Un amore serbato nel cuore

di paige95
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Un rapporto pacifico ***
Capitolo 2: *** Legami di sangue ***
Capitolo 3: *** Uno sfogo represso ***
Capitolo 4: *** Attimi di riflessione e qualche piccolo ripensamento ***
Capitolo 5: *** Responsabilità ***
Capitolo 6: *** Vicinanza insostenibile ***
Capitolo 7: *** Amari ricordi ***
Capitolo 8: *** Un tuffo nel passato ***
Capitolo 9: *** Maldestro fraintendimento ***
Capitolo 10: *** Una tremenda verità ***
Capitolo 11: *** Una cerimonia infelice ***
Capitolo 12: *** Oscura pozione per la felicità ***
Capitolo 13: *** Un destino comune ***
Capitolo 14: *** Un punto di non ritorno ***
Capitolo 15: *** Traumatiche scoperte ***
Capitolo 16: *** Redenzione ***
Capitolo 17: *** Un angelo custode ***
Capitolo 18: *** Ricordati che ti amo ***
Capitolo 19: *** Lacrime...di Fenice ***
Capitolo 20: *** Riprendiamo da dove ci siamo interrotti ***



Capitolo 1
*** Un rapporto pacifico ***


Un rapporto pacifico
 
 
Almeno vent’anni di matrimonio alle spalle e due figli adolescenti. Ron e Hermione però - nonostante i presupposti potrebbero far pensare il contrario - non avevano esitato a firmare il loro divorzio, la fine della loro vita insieme e il fallimento del loro amore.
 
Entrambe le famiglie dei coniugi si erano fortemente opposte a questa decisione, la ritenevano insensata e altamente irresponsabile, ma, per arrivare ad una simile conclusione, non scavarono mai nel profondo dell’animo dei due, rimasero in superficie, non comprendendo in tale modo le vere ragioni di quel gesto.
 
Ma cosa li portò ad una simile e drastica decisione? Nulla. O almeno, nessun episodio in particolare. Non vi erano stati tradimenti, mancanza di fiducia o simili accadimenti, semplicemente capirono che era il caso di mettere un punto e terminare pacificamente la loro relazione. Il fuoco si era spento e loro erano ritornati ad essere due amici, due compagni di banco e non potevano decisamente più definirsi compagni di letto o amanti appassionati.
 
Certamente però non poteva tornare tutto come allora, loro erano i primi ad essere diversi. Erano maturi - più Hermione  - e avevano due figli, due ragazzi responsabili, ma comunque ancora molto giovani, che necessitavano della presenza di entrambi i genitori.
 
Rose e Hugo accettarono - per così dire - questa separazione, ma in fondo al loro cuore speravano sempre in una rappacificazione. Vivevano entrambi con la madre, ma trascorrevano molto tempo anche con il padre. Quella esperienza condivisa aveva rafforzato il loro legame fraterno, diventarono amici e fidati confidenti, legati da un medesimo dolore. I loro genitori però di tutti questi tormenti interiori erano totalmente all’oscuro, ignari della sofferenza che avrebbero potuto provocare in quei due ragazzi, convinti che fosse davvero sufficiente andare d’accordo e prendere decisioni comuni per renderli sereni.
 
I due ragazzi non avevano vissuto contrasti, i loro genitori litigavano, ma nella norma, nulla che potesse far pensare ad un simile epilogo.
 
Ma certamente i loro figli non erano a conoscenza delle motivazioni più profonde, quelle che, molto probabilmente, non avevano nemmeno rivelato al proprio coniuge. Ron e Hermione si erano separati di comune accordo, avevano deciso da un giorno all’altro, credendo insostenibile la convivenza come marito e moglie.
 
Eppure, dopo due anni dal divorzio, ancora nessuno dei due era riuscito a trovare un nuovo compagno. Si sentivano spesso e parlavano di questioni riguardanti i figli e il Ministero, dove entrambi lavoravano, ma non toccavano - e nemmeno per sbaglio sfioravano - il tema della loro vita privata. Era diventato un tabù per entrambi.
 
Non si amavano davvero più? Nel loro cuore non vi era nemmeno la più piccola traccia dell’amore e della passione che avevano provato l’uno per l’altra? Erano davvero intenzionati a cancellare tutto in quel modo, se pur intraprendendo un pacifico rapporto di amicizia?
 
Al momento la situazione era paralizzata, le loro vite proseguivano allo stesso modo da un paio d’anni. Nel bene e nel male erano diventate abitudinarie.
 
Ma Rose e Hugo coglievano molto più di quello che gli adulti avrebbero voluto mostrare. Non percepivano felicità in Ron e Hermione, ma una grande e insolita malinconia che era assente quando vivevano tutti insieme nella loro grande villetta.
 
E chi meglio dei loro figli avrebbe potuto aiutarli?
 
Era l’inizio delle vacanze estive, i due ragazzi sarebbero tornati a casa per trascorrere quei mesi con la loro famiglia. Ma infondo quale famiglia? Non avrebbero neppure fatto in tempo a disfare i bagagli che subito Ron sarebbe passato a prenderli per trascorrere insieme il fine settimana. Ma quei piccoli traslochi proseguivano senza sosta da due anni e l’unica pace che trovavano era ad Hogwarts, dove finalmente era concesso loro fermarsi per qualche mese, senza frenetici e continui spostamenti da una casa all’altra, e riporre quelle maledette valigie.
 
Hermione li avrebbe rivisti dopo infinite settimane e subito avrebbe dovuto risalutarli per un paio di giorni. Ogni volta che arrivavano quei momenti, il suo cuore si spezzava, sapeva che erano in buone mani, ma avrebbe tanto voluto trascorrere più tempo con loro.
 
I genitori dei due giovani arrivarono alla stazione di King’s Cross in due momenti differenti. La donna desiderava almeno salutarli al loro arrivo, si presentò puntuale, mentre di Ron nemmeno l’ombra. L’uomo non era solito arrivare in orario e anche in quell’occasione non si sarebbe certo smentito.
 
Rose e Hugo erano in procinto di arrivare, tra qualche chilometro sarebbero entrati in stazione e quell’ingresso segnava l’inizio della loro ennesima caotica estate.
 
I due fratelli si trovavano nello stesso vagone e attendevano, immersi in medesimi tristi pensieri. Scrutavano il paesaggio correre velocemente di lato a loro. Erano estremamente malinconici e in quel momento avrebbero preferito qualsiasi cosa pur di rivivere quella situazione.
 
Fu Hugo il primo a rompere quel muro di inquieto silenzio che era calato tra i due.
 
“Rose”
 
La ragazza continuò a mantenere lo sguardo fisso sul vetro dello scompartimento, con il gomito appoggiato al tavolino di lato a lei e il palmo della mano chiusa a pugno appoggiata sulla guancia, per sottolineare il suo grande sconforto. Vi era il sole, ma aveva appena cessato di piovere, quindi i raggi riflettevano le diverse tonalità dell’arcobaleno. In qualunque altro momento avrebbe gradito quel piacevole spettacolo della natura, ma le circostanze erano troppo drammatiche per goderselo in serenità e spensieratezza.
 
“Che c’è, Hugo?”
 
“E se scappassimo?”
 
Il ragazzo annunciò quell’idea con grande entusiasmo, che però non bastò a rianimare l’umore della sorella, la quale non si mosse nemmeno di un centimetro da quella posizione quasi fetale.
 
“Sì, certo, così poi mamma e papà si coalizzano per cercarci, si rinnamorano, torniamo a casa tutti insieme e magari ci regalano anche un fratellino”
 
Rose era estremamente sarcastica e rassegnata a quell’evidenza, che prepotentemente si ergeva davanti ai loro occhi.
 
“Miseriaccia! Hai ragione, sorellona”
 
Si voltò lentamente verso di lui con aria truce, ma aveva poca voglia di ribattere e dovette fare un grande sforzo per mantenere i nervi salti.
 
“Se ti sentisse la mamma che parli come papà, ti metterebbe in punizione per almeno una settimana”
 
“Ma ora la mamma non c’è. E poi ci viene a prendere papà”
 
Il fratello le rispose ovvio, quasi irritato per il rimprovero.
 
“Comunque dubito che non dovremo aspettarlo”
 
Il commento di Rose era più che fondato, voci di corridoio le confermarono che nemmeno il giorno del matrimonio dei suoi genitori, Ron era riuscito a battere sul tempo la sposa.
 
Il paesaggio davanti agli occhi dei due giovani Weasley fu spezzato da una costruzione di cemento armato, segno che la locomotiva stava entrando in stazione. I freni del grande Espresso vennero tirati e un successivo fischio annunciò l’arrivo degli studenti a destinazione.
 
“Siamo arrivati, Rose”
 
Il ragazzo esternò quel pensiero con sopportazione.
 
“Lo so anch’io che siamo arrivati!”
 
La sorella gli rispose con stizza e a lui non piacque quella reazione.
 
“Ehy, Rose, datti una calmata, non è colpa mia se i nostri genitori hanno divorziato”
 
Fu quella considerazione del fratello a calmarla e a renderla consapevole di aver esagerato ad alzare la voce contro di lui, forse l’unica persona a darle ancora certezze e stabilità.
 
“Scusami, Hugo, ma sono davvero stanca”
 
Il ragazzo capì il suo umore, perché potevano condividere quello stato d’animo e comprendersi perfettamente a vicenda. Le mise una mano sulla spalla per infonderle coraggio e nel compiere quel gesto intravide attraverso il vetro la madre che li aspettava in prossimità dei binari.
 
“Rose, cosa ci fa mamma qui?”
 
A quella domanda anche lei si voltò e rimase estremamente interdetta. Poco dopo lo sguardo tornò sul fratello, ma non seppe davvero che motivazione trovare a quella presenza.
 
I due fratelli si precipitarono alle porte del treno per colmare i loro dubbi, attingendo direttamente alla fonte.
 
Hermione li vide correre incontro a lei e il cuore le si riempì di gioia.
 
“Ragazzi!”
 
Li abbracciò prima ancora che loro riuscissero a fiatare.
 
“Mamma, così ci soffochi. Ci penserà già nonna Molly a stritolarci”
 
Hermione lasciò respirare Hugo con un sorriso.
 
Rose si rivolse seria alla madre.
 
“Non doveva venirci a prendere papà?”
 
Lo sguardo della donna diventò serio e malinconico.
 
“Non so dove sia, tesoro” sforzò un sorriso per non inquietarla “Ma arriverà, presto o tardi. Lo aspetteremo insieme”
 
A favore di ogni pronostico, Ron arrivò con quaranta minuti di ritardo, quando ormai la stazione era vuota e le uniche anime presenti erano quelle dell’ex-moglie e dei suoi figli. Una volta parcheggiata l’auto, corse per ottimizzare il tempo, ma, quando notò che c’era Hermione, rallentò e rimase sorpreso.
 
“Ah, ci sei tu”
 
“Papà!”
 
Rose e Hugo gli corsero incontro per abbracciarlo.
 
“Ciao, ragazzi”
 
Anche Hermione si avvicinò poco dopo a loro.
 
“Non ti smentisci proprio mai, vero Ronald? Stavolta sei persino riuscito a battere il tuo record”
 
“Mi dispiace, c’era traffico” era sinceramente dispiaciuto e la fissò negli occhi per comunicarlo anche a lei “Grazie, Hermione, per essere venuta prima tu” le sorrise, ma aveva ancora il fiato corto per la corsa “Pare che tu mi conosca meglio di chiunque altro”
 
“Lo sanno anche i muri del Ministero che sei un ritardatario”
 
A quella battuta persino i ragazzi scoppiarono a ridere. Rose e Hugo seguivano il discorso dei genitori in silenzio, scrutando le reazioni dell’uno e dell’altra, sperando di cogliere anche solo una minima traccia di trasporto nei loro occhi. Poi Rose azzardò a prendere la parola.
 
“Papà, visto che ormai è tardi per fare qualsiasi cosa, che ne dici se ci fermiamo, insieme alla mamma, a cenare, tutti insieme, al ristorante qui accanto?”
 
La ragazza modificò il tono della voce per essere più allusiva possibile, ma Hermione anticipò la risposta dell’uomo, facendo crollare alla figlia ogni speranza.
 
“Mi dispiace, tesoro, ma devo andare”
 
Più una scusa che un reale incombente impegno.
 
“Che fretta hai?”
 
A Ron venne spontanea quella domanda. Era geloso? E quella reazione lasciò interdetta anche la sua ex-moglie.
 
“H-ho del lavoro arretrato”
 
Si rese conto tardi di essere stata poco convincente.
 
“E quindi lavori il venerdì sera?”
 
Quell’insistenza e quell’invadenza infastidirono la donna. Erano tornati ad essere amici, ma, dati i loro trascorsi, era davvero difficile tornare a raccontarsi ogni dettaglio della loro vita come se nulla fosse accaduto, nel bene e nel male.
 
“Ronald, ti ricordo che questi due giorni di ferie te li ho dati io, quindi non farmene pentire” guardò i loro figli “E riportameli a casa sani e salvi”
 
“Agli ordini, Ministro”
 
Ron rispose serio a quella raccomandazione.
 
Hermione salutò i ragazzi e si allontanò.
 
“Papà?”
 
A Hugo non convinceva il comportamento della madre.
 
“Dimmi, figliolo”
 
“Sicuro che non possiamo trovare un modo per convincere la mamma?”
 
L’uomo rifletté sulle parole del figlio. Era davvero quello che voleva? Trascorrere del tempo con la sua ex-moglie e i loro figli. Forse era ancora troppo presto per considerare il loro matrimonio una porta definitivamente chiusa e non provare in presenza di quella donna sentimenti confusi.
 


Spazio dell’autrice
 
Salve a tutti!
Innanzitutto ringrazio HarryPotter394 per avermi dato lo spunto per scrivere questa storia <3 Spero ti piaccia anche questa nuova idea 😊
Se pensate che sia un incipit triste, vi do pienamente ragione. Sembra proprio che il grande amore tra i due sia finito per sempre e ad unirli solo i loro figli e il lavoro, ma chissà cosa potrebbe succedere e magari quel qualcosa potrebbe far riscoccare la scintilla. Chi lo sa.
Spero di avervi incuriosito 😊
A presto 😊
Baci :3
-Vale
 

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Capitolo 2
*** Legami di sangue ***


Legami di sangue
 
Rose provò con quel flebile tentativo a recuperare due anni di lontananza, ma ovviamente fallì. E allo stesso modo anche il fratello cercò di incentivare Ron a muovere i primi passi per un possibile riavvicinamento.
 
I due ragazzi però non avevano alcuna intenzione di arrendersi, erano arcistufi di quella situazione, rivolevano indietro la loro famiglia e tutti quei piccoli momenti di vita quotidiana vissuti insieme ai genitori. Dopotutto erano Grifodoro e dovevano rendere onore a quella Casa, quindi campo libero ad ogni sorta di strategia, di idea, anche se avessero dovuto spingerli fisicamente l’uno tra le braccia dell’altro, lo avrebbero fatto. Davvero un peccato che non fosse concesso loro di usare la magia fuori dalla Scuola, perché sicuramente un paio di incantesimi avrebbero fatto davvero comodo. Ma pazienza, avrebbero riposto tutto sulle sole forze mentali e fisiche.
 
E poi cosa c’era di più solido dei sentimenti? Non potevano credere che i loro genitori così innamorati, così dannatamente rispettosi e attenti l’uno dell’altro, avessero davvero gettato la spugna, credendo che la soluzione migliore per tutti fosse il divorzio.
 
Ma, poi, quale soluzione migliore per tutti?! Erano diventati talmente tanto egoisti, così dannatamente concentrati su di sé, che non avevano nemmeno per l’anticamera del cervello la sofferenza che stavano provocando in quei due giovani. Loro avrebbero dato la vita per Rose e Hugo, ma non comprendevano che non servisse arrivare a tanto per riempire il cuore dei figli di una grande gioia.
 
Hermione aveva rifiutato quel sottile invito, ma avevano perso solo una battaglia e non la guerra. Mal che andasse, avrebbero rispolverato l’idea originaria della fuga, ma prima di arrivare a quello si sarebbero impegnati per ritornare ad essere la famiglia che erano sempre stati.
 
Era impressa nella memoria dei due giovani Weasley il giorno in cui i genitori comunicarono a loro quella triste notizia. Non poterono mostrare angoscia, non desideravano alimentare una sofferenza, che immaginarono essere già presente nei due sposi, si limitarono invece ad annuire, credendo che fosse il giusto comportamento per non rendere ulteriormente penosa quella situazione.
 
Rose e Hugo però non notarono alcuna lacrima sui visi delle persone difronte a loro, i loro occhi non erano nemmeno lontanamente lucidi, ma paurosamente sereni. Vi era uno accordo su tutto, persino sulla vendita della loro adorata casa. In un primo momento pensarono che fossero stati Confusi, magari da qualche donna o uomo che si fosse invaghita o invaghito di loro. Ma forse quella era solo una scusa che si raccontavano per non accettare la triste realtà. La loro famiglia stava andando letteralmente in pezzi e quegli incoscienti dei loro genitori la vivevano con una leggerezza tale da far venire i brividi. Compresero presto che non vi era alcun incantesimo in mezzo a tutta quella storia, ma solo la volontà di due adulti di terminare consensualmente una relazione durata quasi metà della loro vita.
 
Avevano rivolto promesse ai loro figli, non avrebbero sentito la mancanza di nulla, dopotutto ‘mamma e papà si separavano, ma loro sarebbero rimasti sempre i loro bambini’ e, in onore di questo, non avrebbero smesso di amarli e di accudirli.
 
Tante parole erano uscite dalla bocca di Ron e Hermione, tanti fatti erano stati messi in pratica. Ma se tutto era così irrimediabilmente logorato, se l’amore di quelle due persone era finito, perché nessuno dei due era riuscito a crearsi una nuova vita? Vivevano con la madre ed erano più che certi che non ci fosse un altro uomo, né dentro né fuori casa. Vedevano il padre meno spesso, ma quando andavano a casa sua non vi era nemmeno un piccolo indizio che facesse pensare ad un’altra relazione. Da due anni vivevano soli e possibile che non avessero avuto nemmeno la più microscopica occasione di fare nuovi incontri e conoscenze. Sì, era decisamente impossibile quell’eventualità, perché Hermione era il Ministro della Magia e Ron era un affermato Auror. Ma allora il loro cuore era già impegnato e forse lo era sempre stato.
 
Quei due anni di stallo erano profondamente insignificanti. Avevano bisogno di pensare? Potevano riflettere anche in casa, insomma avevano pur sempre la camera degli ospiti. Già, avevano, perché ora quella graziosa dimora, dove Rose e Hugo erano nati e dove avevano mosso i loro primi passi ed emesso i loro primi vagiti, non era più di loro proprietà.
 
Vi era per caso qualcosa che non sopportavano di quella convivenza? Il padre era parecchio disordinato, ma non era certo motivo di separazione, infatti dopo un paio di rimproveri e qualche minaccia - innocua – tutto tornava in ordine. La madre era alquanto precisina, ma lui non era infastidito, anzi benediva ogni mattina il cielo per averle donato una moglie così assennata che colmasse le sue mancanza.
 
Da un giorno all’altro però tutta quella armonia, quel dolce completarsi a vicenda, era finito e, a quanto sembrava, - sempre agli occhi inesperti di quei ragazzi - a Ron non mancava più la razionalità della moglie. La sua nuova casa era un disastro da cima a fondo, ogni volta un uragano passava per quella via e metteva tutto a soqquadro. E come poteva ad Hermione non mancare quella tenera e innocente confusione lasciata dal marito, perché infondo loro sapevano che la loro madre era innamorata di ogni singolo particolare di quell’uomo, lo potevano leggere nei suoi profondi occhi castani.
 
Ed eccoci arrivati al punto, a quel filo, a cui Rose e Hugo si aggrappavano disperatamente: i loro occhi. Erano i loro genitori e chi meglio di loro poteva leggere i sentimenti che provavano dagli occhi? Non vi era indifferenza, ma tanta malinconia al solo pensiero dell’ex-coniuge ed era esattamente per quella ragione, che, tranne che per motivi strettamente necessari, i ragazzi non dovevano nominare il padre o la madre davanti all’altro, perché questo avrebbe causato un’enorme apparente sofferenza. Questo era chiaro ai due giovani ed era proprio da quella consapevolezza che decisero di agire, a costo di farsi odiare, ma loro dovevano provare a ritornare alla normalità.
 
Quella sera Ron, Rose e Hugo raggiunsero l’automobile velocemente, dato che quella pioggia di inizio estate minacciava di fare ritorno.
 
Non fecero nemmeno in tempo ad allacciare le cinture di sicurezza, che la mente della ragazza venne illuminata da un pensiero.

“Papà! Credo di aver lasciato l’ombrello a casa di mamma. Lo andiamo a prendere?”
 
Il padre non riusciva a capire tutta quella urgenza, ma il fratello, che era seduto accanto a lei, comprese perfettamente le sue intenzioni e un sorriso maliziosetto si dipinse sul suo candido viso.
 
Ron guardò nello specchietto retrovisore per rispondere alla figlia.
 
“Tesoro, ho un sacco di ombrelli a casa, per due giorni puoi usare uno dei miei” fece una pausa per dare la possibilità alla ragazza di ribattere “E poi hai sentito tua madre, stasera non è a casa. Ed io non ho le chiavi” un velo di malinconia si mescolò a quelle parole
 
“Dovresti farne una copia, papà. Sai, per le emergenze”
 
L’uomo non comprese quell’ultima considerazione e fece girare la chiave nel cruscotto.
 
“Papà, dove andiamo?”
 
In quell'occasione fu Hugo ad intervenire per recuperare un discorso, che aveva già preso una piega alquanto triste, specie per loro due.
 
“Dove vi piacerebbe andare?”
 
Dopotutto era stato lui a porre quella domanda, dando per scontato che loro potessero dare qualunque risposta.
 
Rose e Hugo si lanciarono un’occhiata complice e poi parlarono in coro.
 
“Al Ministero”
 
L’uomo tornò per un istante con lo sguardo su di loro, sorpreso di quella richiesta.
 
“Ragazzi, che ci andiamo a fare al Ministero a quest’ora? Io praticamente vivo in quel posto, devo tornarci anche quando sono in ferie?”
 
“E dai, papà! Tu e mamma non ci portate mai, noi siamo curiosi di visitarlo”
 
Il padre era sempre più interdetto davanti alle suppliche del figlio.
 
“Non è che, per caso, state cercando di farmi intendere che non vi va di stare con me e volete tornare dalla mamma, vero?”
 
“Certo che no!”
 
Non era davvero riuscito a cogliere il reale bisogno dei suoi figli e perciò avrebbero decisamente dovuto faticare maggiormente.
 
“Siamo solo curiosi, papà. Niente di più” la ragazza tentò di dare una spiegazione razionale a quell’insolita richiesta “Se dovessimo - e sottolineo se - incontrare mamma, la saluteremmo, insieme, no?”
 
“Certamente” le rispose distrattamente “Allora, vada per il Ministero”
 
Era rassegnato e stanco al solo pensiero di dover già rimettere piede in quel posto, dopo solo qualche ora di pace. Cambiò strada e si avviò verso la loro nuova destinazione.
 
Aveva nuovamente cessato di piovere, non appena l’auto si trovò difronte all’ingresso del grande palazzo, che ospitava la sede delle più alte cariche del Mondo Magico. Era un segno, le nuvole danzavano seguendo il ritmo del loro avvicinamento o allontanamento, che in quella sera si alternavano.
 
Entrarono e subito Hugo non riuscì proprio a resistere dal porre una domanda.
 
“Dov’è l’ufficio della mamma?”
 
Ron non capiva, già dall’ingresso in quel luogo si veniva travolti da una miriade di stimoli più che interessanti, che avrebbero stimolato la curiosità di qualsiasi bambino o ragazzo che avesse messo piede lì dentro per la prima volta,  invece il figlio era fissato con la madre e il suo ufficio.
 
Quella situazione lo lasciò perplesso e quasi offeso. Si voltò verso entrambi e cercò un chiarimento.
 
“Ok, ragazzi, sentite, voi non me la raccontate giusta. È chiaro che non gradite la mia compagnia. E posso anche sapere il motivo? Insomma, ce l’avete con me?”
 
“Sì” rispose Rose d’istinto
 
“No” ribadì il giovane accanto a lei
 
E a quelle reazioni il padre divenne ancora più confuso.
 
I due fratelli si guardarono e si rimproverarono vicendevolmente con gli occhi per la discordanza.
 
“Sì o no?”
 
La ragazza finse un sorriso.
 
“Ma, papà, dopotutto che importa?! Tu sei il padre migliore del mondo, insomma hai tanti difetti, ma noi ti vogliamo tanto bene”
 
Sperò di confonderlo e di sviare quella domanda. Dall’espressione dubbiosa dell’uomo la conversazione aveva l’aria di essere rimasta in sospeso, ma replicò comunque poco convinto.
 
“Anch’io vi voglio bene, ragazzi”
 
Hugo guardò alle spalle del padre e cercò un appiglio e con esso un nuovo argomento di discussione.
 
“Papà, è la nuova Nimbus?”
 
Ron si riscosse dai suoi pensieri e si voltò, seguendo con gli occhi il punto indicato dal ragazzo.

“Sì, figliolo. Ma mi hai rovinato la sorpresa. Contavo di regalartela per il compleanno”
 
“Davvero??”
 
Un sincero stupore si dipinse sul viso del figlio.
 
“Certo” aveva gradito quella reazione e gli sorrise “Se non sbaglio sei diventato Portiere, o no? E un Grifondoro che entra nella squadra di Quidditch, deve avere una scopa che si rispetti”
 
“Miseriaccia! Rose, aveva ragione, sei il papà migliore del mondo”
 
“Sì, ma piantala di dire quella parola”
 
Lo additò e lo rimproverò serio.
 
Ok, forse la situazione era più grave del previsto. Senza la moglie Ron aveva anche perso il senso dell'umorismo?

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Capitolo 3
*** Uno sfogo represso ***


Uno sfogo represso
 
Ron aveva accompagnato i suoi figli per una visita guidata del Ministero. Aveva mostrato loro ogni angolo e loro con entusiasmo avevano seguito la spiegazione del padre. Percorsero infiniti corridoi, archi, passerelle e scale. Quel posto non aveva nulla da invidiare ad Hogwarts.
 
Passarono in rassegna ogni singolo piano, che raggiunsero con l’ascensore, e finalmente arrivarono all’ultimo. Ron era sfinito, in meno di un’ora aveva vagato per tutto il palazzo, mentre i ragazzi sembravo freschi come delle rose e un pensiero venne spontaneo all’uomo ‘Ah, beata gioventù’, benché nemmeno lui fosse poi così vecchio.
 
Rose e Hugo avevano un piano e dovevano assolutamente provare a portarlo a termine. Ad ogni corridoi percorso cercavano di intravedere Hermione, ma quando arrivarono al decimo e ultimo piano, non vi era di lei e del suo ufficio ancora nessuna traccia. Erano più che convinti che la donna non avesse altri impegni, se non quelli imposti dal suo impegnativo lavoro.
 
“Papà, ma dov’è l’ufficio di mamma?”
 
La ragazza si stava allarmando, in quel modo non sarebbero di certo riusciti nel loro intento.
 
“È al primo piano, Rose”
 
​Una certa nota di stupore attraversò gli occhi della figlia.

“Aspetta, mi stai dicendo che ci siamo passati davanti??”
 
“No, si trova lontano dal corridoio”
 
Ma come aveva fatto a sfuggirle un simile dettaglio?
 
Hugo fece vagare lo sguardo da un malinconico padre ad una perplessa sorella. Nel dubbio sul da farsi, prese la mano del padre e lo intimò a seguirlo.
 
“Dai, papà, andiamo a salutare la mamma!”
 
Ron non poté ribattere, il ragazzo lo tirava per la manica della camicia e alla fine si fece guidare, era decisamente troppo esausto per pensare anche solo di opporre resistenza.
 
Arrivarono finalmente davanti all’ufficio del Ministro della Magia. La porta era semichiusa e la videro intenta a compilare dei documenti, con i suoi soliti tailleur chiari, una camicetta panna in tinta e appena sbottonata sul petto, inforcava i suoi abituali occhiali da lettura con la montatura rossa e i capelli raccolti alla rinfusa con una matita, qualche ciocca di capelli bruni le ricadeva sulle orecchie e ai lati degli occhi. Al Ministero non c’era anima viva a quell'ora tarda, eppure lei era sempre impeccabile, nonostante nessuno la potesse vedere e valutare la sua rinomata compostezza.
 
L’uomo fissò l’ex-moglie incantato e solo la voce dei loro ragazzi riuscì a farlo tornare alla realtà.
 
“Papà, entriamo?”
 
Non aspettarono nemmeno la risposta del padre che si fiondarono dentro, facendo prendere un mezzo infarto alla donna.
 
“Mamma!”
 
“Ragazzi, che ci fate qui?? Non dovreste essere con”
 
Non ebbe nemmeno il tempo di nominarlo, che lui seguì i due giovani ed entrò nell’ufficio.
 
“Ron, perché siete qui?”
 
“Hanno insistito per fare un giro al Ministero e poi volevano salutarti”
 
Hermione rimase piacevolmente sorpresa per quell'imprevisto, abbassò leggermente gli occhiali sul naso per vedere meglio i suoi interlocutori e sorrise.
 
“Bè, allora, tesori miei, grazie di essere venuti a trovarmi”
 
Si rivolse ai suoi figli.
 
“Siamo felici anche noi di essere passati, mamma, però ora dovrei mostrare una cosa a Rose, quindi ti lasciamo un momento qui papà”
 
Hugo prese per il polso la sorella e la trascinò velocemente fuori dall’ufficio. I loro genitori guardarono interdetti quella scena e poi tornarono a posare gli occhi su loro stessi.
 
“Ah, Hermione, mi hanno fatto impazzire, sono davvero esausto”
 
“Siediti, Ronald” fece un mezzo sorriso, rialzò gli occhiali e ricominciò nel suo lavoro “Stai per caso invecchiando?”
 
“Non più di te”
 
L’uomo non se lo fece ripetere e si accomodò difronte a lei. Si appoggiò alla scrivania con fare confidenziale e cercò di capire in quale lavoro lei fosse impegnata.
 
Hermione conosceva fin troppo bene quello sguardo curioso e rispose ai suoi dubbi, senza che lui li esprimesse ad alta voce.
 
“Sto compilando delle ferie”
 
“Che noia”
 
“Già”
 
Gli rispose con un sospiro.
 
“Quindi avevi realmente del lavoro stasera”
 
La donna alzò gli occhi su di lui davanti a quella affermazione.
 
“Perché, ne dubitavi?”
 
La guardò, sentendosi preso in trappola. Cercò di cambiare argomento.
 
“A proposito di ferie, Hermione” subito lo guardò male, pensando alla richiesta che le avrebbe rivolto “Non sono per me, o almeno non solo. Ecco, quest’estate vorrei portare i ragazzi per un paio di settimane al mare. Se ti chiedessi quei giorni me li concederesti, vero?”
 
Il Ministro rimase tristemente sorpreso a quella notizia, non poteva negargli quei giorni né come autorità né come madre dei suoi figli.
 
“Ma certo, Ron”
 
Sforzò un sorriso per sembrare il meno angustiata possibile.
 
“Per la verità, volevo chiederti se ti andava di venire con noi” l’uomo pronunciò quelle parole lentamente e con titubanza e, quando vide un’ennesima espressione sorpresa sul volto della ex, provò a proseguire “Siamo amici, no? E poi ho pensato che ai ragazzi potrebbe fare piacere. Così non ti priverei della loro presenza per così tanto tempo”
 
Rifletté attentamente su quella richiesta e rimase incantata dal pensiero che quell’uomo aveva avuto per lei.
 
“Grazie, Ronald, ma non posso proprio assentarmi per così tanto tempo dal lavoro”
 
Ci rimase impercettibilmente male davanti a quel verdetto.
 
“Certo, lo capisco”
 
“Però tu vai. Sono certa che i ragazzi ne sarebbero davvero entusiasti”
 
La donna riprese con formalità il suo lavoro. Ron rimase un momento ad osservarla pensieroso e poi si alzò all’improvviso.
 
“Ok, allora, non ti disturbo oltre. Recupero quelle pesti e andiamo a cenare” indugiò ad uscire “Sicura di non voler venire con noi?” le sorrise “Giuro, non cucino, andiamo da qualche parte o ci fermiamo a prendere delle pizze”
 
“Sicura, Ron. Grazie, ma è il tuo fine settimana con i ragazzi ed è giusto che te lo goda”
 
In meno di dieci minuti aveva rifiutato due suoi inviti.
 
“Comunque, non mi dà fastidio, se tu ci facessi compagnia”
 
Lo guardò quasi onorata per quelle dolci parole.
 
“Devo lavorare. Divertitevi”
 
Una strana malinconia invase entrambi.
 
“Ok, allora ci vediamo lunedì al lavoro”
 
Gli fece solo un cenno di assenso e un mezzo sorriso, prima che lui uscisse.
 
Era rimasta nuovamente sola, nella sua logorante solitudine. Sapeva che era giusto che Rose e Hugo trascorressero del tempo con il padre, ma in quei momenti lei si sentiva dannatamente sola e l’unico modo che aveva per colmare quel senso di vuoto era lavorare e riempire la mente con quelle cartacce.
 
 
 
 
Ron cercò i suoi figli e finalmente li trovò poco distanti da quell’ufficio.
 
Appena i ragazzi lo videro, d’istinto cercarono accanto a lui un’altra persona, ma non ne videro nemmeno l’ombra.
 
“Papà, dov’è la mamma?”
 
Rose rivolse quella domanda quasi spaventata.
 
“È in ufficio che lavora”  
 
Lui rispose scontato, alzando le spalle.
 
La ragazza sbuffò a quella risposta.
 
“Ragazzi, ma si può sapere che avete stasera?”
 
“Fame, papà. Tanta fame”
 
Hugo cercò di nascondere la palese reazione della sorella.
 
“Ok. Allora andiamo a mangiare”
 
 
 
Infondo, nonostante l’assenza della madre, passarono una piacevole serata in compagnia di Ron. Alla fine avevano optato per un grazioso ristorante vicino al Ministero. L’uomo conosceva già quel posto, vi aveva trascorso piacevoli momenti in compagnia della moglie, quando i loro figli non erano ancora nati ed erano propri quelli i pensieri che affollavano la mente dell’uomo, ma Rose e Hugo erano totalmente ignari di quei tormenti interiori.
 
Hermione non uscì troppo tardi dall’ufficio. Con sua piacevole sorpresa il cielo si era rasserenato e l’aria era rimasta piacevolmente tiepida. Si diresse velocemente verso l’auto, quando, passando davanti ad una vetrata, vide i suoi figli e il suo ex-marito ridere spensierati, mentre cenavano. Anche a lei riaffiorarono ricordi e fu stranamente felice che Ron avesse portato i loro figli proprio in quel ristorante. Ricordava di essersi trovata molto bene o forse era stata la compagnia ad averle provocato quella piacevole sensazione. Non indugiò oltre e, con un malinconico sorriso, proseguì nel suo cammino.
 
 
 
Arrivarono a casa del padre, ma non ebbero, giustamente, nemmeno l’impulso di disfare i bagagli. Una fatica decisamente inutile.
 
Un ennesimo tuffo al cuore per Rose, al pensiero che, anche quella notte, sarebbe passata in un ennesimo differente letto, lontano dalla madre e, di conseguenza, lontano dalla sua famiglia al completo. La ragazza si guardò intorno e sempre il solito disordine si palesò davanti agli occhi.
 
“Ma, papà, non puoi usare la magia per sistemare questo macello?”
 
“Tanto non faccio in tempo a sistemare, che è già tutto in disordine. Ci ho rinunciato”
 
“Non ci hai mai provato”

“Vabbè, dettagli”
 
Si sedette sfinito sul divano
 
Rose però non desiderava far cadere così quel discorso appena iniziato.
 
“Papà, hai seriamente bisogno di una donna” a quella considerazione l’uomo alzò gli occhi sulla figlia “Non so, magari, della mamma?”
 
“Io non ho bisogno di nessuno”
 
Le rispose infastidito e terribilmente orgoglioso.
 
La ragazza trovò finalmente il coraggio di porre una domanda al padre.
 
“Papà, perché tu e la mamma vi siete lasciati?”
 
“Ma che domande mi fai, Rose? Perché non ci amiamo più”
 
La ragazza rimase fintamente sorpresa e ancora più falsamente comprensiva.
 
“Certo. E quindi non avete nemmeno mai minimamente pensato al male che potevate fare a noi, vero?”
 
Aveva alzato la voce contro il padre e Ron rimase profondamente interdetto davanti a quello sfogo.
 
“Tesoro, ma cosa stai dicendo? Certo che ci abbiamo pensato, infatti cerchiamo di non farvi pesare in alcun modo la nostra separazione”
 
“Ne sei proprio sicuro? Perché a noi non risulta proprio. Ed io e Hugo siamo stufi di avere sempre la valigia alla mano per stare da te o dalla mamma. Quindi fateci la grande cortesia di finirla di pensare solo a voi e di iniziare a pensare un po’ anche a noi, che non vi abbiamo chiesto di venire al mondo, avete deciso voi per noi!”
 
Aveva sputato addosso al padre quello che il suo cuore non riusciva più a contenere, tanto era il dolore che provava nel petto. Corse via e si chiuse in una stanza a caso, senza nemmeno vedere quale fosse.
 
Ron rimase senza parole, non era arrabbiato, ma era profondamente stupito. Non aveva mai avuto nemmeno lontanamente la percezione di tutta la sofferenza che passava per la mente della figlia.
 
“Hugo, hai per caso qualcosa da dirmi anche tu?”
 
“No, papà. Ma sono d’accordo con Rose. Sono due anni che stiamo male”
 
“E perché me lo dite solo ora?”
 
“Perché tu e mamma sembrate sereni da quando vi siete lasciati”
 
“E lo siamo” ne sembrava convinto “Figliolo, io e la mamma non possiamo più stare insieme, perché non siamo più innamorati”
 
“Ma ci siamo noi, papà. Vi prego, pensate a noi. Desideriamo solo che i nostri genitori stiano insieme, è così sbagliato?”
 
Il padre lo guardò per un momento con tenerezza.

“Vado da tua sorella”
 
Cercò la figlia in tutte le stanze. Provò ad aprire la sua camera, ma, quando vide che era chiusa a chiave, capì che l’avrebbe trovata lì dentro.
 
“Rose, tesoro, mi apri?”
 
La ragazza non se lo fece ripetere e all’udire la voce del padre, aprì velocemente la porta con una cornice in mano. Inveì nuovamente contro quell’uomo.
 
“Mi dici, perché, se non tieni più alla mamma, tieni sul comodino una foto in cui siamo io, te, Hugo e lei?”
 
Lui non sapeva cosa rispondere.
 
“P-Perché ci siete voi ed io non ho foto di noi tre. Da quando è un reato tenere di fianco al letto la foto dei propri figli?!”
 
“Da quando ci menti, papà”
 
Cominciava a stancarlo quella insensata discussione.
 
“Senti, Rose, ormai sei grande e certe cose le capisci. Io e tua madre non proviamo più nulla l’uno per l’altra. E, purtroppo, ci siamo accorti molto prima del divorzio di questo. Tra noi non c’è stato più niente molto prima di quel giorno”
 
Era sofferente nel proferire quelle parole alla figlia.
 
“E allora perché non hai un’altra persona al tuo fianco?”
 
“Perché l’amore che ho provato per tua madre, non lo proverei per nessun’altra donna. Tesoro, i vostri genitori si sono amati tantissimo e da quell’amore siete nati tu ed Hugo” prese un respiro “Ma non so neppure io come, quell’amore si è lentamente spento. Anch’io avrei voluto durasse per sempre, ma purtroppo non ci è stato concesso”
 
“Tu la ami ancora, papà, lo leggo nei tuoi occhi”
 
“No, Rose, io non provo più nulla per lei. Le voglio solo un gran bene, ma non è amore. Però non ho mai desiderato che voi ne soffriste, ok? Non c’è motivo, io e tua madre siamo rimasti in buoni rapporti. Se vi fa così male dovervi spostare in continuazione, non c’è problema, rimanete a dormire dalla mamma, possiamo comunque trascorrere del tempo insieme”
 
“Non capisci nulla, papà, ecco qual è il tuo problema. Va bene, trovati qualche donnaccia che ti faccia compagnia, così sentirai meno la mancanza della mamma e la nostra”
 
Era rimasto pacato, tranquillo e a tratti commosso, ma quell’insulto dalla figlia proprio non riusciva ad accettarlo.
 
“Ehy, signorina, piano con le parole”
 
Era di nuovo corsa in soggiorno, dove suo fratello attendeva. Il ragazzo aveva sentito le urla, ma non riuscì a capire cosa stesse succedendo.
 
“Vieni, Hugo, ce ne andiamo”
 
Il padre li aveva raggiunti poco dopo e non poteva essere più d’accordo con la figlia.
 
“Certo che ve ne andate! Vi riporto dritti da vostra madre”
 
Prese entrambi i figli per un polso e si smaterializzò davanti alla casa della sua ex-moglie.
 
Hermione stava leggendo un libro sul divano, ma un rumore familiare sulla porta la spaventò. Si avviò velocemente verso l’uscio e aprì.
 
“Che è successo?”
 
Rose e Hugo non risposero alla madre, ma si avviarono velocemente verso le scale per rinchiudersi sconsolati nella loro camera.
 
La donna seguì i passi dei figli, finché non scomparvero del tutto dietro la parete. Poi si voltò velocemente verso l’ex-marito per ricevere chiarimenti.
 
“Ronald, mi vuoi spiegare?”
 
“Ci accusano, Hermione. Dicono che siamo degli egoisti, che non abbiamo pensato alla loro sofferenza, quando abbiamo divorziato”
 
La donna non reagì, ma abbassò la testa sconsolata.
 
“Ma non è così, vero Hermione?”
 
Cercava una conferma, che però non arrivò.
 
“Hermione? Ti prego, dimmi che non abbiamo fatto una cosa simile”
 
“Sì, Ron, è esattamente quello che abbiamo fatto. Abbiamo distrutto la nostra famiglia e ferito i nostri figli” una piccola lacrima scese lungo la sua guancia “Ma cosa possiamo farci, se non ci amiamo più?”

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Capitolo 4
*** Attimi di riflessione e qualche piccolo ripensamento ***


Attimi di riflessione e qualche piccolo ripensamento
 
Per Ron fu un fulmine a ciel sereno scoprire in quel modo e in quel momento la sofferenza che passava nel cuore dei suoi figli. Era fermamente convinto che la separazione fosse la soluzione migliore per quella insostenibile situazione, che non potessero continuare a fingere davanti a Rose e Hugo che andasse tutto bene, che nulla tra i loro genitori fosse cambiato.
 
Ma questo non significava affatto che anche lui non avesse sofferto per la fine del suo matrimonio. Aveva messo un punto ad un capitolo piuttosto lungo della sua vita e da quel triste giorno la solitudine aveva dominato le sue giornate. Era grato persino al suo lavoro per averlo tenuto costantemente occupato e, ovviamente, ai suoi ragazzi quando trascorrevano del tempo con lui. Cercava sempre costantemente un modo per non pensare, per tenere la mente impegnata in altro. Altro che serenità! Quella era solo una storiella che raccontava agli altri e prima ancora a se stesso per non ammettere di non poter sostenere nemmeno quella nuova situazione.
 
Ed ora che, in un certo modo, Rose e Hugo avevano mandato in frantumi quel precario equilibrio, che con tanta fatica aveva costruito, si sentiva male, quel dolore era riemerso e quella situazione di stallo aveva mosso piccoli passi.
 
Era inerme davanti a quello che stava succedendo, non sapeva come placare la sofferenza dei suoi figli, perché era stato egli stesso a crearla. E forse per la prima volta nella sua vita iniziava a sentirsi il mostro della situazione, benché le colpe andassero divise in due parti e non pesassero interamente sulle sue spalle. Ma lui voleva un bene dell’anima ai suoi figli e in quel momento di chi fossero realmente le colpe non gli importava, ciò che realmente contava era il male che aveva inflitto loro con quel comportamento.
 
Ma era davvero necessaria tutta quella sofferenza arrecata? Non potevano continuare a fingere che andasse tutto bene? In quel momento, in quel periodo buio della loro vita, entrambi gli sventurati sposi si risposero di non poter proseguire quell’apparenza, nemmeno difronte ai loro figli. Erano stati egoisti? In quell’esatto momento, difronte alle accuse di quei due ragazzi, i dubbi iniziarono prepotentemente a sorgere e le fievoli lacrime di Hermione non lo aiutarono certo a ricredersi.
 
Non sapeva cosa fare, non sapeva come comportarsi e tanto meno cosa dire.
 
Guardò la donna difronte a sé e sperò che lei avesse più coraggio di lui - che in quell’esatto istante ebbe la percezione di non aver mai avuto in tutta la sua vita - , ma purtroppo anche Hermione sembrava alquanto turbata. Si erano cacciati in un guaio più grande di loro, senza sapere quale via imboccare, se proseguire o tornare sui propri passi. Ma forse l’idea di proseguire non era passato nemmeno per la testa ad entrambi, visto che non avevano quella gran smania di chiudere per sempre con il passato, che, nel bene e nel male, era stato più che felice, forse il periodo più felice di tutta la loro vita.
 
Avevano mostrato forse più immaturità di due adolescenti ed erano stati sicuramente irresponsabili a credere che una situazione così precaria e perennemente mutevole avesse potuto giovare in qualche modo a Rose e Hugo. Non si erano nemmeno per un secondo immedesimati in loro, concentrati com’erano su loro stessi. E l’empatia? Quella grande abilità essenziale per poter crescere dei giovani, in un’età così delicata, e propria dei migliori genitori. Loro non l’avevano? Non erano in grado di mettersi nei loro panni e capire cosa stessero realmente vivendo e sopportando? Impossibile! Hermione era così saggia in tutto, non poteva esserle sfuggito un simile dettaglio. Che poi un particolare non era, visto che la sua mancanza aveva incrinato il rapporto con i loro figli.
 
Come avrebbero sistemato quella situazione senza causare ulteriori danni a Rose e Hugo? Ron aveva terribilmente paura di muovere nuovamente un passo sbagliato. Si sentiva persino in colpa di aver urlato contro sua figlia, che si rese conto essere solo una vittima dei suoi genitori. Come avrebbe rattoppato quello squarcio che era certo si fosse aperto nel loro rapporto? Come avrebbe fatto a recuperare la loro fiducia? Non se la sentiva però di rimanere inerme e piangersi addosso.
 
Fece un passo per entrare e raggiungere la camera dei suoi figli, ma una mano, premuta sul petto, disattese quell’intenzione. Hermione alzò gli occhi su di lui, negando con il capo. C’era preoccupazione negli occhi di quella che una volta, non tanto tempo prima, era stata la sua donna. Quel contatto fu interrotto da lei con imbarazzo e lui guardò quella mano ritirarsi con disappunto. Gli era mancato il dolce tocco di sua moglie su di sé. Ma non era il momento per pensare a quello! Qualche metro più su, c’erano due ragazzi disperati che necessitavano attenzione.
 
“Hermione, ti prego, concedimi la possibilità di chiarire”
 
La supplicava come non aveva mai fatto in vita sua, come se l’ostacolo più grande per quella riconciliazione fosse lei.
 
“Ronald, va’ a casa. Ci penso io a loro”
 
Il tono che usò fu tutt’altro che rassicurante, come se la colpa fosse sua e gli volesse lasciare intendere di aver già fatto abbastanza per far precipitare la situazione.
 
“Hermione, ho urlato contro nostra figlia” provava un grande peso sul cuore per non averli capiti, per non averli protetti da quel dolore e per averlo causato esso stesso, iniziava ad avere gli occhi lucidi, ma persino le lacrime gli opponevano resistenza, impedendogli di sfogare quella sofferenza “Non farmi andare a casa in questo modo. Ti prego”
 
Non vi era più la rabbia di pochi istanti prima, che lo aveva spinto a prendere i due giovani per un braccio, desiderando solo di toglierseli dalla vista per non dover più ascoltare le loro ragioni. Sì, perché avevano ragione, ma forse non lo avrebbe mai ammesso, almeno non prima di mettere ordine nel suo cuore e nella sua mente.
 
Le fece quasi compassione l’uomo davanti a sé. Lo aveva visto solo qualche ora prima, ma ora le sembrò profondamente provato. La donna si incamminò amareggiata verso le scale, lasciando la porta aperta e lui accolse quel gesto come un invito ad entrare.
 
La seguì e si bloccarono entrambi difronte alla stanza dei ragazzi. Hermione aprì lentamente la porta, per non turbarli ulteriormente, e con delicatezza cercò di catturare i loro sguardi. Erano entrambi seduti sui rispettivi letti con gli occhi persi nel vuoto, e forse anche la mente, profondamente amareggiati.
 
La madre si accostò alla ragazza e si sedette accanto a lei, tenendo una buona visuale anche sul figlio. Desiderava chiarire, ragionare con loro e possibilmente farli sentire meglio.
 
Rose vide il padre sulla porta, non aveva avuto il coraggio di entrare, convinto di violare nuovamente la loro pace. Ed Hermione seguì amareggiata lo sguardo della figlia rivolto all’ex-marito.
 
“Ti sei portato l’avvocato difensore, papà?”
 
L’uomo non sapeva cosa ribattere, ma comunque la madre lo anticipò.
 
“Rose, tesoro, ascoltami”
 
Cercò di essere pacata e comprensiva e previdente nel cercare di contenere le proprie lacrime.
 
“No, mamma, non ti voglio ascoltare, perché tanto so che mi dirai le stesse cose che mi ha detto lui”
 
Sputò quelle parole con disprezzo contro entrambi i genitori.
 
“Amore mio, noi vi vogliamo un bene dell’anima”
 
“Lo so già”
 
Le rispose con stizza senza nemmeno guardarla negli occhi.
 
“Ma, tesoro, io e tuo padre”
 
“Sì, mamma, ti ho già detto che lo so già!” si voltò con rabbia verso la madre “Non vi amate più e state bene così” abbassò il tono della voce per l’affanno “Pare che vi siate messi d’accordo anche su quello che dovete dirci. Perché voi siete dannatamente così d’accordo su tutto, persino sul vostro divorzio”
 
Hermione stava scoppiando a piangere, ma cercò di contenere le lacrime, chiudendo le palpebre per un istante infinito.
 
“Tesoro mio, come faccio a spiegarti che”
 
“No, mamma, non c’è nulla da spiegare!” la fissava con una rabbia incontenibile
 
La donna cercò di mantenere il controllo e continuare a parlare pacatamente con la figlia.
 
“Rose. Tu ed Hugo siete grandi e prima o poi anche voi avrete la vostra famiglia. Forse allora ci capirete”
 
“Hai ragione, mamma, capiremo che non vorremo essere come voi”
 
Con quella frase la zittì. Non sapeva più cosa dire, era stata fin troppo esplicita. Si alzò, ma suo figlio la richiamò indietro, cercando di mantenere un po’ di diplomazia, dal momento che nella sua mente la sorella aveva proferito parole troppo pesanti.
 
“Mamma”
 
Hermione si voltò verso il ragazzo, ma lui non sapeva cosa dire, rendendo il suo solo un vano tentativo di riportare la pace.
 
La donna uscì profondamente sconsolata, richiudendo lentamente la porta alle sue spalle.
 
Ron aveva seguito con disappunto il dialogo, non aveva per nulla gradito l’arroganza della figlia. Hermione non aveva risolto nulla e lui riversò la sua frustrazione su di lei.
 
“Faccio io, parlo con loro, non preoccuparti, torna a casa” imitò il tono della donna con cui gli aveva proferito quelle parole pochi minuti prima “Complimenti. Peggio di prima”

Poco ci mancava che la canzonasse pure con un applauso.
 
“Dacci un taglio, Ronald. Le tue considerazioni sono inutili”
 
Mantenne nuovamente un tono pacato, persino per risponde alle accuse dell’uomo.
 
“Ma non vedi che il loro incosciente comportamento ci fa litigare?! Hermione, io e te non litigavamo da due anni!”
 
Lei lo guardava, ma i pensieri erano altrove. Un potente tuono la riscosse, facendo voltare entrambi verso la finestra aperta.
 
Persino davanti a quel fenomeno naturale, Ron sembrava avere la risposta pronta.
 
“Visto, anche il cielo ci è contro” attese una considerazione da lei, che però non arrivò “Bene, dato che è tutto sistemato, posso anche andare”
 
Non perdeva quel tono sarcastico, ma Hermione lo ignorò. Ciò che la portò ad alzare finalmente gli occhi su di lui per ribattere fu il suo annuncio.
 
“No, Ron, è pericoloso smaterializzarsi con questo tempo. Sta diluviando”
 
“E cosa dovrei fare? Rimanere qui?”
 
Era esattamente quello che lei intendeva e glielo lasciò intendere senza nemmeno rispondere.
 
“Cosa vuoi fare, mettere in pratica i consigli dei ragazzi?”
 
“Ora basta, Ronald! Sei un idiota! Il tuo sarcasmo è fuori luogo e mi ha stufato” cercò di calmarsi “La situazione mi sembra già abbastanza delicata e non voglio che ti capiti nulla”
 
Davanti alle premure di lei, abbassò le difese e cercò di distendere i nervi.
 
“Non ho una stanza degli ospiti, ma ho un divano. Vado a prenderti un cuscino e una coperta”
 
Facevano fatica a guardarsi negli occhi, così Hermione decise di concludere quell’imbarazzante momento, avviandosi verso la sua stanza. Le venne però un improvviso dubbio, che la portò a voltarsi di nuovo verso di lui.
 
“A meno che tu non abbia qualcuno ad aspettarti a casa”
 
Stavolta lo guardò dritto in faccia con la speranza di captare dalla sua espressione la risposta.
 
“Non ho nessuno, tranquilla”
 
Le rispose in modo apatico, non fece trapelare alcuna emozione, ma la donna provò davvero una sensazione di strana spensieratezza.
 
 
 
 
La notte trascorse tra i forti rumori dei tuoni e il bagliore accecante dei lampi, ma né Ron né Hermione riuscirono a chiudere occhio. Si resero conto in cuor loro del forte contrasto esistente tra le loro intenzioni e le azioni. Volevano aiutare i loro figli, ma non sapevano come e soprattutto tornare indietro, ammettendo di aver sbagliato davanti a due adolescenti, diventava in oltre una questione di orgoglio.
 
Ma non si amavano davvero più? Il pensiero di tornare a dormire sotto lo stesso tetto, dopo due anni, ma non nella stessa stanza non sfiorava minimamente la loro sensibilità?
 
In effetti, quello era uno dei pensieri che impediva ai due di conciliare correttamente il sonno in quella tormentata notte. Perché quel temporale, che sbatteva acqua e grandine contro le finestre, era solo la proiezione di quello che loro serbavano nel cuore.
 
Le parole dei figli avevano risvegliato vecchi tormenti e aperto ferite, che credevano cicatrizzate ormai da tempo, sconvolgendo le loro più intime, ma forse profondamente fragili certezze.
 
Ormai era l’alba e il cielo era tornato ad essere sereno. Ron era riuscito a dormire solo un paio d’ore, ma decise comunque di andarsene prima di incontrare qualche inquilino della casa. Non aveva voglia di salutare e vedere qualcuno. Per la prima volta in due anni, bramava quella solitudine tanto odiata.
 
Avrebbe dovuto trascorrere quel giorno con i suoi figli. Invece aveva rovinato tutto? Ma con un errore di almeno un paio d’anni?
 
Cercò di togliersi disperatamente dalla mente quelle domande e uscì per non svegliare qualcuno. Diede solo un’ultima occhiata dentro prima di chiudere la porta e smaterializzarsi.
 
Hermione, che non aveva chiuso occhio, aveva sentito un leggero rumore familiare e si precipitò giù dalle scale, seguita da un incuriosito e spaventato ragazzo.
 
“Mamma, va tutto bene?”
 
“Hugo, hai visto tuo padre?”
 
Il figlio non riusciva a comprendere quella domanda, ma cercò di riflettere su ciò che potesse significare e un’espressione di stupore si dipinse sul viso.
 
“Aspetta, mamma, mi stai dicendo che ha dormito qui??”
 
La donna capì subito dove volesse andare a parare.
 
“Sì, ma sul divano”
 
Il ragazzo ne rimase deluso e alla madre dispiacque di avergli inferto un nuovo dolore.
 
“Tesoro, tu e tua sorella dovevate trascorrere la giornata con lui. Io devo andare al Ministero, ma voi potete chiamarlo e farvi venire a prendere”
 
Per tutta risposta il ragazzo risalì le scale lasciando Hermione perplessa.
 
Rimase sola e sulla sua traiettoria c’era la porta. Le affiorarono ricordi. Come quella mattina, anche un’alba di due anni prima suo marito era uscito dalla loro casa per non rimetterci piede mai più. Le aveva detto di non voler salutare i ragazzi per non rendere più traumatico quel gesto, che avrebbe segnato la fine del loro matrimonio. Ma non ci furono liti e urla, la salutò serenamente. Ma dopotutto quello che serbavano nel cuore non si poteva vedere, conoscevano solo quello che si erano comunicati a parole e sapevano perfettamente quello che tristemente tra loro mancava già da qualche mese. Ma il lacerante fallimento che avevano provato nell’ammettere tutto ciò non era dato esprimerlo, convinti che la lontananza avrebbe rasserenato gli animi e portato una nuova pace nel loro cuore. Questa convinzione era stata salda fino a quel momento, fino a che i loro figli non fecero insinuare loro infimi dubbi.
 
Hugo tornò nella propria stanza con l’intenzione di parlare con la sorella, la quale, in dormiveglia, fu subito destata.
 
“Rose!”

Si sedette accanto a lei con concitazione e la ragazza ripropose la medesima azione.
 
“Dobbiamo far tornare insieme mamma e papà” lei lo guardò con neutralità, a quella conclusione era già arrivata “Stanotte papà ha dormito sul divano. C’è speranza, sorellona! Ed io ho un piano”
 
Il viso di Rose si illuminò e si mise in posizione di ascolto.
 
Hugo ci impiegò un po’ per esporre la sua idea, ne discussero insieme per perfezionarla e quando udirono la porta chiudersi, segno che Hermione era finalmente uscita, si misero al lavoro.
 
Dopo circa un paio d’ore tutto era pronto. Rose si impegnò a scrivere una lettera indirizzata ai loro genitori ed infine avrebbero solo dovuto attirarli con una banale scusa. Ma su quest’ultimo punto il fratello aveva seri dubbi.
 
“Lascia fare a me, Hugo”
 
Gli aveva risposto la sorella, dando l’aria di sapere perfettamente il fatto suo.

Una volta sicuri che i loro genitori li avrebbero raggiunti, uscirono per evitare di farsi trovare in casa
 
In effetti Ron e Hermione, appena ricevuto il messaggio della figlia, si piombarono davanti a casa quasi contemporaneamente, ignari di quello che li avrebbe aspettati.
 
“Ron, che ci fai qui?”
 
“Rose mi ha mandato un messaggio, dicendo di correre perché erano nei guai”
 
“Anche a me. E ho anche qualche idea”
 
Aprì la porta seguita da Ron e si guardò intorno con l’evidente intenzione di scovarli. Non era poi nemmeno così sicura che fossero in pericolo. Li cercarono ovunque, ma dei loro figli nemmeno l’ombra. In compenso, quando entrarono in sala da pranzo trovarono una tavola imbandita e quella visione lasciò i due totalmente sorpresi.
 
Hermione trovò un biglietto sul tavolo ed iniziò a leggerlo ad alta voce.
 
Ciao mamma. Ciao papà.
Come avrete notato, oggi abbiamo preparato per voi il pranzo, quindi speriamo abbiate appetito.
Vogliamo solo che parliate, nulla di più. Ma non di noi e del lavoro, parlate di voi, di come vi siete innamorati, di quanto vi siete amati e di quanto eravate felici insieme.
Vogliamo solo che ricordiate le

 
Hermione si bloccò palesemente provata e passò con dolore il foglio a Ron.
 
“Non ce la faccio”
 
Lui lo prese interdetto e lei si andò a sedere, portandosi le mani in volto per contenere le lacrime.
 
L’uomo la guardò per un istante, per poi proseguire nella lettura.  
 
Vogliamo solo che ricordiate le giornate vissute tutti insieme e le nostre serate in famiglia. Eravamo davvero felici e vogliamo solo che ci diate la possibilità di riviverle.
Siamo certi che manchino anche a voi, solo che siete troppo orgogliosi per ammetterlo. E siamo anche certi che la solitudine non vi piaccia, quindi pensateci.
Noi vogliamo solo che siate felici, ma così non lo siete.
Rose e Hugo
Ps siamo a casa tua, papà, così cogliamo l’occasione per mettere un po’ di ordine. E se ti stai chiedendo come siamo entrati, tranquillo niente magia.
 
Terminato di leggere Ron lanciò il biglietto sul tavolo con rassegnazione.
 
“Ci hanno fregati”
 
Notò che la donna era ancora scossa e si chinò difronte a lei per guardarla negli occhi.
 
“Ehy, Hermione”
 
Lei non riusciva a fermare i rivoli di sale che le scendevano lungo le guance. Ma, pur essendo un pianto sofferto, era estremamente silenzioso.
 
“R-Ron. E se avessimo sbagliato tutto?”
 
“Intendi a sposarci?”
 
Cercava di tirarla su di morale con qualche innocua battuta, le sorrise, ma non sortì alcun effetto.
 
“No. A divorziare”
 
Lo aveva capito, ma quell’eventualità poteva essere addirittura più dolorosa del divorzio stesso.
 
“Non lo so, Hermione”
 
Il sorriso si spense anche dal suo volto.
 
“E se fossimo stati affrettati?!”
 
“Vuoi che ci risposiamo?”
 
Lui le rivolgeva domande, senza riflettere veramente sul discorso che lei stava cercando di fare e questo atteggiamento infastidiva Hermione.
 
“Ronald, ma mi ascolti??”
 
“Hermione, sono qui e ti sto ascoltando, ma io non so colmare questi dubbi” fece una pausa per organizzare i pensieri, messi così alla prova negli ultimi giorni “Però so il motivo che ci ha spinti a questa decisione e non era del tutto infondato. Abbiamo passato mesi ad essere degli estranei. Ci siamo solo dati la possibilità di andare avanti, di essere felici. E infondo anche questo è amore, no?”
 
“Ma noi abbiamo due figli e non potremo mai andare avanti senza pensare prima alla loro felicità”
 
Sapeva che la sua ex-moglie aveva la ragione dalla sua parte, ma non sapeva come conciliare la felicità di tutti, o forse lo sapeva, ma l’ammissione presupponeva anche una dichiarazione di colpevolezza.
 
“E poi, Ron, sinceramente, non mi importa un accidente di andare avanti” le si formò un nodo in gola, che non riuscì a farla proseguire “Io volevo la nostra famiglia e non so neppure io come abbia fatto a finire tutto in questo modo tra di noi”
 
“Hermione, siamo arrivati al punto di fingere davanti ai ragazzi che andasse tutto bene, quando non era così e tu lo sai meglio di me. Non credo di riuscire a vivere di nuovo quei momenti”
 
La donna si era alzata, convinta che quella conversazione così impostata non avrebbe concluso nulla, né tanto meno cambiato o migliorato la situazione con i figli.
 
“Ron, deve essere successo qualcosa che ha assopito il nostro amore. Non può essere scomparso all’improvviso”
 
Provò a riflettere intensamente per trovare una soluzione e forse per ravvivare quel grande amore, che in passato avevano entrambi provato.
 
“Non è successo niente. Evidentemente vent’anni sono troppi per stare con la stessa persona”
 
Quell’affermazione la stupì e offese.
 
“Ma cosa stai dicendo?”
 
“Sto dicendo che ci siamo stancati e questo è stato il risultato”
 
“Lo sai, vero, che in questo modo stai sminuendo il nostro matrimonio?”
 
Quella situazione di stallo era stata sbloccata e questo aveva causato turbamenti interiori, accompagnati da inevitabili litigi.
 
“Hermione, non sto sminuendo nulla, è la verità”
 
“E allora perché non hai un’altra donna, se avevi tanta voglia di cambiare aria?”
 
Non sapeva più cosa risponderle, o forse lo sapeva, ma non voleva dirlo.
 
“Ora ricordo perché ti ho lasciato, Ronald. Era la tua insensibilità ad avermi stancata”
 
Uscì da casa propria, lasciandolo solo e mortificato per non essere riuscito a trovare la forza di fermarla nemmeno stavolta.

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Capitolo 5
*** Responsabilità ***


Responsabilità
 

Era tornata al Ministero peggio di una furia. Era convinta che il cuore le sarebbe scoppiato nel petto. Quel cuore così tanto messo alla prova negli ultimi giorni, ma tanto forte da essere riuscito a sopportare pene grandi come la fine di un felice matrimonio.
 
Percorreva velocemente i corridoi per arrivare presto al suo ufficio e probabilmente piangere o forse sfogare il suo dolore in altro modo, quello lo avrebbe deciso più tardi, perché ciò che contava in quel momento era solo arrivare e rimanere sola con i suoi pensieri.
 
Si slacciò la giacca, si sentiva soffocare, non le arrivava aria nei polmoni. Eppure, nonostante stesse rischiando un palese svenimento, si preoccupava di non dare troppo nell’occhio. Si guardava intorno con fare di circostanza.
 
Le era davvero chiaro il motivo per cui aveva lasciato suo marito, il padre dei suoi figli e l’unico uomo che lei avesse mai amato? No, decisamente no. Ma in quell’istante non le era venuto in mente nulla di meglio per rispondere alle provocazioni di Ron.
 
Davvero si erano stancati di stare insieme? A lei quella spiegazione non convinceva per niente. Ricordava perfettamente i primi giorni senza di lui ed era proprio in quegli istanti che di Ron le mancava tutto, ma si faceva coraggio, dicendosi che ci avrebbe fatto l’abitudine e che lei infondo non era sola, con lei c’erano Rose e Hugo, che erano più simili al loro padre di quanto volesse ammettere a se stessa.
 
Piuttosto l’attrazione era sparita. Come se fosse stata opera di un incantesimo, non necessitavano più di alcun contatto, nemmeno un casto bacio. Ron aveva ragione erano diventati due estranei e facevano persino fatica a condividere la stanza in quelle poche ore di riposo.
 
Eppure la sofferenza dei suoi figli aveva risvegliato in lei il desiderio di riavere indietro la sua vita, voleva riprovare quell’amore così travolgente, che mai niente e nessuno avrebbe immaginato potesse finire, convinti che potesse durare in eterno e oltre. Quell’amore era resistente e indistruttibile come il diamante, ma, come quella pietra preziosa, aveva finito con il distruggere se stesso. Era sicuramente stato annientato da dentro, nessuna forza brutale e sconosciuta ai due sposi lo aveva minacciato. Forse in fondo la loro unica colpa era quella di non essere stati in grado di conservarlo e alimentarlo. Era stato troppo forte persino per loro, tanto che ne erano stati travolti, come un uragano, però, a differenza di quel fenomeno, non aveva distrutto nulla, ma lasciato due doni e un’immensa e indelebile felicità.
 
Ripensò alle richieste di Rose e Hugo. Volevano che i loro genitori ricordassero come si erano innamorati e i momenti felici vissuti insieme e a lei tornò prepotentemente tutto in memoria. Un dettaglio la fece sorridere: lei lo aveva amato dal primo momento in cui lo aveva visto e quel ragazzino goffo e timido infondo non lo aveva mai abbandonato.
 
Non avevano mai gettato la spugna in vita loro. Mai. Nemmeno i momenti peggiori della loro vita erano diventati motivo di resa. In quell’occasione invece erano stati incoscienti. Già, parenti e amici li avevamo avvertiti che sarebbe stato un grosso errore, che se ne sarebbero pentiti, che loro infondo si erano sempre amati. Tutti se ne erano accorti e non i diretti interessati, ponendo fine, con una disarmante leggerezza, alla loro vita insieme.
 
Alcun pensiero, triste o felice che fosse, riuscì a risollevare il suo umore e a farle riprendere un po’ di forza, insieme al colorito in volto.
 
Sussultò al tocco di una mano dietro la schiena.
 
“Hermione”
 
Si girò lentamente verso la fonte di quel rumore e vide colui che era diventato suo cognato, e forse troppo presto aveva cessato di esserlo, con un’espressione preoccupata.
 
“Harry”
 
Riuscì solo a sussurrare il suo nome.
 
“Stai bene? Ti ho cercata, ma non ti ho trovata nel tuo ufficio”
 
Non riuscì più a mascherare il malessere, ma tentò almeno di mantenere un po’ di contegno.
 
“Ho litigato con Ron”
 
L’uomo difronte a sé non poté fare a meno di spalancare gli occhi a quella notizia.
 
Per evitare di ripetere la penosa scena di poco prima, decise di riprendere il suo cammino senza ulteriori spiegazioni. Ma ovviamente Harry la riprese per un braccio, bloccando le sue sofferte intenzioni.
 
“Hermione, cos'è successo?”
 
“Abbiamo sbagliato tutto, Harry. E lo so che ci avevate detto di aspettare a divorziare, ma noi non vi abbiamo dato ascolto. Ora però Hugo e Rose stanno soffrendo. Io soffro. E se lo conosco, giurerei di aver visto sofferenza anche negli occhi di Ron”
 
L’amico non sapeva cosa risponderle, evitando di farla sentire peggio di quanto già stesse. Lei proseguì nel suo sfogo.
 
“Ma ovviamente il mio ex-marito fa l’idiota come sempre, avanzando ipotesi assurde e facendomi credere di aver preso la strada giusta. Perché lui è così, quando non ha una soluzione inizia a fare il cretino come pochi, sparando una stupidata al secondo”
 
Harry la stava ascoltando, ma fu distratto da una presenza che stava avanzando lentamente dietro la donna e che si stava apprestando a parlare.
 
“Chi è che spara stupidate al secondo?”
 
Hermione si bloccò, alzando gli occhi sull’amico, ma la voce non era sua e le era maledettamente familiare.
 
Harry la guardò, leggendo negli occhi di lei la sua domanda.
 
“Vi lascio soli”
 
La donna si voltò verso di lui e lo fissò, incredula che fosse davanti a lei.
 
“Ron, cosa ci fai qui? Oggi non lavori”
 
L’uomo la guardò pensieroso e lievemente in imbarazzo. Ma cercò ugualmente il coraggio di dar voce ai suoi pensieri.
 
“Hermione, quando sei uscita da quella porta, ho fatto esattamente quello che i ragazzi ci hanno chiesto. Ho ricordato. E non ti so nemmeno esprimere quanti momenti felici mi siano venuti in mente”
 
La fissava negli occhi con commozione e provò a proseguire.
 
“Ma sai quali sono stati quelli più felici in assoluto?”
 
“Quali?”
 
La donna ribadì con un sussurro. Non le importava nemmeno più di dove fossero, della loro posizione o dello spettacolo, forse un po’ penoso, che avrebbero dato davanti a tutti. Ormai le lacrime stavano diventando una costante e non le interessò reprimerle, ma solo sfogare quell’angoscia.
 
“Quando sono nati i nostri figli. Quelli sono stati i giorni più belli della mia vita. Oltre ovviamente al giorno in cui ti ho sposata, ma da quando ci sono, loro sono diventati le persone più importanti per me, il tesoro più grande che io abbia. E non capisco come abbia fatto a non pensare alla sofferenza che avrei provocato a loro, firmando il nostro divorzio”
 
“Ron, lo abbiamo firmato insieme. Non hai più colpe di me”
 
Tentava di placare i tormenti di lui, dal momento che percepiva la sua ansia e agitazione.
 
“E invece sì, Hermione. Ognuno ha scelto per sé, ognuno di noi ha firmato a proprio nome ed io potevo rifiutarmi. Ma non l’ho fatto. Su quei documenti c’erano i nomi dei nostri ragazzi ed io li ho ignorati. C’era scritto ‘affidamento congiunto’, ricordi? Ma io non mi sono fermato nemmeno per un istante a domandarmi quando avrei visto i miei figli, quanto tempo avrei trascorso con loro o quanti giorni a settimana mi sarebbero stati concessi. E con questo non sto dicendo che dubitassi di te, perché non ho mai pensato che me lo avresti impedito. Ma quando non sono con me, mi mancano da morire. Già mi mancano quando sono ad Hogwarts, ma il pensiero di non poter dare loro il buongiorno e la buonanotte nemmeno quando sono in vacanza mi distrugge”
 
Lo aveva ascoltato attentamente e, tra le lacrime, un fiero sorriso si dipinse sul suo volto.
 
“Non ho mai dubitato sul fatto che fossi un padre meraviglioso”
 
“Mi dispiace, ma non ti so dire perché è finita tra di noi. Ma so perché non mi sono più innamorato. Hermione, tu sei unica e non può esistere nessun’altra come te o migliore di te” avrebbe voluto abbracciarla per consolarla, per contenere il dolore che le aveva provocato in quel momento “E poi ero anche venuto per farti la proposta di tornare a vivere insieme”
 
“Ron”
 
Davanti all’indugio e la sorpresa della donna, lui si sentì di precisare.
 
“Ho detto vivere insieme, non tornare insieme. Rose e Hugo non meritano di subire tutto questo. E poi ora non dovremo fingere che vada tutto bene, sanno che non è così, ma almeno cresceranno in una famiglia unita”
 
Hermione non sapeva cosa rispondere, il suo cuore lo desiderava, ma temeva di complicare il loro rapporto.
 
Lui, capendo i suoi tormenti, le sorrise.
 
“Però venite a casa mia, perché io ho la stanza degli ospiti e sul divano non ci dormo più”
 
Attese impaziente quel verdetto.
 
“Possiamo fare un tentativo, Ronald”
 
L’uomo colse al volo quella debole approvazione.
 
“Perfetto! Allora domani vi trasferite”
 
Le sorrise di nuovo, trattenendo l’istinto di abbracciarla, e si voltò con l’evidente intenzione di andare, concludendo così la conversazione.
 
“Ed ora dove vai?”
 
“Vado dai ragazzi, sono a casa mia e voglio dare loro la notizia. Sono certo che saranno felicissimi” un nuovo pensiero lo bloccò di nuovo “Ah, Hermione, quest’anno vieni al mare con noi”

​Lo fece suonare come un ordine e una velata minaccia.
 
Era diventato euforico all’improvviso. La commozione di qualche istante prima si era trasformata in risolutezza e determinazione. Era felice, perché finalmente non avrebbe dovuto tenere il conto delle ore da trascorrere con Rose e Hugo, perché sarebbero tornati a vivere con lui.
 
“Devo lavorare”
 
Provò a replicare, ma lui la interruppe.
 
“Non mi importa, portati il lavoro, ma tu vieni con noi. Per qualche giorno senza di te il Ministero resta in piedi comunque. Vieni dai ragazzi?”
 
“Ron”
 
“Sì, lo so, devi lavorare. Ok, allora, Ministro, la lascio ai suoi impegni”
 
Le lanciò un ultimo sorriso, prima di scomparire.
 
Hermione rimase un momento interdetta, in poco tempo era stata travolta dalla commozione e tristezza di Ron e subito dopo dal suo entusiasmo.
 
 
 
Ron rientrò a casa, palesemente più sereno. La situazione sembrava essere migliorata o almeno sperò che quella decisione la potesse migliorare e non peggiorare.
 
Fece girare la chiave nella serratura, ma si accorse che la porta era aperta. Non si stupì e la aprì lentamente.
 
“Ragazzi?”
 
Rose e Hugo si affrettano a correre incontro al padre, appena udirono la sua voce.
 
“Papà. È andata male, vero?”
 
Li lasciò di proposito un po’ sulle spine.
 
“Prima ditemi come siete entrati, Hugo”
 
I due giovani non risposero subito.
 
“Tranquillo, non abbiamo fatto alcun danno”
 
“Lo spero per voi, Rose”
 
Buttò un occhio oltre i figli e quello che vide lo lasciò senza parole. La ragazza gli lesse nel pensiero.
 
“Ti avevamo detto che avremmo messo in ordine. Ovviamente con le nostre mani, visto che non ci è concesso usare la magia”
 
“Altro che ordine, tesoro. Mi stavano venendo i dubbi di aver sbagliato casa” sorrise inevitabilmente “Bravi, ragazzi, così domani la mamma ne rimarrà piacevolmente stupita”
 
In quell’occasione furono Rose e Hugo a restare sorpresi per la considerazione del padre.
 
“Non guardatemi così. Torniamo a vivere tutti insieme. Contenti?”
 
La domanda era alquanto retorica, visto che sul viso dei due si dipinse un enorme sorriso e gli occhi divennero lucidi dalla gioia.
 
Ron però divenne serio all’improvviso.
 
“Dovete promettermi che non farete nulla per far tornare insieme me e vostra madre, ok? Niente pranzi o cene romantiche, mi sono spiegato?” fece vagare lo sguardò dall’uno all’altra “Ragazzi, sono serio, mi avete capito? E mi riferisco soprattutto a te, Rose. Perché so che tu sei la mente”
 
La ragazza gli rispose offesa.
 
“Veramente l’idea del pranzo è stata di Hugo”
 
Il padre trattenne un sorriso, quando la figlia assumeva quell’espressione gli ricordava tanto Hermione.
 
“Non mi importa di chi sia stata quell’idea, ma da ora in poi vi fate i fatti vostri. E spero di non dovermi ripetere”
 
Detto ciò, si allontanò, mantenendo un’aria autorevole.
 
Appena Rose lo vide scomparire dietro la parete, si rivolse al fratello, sussurrando.
 
“Hugo, dobbiamo parlare con i nonni”
 
Il ragazzo non capiva la determinazione della ragazza, soprattutto dopo i divieti del padre.
 
“Rose, papà ci ha proibito di fare qualsiasi cosa”
 
“Ma figurati se io mi faccio i fatti miei! Loro sono i nostri genitori e sono decisamente anche affari nostri. Che mi metta in punizione, non mi importa, ma crollasse Hogwarts se non li faccio tornare insieme”

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Capitolo 6
*** Vicinanza insostenibile ***


Vicinanza insostenibile
 
Quella mattina, in apparenza come tante altre - almeno da due anni fino a quel momento - Hermione aveva promesso al suo ex-marito, e ancora prima ai suoi figli, che avrebbero provato a convivere tutti insieme.
 
Ma che presupposti erano? Lei non era per nulla sicura che quel passo indietro avrebbe giovato a qualcuno. E non era nemmeno così convinta che assistere ogni giorno alla freddezza che era scesa tra i loro genitori avrebbe aiutato Rose e Hugo.
 
Dopotutto non lo aveva del tutto promesso. Insomma, come facevano a non notare in lei titubanza e timore?
 
Non era certa di muovere quel passo, quel riavvicinamento, se prima non conosceva quel motivo tanto oscuro che aveva portato la fine di tutto. Lei era così: o tutto o niente. Non era in grado di ricostruire una famiglia a metà, perché il suo concetto di famiglia era diverso da quello che si apprestavano a realizzare. In quel modo non sarebbe mai stata una vera famiglia, perché anche se loro erano i genitori di quei due ragazzi, restavano comunque due estranei sotto lo stesso tetto. E se un giorno Ron - nonostante le avesse esplicitamente dichiarato che sarebbe stato impossibile - si fosse innamorato di qualcun'altra? Lei avrebbe subìto l’umiliazione di dover togliere il disturbo e i ragazzi sarebbero di nuovo ripiombati nello sconforto.
 
Onde evitare che tutti questi timori si realizzassero - dopotutto non erano così infondati - Hermione indugiava persino ad alzarsi dal letto. Era domenica e non aveva nemmeno la scusa del lavoro, questo inconveniente la faceva sentire inerme davanti all’inevitabile.
 
Fissava il candido soffitto con la speranza di trovare una risposta a tutte le sue domande. Immaginava il cielo oltre quella parete di cemento e mattoni e forse nel firmamento qualche miracolo a lei era destinato. Ma come avrebbe potuta aiutarla il cielo, se non era stata in grado prima di aiutare se stessa? Ron aveva ragione anche quando sosteneva che infondo il loro divorzio era stato deciso da ciascuno di loro due, come se in quel momento ne fossero pienamente convinti. Ma lo erano davvero? Ripercorrendo le sensazioni provate in quel giorno, le pareva di essere stata la donna più convinta e determinata del mondo.

Ma in quel momento, in quella limpida mattina di giugno, le sue certezze vacillarono, come un vaso sul bordo di un mobile. Ironia della sorte, non sapeva neppure lei se fosse meglio lasciare che si rompesse per muovere nuovamente incerti passi verso l’ignoto o salvarlo e riprendere la routine faticosamente conquistata in due lunghi e infiniti anni di immobilità.
 
Le perplessità che passavano nella sua testa erano estremamente razionali, ma il cuore come la pensava? In quel muscolo vi era un black-out totale. Un intenso buio. Ogni centimetro, anzi millimetro, del suo cuore era andato in tilt. Non provava più nulla per Ron, ma il solo pensiero di vivere nella stessa casa e non poterlo nemmeno sfiorare la faceva impazzire. Ma allo stesso tempo il pensiero di essere sotto lo stesso tetto e rischiare di sfiorarsi la spaventava a morte. In fin dei conti anche il corpo si era anestetizzato insieme al cuore, si era atrofizzato e risvegliarlo, lentamente o velocemente, le avrebbe provocato un dolore lancinante. Sapeva che un contatto - voluto o accidentale che fosse - con lui le avrebbe provocato inevitabilmente ustioni, perché l’amore e la passione che si accendeva quando erano insieme era troppo forte dopotutto per non essere risvegliata al minimo segnale di stretta vicinanza.
 
Non poteva ricominciare la loro relazione a quelle condizioni, perché la confusione, anche se invisibile agli altri, a lei era evidente e senza riuscire a capire cosa avesse spento quell’amore, rischiavano davvero di ricadere in quell’oblio tanto spaventoso nel giro di poco tempo.
 
Non aveva nemmeno l’istinto di cominciare quella nuova giornata, sebbene il sole splendesse alto nel cielo e i passerotti cantassero, ignari della sofferenza provata dalle povere persone che ascoltavano quelle dolci melodie.
 
Prese il cuscino sotto di lei e lo portò sul volto. Un disperato tentativo di contenere nuove lacrime? Ma non finivano più, aveva le scorte? Evidentemente anche in quell’occasione era stata previdente nel caso le sarebbero servite per sfogare la sua sofferenza in ogni eventualità. Desiderava solo sparire, perché chiedere di cambiare la situazione sarebbe stato troppo complesso.
 
Si rese davvero conto di aver commesso l’errore più grande della sua vita, apponendo la sua firma su quei documenti. Aveva sempre lottato, ma forse l’unica vera volta in cui la resa era davvero l’idea peggiora di tutte, l’aveva scelta senza nemmeno avere la decenza di qualche minimo ripensamento. Avrebbe dovuto tirare fuori le unghie e i denti per il suo matrimonio, avrebbe dovuto arrampicarsi sugli specchi per riscoprire il loro amore, poco importava il modo, l’importante era raggiungere l’obiettivo. Era la sua vita, il suo mondo e lei con quella dannata firma aveva permesso che tutto crollasse.
 
A quel punto non si sognava neppure di accusare Ron di essere stato troppo leggero, perché lei, rinomata per la sua risolutezza e saggezza, era stata la prima ad esserlo. Una leggerezza innaturale, che aveva portato ad un male altrettanto illogico e insensato.  
 
Dopo quello squallido e banale gesto tutto era andato sgretolandosi, nulla era rimasto in piedi, solo i suoi figli, come saldi pilastri e robuste corde, reggevano ancora il loro flebile rapporto. Di amicizia? Ma quale amicizia? Possono essere davvero amiche due persone che hanno condiviso così tanto, nel bene e nel male?
 
Confusione. Rimpianto. Dolore. Tutto questo passava nel cuore di Hermione. Ma quella dannatissima logica, che le consigliava di non accettare l’invito del suo ex-marito, si insinuava prepotentemente nella sua mente, portandola sull’orlo della pazzia.
 
Sentì d’improvviso due leggeri, ma risoluti colpi alla porta. E una voce, tanto familiare quanto spaventosa in quell’istante.
 
“Hermione? È permesso?”
 
Sentì il cigolio del legno e subito dopo una leggera brezza d’aria.
 
“Dai, so che non stai dormendo”
 
Sentì la voce più vicina e immaginò grandi occhi azzurri puntati su di sé. Fece velocemente scendere il cuscino dal viso verso il busto e alzò gli occhi sull’uomo.
 
“R-Ron, che ci fai in camera mia?”
 
Si era imbarazzata per quell’intimo momento.
 
Lui non poté fare a meno di sorridere.
 
“Come se fosse la prima volta che ti vedo vestita così”
 
“Si può sapere che vuoi?”
 
La donna si stava spazientendo, non gradiva per nulla quelle battute.
 
Ron si sedette accanto a lei, occupando il minor spazio possibile, ma quel gesto la fece d’istinto sedere a sua volta per avere migliore padronanza del suo corpo e tentare di evitare ogni genere di contatto fisico indesiderato.
 
“Hermione, non ti faccio nulla” si era palesemente offeso per lo scatto che lei aveva fatto per allontanarsi da lui “Volevo solo essere certo che non avessi cambiato idea per il trasloco”
 
Ed ora come lo informava del suo ripensamento? Si portò le mani sul volto, appoggiò i gomiti alle ginocchia piegate e chiuse gli occhi. Pregò intensamente di sparire e di ritrovarsi catapultata in un’altra vita, perché quella - che aveva contribuito essa stessa a creare - la stava lentamente logorando, annientando da dentro.
 
“Hermione, scusami non volevo turbarti”
 
Turbarla? Lei aveva superato il limite del turbamento, stava iniziando ad essere esausta, sfinita, esaurita. E capì ben presto che turbata era riduttivo e irrisorio.
 
“Hai cambiato idea, vero?”
 
Lo guardò, anzi lo fissò - eliminando ogni ostacolo tra i loro sguardi, se non quel velo lucido davanti agli occhi -, stupita da quello slancio di perspicacia.
 
“Ron”
 
Le fece un mezzo dispiaciuto sorriso in segno di comprensione. Si alzò senza aggiungere altro, distogliendo immediatamente quel contatto visivo, lasciandola nuovamente spiazzata. Si arrendeva così? Non provava a dissuaderla dalla sua idea? Erano così deboli le sue convinzioni da non provare a lottare - almeno stavolta -?
 
Ma in quel momento fu lei a sentire dentro di sé la forza della guerriera. Scattò, afferrando la sua mano, prima che lui potesse allontanarsi. L’uomo si bloccò interdetto per quel gesto. Abbassarono entrambi gli occhi sulle loro mani. Una scossa percorse loro, portandoli ad interrompere in contemporanea quel contatto. Un lieve rossore si espanse sui loro volti, tanto che non riuscirono a parlarsi guardandosi negli occhi.
 
“S-scusa, Ronald”

“No, perdonami tu, non sarei dovuto entrare nella tua stanza. Mi dispiace”
 
Si avviò verso la porta senza ulteriori parole, ma la voce di lei gli impedì di muovere ancora un singolo muscolo per aprire la porta e uscire.
 
“Ron, vengo”
 
Non si voltò per risponderle. La situazione imbarazzante che si era creata non gli permise di gioire per quella notizia.
 
“Ti aspetto giù con i ragazzi”
 
La lasciò di nuovo sola. Erano diventati peggio di due adolescenti alle prime armi. O forse era semplicemente l’amore che fremeva per tornare ad impossessarsi di loro?
 
 
 
 
Hermione scese e insieme partirono in auto per raggiungere la loro nuova vita. I due non si guardarono o rivolsero nemmeno una parola. Rose e Hugo notarono quel silenzio tombale che era improvvisamente sceso. Ron era arrivato tutto euforico, era corso su per le scale per svegliare la sua ex-moglie, ma quando era sceso quell’entusiasmo era sparito, lasciando lo spazio a inquietudine e perplessità.
 
“Papà. Mamma. Va tutto bene?”
 
Fu Hermione a rispondere per prima alla figlia, sorridendole pacatamente.
 
“Sì, tesoro”
 
La ragazza continuava ad esserne poco convinta.
 
“Allora passiamo un attimo dai nonni? Io e Hugo volevamo tanto salutarli”
 
“Cosa, Rose??”
 
Era una richiesta semplice e banale, ma in quel momento Ron scattò come se la figlia gli avesse chiesto la luna.
 
“Così li informiamo anche che siamo tornati a vivere tutti insieme”
 
Ignorò lo stupore del padre e proseguì nella sua idea.
 
I genitori cedettero e si avviarono verso la casa di Molly e Arthur.
 
Quando arrivarono si accomodarono e subito Rose colse l’occasione, raggiungendo la signora Weasley in cucina.
 
“Nonna”
 
“Ciao, tesoro”
 
Si avvicinò a lei per rendere il più confidenziale possibile quella conversazione.
 
“Ti volevo chiedere, tu hai per caso qualche foto del matrimonio di mamma e papà?”
 
La donna non capiva quella strana richiesta.
 
“Sì, dovrei averne qualcuna”
 
La ragazza le sorrise soddisfatta per la risposta.

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Capitolo 7
*** Amari ricordi ***


Amari ricordi
 
 
Entrò, ma i sentimenti che la travolsero erano confusi e profondamente malinconici.
 
Non aveva mai messo piede, prima di quel momento, lì dentro. Stava riunendo la sua famiglia, ma quella non era la loro casa e non riusciva a considerarla tale, perché il luogo dove avevano formato la loro famiglia e dove avevano creato i loro ricordi più belli era un altro. Troppo presto avevano rinunciato alla loro casa e abbandonato lì dentro quei felici frammenti di vita.
 
Hermione era profondamente triste, ma cercò di nascondere quello stato d’animo, non voleva rovinare l’entusiasmo dei suoi figli e nemmeno del suo ex-marito. Ron sembrava davvero convinto di quella soluzione.
 
Scortò Hermione fino alla sua camera e, avendo notato nella donna una certa titubanza, decise di rimanere sulla porta, lasciando che lei si abituasse al nuovo ambiente senza alcun tipo di pressione.
 
Hermione vagò lentamente per quella stanza, perlustrandola in ogni angolo, forse in cerca del coraggio che le veniva a mancare. Il suo sguardo cadde all’improvviso sul letto e in particolare su una foto, appoggiata nel mezzo delle lenzuola. La prese dolcemente tra le mani, la osservò con malinconia e la accarezzò impercettibilmente con la punta delle dita.
 
Ron scrutava ogni suo movimento e rimase interdetto davanti alla comparsa di quell’oggetto misterioso.
 
“Hermione, cos’è?”
 
La voce dell’uomo la ridestò dal passato e si avvicinò a lui con l’intenzione di mostrarglielo. Appena Ron vide la foto capì chi potesse essere l’artefice di quel gesto.
 
“ROSE!”
 
La ragazza, sentite le urla del padre, uscì dalla sua camera con una certa tranquillità, visto che immaginò subito il motivo del suo rimprovero.
 
“Papà, perché strilli? Ti sento comunque”
 
Fingeva di essere totalmente all’oscuro della ragione di tale reazione.
 
“Signorina, non te lo ripeto più. Tua madre non ha nemmeno avuto il tempo di mettere piede in casa che tu architetti piani?!”
 
La ragazza continuava a mostrarsi serena.
 
“Non so di cosa tu stia parlando, papà”
 
Ron era infuriato e divenne estremamente sarcastico.
 
“Sì, certo! E non mi prendere per stupido!”
 
Hermione si riprese da quella leggera commozione e si rivolse pacatamente a lui.
 
“Basta, Ron. Lascia stare nostra figlia” lo lasciò stupito e si voltò verso la ragazza “Tesoro, non è successo niente”
 
Le sorrise, confortandola.
 
Rose si avviò con l’intenzione di tornare nella sua stanza, palesemente contenta di aver sortito quella reazione nella madre. Ron invece non era altrettanto felice, rimase interdetto per essere stato ripreso e zittito. Lo sguardo dell’uomo vagava dal viso di Hermione alla foto. Fu lei a rompere quel pesante silenzio.
 
“Guarda, Ron” alzò gli occhi lucidi su di lui “Guarda com’erano felici questi due ragazzi”
 
Quell’affermazione lo prese alla sprovvista, tanto che non seppe cosa replicare. Lei proseguì.
 
“Siamo cambiati, Ronald”
 
“È normale essere cambiati dopo vent’anni”
 
Ma lui non riusciva a comprendere cosa realmente lei intendesse.
 
“No, non c’entra nulla invecchiare. Noi non siamo più felici. Almeno, io non ho più provato quella felicità”
 
Capì finalmente le parole della donna, ma ancora una volta non sapeva cosa risponderle, anche se nel suo cuore sentiva di provare le medesime emozioni.
 
 
 
 
Fu una notte agitata per entrambi. Quei ricordi avevano scosso il loro animo e, ancora una volta sotto lo stesso tetto, non riuscivano a conciliare adeguatamente il sonno. Quella foto aveva avuto il potere di riportarli indietro nel tempo, al giorno in cui avevano deciso di unire per sempre le loro vite. Niente di più errato. Il loro per sempre aveva cessato di esistere anni dopo e con la stessa convinzione con cui avevano pronunciato quel , erano stati in grado anche di firmare la loro separazione. Una stupida certezza che li aveva lasciati precipitare in un oblio profondo dal quale probabilmente da soli - senza l'altro - non sarebbero più usciti.
 
Sicuramente anche quel nuovo ambiente aveva contribuito all’insonnia, così Hermione, presa dallo sconforto, decise di uscire dalla sua stanza. Percorse il corridoio, fino a raggiungere il soggiorno e lì trovo Ron, seduto sul divano, demoralizzato almeno tanto quanto lei - se non di più - con i gomiti appoggiati alle ginocchia e lo sguardo perso nel vuoto.
 
“Ronald”
 
Lo chiamò, riportandolo alla realtà, e si incamminò lentamente fino ad essere davanti a lui, proprio all'interno della sua orbita.
 
“Pensavo dormissi, Hermione”
 
“No” rimase un momento in silenzio “È per colpa mia se non riesci a riposare? Per quello che ti ho detto prima?”
 
Ormai tutto contribuiva a rendere pessimo il suo umore. Sospirò, guardando il cielo limpido che sbucava dalla finestra aperta. Pensò e si voltò verso la donna in piedi al suo fianco.
 
“Ti va di fare due passi?”
 
Rimase perplessa davanti alla sua richiesta e un lieve imbarazzo si delineò in volto ad entrambi.
 
“Aspetta, Hermione. Che hai capito?! Non era un appuntamento. Ho solo invitato la madre dei miei figli per una passeggiata”
 
La donna, davanti a quella fretta di giustificare le sue intenzioni, trattenne un sorriso. Le parve davvero di avere difronte a sé il timido e insicuro giovane di quella foto, che non era mai veramente riuscito a chiederle la mano per paura di un rifiuto da parte della donna che amava, alla fine era stata lei ad accettare senza una vera e formale proposta.
 
“Ronald, non ho pensato a nulla di simile, tranquillo. E comunque mi farebbe piacere fare due passi in tua compagnia”
 
Sicuramente quell’atmosfera così limpida e romantica non aveva contribuito a rendere meno imbarazzante quell’uscita notturna. Da quanto non si concedevano quei momenti? Attimi solo per loro. Si resero addirittura conto di quanto fossero mancati ad entrambi. Ma lo avrebbero mai ammesso?
 
Camminarono per le strade deserte. I loro capelli venivano scompigliati da una leggera calda brezza. Rimasero in silenzio per una manciata di minuti, entrambi cercavano di articolare qualche frase per provare a non cadere nella banalità. Quando finalmente entrambi si decisero a rompere quel muro, Hermione lo anticipò di mezzo secondo.
 
“Ronald, ti volevo chiedere quando avevi intenzione di andare al mare, perché devo compilare le ferie”
 
“Pensavo tra un paio di settimane” arrestò il passo “Ma solo le mie?”
 
Anche lei si bloccò e si voltò verso di lui.
 
“No, Ron, devo provvedere anche alle mie”
 
Hermione gli aveva fatto notare come loro negli ultimi anni non avessero provato più una sincera gioia, ma a lui sembrò proprio di riscoprirla in quell’esatto momento.
 
“Non ho ancora detto nulla ai ragazzi. Ma sappi che non saranno gli unici ad essere felici”
 
Fu in quel momento che i loro sguardi assunsero una luce diversa, che solo la persona difronte a loro aveva sempre avuto la capacità di accendere.
 
Hermione ruppe quella magia, voltando gli occhi lucidi al Satellite, che splendeva sopra di loro.
 
“Stanotte la Luna è piena”
 
Anche gli occhi di Ron si girarono nella stessa direzione.
 
“Già”
 
“Anche la nostra prima notte di nozze c’era la Luna piena” tornò a posare lo sguardo su di lui “Ricordi?”
 
Finse di riflettere e di rimanere perplesso.
 
“No, mi sfugge”
 
Però ad Hermione non sfuggì il suo sguardo fintamente interdetto. Gli accennò un mezzo malinconico sorriso.
 
“Dai, Ronald, rientriamo. Altrimenti rischiamo che i ragazzi si sveglino e non ci trovino. Non voglio si spaventino”
 
Lui acconsentì e ritornarono verso casa. Il tragitto fu molto più breve rispetto all'andata e in poco tempo arrivarono.
 
Ron la accompagnò fino alla porta della sua camera.
 
“Ok, la mia stanza è laggiù” si voltò per indicarla con lo sguardo “Spero che tu riesca a riposare meglio ora”
 
“Anche tu, Ronald” abbassò la maniglia della porta, senza distogliere lo sguardo da lui
 
“Allora buonanotte, Hermione”
 
Si voltò e si avviò titubante, lasciando la donna pensierosa sulla porta.
 
Nel buio della casa solo i pensieri dei due ex-coniugi contribuivano a fare rumore.
 
‘Ti prego, richiamami indietro. Per favore, fermami, non farmi andare via così. Non di nuovo’ 
 
I passi a dividerli erano sempre maggiori, ma l’uomo cercava di prendere il più possibile tempo, rendendoli sempre più corti e lenti. Lo richiamò appena prima di svoltare l’angolo e lui si voltò velocemente.
 
“Ron”
 
“Sì? Hai bisogno di qualcosa?”
 
Sperava davvero avesse bisogno di lui.
 
“Hermione, non indugiare a chiedere”
 
“No, non necessito di nulla. Solo, buonanotte anche a te”
 
Le sorrise, ma le sue speranze furono disattese.
 
“Bene, allora a domani”
 
La donna entrò, chiudendo lentamente la porta alle sue spalle. Appoggiò la schiena contro il legno ed anche la sua testa fu invasa da mille e dolorosi pensieri.
 
‘Stupida! Sono semplicemente una cretina. Sì che ho bisogno di qualcosa. Ho bisogno di lui. Ho bisogno della nostra vita e della nostra famiglia’
 
Si asciugò con determinazione le lacrime, che stavano già scendendo silenziosamente sulle sue guance. Fece scattare nuovamente  e velocemente la serratura, ma dovette bloccarsi, perché davanti a lei trovò Ron in procinto di bussare alla sua porta.
 
“S-scusa, Hermione, non volevo disturbarti”
 
‘Disturbarmi?’
 
Ebbe una grande tentazione di baciarlo, ma lottò contro la sua volontà per scongiurare quel contatto. Una voce, diversa dai suoi desideri, le suggeriva che quello sarebbe stato un grave errore.
 
“Ron, non sono sicura che vivere insieme sia una buona idea”
 
Gli sussurrò quel verdetto sotto voce.
 
“Verrò in vacanza con voi e se loro vorranno, potranno rimanere qui con te”
 
“Hermione, ma sei arrivata oggi”
 
Non riusciva nemmeno a guardarlo negli occhi, tanta era la tentazione di buttarsi tra le sue braccia e riprovare quel rassicurante calore.
 
“Lo so, ma qualche ora è bastata per farmi capire tante cose”
 
“E cosa hai capito? Perché anche io ho capito qualcosa”
 
Si avvicinò lentamente a lei con l’intento di sfiorare le sue labbra, ma proprio quando i loro occhi stavano per chiudersi, per lasciarsi trasportare da quel bacio, Hermione posò una mano sul petto di lui, facendolo arretrare.
 
“Scusami, mi dispiace. Non volevo. No, anzi, p-per la verità volevo, ma non volevo”
 
Richiuse velocemente la porta senza nemmeno consentirgli di terminare la frase.
 
“Mancarti di rispetto”
 
Sussurrò quelle ultime parole più a se stesso che a lei. Si appoggiò esasperato allo stipite della porta per cercare di mettere ordine in quei suoi disordinati pensieri. Solo la voce di suo figlio lo riportò con i piedi saldamente a terra.
 
“Papà, va tutto bene?”
 
Hugo si era affacciato dalla sua camera, incuriosito dalle voci provenienti dal corridoio.
 
“Sì, figliolo, torna a dormire”
 
Sforzò un sorriso, ma era pienamente consapevole del fatto che nulla andasse per il verso giusto.

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Capitolo 8
*** Un tuffo nel passato ***


Un tuffo nel passato

 
Fu tutt’altro che un dolce risveglio per Hermione. Impiegò qualche secondo prima di capire dove si trovasse. Ultimamente le sue mattine erano diventate particolarmente inquiete, senza contare il fatto che fosse lunedì, quindi una lunga e impegnativa giornata di lavoro la stava attendendo, bussando imperterrita alla sua poca voglia di vivere. 

​Tastò involontariamente il lato destro del letto. Ironia della sorte, quello era un letto matrimoniale e vi aveva dormito lei, che con il matrimonio non c'entrava più nulla. Secondo le aspettative di Ron avrebbero dovuto passare la notte insieme, ma lei aveva disatteso quelle intenzioni, anche se estremamente a malincuore, ma non se la sentiva ancora di muovere un passo così importante, che avrebbe segnato la rinascita della sua unica e più importante storia d'amore, prima di esserne pienamente sicura che fosse la decisione migliore.
 
Si mise a sedere, rivolgendo lo sguardo al comodino e subito i suoi occhi si posarono su quella vecchia fotografia, che il giorno precedente aveva avuto il potere di risvegliare in lei sentimenti assopiti, e, a quanto pareva, anche su Ron aveva sortito un effetto simile. Si imbarazzò riportando alla memoria quel mancato bacio. Non si baciavano da tanto tempo, ma addirittura imbarazzarsi le sembrò esagerato, dopotutto tra loro c'era più che confidenza, ma quella confusione sentimentale complicava decisamente il loro rapporto, riportandolo indietro a tantissimi anni prima, e riportando le loro stesse emozioni e sensazione a quei tempi.
 
Si alzò, sempre controvoglia, e si avviò alla porta. Quando la aprì, Ron stava per bussare.
 
Stessa scena della sera prima, con l’unica differenza che Hermione, reduce da un’esperienza simile, pensò bene, spaventandosi, di sgattaiolare fuori prima che lui potesse pronunciare qualsiasi sillaba.
 
“Hermione?”

​Lui rimase un istante sulla porta interdetto.
 
La donna si diresse lungo il corridoio a passo sostenuto, con l’intenzione di ignorarlo.
 
Ron la seguì con sempre maggiore perplessità: stavolta era certo di non aver mosso alcun passo falso e di non averla offesa, desiderava solo svegliarla, per essere sicuro che non si fosse riaddormentata, rischiando di arrivare in ritardo al lavoro.
 
La raggiunse e lei, sentendo i pesanti passi dell’uomo alle spalle, si voltò di scatto, trovandoselo a pochi centimetri di distanza. Hermione, sussurrando, per non farsi sentire dai figli, cercò di iniziare un discorso, anche se quella vicinanza contribuiva solo ad aumentare il suo imbarazzo.
 
“Senti, Ron, per quanto riguarda ieri sera”
 
Non riusciva a guardarlo negli occhi e temporeggiò. Ma quella titubanza fu afferrata al volo da lui.
 
“Sì, giusto, anche io volevo parlarti di quello. E volevo ringraziarti. Probabilmente, se non mi avessi fermato, avremmo commesso un grave errore, giusto?”
 
Proferì quelle parole in un solo fiato e chiese conferma a lei delle sue ipotesi.
 
“Già, un gravissimo errore”

​Il cuore di Hermione perse un battito davanti a quelle confidenze.
 
Rimasero in silenzio, rimuginando su quelle ultime parole.
 
Ron ruppe per primo e all’improvviso quell’imbarazzante calma.
 
“Però non te ne vai via da me, c-cioè, volevo dire, da noi?”
 
“No, Ron, non me ne vado via da voi” gli porse un sincero sorriso “Anche se vedo che sei comunque in grado di mantenere un certo ordine. Dovevamo lasciarci per riscoprire questa dote?”

​Fece vagare il suo sguardo scrutatore intorno a sè e usò un leggero tono sarcastico nel rivolgersi a lui.
 
“Rose”
 
Le rispose con rassegnazione, convinto che Hermione, dal tono con cui gli aveva rivolto la domanda, lo avesse già capito.
 
“Già, immaginavo”
 
E lei ribadì con ovvietà.
 
 
 
 
Decisero di non arrivare al Ministero insieme, non volevano alimentare falsi pettegolezzi. Avevano dato fin troppo scandalo con il divorzio e nessuno dei due desiderava essere di nuovo al centro dell’attenzione con la propria vita privata.
 
Eppure quel breve dialogo tra loro aveva solo contribuito ad alimentare il dubbio di aver lasciato un discorso in sospeso. O una relazione in sospeso? A proposito di grandi dubbi, che nella loro mente si stavano trasformando in voragini abissali. 
 
Hermione non riusciva a concentrarsi quella mattina sui miliardi di impegni che il Ministro della Magia era tenuto ad assolvere, doveva assolutamente chiarire quelle titubanze.
 
“Ron?”
 
Aprì lentamente la porta dell'ufficio dell’ex-marito, più per paura di rivelare i suoi sentimenti, che per reale timore di disturbare.
 
“Hermione. Ho dimenticato di consegnarti qualche documento?” lui sembrava particolarmente stupito della presenza della donna, così, quasi spaventato, cercò velocemente una giustificazione “Aspetta, se è per quel verbale, lo termino in un secondo e te lo consegno. Lo so, sono in ritardo, mi dispiace”
 
“Infatti ero proprio venuta per licenziarla, Ronald Weasley. Mai una volta che rispetta le scadenze”
 
“Come??”
 
Rise di cuore - forse per la prima volta dopo tanto tempo - e si sedette difronte a lui.
 
“Oh, Ron, avresti dovuto vedere la tua faccia”

​Lui però non accennava a distendersi, lei era stata particolarmente brava a recitare e lo aveva scosso.
 
“Senti, Hermione, le battute lasciale a me, perché dalla tua bocca sono davvero inquietanti”
 
“Hai ragione, scusami, amore”
 
Si accorse dopo, in quel momento di spensieratezza e serenità, di aver proferito una parola di troppo, senza rifletterci, e alzò lentamente gli occhi su di lui.
 
“Come?? Era un’altra battuta?”

​Anche l'uomo la guardò sbalordito e pronunciò quelle parole in un sussurro per la grande sorpresa.
 
“Ron, ero venuta per”
 
“Per?”
 
Nella voce dell'uomo vi era una gran voglia di delucidazioni.
 
“No, nulla di importante”
 
Si disincantò dagli occhi di lui e si alzò velocemente, in piena crisi d’imbarazzo. Ron seguiva con attenzione i suoi movimenti, forse sperando ancora in una spiegazione ai suoi dubbi, che, in quel momento, erano addirittura, se possibile, aumentati.

Lei tentò di proseguire con difficoltà.
 
“C-ci vediamo a casa”
 
“A casa?”
 
“Cioè, a casa tua”

“No, Hermione, se ci viviamo insieme è casa nostra”

“No, Ron, resta sempre e solo casa tua”

​Faceva fatica a guardarlo negli occhi e lui, vista l'agitazione di lei e i suoi disperati tentativi di recuperare - e di mantenere un atteggiamento distaccato - , tentò di tranquillizzarla.
 
“Ehy, calmati, non è successo nulla. Non mi sono mica offeso”
 
Non sapeva più cosa rispondergli e fece per imboccare la via della porta, ma Ron si alzò rapidamente per bloccarla, afferrandola per le spalle.

​Il cuore di Hermione aveva placato i convulsi movimenti e riacquistò lentamente un più fluido dono della parola.
 
“Scusami, non avrei dovuto, non so cosa mi sia preso. È stato un piccolo lapsus. L’abitudine”
 
“Certo. L’abitudine”
 
Lei si girò verso la scrivania, rompendo quel contatto visivo e lui mollò deluso la presa su di lei.
 
“Non preoccuparti, Ministro. Entro domani avrai tutto”
 
“Ok, allora vado. Buon lavoro, Ronald”
 
Lo oltrepassò, lasciandolo profondamente amareggiato, e uscì, accostando la porta.
 
“Anche a te" sospirò con sofferenza "Amore mio”
 
Risentì un piccolo sbuffo d’aria alla schiena ed immaginò che lei fosse tornata indietro. Si voltò, accennando un sorriso, ma trovò davanti a sé Harry, che lo fissava divertito.
 
“Amore a chi?”
 
“Harry!”
 
“Immagino fosse riferito ad Hermione”
 
“No! Assolutamente no! E poi per quale ragione, scusa?”
 
Tornò a testa bassa verso la sua scrivania e l'amico lo seguì senza perderlo d’occhio, sedendosi di fronte a lui. Ron riprese imbarazzato il suo lavoro.
 
“Forse perché siete tornati a vivere insieme”

​A quella considerazione volse di scatto lo sguardo su Harry.
 
“E tu come"
 
“I tuoi genitori”

​Ron fu particolarmente infastidito da quella che pareva essere un'ennesima intromissione nella sua vita.

“Chiaro. Mai una volta che si facciano gli affaracci loro”
 
“E Rose”

​Harry lo fissò con attenzione, sicuro di sortire nel cognato un effetto a sorpresa.
 
“Mia figlia?”
 
“Quante Rose conosci? Senti, amico, ti parlerò francamente" era veramente determinato in quel suo proposito "Mia nipote mi ha chiamato ieri, chiedendomi aiuto. Quella ragazza desidera solo che i suoi genitori tornino insieme. E Ron” gli tolse la penna dalle mani per avere maggiore concentrazione su di sé “se siete tornati a condividere lo stesso spazio, mi spieghi cosa diavolo state aspettando?!”
 
​Il tempismo di Harry era stato sicuramente provvidenziale, perchè probabilmente se avesse avuto ancora il pieno possesso della sua penna, avrebbe sicuramente proseguito nel suo arretrato lavoro, pur di cessare quello sgradevole discorso.

“Frena, Harry, non è come pensi, lo stiamo facendo solo per i nostri figli”
 
“Sì, certo, Ron, come dici tu” lo guardò estremamente scettico “Non ci credi nemmeno tu fino in fondo. E poi vogliamo parlare della vacanza al mare?”
 
“Sai anche questo?? Solo io ed Hermione ne siamo al corrente”
 
“E tutta la famiglia Weasley”

​Ron sbuffò, abbadonandosi, infastidito, sulla morbida poltrona.
 
“Miseriaccia, non si può avere uno straccio di segreto”

“Miseriaccia? Sono due anni che non te lo sentivo dire. Pare proprio che si stia tutto sistemando” gli sorrise “Bill deve aver detto a qualcuno che hai intenzione di portare Hermione e i ragazzi a Villa Conchiglia. Ma la domanda è: lei ha accettato di venire con voi?”
 
“Sì, Harry, Hermione viene”
 
“Allora sai cosa devi fare”

​L'espressione di Ron tornò ad essere da infastidita a perplessa.
 
“E cioè?”
 
“Le devi chiedere di risposarti”

​L'uomo si spaventò davanti a quella eventualità.
 
“Non lo farò. Così rischio di rovinare anche quel poco che abbiamo ricostruito. Già ho rischiato ieri sera”
 
“Che è successo ieri sera?”

​Si rese conto dopo di aver parlato troppo.
 
“N-niente. Niente d’importante. E poi non sono bravo con queste cose”
 
“E che ci vuole, Ron, lo hai fatto una volta e non ti sarà difficile replicare”
 
“Per la verità sarebbe la prima volta”

​Ora quello estremamente perplesso era diventato Harry.
 
“Come??”
 
“Non le ho mai chiesto di sposarmi”

“Te lo ha chiesto lei?”
 
“Ma certo che no. Tranquillo, non sono caduto così in basso. Abbiamo semplicemente deciso insieme”
 
“Allora direi che è la volta buona per rimediare”

​Fece appena in tempo a terminare la frase, che il suo telefono squillò.
 
“Problemi?”
 
“Ginny che mi chiama per i bambini” si alzò e proseguì, prima che l'amico potesse chiedere ulteriori informazioni sui nipoti “Ron, tu pensa alla mia migliore amica che a tua sorella penso io”
 
Si avviò verso la porta, ma l’amico lo richiamò indietro.
 
“Harry”
 
“Sì?”
 
“La penna”
 
“Ah, giusto, ne ho un miliardo, ma ho sempre il brutto vizio di portarmele via. Forse è per quello che ne ho tante" si avvicinò alla scrivania e, nel posarvi l'oggetto, colse l'occasione per un ultimo fugace suggerimento "E ricorda, Ron, un tramonto sul mare è quello che ci vuole in questi casi. E un anello”

​"E tu da quando sei così romantico?"

​"Tua sorella mi ispira"

​Quell'ultima affermazione aveva affievolito la poesia che aleggeva intorno a quell'idea.

​"Ok, Harry, non voglio sapere altro. Ci penserò, ma non ti prometto nulla"
 
 
 
 
Le settimane passarono, la convivenza fu più o meno tranquilla, ma Ron e Hermione, presi da mille impegni - così si raccontavano - non avevano avuto l'occasione di qualunque momento di intimità.
 
Arrivò finalmente  il tanto atteso giorno della partenza. I ragazzi ebbero un shock di gioia quando scoprirono che la madre sarebbe partiti con loro. Ron però ebbe l’accortezza di non rivelare 
- soprattutto ad Hermione - la loro destinazione, almeno fino al loro arrivo.
 
L’uomo si smaterializzò insieme alla famiglia. I ragazzi rimasero stupiti di quel posto incantevole, ma non lo conoscevano, mentre Hermione rimase paralizzata. 

​Difronte a loro vi era una grande distesa di acqua, una sabbiosa vasta spiaggia e sola una graziosa casetta nel mezzo del nulla.
 
Si girò verso di lui stupita.
 
“Ron!”
 
“Ho sbagliato?”
 
Domandò con  palese timore e incertezza.
 
Rose e Hugo si erano lanciati in avanscoperta e la donna seguiva i passi dei suoi figli con sguardo attento.
 
I ragazzi li chiamarono all’improvviso con concitazione. I genitori si avvicinarono e ciò che videro fu qualcosa di molto familiare: una lapide improvvisata con un grande e liscio masso.
 
Qui riposa

Dobby

un elfo libero
 
Una lacrima scese dalle guance di Hermione, andando a posarsi su quel sacro terreno, e solo la voce di suo figlio la ridestò da quella profonda malinconia.
 
“Mamma. Lo conoscevi?”
 
“Sì, tesoro” si chinò per rendere omaggio a quella lapide “Era un amico mio e di tuo padre”
 
Ron si sentì in colpa, non voleva rattristarla, non era davvero sua intenzione, ma in quel momento sentì anche i suoi occhi pizzicare. Trovò la forza di proferire poche - ma immensamente grate e commosse - semplici parole.
 
“Anni fa Dobby ci ha salvato la vita”
 
L’uomo estrasse la bacchetta e con un banale incantesimo adagiò una corona di rose bianche ai piedi del necrologio.
 
Hermione alzò lo sguardo su di lui e tra le lacrime gli porse un leggero e triste sorriso. Si schiarì la voce e si rivolse a Rose e Hugo.
 
“Dai, ragazzi, andate a dare uno sguardo dentro casa, io la conosco a memoria”
 
I due volarono verso la porta, scomparendo alla vista dei genitori. La donna si alzò in piedi e si avvicinò a Ron.
 
“Mi dispiace, Hermione, scusami tanto, non era mia intenzione rattristarti, volevo che passassimo due settimane in allegria, non ho pensato che questo posto potesse arrecarti così tanto dolore con tutti i ricordi tristi che ci evoca. Hai ragione quando mi dici che ho la sfera emotiva di un cucchiaino e”
 
Non riuscì a terminare la frase che una delicata e familiare mano si appoggiò alle sue labbra, interrompendo quel concitato monologo di rammarico.
 
“Grazie per questo regalo, Ron”
 
Gli occhi di lei erano lucidi, ma in profondità vi era veramente una sincera gratitudine e questo lo fece sentire inspiegabilmente l’uomo più fortunato del mondo.

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Capitolo 9
*** Maldestro fraintendimento ***


Maldestro fraintendimento
 
 
Quel gradevole tepore estivo e l’immensa e serena distesa celeste resero quella serata ancora più magica.
 
Eppure, nonostante tutta la spensieratezza emanata dalla natura, Ron aveva rubato qualche minuto alla sua famiglia per riflettere.
 
Se ne stava tutto solo, seduto su quella bianca sabbia a contemplare l’orizzonte, dove a breve il sole incandescente sarebbe scomparso, lasciando il posto ad una notte buia, illuminata solo da piccoli corpi celesti. Rimase incantato dalle leggere e delicate onde rosse del mare, che si muovevano nella sua direzione, senza però sfiorarlo di un millimetro.
 
La mente dell’uomo era altrove però.

Ripensò alle parole del cognato, gli si insinuarono in testa, non riusciva a discostarsi da quei pensieri. Era sorprendente come Harry fosse riuscito a leggere in modo così puntale nelle profondità del suo cuore.
 
Alla fine, dopo mille incertezze e ripensamenti, le aveva prese un anello, nulla di pretenzioso o appariscente, semplice come lei, quel piccolo oggetto gliela ricordava parecchio. Lo portava sempre in tasca da quando la loro vacanza era iniziata, sperando in quel modo di trovare un po’ di coraggio per compiere quel passo così importante.
 
Sentiva di desiderarlo, il suo istinto parlava chiaro, anche se la sua mente non era del tutto d’accordo e forse era proprio quella eterna lotta tra cuore e mente a frenarlo.
 
"Ron"
 
Una dolce e pacata voce lo riportò alla realtà, provocandogli un lieve rossore sul viso, per fortuna il tramonto camuffò quell’inconveniente.
 
Hermione si sedette accanto a lui, stando attenta a non sfiorarlo. Lui seguì con particolare attenzione i suoi movimenti.
 
“Che fai qui da solo?”
 
“Pensavo”


Le rispose riportando lo sguardo sull'orizzonte.
 
“Lo vedo che sei particolarmente pensieroso. A cosa, se non sono indiscreta?”
 
Il tramonto. L’anello. Loro due davanti al mare. Mancava solo il suo coraggio.
 
Ron abbassò involontariamente gli occhi sulla sua tasca e la sfiorò titubante.
 
“Che hai?”
 
Hermione era quasi divertita difronte a tanto mistero e si sporse oltre lui, spinta dalla genuina curiosità di scoprire cosa nascondesse.
 
“Niente”
 
“Cosa mi nascondi, Ron?”
 
Lui, messo con le spalle al muro, estrasse la bacchetta da sotto la maglietta e cercò un modo per distrarla.
 
“Che fai?”
 
Farfallus Explodit
 
Subito una decina di luminose farfalle uscirono dalla bacchetta di Ron ed iniziarono a svolazzare davanti ai due.
 
Lei rimase interdetta.
 
“È un incantesimo di attacco, Ronald. Non serve per abbellire il tramonto”
 
“Non ti piace? Sempre meglio degli uccelli assassini che mi hai lanciato addosso al sesto anno”


Ron proferì quelle parole con risentimento.
 
“E ho fatto bene”

Lei assunse un atteggiamento offeso.
 
“Eri gelosa di Lavanda?”
 

Proferì quella domanda con una certa nota di stupore.

“Gelosa?? È un eufemismo” rivolse lo sguardo al tramonto “Tu eri mio, Ron e di nessun’altra al mondo. Ok, implicitamente mio, ma lo eri”
 
Si girò verso di lui e si ritrovò i suoi grandi occhi smeraldo puntati su di sé.
 
“Lavanda non ha mai significato nulla per me. Ci sei stata sempre e solo tu, Hermione”
 
Si guardarono per interminabili secondi. Da entrambe le parti la distanza tra i loro due volti diminuì pericolosamente, ma una voce spaventata disattese le loro attenzioni, quando ormai erano in grado di percepire il respiro dell’altro sul volto.
 
“MAMMA! PAPà!”
 
Le richieste di aiuto della ragazza li fecero scattare in piedi e precipitare dentro casa.
 
Rose aveva un coltello sanguinante in mano e Hugo aveva una profonda ferita sul braccio.
 
“Serve del dittamo”
 
Hermione reagì quasi subito e corse su per le scale.
 
Ron tolse con riprovazione quell’arma dalle mani della figlia.
 
“Si può sapere che diamine state combinando?”
 
“Papà, è colpa mia, ti spiegherò tutto dopo, ma ora aiuta Hugo”
 
L’uomo la ascoltò, alzò la bacchetta e cercò di fermare quell’emorragia in attesa del ritorno di Hermione.
 
Epismendo
 
Non era così sicuro che l’incantesimo avrebbe funzionato, era troppo agitato e arrabbiato. Il sangue cessò di fluire, anche se le ferite rimasero aperte.
 
“Ora parlate entrambi, prima che perda sul serio la pazienza”
 
Fu di nuovo Rose a prendere la parola, il fratello era ammutolito dal dolore e dal terrore per le ripercussioni di quel gesto.
 
“So che ci hai detto di non farlo, ma io non ti ho dato ascolto e volevo preparare una cena romantica per te e la mamma. Hugo ha tentato di fermarmi, voleva obbedirti, ma avevo in mano il coltello e accidentalmente l’ho ferito”
 
“A momenti ammazzi tuo fratello, Rose! Ma cosa diavolo ti dice il cervello?!”
 
Hermione arrivò in quel momento e terminò velocemente di curare le ferite al ragazzo, interrompendo così quel rimprovero.
 
“Mi dispiace, papà”
 
“Chiedi scusa a Hugo, non a me. E filate entrambi nella vostra camera, prima che vi vengano altre geniali idee. Magari la prossima volta tenterete di far esplodere la casa?”
 
I due non replicarono e sconsolati ubbidirono.
 
Hermione era ancora affannata per la frenesia della corsa nel tentativo di prestare un veloce soccorso al figlio. 

“Merlino, che paura”
 
“Abbiamo dei figli incoscienti, non sono più dei bambini, eppure si comportano come tali”
 
La donna fece scivolare lo sguardo sul coltello ancora nelle mani di Ron.
 
“Metti giù quell’arnese, Ronald”
 
Lui si sbrigò a posarlo sul tavolo, senza badare troppo che fosse imbrattato di sangue.
 
Hermione tornò ad alzare gli occhi su di lui e rimase un istante sovrappensiero, fino a che con uno scatto gli infilò una mano in tasca per recuperare finalmente l’oggetto misterioso.
 
“Ehy, ma che fai?”
 
Fu talmente veloce, che Ron non riuscì ad intercettare quella piccola e vellutata mano, prendendolo alla sprovvista.
 
La donna rimase sorpresa quando si ritrovò tra le mani una scatolina blu, da cui non riusciva a distogliere gli occhi.

Lui la guardò mortificato, sentendo che le sue intenzioni erano state scoperte.
 
Hermione fece per aprirlo, ma Ron la bloccò con la voce.
 
“No, ferma!” si voltò verso lui ancora più interdetta “N-non è per te”
 
Si pentì l’istante immediatamente successivo per aver proferito una simile castroneria.
 
“Ah” lei rimase palesemente delusa “Mi dispiace, non volevo essere indiscreta e invadente”
 
Gli riporse l’oggetto con mani tremanti.
 
“Avevo capito che non avessi alcuna relazione”
 
“E infatti non ce l’ho”
 
Cercò di rimediare, ma lei si era già fiondata verso le scale con l’evidente voglia di rimanere sola per sfogare la sua frustrazione.
 
“Hermione, aspetta”
 
Ma lei non gli dava retta e proseguiva per la sua via.
 
“Ascoltami, ti prego”
 
La seguì, fino a che lei non entrò in camera, socchiudendo la porta alle sue spalle.
 
Rose e Hugo seguirono la scena affacciandosi alla porta.
 
“Papà, è colpa nostra, se io non mi fossi fatto male, forse sarebbe andata diversamente stasera”
 
“Non preoccuparti, figliolo, ora ci penso io. Tornate dentro”
 
Chiuse la porta della stanza dei figli e si avviò verso quella della sua ex-moglie. Provò a proferire qualche parola attraverso quella piccola fessura che lei aveva lasciato - accidentalmente o no - aperta.
 
“Hermione”
 
“Ron, scusami, voglio stare un momento da sola. Ora mi passa”
 
“Se non vuoi parlare, almeno ascoltami” attese un assenso che non arrivò, ma il non avere difronte la sua interlocutrice lo portò ad essere estremente sincero, senza alcun filtro “Non sono stato con nessuna da quando ci siamo lasciati. Non ci sono mai riuscito” appoggiò una mano allo stipide della porta, con la vana intenzione di trovare la giusta dose di coraggio per proseguire quell'accorato discorso “Hermione, l’anello era per te. Dimmi che sono stupido, incosciente, ma io” infondo non
riusciva ancora a pronunciare apertamente le due parole più importanti “ io non ti ho mai dimenticata veramente. Come potrei dimenticare la donna che ho aspettato per anni? E non so per quale strana ragione sia stata mia. Lo capisco se non vorrai riprovarci, se avrai paura - perché anche io ho veramente timore che tra noi non funzioni di nuovo -, ma ti prego non voglio che questo rovini il nostro rapporto, che ci allontani nuovamente. Ti chiedo solo questo, per il resto capisco davvero tutto. Sono pessimo in questo genere di cose, tu lo sai meglio di me, ma non riesco ad andare avanti così. Sarò egoista, Hermione, ma io ho bisogno di te. Senza te non può essere uguale. Quindi promettimi almeno che non ti allontanerai da me. So che è chiederti molto, perché ti sto impedendo di essere felice con qualcuno che ti ami e che tu ami, ma io spero che non capiti mai, perché non so se potrei sopportarlo” attese una qualsiasi reazione, anche impercettibile “Hermione, ti sei addormentata? Sono stato così noioso?”
 
Lei aprì lentamente la porta e lo fissò con i suoi grandi occhi arrossati. Non gli diede nemmeno il tempo di ribattere, che gli fiondò le braccia al collo, lasciandolo spaesato per qualche secondo. Ricambiò lentamente quel tanto atteso abbraccio, facendo scivolare le mani sulla schiena. Si strinsero con dolcezza, come se non aspettassero altro che quel contatto. Affondarono il viso sulla spalla dell'altro e strinsero le palpebre per imprimere nel cuore quel momento. 


La donna sciolse per prima quell'intenso abbraccio e Ron non poté fare altro che allentare la dolce presa su di lei.
 
“Hermione, che significa?”
 
“Significa che ti voglio bene. Un bene incalcolabile”
 
“Mi vuoi bene??”
 
Ma che bene! Durante quell’abbraccio erano stati circondati da un’aura di amore, non poteva essere che lo aveva percepito solo lui. Due amici non si sarebbero di certo mai stretti in quel modo.
 
“Hermione, mi hai frainteso”
 
“No, ho capito cosa intendevi. Ti ho ascoltato ed ho capito ogni singola parola”


Era affranta nel proferire quel triste verdetto.
 
“Ma tu non vuoi più stare con me, giusto?”  un sorriso amaro come il fiele si delineò sul suo volto “Quindi se io ti dicessi” tentò in un ultimo disperato tentativo “Hermione Granger vuoi risposarmi? Tu mi diresti di no, vero?”

“Ron”
 
Aveva trovato il coraggio dopo anni di farle la proposta, ma quell'impercettibile e amareggiato sussurro con cui aveva pronunciato il suo nome non lo fece ben sperare in una risposta affermativa.
 
“Va bene, sono stato io il primo a dirti che avrei compreso e accettato un tuo rifiuto. Amici come prima, davvero”
 
Si diresse verso le scale.
 
“Ronald, dove vai?”
 
“Ho bisogno di restare solo. Poi mi passa. Tranquilla, sto bene"


Scomparve alla sua vista, lasciandola profondamente scossa.

Rose e Hugo non erano riusciti a non ascoltare quel dialogo che si stava svolgendo a pochi passi da loro, così appena capirono che il padre si era allontanato, spalancarono la porta.

"Mamma! Cosa stai aspettando, corrigli dietro e digli che lo vuoi sposare"

Hermione guardò interdetta la figlia e cercò confusa di comprendere quelle parole.

"Tesoro, tu non capisci, è complicato"

"Non c'è nulla di complicato. Vi amate e noi ve lo abbiamo detto fin dall'inizio. Fermalo prima che faccia qualche sciocchezza"

"Qualche sciocchezza??"


Quell'eventualità la riportò totalmente presente e seguì il consiglio di Rose.

Uscì velocemente sul pianerottolo di casa e lo chiamò a gran voce.

"RON!"


Ma non ricevette risposta. Si era smaterializzato chissà dove ed era tutta colpa sua.

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Capitolo 10
*** Una tremenda verità ***


Una tremenda verità
 
 
Lo sapeva. In quel momento tutto le fu chiaro, nella sua mente si fece finalmente largo il motivo di tanta sofferenza.
 
Non sapeva come comunicarlo a Ron. Era certa che con quella notizia gli avrebbe spezzato il cuore.
 
Lo avrebbe sposato, anzi risposato, ad occhi chiusi, perché lo amava più della sua stessa vita.
 
Ma era proprio questo il problema, la vita le stava sfuggendo di mano inesorabilmente e lei non sapeva come arrestare il flusso del tempo, neanche se avesse riportato indietro la Giratempo mille volte avrebbe bloccato l'avanzare della causa della loro sofferenza.
 
Forse in fondo lo sapeva già da tempo, come minimo da più di due anni. Le tremarono le gambe al solo pensiero del giorno in cui lo aveva scoperto, il momento più brutto della sua vita, ma era riuscita a camuffare, a mascherare quella sua nuova condizione ed era giunta persino ad ingannare se stessa.
 
Solo nell’istante in cui imboccò quelle vie tanto familiari e tanto amate le sorse alla memoria la verità. Lo aveva allontanato per evitare che soffrisse, aveva lentamente e inconsciamente tentato di spezzare quel forte legame, per arrivare al punto di non provare apparentemente più amore, creando un muro insormontabile tra loro.
 
Si sentiva una stupida, perché probabilmente l’unica cosa di cui necessitava in quei momenti era la sola di cui si stava privando. Ed ora a distanza di due anni come avrebbe giustificato quel suo gesto, che sarebbe sicuramente stato frainteso con la mancanza di fiducia?
 
Quei vicoli, quegli incroci, persino quel giardino le riportarono alla memoria ricordi indelebili. Era lì che Rose e Hugo erano nati, dove lei e Ron avevano vissuto i loro anni più belli insieme, ma ora quei luoghi, quei profumi, quei paesaggi non appartenevano più a loro, avevano detto loro addio, quando avevano abbandonato la loro casa.
 
Si erano davvero impegnati a distruggere tutto ciò che avevano costruito insieme, o meglio, era stata lei a dare il peggio di sé, rifiutando giorno dopo giorno l’unico uomo che lei avesse mai amato. Ora lo sapeva, era colpa sua se il loro amore si era affievolito, se erano tornati ad essere amici e a tratti addirittura semplici conoscenti, se non fosse stato per quelle piccole grandi cose che avrebbero condiviso per sempre.
 
Sapeva che lo avrebbe trovato lì, non era razionale, ma il suo cuore l’aveva guidata, le aveva indicato la via di casa.
 
Non conosceva ancora le parole che avrebbe impiegato per dargli la notizia, era troppo difficile ammettere la fine e con essa un’inevitabile sconfitta.
 
Non vi era speranza, nessuna cura che potesse consentire a quell’incubo di cessare, ma voleva trascorrere i suoi ultimi istanti di vita accanto alla sua famiglia e nei panni della signora Weasley.
 
Forse avrebbe potuto ancora fingere, dopotutto quell’imprevedibile malattia che l’aveva inspiegabilmente colpita non era progredita, lei stava bene e nessuno si era accorto della sua precaria salute. Era consapevole del fatto che Ron non sarebbe stato del suo stesso avviso, avrebbe fatto carte false pur di trovare una cura, forse avrebbe addirittura sfidato la legge magica, rischiando l’ergastolo ad Azkaban, pur di salvarle la vita, perché sapeva di essere amata da lui, lo percepiva ogni volta che i loro occhi si sfioravano.
 
Gli aveva già inferto un dolore lancinante con quel semplice ‘ti voglio bene’, ma lei nel cuore non percepiva solo bene per il padre dei suoi figli, provava un grande e insostituibile amore e l’idea di dovergli un giorno – prima delle sue meno longeve aspettative di vita – dire addio anticipava solo la sua dipartita, perché il cuore minacciava di cedere in una manciata di secondi.
 
Quei ricordi che le frullavano in testa le facevano venir meno il respiro e l’ultima eventualità di cui necessitava in quel momento era uno svenimento. Sentiva un macigno premerle sulla testa e le gambe tremanti minacciavano di cedere.
 
‘No, ti prego, non ora’
 
Accostò la schiena alla parete di una casa abbandonata nel tentativo di contenere quel malessere. Accelerò la respirazione per ossigenare maggiormente il cervello, ma la sua condizione non accennava a migliorare. L’imbrunire stava scendendo e sperò vivamente che Ron non notasse il suo stato, immaginò di essere parecchio pallida, quasi cadaverica - rise per quel paragone così infelice e alzò gli occhi al cielo -, forse quanto la Luna quella sera, se non di più.
 
Non avrebbe mai voluto abbandonare i suoi figli, erano la sua luce in quell’infinita galleria, le avevano infuso forza senza nemmeno accorgersene, avevano accompagnato - anche solo percependo i rilassati respiri provenire dalla loro stanza - quelle solitarie notti prive della presenza di suo marito, quello che sarebbe dovuto essere il suo compagno per il resto della vita. Ma ora non c’era più tempo, nemmeno per recuperare quegli anni che lei aveva acconsentito a perdere, aveva regalato al vento due preziosi anni della loro vita. Ogni secondo, ogni battito, ogni respiro era diventato prezioso per Hermione, il sangue si gelava nelle vene al solo pensiero che presto o tardi avrebbe dovuto dichiarare la sua clamorosa sconfitta alla vita, perché la Dama delle Tenebre era lì in allerta, in quel buio che stava serenamente scendendo la stava attendendo pronta ad agire quando sarebbe stato il momento.
 
Lacrime amare le solcavano il viso. Davvero troppo dolore da sopportare per una sola persona, ma lei quella sofferenza aveva imparato a rintanarla in un angolino del suo cuore per evitare che le persone a lei più care stessero male insieme a lei. Non ce n’era bisogno, lei se ne sarebbe comunque andata, ma sul modo aveva ancora pieno potere, non avrebbe spento il sorriso dai loro volti, ci sarebbe stato tempo per piangere, ma lei non li avrebbe visti, non ci sarebbe riuscita, desiderava solo vivere quell’ultimo periodo in serenità.
 
Chiuse gli occhi per trovare la giusta dose di forza per proseguire la ricerca, ma le sue intenzioni vennero disattese da una voce tanto familiare, quanto inquietante in un momento simile ed anche quel dolce e sussurato suono era rotto dal pianto.
 
<< H-Hermione >>
 
Credette di intravedere i contorni di quella figura avvicinarsi lentamente sempre più a lei. L’uomo era in controluce rispetto ai raggi lunari.
 
Cercò di catturare gli occhi di lui per verificare che stesse realmente piangendo, ma il buio disattese quell'intenzione.
 
Si avvicinò lentamente a lui con la paura di vivere un sogno, o il grande desiderio di svegliarsi per terminare quell'infinito incubo. Le gambe ancora tremanti reggevano a malapena la sua persona e quando capì di essere a pochi centimetri da lui, gli buttò le braccia al collo.
 
<< Ron, ti prego, reggimi >>
 
Ora era lui ad essere alla ricerca disperata dello sguardo di lei ed interdetto le cinse i fianchi, accogliendo le sue richieste.
 
E poi, finalmente, in un ultimo unisono respiro, le loro labbra si unirono velocemente. Percepirono quella indimenticabile e bramata morbidezza. Non osarono violare quella pelle, si accontentarono di quel sobrio contatto. Era molto più di quello che avrebbero sperato.
 
Allontanarono lentamente i loro visi, anche se con qualche reticenza.
 
<< Come sapevi che ero qui? >>
 
<< Lo sentivo >>
 
Ron aguzzò la vista sul viso di lei.
 
<< Hermione, ma stai piangendo? >>
 
<< Se è per questo anche tu >> quel bacio così umido aveva chiarito i suoi dubbi << Ronald, ero venuta per dirti che sì, voglio sposarti >>
 
Le lacrime dell’uomo bloccarono la loro corsa a metà strada, seguendo la stessa reazione del loro proprietario.
 
<< V-vuoi essere di nuovo mia moglie? Ne sei sicura? >> era profondamente incredulo << Avevo capito mi volessi bene, ma non che mi amassi >> temeva di aver azzardato troppo << Perché tu mi ami, vero? >>
 
<< Ti amo, Ron. E non sono mai stata più sicura di volerti sposare >>
 
Si stavano riavvicinando per dare inizio ad un nuovo e forse più appassionato bacio, ma lui si ritirò, lasciandola perplessa.
 
<< No, aspetta >>
 
<< Che c’è, Ronald, hai cambiato idea? Mi vuoi mollare sull’altare? >>
 
Seguiva i gesti di lui divertita, mentre si era lanciato alla ricerca di quella famosa scatolina blu. La aprì e ne estrasse l’anello.
 
<< Credo che questo sia tuo, Hermione >>
 
Lei lo guardò e lo trovò meraviglioso, o meglio, trovava stupendo che proprio lui le stesse donando un simile oggetto.
 
<< Non mi avevi mai regalato un anello, sai? >> staccò la mano sinistra dalla spalla di lui e gliela porse << A te l’onore >>
 
Lui le lanciò un’occhiata emozionata, per poi infilarlo lentamente all’anulare. Porse un leggero bacio sul dorso della mano e la strinse al petto all’altezza del cuore.
 
<< Ron, ho solo una richiesta >>
 
<< Tutto quello che vuoi, tesoro >>

Hermione cercò di mantenere un tono tranquillo anche se i pensieri la stavano logorando. 
 
<< Vorrei che ci sposassimo domani >>
 
<< Che fretta hai? >>
 
<< Non voglio passare un secondo di più lontana da te >>
 
Ma era stata sincera solo per metà.
 
 
 
 
Tornarono silenziosamente a Villa Conchiglia, non vedevano l’ora di dare la notizia ai loro figli, ma temevano fossero già nel mondo dei sogni.
 
Li trovarono in soggiorno in preda alla disperazione e al timore che ai loro genitori potesse essere accaduto realmente qualcosa.
 
I ragazzi tirarono un sospiro di sollievo quando li videro rientrare sani e salvi, buttandosi tra le loro braccia.
 
<< Ehy, stiamo bene, perché questo slancio di affetto?! Hugo non mi abbracciavi così da quando avevi nove anni >>
 
Ron cercò di sdrammatizzare quella situazione, che sapeva essere stata pesante per i loro figli.
 
A Rose non passò inosservato il nuovo luccichio che risplendeva alla mano della madre e la prese tra le sue sorpresa.
 
<< Mamma, che significa? >> lentamente un grande sorriso si delineò sulle labbra della ragazza e il suo guardo non smetteva di vagare sui volti di entrambi i genitori, che presto ricambiarono quell’entusiasmo << Aspetta, non dirmi che…sarebbe troppo bello, quindi non può essere vero >>
 
<< È tutto reale, tesoro, io e tuo padre ci risposiamo >>
 
Gli occhi di Rose e Hugo non riuscirono a contenere quella forte emozione ed anche i loro genitori si abbandonarono nuovamente a quel sentimento.
 
Avrebbero vissuto finalmente una notte più serena. Dopo tutta quella gioia i ragazzi si addormentarono quasi subito e i sogni che avrebbero invaso quella stanza sarebbero stati sicuramente belli.
 
Ron diede la buonanotte ad entrambi e in punta di piedi uscì dalla camera, chiudendo delicatamente la porta. Si voltò alle sue spalle convinto di trovare il sorriso di Hermione. Così fu e lui prontamente ricambiò.
 
<< Stanno già dormendo? >>
 
<<>> la guardò ancora incredulo e ammaliato per la repentina svolta che aveva preso la loro vita << Allora, a domani, Hermione >>
 
Si avviarono entrambi verso le loro stanze, che erano esattamente l’una difronte all’altra.
 
Con titubanza lei abbassò la maniglia, ma si bloccò, voltandosi di scatto verso di lui, appena prima che lui entrasse.
 
<< Ron? >>
 
<< Sì? >>

​Era titubante nel comunicare i suoi pensieri, ma era più forte la voglia di tornare a riprovare la loro personalissima felicità.

<< Ti va di farmi compagnia stanotte? >>
 
<< Dici sul serio?? >>
 
Non era mai stata più seria, lei non voleva morire, ma se proprio era inevitabile, desiderava almeno recuperare una minima parte del tempo perduto.
 
Si avvicinò a lui, vedendolo spiazzato dalla richiesta e lo baciò con enfasi, spingendolo nella sua camera.
 
Si staccò da lui solo per dare un giro di chiave sotto l’espressione ancora incredula di Ron.
 
<< Che c’è, Ronald, perché mi guardi così? >>
 
<< Niente, se è quello che vuoi, non sarò certo io a rifiutarmi >>
 
Gli sorrise e riprese con entusiasmo quel dolce contatto, ma stavolta dall’altra parte incontrò un pieno coinvolgimento. Lo fece indietreggiare fino al letto e nel mentre di quel gesto lui si impegnò a slacciare la camicetta di lei, fino a che non avvertì al tatto qualcosa di familiare, prendendolo tra le dita e posandolo sul palmo della mano.
 
<< Hermione, ma questa è >>
 
<< La mia fede >>

Gli rispose con una certa impazienza e fretta.

 
<< Anch'io l'ho conservata gelosamente >>
 
Lei gli tolse delicatamente il ciondolo dalle mani.
 
<< Non ho voglia di conversare stasera, Weasley >>
 
<< Se è per questo neanche io, Granger >> tentò di mantenere un tono serio << Però ti avviso sono un po’ arrugginito. E poi in fondo non ci converrebbe aspettare la nostra prima notte di nozze. O seconda, date le circostanze >>
 
Gli mise una mano sulla bocca per zittirlo.
 
<< Scordatelo, io non aspetto un minuto di più >>



Spazio dell'autrice

Ciao a tutti!

​Pensavate che tutto si sarebbe sistemato così facilmente? E invece no XD 
​Lo so, forse ho un po' esagerato, ma doveva pur esserci una spiegaziome dietro a questa separazione...chissà se Hermione troverà il coraggio di confessarlo a Ron...lo scopriremo ;)

​Scusatemi per il ritardo, ma è ricominciata l'infame routine -.-'

​Grazie a tutti coloro che seguono questa storiella!! <3

​Al prossimo capitolo (spero presto) :)
Baci
-Vale

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Capitolo 11
*** Una cerimonia infelice ***


Una cerimonia infelice
 
 
Era meraviglioso svegliarsi, sapendo di avere accanto la persona amata. Ed era ancora più bello aprire gli occhi e trovarla ad un centimetro dal proprio viso. Poteva percepire il suo rilassato respiro e in quella posizione - con entrambi le mani a fare da cuscino alla testa bruna e girata su un fianco – gli dava davvero l’impressione di stare ammirando una bambina. Sempre e solo lui aveva avuto il privilegio di godere di quella dolce immagine ed era stato così fortunato a riscoprirla proprio quella mattina. In quegli intimi momenti non vi era nemmeno l'ombra dell’autorevole Ministro della Magia, lei tornava ad essere se stessa in tutta la sua semplicità.
 
Le sue labbra tentarono di contenere il grande desiderio di stamparle un grosso bacio, anche solo sulla fronte, ma temeva comunque di interrompere quel dolce riposo.
 
Gli era infinitamente mancata, ma si era accorto tardi che senza di lei l’aria veniva meno. Si sentiva rinato, aveva davvero la sensazione di essere riemerso dagli Inferi. Nulla al mondo avrebbe potuto rovinare la gioia che gli stava esplodendo nel cuore.
 
Hermione, l’unica donna che lui avesse mai amato, con cui avrebbe trascorso ogni singolo giorno della sua futura vita, era difronte a lui, forse ignara delle sensazioni che era in grado di regalargli solo con la sua presenza.
 
Non pensava nemmeno di meritarla, anzi era più che certo di non essere all’altezza di una simile meraviglia. Non esisteva al mondo nulla di più diverso delle loro personalità, eppure si trovavano ancora lì, dopo tanti anni, a condividere lo stesso letto.
 
Era sicuro che prima o poi qualche altro uomo gli avrebbe portato via la sua Hermione, bastava davvero poco per essere migliore di lui, e ormai si era rassegnato all’idea che quel giorno sarebbe presto arrivato, qualcuno avrebbe preso il suo posto, cogliendo al volo un’occasione più unica che rara. E invece no, nessuno dei timori, che abitavano il suo cuore, si era avverato. Lei era tornata da lui. Ma perché si voleva così male? Avrebbe potuto avere tutto quello che voleva, perché lei possedeva tutto ciò che un uomo potesse desiderare.
 
Si sentiva uno stupido ad aver rinunciato ad un tesoro così prezioso con una simile facilità, ma infondo voleva che lei fosse felice e vent’anni erano stati già un regalo enorme che la sua perfetta sposa gli aveva donato.

​Lei era tutto per lui. In pochi anni era riuscita davvero a ricoprire tutti i ruoli nella sua vita e il loro rapporto si era evoluto, diventando sempre più intimo. Quella donna era una confidente, un'amica, la migliore che lui potesse desiderare, e anche quando la loro amicizia si era trasformata in amore, non aveva cessato di esserlo. 
 
Sentì scendere lacrime di gioia lungo le sue guance. Le riconobbe, perché erano immensamente leggere e dolci. Bagnarono il cuscino all’altezza del suo viso e i suoi occhi continuarono ad ammirare quella celestiale figura, nonostante quel lieve velo lucido.
 
Due anni di solitari risvegli, ma nonostante l’abitudine gli avesse suggerito di farsene una ragione, sentiva che il cuore non stava davvero aspettando altro che quel momento.
 
L’avrebbe risposata quel giorno stesso, ma stavolta sarebbero stati insieme, loro e i ragazzi, sarebbero tornati ad essere la famiglia che erano sempre stati. Per sempre. Non avrebbe commesso lo stesso errore due volte e alla sua vita non avrebbe più rinunciato.
 
Era stata lei a risvegliarlo da quell’infinito torpore, l’unica che fosse riuscita in quell’impresa, visto che aveva sempre avuto occhi solo per lei. Non vi era stato spazio per altre donne, preferiva mille volte la solitudine, piuttosto che rinnegare i suoi sentimenti. L’avrebbe percepito come un tradimento e lui voleva esserle fedele, non importava se quel divorzio lo aveva reso libero, perché quella firma non poteva liberarlo da quello che realmente provava, lo aveva sepolto nel cuore e i baci di quella notte avevano avuto il potere di riporlo in superficie.
 
Aveva un potere enorme su di lui quella donna, lo aveva incantato, stregato. Chi aveva detto che gli anni spegnevano la passione? Quel tizio aveva avuto torto e loro ne erano la prova vivente. L’avrebbe amata allo stesso modo per altri mille anni, senza stancarsi mai di ogni centimetro della sua pelle.
 
Avevano lottato per stare insieme, avevano spezzato i muri della logica, dell’incompatibilità, avevano superato una terribile Guerra, ma, nonostante tutto avrebbe fatto pensare il contrario, il loro amore aveva resistito alle tenebre, ai fraintendimenti, alle incomprensioni, ad innumerevoli litigi, ma stando insieme compresero che non vi era migliore cura dell’amore. Un amore puro e sincero che niente avrebbe mai scalfito.
 
Gli vennero in mente mille ricordi felici e altrettanti ricordi meno gioviali, ma loro erano lì, a condividere la stessa stanza, a respirare la stessa aria, ad amarsi come il primo giorno. E quel grande amore così contrastato, da loro stessi in primis, aveva concesso la vita ai loro splendidi figli. Ron ne era certo, Rose e Hugo avevano ereditato solo quell’inconfondibile chioma vermiglia dai Weasley, per il resto erano tali e quali ad Hermione, specie la ragazza, una tenacia ed una determinazione che faceva persino invidia alla madre. Infondo doveva ringraziare i suoi figli, era anche merito loro se erano arrivati a quel punto, se alla fine tutto si era sistemato.
 
Il flusso di quei pensieri si bloccò improvvisamente nella mente dell’uomo, quando notò che il soggetto in questione stava lentamente riemergendo dal mondo dei sogni. Aveva pensato a lei troppo intensamente, provocandole quel precoce risveglio?
 
Non appena gli occhi di Hermione iniziarono a mettere a fuoco ciò che incontrarono sulla loro traiettoria, un grande sorriso si dipinse sul suo volto.
 
<< Buongiorno >>
 
Ron era lievemente diventato rosso in volto, ripensando allo loro notte così infuocata, ma tentò di tenere alto lo sguardo su gli occhi di lei e di esprimerle quella gioia che serbava nel cuore.
 
<< Ben svegliata, tesoro >>
 
Hermione notò una piccola lacrima rimasta sul volto di lui, la asciugò con la punta del pollice, ma un brivido attraversò la sua schiena, pensando che quello sarebbe stato niente in confronto al dolore che avrebbe versato per la sua dipartita.
 
<< Delusa? >>
 
Ron cercò di interpretare l’espressione di lei, che d’improvviso era diventata seria.
 
La donna riemerse da quei pensieri e impiegò qualche istante per comprendere a cosa lui si stesse riferendo.
 
<< Per l'amor del cielo, Ronald, certo che sono delusa! >> cercò di sembrare più offesa possibile << Mi hai mentito spudoratamente. Mi avevi giurato che non c’era stata alcuna donna nella tua vita in questi due anni, ma, da quello che ho potuto vedere stanotte, a me è sembrato l’esatto contrario >>
 
Lui rimase interdetto per quella reazione.
 
<< Ma è vero, da quando ci siamo lasciati non >>
 
Non fece in tempo a finire la frase che gli arrivò un grosso bacio sulle labbra. Ron non poté fare a meno di sorridere davanti a quella risposta.
 
<< Hermione, dobbiamo organizzare la cerimonia e chiamare gli invitati >>
 
Quelle parole la lasciarono perplessa, non voleva un grande matrimonio, dopotutto lo aveva già avuto, e quel passo per lei era solo una formalità. Desiderava solo che tornasse tutto alla normalità, cancellando quei due anni di lontananza, facendo conto che non fossero mai esistiti e ricominciando da dove insieme si erano interrotti. Anche se sapeva che la loro vita sarebbe stata ben presto stravolta e per sempre.
 
<< Io veramente pensavo a qualcosa di intimo >>
 
<< Non se ne parla proprio! >> era profondamente contrariato << Non preoccuparti penso a tutto io. Tu pensa solo ad essere bellissima >> ci pensò un momento << No anzi, non ne hai nemmeno bisogno, sei perfetta così >>
 
Colto dall’euforia, le rinnovò un nuovo bacio e si alzò, andando alla ricerca dei suoi vestiti.
 
Lei stava per ribattere, quando due leggeri colpi alla porta attirarono la loro attenzione.
 
<< Papà, dormi? >>
 
Era Hugo, che subito dopo tentò anche di abbassare la maniglia, trovando qualche difficoltà ad entrare.
 
Ron lanciò un’occhiata spaventata ad Hermione, la quale gli fece segno di non annunciare la sua presenza.
 
<< No, figliolo, ora arrivo >>
 
<< La mamma è lì con te? Perché nella sua stanza non c’è e Rose è andata a cercarla senza successo >>
 
<< N-no, Hugo >> si voltò di nuovo verso di lei, con l’evidente intenzione di voler rompere quel voto di silenzio, ma Hermione continuava ad essere contraria << Magari è andata al Ministero per qualche questione importante >>
 
Ma dalla porta poterono percepire nitida l’ombra di una divertita risata.
 
<< Ok, papà, io e Rose vi aspettiamo per colazione. Ciao, mamma >>
 
Sentirono i passi del figlio allontanarsi e quando percepirono che non vi era più nessuno oltre la porta, Hermione lanciò infastidita un cuscino addosso al marito.
 
<< Ron! Potevi anche essere un po’ più convincente >> si portò le mani in volto, con un grazioso colorito rosato, attutendo alcune parole proferite con estremo imbarazzo << Che vergogna >>
 
Lui non poté fare a meno di sorride difronte a quella reazione.     
 
<< Tesoro, sono grandi e ne sanno anche più di noi >>
 
Hermione fece scivolare i palmi dal viso, con l’intenzione di catturare lo sguardo del suo interlocutore.
 
<< E sentiamo come farebbero ad essere così informati? >>
 
<< Potrei aver accidentalmente accennato a qualcosa >>
 
Lei cercò di nuovo il cuscino, ma si rese conto di averglielo già tirato in precedenza.
 
<< Ronald, ogni discorso ai ragazzi passa prima sotto il mio controllo d'ora in poi, mi sono spiegata? Tu sei senza filtri >>
 
Realizzò solo dopo di aver parlato troppo presto. Per quanto ci sarebbe stata per occuparsi dell’educazione dei suoi figli?
 
Ron notò la sua espressione assente e la richiamò di nuovo al presente.
 
<< Hermione, mi dispiace, ma posso assicurarti di non aver provocato alcun danno alla loro crescita >>
 
Gli sorrise poco convinta e con slancio si alzò, sotto lo sguardo attento di lui, per iniziare quella lunga e felice giornata.
 
 
 
 
Erano davvero riusciti in poco tempo ad organizzare un matrimonio in piena regola. Ron si era ripromesso di contattare tutti gli invitati, dando la notizia della loro riconciliazione, e prendendo ovviamente tutti alla sprovvista.
 
A lui non passò nemmeno per un momento alla mente il motivo di tutta la fretta che si era impossessata di Hermione per celebrare quel rito, ma infondo anche Ron aveva una certa voglia di tornare ad essere marito e moglie.
 
In quel caldo pomeriggio di fine giugno tutto era pronto. Solo la sposa, in preda ad un turbinio di sentimenti contrastanti, non riusciva ad essere pienamente felice. I pensieri non le consentivano di godere totalmente di quel momento tanto atteso. Non aveva avuto il coraggio di comunicargli la notizia, non voleva che quella disperazione travolgesse anche lui. Non lo aveva mai visto così tanto euforico, nemmeno quando si erano sposati per la prima volta.
 
Le aveva organizzato una giornata indimenticabile, forse l’ultima davvero importante che avrebbero vissuto insieme.
 
Avevano pronunciato nuove promesse, ma infondo antiche, perché i sentimenti non erano mutati. Lei aveva sciolto il nodo di quel ciondolo per riportare l’anello nel posto per cui era stato creato e lui aveva restituito alla luce la sua tanto cara fede.
 
Il sole splendeva alto nel cielo, ma gli occhi di Hermione non notarono quella luminosità, che penetrava ogni cosa incontrasse sulla sua strada. Sentiva il peso della menzogna e del tradimento sul cuore, lo aveva ingannato e infondo il loro matrimonio non era ripartito nel migliore dei modi.
 
Nessuno durante la festa, che parenti e amici avevano organizzato per loro, sembrò notare la titubanza della sposa, che con passo incerto andava alla ricerca, in quell’immenso giardino, di suo marito.
 
Lo intravide seduto ad un tavolino, intento nella lettura di un foglio. Si avvicinò a lui e non dovette nemmeno annunciarsi che lui percepì la sua presenza, accogliendola con una grande sorriso.
 
<< Ehy, signora Weasley, come mai da queste parti? Pensavo stessi conversando con Harry >>
 
Hermione lo guardò, trattenendo le lacrime. Non sarebbe mai riuscita a dirgli addio.
 
<< Potrei farti la stessa domanda. Avevo capito non volessi più rimanere solo >>
 
Si accorse dopo di aver esordito con una battuta infelice, purtroppo in quei casi ogni parola, ogni luogo, ogni circostanza tendeva ad assumere contorni macabri, spegnendo lentamente e inesorabilmente la luce della speranza.
 
<< E infatti ho intenzione di stare sempre con te >>
 
Lui le sorrise nuovamente e a lei si formò un nodo in gola per quella considerazione. Cercò di deviare la conversazione su qualcosa di più allegro.
 
<< C-che stai facendo? >>
 
<< Sto leggendo i biglietti di auguri. Pensa, nonostante il poco preavviso, hanno tutti provveduto ad un altro regalo >> rinforcò gli occhiali ed iniziò a leggere il foglietto che aveva tra le mani << Senti questo, ‘cari signori Weasley, vi porgo le mie migliori felicitazioni, con la speranza di non assistere a terze nozze e a non dover spendere nemmeno più un galeone per voi’. Chi è secondo te il disgraziato che ha firmato questo abominio? >>

Lei rispose a colpo sicuro con un leggero sorriso divertito sulle labbra.

 
<< George >>
 
<< Ci hai preso in pieno >> si tolse nuovamente gli occhiali e alzò lo sguardo su di lei, aguzzando leggermente la vista << Hermione, sei pallida >> le indicò la sedia dall’altro capo del tavolo con una certa nota di preoccupazione che gli si stava delineando in volto << Siediti >>
 
Lei accolse il suo consiglio, si sentiva mancare le forze e non voleva di certo svenire in quel momento. Si fece prendere dal panico per la considerazione e l'espressione di lui.
 
<< Sicura di stare bene? >> un'eventualità si illuminò nella sua mente << Aspetta, ho visto un pallore simile almeno altre due volte sul tuo volto. Non è che per caso sei >>

​Non gli diede il tempo di proseguire, che smentì prontamente, anche se quella sarebbe sicuramente stata l'eventualità più rosea.

 
<< No, Ron, non sono incinta, non preoccuparti. Devo solo essermi stancata, è stata una giornata impegnativa >>
 
<< Ah, ok >> tirò un sospiro di sollievo, ma si accorse di aver avuto una reazione poco consona, così cercò di rimediare << Insomma, non volevo dire che non mi sarebbe piaciuto un altro bambino, ma Rose e Hugo fanno per otto e sinceramente non vorrei impazzire come Harry e Ginny >>
 
<< Ron, tranquillo, sono d’accordo con te >>
 
<< Meno male, una delle prime volte in cui concordiamo >> sorrise compiaciuto per quell’evento << Sai, eri un po’ titubante durante la cerimonia, credevo che mi avresti piantato in asso, in particolare sulla frase ‘finché morte non ci separi’, ti crea qualche problema? Sì, forse hai ragione, sarebbe stato meglio ‘per l’eternità’ >>
 
Hermione si rattristò a quella considerazione. Non era davvero riuscita a rimanere indifferente davanti a quelle poche semplici parole, il cuore aveva perso un battito al solo pensiero di quella concreta eventualità. Infondo era solo questione di tempo, lui non si rendeva nemmeno lontanamente conto di quanto presto la morte li avrebbe separati, spezzando le promesse che si erano rivolti con tanto amore.
 
<< Non ti avrei mai mollato in quel momento >> non riuscì a guardarlo negli occhi, mentre proferiva un pensiero a voce alta << E credo che l’eternità ci sarebbe tornata utile, Ronald >>
 
Quell’affermazione lo lasciò perplesso, ma non fece in tempo a ribattere che Rose li raggiunse sorridente.
 
<< Mamma. Papà. Cosa state facendo qui?! >> era concitata ed esortava i genitori a prendere parte alla festa in loro onore << Dovreste andare a ballare >>
 
Hermione finse sorpresa e timore difronte alle richieste della figlia.
 
<< Ballare? Con tuo padre? No, grazie, tesoro, ma io passo >>
 
La ragazza si voltò verso di lui per ricevere conferma a quelle insinuazioni.
 
<< Perché, sei così male, papà? >>
 
<< Pessimo, Rose >>

​Fu estremamente sincero e rassegnato davanti alla triste realtà.

 
<< D’accordo, allora verifichiamo >> la figlia gli allungò una mano con aria di sfida, ma non riusciva a mantenere un'espressione seria, era troppo gioiosa per l'evento che si era celebrato in quel giorno << Mi concederesti questo ballo?>>

Il padre osservò prima la mano e poi il volto della ragazza, sapeva già che non si sarebbe mai arresa prima di ottenere quello che voleva, ma stavolta non vide solo la grinta della moglie negli occhi della figlia, anche una punta di impertinenza si faceva largo tra le sue celesti iridi e infondo era sempre stato un tratto di Ron, fin dai tempi della scuola. Quella ragazza era una perfetta combinazione tra i suoi genitori, per forza che spesso e volentieri li faceva esasperare, ma i due la trovavano perfetta così com'era, con tutti i miliardi di difetti e i meno frequenti pregi.

 
 << A tuo rischio e pericolo, tesoro >>
 
<< Amo il rischio, papà >>
 
Dopo qualche istante di titubanza, Ron accolse l’invito di Rose. Ma prima di alzarsi per seguire la ragazza, si voltò verso sua moglie con un’espressione fintamente seria.
 
<< Sempre se la sposa acconsente che io balli con un’altra donna >>
 
Hermione sorrise ad entrambi.
 
<< Non ho nulla da obiettare >>
 
E si allontanarono, lasciandola sola e commossa davanti a quella scena. Ammirava la sua famiglia e faceva esattamente quello che a breve non sarebbe più stata in grado di fare.
 
Tanti dolci ricordi le affollarono la mente. Nel vedere la figlia e il marito, non poté fare a meno di rammentare quando Rose era solo una bambina e il padre si divertiva a farla salire sui suoi piedi per farle fare goffamente qualche piroetta. A quei tempi Ron non si preoccupava minimamente di saper ballare o meno, ma solo di rendere indimenticabili quei momenti insieme alla sua bambina. Suo marito aveva sempre desiderato avere una bambina e quando scoprirono che sarebbe a breve nata Rose, Ron aveva iniziato a fare mille programmi sulla loro creatura, prima ancora di averla effettivamente tra le braccia, per certi versi era stato addirittura più coinvolto di Hermione.
 
Le passò davanti agli occhi quella dolce immagine di anni addietro, risentì le risate della sua bambina, che volteggiava felice tra le braccia del suo papà. Ora Rose stava diventando una donna, ma lei non l’avrebbe vista crescere. Non ci sarebbe stata quando i suoi figli avrebbero intrapreso la loro strada, quando avrebbero iniziato la loro carriera, magari anche loro avrebbero un giorno trovato un posto al Ministero.
 
Ma lei non ci sarebbe stata e forse questa era l’unica certezza possibile.
 
Tornarono poco dopo. Rose camminava appoggiata alla spalla del padre, palesemente dolorante.
 
<< Diamine, mamma, avevi ragione >>
 
Hermione si asciugò velocemente gli occhi e si voltò verso il marito con rimprovero.
 
<< Ron, che le hai fatto? >>
 
Lui tentò di giustificarsi.
 
<<
Io l’avevo avvertita >>
 
La madre tornò a posare con dolcezza lo sguardo sulla figlia.
 
<< Tesoro, vai a toglierti le scarpe >>
 
<< Già, queste scarpe sono terribili da portare >> se le tolse e si rivolse verso il padre << Se poi tu mi pesti i piedi ogni due secondi, diventa ingestibile. Vado dalla nonna a chiedere se ha qualcosa della mia misura >>
 
Guardarono la figlia allontanarsi con le scarpe in mano e con un certo fastidio.
 
Hermione iniziò a parlare, facendolo voltare verso di lei.
 
<< Quindi invece di migliorare, sei peggiorato? >>
 
<< A quanto pare >> la guardò tra l’imbarazzato e il divertito, ma tornò presto serio << Che cosa stavi cercando di dirmi prima? >>
 
La prese in contropiede. Aveva davvero dato l’idea di volergli parlare?
 
<< Niente, perché? >>
 
Lui si risedette difronte a lei, ma quella risposta non lo lasciò soddisfatto.
 
<< E dai, Hermione, qualsiasi cosa sia, credimi se ti dico che nulla potrà rovinare il mio umore oggi >>
 
Le sorrise sincero, ma quella felicità non poteva che infliggere ancora più pena nel cuore della donna, al solo pensiero di distruggerla irrimediabilmente. Guardò altrove palesemente provata, ma la voce di Ron richiamò la sua attenzione all’improvviso.
 
<< Ehy, Hermione, cosa può esserci di così grave che non puoi dirmi il giorno del nostro matrimonio? >>
 
Le sfiorò una mano, ma lei la ritirò lentamente di qualche centimetro, lasciandolo perplesso e spegnendo quel perenne sorriso che lo aveva accompagnato nell’arco della giornata.
 
<< Forse la cosa più grave che possa esserci >> prese un respiro per placare l’ansia e guardandolo in quegli occhi, che già impazienti erano posati su lei, tentò di trovare la forza che palesemente le veniva a mancare << S-sono malata, Ron>>
 
Il marito cercò di interpretare quelle parole, ma la sua mente si rifiutava di pensare a qualcosa di irreparabile.
 
<< Hai l’influenza? È per questo che sei pallida? >>
 
Sorrise sarcastica difronte alla sua ingenuità e negò con il capo.
 
<< Hermione, parli chiaro, per favore? Non ti capisco >>
 
Ma forse qualcosa era già riuscito a comprendere, perché i suoi occhi iniziarono a brillare.
 
<< Mi dispiace, Ronald, avrei dovuto dirtelo più di due anni fa e >>
 
Il marito si era alzato all’improvviso, spaventato davanti a quelle parole.
 
<< Due anni?! Lo sai da due anni e non mi hai detto nulla?! >>
 
Aveva ragione e lei non riusciva a trovare argomentazioni ragionevoli da portare in sua difesa.
 
<< Non volevo farti soffrire >>
 
Era infuriato. Era un misto tra il disperato e l’arrabbiato.
 
<< Non volevi farmi soffrire?? Hermione, ero tuo marito, avevo il diritto di saperlo! Non avevi fiducia in me? Io non ci credo, mi hai allontanato per questa ragione?! Te ne saresti andata senza dirmi nulla! >> le lacrime bagnavano quei biglietti di auguri che poco prima leggeva con tanta gioia, ma la rabbia non badava a quel momento di debolezza che si era inconsciamente impossessato di lui << Sono uscito da quella porta credendo che non mi amassi più, che tra noi fosse tutto finito. Ho pronunciato oggi quelle dannate promesse con la mia solita ingenuità di credere che saremmo tornati ad essere felici insieme. E invece tu avevi già pronto un biglietto di sola andata per il posto più remoto che ci fosse. Ma come hai potuto ingannarmi per anni? Ed ora, illuminami, cosa intendi fare, tu che hai sempre una risposta per tutto? >>
 
La guardò con l’impazienza di sapere.
 
<< Niente, Ron, perché non c’è più nulla da fare, posso solo attendere la fine >>
 
Anche lei stava alzando la voce davanti alle considerazioni del marito.
 
<< Se me lo avessi detto prima, avremmo avuto qualche possibilità di salvarti. Abbiamo buttato al vento due preziosi anni della nostra vita! No, anzi, tu li hai buttati via, perché è colpa tua se ci siamo lasciati. Mi hai allontanato, ti sarei stato accanto. Sono caduto nel tuo sporco piano per due anni! Temevi che non ti avrei risposato, se avessi saputo la verità prima di oggi? Bè, ti saresti sbagliata, perchè io ti avrei sposata anche in un letto di ospedale. Ecco perchè hai voluto che ci sposassimo in fretta e furia. Hermione, sii sincera, quanto ti resta? >>

​Continuava ad avere dannatamente ragione e la mente di lei non riusciva a convincere più nemmeno se stessa della correttezza delle sue azioni, figuriamoci se aveva qualche possibilità di persuadere lui. 
 
<< Ron, non so quanto mi resti, ma, lo vedi anche tu, sto bene. Volevo proprio evitare che facessi qualche sciocchezza nel tentativo di salvarmi, ecco perché non ti ho detto nulla >>
 
Era incredulo davanti a qulle parole.
 
<< Ma a cosa serve farti capire che hai sbagliato, se a quanto pare hai una gran voglia di lasciarci. Non hai capito nulla di me, Hermione. Mi conosci da più di trent’anni, ma non hai capito davvero niente >>
 
Fece per andarsene, ma la moglie lo trattenne per un braccio.
 
<< No, Ron, aspet >>
 
Allentò subito la presa, perché un dolore lancinante al petto la colse impreparata e le fece morire le parole in gola.
 
Lui d’istinto e spaventato si voltò verso di lei, appoggiando una mano sulla sua nel vano tentativo di aiutarla.
 
<< Hermione, che hai?
>>
 
<< S-sto bene >>
 
<< Basta mentirmi! >>
 
<< Ronald, non ti sto mentendo! >> cercò di alzare la voce per far valere le sue argomentazioni, ma non riuscì pienamente nel suo intento << Fino a ieri stavo bene. A quanto pare, ho meno tempo di quanto sperassi >>
 
Il marito cercò di calmarsi e l’aiutò a sedersi. Si chinò davanti a lei, senza mollare la presa sulla sua mano.
 
<< Ok, Hermione, ti credo. Ti sei sentita male per colpa mia, mi dispiace. Non me ne vado, resto qui con te, ma tu respira e cerca di stare calma >>
 
Era un’impresa ardua seguire i suoi consigli.
 
<< Ron, perdonami, ti prego >>
 
<< Ti perdono, tesoro. Pensa solo a tranquillizzarti >>
 
Non sapeva come aiutarla e quell’impotenza veniva sfogata in un pianto silenzioso.
 
<< Non piangere >> gli asciugò le lacrime con un leggero tocco << Non farmi andare, sapendo di averti provocato un dolore così lancinante >>
 
<< Hermione, come faccio senza di te?! Non lasciarmi solo con i ragazzi, loro hanno bisogno di te, specie Rose, io non sono in grado di starle accanto >>
 
Non riusciva più a trattenere quel dolore e tentò di soffocarlo sulle gambe di lei. La moglie gli accarezzò il capo con amorevolezza, cercando di infondergli un po’ di forza, ma non sapeva nemmeno lei da dove riuscire a prenderla.
 
<< Ronald, così farai cedere il mio cuore prima del tempo. Ginny ti starà accanto, sono sicura che tua sorella non ti abbandonerà >>
 
Alzò gli occhi arrossati sul volto di lei.
 
<< Sono un Auror, e tu lo sai meglio di me, rischio la vita spesso e volentieri, io non ho la certezza che ci sarò sempre per loro, l’unica cosa che mi tranquillizzava era la tua presenza. Hermione, rischiano di perderci entrambi >>
 
<< A questo ho già pensato >> sforzò un lieve sorriso per rincuorarlo, almeno per placare qualche tormento << Alla Gringott ho lasciato il mio testamento. Ti ho nominato mio successore, così smetterai di essere un Auror e potrai dedicarti ai nostri figli più serenamente >>
 
Lo lasciò senza fiato.
 
<< Non saprei nemmeno da che parte cominciare, non ne sono in grado e >>
 
<< Ne sarai in grado, invece. E per rispondere ai tuoi dubbi, io mi fido di te e so di lasciare i ragazzi in ottime mani. Me ne vado serenamente >>
 
 
Spazio dell’autrice
 
Ciao ragazzi!
 
Questo capitolo è stato un po’ più lungo del solito, spero di non avervi annoiato, ma era una parte importante della storia, quindi ho voluto dedicargli un po’ più di spazio.
 
Vi chiedo ancora scusa per la triste piega che ha preso la storia…ma non è ancora finita 😉
 
Alla prossima!
Baci
-Vale

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Capitolo 12
*** Oscura pozione per la felicità ***


Oscura pozione per la felicità
 
 
Quella cerimonia sarebbe dovuta essere l’inizio della loro nuova vita insieme, il rinnovo di una felicità che da troppo tempo non abitava i loro cuori, eppure, nonostante questa rinnovata pace, qualcosa continuava imperterrito a remare contro di loro. Forse un destino crudele si ostinava ad ostacolarli, ma loro erano sempre stati più forti del Fato e di certo non si sarebbero arresi tanto facilmente.
 
Rose e Hugo avevano accolto l’invito dei loro zii, che li avevano volentieri ospitati per lasciare un po’ di intimità ai genitori. Harry e Ginny erano totalmente ignari dei tormenti che non avrebbero concesso ai due di trascorrere serenamente quella seconda-prima notte di nozze. Hermione non era riuscita a comunicare quella notizia così sconvolgente nemmeno ai figli e tanto meno ai cognati, dal momento che era pienamente consapevole che avrebbero mosso cielo e terra pur di trovare una soluzione, senza mai darsi veramente pace per il triste destino a cui stava andando inesorabilmente incontro l’amica.
 
I neo-sposi non avevano intrapreso grandi discorsi durante il viaggio di ritorno a Villa Conchiglia, solo qualche semplice parola di circostanza. Erano entrambi grati per l’assenza dei figli, almeno non avrebbero dovuto fingere serenità davanti a loro. Hermione, nonostante non ce ne fosse il reale bisogno, tentava comunque di mantenere alto l’umore, cercava invano di riportare sul serio tutto alla normalità, ignorando la reale situazione in cui riversavano. Era consapevole del fatto che, prima che suo marito scoprisse la causa dell’origine della loro infelicità, riuscisse a camuffare che andasse tutto bene, persino a se stessa, ma in quel momento, ora che tutte le carte erano state svelate tra loro due, non riusciva più a fingere. Aveva spento definitivamente il sorriso a Ron e non sapeva come riportarlo indietro, per tornare a farlo splendere sul suo viso. Si pentì persino di aver azzardato un simile passo, forse avrebbe semplicemente dovuto seguire e assecondare lo scorrere del tempo senza nemmeno pensare di intraprendere un simile discorso, almeno gli ultimi istanti vissuti insieme sarebbero stati sereni per la sua famiglia e l’unico magone sarebbe stato chiuso nel suo cuore, invisibile agli occhi di altri.
 
Si era addormentata a fatica quella notte, anzi entrambi avevano trovato difficoltà.
 
Hermione aveva insistito che suo marito rimanesse a dormire al suo fianco, desiderava solo la presenza dell’uomo che amava. Ron aveva silenziosamente acconsentito, anche se in quel momento sarebbe volentieri tornato alla sua triste abitudine, che lo aveva accompagnato per due lunghi anni. Faceva fatica a risentirla così vicina, sapendo che il giorno in cui l’avrebbe realmente persa era dietro l’angolo, non sapeva come godere a pieno di quegli attimi per trasformarli in anni, per concentrare il loro tempo futuro in pochi ore.
 
Aveva addirittura preferito girarsi verso il muro pur di non vederla o forse per non mostrarsi debole e impotente davanti a lei.
 
Si sarebbe volentieri addormentata tra le sue braccia, ma, nonostante le fece male quel comportamento, in cuor suo lo comprese. Sapeva di avergli provocato un immenso dolore e probabilmente aveva solo bisogno di tempo per elaborare la notizia. Peccato che l’unica cosa di cui mancasse in quel momento era proprio il tempo. Nonostante la forte tentazione di chiamarlo e di abbracciarlo per percepire il suo confortante calore, si trattenne, desiderava rispettare i suoi spazi e, sebbene non lo avesse fatto molto negli ultimi anni, voleva tenere in considerazione i suoi sentimenti senza forzarlo in qualcosa in cui non si sentiva pronto. Capì che sarebbe stato da egoisti.
 
Non vi era nemmeno l’aria della notte precedente. Non si respirava minimamente l’amore di quei momenti. Ora paura e angoscia circondava i due neo-sposi e forse qualche sommesso singhiozzo di pianto accompagnava la loro triste notte.
 
Probabilmente non avrebbero mai più vissuto quei momenti. Non avevano nemmeno l’occasione di recuperare il tempo perduto ed era ciò che pesava di più sul cuore di Hermione, perché era stata lei la colpevole di quella separazione forzata, quasi innaturale, perché, fosse stato per lui, non l’avrebbe mai lasciata. Lo aveva spinto lei a quella drastica fine. Se ne sarebbe andata con tremendi sensi di colpa per averlo privato della sua presenza e per averlo costretto a quella insensata solitudine.
 
Era inutile però credere che, se fossero rimasti insieme, in quel tempo Ron avrebbe potuto trovare una qualsiasi soluzione, perché non vi era nemmeno una piccola speranza in un lieto fine. Al San Mungo le avevano annunciato l’assenza di una cura, che nulla avrebbe potuto salvarla e che quella terribile malattia sarebbe degenerata lentamente, nessun incantesimo poteva arrestare o mettere in pausa quella corsa.
 
Non aveva nemmeno fatto in tempo a ricostruire la sua famiglia, che i primi sintomi avevano iniziato a comparire. Lei lo sapeva e lo sentiva, a quel punto era solo questione di tempo, la sabbia in quella mortale clessidra aveva iniziato a scorrere incessantemente.
 
Si era imposta di chiudere gli occhi almeno qualche ora, con l’implicita speranza di riaprirli, ma era più forte di lei, i tristi pensieri cessavano solo quando riposava, e forse, percependo la presenza di Ron, gli insidiosi incubi non si sarebbero impossessati del suo sonno.
 
Si svegliò quando ormai il sole era alto nel cielo e fu proprio un luminoso raggio, che penetrava insolente dalla finestra, a provocare il suo risveglio. Non dovette impiegare molto per rendersi conto di ciò che era successo il giorno precedente e subito la invase una dolce, ma profondamente amara, sensazione.
 
Aprire gli occhi significava ricominciare quell’avventura, avvicinarsi passo dopo passo alla fine. Sapeva che dal quel momento in poi avrebbe avuto accanto suo marito, Ron non l’avrebbe abbandonata, indipendentemente dal tempo a loro disposizione, ma non la rincuorava nemmeno più quella solida certezza.
 
Il pensiero di suo marito la spinse nel frenetico e involontario gesto di allungare una mano per cercarlo, ma accanto a lei vi era solo il vuoto. Aprì d’improvviso gli occhi con aria perplessa e il panico dilagò nella sua anima. Non riuscì a chiamarlo, le sembrò di vivere un incubo, le sue corde vocali non emettevano alcun suono e la terribile sensazione di precipitare nel vuoto la invase.
 
Si alzò rapidamente dal letto e si maledisse mille volte per non aver tenuto quella notizia per sé. Lo immaginò già impegnato in qualche follia pur di trovare una soluzione ai loro problemi.
 
Arrancò fino alla porta in preda ad un attacco di panico. Le mancava il respiro e minacciava davvero di sentirsi male, ma stavolta per la paura di perderlo per qualche incosciente suo gesto. Era estremamente impulsivo e questa consapevolezza contribuiva solo ad agitarla maggiormente.
 
Pregò mentalmente di non svenire e di riscoprire quelle poche risorse di forza dentro di sé per arrivare in tempo e fermarlo.
 
Strano, ma riuscì a correre. Il pensiero di suo marito le donava una grande dose di adrenalina per affrontare quella nuova sfida.
 
Fece una rapida carrellata mentale dei luoghi in cui avrebbe potuto trovarlo, ma la percentuale di imprevedibilità era troppo elevata. Non aveva la più pallida idea di cosa potesse essere passato per la mente a Ron.
 
Giurò a se stessa che lo avrebbe rimproverato non appena avuto nuovamente davanti. Sperò che quell’eventualità si verificasse presto e che i suoi rimproveri fossero la punizione peggiore al suo ipotetico gesto.
 
Rischiò più volte di cadere dalle scale, l’unico sostegno, che l’aveva salvata da quelle ripetute rovinose cadute, era stata quella vecchia ringhiera.
 
Non fece nemmeno in tempo ad oltrepassare l’ultimo gradino con entrambi i piedi, che lo vide. La donna si bloccò e lo contemplò incredula: era seduto alla scrivania, nell’angolo più remoto del soggiorno accanto alla libreria, aveva le braccia incociate sul legno di mogano e fungevano da cuscino per la testa. Stava serenamente dormendo - o almeno così sembrava - con ancora gli occhiali inforcati e il libro aperto ad una pagina apparentemente casuale sotto il peso del suo corpo.
 
 
A quella visione Hermione riprese un po’ di colorito, ma indugiò ad allontanare la mano dal suo improvvisato sostegno. Passata la paura, e di conseguenza l’adrenalina, avvertì poca stabilità sulle gambe, le quali ora tremavano e facevano una certa fatica a sorreggerla.
 
Si avvicinò lentamente a suo marito, riacquistando nel mentre un po’ di lucidità. Era una scena alquanto insolita vederlo seduto ad una scrivania immerso nella lettura di qualche libro. I suoi passi erano leggeri e quasi incerti, temeva davvero che lui non fosse difronte a lei sano e salvo, che quella fosse solo una evanescente visione, ma più si avvicinava, più quell’immagine era estremamente chiara e realistica, compreso il suo rilassato e familiare respiro.
 
Passò dolcemente le dita tra i suoi fulvi capelli, ammirandolo con un commosso sorriso. In quel delicato gesto si imbatté nelle aste degli occhiali e glieli sfilò lentamente, sapeva che svegliarlo significava ridestare la sua inquietudine. Tolse, sempre con una certa attenzione, il libro da sotto le sue braccia ed esaminò la copertina.
 
 
Misteri occulti della Magia Oscura
 
Rimase scioccata. Ma cosa stava combinando suo marito? 
 
La donna aveva tentato di scoprire di più esaminando la pagina su cui era precedentemente aperto il volume, ma una voce disattese le sue intenzioni.
 
<< Hermione. Perché non sei a dormire? >>
 
Lei lo guardò con diffidenza, ma cercò di camuffare quel suo stato, si era appena svegliato e non voleva spaventarlo.
 
<< È giorno, Ronald >>
 
Il marito si voltò di scatto verso la finestra incredulo.
 
<< Devo essermi addormentato >>
 
Si stropicciò gli occhi per svegliarsi del tutto e fare mente locale su cosa stesse facendo qualche ora prima. Si voltò verso la moglie, mettendo a fuoco poco dopo il suo viso costantemente pallido.
 
<< Stai bene? >>
 
Gli venne spontanea quella domanda e probabilmente l’avrebbe rivolta alla moglie ogni ora, ma lei per tutta risposta si sedette sulle sue gambe con un grande sorriso.
 
<< Potrei farti la stessa domanda, Ron. Fammi un po’ vedere il braccio, non è che per caso stai diventando un Mangiamorte, vero? >>
 
La moglie cercava di sdrammatizzare, cercando di vedere se ci fosse realmente l'ombra del Marchio Nero, lui invece rimase un momento interdetto per quella considerazione. Solo dopo fece qualche collegamento: doveva aver visto quell’inquietante libro. Si incupì per essere stato scoperto in quel reato.
 
Hermione tornò seria e tentò di farlo ragionare.
 
<< Lo sai vero che non è conveniente che un Auror consulti certi libri per cercare soluzioni a qualsiasi tipo di problema? Ti ricordo che hai davanti il Ministro della Magia, se te lo fossi dimenticato, e ho il potere di arrestarti >>
 
Ron non aveva nemmeno la forza di difendersi, così lei, vedendolo in quello stato di sconsolazione, addolcì il tono e cambiò registro.
 
<< Tesoro, immagino che tu abbia trovato qualcosa, visto che non c’è nulla che la Magia Oscura non sappia fare, ma  non trovo sia una buona idea >>
 
A quelle parole l’uomo si protese verso la scrivania, sotto gli occhi interdetti della moglie, e prese il libro fra le mani.
 
<< Ho trovato una pozione >> le indicò una pagina, invitandola a leggere << La sai preparare? >>
 
Hermione diede un’occhiata al punto da lui segnalato, ma poi tornò seria e irritata con lo sguardo sul marito.
 
<< No, Ronald, non ho la più pallida idea di come si prepari questa pozione. Non ho gli ingredienti ed è veramente complicata. Solo un Mangiamorte la saprebbe preparare, ma, come ben sai, sono tutti ad Azkaban, nell'unico posto destinato a loro. E fammi la cortesia di far sparire questo libro, non voglio che finisca anche solo per sbaglio nelle mani di Rose e Hugo, mi sono spiegata? >>
 
Il marito aveva ascoltato solo metà del suo rimprovero.
 
<< Non sono stati tutti arrestati i Mangiamorte >>
 
Iniziava ad essere sfinita difronte a quell’insistenza.
 
<< Ron, il tuo compito è combattere i Mangiamorte, non allearti con loro >> lui rifletté e la guardò illuminato << No, Ronald, scordatelo >>
 
<< Hermione, è la nostra unica speranza, lui non è un Mangiamorte qualunque >>
 
Sapeva che non l’avrebbe mai vinta contro di lui, così passò alle maniere forti.
 
<< Io non mi alzo da qui. Se vuoi andare da lui per commettere l’ennesima cretinata, dovrai spostarmi con la forza >>
 
Incrociò le braccia al petto e lo fulminò determinata. Il marito sorrise, notando negli occhi di Hermione la sua solita forza. Allontanò con facilità la sedia dalla scrivania e avvolse la moglie tra le braccia.
 
<< Ronald, non oseresti >> ​ma ormai era più che palese che non sarebbe riuscita a fermarlo, era solo fiato sprecato << Guai a te, se osi >>
 
Lui non l’ascoltò e impassibile si alzò con delicatezza, portandosi dietro anche la moglie.
 
<< Mettimi immediatamente giù! >>
 
<< Con piacere >>
 
La fece scendere dalle sue braccia e si avviò verso la porta.
 
Hermione si fece prendere dalla disperazione, non sapeva come fermarlo, nella sua voce vi era impazienza e timore.
 
<< Ron, ti prego, quella pozione potrebbe farmi perdere i ricordi ed io non voglio. Per favore, sono l’unica cosa che mi resta, non portarmeli via >>
 
A quelle suppliche il marito aveva bloccato i suoi passi, guardandola e cercando le parole più adatte per confortarla.
 
<< Tesoro, troverò il modo di farti riacquistare la memoria, ma ora mi preme maggiormente salvarti la vita, perché se la perdi non ho davvero più modo di tornare indietro. Dai, cerca di capirmi >>
 
Cercò nuove argomentazioni per trattenerlo.
 
<< Non sai cosa ti potrebbe chiedere in cambio Malfoy ed io non mi fido di lui >>
 
<< Neanche io >>

​Su quel punto entrambi concordavano.
 
<< Allora non accettare alcun accordo! Non ti rendi conto che potrebbe farti stringere un Voto Infrangibile?! >>
 
<< Hermione, nulla vale di più della tua vita e farò tutto ciò che è in mio potere per non perderti >>
 
<< Ron, ti prego, se non vuoi farlo per me, pensa almeno ai tuoi figli. Ricordi, dicevi che avevi paura di lasciarli soli ed ora li lasceremo veramente da soli, se ti capitasse qualcosa. Per una volta ascoltami >>

Il suo cuore stava nuovamente minacciando di cedere e lui, vedendola in quello stato così precario, si avvicinò d'instinto con l'intenzione di sorreggerla nell'eventualità di un reale svenimento e cercò di calmarla.

 
<< Tranquilla, non ho alcuna intenzione di rompere il Voto Infrangibile, gli darò tutto ciò che vuole >>
 
<< Non credo di sentirmi molto bene, quindi molto probabilmente è l’ultima volta che ci vediamo >>

​Era rassegnata, non sarebbe stata in grado di convincerlo in alcun modo, se nemmeno il pensiero dei figli era servito per farlo desistere. Stava male al solo pensiero che gli sarebbe potuto succedere qualcosa per colpa sua.

 
<< No, Hermione, tornerò in tempo. Non sono bravo con gli addii, quindi vedi di resistere >>
 
Le diede un veloce bacio, per evitare di ascoltare una nuova replica, e uscì rapidamente, senza avere nemmeno il coraggio di guardarla nuovamente negli occhi. Si rifiutava di credere che quella fosse realmente l'ultima volta che si vedevano, che si parlavano e che quello fosse il loro ultimo bacio.

Hermione dovette sedersi per non svenire veramente. In quel momento, paradossalmente, stava rischiando lei di perderlo.
 
 
Spazio dell’autrice
 
Ciao ragazzi!
 
Vi confesso di essere stata alquanto combattuta, non sapevo se proseguire il capitolo o terminarlo a questo punto…mi rendo conto di avervi lasciato una certa suspance, ma credo che l’incontro tra Ron e Draco renda di più così…voi cosa ne dite?
 
Come al solito, vi chiedo una valanga di scuse per il ritardo ☹ ma vi ringrazio per continuare a seguirmi e pazientare! 😊
 
Spero a presto con il prossimo capitolo 😊
 
Baci
-Vale

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Capitolo 13
*** Un destino comune ***


Un destino comune
 
 
L’aveva lasciata di nuovo, con il magone nel cuore. Era di nuovo uscito dalla porta, ma stavolta aveva un obiettivo ben preciso, l’unico che in quello specifico momento della sua vita attraversava il suo petto.
 
Lui l’avrebbe salvata, fosse anche l’ultima impresa compiuta, ma Ron senza la sua Hermione non riusciva a pensare ad un futuro.
 
Le fiamme dell’inferno erano niente in confronto a quello che avrebbe provato senza la donna che era tornata ad essere sua moglie. Era di nuovo la sua sposa e si rifiutava di credere che quella riconciliazione avrebbe avuto vita breve.
 
Si era fatto prendere dall’euforia e dall’impulsività senza sapere realmente come convincere Malfoy ad aiutarlo e, infondo, al solo pensarci era paradossale quell’alleanza.
 
Non importava come avrebbe fatto a persuaderlo a concedergli un aiuto, se si sarebbe dovuto piegare al suo volere, se si sarebbe dovuto prostrare ai suoi piedi, perché era nulla difronte al dolore che avrebbe dovuto sopportare senza di lei.
 
Un Voto Infrangibile o una Maledizione senza Perdono non equiparavo minimamente la perdita della persona amata. Avrebbe dato la vita per Hermione e non era nemmeno sicuro che quella eventualità non sarebbe stata necessaria.
 
                                                                                  ***
 
Si smateralizzò davanti a quella villa.
 
Ebbe i brividi lungo la schiena al ricordo dell’ultima volta che aveva posato i piedi in quell’abitazione. Erano passati parecchi anni, ma poteva ancora sentire rimbombare nella testa le grida di Hermione sotto le torture di Bellatrix. In quell’occasione aveva davvero temuto di perderla, ma il Destino aveva deciso diversamente per loro, aveva concesso a quei due giovani una seconda opportunità, aveva concesso loro l’opportunità di vivere tutta la felicità che sarebbe seguita alla fine della Guerra.
 
Ma finita quella palese Guerra, ne cominciò una altrettanto feroce contro il Fato, ma Lui non poteva vincere, non poteva arrogarsi il diritto di separare ciò che era naturalmente progettato per restare unito. Perché loro erano semplicemente un complemento di una stessa parte, che, se divisa, avrebbe mancato di un elemento vitale per sopravvivere. O almeno era così che Ron si sarebbe sentito senza di lei.
 
L’istinto gli consigliava di impugnare la bacchetta. Pessimo modo di annunciarsi per chiedere aiuto. Doveva abbassare le difese se voleva essere convincente, era necessario mostrare la sua parte più umana, non aveva altra scelta se non quella di rischiare.
 
                                                                                     ***
 
In quello stesso periodo in cui Ron e Hermione avevano divorziato, anche per i Malfoy si stava consumando una disgrazia, molto più irrimediabile, molto più terribile.
 
L’Auror puntava vigliaccamente sul quel momento di debolezza per toccare il cuore di Draco, affinché potesse immedesimarsi nel suo dolore.
 
Sapeva che da quando Astoria era morta per cause a lui sconosciute, Malfoy si era mostrato in pubblico molto raramente, aveva deciso di chiudersi nella sua logica sofferenza. Quei piccoli passi avanti compiuti verso la luce si erano dissolti con la dipartita della moglie e la solitudine aveva ricominciato ad incombere su di lui.
 
Sì, era decisamente da vigliacchi farsi vedere solo nel momento del bisogno, dato tutto l’aiuto che Draco aveva offerto per svelare le identità dei Mangiamorte, che, dopo la sconfitta del loro Signore, si erano nascosti per sfuggire alla giustizia, ed anche se lo aveva fatto solo per scongiurare un’infinita pena ad Azkaban lunga quanto la sua vita, non aveva indugiato a schierarsi dalla loro parte con grande disponibilità.
 
                                                                                        ***
 
Ron si avvicinò alla porta e fece per bussare. I suoi due colpi un po’ incerti, ma ben distinti, non sortirono alcun effetto dall’altra parte. L’uomo era impaziente ,così abbassò la maniglia come per mettere fretta al padrone di casa, ma si meravigliò accorgendosi che la porta era già aperta.
 
La aprì lentamente, temeva fosse una trappola, magari non direttamente per lui, ma le circostanze non facevano ben sperare.
 
L’interno era in ombra, gli occhi di Ron impiegarono qualche secondo prima di distinguere le forme e le figure al suo interno.
 
Fece qualche passo in avanti e richiuse la porta alle sue spalle, continuando ad esaminare la zona circostante.
 
Non si trovava in quell’abitazione nemmeno da un minuto, che percepì il tocco della punta di una bacchetta esattamente al centro della sua schiena. L’Auror alzò d’istinto le mani in segno di resa. Non vedeva il suo aggressore, ma non erano necessari grandi viaggi mentali per riuscire ad intuire chi fosse ad averlo attaccato alle spalle.
 
<< Malfoy, sono venuto in pace >>
 
Non gli rispose subito e tanto meno abbassò l’arma puntata contro il suo ospite.
 
<< Draco >> cercò di allentare la tensione, mostrandosi per la prima volta delicato con lui, continuando a tenere lo sguardo difronte a sé e immaginando solo il suo interlocutore alle spalle << Devo chiederti un favore >>
 
<< Cosa vuole ancora il Ministero da me?! >> Ron percepì una voce estremamente rassegnata, quasi irriconoscibile e notevolmente in contrasto con le sue azioni << Che vuoi, Weasley? >>
 
<< Ho bisogno del tuo aiuto >> prese un respiro << Volevo chiederti se potevi preparare una pozione per me. È una richiesta personale, il Ministero non c’entra nulla >> Malfoy non reagiva, così Ron provò a proseguire, mantenendo un tono pacato, ma emozionato, più per la notizia che stava rivelando, che per la reale precaria situazione in cui riversava << Hermione è malata e tu sei l’unico che possa salvarla. Credimi, se avessi avuto altre strade non mi sarei di certo rivolto a te >>
 
Sentì scivolare lentamente dalla sua schiena la bacchetta e interpretò quel gesto come un implicito permesso, così si voltò altrettanto lentamente verso il suo interlocutore, abbassando le mani in quel segno di resa.
 
Nell’oscurità notò piccoli luccichii sul volto di Malfoy. Era una reazione strana, ma il diretto interessato non tardò a rispondere alle domande di Ron.
 
<< Conosco quella pozione, ma, non illuderti, non funzionerà >> gli stava davvero venendo da piangere, stava iniziando a perdere il controllo delle sue lacrime, così si allontanò dal suo ospite per non mostrarsi in quello stato di debolezza << Credi che non l’abbia tentata anche io con Astoria?! >>
 
Ron non riusciva a capire, non vi era motivo che quella pozione non funzionasse, eppure conosceva bene la tragica fine di quella donna. Ma qualcosa forse gli sfuggiva.
 
<< E non guardarmi così, Weasley! Tu non sai un accidente di me >> non riusciva ad urlare, le lacrime gli impedivano quell’intenzione << Pensavo anch’io di salvarla in quel modo, ma mi era sfuggita una dannata postilla a pié pagina >> i suoi occhi erano attraversati da quei terribili attimi vissuti in passato << Diceva che un cuore puro avrebbe annullato gli effetti e Astoria, purtroppo per me, lo aveva. Mia moglie era buona e questo l'ha portata alla morte senza che io potessi fare nulla per salvarla. È
morta tra le mie braccia senza nemmeno riconoscermi, perché con quella pozione ero riuscito addirittura a peggiorare la situazione. Le avevo cancellato i ricordi >>
 
Ron ascoltava in silenzio quello sfogo, probabilmente represso da tempo. Lo avevano scosso le lacrime di Malfoy, non lo aveva mai visto in quello stato. Ma anche le notizie di cui era venuto a conoscenza non lo avevano per nulla rasserenato, anzi tutto il contrario.
 
<< Malfoy, mi dispiace per quello che hai dovuto passare >>
 
<< Siamo sicuri che ti dispiaccia? >>
 
L’Auror ignorò le sue provocazioni e tra le macerie del suo cuore tentò di proseguire.
 
<< Ho davvero bisogno che tu prepari quella pozione >>
 
<< Ma mi ascolti?? Ti ho appena detto che non funziona su un cuore puro. Da quando la Granger è diventata malvagia? Non fraintedermi, io e te non siamo amici, ma non auguro nemmeno ad un Weasley di vedere gli occhi assenti di tua moglie spegnersi davanti a te >>
 
Ignorava la verità, non aveva altra scelta e doveva tentare.
 
<< Cosa vuoi in cambio? Ti darò qualsiasi cosa, ho un grande potere al Ministero e tu lo sai >>
 
Sapeva cosa stava provando, perché quella frenesia, quel tentare il tutto per tutto pur di salvare la persona amata lo aveva provato sulla pelle.
Da quando sua moglie era morta ogni aspetto della sua vita era andato disintegrandosi e persino il rapporto con suo figlio si era spezzato. Scorpius era diventato un adolescente senza una figura materna che gli potesse essere accanto, privato dell’unica persona che lo sapesse veramente comprendere. Draco non era mai stato così bravo come Astoria, voleva un gran bene a quel ragazzo, ma il dialogo non era proprio nel suo stile, sua moglie lo guidava pazientemente nell’educazione del loro unico figlio.
 
<< Il mio più grande desiderio è riavere Astoria, ma questo tu non puoi darmelo. Nessuno può >>
 
Non riusciva nemmeno a godere del fatto che i suoi peggiori nemici stessero soffrendo, almeno tanto quanto aveva sofferto lui. Quella donna lo aveva cambiato e l’odio verso quelle persone era passato in secondo piano con il tempo.
 
Ron rifletté su quelle parole, rassegnato al fatto di non poter esaudire quel desiderio. Ma un’improvvisa illuminazione attraversò la sua mente.
 
<< In realtà posso >> Malfoy lo guardò sorpreso << Non dovrei dirtelo, ma, date le circostanze, darò uno strappo alle regole. Harry qualche settimana fa mi ha detto di aver ritrovato nella Foresta Proibita la Pietra della Resurrezione. Pensavamo fosse andata perduta da anni e invece durante un ordinario turno di ronda si è imbattutto sulla sua strada. Ora è custodita al Ministero. So che non la riporterà realmente in vita, ma potrai vederla e parlarle >> e in cuor suo sperò di non averne mai bisogno << È tua, se mi dai quella pozione >>
 
La tentazione era grande, il cuore gli urlava di accettare quell’accordo, ma lo avrebbe imbrogliato, perché quel rimedio era acqua fresca per la malattia di Hermione.
 
<< Weasley, va’ a casa e stai vicino a tua moglie, non puoi fare nulla per salvarla >>
 
Ron non lo ascoltava, la rassegnazione non fluiva nel suo sangue e tanto meno si insidiava nel suo cervello. La sua mente rigettava quell’eventualità, non sarebbe stato impotente ed inerme al capezzale di Hermione.
 
<< Malfoy, preparami la pozione, non ti deve interessare di altro tranne della Pietra della Resurrezione >>
 
Gli allungò una mano in segno di accordo e il rivale di sempre la guardò con distacco.
 
<< Malfoy, io non so stringere un Voto Infrangibile, ma tu sì, quindi vedi di darti una mossa >>
 
<< Non ho paura di morire, Weasley >>
 
Ron era determinato e non ritirò la mano.
 
<< Pensa a Scorpius, lui ha solo te >> attese una reazione che tardò ad arrivare << Draco, per favore, non ho una soluzione migliore >>
 
Gli prese finalmente la mano, pronunciando con qualche reticenza poche familiari parole.
                                                   
                                                                                 ***
 
Ritornò come una furia, senza la minima considerazione del guaio in cui si era appena cacciato, senza rendersi conto che le sue prospettive future sarebbero state la morte o Azkaban, perché, se avessero scoperto il furto, quello sarebbe stato il suo posto e Hermione non lo avrebbe potuto salvare.
 
Aveva un’insolita adrenalina nelle vene ed era sicuramente quella sostanza a renderlo così incosciente e ignaro dei rischi che stava correndo.
 
Aprì velocemente la porta senza badare ad altro se non a cercare il libro che poco tempo prima stava consultando. Non era più sulla scrivania, così lo cercò negli scaffali alle sue spalle e lo trovò in un tempo relativamente breve. Lo aprì velocemente alla pagina della pozione e cercò la nota citata da Draco.
 
‘Dannazione’
 
Trovò quell'avvertenza, subito richiuse il libro con ribrezzo, tenendo il segno con l’indice e chiamò a voce alta la moglie.
 
<< Hermione! >>
 
Non ebbe risposta. Quando era entrato non l’aveva accolto e lui non aveva badato a quel dettaglio.
 
L’intenzione era cercarla per tutta la casa, ma i suoi passi furono quasi subito bloccati dalla figlia.
 
<< Rose. Che ci fai qui? Non dovresti essere dagli zii? >>
 
Gli occhi della ragazza erano un misto di preoccupazione e gioia.
 
<< Papà, dov’eri finito?! La mamma si è sentita male >>
 
<< Cosa?? >>
 
Si piombò verso la camera, ma la voce di sua figlia lo bloccò di nuovo.
 
<< Papà, calmati, è normale nel suo stato >> gli sorrise per tranquillizzarlo e l’uomo capì che Rose era ben lontana dalla verità << Ora che ci sei tu, vado da Hugo ad informarlo che presto avremo un fratellino >>
 
Non fece in tempo a fermarla che era già piombata fuori dalla porta.
 
Entrò nella stanza in punta di piedi. La intravide in penombra, con le gambe contro il petto, la guancia appoggiata alle ginocchia e la bacchetta alla mano, a stretto contatto con i pantaloni. La chiamò con un filo di voce.
 
<< Hermione >>
 
Lei si ridestò da quel torpore, puntandogli la bacchetta contro.
 
<< Ehy, sono io >>
 
Lei ribadì a quell'ovvietà con un tono severo, che lasciava davvero poco spazio ad eventuali repliche.
 
<< Appunto >>
 
Si avvicinò a lei con le mani alzate, una resa troppo frequente in una sola giornata. Fece per sedersi accanto alla moglie, ma la donna lo fulminò, bloccando le sue intenzioni.
 
<< Cara, sei per caso arrabbiata con me? >>
 
<< Perché mai dovrei essere arrabbiata con te? Mi hai solo lasciata da sola, quando ti avevo espressamente detto di sentirmi male >> lui tentò di giustificarsi, ma lei lo anticipò << No, zitto, non voglio nemmeno sapere in che guaio ti sei cacciato, Ronald >>

Lui cercò disperatamente di cambiare argomento e fu grato ad Hermione per non aver chiesto ulteriori spiegazioni. Non voleva allarmarla più del dovuto.

 
<< Perché hai detto a Rose che aspetti un bambino? >>
 
<<
E cosa avrei dovuto dirle? La verità? Da quando è consigliabile comunicare ad un’adolescente che presto perderà la madre?! >> era infuriata con se stessa, ma sfogava quella rabbia sull’ultima persona su cui avrebbe dovuto << Tu non c’eri e lei è tornata insieme ad Hugo, credo li abbia accompagnati Harry. Poco dopo mi sono sentita male e non ho trovato altre giustificazioni plausibili >>
 
Stava scoppiando in lacrime, così lui si sedette accanto a lei, posandole una mano sulle gambe per provare ad infonderle un po’ di conforto.
 
<<
Perché tieni la bacchetta a portata di mano? >>
 
<< Tu hai i tuoi piani ed io ho i miei >>

La grinta e la determinazione non le mancavano e Ron sperò davvero che potessero essere sufficienti per salvarla da quella triste prospettiva.
 
<< E cosa volevi fare, cancellare il giorno in cui ci siamo conosciuti? >> la fece suonare come una battuta per allentare la tensione, ma lei lo guardò con dispiacere << Hermione? >>
 
<< Sì, Ron, volevo esattamente cancellarmi dalla tua memoria e poi fare lo stesso anche con i nostri figli. Così almeno non avreste dovuto soffrire per la mia morte >>
 
Il marito le sfilò cautamente la bacchetta dalle mani e la posò sul comodino a fianco a loro.
 
<< Tu non farai nulla di simile, perché tu non morirai, Malfoy preparerà la pozione >> cercò amorevolmente i suoi occhi << Però devi promettermi che tenterai di prendere quella pozione, perché non sono così sicuro che ti sarò accanto in quel momento >>
 
<< Perché dove sarai? >>
 
Non le rispose e le fece vedere la postilla in questione sul libro di magia nera. Hermione non scollò gli occhi spaventati dal volto del marito.
 
<< Tesoro, guarda, è importante >>
 
Lei chiuse il libro con ribrezzo.
 
<< Dimmi prima dove sarai >>
 
<< Non voglio coinvolgerti, ma qualsiasi cosa accada, Hermione, tu non dovrai provare a far cadere le accuse a mio carico, perché non sarò innocente >>

​Si stava spaventando e il cuore minacciava di uscirle dal petto.
 
<< Cosa hai promesso a Malfoy? >>
 
<< Gli ho promesso di poter rivedere Astoria e intendo mantenere la promessa >>
 
 
Spazio dell’autrice
 
Ciao ragazzi!
 
Come sempre in mega ritardo, ma ci sono ;)
 
Se pensate che io sia sadica, vi do davvero tutte le ragioni del mondo…ho fatto precipitare una situazione già sufficientemente precaria, ma abbiate fiducia, amo terminare le mie storie con un lieto fine :)
 
Grazie di cuore per seguirmi in numerosi <3
 
Alla prossima 😊
Baci
-Vale

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Capitolo 14
*** Un punto di non ritorno ***


Un punto di non ritorno
 
 
Il Ministero non gli era mai sembrato così ostile. Con quel gesto avrebbe tradito le persone a cui teneva più della sua stessa vita.
 
Perché dopotutto ripensare alla correttezza di quell’azione, se tanto non compierla avrebbe portato alla rottura di un Voto Infrangibile e quindi alla conseguente morte? E lui non poteva permettersi di morire, almeno non prima di aver salvato Hermione, di aver dato una possibilità di sopravvivenza, se pur flebile, alla madre dei suoi figli. Sua moglie non riusciva a comprendere quanto Rose e Hugo avessero bisogno di lei e che né lui né qualcun altro al mondo avrebbe potuto sostituirla.
 
Era davvero troppo semplice per un Auror violare ogni sorta di dispositivo e incantesimo di sicurezza per raggiungere il cuore della più Alta Istituzione del Mondo Magico. Stava spudoratamente approfittando della sua posizione e quel giuramento di fedeltà, che aveva pronunciato anni prima quando aveva iniziato a ricoprire quell’importante ruolo, lo accantonò in un angolo della sua memoria per evitare che i rimorsi di coscienza bussassero alle porte della ragione prima del tempo.
 
Rischiava di passare per un Auror corrotto, rischiava che quel gesto venisse interpretato come un mutamento di alleanza, ma nessuno poteva immaginare che dietro quell’apparente appoggio ad un ex Mangiamorte, che non aveva mai smesso di essere tale agli occhi di maghi e streghe, vi erano due affini sofferenze ed una coalizione dettata da un profondo dolore. Non vi era alcuna ombra di malvagità in quel Patto, solo tanto amore e pena.
 
Ma cosa ne poteva sapere la gente dei sentimenti profondi che attraversano il cuore in quelle circostanze? Si erano fermati all’apparenza, avevano condannato Malfoy in quell’inferno che aveva vissuto, etichettandolo come una semplice punizione per tutto il male che aveva inferto, e avrebbero sicuramente condannato il gesto dell'Auror come irresponsabile e deludente agli occhi di tutti. Ma loro non potevano comprendere e conoscere la forza invisibile che lo stava spingendo a tentare il tutto per tutto, a rischiare ogni cosa pur non perdere l’amore di sua moglie e di non avere il biasimo dei suoi figli per non aver azzardato di più.
 
***
 
Un brivido lo percorse quando si accorse di aver violato ogni ostacolo tra lui e il suo reato.
 
Si guardò intorno con circospezione. Tanto sapeva che lo avrebbero scoperto, era solo questione di tempo, e nemmeno voleva dare la responsabilità a qualche anima innocente ​per quel suo passo falso.
 
Passò in rassegna quegli infiniti scaffali con attenzione alla ricerca di quel prezioso oggetto.
 
Ma in quella frettolosa ricerca si imbatté in qualcos’altro.
 
Un grande specchio attirò la sua attenzione. Quell’antica cornice rifinita in oro avrebbe potuto far pensare ad un comune oggetto che aveva il banale scopo di riflettere la propria immagine. Invece un’incisione sul bordo superiore annunciava di trovarsi al cospetto di qualcosa di non comune.
 
Specchio delle Brame
 
Ma allora perché lui vedeva solo l’immagine di se stesso? Non desiderava davvero nulla?
 
Dal momento in cui il conteggio dei giorni del suo matrimonio era ripreso, non sentiva la mancanza di niente, aveva tutto ciò che potesse desiderare.
 
Se non fosse per quella dannata cura.
 
Ricordava che anni prima Harry gli aveva detto come quello Specchio avesse avuto il potere di farlo entrare in possesso della Pietra Filosofale quando ne aveva più bisogno. Si era semplicemente trovato in tasca quell’oggetto, desiderandolo ardentemente.
 
Quel furto di nobile aveva ben poco, ma, pur non convinto della effettiva realizzazione di quel miracolo, tastò la stoffa dei pantaloni all’altezza della sua tasca senza distogliere l’attenzione dal proprio solitario riflesso. Sussultò e abbassò sbalordito lo sguardo quando si accorse al tatto di percepire qualcosa di poco familiare.
 
Estrasse lentamente quel piccolo oggetto e, ancora sorpreso, lo fece roteare tra le dita per esaminarlo.
 
Una voce lontana lo richiamò.
 
<< Ron >>
 
La riconobbe, ma non poteva davvero essere lui. Era morto da anni. Si rifiutava di credere che non fosse solo un’allucinazione dettata dall’immenso dolore che lo stava consumando da qualche giorno a quella parte.
 
Alzò lentamente lo sguardo nella direzione della fonte di quel suono.
 
<< Perché quella faccia, fratello? Mi hai chiamato tu >>
 
Era profondamente turbato per quello che gli si parò davanti agli occhi.
 
<< F-Fred? >>
 
Lo spirito gli sorrise, ma Ron non accennava a distendere la tensione che si era accumulata in ogni centimetro del suo corpo.
 
<< Fred >>
 
Sussurrò con lacrime incontrollabili a rendere la sua vista velata e questa sua reazione involontaria non lo aiutò di certo ad assimilare la reale immagine del fratello di fronte a lui.
 
Il fantasma tornò serio. Una serietà inusuale si impossessò di lui e fissò con compassione il fratello.
 
<< Mi dispiace per Hermione, Ron >>
 
<< Tu lo sai?? >>
 
Gli fece un cenno di assenso, lasciando l’Auror sempre più sorpreso ed incredulo per quella visione.
 
<< Fred, non voglio perderla >>
 
<< Non accadrà. Ma devo metterti in guardia, ciò che stai per fare avrà delle ripercussioni >>
 
Lo sapeva già, non aveva bisogno dell’anima di suo fratello a rammentargli quel dettaglio.
 
<< Lo so >>
 
Fred era consapevole che non lo avrebbe mai dissuaso.
 
<< Ron, sono contento che Hermione sia diventata mia cognata. Sai, avete creato delle creature meravigliose, Rose e Hugo sono dei bravi ragazzi. Sono orgoglioso dei miei nipoti >>
 
L’ombra del fratello iniziava a dissolversi. Ron strinse più forte la Pietra per ritardare quel nuovo addio.
 
<< Fred, ci manchi >>
 
<< Sono sempre con voi, ma ora devi lasciarmi andare. Ti auguro buona fortuna, fratello. Veglierò su di voi per quanto mi sarà possibile. Sono certo che la salverai, non la voglio vedere lassù con me, Ron, il suo posto è al tuo fianco >>
 
Scomparve all’improvviso, lasciando una nuova scia di lacrime amare. Un remoto dolore tornò a bussare al cuore di Ron. Ma quella ferita, che tornò a pulsare viva nel suo petto, gli diede la forza e la grinta per smaterializzarsi e tenere fede a quel Voto. Lui non avrebbe mai più vissuto una perdita così lancinante.
 
***
 
Ritornare al lavoro era stato devastante. La sua salute era sempre più precaria, le sue forze cedevano il passo alla debolezza ogni giorno maggiormente, ma non poteva mollare, la resa non poteva essere contemplata come un’opzione.
 
Era una giornata particolarmente difficile da vivere nelle sue condizioni. Vi era un gran via vai di gente dall’ufficio del Ministro. Qualcuno aveva rubato la Pietra della Resurrezione gettando l’intero Ministero nel caos più totale.
 
Hermione aveva prontamente dato inizio alla ricerca del responsabile, aveva seriamente il timore che quel furto nascondesse qualcosa di oscuro.
 
Nuovamente la porta si spalancò, provocandole un ennesimo sussulto di irritazione.
 
<< Ron! Mi spieghi dove diavolo eri finito? Ti ho cercato ovunque >>
 
Il marito entrò, tenendo lo sguardo basso, e si sedette di fronte a lei, sussurrando, sotto lo sguardo perplesso di Hermione.
 
<< Saresti dovuta rimanere a casa. Sei debole e hai bisogno di riposo >>
 
Quella palese dimostrazione di affetto non bastò per distendere la tensione che aleggiava in quell’ambiente.
 
<< Ronald, oggi al Ministero sembra sia scoppiata una bomba e tutto perché un cretino ha avuto la brillante idea di rubare la Pietra della Resurrezione. Ma giuro che, appena lo becco, lo sbatto ad Azkaban per il resto dei suoi giorni, così gli scappa la voglia di fare il furbo. Non ho la più pallida idea di come abbia fatto ad eludere la sicurezza >>
 
L’uomo la ascoltava dispiaciuto per il male che sicuramente le avrebbe inferto. Estrasse lentamente dalla tasca della sua uniforme la pozione che Malfoy aveva preparato per lui e l’appoggiò delicatamente sulla scrivania davanti agli occhi della moglie. Alzò lo sguardo su di lei, notando un lieve accenno di terrore. Subito dopo prese un respiro e porse alla donna anche la sua bacchetta.
 
La moglie lo guardò profondamente perplessa per quel secondo gesto.
 
<< Ron, ma che >>
 
<< Sono stato io, Hermione. Ho offerto la Pietra a Draco in cambio della pozione >>
 
Il Ministro, dopo interminabili secondi di titubanza e di shock, si alzò spaventata, faticando a reggersi in piedi, e si diresse rapidamente verso la porta, appurando che non ci fosse qualcuno nei paraggi, e la richiuse cautamente.
 
<< Cos’hai fatto?? >> lo guardò incredula << Ron, ho dato l’ordine di arrestare il responsabile a qualunque costo >> non poteva credere di aver condannato suo marito, le mancava il fiato al solo pensiero di aver commesso un simile errore << Lo avrei dovuto capire, in quale altro modo avresti consentito a Malfoy di rivedere Astoria >>
 
Il marito le si avvicinò, provando a mostrare serenità per tranquillizzarla.
 
<< Tesoro, va tutto bene. È colpa mia, non ti ho detto nulla e tu hai fatto solo il tuo dovere >>
 
<< Ma, Ron, ti ho condannato ad Azkaban >>
 
Non riusciva a realizzare ancora quello che aveva fatto e ormai le lacrime, desiderose di scorrere, non avrebbero potuto riavvolgere il nastro del tempo.
 
Fece per abbracciarla, non sapendo più come alleviare le sue colpe, ma lei respinse quel gesto con delicatezza, facendo un passo indietro, non riuscendo però a distogliere da lui uno sguardo profondamente dispiaciuto.
 
<< Hermione, promettimi solo che prenderai quella pozione. Non rendere vani i miei sacrifici >>
 
<< Non posso permettermi di dimenticarmi di te, devo trovare un modo per tirarti fuori da quella prigione >>
 
Accennò solo a sfiorarle amorevolmente una mano, stando attento a non violare quel profondo dolore che si era impossessato di sua moglie.
 
Le sorrise malinconicamente, persistendo nel vano tentativo di calmarla. Ma dei passi lo distrassero e lo obbligarono a voltarsi verso la porta chiusa per captare con più attenzione quei rumori.
 
<< Ron, che c’è? >>
 
Quell’atteggiamento sospettoso fece solo per aumentare l’ansia nella donna.
 
Il marito non fece in tempo a colmare i suoi dubbi, che due familiari colpi alla porta li fecero sussultare.
 
<< Ron, questo è >>
 
<< Harry >>
 
L’Auror fece per aprire con risolutezza la porta al cognato, ma Hermione lo bloccò distendendo un braccio davanti a lui.
 
Ron le si avvicinò e, non trovando altro modo per rincuorarla, tentò di catturare le sue tristi labbra.
 
<< No, Ron, non voglio sia il nostro ultimo bacio >>
 
All’ennesimo suo rifiuto, il marito abbassò senza ulteriori indugi la maniglia, dando libero ingresso al cognato.
 
Harry entrò formalmente, palesemente sconvolto dalla notizia a cui era appena venuto a conoscenza. Fece vagare lo sguardo dall’uno all’altra con delusione, fino a che non lo posò fisso su Hermione.
 
<< Ministro, abbiamo trovato il responsabile del furto >> ma sapeva che non era necessario rivelare il suo nome, lei doveva esserne già a conoscenza << Posso procedere con l’arresto? >>
 
Il tono di Harry era impassibile, ma negli occhi del Capo delle Guardie vi era tanta rabbia per essere stato tenuto all’oscuro di un fatto così rilevante.
 
Il cuore di Hermione perse un centinaio di battiti a quella domanda. No che non poteva strapparle l’uomo che amava solo per aver tentato di salvarla. Ma non poteva nemmeno ritirare quell’ordine solo perché il colpevole era suo marito, non aveva il potere di salvarlo, lei che aveva infiniti poteri non aveva la facoltà di proteggerlo dal terribile destino a cui l’aveva condannato.
 
<< Ronald Weasley, io >>
 
Il diretto interessato le strinse con calore la mano per infonderle coraggio in quel triste passo, accompagnando quel gesto con un sorriso.
 
Lei non riusciva a guardarlo negli occhi e, distogliendo lo sguardo, pronunciò le fatidiche parole.
 
<< La dichiaro in arresto per aver abusato del proprio potere e >> una lacrima scorse lungo le sue pallide guance, ma lei prontamente l’asciugò, prendendo un respiro e, in un unico fiato, proferì le ultime parole << per avere rubato un oggetto di potenziale pericolo >>
 
Harry eseguì l’ordine senza fiatare, prendendo l’amico per un braccio, ma Hermione trattenne il marito, stringendo la mano, che ancora giaceva nella sua.
 
<< Ron, baciami >>
 
Non si fece ripetere quel sussurrato e commosso ordine, sfiorando appena le labbra di lei. Riaprirono lentamente gli occhi, ritrovando i loro sguardi un centimetro dall’altro: quello di Hermione gridava un doloroso mi dispiace, mentre quello di Ron indicava la boccetta sulla scrivania con un ennesimo fiducioso sorriso.
 
Harry ruppe quel complice contatto tra i due coniugi, con un tono secco e irritato.
 
<< Scusate se vi disturbo, ma dovremmo andare >>
 
Tirò il delinquente verso la porta e lentamente le mani dei due scivolarono via l’una dall’altra con grande sofferenza.
 
<< Harry, ti prego, trattamelo bene >>
 
I due uscirono, lasciando il Ministro in un bagno di lacrime e in preda ai sensi di colpa.
 
Ma tutto quel dolore, sfogato così prontamente, fu presto contenuto, aiutandola a gettarsi alla disperata ricerca di un rimedio, per fare appello a qualche legge o semplicemente comma che potesse scagionarlo.
 
***

 
Harry non poteva ancora credere di aver arrestato il suo migliore amico.

Lo guidava lungo gli immensi corridoi del Ministero, sotto gli occhi increduli dei presenti. Lo invitava a proseguire, tenendolo per un braccio, ma con una tale delicatezza che mai più avrebbe riservato ad un tenuto della Prigione di Massima Sicurezza.
 
<< Harry >>
 
All’udire il suo nome, l’uomo si fermò di colpo e fulminò l’amico, zittendolo.
 
<< Ron, tu ed Hermione dovrete spiegarmi un bel po’ di cose >> si accorse di aver alzato la voce, così regolò il tono << Tanto per iniziare, mi dici che diavolo state combinando? >>
 
Harry era profondamente arrabbiato, ma il cognato non aveva il tempo di spiegare, solo per strappare qualche promessa.
 
<< Harry, promettimi solo che le starai accanto. Io non posso più farlo, ma tu sì. Falle prendere la pozione >>
 
L’amico era sempre più perplesso.
 
<< Ma di che pozione stai parlando? >>
 
 
Spazio dell’autrice
 
Ciao a tutti!
 
Chiedo ancora perdono per il ritardo…:( ed anche per la tristezza di questo capitolo, ma lo scioglimento di tutti i guai ci sarà ;)
 
Grazie di cuore per continuare a seguirmi <3
 
Alla prossima :)
Baci
-Vale

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Capitolo 15
*** Traumatiche scoperte ***


Traumatiche scoperte
 
 
Non voleva ancora credere di aver commesso un simile errore. Aveva emesso quel mandato di arresto con la certezza che il responsabile fosse semplicemente un malintenzionato, disposto a rischiare Azkaban pur di continuare a rendere servigi alla Magia Oscura.
 
Invece era solo suo marito. Ron aveva rischiato tutto per salvarla e lei lo ricambiava arrestandolo.
 
Se solo si fossero parlati di più negli ultimi tempi, se fossero stati sinceri l’uno con l’altra, probabilmente non si sarebbero mai trovati in una situazione simile. Era mancato loro il dialogo ed ora soffrivano le pene di quella carenza.
 
Ma era stata lei la reale responsabile di tutto, aveva dato lei stessa inizio a quell’insensato folle gioco. Meritava lei Azkaban e non Ron, la vera innocente vittima passata sotto le sue grinfie. Lo aveva ingannato persino risposandolo, forse a quel punto avrebbe dovuto lasciare le cose come stavano, tanto ormai il danno era stato fatto, invece lei aveva voluto egoisticamente tornare ad essere sua moglie peggiorando una situazione già precaria. Suo marito preso dalla frenesia di salvarla, di non perderla, si era compromesso.
 
Non vi era il tempo per le lacrime, scorrevano decisamente troppo lentamente per la condizione in cui riversava Ron e lei non aveva un solo minuto da perdere.
 
Si era lanciata alla disperata ricerca di una soluzione, tentava di mantenere lucidità, ma i suoi sforzi venivano contrastati dai ricordi, dolci e amare rimembranze le affiorarono alla mente. Ma non poteva pensare che quelli sarebbero stati gli unici luoghi in cui poter rivedere suo marito. Li scacciò con determinazione, non era il momento di cedere alla debolezza, perché in quel momento più che mai doveva riscoprire la propria forza, e se non quella fisica, perché la malattia la stava lentamente privando della vita, almeno quella psicologica, che finché avesse respirato, avrebbe mantenuta vigile, poiché niente l’avrebbe privata di tale dote.
 
Chiuse gli occhi ed esaminò ogni meandro della sua mente per aggrapparsi a qualunque conoscenza giuridica che potesse scagionarlo, ma non le venne in mente nulla. Divorò nuovamente e velocemente tutti i libri messi a disposizione del Ministro della Magia, per svolgere nel migliore dei modi il suo ruolo, ma nella situazione in cui riversava ogni singola lettera pareva incomprensibile e profondamente priva di senso.
 
Richiudeva i libri con violenza, sperando che, come in un incubo, un differente spostamento d’aria avrebbe concesso il suo sereno risveglio accanto a suo marito, nella loro graziosa villetta e senza la falce della morte pendere impertinente sulla sua testa. Eppure la sensazione era identica, la terribile incapacità di muoversi, la paura che si infilava fin dentro le ossa penetrando nelle pieghe del cuore, l’impossibilità di gridare aiuto, perché tanto nessuno al mondo avrebbe potuto rimediare a tutti casini che aveva combinato. Lei aveva sempre risolti i guai in cui si erano cacciati, invece in quel caso specifico ne aveva creato uno enorme con le sue stesse mani. Era stata spinta dall’amore, le aveva fatto perdere completamente la cognizione della realtà, non voleva che soffrisse, non voleva tutto ciò che era accaduto, ma aveva sbagliato ogni cosa, non aveva previsto che proprio quel suo atteggiamento aveva realizzato i suoi incubi più oscuri.
 
Possibile che nemmeno i libri la stavano aiutando? Le avevano indicato la via per tutta la vita ed ora si ribellavano a lei? Non lo poteva accettare, eppure continuava in quella frenetica indagine, non sapeva cos’altro fare, cessarla avrebbe significato arrendersi e lei non poteva categoricamente permetterselo.
 
Cosa avrebbe potuto dire a Rose e Hugo, come avrebbe giustificato l’assenza del loro padre? Non sarebbe mai riuscita a mentire ai suoi figli, non di nuovo, portava già un enorme peso sul cuore e questo ennesimo avrebbe contribuito a darle il colpo di grazia.
 
Doveva assolutamente tirarlo fuori da lì il prima possibile con una giustificazione più che valida, di modo che nessuno avrebbe mai e poi mai potuto mettere in discussione quell’assoluzione. Non poteva pensare che suo marito fosse in quella gabbia nera, dimenticata da ogni sorta luce, preda di Mangiamorte e Dissennatori: i primi non avrebbero tardato ad approfittare della dannata fortuna di avere a portata di mano il responsabile della loro prigionia e i secondi avrebbero solamente eseguito il loro dovere una volta che il prigioniero, dopo la definitiva sentenza, sarebbe stato condannato a vita.
 
Dovette chiedere appoggio alla scrivania al solo pensiero di quelle tutt’altro che rosee possibilità. Nessuno lo avrebbe sfiorato, né in un caso né nell’altro, nessuno avrebbe osato, perché, al contrario, lei non se lo sarebbe mai perdonata.
 
Voltava quelle pagine tanto violentemente da provocarsi qualche taglio con la carta. Ma il dolore e il sangue provocati da quelle sottili ferite erano nulla in confronto alla sofferenza dell’anima. Così le ignorò e proseguì nella sua attività compulsiva.
 
 
 
 
​***
 
All’improvviso la porta si spalancò, facendola sobbalzare e provocando un traumatico ritorno al presente. Ma sogno e realtà non erano mai stati così distanti come allora.
 
Harry entrò con una certa enfasi e, con la stessa espressione formale e irritata di poco tempo prima, fissò l’amica, richiudendo la porta alle sue spalle. Lei, con una forte percezione di colpevolezza in corpo, non riuscì a tenere testa a quel severo sguardo.
 
<< Allora, Hermione, sto aspettando >>
 
Era paradossale, il Ministro della Magia che veniva rimproverato da un suo sottoposto. Ma in quel momento ciò che la donna leggeva negli occhi di Harry era solo un grande affetto.
 
L’Auror, davanti all’indugio di lei, si avvicinò lentamente, prevedendo che la notizia non sarebbe stata delle migliori. Dopo aver fatto qualche passo, fu sufficientemente vicino a lei per percepire la sua agitazione.
 
La donna, mantenendo lo sguardo basso su un libro, che in quell’esatto momento a lei parve indecifrabile, provò a proferire qualche flebile parola.
 
<< Dimmi se sta bene >>
 
Harry poteva comprendere e condividere le sue stesse paure, così non poté fare a meno di placare la sua durezza e impiegare un tono più dolce.
 
<< Non gli accadrà nulla, ho provveduto io stesso >> si sporse e chinò in avanti per poter catturare gli occhi dell’amica << Mi dici cos'è successo? >>
 
Fu a quella domanda - più un dolce invito per la verità - che Hermione alzò lo sguardo e lo fissò con occhi quasi assenti, se non fosse stato per quel velo lucido che rendeva le sue iridi opache.
 
<< È colpa mia, Harry. Avrei dovuto dirglielo anni fa >>
 
L’amico era sempre più interdetto davanti allo strano comportamento dei due. Con pazienza e comprensione cercava di indirizzare la conversazione nella giusta direzione per riuscire a scoprire la reale giustificazione ai fatti a cui aveva appena assistito, senza inveirle contro o sforzarla in alcun modo.
 
<< Cosa non gli hai detto? >>
 
Non riusciva a dargli una simile notizia con la consapevolezza che avrebbe condannato qualcun altro a quella frenetica smania di suicidarsi per lei.
 
<< Niente >>
 
Si allontanò da lui, interrompendo quel fraterno contatto, ma Harry non era per nulla soddisfatto di quella frettolosa e vaga risposta. La afferrò delicatamente, ma con determinazione, per un polso, impedendole di riprendere quell’intensa ricerca.
 
<< No, Hermione, ora mi spieghi. Qualunque cosa sia >> l’amica sorrise amaramente a quelle parole, ricordando la conversazione che aveva avuto con suo marito quando gli aveva comunicato quella drammatica situazione << Ho il diritto di sapere perché mi hai dovuto ordinare di arrestare il mio migliore amico! >>
 
Prese un lungo respiro e si preparò a qualsiasi reazione dall’altra parte.
 
<< Sono gravemente malata, Harry >>
 
La pressione sul polso dell’amica si sciolse lentamente. Non si sarebbe mai immaginato una simile notizia, dovette appoggiarsi alla scrivania per non minacciare mancamenti. Hermione tentò di proseguire nel racconto, dopotutto quella era solo una parte della verità.
 
<< È per questo che ci siamo lasciati, ho preferito allontanarlo da me, piuttosto che condividere con lui questa pena. Gliel’ho detto quando ci siamo risposati, ma l’ha presa talmente male che da quel momento non fa altro che cercare una cura. Ha ottenuto quella pozione di Magia Nera >> indicò con disappunto e con un lieve cenno del capo la boccetta che era ancora sul ripiano in legno << da Malfoy in cambio della Pietra >> quella ulteriore informazione sconvolse Harry maggiormente << Ma io non lo sapevo, mi ha tenuta all’oscuro della promessa che avevano sancito mediante il Voto Infrangibile. Perché se lo avessi saputo >>
 
Un nodo in gola le impedì di continuare a parlare e quelle lacrime, che così strenuamente si era sforzata di contenere, ripresero la loro triste corsa. Il cognato non riusciva a risponderle, la salivazione si era totalmente annullata. Ma la fissava con tenerezza. Solo dopo diversi minuti di silenzio riuscì a riacquistare il dono della parola, pur essendo ancora terribilmente incredulo.
 
<< R-Ron mi ha chiesto di farti prendere quella pozione >>
 
<< No >> il suo era un rifiuto secco e categorico e si diresse nuovamente verso la libreria << Prima tiro fuori mio marito da quella prigione >>
 
Si rimise a rovistare tra quei codici sotto gli occhi di Harry. L'uomo impiegò davvero tanto per riprendersi da quel colpo, ma trovò la forza di reprimere il dolore ed essere di sostegno all’amica.
 
<< Hermione, così non lo aiuti. Ascoltalo, prendi quella pozione, a lui non capiterà nulla ad Azkaban. Posso garantirtelo >>
 
Si bloccò nuovamente e si voltò verso il cognato palesemente provata dal dolore, conscia del fatto che fosse estremamente sincero.
 
<< Ma, Harry >>
 
<< Lo so, ci sono poche probabilità che funzioni e potrebbe farti perdere i ricordi. Me lo ha detto prima di arrivare alla prigione, ma non mi ha accennato alla tua malattia >> non riusciva a dargli retta, era più forte di lei, doveva essere certa di salvarlo e se ciò significava perdere la vita lo avrebbe volentieri accettato << Hermione, siete entrati in un circolo vizioso, lui vuole salvare te e tu vuoi salvare lui, ma in questo modo vi distruggete a vicenda. Lo capisci, vero? E voi avete due figli e non potete proprio permettervelo di fare gli eroi >> cercò di puntare su un lato che sapeva essere debole per lei << Fatevi aiutare. Ti prometto che una soluzione la trovo e lo tirò fuori da lì. E se dovessi perdere i ricordi, te li farò riacquistare, ma un tentativo lo devi fare. Ron ha rischiato tanto per quella pozione e credo che il suo sacrificio sia più che sufficiente >>
 
Lo ascoltò attentamente, ma il suo cuore gridava maggiormente, sovrastando quelle verità, cercò di ignorare quel muscolo involontario, ma non ci riuscì. Salvarsi prima di lui era inconcepibile, avrebbe pensato a se stessa solo dopo che fosse tornato a casa e fosse stato al sicuro.
 
<< Harry, hai per caso qualche idea per scagionarlo? >>
 
 
***
 
Era trascorsa una strana settimana in casa Weasley.
 
Rose e Hugo percepivano una diversa atmosfera. Hermione aveva comunicato loro che Ron si era assentato per lavoro e che non sapevano quando sarebbe tornato. Era una missione speciale, per cui era difficile prevederne la fine. La donna era rimasta sul vago senza sbilanciarsi ulteriormente.
 
Tante volte il loro padre era dovuto partire per qualche incarico, ma stavolta avvertivano qualcosa di differente, nulla era come in passato e benché Hermione provasse sempre una certa pena per lui durante quelle assenze, non era di certo paragonabile all’umore e alla tensione che l’avevano investita nell’arco di quella settimana.
 
Sembrava davvero si fosse tutto sistemato, erano tornati a vivere tutti insieme, i loro genitori si era finalmente rappacificati, ma dal giorno di quelle seconde nozze paradossalmente la felicità si teneva maggiormente a debita distanza.
 
Spesso e volentieri avvertivano la madre piangere nel cuore della notte e quel comportamento fece notevolmente allarmare i ragazzi. Peccato che ogni volta la donna sviasse l’argomento con un grande e falso sorriso evidentemente per non angustiarli.
 
Non ricevevano alcun tipo di notizia da Ron ed anche questo li fece insospettire. Quando era in missione mandava sempre un gufo a loro per salutarli e uno ad Hermione per tranquillizzarla. Che si fossero lasciati di nuovo? Impossibile! Doveva esserci un’altra motivazione, magari strettamente connessa alla loro precedente separazione.
 
***
 
In quella piacevole mattina di agosto, Rose vagava per casa, già vestita e pettinata, alla ricerca della madre.
 
Guardò ovunque, tentò persino nella camera dei suoi genitori, ma di Hermione non vi era ombra. Stava uscendo distrattamente dalla stanza, quando il suo sguardo si posò su qualcosa di familiare che sbucava da sotto il letto. Si chinò per raccoglierlo, dando per scontato che non fosse il suo posto, e, quando vide la notizia in prima pagina allegata ad una grande foto di suo padre, rimase a bocca spalancata.
 
Quelle poche righe la illuminarono e dissolsero parecchi dubbi, che da più di una settimana la stavano logorando.
 
Suo padre era stato arrestato e ad averlo fatto era stata sua madre. Era troppo paradossale, per quale ragione avrebbe dovuto arrestare suo marito, se poi oltretutto si erano risposati da poco?
 
Ma non poteva essere uno scherzo, la Gazzetta del Profeta era chiara e trasparente su ogni genere di notizia, riportava solo i fatti nudi e crudi, senza alcun tipo di licenza poetica.
 
Quindi ricapitolò mentalmente i fatti: suo padre, Ronald Weasley, uno stimato Auror, aveva deciso una mattina come tante altre, in piena luna di miele, di diventare un ladro, rubando al Ministero un oggetto di estremo valore magico. Non aveva alcun senso, ma sapeva chi poteva aiutarla a chiarire. Strinse più saldamente quel giornale e riprese la sua ricerca con maggiore frenesia e disperazione.
 
<< Mamma! >>
 
La trovò dopo un paio di minuti, mentre si apprestava, vestita di tutto punto, ad iniziare una nuova giornata di lavoro.
 
La ragazza mostrò infuriata e incredula la Gazzetta ad Hermione.
 
<< Hai arrestato papà?! >> la fissò negli occhi per coglierne i segni della falsità << Perché ci hai mentito?? >>
 
Avrebbe dovuto immaginare che prima o poi lo avrebbero scoperto ed ora un nuovo timore si era materializzato e aveva preso forma davanti a lei. Tentò vigliaccamente - a suo parere - di giustificare quell’involontario gesto.
 
<< Tesoro, io non volevo arrestarlo. Sono stata costretta >>
 
Rose la guardò con riprovazione, aggiungendo un’ulteriore ferita al povero cuore della donna, e le voltò le spalle con la palese intenzione di allontanarsi da lei.
 
Hermione la bloccò, afferrandola dolcemente per la mano.
 
<< Dove vai? >>
 
La figlia si voltò di scatto verso di lei, mantenendo quello sguardo penetrante, che avrebbe potuto abbattere un muro se solo avesse voluto.
 
<< Vado da papà. Sono sicura che lui non ci avrebbe mai mentito, mentre tu lo hai fatto senza troppi problemi >>
 
Hermione sapeva che in realtà a mentire a quei ragazzi erano in due, ma non era il momento di informarli della sua tragica dipartita e tanto meno di macchiare l’immagine che avevano del loro padre, infondo l’unica colpevole restava sempre e solo lei.
 
<< Hai ragione, bambina mia, ma non possiamo andare ad Azkaban. Solo gli Auror possono entrare lì dentro e l’accesso è negato persino a me >>
 
<< Noto con piacere che hai preso alla lettera questa regola, mamma, perché non hai esitato a sbatterlo in prigione >>
 
La fissò con odio ed estremo sarcasmo, divincolandosi dalla sua amorevole presa con ribrezzo. Sua figlia non l’aveva mai guardata in quel modo, i suoi bellissimi occhi smeraldo erano rossi di dolore e rabbia.
 
<< Io vado da mio padre e non mi importa nulla se sei il Ministro della Magia, tu non me lo impedirai >>
 
Hermione non aveva affatto gradito quell’atteggiamento e tanto meno le insinuazioni sulla sia persona, così riacquistò un tono più autorevole.
 
<< E come pensi di arrivarci ad Azkaban? >>
 
Le corse dietro, nel vano tentativo di impedirle di commettere qualche sciocchezza.
 
<< Smaterializzandomi. E non mi interessa se sono minorenne e non mi è consentito usare la magia. Arrestami se ti pare >>
 
Hermione non fece in tempo a ribattere a tono, ma solo a sfiorarla, prima di ritrovarsi entrambe catapultate nei pressi della Prigione di Massima Sicurezza.
 
Rose era riuscita ad eseguire quell’ incantesimo alla perfezione, lasciando la madre palesemente stupita.
 
<< Chi diavolo ti ha insegnato a smaterializzarti?? >>
 
<< Papà >>
 
La figlia le rispose ovvia, alzando le spalle, ma quell’informazione non poté che irritare la donna.
 
<< Tuo padre mi sente e in quanto a te, sappi che hai violato una legge molto severa, Rose, dovrei toglierti la bacchetta per questo >>
 
<< Ma non lo farai, giusto, mamma? >> la provocò, attendendo una scontata conferma, che infatti non arrivò, cambiò il registro dall'impertinenza alla supplica << Voglio solo vedere papà. Mi manca tanto. Tornerà a casa? Ti prego, non condannarlo, sono sicura che non voleva fare quello che ha fatto, magari lo hanno costretto >>
 
Hermione ascoltò commossa le richieste della figlia, ma una soluzione non l’aveva e ogni promessa a lei rivolta sarebbe stata presto disattesa. L’abbracciò amorevolmente, non trovando altra risposta migliore. Percepiva i singhiozzi di Rose contro il petto e ringraziò che i loro sguardi non fossero in diretta connessione, perché anche i suoi occhi si stavano riempiendo drammaticamente di sale corrosivo. Le diede un bacio sui capelli vermigli, per placare un dolore che sapeva essere stato provocato da lei, ed anche se era conscia del fatto che l’abbraccio più desiderato sarebbe stato quello di suo padre, la strinse più forte a sé, infondendole quel poco di coraggio che le era rimasto in corpo. Sperò con tutta se stessa che, oltre a qualche caratteristica fisica, la loro figlia avesse ereditato anche tutta la temerarietà di suo marito, che mai come allora aveva dimostrato di possedere.
 
Hermione sciolse quell’abbraccio a malincuore e la prese per mano come quando era solo una bambina ed aveva bisogno di una guida più salda. Solo in quel momento ebbe davvero la netta consapevolezza di doverlo salvare, che presto lei non ci sarebbe più stata e quei due giovani avessero bisogno del loro padre.
 
<< Vieni, tesoro, stammi vicino e vediamo come sta tuo padre >>
 
Oltrepassarono l’ostacolo dei Dissennatori senza troppe difficoltà, superarono gli Auror all’ingresso dopo svariati tentativi di persuasione, dato che ad ogni detenuto era severamente vietato ricevere qualunque tipo di visita, specie se da familiari. La sua posizione la agevolò e con qualche fastidiosa minaccia riuscì a ricevere il lasciapassare per entrambe.
 
Attraversarono gli immensi e bui corridoi con non poco timore. Rumori inquietanti provenivano da ogni dove, strilli di dolore e tintinnii di catene rabbrividirono le due donne. Il gelo della presenza dei Dissennatori si avvertiva anche all’interno di quelle impenetrabili mura, non solo oltre i confini.
 
<< Tuo padre non sarà felice, quando scoprirà che ti ho portata in un posto simile >>
 
Avanzavano con la luce della bacchetta di Hermione ad illuminare alle due il cammino. Molti volti conosciuti venivano rischiarati al loro passaggio, ma il Ministro cercò di ignorarli, pregando di arrivare il prima possibile a destinazione.
 
Per fortuna le sue richieste furono presto accolte e una voce familiare, totalmente in contrasto con quel luogo, attirò la loro attenzione.
 
<< Rose! >>
 
Si voltarono entrambe verso la fonte e lo intravidero nella penombra. La ragazza gli rivolse un grande sorriso, riacquistato grazie alla vista dell'uomo, e corse incontro a Ron.
 
Quando fu nei pressi della cella ebbe l’impulso di posare le mani sulle sbarre per poterlo sfiorare, ma il padre la bloccò.
 
<< No, ferma! Tuo zio ha fatto un incantesimo >>
 
Ma la ragazza era fin troppo perspicace ed istruita per non cogliere il senso di tanta prudenza.
 
<< È per i Mangiamorte, vero, papà? >>
 
<< Certo che no, tesoro. È-è solo semplice routine >> tentò di cambiare discorso, anche se quell’impedimento gli aveva provocato un dolore insopportabile all’altezza del petto << Allora, cosa ci fate tu e la mamma qui? >>
 
<< Volevo vederti. Hugo non sa che sei qui dentro ed io l’ho scoperto dalla Gazzetta. Papà, non credo nella tua colpevolezza e sono certa che la mamma troverà un modo per tirarti fuori >>
 
Le sorrise dolcemente e il pensiero del male che stavano causando ai loro figli lo fece sentire anche peggio.
 
<< Certamente, tesoro mio. Sono convinto anch’io che la mamma non mi abbandonerà >> abbassò la voce, bisbigliando alla figlia << Anche se credo che a volte non le dispiacerebbe se io sparissi >> riuscì a strapparle un leggero sorriso, mentre lanciava un’occhiata complice alla moglie << A proposito, mi fai parlare un momento con lei? >>
 
Rose acconsentì con un po’ di dispiacere, avrebbe voluto parlare ancora con suo padre, ma si allontanò per lasciare qualche minuto di privacy ai genitori.
 
<< Hermione, come stai? >>
 
Sapeva già cosa le avrebbe voluto chiedere, così lo anticipò a ragion veduta.
 
<< Ron, la risposta è “no”, non ho preso la pozione e non ho alcuna intenzione di farlo prima di vederti fuori da qui. Tu, piuttosto, come stai? >>
 
<< Alla grande. Perché dovrei stare male? Non sono io quello con un piede nella fossa >> cercava di rasserenarla, ma il tono della sua voce non riusciva a non essere di forte riprovazione << Amore, prendi quella pozione se non mi vuoi vedere realmente arrabbiato. Da qui dentro non posso costringerti, ma cosa ci sto a fare chiuso in una cella di Azkaban se non tenti?? >>
 
Lo sguardo di Hermione si abbassò sotto i rimproveri del marito e i suoi occhi si posarono su qualcosa che non avrebbe mai voluto vedere.
 
<< Ron, i tuoi polsi >>
 
Davanti a quella considerazione tirò giù velocemente le maniche della giaccia in modo da coprire quelle ferite.
 
<< Non è niente, tesoro >>
 
Harry aveva fatto tutto il possibile, ma ora era solo un semplice detenuto e non poteva ricevere un atteggiamento preferenziale rispetto agli altri.
 
<< Quelle sono le catene. E devi avere freddo, si congela qui dentro >>
 
Hermione cercò di comprendere il suo stato, scrutandolo attentamente con la luce della bacchetta puntata contro di lui, dato che non le era consentito nemmeno sfiorarlo.
 
<< Hermione, sto bene. Pensa a te e ai ragazzi. Ricordi quando mi hai detto che dovevamo mettere al primo posto la felicità dei nostri figli? Pensa a loro, Rose e Hugo hanno bisogno di te >>
 
Quella considerazione interruppe la sua accorata attività, portandola ad alzare lo sguardo sui suoi occhi. Gli stessi che poco prima ammirava sul volto di Rose.
 
<< Di entrambi, Ron >>
 
L’uomo spostò lo sguardo sulla ragazza alle spalle di sua moglie, probabilmente entrambi stavano pensando alla stessa persona. Percepiva la preoccupazione e l’ansia di sua figlia, anche se avvolta nelle tenebre e a qualche metro di distanza.
 
<< Se Rose è ciò che è, Hermione, è merito tuo >>
 
Non sapeva più cosa rispondere a suo marito, ma era convinta che sia Rose che Hugo non avrebbero retto alla perdita di entrambi. Ed era esattamente ciò che stava accadendo.
 
<< Questa prigione necessita di qualche modifica, Ronald >>
 
<< Sono pienamente d'accordo con te, quindi prendi la pozione, altrimenti non potrai modificare nulla >>
 
Gli sorrise commossa e lui ricambiò dolcemente. Avrebbe voluto abbracciarla e asciugare con le sue mani quelle lacrime che sapeva essere prossime a scorrere sulle pallide guance di lei.
 
<< Ron, domani c’è l’udienza >>
 
<< Sì, lo so, conosco la procedura >> non volle smettere di sorriderle, era l’unico modo che conosceva per non farle sentire il peso delle sue azioni << Tranquilla, ci sarò >> ed alternò quei sorrisi a qualche leggera battuta

​Si rivolse a lui profondente rammaricata. 
 
<< Non so come scagionarti >>
 
<< Non importa, amore. Promettimi solo che mi saluterai Hugo e tutti gli altri, visto che avranno saputo del mio arresto dalla Gazzetta. E poi >> stava diventando più simile ad un addio, quello che sarebbe dovuto solo essere un arrivederci all’indomani << promettimi che dopo la sentenza prenderai la pozione >>
 
Scrutò inevitabilmente il buco in cui era rinchiuso suo marito e sperò in un qualsiasi miracolo nelle prossime ventiquattro ore.
 
<< Te lo prometto >>
 

 
 
 
 
Spazio dell’autrice
 
Ciao ragazzi!
 
Stavolta il ritardo è dovuto anche alla lunghezza del capitolo e non solo ai miei studi XD
 
Spero non vi abbia annoiato, ma ho trovato più corretto non spezzare questo capitolo in due parti :)
 
Alla prossima :)
Baci
-Vale

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Capitolo 16
*** Redenzione ***


Redenzione
 
 
Non lo avrebbe mai ammesso alle persone più importanti della sua vita, piuttosto si sarebbe strappato il cuore dal petto, non avrebbe mai rivelato la condanna che sentiva premere sul suo cuore. Aveva commesso quel passo falso per la sua famiglia, ma proprio la lontananza da essa lo stava uccidendo, logorandolo ogni giorno di più. Quella settimana non era nemmeno lontanamente paragonabile ai terribili anni di separazione, quei recenti giorni erano stati un concentrato di angoscia e agonia per le sorti della sua Hermione e per quella separazione obbligata da forze di natura superiore.
 
Perché quel dannato Fato si era accanito così ostinatamente sulla loro felicità? Aveva provato quella gioia, l’aveva avuta al suo fianco per vent’anni e non poteva ancora credere che non l’avrebbe più vissuta.
Ma come faceva a rinunciare alla felicità dopo averla provata così intensamente sulla propria pelle, era peggio di una droga, peggio della più potente dipendenza. Non poteva rinunciare al dolce profumo della pelle di sua moglie e all’affetto dei suoi figli. Una comunione naturale li aveva uniti ed ora non poteva esserne separato altrettanto normalmente.

Sapeva - lo avrebbe sottoscritto centinaia di volte - che il giorno in cui avevano rinnovato il loro “sì” era stata la decisione più giusta della sua vita.

Non si sarebbero probabilmente più rivisti, il loro felice matrimonio sarebbe diventato un guscio vuoto senza la presenza dei due innamorati sposi, ma non riusciva a saperla felice con qualcun altro, il solo pensiero di un’altra persona al fianco di sua moglie non lo avrebbe sopportato, per questo, in quell’ultima occasione che avevano avuto di parlarsi, non era riuscito a darle quel beneplacito, ma era anche sicuro che lei non lo avrebbe mai accettato.
 
Doveva almeno provare a limitare i danni, doveva scendere a compromessi con il Destino. Forse per il loro amore non ci sarebbe stato alcun futuro, ma quei due giovani non avevano chiesto di essere messi al mondo - Rose aveva avuto ragione fin dall’inizio - li avrebbe protetti da quella grande perdita, non li avrebbe privati della loro madre, non se lo sarebbe mai perdonato.
 
Hermione non aveva la più pallida idea da dove quel gelo provenisse, quello delle mura era nulla in confronto a quello del petto. Aveva simulato con fatica serenità per non angustiare e spegnere le due luci che in quel breve frangente della visita non autorizzata avevano rischiarato quell’oscurità.
 
Era convinto che avrebbe sfiorato la pazzia lungo quell’eternità senza sua moglie e sui figli. E a quel punto i Dissennatori che altro male potevano fargli, se tanto il suo corpo era già stato privato dell’anima.
 
Si erano rivolti solo un ultimo sguardo prima di salutarsi a malincuore, ma quel sorriso così sforzato sul volto di Ron si era spento l’istante in cui tutto intorno a lui era ritorno nero come la pece. Si erano comunicati con gli occhi tutto il loro amore, avevano sancito un legame perpetuo, che avrebbe marchiato a fuoco il loro cuore per sempre, perché né la morte né la prigionia sarebbero state così forti da spezzare quel sentimento. Erano uniti da qualcosa di superiore - più potente della forza che li stava inesorabilmente separando -, erano incatenati dall’affetto più puro che ci fosse e in quell’esatto momento del loro addio un bacio sarebbe stato di troppo. I loro occhi non vedevano le sbarre ma solo lo sguardo dell’altro puntato su di sé. Un implicito arrivederci nei loro più intimi sogni e nei ricordi dei loro abbracci e delle loro carezze.
 
Ma solo a Ron era stato concesso di abbandonarsi alle lacrime, Hermione doveva essere forte per i loro figli. Tante volte aveva scortato prigionieri dentro a quella prigione, ma mai un giorno si sarebbe immaginato di esservi rinchiuso, di piangere tra quelle quattro mura, dovendo dire addio alla sua vita, tanto anelata dal cuore. La disperazione, che era inaspettatamente riuscito a tenere a bada davanti ai suoi familiari, esplose dalle sue iridi marine, dando l’idea di un mare in piena tempesta. Ma, a differenza di quel funesto fenomeno naturale, la sua condizione non sarebbe mutata e il sole in compagnia dell’arcobaleno non si sarebbero più palesati ai suoi occhi, lui non li avrebbe più rivisti, vi avrebbe rinunciato per sempre. Aveva passato una settimana da non augurare nemmeno al suo peggiore nemico, aveva dormito poche ore e quel tempo nemmeno si poteva definire riposo, era stanco fisicamente e moralmente.
 
Era stata una bastonata troppo forte per lui, un colpo che sfogò tirando un pugno a quelle dannate sbarre che lo imprigionavano, ma questo provocò solo un forte attrito con l’incantesimo - prudentemente lanciato da suo cognato - che lo scaraventò lontano, aprendo una nuova ferita sanguinante sulla mano.
 
Avrebbe tanto desiderato urlare, sperando che qualcuno lassù sentisse le sue suppliche, ma solo il pensiero del suo defunto fratello trattenne quell’intenzione. Gli aveva detto che sarebbe riuscito a salvarla, ma allora perché sentì quella briciola di ottimismo abbandonarlo definitivamente?
 
Un vuoto incolmabile si impossessò di lui. Restava immobile in quella cella, con la schiena contro al muro e seduto per terra, come ormai era solito fare in quei giorni. L’unico spostamento d’aria era dovuto al sangue fresco che colava dalla sua nuova piaga, provocata dalla sua incalcolabile rabbia e frustrazione, a poche ore dalla drammatica sentenza che avrebbe sentito pronunciare dalle dolci labbra di sua moglie. Ma ne avrebbero sofferto entrambi. L’avrebbe rivista probabilmente per l’ultima volta - non era così sicuro che le sarebbe stata concessa un’altra trasgressione alle regole senza troppe conseguenze -, dall’alto della sua postazione, ma sicuramente bella come non mai e ancora più bella nell’aria di finta formalità nel tentativo di non far trapelare alcuna emozione davanti ad un fatto che la stava trafiggendo nel profondo.
 
Non aveva armi per difendersi, era colpevole. Era colpevole di amare. Un reato che sarebbe stato punito solo sulla terra con la sua perenne detenzione.
 
Non si era mai posto tanti problemi a rinchiudere anime discutibilmente innocenti in quel posto infernale e solo in quel momento si rese conto di quanto lui fosse estremamente più fortunato rispetto a coloro che erano diventati i suoi compagni di detenzione. Il suo sangue colava lungo la mano mancina, passando per l’anulare, per la via che congiungeva la fede nuziale al cuore. Aveva qualcuno che lo avrebbe amato per sempre, nonostante la distanza fisica, quel sangue non poteva macchiare quell’oro, come quel dolore non poteva mutilare per sempre il suo cuore.
 
Tolse la vera e con dolcezza vi posò la punta delle dita dell’altra mano per rimuovere quelle gocce rosse. Incurante del bruciore di quelle ferite, rigirò l’anello tra le dita e lesse per l'ennesima volta le lettere e i numeri incisi al suo interno.

 
7 Giugno 2002 – Tutto ci divide, tutto ci unisce
 
 
La frase che avevano deciso di comune accordo di far incidere sulle loro fedi avrebbe dovuto rappresentare il loro legame. Non avevano davvero alcunché in comune, eppure quell’immenso li univa, rendendo quelle migliaia di differenze profondamente insignificanti. Ricordò le parole della sua giovane sposa, quando vent’anni addietro avevano unito il loro destino, un Fato che nemmeno quel dannato divorzio aveva spezzato.
 
 Così quando litigheremo - perché noi litigheremo come minimo ogni giorno - rileggeremo queste parole e non importa quanto saremo arrabbiati, sono sicura che faremo subito pace 
 
Posò lievemente le labbra su quel simbolo, l’unico contatto che gli era ancora concesso con sua moglie. Una lacrima non tardò a scorrere, sfogando quella sofferenza. Sussurrò appena con l’immagine di lei nella mente. A differenza della sua consorte i ricordi erano la sola cosa che gli restava.
 
 Addio, amore mio 
 
Si erano promessi per ben due volte ‘finché morte non ci separi’, ma in quel momento la sua stessa morte sarebbe solo stata una liberazione dalla prigionia, avrebbe smesso di stare male e non avrebbe dovuto sopportare ogni santo giorno quell’insopportabile lontananza dalla sua famiglia. Avrebbe volentieri fatto a cambio con Hermione, avrebbe voluto prendere su di sé quel malanno e liberare per sempre sua moglie. Gli aveva regalato una gioia immensa, una famiglia e due meravigliosi figli, che nemmeno nei suoi sogni migliori avrebbe potuto immaginare. Non avrebbe mai pensato che quella impertinente ragazzina dai capelli ribelli sarebbe diventata una simile donna e che lui, sempre pronto a prendersi gioco di lei e della sua saggezza, aveva avuto il privilegio di condividere con lei quei lunghi anni. Era stata sul serio la sua consorte, perché la sorte l'avevano davvero consivisa, nel bene e nel male era stati uniti ed anche nei momenti di maggiore difficoltà il loro amore aveva avuto la forza di ricongiungerli e di far ritrovare loro la via di casa.
 
Era più che certo che sarebbe stata in grado di educare da sola Rose e Hugo, li avrebbe cresciuti nel migliore dei modi, ma lui non ci sarebbe stato per vedere che splendidi donna e uomo sarebbero diventati, quando anche loro avrebbe un giorno creato una famiglia. Quelle prospettive erano state troncate dal Fato e quello stesso destino non gli aveva concesso nemmeno la possibilità di salutarli nel migliore dei modi, non un abbraccio a quei due ragazzi, solo qualche parola di velato commiato a sua figlia per non angustiarla più del necessario.
 
Strinse quell’unica àncora di salvezza in un pugno e la portò sul cuore, chiuse gli occhi, per godere di quella fittizia vicinanza, e pianse, tanto nessuno lo avrebbe sentito, nessuno avrebbe accolto le sue preghiere. Solo dolore e orrore si respiravano nell’aria, che al contatto con la sua anima si trasformavano in sfortunato e perduto amore.
 
L’unica speranza che ripose fu nel suo migliore amico, perché avrebbe venduto la propria anima per la seconda volta, scommettendo che non l’avrebbe abbandonata nel caso la pozione non avesse funzionato.
 
Solo un familiare sferragliamento di chiavi riuscì ad attirare la sua attenzione, interrompendo quel triste e solitario raccoglimento, proprio nel momento in cui stava pensando a lui
 
 Harry 
 
Il cognato gli rivolse un mezzo sorriso dispiaciuto, mentre faceva scattare velocemente la serratura. Non appena alzò gli occhi su Ron, rimase perplesso.
 
 Ron, che stai facendo? 
 
Si rimise rapidamente la fede, tentando di riacquistare un atteggiamento più sicuro, e gli andò incontro.
 
 Niente. Come sta Hermione? Ti prego, dimmi che non è peggiorata. Deve almeno resistere fino alla sentenza, poi mi ha promesso che prenderà la pozione 
 
 È stabile fisicamente, ma è moralmente distrutta, Ron. Cerca di dissimulare per i ragazzi, ma è rimasta tutta la notte chiusa in ufficio per cercare una soluzione. Ho tentato di farle capire che aveva bisogno di riposo, specie nelle sue condizioni, che oggi avrebbe dovuto affrontare una giornata difficile e che non ti avrebbe di certo aiutato sfinendosi sui libri fino all’alba. Le ho persino proposto di accompagnarla a casa, le ho detto che avrebbe fatto stare in pensiero Rose e Hugo 
 
Il detenuto abbassò lo sguardo con la convinzione di averle inferto con quell’avventato gesto un nuovo dolore.
 
 Ma lei non ti ha dato retta. Tanto Hermione non ascolta mai nessuno, non è una novità 
 
Harry lo guardò rassegnato e dispiaciuto per non aver avuto la facoltà di aiutare maggiormente i suoi amici.
 
 Mi ha chiesto di accompagnarti in infermeria prima di raggiungere l’Aula  fece vagare lo sguardo sulle mani dell’amico, dove sapeva avere segni inconfondibili della pena, che lui non era riuscito a risparmiargli, e poi subito dopo sul suo volto in cerca di spiegazioni   E pare proprio che abbia ragione. Cosa ti sei fatto alla mano? 
 
Ron tentò di minimizzare e di sviare la domanda, mantenendo, anche se più titubante e vacillante, poiché fortemente messo alla prova, l’atteggiamento che aveva simulato davanti alla moglie e alla figlia il giorno precedente.
 
 Harry, non è niente, sto bene. Qualche linea di febbre e un superficiale taglietto non hanno mai ucciso nessuno 
 
 Mi dispiace, ma ho degli ordini da eseguire 
 
Prese Ron delicatamente per un braccio, facendogli cenno di seguirlo, ma stavolta fu lui a rimanere perplesso.
 
 Non mi metti le manette? 
 
 No. Direi che non ci sia il rischio di evasione 
 
L’Auror lo guidò fuori dalla cella, ma l’amico si bloccò nuovamente sovrappensiero.
 
 Harry, prenditi cura di mia moglie e dei miei figli. So che lo farai comunque, ma 
 
Non riusciva nemmeno a realizzare nella mente quella prospettiva e quelle parole gli morirono in bocca, spingendo fuori un paio di scie salmastre lungo le pallide febbricitanti guance.
 
Il cognato, altrettanto commosso davanti a quella profonda sofferenza, gli posò una mano sul braccio per infondergli un po’ di coraggio.
 
 Ron, ti prometto che Hermione non morirà. E lo sai, a Rose e Hugo voglio bene come se fossero miei e a loro non mancherà nulla. Ora però devi davvero andare in infermeria, non stai per nulla bene e non hai solo qualche linea di febbre, hai bisogno di cure 
 
 Hermione è più importante ed io non ho nulla di mortale. Non perdere tempo con me, pensa a lei. E poi tanto, Harry, sono destinato a vita ad Azkaban, che cambia? 
 
L’amico si stava stufando di sentire quei discorsi apocalittici, per i quali una soluzione sembrava tassativamente preclusa e l’unica prospettiva pareva essere la morte dei due sventurati amanti, con l’unica differenza che quegli stessi innamorati avevano due figli, nei confronti dei quali vigevano delle responsabilità. Non aveva nemmeno lui una soluzione per salvarlo dalla prigione, ma di certo non si sarebbe arreso alla triste evidenza, restando a guardare senza nemmeno provare a risolvere quella calamità che li aveva investiti e cominciare ad occuparsi della salute di Ron gli sembrava un buon inizio per evitare di far precipitare ulteriormente la situazione.
 
 Cammina, Ron, gli ordini del Ministro sono chiari, quindi vedi di non farmi licenziare 
 
 ***

Draco non riusciva ancora a credere di avere fra le mani quella Pietra. La girava tra le mani con diffidenza, stando ben attento a non privarla della propria custodia per non dover essere costretto a sfiorarla.
 
Non credeva davvero che avrebbe tenuto fede a quel Voto, gli aveva offerto su un piatto d’argento un indescrivibile potere, rischiando la galera, ma era pienamente consapevole delle sue più profonde motivazioni e di certo non erano state dettate da uno spirito di solidarietà, quanto piuttosto dall’amore per sua moglie. Amore che lui conosceva e comprendeva molto bene, perché aveva ugualmente tentato di salvarla, senza però alcun successo.
 
Desiderava rivederla, chiederle perdono. La amava ancora tantissimo, e probabilmente non avrebbe mai smesso di farlo, solo che non era così sicuro che quell’incontro avrebbe giovato al suo umore, quanto piuttosto credette di autoinfliggersi un dolore maggiore.
 
Eppure il suo cuore lo gridava a gran voce: un ultimo sguardo, un’ultima sua dolce parola, forse anche un ultimo consiglio per riuscire a costruire un dialogo con Scorpius, con cui, da quando era morta la madre, aveva instaurato un semplice rapporto di conoscenza per nulla approfondita, si erano allontanati e giurava spesso e volentieri di leggere, nei pochi momenti in cui condividevano la stessa stanza, odio negli occhi di suo figlio. Non poteva che dargli ragione, era solamente colpa sua se Astoria era morta in quell’orrendo modo, senza nemmeno un sincero addio, privandoli di un ultimo dolce e rincuorante suo sorriso.
 
Gli faceva male rivivere nella mente quei momenti, ma dopotutto erano perenni nella sua memoria, erano diventati parte integrante della sua persona, insieme ai sensi di colpa, dai quali non si sarebbe mai liberato.
 
Aveva tra le mani un’ultima speranza per placare quella sofferenza, non era certo nella buona riuscita di quell’impresa, ma doveva tentare, tanto il suo cuore non aveva altri battiti da perdere, era diventato profondamente apatico e avrebbe sicuramente resistito a quell’ulteriore scossa, qualunque fosse stata l’esperienza che avrebbe vissuto.
 
Sciolse i fili che tenevano chiusi quel sacchettino nero, prese un ultimo respiro prima di entrare in apnea, condizione ideale per attendere un evento i cui esiti lo spaventavano terribilmente. Svuotò il contenuto sulla mano tesa e attese, senza neppure trovare il coraggio di alzare gli occhi. Aspettò la sua voce, pregando che arrivasse rapidamente, prima dell’ulteriore pentimento di aver disturbato il sonno eterno di un’anima beata come quella di sua moglie.
 
Continuò a fissare la Pietra, prima di stringerla forte in un pugno. Pregava che Astoria non accogliesse quell’invocazione d’aiuto, che non assecondasse quell’attimo di debolezza, che sicuramente avrebbe fatto male ad entrambi, anche se da due dimensioni lontane.
 
 Draco 
 
Ma non giunse alcuna preghiera in cielo, per lo meno non i suoi buoni propositi di non cedere a quella forte tentazione di rivedere l’unica donna che lui avesse mai amato. Una serena voce lo portò a serrare le palpebre per non dare libero sfogo alle sensazioni che gli aveva provocato quel dolce suono, che da troppo tempo non rivestiva le pareti di quella casa.
 
 Amore, guardami. Sono qui difronte a te 
 
Lentamente lo sguardo dell’uomo si alzò su quell’evanescente figura, il cui aspetto contrastava con il sorriso sul volto della donna, che a lui sembrò estremante reale.
 
 Astoria   la scrutava come se fosse davvero davanti ai suoi occhi, come se da un momento all’altro gli fosse concesso di riabbracciarla  Mi dispiace. Ti prego, perdonami. Volevo solo salvarti e invece ho peggiorato tutto, perché te ne sei andata senza nemmeno avere la possibilità di salutarci 
 
Tentava di giustificarsi, scavando nel suo cuore e riportando a galla tutto ciò che aveva sempre serbato da quella prematura dipartita.
 
La moglie però non smise di rivolvergli quell’amorevole sorriso.
 
 Tesoro, avrei fatto la stessa cosa. Avrei tentato l'impossibile pur di salvarti 
 
Gli occhi della donna erano tornati ad essere sinceri e colmi di amore come erano sempre stati, gli effetti della pozione erano stati annullati dalla morte, che tutto spegne, concedendo a Draco di poterne godere un’ultima volta.
 
 Mi manchi e sono sempre più convinto che me ne sarei dovuto andare io, a quest’ora Scopius non soffrirebbe in questo modo per colpa mia 
 
Gli si avvicinò leggermente, ma era consapevole di non poterlo nemmeno sfiorare.
 
 Draco, la sofferenza di nostro figlio è normale, ha appena perso la madre, ma tu devi solo avere pazienza e restare al suo fianco come hai sempre fatto. Avete bisogno l’uno dell’altro in questo momento per trovare la forza di andare avanti 
 
 Mi hai sempre guidato tu, io non riesco ad essere un buon padre senza i tuoi consigli 
 
Incurante di quella preclusione e spinta da una sincera commozione, gli si avvicinò allungando l'astratta figura della propria mano al petto del marito.
 
 È tutto qui, tesoro, devi solo imparare ad aprire il tuo cuore. Non avere paura di essere vulnerabile. Fai il primo passo verso Scorpius, ha solo bisogno di piangere sulla spalla di suo padre. Ne avete bisogno entrambi 
 
L’aveva ad un centimetro da lui, l’impulso gli dettò di posare la propria mano su quella della donna, ma la oltrepassò, dando la netta sensazione di vivere un infame sogno. Alzò lo sguardo sul viso di lei, per imprimere per sempre, in quell’ultima occasione che il destino aveva riservato a loro, i suoi bellissimi occhi nella memoria, quelle stesse iridi di cui si era innamorato, ben diverse da quelle a cui aveva dovuto dire addio per colpa di quella dannata pozione.
 
 Draco, se un giorno avrai voglia di innamorarti di nuovo, sappi che non serberò rancore. Solo io so quanto amore sai regalare, non sprecarlo, non chiuderti in te stesso 
 
 Io amo te, Astoria, e lo farò per sempre. Questo sarà l’unico amore che proverò, non c’è spazio per altre donne nel mio cuore 
 
Quelle parole non poterono che farla sentire egoisticamente più leggera.
 
 Draco, ora devi lasciarmi andare. Promettimi che restituirai la Pietra della Resurrezione, così ci facciamo solo del male. Desidero davvero che questo sia un addio, abbiamo avuto più tempo di quello che ci è stato concesso. Questi incontri ci provocano solo altra sofferenza, ci ricordano solo di quanto spazio intercorra tra noi, ora viviamo in due dimensioni differenti ed io non faccio più parte del mondo dei vivi, quindi ogni desiderato contatto ci è tristemente precluso 
 
L’ascoltò e non poté evitare di soffrire davanti a quelle verità. Astoria spostò la mano dal cuore al pugno nel quale il marito teneva stretta la Pietra, l'unico mezzo che consentiva a loro quella comunicazione ultraterrena.
 
 Amore, devo andare 
 
 Astoria 

​Sussurrò appena il suo nome per convincerla a non allontanarsi nuovamente da lui e a non lasciarlo solo in balia di quel solitario destino, con tutte le responsabilità che esso comportava.
 
 È giusto così, dai la possibilità a Ron ed Hermione di essere felici, noi non possiamo più esserlo insieme, ma per loro c’è ancora speranza. Realizza questo mio ultimo desiderio e dà un bacio a Scorpius, digli che la sua mamma non lo abbandona mai 
 
Era quella stessa bontà che l’aveva strappata da lui e non aveva consentito alla pozione di salvarla. Abbassò lo sguardo sulle loro mani, aveva ragione per loro due non vi era più speranza.
 
 Restami accanto 
 
  Sempre 
 
Allentò la presa sulla pietra con le lacrime agli occhi, lo percepì davvero come un secondo addio ed Astoria aveva ragione anche su quel punto, quei furtivi incontri gli avrebbero ogni volta strappato un pezzo di cuore e lui doveva reagire per il loro figlio.
 
Lentamente il sorridente fantasma di sua moglie svanì sotto i suoi occhi. Anche lui le porse un dolce sorriso, fino a che l’atmosfera tornò ad essere vuota ed inquieta, come quando quella donna li aveva lasciati per sempre. Non l’avrebbe delusa di nuovo, avrebbe realizzato quel suo ultimo desiderio e avrebbe provato a ricostruire il rapporto con Scorpius.
 
Si prese solo un istante per riemergere da quel vortice di emozioni in cui era entrato. Ripose la Pietra nel suo apposito sacchettino, un gesto che non avrebbe più compiuto. Raggiunse la scrivania, prese carta e penna ed iniziò a scrivere poche impegnate righe che avrebbero sicuramente reso orgogliosa di lui la sua amata Astoria ovunque si trovasse.

 
 
 
Spazio dell’autrice
 
Ciao ragazzi!
 
Spero di non avervi rattristato troppo, mi rendo conto che in questo capitolo ci sia veramente poco spazio per l’allegria…dal prossimo capitolo ci sarà sicuramente una svolta ;)
 
GRAZIE davvero di cuore a tutti per continuare a seguirmi, siete sempre di più! <3
 
Alla prossima :)
Baci
-Vale

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Capitolo 17
*** Un angelo custode ***


Un angelo custode
 
 
Mai una sentenza l’aveva fatta sentire così impotente. Era paradossale, non vi era occasione nell’esercizio del ruolo ministeriale in cui il suo potere avesse maggiore rilevanza, eppure in quel preciso istante percepiva un macigno sul cuore che le impediva in tutti i modi di far valere la sua autorità, di presenziare a quella sentenza come se sulla sedia davanti ai suoi occhi giacesse un qualunque prigioniero. Forse infondo avrebbe solo dovuto seriamente chiudere le palpebre mentre pronunciava quell’ufficiale verdetto, immaginando Ron in salvo totalmente altrove, magari ad aspettarlo a casa insieme ai loro figli. Ma quel viaggio mentale non era sufficiente per modificare il presente e dare una svolta diversa, meno drammatica, al futuro.
 
Come avrebbe fatto a mettere a tacere le ragioni del Wizengamot? Non ne aveva nemmeno il diritto, visto che la democrazia al Ministero regnava sovrana, nonostante l’ultima parola spettasse al Ministro in persona. Le argomentazioni per salvaguardare suo marito erano troppo deboli, molto vicine all’illegalità.
 
Indugiò ad indossare la toga, quel tocco di formalità aveva l’esplicita e triste funzione di ricordarle quanto quel fatidico momento fosse ad un passo da lei. Prese quel tessuto dai colori spenti, lo fece lentamente scivolare tra i polpastrelli ed inevitabilmente la sua mente ritornò a tempi passati e felici. Gioviali e dolci parole di Ron le rimbombarono in testa, riprovò sulla pelle sensazioni con la consapevolezza e il timore di non riviverle mai più.
 
***

Hermione aveva minuziosamente indossato la sua toga, non vi era nemmeno una piega, si era attentamente impegnata nella cura del suo vestiario per quell'importante evento. Era alle prese con i capelli, quando intravide un grande sorriso alle sue spalle. Ron ammirava il riflesso della ragazza allo specchio e non poteva evitare di sfoggiare orgoglio per sua moglie, non l’aveva mai vista così bella e radiosa come in quel preciso istante.
 
 Chi devi condannare, stamane? 
 
Alzò gli occhi su di lui, udendo quell'umoristica frase. Cessò la sua attenta attività per tentare di essere al massimo della sua compostezza e ricambiò lo sguardo di lui sempre attraverso la ‘parete riflettente’.
 
 Per quale ragione sei così elegante? 
 
 Ron, se non la pianti di prendermi in giro condanno te   quel tono fintamente offeso contribuì a rendere l’aria che aleggiava in quella stanza ancora più serena  Piuttosto, non so come raccogliere i capelli 
 
L’unica preoccupazione della ragazza era il suo abbigliamento, desiderava davvero dare una buona impressione in quell’occasione, dopotutto era il suo primo giudizio nei panni del Ministro della Magia e voleva essere all’altezza di quel ruolo. Era perfettamente consapevole che occorresse ben altro per svolgere nel migliore dei modi il suo ruolo, ma quello le sembrò un buon inizio per il suo mandato.
 
Ron, senza distogliere lo sguardo dallo specchio, le si avvicinò da dietro e lentamente tolse il mollettone, sciogliendole i capelli sulle spalle.
 
 Così sei bellissima  
 
Hermione sorrise dolcemente a quel complimento.
 
 Ron, finiscila di adularmi 
 
 In effetti hai ragione, non mi conviene proprio che tu sia bellissima, non vorrei che qualcuno si innamorasse di te quando non ti sono accanto 
 
La ragazza si voltò verso lui e a braccia conserte lo ‘rimproverò’ con lo sguardo.
 
 Che c’è, tesoro? Cos’ho detto che non va? 
 
 Nessun altro potrebbe rubarmi il cuore, Ron, con o senza te al mio fianco. Puoi stare sereno 
 
Non sapeva ancora come fosse possibile, ma quelle parole non poterono che rasserenarlo sul serio. Tornò cupo all’improvviso e, esternando tutta la sua gelosia, le porse severo il mollettone.
 
 Rimettilo per sicurezza 
 
Hermione rimase perplessa davanti a quel repentino gesto.
 
 Non ti fidi? 
 
 Di te sì, è degli altri che ho poca fiducia  le diede un bacio sulla guancia, soffocando un nuovo sorriso e si avviò verso la porta  Buona fortuna per la tua prima udienza  ma prima di varcare definitivamente la soglia, le lanciò un ultimo ‘avvertimento’  Mi raccomando, fai la scelta giusta 
 
Aveva seguito i passi del marito, fino a che non scomparve alla sua vista.
 
 Grazie, amore. Lo spero 
 
Guardò l’oggetto tra le mani e con un innamorato sorriso si raccolse nuovamente i capelli.
 
***
 
In quel funesto presente Hermione sperava ancora di prendere la giusta decisione. Ron le raccomandava sempre di mettere in campo tutto il suo buon cuore, perché l’avrebbe sempre guidata nella direzione corretta, anche nelle sentenze più pesanti da pronunciare. Come faceva proprio in quel frangente ad ignorarlo, quando ora più che mai avrebbe dovuto ascoltarlo?
 
Guardava la sua figura totalmente scura allo specchio, se non fosse stato per quel perenne pallore sul volto per via del malanno e della notte in bianco passata sui libri alla disperata ricerca della libertà per suo marito. I capelli furono lasciati sciolti, non aveva alcuna voglia di prestare attenzione alle apparenze e poi Ron, in un momento così cupo, avrebbe senz’altro gradito. Chi altro l’avrebbe potuta amare in quell’aula se non l’uomo che aveva sacrificato se stesso solo per donarle una piccola opportunità di salvezza?
 
Quello specchio rifletteva solo la sua immagine, non vi era nessuno alle sue spalle, non aveva avuto la grazia dell’incoraggiamento di suo marito nell’ora della sentenza in cui ne avrebbe necessitato di più. Ma infondo conosceva già il parere di Ron, aveva dimostrato di non avere alcun timore di Azkaban se ciò significava salvarla.
 
Era talmente sfinita moralmente e fisicamente che non aveva nemmeno più le energie per sfogare in un pianto disperato quella frustrazione. Eppure necessitava di quello sfogo represso, le si è bloccato in gola e la faceva stare ancora più male.
 
Una flebile e prudente voce si diffuse nella stanza adiacente l’aula, dove il Ministro stava vivendo quegli ormai soliti attimi di agonia.
 
 Hermione, è ora 
 
Si voltò verso Harry e stavolta un verdetto era già stato pronunciato da lui con estremo dispiacere.
 
 Non voglio condannarlo 

​Come se quella precisazione fosse stata necessaria.

 Neppure io 
 
 No, Harry, tu non capisci 
 
 Invece capisco 
 
 È Ron 
 
 Già, è Ron  
 
Aveva sempre la risposta pronta, ma non udì dalla bocca dell’amico ciò che realmente avrebbe voluto sentire, anche se i suoi tentativi erano pienamente comprensivi e vicini al dolore di lei, dal momento che anche lui non stava vivendo sensazioni piacevoli. Non aveva altra scelta, non sapeva in che altro modo trovare le forze per uscire e pronunciare quella dannata sentenza guardandolo negli occhi, così si buttò tra le braccia di Harry , dove sapeva avrebbe trovato un po' di amichevole conforto, e prontamente la donna si sentì stringere da lui.
 
 Hermione, dobbiamo andare. So che è difficile, ma rimandare non lo renderà meno doloroso 
 
Dopo qualche istante, con una strana urgenza, Hermione sciolse quel contatto, lasciandolo perplesso. Lei prese la bacchetta dalla tasca della toga e la puntò contro l'orologio a muro, che indicava un minuto all’ora fatidica, incantandolo, donandole la netta sensazione di un po' di sollievo, di avere il potere di ritardare l'inevitabile. Lo riportò indietro di un’ora. Ovviamente nulla influì realmente sul tempo, ma servì a lei per avere la percezione di poter almeno rimandare quel momento.
 
 Sai, è buffo, Harry, ho sempre evitato di rimandare a domani quello che potevo fare oggi, mi faceva sentire più sicura. Mi spiego?  si voltò con sofferenza verso l’amico con un rassegnato sorriso in volto  Ma io non riesco proprio a fare questo senza avere la tentazione di rimandarlo a tempo interminato, senza prendermi l’eternità per provare a non perderlo  rise involontariamente e amaramente delle sue parole  Parlo di eternità, io che non so nemmeno se vedrò l’alba di domani 
 
Ripose  lentamente la bacchetta nella sua ufficiale divisa, come a voler abbassare le difese davanti all'ingiusto destino che aveva stravolto la loro vita, prima nel bene o poi drammaticamente nel male, e si voltò verso la porta, lanciandole un’occhiata malinconica. Harry non sapeva più cosa fare e neppure cosa dire, così le accarezzò dolcemente il braccio in un ennesimo tentativo di infonderle coraggio per affrontare quella dura prova.
 
 Ti aspetto in Aula. Quando te la senti  gettò un’occhiata all’orologio e le sorrise per rincuorarla e mostrarsi sereno  Tanto non c’è fretta 
 
L’Auror si avviò verso la porta, ma si bloccò prima di uscire.
 
 Ah, quasi dimenticavo, Hermione. L’ho accompagnato in infermeria e sta un po’ meglio 
 
 Grazie. Non so come avrei fatto senza di te 
 
Harry le porse solo un ultimo accennato sorriso, prima di lasciarla nuovamente sola in quell’oscurità.
 
Il Ministro rimase con lo sguardo fisso sulla porta. Prese un lungo respiro per ritrovare gli ultimi spiragli di coraggio e mosse qualche passo in direzione della soglia. Quando fu nei pressi di essa - troppo rapidamente secondo lei - abbassò la maniglia e subito si aprì una sottile fessura da cui aveva una buona visuale dell’Aula. Lo vide - ma forse lo cercava - era seduto al banco dei condannati, palesemente sconvolto dagli eventi. E come dargli torto, chi non lo sarebbe stato? Attendeva, anzi attendeva l’ingresso di sua moglie. Fu proprio la visione di Ron a stimolare le tanto desiderate e attese lacrime. Appoggiò la schiena al muro, portò le mani sul volto e sfogò finalmente silenziosamente tutto il suo dolore.
 
***
 
Quando sembrava che le sue agonie lo stessero lancinando, distruggendolo da dentro, vide Hermione entrare finalmente in Aula, sotto gli occhi attenti di tutto il Wizengamot.
 
Non poté evitare di notare l’aspetto di sua moglie, era peggiorata, erano stati inutili i vani sforzi di tutti di nascondergli quella triste verità, e gli occhi di lei, anche se intravisti da lontano, sembravano palesemente arrossati.
 
Il Ministro si sedette, ma non accennò nemmeno lontanamente a posare gli occhi su di lui, preferì tenerli bassi per iniziare a leggere meccanicamente quel processo, provando a reprimere ogni sorta di emozione. Gli fece male quello scostante atteggiamento, ma finì con il comprenderla.
 
Quando finalmente lei iniziò a proferire parola, il silenzio scese in Aula e una voce stranamente e fintamente pacata invase l’ambiente.
 
 Signor Weasley, lei è stato arrestato per 
 
Purtroppo i tentativi di Hermione di mantenere un certo controllo su se stessa e di concludere velocemente quella sentenza senza soffermarsi ulteriormente sulle conseguenze, dato che quei pensieri l’avrebbero definitivamente annientata, furono vanificati da un’educata interruzione che si levò dagli spalti del Wizengamot.
 
 Ministro, perdoni l’interruzione, ma non crede che forse  una donna, non particolarmente giovane, cercava le parole più adatte da impiegare prudentemente, sperando di non essere fraintesa  la sua posizione non le consenta di 
 
 Non mi consente di fare cosa? Essere obiettiva e condannarlo?  le rispose acidamente, voltandosi verso la sua interlocutrice con uno scatto, come se quel dolore non aspettasse altro di essere stuzzicato per manifestarsi  Certo che è difficile essere ferma e condannare mio marito. Come potrei condannare l’uomo che amo come se nulla fosse? 
 
Ron aveva seguito attentamente quella scena ed era rimasto colpito dalla pubblica dichiarazione di sua moglie. Ciononostante però quel processo, che stava mettendo a dura prova anche lui, stava prendendo una piega poco rassicurante ed era chiaro che servisse un po’ di diplomazia.  
 
 Se posso, Ministro 
 
Hermione però non gradì affatto quel flebile tentativo del marito di sedare gli animi, nonostante l’oggetto di discussione fosse proprio lui.
 
 No, signor Weasley, parla solo se interpellato  conosceva già l’opinione di Ron, così dall’alto della sua postazione sfruttò quella formale circostanza. La donna non tardò a riprendere quel battibecco che diventò presto un monologo, visto che l’incosciente provocatrice non aveva più il coraggio di fiatare dopo quell'inaspettata reazione   La mia posizione non mi impedisce di prendere la decisione giusta! E, tanto per essere chiari, se mio marito ha fatto un gesto simile, c’è sicuramente un motivo, mi fido di lui 
 
Ron alzò gli occhi al cielo esasperato - ‘Non posso dire la mia a casa, figuriamoci sotto accusa in un Tribunale’ -, fino a posarli sull’unica persona che aveva la facoltà di cessare quella lite. Supplicò con lo sguardo il suo migliore amico, che affiancava il Ministro, di intervenire e per fortuna quest’ultimo accolse l’implicita richiesta. Harry cercò dolcemente di placare la miccia che era scattata in lei.
 
 Hermione, calmati, non lo aiuti in questo modo, anzi tutto il contrario 
 
Ma lei non era affatto intenzionata ad ascoltarlo, anzi lo guardò contrariata, quasi delusa al cospetto di quelle parole, con la netta sensazione di essere appena stata rimproverata.
 
 Ho bisogno di riflettere 
 
Il Ministro si alzò nel bel mezzo del processo e si avviò verso l’uscita dell’Aula sotto lo sguardo attonito di tutti i presenti. In particolare Ron ebbe l’impulso di seguirla, ritenendosi il primo responsabile del dolore inferto alla moglie, ma fu di nuovo reguardito e stavolta dal suo diretto superiore.
 
 Fermo! Vado io 
 
Il cognato si risedette contrariato e palesemente preoccupato per sua moglie.
 
***
 
Le mancava il fiato, si sentiva in una stretta e infernale morsa. Poche parole erano state sufficienti per far esplodere tutta quella frustrazione e stanchezza accumulate.
 
Percorse di qualche metro i lunghi e tetri corridoi, incerta sul da farsi, non sapeva se proseguire o fermarsi, accasciarsi a terra e sfogare tutto il suo dolore. Ma prima che la sua mente riuscisse anche solo a mettere insieme un pensiero di senso compiuto, girato l’angolo una figura totalmente inaspettata le bloccò il cammino.

 Malfoy!  non sarebbe potuto capitare in un momento migliore  Dovrei Schiantarti, lo sai?! 
 
Aveva un nuovo bersaglio davanti a sé e non perse l’occasione di attaccarlo. Forse infondo era l’unico vero responsabile della situazione in cui riversava suo marito. Oppure no, era confusa e lo diventò ancora di più quando quell'uomo, oltre ad incassare in silenzio la sua rabbia, le porse anche un familiare sacchettino.
 
Hermione lo guardò profondamente stupita, lo aveva riconosciuto, ma non poteva credere che lo stesse restituendo.
 
 Questo è 
 
 La Pietra della Resurrezione  lo sguardo ancora sorpreso di lei si spostò nuovamente sul suo interlocutore  Restituendola, il Voto Infrangibile cade e Weasley non rischia nulla o meglio tirò fuori dalla tasca un foglio di carta e lo porse al Ministro  con questo dovresti anche riuscire a scagionarlo  
 
Hermione non riusciva più a comprendere nulla di quello che stava succedendo da quando Malfoy le era comparso davanti, ma capì che qualcosa era cambiato. Accettò con titubanza quel biglietto, sotto lo sguardo stranamente paziente dell’uomo.
 
 Non ne sono sicuro, ma spero che la pozione funzioni 
 
Fece per andarsene, ma il Ministro richiamò la sua attenzione con la voce.
 
 Draco. Non so perché tu lo stia facendo, ma grazie
 
Non aveva mai ricevuto gratitudine in vita sua e avvertì una piacevole sensazione invaderlo. Tentò di nuovo di andarsene, ma Hermione fu nuovamente più veloce.
 
 Draco, non per farmi gli affari tuoi, ma come va con Scorpius? 
 
Malfoy indugiò a risponderle, purtroppo per lui erano risaputi i problemi con il figlio dopo la morte di Astoria. Ripensò alle lontane parole di sua moglie, ai suoi tentativi di incoraggiarlo e a quel loro contatto mai più concesso.
 
 Un disastro, Granger 
 
***
 
Tornò in Aula, ancora sconcertata da quell’incontro e dalla repentina evoluzione degli eventi. Si risedette davanti agli occhi perplessi dei presenti, che diventarono increduli quando intravidero l’oggetto che il Ministro posò delicatamente sul banco.
 
Hermione non rispose alle implicite domande di suo cognato e tanto meno al tentativo di suo marito di catturare lo sguardo di lei per riuscire a saperne di più. Aprì quel foglietto e iniziò a leggere quelle poche righe di testo che fino a quell’istante erano rimaste sconosciute persino a lei, aveva preferito non anticipare quella lettura fino a quel momento.
 
 Alla gentile attenzione del Ministro della Magia e del Wizengamot, dichiaro che il signor Ronald Weasley mi abbia consegnato la Pietra della Resurrezione per fini eccedenti qualsiasi forma di trasgressione alla Legge Magica, anzi il suo gesto è stato altruistico e non ha comportato alcun atto criminoso. Pertanto chiedo in questa sede di assolverlo, dal momento che non sussistono più prove della sua colpevolezza. In fede, Draco Lucius Malfoy 
 
Hermione alzò finalmente gli occhi sul marito per la prima volta dall’inizio di quell’udienza, ma ciò che incontrò fu uno sguardo incredulo. Gli sorrise e finalmente poté proclamare la sentenza tanto desiderata.
 
 Ronald Weasley, la dichiaro innocente, estraneo ai fatti di cui era stato accusato, e ordino l’immediata scarcerazione 
 
Aveva pronunciato quelle parole con una gioia incontenibile e anche le lacrime - incurante del luogo in cui si trovasse - che le rigarono il viso avevano tutt’altro sapore. Ron le sorrise felice e solo in quel momento, con quel magnifico sorriso sulle labbra si accorse di quanto fosse bella sua moglie quella mattina.
 
Distolse lo sguardo da lui solo per dare una semplice comunicazione al Capo degli Auror.
 
 Harry, digli che lo aspetto tra 5 minuti nel mio ufficio, prima devo fare una cosa 
 
 Agli ordini, Ministro 
 
E lui non accettò più volentieri dei comandi.




Spazio dell'autrice

​Ciao ragazzi!

​La complessa situazione in cui siamo entrati si sta lentamente sciogliendo, non mancano tantissimi capitoli al termine di questa storia :)

​Grazie come sempre di cuore per continuare a seguirmi! <3

Alla prossima :)
Baci
​-Vale

 

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Capitolo 18
*** Ricordati che ti amo ***


Ricordati che ti amo
 
 
Si sentiva leggera, come se un grosso macigno sul cuore si fosse all’improvviso dissolto come per magia, come se un semplice meraviglioso incantesimo lo avesse fatto scomparire. Persino la malattia, che ogni giorno la privava delle forze, sembrava averle dato tregua, anzi la vera forza l’avrebbe a breve riscoperta tra le braccia di Ron, di questo era sicura.
 
Era velocemente corsa a scrivere un gufo a Rose e Hugo, immaginava quanto quei poveri ragazzi stessero fremendo al solo pensiero della sentenza che la loro madre era costretta a pronunciare. Non vedeva l’ora di comunicare ai suoi figli che i loro genitori sarebbero presto ritornati a casa insieme.
 
Trepidava mentre scriveva quelle poche parole, le lacrime di gioia non cessavano di scorrere sulle sue guance. Sperò solo di avere tempo sufficiente per godersi a pieno quel bramato momento di serenità con la sua famiglia.
 
Prese tutte le possibili scorciatoie per raggiungere rapidamente il suo ufficio, non voleva attendere un solo minuto in più e sapeva che per le vie principali avrebbe dovuto dare sicuramente conto ai giornalisti della Gazzetta del Profeta di ciò che era appena avvenuto.
 
Non voleva nemmeno perdere tempo a togliersi la toga. Si era inaspettatamente trasformata nella sentenza più piacevole che lei avesse mai pronunciato in vita sua.
 
Si stava un po’ affaticando nella fretta di raggiungere la sua tanto desiderata meta, non era di certo al massimo della salute fisica. Si appoggiò un momento alla ringhiera delle scale per riprendere fiato, i lunghi capelli contribuivano a nascondere il pallore che stava dilagando sul suo viso. Non voleva mollare, desiderava solo godersi a pieno quel momento di grande gioia. Erano quelli i momenti in cui si pentiva amaramente per aver stupidamente perso due preziosi anni della loro vita insieme. Ron aveva avuto ragione, non aveva imparato a conoscerlo in tutto quel tempo, perché, solo dopo quell’eroico gesto nel tentativo di salvarla, lei aveva capito che non importava nasconderglielo, lui l’avrebbe comunque scoperto e avrebbe ugualmente sacrificato la vita per lei.
 
Si sedette sulle scale per riprendere fiato. Uscì solo un grido di perdono dal cuore, chiedeva pietà per il suo infame gesto e compassione, affinché qualcuno l’aiutasse a reagire in quel momento così difficile.
 
I tristi ricordi, che l’avevano accompagnata poco prima, lasciarono spazio ai dolci istanti che avevano vissuto insieme. Era così bello il pensiero della loro condivisa e passata felicità, non vi era altro posto al mondo in cui sarebbe voluta essere. I momenti vissuti con la sua famiglia, tutto ciò che avevano inaspettatamente costruito insieme e quei due ragazzi erano il simbolo indiscusso del loro amore e la loro presenza aveva solo contribuito a rendere speciale il tempo trascorso insieme. Mai si sarebbe immaginata che quel giovane, decisamente poco propenso alle responsabilità e alla diligenza, sarebbe diventato un marito affidabile e un padre amorevole, forse non ci avrebbe scommesso, ma avrebbe sicuramente perso. Cosa non poteva fare l’amore, quale ostacolo non poteva superare, quale cuore non poteva guidare sulla retta via? Non vi era più nulla dell’immaturo ragazzino che aveva conosciuto molto anni prima e di cui si era inspiegabilmente innamorata. Il tempo avrebbe dovuto affievolire quel forte sentimento, sarebbe stato più che logico dopo tutti quegli anni di matrimonio, invece tra loro nulla si era perso, si amavano esattamente come il primo giorno, insieme erano diventati persino migliori, lo avevano fatto per la persona che amavano e questo aveva contribuito a rendere il loro legame indissolubile e sempre vivo.
 
Non voleva dimenticare quegli importanti momenti della loro vita con quella pozione, ma si rese conto quanto quella soluzione fosse la loro ultima speranza, l’unica che avrebbe consentito loro di vivere nuovi importanti ricordi insieme.
 
Il pensiero della sua famiglia le fece riscoprire una forza nascosta per riuscire a raggiungere suo marito.
 
Non era lontana, lui la stava aspettando, proprio come l’aveva aspettata all’altare quando si erano sposati e poi risposati. Lei lo avrebbe risposato altre cento volte se ce ne fosse stato il bisogno, ma di certo non lo avrebbe lasciato di nuovo, stavolta se lo sarebbe tenuto stretto, non avrebbe consentito che uscisse di nuovo dalla porta di casa restando inerme. Sarebbe stata decisamente una stupida a farsi scappare un uomo che l’aveva aspettata per due anni senza nemmeno pensare lontanamente di rifarsi una vita, quando ne avrebbe avuto tutto il diritto.
 
Quante volte lo aveva accusato di essere un fifone, ma dovette decisamente ricredersi dopo che per lei aveva rischiato i Dissennatori. Aveva coraggio da vendere, probabilmente lo stesso che impiegava ogni giorno per combattere contro i numerosi sostenitori delle tenebre, che, alla stregua dei più spietati Mangiamorte, ancora si ostinavano a difendere il Male.
 
Arrivò finalmente nei pressi della porta. Prese un respiro, non voleva mostrarsi così provata, ma desiderava con tutto il cuore trasmettergli quanto fosse felice in quel momento. L’unica cosa che contava era la loro ricongiunzione.
 
Abbassò la maniglia e lentamente aprì. Appena lo vide, un sorriso enorme si delineò sul suo viso, non ricordava l’ultima volta che aveva percepito una gioia così immensa nel cuore, forse alla nascita del loro secondogenito. Era così bello ai suoi occhi, mentre in piedi dietro la scrivania nell’attesa sfogliava distrattamente dei fascicoli. Sarebbe rimasta ore ad ammirarlo, non voleva che quell’istante cessasse, lui non si era accorto del suo ingresso e lei continuava a godersi quell’immagine.
 
Poco dopo però Ron si sentì osservato e alzò finalmente lo sguardo sulla moglie. Non disse nulla, ma iniziò ad ammirarla a sua volta con palese sollievo.
 
Era forse tra le sensazioni più piacevoli restare zitti e perdersi l’uno negli occhi dell’altra, ma, dopo tutto quello che era successo e quella separazione forzata ,fremevano dalla voglia di abbracciarsi. Non poteva decisamente più aspettare, raccolse le ultime forze e gli corse incontro, direttamente tra le braccia del marito, che con grande gioia l’accolse.
 
Forse Hermione impiegò davvero un po’ troppa energia per stringerlo a sé, ma la paura di perderlo era ancora viva dentro di lei.
 
 Ahia, tesoro, non stringermi così forte, sono un po’ dolorante, sai, non è così comodo dormire per terra per una settimana 
 
 Scusami 
 
Si ritrasse leggermente da quel contatto per squadrarlo e accertarsi che stesse bene. Gli passò dolcemente una mano sulla fronte per controllare la temperatura e fece passare quella stessa mano tra i fulvi capelli, come a voler sistemare qualche ciuffo ribelle, che gli donava un aspetto trasandato. Fece scegliere la mano lungo la sua ruvida guancia, non portava mai un accenno di barba, ma le circostanze avevano deciso per lui. 
 
 Hermione, da come mi tocchi sembra che non ci vediamo da anni 
 
 Mi sei mancato. E non intendo solo in questa settimana, negli ultimi anni mi è mancato tutto di te. Ho sbagliato a lasciare che tra noi finisse, avrei dovuto impiegare fino all’ultimo respiro per evitarlo
 
Non piacquero affatto quei discorsi a Ron, chiare allusioni ad una nuova separazione, ma stavolta eterna. C’era una cosa che desiderava fare da una settimana ed in quel momento non aveva più alcun motivo di aspettare, così avvicinò il viso a quello di Hermione e, prima di posare le labbra sulle sue, vi sussurrò contro.
 
 Tu non mi lascerai. Né ora né mai, non permetterò che capiti 
 
Fu un dolce, dolcissimo contatto. Una scarica di adrenalina potente che le fece riacquistare la voglia di vivere. Un contatto che desiderava non finisse mai, infatti quando lui tentò di interromperlo, lei prontamente lo trattenne, invitandolo a non allontanarsi, circondando il suo collo con le braccia. 
 
 Tesoro, hai le labbra gelate, devi prendere subito quella pozione  le accarezzò il viso, osservando la sua espressione sorpresa davanti a quella considerazione, visto che non si aspettava che lui riuscisse in quel modo a cogliere quel dettaglio, non ci aveva proprio pensato quando aveva lasciato che lui la baciasse  Sei sempre più pallida 
 
 E tu sei stanco  lo prese per mano e lo attirò fuori dall’ufficio  Devi andare a casa a riposare 
 
Si lasciò guidare dalla propria consorte, ma concordavano solo sulla destinazione, perché i loro programmi erano ben diversi.
 
***
 
Si smaterializzarono nel soggiorno e stavolta a guidare fu lui con una certa fretta di dare finalmente una nuova svolta alla loro vita.
 
 Hermione, dov’è la pozione? 
 
Lo guardò, spaventata per quella domanda, non voleva dimenticarsi di loro prendendo quella pozione, doveva dissuaderlo in qualche modo.
 
 Ron, sai che credo che Malfoy stia cambiando? Non l’ho mai visto così generoso in vita mia, ti ha aiutato di sua spontanea volontà  
 
 Lo ringrazierò. Ora mi dici dov’è la pozione?  attese qualche istante, ma lei non sembrava intenzionata a dirglielo  Tesoro, non abbiamo più tempo, ti prego, dimmi dove l’hai messa 
 
Doveva cedere, non aveva più argomentazioni per provare a farlo desistere.
 
 Nel tuo comodino 
 
 Nel mio comodino?! E perché mai l’hai messa lì? 
 
 Perché i ragazzi sono soliti rovistare tra le mie cose. Non so se negli ultimi anni abbiano iniziato a farlo anche con te, ma io ricordo che quando stavamo insieme non facevano nulla di simile 
 
La ammirò mentre vagliava con attenzione i meandri più profondi della sua mente alla ricerca dei suoi preziosi ricordi. Era doloroso anche per lui privarla di ciò che aveva vissuto, ma non aveva altra scelta, doveva almeno tentare.
 
 No, con me non lo fanno nemmeno ora 
 
Si avviò verso la sua camera, che dopo quelle seconde nozze era diventata di entrambi, ed aprì ogni cassetto del suo comodino fino a trovare la tanto desiderata pozione. Raggiunge di nuovo sua moglie, che nel frattempo lo aveva raggiunto, e le mise tra le mani con delicatezza la boccetta. Con quel gesto strinse forte la mano di lei fra le sue per qualche secondo.
 
 Coraggio, resto qui con te, non me ne vado  ripensò alle poche possibilità di riuscita, il cuore di Hermione era troppo puro per funzionare, ma forse se lo avesse odiato un po’, anche solo momentaneamente, avrebbe avuto qualche chance in più  Amore, ricordi quando  doveva trovare solo qualcosa di abbastanza grave, qualcosa che non le aveva mai rivelato per paura di una sua reazione, ma allo stesso tempo un peccato facilmente perdonabile  Hugo aveva quattro anni e 
 
 Ron, cosa stai cercando di dirmi? Ti pare il momento?! 
 
 Sì, in realtà è il momento migliore che io conosca. E non pensare che io te lo stia dicendo solo per sentirmi la coscienza più pulita propria ora che rischi di perdere i ricordi 
 
Hermione si stava spazientendo, ci mancava solo suo marito con le sue titubanze, atteggiamento che assumeva guarda caso proprio quando ne aveva combinata una delle sue e non aveva il coraggio di riferirlo a lei.
 
 Ronald! 
 
 Ok. Ricordi quando anni fa Hugo ha rotto il quadro che ti aveva regalato tua madre per il nostro matrimonio?  la donna gli fece cenno di ricordarsi l’oggetto in questione, così lui poté proseguire nel racconto  Ecco, sono stato io. Stavamo giocando in casa con la pluffa. Lo so che ci dicevi sempre di giocare a Quidditch in giardino, ma faceva freddo e 
 
 Hai accusato tuo figlio di quattro anni e invece lo avevi rotto tu?? L’ho messo in punizione, gli ho tolto il suo gioco preferito per due giorni 
 
 Lo so, mi dispiace, ma mi sono fatto prendere dal panico. Sei rientrata proprio in quel momento, non ho avuto il tempo di sistemare il quadro e nemmeno di nascondere i vetri e così ho trovato più semplice accusare Hugo. Povero il mio bambino, non si è nemmeno difeso. Sono un padre infame, vero? 
 
Non era affatto stupida, aveva capito le sue intenzioni ed anche se quello che le aveva detto era reale, non sarebbe di certo riuscito a farsi odiare in quel modo, non era davvero il momento più opportuno per essere arrabbiata con lui.

 Ron, non fa niente, è passato tanto tempo 
 
Abbassò lo sguardo sulla pozione e con un respiro fece per portarsela alla bocca, ma lui la bloccò, lasciandola perplessa.
 
 Hermione, ricordati che ti amo. Questo almeno non dimenticarlo
 
 Lo ricorderà il mio cuore 
 
Con un sorriso, strinse forte la mano di suo marito e, senza mollarla, ma anzi aumentando la pressione su di essa, si portò la boccetta alle labbra.
 
Gli occhi dell’uomo erano puntati su quelli di lei, sperava ardentemente che rimanessero tali, di riconoscerli, che non diventassero a lui sconosciuti come era successo a Draco. Ma ciò che più temeva successe, le iridi di Hermione tramutarono dal castano al grigio, diventando vitree. Lo guardava, ma non lo vedeva veramente.
 
La sfortuna, o la fortuna, volle che le palpebre di lei diventarono all’improvviso pesanti e si chiusero, nascondendo quel cambiamento nei suoi occhi. L’ampolla cadde a terra e con essa la forza di gravità fece perdere l’equilibrio anche a lei. Svenne, protrandosi in avanti, direttamente tra le braccia di Ron, che la prese al volo.
 
  Hermione! Dai, ti prego, resta con me 
 
Le diede qualche leggero schiaffetto sul viso, ma non era così sicuro che risvegliarla fosse una buona idea, dai suoi occhi aveva capito che la pozione aveva avuto il tanto temuto effetto e lei non era affatto guarita.
 
Quando vide che ogni tentativo fu vano, la prese in braccio e la sdraiò delicatamente sul letto, spostandole un ciuffo di capelli che era finito sul viso.
 
 Tesoro, trovo una soluzione, ma tu non lasciarmi. Per favore, resisti 
 
Si allontanò da lei, per lanciarsi alla ricerca di un qualsiasi libro tra gli effetti personali di sua moglie che potesse illuminarlo.

 
 
Spazio dell’autrice
 
Ciao ragazzi!
 
Mi dilungo come sempre nella narrazione e poi finisce che quando pensavo di mettere tutto insieme in un capitolo mi accorgo che verrebbe troppo lungo così lo spezzo…scusate!
 
Vi lascio un po’ di suspance, come se non ve ne avessi già data abbastanza…XD
 
Spero comunque che questa storia vi continui a piacere 😊 Nel prossimo capitolo vedremo come se la caverà Ron.
 
Ringrazio anticipatamente Ariem per il suggerimento che mi ha dato sullo scioglimento della fitta trama nel prossimo capitolo <3 Spero che la mia personale rielaborazione della tua idea già in questo capitolo, ma soprattutto nel prossimo, ti piacerà 😊
 
Sono sempre a voi immensamente grata per seguirmi <3
 
Alla prossima 😊
Baci
-Vale

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Capitolo 19
*** Lacrime...di Fenice ***


Lacrime…di Fenice

 
Era alla disperata ricerca di un miracolo, di qualsiasi cosa avesse potuto salvarla. Aveva riportato alla luce tutti i possibili volumi che Hermione custodiva gelosamente in ogni angolo della stanza, persino quelli nel comodino della donna. Non era certo il momento di inutili accortezze sulla privacy, dopotutto lei non aveva nulla da nascondere - almeno non più - e lui aveva solo un unico obiettivo in mente. 
 
E mentre era impegnato in quella concitata corsa contro il tempo, lanciava di tanto in tanto un’occhiata a sua moglie con la speranza che continuasse a respirare. Non riusciva a togliersi dalla mente le parole di Draco, aveva visto morire Astoria restando impotente, ma per loro sarebbe andata diversamente, non poteva essere altrimenti, specie dopo tutti i loro sforzi e le loro sofferenze.
 
Faceva scorrere velocemente quelle pagine in cerca di un indizio o più semplicemente di una speranza.
 
Al decimo - ma forse era il ventesimo - volume, prese il libro e lo sbatté con violenza a terra e ovviamente nemmeno con quel violento gesto lei si svegliò. Davvero pensava fossero sufficienti quel semplice spostamento d'aria e quel baccano per riportarla da lui? Cercò di placare quell’ira e, solo quando essa mutò in un acuto dolore proprio all'altezza del petto, si sedette accanto a sua moglie, prese la gelida mano di lei fra le sue e la portò sul cuore. Chiuse gli occhi e si ritrovò a pregare il Cielo, affinché non gli fosse strappata dalle braccia così precocemente.
 
Non poteva farcela senza di lei. Fino a quel momento si era categoricamente rifiutato di prendere in considerazione una silmile atroce eventualità. Lei doveva vivere a qualunque costo. Infondo in quei due anni di separazione era sempre rimasta viva nel suo cuore una flebile speranza che tutto sarebbe tornato come prima, che avrebbero ricominciato la loro vita insieme, ma alla morte non c’era rimedio.
 
Riaprì gli occhi, ma per sua sfortuna nulla era cambiato in quei pochi istanti, sua moglie giaceva ancora inerme sdraiata vicino a lui.
 
 H-Hermione 
 
Sussurrò con fatica il suo nome, sperando che lo potesse sentire ovunque la sua anima si trovasse in quello stato comatoso.
 
 Tesoro, abbiamo ancora così tante cose da fare insieme, abbiamo due anni da recuperare, ricordi? E poi, non starai davvero pensando di lasciare il Ministero nelle mie mani, vero? Hermione, sono un disastro, ci sarebbe il caos dopo un solo giorno   le parlava come se si aspettasse una risposta  Tesoro, così uccidi anche me, non puoi lasciarmi da solo, pensa ai nostri ragazzi  aveva ancora così tante cosa da dirle, alzò gli occhi al cielo, probabilmente non aveva mai pregato così tanto in vita sua  Sai, forse, non ti ho mai ringraziata a sufficienza per la meravigliosa vita che abbiamo trascorso insieme e come un cretino mi ritrovo a dirtelo proprio ora che nemmeno puoi sentirmi. Mi hai regalato due figli stupendi ed io in cambio ho solo potuto amarti, nulla di più. Amore, scusa, mi avevi avvertito, tu non la volevi nemmeno prendere quella pozione, sono stato io ad insistere ed ora guarda, devo assistere alla tua morte. Ma perché non ti ascolto mai?! Mi avevate avvertito, me lo avevate detto che era pericoloso, che me ne sarei pentito. Maledetto me, ho solo accelerato la fine! 
 
Ammirò il suo viso rilassato, era bellissima anche in quello stato, i suoi lunghi capelli nocciola le contornavano quel volto perfetto. Non gli era più dato di ammirare i suoi occhi, che, come nei suoi peggiori incubi, avevano perso tutta la loro vitalità, erano diventati di ghiaccio prima che si chiudessero, forse per sempre.
 
Si alzò, avvicinò le labbra alla sua fronte e le premette delicatamente su di essa, spostandole i capelli con una carezza.
 
 Sei gelata ed io non so come aiutarti 
 
***
 
Pochi istanti dopo, Rose e Hugo entrarono nella stanza. Avevano sentito dei rumori provenire da là dentro, avevano letto il rincuorante gufo di Hermione e attendevano con impazienza il ritorno dei genitori. Desideravano solo riabbracciare Ron, dopo quella lunga settimana di detenzione. Ma ovviamente ciò che trovarono era totalmente a loro inaspettato.
 
I due ragazzi sopraggiunsero con un sorriso alla vista del padre, ma, non appena si accorsero dello stato della madre, quella solarità si spense.
 
Rose corse verso il letto spaventata per capire cosa le fosse successo e, alla vista della disperazione della figlia, Ron non poté fare altro che soffrire maggiormente.
 
 Tesoro, mi dispiace tanto. Io non. Ho tentato, ma 
 
 P-papà, cos’ha la mamma? 
 
Hugo era rimasto scioccato, li aveva raggiunti, ma non riusciva a fiatare, solo qualche piccolo cristallo d'argento solcava le sue giovani guance.
 
Il padre non rispondeva alla ragazza, così si lanciò fra le sue braccia, tentando di soffocare i forti singhiozzi contro il petto dell'uomo.
 
 Bambina mia, non piangere 
 
Non era abbastanza forte per riuscire a consolarla, quando lui per primo stava crollando. La strinse forte a sé, accarezzandole dolcemente i capelli. Quell’abbraccio che sarebbe dovuto essere di grande gioia per quella ricongiunzione, si era trasformato invece in un immenso dolore.
 
‘Hermione, aiutami, ti prego, non so come calmarla. E non ho nemmeno la più pallida idea di come non esplodere con tutto il dolore che sento. Ritorna da noi’
 
La pregava mentalmente di andare in suo soccorso, quando sarebbe dovuto essere semplicemente il contrario, se solo avesse conosciuto quel dannato rimedio.

Teneva la figlia fra le sue braccia, percependo la sofferenza della ragazza e ad ogni forte singhiozzo di pianto, anche il cuore di Ron perdeva un colpo.
 
 Rose, ti devi calmare, altrimenti ti sentirai male. Amore mio, tranquilla, sono qui con te  era evidente che solo lui poteva riscoprire la forza per riuscire a sostenere quei due ragazzi in un momento così tragico, cessò delicatamente quel contatto per poterla guardare negli occhi  Tesoro, ascoltami 
 
 N-no, papà. La mamma. P-papà. Salvala, ti prego! 
 
Le prese il viso tra le mani asciugando quelle copiose lacrime.
 
 Lo so, amore mio. Ci ho già provato  cercò di mantenere un tono calmo, per riuscire a tranquillizzare anche lei, era mortificato e le lacrime continuavano a scorrere imperterrite anche sulle sue guance, incuranti dei suoi immensi sforzi di mantenere il controllo della situazione  Ho fatto tutto il possibile per salvarla. Ma sono certo che lei non vorrebbe vederti così. Lei vorrebbe 
 
Si bloccò, ammirando sua figlia con intensità. In quel momento, anche se lo aveva sempre saputo, si ritrovò a rivedere negli occhi di quella ragazza una luce familiare. Ma come aveva fatto a non pensare a Rose? Sua figlia era così simile ad Hermione, le stesse aspirazioni, le stesse ambizioni. La stessa cultura!
 
 Rose, tesoro, conosci qualche pozione curativa? Qualche ingrediente che possa aiutare la mamma? 
 
La ragazza cercò di riprendere il controllo di se stessa, si concentrò immediatamente sulle richieste del padre senza perdere tempo, tentò di svuotare la mente dal dolore e di riprendere lucidità.
 
 Papà, non riesco a 
 
Ron le prese la mano per infonderle coraggio, ma era chiaro che la visione della madre in quello stato non le consentisse di mantenere la calma e di concentrarsi nel modo opportuno, era troppo agitata.
 
 Rose, ce la fai. Sei tale e quale a lei, sai un mucchio di cose, devi solo farle riaffiorare 
 
Pronunciò quelle parole con un incoraggiante e amorevole sorriso. La ragazza chiuse gli occhi, sforzandosi di riscoprire tutto il suo sapere, immergendosi in un mondo parallelo, risfogliando con la mente tutti i libri che le era passati sotto mano. Ebbe un’illuminazione talmente folgorante che la portò a stringere più forte la mano del padre, annunciandola in quel modo anche a lui. 
 
 Trovato qualcosa? 
 
Spalancò di scatto gli occhi su Ron.
 
 La Fenice. Papà, le 
 
 Lacrime di Fenice!  bastò quella singola parola per aprire un mondo anche a lui, baciò velocemente la mano di sua figlia  Grazie, tesoro mio   e corse verso la porta.
 
Hugo non ci capì più niente, gli era chiaro solo il precario stato della madre.
 
 Papà, dove vai? 
 
 Ad Hogwarts. Devo cercare Neville, lui può aiutarmi 
 
 Il professor Paciock? E noi che facciamo? 
 
 Restate accanto alla mamma  fece per uscire, ma si bloccò sulla soglia  Ah, ragazzi, se si dovesse svegliare, sappiate che non credo si ricordi di voi, ma mi raccomando tenetela occupata e aspettatemi. Torno presto 

Non aveva il tempo di dare troppe spiegazioni, ma solo di battere quel dannato tempo che all'improvviso aveva inziato a sfuggirgli con arroganza dalle mani.  

***
 
Aveva riscoperto una nuova grinta e una rinnovata luce brillava nei suoi occhi. Forse il miracolo che aveva chiesto era arrivato, ma la cosa buffa era che la soluzione l’aveva sempre avuta davanti agli occhi. Beata quella ragazza! Benedisse sua figlia e il meraviglioso giorno in cui era nata, perché la guarigione di sua moglie sarebbe stata tutta merito suo.
 
Si materializzò nel Castello e non si concesse nemmeno un secondo per riprendere fiato, che gli era venuto a mancare per l'euforia della salvifica scoperta, perché corse come non mai verso l’ufficio del professore di Erbologia. Attraversò gli infiniti corridoi in fretta e furia, persino le scale erano troppo lente a spostarsi per lui.
 
Quando ormai raggiunse la sua destinazione e il fiato lo stava per abbandonare, diede due sfiniti colpi alla porta e si appoggiò con una mano al muro in attesa che il suo amico gli aprisse.
 
I secondi passavano, rintocchi che suonavano a vuoto, ma era tempo che lui non aveva. Si stava spazientendo, ma per fortuna, prima di perdere totalmente la pazienza, Neville abbassò la maniglia.
 
 Ron! Sei qui per Rose e Hugo? Io però il gufo l’avevo mandato a te e ad Hermione settimane fa 
 
 N-Neville 
 
Riuscire a parlare stava diventando un’impresa, chiese gentilmente al professore di attendere un momento alzando un dito.
 
 Ron, hai bisogno di sederti? Perché hai corso? 
 
Lo fece entrare e l’Auror non si fece rinnovare quell’invito. Dopo qualche istante, quando ebbe ripreso almeno una parte del fiato, cercò di affrettarsi a spiegare.
 
 Neville, non sono qui per Rose e Hugo. Lo so che ci hai mandato una convocazione settimane fa per il malessere dei ragazzi e che noi da stupidi l’abbiamo ignorata, ma io ed Hermione ci siamo risposati quindi 
 
 Vi siete risposati?? E non mi invitate? 
 
L’amico forse non coglieva la gravità di quella improvvisa visita.
 
 Dimentica per un momento il matrimonio e i miei figli. Ho bisogno di una pozione per Hermione, sta molto male e non so quanto possa resistere 
 
A quelle parole il tono del professore si fece profondo e si sedette di fronte all’amico.
 
 Che pozione? 
 
 Hai qualcosa che preveda lacrime di Fenice? 
 
 Certo! È una pozione semplice 
 
E se era così semplice perché diamine al San Mungo non ci avevano pensato? Ma a quanto pareva nemmeno Draco era arrivato a quella scontata soluzione.
 
 Ne ho una certa urgenza, Neville 
 
***
 
Stessa corsa per riuscire ad arrivare in tempo, o almeno era quello che sperava dal profondo del suo cuore. Fortuna che non si era ancora del tutto ripreso da Azkaban, che subito il destino aveva deciso di metterlo nuovamente alla prova!
 
Si materializzò davanti a casa. Era sicuro che sarebbe comparso in soggiorno, ma probabilmente era troppo agitato per riuscire in una simile impresa.
 
Abbassò velocemente la maniglia della porta e si avviò a passo celere verso la stanza. Arrivò con una certa concitazione, ma, quando fu abbastanza vicino alla camera, sentì delle voci provenire dal suo interno, una delle quali era quella di sua moglie. Tentò di captare qualche parola, ma quello che udì non era per nulla rincuorante.
 
Si fece coraggio ed entrò con decisione, o almeno così voleva simulare. I presenti si voltarono verso di lui, compresa la donna che, oltre a posare gli occhi su di lui, si era bloccata all’improvviso nel faticoso tentativo di alzarsi dal letto per andarsene via da coloro, che, nella sua mente, erano solo degli sconosciuti. Ron tentò di catturare gli occhi di lei, ma perché farsi del male, quando i suoi bellissimi occhi erano totalmente assenti?
 
 Ragazzi, mi lasciate un momento da solo con la mam  cercò di misurare le parole  con lei? 
 
Rose e Hugo, ancora scossi per gli eventi, indugiarono solo un istante. Il padre sorrise loro come a dire ‘ci penso io’ e loro non avevano altra scelta che fidarsi.
 
Quando finalmente rimasero da soli, Ron tentò lentamente di avvicinarsi ad Hermione, cercando di rispettare i suoi spazi. Lei non gli toglieva gli occhi di dosso, mentre lui si accomodava, e si ritrasse verso la spalliera del letto per allontanarsi più che poté.
 
 Scusami, ma sono davvero molto stanco, ho fatto una corsa per raggiungerti il prima possibile. Sai, non sono più così giovane 
 
Hermione, però, nonostante la cordialità e il velato umorismo di Ron, non accennò ad abbassare quel muro di diffidenza.
 
 Chi è lei
 
 Ecco, magari, evitiamo il lei​. In effetti non sono proprio così vecchio 
 
 Non hai risposto alla mia domanda 

L’aveva sviata apposta, ma quando mai ad Hermione, con memoria o meno, sfuggiva qualcosa.
 
 Sì, lo so. Ma non sono così sicuro che sapere chi sono io e di conseguenza chi sei tu possa farti piacere 
 
Non le erano nuovi quei grandi occhi chiari, li aveva visti poco prima anche sul volto di quella ragazza che era uscita dalla stanza, ma non era in grado di dare loro un nome.
 
 Hermione, sono tuo marito e quei ragazzi che sono appena usciti sono i nostri figli, Rose e Hugo. Ma immagino te lo abbiano già detto 
 
La donna fece vagare lo sguardo per la stanza fino ad incrociare una foto, su cui il suo sguardo si posò con insistenza. Anche gli occhi di Ron seguirono il medesimo tragitto.
 
 Il giorno del nostro matrimonio. Primo matrimonio 
 
 Primo matrimonio?? E quante volte ci siamo sposati? 
 
 Due 
 
Hermione sbarrò gli occhi, forse quella notizia era meglio tenerla per sé.
 
 Ed io dovrei fidarmi di una persona che ho lasciato? 
 
 Aspetta un attimo. Chi ti dice che sei stata tu a lasciare me? Non potrebbe essere che sono stato io a lasciare te?  lo guardò confusa  Per la verità ci siamo lasciati di comune accordo. Ma non è questo il punto 
 
 Ah, no? 
 
Era sarcastica, probabilmente quel dettaglio non le si sarebbe tolto facilmente dalla testa e non avrebbe sicuramente contribuito a tornare ad avere fede in lui.
 
 Hermione, devi ascoltarmi. Probabilmente non ti senti in grande forma e questo perché sei malata. Ma io ho la soluzione e stavolta posso garantirti che funzionerà 
 
Estrasse dalla tasca dei pantaloni quella boccetta e la porse a lei, forse con un po’ troppo fretta, ma il tempo era l’unica cosa di cui difettavano.
 
 Stavolta? Allora è per colpa tua se ho perso i ricordi 
 
 L’ho fatto solo per aiutarti, non per ferirti. Ti prego, tesoro, non farei mai nulla contro di te  era ancora troppo diffidente per assecondarlo  Sai, prima che tu svenissi, io ti chiesi di ricordarti quanto ti amavo e tu mi risposi che 
 
Avvicinò una mano al suo petto, ma lei si tirò indietro spaventata.
 
 Non ti faccio niente  desistette dalle sue intenzioni per non intimorirla, ma il suo tono iniziava ad essere sfinito  Mi hai detto che il tuo cuore lo avrebbe ricordato. Per favore, prova ad ascoltarlo. Se non ti fidi di me, dovrai almeno fidarti di lui 
 
Forse era il suo cuore a riconoscere quei profondi occhi che la ammiravano con tanto sentimento, le aveva suggerito la soluzione a quell’enigma. Il suo cuore lo riconosceva.
 
Perse  lentamente quella diffidenza e quella posizione di guardia che aveva assunto, donando un piccolo barlume di speranza a lui, che lo portò ad avvicinarsi lentamente a lei. Le parve di vedere gli occhi di lei alternare le tonalità o almeno il suo marrone vivo lottava con quel grigio spento per riemergere. Fece un ultimo tentativo - infondo non aveva più molto da perdere -, si fiondò sulle labbra di lei e a quel punto i casi erano due, o avrebbe ricambiato o gli avrebbe tirato uno schiaffo con tanto di cinque dita ben visibili sulla faccia.
 
Ma Ron, mentre quel contatto non era ancora cessato, azzardò maggiormente, fece passare l’ampollina con la pozione tra le dita di lei, stringendole intorno ad essa e aspettando che lei l’afferrasse con più decisione.
 
Interruppe quel bacio e attese solo che lei riaprisse gli occhi per poter sperare che la trasformazione si fosse completata. Quindi il loro amore aveva fatto riaffiorare nuovamente i ricordi di sua moglie? Ci sperava davvero.
 
 Ron 
 
Sussurrò il suo nome per poi sollevare finalmente le palpebre, mostrando le sue iridi in tutto il suo splendore.
 
 R-Ron 
 
Subito dopo tornò a sentirsi immensamente debole. La prese prontamente per le spalle per evitare che svenisse di nuovo.
 
 Hermione! La pozione, presto  non se lo fece ripetere e in un attimo la prese  Come ti senti? 
 
La sua bocca si inarcò in un grande sorriso, prima di buttarsi fra le sue braccia e sussurrargli all’orecchio.
 
 Mai stata meglio 
 
All’udire quelle parole, la strinse forte a sé e non poté fare proprie a meno di versare lacrime di gioia. Hermione si staccò da lui ancora con quella serena espressione in volto.
 
 Ehy, Ron, non piangere però. Non credi che abbiamo sofferto a sufficienza?  gli asciugò amorevolmente le lacrime dalle guance  E levati questa barba, stai molto meglio senza 
 
Gli strappò un sorriso in quell’attimo di commozione.
 
 Sì, ma prima devo avvertire i ragazzi che stai bene. Sono molto preoccupati 
 
Si alzò velocemente per avviarsi verso la porta, ma, prima di oltrepassare la soglia, la voce di lei lo richiamò indietro.
 
 Ron, mi hai salvata. Sei il mio eroe, lo sai? 
 
 Non sono stato io, Hermione. Mi dispiace deluderti, ma a salvarti è stata Rose 
 
La lasciò spiazzata quella rivelazione, ma anche immensamente fiera di sua figlia.

 
 
Spazio dell’autrice
 
Ciao ragazzi!
 
Pronti per il gran finale? Io no XD Ormai mi ero affezionata a questa storia, sarà che ormai sono mesi che la scrivo!
 
Come promesso, tutto si è sistemato nel migliore dei modi , anche se dopo tanto palpitare :)
 
Come sempre, Ariem spero di non aver deluso le tue aspettative e di essere stata fedele alla tua bellissima idea <3
 
Grazie immensamente di cuore e vi do appuntamento all’ultimo capitolo 😉 <3
 
Vi auguro un buon anno! :3
 
Baci
-Vale

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Capitolo 20
*** Riprendiamo da dove ci siamo interrotti ***


Riprendiamo da dove ci siamo interrotti
 
 
Si sentivano leggeri, entrambi avevano riscoperto una serenità che da molto tempo non attraversava il loro cuore. Quei pochi giorni di riscoperta pace erano talmente stati bramati che sembravano addirittura un sogno dal quale si sarebbero presto svegliati.
 
Tutto aveva assunto un’atmosfera diversa, tranne ovviamente il Ministero. Ron non ne poteva davvero più immerso in quelle decine di verbali, odiava il lavoro di ufficio, era rimasto indietro - come sempre d’altronde -, ma desiderava solo tornare a casa. Ormai la penna che teneva stretta tra le dita scorreva da sola sulla carta senza la necessità di alcun incantesimo e persino la concentrazione iniziava a perdere colpi. Lui era decisamente portato per altro, preferiva l’azione a quei compiti sedentari, anche se era pienamente consapevole che sua moglie lo preferisse al sicuro tra le quattro mura del suo ufficio.
 
Da ore ormai era seduto a quella scrivania e solo quando, sfinito, si decise ad alzare lo sguardo sull’orologio, si accorse che il tramonto era passato già da un pezzo, anzi Hermione lo aveva probabilmente già dato per disperso, nonostante le avesse detto di avere del lavoro da terminare.
 
Gettò lo sguardo fuori dalla finestra aperta e notò che l’imbrunire iniziava inesorabile a scendere. Le belle giornate estive si erano accorciate, fra non molto la bella stagione avrebbe ceduto il passo ad un clima più umido e piovoso che rattristava sicuramente di più, specie se si era soli e chiusi in un ufficio a lavorare, con la sola luce della lampada ad illuminare la scrivania.
 
Era decisamente tardi, sicuramente al Ministero non era rimasto più nessuno, se non le guardie notturne, così si ripromise di terminare l’indomani, dopotutto non faceva quella gran fatica ad interrompere quel lavoro particolarmente noioso. Tutta burocrazia, inutile a suo parere, ma sicuramente era un’opinione che non esternava davanti a sua moglie, ligia com’era all’ordine e al dovere. Il giorno successivo sarebbe stato il primo di settembre, i suoi figli sarebbero ripartiti per Hogwarts e di certo non voleva trascorrere quell’ultima sera lavorando, visto che poi non li avrebbe rivisti fino alle vacanze di Natale, su questo punto almeno Hermione avrebbe concordato, per lo meno era ciò che sperava.
 
Si alzò con il solo desiderio di dimenticarsi per qualche ora di quelle scartoffie e di ritornare dalla sua famiglia, felice come non mai di essere riuscito a riunirla. Aprì la porta dell’ufficio con una certa enfasi, si voltò alzando la bacchetta per spegnere la luce, ma dovette bloccarsi immediatamente quando comparve una risa divertita alle sue spalle. Qualcuno di inaspettato dall’altra parte stava per bussare alla sua porta.
 
 Il solito distratto, Ron. Stavi dimenticando la lampada accesa 
 
 Hermione! Pensavo fossi tornata a casa ore fa 
 
 Sì, ma sono tornata indietro. Ero in pensiero, non mi hai avvisata che tardavi 
 
 Scusa, avevo del lavoro arretrato. Ma mi pareva di averti avvisata. O forse no, non ricordo. Fatto sta che, se non termino, mi sgridi. Comunque stasera ho perso la cognizione del tempo 
 
 Ron, non fa niente se ritardi con le consegne. Almeno non stasera, i ragazzi domani partono  
 
Sua moglie aveva una velata tristezza negli occhi, che lui non riuscì pienamente a comprendere. Si spaventò inevitabilmente, che altro c’era?
 
 Tesoro, che hai? 
 
 Niente, scusa, è solo che è stata un’estate alquanto incasinata e per mesi non rivedremo Rose e Hugo. Sì, insomma, le vacanze dei ragazzi sono volate e abbiamo trascorso ben poco tempo con loro, presi com’eravamo da altro. Credo mi mancheranno più del solito, nonostante negli ultimi anni non siano stati solo con me 
 
Ma, nonostante quella malinconica confidenza, Ron non poté proprio fare a meno di esternare un sorriso, che lasciò perplessa Hermione.
 
 Io non sono così triste, sai? Dopotutto quando ci ricapitano dei mesi tutti per noi?! 
 
Quel sorriso lievemente imbarazzato di lui contagiò la tristezza di Hermione. Si intimidì davanti a quelle allusioni, ma la sua fantasia si spinse perfino oltre rispetto a ciò che aveva probabilmente in mente il marito.
 
 Hai ragione, Ron. In effetti potremmo addirittura pensare ad un altro figlio. Ci pensi, rivivere quei bellissimi momenti! 
 
Lui però non sembrava affatto convinto, anzi quel gigantesco sorriso che le aveva rivolto si spense, lasciando il posto a mille dubbi.
 
 No, aspetta, io non intendevo quello 
 
Lei però pareva ignorarlo totalmente, immersa com’era nei suoi viaggi mentali.
 
 Il primo bagnetto, la prima parola, i primi passi 
 
 Le notti in bianco. Hermione, non pensarci neanche, non ho più vent’anni 
 
Sorrise davanti a quell’espressione spaventata e cercò di tornare con i piedi per terra, dopo che quei meravigliosi ricordi, che aveva seriamente rischiato di perdere, l’avevano riportata indietro nel tempo di parecchi anni.
 
 A parte le nottatacce, è stato un periodo stupendo. Ma, tranquillo, credo anche io che sia ora di prenderci un po’ di tempo per noi 
 
Concordava pienamente con lei. La scrutava e si rendeva davvero conto di quanto fosse sempre bellissima, probabilmente per lei il tempo non passava e il roseo colorito che aveva riacquistato la faceva sembrare sempre la ragazzina che aveva sposato anni addietro.
 
 Magari a casa nostra 
 
Aveva pronunciato quelle parole sovrappensiero, portando la sua consorte a rattristarsi leggermente e sorprendendola.
 
 Come? 
 
Aveva parlato troppo presto, ma cercò di rimediare, prendendola per mano e facendola entrare nell’ufficio, guidandola fino alla scrivania e stavolta la lasciò lui perplessa.
 
 Ora chiudi gli occhi, ho una sorpresa per te 
 
Lei lo ascoltò fidandosi ciecamente e chiuse le palpebre senza troppe domande. Sentì uno strano sferragliamento contro il legno davanti a sé, che nel silenzio tombale del Ministero venne sicuramente accentuato.
 
 Ron. Cosa sono? Chiavi? 
 
Allungò una mano e ricevette la conferma alle sue ipotesi, udendo il sommesso sorriso di lui, probabilmente pronto ad assistere alla sua già prevista reazione. Aprì gli occhi e fece girare quel mazzo tra le mani incredula sotto gli occhi attenti del marito.
 
 Queste sono le chiavi di 
 
Le rinnovò un sorriso, consapevole che lei le avesse riconosciute.
 
 Di casa nostra 
 
Le guardò ancora più incredula dopo quella ulteriore conferma. Erano le chiavi della loro bellissima villetta. Quante volte si era pentita di averla perduta e con essa i dolci momenti che avevano vissuto tra quelle mura. Non riuscì a trattenere una piccola lacrima per la commozione, il suo cuore era ricolmo di gioia per quella inaspettata sorpresa, ma ovviamente non poté proprio fare a meno di porsi qualche giustificata domanda. Si voltò verso di lui sempre più perplessa, la commozione lasciò il posto ad un quesito in particolare.
 
 Come accidenti hai fatto? L’avevamo venduta 
 
Forse si sarebbe dovuto aspettare quella domanda, la sua espressione diventò mortificata, temendo per le possibili ripercussioni di quel gesto.
 
 Credo mi sia sfuggito un piccolo incantesimo 
 
Ron tentò di minimizzare, ma i suoi occhi colpevoli non lo aiutarono di certo ad essere convincente.
 
 Che incantesimo? 
 
 Credo di aver Confuso qualcuno 
 
 Ron! Hai usato la magia contro dei Babbani?? 
 
 Non mi arresterai, vero? Ti prego, tutto tranne Azkaban 
 
 Ti dovrei togliere la bacchetta, sei un pericolo pubblico! 
 
La guardava seriamente mortificato per aver scelto un metodo alquanto discutibile per raggiungere il suo scopo, ma lei non riusciva proprio ad essere arrabbiata con lui, almeno non dopo tutto quello che aveva rischiato per la sua famiglia. A quegli occhi dolci che la supplicavano non avrebbe di certo potuto comunicare una nuova condanna, probabilmente avrebbe condannato se stessa pur di non rivederlo dietro quelle sbarre.
 
Gli sorrise, porgendogli un leggero bacio sulle labbra.
 
 Per stavolta passi, signor Weasley. Ma le ricordo che alla prossima è cartellino rosso 
 
 Scusi, Ministro, ma mi ha ammonito? Sicura sia la decisione giusta? 
 
La guardava con aria di finta sfida, adorava scontrarsi con ogni tipo di autorità, ma era decisamente più divertente se l'autorevole ruolo lo ricopriva sua moglie.
 
Lo guardò amorevolmente, rivivendo per un istante l’attimo di commozione per l'immenso regalo che le aveva fatto. Si diresse verso la porta sotto gli attenti occhi di lui.
 
 Ron, vieni? 
 
 Sì, arrivo. Prima spengo la luce 
 
Disincantò lo sguardo da lei e si affrettò a premere il pulsante della lampada, per poi seguirla.
 
 
***
 
La mattina della partenza era sempre particolarmente caotica, specie se la famiglia in questione era Granger-Weasley e il Weasley in questione aveva deciso di prendersi attimi di riposo quando in casa c’era il putiferio.
 
Ron se ne stava comodamente sul divano a leggere la Gazzetta del Profeta fresca di stampa e intorno a sé sfrecciava avanti e indietro Hermione per raggiungere Rose e Hugo, chissà per quale motivo, in piena crisi di nervi.
 
Alla ventesima volta che passò davanti a suo marito, una certa dose di nervi saltò anche a lei. Si bloccò all’ennesima richiesta di aiuto di suo figlio proprio davanti a Ron, che continuava comunque ad ignorarla immerso pacificamente nelle ultime novità.
 
 Ron 
 
Cercò inizialmente di mantenere un tono pacato, ma l’ira dentro di lei cresceva.
 
 Che c’è? 
 
Non la degnava nemmeno di uno sguardo, continuava beato la sua lettura, rispondendole distrattamente.
 
 Ronald 
 
Tutti i suoi propositi di pace stavano inesorabilmente scemando e quando raggiunse il vertice della rabbia la sua mano si fiondò sul giornale, strappandoglielo dalle mani, prendendolo totalmente alla sprovvista.
 
 Tesoro, mi faresti la grande cortesia di andare a vedere cosa vuole tuo figlio? 
 
Quell’improvviso tono pacato a seguito di quel gesto furioso non faceva affatto ben sperare.
 
 Hermione, tanto vorrà te 
 
 Perché non ci teniamo il beneficio del dubbio, ti alzi da quel divano e glielo chiedi?! 
 
L’espressione di sua moglie lasciava decisamente poco spazio di replica, così con un sospiro obbedì. Hermione alzò gli occhi al cielo esasperata, prima di dirigersi verso la stanza di Rose, che non sembrava meno disperata del fratello.
 
 Mamma! Guarda 
 
La ragazza, appena la donna mise piede nella camera, allargò l’uniforme all’altezza della vita e le mostrò un grande buco nella stoffa, lasciando la madre un po’ perplessa.
 
 Rosie, cosa diamine hai fatto con la tua uniforme per conciarla così? 
 
 Non lo so, mamma, ma aiutami 
 
La donna si allontanò un momento e quando tornò, fece esattamente l’ultima cosa che la figlia si potesse aspettare. Si sedette sul letto, prese la ragazza per l’uniforme, invitandola ad avvicinarsi e si mise a rammendare la stoffa con ago e filo.
 
 Mamma, pensavo conoscessi qualche semplice incantesimo per sistemarla 
 
 Tesoro, i buoni vecchi metodi babbani sono sempre utili 
 
Le rivolse un sorriso, mentre rapidamente terminava il suo lavoro, facendo tornare l’uniforme come appena uscita dal negozio di Madama McClan.
 
 Mamma? 
 
 Dimmi 
 
 Mi sarebbe tanto piaciuta una sorellina, sai? 
 
 Lo so, Rosie, anche a me. Ma ti consiglio di non confidare questo desiderio a tuo padre 
 
Le rivolse un nuovo sorriso, prima di dirigersi verso la camera di Hugo. Ma prima che riuscisse ad arrivare a destinazione, incrociò Ron lungo il corridoio.
 
 Che voleva Hugo?  
 
 Te. Ti stavo venendo a chiamare 
 
Gli proferì quelle ultime parole scocciato e riprese il suo cammino. Peccato che la moglie non fosse dello stesso parere, lo afferrò per un braccio, impedendogli ulteriori passi.
 
 Dove credi di andare? 
 
 A leggermi la Gazzetta in santa pace 
 
 Non pensarci neanche 
 
Iniziò a tirarselo dietro ancora più scocciato, mentre proseguiva il cammino verso la stanza del figlio.
 
 Hugo, che guaio è successo che non poteva risolvere tuo padre? 
 
Il ragazzo le mostrò lo stemma dei Grifondoro mezzo penzolante dalla divisa. Riprese ago e filo, inforcò gli occhiali e diede qualche punto anche lì, senza però riuscire ad evitare di proferire qualche pungente parola.
 
 Che diavolo avete combinato l’ultimo giorno ad Hogwarts tu e tua sorella? Ron, ma non potevi usare qualche incantesimo per sistemarlo? 
 
 E quale incantesimo? Non ne conosco, non è rotto, è scucito 
 
Hermione sorrise per quella risposta e abbassò la voce per evitare di farsi sentire dal marito.
 
 A volte mi chiedo seriamente come abbia fatto tuo padre a superare l’esame di abilitazione per diventare Auror. Credo che sia stato merito dello zio Harry 
 
 Hermione, ti ho sentito. Sono proprio qui, sai? 
 
Finì di rammendare attentamente l’uniforme del figlio, prima di rivolgersi nuovamente seria al marito.
 
 Ronald, visto che sei qui, renditi utile e inizia a preparare i bagagli in auto 
 
L’ascoltò, anche se con decisamente poca voglia. Iniziava ad avere seri dubbi sul motivo per il quale si fosse sposato. Fortunatamente molto presto non ne trovò solo uno, ma almeno un centinaio. 
 
***
 
Quando finalmente tutti furono pronti, si diressero verso la stazione di King’s Cross, arrivando qualche minuto prima che si invitassero tutti gli studenti a prendere posto. Ma per i saluti c’era sempre spazio.
 
 Ragazzi, mi raccomando, appena arrivate ci avvisate e non voglio gufi quest’anno dalla preside o dai professori. Intesi? 
 
Rose e Hugo guardarono la madre con aria innocente come se non sapessero di cosa stesse parlando.
 
 So che è stata per colpa della nostra separazione se stavate così male, ma ora non avete alcun motivo di essere tristi, giusto? 
 
Gettò un’occhiata a Ron che seguiva attentamente le parole di sua moglie.
 
 Mamma, durante le vacanze di Natale torniamo nella nostra casa, vero? 
 
 Certo, Hugo  Ron era intervenuto con entusiasmo  Ma ora vi conviene andare, credo che il treno stia per partire 
 
La consapevolezza dell’imminente partenza dei figli iniziò a rattristare visibilmente anche lui.
 
I due giovani si apprestarono a salire, quando Hermione bloccò all’improvviso la figlia.
 
 Rose! Mi raccomando, tesoro, cerca di convincerlo 
 
 Non preoccuparti, mamma, ci penso io 
 
La ragazza rivolse un sorriso rincuorante alla madre per poi salire sulla carrozza. Ron però rimase perplesso all’udire quelle parole.
 
 Chi deve convincere nostra figlia? 
 
Hermione lo ascoltò distrattamente, mentre commossa salutava Rose e Hugo attraverso i finestrini.
 
 Scorpius Malfoy 
 
 COSA?? 
 
Ci mise qualche istante a realizzare l’espressione scioccata del marito.
 
 Lo deve convincere a perdonare Draco. Dopo quello che ha fatto per noi, direi che è il minimo, non trovi? 
 
 E un biglietto di ringraziamento non era sufficiente? Dovevi per forza usare nostra figlia come esca? 
 
Hermione scoppiò a ridere davanti alle parole decisamente inappropriate del marito.
 
 Ron, ma di che esca stai parlando? Non la mangia mica, fanno solo due amichevoli chiacchiere 
 
 E le deve proprio fare con mia figlia? 
 
Si era stufata di quell’insensato impeto iperprotettivo di suo marito, così quando il treno scomparve alla loro vista, si voltò e si avviò verso l’auto.
 
***
 
Rose era alla disperata ricerca dell’erede dei Malfoy, guardò in ogni scompartimento, ma erano tutti pieni di studenti e di lui nemmeno l’ombra.
 
Attraversò lo stretto corridoio, quando si ritrovò in prossimità dell’ultima carrozza. Entrò, andando a colpo sicuro e infatti lo trovò proprio lì nella più completa solitudine, immerso a contemplare il paesaggio che sfrecciava fuori dal finestrino. Non si accorse della presenza della ragazza che lo fissava, totalmente incurante della reputazione che precedeva Scorpius.
 
 Scusa. È libero? 
 
Il ragazzo alzò lo sguardo su di lei con uno scatto e con un’evidente poca voglia di conversare.
 
 Ti sembra occupato? E se è libero un motivo c’è, non voglio compagnia 
 
Riprese ad ammirare il paesaggio, ignorando la presenza della ragazza. Lei però non sembrava intenzionata ad arrendersi.
 
 Sono Ro 
 
 Sì, so chi sei. Rosalie Granger-Weasley, giusto? La figlia del Ministro della Magia e del Vicecapo del Dipartimento degli Auror 
 
Scorpius proferì quelle parole con ribrezzo, ma lei non accolse quell’evidente provocazione.
 
 Preferisco Rose, sono Rosalie solo all’anagrafe. E a quanto pare la reputazione dei miei genitori precede anche me. Vero, Scorpius Malfoy? 
 
Gli fece un certo effetto sentire pronunciare il suo nome con un tono tanto pacato e amichevole.
 
 Di quali genitori stai parlando, Weasley? Io non ho genitori 
 
Rose si sedette con disinvoltura proprio di fronte a lui, nonostante il ragazzo le avesse espressamente detto di volere restare solo.
 
 Questo non è assolutamente vero, Scorpius. Tuo padre è vivo e sono certa che gli manchi 
 
Quella considerazione alquanto amichevole e personale, lo fece voltare di scatto verso di lei, palesemente irritato.
 
 Mi stai dicendo che una come te che ha tutto, un padre, una madre, una famiglia, vuole venire a dare lezioni di vita a me? Tu non sai niente di me, Weasley. Non hai la più pallida idea di cosa significhi perdere la madre, quindi evita di raccontarmi storie sulla tua vita perfetta. Ti ripeto, se il posto era vuoto, un motivo c’era 
 
Rose rifletté solo un istante sulle dure parole del ragazzo, prima di riuscire a mettere insieme un discorso che potesse fare breccia nel grande dolore che aveva percepito ascoltandolo.
 
 Hai ragione, Scorpius, io non ho la più pallida idea di cosa voglia dire perdere la madre ed è grazie a tuo padre se lei è ancora viva. Ero venuta per chiederti di ringraziarlo, probabilmente se non fosse stato per lui mio padre sarebbe ancora ad Azkaban e mia madre non ci sarebbe più   pronunciare quelle parole non era stato semplice nemmeno per lei, ripensando ai momenti che aveva vissuto  Perdonalo, Scorpius. Ha fatto tutto il possibile per salvarla ed ora ha solo bisogno di te 
 
Continuava a non risponderle e nemmeno a rivolgerle lo sguardo, così Rose, avendo terminato il suo discorso, si alzò con l’intenzione di tornare dai suoi amici e parenti. Le improvvise parole di Scorpius fermarono i suoi passi.
 
 È facile per te parlare, sai? Tua madre è salva. Ma se fosse morta, lo avresti perdonato comunque? Non lo avresti accusato di non aver fatto abbastanza per salvarla? 
 
 Sì, lo avrei perdonato, non mi sarei di certo privata anche del suo amore  si riavvicinò lentamente a lui  Scrivigli, Scorpius. Lui non aspetta altro che sapere di non aver perso l’amore di suo figlio 
 
 Tu non conosci mio padre 
 
 No, hai ragione, io non conosco Draco Malfoy, non ci ho nemmeno mai parlato, ma conosco Ronald Weasley e so che l’amore che provano per noi i nostri padri non può essere poi così tanto diverso, non credi? 
 
***
 
Un’emozione troppo grande la invase, mentre girava lentamente la chiave nella serratura e quando finalmente scattò, dopo ben due anni che non apriva quella porta, indugiò un momento prima di spalancarla.
 
Quando alla fine trovò il coraggio di entrare, una gradevole sensazione di pace la colse alla sprovvista, un piacevole senso di completezza.
 
Si guardò intorno, così spoglia forse poteva sembrare una qualsiasi villetta, identica ad un’altra, ma la mente di Hermione la vedeva decisamente in un altro modo. Mosse lo sguardo a destra e a sinistra e un fiume di ricordi le affollò la mente.
 
Uno in particolare la spinse a muovere un passo verso la parete accanto alle scale. Sfiorò il muro con la punta delle dita come se ci fosse appesa una fotografia a lei particolarmente cara.
 
 Ron, ricordi cosa c’era appeso qui? 
 
L’aveva seguita e fissava dietro di lei il punto toccato, sorridendo inevitabilmente.
 
 Sì, quella buffa foto di Hugo. Si era tirato in testa la ciotola 
 
 E tu sei corso a prendere la macchina fotografica per immortalare quel momento 
 
 Era troppo tenero il mio bambino, non volevo perdere quel momento per nulla al mondo. Rimaneva immobile per paura di farla cadere con i suoi grandi occhioni spalancati su di me 
 
Si voltò verso di lui dopo quelle parole con un orgoglioso sorriso sulle labbra. Dopo quel felice ricordo, che aveva sicuramente messo loro di buon umore, c’era ben poco ancora da dire. Era così bello per lei conservare quei ricordi ed era ancora più bello sentirli dalla bocca di suo marito. Probabilmente, come era sempre stato, gli occhi di sua moglie lo ispirarono.
 
 Sai, se non sbaglio, c’è ancora la nostra camera da letto di sopra 
 
Alzò lo sguardo verso le scale più per imbarazzo che per la reale intenzione di indicargliela. Anche il viso di lei si imporporò lievemente. Inspiegabilmente si sentirono in cuore loro quei due giovani che in quella casa avevano costruito insieme la loro famiglia.
 
 Ron? 
 
 C-che c’è? 
 
Lui domandò un po’ titubante, per paura di aver proferito le parole sbagliate, rovinando quel dolce momento.
 
 Ti amo, ma dobbiamo andare al lavoro e iniziare a traslocare, non credi? 
 
Prese la via della porta, rompendo quell’intenso contatto che si era creato tra i loro occhi.
 
 Hermione? 
 
 Sì? 
 
 Ti amo anch’io e, ti prego, la prossima volta che ti viene la brillante idea di nascondermi qualcosa, te lo puoi ricordare prima? 
 
Sorrise incantata a quelle parole.
 
 Ron? 
 
 Dimmi 
 
 Sai, ripensandoci, che problema c’è se arriviamo un po’ in ritardo al lavoro? Dopotutto sono il Ministro della Magia 
 
E detto ciò si buttò tra le sue braccia, intenzionata in quel felice giorno a trasgredite ogni sorta di regola.

 
 
 
Spazio dell’autrice
 
Ciao ragazzi!
 
Spero davvero che abbiate gradito questo finale, un po' di dolcezza dopo tutta l'agonia e la suspance mi sembrava dovuta 😊
 
Grazie davvero infinitamente di cuore a tutti coloro che mi hanno seguita, che hanno inserito la storia tra le preferite e le ricordate, ma un ringraziamento speciale va a coloro che hanno recensito, lasciando sempre meravigliosi commenti 😊 <3
 
Baci
-Vale

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