Suit&Tie

di adorvlou
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Il cielo di New York, quella mattina, era di un grigio scuro, coperto da grandi nuvole che trasportavano quello che a detta dei media, sarebbe stato uno dei più grandi temporali che la città aveva mai visto. 

Gabriel e i suoi genitori, Alfred e Olivia, erano seduti a tavola e come ogni giorno facevano colazione insieme prima di dirigersi verso gli uffici della Harris&Harris, l'azienda di famiglia creata da Alfred e il fratello Marcus. In pochi anni erano riusciti a creare un impero immobiliare che aveva permesso ad entrambe le famiglie di condurre vite piene di eccessi, senza mai doversi preoccupare delle eccessive spese.

Gabriel, così come i suoi cugini, non aveva mai dovuto rinunciare a niente, tutto quello che desiderava, di cui aveva bisogno o che voleva anche solo per qualche ora, gli era sempre stato concesso. Non aveva mai vissuto una vita diversa da quella. Però, anche l'essere così ricchi aveva i suoi svantaggi; come figlio di uno dei più grandi magnati di New York, Gabriel aveva da sempre dovuto rispettare delle regole che spesso gli impedivano di godere la vita appieno, di conoscere il mondo in tutte le sue sfaccettature, di andare oltre i confini dell'alta società e incontrare ragazzi semplici, umili. Il suo carattere così duro era probabilmente dovuto alle ferree decisioni che i suoi genitori avevano sempre preso per lui; e come il suo carattere, anche il suo cuore era duro, impenetrabile, impossibile da scalfire. Gabriel non aveva mai avuto relazioni serie, per lui le ragazze non erano altro se non un semplice oggetto di divertimento; il suo cuore era divenuto troppo freddo per poter conoscere sentimenti profondi come l'amicizia o l'amore, o almeno fino a quel giorno. L'incontro con Maggie fece scattare qualcosa dentro il giovane, qualcosa alla quale nemmeno lui riuscì a trovare una spiegazione. Per la prima volta nella sua vita, Gabriel si sentì vulnerabile. 

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Buonasera!! Spero che il prologo vi abbia intrigato. Ovviamente i capitolsuccessivi saranno molto più lunghi, questa è solo una piccola introduzione a quella che sarà al storia fra Gabriel e Maggie. Fatemi sapere cosa ne pensate, mi farebbe piacere.

Al prossimo capitolo xx

-Vals💕

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


La pioggia continuava a battere forte sulle ampie vetrate della stanza, mentre le mani di Gabriel si muovevano veloci sulla tastiera del computer. 

Arrivato in ufficio aveva trovato un'immensa pila di scartoffie da trascrivere e sapeva già che quella giornata sarebbe stata molto pesante. 

Non erano poche le volte in cui provava rimorso per non aver scelto la strada del college. Era ben consapevole che se avesse portato avanti gli studi, avrebbe fatto molto di più che digitare al computer tutto il giorno. Non che essere uno dei ragazzi più ricchi di New York facendo il minimo degli sforzi non gli andasse bene, però voleva rendersi più utile all'interno dell'azienda di famiglia. Un giorno sarebbe spettato a lui il compito di dirigere l'attività e aveva il costante terrore di non essere in grado per via delle strade da lui intraprese, ma suo padre era fiducioso e questo lo rasserenava. 

Immerso nel lavoro quasi non si accorse che qualcuno stava bussando alla porta. -Avanti.- gli occhi erano ancora fissi sul monitor e le mani continuavano a scorrere sui tasti mentre la porta si apriva e una figura alta e snella faceva ingresso nell'ufficio. 
-Buongiorno signor Harris.- la donna entrò con passo lento all'interno della stanza per poi fermarsi di fronte alla scrivania di Gabriel. Lui la scrutò con attenzione. I suoi occhi verdi saettavano lungo il corpo della donna, analizzando ogni minimo particolare. Era alta, con dei lineamenti fin troppo perfetti per essere naturali, un tubino nero le avvolgeva perfettamente tutte le curve e la chioma castana le ricadeva lungo la schiena. 
Il ragazzo contorse la mascella e la fissò senza battere ciglio per qualche istante. -Lei dev'essere Alexandra, la nuova segretaria.
La donna sorrise e annuì con un cenno del capo. -Suo padre mi ha mandata qui, voleva che la informassi che oggi sarà in riunione tutto il giorno ed è costretto a rimandare il vostro pranzo.- Alexandra non sembrava intimorita da quegli occhi verdi che continuavano a scrutarla, anzi, sembrava quasi le piacesse sentirsi osservata in quel modo. 
-Perfetto, la ringrazio. Adesso può andare, sono sommerso dal lavoro e non ho tempo da perdere.- la donna lo guardò confusa, come se si aspettasse qualche commento inappropriato o un semplice complimento, ma Gabriel era già tornato a scrivere al computer. -Oh, Alexandra- disse richiamando la donna che era ormai in procinto di uscire dalla stanza - la prossima volta i capelli dovranno essere legati.- senza dire altro, senza nemmeno una smorfia, tornò al suo lavoro e la donna uscì dalla stanza. 

Poco dopo aver congedato al segretaria, Gabriel si alzò dalla poltrona e si diresse verso la vetrata che si apriva di fronte l'Empire State Building. Anche se la giornata era molto piovosa e cupa, l'ufficio era abbastanza luminoso da non dover accendere le luci. La stanza era circondata da grandi finestre e in un angolo vi erano dei divanetti e un tavolino dove spesso Gabriel sedeva per pranzare quando il lavoro era troppo intenso da non poter perdere tempo per uscire e mangiare qualcosa al ristorante. La parete che dava all'interno dell'edificio, era coperta da un'immensa libreria e qua e la erano sparsi dei quadri di valore non poco importante, mentre il pavimento era coperto da un enorme tappeto preso durante uno dei viaggi di famiglia. La sua scrivania, sempre in ordine, era posizionata davanti ad una delle vetrate, quasi di fronte alla porta d'ingresso. Era stato Gabriel a decidere la sistemazione di tutto quello che si trovava all'interno del suo ufficio. Era sempre stato molto bravo ad arredare le stanze e suo padre non aveva avuto nulla in contrario quando il figlio gli chiese di poterlo fare anche con il resto degli uffici dei familiari.

Da piccolo, quando andava a trovare suo padre a lavoro, rimaneva a fissare New York da una delle finestre del grande ufficio, sperando un giorno di poterne avere uno tutto suo. 
Ma ora che ne aveva la possibilità, sentiva che qualcosa mancava, ma non sapeva esattamente cosa. Era come se il lavoro che aveva sempre sognato fare, non lo appagasse più come una volta. Spesso riconosceva a se stesso di non essersi dato una possibilità, di aver permesso ai suoi genitori di programmare la sua intera vita, lavorativa e sociale. Ma d'altro canto non aveva di che lamentarsi, molti avrebbero lottato per ricevere lo stipendio che prendeva lui, facendo quel genere di lavoro. 
Lentamente si girò verso la scrivania e sbuffò quando si ricordò che tutti quei documenti aspettavano solo lui. -Mi servirebbe un collaboratore.- disse a se stesso sedendosi e riprendendo quello che aveva lasciato in sospeso.

Erano le tre di pomeriggio quando Gabriel riuscì a terminare tutto il lavoro e così decise di prendere una boccata d'aria. 

L'autista fermò l'auto do fronte ad uno dei locali preferiti da Gabriel: l'Honey Moon. Nonostante il nome non si addicesse minimamente alla personalità del ragazzo, andava in quel posto da quando aveva cominciato a lavorare nell'azienda di famiglia. Era vicino all'edificio e a qualsiasi ora del giorno lì dentro c'era sempre molta gente e molte ragazze. Non che a Gabriel importasse più di tanto, lui non era interessato a storie d'amore o roba simile, tutto quello che gli piaceva fare era usare le ragazze per poi gettarle via e passare alle successive. 
Aveva sviluppato questo comportamento verso i sedici anni, quando la sua ragazza lo aveva umiliato e lasciato senza dargli spiegazioni. Era la sua prima cotta e lo aveva devastato a tal punto da cambiare la sua visione dell'amore. 
Da quando Gabriel era stato lasciato non aveva più voluto nulla di serio, solo storie di una notte o anche di meno. 

Entrato nel locale si diresse verso il solito tavolo tenuto libero per lui. Sentiva gli occhi di tutte le ragazze fissarlo e un sorriso soddisfatto gli comparve sul viso. Era difficile che uno come Gabriel passasse inosservato; era un metro e ottanta di pura bellezza. Capelli neri e occhi marroni, delle labbra che chiunque avrebbe voluto assaporare almeno una volta. Persino da sotto il lungo cappotto invernale si intravedevano le braccia muscolose. 
Gabriel si sedette al tavolo togliendosi cappotto e sciarpa e prese il menù scrutandolo attentamente. 
Le luci erano soffuse e creavano l'atmosfera perfetta per chiunque avesse voglia di conoscere gente nuova. Il posto non era molto grande ed illuminato, c'erano solo poche finestre ma erano tutte coperte da tende. Un lungo bancone si trovava al centro del locale e diversi camerieri indaffarati correvano da un lato all'altro per soddisfare i clienti. Al centro di ogni tavolo c'era una semplice lampada da tavolo. Non era un posto eccessivo, era tutto molto semplice; la carta da parati bordeaux rendeva l'atmosfera ancora più misteriosa, su ogni muro era appeso un quadro che ritraeva due persone intente a baciarsi ma erano visibili solo le bocche. 
-Gabriel, sei in ritardo oggi. Pensavo non venissi più.- il ragazzo alzò gli occhi per guardare la cameriera e poi tornò a fissare il menù.
La donna si chiamava Carolina era una cameriera italiana trasferitasi da qualche mese nella grande mela e dal momento in cui aveva visto Gabriel aveva sempre provato a frasi notare, ma a lui non era mai importato delle sue attenzioni. -Siamo di cattivo umore, eh.- disse tentando di uscire da quella situazione imbarazzante. -Cosa posso portarti?
Dopo qualche secondo di silenzio, Gabriel chiuse il menù e lo poggiò sul tavolo. -Credo che oggi prenderò il solito, non ho voglia di cambiare.- ogni giorno si sedeva a quel tavolo e dopo aver guardato tutto il menù, sceglieva sempre lo stesso drink. Era diventata un'abitudine. 
-E io che pensavo che oggi sarebbe stato il giorno fortunato.- cercò di farlo sorridere ma fu inutile, Gabriel era già intento a mandare un messaggio. Così, Carolina si limitò a prendere l'ordinazione e sbuffando andò via. 

Era passata mezz'ora e dieci ragazze all'interno del locale si era avvicinate al tavolo di Gabriel nel tentativo di parlargli, ma nessuna era riuscita a soddisfare i suoi gusti. 
-Mi fanno un po' pena, a te no?- la voce proveniva dal tavolo di spalle a quello del ragazzo. 
Quando si girò vide una giovane ragazza seduta a sorseggiare un the caldo. Aveva due grandi occhi verdi e i capelli le ricadevano sul viso quasi a coprirle le folte sopracciglia. Su qualsiasi altro viso sarebbero sembrate orride, ma il suo era perfetto. Aveva dei lineamenti dolci e naturali. 
-Parli di quelle ragazze?- con un cenno del capo indicò il gruppo di amiche che continuavano a fissarlo e ridacchiare fra loro. -Sinceramente non mi importa di nessuna di loro.
La ragazza scosse la testa e sorrise. -Che non ti importava l'avevo notato alla settima ragazza che hai fatto tornare indietro. Sei sempre così spietato?- a quelle parole Gabriel si corrucciò in volto. 
-Non amo quel genere di persona.- disse indicando nuovamente quel gruppo seduto a pochi tavoli dal suo. -Purtroppo ho la sfortuna di trovarmi sempre circondato da gente così. Con il tempo ho imparato a ignorarle e basta. 
La ragazza sorrise e tornò a sorseggiare il suo the. 
Gabriel si accorse che mentre la guardava un accenno di sorriso apparse sul suo viso e si voltò prima che lei se ne accorgesse. 
-Ti ho visto.- disse ridendo nuovamente. -Mi stavi fissando, ma tranquillo, non dirò a nessuno che anche Gabriel Harris hai un cuore.- fece l'occhiolino e si alzò prendendo la sua roba per andare via. 
-Aspetta!- con un gesto veloce le afferrò il braccio. -Come fai a sapere chi sono?
-Ho tirato ad indovinare.- rispose. -E se adesso tu mi lasciassi andare, mi faresti un favore. Sono in ritardo per il lavoro.
Gabriel la lasciò rimanendo confuso dalle sue parole e la fissò mentre usciva dal locale.

-Ehi, fermati!- dopo averla vista uscire si accorse di non averlo chiesto il nome e corse fuori nel tentativo di trovarla. 
La ragazza era appena salita sul taxi quando lui la raggiunse. 
La ragazza abbassò il finestrino. -Pensavo che non è tanto corretto che tu sappia il mio nome ed io non conosca il tuo.
-Se te lo dicessi sarebbe tutto troppo semplice per te. Torneresti nel tuo ufficio e chiameresti qualcuno per cercare più informazioni possibili su di me così da potermi lasciare a bocca aperta al prossimo incontro.- rispose continuando a fissare i suoi occhi marroni. -È meglio che io rimanga quella ragazza conosciuta in un locale, credimi.- fece nuovamente l'occhiolino e chiudendo il finestrino disse all'autista di partire. 
Gabriel rimase in piedi su quel marciapiede guardando la macchina gialla che pian piano scompariva tra tutte le altre.

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


Dopo l'incontro con quella ragazza, Gabriel era tornato a casa. 

Fuori faceva freddo e la pioggia era sempre più fitta. 
Il ragazzo era seduto sul divano e il fuoco del camino scoppiettava, riscaldando l'ambiente. 
La signora Harris era in cucina, intenta a preparare la cena; nonostante il lavoro le rubasse molto tempo e molte energie, trovava sempre un attimo per mettersi ai fornelli e preparare ottimi pasti per la famiglia. 

Quando l'orologio segnò le otto in punto, il signor Harris fece ritorno a casa. -I media avevano ragione, sembra quasi la fine del mondo.- disse posando l'ombrello nel portaombrelli e togliendosi scarpe e cappotto, ormai fradici. 
-Questo tempo ha di buono una cosa, ha fatto sì che tornassi in tempo per la cena.- la signora Harris diede un bacio al marito e lui le sorrise. 
Gabriel si meravigliava ancora che dopo tutti quegli anni di matrimonio i suoi genitori si amassero come fosse il primo giorno, e spesso gli veniva difficile comprendere come fosse possibile. 
-La cena è pronta?- chiese alzandosi dal divano e raggiungendo i suoi genitori. -Sto morendo di fame.
La donna fece un cenno con la testa e figlio e marito la seguirono.

Nonostante fossero solo tre in famiglia, la casa era molto grande e la sala da pranzo non era da meno. Una grande finestra e le pareti bianche la facevano sembrare ancora più grande. Il tavolo si trovava al centro della stanza, a pochi centimetri da quello che era il piano della cucina. Un grande lampadario scendeva dal soffitto illuminando la stanza e le luci risplendevano sul pavimento di marmo lucido. 
La tavola era apparecchiata accuratamente: tre forchette, una per il primo, una per il secondo e infine quella per il dolce, due coltelli, due bicchieri, uno per l'acqua e uno per il vino e tre piatti, uno per ogni portata. Due brocche contenevano l'acqua e in un terza vi era del vino rosso. La portata principale era già stata servita dalla domestica. -Ho dimenticato qualche ricorrenza speciale?- chiese Gabriel ammirando il tutto. 
-No tesoro, nessuna festa in particolare.- rispose la donna invitandoli a sedere. -Ma oggi è un giorno molto importante per l'azienda. Ho voluto preparare tutto questo per festeggiare dei nuovi acquirenti che ci frutteranno molto denaro.
-Olivia, io non ne sapevo assolutamente nulla.- disse il marito sbalordito. 
-Lo so bene, caro. Volevo farti una sorpresa. Oggi, mentre eri in riunione mi hanno telefonato gli Stuart, hanno finalmente deciso di comprare l'appartamento sulla 5th Avenue a prezzo stabilito. Non è meraviglioso?- il signor Harris si alzò da tavola, andò verso la moglie e la baciò. Erano entrambi al settimo cielo. Gabriel, invece, non riusciva a togliersi dalla testa quella ragazza. Era stato un incontro molto strano e ci aveva pensato durante tutto il tragitto a casa e continuava a farlo. -Gabriel- lo chiamò Alfred -sei contento?- il ragazzo si limitò ad annuire e sorridere, ma in realtà tutto ciò a cui pensava era la ragazza dell'haney Moon.

Finita la cena si alzarono da tavola; Olivia e Alfred andarono diritti in salotto a riscaldarsi davanti al camino, Gabriel decise di fare una doccia bollente. 

Entrò in bagno e aprì subito l'acqua che cominciò a scorrere e riscaldarsi. 
Il ragazzo si guardò allo specchio e rimase per qualche istante immobile a fissare il suo riflesso. Piaceva a tutte, poteva avere tutte, ma non riusciva a spiegarsi perché quella ragazza non lo aveva minimamene considerato. Ma più di tutto continuava a chiedersi perché non faceva altro che pensare a lei. 
Entrò in doccia e vi rimase per un paio di minuti. L'acqua che scorreva lungo il corpo lo faceva sentire meglio; dopo quella giornata pesante a lavoro ne aveva proprio bisogno. 

Uscito si mise a letto e prese il pc per fare qualche ricerca. Probabilmente ciò che più lo aveva incuriosito di quell'incontro era il fatto che la ragazza non si fosse completamente scomposta. Non era come tutte quelle che aveva già incontrato, non ridacchiava con le amiche guardandolo né ci provava spudoratamente come faceva Carolina. Non si era buttata fra le sue braccia quando lui le aveva rivolto la parola, era rimasta lì, a sorseggiare il suo tè, senza curarsi del fatto che avesse i capelli scompigliati e i vestiti ancora umidi a causa della pioggia. 
-Chi sei?- sussurrò Gabriel fissando lo schermo del pc. 
Per un attimo pensò di chiamare Carolina e chiederle se quella ragazza si fosse presentata altre volte al locale, ma si rese subito conto che non era un'ottima idea. 
-Come posso trovarti?- fece un lungo sospiro mentre la luce del monitor gli illuminava il viso. Non sapeva niente su quella ragazza, un indirizzo, un nome, un cognome, nulla. Eppure, lei sembrava conoscerlo meglio di chiunque altro. 
Non sapeva se l'avrebbe più rivista e questo lo faceva impazzire. Non era da lui, non aveva più di questi problemi da tempo. Lui era Gabriel Harris, il ragazzo dal cuore di ghiaccio. Non pensava ad una sola ragazza, non aveva quella voglia matta di rivederla e prendere un caffè insieme. Non era più così dai tempi del liceo. Cosa aveva lei di così speciale da renderlo talmente vulnerabile?
Quando si rese conto di essere terrorizzato dall'idea di poter dipendere così tanto da una ragazza, chiuse il pc e accese le televisione. Tutto quello che voleva fare era distrarsi e togliersi dalla testa quella sconosciuta.

Il mattino successivo, dopo aver fatto colazione, si diresse a lavoro. Era un giorno molto importante perché suo padre era riuscito a fissargli un appuntamento con uno dei suoi clienti che desiderava arredare il suo nuovo appartamento.

Il tempo sembrava non essere cambiato, anzi, la pioggia batteva sui finestrini più del giorno precedente, sembrava quasi volesse grandinare. 
Quando scese dalla macchina non poté nemmeno ripararsi sotto l'ombrello tanto forte era il vento e fu costretto a correre e mentre si dirigeva verso l'edificio, qualcuno gli arrivò contro. La valigetta di Gabriel si aprì e tutti i fogli che conteneva finirono sul marciapiede, bagnati dalla pioggia.
-Mi scusi!- un uomo si abbassò immediatamente per aiutarlo. 
-Dannazione, questi documenti erano importanti. Si levi di torno.- con un gesto strappò gli strappò i fogli di mano.
-Non l'ho fatto di proposito. Con questa pioggia non l'avevo nemmeno vista.- disse alzandosi e cercando di rimediare al danno appena fatto. 
-Si, dica pure quello che vuole, ma la prossima volta guardi bene dove mette i piedi, qui c'è gente che deve andare a lavorare.- di fretta, prese gli ultimi documenti, richiuse tutto nella valigetta ed entrò nell'edificio.

-Su, muoviti.- pigiò un'altra volta il pulsante dell'ascensore. -Ovviamente quando finalmente riesco ad ottenere un incarico che desideravo da tempo, deve andare tutto a rotoli.- scoraggiato decise di prendere le scale, ma non appena si avviò verso l'altro lato dell'edificio, le porte dell'ascensore si aprirono e lui vi corse dentro. premette il pulsante del piano ma una valigetta bloccò le porte facendole riaprire. 
-Meno male, pensavo di non arrivare in tempo.- Gabriel spalancò gli occhi, non era possibile. 
-Che piano?- Quando si voltò e vide Gabriel lo fissò per qualche istante. -Bene, guarda chi si rivede.- l'uomo che prima aveva fatto cadere la valigetta del ragazzo, adesso era di fronte a lui, zuppo dalla testa ai piedi, e lo stava fissando con aria di disappunto. 
-Vado all'ultimo.- rispose senza proferire altra parola. La giornata era cominciata da poco ed era già andato tutto male. In quell'istante Gabriel si chiese cos'altro poteva andare storto ed ebbe la sua risposta. L'ascensore traballò e le luci si spensero.

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Buonasera! Ci ho messo un bel po' ad aggiornare, ma ecco finalmente il nuovo capitolo. Vorrei poter aggiornare due o tre volte a settimana ma fra poco comincerà l'università e so già che non avrò molto tempo a disposizione. Volevo anche dirvi che a breve vorrei pubblicare il trailer della storia.

Nel caso dovessero esserci errori li correggerò il prima possibile.

Spero che il capitolo vi sia piaciuto, al prossimo xx

 

-Vals💕

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