Meanwhile, a tale of summer's end.

di AngelsOnMyHeart
(/viewuser.php?uid=90787)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Home, sweet home. ***
Capitolo 2: *** Something old, something new. Something bad, something good. ***
Capitolo 3: *** Don't be afraid. ***
Capitolo 4: *** A rainy day to remember. ***
Capitolo 5: *** Father's sins ***
Capitolo 6: *** Open your eyes. ***
Capitolo 7: *** Here's to the Fall. ***



Capitolo 1
*** Home, sweet home. ***


Meanwhile, a tale of summer's end- Capitolo 1

Capitolo I

Home, sweet home.







Il bambino osservava, con sguardo particolarmente annoiato, i viali delle villette a schiera scorrere dinanzi ai suoi occhi dal finestrino della macchina; prestando giusto particolare attenzione a far saltare, con lo sguardo, tutte le cassette della posta che incontrava lungo la strada. 
Salta- pensava -se non salti sei perduto” 
Non sapeva esattamente chi o cosa dovesse saltare, specialmente il motivo per cui quell'azione fosse così necessaria, l'importante comunque era che continuasse a farlo. 
:-Quanto silenzio in questa macchina. Ravviviamo un po' quest'atmosfera cose ne dici, eh Will? Sei emozionato?-. 
Will distolse lo sguardo dalla strada, incrociando i suoi occhi verdi con quelli neri del padre, attento alla guida, nello specchietto retrovisore. 
:-All'idea di sdraiarmi nuovamente su di un letto? Sì-. Rispose il piccolo, dopo ormai due giorni di viaggio, nonostante avessero sostato in un paio di motel lungo la strada, cosa che sinceramente preferiva non ricordare. 
:-E' già un inizio-. Rise l'uomo, volgendo rapidamente lo sguardo al secondo passeggero che occupava i sedili posteriori. 
:-E tu, piccola volpe?-. 
La bambina alzò gli occhi verdi, i riccioli rossi le ricaddero capricciosi sulle guance rosee tempestate di lentiggini, e sbuffando abbassò nuovamente lo sguardo sulle proprie gambe, intenta nel costruirsi una piccola fionda. 
:-Bene, vedo che siamo tutti su di giri- Scherzò la madre dal sedile anteriore, scoppiando a ridere -Anche qualcun altro qui sembrerebbe eccitato pronto a far festa-. Aggiunse, portandosi una mano ad accarezzarsi il ventre gonfio che risaltava dal maglioncino beige. 
Will si avvicinò alla sorella, bussandole sulla spalla e costringendola a voltarsi. 
Si poteva dire che fossero l'uno il riflesso dell'altro: stesso naso fino ed all'insù, stessi occhi verdi, stesse lentiggini e stesse orecchie a sventola, labbra sottili; l'unica cosa che differenziava i due gemelli erano i capelli: se lei aveva una cascata di ricci ribelli, come quelli della madre, il piccolo Will aveva un taglio più corto, proprio come quello del padre, solo più composto. 
E chissà, a chi sarebbe somigliato il nuovo arrivato? 
:-Cosa vuoi?-. Gli domandò Abigail, senza mascherare la propria scocciatura. 
:-Smettila di mettere il muso- le disse a bassa voce, cercando di non farsi sentire dai genitori -lo sai che la mamma ha bisogno di stare tranquilla-. 
:-Ma lasciami stare-. Rispose burberamente la bambina, buttando la fionda incompleta al suo fianco e dandogli le spalle, iniziando anche lei a contemplare il mondo al di là del finestrino. 
In realtà Abigail non aveva alcuna riluttanza all'idea di trasferirsi dal micro appartamento, della rumorosa e caotica metropoli, ad una grande casa in una tranquilla cittadina di periferia dove, sembrava, nevicasse da Natale sino a Pasqua. Non si trattava nemmeno dell'idea di dover abbandonare i vecchi compagni di classe, sebbene sapesse che le sarebbero mancati, le avevano promesso che si sarebbero presto sentiti tramite Skype ed aveva grande fiducia in questo, inoltre non avrebbe di certo avuto problemi a farsi delle nuove amicizie e poi c'era Will, nonostante il suo essere perfettino alle volte lo rendesse insopportabile. 
Quel che proprio non riusciva ad andarle giù era l'idea di così tanti cambiamenti avvenuti così, nel giro di pochissime settimane, praticamente senza il minimo preavviso: l'arrivo di un nanerettolo e quel trasferimento fatto in fretta e furia, come se qualcosa stesse loro alle calcagna. 
Ma qualcuno si era per caso degnato di chiedere loro niente? 
Le avevano forse chiesto se le sarebbe piaciuta l'idea di cambiare casa da un giorno all'altro? O, che so, se avesse gradito la presenza di un nuovo fratellino o sorellina? No, nessuno si era preoccupato di chiedere nulla, dando per scontato che loro dovessero subire le decisioni dei genitori senza battere ciglio. 
Proprio non riusciva a comprendere come Will potesse prendere tutto così serenamente. 
Stupidi genitori, pensano che non possiamo prendere alcuna decisione, solo perché siamo dei bambini” 
:-O-oh! Eccola lì, la nostra nuova casa-. 
Abigail tentò di dimostrare il maggior disinteresse possibile, anche se la vastità della casa, seppure fosse perfettamente nella media e, forse, neppure una delle più grandi del quartiere, la colpì visibilmente. 
:-E' davvero questa?- esclamò stupita la donna, rivolgendosi al marito che annuì -Vorrai scherzare? Non mi avevi detto che fosse così grande!-. 
L'uomo scoppiò a ridere mentre si fermava nel vialetto, tirando il freno a mano :-Questo perché sei abituata ai 40 mq di quegli asfissianti appartamenti di Orlando, mia cara-. 
:-Spiritoso, molto spiritoso-.Gli fece il verso lei, aprendo la portiera per scendere. 
I gemelli, nemmeno a dirlo, l'avevano già anticipata, precipitandosi nel giardino e correndo attorno al perimetro della casa, per studiarla attentamente. L'edificio era ricoperto da assi di legno orizzontali, verniciate di bianco, circondato da un piccolo portico dalla tettoia verde, così come il portone d'ingresso, e posto su tre piani: il piano terra, dove sicuramente si trovavano la cucina e la sala da pranzo; il primo piano, dove i bagni e le camere da letto li attendevano a braccia aperte e per ultima, ma assolutamente non meno importante per le due volpi curiose, la soffitta, scrigno di chissà quanti tesori. 
Molte delle finestre erano state sbarrate con delle assi di legno ma alcune erano cadute a terra, così che Will ed Abigail, una volta saliti i pochi gradini del portico, poterono avvicinarsi per curiosare all'interno non riuscendo però a vedere granché, esclusi gli scatoloni lasciati dalla ditta di traslochi, arrivata un giorno di anticipo rispetto a loro. 
:-Spero per loro che non abbiano rotto o disperso nulla, specie quel servizio di piatti che ci regalò mia madre lo scorso Natale-. Commentò la donna, avvicinandosi al marito intento a trovare la giusta chiave per aprire la porta. 
:-In caso fosse puoi sempre punirli mandandola a fare reclamo-. 
Ovviamente l'uomo non sfuggì dal ricevere uno scappellotto dritto sulla nuca, al quale però rispose con un'altra risata, seguita da quella della moglie che non riuscì a mantenere a lungo un'espressione seria. 
Mentre ancora attendevano di entrare, Will volse distrattamente lo sguardo aldilà dell'alta staccionata bianca che divideva il loro giardino con quello dei vicini notando così, sulla sua sommità, due grandi occhi magenta che fissavano incuriositi la nuova famigliola del quartiere. La cosa che lo colpì di più, però, fu l'acconciatura che quella strana figura portava, sembravano quasi delle piume multicolori. 
Il piccolo alzò dapprima la mano, poco convinto, agitandola appena per salutare ma non fece in tempo a voltarsi, per richiamare l'attenzione della sorella, che quando tornò a guardare sulla staccionata, non vide altro che la casa dei vicini. 
:-L'hai vista anche tu?-. Chiese il piccolo alla sorella, indicando il punto preciso in cui aveva visto quella figura pochi istanti prima. 
Abigail scrutò attentamente la staccionata e si strinse nelle magre spalle :-Non vedo nulla- sentenziò infine, dirigendosi all'interno della loro nuova casa -siamo qui da nemmeno 5 minuti, non siamo nemmeno entrati e tu già vedi i fantasmi. Un ottimo inizio-. 
Will sbuffò e, seguendo anche lui la sorella, volse un'ultima occhiata alla staccionata, chiedendosi se la stanchezza del viaggio non stesse cominciando a tirargli dei tiri mancini. 

Come ovviamente avevano già appreso al loro arrivo, la casa era molto più grande dell'appartamento in cui erano cresciuti e, senza indugiare troppo, i due fratelli vollero subito assicurarsi che la loro camera rispettasse quegli standard a cui si stavano facilmente abituando. I genitori non si opposero granché, immaginavano la loro stanchezza, un poco di svago era proprio quel che gli ci voleva dopo tutte quelle ore di viaggio. Inoltre non averli tra i piedi mentre scorrazzavano da una stanza ad un'altra, mentre loro erano impegnati nel sistemare i primi scatoloni, non poteva che essere gradito. 
Il primo piano, che si raggiungeva dalle scale poste proprio dinanzi all'ingresso, era attraversato da un corridoio la cui moquette grigia aveva cominciato a consumarsi, massacrata dalle tarme. 
Quattro erano le stanze che si trovavano su quel piano: due camere da letto grandi, una camera più piccola ed il bagno. 
Ovviamente una delle camere grandi era loro, e questa per la precisione si trovava in fondo a sinistra. 
I loro genitori, gli avevano fatto presente che, nonostante le dimensioni della casa, sarebbero stati costretti a dividere ancora la camera, mentre la stanzetta più piccola sarebbe andata al bebè in arrivo. 
Abigail e Will non si opposero minimamente a questa decisione, troppo abituati a condividere la propria stanza, avrebbero trovato strano il contrario. Inoltre, la mamma ed il papà, avevano promesso loro che, in futuro e se le cose fossero andate bene, avrebbero potuto fare dei lavori in modo da dividere la loro stanza ma, per il momento, la cosa non li toccava minimamente. 
La camera, ancora spoglia della mobilia, se non per due reti posizionate al centro una vicina all'altra, era di forma rettangolare. Il lato lungo ne prendeva le profondità e, la parete opposta alla porta, aveva una singola finestra che si affacciava sul vialetto di casa. 
:-Qui andrà il mio letto-. Esclamò con entusiasmo Abigail dopo aver squadrato attentamente la stanza, quindi si diresse nel punto da lei indicato, ossia nell'angolo a sinistra della finestra, ed iniziò a saltare sul parquet, quasi a testarne la resistenza. 
:-Quasi non riesco a credere che non dovremo più dormire in un letto a castello-. Disse al fratello, il quale stava squadrando con attenzione la porta semi aperta dell'armadio a muro. 
:-Vuoi dormire lì dentro?-. Gli chiese allora con un gran sorriso sornione. 
Will la guardò un breve istante, per poi infine indietreggiare scuotendo il capo :-Non entrerei lì dentro nemmeno se fossi costretto-. 
:-Vuoi scherzare?- rise spavalda Abigail, avvicinandosi alla porta ed afferrandone il pomello -cosa vuoi che si nasconda qui dentro? L'uomo nero per caso?-. 
:-Dico solo che non mi piace-. Insistette Will, allontanandosi mentre la sorella spalancava lentamente la porta dell'armadio. 
:-Mamma te lo dice sempre, non dovresti vedere i film dell'orrore se poi ti spaventi-. Ed aprì la porta con un sol colpo. 
Potrete immaginare la sua espressione terrorizzata, quando dall'armadio le ruzzolarono addosso due grosse scatole, colme di vecchie cianfrusaglie che si riversarono sul pavimento, facendola cadere a terra con un grido di paura. Di certo Will, all'inizio preso anche lui alla sprovvista, non se ne sarebbe mai dimenticato. E, dopo essersi accertato che non si fosse fatta male o sbattuto la testa, si chinò su di lei con stampato in faccia lo stesso sorriso che la sorella gli aveva rivolto solo pochi istanti prima. 
:-Non dire una sola parola-. Lo ammonì lei, prima ancora che il fratello potesse aprir bocca. 
Questo bastò al piccolo per prendersi la sua piccola rivincita dalle burle subite poco prima. 
Ovviamente i passi pesanti del padre, che risaliva velocemente le scale scricchiolanti, non tardarono a farsi sentire e presto apparve sulla soglia della porta, col fiatone e lo sguardo preoccupato. 
Senza nemmeno chiedere cosa fosse accaduto, si avvicinò alla figlia, ancora sdraiata a terra :-Ti sei fatta male?-. Le chiese chinandosi ed aiutandola a mettersi a sedere, mentre gli oggetti fuoriusciti dalla scatola le scivolavano di dosso. 
:-Non è niente papà, ho solamente aperto la porta dell'armadio e quelle due scatole mi sono cadute addosso da uno degli scaffali in alto- spiegò Abigail -spiegavo a Will che non c'era nessun Uomo Nero, lì dentro-. Aggiunse infine, con tono quasi innocente, guardando di sottecchi il fratello con sguardo furbo. 
Brava...molto brava” le sorrise il fratello, iniziando ad escogitare la sua vendetta. Senza malizia, sia chiaro. 
L'uomo sorrise, anche tranquillizzato dal fatto che la sua piccola non si fosse fatta alcun male e, una volta che si fu rimessa in piedi, si rivolse ad entrambi :-Ascoltatemi attentamente- iniziò a dir loro -questa casa è grande ed ha anche qualche anno alle spalle, molto probabilmente potrà capitarvi di sentire qualche strano rumore venire dalle pareti, scricchiolii negli armadi, rimbombi dalle tubature, ma ricordatevi sempre questo: non vi è nulla, assolutamente nulla, in questa casa, che potrà mai farvi del male. Siamo intesi?-. 
Will abbassò lo sguardo sul pavimento, iniziando a sentirsi un poco imbarazzato per essersi fatto intimorire da un semplice armadio a muro; Abigail invece si strinse nelle spalle con noncuranza :-Io non temo niente-. Rispose spavalda dando poi un pugno amichevole sulla spalla del fratello :-Ci penso io a proteggerti-. 
Il bambino le sorrise. 
Se da fuori potevano dirsi due gocce d'acqua, caratterialmente erano agli antipodi. 
Abigail era proprio così, come si mostrava: allegra e socievole; spavalda e particolarmente testarda, se si convinceva di avere ragione di qualcosa era impossibile farle cambiare idea e, se anche aveva le prove in suo sfavore sotto gli occhi, cercava comunque un modo di uscirne vittoriosa. 
Questa era sua sorella...e poi c'era lui. 
Will era un bambino molto dolce ma anche introverso e, molto spesso, in pubblico aveva la tendenza a starsene in silenzio. Solamente tra le mura di casa o comunque con sua sorella, riusciva a tirar fuori quel suo lato solare che, altrimenti, non era in grado di far trasparire con nessun altro. 
Era anche piuttosto fifone ed Abigail non si perdeva mai l'occasione di ricordarglielo ma, nonostante questo, una sua qualche forma di masochismo lo spingeva ogni venerdì sera a ritrovarsi sul divano a mangiare pop corn con Abigail mentre in tv partiva la maratona horror. Quante notti aveva passato insonni, eppure non avrebbe mai rinunciato a quella tradizione che lo legava a sua sorella e, sapeva, anche lei avrebbe sicuramente fatto lo stesso per lui. 
:-Così mi piacete-. Concluse il padre, abbassando infine lo sguardo sul pavimento, dove incontrò un orsacchiotto di pezza che parve rubare la sua attenzione. Si chinò quindi per raccoglierlo e, dopo averlo guardato alcuni istanti, volse un'occhiata veloce agli altri oggetti sparsi sul pavimento. 
:-Quegli idioti, avevo specificatamente detto loro di svuotare tutte le stanze prima del nostro arrivo!-. Borbottò, visibilmente infastidito, mentre si chinava a raccogliere velocemente tutto il contenuto delle due scatole, buttandolo al loro interno, quasi senza guardare. 
I due gemelli si scambiarono un'occhiata, non erano altro che le vecchie cianfrusaglie probabilmente appartenute ai vecchi proprietari, perché preoccuparsi tanto? Sarebbe semplicemente bastato buttarle via. 
:-Lascia stare papà- disse Will, chinandosi per raccogliere una cornice, la cui foto era rivolta verso il pavimento -possiamo pensarci noi qui, tu torna dalla mamma-. 
Il bambino però non fece in tempo a sollevarla che il padre gliela aveva già strappata di mano, lanciandola nella scatola che teneva sotto braccio. 
:-Faccio io, non voglio che tocchiate queste vecchie cose, non sappiamo chi fossero i precedenti proprietari e non vorrei che vi faceste male-. Disse frettolosamente. 
:-Voi genitori siete così iper protettivi- sbuffò Abigail, sollevando il solito ciuffo che le si piantava in mezzo al viso -ci togliete ogni divertimento. E se tra tutte queste cose ci fosse nascosta la mappa di un tesoro nascosto da qualche parte tra le mura della casa? Noi non lo verremo mai a sapere perché tu avrai già buttato tutto!-. 
Una volta che ebbe raccolto una piccola lampada per il comodino, l'ultimo oggetto rimasto sul pavimento, il padre si tirò su e tornò a sorridergli, quasi dimentico della preoccupazione che gli aveva stravolto il viso in quei pochi istanti :-I tesori si sotterrano in isole lontane dove solo i pirati possono arrivare, non lo sapevi questo, piccola volpe?-. 
:-Sì ma..-. 
:-Niente ma- la interruppe pacatamente il padre -voi fate attenzione ed io e la mamma potremo dormire sonni tranquilli. Non fatemi preoccupare, chiaro?-. 
I gemelli si guardarono l'un l'altro ed infine annuirono. 
:-Promesso?-. 
:-Promesso, papà-. Risposero entrambi all'unisono. 
:-Perfetto- esclamò con soddisfazione l'uomo avviandosi alla porta, per poi voltarsi di nuovo verso di loro -la mamma sta per ordinare la pizza, vi consiglio di correre a dirle quella che volete, prima che ordini nuovamente per tutti un hawaiana-. Detto questo sparì dalla loro vista. 
Alcuni istanti di silenzio susseguirono quel momento e, quando i due fratelli furono certi che il padre si trovasse ormai al piano inferiore, si volsero una veloce occhiata l'un l'altro e, ridacchiando, portarono entrambe le mani, fino a quel momento nascoste dietro alle loro schiene, davanti al viso: rivelando un totale di otto dita incrociate. 
E così, una volta accertati -secondo le leggi dell'infanzia- che la promessa non fosse valida e che, quindi, non si sarebbe potuta infrangere in alcun modo, si precipitarono al piano inferiore, sperando di non essere in ritardo per una delle scelte più importanti che la vita aveva posto loro di fronte, sino a quel momento: ossia quale pizza mangiare per cena.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Something old, something new. Something bad, something good. ***


Capitolo II

Something old, something new,
Something bad, something good.




Seduta sul bordo del letto, pigiando di tanto in tanto la punta dei piedi scalzi contro il pavimento, Nancy si impegnava a mordersi nervosamente le unghie della mano sinistra, osservando attentamente il cellulare stretto nella sua destra: la schermata dei messaggi era aperta da più di tre quarti d'ora ma la sezione del testo era ancora in bianco. 
Perché mai avrebbe dovuto fare lei il primo passo e chiedere scusa? In fin dei conti cosa aveva fatto di tanto male, non era certo colpa sua se anche lei non fosse in grado di divertirsi come tutti gli altri ragazzi della loro età. No? 
Già, non aveva alcuna colpa. 
Eppure lasciarla lì, sola, il tutto per passare del tempo con un idiota che non sapeva nemmeno se mai l'avrebbe richiamata. Ed in realtà, a ben pensarci, nemmeno le importava lo facesse. Perché l'unica cosa che le premeva al momento era di non aver ancora sentito lei, la sua migliore amica, colei che sapeva ci sarebbe sempre stata. 
Come poteva essere tanto difficile da non riuscire ad inviare uno stupido SMS? 
:-Andiamo Nancy! Non abbiamo tutto il giorno qui!-. Sbraitò Scarlett, dopo una lunga attesa. 
La ragazza non batté ciglio all'esclamazione della giovane donna, seppur questa si trovasse seduta proprio vicino a lei, con il viso quasi piantato contro il suo, intenta nello sbirciare la schermata del cellulare. 
:-Dai ragazza mia, sappiamo entrambe che puoi riuscirci, non è poi così difficile- le sussurrò lo Spirito, posando delicatamente la sua mano sulla spalla di Nancy -sai cosa devi fare-. 
La ragazza ebbe come la sensazione che un sottile soffio di vento le accarezzasse la guancia ed istintivamente si volse verso la finestra, trovandola chiusa. Stringendosi nelle spalle si convinse di esserselo immaginato. 
:-Che idiota-. Mormorò tra se e se mentre iniziava a digitare quel messaggio che attendeva di scrivere da giorni, riempiendo così lo spazio, rimasto vuoto sino a quel momento, di parole. Tante parole, forse più di quelle che aveva realmente immaginato di scrivere, ma gliele doveva. Tutte quante. 
:-Stiamo migliorando- disse Scarlett alzandosi dal letto per stiracchiarsi -mi sei costata una sola settimana di lavoro-. 
:-E le altre volte? Quanto tempo ti ci voleva?-. 
Scarlett sobbalzò, colta alla sprovvista: i lunghi capelli le fluttuarono velocemente verso l'alto, elettrizzandosi, e gli occhi grigio perlati le si tinsero di una lieve sfumatura giallastra per un breve istante. Realizzando infine di non essere in pericolo, sbuffò, scostandosi il ciuffo di capelli che le ricadeva sul viso. 
:-Pensavo di averti già detto che gradisco la tua compagnia, Khole, ma se continui ad apparire all'improvviso, facendomi perdere dei colpi al cuore, temo che la nostra amicizia non potrà andare avanti ancora per molto. Non se mi uccidi, almeno-. 
Gli occhi ambrati del ragazzo la guardarono vispi, mentre le sue labbra si increspavano in un sorriso che scoprì i suoi denti felini. Se ne stava seduto a gambe incrociate sopra la scrivania, ignorando che fosse ricoperta di quaderni e libri :-Dentolina deve dirti una cosa-. 
Scarlett ridacchiò scuotendo il capo e, portando l'indice destro a toccarle la guancia, assunse un'espressione pensierosa carica di sarcasmo :-Te lo ha riferito lei o hai nuovamente origliato? Lasciami indovinare- la ragazza iniziò a camminare avanti ed indietro, fingendo di riflettere attentamente -...mmh, hai origliato. Sì, è la mia risposta definitiva-. 
Il sorriso di Khole si incrinò appena :-Loro non sono mai entusiasti all'idea di parlare con me, lei in particolar modo-. 
:-Forse perché non sembri conoscere la discrezione, fai mille domande e non sembri essere in grado di mantenere un segreto? Sono dei punti sui quali lavorerei se fossi in te-. Gli chiese Scarlett mentre osservava distrattamente la proprietaria della camera indossare un paio di scarpe e correre fuori dalla stanza in tutta fretta. 
Avranno un po' da chiarire, quelle due” sorrise, orgogliosa del proprio lavoro. 
:-Ma se i segreti esistono, vorrà pur dire che qualcuno li deve svelare, no? Altrimenti finiranno solo per trasformarsi in omissioni o, peggio, in bugie. Io odio le bugie, non servono ad altro che a renderti stupido-. 
Scarlett sorrise al ragazzo, guardandolo con tenerezza. 
Cole era uno Spirito da molto più tempo di lei, non aveva la minima idea di quanti anni avesse ma l'età che dimostrava era pressapoco quella di un adolescente. Un po' come Jack Frost. Probabilmente appartenevano entrambi allo stesso contesto storico, chissà. 
I lineamenti del ragazzo erano tipici dei nativi americani, così come la sua pelle ed i setosi capelli neri, adornati da una piuma d'aquila posata sull'orecchio sinistro, dal quale pendeva un orecchino di lapislazzuli a forma di goccia. 
Non sapeva molto di lui, visto che era raro riuscire a porgergli anche una sola domanda, solo che era curioso oltre ogni limite e che i Guardiani non impazzivano per la sua compagnia. Sia chiaro, non vi era cattiveria alcuna in questo, solo che ritrovarsi un adolescente a porti continuamente domande, mentre hai il compito di portare gioie, speranze, sogni e divertimento ai bambini di tutto il mondo, beh...non è esattamente il massimo. Lei poteva invece dirsi di avere più tempo libero, non essendo ancora una Guardiana a tutti gli effetti, motivo per cui non disdegnava la sua compagnia, di tanto in tanto, per quanto questa potesse essere particolarmente invadente. 
Basti solo pensare che la prima volta che si erano conosciuti, mentre lei cercava ancora di comprendere a pieno i poteri di cui poteva usufruire, le aveva posto circa un un centinaio di domande. Il tutto nei soli primi cinque minuti in cui si erano visti. Inutile dire che Scarlett all'inizio non seppe se essere divertita da tutte quelle domande a raffica, o se infastidita ed in ansia, come quando veniva fatto il suo nome per le interrogazioni a scuola. 
Ed alla fine, non seppe nemmeno esattamente come, poté arrivare a definirsi la sua unica amica. 
E questo era Khole. 
:-Ora che mi hai messo questa pulce nell'orecchio, immagino non riuscirò più a dormire sonni tranquilli se non vado al palazzo di Dentolina, mentre è nel bel mezzo del suo importante lavoro, a chiederle cosa ci sia di così importante da dirmi-. Decise di accontentarlo lei, iniziando a dirigersi verso la finestra. 
Voltandosi a guardarlo, notò che il ragazzo la guardava insistentemente, mostrando i migliori occhi da cucciolo bastonato che il suo repertorio gli permettesse. Ed era bravo, o forse era semplicemente lei ad avere il cuore tenero. 
:-Puoi venire se vuoi...-. 
:-Se proprio insisti-. Esclamò il ragazzo, senza farle finire la frase, svanendo nel nulla tra un battito di ciglia ed un altro. 
Scarlett scosse il capo sospirando e, levitando al di fuori della finestra, svanì tra le nuvole in direzione della sua prossima destinazione: il palazzo di Punjam Hy Loo. 

:-Quante volte ti devo ripetere che non devi apparire all'improvviso mentre lavoro? Anzi, non devi apparire affatto!-. Queste furono le urla con cui Scarlett venne accolta al suo arrivo. Ovviamente la scenata di Dentolina non era rivolta a lei, anzi nemmeno la notò in un primo momento, ma al “povero” Khole. Era buffa quando si adirava a quel modo con il ragazzo, cercando di scacciarlo via come una mosca fastidiosa. 
Quando finalmente la fata si accorse della presenza di Scarlett le sue piume si arruffarono, scompigliandosi tutte mentre il suo dolce viso venne attraversato velocemente da un'ombra. 
:-Scarlett tesoro, ti serve qualcosa?-. 
Lo Spirito la guardò velocemente, non era mai stata brava a decifrare sguardi e gesti ma, in quel momento, era quanto mai palese che qualcosa la turbasse. 
:-Non volevo disturbarti, però...Khole mi diceva che avevi qualcosa d'importante da dirmi e quindi, eccomi qui-. 
Le piume della fata si arruffarono ancora una volta mentre si voltava in direzione del ragazzo, intento nel sedersi con nochalance sul tappeto dagli ornamenti indù che adornava la stanza. 
:-Cos'hai sentito?-. Urlò con voce stizzita, volandogli pericolosamente incontro e fermandosi ad un palmo dal suo viso, stringendo i pugni. Khole non batté ciglio, sorridendole come se non avesse fatto nulla di male. 
:-Wow! E' qualcosa di grosso allora-. La prese sul ridere la Scarlett, notando il viso turbato della fata che, reagendo in modo così spropositato, si ritrovò ormai costretta a raccontarle quel che cercava di tenerle nascosto. 
:-Va bene senti, è successa una cosa. Però tu devi promettermi che, se io adesso te la racconto, non darai di matto e manterrai la calma. Va bene?-. Le disse infine la Guardiana, ricomponendosi mentre si lisciava le penne scompigliate. 
:-Non è che sia la migliore delle premesse, possiamo lavorarci su se vuoi-. 
Dentolina le lanciò un'occhiataccia e, con un sospiro, Scarlett portò la mano destra sul cuore, alzando la sinistra al di sopra della spalla :-Prometto che non darò di matto-. 
:-Faresti bene a sederti-. Le propose quindi Dentolina, indicandole un grosso cuscino rosso sul tappeto. 
:-Perché non glielo dici e basta?-. Si intromise Khole, ormai non più nella pelle. Scarlett iniziò a chiedersi se lui sapesse o meno cosa la fata aveva da dirle, o se fosse solamente curioso di vedere la sua reazione. 
:-Zitto tu!-. Si stizzì nuovamente la fata, apparentemente sull'orlo di una crisi di nervi e, notando che Scarlett non sembrava interessata ad usufruire del cuscino che le aveva offerto, decise di andare ad utilizzarlo lei. 
:-Perché proprio a me...-. La sentì mormorare mentre si sedeva. 
:-Da quanto tempo è che non ti prendi una pausa Dentolina?-. Le chiese dolcemente Scarlett. 
:-Meno di quanto credi, purtroppo-. Rispose sospirando la fata, sorridendole stanca. 
:-Allora, dimmi, cosa cercavi di nascondermi?-. 
Non c'erano più scappatoie o possibilità di perdere tempo, per cui la fata prese un respiro profondo, decidendosi a svuotare il sacco. 
:-Una nuova famiglia si è trasferita nella tua vecchia casa, a Burgess-. 
Scarlett sbarrò gli occhi per lo stupore e le sue iridi si tinsero di ghiaccio per un breve momento. 
:-Ah sì?-. Domandò infine, mantenendo un tono freddo e distaccato. Dentolina annuì nervosamente più volte. 
:-Da quanto tempo?-. Chiese ancora lei, riflettendo attentamente prima di porre una domanda. 
:-Un paio di settimane, forse...ehm. Un mese?-. Dentolina iniziò a tormentarsi le piccole mani. 
:-Capisco-. Fu infine l'unico commento di Scarlett, la quale parve iniziare a perdersi troppo nei propri pensieri mentre i lunghi capelli neri le fluttuavano flemmaticamente attorno. 
:-Avremmo voluto parlartene prima- iniziò a giustificarsi la fata, afferrando frettolosamente alcune custodie contenenti dei dentini, portandole allo scaffale più alto che avesse a disposizione -è che con tutto il da fare che c'è in questo periodo. Non lo immagineresti mai quanti denti da latte ho dovuto raccogliere in una sola notte, se te lo dicessi...-. 
:-Avremmo?- la interruppe a quel punto la ragazza, come se non avesse sentito altro dell'intero discorso -Quindi ne eravate tutti a conoscenza? Nessuno escluso?-. 
La fata si morse il labbro inferiore, convinta di essersi data la zappa sui piedi ed anche su quelli di qualcun altro. Annuì, mortificata. 
:-Che notizia!-. Esclamò infine Scarlett, scoppiando a ridere. Dentolina invece si portò istintivamente le mani dinanzi al petto piumato, dove il suo cuore aveva preso a battere come quello di un colibrì. Realizzando, con un po' di ritardo, che la ragazza non stava scaraventando il suo prezioso e fragile lavoro ovunque per il suo palazzo, ma invece era ancora lì in piedi, battendo allegramente le mani. 
:-Non sei arrabbiata quindi?-. 
:-Perché mai dovrei? Sarebbe stato molto peggio se non me ne avessi parlato non credi? Quanto tempo che non passo di lì. Quali motivi avrei di infuriarmi per una vecchia casa, quando ormai ho il mondo a disposizione?-. Il giovane Spirito parve essere proprio su di giri per la notizia, visto che aveva iniziato a saltellare sul posto. Nemmeno l'avessero appena nominata Guardiana. 
Certo che sa essere veramente strana, alle volte” Pensò Dentolina, consolata comunque che tutto fosse ancora intatto nella stanza. 
:-Sai, eravamo convinti che fossi particolarmente legata a quel posto. D'altronde è lì che sei cresciuta-. Si spiegò la fata, grattandosi la nuca con un filo di imbarazzo. 
A quel punto Scarlett smise di saltare, mostrando alla fata il suo sorriso più luminoso :-Capisco cosa intendi ma i miei ricordi sono conservati qui, dentro di me. Vi ringrazio, però non dovete continuare a preoccuparvi tanto, sono capace di cavarmela da sola ormai-. 
:-Non devi nemmeno dirlo. E' normale che ci preoccupiamo per te - “E per la nostra mobilia” -comunque, almeno ora lo sai-. 
La ragazza iniziò quindi a camminare avanti ed indietro, come era solita fare ogni volta che un'idea le guizzava per la testa. 
:-Devo andare a vedere, sono troppo su di giri! Chissà come hanno arredato le camere, l'ultima volta che sono passata di lì era tutto ricoperto di polvere-. Decise infine, entusiasta, levitando velocemente verso l'uscita dal palazzo. 
:-Andare a veder...no aspetta!-. Tentò di fermarla inutilmente la fata ma, ormai, Scarlett era svanita tra le nuvole. 
:-Saranno guai-. Mormorò tra se e se la fata, osservando il cielo limpido. 
:-Mi fai vedere i dentini?-. Le chiese infine Khole, rimasto ad osservare la scena per tutto quel tempo. 
Dentolina sospirò, sconsolata. 

Non appena raggiunse il vialetto d'ingresso che l'avrebbe condotta al vecchio portico, Scarlett respirò a pieni polmoni, ruotando su se stessa. Nonostante fosse estate, l'aria della Pennsylvania era ancora fresca. Osservando oltre le altre case del vicinato, si accorse che il sole stava svanendo all'orizzonte, tingendo il cielo d'arancio. 
Non più nella pelle, iniziò a scorrazzare tutto intorno alla casa cominciando a sbirciare dalle finestre del piano superiore. I mobili erano stati ovviamente sostituiti ed al loro posto ne erano stati posizionati di nuovi. La sua vecchia camera ora ospitava due letti mentre la stanzetta degli ospiti, sempre stata inutilizzata, era adesso occupata da un lettino per neonati, giocattoli per bebè e barattoli di vernice ancora inutilizzati. 
Doveva sicuramente trattarsi si una famiglia abbastanza numerosa. 
Al piano inferiore invece trovò il salone completamente rinnovato. Dove un tempo stava la sua vecchia tv fatiscente, ora si trovava un mega schermo accessoriato da un paio di console d'ultima generazione. Lì vide, per la prima volta, i due gemelli: un bambino ed una bambina, due gocce d'acqua dai capelli rossi e la bianca pelle piena di graziose lentiggini. Entrambi seduti sul divano, joypad alla mano, concentrati nel farsi valere in qualche picchiaduro, probabilmente non adatto alla loro età. 
Gettando ancora un'occhiata alla stanza, notò che vi era anche un pianoforte, posizionato proprio vicino al caminetto. 
E' diventata il cliché della casa ideale” sorrise Scarlett, ora correndo verso il retro, dove sapeva essere la finestra che dava sulla cucina. 
Stavolta, sbirciando all'interno, trovò una donna intenta nel preparare la cena dietro un enorme bancone di legno chiaro. Anche lei aveva i capelli rossi e ricci, che le scendevano morbidi e lunghi sino a metà schiena. Era molto bella. 
Lo Spirito non poté fare a meno di lasciarsi sfuggire un gran sorriso nell'osservare la donna, probabilmente in attesa che il marito rientrasse dal lavoro, forse. 
:-Sembrano usciti fuori da uno spot degli anni '50-. Mormorò tra se e se, ormai spingendosi con il naso a toccare il vetro della finestra. 
:-Ecco dove ti sei venuta a cacciare!-. 
Nell'udire quella voce, provenire dalle sue spalle, il sorriso della giovane si ampliò ancora di più. Tentando però di non darlo a vedere, cercò di assumere un'espressione più seria, quasi scocciata. 
:-Finalmente! Iniziavo a credere ti fossi perso da qualche parte-. Esclamò voltandosi, congiungendo le mani dietro la schiena, la gonna del lungo vestito bianco le ondeggiò accarezzandole le gambe, sospinto da una leggera brezza che la ragazza portava sempre con se. 
:-Semmai un giorno di questi volessi avvisarmi, quando decidi di andartene a giocare a nascondino per il mondo, forse, renderesti più semplice la mia parte in questo gioco. Non trovi?-. Le domandò Pitch, sorridendo alla vista della ragazza. 
:-Ehi! Mio il gioco, mie le regole-. Gli sorrise di rimando lei, mentre l'uomo le si era fatto vicino. La loro differenza d'altezza era qualcosa che la divertiva particolarmente. Spesso riusciva ad ovviare al problema levitando alla sua altezza. Altre volte, come quel giorno ad esempio, si divertiva a restarsene con i piedi per terra, godendo di quel dislivello. 
:-Quanta impertinenza, dinanzi al Re degli Incubi-. Scherzò lui, prendendole il mento e sollevandole il viso verso il suo. 
:-E' per questo che mi adori, no?-. Rise Scarlett. 
:-Colpito ed affondato-. Ammise Pitch, chinandosi su di lei per stamparle un bacio sulle labbra. 
:-Ahia!-. Esclamò improvvisamente, quando la ragazza gli diede un pugno sulla spalla sinistra, costringendolo ad indietreggiare. 
:-Immagino di essermelo meritato-. Le disse accigliato, massaggiando il punto colpito dalla sua compagna. 
:-Immagini bene, Pitch Black. Questo, ed altri che seguiranno quando meno te lo aspetti, sono per non avermi detto prima di questo!-. Si finse arrabbiata lei, andando ad indicare la casa alle sue spalle. 
:-Un po' me lo sono meritato-. Si trovò quindi ad ammettere Pitch, sospirando mentre vedeva svanire la possibilità di quel bacio, almeno per il momento. 
:-Come lo hai saputo?-. Le chiese infine. 
:-Khole ha fatto la spia-. Rispose lei, tornando a sbirciare all'interno della casa. I bambini avevano spento la console ed erano entrati nella cucina per aiutare la madre ad apparecchiare la tavola. 
Un suono non ben definito provenne dalle labbra di Pitch, qualcosa di simile ad un brontolio sottovoce, non appena la ragazza pronunciò il nome di quel ragazzino impiccione. Così come gli attuali Guardiani, era chiaro come il sole che anche a Pitch il ragazzo non andasse particolarmente a genio. 
:-Ma li hai visti?- esclamò entusiasta la ragazza, indicando la cucina -sembrano l'incarnazione moderna della famiglia Camden-. 
L'uomo le si fece vicino, avvolgendole le spalle mentre iniziava anche lui a sbirciare all'interno dell'abitazione :-Lo sai vero che, quando fai le tue citazioni, non capisco di cosa parli per la maggior parte delle volte?-. Le chiese l'uomo scherzando ma solo in parte, visto che realmente non aveva idea a cosa la compagna stesse facendo riferimento. 
:-Voglio dire che sembrano molto felici-. Spiegò lei. 
:-Grazie per la traduzione-. La ringraziò l'uomo, posandosi con il mento sopra il capo della ragazza. 
:-Chissà se è un maschietto o una femminuccia-. Si chiese Scarlett, indicando a quel punto il pancione della donna, mentre questa metteva i bicchieri a tavola. 
:-Tu cosa preferiresti?-. Le chiese Pitch. 
:-Mmh...non credo di avere alcuna preferenza a riguardo-. Gli rispose lei, noncurante. 
:-Sai- iniziò a dirle l'uomo, lasciando scendere le braccia ad avvolgerle il ventre, stringendola a se -non sarebbe male se anche noi...-. 
:-E' arrivato qualcuno!-. Esclamò Scarlett entusiasta, non appena udì il rumore di una macchina parcheggiare nel vialetto di casa. 
:-Hai detto qualcosa?-. Gli domandò poi distrattamente, probabilmente senza aver ascoltato una sola parola che l'uomo le aveva rivolto. 
:-No, niente-. Mentì Pitch, rimandando l'argomento ad un'altra occasione. 
In cucina era entrato un uomo piuttosto alto, dalla corporatura medio robusta. I suoi capelli erano corti e neri, giusto appena brizzolati ai lati della testa. Dava loro le spalle mentre si avvicinava alla moglie, baciandola sulle labbra ed accarezzandole il pancione. 
La donna a quel punto posò in mano all'uomo alcuni cespi di insalata, indicandogli il lavello, posto proprio dinanzi alla finestra dove sostavano Scarlett e Pitch. 
Quando l'uomo si volse, Pitch notò immediatamente qualcosa di strano in lui. All'inizio gli sembrò solamente un'impressione ma, quando questi raggiunse il lavello, fermandosi dinanzi a loro, percepì i muscoli di Scarlett irrigidirsi mentre iniziò ad indietreggiare bruscamente di alcuni passi, sbattendogli contro. 
:-Scarlett?-. La chiamò allarmato ma la ragazza non rispose, continuando a guardare un punto fisso dinanzi a lei, come in trance, stringendo con forza i pugni. 
Qualcosa non andava. 
:-Scarlett cosa succede? Chi è quell'uomo?-. 
La ragazza decise finalmente di voltarsi, guardandolo dritto negli occhi. La schiena dell'uomo venne attraversata da un brivido spiacevole mentre si trovava costretto a fare i conti con uno sguardo che aveva sperato mai sarebbe riapparso negli occhi della ragazza: tinti di rosso, esattamente come 5 anni prima. 
:-Mio padre-. Furono le uniche parole atone che fuoriuscirono dalle sue labbra, serrandole successivamente in un'espressione indecifrabile mentre si allontanava dall'abitazione, per poi svanire nel nulla.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Don't be afraid. ***


CAPITOLO III
Don't be afraid.




Tutto prospettava di svolgersi come una normale e tranquilla giornata, nella fabbrica di giocattoli del Polo Nord. Essendo gli ultimi giorni di agosto il lavoro, seppur movimentato, non raggiungeva ancora la sua massima frenesia. Come nelle ultime settimane di novembre, ad esempio. 
Gli Yeti si occupavano flemmatici del montaggio dei giocattoli, della loro rifinitura, mentre altri pensavano alla manutenzione della slitta. Addirittura qualche bravo cuoco Yeti se ne stava impegnato nelle cucine a sfornare pan frutti e biscotti allo zenzero, i quali venivano prontamente serviti a North nel suo studio. L'omone se ne stava da ore seduto alla scrivania, intento a leggere un libro dietro l'altro, tutti trattanti un unico argomento: le mitologie del mondo antico. Era qualche anno che sembrava quasi ossessionato da quelle letture, passando parecchio tempo a sfogliarle, rileggendole più e più volte. 
Gli elfi, invece, erano occupati nel fare ciò in cui erano maggiormente portati ed in cui nessun altro sarebbe mai stato in grado di batterli: ossia infestare l'intera fabbrica, scorrazzando ovunque, nella convinzione di combinare qualcosa che si potesse definire “produttivo”. 
Così era per tutti e così sarebbe dovuto essere anche per Bob ma, quel giorno, il piccolo elfo sembrava non riuscire a togliersi dalla sua piccola testolina un quesito esistenziale: che senso aveva restarsene ancora lì? Certo doveva ammetterlo, non era più stato lo stesso da quell'incidente con i barattoli di vernice e da allora, ogni giorno che passava, sentiva la vita da aiutante di Babbo Natale farglisi sempre più stretta. 
L'illuminazione gli era giunta così, quasi fulminandolo, mentre sorreggeva un vassoio di biscotti bollenti appena sfornati. Sarebbe partito e avrebbe fatto ciò che aveva sempre desiderato, ancora non aveva la minima idea di cosa si trattasse ma non lo avrebbe certo scoperto standosene lì imbambolato, no? 
Prendendo così tutta la sua determinazione ed una manciata di biscotti, lanciò il resto di questi ed il vassoio sul pavimento, provocando uno stato di depressione nel povero Yeti che avrebbe dovuto ripulire tutto, avviandosi poi fiero ai piani inferiori, dove si trovava il grande portone di legno massiccio che di li a poco gli avrebbe aperto un mondo. 
Sì, la sua vita sarebbe cambiata, da quel giorno. 
Poi, tutto d'un tratto, una folata di vento lo colpì scaraventandolo con la potenza di un uragano contro una pila di giocattoli incompiuti, finendo così con il cadere dentro un enorme barattolo di vernice verde smeraldo. 
Bob considerò l'idea che la vita volesse lasciargli un messaggio o, molto più semplicemente, prendersi gioco di lui. 

:-Ragiona per un momento! Non puoi scaraventare via ogni cosa e smantellare questo posto-. 
:-Non mi parlare, ti ho detto! Non voglio sentirti!-. Urlò Scarlett, agitando le braccia in aria ed aumentando la portata dell'uragano che stava portando con se. 
:-Sto solo cercando di farti capire-. Mormorò l'Uomo Nero schivando, con un repentino scatto laterale, una sedia che altrimenti gli si sarebbe fracassata addosso. 
Non era certo la prima volta che la ragazza gli scaraventava contro una parte dell'arredamento, ed ormai aveva iniziato a farci il callo ma, almeno in quei casi, poteva dire che la colpa fosse sua. 
:-Potresti almeno spiegarmi?-. 
:-Spiegarti? Cosa non ti è esattamente ben chiaro nella frase “E' mio padre”?- continuò ad urlare lei, ogni secondo sempre più fuori controllo -Come avete osato nascondermi una cosa simile?-. 
:-Veramente io...-. 
:-Cosa succede qui?-. Tuonò il vocione di North, dall'alto delle scale, facendo sobbalzare entrambi, mentre la sua figura appariva. 
Nel sentire quell'immenso frastuono provenire dal piano inferiore, aveva creduto si trattasse solamente degli elfi e degli Yeti- beh...il suo pensiero era andato soprattutto gli elfi- intenti nel combinarne qualcuna delle loro ma, quando li aveva visti fuggire via verso i piani superiori, l'idea che un qualche stolto avesse deciso di sferrare un attacco al Polo Nord si era fatta spazio nella sua mente. Senza pensarci due volte, aveva mandato l'allarme agli altri Guardiani per poi precipitarsi lungo le scale, non senza essersi prima armato delle sue affilate scimitarre ma quando si ritrovò a fare i conti con quei due, rimase alquanto sconcertato. 
Dopo aver studiato attentamente la situazione, volse a Pitch un'occhiata di sottecchi :-Cosa hai fatto?-. Gli domandò avviandosi verso di lui, facendo attenzione che Scarlett, ancora in preda all'isteria urlando tra se e se, non gli lanciasse contro qualche cosa. 
:-Per quale motivo, ogni volta che succede qualcosa, pensate sempre che sia colpa mia?-. Domandò l'uomo con un'espressione esageratamente shockata, alla quale North rispose con uno sguardo allusivo. 
:-Ok, va bene. Questa volta non è colpa mia- disse infine Pitch, evitando di girarci troppo attorno -Ha saputo della casa-. 
:-Tutto questo solo per vecchia casa? Aveva ragione Dentolina a preoccuparsi tanto-. Commentò North con perplessità. 
:-Stai realmente facendo finta di nulla?-. Inveì Scarlett contro il povero North, avvicinandosi a lui come una furia, puntandogli l'indice contro il pancione. L'uomo rivolse a Pitch uno sguardo supplice, ignaro di cosa fosse esattamente accusato. 
:-Suo padre vive lì ora e, a quanto sembra, nemmeno tu ne sapevi niente-. Gli spiegò Pitch. 
Il vento cessò immediatamente di soffiare, gli oggetti caddero a terra con tonfi pesanti, smettendo di ruotare pericolosamente attorno a loro, ed i capelli di Scarlett smisero di agitarsi furiosamente nell'aria, cadendole sul viso tondo. 
:-Non lo sapevi?-. 
L'uomo tirò un sospiro di sollievo, nel vedere la tempesta essersi finalmente placata e gli occhi della ragazza tornati del loro naturale grigio perla. 
:-Come avrei potuto? Non avevo nemmeno idea di quale aspetto avesse, sino ad oggi-. 
Scarlett abbassò il capo, iniziando a fissarsi i piedi, senza dir nulla. 
:-Cosa ne dici, se ora proviamo a parlarne con calma?-. Le domandò Pitch, avvicinandosi cautamente a lei. 
:-Se non lo sapevi perché non me lo hai detto subito?-. Gli domandò lei, stizzita. 
Oh andiamo!” Pensò Pitch. 

A causa del falso allarme lanciato da North, nei minuti a seguire anche gli altri Guardiani raggiunsero il Polo Nord. 
Il primo ad arrivare fu Calmoniglio, il quale apparve aprendosi una buca nel pavimento, sbucando da essa in posizione d'attacco con i boomerang stretti nelle zampe. Solo annusando l'aria, il Pooka apprese che non vi era alcun nemico ad attaccare la fabbrica. Fu così che, dopo essersi guardato attorno, si rivolse a Pitch con espressione scocciata :-Cos'hai combinato stavolta?-. 
L'Uomo Nero, dal canto suo, stava iniziando a stufarsi di quella mancanza di fiducia, per quanto questa potesse essere giustificata. In fin dei conti credeva fosse alquanto lampante che non avrebbe mai permesso di creare in Scarlett un simile turbamento. Non più, almeno. 
Seguì quindi Jack Frost, in quel periodo il Guardiano del Divertimento era impegnato nel portare l'inverno al di sotto dell'equatore, e pochi minuti dopo Sandman, sempre al lavoro per donare i migliori sogni ai bambini di tutto il mondo. 
Una volta che tutti furono al corrente della situazione, sembrò che nessuno di loro avesse la minima idea di cosa si stesse parlando. Ma Scarlett ormai si era fatta un'idea ben chiara di chi sapesse. 
:-Sono qui! Che cos'è successo? Sembra che sia passato un uragano...oh-. 
Quando gli occhi di Scarlett incontrarono la figura di Dentolina, questi la fulminarono con uno sguardo di fuoco :-Tu lo sapevi, non è vero?-. 
La fata si sentì improvvisamente piuttosto piccola :-Immagino di non poterlo negare, a questo punto- ammise lei, arrossendo -però devi cercare di capire che stavo cercando di proteggerti-. 
Lo sguardo di Scarlett si infervorò ancora di più :-Sono stanca di venire a scoprire segreti. Giustificati da questa banale scusa del “l'ho fatto per te”! Non immaginavi che prima o poi lo avrei comunque scoperto?-. 
:-Scarlett, cerca di calmarti, lascia che si spieghi-. Disse pacatamente Calmoniglio. 
:-Non venire a dirmi cosa devo fare!-. Sbraitò lei per tutta risposta mentre i capelli iniziavano nuovamente ad agitarsi tutt'attorno al suo viso. 
:-Sapevo che prima o poi saresti venuta a saperlo ma...mi era preso il panico! Come sarei potuta venire da te e raccontarti che tuo padre è tornato a vivere nella tua casa, dove sei cresciuta, con una nuova famiglia. E che i suoi figli, i tuoi fratelli, non sanno nulla del suo passato- la fata fece una breve pausa e prendendo un respiro profondo si costrinse a finire la frase -...non sanno nulla di te-. 
:-Come fai a saperlo?-. Domandò a quel punto Jack Frost, alquanto sconvolto che la fata non avesse raccontato nulla nemmeno a lui. Dentolina lo guardò colpevole :-Alla bambina è caduto un incisivo poche settimane fa ed io...ho curiosato nei suoi ricordi. Crede che la casa sia stata ereditata da una vecchia zia del padre-. 
:-Una vecchia zia- commentò Scarlett amareggiata -quel brutto bastardo-. 
:-Io non volevo venissi a scoprirlo in questo modo. Te ne avrei parlato ma ancora non sapevo come fare senza che la cosa ti turbasse come sta accadendo adesso...-. 
:-Adesso basta, Dentolina- le disse Jack, posandole una mano sulla spalla- è inutile insistere ora, lasciala stare-. 
Sandman, a quel punto, tentò di farsi vicino. Era ben risaputo da tutti che la ragazza era legata all'omino da un legame paterno e, in quella situazione, chi meglio di lui avrebbe potuto cercare di farla ragionare? Ma quando lui tentò di prenderle delicatamente la mano lei la ritrasse con uno scatto, prendendo nuovamente a camminare, avanti ed indietro, agitando tutto. 
:-Io e mia madre abbiamo vissuto il quella casa per 18 anni. La stessa dove lui ci ha abbandonate! Come osa anche solo mettere piede lì dentro? Cancellando tutto...cancellando me!-. Quando finì di pronunciare quelle parole, gli occhi le si spalancarono, riempiendosi di lacrime mentre mutavano in un triste blu profondo. 
Nel vederla così, lo stomaco di Pitch si strinse in una morsa. 
:-Scarlett...-. 
La ragazza si coprì la bocca con le mani e ancora una volta fuggì via, sparendo nel nulla. 
:-Dove è andata?-. Domandò North. 
:-Lasciate fare a me-. Sospirò Pitch, cominciando ad avviarsi quando la voce di Dentolina lo fermò. 
:-Ti prego, dille che mi dispiace. Non avrei mai voluto farle del male, stavo cercando di proteggerla-. 
L'Uomo Nero rimase fermo alcuni istanti, era arrabbiato ed amareggiato per ciò che la sua compagna stava passando in quel momento ma, alla fine, chi era lui per giudicare la scelta fatta dalla fata? 
:-Glielo riferirò-. Le promise, svanendo nelle ombre. 

Per Pitch non ci volle molto tempo prima di trovare la ragazza, sapendo esattamente dove andare a cercare e, quando la raggiunse, la trovò raggomitolata nell'angolo più buio del suo dominio, avvolta nelle ombre. Era sempre lì che si rifugiava quando qualcosa la turbava. 
Con le braccia strette attorno alle ginocchia, che le poggiavano contro il petto, se ne stava immobile, quasi assonnata ma quando udì i passi dell'uomo farsi vicini, alzò appena il capo verso di lui, guardandolo per alcuni istanti per poi volgersi dalla parte opposta. 
:-Vuoi parlare di quello che è successo?-. Le chiese pacatamente l'uomo, sedendosi per terra, al suo fianco. 
Scarlett scosse appena il capo. 
:-Vuoi restare sola?-. 
Questa volta la ragazza annuì. 
Pitch sospirò :-Vado via, allora-. 
Come l'uomo fece per alzarsi, la mano di Scarlett raggiunse la sua, stringendola prima appena, poi con forza. 
:-Resta qui-. Sussurrò lei con la voce stremata dal pianto, alzando il viso rigato dalle lacrime. 
Stringendola a se, l'uomo le passò il pollice sulle guance, asciugandole le lacrime :-Non vado da nessuna parte-. 
Rimasero così, in silenzio per dei lunghi istanti. 
:-Ho paura-. 
Sul viso di Pitch si dipinse un'espressione amareggiata. L'aveva già percepito. All'inizio era stato solamente un piccolo timore ma, con il passare del tempo questo aveva iniziato a sfociare in una paura più profonda. In fin dei conti era quella una parte essenziale del suo essere: conoscere le paure più profonde e nutrirsi di queste. Però non riusciva a fare a meno di odiarsi con tutto se stesso, quando erano le paure di Scarlett a rafforzarlo. 
:-Di cosa?-. Le chiese comunque, concedendole l'opportunità di sfogarsi. 
:-Non voglio essere dimenticata-. 
Pitch le prese le guance tra le mani e le sollevò il viso per guardarla negli occhi, ancora tinti di blu. 
:-Dimenticarsi di te, dici?- le domandò sorpreso -Chi mai si potrebbe dimenticare di una folle, scapestrata ed adorabile spina nel fianco come te?-. 
Sulle labbra della ragazza spuntò finalmente un timido sorriso. 
:-Immagino tu abbia ragione-. Mormorò Scarlett. 
:-Fidati- le sussurrò Pitch, sfiorandole appena le labbra -sarebbe impossibile-. 
E, mentre la baciò, i loro corpi vennero lentamente avvolti dalle tenebre, svanendo in esse. 
Le acque sembrarono essersi finalmente calmate ma, nella mente di Scarlett, le onde continuavano ad essere sospinte da un pensiero fisso. E lei lo sapeva, quel pensiero l'avrebbe portata alla follia se non avesse fatto qualcosa a riguardo. 
Devono sapere” 

 
* * * * 

:-Will! Muoviti vieni a vedere!-. Urlò Abigail, richiamando l'attenzione del fratello, ancora intento a scavalcare alcuni cespugli. 
:-Cosa?-. Fu costretto ad urlare lui, troppo distante. 
Abigail sbuffò, scocciata :-Vieni a vedere e basta-. 
:-Sai, se tu ogni tanto mi venissi incontro, magari ascoltandomi quando ti dico di restare sul sentiero o, che so, come quando ti aiuto con i compiti, forse mi renderesti la vita più semplice. Non voglio far leva sul tuo senso di colpa ma...-. 
La ragazzina alzò gli occhi al cielo, infastidita, smettendo si prestargli ascolto e concedendo così la propria attenzione alle centenarie querce che si stagliavano alte sopra di loro. Ce ne era anche una nel loro giardino. Chissà, forse il papà avrebbe potuto costruire loro una casetta sull'albero quando sarebbe tornata di nuovo l'estate. 
La mamma sicuramente finirà con il farsi prendere dal panico, come al solito, ma alla fine papà la convincerà. Lui la convince sempre...” 
:-Hai almeno sentito una sola parola di quello che ti ho detto?-. 
Abigail sobbalzò, non aspettandosi la voce del fratello urlarle da così vicino. Nel vederla sorpresa, Will le sorrise sornione. 
:-Ti ho messo paura eh?-. 
La ragazzina rimase in silenzio, allungando una mano nella grande tasca della sua salopette e sfilandone un elastico per legarsi i capelli. 
:-A cosa pensavi, Abbie?-. Continuò a chiederle lui, curioso. 
:-Che sei un lumacone, ecco cosa pensavo-. Si decise a rispondergli lei, una volta che ebbe finito di sistemarsi la coda da cavallo, lasciando che il suo immancabile ciuffo le ricadesse sulla punta del naso. 
:-Anche tu sei una sorella adorabile- scherzò Will -cosa dovevi mostrarmi?-. 
Abigail fece un passo indietro, allungando il braccio destro, così da mostrare al fratello la superficie liscia di un lago. 
Will osservò lo specchio d'acqua, perplesso. 
:-Chissà se in inverno ghiaccia-. Esclamò con entusiasmo Abigail, già immaginandosi a pattinare sulla superficie ghiacciata. 
:-Sì...no grazie-. Fu il commento poco convinto del gemello. 
:-Cosa c'è che non va?-. Si irritò subito Abigail. 
:-Probabilmente ghiaccerà, visto che in queste zone la neve rimane fino a marzo. Ma sai cosa è ancora più probabile? Che il ghiaccio si spezzi. Quanto credi ci voglia a morire assiderati, a quella temperatura?-. 
:-La mamma ti sta facendo il lavaggio del cervello con tutte quelle stupidaggini sulla sicurezza. Alle volte mi stupisco che tu sia il mio gemello. Hai paura di fare la fine di Jack Frost, per caso?-. Iniziò a prenderlo in giro la ragazzina mentre si toglieva le scarpe. 
:-Che stai facendo?-. Le chiese allarmato Will. 
:-Stai a vedere-. Scherzò lei, sfilandosi anche la salopette e lanciandosi in una corsa verso il lago, la quale si concluse con un tuffo a bomba. 
:-Ma sei matta? Se mamma lo scopre ci ammazza e poi si mangia i nostri cadaveri!-. 
:-E allora non glielo diciamo-. Rise Abigail, nuotando sul dorso. 
:-Muoviti lumacone, buttati-. 
Will sospirò e, dopo aver valutato attentamente la situazione, iniziò anche lui a togliersi i vestiti. 
Tanto ormai siamo nei guai” Pensò mentre si tuffava nell'acqua.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** A rainy day to remember. ***


CAPITOLO IV
A rainy day to remember.




Il cielo era plumbeo in quel dì di Burgess e, nonostante l'estate avesse ancora un mese per finire il suo corso, alcune gocce di pioggia stavano iniziando ad accennare la loro discesa. 
Stravaccato sul divano del salone, Will sbuffò spostando costantemente lo sguardo dall'orologio, posto sulla parete dinanzi a lui, alla finestra dove la pioggia si frantumava in tanti piccoli rivoli. 
Lo sapeva che avrebbero dovuto evitare di fare quella bravata al lago. Ora erano entrambi in punizione e questo perché Abigail non voleva mai dargli ascolto. Certo, non che lui si fosse tirato indietro all'ultimo ma cosa avrebbe dovuto fare? Forse la figura del fifone, facendo così ricadere tutte le colpe sulla sorella? Abbie non glielo avrebbe mai perdonato, soprattutto in quel momento in cui aveva bisogno di lui. Dopotutto erano gemelli, dovevano restare uniti. 
:-Carte?-. Domandò con marcata esasperazione ad Abigail, anche lei distesa sul divano, al lato opposto del fratello, così da incrociare strategicamente le gambe, standosene entrambi belli comodi. 
:-Abbiamo già fatto una decina di partite da questa mattina, e poi non mi piacciono- rispose la bambina, giocando con alcune ciocche dei suoi ricci -un puzzle?-. 
:-Non ne abbiamo-. 
:-Aaaah!-. Esclamò Abigail abbandonando le braccia lungo i fianchi, in realtà quasi sollevata che non vi fossero puzzle, iniziando a riflettere nella speranza di trovare un altro passatempo. 
Era già da una settimana che in casa vigeva il Divieto Assoluto. Ossia era loro proibita qualsiasi interazione con: cellulari, console di vario tipo, PC. Persino la TV era off limits. Ed avevano ancora un'altra settimana da attendere prima dello scadere della pena. 
La loro unica possibilità di svago era rimasta il giardino, purché si mantenessero entro i limiti delle staccionate. Poi era arrivata la pioggia ed il verdetto fu inevitabile per i due condannati: un noioso susseguirsi di giornate altrettanto noiose, in una casa noiosa. 
Eppure, col senno di poi, si sarebbe nuovamente rituffata nelle acque verdastre di quel lago. 
:-Scacchi?-. Propose ancora Abigail. 
:-Perché sai giocarci?-. Le chiese Will, particolarmente sorpreso. 
:-La Regina si fa il mazzo correndo avanti ed indietro per tutta la scacchiera, mentre il Re si gratta il di dietro, no?-. 
:-Non è che sia proprio così...-. Cercò di spiegarle il fratello. 
:-Come ho detto io-. Esclamò Abbie, alzandosi con un sol balzo e dirigendosi in cucina. 
La mamma si trovava seduta al bancone in simil marmo che occupava il centro della cucina, intenta nello scrivere qualcosa sul suo portatile. 
Probabilmente sta aggiornando quel suo stupido blog” pensò Abigail, infastidita. 
Da quando aveva scoperto di essere incinta, sembrava che si fosse totalmente dimenticata di loro, concentrandosi solo su se stessa e quell'inutile blog che ormai aggiornava ossessivamente quasi ogni giorno. Non aveva nemmeno la minima idea di cosa la donna avesse da condividere con il mondo, con così tanta necessità. In realtà non le interessava nemmeno. 
Will diceva che per lei era un modo di scaricare lo stress, Abbie credeva fosse solo un modo di metterli da parte in attesa del tanto adorato nuovo arrivato. 
:-Mamma, dove sono gli scacchi?-. Domandò Abigail, poggiandosi con i gomiti sul bancone, pigiando i palmi delle mani contro le guance. 
:-Scacchi?-. Chiese la donna, confusa, smettendo momentaneamente di scrivere. 
:-Scacchi-. Ripeté Abbie, scandendo bene la parola, questa volta. 
La donna iniziò a pensare, battendosi l'indice contro le tempie per qualche secondo :-Devono trovarsi in qualche scatolone-. Concluse tornando a battere freneticamente le dita sulla tastiera. 
:-Quali scatoloni? Tu e papà non avevate detto di averli svuotati tutti?-. 
Abigail osservò attentamente il viso della madre, dalla quale non ricevette alcuna risposta. 
:-Sei nel tuo periodo di ispirazione?-. Le chiese infine la bambina, sul suo viso da volpe si dipinse un sorrisetto. 
:-A-ah-. Rispose distrattamente la donna, senza distogliere lo sguardo dallo schermo nemmeno per un secondo. 
Dal nulla, un'idea a dir poco geniale balenò nella mente di Abigail. 
:-Quindi per te non sarebbe un problema se, che ne so, io e Will ce ne andassimo a perlustrare la casa. Magari andando a dare un'occhiata alla soffitta, visto che ancora nessuno è salito a controllarla-. 
Seguirono interminabili attimi di silenzio. 
:-A-ah-. Rispose infine la donna. 
Abbie strinse un pugno in segno di vittoria, poi si allungò sul bancone per afferrare un biscotto :-Grazie mamma-. 
:-Di nulla, tesoro-. 
La bambina tornò quindi dal fratello, entrando con passo trionfale nel salone. 
:-La mamma è nel suo periodo di ispirazione-. Esclamò mordendo un biscotto. 
Will scattò in piedi :-Ti prego, dimmi che possiamo almeno accendere la TV. Mi accontento anche del meteo-. 
:-Come sono strette le tue vedute- gli sorrise soddisfatta la sorella -io ho da offrirti molto di più-. Portò quindi l'indice sopra la testa, indicando il soffitto. 

Non l'avevano nemmeno notata all'inizio, visto che la botola si mimetizzava perfettamente con il soffitto. Solo dopo diversi giorni dal trasloco, mentre erano intenti a rincorrersi per il corridoio, questa si era improvvisamente spalancata, quasi colpendo Will fra capo e collo. Inutile dire che i loro genitori la bollarono immediatamente come zona “rossa”, impedendogli persino di salire dando un'occhiata veloce, sino a quando non avrebbero avuto loro il tempo di controllarla. Questo ovviamente voleva dire che sarebbero dovute trascorrere intere settimane, forse anche mesi, prima di ciò. Con la mamma impossibilitata a fare qualsiasi tipo di sforzo ed il papà alle prese con i lavori per l'apertura della tavola calda, non avrebbero mai visto cosa si celava sopra le loro teste. 
Quindi, in fin dei conti, stavano facendo loro un favore, andando a perlustrare per conto proprio, dimostrandosi maturi abbastanza da togliergli quel gravoso peso genitoriale. 
La luce delle loro torce attraversò con fatica la spessa nube di polvere che si era alzata, non appena avevano fatto discendere le scale, e diversi colpi di tosse seguirono prima che Will ed Abigail riuscissero finalmente a salire gli ultimi scalini, senza rischiare un attacco polmonare. 
I due bambini non credettero ai loro occhi. 
La soffitta era completamente immersa nel buio e l'unica fonte di luce, ossia una finestrella ad oblò, era resa inutilizzabile dalle folte nubi di pioggia, impedendo così ai raggi del sole di attraversare i diversi strati di polvere ed illuminare almeno parzialmente la stanza. Accontentandosi quindi del solo utilizzo delle torce iniziarono a guardarsi attorno constatando che la stanza, priva di pareti, aveva le stesse dimensioni del piano inferiore. Anche se in alcuni punti era impossibile da raggiungere, visto che il soffitto scendeva troppo in basso per poterci arrivare. 
Tutto il piano era occupato da mobili di vecchia data, oggetti indefiniti ricoperti da lenzuola impolverate e, soprattutto, da decine e decine di scatoloni, molti dei quali impilati gli uni sugli altri a formare colonne alte quasi sino ai punti più alti del soffitto. 
Le labbra di Abigail produssero un fischio mentre si lanciava a curiosare sulla prima scatola che le capitò tra le mani, aprendola ed estraendone il prezioso contenuto: vecchi libri scolastici, liceo a giudicare dal loro spessore. 
:-Solo vecchi libri di scuola-. Si lamentò, passando immediatamente ad un altro scatolone. Will, invece, parve particolarmente interessato al suo contenuto. Quindi afferrò un libro ed iniziò a sfogliarlo in silenzio, cosa che fece anche con i successivi. 
Nel mentre Abigail aveva già aperto e frugato in ben altri sei diversi scatoloni, scavando al loro interno nella speranza di trovare qualcosa di veramente prezioso. 
Mappa del tesoro...mappa del tesoro!” Continuava a ripetersi la bambina, forse un po' troppo in fissa con le storie di pirati. 
Purtroppo il suo bottino non soddisfò le sue alte aspettative, trovando soltanto: delle vecchie felpe che, a suo gusto, le sembrarono estremamente calde e comode; alcuni servizi da tè, altri vestiti da donna; CD di gruppi musicali alquanto discutibili e di dubbio gusto; una scatola in particolare sembrava contenere solamente torce, batterie inutilizzate -ormai consumate col passare del tempo- e lampade per il comodino. 
:-Abbie?-. Will richiamò la sua attenzione con tono serio e preoccupato, senza mai staccare lo sguardo dal libro di scienze che stringeva tra le mani :-Guarda cos'ho trovato qui-. 
:-Se ci sono foto di rane vivisezionate, ti do un pugno solo per aver creduto di potermi spaventare-. 
Will alzò gli occhi al cielo :-Nulla del genere malfidata!-. Le piazzò quindi il libro tra le mani, puntando la torcia sulla pagina ed andando ad indicarle un punto preciso. A piè di pagina, accanto ad un lungo paragrafo che voleva spiegare le basi della genetica, c'era uno schizzo fatto a penna raffigurante una belva felina dalle zanne affilate. Sotto di essa era riportata una data ed una frase “7/03/11; questa belva mi braccava stanotte” 
:-Forte-. Mormorò Abigail poco convinta. 
:-E non è finita qui-. Continuò invece Will, porgendole un secondo libro con tanto entusiasmo da stupire sua sorella. Non che il fratello solitamente non avesse interessi, solo che non era solito esternarli a quel modo. 
Senza aggiungere altro, Abigail afferrò il secondo libro, ricercando con lo sguardo ciò che già immaginava di dover trovare. Questa volta il disegno le sembrò più elaborato e vedeva ritratta una ragazza versare lacrime nere mentre delle mani d'ombra le si artigliavano alle spalle. Accanto vi trovò di nuovo una data ed una frase “27/09/12; ancora lo stesso sogno, non mi lascerà mai andare” 
:-Ok. Inizia ad essere stranamente inquietante- commentò infine Abigail -ce ne sono altri?-. Chiese anche lei stavolta, marcando la frase con il particolare entusiasmo che aveva colpito Will pochi istanti prima. 
Il ragazzino iniziò così a porgerle un libro dopo l'altro, ognuno dei quali aveva almeno il disegno di qualche grottesca creatura, nascosta tra le pagine, sempre accompagnata da una data ed una frase. 
Non riuscirono a comprenderne bene il motivo ma era come se, tra quelle figure, fosse celata una storia che non attendeva altro che essere finalmente narrata ad alta voce ed il loro compito quello di ricomporre il puzzle che l'avrebbe riportata alla luce. 
:-Certo che il proprietario di questi libri doveva averne di fantasia, o forse aveva la testa fuori posto-. Disse Abbie dopo aver finito di sfogliare l'ultimo libro rimasto nella scatola. 
:-E se, Abbie, non si trattasse solo di fantasia? Se chi ha fatto questi disegni vedesse veramente quelle cose? E se la casa fosse infestata?-. Le chiese a raffica Will mentre si avviavano insieme a rovistare in altri scatoloni, 
:-L'unica cosa che infesta questa casa sono la noia e le scatole. Non farti suggestionare come quella volta delle scale-. Rise sua sorella, aprendo una scatola. 
:-Senti quella volta è stata soltanto un mal...-. 
:-Will!-. Lo zittì subito Abigail, tenendo lo sguardo puntato all'interno della scatola che aveva appena aperto, allungando entrambe le mani sul suo fondo per estrarne due oggetti a loro già conosciuti. 
:-Li riconosci?-. 
Will annuì, si trattavano dell'orsacchiotto e della cornice caduti sulla testa di Abigail il giorno del trasloco. 
:-Papà aveva detto di averli buttati via...-. Mormorò fra se e se la ragazzina, grattandosi il capricciosi ricci, notando poi che la foto contenuta nella cornice era stata tolta. 
:-Strano- mormorò Will-per quale motivo un adulto come papà dovrebbe conservare un orsacchiotto malandato ed una cornice rotta, toglierle la foto, quando avrebbe potuto semplicemente gettarle via?-. 
:-Non saprei-. Ammise Abbie, stringendosi nelle piccole spalle. 
Dal piano inferiore udirono la porta di casa sbattere, seguita dal suono dei passi stanchi e pesanti del padre che si avviava al primo piano. 
I gemelli si scambiarono uno sguardo accondiscendente :-Chiediamoglielo!-. 

:-Dov'è che vi siete andati a cacciare questa volta?-. Chiese loro il papà, forzando un sorriso stanco sul viso rettangolare quando vide i figli corrergli incontro con quelle faccette furbe, conscio già di suo che ne avessero combinata un'altra delle loro. 
:-In soffitta-. Rispose subito Abigail, sfoggiando uno sguardo da angelo :-La mamma ci ha dato il permesso-. 
L'uomo sospirò, stingendosi le tempie, comprendendo immediatamente come fossero andate le cose :-La mamma è nel suo periodo di ispirazione?-. 
:-A-ah!-. Risposero all'unisono i gemelli, sperando finalmente di poter porre quelle domande che martellavano nelle loro teste. 
:-Vi avevo detto, sì o no, che non volevo rovistasse in giro? Specie là sopra ricordate?-. Domandò loro il padre, mal trattenendo un tono di voce abbastanza alto da mettere i due bambini in soggezione. Di solito era della mamma, il ruolo di rimproverarli a dovere, il papà di solito cercava sempre di sdrammatizzare la situazione. Persino dopo la loro bravata al lago, non era stato così furioso. 
Che l'avessero realmente combinata grossa, stavolta? 
:-Ma papà dovresti vedere- cercò di giustificarsi Abigail, prendendogli la mano- di sopra c'è così tanta roba-. 
:-Cosa? Maledizione!- sbraitò lui, smettendo di ascoltare la figlia, mentre si avviava a rimettere la scala al suo posto -Mi staranno a sentire, quelli della ditta, avevo detto loro di far sparire tutto!-. 
Una volta che la botola fu chiusa, mise il bastone che i due gemelli avevano usato per abbassarla in uno sgabuzzino, chiudendolo a chiave per poi mettersela i tasca. 
:-Fate che non vi becchi di nuovo a rovistare in giro-. Li minacciò l'uomo, puntando l'indice contro di loro. 
:-Papà noi volevamo solo...-. 
:-Non voglio sentire scuse! Siete abbastanza grandi da comprendere il vostro errore. Ora voglio che scendiate e che non facciate parola della faccenda con la mamma, ha bisogno di riposo e non certo di stare a sentire i vostri capricci-. 
Finita la ramanzina l'uomo si avviò nuovamente al piano inferiore. 
:-Quindi non sei salito di sopra?-. Volle sbrigarsi a chiedergli Abigail, sperando che non cominciasse di nuovo a dare di matto. L'uomo si fermò a metà scale, sospirò e scosse il capo, cercando di tornare ad un tono tranquillo :-No, e vedete di fare lo stesso anche voi due-. Disse infine, scendendo le scale. 
Abbie guardò Will :-Ce l'hai vero?-. Gli chiese sottovoce ed il bambino annuì, togliendo le mani da dietro la schiena e mostrando ad Abigail i due oggetti che avevano trovato in soffitta. La bambina li osservò attentamente, poi volse un'occhiata preoccupata al fratello :-Ci sta nascondendo qualcosa-. 

 
* * * * 

:-Quindi è così che fai? Menti ai tuoi figli...che verme-. Mormorò Scarlett dopo aver assistito a tutta la scena, appoggiandosi con una spalla allo stipite della porta di quella che un tempo era stata la sua camera, incrociando le braccia attorno al petto. 
:-Proprio non vuoi dirmi cos'è che gli sta nascondendo?-. Le domandò Khole, anche lui presente alla scenata, fissandola insistentemente, come solo lui sapeva fare, con i suoi occhi felini. 
Scarlett ricambiò il suo sguardo, poi lo rivolse distrattamente altrove :-A suo tempo, Khole, tutto a suo tempo. Tu fai ciò che ti dico e, quando tutti i tasselli saranno al loro posto, saprai tutto quel che c'è da sapere. Ed anche loro...non saranno più vittime di questi meschini segreti-. 
:-Ma è per loro che lo stiamo facendo, giusto?-. 
La ragazza abbassò lo sguardo, stringendosi nelle proprie braccia :-Per chi altri, se no?-. 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Father's sins ***


CAPITOLO V
Father's sins.




L'estate stava iniziando a volgere al suo termine, presto l'ozio ed il divertimento estivo avrebbero lasciato il posto a lunghi pomeriggi passanti dinanzi un libro aperto. Il meglio che Will ed Abigail potessero fare era di sfruttare quegli ultimi giorni per divertirsi il più possibile, specie ora che la loro punizione era finalmente terminata. Eppure, da quando il padre aveva vietato loro di girare troppo per la casa, la loro curiosità si era velocemente evoluta in una vera e propria ossessione. Ossia quella di scoprire cosa l'uomo stesse cercando in tutti i modi di nascondergli e che, per loro non c'era dubbio, aveva a che vedere con il passato della casa ed i suoi vecchi abitanti. 
Purtroppo per loro la soffitta era completamente off limits, il che significava che da diverso tempo erano ormai ad un punto morto. La loro unica alternativa, in quei giorni, era stata quella di chiedere alla mamma. La donna però sembrava sempre propensa a restare vaga sull'argomento. 
:-Mamma com'era la zia?-. 
:-Quale zia Abbie?-. 
:-Quella che ha lasciato la casa al papà, quale zia se no? Tu non l'hai mai conosciuta?-. 
:-Sai non ricordo molto bene...-. 
:-Ma come? Eppure doveva volere tanto bene a papà, gli ha lasciato quest'enorme casa! Ma non hai nemmeno una sua foto? Magari era al vostro matrimonio?-.
:-Tesoro lo sai, io ed il papà abbiamo invitato pochissime persone-. 
:-Ma la zia aveva solo papà? Non si è mai sposata? Non aveva figli?-. 
A quel punto la donna cercava di chiuderla il più velocemente possibile :-Non so dirti tesoro...il papà sicuramente ve ne parlerà meglio quando avrà meno lavoro alla tavola calda. Presto ci sarà l'inaugurazione, non sei felice?-. E lì finiva la conversazione. 
Dopo poco tempo, ad aumentare la già morbosa curiosità dei bambini, si aggiunse anche un altro piccolo fatto. 
Tornando nella propria cameretta dopo una capatina al bagno, il piccolo Will, seppur insonnolito, passando dinanzi alla camera dei genitori giurò di aver udito “casualmente” questa conversazione: 
:-Devono saperlo, Roy, e dovranno saperlo da te. La scuola sta per cominciare, usciranno con i nuovi compagni di classe, non credi che parleranno di...-. 
:-Lo so! Lo so! Devi...devi solo darmi il tempo. Non puoi nemmeno immaginare quanto sia difficile! Mi odieranno lo capisci?-. 
La mamma sospirò :-Sono i nostri figli, capiranno-. 

Non ci voleva certo un genio dell'intuizione per capire che il papà aveva fatto qualcosa, perché altrimenti avrebbero dovuto odiarlo? 
Quando il bambino raccontò ciò che aveva ascoltato alla sorella, per un attimo provarono una stretta allo stomaco. Iniziavano ad avere paura di cosa sarebbe saltato fuori. Era cominciato tutto come un piccolo gioco estivo ma adesso era quanto mai palese che c'era qualcosa di grosso sotto e forse non erano più tanto propensi a scoprire di cosa si trattasse se... 
Quella curiosità che premeva nelle loro teste come un prurito. Non era più un semplice gioco, no, era una necessità. 
Quando ormai la situazione sembrava non smuoversi più da parecchi giorni, ecco che tra le loro piccole mani si presentò un'opportunità. 
Controllando il calendario per ricordare in quale giorno sarebbero riprese le lezioni, i due bambini scoprirono che di lì a pochi giorni la mamma aveva preso appuntamento per un'ecografia. Doveva trattarsi di qualcosa di importante, visto che sembrava parecchio nervosa a riguardo, per cui non l'avrebbe rimandata per nulla al mondo. 
Quell'opportunità era troppo succosa per lasciarsela sfuggire. Necessitavano di un piano elaborato, affinché tutto andasse per il meglio... 

:-Sto uscendo, mi raccomando, restate a letto e fate i bravi. Volete che passi a prendervi qualcosa prima che torni?-. Domandò la mamma, entrando nella loro cameretta mentre frugava nella borsa in cerca delle chiavi. 
:-Carta e penna per fare testamento, semmai tornerai in tempo-. Disse Abigail con un sussurro basso e roco dal suo letto. 
La donna allora le si fece vicina, dalle coperte fuoriusciva solamente la metà del suo viso, dal naso lentigginoso in su. Le accarezzò dolcemente la fronte calda :-Se state così male posso restare a casa e rimandare l'appuntamento-. 
:-No no mamma!- intervenne Will, forse alzando un po' troppo la voce -Non ti devi preoccupare, è solo Abbie che deve sempre esagerare. Ce la caveremo-. 
:-E sia- volle convincersi la donna, posando un bacio sulla fronte di entrambi prima di andare via -quando torno voglio ritrovarvi esattamente dove siete. Ok?-.
I gemelli annuirono. 
:-Torno subito, a dopo-. 
Quando finalmente udirono il motore della macchina avviarsi, sino a svanire lungo la strada, i due tirarono un enorme sospiro di sollievo. 
:-Influenza...sul serio Abbie, non potevi avere un piano migliore?-. Si lamentò Will alzandosi. 
:-Ha funzionato o no?-. Gli rispose la sorella, scoprendosi e rivelando da sotto le coperte una borsa dell'acqua calda. 
:-Certo ma se calcavi un altro po' la mano, il piano sarebbe saltato-. 
:-Non è colpa mia se sono un'attrice formidabile-. Si vantò Abigail, prendendo la sedia dalla sua scrivania per trascinarla nel corridoio. 
Il piano, a quel punto, era quello di ritornare nella soffitta e frugare tra gli scatoloni sino a quando non fosse saltato fuori qualcosa. Forse un poco arrangiato ma non avevano tante altre possibilità. 
Dopo aver sistemato la sedia al di sotto della botola Will vi salì sopra, allungandosi il più possibile sulle punte dei piedi, artigliando il gancio con l'indice così da riuscire a far scendere le scale. 
:-Dobbiamo sbrigarci- iniziò a dire Will, salendo velocemente i gradini -mamma non ci metterà molto e, comunque, farà in modo di sbrigarsi. E papà potrebbe rientrare anche prima di lei-. 
Appena saliti, notarono immediatamente che c'era qualcosa di diverso. Quasi tutte le scatole erano state aperte, sparpagliate disordinatamente per l'intero piano, alcune rovesciate a terra con il loro contenuto. In un primo momento la cosa non li disturbò particolarmente, credendo di essere stati loro a lasciarsi dietro quel disordine, dalla loro ultima visita. Osservando più attentamente però, notarono che persino le scatole più in alto, quelle che loro non sarebbero mai stati in grado di raggiungere, erano state spostate. 
Questo poteva solamente significare che qualcuno abbastanza alto da poterle raggiungere era stato lì prima di loro e, quel qualcuno, sembrava avere abbastanza fretta di trovare qualcosa in mezzo a tutte quelle cianfrusaglie. 
La domanda a quel punto era: aveva trovato ciò che cercava? 
I gemelli si avvicinarono alle scatole che la volta precedente non avevano avuto modo di visionare, iniziando a frugare al loro interno per diversi minuti. 
La ricerca parve temporaneamente interrompersi quando, in uno scatolone pieno zeppo di vecchi DVD, Will non estrasse un oggetto nero di forma rettangolare. 
:-E quello che sarebbe?-. Domando Abigail. 
:-Davvero non lo sai?-.Fu la risposta stupita del bambino. 
Il tono con cui glielo aveva chiesto era così eccessivamente stupito da infastidire sua sorella. 
:-Dovrei?-. 
:-Mi stai prendendo in giro-. 
:-Senti, genio, se sei così intelligente perché non me lo dici tu cos'è senza girarci troppo intorno?-. Non sopportava quando suo fratello si atteggiava a quel modo, facendola passare e sentire come una stupida. 
:-Papà ce ne faceva vedere tante, quando eravamo piccoli ma tu forse non ti ricordi. Sono più o meno come un DVD, solo più vecchie e con un nastro da riavvolgere ogni volta che si è finita la visione-. 
:-E cosa dovrebbe avere allora di tanto speciale? Magari è solo un vecchio film-. 
Will scosse il capo e le porse la VHS, indicando un'etichetta su cui una scritta era stata sbiadita dal tempo. Solo alcune parole erano vagamente leggibili: “Ricordi. S...let. 1...95/ ...96” 
:-Non credo si tratti di un vecchio film. Se vuoi sapere la mia, questi sono i ricordi di qualcuno. Forse era questo che papà stava cercando- guardò l'oggetto alcuni secondi, come una preziosa reliquia, prima di aggiungere -Sono sicuro che nella camera di mamma e papà ci sia ancora un vecchio videoregistratore. Forse funziona ancora-. 

 
* * * * 

:-Sembri curiosa, non sai nemmeno tu di cosa si tratti?-. Chiese Khole a Scarlett. La ragazza, dopo aver riflettuto alcuni istanti, scosse il capo. 
:-Non mi ricordo di nessuna videocassetta, non con sopra dei filmini almeno-. 
Improvvisamente, entrambi i bambini alzarono il capo guardando precisamente nella loro direzione. I due Spiriti trattennero il fiato per un istante, guardandosi dubbiosi. Che riuscissero a sentirli? 
:-Questo posto inizia a darmi i brividi-. Fu il commento di Will. 
:-Andiamo a vedere cosa c'è in questa videocassetta-. Si sbrigò ad aggiungere Abigail precipitandosi lungo le scale, seguita dal fratello. 
Così, all'improvviso, entrambi sembravano ansiosi di abbandonare quella soffitta. Com'era possibile? 
Scarlett tirò comunque un sospiro di sollievo, almeno non li avevano visti, ma quando si decise a seguire i due fratelli, un piccolo gomitolo d'ombra le sgattaiolò tra i piedi, facendola quasi inciampare. La ragazza guardò la creatura, a lei fin troppo familiare, e rabbrividì. 
Ecco cosa aveva spaventato i due bambini. Come aveva fatto a non pensarci? 
:-Ma che cos'è?-. Esclamò Khole con tono stridulo, precipitandosi ad afferrare il piccolo essere tra le proprie braccia, stringendolo a se mentre questi si agitava disperatamente. 
:-Guai-. Mormorò Scarlett voltandosi e ritrovando alle sue spalle un'altra ombra nera, questa volta parecchio più alta di lei. 
:-Da quanto sei lì?-. 
:-Il tempo sufficiente da chiedermi se non sia il caso di iniziare a farti ragionare-. Le rispose Pitch, pacato, con uno schiocco di dita tentò di richiamare a se il fearlings che strideva fastidiosamente tra le braccia di Khole. Il ragazzo però non parve minimamente intenzionato a lasciarlo andare, cullandolo tra le proprie braccia come si farebbe con un cucciolo. 
:-Ma di che parli?-. Volle fare la finta tonta Scarlett, sforzando un sorriso poco credibile. 
:-Io io! Glielo posso spiegare io!-. Cercò di intromettersi il ragazzo. 
:-Fai silenzio!-. Fu la sola risposta che ricevette da entrambi. 
Il giovane si strinse nelle proprie spalle, minimamente infastidito, ci era abituato d'altronde. Senza curarsene troppo, decise di andare a curiosare al piano inferiore, dove erano andati i gemelli, portandosi dietro il piccolo fearlings mentre questi allungava disperatamente le secche braccia in direzione del proprio padrone :-Come posso chiamarti?-. 
:-Lo so cosa stai architettando. All'inizio ho voluto lasciar correre. Eri confusa e mi son detto che, giunta ad un punto come questo, avresti compreso che era il momento di fermarti ma, a quanto pare, sono costretto ad intervenire prima che tu possa infilarti in qualche guaio-. 
Scarlett incrociò le braccia dinanzi al petto, sbuffando infastidita :-Non ho fatto e non sto facendo nulla di male. E' giusto che sappiano la verità. Cos'altro dovrei fare? Starmene con le mani in mano?-. 
Pitch ridacchiò avanzando verso di lei con passo lento, costringendola con l'indietreggiare sino alla parete. 
:-Sai Scarlett, penso che tu stia cominciando a sottovalutare la mia intelligenza e, detto francamente, la cosa inizia ad infastidirmi parecchio-. 
Scarlett si spinse il più possibile contro le assi di legno, aderendovi completamente con la schiena. Le mani di Pitch poggiarono al di sopra delle sue spalle, immobilizzandola contro la parete. 
:-Non ho detto questo-. Mormorò lei, sostenendo lo sguardo dell'uomo. 
:-Perché ci tieni così tanto nel vedere soffrire i tuoi fratelli?-. 
Gli occhi di Scarlett si sbarrarono, divenendo ghiaccio. 
Era forse la prima volta che si ritrovava col realizzare che quei due bambini, a cui era stata silenziosamente dietro per tutte quelle settimane, erano suoi fratelli. 
:-Come puoi anche solo pensarlo?- gli urlò contro lei, cercando di non soffermarsi troppo su quel pensiero, spintonando l'uomo all'indietro -non oserei torcere loro un solo capello!-. 
Pitch retrocesse di qualche passo :-Le tue azione sembrano dimostrare tutt'altro. O forse non hai pensato a quale potrà essere la loro reazione a tutto questo?-.
Seppur metaforicamente, Scarlett ebbe nuovamente la sensazione di trovarsi con le spalle contro il muro, percependo la pressione di tutte quelle domande che aveva cercato di evitare sino a quel momento. 
:-Farà male- si costrinse ad ammettere -non posso negarlo, lo so, ma almeno sapranno. Non è questo a contare più di tutto alla fine?-. 
Pitch prese un respiro profondo, temendo terribilmente la reazione della ragazza a seguito delle sue prossime parole :-Sapranno di una verità che appartiene al passato Scarlett. Dovresti saperlo più di tutti-. 
Come aveva immaginato, lo sguardo della ragazza saettò su di lui, incandescente come le fiamme di un incendio :-Cosa vorresti dire?-. Anche traducibile in “Andiamo. Prova a ripeterlo se hai il coraggio”. 
Solitamente Pitch era divertito ed adorava da quel lato del suo carattere, il fuoco che le ardeva dentro, questo sino a quando non correva il rischio di venirne incenerito. 
:-Non hai tenuto in considerazione che, forse, anche lui possa essere diventato un uomo diverso da allora?-. Volle farsi coraggio lui, fingendo al meglio di non essersi lasciato intimidire. 
:-Uomini così non cambiano-. Fu la sentenza dolorosa della ragazza e Pitch non poté fare a meno di sentirsi particolarmente colpito da quelle parole, percependole come la punta di un pugnale che scorre sulla pelle, in attesa di affondare l'intera lama nella carne. 
:-Ho fatto di peggio nei tuoi confronti, non credi? Eppure sei stata tu stessa a cercarmi, se ben ricordi, sei stata tu a darmi l'occasione di rimediare a tutti i miei errori-. 
:-Non osare farlo Pitch, ti avverto!- iniziò ad alzare la voce lei, puntandogli contro l'indice -Non osare paragonarti a lui...-. 
:-Perché non dovrei?- cercò di insistere lui -Ciò che ti ho fatto è imperdonabile, mi stupisco ancora di come tu riesca a guardarmi in faccia! Come puoi aver dato a me quest'opportunità ma volerla a tutti i costi negare a lui?-. 
:-TU NON SEI MIO PADRE!-. L'urlò fuoriuscì disperatamente dalle labbra della ragazza, graffiandole la gola, scatenando un'onda d'urto tale da far barcollare Pitch all'indietro contro una pila di scatole, la quale gli evitò la caduta. 
:-Davvero ti è così difficile comprendere come io non sia in grado di perdonare ciò che ci ha fatto? Mi accusi di sottovalutare la tua intelligenza ma nemmeno tu sembri sforzarti troppo-. 
Il suo petto iniziò ad alzarsi ed abbassarsi sempre più velocemente, le mani tremavano così come le sue gambe :-Non hai pensato che le cose sarebbero potute andare diversamente, allora, se solo lui le fosse rimasto vicino? Era suo il compito di aiutarmi ad affrontare le mie paure! Suo era il compito di sostenerla mentre io mi battevo nella mia personale battaglia! Se lui fosse stato il padre ed il marito che ora si diverte tanto ad impersonare ora lei...mia madre sarebbe ancora qui e non a marcire in un maledetto cimitero! L'ha abbandonata...proprio come ho fatto io! E tu- cercò di riprendere fiato ma l'aria sembrava non farsi strada sino ai suoi polmoni -tu osi persino chiedermi di diventare madre? Come può anche solo esserti passato per la testa di chiedermi una cosa simile? E se anche io fossi come lui? E se...-. Improvvisamente la mancanza di ossigeno iniziò a farsi sentire: la testa le sembrò essere avvolta da una fitta nube che ovattò tutto attorno a lei, escluso per un incessante fischio alle orecchie, il cuore prese a pulsare in maniera dolorosa. Portandosi una mano al petto, Scarlett cadde in ginocchio. 
Pitch accorse da lei e la strinse a se, lasciandole sfogare quel pianto disperato, il quale doveva aver serbato per intere settimane, contro il proprio petto. 
Alla fine era di questo che si trattava, alla fine: una frase sbagliata detta in un momento ancor più sbagliato. 
:-Shh- le sussurrò spostandole le ciocche umide che le si erano attaccate alle guance -respira piano-. 
Scarlett annuì, inspirando profondamente. Quando il suo respiro tornò regolare, così come il suo battito, fissò i suoi occhi blu in quelli ambrati dell'uomo. 
:-Non volevo realmente dirti quelle cose, non così-. Iniziò a giustificarsi. 
:-Ne riparleremo in un altro momento, se vorrai, ora cerca di stare tranquilla-. 
:-Sarebbe meglio!-. La voce di Khole giunse a loro così all'improvviso da farli sussultare. 
L'espressione del ragazzo parve particolarmente allarmata e, tra le sue braccia, non stringeva più il fearlings. 
:-Temo che qualcosa non sia andato come previsto-.

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Open your eyes. ***


CAPITOLO VI
Open your eyes.




Dopo un'intera giornata passata a preparare il locale in vista dell'imminente inaugurazione- tra tubature da rifare, impianti andati ed il tempo agli sgoccioli- Roy non desiderava altro che godersi una doccia rilassante, magari seguita da una cena all'insegna del comfort food. Una pizza grondante mozzarella non sarebbe di certo dispiaciuta ai ragazzi. Già...i ragazzi. Chissà, forse era finalmente giunto il momento di parlare con loro, raccontargli la verità. Se solo non avesse passato l'ultima settimana a credere che ogni sera fosse il momento giusto, avrebbe creduto un po' di più in quel pensiero.
Purtroppo l'uomo vide i suoi piani di beneamato riposo sfumare nel momento in cui imboccò il vialetto di casa, non ritrovandovi l'auto parcheggiata, e ricordandosi solo in quel momento dell'SMS che Jill gli aveva mandato quel pomeriggio: “STO ANDANDO A FARE L'ECO. ABBIE E WILL HANNO ANCORA LA FEBBRE ALTA E NON SE LA SONO SENTITA DI VENIRE CON ME. PORTA LORO DEI DONUTS QUANDO RIENTRI” 
Senza ombra di dubbio Jillian doveva ancora trovarsi dal ginecologo, altrimenti era indubbio che si sarebbe già precipitata a casa, una volta finita la visita. Roy sapeva che quell'appuntamento era importante per lei, per tutti loro, altrimenti sarebbe dovuto crollare il cielo prima che lei lasciasse i gemelli da soli in casa. 
La sua era stata una gravidanza non facile, specie nei primi mesi, e più di una volta avevano temuto per il peggio ma da quando si erano trasferiti a Burgess, Jill non aveva più avuto alcun malore, la gravidanza stava finalmente volgendo al termine e la tavola calda -un sogno che aveva sempre tenuto nel cassetto- presto avrebbe aperto. Sì, tutto stava volgendo per il meglio. 
Roy sospirò, sorridendo fra se e se, passandosi una mano tra i corti capelli neri. Negli ultimi anni qualche ciocca grigia era spuntata ma la cosa non sembrava preoccuparlo, era sempre stato un tipo giovanile, qualche capello bianco non avrebbe arrecato alcun danno, per il momento. 
Si avviò quindi verso i gradini del portico ma, prima di inserire le chiavi nella serratura, si fermò un istante, iniziando poi a ripercorrere a ritroso il vialetto di casa per osservare la facciata dell'edificio. Un altro sospiro, stavolta carico di malinconia, sfuggì alle sue labbra. 
Quanto tempo era passato dall'ultima volta che si era soffermato a guardarla così? Quasi vent'anni. Per tutto quel periodo aveva creduto di essersi lasciato alle spalle i ricordi e le emozioni che lo legavano a quel luogo ma, adesso che si trovava nuovamente lì, si rese conto che non aveva fatto altro che raccontarsi una bugia. I ricordi erano stati solamente sepolti da altri, così come le emozioni, riemergendo talmente nitidi da sembrare che fossero solamente passati un paio di giorni, dall'ultima volta che aveva abbandonato quel vialetto. 
Quasi di sfuggita gli parve di scorgerla ancora lì, nascosta tra le rosee tende dagli stampi floreali, una bambina che stringeva a se il suo orsetto di peluche, guardandolo confusa. 
Quanto male si era egoisticamente lasciato alle spalle. 
E presto tutto questo male, che aveva tenuto malamente nascosto in una fitta rete di bugie ed omissioni, gli sarebbe ricaduto addosso se non si fosse deciso a dire ai suoi figli la verità su quel posto. La sua verità. 
:-Ed io che avevo intenzione di rilassarmi-. Ridacchiò tra se e se, stavolta più che mai deciso a chiudere quella faccenda, mentre entrava in casa. 
Senza avere nemmeno il tempo di chiudersi la porta alle spalle, udì una risata provenire dal piano superiore ed il suo corpo si irrigidì brevemente. Nonostante gli anni ne avessero impolverato il ricordo, conosceva quella risata. 
No- scosse il capo -non è possibile” Si disse, convinto che la sua testa gli stesse giocando un brutto scherzo. Lanciò le chiavi sul bancone ed iniziò a risalire le scale quando la sentì di nuovo, stavolta ben più chiaramente, provenire dal piano di sopra. 
Era lei! Era lì! 
:-Helen!-. Urlò precipitandosi lungo le scale, inciampando più volte tra uno scalino ed un altro, per raggiungere la camera da letto. Non aveva idea di cosa si sarebbe ritrovato di fronte una volta entrato nella stanza: lei in carne ed ossa o uno spettro? Oppure la semplice illusione perfettamente illustrata dal suo senso di colpa? 
Quando però la realtà si palesò nuda e cruda ai suoi occhi, il sangue parve gelarglisi nelle vene. 
Fece un passo incerto dentro la camera, fissando ipnotizzato la TV accesa, sulla quale si stava riproducendo un vecchio ricordo. 
:-...allora signor Papà, vogliamo farlo questo saluto per le telecamere?-. Domandò l'ilare voce di una donna, probabilmente colei che teneva la telecamera, inquadrando un giovane uomo, poco più che un ragazzo, intento nel cullare tra le braccia allenate una neonata. 
:-Maledizione-. Mormorò Roy riconoscendo il proprio riflesso, di vent'anni più giovane e con i capelli più lunghi, sorridergli attraverso la telecamera. 
:-Guarda che bel signor Papà, Scarlett, siamo proprio fortunate eh?-. Continuò a scherzare la donna, zoomando l'inquadratura sul viso addormentato della bambina che Roy stringeva a se. 
:-Si è addormentata- sussurrò l'uomo, adagiando la piccola nella sua culla con particolare attenzione -sembra un angelo quando dorme-. 
:-Peccato che per il tempo restante sembra posseduta dal demonio. Com'era il titolo di quel film? Il villaggio dei dannati, o qualcosa del genere-. Rise la donna tornando ad inquadrare il marito che iniziò a sorridere imbarazzato alla telecamera. 
:-Cosa ne dici se ora facciamo conoscere a Scarlett la signora Mamma?-.Chiese stavolta il giovane Roy, allungandosi lesto oltre la telecamera per afferrarla e ruotarla di 180° gradi. 
:-No no no! Sono ancora in pigiama!-. 
A quel punto il video venne messo in pausa, bloccandosi su di un fotogramma che mostrava una giovane donna, intenta a coprirsi il viso con le mani e, sebbene questo gesto coprisse i tratti principali del suo viso, era ben evidente un ampio sorriso trasparire sulle sue labbra. 
Roy lasciò cadere a terra il telecomando e senza pensarci troppo si precipitò in camera dei figli, realizzando con amarezza ciò che era ormai evidente: non erano più lì. 
Il panico prese subito possesso della sua mente e subito iniziò a gridare i loro nomi, correndo da un lato all'altro della casa. 
Non li metterò in punizione, lo giuro, fa solo che stiano bene” Pregò Roy comprendendo che i bambini non erano più in quella casa e a dargliene ulteriore conferma fu la porta della cucina spalancata sul retro. 
L'uomo iniziò così una folle corsa a perdifiato nel bosco, alla ricerca dei suoi figli. 

 
* * * * 

Scarlett si chinò silenziosamente dinanzi allo schermo, osservando a labbra serrate la giovane donna intrappolata in quel fotogramma sfocato: i suoi capelli neri erano raccolti in una coda di cavallo disordinata e, nonostante indossasse un pigiama piuttosto largo, era evidente che fosse parecchio magra. Allungò una mano per sfiorarle i palmi delle mani, parate dinanzi al viso, ma trovò solo la tiepida superficie dello schermo sotto i polpastrelli. 
Eppure era così bella, così come se la ricordava, e così vicina da far male quanto in realtà fosse ancora irraggiungibile. Ancora una volta dovette ricordarsi che quell'ultimo abbraccio che continuava a desiderare da anni non sarebbe mai giunto. Una lieve fitta le annebbiò la vista per un breve momento, costringendola a distogliere lo sguardo, e si portò le mani contro il petto. 
No, non di nuovo” Si fece forza lei, volgendo una fugace occhiata a Khole e Pitch. Quest'ultimo fece un passo in avanti per aiutarla a rialzarsi ma lei lo fermò con un gesto della mano :-Sto bene-. Gli disse rimettendosi in piedi per rivolgersi a Khole, non aveva tempo da perdere per un'ennesima scenata. 
:-Cos'è successo, dopo che lo hanno visto?-. 
:-Vorrai dire cosa NON è successo! Perché è successo veramente di tutto qui-. Rispose il ragazzo, eccessivamente entusiasta. Pitch non poté fare a meno di chiedersi se il ragazzo fosse completamente insensibile alla situazione oppure un semplice idiota. Decise di optare per la seconda opzione. 
:-Evita di girarci attorno, ragazzino, non abbiamo tempo da perdere-. Gli disse seccato l'Uomo Nero e Khole alzò gli occhi al cielo, incrociando le braccia attorno al petto semi nudo mentre spostava il proprio peso da un piede all'altro. 
:-E va bene- sbuffò infine, abbassando la testa da un lato, lasciando che i setosi capelli gli ricadessero sulla spalla scoperta -Quando sono sceso i bambini stavano guardando i ricordi nella scatola...cioè nella televisione. Anche loro non hanno finito di vederlo. La bambina ha iniziato ad inveire furiosa contro il padre, ha urlato parole talmente fantasiose da aver sconvolto anche me ed io non mi sconvolgo facilmente. Davvero! I suoi termini erano così coloriti che mi sono dovuto tappare le orecchie-. Khole mimò il gesto, spostando lo sguardo da Scarlett a Pitch e viceversa. 
:-Ed è stato a quel punto che il piccolo Kesegowase mi è sfuggito dalle mani-. 
:-Kesechecosa?-. Domandò Pitch. 
:-Il fearling-. Fu la risposta atona di Scarlett. L'uomo ebbe l'immediata sensazione che una voragine si stesse aprendo sotto ai suoi piedi. 
:-Sì! Kesegowase è scappato via ed è saltato sulla schiena della bambina. Io ho cercato di acchiapparlo ma in un attimo...PUFF! Scomparso-. Il ragazzo guardò Pitch ma questi non gli stava più prestando attenzione, posando uno sguardo tra l'incredulo ed il colpevole sul pavimento, le sue mani erano serrate in due pugni. 
:-Poi la bambina ha cambiato completamente atteggiamento, urlava sì ed era ancora arrabbiata ma a quel punto ha iniziato a fare delle strane teorie. Entrambi mi sembravano parecchio spaventati, il fratello poi non ha detto una sola parola per tutto il tempo-. 
:-Da cosa erano spaventati, lo hanno detto?-. Lo incalzò Scarlett. 
Khole si gratto il capo, pensando alcuni istanti :-Tra le varie cose le ho sentito dire “Farà la stessa cosa con noi, tanto vale andarcene subito”. Ed è stato a quel punto che ha afferrato il fratello, trascinandolo nella loro camera. Poi sono usciti di casa-. 
Scarlett non seppe cosa dire. Aveva ottenuto quello che voleva e solo per ritrovarsi con il provare un incredibile odio verso se stessa, sentendosi un'incredibile stupida per non essersi resa conto prima dell'errore a cui stava correndo incontro. E tutto questo per cosa? Una misera vendetta trasversale. 
Volse velocemente il capo in direzione di Pitch, ancora assorto nei propri pensieri e notò solo in quel momento che le sue mani erano strette in due pugni serratissimi. Scarlett gli corse vicino ed afferrò il suo pugno sinistro per stringerlo tra le proprie mani. La stretta dell'uomo si sciolse al contatto con la pelle di lei. Pitch parve in quel momento risvegliarsi da un sogno ad occhi aperti, guardandola con espressione sorpresa per alcuni secondi. 
:-Io...-. Tentò di dire ma Scarlett non gli diede il tempo di pronunciare un'altra parola. 
:-La colpa è solo mia- disse decisa, fissando i suoi occhi grigio-perlati in quelli ambrati di lui -Ho commesso un gravissimo errore e se ti avessi dato ascolto subito, forse, avremmo potuto evitarlo. Ma non posso tornare indietro e cambiare le cose, l'unica cosa che posso provare a fare adesso è rimediare e, per questo, ho bisogno del tuo aiuto-. 
Pitch sorrise, apprezzando le parole di Scarlett, e seppur si sentisse ancora in colpa per come erano andate le cose sapeva che non era quello il momento ed il luogo. Doveva dimostrarsi forte e doveva farlo per lei. 
:-Li troveremo-. Le promise. 
:-Wow! Sembrate proprio una coppia, se lui non fosse troppo vecchio-. Mormorò Khole ad alta voce. 
Pitch prese seriamente in considerazione l'idea di defenestrarlo ma la situazione richiedeva una certa fretta e non aveva di certo altro tempo da perdere con lui. 

 
* * * * 

:-Qui dovrebbe andare bene, per questa notte almeno-. Esclamò Abigail lasciando cadere il suo zainetto tra le radici di una quercia. 
:-Abbie ma sei sicura...-. Tentò di dire Will a mezza voce. 
Abigail prese un respiro profondo e Will poté vedere le piccole spalle della sorella alzarsi ed abbassarsi vistosamente prima che questa si voltasse, mostrando il viso spruzzato di lentiggini solcato da alcune lacrime, che lei avrebbe sempre negato d'aver versato. 
:-Ma allora sei proprio stupido e non vuoi capire? Hanno già iniziato a metterci da parte. Secondo te perché siamo venuti qui?-. 
:-Papà ha detto che era per far star bene la mamma-. 
Abigail fece un gesto stizzito, alzando le braccia al cielo :-Papà ci ha mentito Will! Vogliono abbandonarci e ci hanno portato così lontani da casa così che non potessimo ricordare la strada per tornare indietro! Non appena nascerà lo sgorbio vedrai. Faranno in fretta a dimenticarsi di noi, non ci vorranno più nemmeno vedere. Lo capisci o no?-. Urlò Abigail ed il piccolo Will si chiuse a guscio, stringendo il suo zainetto contro il petto mentre un nodo doloroso gli avvolgeva la gola. Alla fine si decise ad annuire, iniziando a scalciare la terra sotto ai suoi piedi. 
Abbie sospirò e prese il fratello per le spalle, cercando di moderare i toni stavolta :-Stai con me, Will. Farò in modo che non ti succeda niente-. 
A quel punto la bambina rivolse nuovamente la propria attenzione all'albero, studiandolo. 
La quercia era piuttosto bassa, il suo tronco era largo e tozzo ed i rami che la ricoprivano abbastanza massicci e, a quanto sembrava, resistenti. Una radice svettava dal terreno più alta delle altre, con un piccolo slancio le avrebbe permesso di raggiungere i primi rami senza problemi. 
:-Qualche tempo fa ho visto in un documentario che esistono tribù, di un paese che non mi ricordo, che dormono sui rami degli alberi per proteggersi dagli animali predatori. Faremo meglio a dormire lassù, almeno per stanotte-. 
Will alzò lentamente lo sguardo ai rami e mugugnò, avvertendo le vertigini anche se i suoi piedi erano ancora saldamente ancorati a terra :-Abbie ma dove hai visto questo documentario? E se dovessi cadere mentre dormo?-. 
Abigail sbuffò ed i suoi adorabili ricci si sollevarono scoprendole la fronte :-Ma devo proprio spiegarti tutto. E' ovvio che faremo a turno. Quando dormi tu, io ti tengo d'occhio. Quando dormo io, tu controlli me. Chiaro no?-. 
:-Se lo dici tu-. 
Col senno di poi si sarebbero entrambi chiesti cosa passasse loro per la testa. 
Abigail si rimise lo zaino in spalla, apprestandosi ad iniziare l'arrampicata :-Vado prima io- spiegò issandosi sulla radice sporgente -quando sarò salita sul ramo più basso, ti do una mano a tirarti su, ok?-. 
Will annuì distrattamente, nella sua testa i pensieri stavano formulando ben altro. Per lui era ancora difficile riuscire a credere a ciò che quella vecchia VHS gli aveva rivelato. Il papà come poteva aver nascosto loro una cosa simile? Forse ciò che aveva detto Abigail era vero: la mamma ed il papà si erano stancati di loro ed avevano intenzione di lasciarli lì, abbandonandoli in quel luogo a loro sconosciuto, come il papà sembrava aver già fatto in precedenza, per poi ritornarsene a Chicago una volta che fosse arrivato il nuovo fratellino. 
Questo, effettivamente, spiegava l'eccessiva dose di punizioni ricevute nelle ultime settimane e che non ne avevano mai ricevuto in così gran numero nemmeno nell'arco di un anno: stavano perdendo la pazienza perché non li volevano più. 
E quella donna e la sua bambina, Scarlett, dove erano finite? 
Scarlett...Scarlett” aveva continuato a ripetersi fra se e se dal primo momento in cui aveva sentito pronunciare il nome, cercando di ripescare dalla propria memoria il motivo per cui gli sembrasse così familiare. Sì era un nome abbastanza comune ma era certo di non aver mai conosciuto nessuna ragazza, donna o bambina con quel nome. Gli ci era voluto non poco ma alla fine ci era arrivato. Quel nome compariva all'inizio di tutti i libri di scuola che avevano sfogliato qualche settimana prima, quelli con le frasi ed i disegni raccapriccianti. 
Il bambino guardò le proprie mani facendo attentamente un paio di conti con l'aiuto delle dita: calcolando la differenza tra la data riportata nel video ai loro giorni, dovevano essere passati all'incirca 25 anni. 
Perché ne lei, ne la madre vivevano più in quella casa? Il papà aveva sempre detto loro che l'aveva ereditata da una vecchia zia, che forse fossero entrambe... 
:-Will se non ti decidi a salire ti lascio giù, dormirai da solo e lascerò che i procioni ti mangino la faccia!-. 
Will alzò pigramente il capo in alto ricercando la sorella. Si era già arrampicata sul primo ramo ed ora stava solo attendendo che lui si decidesse a salire. 
Senza dir nulla e poco convinto, si arrampicò sulla radice e poggiandosi con il braccio sinistro contro il tronco dell'albero, protese la mano destra in alto nel tentativo di afferrare la mano di Abbie, che riuscì solo dopo un paio di saltelli incerti sulle punte. A quel punto non dovette far altro che spingere i piedi lungo la corteccia per darsi la spinta necessaria a raggiungere anche lui il ramo più basso. 
Incredibilmente al di là delle sue aspettative, la salita da un ramo all'altro si rivelò piuttosto semplice. I rami erano massicci quel tanto che bastava a sorreggere due ragazzini e vicini il necessario così che potessero raggiungerli senza dover rischiare l'osso del collo ad ogni passo. 
Quasi non riusciva a crederci, per una volta non si sentiva poi così vigliacco come tendeva sempre a dipingerlo Abbie. 
Due rami, tre rami, quattro rami... 
Non è poi così difficile” Pensò spavaldo Will, abbassando erroneamente lo sguardo. Non appena i suoi occhi incontrarono le radici dell'albero a metri di distanza da lui, percepì subito la vertigine e lo stomaco attorcigliarsi in una terribile morsa che gli diede la nausea. Spaventato si chinò, tremante come una foglia al vento, a pancia in giù contro il ramo, avvolgendovi le braccia per poi iniziare a gridare il nome della sorella. Le piccole mani iniziarono immediatamente a sudare, nonostante potesse giurare di stare congelando per il terrore. 
:-Abbie!- gridò -Abbie aiutami!-. 
Abigail, già a tre rami di distanza sopra la sua testa, si abbassò scocciata a guardare cosa il fratello stesse combinando ma, non appena lo vide tremante abbracciato al ramo, non perse un secondo per raggiungerlo. 
:-Will andiamo, smettila di fare così. Te l'ho detto è tutto apposto-. 
:-No Abbie, non mi interessa e non è tutto apposto! Non riesco a muovermi da questo stupido ramo e questo perché bisogna sempre fare quel che dice la tua testa matta!-. 
Abigail sbarrò i grandi occhi verdi, non aspettandosi una simile reazione del fratello nei suoi confronti, ed in un primo momento tentò di ribattere ma quando le sue mani sfiorarono il suo braccio gelido, comprese che forse era giunto il momento di tenere la bocca chiusa. 
:-Ho paura Abbie- scoppiò a piangere Will -non voglio andare via. Voglio tornare a casa da mamma e papà-. 
Abbie si morse il labbro inferiore, portando una ciocca ribelle dietro l'orecchio :-Io credevo di fare la cosa giusta per noi-. 
Will tentò di alzare un poco il capo, per guardare la sorella dritta in faccia :-A me sembra più che volessi fare la cosa giusta per te, non vedevi l'ora di incasinare la situazione. Sì anche io ci ho messo del mio ma non ho mai voluto ne pensato di arrivare a questo- sospirò, ricacciando un conato di vomito dovuto alla tensione -ti prego ora aiutami a scendere-. 
Abigail non aggiunse altro e, mettendosi cavalcioni sul tronco, prese le spalle del fratello :-Ora torniamo a casa-. 
Will, percependo la presa della sorella, parve tranquillizzarsi e rilassò i muscoli, così da riuscire finalmente a tirare su il busto, restando seduto con le gambe penzoloni. 
:-Adesso lo so che è difficile ma devi alzarti e seguire i miei passi per scendere. Se fai quel che ti dico non ti farai male, va bene?-. Cercò di rassicurarlo Abbie porgendogli una mano, sebbene anche lei avesse iniziato ad avvertire un certo nervosismo in quel momento. Aveva paura per Will e si vergognava di non essersi resa conto in cosa lo stesse, anzi, in cosa si stessero cacciando. Come poteva esserle veramente venuto in mente di scappare via in quel modo. 
Will strinse la mano della sorella saldamente e cercò di rimettersi in piedi ma, nella fretta di scendere, il piccolo non si rese conto che il suo piede destro era andato ad incastrarsi tra il ramo ed un ramoscello che sporgeva da esso. Così, quando senza pensarci tirò su la gamba, si ritrovò come strattonato verso il basso, scivolando lateralmente pronto ad affrontare un volo di quasi cinque metri se i suoi riflessi, che aveva sempre creduto inesistenti, non gli avessero concesso di aggrapparsi ancora una volta al ramo, stavolta restando con la schiena pendente verso il terreno. 
Troppo confuso per realizzare, riuscì a malapena a sentire la voce di Abigail chiamarlo mentre tentava di aiutarlo ma, non appena la bambina fece un solo piccolo passo, il ramo si incrinò appena, producendo uno scricchiolio che fece rabbrividire entrambi. 
:-Abbie cosa faccio?-. 
:-Stai...tu stai fermo. Io...- iniziò a borbottare Abbie, guardandosi intorno spaventata, alla ricerca di una possibile soluzione che potesse aiutare suo fratello ad uscirne incolume. 
:-Will! Abbie!-. I loro nomi, trasportati dalla leggera brezza che annunciava il calare del sole in quella fresca serata di fine estate, giunsero alle orecchie dei bambini che sembrarono tirare un vago sospiro di sollievo nell'udire quella voce familiare. 
:-E' papà-. Esclamarono all'unisono, incominciando nuovamente a riprendere le speranze. 
:-Will, io vado incontro a papà. Correrò come il vento, tu però ti prego, cerca di non muoverti troppo. Saremo qui subito-. Disse Abbie iniziando una veloce discesa e poi una folle corsa nel bosco. Will, dal canto suo, non poté far altro che annuire, tremante, in attesa che sua sorella tornasse indietro con il papà. Pregando intensamente che sia lui che il ramo riuscissero a reggere nell'attesa. 

 
* * * * 

Non appena raggiunsero il cortile sul retro della casa Pitch richiamò con un fischio le ombre gettate dagli alberi, le quali iniziarono a fondersi tra di loro dando forma ad Onyx. L'incubo trottò incontro al suo padrone chinando poi il muso verso terra non appena lo raggiunse, consentendogli di salire sul suo dorso. A quel punto l'uomo porse a Scarlett la propria mano, così da aiutarla a salire a sua volta in groppa al cavallo. Quando entrambi furono in sella, Pitch schioccò le redini e la creatura partì al galoppo. 
:-Senti qualcosa?-. Domandò nervosa Scarlett, avvolgendo le braccia attorno al busto di Pitch, lanciando di tanto in tanto occhiate fugaci ma attente attorno a se. 
L'uomo strinse i denti, tentando di mantenere la massima concentrazione :- Percepisco una forma di timore, e potrebbe essere ciò che stiamo cercando, ma c'è qualcosa che interferisce con essa e non riesco a localizzarla. Per il momento so solo che dovrebbe essere in questa direzione-. 
In tutto il mondo, una sola frazione di secondo riusciva a generare milioni di paure. Riuscire ad individuarne una ben specifica e di un determinato bambino, mescolata a chissà quali altre emozioni che ne confondevano i tratti, non era una cosa esattamente semplice. Specie se sotto pressione. 
Scarlett annuì non insistendo più del dovuto, posando il capo contro la schiena dell'uomo. 
Come era potuta cadere ancora una volta in quello stupido tranello, non lo sapeva nemmeno lei. A distanza di così breve tempo poi. Erano passati solo cinque anni e la sua mente era nuovamente stata annebbiata da un odio che l'aveva resa cieca delle proprie azioni. Questo voleva forse dire che non c'era speranza per lei? Che nulla era realmente cambiato e che il suo centro -come adorava definirlo North- non era affatto il Cambiamento? Eppure ce la stava mettendo tutta, per diventare una Guardiana, ma come poteva compiere un simile passo se si ritrovava tuttora così ancorata ad ad un passato che non riusciva a portarle altro che odio e sofferenza? 
Alzò appena gli occhi, incontrando la nuca di Pitch. 
Lui però era veramente cambiato, sapeva di averlo percepito ne era certa. 
Non era più l'egoista di un tempo e glielo stava dimostrando anche in quel momento, aiutandola a rimediare a quello stupido errore. 
I suoi occhi scintillarono, illuminandosi di una lieve sfumatura rosata mentre sorrideva tra se e se, quasi dimentica di ciò che stava accadendo :-Che sciocca, come ho fatto a non accorgermene prima?-. Sussurrò spingendosi un po' più contro la sua schiena, stringendo un po' di più la presa. 
:-Hai detto qualcosa?-. Le domandò Pitch, volgendo appena il capo oltre le sue spalle senza riuscire a vedere altro che una cascata di capelli neri. 
:-No, no-. Mormorò la ragazza. 
Onyx a quel punto frenò bruscamente, annusando l'aria per pochi secondi per poi drizzare le orecchie e, nitrendo fieramente, impennò agitando in aria gli zoccoli. 
:-Li abbiamo trovati!-. Fu l'esclamazione vittoriosa di Pitch, prima di ripartire nuovamente al galoppo. 

 
* * * * 

:-Will! Abigail!-. Gridò Roy quanto più forte i suoi polmoni gli consentissero. 
La sua voce era roca, la gola graffiata ed ogni grido non faceva che aumentarne il dolore ma non gli interessava. Finché i suoi figli non fossero tornati a casa, sani e salvi, avrebbe sfruttato ogni particella di ossigeno per richiamarli. 
Non avrebbe permesso che gli capitasse qualcosa, non di nuovo, non a loro che non avevano nulla a che vedere con il suo passato. 
Sarebbe morto, se gli fosse stata posta dinanzi una scelta. 
Ancora una volta inspirò a fondo, preparandosi ad un nuovo grido quando si ritrovò interrotto dalla voce della sua piccola Abigail. 
:-Papà-. Esclamò lei, quasi senza fiato, sbucando da un sentiero alla sua sinistra. 
L'uomo sentì l'animo risollevarsi quando vide la sua piccola volpe corrergli incontro, cadendo in ginocchio per stringerla a se non appena la raggiunse. 
:-Mi dispiace papà-. Pianse lei contro il petto del padre ma all'uomo non importava di niente, nemmeno che gli avesse disubbidito, ciò che più gli premeva era che stesse bene. 
:-Non dirlo nemmeno piccola volpe- la rassicurò, volgendo poi delle occhiate preoccupate tutte attorno a se -dov'è Will?-. 
La bambina si scostò di scatto :-Will!- esclamò come se stesse dimenticandosi di una cosa importante, iniziando a tirare il padre per un braccio-E' in pericolo papà-. 
:-Come in pericolo che gli è successo?-. 
Abbie non si fermò ma continuò a tirargli il braccio, esortandolo a camminare più veloce :-Ci stavamo arrampicando su un albero, voleva scendere ed io lo stavo aiutando ma è scivolato. Gli ho detto di restare immobile ma il ramo rischia di rompersi, dobbiamo sbrigarci papà. Non voglio che gli succeda qualcosa-. Pianse la figlia, asciugandosi il viso con il dorso del braccio. 
Roy credette che il proprio cuore fosse sul punto di spezzarsi. Se mai fosse successo qualcosa a Will, il suo piccolo Will... 
Senza dir nulla caricò Abbie tra le proprie braccia, seguendo le sue indicazioni per raggiungere il figlio in pericolo. 

Le mani sudaticce di Will iniziarono ad indolenzirsi a così stretto contatto con la ruvida corteccia della quercia e, di conseguenza, sempre più a scivolare 
Vi prego, vi prego sbrigatevi” 
Se Abbi ed il papà non fossero arrivati per tempo, ed era proprio agli sgoccioli, sarebbe caduto. Con un simile volo cosa sarebbe potuto capitargli? 
Il piccolo iniziò a scuotere il capo, stringendo gli occhi sino a farsi male nel tentativo di scacciare via quelle immagini ma più cercava di scacciare via quelle immagini, più la sua mente elaborava i più disparati e fantasiosi scenari. Ovviamente nessuno di questi terminava con lui ancora vivo o parzialmente integro. 
Quasi a conferma dei suoi timori, il ramo volle incrinarsi con uno schiocco improvviso, piegandosi senza spezzarsi, lasciando così il piccolo con il corpo completamente a penzoloni nel vuoto, sorretto solamente dalla forza delle sue piccole braccia, ancora strette al loro unico appiglio. 
Un gridò terrorizzato sfuggì alle sue labbra. 
:-Will, tieni duro sto arrivando!-. 
Cercando di racimolare un minimo di forza e coraggio, il piccolo alzò tremante lo sguardo iniziando a scorgere, seppure ancora distante, la figura del padre corrergli incontro. 
Allora non li aveva abbandonati, ci teneva veramente a loro. 
:-Papà non resisto più-. 
Quando l'uomo raggiunse finalmente la piccola radura ove sorgeva la quercia, fece scendere la figlia e studiò velocemente la situazione. 
:-Adesso vengo a prenderti, non agitarti o il ramo si spez...-. 
SCRATCH! 
Will non udì più niente se non quel suono che si prolungò a lungo nella sua testa mentre percepiva il proprio corpo precipitare nel vuoto. Lo stomaco gli si avvolse in una morsa strana, nuova, e chiuse gli occhi talmente forte da percepire dei flash bianchi mescolarsi al nero. Dalle sue labbra fuoriuscì un grido ma nemmeno quello riuscì ad udire mentre attendeva il doloroso impatto col terreno. 
Quel silenzio però si prolungò per troppo tempo, non udì nemmeno un grido da parte di Abbie o del papà. 
Che fosse già finita? Era diventato un fantasma senza neanche rendersene conto? 
:-E' tutto apposto-. Sussurrò una voce a lui sconosciuta. 
:-Sono un fantasma?-. Domandò il piccolo, stupendosi di poter ancora udire e parlare. 
:-No- rise la voce -apri gli occhi-. 
Will allora si accorse di avere ancora, in tutto e per tutto, le stesse capacità motorie di sempre e lentamente iniziò a sollevare le palpebre. Quando i suoi occhi furono finalmente aperti, incontrò il volto gentile di una donna dai grandi occhi grigi e che gli stava sorridendo. I capelli erano lunghi e neri e le ondeggiavano attorno al viso. Notò anche una leggera nebbiolina bianca circondarla, il che sembrava dare luminosità alla sua presenza. 
Solo dopo alcuni istanti di incertezza il bambino prese coraggio e decise di guardare altrove, accorgendosi che la ragazza lo stava stringendo tra le proprie braccia, salvandolo dalla caduta. Ancora confuso abbassò lo sguardo notando un dettaglio che fino a quel momento, causa la confusione, gli era sfuggito: stavano entrambi levitando a mezz'aria. Abbie ed il papà erano a metri di distanza sotto di loro, paralizzati e con gli occhi spalancati. 
Will rivolse nuovamente la propria attenzione alla donna :-Sei il mio angelo custode?-. 
La donna distese maggiormente il suo sorriso e scosse appena il capo, iniziando finalmente la discesa. 
Quando i suoi piedi scalzi toccarono terra, questa lasciò scendere delicatamente il piccolo che corse senza indugi tra le braccia del padre, ancora shockato. 
Senza dir nulla la donna iniziò a farsi da parte, volgendo prima lo sguardo verso Abigail. La bambina infatti la stava guardando ad occhi spalancati e meravigliati. Stava per avvicinarsi a lei, forse per chiederle qualcosa, ma la donna si portò l'indice alle labbra sorridendole appena prima di svanire in un'improvvisa folata di vento, lasciando nell'aria alcune parole che risuonarono come un'eco per alcuni secondi “Non sprecare anche quest'occasione”. 
Roy percepì qualcosa, come una carezza al cuore, e strinse il figlio a se con maggiore forza, quasi togliendogli il respiro. 
:-Papà ma...cos'è successo?-. Chiese Abigail. 
:-Non lo so, piccola volpe, non lo so. Forse è solo un miracolo-. Rispose Roy, confuso forse più dei suoi figli, afferrando poi Will per le spalle e guardarlo negli occhi :-Stai bene vero?-. 
:-Mi sembra di essere appena sceso dalle montagne russe- commentò il bambino, tastandosi con i palmi delle mani -ma sto bene-. 
Roy rise afferrando anche Abigail tra le proprie braccia per abbracciare entrambi i suoi figli :-L'importante è questo-. 
Restarono così a lungo, godendosi quel momento di pace inaspettata. Solo l'improvviso squillare del suo cellulare costrinse l'uomo a lasciare andare i propri figli, immaginandosi chi fosse a chiamare in quel momento :-Jill?- rispose incerto e quasi spaventato -Jill stai tranquilla sono qui con me, stanno bene. Sì sì, ora torniamo a casa, ti spieghiamo tutto quando siamo lì, tu però stai tranquilla, ok? A tra poco-. L'uomo sospirò esausto chiudendo la chiamata poi guardò i figli, serio :-A casa avremo un po' di cose di cui parlare-. Li avvertì ed i gemelli annuirono. 
Finalmente iniziarono ad incamminarsi verso casa. 
:-Papà?-. Chiamò Will mentre sparivano tra i cespugli. 
:-Dimmi-. 
:-La mamma ci metterà in punizione?-. Domandò il bambino e Roy si lasciò sfuggire una piccola risata rassegnata. 
:-Credo che la mamma metterà me in punizione, Will-. 

 
* * * * 

Scarlett, semi nascosta dietro un albero, osservò la famigliola allontanarsi per poi tirare un sospiro di sollievo. 
Era andato tutto bene, forse meglio del previsto. 
:-Certo che anche tu non scherzi con le entrate in scena- scherzò Pitch spuntando alle sue spalle -hai la teatralità nel san...-. Ma non riuscì a terminare la frase che la ragazza gli saltò in braccio, avvolgendogli le braccia attorno al collo per stampargli un bacio sulle labbra mentre lui le stringeva repentinamente la vita, sorpreso, ruotando su loro stessi un paio di volte. 
Pitch rimase interdetto in un primo momento, poi le sorrise :-Immagino di essermelo meritato-. Disse infine, baciandola di nuovo. 
:-Momento, momento, momento!- si intromise Khole, comparso non si sa ne quando ne dove, interrompendo quel momento idilliaco -Ma voi due state veramente insieme? Cioè...insieme, insieme?-. 
Pitch sbuffò infastidito ma Scarlett scoppiò inevitabilmente a ridere. 
Il giovane Spirito comunque non si arrese :-Io ero convinto foste qualcosa come, padre e figlia-. Continuò lui, non ricevendo alcuna risposta se non le occhiatacce di Pitch mentre Scarlett ormai si trovava praticamente sdraiata a terra, tenendosi la pancia per il troppo ridere. 
:-Ma tu non sei vecchio?-. 
L'uomo alzò gli occhi al cielo, guardando poi inespressivo la ragazza :-Molto divertente, soprattutto quando non sei tu le parte offesa-. Fu infine il suo unico commento.

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Here's to the Fall. ***


CAPITOLO VII
Here's to the Fall.




“Salve bella gente! Finalmente sono tornata, ci è voluto un po' di tempo ma spero possiate comunque perdonare la mia giustificata assenza. Tra la gravidanza e le rocambolesche avventure della mia disastrata (ma bella) famiglia, ho avuto il mio gran bel da fare. 
Ed è proprio su quest'ultimo punto che vorrei soffermarmi prima di riprendere a pieno ritmo le pubblicazioni sul blog. 
Intanto ci tenevo a ringraziarvi per tutte le parole di supporto e dei preziosi consigli che mi avete lasciato dopo il mio ultimo post, avvisandovi che vi avrei lasciato per un po' di tempo per motivi familiari (FireAndBlood86 grazie anche a te per la prolissa lista che mi hai lasciato ma, no, non era di un avvocato divorzista che avevo bisogno). 
Sono lieta di annunciare che le acque si sono finalmente calmate (e le mie rotte, LOL), la tempesta è passata ed il sole è tornato a splendere, forse molto più di prima. 
Sapete, ci sono alcuni momenti, forse fin troppi e voi lo sapete benissimo, in cui vorreste arrendervi, rinunciare a tutto quel che eravate in procinto di fare per rinchiudervi in voi stessi: avvolgervi nel vostro bozzolo di coperte e dimenticarvi di tutto, persino delle persone a voi care. 
Ho vissuto questa situazione molto da vicino, di recente, passavo le mie giornate a fissare il mondo tramite gli occhi di una sconosciuta e la vera me intrappolata al suo interno, incapace di ribellarsi, incapace di muoversi. Volevo arrendermi e l'ho fatto. 
Poi un giorno Roy mi ha detto “Facciamo una follia, abbandoniamo questo posto ed andiamo via con i bambini. Costruiamoci una nuova vita, lontano da qui”. Nonostante il mondo fosse ancora molto offuscato, per me, la nebbia ha iniziato a diradarsi e mi son detta: “Perché no?”. 
Il cambiamento è avvenuto come una potente scossa di terremoto. Tutto è crollato ma noi siamo stati in grado di ricostruirlo, nonostante le numerose scosse di assestamento. Non sto qui a negarlo, ho temuto che le fondamenta non sarebbero state in grado di reggere il peso di tutti questi eventi e invece...ne siamo usciti più forti di prima. 
Quindi, sebbene lasciarsi andare sembri essere l'opzione più semplice ed allettante, non fatelo. Alzatevi e lottate questo demone. Lottatelo per i vostri cari e, ancor più, lottatelo per voi stessi. Come disse un grande saggio “Non può piovere per sempre”. 
Ah! Mi ero ripromessa di essere breve ma sembra proprio che la sintesi sia una mia nemica naturale. ARGH! 
Ora vi saluto e vi mando un grande abbraccio, prendetevi cura di voi stessi, sempre, e semmai aveste bisogno di aiuto, un consiglio, uno sfogo o anche quattro chiacchiere, la mia casella postale è sempre aperta per voi. 
Carry on! 
Baci, Jillian” 
 
:-Allora? Che te ne pare?-. Domandò Jillian mordendosi nervosamente l'unghia del pollice mentre suo marito leggeva silenziosamente il suo ultimo lavoro. 
:-Se mi lasci finire-. Rispose pacatamente l'uomo. 
Jillian sbuffò, portando le mani sui fianchi ed iniziando a passeggiare avanti ed indietro. 
:-Se non va bene, dimmelo ok? Devi essere sincero- fece una breve pausa, prima di ricominciare -Però non troppo diretto. Crudele ma il giusto e ti ricordo che ho ancora la lista di avvocati divorzisti-. 
Roy si trattenne dal ridere, osservando il buffo atteggiamento di Jill dal suo riflesso nello schermo, prendendosi volutamente più tempo prima di ruotare la poltrona girevole per rivolgersi direttamente a lei. 
Jillian si bloccò di colpo, osservandolo in attesa di un suo commento e, quando questo non arrivò entro i primi 3 secondi, sbottò in uno scocciatissimo :-Allora?-. 
:-Vuoi sapere prima della parte buona o di quella cattiva?-. Chiese Roy e la donna sbiancò, per quanto le fosse possibile, essendo già di suo piuttosto pallida. 
:-E' troppo melenso, non è così? Dovevo mantenere un tono distaccato, lo sapevo! Dà qua che lo riscrivo d'accapo-. Esclamò lei già cominciando a rimboccarsi le maniche per cestinare il file ed aprire una nuova pagina bianca su cui perdere ore ed ore. 
:-La buona notizia è che l'articolo è perfetto così com'è- iniziò a spiegarle Roy, afferrandola per un braccio così da frenarla dal suo frettoloso intento -la brutta è che, purtroppo, ho una moglie talmente ansiosa da non riuscire ad apprezzare le proprie capacità-. 
Jillian guardò suo marito, poi il computer e poi nuovamente l'uomo. 
:-Sei un cretino-. Sentenziò infine, dandogli un lieve schiaffo sul braccio, sorridendo con un filo di soddisfazione infine. 
:-Quindi va bene così? Posso pubblicarlo?-. 
Roy si alzò e le prese delicatamente la nuca, stringendo appena i suoi rossi ricci per posarle un bacio sulla fronte :-Premi INVIO e rendi felici i tuoi fan. Magari un po' meno quello degli avvocati-. 
:-Forse cancellerò quella lista, dopotutto-. Scherzò Jillian, sedendosi alla scrivania, pronta ad aggiornare il suo blog. 
L'uomo sorrise guardando sua moglie, volgendo poi un'occhiata distratta all'orologio. Era ancora presto. 
:-Penso che inizierò ad andare al locale. Ieri un gruppo di ragazzi ha fatto casino ed ho promesso alla signora Stussy che l'avrei aiutata a ripulire, anche perché temo che, se non lo farò, mi caccerà dal mio stesso locale-. Disse l'uomo avvicinandosi alla porta della camera. 
:-Per favore, non continuare a mentire. Non ora che le cose sono finalmente apposto-. Fu il commento tranquillo di Jillian alla sua, quanto mai evidente, bugia. Roy fu così costretto a fermarsi :-Non ti si può nascondere nulla? Eh?-. Chiese grattandosi il capo, imbarazzato. 
:-Roy, io non la conoscevo, non ne ho mai avuto l'occasione e, non voglio illudermi, probabilmente non saremmo mai potute andare d'accordo, vista la situazione. Però non voglio che continui a nasconderla in questo modo, non è giusto nei suoi confronti. E poi, cielo Roy! Se c'è qualcosa che dovrebbe averti insegnato tutto questo è che l'omertà non è molto diversa da una bugia. Quindi vai a trovarla come è giusto che sia, non sarò di certo io ad impedirtelo, e portale anche dei fiori da parte mia. Per quanto poco possa valere, ci tengo-. 
Roy scosse il capo, piacevolmente stupito da quanto la vita avesse deciso di essere indulgente nei suoi confronti :-Lo farò-. Le disse, salutandola per poi uscire di casa. 
Jillian sorseggiò un po' di caffè, ed infine premette INVIO. 

Entrambi i gemelli si svegliarono col cuore in gola quella mattina. 
Non appena Abigail aprì gli occhi, vide i sottili raggi dell'alba insinuarsi timidi tra le fessure delle tapparelle, iniziando ad illuminare la stanza. Un largo sorriso si dipinse sulle sue labbra e balzò a sedere, entusiasta. 
Era agitatissima, il cuore batteva forte nel suo petto e, seppur l'idea di un nuovo anno scolastico non l'avesse mai particolarmente interessata, non vedeva l'ora di uscire e fare nuove conoscenze ed amicizie. 
:-Alzati Will!-. Esclamò saltando giù dal letto e balzando su quello del fratello, ancora avvolto sotto le coperte, arrivate a coprirlo fin sopra la testa. 
:-Mmmh-. Mugugnò il piccolo. 
:-AL-ZA-TI!-. Iniziò a gridare Abigail, saltando di prepotenza sul letto di Will per far sì che questi si decidesse ad alzarsi. 
Nessuna risposta giunse dal bozzolo di coperte e la bambina dovette far ricorso a tutto il proprio autocontrollo per non spintonarlo giù dal letto a suon di calci. 
:-Sei nervoso per la scuola?-. 
Era assurdo da credere, sebbene tra i due quello più attento negli studi fosse sempre stato Will, lui non era ma stato in grado di affrontare l'ambiente scolastico, cosa che ad Abbie era sempre riuscita più che bene. 
La testa rossa e spettinata di Will uscì appena da sotto le coperte, rivelando due occhi contornati da leggere occhiaie, sintomo che non doveva aver dormito particolarmente bene quella notte. 
:-Sarà come sempre Abbie- ammise a bassa voce, quasi vergognandosene -E' sempre stato così. Come metterò piede nella nuova scuola, agli altri ci vorranno sì e no dai due ai tre minuti per etichettarmi come secchione e prendermi in giro per il resto dell'anno. Mi sono voluto convincere che stavolta sarebbe stato diverso ma ora invece...ora mi rendo conto di essermi raccontato una bugia-. 
:-Will non puoi continuare ad avere paura...-. 
:-No infatti, fammi finire!- la interruppe Will mettendosi a sedere -Io sono stanco di essere preso in giro, questa cosa va avanti dai tempi dell'asilo e deve finire. So che non posso evitare le etichette, in tutte le scuole ce ne sono, però posso almeno evitare di buttarmi giù per questo-. 
Abigail lo fissò in silenzio, pensandoci alcuni istanti :-Non capisco dove vuoi arrivare-. Ammise infine. 
:-Voglio che mi insegni a difendermi Abbie. Non a fare a botte, quello no, solo a difendermi, sia chiaro-. 
Dapprima Abbie socchiuse appena le labbra, stupita, poi sogghignò :-E quindi hai bisogno del mio aiuto a scuola, eh?-. 
Will roteò gli occhi al cielo :-Mi sto già pentendo di avertelo chiesto-. 
:-E sia!- esclamò quindi la bambina, scendendo da letto ed alzando il braccio destro al cielo con il palmo della mano spalancato -Io sarò il tuo Fil e tu il mio Ercole, ti addestrerò e scriveranno il tuo nome nelle stelle!-. E fece scorrere lentamente il braccio avanti a se, quasi ad illustrare gli eventi che probabilmente sarebbero avvenuti solo nella sua fantasiosa testa. 
:-Credo tu stia esagerando-. Cercò di riportarla con i piedi per terra Will ed Abigail sbuffò, come era solita fare. 
:-Vedrai, vedrai. Nessuno ti prenderà mai in giro, anche perché quel lusso è concesso solo a me-. Sorrise infine lei, saltellando verso il bagno. 
:-La solita Abigail-. Commentò il fratello mentre lei spariva dietro la porta. 
Beh...non esattamente la stessa di sempre. Seppure potesse non notarsi molto dall'esterno, nelle ultime settimane si erano avvicinati molto più di prima. Sì, come tutti i gemelli avevano quel filo che li univa indissolubilmente, ma troppo spesso le loro differenze avevano interferito, creando una spessa barriera che aveva impedito loro di riuscire a sviluppare un rapporto più profondo. 
Non che il caratteraccio di Abigail fosse svanito, per carità, così come lui continuava ad essere eccessivamente prudente, ma ora sua sorella sembrava molto più disposta ad ascoltare di come non avesse mai fatto prima. 
Tutto era iniziato dalla sera in cui aveva rischiato di rompersi l'osso del collo, cadendo dalla quercia nel bosco. 
Quella stessa sera il papà aveva raccontato loro tutta la verità sul suo conto, non che ormai non avessero fatto 2+2 ma, sentirlo uscire dalla sua bocca, sortì tutto un altro effetto che fece svanire i precedenti timori, creando nuove certezze. 
Aveva raccontato loro del precedente matrimonio, della sua prima moglie e della figlia che aveva abbandonato, i problemi che avevano afflitto la ragazza- causati probabilmente dal suo abbandono- la sua scomparsa e la successiva morte della madre, ormai rimasta sola. 
Fu un racconto duro da digerire per i piccoli e probabilmente tutto questo avrebbe dovuto farli infuriare con il papà. Invece no. Perché nelle loro teste non esisteva l'uomo di cui lui gli stava raccontando, per loro esisteva solo il papà sempre presente, che aveva fatto l'impossibile per far sì che a loro non mancasse mai nulla e che li amava. Sarebbe di certo passato un bel po' di tempo prima di abituarsi all'idea di avere una sorella maggiore, da qualche parte, ma questo non poteva certo impedir loro di volergli ancora bene. 
Quando l'uomo aveva terminato di raccontar loro quella triste storia, l'unica cosa che i gemelli gli avevano chiesto era di vedere una foto della ragazza, sapendo benissimo che l'aveva estratta dalla cornice nella loro stanza, il primo giorno che avevano messo piede in quella casa. Senza dover cercare molto, l'uomo aveva preso il portafogli dalla tasca posteriore dei suoi jeans, aprendolo ed estraendone una foto piegata in quattro per poi porgerla loro con gli occhi lucidi. 
Di certo non poterono che definirsi ancor più stupiti, quando scoprirono che la ragazzina nella foto, di un'età indefinita tra i 9 e i 12 anni, era la copia sputata della donna che aveva salvato Will poche ore prima. 
Quella notte, ovviamente, non parlarono d'altro, ipotizzando le più disparate teorie di come questo fosse possibile. 
Era forse uno spettro? I due vollero scartare immediatamente quell'opzione, non sembrava esattamente un fantasma. I fantasmi sono brutti, distorti e crudeli. Lei non sembrava nessuna di queste cose, inoltre non volevano accarezzare l'idea che le fosse successo qualcosa di così terribile. 
Forse era diventata una super eroina? Troppo banale. Una fata? Nah..le fate hanno le ali. 
Alla fine avevano deciso di comune accordo che la giovane donna era divenuta Dama del lago e del bosco, una specie di guardiana che proteggeva i bambini che si perdevano per quei sentieri, aiutandoli a ritrovare la strada di casa. Proprio come una leggenda. 
:-Allora? Ancora non ti sei alzato?-. Sbraitò Abigail, trovando Will ancora imbambolato sotto le coperte al suo ritorno. 
Il piccolo si costrinse ad alzarsi, più pigro di un bradipo, dirigendosi a sua volta nel bagno. 
:-Abbie?-. 
La ragazzina, ora intenta nel saltellare su di una sola gamba mentre infilava un paio di jeans, alzò lo sguardo verso il fratello, fermo sulla soglia dandole le spalle :-Sì?-. 
:-Grazie-. Ed uscì, chiudendosi la porta alle spalle. 
Abbie scosse il capo ed i suoi graziosi riccioli, ridacchiando “Il solito Will”. 

:-Ed eccoci qui!-. Esclamò Jillian, tirando il freno a mano e spegnendo l'auto. 
Will deglutì a fatica: il cortile della scuola si stendeva a pochi gradini e metri di distanza da lui. Un luogo sconosciuto lo attendeva, riempiendolo di incertezze, e si sentiva così al sicuro in macchina, insieme alla mamma. 
No! Non avrebbe permesso alla paura di rovinare anche questo primo giorno di scuola. Prese quindi un bel respiro profondo e, facendosi più forza di quanto avrebbe mai ammesso, aprì la portiera dell'auto, scendendo sul marciapiede. 
:-Sicuri sia tutto apposto? Volete che vi accompagni dentro? E' pur sempre una nuova scuola-. Domandò Jill, slacciandosi la cintura di sicurezza e raggiungendo i figli sul marciapiede. 
:-Non siamo bambini mamma, possiamo fare da soli-. Brontolò Abigail e Jill rise. 
:-Oh! Invece sì che lo siete. Siete i miei bambini, anche se state crescendo così in fretta...-. Si fermò, osservando fiera i suoi piccoli prima di chinarsi repentinamente per posare un baco a tradimento sulla testa di Abigail e poi uno su quella di Will che, come sapeva, non cercò di sottrarsi come la sorella. 
:-Mamma!-. Urlò indignata la ragazzina, pulendosi la fronte con l'avambraccio. 
La campanella suonò, segnando l'inizio dell'anno scolastico. Nuove amicizie sarebbero nate quel giorno, sicuramente diverse antipatie, rivalità e, chissà qualche piccola cotta riservata per il futuro. D'altronde la scuola era anche questo dopotutto. 
:-Siate bravi mi raccomando-. Li salutò Jillian ed i figli cominciarono a salire i gradini che li avrebbero condotti al vialetto della scuola. Abigail però esitò al terzo scalino, un piccolo nodo le strinse lo stomaco, costringendola a voltarsi indietro e correre incontro alla mamma per abbracciarla stretta. 
La donna rimase colpita da quel gesto improvviso, tant'è che i suoi occhi si sbarrarono più di quanto avesse voluto, ma come avrebbe potuto non apprezzarlo? La sua bambina le dimostrava finalmente un po' di quell'affetto che aveva riservato solamente al padre, per tutti quegli anni, e la strinse a sua volta. 
:-La mia proposta di accompagnarvi è ancora valida, tesoro-. 
Abbie prese di nuovo le distanze e scosse il capo :-Ora non esagerare-. Rispose col suo solito sorriso fiero che era impossibile non adorare. 
La seconda campanella suonò ma lei aveva un'ultima cosa da fare. 
Si avvicinò repentinamente allo sportello anteriore della macchina e guardò al suo interno: gli occhi grigio-verdastri di una neonata la fissavano curiosi dal finestrino, ed il suo piccolo viso tondo si alternava in espressioni che andavano dallo stupore al disappunto nel giro di pochi istanti. 
Portando l'indice ed il medio destri alla fronte, Abigail fece un cenno di saluto alla sorellina :-Hasta la vista!-. Esclamò avviandosi finalmente a scuola, prima del suono della terza ed ultima campanella. 
Jillian prese un respiro profondo, portandosi le mani al petto per l'emozione, chiuse la portiera posteriore e torno in macchina. 
Una volta allacciata la cintura mise le mani sul volante e volse un'occhiata alla neonata :-Hai dei bravi fratelli, lo sai Rose?-. 

 
* * * * 

:-Spero non sia nelle tue intenzioni essere presente ogni primo giorno di scuola sino al loro diploma-. Furono le parole di Pitch quando vide sfrecciare la bambina dinanzi a loro, troppo occupata a non fare tardi per poterli notare all'ombra di un albero nel cortile. 
Scarlett gli rivolse un'occhiata scocciata :-Devi fare il cretino ancora per molto?-. 
Pitch sghignazzò seguendo la propria compagna mentre questa scendeva i gradini per raggiungere il marciapiede, camminando insieme per la strada quasi come una coppia normale, ad eccezione del fatto che nessuno potesse vederli, ovviamente. 
:-Saremo invitati anche alle feste di compleanno e ad altri eventi? Per mia fortuna il nero si adatta a tutte le occasioni-. Continuò a stuzzicarla lui, quasi con tono impavido, al che Scarlett gli rivolse un largo sorriso, talmente largo da risultare inquietante :-Anche per il tuo funerale-. Gli rispose con tono candido. 
Seppur divertito, l'uomo comprese che fosse il momento di chiuderla lì, conscio che se avesse continuato sarebbe potuta finire male. Quindi chiuse gli occhi ed alzò le braccia, in segno di resa, senza aggiungere altro. 
Normalmente erano a viaggiare con l'ausilio dei loro poteri o grazie agli Incubi, questa volta però la ragazza volle godersi quel momento insieme, la quiete dopo la tempesta. 
Una volta raggiunta la loro destinazione Pitch decise di fermarsi, lasciando che fosse solo la ragazza a proseguire. Scarlett si volse con un sorriso timido verso il compagno :-Ci metterò solo un momento-. 
:-Prenditi tutto il tempo che ti serve-. Le disse solamente l'uomo. 
Scarlett tornò quindi sui suoi passi, percorrendo a passo svelto ed esperto il terreno del cimitero, per raggiungere il suo piccolo luogo sacro. Quel giorno, suo malgrado, scoprì che qualcun altro aveva deciso di farle visita. 
:-Hey principessa! Quanto tempo è passato-. Furono le parole con cui l'accolse Roy, dandole le spalle. 
La ragazza trasalì :-Puoi...-. 
L'uomo ridacchiò tra se e se :-Ricordo ancora quanto ti arrabbiavi con me, quando ti chiamavo così. Dicevi di odiarmi...-. 
Scarlett scosse il capo, coprendosi il viso con il palmo della mano “Che sciocca” pensò, come poteva aver pensato che stesse parlando con lei? 
:-...allora scherzavi ma chissà quanto devi avermi odiato, poi-. 
Lo Spirito si avvicinò piano alla tomba della madre, stringendo le braccia attorno al petto e fermandosi al fianco dell'uomo, fissando l'orizzonte, incapace di guardarlo in faccia. 
:-Lei non ti odiava. Nonostante quel che le hai fatto passare, abbandonandola con una figlia piccola, di cui ha dovuto prendersi cura da sola, lei non è mai riuscita ad odiarti. Ed era soprattutto per questo che io ti odiavo...che ti odio. Tu non la meritavi-. 
:-No, non ti meritavo-. Mormorò l'uomo, tenendo il capo chino, quasi fosse realmente in presenza di un angelo pronto a giudicare tutti i suoi peccati. 
:-Quante cose da farmi perdonare ma ormai è tardi. Non c'è alcuna scusante che possa scagionarmi da ciò che vi ho fatto. Eravamo così giovani ed io, al contrario di te, non sono stato in grado di maturare la capacità di pensare a qualcuno, di amarlo più di me stesso. Così accecato dal mio egoismo da non riuscire a capire che, per diventare quel qualcuno che tanto desideravo, mi sarebbe bastato essere il padre ed il marito che ora sto cercando disperatamente di essere. Porterò questa mia vergogna nella tomba e spero che quel giorno sarai presente, così da vederti un'ultima volta prima che io precipiti all'inferno che mi merito-. 
L'uomo si portò le grandi mani al viso, inspirando ed espirando profondamente tra le dita tremanti. 
:-Ho perso così tante occasioni: di starti vicino, di veder crescere Scarlett. Supportarla, così che non finisse vittima di tutto quel dolore che l'ha divorata per anni. Prego ogni giorno che lei sia riuscita a trovare un po' di pace in questo mondo, ovunque si trovi ora e, te lo prometto Helen, semmai dovesse tornare a casa un giorno, farò tutto ciò che mi sarà possibile, ed anche di più, per rimediare-. 
Scarlett volse appena lo sguardo, tornando subito a guardare altrove, quasi imbarazzata nel sentir pronunciare simili parole da quello che per lei era nulla più di uno sconosciuto :-Quel treno è ormai passato, non continuare a crucciarti, fidati. E' inutile-. 
:-Non ho dubbi sul fatto che i gemelli l'adorerebbero, se potessero incontrarla. Will è un bambino tanto dolce e Abigail...se solo avessi avuto l'occasione di conoscerla. Rimarresti stupita nello scoprire quanto hanno in comune-. 
La ragazza sorrise, portandosi una ciocca dietro l'orecchio, a seguito di quell'affermazione. 
:-Un'ultima cosa- aggiunse l'uomo, chinandosi per posare contro la lastra di marmo un mazzo di fiori, ormai quasi completamente stritolato dalle sue mani -Io non sono certo di quel che sto per dire ma, se ci sei, se sei qui ora e puoi sentirmi. Grazie-. 
:-Grazie di cosa?-. Domandò Scarlett, non comprendendo a cosa Roy s riferisse. 
:-Grazie per aver aiutato il mio Will. E, se te lo stessi chiedendo, ho sentito le tue parole nel vento. Non sprecherò quest'occasione Helen, te lo giuro. Per quanto la mia parola possa valere poco per te-. 
A quel punto si sollevò, congiungendo le mani sopra il petto, pregando in silenzio per qualche secondo :-A presto, principessa-. Disse infine, andando via. 
Scarlett rimase a guardarlo camminare, fissando la sua schiena sino a quando non sparì completamente alla sua vista e a quel punto, si accorse che era accaduto qualcosa di strano. O, per meglio dire, non era accaduto. 
Perché in quel momento ogni desiderio di ferirlo, di vederlo soffrire nel peggiore dei modi, era come svanito nel nulla. Ed era proprio questo che aveva lasciato: il nulla. 
Si inginocchiò sul soffice terreno, studiando i fiori che l'uomo aveva lasciato sulla tomba di sua madre: un semplice mazzo di tulipani gialli. Un sorriso amaro delineò le sue labbra rosate. 
I suoi preferiti” 
:-Lasciamo questi per stavolta, ok mamma? La prossima volta ne farò crescere di nuovi-. Disse infine, sistemandoli meglio sul terreno e posando infine un bacio sul marmo freddo. 

:-Lo sapevi non è vero?-. Chiese Scarlett non appena raggiunse Pitch ai cancelli. 
L'uomo, poggiato con la schiena al tronco di un albero, la guardò dubbioso, inarcando un sopracciglio. 
:-Non saprei, quale risposta mi eviterà la slogatura delle mia spalla buona?-. 
:-Lo prendo per un sì-. Rispose Scarlett, rimanendo incredibilmente calma. Che forse... 
:-E' tutto apposto ora?-. 
Lei ci pensò su alcuni istanti, guardandolo negli occhi, seria :-Vuoi sapere se l'ho perdonato? No. Non posso, non voglio e non ci riuscirei nemmeno volendolo-. 
Pitch sospirò, quasi deluso. 
:-Io so che può sembrarti difficile da comprendere. Tu sì e lui no? Ma è così. Devi farci l'abitudine e smettere di cercare un modo affinché io lo perdoni solo per trovare sollievo tu stesso. Non è così che funziona-. 
L'uomo si sentì punto nel vivo da quelle parole, non era ancora abituato all'idea che qualcuno potesse smascherarlo così facilmente, seppure la cosa non gli dispiacesse, anzi. 
:-Hai ragione, infatti non immagini neanche la fatica che faccio per riuscire a vedere dal tuo punto di vista. Perché mi chiedo quale razza di assurdo ragionamento sia passato per la tua testa, per portarti alla conclusione che fosse possibile perdonare me e non tuo padre ma, comunque sia, sono grato di trovarmi nel mondo in cui sei riuscita a farlo e non in quello in cui continui ad odiarmi-. 
:-Ma che belle parole-. Sdrammatizzò Scarlett, prendendogli una mano e tirandolo a se, iniziando ad incamminarsi. 
:-E comunque credo di aver capito una cosa importante, se proprio vuoi saperlo-. Aggiunse lei, fissandosi i piedi scalzi, camminando. 
:-Illuminami-. 
:-E' inutile che io continui a cercare un qualcosa che mai troverò in un passato-in una vita- che non mi appartengono più. Credo proprio che per me sia giunto il momento di alzare la testa e smettere di guardarmi indietro. Quel che è alle mie spalle resterà lì, è al futuro che devo volgere le mie attenzioni, è lì che sta andando la mia strada ed lì che voglio arrivare con la mia vera famiglia-. 
:-La tua vera famiglia?-. Domandò Pitch, fermandosi. 
Scarlett annuì, alzando gli occhi rosa verso il compagno :-Beh sì...tu-. E sfoggiò un luminoso sorriso che incantò l'uomo. 
:-Quindi cosa hai intenzione di fare adesso?-. Le chiese accarezzandole il viso con il dorso della mano. 
:-Penso che accetterò il ruolo di Guardiana, sarà un compito a tempo pieno ma...mi sento pronta, ed ho rimandato per davvero troppo tempo. Sempre se vorranno ancora permettermelo-. Disse con un filo di imbarazzo alla fine. 
:-Credo che North sarà pronto a metterci una pietra sopra, a patto che possa fare la sua grande festa per l'occasione. E poi, sarà una mia impressione, ma credo che abbiano un'idea abbastanza elastica per quanto concerne la buona condotta-.Volle rassicurarla Pitch. 
Scarlett sorrise e con un lieve salto, gli scoccò un bacio sulla guancia, proprio sulla cicatrice. 
:-Certo che, se per prendere una simile decisione, hai bisogno di scatenare un simile uragano ogni volta, ricordami di non chiederti mai di sposarti-. Scherzò lui mentre riprendevano a camminare. 
La ragazza rise stringendosi nelle spalle :-E' una proposta per caso?-. 
:-E se fosse?-. 
:-Attento a quel che desideri, Pitch Black, potresti pentirtene in futuro-. Lo avvertì lei, continuando a scherzare. 
:-Quindi lo prendo per un sì?-. Stette al gioco l'uomo, fermandosi per evocare le ombre con un elegante movimento del braccio. 
:-Vedremo-. Rispose Scarlett, le sue gote si erano arrossate ed i suoi occhi tinti di un intenso magenta, mentre i loro corpi svanivano nelle tenebre che li avrebbero portati a casa. 

 
* * * * 

:-Abbiamo corso veramente un grande rischio questa volta-. Si lamentò Dentolina, sedendosi sul bordo del tavolo da lavoro di North, accavallando le gambe piumate. 
North, seduto sulla sua sedia, era impegnato nell'intagliare un pezzo di legno :-Stai tranquilla Dentolina- esclamò a gran voce -è tutto risolto ora. E comunque situazione è sempre stata sotto controllo. Bambini stanno bene e finalmente abbiamo chiuso questo capitolo, non preoccuparti-. E si allungò per afferrare un vassoio di biscotti che porse alla fata :-Ecco tieni, prendi dei biscotti allo zenzero-. 
:-Come puoi dire che fosse tutto sotto controllo se un bambino ci ha quasi rimesso le penne? Vuoi farmi credere che fosse nei piani e che fosse necessario arrivare a tanto?-. Continuò la predica lei, prendendo di malavoglia un biscotto dal vassoio. 
:-Scarlett era ancora troppo legata al suo passato, aveva bisogno di un motivo per andare avanti e, per fortuna, ci è andata bene-. Si intromise Calmoniglio, anche lui presente a quella riunione informale. 
:-Ecco vedi? Come dicevo io-. Rise North, tornando ad intagliare la sua creazione. 
:-Tuttavia- apostrofò il Pooka -le cose ci sono sfuggite di mano e, se questa volta è andato tutto per il meglio, non vuol dire che sarà così la prossima volta, o quella dopo ancora-. 
North soffiò sulla figura che stava prendendo forma nelle sue mani, disperdendo un pioggia di trucioli per tutto il banco da lavoro e tra le piume colorate di Dentolina. La fata si alzò stizzita, volgendo un'occhiata preoccupata a Calmoniglio. 
Era già da un po' di tempo che North sembrava distratto, spesso perso nella lettura di vecchi libri russi tirati fuori da chissà dove. All'inizio non vi avevano dato importanza, era sempre il solito ed eccentrico Santa Clause, nulla di nuovo insomma. Sino a quel momento. Un bambino aveva rischiato di morire, praticamente sotto ai loro occhi. Questo sembrava l'evidente sintomo di qualcuno che aveva perso completamente il suo metro di giudizio, non che questo fosse mai stato particolarmente affinato in North. 
Dopo infiniti istanti di silenzio, l'omone si decise ad alzare i grandi occhi blu in direzione dei suoi amici, trovando nei loro sguardi un severo rimprovero. 
North sbuffò e si adagiò contro lo schienale della sedia, le cui giunture scricchiolarono appena :-So che credete che io abbia perso senno ma non è così! Sì, vero, situazione è sfuggita di mano questa volta ma non capiterà più. Ora Scarlett diventerà Guardiana e con lei anche Pitch. Manny si è già dimostrato d'accordo circa questo punto. Più siamo e meglio è-. Pronunciò l'ultima frase con una marcata preoccupazione che incrinò appena il suo tono gioviale, ovviamente lui continuò come se nulla fosse ma ormai Dentolina e Calmoniglio l'avevano notato. La cosa li preoccupava, e nemmeno poco. 
:-Incredibile, quell'ombra strisciante un Guardiano-. Borbottò Calmoniglio con lieve disappunto, cambiando volutamente discorso. I suoi modi negli ultimi anni erano nettamente migliorati. Se qualcuno avesse solamente accennato ad un simile evento, solo pochi anni prima, sarebbe senza dubbio caduto vittima d'una violenta sincope. 
North rise e posò il lavoro completo sul banco da lavoro: quel che sembrava essere un corvo reale, intagliato da motivi tribali, posava con le zampe su di una clessidra. 
:-Destino è un burattinaio che gioca strani scherzi a tutti noi-. Sentenziò soddisfatto. 
:-Ed ora anche io posso diventare un Guardiano, vero?-. 
Le piume di Dentolina si arruffarono per il nervoso, non appena udì quella voce, volgendo lo sguardo, assieme agli altri, verso la grande vetrata colorata dello studio di North: sopra diversi fogli e strumenti, stava appollaiato Khole, apparso dal nulla come suo solito :-Sono stato bravo questa volta. Posso diventare un Guardiano anch'io?-. Insistette, le sue pupille feline quasi completamente dilatate dall'emozione 
North, dopo un primo attimo di sgomento, in cui si chiese da quanto tempo si trovasse lì dentro, volse un'occhiata incerta agli altri :-Chi l'ha fatto entrare?-.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3544567