fa, sono cessati di colpo. >> Mormorò dubbioso Jean mentre Connie lo osservava con aria confusa. << Credimi, vorrei essere ottimista come te e pensare che ci abbiano rinunciato, ma… >> E si voltò a guardarlo. << Non ci credo neanche un po'. >>
Connie non sapeva cosa rispondere; Jean era un tipo abituato a guardare la situazione da ogni prospettiva per non farsi cogliere impreparato qualunque cosa accadesse… Però così sembrava esagerato e paranoico. Quando glielo disse, la sua risposta fu davvero inaspettata.
<< Quindi pensi che Mahle, la grande nazione che per secoli ha lottato contro Eldia e che finalmente è riuscita a isolare i suoi nemici su di un isola sorvegliata dai Giganti mentre il resto di loro veniva trattato come schiavi, abbandonerebbe tanto facilmente la propria sicurezza per lasciarci scorazzare felici nella nostra bella isoletta libera dai mostri? >> La domanda retorica del ragazzo lasciò Connie spiazzato, che non si aspettava una schiettezza simile dal suo amico né una tale brutalità nel ricordargli la verità. << Eren ha detto che quelli vogliono riprendersi il potere del Gigante Primordiale, e ora che abbiamo ucciso Bertholdt non saranno certo felici di lasciarci altri giganti nelle nostre mani… Non si arrenderanno mai. >>
Improvvisamente l'atmosfera si era fatta pesante. Connie era completamente rivolto verso Jean e nessuno dei due più scrutava l'orizzonte; Jean gli lanciava uno sguardo minaccioso che lasciava intendere quale fosse lo stato d'animo con cui andava affrontata una qualunque situazione in quel periodo tanto da far sentire in colpa Connie per essere stato ottimista per un attimo.
Il ragazzo tornò ad incupirsi e ricordò perché quella mattina fosse particolarmente nervoso; non aveva chiuso occhio per tutta la notte sentendo un insistente e fantomatico ronzio pressargli nelle orecchie e costringendolo a rigirarsi ogni minuto nel tentativo di soffocarlo tra le coperte o con uno di quegli scomodi cuscini in dotazione al Corpo di Ricerca. Aveva continuato a voltarsi nella notte, imprecando sottovoce insulti verso quel ronzio che lo aveva torturato per tutto il tempo e ora che era rimasto in silenzio con Jean e si era concentrato un po' di più su sé stesso, ricordandosi di quel ronzio, aveva cominciato ad avvertirlo nuovamente come se non se ne fosse mai andato ma avesse aspettato l'occasione giusta per tornare a tartassarlo.
Jean gli diede uno strattone che fu avvertito troppo violentemente da Connie, perso nei suoi pensieri, e gli disse con un sorriso mesto:<< Comunque… Fai buona guardia mentre io vado a richiamare la mia squadra. >>
Connie annuì in silenzio prima di tornare ai suoi pensieri. Vide Jean voltarsi e allontanarsi lungo la Barriera alla ricerca dei componenti della sua squadra; era diventato il capitano di un piccolo plotone, dopo che il Corpo di Ricerca aveva raggiunto l'oceano e le speranze avevano cominciato a rinascere: ufficialmente faceva ancora parte della squadra Levi, come tutti loro, ma in quella occasione era stato necessario suddividere la Legione in diversi gruppi che potessero darsi il cambio alla ronda, che facessero i turni ai magazzini, alle stalle e alle prigioni, in modo che tutti quanti potessero ricevere la giusta quantità di riposo e licenza – anche se in quel posto era difficile far fruttare una licenza. Dato che aveva sempre dimostrato buone doti da leader, Jean era stato incaricato di guidare un piccolo contingente di giovani reclute nei turni di ronda in modo da farli abituare alla vita militare, passando poi a compiti più complessi e faticosi; l'unica cosa che quei ragazzi non avevano avuto modo di affrontare di persona era la guerra.
Connie sentì i brividi scuoterlo quando ripensò alla guerra. Quella parola gli metteva ansia e lo faceva sudare, mentre una morsa allo stomaco lo faceva sentire sempre più affaticato; solo ricordare la guerra e i suoi orrori gli dava tanto sconforto. Pensava sempre a quello che aveva vissuto: la cospirazione della famiglia Reiss, i Giganti che divoravano i suoi compagni di corso, il suo primo omicidio, il tradimento di Reiner e Bertholdt…
Reiner. Tornava sempre su quel punto… Che cosa aveva che non andava quel giorno? La mancanza di sonno gli aveva bloccato il cervello? Oppure non aveva ancora del tutto accettato la verità e aveva sperato che tutto quello fosse solo un sogno, o ancora meglio, uno scherzo? Ma dopo tutto quello che aveva visto, poteva davvero pensare che ci fosse qualcosa di buono in Reiner? Dopo tutto quello che aveva rischiato di perdere per colpa sua, poteva davvero permettersi di concedergli il beneficio del dubbio?
Il vento cambiò. Da una leggera brezza che proveniva dal mare, questo si trasformò quasi in un tifone parallelo alla Barriera che faceva sventolare violentemente le bandiere, e le onde del mare assumevano delle forme inusuali spinte dalla forza del vento che aveva cambiato improvvisamente direzione. Connie si strinse al petto il mantello verde con sopra il simbolo della Legione Esplorativa e abbassò lo sguardo pensieroso sul bordo della Barriera; in fondo quel luogo non era poi tanto diverso dalle Mura. Anche lì dei soldati stavano continuamente a sorvegliare il mondo all'esterno per proteggere chi stava all'interno da eventuali attacchi; però, se prima loro si difendevano solo dai Giganti, adesso dovevano vedersela con altri uomini, spietati, malvagi, pieni di odio nei loro confronti… Ma peggio di tutto, quegli uomini – solo alcuni di loro – un tempo si erano fatti chiamare loro "amici".
Connie affondò il mento sotto al mantello verde della Legione Esplorativa, abbassando nuovamente lo sguardo dubbioso e si soffermò a guardare il mare; quella mattina aveva un colore bluastro scuro, quasi grigio, che prometteva tempesta e agitazione. Il suo colore era dovuto da quello del cielo, però Connie pensava che fosse molto più esplicito il mare quando si trattava di decifrare il tempo atmosferico; per lui, se il mare cominciava a incresparsi violentemente, significava che stava per arrivare una tempesta.
A un tratto Connie tornò ad avvertire quell'odioso ronzio che lo aveva accompagnato per tutta la notte. Sbuffò spazientito e cercò di stapparsi un orecchio facendovi pressione sopra con un dito, nel tentativo di attutire quel suono oppure farlo andare via, ma sembrò non funzionare. Tornò a guardare sconfortato il cielo grigiastro mentre quel ronzio continuava a rimbombare nelle sue orecchie come un suono di fondo intramontabile; c'era qualcosa di strano in quel suono, era impossibile che potesse rimanergli nella testa per così tanto tempo.
Anche quando gli capitava di udire dei fischi nelle orecchie o di sentire tutti i suoni come attutiti, come se fosse rimasto in apnea, Connie finiva per non pensarci troppo e alla fine se ne dimenticava; quei disturbi sparivano nel passare di pochi minuti solitamente, quindi perché questo era così insistente?
Continuando a pensarci, Connie lo aveva fatto crescere ancora di più. Diversamente da quella notte, adesso il ronzio rimbombava pesantemente nelle sue orecchie e dentro la sua testa rasata, facendo tremare il suo corpo come se stesse avendo le convulsioni; anche i battiti del suo cuore erano stati sovrastati da quel ronzio, tanto era diventato forte e insistente, quasi assordante. Connie si coprì le orecchie con le mani a coppa per cercare di isolare quel rumore e poter finalmente tornare a concentrarsi, ma ormai sembrava che quel semplice "ronzio" non fosse più recluso nella sua testa, bensì si fosse esteso uscendo dalle sue orecchie che aveva tanto martoriato durante la notte e aleggiando nell'aria in quel mattina ventosa e silenziosa. Era così forte che sembrava che uno sciame enorme di calabroni stesse sorvolando Porto Gloria, facendo scuotere le fondamenta della Barriera stessa.
Ma che cos'era quel suono? Non era possibile che Connie se lo stesse sognando, anche perché gli altri soldati sulla Barriera assieme a lui sembravano esserne attoniti allo stesso modo; si guardavano intorno con aria persa e cercavano una fonte in quel ronzio che a quel punto era diventato un rombo assordante e costante nell'aria. Allo stesso modo loro, Connie faceva andare lo sguardo da destra a sinistra, ma non cercava sulla barriera o all'interno dell'avamposto Gloria; lui guardava il mare.
Osservò con attenzione l'intera linea dell'orizzonte alla ricerca di qualcosa che spiegasse quel fenomeno, aguzzando la vista per cercare di cogliere il minimo particolare su quelle acque scure che cominciavano ad agitarsi sempre di più. Non vide nulla, ma a un tratto scoprì qualcosa in alto nel cielo bucare le nubi fitte e burrascose che in quel momento sembravano essersene rimaste a distanza di sicurezza dalla costa: quello che vide era qualcosa che non aveva mai visto prima, qualcosa di stranamente minaccioso che non fece che incutergli timore.
In alto nel cielo, sbucando a velocità costante dal fitto nelle nuvole, un grosso quanto insolito mezzo scuro e scintillante munito di grandi ali nere stava avanzando verso la costa; era quella la fonte di quel rombo assordante che ora era chiaro e udibile, tutti potevano capire da dove provenisse.
In un attimo quella vista terrorizzò Connie e i suoi commilitoni sulla Barriera, che cominciarono a domandarsi su cosa fosse veramente quell'enorme uccello metallico. Le loro domande persero significato quando, pochi istanti dopo, dalla nebbia che sfiorava il pelo del mare all'orizzonte, vennero fuori delle enormi navi in acciaio, corazzate e minacciose con le loro miriadi di cannoni puntati verso la Barriera e il fumo nero e pesante che veniva fuori dalle loro ciminiere. Le navi erano in formazione e convergevano tutte su di una nave posta al centro che portava un grande vessillo su una delle ciminiere e sembrava guidare tutte le altre.
Ci stanno attaccando! Fu il pensiero che invase la mente di Connie quando vide spuntare dalle nuvole un altro paio di quegli strani uccelli corazzati. Scattò verso una delle numerose campane poste sul bordo interno della Barriera a intervalli regolari e cominciò a urlare dando l'allarme alla gente all'interno.
Quei vessilli sulle navi li aveva già visti tante altre volte, ma quella volta per qualche motivo gli misero una grande paura. << ALLARMI! ALLARMI!!! MAHLE CI STA ATTACCANDO! >> Gridò fuori di sé mentre la campana appesa al paletto cominciava a squillare fortemente, scossa con violenza dal braccio di Connie che aveva afferrato la cordicella sotto di essa. Dopo alcuni istanti che ebbe cominciato a suonare l'allarme, un'altra campana non molto distante da lui cominciò a squillare, e dopo di questa toccò a quella dall'altro lato; le campane erano distribuite lungo la Barriera in modo che fosse possibile dare l'allarme in più punti della Barriera e allo stesso tempo era un buon modo per poter confutare la veridicità degli avvistamenti: se una sola campana stava suonando, significava che poteva essersi sbagliata la vedetta, mentre se tutte le campane risuonavano assieme, doveva esserci effettivamente qualcosa dall'altra parte.
<< Connie! >> Connie sentì chiamare il proprio nome da una voce amica. Si voltò rapidamente mentre il braccio continuava a scuotere con forza la campana: a una ventina di metri da lui c'erano Jean e un gruppo di cinque altri soldati ammantati di verde che correvano alle sue spalle. Il caposquadra si fermò davanti all'amico e riprese fiato velocemente prima di rivolgersi a lui; la sua squadra non fu tanto rapida a recuperare le energie spese nella corsa.
<< L'hai visto anche tu? >> Chiese il ragazzo dai capelli castani.
Connie annuì senza smettere di scuotere la campana, che a quel punto era stata affiancata da altre decine di campane dallo stesso suono fino a creare una grande confusione sonora in cima alla Barriera. Non aveva guardato sotto, nel villaggio ai piedi della Barriera, ma era sicuro che a quel punto tutti quanti avessero cominciato a mobilitarsi.
<< Bisogna andare ad avvisare Hanji! >> Esclamò Jean voltandosi verso l'interno dell'avamposto. Connie era d'accordo, ma le sue gambe non sembravano volersi muovere. Il caposquadra si voltò a fissare la flotta che si avvicinava pericolosamente all'isola. << Certo che a volte vorrei proprio non avere ragione… >>
Connie si voltò a guardare nella stessa direzione di Jean: una flotta intera accompagnata da tre di quegli strani mezzi volanti in acciaio, minacciosi con le loro ombre scure e il loro rombo assordante; un attacco come quello non lo avevano mai ricevuto, non avevano mai assaggiato in pieno la potenza del loro nemico e il fatto che avessero sempre vinto contro piccole squadre impreparate ad incontrarli lì andava a loro svantaggio, che adesso non potevano verificare la vera forza di Mahle. Si girò poi a guardare i ragazzi della squadra di Jean: erano tutti più giovani di lui, reclute inesperte che ancora non avevano provato cosa significasse lottare per la propria vita; proprio come lui e gli altri ragazzi del suo gruppo una volta riusciti a graduarsi. Non avevano ancora affrontato il vero terrore, quella sensazione di non poterne uscirne tutti interi…
Connie e gli altri avevano avuto il loro battesimo del fuoco a Trost, quando i Giganti riuscirono a sfondare per la seconda volta le Mura; quei ragazzi non erano di fronte all'orrore dei Giganti, bensì di fronte all'orrore della guerra. Per certi versi era peggio di prima: quando ci fu l'attacco a Trost, né Connie né gli altri sapevano nulla sui Giganti; adesso nessuno sapeva nulla sul popolo di Mahle, non erano riusciti ad ottenere informazioni sui loro armamenti e quella sensazione di terrore che bloccava tutti quanti lì sul posto era ben giustificata.
Connie finì per concentrarsi su una ragazza in mezzo al gruppo: aveva i capelli corti di un bel colore ramato e gli occhi grandi e verdi erano pieni di incredulità, terrore, paura nel suo stato più puro. La ragazza se ne stava stretta accanto a un ragazzo alto e biondo dai lineamenti affilati; nonostante lui sembrasse uno in grado di mantenere la calma anche in situazioni come quella, i suoi occhi erano sconvolti alla vista di quella flotta di navi in avvicinamento. I pensieri che attraversavano la mente di quei ragazzi dovevano essere diversi: si saranno sicuramente chiesti se fosse arrivata la loro ora, se sarebbero stati in grado di lottare… Come loro, anche grandissima parte del Corpo di Ricerca era nuovo alle battaglie: tutti quei ragazzi si erano uniti alla Legione Esplorativa solo dopo la battaglia di Shiganshina, dove Connie e gli altri erano riusciti a mettere Reiner in ginocchio e sconfiggere Bertholdt, mentre dall'altro lato delle Mura il resto dell'esercito veniva letteralmente spazzato via sotto i colpi del Gigante Bestia. Quasi tutti all'interno del Corpo di Ricerca erano cadetti alle prime esperienze che non avevano mai combattuto neanche con un Gigante; quanti di loro sarebbero riusciti a mantenere il sangue freddo di fronte a uno scenario così minaccioso, se anche un veterano come Jean riusciva a malapena a controllarsi?
Il caposquadra si voltò verso Connie e gli puntò un dito contro:<< Connie! Tu sei il più veloce tra noi, scendi il più in fretta che puoi dalla Barriera e avvisa il comandante Hanji! >> Si avvicinò al suo gruppo e si rivolse alla ragazza; il protocollo voleva che le campane continuassero a suonare senza interruzioni fino alla completa mobilitazione delle truppe, quindi questo significava che qualcuno doveva prendere il posto di Connie. << Briest, prendi il suo posto alla campana! >>
Non appena sentì nominare il proprio nome, la ragazza scattò sull'attenti tornando a concentrarsi sul suo capitano e rispose con decisione, pur sudando copiosamente al pensiero di dover affrontare una battaglia. Sembrò muoversi con difficoltà verso la campana e con mani tremanti e scivolose afferrò il cordino a cui era legata; Connie la fissò per un attimo con sguardo addolorato, dispiaciuto nel vederla tanto spaventata. Lo sguardo basso della ragazza in quel momento sembrava dire che non sarebbe sopravvissuta allo scontro, che sarebbe morta là.
<< Connie! >> Lo richiamò Jean, vedendo che ancora non era partito. << Sbrigati! Noi resteremo qua a controllare la situazione, se dovessero esserci novità manderò qualcun altro ad avvertirvi. >> Detto questo si voltò verso l'oceano e tornò ad osservare le navi in rapido avvicinamento.
Connie annuì riprendendo il controllo del proprio corpo. Si voltò di nuovo verso la ragazza e vide un'ultima volta i suoi occhi sconsolati prima di voltarsi verso l'interno della Barriera e prendere la rincorsa verso il bordo: spiccò un salto con gran determinazione estraendo le due else per le spade e preparandosi a premere i grilletti per lanciare i rampini e accompagnare dolcemente la sua discesa.
Si voltò verso un lato della Barriera e premette i grilletti. I rampini vennero fuori dall'attrezzatura per la manovra tridimensionale ai suoi fianchi e si agganciarono nella roccia della Barriera; il ragazzo oscillò lateralmente dirigendosi verso la tenda del comandante e sganciando i rampini prima di superare la metà del suo volteggio. Sfruttò la spinta data dalle corde e scivolò lungo la parete scendendo ancora di parecchi metri. Prima di avvicinarsi troppo al suolo, Connie adocchiò una torre piena di punti di appiglio posta appositamente perché i soldati potessero aggrapparvisi per scendere dalla Barriera e inoltrarsi nell'avamposto continuando ad utilizzare la manovra tridimensionale.
Connie oscillò rapidamente accanto alla torre, sganciandosi da essa quando la corda ebbe cominciato a tendersi al contrario e continuò a saltare da un albero all'altro scivolando sopra le teste dei tanti suoi commilitoni e civili che adesso si muovevano per le vie dell'avamposto Gloria con fare concitato.
Nello spiazzo che circondava la tenda del comandante stavano riunite una decina di persone tra cui il comandante Hanji e il capitano Levi; tutti erano con il naso per aria alla ricerca di un messaggero che portasse loro notizie sulla situazione in cima alla Barriera. Quando fu avvistato, Connie cercò subito un punto libero dove atterrare e non si curò minimamente di effettuare un atterraggio morbido.
Arrivato a terra, le ginocchia del ragazzo cedettero e Connie ruzzolò per un paio di metri ritrovandosi faccia a faccia con gli stivali del capitano Levi, che gli rivolgeva il suo solito sguardo tetro; Connie si rialzò subito ma rimase con un ginocchio a terra mentre eseguiva il saluto di fronte ai suoi superiori e cominciava subito a parlare rivolgendosi ad Hanji.
<< Comandante! Abbiamo avvistato una flotta di navi corazzate venir fuori dalle nubi all'orizzonte, e sono scortate da altri tre strani mezzi che hanno tutta l'aria di essere delle nuove armi! >> Disse tutto d'un fiato il ragazzo mentre intanto raddrizzava la schiena e portava a chiudere il pugno destro sul cuore e il sinistro dietro la schiena, come il suo istruttore gli aveva insegnato a furia di percosse.
Hanji, che sembrava aspettarsi una notizia del genere, sembrò preoccuparsi di più della nuova arma sconosciuta. << Nuove armi, hai detto? >> Chiese spalancando con stupore il suo occhio rimasto. Connie si alzò da terra e annuì ancora un po' disorientato. << Che tipo di armi sono? >> Il suo sguardo brillò dalla curiosità, spaventando Connie per un attimo.
Ma il ragazzo non sapeva come spiegare il perché ritenesse che quegli strani oggetti volanti potessero essere armi, e in più non poteva dare informazioni dettagliate su di loro avendoli visti solo da lontano. Vedendo che non avesse idea da dove cominciare, il capitano Levi lo fulminò con un'occhiata delle sue e lo riportò all'ordine.
<< Descrivicele. >> Disse senza un tono e guardando di sbieco il ragazzo, che sentendosi quegli occhi gelidi addosso riuscì a trovare la determinazione per parlare.
<< Si tratta di tre grandi mezzi… Le loro dimensioni sono minori delle navi, ma non è questo a renderli particolarmente spaventosi. >> Cominciò a spiegare. Hanji lo esortò a sbrigarsi, non avevano tutto il tempo del mondo e moriva dalla curiosità di sapere cosa ci fosse oltre la Barriera. << Il fatto è che… Questi oggetti non corrono sulla terra come delle automobili, né viaggiano per mare come navi… Ma volano! Volano senza reggersi a nulla, senza alcun apparente sostegno. >> Di fronte agli occhi sbigottiti del comandante Hanji e a quelli di tutti gli uomini riuniti attorno a loro, Connie continuò a parlare descrivendo ciò che aveva visto. << Si spostano producendo un grande rombo e a prima vista sembrerebbero essere fatti di metallo… Hanno la forma di grandi uccelli e… >> Levi lo interruppe bruscamente.
<< Quanto distano da noi? >> Fu la domanda del capitano.
Connie lo guardò perplesso per un istante, poi comprese la vera priorità della situazione e rispose balbettando:<< Ci… Cinque chilometri dalla costa… Forse quattro. >>
<< Si muovono in fretta… >> Mormorò a bassa voce Hanji rivolgendosi a Levi. Quello annuì. Connie continuò a parlare senza che gli fosse stato chiesto.
<< Se non ci fosse stata la nebbia avremmo potuto avvistarli prima… Le navi e gli oggetti volanti si muovono in una sorta di formazione; non so chi dei due sia più veloce, ma rimangono sempre vicini… Forse si fermeranno per attaccarci da lontano… >>
<< D'accordo, basta così! >> Esclamò Levi lanciandogli un'ultima volta il suo sguardo di sufficienza prima di tornare a concentrarsi sul comandante. << Dobbiamo mobilitare le truppe. Una flotta così non si era mai vista prima d'ora. >>
Hanji annuì. << Ci penso io. Tu vai con i tuoi a fare il punto della situazione e assicurati che sulla Barriera siano pronti a rispondere a qualsiasi tipo di attacco! >>
Levi rispose con un piccolo cenno della testa e si voltò dicendo a Connie di andare con lui. Il ragazzo faceva parte della sua squadra, assieme a Jean, Eren, Armin, Mikasa e Sasha; sicuramente avrebbero riunito gli altri prima di salire in cima alla barriera, ma avrebbe potuto volerci troppo tempo.
<< Connie. >> Esordì il capitano senza voltarsi a guardarlo, mentre avanzava nel sentiero in mezzo agli alberi. << Trova Eren, Mikasa, Armin, Sasha e Jean, poi raggiungetemi tutti in cima. >> Aveva già estratto i suoi puntatori e stava per premere i grilletti per spiccare il volo e utilizzare la manovra tridimensionale per raggiungere la cima più in fretta possibile, quando Connie lo fermò un istante.
<< Jean… E' già in cima… >> Mormorò intimorito dallo sguardo di Levi, che andava evidentemente di fretta.
Quello lo guardò ancora più infastidito del solito, ma questa volta si girò a guardarlo perlomeno; era quasi alto quanto lui, a Connie non capitava spesso l'occasione di poter parlare con qualcuno che non lo guardasse dall'alto. << D'accordo. >> Disse seccato. << Allora trova Eren, Mikasa, Armin e Sasha, e poi raggiungetemi! >> E detto questo rilasciò i suoi rampini che andarono a conficcarsi nel tronco di un albero e lo tirarono su, spinto dal gas in fuoriuscita dalle bombole attaccate ai suoi fianchi.
Connie osservò immobile la figura del capitano allontanarsi sempre di più, diventare ancora più piccola di quanto non fosse già, e confondersi con il colore bruno della Barriera che torreggiava su tutto l'avamposto Gloria. Lo aveva sempre messo in soggezione, nonostante la sua piccola statura; il capitano Levi era inquietante e anche quando non ce l'aveva con te sapeva metterti una paura tremenda.
In un attimo Connie si destò da quello stato inebetito che aveva preso dal suo arrivo alla tenda del comandante. Che diavolo gli aveva preso? Erano in piena emergenza, non c'era tempo per lasciarsi sopraffare da pensieri idioti come l'altezza del capitano o le sue paure nei suoi confronti! Sicuramente aveva fatto perdere tempo prezioso a Levi e Hanji con le sue ridicole titubanze.
Si voltò e cominciò a correre infilandosi in una stradina che portava dentro all'avamposto e, lui ne era sicuro, direttamente alle tende dei soldati; il comandante Hanji non voleva sentirsi diversa dal resto dei suoi uomini, per questo la sua tenda era accanto a quelle dei soldati semplici, nel punto più esposto di tutto l'avamposto, al suo limite con l'interno e quindi non protetto dalla Barriera. Connie era fortunato quella mattina, forse avrebbe trovato facilmente i suoi compagni…

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Capitolo 2
*** Squadra ***


Una volta arrivato nel cortile dove si riversavano i soldati una volta fuori dalle loro tende, però, il ragazzo si ritrovò davanti una scena inaspettata ma che avrebbe dovuto prevedere: una marea di soldati si agitava disordinatamente alla ricerca di armamenti e scorte da mettere al sicuro. La confusione regnava lì in mezzo e tra le tante teste Connie non pensava che sarebbe mai riuscito a trovare i suoi amici: sicuramente Eren, Mikasa e Armin erano assieme, ma ci sarebbero volute ore a trovarli lì in mezzo e nessuno gli assicurava che fossero veramente là.
Non avendo altre alternative, Connie si infilò in mezzo alla calca cominciando a chiedere a chiunque se avessero visto Eren, che nella Legione conoscevano tutti per via del suo potere del Gigante; sfortunatamente nessuno sembrava sapere dove fosse andato il suo amico né nessun altro del suo trio. Lì in mezzo si sentiva ancora l'odore di fumo che aveva impregnato l'erba e la stoffa delle tende durante la notte.
Scoraggiato, incerto su come fare a trovare i suoi amici, Connie decise di raggiungere la tenda-cucina e chiedere aiuto a Sasha, sperando che avrebbe potuto aiutarlo.
Nella tenda-cucina regnava il caos: chi era appena arrivato cercava di arraffare qualche cibaria da mandare giù velocemente prima che fuori dall'accampamento si scatenasse l'inferno e chi invece aveva già cominciato a mangiare prima che suonasse l'allarme stava cercando di fare il più velocemente possibile per potersi mobilitare. Dietro alla fila di tavolini che dividevano la tenda, Sasha e il suo compagno cuoco erano nel bel mezzo di una specie di lotta con la loro cucina, mentre la gente alle loro spalle gli metteva fretta e cercava di scavalcare gli altri nella fila. Connie fece appello a tutte le sue forze per trovare un varco nella folla e urlare il nome di Sasha più forte che potesse, prima che qualcuno lo tirasse via da lì per non aver rispettato la fila. Per sua fortuna, la ragazza lo sentì.
<< Connie! Che cosa ci fai qui? Senti, se è per quella bistecca adesso non ho proprio tempo! >> Urlò in preda al panico mentre cercava di non far versare la brodaglia che bolliva nella pentola davanti a sé.
<< Ma quale bistecca! >> Gli rinfacciò lui, chiedendosi come facesse a pensare al cibo in un momento come quello. << Stiamo venendo attaccati, il capitano Levi ha radunato la squadra e io non riesco a trovare gli altri! Devi venire con me! >>
Fu un attimo: Sasha si voltò confusa a guardarlo prima di assumere un'espressione sollevata e lasciar cadere nella pentola il mestolo che teneva in mano. Con un balzo scavalcò i tavolini nella tenda e disse al suo compagno di dover andare:<< Scusami, Horst… Il dovere chiama! >>
Horst non sembrò per niente contento di vederla svignarsela a quel modo, lasciando a lui tutta quella folla inferocita di soldati affamati che si aspettavano di essere rifocillati un minimo prima di dover andare a combattere, ma non poté farci niente.
Connie e Sasha uscirono di corsa dalla tenda con la ragazza davanti, più rapida nei movimenti a causa dell'attrezzatura per la manovra tridimensionale che portava addosso Connie e lo rallentava. << Dobbiamo passare alla mia tenda a prendere la mia attrezzatura. >> Disse lei mentre già cominciava a correre in direzione della sua tenda, poco distante da lì data la sua occupazione alla tenda-cucina.
Connie le arrancò dietro, dicendole di non aspettarlo e di sbrigarsi a prendere l'occorrente così da potersi mettere alla ricerca degli altri. Quando fu arrivato alla tenda della sua amica, si fermò: non sapeva se fosse opportuno entrare, magari sarebbe risultato invadente e Sasha avrebbe potuto non apprezzare la sua mancanza di rispetto della sua privacy.
Proprio mentre lui si poneva questi dubbi e si tormentava se fosse più opportuno restare ad aspettare fuori o entrare con Sasha, la ragazza lo chiamò improvvisamente da dentro la tenda, dicendogli di entrare. Connie non se lo fece ripetere due volte e si ritrovò di fronte la ragazza mezza nuda che si sfilava di dosso la camicia per i cuochi dell'accampamento. La sua schiena scoperta era liscia e scintillante alla fioca luce del mattino che filtrava nella tenda e solo una stretta fascia di tessuto ruvido all'altezza del petto interrompeva la sua nudità. Sasha allungò un braccio verso una pila di vestiti ammucchiati in un angolo e chiese a Connie di avvicinarglieli. << Dobbiamo fare presto, dai! >> Lo incitò mentre intanto lottava con la camicia impigliatasi all'altezza della testa, causa la sua riluttanza allo sbottonarsi per fare più in fretta.
Il ragazzo, privo di parole, si voltò per prendere i vestiti da soldato e si avvicinò alla sua amica per porgerglieli. Lei lo ringraziò afferrando rapidamente una maglietta bianca di tessuto liscio che si infilò subito dalla testa; prima di prendere la giacca dell'esercito, Sasha si voltò e si lasciò cadere su uno sgabello prima di cominciare a togliersi i pantaloni di tela, troppo leggeri e fragili per il combattimento. Non appena vide che stava cominciando a spogliarsi anche dei suoi abiti inferiori, Connie girò la testa coprendosi gli occhi con il dorso di una mano e arrossendo tutto in volto; il suo imbarazzo non sembrò trovare una ragione nella mente di Sasha, che gli rivolse uno sguardo confuso prima di lanciare via i pantaloni e afferrare quelli che aveva preso Connie dal mucchio di vestiti nell'angolo. Non appena la ragazza fu nuovamente vestita, Connie poté tornare a rivolgerle lo sguardo e tirò un sospiro di sollievo, chiedendosi se quella ragazza sapesse che cosa fosse l'imbarazzo…
Sasha non si era mai lamentata dei vestiti in dotazione all'esercito, li reputava comodi e molto elastici, adatti a combattere ma anche a mangiare fino a scoppiare… Quella era la vera priorità per quella ragazza.
<< Che c'è? >> Chiese notando che ancora il rossore delle guance di Connie non era sparito. Il ragazzo si chiese come avesse fatto a vederlo con la poca luminosità che c'era nella tenda e decise di distogliere lo sguardo un'altra volta.
Imprecando nella propria mente, Connie rispose con falsa freddezza:<< E' che non so proprio cosa aspettarmi da questo attacco… >>
Sasha si alzò dallo sgabello e indossò rapidamente la giacca da soldato prima di voltarsi a prendere la sua attrezzatura per la manovra tridimensionale. Cominciò ad armeggiare con le cinghie, ma sembrò non riuscire a raccapezzarcisi e chiese aiuto a Connie. Lui si avvicinò annuendo e si inginocchiò alle sue spalle per poter legare le cinghie dell'attrezzatura; era abituato ad aiutarla in quell'operazione, quel tipo di cose non era imbarazzante per lui… Ma stare a guardarla mentre si vestiva gli sembrava veramente troppo!
<< Non ci pensare. >> Disse a un certo punto Sasha, voltata verso l'oscurità. Connie non poteva vederla in faccia mentre gli diceva quelle cose, ma sentì quanto fosse rassicurante il suo tono di voce. Dopo che ebbe completato l'operazione cinghie, il ragazzo si rialzò da terra e la vide voltarsi verso di lui mentre si infilava a tracolla il suo fedele arco:<< Potrebbe accadere di tutto da qui in poi… Ma tu non devi farti tormentare da ciò, altrimenti rischierai di commettere errori fatali. >> Lei gli sorrise in modo rassicurante prima di voltarsi per andare a prendere il suo mantello.
Connie abbassò lo sguardo abbattuto. << E se… Dovesse esserci anche Reiner? >> Chiese con voce tremante.
Per un attimo Sasha si fermò e rimase ad elaborare la domanda del suo amico; lei aveva rischiato di morire per colpa di Reiner, difficilmente provava ancora sentimenti contrastanti verso di lui. Tornò subito a muoversi e si voltò dopo guardando Connie negli occhi, allacciandosi il mantello verde al collo:<< Allora dovrai dimenticare ogni cosa e pensare a lottare! >>
Il suo sguardo era duro, la sua voce era dura… Ma a un tratto sulle sue labbra affiorò un sorriso dolce come solo lei sapeva rivolgergli. Alzò una mano per accarezzare la sua testa rasata, quella crapa pelata e rotonda per cui lo aveva spesso preso in giro.
<< Connie, tu sei forte. Molto forte! >> Sussurrò con occhi dolci e rassicuranti, mentre Connie non capiva dove volesse andare a parare con quel discorso. << Alla fine del nostro addestramento, tu eri all'ottavo posto tra i migliori del corso e, se contiamo fuori Reiner, Annie e Bertholdt, che avevano dalla loro il fatto di essere dei giganti, rientri tra i primi cinque. >> Fece una pausa abbassando lo sguardo, mentre Connie continuava a guardarla confuso. A un tratto la sua voce si fece più cupa e tremante. << Davanti a te si era classificato anche Marco… Che però ha fatto un errore e si è lasciato uccidere. Io non… Non voglio che tu ti lasci cogliere dai risentimenti, dai bei ricordi, e ti faccia uccidere come è successo a lui… >>
Connie si divincolò dalla presa della ragazza e la fissò pieno di confusione in testa. << Sasha, che stai dicendo? >> Chiese quasi spaventato, vedendo in un riflesso i suoi occhi lucidi vicini al pianto.
Sasha deglutì con forza e si sforzò di tornare a sorridere. << Sto dicendo che tutto quello che abbiamo vissuto con Reiner e gli altri è stato meraviglioso… Ma… >> E qui si fermò un istante. << Se dovessi lasciarti trasportare dalle emozioni, rischieresti solo di dargli un'altra possibilità per ucciderti. E questa sarebbe l'ultima. >> Fissò intensamente gli occhi di Connie. Il ragazzo sentì all'improvviso una grande pressione su di sé. << Abbiamo lottato già una volta con Reiner. Abbiamo fatto di tutto per non ucciderlo, per dargli un'altra chance… Semplicemente, lui non lo voleva. >>
Connie ripensò alla loro battaglia a Shiganshina, il distretto dove avevano affrontato i loro vecchi amici Reiner e Bertholdt, dove avevano anche rischiato di essere brutalmente uccisi da quei loro "amici". Sasha era stata ferita gravemente proprio da Reiner; avevano pianto entrambi prima di quell'accaduto, credendo di averlo finalmente ucciso. Ma dopo il grande rischio che aveva corso in quella battaglia, la ragazza doveva aver perso tutta la sua compassione nei confronti di quel "Guerriero" che li aveva traditi. Lei non voleva che Connie continuasse a giustificare Reiner fino alla fine, rischiando la sua stessa vita nel farlo.
<< Ci siamo intesi? >> Chiese lei poggiando le sue mani sulle spalle di Connie e lanciandogli un'ultima profonda occhiata. Il ragazzo non sapeva più in cosa credere; aveva sempre desiderato poter chiarire le cose con Reiner, sperato che ci fosse un modo per non doverlo uccidere… Ma nonostante non riuscisse a trovarlo in nessun modo, lui semplicemente continuava a ignorarlo. Ma per quanto ancora avrebbe potuto permetterselo?
La risposta di Connie venne automatica:<< Non devi preoccuparti, Sasha. >> Disse sudando, mentre i suoi occhi non potevano guardare altrove se non il viso della ragazza. << L'ho capito ormai… >>
Senza nemmeno dargli il tempo di concludere la sua frase, Sasha strinse con forza Connie in un abbraccio come per ringraziarlo di aver finalmente capito il suo punto di vista e rimase per alcuni secondi con la testa poggiata su una sua spalla, gli occhi chiusi in un'espressione serena e beata. Connie fu preso alla sprovvista da quel gesto e reagì in ritardo: dopo alcuni istanti di incertezza, alzò le mani e cinse le spalle della sua amica, che sembrava quasi star liberando tutta la sua tensione con quell'abbraccio; sentì letteralmente il corpo di Sasha alleggerirsi mentre lei respirava appoggiata al petto di lui.
<< Scusami… >> Mormorò Connie, non sicuro su cosa si dovesse scusare. << Ti ho fatta preoccupare inutilmente… >>
Sasha sorrise e lasciò andare un pigolio gioioso. << Vorrà dire che avrai meno carne, quando ceneremo con quel cinghiale… >> Disse spensieratamente riportando alla memoria di Connie il cinghiale di cui gli aveva parlato quella mattina, neanche un'ora addietro. La ragazza lasciò andare il corpo di Connie e gli sorrise, sollevata, sfiorandogli la punta del naso con un dito. Poi si voltò facendo ondeggiare il suo mantello verde scuro e incitò al ragazzo di sbrigarsi a seguirla.
Ci avevano messo troppo tempo. Buona parte dei soldati nel cortile era andata chissà dove, tutti quanti portavano le loro uniformi e le attrezzature per la manovra tridimensionale ben in vista; gli uomini si spostavano a gruppi guidati da un caposquadra e lanciavano loro occhiate di rimprovero per non essere dove avrebbero dovuto essere. Connie si guardò intorno inutilmente, cercando di adocchiare qualcosa che potesse aiutarlo: il colore luminoso dei capelli di Armin, il baccano che precedeva Eren ovunque andasse o l'inspiegabile vuoto che si creava ogni volta che passasse Mikasa in mezzo alla gente. Niente di tutto ciò catturò l'attenzione del ragazzo, che non seppe da dove cominciare. Fu Sasha a dargli un incentivo per andarsene da lì.
<< Forza! >> Disse lei tirando il ragazzo da una mano e lanciandosi in mezzo alle squadre che si muovevano rapidamente nel cortile, facendo rompere le loro formazioni e ricevendo altre occhiatacce su di sé. Sembrava che non avesse idea di dove andare, si stava limitando a girare senza meta per quel cortile trascinata da un inspiegabile ottimismo e il suo intuito da cacciatrice.
Connie si chiese se stesse affidando tutto quanto al caso oppure se Sasha avesse qualche idea su come trovare Eren e gli altri; notò come agitasse convulsamente la testa, guardandosi a destra e a sinistra per trovare qualche particolare che la potesse aiutare nella sua ricerca, ma a parte questo sembrava che la cacciatrice non stesse seguendo alcun criterio per trovare i loro amici. Eppure cambiava strada improvvisamente ogni volta che raggiungevano una biforcazione, faceva sobbalzare il ragazzo con i suoi continui scatti come se stesse cercando di inseguire qualcuno di invisibile.
Fu totalmente casuale come, incredibilmente, riuscirono a incrociare il trio di amici che stavano cercando, voltando a un angolo e ritrovandoseli davanti tutti e tre sorpresi quanto Connie. Sasha invece sembrava soddisfatta di sé stessa e subito fece un cenno a Mikasa, in mezzo agli altri due ragazzi.
<< Vi stavamo cercando! >> Esclamò la ragazza dai capelli bruni annuendo verso la ragazza orientale. Mikasa aveva il suo solito sguardo perso nel vuoto quando incontrò Connie e Sasha, reagì quasi in ritardo e molto debolmente schiudendo le labbra con poca sorpresa.
<< Noi? >> Chiese la ragazza dagli occhi a mandorla prima di essere scavalcata dall'irruenza del suo amico Eren.
<< E' suonato l'allarme?! >> Chiese fuori di sé il ragazzo, cercando una conferma negli occhi di Connie.
Il ragazzo rasato annuì subito. << Sono stato io. >> Disse. << C'è una flotta all'orizzonte, una cosa mai vista… >>
Il ragazzo dagli occhi verdi sembrò vedere il demonio di fronte a sé: i suoi muscoli del viso ti tesero all'unisono e con rapido gesto aprì e chiuse entrambe le mani formando dei pugni serrati e quasi deformati dalla forza con cui chiuse le dita. Eren digrignò i denti con rabbia prima di sussurrare con voce roca e profonda:<< Sono qui… >>
Armin lo guardò preoccupato, vedendo come il suo amico si stesse alterando troppo già solo al pensiero di incontrare la flotta di Mahle. << Cosa dobbiamo fare? >> Chiese per cercare di distogliere Eren dal pensiero della lotta. Gli sguardi di tutti conversero sulla testa di Connie, che in quel momento aveva quasi dimenticato per cosa era andato a cercare i suoi compagni.
Subito si ricordò del capitano Levi e della loro situazione attuale e si mise come sull'attenti, non sapendo bene perché. << Dobbiamo raggiungere il capitano Levi in cima alla Barriera! Da lì vedrete tutto. Dobbiamo sbrigarci, la flotta potrebbe arrivare a tiro da un momento all'altro… >> Ma mentre si dilungava in spiegazioni non necessarie, Eren e Mikasa si erano già avviati per spiccare il volo, facendosi sollevare dai cavi delle loro attrezzature; Armin, più riflessivo nel gruppo, aveva aspettato che anche Sasha e Connie fossero pronti a partire, quindi aveva seguito i suoi due amici.
Sasha non aveva lasciato il braccio di Connie un solo istante, da quando erano usciti dalla tenda. Adesso cominciava a sentire i crampi al polso e Connie chiese per favore alla sua amica di lasciarlo andare; la ragazza non se n'era neanche accorta, gli chiese scusa imbarazzata per averlo stretto con tanta forza e si allontanò di qualche passo. Sasha non era diventata un cuor di leone da un giorno all'altro, aveva sempre provato una grande tensione prima di una battaglia e Connie sapeva quanto potesse essere tesa in quella situazione. La domanda era: era tesa per sé, o per lui?
<< Sasha… >> La chiamò con calma per non allarmarla ulteriormente. La ragazza si voltò quasi subito, rivolgendogli lo sguardo più naturale che potesse fare. << Andiamo. >> Disse con fermezza nella voce mentre il suo sguardo le dava la carica e la riempiva di sicurezza per poter affrontare quella sfida.
Inspiegabilmente, Sasha si sentì pronta ad andare e rispose con un silenzioso cenno della testa, sbigottita per quell'improvvisa carica datale dal suo amico. Insieme si voltarono verso la torretta più vicina e, estratte le else per guidare la manovra tridimensionale, premettero i grilletti.
<< Dimmi una cosa… >> Esordì Connie mentre volteggiavano in aria, diretti a un'altra torre poco distante da lì. Sasha si voltò per un istante a guardarlo, confusa su quale potesse essere ora la domanda. << Come facevi a sapere dove fossero Eren e gli altri? >>
La ragazza dapprima gli rivolse uno sguardo perplesso, poi si voltò in avanti sorridendo e sganciando i suoi rampini dalla parete di una casa. << Un cacciatore deve saper trovare le sue prede in ogni modo. >> Disse ad alta voce trovando un altro appiglio e sollevandosi ancora di più, costringendo Connie a seguirla per poter udire la sua spiegazione. << Diciamo solo che Mikasa ha… Un odore particolare. >>
Connie spalancò la bocca sconcertato mentre Sasha cominciava a ridere, ben conscia del suo grande stupore. << Che?! >> Esclamò incredulo il ragazzo avvicinandosi un po' alla sua amica. << Mi stai dicendo che hai seguito le sue tracce tramite l'olfatto? >>
Sasha continuò a ridere senza dare una risposta chiara alla domanda di Connie, che tuttavia pensò che fosse proprio quella la spiegazione. Provò a farsi dire qualcosa di più, commentando contrariato su come non riuscisse a credere a tutto quello, ma alla fine si dovette arrendere.
A dire il vero non era improbabile che Sasha sapesse distinguere l'odore delle persone come un segugio da caccia… In fondo era cresciuta nei boschi, imparando a distinguere le orme e gli odori dei diversi animali per potersi orientare e cacciare al meglio. Però, pensare che fosse in grado di distinguere addirittura l'odore di una persona in mezzo a decine di altre persone era incredibile! Che razza di odore doveva avere Mikasa, per poter permettere a Sasha di trovarla tanto facilmente? Era vero che fosse la sua compagna di stanza, quindi la ragazza doveva essere a contatto con il suo odore molto di più che con gli altri, ma era ancora qualcosa di incredibile… Gli venne da chiedersi quale fosse il suo di odore, dopo di quello, chiedendosi se Sasha non avesse etichettato ognuno dei suoi amici con un odore in particolare…
Quello gli fece ripensare a una persona di cui non avevano saputo più nulla: il caposquadra Mike Zacharias, vecchio amico dell'ormai defunto comandante Erwin. Mike era conosciuto per due cose in particolare: la sua estrema abilità nell'uccisione di Giganti, secondo solo al capitano Levi, e il suo olfatto sorprendentemente sviluppato, che utilizzava per localizzare eventuali minacce anche molto distanti. Connie ricordava come si aggirasse tra le truppe annusando l'aria e alcuni commilitoni, i primi giorni dopo il loro arrivo nella Legione Esplorativa.
Sfortunatamente, il caposquadra Mike era stato dichiarato disperso durante l'attacco all'interno del Wall Rose, quando lui e i suoi amici erano impegnati a difendersi dai Giganti a Castel Utgard. Probabilmente era caduto vittima durante la sua missione in avanscoperta, il cui obiettivo era eliminare più Giganti possibili e fare il punto della situazione prima dell'arrivo dei rinforzi… In quell'occasione, Connie era rimasto barricato nell'antica fortezza con Ymir, Historia, Reiner e Bertholdt, mentre un gruppo di soldati li difendeva dalle numerose ondate di Giganti arrivati assieme al Gigante Bestia durante la notte. Certo, pensare che in quell'occasione fosse stato addirittura salvato da Reiner, che si era fatto mordere il braccio da un Gigante al posto suo, sollevava molti dubbi sulla questione "tradimento"… Ma Connie ormai aveva deciso; non  si sarebbe fatto distrarre dai pensieri, i ricordi dei bei vecchi tempi dovevano abbandonarlo. Lo aveva promesso a Sasha, non poteva permettersi di farsi assalire dai dubbi un'altra volta!
Arrivati al cospetto della Barriera, i due ragazzi cominciarono a salire in verticale utilizzando le corde della loro attrezzatura e cercando di dosare il più possibile il gas nelle loro riserve; forse non sarebbe stato necessario, ma avrebbero fatto bene a conservarne il più possibile in vista della battaglia.
Connie non vedeva Eren e gli altri, segno che fossero già arrivati in cima e stessero aspettando il loro arrivo; accanto a lui, pochi metri più in alto, Sasha sfrecciava rapidamente in verticale, sganciando di tanto in tanto i rampini delle corde e scagliandoli nuovamente contro un punto più elevato della parete. Lui era più veloce, sapeva sfruttare meglio il gas a sua disposizione con un minor dispendio di energie, ma preferiva avercela davanti per poter controllare ogni sua mossa e assicurarsi così che la ragazza non commettesse qualche errore che le facesse perdere il controllo e la facesse precipitare nel vuoto; si trattava di un errore da principianti, Sasha era molto attenta durante l'esecuzione della manovra tridimensionale, ma poteva succedere di tutto in una situazione delicata come quella.
I due ragazzi rallentarono non appena ebbero cominciato ad avvicinarsi alla vetta e chiusero completamente il gas quando ebbero superato il bordo dell'imponente parete; sganciati i rampini conficcatisi nella roccia, entrambi calarono con leggerezza sopra la Barriera, dove un fornito gruppo di soldati li stava aspettando guardando verso il mare.
Armin, identificabile anche di spalle grazie ai suoi capelli biondi, si voltò adocchiando con la coda dell'occhio i suoi due amici in ritardo e tornò a guardare l'oceano. Nessun altro sembrò notare il loro arrivo, oppure non reagirono, a parte qualcuno dei ragazzi della squadra di Jean, riuniti lì vicino al loro caposquadra e in attesa di ordini. Stavano tutti in silenzio e guardavano lontano, chissà che cosa.
<< Capitano! >> Chiamò Connie atterrando con poca grazia e rischiando di inciampare mentre avanzava verso la piccola sagoma di Levi. Il piccolo ufficiale non si mosse e lasciò che Connie parlasse da solo:<< Scusate il ritardo. Abbiamo… >>
Connie stava per inventare qualche scusa, anche se in fondo lui e Sasha non avevano tardato poi così tanto, ma qualcosa all'orizzonte attirò la sua attenzione e lo paralizzò per lo stupore. Le navi si erano avvicinate; adesso davano i fianchi alla Barriera e i tre grandi mezzi volanti si limitavano a sorvolare la zona sopra di esse, assicurandosi di rimanere ben lontani dal tiro dei cannoni dell'avamposto Gloria.
<< Ci vogliono attaccare da distanza di sicurezza. >> Sussurrò Levi per niente sorpreso.
<< Vigliacchi! >> Gli fece eco Eren, sempre pronto ad aggredire il nemico anche solo con le parole. << Capitano, posso trasformarmi e distruggere le loro navi in un… >> Prima ancora che potesse finire la frase, al ragazzo fu negato il permesso di intraprendere quella missione suicida.
<< Neanche per sogno! >> Disse autoritario Levi, chiudendo la questione prima ancora che nascesse. << A quella distanza saresti vulnerabile ai loro cannoni e noi non potremmo difenderti. In più quei tre giganteschi uccelli… Non abbiamo idea di cosa possano essere, potrebbe trattarsi di una nuova arma contro i Giganti. >>
Eren strinse i pugni avvilito. << E allora cosa dovremmo fare? >> Chiese guardando a terra con rabbia, mentre gli altri facevano andare gli sguardi da lui al capitano Levi, e poi alla flotta navale di Mahle che attendeva di fronte alla nebbia che ancora non si era diradata. La loro distanza dalla costa era variata di poco da quando Connie aveva lasciato la Barriera per andare a riferire dell'attacco al comandante Hanji; anche quel fastidioso rombo non se n'era andato, era rimasto uguale a prima e solo in quel momento il ragazzo si rese conto di avercelo avuto nelle orecchie per tutto il tempo.
Levi rimase in silenzio ancora qualche secondo, poi fece qualche passo in direzione di Armin e si fermò accanto a lui. << Che cosa vedi? >> Chiese privo di un tono, ancora una volta.
Armin fu sorpreso di sentirsi rivolgere quella domanda in una situazione del genere; assieme ad Hanji e Levi, era lui ad ideare le strategie per i loro spostamenti nei territori fuori dalle mura e le sue idee avevano sempre portato alla vittoria in un modo geniale, ma adesso era da parecchio tempo che non veniva interpellato per sviluppare una strategia di guerra, perlopiù in una situazione di emergenza come quella… Tornato a guardare l'orizzonte, il ragazzo cominciò a parlare con lucidità:<< Ci sono sette navi e tre mezzi volanti… Al momento le navi non sembrano avere alcuna intenzione di attaccare, e questa potrebbe essere una buona notizia, ma quelle "macchine aeree" sono in costante movimento; non sappiamo cosa portano con sé né, se siano veramente armi. Quella di fronte a noi ha tutta l'aria di essere la calma prima della tempesta… >> Si voltò a guardare con scoramento il capitano Levi. Quello gli rivolse uno sguardo imperturbabile.
<< E che cosa penseresti di fare in questa situazione? >>
Armin esitò un'altra volta, elaborando nella sua mente geniale una strategia valida che non significasse la sconfitta dall'inizio. << Non sapendo quale sia il potenziale di quelle macchine… >> Cominciò pensieroso. << Aspetterei ad attaccare apertamente la flotta navale. Eren è in grado di sconfiggere facilmente una di quelle navi, ma sette contemporaneamente che gli sparano da ogni lato? I loro cannoni non sono tanto potenti da provocargli ingenti danni, tuttavia sotto una tale pioggia di proiettili e a distanza così ravvicinata anche un Gigante corazzato potrebbe non resistere… >> Si voltò a guardare con decisione il capitano Levi, mentre questo attendeva una risposta definitiva. << Ora come ora, la strategia migliore vedrebbe Eren ritirarsi all'interno della Barriera per non farlo localizzare tanto facilmente dal nemico, mentre una parte di noi resterebbe qui a controllare la situazione, rispondendo al fuoco se dovesse essere necessario! >>
Levi lo fissò per un altro paio di secondi, prima di spostare il suo equilibrio da una parte all'altra del corpo e distogliere lo sguardo con noia. << E sia. >> Disse voltandosi a guardare il mare e la flotta nemica in stallo. << Mikasa: prendi Eren e stagli incollata per tutto il tempo. Portalo al sicuro e non lasciare che gli succeda niente. Armin: tu raggiungi Hanji e mettila al corrente della situazione, poi elaborate una strategia per il contrattacco. Non perdete mai il contatto con Eren e Mikasa, se dovesse succedere qualcosa avremo bisogno che lui si trasformi in fretta… E anche tu. >>
Armin sussultò quando Levi menzionò la sua capacità di trasformarsi in un Gigante; da quando aveva rubato quel potere a Bertholdt, Armin si era trasformato pochissime volte nel Gigante Colossale, dicendo di odiare la sensazione di possedere un corpo non suo. Aveva sempre preferito mantenere il controllo di sé e far valere il suo cervello al posto della forza bruta… Ma se la situazione lo avesse richiesto, avrebbe dovuto essere pronto a prendere le sembianze di un Gigante per combattere.
Levi non poté vedere il cenno deciso che gli fu rivolto in risposta da Armin, ma quando si voltò riprese a parlare con il resto della squadra:<< Connie, Sasha, Jean: noi resteremo qui fino a che non ci saranno novità. E' tutto. >> Detto questo, fece un cenno ad Armin, Mikasa ed Eren, che subito partirono per rientrare alla base; Eren era il più infastidito di tutti lì in mezzo, come volevasi dimostrare, ma non potevano farci niente. Tutti sapevano che la strategia migliore per il momento era quella, e lui non poteva lasciarsi muovere dalla rabbia e dal desiderio di vendetta.
Una volta scomparsi i tre ragazzi dalla visuale e rimasta la squadra in silenzio, la ragazza facente parte della squadra di Jean si avvicinò timidamente al suo capitano e lo chiamò: il suo nome era Briest, lo aveva sentito prima Connie.
<< Caposquadra… Noi cosa dovremmo fare? >>
Jean si voltò a fissarla mentre alle spalle di lei gli altri ragazzi mostravano la sua stessa incertezza: non avevano mai combattuto e la prospettiva di dover lottare in una battaglia decisiva come quella li faceva tremare dalla paura. << Ah… >> Il ragazzo lanciò uno sguardo spaesato verso il capitano Levi, che subito diede la risposta che cercavano senza nemmeno rivolgere lo sguardo verso il suo sottoposto.
<< Dovete rimanere qui con noi: in caso di emergenza dobbiamo organizzare una rapida ed efficace risposta al fuoco. >> Proprio quello che quei cadetti non volevano sentire.
Con fatica, Briest annuì con asservimento, indietreggiando a testa bassa e nascondendo il tremore che la scosse a quella notizia. Sarebbero dovuti restare lì in cima alla Barriera, probabilmente il posto più pericoloso di tutti nell'avamposto, alla totale mercé dei cannoni di Mahle. Quando fu tornata dai suoi compagni di squadra, la ragazza fu accolta con pacche addolorate come se avesse appena subito un lutto.
Connie osservò quella scena con grande dispiacere, ricordando il terrore nei suoi compagni alla loro prima battaglia.
L'attacco di Trost.
La prima volta che lui e i suoi amici erano venuti in contatto con l'orrore dei Giganti e avevano creduto di morire, c'erano stati tanti tra loro che avevano perso la fiducia in sé stessi e si erano lasciati sopraffare dallo scoramento; alcuni si erano addirittura suicidati, mentre altri avevano atteso la morte con ansia. Nessuno meritava di finire i propri giorni dilaniato da una guerra non sua, appena arrivato in quel mondo così crudele e pericoloso. Connie provava una profonda compassione per Briest e la sua squadra.
C'erano molte probabilità che un proiettile volasse a gran velocità verso di loro e colpisse l'intero gruppo, falciandoli come misere pedine. Ma se c'era una cosa che Connie aveva imparato in tutti quegli anni passati a combattere i Giganti, era che non bisognava mai darsi per vinti. Se avesse tenuto gli occhi aperti, sarebbe riuscito a prevenire qualsiasi pericolo…
<< Si stanno avvicinando! >> Quella frase venne fuori dalla sua gola senza pensarci, non poté trattenerla: i suoi occhi avvistarono le sagome delle tre "macchine aeree" in rapido avvicinamento verso la costa. Avevano assunto una formazione a triangolo e viaggiavano inesorabili verso a Barriera. Cosa avevano intenzione di fare?
Levi si voltò a guardare l'orizzonte e poi alzò gli occhi al cielo. Imprecò tra i denti quando vide che quei mostri di acciaio avevano già raggiunto la Barriera e ora torreggiavano su di loro.
Sasha si avvicinò a Connie, intimorita da quella vista che sembrava presagire la loro fine e Jean si strinse alla sua squadra cercando di infondere in loro un po' di coraggio e rassicurarli. Era la fine; anche se non sapevano cosa facessero, quei tre giganteschi mezzi volanti non potevano essere nulla di buono. Sarebbero stati bombardati, oppure schiacciati, o magari qualcos'altro li avrebbe distrutti lì e in quel preciso istante!
Connie sentì il proprio cuore accelerare inesorabilmente, il respiro venirgli meno. Gli dava fastidio agli occhi guardare il cielo a quel modo, nonostante fosse ormai completamente oscurato dalle nubi che portavano tempesta; tempesta, come quella che avevano portato quei giganti corazzati del cielo, come quella che si sarebbe abbattuta sulla Barriera e sull'avamposto Gloria in pochi istanti…
Come avevano potuto pensare di poter vincere? Come avevano potuto anche solo immaginare di avere qualcosa di più di Mahle? Non potevano competere con secoli di evoluzione dalla loro parte, mentre il loro popolo aveva passato cento anni rinchiuso dentro delle mura a difendersi dai suoi stessi antenati e discendenti. Sarebbero stati spazzati via dalla potenza che aveva messo in ginocchio il mondo intero e la razza di Ymir…
La squadra si aspettava che accadesse qualcosa che avrebbe avuto sicuramente terribili ripercussioni sull'avamposto, qualunque cosa che potesse portare morte e distruzione, e invece i tre scintillanti mezzi di acciaio continuarono a sfilare in avanti sopra le loro teste, addentrandosi sempre di più nell'entroterra dell'isola e portando con sé il loro fastidioso rombo. Come era possibile? Cosa era successo? Quale divinità era intervenuta perché Connie e gli altri potessero essere ancora vivi?
Il ragazzo si guardò intorno sconvolto, vedendo gli occhi dei cadetti rimanere fissi su quei tre mezzi volanti, mentre i loro visi erano diventati pallidi come quello di un morto. Le ginocchia di Briest cominciarono a tremare convulsamente e la ragazza cadde a terra con pesantezza, liberando un grande sospiro stressato. Aveva creduto di morire. Tutti avevano creduto di morire; anche Connie, che la morte l'aveva vista in faccia più volte e nonostante tutto era sopravvissuto fino a quel momento. Che aveva pensato? Davvero degli strani oggetti volanti gli avevano messo tanta paura?
Sasha accanto a lui sfoggiò un sorriso provato mentre liberava un sospiro di sollievo. << Per un attimo ho pensato che… >> Si interruppe portandosi una mano al petto, tastandoselo per capire se fosse ancora viva.
Jean alzò la voce per richiamare la sua squadra e cercò di far ricomporre la ragazza le cui gambe avevano ceduto dalla paura. Continuava a chiedere scusa al suo caposquadra – verso la quale evidentemente nutriva una grande ammirazione – per aver lasciato che le emozioni prendessero il sopravvento, ma le sue gambe non volevano saperne di tornare a muoversi e le lacrime sgorgavano copiose senza freni dai suoi bulbi oculari. Jean cercava di far calmare la ragazza e rassicurarla con parole come "sei ancora viva" e "sei più forte di loro", ma era tutto inutile…
Il capitano Levi si limitò ad osservare con sguardo cupo i tre oggetti volanti che avevano sorvolato la Barriera ed erano andati avanti. La situazione sembrava essersi ristabilita lì, ma chissà cosa stava accadendo giù all'avamposto, ora che quei cosi stavano sorvolando il centro di Gloria…
Non appena pensò quello, il capitano Levi avvistò uno strano movimento sotto la "pancia" di uno degli oggetti sconosciuti: proprio sotto la sua base, che era leggermente ricurva e liscia, cominciò ad aprirsi quello che sembrava un grande portellone. Pochi istanti dopo cominciarono a cadere da quel portellone degli strani oggetti flaccidi e apparentemente inanimati, che presto vennero rallentati nella loro caduta da grossi mantelli a cupola che si gonfiarono a contatto con l'aria.
Tutti li osservarono per alcuni secondi, mentre quella miriade di puntini neri continuava ad ingrossarsi a mano a mano che altri di loro venivano fuori dal mezzo corazzato, e poi continuarono a guardare quando videro gli altri due oggetti aprire dei portelloni simili alle loro basi e sganciare altri due gruppi ben forniti di quegli strani oggetti flaccidi e molli, che scesero lentamente grazie ai loro mantelli rigonfi.
Connie non aveva idea di cosa fossero, né quale fosse il loro scopo. Più li guardava, più pensava che fossero inermi; cominciò a credere che si trattasse di un messaggio di pace verso il popolo delle Mura da parte di Mahle e cercò di capire di cosa si trattasse. Aguzzò la vista per riconoscere quelle forme stranamente familiari, e solo dopo che questi ebbero raggiunto una certa altezza fu in grado di riconoscerli più facilmente.
Quei cosi erano veramente insoliti; qualunque cosa fossero, dovevano essere degli strani esseri. La loro forma oblunga rimandava alla mente dei goffi lombrichi, ma c'era di più… Non poteva trattarsi di vermi, erano troppo grossi e – per quanto ne sapesse lui – i libri di Armin non avevano mai accennato all'esistenza di anellidi tanto grandi. Il loro aspetto, a mano a mano che scendevano verso terra, prendeva sempre più forma di qualcosa di familiare, e anche i loro movimenti, prima impossibili da notare, adesso facevano sembrare quegli oggetti degli esseri viventi.
Erano degli esseri viventi molto strani, senza braccia o gambe, e il loro aspetto era stranamente simile a quello… Degli umani?
Un urlo squarciò l'aria come un coltello affilato e riecheggiò sopra l'intero avamposto Gloria. Era un grido tanto possente quanto disumano, appartenente sicuramente a qualcuno che aveva una voce roca e profonda, ma difficile da attribuire a una persona come loro. Qualunque cosa fosse quell'urlo, sembrò avere degli effetti su quegli oggetti dalla forma umana che stavano scendendo dal cielo.
Ci furono dei lampi, grandi scosse attraversarono l'aria e poi quelle piccole figure umanoidi sparirono, lasciando il posto a dei grossi e pesanti Giganti di tutte le dimensioni, che precipitarono sul centro dell'avamposto attraversando una lunga caduta prima di schiantarsi con un terribile rombo.
La terra tremò. Connie sentì il capitano Levi imprecare non appena vide i Giganti cadere dal cielo e urlare a tutti quanti di mettersi al riparo. L'atterraggio dei Giganti fu tremendo; fu come se mille esplosioni si liberassero allo stesso tempo nel centro dell'avamposto e una forte luce irradiò l'intera zona circostante.
Connie si lanciò per spingere a terra Sasha mentre l'onda d'urto spingeva tutti quanti verso l'esterno e rischiava di farli scivolare fuori dalla Barriera; con la coda dell'occhio, mentre teneva un braccio sopra al busto della sua amica per impedire che venisse sbalzata via, il ragazzo avvistò Jean rivolgersi alla sua squadra e ordinargli di tenersi tutti per mano e di non lasciar andare la presa per nessun motivo. Li vide gettarsi a terra e rimanere con le braccia tese per restare uniti tra loro mentre il ragazzo con cui aveva trascorso tutto il suo periodo di addestramento faceva da elemento di coesione del gruppo e continuava a gridare di restare uniti; probabilmente i cadetti non potevano nemmeno sentirlo, con il frastuono proveniente dall'interno dell'avamposto, ma era comunque un gesto molto significativo.
Connie vide anche il terrore negli occhi di Briest mentre questa cercava di ripararsi da qualsiasi proiettile proveniente dal luogo dell'impatto, e continuava a piangere disperata tra i singhiozzi mentre intanto la mano di Jean le stringeva con grande forza un polso nel tentativo di farla rimanere lì accanto a lui.
L'unico che non si buttò a terra fu Levi, che invece si inginocchiò e rimase a controllare la situazione cercando di intravedere qualcosa nella possente luce sprigionatasi all'impatto dei Giganti, che sembravano quasi essere esplosi una volta arrivati a terra… Fu lui a richiamare l'attenzione dei soldati quando fu nuovamente possibile rialzarsi: l'onda d'urto era passata, la luce si era spenta e il rombo dell'esplosione era quasi del tutto scomparso, sostituito da quello dei mezzi volanti di Mahle, che cominciavano ad allontanarsi per tornare a volteggiare sopra le loro navi.
<< Bastardi! >> Imprecò Levi facendo un passo in avanti e sporgendosi dal bordo interno della Barriera.
Era impossibile vedere cosa stesse accadendo nell'avamposto dato lo spesso fumo che si era sollevato dopo l'esplosione e a causa del fattore rigenerativo dei Giganti, ma si potevano udire urla e ruggiti mostruosi, mentre un clangore di spade si sollevava da ogni dove. Prima ancora che il capitano Levi potesse dire qualcos'altro, questi si accorse di un imminente pericolo e ordinò nuovamente ai suoi soldati di restare giù.
Questa volta si buttò a terra anche lui, voltandosi rapidamente e scagliandosi in avanti per schivare qualcosa che sembrava avvicinarsi velocemente; subito la Barriera fu bersagliata da macerie volanti che schizzarono a velocità inaudita in tutte le direzioni, scontrandosi violentemente con la roccia della Barriera e sgretolandosi nella maggior parte dei casi, oppure volando oltre la Barriera e finendo in mare. Mattoni, rocce e alberi sradicati e ridotti a misere schegge che però potevano rivelarsi mortali per chiunque si trovasse nella loro traiettoria in cima alla Barriera. Connie si schiacciò a terra e continuò a spingere in giù con il braccio la sua amica, mentre questa intanto non riusciva neanche a vedere cosa stesse accadendo.
Era l'inferno. Non potevano alzare la testa che subito rischiavano di venire colpiti, e anche distogliendo lo sguardo rischiavano di essere presi alla sprovvista da qualche proiettile in avvicinamento. Era un vero e proprio bombardamento, e il peggio era che stava arrivando proprio dalla loro base.
A un tratto il bombardamento finì e un innaturale silenzio cadde sulla Barriera. Solo i singhiozzi sommessi di Briest rompevano quel vuoto che si era venuto a creare in quell'istante, dopo la fine della pioggia di detriti.
Sasha sbuffò nel tentativo di dire qualcosa. << Connie… >> Borbottò affaticata. << Non respiro… >>
Il ragazzo vide subito con quanta forza stesse spingendo a terra il petto della ragazza e si scusò subito lasciando andare la presa e mettendosi in ginocchio accanto a lei, mentre questa si tirava su e prendeva ampie boccate di ossigeno. Imbarazzato e molto nervoso, Connie non disse niente finché Sasha non ebbe smesso di ansimare, ma a quel punto qualcos'altro scosse l'aria.
Un grido. Un grido acuto e stridente, pieno di orrore verso qualcosa di sconosciuto, qualcosa di apparentemente terrificante; Briest si era messa a sedere poco distante dal bordo e qualcosa aveva catturato la sua attenzione facendola uscire di senno. La ragazza tentava di scappare da quella cosa orribile che aveva visto, ma non ci riusciva e le sue mani e le sue gambe scivolavano sulla pietra, in parte per via del sudore che l'aveva inzuppata e in parte per via della sua incapacità di riuscire a compiere movimenti funzionali.
Connie si alzò da terra per capire cosa ci fosse di tanto orribile vicino a loro che aveva attirato l'attenzione di tutti quanti i cadetti della squadra di Jean e lo vide: a pochi metri dal gruppo di Jean c'erano i resti di quello che doveva essere un soldato, privo degli arti inferiori e senza testa, piegato in due come un foglio di carta dopo essersi schiantato a grande velocità con la Barriera. L'orrore di quella visione non riuscì a distrarre Connie, che subito si rese conto di essere circondato da resti simili da tutte le parti: braccia, gambe, teste e corpi privati di tutte queste cose giacevano lungo la Barriera, immersi in pozze di sangue schizzato ovunque. Non era finita. A un certo punto Connie cominciò a sentire qualcosa cadere dal cielo. Ancora con i nervi tesi, pensò a un altro bombardamento, ma poi capì che si trattava di qualcosa di più piccolo e leggero.
Innumerevoli gocce di sangue piovvero dall'alto fino a ricoprire le teste dei presenti e inzuppando i loro mantelli. Il disgusto che Connie provò nel venire ricoperto dal sangue dei suoi stessi compagni lo fece rabbrividire, ma per quanto fosse orribile quel pensiero non poté farci niente per risolvere la situazione.
Di diverso parere fu la ragazza della squadra di Jean, che riprese a urlare ancora più forte una volta resasi conto di essere sotto a una pioggia di sangue. Le sue grida raggiunsero il cielo e forse anche l'avamposto sotto di loro, dove il frastuono della battaglia non avrebbe potuto far udire quei versi così disperati. Sembrava che la stessero uccidendo per le urla disperate che lasciò andare, ma la ragazza sembrò aver dimenticato di essere appena sopravvissuta a un attacco mortale, di essere stata fortunata.
<< Ti prego, Briest… >> Cercò di calmarla Jean senza successo.
<< Basta! Basta! Basta!!! >> Continuava a gridare lei in preda a un attacco di panico. << Non voglio morire! Non voglio morire! Voglio tornare a casa!!! >>
Mentre Briest continuava a piangere e urlare, Connie e Sasha si guardarono intorno e finirono per sporgersi dal bordo della Barriera. Il fumo continuava a ottenebrare il centro dell'avamposto, dove forse c'erano anche Eren e Mikasa, mentre le tende dei soldati erano rimaste quasi completamente al sicuro dal bombardamento dei Giganti. Nonostante le grida della ragazza, Connie poté udire i rumori della battaglia da lì: c'erano urla disperate che si contrapponevano a urla di carica, e poi ruggiti possenti da parte dei Giganti e il suono della carne che veniva squarciata dalle lame degli umani o dai denti dei Giganti. Non poteva credere che, ancora una volta, l'umanità fosse stata messa in ginocchio dai Giganti proprio quando pensava che si stesse rimettendo in piedi. Quanto tempo era passato dall'ultima volta che avevano incontrato dei Giganti? Qual era stata la loro ultima battaglia con quei mostri, e quale invece era stata la loro ultima battaglia contro i loro simili?
<< ASCOLTAMI, BRIEST! >> Tuonò Jean fuori di sé dando uno schiaffo alla ragazza per zittirla e lasciare che lo ascoltasse. Briest rimase immobile a fissare spaesata il viso del suo caposquadra; era come se stesse avendo una visione proprio in quel momento, ma invece era Jean che le parlava chiaramente e cercava di rassicurarla:<< Briest, ora devi calmarti. >> Disse scandendo bene le parole, assicurandosi che la ragazza capisse tutto. Istintivamente, la ragazza cominciò a ruotare il viso dalla parte dove aveva avvistato il cadavere di uno dei loro tanti commilitoni. Jean fece di tutto perché lei non rivedesse quel corpo, le diede qualche colpetto su una guancia e le disse:<< Guarda me, guardami! Non distrarti! >> Lei si voltò nuovamente e fissò i suoi occhi atterriti sul suo viso. << Va bene, mi vedi? Capisci quello che ti dico? >>
Briest annuì lentamente, ancora negli occhi le immagini degli arti che volavano dappertutto e i corpi senza vita dei soldati che atterravano attorno a lei in una orribile spirale di morte. La sua risposta fu di sollievo a Jean, che sospirò e annuì apprensivo.
<< Ascoltami bene… >> Cominciò prendendole il viso tra le mani, nel tentativo di coprirle gli occhi in modo che lui fosse l'unica immagine che potesse focalizzare. << Abbiamo appena subito un attacco da Mahle. I Giganti sono caduti dal cielo e hanno distrutto l'accampamento di sotto… >> Non appena la vide cominciare ad ansimare in preda al panico, dopo aver sentito quelle parole, Jean fece di tutto perché lei non perdesse la concentrazione. << No, no no no! Ascoltami, va tutto bene! >> Riuscì con difficoltà ad arrestare lo sguardo che guizzava da una parte all'altra della ragazza. << Siamo stati attaccati, e lì sotto si è scatenato l'inferno… Ma noi siamo ancora vivi! Lo vedi, Briest? Io e te siamo vivi, la nostra squadra è ancora tutta qui, anche il capitano e gli altri… >> Adesso provò a farle guardare intorno a sé, mostrandole i suoi commilitoni ancora vivi e vegeti, anche se molto provati da quell'esperienza. Il sangue piovuto dal cielo rigava i loro volti e rendeva scuri e umidi i loro vestiti, conferendogli un odore pungente che sarebbe stato difficile da lavare via; i loro occhi erano stanchi e atterriti, ma in qualche modo riuscivano a mantenere la calma. << Non importa quello che è accaduto, ora dobbiamo solo concentrarci e restare lucidi per continuare a vivere! Dobbiamo continuare a vivere Briest, mi capisci? Se ti arrendi e non combatti più, non avrà più alcun senso! E se non combatti più, anche i tuoi compagni moriranno. Vuoi davvero sprecare la grande fortuna che hai avuto, lasciando che una cannonata ti porti via dopo essere sopravvissuta a un bombardamento come quello? >>
Jean prese nuovamente tra le mani il viso della ragazza e si avvicinò pericolosamente a lei per guardarla dritta negli occhi e riuscire a comunicarle quello che voleva dire con tutta la forza possibile. La ragazza sembrò recepire quelle parole come se fosse in una galassia distante, lontana migliaia di chilometri da Jean; i suoi occhi fissavano il vuoto con terrore mentre con fatica cercavano di localizzare il viso del caposquadra. Tutti gli altri componenti della squadra stavano attorno a Jean e Briest, osservando in silenzio le loro mosse, in attesa di una reazione da parte della ragazza. Speravano che facesse qualcosa per rassicurarli del fatto che non avrebbe perso la testa.
Dopo una lunga pausa, la tensione che aveva tenuto in piedi il corpo tremante di Briest fino a quel momento cominciò a scemare e la schiena della ragazza prese a piegarsi in avanti, mentre il suo sguardo si abbassava e le sue spalle e le sue mani smettevano di tremare. I suoi respiri affannosi c'erano ancora, ma più lievi e deboli e adesso dalla sua gola sembravano cercare di venire fuori delle parole sensate, invece che versi straziati. << N… No… >> Mormorò abbattuta, con la voce che quasi non le usciva per il pianto, mentre le gambe perdevano la loro forza e scivolavano lungo la pietra della Barriera, distendendosi mollemente. << Io non voglio… Morire… >> Disse. Jean aspettava ansioso, sperando che non desse di matto un'altra volta. << Non voglio… Far morire i miei compagni… >>
Quelle parole sembrarono portare una ventata d'aria fresca in cima alla Barriera, dove tutti i presenti si erano ritrovati a sudare copiosamente per la tensione; anche Connie, che nonostante tutto non aveva molti motivi per sentirsi così vicino a quella ragazza, si ritrovò la fronte umida e calda.
Jean lasciò andare un sospiro di sollievo quasi insperato prima di sorridere grato alla ragazza e abbracciarla con trasporto per farla sentire meglio. << Non succederà, cara… >> Mormorò accanto a un suo orecchio. Connie e Sasha non credevano di aver mai visto Jean tanto sollevato. I componenti della sua squadra dovevano significare molto per lui, se aveva fatto tanto per assicurarsi che quella ragazza dall'aria tanto sprovveduta potesse rimanere cosciente in quella situazione… Connie non si sarebbe permesso di giudicarla, se avesse perso la testa fino in fondo.
<< Grazie. >> Mormorò debolmente Briest, lasciando che l'abbraccio del suo caposquadra la rincuorasse e la facesse stare meglio, donandole quel calore umano che evidentemente le mancava e avrebbe accettato ben volentieri. Le ultime lacrime solcarono il suo viso quando la ragazza chiuse gli occhi beatamente, poggiato il mento su una spalla di Jean.
Connie, vedendo quanto Briest stesse gradendo quell'abbraccio, pensò che non fosse l'unica persona ad aver bisogno di un abbraccio per riprendersi un po' e fece un passo verso Sasha alzando un braccio e cingendole le spalle, rivolgendole uno sguardo rassicurante; sguardo al quale lei rispose con uno piuttosto confuso, che fece subito levare il braccio a Connie.
<< Che casino. >> Commentò seccato il capitano Levi prima di tornare a guardare l'avamposto. << Non possiamo restare qui. >> Disse osservando dall'alto ciò che restava di alcune case, mentre nel fumo cominciavano a distinguersi alcune figure. Si voltò e si avvicinò all'altro estremo della Barriera, scrutando le navi da guerra nel mare. << E la flotta di Mahle sta cominciando a mobilitarsi. Hanno intenzione di attaccare la Barriera ora che siamo vulnerabili… >>
<< Che dovremmo fare? >> Chiese Sasha avanzando verso il capitano.
L'uomo le rivolse uno sguardo tetro, rimanendo girato per tre quarti verso l'oceano. << Siamo la squadra Levi, dobbiamo intervenire. >> Rispose prima di voltarsi completamente e fare alcuni passi verso l’interno della Barriera. << Ora come ora, non abbiamo idea di cosa stia succedendo lì sotto, il fumo dei Giganti ci rende impossibile vedere qualsiasi cosa da qui… Ma in tutto il Corpo di Ricerca, noi siamo quelli con più esperienza, nonché i migliori nell’uccidere i giganti. Noi quattro siamo gli unici reperibili della squadra, in questo momento: dobbiamo scendere e andare a combattere! >>
<< Che cosa? >> Protestò il ragazzo alto nella squadra di Jean, mentre intanto Connie e Sasha si sistemavano le cinghie della manovra tridimensionale per prepararsi a partire.
Levi gli rivolse uno sguardo impietoso. << Ho detto che noi andremo laggiù, non voi. >>
<< Ma il nostro caposquadra fa parte della vostra squadra! >> Continuò quello rivolgendo un braccio verso Jean, che adesso si stava rialzando da terra e aiutava la ragazza a tirarsi su. Jean si guardò intorno spaesato, essendosi perso l’ultima parte della conversazione.
Levi non batté ciglio. << Tolti Eren e Mikasa, lui è il migliore della mia squadra. Non posso lasciare che rimanga qui quando potrebbe esserci di grande aiuto all’interno della Barriera. >> Spiegò con calma << E posso assicurarvi… >> Disse alzando un braccio e puntandolo verso l’interno dell’avamposto. << Che laggiù avremo bisogno di tutto l’aiuto possibile! >>
Il ragazzo aveva perfettamente capito, ma non voleva perdere la guida del suo caposquadra. Sia lui che il resto della sua squadra, non aveva idea di cosa fare senza di lui; il modo in cui aveva aiutato Briest a ritrovare il controllo aveva davvero dimostrato quanto valesse come leader.
<< E noi qui cosa dovremmo fare? >> Chiese con un po’ di risentimento nella voce, mentre si arrendeva all’idea di dover lasciar andare Jean.
Levi rivolse lo sguardo alle navi, che ora cominciavano a disporsi in una formazione più ampia rivolgendo sempre e solo un fianco alla costa, pronte ad attaccare. << Tenete lontani quelli là. Se dovessero sbarcare, saremmo veramente nei guai. >>
<< Teme davvero di più dei semplici soldati che non i Giganti…? >> Mormorò alle sue spalle un cadetto, intimorito dall’atteggiamento di noncuranza del capitano nei confronti dei soldati di Mahle. In effetti, a prima vista il pericolo maggiore sarebbe stato quello dei Giganti all’interno della Barriera, che avevano portato il caos nell’avamposto Gloria, ma da una parte il capitano Levi e il resto della Legione Esplorativa avevano sempre avuto a che fare con i Giganti e sapevano bene come occuparsene; francamente, Connie non pensava che i Giganti stessero causando troppi problemi all’interno dell’avamposto…
Tuttavia, il popolo di Mahle era un nemico che loro non avevano mai avuto l’occasione di affrontare apertamente e se le navi avessero dovuto sbarcare i loro uomini proprio in quel momento, mentre l’intera armata era occupata a combattere i Giganti, si sarebbero ritrovati presto in trappola. Questo doveva essere il pensiero del capitano Levi.
<< Comunque sia… >> Borbottò indifferente il capitano. << Non abbiamo tempo da perdere. >> Si fermò a pochi centimetri dal bordo della Barriera e guardò in giù. << Prendete tutti una lancia fulminante e seguitemi. >>
In cima alla Barriera erano state erette diverse baracche che fungevano da piccoli magazzini, posti in diversi punti della Barriera per potervi accedere facilmente da qualsiasi posizione; ce n’era una proprio a una ventina di metri dalla squadra. Connie e Sasha si offrirono di andare a prenderle per la squadra e cominciarono a correre in direzione della baracca.
Quando Connie aprì la porta del magazzino, dopo aver cercato di girare intorno ai pezzi di cadaveri che erano volati ovunque sulla Barriera, Sasha lo chiamò mentre cominciava a cercare al buio le casse dove erano conservare le prodigiose armi sviluppate per abbattere i Giganti più forti.
<< Riguardo a prima… Ti ringrazio per avermi protetta. >> Mormorò mentre lui si voltava a guardarla interrogativo e le porgeva una delle due lance che aveva tra le mani. La ragazza accettò l’arma e la agganciò al proprio puntatore del movimento tridimensionale, dove andavano agganciate anche le else delle loro spade, e riprese a parlare. << Mi hai spinta a terra e ti sei messo fra me e l’esplosione, mettendo in pericolo la tua stessa vita. >>
Connie prese altre due lance dopo aver agganciato la sua al proprio grilletto e sorrise. << Non devi dirlo neanche. >> Le rispose. << Siamo stati assieme per così tanto tempo… Non lascerò che una stupida esplosione ti porti via proprio ora! >>
Sasha trattenne il respiro, incredula di ciò che aveva appena udito. Sorrise poi con grande sollievo, forse sentendosi felice di essere così apprezzata dal suo amico. << Già… Hai ragione. >>
Connie continuò a parlare uscendo dal capanno e chiudendo la porta alle proprie spalle:<< E comunque… Volevo proprio parlartene, prima di lanciarci alla battaglia. >>
Lo sguardo di Sasha si fece curioso non appena Connie le ebbe detto quella cosa. Cos’era che il ragazzo voleva dirle così urgentemente?
Connie sospirò cominciando a muoversi lentamente verso la squadra che li attendeva di fronte alla campana di allarme, ormai abbandonata:<< Durante la battaglia sarà molto probabile che verremo divisi… Voglio che non pensi nemmeno per un istante a me, mentre combatti con i Giganti! >> La ragazza lo fissò allibita, mentre Connie spiegava il perché della sua richiesta:<< Una condotta simile è comprensibile se due persone sono assieme e non si tratta di una situazione precaria come quella lì sotto… >> E con questo indicò l’avamposto sotto ai loro piedi che bruciava, mentre al suo interno la battaglia andava avanti. << Ma se tu non hai la più pallida idea di dove sia io, e cominci a cercarmi distraendoti dal tuo obiettivo principale… E’ troppo pericoloso. >>
<< Non capisco… >> Mormorò confusa Sasha. Assunse un’espressione seccata e si mise le mani ai fianchi. << Stai dicendo che tu sei autorizzato a salvarmi la vita, ma io non posso fare lo stesso? >> Chiese con aria di disappunto. Connie trattenne un’esclamazione confusa.
<< Certo che no! >> Disse lui alzando le mani e portandosele vicino al viso. << Voglio solo dire che, se sarai occupata a lottare contro i Giganti, non dovrai pensare a cercare me e controllare se sto bene. >> Si voltò per guardare Sasha negli occhi. << Devi promettermi che non penserai a nient’altro che te stessa in questa battaglia! >>
La ragazza si fermò a guardare Connie con occhi increduli. Si fermarono entrambi, mentre da lontano la squadra li osservava in silenzio, probabilmente chiedendosi cosa stessero facendo in una situazione come quella. Non gli importava se Levi li avrebbe sgridati per aver perso tempo, Connie voleva assicurarsi che Sasha rimanesse a lottare per sé stessa, una volta scesa in campo, e che non cercasse di “ripagare il suo debito” cercando di salvare Connie a sua volta.
Sasha non sapeva cosa dire, non voleva accettare le condizioni di Connie. Già una volta gli aveva salvato la vita per miracolo, cosa sarebbe successo se lui avesse avuto bisogno di aiuto? Sospirò abbassando la testa e posandosi una mano sulla tempia. << Ah… >> Lasciò andare un gemito alzando gli occhi esasperati al cielo; lo sguardo di Connie su di lei sembrava accusarla di qualcosa con tanta forza che le veniva difficile sostenerlo. << E va bene… >> Mormorò sconfitta. Poi alzò un pugno e lo poggiò sul petto del ragazzo, dove stava il suo cuore. << Ma tu devi promettermi che, finita questa battaglia, tornerai da me! >>
Connie alzò lo sguardo sorpreso, pensando di essere riuscito nel suo intento. Annuì soddisfatto e fece lo stesso gesto che aveva fatto lei. << Certo! >> Disse. << Per quale motivo ti avrei fatto promettere una cosa del genere, altrimenti? >>
Era ovvio che sarebbe tornato da lei; avrebbe impiegato tutte le sue forze per non farsi uccidere e poter così fare ritorno dai suoi amici. I due ragazzi tornarono dalla squadra soddisfatti delle promesse che erano riusciti ad ottenere l’uno dall’altra e si beccarono una sgridata del capitano Levi.
<< Ce ne avete messo di tempo… >> Commentò stizzito quello avanzando verso Connie e prendendogli dalle mani una lancia fulminante per applicarla alla propria elsa. A Levi non piacevano molto quelle armi, ma era innegabile che fossero anche più efficienti delle spade in alcune situazioni e che gli sarebbe stata sicuramente utile in qualche modo.
Sasha consegnò l’altra lancia a Jean e il ragazzo annuì ringraziandola. << Bene. >> Disse quando quella fu agganciata correttamente alla sua elsa. << Ci siamo… >>
Prima di raggiungere Levi sul bordo della Barriera, Jean si rivolse un’ultima volta alla sua squadra con tono autoritario:<< Briest, da questo momento sei tu a comandare la squadra. Tenete d’occhio quelle navi e se dovessero avvicinarsi troppo cominciate a bersagliarle con i cannoni; rispondete al fuoco se dovessero sparare per primi, e non fatevi uccidere! >>
Briest, che era rimasta spiazzata dalle parole di Jean e ancora non aveva nemmeno sentito il resto degli ordini del suo caposquadra, scattò in avanti verso di lui. << No! Un momento caposquadra! Non può lasciarci… >>
<< Mi fido di te. >> Disse il ragazzo senza aggiungere altro. Quelle parole sembrarono trafiggere il cuore della ragazza come una lama, mentre questa intanto sembrava non volerlo ascoltare e rimaneva immobile a scuotere la testa.
<< Non possiamo farcela da soli… >> Mormorò debolmente Briest, pensando di non poter far nulla per cambiare quella decisione, ma sperando di riuscire a piegare la volontà del suo caposquadra.
Jean si voltò dopo averle rivolto uno sguardo affranto. << Manderò una squadra di rinforzi appena sarò arrivato giù, quindi vi chiedo di resistere. >> Inspirò profondamente osservando il paesaggio delle grandi praterie oltre l’avamposto Gloria. << Anche se… In realtà è più un ordine. >>
Ancora scossa dall’improvvisa decisione di Jean, la ragazza abbassò la sua mano con la quale sperava forse di agguantare il suo caposquadra in modo da non farlo andare via e rivolse il suo sguardo intimorito al suolo sotto ai suoi piedi. << Sì… >> Rispose tremante. Poi raddrizzò la schiena e assunse la posa di saluto dell’esercito, assumendo improvvisamente un’espressione decisa in volto. << Non la deluderò, caposquadra! >>
Seguendo le sue mosse, anche gli altri ragazzi della squadra assunsero quella posa e urlarono insieme:<< Buona fortuna, caposquadra! >> Ordinati, marziali, fedeli. Quelli erano i soldati perfetti. Adesso sembravano essersi scrollati di dosso tutta la paura iniziale della battaglia e avevano finalmente accolto la loro mansione pienamente, accettando di doversi prodigare alla difesa della Barriera anche a costo delle loro stesse vite. Era fuor di dubbio che quei giovani soldati nutrissero una grande fiducia e ammirazione nei confronti del loro caposquadra, e anche che fossero degli ottimi cadetti; ma era anche merito di Jean se il loro carattere era stato forgiato a quel modo. Adesso era il momento di mostrare il proprio valore!
Levi non disse niente. Con una rapida occhiata al villaggio sotto di loro, si lanciò in avanti e cominciò a scendere dalla Barriera appendendosi di tanto in tanto al muro. Vedendolo cominciare a muoversi, Sasha fece un passo avanti e incitò Connie a seguire il capitano prima di lanciarsi all’inseguimento a sua volta. Il ragazzo annuì e fece per partire, ma si bloccò per osservare Jean alla sua destra che fissava davanti a sé con occhi duri.
Il ragazzo infilò una lama nell’elsa e alzò la mano fino all’altezza del proprio viso, sfiorando con le labbra il freddo metallo dell’impugnatura o la propria mano. Poi abbassò rapidamente l’arma e si rivolse a Connie, dicendogli:<< Andiamo! >>
Con un balzo Jean scomparve dalla cima della Barriera e Connie gli fu subito dietro. Continuò a guardarlo perplesso, mentre intanto quello sembrava guadagnare qualcosa in distanza con l’intento di ricongiungersi al capitano Levi. Non ricordava di aver mai visto Jean eseguire quel gesto prima di una battaglia; da quando era così? Era un gesto scaramantico, oppure aveva un significato più profondo? E lui ne aveva gesti scaramantici come quello, oppure si affidava totalmente al caso nelle sue battaglie?
Sospirò, pensando che quello non fosse il momento per pensare a cose simili. Sicuramente Jean aveva i suoi motivi ad eseguire un gesto come quello, e se non ne parlava con nessuno significava che voleva tenerlo per sé; Connie non avrebbe dovuto impicciarsi e avrebbe dovuto pensare a concentrarsi sulla battaglia.
Doveva svuotare la mente, prestare tutta la sua attenzione al circondario e reagire prontamente con ogni parte del suo corpo.
Scendendo verso la base della Barriera, il ragazzo agganciò i suoi rampini a una torre nelle vicinanze e raggiunse la squadra riunita in cima a un tetto di tegole, parte del villaggio che era nato dopo i primi sbarchi degli Eldiani dal continente.
Il capitano Levi osservava la situazione. Il fumo cominciava finalmente a diradarsi, anche se a sprazzi vi erano punti in cui questo era più spesso; si sperava che fosse un buon segno e non una cattiva notizia. Davanti a loro, a circa cento metri, c’erano tre Giganti che, la pelle ancora fumante per via della rigenerazione, si aggiravano tra le vie del piccolo paese alla ricerca di uomini da divorare.
<< Eliminiamo quei tre, presto! >> Esclamò Levi puntando una spada contro i Giganti e impugnando di traverso l’altra. Si lanciò dal tetto agganciandosi a un altro e subito Jean gli fu dietro, mentre Sasha e Connie attesero qualche istante prima di partire.
Il capitano colpì per primo, attirando l’attenzione del primo Gigante – quello in mezzo agli altri due – agganciando uno dei suoi rampini nella sua schiena, accanto alla sua colonna vertebrale. Volteggiò alle sue spalle mentre quello si voltava per localizzarlo e sganciò il rampino proprio prima che il mostro potesse tirarlo involontariamente a sé e farlo sbattere contro una casa; Levi sfruttò la spinta per lanciarsi ancora più in alto e si agganciò a una torre a sinistra, oscillando davanti al viso del Gigante e sparando l’altro rampino a destra per agganciarsi dall’altro lato e fare in modo che il cavo stringesse la gola del Gigante. Dosando il gas e lasciando andare il rampino a sinistra, Levi si lasciò sollevare mentre il cavo si tendeva attorno al collo del Gigante e finì per ritrovarsi dietro le sue spalle. Senza nemmeno sganciare il rampino, Levi aspettò che la corda lo facesse tornare in giù per colpire senza pietà la collottola del mostro ignaro della guerra che avveniva attorno a lui.
Il gigantesco cadavere si afflosciò in mezzo alla via mentre intanto la sua carne cominciava ad evaporare e Levi sganciava il rampino per non rimanere appeso a mezz’aria. Scese giù con il Gigante, mentre Jean scongiurava ogni possibilità di ricevere un attacco alle spalle attirando l’attenzione dell’altro Gigante poco distante da lì.
Sasha, dotata di un’ottima vista oltre che di un eccezionale olfatto, avvistò un particolare volgendo la sua attenzione al terzo Gigante, che ancora si muoveva libero. << Connie! >> Gridò. << Ci sono delle persone laggiù! >>
Due uomini disarmati e vestiti con abiti ordinari cercavano di fuggire al Gigante, mentre questo arrancava alle loro spalle muovendosi a quattro zampe; era un classe dieci metri, più basso di quello appena abbattuto dal capitano, ma più alto di quello che stava affrontando Jean. I due civili non avevano scampo, mentre guardavano dal basso quella che molto probabilmente sarebbe stata la loro fine.
Ma la squadra Levi era lì, non dovevano temere.
<< Andate! >> Esclamò Levi prima di sollevarsi e tornare in cima a una casa per guardarsi intorno.
I due ragazzi reagirono istantaneamente al comando, nonostante non stessero aspettando un suo permesso per lanciarsi all’attacco, e scattarono muovendosi parallelamente l’uno rispetto all’altra, passando in mezzo alla via a circa cinque metri di altezza da terra.
<< Io gli passo sotto le gambe e afferro quei due per portarli in salvo, tu distrailo per qualche secondo! >> Esclamò Connie scagliando uno dei suoi rampini e agganciandolo a un palo al margine della strada posto proprio per essere utilizzato in occasioni come quella. Utilizzando l’appiglio appena trovato, il ragazzo si diede una spinta maggiore e lasciò fuoriuscire il gas con grande potenza per ottenere una velocità necessaria a passare sotto al Gigante senza che questo potesse anticiparlo e schiacciarlo con una mano o azzannarlo con le sue fauci.
Il ragazzo non aspettò nemmeno la risposta di Sasha per lanciarsi in azione; la priorità erano quei due civili, che andavano messi subito in salvo. Scivolò a grande velocità sotto la pancia del mostro, sollevò le sue lame e le conficcò in profondità nella carne del Gigante mentre intanto i rampini che aveva lanciato in avanti per agganciarsi oltre il corpo del Gigante lo tiravano in avanti. Connie trapassò l’intero busto del mostro con le sue lame, fino a consumarle quasi completamente e a vedersi davanti agli occhi il volto orripilante del Gigante che sbavava guardandolo dall’alto verso il basso. Fu un attimo, poi quel volto orribile sfilò rapidamente e il ragazzo venne fuori da quella che sembrava una galleria dell’orrore afferrando i corpi paralizzati dei due civili e sollevandoli da terra, traendoli in salvo dal mostro.
I cavi fecero per sollevarlo, ma Connie dovette dare una spinta extra con il gas per poter raggiungere il tetto di una casa alla sua destra e potervici posare sopra i piedi.
I due uomini lo ringraziavano tremanti, mentre lui lasciava andare la presa salda con cui li aveva tirati fuori dai guai. << Aspettate qua, sistemiamo quel Gigante e vi portiamo subito in un posto sicuro… >> Disse mentre quelli continuavano a ringraziarlo e ad ignorare le sue parole. Erano uomini di Eldia da fuori le Mura, oltre l’oceano. Loro non avevano mai sperimentato l’orrore di essere messi di fronte a un Gigante…
Connie si girò per guardare il Gigante in strada e scoprì che quello non sembrava essere affatto interessato a Sasha, che continuava a volteggiargli intorno nel tentativo di attirarne l’attenzione; si era messo in piedi e si avvicinava a loro con i suoi denti scintillanti digrignati. Trattenne un’imprecazione quando lo vide alzare una sua grossa mano e tentò di afferrarlo: era brutto, dal viso lungo e deforme, con i capelli scuri e fini come fili d’erba che ricadevano davanti alla fronte senza un criterio preciso; aveva stampato in viso un sorriso ebete mentre avvicinava la mano al ragazzo sul tetto. Connie non poteva scappare, il Gigante avrebbe afferrato i due civili e li avrebbe divorati prima che lui fosse stato in grado di fare qualcosa; l’unica mossa che poteva fare era colpire il mostro in quel momento.
Puntando la lancia fulminante contro il palmo aperto del Gigante, Connie premette con decisione il grilletto e sparò il colpo con forza. La punta della lancia trapassò la mano del mostro, ma non vi si conficcò all’interno; come sperato da Connie, la lancia continuò a viaggiare verso il volto del Gigante trainando dietro di sé anche il suo braccio inerte, e fu a quel punto che poté sganciare l’arma e farla esplodere.
Il bagliore accecante dell’esplosione durò pochi secondi, mentre il suo boato assordante rimase a fischiare nelle orecchie di Connie anche parecchi istanti dopo l’esplosione e il ragazzo pensò di essere rimasto sordo per un momento. Quando vide il lato sinistro del volto del Gigante, aperto come un frutto che era stato schiacciato con un martello, con il fumo che saliva verso il cielo e la carne che pendeva a grossi lembi assieme a metà della lingua srotolata all’interno della bocca squarciata dalla lancia fulminante, Connie si concesse una piccola esultanza con una mano prima di lanciare il segnale a Sasha, alle spalle del Gigante:<< Ora Sasha! Colpiscilo finché è ancora confuso! >>
La ragazza era rimasta ad osservare la scena dall’alto, agganciata alla collottola del Gigante mentre intanto Connie gli scagliava contro la lancia fulminante. Non appena aveva udito quell’urlo, si era precipitata a colpire il punto debole del mostro prima che questo potesse reagire in qualunque modo all’attacco. Si gettò sul punto dove risiedeva il sistema nervoso originario del Gigante incrociando le lame con grande impeto, formando un taglio ovale sulla nuca del mostro e strappando via dal suo corpo il pezzo di carne che lo avrebbe così ucciso. Successivamente Sasha sganciò i propri rampini dalla nuca del Gigante, corse rapidamente sulla sua spalla e con un balzo coraggioso si appese a una parete della casa su cui Connie aveva portato i due civili.
<< Bel colpo! >> Esclamò lui sporgendosi dal tetto e offrendole la mano per farla salire. Le sorrise ampiamente mentre la ragazza rispondeva al suo commento ammiccando euforica. Facevano proprio una bella squadra, quando lottavano insieme non c’era Gigante che potesse resistere…
Quando Sasha fu in cima al tetto assieme a lui, smise di sorridere. Gli diede uno schiaffetto che Connie nemmeno sentì e cominciò a rimproverarlo:<< Sei stato troppo irruento! Che sarebbe successo se il Gigante ti avesse azzannato mentre gli passavi di sotto? E poi, che diavolo avevi intenzione di fare con quella lancia? Non avevi idea di cosa stessi facendo, vero? >>
<< Cosa? >> Chiese Connie, pensando di non aver esagerato per niente. In una situazione come quella era essenziale riuscire ad essere veloci e letali senza perdere troppo tempo a riflettere: prima di andare all'attacco, Connie sapeva già cosa doveva fare e aveva calcolato tutto quanto alla perfezione. L'unico punto che avrebbe potuto concedere alla ragazza era l'utilizzo della lancia fulminante, che non aveva previsto non contando che il Gigante potesse essere interessato più a lui che a Sasha.
Sasha lasciò perdere quella discussione e andò dai due civili. << Voi due, avete un posto dove nascondervi? >> Era impossibile che quei due sapessero dove mettersi al riparo dalla furia dei Giganti, a malapena erano scampati al pericolo la prima volta, non potevano lasciarli di nuovo a girovagare da soli.
Entrambi gli uomini erano visibilmente scossi mentre Sasha gli parlava. Capì presto che non serviva a molto porgli delle domande e finì per voltarsi verso Connie. << Sono andati… >> Disse al ragazzo guardandosi intorno.
Jean aveva sistemato l'altro Gigante e assieme a Levi si stava dirigendo verso di loro. Sicuramente il capitano non avrebbe voluto perdere tempo, per questo i due ragazzi avrebbero dovuto avere pronto un piano per quei due.
<< Come facciamo a portarli al sicuro? >> Chiese Connie voltandosi verso Sasha. La ragazza ci pensò un attimo, poi si voltò raggiante verso il ragazzo.
<< Il comandante aveva elaborato un sistema di accoglienza civili in diversi punti dell'avamposto, in caso di un attacco, con tante piccole caserme ben difese in grado di contenere molte persone fino alla fine degli scontri! >> Disse rapidamente, tutto d'un fiato.
Connie schioccò le dita con complicità. << E' vero! >> Commentò annuendo. Si guardò intorno spaesato. << Ricordi dove erano localizzate? >>
Sasha ricordava del piano di evacuazione civili nel caso remoto in cui dovessero tornare i Giganti sull'isola, o nel caso gli uomini di Mahle fossero riusciti ad attraccare; ma ricordare come si svolgesse quel piano era troppo sia per lei che per Connie, che in quel momento aveva dimenticato anche di quelle piccole "case di accoglienza".
La voce di Jean alle loro spalle li fece sussultare ed entrambi si voltarono sguainando le spade, pronti a colpire; fortunatamente Sasha e Connie non erano troppo impulsivi da scattare all'attacco per una semplice voce che li aveva fatti spaventare, così come Jean e Levi non fossero suscettibili a tal punto da prendersela in una situazione come quella. I ragazzi si affrettarono ad abbassare le lame e lasciarono continuare Jean, che si era arrestato non appena si era visto le loro armi puntate contro. << Le case di emergenza sono sparse per tutto l'avamposto in modo che tutti i civili possano raggiungerle facilmente senza correre troppi rischi. La più vicina a noi è probabilmente da quella parte… >> E allungò un braccio nella direzione del grande fumo dove infuriava la battaglia al centro dell'avamposto; fumo che adesso cominciava a diradarsi lasciando visibili le grosse sagome dei Giganti e le piccole ombre dei soldati che li affrontavano. Ogni tanto qualche altro sbuffo di vapore si sollevava dalle strade, rendendo nuovamente confuse le immagini della lotta, ma quella grande nebbia sembrava destinata a sparire in poco tempo, sempre che non ci si mettesse anche la nebbia naturale, proveniente dal mare…
<< Ma dubito che sia una buona idea… >> Commentò Levi voltandosi a guardare con disprezzo i due uomini appena salvati, tremanti e rannicchiati dietro le spalle di Connie e Sasha.
Jean fece scorrere il braccio. << Altrimenti un'altra casa vicina si troverebbe lì, o lì… E poi ai piedi della Barriera. >> Indicò prima un paio di punti più distanti dal centro dell'avamposto, prima da un lato e poi dall'altro, prima di voltarsi e indicare la grande muraglia che si stagliava sopra l'avamposto Gloria.
<< E' troppo lontano! >> Disse Connie voltandosi a guardare la Barriera. << Se dovessimo andare là ci metteremmo troppo tempo. >>
<< E allora non resta che dirigersi a una delle due postazioni laterali. >> Rispose con calma Levi sguainando le sue spade e preparandosi a saltare nuovamente. << Sasha, Connie. Occupatevi voi di quei due, dopo raggiungeteci nella battaglia! Sicuramente sarà importante ricevere tutto l'aiuto possibile. >>
Sasha e Connie annuirono pensierosi quando Levi impartì loro quel comando, poi il capitano disse a Jean di seguirlo e si preparò a sparare i suoi ganci per attraversare quella strada. Prima che potesse saltare via, Sasha chiamò il capitano facendolo voltare con la testa:<< Connie ha dovuto utilizzare la sua lancia fulminante. >> Lo informò quando quello le ebbe chiesto cosa volesse. Levi non sembrò preoccuparsi troppo.
<< Non ci pensare. >> Disse voltandosi nuovamente. << La lancia fulminante è un solamente un vezzo, in una situazione come questa. Di sicuro può risultare utile, ma con i Giganti standard non è molto più efficace delle vostre spade. Sarebbe veramente importante se dovesse saltar fuori il Gigante Corazzato, ma… Mi sembra improbabile, a questo punto. >>
Connie abbassò lo sguardo mordendosi un labbro. Già, a quel punto sembrava ormai che il Gigante Corazzato non fosse lì a combattere quel giorno…
<< Allora ci riuniremo nella battaglia. >> Si accomiatò Levi prima di girarsi e far volteggiare le spade con grazia prima di puntarle contro il tetto dall'altro lato della strada e premere i grilletti per scagliare i rampini. Con un balzo, il capitano si lasciò trasportare dai cavi che lo fecero dondolare fino all'altro lato.
<< Vado anche io. >> Disse Jean sporgendosi leggermente verso i due amici. << Buona fortuna! >> Gli disse prima di voltarsi come Levi e saltare giù dal tetto; diversamente dal capitano, Jean aspettò di essersi ritrovato a mezz'aria per lanciare i suoi ganci e sfruttare così una maggiore trazione dal basso verso l'alto per superare la casa di fronte a sé con un lancio solo. Presto, entrambi i soldati sparirono tra i tetti dell'avamposto lasciando Connie e Sasha ad occuparsi dei due civili salvati.
I ragazzi presero con sé gli uomini che non erano mai venuti a contatto con i Giganti prima d'ora e si assicurarono che si stessero tenendo ben saldi alle loro spalle. Sarebbe stato un guaio se fossero caduti saltando da un edificio all'altro… Partirono senza dire una parola tra loro, ma continuando a rassicurare i civili. Si diressero alla postazione alla sinistra del grande fumo che si era sollevato dal centro dell'avamposto e continuarono a volteggiare tra un albero e l'altro, una torretta e l'altra, soffermandosi di tanto in tanto a controllare che nei dintorni non ci fossero Giganti anomali sfuggiti ai soldati impegnati a lottare.
<< Non manca molto… >> Disse Connie a un certo punto, senza sapere bene il motivo di tale frase: l'uomo che portava in groppa era muto come un pesce e tremava incessantemente. Era veramente terrorizzato e non sembrava più fare caso a ciò che gli accadeva intorno. Stessa sorte era toccata al suo compagno trasportato da Sasha, che continuava a stringersi con forza alla vita della ragazza, fortunatamente senza dare strattoni bruschi e improvvisi che potessero deviare i suoi movimenti. Sasha lanciò un'occhiata poco convinta verso Connie quando questo cercò di comunicare con l'uomo aggrappato alle sue spalle, e lui rispose con un rapido scuotere della testa, abbattuto.
Sarebbe stato difficile dimenticare quell'accaduto per i due uomini…
La casa di accoglienza era guarnita di soldati che si guardavano attentamente intorno, con l'intento di scovare Giganti in avvicinamento e o superstiti in fuga dalla battaglia. Come avvistarono i due ragazzi che volteggiavano tra un tetto e l'altro, segnalarono subito la loro posizione con delle luci; Sasha e Connie avrebbero impiegato meno tempo a cercare la posizione esatta della casa in quel modo.
Al loro arrivo, i due ragazzi furono accolti da un sergente che li ringraziò per il loro lavoro mentre un paio di soldati semplici accompagnavano al sicuro i due uomini sconvolti con ancora il viso del Gigante negli occhi.
<< Sembra che si stia scatenando l'inferno laggiù… >> Commentò il responsabile della casa di accoglienza rivolgendo lo sguardo verso il centro dell'avamposto Gloria, dove si potevano vedere facilmente le teste di alcuni dei Giganti più alti. << Siete stati davvero formidabili a salvare quei due! Io li avrei dati già per spacciati… >>
Connie si asciugò la fronte con la manica della giacca e rivolse uno sguardo incerto all'uomo. << Bé, non potevamo lasciare che morissero senza provare a salvarli… >>
Quello sembrò sorpreso di sentire una cosa simile, poi gli chiese di che divisione facessero parte. Fu Sasha a rispondergli.
<< Noi siamo della squadra Levi. >> Fece con leggerezza la ragazza stiracchiandosi e dando un'occhiata in giro. Il sergente si congelò sul posto.
Succedeva sempre così quando qualcuno scopriva di quale squadra facessero parte: i sopravvissuti della spedizione per la riconquista del Wall Maria, gli immortali, quelli che avevano visto l'inferno. Erano stati chiamati in molti modi, ma pochi conoscevano le loro facce; quelli più conosciuti erano il capitano Levi e il comandante Hanji, e poi Eren che aveva il potere di trasformarsi in un Gigante, mentre loro altri erano quasi anonimi, eppure anche loro facevano parte di quel ristretto gruppo di gente che si era salvato dalla carneficina di quel giorno ed aveva fatto ritorno a casa…
A Connie non dispiaceva essere quasi sconosciuto; la gente non sembrava avere paura di lui come ne aveva di Eren, nessuno faceva improvvisamente silenzio quando entrava lui in una stanza e qualunque cosa accadesse non veniva trattato con qualcuno da compatire.
<< Capisco… >> Rispose semplicemente l'uomo, cercando di ricomporsi. << Quindi immagino che non resterete qui con noi, vero? >>
Connie annuì subito con decisione. Li aveva presi per codardi, oppure per due molto furbi. << Vorremmo rifornirci di gas, prima di ripartire… >> No, loro erano due folli.
Il sergente fece portare subito delle bombole di gas nuove da sostituire a quelle che avevano utilizzato per arrivare là: tra la discesa dalla Barriera, la scalata e poi di nuovo la discesa, con l'aggiunta dello scontro con i Giganti di pochi minuti prima le loro riserve si erano molto consumante. In una situazione come quella era meglio essere previdenti ed evitare che potesse accadere qualcosa di tremendo proprio nel mezzo di uno scontro, con una bombola di gas che improvvisamente si sarebbe potuta esaurire…
Il responsabile si scusò per non poter fornir loro anche un equipaggiamento adeguato a combattere i Giganti:<< Purtroppo nel nostro magazzino non abbiamo lance fulminanti. >>
Connie sorrise rassicurante sollevando la sua lama e mostrandola all'uomo. << Non c'è problema. A me basta questa! >> Parlava con quel tono così spavaldo, ma un attimo prima aveva rischiato di farsi afferrare da un Gigante; senza la sua lancia fulminante non avrebbe potuto fare nulla.
<< Allora buona fortuna! >> L'uomo assunse la posa di saluto dell'esercito portando la mano destra al petto e mettendo la sinistra dietro la schiena; quella posa Connie l'aveva dovuta imparare a furia di bastonate, letteralmente: il suo istruttore glielo aveva ripetuto fino alla nausea, eppure lui aveva sempre dimenticato che fosse la mano destra ad andare sul cuore, e non la sinistra. Alla fine il ragazzo era riuscito ad entrare nell'esercito, e non era certo stato un saluto fallato ad impedirglielo…
Connie e Sasha partirono senza dire altro mentre sulla piccola torretta della casa di accoglienza restavano il sergente e una vedetta dall'aria marziale che aveva assistito all'intera conversazione. I due ragazzi si misero a volteggiare con calma tra i tetti dell'avamposto, cercando innanzitutto di orientarsi, ma poi Sasha si fermò sul tetto di una casa e Connie si accostò a lei per chiederle cosa avesse.
<< Hai detto che ti bastano le tue spade… >> Mormorò pensierosa, guardando la strada vuota sotto ai suoi piedi. << Ma ne sei davvero convinto? >>
Connie non capì cosa intendesse dire. << Che cosa? >> Chiese confuso prima di rivolgere uno sguardo a metà tra il divertito e il disorientato alla sua amica. << Di che cosa parli, Sasha? >>
Sasha gli rivolgeva uno sguardo serio, come se fosse sul punto di mettersi a piangere. << E' solo che… Non sei tu a decidere quando morire. Non puoi prevedere quando arriverà la tua ora… >> Gli disse con molta fatica, come se stesse confessando un suo grande segreto. Connie ancora non capiva.
<< Ma che cosa dici, Sasha? >> Chiese ancora più confuso il ragazzo. << Se diamo il massimo in ogni cosa non potremo mai essere sconfitti, no? >>
Sasha alzò lo sguardo furibonda, facendo impallidire improvvisamente Connie. << Potrai anche mettere tutto te stesso nella battaglia, ma se un avversario sarà più forte di te non potrai fare nulla per contrastarlo! >> I suoi occhi mostrarono una grande tensione che prima il ragazzo non aveva notato. << Sei equipaggiato per metà, non hai gli attrezzi adatti a combattere i Giganti alla pari… Chi ti credi di essere per andare alla battaglia in modo tanto sprovveduto? Stai cercando di farti ammazzare? >>
<< Ma… Sasha, che stai…? >> Connie non aveva nemmeno il tempo di fare domande, non aveva il tempo di capire. La ragazza si stava preoccupando per lui in una situazione come quella, quando lui le aveva specificamente chiesto di non farlo.
<< Connie! >> Rispose a voce alta lei quando sentì chiamare il proprio nome. << Lo so che mi hai fatto promettere di pensare solo a me stessa, ma finché siamo assieme voglio fare qualcosa per aiutarti, in modo che, se dovessi essere in pericolo, potresti ancora scamparla. >> Cominciò a frugare nelle tasche armeggiando con la cintura. Prima che Connie potesse anche solo comprendere il vero significato delle parole della ragazza, si ritrovò tra le mani un coltello dalla lama spessa e appuntita, leggermente ricurva e un'impugnatura salda in cuoio.
<< Che cos'è? >> Chiese ingenuamente guardando l'arma con aria assente.
<< E'… Potrebbe essere ciò che ti salverà la vita! >> Esclamò la ragazza fermandosi un attimo a pensare a come rispondere alla stupida domanda dello stupido Connie. << Smettila di pensare a tutti quanti meno che a te e cerca di non farti uccidere! >>
Connie guardò con occhi pieni di meraviglia quel coltello dall'aria pregiata che Sasha gli aveva passato con tanta rapidità; era scintillante e sembrava letale all'aspetto, ma era pur sempre un piccolo coltello da caccia. Un'arma così avrebbe potuto veramente fare la differenza, con i Giganti a piede libero?
<< Ti prego… >> Sospirò Sasha. << Non farmi pentire di aver fatto quella promessa! >>
Lo sguardo determinato della ragazza trasmise un'altra emozione a Connie; qualcosa di diverso dalla determinazione o dalla forza d'animo, qualcosa che non c'entrava con la rabbia che aveva mostrato in quel momento nei suoi confronti. Lo sguardo di Sasha era colmo di paura.
Connie soppesò il coltello appena ricevuto sorreggendolo dal manico e lo fissò con grande intensità, sudando senza sapere come rispondere; non si aspettava una sfuriata come quella da parte di Sasha, era veramente tesa per quella battaglia, eppure lui aveva dimostrato di sapersela cavare perfettamente contro i Giganti… Ma quell’arma non era un’arma per i Giganti, un coltello come quello non poteva fare niente per contrastare la forza di uno di quei mostri, per quanto soffice fosse la loro carne. Per cosa glielo aveva veramente dato? Strinse l’impugnatura con forza e rivolse uno sguardo deciso alla ragazza, annuendo con sicurezza. << D’accordo, Sasha. >> Disse piegando un labbro in un mezzo sorriso. La ragazza non sorrise, ma continuò a guardarlo con occhi impauriti, minacciosi. << Terrò questo pugnale con me e mi assicurerò di usarlo se dovessi essere in pericolo… >>
<< Promettimi che lo userai solo se sarai costretto a farlo! >> Disse lei alzando un dito. << Promettimi che farai di tutto per non usarlo! >>
Connie si guardò intorno confuso; che accidenti era successo a Sasha quel giorno con tutte quelle promesse? << D’accordo! Prometto che lo userò solo in caso di estrema emergenza e che farò di tutto per non doverlo usare. >> Si mise una mano sul cuore e alzò l’altra con solennità, continuando a sorridere a Sasha con aria di familiarità. Sembrava non prendere seriamente quella cosa, eppure la ragazza era seria.
Sasha abbassò lo sguardo in silenzio, pensierosa. Chissà che cosa attraversava la sua mente in quel preciso istante, chissà qual era il motivo di tutta quella preoccupazione. Loro due avevano vissuto ogni tipo di pericolo assieme, sapevano entrambi quanto fossero forti l’uno e l’altra… Era forse perché quello era il primo vero confronto con Mahle? Non sapevano cosa aspettarsi da quella flotta in attesa di fronte alla Barriera e quindi Sasha aveva preferito avvertire Connie in modo che non abbassasse la guardia? Doveva essere per quel motivo che gli aveva dato quel coltello: se le navi fossero riuscite ad attraccare, sull’isola si sarebbero riversati uomini armati e non semplici Giganti; Connie aveva bisogno di un’arma affidabile che non fosse esclusivamente progettata per combattere i Giganti.
Ripartirono avvistando un Gigante di quattordici metri spostarsi orizzontalmente lungo una strada, apparentemente isolato dal resto della lotta. Cominciarono ad avvicinarsi e quando furono a una distanza di circa cinquanta metri, questo li vide: il suo volto si contrasse in un sorriso sghembo e raccapricciante, perso nel vuoto e completamente accecato dalla vista dei due piccoli umani che per lui erano solo dei prelibati stuzzichini. Si avventò verso di loro, ma inciampò su una casa che si ritrovò davanti e finì per cadere a faccia in avanti nella strada dall’altra parte.
Connie deviò la sua direzione e provò ad avvicinarsi per colpire subito il Gigante; si appollaiò sul bordo di un tetto davanti alla strada in cui era caduto il Gigante e osservò la situazione: il mostro era riverso per terra, la faccia schiacciata sul terreno e diversi mattoni e tegole gli cadevano addosso dal tetto appena sfondato con la sua mole. Era inerte, non sembrava poter reagire prontamente, ma Connie avrebbe voluto attendere un attimo per capire se fosse il caso di colpire o fosse preferibile logorare un po’ il Gigante prima di dargli il colpo di grazia.
A un tratto lo vide mentre cercava di rialzarsi da terra: piantò i palmi delle mani a terra e spinse con forza cercando di risollevarsi. In pochi istanti, il Gigante era riuscito ad alzare la testa e ora lo stava guardando con quel suo ghigno inquietante, la bava alla bocca mentre degli strani versi gutturali venivano fuori dalla sua gola.
<< Connie! >> Chiamò Sasha fermandosi sul tetto dall’altro lato della strada e rivolgendogli un’occhiata minacciosa, volendo dirgli di fare attenzione alle mosse del mostro. Il ragazzo annuì senza bisogno che lei disse nulla e si spostò lateralmente e con calma lungo il tetto. Il Gigante lo fissò per tutto il tempo mentre il ragazzo si muoveva rimanendo sempre a distanza di sicurezza da lui.
A un certo punto quello cercò di raggiungerlo tentando uno scatto facendo forza con le braccia e stendendo un braccio verso Connie per agguantarlo. Connie si vide il suo enorme viso farsi più grande all’improvviso e scattò indietro, spostandosi di qualche metro a sinistra che era la direzione opposta a dove stava andando prima.
Il Gigante lo mancò per pochi metri e la sua mano mandò in frantumi il tetto con cui venne a contatto, strisciando su di esso per parecchi metri e facendolo crollare, finendo per schiantarsi nuovamente a terra. La testa del Gigante sbatté violentemente con la strada lastricata dell’avamposto e quello rimase a fissare il muro di una casa con lo stesso ghigno di prima, come se avesse ancora Connie di fronte a sé.
<< D’accordo… >> Commentò un po’ disorientato lui. << Questo è più scemo di me. >>
Sasha gli lanciò un’occhiataccia quando disse quella cosa e ci tenne ad indicargli di smettere di fare l’idiota e concentrarsi. Il ragazzo si scusò con un piccolo sbuffo e, appurato che il Gigante fosse maldestro e indifeso, saltò giù puntando le sue lame alla nuca del mostro umanoide.
Con un taglio netto, Connie rimosse dal corpo la collottola del Gigante e quello si bloccò nella posizione in cui era rimasto, con un braccio disteso e puntato contro la casa alla sua destra e lo sguardo perso nel vuoto e affamato. La pelle del Gigante cominciò a evaporare lentamente mentre intanto Connie rivolgeva uno sguardo rassicurante a Sasha, che era rimasta ad osservare la scena dall'alto senza intervenire; sapeva che Connie era in grado di gestire la situazione da solo, ma era stranamente disattento.
<< Forza, muoviamoci! >> Disse lui piegando le ginocchia per sgranchirsi un po' le giunture. Scagliò i suoi rampini verso la casa su cui stava Sasha e raggiunse la sua amica in un baleno. << Dobbiamo ancora riunirci alla squadra. >>
Sasha, ancora pensierosa e rallentata dai suoi dubbi, annuì lentamente e senza dire una parola cominciò a viaggiare assieme al ragazzo, che faceva strada.
Più avanzavano verso la battaglia, più cominciavano a incontrare la distruzione che avevano portato con sé i Giganti; alcune case erano state rase al suolo con lo schianto, e per le strade giacevano scheletri enormi in decomposizione assieme a pezzi di carne irriconoscibili, brandelli di uniformi sparsi ovunque e pochi corpi interi di soldati e civili, accasciati a un angolo della strada a morire in solitudine. La battaglia sembrava essersi spostata dal luogo dello schianto: i Giganti si erano diretti verso la zona più esterna dell'avamposto, dove stava l'accampamento dell'esercito. Era solo un caso, oppure stavano seguendo un preciso schema? Si ricordava di come, ai tempi del presunto sfondamento del Wall Rose, alcuni Giganti cominciarono inspiegabilmente a correre nella direzione della loro squadra: quel giorno erano sicuramente agli ordini di qualcuno, probabilmente del Gigante Bestiale che aveva dimostrato di poter comandare i Giganti a suo piacimento, scagliandoli contro al capitano Levi nella loro ultima battaglia.
Quel giorno lui era assieme ai suoi vecchi amici: c'erano Sasha e Historia, che allora si faceva ancora chiamare Christa, poi Ymir, che aveva nascosto a tutti quanti il suo segreto, Bertholdt e Reiner…
Dannazione! Pensò amareggiato. Continuava a pensare a Reiner. Qualunque cosa gli venisse in mente, finiva per collegarla a lui! Doveva distrarsi, doveva ricordare altro che lo facesse allontanare da quel traditore!
Quello era il giorno in cui il caposquadra Mike era scomparso; l'ultima volta che lo avevano visto era andato incontro ai Giganti per fare da esca e distrarli mentre il resto del gruppo si disperdeva e cercava di raggiungere più villaggi possibile nella zona. Quello era il giorno in cui Connie aveva scoperto che nel suo villaggio non c'era più nessuno da salvare: erano tutti spariti. Sembrava, in un primo momento, che fossero riusciti a mettersi in salvo, eppure le pochissime tracce lasciate dalla gente del villaggio e quel Gigante bloccato proprio sopra la sua casa lasciavano parecchie domande nella mente dei soldati che avevano visto quella scena. Ricordava come Reiner avesse cercato di distrarlo, una volta ritrovatosi di fronte a quel Gigante che si era poi rivelato essere sua madre; stava cercando di non farlo pensare, voleva evitare che si facesse domande in modo che il loro segreto rimanesse al sicuro… Però quel giorno, prima di raggiungere il suo villaggio, Reiner aveva promesso a Connie che lo avrebbe aiutato a scappare da quella prigione in cui li avevano rinchiusi, si era comportato come un vero amico condividendo anche il suo dolore all'arrivo al villaggio…
<< GIGANTE! >> La voce di Sasha squillò nelle orecchie di Connie come un allarme e lo fece rinsavire proprio al momento di vedersi la mano grassa e massiccia di un Gigante classe sette metri che si stendeva verso di lui per afferrarlo. Connie reagì prontamente e chiuse le spade di fronte a sé incrociando le lame e tranciando via tutte le dita più metà della mano; si scontrò però con il polso del Gigante, che lo fece bloccare nella sua avanzata e Connie si ritrovò a cadere giù privo di spinta dal suo equipaggiamento per la manovra tridimensionale.
Il ragazzo sbatté violentemente la schiena sui mattoni che ricoprivano la via e si ritrovò il Gigante che torreggiava minacciosamente su di lui. Quello aveva un broncio dall'aria ridicola stampato in viso e lo fissava con le sue guance grasse e le labbra strette come se volesse dargli un bacio. Si piegò in avanti per afferrarlo con l'altra mano rimastagli, mentre intanto Connie cercava di rialzarsi da terra e scappare da lì; si chiese come avesse fatto un Gigante di quelle dimensioni a raggiungere la sua altezza durante il volteggio: doveva aver saltato, per forza.
<< Connie! >> Gridò Sasha volteggiando sopra la testa del Gigante e abbassandosi subito su di questo per colpirlo alla nuca. La furia della ragazza fu tale che non solo le lame tranciarono via la collottola dl mostro, ma gli recisero anche i muscoli del collo, facendogli cadere la testa, che rotolò via con sempre lo stesso broncio stampato di sopra.
Connie stava ancora ansimando per lo spavento. Si era spaventato, questo era certo, non poteva negarlo, ma addirittura aveva perso il controllo del suo corpo? Si guardò le mani come per cercare un motivo in tutto quello: stava tremando. Come era possibile? Non aveva paura di quel semplice Gigante, aveva affrontato di molto peggio. E allora perché non riusciva a sentirsi le punte delle dita e il suo respiro si era fatto così affannoso all'improvviso? Di che cosa aveva paura veramente?
<< Connie! >> Chiamò nuovamente Sasha calando dall'alto e mettendosi a corrergli incontro. << Ti ha colpito? >> Chiese accostandosi a lui e inginocchiandosi.
Il ragazzo fissò con occhi persi nel vuoto le proprie mani, ancora sollevate in aria e tremanti, e rispose con un filo di voce:<< No… >>
<< Bene! >> E detto questo la ragazza gli diede un pugno, facendolo cadere a terra. << Perché mi sarebbe dispiaciuto picchiare un ferito! >> Aggiunse quando quello fu finito a terra senza nemmeno capire cosa lo avesse colpito.
La ragazza lo afferrò dal colletto della giacca e lo costrinse a guardarla negli occhi. << Ma che cavolo ti salta in mente?! Ti faccio promettere di non farti ammazzare e cinque minuti dopo tu ti lanci addosso a un Gigante che a malapena poteva vederti? >>
Connie non reagì alle urla di Sasha, rimanendo a fissarla con aria assente mentre lei gli gridava in faccia come era solito fare il loro insegnante Keith Shadis, incaricato del loro addestramento, ogni volta che commetteva qualche errore.
Già. Che cosa gli era saltato in mente? A che stava pensando? Perché non riusciva a togliersi dalla mente Reiner, mentre attorno a lui i Giganti uccidevano e divoravano i suoi commilitoni? Doveva smetterla di essere così testardo e pensare solo ai suoi dubbi e cominciare a concentrarsi di più sulla situazione attuale. Doveva chiudere la mente!
<< Hai ragione… >> Mormorò atono a un certo punto, mentre Sasha ancora lo strattonava con forza. La ragazza si fermò e lo lasciò parlare, curiosa di sentire quale fosse la sua scusa. Lui in realtà non ne aveva una, fissava il vuoto con l'aria di chi sembrava essersi reso conto di qualcosa di scioccante. << Non ho fatto attenzione… >>
Sasha lo fissò incredula prima di guardarsi intorno con aria sofferente e mettersi una mano sulla fronte, come a cercare di capire se in quel momento a stare male fosse lei o Connie. Sospirò pesantemente facendo passare l'aria in mezzo ai denti e tornò a guardare il ragazzo:<< Hai dormito abbastanza, questa notte? Sei sicuro di poter continuare a lottare? >>
Connie reagì in ritardo a quella domanda. << Eh? >>
<< Sto dicendo… >> Cominciò la ragazza. << E' inutile se devi combattere in questo stato. Ti porterò in un luogo sicuro dove potrai riposare e… >>
Proprio mentre parlava e le parole raggiungevano le orecchie di Connie, il ragazzo si metteva a pensare e cominciava a capire quale fosse il senso di tutto quello; cosa doveva fare, cosa doveva dire, perché aveva sbagliato fino a quel momento… Si alzò subito da terra e afferrò un polso di Sasha guardandola dritto negli occhi. << No, aspetta! Te lo giuro, sto bene… Posso ancora combattere! >>
<< Ne sei certo? >> Chiese lei rivolgendogli uno sguardo duro. Il ragazzo si congelò all'istante.
Gli occhi bruni di lei lo scrutavano fino nel profondo del suo animo, chiedendogli se fosse veramente pronto a lottare o ci fosse qualche problema che gli impedisse di continuare. Non voleva deluderla, e di sicuro non voleva morire dopo tutto quello che avevano passato da quando erano entrati a far parte dell'esercito… Qualcuno avrebbe detto che, se non erano in grado di sopravvivere, significava semplicemente che non erano abbastanza forti per farlo, ma Connie non era d'accordo: qualcuno che, nonostante la sua incapacità era riuscito a fare strada doveva esserci, non poter superare un ostacolo non significava che fosse impossibile andare avanti. Lui era in grado di superare quella prova e affrontare i Giganti senza lasciare che i suoi sentimenti si mettessero in mezzo? Non lo sapeva, ma di sicuro ci avrebbe provato!
Gli occhi di Connie tornarono a brillare di quella luce di sicurezza e spavalderia che li aveva caratterizzati prima; il ragazzo non sorrideva più, ma il suo viso era più determinato che mai. << Posso combattere, Sasha. Credi in me! >>
Le prese una mano, dopo che la domanda di lei gli aveva fatto mollare la presa al polso della ragazza, e gliela strinse con delicatezza e dolcezza, sapendo che Sasha avrebbe interpretato quel gesto come un messaggio di sicurezza. Lei alzò piano lo sguardo e lo fissò con gli occhi pieni di paura, le labbra le tremavano e respirava affannosamente. Forse si chiese come facesse a mantenere quell'autocontrollo, mentre attorno a loro c'era l'inferno e nemmeno lei sapeva come avesse fatto fino a quel momento a rimanere concentrata; lo capiva, comprendeva il perché Connie facesse fatica a tenere alta la concentrazione, ma non sapeva tutto quanto: Sasha non sapeva che nella mente di Connie era apparso il viso amichevole del vecchio Reiner, quel ragazzo che era stato loro amico e gli aveva fatto credere di essere una squadra, e che poi li aveva ingannati abbandonandoli al loro destino e cercando addirittura di porre fine alle loro vite senza neanche guardarli in faccia.
Dopo un lungo momento passato in silenzio a fissarsi negli occhi, la ragazza non riuscì più a sostenere lo sguardo del suo amico e sospirò arrendevolmente:<< E va bene… >> Vedendo che però non era del tutto convinta, Connie le mise le mani sulle spalle facendola tornare a guardare verso di lui.
<< Noi vinceremo, Sasha… >> Le disse sorridendo, questa volta. << Dobbiamo ancora mangiare quella carne di cinghiale che hai cacciato, e sappiamo entrambi che quando c'è di mezzo della carne tu sei inarrestabile! >>
Sasha sorrise, anche se non si sentiva dell'umore adatto… Aveva avuto paura quando aveva visto la mano del Gigante avvicinarsi pericolosamente a Connie, aveva temuto il peggio… Cosa avrebbe dovuto fare, se lui avesse infranto la loro promessa?
Il centro dell'avamposto era sempre più vicino, le grida e i rumori della battaglia si potevano udire molto chiaramente e le numerose teste dei Giganti che vagavano in mezzo alle strade del villaggio mettevano in soggezione e facevano pensare al peggio per la Legione Esplorativa. Connie e Sasha avevano ripreso la loro avanzata e presto si erano ritrovati ai margini di quella che era la zona più pericolosa, dove i Giganti si erano riuniti dopo lo schianto.
Furono subito accolti da un gruppo di soldati in fuga da un Gigante che correva con le sue gambe sottili e cercava di afferrarli come se fosse un bambino alle prese con dei giocattoli.
Connie urlò a Sasha di saltare prima che il Gigante si schiantasse contro l'edificio su cui si erano posati e, prima di poter raggiungere un altro punto al sicuro dividendosi per confondere il mostro nel caso volesse tentare di afferrare anche loro, avvistarono il primo del gruppo di soldati venire afferrato dalla grossa mano del Gigante. La sua esecuzione fu così rapida e brutale che non ebbe nemmeno il tempo di gridare aiuto: l'uomo fu schiacciato tra le dita sottili ma forti del Gigante e la sua carne e il suo sangue cominciarono a sgusciare via schiantandosi a terra, mentre il mostro antropomorfo cercava di portarsi alla bocca ciò che restava tra le sue dita sporche e scivolose.
Sia Sasha che Connie distolsero lo sguardo inorriditi e andarono a posarsi su due torrette gemelle nella strada, osservando la situazione da due punti di vista differenti: la squadra che avevano appena incontrato si era dispersa e i suoi membri si stavano nascondendo dietro alcuni ostacoli, gli unici che potevano essere avvistati in quel momento erano loro due. Il Gigante adocchiò subito Sasha, che decise di saltare via dalla torretta prima che quello potesse avvicinarsi.
La ragazza fece scattare i suoi rampini per cercare appiglio sulla casa di fronte alla sua torre e si ritrovò a oscillare ampiamente descrivendo una curva convessa prima di lasciare andare i ganci e continuare a scivolare in aria per alcuni metri, mentre il Gigante la guardava con occhi abbagliati, leggermente intrigato dai suoi movimenti. Quello sorrise mostrando i suoi enormi denti sporchi e cercò di inseguire la ragazza, ma a quel punto Connie si agganciò a una sua spalla e si lasciò tirare dalle funi fino a raggiungere il braccio destro del Gigante, che tranciò in un colpo solo facendo roteare le sue spade; un attimo prima di raggiungere l'arto del mostro, il ragazzo sganciò i suoi rampini dalla carne del Gigante e li lanciò un'altra vota per andare ad affondare nel suo torace in modo da poter avanzare ancora dopo aver messo a segno il colpo.
Connie continuò a scorrere deviando leggermente verso l'alto la sua traiettoria e sganciò di nuovo i rampini eseguendo una rapida piroetta nell'aria per evitare un tentativo da parte del Gigante di afferrarlo. Si ritrovò a scorrere in alto, privo dell'appoggio dei ganci della sua manovra tridimensionale, e dopo aver effettuato la rotazione per sfuggire all'attacco del mostro, Connie invertì improvvisamente il verso del suo movimento per sferrare un attacco alla spalla del Gigante, che fece affondare le lame delle sue spade nella sua carne fino a tagliare quasi completamente il suo secondo arto. Da quell'attacco Connie ricevette un po' di attrito nella sua avanzata verso l'alto, ma la spinta fu comunque sufficiente a farlo sollevare di una decina di metri sopra la testa del Gigante, che a questo punto si ritrovava privato di un braccio e con l'altro che pendeva inerte dalla spalla.
Il ragazzo si voltò ad osservare la sua preda prima che la spinta potesse esaurirsi e farlo precipitare giù: il Gigante era quasi ignaro della propria disabilità e fissava il vuoto di fronte a sé con la bocca spalancata. Decise di scendere per dare l'attacco finale e Connie cominciò a impostare il proprio corpo per la discesa: piegò in avanti la schiena, raccolse le gambe e puntò le braccia verso il suo obiettivo, premendo i grilletti del suo equipaggiamento per sparare i rampini che andarono a conficcarsi nella schiena del Gigante, proprio dietro la spalla.
Dando un piccolo strattone alla leva che regolava il gas, Connie cominciò la sua rapida discesa sfruttando la forza di gravità senza eccedere così nella velocità. Le funi scorrevano rapidamente producendo un debole sibilo che solitamente era accompagnato da quello più insistente del gas che fuoriusciva dal retro dell'equipaggiamento; la testa del Gigante si faceva sempre più grande e il suo punto debole scoperto era ben focalizzato nella mente di Connie, pronto a dare il colpo di grazia. Ma prima che fosse a portata di tiro, la testa del Gigante ruotò verso il suo assalitore, mostrando il suo viso terrificante e un sorriso contratto da una smorfia sofferente, mentre dalla bocca del mostro colava copiosamente una vischiosa bava scintillante.
Preso alla sprovvista dal rapido movimento del mostro, Connie fu costretto a interrompere la sua discesa: in una frazione di secondo dovette sganciare i suoi rampini e puntarli più in basso alle gambe del Gigante, che da quella altezza avevano assunto una forma irregolare; eseguendo una capriola all'indietro, il ragazzo avvistò i suoi nuovi obiettivi e sparò senza timore, sapendo che un errore gli sarebbe costato caro in quel frangente. Ancora prima di agganciarsi alle cosce del Gigante, Connie diede gas per ricevere un po' di spinta e proprio all'ultimo istante riuscì ad evitare il morso letale del mostro, che chiuse le sue enormi fauci proprio nel punto dove sarebbe passato il piccolo soldato se non si fosse accorto di quello che stava accadendo.
Sapendo di averla scampata per un pelo, Connie si lasciò sfuggire un verso di sorpresa misto alla paura e all'adrenalina dello scontro mentre scendeva di quota; cercò di rimanere concentrato e riprese a muoversi per tornare in alto rilassando i muscoli e correggendo la sua andatura in modo da descrivere un'altra curva convessa come prima, questa volta molto più stretta e veloce. Passando accanto alle caviglie del Gigante, Connie decise di inferire un altro attacco al corpo martoriato del mostro per assicurarsi un'esecuzione meno difficoltosa, e così decise di tranciare i tendini che sorreggevano le gambe del Gigante e lo facevano muovere con rapidità.
Connie venne schizzato dal sangue che fuoriuscì dalle caviglie del mostro e cercò di proteggersi gli occhi per non farsi accecare da quel liquido bollente. Dopo aver colpito il mostro, questo si accasciò esausto a terra continuando a produrre versi spaventosi con la bocca; Connie descrisse la sua curva e si voltò ancora prima di lasciare andare i rampini. Vedendo quanto fosse vulnerabile il mostro, decise di lasciare i ganci dove si trovavano e cominciò a dare gas semplicemente lasciando che le funi oscillassero facendolo tornare indietro, dritto sulla nuca del Gigante.
Il ragazzo parò le lame di fronte a sé a formare una croce e prima che potesse scontrarsi con il corpo del Gigante, si voltò di lato unendo le mani e tranciando interamente il pezzo di carne che conteneva il sistema nervoso del suo corpo originale. Gli dispiaceva dover uccidere a quel modo quello che un tempo era stato un suo simile, un uomo o una donna che aveva il suo stesso sangue nelle vene… Ma non poteva fare altrimenti. Una delle lame continuò a scorrere nella schiena del Gigante per parecchi metri, consumandosi notevolmente e facendo arrestare gradualmente la discesa di Connie che, nonostante non avesse calcolato quell'effetto, aveva sperato in una cosa del genere.
Il corpo inerte del Gigante si piegò in avanti fino a schiantarsi a faccia in giù con il terreno lastricato della via, e Connie venne portato giù con lui. Era ancora aggrappato alla sua schiena, la spada conficcata profondamente nella sua carne, e rimase ben saldo anche dopo la caduta del Gigante finendo per alzarsi in piedi sul corpo del mostro abbattuto.
Dall'alto, Sasha lo chiamò urlando il suo nome con eccitazione. << Così si combatte! >> Diceva esultando e continuando a ballare sul bordo del tetto. Sembrava essere tornata la solita Sasha di sempre, rassicurata dalle parole e dalle azioni di Connie, che aveva dimostrato di poter combattere ancora.
Il ragazzo sospirò affaticato dopo l'enorme sforzo che aveva provato per eseguire la manovra che gli aveva permesso di evitare le mandibole del Gigante e ucciderlo senza pericoli e strinse l'elsa della sua spada per estrarre la lama dal corpo del mostro.
L'arma era stata consumata quasi completamente, ormai restavano una ventina di centimetri della sua lama sottile e non sarebbe servita più a niente in uno scontro con i Giganti; decise di disfarsene tirando la leva che lasciava andare la lama removibile e ne prese un'altra dalla sua riserva al fianco sinistro. Si ritrovò così con due spade di lunghezza diversa: la spada a sinistra era stata consumata leggermente da quando aveva cominciato a combattere, ma era ancora in buone condizioni, mentre quella di destra era stata rovinata completamente e adesso l'aveva dovuta sostituire.
Con un balzo aggraziato, Sasha raggiunse il suo amico che stava ancora rimirando la nuova lama. << Pensavo che mi avresti chiesto aiuto da un momento all'altro… >> Mormorò la ragazza sorridendo con soddisfazione, liberata dalle incertezze di prima. Connie si voltò a sorriderle e alzò lo sguardo verso il tetto dove si erano nascosti i soldati in fuga.
Una voce si levò dall'alto. << Quel bastardo ha preso Gabriel! >> Era una voce lamentosa, apparteneva a un ragazzo dai capelli non troppo corti e la faccia lunga con il mento squadrato a chiudere la composizione del suo viso; aveva un'espressione addolorata e allo stesso tempo disgustata dall'immagine davanti a sé nella strada.
Vennero giù altri due soldati assieme a lui: uno era un ragazzo dalla pelle scura e i capelli neri con un cerotto sul naso, mentre sembrava avere un vecchio livido su uno zigomo assieme a una piccola cicatrice sulla fronte vicino all'attaccatura dei capelli; l'altro era un uomo più grande dei primi due che però non sembrava mostrare più degli anni che avesse realmente e i suoi capelli dorati erano raccolti in uno chignon grazioso e compatto, dietro la nuca.
<< Era vostro amico? >> Chiese Connie quando furono tutti riuniti, accennando debolmente al punto dove erano finiti i resti del soldato afferrato dal Gigante prima che Connie intervenisse.
Non ci fu nessuna risposta da parte dei tre soldati, ma i loro sguardi mostrarono tutto il loro dispiacere nell'aver perso un compagno a quel modo. Il loro comportamento non era stato molto ammirevole, dato come si erano nascosti all'arrivo di Connie e Sasha, ma in un momento come quello si poteva giustificare una condotta come quella, se fosse successo solo una volta…
<< Vi dobbiamo la vita… >> Esordì il ragazzo dalla pelle scura. Il suo volto leggermente rotondo era ricoperto di sudore, la fuga dal Gigante doveva averlo spossato.
Sasha approfittò della frase del ragazzo per infondergli un po' di senso di responsabilità, essendo in fondo una veterana ed avendo molta più esperienza di loro:<< La prossima volta, invece di fuggire rischiando di causare ancora più danni, cercate di lavorare in squadra per abbattere il nemico e forse riuscirete anche a non perdere nessun altro… >>
Le parole di Sasha fecero sentire terribilmente in colpa i soldati, che abbassarono con vergogna lo sguardo e si misero a tremare con l'idea di aver causato involontariamente la morte del loro amico. Ovviamente l'intento di Sasha non era quello di farli sentire in colpa, ma sperava che quei ragazzi capissero il loro errore e non lo ripetessero più, così non avrebbero più provato quel dolore per aver perso un amico a quel modo.
Connie decise di cambiare discorso per cercare di alleggerire la tensione e rivolse lo sguardo alla strada vuota, dove però giacevano alcuni corpi martoriati dei soldati e i resti del Gigante appena abbattuto che cominciavano a sparire. << Voi venite dal centro della battaglia, vero? >> Chiese aggiustandosi la cintura con una mano. << Com'è la situazione? Come stiamo combattendo? >>
L'uomo più grande del gruppo prese la parola avanzando di qualche centimetro. << La Legione non se la sta cavando male. Ci sono stati molti morti, è vero… Ma i Giganti non hanno avuto la possibilità di fare del male ai civili. Considerato l'attacco a sorpresa e la carneficina iniziale, ci stiamo difendendo bene… >>
Sasha colse la palla al balzo per porre la sua domanda:<< Avete visto per caso un piccoletto volteggiare tra i Giganti e facendoli a pezzi come se stesse facendo una passeggiata? >> Due dei ragazzi si rivolsero sguardi confusi.
<< Stai parlando del capitano Levi? >> Chiese l'uomo, che sembrava essere l'unico ad aver capito di chi stessero parlano. Sasha annuì, ma lui rispose ancora prima che potesse farlo:<< E' arrivato un po' di tempo fa assieme a un ragazzo alto e si sono messi a combattere i Giganti senza alcuna difficoltà, aiutando i soldati che erano stati colti alla sprovvista a riorganizzarsi e facendo fuggire i civili. >>
Connie annuì pensando a Levi e Jean combattere assieme per fermare i Giganti: il capitano era di un altro livello rispetto a tutti loro, però fare squadra con uno o più di loro rendeva il suo lavoro ancora più efficace e meno faticoso. Di sicuro entrambi non avrebbero avuto problemi, se fossero stati divisi durante la battaglia…
<< Capito… >> Disse facendo roteare le spalle con intraprendenza. << Sarà meglio sbrigarci, allora… >>
Sasha puntò un dito contro l'uomo con lo chignon. << Voi restate a fare la guardia a distanza di sicurezza: se dovessero sfuggire Giganti dalla zona centrare, fermateli subito! >> Disse con tono autoritario.
Un po' sconcertato dagli ordini inaspettati della ragazza, che forse era anche più giovane di lui, il soldato prima la fissò con sorpresa, poi assunse una posa marziale e annuì con rispetto rispondendo:<< Sissignora! >>
Dopo di quello Sasha e Connie si voltarono e, rivoltisi degli sguardi di complicità, ripresero il loro cammino verso la zona centrale dove infuriava la battaglia.
Connie continuava a rivolgere un sorriso beffardo davanti a sé mentre Sasha, che scorreva accanto a lui, sembrò non capire quale fosse il motivo di tanta compiacenza. << Che c'è? >> Chiese spazientita, cercando di far parlare il suo amico.
Connie rispose voltando lo sguardo verso di lei e facendo andare su e giù le sopracciglia. << Ti piace dare ordini, eh? >>
Sasha sembrò non capire nemmeno cosa intendesse il ragazzo, poi sbuffò imbarazzata. << Avevano bisogno di qualcuno che li mettesse in riga… >> Mormorò guardandosi intorno, cercando segni di riconoscimento da parte di qualche commilitone che avesse bisogno di aiuto. Nelle strade c'erano solo cadaveri e resti irriconoscibili di soldati fatti a pezzi: più andavano avanti e più aumentavano i cadaveri, assieme anche ad alcuni scheletri in rapida decomposizione di Giganti. La battaglia era ormai vicina…
Era il momento di mettere da parte i pensieri e cominciare a lottare per la sopravvivenza, per far sì che il genere umano continuasse a vivere. Era il momento di mettere in gioco tutto quanto per vincere quella battaglia: Connie avvistò un gigante circondato da numerosi soldati che tentavano di ferirlo senza che questo potesse far loro del male. Vide il Gigante afferrare uno degli uomini e cominciare ad avvicinarselo alla bocca. Stufo di vedere altri soldati divorati, Connie deviò rapidamente la sua direzione e cominciò a scattare rapidamente da un appiglio all'altro per raggiungere il Gigante prima che fosse troppo tardi.
Con un colpo improvviso che lasciò sbalorditi tutti i soldati attorno a lui, che non erano riusciti a fare nulla per aiutare il loro compagno, Connie tranciò di netto l'avambraccio del Gigante mantenendosi a distanza di sicurezza in modo che quello non potesse poi afferrare lui. Sfruttando una torretta alle spalle del Gigante, Connie si issò poi ancora più in alto e passò accanto al suo viso accecandolo da un occhio, fermandosi sulla parete della torre.
L'urlo del soldato che era stato afferrato, non appena si rese conto di essere libero, fu l'unico suono che udirono gli uomini prima che il Gigante cominciasse a ruggire per la sua improvvisa parziale cecità. Vedendo quanto fosse stato efficace l'attacco di Connie, un giovane ragazzo dai capelli lisci e neri e con uno sguardo determinato nel volto decise di approfittare della momentanea distrazione del Gigante e provò uno scatto molto audace che gli permise di accecare l'altro occhio del mostro, agganciandosi prima a un palazzo dall'altra parte della strada e poi deviando rapidamente la sua direzione, girando attorno alla testa del Gigante, per fermarsi pochi metri più sotto di Connie sulla sua stessa torretta. Era stato un bel lavoro, ma adesso dovevano eliminare il Gigante e quelli che potevano occuparsene più facilmente erano proprio loro due, mentre la squadra dall'altra parte avrebbe dovuto tenere il mostro impegnato: fu Sasha a capire tutto questo, e quando arrivò sul posto con un po' di ritardo rispetto a Connie, urlò al resto del gruppo che era rimasto in azione:<< Manovra diversiva da due fronti! Ora! >>
I soldati reagirono con un istante di ritardo, poi si lanciarono tutti quanti contro il Gigante descrivendo delle curve che andarono a incrociarsi mentre loro passavano di fronte al mostro senza attaccarlo, cercando di attirare la sua attenzione attraverso le loro urla di battaglia. Il Gigante era confuso e frustrato dalla sua impossibilità di vedere cosa ci fosse di fronte a sé: si mise a mulinare il braccio rimastogli senza alcun criterio, mancando tutti i bersagli. A quel punto il ragazzo che aveva attaccato dopo di Connie saltò con grande intraprendenza per porre fine a quello scontro, e riuscì a tranciare interamente il punto debole del mostro.
Ci fu solo il tempo per esultare qualche secondo, il soldato che era stato afferrato ringraziò Connie per il suo intervento superlativo e poi la squadra tornò subito al lavoro, dirigendosi verso l'interno della zona di battaglia, dove decine di Giganti erano alle prese con i soldati dell'Armata Ricognitiva. I combattenti si stavano difendendo bene, ma risultava molto difficile rispondere agli attacchi per l'insolita rapidità dei movimenti dei Giganti e la loro coordinazione, quasi come se non fossero i soliti fantocci senza intelletto che avevano sempre affrontato.
L'unico punto dove i Giganti cadevano uno dopo l'altro era sicuramente dove si trovava il capitano Levi: non appena Connie lo avvistò, disse a Sasha di seguirlo e partirono per ricongiungersi con la loro squadra.
Connie scattò subito per poter raggiungere il capitano prima che succedesse qualcos'altro, ma sulla sua strada si ritrovò una coppia di Giganti grossi e ingombranti che gli bloccavano il passaggio: dovette sfruttare tutta la sua abilità nelle virate strette per sfuggire alle loro grosse mani. Prima si piegò in avanti e continuò ad avanzare scendendo di quota, con l'intento di passare in mezzo alle loro gambe; poi, quando vide che i Giganti non abbandonavano il loro inseguimento e si piegavano per afferrarlo, decise di cambiare improvvisamente direzione e muoversi orizzontalmente sfilando di fronte a loro. Sfruttando l'inerzia dei suoi movimenti, Connie cominciò a roteare per colpire le gambe dei Giganti, che non riuscirono a mantenere l'equilibrio e caddero sulle ginocchia. Prima di allontanarsi troppo, il ragazzo tornò nuovamente a muoversi in direzione di Levi e Jean, e dovette allargare la sua traiettoria per evitare gli attacchi dei Giganti, che nonostante fossero stati messi in ginocchio tentavano ancora di afferrare il piccolo soldato.
Connie agitò con rapidità e precisione le sue spade, tranciando le dita dei mostri e allontanandosi più in fretta possibile da quei due prima che le loro ferite potessero guarire. Lui aveva azzardato quel passaggio così ravvicinato mentre Sasha, che ricomparve accanto a lui quando si fu allontanato dai Giganti, aveva preferito allargare la sua traiettoria per evitare completamente il contatto con i due mostri; se potevi evitare uno scontro non necessario, perché rischiare? Lei non era mai stata particolarmente coraggiosa, ma con il tempo aveva dimostrato di avere solo un istinto molto sviluppato per la caccia, quindi anche una grande tendenza ad evitare i lavori superflui e tendenzialmente pericolosi.
<< Ci siamo! >> Disse lei avvistando il capitano Levi mentre saltava via dalla schiena di un Gigante appena ucciso. Chiamò a gran voce il loro caposquadra, e assieme a lui si voltò anche Jean che stava osservando l'attacco di Levi a distanza di sicurezza.
<< Finalmente siete arrivati. >> Sbuffò visibilmente stizzito il capitano atterrando sul tetto dove stava Jean.
<< Abbiamo avuto qualche contrattempo… >> Si scusò Connie fermandosi di fronte a loro, mentre Sasha atterrava un passo più indietro di lui e controllava i dintorni con molta attenzione. C'erano Giganti ovunque, ma al momento nessuno di loro sembrava essere interessato alla squadra Levi.
<< Comunque sia… Qui c'è un sacco di lavoro da fare. Vedete di non farvi uccidere! >> E detto questo Levi, che gli aveva rivolto un cipiglio tetro, saltò via dirigendosi alla sua prossima preda.
Connie era confuso; non avevano neanche avuto il tempo di scambiare qualche informazione. Fu inutile cercare di chiamare il capitano una volta partito, a quel punto era già proiettato verso la battaglia. Fu Jean a notare la sua perplessità e a dargli qualche spiegazione.
<< Siamo riusciti a parlare con qualcuno della squadra di Hanji. Sia lei che Armin stanno bene… >> Disse con un sospiro di sollievo il ragazzo, sapendo che anche Connie e Sasha sarebbero stati felici di sentire quelle notizie: non avevano saputo più niente dopo l'arrivo dei Giganti all'avamposto, per un po' avevano temuto che i loro amici fossero rimasti vittime del bombardamento.
<< E Mikasa? >> Chiese Sasha allarmandosi, ricordando che sia lei che Eren fossero da un'altra parte.
Jean si voltò mesto verso di lei:<< Non sappiamo niente… Ma se devo essere sincero, non mi preoccuperei molto per lei ed Eren. >> Si voltò a guardare il capitano Levi che affrontava un Gigante classe quindici metri da solo. Gli sfuggì un sorriso sognatore, come se si fosse dimenticato della situazione corrente. << Mikasa starà facendo un ottimo lavoro, come sempre! >>
Dopo qualche istante di silenzio in cui Connie e Sasha rimasero a guardare il loro amico, questo si voltò verso di loro dandogli la carica e incitandoli ad andare a combattere. Connie e Sasha reagirono prontamente e si lanciarono assieme a lui con l'intento di raggiungere il capitano Levi e aiutarlo ad eliminare il Gigante che stava affrontando in quel momento.
Sasha forse non lo sapeva, ma Connie invece sì: Jean si era innamorato perso della bella Mikasa sin dal primo momento in cui l'aveva vista. Da quando avevano cominciato l'addestramento, lui le era stato sempre dietro, studiando le sue mosse, cercando di capire quali fossero i suoi gusti e sperando che, a poco a poco, lei lo notasse… Di sicuro, col tempo erano diventati amici, ma era difficile comprendere se lei provasse qualcosa nei confronti del ragazzo… Proprio per questo Jean sapeva esattamente che non ci fosse da preoccuparsi per Mikasa.
In avvicinamento al Gigante, Sasha Connie e Jean lanciarono un grido furioso per far sapere a Levi del loro arrivo, ma anche il Gigante che stava fronteggiando il piccolo capitano si accorse della loro presenza e, voltandosi molto velocemente, utilizzò le sue lunghe braccia come mazze rotanti e sferrò un attacco orizzontale al trio.
Quella fu una manovra difficile da eseguire: il Gigante si trovava in uno spiazzo senza appigli alti o altri punti raggiungibili che potessero aiutare i ragazzi a sfuggirgli. Connie dovette sganciare i suoi rampini dal fianco del mostro e abbassarsi eseguendo una capriola indietro, dando poi gas una volta rivolto verso terra per potersi spingere verso il basso. Sasha, che non era rapida come lui ad eseguire virate così strette e improvvise, si teneva in fondo al gruppo per poter avere più tempo per reagire e schivare gli attacchi; lasciò andare il gas e i rampini molto prima di Connie, quando vide che il Gigante stava per voltarsi, così da poter scendere di quota e schivare l'attacco che stava per arrivare. L'unico ad affrontare apertamente il Gigante senza mai cambiare direzione fu Jean che sganciando i suoi rampini, con un urlo di rabbia si mise a roteare verticalmente sguainando le sue spade e tagliando perfettamente il braccio del Gigante.
Subito dopo essere passato attraverso la carne del mostro, Jean scagliò i suoi ganci piantandoli nel viso della sua preda e si avvicinò pericolosamente a questa; prima di essere troppo vicino, si issò in alto come se fosse su un'altalena e sganciò i cavi prima che questi potessero essergli di intralcio. Con un volo magistrale, Jean scavalcò con eleganza e rapidità il Gigante, portandosi alle sue spalle pronto ad attaccare la sua nuca.
Connie passò in mezzo alle gambe del Gigante dopo aver trovato appiglio nelle sue ginocchia e vi ruotò attorno per testare i riflessi del mostro. Dopo alcuni rapidi volteggi, decise di tagliare i muscoli dietro al ginocchio che lo facevano restare in piedi in modo da mettergli ancora più difficoltà, ma il gigante era ancora molto pericoloso.
Sasha decise di avvicinarsi con cautela, agganciandosi a una spalla del mostro ora che era stato distratto dall'improvviso cedimento delle sue gambe, e al momento opportuno si lanciò contro di lui per tagliare via la sua intera spalla, lasciandolo con solo un moncone e nient'altro per attaccare i soldati.
<< Bel lavoro, ragazzi! >> Esclamò Jean, che ancora volteggiava in aria grazie alla forte spinta che si era dato e si preparava a scendere per dare il colpo finale al Gigante. Però, attaccando, non aveva messo in conto l'ultima difesa del mostro che avrebbe potuto ucciderlo in quel momento: sentendolo arrivare alle proprie spalle, il Gigante riuscì a girarsi facendo ruotare il collo in una maniera quasi inumana per tentare di afferrarlo al volo con la bocca e divorarlo. Lo slancio che aveva preso Jean era talmente forte che non avrebbe avuto il tempo di fare nulla per schivare quel colpo, sarebbe stato ucciso sicuramente se non fosse intervenuto il capitano Levi con uno scatto felino da chissà dove, facendo saltare con un taglio netto l'intera mascella del suo enorme cranio.
<< La prossima volta assicurati che un Gigante non possa reagire in nessun modo, prima di scoprirti così! >> Gli disse con tono seccato, lanciandogli un'occhiataccia mentre le sue funi lo tiravano via dal mare di sangue venuto fuori dal volto del mostro dilaniato.
Jean non ebbe il tempo di chiedere scusa né ringraziare il capitano: ormai era proiettato verso il punto debole del Gigante e si lasciò trascinare dalle funi per affondare il colpo con un taglio netto, estraendo dalla carne del Gigante la parte contenente il corpo originale.
Connie osservò quel pezzo di carne volare via con un po' di dispiacere, pensando ancora a quelli che erano stati trasformati in Giganti per essere mandati a morire a quel modo, o a uccidere in maniera tanto brutale e selvaggia. Era contento della buona riuscita dell'esecuzione, ma non poteva non esserci un po' di rimorso in ciò che facevano, pensando che a morire veramente fossero delle persone innocenti…
Jean finì a terra per l'impeto che lo prese. Sembrava essersi concentrato esclusivamente sul punto dove colpire, lasciando da parte la distanza tra lui e l'obiettivo, la velocità di avvicinamento e l'altezza da terra. Per sua fortuna, anche il suo atterraggio sembrò eseguito ad arte e il ragazzo piantò con grande forza un palmo nel terreno, mentre l'altra mano rimaneva al suo fianco e le gambe si piegavano quasi eccessivamente per ammorbidire quell'atterraggio. Alla fine Jean si rialzò da terra con un sorriso vittorioso.
<< Grazie per avermi salvato la pelle, capitano! >> Ringraziò ad alta voce il ragazzo, rivolgendo lo sguardo in alto verso il piccolo soldato che continuava a volteggiare cercando un punto dove atterrare. Levi nemmeno rispose, si limitò a sbuffare sapendo che se non ci fosse stato lui, a quell'ora forse nessun della sua squadra sarebbe lì…
<< Lo abbiamo eliminato? >> Chiese Sasha scendendo di quota e avvicinandosi al corpo in evaporazione del Gigante, riverso per terra. Connie era lì, si voltò a fissare la ragazza mentre si avvicinava e annuì in silenzio.
<< Un altro è andato… >> Mormorò pensieroso, chiedendosi quanti ne avessero uccisi ormai…
La voce di Levi dall'alto li raggiunse:<< Non restatevene lì impalati! >> Si voltarono tutti quanti e lo videro mentre si allontanava da quel punto per dirigersi da un'altra parte, dove avrebbe affrontato altri Giganti. << Dobbiamo sbrigarci a ristabilire l'ordine, altrimenti i Giganti potrebbero sfondare le nostre ultime difese! >>
<< Ha ragione. >> Disse Jean alle spalle dei due ragazzi, avvicinandosi a loro. Non c'era tempo da perdere a contemplare le prede abbattute, non avevano il tempo di riprendere fiato né di scambiare qualche parola… Dovevano solo combattere. << Prima sconfiggiamo i Giganti, meglio sarà per tutti… >>
Vedendo Jean avvicinarsi, a Connie saltò in mente una domanda che non riuscì a tenere per sé:<< Ma… Possibile che fosse solo questo il loro piano? >>
Jean si fermò accanto a lui e a Sasha e lo guardò incuriosito; anche la ragazza si voltò a chiedergli cosa intendesse dire.
<< Se… Se Reiner gli ha raccontato di noi, sapranno che ormai i Giganti non sono una così grande minaccia. Eppure fino ad ora abbiamo incontrato solo loro… >>
Jean si guardò intorno con spavalderia. << Probabilmente saranno troppo vigliacchi per affrontarci a viso aperto e sperano che i Giganti ci indeboliscano il più possibile, prima di attaccarci con tutte le loro forze. >>
Connie ribatté:<< Ma quelle navi sono rimaste ferme ad aspettare, come se fossero sicuri della riuscita dei Giganti. Non abbiamo mai sentito neanche un colpo di cannone provenire dalla Barriera… >>
A quel punto Jean si voltò a guardare con aria pensierosa la cima della Barriera, dove avevano lasciato il gruppo guidato da lui, adesso nelle mani della giovane Briest. << Pensaci un attimo: con tutta la confusione che c'è qua sotto, pensi veramente che avremmo sentito qualsiasi cannonata da lassù? >> Jean aveva delle buone argomentazioni dalla sua parte, ma per qualche motivo Connie non pensava che si stesse consumando una battaglia furiosa sulla Barriera; non pensava che si stesse consumando alcuna battaglia… << Ho mandato una squadra a fare da supporto ai miei ragazzi, non so neanche io come sia la situazione lì sopra… Ma è meglio non lasciare nulla per scontato! Tu senti altro, oltre alle urla dei soldati che muoiono? >> E con questo assunse un cipiglio ammonitore, come se volesse far sentire in colpa Connie per aver perso tempo con le sue domande infondate e cominciò ad avviarsi verso dove stava andando anche il capitano Levi.
Sasha si voltò per seguire Jean e rivolse uno sguardo perplesso al suo amico che ancora non si muoveva e rivolgeva lo sguardo a terra, dubbioso. Sentiva davvero altro, oltre alle grida di terrore dei suoi compagni che venivano divorati dai Giganti che lui non aveva ancora ucciso? Doveva veramente sentirsi in colpa, oppure aveva ragione a sentirsi così, come se qualcosa mancasse nella scacchiera di quella battaglia? Connie concentrò tutti i suoi sensi e cercò di capire se ci fosse qualcosa di sbagliato in quel campo di battaglia che lo circondava, se anche solo un granello di sabbia fosse fuori posto in quel momento; gli sarebbe bastata qualsiasi cosa per placare i suoi dubbi e tornare così alla battaglia.
E dopo un lungo momento passato con gli occhi chiusi e le orecchie tese ad isolare ogni suono che udiva, Connie identificò cosa non andava: un ronzio, un rombo insistente e spaventoso che – solo ora se ne rendeva conto – non lo aveva mai lasciato da quando si era svegliato quella mattina.
Alzò lo sguardo allarmato e in alto nel cielo, nascosto da alcune nubi grigie, il ragazzo avvistò uno di quegli strani oggetti volanti corazzati. << E' ancora qui! >> Esclamò guardandolo mentre continuava a ruotare in cerchio sopra le loro teste; più precisamente, sopra le teste dei soldati e dei Giganti impegnati nella battaglia. << Quel coso volante è ancora qui! >> Urlò cercando di far capire cosa stesse dicendo, attirando l'attenzione di Jean, Sasha e anche del capitano Levi, che pur essendo distante si voltò a guardare per cercare di capire cosa stesse dicendo il ragazzo, e finì per alzare lo sguardo al cielo con curiosità.
Ora tutti quanti della squadra lo vedevano e ne erano terrorizzati. Cos'altro ancora avevano in serbo per loro quelle macchine portatrici di morte e distruzione? Che cosa stava facendo lì, per tutto quel tempo? Dall'arrivo dei Giganti nessuno aveva più fatto caso a loro, ma era evidente che quell'oggetto fosse rimasto lì sopra proprio per controllare la situazione e assicurarsi che quei mostri che aveva scaricato sulla terra facessero il loro lavoro. Oppure c'era qualche altro motivo perché fosse rimasto lì?
Proprio mentre lo guardavano, proprio dopo essersi accorti della sua presenza, dalla pancia di quel grosso oggetto volante dalle fattezze di un uccello venne fuori qualcos'altro: si aprì un portellone come l'altra volta e qualche piccola figura ne cadde con grande slancio.
<< Vogliono bombardarci di nuovo! >> Urlò Connie in preda al panico, che voltandosi afferrò da un braccio Sasha e la portò a terra con sé per potersi salvare dall'eventuale esplosione o onda d'urto che si sarebbe sprigionata dall'impatto.
Jean e Levi rimasero a guardare, invece. I loro occhi esterrefatti non riuscivano a staccarsi da quelle piccole figure nere e la curiosità di sapere cosa sarebbe arrivato da lì era più forte del terrore di essere uccisi: non potevano prevedere cosa sarebbe piovuto dal cielo questa volta, quindi era inutile preoccuparsene finché non lo avrebbero scoperto.
Con un lampo improvviso, dorato e accecante, una enorme figura scura e pelosa prese forma nel cielo sotto quell'oggetto volante che aveva lasciato cadere quelle piccole sagome. Ci fu un grande ruggito che scosse la terra, e pochi istanti dopo dal fumo venne fuori l'enorme sagoma del Gigante Bestiale, con le sue lunghe braccia aperte come se volesse afferrare qualcosa davanti a sé.
Il Gigante ricoperto di pelo atterrò in piedi facendo tremare la terra. Alcune case che erano state già danneggiate dagli altri Giganti crollarono definitivamente per le vibrazioni e per un attimo rimasero tutti a guardare in punto dove era atterrato quel mostro.
Nello spiazzo in cui si trovavano, Connie e gli altri non riuscivano a vedere bene cosa stesse succedendo: decisero di raggiungere il capitano Levi in cima a un tetto per poter osservare meglio la situazione. Quando lo raggiunsero, il capitano era immobile e osservava con occhi esterrefatti l’enorme figura del primate che torreggiava sopra alle teste dei soldati terrorizzati alla sua vista, confusi e incerti su come affrontarlo. Di sicuro, il Gigante Bestiale era il più spaventoso di tutti loro…
<< Dobbiamo intervenire, capitano! >> Suggerì Jean facendo un passo in avanti, sapendo quanto fosse pericoloso il Gigante che avevano di fronte, ma conoscendo bene anche le capacità del loro leader. Sapeva poi che non potevano permettersi di lasciare tutto quanto al caso, non potevano abbandonare i loro commilitoni in quel momento così delicato: era per momenti simili che esisteva la squadra Levi.
Levi rimase in silenzio a fissare il mostro urlante e scalciante lontano da loro, mentre intanto i Giganti cominciavano a muoversi in maniera più coordinata e precisa, seguendo degli schemi più complessi. Il sangue sugli abiti del capitano stava ancora evaporando, la sua espressione era difficile da decifrare ma i suoi occhi spalancati fissavano intensamente il Gigante Bestiale. << No. >> Disse a un certo punto, spiazzando i suoi compagni di squadra e facendo venire i brividi ad alcuni di loro. Levi si voltò rivolgendo uno sguardo quasi sforzato, il volto pallido e uno strano sorriso sghembo sul volto:<< Ci andrò io da solo. Voi non vi intromettete! >>
Gli occhi di Jean si allargarono per lo stupore, mentre il ragazzo indietreggiava confuso e spaventato da quel ghigno misterioso del capitano. << Che cosa sta dicendo? >> Chiese incredulo, pensando che fosse impazzito.
Levi non mosse un muscolo. << Quel bastardo ed io abbiamo un conto in sospeso. Non intromettetevi e andrà tutto bene. >>
<< Dovremmo restare qui a guardarla mentre combatte, signore? >> Chiese Sasha, indignata dall’ordine del capitano che non aveva intenzione di ricevere il loro aiuto.
Ma Levi scostò lo sguardo e lo rivolse al villaggio, dove i Giganti sembravano essersi organizzati per convergere verso il Gigante Bestiale e difenderlo dall’assalto dei soldati. << Non sto dicendo questo. Ci sono ancora molti nemici di cui occuparsi… Se eliminaste quelli, ve ne sarei molto grato. >>
Connie e Sasha rivolsero lo sguardo al villaggio: la distruzione e la morte erano ovunque in quel luogo. Ormai i Giganti avevano messo a soqquadro l’intero avamposto Gloria e ciò che ne era rimasto andava difeso con i denti e con le unghie per evitare che quella si trasformasse in una vera e propria carneficina. Connie e Sasha avevano compreso l’importanza della loro missione, anche se non comprendevano appieno la decisione di Levi di andare da solo… Pensava di essere l’unico in grado di fronteggiare il Gigante Bestiale, oppure c’era qualcosa di più a spingere il soldato?
<< D’accordo, capitano… >> Disse Connie a un certo punto, suscitando l’avversione di Jean. Ma il ragazzo mise una mano sulla spalla al suo amico per trasmettergli di restare calmo e ascoltare bene le sue parole:<< Lasci a noi il compito di tenere lontani gli altri Giganti! Lei si concentri su quello… >>
<< E faccia in modo di tornare sano e salvo! >> Concluse la sua frase Sasha, facendo un passo in avanti per avvicinarsi di più a Levi.
Il capitano guardava con occhi infossati il Gigante Bestiale. Sembrava non aver nemmeno sentito le loro risposte, ma comunque lasciò intendere di non avere alcuna intenzione di morire quel giorno. << Ho fatto una promessa… >> Mormorò quasi a sé stesso, sollevando una spada e portandola vicino al viso. << Farò a pezzi quel bastardo, costi quel che costi! >>
Dopo aver pronunciato quelle parole, Levi scattò via dal tetto e cominciò ad avvicinarsi a gran velocità al Gigante Bestiale. Anche da lì si poteva vedere la furia nei suoi movimenti e molti dei soldati che erano impegnati a lottare con il Bestiale sembrarono farsi da parte quando videro arrivare il capitano Levi a quella velocità.
Jean si voltò verso Connie, infuriato. << Ma che ti è saltato in mente?! Vuoi mandare il nostro capitano a lottare da solo con il più forte di tutti loro? >> Chiese alzando la voce con il ragazzo più basso di lui.
Connie non staccò gli occhi dal capitano Levi e rispose con calma:<< Quello è Levi! Lui ha affrontato il Bestiale, sa quello che fa, ed è il più determinato di tutti noi ad affrontarlo. Se dovessimo unirci a lui, gli saremmo solo d’intralcio in questa battaglia… >>
Jean sembrò calmarsi, ma continuò comunque a protestare. << Sì, ma… Non abbiamo idea di cosa potrebbe accadere! >>
Connie sorrise voltandosi a guardare Sasha. << Io direi di dargli fiducia… >>
La ragazza rispose con un altro sorriso a quello mandato dal suo amico. Levi, proprio come Connie, aveva fatto una promessa a qualcuno riguardante il Gigante Bestiale; questo significava che si sarebbe impegnato al massimo per portare a compimento quella promessa, proprio come avrebbe fatto Connie. Si erano capiti subito con uno sguardo.
Prima che i tre potessero tornare a guardare avanti, un altro lampo nell’aria illuminò l’intero avamposto: una luce accecante, dorata, un fulmine che questa volta venne fuori dal terreno dando forma a una figura alta e muscolosa, fumante e in preda alle convulsioni. Per un attimo avevano temuto al peggio, l’arrivo di un altro Gigante speciale, ma poi i tre ragazzi riconobbero in quella figura agitata e muscolosa il Gigante del loro amico Eren, che probabilmente doveva essersi stufato di restare nascosto e aveva deciso di entrare nella battaglia sotto forma di Gigante.
Jean non sembrò essere contento come i sue due amici, alla vista di Eren. << Quell’idiota… >> Mormorò stringendo con rabbia un pugno.
Eren cominciò a ruggire con rabbia verso il Gigante Bestiale, che si voltò verso di lui con aria di superiorità, e prese a corrergli incontro deciso ad affrontarlo apertamente.
<< Vuole davvero combattere contro il Gigante Bestiale? >> Commentò incredulo Connie, pensando che il loro amico, nonostante la sua forza, non fosse ancora all’altezza di un elemento come il Bestiale.
Jean era furioso. Sguainò le sue spade e saltò via dal tetto gridando:<< Brutto bastardo, se metti in pericolo Mikasa con i tuoi istinti suicidi te la vedrai con me! >>
Vedendolo andare via, Sasha chiamò Connie. << Andiamo! >> Gli disse con un rapido cenno della testa. << Dobbiamo fermare i Giganti! >>
Connie la guardò confuso. << Ed Eren? >> Chiese sapendo che il capitano Levi non sarebbe stato contento dell’intervento del ragazzo.
<< Lasciamo fare a loro! In un modo o nell’altro, riusciranno a prevalere… >> La risposta di Sasha chiuse il discorso, ma dal suo tono la ragazza non sembrava per niente sicura di quello che aveva appena detto. Eren aveva dimostrato spesso di essere sempre un gradino più in basso rispetto agli altri avversari che si era ritrovato davanti, qualunque fosse stato il suo addestramento; la sua irruenza e il suo temperamento lo avevano portato spesso a combattere senza metterci testa. Entrambi lì speravano che avesse imparato dai suoi errori precedenti…
Connie annuì pensieroso e si mise subito a inseguire la sua amica. Ora la battaglia si faceva seria: Eren era sceso in campo contro al Gigante Bestiale, loro erano rimasti senza il capitano Levi e un esercito di Giganti si faceva sempre più vicino; forse anche le navi dall'altra parte della Barriera stavano attaccando, ma loro non lo potevano sapere. Loro dovevano restare ai loro posti, portare a termine il loro compito fino alla fine e restare fedeli ai propri compagni!
Se si fossero fidati tutti l'uno dell'altro, la cooperazione tra le forze sarebbe stata molto più efficace e non ci sarebbe stato pericolo di perdere inutilmente dei soldati. Ognuno doveva svolgere il proprio compito, e quello di Connie, Sasha e Jean era quello di tenere lontani i Giganti dal capitano Levi e difendere i civili ancora dispersi.
Ma un piccolo bagliore attirò l'attenzione del ragazzo mentre volteggiava tra i tetti delle case, appigliandosi alle torri e agli alberi poste appositamente per favorire la manovra tridimensionale. Fugace, traballante, impercettibile: avrebbe potuto chiamarlo in qualunque modo, eppure in quel momento Connie sapeva benissimo di aver visto qualcosa di ben chiaro.
Non poteva lasciare il gruppo, ma il suo istinto gli diceva che avrebbe dovuto farlo: avrebbe dovuto venire meno al suo giuramento di difendere i civili ed eliminare i nemici per andare a seguire una sua fantasia che forse avrebbe potuto rivelarsi nient'altro che del fumo nei suoi occhi… Eppure doveva andare, sentiva che se non lo avesse fatto si sarebbe pentito amaramente della sua scelta.
<< Sasha! >> Chiamò ad alta voce mentre la ragazza continuava ad avanzare rapidamente tra le case. << Faremmo meglio a dividerci per poter coprire una zona più vasta ed eliminare più Giganti. >>
La ragazza sembrò non apprezzare quella idea, che tentò di bocciare. << Eh? >> Chiese contrariata. << Ma siamo la squadra Levi. Siamo l'elite della Legione. Dobbiamo restare uniti! >>
<< L'elite dovrebbe andare ad aiutare quei gruppi più deboli che non ce la fanno da soli, non restare a concentrarsi solo su un punto! >> Ribatté prontamente lui, sapendo come rispondere a ogni evenienza.
<< Ma… >> Sasha si voltò per un attimo a rivolgere uno sguardo incredulo a Connie, prima di voltarsi di nuovo e deviare la sua traiettoria per evitare di andare a sbattere contro l'albero a cui si era agganciata. Connie approfittò di quel momento di incertezza per convincerla con qualche altra parola.
<< O forse hai paura che io non torni indietro? >>
Sasha rallentò nello stesso istante in cui Connie disse quelle parole e si voltò nuovamente a guardare con serietà il ragazzo, fissandolo negli occhi e cercando di decifrare quel suo sguardo determinato; Connie non avrebbe lasciato trasparire alcuna emozione.
Anche Connie rallentò per non rischiare di andare a sbattere e rimase ad attendere una risposta da parte di Sasha, sicuro di ottenere il suo permesso per lasciare la squadra e andare a cercare quel bagliore che aveva notato prima.
Alla fine, con uno sbuffo spazientito, la ragazza distolse lo sguardo scuotendo la testa e tornando a guardare avanti. << E va bene! Muoviti a raggiungere la zona ovest del cerchio, io parlerò della tua idea a Jean e lo convincerò a lasciarmi andare a est… >>
Connie esultò in silenzio prima di ringraziare Sasha, ma la ragazza lo fermò prima che potesse concludere la sua frase.
<< Connie! >> Disse chiamandolo con tono gelido. << Ricordati la promessa che mi hai fatto! >>
Gli occhi di Sasha fulminarono per un attimo il volto di Connie, di sbieco e molto rapidamente, ma nonostante ciò il ragazzo sentì su di sé una forte pressione che lo fece rabbrividire. Non sapeva cosa avrebbe trovato una volta allontanatosi, non sapeva se sarebbe stato qualcosa di positivo o se ci avrebbe rimesso la vita… Ma aveva fatto una promessa, e avrebbe dovuto mantenerla a qualunque costo!
<< Sì! >> Esclamò stringendo con forza le impugnature delle sue spade, mentre intanto la ragazza tornava a guardare davanti a sé e segnava così la loro definitiva separazione.
Connie deviò subito la sua traiettoria per andare a seguire quel bagliore che aveva avvistato prima. Si era allontanato molto dal punto dell'avvistamento, quindi a quel punto aveva quasi dovuto invertire completamente la rotta e ripercorrere la sua strada. Quando fu tornato al punto dove aveva avvistato quel bagliore, cominciò ad aguzzare la vista e si guardò intorno freneticamente, infilandosi tra le viuzze strette e poco illuminate tra le poche case rimaste in piedi.
Si appollaiò su una trave di legno che passava da una casa a un'altra e buttò un occhio nella strada che passava perpendicolare alla sua direzione, facendo girare la testa da destra a sinistra in modo molto ampio. Il ragazzo rimase in silenzio per alcuni secondi, concentrato su qualunque tipo di suono che potesse raggiungere le sue orecchie; stava cercando di mettere a frutto gli insegnamenti sulla caccia di Sasha, anche se in quella situazione il ragazzo non avesse idea di cosa stesse cacciando veramente…
A un tratto un movimento attirò la sua attenzione giusto in tempo per farlo reagire saltando via dalla trave e schivando così il morso di un piccolo Gigante che si era avvicinato con passo felpato e gli era saltato addosso proprio all'ultimo istante.
Connie attivò la manovra tridimensionale e si allontanò da terra per poter osservare con più calma quel Gigante che procedeva saltando su quattro zampe, e che adesso lo guardava sbavando e masticando inconsapevolmente il legno che aveva catturato tra i suoi denti. Ci era mancato poco perché non diventasse uno di quei tanti soldati morti senza che nessuno sapesse come; aveva rischiato di fare la fine di tanti altri suoi vecchi amici, diventare un altro cadavere senza nome…
Era tutto qua quello che aveva notato prima? Si trattava solo di un Gigante di piccola taglia? Una grande rabbia salì dentro Connie, che con una smorfia infuriata si lanciò addosso al mostro saltando giù dal suo punto sicuro.
I rampini si incagliarono nel lastricato a terra, ai fianchi del Gigante mentre questo fremeva per l'arrivo del soldato, e Connie si lasciò tirare verso di lui a grande velocità. Cominciò a roteare e prima che fosse troppo vicino, arrestò con un colpo secco la sua avanzata sganciando i rampini da terra e sferrando un colpo violentissimo alla bocca spalancata del Gigante, che si ritrovò senza più i muscoli che gli consentivano di chiudere la mandibola. Prima di cadere a terra, Connie scagliò tre colpi consecutivi che ferirono il volto del Gigante e gli impedirono di contrattaccare in alcun modo: finendo il suo giro, il ragazzo alzò prima il braccio sinistro in senso trasversale, poi quello destro, e infine incrociò le lame di entrambe le spade per dare un colpo netto e violento al volto del mostro e accecarlo in questo modo.
Quando Connie si ritrovò a terra, non perse tempo: si mise subito a correre lateralmente e cominciò a ferire le gambe e le braccia del Gigante per farlo cedere, mentre intanto questo brancolava nel buio e cercava di voltarsi per non essere colpito ancora. Connie scagliò un rampino sul muro di una casa per ruotare rapidamente attorno al Gigante e poter così attaccare i suoi arti dall'altro lato, ma con un movimento scomposto quello intercettò il suo spostamento e lo fece cadere a terra, dove strisciò per parecchi metri infilandosi in una stretta viuzza in cui forse sarebbe riuscito a passare anche il Gigante.
Il ragazzo si rialzò da terra con fatica e cercò di trovare un appiglio valido che lo aiutasse in quella situazione; prima che riuscisse a sollevarsi in aria, però, Connie fu assalito dal Gigante, che lo prese a testate come un animale inferocito facendolo volare per una ventina di metri nella strada.
Connie finì per essere scaraventato fuori dalla via e si ritrovò in uno spiazzo dove non erano rimaste nient'altro che macerie delle abitazioni, e sbatté con forza a un muro quasi del tutto distrutto. Guardò con la coda dell'occhio il Gigante che lo caricava furiosamente, desideroso di mangiare la sua carne, bramoso di morte. Non era quello il momento di morire!
Connie si rialzò da terra dandosi un grande slancio e sguainando le spade, che rimasero puntate verso il terreno sotto i suoi piedi; raccogliendo le gambe e sperando che il Gigante non cambiasse improvvisamente direzione, calcolò il punto in cui si sarebbe fiondato il mostro per azzannarlo e si rese conto di poterlo facilmente scavalcare con un salto. Così strinse i denti e sperò di avere ragione: quando la testa del Gigante passò appena pochi centimetri sotto le suole dei suoi stivali, con gli occhi opachi fissi su dove aveva focalizzato la figura di Connie un momento prima, il ragazzo sentì di aver vinto la sua scommessa.
Con una punta di euforia dentro di sé, Connie lasciò che le lame tagliassero in profondità la nuca del Gigante e tranciassero via il suo punto debole, mentre questo andava a schiantarsi con la faccia al muro dove aveva sbattuto lo stesso Connie un momento prima. Il ragazzo quasi non riuscì a credere di essere sopravvissuto e quando mise di nuovo piede a terra si sentì cedere le ginocchia.
Tremante, euforico, in preda a una crisi nervosa, il ragazzo si lasciò andare a numerosi sospiri affannosi, cercando di dare un senso a tutto quello che stava facendo. Si era allontanato dal gruppo costringendo Sasha ad accettare la loro divisione, aveva lasciato che il suo istinto lo guidasse senza alcuna prova certa verso nient'altro che un semplicissimo Gigante classe cinque metri e aveva lasciato ai suoi pensieri di offuscare la sua mente, rischiando così che quel piccolo Gigante lo divorasse senza problemi. Ma che diavolo gli stava succedendo?! Qual era il suo problema quel giorno? Perché non riusciva a mantenere la concentrazione alta per più di dieci minuti, lasciandosi trasportare dalle emozioni come un idiota? Che cosa gli aveva fatto pensare che quel bagliore che aveva intravisto prima fosse qualcosa di importante? Che cosa aveva creduto che fosse realmente?
<< Guarda chi si rivede… >> Disse una voce da una posizione sopraelevata. I pensieri di Connie smisero istantaneamente di scorrere quando quella voce raggiunse le sue orecchie, e il ragazzo si ritrovò immobile a fissare il vuoto, incredulo di aver sentito proprio quella voce. << Non mi aspettavo di vedere proprio te, tra tutti quanti… >>
I suoi occhi guizzarono verso il punto di provenienza della voce e avvistarono una sagoma in controluce alta e statuaria, posta in cima a un cumulo di macerie, visibile attraverso i fumi emanati dal corpo del Gigante rapidamente in decomposizione. Quella voce, quel tono, quella figura così fiera… Un nome apparve nella mente di Connie, ma il ragazzo non riuscì a pronunciare le parole e rimase a boccheggiare con occhi sgranati mentre il ragazzo biondo in cima alla montagna di macerie gli rivolgeva uno sguardo mesto, impietosito.

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Capitolo 3
*** Soldato ***


<< R… Reiner…? >> Esalò Connie incredulo di vedere il suo vecchio amico proprio lì di fronte a lui. Non riusciva a credere che lo stesse rivedendo dopo tutto quel tempo; non sapeva nemmeno perché, ma si sarebbe aspettato di non vederlo mai più del tutto. Era passato troppo tempo, loro erano cambiati, ma non troppo…
Connie portava sempre i capelli cortissimi ed era sempre basso come uno gnomo, era ancora stupido come pochi, ma si era responsabilizzato un po' dopo tutte le loro battaglie… Reiner invece sembrava più vecchio, con quel pizzetto inaspettato che lo rendeva così diverso da quel ragazzone che si preoccupava di tutti, e triste…
<< Sì… >> Rispose quello muovendo piano la testa, simulando un cenno mentre Connie ancora non credeva ai suoi occhi. << Sono proprio io. >>
Con ancora il respiro irregolare, Connie cercò di ricomporsi e cominciò a studiare la figura di Reiner di fronte a sé: indossava un mantello verde e con il cappuccio alzato sarebbe stato irriconoscibile in mezzo a tanti altri soldati vestiti allo stesso modo; ai fianchi portava l'equipaggiamento per la manovra tridimensionale, ma si trattava di qualcosa che aveva sicuramente rubato una volta arrivato lì perché mancavano diverse lame dai suoi foderi laterali, e lo stesso equipaggiamento era macchiato di sangue. Quella vista, con quel Reiner tanto calmo nel rivolgergli la parola a quel modo, fece veramente infuriare Connie.
<< Reiner! >> Esclamò assumendo un cipiglio rabbioso, prima di far sibilare le sue spade e cominciare a correre in direzione del traditore.
Reiner estrasse a sua volta due spade e impugnò saldamente i suoi manici, un po' sorpreso dalla reazione di Connie, e si preparò a ricevere l'attacco del ragazzo. Connie accelerò la sua corsa una volta avvicinatosi considerevolmente al suo avversario per poterlo prendere alla sprovvista, poi levò entrambe le spade a destra e vibrò un colpo orizzontale che venne parato dalle spade di Reiner. Il ragazzo però tirò indietro la spada che impugnava nella mano sinistra per poterla sollevare alle spalle di Reiner e colpirlo così dall'alto; a questo punto Reiner dovette spingere via il braccio del ragazzo che gli impediva di spostarsi e indietreggiò roteando ampiamente per mulinare colpi con l'intenzione di deviare l'attacco di Connie.
La spada sinistra di Connie si spezzò quando incontrò la lama di quelle di Reiner: una lama così sottile non era adatta a cozzare tanto violentemente con un'altra arma dello stesso calibro, non era studiata per combattimenti tra umani… Ma Reiner per Connie non era più un umano. Non era un uomo da quando aveva deciso di usarli come semplici pedine, ridendo alle loro spalle della loro ingenuità e della loro stupidità. Connie non avrebbe permesso a quel suo vecchio "amico" di portare altra distruzione al loro mondo!
Carico di rabbia, Connie lasciò cadere la lama della spada sinistra per sostituirla con una più nuova e in questo istante Reiner lanciò il suo attacco, come era prevedibile da un codardo come lui: il ragazzone si spinse in avanti a testa bassa, portando le spade ai fianchi e cercando di puntare le lame al ventre di Connie, che indietreggiò scivolando giù dal cumulo di macerie e poi eseguì un salto all'indietro con tanto di capriola allontanandosi ancora di più e continuando a saltare al suo atterraggio. Reiner però non arrestò la sua avanzata, tenendo gli occhi fissi sul suo obiettivo; stava aspettando una mossa falsa da parte del ragazzo della squadra Levi, ma lui non gliel'avrebbe concessa.
Connie sapeva che alle sue spalle si trovavano ancora i resti del Gigante abbattuto poco prima, quindi una volta raggiunto il suo corpo riverso per terra, invece di provare a cambiare direzione per essere quasi sicuramente intercettato da Reiner, decise di saltarvi sopra e voltarsi per puntare i suoi rampini alla casa più vicina, uscendo così dal raggio d'azione del suo avversario.
Appendendosi alla parete della casa ai margini dell'area in cui si trovavano, uno spiazzo pieno di macerie e rocce crollate dalle case che si trovavano ancora lì quella mattina, Connie rivolse uno sguardo pieno di rabbia al ragazzo che se n'era rimasto a terra a guardarlo con aria avvilita, dubbioso se seguirlo per aria oppure aspettare che scendesse di nuovo a terra. Era lì: il più grande nemico dell'umanità era di fronte a lui!
Il traditore, colui che avevano accettato come un fratello e che aveva deciso di voltar loro le spalle senza alcun rimorso. Quello era Reiner, il più malvagio tra i nemici che avessero mai affrontato; lui era quello che aveva giocato con i loro sentimenti, che aveva voluto entrare tanto nei cuori di alcuni di loro per poterli spezzare nel modo più devastante al momento giusto.
Quella era la sua occasione per estirpare il male su quella terra una volta per tutte: morto Reiner, sarebbe morto anche il Gigante Corazzato e con quello la vittoria sarebbe stata ancora più vicina! Morto Reiner, Connie non si sarebbe più tormentato con quei pensieri di amicizia e tradimenti che avevano riempito le sue notti, quei ricordi di falso dolore condiviso da parte del ragazzo biondo; avrebbe finalmente dimostrato a tutti il proprio valore!
Non poteva chiamare aiuto, era da solo, e se lo avesse lasciato scappare chissà dove sarebbe finito… Ammesso che Reiner volesse fuggire senza ucciderlo, Connie doveva chiudere la questione lì, subito!
Sollevò la spada e la arrestò proprio di fronte al proprio viso, a coprire parte di esso. Rivolse uno sguardo minaccioso a Reiner e alzando la voce disse:<< Reiner! Oggi tu morirai qui! >> Puntò contro il ragazzo l'altra spada e continuò:<< Oggi vendicherò tutte le morti causate da te e dal tuo amico Bertholdt; dovrai pagare per i tuoi crimini! >>
Reiner non si mosse ricevendo quelle accuse; rispose dopo, alzando la voce più forte di Connie e dicendo:<< Allora dovrai assicurarti di farmi a pezzi, in modo che non possa rigenerarmi! >> Poi piegò un po' la schiena in avanti e ghignò divertito. << Amico… >> Concluse provocando una reazione furiosa da parte di Connie, che si lanciò via dalla parete a cui si era aggrappato e scagliò i suoi ganci verso di lui per raggiungerlo istantaneamente.
I rampini si conficcarono nelle rocce sotto ai piedi di Reiner e Connie cominciò a scorrere rapidamente lungo i suoi cavi tirando indietro le sue spade, preparandosi ad attaccare. Da parte sua, Reiner non si mosse, preparando la sua risposta che si sarebbe basata sulla sua fermezza e fisicità.
L'impatto fu forte, ma il colpo fu parato senza troppe difficoltà dalle lame di Reiner, che non si mosse più di tanto: unite le braccia per coprirsi il viso e levate le spade a formare uno scudo, il ragazzo biondo bloccò la rapida avanzata delle lame di Connie e riuscì anche a contrattaccare assestandogli un sinistro facendo ruotare l'intero busto e spedendo il piccolo avversario con la faccia nei detriti.
Connie cercò di rialzarsi da terra mentre intanto il naso gli pizzicava forte per l'impatto con il terreno e scosse la testa per mantenere la concentrazione. Si voltò pur rimanendo in ginocchio e rivolse uno sguardo pieno di odio a Reiner, che però non sembrava preoccupato da quello.
<< Sei sempre stato troppo irruento, Connie… >> Commentò sul suo ultimo attacco, che era riuscito a parare troppo facilmente.
Connie non aveva alcun motivo per rispondere, ma lo fece comunque:<< Io non sono mai stato irruento! >> Sembrava quasi che volesse solo avere qualcosa per ribattere a ogni provocazione del suo avversario, anche se in quel caso avrebbe potuto contraddirsi. Connie era un tipo irruento, lo aveva dimostrato spesso; questo era dato dalla sua poca intelligenza, ma era anche vero che con il tempo aveva saputo maturare ed era diventato più forte di una volta…
Le labbra di Reiner si piegarono in un mezzo sorriso divertito, quasi nostalgico. << E non hai mai nemmeno saputo nascondere le bugie! >>
Quella frase lasciò di stucco Connie, che rimase con un ginocchio a terra mentre cercava di rialzarsi e fissò con occhi esterrefatti il viso di quello che un tempo aveva definito "suo amico", chiedendosi cosa volesse dire. Forse aveva paura di quello che avrebbe potuto dire, per questo si rialzò rapidamente e cercò di colpirlo con le sue spade, ma Reiner parò l'attacco con una mano sola.
<< Esattamente quello che intendo… >> Mormorò avvicinando il viso al suo. << La verità è dura da accettare, e tu sembri non volerne proprio sapere… >>
Connie si liberò dalla parata di Reiner e indietreggiò giusto quanto bastava per tentare un altro attacco: prima levò la spada di destra e poi tentò un fendente laterale con quella sinistra, ma entrambi i colpi furono parati da Reiner con grande facilità, accompagnati da uno stridore insopportabile che fece gridare di dolore le orecchie di Connie. Reiner allargò poi le braccia spingendo via Connie e costringendolo a indietreggiare ancora, mettendosi a distanza di sicurezza; un attimo dopo il ragazzo si rese conto di essere stato graffiato leggermente a una spalla.
<< I tuoi colpi non sono mai stati particolarmente forti… Ma non ricordavo che fossi così incompetente. Ti sei forse rammollito, in questi anni passati nella pace? Voi demoni vi siete goduti la vostra prosperità, senza più Giganti a tenervi a bada come i cani che siete? >> La domanda di Reiner passò attraverso il cuore di Connie come una lama affilata, gelida. Credeva veramente che quegli anni fossero stati solo un lungo ozio per tutti loro? Non aveva idea di cosa avesse passato Connie, da quando lui aveva deciso di tradirli a quel modo tanto brutale e disonesto; non aveva il diritto di accusarlo così di qualcosa che non poteva conoscere!
Connie alzò una mano con l'intera spada ancora stretta saldamente e la portò al cuore con solennità. << Da quando tu e Bertholdt vi siete rivelati per ciò che eravate… >> Disse respirando profondamente, in tensione. << Non c'è stato giorno in cui ho pensato di lasciare andare quel dolore che avete causato a tutti noi! Mi sono sempre tenuto stretto a quella rabbia e alla delusione di una falsa amicizia, allenandomi duramente tutti i giorni dalla mattina alla sera per poter arrivare qui, in questo preciso punto… >> E puntò i propri piedi con un dito dell'altra mano, sbattendo uno stivale per terra con rabbia. << Pronto a combattere contro il "nemico dell'umanità", pronto a sconfiggerlo! >>
Connie lasciò andare la mano sul cuore e levò lentamente la punta della spada verso Reiner, guardandolo di sbieco. << Quindi, no: non mi sono rammollito neanche un po'! Semmai, il mio animo e il mio corpo si sono rafforzati! >>
Il discorso di Connie non sembrava aver colpito minimamente il grande Reiner, che lo fissò con una mano poggiata sul fianco e un sopracciglio inarcato. L'unica reazione che suscitarono le parole del ragazzo nel suo avversario fu uno scuotere della testa falsamente esasperato:<< E allora immagino che sia la seconda opzione… >>
<< Cosa? >> Chiese Connie non capendo a cosa i riferisse Reiner con quel commento.
Reiner tornò a guardarlo, divertito dalla confusione del ragazzo. << Vuol dire che il vero motivo perché i tuoi colpi sono così pessimi è che non vuoi veramente farmi del male. >> Sembrava che Reiner stesse prendendo in giro Connie, che stesse cercando un modo per farlo vacillare nelle sue convinzioni, ma i suoi occhi erano seri quando pronunciò quelle parole.
Connie reagì lentamente e diede uno strattone con il braccio, come per scacciare via le parole appena uscite dalla bocca di Reiner. << Come se me ne importasse qualcosa! >> Disse con tono scontroso prima di ricomporsi e prepararsi a un altro attacco. << Il mio unico obiettivo è eliminarti, così da porre fine a questa maledetta guerra! >>
Connie unì le spade e le punto entrambe contro Reiner. La sua voce tremava debolmente mentre pronunciava quelle parole; forse i dubbi che lo avevano tormentato per tutta la mattina stavano tornando a farsi sentire? Era un pessimo momento per tutto quello, Reiner non avrebbe avuto pietà con lui se avesse mostrato una qualunque incertezza…
Il Guerriero abbassò lo sguardo stringendo con più forza le sue spade. << Se dici così… Mi rincuora il pensiero di non dovermi trattenere! >>
Ancora prima che Connie potesse capire il senso di quelle parole, si vide venire addosso la mole di Reiner a grande velocità. Il ragazzo più piccolo si spostò agilmente per schivare il colpo, ma non vide i cavi della manovra tridimensionale di Reiner, che lo urtarono e lo fecero cadere a terra. Reiner gli passò di sopra e, atterrato, si voltò rapidamente per non dargli le spalle mai nemmeno per un istante.
<< Dove diavolo hai preso quell'attrezzatura? >> Chiese Connie rialzandosi e saltando con grande coraggio giù dalla cima del mucchio di detriti, lanciandosi addosso a Reiner con le spade levate. C'era del sangue sull'equipaggiamento di Reiner, e dato che non era evaporato doveva trattarsi sicuramente di sangue umano, come quello che aveva imbrattato gli abiti di Connie piovendo dal cielo.
Il ragazzo incrociò le sue lame e parò il primo colpo di Connie, ma dovette essere rapido per impedirgli di attaccare con la sua seconda spada e quindi lo spinse lateralmente, facendogli perdere l'equilibrio e scivolando giù dalla montagna di macerie assieme a lui. Connie atterrò con gran controllo del proprio equilibrio e rimase a fissare Reiner con sguardo torvo, pronto a saltargli addosso al momento giusto. << L'ho presa da un soldato morto nella zona dove sono atterrato. >> Rispose con calma Reiner mantenendo le spade levate di fronte a sé, pronto a difendersi da un altro attacco di Connie.
Connie non si fece attendere: saltò in avanti prima che la discesa dalla montagna potesse finire e puntò in avanti una delle due spade per prendere Reiner alla sprovvista e colpirlo più velocemente. In risposta al suo attacco, Reiner chiuse le sue lame sulla spada di Connie incrociandole, ma il ragazzo si era aspettato una difesa simile e sfruttando ancora lo slancio del suo salto sollevò con forza la lama che era stata intrappolata dalle spade di Reiner, spezzando così la sua guardia. Quella mossa gli fece sacrificare un po' della spinta che gli aveva dato il suo attacco, ma gli concesse di poter finalmente colpire un Reiner scoperto con l'altra spada, che dovette solamente sollevare con rapidità per ferirlo a un fianco.
Sfortunatamente, con la sua mossa Connie non era riuscito ad avvicinarsi a sufficienza a Reiner, e così la lama non taglio tanto profondamente nella carne del suo avversario. La sua spinta si era completamente esaurita dopo il secondo attacco; Connie poté solo controllare il suo atterraggio per non perdere l'equilibrio dopo un grande spostamento del suo baricentro come quello. << Avvoltoio! >> Lo provocò ghignando con l'adrenalina che cominciava a crescere dentro di lui.
Reiner rispose al ghigno con un sorrisetto sicuro di sé:<< E tu sei sempre il solito che approfitta del lavoro di altri per prenderti tutto il merito! >>
<< Almeno io lo faccio per una buona causa! >> Ribatté prontamente Connie senza stare a sentire le parole di Reiner, che si riferiva ai vecchi tempi, quando si allenavano assieme agli altri ragazzi del "Centoquattresimo". Era vero, aveva cercato di distrarre Reiner per prenderlo alla sprovvista, ma anche lui avrebbe fatto lo stesso per farlo perdere quindi non doveva avere pietà con quel traditore.
Reiner rise di gusto alla risposta di Connie. << E la vostra sarebbe una buona causa? >> Chiese inasprendo improvvisamente la voce e lo sguardo. << Voi, popolo di dannati, avete causato questa guerra dal giorno in cui avete deciso di rinchiudervi in quel paradiso circoscritto dalle vostre care Mura… La vostra indolenza è quello che ha fatto sì che noi, sopravvissuti del popolo di Eldia, venissimo mandati a uccidervi! >>
Connie scosse la testa alzando la voce nel tentativo di sovrastare le urla di Reiner, che sembrava star riversando tutto il suo odio verso di lui:<< Tutto questo non c'entra niente! Non siamo stati noi a decidere cento anni fa! Non volevamo la guerra, il nostro re ci ha portati via con sé e ci ha tolto la possibilità di scegliere! Mahle ha deciso di perseverare in questa politica di odio verso noi che non abbiamo fatto niente: la loro persecuzione nasce dalla loro incapacità di perdonare! >>
<< E tu puoi perdonare chi ti ha fatto tanto soffrire? >> Chiese a un certo punto Reiner, ritrovando inaspettatamente la calma. Il suo sguardo non era più adirato, e nemmeno la sua voce era sforzata dalle urla; Reiner era calmo, i muscoli rilassati e le vene nuovamente nascoste sotto la pelle. Sembrava non essersi appena messo a urlare con Connie.
Quella domanda era stata tanto inaspettata quanto enigmatica: che cosa voleva intendere con una cosa del genere? Quali erano gli obiettivi di Reiner? Che cosa era andato a fare lì, e perché non aveva tentato di sfuggirgli né si era trasformato in un Gigante?
Pensando ancora un po' alla domanda del suo vecchio compagno, Connie abbassò lo sguardo abbattuto e dichiarò con voce roca:<< Forse… Ma non potrei mai dimenticare tutto il dolore. >> Alzò lo sguardo vedendo negli occhi di Reiner il fuoco ardente della rabbia, della vendetta. Vide sé stesso in quel fuoco, e poi vide le immagini della loro ultima battaglia con il Gigante Corazzato, quando questo deviò una delle loro lance fulminanti e colpì Sasha senza alcuna pietà, rischiando di ucciderla. Reiner avrebbe anche potuto prendersi gioco di lui di fronte al Gigante di sua madre, avrebbe potuto sfruttare le sue debolezze per arrivare al suo obiettivo… Ma il suo più grosso errore era stato fare del male alla sua amica, quel giorno. Connie non avrebbe mai dimenticato quel gesto!
Reiner sorrise come se si stesse liberando da un peso e sospirò profondamente. << Allora capisci ciò che prova Mahle? Capisci perché dobbiamo espiare le colpe dei nostri antenati? A nessuno interessa ciò che pensi e fai tu, tutti vedranno il tuo passato! >> Avanzò di qualche passo poggiandosi una mano al petto. << Siamo figli di un demone che non avrebbero dovuto esistere! Il nostro destino è quello di redimere i nostri peccati dando la vita per… >>
Connie era stufo di sentire quelle idiozie. Si mise a urlare come non aveva mai fatto prima e cominciò a parlare a ruota libera, fuori di sé:<< NO!!! IL NOSTRO PASSATO NON C'ENTRA NIENTE! >> La sua reazione sembrò spaventare Reiner, che indietreggiò fissandolo incredulo. Connie approfittò della sua attenzione per abbassare un po' il tono, ma continuò a gridare esternando tutto il suo odio verso quel sistema che non capiva:<< Nelle nostre vene potrà anche scorrere il sangue di un demone, ma non siamo dei mostri! Tutto quello che facciamo è dettato solo dal nostro volere, sono le nostre decisioni che ci portano dove siamo e solo noi possiamo decidere della nostra vita! Anche se la gente ci dipinge come dei mostri, non dobbiamo esserlo per forza! >>
Reiner aveva lo sguardo basso, se ne stava in silenzio forse ad osservare il filo scintillante di una delle sue spade. Non aveva fatto altro che restare in silenzio dopo la sfuriata di Connie, e ora sembrava pronto a rispondere, ma invece continuava a restare in silenzio… A un certo punto alzò lentamente lo sguardo, mostrando i suoi occhi infossati in quel viso così magro e così diverso da quello che Connie era abituato a vedere, e rispose lentamente:<< A che serve cercare di mostrare il contrario, quando agli occhi di tutto il mondo sei già un mostro? >>
Connie lo guardò incredulo. Aveva ascoltato quello che aveva detto, oppure si era tappato le orecchie prima di arrivare lì? << Sei… Sei forse stupido?! >> Gli urlò contro, cercando di farlo reagire.
<< Non ha senso provare a ragionare con questa gente! Non ha senso provare a ragionare con voi! >> Dopo un attimo di incertezza, Reiner puntò la sua spada contro Connie. Ormai il ragazzo non capiva più nemmeno a cosa si riferisse, di chi stesse parlando… << Se nasci come mostro, sei destinato ad esserlo per sempre… >>
Connie tagliò l'aria con la spada nella mano destra e digrignò i denti con disprezzo. << E allora sei dannato! Dannato ad essere sempre un fantoccio incapace di vedere la realtà! >>
<< IO SONO GIA' DANNATO, CONNIE! >> Gridò fuori di sé Reiner agitando violentemente le braccia come per far vedere il suo punto di vista al ragazzo. << Non lo sai che presto morirò a causa del mio potere? >> Stava sudando copiosamente in quel momento; sembrava che anche solo pronunciare quelle parole fosse un peso per lui. Si vedeva che non volesse morire, eppure non poteva farci niente.
Connie puntò le spade contro di lui, tirando indietro le braccia:<< E allora fammi un piacere e muori oggi!!! >> Detto questo, si scagliò contro Reiner per attaccarlo con tutta la sua forza. Il Guerriero però si spostò lateralmente e parò ancora una volta il colpo di Connie con una delle sue spade, tenendo pronta l'altra per rispondere a un eventuale secondo attacco, ma invece il ragazzo sfilò davanti a lui senza conseguenze, lasciando andare la spinta sulla lama di Reiner.
Connie atterrò scivolando di qualche centimetro per terra e si voltò rapidamente verso il suo avversario, preparando un altro scatto: si lanciò con tutta la sua forza addosso a Reiner, contando di poter anticipare la sua difesa. Calò con rapidità la spada che teneva nella destra, ma Reiner parò l'attacco prontamente, e allora tentò di colpirlo con l'altra spada che gli era rimasta. Anche il secondo colpo fu parato e, spazientito, Connie diede un forte strattone per liberarsi dalla situazione intricata in cui si era cacciato, cominciando a roteare con le lame ben puntate verso l'esterno. Reiner indietreggiò e si preparò subito ad attaccare: adesso aveva smesso di difendersi.
Il ragazzo biondo passò subito all'attacco una volta che Connie fu con i piedi per terra e cercò di disarmarlo più in fretta possibile attaccando dal basso e sollevando con forza la spada di destra. Connie riuscì a parare con difficoltà il colpo, ma la sua spada fu spinta indietro dalla forza di Reiner e portò con sé il suo braccio lasciandolo scoperto e vulnerabile. La spada di sinistra del Guerriero si levò ancora più velocemente di quella di destra e Connie fu colpito al fianco dalla punta della lama, che tagliò la sua carne facendosi strada tra i suoi vestiti fino alle sue costole più inferiori. Connie strinse i denti e sopportò il dolore, concentrandosi sul non perdere l'occasione che si era creata, e diede un calcio in faccia a Reiner per allontanarlo da sé.
Connie sentì una scossa attraversargli tutto il corpo lungo lo scheletro quando il suo stivale impattò violentemente con il viso del suo avversario e per un attimo perse l'equilibrio in quel frangente tanto delicato. Cadde a terra mentre Reiner si schiacciava la mano sul naso, dolorante e col sangue che gli colava da una ferita al labbro.
Il ragazzo riprese fiato e cercò di stimare la gravità della ferita tastandosi il fianco con una mano, ma si rese conto di non essere stato colpito troppo gravemente; se avesse avuto del tempo, si sarebbe potuto bendare con calma, ma Reiner non sembrava disposto a lasciargli un attimo di tregua: si era già rimesso in piedi e il labbro era come nuovo.
Quello era un bel problema: il potere rigenerativo di Reiner gli permetteva di affrontare uno scontro mortale senza rischiare veramente la vita. Pur provando ancora dolore, Reiner poteva ignorare alcune accortezze che gli avrebbero, per esempio, permesso di mantenere il fiato o evitare alcune ferite che avrebbero condizionato il suo rendimento nello scontro. Non era giusto così! Connie era nettamente in svantaggio…
Per non mostrare segni di debolezza, il ragazzo si rimise in piedi pur con grande impaccio e strinse nelle mani le spade, rivolgendo uno sguardo omicida all'avversario. Reiner sembrava meravigliato dalla grinta mostrata fino a quel momento da Connie, ma per qualche motivo non sembrò prenderlo sul serio.
<< Proprio come pensavo… >> Disse continuando a  guardarlo dall'alto verso il basso. Connie sbuffava come un bue al lavoro nei campi, mentre cercava di ignorare il bruciore che gli causava distendere i muscoli attorno alla sua ferita; per fortuna gli abiti lo avevano protetto un po' dalla lama di Reiner, altrimenti avrebbe potuto trovarsi in una situazione ben peggiore. Doveva considerarsi fortunato a potersi ancora reggere in piedi… Non gli interessavano le sue parole: non gli avrebbe permesso di guardarlo in quel modo!
Senza preoccuparsi di essere prevedibile, Connie caricò Reiner a testa bassa nella speranza di colpirlo in qualsiasi modo; non alzò nemmeno le spade, che rimasero ai suoi fianchi pronte ad essere usate nel caso dovesse presentarsene l'occasione. Reiner si fece da parte lasciando che Connie gli passasse davanti come prima e lo vide continuare a correre per fermarsi istantaneamente pochi metri dopo, quando si voltò infuriato e cercò di prenderlo un'altra volta.
Ancora, Reiner si spostò dalla traiettoria di Connie, che continuò ad andare dritto per la sua strada anche dopo del salto dell'avversario. Stava cercando di confonderlo o affaticarlo, ma in realtà la sua tattica era insensata…
<< Non stai dando tutto te stesso in questa battaglia! >> Continuò Reiner guardandolo ora con disprezzo, mentre faceva volteggiare le sue spade nell'aria.
Connie si voltò infuriato al sentire quelle parole e decise di tentare qualcosa di ancora più inaspettato, anche se folle e pericoloso: sparò i rampini della sua manovra tridimensionale che andarono a conficcarsi in un muro alle spalle di Reiner, bloccandogli la via di fuga con i cavi, e si lasciò trainare mentre dava gas con il propulsore posteriore senza curarsi degli sprechi. Lanciò un urlo per darsi la carica in quel frangente, levando le spade e preparandosi a colpire in pieno il suo avversario, ma non era abbastanza concentrato e rapido: pur cogliendo di sorpresa Reiner, questo sembrò riuscire a prevedere la sua mossa e si buttò a terra per lasciarlo sfilare sopra di sé a grande velocità.
Mentre passava, Connie fu afferrato alla caviglia per un istante e questo lo portò a perdere l'equilibrio nel suo spostamento e a rovinare per terra mentre i ganci della sua attrezzatura si staccavano dalla parete di roccia in cui si erano conficcati e i cavi ricadevano flosci attorno al suo corpo prima di essere ritirati dai meccanismi dell'equipaggiamento.
Il ragazzo lasciò andare una mezza imprecazione quando si ritrovò a terra e sputò della saliva che gli si era accumulata sul fondo della gola e che gli impediva di respirare bene. Si voltò di nuovo verso Reiner e questa volta gli rivolse uno sguardo sofferente, affaticato, mentre quello si rialzava da terra e fingeva di togliersi la polvere di dosso con dei colpetti sulle spalle. Il suo atteggiamento gli stava dando seriamente ai nervi!
<< C'è qualcosa che ti frena, Connie? >> Quella domanda risuonò sorda nell'aria per alcuni secondi, accompagnata dal respiro affannoso di Connie e dalle grida dei soldati che, lontano da lì, affrontavano i Giganti con tutto il loro coraggio. Che stava facendo lì? Aveva intenzione di perdere tempo con Reiner, mentre i suoi compagni davano la vita per proteggere i civili e impedire che Mahle conquistasse l'avamposto Gloria? Ma lui non stava perdendo tempo: se qualcuno fosse arrivato e avesse assistito allo scontro, avrebbe potuto chiamare i rinforzi e tutti insieme avrebbero potuto sconfiggere – o quantomeno fermare – il Gigante Corazzato e respingere l'assalto militare di Mahle. Connie stava prendendo tempo con un avversario oltre la sua portata.
Ma era quello che voleva veramente? Era così che voleva chiudere il lungo rapporto che aveva avuto con Reiner, durante l'allenamento per diventare dei soldati e poi, successivamente, nel Corpo di Ricerca? Si era trattato di bugie nonostante tutto, ma Connie non si sentiva pronto a chiudere tutto quanto a quel modo…
Il ragazzo strinse nuovamente le else delle spade nelle mani e poggiati i gomiti nel terreno cosparso di detriti cercò di rialzarsi. << Che cosa intendi…? >> Chiese mentre la sua schiena si sollevava e lui cercava di rimettere una gamba in posizione.
Reiner sembrò sorpreso da quella domanda. << Intendo dire che non sembri voler combattere contro di me. >> Rispose con grande semplicità. << Se stai pensando di farmi perdere tempo qui, nella speranza che qualcuno venga in tuo aiuto, allora ti eliminerò subito senza fare altre storie… E poi riprenderò la mia missione. >>
Connie grugnì prima di rimettersi in piedi, lasciando veleggiare nell'aria ancora per qualche secondo le parole del suo avversario; poi alzò lo sguardo infuocato e rispose:<< E allora perché non mi hai già ucciso? >> Rimase a fissare Reiner per qualche istante, in attesa di una qualunque risposta o reazione da parte sua, ma i suoi occhi rimasero inespressivi come sempre dal giorno del suo tradimento. << Se la tua missione è così importante, perché sei rimasto qui ad affrontarmi? >>
Reiner abbassò lo sguardo pensieroso, cercando la risposta giusta a quella domanda. << E tu? Perché sei venuto a cercarmi, nonostante la tua inferiorità? >>
Aveva ribaltato il discorso. Non aveva alcun senso come risposta, aveva completamente ignorato la domanda di Connie per uscire da una situazione scomoda, ma il ragazzo lasciò correre e cercò la risposta dentro di sé…
Perché voleva essere lui a sconfiggere il Corazzato? No, era troppo scontata e inverosimile come risposta, date le sue poche possibilità di vittoria contro il Gigante… Perché voleva vendicarsi? Forse era così, ma Connie non si sentì spinto dalla vendetta come magari avrebbe potuto essere Eren in quelle circostanze… Quella ricerca improvvisa, quella lotta insensata e disperata contro un avversario oltre la sua portata, erano derivate tutte da un solo desiderio che non era mai stato avverato dopo il tradimento di Reiner:<< Io volevo farti delle domande. >> Disse rassegnato.
Era così: Connie non aveva altro motivo per andare a cercare Reiner da solo, sapendo che questo lo avrebbe ingaggiato in uno scontro mortale da cui difficilmente sarebbe uscito vivo. E tuttavia, una volta avvistato il traditore, Connie aveva dimenticato tutte quelle domande che aveva voluto rivolgergli da tempo, tutti quei pensieri che lo avevano tormentato nella notte e quella stessa mattina, e si era lanciato all'attacco perché quello era il suo dovere… Non c'era possibilità di parlare con i loro nemici, lo aveva visto quando Armin aveva tentato di trattare con Bertholdt.
Reiner sembrò sorpreso dalla risposta del ragazzo, che rimase a fissarlo con sguardo deluso adesso, stanco. Probabilmente non si aspettava una reazione del genere, ma per qualche motivo non mostrava il desiderio di farla finita ancora e Connie avrebbe dovuto approfittare di quell'occasione per recuperare le forze e rivolgere le sue domande al Guerriero. << E che domande avevi intenzione di rivolgermi? >> Chiese distogliendo per un attimo lo sguardo. Le sue spade erano ancora sguainate, ma le lame non erano più minacciose come prima, distanti da Connie e immobili a proteggere lateralmente le gambe di Reiner.
Connie rimase in silenzio per alcuni secondi, poi cominciò a rovistare instancabilmente nella propria mente, alla ricerca delle tante domande che aveva avuto quel giorno del tradimento e che aveva finito per seppellire sotto i suoi pensieri. << Quel giorno che siete scappati ho provato a parlare con Bertholdt… >> Trovata la prima domanda, si mise a parlare, ma Reiner sembrò non apprezzare che lui nominasse il suo vecchio amico morto. << Ma lui non mi ha risposto chiaramente. Si è messo a urlare evitando di rispondere, poi sono arrivati i Giganti… Ma tu, Reiner, che cosa hai provato in quegli anni? >>
Reiner rimase in silenzio per alcuni secondi a fissarlo con curiosità. << Stai dicendo… >> Cominciò dopo la sua breve pausa. << Che vorresti sapere quali fossero i miei sentimenti durante il nostro addestramento? >>
Connie annuì deciso, sperando in una risposta che chiarisse la faccenda.
Reiner però sembrò volersi rifiutare di rispondere:<< A che servirebbe risponderti? >> Disse agitando un braccio. La sua espressione si era improvvisamente accesa. << Anche se io avessi provato qualcosa di positivo verso di voi, cambierebbe ciò che siamo in questo momento? La mia risposta avrebbe un impatto positivo su questa guerra tanto da fermarla, oppure sarebbe solo un'altra goccia in un mare di parole inutili? >> In pochi istanti il tono di Reiner era cambiato completamente, si era infuriato come mai Connie lo aveva visto fare prima e aveva preso a urlare come se stesse esternando tutto il suo odio grazie a quelle parole… Ma verso chi era rivolto quell'odio?
Connie non aveva una risposta per la furia di Reiner. A malapena ricordava le sue domande, come poteva trovare risposte a quelle di Reiner, vaghe, confuse, e oltre la sua portata?
<< Credi che servirebbe rispondere, con una prospettiva del genere? >> Chiese il Guerriero una volta ritrovata la calma, vedendo che Connie non riusciva ad aprire bocca. Sembrava essersi stancato di quel discorso, ma Connie non gli avrebbe permesso di riprendere a combattere.
<< Sì! >> Esclamò a un certo punto, spiazzando il ragazzo biondo che rimase a fissarlo incredulo. I suoi occhi determinati mostravano la decisione del ragazzo a mantenere una posizione di superiorità almeno in quel dialogo, mentre la sua fronte sudata lasciava visibile la totale insicurezza su cosa stesse per dire. Lo sguardo gelido di Reiner fisso su di sé gli intimava di andare avanti e spiegare perché secondo lui, una risposta avrebbe fatto la differenza. << Io credo che la tua risposta avrebbe un significato… In tutto questo. Sarebbe importante, anche se pensi che nessuno la ascolterebbe. >> Disse balbettando, sperando di non perdere il filo del discorso. << Ecco, io vorrei sapere veramente se in quegli anni in cui siamo cresciuti assieme tu ti sia veramente preoccupato per i tuoi compagni, oppure si sia trattato solo di una recita… >>
Reiner lo guardò in silenzio, aspettando che concludesse.
<< Anche se in realtà non so neanche io come dovrei reagire… Se tu dovessi rispondere di sì, e quindi ammettere di aver provato qualcosa per noi, allora credo che dovrei sentirmi ancora più tradito e preso in giro… Mentre se invece dovessi dire di no… Bé, sarebbe più facile accettare il tradimento di una persona che non ha mai tenuto a te, no? >> Alzò lo sguardo quasi sorridendo, nonostante non ci fosse niente per cui sorridere. << Forse non so nemmeno io cosa voglio veramente… >>
Gli occhi di Reiner si rilassarono un attimo. Non era meno sorpreso di prima, solo che adesso alla sorpresa era sopraggiunta una certa indifferenza, come se il ragazzo avesse smesso di ascoltare le parole di Connie e non volesse più farsi colpire come prima. Distogliendo lo sguardo, Reiner rilassò i muscoli delle braccia. << Forse… >> Disse sospirando. << Ma ciò non significa che io abbia dimenticato la mia missione! >>
Improvvisamente, Reiner si mise a correre incontro a Connie levando le spade con aria minacciosa. Il ragazzo non si aspettava una mossa del genere, essendo Reiner rimasto sempre sulla difensiva fino a quel momento; cosa era cambiato da fargli passare a una tattica così aggressiva?
Connie scattò indietro per evitare i fendenti di Reiner e alzò le spade per prepararsi a parare gli attacchi: il primo colpo andò a vuoto tagliando l'aria, poi Reiner fece un altro passo e la sua lama cozzò con quella di Connie, spezzandosi dalla violenza del colpo. Reiner non rallentò solo perché la sua spada era stata distrutta e avanzò ancora cambiando la lama mentre con l'altra mano attaccava nuovamente Connie: questa volta il ragazzo dovette rispondere all'attacco e mosse dal basso verso l'alto la sua spada di destra, facendola scontrare violentemente con quella di Reiner; subito dopo, vedendo che l'avversario si era fermato, per evitare che lo attaccasse nuovamente con la spada sostituita, Connie provò un altro attacco dal basso con la spada di sinistra che andò ad unirsi all'incrocio di lame che si era creato prima. Questa volta però, dopo aver parato il colpo, Reiner saltò in aria eseguendo una capriola sopra la testa di Connie e atterrando alle sue spalle con perfetto equilibrio.
Il ragazzo dai capelli rasati si voltò rapidamente e cercò di capire quale sarebbe stata la prossima mossa del suo avversario, quindi decise di tentare un azzardo e sganciò entrambe le lame delle sue spade, che si erano rovinate con gli ultimi attacchi e temeva che si spezzassero in un momento cruciale. Ovviamente, Reiner approfittò di quel momento di vulnerabilità per attaccare, ma Connie riuscì a difendersi bene: all'avanzata del Guerriero, che levò le spade pronto a colpire il suo avversario in punti vitali, Connie alzò le else delle sue armi per bloccare i colpi, pregando che queste non si rompessero e che le spade di Reiner non tranciassero di netto le sue dita. Un colpo in alto e uno in basso, Connie non ebbe il tempo di recuperare le spade; un attacco al fianco e uno nello stesso punto un istante dopo, appena parati il ragazzo cercò di raggiungere una delle lame alla sua destra per agganciarle al suo manico, ma dovette alzare subito il braccio per parare un altro attacco dall'altro lato. Reiner lo stava tempestando di colpi nella speranza che a un certo punto lui commettesse qualche errore rendendosi vulnerabile, perdendo così definitivamente lo scontro, ma Connie non sembrava distrarsi neanche un istante e rispondeva sempre a ogni colpo con una parata incredibile.
Dall'altro lato, Reiner stava anche cercando di non esagerare per evitare di ricevere qualche colpo a sorpresa da parte di Connie, che pur disarmato rimaneva un avversario da cui guardarsi. Nonostante la sua rapidità, comunque, Connie riuscì a trovare un varco per dare un calcio a Reiner, dopo aver spinto via le lame del suo avversario agganciandole alle leve dei suoi manici, e riuscì così a trovare il tempo per agganciare una spada alla sua elsa; subito dopo aver fatto scattare l'innesto dell'elsa nella mano sinistra, Connie si vide arrivare Reiner addosso e cominciò a roteare in senso orario per respingerlo e allo stesso tempo agganciare l'altra spada alla sua elsa sfruttando l’inerzia del suo braccio. Concluse il giro dando un forte strattone alla sua spada appena montata e facendo tintinnare violentemente la sua lama con quelle di Reiner.
Il ragazzo si lasciò sfuggire un sorrisetto nervoso prima di lanciare uno sguardo di sfida a Reiner. Probabilmente il suo avversario sarebbe riuscito a fare molto più di lui nella sua stessa situazione, ma almeno gli aveva dimostrato di non essere completamente inetto…
<< Va bene… >> Ansimò una volta riuscito a convincere Reiner a restare calmo. << Altra domanda: perché volete ucciderci tutti? A cosa vi servono le nostre vite? >>
Reiner respirava profondamente, ma non era stanco. Alzò lo sguardo perplesso prima di rispondere:<< E' il nostro compito. Voi siete i nostri nemici e noi dobbiamo eliminavi prima che voi veniate a ucciderci! >>
Connie fece una smorfia irritata e sbatté i piedi a terra. << Non ha alcun senso! >> Esclamò agitando le braccia con le spade tenute ben salde. << Noi non sappiamo niente di questa storia! Il nostro desiderio è solo quello di vivere liberi, fuori dalle Mura! Perché dovrebbe interessarci di Mahle? >>
Reiner aveva la risposta pronta a quella domanda:<< Perché la gente è avida, Connie! Prima o poi qualcuno capirebbe la grande possibilità di guidare un esercito di Giganti e la userebbe a suo favore per distruggere il regno di Mahle e guidare così Eldia verso una nuova era di terrore! >>
<< Ma perché qualcuno dovrebbe fare una cosa del genere?! >> Gridò infuriato Connie, credendo di star discutendo con un muro. << Non ci interessa niente di loro! Noi non abbiamo fatto niente di male, basta serbare tutto questo rancore per nulla! >>
Alle sue parole, Reiner reagì con veemenza e cominciò a sbraitare in direzione di Connie:<< IL NOSTRO POPOLO HA FATTO ABBASTANZA!!! Credi che non dobbiamo pagare per i nostri crimini del passato? Pensi che i gruppi di ribelli che serpeggiano nei ghetti Eldiani sarebbero tanto felici della tanto agognata "pace", o approfitterebbero della debolezza di Mahle per distruggere quelli che li hanno puniti?! >>
<< Con questa mentalità non ci si staccherà mai dal passato! >> Esclamò infastidito Connie, che non riusciva a credere che Reiner non fosse in grado di comprendere il suo punto di vista. Reiner mostrò ancora una volta di non volerlo ascoltare alzando una spada.
<< Non ci si può staccare dal passato! >> Disse con il suo sguardo duro negli occhi. << Dobbiamo pagare per le colpe dei nostri antenati. >>
<< E chi ti dice che queste colpe siano veramente esistite? >> Ribatté subito Connie senza nemmeno lasciargli il tempo di finire la frase. << Per quanto ne sai, potrebbero aver cancellato la memoria a voi, come è successo a noi cento anni fa! >>
Adesso Reiner era combattuto: non sembrava voler ascoltare le parole di Connie, tuttavia questo era riuscito a instillare il dubbio nelle sue convinzioni che, in realtà, sembravano essere poco salde. Il suo sguardo quasi impaurito era fisso sul volto di Connie, mentre il sudore colava copiosamente dalla sua fronte rossa. << E'… E' la verità! E' così e basta! >> Cercò di ribattere, non riuscendo però a dare l'impatto sperato alle sue parole.
Connie approfittò dell'incertezza di Reiner per attaccarlo ancora con le sue domande:<< E chi è che decide quale sia la verità? >>
A questo punto Reiner non sapeva più cosa rispondere. Si guardò intorno sudato, respirava affannosamente mentre i suoi occhi sfuggivano da tutte le parti alla ricerca di qualcosa che potesse far tornare in lui la fede che aveva sempre tenuto stretta a sé. Connie non aveva idea di cosa avessero detto a Reiner e agli altri Guerrieri, ma non era sicuro che si trattasse della verità pura: quella nessuno poteva più recuperarla, per lui i popoli avrebbero dovuto semplicemente smettere di guardare al passato e superare l'odio che c'era stato tra loro un tempo.
<< Basta così! >> Esclamò Reiner stringendo i denti e tagliando l'aria con la spada. << Sono stufo di queste domande. >>
Connie lo vide mentre si preparava ad attaccarlo, ma alzò una mano in segno di resa. << Aspetta! >> Esclamò nello stesso istante in cui Reiner scattava verso di lui.
Il Guerriero attaccò subito aprendo con forza le sue spade e Connie dovette incrociare le sue lame verso il basso per pararle. Indietreggiò istantaneamente, deciso a non rispondere agli attacchi finché Reiner non avrebbe risposto alla sua ultima domanda.
Vide il suo avversario tirare indietro le braccia e portare entrambe le spade dal lato destro del suo corpo: Reiner sferrò un colpo trasversale con la spada impugnata nella sinistra che Connie schivò per un pelo piegandosi indietro. Il secondo attacco di Reiner arrivò subito e Connie non ebbe il tempo per recuperare l'equilibrio e parare con cura quel colpo: cadde a terra e piantò nel terreno la sua spada per fare in modo che la lama bloccasse almeno in parte l'arma dell'avversario; subito dopo aver cozzato con la sua spada, però, Reiner si lanciò addosso a Connie e tentò di puntargli le spade alla gola mentre lo schiacciava con il suo peso. Connie riuscì a sollevare chissà come le sue spade e a incrociarle davanti al proprio petto per bloccare quelle di Reiner, che rimase a fissarlo con una smorfia infuriata dipinta in faccia.
<< Non ho ancora finito! >> Esclamò Connie cercando chiamare una pausa al loro scontro.
<< Non mi importa! >> Rispose adirato Reiner, stufo di perdere tempo. Sembrava deciso a farla finita in quel momento, ma Connie non glielo avrebbe lasciato fare tanto facilmente.
<< No! >> Fu l'urlo di Connie a quella risposta da parte di Reiner, che il ragazzo percepì come fastidiosa e menefreghista. Non gli interessava se Reiner aveva una missione e voleva ucciderlo, lui aveva delle domande che erano rimaste prive di risposta per troppo tempo; adesso voleva le sue spiegazioni!
Con uno sforzo sovrumano, tale che nemmeno lui riuscì a capire come lo avesse fatto, Connie riuscì a sollevare le gambe e usarle per spingere Reiner facendolo capitolare oltre il suo stesso corpo. Si rialzò rapidamente allontanandosi dal corpo disteso e dolorante del Guerriero, che doveva aver sbattuto violentemente con la schiena per reagire a quel modo. << Bene, Reiner… >> Disse riprendendo fiato, pensando di essersela vista brutta in quel frangente. Il ragazzo biondo si voltò con una smorfia in viso e cominciò a rialzarsi da terra mentre lui lo guardava dall'alto con superiorità e le spade sguainate. << Ultima domanda. >>
Reiner lo fissò rimanendo inginocchiato a terra, forse riprendendo fiato dopo il colpo di pochi attimi prima, che nonostante potesse sembrare qualcosa di poco conto doveva essere stato in realtà una botta molto violenta.
Connie aspettò ancora qualche secondo, indeciso se continuare a mantenere quella posizione di superiorità nei confronti di Reiner o ammorbidire i toni. << La tua missione è ucciderci… Sei stato per anni con noi fingendo di essere nostro amico… Ma tu… Tu ci odi davvero? >>
Reiner smise di ansimare e rimase a squadrare Connie con il suo sguardo intimidatorio che non serviva a niente in quel momento. Un po' combattuto per come rispondere, il Guerriero si rimise in piedi e rilassò i muscoli del viso. << Prima che io risponda… Dimmi: e tu? >> Chiese rimanendo a fissarlo con serietà.
Tutta la rabbia era scomparsa dal suo volto, non c'era più sofferenza, solo uno strano senso di malinconia. Che fosse quella la svolta del loro scontro? Reiner voleva veramente avere una conferma dell'odio delle persone dentro le Mura verso di lui, così che potesse convincersi a odiarle a sua volta? Oppure era solo una domanda fatta per soddisfare la sua cinica curiosità? Connie non aveva idea del proposito di quella domanda, ma non poté negare di aver sempre desiderato, da quel giorno, di poter rimediare a tutto quello che era successo e rimettere insieme i pezzi delle loro vite mandati in frantumi dal tradimento di Reiner e Bertholdt.
<< No… >> Sussurrò abbattuto, pensando di non poter mentire a sé stesso. << Nonostante ci abbia provato, ho sempre sperato che tu non fossi malvagio… Ho sempre sperato che avremmo potuto discuterne civilmente, un giorno, e trovare una soluzione a questo macello. Sarebbe bello, no Reiner? Tornare ai vecchi tempi, quando la vita era semplice e tutto quello di cui dovevamo preoccuparci era procurarci del cibo, non far arrabbiare l'istruttore Shadis… >> Sulle sue labbra affiorò un sorriso nostalgico. << Non ti odio. Potremmo ancora fare la cosa giusta, se solo tutti quanti si fermassero a discutere per un momento… >>
Alzò lo sguardo speranzoso verso Reiner, che era rimasto ad ascoltarlo allibito, mentre intanto le urla e i ruggiti riempivano l'aria e scuotevano la terra. La battaglia era lontana da loro, due vecchi amici che si erano scontrati in quel luogo vuoto e silenzioso, nella speranza di poter sistemare tutto…
Reiner abbassò lo sguardo e alzò una sua spada, fissando con attenzione la sua elsa. << Accidenti… >> Mormorò quasi deluso mentre i suoi occhi mesti evitavano a tutti i costi lo sguardo di quelli di Connie. A un tratto strinse con forza l'impugnatura della sua spada e alzò di scatto lo sguardo, rivelando degli occhi furiosi. << E allora fai davvero male! >> Urlò scattando verso il ragazzo, che ormai non era che un nemico da eliminare per lui.
Vedendo tutte le sue speranze di poter ragionare ancora con Reiner andare in frantumi, Connie non fece in tempo a reagire che si ritrovò subito a ricevere una spallata dal suo vecchio compagno di corso. Fu spinto a terra e vide le lame alzarsi minacciose puntando verso di lui, prima che Reiner le bloccasse a pochi centimetri dal suo petto e gli rivolgesse uno sguardo tetro. << Forse non hai capito bene… >> Sussurrò tremando, squadrandolo con gli occhi spalancati. << Questa è una guerra, e non c’è tempo per mettersi a discutere amabilmente dei propri sentimenti! Voi siete i demoni che hanno portato a Mahle tanto dolore, se sarete sterminati la pace tornerà finalmente a regnare! >> Cominciò ad alzare una spada, pronto a calarla per l’ultima volta sul corpo di Connie. << Io… Devo eliminarvi! >>
Vedendo il pericolo e la morte avanzare pericolosamente verso di sé, Connie puntò contro le spalle di Reiner i grilletti delle sue spade e li premette facendo partire i rampini della sua attrezzatura per la manovra tridimensionale: i ganci si conficcarono nella carne del Guerriero facendolo urlare dal dolore e Reiner perse la concentrazione necessaria per colpire Connie. Quando la sua spada calò sul ragazzo, la lama si conficcò nel terreno e si piegò tanto da spezzarsi come un rametto di legno su cui era stata esercitata troppa forza.
Vedendo che era riuscito a salvarsi, Connie approfittò della distrazione di Reiner per colpirlo con una spada e ferirlo così orizzontalmente al petto. Il ragazzo urlò mentre il sangue schizzava sul viso di Connie e lui si raggomitolava per scagliare un calcio potente al petto dell’avversario per spingerlo via.
Reiner fu sbalzato indietro dall’attacco di Connie e cadde nuovamente per terra con la schiena. Il ragazzo dai capelli rasati si rialzò da terra respirando convulsamente, sapendo di aver sfiorato la morte per un pelo, e si mise in posizione per affrontare Reiner, che già si stava rimettendo in piedi.
La ferita al petto si era già quasi rimarginata, anche se i suoi vestiti laceri erano ormai da buttare. Il Guerriero aveva un grande vantaggio dalla sua parte grazie a quel potere, ma per fortuna non aveva deciso di trasformarsi in un Gigante durante lo scontro, altrimenti Connie non avrebbe avuto speranze contro di lui. Forse Reiner aveva deciso di rimanere umano per non attirare un nugolo di soldati su di sé, una volta diventato il famigerato Gigante Corazzato…
E così Connie faceva male a non odiarlo, eh? Doveva significare che Reiner lo odiasse senza alcun rimorso? Era davvero così poco importante la loro amicizia, per lui? Glielo avrebbe fatto vedere, non avrebbe mollato neanche per un istante!
Gli occhi di Connie non erano spaventati, non c’era rabbia in essi né incertezza: era oltraggiato, si sentiva tradito, ma era calmo. Sapeva che avrebbe lottato fino all’ultimo per fermare Reiner, qualunque cosa fosse accaduta.
Da parte sua, invece, il Guerriero di Mahle sembrava essere molto infastidito; forse il fatto che non fosse ancora riuscito ad ucciderlo lo metteva in difficoltà? Lo vide cambiare la lama della sua spada e rimettersi in posizione, pronto a difendersi; aveva cambiato tattica un’altra volta, ora era tornato sulla difensiva. Connie non avrebbe commesso gli stessi errori di prima.
Ignorando il sangue che gli si incrostava sulla fronte, Connie cominciò a muoversi lentamente in cerchio, costringendo Reiner a spostarsi a sua volta. Rimanevano a distanza di sicurezza l’uno dall’altro, anche se sarebbe bastato poco per rendere insicura quella loro distanza in ogni momento. Si lanciavano sguardi di sfida in attesa che uno dei due perdesse la pazienza e attaccasse per primo; Connie provò una finta a destra accelerando il passo, ma tornando subito indietro vedendo il rapido movimento di Reiner per allontanarsi da lui. Piegò un labbro divertito dal constatare che Reiner avesse in qualche modo paura di lui.
Reiner invece non era divertito. Con una smorfia, sparò i suoi rampini contro Connie, che si spostò dalla traiettoria e levò una spada per colpirlo al suo avvicinamento; Reiner parò l’attacco incrociando le lame davanti a sé e fermò la sua avanzata subito dopo aver sorpassato Connie per poterlo attaccare alle spalle. Il ragazzo si voltò ruotando dall’altro lato per avvistare subito Reiner che tentava di colpirlo dall’alto con una spada e intercettò la lama con la sua accompagnandola verso il basso e deviando così la sua traiettoria. Il braccio di Reiner calò trasversalmente e il ragazzo non poté attaccare con l’altra spada per questo, e subito si ritrovò a doversi difendere dalla spada di Connie, che dopo aver bloccato il suo attacco fu alzata per ferirlo assieme all’altra che serviva per tenere bloccato il braccio di Reiner e impedirgli di contrattaccare.
La spada di Connie ferì una spalla di Reiner, che per non essere ferito più gravemente sganciò la lama della sua spada così da essere libero e indietreggiò barcollando, tenendosi una mano sulla spalla ferita.
Subito Reiner sostituì la lama senza perdere di vista Connie e lasciò andare la ferita alla spalla; in pochi istanti, il taglio scomparve dalla sua carne lasciando solo il tessuto strappato del suo mantello a testimoniare l’esistenza di quella ferita. Connie gli rivolse uno sguardo di sfida e abbassò le spade, puntandogliele contro: facendo un piccolo scatto, tentò di attaccarlo con la spada di sinistra, che venne respinta con un rapido colpo. Come una molla, Connie tornò indietro e attaccò nuovamente con l’altra spada, questa volta alzando il braccio: la lama passò senza causare troppi danni strisciando su un lato della spada sinistra di Reiner e tornò indietro seguendo lo stesso tragitto di prima, sempre senza lasciare segni visibili.
Prima che Reiner potesse approfittare del varco che si era creato quando Connie aveva allargato le braccia, il ragazzo chiuse rapidamente le spade in una croce, incastrando tra di esse la lama del Guerriero. Sfruttò poi le spade come una leva per sollevare l’arma dell’avversario e spezzare la sua guardia, ma il suo seguente attacco non ebbe alcun effetto: affondò la spada di destra nell’aria, sperando di colpire Reiner in qualche punto vitale, ma il ragazzo biondo approfittò della spinta che lo aveva mandato indietro per eseguire una capriola e sfuggire così all’attacco di Connie, per poi lanciarsi contro di lui subito dopo brandendo le sue spade con sicurezza.
Vedendoselo arrivare addosso così velocemente, Connie non fece in tempo a organizzare una difesa efficace e tentò di muovere la spada che era già in avanti per deviare il suo attacco in qualche modo; la punta della lama si piegò prima che l’intero braccio del ragazzo fosse spinto indietro, senza riuscire a opporre alcuna resistenza al peso di Reiner che dopo aver deviato la spada di Connie si preparava a colpirlo con l’altra spada.
La lama di Connie si spezzò e il ragazzo vide il proprio riflesso nell’acciaio prima che questo potesse ferirlo a una spalla schizzando via da lì. Connie era ferito e disarmato, ma il fatto che la sua spada si fosse accorciata adesso gli permetteva di muoversi liberamente e parare così l’altro attacco dall’alto di Reiner, che pensava di aver già vinto quello scontro; così sollevò con grande intraprendenza il braccio che impugnava la spada spezzata e lo parò per bloccare l’arma di Reiner, che emise un forte clangore quando si scontrò con quella. Sperando che l’arma che impugnava nella destra non cedesse definitivamente, Connie alzò la spada a sinistra per spostare la spada che Reiner aveva alzato per prima e riuscì ad aprire un varco nella sua difesa.
Conficcò in profondità la lama sinistra nel fianco del Guerriero, che sentendo il freddo metallo penetrare nella sua carne lanciò un verso di dolore simile a un ululato sordo e gorgogliante. Quello stesso urlo fu smorzato dal ringhio che emise la gola di Reiner quando questo assunse una smorfia di dolore che sembrò dargli ancora di più la carica per quello scontro. Senza perdere lo slancio, Reiner diede una testata a Connie, che per un attimo perse l’orientamento, e una volta rimessi i piedi a terra spinse il ragazzo dalle spalle cercando di staccarsi da lui.
Il sangue si versò a terra quando la lama uscì dal corpo di Reiner e lui si fu allontanato per pochi istanti dal suo avversario. Tossì, sputò per terra e riprese fiato; il Guerriero rivolse poi il suo sguardo furioso verso il piccolo soldato; non aveva intenzione di mollare proprio in quel momento, e Connie lo sapeva.
Noncurante della ferita al fianco che andava rimarginandosi, Reiner avanzò nuovamente per attaccare Connie, questa volta con meno slancio. Il ragazzo era ancora equipaggiato con una spada spezzata e non ebbe il tempo di sostituirla: dovette parare il primo colpo con quella, come se stesse combattendo con un coltello, e poi tentò un affondo con l’altra spada, a confronto meno maneggevole, ma più letale. Reiner si spostò subito colpendo la spada di Connie con la sua e ruotò in senso orario per sferrare un altro attacco laterale al ragazzo, che questa volta dovette parare con entrambe le armi. Sfruttando la sua altezza, Connie si abbassò poi facendo leva sulle spade di Reiner con i propri manici e cercò di colpirlo dal basso con entrambe le lame; Reiner però schivò agilmente le spade piegando la schiena indietro e diede un calcio nello stomaco al piccolo Connie, che venne spinto indietro di un paio di metri.
Ignorando il dolore, Connie si lanciò all’attacco spinto dall’adrenalina del momento e fece finta di colpire Reiner da destra sollevando molto esageratamente la sua spada; all’ultimo momento, però, cambiò la direzione della lama e fece sì che Reiner non riuscisse a parare con precisione il colpo, venendo chiuso dalle sue stesse spade e impossibilitato dal rispondere con un attacco. Connie saltò aggrappandosi alla spalla di Reiner e si  agganciò al suo collo chiudendolo in una morsa con le proprie gambe. Tirò poi con forza per far cadere Reiner ed entrambi si ritrovarono a sbattere violentemente nel terreno. Nonostante Reiner fosse in difficoltà, riuscì a liberarsi dalla stretta di Connie e si voltò per afferrarlo: prima che quello potesse rialzarsi, gli piantò le mani nel collo e cercò di soffocarlo per chiudere lì la faccenda. Ma Connie non aveva ancora finito di lottare…
Pur avendo ancora nelle mani le sue spade, il ragazzo pensò che anche se avesse trapassato il ventre di Reiner con queste, il Guerriero avrebbe comunque ignorato il dolore contando sul suo potere di rigenerazione, quindi decise che era più sicuro attaccare Reiner in un altro modo: raccolse le gambe per sferrare un doppio calcio sul viso del suo avversario, che lasciò andare la sua presa e cadde indietro. Connie si rialzò rapidamente ansimando e si allontanò da Reiner per riprendere le energie.
A un tratto, inaspettatamente, Reiner cominciò a ridere senza alcuna apparente ragione. Connie non capiva, eppure sembrava che lo stesse riuscendo a battere: perché adesso rideva tanto, sapendo di essere in una situazione così delicata?
<< E’ proprio come pensavo! >> Disse un’altra volta con tono sguaiato, continuando a ridere senza fermarsi. Batté i pugni per terra prima di mettersi a sedere per poi rialzarsi.
Rivolse un ghigno a Connie, mostrando il sangue che gli colava dal naso e la ferita al labbro che i suoi stivali avevano causato. Si pulì il muso con una manica e si rialzò da terra, raccogliendo le sue spade con calma. Al momento di tornare a guardare Connie con il suo sguardo stranamente sicuro di sé, Reiner era tornato come nuovo.
<< Continui a non volermi fare del male, vero? >> Chiese suscitando lo sconcerto nell’animo di Connie, che pensava di aver messo da parte quella discussione.
<< Che stai…? >>
<< In questo scontro hai avuto la possibilità di colpirmi mortalmente già un paio di volte… >> Lo interruppe Reiner cominciando a parlare con un tono più pensieroso. << Hai preferito usare attacchi non letali, continuando a sperare che io non morissi, vero? >>
Connie non capiva perché stesse tirando fuori quell’argomento proprio in quel momento. Eppure lui era sicuro di aver dato il massimo, era esausto; cosa faceva pensare a Reiner che stesse facendo finta di combattere?
<< Lo stai facendo perché non riesci ancora ad accettare la realtà, vero? >> Chiese Reiner alzando la voce e allargando le braccia come se volesse apparire ancora più grosso di quanto non fosse. << Non ti è neanche passato per la testa il fatto che io sia un nemico e che vada eliminato! Tu speri ancora di poter vivere felice nel tuo mondo delle favole, dove tutti sono amici e la guerra non esiste… >>
Le parole di Reiner sembravano venire dal profondo del suo cuore, colme di odio e avversione verso quel ragazzo che voleva solamente vivere in pace. Era tanto difficile da capire che da una simile guerra non sarebbe venuto fuori niente di buono? Era così inaccettabile che Connie desiderasse tutto ciò? << No… >> Mormorava mentre Reiner continuava a urlargli contro, mentre continuava ad andare sempre più sul personale e lo attaccava chiamandolo stupido e disperato.
<< Sei uno stupido, Connie! Un debole stupido che non è in grado di fare il suo dovere… >> Sembrava che non volesse nemmeno parlare con lui, non gli lasciava prendere la parola e continuava a urlargli contro.
<< Non è vero… >> Sussurrò Connie sul punto di scoppiare. Reiner lo chiamava stupido per desiderare qualcosa di impossibile, ma chi aveva detto che quel suo desiderio fosse veramente impossibile? Chi gli dava il diritto di considerarlo uno stupido, quando lui neanche aveva provato a cambiare le cose? << NON E’ VERO! >>
Reiner non aveva ragione di parlargli a quel modo.
In preda alla rabbia, Connie dimenticò il dolore delle ferite e si lanciò di corsa contro il suo avversario a pochi metri di distanza da lui. Alzò un braccio stringendo con forza l’elsa della spada, contando di colpire Reiner trasversalmente senza dargli l’opportunità di contrattaccare: il Guerriero però riuscì a prevedere la sua mossa molto facilmente e sollevò la sua spada di sinistra per parare il colpo.
Connie non aveva preparato un attacco da sinistra, quindi Reiner ebbe campo libero per alzare il braccio e dare una gomitata al ragazzo sul muso, colpendolo violentemente al mento e facendogli sputare sangue. Di scatto, Connie tornò indietro scuotendo la testa come un cane bagnato e rivolse uno sguardo furioso al suo avversario; senza nemmeno riprendere fiato o pulirsi il sangue colatogli sul mento, scattò nuovamente verso Reiner questa volta tentando un approccio più estremo.
Connie saltò più in alto che poté e sparò i suoi rampini per scavalcare Reiner e contemplare il campo di battaglia dall’alto; pochi metri dopo aver superato il Guerriero, Connie si voltò mentre ancora volteggiava e saliva verso l’alto e sganciò i rampini per poter cominciare a spostarsi più rapidamente, seguendo il perimetro dell’area. Saltò da un appiglio all’altro, dando gas a tratti e facendo così fischiare violentemente il propulsore alle sue spalle, mentre a terra Reiner lo fissava con occhi poco impressionati e si limitava a ruotare sul posto senza mai rivolgergli le spalle.
A un tratto, dopo aver preso un buono slancio ed essere salito di quota altri quattro metri, Connie puntò i grilletti contro il suo bersaglio, Reiner: calcolò in un istante la distanza, la traiettoria più efficace e il punto dove avrebbe dovuto sparare per potersi avvicinare a lui, e scagliò i suoi ganci verso l’obiettivo. << STO ARRIVANDO!!! >> Urlò per darsi una spinta morale mentre scendeva di quota a grande velocità verso il ragazzo che non si era mosso dal suo posto.
Connie aveva ancora una spada spezzata mentre Reiner poteva contare su due armi in condizioni quasi perfette; nonostante ciò, il ragazzo non aveva alcuna intenzione di mollare. Non aveva avuto il tempo di sostituire la lama rovinata, ma con quel ritmo si sarebbe ritrovato presto disarmato: doveva limitare i danni!
Connie vide lo sguardo duro di Reiner farsi sempre più vicino nella sua discesa verso terra; lo vide anche spostarsi leggermente alla sua destra mentre lui si avvicinava e quando lo ebbe attaccato con la sua spada più corta, Reiner parò il colpo con un secco movimento del braccio.
La spada di Connie si spezzò definitivamente e volò lontano da lì mentre il ragazzo, incredulo, arrestava la sua avanzata staccando i suoi ganci dalla parete lontana da lì e trovava appoggio a un’altra alla sua sinistra per contrastare la sua avanzata. Sfruttando questa brusca frenata a mezz’aria, Connie diede un colpo alla cieca voltandosi in senso antiorario e riuscì a far scontrare la sua lama con quella di Reiner ancora una volta, che però sembrò non avere alcun problema a parare quell’attacco.
Furioso, Connie sganciò i rampini un’altra volta e, finito il giro, li sparò di nuovo davanti a sé, con l’intento di passare davanti a Reiner e allontanarsi da lui per preparare un altro attacco. Quando fu tirato dalle corde, il ragazzo parò davanti a sé le sue spade per farsi strada con la forza, ma Reiner si fece da parte con leggerezza e lo lasciò passare senza alcun problema.
Mentre si allontanava dal centro dello scontro, Connie sostituì rapidamente la spada destra e si voltò per osservare Reiner che continuava a starsene calmo al suo posto. Deviando la sua traiettoria ancora una volta, Connie tornò a puntare l’avversario e riprese la sua rapida discesa con entrambe le spade sguainate, pronto a colpire.
Chiuse le braccia e parò le spade attorno a sé come per proteggersi in quel frangente, poi quando fu vicino a Reiner allargò di colpo i suoi arti superiori nella speranza di colpire il ragazzo, ma fu tutto inutile ancora una volta: Reiner deviò l’attacco sollevando una spada e spostandosi con un piccolo passo laterale. Dopo di quello, Connie si sganciò dalla parete lontana che aveva agganciato ai suoi rampini e trovò appoggio in un palo che, stranamente, non era stato sradicato dai Giganti al loro arrivo. Vi girò attorno a velocità moderata e poi sfruttò la spinta per avvicinarsi più velocemente possibile a Reiner: Connie gridò ancora e prima di arrivare molto vicino a Reiner, sparò i suoi rampini alle sue spalle, tornando a salire di quota e attaccandolo dal basso roteando in verticale.
Reiner parò quel colpo con un po’ di difficoltà in più, ma non sembrò per niente teso in quei pochi istanti. Connie volò via un’altra volta per ritrovarsi quasi senza più gas nelle bombole; come era possibile che lo avesse già consumato tutto? Stava attaccando senza alcun criterio, sfruttando la potenza e la velocità che la sua attrezzatura per la manovra tridimensionale gli offriva, ma sacrificando così lo studio nei suoi attacchi e l’effetto sorpresa che fino a pochi momenti fa lo avevano quasi messo in posizione di vantaggio…
Il ragazzo tornò indietro lasciando che le corde lo facessero dondolare una volta finita la spinta del gas e si voltò per dare un ultimo attacco disperato a Reiner: alzò la spada sinistra e parò quella destra davanti a sé per proteggersi dai colpi dell’avversario, quindi abbassò entrambe le lame al momento giusto per cercare di colpire Reiner e poterlo così fermare per alcuni istanti, giusto il tempo di recuperare le energie che i rapidi movimenti con la manovra tridimensionale gli avevano ormai prosciugato. Questa volta, però, Reiner rispose all’attacco con un rapido taglio orizzontale di una sola spada: quel colpo, con la sua letale fermezza e aggiunto alla velocità raggiunta da Connie in quel momento, fece spezzare nuovamente la spada del ragazzo di Ragako, che perso l’equilibrio cadde a terra e rovinò nella polvere ferendosi le mani.
Reiner si voltò dopo esserselo visto passare a un millimetro dal viso e cominciò ad avanzare verso di lui. Sapendo di non avere tempo per riposare, Connie fece uno sforzo per rialzarsi da terra e sganciò la lama sinistra per sostituirla nuovamente con una più forte. Barcollando, il ragazzo fece la prima mossa per mostrare di avere ancora la grinta di prima, ma era evidente che mancasse ormai la sua concentrazione: si lanciò urlando contro di Reiner, le spade strette vicino ai fianchi e puntate contro di lui, ma il ragazzo dai capelli dorati riuscì a schivare la carica di Connie con un semplicissimo movimento laterale. Tornò a muoversi verso di lui quando quello si fu fermato con difficoltà, scivolando tra i detriti.
Connie si voltò e tornò a urlare per cercare di intimidirlo in qualche modo e colpirlo con una delle sue spade: tirò entrambe le braccia a destra e le rilasciò con violenza descrivendo una curva trasversale che però non sembrò causare nessun danno a Reiner, che parò ancora l’attacco con entrambe le sue spade levate di fronte a sé. Subito dopo il suo attacco, Connie abbassò nuovamente il braccio destro per prendere alla sprovvista Reiner, ma una semplice correzione nella posizione delle spade del Guerriero fu sufficiente a bloccare l’attacco e far spezzare nuovamente l’arma di Connie, che non era abituata a colpi di quella violenza su superfici così dure.
<< Maledetto…! >> Connie soffocò un’imprecazione quando vide la sua spada volare via ancora una volta e cercò di sfruttare ancora una volta il fattore sorpresa, contando sul fatto che Reiner non si sarebbe aspettato un attacco subito dopo la perdita della sua arma. Il ragazzo abbassò anche l’altro braccio, seguendo la stessa traiettoria della prima e colpendo nello stesso punto la spada di Reiner, senza perdere la sua lama questa volta; subito dopo affondò la lama spezzata nel tentativo di colpire il suo avversario a un fianco, ma questo saltò via e la lunghezza ridotta della spada non fu di aiuto a Connie, che però sferrò subito un altro attacco orizzontale ruotando completamente su sé stesso in senso antiorario.
La parata di Reiner fu poco salda questa volta e il Guerriero, che non fece bene attenzione, vide la sua spada spezzarsi davanti ai suoi occhi proprio come era successo a Connie, che finalmente poté vedere uno spiraglio della vittoria. Cercando di impedire a Reiner di sostituire la spada, Connie si spinse in avanti e tagliò di netto la mano destra di Reiner con la lama spezzata della sua spada destra. A quel punto avrebbe potuto costringerlo facilmente alla resa, se fosse riuscito a disarmarlo anche della sua spada sinistra.
Con un rapido avvitamento, Connie continuò a muoversi e attaccò nuovamente Reiner al suo braccio sinistro, sferrando un colpo deciso prima con la spada intera e poi rincarando la dose con quella spezzata, ma qualcosa andò diversamente: Reiner parò l’attacco con l’impugnatura della sua spada e spinse con forza le braccia di Connie, rendendolo vulnerabile per qualche secondo; era incredibile come, nonostante quel dolore immane che doveva recargli la ferita al braccio, Reiner riuscisse a mantenere una freddezza tale da permettergli di rispondere a quel modo agli attacchi del suo avversario.
Reiner aveva dipinta in volto un’espressione sofferente, una smorfia ringhiante che sembrava portare nient’altro che odio verso il piccolo soldato che lo aveva appena messo in quella condizione. Il Guerriero vide lo spazio e decise di non indugiare oltre; Connie capì un millisecondo più tardi cosa volesse fare e cercò di abbassare le sue lame per parare l’attacco, ma nonostante le sue spade incrociate fossero riuscite ad arrestare in parte l’avanzata della spada di Reiner, quella riuscì comunque ad affondare di svariati centimetri dentro il suo ventre, macchiando i suoi vestiti di sangue e facendogli girare la testa per il dolore lancinante.
Connie tirò indietro la testa digrignando violentemente i denti dal dolore, mordendosi le labbra e la lingua per soffocare le urla che per qualche motivo non risuonarono e i suoi polmoni carichi di grida rimasero pieni, come se non fossero riusciti a liberarsi. Non doveva mollare proprio ora che era così vicino a Reiner e aveva la possibilità di colpirlo!
Tornò a guardarlo con tutto il suo disprezzo negli occhi e, disfacendo per un attimo la difesa che gli aveva permesso di bloccare l’attacco di Reiner, Connie assestò un pugno in faccia a Reiner, che perse per un attimo la presa sulla sua spada: approfittò di quello Connie che, abbassata nuovamente l’arma sulla lama del suo avversario, fece quello che aveva fatto lui fino a quel momento e spezzò la lama alla sua base, lasciando meno di dieci centimetri della spada attaccati alla sua elsa.
Subito Connie indietreggiò e si tirò via dal fianco la spada di Reiner per buttarla a terra, lontano da sé. Tossì violentemente, cercando allo stesso tempo di trattenere i conati di vomito che lo spingevano a liberarsi di quel poco che aveva mangiato quella mattina a colazione, poco meno di due ore addietro, dopo una ferita che sicuramente aveva intaccato il suo apparato digerente.
Stringendosi con forza un braccio sulla ferita, Connie alzò lo sguardo verso Reiner, che aveva fatto qualche passo indietro, e cercò di decifrare il suo sguardo. Non riusciva più a leggere alcuna emozione nei suoi occhi: Reiner lo fissava come se davanti a lui ci fosse un ostacolo che gli impediva di raggiungere il suo obiettivo e dovesse sbarazzarsene il più in fretta possibile. Vide parte della sua mano ricrearsi tra scintille che scaturivano dalla sua carne e allora capì di non avere tempo da perdere: lo aveva disarmato, Reiner era ferito, Connie doveva sfruttare quel momento per porre fine a quello scontro con una sua vittoria!
Urlò. Quell’urlo fu il più disperato di tutti, in quanto carico di dolore, rassegnazione e riluttanza. Connie non voleva che Reiner morisse, ma sembrava che quello scontro fosse destinato a durare per sempre, se non ci fosse stata la morte di uno dei due combattenti. Gli faceva male, non voleva che finisse così, ma avrebbe preferito ucciderlo da sé che vederlo impiccato o decapitato su un palco, con la folla che gli urlava contro e invocava la sua esecuzione.
Sì, Connie aveva preso per scontata la sua vittoria.
Questa volta però Reiner non lo lasciò fare come aveva fatto fino a quel momento; non lo prese alla leggera solo perché non stava “facendo sul serio” e scattò in avanti anticipando Connie, che fu preso alla sprovvista e ricevette una violenta spallata nello stomaco.
Mentre il ragazzo cercava di capire che cosa fosse successo, Reiner afferrò il suo polso destro e lo strinse con tutta la sua forza, costringendolo a mollare la presa sulla spada. << Ti ho dato tante possibilità, Connie… >> Mormorò mentre la spada del ragazzo cadeva a terra sollevando un rumore cristallino. Stringendo ancora il polso di Connie, Reiner gli assestò un pugno in un occhio e per un attimo il ragazzo non vide più niente dal lato destro del suo viso. Connie cadde a terra come se fosse morto, incapace di reggersi dopo un pugno del genere, e Reiner gli piantò un ginocchio sul torace mentre lui ansimava e lanciava grida di dolore. << Ho sperato che abbandonassi la lotta prima che fosse troppo tardi… >> Reiner allungò poi l’altro braccio, che si era appena rigenerato, per afferrare il polso sinistro di Connie e fargli perdere così anche l’altra spada.
Questa volta però Connie reagì e sollevò rapidamente la spada puntandola al viso del suo avversario: non fu abbastanza preciso né veloce, e Reiner riuscì ad arrestare l’avanzata della lama con la sua mano, pur facendosela trafiggere da questa. Rimasero a ringhiarsi contro come due cani randagi, gli occhi spalancati dal dolore e l’odio, mentre Reiner spingeva lentamente verso il basso la sua mano in cui era conficcata la spada di Connie e raggiungeva la sua elsa.
<< Ma non c’è niente da fare… >> Disse chiudendo le dita attorno all’elsa della spada e cominciando a spostarla lentamente con grande sforzo, costringendo anche Connie a piegare al contrario il suo avambraccio contro la propria volontà. << Sei sempre il solito testardo, stupido, ragazzino incosciente! >>
Connie vide lo sguardo quasi disperato di Reiner, che in quella situazione era al limite delle sue capacità e stava cercando di soffocare il dolore della lama che trafiggeva la sua mano, o forse semplicemente non voleva andare fino in fondo a quella storia e quello che stava facendo gli faceva più male di quanto desse a vedere… Lui invece il suo limite lo aveva raggiunto da un pezzo e non se n’era accorto: non aveva le capacità di Reiner, lui non era niente in confronto a lui e perseverando nell’affrontarlo da solo aveva condannato sé e – in una visione più ampia del futuro – anche i suoi amici.
Sentendo un dolore insopportabile al petto e uno stimolo sulla sua faccia che subito si tramutò in una impossibilità di respirare, anche i muscoli di Connie cedettero definitivamente a quella pressione e il suo braccio si piegò drasticamente fino a schiacciarsi a terra, su un soffice tappeto di erba cosparso di detriti. Ora non riusciva più nemmeno a guardarlo negli occhi, sapendo di essere arrivato alla fine…
<< E adesso che cosa fai, piangi? Ora che siamo arrivati a questo punto? >> Chiese Reiner con tono sprezzante. La pressione sul polso di Connie era diventata tale che ormai il ragazzo pensava di aver perso la mano. Con uno strattone, Reiner riuscì a strappargli la spada dall’altra mano, che aveva ormai smesso di opporre resistenza, e sfilò con calma la lama dal proprio palmo. Come vide il taglio sulla sua mano che andava rapidamente rimarginandosi, provò un senso di disgusto e dei brividi attraversarono la sua spina dorsale.
Reiner rimase qualche secondo ad osservare la sua mano rigenerarsi e poi la ruotò per osservare il lavoro fatto dal suo organismo modificato per riportarla allo stato originale. Dopo aver chiuso e riaperto le dita un paio di volte, Reiner strinse con fermezza il pugno della sua mano destra e colpì con forza il viso di Connie, che in quel momento era caratterizzato da un’espressione sconfitta e impassibile.
L’espressione di Connie cambiò radicalmente quando percepì l’impatto del pugno di Reiner con la sua guancia e la sua testa girò inerte di lato: il ragazzo sembrò quasi non credere a ciò che gli era appena capitato, sentendo la sua testa venire colpita così violentemente. Si era ormai arreso all’ineluttabilità del destino e aveva capito di non avere speranze…
<< Mi metti una rabbia… >> Mormorò Reiner staccando finalmente il suo ginocchio dal petto di Connie e rialzandosi in piedi. Finalmente il ragazzo fu libero di respirare, ma non ebbe molto tempo per farlo, in quanto sentì subito qualcosa afferrarlo dal colletto e trascinarlo da terra. In un attimo vide il viso di Reiner comparirgli davanti e capì che era stato lui a sollevarlo. << Sempre così testardo e incosciente, ma poi quando capisci di non avere speranze perdi tutta la tua forza… >> Gli assestò un pugno nello stomaco. << Coraggio! Fammi vedere quella determinazione che hai mostrato fino ad ora! >>
Reiner cominciò a colpire con tutta la sua rabbia il corpo inerte di Connie, che ormai sembrava aver abbandonato l’idea di combattere. Andò avanti picchiandolo con forza fino a fargli sputare sangue e a bloccargli il respiro. Mentre le ferite di Connie continuavano a sanguinare, il ragazzo semplicemente incassava i colpi senza nessuna reazione a parte gli ovvi gemiti di dolore che portava ricevere dei colpi simili. A un tratto il Guerriero lo scagliò con rabbia a terra.
<< ANDIAMO! >> Esclamò fuori di sé. << Vuoi dirmi che vuoi lasciare che sia tutto vano? >> Afferrò la sua testa con una mano e la tirò indietro per allontanargli la faccia dal terreno. << Vuoi far morire i tuoi amici? >>
No… Ripensando agli amici che aveva lasciato indietro, prima di andare a cercare Reiner per conto suo, Connie si sentì veramente uno stupido: aveva abbandonato la formazione quando il capitano Levi gli aveva detto di restare a controllare il perimetro e tenere lontani i Giganti da lui e dal Gigante Bestiale; aveva mentito a Sasha, persino dopo averle promesso che sarebbe tornato da lei… Cosa poteva fare, se non continuare a lottare? Non poteva mollare tutto così.
Connie sbatté violentemente con la faccia a terra quando Reiner lo lasciò andare spingendolo con forza verso il basso. Cercando di allontanare il viso dal terreno, Connie tossì violentemente e sputò un grumo di sangue mentre ormai le sue ferite erano aperte e grondanti di sangue, e bruciavano come se avessero letteralmente preso fuoco a contatto con la terra e l’aria intrisa di morte di quella mattina. << No… >> Sussurrò rauco mentre Reiner se ne stava accovacciato accanto a lui ad osservarlo.
Il ragazzo poggiò i palmi delle mani a terra e cercò di mettere forza nelle braccia per sollevare il suo busto da terra, che ora gli sembrava pesante come un macigno. Le braccia avevano perso tutta la loro forza, ma Connie riuscì comunque a muovere le gambe in modo da potersi inginocchiare, e poi da lì fu facile rimettersi in piedi anche se il suo equilibrio era ancora precario. Vedendolo alzarsi, Reiner si mise in piedi a sua volta e fece qualche passo indietro sorridendo soddisfatto.
Il ragazzo assunse la posa di combattimento corpo a corpo e fissò con i suoi occhi vuoti e stanchi quelli duri e opachi del suo avversario. Quasi inciampando mentre cercava di fare un passo in avanti, Connie liberò un innocuo pugno sul petto di Reiner, che sembrò non sentirlo nemmeno.
Rimase ad ansimare a lungo con le nocche piantate negli abiti strappati del Guerriero, fissando il terreno sotto ai propri piedi; poi, Connie tirò indietro il braccio e scagliò un altro attacco, colpendo nuovamente il pettorale di Reiner e non ottenendo alcun risultato concreto. Reiner doveva starsi scompisciando a vedere l’impotenza di quel piccolo uomo, ma la sua figura rimaneva statuaria in quel frangente.
Disperato, sul punto di scoppiare in lacrime di fronte alla sua impotenza, Connie diede un altro pugno a Reiner; il colpo fu più violento rispetto ai due precedenti, ma si trattava comunque di un niente in confronto a quello che aveva dimostrato prima il soldato e sicuramente Reiner non lo aveva avvertito minimamente… Prima che potesse fare qualsiasi cosa, Connie vide la mano di Reiner afferrargli il viso e spingerlo con forza a terra.
Connie sbatté con la testa per terra e sentì qualcosa colpirlo violentemente sulla nuca; anche dopo essersi raggomitolato schiacciandosi i polpastrelli sulla nuca per alleviare in qualche modo il dolore, Connie poté sentire chiaramente il bruciore nel punto in cui la sua testa aveva sbattuto con quella che forse era una roccia… Dopo alcuni secondi avvertì anche del sangue colare dalla ferita.
<< Puoi fare di meglio! >> Gli urlò contro Reiner deluso. << Hai voluto metterti in mostra fino ad ora e adesso non hai più forze! Ti sei arreso, Connie? Vuoi davvero che questa sia la tua fine? >> Quelle parole sembravano scelte appositamente per risvegliare in lui il suo spirito combattivo. Connie non poteva arrendersi, ma non aveva nemmeno la forza di competere con Reiner…
Nonostante il dolore e i suoi muscoli urlanti, Connie si costrinse a prendere un gran respiro e si mise su di un fianco per poi rialzarsi da terra. Una volta tornato in piedi, si voltò verso il Guerriero che gli aveva appena parlato.
Gli occhi di Connie, esausti, erano fissi sul volto di Reiner, quel traditore che aveva abbandonato tutti i suoi amici e che poi aveva cercato di ucciderli; quello era il suo obiettivo in quel preciso istante, non aveva intenzione di arrendersi! << Tutti quanti stanno facendo la loro parte… >> Mormorò Connie mentre la sua schiena ancora faticava a restare eretta. Il sangue sul suo volto gli conferiva un aspetto cadaverico, in più tutto il colore della sua pelle sembrava essere svanito… << Jean, Levi, Eren, Mikasa, Sasha… >> Pensò anche a quei soldati incontrati per strada assieme alla sua amica, il giovane e coraggioso soldato dai capelli neri che aveva abbattuto un Gigante con il loro gioco di squadra, e poi nella sua mente tornarono a echeggiare i singhiozzi della giovane sottoposta di Jean, Briest: anche lei aveva accettato di fare il suo dovere. << Non posso… Restarmene con le mani in mano… E lasciare che il lavoro di tutti quanti venga vanificato per colpa mia… >>
Reiner annuì soddisfatto, mentre il sorriso sul suo volto si allargava e diventava più spavaldo. << Ben detto, Connie! >> Rispose fingendo di applaudire. Il confronto tra loro due era quasi ridicolo: Connie era ferito, il suo volto era gonfio e ferito, perdeva sangue da una spalla e nel suo fianco era aperto un taglio che chissà come non lo aveva ancora ucciso; il corpo di Reiner, invece, era in perfette condizioni, e solo i suoi vestiti strappati e macchiati di sangue potevano testimoniare che era stato ferito in alcune occasioni. Chi avrebbe potuto fronteggiare una persona simile, nelle condizioni di Connie?
Fomentato dalle parole di Reiner, che sembravano solo volerlo deridere, Connie si mise a correre verso di lui ringhiando furiosamente. Alzò un braccio e tentò di colpire al viso Reiner, ma questo si spostò dalla sua traiettoria e lo lasciò sfilare di fronte a sé senza alcuna difficoltà.
Connie frenò non appena vide di aver mancato il bersaglio, ma continuò a scivolare sul terreno franoso per qualche metro prima di voltarsi e tornare ad attaccare Reiner: questa volta il suo avversario non si fece da parte e aspettò che Connie fosse abbastanza vicino per schivare con rapidità il primo pugno, diretto al suo volto. Dopo aver tirato indietro la testa, Reiner fece un piccolo balzo indietreggiando specialmente col bacino per evitare il secondo pugno di Connie; il ragazzo ruotò su sé stesso per sfruttare la forza centrifuga e colpire con più impeto il costato di Reiner dopo il secondo colpo a vuoto, ma nonostante i suoi sforzi il Guerriero riuscì ancora a schivarlo.
Infuriato dalla poca considerazione che stava ricevendo, Connie spiccò un balzo e tentò di dare un calcio a Reiner, ma questo sollevò un braccio e accompagnò delicatamente la gamba di Connie nella sua discesa, dopo essersi fatto da parte con la testa. << Smettila! >> Urlò Connie quando fu tornato a terra ed ebbe sferrato un altro calcio a Reiner. Questo si spostò ancora e riuscì ad anticipare la seguente mossa del ragazzo, che fu un pugno rotante diretto proprio nel punto in cui si era spostato il Guerriero. << Smettila di giocare!!! >> Gridò dopo aver visto la mano di Reiner chiudersi attorno alle nocche del suo pugno e respingerlo con decisione con un semplice movimento.
Nonostante il suo braccio destro fosse stato appena spinto indietro, Connie attaccò nuovamente con quel braccio e corresse un po’ la mira per tentare di colpire il volto di Reiner; questo parò ancora una volta l’attacco e rimase a fissarlo inespressivo, stringendo il suo pugno nella sua grande mano. Un ultimo tentativo disperato fu quello di colpire allo stesso modo con l’altra mano, ma Connie ricevette lo stesso trattamento per il pugno sinistro e rimase a ringhiare contro a Reiner, immobilizzato e furioso.
Reiner osservò per alcuni istanti la furia negli occhi di Connie e cercò di capire se fosse tale sentimento fosse reale o meno. Dopo un po’, spinse indietro i pugni di Connie, facendolo colpire in viso da solo e mollando quindi la presa sulle sue mani. Il soldato indietreggiò tenendosi le mani sul viso, dolorante, mentre intanto cercava di trattenere un urlo di frustrazione per non essere abbastanza forte.
Dopo il suo sfogo attutito dalle mani che aveva parato di fronte a sé, Connie tornò a guardare con odio Reiner e si lanciò ancora una volta all’attacco urlando con tutta la forza che aveva ancora in corpo.
Questa volta però Reiner sembrò stancarsi di quello spettacolino che avevano messo su senza alcun motivo e, dopo aver schivato ancora una volta l’attacco di Connie – che per il troppo slancio quasi cadde in avanti – gli assestò un pugno tremendamente potente nello stomaco, facendolo sollevare da terra e bloccandogli il respiro per due secondi netti. Dopo un attimo che rimasero fermi, Reiner con un piede davanti all’altro e Connie inerte appeso al pugno chiuso del Guerriero, il ragazzo biondo diede un altro colpo al soldato con l’altra mano e lo fece schiantare a terra.
Connie si raggomitolò dolorante, cercando di ritrovare il controllo del proprio corpo in preda alle convulsioni, e rimase lì a gemere silenziosamente con gli occhi delusi e superbi di Reiner che lo fissavano dall’alto.
<< Certo che sei una vera delusione, Connie… >> Commentò con tono abbattuto Reiner, che fece qualche passo girando attorno al corpo di Connie. << Sei tanto ostinato da continuare a lottare, pur sapendo di non avere alcuna possibilità di vincere… E in più, è incredibile come tu non riesca ancora ad accettare il fatto che io sia un obiettivo da eliminare e non un amico da far redimere. >>
Connie si contorceva per terra, spostandosi da un fianco all’altro e cercando di ribattere in qualche modo ai commenti di Reiner, ma ogni parola che cercava di far uscire dalla sua gola si trasformava in un rantolo rauco e privo di spessore.
<< Vuol dire che preferiresti morire, piuttosto che uccidere me? >> Chiese il ragazzo fermandosi davanti alla testa abbassata di Connie, che non riusciva a rialzarsi ancora. A quelle parole, ancora una volta, Connie sentì qualcosa che lo spinse a trovare la forza per muoversi e non rimanere lì fermo ad aspettare: si mosse lentamente e cominciò a cercare appigli nei detriti attorno a sé che fossero abbastanza solidi da poterlo sorreggere e farlo così rimettere in piedi.
Si riuscì a mettere in ginocchio, rimanendo qualche secondo a fissare esausto il grande Reiner, che gli lanciava uno sguardo intrigato con le mani ai fianchi e un piede poggiato su una piccola roccia. Poi Connie si alzò barcollando visibilmente e riuscì a trovare l’equilibrio solo dopo alcuni secondi che ebbe tirato su la schiena, anche se non riuscì mai a rimanere immobile.
Infuriato, ringhiando come una animale selvaggio, Connie strinse i pugni e cercò di caricare Reiner, ma questo si piegò in avanti e sferrò un altro pugno allo stomaco del ragazzo che, spinto indietro dalla potenza del colpo, cadde nuovamente a terra, questa volta atterrando di schiena.
<< Sarebbe un sì? >> Chiese Reiner passandogli accanto e rimanendo a fissarlo con sguardo interrogativo. Connie si stava ancora tenendo la pancia con una mano quando tentò di allungare un braccio e afferrare la gamba del Guerriero per farlo cadere. A Reiner bastò muovere rapidamente il piede e dare un calcio sullo sterno a Connie per liberarsi della sua presa alquanto precaria.
Connie urlò dal dolore. Sentì le lacrime affiorare dai suoi bulbi oculari e cominciare a rigare il suo volto, scendendo lateralmente dal suo viso. Era ostinato, vero, ma Reiner non aveva il diritto di dire che lui si stesse trattenendo. Alzò le braccia con grande fatica, come se stesse sollevando un macigno con grande difficoltà e afferrò la caviglia di Reiner, che aveva poggiato il piede sul suo petto e stava pressando con forza su di esso: non lo avrebbe lasciato andare!
L’obiettivo di Connie era sempre lo stesso: fermare Reiner e capire perché avesse tradito i suoi amici. Aveva ancora bisogno delle sue risposte; non lo avrebbe lasciato andare tanto facilmente…
<< Ancora resisti? >> Fece Reiner scuotendo un po’ la gamba e liberandosi nuovamente dalla presa di Connie, che questa volta rimase inerte a fissarlo con la sua impotenza. Reiner poi poggiò il suo stivale sul fianco di Connie e lo fece rotolare su di un lato, mettendolo faccia in giù. Pressò con forza sulla schiena del ragazzo e questo reagì con un gemito dolorante, ormai incapace di reagire in alcun modo. Aveva perso…
Reiner continuò a spingere per un po’ il suo piede sulla schiena irrigidita di Connie, prima di lasciar perdere il ragazzo e fare qualche passo accanto a lui. Tornò a posizionarsi sopra alla sua testa e questa volta si accovacciò davanti a lui per cercare di intercettare il suo sguardo. << Sai, la tua determinazione mi ricorda una storia… >> Disse pensieroso. << E’ un vecchio racconto che ci narravano quando eravamo bambini, a Mahle: è la storia di come il popolo Mahleiano si sia ribellato al potere di Eldia e abbia quindi ricacciato nelle tenebre i Giganti, piaga del mondo. >>
Connie ascoltava nonostante sembrasse non importargli niente di tutto quello; stava ancora cercando un modo per rialzarsi, ma le sue braccia e le sue gambe erano come incollate per terra e non ne volevano sapere di muoversi.
<< I Giganti erano ormai alle porte dell’ultima città rimasta da conquistare; i civili scappavano per cercare di mettersi in salvo, i soldati andavano inutilmente incontro ai mostri del nostro popolo, nella speranza di almeno rallentarne l’avanzata per proteggere quelli che ancora non erano riusciti a scappare. >> Cominciò Reiner mettendosi a fissare il vuoto di fronte a sé, con Connie ai suoi piedi che aveva smesso di muoversi e ascoltava in silenzio. << I soldati di Eldia se ne stavano vigliaccamente ad osservare i valorosi uomini di Mahle mentre i loro Giganti li facevano a pezzi e divoravano aprendo loro la strada nelle vie della città. La battaglia era finita; non c’era nemmeno mai stata a dire il vero, essendo le forze di Mahle molto inferiori rispetto a quelle dei Giganti… Ormai i Giganti marciavano per le strade della città senza incontrare alcun soldato, né civili che, per la paura, se non erano riusciti a fuggire si erano rintanati nelle loro case nella speranza di non essere scovati. >>
Reiner sospirò profondamente, osservando la polvere per terra che vorticava impetuosamente una volta spinta dal suo respiro e abbassò per un attimo lo sguardo su Connie. << Arrivati al centro della città, nei pressi di una grande piazza dove si ergeva una statua raffigurante la libertà, i Giganti fecero un incontro inaspettato: un ragazzino di appena dieci anni si era messo tra loro e la grande statua che si accingevano a distruggere, simbolo di prosperità e speranza della città. Ovviamente, le menti vuote dei Giganti non videro altro che una preda da divorare senza fare storie, ma dei mostri stupidi come loro non erano in grado di prevedere cosa sarebbe successo lì: il bambino, armato solo di una fionda, riuscì a uccidere il Gigante più grosso di quelli che guidavano l’esercito. Un bambino da solo, con una semplicissima fionda! >> Reiner diede qualche colpetto sulla testa rasata di Connie per vedere se potesse ancora reagire. << Quello è stato l’evento che ha scosso tremendamente l’esercito di Eldia e ha fatto sì che il popolo di Mahle ritrovasse il coraggio che aveva perso con l’avvento dei Giganti. Il coraggio di quel bambino fece insorgere l’intera popolazione che, prese le armi, diede inizio a una rivoluzione che portò alla vittoria di Mahle sulla guerra. >>
Reiner borbottò qualcosa ridendo con poca convinzione. << Ovviamente, si tratta di una storiella per bambini… Una favola creata per mostrare ai piccoli Eldiani la potenza del popolo di Mahle, e a convincerli a non mettere mai in discussione quella potenza. >> Agitò una mano come per mostrare qualcosa che non c’era. << E’ un racconto di propaganda, e come tale è piuttosto gonfiato nei particolari, specialmente quelli impossibili… La guerra finì diversamente per il popolo di Mahle e solo molto tempo dopo ci fu una insurrezione che portò al ribaltamento della situazione politica e sociale. Però l’essenza del racconto rimane: Mahle è una nazione potente e superiore agli sporchi Giganti di Eldia, e il popolo di Eldia deve essere sottomesso a Mahle! La tua determinazione mi ricorda tanto quel bambino del racconto, “l’eroe di Mahle”… >>
Reiner sorrise concludendo così il suo racconto. Rimase a fissare per qualche secondo il corpo immobile di Connie, studiandolo e aspettandosi una qualsiasi risposta. Non ricevendo alcuna reazione dal soldato, decise di rialzarsi e stirarsi un po’ le gambe prima di voltarsi dall’altra parte. << Bé, visto che sei così determinato e hai combattuto fino all’esaurimento, penso che ti lascerò lì… Il nostro scontro è finito, e io ho altro da fare. >> Disse pensieroso, guardando l’orizzonte in alto nel cielo e le viuzze che si diramavano in mezzo alle abitazioni dell’avamposto Gloria.
Reiner cominciò a  passi rapidi, affondando i piedi nei detriti che si facevano da parte al suo passaggio, ma a un certo punto si arrestò voltando lo sguardo. << Ah, sì… >> Disse distrattamente. << Volevi sapere perché non ti ho ucciso subito? >>
Connie mosse piano la testa, forse cercando di alzare lo sguardo e incrociare quello degli occhi perfidi di Reiner; se ci fosse riuscito, avrebbe visto qualcosa che mai prima di allora aveva visto negli occhi di un compagno.
<< E’ perché così potrò farti vedere come distruggerò tutto ciò a cui tieni! >>
Quelle parole sembrarono attraversare il petto di Connie come coltelli affilati e progettati esclusivamente per fare del male. Il ragazzo ricevette una scossa attraverso tutto il corpo e cercò di muoversi e poter così tornare a lanciare sguardi di odio verso Reiner.
<<  Ti darò la possibilità di vedere il mondo una volta che Mahle avrà prevalso… >> Continuò Reiner ghignando compiaciuto. << Eren, Armin, Mikasa… Gli faremo pagare tutto quello che hanno fatto. Così Bertholdt, Annie e tutti gli altri che avete ucciso saranno vendicati! E poi toccherà a Jean, Levi, Hanji… >> Reiner allargò il suo sorriso con malizia. << Sasha… >>
Appena ebbe sentito quel nome, Connie sembrò non capire più niente. Quel nome lo aveva accecato, qualunque cosa detta da Reiner da quel momento in poi sarebbe stata inascoltata: perché Reiner avrebbe potuto fare qualsiasi cosa a lui, avrebbe potuto picchiarlo a sangue, avrebbe potuto portarlo fino al limite e ucciderlo senza alcuna pietà, ma Reiner non avrebbe mai dovuto pronunciare quel nome!
<< A proposito di Sasha… >> Mormorò Reiner voltandosi leggermente. << Forse avrei fatto bene ad ucciderla quel giorno, quando ne ebbi l’occasione… Adesso non l’avresti condannata a una simile sofferenza… >> Si stava riferendo a quando avevano riconquistato il Wall Maria, e lui aveva colpito Sasha portandola a rischiare la morte. Non gli interessava; qualunque cosa dicesse, non gli interessava! Sasha non era un suo giocattolo, non le avrebbe fatto niente! << Bé, così imparerai la punizione per non aver svolto il tuo lavoro. >> Mormorò il Guerriero facendo qualche passo allontanandosi da Connie, disteso per terra.
Mentre si allontanava dal punto dove stava Connie, Reiner adocchiò un riflesso per terra, coperto dalla polvere e dai detriti che vi si erano posati sopra; vi si avvicinò e raccolse l’elsa della sua spada che Connie gli aveva strappato di mano prima, con quei dieci centimetri di lama rimanenti. La osservò con disappunto, pensando che, nonostante tutto, Connie si era fatto valere in quello scontro. Ma a parer suo il giovane soldato non era in grado di porre fine a quella guerra, né voleva provarci viste le sue azioni che lo avevano portato a rifiutarsi di eliminare Reiner quando ne aveva avuta la possibilità.
Una voce alle sue spalle attirò la sua attenzione, facendogli venire i brividi:<< Ehi, Reiner… >> Si voltò di scatto reagendo forse in modo troppo esagerato, vista la sua posizione di vantaggio su chiunque avesse parlato. Connie era ancora lì, per terra, ma questa volta aveva i gomiti ben piantati nel terreno, così come le ginocchia, e la testa pendeva pesantemente dalle spalle. I muscoli di tutto il corpo erano decisamente in tensione per lo sforzo.
La testa di Connie si mosse e il suo sguardo furioso tornò a guardare il volto sorpreso di Reiner. In quegli occhi verdi c’era un fuoco che il Guerriero non aveva mai visto prima, e per la prima volta ebbe paura di quel ragazzo.
<< Dimmi un po’… >> Continuò il ragazzo poggiando un piede per terra, saldamente, e trovando appoggio sul suo ginocchio per un braccio. << Come hai detto che finiva quella storiella? >> Respirava profondamente, ansimava come se l’aria non arrivasse direttamente ai suoi polmoni e avesse bisogno di uno sforzo maggiore per sostentare al fabbisogno di ossigeno del suo corpo. << Andiamo… >> Mormorò mettendo più forza nei muscoli delle gambe cercando di alzarsi; tremava, il suo corpo era scosso da una moltitudine di tremiti e stava in equilibrio per miracolo. Vedendolo, ci si chiedeva come potesse ancora solo muoversi, con tutte le ferite che aveva subito. << Quella favola del Gigante e del bambino… >>
Gli occhi di Connie brillarono per un momento quando il ragazzo fu riuscito a raddrizzare la schiena e a mettersi in piedi su tutte e due le gambe. Il sangue che macchiava il suo viso gli conferiva un aspetto ancora più minaccioso e la smorfia per il dolore e la fatica che mostravano i suoi denti risaltava sul rosso di quello stesso sangue. << Come finiva? >>
Le parole di Connie vibrarono pesantemente nell’aria, mostrando quanto fosse infuriato in quel momento. Reiner lo vide ergersi in tutta la sua rabbia e rivolgergli uno sguardo che non avrebbe dimenticato mai: per la prima volta, Connie aveva dimenticato tutti quegli anni passati assieme, ad addestrarsi per diventare dei soldati; aveva dimenticato quei sentimenti di riluttanza nei confronti dei Guerriero, di fronte a sé non c’era altro che un nemico da uccidere. L’odio aveva preso il posto della sua determinazione a non ucciderlo, la paura di perdere Sasha aveva risvegliato quella forza che lo aveva abbandonato già da tempo in quello scontro: Connie adesso capiva quale fosse il suo dovere e perché non potesse fare più nulla per convincere Reiner.
<< Tutti quanti, in questo momento… >> Mormorò muovendo piano le braccia. << Tutti stanno lottando per difendere la nostra gente dentro le Mura. Anche io… Anche io sto lottando per proteggerli dai mostri come te, che vogliono distruggerci. >> Allungò il braccio destro e puntò l’indice contro Reiner con grande intensità, come se potesse fargli qualcosa con quel gesto. << Questa non è più una guerra per la difesa dell’umanità, questa è una guerra per eliminare i demoni come voi, che odiate noi per nessun motivo in particolare! E questa… E’ diventata una questione personale! >>
Reiner sbuffò divertito. << “Questione personale”? Chi ti credi di essere per pensare di essere tanto speciale…? >>
<< TU NON HAI DIRITTO DI VENIRE A FARE COME TI PARE! >> Gridò irritato Connie zittendo all’istante Reiner, che si imbronciò curioso di vedere fino a dove si sarebbe spinto il ragazzo. << Tu non hai più il diritto di dire e fare nulla in questo posto, dopo ciò che hai fatto! >> Connie scosse la testa vigorosamente mentre intanto Reiner lo osservava con occhi spalancati, sempre più sorpreso dalla veemenza del soldato. << Ci hai mentito, fatto credere di essere nostro amico e poi te ne sei andato ridendo di noi, dopo averci sfruttati fino all’osso: non ti dobbiamo niente! >>
La sicurezza di Reiner vacillò. << Non è così! >> Esclamò cercando di ribattere alle dure parole di Connie, ma questo lo zittì.
<< Hai cercato di ucciderci innumerevoli volte, ci hai fatto del male, hai provato ad annientarci… Ma noi siamo ancora qua! >> Disse Connie tirando indietro il braccio e schiacciandosi la mano al petto. << Ora che abbiamo finalmente trovato la libertà che cercavamo, ora che abbiamo raggiunto la prosperità nonostante la nostra grande ignoranza, non ti lasceremo venire qua e distruggere tutto a tuo piacimento! Non ti lascerò distruggere la felicità delle persone che abbiamo tanto faticato a costruire! Non ti lascerò fare del male ai miei amici! >>
Questa volta fu Reiner ad alzare la voce:<< Credi che per me sia stato facile? Credi che mi sia piaciuto veramente raggirarvi tutti quanti a quel modo?! >>
<< Dimmelo tu, idiota! >> Rispose ad alta voce Connie.
Reiner diede uno strattone al braccio e digrignò i denti, incredulo del fatto che Connie non volesse vedere il suo punto di vista. << Eravamo dei bambini quando siamo stati spediti qui. Eravamo stati addestrati ad uccidere, pensavamo che dietro queste mura non ci fossero altro che mostri! >> Si guardò le mani con aria di chi non ci capiva più nulla. << Ma più tempo passavamo dentro queste mura, più ci rendevamo conto che forse le cose non erano come ci era stato detto… Forse questa gente non meritava pienamente di morire. >>
<< E allora perché diavolo avete continuato con la vostra stupida guerra?! >> Gridò infuriato e incredulo Connie allo stesso tempo, pensando che sarebbe stato tutto più semplice se solo Reiner, Bertholdt ed Annie avessero aperto i loro cuori molto tempo prima.
Reiner alzò lo sguardo spaventato per tramutarlo poi in uno furioso:<< Perché non avevamo altra scelta! Anche se avessimo detto qualcosa del genere, saremmo semplicemente stati rimpiazzati per far continuare la missione a qualcun altro! Non avevamo altra scelta se non accettare tutto questo e far finta che non fosse vero! >>
<< Ma tu hai fatto di più… >> Lo incalzò Connie alzando un braccio. << Tu ti sei integrato. Hai dimenticato la tua vera missione e hai creato una vita in cui tu eri felice, eri amato da tutti… Non ti bastava tutto quello?! >>
Reiner mosse il braccio lateralmente come per chiudere quella discussione. << E’ inutile! >> Disse. << Era tutto falso! Io appartengo a un mondo diverso dal vostro, e voi siete i miei nemici! Tu, Connie, sei il mio nemico! Ed è incredibile come la tua stupidità non te lo abbia fatto comprendere ancora… >>
Connie lo fissò intensamente negli occhi, deciso a chiudere quello scontro una volta per tutte; non solo aveva ritrovato le forze, ma aveva anche la fiducia necessaria a fargli pensare che avrebbe vinto lui quello scontro. Un’idea gli balenò in mente e il ragazzo cominciò a muovere le braccia, ricordandosi improvvisamente della sua “ultima spiaggia”:<< Hai ragione… Sarò anche uno stupido… Ma ora ho capito tutto quanto. >> Sollevò il braccio destro e incurvando il polso poggiò il dorso della mano sul petto, sopra al cuore; il braccio sinistro invece lo fece passare dietro la schiena e lo fissò saldamente dietro ai suoi fianchi, rivolgendo il palmo chiuso dietro di sé. Connie inspirò per gonfiare il petto e raddrizzò la schiena più che poté per assumere un aspetto marziale: i suoi occhi brucianti di determinazione completarono l’opera.
<< Io sono un soldato! E’ mio dovere difendere le Mura e tutti coloro che vivono al loro interno. I nostri nemici sono tutti coloro che potrebbero attentare alla pace all’interno delle Mura e alla loro sicurezza stessa, come i Giganti, i cospiratori e l’esercito di Mahle. Tu sei parte di quest’ultimo e oltre a voler distruggere le Mura ed eliminare l’intera popolazione delle Mura, hai dichiarato apertamente di voler uccidere anche i soldati miei commilitoni e amici: questo fa di te un nemico del popolo e mio personale! Non ti lascerò andare oltre: la tua missione termina qui, Reiner Braun! >>
Reiner osservò Connie con uno sguardo di sfida, facendo un piccolo passo in avanti e piegando le labbra in un sorriso divertito. << E come vorresti fare per fermarmi, quando non hai più nemmeno le tue spade? >>
Connie rivolse sempre il suo sguardo deciso contro Reiner, ma dovette trattenersi dal lasciar sfuggire un sorrisetto compiaciuto: dietro la sua schiena, intanto, la sua mano sinistra aveva afferrato il manico del coltello che gli aveva donato Sasha. << Ho fatto una promessa a una persona molto importante… >> Disse senza muoversi dalla sua posizione. << Non importa come, io tornerò da lei! Tu non sei altro che un ostacolo tra me e lei! >>
Reiner sorrise irritato, facendo un altro passo in avanti. << E allora faresti meglio a darti una mossa! >> Reiner cominciò a correre e sollevò il braccio che stringeva l’elsa della sua spada spezzata; urlò pieno di rabbia, questa volta prendendo il posto di quello irruento che aveva ricoperto Connie per forse tutto il tempo del loro scontro.
Connie piegò in avanti la schiena e lo osservò mentre si avvicinava: prima che fosse troppo vicino, fu lui ad anticiparlo e cominciò a corrergli incontro tenendo ancora la mano sinistra nascosta dietro la schiena. << TU MORIRAI QUI, OGGI! >> Gridò scoprendo all’improvviso la sua ultima carta e sciogliendo la posa di saluto dell’esercito che aveva assunto fino a quel momento.
Connie saltò e sollevò il coltello più in alto che poté, mentre con la mano destra afferrava la sinistra di un Reiner confuso e sorpreso e gli impediva di colpirlo in qualche modo. Aveva promesso che avrebbe fatto di tutto per non usare quell’arma, e finalmente aveva capito il significato delle parole di Sasha: gli aveva detto che quello avrebbe dovuto essere l’ultima spiaggia, la sua ultima possibilità di salvezza, e che avrebbe dovuto usarlo solo in casi di estrema emergenza; quindi Sasha, facendogli promettere una cosa simile, voleva intendere che Connie avrebbe dovuto fare di tutto per non cacciarsi in una situazione come quella. Era stato stupido, irruento, e aveva completamente mal interpretato ciò che voleva dirgli Sasha, ma a quel punto non poteva certo guardarsi indietro! Si scusò mentalmente con la ragazza per essere arrivato ad usare quel suo coltello ma, come aveva detto lei, quel coltello “avrebbe potuto essere la cosa che gli avrebbe salvato la vita”.
Affondò la lama del coltello nella spalla destra di Reiner, mentre con il piede sinistro dava un calcio al fianco del Guerriero e gli faceva perdere l’equilibrio. Il sangue schizzò con forza via dalla ferita che Connie aveva aperto nella spalla di Reiner, ma il Guerriero non si lasciò sopraffare dal dolore: mentre cadeva all’indietro, Reiner riuscì a muovere il braccio in modo da poter colpire Connie con la sua spada, che però era ridotta a una misera lama di dieci centimetri.
Sentendo il freddo metallo affondare ancora nel suo fianco, Connie ricevette una scarica di adrenalina che gli diede ancora più forza e, con un potente urlo simile quasi al ruggito di una bestia feroce e contraendo i muscoli della faccia come se fosse un selvaggio, estrasse il coltello dalla spalla di Reiner e lo affondò un’altra volta nella sua carne, questa volta più vicino al collo. Con poca precisione, Connie tirò via la lama un’altra volta e colpì il petto del Guerriero, mentre lo stesso processo veniva ripetuto come uno specchio da Reiner, che con meno forza estraeva e affondava la sua sottile lama nel fianco di Connie; il dolore era forte, pungente, e tagliava il respiro, ma la rabbia era ancora più forte e spingeva il ragazzo a ignorare quel bruciore e a colpire con tutte le sue forze il corpo del nemico.
<< Tu…! >> Biascicò Reiner digrignando i denti, incapacitato a parlare correttamente con il sangue che gli riempiva la gola. << Non puoi… Uccidermi…! >>
<< Tu! >> Ribatté Connie con più forza lanciandogli uno sguardo infuocato, fissando il volto a pochi centimetri dal suo. << Non le farai del male! >> E detto questo infilzò un’altra volta Reiner con il coltello di Sasha.
<< Io tornerò da lei! >> Gridò prima di estrarre la lama e affondarla nuovamente nel petto del nemico. << Io tornerò da lei! >> Il sangue volava nell’aria a grandi spruzzi ogni volta che Connie estraeva il coltello dal corpo di Reiner; piccole gocce e grandi macchie uniformi si disperdevano nel grigiore del cielo di quella mattina, facendo sembrare i loro corpi uno sopra all’altro la intricata e astratta sagoma della statua di una fontana. << IO TORNERO’ DA LEI!!! >>
Un altro colpo, altro sangue. Poi Connie cominciò a sentire venir meno gli effetti dell’adrenalina, le ferite tornarono a far male e anche la lama di Reiner tornò a farsi sentire con insistenza, mentre intanto il Guerriero aveva già perso gran parte della sua forza e il suo sguardo si era spento, come se fosse sul punto di perdere conoscenza. Entrambi erano esausti, a pezzi: Connie abbassò un’ultima volta il coltello sul petto di Reiner, poi la sua schiena si fece sempre più pesante fino a che non riuscì più a sostenersi e cadde di lato, portando con sé il coltello che aveva infilzato nella carne del suo vecchio amico. La spada di Reiner, invece, rimase conficcata nel fianco di Connie, dove era stata piantata ripetutamente dal ragazzo nel tentativo disperato e poco efficace di difendersi; Reiner non era riuscito a trattenerla e aveva perso così l’ultima possibilità di colpire ancora il suo avversario. La furia di Connie questa volta lo aveva sopraffatto…
<< Sei proprio… Un idiota, Connie… >> Ansimò con voce roca Reiner, soffocando le parole nel sangue che continuava a tossire. Rimase alcuni secondi con le braccia distese e lo sguardo rivolto al cielo, esausto, mentre la sua mano destra non rispondeva più ai suoi comandi, intorpidita e dolorante; poi chiuse gli occhi, abbandonando il proprio corpo alla culla dei pensieri scaturiti dal torpore della morte, incapace di muovere più un muscolo. Forse nemmeno lui voleva fare del male, forse era stato costretto a farlo, e quello era l’unico modo per potersi sottrarre a quel tremendo destino da carnefice che gli era stato assegnato…
Connie, accovacciato accanto a lui e con la spada spezzata conficcata in un fianco, era ancora sveglio anche se la sua mente ormai bloccata su un pensiero fisso non finiva più di fargli ripetere la stessa frase:<< Io… Tornerò… Da lei… >> E proprio mentre sussurrava quelle parole, gli occhi stanchi e fissi di Connie cominciarono a chiudersi e la sua vista si fece sempre più offuscata, finché i suoni della battaglia attorno a loro non furono che un vago ricordo, e il dolore scomparve lasciando posto a un grande vuoto e un buio profondo.

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Capitolo 4
*** Vivo ***


La luce del sole entrava dalle ampie finestre dell’infermeria e gli uccellini cantavano lieti fuori da quelle mura in cui la vita correva senza un attimo di tregua, dove i malati venivano accolti e i feriti assistiti. C’era stato un grande fermento negli ultimi giorni, dopo l’attacco all’avamposto Gloria e gli incalcolabili costi in termini umani che la difesa aveva richiesto, ma ora le cose andavano meglio; in un posto come quello, dove la gente avrebbe dovuto essere più tetra e triste, volavano molti più sorrisi e risate che si potesse immaginare.
Era una bella giornata, fresca e ventilata, con un sole splendente che avrebbe permesso ore e ore di lavoro instancabile fino al suo declino, ma Connie non si sentiva affatto bene quando nella sua stanza entrarono i suoi compagni di squadra, guidati dal capitano Levi e dal comandante Hanji. Non appena si era svegliato, dopo tre giorni passati a dormire ininterrottamente in bilico tra la vita e la morte, le persone che si stavano occupando di lui erano subito corse a chiamare gli ufficiali per metterli al corrente della situazione; sembrava che volessero fargli molte domande, ma anche Connie da parte sua aveva tantissimi quesiti da rivolgere ai suoi commilitoni.
Con il volto gonfio e contuso, un occhio nero che sembrava essere sproporzionato rispetto all’altro e il corpo ricoperto di bende, incapace di mettersi a sedere senza l’aiuto di qualcuno, Connie vide sfilare davanti al suo letto un plotone di gente in divisa e mantello della Legione Esplorativa con a capo Hanji, stranamente di buon umore quel giorno. Dietro di lei c’era Levi, impeccabile come sempre, con il suo solito sguardo di ghiaccio che congelava qualunque cosa su cui si posasse. E poi dietro di lui c’era il resto della squadra: Eren seguito da Mikasa e Armin, Jean subito dopo di loro e Sasha a chiudere la fila, visibilmente preoccupata per le condizioni del suo amico ma sollevata dal vederlo finalmente cosciente.
Connie assunse la posa di saluto dell’esercito, anche se sul suo letto di infermeria; il comandate mostrò di apprezzare molto quel suo gesto, ma gli disse di lasciar perdere le formalità e Connie poté tornare a riposo. Quel saluto gli aveva salvato la vita in un certo senso, quindi era più che lieto di assumere quella posa ogni volta che fosse necessario, anche se il suo corpo era talmente affaticato da non riuscire ad eseguirla tanto bene.
<< Dal rapporto di chi ti ha trovato, ovvero la recluta Briest Eleonore, avevi perso i sensi in uno spiazzo pieno di macerie, in mezzo a una pozza di sangue tuo e con una spada conficcata nel fianco. C’erano i segni di un combattimento con un Gigante in zona, ma dalle ferite che hai riportato si può escludere che sia stato quello a metterti in queste condizioni… >> Disse con calma il comandante Hanji leggendo una lettera che doveva essere il rapporto della ragazza che aveva ritrovato Connie, la giovane recluta della squadra di Jean; quindi alla fine anche lei era sopravvissuta alla battaglia… Hanji Abbassò il foglio di carta che reggeva di fronte a sé e volse lo sguardo al ragazzo nel letto. << Puoi raccontarci cosa è successo? >>
Gli occhi di tutti i presenti erano puntati su Connie. Il ragazzo non avrebbe voluto trovarsi lì in quel momento, provava una tale vergogna per aver disobbedito agli ordini del capitano ed essersi allontanato da solo che non sapeva come cominciare; era stata una grande sorpresa, poi, scoprire che non fosse stato ritrovato il corpo del Gigante Corazzato nei pressi del luogo del suo ritrovamento, come invece avrebbe dovuto essere. << Ero da solo? >> Chiese stupito. << Non c’era nessun altro? >>
Hanji rilesse di sfuggita il rapporto che le era stato consegnato e rispose:<< No. Sei sorpreso? >>
Gli occhi di Connie non riuscirono più a focalizzare le figure davanti a lui e per un po’ il ragazzo si perse d’aria; credeva che Reiner fosse già morto, quando lui aveva perso i sensi quella mattina. Adesso veniva fuori che il Guerriero era sparito e che nessun altro lo avesse visto?
<< Comandante, le racconterò tutto quanto della vicenda, ma confido che vorrà ascoltare fino alla fine e che, una volta concluso il mio racconto, non decida di rinchiudermi per dubbi sulla mia sanità mentale. >> Spiegò Connie un po’ intimorito da quel pubblico di gente che improvvisamente si era fatto molto curioso e intimidatorio. Cercò di mettersi a sedere su un lato del letto, ma non ci riuscì e dovette rassegnarsi a restare sdraiato al centro del letto.
Hanji lo fissò con occhi dubbiosi; la sua curiosità le avrebbe fatto sicuramente decidere di ascoltare fino in fondo le parole di Connie, ma era anche ovvio come dovesse soppesare molto attentamente la decisione di considerare o no pazzo il soldato. Bisognava ricordare che era reduce da un evento traumatico, aveva visto la morte in faccia qualunque fosse stato il motivo che lo aveva portato al limite, e avrebbe anche potuto ricordare qualcosa di diverso da quello che era realmente accaduto.
Gli occhi degli amici di Connie andavano da una parte all’altra, guizzando dal ragazzo nel letto al loro comandante, nervosi su quale potesse essere la decisione di Hanji. Lei se ne stava in silenzio, con uno strano cipiglio dubbioso dipinto in volto, e alla fine parlò inspirando profondamente:<< Va bene, Connie. Parla pure e cercherò di seguirti fino in fondo. >>
Nessuno lì aveva idea di quale fosse il tema del racconto di Connie, nessuno poteva aspettarsi cosa avesse veramente vissuto il ragazzo quella mattina dell’assalto, ma tutti speravano che si trattasse di qualcosa di credibile. Persino Connie adesso credeva di non essere più tanto sicuro di ciò che aveva visto.
<< Molto bene… >> Cominciò a parlare, tremante e con voce incerta. Prima di tutto, Connie descrisse brevemente la situazione precedente al suo allontanamento dal gruppo, raccontando di come lui e Sasha si fossero appena riuniti al capitano Levi e a Jean e stessero quindi andando ad affrontare il Gigante Bestiale. Il piano era di difendere Levi mentre lui affrontava il Gigante da solo, proteggendo il perimetro della zona dello scontro; Connie però era stato attirato da qualcosa stranamente familiare lungo la via verso il luogo dove si trovava il Bestiale, e a questo punto aveva deciso di inventare una scusa a Sasha per convincerla a dividersi e lasciarlo andare a inseguire quel “qualcosa” che aveva attirato la sua attenzione di sfuggita.
<< Scusami, Sasha… >> Mormorò rammaricato voltandosi a guardare la ragazza allibita, che fino a quel momento aveva veramente creduto che lui fosse stato in buona fede per tutto il tempo. << Ti ho mentito. >> Probabilmente, se fossero stati da soli, la ragazza lo avrebbe riempito di botte per aver fatto qualcosa di così stupido, ma per il momento rimase a fissarlo con i suoi occhi spalancati, confusa.
<< Va’ avanti, penserai dopo a farti perdonare. >> Rispose schietto il capitano Levi, dall’aria leggermente stizzita a causa dell’insubordinazione di Connie.
Il ragazzo annuì e continuò:<< Effettivamente è come dite voi, uno scontro con un Gigante c’è stato proprio in quella zona dove mi avete trovato… Però sono riuscito a sbarazzarmene senza problemi, uscendone indenne. Il problema è arrivato dopo, quando ho eliminato il mostro. >>
<< Ne sono arrivati altri? >> Chiese Hanji, il riflesso sulle sue lenti che le dava una strana espressione indecifrabile, con il suo unico occhio nascosto sotto la luce proveniente dalle finestre.
Connie si voltò spaesato. << No, no… Non sono arrivati altri Giganti. >> Rispose subito scuotendo la testa.
<< E allora che cosa ti ha ridotto così? >> Chiese Levi con le braccia incrociate al petto, il suo solito sguardo truce puntato proprio sul ragazzo.
Eccolo lì, quel momento era arrivato: avrebbe dovuto rivelare a tutti chi era stato a portarlo in fin di vita quella mattina e non sapeva nemmeno se gli avrebbero creduto. A dire il vero, non era quello a preoccuparlo: Connie aveva più paura di pronunciare il nome di quella persona, che di ricevere un trattamento da pazzo per le sue dichiarazioni; era come se adesso non fosse più capace di pensare a lui come nient’altro se non una persona che non voleva più vedere. Un blocco alla gola gli impediva di parlare e molti nella stanza notarono l’aumentare improvviso della sua sudorazione; fu una voce a fargli ritrovare la calma: Sasha lo chiamò facendo un passo nella sua direzione e gli rivolse uno sguardo preoccupato. Di cosa era preoccupata? Le sue condizioni la preoccupavano, oppure si trattava della sua improvvisa indecisione? Perché Connie non riusciva a pronunciare quel nome, proprio in quel momento? In un attimo, grazie a uno sguardo, Connie ricordò che cosa lo avesse spinto a rimanere in vita fino a quel momento e ricordò allo stesso tempo della decisione che aveva preso durante la sua battaglia, di non pensare più al Guerriero come un vecchio amico, ma come un traditore nemico, e tutto tornò ad essere chiaro.
<< E’ stato Reiner Braun, signore. >> Pronunciò con tonò forte, mostrando i suoi occhi sicuri e fissi sugli occhi di Levi Ackerman. Per la prima volta, Connie rispose allo sguardo del capitano con uno ancora più forte, mostrando di non stare inventando nulla e di sapere esattamente cosa fosse successo quel giorno.
Una serie di sospiri increduli e mormorii si levò nella stanza, mentre Eren Jaeger spalancava gli occhi incredulo e stringeva i pugni con rabbia. Il comandante richiamò i soldati alla calma e si avvicinò di più al letto di Connie.
<< Connie… >> Disse lei soffermandosi un momento su quelle parole. Nei suoi occhi non vi era rabbia né paura; non c’era assolutamente alcun tipo di emozione se non la piena apprensione verso il ragazzo che se ne stava su quel lettino di infermeria. << Sei sicuro di questo? >>
Il comandante Hanji aveva perso tutti i suoi uomini più fidati a causa del Gigante Colossale e del Gigante Corazzato nella battaglia per la riconquista del Wall Maria; Connie ricordava di averla vista fuori di sé quel giorno, quando finalmente furono riusciti a catturare Reiner. Il dolore doveva averla consumata in quell’occasione, ma lei non era il tipo da farsi consumare dall’odio, sapeva pensare prima di agire, e per questo mantenne l’assoluta calma dopo aver sentito le parole di Connie.
Il ragazzo rispose con sguardo duro, annuendo leggermente. << Più che sicuro! >>
I compagni di squadra di Connie si scambiarono diversi sguardi pensierosi; mentre alcuni di loro sembravano dubbiosi sulla veridicità delle parole del ragazzo, altri erano sinceramente preoccupati per lui. Anche il capitano Levi era teso, anche se non lo dava a vedere: aveva mosso le braccia fino a portare le mani ai fianchi e aveva inarcato un sopracciglio senza mai staccare gli occhi di dosso a Connie.
Hanji rimase a fissare Connie negli occhi per qualche secondo, cercando di capire se la sua convinzione vacillasse oppure se ci fosse altro da aggiungere a quel discorso, poi indietreggiò e chiese:<< Che cosa avete fatto? >>
Connie si rivolse al resto della squadra. << Ci siamo affrontati, che altro? >> Disse rispondendo atono. << Inizialmente non stava andando troppo male, ma per qualche motivo non riuscivo mai a concludere lo scontro; Reiner era nettamente superiore a me, ma in alcuni momenti riuscivo a sopraffarlo e cambiare le carte in tavola, ma ogni volta lui mi respingeva prima che potessi chiudere la faccenda. All’inizio pensavo che Reiner si stesse limitando a difendersi, ma poi ho capito che il problema in realtà ero io! >>
I ragazzi nella stanza sembrarono non cogliere pienamente il significato delle parole di Connie, mentre altri come Sasha e Armin sembrarono soltanto molto preoccupati per lui.
<< Dopo aver rivolto alcune domande a Reiner e aver sentito le sue insinuazioni nei miei confronti, mi sono reso conto di una cosa: io non stavo dando il massimo, perché non volevo ucciderlo. >> Ammise Connie abbassando lo sguardo, colpevole. << Reiner sapeva che io non ero in grado di colpirlo mortalmente, perché semplicemente lo vedevo ancora come un vecchio amico… E per questo è riuscito a fare leva sulla mia debolezza e farmi infuriare, rendendomi prevedibile e poco attento. >>
<< E così Reiner ti ha sconfitto e, credendoti morto, ti ha lasciato lì? >> Chiese Hanji un po’ delusa dal lavoro del soldato. Forse stava già pensando a dove potesse essere finito il Guerriero, mentre il Gigante Bestiale intratteneva il grosso delle forze per permettergli di passare inosservato e raggiungere così le Mura; forse la sua mente stava già viaggiando alle tre cinte di Mura attorno ai Territori Interni e stava ideando una tattica di difesa, in caso della comparsa del Gigante Corazzato…
<< No! >> Si affrettò a correggerla Connie, alzando un braccio. Improvvisamente tutti gli sguardi allibiti furono di nuovo su di lui. Era possibile che nessuno si aspettasse un diverso finale da quello ipotizzato da Hanji? Connie si fece più piccolo sul suo letto e abbassò lo sguardo nuovamente:<< E’ stato lo stesso Reiner a darmi la spinta per ritrovare la forza… Ormai mi ero arreso, avevo capito di essere troppo debole per affrontare Reiner, ancora di più per ucciderlo. Non ero in grado di superare quegli anni che abbiamo passato assieme, e lui era sul punto di andarsene, lasciandomi distrutto per terra con l’intenzione di lasciarmi in vita… Ma poi ha detto una cosa… >>
Levi fece un passo in avanti, visibilmente spazientito:<< Che cosa? >>
Un’altra volta, Connie dovette alzare lo sguardo e mostrare tutta la sua sicurezza mentre i suoi commilitoni lo squadravano increduli. Aggrottò le sopracciglia e rispose con voce bassa:<< Ha detto che mi avrebbe fatto vedere i miei amici mentre morivano. >>
Le reazioni nella stanza furono le più disparate: Mikasa fu quella che reagì in modo meno vistoso, voltandosi a fissare con apprensione Eren accanto a lei e sospirando malinconicamente, mentre invece lo stesso Eren e Jean sobbalzarono atterriti, quasi disgustati dall’affermazione di Reiner riportata da Connie; Armin sembrò perdere di colpo tutta la sua vitalità e rimase a fissare sgomento il volto di Connie, mentre Sasha in fondo al gruppo smetteva di battere le palpebre, smetteva di respirare, e si fermava a guardare con la bocca mezza aperta il suo amico nel letto, spaventata forse, addolorata, sollevata anche dal fatto che Reiner avesse detto quella cosa dando così la forza a Connie di tornare a lottare.
Hanji e Levi rimasero in silenzio, impassibili: loro avevano già provato quella sensazione, vedere morire qualcuno a cui si tiene. Loro sapevano cosa si provava e potevano benissimo immaginare cosa avesse potuto provare Connie una volta sentite quelle parole terribili. Non dissero nulla, aspettando che il soldato fosse pronto a continuare il suo discorso.
<< Se non me lo avesse detto, forse sarei morto lì senza più opporre resistenza e a quest’ora chissà cosa sarebbe successo… Io non potevo lasciare che lo facesse… Così mi sono alzato, l’ho chiamato, e ho cercato di distrarlo… E poi ho attaccato con l’unica arma che mi era rimasta. >>
Hanji alzò una mano reggendo una piccola borsa. << Questo coltello. >> Disse estraendo da essa proprio il coltello di Sasha.
Connie annuì e allungò un braccio verso la sua amica. << E’ il coltello di Sasha, ve lo può confermare lei… E lì c’è sicuramente il sangue di Reiner rappreso. >>
Dopo qualche rapido cenno tra il comandante e la ragazza, Hanji ripose l’arma nella borsa e sospirò consegnando la borsa a Levi. << E poi cosa è successo? E’ possibile che il Gigante Corazzato si sia lasciato uccidere così facilmente? E dove sarebbe finito il suo corpo? >>
Connie scosse la testa dubbioso. << Questo non lo so… Quello che è certo, è che io so di averlo colpito più volte in punti vitali. Prima di perdere i sensi l’ho sentito sussurrare qualcosa, ma posso confermare che non fosse nelle condizioni di scappare con le proprie gambe. >> Il ragazzo si grattò un orecchio con imbarazzo. << Il problema è che quando gli sono saltato addosso, lui mi ha colpito con la sua spada più volte al fianco… >> Si alzò la maglietta mostrando le fasciature che portava sopra la sua pelle, digrignando i denti a causa delle fitte che lo colpirono quando distese i muscoli a quel modo tanto improvviso. << Qui. >>
<< E’ una fortuna che tu non sia morto dissanguato. >> Disse Levi mostrandosi forse per la prima volta lieto di vedere Connie lì su quel letto.
<< Quindi potresti essere riuscito, se non a eliminare il Gigante Corazzato, per lo meno a impedire che potesse attuare il suo piano, qualunque esso fosse… >> Mormorò Hanji portandosi le dita di una mano al mento e abbassando lo sguardo pensierosa.
<< Perché dice questo? >> Chiese Connie alzando lo sguardo.
Fu Levi a prendere la parola questa volta, facendo un altro passo in avanti:<< Nel pieno della lotta con il Gigante Bestiale, quel codardo ha improvvisamente cominciato a muoversi in modo diverso, cercando sempre di allontanarsi da noi, finché non è riuscito a farlo, scalando la Barriera e saltando dall’altra parte per poi raggiungere a nuoto le navi di Mahle, che a quel punto stavano sparando verso di noi. >> Fece una pausa. << E’ molto azzardata come idea, ma è probabile che sia passato dalle parti del vostro scontro quando è scappato; se così fosse, il Gigante Bestiale potrebbe aver recuperato Braun prima che questo morisse o che lo trovassimo noi, portandolo con sé… >>
Tutta la luce negli occhi di Connie sembrò sparire. << Ma allora… >> Mormorò abbassando lo sguardo con delusione. << Non è servito a niente quello che ho fatto io? >>
Nella stanza cadde il silenzio. I soldati erano tutti fermi a fissare quello in mezzo, il ferito, che aveva rischiato la vita per proteggere loro; il suo comportamento era stato da irresponsabile, ma da una parte poteva anche essere compreso e perdonato, dato quanto aveva messo in gioco. << Non è così. >> Disse Levi sorprendendo tutti, facendo alzare lo sguardo a metà dei presenti.
Quando tutti gli sguardi furono concentrati su di lui, Levi spostò l’equilibrio da una gamba all’altra e disse sbuffando:<< Se non ci fossi stato tu a fermare Braun, chissà ora dove saremmo… Potresti anche non essere riuscito ad eliminarlo, ma lo hai comunque fermato, rovinando il loro piano. >> L’espressione di Levi sembrò addolcirsi e il capitano piegò un labbro compiaciuto. << Ti dobbiamo ringraziare; sei stato un eroe. >>
Il gesto che eseguì subito dopo il capitano fu imitato dal comandante Hanji, e sia Connie che il resto della squadra furono sorpresi e sconcertati dal vederlo: Levi piegò leggermente la testa in avanti, mimando un inchino che durò anche troppo per i gusti di Connie, e rimase in quella posizione finché il ragazzo non ebbe cominciato a sbracciarsi per farli smettere.
Connie poggiò la schiena al cuscino del suo letto, sbuffò con disappunto e volse lo sguardo da un’altra parte. << Non mi sento tanto un eroe… >> Mormorò. << Vi ho mentito, ho disobbedito agli ordini e ho affrontato per conto mio un nemico con cui non potevo competere… Sono io a dover chiedere scusa… Sono stato un idiota. >> Abbassò lo sguardo con colpevolezza, mormorando le parole quasi come se sperasse che non ci fosse nessun altro a sentirle a parte lui. Gli altri nella stanza lo fissarono confusi, mentre il capitano sembrò solo irritato.
<< Sì, è vero: il tuo comportamento è stato da vero coglione. >> Disse schietto senza assumere alcun tono in particolare. << Però è chiaro che, qualunque cosa tu abbia fatto, l’hai fatta pensando ai tuoi amici, spinto da una nobile causa. Bisogna prendere atto di questo… E poi, lo ripeto, se non ci fossi stato tu, forse noi non saremmo neanche qui a discutere di questo… >> Questa volta il sorriso sulle labbra di Levi si fece più evidente e il capitano accennò un lieve movimento con la testa nella sua direzione. << Quindi sì: sei stato un idiota, ma al tempo stesso sei stato anche un eroe. >>
<< Non darti tanta pena… Hai fatto quello che dovevi, e siamo tutti felici di vedere che stai bene ora. >> Intervenne il comandante Hanji. Fece qualche passo verso di lui e gli sorrise dandogli una pacca sulla spalla. << Il tuo coraggio ti varrà sicuramente un riconoscimento ufficiale! >>
<< Bé, ora non esageriamo… >> Mormorò Levi tornando a incrociare le braccia al petto. << In fondo non siamo ancora al sicuro e Mahle potrebbe tornare in qualsiasi momento… >>
Hanji sorrise ampiamente a Levi. << Ah, sicuro… Ma per il momento lasciamolo riposare! E poi, nessuno ti toglierà la tua ricompensa… >> Hanji si abbassò e strinse Connie con affettuosa espansività, facendogli ruotare la testa forse involontariamente: il ragazzo finì per posare lo sguardo su Sasha, la ragazza che era rimasta in silenzio in fondo alla stanza e che aveva seguito con grande preoccupazione il racconto di Connie. Il suo sguardo era a metà tra lo scontroso, come se fosse arrabbiata con lui, e il sollevato; lui la fissava con la bocca mezza aperta, pensando di non aver mai notato quel suo modo di guardarlo, e osservò i suoi capelli accerchiarle il suo viso delicato e carezzare le sue spalle.
La squadra si congedò dopo un po’, quando gli amici di Connie si furono avvicinati a lui per riempirlo di complimenti e parole di incoraggiamento, dicendogli che ormai il peggio era passato e che era stato davvero formidabile. Tutti quanti si complimentarono con lui e lo strinsero con il loro amore, mentre Sasha rimase in disparte per tutto il tempo, fissandolo timidamente e senza muoversi di un millimetro. Prima che potessero andarsene dalla stanza, il comandante Hanji sembrò notare qualcosa nello sguardo della ragazza e le chiese con un grande sorriso:<< Sasha, vuoi restare da sola con Connie? >>
Istantaneamente la ragazza divenne rossa e cominciò a cercare di sviare il discorso, senza però nascondere il suo desiderio di rimanere per qualche minuto lì in quella stanza da sola con il suo amico. << Ecco… C’è qualcosa che vorrei dirgli in privato, se possibile… >> Mormorò balbettando la ragazza,
In pochi istanti il comandante si prodigò per fare uscire tutti quanti dalla stanza con grande rapidità, arrivando anche a spingerli con la forza per farli andare via. << Prenditi tutto il tempo che ti serve, cara! >> Le disse sporgendosi da dietro la porta e ammiccando come faceva spesso, con quel tono che assumeva quando smetteva di comportarsi da intellettuale e mostrava la parte più umana di sé.
I due ragazzi salutarono sconcertati la donna che in pochi attimi aveva svuotato la stanza dell’infermeria lasciandoli soli. Entrambi fissarono in silenzio la porta per qualche istante, incerti sul da farsi, poi Sasha si voltò di scatto verso Connie e lo fece trasalire lanciandogli un’occhiata focosa: in confronto a lei, Reiner faceva meno paura.
La ragazza strinse i pugni fino a conficcarsi le unghie nella carne e lo guardò imbronciata, mordendosi un labbro con nervosismo. << Avevi fatto una promessa… >> Mormorò adirata.
Connie le sorrise, intimorito dal suo sguardo, e cercò di ribattere in qualche modo:<< Lo so… Eh… Mi sembra di averla mantenuta… >>
Sasha ricoprì di corsa la breve distanza che la separava dal letto di Connie e si piegò in avanti per cominciare a urlargli contro:<< MA TI RENDI CONTO DI COME MI SONO SENTITA?! >> Connie sobbalzò per lo spaventò e in quel momento desiderò di trovarsi da tutt’altra parte. << Non ti avevo forse fatto promettere di non cacciarti nei guai? E tu che cosa fai? Al primo momento scappi e ti vai a imboscare con nientemeno che il Gigante Corazzato! Ma sei scemo o cosa?! >>
Connie cercò di ribattere alle accuse di Sasha, che a quel punto si era voltata per un attimo ed era tornata a guardarlo negli occhi con astio. << E ALLORA IO CHE COSA DOVREI DIRE?! >> Rispose con lo stesso tono della ragazza, spalancando la bocca per urlare con tutta la forza che aveva in corso. << E’ proprio per questo che ti ho fatto promettere di non pensare a me! Se non ti avessi fatto fare quella promessa, chissà dove saresti finita cercando me! >>
<< Non stiamo parlando di me! >> Fece Sasha alzando un dito e cercando di intimorire Connie con quel gesto, che però ignorò il dito e la guardò dritto negli occhi.
<< Non ha importanza! Non ho il pieno controllo di quello che succede attorno a me; gli imprevisti capitano! >> Disse cercando di sollevarsi dal letto, facendo attenzione a non provocare altre fitte. << E’ vero: forse me la sono cercata. Ma nonostante ciò ne sono uscito tutto intero, no? Sono riuscito a salvarmi anche grazie al tuo coltello! >>
Connie si spinse un po’ troppo e sentì un’improvvisa fitta al fianco, che assieme allo sforzo delle urla gli tagliò il fiato e lo bloccò istantaneamente. Subito si piegò per stringersi la ferita al fianco e Sasha si avvicinò immediatamente con grande apprensione per aiutarlo. Non solo era ricoperto di bende e la sua faccia sembrava un accidenti di campo di patate per come era ridotta, ma il ragazzo era anche tormentato da quei dolori e per questo era impossibilitato a respirare bene e riposare come si deve.
Tremante dal dolore, con un filo di voce Connie disse:<< E comunque… E’ proprio grazie a quell’altra promessa se sono riuscito a vincere! >> Aveva un che di ridicolo mentre cercava di fare la voce grossa, piegato in due dal dolore.
<< Non lo chiamerei “vincere”, dopo che ti ha conciato in questo modo… >> Commentò schietta lei mentre lo sorreggeva da un fianco, dispiaciuta. Sospirò dimenticando tutta l’arrabbiatura di prima. << Ma non farlo mai più! Non farmi più preoccupare in questo modo… >> Lentamente, Sasha abbassò la testa fino a poggiarla alla spalla dell’amico, assumendo un tono più dolce e sconsolato.
Connie tossì un paio di volte e tirò indietro la testa per poggiare la nuca al grande cuscino del letto, sospirando. << Scusami… >> Mormorò tristemente. << Ma sono felice che tu abbia mantenuto la tua promessa e abbia pensato solo a te stessa durante la battaglia… >>
Sasha strinse con più forza le spalle di Connie a cui si era agganciata. << Anche io. >> Borbottò dolcemente, anche se ancora si poteva notare una punta di arrabbiatura nella sua voce.
Connie fissò un angolo della stanza, dove il soffitto riceveva meno luce del resto della stanza e le travi di legno che lo sorreggevano sembravano nere come il carbone. << Mi dispiace di averti mentito. >> Sussurrò senza staccare gli occhi da quell’angolo.
<< Lo so… >> Fu la risposta inaspettata di Sasha, che agitò debolmente la testa chiudendo gli occhi e stringendosi ancora di più al petto del ragazzo. << Quel che conta è che tu sia tornato! >>
Se rimanere abbracciato a Sasha a quel modo non fosse abbastanza a farlo sentire meglio, Connie pensò di essersi finalmente liberato da quel fastidioso ronzio nelle orecchie che lo aveva tormentato da quella mattina… Era un buon segno.

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Capitolo 5
*** Eroe ***


Quella notte le stelle brillavano serenamente in cielo, accompagnate dalla loro compagna di sempre, la luna, che illuminava la terra con il suo chiarore tenue e rendeva riconoscibili anche le sagome più confuse e lontane. Persino i soldati in cima alla Barriera a fare la ronda potevano essere riconosciuti da terra.
Le onde accarezzavano dolcemente la riva e i piccoli moli su cui stavano dei soldati a fare la guardia a distanza più ravvicinata rispetto a quel “confine” che separava la loro isola dal resto del mondo; tra questi soldati a passare la notte in piedi, sempre sull’attenti e con i nervi tesi nonostante la calma del mare, c’era Mikasa Ackerman, che stava svolgendo il suo dovere con la sua solita solerzia, sempre attenta e pronta ad entrare in azione. Aveva lasciato la tenda che condivideva con Sasha con il sorriso quella sera, sapendo che la sua compagna avesse un “appuntamento” con qualcuno di molto speciale e non voleva assolutamente disturbare…
Nell’accampamento militare regnava il silenzio; i soldati erano tutti andati a dormire, fatta eccezione per quelli addetti alla ronda notturna. La luce della luna illuminava interamente le viuzze tra le tende dei soldati e per dove non riusciva ad arrivare c’erano le piccole lanterne pendenti dai paletti conficcati nella terra morbida dell’isola. I detriti della battaglia con i Giganti erano stati lentamente portati via dall’esercito, che li aveva ammassati lungo il confine dell’avamposto Gloria per realizzare una sorta di barriera che proteggesse anche dall’interno, anche se la sua utilità era sicuramente bassa date le poche possibilità di essere attaccati dall’entroterra… Il comandante Hanji aveva inizialmente pensato di utilizzare i frammenti di case e pareti che erano stati distrutti dai Giganti per costruire una sorta di bacino di raccolta per i rifiuti del villaggio, fuori dall’avamposto, e aveva finito per posizionarli provvisoriamente a formare quella “linea di confine” interna, ma poi Armin le aveva consigliato di utilizzarli in previsione di un altro attacco da parte di Mahle: i detriti, posti in punti strategici del villaggio, avrebbero funzionato come barriere per arrestare l’avanzata dei nemici, mettendo squadre armate di soldati a presidiare queste linee di difesa. L’idea era piaciuta al comandante, tanto che aveva deciso di lavorare subito alla sua realizzazione, ma intanto i massi erano rimasti al loro posto…
L’accampamento era in silenzio, fatta eccezione per una singola tenda, posta in mezzo ad altre uguali dalle stesse dimensioni e dallo stesso colore: era la tenda di Mikasa Ackerman e Sasha Blouse, fuori dalla quale stava un piccolo fuoco che andava lentamente a spegnersi, dove sembrava stesse avendo luogo una vera e propria festa. Al suo interno erano presenti la stessa Sasha, che aveva riordinato tutto quanto per rendere il luogo dove dormiva più presentabile, e Connie Springer, che era stato rilasciato proprio quel giorno dall’infermeria.
Nonostante non fosse ancora completamente guarito, era stato concordato che non necessitasse più delle cure ventiquattro ore su ventiquattro e poteva tornare a svolgere le sue mansioni di sempre anche se con alcune limitazioni. Connie era un tipo troppo movimentato per restarsene in un letto per così tanto tempo; era passata una settimana da quando si era risvegliato dopo la battaglia con Reiner e aveva creduto di impazzire, rinchiuso lì, sempre sotto gli occhi vigili di qualche infermiere. Le sue ferite al viso si erano quasi rimarginate, alcune sottili e profonde cicatrici avevano preso il loro posto, mentre il suo occhio nero adesso si era sgonfiato, anche se quel colore non se n’era ancora andato del tutto… Il colorito di Connie era tornato lentamente, anche dopo aver cominciato a mangiare con regolarità, e continuava a dire a tutti di stare bene nonostante fosse ancora vessato da dolori improvvisi. Ma Connie non voleva pensarci…
Quella sera era speciale, era la loro sera, e se lo erano promesso a vicenda: quella sera non avrebbero pensato ad altro se non alla loro amicizia.
<< Ho dovuto mangiare la carne di quel cinghiale… >> Spiegò Sasha portando due vassoi di legno con sopra due pezzi di carne fumante arrostita al punto giusto, come sapeva fare solo lei. << Sai, se avessi aspettato ancora sarebbe andata a male. >>
Connie sorrise lanciando un’occhiata furba alla ragazza. << Mangiona! >> La punzecchiò nascondendo una risatina, mentre la ragazza gli faceva eco con una risata sarcastica e poggiava i piatti sul grosso ceppo di legno posto in mezzo a loro; quel legno era stato ricavato da un albero gigante caduto; ma essendo il tronco di quell’albero troppo grosso per poterlo utilizzare interamente, si era deciso di dividerlo in più pezzi e distribuirli ai soldati in modo da rendere un po’ più vivibili e simili a una “casa” le loro tende… Il loro uso veniva poi deciso dai vari proprietari: nel caso di Sasha, la ragazza aveva insistito per tenerlo come tavolino dove pranzare con comodità.
<< Dovresti ringraziarmi, invece! >> Commentò lei sedendosi. << Avrei potuto decidere di darti della carne avariata, tenendomi tutta questa delizia che ho cacciato personalmente nei boschi a est di qui… >> Sasha si stava vantando ancora una volta delle sue doti di caccia, cosa che a Connie non dispiaceva affatto; lo divertiva sentire come si eccitasse la ragazza al pensiero di cacciare un grosso animale con le proprie forze, e quei discorsi gli facevano venire sempre appetito.
Sorrise con aria assonnata poggiando la testa su una mano e rimase a guardare la ragazza di fronte a sé che prendeva il coltello per tagliare la carne. Lei notò il suo sguardo e gli chiese se ci fosse qualcosa che non andava. << Sei stanco per caso? Oppure la carne non è di tuo gradimento? >> Improvvisamente sembrò cambiare radicalmente stato d’animo, diventando molto tesa.
Connie scosse la testa e se ne uscì da quei pensieri che gli avevano annebbiato la mente, distraendolo dal discorso. << No, no… E’ solo che… Mi ero distratto un secondo, tutto qua. >> Rispose vagamente agitando le mani come per descrivere qualcosa di astratto. Sasha lo guardò con disappunto e abbassò lo sguardo sulla propria carne, cominciando a tagliarla a pezzettini piccoli. Quella era la loro serata, Connie non poteva mostrare di non apprezzarla o fare figure simili…
Il ragazzo prese le posate che Sasha gli aveva dato e cominciò a tagliare la carne a pezzi più grossi di come aveva fatto Sasha. << Bocconi più piccoli! >> Disse a un tratto la ragazza fulminandolo mentre sollevava un pezzo di carne infilzato dalla forchetta. Lui la guardò con la bocca mezza aperta ed emise un verso interrogativo. La ragazza si spiegò sorridendo:<< Se mangi la carne a bocconi più piccoli potrai gustarne il sapore più a lungo. Inoltre non fa bene ingozzarsi a tavola, assicurati quindi di masticare bene prima di deglutire. >>
A Connie sembrava di avere davanti sua madre. << E va bene… >> Mormorò mostrando un leggero sorrisetto. Avrebbe fatto come voleva, in fondo aveva cucinato con tanto amore quella carne per lui…
Quando Connie mise in bocca il pezzo di carne appena tagliato, una miriade di sensazioni sconosciute lo investì, inondando il suo palato di un piacevole calore e un succoso sapore leggermente salato che sprigionò, oltre al gusto stesso della carne, un retrogusto di spezie e condimenti che si sposavano perfettamente in quella circostanza. Assaggiare qualcosa di così buono dopo una settimana tremenda come quella appena vissuta, per Connie era quasi come se avesse raggiunto il paradiso!
Il ragazzo masticò appena la carne, rimanendo con la mandibola paralizzata per il sapore che lo colpì in quel preciso istante. Rimase a guardare sbalordito la ragazza che sedeva di fronte a lui, dall’aria molto imbarazzata, e abbassò poi lo sguardo verso il proprio piatto di carne cotta e fumante.
<< Strepitoso… >> Mormorò con occhi sgranati, facendo tirare un sospiro di sollievo a Sasha.
<< Lo pensi davvero? >> Chiese lei con più serenità.
Connie annuì tornando a fissare la sua carne con più incredulità. << Assolutamente! >> Rispose senza pensarci neanche un attimo. << La consistenza è perfetta, tenera ma non troppo in modo da farti gustare ogni morso come se fosse il primo, e poi la cottura è proprio come piace a me! E le spezie che hai usato, questo sapore mi ricorda… >> Connie alzò lo sguardo al cielo e agitò una mano con fare pensoso. << Mi ricorda qualcosa… >> Smise di parlare non appena si fu reso conto che Sasha di fronte a lui stava singhiozzando rumorosamente.
La ragazza aveva lo sguardo basso, le spalle scosse da sussulti improvvisi e le mani una accanto all’altra che ancora stringevano le posate conficcate nella carne; carne su cui adesso ricadevano diverse lacrime amare che ne avrebbero rovinato il sapore… Ogni suo respiro sembrava tirato con difficoltà e lei non sembrava nemmeno voler cercare di ricomporsi in quella situazione.
<< Ehi… Sasha? >> Connie cercò di far alzare lo sguardo alla sua amica, ma quando le posò la mano sulla guancia lei rimase immobile. L’unico cambiamento nel suo stato d’animo fu che smise di singhiozzare sonoramente.
<< Scusami… >> Mormorò con la gola riarsa abbandonando le posate e asciugandosi con una manica della camicia le lacrime che le avevano bagnato le guance. << E’ che… Stavo pensando che a quest’ora avrei potuto essere da sola qui… >>
Connie non capì.
Sasha lasciò andare un altro singhiozzo acuto. << Se non fossi tornato… Se tu non avessi mantenuto la tua promessa quel giorno… >> Mormorò tremando, ma riuscendo a pronunciare le parole tutte assieme. << Io non avrei avuto più nessuno a cui cucinare questa carne… >>
Le parole della ragazza arrivarono al cervello di Connie, che però ci mise ancora qualche istante a elaborare tutto e a comprendere quale fosse il problema: se lui fosse morto, Sasha avrebbe terribilmente sofferto la sua mancanza.
<< Ma… Ma che cosa stai dicendo? >> Esclamò il ragazzo scendendo dal suo sgabello e raggiungendola per poggiarle entrambe le mani sulle spalle, stringendola a sé. Cercò di intercettare il suo sguardo:<< Sasha, non avrei mai potuto andarmene così! >> Le sue parole non avevano molto senso, ma Sasha avrebbe sicuramente capito il suo intento in quella situazione. << Sei troppo importante perché io possa abbandonarti! >>
<< Però hai detto di esserti arreso. >> Rispose a un tratto alzando lo sguardo e asciugandosi una lacrima dall’angolo di un occhio. Tirò con forza col naso e rimase a fissarlo mestamente. << Hai detto di aver perso la speranza di sconfiggere Reiner… >>
Connie lo aveva detto? Non lo ricordava. Sapeva cosa fosse successo, ma non sapeva cosa avesse pensato la sua testa in quei momenti concitati dove un turbinio di emozioni si era impossessato di lui, quel giorno dell’assalto. << Forse è vero… Ma solo per un istante. >> Disse abbassando lo sguardo pensieroso e poi rialzandolo di scatto. << Sasha, non appena ho pensato a te, ho ritrovato tutta la forza per vincere quella battaglia! Non mi sono arreso; ho lottato per tornare da te! >>
La ragazza non sembrava del tutto convinta delle parole di Connie, ma adesso era riuscito a farle alzare lo sguardo e lei aveva smesso di singhiozzare con tutta quella forza. Forse stava trovando le parole giuste, nonostante la sua incapacità nell’esprimere i propri sentimenti…
<< Ammetto di essere stato un idiota! >> Disse stringendo le spalle e inspirando a fondo. << Non avrei dovuto mentirti, non avrei dovuto fare un sacco di cose… Ma, se può farti stare meglio… Anche io ho avuto paura di non poter essere qui, stanotte. >>
Sasha lo guardò confusa mentre Connie le asciugava ancora le lacrime dagli angoli degli occhi, tenendole il viso tra le sue mani. Adesso era lei che non capiva quale fosse l’intento delle sue parole.
<< Quando sono finito a terra e Reiner ha cominciato a dirmi di mostrargli ciò che sapevo fare… >> Mormorò mostrando un leggero sorriso. << Ogni volta che mi rialzavo, pensavo solamente a te… Non c’era altro nella mia testa. Volevo vederti ancora una volta; ho fatto di tutto per poter assaggiare di nuovo la carne cucinata da te! >> Scosse la testa sospirando, continuando a sorridere. << E’ perché… Perché tu sei la cosa più bella che sia capitata nella mia vita! E… Non voglio pensare di morire senza averti vista un’ultima volta, né di vivere senza di te. >> Agitò le spalle di colpo, come se si fosse liberato tutto a un tratto di un grande peso che portava con sé. Sia Connie che Sasha arrossirono mentre il ragazzo diceva queste cose, e la ragazza smise di piangere, trattenendo i sospiri all’interno del proprio petto.
Sasha piegò le labbra a formare un sorriso lieto, felice di aver sentito quelle parole dal suo amico, e si fece avanti per abbracciarlo. << Grazie, Connie… >>
Il ragazzo la osservò dall’alto con un po’ di stupore mentre lei affondava il proprio viso nel suo petto. << Per cosa? >> Chiese ingenuamente. Ricordava di aver visto Sasha piangere in preda al panico, oppure ripetere che sarebbe stata uccisa… L’aveva vista rischiare la vita innumerevoli volte, eppure non aveva mai visto quel lato così triste e incerto di lei, quel lato che temeva di perdere qualcuno più di sé stessa…
Sasha mosse un po’ la testa strofinando la fronte con il petto del ragazzo. << Per tutto… Grazie di esistere, grazie di essere qui con me questa sera, grazie di aver mantenuto la tua promessa… Grazie, perché senza di te, forse neanche io sarei qui… >>
Connie la guardò con un po’ di sorpresa, pensando che la ragazza stesse dicendo le stesse cose che aveva cercato di dire lui per tutto quel tempo. << Lo vuoi sapere un segreto? >> Chiese piegando indietro la schiena, vedendo Sasha che alzava lo sguardo curiosa per incontrare il suo. Connie abbassò la testa fino a sfiorare la punta del naso della ragazza con il suo e disse:<< E’ grazie a te se oggi sono qua… >> Sussurrò sorridendole, facendola arrossire nuovamente. << Quindi… Grazie, Sasha. >>
Sasha lo fissò con gli occhi lucidi, sul punto di scoppiare nuovamente a piangere; le labbra le tremarono e il suo sguardo vacillò. Prima che potesse reagire in qualche modo incontrollabile, la ragazza tornò ad affondare il volto nella maglietta verde di Connie, che questa volta sorrise divertito per la timidezza della sua amica.
Dopo un po’ di tempo passato a stare abbracciati in quel modo, Connie convinse la ragazza a tornare alla loro carne, che ormai doveva essersi raffreddata. Nonostante una riluttanza iniziale a volerlo lasciare andare, come se ancora fosse in pericolo di vita e lei stesse cercando di tenerlo ancorato a sé, Sasha allentò la presa attorno alle spalle del ragazzo e tornò a rivolgere il proprio sguardo verso il suo piatto di carne che la aspettava su quel ceppo di legno. Ripresero a gustare la carne, e prima che se ne rendessero conto tutte le lacrime e i pensieri negativi erano scomparsi; i due avevano ripreso a comportarsi come sempre, facendo battute su qualsiasi cosa gli passasse per la mente, scherzando e discutendo delle loro giornate come se non si vedessero da una vita.
Quando Connie ingoiò l’ultimo boccone, si asciugò le labbra con un fazzoletto passatogli da Sasha e commentò con calma:<< Era tutto squisito! >>
<< Lo dici solo perché siamo amici! >> Fu la risposta scherzosa della ragazza, che volse lo sguardo da un’altra parte con un sorrisetto dipinto in volto.
<< Ma no! >> Protestò Connie alzando la voce. << Che cosa ti fa pensare che starei mentendo? >>
<< Ci sono un sacco di ragioni per dire che quella carne facesse schifo! >> Ribatté lei con tono indignato.
<< Cosa? >> Fece lui incredulo. << Quali ragioni? >>
Sasha cominciò a contare sulle proprie dita le varie “ragioni” per cui la sua carne sarebbe stata cucinata male:<< Per prima cosa, l’ho cotta all’aperto su una brace di fortuna: con l’umidità che c’è questa sera non è una buona idea cucinare qualcosa fuori, e poi il fuoco era troppo alto e dato che non potevo farmi beccare ho dovuto fare in fretta. >>
Connie alzò lo sguardo titubante, pensando di non aver visto nemmeno una nuvola in cielo quella sera, mentre riguardo al fuoco non seppe come rispondere.
Sasha continuò:<< Poi non era carne di ottima qualità come il cinghiale dell’altra volta! Era troppo dura, e il sapore della selvaggina troppo forte. Ho usato troppe spezie per condirla, finendo per fare un enorme pasticcio, e infine l’abbiamo dovuta mangiare fredda… >>
<< Chissà di chi è la colpa… >> Borbottò Connie con un sorrisetto malizioso, riferendosi alla sua ultima affermazione.
<< Eh?! >> Esclamò lei spalancando gli occhi con stupore. << Guarda che non ti ho chiesto io di consolarmi! >>
Connie agitò una mano come per dirle di lasciar perdere e rise. << D’accordo, sai una cosa? Non importa! >> Disse sorridendole con sincerità e rivolgendole uno degli sguardi più dolci che avrebbe potuto tirare fuori. << Non mi interessa di che carne si trattasse, non mi interessa delle spezie o della cottura… E’ ottima perché l’hai cucinata tu! >>
Sasha stava per ribattere qualcosa con veemenza, ma si trattenne e arrossì rendendosi conto di avere appena ricevuto altri complimenti dal ragazzo che stava seduto davanti a lei. Per non mostrare il proprio imbarazzo cercò di sviare il discorso e si ricordò improvvisamente di qualcosa.
La ragazza saltò sul proprio sgabello prima di voltarsi e andare a rovistare in una borsa nascosta nell’oscurità della tenda, in fondo a un angolo, afflosciata su sé stessa. Ne tirò fuori con grande enfasi una bottiglia di vetro contenente un liquido scuro che sbatté dolcemente contro le sue pareti e si rimescolò con sé stesso generando delle minuscole bollicine d’aria che galleggiarono qualche secondo prima di sparire.
<< Ta-dah! >> Esclamò la ragazza mostrando la bottiglia con fierezza. << Che te ne pare? >>
Connie la guardò sbalordito. << Ma quello… E’ vino? >> Chiese non riuscendo a credere ai suoi occhi, pensando che la ragazza gli stesse facendo uno scherzo. Il vino, come la carne, era uno di quei beni “di lusso” che all’interno delle mura erano molto rari; con la riconquista del Wall Maria era tornato ad essere più largamente usato, ma ai soldati non era comunque permesso berlo se non in eventi eccezionali.
Sasha annuì compiaciuta, ammiccando. << Sono riuscita a sgraffignarne una bottiglia dalla dispensa degli ufficiali! >> Era sempre stata un’esperta in questo genere di operazioni, la sua fame e la sua curiosità non le avevano mai posto alcun freno.
<< Lo sai che se dovessi essere scoperta, rischieresti un’azione disciplinare molto severa? >> Fece il ragazzo ghignando con malizia per stuzzicarla un po’.
Sasha mise mano al tappo di sughero che chiudeva la bottiglia e lo tirò con forza. << Non credo ci sarà alcun problema se dico che l’ho preso per te! >> E detto questo si lasciò sfuggire una risata divertita mentre il ragazzo la fissava allibito.
Sasha prese un sorso dalla bottiglia e rimase ad osservare con un occhio strizzato quel vetro colorato che le faceva girare la testa; rabbrividì quando il vino entrò a contatto con le sue papille gustative e poi sorrise serenamente mentre questo andava giù nel suo stomaco. << Come completare un ottimo pasto… >> Disse con aria sognante.
<< Allora non era cucinata male! >> La prese in giro Connie tornando al discorso di prima.
La ragazza lo zittì maldestramente e gli tese la bottiglia. << Tieni. >>
Connie accettò la bottiglia sorridendo e vi guardò dentro chiudendo un occhio. << Non sarà mica un po’ troppo per noi due soli…? >> Chiese dubbioso prima di portare il vetro alle labbra e bere un sorso di quel liquido scuro.
Il ragazzo sentì il vino inondargli la bocca con il suo sapore frizzantino, sfrigolando e riempiendo le sue narici di quell’odore forte e piacevole che era proprio caratteristico della bevanda. Lo sentì scendere giù nel suo stomaco quando deglutì e avvertì il calore che sprigionò una volta fermatosi, facendogli reagire automaticamente con un piccolo brivido come aveva fatto Sasha.
<< Allora… >> Mormorò la ragazza prima di vedersi nuovamente la bottiglia davanti. << Com’è essere un eroe? >> Chiese dopo aver lanciato un’occhiata interrogativa al vino ora nelle sue mani e tornando a bere un altro sorso. Sorrise dolcemente rivolgendo lo sguardo verso Connie.
<< Che vuoi dire? >> Chiese il ragazzo tendendo il braccio per ricevere nuovamente la bottiglia. La strinse per qualche secondo nella sua mano ascoltando la risposta di Sasha prima di bere nuovamente.
La ragazza strinse le spalle prima di restituirgli la bottiglia di vino. << Sai, con la tua avventura molta gente si è convinta che tu abbia veramente fatto un grande favore all’umanità, impedendo l’avanzata al terribile “Gigante Corazzato”. >> Assunse un tono canzonatorio quando nominò il traditore. Connie la guardò con occhi dubbiosi dopo aver bevuto dalla bottiglia.
<< Lo odi? >> Chiese notando il cambiamento nella sua voce.
Sasha si voltò verso di lui guardandolo incredula. << Mi pare ovvio! >> Disse indignata. << Quello là mi ha quasi ammazzata, te ne sei dimenticato? >> No che non se n’era dimenticato; Connie ricordava bene anche le minacce di Reiner riguardanti Sasha, quelle parole terribili a cui non voleva nemmeno pensare che lo avevano portato a una rabbia incontrollabile e lo avevano fatto reagire.
<< No, hai ragione… >> Le passò la bottiglia con trasporto, ma rimase a fissarla con occhi mesti. << E’ solo che… Prima di quella battaglia, io non lo odiavo… Non riuscivo a odiarlo completamente per quello che avevamo vissuto assieme. >> Mormorò senza che Sasha gli chiedesse niente.
La ragazza abbassò la bottiglia prima ancora di poter prendere il suo sorso e lo guardò tristemente. << Connie… >> Mormorò.
Il ragazzo sorrise. << Ripensandoci ora, mi sento uno stupido: non ero in grado di odiare Reiner perché pensavo di poterlo ancora cambiare… Ma dopo il nostro scontro ho capito che lui non è altro che una marionetta: forse nemmeno lui desidera ucciderci tutti, ma non ha scelta e non osa opporsi al suo destino. Questo fa di lui un nemico da eliminare! >> Alzò lo sguardo con determinazione verso Sasha, che ascoltò con occhi spalancati tutto il suo discorso. La ragazza prese poi un piccolo sorso dalla bottiglia e la passò nuovamente a Connie.
<< E… Lui che cosa ti ha detto? >> Sussurrò curiosa, sperando di non essere troppo invadente.
Connie osservò la bottiglia e la fece dondolare un poco, guardando il vino al suo interno roteare e formare piccole onde. << Ha detto che mi odia, e sicuramente dopo quello che gli ho fatto non c’è alcun dubbio di ciò… >> Rise con tono sarcastico prima di bere ancora. << Ma sai una cosa? >> Disse togliendo la bottiglia dalle sue labbra e voltandosi a guardare Sasha con serenità. << Non mi interessa: ha detto che voleva uccidere te e tutti gli altri, questo mi basta per non ascoltare più una sua parola e attaccarlo a prima vista la prossima volta che si farà vivo! >> Abbassò lo sguardo con malinconia. << Potrà dispiacermi… Ma non mi tirerò più indietro! >>
Sasha lo fissò con curiosità, chiedendosi se quello scontro con Reiner non lo avesse profondamente cambiato anche dentro di sé. Dopo un po’ il ragazzo le restituì la bottiglia sorridendole, dicendole di non preoccuparsi più di quello: si sarebbe occupato lui di Reiner, la prossima volta.
Sasha abbassò lo sguardo con imbarazzo e osservò il vino nella bottiglia perdendosi in quel liquido scuro e profondo, con i suoi movimenti sinuosi e morbidi. << Non dovresti dire questo… >> Mormorò. Connie alzò lo sguardo interrogativo chiedendole cosa intendesse. Sasha alzò la voce:<< La prossima volta che Reiner si farà vivo… Non te ne occuperai da solo! >>
Connie la fissò con sorpresa, leggendo i suoi occhi decisi come se fossero le pagine di un libro; gli bastò uno sguardo per capire che la ragazza non avrebbe accettato scuse né altre bugie per cercare di tenerla al sicuro. La prossima volta, Reiner lo avrebbero affrontato insieme. Sorrise.
<< Certo che no! >> Disse tirando indietro la schiena e avvertendo una lieve fitta al fianco che lo fece tornare subito al suo posto. << Mi sorprenderei se d’ora in avanti mi lasciassi andare da qualche parte senza la scorta! >>
Sasha sembrò offendersi per il suo commento e disse che si stava solo preoccupando per lui. Passò poi a ricordargli quanto fosse sempre distratto e la sua grande difficoltà nel mantenere la concentrazione anche in combattimento; gli spiegò i suoi punti di forza che avrebbero potuto sostituire le mancanze del ragazzo e quindi rendere meno complicato uno scontro qualora avessero dovuto lottare assieme. Infine, Sasha non dimenticò di ricordare a Connie le sue straordinarie abilità con l’arco e quanto sarebbe stata utile in uno scontro con il Guerriero, con lei che lo attaccava dalla distanza e lo costringeva a restare cauto mentre Connie non gli dava tregua da vicino; a quel punto il ragazzo sembrò voler tagliare corto allungando il braccio verso la bottiglia di vino che lei teneva in mano, dicendole di aver capito e che non c’era bisogno di essere tanto pesante.
Dopo aver preso un rapido sorso dalla bottiglia, Sasha la restituì a Connie che la osservò con aria annoiata prima di bere. << Comunque non hai risposto alla mia domanda… >> Mormorò lei mentre lui ancora beveva.
<< Quale domanda? >> Chiese il ragazzo togliendo la bottiglia dalle labbra. Poi si ricordò della domanda che aveva fatto nascere tutta quella discussione e Connie disse:<< Oh. >> Si grattò una tempia con l’indice e concentrò lo sguardo sul terreno erboso sotto la tenda. << Quella sull’eroe? >>
Sasha annuì mentre Connie abbassava lo sguardo e pensava a come rispondere.
<< Bé… >> Mormorò incerto, mostrando un sorrisetto quasi nervoso per la sua risposta. << Non mi sento proprio un eroe… >>
Sasha rimase a bocca aperta e portò in avanti la schiena per avvicinarsi al ragazzo. << Ma che stai dicendo? >> Chiese alzandosi e avvicinandosi a lui. La ragazza si fermò accanto al ragazzo e lo guardò negli occhi, cercando di capire se stesse già perdendo lucidità a causa del vino: entrambi avevano un po’ la mente annebbiata, ma non erano ancora completamente ubriachi e ci sarebbe voluto ancora tempo perché l’alcol facesse completamente effetto. << Hai affrontato Reiner nonostante sapessi di avere ben poche speranze e in più sei riuscito a metterlo in fuga, mettendo in gioco la tua stessa vita! Se non sei un eroe, che cosa dovresti essere…? >>
Connie alzò lo sguardo piegando un labbro divertito. << Un… Babbeo? >> Chiese ricevendo come risposta una botta sulla nuca da parte della ragazza. Lui si mise a ridere mentre lei lo spingeva giù dal suo sgabello e lo costringeva a cercare appoggio attorno a sé, mentre con la mano destra manteneva in equilibrio la bottiglia per non far cadere il vino.
<< Mi fai proprio arrabbiare… E niente più vino per te! >> Esclamò Sasha dandogli un altro colpo al fianco e confiscandogli la bottiglia con un rapido movimento della mano. Connie si ritrovò improvvisamente a mani vuote e agitò spasmodicamente le braccia in cerca di un appiglio; appiglio che trovò nella camicia di Sasha e che tirò con forza facendo cadere indietro la ragazza su di sé.
Sasha lanciò un urletto acuto prima di cadere a terra e schiacciare con il suo peso il petto di Connie, che di colpo si ritrovò senza fiato. La ragazza cominciò a ridere incontrollabilmente mentre Connie riprendeva il fiato con un’espressione preoccupata dipinta in faccia; per qualche motivo Sasha trovava particolarmente divertente quella situazione, mentre il ragazzo pensava a quanto si fosse spaventato nel sentire i propri polmoni improvvisamente svuotati, accompagnati da varie fitte al torace e ai fianchi che gli avevano fatto credere di essersi piegato in due.
<< Ma che cavolo fai? >> Chiese infastidito lui cercando di attirare l’attenzione della ragazza. Lui le diede qualche colpetto sulle spalle e sulla pancia per dirle di spostarsi, ma lei rimase a ridere senza far caso ai suoi gesti; quella risata così pura e vitale, anche se un po’ sgraziata come tutto quello che coinvolgeva Sasha, sembrò improvvisamente il suono più bello che potesse raggiungere le orecchie di Connie. Il ragazzo arrossì quando si rese conto di questi pensieri e si limitò a rivolgerle uno sguardo poco divertito, mentre lei intanto continuava a ridere beata con la testa poggiata sul suo petto.
<< Scusa… >> Ansimò la ragazza cercando di darsi un contegno. Quelle risate erano il segno della gioia che pervadeva Sasha nel sapere che lui fosse ancora lì, erano qualcosa di più che semplice euforia dovuta al vino, e per questo al ragazzo non davano più tanto fastidio. << E’ che non ti ci vedo proprio a fare il modesto! >>
Connie distolse lo sguardo sbuffando. << Dì pure che non mi ci vedi a fare l’eroe… >> Borbottò mostrandosi indignato. Ma la ragazza gli prese il volto fra le mani e lo costrinse a piegare la schiena per avvicinare il viso al suo.
<< No, no… >> Disse soffocando le risate. << Qualunque cosa accada, tu sarai sempre il mio eroe. >> Disse fermando il viso di Connie a pochi centimetri dalla sua faccia e mantenendo gli occhi chiusi. Le sue labbra piegate in quel suo solito sorriso furbo mostravano la serenità e la semplicità con cui Sasha aveva formulato quel pensiero, o confessione; qualunque fosse il modo di intendere o di nominare ciò che lei aveva appena fatto, si poteva comunque interpretare in un suo grande affetto nei confronti del ragazzo, che a sua volta provava lo stesso per lei.
Connie la osservò stupefatto, contemplando la – e forse accorgendosi solo in quell’istante della – sua bellezza: era la bellezza di una ragazza semplice, che amava divertirsi e amava la vita, che nonostante il suo aspetto poco serio era capace di pensieri profondi e mostrava un grande attaccamento verso le persone importanti della sua vita. Era una ragazza dal cuore nobile, capace di atti di grande coraggio nonostante la sua grande pavidità. Era la sua amica più grande, era cresciuto assieme a lei e teneva a lei più di ogni altra cosa: era naturale per lui pensare che avrebbe lottato anche cento uomini da solo, pur di tornare da lei.
Sasha aveva messo in bilico sul proprio ventre la bottiglia di vino, mentre con le mani aveva avvicinato la faccia di Connie alla sua e se ne restava ferma con gli occhi chiusi ad aspettare chissà cosa. Il ragazzo sorrise, forse capendo perfettamente ciò che volesse Sasha, e per questo fece l’esatto contrario e allungò una mano per afferrare la bottiglia e portarsela alle labbra.
<< Ehi! >> Fu la reazione della ragazza non appena si rese conto della scomparsa del peso sulla sua pancia, e aprì gli occhi mostrando un’espressione di grande disappunto.
Connie le fece l’occhiolino mentre beveva. << Sono felice di sapere che pensi questo di me… >> Disse dopo aver preso un bel sorso dalla bottiglia. Si mosse un po’ e si sistemò meglio per sdraiarsi accanto a lei; Sasha si spostò un poco per fargli posto e il ragazzo le sorrise con trasporto. Le passò un braccio dietro alle spalle e la abbracciò con affetto, mentre lei smetteva di rivolgergli quel broncio per il suo furto della bottiglia e poggiava la testa su una sua spalla con un’espressione rilassata sul volto. << Spero di essere abbastanza per te… >>
Sasha ridacchiò prendendogli la bottiglia per evitare che lui si scolasse tutto quanto il vino rimasto e prese un sorso. Con una mano cominciò a carezzargli la testa, che però adesso non era più rasata come la teneva di solito il ragazzo: il periodo di convalescenza gli aveva precluso la possibilità di radersi come avrebbe voluto e quindi adesso sulla sua testa era presente una corta e sottile peluria che la ragazza non era abituata ad avvertire sotto le sue dita. Sorrise beatamente e strofinò la tempia alla spalla di Connie, lasciando pendere da un fianco del ragazzo la bottiglia che ancora teneva dalle punte delle dita:<< Sei più che abbastanza! >>

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