A Series of Unfortunate Events

di Serenity452
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I - Ade Maxwell ***
Capitolo 2: *** II - Ladra pentita? ***
Capitolo 3: *** III - Un Lumaparty perfetto? ***
Capitolo 4: *** IV - Nella Tana del Serpente. ***
Capitolo 5: *** V- Il Diario del Serpente. ***
Capitolo 6: *** VI. Un Serpente difensore? ***



Capitolo 1
*** I - Ade Maxwell ***


 




I - Ade Maxwell
 


«Per Godric, Ade! Stai dicendo che salterai il pranzo, per andare in biblioteca?»

Violet è sconvolta, lo so.

Non è da me saltare il pranzo.

Non per lo studio.

«Lumacorno mi tiene sotto scacco matto, se non prendo una E, cosa impossibile, lo riferirà a mio padre ed allora addio gita ad Hogsmead.» borbotto sconsolata, mentre afferro al volo del pane e qualche pezzetto di formaggio dal mio tavolo Grifondoro.

«La sfortuna di essere una Maxwell!» ride Violet, dandomi il suo toast, ricevendo da parte mia un sorriso grato.

«Già, quanto vorrei che mio padre fosse più elastico riguardo alla mia istruzione, ma che posso farci, è già un miracolo che non mi abbia diseredata quando sono entrata in Grifondoro e non in Serpeverde, non voglio tirare troppo la corda, ci vediamo più tardi!» Esclamo, bevendo al volo del succo di zucca, prima di salutarla con la mano e filare via verso la biblioteca.

Trangugio in fretta ciò che ho preso nella sala grande, conservando per più tardi il toast di Violet.

Avrò sicuramente fame.

Entro nella biblioteca deserta eccetto per lunica creatura vivente di questo mondo che ad ora di pranzo, sebbene non ne abbia bisogno, è china sui libri come se non ci fosse un domani.

Tom Marvolo Riddle. *

La sua faccia è completamente immersa nel libro e solo la sua chiama scura e folta si nota, ma lo riconosco dalle onde dei suoi capelli e dalle dita lunghe che stringono il libro come se dovesse trattenerlo per non farlo scappare via.

Siamo allinizio del settimo anno e lui già studia come se dovesse dare i M.A.G.O da un momento allaltro.

Avrà come minimo già finito il programma di studi per conto suo.

Istintivamente alzo gli occhi al cielo e raccolto una pila di libri a caso sul tema pozioni, ma quello in cima mi casca dalle mani.

Sbuffo stupita e sento un sospiro brusco dalla direzione di Tom.

«Maxwell.» sussurra il mio nome in modo minaccioso e tra i denti, senza nemmeno voltarsi, sgridandomi come se il libro caduto fosse suo.

«Scusa, Riddle.» rispondo, scioccamente con le gote in fiamme mentre guardo la sua schiena.

E visto che non può vedermi alzo gli occhi al cielo, maledicendo la mia remissione e la sua presunzione.

So che probabilmente mi detesta per più di un motivo.

Ad esempio, al secondo anno involontariamente, mentre consegnavo la mia terribile pozione mal riuscita al professore, la boccetta mi era scappata dalle mani ed era finita tutta sulla sua divisa.

Tom non laveva presta tanto bene, ma siccome Lumacorno caveva riso su, per tenere una buona facciata il Serpeverde aveva finto di perdonarmi con un sorriso.

Al quarto anno, invece, mentre correvo a cena gli ero finita contro e i suoi libri erano volati al piano di sotto e sfortunatamente Tom era dovuto tornare indietro a recuperarli. Quello stesso anno, sfortunatamente, invece di trasfigurare il mio calice avevo colpito il suo, trasformandolo in una gallina, che aveva starnazzato per tutta laula e Silente era stato per molti minuti convinto che fosse opera dello stesso Tom.

Il Sesto anno era stato un vero disastro.

Come al solito Lumacorno non faceva altro che adularlo e durante una delle cene del Lumaclub ci aveva fatto accomodare vicini dicendo, davanti a tutti, che eravamo una coppia molto promettente e che Tom sarebbe diventato sicuramente Ministro della Magia, se gli avesse mandato altri Anans Canditi e avesse sposato una Maxwell.

E quella Maxwell sono io, dato che sono lultima Signorina della mia casata.

Era stato oltre modo imbarazzante, ma lui aveva sorriso in modo intrigante ed io, emozionata, gli avevo tossito contro tutti il gelato che avevo in bocca e nel tentativo impacciato di ripulirlo, avevo rovesciato tutta la mia coppa sui suoi pantaloni.

Sono certa che quella sera i suoi occhi erano rossi di rabbia omicida e che se non fosse stato per le risate di Horace lui invece di rassicurarmi e cedermi il suo gelato, mi avrebbe lanciato una Cruciatus.

«Lascia questo posto, prima che la tua malasorte si riversi su di me.» ordinò lui, sempre senza degnarmi di uno sguardo.

Sistemo distinto i capelli neri e lisci dietro lorecchio e punto gli occhi su di lui.

«Non ho la malasorte, Riddle. Non è carino da parte tua dire certe cose!» borbottai, chinandomi a recuperare il libro caduto, ma come il karma crudele che Tom sospetta mi affligga, tutti i libri valicano il mio braccio e cadono facendo un rumore infernale.

Lui finalmente si volta a guardarmi ed io sorrido imbarazzata.

Tom si alza e mi da una mano a raccogliere i tomi sul pavimento.

«Sei molto fortunata che il tuo nome sia Maxwell e che Lumacorno ti definisca la sua nipotina o a questora ti avrebbero già cacciata.» dice lui, velenoso come la serpe che è.

«Il fatto che mio padre sia un politico ed abbia amici ricconi non fa di me una raccomandata, ti ricordo che ho buoni voti in molte materie, signor Caposcuola. Nessuno potrebbe mai cacciarmi.» esclamo risentita.

Tom si alza e mette nello scaffale i libri che avevo scelto.

«Mi servono per il test di domani, li hai messi troppo in alto.» gli dico esasperata.

«Sono libri presi a caso, Adelaide. Ti basterà questo.» dice in modo presuntuoso.

Lo guardo scioccata e lui mi indica la porta in modo intransigente.

«Non è la tua biblioteca!» esclamo spiccatamente, prima di afferrare la mia borsa e ficcarci il libro dentro.

So già che me ne andrò, alla fine faccio sempre quello che Tom Riddle pretende, perché mi spaventa.

E lo sa anche lui.

Durante il terzo anno, il mio molliccio era lui e quando gridai Riddikulus il Serpeverde divenne un Tom Riddle con la faccia da Maialino, le orecchi morbidose e la coda arricciata davanti a tutta la classe.

Naturalmente, lui era lì.

Lo guardo unultima volta e poi scuotendo il capo, vado via, lasciandolo a gongolare del suo potere.

Appena arrivo alla porta, la apro e quando lo faccio sento i dei libri cadere ed un soffocato lamento di dolore.

Guardo verso Tom e mi accorgo che i libri gli sono cascati sulla testa.

È meglio scappare, prima che mi maledica, forse quando sono con lui ho davvero la malasorte.

 

[Continua...]

 

-Angolo Autrice-

*Marvolo è il secondo nome di Tom Riddle, nella versione inglese.

La traduzione italiana sarebbe Orvoloson, ma sinceramente preferisco Marvolo perché suona meglio ed è, decisamente, più FIGO.

Come il nostro giovane Voldy <3

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Capitolo 2
*** II - Ladra pentita? ***


  Capitolo II - Ladra penitita?

 
Il Test di pozioni è andato bene, ma suppongo che Lumacorno mi abbia dato una “O” soltanto perché mi vuole bene ed ha un mucchio di preferenze.
Probabilmente non meritavo più di un “accettabile”.
È triste essere una raccomandata e non volerlo essere, insomma non è mica colpa mia se mio padre fa parte del Wizengamot ed è una persona nota?
Naturalmente il miglior voto l’ha guadagnato Tom e Lumacorno non ha fatto altro che lusingarlo per tutta la lezione.
Il vecchio ovviamente ci ha assegnato dei posti vicini, come al solito.
«I miei più cari allievi devono assolutamente sedersi vicino, non è vero ragazzi miei?» se ne era uscito, con la sua frase annuale d’inizio corso e Tom aveva subito acconsentito con un sorriso ruffiano.
Ormai era un classico e me l’aspettavo, perciò non avevo protestato.
Cerco di concentrarmi sulla mia Pozione ma il colore, che dovrebbe essere Viola, è solo un tenue lillà e quindi non è abbastanza buona.
Guardo nel calderone di Violet e la sua miscela è rosa.
«Qualcosa non quadra.» le dico sottovoce.
«Perché non chiami il professore, sicuramente ci darà una mano.» mormora lei, speranzosa.
Ma non voglio chiedere aiuto a allo zietto, mi sentirei in colpa nei confronti di chi non sarà favorito e così imbottiglio la mia pozione, rassegnata a consegnarla così com’è.
Guardo alla mia destra, verso Tom Riddle.
Ha quasi finito, sta controllando se tutto sia perfetto e gli mancano solo l’aggiunta dei petali di Dittamo per aver completato l’antidoto ai veleni rari.
Li aggiunge e noto una pergamena su cui ha segnato diversi passaggi e alcuni appunti personali.
«Ho un’idea.» ed è un’idea molto stupida.
Tom è tutto gongolante per aver terminato e so che imbottiglierà al volo la sua pozione e la porterà al Professore alla velocità della luce, giusto per essere il primo della Classe.
Come previsto lo fa e si allontana dal calderone in tutta fretta.
In un lampo mi sporgo e prendo i suoi appunti.
«Ade, no!» sussurra Violet terrorizzata, ma ormai è troppo tardi, gli appunti sono in mano mia e Tom si sta facendo il leccapiedi con Lumacorno.
Purtroppo però non capisco nulla di ciò che ha scritto e in un momento di follia prendo la mia boccetta di riserva e la immergo nel liquido creato da Riddle e la poso sul mio tavolino.
Il cuore mi batte fortissimo e non so perché ho fatto una cosa tanto stupida.
Ho rubato la pozione a Tom Marvolo Riddle.
Al Caposcuola!
«Passami la tua fiala…» dico alla mia compagna di casa, ma lei mi guarda incerta e poi scuote il capo.
«Lumacorno se ne accorgerà. E anche Riddle. Ci farai perdere almeno 50 punti Adelaide!»
Vorrei ribattere e annuisco, sentendomi profondamente in colpa.
«La restituirò.» annuncio e più veloce che posso afferro la fiala e cerco di versarla nel calderone di Tom ma proprio quando non me l’aspetto una mano mi afferra il polso con forza.
«Che cosa stai facendo, Maxwell?»
Tom ha gli occhi stretti su di me e sembra davvero irritato.
Lumacorno ci da le spalle, mentre sgrida uno dei suoi Serpeverde che non conosco.
Sorrido in modo nervoso e so già che sono davvero nei guai.
«Ecco io… Volevo rubare la tua pozione, ma c’ho ripensato…» ammetto, mestamente.
La mia sincerità potrebbe risparmiarmi, vero?
«Lasciala andare.» dice lui lentamente, con gli occhi furibondi.
Faccio come mi dice e nell’esatto istante in cui mollo la presa sulla fiaschetta, questa cade nella pozione e tutta la miscela comincia ad eruttare, per poi schizzare completamente sulla mia faccia e, purtroppo, anche su quella di Tom.
Un grande e puzzolente fumo rosa fluorescente invade la classe e tutti iniziano a tossire.
«La barba di merlino, chi ha combinato questo pasticcio!» sento strillare Lumacorno.
«Questo è troppo, Maxwell!» sibila Riddle, frustrato e iracondo.
Nessuno l’ha mai fatto infuriare tanto e questa volta neppure il mio buon nome e l’affetto di Lumacorno mi salveranno, perché grazie al fumo colorato, il Serpeverde ne ha approfittato per trascinarmi via, senza che nessuno ci vedesse.
Non so che intenzioni abbia, ma non ho con me la mia bacchetta e, tutti lo sanno, andare in giro con Riddle senza un minimo di difesa, non è certo un bell’affare.
Camminiamo per un paio di minuti e i corridoi sono tutti deserti.
Ma non c’è mai nessuno, quando serve aiuto?
«Dai Riddle, è stato un incidente!» esclamò, sperando che decida di lasciarmi andare.
Ma è davvero irremovibile e nonostante sia ricompero di gelatina rosa tra i capelli e la tunica nera e verde, marcia veloce come un soldato fiero e sicuro.
Io invece mi vergogno da morie.
Forse è un bene che nessuno possa vedermi con i capelli pieni di glassa rosa e puzzolente.
Arriviamo sotto un arco ed inaspettatamente lui mi ci spinge sotto, rilevando una piccola cupola ed una porta.
Tom la apre e mi costringe ad entrare puntandomi contro la bacchetta.
«Tu… Odiosa, stupida mezzosangue!» sibila iracondo.
Lo guardo accigliata.
«Veramente sono purosangue, Tom Riddle.» esclamo con lo stesso tono velenoso di mio zio Gerard.
Per chi non lo sapesse, zio Gerard, è il fratello di mio padre ed è un fermissimo sostenitore dei Purosangue.
Un degno Serpeverde, insomma.
«Stupeficium!» esclama perciò, offeso e frustrato Tom, con gli occhi rossi di rabbia.
Ma perché non sto mai zitta?
Lo Schiantesimo mi colpisce al petto e volo un paio di metri alle mie spalle, atterrando sul sedere.
«Ma sei pazzo!» esclamò, strisciando verso il fondo dell’aula, mentre lui si avvicina.
«Devi stare lontano da me! Ne ho abbastanza, sei patetica ed insopportabile!» esclama ancora, esasperato.
Devo averlo davvero spinto al limite, non l’ho mai visto comportarsi così.
«Mi dispiace, davvero.» dico, sincera, cercando di evitare il suo nome.
Ho sentito dire che non gli piace essere chiamato così e quindi, se voglio accattivarmelo e salvare la pelle, è bene usare quell’ultimo neurone che mi è rimasto e non commettere l’errore di difendermi alla maniera di zio Gerard contro un vero Serpeverde.
Lui stringe forte la bacchetta e pure le mascelle, guardandomi con astio.
Si è intenerito, penso, rassicurata.
Ma proprio quando sto per tirare un sospiro di sollievo, Tom mi lancia una fattura.
«Densaugeo!»
Mi guarda con un sorriso diabolico e trionfante ed in quel momento sento i miei denti ingrandirsi.
«No…» dico, cercando con la lingua di toccarli, ma continuano a crescere.
«Così quel tuo sorrisetto idiota svanirà, signorina Maxwell. E dieci punti in meno a Grifondoro, per aver tento di rubare la mia pozione!»
«Sei un villano!» esclamò, ma ciò che esce fuori dalla mia bocca sono solo versi, perché davvero non riesco più a parlare con i denti che sporgono dalle labbra.
«E bada bene, Maxwell, la prossima volta che sei a meno di venti metri da me, te ne pentirai. E se racconti questo a qualcuno, sarà lo stesso.» mi avverte, indicando i miei denti, con un ghigno disgustato.
Ridicolo, lui mi riduce così e non gli piaccio neppure?
Senza dire altro, si volta e va via, lasciandomi sola.
Più veloce che posso, mi copro la bocca ed abbandono anch’io la stanza polverosa ed in penombra, ormai la lezione di pozioni è finita e l’aula è vuota.
Corro al mio banco e con la bacchetta eseguo il contro incantesimo.
Abbasso gli occhi e, accanto al mio calderone, noto una piccola pergamena arrotolata.
La apro e riconosco la scrittura del professor Lumacorno.
«Oh no…» mormoro, disperata, alzando gli occhi al cielo.
La piccola nota recita:
 
“Cara Miss Maxwell, Sabato alle ore 19.45, sarei lieto di invitarla alla prima cena privata dei membri del Lumaclub.
Saluti, Horace Lumacorno.
Ps. Adelaide, non far preoccupare il tuo zietto, dove sei finita?”
 
Questo poteva solo voler dire che fra una settimana sarei stata di nuovo seduta a tavola affianco a Tom, con un milione di fantasie di Lumacorno su un improbabile matrimonio fra me ed il despota dei Serpeverde, era un incubo!
 
Fine II

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Capitolo 3
*** III - Un Lumaparty perfetto? ***




III - Un Lumaparty perfetto?


Un evento importante come il primo Lumaparty del semestre non va mai sottovalutato.
L'importanza dell'abito giusto, scriveva mia madre Wanda Maxwell, nella sua ultima lettera, è fondamentale per una signora della mia età e del mio ceto sociale.
E per questo la suddetta madre mi ha mandato uno scintillante abito blu notte, corto fino alle ginocchia con tanto di minuscoli brillantini che mi fanno sembrare proprio un cielo notturno con la sua costellazione.
Lo indosso dopo aver legato in alto i capelli in un'ordinata ed elegantissima pettinatura sulla nuca.
L'abito è a giromanica e mi piace.
Mi piace vestirmi in modo carino e femminile, un po' di vanità nella vita di una donna fa sempre bene, ma sono in ansia per una cera persona che incontrerò a cena. 
Tom Riddle. 
Il nostro ultimo incontro non è stato molto civile e sicuramente non mi vorrà vicino a lui, tuttavia ho la netta sensazione che “zio Luma” sia ancora intenzionato a farci sposare.
Non capisco come non si renda conto che Tom è una persona crudele, approfittatrice e meschina. 
Indosso gli orecchi d'oro bianco, il mascara ed un leggero velo di rossetto rosso scuro ed opaco.
Davvero non riesco a capire come faccia ad ingannare tutti con quel bel faccino.
Perché non si poteva certo negare che era straordinariamente bello, il signor Riddle.
«Secondo me, alla fine, vi sposerete.» dice Zelda, tingendo le sue labbra di rosa e sorridendo al proprio riflesso nello specchio.
Zelda, insieme a Violet, è la terza coinquilina con cui divido la stanza.
È alta e bionda, ha un seno prosperoso più del mio, delle curve fantastiche e due occhi verdi che accalappierebbero qualsiasi uomo.
Ha anche ottimi voti e fa parte del Lumaclub.
L’unica pecca è che fa parte del 99% di ragazze innamorate di Tom Riddle.
«Sciocchezze, nemmeno ci sopportiamo.» le dico, onesta.
«Lui però, devo ammettere, che durante storia della magia non fa altro che guardarti.» aggiunge Violet, spazzolandosi i capelli cioccolato.
Lei non è invitata alle riunioni di Lumacorno.
«Sarà un caso, sul serio ragazze. Mi detesta
«Ma a te piace, potresti almeno provare a fare amicizia con lui.»
«Amicizia?» chiedo scettica.
«Certo, poi come si dice? “Da cosa nasce cosa.”»
«Impossibile, Riddle non ha veri amici, e fra noi non potrebbe mai accadere nulla, non ho speranze.» ammetto, imbarazzata e con la consapevolezza che Tom non è qualcuno con cui si può fare amicizia.
Quelli della sua casa, i Serpeverde, come Nott, Malfoy e Lestrange ed Avery non lo sono di certo.
Sembrano tutti un po’ spaventati da lui e dalla sua aura di potere, fascino e serietà.
Ed io, che avevo conosciuto un po’ della sua rabbia, non ero un’eccezione.

«Buona sera, buona sera Adelaide!»
La voce di Lumacorno perfora i miei timpani e vorrei tanto dirgli di chiamarmi solo “Ade” o “Adel” come fa mio padre, ma sembrerebbe troppo informale e resisto all’odio prorompente per il mio nome un po' antiquato.
«Professore, buona sera.» dico dolcemente, investita involontariamente dall’affetto che nonostante tutto mi legava a quel vecchio uomo che mio padre tanto ammirava e rispettava.
«Tu e Tom siete sempre puntualissimi, non è che siete venuti insieme, birbantelli?» domanda allegramente.
Rimango a bocca aperta e scorgo Tom accanto al camino, appena Lumacorno si sposta e ne rivela la presenza.
Tom si volta solo col busto, le sue braccia sono congiunte dietro la schiena ed il ciuffo ondulato e scuro gli copre la fronte in maniera ordinata.
Sorride, non dice nulla e mi guarda in modo inquietante.
Non ci posso credere.
«Oh, no, certo che no, professore.» mi affretto a spiegare.
Tom si volta e ci raggiunte, attraversando la sala con eleganza e sicurezza.
Indossa una giacca nera, una camicia bianca  ed un classico pantalone scuro.
È molto raffinato e se non fossi, mio malgrado, abituata a capi d’alta sartoria, non capirei mai che tutto questo è di seconda mano.
Naturalmente poco importa, sarebbe il più bello anche con un sacco addosso e lui lo sa benissimo.
«Signorina Maxwell.» mi saluta con garbo.
«Ciao, Riddle.» rispondo mesta e con imbarazzo, cercando una via di fuga.
«Oh, oh! Suvvia, suvvia. Non siate così timidi, l’anno scorso vi chiamavate per nome!» esclama il docente, sbalordito, mentre ci porge due calici di burro birra.
Li accettiamo volentieri e Tom è il primo a sorridere al vecchio.
«È vero, Professore. Mi spiace Maxwell, non c’è stato molto tempo per parlare in queste prime settimane, vero? Posso darti di nuovo del tu?»
Colta di sorpresa, sento la gola farsi secca e bevo in fretta annuendo.
Sono patetica.
«Certo.» soffoco silenziosamente.
«Bene. Hai fatto buone vacanze, Adelaide?» mi chiede con cortesia.
Lumacorno sorride soddisfatto e non capisco a che gioco stia giocando Tom.
Vuole semplicemente accontentare il professore di Pozioni?
«Sì, grazie… Riddle. E tu?» 
«Andrà bene Tom, comunque molto buone, grazie.» dice lui rapidamente con un sorrisetto.
Lumacorno gongola di gioia.
«Oh, Adelaide cara, raccontavo a Tom di quest’estate, quando tuo padre ci ha portato in quel negozio, “Magie Sinister”! Che articoli spettacolari…» 
Istintivamente sorrido al ricordo.
È stata un’esperienza divertente camminare per Nocturn Alley, con la mano stretta in quella di mio padre e Lumacorno che ci seguiva, un po’ affaticato, parlando degli artefatti che ci sarebbero interessati.
Mio padre aveva una mania per il collezionismo di artefatti magici di ogni genere e devo dire che mi ha trasmesso questa passione.
Ero stata felicissima di accompagnarli in quel buio e tetro negozio.
«Sei appassionata di collezionismo?» chiede Tom, sorseggiando lentamente la sua bevanda.
«Qualcosa del genere, mio padre ha una vasta collezione di reperti. È un po’ un hobby di famiglia.» rispondo, mentre Lumacorno si volta non appena un gruppetto di ragazzi fa il suo ingresso in sala.
Senza esitare, il professore si congeda e resto sola con Tom.
Mi accorgo che mi sta guardando con occhi stretti e vorrei sapere il perché.
«Prometto che mi siederò accanto a Zelda, Riddle.»
«No, Adelaide.» dice lui, risoluto, guardandomi dritto negli occhi.
I suoi sono verdi e penetranti, intensi.
«Ma… tu hai detto…»
«Dimentica quello che ho detto nella classe, l’ultima volta. Sono stato, brusco.» dice, corrugando la fronte, come se cercasse le parole giuste.
Lo guardo confusa ed incerta.
Sta mentendo.
«Mi hai lanciato una fattura.» gli dico, incrociando le braccia al petto.
«Sì, ti chiedo scusa per quello. Ma capirai che è esasperante vedere il tuo lavoro andare in fumo e trovarsi ricoperti di gelatina rosa e fetida.»
Non posso dargli torto, gliene capitano davvero di tutti i colori quando siamo vicini.
«Hai ragione, mi spiace.» ammetto, rassegnata, mentre sposto lo sguardo sul caminetto, imbarazzata dal suo sguardo insistente.
«Molto bene, Adelaide. Sediamoci vicini e raccontami di questa vostra collezione di famiglia.» dice suadente, invitandomi con un gesto del braccio a prendere posto, prima che non ne rimangano più.
Non mi fido molto di questo suo improvviso cambiamento. 
«Preferisco “Ade” o “Adel”, non Adelaide, ti dispiace?» chiedo gentilmente, mentre prendiamo posto.
Lui mi guarda sorpreso e sorride.
«Io preferisco Adelaide.» dice, malizioso.
Alzo gli occhi al cielo e faccio un sorriso nervoso.
«D’accordo. Che cosa vuoi sapere della nostra collezione?»
«Diciamo… è interessante come dice Lumacorno?» domando lui un po’ enigmatico.
«Dipende se t’interessano vecchi oggetti e strani strumenti magici… Abbiamo tante cose: Vecchi libri, gioielli e una mano della Gloria. Mio padre dice che un paio di gioielli sono appartenuti a Salazar in persona.» 
«Oh, ma è fantastico. Trovo davvero interessante il collezionismo di oggetti rari e antichi. Abbiamo un paio di cose in comune, a quanto pare.»
Quasi non ci posso credere, questa è la nostra prima, vera, conversazione.
«Dici? Non ci ho mai pensato…» dico, guardandolo a mia volta negli occhi.
Lui fa di nuovo quel sorriso ammaliatore e piacente.
«Abbiamo molte lezioni in comune e, eccetto Pozioni, hai voti abbastanza alti, quasi come me.» dice, in tono saccente, sottolineando la mia mancata bravura in pozioni.
«Pozioni non è il mio forte. Mi dispiace aver cercato di rubare il tuo lavoro.»
«Tutta acqua sotto i ponti, Adelaide. Ma la prossima volta, invece di fare la furba, potresti semplicemente chiedermi di aiutarti.» dice.
È davvero troppo strano.
«Bé… Grazie, Tom.»
Noto un piccolo tic sul suo occhio ma decido di ignorarlo, forse, in fondo, Riddle non è tanto male come ci si aspetta. 
Magari, qualche giorno fa, aveva soltanto perso la pazienza.
Lui sorride e ci servono le prime portate.
Non diciamo più nulla per tutta la cena, ma durante questa sento di tanto in tanto gli occhi di Tom addosso.
Nessuna catastrofe naturale si è abbattuta su di lui, quasi mi sembra un sogno che il dessert sia arrivato e pure finito, senza rovesciarsi addosso al Serpeverde accanto a me.
Alla fine della serata, gli ultimi ad andare via siamo proprio entrambi, perché Lumacorno ha voluto mostrarci la sua riserva di alcolici e alla fine ci ha anche offerto un sorso di firewisky.
«Tuo padre potrebbe maledirmi, se lo sapesse.» scherzò il vecchio, ma una parte di me pensa immediatamente che non sia vero, lui non lo farebbe. 
«Sarà il nostro piccolo segreto, vero Tom?» riposi a mia volta, alzando il calice, scacciando via quella sensazione di tristezza, ritrovando la felicità per la serata trascorsa.
«Naturalmente» offrì lui, accattivante nei sui gesti posati.
Bevemmo e Lumacorno ci racconto qualche aneddoto su alcuni esperimenti e venti minuti dopo ci congedammo.
«Mi raccomando Tom, ti affido Adelaide.»
«La riaccompagnerò personalmente ai suoi dormitori.» disse solennemente lui.
«Ottimo, per questo sei il Caposcuola!» esclamò, sull’uscio del suo ufficio, il docente di pozioni, prima di chiudere la porta alle nostre spalle.
Camminiamo assieme per tutto il corridoio dei sotterranei, ma poi sorpasso Tom e mi fermo davanti a lui.
«Conosco la strada, grazie Tom.»
«Ho promesso al professore che ti avrei accompagnato e così farò.» dice lui risoluto, con un cipiglio infastidito.
«Ma non voglio farti allontanare, so che gli alloggi del Caposcuola sono qui vicino.» ribatto.
«Non ti preoccupare, fra poco ho la pattuglia, vieni.»
«Tom…» mormoro, incerta, decidendo di seguirlo perché ormai marcia davanti a me, senza fermarsi.
Lui non mi ascolta ma allunga un braccio verso di me e la sua mano finisce sulla mia schiena, in modo disinvolto e casuale.
Mi spinge a camminare accanto a lui e non so se si sia reso conto che sono rossa come un pomodoro, svoltiamo ad un angolo e mi accorgo che siamo davvero vicini agli alloggi dei Caposcuola.
«Non sapevo che per di qui si arrivasse alle torri…» dico accigliata, ma curiosa.
«Di qui si fa prima.» risponde solamente.
«Il vantaggio di essere Caposcuola, immagino. Sei diverso da come appari Tom…»
«E com’è che appaio, Signorina Adelaide?» mi chiede con tono sfacciato e tetro.
Mi fa paura.
«Severo e altezzoso. Un po’ so-tutto-io.»
«Ma davvero?» fa lui, fingendosi sorpreso. 
«Bé, questa volta sei stato davvero piacevole e gentile, in fondo.» dico, scioccamente.
Lui mi guarda, fa uno dei suoi sorrisi e i miei ormoni esplodono, anzi eruttano, quando parla con la voce roca e bassa.
«E tu sei bellissima stasera, Ade.» 
Metto un piede in fallo col cuore a mille e, senza volerlo afferro la cosa più stabile, sicura e vicina che trovo: Tom.
Insieme piombiamo sul pavimento, e sono certa di essermi rotta l’anca destro e che Riddle abbia appena dato una testa nel mio seno.
«Maxwell!!!» ruggisce sommessamente lui, alzandosi in ginocchio sopra di me, tenendomi prigioniera fra le sue cosce.
Supina, sotto di lui, rido istericamente e alzo le mani in mia difesa.
«È stato bello finché è durato, no?» dico sarcasticamente riferita ai mancati, ma consueti, incidenti che ci coinvolgono.
E sono così accaldata che potrei liquefarmi.
Vedo i suoi occhi lampeggiare di quel rosso aggressivo, che gli avevo visto il pomeriggio in cui mi rapì e maledì dopo l’incidente di pozioni, ed i istintivamente mi rannicchio su me stessa.
« Lo sai che è stato un incidente. Mi sono solo emozionata… hai detto quella cosa… strana…e non ti sei fatto male, vero? » chiedo parlando a raffica, sperando che mi parli e che sia ancora il Tom di poche decine di minuti fa.
Ma mi sbaglio.
«Io no, ma non si potrà dire lo stesso per te…»
«Cos-!»
Una parola, un dolore immenso e poi c’è solo il buio. 
«Crucio.»

Fine III Capitolo.
[Continua]

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Capitolo 4
*** IV - Nella Tana del Serpente. ***







IV Capitolo : Nella Tana del Serpente
 
La stanza è buia e c’è uno strano profumo di acqua di colonia, pergamene ed inchiostro.
Non ho idea di dove sono ma so che sto seduta in mezzo ad un gran bel letto da una piazza e mezza, con le lenzuola di seta liscia e non ho più il mio vestito addosso.
Sento freddo e sono rimasta in biancheria, non posso fare altre che coprirmi con le coperte.
L’ultima cosa che ricordo è la voce di Tom Riddle che sussurra “Sei bellissima”.
Ma dopo? Sono in un letto che non è il mio e sono mezza nuda: deve essere successo qualcosa.
Qualcosa di grave.
«Ti sei svegliata, finalmente. Il mio letto puzzerà del tuo profumo per settimane.» dice una voce, dal nulla.
È di Riddle.
E sono nel suo letto.
Nel letto di Tom Marvolo Riddle.
Nuda.
«Tom?» domando incerta.
«Sarà “mio signore” quando saremo in privato, d’ora in poi, signorina Maxwell.» dice tranquillamente.
È uno scherzo? Vuole che lo chiami “mio signore”?
Oh, no. È un perverso!
«È una cosa che si fa in quei giochetti a letto? Lo abbiamo deciso stanotte? Perché non mi ricordo nulla, e mi sembra imbarazzante chiamarti così…» blatero.
Riddle accende un paio di candele con la bacchetta e mi guarda confuso.
«Cosa?» chiede con cipiglio irritato.
«Il fatto che debba chiamarti così quando, ecco… siamo a letto. Non ho molta esperienza in queste cose, soprattutto bizzarre, Tom…» sono davvero rossa come un peperone.
Lui mi fissa in silenzio e io lo guardo imbarazzata e in attesa di risposte.
Oh no.
Lo vedo alzare la bacchetta e dire una piccola, malvagia, parola.
«Crucio.»
Non ho mai sentito un dolore così intenso, straziante e capace di annientare ogni pensiero coerente.
Dura pochissimo, ma in quel intervallo di tempo ricordo perfettamente tutto quello che è successo la sera prima.
Sono inciampata, l’ho travolto, lui si è arrabbiato e mi ha torturata con un’imperdonabile.
E lo sta facendo di nuovo.
Scioglie l’incanto e mi guarda compiaciuto.
È un mostro!
«Sei pazzo!» strillo, strisciando fino al fondo del letto, contro la spalliera.
Ora so dove sono, mi trovo nella camera del Ragazzo Capocasa e tutti i colori, le decorazioni e i dettagli richiamano lo stile dei Serpeverde.
È la stanza personale di Tom.
«Più rispetto, signorina Maxwell. Da questo momento in poi ho deciso che mi sarai utile per ottenere alcune informazioni…»
«Informazioni? Utile?»
«Esattamente. Ci fingeremo ottimi amici, piccola Adelaide. Ti unirai a me e alla mia cerchia di amici e mi chiamerai “Mio Signore” al fine di raggiungere alcuni miei obbiettivi, sono stato chiaro?» domanda puntando ancora una volta la bacchetta verso di me.
Terrorizzata, annuisco.
Non voglio ancora sperimentare quel dolore assurdo.
«E non lo dirai a nessuno, giusto?» domanda sadicamente.
Dalla sua nonchalance capisco che è abituato a farlo. Che ha già torturato, terrorizzato e sottomesso altre persone: le brutte voci su di lui sono vere.
Nessuno ci ha mai creduto, ma è tutto vero.
«Sì, si Tom, ma ti prego, abbassa la bacchetta.» dico agitata, cercando una via di fuga.
«Crucio.» sussurra leggiadro, in risposta.
È un dolore atroce. Insopportabile e che mi fa strillare come una pazza.
«Come ho detto che devi chiamarmi?»
«Mio Signore.» urlo, con tutta la forza che ho in corpo.
«Molto meglio.» dice, abbassando la bacchetta e guardandomi malvagiamente.
Istintivamente afferro le coperte e le tiro sul mio corpo, è un ragazzo malato.
Decisamente.
«Adesso vestiti, ti riporto al tuo dormitorio.» afferma, dandomi le spalle e camminando verso il caminetto della camera.
Si china e con un colpo di bacchetta accende un fuocherello verde e caldo.
Insicura, metto un piede fuori dal letto e vedo il mio vestito sopra una sedia.
«Perché… mi hai tolto il vestito?» chiedo, evitando di dire il suo nome, ma anche di chiamarlo “mio signore”.
«Tu dormi con i vestiti, Adelaide?»
Scuoto la testa e guardo il mio abito, restando seduta e nascosta dalle coperte.
Quindi mi ha spogliata?
Mi ha vista in biancheria intima?
Mi sforzo di non pensarci e afferro l’abito e mi nascondo di nuovo fra le coperte, mentre lo indosso in fretta.
Che vergogna.
Prendo le scarpe col tacchetto e sto per metterle, ma Tom mi fulmina con lo sguardo.
«No, non metterle. Ci manca solo che tu cada di nuovo.» ordina ed io metto i piedi a terra, sul freddo pavimento.
Insieme usciamo dalla sua stanza e ripercorriamo i sotterranei.
Ma sono troppo curiosa, voglio sapere che cosa vuole da me e voglio saperlo adesso.
Non è difficile, in realtà, intuirlo.
Mio padre è un uomo ricco e potente, ma ci sono molte altre cose che Tom non sa di me e della mia famiglia.
«Perché fai questo? Che cosa vuoi davvero?» chiedo perciò alle sue spalle, tirando fuori il mio coraggio Grifondoro.
Tom cammina con sicurezza e spavalderia, come se il castello fosse il suo e come se non si sentisse affatto minacciato da me.
Peccato che non ho la bacchetta con me per maledirlo, perché diavolo non la porto mai, quando serve?
«Tutto a tempo debito, Adelaide.» dice enigmatico, voltandosi a guardarmi solo torcendo un po’ il collo.
«Ma, davvero, non ne capisco il senso.» protesto.
Lui si ferma, si volta completamente verso di me e mi sovrasta con la sua altezza.
«Sei molto vicina a Lumacorno, più di quanto lo potrò mai essere da semplice studente. Tu sarai il mio mezzo per arrivare a lui e, magari, ben oltre. Tuo padre è un uomo potente, no?»
Ed ecco che sputa fuori la verità.
Sorrido amaramente e guardo i miei piedi.
«Se speri di estorcere qualcosa a mio padre, usandomi come merce di scambio, temo che fallirai. Non è un uomo dal cuore tenero, mette il suo orgoglio e la sua posizione ben al di sopra di sua figlia.»
Lui mi guarda come alla ricerca della verità e sento una strana pressione al centro della mia nuca.
Legilimanzia.
Decido di dargliela vinta.
Non ho molti, o grandi, segreti.
Tom vede mio padre, Valdimir.
È alla sua scrivania, legge il giornale senza degnarci di uno sguardo, mia madre Kassandra ed io siamo accanto alla culla del mio appena nato fratellino Kol.
 È un ricordo di appena un mese prima.
Non gli interessa e cerca ben altro ed io lo aiuto a trovare ciò che veramente vuole.
La scena cambia e sono una bambina, nascosta dietro un grosso portone di legno.
Ci siamo, penso con dispiacere.
Attraverso i miei occhi scorgiamo Lumacorno nello studio di mio padre, intenti a discutere.
«Vlad ma è tua figlia, santo cielo, avrebbero potuto ucciderla.»
«La giustizia non si piega a tali fandonie, Horace. Dopotutto, è soltanto una ragazza. Sai bene che desidero un maschio, per portare aventi il mio nome.»
«Vorresti dire che non ti sarebbe importato se i rapitori l’avessero uccisa?»
«Non ho mai detto questo, amico mio. Ma per il nome che porto e per il potere che ho raggiunto, non posso farmi piegare da nessuno. Se perdessi questo potere, dopotutto, non mi resterebbe nulla. Il potere e la fama rappresentano ogni cosa Horace. Non era questo che pensava Serpeverde?»
 
La visione termina e Tom mi guarda confuso e deluso.
Non era quello che si aspettava.
Faccio le spallucce e guardo lontano da lui.
«Avrò comunque quello che voglio.» dice, afferrandomi improvvisamente per un braccio.
Il mio sguardo torna nel suo e siamo parecchio vicini.
«Sì…» gli dico, incondizionatamente.
«Sì, cosa…?»
«S-sì… Mio signore.» mi affretto a rispondere.
Lui annuisce e allenta la presa sul mio braccio, ma non smette di guardarmi.
Quando finalmente cessa, mi trascina fino al mio dormitorio, dove c’è il quadro della signora grassa.
Prima di essere abbastanza vicini, però, mi ferma.
«Ricordati quello che ti ho ordinato. Non farai parola a nessuno di ciò che è accaduto questa notte e ti assicuro che se lo farai, tutte le persone a cui tieni soffriranno. Domani, durante la lezione di Storia della Magia, ti siederai accanto a me e mi saluterai col mio nome. Da buona amica.»
«Va bene, mio signore.» rispondo mesta.
Sono davvero in imbarazzo, nonostante sia appena stata ricattata e torturata da questo sadico Serpeverde.
«Bene, ti vedrò domani allora.»
Lo guardo andare via, ma prima che gli corro dietro.
Vorrei chiamarlo per nome, ma sono certa che mi maledirebbe e ne ho troppo il terrore.
«Mio… Signore.» dico, mettendomi davanti a lui.
«Noi… stanotte, non abbiamo… fatto nulla, vero?»
Lo vedo perplesso, poi sorride ed è un sorriso crudele ma bellissimo.
Si piega verso il mio orecchio e sento la sua bocca ed il suo fiato sul collo.
Ciò che dice in un sussurro, prima di andare via, senza che io possa ne seguirlo, ne muovermi, ne fiatare mi lascia pietrificata nel terrore, nei dubbi e nel più strano dei bollori.
 
«Ti sbagli. Sono stato fra le tue cosce abbastanza da farti svenire per la seconda volta Adelaide. E ti è davvero piaciuto.» 



Fine IV Capitolo.



[Continua....]

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Capitolo 5
*** V- Il Diario del Serpente. ***



V. Il Diario del Serpente.

La lezione di Storia della Magia è stata assurda.
Noiosa come sempre, ma assurda come non mai.
Come ordinato da Tom mi sono seduta accanto a lui e l’ho salutato con un patetico «Buongiorno» perché avevo troppa paura di usare il suo nome.
Lui non ha fatto una piega ed ha sfoggiato un sorriso simpatico.
«Buongiorno, Adelaide.» aveva detto, facendomi spazio sulla panca.
Ci siamo seduti vicino, ma non abbiamo fiatato.
E per tutta la settimana è andata così ad ogni lezione e ad ogni ora libera.
Era la mia ombra ed io la sua.
Abbiamo studiato, letto libri e persino confrontato i nostri compiti.
Sembrava un sogno ed il Tom rude e minaccioso della festa di Lumacorno era svanito.
Ogni volta che c’incontravamo lui era gentile, premuroso e qualsiasi incidente capitava mi sorrideva e confortava.
Proprio come sta facendo in questo preciso momento: batte un paio di pacche sulla mia schiena, con fare affettuoso.
«Non fa niente Adelaide.» dice mesto, ma i suo occhi tradiscono rabbia e desiderio di vendetta.
Sbadatamente ho fatto cadere la mia boccetta d’inchiostro sui suoi appunti e le scuse a poco serviranno.
«Sul serio, mi dispiace. Posso… posso rimediare?» domando speranzosa, in ansia.
Lui sorride affabile e sposta lo sguardo verso Silente che ci guarda curioso.
«Solo se studiamo insieme, Adelaide.» dice con malizia.
Mi fa arrossire e annuisco energicamente.
Silente si avvicina a noi e con un colpo di bacchetta fa svanire l’inchiostro superfluo sulla pergamena di Tom.
«Tutto bene, ragazzi?» chiede, con gli occhi che ci scrutano uno alla volta.
Tom ha ancora una mano sulla mia spalla.
Troppo in fretta la rimuove e mi accorgo che è in imbarazzo.
«Sì. Un mio piccolo incidente. Mi sono appena scusata con Tom.» mormoro, cercando di non sembrare terrorizzata mentre pronuncio il suo nome.
«È così, Tom?» chiede il professore.
«Naturalmente, professor Silente. Nulla da rimproverare alla signorina Maxwell, è solo sbadata.» dice lui riacquistando la sua calma e bella presenza.
Lo guardo a bocca aperta e vorrei ribattere che non è vero, ma mentirei.
«Molto bene, continuate i vostri esercizi allora.» asserisce Silente, prima di allontanarsi e raggiungere altri alunni pasticcioni.
Passano pochi secondi e Tom si china verso il mio orecchio.
«Ti vedrò stasera dopo cena, nella vecchia aula di Artimanzia, quella in disuso.» dice, soave.
Ho un brutto presentimento.
«Sì… mio signore.» sussurro pianissimo, così che mi senta solo lui.
Ormai sta diventando un’abitudine strana.
Consueta.
Come un simpatico soprannome, che però m’imbarazza.
«Non dirlo in classe, stupida.» mi rimbecca lui, prendendo la piuma per scrivere ed esaminando con rapidità il suo test.
Subito spunta alcune rispose e mi sporgo a guardare.
Lui se ne accorge e stringe gli occhi con malumore.
Mi ritiro, ma ho visto abbastanza.
Non sono domande difficili, ho studiato bene, ma copiare da lui è davvero molto comodo, finché ci riesco.
Mi metto a lavoro a mia volta e la lezione vola veloce come un boccino d’oro.
*
 
Dopo cena come promesso ci siamo riuniti nella vecchia aula, che poteva dirsi il nostro covo segreto, o quanto meno la camera delle torture di Tom Riddle. 
«Ti ho convocata qui perché c’è qualcosa che voglio affidarti. Dopotutto nonostante la tua sbadataggine sei una strega capace e voglio che tu sia dalla mia parte con il nome che porti.»
«Ma sai bene che mio padre non…»
«Non ho detto che voglio ricattarlo. Tuo padre è un sostenitore della stirpe puro sangue, esattamente come me. Ci tornerà utile
«Se dovesse sapere che mi stai ricattando, non esiterebbe a sbarazzarsi di me o di te se ne fosse infastidito. Non so cosa tu voglia ottenere, ma lui è... Oscuro, molto oscuro, credimi To!- Mio sigonre!» mi correggo appena in tempo ma Tom mi guardo stringendo gli occhi.
«Oggi sei stata più pasticciona e sbadata del solito. Meriteresti una punizione, ma non ne ho più voglia. Come ti dicevo voglio che tu tenga una cosa per me.»
Lo guardai con un sopracciglio alzato e lui, del tutto impassibile, mi porse un piccolo diario nero dove sul retro spiccava il nome completo scritto in oro.
«Cosa devo farci?» gli domandai, mentre scrutavo ancora il diario, da cui percepivo qualcosa di oscuro e tetro.
Dopo tempo in un certo ambiente alcune cose si riconosco a pelle, e quello che Tom mi aveva affidato lo era. Un pezzo di magia che forse avrebbe terrorizzato chiunque.
Me compresa.
«Tenerlo al sicuro, lontano da me, per un po’.» mi rispose guardandomi intensamente.
Annuì, ancora incerta, ma Tom mi diede le spalle e si voltò rotolando quello strano e pacchiano anello che teneva sulla mano.
«È molto prezioso. Perdilo e tu ucciderò, rovinalo e farò lo stesso. Sono stato chiaro, Adelaide?» la sua voce non tradiva alcuna emozione, ma era questo ciò che mi spaventava di più e come avevo previsto si trattava di qualcosa di molto oscuro.
«È un incarico troppo importante per me, perché non scegli uno dei tuoi seguaci?»
«No, tu hai una collezione di artefatti magici, potrai custodirlo meglio quando tornerai a casa.»
«Intendi dire che dovrò tenerlo per… tutta la fine dell’anno?»
«Non ho mai detto questo. Lo terrai finché riterrò opportuno, forse anche per molto più tempo.»
Non dissi nulla, non sapevo neppure cosa rispondere in verità, così feci in fretta a rassegnarmi.
«Va bene…» mormorai.
«Dovresti essere felice, Adelaide. Oggi, sebbene tu abbia fatto del tuo peggio, non hai ricevuto nessuna punizione.»
Lo guardai un po’ indispettita, ma cercai con tutta me stessa di non farglielo comprendere.
«Grazie, suppongo.» purtroppo il mio tono non era affatto grato.
«Ti consiglio di andare, prima che ci ripensi.»
Lo guardai e poi presi coraggio. Avevo bisogno di sapere ancora alcune cose.
«Era una bugia, vero? Quella sulla notte che abbiamo passato assieme.»
Tom fece un sorriso perverso e compiaciuto per via del mio rossore e guardandomi portò le mani dietro la schiena.
«Tu cosa pensi?» chiese lui.
«Che se fosse vero me lo ricorderei, a meno che tu non mi abbia obliviata, cancellando per sempre la mia prima volta!»
Tom mi guardò alzando le sopracciglia, fingendosi sorpreso.
«E vorresti dunque rammentarla?» domandò, avvicinandosi a me con improvvisa rapidità, spingendomi ad arretrare e, inevitabilmente, inciampare così da finire sul pavimento e dargli modo di sovrastarmi col suo corpo.
«Perché, in fondo, non sarebbe difficile replicare, sai?»
«No, Tom! Ti prego!»
Troppo tardi mi resi conto dell’errore, che per paura o stanchezza segnò decisamente la mia condanna.
In un lampo lui mi afferrò i polsi e li bloccò contro il pavimento duro e freddo.
«Mi dispiace! Mi dispiace!» urlai, prima che lui piombasse con la bocca sulla mia.
Fu decisamente brusco eppure nonostante questo le sue labbra erano morbide e piacevoli.
Siccome però tentai di sottrarmi finii soltanto per far si che le nostre bocche strusciassero l’una contro l’altro regalandomi scariche decisamente piacevoli.
Troppo piacevoli e sbagliate, perché sapevo che lui voleva prendersi gioco di me, punirmi e umiliarmi, perciò senza sapere se davvero fossero quelle le mie intenzioni gli morsi il labro quando lui cerò di violare la mia bocca con la sua lingua.
Tom esalò un gemito e si staccò da me, si alzò e mi guardò arrabbiato e disgustato con il labbro solo leggermente arrossato.
Io ero ancora sconvolta, con le labbra che bruciavano di desiderio e le guance rosse.
Volevo dirgli qualcosa ma quando lo vidi cacciar fuori la bacchetta impallidii per la paura e non feci in tempo a far nulla.
«Conjunctivitus!» disse soave, privandomi della vista e regalandomi un tremendo bruciore agli occhi.
«No!» strillai, coprendomi il viso.
«Sei una stupida, Adelaide. Pensi davvero che io, Lord Voldemort, andrei a letto con una come te
Le sue parole furono come un bolide dritto sul mio petto.
Crudeli, spietate e forse vere.
Lui non se ne curò e, iracondo, se ne andò via, la sciandomi da sola, con le lacrime e una fattura da sciogliere.
 
 
*
Qualche settimana più tardi, ottobre era a metà e Lumacorno aveva già voglia di dare un altro Lumaparty che sarebbe stata l’ennesima tragedia.
Io e Tom non c’eravamo più incontrati da soli e lui sembrava decisamente turbato e perso nei suoi doveri e pensieri.
Certo c’era stato qualche scambio di battute e qualche classico incidente ma Tom sembrava aver perso la voglia di sfogarsi su me.
Fu strano rendermi conto che mi mancava sentirlo avvicinarsi e ordinarmi con eleganza e zelo «Adelaide, vieni. Studiamo in biblioteca.».
Avevo ancora il suo diario e lo tenevo custodito nel mio baule, in camera, su cui avevo applicato diversi incantesimi di protezione.
Avevo ripensato molto al diario e a quella sera, ma dentro di me volevo solo cancellarla.
Mi aveva detto delle cose crudeli.
Ma alla fine della lezione di Pozioni, quando finalmente fui libera di allontanarmi dalla presenza inquietante di Tom al mio fianco, che continuava ad ignorarmi avvolto nella sua nuvola nera di rancore, non feci neppure in tempo a fuggire via, che Livius Burbage, della mia casa e classe , mi si avvicinò salutandomi.
«Ciao Ade!»
«Ciao, Livisu. Come stai?» chiesi gentilmente.
«Bene, grazie. E tu? Hai sentito Lumacorno, è già pronto per il prossimo party!» era allegro e solare, dai bei capelli biondo miele e gli occhi azzurri e chiari più dei miei.
Avevamo parlato solo poche volte e non era da lui avvicinarsi di proposito, questa doveva essere opera di Violet, pensai con sospetto.
«Sì, non riesce proprio a resistere… Comunque tutto bene!» risposi, mentre camminavamo insieme verso la Sala Grande.
Era ora di pranzo.
«Bè, mi chiedevo… Lumacorno ha detto che possiamo portare qualcuno, e io… so che sei stata invitata, ovviamente, ma ti piacerebbe se andassimo insieme?»
«Oh… intendi… io e te…?»
«Sì. Insomma… so che spesso ti siedi affianco a Riddle, ma non state insieme, giusto?»
Strano a dirsi ma l’evidenza fu dolorosa.
«No, no! Certo che no!»
Perché mai avrei dovuto voler come fidanzato qualcuno che mi aveva cruciata e maledetta più di una volta?
Certo, era bello e carismatico. Ma non più di quello.
Non più di una bella presenza.
«Bene, allora potrei chiederti un appuntamento, Adelaide.»
Arrossì vistosamente, perché questa era la prima volta che qualcuno si mostrava interessato a me.
«Direi di sì.» mormorai.
«Allora mercoledì che ne dici di pranzare insieme? Così mi dirai se vuoi partecipare al Lumaparty con me!» esclamò lui con un sorrisone smagliante e vitale.
Non era neanche lontanamente come Tom.
Tom era freddo, oscuro e crudele.
Livius era solare, gentile e simpatico.
«A mercoledì allora.»
Livius mi salutò e sbracciandosi da lontano, mentre io ancora stringevo i miei libri fra le braccia contro il petto, notai Tom Riddle all’altro lato del corridoio, pochi metri di distanza, che mi fissava in maniera truce.
Mi spaventò ma decisi di ignorarlo e far finta di nulla, dopotutto, poteva anche maltrattarmi ma di certo non gli avrei dato il diritto di decidere con chi avrei passato il mio tempo.
Eppure, nel suo sguardo avevo scorto qualcosa che non vi avevo mai visto prima.
Qualcosa di davvero pericoloso e quel giorno non seppi di cosa si trattava, perché da codarda scappai via senza degnarlo di uno sguardo.
 
*
Tom era furioso e, in cuor suo, sapeva già che quei sorrisi che aveva visto sui volti di Adelaide e Burbage lo avrebbero tormentato tutto il giorno, finché non avesse trovato un degno sfogo.
Finché non avesse posto fine a quelle occhiatine romantiche che quell’idiota faceva alla Maxwell.
Gli davano il volta stomaco.
Adelaide.
Adelaide.
Non faceva altro che pensarla ed odiarla per i sorrisi timidi che mostrava a quel Grifondoro e quando si fecero le cinque del mattino, decise che li avrebbe divisi per pure dispetto.

[Continua...] 

Angolo Autrice. 

Perdonate l'immane ritardo, ho perso un po' l'ispirazione devo ammetterlo, ma proverò a concludere la storia senza alcun dubbio, vi aspetto alla prossima, Ser.

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Capitolo 6
*** VI. Un Serpente difensore? ***


VI. Un Serpente difensore?


Mercoledì come promesso io e Livius pranzammo insieme, nel cortile della scuola.
Dalla Sala grande avevo trafugato un po’ di cibo e così avevo trascorso un bel pomeriggio fra risate e pettegolezzi da Grifondoro.
Ero sorpresa, Livius era davvero piacevole, non solo quel mercoledì ma anche i giorni successivi furono sereni e interessanti.
Tom invece continuava ad ignorarmi ed io non sapevo se essere felice oppure dispiaciuta.
Era sbagliato sentirne la mancanza?
Era giusto?
Dopotutto, eccetto i momenti in cui eravamo stati soli, in quella camera oscura, Tom era sempre stato gentile e adesso che ero in biblioteca da sola, senza sapere cosa studiare, ecco adesso sentivo davvero la sua mancanza.
Di certo lui avrebbe afferrato un mucchio di libri, li avrebbe portati fino al nostro tavolo più appartato e me ne avrebbe assegnati alcuni.
Nel mesetto che avevamo passato a fingerci buoni amici i miei voti erano saliti in maniera impressionante, mentre nelle ultime due settimane che passavo a scherzare e pranzare con Livius lo studio era il mio ultimo pensiero.
E perdere punti significava contrariare mio padre e prepararmi ad una severa punizione.
Le gite a Hogsmead sarebbero stata un ricordo lontano.
Perciò quando vidi Tom entrare nella biblioteca, un barlume di speranza tornò in me.
Io volevo andarci ad Hogsmead.
Magari con Livius.
E so che usare Tom in questo modo è sbagliato, ma lui ha sfruttato me in modi molto più crudeli e per di più aveva esercitato diverse volte un’imperdonabile con lo scopo di punirmi per i miei pasticci.
Così, quando lui si sedé con i suoi quattro libri al seguito, lo raggiunsi facendo finta di nulla e mi sedei proprio di fronte al Caposcuola.
Non appena gli fui così vicina, tutte le mie idee su come scoprire cosa stava studiando, in modo da uguagliare i suoi voti ai miei, svanirono e desiderai soltanto parlargli e averlo indietro.
Non m’importava che fosse cattivo e che la nostra amicizia fosse fittizia.
«Ciao.» dissi soltanto, incerta se usare il suo nome o il suo titolo.
La biblioteca sembrava vuota e silenziosa, ma la custode era vicina e magari qualche studente era in giro e avrebbero potuto sentirmi.
Tom alzò gli occhi verso di me e mi guardò inespressivo.
«È da un po’ che non ci vediamo, come stai?» gli chiesi, sperando che egli si sciogliesse un po’ nei miei confronti.
Non sembrava affatto in vena di parlarmi.
«Che cosa vuoi, Maxwell?»
Oh cielo, non mi chiamava col cognome da almeno un mese. Doveva essere grave.
«Ecco… io… ti ho visto e… insomma… non posso più rivolgerti la parola?» gli domandai a bruciapelo.
Lui improvvisamente sorrise e chiuse il libro che stava leggendo.
«E perché dovresti, non hai il tuo amichetto Burbage con cui fare le tue chiacchiere?»
«Bè… lui adesso è agli allenamenti di Quidditch.» gli rivelai scioccamente.
Questo dovette davvero irritarlo, infatti, il suo sorriso si spense e i suoi occhi divennero rossi e crudeli.
«Molto bene, Adelaide. Faresti meglio a sparire dalla mia vista.»
«Devo studiare.» dissi, risoluta.
«Non sono affari miei, trovati un altro tavolo.»
«Bene, Tom! Se sei arrabbiato con me perché ti ho respinto mentre cercavi di molestarmi, e perché ho detto il tuo nome, o perché ora passo il mio tempo con Livius, quindi cerca di crescere!»
Esclamai alzandomi, questa volta su tutte le furie.
Lui rimase immobile, granitico nella sua rabbia, poi si alzò a sua volta e mi guardò intensamente.
«Rifiutato?» proferì con un tono che non sembrava suo.
«Nessuno, e dico nessuno, può rifiutarmi. Soprattutto non per uno sporco traditore del Sangue come Burbage!» disse tirando fuori la bacchetta.
Lo guardai sconvolta, non poteva fare sul serio, eravamo nella biblioteca!
Lo avrebbero visto sicuramente!
«Non farlo, Tom. Ti vedranno.» sussurrai, spaventata, ma risoluta.
Avrebbe potuto fare qualsiasi cosa, con quello sguardo assassino, ne ero certa.
Ero stata impaurita tante volte, ma questa mi sembrava la più terrificante delle situazioni, questa volta temevo davvero che qualcuno avrebbe potuto scoprirlo.
E cacciarlo dalla scuola.
Il Serpeverde però parve pensarci e abbassò la bacchetta appena in tempo per sfuggire alla vista di madama Prince.
«Signor Riddle, cos’è questo baccano?» domandò la donna, con uno sguardo austero e irritato.
Tom sfoggiò immediatamente un sorriso di circostanza.
«Chiediamo scusa, una piccola divergenza culturale. Ma la signorina Maxwell stava andando via.»
Rispose lui, pacatamente, costringendomi ad annuire col capo.
«Che non si ripeta più. Sapete che è vitato parlare in biblioteca. Per questa volta, considerata la vostra posizione di studenti modello, nessuna punizione verrà applicata. Ora rispettate le regole.» disse la donna, guardando Tom con le gote più rosse.
Non ci potevo credere, anche lei era affascinata da lui?
«Vattene.» sibilò come un serpente Tom, verso di me, mentre la bibliotecaria se ne andava dandoci le spalle.
Ancora arrabbiata, presi tutti i libri di Tom fra le braccia e, sapendo che non mi avrebbe seguita in modo plateale, me la diedi a gambe con un bottino, che probabilmente era troppo complesso per me.
Dopotutto madama Prince si era sbagliata: Io non ero una studentessa modello.
Ero solo una sfortunata ragazza, con un nome importante, che cercava di fare la furba con Tom Riddle.
Ovviamente lui continuò ad essere arrabbiato e non rivolgermi la parola per la settimana successiva.
Ma il più grande sostenitore della nostra coppia, Lumacorno, non avrebbe accettato una situazione del genere.
Quando sentì Tom chiamarmi “Maxwell” per necessità, perché il mio calderone stava schizzando viscido verde sul suo libro, Lumacorno si avvicinò affranto e ci guardò come se avesse visto una bara con dentro un suo familiare.
«Ragazzi miei, non avrete litigato, vero? Adelaide cara, non avrai mica fatto qualche dispetto a Tom?»
Tom rise sotto i baffi, soddisfatto che Lumacorno stesse improvvisamente incolpando me quando era lui il dispettoso.
«N-Non è così, professore…» mormorai, troppo timida per difendermi a dovere.
Accidenti, dov’era il mio coraggio Grifondoro?
«Sono certo che saprai scusarti, mia cara. Tom è un caro ragazzo!» disse il vecchio, tutto convinto delle sue parole.
«Grazie, professore. Voi siete davvero comprensivo. Adelaide è solo un po’ infantile!» buttò lì Tom, mantenendo quell’espressione da orfanello maturo e saccente, che tanto faceva impazzire i professori.
Era odioso e mi stava dando della bambina.
«Ah, Tom! Spero potrai perdonarla, dopotutto è così giovane e tu sei così maturo per la tua età, non è vero Adelaide cara?»
«S-sì… Certo. È solo un malinteso.»
Così il docente ordì, a sua stessa insaputa, un piano per condannarmi a morte certa.
Propose un progetto di gruppo, per risollevare gli animi.
«Certamente insieme fareste un ottimo lavoro e magari farete pace, bricconcelli!» esclamò divertito e sicuro di sé il vecchio Luma.
Tom non proferì parola, era un corpo avvolto da una nube nera che sorrideva in modo falso e che nessuno vedeva eccetto me.
«Ma sì. Scegliamo un’altra bella coppia con cui affiancarvi!» esclamò, lanciandoci un’occhiata molto eloquente, soprattutto a rivolta a Tom, che sorrise compiacendolo ancora di più.
«Allora, signorina Violet Belish e… signor… Livius Burbage! Sì. Voi quattro lavorerete assieme.» disse zio Lumacorno.
Mi voltai verso Violet ed insieme io affiancai Tom, evitando che Livisus in avvicinamento avesse la terribile idea di affiancarlo così da formare una fazione maschi contro femmine.
Probabilmente, in buona fede, non avrebbe compreso che si stava affiancando ad una serpe velenosa e inviperita!
Per fortuna Violet, che era una buona amica di Livius, lo tirò accanto a sé e tutti e quattro fummo al tavolo di Riddle, che fumava di rabbia.
Lumacorno era già ben lontano. Non percepivo nulla di buono.
«Tre Grifondoro e un Serpeverde. Sembra che noi siamo in vantaggio, Riddle.» proferì Livisu così ingenuamente che mi morsi un labbro.
Tom lo guardò e fece un sorriso crudele.
«Non contarci troppo Burbage.» rispose Tom acidamente e dopo aprì il libro e scelse la pozione che avremmo preparato per il nostro progetto di gruppo.
Lui stabilì i nostri, molto marginali, ruoli e di tutto il resto se ne occupò lui, con nostra somma felicità.
Era un sollievo, almeno, se qualcosa fosse andato storto, non se la sarebbe presa con noi, o con me.
«Allora dopo che ne dite di andare alla partita? I Tassorosso hanno una formazione interessante!»
«Sarebbe una buona idea, ma ho artimanzia.» disse Violet dispiaciuta.
«Bé, Ade, andremo noi due. Vedrai, ci divertiremo un sacco!»
«F-forse dovremmo rimandare. Sai sono un po’ indietro con gli studi…» gli dissi sperando che non insistesse come al solito.
«Oh, non preoccuparti. Torneremo presto…»
«… Non credo sia una buona idea Livius.»
«Ma Ade, sono solo un paio di ore. E poi suvvia, che bisogno hai di studiare, sei una Maxwell, il tuo nome è sufficiente a coprire le tue lacune, no?»
«Giusto…» mormorai, colpita.
Quella era la prima volta che Livius mi feriva, con una frase fuori luogo.
Sembrava così invidioso.
«Che importa se prendi voti mediocri, dopotutto nessuno si lamenterà con te! Andiamo a divertirci e non pensarci più Ok?»
Non potevo credere alle mie parole, mi aveva, indirettamente, dato della mediocre?
Proprio Livius?
Il ragazzo che era gentile, sempre disponibile e credevo di conoscere?
Ma all’improvviso Tom chiuse il libro con forza e guardò Livius disgustato.
«Forse non sei a conoscenza della situazione di Adelaide. Se i suoi voti dovessero calare suo padre le toglierebbe il permesso di andare ad Hogsmead e, probabilmente, potrebbe persino ricevere altre punizioni più gravi, ma naturalmente tu sei un traditore del tuo sangue e l’onore della tua famiglia non conta nulla…»
Guardai Tom a bocca aperta.
Mi stava difendendo?
«Sei soltanto invidioso del suo prestigio, ma Adelaide non sarebbe mai mediocre, perché oltre al suo nome c’è una grande strega di talento. La prossima volta che le parlerai così, mi assicurerò che tu non le parli più, sono stato chiaro?»
Livius era livido di rabbia e tremava, ma certamente era paura.
Tom dava i brividi anche solo con uno sguardo e Livius si era beccato un torrente di minacce velate e rimproveri da lui.
«Stavo solo scherzando Riddle…» mormorò lui, mentre la campana suonava e segnava la fine dell’ultima ora di Pozioni.
Grazie a dio.
«Lo spero per te. Vieni Adelaide, consegniamo la pozione a Lumacorno.» Ordinò Tom.
Decisi immediatamente di seguirlo e non appena fummo nel corridoio di banchi Tom mise una mano dietro la mia schiena e si voltò a guardare verso Livius con uno sguardo truce, soddisfatto e maligno.
Avrei voluto schiaffeggiarlo, dirgli di non essere presuntuoso, ma in verità un po’ gli ero grata.
Mi aveva difesa.
Proprio Tom Riddle.
La Serpe velenosa.
Quello a cui piaceva essere chiamato “Mio Signore”.
Il ragazzo che usava le Imperdonabili.
Aveva detto che ero una straga talentuosa, e si sa, quando il ragazzo che ti piace ti difende e ti fa un complimento, le farfalle nello stomaco svolazzano.
E nel mio stomaco queste benedette farfalle stavano formando un uragano.
E probabilmente anche in quello di Lumacorno perché, quando ci vide arrivare alla cattedra insieme, divenne rosso e gli occhi gli brillarono.
«Che meraviglia! Che capolavoro! Complimenti a Tom ed Adelaide…» disse lui, senza spiegare se si riferisse alla nostra pozione o al fatto che, così vicini, io e Tom potevamo essere davvero una coppietta.
Se solo lui non avesse avuto quel bagliore omicida negli occhi.
E so che sta tramando qualcosa, di nuovo.
 
Fine VI Capitolo.

Ehi Potterhead!
Sono tornata!
In questo periodo di quarantena ho trovato il tempo di scrivere di più e, considerato che su ItaliaUno c'è la maratona di HP, mi sembrava doveroso pubblicare il capitolo di questa storia :)

Spero vi sia piaciuto, aspetto i vostri pareri.
Saluti, Ser-

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