Brea,
luglio del 2941° anno della Terza Era
La
città era in fermento: quell’anno era stato
particolarmente generoso con le coltivazioni di grano, frutta e ortaggi
della Contea e delle campagne vicine, che sui terrazzamenti, scavati
nei profili delle colline, brillavano di oro al sole di luglio. Grossi
chicchi gialli come pepite facevano bella mostra di sé tra
le macchie rosse dei papaveri e l’aria era così
mite per quel periodo dell’anno che si prevedeva un grandioso
raccolto e una ancor migliore produzione di farina.
Data
la prospettiva assai rosea, i contadini che venivano al Puledro
Impennato erano più propensi a spendere e a bere per la
gioia e la signora Cactaceo era ben felice di accontentarli.
Persino
il signor Cactaceo, toccato dall’aria di festa che aleggiava
in città, aveva dimostrato un insolito autocontrollo nel
bere e, annusando nell’aria il profumo dell’oro che
tintinnava nelle tasche di avventori così ben disposti a
spenderlo, non solo rimaneva sveglio per quasi tutta la giornata, ma
partecipava attivamente ai lavori della locanda.
Dal
canto suo la signora Cactaceo, vedendo quella forza di
volontà nel marito, era fuori di sé dalla gioia e
il suo animo era persino incline a dimostrarsi benevolo nei confronti
Cliantha, affidandole dei compiti (leggermente) meno faticosi e
concedendole persino delle ore libere in più.
-Questa
è una grande annata- aveva detto la padrona quando Cliantha,
sorpresa da tanta generosità, aveva cercato di capirne la
ragione, sospettando che fosse un modo contorto e subdolo per mettere
alla prova la sua dedizione al lavoro -E anche le ragazze scialbe e
insipide come te, che hanno tutta la vita davanti, devono gioire di
ciò.
E
così il mese di luglio era trascorso a Brea
nell’euforia e nel fermento collettivo e stava per
concludersi con la prospettiva di una grande festa,
all’ultimo del mese, per celebrare la prosperità
del raccolto. Al Puledro Impennato si facevano grandi preparativi per
accogliere degnamente quell’evento, per il quale il signor
Cactaceo aveva fatto accordi con il sindaco per avere quel giorno
l’esclusiva della vendita di alcoolici, famosi lungo tutto il
Decumano Est; pertanto la signora Cactaceo era indaffarata nella scelta
delle birre e nel calcolo delle quantità quando, la mattina
del, un avventore oltrepassò la soglia del locale, facendo
tintinnare il campanello.
-Buongiorno-
salutò il vecchio viaggiatore, esibendo un sorriso cordiale.
La
donna, infastidita dall’interruzione, alzò il naso
a patata dal foglio su cui stava scribacchiando i suoi conti e
squadrò il nuovo venuto: -Gandalf... - esordì,
poggiando la penna d’oca spelacchiata sul bancone e
incrociando le grosse braccia -Vuoi bagnare il becco, vecchio?
-Vorrei
fare colazione prima di riprendere il mio viaggio- spiegò
calmo quello, per nulla toccato dai modi burberi della donna -Vado a
sedermi lì- aggiunse poi, prendendo posto in uno dei tavoli
liberi.
Cliantha,
che era intenta a spazzare il pavimento del corridoio del piano
superiore, lo vide dalla balaustra e rimase ad osservarlo per qualche
istante, chiedendosi il perché del suo ritorno a un anno da
quella strana serata in cui aveva illustrato a un nano
l’esistenza di una taglia sulla sua testa.
I
suoi pensieri si intrecciarono a cupe congetture che la mente della
ragazza generava nel tentativo di darsi una spiegazione, ma vennero
interrotti dal gracchiare della signora Cactaceo, che la richiamava ai
suoi doveri e le ordinava di scendere a preparare la colazione
all’anziano viandante.
Cliantha
dovette obbedire e, riposti secchio e spazzolone nello sgabuzzino del
retrobottega, andò a chiedere all’uomo chiamato
Gandalf cosa desiderasse mangiare: -Una tazza di tè e dei
biscotti, per cortesia- rispose l’uomo, studiandola con un
sorriso sulle labbra sottili e nascoste sotto due spessi e lunghi baffi
bianchi -Sei la figlia di Thornrose?
Al
nome della madre, Cliantha si irrigidì, lanciando al vecchio
un’occhiata inquisitoria: come faceva a conoscerla?
-Ti
avevo notata un anno fa, quando sono venuto a prendere del vino-
spiegò Gandalf, estraendo la pipa da sotto il mantello e
caricandone il serbatoio di Vecchio Tobia da un astuccio di cuoio -Ma
allora non ho avuto tempo di indagare. Le somigli parecchio.
-Come
conoscete mia madre?- chiese alla fine Cliantha, incapace di attendere
oltre -Non vi ho mai incontrato prima di quella sera.
L’uomo
sorrise, soddisfatto della curiosità instillata nella
ragazza, e si accese la pipa, da cui prese una prima lunga boccata per
avviare il fuoco -Sono parecchi anni che manco, ma io ho conosciuto te,
in qualche modo. L’ultima volta che ho visto Thornrose era
incinta di te al sesto mese. Come sta?
-È
morta quattro anni fa- rispose secca Cliantha.
I
lineamenti del vecchio mutarono improvvisamente, la fronte si
corrugò, il sorriso svanì nel fumo della pipa e
gli occhi, che prima brillavano di soddisfazione, si spensero e
Cliantha lesse sincerità nel suo volto quando, con voce
bassa e grave, disse: -Mi dispiace molto.
La
schiena di Cliantha si rilassò: -Grazie, ma era malata da
diverso tempo. Non è stato inaspettato.
L’uomo
annuì solennemente e lei approfittò del silenzio
che era calato per andare in cucina a preparare quanto richiesto.
Armeggiando tra pentole e piatti, l’iniziale diffidenza
provata per il vecchio si trasformò in vorace
curiosità: se quello che Gandalf diceva era vero, Cliantha
era intenzionata a scoprire ogni dettaglio di quanto egli conosceva.
“Non
può esserselo inventato” rifletteva la ragazza,
mentre versava i biscotti dentro una scodella e disponeva tazza e
teiera su un vassoio “Thornrose non è un nome
comune e non può aver certo tirato a indovinare. Ma
perché mia madre avrebbe dovuto avere a che fare con lui?
Chi è?”.
Con
queste domande che pulsavano nella testa, la ragazza uscì
dalla cucina e portò la colazione al tavolo del vecchio:
-Come ti chiami?- le chiese l’uomo, versandosi il
tè nella tazza che gli aveva portato.
-Cliantha-
rispose quella, dopo un istante in cui il suo cervello
valutò se fosse prudente rivelare
quell’informazione.
-Pumpkinseed,
giusto?- completò Gandalf -Tuo padre è Gideon
Pumpkinseed.
-Esatto-
rispose Cliantha, certa a quel punto che quell’uomo sapesse
bene quello che stava dicendo.
Gandalf
annuì e le fece cenno di sedersi alla sedia accanto a lui,
cosa che la ragazza fece: -Come conoscete i miei genitori?- chiese di
nuovo.
L’uomo
prese un biscotto e lo inzuppò nel tè, poi,
quando lo ebbe degustato con calma, spiegò: -Tempo fa
frequentavo abbastanza assiduamente queste zone, soprattutto in
concomitanza delle feste, quando i miei fuochi d'artificio
rappresentavano l’attrazione principale, ma tua madre
chiedeva altro da me. Era avida di conoscere il mondo al di
là del Fiume Bianco e attendeva con impazienza il mio arrivo
per interrogarmi sui miei viaggi. Di quando in quando le portavo delle
erbe medicinali o degli unguenti, conoscendo la sua passione per
l’arte della guarigione.
A
quel racconto Cliantha non riuscì a trattenere un sorriso,
ricordando la collezione di libri, piante e strumenti che la madre
cercava sempre di ampliare e che custodiva gelosamente.
-Era
una brava ragazza- continuò Gandalf, prendendo un altro
biscotto -E fui contento quando seppi che si era sposata con Gideon e
stava mettendo su famiglia- sottolineò quel concetto
indicandola con il biscotto smangiucchiato.
-E
quindi cos’eravate per lei?- lo interrogò Cliantha
-Una sorta di mentore o cosa?
-Un
amico- rispose lui -Qualcuno che condividesse e alimentasse le sue
passioni.
-Ha
mai viaggiato insieme a voi?
-No,
era una ragazza molto devota alla sua famiglia che, al contrario suo,
non nutriva particolare simpatia nei miei confronti- bevve un sorso di
tè e si schiarì la voce -Per quanto le abbia
letto negli occhi il desiderio di accompagnarmi, non credo abbia mai
davvero progettato di seguirmi. Di certo non me lo chiese mai.
La
ragazza rifletté per un attimo su quanto aveva appena udito
e domandò: -Di cosa vi occupate, dunque? E cosa vi ha
riportato a Brea dopo un anno?
Gandalf
bevve un altro sorso e una strana scintilla brillò dal retro
delle sue iridi grigie, come se non avesse aspettato altro che
rispondere a quella domanda: -Mi occupo di vari affari-
iniziò vago -Ma adesso sono diretto alla Contea per cercare
qualcuno con cui condividere un’avventura.
Cliantha
sgranò gli occhi, esterrefatta, aspettandosi tutto
fuorché una simile risposta: -La Contea?- ripeté
-Credo che andiate proprio nella direzione sbagliata: da queste parti,
e tra gli hobbit soprattutto, le avventure non vengono viste di buon
occhio, di qualunque genere siano. Temo che farete un clamoroso fiasco.
-Staremo
a vedere- ribatté lui, che finito di prendere il
tè era tornato alla sua pipa -E tu dove mi consiglieresti di
cercare, Cliantha Pumpkinseed?
“Qui”
avrebbe voluto rispondere, desiderosa di scoprire di quale avventura si
trattasse, ma poi il ricordo della taglia sulla testa del nano (che
chissà se era ancora in vita) le accese un campanello
d’allarme, che le fece sospirare un “Non
saprei” rassegnato. Sebbene quell’uomo sembrava
aver conosciuto davvero sua madre, era troppo rischioso offrirsi
volontaria per qualcosa che non sapeva dove l’avrebbe
portata, pertanto si alzò dalla sedia e caricò il
vassoio delle stoviglie sporche, pronta a tornare in cucina.
Ma
quando fu a un passo dall’uomo, egli la fermò e
con un sorriso sornione disse: -Se ti stai chiedendo cosa sia successo
al nano con cui ho parlato quella famosa sera, sappi che sta bene.
Cliantha
rimase di stucco, imbambolata ad osservare il ghigno divertito del
vecchio, che l’aveva sorpresa una volta di più;
Gandalf tornò a concentrare la propria attenzione sulla sua
pipa, lasciandola rifugiarsi in cucina, dove, intenta a lavare i piatti
da lui usati, continuava a chiedersi per quale ragione, essendosi
accorto che stava origliando un discorso tanto delicato, non le avesse
detto nulla, ma l’avesse lasciata semplicemente fare.
Quand’ebbe
finito e fu tornata in sala, Gandalf se n’era andato,
lasciando sul bancone l’esatta somma di denaro per pagare la
colazione, che lei però non gli aveva ancora riferito.
Immaginò che fosse stata la signora Cactaceo a presentargli
il conto e dispose le monete accanto al cassetto
dell’incasso, poi riprese le sue mansioni, mentre il suo
cuore cominciava a riempirsi del rimpianto per non averlo trattenuto di
più: avrebbe potuto farsi spiegare meglio la natura di
quella misteriosa avventura e farsi raccontare qualcos’altro
di sua madre, ma oramai era troppo tardi e Cliantha sentì di
aver perso un’occasione unica, trattenuta dalla paura
dell’ignoto e ora costretta a dover convivere con la propria
decisione. Ossia lasciare che le cose rimanessero come erano e
aspettare una nuova occasione, nella speranza di essere abbastanza
lungimirante da saper coglierla.
Il
lavoro l’aiutò a distrarsi da quei pensieri e il
sole calò molto più in fretta di quanto la
ragazza se ne fosse accorta. Prima di congedarla (quella sera la
locanda sarebbe stata chiusa per permettere ai signori Cactaceo di
sistemare i loro conti e pianificare adeguatamente le derrate da
preparare per la festa) il signor Cactaceo le ordinò di
andare a casa a prendere il carro e il cavallo del padre per fare una
consegna: ogni estate il signor Baggins, stimato hobbit di Hobbiville,
acquistava presso i Cactaceo alcune botti della migliore birra che il
mercato locale potesse offrire e se le faceva spedire a casa.
Solitamente
era il signor Cactaceo a occuparsi della cosa, prendendo in affitto
carro e animale da tiro e facendosi pagare l’incomodo, ma
quella sera le priorità erano altre e, sapendo che Cliantha
disponeva del mezzo necessario per la consegna, diede a lei
l’incombenza.
Cliantha
dovette così attaccare la cavalla Brithil al vecchio
carretto e portarla davanti alla locanda, dove aiutò il
signor Cactaceo a caricare i barili; poi, sforzandosi di ignorare le
occhiate licenziose che l’uomo aveva lanciato al suo
fondoschiena ogni volta che aveva dovuto chinarsi a prendere una botte,
Cliantha salì al posto di comando e spronò
l’animale al passo.
Le
strade della città erano piuttosto animate e il clima mite e
piacevole di quella serata spingeva la gente a passeggiare tra le vie
dei negozi, alcuni dei quali avevano colto l’occasione per
rimanere aperti e guadagnare qualche soldo in più; la
ragazza dovette gridare più volte ai pedoni di farsi da
parte per lasciarla passare, ma alla fine, quand’ebbe
oltrepassato le porte della città e si fu immessa sulla
strada principale, poté guidare in santa pace senza doversi
preoccupare dei viandanti disattenti.
Una
coltre di stelle avvolgeva le campagne che costeggiavano la vecchia via
e di quando in quando la ragazza poteva udire qualche cicala cantare
alla luna calante; i profili delle colline erano dolci e coperte di
campi e ogni tanto si distinguevano in lontananza le luci della casa di
un contadino o il falò acceso da un pastore che vegliava
sulle sue pecore al pascolo.
L’unico
rumore che Cliantha poteva udire in quella sera senza vento era lo
scalpitare degli zoccoli dell’animale sulla terra asciutta e
il cigolare delle ruote sotto al peso dei barili.
Brithil
era un cavallo sauro di quindici anni che suo padre era solito
adoperare quando andava a caccia per i boschi, ma che, dopo la morte
del suo padrone, era stata costretta ad accontentarsi di pascolare nel
piccolo giardino di casa Pumpkinseed e di uscire solo nei giorni di
festa, quando Cliantha era a casa dal lavoro e poteva cavalcarla nelle
campagne fuori da Brea. Occasionalmente, però, fungeva anche
da animale da tiro.
L’animale
tirò il carro obbedientemente e lei e la sua padrona
raggiunsero il ponte sul Brandivino, dove la quiete della sera venne
interrotta dal vivace dibattito di due viaggiatori che litigavano al
margine della strada, mentre ai loro piedi giacevano due grossi zaini
prossimi a scoppiare per quanto erano stati riempiti.
-Dobbiamo
andare a nord, fratello!- diceva uno, illuminando una mappa sotto la
luce di una lanterna, che teneva alta sopra le loro teste, e
mostrandolo al suo compagno -Guarda qua, mi sembra chiaro.
L’altro,
evidentemente in disaccordo, gli strappò di mano la cartina
e la rigirò sottosopra, studiandola per qualche istante:
-No, no, no, Fili!- ribatté, puntando il dito contro la
carta spessa della mappa -Sei completamente fuori strada, dobbiamo
attraversare il ponte e prendere a sud!
-Beh,
ora staremo a vedere chi ha ragione- disse il primo, dirigendo la
lanterna verso il carro che si avvicinava per richiamare
l’attenzione del conducente: -Ehi, voi del carro!- disse,
mettendo una mano a lato della bocca per aumentare il suono della sua
voce -Un’indicazione, per cortesia.
Cliantha
tirò le redini e Brithil si arrestò, accorgendosi
solo ora, alla debole luce della lanterna che il viandante sorreggeva,
che si trattava di giovani nani: -Ditemi, mastro nano- rispose la
ragazza con gentilezza -Come posso aiutarvi?
Il
fuoco della torcia illuminò i lineamenti simmetrici del
nano, i suoi baffi biondi intrecciati e gli occhi turchesi aperti nello
stupore di trovarsi una fanciulla a quell’ora della sera alla
guida di un carretto: -Ehm…- si schiarì la voce
-Qual è la strada per Hobbiville, mia signora? Io dico che
da questo ponte bisogna proseguire a nord, mentre mio fratello, qui
presente- indicò il nano moro accanto a lui, che fece una
smorfia di disappunto sotto la corta barba scura -Sostiene che si debba
andare a sud dopo averlo attraversato.
Cliantha
studiò per qualche istante i due viaggiatori e li
trovò molto differenti dalla maggior parte di quelli che
aveva avuto modo di vedere a Brea, presso cui talvolta facevano tappa
nani mercanti, famosi per la loro merce ricercata e di grande
qualità: Cliantha si era fatta l’idea che i nani
fossero tutti (o quasi, ricordando quello che Gandalf aveva incontrato
al Puledro Impennato un anno prima) personaggi dai tratti del viso
molto marcati, talvolta così accentuati da risultare quasi
caricaturali, con quei grossi nasi e le barbe e i capelli folti e
intrecciati con il metallo, ma quei due erano ben proporzionati, sia
nel viso che nel corpo, e non avevano grossi nasi o pance prominenti.
Al contrario i loro visi erano armoniosi e dai lineamenti gentili,
così da renderli assai gradevoli allo sguardo, e il loro
portamento era elegante e nobile.
-Siete
entrambi in errore, miei signori- rispose la ragazza, che aggiunse
indicando il ponte davanti a loro -Dovete attraversare il ponte e
prendere a ovest, oltrepassando Lungacque, ma io stessa sono diretta a
Hobbiville e posso accompagnarvi, se volete.
I
due borbottarono tra loro per qualche secondo, valutando
l’offerta, poi annuirono all’unisono e accettarono,
lanciando i propri bagagli nel carretto e accomodandosi sulla panca ai
lati della ragazza, che spronò il cavallo e riprese la corsa.
-Vi
siamo riconoscenti, mia signora- esordì il giovane nano
moro, rivolgendole un sorriso gentile -Abbiamo temuto di non riuscire
ad arrivare più. A quale nome dobbiamo rivolgere la nostra
gratitudine?
-La
buona creanza impone che ci si presenti prima di domandare il nome a
qualcuno- rispose Cliantha, senza staccare gli occhi dalla strada, non
tanto perché la guida richiedesse una particolare attenzione
(la strada era dritta e totalmente sgombra), ma piuttosto per evitare
che i due si accorgessero della risata che faticava a trattenere:
essendo abituata a contesti tutt’altro che formali, fare
appello alla “buona creanza” era spassoso, quanto
insolito.
-Avete
perfettamente ragione, mia signora- intervenne il biondo, che,
schiaritosi la voce, pose la mano destra sul petto e accennò
un inchino con il busto, dicendo: -Il mio nome è Fili,
figlio di Lady Dís, e lui è mio fratello
minore Kili, al vostro servizio gentile fanciulla.
-Il
mio nome è Cliantha Pumpinkseed, figlia di Gideon
Pumpinkseed e di Thornrose Coriander- rispose Cliantha, ridendo sotto
ai baffi dalla pomposità di quella presentazione -Cosa vi
porta a Hobbiville, signori?- li interrogò poi, lanciando
loro fugaci occhiate e intuendo dai loro vestiti di buona fattura che
si trattassero di persone di ceto agiato -Siete forse mercanti?
-No,
mia signora- rispose Kili -Siamo diretti a un raduno presso un certo
signor Boggins e…- ma la spiegazione del nano venne
bruscamente interrotta da un colpo di tosse (evidentemente forzato) di
Fili, che lanciò un’eloquente occhiata al fratello
minore, come a volergli ricordare qualcosa e, infatti, Kili
proseguì dicendo: -Ma in realtà siamo qui solo in
vacanza, la campagna ci piace molto, con tutti questi bei... campi
coltivati e… le case e… la totale assenza di
montagne…
A
Cliantha non sfuggì quel goffo tentativo di rimedio e
insistette sull’argomento di partenza: -Conosco il signor
Baggins e non sapevo che organizzasse raduni, solitamente è
una persona molto riservata.
-Beh-
si schiarì di nuovo la voce Fili, evidentemente a disagio
-È un’occasione particolare, sa
com’è… ma lei invece, miss Pumpkinseed,
cosa la porta a Hobbiville? Abitate lì?
-No,
signor Fili- rispose Cliantha, tutt’altro che convinta -Mi
occupo di una consegna.
-Cosa
consegnate?- domandò Kili, voltandosi verso il retro del
carretto per guardare il carico -Cosa contengono i barili?
-Birra-
specificò la ragazza, spronando Brithil a proseguire sulla
strada per oltrepassare Lungacque -Sono i barili che il signor Baggins
acquista ogni anno alla locanda dove lavoro.
-Ѐ
stato Mahal a mandarvi da noi!- esclamò Fili, colpito da
quella singolare coincidenza -E inoltre- aggiunse, fregandosi le mani
al pensiero della birra che stava sul cassone del carro -Gandalf ci
aveva detto che Bilbo Baggins era un intenditore in merito di cibo e
bevande. Questo sarà un gran raduno!
A
quel nome, Cliantha si voltò verso il nano, puntandogli
contro i suoi grandi occhi castani inquisitori: -Gandalf?- chiese,
volendosi accertare di aver capito bene -Conoscete quell’uomo?
-Lo
stregone?- domandò Kili -Certamente, lui…
-Stregone?-
ripeté Cliantha, incredula.
-Sì-
rispose Kili, confuso da quella reazione -Non ci senti bene?
Cliantha
ignorò quella domanda, controllando l’impulso di
rispondergli per le rime, e chiese al biondo: -Ci sarà anche
Gandalf al vostro raduno?
Fili
sembrò valutare per un istante se rispondere oppure cercare
di cambiare argomento, ma ormai la ragazza sapeva del raduno, pur
ignorandone il motivo, quindi non c’era ragione di
nasconderle quell’informazione: -Sì, lui ne
è l’organizzatore in realtà.
Le
tessere del puzzle cominciavano a incastrarsi tra loro: quei due
facevano parte dell’avventura di cui lo stregone le aveva
parlato e anche quel famoso raduno a casa Baggins doveva essere in
qualche modo collegato alla cosa.
Il
cuore di Cliantha cominciò a battere forte dietro la gabbia
delle sue costole al pensiero che non tutte le sue chances di cambiare
le carte in tavola erano andate completamente perse e che la luce della
speranza brillava ancora, ma non riusciva a spiegarsi perché
mai Gandalf fosse andato a rivolgersi proprio a Bilbo Baggins, lo
hobbit più rispettato e abitudinario di tutta la Contea, la
persona meno incline a voler partecipare a un progetto così
imprevedibile.
-Lo
conoscete?- domandò Fili, interrompendo il filo dei suoi
pensieri.
-Gandalf,
dite?- rispose Cliantha, dissimulando il suo interesse con un colpo di
spallucce -Di fama. I suoi fuochi d’artificio sono leggenda
da queste parti.
Continuarono
a chiacchierare del più e del meno lungo tutto il resto
della strada e Cliantha rimase piacevolmente sorpresa dai modi allegri
e gioviali dei suoi compagni di viaggio: emanavano entusiasmo e
curiosità da tutti i pori ed erano pieni di aneddoti
divertenti sul loro viaggio dai Monti Azzurri, da cui provenivano. Alla
fine le luci di Hobbiville li avvolsero, con le sue colline scavate
come zucche e trasformate in comode e accoglienti abitazioni su un solo
piano; i due nani sembravano essere sinceramente affascinati dalla
quiete e dal calore che la piccola città trasmetteva con i
suoi orticelli ordinati e ben curati, gli steccati verniciati di
bianco, le porte rotonde con i pomelli di bronzo perfettamente lucidati
e i prati tagliati uniformemente.
Ma
tra tutte, l’abitazione che più risaltava per la
sua posizione e per le sue grandi dimensioni era Casa Baggins, la loro
destinazione, e mentre Cliantha disponeva il carro
all’ingresso del giardino, i due nani saltarono
giù e recuperarono i loro bagagli, poi accorsero
all’ingresso e bussarono alla porta.
Cliantha
fissò Brithil allo steccato e le diede una carezza sul crine
bruno, mentre osservava la porta che si apriva, inondando i due giovani
nani di luce gialla e mostrando un signor Baggins in colorata vestaglia
da camera.
-Fili-
disse il nano biondo non appena il padrone di casa ebbe aperto la porta
-E Kili- completò l’altro -Al vostro servizio!-
finirono in coro con un profondo inchino.
-Voi
dovete essere il signor Boggins!- esclamò Kili, esibendo un
sorriso a trentadue denti, e Cliantha dovette fare del proprio meglio
per trattenere una risata davanti al disappunto dipinto sul viso teso
dello hobbit.
-No!-
esplose Bilbo, cercando di chiudere la porta ma trovandosi a spingere
contro quattro forti mani naniche -Non potete entrare, avete sbagliato
casa.
-Come?-
chiese Kili -Volete dire che è stato annullato?
-Non
ne abbiamo saputo niente- commentò Fili.
-Cosa?-
chiese Bilbo, confuso -Non è stato annullato niente!
Con
grande sollievo, i due nani fecero irruzione in casa dello hobbit,
lasciandogli in mano le loro armi (un brivido freddo corse lungo la
schiena della ragazza nel vedere le due spade che Fili
lasciò con disinvoltura tra le braccia di Bilbo) e
mettendosi comodi, nonostante le proteste del padrone di casa, il
quale, lasciate le armi nell’ingresso, notò la
presenza della ragazza: -Cliantha!- esclamò, asciugandosi il
sudore nervoso con un fazzoletto -Cosa ci fai qui?
-Buonasera,
signor Baggins- rispose quella, sorvolando sulla mancanza di
convenevoli -Le ho portato i barili di birra per conto del signor
Cactaceo.
Lo
hobbit parve rilassarsi a quella notizia e, ripreso il controllo di
sé stesso, disse: -Scusa la mia maleducazione, mia
cara, è un momento un po’ complicato.
-Lo
vedo…- commentò la ragazza, notando la presenza
di altri due nani, oltre a Kili e a Fili, più anziani, che
facevano avanti e indietro dalla dispensa, per poi raggiungere lei e il
padrone di casa nell’ingresso.
-I
ragazzi hanno detto che è arrivato un carico di birra- disse
uno dei due, un nano muscoloso, massiccio e coperto di tatuaggi, con
una folta e ispida barba nera e lunghi capelli che partivano dalla
nuca, lasciando il cranio tatuato scoperto.
-Siamo
venuti a vedere se potevamo dare una mano- sorrise l’altro,
più basso e anziano, con barba e capelli colore della neve e
un lungo naso carnoso e di un vago tono rubicondo.
Cliantha
accettò di buon grado l’offerta di aiuto e i
quattro nani si operarono per scaricare il carro e far rotolare i
barili dentro la cantina di casa Baggins; alla fine del lavoro il nano
più anziano, che Cliantha scoprì chiamarsi Balin
ed essere il fratello del nano tatuato, di nome Dwalin, si
offrì di versare da bere a tutti per riprendersi
dal lavoro e la ragazza fu lieta di accettare.
Mentre
giravano per la casa, facendo rotolare i grossi barili sul pavimento
della casa, seguiti dalle nervose raccomandazioni di Bilbo, Cliantha
aveva avuto modo di verificare che di Gandalf non c'era
nemmeno l’ombra, pertanto aveva deciso di restare a casa
Baggins fino a quando non si sarebbe fatto vivo, cosa che non sarebbe
risultata per nulla spiacevole, sia per la simpatica compagnia (Balin
si dimostrò da subito essere un conversatore colto e
coinvolgente, a differenza di Dwalin che non le aveva ancora rivolto
più di tre o quattro parole in fila), sia per
l’ottimo cibo che i nani trafugavano dalla dispensa in barba
ai pallidi tentativi di protesta di Bilbo.
-Dunque,
signorina- disse Balin, servendosi di un boccale della birra che aveva
portato -Al di là del fatto di aver portato qui dei barili
di ottima birra, cosa di cui siamo tutti molto grati, non credo di aver
capito il vostro nome.
-Cliantha-
rispose quella, prendendo un pezzo di formaggio da un tagliere disposto
sul tavolo della sala da pranzo -Pumpkinseed.
-Come
dite, mia cara?- domandò l’anziano nano, rimasto
con il boccale a mezz’aria e con gli occhi sbarrati dalla
sorpresa.
-Cliantha
Pumpkinseed- ripeté più lentamente la ragazza,
sorpresa da quella reazione, soprattutto quando Balin lanciò
un’occhiata carica di significato al fratello maggiore, che
emise un grugnito e infilò il naso nel proprio boccale.
-Questa
è di certo- commentò l’anziano nano,
prendendo un sorso di birra e lanciando uno sguardo alla mano sinistra
della ragazza, che la chiuse subito attorno al proprio boccale, a
disagio per il proprio palmo -Un’insolita coincidenza.
Cliantha
stava per chiedergli spiegazioni in merito a questa “insolita
coincidenza”, quando il campanello suonò e Bilbo
Baggins, infuriato, accorse alla porta nel tentativo di dissuadere il
nuovo venuto dall’entrare, ma quando ebbe aperto la porta una
cascata di nani precipitò sul tappeto
dell’ingresso, seguito da una serie di lamentele dei nani e
da un lungo sospiro di Bilbo: -Gandalf- sentì dire la
ragazza dalla sala da pranzo.
A
quel nome Cliantha saltò in piedi come una molla e corse nel
corridoio, trovando lo stregone tra un gruppo di nani borbottanti.
-Buonasera,
Cliantha- le sorrise Gandalf, impegnato a togliersi cappello e mantello
e ad affidarli al padrone di casa -Sapevo che ti avrei incontrata qui.
-Davvero?-
chiese sorpresa la ragazza, mentre l’orda di nani le passava
a fianco, salutandola e presentandosi, per andare ad unirsi ai loro
compagni.in sala da pranzo.
-Sì,
certo- annuì lui, facendole l’occhiolino
-Perché credi che sia passato dalla locanda stamattina? Non
certo per i biscotti rinsecchiti di Dora Cactaceo.
-Non
potevi dirmi semplicemente di venire qui, invece di sparire?-
domandò Cliantha, non capendo la logica di quello strano
individuo -Quante probabilità c’erano che Cactaceo
mi dicesse di portare la birra al signor Baggins?
-Immagino
un numero abbastanza alto- rispose Gandalf con un sorriso sornione
sotto ai folti baffi grigi -Siccome le ho detto di aver visto un gran
numero di viandanti sulla strada di Brea per unirsi alla festa della
vendemmia, consigliandole di valutare attentamente le
quantità di cibo e bevande.
-Oh…-
non immaginava che Gandalf avesse pianificato il suo coinvolgimento nel
raduno e la cosa la inquietava ed emozionava allo stesso tempo,
lasciandola senza parole, cosa che sembrò divertirlo e,
ridendo sotto ai baffi, le mise una mano sulla spalla: -Coraggio,
ragazza mia- disse lo stregone, incoraggiante -Gli altri stanno
preparando la cena, andiamo ad aiutarli.
Dalla
cucina il gruppo passò in sala da pranzo in un brusio di
voci accese e allegre, trasportando sedie e stoviglie e allestendo il
tavolo per la cena.
In
un battito di ciglia la tavola venne imbandita con ogni ben di dio e i
commensali, i quali non avevano smesso un istante di parlare e ridere,
iniziarono a mangiare in una maniera che Cliantha non riuscì
a descrivere con parole diverse da “selvaggio”.
Non
c’era avidità nel loro trangugiare una pietanza
dopo l’altra, ma le loro mani erano come gli artigli di
uccelli rapaci che si avventano sulle ignare prede e le loro bocche
accoglievano ogni forma di cibo e bevanda emettendo gorgoglii, risate e
grida di incitamento, soprattutto quando qualcuno lanciava un pezzo di
carne o un uovo a un amico dall’altra parte del tavolo e
costui lo prendeva al volo con la bocca.
Era
uno spettacolo a dir poco surreale, persino divertente.
Notandola
ancora in piedi, Fili diede una pacca al suo vicino, un nano con i
capelli rossi disposti a tricorno, per invitarlo a scalare di un posto
e far accomodare la ragazza.
Il
giovane le fece un cenno e Cliantha accettò
l’invito, prendendo dalle mani di un nano dai capelli
argentati e dai baffi accuratamente intrecciati un piatto pieno di
formaggio, carne e patate arrosto.
-Avete
paura che vi mordano, mia signora?
-Come
prego?- domandò Cliantha, guardando in faccia il giovane dai
capelli biondi, che le sorrideva sornione con i baffi che scintillavano
alla luce delle lanterne.
-I
miei amici sono persone irruente, ma innocue, soprattutto adesso che
hanno cibo di cui saziarsi.
-Saziarsi?-
bofonchiò l’uomo con i capelli a tricorno,
sputacchiando pezzi di formaggio -Basta a mala pena per tutti.
-Signor
Nori!- lo rimproverò Kili, a fianco del fratello -Non dica
così: il signor Boggins ci ha messo gentilmente a
disposizione la sua dispensa, che era anche ben fornita per una persona
sola, aggiungerei!
-E
che temo dovrà riempire presto- commentò
Cliantha, prendendo un boccone dal proprio piatto e osservando gli
altri commensali mangiare come cavallette -Di nuovo.
-Facciamo
solo onore alla tavola, signorina- ammiccò un nano con il
cappello dalle falde all’insù e vispi occhi che
traboccavano di intelligenza -Non credo che siamo stati presentati, io
sono Bofur e questi sono i miei cugini Bifur e Bombur- aggiunse,
indicando due nani accanto a lui: uno esibiva una lunga chioma corvina,
una folta barba sale e pepe e lunghi baffi pettinati in due trecce che
alternavano ciocche nere a ciocche bianche, dalla tempia sinistra
(Cliantha fece del proprio meglio per non esternare il proprio stupore
e l’interesse che la cosa le suscitava) emergeva la testa di
un’ascia, conficcata nel suo cranio; l’altro,
invece, era il più grosso della compagnia e a malapena
riusciva a stare sulla propria sedia, sulla sua pancia prominente stava
adagiata una lunga e spessa treccia fulva e i suoi baffi erano
altrettanto spessi e voluminosi, sotto cui il doppio mento ondeggiava
ogni qualvolta che il nano apriva bocca per addentare un tocco di
formaggio o un pezzo di salsiccia.
-Con
chi ho il piacere di parlare?- domandò Bofur, esibendo un
allegro sorriso sotto ai baffi ispidi.
-Cliantha
Pumpkinseed- rispose la ragazza, ricambiando di buon grado il sorriso.
-È
la cameriera che ha portato la birra- tagliò corto
Dwalin con tono di sufficienza, storcendo il naso e segnando
uno smacco nell’orgoglio di Cliantha, che sentì le
proprie guance avvampare di rabbia.
A
Bofur non sfuggì il suo disagio e, agguantato il proprio
boccale, lo innalzò per un brindisi a cui tutti si unirono:
-A quest’ottima birra e a una nuova amicizia!
-Come
vi siete procurata quella scottatura?- intervenne, previsto e gradito
come un fulmine a ciel sereno, il più giovane del gruppo, un
nano con i capelli castani a scodella e i baffi corti e ispidi,
indicando la sua mano sinistra -Sembra che vi siate fatta molto
male…
L’attenzione
dei presenti, un attimo prima focalizzata sul brindisi, venne
concentrata sul palmo sinistro della fanciulla, che, messa a disagio da
tutti quegli sguardi puntati su di lei, aveva iniziato ad agitarsi
sulla sedia e a cercare nella stanza qualcosa che potesse salvarla da
quella situazione.
Ori,
il giovane nano, notò l’effetto che la sua domanda
aveva procurato nella ragazza e se ne vergognò,
così, rosso in volto come un peperone, cercò di
rimediare: -Mi dispiace! Sono stato inopportuno, non volevo!
-Non
fa niente, davvero- rispose Cliantha, su cui le scuse di Ori riuscivano
a farla sentire ancora più a disagio -È solo in
segno di nascita- spiegò -Nulla di che.
-Siete
sicura di non esservelo procurata in qualche modo?- insistente Balin,
lanciando occhiate colme di interesse sulla sua mano dal suo posto a
lato del tavolo.
-Sì,
ci sono nata- rispose Cliantha, che non aveva dimenticato la storia
dell’ “insolita coincidenza” e a cui non
quadrava quell’interesse morboso nei confronti della sua mano
e del suo nome -Anche mia madre lo aveva. È una cosa di
famiglia.
A
quel punto la conversazione si perse su discorsi legati al cibo, alle
bevande e ai parenti lasciati a casa, i toni divennero più
vivaci e i nani irruenti, lanciandosi cibo, camminando sul tavolo per
portare pietanze agli altri commensali e indicendo gare di rutti. Le
risate rieccheggiavano tra le pareti così forte da far
vibrare i quadri appesi e i soprammobili sulle mensole, mentre Bilbo
Baggins, estenuato da quell’invasione, discuteva animatamente
con Gandalf, cercando una spiegazione.
La
cena giunse al termine e i nani si alzarono per sparecchiare la tavola:
-Scusate se vi interrompo- chiese Ori, che finito di mangiare, si era
recato dal padrone di casa con il proprio piatto in mano -Ma cosa
dovrei fare con il mio piatto?
-Dallo
a me- si intromise Fili, prendendolo dalle sue mani e lanciandolo al
fratello dall’altra parte della sala da pranzo. Cliantha vide
il volto di Bilbo sbiancare davanti all’immagine del piatto
che volava da una parte all’altra e la cosa
peggiorò quando anche le altre stoviglie incontrarono lo
stesso destino e i nani, tenendo il ritmo battendo i piedi sul
pavimento e le posate sulla tavola, intonarono una canzone.
Spuntar
lame neanche poco,
Romper
bottiglie e tappi al fuoco,
Scheggiar
coppe con tutto il resto,
Questo
Bilbo lo detesta!
La
tovaglia per mangiar,
Sopra
il letto le osse lasciar,
In
dispensa il latte versar,
Vino
ovunque poi schizzar.
Le
stoviglie nell’acqua e poi,
Nel
mortaio le puoi pestar,
E
se qualcuna poi si salvò,
Sempre
in terra gettar si può…
Questo
Bilbo lo detesta!
Cliantha
osservò quella scena estasiata dalla maestria con cui i nani
maneggiavano piatti, bicchieri e pentole, tenendoli perfettamente in
equilibrio li uni sugli altri e facendoli volteggiare, senza farli mai
cadere, a tempo con la musica. Immaginò la faccia che
avrebbe fatto la signora Cactaceo, se quello spettacolo si
fosse tenuto nella sua cucina, e una risata le sgorgò dal
cuore, incitando i nani ad accelerare le loro acrobazie, fino a quando
la canzone terminò e la ragazza gratificò gli
altri ospiti con un applauso.
-Non
incoraggiarli, per favore- le sussurrò Bilbo
all’orecchio, asciugandosi il sudore dalla fronte e
riprendendo fiato dopo aver rincorso i piatti per tutta la cucina e la
sala da pranzo -Forse è il caso che ritorni a Brea- aggiunse
poi, ignorando le risate di compiacimento dei nani al suo stato di
affanno -Si sta facendo tardi e non è prudente stare in
strada con il buio.
-Ecco
io…- iniziò la ragazza, ma le parole le si
smorzarono in bocca, non sapendo cosa dire per giustificare la sua
presenza in casa di un cliente del suo datore di lavoro. I suoi occhi
cercarono l’aiuto di Gandalf, sperando che se ne sarebbe
uscito con una scusa perfetta per farla restare, ma Bilbo la stava
già accompagnando all’ingresso, spiegando come, a
suo avviso, il signor Cactaceo non avrebbe dovuto incaricare lei, una
giovane donna da sola, di un lavoro a quella tarda ora.
Lo
hobbit ruotò il pomello al centro della rotonda porta di
legno laccato di verde e tirò per permettere alla ragazza di
uscire, ma la sua strada venne sbarrata da un tredicesimo nano, avvolto
in un lungo mantello di pelliccia, con lunghi capelli corvini,
interrotti qua e là da sottili fili argentati, e dai
lineamenti del viso nobili e armoniosi.
Cliantha
rimase bloccata sulla soglia di casa, riconoscendo nel nuovo venuto, la
cui fierezza sprizzava da ogni dettaglio, dal portamento allo sguardo,
dall’abbigliamento di ottima fattura alla capigliatura
perfettamente curata, il nano che aveva servito al Puledro Impennato un
anno prima.
-Voi…-
sussurrò la ragazza, colta di sorpresa da
quell’inaspettata apparizione.
Il
nano la osservò per qualche istante e a Cliantha parve di
leggere nei suoi penetranti occhi azzurri lo stesso sentimento di
sorpresa che lei stessa provava: -Vi chiedo permesso- disse il nano,
rompendo il silenzio, educatamente, ma con fermezza, e Cliantha si fece
da parte -Gandalf!- esclamò poi, riconoscendo
l’amico alla soglia del salotto -Avevi detto che questo posto
sarebbe stato facile da trovare. Ho smarrito la via due volte, non
l’avrei trovata se non fosse stato per quel segno sulla porta.
Nel
frattempo l’intera compagnia si era radunata
all’ingresso per accogliere degnamente il nuovo arrivato:
-Bilbo Baggins- iniziò Gandalf, avvicinandosi allo hobbit e
estinguendo le sue proteste circa l’impossibilità
che ci fossero segni sulla porta appena verniciata -Permettimi di
presentarti Thorin Scudodiquercia, il capo della nostra compagnia.
“Scudodiquercia?”
pensò la ragazza, soprendendosi nel trovare una certa
familiarità in quell’appellativo.
-Dunque-
disse Thorin, girando attorno a Bilbo e studiandolo dalla testa ai
piedi -Questo è lo hobbit… Sembra più
un droghiere che uno scassinatore- commentò, suscitando le
risate dei compagni.
-Come
prego?- chiese Bimbo, indispettito.
-Ditemi,
mastro Baggins- continuò Thorin, ignorando la sua domanda
-Quante battaglie avete combattuto? Quale arma preferite? Spada o ascia?
-In
realtà- rispose lo hobbit, messo alle strette da
quell’interrogatorio di cui tutti i presenti attendevano
ansiosi le risposte -Sono bravino a Lancia Castagne, ma non credo che
questo risponda alla domanda.
La
tensione in quell’ambiente stretto e affollato era diventata
palpabile e Cliantha sentiva l’elettricità
scorrere nel gruppo di nani, che a bassa voce commentavano tra loro le
parole di Bilbo, sottoposto al vaglio di un giudice severo; la loro
attenzione, però, tornò implacabile su di lei
quando Thorin, mollata per il momento la presa su Bilbo,
domandò allo stregone: -Cosa ci fa qui la ragazza?
-Ecco-
esordì Gandalf -Lei...
-Cliantha-
interruppe la fanciulla, irritata e offesa dal fatto che il nano non le
si fosse rivolto direttamente.
Le
palpebre del nano ebbero un fremito e i muscoli del volto parvero
irrigidirsi, ma accadde così in fretta che Cliantha non
riuscì a comprendere se fosse accaduto davvero o se fosse
stato solo un casuale effetto di luce dato dal tremore di una candela.
-Come
dici?- chiese Thorin, questa volta guardandola negli occhi e
concentrando su di lei tutta la sua attenzione.
-Il
mio nome è Cliantha Pumpkinseed- ripeté quella,
sostenendo lo sguardo -E lavoro alla locanda Il Puledro Impennato, a
Brea. Sono qui per una faccenda di lavoro.
-Sì-
disse Thorin, il cui sguardo, notò Cliantha, andò
istintivamente alla ricerca del suo palmo sinistro, che lei teneva ben
nascosto, serrato in un pugno -Mi ricordo di te.
L’autrice:
eccoci qui! Benvenuti alla fine del secondo capitolo de Il
marchio del drago!
Vi ringrazio con tutto il cuore di essere arrivati alla fine della
pagina e spero tanto che vi sia piaciuto e che vi abbia intrattenuto
per un po’.
Vorrei
mandare un grosso abbraccio a LaViaggiatrice e a Princess_of_Erebor
che, oltre ad aver iniziato a seguire la storia, l’hanno
anche recensita, a michela30 e Odette Kahwamura per seguire la
fanfiction e Ankoku10, elanorstella e Lucson89 per averla aggiunta
addirittura tra le preferite! Vi ringrazio tutte di cuore per il vostro
incoraggiamento!
Un
grosso grazie anche ai lettori silenziosi che passano a dare
un’occhiata ;)
Sarò
felice di accogliere i vostri commenti e le vostre opinioni, che
sicuramente mi aiuteranno a migliorarmi.
Un
abbraccio e alla prossima!
Desma
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