La Morte di Mercuzio.

di Mab__Queen
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Vicino al cuore ***
Capitolo 2: *** "Promettimelo" ***



Capitolo 1
*** Vicino al cuore ***


Era grigia Verona, quel pomeriggio. Deserta. Una nube grigia circondava le mura del castello e i tetti delle case dei cittadini.
Qualcosa preannunciava il peggio.
Dei raggi di sole trafiggevano come sottili lame quel mantello di fitta nebbia scura, ma da essa, come polvere, delle ombre prendevano sempre più vita, avanzavando verso la piazza. Due gruppi ai due estremi, li uni contro gli altri, faccia a faccia.
Sui loro volti, solo l’odio.
Il primo ad avanzare, quasi dieci passi avanti a tutto il resto del gruppo, fu Tebaldo.
Benvolio, impaurito e titubante, lo osservò da lontano, e deglutendo, fece un primo passo in avanti.
Ma Mercuzio lo fermò.
Senza neanche guardarlo, lo bloccò, poggiandogli il braccio sulla pancia.
Benvolio lo guardò stranito, ammaliato da quella figura autoritaria, e che con sguardo fiero e sicuro, avanzò lentamente senza badare a cosa stesse andando incontro.
Benvolio lo seguì, silenziosamente.
Il vento che oscillava fra i loro capelli. Il silenzio della città. L’atmosfera cupa e malinconica.
Sì. Stava per accadere il peggio.
I due si fronteggiarono, guardandosi. Senza battere ciglio. Quasi ammirandosi reciprocamente. Loro due, che in passato erano stati amici, stavano per decidere, in quel momento, uno la vita dell’altro.
Una cosa era certa…uno dei due non avrebbe fatto ritorno a casa, quella sera.
Sfiorarono leggermente l’impugnatura e la lama delle loro spade, poste sotto la cinghia.
Mercuzio la teneva a sinistra, proprio vicina al cuore.
Sfilarono lentamente fuori le loro spade, quando una voce, in lontananza, riecheggiò, urlando:
“Fermi. Fermi!”
E si pose al centro dei due, fermandoli.
Romeo.
“Ti prego Mercuzio…non farlo. Tebaldo…”
I suoi occhi parlarono. Non voleva guerra.
Non quel giorno.
Gli occhi del Capuleti infuriarono, fiammeggianti di rabbia.
Spintonò il Montecchi e si avvicinò al Della Scala, che dall’arrivo di Romeo aveva addolcito gli occhi.
Benvolio avanzò in suo soccorso, ma ancora una volta Mercuzio lo fermò. Non lasciando andare  neanche solo per un secondo lo sguardo di Tebaldo, proprio lì, davanti al suo naso.
Non era un messaggio di sfida il suo. Ma di rassegnazione.
Avrebbe fatto qualsiasi cosa, anche se ne fosse stato contrario, pur di porre fine a queste tragedie. Perfino battersi.
Tutto dipendeva dal temuto Capuleti.
Ma Mercuzio sapeva…
Sfoderò la spada.
Tutti trasalirono, spaventati nel vedere quella spada pungere lentamente il mento del Capuleti.
“Ti prego Mercuzio…” singhiozzò Romeo, con voce strappata.
Mercuzio lasciò cadere la spada.
Si voltò, senza neanche dire una parola, dando le spalle al Capuleti.
Tebaldo arrossì.
Non di timore, ma di collera.
“Ti lasci influenzare da lui?”
La sua stessa voce era una sfida.
“Sei così sotto a questo rammollito…che nemmeno riesci a batterti”
Tebaldo prese per il mento Romeo, che gemette per la troppa forza con cui lo stava afferrando.
Mercuzio irrigidì. Sentendo solo i lamenti del giovane Romeo, senza nemmeno pensare alle parole che gli stava rivolgendo il Capuleti.
La presa divenne uno schiaffo. E lo schiaffo un pungo. E il pugno uno spintone, che fece sbattere per terra il povero Romeo, ormai vittima di Tebaldo. Lo riempì di calci, e il giovane si accasciò privo di forze, perdendo i sensi.
Così tanto velocemente era accaduto sotto gli occhi di tutti e di Mercuzio, che privo di lucidità, corse incontro alla spada e la puntò violentemente verso il Capuleti, urlando e ringhiandogli contro. Aveva perso la ragione.
Il Capuleti rise alla vista di certa reazione.
“Ti scaldi per così poco?”
E gli affondò delicatamente la punta della lama sul petto. Lasciando cadere quel poco di sangue fino all’addome.
Il Capuleti, meravigliato, ma del tutto consapevole di quale sarebbe stata la sua reazione, ghignò.
“Così mi piaci…”
Romeo alzò delicatamente la testa, intontito, cercando di riprendere conoscenza. Tossì un po’, gemendo.
Alzò lo sguardo, e si trovò perfettamente ai piedi dei due, sanguinante e dolorante.
“Non sei altro che un vigliacco. Come lui. E lo sarai sempre” disse Tebaldo sussurrando, guardando con disprezzo quello che gli stava trafiggendo il petto con una spada.
“Mercuzio…” chiamava, come soffocato, cercando di alzarsi da terra.
L’amico andò in suo soccorso, riponendo al suo posto la spada, e lasciando Tebaldo senza un briciolo di reazione.
D’un tratto, il Capuleti, cieco ormai di ira furiosa, lo attaccò alle spalle, spingendolo violentemente.
Prese per i capelli il giovane Romeo, ancora accasciato a terra privo di qualsiasi forza, e lo trascinò per un tratto.
Romeo riuscì a farlo inciampare, afferrandolo per la gamba. E gemendo si alzò bruscamente, cominciando a correre verso l’amico ancora a terra.
Mercuzio balzò in piedi afferrando l’impugnatura della sua spada, e Tebaldo fece lo stesso, correndogli incontro.
Romeo tentò di fermare la corsa, ma la situazione era ormai fuori controllo.
Le lame delle loro spade possedevano la loro anima. Non c’era vita nei loro occhi, solo odio.
Così urlando, si lanciò tra le braccia dell’amico, stringendolo come uno scudo.
Tebaldo non riuscendo a fermarsi, si lasciò trascinare da quel tornado di collera che aveva nel corpo, e nel sentire quel grido, chiuse gli occhi…
E colpì.
Fu un attimo. In cui tutto cessò.
L’ira, l’odio, la rabbia, la furia…
Gli altri amici del Capuleti e dei Montecchi erano pietrificati, quasi ghiacciati e vittime di quella scena raccapricciante.
Ci fu un silenzio.
La polvere si abbassò, facendo intravedere i tre, immobili e affannati.
E poi…
Tebaldo era inerte, di fronte alla sua lama insanguinata, piantata nel petto di uno dei due.
Romeo rallentò il respiro. Lentamente.
Riaprì gli occhi, e vide la spada sfiorargli le costole.
Seguì la lama.
Era piantata.
Nel petto di Mercuzio.
Profonda.
Proprio lì, vicino al cuore.

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Capitolo 2
*** "Promettimelo" ***


Gli occhi del giovane sbiadirono. Si rimpicciolirono, insieme al suo respiro che cessò per un attimo, atterrito alla vista della lama infilata nel petto dell’amico. 
Mercuzio non dava cenno di vita. Era bianco.
Un bianco cadavere, con uno sguardo che aveva visto la morte nei propri occhi.
La sua bocca era aperta, in cerca di respiro, ma non sapeva emettere altro suono.
“Mercuzio?” chiese afferrando l’amico, che stava cominciando ad accasciarsi a terra.
Tebaldo alla vista di quella scena raccapricciante, tirò via la spada dal petto in un solo colpo.
Fu allora che Mercuzio riprese a respirare.
“Mercuzio?” ripeteva, in cerca di risposta da parte dell’amico, con voce tremolante e spezzata.
Mercuzio si portò la mano al petto, e lo strinse forte, quasi a voler bloccare il flusso di sangue che scorreva incessantemente.
Cominciò a camminare, come se nulla fosse. Gemendo e ansimando.
Romeo non lo lasciò andare un secondo.
“Mercuzio ti prego fammi vedere” con voce spezzata.
“Non è niente” disse con un filo di voce, continuando a camminare.
“Mercuzio! Mercuzio! Fammi vedere!” urlando.
“Non è niente…è….”
Il respiro non reggeva nemmeno più le parole.
“…E’ solo un graffio…” si poggiò sul bordo della fontana della piazza.
“Solo un…”
Barcollava. Non si reggeva in piedi.
Cominciò a tossire.
Era sangue quello che sputava coprendosi le labbra con le mani.
Vide la sua immagine riflessa nell’acqua.
Non era in lui.
Quello non era lui.
Era uno spettro privo di vita che si aggrappava a qualunque cosa pur di reggersi in piedi.
Il respiro si bloccò, e tentando di restare in piedi, poggiato alla fontana, si girò per guardare Romeo, il cui volto era rigato dalle lacrime e non si poteva che vedere il dolore negli occhi del giovane.
Si rigirò, guardandosi intorno.
E lì cadde.
Come se gli scalini della fontana fossero piume, non sentì dolore. Non sentiva più niente. Se non il lancinante foro che aveva nel petto.
Romeo corse in suo aiuto. E tentando di svegliarlo, spostò le sue mani verso la ferita. Voleva guardarla.
Ma alla vista di tutto quel sangue…capì.

In preda al panico, prese l’amico tra le braccia, e lo accostò sulle sue gambe.
Mercuzio stava morendo.
In quel preciso istante.
Non c’era più niente da fare, se non ché lasciargli inalare i suoi ultimi respiri.
Romeo si lasciò trasportare dal suo mare di lacrime, mentre guardava l’amico completamente inerte tra le sue braccia.
Mercuzio aveva gli occhi traballanti, in cerca di un soggetto su cui posarli per l’ultima volta.
Mentre affaticava meno il respiro, video Romeo.
Era lì, che lo stringeva, come non aveva mai fatto fino a quel momento. Completamente abbandonato a lui. Riusciva a sentire il battito accelerato del suo cuore, mentre i suoi, lentamente si indebolivano sempre di più.
La bocca di Mercuzio era grondante di sangue ai suoi angoli.
Romeo tentava di ripulirgli il viso dalla polvere e dal sangue, mantenendolo limpido, carezzandolo, e asciugando le proprie lacrime che cadevano sul viso dell’amico.
Mercuzio stava per andarsene, e non si erano ancora detti una parola, nonostante lui fosse in grado di parlare ancora per poco.
Si guardarono profondamente.
“Mi dispiace” sussurrava piangendo Romeo.
“E’ tutta colpa mia…non avrei dovuto…”
“Perché ti sei messo in mezzo…”

Pronunciava a fatica.
“Mi dispiace…è colpa mia…è colpa mia!”
“Forse…è megl-è meglio così”
“Non dire così…non lo dire”
“È colpa mia…”
“No…no, cosa dici, non è colpa tua…”
“Ho fatto in modo che tu mi proteggessi…sono un vigliacco”
“Noi siamo fratelli, ricordi? Fratelli. Qualunque cosa accada…”
Il suo respiro era sempre più debole e il suo sguardo sempre meno costante.
“Romeo…Romeo…Devi promettermi una cosa…Romeo…”
Ansimava.
“Promettimi…che non mi vendicherai…”
“Cosa?”
“Non farlo…ti prego…”
chiedeva in lacrime Mercuzio.
“Mercuzio…”
“La nostra promessa…ricordi?”
Romeo versò solo lacrime.

“Qualsiasi cosa accada…nessuno dei due abbandonerà l’altro…ricordi?”
Le sue parole erano sempre più soffocate.
“A costo di battermi con chiunque ti faccia qualcosa…anche di uccidere…”
Lo guardò intensamente.
“…O essere ucciso… per proteggerti”
Romeo lo strinse ancora più forte. Avvicinandolo al suo volto, in modo da poter capire le sue parole, stanche e deboli.
“Ti prego…non farlo…promettimelo…”
L’amico, ormai arreso alle volontà del fratello, promise, in singhiozzi.
Gli ultimi respiri di Mercuzio erano vicini.
Il giovane sentí l’amico lasciarsi sprofondare tra le sue braccia, in sollevati e leggeri respiri.
“Mercuzio?”
“Romeo…”
“Mercuzio ti prego!”
“Amico mio…”
Ed in quel momento, una strana forza, spinse Mercuzio a sollevarsi fino alle labbra di Romeo. Lasciandolo andare in un lento, violento, inaspettato, freddo bacio.
Eccolo.
L’ultimo respiro.
Romeo irrigidì.
Il giovane sentì l’indebolirsi di Mercuzio proprio dalla sue labbra, che lentamente allentavano la presa.
Il corpo abbandonato che adagio scivolava verso il basso.
E quegli occhi…quegli occhi persi nel vuoto. Di ghiaccio. Che non guardavano assolutamente nulla.
Il quadro orribile che il povero Romeo era costretto a guardare.
Lentamente lo posò a terra, lasciandosi trasportare dal corpo privo di vita del fratello.
Lo guardò sconvolto, cercando di poter trovare nell’amico anche un solo, singolo, minimo segno di vita.
“Mercuzio?”
Cominciò a scuoterlo con delicatezza.
“Mercuzio?”
Poi con insistenza.
“Non lasciarmi ti supplico…”
Pianse con voce sottile e strappata.
“Fratello mio…”

Lo abbracciò straziato. Alternando al pianto dei gemiti e dei lamenti lancinanti.
Gli carezzò il viso. Rassegnato ormai a quella tragica realtà, senza via di scampo.
Gemendo quasi silenziosamente, gli chiuse gli occhi, abbassandogli le palpebre, e baciandogli la fronte.
Strinse più forte che poteva le sue mani, che erano ancora chiuse ed intrecciate in quelle di Mercuzio, come a non volersi mai lasciare. Nemmeno dopo la morte.
Nel silenzio, quella nube grigia che aveva predetto quell’inimmaginabile momento, fece cadere delle gocce.
Le prime si posarono delicate sul viso pallido di Mercuzio, confondendosi con le lacrime di Romeo, ancora lì, su quei gradini, tra le braccia dell’amico.
Piano piano, le lente gocce diventarono sempre più frequenti, sempre più violente.
Un enorme acquazzone si abbatté sulla piazza, rendendo ancora più grigia quell’aria ormai malsana, che aveva provocato solo morte.
Chi era lì a guardare, non poteva fare altro che tacere, con sguardo basso. Erano complici anche loro.
Benvolio stringeva i pugni. Impotente. I suoi lunghi capelli castani gli coprivano il viso in modo inquietante.
Non si riuscivano ad intravedere nemmeno gli occhi.
Aveva assistito alla morte del suo migliore amico, e non aveva potuto far niente per impedirlo. Nonostante avesse tentato di unirsi alla mischia, Mercuzio glielo aveva impedito…forse perché sapeva, nel suo, come sarebbe andata a finire.
Tra i Capuleti non c’era traccia di Tebaldo.


Romeo pareva tanto morto quanto Mercuzio.
Poi, un urlo straziante, graffiò il silenzio, rompendolo.

 

“ M E R C U Z I O ! ”

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