La Morte di Mercuzio. di Mab__Queen (/viewuser.php?uid=154423)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Vicino al cuore ***
Capitolo 2: *** "Promettimelo" ***
Capitolo 1 *** Vicino al cuore ***
Era
grigia Verona, quel pomeriggio. Deserta. Una
nube grigia circondava le mura del castello e i tetti delle case dei
cittadini.
Qualcosa preannunciava il peggio.
Dei raggi di sole trafiggevano come sottili lame quel mantello di fitta
nebbia
scura, ma da essa, come polvere, delle ombre prendevano sempre
più vita,
avanzavando verso la piazza. Due gruppi ai due estremi, li uni contro
gli
altri, faccia a faccia.
Sui loro volti, solo l’odio.
Il primo ad avanzare, quasi dieci passi avanti a tutto il resto del
gruppo, fu
Tebaldo.
Benvolio, impaurito e titubante, lo osservò da lontano, e
deglutendo, fece un
primo passo in avanti.
Ma Mercuzio lo fermò.
Senza neanche guardarlo, lo bloccò, poggiandogli il braccio
sulla pancia.
Benvolio lo guardò stranito, ammaliato da quella figura
autoritaria, e che con
sguardo fiero e sicuro, avanzò lentamente senza badare a
cosa stesse andando
incontro.
Benvolio lo seguì, silenziosamente.
Il vento che oscillava fra i loro capelli. Il silenzio della
città. L’atmosfera
cupa e malinconica.
Sì. Stava per accadere il peggio.
I due si fronteggiarono, guardandosi. Senza battere ciglio. Quasi
ammirandosi
reciprocamente. Loro due, che in passato erano stati amici, stavano per
decidere, in quel momento, uno la vita dell’altro.
Una cosa era certa…uno dei due non avrebbe fatto ritorno a
casa, quella sera.
Sfiorarono leggermente l’impugnatura e la lama delle loro
spade, poste sotto la
cinghia.
Mercuzio la teneva a sinistra, proprio vicina al cuore.
Sfilarono lentamente fuori le loro spade, quando una voce, in
lontananza,
riecheggiò, urlando:
“Fermi. Fermi!”
E si pose al centro dei due, fermandoli.
Romeo.
“Ti prego Mercuzio…non
farlo. Tebaldo…”
I suoi occhi parlarono. Non voleva guerra.
Non quel giorno.
Gli occhi del Capuleti infuriarono, fiammeggianti di rabbia.
Spintonò il Montecchi e si avvicinò al Della
Scala, che dall’arrivo di Romeo
aveva addolcito gli occhi.
Benvolio avanzò in suo soccorso, ma ancora una volta
Mercuzio lo fermò. Non
lasciando andare neanche
solo per un
secondo lo sguardo di Tebaldo, proprio lì, davanti al suo
naso.
Non era un messaggio di sfida il suo. Ma di rassegnazione.
Avrebbe fatto qualsiasi cosa, anche se ne fosse stato contrario, pur di
porre
fine a queste tragedie. Perfino battersi.
Tutto dipendeva dal temuto Capuleti.
Ma Mercuzio sapeva…
Sfoderò la spada.
Tutti trasalirono, spaventati nel vedere quella spada pungere
lentamente il
mento del Capuleti.
“Ti prego
Mercuzio…” singhiozzò
Romeo, con voce strappata.
Mercuzio lasciò cadere la spada.
Si voltò, senza neanche dire una parola, dando le spalle al
Capuleti.
Tebaldo arrossì.
Non di timore, ma di collera.
“Ti lasci influenzare da
lui?”
La sua stessa voce era una sfida.
“Sei così sotto a questo
rammollito…che
nemmeno riesci a batterti”
Tebaldo prese per il mento Romeo, che gemette per la troppa
forza con cui
lo stava afferrando.
Mercuzio irrigidì. Sentendo solo i lamenti del giovane
Romeo, senza nemmeno
pensare alle parole che gli stava rivolgendo il Capuleti.
La presa divenne uno schiaffo. E lo schiaffo un pungo. E il pugno uno
spintone,
che fece sbattere per terra il povero Romeo, ormai vittima di Tebaldo.
Lo
riempì di calci, e il giovane si accasciò privo
di forze, perdendo i sensi.
Così tanto velocemente era accaduto sotto gli occhi di tutti
e di Mercuzio, che
privo di lucidità, corse incontro alla spada e la
puntò violentemente verso il
Capuleti, urlando e ringhiandogli contro. Aveva perso la ragione.
Il Capuleti rise alla vista di certa reazione.
“Ti scaldi per così
poco?”
E gli affondò delicatamente la punta della lama sul petto.
Lasciando cadere
quel poco di sangue fino all’addome.
Il Capuleti, meravigliato, ma del tutto consapevole di quale sarebbe
stata la
sua reazione, ghignò.
“Così mi
piaci…”
Romeo alzò delicatamente la testa, intontito, cercando di
riprendere
conoscenza. Tossì un po’, gemendo.
Alzò lo sguardo, e si trovò perfettamente ai
piedi dei due, sanguinante e
dolorante.
“Non sei altro che un vigliacco.
Come
lui. E lo sarai sempre” disse Tebaldo sussurrando,
guardando con disprezzo
quello che gli stava trafiggendo il petto con una spada.
“Mercuzio…”
chiamava, come soffocato,
cercando di alzarsi da terra.
L’amico andò in suo soccorso, riponendo al suo
posto la spada, e lasciando
Tebaldo senza un briciolo di reazione.
D’un tratto, il Capuleti, cieco ormai di ira furiosa, lo
attaccò alle spalle,
spingendolo violentemente.
Prese per i capelli il giovane Romeo, ancora accasciato a terra privo
di
qualsiasi forza, e lo trascinò per un tratto.
Romeo riuscì a farlo inciampare, afferrandolo per la gamba.
E gemendo si alzò
bruscamente, cominciando a correre verso l’amico ancora a
terra.
Mercuzio balzò in piedi afferrando l’impugnatura
della sua spada, e Tebaldo
fece lo stesso, correndogli incontro.
Romeo tentò di fermare la corsa, ma la situazione era ormai
fuori controllo.
Le lame delle loro spade possedevano la loro anima. Non c’era
vita nei loro
occhi, solo odio.
Così urlando, si lanciò tra le braccia
dell’amico, stringendolo come uno scudo.
Tebaldo non riuscendo a fermarsi, si lasciò trascinare da
quel tornado di
collera che aveva nel corpo, e nel sentire quel grido, chiuse gli
occhi…
E colpì.
Fu un attimo. In cui tutto cessò.
L’ira, l’odio, la rabbia, la furia…
Gli altri amici del Capuleti e dei Montecchi erano pietrificati, quasi
ghiacciati e vittime di quella scena raccapricciante.
Ci fu un silenzio.
La polvere si abbassò, facendo intravedere i tre, immobili e
affannati.
E poi…
Tebaldo era inerte, di fronte alla sua lama insanguinata, piantata nel
petto di
uno dei due.
Romeo rallentò il respiro. Lentamente.
Riaprì gli occhi, e vide la spada sfiorargli le costole.
Seguì la lama.
Era piantata.
Nel petto di Mercuzio.
Profonda.
Proprio lì, vicino
al cuore.
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Capitolo 2 *** "Promettimelo" ***
Gli
occhi del giovane sbiadirono. Si
rimpicciolirono, insieme al suo respiro che cessò per un
attimo, atterrito alla
vista della lama infilata nel petto dell’amico.
Mercuzio non dava cenno di vita. Era bianco.
Un bianco cadavere, con uno sguardo che aveva visto la morte nei propri
occhi.
La sua bocca era aperta, in cerca di respiro, ma non sapeva emettere
altro
suono.
“Mercuzio?”
chiese afferrando
l’amico, che stava cominciando ad accasciarsi a terra.
Tebaldo alla vista di quella scena raccapricciante, tirò via
la spada dal petto
in un solo colpo.
Fu allora che Mercuzio riprese a respirare.
“Mercuzio?”
ripeteva, in cerca di
risposta da parte dell’amico, con voce tremolante e spezzata.
Mercuzio si portò la mano al petto, e lo strinse forte,
quasi a voler bloccare
il flusso di sangue che scorreva incessantemente.
Cominciò a camminare, come se nulla fosse. Gemendo e
ansimando.
Romeo non lo lasciò andare un secondo.
“Mercuzio ti prego fammi
vedere” con
voce spezzata.
“Non è niente”
disse con un filo di
voce, continuando a camminare.
“Mercuzio! Mercuzio! Fammi
vedere!”
urlando.
“Non è
niente…è….”
Il respiro non reggeva nemmeno più le parole.
“…E’ solo un
graffio…” si poggiò sul
bordo della fontana della piazza.
“Solo un…”
Barcollava. Non si reggeva in piedi.
Cominciò a tossire.
Era sangue quello che sputava coprendosi le labbra con le mani.
Vide la sua immagine riflessa nell’acqua.
Non era in lui.
Quello non era lui.
Era uno spettro privo di vita che si aggrappava a qualunque cosa pur di
reggersi in piedi.
Il respiro si bloccò, e tentando di restare in piedi,
poggiato alla fontana, si
girò per guardare Romeo, il cui volto era rigato dalle
lacrime e non si poteva
che vedere il dolore negli occhi del giovane.
Si rigirò, guardandosi intorno.
E lì cadde.
Come se gli scalini della fontana fossero piume, non sentì
dolore. Non sentiva
più niente. Se non il lancinante foro che aveva nel petto.
Romeo corse in suo aiuto. E tentando di svegliarlo, spostò
le sue mani verso la
ferita. Voleva guardarla.
Ma alla vista di tutto quel sangue…capì.
In
preda al panico, prese l’amico tra le braccia, e
lo accostò sulle sue gambe.
Mercuzio
stava morendo.
In quel preciso istante.
Non c’era più niente da fare, se non
ché lasciargli inalare i suoi ultimi respiri.
Romeo si lasciò trasportare dal suo mare di lacrime, mentre
guardava l’amico
completamente inerte tra le sue braccia.
Mercuzio aveva gli occhi traballanti, in cerca di un soggetto su cui
posarli
per l’ultima volta.
Mentre affaticava meno il respiro, video Romeo.
Era lì, che lo stringeva, come non aveva mai fatto fino a
quel momento.
Completamente abbandonato a lui. Riusciva a sentire il battito
accelerato del
suo cuore, mentre i suoi, lentamente si indebolivano sempre di
più.
La bocca di Mercuzio era grondante di sangue ai suoi angoli.
Romeo tentava di ripulirgli il viso dalla polvere e dal sangue,
mantenendolo
limpido, carezzandolo, e asciugando le proprie lacrime che cadevano sul
viso
dell’amico.
Mercuzio stava per andarsene, e non si erano ancora detti una parola,
nonostante lui fosse in grado di parlare ancora per poco.
Si guardarono profondamente.
“Mi dispiace”
sussurrava piangendo
Romeo.
“E’ tutta colpa
mia…non avrei dovuto…”
“Perché ti sei messo in
mezzo…”
Pronunciava a fatica.
“Mi dispiace…è
colpa mia…è colpa mia!”
“Forse…è megl-è meglio
così”
“Non dire così…non lo dire”
“È colpa mia…”
“No…no, cosa dici, non è colpa
tua…”
“Ho fatto in modo che tu mi proteggessi…sono un
vigliacco”
“Noi siamo fratelli, ricordi? Fratelli. Qualunque cosa
accada…”
Il suo respiro era sempre più debole e il suo
sguardo sempre meno costante.
“Romeo…Romeo…Devi
promettermi una
cosa…Romeo…”
Ansimava.
“Promettimi…che non mi
vendicherai…”
“Cosa?”
“Non farlo…ti prego…”
chiedeva in lacrime Mercuzio.
“Mercuzio…”
“La nostra promessa…ricordi?”
Romeo versò solo lacrime.
“Qualsiasi
cosa accada…nessuno dei due abbandonerà
l’altro…ricordi?”
Le
sue parole erano sempre più soffocate.
“A costo di battermi con chiunque ti
faccia qualcosa…anche di uccidere…”
Lo guardò intensamente.
“…O
essere ucciso… per proteggerti”
Romeo lo strinse ancora più forte. Avvicinandolo al suo
volto, in modo da poter
capire le sue parole, stanche e deboli.
“Ti prego…non
farlo…promettimelo…”
L’amico, ormai arreso alle volontà del fratello,
promise, in singhiozzi.
Gli ultimi respiri di Mercuzio erano vicini.
Il giovane sentí l’amico lasciarsi sprofondare tra le sue
braccia, in sollevati
e leggeri respiri.
“Mercuzio?”
“Romeo…”
“Mercuzio ti prego!”
“Amico mio…”
Ed in quel momento, una strana forza, spinse Mercuzio a
sollevarsi fino
alle labbra di Romeo. Lasciandolo andare in un lento, violento,
inaspettato,
freddo bacio.
Eccolo.
L’ultimo respiro.
Romeo irrigidì.
Il giovane sentì l’indebolirsi di Mercuzio proprio
dalla sue labbra, che
lentamente allentavano la presa.
Il corpo abbandonato che adagio scivolava verso il basso.
E quegli occhi…quegli occhi persi nel vuoto. Di ghiaccio.
Che non guardavano
assolutamente nulla.
Il quadro orribile che il povero Romeo era costretto a guardare.
Lentamente lo posò a terra, lasciandosi trasportare dal
corpo privo di vita del
fratello.
Lo guardò sconvolto, cercando di poter trovare
nell’amico anche un solo,
singolo, minimo segno di vita.
“Mercuzio?”
Cominciò a scuoterlo con delicatezza.
“Mercuzio?”
Poi con insistenza.
“Non lasciarmi ti
supplico…”
Pianse con voce sottile e strappata.
“Fratello mio…”
Lo
abbracciò straziato. Alternando al pianto dei
gemiti e dei lamenti lancinanti.
Gli carezzò il viso. Rassegnato ormai a quella tragica
realtà, senza via di
scampo.
Gemendo quasi silenziosamente, gli chiuse gli occhi, abbassandogli le
palpebre,
e baciandogli la fronte.
Strinse più forte che poteva le sue mani, che erano ancora
chiuse ed
intrecciate in quelle di Mercuzio, come a non volersi mai lasciare.
Nemmeno dopo
la morte.
Nel silenzio, quella nube grigia che aveva predetto
quell’inimmaginabile
momento, fece cadere delle gocce.
Le prime si posarono delicate sul viso pallido di Mercuzio,
confondendosi con
le lacrime di Romeo, ancora lì, su quei gradini, tra le
braccia dell’amico.
Piano piano, le lente gocce diventarono sempre più
frequenti, sempre più
violente.
Un enorme acquazzone si abbatté sulla piazza, rendendo
ancora più grigia quell’aria
ormai malsana, che aveva provocato solo morte.
Chi era lì a guardare, non poteva fare altro che tacere, con
sguardo basso. Erano
complici anche loro.
Benvolio stringeva i pugni. Impotente. I suoi lunghi capelli castani
gli coprivano
il viso in modo inquietante.
Non si riuscivano ad intravedere nemmeno gli occhi.
Aveva assistito alla morte del suo migliore amico, e non aveva potuto
far
niente per impedirlo. Nonostante avesse tentato di unirsi alla mischia,
Mercuzio glielo aveva impedito…forse perché
sapeva, nel suo, come sarebbe
andata a finire.
Tra i Capuleti non c’era traccia di Tebaldo.
Romeo pareva tanto morto quanto Mercuzio.
Poi, un urlo straziante, graffiò il silenzio, rompendolo.
“
M E R C U Z I O ! ”
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