What lovers do

di Little Redbird
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Sul tetto della scuola ***
Capitolo 2: *** Sospensione ***
Capitolo 3: *** Allenamenti ***



Capitolo 1
*** Sul tetto della scuola ***


★ IniziativaQuesta storia partecipa al contest “Back to School” a cura di Fanwriter.it!
What lovers do


• 1

Simon sapeva che sarebbe finito nei guai se qualcuno lo avesse visto, ma in quel momento non gli importava. Voleva solo un po’ di tranquillità. E un posto in cui potesse sistemare alla bell’è meglio gli occhiali spezzati senza che qualcuno lo vedesse, magari senza la puzza dei bagni dei maschi ai piani di sotto. Il tetto era la scelta più ovvia, anche se la più pericolosa.
Spalancò la porta di ferro arrugginito e si precipitò fino al bordo. Posò le mani sul parapetto scrostato, i palmi aperti e le dita tese e tremanti. Aveva il fiatone. Aveva corso come se qualcuno gli avesse detto che avrebbe trovato mezzo chilo di pizza ad aspettarlo. Guardò giù, diversi piani più in basso, dove il cortile della scuola si apriva in una distesa di cemento con rari sprazzi di giallo – la vegetazione aveva cominciato a seccare nel freddo autunnale – ma tutto quello che lui vedeva era una macchia indistinta di grigio. Senza occhiali era una talpa. E Gregor lo sapeva. Lo sapevano tutti, era per quello che puntavano sempre agli occhiali.
Allentò la presa sul parapetto e si lasciò cadere pesantemente sul pavimento sporco e umido del tetto, esalando un sospiro di sollievo e rassegnazione. Pescò le due metà degli occhiali dalla tasca del giubbotto e le unì con attenzione. Stava per infilare una mano nello zaino per cercare il nastro adesivo, quando una voce lo fece sobbalzare, facendo cadere gli occhiali già maltrattati.
“Lewis.”
Simon si voltò di scatto, gli occhi spalancati, che però dovette subito strizzare nel tentativo di capire chi avesse davanti – sebbene quel flebile accento fosse inconfondibile.
“Raphael! Mi hai spaventato a morte.”
Raphael piegò piano la testa di lato. “Che stai facendo?” chiese.
Simon sospirò e gli mostrò le due metà degli occhiali.
Le sopracciglia di Raphael si avvicinarono l’una all’altra, dandogli un’espressione minacciosa. Il suo sguardo vagò dagli occhiali alla fronte di Simon, il quale si portò istintivamente una mano dove sapeva che stava comparendo un livido. In realtà il pugno voleva essere diretto al naso, ma aveva tentato di evitarlo e aveva finito per riceverlo in fronte. Fortunatamente, a Gregor sembrava essere andato bene comunque.
“Chi è stato?” chiese Raphael, la voce piatta, senza nessuna inflessione. “Qualcuno della squadra?”
Simon sbatté le palpebre. “N-no.” Per quanto i compagni di squadra di Raphael lo prendessero in giro, nessuno l’aveva mai sfiorato. Non erano dei bulli veri e propri, erano solo ringalluzziti dal loro essere popolari e bravi a calcio.
“Chi allora?”
“Non ha importanza.” Simon scosse la testa e trovò il nastro adesivo nello zaino.
“Clary dov’era?”
Simon chiuse gli occhi. “Era in bagno. Non è la mia guardia del corpo, non deve sempre difendermi dagli scimmioni della scuola.”
Arrotolò il nastro adesivo intorno alla stanghetta tra le lenti e se le appoggiò sul naso sottile. Gli occhiali pendevano verso destra, ma almeno ora poteva vedere la figura ben piazzata di Raphael, in piedi di fronte a lui. Aveva i pugni stretti lungo i fianchi, le braccia nude erano tagliate all’altezza dei bicipiti dalle maniche della polo rossa, troppo stretta per i suoi muscoli.
Simon si tirò su dal pavimento, si diede qualche pacca sul sedere per spazzare via la polvere dai jeans. Notò la giacca della squadra di calcio e lo zaino di Raphael in un angolo vicino alla porta; sotto la giacca spuntavano gli angoli di un libro di cui non poté identificare il titolo.
Prima che potesse chiedere cosa ci facesse sul tetto, Raphael disse: “Gregor?”
Doveva aver passato in rassegna tutti gli scimmioni che conosceva. Simon annuì riluttante. “È stata in parte anche colpa mia. Non avrei dovuto chiamarlo Happy Hippo.”
Raphael si costrinse a non ridere al soprannome. “Non ci credo che sia stato tu il primo a provocare.”
“Mi ha spinto contro l’armadietto” ammise Simon. “Se non avessi detto nulla, sarebbe finita lì.”
“Non avrebbe dovuto spingerti.”
“Ha un cervello troppo piccolo per arrivarci. Bisogna compatirlo.”
“L’hai detto alla preside?”
Scosse la testa.
“Immaginavo.”
Simon provò ancora a chiedergli cosa stesse facendo prima del suo arrivo, ma venne interrotto di nuovo.
“Dovresti farti ripagare gli occhiali.”
“A casa ne ho un altro paio.”
“Non è questo il punto.”
“C’è un punto in tutto questo?”
Raphael sospirò. “Mi sorprende che non siano più persone a prenderti a pugni ogni giorno.”
Simon scosse le spalle.
Raphael gli diede un’altra occhiata prima di allontanarsi senza aggiungere altro. Raccolse le sue cose e si diresse alla porta.
“Cosa ci facevi quassù?” chiese finalmente Simon.
Raphael si voltò. “Magnus è a Spagnolo, aspetto che esca. Oggi è a pranzo a casa mia.”
“Niente allenamenti?”
Raphael spostò lo sguardo verso il campo da calcio in lontananza, gli angoli della bocca sollevati. “Niente allenamenti.” Esitò. “Domani pomeriggio, se devi aspettare Clary.”
Simon si sentì arrossire mentre Raphael spariva nelle scale. Era stato troppo esplicito? Aveva solo chiesto degli allenamenti. Non aveva fatto cenno ai pomeriggi passati a guardarlo dagli spalti insieme ad Izzy. Se ne era accorto? Aveva notato che da quella prima volta era tornato ogni volta che poteva? E cosa ne aveva dedotto?
Pregò che quella giornata finisse in fretta e si sistemò come meglio poté gli occhiali sul naso prima di tornare all’armadietto ad aspettare Clary.
 





 

AN:
Dunque. Se volete qualcuno da incolpare per questa cosa, sappiate che è tutta colpa di Chara, che mi fa tornare la voglia di scrivere su questi due anche quando mi riprometto di non pensare più a loro.

Non siete ancora stanchi delle assurdità che scrivo? Potete dare un'occhiata al mio primo romanzo, I segreti tra di noi. Lo trovate sia in ebook che in cartaceo su Amazon. Potete anche aggiungerlo su Goodreads. Tutti i dettagli sono sulla mia pagina autrice su Facebook.
Grazie a chi mi segue anche fuori dalla piattaforma <3

Ci leggiamo tra poco con gli altri due mini-capitoli di questa storia. Sì, lo so, datemi corda.
Red

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Capitolo 2
*** Sospensione ***


• 2

“Tua madre ti ammazzerà.”
Magnus aveva un’ora di Spagnolo ogni settimana – il mercoledì all’ultima ora – e gli piaceva passare il pomeriggio a casa di Raphael a testare quello che aveva imparato con la famiglia del suo migliore amico.
Il che riassumeva piuttosto bene la personalità del ragazzo.
A Raphael non dispiaceva aiutarlo, né sentirlo chiacchierare – in uno spagnolo stentato e con un pesante accento – con ogni suo singolo famigliare. Perfino con il bambino di cinque anni, che a stento sapeva parlare in inglese. Quel pomeriggio, però, avrebbe fatto volentieri a meno della sua presenza e delle sue prediche da Grillo Parlante.
“Lo so” si limitò a rispondere. Certo che sua madre l’avrebbe ammazzato. Guadalupe Santiago lavorava giorno e notte per permettere ai suoi sei figli maschi di andare a scuola. E lui si era appena fatto espellere.
“Non avresti dovuto prenderlo a pugni nel bel mezzo del parcheggio.”
“Non capisci.”
“Capisco benissimo.” Magnus lo afferrò per un braccio, fermandolo prima che potesse imboccare la strada secondaria che portava a casa Santiago. “L’hai picchiato perché ha preso a pugni Simon.”
“L’ho picchiato perché è un bullo, ed è quello che i bulli si meritano.” Con uno strattone si liberò della presa dell’amico.
“Oh, Raphael.”
“No, non dirmi ‘oh, Raphael’. So cosa vuol dire.”
“Vuol dire che sei uno stupido. E che hai preferito cacciarti nei guai invece di dire a Simon che ti piace.”
“Lewis non mi piace.”
“Oh, ti prego. Questa tua farsa fa molto secondo anno. Ormai siamo al quinto, Rafi. Se non ti fai avanti adesso, non ne avrai più occasione.”
“Non capisci” ripeté.
“Capisco fin troppo bene” disse Magnus. “Tua madre è cattolica, non stupida.”
Raphael chiuse gli occhi. Desiderava che ci fosse un modo per liberarsi della voce di Magnus tanto facilmente come si liberava della sua vista. Ma sapeva bene che anche una volta rimasto solo, nella camera che sua madre aveva insistito prendesse per sé, nel silenzio di una notte insonne, la voce del suo migliore amico avrebbe continuato a rimproverarlo.
“E comunque,” continuò Magnus, “se Simon non ha ancora capito, devi trovartene uno un po’ più arguto.”
Raphael riaprì le palpebre. Magnus stava sorridendo, i suoi occhi da gatto, già lunghi per la loro forma a mandorla, sembravano arrivargli quasi alle tempie. Non poté non ricambiare, ben consapevole che sarebbe stato l’ultimo sorriso della giornata. Sperava solo che sua madre non piangesse. Nulla valeva la pena di veder sua madre piangere. Nemmeno Simon Lewis.

 



 

AN:
Lo so che è un "capitolo" minuscolo. Prometto che quello dopo è più lungo e più bello, ma non potevo perdere l'occasione di scrivere di Mag e Rafi, o no?

Red

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Capitolo 3
*** Allenamenti ***


• 3

Simon era in anticipo. Mancavano dieci minuti all’inizio degli allenamenti, e non era nemmeno sicuro che lui sarebbe venuto, ma doveva provarci.
Non vedeva Raphael da due giorni. In circostanze normali, la cosa non lo avrebbe preoccupato. Prima che Magnus e Alec si mettessero insieme, prima che Clary e Izzy si mettessero insieme, prima che avesse una cotta per lui, Simon lo vedeva di rado. Avevano pochi corsi insieme e frequentavano diverse cerchie. Non erano amici, si salutavano metà delle volte in cui si incrociavano per i corridoi e avevano tavoli ai lati opposti della mensa. Ma Raphael non si faceva vedere da due giorni per colpa sua. Era stato sospeso per colpa sua. Non che gli avesse detto di picchiare Gregor, ma era per lui che l’aveva picchiato. Per un motivo che non era ancora sicuro di capire davvero.
Era per questo che doveva vederlo. Doveva chiedergli perché l’aveva fatto. Perché si era cacciato nei guai per difenderlo quando gli aveva detto che non aveva importanza?
Se Raphael non si fosse presentato nemmeno agli allenamenti, si era detto, sarebbe andato a casa sua. Avrebbe pregato Magnus di accompagnarlo.
Proprio quest’ultimo comparve all’entrata delle gradinate, le mani affondate nelle tasche del cappotto e il mento nella sciarpa grigia. Lo vide, l’unica figura tra gli spalti spazzati dal vento, e sollevò il viso per sorridergli.
Simon si alzò, pronto a raggiungerlo per domandargli di Raphael, ma Magnus si voltò e dietro di lui comparve il diretto interessato, per la prima volta sul campo da calcio senza divisa. Simon si immobilizzò mentre Magnus sussurrava qualcosa e Raphael sollevava lo sguardo verso di lui. Simon tentò di muoversi, ma gli altri due stavano facendo altrettanto.
Magnus si diresse verso la gradinata centrale, mentre Raphael verso quella della curva, dove si trovava Simon. Lo raggiunse, lo salutò con un cenno del capo e si sedette sulla gradinata fredda, i gomiti sulle ginocchia e le mani unite.
Simon si sedette al suo fianco, le spalle contro la gradinata dietro di loro. “Hai picchiato Gregor.”
Raphael voltò il viso per guardarlo, solo per un attimo. “Ultimamente sembra questo sia il mio nuovo nome. ‘Ehi, Haipicchiatogregor!’”
Simon avrebbe voluto ridere, ma non gli sembrò il caso.
La squadra cominciò ad entrare in campo. Alec si voltò a cercare Magnus tra gli spalti e il suo viso si allargò in un sorriso quando lo vide salutarlo con la mano. Poi i suoi occhi si spostarono su Raphael e Simon, seduti vicini nel vento autunnale che odorava inspiegabilmente di incenso. Alec sollevò la mano per salutare Raphael, la fascia da capitano stretta al braccio. Raphael gli fece un cenno d’assenso, una sottile raccomandazione a guidare la squadra come avrebbe fatto lui.
“Mi dispiace che per colpa mia tu non possa giocare” gli disse quando la squadra cominciò a riscaldarsi.
“Non è colpa tua.”
“Certo che sì. È sempre colpa mia. Se non ti avessi detto che era stato Gregor…”
“Non me lo hai detto. L’ho capito da solo.”
“Be’, se non lo avessi chiamato Happy Hippo…
“Simon, il mondo non ruota intorno a te. Non tutto è colpa tua.”
Simon lasciò cadere le spalle. “Non capisco se stessi cercando di confortarmi o innervosirmi.”
“Nessuna delle due” disse Raphael. “Constatavo l’ovvio.”
Simon si arrese. Portò gli occhi sul campo, dove Jace parava uno dopo l’altro i tiri dei suoi compagni di squadra. Lasciò passare qualche secondo di silenzio, ma non poté trattenersi a lungo.
“Perché lo hai picchiato?” domandò in un sospiro che il vento quasi si portò via.
“Perché se lo meritava. Mi dispiace solo non essere riuscito a farti ripagare gli occhiali.”
“Ti ho detto che ne avevo altri” disse, indicando la montatura sul naso.
Raphael squadrò le lenti nere per un secondo, fece scivolare lo sguardo sulle sue labbra e tornò a guardare il campo. “Preferivo quelli vecchi” ammise. “Dovrò farci l’abitudine.”
Simon sospirò. Non riusciva proprio a farsi dare una risposta concreta. O forse voleva che gli desse la risposta che voleva lui. Che gli dicesse che aveva picchiato Gregor perché a lui ci teneva.
La sua gamba destra, quella a pochi centimetri da Raphael, partì con il suo solito tic nervoso.
Raphael gli lanciò un’occhiata, ma non si lasciò distrarre dagli allenamenti.
Simon portò i gomiti alle ginocchia, nel tentativo di imitare la posizione di Raphael e fermare la propria gamba prima che creasse un cratere nella gradinata.
“Ho chiesto alla preside di lasciarti giocare alla prossima partita” disse. “Ha detto che ci penserà, ma non so cosa deciderà alla fine.”
“Non ce n’era bisogno.”
“Sì, invece. Non mi importa quello che dici. Anche se solo in parte, tutto questo è colpa mia. Non sopporterei che la squadra perdesse perché ancora una volta non ho tenuto la bocca chiusa.”
Gli angoli della bocca di Raphael si sollevarono, ma cercò di fare la voce dura. “Sottovaluti la squadra.”
“Sai cosa intendo” disse. “Non è lo stesso senza di te” sussurrò. “E non voglio che gli altri mi odino ancora di più.”
“Non ti odia nessuno” gli assicurò. “Sei solo un bersaglio facile.” Sembrò voler aggiungere qualcosa, ma si trattenne. Rifletté per qualche secondo, poi aggiunse: “La preside mi ha chiamato. Vuole vedermi domani.”
Simon lo guardò negli occhi e Raphael fece lo stesso.
“Credo che tu l’abbia convinta.”
Simon gli sorrise quanto più poté. “Bene” disse.
Tornarono a guardare entrambi la squadra che si allenava.
“Verrai?” domandò Raphael. “Alla partita, dico.”
Simon si asciugò le mani sudate sui jeans. “Sì, credo di sì.”
“Bene” disse Raphael.
Simon strinse le mani in preghiera. Quando se ne rese conto, si disse che era solo appropriato per quello che stava per fare.
“Raphael?”
“Cosa?”
“È un appuntamento?”
Il cuore gli martellava nel petto mentre si voltava piano a guardarlo. Raphael aveva gli occhi socchiusi. Ingoiò a vuoto, poi le sue labbra si schiusero per lasciar andare un respiro.
“La partita?” chiese con voce spezzata. “No.”
Simon inspirò il vento gelido che gli sferzava il viso.
“Ma potremmo andare a mangiare qualcosa quando sarà finita” aggiunse Raphael, il viso piegato in un’espressione di incertezza.
Simon strinse la mani fino a farsi male, così da essere sicuro di essere sveglio, di essere ancora vivo. Annuì, mordendosi le labbra per nascondere un sorriso che era comunque troppo grande.
 




 
AN:
L'avevo detto che era più lungo. Vabbè.
Grazie infinite a Chara per avermi fomentata un po' e avermi costretta a scrivere. E grazie a Fanwriter.it per la splendida iniziativa.

Spero di esservi mancata almeno un po' con le mie menate.
Red

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