Sei Più Bra o più Echalotte?

di Longriffiths
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Inadeguatezza. ***
Capitolo 2: *** Mr. Hide. ***
Capitolo 3: *** Segreto. ***
Capitolo 4: *** Impertinenza. ***
Capitolo 5: *** Controllo. ***
Capitolo 6: *** Trappola. ***
Capitolo 7: *** Tremendo. ***
Capitolo 8: *** Coraggio. ***
Capitolo 9: *** Un'altra. ***
Capitolo 10: *** Lo vedrai. ***
Capitolo 11: *** Nient'altro che ira. ***
Capitolo 12: *** Agguato. ***
Capitolo 13: *** Epilogo- La vita può essere perfetta. ***



Capitolo 1
*** Inadeguatezza. ***


Quei corridoi non le erano mai piaciuti.

Odiava quel fastidioso vociare dei ragazzi di primo mattino, cosa avevano da essere tanto allegri a quell’ora, con una tale vitalità in corpo il primo giorno di scuola? Lei neanche trovava la forza di rispondere alla propria madre sul tipo di colazione che preferiva consumare. I professori non erano da meno, quel giorno si erano tutti coalizzati per renderle quelle sei ore un inferno. Che motivo c’era di urlare tanto anche durante il test di inizio anno? La giovane guerriera aveva tante di quelle domande ogni giorno da porsi, banali o profonde che siano a cui poteva associare ben poche risposte, poiché nessuno era in grado di capirla e di entrare nel suo mondo, comprendere ciò che sentiva, il suo inusuale stato di inadeguatezza, la sensazione che portava nel cuore che le suggeriva di essere costantemente nel posto sbagliato da anni come se non facesse parte di quel contesto, di quel pianeta che era casa sua. Si sentiva diversa da tutti i suoi coetanei e non solo per il non proprio piccolo dettaglio scuro e peloso lungo sessanta centimetri che portava avvolto intorno alla vita e  sotto la gonna ogni giorno per nascondere il fatto di essere la discendente di una razza aliena scomparsa tempo addietro con il suo pianeta natale, di cui lei sentiva dentro una grave mancanza pur non avendolo mai visto e non solo a causa del titolo che avrebbe portato se ancora esistessero. Desiderava avere un luogo ove poter sfogare la sua natura guerriera e sfuggire alla monotonia del pianeta Terra. Non le bastava più liberare i propri istinti solo una volta ogni tre anni, i panni della semplice terrestre iniziavano a starle stretti.

Sospirò irritata compilando le ultime domande chiuse del test di chimica con facilità, essere la figlia di una brillante scienziata ed aver ereditato un cervello notevole aveva certamente i propri vantaggi. Improvvisamente una pallina di carta arrotolata le sfiorò i capelli atterrando proprio dinanzi a sé, sul banco. Svelta e senza farsi vedere, la principessina srotolò quella striscia immacolata leggendovi sopra in lingua aliena una semplice frase: ‘Qualcuno apprezza particolarmente il corsetto del tuo vestito stamattina, Echalotte.’  La turchina alzò un sopracciglio tanto esageratamente che questo scomparve sotto la sua frangia, girandosi poi verso la sua migliore amica qualche sedia più in alto della sua che ammiccava sorridendo divertita in direzione di un ragazzo non poco distante da lei, che in effetti aveva lo sguardo fisso sulle sue rotondità. Lanciò un’ultima occhiata alla bruna strizzandole un occhio, per poi portare un mano all’interno della scollatura facendo finta di cercare qualche oggetto, per poi tirare fuori il dito medio togliendo dalle labbra il ghigno soddisfatto da quel ragazzo, che gettò praticamente la testa sul suo foglio rosso in volto. Pan rise come se stesse guardando uno dei programmi demenziali che tanto amava, guadagnandosi le occhiate di tutti i presenti ed una nota sul registro dell’insegnante. La minore sorrise con una nota di disgusto tornando poi imbronciata adottando la sua solita espressione nervosa e rude che la rendeva identica a suo padre, detestava i ragazzi terrestri specie quelli della sua età, erano tutti smidollati e lei non apprezzava per niente le loro avances né godeva delle attenzioni che le riservavano anche se poteva sembrare il contrario agli occhi di coloro che non la conoscevano bene. Non le piaceva essere al centro dell’attenzione, ma non si sforzava ugualmente per evitare di esserlo. Amava il proprio corpo e le piaceva esaltarlo nei limiti senza mostrare più del dovuto, non era certo merce in vendita lei. Ma preferiva restare da sola. Non aveva molti amici dato che mostrava profonda apatia per coloro che aveva intorno,  al contrario della bruna che invece era una macchina stringi-amicizia, ed era costretta ad uscire anche con i suoi amici il sabato sera, limitandosi però cortesemente in chiacchiere superficiali, non parlava con nessuno di se stessa, poiché aveva ben poco da dire. Chi mai avrebbe compreso i suoi sentimenti tra quelle persone. Lei, era solare solo con chi dimostrava di meritarsi la sua attenzione, qualcuno la cui mente doveva essere aperta e già sufficientemente emancipata. Qualcuno come lei, esuberante ma munito di un cuore d’oro.

Al suono della campanella che segnava la fine della lezione si alzò pacatamente dirigendosi alla cattedra per consegnare tenendo lo zaino su una spalla sola, aspettando la propria amica per uscire dall’aula insieme e dirigersi verso il giardino. Bra nutriva per Pan un bene puro e immenso, l’unica con cui poteva aprirsi come desiderava e che poteva reggere i suoi discorsi, l’unica a cui poteva mostrarsi spettinata ed in pigiama in libertà. Amiche sin da piccole senza segreti l’una per l’altra legate dalla particolarità di avere un differente DNA. Pan era la sorella maggiore che la turchina aveva sempre desiderato avere, senza togliere nulla al suo adorato fratello.

Le due passeggiavano nel cortile imboccando la via di casa parlando sottovoce la lingua che il Principe aveva insegnato su richiesta, la loro sorta di alfabeto segreto che le teneva al sicuro da orecchie indiscrete, quelle stesse orecchie appartenenti alla combriccola delle ‘più belle della scuola’, che le scrutava storcendo il naso per la presenza della minore. Una di loro infatti era una sua nemica e rivale da ormai un anno. Una ragazza alta, dai rossi capelli ricci ed un paio d’occhi verdi, maligni e subdoli che avevano rapito il cuore di un ragazzo a cui Bra non aveva mai avuto il coraggio di confessare i propri sentimenti, un ragazzo che vedeva ogni giorno dal principio della sua vita, un ragazzo che la teneva tra le braccia da neonata e che aiutava suo fratello a cambiarle il pannolino, che era stato presente ai suoi primi passi e parole, un moretto ingenuo e dal cuore puro che apparteneva anch’egli per metà alla  razza guerriera più forte che quell’Universo avesse mai ospitato. La piccola principessa senza corona si era accorta di provare quanto più simile all’amore avesse mai sperimentato sino a quel momento solo quando lo aveva visto unire le labbra insieme a lei. Non aveva senso sentire il cuore spaccarsi in due per un semplice amico. C’era un motivo del perché il suo cuore accelerava i battiti quando era in sua presenza, al perché sentiva sempre caldo quando era nella sua stessa stanza anche a dicembre, del perché quando si allenavano puntava sempre allo scontro fisico per avere un minimo di contatto con il migliore amico di suo fratello. E lei lo aveva riconosciuto quando ormai era stato troppo tardi, quando lui aveva già  smesso di chiamarla principessa come era solito fare in tono canzonatorio quando lei si poneva in modo rude nei suoi confronti per appellare in quel modo solo la sua ragazza, regredendo a ‘Bra’ o ‘Azzurra’ quando aveva a che fare con la turchina. E di questo lei ne soffriva parecchio, dell’aver perso il suo Goten lontano moralmente ormai anni luce da lei, tanto da chiudersi ore intere nella propria camera escludendosi dal mondo intero quando la tristezza si impossessava del suo animo. Ma a differenza della rossa, lei non provava alcun rancore.

La ragazza dalla capigliatura folta in stile Afro odiava letteralmente Bra, odiava il fatto che fosse così attaccata al suo ragazzo, che lo vedesse di continuo dato che era quasi sempre alla Capsule Corp; quando non erano insieme, odiava quel suo modo di camminare da presuntuosa e odiava il suo essere così intelligente ed allo stesso tempo bella da mozzare il fiato. E odiava quelle sue stupide amiche del cazzo che glielo facevano ingenuamente notare ogni volta.

《Quel vestito non mi starebbe neanche se perdessi due taglie.》

《Ma quella mangia?》

《Perfino quelli più grandi del nostro corso le vanno dietro, è cosi bella.》

《È impossibile che sia per il suo aspetto, ce ne sono di più carine. Andrebbero tutti dietro anche a me se mi vestissi in quel modo e mi cedessi anch’io come una puttana senza distinzione tra quelli impegnati e non.》Purtroppo l’odioso commento alimentato dal fuoco del mostro verde chiamato gelosia non sfuggì alle orecchie della ragazza, che arrestò i suoi passi scura in volto.

《Bra, ti prego andiamo a casa..》

《Aspettami qui non ci metterò molto.》La giovane Saiyan si diresse al gruppetto di oche a qualche passo di distanza, che appena notarono la sua imminente presenza ammutolirono. Poteva tollerare i loro risolini al suo passaggio, poteva tollerare che ella si appiccicasse maggiormente Goten quando casualmente la turchina era nei dintorni, poteva tollerare le sue scenate infantili di derisione ed anche i suoi insulti, ma non permetteva mai a nessuno di lanciare accuse infondate sulla sua persona. Lei che si era sempre mostrata superiore ai suoi giochetti senza abbassarsi a quei livelli, sempre presentata ai terzi come una ragazza matura e composta, mai un pizzico di volgarità nei toni o irresponsabilità nei gesti, ed ora per colpa di una stupida ragazzina viziata avrebbe dovuto essere dipinta per il modello di donna che non era e non sarebbe mai stata? Era davvero troppo anche per lei. Ignorando le suppliche della maggiore ed i suoi tentativi di farle cambiare idea, si fermò a fronteggiare la propria rivale con aria di sfida.

Potresti ripetere?》Sputò la turchina con disprezzo mentre l'altra mostrava il coraggio di guardarla dall’alto verso il basso.

《Non sei niente di speciale, tutte noi abbiamo ciò che hai tu per fare in modo che ci seguano come cani. Ma almeno abbi contegno verso quelli che non ti vogliono e che hanno già da un’altra ciò che vorresti che prendessero da te.》 Le iridi azzurre della Saiyan divennero opache, la vista le si appannò e presto sentì che tutti gli esercizi di autocontrollo tenuti fino a pochi anni fa per placare la sua natura esplosiva in quel momento furono vani, poiché la ragazza rossa dalla collera e tremendamente offesa e toccata nella dignità strinse le dita a pugno, colpendo la mandibola della malcapitata. Questa cadde all’indietro tenendosi il labbro macchiato di rosso tra le mani, guardandola sconvolta ed impaurita come se fosse matta, come se avesse due teste, come se non si aspettasse quel gesto tanto audace e brutale da parte sua. Lo schock era presente sui volti di tutti gli scolari, tranne su quello di Pan che invece esprimeva terrore puro, avendo sentito il Ki dell’amica crescere come l’alta marea, ma non aveva fatto in tempo a evitare le sue intenzioni. Con uno scatto repentino afferrò il polso della minore trascinandola via di lì a grandi falcate verso casa, infuriata in modo apprensivo sbraitando verso di lei per tenerle presente che se si fosse lasciata andare un filo in più avrebbe potuto causarle danni permanenti al viso. Ma a Bra non importava niente ormai, si era tolta un grosso peso dallo stomaco ed ora bramava il loro prossimo incontro per godersi l’espressione di quella vipera, e vederla finalmente abbassare il capo davanti a lei. Tenne gli occhi bassi per non affrontare lo sguardo della sua amica che le stava letteralmente urlando in faccia una ramanzina da far invidia a sua madre, ed anche se aveva tutta ragione al mondo lei non avrebbe mai dato la soddisfazione di curarsene del suo gesto, malgrado sapesse di aver fatto una sciocchezza imperdonabile che avrebbe influito sul suo modo di essere vista, e sul rapporto con il Saiyan di cui era innamorata. Sbuffò chiedendole di smetterla mentre apriva la porta di casa, la sua amica sarebbe rimasta da lei per la notte in assenza dei suoi genitori fuori città per un’importante conferenza di Gohan a cui Videl era stata felice di prendere parte. Quando abbassò la maniglia di quella che era la loro immensa e prorompente abitazione venne accolta dalla cristallina voce della scienziata che le invitava a sedersi in tavola raccogliendo il giacchetto di Pan, che per sua grazia smise di parlare correndo verso la cucina, la turchina invece gettò in terra lo zaino dirigendosi in sala da pranzo con estrema calma. Quando varcò la soglia della stanza avrebbe voluto fare dietrofront, poiché intorno alla tavola c’erano praticamente tutti. Goku e Crilin con le rispettive famiglie e Junior, che chiacchieravano allegramente. Certo si era abituata alla presenza di tutti, adorava averli in casa a riempirle le giornate sin da quando era bambina, in più Goku era insieme a suo padre per loro un maestro, e quando c’era lui in casa, c’erano anche divertimento e combattimenti assicurati. Ma tutto ciò che avrebbe voluto fare in quel momento era mettere le mani addosso a quell’idiota per cantargliene quattro, ed invece, dovette sedersi a tavola e subire un’ora intera di schiamazzi e conversazioni a cui non aveva alcuna intenzione di partecipare, mangiando controvoglia e lanciando di tanto in tanto occhiate truci all’oggetto dei suoi pensieri.

Nel pomeriggio, i due eterni rivali si barricarono nella Gravity Room mentre il resto della combriccola tornava ai rispettivi impieghi compresa la loro amica Marron alle prese con un negozio di animali. Le tre donne erano nel salone di casa a sorseggiare del tè, e le due migliori amiche finalmente uscirono dalla stanza della turchina dopo aver finito i compiti e dopo aver tenuto una conversazione abbastanza delicata, in cui Pan incitava l’amica a parlarne col moro e lei si rifiutava categoricamente di ascoltarla, dirigendosi al piano di sotto per gustarsi una merenda trovandovi Trunks e Goten intenti a sistemarsi la tuta da combattimento indosso.

Ehi, non venite ad allenarvi?》

《No.》

《Ma tra una settimana c’è il torneo!》

《Trunks non essere fastidioso.》

《Non badare a lei, è solo che per oggi ha fatto abbastanza.》

《PAN!》

《Che cosa vorrebbe dire?》

《Che dovresti stare più attento a chi ti metti affianco.》

《Trunks, perché non aspetti fuori zio Goten?》La bruna con il più angelico dei sorrisi trascinò il guerriero oltre quella stanza lasciando i due soli a confrontarsi. Il tentativo di tenerli lontani dal resto non era andato a buon fine, poiché le urla di Bra echeggiavano fino al salone principale della casa in cui ora si trovavano i due insieme alle donne, che sorprese quanto il fratello della diretta interessata interruppero il loro momento di quiete e relax per chiedere spiegazioni riguardo tutto quel trambusto che la bruna tenne per sé. Bulma provò un forte senso di inquietudine nel sentire la propria figlia sbraitare in quel modo furioso contro una delle persone più vicine a lei, era la prima volta in diciassette anni che assisteva ad un dibattito così duro da parte sua ed era la prima volta che udiva la sua bambina pronunciare determinate parole, nonostante sin da piccola avesse sempre avuto la tendenza ad essere scontrosa e a sfidare le persone. Poco di quelle frasi che i giovani si stavano scambiando arrivò alle loro orecchie, piccoli pezzi che lasciarono però intendere i temi trattati, e ciò che più scosse la scienziata fu proprio il fatto di sentirla litigare per questioni di cuore. Allora un pensiero andò a stuzzicare il suo animo, pizzicandolo e facendo venire voglia alla donna piangere commossa, nel dover realizzare senza più alcuna ombra di dubbio che sua figlia, la sua adorata figlia era cresciuta in tutti i sensi. Era finalmente arrivato il momento di parlare con lei di queste questioni, Bulma desiderava ardentemente da quando Bra venne al mondo il momento in cui si sarebbe cresciuta e avesse scambiato quel genere di chiacchiere, anche se esattamente come suo marito era poco propensa al dialogo, ma ormai aveva imparato come prendere quel tipo di carattere, ed invogliarla a parlare. Si domandò per un attimo se il figlio dei suoi migliori amici fosse solo un tramite o direttamente la causa delle pene della turchina, il che le portò a chiedersi se l’ultima ipotesi fosse quella giusta, come l’avrebbe presa suo padre. Decise che l’indomani, loro due avrebbero parlato a lungo. Quando le urla cessarono, un Goten offeso e pensieroso fece la sua apparizione salutando educatamente i presenti facendo segno al suo amico di seguirlo in giardino.

Quella sera stessa, le due amiche sedute a gambe incrociate sul letto della minore erano intente ad acconciarsi i capelli reciprocamente per la notte in modo da stare comode, osservando il meraviglioso satellite padrone del manto stellato di cui Bra avrebbe dovuto avere paura, poiché ogni mese rischiava di tramutarsi in un mostro primitivo e assetato di sangue a causa sua, ed invece ella fremeva al pensiero di poter sfiorare un giorno i suoi crateri, di volare nello spazio aperto ed addentrarsi in quello che per i suoi ascendenti era sempre stato un campo di battaglia. Appoggiata con le braccia piegate sul candido marmo della sua finestra, la turchina lasciava la mente correre lontano in quell’oblio sconfinato di oscurità. Quanto voleva potersi liberare in aria ed oltrepassare la gravità.

Bra, stai bene?》

《Mh? Oh, si.》

《Tesoro stai peggiorando, fattelo dire.》

《Ma smettila.》

《Dico davvero e non sbuffare. Hai la testa tra le nuvole in continuazione.》

《Tra le stelle.》

《Bra, tu appartieni a questo mondo lo sai. Cosa ti spinge a tanto?》

《Non è questo.》La giovane Saiyan sospirò, voltandosi verso la sua compagna.

《Pan.. ho una vita meravigliosa e delle persone che amo qui, ma non mi permette di essere chi sono. Io appartengo a questo mondo solo per metà, capisci? Io non voglio passare la mia vita in un laboratorio o dietro una scrivania. Io voglio.. andare via.》

《Come?》

《Pan lo so che sembra una follia, io non so cosa mi stia accadendo, ma il mio stile di vita sta lentamente peggiorando e da un po di tempo mi sento.. Sento che c’è qualcosa oltre questo cielo che mi sta aspettando, ed io voglio rispondere alla chiamata, tu capisci? Voglio fare ciò che la nostra razza era destinata a fare-》

《Saccheggiare pianeti e sterminare popolazioni?》

《Ma certo che no..! Intendevo combattere.》

《Ti prego, cerca solo di non trasformare il Dottor Jeckyll in Mister Hide. Io lo trovo un po’ folle a dirla tutta, ma se tu ti senti più Echalotte che Bra.. a me va bene lo stesso.》La turchina sorrise riconoscente stringendo la sua migliore amica in un abbraccio che ella ricambiò anche più forte. Gli eventi di quella giornata avevano scombussolato gli animi di tutti, e non esisteva un modo migliore di quello per fermare la tempesta che ora albergava nei cuori delle due.



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Salve a tutti voi! Ecco un piccolo schizzo in occasione dell'inizio della scuola.

paige95 se ci sei sappi che e tutta colpa (o merito) tuo se ho iniziato questa storia nonostante ne abbia un’altra in corso T_T ma davvero mi hai fatto venire una voglia matta di narrare questa piccola storia riguardante uno dei miei personaggi preferiti.★

Dunque, detto ciò, la pace governa ormai la Terra da anni dopo il Torneo del Potere, avrete notato che la nostra protagonista si fa chiamare col nome che suo padre aveva scelto per lei, ed i motivi sono palesi ovvero: è un nome Saiyan! La sua coda è un dettaglio che ho voluto inserire.. ci stava troppo per quello che ho in mente.. La piccola principessina avrà qualcosa in mente?

Ringrazio tutti voi che leggete, se vi va di lasciarmi un’opinione/critica costruttiva sarà certamente un piacere.

A presto♡

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Capitolo 2
*** Mr. Hide. ***


Sinistra. Destra. Calcio, calcio, gomitata.

Destra. Ginocchiata. Salto. Calcio, calcio.

Non pensava di poter resistere a lungo alla forma Blue. Aveva da poco imparato a reggere il combattimento oltre il limite del Super Saiyan all’interno della Gravity Room, e suo padre non si stava risparmiando nuovamente con lei. Era il suo modo di impartirle forza e determinazione, sforzarla al massimo delle possibilità ch’ella credeva di possedere, per dimostrarle quanto i limiti fossero solo una questione mentale che una guerriera del suo taglio potesse facilmente superare senza sforzi. Ma non aveva mai sperimentato qualcosa di tanto impegnativo, il solo tentare di colpire l’uomo dinanzi a lei le estirpava energie da ogni muscolo del corpo rendendole impossibile quell’allenamento fin troppo tosto.  Il fiatone opprimeva il petto della giovane rallentando i movimenti, e ad ogni colpo subito nel momento in cui Vegeta toccava sua figlia, ella sentiva parte delle energie essere risucchiate gradualmente via dalle sue vene, fin quando esausta crollò al suolo sulla schiena. Tentò di rialzarsi con le gambe tremanti ed un occhio socchiuso, evitando accuratamente di dar retta a quell’impertinente misera goccia di sudore che le solcava la parte destra del volto partendo dalla tempia che valeva a dire solo una cosa: sconfitta. Aveva miseramente fallito per la quarta volta consecutiva. Non lo accettava, non voleva arrendersi. Lei era sua figlia, era il Delfino di una grande dinastia e non era nel suo stile sottomettersi alle situazioni. Lei affrontava tutto con coraggio fino a quando non si sentiva prosciugata nell’anima dallo sfinimento, non si piegava ad un paio di botte date senza troppa convinzione. Ed in più, non avrebbe sventolato bandiera bianca mentre i guerrieri più forti mai esistiti appartenenti al team Z che avevano scelto di assistere incuriositi allo scontro, non avrebbe reso suo padre deluso da lei, non avrebbe mollato. Prese un profondo respiro posizionando i palmi delle mani sul fronte sinistro del corpo piegate l’una nell’altra nella stessa posizione, generando una sfera violacea che presto crebbe provocando un bagliore accecante, che costrinse i terrestri presenti a ridurre gli occhi a fessura per poter osservare. I capelli turchini cadevano liberi dal suo codino fluttuando ove il vento del suo attacco appreso proprio da suo padre li mandava, lunghi fino all’allaccio del reggiseno nascosto dal corsetto rigido della Battle-Suite blu che indossava, capelli che si era sempre rifiutata di tagliare malgrado le infinite ramanzine dei suoi maestri che definivano quella capigliatura inadatta al combattimento, poiché i nemici avrebbero potuto afferrare i suoi crini per spingere la testa all’indietro e reciderle la gola. Insomma, un minimo di aspetto femminile doveva pur conservarlo oltre alle unghie perfettamente squadrate e laccate ogni settimana di un diverso colore. Si lasciava coccolare e viziare dai dipendenti di sua madre che gestivano aziende e negozi annessi. Ella era  l’inventrice di molteplici prodotti anche nel campo del benessere personale, e Bra era convinta che il suo destino da principessa non potendo prendere atto sul pianeta Vegeta, aveva lo stesso andamento sulla Terra. Aveva praticamente tutto ciò che desiderava, più o meno.

Quando la nube di fumo si dissolse nell’aria, ne uscì una figura a braccia conserte ancora munito dei capelli del medesimo colore di quelli della giovane Saiyan, in due differenti stadi. La turchina sgranò gli occhi portandosi le mani in volto presa dalla frustrazione più assoluta. Non gli aveva procurato neanche un graffio. Maledisse se stessa lanciando un urlo colmo di fastidio, mentre suo padre sbuffava tornando alla sua forma base.

《Pensi di andare da qualche parte in questo modo? Sei fuori strada Echalotte, non stai eseguendo nulla di ciò che ti avevo detto. Sei lenta, sconnessa e non stai prestando attenzione. Sei una frana, mi domando cosa abbia preso da me, in tutti questi anni non hai combinato quasi niente. Vatti a cambiare, per oggi basta così.》

《Ma, padre..-》

《Silenzio! Continuerò ad allenarti quando sarò sicuro che la tua volontà sia fondata. O combatti per essere presa in considerazione e basta?》

《No! Io lo voglio davvero per me stessa!》

《Allora dimostralo! Vieni da me solo quando sarai capace di trasformarti. Fino a quel momento sei esonerata dagli allenamenti, e questa è la mia ultima parola Bra.》L’alieno superò sua figlia senza degnarla di uno sguardo, lasciandola lì in balia dei suoi pensieri in piedi nel mezzo del prato rovinato dalle loro sfere d'energia, a guardarlo allontanarsi come un’allocca. La turchina invertì le normali posizioni dei piedi calandosi in terra a gambe incrociate con entrambe le mani sulle ginocchia, ed una lacrima a colare giù dalla punta del suo naso brillando cristallina alla luce del sole. Bulma fissò suo marito contrariata alzandosi per seguirlo intenta a riprenderlo per il suo comportamento tutt’altro che accettabile nei confronti del suo sangue, sapeva quanto fosse importante per ambedue le parti, ma ciò non rendeva consono il modo in cui aveva trattato la ragazza. Nessuno dei presenti osò avvicinarsi a lei che in quel momento era una perfetta bomba ad orologeria sul punto di esplodere. Lentamente gli spettatori lasciarono le loro postazioni rientrando in casa, si sarebbero congratulati con lei per la grinta più tardi. Bra non si era mai sentita tanto umiliata in vita sua. Vedersi sbattere in faccia tutti i traguardi che non riusciva a raggiungere era una vergogna inimmaginabile che proprio non sopportava, specialmente da suo padre che per la giovane era un esempio da seguire, lei era la sua bambina, la sua principessa, e se c’era qualcosa che odiava infinitamente al mondo era leggere la delusione a causa sua negli occhi dei suoi genitori. Suo Padre stava spendendo tempo ed energie mettendoci tutto se stesso per assecondare la sua voglia di crescere nella potenza come aveva espressamente richiesto, mentre lei non era in grado neanche di eseguire una trasformazione. Batté furiosa come una bestia i pugni al suolo provocando due enormi fori, quando una mano dalla presa salda piacevolmente accaldata strinse la sua spalla. Alzò lo sguardo trovandosi dinanzi il rassicurante sorriso del suo secondo maestro, che non fece altro che influire sul suo cupo stato d’animo rabbuiando ulteriormente il suo volto. Goku sedette di fronte a lei imitando la sua postura, alzandole il viso dal mento. Quell’uomo l’aveva sempre trattata come fosse una figlia, con lui era libera di parlare di qualsiasi cosa, di sfogarsi. Quando aveva un problema, in base all'entità di esso consultava il moro prima di andare a parlare con la propria madre che solitamente poi riportava al marito, per un consiglio o una strada da prendere per risolverlo. Nonostante egli fosse ingenuo e abbastanza distante dalle responsabilità, era in grado di trasmetterle saggezza e suggerirle cosa fare e come. Goku aveva preso sotto la sua ala insieme al suo eterno rivale -non più così tanto insopportabile per lui- la turchina e la sua dolce nipote, e non aveva distinzione di bene poiché entrambe erano cresciute in casa propria, e la maggiore non aveva mai dimostrato gelosia nei suoi confronti. Teneva alla vita di una quanto a quella dell’altra. E dal canto suo, Bra lo adorava.

Bambolina, non devi reagire così. Tuo padre non dice sul serio. 》

《Oh si invece e tu lo sai bene. Perché? Perché Goku, non ne sono capace. Che cosa c’è che non va in me? Tutti voi potete farlo, perché i miei capelli non diventano biondi..》

《Non hai niente di sbagliato piccola, è solo che ti alleni da qualche anno e non hai un vero motivo per riuscirci.》

《..Come?》

《Bra, devi perdere il controllo! Sentire ogni parte del tuo corpo fremere per infliggere dolore. Quando incombeva l’ultima minaccia qui tu eri una bambina, tu non hai motivo di arrabbiarti, non devi proteggere niente da nessuno capisci?》Le parole del Saiyan non le risultarono tanto strane dopotutto, era una risposta plausibile ai suoi dubbi a riguardo, ma sentì ugualmente che non le piacque affatto. Non poteva trasformarsi solo quando qualcuno che amava era in pericolo anche se per tutti loro era sempre stato così. La sua rabbia verso la vita impedita che conduceva imprigionata in un’immagine che non era il riflesso della sua anima non era forse abbastanza? La sua determinazione e brama di raggiungere i propri traguardi non erano abbastanza forti, evidentemente. Ma il suo maestro aveva ragione, fondamentalmente lei non aveva nessun ostacolo da oltrepassare, nessuna vita da proteggere, nessun rivale da superare in quel campo. L’unica sua rivale era la ragazza che vedeva ogni volta che andava a lavare la faccia, nello specchio del suo bagno. Per un attimo pensò ai racconti di sua madre riguardanti le vicende dei suoi genitori da ragazzi, di come quel periodo antecedente e conseguente ai Cyborg aveva stravolto le vite di tutti facendo sbocciare un amore in un periodo oscuro che tutti credevano surreale e irrealizzabile, quei mostri che ora erano la madre e lo zio di una delle sue amiche più fidate. Di come suo fratello tornato indietro dal futuro salvando la vita di tutti, e del modo in cui si era trasformato. Ma ella non aveva intenzioni di perdere i propri maestri come era accaduto a lui. Sua madre aveva anche raccontato -anche se Vegeta avrebbe voluto che i suoi figli non lo sapessero mai- di come il loro padre aveva raggiunto lo stadio di Super Saiyan. Tralasciando la sua partenza e l’abbandono della madre in gravidanza a cui i due ragazzi avevano associato una spiegazione più che sufficiente dati i trascorsi dell’uomo in veste di assassino, lui ci era riuscito stando lontano da tutto e da tutti, da solo nello spazio sconfinato, proprio dove la turchina desiderava essere.

《Perché non hai usato la Kamehameha? Poteva aiutarti molto.》

《Papà non sa che me l’hai insegnata.》Sussurrò la ragazza alzando lo sguardo su di lui con aria complice e divertita. Il Saiyan intuì ciò che la ragazza sottintese in quella chiara risposta, ridacchiando e strizzandole un occhio. Le sfregò poi una mano sulla testa scompigliandole i capelli facendo per alzarsi e tornare all’interno dell’abitazione. Ella si rabbuiò ancora, forse stava sbagliando tutto, magari le serviva solo un posto dove poter trovare la quiete necessaria per una meditazione profonda, e un campo di battaglia dove poter sprigionare il proprio potere senza reprimerlo e senza costrizioni all’attenzione dei danni, senza nessuno a dirle cosa fare e come. Aveva solo bisogno di lasciarsi trasportare dalla propria natura, ce l’aveva nel sangue e in ogni filamento delle cellule, era il suo codice da prima ancora che nascesse. Era nata per essere grande, speciale, e lo sarebbe diventata in un modo o nell’altro. Lei ne era sicura, se lo sentiva ogni giorno di più.

Soltanto una volta aveva sperimentato la Stanza dello Spirito e del Tempo, quando sei anni addietro aveva scelto di voler intraprendere la strada dei suoi pari. Nel corso di quell’anno si era abituata ad un tipo diverso di gravità che le aveva permesso di eseguire le sue lezioni nella Gravity Room, ed aveva imparato a volare insieme a tutte le basi del combattimento. Poteva ancora vedere gli sguardi orgogliosi degli uomini della sua famiglia se chiudeva gli occhi tornando col pensiero al giorno del suo decimo compleanno, quando durante l’abituale discorso del festeggiato aveva annunciato la sua decisione. Le facce piacevolmente sorprese dei suoi zii acquisiti, lo sguardo rassegnato di sua madre che malgrado avesse altre aspettative per lei, l’aveva sempre appoggiata. La sua migliore amica raggiante che aveva scelto di seguire quelle orme qualche mese dopo di lei. Com’era possibile che in quegli anni avesse fatto così pochi progressi?

Forse Pan aveva ragione. Lei apparteneva alla Terra più di quanto pensasse. Proprio come Goku aveva esplicitamente detto, per mezzo di assenti minacce se l’era presa comoda badando più alla sua crescita spirituale ed intellettiva padroneggiando parte delle doti di sua madre, e solo ora sentiva addosso il peso del suo bighellonaggio, ora che si era resa conto di non poter affrontare neanche il suo team. Certo la sua forza era notevole e non era di certo una che aveva paura di sporcarsi le mani, ma era giunto il momento di cambiare atteggiamento. Basta con le stronzate, basta con la scuola, basta vivere la giornata aspettando qualcosa che non sarebbe mai successo. La svolta alla sua vita doveva darla in prima persona senza l’aiuto di nessuno.

In quel momento, la turchina avvertì una strana sensazione scorrere all’interno del suo corpo, un formicolio diverso dal solito che le solleticò ogni vena riscaldandole il sangue. Adrenalina, pura adrenalina prese possesso di lei in seguito ad un’idea malsana che andò ad insinuarsi nella mente della giovane, accendendo la sua coscienza ed il suo buon senso che immediatamente risposero al richiamo della tentazione. In quel momento, Bra si sentì combattuta. Forse era davvero arrivata l’ora di scegliere.

Di scatto prese il volo entrando in camera sua dalla finestra socchiusa, scavando nello zaino scolastico in cerca del telefono cellulare. Rapidamente si sfilò un guanto che apparteneva al completo della tuta che indossava con i denti dal dito indice, e compose un numero avvicinando l’apparecchio al suo organo uditivo sinistro, attendendo la voce umana che avrebbe sostituito quel ritmo d’attesa robotico. Quando la voce della sua cara zia le sfiorò l'orecchio, la giovane sorrise parlando più piano possibile.

《Zia Tigths? Oh io molto bene, lì come procede? Ne sono lieta. Ascolta, non è che potresti darmi il numero di Jaco?》

Al termine della chiamata avvenuto qualche minuto più tardi, Bra lesse sul display la composizione numerica che la donna le aveva inviato per sua fortuna senza fare domande, e premette su di essa attendendo nuovamente una risposta, impaziente.

《Jaco? Sono io. Ho un grosso favore da chiederti, devi farlo per me, ti giuro che è davvero importante. Almeno ascoltami! Non è che per caso sei di passaggio sulla Terra? Più o meno domani, magari?》

Dopo una lunga conversazione fatta di temi che comprendevano suppliche e ragioni, motivazioni e minacce non troppo gravi, la figlia del principe spedì letteralmente la sua coscienza in un luogo freddo e remoto del suo cervello, chiudendola in un baule a doppio fondo che sigillò gettando via la chiave. Mentre l’acqua scorreva copiosa giù dai suoi capelli che aderivano alla schiena e le lavava via il terreno e le paure risucchiate dallo scarico della doccia, Bra diede interiormente il suo prematuro addio a tutto quel che l’aveva resa ciò che era sino a quel momento. Promise a se stessa di rendere fiero suo padre, bramava leggere sul suo volto la soddisfazione e sentirsi dire che era orgoglioso di lei. Nonostante la turchina fosse l’unica oltre la propria madre a manovrarlo come più le piaceva sciogliendo il suo animo inespugnabile, egli non transigeva quando di mezzo c’era il nome della propria razza di cui lui avrebbe dovuto essere sovrano, e Bra avrebbe dovuto conquistare il suo cuore anche in quel contesto. Trunks canzonava continuamente il proprio padre facendogli notare quanto sua sorella fosse la figlia preferita, accusa a cui il Saiyan rispondeva con un verso di contestazione, ma il violetto sapeva che sotto sotto aveva un debole per lei, maggiore di quello che provava per lui. Se lui da piccolo si sbucciava un ginocchio, il principe gli intimava di non piangere in quanto uomo e rialzarsi. Se succedeva a lei, era capace anche di darle il ‘bacio che cura la bua’. Ma non per questo -ed entrambi lo sapevano-, egli provava un bene differente per loro. Vegeta si era sacrificato per il suo primogenito, e lo avrebbe fatto ancora e sempre.

Quando fu completamente asciutta, stese una crema candida e profumata sul corpo come era solita fare sua madre da quando era una bambina, per poi infilarsi sotto le lenzuola e comporre l’ennesimo numero telefonico di quella giornata.

Pan? Ho bisogno di te. Ho deciso, ha vinto Mr. Hide.》

 

 

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Salve a tutti! 

Cosa dire, non si possono reprimere gli istinti a lungo, prima o poi si rischia di implodere, e la nostra Bra ha ceduto, ma è ancora in tempo per cambiare idea. Riuscirà a distinguere la scelta giusta da quella facile?

Io ringrazio tutti voi che leggete questa storia creata per caso, un grazie speciale a glitterina00 che mi supporta sempre e paige95 che mi ha spinto a scriverla e che come lei è sempre presente, e grazie di cuore a _purcit_, Ray46, paige95 e Ele_81 che hanno inserito la mia storia tra le seguite, grazie a tutti voi!

Alla prossima♡♡♡

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Capitolo 3
*** Segreto. ***


Si può?》

Il ragazzo fece capolino dopo aver bussato un paio di volte alla porta della camera di sua sorella. Questa era seduta alla sua scrivania impegnata a tingere le labbra di un rosa pallido, preparandosi per una nuova giornata di scuola iniziata già da sei giorni. Quando gli diede un permesso verbale il ragazzo si accomodò sul suo letto, notando le ante degli armadi insolitamente chiusi nel verso sbagliato,  e non era affatto tipico dela ragazza. Lei era estremamente pignola ed attenta ai particolari quasi disturbata ossessivo-compulsivamente, andava in bestia se qualcosa non era posizionato nel modo giusto, in disordine o alla rinfusa. Trunks sospirò inquieto, era preoccupato per sua sorella. Da un periodo a quella parte si comportava in modo strano. Fare a botte a scuola, distrarsi negli allenamenti, lasciare le cose libere di stare dove il vento scegliesse senza obiettare. Sapeva che Bra stava crescendo ed in quella fase della vita le donne potevano assumere atteggiamenti strani seppur dettati da una logica, ma non poté fare a meno di stupirsi negativamente di come stessero andando le situazioni, era suo fratello maggiore e molto tempo fa aveva promesso a sua madre di proteggere sempre quella che allora era solo un fagottino rosa ed indifeso, ma il suo ruolo non era mutato e per quanto potessero essere diversi caratterialmente o avere una differenza d’età che non avrebbe mai permesso loro di incontrarsi in accordo a molte cose, per lui restava sempre la sua sorellina. Non parlavano molto delle questioni personali tra di loro, ma non avevano mai avuto problemi nel confidarsi tante cose, ed anche se sapeva che chiederle cos’avesse avrebbe solo portato ad una lite, decise di provare ugualmente a farla sentire a proprio agio, mostrandole vicinanza ed appoggio. Goten gli aveva raccontato il battibecco che si era tenuto tra i due, e Trunks ne era rimasto esterrefatto. Certo, era lieto che Bra avesse tappato la bocca a Valese, al violetto stava non poco antipatica quella ragazza ed in più non sentiva alcuna empatia verso di lei, né gli piaceva affatto il modo in cui si approcciava col moro o le occhiate velenose che gettava a sua sorella. Ma Bra era una tipa razionale e matura che non si lasciava raggirare da simili giochetti, non aveva mai ceduto alle sfide di nessuno e non era normale una reazione del genere da parte sua, che provasse dei sentimenti anche lei verso il suo, anzi, il loro migliore amico?

Quella sera dalla sua confessione, Trunks si era ritrovato a pensare a come si metterebbero le cose se loro due stessero insieme. Si era reso conto che per loro che avevano una longeva prospettiva di vita rispetto ai comuni terrestri non fosse molto importante la loro differenza d’età, considerando anche il fatto che la turchina fosse molto più avanti mentalmente rispetto ai suoi diciassette anni, e che avrebbe solo potuto fargli piacere un amore tra i due anche se sentiva inesorabilmente un filo di gelosia protettiva nei confronti di qualunque ragazzo lei avesse scelto più avanti. Per Trunks, Bra era sempre troppo piccola per certe cose.

Quando la ragazza gli si avvicinò lui quasi non se ne accorse perso nei suoi pensieri, tanto che lei dovette schioccargli le dita davanti al naso per ottenere la sua attenzione.

《Che ne dici se oggi io e te andassimo in città?》

《Oggi ho scuola Trunks, la mamma mi ucciderebbe.》

《La mamma non lo saprà. Prendo lo scooter, ti aspetto di sotto.》

Dopo un attimo di esitazione in cui la ragazza non comprese appieno il perché di quella richiesta inaspettata ma piacevole d’altronde, accettò mostrandosi pacata anche se internamente molto sorpresa e felice di trascorrere qualche momento in più con il suo adorato fratello. Il ragazzo scese le scale della sua abitazione salutando affettuosamente la scienziata ed i nonni, rivolgendo al padre solo un piccolo cenno col capo, informando i presenti che avrebbe scortato la turchina al posto loro poiché doveva andare a ritirare alcune cose in centro. Nel garage di famiglia c’era il suo mezzo di trasporto terrestre che i genitori avevano acconsentito a fargli usare una volta presa la patente, che usava al posto del volo per confondersi tra la folla quando passeggiava in mezzo alle genti. Lo scooter rosso fuoco si sollevò dal suolo non appena egli mise in moto fermandosi davanti la porta d’ingresso. La ragazza lo raggiunse pochi minuti dopo saltando in sella, ed il loro ‘destriero’ sfrecciò nella luce del primo mattino. Trunks scortò Bra in un piccolo vicolo in cui poter premere il pulsante che avrebbe trasfigurato lo scooter in una Capsula, per poi camminare assieme a lei verso un lounge bar in cui i due sostarono per consumare una ricca colazione composta da una decina di croissant ciascuno, qualche bottiglietta di succo e due cappuccini grandi, ma il ragazzo non accreditò il tutto sulla carta della propria madre come tutta la famiglia era solita fare, egli infatti pagò in soldi liquidi per non destare sospetti ai genitori. I due spesero l’intera mattinata in compere il cui fratello maggiore si sbizzarrì nell’accontentare la propria sorella nonostante il loro padre non approvasse poi così tanto il suo genere di vestiario, ed in vista del Torneo Tenkaichi entrambi acquistarono nuove tute da combattimento che più rispecchiavano il loro stile ed in cui si sentivano a loro agio, che esprimessero tutto ciò che i ragazzi volevano lasciar intendere agli sfidanti: timore ed inquietudine nell’affrontare quei fratelli avvolti nel loro kimono fabbricato in modo da aderire perfettamente ai loro corpi delineati invece di scendere morbido sino ai piedi, dalla stoffa nera ed oro la cui cintura rosso fuoco adornata da simboli scuri giapponesi formava la parola ‘fenice’, uno splendido animale mitologico in grado di produrre melodie incantevoli, guarire le ferire con le sole lacrime, e risorgere dalle proprie ceneri ogni qual volta l’animale perisse. Nel corso del loro giro, si fermarono al centro di un parco immenso in cui era tradizione per i turisti gettare monete all’interno dell’imponente fontana che lo caratterizzava, esprimendo un desiderio. Una sola monetina bastò ai due che attuarono insieme quel gesto tanto semplice da sembrare banale, come se il loro desiderio fosse quello di entrambi, come se non avessero altro che interessi e aspettative comuni. Ai loro stati d’animo quel piccolo momento fraterno bastò a sottolineare ancora quanto il loro bene reciproco fosse autentico e indissolubile, l’uno innamorato dell’altra di un amore che neanche un matrimonio puro e duraturo più di ottant’anni avrebbe potuto eguagliare. Lo stesso sangue pronto a donare vita ed anima per l’altro. Malgrado il ragazzo nonostante le imposizioni della turchina di dividere i compiti non le avesse permesso di spendere un centesimo neanche per la fontana, ella con la scusa di avere urgenza fisiologica s’intrufolò in un negozio chiedendo del bagno mentre egli aspettava fuori, Bra acquistò un piccolo dono che avrebbe consegnato al suo più grande amore quella sera stessa, per ringraziarlo di quella giornata e di tutto ciò che faceva per lei. Si sentì in colpa, una tremenda sensazione le strinse lo stomaco al pensiero di dover buttare tutto quello all’aria, ma tentò di scacciarlo, lei non era il tipo di persona che si tirava indietro e che si rimangiava la parola. Guardando l’orologio si accorse l’ultima campanella della scuola sarebbe suonata in meno di mezz’ora, così si diressero verso una gelateria acquistando dei coni a quattro gusti, dirigendosi verso un posto in cui liberare la Capsula che li avrebbe riportati a casa.

Come mai ci troviamo qui?》

《Volevo parlare un pò con te. Prima correvi da me ogni volta che ti succedeva qualcosa, ora non conversiamo quasi più.》La turchina sghignazzò.

Questo perché è il periodo in cui quelli della tua età sono stupidi.》

《Ha parlato quella che ora rompe i denti alle persone pubblicamente.》

《Mi ha provocato chiaro? Se quel cretino ha un problema che venisse lui a portarmi a fare un giro. Nel senso.. beh hai capito.》

《Bra, è sbagliato, lui è..-》

《Falla finita! È proprio per questo che non voglio parlare con te, siete entrambi dei coglioni che non capiscono un emerito cazzo di quello che succede, sindacate perché sono esplosa ma non uno di voi si è chiesto che cosa mi ha portato a tutto ciò, vi importa sapere il motivo ma non di conoscere la ragione! A voi non interessa niente di me, di quello che sento e che voglio! Siete tutti uguali su questo pianeta, perfino tu!》

《Bra, ciò che vuoi non esiste non puoi vivere in una fantasia, acconciare i capelli come se al posto di quel fermaglio dovesse esserci una tiara, la nostra razza si è estinta! Nostro padre è un principe senza regno ne reame ed io e te siamo terrestri quanto tutti gli abitanti della Terra, e tu possiedi un solo nome!》

In quel preciso momento, la turchina si sentì crepata internamente allo stesso modo d’un flebile vetro colpito con violenza da un ciottolo di strada, poté persino udire il suono della sua anima frantumarsi ed i pezzi di essa sbattere nel baratro del proprio io, infrangendosi in mille piccoli pezzi ognuno. Suo fratello stava insinuando che comportandosi in quel modo lei stesse soltanto cercando di attirare l'attenzione di Goten sottolineando il fatto che fosse una follia in quanto fidanzato, come se non lo sapesse, come se il pensiero non la tormentasse abbastanza. Stava completamente deviando il senso del discorso in una direzione totalmente errata dalla corrente realtà di Bra, ed in più la stava deliberatamente accusando di perdere la cognizione del vero rinnegando le proprie origini da parte di madre. Si sentì profondamente insultata da quelle parole tanto dure che in pochi attimi le strapparono tutto ciò che aveva costruito in tutta la sua vita, si sentì privata persino del piacere di fantasticare sulla vita che avrebbe potuto condurre se il destino avesse scelto un finale diverso per la loro stirpe, in cui lei si identificava per l’ottanta percento e nutriva un legame emotivo e spirituale nato dai racconti che il suo eroe le aveva sempre narrato da piccola sulla grandezza della loro razza e quanto forti e valorosi fossero i guerrieri che la contraddistinguono, e a causarle quel male tagliente era stata la persona più importante della sua vita, che delle sue vere intenzioni non ci aveva azzeccato neanche una virgola. Indietreggiò scuotendo il capo, le gote arrossate dall’agitazione che aveva preso possesso del suo corpo. Le sue iridi acquamarina persero la loro lucentezza. 《Non hai capito niente.》Pronunciando quella frase in tono velenoso e offeso, Bra spiccò il volo lasciando suo fratello fermo in strada ad invocare il suo nome nel tentativo di fermarla.

La giovane aprì la porta d’entrata sbattendola con una furia tale da spezzare le assi che la tenevano attaccata al muro salendo dritta in camera propria, chiudendosi a chiave al suo interno ignorando i colpi che la propria madre stava battendo per farsi aprire. Pochi minuti più tardi il ronzio del motore riempì la camera della ragazza che indispettita abbassò la finestra, desiderando che la luna sorgesse in fretta. Asciugandosi col dorso della mano una lacrima traditrice sfuggita al suo controllo, Bra aprì il suo armadio tirando fuori un borsone abbastanza grande per ospitare tutte le tute e le uniformi che stava preparando accuratamente sul suo letto. Una volta che tutto fu pronto, ella nascose la borsa sotto il letto procurandosi un foglio di carta, su cui lasciò scorre l’inchiostro lasciandosi trascinare da tutte le parole che il suo cuore sentiva di dover finalmente liberare, dopo essersi calmata e resa conto che Trunks agiva spinto dalla premura poiché voleva solo il suo bene. Stette quasi un’ora a scegliere il modo in cui iniziare il suo discorso, finché tutto le venne naturale e allora non riuscì quasi più a fermarsi.

 

Il buio incombeva nella stanza della turchina così come in tutta la struttura che ora ospitava i sogni più profondi dell’inconscio di coloro che l’abitavano. Al plenilunio mancavano solo un paio di giorni, e come se si trattasse di un normale ciclo mensile della natura di ogni donna, lei ne pativa i sintomi. Quel suo ciclo non era normale, una volta ogni mese sua madre doveva somministrarle una siringa colma di una soluzione che avrebbe tenuto a bada i suoi muscoli impedendone la dilatazione, un medicinale rassomigliante ad un vaccino studiato e messo a punto da lei in persona per molti anni servendosi del suo DNA e di quello di suo padre, un medicinale che non avrebbe mai messo sul mercato nonostante fosse un’invenzione pazzesca, ma nessun terrestre al mondo ne avrebbe mai avuto bisogno. Una volta al mese a partire dal tramonto del sole veniva barricata in modo da non fare entrare in casa neanche uno spiraglio di luce lunare, o sarebbero stati guai per tutti. E Bra ne sentiva i sintomi eccome. Ogni muscolo doleva e le gengive bruciavano da morire, era perfino incapace di tenere fermi gli spasmi che involontariamente la sua coda subiva, per questo in quel momento se l’era annodata stretta in vita in modo che non toccasse nulla e non svegliasse nessuno. Quel mese non ci sarebbe stato bisogno di alcuna puntura, ma scelse saggiamente di portarne una scorta con sé. Tra le mani aveva un sacchetto in cui nella flebile luce del laboratorio stava riempiendo con Capsule di ogni tipo. Cibo ed acqua a volontà, una doccia, un kit di pronto soccorso, una tenda da campeggio con materiale da scout incluso, provette con dei liquidi la cui natura chimica poteva essere utile in diverse situazioni, del materiale da appunti ed una torcia. Poteva bastare si disse, gli abiti li aveva già raccolti al rientro da quella giornata fantastica rivelatasi un incubo poche ore dopo, che aveva fatto crescere in lei la voglia di mettere immediatamente in atto il suo piano. Sospirò passando dinanzi la stanza dei suoi genitori, per salutarli mentre essi erano ignari di tutto. La pagina giaceva sotto il cuscino del suo letto, sapeva che prima o poi l’avrebbero trovata, si augurava solo di ricevere la loro comprensione. Suo padre non l’aveva più allenata dalla loro piccola discussione, per cui non aveva nulla da perdere. Ma quanto avrebbre sentito la loro mancanza.. le braccia ed i baci di sua madre così dolce e amorevole ed i permessi dati da suo padre quando voleva impedirle di fare qualcosa ed invece cedeva ogni volta. Aprì la porta osservandoli riposare, sui volti le loro espressioni erano calme e riposate nonostante non si fosse presentata a cena ne aveva risposto ai tentativi di approccio della sua famiglia nel corso del pomeriggio, ma si disse che aveva fatto bene, se si fosse lasciata guidare dai sentimenti avrebbe esitato e non poteva. Aveva una missione ora, e doveva portarla a termine. Richiuse la porta sospirando avviandosi verso quella di suo fratello, aperta. Ridacchiò notando il modo strano in cui dormiva, avvolto nelle coperte che poco gli proteggevano dal freddo, con una metà del materasso fuori dal suo normale asse. Entrò lentamente senza far rumore a passo felpato, per spostargli la frangia dalla fonte e depositare un bacio su di essa, lasciando sul marmo della finestra una piccola scatola acquistata quella mattina di nascosto, in cui dentro era posata una medaglia con su scritto in giapponese ‘eroe’.

Senza rimpianti, andò a recuperare la propria borsa indossando il capo acquistato poche ore prima, per poi aprire la sua finestra ed uscire da essa tenendosi in volo. Amareggiata richiuse il vetro poggiando per un attimo una mano aperta e la fronte su di esso, guardando per l’ultima volta per un lungo periodo di tempo quelle mura.

Partì senza voltarsi verso una landa sconfinata a parecchi chilometri dall’abitazione, sentendo il corpo fremere per ciò che stava per fare.

Arrivata a destinazione, una navicella era appostata in terra con il tettuccio aperto ed all’interno, un alieno che l’aveva vista crescere come aveva fatto con sua madre prima di lei, che si era gentilmente offerto di rischiare di morire per aiutarla. Era inutile, quando Bra chiedeva qualcosa a coloro che le volevano bene nonostante le situazioni complicate alla fine nessuno riusciva ad opporle resistenza. Quando l’uomo in questione osservò la scia di luce andare verso di lui, scese dal mezzo interstellare volgendole un saluto sarcastico non appena ella fu a fronteggiarlo.

Maestà, la sua carrozza l’attende.》

《Chiudi il becco Jaco! Non perdiamo tempo per favore o le cose andranno male.》

《Aspetta che tuo padre si svegli e per me andranno orribilmente..》

La turchina sorrise divertita avvicinandosi al Pattugliatore Galattico avendo percepito la paura che trasudava dal suo tono di voce, stringendogli la guancia per poi posare un bacio lungo e rumoroso. Le gote dell’uomo presero colore in segno d’imbarazzo, e per rompere quella tensione improvvisa le intimò di sbrigarsi a saltare a bordo. La ragazza non se lo fece ripetere due volte, lanciando il borsone sulla piattaforma che l’avrebbe scortata all’interno della navicella, salendo su di essa. Quando lo sportello stava per chiuderai, una voce femminile attirò la loro attenzione fermando i motori d’accensione del mezzo. Pan stava volando a tutta velocità nella loro direzione, e quando l’amica se ne accorse non fece in tempo ad uscire dall’abitacolo che fu travolta da un uragano che la stava abbracciando talmente forte da spingere a cadere in terra entrambe. Bra non sapeva se ridere, o piangere, nel dubbio fu scossa da una crisi che minacciava entrambe le reazioni. L’amica, aveva già gli occhi arrossati.

Pan, che diavolo ci fai qui?》

《Ti ho seguita, pensavi che ti lasciassi andare senza salutarmi?!》 La minore ridacchiò stringendola anche più forte, mentre l’alieno minacciava di decollare entro pochi secondi. Si staccarono a fatica tenendosi entrambe le mani, sentendo che una parte di loro sarebbe rimasta con l’altra durante l’assenza che le avrebbe separate.

Ti prego sta attenta, è pericoloso lì fuori. A loro penserò io, il tuo segreto è al sicuro.》

《Me la caverò, è sempre casa mia. Grazie di cuore, Pan.》

《Mi mancherai Bra.》

《Mi mancherai tanto anche tu.》

La turchina salì a bordo e finalmente, la navicella partì perdendosi sempre di più ad un’incredibile velocità nel manto oscuro dello spazio sconfinato, mentre una lacrima bagnava il volto della bruna a terra, intenta ancora a salutare il vuoto.

 

 

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Salve a tutti!

Beh, la nostra Bra ha compiuto un’azione abbastanza sconsiderata, ma quando il cuore detta la strada è impossibile non seguirlo. Ed ora cosa farà?

Ringrazio anche solo chi da uno sguardo ai miei capitoli, ma specialmente tutti quelli che seguono la mia storia tra cui Ionewolf87 per averla inserita tra le seguite insieme ai precedenti, e coloro che mi lasciano un piccolo parere, vi rimgrazio tutti infinitamente ragazzi♡

Alla prossima!

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Capitolo 4
*** Impertinenza. ***


L’acquamarina che dava da sfondo agli occhi della giovane Saiyan era ora coperta da uno specchio stellato che rifletteva il manto dalla bellezza infinita in cui ella si stava perdendo vagando con la fantasia, tenendo il viso appiccicato al vetro che componeva parte della navicella di Jaco, intento a guidare tra i pianeti e i corpi celesti di cui Bra era già evidentemente innamorata. L’alieno sorrise buttando un occhio verso di lei notando la sua espressione imbambolata, chiedendosi se per caso avesse mai reagito così in tutta la sua vita di fronte a qualcosa. Non sembrava affatto la figlia di suo padre in quel momento, non c’era traccia di aggressività, tristezza o noia nei suoi tratti fanciulleschi come invece era già solita adottare quando si mostrava alla gente. Il suo sorriso ora era sincero e cristallino, che non dava modo di resistere neanche al più duro dei cuori. Jaco voleva molto bene a quella ragazzina per cui si considerava uno zio, e sapeva che il sentimento per lei era reciproco nonostante ella lo appellasse per nome di battesimo, ma d’altronde  chiamava così tutti a meno che non sentisse un legame più stretto con qualcuno rispetto agli altri, come succedeva con Goku. Dunque, poteva ritenersi tale anche lui. Sospirò sperando che quella ragazzina dai corti capelli mori non spifferasse tutto a qualcuno, o sapeva che Vegeta gli avrebbe strappato la lingua. Sperava che Bulma non lo chiamasse per chiedere se c’entrava qualcosa, dopotutto perché mai avrebbe dovuto venirle in mente proprio lui?

Nonostante tutti i pensieri che vorticavano nella sua mente e lo spingevano a domandarsi se avesse fatto la cosa giusta, guardando la felicità che traspariva da ogni poro della turchina dovette ricredersi. Sembrava soddisfatta, e tanto gli bastava a darsi una risposta.

Però, la Terra ti stava stretta eh?》

《Beh sì a dire il vero, è solo che se avessi chiesto non me lo avrebbero mai permesso.》

《Così hai pensato di fuggire.》

《Non sono fuggita, mi ci hai accompagnato tu, no?》

《Come? No no no, io mi tiro fuori.》La ragazza sorrise mentre la navicella sfrecciava a gran velocità verso il pianeta su cui ella gli aveva chiesto di posarla, ovvero un luogo ove tutta la popolazione fosse estinta e non ci fossero pericoli che per colpa sua qualcuno avrebbe riscontrato. Jaco riuscì a trovare tramite un dispositivo di geolocalizzazione il posto perfetto vicino al mondo in cui si trovava casa sua, specificandole che sarebbe tornato a riprenderla ogni volta che il suo turno lavorativo terminava per portarla con sé, e depositarla nuovamente lì il giorno seguente prima di tornare al lavoro. Quelle erano state le condizioni che l’alieno aveva imposto, non l’avrebbe certo fatta vagabondare in quei luoghi remoti e pericolosi da sola, e lei se le era fatte andar bene. Quando giunsero a destinazione sul suo pianeta natale il sole stava già risvegliando i suoi abitanti, ma la turchina non se ne curò minimamente troppo eccitata al pensiero di iniziare quel percorso che l’avrebbe resa meritevole del sangue che le scorreva in corpo. Bra scese dalla navicella salutando affettuosamente il suo ‘autista’, iniziando i preparativi per accamparsi in quella zona dove momentaneamente si sarebbe riposata in caso l’allenamento l'avesse stremata. Mentre Jaco prendeva un’altra strada raccomandandole di stare attenta e non compiere azioni avventate, ella scrutava il territorio circostante per rendersi conto di ciò che le sarebbe servito in quel luogo essendosi attrezzata di ogni cosa adatta a qualsiasi tipo di situazione. Per primo, il clima. Non sentiva ne caldo ne freddo, ed il paesaggio era desolato e fiocamente illuminato da un piccolo sole a cui mancava poco più che un centinaio d’anni per spegnersi del tutto. Poco distante da lei c’era un cratere in cui avrebbe potuto nascondersi in caso di complicazioni, per il resto tutto dava l’impressione di un perfetto campo di battaglia.

Bra era entusiasta, e senza perdere altro tempo sciolse i suoi crini liberandosi da ogni impedimento, iniziando una lotta immaginaria che consisteva nel prendere a pugni l’aria dando libero sfogo alla voce di aleggiare intorno a sé accompagnando i movimenti. Ogni qual volta sentiva di aver accumulato abbastanza energia, ella la incanalava al centro del suo corpo dando modo di attraversarle gli arti sino a potenziare il proprio Ki al meglio che poteva, ma la fiamma che l’avvolgeva non accennava a cambiare il suo colore restando sulla trasparenza con alcune sfumature biancastre alle estremità. Ripassava mentalmente i consigli dei propri maestri; perdere il controllo, arrabbiarsi, concentrarsi.

Nitide nella sua mente le immagini dell’uomo che amava incollato dalle labbra a quelle di colei che non perdeva occasione di gettarle fango addosso, momenti che la costringevano a cambiare direzione quando li incontrava per strada, immagini che la tormentavano di notte al pensiero delle differenti azioni che i due stavano svolgendo in letti differenti, lui a fare chissà cosa togliendole il sonno mentre lei tentava invano di addormentarsi, dandosi della sciocca incapace di uscire da quella prigione che quello stupido sentimento le aveva costruito intorno contro la sua volontà, incatenandola. Presto si rese conto di stare sbagliando strategia, poiché quei pensieri non facevano altro che punzecchiare il suo cuore andando a smuovere il lato umano e sensibile che la mezzosangue portava chiuso in sé, pizzicandole gli occhi di quel fastidioso prurito che scendeva sino al naso rendendole difficile la respirazione a causa dei muchi che la costringevano a tirare su. Iniziava di nuovo a pruderle addosso, prima o poi si sarebbe ritrovata piena di bolle a causa sua e per questo annotò mentalmente di uccidere quel mezzo Saiyan prima che potesse nuocerle ulteriormente non appena avrebbe rimesso piede sulla Terra. Spinse in fuori l’aria dalla bocca liberando il petto da quei macigni invisibili agli occhi posati su di esso, strofinandosi le sopracciglia per poi tornare a concentrarsi. Pensò alla sua migliore amica, immaginò ch’ella fosse già in grado di trasformarsi nonostante avesse la metà del DNA alieno della minore cercando di provare rabbia e rancore per il senso di inferiorità, ma pensare a lei in grado di diventare un Super Saiyan le trasmise un senso di orgoglio e fierezza nei confronti di quanto potente potesse essere il sangue della propria razza anche in quantità minime presente in un individuo se questo veniva stimolato nel modo giusto, e si sentì un verme per aver anche solo tentato di usare Pan in un modo tanto viscido. Annotò anche lo scusarsi con lei appena l’avrebbe rivista. Si rese conto di essere lontano da casa a appena quattro ore e provare già nostalgia nei confronti dei suoi cari, sarebbe stata un’esperienza molto più dura di quanto avesse calcolato, ci avrebbe impiegato molto più tempo del previsto.


 

La Terra ospitava sui propri campi i primi raggi del mattino, cantando l’inizio del nuovo giorno che per i guerrieri Z avrebbe significato l’inizio del 31° Torneo Tenkaichi, ove ancora una volta tutti si sarebbero sfidati tra loro dopo essersi battuti ed aver sconfitto gli altri sfidanti venuti da ogni parte del mondo per aggiudicarsi il titolo di Campione, e come ogni anno durante l’ultimo match in cui avrebbero dovuto battere il Campione del Mondo indiscusso per soffiargli la fama, come concordato parecchi anni addietro invece lo avrebbero lasciato vincere per non fargli perdere stima da parte di tutta la gente che da sempre ingannava, ma il premio in denaro sarebbe spettato al vero vincitore. Era semplice, era chiaro, ed era divertente. E purtroppo Bra non avrebbe potuto prenderne parte nonostante lo desiderasse da tre anni, da quando al 28° Torneo era arrivata al quarto scontro dalla fine stendendo tutti gli avversari, l’unico che l’aveva battuta era stato proprio l’oggetto dei suoi tormenti, cosa di cui suo padre ancora la rimproverava. A ‘vendicarla’ era stato il suo fratellone, e fu da quel momento che la turchina aveva giurato di diventare talmente forte da battere anche i propri simili. Vegeta non si era iscritto evitando di partecipare poiché tre anni prima era stato Goku a rinunciarvi per lasciar combattere lui. Avevano concordato di non combattere insieme almeno lì, dato che a loro non serviva uno scontro di quel genere per decretare la loro forza e abilità, in quell’occasione avevano scelto di dare spazio ad altre persone di vedersela con uno di loro alla resa dei conti. Ma avrebbero comunque assistito. Ciò che proprio non si aspettavano quella mattina, era vedere il letto della principessa vuoto. Senza allarmarsi, la scienziata telefonò al primogenito di casa Son, e a rispondere fu proprio la ragazza con cui sua figlia passava la maggior parte delle sue giornate da una vita ormai. Questa le assicurò di trovarsi insieme a lei, e di fare più tardi rispetto all’orario stabilito per via del loro allenamento pre-gara, per cui sarebbero venute da sole. Bulma fidandosi della parola di Pan sapendo quanto onesta fosse la ragazza, riattaccò chiedendole semplicemenre di dire alla propria figlia di avvisarla la prossima volta che sarebbe uscita così presto nonostante stessero dormendo, poiché le aveva già detto decine di volte di voler conoscere il luogo in cui si trovasse nel caso avesse avuto bisogno del suo aiuto. La ragazza salutò cordialmente ed in tono allegro assicurandole di riferire. Nel vuoto della camera che condivideva sola con se stessa, la giovane moretta sospirava chiedendosi quanto tempo ancora parlando in termini di ore quella piccola bugia avrebbe retto prima che la verità salisse a galla, ma qualsiasi cosa fosse accaduta lei non avrebbe mai vuotato il sacco.  

Poche ore dopo, la combriccola di amici di lunga data formò pian piano la rimpatriata che avevano organizzato in vista di quell’occasione, fermandosi in diversi stand per consumare qualcosa insieme prima dei combattimenti, e divertirsi in qualche sfida allestita per l'occasione in vista delle centinaia di persone che sarebbero accorse, come ad esempio sparare a delle lattine per vincere un premio, la pesca delle paperelle per guadagnarsi un pupazzo o lanciare una palla da tennis centrando il bersaglio per far cadere l’ostaggio umano nella piscina sottostante. Quando tutti si ritrovavano perfino nei loro quaranta e passa anni di età tornavano bambini, scordandosi per l’intera giornata trascorsa insieme i pensieri ed i problemi che impastavano il quotidiano di ognuno di loro, un gruppo unito e sereno a cui Vegeta aveva ormai fatto l’abitudine anche se mai lo avrebbe ammesso in vita sua.

《Questo Torneo sarà magnifico, hai sentito Goku, gira voce della presenza di qualcuno che sia la reincarnazione di Majin Bu.》

《Già ne ho sentito parlare Tenshinhan, sono eccitato all’idea di sapere chi sia e che aspetto abbia, spero di riuscire a misurarmi con lui, dicono che sia molto forte.》

《Credo siano iniziate le selezioni, la gente si sta spostando.》

《Bene, allora sbrighiamoci ragazzi. Dove sono Goten e Trunks?》

《Sono andati da quella parte in cerca dei loro compagni, Echalotte e tua nipote dovrebbero essere qui a momenti.》

 

 

Su una superficie composta da una gravità differente da quella terrestre seppur non a tal punto da impedirle i movimenti come invece le succedeva nella Gravity Room, una più che motivata ragazza lanciava lampi di energia esercitandosi negli attacchi più potenti che aveva appreso e padroneggiato già da un pezzo, tentando di aumentarne la potenza senza preoccuparsi di spaccare o saltare dei pezzi di crosta e degli strati più interni del pianeta, ignara del fatto che più paia di occhi indiscreti la stavano osservando da qualche minuto dopo il suo atterraggio, seguendola nei suoi spostamenti attenti alle tecniche che stava mettendo in pratica. Aspettarono in agguato nascosti tra alcuni massi a distanza ravvicinata senza emettere fiati, e senza alzare il proprio Ki nemmeno di una tacca, lasciandolo azzerato come avevano fatto sino a quel momento. La turchina stava intanto prendendo fiato seduta su un cuscinetto abbozzato con la propria borsa da viaggio, tirando fuori una borraccia d’acqua che si era portata dietro all’interno di essa nel caso avesse avuto sete durante il viaggio, per risparmiarsi il fastidio di far scattare ogni volta la Capsula che ospitava i beni primari che l’avrebbero salvata. Quando la ragazza abbassò la guardia ovvero si rilassò convinta di essere sola, avendo già trascorso nel silenzio più totale di quelli che in tempo prolungato urlavano anche più forte di mille voci insieme molte ore in solitudine, prese ad asciugarsi piccole gocce di sudore che le imperlavano la fronte umida col dorso della mano coperta da un guanto immacolato, tenendo gli occhi chiusi per respirare più profondamente, un impedimento improvviso che pochi secondi dopo scoprì essere una mano le strinse l’apertura della bocca impedendole di parlare o respirare, mentre aveva un braccio avvolto intorno al busto che le impediva di scappare da quella morsa d’acciaio stretta intorno a lei da tre uomini, Bra poté chiaramente vedere i suoi aggressori alzando gli occhi.  Appartenevano evidentemente alla stessa specie, avevano quattro antenne per entrambi i lati della testa e le sopracciglia in diagonale, privi di orecchie e del naso a parte due piccoli fori sotto gli occhi enormi di un verde palude, ed una bocca esageratamente grande. Ai lati del collo avevano piccoli tagli che si aprivano e richiudevano ad intervalli regolari, e la turchina dedusse fossero branchie, o almeno una specie. Tentò di divincolarsi e mordere la mano che ora stava stringendo troppo sul suo viso, ma aveva le gambe legate dalle caviglie e le braccia altrettanto dietro la schiena gli uomini erano stati rapidi e poco gentili. In sottofondo sentiva una specie di mormorio, sicuramente doveva essere la lingua di quegli esseri che lei non era in grado di decodificare. I tre la sbatterono in terra frugando tra le sue cose pochi centimetri più avanti di loro, ed ogni tanto si giravano a guardarla muovendo quelle labbra rassomiglianti a dei canotti. Erano disgustosi. Se magari se ne stava lì buona avrebbero solo trafugato i suoi averi lasciandola in pace, così optò per quella strada ma evidentemente i suoi nuovi amici non erano molto d’accordo con lei. Uno di loro ad un certo punto le si avvicinò ficcandole quella che a lei parve una pietra in un orecchio, ed improvvisamente tutti quei suoni incomprensibili iniziavano ad avere per lei un senso compiuto. Dovevano averla munita di qualche congegno in grado di tradurre le lingue aliene. ‘Ci mancava anche l’interrogatorio’. Scuotendo il capo scacciò via dalla mente la vocina antipatica ed impertinente che non la lasciava mai tranquilla, sbuffando irritata. ‘Aspettate solo che mi liberi, giuro vi farò quei culi molli a strisce’.

Gli uomini la stesero in terra piegandosi in ginocchio ai lati del suo corpo per farsi vedere dal basso, prendendo tra le mani la torcia che apparteneva alla turchina trovata tra le sue cose, pigiando il bottone d’accensione per poi puntargliela in faccia. Al primo impatto Bra chiuse gli occhi, ma uno di loro le tenne ferma la  testa in modo da puntare verso la luce iniziando a parlare, volevano sapere chi fosse, perché si trovasse lì e chi era il Capitano che l’aveva mandata ricevendo in risposta solo insulti e intimidazioni a lasciarla andare.  Gli uomini ridevano, e quando la ragazza si decise ad aprire gli occhi per fronteggiarli in modo adeguato nonostante la sua posizione di svantaggio, il suo orgoglio non le permetteva di apparire sottomessa a nessuno, ma si ritrovò ad osservare una sfera luminescente bianca che come sfondo aveva il buio più totale. Per quanto volesse, non riusciva a staccare lo sguardo da quell’immagine che ben presto iniziò a farla sudare freddo. Bra si ritrovò nuovamente capovolta dalla situazione implorando senza curarsi di apparire fragile di spegnere la luce o almeno spostarla dalla sua vista, ed alla loro reazione divertita e per niente preoccupata, chiedeva ai suoi rapitori di somministrarle qualcosa che loro non compresero, e ben presto smisero di urlarle contro guardandosi tra di loro in maniera interrogativa e confusa notando alcune piccole particolarità che li fecero scattare indietro allontanandosi da quel corpo, ma ormai era tardi. Il petto della ragazza si alzava e si abbassava ad un ritmo troppo veloce, ella sentì in sé il sangue scorrerle dentro come un fiume in piena, i battiti cardiaci le riempirono l’udito permettendole di ascoltare soltanto il proprio cuore impazzito.




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Salve a tutti!

Si mette male per la nostra principessa, ma si metterà mooolto peggio per questi bravi che ho voluto inserire per smuovere un pochino la situazione, cosa ve ne pare?

Dunque volevo chiarire alcuni punti, come avrete notato e sicuramente capito, questa storia per motivi vari non è affatto inerente al GT, e dato che ho variato molti particolari inserendo anche il SsjBlue ho voluto volgere molte altre cose a modo mio, come ad esempio l’incontro con Ub nel 31° Torneo anziché nel 28° ove egli avrà 18 anni invece che 15. Questo perché vorrei far combaciare le età dei ragazzi, in quanto Marron dovrebbe perfino essere di quasi dieci anni più grande di Pan e Bra mentre invece nell’anime oggi sembra ancora che ne abbia 4, quindi evviva la coerenza e ma si dai, andiamo alla cacchio anche noi .😂

Spero che questi piccoli cambiamenti non risultino troppo esagerati,  detto ciò smetto di blaterare e ringrazio chi passa a leggere questi capitoli ma anche e soprattutto Jaqen e siero al mic per aver inserito la mia storia tra le seguite insieme ai precedenti, ragazzi davvero grazie di cuore!

Ringrazio anche chi come sempre mi lascia un parere e segue questo mio lavoro, grazie a tutti siete mitici!

Alla prossima!♡

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Capitolo 5
*** Controllo. ***


Amico, che diavolo sta succedendo?》

Il corpo snello composto da fasci di nervi della ragazza che senza alcun preavviso in un giorno come gli altri aveva deciso di tentare la strada dell’autonomia scegliendo da sola ciò che sentiva fosse meglio per lei, ora adagiato su una superficie arida e fredda era in preda a spasmi involontari che le rendevano impossibile mantenere il controllo anche solo su un dito. Era abbandonata a se stessa in terra, tremante come presa dalle convulsioni allo stesso modo degli uomini che si erano solo azzardati a metterle le mani addosso per tenerla ferma nell'intento di compiere un piccolo atto di criminalità, con la sola differenza delle fonti per cui i corpi dei presenti tribolavano contro le volontà dei proprietari, da una parte c’era un’imminente trasformazione pronta a compiersi che avrebbe assicurato una lezione ai colpevoli di quella bravata, dall’altra tre individui che ora allo spettacolo che gli si parava dinanzi erano scossi da brividi di terrore, tanto forti da paralizzarli nella posizione in cui erano nonostante i loro cervelli gli trasmettessero forte e chiaro l’impulso di scappare via veloci da quel luogo pericoloso. La massa corporea e muscolare della ragazza si stava notevolmente gonfiando sempre di più, rendendola fisicamente uguale all’aspetto di un comune uomo adulto e robusto, i peli superflui stavano prendendo volume e corposità mentre gli stivali bassi che calzava si erano lacerati così come i guanti, rendendo visibile la mutazione che i piedi stavano subendo diventando antropomorficamente uguali alle mani. Gli occhi della turchina erano cambiati, le iridi così come le pupille non erano più presenti all’interno del bulbo oculare, erano come sparite lasciando spazio solo ad un bianco che andava man mano a sporcarsi di un rosso cremisi brillante, sino ad occupare tutto lo spazio a disposizione. Le arcate dentali si stavano allungando a seconda della forma che stava prendendo il suo viso ricoperto da un’esagerata peluria, e la mandibola pronunciata che rendeva il tutto minaccioso ed animalesco. I denti aguzzi spuntavano dalle labbra fin troppo cresciute della piccola ragazzina che pochi minuti prima avevano sorpreso senza incontrare difficoltà, e sbuffi forti e sinistri fuoriuscivano dalle enormi narici creando piccole nuvolette di fiato caldo a contatto con l’aria improvvisamente gelida circostante. D’un tratto, quegli uomini di almeno un metro più alti di lei divennero insulsi moscerini alla sua vista, piccoli quanto il palmo della mano del mostro che la turchina era diventata, sollevandosi sulle zampe perfettamente  capace di mantenere la postura di un bipede. I tre lasciarono cadere al suolo tutto ciò che le loro mani erano riuscite a tenere della refurtiva ottenuta, battendo in ritirata solo quando la possente figura di un enorme Oozaru sollevò un piede muovendo un passo verso di loro con l'intenzione di schiacciarli, dopo aver urlato al cielo un grido furioso e devastante dettato dai più bassi e primitivi istinti appartenenti a quelle bestie di cui ora la ragazza aveva assunto le sembianze, battendo i suoi stessi pugni selvaggiamente sul proprio petto alternando i colpi.

《È un Saiyan!!》

《Cosa cazzo dici, i Saiyan sono estinti!》

《Bene allora sono schiattati tutti tranne questa qui, cosa aspetti a dare allarme?!》Incredulo come se davanti a loro si fosse materializzato un Cerbero sputafuoco, uno dei tre premette un pulsante posizionato sul polsino sinistro che indossava riferendo le coordinate del luogo in cui si trovava con tanto di allerta pericolo, dopodiché seguì i propri compagni nella lotta contro il feroce animale impegnato a battere forte in terra le dita strette a pugno crepando la crosta planetaria e lasciando immensi solchi lunghi quanto la scia che creava trascinando le mani per tornare alla posizione iniziale, tentando di centrare i malcapitati. Essi si avvantaggiarono di ogni arma a loro disposizione, colpendola in vari punti del corpo facendo appello alla forza bruta ed anche mirando agli occhi con sfere d’energia per accecarla, ma il possente Scimmione non accennava ad assecondare i loro giochetti, prendendo in pieno uno di loro di rovescio col dorso della mano scaraventandolo parecchi metri in lontananza, soltanto una montagna millenaria arrestò quella corsa accogliendo il corpo inerme che era precipitato ai suoi piedi come un sacco vuoto. Bra si era preparata parecchie volte a quel momento, consapevole che per la scelta che aveva fatto anni addietro al contrario di tutti i suoi simili ( ovvero tenere la coda in onore della propria stirpe poiché si trattava del tipico simbolo che contraddistingue quella razza) avrebbe corso il rischio di andare incontro alla totale perdita di controllo commettendo azioni cui si sarebbe potuta pentire, non potendone rispondere a causa della mancanza dell’intendere e del volere. Psicologicamente si era preparata esercitandosi con una meditazione guidata e profonda mirata al controllo degli istinti e al rafforzamento delle capacità mentali a cui fare ricorso per regolarsi nel caso il suo corpo fosse diventato una macchina da guerra assetata di sangue, ma l’idea di tramutarsi in un’assassina la faceva stare male internamente, molte volte si era ritrovata da sola nel buio della propria stanza rannicchiata sotto le coperte in quelle notti di luna piena in cui il sonno l’abbandonava, a combattere contro i demoni che venivano a prenderla per ricordarle di essere un pericolo per le persone a cui teneva, costretta ad essere tenuta a bada con dei farmaci come gli animali da circo quando impazzivano per non svegliarsi fuori dal proprio letto lurida di sangue che non le apparteneva, e portarsi sulla coscienza le vite ch’ella stessa avrebbe potuto strappare via dai corpi dei suoi familiari. Se solo anche una delle persone che frequentava fosse entrata per soli cinque minuti della mente della giovane, avrebbe totalmente cambiato il modo in cui guardarla spiegandosi molti dei suoi comportamenti burberi ed asociali, trovando una spiegazione logica alle barriere che alzava per separarsi dai sentimenti altrui e non solo perché aveva geneticamente ereditato quel lato del suo carattere da suo padre. Sotto nel suo più intimo profondo c’era molto di più. Un cuore timoroso di fare e farsi del male, un animo nobile e forte capace però di spezzarsi con le carte giuste, lati di lei che non aveva mai permesso a nessuno di vedere solo per le paure che si celavano dentro ogni essere umano, e che anche lei possedeva anche se agli occhi di tutti si mostrava irremovibile ed incapace di provare quel sentimento. Ora che il suo incubo più grande era divenuto realtà pareva essersi scordata tutto ciò che le era stato insegnato, sentiva come se ogni parte del corpo avesse un cervello proprio che andava contro le volontà di quello principale che avrebbe dovuto dettare i movimenti, era consapevole di tutto ciò che le stava accadendo intorno, ma la bestia che si era impadronita del corpo vedendosi attaccata agì con irruenza ignorando il lato razionale, e fu allora che turchina comprese di non poter andare mai d’accordo con l’altra parte di se stessa poiché questa la spaventasse a morte.

Tagliale la coda! La coda!》Anche se non riusciva a capire le loro parole, le intenzioni erano chiarissime; uno dei due si stava dirigendo a gran velocità verso la causa di tanta mostruosità preparando un colpo con entrambe le mani, ma ella nonostante fosse impedita nei movimenti a causa della pesantezza dei possenti arti, si abbassò sulle ginocchia in modo da schivare l’attacco che le causò invece il taglio netto dei crini turchesi che erano cresciuti assieme a lei. Lo scimmione urlò tumultuoso provocando un'onda sonora che costrinse gli uomini a fermarsi per proteggersi le orecchie da quel rombo assordante, tempo che costò loro caro, poiché la bestia ebbe tutto il tempo di aprire le fauci e sporgersi verso uno di loro chiudendolo nella morsa mortale che trafisse il suo corpo da parte a parte con i suoi lunghi denti. Senza dilaniarlo si limitò a sputare la seconda vittima in meno di venti minuti da quando si era trasformata, puntando il terzo uomo che ora palesemente orripilato e furibondo si scagliava contro di lei sparandole con un’arma da fuoco tirata fuori dalla cintura dell’uniforme, esaltandosi con grida di battaglia e insulti, ma non era l’unica cosa che si stava dirigendo verso la ragazza; in lontananza riuscì a scrutare un puntino in volo sfrecciare velocissimo finché l’immagine della navicella di Jaco non occupò la sua visuale. L’uomo alla vista di un poliziotto non seppe se scappare o avvalersi della sua protezione e del suo aiuto per abbattere quel bestione, ma notò che anziché attaccarlo cercava di ottenere qualche risultato senza usare alcuna forma di violenza, con la sola voce. Infatti, l’alieno azionò tramite un pulsante sul pannello dei comandi un amplificatore in grado di espandere i suoni a molti raggi di distanza dopo aver notato i corpi sanguinanti dei due umanoidi martoriati.

Echalotte, ti prego torna in te! Devi domare il mostro, ricordati chi sei! Torna in te! Sono Jaco, mi riconosci?》il Pattugliatore Galattico aprì per un attimo lo sportello della navicella per permettere all’uomo di mettersi al sicuro, era appena tornato dal proprio turno lavorativo e come promesso si era diretto su quel pianeta per recuperare la ragazza e portarla a casa per riposare in attesa del nuovo giorno, ma in lontananza aveva notato qualcosa che non gli piacque affatto. Una mostruosa e imponente creatura alta parecchi metri e grossa quanto un intero palazzo stava scatenando tutta la sua ira contro qualcuno, e non gli servì un attimo in più a capire di chi si trattasse. Si chiese com'era possibile che quella ragazza si ficcasse nei guai anche laddove lui cercava di prevenire? Aveva scelto apposta quel luogo isolato su cui depositarla proprio in totale assenza di satelliti e lei doveva trovare il modo di trasformarsi ugualmente, era proprio tale e quale a sua madre, non c’era modo di stare tranquilli in loro presenza. Volò planando intorno a lei continuando imperterrito a urlarle contro frasi e momenti della sua vita passata per farle prendere controllo di se stessa, tentare di far leva sul suo orgoglio e sulla sua indole, quella che non si lasciava domare da niente e nessuno, ma ogni tentativo fu vano. Jaco non si arrese neanche un istante immaginando quanto la turchina stesse soffrendo nel compiere quei gesti inconsulti, e non poteva lasciarla sola al suo destino. Osò avvicinarsi di più a lei ignorado le urla del criminale che aveva riconosciuto ed avrebbe presto scortato alla Centrale. Bra muoveva le mani come se stesse scacciando un moscerino, e prima che le parole dell’alieno le arrivassero dritte al cuore arrestando quella sfuriata, la gigantesca mano dell’animale aveva già colpito la navicella scagliandola lontano da quell’atmosfera, osservandola allontanarsi ribaltandosi su se stessa ripetutamente il grido di terrore del suo amato zio ancora impresso nelle orecchie. Una lacrima scese dagli occhi della bestia che stavano tornando al loro aspetto naturale, mentre pian piano in preda al dolore muscolare il corpo della ragazza si ritraeva portandola alla sua statura in forma umana, ogni tratto del viso tornò normale ed i peli sparirono completamente. Ella poté udire il suo stesso pianto senza percepire nel tono i grugniti di poco prima, ma solo una squillante voce straziata gridare il nome di Jaco. Sperò con tutta la forza interiore che possedeva di non avergli causato alcun danno lieve o permanente che sia, desiderando ardentemente di non essere mai fuggita di casa. Si rese conto di essere completamente nuda quando il freddo dello spazio le pizzicò ogni lembo di pelle, e avvolgendosi la coda alla vita si precipitò verso la borsa da viaggio che si era portata tirando fuori una tuta a caso molto più larga di quanto il suo  fisico necessitasse, ma si accontentò. Afferrò un codino portando le mani alla nuca per raccogliere i lunghi capelli, rammentando solo quando non trovò nulla al di sotto delle sue orecchie che erano andati persi durante la lotta. Sbuffò amareggiata lanciando l’elastico lontano, raccogliendo la borsa e l’auricolare miracolosamente sopravvissuto alla sua furia che doveva esserle scivolato via durante la trasformazione. Caricò la borsa in spalla lasciando in terra gli abiti che quegli uomini scavando in essa avevano tolto dal suo interno, di cui ora i corpi giacevano senza vita intorno a lei. Sentendosi priva del coraggio di guardarli, si alzò in volo in direzione della traiettoria che aveva seguito la navicella, sperando di imbattersi in essa e scoprire che gli uomini al suo interno fossero sani e salvi.



Nell’enorme stadio situato sull’isola di Papaya, le iscrizioni al Budokai Tenkaichi indetto da Mr.Satan allo scopo trovare un erede al titolo di Campione Mondiale che portava da anni erano terminate già da una decina di minuti, e le Divisioni Senior e Junior non più separatamente erano pronte alle eliminatorie che caratterizzavano la prima fase del Torneo, che consisteva in combattimenti a porte chiuse tra gli sfidanti per decretare i vincitori che avrebbero avuto automaticamente accesso alle finali. Sugli spalti, gente venuta da ogni parte del pineta tra cui parenti ed amici dei guerrieri in gioco se ne stavano comodi ai loro posti deliziandosi con vsrie leccornie acquistate negli stand circostanti ad attendere l’avvincente battaglia che presto avrebbe avuto luogo, scambiando allegre chiacchiere tra di loro e scommettendo sul possibile vincitore. L’aria era festosa e solare quasi per tutti i presenti, quasi. Goten era appoggiato alla parete sottostante alle postazioni in cui erano seduti in prima fila tutti i suoi amici, intento in una conversazione con Marron.

《È assurdo, stanno per iniziare e non riesco a percepire l’aura di nessuna di loro due.》

《Oh dà loro un po’ di tempo, dopotutto è a questo che serve la pausa no? Per dare spazio agli ultimi arrivati, e poi lo sai che a loro piacciono le entrate ad effetto. Piuttosto, come mai non vedo Valese seduta da nessuna parte?》

《Beh lei non è qui.》

《Oh mio Dio non mi dirai che..》

《Il Gong! Devo scappare.》

《SE TI ASPETTI CHE GLIELO DICA IO TI SBAGLI DI GROSSO!》 Ridacchiò la bionda urlando per far si che il moro sentisse le sue parole anche mentre si allontanava da quella postazione. Ne era sicura che prima o poi si sarebbero lasciati, quella ragazza non faceva affatto per lui, ma più di tutto sapeva che il ragazzo con cui giocava a palla da bambina non avesse inventato una scusa per giustificare quell’assenza come faceva quando tra loro c’era di mezzo solo una piccola lite apposta per informarla della loro rottura, nella speranza che lei ne parlasse alla sua amica. Chiunque in famiglia se avesse osservato con occhi più attenti il rapporto che avevano quei due Saiyan in particolare avrebbe capito che la loro era più di una semplice amicizia, i tre amici al di fuori della coppia avevano sempre tentato di farli avvicinare, lo avevano capito tutti tranne loro o forse era semplicemente una mancanza di accettazione della realtà. Si erano sempre fatti moltissime risate discutendo su un ipotetico amore tra la figlia del Principe dei Saiyan ed il figlio del Traditore della specie, due eterni rivali nemici-amici che da anni ormai combattevano per scopi comuni, e forse era questa la principale causa della distanza che entrambi si imponevano di mantenere tra di loro: come l’avrebbero presa i loro padri? Era sciocco pensare che potessero essere capaci di opporsi, ma tutto era possibile con loro. Intanto, il primo match era iniziato, e tutte le figure di sua conoconoscenza comprese quelle sul ring avevano tutte la stessa espressione in volto causata dalla domanda che stava dilaniando tutti: dov’erano finite Pan e Bra?



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Salve a tutti!

Piaciuto questo capitolo? Le cose si fanno abbastanza complicate ora, sulla Terra sono tutti confusi, se solo sapessero!  Spero di aver reso bene la trasformazione di Bra e di avervi incuriositi abbastanza, vi raccomando fatemi conoscere una vostra opinione!

Ringrazio di cuore tutti quelli che passano a leggere e seguono silenziosamente la mia storia o che l’hanno inserita tra le seguite, ed anche coloro che mi danno tantissimo supporto tra cui felinala e paige95, e ringrazio namy86  per averla inserita tra le preferite. Ragazzi, vi adoro!

Alla prossima♡♡

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Capitolo 6
*** Trappola. ***


L’incontro era iniziato, ed ora nulla esisteva all'infuori del ring ove i combattenti venuti da ogni parte del mondo si sfidavano mettendocela tutta per passare alle tanto attese finali. Quel giorno Goku si era presentato all’interno  dell’arena avvolto nel suo nuovo Dogi blu; il colore di un Maestro. Usciti vittoriosi dagli eventi passati che avevano scombussolato le vite di tutti loro rischiando anche di portarli alla totale cancellazione del proprio Universo di appartenenza , il Saiyan dopo molti anni aveva finalmente concluso il suo allenamento sul pianeta di Lord Beerus, ritenendosi -per ironia della sorte- soddisfatto del proprio livello di combattimento maturato nei movimenti, nelle tecniche, nel corpo e nello spirito. Nel corso della sua vita intraprendente e piena di avventure era  cresciuto sin dal principio su un pianeta che lo aveva accolto a braccia aperte malgrado provenisse da lontano, ed era stato preso sotto l'ala da differenti Sensei da cui aveva appreso tutto ciò che al giorno d’oggi lo rendeva il guerriero più potente che esista al mondo, e proprio su quel ring tutti i momenti più belli e significativi al fianco di quegli amici che da tempo ormai erano la sua famiglia, ebbero inizio. Guardandosi indietro mentre sferrava i colpi più leggeri che conosceva per non causare troppo dolore ai suoi avversari, gli parve di aver vissuto tutto troppo presto, il tempo era volato perfino per lui che aveva ancora tanto da percorrere in merito alla sua longeva aspettativa di vita. In men che non si dica si era sposato senza neanche passare del tutto all’età adulta, aveva avuto dei figli di cui uno a sua volta gli aveva regalato una splendida nipote che amava più della sua stessa esistenza, si era sacrificato molteplici volte per il destino dei propri cari e simili, era scomparso corporalmente da quel pianeta per anni ed anni tornando sempre imperterrito indietro per restare accanto a coloro che amava, eppure non si sentiva addosso quasi nulla di tutto ciò. Ma una cosa evidente e irreversibile era il cambiamento che aveva subito sotto ogni punto di vista. Bastava guardarsi allo specchio: finalmente si era deciso a fare il passo definitivo, quello che lo avrebbe portato dall’essere un semplice discepolo ad averne di suoi, rifiutando oltretutto il titolo di successore del loro Dio della Distruzione così come il suo fidato -perché sì, lo era ormai a tutti gli effetti- compagno di avventure. Nessuno dei due aveva scelto di conseguirne la carica nonostante inizialmente Vegeta avesse accettato proprio quel rilevante dettaglio come condizione dell’essere allenato da Whis.  

Gli sfidanti erano normalissimi uomini e donne comuni, non avevano nulla di diverso gli uni dagli altri e questo rese il tutto un tantino noioso per il Saiyan che abituato a scontrarsi con gli esseri più forti e potenti degli Universi in generale, in queste occasioni cercava un po’ di pepe per sgranchirsi. Il suo secondogenito ed il ragazzo che lo accompagnava in ogni cosa egli facesse ne avevano già buttati fuori una decina. Erano diventati spaventosamente forti quei due, Goku aveva impressi nella mente tutti i momenti passati al loro fianco nei combattimenti, in cui si erano impegnati andando oltre i propri limiti facendosi valere malgrado fossero soltanto dei bambini a quei tempi, ed era sempre più fiero di ciò che stavano diventando anno dopo anno. Non si erano mai separati crescendo come fratelli, due migliori amici nel senso più vero e profondo della definizione che avevano fatto dannare le famiglie con le loro marachelle talmente tante di quelle volte che il Son adulto non le contava più. Ora la musica era leggermente diversa, due ragazzi cresciuti e responsabili, coraggiosi, onesti e sempre pronti ad affrontare qualsiasi cosa la vita avesse in serbo per loro senza abbattersi mai, nonostante fossero in una fase post-adolescenziale in cui quelli della loro età avevano ancora voglia di sentirsi degli spiriti liberi senza bisogno di contare le responsabilità che avrebbero presto portato sulle spalle. Trunks stava seguendo la propria madre negli affari di famiglia imparando a gestire l’azienda poiché un giorno il controllo sarebbe passato nelle mani dei due fratelli. Certe volte poggiando lo sguardo su di lui, Goku si chiedeva internamente come se la stesse passando il ragazzo del Futuro, era da tempo che non faceva visita a tutti loro, ma ogni volta si tranquillizzava dicendosi che quell’assenza stava a significare che almeno quella gente devastata dagli eventi non aveva riscontrato più alcun problema. Goten che non aveva affatto voglia di seguire le orme del fratello maggiore nello studio con molto disappunto della madre, lavorava temporaneamente in cerca di un nuovo lavoro che lo soddisfasse nel settore agrario aiutando il proprio padre, dato che da bambino passava la maggior parte del tempo insieme a lui, e certe volte svolgeva perfino le mansioni al suo posto senza che sua madre sapesse nulla, mentre l’uomo sgattaiolava via per qualche allenamento rubato a qualcuno dei suoi amici o schiacciava un pisolino. Incrementando l’attività insieme iniziarono a fruttare molti più soldi del previsto, per cui Chichi non si lamentava quasi più. Sugli spalti i loro amici e componenti della famiglia prestavano poca attenzione all’ammucchiata di guerrieri, spostando gli sguardi a destra e sinistra talvolta sporgendosi per scrutare meglio il paesaggio in lontananza, ed egli conosceva bene la causa. Aveva notato così come gli altri la totale assenza delle due ragazze, ed anche se impegnato nel non farsi colpire da qualcuno la preoccupazione accese una piccola sirena dentro di lui, a cui avrebbe badato di certo più tardi. Quella situazione era inusuale e non aveva alcuna opzione plausibile in mente che lo aiutasse ad affievolire i nervi, le due non si sarebbero perse quell’evento per semplici motivazioni superficiali come ‘prepararsi’ o riscaldarsi, non ne avevano alcun motivo.

Nel corso del Torneo, una figura in particolare era stata in grado di attirare l’attenzione del Saiyan distogliendolo da quei pensieri a cui presto avrebbe potuto associare una risposta, che combatteva osservando ogni suo movimento. Un ragazzo magrolino ed alto dalla pelle scura sui diciassette anni, dai capelli neri come la pece e gli occhi del medesimo colore ora concentrati in una smorfia di determinazione, batteva chiunque lo sfidasse senza difficoltà attuando ogni mossa con maestria e leggiadria malgrado i colpi che dava a segno fossero decisi e potenti. Era una persona interessante al punto che Goku desiderò misurarsi con lui, ma non in quel momento. Era sicuro che lo avrebbe rivisto di lì a poco in un incontro uno contro uno. Era un tipetto sveglio e carismatico quasi pane per i suoi denti, il tipo di allievo che avrebbe fatto per lui, aveva sicuramente tutti gli standard che il Saiyan cercava e lo si capiva solo a guardarlo. Finalmente poté combattere motivato da un nuovo obiettivo da raggiungere. Superate le eliminatorie in cui i guerrieri rimasti avrebbero dovuto colpire più forte del Campione Mondiale una macchina misuratrice di forza per accedere alle finali, queste iniziarono, e le sensazioni del Saiyan si rivelarono esatte dal dato il fatto che si ritrovò sul ring faccia a faccia con quel ragazzo. Dal presentatore scoprì che veniva da una lontana isola a sud, membro di una famiglia povera e primo di cinque fratelli che aveva deciso di partecipare al Torneo per ambire al primo premio; una ricca somma di denaro che avrebbe fatto comodo alla sua famiglia. La sua tenacia scaldò il cuore di Goku, che presto si rese conto dopo essere stato colpito varie volte sotto lo stupore generale, di avere a che fare proprio con il guerriero di cui tutti parlavano. Questa consapevolezza lo fece eccitare, ed iniziò volutamente a provocare il suo avversario per dargli modo di scatenare la sua vera potenza ritrovandosi senza preavviso in difficoltà. Era davvero formidabile. Al termine dell’incontro l’esito fu inaspettato ed imprevedibile, Goku aveva salvato Ub ad un attimo dalla sconfitta proponendogli di andare a vivere insieme sulla sua isola per allenarlo personalmente e fare di lui un degno combattente, e dopo il responso positivo del ragazzo senza ulteriori indugi si precipitò dai suoi amici e familiari per metterli al corrente promettendo di far loro visita ogni tanto, spiccando poco dopo il volo insieme ad Ub verso sud, affidando a Vegeta il completo addestramento delle giovani Saiyan.

Al termine della giornata dimostratasi in fondo per tutti più che piacevole e divertente, i guerrieri Z fecero ritorno alle proprie abitazioni tentando di far luce sull’assenza delle ragazze che rappresentava per loro praticamente un mistero. Magari avevano deciso di non andare avendo trovato altro per impegnare la propria giornata senza dirlo a nessuno di loro per non deludere i familiari che le avevano duramente allenate apposta per l’evento, ma anche questa ipotesi risultava inverosimile. Ne l’una né l’altra erano in casa propria o di qualcuno di loro, il sole era tramontato da poco e ormai Bulma e Videl erano completamente allarmate. Tutti coloro che si erano appena salutati in men che non si dica tornarono a riunirsi iniziando la ricerca, le donne cominciarono ad agitarsi e chiedere a chiunque conoscessero se anche solo per caso le avessero viste, ottenendo solo un pugno di mosche. Bulma presa dal totale panico entrò in camera della sua adorata figlia in cerca del telefono cellulare, sperando che lo avesse portato con sé e che non stesse squillando a vuoto da ore notando invece qualcosa che non avrebbe mai pensato di ritrovarsi tra le mani, una lettera in cui la perfetta calligrafia della ragazza le sferrò un dolente pugno allo stomaco avvisandola della partenza che la sua dolce bambina aveva intrapreso lontana da casa, e che sarebbe tornata indietro solo quando fosse riuscita a trovare se stessa. La scienziata dovette sedersi per non cedere alle gambe che la stavano abbandonando, tentando di assimilare quelle parole che le provocarono soltanto vuoto e puro terrore, bagnandole il viso delle sue stesse lacrime mentre la voce del marito la destò da mille orribili pensieri e immagini che la sua mente materna e protettiva stava partorendo.

Donna, hanno trovato la nipote di Kaaroth!》

《VEGETA, VIENI QUI IMMEDIATAMENTE!》



Una scia cerulea tracciava velocemente il segno nell’oscuro vuoto dello spazio aperto, allo stesso modo dei meteoriti nei momenti in cui si trovavano ad attraversare l’orbita terrestre una notte ogni anno, nel quale gli abitanti di quel pianeta si lasciavano trasportare dalla leggenda che narrava che quei corpi celesti fossero in grado di esaudire i loro desideri semplicemente esprimendoli mentre i loro occhi erano incollati al fascio luminoso, da cui la turchina era sempre stata attratta. Il suo desiderio osservando quel breve tratto di luce di cui ora essa stessa ne era artefice non variava mai nel corso egli anni, ovvero il ritrovarsi un giorno ad osservarli a distanza ravvicinata, e chissà se la scia che stava lasciando lei passando in mezzo ai vari pianeti di quella galassia per qualche abitante del posto significasse una speranza come lo era sempre stato per lei, e per la gente con la quale condivideva parzialmente la razza. Sfrecciava tenendo le braccia in avanti guardandosi intorno senza perdere d’occhio alcun particolare tentando di percepire il Ki dell’alieno, o quantomeno quello del proprio aggressore avvertito durante l’attacco che le avevano riservato, ma sotto pressione com’era in quel momento, valutò rivelarsi più  complicato di quel che si aspettasse scovare la giusta aura, dal momento in cui niente nell’ambiente circostante segnalava la presenza di qualche essere distinta da quelle in massa che percepiva dalle popolazioni esistenti, tranne che in un punto qualche grado più ad Ovest da dove era diretta. Il senso di minaccia che sentiva intorno a sé era di gran lunga più forte di quello neutrale o pacifico, ma in fondo Jaco l’aveva avvertita, erano in una fazione alquanto pericolosa e lo aveva appena sperimentato, anche se l’unico vero pericolo era stata in quel caso ella stessa, e più rimuginava sulle sue gesta più sentiva all’altezza dello stomaco un forte senso di nausea pronto a liberarsi in quell’atmosfera da un momento all’altro, avvertendo ancora scorrerle in gola il ferroso sapore del sangue dell’uomo che aveva ucciso, vergognandosi per la prima volta in vita sua di ciò che era stata. Le sensazioni vinsero la sua volontà di restare calma, costringendola a fermarsi in mezzo al nulla per chinarsi e vomitare i succhi gastrici che avevano già corroso da diverse ore il cibo consumato in compagnia di suo fratello, di cui ora sentiva la mancanza che non aveva provato in tutti i suoi diciassette anni di vita. Lo sforzo le inumidì gli occhi appannandole la vista per qualche secondo in cui capì che le stelle nel suo campo visivo non erano più quelle dell’orizzonte che le si parava dinanzi. Neanche la fresca brezza sul viso era sufficiente a ristorare il disagio che l’attanagliava. Constatò di aver davvero bisogno di qualche minuto di riposo, così quando riacquistò possesso di tutti e cinque i sensi fece per atterrare su un piccolo pianeta sottostante non molto lontano dal punto di partenza. L’aria iniziava ad essere pensate dandole un senso di asfissia, era incredibile il modo in cui la temperatura variasse spostandosi anche solo di pochi metri, e suo padre aveva passato tutta quella miriade di ostacoli senza mai voltarsi indietro per anni. Era sempre più ferma nella convinzione che c’erano dei validi che giustificassero il suo essere  guerriero più forte di tutti, perché almeno per lei, era Goku ad essergli secondo.

La superficie su cui atterrò era ben diversa dalla precedente; questa somigliava ad una sporca e melmosa palude che si estendeva in ogni direzione, piccoli geyser appostati in vari punti del terreno fangoso parevano essere alimentati da una fonte sotterranea incandescente, che ad intervalli regolari dava loro modo di creare diverse bolle all’interno della circonferenza, che scoppiando rilasciavano nell’aria filamenti di fumo verde andando a riempire l’aria di un odore nauseabondo e pungente simile ai cadaveri in decomposizione. Gli animali che popolavano quelle acque viscide e grigie, dalla conformazione sarebbero potuti essere paragonati ai mutanti che i programmi televisivi della Terra trasmettevano per divertire i più piccoli, e ben presto la turchina intese di trovarsi di fronte ai veri e propri abitanti di quella landa bizzarra. Il loro comportamento era inquietante anche se non avvertì alcun moto di paura anche se dovette ammettere a se stessa di non aveva mai visto un pesce arrampicarsi su una pianta o una foglia acquatica inghiottire quella che le sembrò essere una raganella, e la visione fu davvero sconcertante. Bra distorse la bocca in una smorfia di disgusto prestando la massima attenzione al non toccare alcunché, allertata dal proprio buon senso della possibilità di intossicazione se fosse venuta anche per sbaglio a contatto con qualsiasi cosa, servendosi solo dei propri beni per saziare i bisogni primari che in quel momento sentiva l’impulso di soddisfare. Quel luogo la rendeva inspiegabilmente debole, ma trovò la forza di consumare un leggero pasto resistendo alla tentazione di rigettare il tutto, se voleva avere l'opportunità di trovare il Ki avvertito poco prima aveva bisogno di energie che la tenessero in piedi. Volare le causava fatica, ben presto la fronte della ragazza divenne madida di sudore, ed i capelli sulla nuca risultavano al tatto zuppi e appiccicosi. Decise di incamminarsi lentamente tastando il terreno con dei piccoli colpi prima di appoggiarvi sopra la pianta del piede, quando un querulo  stridio assordante ed improvviso costrinse la turchina a coprirsi i fori uditivi, e quel gesto attuato mentre muoveva un passo in avanti provocò uno sbilanciamento del corpo, in cui disgraziatamente un piede della ragazza atterrò qualche centimetro più a destra del dovuto, sprofondando nella fanghiglia che non appena sentì il calore di un corpo estraneo aderire ai propri liquidi iniziò a succhiarlo verso il basso. L’urlo era stato generato da una piccola creatura alata somigliante ad un uccello selvatico, che aveva subito la sua stessa sorte imprigionato dal collo in giù. Sgranando gli occhi, Bra tentò facendo appello a tutte le sue forze di farsi strada in quel lago di cemento liquefatto per impedire a quell’esserino di soffocare, riuscendo con ardui sforzi nella sua piccola impresa di salvataggio. Battendo le ali come un calabrone impazzito per liberarsi dallo sporco che rendeva pesante la ripresa, la creatura fuggì lontano, e la turchina sentì le gambe avvolte in un abbraccio ferreo che impediva loro di compiere il più piccolo movimento. Le balenò per un attimo in mente l’idea assurda che quella cosa in cui si era tuffata potesse essere viva. Stringendo i denti, cercò di ricordare le parole dello zio Yamcha su quelle inutili lezioni di sopravvivenza annesse alle esperienze personali che si ostinava a raccontare, pensando che il trucco per scampare a delle sabbie mobili potesse funzionare in quel caso. Tentò di sporgersi all’indietro rallentando il processo di risucchio, ma il fango stava man mano salendo fin sopra i capelli coprendole tutto il corpo, fino a che la giovane Saiyan rimase fuori da quella trappola mortale solo con le labbra cercando di farsi entrare in corpo più fiato possibile -per quanto la gabbia toracica riuscisse ad espandersi- in quello che aveva tutta l’aria di essere l’ultimo respiro che avrebbe esalato.



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Salve a tutti!

Che dire, ho scritto questo capitolo oggi tutto d’un fiato per distrarmi dal nervosismo che l’insonnia di questo periodo mi provoca, per cui non ho elaborato il tutto nel pieno delle mie facoltà mentali, mi rendo conto che risulti un po’ scadente rispetto ai miei soliti lavori e per questo mi scuso, ma era l’unico modo che avevo per distrarmi da una brutta giornata. Spero comunque che apprezziate, e di avervi incuriositi.. la nostra guerriera non sta affrontando le cose come si aspettava, lo spazio non è tutto rose e fiori come le era stato avvisato ma, lei ha la testa dura, no? È per questo che l’amiamo. Come si metteranno le cose? 

La nostra Bulma è arrabbiata... ma come mai?

Ringrazio come sempre tutti voi che passate a leggere ma specialmente coloro che mi supportano ogni volta, non so più che parole usare ragazze veramente, ho esaurito tutto! Un grazie speciale a voi che avete inserito la mia storia tra le seguite/preferite, vi adoro.

Alla prossima!♡♡


P.s: nel corso del capitolo vi ho messo la pulce nell’orecchio su qualcosa che accadrà più avanti, vediamo se indovinate😅.

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Capitolo 7
*** Tremendo. ***


La mancanza d’aria le stringeva il petto opprimendola come un macigno, sentiva la gola contrarsi nella voglia e nel bisogno di inspirare per sopravvivere, ma sapeva che se l’avesse fatto sarebbe morta ancor prima di raggiungere il fondo di quel lago fangoso e macabro che la stava letteralmente ingoiando. I sensi iniziarono a vacillare e i pensieri divennero sconnessi, sentiva la testa vorticare come le prime volte in cui aveva iniziato a volare, e per quanto fosse capace di ascoltare quel briciolo di lucidità mentale che si sforzava a mantenere, la rabbia pervase ogni centimetro del suo corpo al pensiero di dover subire una morte tanto stupida. Avrebbe preferito essere uccisa da uno di quegli uomini combattendo piuttosto che perdere la vita deglutita da una sostanza viscida per colpa di una piccola distrazione durata l’attimo che era bastato a farla scivolare giù. Era davvero una morte indegna per un Saiyan, e prima di crollare per il senso di pazzia che la portò a scalciare e dimenarsi come un’ossessa, volse le sue scuse alla famiglia sperando che mai venissero a sapere di quella sua bravata, sperando che Jaco stesse bene e non venisse incolpato o peggio. Quando fu al limite di ogni sua capacità di apnea e concentrazione, chiuse gli occhi avvertendo gli arti molli e formicolanti, e milioni di puntini bianchi sfrecciarono davanti ai suoi occhi serrati. Adesso, abbandonandosi al proprio destino sperava che il caldo abbraccio del Signore dell’Oltretomba venisse a prenderla presto risparmiandole altra dolorosa agonia, nonostante avesse lottato fino all’ultimo con tutte le sue forze per nuotare e raggiungere la superficie. Proprio quando le forbici delle streghe predilette del Dio sfiorarono con la punta affilata il filo della vita della ragazza, questa si sentì afferrare un polso da una morsa stretta e decisa, e dei suoni iniziarono a farsi strada nei suoi canali uditivi. Fu un arpione per lei, una presa ferrea per tornare alla realtà e decidere che non sarebbe stato quello il luogo né il momento in cui togliersi dai piedi di tutti. Una forza portentosa tese il corpo della turchina verso l’alto fino a riportarla nel mondo dei vivi sottraendola al vortice del non-ritorno, facendole provare indosso il calore di quell’ambiente putrido e lercio che in quel momento le cagionò la più bella delle sensazioni, e quando i polmoni si riempirono di quell’aria fetida e sporca, Bra sentì il petto e la gola infuocarsi e pungere come se nelle vene le stesse scorrendo lava incandescente, e gli spasmi muscolari involontari la invasero facendola tossire fino a lacrimare. Voci ovattate occuparono l'area circostante, ed una mano aperta gentilmente le picchiava colpi tra le scapole nel tentativo di facilitare la ripresa. Quando il respiro accennò a tornare stabile, la ragazza abbandonò la posizione in cui era -in ginocchio, piegata in avanti col busto- per accomodarsi a gambe incrociate alzando per la prima volta da quando era stata aiutata gli occhi su colui che ora le porgeva una borraccia tonda colma d’acqua fresca, e ne rimase immediatamente affascinata maledicendosi mentalmente per l’aspetto che avesse in quel momento. Un ragazzo alto dalla conformazione corporea umana se non fosse per l’assenza del dito mignolo in entrambe le mani e le sopracciglia prive di arnesi cutanei, disegnate con un rigonfiamento della sua stessa pelle liscia e dura come l’acciaio che presentava una carnagione color bronzo a tingerla, ed il volto dai tratti marcati rovinato da piccole cicatrici situate in vari punti di esso, e ad incorniciare quella meraviglia marmorea c’erano riccioli ribelli neri come l’oscurità da cui l’aveva salvata. I suoi occhi erano fini e brillanti della stessa tonalità del sole al tramonto, il naso perfettamente dritto e la delineata bocca rossa come quella di un vampiro munita di quattro arcate dentali, e di quelle creature fantastiche egli possedeva anche il mistero. Sul braccio sinistro s’intravedeva un logo, un marchio inciso quasi sicuramente a fuoco a giudicare dall’aspetto che lo sfregio mostrava. Bra restò alcuni minuti a fissarlo incantata, in parte per l’incomprensibilità delle sue frasi in una lingua a lei sconosciuta essendosi accorta di aver smarrito il proprio auricolare in quella melma vivente, e un po’ anche per l’incanto dei suoi modi di porsi mascolini e rudi. Accettò con un cenno del capo l’acqua bevendone tutta d’un fiato, facendogli segno di non riuscire a capire ciò che da una decina di minuti stava cercando di esporle. Il ragazzo sorrise alzando una mano a simboleggiare una richiesta di attesa, ed estraete dalla cintura in vita lo stesso identico aggeggio dei suoi aggressori, ed osservando il palmo aperto verso di lei pronto ad offrirle quel mezzo di comunicazione che avrebbe permesso loro di comprendersi a vicenda, ella notò che anche il suo abbigliamento era il medesimo di quegli uomini.

Buio, gelo e dolore furono tutto ciò che il Pattugliatore Galattico avvertì non appena schiuse gli occhi, tentando di tornare indietro con la mente a quando e come avesse fatto a ritrovarsi lì. La risposta apparve nitida dal momento in cui lo spazio aperto apparve nella sua visuale, e un pizzicore ai palmi delle mani scheggiati da tanti piccoli frammenti di vetro ancora incastrati al loro interno premettero forte e più a fondo nel tentativo di rialzarsi. La piattaforma di comando dinanzi il quale era seduto era completamente fuori uso impregnata da chiazze di quel che doveva essere il proprio liquido ematico ancora fresco, rotta in molti punti con i circuiti esposti all’ambiente esterno ed i filamenti pericolosamente spezzati a generare scintille; il vetro che costituiva la maggior parte della navicella ora capovolta su un fianco era ridotto in frantumi sulla piana superficie in cui erano atterrati dopo lo schianto con un meteorite subito a seguito del devastante colpo della turchina, ed il fumo nero proveniente dallo sportello ammaccato in cui era situato il motore del veicolo invadeva le narici ed appestava l’aria circostante rendeva quasi impossibile l’inalazione, e quando il quadro della situazione fu chiaro l’alieno volse lo sguardo al cielo ringraziando i cari che vegliavano sulla sua persona per avergli dato modo di sopravvivere all’impatto che dato l’impossibile riutilizzo del mezzo intergalattico per lo stato in cui era ridotto, doveva per forza essere ancora in vita a causa di un miracolo o di una forza superiore. Liberatosi dalla cintura di sicurezza che ancora lo teneva ancorato al sedile, strisciò fuori dalla postazione trascinandosi in terra con gli arti superiori incapace di muovere le gambe incuneate in un pezzo di metallo staccatosi dal proprio mezzo che gli aveva probabilmente fratturato qualche osso. Col passo del ghepardo, si avvicinò al compagno inerme poco distante da lui misurandogli il battito con due dita adagiate sulla vena del collo esercitando una leggera pressione. Quando i flebili e costanti colpi del sangue di quella creatura sotto i polpastrelli dell’uomo annunciarono solo un piccolo stato di incoscienza, Jaco poté tirare un sospiro di sollievo. L’unico modo di tornare indietro era avvertire qualche collega sperando che la ricetrasmittente potesse essere ancora funzionante quel minimo che bastava a chiedere aiuto. Con piccoli movimenti l’alieno portò una mano all’orecchio staccando l’oggetto che gli avrebbe permesso di salvarsi, componendo un numero nella speranza di udire un bip. Tutti i suoi pensieri si focalizzarono su una sola persona: sua nipote. Mille emozioni avvolsero il cuore e la mente dell'uomo, la paura per lo stato in cui l’aveva lasciata, la rabbia contro se stesso per non essere riuscito a spezzare il controllo che il mostro aveva su di lei ed il tarlo nel cervello che tormentava l’animo dell’alieno riguardo all'attuale insaputa della posizione ed integrità della turchina, il terrore più profondo nel vedersi costretto in quella situazione ad avvertire la famiglia della giovane. In tutta la sua vita e carriera niente lo aveva mai demoralizzato così tanto come quella devastante presa di coscienza che gli trasmetteva la forte sensazione di avere le mani legate e le ore contate. Il senso di colpa era ciò che premeva maggiormente. Quando la voce di un uomo risuonò nel silenzio di quel luogo dal trasmettitore, un nuovo calore generato dal potere della speranza che non lo aveva ancora abbandonato si fece spazio nel petto di Jaco, che espose verbalmente ignorando quanto la gabbia toracica dolesse maledettamente forte ogni cosa, omettendo qualche rilevante dettaglio conscio del rischio che entrambi correvano. Se la verità fosse venuta a galla, egli sarebbe stato assoggettato a sanzioni di varia natura e genere per aver sequestrato una persona alla famiglia scortandola nello spazio aperto e aver lasciato a piede libero senza supervisione alcuna né consenso di un superiore un pericoloso essere in grado di uccidere, come si era appunto verificato. Un’azione tanto sprovveduta avrebbe potuto causare il suo licenziamento per i danni irreversibili causati. La turchina per mezzo dell’innegabile discernimento sulla propria possibilità di trasformarsi e perdere il controllo di ogni sua facoltà mentale avendo volutamente scelto di preservare ciò che esteticamente l’associasse alla razza Saiyan, rischiava nella più leggera delle ipotesi la carcerazione permanente, nella peggiore l’abbattimento, e solo al pensiero un brivido elettrico e pungente attraversò ogni vertebra disperdendosi lungo ogni singolo nervo del suo corpo. Dopo ore interminabili nell’agonia dell’impotenza, una squadra spaziale recuperò i corpi moribondi dei due ormai allo stremo delle forze.

 

Madre, padre, questo non è più posto per me.

Ho completamente smarrito la mia identità. Essere figlia di due mondi è un privilegio che mai saprò esporre a parole, la fierezza che provo nell’animo dell’essere il frutto della fusione di due esseri perfetti, il Principe della stirpe più temuta e potente dell’intero Universo e la Scienziata più dotata e conosciuta del pianeta che mi ha ospitata per diciassette lunghi anni. Sento dentro me che queste personalità non potranno essere coniugate, perché ho sempre dovuto reprimere una di queste, quella a cui per giunta mi rispecchio di più, che vedo ogni qualvolta il mio riflesso appare in ogni superficie, io non la conosco. Vivo in un mondo in cui sono simile agli altri solo per metà, in cui risulterei strana e diversa se non mi mescolassi alla gente nascondendo la mia altra natura sotto i vestiti, ma questa infine si è ribellata rendendomi irascibile e inadatta, facendomi sentire come se tutti mi stessero voltando le spalle conducendomi dove posso essere libera di comprendere chi sono e chi voglio essere. Tengo a tutti coloro che sono intorno a me, ogni singolo giorno li osservo sorridere e stare bene con loro stessi avendo accettato le condizioni che la vita ha dato ai loro destini, e per quanto provi ad adattarmi la voce nella testa mi suggerisce di dovere di più. Il problema è che ognuno di voi esseri provenienti da altri luoghi al di là delle nuvole che non ho mai potuto oltrepassare, ha avuto l’opportunità di scegliere la propria strada dopo essere venuto qui. Madre, so che anche se non mi hai mai negato il desiderio di combattere avresti voluto che proseguissi i miei studi fino in fondo, che il mio nome brillasse sulle cime dei tabelloni di ogni nazione, e ti confesso che lo vorrei anch’io, ma non qui, i nostri fini sono diseguali e di questo ti chiedo scusa. I Tornei non mi bastano più, voglio un’avventura di cui io sola sono protagonista. Non mi sento di passare la vita in uno studio in riunione con un mucchio di gente continuamente esaurita e incazzata, non esiterei a sbatterli tutti fuori a calci sai, non tollero affatto gli esseri umani e i loro caratteracci, le loro convinzioni e pretese. Mi rendo conto di avervi sempre distaccati tutti mostrandomi intollerante al contatto fisico e al dialogo, ma ho sempre tentato di trasparire le emozioni nelle piccole cose quotidiane, per cui sono fermamente sicura di avervi dimostrato quanto è grande il mio affetto per voi, un affetto che nell'ultimo periodo mi stava soffocando impedendomi di raggiungere i miei obiettivi, ho bisogno di lasciare il nido per riscoprirmi e pensare lucidamente senza essere condizionata. Quando tornerò a casa, uno solo sarà il nome con il quale vi rivolgerete da quel momento in poi a me. Mi auguro capiate.

Vostra Bra, vostra Echalotte.”

 

Gli occhi di Bulma vagarono su quelle righe tremolanti sciogliendo l’inchiostro in vari punti con le amare lacrime che stava versando, osservando la foto allegata scattata molti anni addietro in un giorno d’estate in cui la propria bambina aveva sparso i vestiti da stirare lungo tutto il corridoio del secondo piano. Aveva sempre avuto il vizio di sconvolgere l’ordine, qualsiasi cosa troppo pulita per lei andava macchiata, qualsiasi cosa liscia, stropicciata, contrariamente alle sue manie di compostezza sviluppate nella crescita. In quella foto, la bambina indossava parte della Battle-Suit del padre scovata negli abiti che aveva rovinato, sorridente e tenera nei suoi cinque anni, già desiderosa di assomigliare agli uomini della famiglia, e fu allora che la donna capì il senso di quelle assurde parole. Stringendo quel foglio digrignando i denti, neanche si accorse della voce del proprio marito che un urlo involontario e arrabbiato in tono urgente uscì dalla gola della scienziata richiamando quell’uomo. Egli accorse senza farsi attendere, e quando occupò la visuale della moglie, questa gli si avvicinò stampandogli il segno delle dita della mano destra in pieno volto, avvicinando la lettera all’uomo perché la leggesse. Colto dalla sorpresa di quella sua improvvisa collera, il Saiyan afferrò quel pezzo di carta leggendone il contenuto, e le ragioni della donna iniziarono a farsi strada nella sua mente deformando il volto in una smorfia di incredulità.

È colpa tua! Non hai mai pensato che il modo in cui tratti i tuoi figli incide sulle loro scelte?》

《Non penserai davvero che sia a causa mia se è scappata!? Trunks non ha mai fatto niente del genere, lei è una testa calda.》

《Si, SI perché è tale e quale a te! Osi parlare di Trunks? Quando quel ragazzo da bambino si feriva e si teneva la faccia tra le mani gli urlavi contro di non piangere in quanto uomo, se si feriva Bra le alzavi il mento asciugandole gli occhi e dicevi di non abbassare mai il capo perché le sarebbe caduta la corona!! Trunks è abituato ai tuoi modi burberi e totalmente sbagliati da quando è nato Vegeta, tua figlia l’hai sempre coccolata! Dovevi umiliarla in quel modo?》

《Mi ha chiesto lei di allenarla come si deve.》

《Te lo giuro scimmione irresponsabile che se succede qualcosa a mia figlia ti faccio fuori con le mie mani! Esci immediatamente e non tornare fino a che non l’hai trovata!》

《Mamma, papà, Pan è qui.. perché stai piangendo?》

Senza dire altro, Bulma superò i due a grandi falcate dirigendosi al piano inferiore per scambiare due parole con la ragazza. Rispondendo alla implicita domanda del figlio, Vegeta allungò la lettera al ragazzo imprecando mentalmente contro il suo odioso modo di essere troppo rude perfino con coloro che amava portandoli inevitabilmente a farli soffrire nonostante ce la mettesse tutta per cambiare. Il suo primogenito era stato rinnegato e abbandonato, e questa era una cosa che il Principe per quanti anni furono passati da allora e nonostante tutti i membri della sua famiglia lo avessero perdonato compreso il diretto interessato, egli si vergognava al limite del possibile dandosi del bastardo ogni giorno della sua vita resa bella e degna di essere vissuta solo grazie ai tre paia di occhi azzurri che riempivano le sue giornate, ed ogni qualvolta suo figlio gli rivolgeva una parola o un sorriso. La preoccupazione lo stava logorando, si sentiva schiavo dell’impotenza e della cattiveria. Uno dei gioielli più preziosi che aveva stava percorrendo la sua stessa strada, ma per la prima volta non ne fu contento, quella parte della sua esistenza se solo avesse potuto l’avrebbe cancellata senza pensarci due volte, ed ora i fantasmi del suo passato, i tormenti e i demoni che lo assalivano da giovane avevano spinto uno degli amori della sua vita a compiere qualcosa che avrebbe potuto ucciderla, ed era colpa sua. Bulma aveva ragione, ancora una volta si era dimostrato un tremendo padre. Si ritrovò in quel momento a fare qualcosa che mai si sarebbe sognato prima d’allora; sperare. Sperò pregando con tutte le sue forze interiori di ritrovare viva e vegeta la sua dolce bambina, promettendo a un’entità di cui aveva sempre dubitato l’esistenza di prendersi maggiore cura e prestare più attenzione alla propria famiglia se i suoi voleri fossero stati ascoltati. La sorpresa e la preoccupazione del lillà erano visibili a metri di distanza, i suoi occhi si dilatarono gradualmente ogni riga di più. Esterrefatto, fece cenno al padre di seguirlo raggiungendo la scienziata. Pan era la loro unica speranza.



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Salve a tutti!!

Fortunatamente al nostro Jaco è andata bene (si fa per dire) così come a Bra, ma riusciranno a cavare le informazioni dalla bocca della Saiyan?

Voglio ringraziare tutti voi che leggete i miei capitoli e che specialmente li seguite, siete davvero speciali ragazzi! Un grazie particolare va a paige95 e felinala, ragazze vi adoro♡

Alla prossima!!♡♡

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Capitolo 8
*** Coraggio. ***


《Non lo so.》

《Pan, ti prego, dov’è mia figlia?》

‘Bra, che cosa devo fare..?’ Macchie scure si espansero gradualmente sul tessuto dei jeans della diciottenne, che osservava inerme incapace di fronteggiare il volto della scienziata. Le lacrime della signora Brief scivolarono lente lungo le sue guance, e più abbandonavano quel viso di porcellana cadendo sulle gambe della mora, più  scalfivano il suo cuore. Era impensabile tenere il segreto dinanzi l’evidente sofferenza della donna, in più quel divano ad isola su cui aveva passato la maggior parte dei pomeriggi a giocare con la propria migliore amica, sembrava essersi ristretto più del dovuto, corroso dalle decine di fari puntati su di lei. La tensione divenne palpabile, e la palese preoccupazione congiunta alla speranza dipinta sui volti di coloro che parevano aver incastrato gli sguardi sulla sua figura, le diedero un senso di oppressione e prigionia. Al contrario della coetanea lontana milioni di chilometri da casa che come lei faceva volentieri a meno di  quel tipo di attenzioni, ella odiava a morte la propria incapacità di sapersi muovere correttamente in pubblico. Certe volte la invidiava chiedendosi come facesse a uscire da ogni situazione nel migliore dei modi, lei di certo avrebbe resistito a quel vicolo cieco opponendo resistenza senza dare l’impressione d’essere colpevole, lasciandosi guidare dall’orgoglio Saiyan. Ella invece,  possedeva dentro una quantità di umanità maggiore di quel che avrebbe voluto, che la spingeva a cedere spesso e volentieri all’empatia. Tutte quelle persone intorno a lei aspettavano qualcosa, che questa volta la ragazza non fu propensa a dare. Amava la propria migliore amica molto più dell’onestà, e se avesse dovuto tenersi dentro la verità per lei lo avrebbe fatto. Una sola cosa era in grado di far crollare i ponti della sua anima trasmettendole senza permesso un briciolo di buon senso: il proprio ragazzo. Quel meraviglioso viso scolpito dagli esseri superiori tanto rude quanto adorabile come solo lui poteva risultare, frenava ogni sua convinzione sciogliendo i dubbi della propria coscienza. Da poco avevano iniziato a frequentarsi più apertamente tentando di cercare nell’altro quel qualcosa che rendesse le giornate più soleggiate e limpide, e in pochissimo tempo lo avevano trovato, come se il destino avesse aspettato tutti quegli anni ad aprire gli occhi di entrambi per permettergli di godere gli anni migliori delle loro vite in confidenza ed amicizia, per dar loro modo di capire da sé quanto in realtà fossero meravigliosi insieme. Nonostante ciò, la loro relazione era ancora celata dietro falsi sorrisi amichevoli scambiati dinanzi gli amici ed i parenti, timorosi delle loro reazioni. Un motivo che spingeva i due ad uscire mentendo su dove andassero e con chi, era constatare prima da soli se quel rapporto sarebbe potuto durare, per non essere costretti poi a vivere con il gusto amaro del rimpianto ed il peso di vedersi ogni giorno nonostante si fossero persi, dando un dispiacere alle famiglie. Una relazione azzardata in un gruppo di amici era una responsabilità troppo grande, che Pan e Trunks scelsero di prendere sottogamba. In quel momento, la mora alzò in capo incontrando quelle iridi bramose di risposte, sciogliendosi come neve al sole. Si sentì combattuta maledicendo mentalmente quello stronzo, per colpa sua prese nuovamente in considerazione l’eventualità sepolta in fondo alla coscienza per farsi forza, che la turchina potesse incontrare milioni di pericoli e finire schiacciata sotto uno di questi, prendendo atto della comodità che avrebbero avuto se almeno sapessero in che condizioni fosse la ragazza, senza intralciare i suoi piani. Scelse saggiamente di dire la verità, non venendo meno alla sua promessa.

Lei non è qui. Ma vi assicuro, che non so dove si trovi.》



《Va tutto bene, signore?》

《Si, vi ringrazio, pensate voi al prigioniero.》

《Si rimetta presto!》Dopo essere stato curato, pulito dal sangue ancora fresco e bendato ove necessario, il Generale della Pattuglia Galattica acconsentì a prestargli una navicella di riserva -meno spaziosa e appariscente di quelle usate in servizio- per il ritorno a casa ed il congedo per malattia, fino a quando non fosse stato capace di svolgere le proprie mansioni senza rischi di ricaduta. I piani dell’alieno sarebbero stati ben altri, egli era infatti intenzionato ad avvertire la donna con cui da qualche anno condivideva la propria abitazione della sua prolungata assenza per qualche tempo. Sapeva di star commettendo una grave infrazione, ma ogni cellula del suo corpo non avrebbe trovato pace fin quando la principessa non fosse tornata sana e salva a casa per mano sua, avendo acconsentito a lasciarle vivere  un’impresa più grande di lei. Dovette faticare a lungo per destare la propria fidanzata dalla sua volontà di partire insieme, avendole spiegato il problema a cui era andato incontro. Alla polizia, fu costretto a raccontare la verità. Il prigioniero avrebbe potuto condurre una squadra sul luogo degli assassinii commessi, ed una falsa testimonianza da parte di un guerriero d'élite valeva a significare il suo immediato licenziamento, o un possibile mandato d’arresto per la copertura di un crimine, senza contare l’ipotesi di finire nella lista dei sospettati. Simili rogne, avrebbero potuto rovinare la sua intera vita e carriera. Il lato positivo, era che nessuno a parte lui fosse al corrente dell’esistenza di individui Saiyan stabiliti sul pianeta Terra, ed almeno loro sarebbero stati esclusi dalla faccenda. Bra sarebbe potuta essere ovunque, e data la notevole vastità della Via Lattea, il pensiero non risuonò affatto piacevole nella sua testa. Le ricerche sarebbero potute durare settimane o mesi, o addirittura anni. Il panico prese nuovamente il sopravvento di quel corpo minuto e tremante, già in volo verso una traiettoria immaginaria priva di qualsivoglia tipo di meta. Escluse lo stazionamento della ragazza laddove l’aveva lasciata molte ore addietro, trovando conferma delle proprie teorie non appena arrestò la sua corsa dinanzi il luogo ancora macchiato della morte delle due creature, notando che la Pattuglia avesse già provveduto a portar via i cadaveri. Sbuffò contrariato accendendo i motori a propulsione, per poi sfrecciare veloce tra i mille astri celesti spaziali. Nel mentre, un’astronave azzurra di notevoli dimensioni tagliò la strada dell’alieno, che al di sopra della prua vi lesse un antico simbolo appartenente ad una lingua morta quanto la popolazione estinta da cui derivava, il cui significato poteva essere interpretato in due varianti; paladino o intrepido. La struttura mobile scomparve dalla vista di Jaco, e con una smorfia di confusione stampata in volto, egli grattò la propria nuca con fare riflessivo, chiedendosi dove avesse già visto quel disegno. 

Quando la ragazza capì le intenzioni del proprio ‘salvatore’ fu troppo tardi, egli infatti in una sola e fluida mossa, caricò la turchina in spalla tenendola dalla schiena e dall’incavo delle gambe, ignorando le proteste e i suoi tentativi di sottrarsi alla presa. Il modo di camminare grossolano e maldestro dell’uomo rese impossibili i tentativi della ragazza di inutili le gambe. L’essere strattonata come in una giostra dei Luna Park terrestri resero la mira impossibile da prendere. Dopo vari minuti di cammino, l’alieno riportò la ragazza in terra tenendole le mani incrociate dietro il busto, e lo spettacolo che le si parò dinanzi le risultò incredibile. Una navicella -come ne aveva viste soltanto nei film- dalla prorompente statura grande venti volte quella su cui aveva viaggiato per intraprendere la propria esperienza personale, era parcheggiata al centro di una radura dal verde brillante, completamente differente dal resto della superficie su cui si era rifugiata. Fiori circostanti rendevano l'aria più pulita e gradevole, ma niente bastò a distrarla dalla voglia di poter scappare via. Al comando del proprio accompagnatore, un portellone si spalancò verso il basso rivelando il contenuto della nave spaziale. Rampe di scale, porte e corridoi ospitavano decine di creature umanoidi marcianti simultaneamente come tanti soldati, divisi in gruppi composti da parti uguali, ognuno indirizzato in una direzione. Ogni uomo o donna presentava un proprio aspetto estetico, l’unica cosa che accomunava quegli individui erano le uniformi, tutte cucite allo stesso modo ed adornate da una cintura raffigurante il medesimo disegno presente all’esterno della struttura. Senza tanti complimenti, l’alieno scortò la ragazza in un lungo corridoio poco illuminato infilandole in un orecchio un auricolare diverso dal precedente. Questo era molto più grande e munito di un microfono, probabilmente sarebbe stata interrogata, per cui anche loro avrebbero dovuto comprenderla. L’idea le diede la sensazione di ingoiare un amaro boccone andato di traverso. Qualsiasi persona incrociasse la loro strada si fermava a salutare rispettosamente il secondino della turchina, che dovette supporre di essere al fianco di un pezzo grosso. Con gran rammarico e inquietudine, ella fu costretta ad assistere ad una scena che mai si sarebbe aspettata o avrebbe voluto vedere; barelle volanti trasportavano guidate da due infermiere le carcasse degli uomini uccisi da se stessa. Ora i motivi di quel colloquio verbale imminente le furono chiari, e con un groppo in gola rabbrividì al pensiero di ciò che sarebbe potuto accaderle ora che era finita nelle mani di quelle persone, palesemente infastidite dalla perdita dei compagni. ‘Dai sempre l’impressione di avere il controllo della situazione. Mai esternare i punti deboli, né farsi prendere dal panico’. S’impose di non scomporsi neanche per sbaglio facendo appello a tutta la fierezza in suo possesso cercata nelle parole del proprio padre, mostrandosi audace ed orgogliosa avanzando senza ombra di paura. Con sua grande sorpresa, non alzarono neanche un dito su di lei quando le fu ordinato di passare attraverso una porta. Le uniche cose presenti nel campo visivo della ragazza erano una scrivania vuota ed una sedia illuminata interamente da un fascio di luce proveniente dal soffitto, posizionata al centro della stanza tra due figure alte e intimidatorie. Gli uomini tenendola per le spalle, la costrinsero ad accomodarsi tra di loro senza bloccarla con corde, catene e quant’altro. In piedi a braccia conserte, quegli alieni non degnarono di uno sguardo la turchina attendendo istruzioni mentre il loro Capitano richiudeva la porta alle spalle. 

《Qual è il tuo nome.》

《Intendi il nome d’arte o quello di battesimo?》

《Identificata lingua- signore. Origine- Terrestre.》

《Bene, bene. Che ci fa una terrestre qui?》

《Mi piacerebbe saperlo, mi ci hai portata tu in questo ammasso di ferraglia.》

《Non scherzare con me. Che ci fai qui?Infastidita, la turchina accavallò le gambe soffiando su una ciocca ribelle cadutale dinanzi un occhio, incrociando le braccia al petto.

《Dato che mi hai rapita, te lo dirò se mi fai capire chi siete e che cosa volete da me.》

《Sarebbe un ringraziamento per averti salvato la vita?》

《Caricare una persona come un sacco di merda non è un buon movente di ringraziamenti!》L’uomo osservò intrigato ed ammaliato la ragazza. Adagiato dal fondo schiena alla scrivania per fronteggiarla, un sorriso divertito gli apparve in volto mostrandole un cenno d’assenso col capo. Adorava le tipette sveglie e impertinenti come lei, e fu l’unica ragione che lo spinse ad assecondare quel capriccio.

《Il mio nome è Zargat, e sono il Capitano della nave. Questi due gentiluomini sono il mio Tenente ed il mio Comandante. Tutti facciamo parte di una grande squadra, e svolgiamo un compito importante. Noi facciamo il lavoro sporco dei Pattugliatori Galattici. Quando troviamo individui sopravvissuti a razze sterminate li togliamo di mezzo, prima che possano fare danni. Abbiamo un nuovo obiettivo al momento, e vogliamo sapere da te per quale motivo ti trovi su questo pianeta.》Al discorso del capitano, Bra sentì il sangue gelare nelle vene ed ogni pelo corporeo rizzarsi sulla pelle compresa la peluria superficiale della coda, ringraziando ogni essere superiore esistente di averla fatta prima arrotolare attorno alla vita, e poi farle indossare la tuta. Aveva compreso appieno che tipo di obiettivo avessero nel mirino, e impercettibilmente iniziò ad accusare un fastidioso tic ai nervi della gamba, sentendola tremolare da sé. Non volle restare ancora lì neanche per pochi minuti, e drizzandosi a sedere cercò di dare una plausibile spiegazione che spingesse quella gente a lasciarla andare.《Sono scappata, non volevo infastidire nessuno.》

《Perché mai?》

《Sono affari miei.》

《Potresti avere la mia solidarietà.》

《Spara.》Completamente ignaro dei modi di dire del pianeta Terra, Zargat corrugò la fronte sotto gli sguardi perplessi degli uomini, scambiandosi occhiate confuse con essi. Quella richiesta inusuale e completamente assurda colse alla sprovvista l’uomo. Curioso di andare a fondo per scoprire cosa avesse in mente la turchina, si strinse nelle spalle raggiungendo la cintura posata in vita, estraendo un Faser per poi puntarlo verso di lei, accorgendosi in ritardo del suo sguardo smarrito e spaventato, temendo di aver commesso uno sbaglio. Prima ch’ella potesse avvertirlo di non aver dato il comando inteso nel modo errato, un raggio cremisi prese ad avvicinarsi al suo viso. Con i riflessi pronti ed una notevole velocità, Bra generò una sfera d’energia lanciandola contro la scia rossa, e prima che poté colpirla fu sbattuta verso una delle pareti laterali, distruggendo parte del materiale. Gli uomini presenti non badarono affatto ai lamenti e le accuse della terrestre che urlava infuriata chiedendo se per caso fossero matti, troppo impegnati a scrutare scioccati i resti di metallo giacenti.  

《I Terrestri sono capaci di questo?》

《Io si. Non sono una terrestre normale.》

《È per questo che sei fuggita?》

《Capo, ci farebbe comodo una così.》

《Già. Sei arruolata, ragazzina.》

《Che cosa? No!》

《Tesoro, chi sale su questa nave ci resta, o scende morto. Ma non posso reclutarti in questo modo, devo vedere come te la cavi corpo a corpo. Preparati, domattina te la vedrai con uno dei miei uomini più bravi. Se vinci, fai parte della ciurma.》

《E se perdessi?》

《Moriresti ugualmente, perché ti ucciderebbe. Portatela nella sua stanza e dite al timoniere di salpare.》Senza aver modo di replicare ed opporsi, i due alieni la sollevarono di peso addentrandosi al piano di sotto, ove una moltitudine di cabine distinte tra loro attraverso un numero in ottone segnato sulla porta, occupavano le pareti di destra e sinistra in tutta la loro lunghezza. Uno di essi spalancò la porta, e subito dopo l’altro sbatté in malo modo la turchina all’interno della camera allestita con una brandina, uno spazio interno predisposto al bagno ed un baule contenente alcuni abiti. Lasciandola sola dopo aver dato due scatti alla serratura, gli alieni si allontanarono a grandi falcate. Senza perdersi d’animo conscia di poter sconfiggere chiunque la sfidasse al combattimento, la giovane sfilò l’auricolare scavando all’interno della cassa di legno alla ricerca di qualcosa di comodo, trovando suo malgrado solo indumenti aderenti, che avrebbero chiaramente mostrato il rigonfiamento della coda. ‘Come potrei fare? Se solo ci fosse un modo per..’ Un’idea orribile e terrificante balenò nella sua mente, costringendola a sedersi per non cedere al mancamento. Calò lo sguardo sulle proprie mani, scoprendo di essere completamente scossa dalla paura. Per quanto ella scavasse nello scomparto mentale delle alternative, non riuscì a trovare nulla di sensato che l’aiutasse ad evitare di sbarazzarsi di ciò che fin da bambina aveva preservato contro il volere di tutti. Doveva strappare via la propria coda, tagliarla l’avrebbe fatta ricrescere troppo in fretta. Un brivido elettrico le attraversò le viscere dandole l’impulso di portare le mani a proteggere il margine del muscolo in questione, ma non vedeva altro modo per evitare una morte prematura. Poche ore di riposo e avrebbe colmato la debolezza che quel gesto avrebbe comportato, e sapeva che se fosse rimasta a pensarci un altro minuto avrebbe rinunciato. Una forza invisibile rese i passi della giovane lenti e pesanti, fu come se la sua stessa anima fosse uscita fuori dal corpo per trattenerla, ed impedire quell’azione di cui poi si sarebbe pentita. Bra denudò il proprio corpo entrando nella doccia. In ginocchio prese dei profondi respiri, battendo tra loro le arcate dentali come un animale indifeso nel bel mezzo di una tempesta. Con la mano destra tenne saldamente l’inizio della scura ed elegante coda, con la sinistra portò alla bocca un asciugamano da mordere in caso di acuto dolore. Non appena cercò di estrarla, avvertì una stanchezza fisica paragonabile ad una giornata lavorativa passata a spaccare intere montagne con le sole mani. Ignorando la sensazione, dopo alcuni minuti passati a ripetere la stessa operazione, constatò che non avrebbe mai portato a termine l’estrazione, perché frenata dalla paura e dal ripensamento. Caricò il proprio Ki al massimo della potenza anche se bastarono pochi attimi, e versando fiumi di lacrime con maggiore energia estirpò finalmente il muscolo in una sola volta, sentendo piccoli rivoli di caldo liquido colarle lungo le gambe. Un male mai provato fino a quel momento non le diede modo di trattenere un urlo disumano partito dal fondo del petto. Esausta e zuppa del suo stesso sudore, ebbe la forza di incendiare la prova della natura in cui si riconosceva con un ultimo lampo d’energia, osservando le ceneri spargersi ovunque. La principessa infine cadde sul pavimento vinta dal dolore e dalla spossatezza, assopendosi in un sonno tormentato, riscaldata solo dalla pozza di sangue che circondava quel corpo inerme contenente il coraggio di mille leoni.

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Salve a tutti! Lo so ci ho messo un pochino, almeno ne è valsa la pena? Come vedete ho introdotto una delle coppie che sostengo maggiormente, scusatemi ma dovevo. Situazione interessante non trovate? Adesso se ne vedranno delle belle, Jaco dovrebbe saperlo di essersela fatta scappare così..

Ragazzi io devo porgervi davvero i miei ringraziamenti, siete in undici a seguire questa storia ma io davvero non avrei mai pensato! Vi devo moltissimo e vi adoro tutti quanti, offro caramelle a tutti♡

Un grazie particolare a BlackFeath per aver inserito la mia storia tra le seguite, e a paige95 e felinala per il supporto ed il prezioso sostegno.

Alla prossima♡♡

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Capitolo 9
*** Un'altra. ***


Senza raggi solari, il nuovo giorno venne a cercarla ancor prima che i secondini bussassero alla sua porta, avvisandola sul farsi trovare pronta per quando sarebbero tornati a riprenderla, in vista del rito di iniziazione compiutosi per ogni membro di quell’equipe spaziale non autorizzata. Il torpore donatole dal sonno svanì in pochi attimi conseguenti al suo risveglio, in cui ella trovò immediatamente ogni singolo muscolo indolenzito. La spossatezza pesava sulle sue esili spalle, e la sensazione umida e appiccicosa che stringeva parte delle cosce e del ventre accompagnata da uno sgradevole odore ferroso, non furono una cornice assai piacevole. La turchina sollevò il proprio corpo dal freddo pavimento d’acciaio, esitando qualche secondo prima di rinchiudersi in doccia, lontana da tutto e da tutti col pensiero per pochi minuti. L’acqua calda trascinò giù per lo scarico ogni suo timore, poteva vederne i residui attaccati alle piastrelle, ma quelli forse erano solo frutto della propria mente. Ciò che in realtà vedeva, era il proprio sangue, e ciò che sentiva dentro era un’ansia prepotente ed aggressiva. La paura di restarci secca, di non uscire viva da quell’incontro era molta, ma l'avrebbe affrontata con audacia e classe. Istintivamente, portò una mano a sfiorare la schiena fino ad incontrare il pertugio ove prima albergava la radice della propria coda, infilando un dito all’interno per ispezionare la zona. Una crosta spessa seppur ancora morbida era presente sul fondo, la ferita doveva aver iniziato un ciclo di rimarginazione, anche se quella presente nel suo cuore non sarebbe mai più guarita. Sospirando, si affrettò ad asciugarsi e rivestirsi ripulendo il disastro secco presente in terra. Sullo specchio d’acqua lucido formatosi tra le pareti della doccia, ebbe l’occasione di contemplare la propria immagine riflessa, trovandola totalmente differente da colei che aveva visto all’incirca trenta ore addietro. Se la se stessa di qualche anno addietro fosse stata presente a guardare in che modo era conciata in quel momento, l’avrebbe schiaffeggiata. Non sembrava neanche l’ombra della ragazza di sempre, ed il punto era che per quanto si sforzasse, non riusciva a decifrare i sentimenti. Vi era o no traccia di felicità, il senso di vittoria dell’essersi liberata dall’adolescente in crisi? Quell’aspetto non le donava malgrado avesse preservato la bellezza di cui tanto andava fiera, che fosse quello l’aspetto finalmente esternato della guerriera repressa, della valorosa Saiyan? Questo lo avrebbe scoperto col tempo, per ora sentiva che quei panni le stavano male. O aveva trovato una risposta al quesito che tanto la tormentava, o si era cambiata nel luogo e nel momento sbagliato, ma fatto stava che in veste di combattente finora, era stata capace solo di combinare guai. Forse, doveva prendere la mano, prendere atto del non avere regole e limiti ed imparare a gestire questa libertà, doveva domare gli istinti e soprattutto, controllarli.

Nel momento in cui una mano chiusa a pugno battè due volte sulla porta, ella era già pronta a lasciarsi scortare sul luogo della resa. Asciugando internamente le lacrime con fare protettivo alla parte più debole di sé, camminò a passo svelto tenendosi a debita distanza dagli alieni, cercando di ignorare i loro sguardi, senza incrociarli. La struttura non vibrava sotto i suoi piedi, segno che la nave era probabilmente ferma. Non erano udibili passi ne erano visibili figure di alcun genere, probabile segno della presenza collettiva della ciurma nel posto in cui si stavano dirigendo. Un’ascensore trasportò i tre in una mensa, in cui un piccolo tavolo era modestamente apparecchiato di vari cibi. Quella era probabilmente la stanza riservata ai pasti. La giovane si accomodò senza proferir parola, e sotto gli sguardi sorpresi degli uomini trangugiò ogni cosa senza fermarsi un attimo. Nel sentire quei profumi invitanti della cui natura preferì non conoscere la provenienza -data l’ubicazione in un lato sconosciuto della galassia-, placando semplicemente la fame, senza chiedersi cosa stesse mettendo nello stomaco. Soddisfatta, pulì le labbra col suo stesso guanto con fare strafottente, sorridendo in modo sereno. Se avesse dovuto restare su quel catorcio, voleva che tutti sapessero fin da subito quanto ella fosse decisa ed indomabile, un pericolo per chiunque, e lo avrebbe dimostrato di lì a poco. Si chiese per un attimo cosa stesse mangiando la propria famiglia a casa, e se effettivamente stessero mangiando, se la sua migliore amica avesse tenuto fede alla promessa, se Jaco fosse vivo. Un orribile senso di vuoto colpì le viscere della turchina, ed in poco tempo la colazione appena consumata desiderò tornare all’esterno del suo corpo, ma ella non glielo permise. Poco dopo, si ritrovò all’esterno della navicella a percorrere un lungo tratto, su una superficie molto simile a quella della Terra. In lontananza, Bra potè scrutare un’arena ampia e corrosa all’apparenza, grande abbastanza per ospitare qualche migliaio di persone i cui cori ed ovazioni, risate e voci sovrapposte riempivano l’aria circostante. Arrivati a destinazione, la sua figura risultò ancora nascosta al pubblico. Sotto gli spalti, vi era un piccolo cancello in ferro simile ad una gabbia creata per tenere una sola persona all’interno, e l’illuminazione le arrivò quando ormai era già stata spinta all’interno di essa. Le ordinarono di non muoversi fino a quando non avesse udito il segnale. La voce amplificata di Zargat non tardò a farsi sentire, e con educazione ed eccitazione coniugate in un unico timbro, tenne un discorso d’inizio in cui ella capì di trovarsi sul pianeta Phecopon, e di stare per affrontare un tiranno non proprio amichevole. Applausi e fischi si levarono dalla folla, non appena la sua presenza venne annunciata. Le sbarre dinanzi a lei scomparvero permettendo l’accesso al ring, e dopo aver tirato un profondo respiro scaricando la tensione, la turchina avanzò pacatamente mostrandosi al pubblico. ‘Coraggio Echalotte, fai vedere cosa sei capace di fare a quel figlio di puttana’. Il terreno era arido e privo di forme di vita vegetali, crepato in più punti e pieno di ciottoli. Infastidita e colta da un impeto di rabbia per la propria posizione, rassomigliante al ruolo di un animale da lotta clandestina, attese senza abbassare la guardia il proprio sfidante, promettendo a se stessa di rendere egual misura prima o poi al Capitano. Il vociare generale cessò non appena l’alieno ebbe avvicinato un braccialetto elettronico posto sul polso alle labbra -che fungeva da amplificatore vocale-, presentando un tale di nome Athor. A giudicare dal modo in cui la terra fremesse sotto ogni suo passo, doveva trattarsi di una bestia mastodontica. Una figura animalesca e possente occupò ben presto il campo visivo della turchina, piccola e quasi insignificante al suo confronto. Ella, per quanto provasse -invano- a scavare nella propria memoria, non ricordava aver mai visto un corpo tanto muscoloso da fare impressione. Il capo di quel coso era quasi microscopico in base alla conformazione degli arti e del busto, la pelle di una tonalità giallastra ricoperta da una leggera peluria, e un minaccioso grugno stampato in volto dal quale si levò un feroce e minaccioso verso, fin troppo simile ad un ruggito. Bra osservava lo sfidante a bocca semiaperta, e per un attimo sentì l’impulso spontaneo di chiedersi se fosse un uomo, o un animale. Distanti ormai pochi metri, la sua ombra sovrastò l’intera corporatura della ragazza, che al fischio d’inizio ebbe appena il tempo di saltare all’indietro evitando un colpo che le avrebbe spezzato parecchie ossa. Il cuore prese a battere furiosamente nel petto della giovane, che passò i primi minuti ad evitare e schivare frequenti attacchi brutali e violenti, che distrussero in poco tempo parte del terreno sottostante.

Se c’era una cosa che la Saiyan aveva appreso sin dalla prima lezione di combattimento, quella era studiare l’avversario anche se avrebbe comportato l’essere presi a segno prima di contrattaccare, per apprendere ogni dettaglio del suo stile e agire secondo un logico criterio strategico. Di sicuro in quanto a forza c’era un evidente dislivello tra i due, o almeno -e soprattutto- quando ella non incrementava il proprio Ki, ed uno svantaggio per lei era proprio la mancanza di tempo che quel mostro comportava data la sua incredibile ripresa. Un vantaggio notevole, era invece la possibilità di muoversi molto più velocemente rispetto a lui, penalizzato dalla goffaggine che la sua stessa ingombranza gli portava, e inoltre, era come lei capace di volare. Ordinò a se stessa di ovattare ogni voce e suono eccessivo, creando un campo interiore limitato esclusivamente all’ascolto dei propri pensieri. Equilibrando il corpo e la mente ad un livello pressappoco eguale, affatto intimidita dal pericolo di fronte il quale si trovava iniziò ad occupare in pochi secondi alla volta ogni spazio circostante l’alieno, ronzandogli intorno come un fastidioso insetto in modo da confonderlo e guadagnare tempo per accrescere la propria forza cercando di separare i movimenti ed i compiti. Il maestro del proprio padre, a detta di quest’ultimo, gli aveva sempre imposto un ferreo allenamento sul controllo di ogni parte del corpo per arrivare a lasciar agire ognuna di esse indipendentemente dall’altra, esercizio che in una lotta contro un suo pari ella non era in grado di padroneggiare come Vegeta stesso, ma in quella specifica situazione avrebbe chiaramente potuto mettere in atto due operazioni contraddittorie come l’attacco e la difesa simultaneamente, rendendosi anche più potente di quanto in realtà non fosse agli occhi dei presenti. Suo padre le aveva sempre ripetuto dalla prima lezione insieme quanto potenziale avesse, e che il suo livello combattivo di base sin dalla nascita era di gran lunga superiore a molti Saiyan divenuti potenti che a suo tempo sul Pianeta Vegeta aveva incontrato da neonati, ritrovando poi durante il cammino a cui la vita lo aveva condotto. Tale notizia comunicatale non dal padre, ma dal Maestro nonché Principe della propria razza, crebbe giorno dopo giorno come un piccolo granello di sabbia in un’ostrica divenuto una rara perla nera, preziosa ed unica nel suo genere proprio come lo era lei, facendo breccia nel suo cuore. Era quello il ricorrente pensiero che motivava il suo orgoglio spingendola ad oltrepassare i limiti della sua mente, quali stanchezza e dolore fisico. Non appena ebbe caricato tutta la potenza a disposizione nonostante non fosse al massimo per la quantità di forza persa nell’estremo gesto apportato la sera prima, fu il momento di ribellarsi, sprigionando la propria aura in un grido di rabbia. Si portò in volo a qualche metro di distanza come in partenza, fronteggiando il mostro in posizione d’attacco. Con due dita ed un sorriso beffardo gli intimò di compiere la prima mossa, riuscendo a parare i violenti colpi dell’alieno ed assestarne di ulteriori, procurandogli dolore e danni. Una leggera distrazione le costò lo spezzare della concentrazione raggiunta, e ben presto il lato sinistro del volto fu segnato dalle rosse impronte di cinque enormi nocche. I fiati dei presenti mozzarono il loro ciclo per qualche istante, fino a quando la novellina non acquistò nuovamente la postura eretta. Piccola nella statura e immensa nell’energia, come un uragano si scagliò contro di lui in una furia azzurra, senza preoccuparsi di asciugare il rivolo di sangue fuoriuscito dal labbro inferiore, lo stesso sangue che ben presto coprì molteplici superfici dell’epidermide avversaria. Nella totale determinazione, riscoprì un nuovo piacere, un’adrenalina ed un movente mai avvertiti tanto intensamente, il dolce e perverso gusto per gli scontri. Tutti gli allenamenti portati a termine fino a quel momento, i duelli esercitati con i membri della famiglia o con gli amici, i leggeri combattimenti affrontati ai Tornei, niente di tutto ciò era paragonabile al benessere che percepiva da ogni punto di vista nel misurarsi seriamente con qualcuno. La lucidità e la sanità mentale assenti nell’esperienza avuta in forma Oozaru permisero alla turchina di godere di ogni singolo momento, scavando nella propria attitudine aliena quell’insana frenesia che i membri della sua specie sentivano, e per cui venivano identificati e riconosciuti da ogni popolo. Improvvisamente ogni cosa intorno ad ella scomparve, l’unico dettaglio all’interno del proprio mirino visivo era quel povero malcapitato, convinto come il resto di quel bizzarro pubblico di poter averla vinta. L’unica cosa in cui forse si differenziava dal lato Saiyan inevitabilmente contaminato dall’umanità presente in ogni suo cromosoma, era la pietà, e la volontà del risparmiare l’altro. Fu solo grazie a quel suo stimolo, che dopo un perfetto Final Flash -marchio di famiglia- tenuto come colpo di grazia, atterrò il mostro ormai privo di sensi.

Affannata e madida di sudore atterrò al suolo, osservando la folla intorno a sé, e i compiaciuti ed al contempo sbalorditi sguardi di ogni uomo e donna presente, che in un primo momento di silenzio tombale, esplosero in un fragoroso applauso con tanto di fischi d’approvazione. Zargat, dalla poltrona posta sulla cima dello stadio, batteva le mani lentamente e senza emettere alcun rumore con fare impressionato e piacevolmente sorpreso, e fu quando i loro occhi s’incrociarono che la Principessa senza Regno, soffiò una ciocca di capelli dal viso rimettendola in riga col resto della capigliatura, senza sorridergli né batter ciglio. Non espresse soddisfazione o compiacimento dinanzi alle ovazioni della ciurma, voltandosi al lato opposto per fare ritorno all’uscita della struttura, fiera ed orgogliosa come solo ella poteva essere.



《Senti, devi andartene ok? Mi pare di averti già detto che è finita!》

《Goten..》

《Sparisci, Valese!》La giovane adolescente dai ricci capelli color rame, uscì poco dopo dalla modesta abitazione sui monti Paoz tentando di nascondere al meglio il piccolo luccichio presente nella lunghezza delle ciglia ramate anch’esse, volgendo i saluti a quelli che ormai erano stati i suoi suoceri. Lentamente si avviò fuori declinando educatamente l’invito a cena della padrona di casa, e in pochi attimi il suono del mezzo di trasporto con il quale era giunta fin lì a cercarlo per chiarire la loro rottura, invano. Ormai il moro non avvertiva più alcun sentimento positivo nei confronti della ragazza, sensazione confermata nel momento in cui tenne quella spiacevole ed ultima conversazione con la turchina, di cui comprese e ammise a sé stesso il suo amore per lei. Due giorni erano passati dalla sua scomparsa, e la perlustrazione mondiale lungo l’intero globo attuata insieme ad ogni membro di quella che definivano ‘squadra Z’, non solo lo aveva sfinito, ma si era rivelata un totale disastro. L’aura della ragazza non era presente in nessun luogo Terrestre, e le poche informazioni date dalla propria nipote -che aveva insistentemente pregato senza successo per farsi rivelare l’esatta ubicazione dell’amica- avevano lasciato intendere all’intera famiglia, che la piccola Bra non era presente sul pianeta. Frustrato al proprio massimo, il moro avvertì un impeto di impazienza che lo portò a grattarsi scosso la cute del capo con entrambe le mani. I rimproveri di Chichi provenienti dalla cucina attraversarono tutta la casa, penetrando ogni muro sino ad arrivare alla camera del giovane. Essi non beneficiarono al suo sistema nervoso, né tantomeno i tentativi di Goku di calmarla. 

《È questo il modo di trattare le ragazze? Sei proprio un barbaro lo sai, ma chi ti ha educato così? Io no di certo!》

《Andiamo Chichina, sono ragazzi, può succedere che..》

《Non lo giustificare! Non dovrebbe urlare in testa ad una donna, l’ho sentito fin qui!》

《Sì sì tu hai ragione, ma vedi-》

《Niente ma! Và di là a dare una strigliata a tuo figlio, Goku!》

《Ma che cosa dovrei dirgli, scusa? Se non la vuole non lo posso costringere!》

《Sei un deficiente, non intendevo questo! In tal caso, limitati solo a dirgli che non ne voglio un’altra in casa mia almeno fino a sei mesi dal suo matrimonio! Non ha preso un bel niente da suo fratello! Non può farmi affezionare e poi..》

《Andiamo, che bisogno c’è di piangere?》

《SMETTETELA VOI DUE!》Infastidito come non mai, il giovane sbattè la porta dopo averla precedentemente spalancata per zittire quella ridicola sceneggiata, che contribuì solo a torcergli le budella. Sua madre sapeva essere davvero odiosa quando ci si metteva, anche se una piccola parte di sé sapeva quanta ragione avesse. Da un anno quella ragazza frequentava quell’abitazione, e la bruna l’aveva presa a cuore come una figlia, ma col passar del tempo, quella che inizialmente le era sembrata l’amore della sua vita si era rivelata un impiastro, o almeno, da qualche mese a quella parte egli aveva esaurito il livello di sopportazione nei suoi confronti. Le voleva bene, questo sì, ma non era lei quella che desiderava gli scaldasse il cuore di notte. Avrebbe dovuto metterci più criterio nella valutazione e specialmente, avrebbe dovuto aspettare prima di presentarla ai genitori, ma l'infatuazione che lo aveva attanagliato era sembrava talmente forte e autentica da illuderlo sulla sua durata, quel per sempre in cui prima o poi ogni uomo s’imbatteva, non era dedicato a lei. L’unica cosa che gli aveva sempre impedito di ascoltare il proprio cuore sin dal principio, era il timore di un rifiuto e di un’opposizione da parte della famiglia di colei che gli aveva realmente fatto perdere la testa. La sua vigliaccheria -e ne era certo- assieme al suo imperterrito temporeggiare aveva portato ad un punto cieco, in cui nient’altro era nelle sue possibilità oltre all’aspettare, attendere notizie che forse non sarebbero mai arrivate, attendere una persone che per quanto egli sapesse, poteva anche essere morta. Un incerto battere sul legno della porta contraddistinto dall’aura del proprio padre, non gli diede il tempo di versare le lacrime che spingevano al di sotto dei suoi occhi per uscire, e la figura dell’uomo entrò in stanza pochi attimi più tardi, col volto dipinto da un’espressione vinta e rassegnata. Pacatamente, Goku prese posto ai piedi del letto del suo secondogenito, contorcendo il viso nella più seria espressione possibile, seppur poco convincente, poggiando una mano sulla sua gamba distesa. Non ricevendo alcun segno di complicità da parte del giovane, il Saiyan sospirò iniziando a parlare.

《Figliolo, tua madre è in pena e in lacrime, arrabbiata con te e non so come sia possibile, automaticamente anche con me, e mi ha pregato di venire qui ad ucciderti per come ti sei comportato poco fa.》Nonostante le intenzioni del giovane fossero tutt’altro che positive, non riuscì a trattenere uno sbuffo divertito a quelle parole. Quella reazione provocò nell’uomo un evidente sollievo, che gli diede modo di sbloccarsi.

Papà non fare il cretino..》

《Scusa tesoro, non so come fare per riappacificarvi. Avete entrambi ragione, credo che dovresti venire di là a parlare con la mamma, e spiegare le tue ragioni.》 Il forte bisogno di confidarsi, dare libero sfogo ai demoni interiori crebbe in lui fin troppo velocemente richiamato dalle brutte sensazioni provate prima dell’irruzione in stanza di suo padre, e inesorabilmente, Goten cedette ai dispiaceri puntando sull’onestà e la comprensione della splendida persona che aveva dinanzi.

Papà, sono preoccupato. Non ho voglia né tempo di dedicarmi a lei, e in più ho scoperto lati del suo carattere che non riuscirò mai a farmi piacere.》

《E la sua insistenza ti dà fastidio, lo capisco figliolo. Ma avresti dovuto mantenere la calma, sei un uomo migliore di così.》

《Lo so e mi dispiace.》

《Parlerò con tua madre, le passerà in fretta.》

《Già, e puoi anche dirle di non preoccuparsi per l’altra, perché la conosce già.》

《Allora c’è un’altra! Dì un po’, non avrai mica..》

《No, no! Niente alle sue spalle.》

《Bene, allora non sentirti in colpa. E dimmi, anche io la conosco?》

《Sì, certo.》

《Urca! È chi è? Ho capito non vuoi dirmelo.. beh posso almeno sapere dove si trova?》

《Lei.. lei adesso non è sulla Terra, papà.》



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Salve a tutti!!

Ve lo aspettavate? Il nostro romanticone ha vuotato il sacco! Chissà Goku come la prenderà..

Ma veniamo a noi, peperina la Principessa, no? Volevo informarmi che ciò che ho scritto riguardo il suo livello combattivo non sono cacchiate, in Multiverse infatti Bra aveva 13.568 di livello appena nata, superiore anche a Broly, e perfino a Goku nella prima serie di ben 1.356,8, è quindi la Saiyan di forma base più potente di tutti, devo farla valere per forza raga, e poi non mi devo incacchiare del fatto che in GT sembra una stupida e.e mannaggia a loro!

 Non perdetevi il prossimo capitolo, perché ci saranno dei colpi di scena pazzeschi ed una apparizione speciale che vi avevo anticipato qualche capitolo addietro (vi ho anche nominato la persona..), che spero gradirete! Che dire, ringrazio Altreya per aver inserito la mia storia tra le seguite, e ringrazio da morire paige95 e felinala per il loro prezioso supporto. Un grazie anche a tutti voi che seguite questa storia e che passate a leggere, vi adoro. ♡

Alla prossima!♡♡


P.s: Scusate per la poca fantasia.. chi è cresciuto con i cartoni di vecchia generazione sa da dove ho preso il nome del pianeta :'D oh, e ogni riferimento a Pirati dei Caraibi è puramente voluto!

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Capitolo 10
*** Lo vedrai. ***


Salve a tutti!

Ragazzi, ve lo giuro, mi sono messa a piangere mentre scrivevo questo capitolo, fino ad ora è il mio preferito. Non perché io abbia chissà quale proprietà di scrittura o linguaggio, non perché abbia creato chissà quale capolavoro che manca alla matita di Toriyama, ma per il semplice motivo che ormai ho preso davvero a cuore la storia e i personaggi come se li avessi creati io, come se fossero veri! Potete tranquillamente prendermi per la pazza psicopatica quale sono, ma il mio cuore ha rischiato di scoppiare per le emozioni che mi sono venute ad immaginare queste scene, ora la finisco con le smancerie :’) e vi auguro una buona lettura, e scusatemi per i troppi dialoghi♡

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La confusione aleggiava nella mente ovattata dell’uomo, come una folata di vento nel mezzo del deserto assoluto che portava con sé tanti minuscoli granelli di sabbia. L’espressione imbambolata e smarrita sul volto del maturo Saiyan assunse un tono di sbigottimento, sostituito poi dalla comprensione e dalla presa della realtà. Come se qualcuno avesse pigiato un invisibile interruttore sul retro della sua nuca portando un po' di luce in quella che era una camera vuota alle parole del figlio, la consapevolezza si fece spazio in lui scendendo sino al petto, ove avvertì il proprio cuore non più soggetto alla patologia che anni addietro aveva rischiato di portarlo all’altro mondo, perdere qualche battito, fermarsi alcuni secondi, improvvisamente gelido così come il sangue che aveva arrestato la propria corsa nelle vene. Tante cose stavano accadendo dentro Goku, molte emozioni stavano intrecciandosi tra loro andando a sfiorargli il cuore schierandosi in due lati opposti come eserciti di truppe nemiche, generando in lui e sulla sua coscienza una profonda indecisione, influenzata fin troppo da entrambi i moti per affermarsi parte integrante di uno dei due lati. Era felice, molto. Bra era sempre stata presente nelle loro vite, era la propria allieva, la “nipotina” acquisita a cui era più affezionato, la più buffa, impertinente e divertente ragazza che avesse mai conosciuto, nonché la figlia della sua migliore amica da quando aveva diec’anni, una delle persone a lui più care, e tutto ciò scatenava in lui un elettrizzante e piacevole sensazione al pensiero che suo figlio si congiungesse a lei. Guardandoli da un punto di vista estraneo e simultaneamente diretto in seconda persona, erano meravigliosi insieme. Due guerrieri guidati dallo stesso spirito, due animi forti senza alcun segreto l’uno per l’altra in merito alla stretta amicizia che da sempre li legava, due caratteri differenti in perenne lotta tra loro, smania di manie di controllo e sempre pronti a primeggiare, in grado di venirsi incontro in qualsiasi situazione. La complicità tra loro nasceva e si sviluppava naturalmente ogni qualvolta sceglievano sotto forza maggiore di allearsi, ma l’uomo così come gli altri membri di quella famiglia allargata per scelta di tutti, non aveva mai visto tale intesa sotto una luce intima ed estremamente confidenziale come l’amore, eppure suonava bene, e ciò non era altro che un fattore utile ad incrementare quella gioia. Dall’altro lato invece, era anche la figlia di Vegeta, ed altre parole ad esprimere il concetto che rendeva un’orribile sensazione di disagio nel Saiyan, sarebbero state futili.

Goten, figliolo, ti prego dimmi che hai conosciuto un’aliena che è dovuta tornare sul suo pianeta natale.》 

《Non proprio..》

《Si può sapere com’è che alla fine voialtri dobbiate fare sempre qualcosa che mi porti a litigare con Vegeta, eppure lo sapete che quando perde le staffe è più forte di me!》

《Che dici?!》

《Goten io non mi opporrei, ma ti prego stai attento, non sia mai, prendete ogni sorta di precauzione esistente, Vegeta mi sotterra vivo!》

《Papà, ma insomma!!》La tonalità del viso del giovane divenne un grado più scura ad ogni parola. Il solo ascoltare quegli ambigui ammiccamenti bastò a mandargli il volto in fiamme, e i pensieri arpionati a certe immagini. Imbarazzato oltre i propri limiti, Goten massaggiò le tempie cercando di evitare lo sguardo del padre, divertito da quella reazione, ma seriamente preoccupato per ciò che aveva intimato al ragazzo. Il moro sapeva perfettamente quanto genuini, semplici e privi di malizia fossero i discorsi del padre, espletati e generati dalla sua mente spontaneamente, senza rifletterci troppo allo stesso modo di quelli di un bambino. 

《Mi spiace che ti senta così, ma non credo tu abbia qualcun altro all’infuori di me o Gohan con cui parlarne. Trunks lo escludo, e tua madre ancora peggio, giusto? E poi chi meglio di tuo padre può dirti certe cose.》

《Il problema è che lei non sa niente. Sto iniziando a pensare che sia anche colpa mia se è fuggita.》

《La troveremo, e quando sarà potrai scioglierti i dubbi faccia a faccia con lei. Domattina andrò da Ub per allenarlo, vuoi partecipare e schiarirti le idee?》

《No, ti ringrazio papà.》

《Goku, presto, c’è Bulma al telefono!》In men che non si dica, i due Saiyan attraversano il corridoio della casa che in quella circostanza dava l’impressione d’essere molto più lungo del normale, precipitandosi al telefono ove la donna della famiglia aveva provveduto ad inserire il vivavoce.

Goku? Sei tu? Ascolta devi venire qui subito!》

《Perché piangi così tanto? Ma che avete voi donne stasera? AHIO!!》

《IDIOTA! Ascoltala!》 

《Grazie cara. C’è Jaco qui con me, dice di sapere dove si trova Bra, è stata rapita, ti prego fate in fretta!》 

《Arriviamo Bulma!》Sconvolti dalla notizia appena comunicata dalla scienziata, i tre veloci come fulmini s’apprestarono a chiudere ogni finestra dell’abitazione, volando in direzione della Capsule Corp;. Chichi, sorretta dal marito ancora dolorante a causa di un visibile bernoccolo sul retro della testa procuratogli da ella stessa nel corso della telefonata con la migliore amica, nascose il volto nell’incavo del collo dell’uomo, spaventata a morte dall’altezza a cui era rispetto al terreno, e la velocità pazzesca a cui si stavano muovendo. Goten era afflitto ed angosciato, il suo corpo si muoveva da sé senza che gli impulsi cerebrali potessero trasmettergli qualsivoglia ordine, poiché la sua mente era impegnata in ben altre faccende. La paura ed il terrore erano comodamente adagiati al suo corpo nella stessa posizione in cui si trovavano i suoi genitori, e come parassiti indesiderati premevano sul proprio sterno battendo contro il cuore, allungando i loro viscidi tentacoli nei fori uditivi del giovane per andare ad avvolgere il cervello, che pensava a comando dei loro suggerimenti uno scenario orripilante, in cui Bra come protagonista, soccombeva sofferente per mano di qualche spietato alieno. Era perfettamente conscio della potenza della turchina, è avrebbe scommesso i propri attributi puntando sulla sua incolumità e destrezza nell’affrontare la situazione in cui era andata a cacciarsi, eppure non riusciva a fare a meno di abbandonarsi a lugubri ed esuli pensieri, scacciati appunto l’attimo dopo il loro nascere da egli stesso. Senza accorgersi di star atterrando nell’immenso giardino dei Brief -ove era stazionato a dovere il veicolo del guerriero d’élite-, il moro ristabilì il contatto con la realtà solo nel momento in cui le piante dei suoi piedi toccarono terra, avvicinandosi al resto della combriccola riunita accanto al Poliziotto Galattico. Gohan e Pan erano presenti anch’essi, e con un veloce scambio di saluti alquanto formale -tranne che per il trio dell’ultima generazione presente-, tutte le attenzioni furono rivolte all’alieno, retto in piedi come se la colonna vertebrale di cui era dotato fosse inflessibile, a braccia conserte e il capo basso. Schiantandosi la voce, iniziò a parlare rivolgendosi soprattutto ai genitori della ragazza.

So dove si trova, ma potrebbe anche non essere così. È una supposizione, probabile, ma lo è.》

《Tu sei venuto qui per una supposizione? E non potevi accertartene e telefonarci nel caso?》

《Spero tu stia scherzando. Coraggio, salite a bordo.》 

《Cosa? Loro non si muovono da qui fino a quando non avremo qualcosa di concreto!》

《Se ti aspetti che io mi avvicini di nuovo a lei da solo, puoi scordartelo. Tua figlia mia cara, mi ha quasi disarcionato, procurato ferite ancora abbastanza gravi, e visibili anche nel caso non avessi notato, ed ha distrutto la mia bambina sbattendomi con lei ai confini dello spazio con le sue enormi mani scimmiesche!》 

《Aspetta, Bra si è trasformata? Ed era forte?》

VEGETA!》

《Era solo per sapere terrestre, calmati. Comunque, perché non chiedi aiuto alla tua squadra?》

《Beh se non vuoi che tua figlia venga abbattuta in quanto ormai segnalata come massimo pericolo, o a meno che tu non voglia avere a che fare con lei solo per telefono per il resto della tua vita no, non posso. Allora, salite?》Le parole dell’uomo non fecero che aggravare la situazione generale, incrementando le lacrime agli occhi delle donne presenti, e la rabbia nei guerrieri. Dopo aver preso un lungo sospiro espellendo figurativamente il fuoco che aveva in corpo, Trunks prese cautamente la parola.

《Jaco, come fai a sapere dove si trova?》

《Stavo tornando dal mio turno di lavoro, e l’ho vista. Combatteva contro tre uomini. Due sono mangime per pesci ora, ed uno era con me sull’astronave quando ci ha colpiti. Dopo essere stati soccorsi dai miei compagni, sono tornato a cercarla e lei non c’era. Mi sono messo in viaggio imbattendomi in una nave, che portava lo stesso simbolo stampato sulla tunica degli uomini contro cui si è difesa. In quel momento avevo la testa altrove e non ci ho fatto caso, ma adesso so che quella gente è pericolosa, credo che l’abbiano presa in merito a ciò che ha fatto. 》

Bene, andiamo.》

《Trunks tu resti qui. Io e Kaaroth-》

《È mia sorella! Prima che sparisse abbiamo litigato di brutto, e non me ne starò fermo qui senza far niente rischiando di non poterle chiedere scusa. Io vado.》

 《Vado anch’io.》

《Pan!》

《Papà, è una vita che salvate i mondi e le galassie, lasciatene un po' a noi!》

《Ha ragione fratello, perché ci allenate se non ci date modo di passare all’azione?》

《Sapete, è per questo che Bra è fuggita.》A turno, i tenaci mezzosangue balzarono all’interno del veicolo spaziale dalla tetto decappottabile, schierandosi fianco a fianco come se da un momento all’altro, qualcuno dovesse omaggiarli con scatti e medaglie, anche se le loro espressioni facciali erano tutt’altro che divertite. Sospirando, gli eroi del loro tempo scambiarono tra loro sguardi complici, formulando domande e scambiandosi opinioni e pensieri quasi telepaticamente, giungendo alle stesse conclusioni. Senza batter ciglio né spendere alcuna parola in merito, i tre Saiyan adulti annuirono in direzione dei giovani, augurando loro buona fortuna, bilanciandosi più del dovuto soltanto ammiccando un sorriso diverso per ognuno di loro. Vegeta sorrise compiaciuto, Goku palesemente fiero, Gohan semplicemente felice. 

Non vorrete farli partire sul serio, razza di sconsiderati?》

《Si, Chichi. Partiranno.》

《Per una volta sono d’accordo con lui.》

《State iniziando a trovarvi spesso sulla stessa lunghezza d’onda voi due, vero?》

《Tsk. Dì a tuo padre di non abituarsi. Non accadrà più.》

《Sicuro? Io non ci conterei troppo Vegeta, eheh!》Confuso ed interdetto da quell’insolita risposta, l’orgoglioso Principe dei Saiyan replicò con un semplice sbuffo infastidito, mentre il suo eterno rivale strizzava l’occhio al proprio secondogenito con fare ingenuo, anche se evidentemente, lui neanche aveva capito a cosa si riferisse l’uomo, impegnato com’era nel controbattere ai pareri dei compagni già intenti a formulare strategie d’attacco e difesa. Sollevato nell’animo per la felicità di avere al proprio fianco delle persone qualificate in grado di salvare l’adorata nipote, Jaco prese posto all’interno del mezzo di trasporto cercando di sistemarsi più comodamente possibile, dato il fatto che quel veicolo fosse stato collaudato per appena una persona, o al massimo due se sapevano stringersi. Con un notevole sforzo ed impegno, tutti riuscirono ad accomodarsi occupando ogni spazio a disposizione, anche se ciò implicasse che qualcuno stesse disteso, a gambe aperte, o accovacciato. L’alieno diede opportunità ai comandi a propulsione di accendersi, e dopo poco, nuovamente si diresse sotto gli occhi commossi e i cuori speranzosi delle famiglie verso casa propria, di modo da sistemare i ragazzi per prepararli ad affrontare qualsiasi cosa, offrirgli del cibo prima della partenza, e disegnare un piano di ricerca per mettersi sulle tracce della nave su cui era ubicata la più piccola tra loro. Un’intera settimana scorse rapidamente, sulla Terra gli impegni non lasciavano spazio ai suoi abitanti di fermarsi un istante a contemplare le piccole cose quotidiane, ma essi trovavano ugualmente il tempo di rilassarsi e beneficiare dei momenti di pausa per prendere fiato e godersi quegli attimi in compagnia delle persone amate, come avrebbero voluto fare al più presto anche sei genitori fin troppo agitati, ed un’intera famiglia scombussolata dalla partenza degli individui più assoggettati alla protezione di ogni membro di essa. Tutti loro auspicavano nel ritorno di ognuno dei quattro raggi solari, che avevano inconsapevolmente oscurato le loro vite con quell’assenza già fin troppo prolungata. Ma dall’altro lato, adesso ogni combattente, amico e genitore coinvolto, poteva toccare con mano e sulla propria pelle le spiacevoli ed opprimenti sensazioni che i loro familiari subivano quando essi si assentavano per cimentarsi in imprese rischiose con la possibilità di non fare ritorno, giurando internamente in confidenza con sé stessi di non sparire più. Goku, massimo esponente implicato nella questione, optò per allenare il proprio allievo a casa propria, andando a prenderlo per poi riportarlo a casa al calar del sole ogni giorno, usufruendo della tecnica del teletrasporto. A distanza di undici giorni dalla partenza dei ragazzi, non passava mezzo dì nel quale tutte le madri chiamassero Jaco, per mettersi in contatto con i propri figli, accertarsi delle loro condizioni fisiche e morali, ed essere messi al corrente di qualsiasi novità, di entrambi i fronti per natura. La ricetrasmittente dell’alieno minacciava di esplodere così come il suo udito, trovandosi spesso in preda ad una crisi nervosa. L’uomo difatti, ne aveva di questioni in sospeso di cui preoccuparsi nel proprio sacco. Il suo congedo era terminato, e l’operazione di ricerca andava purtroppo a rilento a causa della sua pretensione -e quella della sua fidanzata- di non lasciare le pestifere forme umane in giro per lo spazio aperto da sole con un mezzo interstellare tra le mani, data la precedente esperienza negativa. Jaco stava riscoprendo in sé un’innata padronanza teatrale, ed una facilità troppo sfruttabile nel farsi compromettere. Sotto richiesta dei ragazzi, era infatti riuscito a farsi sottoscrivere dal proprio medico un permesso mensile dell’astensione al lavoro, a causa dei danni subiti dall’impatto e la fragilità delle ossa in quella specifica circostanza. Promise a se stesso che presto o tardi quando avrebbero ritrovato la turchina, le avrebbe immediatamente stampato due contorni delle mani dritti sul viso, dopo averla soffocata in un abbraccio. Dopo interi giorni di ricerche, sfruttando i suoi vantaggi tecnologici e sociali e conoscenze varie dati dal titolo che portava, per intercettare la nave e finalmente, riuscirono nei tentativi. Senza rivelare i metodi utilizzati, Jaco riscontrò successo nell’ottenere le informazioni desiderate: Bra era viva, parte della ciurma, parte della nave. Quel giorno i festeggiamenti durarono molte ore, è la notizia non tardò a viaggiare attraverso l’intera galassia fino ad arrivare sul pianeta dei tre, dove finalmente aleggiava un’atmosfera leggera e colma di gratitudine. Ora, non restava che recuperare Echalotte, la meravigliosa guerriera capace di tenere testa ad una delle gang più pericolose del Cosmo. 



Quel luogo non era mai stato più bello come allora da anni. Da tempo non vedeva la sua gente sorridere e campare tranquilli in serenità. Certo, l’unica pecca era avere un sosia cadauno in carne ed ossa, ma quello rappresentava per ogni persona il problema minore e meno rilevante. Grazie alla vicinanza, all’impegno ed al contributo di ciascuno di essi, ora quegli abitanti disponevano di nuove strutture in cui vivere, istruirsi, curarsi, e divertirsi. Tutto andava nel verso giusto, ed ora come allora, ognuno dei presenti che con impegno e perseveranza avevano dato vita a nuovi esseri per ripopolare almeno parte del pianeta, egli era ancora considerato un eroe da omaggiare, e ringraziare ogni volta che lo si incrociava. Nuovi orticelli e piccoli allevamenti sorgevano da quasi un ventennio, ed il sorriso abbondava maggiormente sui volti dei terrestri. Il viaggio che stava progettando da qualche anno poteva essere messo in atto, e senza esitare un minuto di più, Trunks girò la chiave all’interno del quadro dopo aver salutato la propria moglie ed il proprio figlio, partendo alla volta di una dimensione parallela alla sua, diciassette anni nel passato attraverso lo spazio-tempo.

Il cielo della Capsule Corp; quel pomeriggio domenicale ove la squadra Z si era riunita per pranzare collettivamente, d’improvviso si tinse di un vortice giallo speciale, un mulinello apparso dal nulla che ogni persona riconobbe all’istante, è che scaturì all’interno di ogni individuo un misto tra euforia e timore, incapace di essere controllato. La macchina del tempo atterrò poco distante dal lungo tavolo al di sotto del gazebo del giardino in cui la famiglia stava consumando il pasto, e dal suo interno ne uscì un uomo ormai maturo, cresciuto più nell’animo che nel corpo giovane quanto quello di un normale trentenne, dall’aria vissuta e l’espressione pacata e felice. I capelli nel solito taglio lillà, con l’unica caratteristica della spada sulle spalle, ormai assente per mancanza di necessità. Senza dare un attimo di pace all’uomo, lieti della sua apparizione motivata da una lista ragione, tutti si precipitarono a porgergli i saluti e donargli i più caldi abbracci possibili, enfatizzando il suo aspetto e soprattutto, la sua età attuale, che nel presente in cui si trovava, corrispondeva a trentasette anni. Trunks si accomodò volentieri partecipando alla tavolata, discutendo generalmente sulla situazione del futuro in cui egli abitava. Dopo un resoconto delle domande più frequenti e generali, il lillà chiese espressamente di coloro che all’epoca aveva conosciuto come semplici bambini.

Ah Trunks, sono partiti per un’importante spedizione. Vedrai figlio mio come sei cresciuto, sei forte e bello come lo eri la prima volta che ti ho conosciuto!》

《Sul serio, mamma?》

《Quanto ti fermi qui?》

《Non so Goku, perché me lo chiedi?》

《Beh penso che resterebbero delusi se non ti vedessero, no?》

《Già, inoltre c’è qualcuno che credo sarai felice di salutare.》

《Dici davvero, papà? E chi è?》

《Lo vedrai quando la riporteranno a casa.

 

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Dimenticavo, grazie infinite a tutti voi che seguite il mio lavoro, specialmente coloro che mi seguono e mi supportano da quando ho iniziato. Grazie a paige95 e felinala♡

P.s: ogni riferimento a Pirati dei Caraibi è puramente voluto :')

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Capitolo 11
*** Nient'altro che ira. ***


L’orribile senso di prigionia ed instabilità psicofisica provato negli ultimi tempi di costrizione tra quelle genti d’improvviso tacque, e la grinta poté fare il suo ritorno nei meandri di ogni più piccolo dettaglio costituente l’Io della giovane, giovata dalla presenza dei propri affetti. Dal loro piccolo tocco, una nuova forza era ora in possesso delle sue fattezze, ella ne avvertì quasi immediatamente i caratteri attraversarle ogni vena, riaccendendo una scintilla che poco prima aveva creduto essere perduta per sempre, spaccando dalle pareti del suo cuore la dura crosta composta da tutto il nero che ne aveva avvelenato la speranza. Come un evasore, fatta schiava delle figurative catene riflesso di amarezza sofferta fino a pochi istanti addietro, la felicità tornò a splendere scavalcando le spinose recinzioni in cui era forzatamente tenuta, lontana da tutto ciò che di bello fungeva da alimentatore per essa, ora libera di correre sulla superficie della coscienza lieta di sapersi affiancata da persone che indubbiamente, ne amavano perdutamente la portatrice. Malgrado la volontà di esprimere verbalmente dubbi, pensieri, parole dettate da rabbia, preoccupazione, gioia, commozione e curiosità fu spezzata dall’inopportuno contesto in cui attualmente i quattro erano coinvolti in svantaggio numerico, minacciati di morte ed attaccati senza alcuna pietà lottando spalla contro spalla in circolo per garantire protezione gli uni agli altri, ogni sorta di dialogo fu saggiamente rimandato. Eppure, un logorante quesito fastidioso come un tarlo e di fondamentale importanza per tre quarti del gruppo, non poté attendere oltre ad essere espresso. Il bisogno, la necessità di sapere accomunate i giovani confusi ed interdetti, risultò essere di gran lunga più rilevante dei proiettili al plasma indirizzati verso i loro corpi scarsamente muniti di protezione, coniugati alle ripetizioni di colpi di decine di arti in contemporanea. 

《Bra, dove cazzo è la tua coda?》

《E che diavolo hai fatto ai capelli?!》

《Possiamo parlarne quando cessa la pioggia radioattiva e magari siamo al sicuro?》Dinanzi la reazione dei compagni ai suoi mutamenti estetici, in mancanza di due fattori di cui ella stessa dichiarava da sempre apertamente il proprio amore verso di essi -ricorrendo a cure maniacali nei loro confronti-, Bra non trovò in sé l’appropriata fermezza in grado di controllare l’istinto di ridere, nonostante si vide costretta ad adottare un ironico e apatico responso. L’ilarità della situazione parve surreale. Per un solo istante, a nulla valse la fatica del rude combattimento a destare un prolungato contatto visivo, che avrebbe di certo significato un irrecuperabile lasso di tempo perso, ed una distrazione le cui conseguenze sarebbero potute risultare fatali.

A mezz’aria, parve accendersi un intenso bagliore visibile solo ai due animi interessati, ora in contatto attraverso i lucidi specchi di contrastante intensità, la cui forte emozione era apertamente decifrabile a distanza di molti raggi. Schierati frontalmente e inconsapevolmente protetti dagli attacchi provenienti dalla navicella di Jaco, intento a contrastare il nemico accortosi del visibile sgomento dei due, Goten e Bra ebbero tutto il tempo per ristabilire internamente un approccio, poterono quasi riuscire a captare le vibrazioni dei loro corpi scossi da involontari fremiti, riflesso d’agitazione e adrenalina nell’essere nuovamente a distanza di un palmo dall’altro dopo interminabili giorni di sofferenza, intimiditi ognuno dalla possibile reazione dell’opposta parte, in merito alle rispettive idiozie compiute istintivamente e senza aver adeguatamente riflettuto in merito, causa di reciproco dolore. Perspicaci, seppero cogliere a vicenda il contenuto dell’introspettivo silenzio, che preannunciava una conversazione da affrontare a scudi calati senza maschere né discolpe, arsa però di moltitudini di sentimenti ai quali avrebbero dovuto dare finalmente una voce propria, senza più misteri, giochi di parole, gesti allusivi. Il calore irradiato nel petto dei due in seguito ad un contemporaneo e sincero sorriso, spazzò momentaneamente via ogni incertezza e negatività, portando le menti in simbiosi di entrambi a vagare lontane dai corpi immobilizzati in un figurativo e personale vortice interdimensionale, ove lo spazio-tempo era per esse inesistente permettendo loro di colmare i vuoti lasciati dalla distanza, senza essere disturbati in alcun modo dalle assordanti raffiche di tonfi secchi generate da perforazioni di materiale, esplosioni, urla e ordini impartiti, come se questi fossero automaticamente stati esternati dai loro fori uditivi. Le immagini nel circostante campo divennero sfocate, una tavolozza di luci e colori a fungere da sfondo ai visi ove lo sguardo dell’uno era posato sull’altra. Approssimativamente, settantacinque secondi scorsero dal principio di quel che parve ad entrambi un’eternità nella quale volentieri sarebbero rimasti a crogiolare ancora, interrotta però da un sottile segmento luminescente, andato velocemente a sfiorare uno dei perfetti zigomi della turchina, portandosi nella sua corsa una coda di liquido vermiglio depositatosi in terra. Lo stridente fastidio associato al leggero fil di fumo composto dall’odore di ferrosa carne bruciata riempì le narici della ragazza, fiondatasi a malincuore in basso diagonalmente alla postazione in cui si trovava pochi attimi addietro verso il sicario responsabile del suo male, roteando su se stessa. La suola dello stivale da ella indossato quel mattino all’estremità della gamba tesa, colpì in pieno volto l’uomo in questione, la cui mancata prontezza nello schivare il nuovo ed improvviso attacco comportò un sinistro scricchiolio alle vertebre del collo, piegatosi come madre natura nel proprio disegno, non aveva previsto che facesse. Riacquistato pieno possesso delle capacità sensoriali, le iridi della giovane si mossero intenzionate ad analizzare il suolo, coperto di un macabro tappeto di corpi moribondi. Nell’osservare le zolle di terra pregne del sangue dei soldati, istintivamente Bra portò il dorso della propria mano a raccogliere le scie cremisi colate fin sotto il collo, sporcando i candidi guanti. Non era questo il modo in cui avrebbe voluto vincere, ed uscirne illesa da quell’incubo.

《Dovresti stare più attenta, lo sai?!》Un timbro vocale oltremodo serbato nel cuore della giovane aleggiò in lontananza da un altoparlante, fonte di commozione e irrefrenabile voglia di abbracciare il proprietario. Guidata da una forza maggiore, ella caricò il proprio corpo per poi sfrecciare verso il punto in cui era proiettata, picchiettando poi la mano sul vetro anteriore del mezzo nel tentativo di convincere il comandante ad aprirle il portellone. Questo, volgendole un’occhiata sconvolta muovendo in circolo il dito indice nei pressi di una tempia, dovette infine cedere alle smanie della nipote, accogliendola all’interno dell’abitacolo dopo essersi accertato che nessuno tentasse di emulare le sue movenze. In pochi secondi, Jaco fu travolto da un uragano turchese, che prese a stringergli le braccia al collo stando però attenta a non compiere alcuna mossa avventata, esultando con foga. Poco dopo, il fondo schiena del Pattugliatore Galattico abbandonò il sedile sul quale era adagiato, sollevato dal soffocante abbraccio della ragazza scossa dai singhiozzi. Il  suono di quell’innocente lamento trafisse ogni parte del corpo dell’uomo come una miriade di lance di fuoco, e ben presto si ritrovò a carezzarle dolcemente il capo cercando di assumere un atteggiamento scherzoso, ridacchiando per non cedere alle lacrime.

《Su, coraggio piccola, è tutto a posto.》

《No non è tutto a posto! Stavo p-per ucciderti, potevi m-morire a causa mia! Sono stata una v-vera idiota, scusami Jaco!》

《Va’ tutto bene, ‘Lottie.》Quel tenero vezzeggiativo adottato dall’alieno nel solo periodo della prima infanzia della turchina, diede modo a quest’ultima di placare l’ondata di emozione in cui era andata a perdersi, nel constatare l’indennità dell’oggetto di parte dei suoi tormenti. Quando fu abbastanza cosciente da rimetterlo in terra, il solito carattere azzardato prese nuovamente parte di lei, e fu impossibile desistere dall’accomodarsi al lato del guidatore, e chiedergli di farle sparare qualche proiettile dalla postazione in cui era. Solleticato nel sistema nervoso a causa dello smanettare della giovane come se non ci fosse un domani -ed una manovra del mezzo in cui questo si era più volte ribaltato-, Jaco ordinò alla turchina di tornare nella mischia, incentivandola a dare il meglio di sé. Eppure, a Bra non sfuggì l’impercettibile sospiro di sollievo venuto dalle labbra dell’uomo un attimo prima che uscisse dal portellone. Divertita, affiancò quindi i propri compagni. Molti dei nemici, a turno facevano capolino dalla Nave in cui erano celate le riserve, a bordo di piccoli ovetti alati di metallo aventi la capacità di colpire a distanza con una potenza esageratamente maggiore rispetto alle armi in loro possesso. Esasperati, gli ibridi Saiyan atterrarono frettolosamente nello stesso punto, guidati dallo spirito guerriero che avendo memorizzato tutti gli allenamenti di gruppo attuati fino ad allora, obbediente li aveva condotti ad agire secondo una strategia comune. A schiena unita, gli uni davano le spalle agli altri come quattro punte di un rombo, e simultaneamente, ognuno piegò le ginocchia portando le braccia a creare una sfera d’energia, che si sarebbe in poco tempo evoluta in due Kamehameha, e rispettivamente, due Garlik Gun. Affaticati ed ansimanti, gli ultimi discendenti appartenenti ad una specie unica quanto rara che mai più sarebbe vissuta in quell’Universo, intensificarono il proprio Ki sino ad essere avvolti da un’unica fiamma corrente da differenti sfumature. Una forza repressa accresciuta dall’ausilio di tutti i componenti attraversò i corpi di essi, che appesantiti dall’energia generata, sprofondarono nella crosta planetaria crepandone parte della superficie, e non appena l’urlo di battaglia fu ultimato, quattro raggi partirono a velocità incalcolabile spingendo l’accompagnatore dei responsabili a rifugiarsi, spazzando letteralmente via buona parte dell’esercito, e distruggendo la base metallica di esso. La perfetta combinazione di tecniche apprese dai propri maestri non fece altro che scatenare l’ira dei superstiti, che con occhi quasi iniettati del contenuto dei capillari rotti dallo sforzo di difendersi, optarono all’estremo della pazienza di rompere qualsivoglia formazione avessero prospettato in circostanze del genere, attaccando liberamente e brutalmente feriti dalle perdite subite in così poco tempo, rispetto all’intera carriera dalla nascita di quell’armata. Nei conseguenti tempi, lo scontro divenne terribilmente cruento, e sulle parti di pelle scoperte dei quattro consanguinei, apparvero innumerevoli ematomi e segni d’acciacchi, adornati da tagli di lieve o preoccupante natura.

Per i due Saiyan soggetti già a molteplici avventure, non fu certo la prima presa in una battaglia senza regole e dal libero sfogo, in cui a fronteggiarli erano mostri e creature aliene o divine in grado -e con l’intenzione- di eliminarli, ma i veri e propri eventi in cui la loro vita fu provata e messa in pericolo risalivano a fin troppi anni addietro, e malgrado il costante allenamento ed il vantaggio in esperienza del capo, per degli adolescenti l’affrontare un’intera armata composta da elementi al loro stesso livello di preparazione, valeva ugualmente a dire inferiorità, capacità di tenere il controllo della situazione e sincronicamente provvedere all’incolumità delle due ‘apprendiste’, senza contare l’eccessivo consumo di energia che la trasformazione corrente sottraeva loro. L’entusiasmo iniziale per il ritrovo collettivo non andò certo scemando, eppure la spossatezza fisica prese a volteggiare in circolo sui loro capi come un’ombra, in attesa di un solo passo falso allo stesso modo di un avvoltoio in agguato alla preda ambita. Costretti dalla situazione, i ragazzi scelsero di regredire gradualmente sino a fare ritorno alla propria forma base, per garantire la prolungata partecipazione ed al tempo stesso, la preservazione ed il recupero delle forze necessarie. L’unico asso nella manica a loro favore era uno soltanto, ed ormai, anche le ragazze avevano imparato a decifrare il lampo di luce balenato negli occhi dei due amici, quando questi avevano intenzione di ricorrere alla formazione di un guerriero abbastanza potente da sconfiggere ogni minaccia paratasi nel loro cammino. Un ghigno di pura soddisfazione comparve sugli speranzosi volti delle due giovani, prese sin troppo dallo scontro con i pochi uomini rimasti in piedi per accorgersi in tempo che qualcosa, era andato storto.

Zargath infatti, indignato dal comportamento di colei in cui aveva visto qualcosa di speciale, al di fuori della norma, che aveva creduto essere una potenziale componente del gruppo ed una futura confidente, non si lasciò sfuggire l’allettante occasione di prendersi la sua piccola vendetta, appagando un personale tradimento malgrado la protagonista di quell’insensata congiura, fosse stata chiara sin dall’inizio sulla volontà di percorrere in solitudine la propria strada. In egual modo, egli si diceva, era fin dal principio stato chiaro sulla poca sopportazione ed il desiderio di cancellare dal mondo chiunque avesse mai fatto del male la sua gente. Per primo, avrebbe arrecato del male a coloro che amava, e poi lentamente le avrebbe concesso la grazia di porre fine ai macigni che a quel punto, le avrebbero oppresso l’anima, rispedendola al suo creatore. In più come dettaglio dalla maggiore rilevanza, il compito dell’esercito di cui era da anni a comando, era esattamente nato per fare fuori i sopravvissuti di una razza sterminata, e la consapevolezza di essersi trovato a confronto con la boia del suo equipaggio sul pianeta in cui avevano ritrovato i loro cadaveri, avrebbe comportato una dolcezza superiore a quanto già non fosse, all’atto di succhiare la vita fuori dai loro corpi. Con maestria nascosto tra le carcasse, atterrò a distanza Goten perforandogli il busto inferiore con l’ultima munizione rimastagli, mentre questi portava le braccia alla propria destra per effettuare la manovra di fusione. Nel pressoché  istantaneo gesto del compare di reggere il ragazzo evitando il suo stramazzo, un alleato rispose al segnale battendo forte il fucile a sua disposizione sulla nuca del lillà, conducendolo allo svenimento. Prima ch’egli potesse lanciare il corpo mirato al centro dei suoi occhi, Jaco rispose al fuoco, impedendo il peggio. Nell’udire due spari consecutivi però, i sensi allertati delle due le spinsero ad accertarsi del corretto andamento della battaglia, questione anche di rasserenamento interiore. Ciò che invece esordì nel loro campo visivo, fu ben altro. 


Quanto tempo era passato dall’ultima volta che si era sentita in quel modo, neanche lo ricordava più. Forse perché in realtà, nessuno dei trascorsi vissuti in quanti anni aveva, era mai stato capace di stritolare il suo cuore in modo così violento. Come quando si strizza uno straccio da pavimento. Come quando si rompe una noce a Natale. Come quando si frantuma in terra un vaso di cristallo. Nessun litigio aveva mai fatto si che dentro di sé si  scatenasse una tale tempesta, quelle accadute in mare che la meravigliosa TV creata dal genio della propria madre trasmetteva al telegiornale, avvisando gli spettatori dei naufragi e dei disastri abbattuti sulle isole a causa della forte corrente, del vento, degli imperterriti goccioloni di pioggia. Né una sfuriata con la scienziata in questione. Né una forte ramanzina da parte del proprio padre. Né un incomprensione con i propri amici, con suo fratello. Neanche la visione del proprio amato tra gli arti di un’altra donna, aveva mai avuto il forte impatto che ora, trapassava il suo muscolo principale da parte a parte. Quella, era sempre stata soltanto collera. Ma adesso, adesso invece il piccolo seme del peccato era germogliato in lei, e per la prima volta nella sua vita, internamente Bra si trovò a dire addio alla propria innocenza, alla genuinità, alla purezza che l’avevano sempre contraddistinta. Per la prima volta in vita sua, desiderava in assoluta lucidità in pieno possesso delle facoltà mentali di cui disponeva, ardentemente uccidere, creare sofferenza su un essere umano con le proprie mani, macchiarsi dell’eterna colpa di portare addosso i segni di un assassinio. Vendicare qualcuno.

I sensi sconnessi, il paesaggio nitido, tutto attorno e dentro di lei andava consumandosi come una miccia logorata dal fuoco. Un ticchettio segnava alla rovescia i secondi che separavano la quiete della sua momentanea impossibilità di articolazione, alla catastrofe che si sarebbe presto abbattuta su coloro che le avevano strappato i due. Le cellule S presenti nei componenti della razza Saiyan ereditate dal proprio padre esattamente come il suo inerme fratello, nel corso della sua vita si erano sviluppate a sua insaputa, erano cresciute, maturate, moltiplicate in gran quantità data la bontà e tutte le positive gran virtù presenti nella turchina, posizionatesi nel suo corpo in attesa di un qualcosa che avrebbe innescato il loro potere, progredendo ad uno stadio superiore solo nel momento in cui un forte impatto emotivo, le avrebbe scosse. Come piccole bolle presenti negli imballaggi degli accessori che la giovane tanto amava comprare per poi giocarci a farle scoppiettare, un intenso prurito si fece spazio tra le scapole d’ella, ed in attimi sfuggenti al controllo umano, un’esplosione scatenò nient’altro che furia allo stato puro. Scariche d’elettricità vagarono in ogni sua vena, ogni lembo di pelle fu pervaso da incontrollabili vibrazioni fino a quando, involontariamente i bulbi oculari lasciarono la loro postazione nascondendo le iridi sotto le palpebre ancora aperte, e la vista non si appannò, accecandola. Rabbia, nient’altro che improvvisa fonte dalla quale attingere. Grugni animaleschi si levarono dal profondo della sua gola, accompagnando le visibili scie statiche che portavano i crini ad ondeggiare malgrado non ci fosse alcuna traccia di vento. Il sollevarsi dei cocci presenti al suolo avvertì ognuno dei presenti, consapevoli o meno del disastro il quale presto avrebbero assistito. Dalla radice del cuoio capelluto, una luminescenza andò a creare meravigliose sfumature d’oro tra le folte ciocche, e ben presto, ogni muscolo agì di propria volontà portandosi in posizione d’accumulo di energie, e quasi come se fosse stata richiamata al proprio destino, una folata d’aria in vortice avvolse le membra della giovane, in procinto di esternare tutto ciò che era andato a formarsi all’interno del suo petto, creando una forza sonora da un grido limpido e assordante in grado di spostare i massi dal suolo. Poteva chiaramente sentire il proprio Ki evolversi, e più questo batteva al suo interno schiacciando gli organi interni della Saiyan e stirando ogni arto in un dolore mai accusato prima, più questa sentiva il forte impulso di alzare la propria voce al nero dell’oscurità, schiarendolo se possibile solo con l’ausilio di essa. Quando il doversi espandere dei polmoni non batté il bisogno d’aria e l’urlo cessò di riempire il vuoto, sotto gli sguardi spaesati e colmi di meraviglia dei presenti, i capelli della giovane avevano già assunto una bionda tonalità, ed ora volgevano alti al cielo, come una corona presente ad adornare l’espressione guerriera creata dall’ira sul volto non più tanto signorile di essa.

 


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Salve a tutti!!

Pronti per l’epilogo?? Eh a malincuore questa storia sta giungendo al termine! Un po' mi dispiace, ma devo dire che prolungarla oltre sarebbe stato forzato. Per quanto riguarda le cellule S, è stato proprio Toriyama per chi non lo sapesse, a fornire queste come spiegazione alla capacità dei Saiyan di trasformarsi, dicendo che sono presenti in maggiore quantità e quindi più propense a quest’obiettivo, in coloro che sono puri di cuore. Io ringrazio tutti voi per il supporto, siete meravigliosi e nel prossimo spazio autrice, vi citerò davvero tutti quanti, senza di voi non avrebbe avuto senso! Vi adoro! Un grazie speciale a paige95 e felinala♡

Alla prossima!!♡♡

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Capitolo 12
*** Agguato. ***


Oggi guido io, ragazzi.》

《Farti da parte nipote, i comandi a me per ora!》

《Toglietevi di mezzo entrambi o vi riporto immediatamente a casa!》Uno sbuffo isterico proveniente da un timbro vocale facilmente collocabile ad una ragazzina data la sua acutezza, aleggiò nell’astronave in rotta verso il terzo quadrante della Galassia, ove i pirati spaziali operanti senza alcun consenso erano diretti, trascinando con esso l’oggetto della loro scampagnata nella landa desolata qual era l’area cosmica dove i quattro si erano addentrati per arrivare a destinazione, completamente priva per parecchi chilometri di luci e astri, vuota e silenziosa come un buio tunnel la cui fine era indefinibile. Fu per i tre come esplorare in un sottomarino gli infiniti fondali oceanici, con la sola differenza della mancanza di rocce, anemoni e coralli, delusi da quanto un luogo tanto bramato nei sogni di quasi tutti i terrestri loro compresi, potesse avere un lato tanto angoscianti e desolato quando tutte le beltà che ospitavano erano state rilevate e ammirate. Un senso di oppressione e solitudine marchiò per interminabili ore gli animi dei Saiyan, internamente spaesati e scossi dalla necessità di avvertire i frastuoni della città e dei loro soliti incontri sviluppati in lotte e allenamenti. Tutta quella quiete trasmetteva in loro la forte mancanza del territorio familiare, e per un attimo risultò surreale il come avesse fatto la loro compagna perduta a desiderare di trascorrere lì parte della vita. Quando sarebbero tornati a mettere nuovamente piede sulla crosta terrestre, non avrebbero più guardato le minuscole sfere adornanti l’oscurità del cielo notturno allo stesso modo. Bra era lontana, ed il fatto che fosse viva non implicava la sua completa indennità fisica e/o morale, cosa che andava insidiandosi in tutti loro attaccandosi ai pensieri più brutti e malevoli in grado di formarsi nelle menti colme di premura.

 

Da molte figurative lune trascorse senza possibilità di avere compagnia alta nel cielo nelle notti di solitudine, senza osservare quel satellite ammaliante in cui ella trovava rifugio negli attimi di sconforto, il vento non accarezzava i corti crini turchesi della ragazza, costretta in un’area impedita in cui l’aria pareva sopraffarla ad ogni rintocco un po' di più. Tutte le energie erano ormai tornate ad accrescere il suo potenziale, eppure il morale non accennava a ristabilirsi bello scalfito umore della giovane, pena per se stessa e per tutto ciò che si era lasciata alle spalle frettolosamente, ignorando la meravigliosa qualità qual era il suo portentoso cervello ereditato dalla propria madre, dando invece ascolto all’istinto animalesco celato in se. ‘Quando le persone non hanno via di scampo, diventano fragili.’ Forti le parole di Bulma risuonavano nella mente della giovane, che quasi poteva percepire il rombo del loro eco nelle fredde mura della sua temporanea dimora, ammesso che quella fosse la giusta entità temporale stimata che l’avrebbe separata dai suoi cari. Un barlume di felicità esplose nel petto della turchina quando una sera, riuscì ad accorgersi nonostante le mille preoccupazioni, che un ispido ciuffo stava riemergendo dal solco formatosi alla base della colonna vertebrale. Da quel piccolo impeto di speranza sbocciato in lei, ella traete la forza di andare avanti sfidando invano l’impossibile. A nulla valsero i tentativi di fuga, falliti a causa dell’incapacità nell’evadere strategicamente da un luogo di prigionia, dettata dalla fortuna del suo non aver mai avuto bisogno di scampare ad una circostanza simile, essendo vissuta per l’intera esistenza in un ambiente caldo e confortevole, a distanza da qualsivoglia minaccia. Ora, poteva comprendere e confermare le parole di scherno dei propri amici sotto il quale un velo di verità tradiva il loro tono divertito e scherzoso, quando sostenevano quanto in realtà ella fosse viziata. Malgrado il suo costante allenamento, sin da piccola Bra fu cresciuta tra le migliori comodità esistenti, tirata fuori da ogni guaio ed allontanata da qualsiasi preoccupazione da qualcuno in grado di riversare su di se le responsabilità che le toccavano, per quanto potesse cacciarsi nei pasticci un’adolescente con la testa sulle spalle. Stranamente, la turchina si era sempre ritenuta una persona umile, preferendo di gran lunga esentare gli altri dai propri problemi tentando di far fronte alle situazioni con fermezza, concedendosi semplicemente lusso di usufruire quando necessario delle agevolazioni che la vita le aveva donato permettendole di nascere nella posizione in cui era, eppure in grado di affrontare con le proprie forze ogni circostanza -come volevasi dimostrare dato lo scontro avvenuto in platea dinanzi agli occhi stupefatti dei membri dell’equipaggio-. Ciononostante, senza il sostegno fisico e la protezione della propria famiglia, il suo valore andava lentamente scemando, ed il rimpianto di non aver rifiutato più spesso l’aiuto degli individui intorno a se premeva nel suo petto esausto. La stima verso quella minuta terrestre fu incrementata all’interno della nave, rendendole una giustizia che non sentiva appartenerle pienamente. Nessuno mancava di volgerle saluto, e spesse volte il Capitano stesso tentò di venirle incontro accortosi del suo disagio emotivo malgrado ella giocasse le carte silenzio e indifferenza per non destare sospetti, invitandola a cenare insieme a lui, posto al quale più della metà della ciurma ambiva e bramava da tempo, raggiunto in poche ore da una clandestina incontrata per puro caso il cui rifiuto fu visto da molti degli uomini -donne in special modo- come un affronto imperdonabile, causa di ringhi e bisbigli contrariati al solo suo passaggio. Atteggiamento per il quale, aumentarono di gran lunga richieste di deposizione della straniera nello spazio aperto, lasciandola soccombere dal gelo, la fame, e a loro evidente insaputa, l’intossicazione data dalla sua metà umana incapace di sopravvivere a lungo termine in un ambiente esterno alle composizioni atmosferiche del pianeta su cui la sua specie a suo tempo, attraversò lo sviluppo evolutivo. Come fastidiosi ronzii d’inutili insetti, Zargath scacciò quelle inutili -a parer suo- opinioni, curioso più che mai di studiare un essere tanto intrigante ed introverso. Quella ragazza tanto strana e apparentemente piatta, non conversava con anima viva, non accennava a stringere amicizia con alcun membro del loro modesto esercito, rintanata per la maggior parte del giorno intenzionata ad abbandonare la nave dando vita ad un ammutinamento che avrebbe creato scompiglio all’equipaggio, costringendo il Capitano a permettergli di avanzare contro di essa un attacco con arcinoto esito. Per sua fortuna, ogni premeditato gesto fu interrotto dati gli interi anni di servizio passati a prevedere, attuare, deviare e volgere a proprio favore esperienze di quel determinato tipo. Poche settimane a bordo intrise di atti verificatisi alla cieca nella quasi totale ignoranza della questione, non avrebbero mai eguagliato la bravura dell’uomo capace di giostrare la psiche delle vittime in trappola, ed entrare nel loro modo di meccanizzare piani di fuga. Nel corso della sua vita, egli aveva infatti visto di tutto, e poteva prevedere quasi alla perfezione i movimenti della giovane. Affascinato da questo suo aspetto insistente e dal modo di respingerlo ogni volta che provasse ad approcciarsi con lei, Zargath constatò la certezza di avere a bordo un individuo al di fuori della norma di cui era sicuro, impegnato ad occultare molto di più di ciò che in realtà avrebbe voluto mostrare. Un nomade della sua portata a contatto col mondo esterno senza uno stabilimento fin dall’adolescenza, aveva incontrato centinaia di volti, guardato negli occhi di tante persone, imparando a riconoscere gli sguardi di chi si sentiva estraneo alla vita condotta, logorato da tormenti e malesseri interiori, e quel delicato bocciolo di rosa dal potere inaudito, nascondeva sofferenza sotto quelle meravigliose gemme acquamarina. Ogni singolo membro dell’esercito, aveva volutamente scelto di arruolarsi per aggregarsi a coloro che erano suoi pari, e non la razza, la specie o la lingua accomunava quelle genti, ma ciò che li aveva spinto a vagare come anime in pena separandosi dai propri pianeti natale, per combattere in tetri luoghi contro pericolose creature rischiando talvolta la prigionia e l’isolamento, seppellendo paura, bisogni e debolezze. Nutrivano il desiderio di riscattarsi, e vivere secondo le proprie regole lontano da una società per la quale essi nient’altro rappresentavano che scarti. Le loro storie erano ciò che li legava, ciò per il quale le differenze fisiche ed estetiche non influivano sull’abitudine di chiamarsi fratelli. Tra le donne presenti nell’intero Universo, le più toste albergavano tra quelle mura, e l’unica nel suo genere ad aver messo piede sulla bestia di metallo che attraversava le galassie, era la sola ad aver opposto resistenza al loro aiuto, mostrandosi in palese disagio, disgustata dalla compagnia di quegli alieni. Molte furono le occasioni in cui il duro cuore del Capitano bussò alla porta della sua coscienza suggerendogli di lasciarla andare per la sua strada, ma il sopravvento come in ogni altro momento in cui una scelta avrebbe condizionato il futuro della compagnia, il raziocinio aveva cancellato quella possibilità, optando per l’attesa. Il tempo rimargina ogni ferita e ripara qualsiasi crepa, e presto la turchina avrebbe accettato le condizioni che il fato le aveva riservato, presto avrebbe ampliato le sue vedute considerandosi una di loro. Ella, era un punto forte da non lasciarsi scappare tanto facilmente per questioni frivole quali compassione e solidarietà, ed avrebbe lottato per tenerla a bordo e darle modo d’integrarsi. Dopo giorni di riluttanza e vani sforzi, il Tenente ricevette una comunicazione importante, finalizzata al compimento di un nuovo incarico.

I responsabili del monitoraggio della piattaforma mobile su cui risiedevano operanti nella casa base, rilevarono grazie alle avanzate tecnologie a lungo raggio di distanza un elemento disturbatorio etichettato come una probabile minaccia o interferenza, una navetta la cui direzione da molte ore risultava essere la medesima, ben nascosta dalla mancanza di fari e luci di posizione appositamente lasciati spenti. Molto probabilmente, l’equipaggio si trovava nel mirino di qualche corpo poliziesco. Data la presunta presenza di autorità a bordo del veicolo, malgrado quella versione suonò alle orecchie del Capitano come un falso allarme data l’improbabilità di una sola volante in grado di sostenere un attacco o tenere la difesa contro l’armamentario posseduto a bordo, l’uomo colse all’istante l’occasione per lasciar partecipare la novellina all’operazione di difesa, provvedendo a tenere allertati i soldati comunicando dalla Plancia un atterraggio d’emergenza, a cui avrebbero dovuto star pronti in quanto assoggettati ad un agguato. Avrebbero teso una perfetta trappola agli ospiti indesiderati. Nell’esatto momento in cui il rauco timbro vocale del Capitano riempì la stanza in cui era ubicata, ella scattò ritta a sedere dal letto sulla quale era adagiata, strabuzzando gli occhi dapprima a palpebre calate. Aiutata da un’incommensurabile rapidità mentale, la turchina assemblò tutti i pezzi del discorso arrivando ad un unica soluzione al motivo di quell’improvviso cambio di programma. Istintivamente, cercò di spiare al di fuori dell’oblò malgrado fosse consapevole della visuale limitata alla fiancata della nave, eppure una vocina inconscia prese a danzare freneticamente occupando l’intera scatola cranica, urlandole a squarciagola il più bello dei pensieri generati negli ultimi tempi. ‘Sono venuti a prendermi.’

 

Ottimo lavoro, tesoro.》

《Jaco, non attivare l’illuminazione neanche al pannello di controllo.》

《Sta tranquilla, saremo nell’ombra.》

《Buona fortuna, amore.》Al termine della chiamata tra i due alieni, fu impossibile per i terrestri trattenersi ulteriormente dalle risate che avevano già inumidito i loro occhi divertiti, nell’aver ascoltato le effusioni dei due innamorati. Sospirando al limite dell’esasperazione, il Pattugliatore Galattico volse lo sguardo al cielo sbraitando contro gli adolescenti nell’udire le battute di pessimo gusto che essi stavano espletando, fingendo penosamente una parodia della conversazione in falsetto.

Aspettami cara sarò presto da te!》

《Abbi cura del tuo visino mio adorato!》

《Ti stringerò forte tra le mie braccia non appena ti rivedrò!》

《Dateci un taglio, mocciosi! Da adesso in poi non dovete fiatare, se ci scoprono è la fine.》

《Scusa tanto agente, ma se non possiamo combattere quale sarebbe il piano?》

 《Il piano piccola impertinente, è infiltrarci dal portone sul retro quando scenderanno a terra e caleranno le difese, immetterci nella sala controllo, bloccare l’apertura della sala armi, recuperare Bra e filarcela.》Magnificamente, la compagna del loro accompagnatore ottenne le coordinate dell’abitacolo in movimento dettando loro la strada da intraprendere, ed ora i quattro poterono ritrovarsi al cospetto della prorompente costruzione metallica, nel quale sarebbero potuti entrarci una dozzina di volte. Alcuni approfittarono per riposare, altri sgranocchiarono del cibo accumulando energie. Colui che pareva ostinarsi a non cedere il proprio posto a nessuno dei presenti, era Jaco. L’adrenalina presente all’interno delle sue vene nell’essere a pochi metri dalla persona che avrebbe dovuto proteggere, prese possesso del suo corpo influendo sull’attenzione e la stanchezza come una costante dose di caffeina pura, donandogli maggiori capacità cognitive. Non era importante il tempo, il luogo o lo sforzo immesso in quell’operazione, poiché per nulla al mondo avrebbe mollato sull’esatto punto di portare in salvo la propria nipote. Con lo sguardo fermo al retro della nave, le orecchie ovattate incapaci di captare alcun suono oltre i quali in cui la sua attenzione era rivolta ed il silenziatore dei motori a propulsione, il loro inseguimento ebbe luogo, e prima che la struttura accennasse a chinarsi in picchiata per arrestare la corsa attraverso lo spazio su un astro di minore importanza, trascorse quasi mezzo di’ terrestre.

Prestando la massima attenzione ad adagiarsi al suolo a debita distanza attendendo minuti interminabili per ripetere l’operazione, quel che trovarono all’atterraggio fu ben oltre le loro aspettative. Evidentemente, erano stati scoperti, poiché la struttura era ricoperta da una cupola magnetica dal tono verde brillante, e decine di uomini e donne visibilmente posizionati al margine di essa muniti di Faser e qualsivoglia arma da fuoco. Uno di essi, soffiò energicamente nel lungo fischietto tenuto tra le labbra, ed al segnale una pioggia di colpi incandescenti volò in traiettoria nemica sovrastando il mezzo, portando i guerrieri ad uscire allo scoperto. Cautamente attenti a non colpire mortalmente alcun individuo, i Saiyan balzarono fuori dalla navetta prendendo parte alla lotta, tentando di scambiare messaggi in codice di tanto in tanto con l’uomo a bordo, intento anch’egli a contrastare i pirati. Le iridi di una giovane ragazza andarono lentamente a posarsi sulla causa di tanto disturbo, ed un calore confortevole e rassicurante l’avvolse, facendole quasi scoppiare il petto dalla contentezza. Al meglio delle proprie capacità ella si contente, aspettando il momento più adatto per passare da un fronte all’altro, rivelando la sua presenza. Dal suolo, iniziarono a levarsi molte figure, determinate a voler scontrarsi corpo a corpo con quelli che avevano tutta l’aria di essere non più che semplici ragazzini amanti delle arti marziali. Dalla fronte dei due nemici maschi fecero per grondare poche gocce di sudore, ed il dislivello di forza dato dallo spareggio numerico batté sulla loro prestanza, portandoli ad evolversi ad un livello superiore rispetto alla forma base mostrata fino a quel momento, per tenere testa ai loro assalitori. Non appena i crini dei due variarono totalmente la loro tinta divenendo un biondo acceso, l’intensità d’aura sprigionata dai loro corpi fu tale da contribuire ad uno spostamento d’aria in grado di scaraventare parecchio distanti i rapitori della turchina. Dopo infiniti attimi di esitazione, la consapevolezza di quanto appena visto crebbe in molti dei presenti, che solo per sentito dire avevano conosciuto la sensazionale potenza di un Super Saiyan. Incapaci di codificare il linguaggio alieno delle diverse specie presenti, i tre mezzosangue furono spaesati dall’improvvisa quiete calata dopo l’urlo rabbioso di una donna celata tra la mischia, al quale Bra decise di rispondere, accorrendo in aiuto ai propri compagni.

SONO SAIYAN!》

《Trunks! Goten! Non trasformatevi!》 Il cristallino e familiare vociare proveniente dall’accozzaglia di alieni accese in moto d’eccitazione nei quattro, e quando finalmente la ragazza si alzò in volo fronteggiando i ragazzi, la gioia fu tale da trasportarli sentimentalmente in un luogo esterno al combattimento in corso, raccogliendo i giovani in un abbraccio duraturo, che non ebbe modo di prolungarsi oltre un certo limite.

Echalotte!》

《Bra!》

《Sorella!》

《Echalotte.. sorella.. lei è.. una di loro. Ordini, Capitano!》

《Uccideteli. UCCIDETELI TUTTI!》

 


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Salve a tutti!

Clamoroso ritardo avete ragione, avete ragione, non è da me.. ma vi giuro che sono stata impegnatissima e inoltre mi sono davvero troppo accanita a leggere un Manga in questi giorni, storia che seguivo da bambina nei meravigliosi Anime di un tempo e che da poco ho scoperto avere una fine totalmente differente da quella che ho sempre pensato, e quindi ho dovuto per forza mangiare le pagine non credete? :’D Per onorare infatti questa nuova presa di coscienza su una coppia che FINALMENTE dopo dieci anni so per certo che sta insieme, ho inserito all’interno di questo capitolo una sua citazione.. vediamo se la cogliete! Il Manga è Kodomo no omocha, aka Rossana! E niente, dopo questo sfogo insensato e fuori luogo (?) vi comunico che la fine di questa storia è dietro l’angolo ed è anche per questo che ci sto mettendo del tempo a scrivere questi capitoli.. non voglio che finisca ): ma mi dedicherò comunque con impegno agli altri miei lavori in corso! Ringrazio come sempre i miei due Angeli (:’D) paige95 e felinala, e tutte le dodici meravigliose anime che hanno inserito la mia storia tra le seguite, princess_serenity_92 e Yami no Yokae per averla inserita tra le preferite.♡ Alla prossima!♡♡

 

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Capitolo 13
*** Epilogo- La vita può essere perfetta. ***


Se c’era qualcosa, una minima cosa che accomunava i due fuochi totalmente differenti quali erano i propri genitori, e che quindi nella fusione dei geni trasmessile da entrambi quel qualcosa era stato raddoppiato in lei, era l’assoluta fermezza emotiva, nel mostrarsi costantemente priva di problemi e negatività agli occhi della gente. Forse dalla madre, aveva ereditato una piccola postilla che le consentiva di aprirsi solo a chi sapeva, poteva avere la sua fiducia. Eppure questo capitava per una esageratamente piccola parte delle volte, poiché la turchina tendeva come il proprio padre, a nascondere dubbi e tormenti perfino a se stessa, temendo d’esser considerata stupida o noiosa. C’erano cose di cui persona alcuna al mondo era al corrente di lei.
Molte volte, di notte, la ragazza aveva infatti sofferto di una lieve patologia che aveva con delle ricerche scoperto accomunare buona parte dei terrestri, la paralisi nel sonno. Succedeva spesso infatti, che la diciassettenne fosse cosciente mentalmente, ma incapace di muovere il minimo muscolo. In questo breve periodo notturno, ella sentiva il suo animo abbandonare il corpo, e levarsi al cielo quando invece, era ferreamente bloccata sul proprio materasso. Le pareva di star fuori da esso, ed essere un’entità assolutamente estranea a quel che era nell’abitudinario. Poi, tutto finiva, e dopo attimi d’incontrollabile sorpresa, tutto tornava alla normalità, ed ella poteva dormire beata. Quelle identiche sensazioni, Bra le aveva intensamente provate in altre circostanze nell’istante in cui aveva visto i suoi più cari affetti cedere a due colpi, e la reazione conseguente a quell’attimo di disperazione, le aveva causato un’incapacità di controllare movenze e toni ed un dolore forte tale da farle credere che da un momento all’altro, le sue membra avrebbero ceduto alla troppa potenza sputando il suo spirito al di fuori della carne. Tuttavia, quell’inspiegabile torpore era finito, e come ad ogni suo risveglio, un tremolio l’aveva avvisata che quel momento era terminato donandole la possibilità di sfogare il malessere accumulato, ed ora era lì, incapace di comprendere ciò che era appena accaduto. Si sentiva diversa. Leggera, e schifosamente energica, quasi invincibile. Le sue iridi ora sfumatesi in verdi tonalità osservavano le sue braccia ingrossate, avvolte da uno splendente velo ocra. Prima che potesse accorgersi del progredire del suo stadio malgrado un minuscolo tarlo avesse impiantato la propria voce nella mente della giovane, ella ne ignorò l’origine lanciandosi nuovamente a segno contro quelli che di lì a poco, avrebbero pagato caro l’affronto fatto con le loro vite. L’urlo assordante della turchina aveva destato dall’incoscienza un Trunks intontito dal colpo accusato alla testa che ancora batteva contro le pareti del suo cranio, come un richiamo. Aprire gli occhi si era rivelata una vera impresa -colpa anche del bagliore improvviso e circostante-, ma quando la messa a fuoco finalmente diede i suoi frutti, fu proprio a quella botta ricevuta con estrema violenza che il lillà associò la scena dinanzi a sé, incredulo, e con i bulbi oculari quasi fuori dalle orbite. Pan dopo attimi di sbigottimento seguiti da incontrollabile felicità derivata da ciò a cui aveva assistito, accortasi in tempo del rinvenimento del proprio ragazzo impegnato ora nel trasferire parte della sua energia all’amico per evitarne almeno il collasso, e conservare le funzioni vitali sino all’arrivo a casa -data la mancata disposizione dei fagioli di Balzar-, girava in volo sui compagni feriti attaccando imperterrita con sfere d’energia chiunque provasse a concentrarsi su di loro, lieta di poter finalmente contraccambiare tutti gli anni e le situazioni –compresa quella corrente- in cui erano stati loro a proteggere la sua vulnerabilità. Ciononostante, la fatica immessa fu quasi nulla confrontata agli sforzi che attualmente, la novella Super Saiyan stava compiendo. Schivare o deviare semplici spari da chi si azzardava ancora a tentare un attacco furono le uniche mansioni a lei toccate, le uniche operazioni cui poteva reggere nello stato in cui si trovava, mentre ella a differenza sua, scatenava senza freni né catene la sua ira, e le sue intenzioni potevano chiaramente essere lette nei tratti induriti del suo viso. Stava da sola dando fronte ai restanti mercenari. Non una persona ebbe speranza di evitare l’uragano qual era diventata, dinanzi agli occhi dei propri amici, quella ora non era la cara Bra di tutti i giorni, ma una spietata macchina da guerra pronta e specialmente prossima all’assassinio. Sapevano senza ombra di dubbio che la trasformazione della propria specie implicava accogliere nell’individuo che la sviluppava un’oscura malvagità, e lasciarsi guidare da essa come un mezzo giustificato dal fine. Eppure vederla combattere tanto arduamente priva di pietà né misericordia, ebbe uno strano effetto su colori i quali non avevano mai riscontrato una simile cattiveria in un essere tanto casto. A modo proprio, naturalmente.
Mille battaglie e missioni quell’esercito guerriero si era trovato a combattere, trovando la dea bendata sempre al suo favore, accompagnando ogni membro dell’equipaggio in quella folle e angusta impresa. Latitante dall’inizio del suo tempo, molti erano stati gli incontri compiuti con i più pericolosi e ricercati tiranni interspaziali, e quasi tutti, avevano preso parte di esso. Perdite ne avevano dovute patire, eppure niente sino a qual momento, sino a quando ebbero occupato anche quel quadrante dell’Universo era riuscito a trascinarli allo stremo delle forze, alla possibile estinzione del suddetto circolo. Essere messi in ridicolo, ridotti a sopravvivere a stento per mano di quattro semplici mocciosi appartenenti ad una infima razza spazzata via dall’Imperatore del Male in persona, bruciava nel petto del capitano molto più della serie di ferite incise in rosso vivo sui lembi di pelle scoperti dall’uniforme. Se avrebbe dovuto perdere la vita che tanto si era promesso di onorare, sarebbe morto da eroe confrontandosi col Cupo Mietitore in prima persona, vendicando la propria famiglia, i propri ideali, tutto ciò per cui aveva lavorato in tutti gli anni spesi nell’obiettivo prefissatosi. Senza riflettere per più d’un istante, Zargath ripose l’arma in suo possesso uscendo allo scoperto, di modo ch’egli e la perduta diletta quale rappresentava per lui prima del riaffioramento della verità, potessero scontrarsi a visi scoperti. L’uomo levitò sino a pareggiare il suo livello d’altezza, comandando una sfera generata dal palmo della mano sinistra a vagare parallela con la sua figura, richiamando semplicemente la sua attenzione. Prontamente, Bra raccolse la fonte di luce gettandola lontano, per poi voltarsi lentamente a fronteggiare l’aguzzino del proprio amato.
《Avresti dovuto lasciarmi andare quando ne hai avuto l’occasione.》
《Sarebbe stato un errore farsi scappare una rara gemma. Come pensavo che fossi. Avevo così tanti piani per te, ibrido. Non è mai facile uccidere qualcuno che ammiri, ma per stavolta stringerò i denti.》

Io sono un Saiyan!》Un inusuale alone di vento creato dal nulla muoveva le bionde ciocche della ragazza, che nel corso di quella breve ed incisa conversazione mai aveva battuto ciglio. Anche il solo proferir parola era stato influenzato, rendendo grave e rauca ogni singola sillaba. In men che non si dica, dieci dita chiuse a pugno dalla diversa dimensione batterono le une sulle altre, annunciando il principio di quel che fu un brutale duello, che vide l’eclatante e pieno potere di un uomo dalla reduce esperienza in campo in perfetta armonia nel condurre combattimenti fatali, ed un’apprendista pronta a dar sfogo della nuova ed ancora incontrollabile potenza incrementata, scontratasi nel corso del suo tempo con gente che per nessun motivo al monto le avrebbe strappato un solo capello, e nel peggiore dei casi, tutelata e trattenuta da regole ben precise. Due esponenti, due punte, due varianti, ognuno uno scopo ed una ragione, entrambi assetati di vincere. Non poche difficoltà riscontrarono nel contrastare a vicenda un tipo di avversario mai testato prima.. ma egli non poteva certo sapere che il fiero padre della propria avversaria, l’aveva già sfidata svariate volte in una forma divina, che avrebbe potuto polverizzato con il solo servirsi di onde d’urto generate da un suo spostamento d’aria, ragion per cui, non poteva e non sapeva spiegarsi come mai quella insulsa ragazzina, stesse avendo la meglio. Nessuno dei presenti aveva osato alzare un dito, frapporsi ai loro corpi ed immettere un minimo aiuto ad una delle parti, attenti a non distogliere lo sguardo dalla serie di colpi accompagnati da leggeri fili cremisi andatisi a deporre al suolo, mescolandosi col sangue delle vittime già cadute in battaglia. Inizialmente, malgrado ella stesse usufruendo di ogni tecnica e strategia d’attacco mentalmente appresa, fu ugualmente come incapace di farsi obbedire nel modo giusto dal suo stesso corpo, non sapendo padroneggiare quella speciale caratteristica raggiunta. L’irritazione del senso d’impotenza nonostante fosse straordinariamente forte annesso al bruciore delle percosse dalla rilevante natura, servirono unicamente a rendere al di sotto della media basilare la sua concentrazione, fino a quando un brivido scottante lungo la spina dorsale in seguito alle grida d’incitamento dei propri pari, non le diede modo di affrontare un viaggio interiore attraverso se stessa. Per un attimo, la mente offuscata della turchina che dinanzi a sé proiettava solo il centro di un immaginario mirino avente per bersaglio il proprio rapitore, venne trascinata indietro nel tempo a qualche giorno addietro, il preciso momento in cui ella decise di abbandonare la Terra. Visse al rovescio ogni singolo giorno, le fatiche attraversate, le emozioni provate, i suoi moventi, tutto sino a quel dannato pomeriggio, in cui sentì d’avere un posto lontano dalla vita a lei imposta. Le parve infine di misurarsi col severo genitore, mentre le sue dure parole ancora rimbombavano nella sua scatola cranica. Decise che avrebbe dovuto tornare indietro seduta stante, fiondarsi al pianeta azzurro per riacquistare l’onore perduto pubblicamente, la stima di suo padre, l’orgoglio verso la discendente di un Impero caduto per mano di un uomo ingiusto come quello a lei di fronte. Doveva in qualche modo portare a casa una vittoria, una vendetta. Per i suoi simili e per tutti i sopravvissuti appartenenti ad altre razze ingiustamente eliminati. Rimembrò allora l’impeccabile guida dei propri maestri e tutti i noiosi discorsi sul controllo mentale e l’armonia spirituale, intensificando spaventosamente, il nuovo Ki a sua disposizione per tenere a debita distanza il rivale, di modo che non potesse interferire col suo esercizio interiore. Respirò a fondo, trattenne ogni impulso liberandosi di ogni pensiero di troppo, e quando riuscì ad avvertire la solita corrente scorrerle nelle vene assieme al sangue combinato, come un puzzle ogni tassello del suo scombussolato animo ottenne stabilità tornando ove ella comandava loro di andare, e quando le palpebre tornarono a rivelare i suoi azzurri pozzi d’acqua, fu dal luccicore nelle iridi d’ella che Zargath, comprese di avere su di sé non l’ombra di un Final Flash, ma quella della sua stessa resa.  
 
La collettiva fretta di abbandonare quel luogo di morte congiunta alla brama di allontanarsi al più presto da quel che era un pianeta destinato solo all’arrivo della Polizia Galattica incaricata dell’arresto dei criminali superstiti, spinse gli ospiti affaticati stanchi anche solo per levitare sino al portellone ora spalancato, a far combaciare le suole degli stivali logori sulla piana superficie della navicella scampata miracolosamente alla truce battaglia, e prendere posto su quelli che parevano ora essere i più comodi e confortevoli sedili in tutto il Cosmo. Come poterono, tentarono di curarsi a vicenda le ferite procurate, con l’ausilio dei pochi e obbligatori strumenti di medicazione in possesso del loro accompagnatore a bordo, impegnato nel far fluire l’energia necessaria all’accensione dei motori, e condurre i ragazzi sul loro pianeta natale, provvedendo inoltre ad avvertire le famiglie del loro prossimo ritorno a casa. Tutti e quattro, avevano rifiutato replicando all’unisono la stessa negazione, la proposta del Pattugliatore di passare prima a casa di quest’ultimo per rimettersi in sesto, eccitati com’erano all’idea di riabbracciare coloro che avevano riposto in loro la piena fiducia. Per un po', trovarono la voglia e la lucidità mentale di costruire una predica non abbastanza credibile seppur del tutto fondata, riguardo la sua salute mentale, irresponsabilità, e moralità. Al seguito, stremati e consumati sino all’’osso caddero a poco a poco in un profondo sonno ristoratore. Inevitabilmente, Pan cedette poco dopo sul petto del lillà, seduta sulle ginocchia del giovane intenta a sfiorare con le unghie dalla media lunghezza la sua cute, cosa che a lui, arrecava profonda sonnolenza. La scena, spinse i desti Saiyan a scambiarsi sguardi spaesati e interrogatori, ed in men che non si dica, entrambi confermarono i sospetti che gli uni avevano forse da sempre serbato nei meandri delle loro ipotesi, arrivando alla tacita conclusione, che era esattamente come sembrava.
《Come può avermelo tenuto nascosto questa stronza? Appena si sveglia mi sente.. sta con mio fratello da chissà quanto e non lo sapevo neanche!》
《Mia nipote.. il mio migliore amico. Suona tanto strano da tenerlo nascosto?!》
Insieme così rannicchiati, rappresentavano il quadro di uno dei vomitevoli film d’amore che tanto piacevano a sua madre, e se dapprima ebbero scatenato un moto di risa in entrambi i due, al pensiero della pugnalata inflitta alla scienziata, il volto della turchina s’incupì, e sapendo che di lì a poco l’avrebbe rivista in viso, una sensazione di pura paura pervase il suo animo. Appena uscita vittoriosa scontratasi con un essere dalla pericolosità rilevante, piegata dinanzi al solo pensiero dell’ira di sua madre. Non a caso, era la figlia di Vegeta, e gli somigliava anche in questo. Accortosi del malessere irruente, Goten lasciò la propria postazione avvicinandosi all’oggetto del suo batticuore, pizzicandole amorevolmente uno zigomo. Il sorriso che ne seguì, fu la cosa più bella che Bra avesse mai visto in vita propria.
《Sei stata meravigliosa. Picchi forte! Mi dispiace essermi fatto fregare in quel modo stupido, non ho potuto aiutarti.》
《Scherzi? Tu mi hai salvata tante di quelle volte.. non fraintendere quello che sto per dire, ma è anche merito tuo se mi sono trasformata.》
《Uhm, allora un po’ ci tieni a me.. Ho qualche speranza?》
《Una fidanzata, un viaggio ai confini dell’Universo ed il rischio di morte per un appuntamento.. Appena mettiamo i piedi sulla Terra, Goten, ti uccido io.》
《Sta’ tranquilla bambolina, ci penserà Vegeta non appena ascolterà quello che ti ha appena chiesto. Già gli verrà un infarto quando saprà del primogenito.. Due figli, e i geni di Goku ci hanno preso a entrambi.. Se non è destino questo.》
Si intromise Jaco, ammiccando con un cenno del capo ai due assopiti, stando molto attento ad utilizzare un solo decibel nell’espletare i suoi ultimi pensieri. Ridacchiando imbarazzati, gli ibridi presero posto ai lati dell’uomo, tentando quantomeno di spezzare la tensione che quel semplice discorso aveva comportato. Ancora diciotto ore di tragitto erano previste, eppure a differenza di tutti gli altri, Bra fu l’unica a tener compagnia al poliziotto nonostante egli le intimasse di sfruttare il tempo a sua disposizione per riposare.
《Jaco, sei sicuro che non perderai il lavoro dopo che hai falsificato dei documenti per lavorare per conto tuo?》
《Zio ha i suoi mezzi, piccola, puoi stare serena. Tu piuttosto, mi racconti o no cosa diavolo hai fatto in questi giorni?》

 
Nessuno, lui in special modo era stato in grado di chiudere gli occhi e lasciarsi andare alle braccia di Morfeo, sapendo che all’alba era previsto il ritorno a casa del suo più grande tesoro. Quei ragazzi, quelle preziose creature nate dall’unione con la donna che pazientemente lo aveva custodito, a cui doveva il merito dell’appagante vita che ora conduceva, sarebbero tornati al sicuro. La Capsule Corp;  aveva visto per l’intera notte, un Principe vagabondo tra i corridoi della struttura in cerca di un modo per permettere al tempo di scorrere più velocemente, ma le lancette di ogni orologio non accennavano a fare la sua volontà, anche se -accertatosi dell’aura di nessuno nelle vicinanze- ne aveva ad un paio sostituito le batterie, giusto per essere sicuro.
Dopo quelli che parvero infiniti autunni, l’aurora tinse di rosate sfumature il manto celeste pronto ad accogliere il sole di un nuovo giorno, ed i passi della signora Brief aleggiarono in quelle silenziose stanze, pronta ad essere scortata dal marito nel luogo accordato: il punto esatto in cui la ragazza aveva lasciato il pianeta. Nell’ultimo tratto da percorrere, tutti poterono avvertire la presenza dei compagni in attesa anch’essi di rivedere gli spedizionieri, e constatare l’incolumità degli stessi. Fermi in piedi ad osservare il cielo, l’alba ormai aveva schiarito il paesaggio coi suoi timidi raggi, e l’impazienza sfiorava ormai la rabbia del Principe, munito come suo solito dell’immancabile vena pulsante al di sopra della sua fronte corrugata. Vibrazioni fecero tremare il suolo d’improvviso, ed esattamente dieci secondi più tardi, una macchia apparsa dapprima come un impercettibile puntino cresceva a dismisura, sino a quando non arrestò la sua frenetica corsa stazionandosi al suolo. I respiri dei presenti parvero non costituire più qualcosa di necessario alla sopravvivenza, quanto il bisogno di assistere all’apertura del portellone di quel mezzo interstellare. Finalmente, un cigolio annunciò l’apertura della navicella, e senza attendere oltre, Jaco balzò fuori dal mezzo tenendo tra le braccia la maggiore tra le due ragazze a bordo, corsa raggiante nell’immediato tra le braccia dei propri parenti. A seguirla, i visibilmente malconci eredi dei due guerrieri più forti di tutti gli Universi esistenti, e dietro di loro, una sagoma la cui identità avrebbe dovuto corrispondere alla figlia minore dei Brief, e se non fosse stato per il marchio a fuoco presente nei suoi tratti genetici, nessuno avrebbe mai detto essere lei. Ancora in piedi sulla plancia della nave, in volo con estenuante lentezza, toccò il suolo, e fu per lei come bere dopo settimane di astensione. Era a casa. Il solo ritrovare posto in mezzo a tutte le persone che rappresentavano ciò che ella chiamava famiglia, aveva ritrovato la sua reale identità perduta. Era la perfetta combinazione tra due razze totalmente differenti. Era la figlia di un Principe dall’Impero caduto e di una brillante Scienziata di fama mondiale. Era una fiera Mezzosangue dai tratti terrestri, era una valorosa guerriera pronta a difendere la sua patria. Era Bra Echalotte Brief, e lo sarebbe sempre stata. Non una lacrima corse giù dai suoi occhi come le parole dalle sue labbra, quando adagio, camminò a tomi passi raggiungendo l’uomo che l’aveva spinta a gettarsi oltre i propri limiti solo per compiacere un capriccio personale. Quando gli fu ad un palmo di mano, serrò gli occhi replicando in sé l’emozione provata poche ore addietro, attuando quel che fu motivo di generali versi d’approvazione, ed incredulità. Soltanto Vegeta all’apparenza impassibile, assistette alla scena col cuore pronto a saltare in aria dalla gioia, soddisfazione, ammirazione, orgoglio. I segni della sofferenza patita per riuscire a renderlo fiero di lei, erano riportati al seguito della mancanza di due delle cose a cui ella teneva di più, calcolando a parte, i molteplici graffi non ancora cicatrizzati del tutto a mappare il suo corpo fanciullesco. La sua bambina, era diventata grande. Era un Super Saiyan.
《Ora puoi tornare ad allenarmi, padre.》Non riuscì a trattenersi oltre, e come da anni ormai accadeva quando era al cospetto di quegli incantevoli occhi che l’avevano umanizzato a loro piacimento, salutò tutti i principi con la quale era nato e cresciuto, raccogliendo l’esile ragazza tra i suoi prorompenti arti, stringendola quanto più gli era possibile.
《Lo avrei fatto comunque, sciocca ragazza. Sei tale e quale a tua madre.》
《Quando riprendiamo?》
《Questo pomeriggio.》
Inesorabili, scie salmastre caddero ad impregnare la tuta dell’uomo all’altezza della spalla, ove la turchina aveva posato la fronte dopo essere regredita di stadio.
《Mi rincresce non aver assistito alla prima volta che ti sei trasformata, come con tuo fratello.》
《Poco male, la mia inseparabile macchina fotografica ha documentato tutto!》
La commozione collettiva fu abilmente interrotta da Jaco scatenando vociare da ogni persona, ed improvvisamente, padre e figlia furono accolti da due altre paia di braccia, e dopo quelli che parvero interminabili minuti, i convenevoli generali poterono proseguire nel modo più adeguato alla situazione. Pima che qualcuno potesse avvalersi della facoltà di dover avviare quello che sarebbe stato un incontro memorabile, le esageratamente allegre voci di Trunks, Pan e Goten –già a conoscenza del ragazzo presente in mezzo ai guerrieri, evidentemente lieti e ricambiati nello scambio di saluti- catturarono l’attenzione della più giovane, che per poco, non cadde al suolo alla vista di un fratello venuto dal futuro le cui avventure erano state narrate più e più volte, ma che mai si sarebbe aspettata di incontrare personalmente.
《Bra, saluta Trunks.》Sorridendo come una ragazzina alle prese con il proprio idolo, la turchina raggiunse quel che rappresentava per ella un vero eroe, offrendogli la mano. Curioso e divertito al contempo, egli la strinse gentilmente.
《Trunks Brief, giusto? Bra Echalotte, molto piacere di conoscerti!》
《Il piacere è mio, Bra Echalotte. Hai fatto stare tutti in pensiero da quel che ho potuto vedere.. e ho anche notato un particolare che non mi è affatto sfuggito. Ma dimmi, precisamente chi saresti?》
《La tua adorata sorella!》
L’espressione sul viso del maturo quasi prossimo alle lacrime nel constatare quanto bella fosse alle volte la vita, parlò da sé. Quella sollevata al massimo delle umane capacità sul volto di Goten intento a rispondere positivamente ad un non verbale appello paterno, lasciò intendere che però quello non era affatto il momento né il luogo adatto d esternare le proprie volontà, e che forse, con un po’ di fortuna, avrebbe vissuto ancora un po’.

 
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Salve a tutti!
Ma buon anno miei cari lettori, buon anno a tutti voi! Ragazzi, quanto piango per la fine di questa FF che come ho visto, ha appassionato moltissime persone! Spero fermamente di essere stata all’altezza delle vostre aspettative e non avervi deluso con questa fine, ma sapete com’è, finita una storia ne inizia un’altra! Dunque, la vostra Longriffiths è una sbadata del cavolo, perché appunto io avevo accuratamente pensato di far portare ai nostri amici i fagioli curativi in modo da creare una situazione tale da spingere Bra a credere che entrambi fossero morti perché ci doveva proprio essere il sangue che schizzava dalle loro bocche (?) ma poi scrivendo della loro partenza nella foga me ne sono COMPLETAMENTE dimenticata, e ho dovuto fare come Goku e Freezer su Namecc per salvare Goten.. ma spero sia stata ugualmente fattibile la trasformazione e non troppo scontato il gesto di Trunks! Ho voluto descrivere i ‘sintomi’ della paralisi nel sonno perché chi come me ne soffre, può avere un’idea molto più concreta di come mi immagino sia la trasformazione del corpo in seguito all’immagine dell’uccisione di un fratello o di un amato. Credo di aver detto tutto.. anzi, no.
Un grazie SPECIALE a: paige95 e felinala per avermi supportata fino alla fine <3
Un grazie infinito a: Altreya; BlackFeath; Chiara_kdf; Ele_81; Eri_Son ;Lena95; Ionewolf87; paige95; Ray46; selenagomezlover99; siero_al_mic ; purcit; Ivi66; namy86; princess_serenity_92;  e Yami no Yoake. VI ADORO TUTTI RAGAZZI!
Alla prossima! <3<3

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