Silver Linings

di EmsEms
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I ***
Capitolo 2: *** II ***
Capitolo 3: *** III ***
Capitolo 4: *** IV ***
Capitolo 5: *** V ***



Capitolo 1
*** I ***


Buonsalve gente :3
Aaaaallora, ho un paio di cosette da dire su questa fic. Innanzitutto non temete, non sarà lunga ( ho in programma di farla durare 3 capitoli massimo). In secondo luogo volevo segnalarvi il film e la serie di fic che, combinati insieme, mi hanno ispirato questa storia. Il film è Il lato positivo ( da cui ho tratto il titolo per la storia) e la serie è Seijoh Inc. di DeathBelle, un'office AU su AO3 che mi ha completamente assorbito negli ultimi tempi. Per quanto riguarda i personaggi ho cercato di tenerli il più IC possibile, ma essendo una rare pair molto azzardata ci sta che abbia commesso dei madornali errori. Non trattenetevi dal criticare aspetti incoerenti della fic, sono aperta al dialogo ( ho un fb su cui potete tartassarmi di domande, EmsEms EFP). Detto questo, spero che vi convinca e che vi faccia divertire almeno la metà di quanto mi sono divertita io a scriverla.
Baci umidi.
PS non è stata betata... Se trovate orrori grammaticali o sintattici fatemi sapere.


 

* * *


 

Iwaizumi spostò lo sguardo dallo schermo del telefono all'edificio davanti a sé. Con un movimento fluido del pollice chiuse google maps e ricontrollò l'indirizzo sul volantino che aveva infilato in tasca. Nonostante avesse provato a lisciarlo, era ancora pieno di pieghe da quando lo aveva accartocciato e lanciato nel cestino.
L'indirizzo era giusto, ma Iwaizumi rimaneva piuttosto scettico in riguardo: quello aveva tutta l'aria di essere un comune palazzo condominiale. Hajime si passò una mano fra gli ispidi capelli corvini e si cacciò il maledetto foglio di carta in tasca. Cosa ci faceva lì? Perché non voltava i tacchi e se ne tornava a casa?
In risposta a quelle domande la voce di Oikawa, impressa nell'ordinato archivio della sua memoria, riaffiorò nella sua testa, insieme alle immagini della loro discussione, avvenuta una settimana addietro. All'ennesima manifestazione di rabbia incontrollata da parte sua, Tooru lo aveva richiamato nel suo ufficio. Una volta accertatosi che fossero soli e che nessuno potesse interromperli, Oikawa si era alzato dalla sua sedia girevole e si era rivolto a lui con il suo solito tono informale. D'altronde, nonostante fosse il suo capo, rimaneva pur sempre il suo migliore amico. Forse l'unico che gli era rimasto.
'Non puoi continuare così' aveva esordito Oikawa, esasperato dal comportamento sopra le righe di Hajime. Le proteste di quest'ultimo non erano servite a nulla, principalmente perché Tooru sembrava poco incline ad ascoltarle.
'Non mi interessa se ti ha provocato, non puoi mettere le mani addosso ad un collega e tantomeno uscirtene con quelle offese. Non posso difenderti sempre Iwa-chan, non è professionale!' lo aveva ammonito Oikawa. Iwaizumi gli aveva intimato di cacciarsi la sua professionalità in quel posto, ma dentro di sé sapeva che quel damerino del suo migliore amico non aveva tutti i torti.
'Conosco un posto dove fanno terapia di gruppo. Dovresti andarci' aveva insistito Oikawa, porgendogli uno stupido volantino. Iwaizumi lo aveva appallottolato e buttato nel cestino, ma il giorno dopo se n'era trovato uno identico sulla scrivania, con l'aggiunta di un messaggio, nella calligrafia svolazzante del suo capo.
'Se non ci vai' recitava il foglietto ' sarò costretto a licenziarti. Sai che faccio sul serio'.
Alla fine Iwaizumi aveva ceduto, e ora si trovava esattamente nell'ultimo posto sul pianeta in cui si sarebbe voluto trovare. Dubitava che Oikawa lo avrebbe realmente licenziato, ma non era nemmeno disposto a correre il rischio.
Hajime si avvicinò alle due file di bottoni argentati, cercando fra le targhette sbiadite un campanello che non recasse un generico cognome.
"Scusi."
Iwaizumi sobbalzò quando colse con la coda dell'occhio un'ombra accanto a sé. Stava per fare dietro-front e fuggire verso la stazione della metropolitana più vicina quando l'uomo che gli aveva rivolto la parola aggiunse "sta cercando il gruppo di terapia?".
"No" grugnì Hajime. Negare era stato un riflesso istintivo, ma non lo avrebbe certo aiutato a trovare quello che cercava. Lo sconosciuto sembrava saperne qualcosa, e Iwaizumi ne dedusse che doveva essere anche lui un frequentatore di quello stupido circolo. Hajime squadrò l'uomo da capo a piedi. Sembrava un tipo qualunque, non fosse stato per i capelli decolorati e ammazzettati in una strana pettinatura. Iwaizumi si trattenne dal chiedergli se avesse realmente pagato il parrucchiere per lasciargli solo le punte del suo colore naturale. Quello doveva essere un lavoro fatto in casa, decretò alla fine Hajime, continuando a fissare senza ritegno.
I due si studiarono a lungo, prima che Iwaizumi si decidesse a sputare il rospo.
"In realtà... Anche io sono qua... Per quella cosa lì" si corresse, senza accennare a chiedere scusa per il 'no' secco con cui aveva risposto alla domanda cortese dello sconosciuto.
"Me l'ero immaginato..." commentò l'uomo dalla capigliatura bislacca, senza che la sua voce esprimesse nessuna emozione in particolare.
"È la sua prima volta?" Chiese lo straniero, avvicinandosi al campanello e premendo uno dei bottoni, senza neanche guardare.
Iwaizumi non rispose, e rimase in ascolto per cogliere una voce dall'altra parte del citofono. Il cancello si aprì poco dopo e lo strano tipo entrò, senza degnarlo di uno sguardo. Hajime rimase ancora un po' immobile davanti ai campanelli in attesa che qualcuno domandasse 'Chi è?' al citofono, fino a quando lo sconosciuto, spazientito, non gli chiese se fosse intenzionato ad entrare. Iwaizumi si fece avanti, riluttante, mugugnando un 'grazie' all'uomo che stava tenendo aperto il cancello per lui.

"Mi chiamo Semi Eita" si presentò lo sconosciuto, una volta che furono in ascensore. Hajime dentro di sé continuava a chiedersi se questi incontri si tenessero veramente in casa di qualcuno, e se non avrebbe forse dovuto scegliere un outfit più curato. Il suo amico dai capelli strampalati era decisamente più elegante di lui, secondo il suo modesto parere.

"Iwaizumi Hajime" rispose alla fine, asciugandosi i palmi sudati delle mani contro i vecchi jeans scoloriti.

Iwaizumi intravide un lieve cambiamento nell'espressione di Semi, che passò dall'indisposizione più totale, ad una sibillina serenità una volta raggiunto il terzo piano. Le porte dell'ascensore si aprirono e i due scesero. Hajime ebbe poco tempo per darsi una sistemata, lisciandosi la T-shirt e nascondendo l'etichetta che continuava insistentemente ad uscire dal colletto, perché Semi si era già diretto a passo spedito in direzione di uno dei due appartamenti che si trovavano a quel piano.

La porta era socchiusa ed Eita non indugiò ad entrare, lasciando Iwaizumi pietrificato sulla soglia. Hajime non lo avrebbe mai ammesso, ma era preda di un'ansia che non aveva mai sperimentato prima di allora. Non gli piaceva l'idea che un gruppo di sconosciuti venisse a sapere che aveva bisogno di essere 'curato', anche perché a detta sua non era lui ad avere problemi con gli altri, ma l'esatto contrario.

Da dentro l'appartamento proveniva un chiacchiericcio sommesso, dal quale Hajime non riuscì a distinguere il numero di persone presenti, né cosa si stessero dicendo. Iwaizumi aveva preso a sudare copiosamente adesso, e la risoluzione con cui si era recato a quell'indirizzo era andata a scemare per lasciare posto ad un categorico rifiuto. In balia di tutte quelle preoccupazioni, Hajime non si accorse che aveva preso ad indietreggiare finché non entrò in collisione con qualcosa di prepotentemente duro. Quel qualcosa emise un ringhio animalesco e Iwaizumi si ritrovò a fissare due penetranti occhi cerchiati di nero. Il teenager che aveva inavvertitamente urtato superava Eita in materia di stranezza. I suoi capelli erano a sua volta decolorati, ma erano di un giallo innaturale, che andava a cozzare con le strisce nere che percorrevano l'undercut da una parte all'altra della sua testa.

"Uhm...Scusa" bofonchiò Hajime, dissimulando dispiacere. Non gli piaceva per nulla quel tipo, come non gli era piaciuto l'uomo che lo aveva guidato fin lì.

"Guarda dove metti i piedi" sbottò in risposta il ragazzo, scartandolo ed avvicinandosi alla porta. Iwaizumi ci vide rosso per un attimo, ma prima che potesse acciuffare quel minorenne insolente e dirgliene quattro, Eita si affacciò da dietro la porta, sondando il pianerottolo con aria annoiata.

"Vuole entrare oppure no?"

Iwaizumi dovette ingoiare la bile che gli era salita in gola e seguire controvoglia quell'emo maleducato.


La prima cosa che lo colpì, una volta messo piede nell'appartamento, fu l'inebriante profumo di fiori. Era un odore così intenso, che per un attimo temette che sarebbe svenuto, da come aveva preso a girargli la testa.
"Ushijima-san, abbiamo un nuovo arrivato" annunciò Semi, posando la mano sulla spalla di Iwaizumi. Quest'ultimo se la scrollò subito di dosso, irritato oltremodo. Pochi secondi dopo però un'altra mano planò fra le sue scapole, colpendo fuori il poco ossigeno che gli era rimasto nei polmoni.
"Ciao!" Esclamò una voce roca, mentre Iwaizumi boccheggiava a causa di quella violenta pacca sulla schiena.
"Io mi chiamo Tanaka Ryuunosuke, ma puoi chiamarmi Ryu!" Aggiunse il suo assalitore, sfoderando un sorriso a trentadue denti. Iwaizumi si prese un attimo per osservare l'uomo che si era appena presentato. Forse era solo una sua impressione, ma quello aveva proprio l'aria di essere un ritrovo di punkettari con un passato da delinquentelli liceali, a giudicare da come portavano i capelli. Nel caso di Tanaka, erano rasati fino alla radice e quella trovata gli conferiva un aspetto decisamente aggressivo. Iwaizumi raddrizzò la schiena e piantò le incandescenti iridi brune in quelle di Ryuunosuke.
"Non farlo mai più" sibilò, spegnendo il sorriso che si era acceso sul volto dell'altro.
"Avanti ragazzi, venite qua che cominciamo" esclamò una voce dal fondo del corridoio.
Tanaka, ignorando completamente il tono minaccioso con cui Iwaizumi gli aveva rivolto la parola, gli afferrò un braccio e lo trascinò verso quello che si rivelò presto essere il salotto. Hajime dovette aprire e chiudere le palpebre un paio di volte, a causa della luce accecante che lo investì appena varcata la soglia del soggiorno. Era una stanza abbastanza grande, dalle ampie finestre e dalle pareti di un bianco luminoso. Ma ciò che lo colpì in particolar modo non fu la vastità del salotto, bensì la foresta di piante da appartamento che, sistemate in vasi di varie dimensioni e di diversi colori, ricoprivano due terzi della superficie in parquet. Alcune piante scendevano addirittura dal soffitto, constatò Iwaizumi quando la carezza di una foglia lo invitò ad alzare lo sguardo.

Non aveva mai visto così tanto verde stipato in un unico appartamento, ed Hajime si ritrovò suo malgrado ad osservare affascinato l'avvicendarsi di figure caleidoscopiche che si creavano sulla parete quando i raggi del sole colpivano i rami rigogliosi delle piante più alte, accorgendosi solo in un secondo momento che gli occupanti della stanza lo stavano pazientemente aspettando, seduti in cerchio. Iwaizumi si avvicinò con la stessa cautela con cui si sarebbe avvicinato ad un ordigno in procinto di esplodere. Uno sguardo al gruppetto di uomini, e subito la tranquillità che gli aveva infuso l'ambiente si dissipò, in favore della diffidenza che lo caratterizzava. Le sedie spaiate sulle quali sedevano gli strani frequentatori di quell'appartamento sembravano essere state tirate fuori da uno sgabuzzino, e nulla nella stanza sembrava suggerire che si trattasse di un circolo di anonimi. Lo spettacolo che si trovava di fronte non era troppo dissimile a quello di una compagnia male assortita di vecchi compagni di liceo. Partendo dalla sua destra, Iwaizumi scrutò uno ad uno gli occupanti della stanza, e venne a sua volta squadrato da questi ultimi. I suoi occhi ritrovarono l'adolescente scontroso che, braccia incrociate sul petto e cappuccio tirato sulla fronte, gli rivolse un 'tch' disgustato, affiancato dall'eccentrico individuo che lo aveva accompagnato fino all'appartamento. Alla destra di quest'ultimo si trovava l'uomo più massiccio e inquietante che Iwaizumi avesse mai visto. Quando quella montagna umana ricambiò il suo sguardo, Iwaizumi si sentì attraversare da un brivido e non riuscì a scacciare il pensiero che quell'uomo dovesse avere un oscuro passato, forse legato a una qualche faida fra yakuza. Seduto accanto al gigante dall'aspetto poco raccomandabile si trovava un uomo minuto, dai corti capelli castani e dall'aria decisa, la cui sola presenza riuscì a distendere i nervi di Hajime. Pensare che fra quella banda di tipi loschi si trovasse anche una persona apparentemente ordinaria lo confortava. A completare il cerchio c'era Tanaka, seduto di fianco ad una sedia vuota. Iwaizumi stava per sedersi proprio lì, quando una voce profonda e monocorde proveniente da dietro di lui lo apostrofò.

"Sei quello nuovo?"

Iwaizumi si girò verso il sesto uomo, a cui a quanto pare era riservata la sedia di vimini. Come di suo solito, lasciò passare un paio di minuti prima di rispondere, facendo in modo che la sua voce assumesse un tono infastidito. Iwaizumi si era fatto mettere i piedi in testa da un ragazzino una ventina di minuti prima, e non aveva nessuna voglia di ripetere l'errore. Chiunque gli avesse rivolto la parola avrebbe trovato in lui un osso duro. O almeno così pensava, finché non gli si parò davanti l'incarnazione di ogni sua più recondita fantasia. Iwaizumi si leccò il labbro inferiore, gola che si era improvvisamente fatta secca e cervello che faceva fatica ad assemblare frasi di senso compiuto. Lo sconosciuto era una decina di centimetri più alto di lui, ed aveva ben poco da invidiare al gigante dai capelli bianchi. Entrambi infatti potevano fare mostra di due spalle solide ed ampie e di braccia altrettanto robuste. Contrariamente al suo amico dai capelli decolorati però, l'uomo davanti ad Hajime era decisamente meno spaventoso. Certo, metteva comunque in soggezione, ma c'era qualcosa in lui che lo rendeva decisamente più gradevole alla vista. Forse erano i capelli pettinati con cura, o la linea diritta della sua mascella, o il contrasto fra la pelle abbronzata e la polo candida a rendere il suo aspetto così piacevole, ma sicuramente questi dettagli e le folte sopracciglia che adombravano gli occhi dal taglio sottile non erano di gran aiuto ad Hajime, che nel frattempo stava cercando disperatamente di sbrogliare la lingua.

"Sì. Si chiama Iwaizumi Hajime" rispose Eita al suo posto, accavallando le gambe.

Iwaizumi lanciò uno sguardo assassino a Semi, stabilendo in quell'esatto momento che non gli sarebbe mai piaciuto, lui e i suoi capelli bicolore.

"Sono Ushijima Wakatoshi, l'organizzatore di questi ritrovi. Benvenuto. Aspetta un attimo che vado a cercare una sedia."

Ushijima non fece a tempo a muovere un passo, che Tanaka si fiondò subito alla ricerca della suddetta, travolgendo nella foga del momento Eita e il rabbioso teenager. Ryuunosuke tornò poco dopo con una sedia pieghevole, che fu incastrata fra quella del ragazzo dalle occhiaie da procione e quella della montagna umana. Iwaizumi si sedette controvoglia fra i due, maledicendo mentalmente Oikawa per averlo spedito in quella gabbia di matti. Una volta che ebbe preso posto anche il padrone di casa, il chiacchiericcio che si era diffuso nella stanza cessò.

"Bene, visto che oggi abbiamo un nuovo arrivato, direi di cominciare con le presentazioni" propose Ushijima, voce piatta ed espressione indecifrabile. Hajime cominciava a nutrire i suoi dubbi sull'organizzatore di quel circolo: non pareva esattamente qualificato per quel genere di attività, con quell'espressione truce che intimidiva il prossimo.

"Comincio io!" esclamò Tanaka, balzando in piedi e gonfiando il petto. Ushijima acconsentì con un breve cenno della testa.

"Allora, mi chiamo Ryuunosuke Tanaka. Ho ventisei anni e lavoro come freelance..."

"Un mese fa faceva il fattorino" borbottò Eita, senza rivolgersi ad un destinatario preciso.

"...E partecipo a queste sedute perché non sopporto gli spacconi che mancano di rispetto alle donne."

Il piccoletto nascose la risata che gli era sfuggita con un finto scoppio di tosse. Hajime era ancora confuso da quella presentazione, ma non era sicuro di volere una delucidazione su quanto appena affermato da Tanaka.

Dopo Ryuunosuke fu il turno di Eita, che rimase a sedere e parlò con tono annoiato, quasi stesse registrando un messaggio per la segreteria.

"Semi Eita. Ventotto anni. Ho problemi a gestire la frustrazione e me la rifaccio con i miei sottoposti."

Iwaizumi non riusciva ad immaginare motivazione più calzante per lui. Semi non sembrava un amante dei compromessi e nemmeno uno che accettava facilmente la sconfitta. 'Un po' come te' lo stuzzicò una voce dentro la sua testa, prima che Hajime la mettesse a tacere.

"Yaku Morinosuke.Ventotto anni. Odio quando la gente mi prende in giro per la mia statura" sbottò il piccoletto, rimettendosi a sedere dopo quella breve presentazione.

Hajime faceva fatica a figurarsi un potenziale scenario dove quel nanerottolo potesse fare male ad anima viva, dall'alto del suo metro e sessanta.

Ci fu una breve pausa, durante la quale Ushijima provvide a massaggiarsi le tempie. Rimanevano solo il gigante e il ribelle dal trucco eccentrico.

"Kyoutani" chiamò Ushijima, indicando con un breve cenno della mano il ragazzo seduto accanto ad Iwaizumi. Quest'ultimo si alzò, mani sepolte nelle tasche della felpa e sguardo basso.

"Kyoutani Kentarou" borbottò, prima di riprendere posto sulla sua sedia di plastica. Eita alzò gli occhi al cielo. Wakatoshi dal canto suo rimase imperturbabile, seduto con la schiena ben diritta e le braccia a riposo sulle spesse cosce. Una volta accertatosi che quello era tutto ciò che Kyoutani aveva da dire, l'energumeno seduto alla destra di Hajime si alzò in piedi per presentarsi a sua volta.

"Mi chiamo Aone Takanobu. Ho ventisette anni. Sono qui perché..." cominciò il gigante, prima di fermarsi a metà frase e prendere un profondo respiro. Iwaizumi non era molto perspicace in materia di emotività, ma ai suoi occhi sembrava che lo yakuza avesse qualche problema a spiegare perché si trovasse lì. Ushijima, annusato lo sconforto di Aone, fece cenno a quest'ultimo di sedersi.

"Va bene così Takanobu."

Iwaizumi non poté fare a meno di chiedersi cosa avesse fatto di tanto terribile quell'uomo da non riuscire a raccontare la sua storia. Assorto nei suoi pensieri, non si accorse che tutti gli occhi era puntati su di lui. All'inizio rimase decisamente disorientato, ma poi capì che tutta la banda si aspettava una presentazione da parte sua. Iwaizumi storse il naso: lui non aveva proprio nulla da spartire con quelli lì. Non era matto, lui.

Dopo cinque solidi minuti di silenzio, Ushijima decise di richiamare l'attenzione su di sé.

"Bene, direi che è arrivato il mio turno. Mi chiamo Ushijima Wakatoshi ed ho ventotto anni. Il mio temperamento irascibile mi ha procurato problemi in passato, ma ho trovato un modo per incanalare la rabbia e adesso non sono più quello di un tempo" spiegò pacatamente Ushijima.

Di tutta quella combriccola, l'ultimo che Iwaizumi credeva capace di avere un atteggiamento sopra le righe quello era proprio lui. Con quella sua stoica facciata e quell'apparente calma da santone indiano non aveva l'aria di chi avrebbe procurato un occhio nero alla prima provocazione.

Dopo una seconda pausa, il giro riprese da Tanaka, che si lamentò per una mezzoretta dei nemici della sua valorosa crociata per difendere il gentil sesso. Iwaizumi era fermamente convinto che la sua cavalleresca impresa fosse solo un pretesto per menar le mani, e a quanto pare anche Yaku condivideva la sua opinione, a giudicare dagli sguardi eloquenti che gli indirizzava. Kyoutani alla sua sinistra era rimasto in silenzio tutto il tempo, nella stessa identica posizione e con la stessa identica smorfia. Eita si era appoggiato languidamente allo schienale e seguiva passivamente la tirata di Tanaka, senza esprimere la sua in proposito. L'unico a prendere la cosa sul serio era Aone, che ascoltava attentamente ogni parola di Ryuunosuke ed annuiva di tanto in tanto.

Alla fine della seduta Iwaizumi si era fatto un'idea precisa su quella buffonata, e su come non avrebbe mai più perso tempo con quei fanatici.

 

"Iwaizumi-san" lo chiamò la voce calda di Ushijima, nell'esatto istante in cui Iwaizumi mise piede sull'ascensore.

"Sì?" domandò Hajime, tenendo aperte le porte con un braccio.

Ushijima lasciò la porta di casa aperta e si avvicinò a lui, porgendogli un foglietto. Iwaizumi gli rivolse un'occhiata interrogativa, rigirandosi il pezzetto di carta fra le dita.

"Il mio numero."

"Ce l'ho già il numero dell'appartamento" osservò Hajime, cercando di non soffermare troppo lo sguardo sul petto scolpito davanti al suo naso. Non aveva appena notato come la polo abbracciasse perfettamente i pettorali del suo interlocutore. Semplicemente, non era successo.

"Sì, ma questo è quello di cellulare. Puoi chiamarmi quando senti di non riuscire a tenere tutto dentro."

Iwaizumi non era sicuro di aver ben capito a cosa si stesse riferendo quella specie di controfigura dei bagnini di Bay Watch.

"O...Ok" bofonchiò alla fine, ignorando le quattro paia di occhi che lo stavano fissando dal ciglio della porta. Tanaka e Yaku stavano osservando la scena e sogghignando come degli ebeti.

Hajime montò sull'ascensore e premette il pulsante del piano terra, senza più guardarsi alle spalle. Aveva perso un pomeriggio intero a causa di quella farsa, e adesso avrebbe dovuto passare mezza nottata a lavorare sui documenti che non aveva ricontrollato in ufficio.

 

Ad Iwaizumi fischiavano le orecchie, ed aveva come l'impressione che una volta fuori dall'edificio, qualcosa di orribile sarebbe accaduto. Appena scorse il profilo dinamico di una mercedes nera dai finestrini oscurati, il suo infausto presagio trovò conferma.

"Iwa-chaaan" trillò una voce a lui ben nota, prima che una chioma castana sbucasse da uno dei finestrini.

Iwaizumi si incamminò a passo spedito verso il cancello, con l'intenzione di ignorare del tutto il suo capo. Non ebbe il tempo di fuggire però, perché Oikawa si catapultò fuori dalla macchina, e lo avvolse in un abbraccio soffocante, reso ancora più fastidioso dal nauseante odore dolciastro della sua colonia.

"Scollati Shittykawa" ringhiò Iwaizumi scrollandosi l'amico di dosso. Fuori dal lavoro Oikawa Tooru era ancora più molesto.

"Com'è andata?" indagò il suo migliore amico, divertito dalla reazione disgustata di Iwaizumi.

"Male" sbuffò Hajime, incrociando le braccia sul petto e sostenendo lo sguardo malizioso dell'altro.

Tooru mise su il suo tipico broncio da lesa maestà.

"E io che pensavo che Ushiwaka ti avrebbe reso un gentiluomo..." commentò Oikawa, tono lamentoso come al solito. Iwaizumi trattenne il respiro per un attimo. Il fatto che Tooru avesse affibbiato ad Ushijima con un nomignolo ridicolo poteva significare solo una cosa: i due erano in confidenza. Non sapeva quanto intimo fosse il loro rapporto, ma la faccenda gli puzzava. Come facevano quei due a conoscersi? Non avevano assolutamente niente in comune, e Tooru, che lo teneva costantemente aggiornato su ogni dettaglio della sua vita privata, non lo aveva mai menzionato prima di allora.

"Ah, parli del diavolo..." aggiunse Oikawa, cancellando il broncio infantile e sfoderando uno dei suoi disarmanti sorrisi in direzione del palazzo alle loro spalle. Iwaizumi seguì lo sguardo di Oikawa e si ritrovò a fissare Ushijima, nascosto dietro il vetro trasparente di una delle grandi finestre del salotto.

"Ushiwaka-chaaan" salutò Tooru, sventolando un braccio in maniera teatrale.

Iwaizumi sferrò un destro nello stomaco di Oikawa, mugugnando uno 'zitto idiota, ti sente l'intero vicinato'. Una volta che si fu ripreso, Tooru offrì un passaggio ad Iwaizumi e, senza dargli il tempo di formulare una risposta, lo spinse sul sedile posteriore dell'auto, saltando a sua volta dentro e chiudendo la portiera.

"E' un gran figo, vero?"

Ad Iwaizumi andò la saliva di traverso e non poté fare nulla contro il rossore che prese subito ad arrampicarsi sulla punta delle sue orecchie.

"Non so di cosa tu stia parlando" borbottò di rimando.

"Di Ushiwaka. È proprio un gran bel pezzo di manzo."

Iwaizumi non rispose, chiudendosi in un ostinato mutismo per celare la sua opinione in merito ad Ushijima. Era senza ombra di dubbio un uomo molto attraente, ma Iwaizumi, contrariamente ad Oikawa, non aveva tempo per giocare. Quelle sedute inconcludenti non lo avrebbero aiutato a stemperare le sue incazzature, e non sarebbe certo tornato lì per flirtare con uno sconosciuto.

Iwaizumi passò il resto del tragitto in macchina ad ignorare il suo logorroico capo, che con la sua marea di pettegolezzi costituiva il più irritante sottofondo di tutti i tempi.

 

 

"Grazie del passaggio" biascicò Iwaizumi, scendendo dalla macchina e sbattendo la portiera. Oikawa, testa che spuntava dal finestrino, lo chiamò ancora una volta.

Iwaizumi digrignò i denti e tornò sui suoi passi, cercando di mantenere la calma.

"Iwaizumi..." cominciò Tooru. Hajime rabbrividì nel sentirlo pronunciare il suo cognome per intero. Era bene a conoscenza di quanto spaventoso potesse suonare il suo migliore amico quando faceva sul serio.

"Se stai pensando di saltare le sedute, ho una brutta notizia per te. Non si tratta di un passatempo, ma di una faccenda seria. Che tu lo voglia o no, seguirai quella terapia."

Iwaizumi strinse i pugni, ma non si azzardò a fiatare. Oikawa aveva quella faccia, la faccia di chi non avrebbe ammesso obiezioni. Dopo aver lanciato un'occhiata di sfuggita al costoso orologio da polso, Tooru tornò a sorridere come uno scemo, ed augurò ad Iwaizumi di passare una buona serata.

Hajime seguì con lo sguardo la mercedes nera di Oikawa sfrecciare via e prendere la prima svolta a sinistra per sparire definitivamente dal suo campo visivo.

A volte lo odiava con tutto sé stesso.

 

* * *

 

Ovviamente sarà tutto spiegato a tempo debito, ma ci tengo a precisare che Aone e Kyoutani non hanno ucciso nessuno ;)  

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Capitolo 2
*** II ***


Buongiorno gente :3

Spero che stiate passando delle gioiose vacanze estive! Qua da me fanno quaranta gradi... Una vera e propria tortura....

Anche stavolta non ho fatto betare il capitolo, principalmente perché non voglio rompere alle mie amiche in vacanza ;) Quindi se trovate errori vi prego di farmelo sapere nei commenti! Granite e bacini a chi mi ha supportata in questa avventura, e anche solo a chi legge i miei racconti senza capo né coda <3


 

* * *


 

Iwaizumi emerse dalla cortina di vapore che fuoriusciva dal bagno, con un misero asciugamano appollaiato sulle spalle. Ancora completamente nudo e bagnato, osservò con la coda dell'occhio lo schermo del cellulare per scoprire che aveva ricevuto ben quattro messaggi di whatsapp. Inizialmente li ignorò, procedendo ad asciugarsi i capelli, ma in un secondo momento dovette venire a patti con l'idea che potesse trattarsi di importanti messaggi di lavoro.
Appena scorto il mittente, Iwaizumi dovette ricredersi: Oikawa aveva due cellulari, e quello da cui gli aveva spedito quei messaggini non era lo stesso con cui lo chiamava per parlare di affari. Con un prolungato sospiro di rassegnazione, Hajime si diresse verso la cucina, strusciando i piedi contro il pavimento freddo del corridoio. Una volta aperto il cartone del latte ne tracannò un sorso e si asciugò le labbra con il polso, ignaro dello sguardo allibito con cui lo stava fissando la signora del palazzo accanto. Iwaizumi si accorse di lei nel momento in cui ripose il latte nel suo scompartimento. L'espressione scandalizzata della signora, china a stendere i panni sul balcone, gli ricordò che era ancora nudo, ed Hajime non ci pensò due volte a tornare di corsa in camera, lontano dagli occhi indiscreti dei suoi vicini.
Una volta che si fu infilato i boxer, Iwaizumi si decise a scorrere la schermata del telefono e a controllare cosa gli avesse scritto quell'imbecille patentato del suo capo. Il primo messaggio recitava solo un 'Iwa-chaaan~' seguito da una decina di emoji fra cui quelle di un alieno, di un facocero e di un porcospino. Iwaizumi si chiedeva perché si prendesse la briga di leggere i whatsapp di Oikawa. Ad ogni modo, già che era lì, tanto valeva dare un'occhiata anche agli altri tre.
Il secondo era uno sproloquio delirante su come lo avessero riconosciuto in metropolitana. Iwaizumi non dubitava che Oikawa fosse capace di attirare l'attenzione su di sé, soprattutto in seguito all'intervista di un giornale prestigioso che lo aveva nominato ( secondo una serie di parametri che gli sfuggivano) uomo dell'anno.
Iwaizumi pregò mentalmente che i rimanenti due messaggi non fossero inconsistenti come i loro predecessori.

Shittykawa: 'Iwa-chan, ricordati che oggi hai appuntamento con Ushiwaka-chan. Ah, e per favore mettiti qualcosa di decente. Ushiwaka non sarà un grande intenditore, ma quei pantaloni avrebbero spaventato anche un principiante. Suggerisco quelli che ti ho regalato l'anno scorso...'

Iwaizumi lanciò un'occhiata di sbieco all'armadio a muro. Ricordava i suddetti pantaloni, ma non era assolutamente intenzionato ad indossarli. Erano almeno due taglie più piccoli di come li comprava lui, e gli fasciavano le cosce in maniera indecorosa. Iwaizumi non andava fiero delle sue gambe, e quel capo striminzito non faceva nulla per nasconderle.

Shittykawa: 'Altro piccolo promemoria: la prossima settimana abbiamo la cena.
PS so che odi quei pantaloni ma ti assicuro che ti fanno un culo fantastico. Quindi vedi di metterteli.'

Iwaizumi scaraventò il telefono dall'altra parte del letto, emettendo un singulto quando lo vide rimbalzare sul materasso e rotolare verso il bordo.
Perfetto, rimuginò Iwaizumi, raccogliendolo dal pavimento ed osservando con aria avvilita come la caduta avesse provocato un'innumerevole serie di graffi sul vetro dello smartphone. Non aveva neanche finito di pagarlo e lo aveva già rotto.
Hajime si alzò in piedi e cominciò a misurare la stanza ad ampie falcate, cercando di mantenere la calma. Senza rendersi pienamente conto di cosa stesse facendo, si ritrovò a frugare nella tasca dei suoi jeans slavati. Quando le sue dita pescarono il bigliettino che gli aveva dato Ushijima, Iwaizumi rimase immobile a fissarlo, come se non si fosse realmente aspettato di trovarlo dove lo aveva lasciato. A scioccarlo fu il fatto che avesse seriamente preso in considerazione l'idea di chiamare quel numero. Iwaizumi stava per strappare il foglietto quando si accorse di non esserne fisicamente capace. C'era qualcosa che lo tratteneva dallo stracciare quel pezzetto di carta.
Alla fine Hajime optò per infilare il foglietto in uno scomparto del suo portafogli e cominciare a vestirsi per andare a lavoro, rifiutandosi categoricamente di soffermare lo sguardo sui pantaloni che gli aveva consigliato di indossare Oikawa, relegati nell'angolo più remoto del suo guardaroba.


 

Quella giornata era cominciata con il piede sbagliato e non sembrava intenzionata a migliorare.
Seduto in fondo alla carrozza della metropolitana, il tipo dai capelli bicolore che Iwaizumi aveva incontrato a casa Ushijima stava leggendo con aria annoiata un libro dalla copertina scolorita. Hajime era sicuro di non averlo mai visto sulla linea che prendeva ogni giorno, altrimenti l'avrebbe notato ( un tipo con un'acconciatura del genere non passava certo inosservato). Subito l'istinto di nascondersi ebbe il sopravvento, e Iwaizumi si mimetizzò nella folla di pendolari. Aveva come la sensazione che l'eccentrico anonimo non lo avrebbe salutato anche se lo avesse scorto, ma Hajime non voleva correre il rischio.
Quando le porte si aprirono, Iwaizumi si affrettò ad uscire, temendo di essere riconosciuto dal businessman. Nello scompiglio generale, però, non si accorse di essere finito proprio ad un metro di distanza dall'uomo che aveva così scrupolosamente evitato durante il tragitto in metro.
Semi lanciò uno sguardo nella sua direzione, e proseguì a camminare al suo fianco nella caotica stazione senza accennare ad un cordiale saluto. Iwaizumi, che fino ad allora aveva pregato silenziosamente che lo straniero non lo riconoscesse, si ritrovò suo malgrado profondamente offeso da quel comportamento distaccato. Eita lo stava ignorando di proposito! Sebbene Iwaizumi stesse facendo la stessa identica cosa, non poteva tollerare un affronto del genere da parte di quell'arrogante damerino.
"Ehi" grugnì Hajime, cercando di attirare l'attenzione dell'uomo che, un gradino più in su, aveva ripreso a leggere. Semi non staccò gli occhi dalle pagine ingiallite, una mano posata sul corrimano delle scale mobili e l'altra aperta a ventaglio in modo da sorreggere il libro.
Iwaizumi perse le staffe e si slanciò verso l'uomo assorto nella lettura, afferrandolo per una spalla ed obbligandolo così a spostare l'attenzione dai caratteri d'inchiostro ai suoi dintorni.
Semi alzò lo sguardo dal libro ed aggrottò le sopracciglia, visibilmente indispettito dal brusco strattone. Iwaizumi notò solo allora il filo bianco degli auricolari che sbucava dal collo della camicia e scompariva nei capelli decolorati.
Per un attimo si sentì un vero e proprio idiota. Semi si tolse le cuffie e le lasciò spenzolare dal colletto. Considerato che la sua cravatta era infilata per metà nel taschino, non era difficile immaginarsi Semi come un anticonformista attaccabrighe. C'era qualcosa nella sua tenuta volutamente scomposta che sembrava gridare 'sono il capo, e faccio quello che mi pare'. I due si squadrarono, come due cani randagi pronti a saltarsi al collo per difendere il proprio territorio. Così non andava bene: se avesse continuato con quel suo comportamento rissoso, Oikawa lo avrebbe forzato a continuare quella stupida terapia. Doveva fare uno sforzo.
"Ciao" mugugnò alla fine Iwaizumi, digrignando i denti e cercando di rievocare nella sua testa lo sguardo severo di Oikawa. Purtroppo l'immagine del suo capo non fece altro che peggiorare il suo umore, trasformando il suo cipiglio aggressivo in una smorfia di rabbia repressa.
"Ciao" rispose Semi, ostentando un'aria di sufficienza che fece imbestialire il moro.
"Mi stavi evitando" sbottò Hajime, accorgendosi solo in un secondo momento di quanto infantile suonasse quell'accusa. Eita gli rivolse uno sguardo interrogativo, prima di chiudere il libro ed infilarlo nella ventiquattrore di pelle.
"Pensavo che non volessi parlare con noi 'matti'" replicò stizzito, chiudendo la fibbia.
Hajime stava per ribattere, quando una straordinaria epifania lo colse impreparato. Semi aveva ragione: perché aveva rivolto la parola a quell'uomo? Non aveva nulla da spartire con gli svalvolati di quel circolo, no? Il rossore che tingeva le guance di Iwaizumi tradì il suo imbarazzo, rendendolo improvvisamente una preda vulnerabile. Eita però non approfittò di quel momento di debolezza, restando impassibile e chiuso nel suo snervante senso di superiorità.
"Qual è il tuo problema?" sbuffò alla fine Semi, seguendo il flusso di impiegati che si erano diretti verso l'uscita della stazione.
"Potrei chiederti la stessa cosa" ribatté Iwaizumi, sostenendo il suo sguardo a testa alta.
"Lo sai bene qual è il mio problema. Sei tu quello che si ostina a fare il difficile" sibilò Eita, scartando bruscamente per non entrare in collisione con la folla che stava spingendo nella direzione opposta alla loro.
"Ti do un consiglio: smettila di fare lo spaccone e accetta l'aiuto che ti viene offerto."
Iwaizumi strinse i pugni, narici innaturalmente dilatate e mascella serrata.
"Come scusa?"
"All'inizio può sembrare una stronzata, ma le sedute di Ushijima sono forse l'unico antidoto per sopportare questo schifo di vita" proseguì Semi, cercando con lo sguardo l'area fumatori, nascosta da un muro alto che la separava dalla strada principale.
Iwaizumi non rispose, principalmente perché non poteva controbattere: Ushijima emanava un'aura di rispettabilità che rendeva impossibile sparlare di lui.
Semi svoltò nell'area fumatori a passo deciso e Hajime si rese conto troppo tardi di averlo inavvertitamente seguito. Stava per tornare indietro, quando Eita fece saltare due sigarette fuori dal loro pacchetto, offrendogliene una.
Iwaizumi scoprì un braccio, facendogli notare il cerotto alla nicotina.
"Ho smesso" borbottò, abbassandosi la manica con aria sdegnata.
Eita scrollò le spalle, infilandosi la sigaretta in bocca ed arrotolandosi la camicia fino al gomito. Sul suo avambraccio svettavano ben tre cerotti.
"Anche io" biascicò, labbra strette intorno al filtro. Prima che Hajime potesse fare mente locale, un mezzo sorriso si palesò sul suo volto, e a nulla servirono i suoi sforzi per reprimerlo. Con un breve cenno del capo accettò la sigaretta.

 

 

Iwaizumi attraversò il trafficato corridoio che portava al suo cubicolo e una volta arrivato a destinazione si lasciò cadere a peso morto sulla sedia girevole. Da quella postazione poteva sentire le conversazioni dell'intero ufficio, alternate dalle telefonate di lavoro e dal ritmico rumore di tasti che venivano premuti ad una velocità disumana: qualcuno doveva essere rimasto indietro con la consegna del giorno prima. Iwaizumi rimase in ascolto del ticchettio, chiedendosi da quale cubicolo provenisse e quale povero malcapitato sarebbe andato incontro all'ira di Oikawa Tooru.

Proprio in quel momento, una chioma vaporosa apparse dietro i divisori verde acqua dell'ufficio. La sua prima reazione fu quella di saltare a sedere e accendere il computer, in modo da mostrarsi occupato ed evitare dunque un rimprovero da parte del suo capo. Oikawa non era solito fare sfuriate, ma c'era qualcosa nel tono mellifluo della sua voce che riusciva ad annientare il prossimo mantenendo una facciata di gelida cortesia. Ovviamente la questione era diversa quando si trattava di lui. Erano amici dai tempi delle elementari, e se c'era qualcuno che Tooru non sarebbe mai riuscito ad intimidire, quello era proprio il suo testardo migliore amico. D'altronde, come avrebbe potuto trovare minaccioso il suo capo, quando quest'ultimo era lo stesso uomo che lo chiamava ubriaco alle quattro di notte per chiedergli un passaggio, visto che aveva chiuso le chiavi della mercedes dentro la macchina? Insomma, gli era impossibile vedere Oikawa sotto una luce diversa. Lui lo conosceva per quello che era, ovvero un bambino cresciuto troppo in fretta, viziato, egocentrico e capriccioso.

 

Hajime tirò un sospiro di sollievo quando Tooru sparì in un altro cubicolo che dava sul corridoio: a quanto pare il suo ritardo era significativamente meno grave rispetto a quello che la 'preda' di Oikawa aveva combinato. L'intero piano piombò nel più tetro silenzio, mentre tutti tendevano l'orecchio per carpire la discussione fra il capo e il loro collega. Iwaizumi invece si rimboccò le maniche e cominciò a lavorare al suo rapporto, ignorando completamente i bigliettini che Matsukawa gli stava lanciando dal cubicolo accanto al suo. Una buona mezzora dopo, una voce disgustosamente zuccherina distolse la sua attenzione dallo schermo del computer.

"Iwa-chaaaaaan" trillò Oikawa, appoggiandosi al divisorio, espressione rilassata, come se non avesse appena minacciato qualcuno di licenziarlo in tronco.

"Cosa vuoi Shittykawa?" bofonchiò Iwaizumi, braccia incrociate e sguardo inflessibile.

"Sei sempre così scontroso!" piagnucolò Tooru, mettendo su l'odiosissimo broncio da lesa maestà.

"E tu sei sempre una spina nel fianco" ritorse il moro, cercando inutilmente di tornare al suo rapporto.

"Non ti sei messo i pantaloni che ti avevo consigliato" notò Oikawa, sondando con uno sguardo colmo di profondo disgusto l'anonimo abbigliamento da lavoro di Iwaizumi.

"Contrariamente a Sua Signoria, non posso venire in ufficio vestito come cavolo mi pare" ringhiò Hajime, premendo con forse un po' troppa verve la barra spaziatrice della tastiera. Tooru entrò nel cubicolo, e cominciò ad ispezionare i pochi effetti personali che si trovavano sulla scrivania di Iwaizumi. C'era una vecchia foto della sua famiglia (iguana compreso), e il cactus che Oikawa gli aveva regalato per il suo compleanno. Il resto della superficie era ricoperto da scartoffie e matite mordicchiate.

"Iwa-chan, sei l'unico essere umano in grado di uccidere una pianta grassa..." commentò Oikawa, poggiando il dito sulle spine del cactus morente ed osservando come queste ultime si piegassero sotto la sua falange. Iwaizumi si girò verso il suo capo, occhi assottigliati che scomparivano sotto le folte sopracciglia nere.

"Si può sapere cosa vuoi? Pensavo che non potessimo parlare del più e del meno in ufficio, Mr Ci-Tengo-Alla-Professionalità."

Oikawa scrollò le spalle: era così abituato al comportamento scorbutico del proprio migliore amico, che le sue frecciatine non lo tangevano minimamente.

"Volevo solo accertarmi che il mio caro Iwa-chan fosse in forma."

Iwaizumi inclinò la testa, e lanciò uno sguardo scettico al suo boss.

"Come no..."

Dopo aver curiosato un altro po', Oikawa trotterellò verso l'entrata del cubicolo e salutò teatralmente il suo impiegato.

"Ah!" esclamò, riaffacciandosi un'ultima volta prima di tornare nel suo ufficio. "Un altro ritardo del genere e ti sospendo la busta paga per due mesi" aggiunse, con un sorriso che avrebbe spento il sole.

 

Iwaizumi passò il resto della giornata a trangugiare caffé fra un rapporto e l'altro. Completamente assorto nel suo lavoro, ignorava le pile di documenti che si accumulavano sulla sua scrivania e i pettegolezzi di chi si radunava intorno al distributore dell'acqua.

Hajime Iwaizumi era un lavoratore indefesso, che a testa bassa eseguiva gli ordini con precisione ed efficienza, senza sprecare tempo. Matsukawa ed Hanamaki si affacciavano spesso oltre il divisorio per comunicare a quell'automa del loro collega che la pausa pranzo era già iniziata, principalmente perché Iwaizumi sarebbe stato capace di continuare a fissare lo schermo del pc anche se un incendio fosse divampato nell'edificio.

Dopo una decina di palline di carta andate a vuoto, Matsukawa riuscì a fare centro, catturando l'attenzione di Hajime con un'esemplare palla curva.

"Ed ecco che Iwaizumi colpisce la palla e si appresta a correre in seconda base" annunciò Hanamaki, palmi raccolti a mo' di megafono intorno alla bocca, in modo da imitare l'altoparlante di uno stadio di baseball. Hajime rispose con un grugnito, dita che correvano sulla tastiera. Quando l'ufficio cominciò a svuotarsi però, anche lui fu costretto a soddisfare i suoi bisogni primari: non sarebbe riuscito a terminare la consegna a stomaco vuoto.

 

C'era un motivo per cui Iwaizumi detestava la pausa pranzo, un motivo di un metro e ottantaquattro, e settantadue chili di stupidità e teorie su come i politici siano rettiliani provenienti da un altro pianeta.

"Dove andiamo a mangiare oggi?" chiese Oikawa, prendendo sottobraccio il suo irascibile migliore amico.

"Andiamo sempre nel solito posto, Shittykawa" brontolò Hajime, schivando la penosa mossa dell'amico e piegando il braccio di quest'ultimo in una posa tanto innaturale quanto dolorosa.

"Ahia!" uggiolò Tooru, una volta che Iwaizumi ebbe allentato la presa sul suo polso. I due proseguirono verso il chiosco che si trovava sotto un cavalcavia. Una volta comprate due porzioni di ramen, Iwaizumi cominciò a rimpinzarsi di noodles e ad ingoiare brodo bollente, senza prestare attenzione al fiume di sciocchezze che usciva dalla bocca del suo migliore amico. Beh, finché Oikawa non menzionò un nome a lui familiare.

"Mph" biascicò Iwaizumi, cercando di mandare giù la quantità mostruosa di cibo che aveva azzannato mentre Tooru parlava a vanvera dei fatti suoi. Dopo che si fu sferrato una serie di colpi decisi in mezzo al petto, evitando così l'imminente morte per soffocamento, Iwaizumi si asciugò le lacrime dagli occhi e rivolse ad Oikawa uno dei suoi sguardi truci.

"Non si chiama Ushiwaka. Perché ti ostini a chiamarlo così?" sbottò, irritato dal nomignolo che Oikawa aveva affibbiato al suo 'terapista'.

Tooru allontanò le bacchette dalla bocca ed osservò il moro con la sua snervante espressione da cucciolo ferito.

"E come dovrei chiamarlo scusa?"

"Ushijima."

"Ma Iwa-chan, 'Ushijima' suona così male! A te piacerebbe se ti chiamassi Iwaizumi?"

Oikawa si accorse della gaffe, e subito posò l'indice sulle labbra del suo interlocutore, frenandolo prima che rispondesse a quella specie di domanda retorica.

"Ok, ok, smetterò di chiamarlo Ushiwaka" sbuffò alla fine Tooru, accettando la sconfitta e riponendo il telefono con cui aveva scattato un set fotografico alla sua anonima ciotola di ramen nella giacca.

"Perché ti innervosisce così tanto la cosa?" chiese Tooru, sovrappensiero.

Iwaizumi non lo degnò di una risposta. In verità voleva sapere come facessero a conoscersi Ushijima e il suo capo, ma piuttosto che chiedere una delucidazione a quel pettegolo di professione di Oikawa Tooru, Iwaizumi avrebbe preferito farsi gettare vivo in una vasca piena di piranha.

"Perché sì" sbottò, chiudendo la conversazione con una risposta degna di un bambino di otto anni. Oikawa continuò a guardarlo di sottecchi durante il tragitto per tornare alla ditta: forse era solo una sua impressione, ma Iwaizumi sembrava più rilassato del normale.

 

* * *

 

Hajime si presentò alle nove spaccate a casa di Ushijima. La porta era aperta, ma dall'interno dell'appartamento non proveniva nessuno schiamazzo. Dopo aver letto per l'ultima volta il quadrante dell'orologio, Iwaizumi varcò la soglia. Non poteva essere il primo, no? Eppure appena messo piede nell'appartamento, il suo presagio trovò fondamento. Stava per fuggire da quell'imbarazzante situazione, quando la voce profonda di Ushijima lo immobilizzò sul posto.

"Iwaizumi" chiamò il proprietario di casa, obbligando l'opite a voltarsi verso di lui. Iwaizumi non se ne intendeva, di emozioni, ma per un attimo era sicuro di aver scorto nel viso del suo interlocutore un barlume di sorpresa.

Ushijima portava una polo azzurra e un paio di pantaloni beige che rendevano le sue cosce ancora più spesse. Il dettaglio che colse la sua attenzione, però, furono gli occhiali dalla pesante montatura anni '80.

"Uhm...gli occhiali..." balbettò Hajime, piedi inchiodati al pavimento e sguardo fisso sull'oggetto incriminato.

Ushijima ci mise un po' a processare le parole dell'inaspettato ospite, ma quando finalmente colse il messaggio, un timido rossore si diffuse sui suoi zigomi. L'espressione era sempre la stessa, impenetrabile e severa, eppure quella reazione così spontanea apriva uno spiraglio sulle mille sfaccettature della sua presunta monolitica personalità.

"Mi è caduta la lente destra nel lavandino" chiarì subito, sfilandosi gli occhiali e pulendoli al bordo della maglietta.

"Devo ricomprarle" concluse, massaggiandosi il ponte del naso.

Iwaizumi passò il peso da una gamba all'altra, visibilmente a disagio per essersi lasciato sfuggire un'osservazione inopportuna. I due rimasero in silenzio, finché Wakatoshi non si decise ad offrirgli un tè.

"Sono in anticipo?" domandò Hajime, mentre il padrone di casa si affaccendava in cucina.

"No. Gli altri sono sempre in ritardo. Di solito la seduta delle nove comincia alle nove e mezzo" spiegò Ushijima, tirando fuori una cassetta di vimini dove aveva riposto la sua collezione di tè verdi. Iwaizumi seguì ogni suo movimento con la coda dell'occhio, troppo imbarazzato per guardare direttamente il suo interlocutore.

"Ho del bancha" lo informò Ushijima, passando in rassegna i vari contenitori di latta.

"Va bene" sospirò Iwaizumi, appoggiandosi al muro alle sue spalle.

La cucina era di gran lunga più piccola del salotto; a malapena riusciva ad accogliere una persona della stazza di Ushijima, il quale si aggirava per la stanza come un gatto incastrato in una casa per bambole.

"Puoi sistemarti in salotto...Arrivo subito."

Iwaizumi fece come comandato e si sedette su una delle sedie che erano già state disposte a cerchio, pronte ad accogliere i 'pazienti' di Ushijima.

"Ecco" mormorò Wakatoshi, porgendogli la tazza di tè caldo. Iwaizumi la prese con entrambe le mani, per paura che gli scivolasse.

Ushijima si sedette a sua volta sotto i rami di una rigogliosa pianta d'appartamento. Il suo viso era tornato calmo e indecifrabile, e i suoi occhi bruni erano insolitamente grandi, a causa delle spesse lenti.

"Sono contento che tu sia venuto" ammise Ushijima, osservando il suo ospite mentre quest'ultimo sorseggiava il suo tè.

"Beh, non ho avuto scelta..." mugugnò Iwaizumi, memore delle minacce del suo migliore amico.

"Quindi ti ha mandato Oikawa?" chiese Wakatoshi, dopo una lunga pausa.

"Sì. È il mio capo."

Ushijima annuì, un gesto che voleva far intendere ad Iwaizumi che lo stava ascoltando attentamente. Hajime si specchiò nel tè, trovando il suo riflesso esausto dal lavoro e indurito dal suo caratteraccio.

"Ho capito" mormorò Ushijima, voce calda e confortante. Era strano come quel tono cavernoso potesse mettere Iwaizumi a suo agio, come potesse cullarlo in uno stato di assoluta tranquillità. O forse era l'odore di terra bagnata che fuoriusciva dai vasi, o quello del bancha sotto il suo naso.

"Per come la vedo io, Oikawa è prima di tutto il mio migliore amico..." confessò Iwaizumi, prendendo un altro sorso di tè. Ushijima stava aspettando che Hajime completasse quella frase, quando un boato, seguito da una serie di improperi, catturò la loro attenzione: nella furia con cui era entrato in casa, Tanaka aveva urtato l'attaccapanni.

Iwaizumi venne così strappato dal suo Nirvana, fatto di tè e silenzio meditativo, e tornò ad essere il solito testone immusonito e indisponente. D'altronde, Tanaka aveva la capacità di irritarlo oltre ogni altra cosa.

"Ah, avete iniziato la seduta senza di me?" ridacchiò Ryuunosuke, lasciandosi cadere su una sedia e tirando rumorosamente su con il naso.

Iwaizumi lanciò uno sguardo infuocato al nuovo arrivato, sfidandolo a ripetere la battuta. Tanaka gli rispose con uno spassionato sorriso. Hajime era pericolosamente vicino al suo limite, quando una seconda faccia nota si presentò sul ciglio della porta.

"Ehi" salutò Semi, allentandosi la cravatta e sbottonandosi il colletto della camicia.

Ushijima diede il benvenuto ad entrambi, con la sua caratteristica formalità. Eita, una volta individuato Iwaizumi, si sedette accanto a lui. Hajime non protestò, intento com'era a scolarsi il rimanente del suo tè.

 

Una volta che l'intera compagnia si fu riunita in mezzo alla stanza, Ushijima diede inizio ad un primo giro d'aggiornamento. A turno tutti parlarono dei loro progressi nel campo del controllo della rabbia. Quando toccò ad Iwaizumi parlare, i partecipanti alla seduta si scambiarono sguardi colmi di stupore. Iwaizumi, infatti, non solo si era alzato, ma, senza ulteriore indugio, aveva addirittura abbozzato una presentazione. Dopo che ebbe ripreso posto, Eita gli rivolse un'occhiata eloquente, che sembrava dire 'Benvenuto nel club'. Ushijima, dal canto suo, gli rivolse un breve inchino. Hajime si sentiva stranamente sollevato in seguito a quel primo, sperimentale tentativo d'integrazione. Rimaneva dell'idea che fossero una banda di svitati, ma a conti fatti, non lo era un po' anche lui?

 

* * *

 

Ok, uhm...questa fic potrebbe rivelarsi un po' più lunga di tre capitoli...Ad ogni modo, grazie a chi mi fa sapere la sua nelle recensioni!

PS ho un account facebook, dove potete venire a farmi boop sul naso <3

PSS nel prossimo capitolo si scopriranno un paio di cosette in più sugli incazzati anonimi (in particolare su Aone e Kyoutani).

 

 

 

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Capitolo 3
*** III ***


Bonjour à tout le monde,

Questo capitolo è molto corto, perché dovevo separare due parti abbastanza consistenti. Spero che vi possa piacere :3

Non è betato, quindi se trovate errori di grammatica, di sintassi, di punteggiatura etc. fatemeli notare nelle recensioni :)

Disclaimer: i personaggi non sono miei. Quella che vi offro è la mia interpretazione, quindi partite sempre dal presupposto che questa è un'AU e in quanto tale presenta inevitabili elementi OOC.

Avvertimenti: ci vado giù pesante con le parolacce a un certo punto. Sorry.


 

* * *


 

Quella mattina Iwaizumi si svegliò di soprassalto. Il cellulare sul comodino aveva preso a suonare, vibrando rumorosamente ad ogni squillo.
'Dannato Shittykawa' mugugnò a denti stretti, brandendo il malefico affare. Ancora completamente rintontito dal sonno, non si preoccupò di controllare il mittente prima di rispondere. D'altronde, a chi altro poteva venire in mente di chiamarlo alle sei e mezza di domenica mattina?
"Giuro che se mi vuoi raccontare un'altra delle tue abduzioni aliene io ti-"
"Iwaizumi-san?" domandò con tono titubante l'uomo dall'altra parte del telefono.
Hajime allontanò il cellulare dall'orecchio e scrutò lo schermo per una decina di secondi, cercando di decifrare il numero che era apparso sul vetro graffiato.
"Uuuuuuh.... Sì... Con chi parlo?"
"Sono Ushijima."
Iwaizumi si sentì uno stupido: come aveva fatto a non riconoscere la voce inconfondibile del suo terapista?
"Ah" sussultò, procedendo a schiarirsi la gola. I due piombarono in un silenzio imbarazzante, durante il quale Iwaizumi si sedette sul bordo del letto e rimase in attesa che Wakatoshi riprendesse la parola. Dall'altra parte della linea proveniva il suono ovattato di macchine che sfrecciavano sull'asfalto bagnato. Quando Wakatoshi parlò, fra un ansito e l'altro, Iwaizumi non poté fare a meno di arrossire come un imbecille. La voce di Ushijima, arrochita dalla corsa, era ancora più profonda e ipnotica.
"Mi scuso per aver chiamato ad un'ora del genere. Pensavo di averti mandato un messaggio ieri sera, ma mi sono addormentato prima di inviarlo."
A parte il respiro corto, Ushijima era formale e cortese come sempre. Hajime avrebbe dovuto trovare quel suo tono piatto irritante, eppure non provava nessuna avversione per quella sua abitudine di parlare come la segreteria del telefono. D'altronde a lavoro era circondato da persone particolarmente espressive, che si lasciavano andare ad istrioniche scenate. Conversare con un essere umano incapace di alzare la voce, quindi, era un balsamo per le sue orecchie martoriate.
"Non fa nulla. Ero sveglio" mentì Hajime, alzandosi ed osservando di sfuggita il suo riflesso nello specchio appeso al muro.
"Cosa volevi dirmi?" aggiunse il moro, infilandosi un paio di pantaloni da ginnastica e dirigendosi verso la cucina.
"Ogni domenica mattina, andiamo a correre. L'esercizio fisico aiuta a sfogarsi. Se ti va, puoi unirti."
Iwaizumi prese un sorso d'acqua, soppesando le alternative. Di solito la domenica mattina dormiva fino a mezzogiorno, e si 'sfogava' in ben altra maniera. Considerato che il suo programma di passare un altro giorno a vegetare in solitudine, era di gran lunga meno allettante della prospettiva di sbirciare i quadricipiti scolpiti di Ushijima, Iwaizumi accettò senza troppe cerimonie. Solo quando ebbe chiuso la chiamata, si accorse di aver realmente pensato alle cosce del sul terapista in modo a dir poco inappropriato.

* * *

Hajime si riteneva un uomo atletico, nonostante avesse smesso di frequentare la palestra negli ultimi tempi.
Dovette però ricredersi nel momento in cui il gruppo capitanato da Ushijima Wakatoshi scattò verso il cancello del parco, facendogli mangiare la polvere. Stremato dai quaranta minuti di corsa ininterrotta, Iwaizumi rimase indietro, gambe che supplicavano pietà e felpa incollata alla schiena madida di sudore.
Alla fine dovette gettare la spugna, visto che i suoi polmoni stavano letteralmente per esplodere. Una volta che Hajime si fu asciugato il sudore dal viso, un'ombra nera entrò nel suo campo visivo.
Preso com'era dal voler raggiungere il resto della compagnia, non si era accorto che qualcuno oltre a lui era stato lasciato indietro.
"Ehi" chiamò Hajime, cercando di ricordarsi il nome del ragazzo. Quest'ultimo non solo non lo degnò nemmeno di uno sguardo, ma accelerò il passo, in modo da porre distanza fra di loro.
Ad Iwaizumi ribollì il sangue: odiava essere deliberatamente ignorato, in particolare se ad ignorarlo era un ragazzino delle superiori.
Prima che potesse cantargliene quattro, una voce alle sue spalle catturò la sua attenzione.
"Lascia perdere Kyoutani. Non è un tipo di molte parole. A malapena risponde ad Ushijima."
Iwaizumi dovette abbassare lo sguardo per incontrare quello divertito del suo interlocutore.
Yaku stava trottando dietro di lui, aria rilassata e capelli castani zuppi di nebbia e sudore. Portava un k-way rosso e un paio di pantaloncini da calcio vecchi, su cui svettavano macchie di terra ed erba che nessun lavaggio sarebbe riuscito ad eliminare.
"L'unica cosa che devi sapere sul suo conto, è che non è un cattivo ragazzo" aggiunse Yaku, buttando rumorosamente fuori l'aria dai polmoni.
Anche Iwaizumi aveva il fiatone, ma non era intenzionato a lasciarsi sfuggire l'unica possibilità di scoprire qualcosa sull'adolescente musone.
"Si è unito al gruppo un mese fa. A quanto pare è stato indirizzato da un assistente sociale."
Morisuke si interruppe per lanciare uno sguardo di sottecchi al rabbioso teenager. Iwaizumi avrebbe voluto indagare più a fondo, ma non sapeva come porre la fatidica domanda senza suonare invadente, o maleducato. Fortunatamente, Yaku era abbastanza intuitivo da cogliere il suo interesse senza che Hajime avesse bisogno di aprire bocca.
"Potrà sembrare un teppista, o un piromane, ma la vera motivazione per cui è finito a fare lavori socialmente utili, è per violazione di domicilio. Non è come pensi però... Non ha mai rubato nulla. Semplicemente, se l'è presa con le persone sbagliate..."
"Le persone sbagliate?" ripeté Iwaizumi, respiro condensato nell'aria fredda del mattino.
"Sì. Come ogni adolescente che si rispetti, odia il sistema."
I pochi ricordi confusi che Hajime aveva della sua adolescenza, erano conditi da un senso di sconforto imperante e da un'immotivata misantropia. Dunque poteva comprendere in una certa misura la rabbia del biondo.
"Solo che odia un sistema ben funzionante... Quello dei rifugi per gli animali..." continuò Morisuke, sicuro di aver catturato l'attenzione di Iwaizumi.
"I canili" precisò poi, abbozzando un mezzo sorriso.
"In poche parole, si intrufola di notte nei canili ed apre le gabbie. Queste sue bravate gli sono valse il soprannome di Mad Dog."
Iwaizumi inchiodò in mezzo alla stradina dove stavano correndo. Morisuke stava per chiedergli se si fosse appena sentito male, quando una risata soffocata lo rassicurò che Hajime non si era fermato per il dolore alla milza.
L'idea che dietro a quella facciata minacciosa ci fosse un improvvisato paladino che lottava per la libertà degli ignari quadrupedi era tanto assurda da risultare surreale. Una volta che Hajime si fu ricomposto, i due tornarono a correre, e fra una battuta e l'altra raggiunsero il resto della compagnia, che nel frattempo aveva rallentato il passo.

Iwaizumi aveva difficoltà a contenere il cuore nei confini della cassa toracica, un po' per la tachicardia in corso causata dallo sforzo fisico e un po' perché Ushijima Wakatoshi trasudava testosterone da ogni poro.
Ormai erano fermi da una decina di minuti, ma nella precedente ora e mezzo di corsa Iwaizumi aveva avuto modo di osservare la forma atletica di Ushijima in tutta la sua gloria. Anche in quel momento non riusciva a staccare gli occhi dalle gocce d'acqua che scivolavano dagli angoli della sua bocca mentre beveva da una borraccia, con quella sua fronte aggrottata nel perenne sguardo truce. Sembrava un angelo spedito sulla terra per spazzare via tutti i peccati dell'umanità.
Proprio nel momento in cui stava per rivolgergli la parola, un grido squarciò il silenzio, riuscendo addirittura a zittire Tanaka.
Tutti si girarono verso la fonte di tale baccano, per trovare una donna in lacrime. Poco più in là, due uomini stavano litigando furiosamente, insultandosi a vicenda. In quel momento, Aone, che fino ad allora era rimasto in silenzio ad ascoltare, con la sua solita espressione impenetrabile, si irrigidì. Tanaka prese lo slancio verso la ragazza che stava piangendo, ma prima che potesse spiccicare parola, Ushijima lo afferrò per un polso. L'aria si era improvvisamente fatta carica di elettricità, ed Iwaizumi poteva sentire la punta delle dita formicolare dalla tensione che si era creata.
Il viso di Aone si era rabbuiato, e il resto della compagnia sembrava visibilmente turbato da quel cambiamento.
"Cosa sta succedendo?" chiese piano Iwaizumi, senza indirizzare la domanda ad un interlocutore preciso. A rispondere fu Semi, che era silenziosamente apparso alla sua sinistra. La sua voce era pressoché impercettibile, e se Hajime non avesse teso le orecchie, non avrebbe compreso neanche una parola di quello che stava dicendo.
"Aone... Non riesce a tollerare le liti. Non so molti dettagli, ma a quanto pare ha mandato all'ospedale un uomo. Si è intromesso in una rissa fuori da un pub per fermare due tipi che se le stavano dando di santa ragione e ne ha inavvertitamente colpito uno. È rimasto in coma per una settimana. Non era colpa di Aone, ma lui si è addossato la responsabilità e... Beh, adesso sta cercando una qualche espiazione per quello che ha fatto, anche se si tratta di un incidente..."
Iwaizumi non sapeva bene cosa pensare. Non riusciva a capacitarsi del fatto che Aone fosse finito in quel circolo per una sola scazzottata. A quanto pare il suo aspetto da Yakuza era solo una facciata: quell'uomo era semplicemente incapace di controllare la sua forza.
"Ci penso io."
Quelle parole lasciarono le sue labbra prima che Iwaizumi potesse formulare un vero e proprio piano. I suoi piedi si mossero spontaneamente sul cemento ancora umido per il temporale notturno, e in men che non si dica, Hajime si ritrovò a picchiettare sulla spalla di uno dei due uomini.
"E tu che cazzo vuoi?" sputò lo sconosciuto, presa ancora salda intorno al colletto del suo avversario.
"Lascialo andare. State disturbando tutti e come se non bastasse state spaventando la signorina."
Negli occhi di Iwaizumi non traspariva nessuna esitazione. Il suo sguardo inflessibile gli conferiva un'aria decisa, e al contempo intimidatoria. Lo straniero, inizialmente a corto di parole per la sorpresa, assunse nuovamente il tono furibondo con cui poco prima si era rivolto a lui.
"Fatti gli affari tuoi stronzo. Quella puttana può gridare quanto gli pare. Così impara a tradirmi."

In quel momento Iwaizumi sentì la sua testa svuotarsi. Per la prima volta dopo tanto tempo, nessun pensiero affollava la sua mente. C'era solo un ronzio ininterrotto, che riempiva le sue orecchie e si faceva sempre più vicino. Concentrato su quel suono, non si accorse che le dita della mano sinistra erano affondate nelle pieghe della giacca dell'uomo davanti a sé e che l'altra mano si era chiusa in un pugno.
"Fermo" tuonò una voce fuoricampo. Il ronzio cessò tutto d'un tratto e qualcosa di prepotentemente duro colpì il suo viso. Iwaizumi sentì il crocchiare delle nocche contro la sua mascella e in quell'esatto istante, il mondo ripartì. Le urla acute della donna ripresero da dove erano rimaste, perforandogli i timpani, e il dolore cominciò a propagarsi dal punto in cui era stato colpito. Iwaizumi stava per contraccambiare il pugno, quando due braccia solide lo trascinarono via dal tipo. Hajime continuò ad agitarsi sul posto, ma Ushijima non allentò la presa con cui lo aveva immobilizzato.
"Lasciami" ringhiò Iwaizumi, fuori di sé.
"Devi calmarti" rispose semplicemente Ushijima.
"Sono calmo" ritorse Hajime, con lo stesso tono rabbioso con cui gli aveva intimato di lasciarlo.
Semi, Aone, Kyoutani, Yaku e Tanaka osservavano la scena, senza azzardarsi ad intervenire.
"Non sei calmo" osservò Ushijima. "Prendi un respiro profondo."
Quel suggerimento non fece altro che alimentare il fuoco che bruciava sotto la sua pelle.
"Ho detto di lasciarmi, cazzo" insistette il moro.
Ushijima fece come richiesto, ed Iwaizumi rischiò di capitombolare per terra per la foga con cui si era dimenato fra le sue braccia. Subito fece per correre in direzione dell'uomo che gli aveva assestato il colpo, ma Ushijima si frappose di nuovo fra lui e il suo obiettivo. Hajime si avvicinò minacciosamente a Wakatoshi e puntò i piedi per terra davanti a lui. I loro petti erano a pochi centimetri di distanza e Ushijima poteva sentire il respiro accelerato di Iwaizumi carezzargli la pelle del collo. I suoi occhi neri erano assottigliati in uno sguardo carico di odio.
"Togliti di mezzo."
"No. Ti farai male."
Iwaizumi rise, una risata breve e amara.
"Non sarò io quello a farsi male."
"Basta così, Hajime. Con la violenza non si risolve nulla."
"E quindi secondo te cosa dovrei fare? Stare a guardare?" sibilò Iwaizumi, passandosi la lingua sul labbro tumefatto.
"No. Devi semplicemente parlargli e sistemare le cose senza venire alle mani. E devi smetterla di farti consumare così dalla frustrazione. Non puoi prendertela con chi non c'entra nulla."
"Non capisco di cosa tu stia parlando. Quello stronzo sta disturbando tutti."
"No, Hajime, sei tu che stai facendo una scenata. So quello che provi, e non è questo il modo giusto per affrontare la cosa."
"Tu non sai proprio nulla" ribatté Hajime, digrignando i denti. Cosa ci faceva lì, con quell'impostore? Tutte quelle belle parole non servivano proprio a nulla: non era cambiato di una virgola e non aveva intenzione di cambiare. Improvvisamente tutti i 'pazienti' di Ushijima gli sembrarono ridicoli, lui compreso. Cosa cercavano di ottenere? Non esisteva una cura per quello che era semplicemente il carattere di una persona. Avevano scambiato Wakatoshi per una specie di messia, ma a lui appariva così com'era: un patetico senza palle.
"Me ne vado" sbottò alla fine Hajime, facendo dietro-front.
"Iwaizumi..." lo chiamò Ushijima, inutilmente.
Hajime si fece largo attraverso il capannello di uomini tirando una spallata a Semi. Sarebbe tornato a casa, e avrebbe portato avanti il lavoro di quella settimana. Non voleva perdere un minuto di più con quegli sfigati.

* * *


"Cosa hai fatto alla faccia?" indagò Oikawa, indicando il livido violaceo sul suo viso. Iwaizumi non rispose, ma si limitò a sorbire il brodo caldo, storcendo il naso quando il liquido bollente entrava in contatto con il piccolo taglio sul labbro.
"Iwa-chan, non mi dire che hai fatto di nuovo a botte con qualcuno!"
Anche stavolta, Iwaizumi non diede alcuna spiegazione al suo capo che, arrampicato su uno sgabello, lo guardava con insistenza in attesa di una risposta.
"Umph, pensavo che Ushiwaka ti avrebbe rimesso a posto, ma a quanto pare mi sono illuso..." mugugnò Oikawa, affondando le bacchette nel brodo alla ricerca di un'alga. Aveva messo su il suo caratteristico broncio, nel tentativo di farlo reagire, ma Iwaizumi non aveva voglia di giocare. Perché alla fine era l'unica cosa che facevano: Oikawa si divertiva a stuzzicarlo e lui rispondeva con insulti che celavano l'affetto che provava per quello stupido del suo migliore amico. Quel giorno però Hajime lasciò che Tooru facesse i capricci, senza rimproverarlo.
"Iwa-chan, che ti prende?" chiese Oikawa. Il tono della sua voce era cambiato radicalmente: adesso si stava rivolgendo a lui con una curiosità dettata dalla preoccupazione. Le sue sopracciglia sottili erano inarcate e i suoi occhi nocciola scrutavano il suo viso con apprensione.
"Non ci voglio andare più. È una perdita di tempo" bofonchiò alla fine Iwaizumi, gettandosi la cravatta su una spalla affinché quest'ultima non finisse nella seconda porzione di ramen che aveva appena ordinato. Oikawa rifletté un po', inclinando la testa di lato, e alla fine mormorò a bassa voce uno sconfitto 'va bene'.
Iwaizumi si era aspettato più resistenza da parte del suo capo, ma a quanto pare quest'ultimo era rimasto convinto dal tono duro della sua voce. Continuarono a mangiare in silenzio, finché Hajime non prese nuovamente la parola.
"Ushijima... Come l'hai conosciuto?"
Iwaizumi si sarebbe volentieri tirato uno schiaffo, ma ormai aveva posto la domanda, e il suo viso era già violaceo così com'era, senza bisogno di un altro livido.
Oikawa socchiuse le labbra, sorpreso da quella domanda. Iwaizumi distolse subito lo sguardo, tornando a mangiare rumorosamente il suo ramen.
"Siamo stati insieme un paio di anni fa. All'epoca era molto più cocciuto... Litigavamo in continuazione. Una volta gli ho tirato un piatto..."
Iwaizumi annuì lentamente, più a sé stesso che ad Oikawa. Come aveva fatto a non pensarci prima? D'altronde era normale, tutti volevano andare a letto con Tooru. Era una cosa naturale, logica. Oikawa era bello, intelligente e ricco.
"Non me ne hai mai parlato" commentò il moro, sguardo basso sulla sua ciotola semivuota.
"Non c'è molto da dire. Scopavamo e litigavamo. Niente di più."
Iwaizumi si immobilizzò. Una sensazione sgradevole, viscida si insinuò sotto la sua giacca. Aveva la pelle d'oca al solo pensiero che Ushijima avesse potuto fare del male ad Oikawa.
"Ha alzato le mani su di te?" domandò Hajime, stringendo le bacchette con un po' troppa forza.
"No... Non mi ha mai fatto male... Cioè, ci siamo azzuffati molte volte, ma mai nulla di grave. Oserei dire che me lo meritavo."
Il tono scherzoso con cui Oikawa pronunciò quell'ultima frase rasserenò il moro.
"Credimi quando ti dico che ci siamo odiati a tal punto, da dimenticare perfino perché ci eravamo messi insieme" aggiunse Oikawa, soprappensiero. Poi un sorriso obliquo fece l'apparizione sul suo viso, e Tooru tornò ad essere il solito bambino.
"Il sesso era incredibile, però" mormorò direttamente nell'orecchio di Hajime. Quest'ultimo saltò sulla sedia e gli sferrò una gomitata nel fianco.
"Sei il solito scemo, tu" sbuffò Iwaizumi, indignato. In un certo senso, quella discussione gli aveva risollevato l'umore, ma da qualche parte dentro di lui qualcosa si era incrinato. La solitudine aveva aperto uno spiraglio sufficiente per entrare, e da quella fessura era passata una ventata gelida.

 

* * *

 

Ho scelto di scrivere anche una post-messa perché volevo ritagliarmi un angolino per parlare di qualcosa che mi preme molto. È ormai da un anno e cinque mesi che scrivo su EFP (sempre che non abbia sbagliato a contare, cosa abbastanza probabile, visto che le mie conoscenze in matematica si fermano alla tabellina del cinque), e nell'arco di questo periodo di tempo ho sperimentato un po' di tutto, dalla commedia, al genere pseudo-storico, all'angst. Mai mi sarei immaginata che sarei arrivata a postare su internet le mie storie, e che qualcuno le avrebbe trovate degne di un commento. Quindi voglio ringraziare chi mi ha aiutata a continuare per questa strada, di persona o scrivendomi su EFP. Grazie per avermi reso una patata felice *^*

 

PS nel prossimo capitolo farò luce sulle enigmatiche parole di Ushijima ;) Iwa ha bisogno di un abbraccio u.u

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Capitolo 4
*** IV ***


Avvertenze: in questo capitolo ci saranno scene di violenza. Inoltre anche qua volano insulti, quindi se siete sensibili ad un linguaggio 'forte', sconsiglio la lettura :\

Per il resto, spero vivamente che vi piaccia. Era da un po' che non scrivevo storie 'lunghe'. Il prossimo capitolo sarà l'ultimo :C Grazie a chi ha messo la storia fra le seguite, ricordate e preferite! Mi avete dato quella spinta fondamentale per continuare una long-fic :3 Un ringraziamento speciale a chi lascia un segno del suo passaggio. Lo apprezzo moltissimo <3

Questa raccolta è forse l'unica non betata che io abbia mai scritto... La mia grammatica e la mia punteggiatura fanno pena, quindi chiedo scusa in anticipo per i possibili errori fra le righe di questo coso innominabile.

Bacini timorosi.


 

* * *


 


 

Iwaizumi afferrò al volo l'ultimo di una sfilza di bigliettini che Matsukawa gli aveva lanciato dalla sua postazione.
'Oikawa è passato con una molletta fra i capelli e non gliel'hai tolta. Avete litigato?' recitava il messaggio, scritto in una calligrafia pressoché illeggibile.
Iwaizumi sospirò rumorosamente, passandosi una mano fra i capelli. Era solito ignorare i bigliettini del suo collega, ma la sua era una domanda più che lecita. Se fosse stato del solito umore, Hajime si sarebbe alzato dalla sua scomoda sedia girevole, gli avrebbe tolto il dannato aggeggio dai capelli, strappandogli un numero sufficiente di ciocche nocciola affinché si ricordasse di togliersi quei cosi prima di venire a lavoro, e sarebbe tornato davanti al computer sul sottofondo della solita cantilena di 'cattivo Iwa-chan!'.
Quel giorno però era diverso. Si sentiva stranamente stanco, nonostante avesse dormito otto ore. La sua routine prevedeva anche una serie di esercizi e una colazione sostanziosa, ma quella mattina Iwaizumi era rimasto a fissare il soffitto invece di fare le sue abituali flessioni e prepararsi qualcosa da mangiare. Si sentiva spossato, reduce del jet lag causato da un immaginario viaggio oltreoceano. La parte inferiore del suo viso si era sgonfiata, e non rimanevano tracce del colpo sferratogli dallo sconosciuto al parco, eccezion fatta per il rosa della pelle novella che ricopriva la cicatrice del labbro spaccato.
Hajime pescò una biro dal portapenne e scrisse una risposta breve in una calligrafia sgraziata. Senza rileggerla, accartocciò il foglietto e lo lanciò dall'altra parte del divisorio.
Non dovette aspettare molto prima che Matsukawa si facesse di nuovo vivo.
'Non ti biasimo. È soddisfacente vedere Oikawa con una molletta infilata nei capelli. Però non è da te.'
Anche stavolta, Matsukawa aveva fatto centro. Ma Iwaizumi non avrebbe saputo spiegargli come si sentiva nemmeno se avesse voluto. Dunque si limitò a scribacchiare su un fogliaccio 'ho il mal di testa' a mo' di striminzita giustificazione.
Hajime continuava a leggere e rileggere lo schermo del computer con scarsi risultati, e quando l'ennesima pallina di carta atterrò sulla sua tastiera, accolse di buon grado quella distrazione.
'Prendi un'aspirina. Se stasera non vieni Oikawa ti spella vivo.'
Iwaizumi si era completamente dimenticato della cena con i colleghi. Forse era per quello che aveva l'umore sotto le suole delle sue scarpe. Perso in ragionamenti fumosi, Iwaizumi non si accorse che Tooru si era infilato di soppiatto nel suo cubicolo. Fu solo quando Oikawa ebbe letto ad alta voce il messaggio di Matsukawa, che Hajime prese nota della sua fastidiosa presenza.
"Aspirina? Sei malato, Iwa-chan?" domandò Tooru, spalmandosi sulla sua scrivania.
Iwaizumi non poteva negare di essere affetto da una malattia invisibile, senza nome. Non avrebbe mentito se gli avesse detto che non stava bene, no?
"Sì" mugugnò Hajime, allontanando la pila di documenti dal suo capo che, sdraiato sulla scrivania, pareva un gatto bisognoso di attenzioni.
"Ma... la cena..." piagnucolò Oikawa, disperato. Iwaizumi non aveva il cuore di tirarsi indietro: sapeva quanto Tooru tenesse a quella stupida festa. Probabilmente aveva già prenotato una stanza per il karaoke.
"Lo so che ci tieni... È che non mi sento troppo bene..." borbottò il moro, spingendo Oikawa giù dalla sua scrivania prima che rotolasse sugli aghi del cactus moribondo. Tooru saltò su, esclamando un 'Ah!' che fece spuntare molte teste da dietro i divisori dell'ufficio. Tutti sembravano improvvisamente molto interessati alla loro conversazione. Iwaizumi si ritrovò a desiderare che una voragine si aprisse sotto i suoi piedi per inghiottirlo una volta per tutte.
"Visto che stai male, dovresti tornare a casa e riposare! Così stasera ti sarai rimesso in sesto! Mi servi per un duetto."
"Io non canto" replicò Iwaizumi, arrossendo ferocemente quando la risata soffocata di Matsukawa arrivò alle sue orecchie.
"E comunque non posso tornare a casa. Devo lavorare."
"Lavorare quando si sta male è controproducente. Torna a casa."
"Ma-"
"Niente 'ma'. Sono il tuo capo, ricordi?"
Lo sguardo di Iwaizumi avrebbe incenerito chiunque, ma Tooru era irremovibile. Era sempre stato testardo, ma da quando era diventato il suo capo, Iwaizumi non poteva più ignorare i suoi ordini.
Hajime raccolse la tracolla da terra e ci gettò i suoi effetti personali, compresa la chiavetta contenente il rapporto che stava scrivendo. Avrebbe finito di lavorare a casa, lontano dai bigliettini di Matsukawa e dalle chiacchiere di corridoio. Passando accanto ad Oikawa, Iwaizumi strappò la molletta che penzolava dalle ciocche castane. Tooru emise un sussulto a quel gesto inaspettato.
"Togliti 'sti cosi prima di venire a lavoro" bofonchiò Iwaizumi, porgendogli la molletta ed allontanandosi in direzione dell'ascensore.

* * *

Dopo tre tazze di caffè, due ciotole di riso al curry e un'aspirina, Iwaizumi si lasciò cadere sul divano di pelle nero ( un regalo del suo ex), ed accese il portatile. Il suo cellulare squillò mentre il programma su cui avrebbe lavorato si apriva ad una lentezza disumana ( la sua connessione faceva pena in confronto a quella dell'ufficio). Era Oikawa, che si scusava per avergli fatto una partaccia davanti a tutti. Iwaizumi ignorò il messaggio, e tornò a fissare lo schermo del computer. Quando intravide il pop up di Netflix, che gli ricordava di pagare la tariffa mensile, Iwaizumi cominciò a chiedersi se qualcuno lassù non ce l'avesse con lui. Subito si mise a frugare nel portafogli alla ricerca della carta di credito, ma nell'istante in cui la estrasse dall'inserto interno, un bigliettino catturò la sua attenzione. Iwaizumi, che non si ricordava di aver infilato nel portafogli il numero di cellulare di Ushijima, rimase a fissarlo per un attimo, mentre la scena del parco riaffiorava dal pozzo dei suoi ricordi. Era ancora arrabbiato per quello che era successo, eppure, in una certa misura, sentiva di essere nel torto.
Hajime si rilassò nello schienale del divano: era ancora terribilmente stanco. Così, abbandonato al tepore indotto dalla digestione, gli tornò in mente il giorno che aveva incontrato Semi sulla metropolitana, le sue parole, il suo invito ad aprirsi con loro. Per un attimo, Iwaizumi aveva realmente pensato che i pazienti di Ushijima fossero suoi simili. In un certo senso, c'era una parte di lui che era arrivata ad etichettarli come 'amici'. Si erano intrufolati nella sua vita a poco a poco e lui gli aveva sbattuto la porta in faccia, come era solito fare con tutti coloro che si avvicinavano più del dovuto a ciò che risiedeva sotto la superficie.
Solo esseri soprannaturali come Oikawa erano riusciti ad allungare una mano oltre la barriera e toccare i suoi sentimenti. Inizialmente Iwaizumi aveva respinto anche lui, ma Oikawa non si era dato per vinto. Dalle elementari alle superiori, aveva perseverato nella sua impresa, colpendo ripetutamente la sua armatura fino a ridurla in mille pezzi. Hajime si era sempre chiesto perché Oikawa fosse così interessato a lui, quando ogni ragazzo avrebbe fatto follie per divenire suo amico. Ovviamente non gli aveva mai posto quella domanda, ed era sicuro che se la sarebbe portata nella tomba, ma ogni tanto si chiedeva cosa avrebbe fatto se Tooru avesse deciso di rompere i legami con lui.
Iwaizumi lanciò un'ultima occhiata al numero di Ushijima. Chissà chi, fra lui e Oikawa, aveva proposto per primo di mettere fine alla loro relazione. Con tutta probabilità, era stato Tooru a suggerire quella soluzione. Non aveva nulla da perdere, lui.
Iwaizumi aggiunse il numero di Ushijima ai contatti e aprì l'applicazione per scrivere un messaggio. L'idea di dover mettere per iscritto quello che voleva dire , però, lo angustiava oltremodo. Quindi, prima di cambiare idea, digitò un semplice 'sei libero più tardi? Iwaizumi' e premette invio.
Ovviamente finì per pentirsene amaramente, e passare il resto del pomeriggio in uno stato pietoso a cavallo fra il panico e il rimorso. Alle cinque il trillo del telefono lo fece sobbalzare. Subito aprì con dita tremanti l'sms, ma dovette rileggerlo tre volte prima di capire il contenuto del messaggio.

'Buonasera Iwaizumi. Sto tornando adesso da lavoro, sarò a casa entro le sei. Se non è un disturbo per te, ti chiederei di passare qua da me.'

Visto che per arrivare a casa di Ushijima Iwaizumi avrebbe impiegato quarantacinque minuti di metropolitana, decise di cominciare a prepararsi con largo anticipo.
In un'altra occasione, avrebbe chiuso a chiave il suo orgoglio, e avrebbe chiesto ad Oikawa un consiglio su cosa indossare, ma ora che era a conoscenza dei precedenti fra Tooru e Wakatoshi, non se la sentiva di domandare al suo migliore amico come imbroccare il suo ex. E poi, stava andando da lui solo per scusarsi. Era ancora arrabbiato con Mr 'con-la-violenza-non-si-risolve-nulla'. Ripensandoci, Ushijima non avrebbe fatto caso ai suoi vestiti e tanto meno avrebbe flirtato con un attaccabrighe come lui. Insomma, perché stava pensando ad una cosa così illogica? Era il suo terapista. Anzi, alla luce degli ultimi avvenimenti, non era più neanche quello. Iwaizumi si maledisse per aver inviato quel messaggio, ma ormai era troppo tardi.

 

* * *

 

"Iwaizumi" lo salutò Ushijima, una volta aperta la porta di casa. Hajime, cosciente di essere in ritardo, si scusò. Aveva i nervi a fior di pelle e ora che si trovava faccia a faccia con Wakatoshi, dopo una settimana di silenzio assoluto, provava l'irrefrenabile desiderio di girare i tacchi e fuggire.
"Scusa il disordine" mormorò il padrone di casa, spostando due vasi che Iwaizumi non aveva mai notato prima di allora. Dovevano essere nuovi.
Per il resto, l'appartamento era esattamente come Iwaizumi l'aveva lasciato alla fine dell'ultima sessione a cui aveva preso parte: rigogliosi cespugli di piante dal nome impronunciabile erano sovrastati dai rami flessibili di alberelli ben curati, leggermente ricurvi una volta raggiunto il soffitto.
Ushijima stesso non sembrava affatto turbato dalla sua visita. Il tono monocorde della sua voce non accennava ad assumere inflessioni tipiche di chi serbava rancore e la sua ospitalità nei suoi confronti era rimasta invariata.
"Posso offrirti un tè?"
Iwaizumi sentì il suo cuore sprofondare in fondo al suo stomaco, giù, giù fino alle vecchie adidas consunte. Ushijima non era arrabbiato con lui. Probabilmente la scena del parco non aveva avuto nessun riscontro nella sua vita. Hajime si sentì ancora più insignificante del solito.
Una parte di lui aveva sperato che Ushijima si mostrasse altrettanto scombussolato, ma a quanto pare la loro litigata era stata una delle tante che costellavano la sua carriera di terapista.
"Non importa. Non rimarrò molto. Sono venuto solo a chiedere scusa per l'altro giorno."
Ushijima rimase in silenzio ad osservare il sul patetico tentativo di mettere su una facciata imperturbabile. Iwaizumi si inchinò brevemente, per nascondere il viso dallo sguardo indagatore di Wakatoshi.
"Insisto."
Hajime rimase stupito da quell'affermazione, pronunciata come un ordine categorico.
"Lascia che ti offra un tè. Sarà una questione di minuti. C'è una cosa che ti devo dire."
Durante i pochi incontri a cui Iwaizumi aveva partecipato, Ushijima si era limitato ad ascoltare le loro storie. Non perché non volesse aprirsi, ma perché tutti sembravano dare per scontato il suo ruolo di ascoltatore. Iwaizumi si chiedeva cosa volesse spartire con un paziente insulso come lui.


 

Hajime non trovò pace dal momento in cui Ushijima lo lasciò solo per preparare il tè. La sedia su cui aveva preso posto era diventata improvvisamente rovente. Non riusciva a stare fermo da quanto era in ansia, dunque optò per alzarsi e girovagare per la stanza, alla ricerca di qualcosa su cui soffermare lo sguardo.
Le piante stavolta non sortirono l'effetto calmante che avevano avuto su di lui la prima volta che aveva preso il tè con Ushijima, anzi, quella cupola di fronde intrecciate sopra la sua testa creava un ambiente al limite del claustrofobico.
Ushijima tornò con due tazze fumanti. Tè nero e denso.
"Non ti ho chiesto che tè volevi."
"Questo va benissimo" farfugliò Iwaizumi, prendendo un sorso ed ustionandosi la lingua. Fortunatamente il suo sibilo passò inosservato, e presto i due si trovarono immersi in un silenzio carico di tensione.
"Poco tempo fa mi parlasti di Oikawa. Non fui completamente onesto con te. Io e Oikawa abbiamo avuto una relazione."
Iwaizumi continuò a sorseggiare il liquido ustionante, pur di avere una scusa per non aprire bocca. Aveva le lacrime agli occhi per il vapore bollente che saliva dalla tazza e per il bruciore che si era espanso dalla sua lingua al tratto iniziale della sua gola.
"Siamo stati insieme per poco tempo, all'incirca sei mesi. Oikawa mi ha chiesto di trasferirsi da lui fin da principio, però, e io ho accettato."
Una lunga pausa seguì le sue parole, simile a un sipario che divida due atti.
"Mi parlava spesso di te."
Hajime, che ormai era pronto a sentirsi raccontare la storia del loro passionale amore, rimase interdetto a quell'affermazione. Oikawa aveva parlato ad Ushijima di lui? Iwaizumi non credeva che il suo migliore amico fosse capace di mettere da parte il suo immenso ego per trattare argomenti che non riguardassero la sua avvenenza e la sua mostruosa bravura negli affari.
"Era preoccupato per te. Oikawa era convinto che tu sminuissi il tuo talento, che tu continuassi a vivere una routine pre-impostata, volta a sopprimere ogni tipo di ambizione. Ogni tanto la diga saltava, e diventavi scontroso, perfino crudele."
Iwaizumi cominciò a sentire un'emozione ben diversa dalla preoccupazione affiorare in superficie. Ushijima, come Oikawa, lo guardava dall'alto in basso, e sembrava volersi arrogare il diritto di conoscerlo meglio di quanto Iwaizumi non conoscesse sé stesso.
"Era dell'idea che tu gli tenessi segreto qualcosa" concluse Wakatoshi, che nel frattempo non aveva bevuto una goccia di tè.
"Io sono d'accordo con lui. Per quanto irritante possa essere, Oikawa ha un acuto spirito d'osservazione."
Iwaizumi non dubitava che Tooru fosse particolarmente perspicace. Vi erano poche qualità non attribuibili alla sua illustrissima persona. Con un gesto involontariamente brusco, poggiò la tazza di tè sul tavolino al suo fianco.
"Io non sto nascondendo proprio nulla a quello scemo. Comunque si è fatto tardi. Devo andare."

Hajime non riuscì a fuggire prima del temuto verdetto finale.

“Iwaizumi, tu non sei inferiore a nessuno. Sei un uomo dalla morale integra, un lavoratore diligente, un amico fedele. Dovresti smettere di vivere nell'ombra di Oikawa.”

Iwaizumi stava per esplodere lì, in piedi in mezzo alla stanza. Oikawa, Oikawa, Oikawa. Fin da quando erano bambini sapeva di essere destinato a diventare il suo braccio destro. Per quanto lo respingesse, dentro di lui lo ammirava come una specie di divinità. Era il suo sole, il centro del suo universo. Non c'era un ricordo, una foto che non li ritraesse l'uno accanto all'altro.

“Oikawa non c'entra nulla con i miei problemi, ok? È il mio migliore amico, è naturale che si preoccupi per me.”

Sbagliato. Iwaizumi fino a quel giorno non sospettava che Tooru si fosse caricato sulle spalle i suoi problemi. Eppure Hajime aveva votato la sua intera esistenza ad occuparsi di lui, senza accorgersi minimamente che la cosa fosse reciproca. Ad essere sinceri, era Oikawa ad avergli trovato il lavoro. Con i soldi del suo stipendio, ovvero con i soldi che riceveva dall'azienda di Oikawa, Hajime si pagava l'affitto, il cibo, il fottuto wi-fi.

“Lui non ha niente che tu non abbia, Hajime. Smettila di essere così severo con te stesso. Se tu riconoscessi i tuoi pregi, invece di soffermarti solo sui difetti, il tuo problema si risolverebbe più in fretta.”

“Io non ho un problema!” ruggì Iwaizumi con tutto il fiato che aveva nei polmoni.

La sua testa pulsava violentemente, e i suoi occhi non riuscivano a mettere bene a fuoco il suo interlocutore.

“Smettila di sputare sentenze” aggiunse Hajime, furibondo.

Era un peso per tutti, perfino per Oikawa. Per tutto quel tempo aveva creduto di essere una specie di governante alle prese con un bambino capriccioso, ma a quanto pare aveva fatto male i calcoli. Era lui il fardello di Tooru, non viceversa. Se prima di entrare nell'appartamento aveva pensato di avere una chance con Ushijima, adesso era certo di non avere nessuna possibilità, né come amico, né come paziente. Senza parlare del ruolo di amante. La sua attrazione per quell'uomo, dettata dal suo bisogno di una guida, di una figura stabile, un punto di riferimento, appariva ai suoi occhi come una fantasia senza senso.

“Io non ho un problema, capito? Non ho bisogno del tuo aiuto, e nemmeno dei tuoi preziosi consigli. Me la posso cavare benissimo da solo.”

Detto ciò, Iwaizumi marciò verso la porta e, senza nemmeno rinfilarsi le scarpe, uscì dall'appartamento.

 

* * *

 

Oikawa lo aveva chiamato più volte, ma il telefono di Hajime ricevette le notifiche solo quando mise piede fuori dalla metropolitana. Iwaizumi si cacciò il cellulare in tasca dopo aver scorto il mittente delle chiamate perse. Non voleva evitare il suo capo, ma in quel momento non si sentiva ancora pronto per rispondere. Se lo avesse fatto, le sue parole sarebbero uscite distorte dalla rabbia. Una volta fuori dalla stazione, Iwaizumi si fermò a comprare le sigarette. Con una lucky strike infilata in bocca, premette il pulsante per chiamare Oikawa.

“Iwa-chan, dove sei? Sono passato a prenderti, ma non c'eri! Dimmi che non sei all'ospedale, ti prego.”

“No. Sono uscito per prendere una boccata d'aria. Sto meglio” mentì Hajime, accendendosi la sigaretta e barcollando verso una mèta imprecisata.

“Meno male! Dimmi dove sei, ci aspettano al ***.”

Iwaizumi, nel sentire il nome del locale, si ricordò della cena che la sua memoria continuava imperterrita a rimuovere.

“Giusto. La cena. Vengo con la metro, tranquillo. Tu intanto va', io ti raggiungo” promise Hajime, calcolando mentalmente il percorso per arrivare al luogo dove si sarebbe tenuta la festa.

Non aveva nessuna voglia di ubriacarsi e tanto meno di conversare con i suoi colleghi. Voleva tornare a casa, prepararsi una cena semplice e infilarsi a letto. Invece gli sarebbe toccato indossare un sorriso finto e sopportare in silenzio i brani che Oikawa aveva scelto per il karaoke.

Iwaizumi si sedette sul ciglio della strada illuminato dal fascio di luce fredda di un konbini. Avrebbe finito la sigaretta prima di incamminarsi verso la stazione della metro.

 

“Puzzi di fumo Iwa-chan!” lo rimbrottò Oikawa, quando Hajime fece la sua apparizione nella stanza insonorizzata che avevano prenotato per quella cena. Il locale era famoso e si diceva fosse frequentato da vip di ogni sorta, dalle star del cinema, a famosi presentatori della tv, fino ad arrivare a rinomati giocatori di baseball. Ovviamente avrebbe pagato Tooru, ma Iwaizumi soffriva anche solo a pensare quanto potesse costare un posto del genere.

“Yo, Iwaizumi” lo chiamò Matsukawa, facendogli cenno di sedersi in fondo al tavolo con lui. Hajime prese posto fra Takahiro e Issei e si preparò psicologicamente ad essere tartassato di pessime battute e sarcasmo gratuito.

Il primo giro di birra non ebbe nessun effetto su di lui, sebbene il grado alcolico della bevanda fosse già abbastanza alto. Hajime ignorava il borbottio incessante che si levava dal tavolo al quale era seduto. Ben presto quel sommesso brusio si tramutò in scrosci di risate e schiamazzi che riuscivano a sovrastare la melodia delle canzoni diffuse dagli altoparlanti. Guardandosi intorno, Iwaizumi aveva come l'impressione di essere finito allo zoo, più precisamente nella gabbia degli scimpanzé.

“Esco a fumarmi una sigaretta” sbottò, rivolto a Matsukawa. Visto che i suoi colleghi sembravano troppo intenti a scambiarsi imbarazzanti ammicchi, occhi a mezz'asta per l'ubriachezza, Iwaizumi diede fondo alla sua terza birra e fuggì fuori dal chiassoso locale.

Aveva finito per fumarsi mezzo pacchetto prima di arrivare alla festa, dettaglio che non era sfuggito ad Oikawa. L'eco della voce di Ushijima si insinuò nella sua mente, offuscata dall'alcol.

'Oikawa ha un acuto spirito di osservazione.”

Già. A Tooru non sembrava sfuggire nulla, proprio come ad Ushijima. Chissà che coppia fantastica erano stati. Probabilmente Oikawa aveva esagerato, affermando che erano arrivati ad odiarsi. Forse si erano lasciati solo per rimettersi insieme in un prossimo futuro. E pensare che aveva pugnalato il suo migliore amico alle spalle! Perché, in fondo, aveva veramente avuto fantasie sul suo ex, arrivando perfino a sperare che ricambiasse. Iwaizumi si sentiva uno schifo, un pessimo amico.

Dopo aver spento la sigaretta, Hajime buttò a terra il mozzicone e rientrò nel locale. Prima di tornare a sedere, però, decise di fare tappa al bagno: tre birre cominciavano a farsi sentire.

 

Mentre si chiudeva la zip dei pantaloni, ad Iwaizumi arrivarono stralci di una conversazione fuori dal suo cubicolo. Non era esattamente lucido, ma in quel momento, le sue orecchie sembrarono recepire perfettamente ogni singola parola. Riconobbe subito i due colleghi che si stavano lavando le mani nei lavabi accanto alla porta della toilette. Kimura e Yamamoto.

“Oikawa è sempre lo stesso. Tutti gli anni ci tocca applaudire come foche ammaestrate.”
“Già, uno strazio.”

Iwaizumi rimase in ascolto, attento a non fare il minimo rumore.

“Hai sentito che ha buttato fuori Hideo? Per un cazzo di ritardo nella consegna, ti rendi conto?! Roba da matti. Non è nemmeno così bravo come capo. Chissà come l'ha ottenuto il posto.”

“Succhiando cazzi e dando il culo, ecco come l'ha ottenuto. Quel frocio schifoso.”

Hajime spalancò la porta del cubicolo per ritrovarsi davanti i due colleghi, piegati a metà dalle risate. I due rimasero ammutoliti a squadrare Iwaizumi, appena uscito dal bagno.

“Cosa cazzo hai detto di Oikawa?” sibilò il moro, gonfiando il petto. L'uomo che aveva parlato per ultimo sembrò riacquisire tutta la spavalderia che aveva momentaneamente perduto con l'improvvisa e inaspettata apparizione di Iwaizumi.

“Ho detto che è frocio. Non è che ne faccia segreto. Sarà andato a letto con mezzo ufficio ormai.”

Iwaizumi sentì le catene della ragione che trattenevano il suo istinto spezzarsi una dopo l'altra.

“Scommetto che te lo sei fatto anche tu. Non per nulla sei il suo preferito.”

Il collega che non aveva ancora spiccicato parola scoppiò a ridere sguaiatamente alla frecciatina del suo amico. Il sorriso scomparve dal suo volto quando Iwaizumi lo spedì contro il muro con un pugno così forte, da far riecheggiare lo schiocco per tutta la stanza. Al primo seguì un secondo, un terzo, un quarto. Iwaizumi si era accanito con una ferocia bestiale sul suo collega che, del tutto impreparato, stava incassando un colpo dopo l'altro. Schizzi di sangue macchiarono le mattonelle bianche che rivestivano le pareti del bagno e il suono secco della cartilagine che veniva spezzata riempì il silenzio, alternandosi ai gemiti di dolore dell'impiegato.

Il volto di Iwaizumi era completamente stravolto, irriconoscibile. Terrorizzato dalla brutalità con cui Hajime stava trasformando il suo collega in un ammasso di ossa rotte, il suo amico corse a chiedere aiuto.

 

“Iwaizumi, fermati!”

Era la voce di Oikawa, quella? Forse sì. La stanza oscillava paurosamente.

“Così lo ammazzi!”

Iwaizumi si arrestò dopo aver assestato un ultimo calcio al corpo inerme del collega.

“Chiamate un'ambulanza” gridò uno degli invitati.

Hajime fissò le sue nocche sbucciate e il corpo che giaceva ai suoi piedi. C'era una piccola pozza di sangue intorno alla testa dell'impiegato.

Quando riuscì finalmente ad identificare le braccia che cercavano di tenerlo fermo, incontrò lo sguardo sconvolto di Oikawa.

“Sei pazzo?!” urlò Tooru, lasciandolo andare per assicurarsi che il suo sottoposto respirasse ancora. I suoi colleghi avevano formato un capannello intorno all'uomo che aveva aggredito. Matsukawa e Hanamaki erano in piedi sulla porta, immobili come statue di sale.

“Iwaizumi...Cosa-?” si azzardò a chiedere Takahiro, incapace di formulare una frase di senso compiuto.

Hajime fuggì senza dare una spiegazione. Ancora in stato confusionale, sentì la sirena dell'ambulanza farsi sempre più lontana.

 

* * *

 

Ushijima aprì la porta in pigiama. Erano le quattro di notte, ma aveva un sonno talmente leggero, che il suono del campanello era riuscito a destarlo nonostante l'orario.

Iwaizumi era lì, in piedi davanti alla porta, disorientato. Il bordo dei suoi pantaloni era sporco di sangue e le sue mani tremavano. La carnagione dorata e salutare aveva lasciato spazio ad un pallore preoccupante e il suo sguardo vitreo era il segno più evidente dello stato di shock nel quale si era presentato a casa sua.

“Entra” comandò subito Ushijima, preoccupazione che velava il tono della sua voce. Iwaizumi ciondolava dalla stanchezza, ma l'adrenalina continuava a circolare nelle sue vene, facendo sì che rimanesse sveglio. Wakatoshi notò subito le nocche porpora. Il sangue rappreso formava croste qua e là sul dorso della sua mano, e Ushijima si ritrovò a sperare che quel sangue fosse di Iwaizumi. Fortunatamente era pronto ad emergenze simili. Kyoutani si rifugiava spesso nel suo appartamento, quando era conciato così male, da non poter tornare subito a casa senza che i suoi genitori lo conciassero perfino peggio.

“Siediti sul divano. Torno subito” mormorò Wakatoshi, accompagnando Hajime fino al salotto. Prima che potesse precipitarsi in bagno per tirare fuori il kit di pronto soccorso, Iwaizumi si aggrappò al suo braccio. Ushijima rimase allora esattamente dov'era. Negli occhi di Hajime c'era un luccichio traballante, come la luce di una candela in procinto di spegnersi. Iwaizumi si issò sulle punte dei piedi e posò un bacio a stampo sulle sue labbra.

Ushijima non era pronto a questo tipo di emergenza.

“Iwaizumi...Sei in stato di shock...” farfugliò, confuso da quel bacio a fior di labbra.

“Scusa. Puoi stringermi un attimo?”

Wakatoshi, sempre più angosciato, fece come richiesto. Forse Iwaizumi aveva preso un colpo in testa. Bello forte. In ogni caso, l'abbraccio che seguì quelle parole, pronunciate con uno sguardo spiritato che avrebbe spaventato chiunque, fu stranamente piacevole. Dopo quel pomeriggio Ushijima era arrivato a convincersi che Iwaizumi lo odiasse con tutto sé stesso. A quanto pare le sue deduzioni erano errate. Il corpo di Iwaizumi era ancora scosso da fremiti, e la punta del suo naso, sepolta nel collo di Ushijima, era gelata. Wakatoshi non aveva mai abbracciato nessuno in quel modo. Certo, aveva stretto a sé molti partner, ma, per quanto assurdo potesse sembrare, nessuno aveva mai riposto fondamentale importanza in un semplice abbraccio.

Iwaizumi si era ormai scaldato, e non tremava più. Ushijima non poteva vedere i suoi occhi, ma qualcosa gli suggeriva che avessero riacquistato colore e nitidezza.

“Iwaizumi, lascia che ti medichi le mani” suggerì Wakatoshi, quando il moro si fu calmato.

“Avevi ragione tu. Su tutto. Io provo... provo a essere me stesso ma... a volte mi chiedo se Iwaizumi Hajime esista davvero. Senza Oikawa mi sento sprofondare nelle sabbie mobili, e non c'è niente che io possa fare per fermare...”

Iwaizumi sembrò riprendersi dalla trance nella quale era caduto, e con uno spintone, allontanò Ushijima da sé. Era di nuovo in preda al panico, ma stavolta era abbastanza lucido da saper distinguere l'allucinazione dalla realtà.

“Cazzo. Scusa. Dimenticati del bacio, non volevo... non volevo intromettervi nella vostra storia.”

Stavolta fu Ushijima a rimanere completamente spiazzato.

“Non provo più nessun tipo di attrazione per Oikawa Tooru. Dubito che mi consideri un suo amico. Siamo conoscenti. Si è rimesso in contatto solo per chiedere il mio aiuto. Sono incline a pensare che lui stesso mi ritenga un potenziale partner per te. Credo che non mi abbia ingaggiato come terapista.”

Calò un silenzio tombale, durante il quale Wakatoshi prese coscienza del tono privo d'emozione con cui aveva pronunciato quella sterile e sconclusionata spiegazione.

“Non sono molto bravo con i sentimenti, Hajime.”

Il cuore di Iwaizumi, stremato per l'aggressione e per la fuga, riprese a battere così velocemente, da far temere un principio di attacco di panico.

“Vado a prendere il disinfettante. Se vuoi spostarti in camera mia... Puoi sdraiarti sul letto. È la prima porta in fondo al corridoio.”

Iwaizumi si diresse a passo di zombie verso la stanza di Wakatoshi. Tutto, da Ushijima al materasso soffice sotto la sua schiena, aveva la consistenza del sogno. Quella situazione gli ricordava quando, nel mondo onirico, un sogno piacevole si inseriva in un incubo, inglobandolo fino a farlo scomparire.

Ushijima entrò in camera con garza e disinfettante. Si muoveva goffamente nella piccola stanza, ma i suoi gesti erano così gentili e accorti, che ad Iwaizumi parve che avesse la stoffa dell'infermiere.

“Puoi rimanere fino a domani, se lo desideri. Dormirò sul divano” propose Ushijima, una volta che ebbe fasciato le sue mani.

“Grazie...”

Quando Wakatoshi si alzò, Iwaizumi era ormai crollato, vinto dalla stanchezza. Ushijima rimase per un attimo ad osservarlo. Temeva che una volta che si fosse svegliato, la realtà lo avrebbe schiacciato. Non aveva idea di cosa avesse fatto per ridursi in quello stato, ma aveva come il presentimento che i guai lo aspettassero dietro l'angolo.

“Iwaizumi” sussurrò, per accertarsi che non stesse facendo finta di dormire. Non ricevette nessuna risposta.

“Hajime...” bisbigliò, saggiando il nome sulla lingua. Sperava solo che qualsiasi conseguenza avessero scatenato le sue azioni, a lui sarebbe rimasta comunque una parte da interpretare nella strana tragicommedia che stavano mettendo in atto.

 

Ushijima si sistemò sul divano, e si coprì con una vecchia trapunta, rinvenuta nell'armadio a muro. Ricordava bene l'ultima discussione che aveva avuto con Oikawa.

'Insomma, non pretendo certo confessioni d'amore, ma siamo sicuri che tu sia capace di provare qualcosa?! Mi sembra di uscire con un blocco di marmo.'

Quelle erano state le testuali parole di Oikawa Tooru in merito al suo modo di corteggiare. Aveva avuto altri partner (ben pochi, in confronto a quelli del suo esuberante ex), ma le sue relazioni erano scivolate via senza che Ushijima potesse fare il punto della situazione. Oikawa era stato l'unico a fornirgli una spiegazione di cosa non andasse nel suo modo di fare. E forse, nel presentargli il suo migliore amico, gli aveva voluto lanciare un ulteriore messaggio. Poteva sentire la sua voce squillante snocciolare un discorso che suonava più o meno così:

'Ci rinuncio a capirlo Iwa-chan. È testardo come un muro, proprio come te. Vedi di ficcargli bene in testa che è una persona meravigliosa, perché a me proprio non mi ascolta.'

L'alba scostò con le sue dita dorate il fitto fogliame, ma Ushijima era già scivolato in un sonno profondo. 

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Capitolo 5
*** V ***


Hola chicas,
Ultimo capitolo di Silver Linings.
Non è betato, come al solito... Spero non sia strapieno di sfondoni :/

 

 

***
 

 

Iwaizumi si svegliò di colpo. Un velo di sudore copriva la sua pelle e il cuore gli martellava così forte nel petto, che per un attimo ebbe paura gli esplodesse.
Subito spinse di lato le coperte: si erano fatte incredibilmente pesanti, e lo stavano soffocando.
"Buongiorno" mormorò una voce baritonale.
Hajime si sedette e fissò lo sguardo sull'uomo poggiato allo stipite della porta. Ushijima era ancora in pigiama e si stava scaldando le mani con una tazza di tè. Gli occhiali gli erano scivolati in cima al naso e i capelli arruffati erano un chiaro segno che si era appena svegliato.
Iwaizumi avrebbe voluto rispondere, ma aveva la gola secca e la lingua contro il suo palato aveva la consistenza della carta vetrata. Probabilmente aveva espulso tutta l'acqua che aveva in corpo sotto forma di sudore. Difatti i suoi vestiti erano spiacevolmente appiccicosi e le lenzuola che rivestivano il materasso erano bagnate. Sebbene la voce che gli aveva augurato il buongiorno lo avesse tranquillizzato, lo stato indecente in cui aveva ridotto il letto fece rimpiangere ad Iwaizumi di essere lì, in camera di Ushijima.
"Ti faccio un tè" propose il padrone di casa, trattenendo uno sbadiglio.
"Grazie."
La voce di Iwaizumi suonava come un campanello rotto, gracchiante.
"Se vuoi fare la doccia, quello è pulito" aggiunse Wakatoshi, indicando la sedia davanti alla scrivania. Dallo schienale pendeva un asciugamano a righe verticali. Hajime si limitò ad annuire: non sarebbe riuscito ad esprimere a parole la sua gratitudine.

Uscito dalla doccia, Iwaizumi trovò un paio di pantaloni da ginnastica e una felpa ai piedi del letto. Un tempo dovevano essere stati viola, ma adesso il colore era sbiadito, sfumando nel lilla. Iwaizumi indossò la tuta e passò le dita sulla scritta che svettava in mezzo alla felpa, tagliata a metà dalla zip. Tutto sommato non gli stava troppo male. Si era aspettato di navigare nei vestiti di Ushijima, e invece gli calzavano alla perfezione.
Quando entrò in salotto, la luce del sole lo investì, ferendogli gli occhi, quasi a rimproverarlo per essersi alzato così tardi. Ushijima sbucò dalla cucina con un vassoio e un'aria decisamente più sveglia. Aveva approfittato della tappa in bagno di Iwaizumi per cambiarsi, e adesso portava un paio di pantaloni beige e una maglietta di cotone così sottile, da risultare quasi trasparente. Un'ombra di barba scuriva la parte inferiore del suo viso.
"English Breakfast" borbottò Ushijima, arrossendo lievemente. Non si aspettava che Iwaizumi accettasse i suoi vestiti. In verità, li aveva recuperati da un cassetto in fondo all'armadio appositamente per lui, pensando che potessero essere della sua misura. Era dai tempi dell'università che non tirava fuori l'uniforme della squadra di pallavolo.
"Grazie... Per i vestiti" balbettò Hajime, notando come Ushijima lo stesse scrutando da capo a piedi.
"Di nulla..."
Lo stomaco di Iwaizumi decise di prendere parte alla conversazione, gorgogliando contrariato. Solo allora, gli occhi di Hajime caddero sul vassoio che Ushijima stava sorreggendo con entrambe le mani.
"Mi scuso in anticipo per il pane. Il tostapane non era particolarmente collaborativo e ho deciso di lasciar perdere."
Iwaizumi era troppo intento a pulirsi la bava per prestare attenzione alle sue parole. Ushijima aveva preparato un po' di tutto.
"Non sapevo cosa mangi a colazione, quindi ho fatto sia il riso che il pane. La marmellata l'ho comprata l'altro giorno. Spero ti piacciano le more."
Iwaizumi spostò lo sguardo dai croissants freschi a Ushijima.
"Tu fai il pane?"
"Sì... Beh, non l'ho fatto adesso..."
"E i croissants?"
"Li ho comprati. C'è una panetteria sotto casa."
"Tu fai il pane" ripeté Iwaizumi, come un disco rotto. Ushijima annuì. C'era qualcosa di male nel fare il pane?
"Mi chiedo perché diavolo Oikawa ti abbia mollato."
Quel commento fu come una folata di vento gelido. Ushijima rimase momentaneamente turbato, ma le sue sopracciglia si distesero subito. Iwaizumi, però, non si riprese così velocemente. Ricordi della notte precedente cominciarono a riaffiorare, dal momento in cui aveva aggredito il suo collega, a quello in cui si era presentato a casa di Ushijima in stato confusionale. Come aveva fatto a dimenticarsi di quell'incubo?
"Iwaizumi..." lo chiamò Wakatoshi, poggiando il vassoio sul tavolino in mezzo al salotto.
"Qualunque cosa sia successa la scorsa notte, è bene che ne parli con qualcuno. Se non vuoi aprirti con me, promettimi che lo farai con Oikawa."
"Non posso" rispose repentinamente Hajime. A dire la verità, ancora non si capacitava di aver picchiato a sangue un collega. Nessuno meritava di essere sfigurato per aver verbalmente offeso il proprio capo, neanche il più gretto degli impiegati. Hajime aveva sbagliato, ma stavolta un semplice 'scusa' non sarebbe bastato. Oikawa non lo avrebbe potuto difendere come aveva sempre fatto. Era solo come un cane.
"Ehi..." sussurrò Ushijima, allungando una mano verso di lui. La ritrasse subito però, incerto se varcare la linea che avrebbe definitivamente spezzato il rapporto dottore-paziente che si era creato fra di loro.
"Ho paura di non poter continuare ad essere il tuo terapista, dal momento in cui provo sentimenti poco professionali nei tuoi confronti" balbettò Wakatoshi, spostando il peso da una gamba all'altra e grattandosi la mascella con fare nervoso.
"Ushijima" replicò Iwaizumi, sfiorando il braccio irrigidito lungo il suo fianco con la punta delle dita.
"Vorrei veramente uscire con te, ma prima ci sono alcune cose che devo sistemare... Spero che tu possa capire."
Rifiutare l'implicita richiesta di Ushijima fu più duro di quanto Iwaizumi si fosse aspettato, perché in quel momento, Hajime non desiderava altro che aggrapparsi a Wakatoshi e dimenticare il mondo fuori da quell'appartamento. Il suo senso del dovere però era prevalso, e Iwaizumi aveva preso coscienza di un dato di fatto: fare affidamento su chi amava non era la soluzione del problema, ma il problema stesso. Per tutto quel tempo aveva agito sicuro che Oikawa gli avrebbe fatto da scudo, sollevandolo da ogni responsabilità. Si era comportato irrispettosamente, e doveva pagarne le conseguenze. Solo allora sarebbe potuto uscire dall'ombra di Oikawa, affermando la propria individualità. E solo allora sarebbe diventato degno di Ushijima.
"Ora devo andare" concluse Iwaizumi, determinato. Voltò le spalle ad Ushijima e corse in camera. I suoi vestiti erano ancora umidi di sudore, e Hajime non poteva certo dirsi felice di indossarli, ma erano più che sufficienti per portare a termine la sua missione. Non aveva senso andare a lavoro in quel momento, quindi decise che sarebbe tornato a casa e avrebbe atteso la polizia. Nonostante non avesse più dubbi in merito a quello che doveva fare, preferiva che la cosa si svolgesse privatamente, senza un vasto pubblico affamato di scoop. E poi, non aveva ancora il coraggio di affrontare Oikawa.
Prima di uscire definitivamente dall'appartamento, Iwaizumi si diresse a passo spedito verso Ushijima.
"Sono un disastro, lo so, e non esigo certo che tu mi aspetti. Ma quando tutto questo sarà finito, mi piacerebbe portarti fuori a cena."
Iwaizumi parlò così velocemente, da rimanere senza fiato. Wakatoshi annuì, labbra piegate in un timido sorriso.
"Se hai bisogno di me, non esitare a chiamarmi" insistette Ushijima, ma Iwaizumi si era già chiuso la porta di casa alle spalle.

Hajime non era riuscito a mantenere la calma e ad aspettare pazientemente l'arrivo della polizia, dirigendosi direttamente al commissariato. Sulle prime, l'uomo dietro alla scrivania lo squadrò con estrema curiosità. Hajime, infatti, si era avvicinato a lui ed era rimasto in silenzio ad osservarlo, come se quest'ultimo potesse leggere dentro di lui la colpa che era venuto ad espiare.
"Qual è il problema?" chiese benignamente il poliziotto. Era un tipo robusto, dai capelli corti e dalla pelle scura. Le sue mani erano ruvide, ma pulite, e le sue unghie erano corte e curate. Iwaizumi rimase in silenzio ad osservare le dita del poliziotto ferme sulla tastiera del computer. Cosa avrebbe potuto dire? 'Ho aggredito un collega la scorsa notte, al locale ***' suonava estremamente stupido.
"Se non mi dice qual è il problema non posso aiutarla" osservò il poliziotto, con una calma da fare invidia a un bonzo.
Iwaizumi allora fece dietro-front e uscì dal commissariato. Seduto sul marciapiede, compose il numero di Oikawa. Era inevitabile: Hajime doveva affrontarlo. Il telefono squillò a vuoto, instillando nel cuore di Iwaizumi un'ansia e una paura che non aveva mai provato prima di allora. Alla fine una voce ben nota rispose dall'altro capo della linea.
"Iwaizumi."
Il modo in cui Oikawa pronunciò il suo cognome per intero, gli gelò il sangue. In fondo, doveva considerare il solo fatto che Tooru avesse risposto alla stregua di un miracolo.
"Dove sei?" domandò Hajime, cavando fuori le parole a forza.
"All'ospedale."
Iwaizumi si tirò le gambe al petto con il braccio libero.
"Come sta?"
"Ha avuto un'emorragia interna. Niente di serio, ma ha perso molto sangue. Avrà bisogno di una plastica al naso probabilmente. Gliel'hai ridotto male."
Le labbra di Hajime formularono uno 'scusa' che rimase intrappolato nella sua gola.
"Posso venire lì?"
"Meglio di no. Incontriamoci al parco *** alle otto stasera."
Hajime annuì, ancora una volta dimentico del fatto che Oikawa non potesse scorgere il suo cenno d'assenso.
"Va bene" mormorò alla fine, prima che Oikawa riattaccasse.
Iwaizumi si alzò in piedi a fatica e si scosse la polvere dai vestiti. Aveva molta fame, poiché non aveva né fatto colazione né cenato, ma nella foga con cui era corso a casa di Ushijima aveva perso il portafogli e le chiavi di casa. Per un attimo il pensiero di andare a lavoro lo sfiorò, ma quell'idea sfumò subito: probabilmente la sua scrivania era già stata svuotata.

Oikawa si presentò alle otto in punto. Portava ancora i vestiti d'ufficio e un lungo trench coat nero penzolava di qua e di là dal braccio su cui lo aveva provvisoriamente sistemato. Nella mano stringeva la borsa mentre l'altra spariva nella tasca dei pantaloni.
"Iwa-chan" lo salutò, appena lo vide rannicchiato sulla panchina. Il soprannome stupido che gli aveva affibbiato Oikawa, fu musica per le sue orecchie. Iwaizumi non si sarebbe mai aspettato che un giorno avrebbe tirato un sospiro di sollievo al famigerato '-chan' apposto al suo nome.
"Ehi" borbottò il moro, distendendo le gambe. Oikawa però non si sedette accanto a lui, ma gli fece cenno di seguirlo.
I due sedettero sulle altalene dell'area per bambini, completamente deserta all'ora di cena.
"Quante volte abbiamo giocato sulle altalene, eh?"
La domanda era evidentemente volta ad allentare la tensione, ma Iwaizumi percepì subito il tono di voce incrinato dell'amico.
"Oikawa..." sussurrò Iwaizumi, dita che si contorcevano sulle sue cosce. Non sapeva cosa dire, ora che si trovava a tu per tu con il suo capo.
'Mi dispiace' era definitivamente riduttivo, per la sua condotta imperdonabile.
"Ho parlato con Yamamoto. Mi ha detto cosa è successo, e si è prostrato ai miei piedi per chiedermi scusa. Ha detto che anche Kimura era dispiaciuto. Inizialmente voleva sporgere denuncia, ma ha rinunciato quando gli ho offerto di pagare per tutte le spese ospedaliere e..."
Oikawa si interruppe bruscamente. I suoi occhi erano terribilmente stanchi, ed esprimevano una malinconia così pura, da trascendere ogni sentimento umano. Oikawa era sempre stato una creatura proveniente da un altro pianeta. Possedeva un'eleganza ultraterrena, e sul fondo dei suoi occhi si aveva l'impressione che si specchiassero i raggi argentei della luna.
"Iwa-chan, ho promesso che ti licenzierò."
Pronunciare quelle parole sembrò costare ad Oikawa uno sforzo disumano. Iwaizumi era conscio di averlo deluso, ma non poteva fare a meno di sorridere dentro di sé. A conti fatti, aveva scampato un pericolo ben più grande di un semplice licenziamento.
"Oikawa, scusa se non ti ho ascoltato. Sono stato un perfetto idiota. Pensavo di potermela cavare da solo, ma... Ma avevo torto e me ne rendo conto."
Tooru rimase in silenzio ad osservarlo, mentre le luci artificiali dei lampioni si accendevano mano a mano che il sole tramontava.
"Mi sono reso conto che senza di te, non sarei mai diventato quello che sono."
"Beh, allora non ho fatto un buon lavoro..." commentò Oikawa, inarcando un sopracciglio in modo da enfatizzare la nota sarcastica della sua voce.
Iwaizumi allungò il braccio per tirargli una pacca dietro alla nuca, ma si fermò a mezza strada, decidendo di aggrapparsi ad entrambe le catene di ferro.
"A proposito di quello... del lavoro che devo fare su me stesso... Penso che d'ora in poi mi cercherò un altro impiego."
"Ti scrivo una lettera di raccomandazione" propose subito Oikawa, schiacciando la ghiaia sotto la suola delle stringate.
"No. Nessuna raccomandazione" ribatté Iwaizumi, dondolando sul sedile dell'altalena. Fino ad allora aveva tenuto lo sguardo fisso sui suoi piedi, ma, dopo essersi fatto coraggio, lo alzò sul suo interlocutore.
"Stavolta voglio cavarmela da solo."
Oikawa annuì, con una serietà inusuale rispetto al suo atteggiamento perennemente spensierato.
"In realtà...ti ho veramente nascosto una cosa..."
Oikawa attese pazientemente che Iwaizumi trovasse la forza per aprirsi e rivelare una volta per tutte i sentimenti che aveva custodito gelosamente fino ad allora.
"Sei sempre stato un gradino più in alto di me. E io ho sempre cercato di imitarti. Quando ho scoperto che non sarei mai riuscito a raggiungerti, mi sono deciso a seguirti, incapace di abbandonare le tue orme e intraprendere la mia strada."
Oikawa non si lasciò sfuggire nessun commento sarcastico, ma ascoltò le parole di Iwaizumi in religioso silenzio.
"Avevo paura di rimanere solo senza di te. O peggio, di odiare la persona che ero veramente" aggiunse Iwaizumi, alzando lo sguardo verso il cielo notturno. Ora che aveva finalmente rivelato ad Oikawa la causa di tutta la rabbia che provava, Hajime si sentiva vuoto. Non era una sensazione spiacevole in sé per sé, ma allo stesso tempo Iwaizumi non poteva dirsi pienamente sollevato. C'era ancora un peso che lo faceva sprofondare giù, negli abissi bui della solitudine.
"Non so cosa tu provi nei confronti di Ushijima, ma... mi sono preso una cotta per lui" balbettò Hajime, aggrottando le folte sopracciglia e tornando ad osservare la ghiaia sotto i suoi piedi. Ecco, adesso aveva tirato fuori tutto: non era rimasto nemmeno un granello delle sue mille preoccupazioni. Certo, aveva paura della reazione di Oikawa, ma se era arrivato a questo punto, tanto valeva spingersi oltre.
"Meno male."
Iwaizumi si voltò di scatto verso l'amico, e scrutò la sua espressione, sfumata dall'oscurità che li aveva avvolti nel suo freddo abbraccio.
"Per un attimo pensavo di aver sbagliato! Ma Oikawa Tooru non sbaglia mai. Ho fiuto per queste cose" scherzò Tooru, toccandosi il naso e facendogli l'occhiolino. Iwaizumi si ricordò improvvisamente delle parole di Ushijima, del fatto che secondo lui Oikawa avesse fatto in modo di avvicinarli, conscio che si sarebbero affezionati l'uno all'altro.
"Dio quanto sei irritante" sbuffò Iwaizumi, spingendo Oikawa così violentemente, da rischiare di ribaltarlo dall'altalena.
"Quindi a te sta bene?" domandò timidamente, voltandosi in modo che Oikawa non potesse scorgere il rossore che tingeva le sue guance.
"Certo che mi va bene. Avete la mia benedizione."
"Non me ne faccio nulla della tua benedizione, Shittykawa."
I due continuarono a battibeccare, finché, stanco del rituale botta e risposta, Tooru non decise di darsi una spinta coi piedi. Iwaizumi lo seguì a ruota, sperando che l'asse alla quale erano affisse le catene non si spezzasse.

 

* * *

 

Hajime si era appisolato sul divano. Il sole pomeridiano riscaldava le sue spalle indolenzite, e le foglie che scendevano dai rami di una pianta d'appartamento pizzicavano la sua fronte.
Ushijima entrò in salotto a passo felpato, e si accoccolò accanto al divano. Iwaizumi parlava nel sonno, e Ushijima non perdeva l'occasione per ascoltare i suoi adorabili borbottii. Wakatoshi era sicuro che Iwaizumi si sarebbe addormentato sul divano nel momento in cui aveva pronunciato il fatidico 'chiudo un attimo gli occhi'. Probabilmente era stanco morto per la giornata in magazzino. Iwaizumi non si lamentava mai del nuovo lavoro, ma era chiaro come il sole che lavorare come magazziniere gli stava distruggendo la schiena. Quando Ushijima gli aveva spiegato i suoi dubbi in proposito, Hajime aveva risposto, esibendo una testardaggine unica: 'È una situazione provvisoria. Troverò presto qualcos'altro'.
Da allora non gli aveva più posto quella domanda, come non gli aveva posto una serie di altri quesiti. Ushijima però, avrebbe voluto sapere perché Iwaizumi aveva comprato uno spazzolino e l'aveva infilato nel bicchiere che si trovava nel suo bagno, o perché Hajime dormiva a casa sua praticamente tutta la settimana. Ormai uscivano insieme da un paio di mesi, ma non avevano messo in chiaro la natura della loro relazione. Non verbalmente, ad ogni modo.
Ushijima arrossì, pensando a come i loro corpi avessero già espresso in modo esplicito il loro reciproco desiderio di stare insieme. Il loro rapporto però non era ancora stato ufficializzato, ed essendo entrambi tipi taciturni e introversi, l'argomento era diventato impossibile da affrontare. A Wakatoshi cadde lo sguardo sul suo orologio da polso. Erano già le sei, e fra pochi minuti l'orda di vandali ( come Iwaizumi aveva cominciato a chiamare il gruppo di terapia) sarebbe piombata in casa sua. Ushijima si chinò su Iwaizumi e gli posò una mano sulla spalla. Era calda e morbida.
"Hajime... Fra poco comincia la sessione. Se vuoi dormire devi andare a farlo sul letto" sussurrò, osservando la smorfia di disappunto dipinta sul volto del moro.
"Mnhhhhgg" rispose Iwaizumi, stringendosi ancora di più le gambe al petto. Sembrava un armadillo in posizione di difesa. Ushijima lo scosse lievemente, cercando di svegliarlo, ma Iwaizumi oppose resistenza.
Alla fine, però, dovette cedere alle suppliche di Ushijima. Ciondolando in direzione della camera, Iwaizumi urtò i vasi che scendevano dal soffitto, rischiando di colpire Ushijima, che lo stava seguendo per precauzione.
Una volta giunto in prossimità della porta, Hajime si voltò verso Wakatoshi e rimase ad occhi chiusi ad aspettare. Ushijima ci mise un po' ad elaborare la tacita richiesta dell'armadillo assonnato, ma quando arrivò finalmente a decodificare il messaggio, si mostrò ben felice di accontentarla.
Ushijima si piegò quanto bastava per raggiungere la bocca del moro, e si abbandonò al calore del corpo premuto contro il suo. Iwaizumi socchiuse subito le labbra, esigendo un bacio più approfondito. Ancora una volta, Ushijima non si tirò indietro, baciandolo con un entusiasmo tale, da spingerlo al muro. Iwaizumi sbatté la nuca contro la parete dietro di sé, ma non diede cenno di voler interrompere il bacio accaldato che si stavano scambiando. Il vero problema insorse quando Wakatoshi spinse una gamba fra le sue cosce e Iwaizumi si accorse che la sua reazione fisica era piuttosto evidente. Fortunatamente, non era l'unico ad essersi eccitato.
Wakatoshi si allontanò a malincuore da quelle labbra rosse e invitanti. I loro respiri affannati avevano appannato i suoi occhiali, e i suoi capelli andavano in tutte le direzioni, sfidando la gravità. Le urla di Tanaka risuonarono per le scale dell'edificio, e Iwaizumi si decise ad entrare in camera.
"A dopo" bofonchiò, stropicciandosi gli occhi.
Solo allora Hajime si accorse che Semi era seduto in salotto, con una sigaretta da accendere in bocca.
"Fate come se non ci fossi. Io non ho visto niente" borbottò Eita, rigirandosi il clipper fra le dita. Iwaizumi era troppo stanco per ribattere, e si chiuse la porta alle spalle. Forse, una volta terminato il suo agognato pisolino, si sarebbe unito alla compagnia.

 

* * *

 

Ieri sera mi è venuta la nostalgia, e mi sono riguardata Il lato positivo. Continua a piacermi un sacco :3
Mentre scrivevo la parte in cui Iwaizumi e Oikawa parlano mi sono ascoltata City of Stars, una canzone della soundtrack di La La Land. Io ve la consiglio per la lettura, se siete soliti leggere con la musica.
Grazie a chi mi ha supportato, mettendo la storia fra le seguite, ricordate o preferite, e grazie soprattutto a chi mi ha fatto sapere la sua nelle recensioni. Siete dolci e meritate solo amore <3

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