La Canzone del Cane e del Lupo

di MalessereBlu
(/viewuser.php?uid=106417)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I. ***
Capitolo 2: *** II. ***
Capitolo 3: *** III. ***
Capitolo 4: *** IV. ***
Capitolo 5: *** V. ***
Capitolo 6: *** VI. ***
Capitolo 7: *** VII. ***
Capitolo 8: *** VIII. ***
Capitolo 9: *** IX. ***
Capitolo 10: *** X. ***
Capitolo 11: *** XI. ***
Capitolo 12: *** XII. ***
Capitolo 13: *** XIII. ***



Capitolo 1
*** I. ***


Capitolo I

Non si sarebbe mai aspettata di rivederlo.

Non lì, nella tenue sicurezza delle mura di Grande Inverno.
Il Mastino portava con sé un mondo intero, un mondo diverso e altrettanto orribile: le urla di Joffrey, gli scherni della Regina, l'indifferenza di Tywin Lannister, la testa di Ned. Sandor Clegane trascinava dietro di sé l'immagine di quell'universo che aveva mandato a farsi fottere ben prima di lei. Era coraggioso, era stato anche giusto, apprensivo, onorevole nei suoi modi rozzi.
Solo con lei, sempre e solo con lei.
“Che cosa credi che dovrei fare con lui?” Jon le parlò piano mentre poggiava con riguardo le spalle impellicciate al parapetto.
“Perché ora ti interessa tanto la mia opinione?” Non scongelò lo sguardo dalla sagoma lontana del Mastino.
“Lo conosci. Non posso giudicare il destino di un uomo di cui non so nulla.”
“Sei il Re del Nord, puoi fare tutto.” Rispose lapidaria.
Lo sguardo di Jon si fissò nel suo. “Sei mia sorella, Sansa, questo titolo non cambia le cose tra di noi. Ho bisogno del tuo consiglio.”
Un sorriso ruppe il ghiaccio di quell'espressione.
“Ho bisogno di parlare con lui.”
“Sai che non posso lasciarti da sola. Potrebbe essere qui per conto dei Lannister, potrebbe essere qui per vendicarsi per la mortedi Joffrey, oppure...”
“Jon” quei buchi di ghiaccio si posarono nei suoi “non mi farà del male.”
Fu Jon a lasciarsi scappare un ghigno divertito questa volta “Non avrei mai pensato di sentirlo dire proprio da te.” Fece per muoversi “Non posso permettere che ti accada nulla, rimarrò fuori dalla stanza.”
Sansa non rispose.

I bastioni di Grande Inverno non erano maestosi come quelli della Fortezza Rossa. No, quel luogo era di gran lunga più modesto. Anche più pratico, pensò mentre toccava con mano lo spessore della pietra e la rigidità del legno. Una fortezza tanto inespugnabile quanto antiestetica. Fanculo i ghirigori, fanculo l'oro, quella era una roccaforte costruita dal sudore dei guerrieri e per i guerrieri. Circondato dalle nevi candide di un inverno che nulla aveva di romantico, quello era il posto su cui regnava il nuovo Re. Il Re del Nord, il Re del Nord, una nenia che rimbombava in tutte le foreste al di là della Gola. Il bastardo degli Stark era arrivato dove nessuno avrebbe mai immaginato.
Erano cambiate tante cose da quando si era allontanato dalla vita di corte: Approdo del Re aveva visto il succedersi dei bastardi Lannister, una bambina Targaryen stava per tornare a riprendersi il trono, il Nord, liberato dalla tirannia dei Bolton, si era unito sotto il nuovo re.
Sandor non sperava nella clemenza, non sperava in nulla.
La logica era molto semplice: se nel Sud avrebbe trovato morte certa, forse nel Nord avrebbe potuto rifocillarsi e tornare a uccidere come avrebbe voluto. Forse l'Inverno avrebbe congelato quei sentimenti, la gratitudine e la rabbia, la fiducia e l'odio.
Era cambiato anche lui. Non era più il cane del re, non era più un assassino a sangue freddo. Il Mastino era un cane percosso e abbandonato. Un cane pronto a mordere per rancore, non per dovere. Mai più per dovere.

Ed eccolo lì, il Re del Nord in persona.
“Ser Clegane” Jon mantenne le distanza, affiancato dal sempre fedele Tormund.
“Non aspettarti un inchino, non sono qui per giurarti fedeltà” sputò in fretta.
Lo Stark non si scompose: non era la prima volta che si trovava ad affrontare tanto sgarbo.
“Non temete. Non chiederò la fedeltà di chi ha già voltato le spalle al proprio re una volta.”
“Fanculo il re, fanculo i Lannister e tutti i loro giochetti.” Sapeva dove voleva andare a parare e no, non era decisamente lì per essere manipolato dall'uno o dall'altro schieramento.
“Cosa vi porta qui?” La mano ferma sull'elsa.
“Il mio culo ghiacciato. L'inverno è cominciato e non posso tornare a Sud, non dopo aver disertato la battaglia delle Acque Nere.”
Sostenne lo sguardo indagatore del lupo con la fierezza di un cane inconsapevole.
“Se è un riparo che cercate, sarò felice di accogliervi. Ma...”
“Avanti Snow, vai dritto al punto.”
“ Non posso fidarmi di voi. Non posso permettere che facciate del male per conto di chi ne ha già arrecato troppo.”
Si avvicinò minaccioso, stringendo il pugno a discapito della spada.
“Non sono qui per ordine di nessuno. Non ho intenzione di uccidere nessuno di voi a meno che non perda la pazienza e, fidati Snow, la mia pazienza non ha un limite molto alto.”
Il volto di Jon era teso. Aveva avuto a che fare con teste ben più calde di quella del Mastino durante il servizio al Castello Nero, ma qui no, non poteva permettere all'irritazione di coglierlo e non poteva lasciarsi andare a decisioni sbagliate o affrettate.
“Non sarò io a decidere il vostro destino, Ser Clegane.” Fece un passo indietro prima di voltare le spalle, mentre lo sguardo di Tormund rimaneva vigile su di lui.
“Snow, dove credi di anda...”
“Ser.”

Aveva dimenticato quella voce. L'armonia fredda e baritonale di una sillaba lo aveva trafitto alle spalle senza alcun preavviso. Un mondo antico, uno strato dorato su un oceano di sangue. Gli ci volle più di quanto avrebbe sperato per voltarsi.
Bella e fiera, come mai avrebbe potuto sperare di vederla.
Una donna, non più la dolce bambina del Nord. Una lupa.
“Ciao uccelletto.”
Non la scelta migliore. Si sentì ridicolo.
L'imbarazzo colse Sansa. Per un breve e intenso istante le palpebre serrate e il mento infossato nella pelliccia ricalcarono l'immagine del ricordo che di Sansa aveva, la figura di quell'esile e spaventata ragazzina.
Fu un attimo soltanto.
Il viso tornò rigido e immobile prima che qualcuno potesse vedere quella scintilla di debolezza.
“Alla fine sei tornata a casa senza la mia protezione.” Cercò di spezzare la tensione.
“Avrei dovuto ascoltarti.”
Lo colse di sorpresa. Di certo non si sarebbe mai aspettato di rivederla, ancor meno avrebbe potuto immaginare di sentire una tale confessione.
“Ma ora sei qui.” Le sorrise.
“Siamo qui.” Sansa non sorrise. 



Eccoci qui. Non pubblico nulla da anni e la mia storia non è betata, peto veniam. 
Spero di non avervi annoiato troppo e, che dire, con l'inizio di questa settima stagione il mio spirito da fangirl è tornato alla vita. 
Un abbraccio a tutti. 


Malessere

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** II. ***


Capitolo II

 

Joffrey Baratheon era sempre stato uno stronzo. Il bambino viziato di un reame che non era nulla di più di un parco giochi. Sua madre era il male puro: se ne stava lì, in tiro, a scambiare falsi sorrisi con dame dall'emotività di un topo mentre si crogiolava nella speranza di vedere la testa della piccola Stark su una picca. “Sansa, cara, vieni qui” era sempre risuonato come il richiamo di un'arpia alle sue orecchie.
Umiliazioni e risate incarnavano la sua nuova canzone: niente cavalieri e damigelle in difficoltà. Ne sapeva qualcosa Sandor di quei rumori così dolorosi, non era mai riuscito a sopportarli.
“Mi dispiace.”
Sansa mantenne lo sguardo fisso, completamente indifferente nei confronti di quello sfregio che tanto l'aveva terrorizzata.
“A qualunque situazione vi stiate riferendo, non è colpa vostra.” Sospirò, abbassando gli occhi. “Ormai è troppo tardi e, in ogni caso, nemmeno voi avreste potuto proteggermi.”
Non sapeva cosa le fosse successo, non sapeva che fine avesse fatto né come fosse tornata a Grande Inverno.
“Vi farò accompagnare nel vostro alloggio, dopo parleremo.” disse voltandosi senza attendere una risposta.
“Uccelletto, io...”
“Lady Stark. Chiamatemi Lady Stark.”

Tra tutte le compagnie che avrebbe volentieri evitato, quella di Brienne occupava un posto speciale. Lo sguardo accigliato della donna lo seguiva come le ombre che l'inverno aveva ormai portato via con sé. Non la temeva, semplicemente la odiava: l'aveva sconfitto nel più brutale dei modi e lasciato morire sotto gli occhi della ragazzina che avrebbe dovuto proteggere. Da quel che aveva potuto intendere, per giunta, non sembrava lasciare il fianco di Sansa nemmeno per un istante.
Non era poi il suo unico problema: per ragioni incomprensibili, Petyr Baelish si aggirava nei corridoi della fortezza come un fantasma nel pieno del tormento; sembrava che non lo avesse notato, ma avrebbe scommesso che fosse consapevole del suo arrivo da ben prima che si accingesse anche solo a varcare le mura. Non gli piaceva, non gli era mai piaciuto.
Il punto fondamentale era però che il Mastino non sopportava la vita di corte: il gelo negli occhi delle persone, l'autorità ingiustificata che aleggiava sulle spalle del Re del nord, odiava quel tipo di circostanza.
Aveva sempre immaginato gli Stark come dei regnanti modesti, avvezzi alle umili tradizioni del Nord, degni di fiducia, invece trovava di fronte a sé un'atmosfera incredibilmente tesa, come se tutti fossero pronti alla guerra nonostante ne fossero appena usciti.
L'inverno era arrivato e, per quanto gliene poteva importare, l'unico problema che gli arrecava era il culo ghiacciato.

La stanza si presentava inospitale e spartana, quanto più gli si addiceva, pensò. Avrebbe potuto svolgere qualche mansione all'interno delle mura: avrebbe chiesto al Castellano non appena ne avesse avuto la possibilità. Un gruzzoletto sarebbe bastato per ricostruirsi una vita e magari cercare di raffazzonare una nuova armatura.
Una nuova vita, suonava così ridicolo. Si trovò a ridere da solo quando la porta riecheggiò di un rumore sordo e timido. Qualcuno di particolarmente esile o impaurito – o magari entrambi – stava bussando.
Quando aprì si trovò dinnanzi un ragazzo dalle spalle minute e la faccia paffuta, un certo Podrick, che sembrava attenderlo per condurlo al cospetto di Lady Stark.

“Sei sicura?” Il viso di Jon sembrava incredibilmente più adulto quando era attraversato dalla preoccupazione.
“Sì, Jon. Sandor Clegane non mi farà del male.”
Non era raro vederli così vicini, fratello e sorella bocca a bocca per quelle taciute confessioni di affetto. Non le dispiaceva, anche se all'inizio sembrava così strano.
“Come puoi dirlo?” Non credevo che lo conoscessi così bene.”
Non vi era alcuna insinuazione, Sansa lo sapeva, ma non poté ignorare quel brivido di irritazione che le corse lungo la spina dorsale.
“Tu non sai niente della mia vita nella Fortezza Rossa, Jon.” rispose gelida.
Sospirò. “ No, ma... Lascia stare, sono solo preoccupato. Io...”
“Miei signori” Podrick si affacciò con circospetto sull'uscio della sala. “Ser Clegane attende la vostra udienza.”
“Fallo entrare” disse la Stark mantenendo gli occhi su Jon, in attesa che abbandonasse la stanza.

Erano soli e la cosa lo metteva tremendamente a disagio.
Se un tempo aveva sempre potuto percepire la calda carezza della compassione nei suoi riguardi, ora temeva di avere di fronte una sconosciuta che gli avrebbe elegantemente sputato in faccia parole amare. Un po' come Cercei.
“Che ti è successo?”. Non voleva girarci intorno.
“Pensavo vi premesse sapere se ci fosse un posto per voi qui al castello.” Sansa rimaneva seduta, la schiena dritta e gli occhi fermi.
“ 'Fanculo, mi so arrangiare benissimo ovunque.” cercava di mantenere un tono quantomeno moderato, nonostante la cicatrice si contorcesse a ogni parola vomitata vigore.
“Le cose sono cambiate, Mastino. Non siamo più ad Approdo del Re.”
“Sandor, mi chiamo Sandor!” sbottò.
Non aveva il minimo rispetto. Non le piaceva, non lo sopportava ma, per qualche goccia di passato che si ostinava a scivolare nella sua mente, non riusciva a congedarlo.
“Ser Clegane, vi devo chiedere perché sie...”
“Non sono un fottuto ser!”
Sansa si alzò, cercando di mantenere un contegno.
“Perché dovete essere sempre così odioso?!”

Fu il Mastino a ridere per primo.
Una situazione assurda, ecco cos'era tutto quello. Erano cambiati, erano così diversi da tanti anni prima ma ancora si ringhiavano. Come un cane e una lupa.
Sansa si lasciò scappare un timido sorriso: non pensava che quella conversazione avrebbe preso quella piega.
Sandor si meravigliò di quanto genuina quella risata che si era scatenata dalle sue viscere fosse. L'uccelletto riusciva sempre a farlo meravigliare di sé stesso.
“Sandor.” Sansa lo richiamò.
“Dimmi, Sansa.” La provocò intenzionalmente.
“Siete stato buono con me, pur nel limite della vostra natura e dei vostri doveri.”
Sembrava più rilassata ora.
“Al diavolo, non starò qui a scambiarci frasi da damigelle di corte.” Sorrideva ancora.
“Bene, allora ditemi quali sono le vostre intenzioni.”
Si sentì in difficoltà. Il proposito di guadagnare qualcosa per poi vivere la propria vita sembrò un'assurdità. Poteva rimanere lì, a Grande Inverno, vicino a lei. Avrebbe assunto un umile incarico e avrebbe potuto vederla ogni giorno mentre vagava calma e pensierosa tra le nevi del giardino sacro.
“Non lo so. Non so più nulla della mia vita.” confessò.
Sansa sembrò capire.
“Tutti noi abbiamo un passato che vorremmo rinnegare. Non so che cosa abbiate fatto voi fino a questo momento e non mi interessa. Quando vorrete me lo direte.” Si avvicinò di qualche passo. “Ora ho solo bisogno di sapere se siete pronto a essermi fedele.”
Sandor avanzò verso di lei. “Mi pare di aver già risposto a tuo fratello.”
“Io non sono Jon.”
La guardò spiazzato. Gli stava chiedendo di decidere ora il suo destino, così, all'improvviso.
“Datemi una risposta, Sandor.”
“Sì.” Abbassò gli occhi mentre indietreggiava. “Sì, Sansa.”
Che stava facendo? Credeva sinceramente di essersi rincoglionito. Si era fatto fregare da quegli occhioni azzurri. Si sentì più cane di quanto non lo fosse mai stato.
“Potrete rivolgervi all'armeria per ogni necessità. Comunicherò la vostra decisione a mio fratello.”
Lo superò senza remore.
“Sandor.” Lo richiamò prima di abbandonare la sala. “Non chiamarmi Sansa davanti agli altri.”
Lo lasciò lì, completamente frastornato.
L'uccelletto era cresciuto.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** III. ***


Capitolo III

 

La sala grande era vuota quella sera. La maggior parte dei lord e delle lady che risiedevano a Grande Inverno stavano prendendo l'abitudine di cenare in fretta per poi ritirarsi con i propri cari al sicuro dinnanzi ai focolari delle proprie stanze; sembrava che tutti credessero di non avere più la possibilità di rivederli il giorno dopo.
Nonostante tutto, qualche sguardo di gratitudine veniva sempre rivolto ai fratelli Stark. Quegli occhi volevano dire tutto: grazie per la vostra clemenza, grazie per averci accolti, grazie per averci salvati.
Sansa e Jon sedevano vicini, appena rivolti l'uno verso l'altra. Non avevano parlato dall'incontro con il Mastino di quel pomeriggio.
Sansa posò con delicatezza il metallo, non voleva attirare alcuna attenzione indesiderata. “Jon, spero che il tuo silenzio non sia dovuto alla presenza di Ser Clegane. Non devo essere io a dirti che hai cose di gran lunga più importanti a cui pensare.”
Lo guardava con apprensione, lo capiva. La consapevolezza delle atrocità subite dai Bolton erano sufficienti per tenere i suoi senti sempre all'erta quando si trattava della sicurezza della sorella.
“Temo solo che ti possa accadere qualcosa. Nessuno è al sicuro, sei tu che cerchi di insegnarmelo.” Si rivolse a lei con la pietà negli occhi.
“Ser Clegane non mi farà del ma...”
“Sì, me l'hai già detto. Eppure non riesco non a fidarmi.” Fede una breve pausa per incoraggiarsi. “ Come fai a esserne così sicura, Sansa? E poi... Vorrei solo che non mi nascondessi nulla.”
“Lo so e basta, Jon.” tuonò risentita, per quanto fosse possibile sottovoce. “E no, non ti nascondo nulla. Non più.” Si alzò senza rivolgergli più nemmeno un'occhiata.

I corridoi cominciavano ad ammutolirsi, la notte diventava sempre più fitta e il fuoco sempre meno rassicurante. Vide solo qualche soldato ritirarsi nel proprio alloggio con un breve cenno di saluto mentre il passo pesante di Lady Brienne la seguiva come una marcia funebre.
“Sono quasi arrivata, Brienne. Puoi ritirarti, arriverò nel mio letto senza farmi male.” Cercò di smorzare la tensione che sembrava avvolgere tutti.
“Come desiderate, Lady Sansa. Buonanotte.” accennò un inchino prima di tornare indietro.
Aveva imparato a non risponderle quando capiva che non era il caso, lo apprezzava.
“Lord Baelish, potete avvicinarvi. Se continuate a nascondervi nell'ombra qualcuno potrebbe alzare la spada prima che abbiate anche solo la possibilità di farvi riconoscere.” Volse con lentezza il capo verso la sagoma sempre più nitida.
“Mia Signora, stavo solo facendo due passi. Speravo che desideraste una buona compagnia mentre vi recate nelle vostre stanze.” disse con misuratezza mentre quel sorriso cortese rimaneva immutato sul suo volto.
Non si impressionò. “ Temo di desiderare solo pace e silenzio. Buonanotte, Lord Baelish.”
Fece per avanzare quando Ditocorto l'afferrò con gentilezza per un braccio.
“Sansa, qualunque sia la causa della tua infelicità, ricorda che puoi sempre contare su di me.”
Sansa lo guardò di rimando prima che un sorriso leggero e divertito le tramutasse l'espressione gelida.
“Lady Stark ti sta elegantemente mandando a fanculo, Baelish.”
La voce del Mastino risuonò come un ringhio tra i muri bui.
Petyr riassunse con tranquillità la compostezza che non lo abbandonava mai prima di voltarsi verso il nuovo arrivato.
“Mastino, è un piacere vederti vivo. Credevo che i Lannister ti avessero già trovato.”
“Credi davvero che una fighetta dell'esercito del re possa farmi fuori?” Rispose divertito.
“Buonanotte, Lord Baelish.” Sansa interruppe quel gioco di battute spigolose e più o meno volgari senza pensarci troppo. Non aveva tempo e voglia di affrontare situazioni così infime.
Ditocorto si congedò tacendo la propria delusione dietro un sorriso gentile.
“Buonanotte Ser Clegane.” Accennò un saluto con il capo.
“Non credevo di meritare lo stesso trattamento di quello stronzo.” Le disse senza moderare i toni quando ormai gli aveva voltato le spalle.
“Cosa vuoi, allora?” Continuava a non guardarlo.
Abbassò il capo. “Solo che tu non mi ritenga alla pari di quell'essere.” cercò di suonare il meno ridicolo possibile.
“Se vi considerassi anche solo lontanamente simile a lui, non sareste qui.” Si voltò prima di rilassare l'espressione. “
“Buonanotte, Sandor.”
“Buonanotte, Uccelletto.”

 

Sandor Clegane non avrebbe dormito quella notte. La sua vita era di nuovo cambiata nel giro di pochi istanti. La sua vita cambiava ogni volta che lei era lì, vicino a lui. Sansa Stark era stata il suo primo pensiero durante la battaglia delle acque nere, quando il calore ardente gli stava annebbiando gli occhi mescolandosi alle sensazioni così reali di una memoria tanto simile e dolorosa. L'uccelletto era in gabbia, lui avrebbe potuto salvarla. Quando era riuscito a entrare nella sua stanza l'odore della carne bruciata era stato abbracciato dall'effluvio della neve di cui il Sud non aveva mai cancellato le tracce. Poi lei era lì e tutto successe in fretta. Il vino in circolo, la paura, la speranza, la delusione. Il rifiuto.
La voleva proteggere, voleva davvero farlo. Non c'era bisogno di spiegazioni, bastava la sicurezza di volerla portare in salvo a tutti i costi.
Invece l'uccelletto era rimasto in gabbia, troppo spaventato per volare via.
Era cresciuta, ora. Cosa sarebbe cambiato? Lo avrebbe rifiutato con più consapevolezza?
Non aveva senso.
Niente aveva senso nella testa del Mastino.

 

Sansa non avrebbe trovato pace quella notte, invece. Secondo una tradizione non scritta e sconosciuta ai più, Jon si trovava fuori dalle sue stanze.
“Sembra che tu abbia una nuova guardia del corpo.”
L'intento era chiaro: cercare di farsi perdonare spezzando quell'ansietà generale e dandole piena fiducia.
“Te l'ho detto che non potrebbe mai farmi del male.” Si sentiva più tranquilla. Aveva bisogno della fiducia di Jon, ne era cosciente.
“Chi l'avrebbe mai detto.” Jon cominciava a sorridere davvero troppo riguardo a quella situazione, cosa che la imbarazzò come quando erano bambini.
“Anche il Mastino ha un cuore, alla fine.”
“Sei romantico, Jon. È solo un uomo più onorevole di quanti ce ne siano mai stati nella Fortezza Rossa, anche se non lo ammetterà mai. Per questo non dobbiamo temerlo.”
“Ti fidi di lui?”
“Vedremo.”
Sospirarono entrambi.
Il rapporto con Jon non era facile: non si conoscevano così bene come chiunque altro avrebbe potuto pensare. Erano entrambi l'unico bene reale rimasto al mondo per l'altro.
Sansa era la sorella di Jon eppure non si sentiva in diritto di attribuirsi un tale onore. Lo aveva disprezzato in gioventù, atta ad imitare l'odio che gli occhi serrati della Lady sua Madre mostravano quotidianamente. Lo aveva poi ritrovato e gli era apparso come la cosa più preziosa di questa vita.
Entrambi avevano vissuto, entrambi avevano sofferto. Erano due sconosciuti che si volevano bene non perché così doveva essere, ma perché così sentivano che i loro sentimenti volevano.
“Sono sempre qui vicino se hai bisogno di me. Buonanotte, Sansa.” sussurrò poco prima di posarle un leggero bacio sulla fronte.
“Buonanotte, Jon.” si ritirò con il sorriso. Avrebbe avuto molto a cui pensare quella notte. 


Eccoci di nuovo qui! Sto cercando di pubblicare quanto più velocemente possibile prima che tutta quest'ispirazione vada a farsi fottere. 
Innanzitutto vorrei ringraziare quelle splendide persone che hanno lasciato una recensione [  leila91, Stellina1990, Arì_San ] o hanno inserito la storia tra le preferite e le seguite. Grazie davvero, non pensavo che una cosa scritta di getto attirasse qualche attenzione! 
I capitoli usciranno a un giorno di distanza ( forse anche meno ) e, insomma, spero di intrattenervi mentre aspettiamo il prossimo episodio! <3
P.S. Lo ammetto, mi è scappato un po' di Jonsa c:
Malessere

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** IV. ***


Capitolo IV

 

La notte a Grande Inverno era fottutamente fredda.
Sandor continuava a chiedersi come riuscissero tutte quelle persone a vivere in quella dannata fortezza.
Durante l'ora del pasto mattutino lord, lady, bruti e soldati entravano e uscivano dalla sala dei banchetti, tutti distesi in volto e grati di poter vivere un altro giorno.
Sembrava che gli Stark fossero le balie di tutti quegli stronzi.
Non si sarebbe unito a quella gente, decise immediatamente, almeno fin quando un richiamo non lo seguì con una certa frequenza.
“S-Ser Clegane” Podrick gli si rivolse con il fiatone “Lord Stark vorrebbe che vi uniste al pasto.”
Sospirò scocciato. “ 'Fanculo” ripetè mentre si accingeva a seguire il giovane scudiero.
La stanza era grande e spoglia, niente a che vedere con la Fortezza Rossa. Gli piaceva. Notò subito che il suo ingresso non era passato inosservato: Brienne e Tormund lo scrutavano di sottecchi mentre Ser Davos sussurrò qualche parola a Jon non appena lo vide, Sansa non lo guardò nemmeno.
“Che ci faccio qui, ragazzino?” si avvicinò a Podrick più per incertezza che per tentare di spaventarlo.
“Lord Stark desidera che consumiate almeno un pasto, Ser.” rispose timoroso.
Al diavolo, avrebbe mangiato in fretta e sarebbe tornato a farsi gli affari suoi.
Fu Jon ad avvicinarsi a lui quando ormai l'interesse degli altri era scemato.
“Ser Clegane.” rimase in piedi dinnanzi a lui.
“Se aspettate che lasci stare questa roba per inchinarmi a voi, siete fuori strada.” suggerì con vigore mentre continuava a non staccare gli occhi dal desco.
“Non chiedo la vostra fedeltà, non ancora.” si guardò intorno prima di riprendere “Mia sorella vorrebbe che faceste parte della sua guardia insieme a Lady Brienne.”
Cominciò a ridere con amarezza senza trovare tuttavia il coraggio di alzare gli occhi.
“Non vi fidate di me ma vorreste mettermi a fare il cane da guardia di Sansa?”
“Non ci fidiamo di voi, mia sorella però vi ritiene un'ottima risorsa e ho imparato a fidarmi del suo giudizio.”
“Al diavolo” si alzò per fissare gli occhi nei suoi prima di andarsene.
“Accettate?” la voce di Jon lo raggiunse subito.
“Maledetto Snow, sì, accetto.”

Gli uomini non erano pronti. Non avrebbero mai potuto sconfiggere l'esercito Lannister in quelle condizioni, figurarsi l'armata dei non-morti. Meno progressi si portavano avanti, maggiore era la tensione degli uomini. Jon era un bravo leader: sapeva comandare e comprendere, sapeva insegnare senza farsi odiare.
Lo invidiava: Jon era stato legittimamente eletto Re del Nord per un semplice principio di meritocrazia e carisma, lei rimaneva la parte rigida e razionale dei due, priva di qualsiasi attrattiva.
Sansa aveva bisogno di molto tempo per sé, lì sui bastioni interni di Grande Inverno. Aveva bisogno di chiudersi in sé stessa continuando a mantenere un occhio vigile sugli altri, cosa in cui Jon non era bravo.
Non aveva avuto bisogno di sapere da Jon quale fosse stata la risposta del Mastino, era ben consapevole del fatto che le sarebbe stato fedele, a prescindere dalla sua fiducia verso il Nord e gli Stark.
Avrebbe potuto trattarlo come voleva e lui non l'avrebbe morsa.
“Mia Signora” il flusso di pensieri venne interrotto da uno degli uomini di corte “un corvo da Approdo del Re.”
Rimase impassibile e ferma anche se qualcosa dentro di lei urlò per un solo e breve istante.

Cercei della Casa Lannister, Prima del suo nome, Regina degli Andali e dei Primi uomini, Protettrice dei Sette Regni, convoca il ribelle e bastardo Jon Snow ad Approdo del Re per inchinarsi davanti alla legittima Regina o per subire il fato dei traditori.

Prevedibile. Doveva mostrarla a Jon anche se ormai ne avevano previsto l'arrivo da tempo: quando l'ultimo erede di una nobile casata e re dei Sette Regni si toglie la vita così brutalmente, le notizie corrono in fretta.
“Quello è il sigillo reale.” Sandor Clegane le si affiancò.
“Perspiace, Ser Clegane.” Gli lanciò uno sguardo rapido “A quanto pare avete accettato la mia proposta.” disse mentre posava gli occhi sulla nuova armatura “Spero che non vi dispiaccia” mormorò fissando il volto del lupo intagliato sulla corazza.
“È una buona armatura, tanto basta.” si sentì in imbarazzo e se ne maledì, perché diavolo era sempre così difficile starle vicino?
“Cercei vuole la nostra resa.” tornò seria.
“Che si fotta. Quella stronza non merita niente da te.”
Sorrise appena. “Ecco, perché ho bisogno di voi. La conoscete bene quanto me e Jon non sembra capire di che cosa sia capace.”
“Vuoi che convinca io il bastardo?” le si avvicinò prima di essere completamente immobilizzato dallo sguardo di ghiaccio di Sansa.
“Concedere la vostra fedeltà a me significa anche avere rispetto per mio fratello. Ricordatelo, Mastino.” Sospirò.
Rimasero lì in silenzio, a contemplare l'addestramento degli uomini e delle donne del castello.
“Quelli non vincerebbero nemmeno contro un pollo.”
“Jon e Brienne stanno facendo il possibile. Potresti aiutarli.” si voltò a guardarlo.
“Non me ne potrebbe importare di meno di allenare quelle fighette.” guardò Sansa di rimando.
Fu lei ad avvicinarsi pur mantenendo una distanza consona.
“Quando Cercei arriverà, sarà la mia testa la prima che vorrà.” Rimane in silenzio senza distogliere lo sguardo.
“Tu e Brienne vi alternerete nei turni di guardia e di addestramento.”
Sapeva di averlo convinto.

Sandor e Brienne non la lasciavano mai. Non aveva concretamente paura che le potesse succedere qualcosa, tuttavia se tanto era sufficiente ad allontanare le attenzioni di Ditocorto, allora andava bene così.
Era perennemente in compagnia ma sempre sola.
Rispettava Brienne: l'aveva salvata e le era fedele così come lo era stata a sua madre. Era la guardia che ogni re avrebbe voluto al proprio fianco.
Con il Mastino le cose erano diverse. La seguiva come un'ombra muovendosi secondo quella meccanica che il suo corpo aveva interiorizzato anni prima. Temeva che per lui non contasse chi si apprestava a sorvegliare: Robert Baratheon, Joffrey, Cercei, Sansa. Forse nel buio del suo rancore erano tutti uguali.
Aveva paura di lei, lo percepiva, ne era spaventata lei stessa: non temeva che lo potesse far giustiziare o punire, temeva solo che lo avrebbe visto come il cane che era sempre stato.
Si guardò intorno prima di parlare, aveva bisogno di assumere un tono dolce per ottenere quello che voleva, era subdolo ma efficacie.
“Sandor.” si rivolse a lui mentre scrutava l'oscurità che il pomeriggio sembrava inghiottire sempre con maggiore anticipo. “Vorrei rimanere da sola.”
Aspettò qualche momento prima di porsi al suo fianco. “Non posso.”
“È un ordine.”
“Se hai bisogno di far visita a quel Baelish del cazzo puoi dirlo apertamente.”
Sansa si voltò con più urgenza di quanto avrebbe voluto.
“Voi non sapete niente. Se vi do un ordine deve essere rispettato.”
Fece per voltarsi quando il Mastino le toccò con gentilezza estrema le spalle.
“Che ti è successo?”
Sorrise amaramente. “Vi basterebbe ascoltare le chiacchiere di quelle lady che scalpitano dalla voglia di riempirsi la bocca.”
“Voglio saperlo da te.”
“Non ti riguarda.” ringhiò.
Sandor Clegane rimase così, immobile nelle tenebre del castello.

Buonasera! Vi lascio con questo capitolo di passaggio, il prossimo arriverà questa notte e credo che sia ora di smuovere un po' le cose. Purtroppo sto cercando di dare una caratterizzazione quanto più accurata possibile di Sansa ( amoredellamiavita ), quindi ho bisogno di questi momenti un po' morti per illustrare il suo atteggiamento. 
Vorrei di nuovo ringraziare le persone che inserito la storia tra le preferite, ricordate o seguite, vi adoro! Ovviamente grandissimi ringraziamente vanno anche alle personcine che hanno lasciato una recensione [ leila91, bekkuzza_chan e Stellina1990 ] <3 
Come al solito mi scuso per eventuali erroracci: non ho proprio la pazienza per rileggere tutto :c 
Un abbraccio a tutt* 
Malessere

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** V. ***


Capitolo V

 

Quella sera avrebbe dormito con lui. Ne aveva bisogno.
Era disdicevole, inappropriato, ingiusto verso la memoria dei loro genitori: se qualcuno li avesse visti avrebbe avuto di che parlarne per anni.
Fu lei a cercarlo prima che lui potesse andare ad augurarle la buonanotte. Lo trovò nell'armeria mentre si affrettava a spiegare a Tormund quale fosse il corretto utilizzo di questa o quell'altra lama. Aspettò pazientemente che lo congedasse.
“Sansa.” la invitò ad avvicinarsi con un leggero cenno.
“È arrivato un corvo da Approdo del Re.” disse mentre gli consegnava il rotolo inviato da Cercei.
Lo lesse rapidamente, consapevole delle parole che avrebbe contenuto.
“Convocheremo l'assemblea alle prime luci dell'alba e illustreremo anche questo problema.”
“Non sottovalutarla, Jon.”
Sbuffò spazientito. “Abbiamo una minaccia di gran lunga peggiore da affrontare.”
“Tu non la conosci.” ribattè sicura.
Le voltò le spalle per riappropriasi della pelliccia abbandonata al suolo.
“Dovrei fare quello che dici tu, Sansa?”
Lo afferrò per un braccio alla ricerca di attenzione.
“Sarebbe così terribile?”
Sospirò. “È stata una giornata lunga.”
“Jon, dormi con me.”
Non pensava che glielo avrebbe chiesto, non di nuovo.
Jon conosceva il cuore di Sansa, lo vedeva per quello che era davvero: una piccola fortezza ghiacciata animata da un fuoco insicuro e rassegnato. Aveva bisogno di sapersi al sicuro di tanto in tanto, aveva bisogno di sapere che non era più sola.
Il passato non poteva essere cancellato, così come quelle venature che le cicatrici andavano tratteggiando lungo il suo corpo, ma il presente poteva essere vissuto con quel timido brivido di affetto di cui ogni uomo ha bisogno.
“Va bene.”

Si ritirarono nelle stanze di Sansa quando la notte era ormai immobile nel cielo e i corpi erano caldi e rasserenati nei giacigli.
Non era ancora una situazione normale per loro: non erano due fratelli nati e cresciuti insieme, non avevano visto i loro corpi crescere e farsi adulti.
Sansa si presentò nella camera lasciando che i capelli sciolti corressero a ricoprire la veste che nulla lasciava di scoperto ma di tutto sottolineava le forme. Entrò nel letto prima di lui.
Jon era cresciuto diversamente, non percepiva un reale imbarazzo.
Giacevano vicini in prossimità del fuoco ardente, il contatto tra i corpi era minimo.
“Hai paura?” le parlò piano.
“Sì.” Si voltò a guardarlo “Sono sicura di una cosa però: so che se dovesse vincere lei non mi avrà mai viva.”
Jon capì: sarebbe stato suo l'onere di proteggerla anche con la morte.
“Non vincerà.”
“Sei un romantico, Jon.” gli sorrise.
“Sei forte, Sansa. Hai superato con più ardore di ogni altro il passato e ora sei qui con chi ti vuole davvero sapere al sicuro.” la guardò serio.
“Petyr Baelish vuole una sola cosa da me, Brienne si cura di me per dovere e i tuoi uomini non si fidano.”
“Io mi fido di te.” trattenne le parole per un istante. “E il Mastino sembra davvero tenere alla sua sicurezza.”
Rise mentre abbassava gli occhi. “Il Mastino dovrebbe odiarmi.”
“Non è odio quello che vedo nei suoi occhi.”
Sorrise di nuovo. “Già.”

La notte cominciava a ritirarsi quando lo scoppiettio del fuoco era ormai cessato e la legna brillava solo di uno sporadico rossore. Sansa dormiva profondamente quando Jon scivolò via dalle coperte per ritornare nelle proprie stanze e convocare i lord e le lady che avevano scelto di stabilirsi a Grande Inverno.
Non rimase sorpreso quando si trovò a fronteggiare il lupo intagliato sul torace del Mastino appena aperta la porta. Credette di vedere sul suo viso il susseguirsi repentino di confusione, rabbia e dolore.
“Avresti potuto dirmelo che ci avresti pensato tu a tenere sotto controllo l'uccelletto di notte.” sputò acre.
Lo trovò bizzarro e in qualche modo divertente.
“Sono davvero lieto di vedervi così in pensiero per mia sorella.” rispose con tranquillità. “Ser Clegane” cercò di trovare le parole adatte, non era facile parlare di questioni personali quando l'unico pensiero per cui si affannava realmente era la guerra. “Sansa vi rispetta. Non dovrei essere io a discutere di queste cose ma... Trattatela con riguardo, so che le volete bene.”
Che cazzo gli era preso? Era diventato una ragazzina anche lui?
“Mi pare che abbia già i tuoi di riguardi.”
“Se avete ricevuto l'approvazione di Sansa significa che non siete una persona cattiva. Non lasciatevi impressionare dall'affetto che un uomo può mostrare per il sangue del suo sangue.”
Se ne andò senza ricevere risposta.

Sansa si svegliò non appena la porta cigolò. Aveva dormito bene anche se per poche ore. Quando uscì dalle proprie stanze l'alba era ormai prossima e Sandor Clegane era immobile lì di fronte a lei.
“Buongiorno, Sandor.” si sentiva particolarmente rilassata.
“Ciao, uccelletto.” rispose con più dolcezza di quanto avrebbe dovuto.
“Tra poco Jon discuterà del messaggio di Cercei con i suoi consiglieri e convocherà l'assemblea. Gradirei recarmi nel Parco degli Dei per riflettere.”
Cominciò a camminare in attesa che la seguisse silenziosamente.
Lo stridio delle schiniere del Mastino si rompeva contro l'affondo sordo della neve. Avvolgeva tutto ora, tutto era candido e troppo da sopportare per gli occhi.
Sansa si sedette sulla roccia che tante volte aveva accolto i pensieri e le parole di Catelyn e Eddard. Le mancavano da morire. Non aveva più preghiere per loro, non ne aveva più per nessuno.
Le sovvenne alla mente il ricordo della proposta di Baelish che poco tempo prima aveva ascoltato con taciuto rancore in quel medesimo luogo: per quanto avrebbe preferito trascorrere quel momento così intimo da sola, non le dispiaceva che la presenza del Mastino potesse scoraggiare episodi simili.
Era un uomo buono, non glielo aveva mai detto. Continuava a esserlo nonostante tutto, nonostante il male che aveva subito, le umiliazioni, il rifiuto da parte dell'unica persona che desiderasse proteggere.
“A che pensi, uccelletto?” la interruppe mentre fissava un punto imprecisato di fronte a sé.
“A te.” disse tranquilla.
Rise. “Non prendermi per il culo.”
Sorrise anche lei. “Pensavo al passato, Sandor. Pensavo ai miei genitori, a Joffrey, a Cercei, a Ramsay, a Baelish.” camminò lentamente “E a te. Non ti ho mai ringraziato per la possibilità che mi hai offerto quella notte.”
Non riuscì a sostenere il suo sguardo. “Lascia stare, uccelletto. Non avrei dovuto pensare che saresti venuta con me.”
“Avrei dovuto.”
“Così come non avresti mai dovuto lasciare Grande Inverno.”
Guardò altrove anche lei. “Non posso contraddirti.”
Quel silenzio confidenziale durò poco. Lo spezzò Sansa.
“Dopo aver sposato Tyrion Lannister e dopo la morte Joffrey sono fuggita a Nido dell'Aquila dove Ser Baelish ha ucciso sua moglie, mia zia Lysa, per salvarmi. Mi ha tenuta con lui. Ho imparato molto.” cercò la forza di continuare. “Mi hai poi consegnato a Ramsay Bolton, il bastardo dell'uomo che ha assassinato Robb. Mi ha stuprata di fronte a Theon.” alzò gli occhi su di lui “ancora, ancora e ancora.” fece una pausa prima di riprendere a camminare “Sono scappata grazie a Theon e Brienne e mi sono ricongiunta con Jon al Castello Nero, dove era Lord Comandante. Ci siamo ripresi Grande Inverno solo grazie all'aiuto dei Cavalieri della Valle.”
“Sansa..." la pausa fu più lunga di quando immaginasse "dov'è Ramsay Bolton?” ringhiò lapidario. Non fu facile scandire le parole.
“Morto.”
“Come?”
“L'ho ucciso io.”
Si guardarono a lungo.
Non si pentì di avergli raccontato tutto. Sandor Clegane era un uomo buono, non ingenuo o clemente. Era sicura che l'avrebbe capita, che avrebbe percepito come proprio quel rancore intrinseco che alimentava ogni pensiero, dal più puro al più perverso.
E il Mastino la capiva, in tutto e per tutto. Le parole, l'intonazione, lo sguardo, la cadenza dei passi combaciavano perfettamente con i bordi di un ricordo sbiadito ma vissuto più intensamente di quanto osasse ricordare.
Sansa interruppe quel contatto solo per tornare a sedersi.
“Vieni qui.” lo invitò vicino a sé.
Si trovarono fianco a fianco.
“Nessuno può proteggere nessuno.” lo guardò da sopra la spalla “Ma vorresti comunque rimanere qui con me?”
Sorrise docile “Sì, uccelletto. Non ti lascio.” sussurrò come fosse il più intimo dei segreti prima di baciarle i capelli.
Realizzò tardi che quel gesto avrebbe potuto costargli la fiducia che si era guadagnato, ma Sansa si limitò a sorridere con l'imbarazzo della bambina per cui aveva provato tanto affetto anni prima.


Come promesso, ecco il nuovo capitolo. Sinceramente credo che ce ne saranno ancora un po', sento il bisogno di mettere un po' di angst qua e là c:
Buona lettura,
Malessere

 

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** VI. ***


Capitolo VI

Il Trono di Spade non era mai interessato a Jon.
I re e le regine si erano succeduti con rapida monotonia così come i primi cavalieri e i nobili membri del concilio ristretto.
Il Trono di Spade non era un suo problema.
“Jon, non puoi continuare ad ignorare tutto questo.” Sansa intervenne dopo una breve pausa dovuta alla discrepanza di opinioni.
Ser Davor sospirò afflitto mentre Brienne sostenne con un cenno il pensiero di Sansa, Tormund invece se ne stava in silenzio, scuro in volto dopo aver ribadito più volte la sua.
“Non abbiamo abbastanza uomini per muovere un attacco su entrambi i fronti, Sansa.” suonò stanco.
“Cercei ha tanti nemici, non avrai difficoltà nel trovare nuovi alleati.”
“Non ho intenzione di combattere una guerra contro i Lannister!” si alzò con uno scatto.
“Che farai quando arriverà?” Sansa cercò di moderare i toni.
“La Lunga Notte sarà già piombata su di noi prima che possa accadere.”
“Jon, io...”
“Basta così.” la interruppe. “Ser Davos, convoca i nostri uomini: nessuno di noi andrà a Sud.”
Li abbandonò senza voltarsi.

Quel giorno Sandor si sarebbe occupato dell'addestramento delle reclute insieme a Jon e Brienne: aveva accettato la richiesta di Sansa di essere lasciata in pace solo dopo aver affrontato il suo sguardo gelido dopo l'incontro con i loro consiglieri.
Camminava con funerea lentezza sui bastioni di Grande Inverno lanciando di tanto in tanto uno sguardo verso la calca dell'allenamento.
Quando imbracciavano le armi sembravano tutti così concentrati sulle loro mani da dimenticare il resto del mondo.
Ecco perché i guerrieri perdevano sempre.
“Credi che mi possa avvicinare o il tuo cane cercherà di sbranarmi?”
Evitava sempre di guardarlo,sapeva quando quell'indifferenza lo infastidisse.
“Un cane può mordere, una donna può fare a pezzi il vostro cuore con uno sguardo.”
“Non ti ho mai sottovalutata, Sansa.”
Non era vero. Continuava a considerarla una debole, in fondo.
“Sansa.” le prese una mano con delicatezza “nessuno di loro vede quello che vedo io. Non riescono a scrutare la tua anima.”
Osservò con trattenuto disgusto le loro mani congiunte.
“Lord Baelish, a volte sono gli uomini che meno ci somigliano a capirci meglio di quanto potremmo mai immaginare.”
Le strinse il palmo con maggiore pressione. “E sono gli uomini che più ci somigliano a capire quanto farebbe male perdere queste persone.”
Alzò finalmente lo sguardo su di lui.
“Le tue minacce non hanno più il vigore di un tempo.” ritirò la mano prima di avvicinarsi a lui quanto più possibile “Hai paura di perdere, Petyr?”
Ditocorto rimase in silenzio più di quanto avrebbe voluto.
“Non ti farò del male, Sansa.”
“Alcune parole suonano così vuote nella tua bocca.”
“Lady Stark.” il timbro rauco e rognoso del Mastino sopraggiunse dalle scale che congiungevano il cortile dell'armeria alla prima pedana dei bastioni interni. “Vostro fratello chiede di voi.” Le si affiancò con goffa compostezza.
“Mastino, felice di godere nuovamente della vostra casuale presenza.” abbassò il capo in saluto.
“Sansa.” si chinò a baciarle la mano che poco prima aveva stretto con celata possessività. “È stato un piacere.”
Si congedò.
“Non è necessario che tu intervenga ogni volta.” si voltò verso Sandor.
“No, non è necessario, ma non mi piace.” borbottò.
“Perché lo fai?”
La guardò. Stava facendo figura del coglione.
La lupa aveva la lingua tagliente e lo sguardo di ghiaccio, era armata più di quanto potesse dare a vedere e se ne doveva fare una ragione.
Gli piaceva anche così. Soprattutto così.
Continuò a muovere gli occhi su di lei, incurante del suo sguardo indagatore.
La verità è che Sansa Stark era bella, bella da morire e così forte da far male.
Non aveva bisogno di lui, era vero: era lui ad aver bisogno di lei.
“Cazzo.”
“Eloquente.”
Risero. Il sorriso di Sansa era genuino, non era certo un'abitudine trovarsi in un momento di leggerezza tale da farle dimenticare anche per un solo e splendido attimo il turbine che le sconquassava la mente. Per Sandor il sorriso non era mai stato un'abitudine. Stava sorridendo perché lei sembrava felice.
Come il cane che si morde la coda per divertire la padrona.
Era bello, però.
Avrebbe voluto intagliare quel momento nelle arrugginite pareti del suo cuore: il cuore che aveva sempre pensato di non avere, il cuore che in gioventù batteva forte e leggero e pieno di aspettative, il cuore che si era spento insieme alle fiamme.
L'ennesimo punto di rottura di quella che avrebbe tranquillamente definito una vita di merda si era incarnato nella dipendenza, nel trasformarsi nel cane fedele di qualcuno: un male così interiorizzato da essere diventato la sua essenza.
Se ne andava perennemente in giro sbraitando per essere lasciato in pace, quando invece si ritrovava sempre in prossimità di qualcuno, per dovere quando si trattava di ringhiare ai nemici del re o per volere quando scalpitava per correre a leccare le ferite dell'uccelletto.
Sandor Clegane si sentiva un cane, era un cane e lo sarebbe sempre stato.
Un cane dipendente, assuefatto, innamorato.
Non si sentì un idiota pensando ai propri sentimenti, era un fatalista: se le cose stavano così non se ne poteva fare nulla.
Si maledì per quei momenti di debolezza: tutti avrebbero letto i suoi occhi, Sansa per prima.
Non gli importava del rifiuto che lei gli avrebbe sputato in faccia ancora una volta o dell'indifferenza che avrebbe mostrato nei suoi confronti, no. Aveva paura che qualcuno potesse ferirla in virtù delle attenzioni ricevute da una bestia.
Non sperava Sandor, non più.
Non era un lord, non era un cazzo si Ser, non era l'uomo giusto per lei: un cane non avrebbe mai potuto conquistare una lupa.
“È meglio che torniate ai vostri doveri.” suggerì con una certa tenerezza Sansa.
Ne rimase sorpreso, almeno prima di ricordare quanto dolci fossero i modi delle lady per sfanculare gli uomini.
“Capito.” si voltò per tornare dai suoi uomini.
“Sandor.” lo richiamò con un sussurro. “Grazie.”
“Va bene così, uccelletto.”

Nessuno la accettava per quello che era diventata, talvolta nemmeno Jon.
Sansa era fredda, astuta, inclemente, sola. Capiva che la parte peggiore del governare insieme a Jon era l'immagine che tutti avevano di lei: quella brutale, quella malvagia.
Non era una persona per loro. Non era nulla.
Nessuno amava Sansa Stark, solo Jon.
E il Mastino.
Non c'era stato bisogno di parole, solo di occhi: iridi brillanti e pupille dilatate.
Questo era il problema.
Le parole potevano nascondere mille e mille bugie, gli occhi no. Avrebbe riconosciuto il crudo desiderio se ne fosse brillata anche una sola scintilla: non l'aveva vista.
Era piuttosto affondata in una profondità di sentimento tale che mai avrebbe avuto il coraggio di associare a sé stessa.
Immobile sulle assi di legno scricchiolante fissava Sandor Clegane fendere l'aria come il peggior quadro che avesse mai avuto la possibilità di vedere: sudore gelido tra le piaghe di un volto deturpato e ricoperto da una barba incolta atta ad ospitare le smorfie di labbra concentrare e doloranti.
Talvolta la riguardava di rimando.
Avrebbe voluto che non fosse stato così onesto, sarebbe stato tutto più facile.
Eppure la mostruosità di Sandor sembrava combaciare così bene l'orrore nella sua testa.


Non so come salutarvi, sto pubblicando alle 3 di notte quindi immagino che un “Buongiorno!” possa andare bene.
Sto un secondino morendo di sonno quindi in primis chiedo clemenza per eventuali erroracci e mando un enorme ringraziamento alle persone che hanno lasciato una recensione e che, come sempre, mi regalano sempre alcuni dei migliori sorrisi della giornata [ x_LucyW, leila91 e Stellina1990 ]. Un bacione va ovviamente anche a tutti coloro che hanno inserito la storia tra preferite/ricordate/seguite.
Vado a morire, 'notte <3
Malessere
P.S. Domani probabilmente pubblicherò due o tre capitoli: come ho già accennato precedentemente, l'ispirazione vige su di me e vorrei cercare di concludere la storia in pochi giorni, prima di partire e di abbandonarla a sé stessa c:

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** VII. ***


Capitolo VII

Le giornate trascorrevano nella più totale solitudine.Jon continuava a ignorare la sua presenza e appariva sempre più preoccupato per le sorti della guerra contro i non-morti, Baelish sembrava essersi momentaneamente ritirato, probabilmente per architettare qualcuno dei suoi assurdi disegni per avvicinarsi al trono, gli altri lord e lady le rivolgevano appena qualche sporadico cenno di saluto.
Quella situazione stava diventando difficile da sostenere.
Non era giusto.
Non se lo meritava.
Odiava lamentarsi con sé stessa: percepiva quell'assillante fastidio che animava le sue voglie di ragazzina sognante. Non voleva essere così.
Sansa non voleva dipendere da nessuno, non voleva sentirsi così sola.
Voleva bastarsi e così sarebbe stato.
La fiducia le aveva solo strappato l'anima, l'onore aveva portato alla morte tutti coloro che amava.
Il cuore non serviva a nulla: nel gioco del trono si poteva sopravvivere solo con la testa.
Cominciò a temere di essersi adagiata fin troppo in quell'accennato tepore che l'affetto di Jon e del Mastino le donavano.
Aveva bisogno di pensare.

“Brienne” si rivolse con decisione alla donna che la fiancheggiava mentre passeggiava nei pressi dell'armeria “ho bisogno di parlare con il Mastino.”
“Mia Signora” cercò di attirare l'attenzione di Sansa “so che non avete bisogno del mio consiglio” si fermò di fronte a lei “ma quell'uomo non mi piace.”
“Ne sono consapevole. Non dovete preoccuparvi, lo conosco meglio di quanto pensiate.” le sorrise per rassicurarla.
Brienne annuì.
Si avvicinarono alla turba che gli uomini in addestramento stavano confusamente creando.
“Ser Clegane.” lo chiamò personalmente, avrebbe in questo modo reso con più chiarezza l'urgenza della convocazione. “Seguitemi, per favore.”
Il Mastino parve confuso per qualche istante prima reinserire la spada nel fodero.
“Sansa.” Jon le si avvicinò con notevole fretta. “Che stai facendo?”
“Ho necessità di parlare con Ser Clegane, Jon.” disse prima di voltargli le spalle con fare di sufficienza.
Jon la afferrò per un braccio. “Posso sapere cosa ti sta succedendo?”
“Ora ti interessa quello che penso?”
“Sansa, ne abbiamo già discusso. Io...”
“Lascia stare, Jon.” liberò il braccio “Devo parlare con il Mastino. Tornerà a breve.”
La guardò preoccupato.
“Non fare nulla di cui potresti pentirti.”
“Il pentimento non è proprio della natura umana, Jon.”

Le stanze di Sansa si dislocavano nella sezione più interna e protette di Grande Inverno. Ampie, silenziose, lontane dai luoghi trafficati.
Chiuse con pacatezza la pesante porta di legno spesso dell'anticamera senza sigillarla, i perni scricchiolarono gravi. Invitò con un gesto della mano Sandor ad accomodarsi su una delle sedie che ornavano il centro della superficie quasi vuota della parte più esterna dei suoi alloggi.
Si accasciò con notevole pesantezza, la corazza stridette con le placche superiori delle gambiere.
Sansa rimase in piedi mentre provvedeva con gesti lenti e misurati a ravvivare il fuoco del camino, lontano rispetto all'uomo.
L'impazienza del Mastino cominciava a farsi viva e non fu facile convincersi a tenere la bocca chiusa. Intanto la temperatura divenne progressivamente più tollerabile e Sansa posò su un consunto tavolo in pioppo scheggiato la pelliccia che la accompagnava quando si muoveva nei cortili della fortezza. Sfilò anche gli spessi guanti in pelle.
“Uccelletto, che succede?” non riuscì a mantenere quel silenzio a lungo, si stava sinceramente preoccupando.
“Sandor, non c'è nulla da temere.” lo rassicurò posando finalmente gli occhi nei suoi.
“Sembra quasi che tu stia per giustiziarmi.” scherzò.
Sorrise anche Sansa, gli occhi privi di reale divertimento.
“Non ne avrei motivo.” gli suggerì con tono piatto mentre cominciava a camminare leggera intorno a lui.
“Allora perché mi giri intorno come una lupa pronta a fare a pezzi un bambino?”
“Tranquillo.” bisbigliò mentre muoveva un passo dietro di lui.
“Non mi piace quando qualcuno si muove alle mie spalle, Sansa.” cominciò a percepire troppa ansia.
“Io non sono una persona qualsiasi, o sbaglio?”
Fece una smorfia rassegnata. “No, uccelletto, non sbagli mai.” la sentì sospirare.
“Cercei arriverà. Quando avrà circondato questa fortezza, in un modo o nell'altro, mi prenderà.”
“Nessuno lascerà che quella stronza ti torca un solo capello.”
“Sono già stata venduta dalle persone di cui mi fidavo.”
“Romperò le ossa di Ditocorto una a una se me lo chiederai.” ringhiò con soddisfazione.
Sansa si muoveva ora davanti a lui. “Lo so.” gli mostrò un cenno di interesse. “Devi farmi una promessa, Sandor.”
Era in procinto di aprire bocca quando lei si chinò posando le mani nude sulle sue ginocchia corazzate.
Non la vedeva così da vicino dalla notte della Battaglia delle Acque Nere.
“Quando Cercei vincerà, farai in modo che non mi abbia viva.” ridusse la voce a una bisbigliata sinfonia “E poi la ucciderai per me.” gli sussurrò all'orecchio.
Il corpo non rispondeva: i muscoli pesavano come un omogeneo fascio di pietra e la lingua bruciava fin dentro la gola, gli occhi erano immobili, serrati e scurissimi nel ghiaccio dei suoi.
“Nessuno ti farà del male o lo ucciderò.” disse di rimando con voce arrochita e graffiante.
“Promettimelo.” insistette piano mentre sollevava con sicurezza una mano sulla guancia deturpata del Mastino. La carezza scivolò lenta e oculata mentre le palpebre dell'uomo si chiusero tranquille contro il calore della pelle di Sansa. Durò tanto.
Si rimise in piedi prima di riprendere a parlare.
“Non ho finito qui.”
Riaprì gli occhi come se gli fosse stato tirato uno schiaffo.
“Non sarai più nella mia guardia.”
Non se lo sarebbe mai aspettato. Non aveva un cazzo di senso.
“Che cazzo stai dicendo?”
“Le voci corrono, qualcuno potrebbe dubitare ulteriormente della mia integrità.”
Per Sansa quella era la soluzione più logica.
L'avrebbe vista di nuovo come la ragazzina che mai avrebbe potuto provare affetto verso uno come lui, l'avrebbe odiata e sarebbe stato al sicuro: né lei stessa avrebbe sofferto per un sentimento che credeva non appartenerle più ma che, ogni volta che lui le era vicino, riemergeva prepotente, né la vita di Sandor sarebbe stata in pericolo a causa degli intrecci elaborati dalla gelosia di Ditocorto.
Andava bene così.
Scoppiò in una fragorosa risata. “Non è possibile, ancora con queste stronzate!” la guardò con un lampo d'ira “Sei incredibile, Sansa. Riesci a essere una stronza anche con chi sai che non ti potrebbe mai tradire, mai!” incurvò la schiena per porsi dinnanzi a lei, i nasi vicini. “Ecco perché nessuno ti ama.” sputò.
Rimasero in silenzio.
Continuò a sperare che Sansa ribattesse o lo contraddicesse ma non accadde.
“ 'Fanculo.” disse tra sé e sé Sandor prima di andarsene sbattendo con quanta più forza poté la porta.
Era giusto così.
Quella lacrima che scese dal ghiaccio del cuore di Sansa sarebbe rimasta un segreto.

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** VIII. ***


Capitolo VIII

Il vino di Grande Inverno sapeva di piscio.
Era trascorsa più di una settimana dall'ultima conversazione con Sansa e anche la sua più grande consolazione, l'alcol, non sembrava possedere più alcuna attrattiva.
Forse il vino era l'unica cosa che gli mancava di Approdo del re.
Aveva più tempo per sé: la notte non doveva essere spesa davanti alla porta della lupa. Poteva dormire, ubriacarsi, fare quello che voleva.
Era andata bene per i primi giorni.
La rabbia era stata scavalcata dal rancore, il rancore era stato placato dal vino.
Quelle notte il gelo si insinuava crudele. Aveva messo il naso fuori dalla stanza per pochi attimi e ne era rientrato tremante come un cucciolo bagnato.
“Inverno del cazzo.” borbottò.
Si fermò a ridosso della porta per osservare l'alloggio. Gli piaceva. Non era enorme, non era ricco, non c'erano vessilli o icone qua e là, era però abbondantemente spazioso, più di quello di molti altri. Forse era stata l'intercessione di Sansa a permettergli di abitare un luogo più comodo, forse no.
Ingollò senza riguardi l'ennesimo sorso di vino e scattò verso il muro, punendolo con un pugno ben assestato che ebbe qualche conseguenza solo sulle nocche arrossate e doloranti. Ogni tanto ne sentiva il bisogno.

Le notti dell'inverno erano tremendamente fredde ma sufficientemente clementi da concederle i migliori momenti con sé stessa.
Si assicurò in pochi minuti che l'ora tarda non portasse con sé ospiti indesiderati all'interno della fortezza. Non avrebbe comunque dormito in serenità.
Indossò con scarsa attenzione le vesti più pesanti che il suo scarso guardaroba potesse concederle e abbandonò il tepore della stanza.
Era difficile vedere quello che la luce della fiaccola non era poteva raggiungere; i suoi piedi avevano calpestato così tante volte quei corridoi che il gelo e la neve in tempesta non avrebbero potuto alterare la confidenza che con quelle pietre aveva.
La solitudine della notte era pacifica, non si manifestava così tormentata come osava fare di giorno, quando le piombava addosso sotto gli sguardi accusatori del mondo.
Giunse dinnanzi alla vecchia stanza di Arya.
Le mancava da morire.
Dovette impegnare una notevole forza per aprirla: in seguito alla cacciata dei Bolton Jon stesso si era sacrificato per ripulirla per poi ordinare che fosse lasciata disabitata.
Sembrava così sterile senza tutte quelle cianfrusaglie che Arya aveva il vizio di accumulare e nascondere. Si voltò verso l'oscurità del solarium: rivide quella ragazzina magra e scattante sferrare colpi al vento con le spade di legno rubate a Bran e Rickon.
Ricordò di quando la vecchia Nan cominciò a maledirla perché si ostinava a non imparare una della canzoni che una brava lady avrebbe dovuto conoscere.

A fool and a knight?
I have never heard of such a thing.
Sweet lady, all men are fools
and all man knights,
where women are concerned.

La voce di Sansa si armonizzava bassa e singhiozzante mentre la canzone di Florian&Jonquil scivolava via dalle sue labbra e le gambe si muovevano verso la protezione sicura del proprio letto.

I pensieri cominciarono a strattonarsi e accalcarsi e mordersi nella testa di Sandor. Il vino e l'odio potevano dar vita al veleno più dolce e sconvolgente.
Se ne stava ciondolante con le spalle appoggiate al legno della porta e la testa gettata con noncuranza all'indietro, gli occhi piantati sul fuoco.
Avrebbe bruciato dalle fondamenta quel maledetto posto.
Chiuse le palpebre nel momento in cui una dolcezza ingiustificata gli strinse lo stomaco. Mosse le labbra come se a cantare quella melodia sconosciuta che riecheggiava nelle sue orecchie fosse lui stesso.
Si rese conto di quanto fosse ubriaco quando capì che qualcuno stava realmente cantando.
Una sinfonia tenera e incerta lo avvolse con tanto amore che per un attimo pensò di essere ormai morto; percepì anche qualche passo leggero che andava progressivamente avvicinandosi. Un uccelletto era appena volato a pochi centrimetri dal suo cuore senza nemmeno saperlo.

“Pensavo che non conoscessi più alcuna canzone.” le disse mentre le parole in sinfonia continuavano a disperdersi.
La sagoma di Sandor si definì contornata di oscurità nella lontananza del corridoio.
“Mastino.” Sansa parve spaventarsi prima di focalizzarlo.
“Mastino, eh?” rise “mi devi proprio odiare.”
Cercò di ricomporsi nonostante l'aspetto terribile e disordinato che immaginava dovesse avere. “Non ti odio.” disse seria mentre tirava dietro le orecchie i capelli sciolti.
“Torni da qualche parte, uccelletto?” si avvicinò di pochi passi, rimaneva ancora una notevole distanza tra loro.
Lo guardò. “Temo di non essere così desiderata come potresti immaginare.” scherzò con fare amaro.
Sospirò. “So cosa si prova a non essere desiderati.” la guardò ghignando prima di sollevare nuovamente la bottiglia. “ 'Notte, uccelletto.” si voltò.
Sansa rimase lì, intontita. Nell'arco di pochi minuti le emozioni l'avevano sconvolta trascinandola con violenza dai ricordi più dolci alla realtà più dolorosa.
La notte poteva tutto, lo sapeva. La notte era la magia di essere tutti e nessuno.

Bussò con leggerezza.
“Vieni.” Sandor la accolse.
Guardò con interesse l'ambiente che la circondava, sembrava così adatto a lui. Aveva un odore virile.
“Credevo che fossi arrabbiato con me.” tornò seria mentre cercava di sembrare il meno a disagio possibile.
“Lo sono.” confessò brutale prima di riprendere fiato senza però dire nulla.
Mandò giù una quantità notevole di vino prima di sostenere il suo sguardo.
“Puzzavi di vino anche quella notte.”
“Vorrei essere deciso ad allontanarmi da te come quella notte.” si avvicinò.
Raramente Sansa aveva potuto vedere il mastino senza armatura. Le vesti pesanti non nascondevano le proporzioni assolutamente più grandi di quelle di qualunque altro uomo avesse mai avuto vicino.
“Canta ancora per me, uccelletto.” le disse piano mentre una mano scivolava tra i capelli liberi di Sansa.
“Non siamo più ad Approdo del Re, Sandor. Quell'occasione di essere felici è sfumata molto tempo fa.”
“Eppure noi siamo qui.” l'altra braccio si mosse ad avvolgerle il fianco. “Sansa. Lascia che io ti protegga.”
“Sei ubriaco.” gli rimproverò con freddezza senza però allontanarsi.
“Sì.” rispose ingenuamente. “Quando sei ubriaco puoi sempre dare la colpa al vino per i tuoi errori.” sorrise rassegnato.
“Quella sera” riprese Sansa “volevi baciarmi?” domandò mentre portava languida le mani sul viso del Mastino.
“Sì, ma tu non riuscivi nemmeno a guardarmi in faccia.”
Le voci ridotte a sospiri.
“Avresti potuto fare quello che volevi.” lo fissava senza batter ciglio.
“Te l'ho detto, uccelletto. Non ti potrei mai fare del male.” posò la fronte sulla sua nel gesto più intimo e naturale che due amanti potrebbero condividere.
Rimasero così, immobili per pochi secondi.
“Sandor.” notò che aveva chiuso gli occhi, coccolato dal tepore di quel contatto.
“Sansa.” se la morte lo avesse colto in quel momento sarebbe stato l'uomo più felice che questo infame mondo avesse mai visto.
Lo scoppiettio delle fiamme nel silenzio della notte si appiattiva contro i battiti folli del cuore di Sansa. Emozioni, emozioni, emozioni.
Non era pronta, non lo era. Ma lo voleva.
“Baciami.”
Fu immediato e naturale. Delicato e desideroso. Un'immagine sfumata e agognata dalle nervature che convergevano nella realtà di quel tocco.
Quel bacio era quanto di più sensato avrebbero potuto fare.
Quel bacio era solo il richiamo di una storia iniziata anni prima.

 

Eccoci ancora qui.
Dunque, mi rimangono pochi giorni per arrivare alla conclusione e temo di non riuscire a finire il tutto prima di partire. In ogni caso sarò fuori solo per pochi giorni, quindi invece di aggiornare ogni giorno, dovrete pazientare solo un pochino di più.
Questa volta mi scuso di cuore per eventuali errori ma, sapete, di sabato sera alle 3 Sandor non è l'unico a essere un po' ubriaco.
Spero che il capitolo vi abbia dato almeno una gioia ( si sa, la notte ci porta sempre ad essere meno moderati ), il prossimo riprenderà esattamente da questo splendido momento.
Ringrazio come sempre quelle persone che mi regalano sempre piccole perle di felicità con le loro recensioni [ Stellina1990, x_LucyW e Arì_San ] o inserendo la storia tra preferite/seguite/ricordate.
Vi mando un bigbacio
Malessere ( di nome e di fatto ) 

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** IX. ***


Capitolo IX

Gli occhi di Sandor Clegane erano quanto di più dolce avesse mai visto.
La fine di quel bacio e il lento dischiudersi delle palpebre incerte e vibranti avevano portato con loro il languore delle iridi scure e lucide.
Le avrebbe guardate per ore.
Sandor l'aveva baciata. Il Mastino, il cane di Joffrey.
Ora che quella disdicevole fantasia proibita si era violentemente scontrata con la realtà, si chiese come sarebbe stato riproporre quell'immagine al resto del mondo: avrebbero parlato, avrebbero riso forte, eppure l'avrebbe fatto mille e mille volte ancora.
Pozze di ghiaccio gentile lo stavano divorando.
La lupa gli stava stracciando il cuore e sbranando ogni fibra.
Sandor era felice, lo era davvero. Lo era perché negli occhi di Sansa non c'era alcune pentimento, perché lo guardava come se fosse stato il più bello e il più valoroso tra tutti i cavalieri.
La presa sul suo fianco si allentò, nonostante tutto temeva che quell'uccelletto sarebbe volato via.
Gli occhi di Sansa rimasero fissi nei suoi mentre andava a stringere quella mano titubante. Rimasero immobili mentre la riportava sul suo corpo, mentre la accompagnava lungo le proprie forme.
Non aveva mai sperimentato il tocco gentile di un uomo.
“Sansa.” la chiamò rauco “Voglio farlo ancora, ancora e ancora.” suonò come una preghiera.
Le portò con urgenza il palmo sul viso, come per tastare la realtà di carne e sangue del momento.
Sansa di contro fece scorrere le dita sul volto deturpato. Toccò ogni piega e rincorse ogni venatura, giunse poi a carezzare le labbra socchiuse.
Tornò ad avvicinarsi con esasperante lentezza prima di dare inizio a una nuova serie di baci.
La calma divenne foga e il languore passione.
L'umidità della lingua diede vita a un brivido piacevole lungo il pallore del collo fino di Sansa che gradualmente si abbandonò tra le braccia possessive dell'uomo.
Prese l'iniziativa quando la sua bocca scivolò verso l'orecchio di lui per rilasciare baci leggeri e sospiri di libertà.
Sandor le afferrò con naturalezza le cosce mentre mentre le pellicce caddero al suolo. La sollevò con uno scatto rapido per posarla con quanta più delicatezza gli fosse possibile sulle coperte consunte e disordinate.
Il corpo del Mastino la ricopriva completamente trasmettendole un calore che non pensava avrebbe mai potuto percepire nel gelo dell'inverno.
Lo schiocco di labbra seguiva il ritmo del crepitio della legna ardente.
Fu l'uomo a separarsi da lei quando le mani ghiacciate si insinuarono al di sotto della casacca per massaggiargli i muscoli lombari.
“Uccelletto.” sembrò in difficoltà “Non ti potrei mai fare del male.” ringhiò affannato.
“Lo so.” sorrise per rassicurarlo mentre le mani scivolavano più in profondità.
Gli sfilò la maglia.
Il torace di Sandor la sovrastava: possedeva la fisicità caratteristica dei Clegane, come le era stato suggerito molto tempo prima durante il torneo del re in onore di Robert Baratheon.
Lo osservò con più desiderio di quanto avesse mai guardato gli occhi limpidi di Joffrey o i ricci composti di Loras.
Lo baciò. Ancora, ancora e ancora, come aveva pregato.
Inarcò la schiena per donargli maggiore aderenza mentre i suoi gomiti si puntellavano lungo i fianchi ricoperti ora solo dalla veste.
Entrambi si sentirono pienamente appagati da quell'appassionata intimità che solo gli avanti potevano segretamente vantare di godere.
Non era facile trattenersi, non era per nulla facile reprimere gli istinti più puramente animaleschi che balzavano lungo ogni terminazione nervosa.
“Sandor.” lo accarezzò delicatamente “a cosa pensi?”
“Non voglio farti male, Sansa.” la guardò serio.
Sospirò prima di invitarlo a distendersi vicino a lei. “Non lo farai.” disse con un filo di voce mentre posava il capo sul suo petto nudo. “Non l'hai mai fatto.” ribadì.
Le baciò i capelli scompigliati mentre lasciava il pollice scorrere sulla spalla ormai scoperta. “C'è chi te ne ha fatto troppo.” disse con rancore inaspettato mentre la mano scivolava ora sulla schiena parzialmente scoperta.
La cicatrice contornava l'ombra della scapola, ondeggiando dal trapezio ai dorsali appena accennati.
Sansa rimase immobile al tocco di Sandor.
Non aveva paura, non voleva scappare. Non avrebbe lasciato che il ricordo mandasse in pezzi la perfezione di quel momento.
“Ramsay è morto.” disse fredda.
L'attimo di silenzio che seguì venne immediatamente interrotto proprio da lei. Fece slittare un braccio sul braccio libero di Sandor per poi portarsi sopra di lui: le gambe piegate aderivano bollenti ai fianchi dell'uomo le mani stringevano i suoi arti distesi.
Era sicuro che non avrebbe potuto vedere immagine più bella e sconvolgente in tutta la sua vita.
Avrebbe racchiuso l'eternità in quell'attimo.
Era tutto troppo. Troppo magico, troppo bello, troppo reale.
Non rimase sorpreso quando i loro respiri e sospiri vennero interrotti dal rumore sordo della porta. Riconobbe in sé solo un'immensa delusione, mentre non poté non notare il bagliore di preoccupazione che oscurò il volto di Sansa.
Sollevò la schiena per trovarsi davanti al suo naso.
“Tranquilla, uccelletto.” sussurrò prima di baciarla rapido e scivolare via dalla sua presa.
“Sandor.” lo richiamò preoccupata.
“Non ci scoprirà nessuno.”
Non si sarebbe offeso, non ci sarebbe rimasto male. Se ogni momento taciuto sarebbe valso anche una sola altra notte con lei, non avrebbe parlato per il resto dei suoi giorni.
Giunse con passo pesante nell'anticamera e aprì la porta quanto meno gli fosse possibile.
“Il re del Nord in persona.” ringhiò divertito “quale onore.”
“Sansa non è nelle sue stanze.” scandì serio.
“L'uccelletto starà svolazzando da qualche parte.” fece per chiudere la porta quando la mano di Jon lo impedì.
“Non sto scherzando, Ser Clegane.” lo fissò tremendamente preoccupato “Aiutami a trovarla.”
“Al diavolo, Snow.” lanciò uno sguardo verso la camera. “Fammi almeno mettere qualcosa o morirò col culo ghia...”
“Jon.” Sansa intervenne con voce ferma.
Nei suoi occhi il timore evolvette rapidamente in confusione, rabbia e probabilmente una miscela esplosiva di chissà quali altri sentimenti.
“Cazzo.” fu l'unica frase sensata che gli uscì dalla bocca.
Jon superò il Mastino con facilità e raggiunse Sansa nella camera.
La vide così: i capelli sciolti e selvaggi si insinuavano liberi nei drappi della veste piegata e maltrattata.
Sandor le si affiancò con il petto ancora nudo.
Il silenzio divenne imbarazzante.
“Era questo che intendevi, dunque?” disse alzando un braccio in direzione di Sansa. “È questo il modo in cui avevi intenzione di comprare la sua fedeltà?”
“Prova a dirlo un'altra volta e quel braccio te lo ritroverai nel culo, Snow.” ringhiò il Mastino avanzando con sicurezza.
“Sandor.” il tono gelido di Sansa lo fermò insieme alla mano che gli posò sul petto per impedirgli di procedere ulteriormente.
“Jon. Quello che decido di fare in privato non ti riguarda.”
“Non mi riguarda? Io e te dovremmo fidarci l'uno dell'altra, Sansa!” sbottò.
“Ma tu non ti fidi di me!” cominciò a perdere il controllo.
“Sansa, perché diavolo sei qui?” cercò di controllarsi mentre lanciava un'occhiata al Mastino.
Guardò rapidamente entrambi. “Sono qui perché lo voglio. Sono qui perché Sandor Clegane è l'uomo migliore che io conosca.” Tornò ad assumere quella compostezza gelida tanto ricordava sua madre.
Le si avvicinò afferrandola per il polso. “Sansa.” sussurrò con urgenza “rifletti bene, rifletti bene, Sansa. Io non... ”
“Jon” fu Sandor a parlare “non le potrei mai fare del male.” confessò guardandolo serio.
Sansa prese la mano del fratello. “Domani, Jon. Domani ne parleremo.” lo rassicurò dolce.
Abbandonò la stanza con il panico stampato sul volto.
Rimasero a fissare per qualche istante la porta ancora vibrante per la forza del colpo.
Sandor le prese la mano.
“Poteva andare peggio.” borbottò con leggerezza.
Risero entrambi con più gusto di quanto si addicesse a quella assurda situazione.
Sarebbe stata una lunga giornata.

 

Perdonatemi per il ritardo nel pubblicare il capitolo ma mi ci è voluto un po' per riprendermi dall'episodio di stanotte: spero che la mia storia vi possa regalare qualche gioia dopo tutti questi sconvolgenti eventi.
Vorrei sinceramente ringraziare le persone che hanno lasciato una recensione per la prima volta regalandomi parole stupende e le fedelissime che hanno seguito la storia sin da subito e hanno sempre speso un po' di tempo per dirmi la loro [ leila91, ghim92, AliceSanSan, Diomache, Roxane999 e Stellina1990 ]: siete veramente preziose. Un grande ringraziamento anche a chi ha inserito la storia tra le preferite/ricordate/seguite, un abbraccio enorme a tutt* voi.
P.S. Il prossimo capitolo arriverà entro domani, quello successivo purtroppo non arriverà prima di settimana prossima. Sarò all'estero e spero di avere comunque la possibilità di scrivere ma sicuramente non potrò pubblicare.
Perdonatemi.
A presto, un bacio<3

Malessere

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** X. ***


Capitolo X

La notte era stata clemente, aveva accolto Sansa e Sandor nel tepore delle coperte concedendo loro qualche ora di riposo.
Non era accaduto nulla: il sonno li aveva cullati come non succedeva da molto tempo e l'alba si era affacciata fin troppo in fretta.
Le prima luci illuminarono fredde le orme nella neve. Impiegò poco a capire a chi potessero appartenere.
Jon grondava mentre il cuoio della maglia ferrata cominciava ad assorbire le goccioline di sudore. La vide non appena entrò nell'armeria.
“Non credevo di vederti così presto.” le disse astioso mentre adagiava Lungo Artiglio lungo le pietre tozze di una delle pareti.
“O forse non eri preparato a vedermi così presto.” cercò di non lasciar trapelare la preoccupazione che aveva cominciato a coglierla.
“Forse hai ragione.” si voltò verso di se.
“Camminiamo.” lo guardò apprensiva.
Annuì con poca convinzione.

Il Parco degli Dei sembrava aver perso ogni aura di sacralità da quanto la neve e il ghiaccio lo avevano rivestito senza curarsi del suo valore. Era un bello spettacolo, nonostante tutto.
“Ti devo delle spiegazioni, Jon.”
“Non devi. Sansa, tu...” si schiarì rapidamente la voce “Ecco, sei adulta e capisco che...”
“Jon, ti prego.” abbassò gli occhi imbarazzata “Non ho intenzione di parlare con te di determinati... argomenti.” per un momento suonò stridula come una bambina.
Ritornò seria dopo pochi attimi. “Jon, vorrei soltanto mostrarti Sandor Clegane così come lo vedo io.”
“Ti ascolto.” lo sguardo pieno di velato rimprovero.
“Dopo la morte di nostro padre ho trascorso molto tempo ad Approdo del Re. Ero una prigioniera: una dolce e ingenua lady chiusa in una gabbia dorata. E questo era il trattamento che mi veniva riservato: scherno e umiliazione.” lo fissò seria parandoglisi davanti “Nessuno ha mai mosso un dito per aiutarmi, nessun nobile lord o nessuna bella lady.” sospirò per lasciar scorrere via quell'intensa scintilla di rancore “Una volta Joffrey ha ordinavo che venissi spogliata e umiliata... Eravamo nella sala del trono, davanti a tutti.”
“Sansa, io...” Jon le afferrò una mano con gentilezza.
“Avresti dovuto vedere gli occhi di Sandor Clegane.” gli sorrise debolmente “Dopo l'intervento di Lord Tyrion è stato proprio il cane di Joffrey a correre da me e a coprirmi con la sua cappa portandomi via da lì, sotto lo sguardo accusatorio dell'intera corte.” raddrizzò le spalle dopo essersi stretta in sé stessa come a ricordare la sensazione della stoffa ruvida.
“Così come è stato Sandor ad asciugare il sangue dalle mie labbra quando il re ha ordinato a una delle sue guardie di schiaffeggiarmi dinnanzi alla testa di nostro padre.” il ghiaccio sembrò allargarsi nei suoi occhi “ed è merito di Sandor se nessun uomo ha potuto abusare di me, né durante la rivolta del pane né all'interno della Fortezza Rossa.” si avvicinò a Jon “Sandor Clegane ha tradito il suo re per me, ha mentito per me. Ha ucciso per me.”
Amarezza, tristezza, agonia e stupore si insinuarono nelle pieghe del volto di Jon.
“Tutti sanno che il Mastino ha paura del fuoco, Jon. Per questo ha disertato la Battaglia delle Acque Nere: le fiamme stavano mangiando tutto. Ha mandato all'inferno Joffrey quella notte, ha mandato all'inferno tutti quanti.” cominciò a camminare di nuovo “Venne da me prima di andarsene. Voleva portarmi a casa, da mia madre e da Robb, voleva liberare il suo uccelletto da quella gabbia dorata.”
Si fermò. “Perché non sei andata con lui?”
“Perché ho avuto paura di lui, dell'unico uomo che mi abbia mai amata.”
Non aveva idea di come avrebbe dovuto risponderle.
Pensò semplicemente che non sapeva nulla di Sansa. Erano così vicini eppure la conosceva così poco.
Abbracciarla le sembrò la cosa più giusta. Fu un gesto d'affetto bello e puro, di quelli che temeva che avrebbero potuto consumarsi dopo la gioia del ritrovarsi.
Sansa si slegò dopo poco.
“Non voglio la tua compassione, Jon. Solo la tua comprensione.”
Sorrise. “Ho amato una donna in un modo in cui nessuno potrebbe immaginare.”
“Che ne è stato di lei?” suonò sorpresa.
“È morta combattendo per la sua gente, uccisa da un confratello dei Guardiani.”
“Jon, mi dispiace, io non...”
“Non possiamo fare più nulla.” le strinse le mani “Vorrei soltanto che tu non debba mai vederlo morire, perché so che lui lo farebbe per te.”
“Non posso proteggerlo, Jon. E lui non può proteggere me.” deglutì involontariamente “Voglio solo viverlo finché mi sarà possibile.”
Le baciò le mani con un sorriso rassegnato.
“Non lascerò morire uno dei miei uomini più fidati tanto facilmente.”

Non avrebbe potuto sopportare quelle fighette un secondo di più. Erano tutti dei maledetti incapaci.
Cominciò a imprecare tra sé e sé quando si rese conto che era ormai da tutta la mattina che il Re del Nord non gli staccava gli occhi di dosso.
“Ser Clegane.” Jon si avvicinò con notevole sicurezza.
“Non sono un maledetto ser.”
“Ho fatto spostare le tue cose.” riferì brusco.
Perfetto, lo stava elegantemente cacciando a calci in culo lontano da Sansa.
“Non avevo dubbi, Snow.”
“Alloggerai dinnanzi alle stanze di mia sorella.” disse assottigliando la voce con tremenda serietà.
“Credo di non aver capito.”
Quello era inaspettato, fottutamente inaspettato.
“Sansa si fida di te. So che cosa hai fatto per lei.” sospirò grave “Non posso rischiare l'incolumità di nessuno dei due, le voci corrono più di quanto potresti immaginare nel castello.”
“Hai paura che qualcuno veda Lady Stark sgattaiolare fuori dalla stanza di un cane e speri di usare la scusa della guardia?” scoppiò a ridere attirando l'attenzione di numerose reclute “Spero che non sia il tuo piano migliore altrimenti siamo fottuti.”
“Clegane.” Jon rimase serio “Non tempo che una persona qualsiasi possa scoprire la situazione tra te e Sansa.”
Ringhiò qualche insulto trascinato. “Potrei ammazzare Ditocorto qui e ora.”
“Non è così facile.”
“Sì che lo è, maledizione!” sbottò.
Jon distolse lo sguardo e si allontanò. “Sii prudente, Sansa è l'unica famiglia che mi rimane.”

“Dove se ne va quest'uccelletto tutto solo?” Il ringhio basso e sussurrato di Sandor le vibrò nelle orecchie.
“Stai cercando di spaventarmi?” Non si voltò ma il divertimento e lo stupore trasparirono chiari nella sua intonazione.
Sentì il rimbombo sordo dei passi di Sandor risalirle lungo la spina dorsale.
Le posò una mano sulla spalla lasciandola poi scivolare sul suo petto in un goffo abbraccio da dietro.
Sansa gli afferrò il polso. “Non dovresti avvicinarti così tanto in pieno giorno.”
“È stato il Re del Nord a ordinarmi di vegliare sul tuo letto.” mormorò con malizia sempre più brillante al suo orecchio.
Soffocò una risata. “Dubito che Jon abbia detto così.”
Anche Sandor sorrise prima di separarsi da lei.
“Allora, dove stavi andando?”
“Nella cripta, vorrei far visita ai miei genitori.” tornò seria.
Le accarezzò rapidamente i capelli, talvolta gli sembrava di non poter fare a meno di sfiorarla. “Ti aspetto qui.”
Fede per andarsene prima di voltarsi ancora. “Sandor.”
Mugugnò brevemente in risposta.
“Vieni con me.”

Quel posto metteva i brividi, pieno di gente morta e blocchi di pietra dal viso spaventosamente severo.
Sansa muoveva i passi leggera come un fantasma mentre l'armatura tintinnava rumorosa al ritmo dei passi pesanti.
Giunsero dinnanzi alla tomba di Eddard.
Sembrava così maledettamente serio e ligio al dovere anche da morto.
“Chissà che cosa penserebbe di me.” Sansa interruppe quel silenzio che sembrava protrarsi da un'eternità.
“Tuo padre ti amava, sarebbe fiero di quello che sei diventata.”
Sorrise pur mantenendo gli occhi fissi davanti a sé. “Ne sembri così sicuro.”
“Era un brav'uomo. Voleva proteggerti.”
“Una volta mi hai detto che era solo un assassino.” sussurrò, ricordando quanto quelle parole la ferirono.
“Uccidere un uomo in un mondo come il nostro non decreta chi siamo.”
Si voltò sorpresa “Ricordo che la pensavi molto diversamente.”
“Le persone cambiano.” la guardò di rimando “Ho capito di non essere soltanto uno stronzo assassino quando tu mi hai guardato come l'uomo che avrei dovuto essere.” si schiarì la voce “Ho capito che volevo essere quell'uomo, per te.”
Sansa afferrò quella mano infinitamente più grande della sua.
Rimasero in silenzio nella penombra della cripta per qualche minuto prima che Sansa potesse parlare nuovamente.
“Potresti lasciarmi sola per qualche minuto?”
“Certo, uccelletto.” le baciò la mano prima di avviarsi.

I pensieri e le riflessioni si affollavano prepotenti nella sua mente quando un tocco la fece voltare con urgenza.
“Lord Baelish.” disse gelida.
“Sansa.” inchinò il capo “Sei venuta a porgere i tuoi omaggi ai tuoi genitori?” sussurrò pieno rivolgendo uno sguardo di disprezzo taciuto verso la pietra dalle fattezze di Eddard.
“Sì e gradirei rimanere sola.” lo ignorò voltandosi verso il buio della tomba.
“Eppure mi è sembrato di vedere che non ti dispiacesse per nulla la compagnia del Mastino.” sussurrò ancora.
Rimase inflessibile. “È la mia guardia, Lord Baelish.”
“Ma certo, non ne dubito. Un cane rimane pur sempre un cane, non morderebbe mai la mano che lo nutre.”
“Sandor Clegane è un bravo soldato e un ottimo guerriero. Viene pagato bene e i suoi servigi sono estremamente graditi dalla mia famiglia.”
“Ne sono lieto. Abbiamo bisogno di uomini forti e fedeli come lui.”
“Soprattutto fedeli.” Gli lanciò un'occhiata rapida e piena di disgusto.
“Capisco.” Le sorrise “Spero che troverai la tranquillità che cerchi.” scivolò vicino al suo orecchio “A presto, uccelletto.”



Peto veniam per il ritardo. Sono appena tornata e ho scritto rapidamente questo capitolo che mi è girato in testa per tutta la vacanza, domani ripartirò e tornerò a pubblicare regolarmente dalla prossima settimana.
Spero che possiate avere un po' di pazienza e che intanto anche questa parte vi possa piacere come le precedenti!
Un bacione<3
Malessere

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** XI. ***


Capitolo XI

Quel posto era un fottuto labirinto. Aveva aspettato Sansa per ore fuori dalla cripta per poi scoprire che si era ritirata nelle proprie stanze senza nemmeno presenziare al pasto serale.
Spalancò la porta della camera senza alcun riguardo.
“Dove diavolo eri finita?” sbottò.
Sansa sedeva sul letto senza far caso a lui.
La neve continuava a scendere vibrando e oscillando sulle onde del vento nell'oscurità che la finestra incorniciava.
Le si parò davanti.
“Che succede?” domandò apprensivo prima di inginocchiarsi dinnanzi a lei.
Lo guardò con un velo di tristezza nelle iridi di ghiaccio. “Ditocorto lo sa.”
Le posò una mano lungo la coscia. “E questo sarebbe il tuo problema?”
Fissò gli occhi nei suoi. “Non mio, tuo.”
“Uccelletto, posso ucciderlo con una sola mano.”
Non sembrava affatto preoccupato.
“Siediti, Sandor.” lo invitò accanto a lei.
Si fece leva sulle gambe stanche tirando un lungo sbuffo: ricordava un cane infastidito dai rimproveri del padrone.
Prese posto mantenendo una notevole distanza.
“Ditocorto ha giurato fedeltà agli Stark ed è un alleato prezioso.” lo guardò sicura “Se decidesse di farti fuori saresti morto senza nemmeno accorgertene.” Rimase seria.
“Né io né tuo fratello permetteremo che si avvicini ancora a te.” continuava a mantenere un tono disinteressato.
“Non sei al sicuro.” insistette.
Cominciò a ridere con gusto prima di mettersi più comodo.
“Ti rendi conto di quello che dici, Sansa? Credi davvero che io sia sempre stato al sicuro nella mia vita? Non lo ero nemmeno da bambino.” ringhiò contorcendo con enfasi il volto deturpato. “Non capisco perché all'improvviso tu sia tanto preoccupata.”
“Tu non lo conosci!” sbottò Sansa alzandosi.
“Ho avuto a che fare con uomini peggiori di lui.” continuò a guardarla con sufficienza.
“Nessuno come lui.”
“Sembra quasi che tu lo ammiri.” disse a bocca stretta mettendosi in piedi.
“Mi ha insegnato molto.”
Gli diede le spalle e si avviò verso l'uscita. Sparì in pochi secondi.
Sandor sospirò pesantemente.
Come si gestivano certe situazioni, per i sette inferi? Aveva ammazzato decine di uomini, aveva combattuto e sconfitto la peggiore feccia del continente occidentale, aveva eseguito gli ordini più brutali che chiunque avrebbe mai potuto immaginare e ora non riusciva a capire cosa passasse per la testa di quella donna, quella maledetta lupa.
Troppo bella per lui, pensò. Troppo intelligente.
“ 'Fanculo” borbottò.
“Sansa!” la chiamò uscendo dalla porta. “Sansa, vieni qui!”
La notte non aveva ancora abbracciato le sue ore più profonde e i corridoi semibui non si presentavano ancora completamente inanimati.
“Lady Stark.” lo rimproverò prima di allontanarsi di qualche passo tra gli sguardi incuriositi delle lady e dei lord.
Era abituato a sentire i mormorii delle persone quando camminava o cavalcava in ogni dove, eppure sentire quegli orribili rumori serpeggiare alle spalle di Sansa lo imbestialiva.
Avevano lasciato la medesima stanza e l'aveva chiamata per nome prima che fosse notte, nel momento in cui gli sguardi del mondo erano ancora vigili sulla vita della Lady di Grande Inverno.
Che importava?
Un esercito di non-morti li avrebbe ammazzati tutti prima che potessero anche solo immaginare cosa fosse la vecchiaia.
Maledetti stronzi.
“Vi ammazzerò uno a uno prima dei fottuti estranei.” ringhiò in toni sprezzanti tra sé e sé.
“Sansa!” continuò a correrle dietro.
Le afferrò il braccio. “Fermati, dannazione!”
Impiegò qualche attimo prima di voltarsi. “Perché continui a farti del male?”
“Farmi del male?”
“Continui a starmi vicino.”
Si passò una mano sul volto. “Hai davvero bisogno di una risposta?”
“Sì.” l'espressione tremendamente seria.
“Prima del torneo in onore del primo cavaliere...” fece un cenno come per rimandare a un evento che avrebbe dovuto esserle più che noto.
Sansa sembrò confusa. “Che... Che cosa vorresti-”
“La notte in cui ti scortai nelle tue stanze, ti dissi che un mastino sarebbe morto per te.”
“Lo ricordo.”
“Non l'ho mai pensata diversamente, nemmeno quando ho lasciato Approdo del Re, nemmeno quando non sapevo se eri ancora viva. E non potrei pensarla diversamente ora.” la fissò senza lasciarle il braccio.
“Io non posso proteggerti.”
“Non voglio la tua maledetta protezione, Sansa!”
“Che cosa vuoi allora?” cominciava a perdere la pazienza.
“Solo stare con te.” disse in un soffio.
Spesso nella sua vita il tempo si era fermato. Sempre in attimi di dolore.
Avevano varcato un limite che avrebbe dovuto rimanere lontano. Non doveva succedere.
“Non doveva andare così.” fece scivolare il braccio dalla sua presa prima di rialzare lo sguardo e di piantarlo nel suo.
Non avrebbe retto a lungo con quegli occhi nei suoi. Non riusciva a sopportarli, quegli occhi gli bucavano il cuore.
Aveva sempre pensavo che il suo volto le facesse ancora paura, che nel profondo della sua essenza l'uccelletto tremasse alla vista dell'orrore inciso su di lui.
Invece se ne stava lì, senza paura a scrutargli l'anima.
“E invece è andata così, uccelletto.” ringhiò incurvando la schiena per fissarla da una distanza minore. “È andata così e non possiamo farci niente.”
Grande Inverno non era mai stata viva come la Fortezza Rossa. L'inverno era arrivato e le voci animate e limpide della gente si affievolivano sempre di più. Gli sguardi rimanevano. Rimanevano anche al calar della notte, anche quando avrebbero dovuto lasciare gli altri alla loro intimità.
Sansa aveva smesso di curarsi di quel che gli altri dicevano già da tempo. Conosceva le voci che correvano sul suo conto: Sansa Lannister, Sansa Bolton, Sansa Snow per i più maliziosi.
E ora si ritrovava lì, sotto gli occhi di coloro che avrebbero riso nel raccontarsi l'un l'altro delle notti agitate di Sansa Clegane, della nuova cagna del Mastino.
Avrebbe voluto ribattere, avrebbe dovuto farlo.
Non sapeva maneggiare la spada, non sapeva indossare un'armatura, sapeva solo parlare. Le parole erano l'unica arma che aveva e ora non riusciva ad aprir bocca.
Perché lui era lì e aveva combattuto con le parole meglio di quanto lei avrebbe potuto fare.
Le posò una mano sulla spalla per portarla sino alla nuca.
“Non ti lascerò mai, ficcatelo in quella testa.” disse chiaro e deciso senza moderare il tono della voce e senza cercare di passare inosservato.
A Sandor non importava niente di nessuno.
Ancora una volta, era lei la debole.
Se ne andò lasciando la penombra dei corridoi.

Non voleva rientrare nelle sue stanze. La notte era ormai calata e la sua mente era ancora troppo viva.
Passeggiò.
Camminò a lungo nei cortili bui della fortezza.
I passi ritmavano i suoi pensieri, aiutavano le immagini a schiarirsi a diventare più nitide.
Non voleva che il suo cuore annebbiasse la mente.
Le ore passavano e i piedi cominciavano a dolere mentre i muscoli a tremare.
Era ora di rientrare.
Era ora di salvare Sandor Clegane.
Giunse nelle sue stanze con passo rapido. All'indomani avrebbe allontanato il Mastino da Grande Inverno, gli avrebbe assicurato una vita agiata e-
Lo trovò lì, avvolto dal sonno più profondo tra le pellicce e le coperte del suo letto. L'aveva aspettata.
Le avrebbe voluto dire qualcosa, magari. Forse qualcosa di troppo pericoloso per entrambi.
Non importava.
Era lì, calmo e sereno nel letto dell'uccelletto che aveva sempre protetto.
Nessuno le avrebbe mai potuto credere se avesse detto che anche Sandor Clegane era capace di dormire come un bambino.
Sorrise senza rendersene conto.
Si chinò per lasciargli un bacio sul volto deturpato, un bacio così pieno di tenerezza che ne rimase sorpresa per prima.
“Uccelletto...” lo sentì sbiascicare mentre apriva piano gli occhi scurissimi. “Vieni a dormire.”
“Pensavo che volessi parlare.” gli disse posandogli una carezza.
“Abbiamo una vita per parlare.”
Si addormentò con lui, nel calore della protezione che due incoscienti riuscivano a donarsi l'un l'altra.


Chiedo perdono per l'immenso ritardo! Tra le vacanze e le imprecazioni per la sessione autunnale qui non si vive un attimo tranquilli. Risponderò subito alle recensioni e chiedo scusa a tutti coloro che hanno ricevuto risposte frettolose o che non le hanno ricevute. In ogni caso vi ringrazio, davvero, continuate a strapparmi sorrisi infiniti!
Intanto la stagione va avanti e OMMIODDIOCOMESIRESPIRA.
Vi amo tutt*, provvederò a ringraziarvi singolarmente nel prossimo capitolo!
Un abbraccione <3
Malessere

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** XII. ***


Capitolo XII

La bellezza di Sansa Stark non era mai cambiata. Aveva sempre creduto che fosse troppo bella per tutti, ancor di più per lui.L'immagine di quella bambina spaesata che vagava tra gli accampamenti Lannister sulla Strada del Re lo colpì all'improvviso.
Dèi, quanta tenerezza una sola donna poteva trasmettere.
Poi la tenerezza era diventata terrore, disgusto, rabbia. Forza.
Era lì accanto, addormentata sotto le sue stesse coperte.
Non riusciva a distogliere lo sguardo dai capelli sciolti e aggrovigliati dalla notte.
Il volto non era rilassato, bello sì, ma tremendamente serio.
Sembrava ancor più nobile nell'abbraccio del sonno.
Non si meritava quella felicità, non si meritava di riposare le membra nello stesso letto di Sansa, rilassato e docile, privato di ogni armatura e dignità.
"Sei bellissima." Le sussurrò nell'orecchio mentre le dita scorrevano tra le ciocche.
Sorrise per un attimo e si voltò con lentezza verso di lui. "Non avrei mai pensato che saresti stato così dolce."
"Posso tornare a essere detestabile quando voglio." Disse piano cercando di sembrare offeso.
"Non ne sarei così sicura."
"Che vuoi dire?" Tornò serio.
"Sei cambiato." Puntò gli occhi nei suoi puntellandosi su un gomito. "Una volta avevo paura di te.”
"Forse non sono io quello che è cambiato, uccelletto."
Sospirò. "Forse siamo cambiati entrambi."
Le prima luci del mattino penetravano intense e gelide. Ormai la dolcezza calda del sole era una ricordo lontano, il mondo adesso oscillava tra il bianco e il grigio per spegnersi nel nero più profondo.
"Non me ne frega più niente, uccelletto."
"Che intendi?"
"Ho sempre pensato che sarei morto giovane, magari nel tentativo di uccidere quel bastardo di mio fratello." Rise amareggiato. "Ed ero anche convinto che tu saresti morta prima di me."
"Non siamo al sicuro nemmeno ora."
"No, non lo siamo." Sospirò pesantemente "Che succederà quando arriveranno?"
Sansa si adagiò nuovamente sul cuscino "Non ne ho idea. Forse moriremo, forse sopravviveremo."
"Sansa." Risuonò estremamente serio.
Lo guardò in attesa che proseguisse.
"Combatterò se sarà necessario."
Anche i suoi sospiri divennero pesanti "Lo so."

Grande Inverno era sempre stato un luogo silenzioso, anche nei suoi momenti più gioiosi. Il popolo del Nord non era educato e attento all'etichetta, ma sicuramente non poteva essere considerato festaiolo o rumoroso. Quella sera la sala dei banchetti rimbombò di voci e grida come mai prima di quel momento.
Voci infantili, voci adulte, anziane, abbrutite, arrochite. Il disappunto riecheggiava alto tra le fila dei signori fedeli alla casa Stark.
Il re del Nord aveva deciso di prendere parte al piano più folle che fosse stato mai concepito e il malcontento aleggiava ingombrante.
La breve assenza di Jon non era stata problematica, il castello aveva proseguito tranquillamente con la propria vita. Il ritorno di Jon, le sue parole, quelle erano state il problema.
Sarebbe andato a Nord, nel vero Nord, con un pugno di uomini per seguire le strategie che Tyrion Lannister e Daenerys Targaryen gli avevano indicato.
C'era chi esprimeva il proprio disappunto per il piano in sé, chi temeva per l'incolumità del proprio re e chi, legato alle antiche tradizioni, ripudiava la collaborazione con le casate del Sud.
"Basta così!" La voce di Jon riuscì ad emergere con fatica. "Miei signori, mie signore! So benissimo che è una follia, che tutto questo è assurdo. Ma è l'unico piano che abbiamo." Abbandonò la sedia patronale per camminare tra i presenti "se rimaniamo fermi qui, verremo presto schiacciati, non importa da chi, forse dagli estranei, forse dall'esercito Lannister." Si fermò per un attimo. "Abbiamo bisogno di ogni uomo, donna e bambino del continente per battere il Re della Notte. E se questo è l'unico modo, allora rischierò la vita."
Sansa era immobile, il Mastino dietro di lei.
Jon sarebbe andato al di là della barriera.
Jon sarebbe andato da solo contro l'esercito dei non-morti.
"È una follia" sbiascicò. Si sentiva confusa.
Jon la notò insieme a pochi altri.
"Sansa." Si avvicinò
Indietreggiò senza pensarci. "Come puoi fare una cosa simile?" Lo guardò come se le avesse piantato un pugnale nel petto "Come puoi farmi questo?" Percepiva gli occhi inumidirsi.
"Non ho scelta." Le disse carezzandole una guancia. Si volse nuovamente verso i lord e le lady "andrò con pochi uomini scelti. Tormund e Ser Davos mi hanno preceduto al Forte Orientale dove l'esercito dei non-morti si sta dirigendo." Deglutì, conscio delle parole che si accingeva pronunciare "Partirò prima del crepuscolo. Lascio a voi, voi tutti, il Nord. Proteggetevi l'un l'altro. Se non dovessi farcela, sarà mia sorella a guidarvi. Spero che possiate perdonarmi, lo faccio per tutti noi."
Piombò il silenzio.
Jon abbandonò la sala lasciando che l'angoscia attanagliasse il cuore di tutti.

Sansa gli corse dietro.
Jon aveva appena spalancato la porta delle sue stanze quando lo raggiunse.
"Non farlo" disse con il respiro affaticato "Non farlo, Jon."
La guardava severo.
"Non puoi lasciarmi, non ora che siamo a casa, insieme!" Una lacrima sfuggì al suo controllo "Non, ti prego! Io non-"
Le parole le morirono in gola quando la strinse. Quell'abbraccio sapeva di paura, paura di perdere e paura di perdersi.
"Perdonami" le sussurrò mentre le afferrava il volto con entrambe le mani. "È il mio dovere."
Sansa sapeva bene cosa implicasse il dovere, lo capiva ma non lo voleva accettare.
"Sarai bravissima a governare."
"Non è quello che mi preoccupa."
"Lo so." Il dolore gli oscurava gli occhi "Tornerò."
"Non è vero."
"Tornerò, Sansa." Le bisbiglio con quanta più dolcezza potesse prima di posarle un bacio leggero sulle labbra.
Fu un attimo, un tocco fugace.
Non c'era malizia, si trattava di amore profondo, indefinito e carico di sofferenza. Amore fraterno e amore intimo.
Jon distolse lo sguardo dalle labbra schiuse di Sansa poco prima che una voce rauca e bassa li raggiunse.
"Verrò con te."
Sandor Clegane li stava fissando da lontano.
Mosse qualche passo verso di loro.
Ancora una volta le emozioni di Sansa rimasero taciute.
"Devi rimanere qui con lei." Risposte Jon allontanandosi dalla sorella.
"Non dirmi quello che devo fare." Ringhiò stizzito.
"Sandor."
"Non provare a convincermi del contrario, Lady Stark." La guardò reprimendo un moto di rabbia che non le sfuggì.
Sospirò. "Mi troverai ai cancelli al calar della notte." Jon diede un ultimo sguardo a Sansa prima di ritirarsi.

Raggiunsero le loro stanze in silenzio.
Sansa non lo guardò nemmeno una volta.
"Vuoi dirmi qualcosa prima che vada a farmi ammazzare?" disse il Mastino.
"Vuoi che ti implori, Sandor?" Lo guardò gelida. "Vuoi che ti preghi di non partire?".
Rise con amarezza. A Sansa parve di risentire quella risata tanto simile a un latrato che l'aveva terrorizzata in troppe occasioni.
"Vorrei solo che fossi chiara. Non capisco se mi prendi per il culo da quando ho messo piede in questo fottuto posto o se devo credere a ogni stronzata che mi hai detto."
"Smettila."
"Smettila di fare cosa? Di pentirmi di ogni cazzo di momento che ho passato con te? Di aver speso le ultime ore su questa rottura terra con una puttana bugiarda?"
Lo schiaffo arrivò repentino.
"Sei odioso, lo sei sempre stato." Sbottò con le lacrime agli occhi. "Non avrei mai dovuto aprirti le porte della mia casa."
"Hai ragione, uccelletto. Ecco perché me ne vado." Disse piano.
"Sandor."
"Che altro vuoi?"
"Riportami Jon." Disse seria.
Sorrise infastidito. "Sì, uccelletto.".
"E non provare a lasciarmi sola in questo mondo." Gli afferrò la mano.
Sandor la ritirò immediatamente.
Si voltò a guardarla prima di cadere con le spalle sul muro retrostante.
"Perché dovrei crederti, Sansa?"
"Perché io sono tua." Si avvicinò posandogli le mani intorno ai fianchi in un tocco possessivo. "E tu sei mio."


Eccoci qui. Sono stata molto indecisa sullo svolgimento di questo capitolo, principalmente perché non so quale piega prenderà la storia visto che cercherò di basarmi sul prossimo episodio :')
Ho cercato di riportare un po' tutti con i piedi per terra prima di scadere nelle romanticherie estreme che poco si addicono a tutti questi idioti che fanno piani di merda ( peto veniam, piccolo sfogo dopo la 7x05 ) <3
Passiamo ora a questioni più serie: i ringraziamenti. Chiedo il vostro perdono per non avervi dedicato il giusto spazio negli ultimi capitoli ma ho sempre pubblicato tutto con una certa fretta. Vorrei ringraziare per le splendide e costruttive recensioni x_LucyW, SaphiraLupin, leila91, AliceSanSan, Stellina1990, Dahu, sarab22, Wolly, DollParts e ghim92. Mi avete aiutata tantissimo e, soprattutto, incoraggiata a continuare a scrivere, non vi sarò mai abbastanza grata.
Vorrei anche spendere due parole per coloro che hanno inserito la storia tra le preferite, siete silenzios* ma mi avete regalato tanti sorrisi, ringrazio dunque AlephBlack, Andreade1503, bekkuzza_chan, Breedadi1, Gaia Bessie, GaiaJackson2, Gotlover, Grr21, Houndmoon, HypnosBT, Lestrange_88, mik_hewer, Missmodette1989, Roxane999, Shanna_RenicoBOO, sofiasmilers e _grifone31.
Un abbraccione a tutt*
<3Malessere

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** XIII. ***


Capitolo XIII

S P O I L E R : Se non avete visto la 7x06, sconsiglio la lettura. :)

I venti dell'inverno soffiavano di giorno in giorno sempre più gelidi. I focolari non sembravano più riscaldare abbastanza, il cibo non ristorava mai a dovere, il vino non bruciava le membra come avrebbe dovuto.
Grande Inverno non aveva più il sapore di casa, non senza Jon. O senza Sandor.
Non aveva più ricevuto notizie.
Forse erano ancora in viaggio, magari erano già morti.
Non riusciva a immaginare alcuno scenario, tutta quella situazione sembrava aver ghiacciato i meccanismi nella sua testa.
Non conosceva il nemico.
Sapeva che trascorrere le notti sui bastioni esterni della cinta muraria non li avrebbe riportati indietro, ma l'immagine del loro improvviso ritorno non le permetteva di muoversi.
Avrebbe pensato al bene degli altri quando la luce del giorno l'avrebbe ricondotta alla realtà.
"Mia Signora." Il tono di Brienne era estremamente sommesso. "Forse dovreste rientrare."
"Non temere Brienne, non mi succederà nulla."
"Allora permettetemi di rimanere qui."
Si voltò. Era sicura che in tutta la sua vita non avrebbe mai conosciuto nessuno tanto leale quanto Brienne di Tarth.

Annuì: sarebbe stata una lunga notte.
"Lady Sansa." Interruppe il silenzio dopo pochi minuti. "Se il Re del Nord è forte almeno la metà di quanto lo siete voi, tornerà sicuramente."
Le sorrise con una spontaneità inattesa.
"Anche il Mastino tornerà."
"Lo spero, Brienne."
Il silenzio riavvolse entrambe.
Le gambe cominciarono a dolore dopo poco. Per quanto inopportuno o disdicevole, Sansa non esitò a prendere posto per terra.
Quante volte da bambina si era nascosta lì insieme a Jeyne Poole? Quante volte Arya le aveva sorprese e aveva cominciato a tormentarle?
Le mancavano terribilmente.
Ogni emozione era così viva in quell'istante che temette di lasciarsi sfuggire qualche lacrima da un momento all'altro.
"Mia Signora, state bene?" A Brienne non sfuggì quel bagliore di dolore sul suo volto.
"Sì Brienne. Sono solo stanca e-" esitò prima di continuare. "Ho davvero paura che possano non tornare mai."
"Se me lo chiederete andrò a cercarli io stessa oltre la Barriera."
"Non potrei mai farlo. È troppo pericoloso." La guardò con gratitudine. "E sei l'unica amica che mi rimane."
Un accenno di sorriso illuminò anche il volto della guerriera.

Non si era nemmeno resa conto di aver chiuso gli occhi quando le urla di alcuni uomini la colsero all'improvviso.
Alzò gli occhi verso Brienne che se ne stava in piedi a guardarla con preoccupazione.
"Sono tornati?" La voce arrochita si acutì.
"Solo il Mastino, Mia Signora." Disse diretta
Si alzò in fretta e spaesata e corse verso i cancelli.
Sandor Clegane camminava piano e con una zoppia appena accennata, evitando le domande delle guardie e lanciando sguardi storti verso i curiosi che cominciavano ad abbandonare le proprie stanze per avvicinarsi.
Sansa cercò di ricomporsi prima di entrare nel cortile.
"Ser Clegane." Il volto era serio ma gli occhi vibravano arrossati.
"La prossima volta che tuo fratello ha un'idea del cazzo ricordami di ucciderlo prima che ci faccia ammazzare tutti." Sputò.
Non si sarebbe aspettata una reazione simile.
"Non mi guardare con quella faccia, uccelletto. Jon è vivo." Le fece un leggero cenno col capo.
Capì che ne avrebbero parlato lontano da occhi e orecchie indiscrete.
Raggiunsero rapidamente la camera di Sansa.
Era pronta ad ascoltarlo prima che lui sbattesse la porta rabbioso e si liberasse degli strati di pelliccia più ingombranti.
Era inquieto.
"Sembri terrorizzato."
La guardò dopo qualche istante.
"Terrorizzato?" Un sorriso amaro gli scavò il volto. "Tu non hai la minima idea di quello che ho visto là fuori."
"Ce l'avrei se me lo dicessi."
"Non ne usciremo mai vivi, uccelletto." La fronteggiò. "Ho visto centinaia di morti camminare e mordere e combattere. Questa maledetta spada non serviva a un cazzo." Afferrò il fodero con un gesto stizzito. "Non sono riuscito a salvare il mio dannato culo, pensi che possa proteggere te?"
Le parve di riascoltare quel tono rabbioso che tanto l'aveva spaventata in passato.
"Avevi ragione." Si allontanò per sedersi sul letto. "Dei, hai sempre ragione." Borbottò.
"Non capisco." Rispose timorosa.
"Nessuno può proteggere nessuno, uccelletto." Alzò gli occhi su di lei.
"Sandor, dov'è Jon?"
"Con la maledetta Regina dei Draghi."
Lo guardò con espressione interrogativa.
"Se non fosse stato per lei non sarei qui."
"Dovrei ringraziarla per questo?"
"Basta cazzate."
Si fissarono a lungo. Sansa non riusciva a capire quanto grande e rovente fosse la paura che attanagliava ogni viscera del Mastino.
"Non ne usciremo vivi."
"Non ho mai pensato che sarebbe finita bene per noi."
"Sansa, finirà prima di quanto pensiamo."
Lo raggiunse. Lui aveva distolto lo sguardo. Quando posò il capo sulla sua spalla percepì un lieve tremore.
"Tutti hanno un punto debole. Anche il Re della Notte.”
Rise appena. "Io ne avrei molti di più in ogni caso."
"Se Jon ha ragione e il fuoco dei draghi può-"
"Non parlavo del fuoco." La interruppe mentre continuava a volgere gli occhi altrove.
Sansa aspettò che continuasse a parlare ma l'uomo le afferrò la mano stringendola con possessività.
"Parlo di te."
Lo baciò.
Non amava essere così impulsiva, ma in quel momento le sembrò che l'unica cosa giusta da fare fosse afferrare il volto di Sandor Clegane e baciarlo.
Era un contatto passionale.
Percepì l'urgenza di quel tocco da parte di entrambi, sentì quella nota stonata di disperazione e paura di perdersi del Mastino.
Ci volle poco affinché i doveri la richiamassero alla realtà.
Brienne entrò con sicurezza e si irrigidì prima di poter aprire bocca.
"Fottuta Brienne di Tarth, non ti hanno insegnato a bussare?"
Sansa lo rimproverò con lo sguardo.
"Lady Sansa, i signori del Nord chiedono notizie della spedizione al di là della Barriera." Cercò di sembrare quanto più composta le riuscisse.
"Certo, Brienne. Arrivo subito."
Chinò appena il capo e si defilò.
"Dobbiamo dire loro cosa hai visto."
La guardò come se fosse impazzita. "Mi stai chiedendo di parlare a tutti quegli stronzi?"
Sansa si alzò ricomponendosi. "Non te lo sto chiedendo, te lo sto ordinando."
"Maledetto uccelletto."

Non era andata bene. Se la tensione tra le mura di Grande Inverno era già stata un problema considerevole prima, ora correva il serio rischio di trasformarsi in paura.
E la paura non è un buon incentivo per tenere i popoli del Nord riuniti sotto un unico vessillo.
Li aveva calmati, aveva ricordato loro i valori dell'unità e della fedeltà, consapevole del fatto che se ne sarebbero ricordati solo per un tempo ben determinato.
"Sei stato bravo." Gli disse mentre calpestavano la neve dei bastioni.
"Non mentirmi, lo sai che un Mastino capisce sempre quando dici cazzate.”
"A volte sembra che il tuo nome serva solo a giustificare i tuoi comportamenti."
"Sono un cane, lo sai."
Si fermò. "No, non lo so. So che sei un uomo, un uomo burbero e odioso, un combattente e un uomo d'onore."
"Credo che tu veda una persona diversa, uccelletto." ribatté infastidito.
"No, sei tu che non vuoi vedere la persona che sei." Disse mentre riprendeva a camminare.
Sentì Sandor sbuffare.
"Stasera presenzieremo entrambi al pasto serale, siederai vicino a Brienne. Quegli uomini devono capire l'importanza che puoi avere per loro e-"
La afferrò per la spalla. "Non sono nessuno per questa gente. Non me ne frega un cazzo di loro, non voglio-"
"Non mi interessa quello che vuoi e cosa pensi di loro. Tu sei stato oltre la Barriera, tu hai incontrato il Re della Notte. Jon non è qui e io non sono un soldato, oramai hai un ruolo anche tu e dovrai fartene una ragione."
Non contestò.
Passeggiarono a lungo, Sansa continuava a dare ordini e consigli nei luoghi e sugli argomenti più disparati.
Sandor si domandava come facesse ad avere tanta pazienza. Era brava in quello che faceva, sembravano rendersene conto in pochi.
"Mia Signora." Ditocorto si avvicinò flemmatico come sempre. "Posso parlarti in privato?"
Fece cenno a Sandor di allontanarsi e le sembrò di sentire un insulto rivolto all'uomo. "Non ho molto tempo."
La fiancheggiò mentre ripresero a camminare verso una zona meno popolata. "Il Nord ti segue, Lady Sansa, così come I cavalieri della Valle."
"E temi che un uomo del Sud potrebbe creare dissensi." Lo anticipò.
"Sansa." Le accarezzò le spalle puntando gli occhi nei suoi. "Non lasciare che i sentimenti intralcino il tuo cammino. Non deve mai succedere."
"Altrimenti, Lord Baelish?"
"Finirai per soffrire quando le persone che ami ti tradiranno." Fece scivolare una mano sulla guancia. "E non potrei sopportarlo." Si avvicinò di un passo. "Un cane è fedele solo alla mano che lo nutre. Che succederà quando non gli darai più quello che vuole?" Sussurrò.
"C'è solo una persona di cui non mi fido qui, Lord Baelish."
Si allontanò prima che quella assurda conversazione potesse continuare.

"Ancora non capisco perché sia vivo." Disse Sandor mentre la donna si apprestava ad accendere il fuoco con difficoltà.
"Dovresti chiamare qualcuno." Aggiunse subito dopo averla notata.
"E permettere che ti vedano solo con le braghe nelle mie stanze?"
"Sai quanto me ne frega."
Sansa si lasciò sfuggire uno sbuffo, certe volte era davvero frustrante avere a che fare con il Mastino.
"Uccelletto."
La donna si voltò solo dopo la riuscita dell'impresa.
"Vieni qui."
"Devo occuparmi di alcuni messaggi da inviare alle altre città del Nord, Sandor. Tu precedi-"
"Adesso." Abbassò lo sguardo mentre si accomodava sul letto. "Ti prego." Disse con estremo imbarazzo.
"Ti senti bene?" Rimase spiazzata.
Quando decise di avvicinarsi il Mastino la attrasse a sé afferrandola per i fianchi e posò il capo sul suo petto.
Quello era un abbraccio pieno di dolore, pensò Sansa.
Gli accarezzò i capelli e parte della bruciatura.
Passò qualche minuto prima che si separassero.
La amava come non avrebbe mai potuto amare nessun altro, Sansa lo sapeva.
Pensò alle parole di Baelish, pensò all'opinione che le persone avrebbero avuto sulla sua vita privata. Pensò ad Approdo del Re.
Si rese conto, forse accettò semplicemente, che avrebbe voluto Sandor Clegane nella sua vita. Lo avrebbe voluto vicino nei momento più bui del suo passato e lo voleva nel suo immediato futuro.
Il Mastino si alzò per baciarla.
Da tanto tempo non sentiva lo stomaco vibrare per un'emozione così ingenua e pura. Lo avrebbe ringraziato anche per questo.
"Uccelletto." Deglutì e per qualche istante risuonò come se fosse in procinto di parlare. "'fanculo, non sono bravo in questa merda." Sembrò terribilmente a disagio.
"Va bene così, Sandor." Lo rassicurò prima di invitarlo a sedersi sul letto.
Fece scorrere le dita sulla guancia dell'uomo e prese l'iniziativa cercando di non sembrare ridicola o spaventata.
Sapeva che vedere la paura nei suoi occhi l'avrebbe ferito.
Si sedette a cavalcioni su di lui mentre con lentezza cominciava a liberarsi dei propri abiti.
"Sansa, io-" aveva la voce più rauca e affannata "Non voglio farti del male."
"Non mi farai male, non potresti mai."
Lo guardò brevemente prima di continuare.
Quando si spogliò sentì gli occhi di Sandor ovunque, poi ne sentì il tocco. Percepiva i tremori della rabbia quando la mano finiva su qualche cicatrice.
Sandor Clegane era scosso. Come era possibile? Perché la donna più bella e forte che il mondo avesse mai visto si stava concedendo a lui?
Dimostrò gratitudine. Non per divinità o stronzate simili, solo per lei. E dimostrò un amore che non credeva di poter dare.
I venti della notte cominciarono ad avvolgere ogni respiro, ogni parola, ogni gemito.

 

 

Sinceramente non so se questo capitolo sia bello, brutto o osceno. Sono troppo scossa dall'episodio e troppo incazzata con il nostro bel Clegane per ragionare razionalmente.
Comunque, sarò banale ma vorrei ancora ringraziare tutte le persone che si stanno impegnando a farmi sapere la loro opinione sulla storia, quelle che la stanno inserendo tra le preferite e anche tutti quei lettori silenziosi che sono molti di più di quanto avrei mai potuto sperare: vi ringrazio dal profondo, siete davvero una parte importante delle mie giornate. 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3686506