Time

di zellnh
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I ***
Capitolo 2: *** II ***



Capitolo 1
*** I ***


Con dei tempi illegamente lunghi, ma ce l'ho fatta.

Mi perdonerete perché è una storia lunga quasi 27.000 parole - no, non ho il dono della sintesi, a quanto pare - oppure mi maledirete, non lo so, spero un po' tutte e due, a dirla tutta.

Per ovvie ragioni ho deciso di separarla in due parti; la seconda non sono sicura se sarà postata prima del prossimo weekend o direttamente tra due settimane, dato che sarò fuori casa per qualche giorno, nella Terra del Nulla.

Anyway, questa storia nasce da un prompt che mi ha indirettamente donato mia sorella (ultimamente quella donna è grande fonte d'ispirazione, perciò in caso non dovesse piacervi, prendetevela con lei); è tornata a casa e mi ha chiesto: "Si può condivere un qualcosa di enorme con una persona, farla diventare la più importante del mondo, e poi dimenticarla da un giorno all'altra, come se nulla fosse?".

 E siccome io son masochista e so che è perfettamente possibile, ho deciso di battere i tasti del computer e farne uscire una storiella che doveva essere proprio -ella, ma poi non so bene cosa sia successo.

L'ambientazione è ispirata da un film intitolato Bob - Un maggiordomo tutto fare.

Insomma, dopo un anno e mezzo, tante lacrime e sorrisi, qualche imprecazione e sigaretta, direi che ci siamo.

Date un'occhiate alle note aggiuntive sotto, così da avere un'idea di quello che state per leggere.

 

Note aggiuntive:

  • Au: la storia non segue i  canoni  della loro vita ufficiale. Qui non c'è nessun Miles, nessuna ex storica o meno di Chris, e neanche i cani. Mi scuso in anticipo - per i cani. 
  • OOC: come tag sarebbe quasi sempre d'obbligo delle storie RPF, ma in particolare mi sento di chiarirlo qui perché questa storia parla di omofobia e altre cose che sono sicura non appartengano a nessuno delle vere persone che cito dentro.
  • Time poteva essere per un sacco di cose, ma forse non lo è per nessuna.

 

 

I

 

Il tempo è ciò che impedisce alle cose

di accadere tutte in una volta.

― John Archibald Wheeler

 

Disclaimer!


 

 

 

 

« “Babysitter hot cerca lavoro. Non sa fare nient'altro, ma le mamme di solito cadono ai suoi piedi” »

« Katie, così non mi aiuti per nulla »

« Allora prova con “Babysitter disponibile tutto il giorno, anche per lavoretti-” »

« Ti odio »

« Io parlavo di lavoretti domestici, pervertito »
 





Chris emise un gemito e batté la testa sul tavolo più volte; cos'aveva fatto per meritare una situazione del genere?

« E comunque non è vero che non so fare nient'altro. Ho anche lavorato come autista  ed ero cameriere in un ristorante, sino a tre settimane fa! »

Katherine alzò un sopracciglio, evidentemente in disappunto. Be', non che avesse del tutto torto.

« Lo saresti ancora, se non avessi scopato con la figlia del proprietario. Chris » lo chiamò sua sorella, e aveva un tono così disperato che non poté fare a meno di vergognarsi almeno un po'.

« Non lo sapevo che fosse sua figlia! È stata colpa sua, sapeva che lavoravo lì » si difese comunque, con una smorfia indispettita piantata in faccia.

« Questo non succederebbe se cercassi una ragazza seria e smettessi di darlo a chiunque. Seriamente, sei una puttana ambulante »

Bene, ora gli insulti.

Il fatto è che Chris l'aveva chiamata e fatta venire lì per aiutarlo a scrivere un annuncio decente e che mettesse in risalto qualunque qualità avesse, e sicuramente “puttana ambulante” non era un'opzione.

Da uno spiraglio tra le braccia (perché Chris Pine era un bambino di trentacinque anni che faceva i capricci), intravide la sorella tirare fuori il portafoglio: « Quanto ti serve? »

« Cosa? No! » protestò lui, respingendo le banconote  tra le mani di Katie. « Non voglio i tuoi soldi. Sono un uomo, dovrei essere io a comprare la roba per te »

« L'indipendenza delle donne esiste già da decenni, Chris » sospirò lei, poggiando i soldi nello svuotatasche sopra il tavolo e alzandosi. « Comunque, metà son della mamma, non solo miei »

« Hai detto a mamma che sono senza soldi? Cazzo, Katie! »

« Non l'ho fatto apposta! » Katie alzò le mani in difesa. « Stavamo parlando e mi è scappato. Perché sei così orgoglioso? Vogliamo solo aiutarti, come fai tu quando abbiamo bisogno noi »

Be', peccato che loro avessero bisogno di aiuto una volta ogni tre anni, mai di soldi, e soprattutto non erano mai rimaste senza lavoro e con uno sfratto fresco di una settimana e cinque mesi arretrati da pagare.

Questo non l'aveva rivelato a Katie, e non aveva nemmeno intenzione di dirglielo finché non avesse trovato un altro posto dove stare.

Magari in fretta, prima di dover dormire sotto un ponte.



« Ho trovato un annuncio online, sto per mandartelo »

« Di cosa si tra- »

Tu, tu, tu.

Okay, Katie era una donna in carriera e non aveva tempo per le chiacchiere, però era anche un po' stronza (il che era di famiglia, a quanto pare).




“Cercasi baby sitter con esperienza per bambino di otto anni indipendente, che lo supervisioni nei suoi impegni nel tempo libero; sappia cucinare e possegga una discreta conoscenza degli attuali programmi scolastici per poter fornire assistenza nello svolgimento dei compiti”


Più in basso, spuntavano un numero di telefono e un indirizzo con tanto di orari in cui poterlo contattare.

“Chiedere del signor Quinto”, recitava il bigliettino.

Chris si trattenne dal ridere, almeno prima di richiamare sua sorella.

« Che cosa vuoi, uomo senza lavoro? »


« Farò finta di non aver sentito. Chi- cazzo è che ha scritto questo annuncio? È sicuro che un uomo della sua età possa avere un figlio così piccolo? »

« Non mi pare che ci fosse nulla a proposito dell'età di lui »

« Ma è ovvio che sia vecchio. Anzi, me lo auguro, altrimenti non si spiega perché scriva come come se avesse una scopa in culo »

« Magari ha semplicemente una cultura, a differenza tua. Devo davvero staccare, ma dammi retta; chiamalo o presentati lì e tenta. Mi sembra un buon lavoro, dopotutto »

« Okay, okay. Grazie, Katie » e stavolta fu serio, perché se non ci fosse stata sua sorella-

« Vaffanculo »

E niente, come non detto.



*



Non è che non ci avesse mai pensato sul serio, ad una famiglia.

Nel complesso era una bella cosa, se vista da lontano e dove lui non c'entrava nulla.

Chris guardò la ragazza che aveva a fianco dormire placidamente (dopo tre orgasmi di seguito avrebbe dovuto essere stanco anche lui, ma no), e semplicemente pensò di non essere adatto, ad una famiglia; famiglia significa amore, rispetto, fedeltà. Tutte cose che sono difficili da mantenere, e se il rispetto glielo avevano insegnato i suoi genitori be', la fedeltà era un qualcosa che gli veniva un po' più difficile.

Il punto era che le donne erano bellissime, e Chris sapeva di poterne avere quante ne voleva, di poterle cambiare e poi lasciarle per la propria strada prima di stancarsi troppo.

Il tutto non è che non fosse consensuale, in realtà. Lui avvertiva sempre prima in modo che non ci fossero problemi dopo, quindi andava bene così.

Ci stava fino al mattino dopo, per cui non era come se sentisse il letto completamente vuoto.

Quindi se qualche volta guardava una coppia pomiciare spudoratamente ai giardinetti vicino a casa sua -non più- o un padre rincorrere un bambino e sentiva qualcosa mancare, forse era perché la ragazza della notte prima non era stata poi così brava.

In qualunque caso, pensò rigirandosi tra le lenzuola, poteva sempre cercarne un'altra.



Chris decise che non avrebbe chiamato prima, ma sarebbe andato direttamente a uno dei due indirizzi segnati sull’annuncio, quello che conosceva meglio perché c'era passato davanti molte volte.

Aspettando che Amanda- no, Samantha- o qualunque nome sua madre le avesse dato si svegliasse e se ne andasse, aveva avuto tempo di googlarlo e scoprire che l'indirizzo era un ufficio di-

« Avvocati? Ecco perché la scopa in culo! »

« Cosa? »

Chris sussultò e si girò, in tempo per vedere un paio di natiche nude varcare la soglia del suo bagno.

Oh sì, quello era sempre un bel buongiorno.

« Son stata con un avvocato, una volta » esclamò la ragazza appena tornata in cucina, sedendosi sopra il tavolo e guardando curiosamente Chris. « Fanno sesso in modo bizzarro, sai? Sono... controllati, è strano. Niente a che vedere con stanotte »

« Cosa? Ah sì, certo » mormorò distrattamente lui, frugando in mezzo ad una catasta di fogli. « Perché conosco quella camicia? » aggiunse poi fissandola intensamente, bloccandosi per un attimo perché cavolo, era sicuro che gli ricordasse qualcosa.

« Perché è tua »

Ah, ecco.

« Be', toglila e mettiti i vestiti tuoi; tra mezz'ora devo uscire di casa, e anche tu » sbottò spiccio, imprecando quando urtò la pila di carta facendola cadere per terra, sparpagliando fogli ovunque.

« Ma io credevo di rimanere qui e prepararti il pranzo... »

Si ritrovò una mano piantata sul sedere e fu quasi sicuro che non fosse il pranzo che Amelia (grazie a Dio per i flash improvvisi) aveva in mente; si morse le labbra, respirò profondamente e la guardò sorridendo: « È stata una bella serata, ma adesso ciao ».



Chris arrivò davanti al cancello alle nove in punto affannato, e ripromettendosi che si sarebbe rimesso a fare sport -prima o poi-.

Rimase qualche minuto appoggiato al muretto di mattoni, cercando di riprendere fiato di fronte a decine di persone in giacca e cravatta che, per quanto andassero di fretta, avevano tutto il tempo di fissare male lui e i suoi jeans strappati.

Entrò dentro lentamente e cercando di guardarsi il più possibile intorno perché Cristo, quello era un labirinto con dentro Arianna, Minotauro e tutta la famiglia.

« Buongiorno » esordì di fronte ad una segretaria.

 
Aveva scelto quella che gli era sembrata meno seria ma, ripensandoci, non c'era qualcuno meno serio in quel posto. « Sto cercando il signor Quinto, sa dirmi a che piano lo trovo? »

« Il signor Quinto in questo momento è impegnato e non si libererà prima dell’una e mezza. La prego di attendere qui » rispose la segretaria - Felicity, stando al cartellino appuntato sul petto.

Chris non poté fare a meno di pensare che di felicità ne avesse ben poca, a giudicare dall'espressione.

« Ma io non posso- »

« La prego di attendere qui, grazie » sillabò nuovamente lei, e Chris fece per aprire bocca ma « Non glielo dirò una terza volta, signore » lo avvertì Felicity, rivolgendogli uno sguardo minaccioso e facendo un cenno alla guardia più grossa che potesse esistere al mondo.

« Ho capito, grazie » rispose lui a denti stretti, facendosi da parte e appoggiandosi alla parete.

Proprio mentre rifletteva su come  attaccare bottone con Felicity (poteva anche essere terribilmente seria, ma lui aveva già in mente un paio di idee per farla sbottonare), gli arrivò un messaggio.


K: Ci vediamo alle cinque per un drink? ;)

C: Solo se mi prometti che non cercherai di portarmi a letto al primo appuntamento, Urban.

K: Tranquillo, non intaccherò la tua virtù finché non sarai tu a chiedermelo.

C: Chi ti dice che sarò io a chiederlo per primo?

K: Perché pregarti per farti scopare è da stupidi. Se invece mi chiedi tu di essere scopato, è un altro paio di maniche.

C: Perché dai per scontato che sia io a dover stare sotto?!

K: Puoi stare anche sopra, la posizione non cambia molto.

C: Ah ah, molto divertente. Non starò mai sotto, scordatelo!

K: Ne riparleremo tra un paio di mesi, culoaperto.




« Che idiota » commentò Chris, infilando il cellulare in tasca con un sorriso.

Karl era la cosa di più simile ad un fratello che avesse, conosciuto prima che riuscisse a formare frasi intere e rimastogli a fianco anche nei momenti peggiori.

Sapeva praticamente più cose Karl di lui di quante ne sapesse di se stesso, ma a Chris andava bene così, perché riponeva una fiducia cieca verso l'amico.

Che poi quello fosse un totale rincoglionito era tutta un'altra questione.

« Il signor Quinto si trova si trova al terzo piano, nel terzo ufficio sulla sinistra » lo informò all'improvviso Felicity. « L'ascensore è al momento non disponibile, perciò temo dovrà fare le scale » aggiunse poi, per tornare immediatamente al suo computer.

« Uhm, grazie » rispose Chris, ma si allontanò senza aspettare risposta ( sicuro che non l’avrebbe ottenuta in qualunque caso) e si avviò lungo il corridoio.

Quando arrivò al piano giusto fece per contare le porte ma, provvidenzialmente, quella che gli interessava si aprì da sola, mostrando un signore sulla sessantina, rigorosamente in giacca e cravatta, uscire dalla stanza.

Ah, Katie. Chi è che aveva ragione sull'uomo vecchio e brutto?

Chris gli si avvicinò nervosamente e tossicchiò, attirandone l’attenzione: « Salve, sono Chris Pine. Ho letto il suo annuncio su Internet, e sarei disponibile per quel lavoro- »

« Temo di non capire » lo interruppe evidentemente confuso lui, e Chris inclinò la testa, curioso.

« Sono sicuro di aver trovato un annuncio a nome di Quinto che- » e si interruppe nuovamente, senza capire perché l'altro fosse scoppiato a ridere così rumorosamente, attirando lo sguardo di parecchie persone.

« Mi chiamo William Scott » si presentò, stringendogli la mano. « Io non sono Quinto. Quello è il nome del mio assistente, che si trova dentro questa stanza » chiarì, indicando l'ufficio da cui era appena uscito.

« Oh. Arrivederci, allora » mormorò Chris.

Volse nervosamente lo sguardo verso la porta, fece un respiro profondo e bussò.

Da dentro si sentì un « Entra, entra » e accigliato, Chris abbassò la maniglia ed entrò.

« Non capisco perché bussi ogni volta che- »

Zachary alzò lo sguardo dal libro – Shakespeare, secondo quanto diceva il dorso – e lo chiuse appena notò il ragazzo alla porta, schiarendosi la gola.

« Mi dispiace, credevo fosse... non importa » scosse la testa. « A ogni modo; cosa posso fare per lei? »

Chris rimase spiazzato. Il signor Quinto non era un sessantenne vecchio e brutto, e aveva anche ottimi gusti in fatto di letteratura.

Per di più, si ritrovò a pensare che diamine avesse fatto ai capelli per farli stare così perfettamente ordinati.

« Io... sono Chris. Ho letto il suo annuncio. Be', questa parte l'ho già detta, ma al suo capo, credevo fosse lei e- »

Si trovò in difficoltà, senza avere un’idea precisa del perché. Era una sensazione strana, come un dejà-vu.

Zachary emise uno sbuffo divertito, posando il libro nella scrivania e facendo un cenno alla poltrona di fronte a lui: « Siediti. Evitiamo formalità, va bene? Dimmi come- è un'impronta di mano quella che hai sulla guancia? ».

Chris prese fuoco. Cercò di non badare troppo a quegli occhi che ora lo stavano scrutando e con nonchalance rispose: « La mia ragazza fatica ad accettare i no come risposta ». Non era del tutto una cosa falsa, anche se Amelia non era la sua fidanzata - e meno male.

Sorrise, sperando che bastasse come spiegazione, e Zachary si accigliò ma poi passò oltre.

« D’accordo cercherò di essere diretto con te, Chris: ho bisogno per Ben di una persona affidabile. Sono fuori casa la maggior parte del tempo e lui è... non so, è parecchio speciale, e non lo dico perché sono il padre, ma forse- »

« Immagino » sorrise Chris, divertito dallo sguardo intenerito di Zachary nel nominare il bambino. « Io sono affidabile »

« Mi sembri piuttosto giovane» obiettò Zachary.

« Ehi! » protestò Chris, divincolandosi nella poltrona, « ho ventinove anni, ma grazie del complimento »

« Oh. Oh. Scusa, io... ma sul serio? »

« Vuoi controllare? » chiese Chris, alzando le sopracciglia tanto così.

« Io... no- cosa? »

E per qualche motivo Zachary arrossì, improvvisamente a disagio.

« Ho i documenti. Se vuoi, puoi controllare i documenti » spiegò Chris, confuso.

« No senti, ti credo, davvero. Scusa ancora » mormorò l'altro, evitando accuratamente di guardarlo in faccia.

« Non importa » scrollò le spalle Chris. « Immagino sia colpa del cibo. Non mangiavo nulla, infatti mia nonna mi diceva sempre: “Christopher Whitelaw Pine, mangia o volerai al primo soffio di vento” o qualcosa del genere, ma ora tra palestra e- che succede? »

All'improvviso Zachary era diventato serio e lo stava guardando come se Chris avesse commesso un omicidio davanti a lui.

« Come hai detto che fai di cognome? » chiese brusco, fissando ostinatamente un foglio sopra la scrivania.

« Pine... mi sembrava di avertelo detto, prima- »

« No, non me lo hai detto » rispose secco lui, e Chris notò la sua mascella contrarsi.

« O-okay » balbettò, a disagio. « C'è qualcosa nel mio cognome che non ti piace? »

Quando Zachary alzò gli occhi dal basso verso di lui, a Chris venne istintivo spingerela sedia indietro; non vedeva uno sguardo così da quando aveva portato una ragazza a casa di Katie e per sbaglio avevano macchiato il divano.

Be', poi l'avevano pulito, però-

« Hai fatto la Centennial, vero? »

« Che cosa- »

« Eri nel corso di Diritto, tre volte a settimana- »

« Come- »

« ... a settembre del quarto anno hai sfoggiato i capelli biondo platino » continuò imperterrito Zachary, stringendo i pugni da sbiancarsi le nocche.

« Come fai a sapere- »

« Come faccio a sapere tutte queste cose? » lo precedette Zachary. « Non sono cambiato poi così tanto, Pine. Non riconosci un succhiacazzi quando lo incontri? »

Chris gelò.

« I-io non- » provò a dire, ma Zachary lo fissò di nuovo e Chris deglutì non trovando le parole.


« Esci dal mio ufficio »

Non era una richiesta, ma un ordine.

« Mi dispiace un sacco. Ero solo un ragazz- »

« Anche io lo ero » soffiò Zachary, monocorde. « E tre anni di terapia e un’adolescenza rovinata non me li restituiscono le tue scuse. Fuori »

Zachary non alzò la voce, ma Chris sussultò ugualmente. Si alzò lentamente dalla poltrona e si diresse verso la porta senza emettere il minimo rumore.

Fece per uscire, poi si voltò: « Non sono più la testa di cazzo che ero dieci anni fa, davvero » bisbigliò, ma Zachary tenne ostinatamente lo sguardo verso la finestra, perciò Chris non poté fare altro che andar via.
 





« Hai davvero rivisto Zachary Quinto? Quello che succhiava cazzi nei bagni per cinque dollari durante l'ora del pranzo? »

« Questo non è vero » sbottò Chris, infastidito.

Erano seduti al tavolino di un bar, sorseggiando Coca Cola perché la tequila in quel momento sembrava troppo a entrambi (e se Karl diceva no alla tequila, c'era qualcosa di grosso in ballo).

« Guarda che lo dicevi tu quando eravamo a scuola, idiota » gli ricordò Karl, aggiungendo uno “tzk!” che Chris prese sul personale.

« Prima di tutto non ero io, ma quel deficiente totale di James- Jake o comecazzosichiama » si difese puntando il dito verso la faccia dell’amico, « e secondo, sono sicuro che il deficiente in questione dicesse cazzate, in quanto deficiente »

« Ciò non cambia che Quinto ti odi fino alla morte » asserì l'amico, e Chris gemette, nascondendo la faccia dietro le mani.

« Perché sei andato a chiedere  lavoro a lui, Chris? È stato sin troppo gentile a non spaccarti il naso »

« Non sapevo fosse lui. Esistono tanti Quinto, e non sembrava minimamente lui. È cambiato parecchio »

« Lui sicuramente si ricorderà di te, però » ridacchiò l'altro.

« Ho bisogno di quel lavoro, Karl »

Karl sospirò, sporgendosi verso l’amico e mettendogli una mano sulla spalla per consolarlo.

« Non è così grave, Chris. Se non è questo, magari è un altro lavoro tra qualche settimana »

Chris riemerse dalle sue dita: « Ho lo sfratto tra sei giorni » borbottò.

Karl aprì la bocca, ma non ne uscì nulla.

Era nella merda.



*



« Ancora due anni e saremo fuori da questo inferno, Chris. Quasi non ci credo »

Karl diede una pacca sulla spalla al suo amico, mettendo poi le mani dietro la testa e poggiandole contro il muro, chiudendo gli occhi e inspirando soddisfatto.

Chris non rispose e si guardò attorno, arricciando la bocca.

« Non lo definirei proprio inferno, in fondo. È una bella scuola, dopotutto » considerò, giocherellando con un fiore strappato a qualche centimetro da dove erano seduti- coricati, per la cronaca, ma comunque sia.

Karl aprì un occhio e lo guardò di traverso: « Mi stai diventando sentimentale, Pine? »

« Ehi!, non sono mica un frocio » sbuffò Chris, spintonando l’amico.

« Ho detto sentimentale, non frocio » specificò Karl, scuotendo la testa. « E non tutti i gay sono sentimentali, sai? Bryan Stewart è un cazzo di gigante e non ha tirato fuori una lacrima nemmeno quando si è spezzato la clavicola »

« Bryan Stewart non è gay » aggrottò le sopracciglia Chris.

« Sì che lo è »

« Sono sicuro di no »

Karl alzò le spalle, ma era chiaro che volesse tagliar corto senza discutere.

« Andiamo, l'hai visto? L'hai detto tu stesso, è un gigante con nemmeno un pizzico di emotività! »

« Te l'ho detto » insisté Karl, « i sentimenti non hanno orientamento sessuale. Ignorante » aggiunse, sorridendo.

Chris alzò gli occhi al cielo, per poi alzarsi e tendere una mano all'amico: « Andiamo, è suonata la campana. E comunque, al corso di diritto c'è uno nuovo, lo sai? Viene da Pittsburgh e dicono che sia... be'... »

« Gay? » gli venne in soccorso l'amico, scrollando le spalle. « E allora? Un sacco di persone lo sono. È più brutto il fatto che venga da Pittsburgh. Pittsburgh » ripeté la parola, in tono di disgusto, « che città è? »

Chris rise e gli mise una mano sulla spalla: « Andiamo, culoaperto! »



*



Chris aveva passato la notte in bianco, e per una volta era solo. Le parole di Zachary continuavano a bombardargli la testa senza sosta, facendogli accendere la luce per l'ennesima volta.

Tre anni di terapia e un'adolescenza rovinata.

Davvero delle stupide battute e qualche scherzo avevano provocato tutto ciò? Davvero aveva causato così tanto male, e senza nemmeno rendersene conto?

Si morse il labbro, fissando lo specchio davanti a sé; non aveva mai pensato di essere un ragazzo modello, né super sensibile o dedito al mondo, ma... ma non era nemmeno quello. Lui non era come Zachary lo aveva descritto - o perlomeno aveva fatto intendere.

Vero?



« Secondo te sono uno stronzo? »

« Se mi chiami a quest'ora è evidente che lo sei »


Chris sbuffò, tormentandosi un'unghia con i denti.

« Per una volta sii seria, Katie, ti prego » mormorò, e sentì dall'altra parte un sospiro prolungato, segno che la sorella si stava impegnando a concentrarsi sul discorso.à

« Esattamente, perché mi stai facendo questa domanda alle tre e un quarto di mattina, Chris? Qualche ragazza ti dato un meritato ceffone per averla abbandonata dopo l'orgasmo? »

« Veramente aveva già fatto colazione » ribatté Chris. « Ma non è per quello, no. È per un'altra cosa, e... tu ti ricordi com'ero a sedici anni? »

« Sì, cazzo! » esalò Katie, « eri un ragazzino sfrontato e arrogante che pretendeva di avere tutto e immediatamente, sfotteva chiunque, e un'altra serie di cose che ti hanno reso insopportabile fino a... be', sinché mamma non ha rischiato... lo sai » concluse esitante.

« Cristo » commentò lui, appoggiandosi al muro.

« Esatto. Hai preso parecchie botte anche da me, per questo » gli ricordò la sorella, e davvero non ce n'era bisogno perché Katie picchiava più o meno come un pugile, perciò...

« Ma ora? Ora ti sembro cambiato? » chiese ansioso.

« Chris, che cazzo sta succedendo? Cos'hai combinato? »

« Nulla- giuro » asserì lui con veemenza, sentendo lo sbuffo incredulo di Katie dall’altra parte. « Mi chiedevo solo se- »

« Certo che sei cambiato, Chris » lo rassicurò lei. « Non sei una persona cattiva, non lo sei mai stato. Eri solo un po' più idiota, e che io sia dannata se dico che l'incidente di mamma ha portato benefici, oltre che danni »

« Ma le persone che ho perso di vista, che ho ferito... loro non sanno chi sono ora » bisbigliò.

Katie rimase in silenzio per un po', tanto che Chris arrivò a credere che si fosse chiusa la chiamata.

Poi fece uno sbuffo ironico: « Esistono delle cose chiamate scuse, se lo vuoi sapere, e non sono quelle che usi per portarti a letto una ragazza diversa ogni sera. Non so chi sia l'angelo che ti ha fatto avere questa improvvisa presa di coscienza di te stesso, ma dammi il suo indirizzo perché voglio un autografo. Seriamente, Chris » aggiunse, « non ho idea del perché tu sia così insicuro, so solo che poteva capitarmi di peggio. Almeno sei carino. E ti voglio bene. Buonanotte, idiota »

« Grazie... buonanotte, Katie »

« Ah, dimenticavo; com'è andato il colloquio? »

Chris serrò la mascella.

« Non c'era, riproverò domani »



 

« Mi dispiace »

Chris sapeva di star rischiando molto, ma valeva la pena tentare.

Zachary lo stava guardando come se fosse una fastidiosa mosca poggiata sul suo tavolo e in parte Chris sapeva di meritarlo ma-

« Come hai fatto ad entrare? » chiese semplicemente, fissandolo senza batter ciglio.

« Ho aspettato che Felicity e la guardia si distraessero e sono passato »

Lo disse velocemente, sperando che sembrasse meno idiota, ma evidentemente Zachary non era dello stesso avviso.


« Che cosa vuoi? Mi sembrava di averti già detto che non- »

« Fammi almeno parlare » lo pregò Chris, « due minuti e mezzo per dirti tutto, poi se vorrai buttarmi fuori dalla finestra a calci in culo, te lo lascerò fare senza nemmeno provare a difendermi »

Zachary lo guardò esterrefatto: « Non puoi pretendere niente dopo quello che- »

« Per favore » insisté lui, e se non avesse funzionato nemmeno quello, forse-

« Due e ventinove, due e ventotto... »

Chris emise uno sbuffo che voleva essere di stizza, ma uscì più come sollievo: « Okay senti, mi dispiace. Non ho fatto niente di bello, ma non sono più così. Ero un totale idiota, e forse lo sono ancora, ma- per favore »

« Io non- »

« Ehi, questi sono i miei due minuti e mezzo, non i tuoi » si lamentò Chris, incrociando le braccia al petto e girando la faccia.

Zachary rimase a bocca aperta, incredulo: « Hai ancora tutto l’infantilismo con cui ti ho conosciuto, però. Dovrei davvero prenderti a calci in culo per quello che mi hai fatto passare, e se non lo faccio è perché mia madre mi ha insegnato l'educazione, ma ti giuro che sto sperando che tu faccia qualcosa di sconveniente per poterti dare uno schiaffo » soffiò senza prendere fiato.

« Ma mi darai comunque il lavoro? » chiese Chris speranzoso.

« Cristo, ma ti senti? Dovrei affidarti Ben per cosa?, perché tu possa raccontargli quanto ti sei divertito a fare lo str- »

« Ti ho detto che non sono più così » e stavolta fu proprio uno sbuffo stizzito, « e non mi vanterei di nulla con tuo figlio »

Zachary aveva sicuramente qualcosa da ribattere, ma la porta si aprì ed entrò un bambino.

« Ben! Che ci fai qui, cos'è successo? Non dovresti essere a scuola? Cosa- »

« Mancava un insegnante e mi ha dato un passaggio la mamma di Luke » spiegò Ben, in un tono esasperato che Chris trovò somigliante a quello del padre quando parlava con lui. Ridacchiò rumorosamente al pensiero, e si ritrovò lo sguardo indisposto di Zachary e quello curioso di Ben addosso.

« Lui è un tuo amico, pa'? »

« Oh sì » commentò sarcastico Chris, ma si zittìsubito davanti alla faccia di Zachary.

« Ben » cominciò con quella che aveva tutta l'aria di essere un annuncio, « Christopher è il tuo nuovo babysitter in prova »

Ben lo guardò stupito: « Cosa? »

« Cosa? » gli fece eco Chris, e lui era davvero stupito.

Zachary ignorò del tutto Chris e si chinò all’altezza del figlio: « So che preferiresti altre soluzioni, ma questa è la migliore per tutti e due »

Tre, lo corresse mentalmente Chris.

Ben scosse la testa: « Non è per quello, ma... sei sicuro che sia abbastanza grande? »

« Oh, andiamo! » sbottò Chris, allargando le braccia, « ho anche un po' di barba, non- »

« Chris ti accompagnerà a prendere un gelato » sorrise Zachary porgendo i soldi a Chris. « Tutto tranne la fragola, è allergico » aggiunse poi fissandolo.

Chris annuì e fece per andare, ma Zachary lo trattenne per il polso: « Assicurati che usino un cucchiaio diverso per ogni gusto o che almeno lo lavino bene tra un gelato o l'altro, e non lasciargli mai la mano, specialmente quando attraversate la strada, e- »

« Prendi fiato » sbuffò Chris. « Ci sono io con lui, e per quanto tu non ci creda, conosco Los Angeles e la sua segnaletica stradale come le mie tasche. Rilassati e fa' quel che devi, Zach »

Gli scappò prima che potesse badarci, e quando Zachary strinse gli occhi Chris si sentì le orecchie prendere fuoco.

« Molto bene, Chris » e se possibile, Chris esplose.



Chris osservò Ben con un mezzo sorriso, vedendolo ingurgitare il gelato come se non ne avesse mai visto in vita sua.

« Whoa, calma » rise tra i baffi, « finirai per farti venire il mal di stomaco »

Ben lo guardò mortificato, poi si fiondò sul tovagliolino di carta e cominciò a ripulirsi mani e bocca in fretta e furia.

« Scusa » mormorò, « non so cosa tu abbia fatto a papà, ma se mi ha mandato a mangiare una cosa del genere l'hai combinata grossa »

Chris aggrottò le sopracciglia senza capire, ma prima che potesse parlare, Ben lo bloccò: « Come vi conoscete tu e lui? »

Ben era un bambino evidentemente calmo e molto educato, ma era, prima di tutto, un bambino, e Chris considerò l'idea di abbandonare lavoro, casa e chissà che altro, e piuttosto che affrontare un discorso del genere andare a vivere sotto un ponte.

« Io e Zachary eravamo compagni di corso agli ultimi anni di scuola, prima dell'università. Poi... poi io ho fatto- be', non so come spiegarlo, onestamente, ma… lui non lo meritava, davvero. Non gli ho mai chiesto scusa, e ci siamo incontrati nuovamente solo per sbaglio. E adesso… eccoci qui »

Bravo, Chris, pensò, per una volta sei riuscito a dire qualcosa di intelligente.

« Cosa gli avevi fatto? » chiese Ben curioso.

Chris esitò; Zachary gli aveva fatto capire chiaramente di non voler riaprire quel cassetto, quindi-

« Ne parleremo più in là, promesso » rassicurò il bambino.

Ben annuì, poi alzò le spalle: « Non dev'essere niente di tanto grave, comunque, se alla fine ha lasciato che mi accompagnassi qui e ti ha preso come babysitter. Significa che ti ha perdonato, e papà non lo fa molto spesso »

Chris tossicchiò, cercando di assumere un tono casuale: « Ah no? »

« No » gli assicurò Ben. « Evidentemente sei almeno un po' importante »

« Oh »

Be', non c'era tanto altro da dire. Forse Zach non era così arrabbiato come voleva far credere. Forse c'era quel minimo di risentimento che l'aveva portato a fargliela pagare almeno per qualche ora - se era così doveva lavorare parecchio sulle vendette.

« Dove abiti? »

Ecco, Chris, bravo. Fatti fregare da un moccioso di otto anni.

« Al Silver Lake, conosci quella zona? Be', in realtà tra un paio di giorni dovrò andarmene per via dello sfratto, ma non dirlo a tuo padre o penso mi licenzierà prima di avermi assunto per la mia irresponsabilità »

E non era uno scherzo; aveva come l'impressione che Zachary presto o tardi avrebbe cominciato a indagare sulla sua vita, e per i suoi standard, sicuramente non sarebbe andata bene.

« Sfratto? Perché? E dove andrai a vivere? »

Chris aprì la bocca e la richiuse: stava davvero raccontando la sua vita ad un bambino? Al figlio di colui che lo odiava e morte e Dio, magari Ben lo sapeva da prima e stava indagando su di lui, e-

« Secondo i dirimpettai, faccio troppo rumore. Non lo so ancora, comunque, e non sono nemmeno sicuro che alla fine tuo padre… be’, hai capito » 'fanculo alla tua bocca sempre aperta, Christopher Whitelaw Pine.

Ben lo guardò e strinse gli occhi, come se lo stesse valutando; sì, somigliava terribilmente al padre e faceva quasi paura, tanto che Chris si ritrovò a fissare il soffitto e oh, le lampadine son bellissime anche da spente.

« Sai, papà ha detto proprio l'altro giorno che avrebbe cercato una specie di domestica, per pulire la casa, lavare e dedicarsi a tutte le altre facende, ma non credo l'abbia trovata. Ma se io gli dicessi che tu sei perfetto, sono sicuro che- »

« Aspetta, cosa? »

Ben sospirò e scosse la testa, facendolo sentire enormemente stupido: « Prima di te, si sono candidate altre dodici persone, e non le ha lasciate proferir parola. Il fatto che non trovi una babysitter non è colpa mia, ma sua » chiarì. « E ho considerato che poiché tu sei arrivato sin qui evidentemente papà ti reputa potenzialmente adatto a- »

Chris agitò le mani in aria: « Stop. Sei sicuro di avere solo otto anni? Usi parole che io ho imparato cinque anni fa. E soprattutto » aggiunse, prima che Ben potesse rispondere, « perché lo fai? Non è una specie di trappola, giusto? »

Socchiuse gli occhi pensando forse di intimidire il ragazzino, ma Ben si limitò ad alzare un sopracciglio: « Parlo come parla mio padre. E mio padre parla benissimo. E no » stavolta lo bloccò lui in procinto di dire qualcosa, « nessuna trappola. Io ho bisogno di cose che ancora non so fare da solo, e tu di una casa. Non dobbiamo per forza diventare migliori amici » chiarì, e Chris sospirò, più forte stavolta.

Devo badare ad un bambino che sembra uscito da Oxford.

« Ci sto »



« Prendimi la mano, Chris »

« Che cosa?! Davvero? »

« No. Ma se mio padre si affaccia alla finestra e vede che non mi tieni per mano, potrebbe decidere di farti il cu- »

 
« Ehi! E questo dove l'hai imparato? »

« Be', mio padre non è sempre a lavoro »





Era evidente che Zachary fosse nel bel mezzo di un conflitto interiore; da una parte c'era un problema risolto, dall'altra un'incredibile voglia di rompere qualche oggetto addosso a Chris. Forse si stava trattenendo perché aveva Ben sulle ginocchia.

« Ben, puoi scendere da Felicity per un momento? Ho bisogno di parlare solo con Chris »

Ben lanciò uno sguardo più che eloquente al padre, ma uscì senza dire una parola.

« È un bellissimo bambino » osservò Chris, vedendolo sparire dietro la porta.

Zachary sorrise: « Sì, lo è. Vorrei poter dire che è tutto merito mio, ma la verità è che Ben è così di suo. È un sollievo saperlo, nonostante non abbia... »

« Una madre? » azzardò Chris, e subito dopo si pentì perché no, non erano affari suoi e soprattutto Zachary mutò espressione in un attimo.

« Esattamente. Ma » tagliò corto, « devo dirti un paio di cose »

« Tutto orecchi » Chris fece il saluto militare e sorrise, in attesa, e Zachary scosse la testa.

« Fumi? Bevi? Assumi droghe? » elencò, e Chris aggrottò le sopracciglia: « Sei serio? »

« Spero lo sia anche tu »

E sì, Zachary era dannatamente serio. Era serio e anche piuttosto fastidioso, e Chris fu sul punto di insultarlo, ma quel lavoro gli serviva per davvero, perciò: « Bevo qualche sera con gli amici, mi capita di fumare qualche sigaretta e decisamente non mi drogo » concluse sincero, ma Zachary strinse le labbra.

« Non fumare davanti a Ben. Mai. E non fumare dentro casa. Il tuo stipendio- »

« Ci mettiamo d'accordo, ne son sicuro »

Zachary lo guardò incuriosito, poi alzò le spalle: « D'accordo, allora. Avrai una camera piuttosto grande e un bagno per conto tuo. Ovviamente potrai usufruire anche di tutti gli altri spazi in comune. Non ho intenzione di proibirti di fare nulla, purché tu sia presente per Ben. Quando c'è lui, preoccupati di lui e di lui soltanto. Puoi gestirti il tuo tempo libero come meglio credi, purché non rientri a casa ubriaco o in condizioni fisiche e mentali alterate. Ti darò una copia delle chiavi. Hai domande? »

Chris fece una smorfia: « Potrei mai? Mi sembra di essere tornato adolescente in casa di mia madre »

« È l'odore della vita, Christopher » sogghignò Zachary.

Che vita di merda.




Chris mise la lingua tra i denti, e socchiuse gli occhi per vedere meglio; poi prese la mira, e tirò.

Susan Davies emise uno strillo e si alzò di scatto dalla sedia, strillando. « Pine, sei un coglione! Laura ti prego, toglimi dai capelli quella schifezza » piagnucolò verso la migliore amica, che fece un salto indietro e si rifiutò di toccare quella che sembrava essere una pallina insalivata.

Chris ridacchiò, alzandosi di poco dalla sedia e battendo il cinque a Jake Walker, amico di scherzi, e si rivolse a Susan: « Dentro c'era scritto se volevi venire al ballo con me, comunque ».

Susan arrossì, dimentica di tutta la sua rabbia, e guardò significativamente Laura, che annuì senza celare neanche troppo l'entusiasmo.

« D'accordo » mormorò.

Chris le fece l'occhiolino e fece per aggiungere qualcos'altro, ma la porta dell'aula si aprì, ed entrarono il Preside e la professoressa.

« Davies, siediti » ordinò quest'ultima. « Il Preside è qui per darvi un annuncio »

Chris guardò Karl a fianco a lui, curioso, ma lui scosse la testa.

« Come tutti sapete, il semestre è quasi finito, e noi raramente accettiamo studenti a questo punto dell'anno scolastico. Ma Zachary è un ragazzo davvero intelligente, e nella sua vecchia scuola, era il migliore del suo corso. Perciò, spero facciate presto amicizia con lui »

Il Preside fece cenno a qualcuno di entrare, e-

« È il ragazzo che ti dicevo, no? Quello gay » sussurrò Karl concitato, e non fu il solo.

Chris sentì chiaramente i messaggi passare forti e chiari da persona a persona, da banco a banco, da bocca a bocca, sino ad arrivare alle orecchie del diretto interessato, che alzò le sopracciglia e si limitò a guardare insistentemente Chris.

« Le presentazioni le potrai fare a lezione terminata. Puoi sederti nel banco vuoto, dietro Pine e Urban » disse a Quinto la professoressa, sorridendo.

Zachary annuì e avanzò sotto gli sguardi di tutti, finché Walker non lo bloccò con una mano, e passò in rassegna dai pantaloni neri, sino alla polo rosa chiaro, e sogghignò: « Bella maglietta » commentò, spostando il braccio per farlo finalmente sedere.

Chris lo sentì distintamente sospirare, e capì che quella non era la prima, né sarebbe stata l'ultima volta.





 « Ho il lavoro »


« Cosa? »

« Ho il lavoro » ripeté Chris, leggermente affannato, cercando di mantenere il ritmo della corsa e sorridendo a una ragazza particolarmente carina.

« Vuoi dirmi che Zachary ti ha perdonato? »

Il tono di Karl era dubbioso, e Chris esitò: « Non proprio. Però lui aveva bisogno di un baby sitter tuttofare e io di un lavoro. E poi piaccio a Ben, quindi... »

« Lo sai che molto probabilmente ti renderà la vita difficile, vero? Tipo, ti farà pulire la casa, e la sporcherà subito dopo per poi fartela ripulire da capo, e- »

« Ho altra scelta? » sbuffò Chris. « Mi ha dettato un sacco di regole di comportamento, nemmeno me le ricordo tutte. Ma non devo preoccuparmi delle bollette o dell'affitto, e avrò uno spazio mio; non sono costretto a vederlo sempre, no? »

« No, certo » convenne Karl. Poi fece una pausa, e scoppiò a ridere: « Ti rendi conto che sei passato nel giro di due giorni da “uomo senza dignità” a “mogliettina con un uomo con cui convivere, delle responsabilità domestiche e un bambino”? Un bambino » sottolineò, e Chris si bloccò a un semaforo, appoggiandocisi contro.

Sì, suonava davvero come una famiglia a tutti gli effetti, ma era solo un lavoro, giusto? Non è che avesse sul serio tutte quelle responsabilità, no?

« Mi servono solo soldi » tagliò corto in tono fermo. « Appena trovo di meglio, me ne vado »



Alcuni mesi dopo



« Oggi rientrerò più tardi »

Chris alzò lo sguardo ancora assonnato dalla tazza del caffè e lo puntò su Zachary, già pronto per andare a lavoro: « Non dobbiamo aspettarti per cena? »

« Non è solo quello, in realtà » Zachary si giocherellò allentando e stringendo nervosamente la cravatta, come se stesse soffocando, e Chris arricciò le labbra.

« Sai, vorrei saper leggere nel pensiero, davvero, ma ancora non sono a quel livello » sospirò sarcastico. « Quindi, o me lo dici, o- »

Zachary alzò gli occhi al cielo: « Ben oggi dovrebbe iniziare gli allenamenti di baseball, ma non posso accompagnarlo ».

Chris alzò le spalle: « Mi sembrava che fosse il mio lavoro arrivare dove non lo fai tu »

« È fuori dal tuo orario, ma- »

« Posso portarlo comunque, tranquillo »

« Ti pagherò l'extra, ovviamente »

Chris scoppiò a ridere: « Non c'è bisogno, seriamente. Sarebbe piuttosto triste. BEN! » chiamò poi, avvicinandosi alle scale, « MUOVITI O DOVRAI ENTRARE ALLA SECONDA ORA »

« E questo non dovrà mai accadere » precisò Zachary, abbottonandosi la giacca e afferrando la valigetta.

« Certo, non sia mai » borbottò Chris, ritirando le tazze della colazione, e nel frattempo assistette ad un bello ma contemporaneamente imbarazzante momento padre-figlio in cui Ben sfuggiva dalla presa di Zachary, mormorando tutto rosso qualcosa come “non sei troppo vecchio per queste cose?”, e guardando il broncio di Zachary, Chris dovette trattenere le risate.



« Stavo pensando... da quant'è che non mangi qualcosa dal cinese? »

Ben strabuzzò gli occhi, poi sorrise tristemente: « Non ho mai mangiato cinese, Chris »

« Cosa? »

« Papà dice che fa male, e non è che io abbia tutto il tempo per mangiare di nascosto » partì sulla difensiva, Ben. « E nemmeno la disponibilità economica, a dirla tutta » aggiunse, stringendosi nelle spalle.

« Il cinese non fa male » ribatté Chris stizzito, « e stasera noi lo mangeremo, appena rientrati dagli allenamenti di baseball. Con i suoi soldi, visto che è tirchio da morire » annuì soddisfatto di se stesso.

« Tu? Credevo dovesse accompagnarmi papà » obiettò Ben, incerto.

Chris sospirò: « Deve lavorare fino a tardi. Ma almeno non li salti, no? ».

Ben annuì, ma rimase silenzioso per gran parte del tragitto verso la scuola e, stranamente, non lasciò la mano a Chris.

« Credevo che ti facesse piacere, stare con me. Okay » aggiunse, prima che Ben potesse realmente pensare la risposta, « so che non dobbiamo diventare amici, ma- »

« Non è il fatto che ci sei tu » lo interruppe Ben. « È che non c'è lui. Non c'è mai »

Chris si bloccò, incerto su cosa dire.

Zachary era molto poco presente, sicuro, ma perlomeno non era per svago o disinteressamento. Era un bravo genitore a dirla tutta, Chris doveva ammetterlo, ma riteneva normale che un bambino di nove anni senza madre e con un'unica figura di riferimento si sentisse solo.

Si inginocchiò, cercando di mettersi all'altezza di Ben, lo guardò negli occhi e gli mise le mani sulle spalle: « So che ti manca, ti capisco. Anche a me, quand'ero piccolo, mancava il mio. Mi infuriavo perché non c'era mai, e mi arrabbiavo così tanto che a volte quando rientrava mi chiudevo in camera e mi rifiutavo di uscire finché lui non fosse andato a coricarsi.

Però più avanti ho capito i che lo faceva per me, per darmi un futuro. Tutte cose che ora a te non interessano, lo so. Però sei intelligente, più di me. Quindi cerca di resistere, non durerà per sempre »

Ben annuì a testa bassa, e quando Chris gli sollevò il mento, qualcosa di bagnato gli arrivò sulla mano.

« Facciamo così; tu non piangi, e io ti porto a mangiare un gelato »

Chris sorrise furbo, e sembrò contagiare anche Ben, che però controllò l'orologio: « Non facciamo in tempo » rispose, sconsolato.

Chris finse di pensarci su: « E se, uhm, mettiamo il caso che ci sia molto traffico, che ci ha impedito di attraversare le strisce, e noi siamo attentissimi alle regole sull’attraversamento pedonale, perciò aspettiamo, aspettiamo e aspettiamo, finché molto probbailmente si farà la seconda ora? »

Ben ridacchiò, asciugandosi gli occhi con la manica: « Sì, ci sono molte macchine »

« Bravo così » approvò Chris. « Quindi » riprese, afferrandogli nuovamente la mano, « qual è il tuo ruolo in campo? »



« Battitore »

« OH! »

Chris si guardò attorno, colpito: « Giocate in un campo piuttosto grande ».

Erano arrivati con qualche minuto d'anticipo, dietro richiesta di Ben, ed ora si trovavano ai bordi di quello che sembrava un campo in piena regola, se non per le dimensioni leggermente ridotte.

Ben fece uno scatto nervoso con il braccio, mangiucchiandosi un'unghia.

« Lo hanno ristrutturato, e hanno ampliato il diamante » lo informò Ben, avvicinandosi a passo svelto al gruppo di persone già presenti. « Non ho mai giocato in un campo del genere, ed oggi ci sono le selezioni, per poter continuare giocare seriamente »

Chris lo osservò, e sorrise involontariamente; sembrava così ovvio che ci tenesse, e cominciò a capire perché la presenza di Zachary fosse così importante.

« Andrai alla grande. Tuo padre ha detto che sei forte »

Ben emise un suono incredulo: « Mio padre avrebbe dovuto portarmi ad allenarmi altrove, nel frattempo. Billy McDonald, che oggi mi soffierà praticamente il posto, è andato tutti i giorni, una volta persino allo Yankee. Dicono che il padre conosca Hank Aaron »

Chris fece per dire qualcosa -qualunque cosa-, ma a quel punto erano arrivati al centro del campo, dove l'allenatore era impegnato a parlare con qualcuno. Ben cercò di non dare troppo nell'occhio, ma qualcuno gridò.

« È arrivato Benjamin! »

Ben diventò tutto rosso, e strinse un lembo della maglietta di Chris, che guardò con disappunto l'avvicinarsi di un ragazzino biondo e dall’aria parecchio arrogante.

« Scommetto che so come ti chiami » sbottò, circondando le spalle di Ben con un braccio.

Quello che evidentemente era Billy McDonald fece un sorrisino ed ignorò del tutto Chris, rivolgendosi invece a Ben: « Carino il nuovo amico di tuo padre ».

Chris socchiuse la bocca, allibito, ma Billy si allontanò e urtò l'allenatore, che alzando lo sguardo notò lui e Ben.

« Ben! » esclamò, felice, annullando la poca distanza e scompigliandogli i capelli. « E tu devi essere Chris. Zachary mi ha detto che saresti venuto tu ad assistere ai prodigi di questo ragazzo. Io sono Scott Fisher »

Chris gli strinse la mano: « Mi ha detto Ben che oggi la partita è dura ».

Scott annuì gravemente: « Lo è. A causa delle ristrutturazioni siamo in enorme ritardo, perciò per un verso lo è di più. Spero tu sia in forma, Ben. Perché detto tra noi, preferisco vedere la tua di faccia, per i prossimi mesi, che non quella di… sì be', ci siamo capiti » concluse, scoccando un'occhiata contrariata a Billy e ai suoi genitori che lo stavano incitando per qualcosa.

« Bene. RAGAZZI » gridò, « AGLI SPOGLIATOI SE NON SIETE ANCORA PRONTI, E TRA CINQUE MINUTI VI VOGLIO QUI »

Ci fu un mormorio confuso, e gli spettatori furono invitati a lasciare il campo ed avviarsi verso gli spalti.

Chris guardò Ben e gli scoccò un pugnetto sulla spalla: « Spacca tutto, campione ».



Ben sembrava aver preso alla lettera ciò che Chris gli aveva detto; era evidente che avesse un gran talento naturale, era veloce e scattante, e nel giro di un'ora aveva fatto circa sei o sette magnifici fuoricampo.

Chris notò anche -con disappunto- che Billy era altrettanto bravo. « Maledetti ragazzini » grugnì, « crescono dannatamente bene ».

Tuttavia, seguire le selezioni non era minimamente emozionante, e Chris cominciò a sentire l'attenzione calare, specialmente ora che Ben non stava battendo.

Grazie al cielo, il cellulare cominciò a squillare, e sullo schermo apparve il nome Karl.

« Cavolo, meno male » sospirò Chris rispondendo, allontanandosi leggermente dal resto degli spettatori. « Credo di non reggere un minuto di più di questa roba »

« Perché dove sei? Ad una conferenza su come il cibo vegano sia migliore di tutto il resto? O Zachary ti ha messo in punizione? »

« Spiritoso » borbottò Chris, « ma no. Ho accompagnato Ben agli allenamenti di baseball. Bellissimo sport e lui è un portento, innegabile, ma queste son le selezioni e siamo qua da più di un'ora »

« Ma non sei fuori orario? »

« Doveva accompagnarlo Zachary, ma ha detto che avrebbe fatto tardi a lavoro e ho deciso di portarlo io »

« Chris… »

« Che cosa? » sbottò lui sulla difensiva. « Se avessi visto la sua faccia, capiresti perché- »

« D'accordo, d'accordo » lo interruppe Karl, « blocca la modalità prima donna con me, grazie. Volevo solo chiederti se volevi venire a bere qualcosa. Tipo un’acqua minerale, se non è troppo forte » ridacchiò. « Ma possiamo fare anche domani »

Chris strinse le labbra in una smorfia: « Ecco bravo, facciamo domani. E sappi che ti sto chiudendo il telefono in faccia »

Karl rispose qualcosa, ma Chris non la sentì, le parole sovrastate da qualche grido.

Si voltò immediatamente, sentendo un’ingiustificata strizza allo stomaco, e notò un gruppetto di ragazzini in cerchio, e la prima cosa che pensò fu-

« Ben. Devo andare, Karl, ci sentiamo domani »

Stavolta chiuse il cellulare per davvero, correndo verso il campo. « Cosa- » cominciò a chiedere.

« Signore » fece un uomo, ansioso, « credo sia suo figlio… »

Chris sorpassò velocemente la rete, avanzando quasi ciecamente verso il gruppo in campo e sentendo l'arbitro gridare qualcosa, poi li vide: quelli che dovevano essere Ben e Billy -a giudicare dai capelli biondi di uno e dal fatto che mancassero all'appello-, erano aggrovigliati uno con l'altro, mentre si tiravano pugni a caso -e non-.

Ben riuscì a mettersi cavalcioni sull'altro ragazzo, caricando un pugno che ebbe tutta l'aria di essere molto doloroso, ovunque fosse arrivato.

« Ben! » Chris gli bloccò le mani e lo trascinò all'indietro, separandolo finalmente dal compagno di gioco. « Mi spieghi che ti salta in mente? »

A Ben sembrò non importare molto; esibiva un livido nello zigomo e il labbro spaccato, ma scoccò uno sguardo misto di rabbia e soddisfazione al volto dell'altro, ridotto molto peggio, e Chris giurò di aver visto un leggero morso sul collo.

« Gli allenamenti sono finiti » annunciò seccamente Scott. I genitori di Billy accorsero immediatamente, prendendo il loro figlio in braccio e lanciando a Chris un'occhiata malevola.

« Cos'è successo? » sibilò Chris, e Scott sospirò: « Credo abbia iniziato Billy, almeno a parole. Non stavano nemmeno giocando, ma ho visto Billy avvicinarsi e dirgli qualcosa all'orecchio, e Ben ha sferrato il primo pugno ».

Lanciarono un'occhiata verso Ben, che si  era diretto dritto agli spogliatoi per cambiarsi.

« Non dire nulla a Zachary » si sentì dire Chris, e fu quasi una supplica. « Ha abbastanza problemi per conto suo, e Ben non è violento. È stato provocato »

Scott annuì, passandosi una mano tra i capelli. « Certo. Ma non deve più accadere, lo sai? Ben è bravissimo, ma se la cosa si ripetesse sarei costretto a espellerlo. E non voglio, faglielo capire. Deve imparare a ignorare certe cose. Se andrà avanti e diventerà più conosciuto, sentirà un sacco di cose negative su di lui, ma non può picchiare chiunque. Anche se, devo ammetterlo, tira dei ganci da paura » aggiunse sorridendo, e Chris lo imitò, stringendogli la mano e congedandosi.



Il viaggio di ritorno fu piuttosto silenzioso, almeno sinché Chris non decise di prendere parola.

« Ho parlato con Scott. Ha detto che te la lascerà passare, ma non deve più succedere »

Non ottenne risposta, perciò si arrischiò ad allontanare lo sguardo dalla strada e volgerlo sul bambino.

Ben stava guardando la strada, le mani strette attorno alla cintura allacciata, e le guance rosse dalla rabbia e dalla vergogna, e sembrava essere così tanto deluso che Chris lasciò perdere qualunque ramanzina aveva in mente e frenò, parcheggiando nel primo spazio disponibile e prendendogli il mento tra due dita: « Ascolta un po'; io non sono qui per insegnarti la lezione o cose simili. Non sono tuo padre, non spetta a me. Però sono qui per badare a te, e ho delle responsabilità verso te. Ma sei maledettamente intelligente, e so che non avresti rischiato il posto a cui tieni così tanto per nulla, giusto? Quindi: cosa ti ha fatto quel ragazzino? »

Ben deglutì, serrando la mascella: « Ha insultato papà ».

Chris emise uno sbuffo incredulo. « Avrei dovuto immaginarlo. Cos'ha detto? Puoi fidarti di me » aggiunse, nel vederlo incerto.

« Ha… ha detto che papà è… è… »

« Gay? » lo aiutò Chris, e Ben annuì piano.

Chris inclinò la testa: « E tu lo ritieni un insulto? ».

Non era una domanda accusatoria, quanto pratica nella sua forma, ma Ben sembrò sentirsi frainteso, perché scosse la testa e allargò gli occhi sorpreso. « No, no! È il suo tono che lo ha fatto diventare un insulto, e io… io lo sapevo » tirò su con il naso, e Chris capì che per la seconda volta nel giro di qualche ora stava per piangere, ma decise di non fermarlo.

« Lo sapevi? Lo hai visto? »

« No, ma vedo come guarda alcuni uomini, e… non m'importa » sussurrò, e si capiva che era sincero. « Voglio bene a papà, ma non mi ha mai detto dov'è mamma, e a questo punto mi chiedo se… se mi abbiano mai voluto, o se sono soltanto un peso per lui. E cosa posso aver fatto per diventarlo per lei »

Chris non capì di averlo tra le braccia sinché non lo sentì singhiozzare contro il suo petto.

Si è portato dietro tutto questo per così tanto tempo, pensò, ma non riuscì a stupirsene più di tanto; Ben era il bambino più maturo e adulto che conoscesse, forse troppo. E non riuscì a non prendersela con Zachary, per avergli dato così tante responsabilità, per averlo tirato su con la pretesa che suo figlio arrivasse dove non arrivava lui, che ricucisse i buchi che lui inesorabilmente si lasciava dietro.

« Tuo padre è fiero di te » mormorò, accarezzandogli i capelli. « Me lo ha detto sin dalla prima volta che ti ho visto »

Forse Ben voleva rispondere, ma il cellulare di Chris, collegato alla macchina, squillò così forte da farli sobbalzare, e Chris scrollò le spalle: « È Zach. Ehi, Zach » aggiunse in tono più amichevole, riprendendo a guidare.

« Ehi. Come va? »

« Alla grande, stiamo tornando a casa »

« Così presto? È successo qualcosa? » il tono di Zachary si fece sospettoso, e Chris guardò Ben, che scosse la testa silenziosamente.

« Nulla di che » rispose, cercando di assumere il tono più noncurante possibile, « ma c'erano le selezioni e abbiamo fatto prima »

« Oh. Ben è lì con te? »

Chris esitò, poi schioccò le labbra in dissenso: « Si è addormentato, probabilmente era stanco » mentì.

« Lo hanno preso? »

Chris impallidì: e ora?


Fece un cenno a Ben, che mimò un “lo saprò ai prossimi allenamenti”. Chris ripeté immediatamente, e a Zachary sembrò bastare.


« Quando si sveglia, dagli un bacio da parte mia. Io rientrerò anche più tardi del previsto e non voglio disturbarlo, ha il sonno leggero. E mi raccomando, fallo mangiare come si deve e mettilo a letto entro le dieci al massimo. E niente TV! Non voglio che- cos'è questo rumore? »

Chris emise un grugnito, togliendo una mano dal volante e mettendola davanti alla bocca, dato che aveva passato tutto il tempo delle raccomandazioni a fare boccacce e smorfie, e Ben stava collassando cercando di non emettere suono.

« C'è la ricezione bassa, o qualche interferenza » buttò lì, « ci vediamo domani, buon lavoro » e chiuse la chiamata, per poi riempire l'abitacolo di risate e singhiozzi.



« Di che Team sei? Rogers o Stark? »

« Stark, ovvio! »

« "Ovvio"? » Ben afferrò un cuscino e glielo lanciò in faccia, indignato e divertito.

« Ouch! E questo per che cos'era? »

« Per quello che hai detto. Non puoi preferire Tony Stark. È un totale idiota »

Chris lo guardò incredulo, come se avesse detto la più terribile delle bestemmie: « È uno scienziato » sillabò piano, cercando di fargli capire il punto.

Ben continuò a mangiare tranquillo la sua mela fritta, e alzò le spalle: « Non ti ho detto che è stupido, o ignorante. Ho detto che è idiota » precisò, e Chris roteò gli occhi.

« Fa lo stesso » sbottò, addentando una nuvola di drago.

« Non "fa lo stesso" » lo scimmiottò Ben. « Steve combatte per la sua patria, invece Tony cosa fa? Più danni che altro, ed è già molto se poi riesce a sistemarli, mettendo nei guai un sacco di persone. In più non fa che vantarsi dei suoi soldi e delle sue donne, quando in realtà è solo e anche un po' triste »

« Sai che sei terribile, vero? » commentò Chris, il boccone a mezz'aria. « La nostra amicizia potrebbe finire, per questo » lo minacciò, facendogli il solletico.

Ben trascinandosi lontano da lui, ridacchiando piano, ma la risata si affievolì in fretta e Ben lo guardò titubante: « È questo che siamo, Chris? Amici? ».

Chris esitò, incerto sul tono assunto da Ben. « No, se non lo vuoi tu. Voglio dire, ho fatto il babysitter ad altri bambini, ma tu li superi decisamente tutti. E avrei voluto un fratello, sai? Più piccolo o più grande non importa, perché ho una sorella maggiore ma è una gran rompiscatole » sorrise, pensando a Katie.

« Per me va bene » rispose Ben, e per un attimo Chris si perse. « Essere amici » chiarì l'altro. « Non è che io ne abbia tantissimi. La sera preferisco stare a casa con papà, anche se di questi tempi... »

Ben lasciò cadere il discorso e finì distrattamente la sua lattina di Coca Cola. Chris non insisté e invece si lasciò andare ad uno lungo sbadiglio, osservando i titoli di coda scorrere lentamente.

« Che ore sono? »


« Le undici e mezza »

« COSA? Tuo padre potrebbe tornare da un mo- » si bloccò immediatamente, sentendo scattare la serratura al piano di sotto.

Merda!, scandì silenziosamente, togliendo velocemente il DVD e spegnendo il televisore.

Prese i resti del cibo e li ficcò sotto il letto, facendo cenno a Ben di infilarsi sotto le coperte; grazie al cielo aveva già il pigiama.

Quando sembrò tutto in ordine, sentì i passi di Zachary sui primi gradini, e si accorse di essere troppo in ritardo per andarsene in camera sua o perlomeno chiudere la porta per non farsi vedere.

Cercò disperatamente di pensare ad una soluzione, poi fece la prima cosa che gli passò per la testa: spense la lampadina e si buttò sul letto, accanto a Ben.

« Chris, non mi sono lavato i denti! » sussurrò lui.

« Spera che tuo padre non cambi idea sul darti il bacio della buonanotte » borbottò quello di rimando. Lo circondò con le braccia: « Zitto, sta arrivando ».

Zachary arrivò finalmente in cima alle scale e si soffermò qualche secondo davanti alla camera del figlio, poi si diresse verso la propria.

Chris aspettò di sentire la porta chiudersi e fece per alzarsi, ma Ben non mollava la presa sulle sue mani.

« Ben » mormorò, « è andato a dormire, puoi lasciarmi andare »

Non ottenendo risposta, si girò per guardarlo, e lo vide addormentato. Provò a scostarsi lentamente, ottenendo solo un lamento e una stretta più salda.

Oh, merda.




Chris emise uno sbuffo -il trentaduesimo da tre quarti d'ora a quella a parte-, beccandosi una gomitata da Karl, che lo guardò scocciato.

Il fatto era che si trovava nel bel mezzo di un test, praticamente il più importante del semestre, e non aveva studiato un granché. Tutta colpa di Susan Davis, che mentre lui cercava seriamente di ripetere l'argomento, gli aveva fatto il miglior servizio che un ragazzo potesse mai desiderare da una boccuccia così piccola.

Sorrise come un idiota, dimenticandosi della verifica, almeno fino a che la professoressa si schiarì la gola e lo squadrò minacciosa.

Si riscosse velocemente e osservò il foglio, scandendo la domanda con le labbra e-

« Quale cazzo è la risposta alla decima domanda? » chiese indignato a Karl. « Questa non c'era nel libro! »

Karl lo guardò incredulo: « Perché, vuoi dirmi che l'hai aperto? ».

Chris fece un sorriso sarcastico e alzò il dito medio, poggiando la testa sopra il banco, sconfitto.

« Quinto, hai una matita? »

« No, mi dispiace, ne ho una sola »

Chris sentì una spiacevole stretta allo stomaco: Jake Walker non era suo amico. Chris lo conosceva bene, certo, andavano alle feste insieme, ad ubriacarsi, fare casino e cercare le pollastre da portare a letto, ma solo perché Karl non era tipo da quelle cose.

In effetti, Karl era suo amico proprio perché quelle cose non le faceva. Chris aveva bisogno di qualcuno di reale, accanto, che lo stabilizzasse ed ogni tanto lo mettesse in riga.

Karl non veniva scocciato, ma solo perché Chris teneva a lui, e Jake teneva a Chris.

Quindi, se Jake chiedeva a qualcuno la matita, quel qualcuno solitamente non rifiutava, a meno che non fosse nella cerchia stretta di Jake.

E Zachary Quinto non era nella sua cerchia stretta.

« Ma a me la matita serve » insisté Jake, e il tono non sembrò più tanto casuale.

« Ci potevi pensare prima di uscire da casa, non credi? »

Chris guardò di sottecchi e vide la mascella di Jake serrarsi, perciò gli porse la sua.

« Puoi tenerla, se ti pare » borbottò, ma Jake scosse la testa.

« Io voglio la sua » insisté, e Chris alzò gli occhi al cielo: « Dagliela, veloce » sbottò verso Zachary, che lo guardò tra l'indignato e l'offeso.

« Ti ho detto che non ne ho altre! Come dovrei scrivere io?! »

Chris sbuffò, strappandogli la matita e mettendogli la sua tra le dita, poi lanciò quella di Zachary a Jake: « Vi serve altro? » grugnì, ma Jake non sembrava per nulla soddisfatto.

Continuò a guardare in cagnesco Zachary per dieci minuti buoni, poi l'urgenza della verifica sembrò riscuoterlo, e lasciò perdere. Chris chiuse gli occhi, sollevato.

« È la B »


La voce di Zachary arrivò dritta al suo orecchio, e per qualche motivo, Chris rabbrividì.

Poi segnò la risposta, e sorrise.




Oh, insomma! Bussa, oppure smetti di startene qui immobile come un totale idiota.

Per l'ennesima volta, Chris fece per bussare, ma poi portò il braccio indietro, indeciso.

Si era svegliato stranamente presto, quella mattina, e non più aggrovigliato a Ben. Essendo domenica e quindi lui libero di qualsiasi impegno, si era lavato velocemente ed era uscito per una corsa, lasciando un biglietto sul tavolo.

Al ritorno era entrato in un bar per prendere un caffè ma distrattamente ne aveva ordinati due, e ritirare l'ordine subito dopo gli sembrava troppo stupido.

Perciò, ora si ritrovava a esitare davanti alla camera di Zachary con i due caffé in mano, consapevole che era quello che voleva fare dal primo giorno in cui aveva messo piede in quella casa.

Perché Zach gli aveva salvato il culo, e non lo meritava.

Ma dall'altro lato, c'era sempre uno Zachary sfuggente e con chiaramente poca voglia di intavolare una discussione a proposito di quello che era accaduto ormai tanti anni prima. Chris non aveva insistito, perché l'altro rientrava sempre tardi da lavoro e poi lavorava anche a casa, e Ben lo vedeva così poco che gli sembrava egoista pretendere tempo per sé.

O forse la sua era solo codardia.

« Cosa fai lì impalato? »

Chris trasalì e per poco non si fece sfuggire i bicchieri dalla mano; Zachary era dietro di lui, in maglietta e calzoncini, appena rientrato da quella che era stata una corsa dura, a giudicare dalla quantità di sudore che gli incollava la maglietta al petto.

Perse per qualche secondo il filo del discorso, balbettando qualcosa di totalmente insensato, poi si riprese, e sorrise incoraggiante, mostrando i bicchieri: « Caffè? ».



Se Chris aveva creduto che bere qualcosa insieme li avrebbe portati a parlare come se niente fosse, si era sbagliato di grosso.

Si sentiva rincuorato, perlomeno, dal fatto che Zachary avesse accettato il bicchiere offertogli e non gliel'avesse lanciato in faccia, e avesse mormorato un ringraziamento, ma sembrava che quello fosse il massimo risultato a cui Chris potesse mirare.

Chris continuò a bere il suo caffè ormai freddo, e osservò Zachary: era seduto composto sulla sedia, le labbra strette e lo sguardo perso, segno che evidentemente era sovrappensiero.

« Come va il lavoro? »

Zachary alzò lo sguardo, sorpreso, ma poi cambiò espressione ed emise uno sbuffo, poggiando i gomiti sul tavolo e afferrandosi la testa tra le mani: « Bene. Fin troppo » aggiunse, sollevando le sopracciglia e fissando improvvisamente una bruciatura sul legno.

Chris esitò: « Forse... forse potresti prenderti una pausa ».

Forse potresti farti i cazzi tuoi, Chris, fu la prima cosa che pensò rimproverandosi mentalmente, ma Zachary non lo guardò infastidito; al contrario, sembrava incredulo: « Pausa? Dio, no. Come potrei? Ben ha bisogno di un sacco di cose »

Ben ha bisogno di te, fece per dire Chris, ma si morse la lingua e restò in silenzio, giocherellando con un anello che aveva al dito.

Quella non era la sua famiglia, non aveva diritto di giudicare nessuno. Si chiese solamente se, con il poco tempo che aveva a disposizione, Zachary avesse imparato a capire per davvero suo figlio.

« Cos'hai combinato? »

Zachary riprese a parlare così improvvisamente che Chris balzò sulla sedia, sentendo le guance ardere nonostante la temperatura non troppo elevata.

« Cosa- »

« Il caffè » il moro  indicò con il mento i bicchieri ormai vuoti. « Due settimane fa hai preparato una cena da dieci portate. E avevi macchiato il tappeto persiano »

Il ragazzo gemette, ancora dolorante di quello spiacevole ricordo. « Non l'ho fatto apposta, ma la varecchina- »

« Chris. Cos’hai combinato? »

Lo sguardo di Zachary era irremovibile, e Chris sentì lo stomaco contrarsi, agitato.

« Più di una cosa. Dodici anni fa. E mi dispiace »

Calò il silenzio, e Chris non osò sollevare lo sguardo per la vergogna. Il ricordo bruciante di come si era comportato continuava a martellargli in testa, senza lasciarlo in pace. Deglutì rumorosamente, e Zachary cominciò a parlare.

« Ti ho odiato. Odiavo tutti in quella scuola, ma tu di più, perché a differenza che negli altri, in te avevo fiducia »

Se gli avessero dato un pugno in faccia, non avrebbe fatto così male. Chris sentì l'aria mancargli dai polmoni, ed il senso di colpa si fece strada in ogni fibra del suo corpo.

« I-io n-non... ti giuro- » balbettò, incapace di dire qualcosa di sensato, ma Zachary scosse la testa, e fece una smorfia simile ad un sorriso.

« Non importa. Non più. Quel che è andato è andato, nessuno lo può riportare indietro. Se mi ha ferito? Sì, lo ha fatto. Ma, come hai detto tu, eravamo soltanto dei ragazzini. E certe cose non riesci a capirle, se non ci sei dentro »

Il tono di Zachary era serio ma sereno, e Chris sentì un fiotto di sollievo scorrergli in petto.

« Non credo di aver mai perdonato Walker, però » aggiunse, alzandosi dalla sedia. « Non ho mai dimenticato la sua faccia. Vi ricordavo entrambi, ma in modo diverso. E sai, quando sei entrato da quella porta, mi rammentavi qualcosa »

« Sì, ci credo » mugugnò Chris, affranto, ma Zachary arricciò le labbra, e stavolta fu un vero sorriso.

« Mi ricordavi qualcosa di bello ».



« … e mi hanno chiamato per quel progetto, ma è seriamente sottopagato, perciò credo che- ma mi stai ascoltando? »

« Uhm? »

Chris strizzò gli occhi, rizzandosi sulla sedia. « Sì, certo! Sottopagato e… uh » borbottò, senza la più pallida idea di cosa dire.

Karl scosse la testa, versandosi un altro bicchiere di vino: « Se non volevi venire potevi dirlo, Chris. Siamo abbastanza amici da poter essere sincero sul voler poltrire a casa »

« Non è quello. Mi sei mancato, in realtà. È che sono un po' stanco e sovrappensiero »

Effettivamente, aveva accettato l'invito di Karl ma preferendo restare a casa, e non in giro per qualche locale. Non era dell'umore adatto per i posti affollati e rumorosi.

« Ho notato. Qualche problema con il… lavoro? » chiese Karl cauto.

Chris gli raccontò gli ultimi avvenimenti, senza tralasciare l'allenamento di baseball e l'incidente, la discussione con Ben e poi con Zachary, e il fatto che a Ben sembrava mancare tanto il genitore.

Si interruppe solamente quando per caso, alzando lo sguardo, vide il migliore amico sorridere apertamente mentre lo guardava.

« Cosa? » fece, abbassando gli occhi e toccandosi il viso per essere sicuro di non avere nulla.

« Nulla » gesticolò in diniego l'altro, alzandosi per portare gli avanzi del cibo in cucina, e Chris lo rincorse: « Eh no, ora me lo dici! » esclamò.

Karl si tenne indaffarato per qualche secondo con il lavandino, poi si voltò e si poggiò al ripiano, e sembrava non aver ancora perso quell'aria da “io ne so di più”.

« Nulla, Chris. Mi sembri solo molto… felice e coinvolto, ecco tutto. Non so dire quale delle due di più »

Chris arrivò presto all'allusione, e per qualche motivo sconosciuto, arrossì.

« Assolutamente no! È solo un bambino e ha bisogno di un po' di compagnia, e io ci lavoro lì. Mi spieghi come potrei evitare il coinvolgimento? »

« Infatti non parlavo di Ben » rispose Karl, sospirando.

Chris lo guardò perplesso: « E allora di chi parlavi? »

« Cristo. Lascia perdere, Chris »

Alzò il bicchiere e si scolò il resto del vino in un sorso.



« C'è Susan che ti fissa »

« Eh? »

Chris cercò di riscuotersi dal classico torpore che le lezioni di matematica gli causavano, concentrandosi invece sulla linea visiva di Karl, che terminava su una Susan Davies che sembrava lanciare lampi dagli occhi.

Chris sentì un leggero sussulto allo stomaco, al ricordo della sua mano sulla propria faccia il giorno precedente. Voltò velocemente gli occhi, appoggiando la testa sul banco.

« Esattamente cosa le hai fatto? »

Karl aveva lo sguardo da genitore infuriato, di nuovo. « Non guardare me! » sibilò Chris, sulla difensiva. « Ieri sera stava andando tutto alla grande, finché non mi ha chiesto di incontrare i genitori. I genitori, Karl; ti sembra possibile? »

« Che qualcuno voglia qualcosa di serio con te? No, in effetti » commentò Karl, espirando rumorosamente e rivolgendo l’attenzione alla lezione.

Proprio in quel momento, la professoressa prese parola: « Volevo informarmi che da oggi stesso partirà un progetto di matematica non opzionale che influirà per il 25% sul voto finale. Dato il numero pari degli studenti di questa classe, verrà svolto in coppie. L'idea è abbinare uno studente particolarmente bravo con uno più mediocre, con la speranza che siate bravi ad esporre ed apprendere a e da qualcuno senza l'esperienza di un insegnante. Le coppie le ho già stabilite, e da oggi per tutta la durata del progetto gradirei che divideste il banco con il partner »

Chris gemette, agitato, infastidito e sollevato allo stesso tempo; agitato perché in matematica era una schiappa, e ciò significava che sarebbe stato messo con qualche secchione che automaticamente non era Karl, il che lo infastidiva, ma sollevato perché sicuramente non sarebbe capitato con Jake.

« A partire da te, Pine, che slitti con Quinto »

Chris si voltò, in tempo per vedere Jake che ridacchiava in modo irritante. Decise di ignorarlo, rivolgendosi a Zachary: « È okay? ».

Zachary tolse lo sguardo dalla compagna di banco che stava andando via in attesa della sua postazione, e lo rivolse a Chris da dietro gli occhiali, perplesso. Si limitò a fargli un cenno con la testa verso il posto ormai vuoto.

Chris raccolse silenziosamente le proprie cose e si sedette, a disagio, lanciando di tanto in tanto qualche occhiata al nuovo compagno che sembrava però troppo assorto dalla lezione.

Stava mordicchiando la punta di una matita, osservò, tutto concentrato ed evidentemente in ansia.

E se lo sei tu, immaginati io, pensò Chris, disperato, ma non riuscì ugualmente a smettere di sorridere.

Zachary si girò di scatto, la matita ora sospesa a mezz'aria: « Che c'è? » chiese incerto, ma Chris si morse il labbro e non rispose. Invece gli disse: « È tutto pronto, professore? ».



Chris aprì gli occhi parecchio di malumore quel giorno, senza capire bene perché. Fino a che non sentì l'ennesimo trillo del cellulare, e capì di essere stato svegliato da quello.

« Fanculo Katie, sono le appena le sette! » sbottò, non appena rispose.

« E quando tu mi hai svegliata alle tre cosa avrei dovuto dire? »

Punto per lei, ovvio.

« Sì, be', comunque. Cosa vuoi? » borbottò, sfregandosi il viso.

« Chiederti cos'hai deciso di fare per domani, ingrato »

Chris aggrottò le sopracciglia, confuso. Cosa c'era l'indomani? Cosa- « Merda! » esclamò, ributtandosi a letto. « Dovevo chiamare mamma per il Ringraziamento »

« Esatto, testa di cazzo »

« Tu ci sei? » chiese, ignorando l'insulto.

« Potrei non esserci? Mamma si aspetta tutti e due, ma se ci sono almeno io, sarà meno delusa dalla tua assenza »

Chris guardò il cellulare con odio, come se l'avesse ferito personalmente. « Chi ti ha detto che non ci sarò? »

« Lo dico io, perché ti conosco e sei buono ma anche coglione. E quasi sicuramente non verrai o ti troverai una scusa per andartene dopo due ore »

Effettivamente finiva sempre così; non è che non apprezzasse le riunioni di famiglia, ma se se n'era andato un motivo c'era.

Ma se sua madre Gwynne lasciava correre su alcune cene occasionali senza significato, il Ringraziamento e il Natale erano per lei sacri, e solitamente riusciva a trovare una minaccia abbastanza valida per far sì che Chris ci andasse e rimanesse almeno quattro o cinque ore, a seconda della sua voglia di coccolare il suo figlio minore -sotto gli sguardi divertiti di quell'idiota di sua sorella, ovviamente-.

Alla fine, Chris si inventava qualche impegno che era quasi sempre un appuntamento dal dentista, o la macchina da portare dal meccanico, e riusciva più o meno a svignarsela ogni volta, raggiungendo Karl e qualche suo altro conoscente in unlocale per ubriacarsi fino a svenire o vomitare -o tutti e due-.

Ma pensandoci bene, quest'anno Chris teneva a fare baldoria almeno quanto teneva a quelle famose rimpatriate, perciò-

« Non ho di meglio da fare. Se proprio devo annoiarmi, vengo a farlo lì da voi » concluse.

Udì uno squittio eccitato dall’altro capo: « Davvero? E dici di sì così, senza nemmeno farti pregare? Chris, stai male? »

Il fratello alzò gli occhi al cielo: « No, Katie, sto bene. Ma il Ringraziamento mi spetta come giorno libero, e quindi- »

« A proposito: come va il lavoro? »

« Bene. Davvero bene »

« Non è che ti stai facendo anche la mamma del bambino, vero? »


« Katie! » si lamentò Chris, ma non poté fare a meno di ridacchiare come un idiota. « Non c'è nessuna mamma. C'è solo un papà, piuttosto scontroso, anche »

« Con te non si può fare a meno di essere scontrosi, Chris. Comunque, potrai ringraziarmi domani, basta che- ah!, c'è un paziente. Devo andare, buona giornata »

« A te » rispose Chris, ma la chiamata era già chiusa.

Rimase a fissare il cellulare per qualche secondo, sbuffando divertito; erano settimane che non riusciva a fare una conversazione con sua sorella che potesse definirsi tale, perché Katie diceva di dividere la sua vita tra lavoro e famiglia, ma la verità era che finiva per dedicare tutto il suo tempo al lavoro.

Quando Katie aveva intrapreso gli studi per diventare psicologa, Chris non ci aveva badato più di tanto, quasi sicuro che alla fine avrebbe finito per fare un altro mestiere.

Solo che alla fine si era laureata con il massimo dei voti, e nel giro di qualche anno era riuscita ad aprirsi un suo studio e sembrava essere davvero felice. Chris aveva scherzato sul fatto che tutti gli psicologi col tempo diventassero pazzi e depressi, ma era stata una sua grande paura; che lo volesse ammettere o no, Katie era una delle persone più importanti della sua vita, e l'idea che soffrisse o si facesse del male in qualunque modo lo portava all'ansia più totale.

Ma negli ultimi anni sua sorella sembrava aver trovato un equilibrio nonostante tutto, e a Chris sembrava solamente più stronza. Quindi, poco male.

Continuò a girovagare con lo sguardo per un po', fino a che un rumore leggero alla porta lo distrasse.

Zachary, pensò all'istante, ma quando andò ad aprire dovette abbassare lo sguardo, trovandosi un Ben felice e pimpante che lo abbracciò senza lasciargli il tempo di dire nulla.

Chris si curvò e ricambiò silenziosamente, piacevolmente confuso: sapeva che Ben si era affezionato a lui, ma a parte il giorno del litigio con il compagno di allenamenti, non si era mai lasciato andare ai sentimentalismi. « A cosa è dovuto tutto questo affetto? »

« Scendiamo. Papà ha preparato la colazione per tutti. E ha detto che ci porta fuori a pranzo » spiegò Ben, affondando nel fianco dell'altro.

« Fuori a pranzo? Zachary? Okay, cosa mi son perso? »

L'altro non rispose, fiondandosi giù per le scale, e Chris si limitò a seguirlo con una scrollata di spalle.

Quando arrivò in un cucina strabuzzò gli occhi: il tavolo era coperto da una tovaglia azzurra che Chris non aveva mai visto prima, e sopra c'erano diverse tazze, tazzine e scodelle, più varie caraffe contenenti caffè, succhi e qualche dolce. Dandogli le spalle, Zachary - in pigiama e pantofole - stava aspettando che il tostapane finisse il suo lavoro con le ultime fette.

« Wow, cos'è successo qui? » sbuffò sorpreso. « E perché non mi hai svegliato? La colazione la preparo io, di solito »

Zachary sorrise: « Lo so. Ma oggi è domenica, ieri mi hanno dato un aumento di stipendio e sono di buonumore » concluse, addentando un croissant.

« Buonumore? Zachary, hai il pigiama » sottolineò Chris. « E l'aumento di stipendio credo tu l'abbia speso tutto in roba da mangiare » aggiunse, ma Zachary lo spinse sulla sedia.

« Che ti è successo? Credevo fossi tutto feste e “chi se ne frega dei soldi” » osservò, spingendosi un piatto di pancake sotto il naso.

Chris afferrò silenziosamente lo sciroppo d'acero, bofonchiando qualcosa di incomprensibile. Effettivamente adattarsi a quella vita era stato complicato, ma non del tutto spiacevole; avendo meno tempo libero a disposizione, Chris aveva riscoperto posti come le biblioteche o i parchi, e la sua voglia di fare baldoria era leggermente scemata, preferendo piuttosto il divano e un film. Ma il tutto non aveva nulla a che fare con loro, assolutamente.

« E infatti lo sono » rispose, indispettito.

« E mi va bene, finché lo sei fuori da questa cerchia » rispose Zachary, roteando l'indice tra sé e il figlio, che in quel momento sembrava troppo impegnato ad ingurgitare più roba possibile.

« Be', almeno non va sprecato nulla » commentò Chris, soffocando una risata nel succo d'ananas.



Un paio di urla dopo, riuscirono finalmente a mettersi in macchina, ma sfortunatamente non d'accordo sulla musica.

« I QUEEN? STAI SCHERZANDO, VERO? » gridò Zachary, cercando di sovrastare Freddie Mercury.

« Ma perché urli? » sillabò Chris, abbassando il volume.

« Controlla nel cruscotto » lo ordinò Zachary ignorandolo, « credo ci siano altri dischi ».

Chris alzò gli occhi al cielo, sganciando momentaneamente la cintura per avere più spazio, e prendendo in mano qualche CD: « Beethoven? Mozart? Qui non c'è nulla, Zachary »

« No, no, è proprio quella. Inserisci il disco di Beethoven »

Chris scoppiò a ridere: « Certo, come no. Andiamo, posso rimettere- » si bloccò, guardando l'espressione di Zachary. « Aspetta, sei serio? Oh Dio, sei serio! » gemette, battendo la testa sul suddetto cruscotto.

« È musica classica » fece Zachary, scandendo le sillabe come per spiegarlo ad un bambino.

« È musica di mer- ouch! Grazie mille per avermi dato silenziosamente ragione » borbottò Chris, massaggiandosi la coscia. « E non rispondere, so che è così » aggiunse, ghignando mentalmente.

Zachary aprì la bocca per dire qualcosa, ma poi probabilmente ci ripensò e la richiuse. Chris immaginò fosse perché Ben era presente.

« Non abbiamo deciso dove andare, comunque » notò il bambino dopo qualche minuto, affacciandosi dal finestrino per osservare meglio qualcosa.

« Infila la testa dentro la macchina » sibilò Zachary, allarmato.

Ben obbedì, sbuffando: « Chris me lo lascia fare! » si lamentò, e fu chiaramente un errore.

Chris si picchiò la mano in fronte, socchiudendo gli occhi e aspettando la bomba. Che arrivò esattamente un secondo dopo.

« Cosa? Tu gli insegni a mettere la testa fuori dal finestrino? Ma stai scherzando? »

« Non è che gliel'ho insegnato! » cercò di difendersi Chris, e non era nemmeno troppo lontano dalla realtà: Chris una volta si era dimenticato lo specchietto chiuso, ma essendo già in ritardo, aveva chiesto a Ben di aprirglielo. Ben si era sporto per arrivarci meglio, e Chris era troppo occupato per ricordarsi di rimproverarlo.

Ovviamente, questo decise di non dirlo ad alta voce.

« Ah no? E allora perché lo continua a fare deliberatamente e la crede una cosa giusta? »

« Sarà capitato una volta o due... »

« Giuro che ti uccido » minacciò Zachary, accelerando senza un motivo ben preciso. « Ti ammazzo e ti seppellisco dove nessuno potrà trovarti »

« Oh, andiamo. Lo avrà fatto due volte in tutto. E Ben, non farlo più » aggiunse, sinceramente dispiaciuto.

Ben scrollò le spalle: « D'accordo, d'accordo. Ma mi sono affacciato perché il cartellone diceva che da McDonald's c'è lo sconto per i minori di dieci anni. E io li compio tra un mese! ».

« E allora vada per il McDonald's! » esclamò Chris felice, ma Zachary scosse la testa: « Assolutamente no. Quel cibo è spazzatura, non lo mangerai mai Ben ».

Chris lo guardò, inarcando le sopracciglia: « Ora non puoi essere serio ».

« Vuoi scommetterci? » sorrise Zachary, e fu il turno di Chris di dargli un pugno sulla spalla, anche se finì per farsi male da solo.

« Andiamo, Zach! »

« Ho detto no » ribadì Zachary.

« Ma c'è lo sconto » insisté Chris.

« Chris- »

Chris fece del suo meglio per assumere una faccia che impietosisse un tale cuore asfaltato e…

« E va bene » cedette Zach, sospirando. « Se c'è lo sconto… »



Quando entrarono nel fast food, Ben rimase fermo sulla porta, ammirando estasiato l'intero, enorme menù che gli si presentava davanti.

Chris ridacchiò nel vederlo, e gli poggiò un braccio intorno alle spalle: « Sai già cosa prendere? ».

Ben si morse il labbro, dubbioso: « In realtà, non so quale potrebbe piacermi di più ».

Chris aggrottò le sopracciglia, poi esclamò scandalizzato: « Non hai mai mangiato qui finora? Nulla? »

« Una volta un McToast, per il compleanno di un mio compagno. Ma- »

« … ma tuo padre è un totale- » cercò di concludere Chris, ma il sopracciglio di Zachary lo convinse a non continuare. « Un salutista, ecco cos'è » si corresse allora, e Zachary annuì, soddisfatto.

Chris espirò dalla bocca, scuotendo la testa. « Ci sono tanti panini, contorni, bevande e non so che altro. Leggi bene gli ingredienti, e scegli quello che ti sembra più buono. Ce n'è uno con le cipolle e bacon, formaggio e- »

« Ehi, calma! » lo interruppe Zachary, « ci sono anche altre cose, come l'insalata, o- »

« Tu porti tuo figlio per la prima volta al Mac e gli proponi l'insalata? Ma che padre sei? Vergognati! Andiamo » disse poi a Ben, « te lo consiglio io un bel menù. Insalata » ripeté disgustato, allontanandosi, e quando udì un grugnito divertito dietro di sé, non poté fare a meno di imitarlo.

Dieci minuti dopo erano seduti ad un tavolo leggermente isolato, con Zachary che guardava preoccupato suo figlio sbranare ciò che c'era nel suo vassoio e Chris che sghignazzava.

« Ho scelto benissimo » disse Ben, fiero di sé.

« Ti ci vorranno due ore di corsa per smaltire tutta quella roba » sospirò Zachary, tuttavia addentando il panino che Chris gli aveva consigliato.

« Andiamo, venire qui per mangiare ciò che puoi mangiare a casa è stupido. E Ben fa sport e si muove, quindi non sarà un gran problema. E poi, piace anche a te » concluse, osservandolo soddisfatto mentre emetteva suoni orgasmici ad ogni morso.

Zachary lo guardò indignato: « Non è niente di che! Tu mi hai costretto a prenderlo, e io ho fame »

« Come no » annuì Chris, prendendolo in giro sotto lo sguardo divertito di Ben.

Per un po' ci fu silenzio, se non il vago chiacchierio del tavolo al loro fianco.

Zachary sembrava troppo sovrappensiero per notare suo figlio, ma Chris vide chiaramente che Ben stava fissando con sguardo adorante i tappeti elastici e i vari scivoli, dove altri bambini sembravano divertirsi parecchio.

Chris gli fece cenno di chiedere al padre, ma il bambino scosse la testa, e invece se ne uscì con: « Papà, non dovevi chiedere a Chris quella cosa? ».

Chris cascò dalle nuvole, e Zach altrettanto.

« Quale cosa? » chiese il primo, guardando a turno prima Zachary e poi Ben.

« Di domani » insisté Ben, e Zachary sembrò ancora più confuso. Poi sembrò ricordarsi, e arrossì: « Oh. No, in realtà era stata solo un'idea »rispose imbarazzato, « ma non- »

« Tu chiediglielo » ribatté il figlio, e Zachary sbuffò.

« Okay, okay. Chris, hai programmi per domani? »

Chris sentì un leggero, inspiegabile groviglio allo stomaco. Erano anni che nessuno gli faceva quella domanda, a parte forse sua sorella o sua madre, o Karl. Ma qualcuno che fosse fuori dalla sua famiglia o il suo migliore amico...

Si rese conto di essere arrossito parecchio, e probabilmente aveva assunto un'aria piuttosto strana, perché Zachary lo stava guardando preoccupato. « Ehm, Chris? Tutto bene? » esitò, e Chris balbettò qualcosa di incomprensibile.

« Sicuro di stare bene? » chiese ancora Zachary, e Chris annuì furiosamente.

« Certo, benissimo. Mai stato meglio, ovvio. Alla grande. Cosa mi hai chiesto? » domandò con un filo di voce.

Zachary strinse le labbra, evidentemente sicuro che Chris avesse qualche grave problema, ma fortunatamente intervenne Ben. « Se domani hai impegni. Noi andiamo dalla nonna per il Ringraziamento, e lei ha chiesto anche di te »

Chris sudò momentaneamente freddo; aveva conosciuto la signora Quinto, in passato, e la ricordava come un’ottima donna e madre. Si chiese se lo sarebbe mai stata di nuovo con lui.

« Lei… » sospirò, e prese fiato. « Lei sa chi sono io? »

Guardò significativamente Zachary, che annuì piano. Chris strabuzzò gli occhi: « E vuole- sul serio? »

« Certo che sì. Vuole conoscere il babysitter di suo nipote. Continua a dire che se stai durando così molto è perché sei un… uh » concluse, imbarazzato, e Chris davvero non se la sentì di indagare oltre.

« In realtà avevo già un impegno con la mia famiglia… » cominciò, e Zachary annuì: « Tranquillo, le avevo già detto che probabilmente avresti avuto altro da- »

« Possono venire tutti dalla nonna! » esclamò Ben, e Zachary fece per rispondergli, ma Chris lo precedette.

« Non credo sia il caso di disturbare; saremmo in quattro e… non è possibile, Ben. Mi dispiace » aggiunse, vedendolo incupirsi.

Ben annuì mestamente, e continuò ad osservare il vassoio ormai vuoto. Chris esitò, guardando prima lui poi il padre, poi disse: « Perché non vai a giocare con gli altri lì? » indicando un punto in fondo alla sala.

Zachary alzò lo sguardo verso lui, e Chris alzò una spalla: « Poi possiamo prendere il gelato » propose, incerto.

L'altro lo fissò per un istante e Chris fu quasi certo che avrebbe ribattuto qualcosa, ma poi Zachary sospirò e annuì al figlio: « Certo, vai ».

Ben si illuminò e si alzò dal divanetto, avvicinandosi a loro due e schioccando un bacio prima al padre e poi, con sorpresa di quest’ultimo, a Chris. Questi rimase immobile, sorpreso, poi sorrise come un idiota mentre lo guardava allontanarsi.

« Mi stai rubando il figlio » borbottò Zachary, addentando una delle poche patatine avanzate.

Chris deglutì. « Non potrei nemmeno volendo. Ben ti adora, pensa che tu sia un eroe »

« Te l'ha detto lui? »

Il tono di Zachary era tra l'incredulo e lo speranzoso, e Chris fece un mezzo sorriso; era così preso dal lavoro che nemmeno si accorgeva quanto il figlio lo stimasse e lo desiderasse più vicino. Di nuovo, dovette mordersi il labbro per non farsi sfuggire nulla che non lo riguardasse.

« Non voltarti subito » sussurrò, cambiando discorso, « ma c'è un tizio alla tua sinistra che ti fissando. Non capisco bene quale parte del tuo cor- non girarti » sibilò, e Zachary sussultò, concentrando di nuovo lo sguardo su di lui.

« Che senso ha dirmelo se poi non posso fare nulla? » si indignò Zachary, rischiando un altro piccolo cenno del capo per osservarlo.

Era un uomo sicuramente più grande di loro, parecchio alto e piazzato, e la maglietta e i jeans erano così stretti che non lasciavano nulla all'immaginazione.

Zachary lo stava fissando ormai senza un briciolo di pudore, e Chris provò un moto di fastidio, così appallottolò un tovagliolo e glielo lanciò, colpendolo in testa: « Guarda che stai sbavando. Dovresti davvero smetterla, c'è tuo figlio a pochi metri da te! ».

Zachary sussultò, arrossendo. « Uh, scusa. È che… è da quando c'è Ben che non… insomma, hai capito »

Chris lo guardò incredulo: « Cosa? Nemmeno una… una botta e via…? »

« Quando Ben era più piccolo, sì. Mia madre veniva a darmi una mano, e io uscivo qualche ora la sera, e allora… ma ovviamente casa mia non era disponibile, e io non volevo andare da loro per non fare tardi. Chiariamo: non li avrei mai fatti entrare in casa, Ben o non Ben. In effetti, non credo che finora sia mai entrato nessuno in casa mia. Se non è una cosa seria, io- »

« Lo so » sillabò Chris, e Zachary ammutolì.

Per la prima volta dopo tanto tempo, Chris non si impedì di guardarlo un po' più a lungo del normale.

Era cambiato parecchio, dal periodo della scuola: aveva tagliato i capelli più corti (aveva notato che li trattava con molti prodotti dall'aria costosa), e sicuramente aveva messo su muscoli, che completavano un bel paio di centimetri in più di altezza.

Ma il viso, quello era rimasto uguale a sempre: un bel sorriso, labbra piene, e occhi scuri. Chris era in una famiglia dagli occhi chiari, lui compreso, e non capiva come la maggior parte della gente potesse preferire i suoi ad un paio di occhi come quelli di Zachary.

Scuri, caldi, e-

« Terra chiama Pine »

Chris ci mise un po' disincantarsi, e si ritrovò impossibilmente accaldato.

« Non chiamarmi così » sbuffò, togliendosi la giacca. « Mi ricorda la scuola, e non sono bei ricordi »

« Oh, lo so bene » rispose Zachary, alzando un sopracciglio. « E a proposito di bulli » aggiunse, scatenando un'occhiata indignata dell'altro, « cos'è successo all'occhio di Ben? Mi avevi detto di un litigio durante gli allenamenti e non ho voluto premere troppo, ma… era il diretto interessato? »

Chris risucchiò l'aria tra le labbra, indeciso: « Se te lo racconto non te la prenderai con lui, vero? »

« Chris »

Non era una domanda, ma era ovvio che Zachary stesse aspettando che lui aprisse la bocca. Chris notò gli occhi pieni di ansia.

« Calma, calma. Ti anticipo che chi gli ha fatto quello è messo molto peggio di lui » sorrise soddisfatto. Poi schioccò la lingua, pensieroso: « La verità è che c'è un suo compagno, il suo rivale per il posto da battitore, che è un bambino arrogante e prepotente. Lo ha provocato con frasi del cazzo, e lui ha reagito. Ovviamente li ho notati un secondo troppo tardi, sennò li avrei separati prima. Ha rischiato di perdere il posto, ma siccome è stato provocato il coach ha lasciato perdere. Gli ho chiesto di non dirti nulla, perché quel giorno eri già occupato con il lavoro, e Ben sembrava così affranto e vergognato… »

Zachary sembrava senza parole. Voltò lo sguardo verso il figlio, che in quel momento stava ridendo con un altro bambino. Ben alzò gli occhi e sorrise, agitando una mano nella loro direzione. Ricambiarono entrambi. « Ma Ben… Ben non è violento. È stato provocato altre volte, ma non ha mai picchiato nessuno. Gli ho sempre insegnato che le parole, se usate con cura, sono molto peggio del- »

« Ha insultato te » sbottò Chris. « Ti ha insultato perché sei gay, e Ben ti ha difeso »



Fu un ritorno carico di tensione. Chris continuava a guardare Zachary con apprensione, con la paura che scoppiasse da un momento all'altro, ma l'altro sembrava tranquillo. O forse, Chris aveva paura proprio perché Zachary era troppo tranquillo.

Chris aveva letto un sacco di libri in cui le persone calme e rilassate si rivelavano essere i peggiori psicopatici del mondo, quindi-

« È successo qualcosa tra voi due? Avete litigato mentre giocavo? »

Ben sembrava preoccupato quanto loro, e anche piuttosto confuso, e osservava le reazioni del padre e del baby-sitter come seguendo una partita di tennis.

« No, Ben, non abbiamo litigato » rispose Zachary lentamente, guardando per qualche secondo il figlio dallo specchietto retrovisore.

Ben gli rivolse un'occhiata palesemente incredula, ma altrettanto palesemente il padre lo ignorò. Chris aprì la bocca e la richiuse, poi la aprì nuovamente, indeciso se esprimere un'idea che gli era balenata in mente poco prima.

« Finirai per soffocare, così » commentò Zachary, e Chris giurò di aver sentito una piccola nota di umorismo.

« Stavo pensando- ehi! » esclamò, notando la faccia dubbiosa dell'altro. « Guarda che io penso »

« E il problema è proprio quello » ribatté il moro, sbuffando.

Chris mise il muso e incrociò le braccia sul petto, girando la faccia dalla parte del finestrino. Zachary lo guardò per un attimo, poi emise un suono tra gola e naso che si rivelò essere una risata trattenuta.

« Davvero, Chris? Dovrò mettere un altro annuncio su Internet, sai. Potrebbe essere “Cercasi babysitter per il babysitter di mio figlio”. Che ne pensi? »

« Che sei uno stupido, ecco cosa penso » borbottò Chris, ma ormai era andata. « Posso finire quello che ho iniziato, ora? Se non ti dispiace, ovviamente » aggiunse, sarcastico.

« Che dire? Il diritto di parola è per tutti, quindi… »

« Certo. Comunque, stavo pensando che potresti chiamare tua madre e tuo fratello e dirgli se domani vogliono passare il Ringraziamento con noi a casa dei miei genitori »

« Chris- » cominciò Zachary, ma Chris lo interruppe. « Fammi finire! Se ben ricordo, casa dei miei è più grande di quella di tua madre, e ci staremmo tutti comodissimi. Facciamo contenti Ben, tua madre, e anche la mia tutti in una volta, e non c'è nessun problema »

« Ne hai parlato con i tuoi genitori, almeno? »

« Zach, mia madre inviterebbe anche quelli dell'altro quartiere, se ne avesse occasione. E se Katie non la minacciasse »

« Ah sì? Be', in questo caso… » sospirò. « E va bene. Ma stasera avvisi tua madre e le chiedi se- »

« Ah, ti amo! » squittì Chris.

Gelò un momento dopo averlo detto, ma sembrava che Zachary non ci avesse fatto troppo caso.

« Anche io vi amo » esclamò allegro Ben, e Chris gli sorrise dallo specchietto, ignorando il cuore che tentava inutilmente di riprendere un battito regolare.

Note d'autore: Non so che dire.

Insomma, ripetere sempre le stesse cose mi sembra un po' auto denigrante, perciò mi starò zitta e lascerò le critiche tutte a voi (se le avete fatele, non mi offendo -davvero).

E poi non so, dovevo scrivere qualcos'altro, ma mi sono già scusata in anticipo per il tempo che avrete perso dopo aver letto sta roba, perciò non posso davvero sentirmi in colpa.

Ma niente sarà mai più bello di scrivere durante una giornata -quasi- autunnale mentre si ascolta bella musica (angolo pubblicità gratuita e totalmente disinteressata: ascoltate Avi, che forse conoscerete per far parte dei Pentatonix; be', vale tantissimo anche da solo, se vi piace il genere).

Buonanotte, belle anime.

Se per caso doveste trovare questa parte scritta benissimo e la prossima uno schifo totale, sappiate che è perché questa l'ha betata quell'angelo di MartaSaru (che aveva anche paura di non aver fatto un capolavoro, tzk) e niente da fare, lei è più brava di me.

 

 

 

 

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Capitolo 2
*** II ***


Scusarmi è troppo poco, lo so.

Dato che l'ultima minaccia risale a ieri (da una pericolosissima gangster stile anni '20, vorrei precisare), ho deciso che era davvero il caso di mettere le mani su quest'ultima parte e postarla una volta per tutte. A mia discolpa posso dire che non credevo fosse passato già un mese e più. Che ci volete fare.

Ovviamente il capitolo farà schifo per le prime settimane, ossia finché MartaSaru (che non solo è una bravissima beta ma disegna pure e ha una bellissima calligrafia - sul serio, smettila di essere così perfetta) non lo beterà. Lei è puntualissima, poverina. Sono io che faccio ritardo cronico. Argh.

Anyway, ciancio alle bande e ci si becca sotto.

 

 

 

II

 

Eravamo insieme;

tutto il resto del tempo l'ho scordato.

― Walt Whitman

 

Disclaimer!

 


« Il Pi greco è un numero irrazionale, ossia non può essere scritto come quoziente di due interi. Era stato dimostrato nel 1761 da Johann Heinrich Lambert… »

Chris stava cercando di ascoltare, davvero, ma forse si era perso tra il Teorema di Pitagora -o di chiunque fosse- e quello che Zachary stava dicendo in quel momento, chi lo sa.

Sta di fatto che era sicuro che a fine spiegazione, quando inevitabilmente Zach gli avrebbe chiesto se aveva capito, lui avrebbe piagnucolato irritato qualche scusa e gli avrebbe pregato di ripetere daccapo, e Zach l'avrebbe rifatto, perché erano alla terza settimana e lui l'aveva fatto ogni singolo giorno, senza mai arrabbiarsi.

Be', non tanto.

« ... e non è un numero algebrico, quindi è un numero trascendentale che- Chris »

Oh, forse stavolta si era arrabbiato.

Chris cacciò immediatamente indietro lo sbadiglio che era sull'orlo di uscire e si raddrizzò sulla sedia, mantenendo un'arIa composta. « Dimmi »

Zachary inarcò un sopracciglio: « Qual è il Pi greco? »

« Che cosa usi per far stare dritti i tuoi capelli? »

« Chris! Non ci stai nemmeno provando! Finirai per non passare, se continui così »

Chris sentì il peso di quell'affermazione dritto come un macigno nello stomaco, e emise un suono strozzato, buttandosi nel letto a faccia in giù e coprendosi la testa nel cuscino.

Sentì un sospiro e una sedia spostarsi, e all'improvviso il materasso si abbassò, segno che Zach si era intenerito un'altra volta. Il cuscino sparì velocemente da sopra la sua testa, e al suo posto si posò una mano, le dita che si facevano strada tra i capelli.

Chris trattenne un mugugno soddisfatto, ma sospirò contento.

« Non credere che sia finita così! » lo avvertì Zachary, senza smettere però di pettinarlo. « Abbiamo ancora un altro capitolo da fare, ma non è nemmeno così lontanamente noioso come il Pi greco » lo rassicurò, scendendo con le dita verso la nuca e le spalle.

« Ma per te il Pi greco non è noioso, quindi non puoi determinare tu quanto un altro capitolo lo sia- oh, cazzo » gemette, non appena Zachary premette un punto vicino alla scapola.

« Ti fa male? » mormorò Zachary, e un cenno di affermazione da parte dell'altro, gli alzò la maglietta fino alla zona interessata e massaggiò più forte, scatenandogli una serie di imprecazioni.

« Vuoi uccidermi? » sibilò Chris, cercando di trattenere le lacrime.

« È inutile che prem dove non ti fa male. I massaggi non sono sempre piacevoli. E tu dovresti andare a fartene fare uno, dato che hai la schiena che sembra una tavoletta di legno » lo rimproverò Zachary. « La tensione muscolare causa anche disattenzione dallo studio e dal lavoro, lo sai? »

« Non credo che la tensione muscolare c'entri qualcosa con la mia distrazione in matematica, Zachary » ridacchiò, bloccandosi di nuovo quando l'altro premette nel punto dolente, ma-

« Non ti fa più così male, vero? »

Chris boccheggiò, allibito. « A cosa mi serve andare da uno esperto se ci sei tu? Cristo, siano benedette le tue mani » sospirò, per poi rimanere in silenzio e godersi il momento. Almeno finché Zachary non rallentò i movimenti fino a fermarsi del tutto, alzandosi malvolentieri e abbassandosi la maglietta, non potendo fare a meno di arrossire leggermente nel notare lo sguardo di Zachary fisso in un punto che-

« Oh. Oddio, scusa, io- »

« Non importa. Le erezioni sono sintomo di benessere, sono contento che tu ne possa avere una per così poco »

Chris si trattese dal nascondersi la faccia sotto le mani, indeciso se ridere, piangere, o ritenerlo un insulto alla sua resistenza.

« Scusa » ripeté alla fine, ma Zachary scosse la testa con fare indifferente. « Non importa. Se mi metto a parlare dei numeri trascendentali ti sparisce in meno di tre minuti, vedrai »

« Oddio, no » sbuffò, lasciandosi andare nella sedia e sentendo la noia risalire pericolosamente.

« Questo progetto va finito prima del ballo, Chris. A proposito, con chi ci vai? »

Chris fece una smorfia: « Non lo so. Contavo di andarci con Susan, ma dopo quello che è successo non penso voglia più vedermi. E io non credo di essere interessato a nessuna che- »

« Potresti venire con me» buttò lì Zachary, e Chris rimase spaesato per un attimo. « Non ho voglia di invitare nessuno, odio i balli » continuò l'altro, « ma è una giornata diversa. Perciò possiamo andarci insieme, e non dobbiamo metterci nemmeno l'abito ».

« Oh. Certo, perché no? Mi sembra... mi sembra una buona idea » annuì Chris, sorridendo debolmente, cercando di mascherare eccitazione, sollievo e delusione che gli stavano salendo sino alla bocca dello stomaco.

Zachary scrollò le spalle: « Buona? È una mia idea, non tua; è ottima ».



*



« Dobbiamo tornare indietro »

« Cosa?! Nemmeno per sogno! »

« Chris! Ho dimenticato i fiori nell’andito! »

Chris sogghignò leggermente: « Non importa, Zach. Ti amo ugualmente. Ma grazie del pensiero »

Zachary accennò a una smorfia con il labbro: « Molto divertente, Whitelaw »

« Ehi » ringhiò Chris, cambiando bruscamente direzione, « ti ho detto mille volte che odio quel nome »

Zachary alzò il volume dello stereo: « Scusa, che hai detto? Non sento nulla, c’è la musica troppo alta ».

Chris sbuffò tra l’infastidito e l’esasperato, con l’intenzione di rimanere zitto finché non fossero arrivati a destinazione – senza fiori, comunque.

Almeno sinché Ben non spuntò in mezzo ai loro sedili con un sorrisone: « Whitelaw è il tuo secondo nome? »

« No! » sbottò Chris.

« Sì che lo è » ridacchiò Zachary.

« Ti avverto- » cominciò Chris, ma l’altro scosse la testa, alzando le mani in segno di resa.

« Okay, okay, basta. Non svelerò altri tuoi segreti. Nessuno » sottolineò, poi, e Chris sentì le guance accendersi.

« Io non ho nessun segreto » disse, ed era la verità. O forse no, ma ciò che contava era che Zachary aveva avuto una parte importante nella sua vita, e sapeva cose su di lui che non aveva mai detto a nessun altro. Il ricordo non gli scatenava nulla di piacevole, tuttavia, perciò decise di zittirsi ancora una volta.

« Tranquillo, non li dirò a nessuno » fece Zachary, e il tono amaro che ne uscì appesantì di botto l’aria nell’abitacolo.

Chris lo guardò per un attimo: « Mi fido di te. L’ho sempre fatto »

« È lo stesso per me » annuì Zachary, ma non lo guardò mentre lo disse, e Chris si chiese quanto fosse il suo modo di raccontare una bugia senza tradirsi.

Da dietro arrivò un colpo di tosse: « È una di quelle conversazioni per cui devo tapparmi le orecchie così potete parlare in un modo che non sia in codice? ».

Zachary gli scoccò un’occhiataccia: « Zitto, tu. E allacciati la cintura ».

Chris ebbe come l’impressione che sarebbe stato un viaggio molto lungo.



Aprire il pesante portone ed entrare nel lungo corridoio fu una boccata di infanzia.

Chris avanzò cauto, notando che -come sempre- tutto era tirato a lucido e ordinatamente disposto secondo i piani della madre, tranne per degli scatoloni sotto un tavolo in cristallo.

« Non dirmi che la mamma sta già decorando la casa per Natale! » esclamò più che altro a se stesso, ma fu qualcun altro a rispondergli.

« Nemmeno le gambe fuori uso la fanno star ferma. Dovresti saperlo bene, tu »

Si voltarono tutti, e Katherine Pine era ancora nelle scale, avvolta in un abito color cipria -troppo corto, notò il fratello- e sopra dei tacchi pericolosamente alti, che non le impedirono tuttavia di correre giù per i gradini e saltare addosso a suo fratello.

« Sei venuto davvero » sbottò incredula, la voce ancora soffocata nel suo maglione. « Nessuna ragazza che all’improvviso ha avuto un malore? » aggiunse poi, slegandolo dalla presa e sorridendo furbamente.

« Ci hai provato » commentò Chris. « Giuro che mi sei mancata un sacco. Dov’è la mamma? »

Katherine alzò gli occhi al cielo: « In cucina, a finire di preparare l’impasto per non so cosa. No, non dire nulla » anticipò, di fronte alla faccia interdetta di Chris, « perché ho provato a dirle che avremmo potuto ordinare tutto al Providence, ma- »

A Zachary andò di traverso la saliva, e Chris non poté biasimarlo: « Riesci a fare qualcosa senza spendere migliaia di dollari? » chiese esasperato, ma Katie alzò di spalle.

« Conosco bene il proprietario, e mi avrebbe fatto un pranzo completo per cinquemila dollari al massimo. Come li spendo altrimenti i soldi? » sospirò, senza badare allo sguardo allibito di Zachary. « Comunque, salgo di sopra a fare una chiamata a un mio paziente per annullare la seduta di domani, visto che ho un convegno noiosissimo »

Scrollò le spalle, poi abbassò lo sguardo verso Ben, che la stava osservando evidentemente estasiato:« Vuoi venire con me? Ho un bellissimo cubo di Rubik » gli chiese.

« Non è il caso che ti disturbi- » cominciò Zachary, ma Katie lo fermò con una mano.

« Nessun disturbo, amo i bambini. Perdonami se non mi trattengo, ma sono sicura che avremo occasione di parlare meglio a tavola » disse con un sorriso, poi fece l’occhiolino e risalì le scale, con Ben appresso.

Zachary rimase ammutolito con lo sguardo fisso dove Katie e suo figlio erano appena spariti, e Chris gli concesse dieci secondi per riprendersi dall’immancabile uragano che arrivava quando appariva sua sorella.

« È fantastica » commentò alla fine, quasi distratto, e Chris non poté fare a meno di sentire orgoglio e fastidio allo stesso tempo.

« È mia sorella » si vantò, allungando la mano per prendergli il cappotto, e Zachary gli diede anche la giacca, emettendo un suono che somigliò a un come no.

Poco dopo si ritrovarono in cucina, dove Chris lasciò Zachary alla porta e andò silenziosamente ad abbracciare la madre, che sobbalzò per lo spavento.

« Chris! Vuoi per caso farmi venire un infar- Zachary! » esclamò, stampando un bacio sulla guancia del figlio per poi dirigersi lentamente verso l’altro.

Zachary le andò incontro, squittendo nel sentire la presa della donna su di sé. « Salve, signora. Avevo comprato dei fiori, ma temo siano rimasti a casa » si scusò, e Chris ridacchiò.

« Signora? » s’indignò lei, dandogli una pacca nel braccio. « Guarda che ti ho preparato la merenda un sacco di volte, giovanotto, e ho dovuto combattere un sacco per farmi chiamare per nome. Non farmi ricominciare, per favore, dato che ora ho nemmeno un terzo delle forze che avevo al tempo »

Erano passati quasi quindici anni, e Chris all’improvviso si sentì troppo grande.

Osservò il volto di sua madre, sempre incredibilmente bello ma con qualche ruga, e Zachary… Zachary aveva un bambino. Un bambino che ora stava giocando con sua sorella, che ormai faceva la psicologa.

« Cazzo » esalò, e gli arrivò un colpo sulla nuca.

« Non dire parolacce, specialmente davanti a tua madre » lo rimproverò suo padre, ma lui scrollò le spalle e lo abbracciò, facendogli spazio così che potesse salutare anche Zachary.

« Quanto tempo! Come stai? » chiese Robert, stringendogli la mano. « Vieni, andiamo in cantina a scegliere il vino, e lasciamo chioccia e pulcino a parlare da soli » rise poi, e senza dargli nemmeno il tempo di rispondere, lo trascinò via dalla cucina. « Sai, eravamo convinti che non l’avremmo più rivisto entro i prossimi dieci anni… »

Chris riuscì a intravedere la faccia intimorita di Zachary e scoppiò a ridere, lasciandosi andare sulle mattonelle fresche delle pareti.

« Che entusiasmo » notò Gwynne, tornando alla sua postazione e controllando il forno. « Non ti vedevo così felice dalla volta in cui ti comprai il motorino »

« Sì, ero davvero felice, allora » ricordò Chris.

« Così felice che facesti incidente il giorno stesso. È stata una bella botta » ribatté sua madre, evidentemente cercando di rimanere seria ma senza troppi risultati.

« Una costola incrinata, due dita delle mani rotte, e un taglio nel polpaccio » elencò Chris, nell’esatto ordine in cui la madre glielo aveva detto anni prima. Poi si batté una mano in fronte: « Oh! Presi in pieno il cane del vicino. Quello con cui non andavamo d’accordo » sospirò, facendo ridere la madre ancora più forte.

« Già; non sei mai stato un portento nel guidare qualunque cosa che non fosse un bicicletta. Ma io non devo dire nulla, no? » convenne, indicandosi le gambe.

Calò un silenzio di qualche secondo, riempito solamente dai mestoli contro l’acciaio delle pentole e padelle.

« Mamma- » cominciò Chris, ma Gwynne scosse la testa, bloccandolo.

« So che ti senti in colpa. Lo so perché ogni volta che ne si parla abbassi la testa e ti chiudi in te stesso. Ma non è colpa tua. È capitato. Non è colpa tua » ribadì con forza, avvicinandosi a lui e stringendogli il viso forte.

Chris si perse nel calore delle sue mani e sentì un groppo alla gola crescere a dismisura.

« Se non fossi stato così stupido… » mormorò, respirando a fatica, e sua madre sbuffò.

« Che senso ha continuare a ricordare un incidente? È stato solo questo; un incidente, e starci male per anni non ha senso. Io sto benissimo, Christopher. Sto benissimo, e voglio che anche tu stia bene »

Ma non era così semplice.

Aveva causato danni a più di una persona, e a distanza di anni si chiedeva se la vita degli altri sarebbe stata migliore se lui non ci si fosse messo in mezzo.

Avrebbe voluto una macchina del tempo, per rimediare a tutto ciò che era riuscito a distruggere in qualche attimo, per tornare indietro e mettere apposto le cose che lo avevano reso felice. Tutto quello che contava davvero.



*



Un’ora dopo, si ritrovarono tutti a tavola. O perlomeno, vicini.

Gwynne aveva dichiarato che le due famiglie dovessero assolutamente mischiarsi (frase che aveva scatenato l’ilarità di qualche presente e che per qualche motivo fece arrossire Chris), perciò seguirono ben dieci minuti di discussioni su chi dovesse sedersi vicino a chi. Alla fine Chris si assicurò un posto tra Zachary e Ben, e lì in mezzo si sentì più al sicuro del dovuto.

« Smetti di fissare mia madre. Finirà per lanciarti un coltello » disse piano Zachary, facendolo sussultare.

« Non la sto fissando! Piuttosto, smetti di fissare tu a me » lo rimbeccò, ma sapeva che l’amico aveva ragione.

La signora Quinto era arrivata a casa insieme al figlio, e nonostante le basse aspettative che Chris aveva dell’incontro, lei le aveva riservato un lungo abbraccio. Se con questo pensava di calmarsi, ovviamente si sbagliava di grosso.

Chris si ritrovò a guardarla ogni secondo possibile, in attesa che succedesse un pandemonio e lo accusasse di qualsiasi cosa, per ora invano.

Era snervante.

« Ti fisso perché sei evidente » sbuffò Zachary, allungando la mano e sorridendo a Robert che gli aveva dato uno dei piatti degli antipasti. « E comunque non ha intenzione di dirti nulla, dato che gliel’ho impedito io »

« C-cosa? » balbettò Chris. « Glielo hai impedito? » si sforzò di dire, ignorando il sorriso di Zachary.

« Be’, lei voleva dirti cose belle, ma io le ho detto che non te le meritavi »

« Ehi! » si lamentò lui, dandogli una gomitata.

Zachary alzò solamente un sopracciglio, ma entrambi si offrirono un segno di pace e cominciarono a dedicarsi al cibo e alle altre conversazioni.

« … di cosa ti occupi, Joe? » stava dicendo Gwynne, particolarmente interessata al ragazzo, e Chris non faticava a capire perché; come Zachary aveva ribadito più volte, lui e Joe erano fratelli solo di sangue. Aveva avuto sempre aspirazioni molto meno ambiziose e decisamente più fantasiose del fratello, e Chris lo ricordava come un ribelle pieno di amici che sguazzava tra le ragazze. E mentre lui lo riteneva un idolo da cui prendere esempio, Zachary non smetteva mai di dire quanto fosse un pallone gonfiato. Ridacchiò tra sé e sé al ricordo.

« Faccio il fotografo » rispose semplicemente Joe, sorridendo. « È un lavoro che non paga tanto in denaro, ma restituisce tanto in libertà »

Il grugnito che provenne dal naso di Zachary fu chiaramente udibile a tutti, e Chris si voltò incerto, guardandolo con tanto d’occhi.

« Scusate » disse Zachary con la voce soffocata dal tovagliolo, « continuate pure. Mi è andato qualcosa di traverso »

« Zachary! » sbottò sua madre, ma Joe scosse la testa e il suo sorriso si allargò.

« Ovviamente non è un lavoro che può essere paragonato a quello dello psicologo, o dell’avvocato » disse, accennando al fratello, « ma a me piace, e sono contento di dove sono ora »

« Immagino » rispose Zachary, ormai serio. « Mi piace tutta questa metafora, e sono sicura che quando il tuo padrone di casa ti chiederà il mese, tu potrai pagarlo con due o tre sacchi di libertà »

« A me piace il lavoro dello zio » intervenne Ben. « Incontra un sacco di gente famosa, come Angelina Jolie! »

« Ah, già. La Jolie » ripeté Zachary, enfatizzando le parole del figlio.

Chris si guardò attorno spaesato, incastrato tra lo sguardo disinteressato di Joe e quello pieno di sarcasmo di Zachary. « Cosa mi sono perso? » tentò, ma evidentemente fu un errore, perché sia Margo che Ben alzarono gli occhi al cielo.

« Preparati, Chris » lo avvertì Ben, e Chris aggrottò le sopracciglia confuso.

« Continua a dire di aver incontrato la Jolie… »

« Cosa più che vera, dato che ci sono le foto… »

« … e invece l’ha praticamente solo intravista in un red carpet »

« … non ho mai detto di averci parlato »

« Non riesce nemmeno a pagarsi l’affitto… »

« Non mi pare di aver chiesto soldi a te »

« Infatti li chiedi a mamma »

Chris non ebbe il coraggio di interromperli. Joe sembrava aver perso quel poco di corazza di sicurezza che aveva all’inizio della conversazione, e non ricordava uno Zachary così stizzito da tempo.

« Ti dà fastidio, per caso? » chiese Joe alla fine, posando coltello e forchetta.

Zachary emise un tsk piuttosto forte: « Dovrebbe dare fastidio a te, in realtà. Che a più di trent’anni ti fai campare da tua madre, quando stai investendo da anni i tuoi soldi in qualcosa che è evidentemente un fallimento… »

« Zach- » inspirò forte Chris, afferrandogli un polso.

« Solo perché hai una vita noiosa e un palo nel cu- »

« Ora basta! » esclamò Margo, alzandosi in piedi, tremante di rabbia e delusione.

Chris la imitò in silenzio, tirando la manica della camicia dell’amico e facendogli cenno di seguirlo. Poi guardò Ben: « Rimani un attimo con la nonna, okay? » mormorò, e senza aspettare risposta, partì spedito per il balcone.

« Ma che diavolo ti prende? » sbottò immediatamente dopo aver chiuso la porta. « Davanti a tua madre, e Ben! »

Zachary non rispose e prese posto su di una poltroncina, ma non si mise comodo. Passò una mano sul viso e sospirò. Per un attimo, a Chris parve stesse piangendo, ma quando alzò lo sguardo, l’espressione era dura ma asciutta.

« Mi dispiace. Ho perso totalmente il controllo »

« Ho notato » sorrise incerto Chris, ma il suo tono tradì tutto il nervosismo, e Zachary se ne accorse.

« Dovrai pensare che io sia una persona orribile » disse infatti, ma Chris emise un verso di ironia.

« Non credo di essere la persona più adatta per giudicare. Specialmente te » aggiunse, quasi incredulo. Decise di sedersi di fronte a lui, e gli si chiuse lo stomaco. « Ho rovinato così tante cose, nella mia vita, che ormai non ci faccio caso » cominciò. « E alcune cose me le sono quasi perdonate, altre… non riesco quasi a guardarmi allo specchio » mormorò con un filo di voce.

Avvertì lo sguardo di Zachary addosso, ma preferì ignorarlo e dare la colpa dei suoi occhi lucidi al sole.

« Chris, non- »

« Ti ho perso » continuò Chris. « Ti ho perso, e sappiamo entrambi che niente tornerà come prima » e stavolta, non provò nemmeno a fingere che non facesse terribilmente male.

Sentì le lacrime scendere prima di accorgersi di star davvero piangendo, ma non importava, perché se lo meritava. Meritava quello e anche di più, e se Zachary fosse stato un po’ più cattivo, gliel’avrebbe fatta pagare.

« Chris, basta » sussurrò invece, allungando la mano e sfiorandogli il ginocchio.

« P- perché fai così » chiese Chris, incredulo. « Non hai mosso un dito, non hai detto nulla, e chiunque altro mi avrebbe- »

Zachary sorrise senza allegria: « E a cosa sarebbe servito? Un tempo ti immaginavo così, sofferente e pieno di rimorsi, e credevo che sarebbe stata la cosa più bella del mondo; ora come ora, non penso lo sia per davvero »

Chris rimase in silenzio, tastandosi piano le tasche per cercare un fazzoletto, almeno sinché non vide la mano di Zachary davanti ai suoi occhi.

« Grazie» mormorò, facendo per prenderlo, ma Zachary gli bloccò la mano nella sua.

« Sono andato avanti, Chris. Non ti posso dire che sia stato facile, ma- andiamo; non puoi rimanere così tutto il tempo. Fallo per me, o per Ben. Ci tiene a te, sai. Non rovinare tutto »

Di nuovo.

Zachary non l’aveva detto, ma Chris lo sentì rimbombare nel petto.

Annuì comunque piano, liberandosi delicatamente dalla presa dell’altro e rannicchiandosi nel divanetto.

« Sto andando dentro, non vieni? »

Chris fece per rispondere, ma la gola gli si era seccata. Così si schiarì la voce, e gracchiante rispose: « Tra poco. Ho bisogno di- » tentennò, ma dopo qualche secondo richiuse la bocca, senza sapere come continuare.

Zachary annuì comunque, e gli passò una mano tra i capelli: « Siamo tutti dentro. Non tardare troppo; c’è il dolce, e quell’idiota di mio fratello è capace di non lasciartene »

« Va bene » mormorò, senza girarsi. Sentì un sospiro e la mano di Zachary allontanarsi dalla nuca, perciò si voltò per un attimo, in tempo per scorgere l’amico chiudersi dietro la porta.

A un tratto, si sentì ancora più solo.



*



Chris non capiva perché aveva il fiatone.

Okay, forse l’abito era un po’ stretto, e forse nel giro di due settimane aveva preso qualche etto in più – tutta colpa della signora Quinto, che gli dava gelato ogni ora e mezza e al gelato non si dice mai no.

Ma, il fatto era questo: per quanto la cintura fosse effettivamente un po’ più stretta del dovuto, c’era qualcos’altro che non andava. E il fatto che non sapesse cos’era, lo faceva innervosire.

Il suo cellulare squillò, e controllò subito l’orologio per assicurarsi di non essere in ritardo, ma quello segnava che mancava ancora mezz’ora, quindi-

« Karl, che diavolo vuoi? Sono piuttosto impegnato, qui » sibilò, infilandosi la camicia dentro i pantaloni e imprecando per via di una piega che aveva dietro.

« Ciao Chris, è sempre bello sentirti » rispose quello, sarcastico. « Qual è il problema? »

« Il problema è che la camicia non si vuole infilare bene dentro il pantalone e giuro... che potrei… uccidermi » ruggì, saltellando sul posto e sperando che la gravità fosse utile a qualcosa.

Ci fu un attimo di silenzio dall’altra parte della linea, ma Chris era troppo occupato per preoccuparsi che la chiamata fosse ancora attiva.

« Camicia? Avevo capito che tu e Zachary andaste a bere qualcosa al bar…? »

« Infatti ci andiamo. Subito dopo il ballo. Tanto quella roba dura due ore al massimo, e lui sembrava tenerci, alla fine » borbottò, per poi esultare rumorosamente dopo essere riuscito a stirarsi per bene le pieghe. Grazie al cielo le scarpe le aveva infilate prima.

« Lui ci teneva? »

Chris riuscì a percepire un tono troppo sarcastico perché potesse gestirlo in quel momento, perciò decise di finirla lì: « Ci vediamo dopo, coglione » disse velocemente, per poi buttare il cellulare nel letto e guardarsi allo specchio. Si accorse che mancava la cravatta.

Non era del tutto sicuro che Zachary volesse davvero andare al ballo, comunque. Insomma, era piuttosto sicuro di volerci andare lui, in qualunque caso, quindi il problema non si poneva proprio.

E non c’era affatto bisogno di far scoprire certi dettagli al suo migliore amico. Certe cose era meglio tenersele per sé.

« Cristo santo, come dovrebbe annodarsi questa cosa? » si esasperò a un tratto, strappandosi la cravatta dal collo e sbattendo ripetutamente la testa contro lo specchio.

« Hai bisogno di aiuto? »

Gwynne lo guardava dalla porta, e Chris scorse un’ombra di divertimento nel suo viso.

« No. Forse. Okay, fai tu » si arrese alla fine, consegnadogli l’accessiorio mortale con un’aria da condannato a morte.

La madre rise forte, scuotendo la testa e avvicinandolo a sé: « Non è poi così difficile, sai? Devi solo girarla un paio di volte al collo, e poi far entrare questo lembo- mi stai guardando? »

« No » rispose Chris onestamente, guardando ancora una volta l’orologio.

« Non sei in ritardo » lo rassicurò lei. « E visto che abbiamo ancora qualche minuto, ci terrei a dirti che sono davvero fiera di te »

« Di me? » ripeté Chris distrattamente, cercando le chiavi di casa. « E per cosa? »

« Per niente in particolare, e per tutto. Perché sei il figlio che ho sempre desiderato, e sei intelligente ed educato. E sono contenta che tu vada al ballo con qualcuno di altrettanto serio, per una volta » aggiunse, piegando la testa, soddisfatta.

Chris alzò gli occhi al cielo, poi sghignazzò: « Dopo Katherine, dovevi aspettarti qualcuno non perfetto »

« Ma io non ti ho mai voluto perfetto. Io ti ho voluto in salute, e felice. Al momento sei entrambe le cose, quindi va bene così »

Chris deglutì rumorosamente, e cercò di ignorare la sensazione di vuoto nello stomaco.

A un tratto si sentì il campanello squillare, e con un sobbalzo si riscosse.

« Devo andare » disse, semplicemente.

Gwynne annuì: « Divertiti. E saluta Zach da parte nostra ».



« Credevo che alla fine non saresti venuto, per un motivo o per un altro »

Chris alzò lo sguardo dal bicchiere e lo posò su Zachary, sorpreso: « E perché non avrei dovuto? ».

Zachary alzò le spalle ma non rispose, lo sguardo ostinatamente fisso in basso, probabilmente occupato a seguire il movimento del suo stesso pollice sul bordo del bicchiere.

Chris non insistette, ma si scolò il secondo drink in meno di due secondi, cercando disperatamente un argomento di conversazione.

Il ballo era finito dopo un’ora, e in quella folla Zachary gli era sembrato poco a proprio agio, perciò l’aveva tirato per il braccio e l’aveva trascinato via, finendo al bar a bere – forse un po’ troppo.

« Mi dispiace di averti portato via prima, senza nemmeno chiedertelo » disse quindi. « Mi sembravi leggermente spaesato » si giustificò, in imbarazzo.

Zachary sorrise divertito: « Lo ero. Non sono abituato a questo genere di cose, non sapevo che andare al ballo significasse bere e fumare spinelli sino a sentirsi male »

« Non sei mai stato a un ballo della scuola? » chiese Chris, meravigliato.

Zachary sbuffò: « E con chi? Con i miei amici immaginari? O con il mio fidanzato? ».

Chris sussultò: « Puoi andarci con chi vuoi, in realtà » mormorò. « Io ci sono sempre andato con qualche ragazza che in quel momento andava di moda, e nella seconda parte della serata solitamente la finisco a ubriacarmi con Karl »

« Non sarai con Karl, ma in quella parte ci stai riuscendo benissimo » ridacchiò Zachary. « Andiamo a prendere una boccata d’aria, che ne dici? »

Chris annuì lentamente, alzandosi barcollante dalla sedia.

« Woah! » esclamò Zachary, stavolta scoppiando a ridere senza potersi trattenere. « Aggrappati a me, okay? Andiamo a sederci in una panchina, magari vicino a un cestino della spazzatura »

« Non sono ubriaco! Ho bevuto solo due shot » protestò Chris, ma si mantenne a Zachary ugualmente, stringendo forte la presa sulla sua giacca.

« Lo so, lo so, ma non si sa mai. Per uno che vanta di bere così tanto, a reggere l’alcol fai davvero pena »



« Si sta bene qui » sospirò Chris.

Zachary emise solo un grugnito che però bastò all’amico.

Erano arrivati al parco da almeno venti minuti e nessuno dei due aveva ancora detto nulla, ma al momento per Chris non era un problema. Sistemò meglio la testa contro la spalla di Zachary e chiuse gli occhi, quasi sicuro che di lì a poco si sarebbe addormentato.

« Che piani hai per dopo? » chiese improvvisamente Zachary.

« Non lo so, ma quasi sicuramente andrò a letto e dormirò sino a domani pomeriggio » sbadigliò Chris.

« Dio, Chris; non intendevo quello. Parlavo del doposcuola »

« Oh »

Si morse il labbro, cercando una risposta che suonasse sicura o almeno familiare, ma-

« Non lo so » gli uscì. « Non ne ho la minima idea »

Ed era la verità. Chris non aveva mai fatto progetti che andassero oltre il weekend di bevute con Karl e qualche altro amico, e al momento ne sembrava incapace.

Poi, lentamente gli venne un pensiero.

« Non stai parlando di carriera, vero? »

Zachary arricciò le labbra in un gesto vago: « Non necessariamente ».

Matrimonio, figli… erano sempre stati tasti dolenti, anche se la madre aveva dato colpa all’adolescenza. A un certo punto però, non sembravano cose poi così brutte. Anzi, sembrava una cosa giusta, dopotutto.

« Vorrei concentrarmi sull’aspetto lavorativo, prima » disse onestamente. « Vorrei trovare un bel corso, entrare al college e laurearmi. Poi… non so, forse una famiglia…? » disse incerto, e non sapeva perché, ma il parere di Zachary era diventato importante.

« È una buona idea. Io vorrei riuscire a entrare a Harvard » ammise lui. « Poi magari, una famiglia » annuì, ripetendo le parole dell’altro.

« Abbiamo circa gli stessi piani » notò Chris, sorridendo. Si alzò lentamente da sopra Zachary, assicurandosi che le vertigini gli fossero passate, e lo guardò negli occhi.

Zachary non sembrava particolarmente felice, in realtà. « A tanti chilometri di distanza » disse infatti.

« Dio benedica Bell » rise Chris.

« È stato Meucci a inventare il telefono » lo corresse Zachary. « Bell lo ha solo brevettato »

Chris alzò gli occhi al cielo: « Dio benedica chiunque abbia inventato il telefono, che sia italiano o scozzese. Intanto noi possiamo rimanere in contatto, non baderei ai dettagli. E ogni tanto potremmo vederci, sai. Ci incontreremo a metà strada, e- »

« Perché dici tutte queste cose? »

Chris s’interruppe all’improvviso, confuso: « Cosa? ».

Zachary scosse la testa, torturando un filo d’erba raccolto da sotto i suoi piedi. « Ci sono delle cose che vorrei dirti, ma non sono sicuro che- »

« Guarda guarda chi abbiamo qui! Da quando te la fai con il frocio, Pine? »

Chris sentì qualcosa pizzicargli la nuca, e in un attimo si rese conto di non avere un singolo centrimetro di pelle senza la pelle d’oca.

Jake era davanti a loro, le braccia incrociate e in faccia un’aria leggermente fuori controllo.

« Jake- » provò a dire, rauco, ma lui alzò una mano e Chris si zittì.

« Chris... » sospirò l’altro, quasi dispiaciuto. Chris notò altri due ragazzi avvicinarsi, e sentì un suono indistinto che sembrava provenire dalla bocca di Zachary. « Tu mi piacevi, davvero. Come hai potuto mentirmi su una cosa del genere? Avresti dovuto dirmelo, che eri frocio come lui. Tutti quegli abbracci, quelle strette di mano… cosa dovrei pensare, ora? »

« Io non sono frocio »

Dirlo ad alta voce gli diede sollievo per un millesimo di secondo, prima di poter vedere la faccia di Zachary. Fece per dire qualcosa, ma Jake si illuminò: « Ah no? Bene, allora. Mi fido di te, ti credo. Ma… ma lui » scosse la testa, indicando Zachary, « lui non può negare. È un dato di fatto »

Chris sentì la disperazione salire di secondo in secondo. Si guardò attorno nella frenetica speranza che ci fosse qualcuno nelle vicinanze, ma il parco e la strada erano deserti a parte loro. Zachary sembrava totalmente paralizzato contro la panchina. Strinse i denti: « Non ti ha fatto nulla, lascialo in pace. Non puoi semplicemente lasciar andare? »

Jake piegò la testa da un lato e lo guardò curiosamente, poi sorrise: « Non difenderlo come se ne avesse diritto. Questo stronzetto arriva da un buco di culo e decide che è troppo figo per tutti i suoi compagni, no? Perché lui è intelligente, e non importa nient’altro. Vediamo se tra cinque minuti la penserai ancora così, uh? » ridacchiò, rivolgendosi a Zachary.

« Non è colpa sua se è diverso! » gli uscì detto, e capì di aver fatto un errore.

Perché all’improvviso Zachary aveva cambiato espressione, e anche colore. Lo stava guardando come se l’avesse tradito, e Chris fu sicuro che quell’espressione mostrasse disprezzo più di quanto volesse far trapelare. Cercò lentamente di afferrargli la mano, ma poi Jake parlò.

« Di solito queste cose le faccio senza troppi problemi. Ma siccome sei uno a posto, ti do dieci secondi per allontanarti di qui e non guardare»

Chris sentì il cuore smettere di battere: « Jake, non- »

Jake alzò gli occhi al cielo, annoiato: « Adam, allontanalo. Ci pensiamo io e Nick. Mi dispiace toglierti il divertimento, amico » si scusò poi.

Chris non seppe come, ma nel giro di pochi secondi si ritrovò trascinato lontano. Lontano dal parco, lontano da Zach.

« Lasciami andare! » ansimò, cercando di prendere a pugni il ragazzo. Nick lo guardò quasi impietosito. « Lasciami andare, per favore. O picchiate me » supplicò disperato. « Picchiate me e lasciate lui. Non vi ha fatto nulla, vi prego. Ascoltami, cazzo! » urlò alla fine, sferrando un pugno che arrivò nel naso dell’altro.

Riuscì solo a vedere la sua faccia deformarsi dalla rabbia, poi il buio.



« Dov’è Zachary? »

« Dovrebbe stare fermo, devo medicarle- »

« Non ce n’è bisogno, sto benissimo. Dov’è Zachary? »

Chris guardò il ragazzo che gli stava disinfettando dei graffi nel braccio. Non si ricordava nemmeno come se li fosse fatti.

« Eri svenuto vicino a degli arbusti » lo informò quello, come se gli avesse letto nel pensiero. « L’uomo che ti ha trovato ci ha chiamati, ma non ti ha toccato per paura di peggiorare il tuo stato »

Chris chiuse gli occhi, cercando di ricordare la sequenza esatta dei fatti.

« Credo che il ragazzo che mi ha fatto svenire mi abbia dato un pugno. Ma non mi fa male nulla » disse dubbioso, tastandosi il corpo.

« Probabilmente è dovuto allo shock » convenne il medico. « Quando siamo arrivati non c’era nessuno, comunque. Ci è arrivata una segnalazione, e credo che il tuo amico abbia preso un bel po’ di botte » ammise, dispiaciuto. « Ma abbiamo sentito un ambulanza partire da qui, quindi immagino sia già all’ospedale. Sicuramente potrai vederlo, in qualunque caso. Dobbiamo portare anche te e farti dare una controllata, alcune cose non sono di nostra competenza. Rimani qui, tra un minuto partiamo »

Chris fece per dire qualcosa, forse ringraziare, ma la voce gli si spense in gola. Guardò la panchina dov’erano seduti, e sentì un pugno nello stomaco. Doveva dirgli un sacco di cose, anche se non aveva idea di dove cominciare.

Gli sembrava impossibile che fino a poco prima fossero così felici, e ora-

« Stiamo partendo » lo avvisò una ragazza. « Entriamo dentro, vedo se ho un fazzolettino. Hai un bel viso, non gonfiarlo di lacrime »

Chris si passò le mani nel viso, e si rese conto di star piangendo. Annuì in silenzio.

Poggiò una mano tremante su quella della ragazza, e per un attimo riuscì a vedere il proprio riflesso nel vetro dello sportello: aveva un occhio gonfio e un paio di tagli nel viso, e un ciuffo di capelli era sparito. Il labbro inferiore era spaccato.

Emise un gemito, lasciandosi guidare verso la barella, e si sedette lentamente.

« Sdraiati, ci vorrà qualche decina di minuti per arrivare. Intanto riposa » le consigliò la ragazza. « È possibile che all’ospedale troverai la polizia. Vorranno una dichiarazione per stilare il verbale »

Chris annuì per quella che sembrò la centesima volta negli ultimi dieci minuti, poi si sdraiò.

« Mi dispiace molto per quello che è successo. Troveranno quei bastardi, e ti prometto che appena saprò qualcosa sul tuo amico te lo dirò. Come si chiama? »

Chris esitò. « Zachary » disse alla fine. « Zachary Quinto »

« Okay. Non preoccuparti, andrà tutto bene »

Chris fece per rispondere, ma un tratto sentì davvero ogni parte del corpo dolere.

Pregò che fosse una notte breve, ma ebbe come l’impressione che nessuno lo avrebbe ascoltato.



*



Quando Chris si svegliò, si sentì osservato.

Aprì gli occhi e si voltò di scatto, trovandosi incastrato in una coperta.

« Che diavolo- Signora Quinto! » esclamò imbarazzato, passandosi una mano tra i capelli e cercando di uscire da quella trappola che lo stava facendo sembrare un totale idiota.

Margo si limitò a sorridere, come se non fosse seduta in una sedia davanti a lui e lo stesse fissando – probabilmente da ore. Ebbe almeno la buona idea di non aiutarlo a liberarsi, perché la cosa sarebbe diventata oltremodo strana.

« Ha… ha bisogno di qualcosa? » chiese incerto.

« No, ma tua madre si è gentilmente congedata per riposare e tuo padre è andato con lei. Ben è con quel tesoro di tua sorella che gioca a Memory, e credo che Joe e Zachary siano insieme in giardino. L’ultima volta che li ho controllati non si stavano prendendo a pugni, perciò immagino che ci stiano davvero provando, stavolta »

Incrociò le dita con una smorfia divertita. « Comunque, ero sola e ho pensato di venire a godere un po’ della vista di questo posto. Mi dà l’impressione che un tramonto qui sia degno di una fotografia. Lo dirò a Joe, più tardi »

« Sono sicuro che ce la faranno » disse Chris fiducioso, stringendosi le ginocchia al petto e facendosi piccolo dentro la coperta. « Non conosco Joe, ma Zach… è una persona molto folto forte. Troppo, a tratti » si corresse, con una mezza risata.

« Ma non è stato sempre così » mormorò Margo. « Delle volte era così fragile che mi spaventava a morte. Tu lo hai aiutato molto »

Il tono di Margo non era accusatorio, e Chris sapeva tuttavia che non si stava riferendo all’ultimo periodo.

« No, non credo. L’ho solo illuso. Mi sono infilato nella sua vita, poi sono andato via, e gli ho fatto più male di prima » rispose, a fatica.

« Era quello che credevo anche io. O almeno, così ho cercato di dirmi. Per un periodo ne sono stata anche convinta »

Chris guardò la donna, e intravide un velo di vergogna nel suo viso. Fece per parlare, ma lei riprese: « Ti ho visto quel giorno, in ospedale. Eri nascosto dietro la finestra. Ero così… confusa. Volevo che entrassi, sai. Lo speravo con tutto il cuore, e invece- »

« Non ce l’ho fatta. Io non- volevo entrare, non pensavo ad altro che- non potevo. Mi dispiace, ma non potevo »

Chris scosse la testa, cercando di togliersi quella scena dalla mente. Era passato così tanto tempo, ma sembrava successo il giorno prima.

« Va bene così » disse Margo, dolcemente, ma a Chris sembrò solo di sprofondare nuovamente nel nulla.

« Non ho mai saputo cos’è successo. Poteva anche essere morto, e io… son stato così egoista » sussurrò. « Sono andato avanti, nemmeno l’ho riconosciuto quando l’ho rivisto »

« Anche Zachary è andato avanti, Chris. E ci son stati giorni sembrava non pensarci affatto. È andato al college, si è laureato, ha trovato un bellissimo lavoro. E ha Ben. Credevo che almeno quello lo facesse concentrare su altro, ma il giorno che sei tornato… » Margo sospirò, come se anche solo ricordarlo facesse male. « Era furioso. Ha lasciato Ben da me, e il giorno dopo è tornato a prenderselo con i postumi di una bella sbornia, totalmente sfatto. Mi disse che se provavi di nuovo a farti vedere ti avrebbe preso a pugni, ma figuriamoci. Detto tra noi, non riesce nemmeno a chiudere il pugno come si deve » ridacchiò, e Chris la imitò piano.

Sentiva il cuore un po’ più leggero. Niente che si aggiustasse così facilmente, ma il sapere che nella la vita di Zachary da quando lo aveva perso di vista c’era stato davvero qualcosa di buono, lo faceva stare meglio.

Nonostante tutto però, sentiva che qualcosa mancava.

« Ero davvero arrabbiata, con te. Come se servisse a qualcosa » sbuffò, alzando gli occhi al cielo. « Sono una madre, e non mi sono minimamente soffermata a pensare che anche tu avevi una famiglia preoccupata per te. Che dietro le bende che avevi in testa, c’era il motivo per cui non eri accanto a mio figlio.

E nonostante tutto, non gli ho mai detto nulla. Lui voleva dimenticarti a ogni costo, e io ho pensato che fosse giusto così. Mi dicevo che una volta fatta la terapia, una volta che avesse superato tutto, gliel’avrei detto. Poi quel momento è arrivato, e non ho avuto il coraggio; per una volta che stava bene, non potevo fargli crollare tutto il percorso che faticosamente aveva costruito. Farlo stare male per pulirmi la coscienza: quello sì che sarebbe stato egoista »

« È giusto così » disse semplicemente Chris, e lo pensava.

Non aveva nessun diritto sulla vita di Zachary. Quell’opportunità l’aveva persa molto tempo addietro.

« Forse. Però non mi sembri felice » constatò Margo, avvicinando piano la propria mano a quella di Chris. Lui non la strinse, ma si lasciò afferrare e si abbandonò al divanetto.

« Non lo sono. Quel giorno, non ho perso solamente un amico »

Calò il silenzio.

Chris sapeva che Margo lo stava guardando, ma non gli importò più di tanto. Sentì gli occhi bruciare, ma non si curò di trattenersi, perché faceva male, sì, ma mai quanto faceva male dentro.

« L’ho perso. Ho perso l’unica persona che io abbia mai amato veramente »



*



Quando Chris rientrò in casa, si accorse di aver perso la cognizione del tempo; la famiglia era riunita intorno al tavolo, davanti a un piatto con sopra una torta dalle dimensioni leggermente esagerate.

« Okay » esitò, « non credi che mamma abbia davvero esagerato? »

Katie scosse la testa, intenta a non farsi cadere dalle mani una scatola piuttosto impolverata. « Questa è colpa mia. L’ho fatta fare da Porto’s e le ho detto che l’aveva preparata una mia amica. Non me l’avrebbe mai lasciata comprare, altrimenti » si giustificò, arrendendosi e buttando la scatola tra le mani di Chris.

« Cos’è questa roba, comunque? » sospirò lui, passando un dito e intravedendo una scritta. « Dobbiamo davvero giocare a tombola? Il giorno del Ringraziamento? »

Katie alzò un sopracciglio: « Dobbiamo? Giochi anche tu? »

« Certo che gioca! » intervenne Zachary, prendendogli la scatola dalle mani e distribuendo le schedine. « È da un sacco di tempo che lo dice »

Be’, non era del tutto una bugia, ma neanche la totale verità; forse si era lasciato scappare che la tombola in famiglia era un qualcosa che ogni tanto gli mancava, ma-

« Ah sì? Carino » lo prese in giro la sorella, pinzandogli il naso. « Qualche volta ti desidero ancora stronzo. Stai diventando rammollito » scherzò.

« Io credo che Chris vada bene così com’è, invece » disse Gwynne, accarezzandogli la guancia.

Chris annuì, sbuffando: « Lo credo anche io »

« Siamo in tre »

Zachary lo stava guardando serio, poi fece un mezzo sorriso e un occhiolino, e Chris sentì lo stomaco fare qualche capriola e un qualcosa simile a del fuoco coprirgli ogni singola parte del corpo.

Si sedette al suo fianco, prendendo silenziosamente la schedina che gli era capitata, mentre Robert si apprestava a mischiare i numeri all’interno del sacchetto.

« Tutto bene? » chiese Zachary, interdetto.

« Certo » rispose Chris, con un filo di voce.

Sentì gli occhi di Zachary perforargli la nuca, ma lui continuò ostinatamente a guardare suo padre che annunciava il primo numero. Ben esultò.

« Certo » ripeté Zachary, e non proferì parola per tutto il tempo.





« È avanzato parecchio cibo; mi aspetto che ci aiutiate a terminarlo a cena » esordì Gwynne, trasferendo della carne in un piatto più piccolo.

Chris sapeva che non era esattamente una domanda, ma alzò comunque le spalle: « Non devi chiederlo a me. Non so che piani abbia Zachary per domani, e io devo seguire lui »

« Be’, vaglielo a chiedere! »

« Non vedo perché » borbottò Chris, grattandosi i palmi delle mani. Si chiese se a furia di stare con uno perennemente stressato stesse sviluppando dei tic nervosi anche lui.

Gwynne alzò lentamente lo sguardo: « Ho cercato di ignorare la cosa per tutta la giornata, ma... » esitò, accostando la porta, « è successo qualcosa tra voi due? »

« No, è tutto come sempre »

Era sincero, effettivamente; non era successo niente che fosse strano, a parte che non gli aveva più rivolto parola e forse Zachary stava cominciando a chiedersi cosa gli passava per la mente, ma Chris era tranquillo, perché tra le tante cose aveva studiato anche recitazione, e di certo non bastava una vecchia cotta per metterlo in difficoltà.

« Scusate- »

Chris sobbalzò, emmettendo un suono di cui si vergognò immediatamente dopo, e Zachary si grattò la nuca, imbarazzato: « Non volevo spaventarti, scusa »

Chris fece per aprire bocca, contrariato, ma Gwynne lo precedette: « No, anzi, ti stavamo per venire a cercare. Rimanete anche per la notte? »

« Cos- »

« Oh, non lo so… » mormorò Zachary. « Insomma, non vorrei disturbare… no? »

Cercò disperatamente lo sguardo di Chris, ma per ma per quella che sembrò la centesima volta lui lo evitò, impegnandosi scoccare un’occhiata contrariata alla madre, che lo ignorò esplicitamente. « La scelta non è mia » disse semplicemente. Zachary sospirò.

« Allora direi che va bene…? » esitò, ancora non del tutto convinto, ma Gwynne batté le mani forte, e Chris diede un’alzata di spalle.

Zachary sorrise alla donna, ma poi Chris notò il sorriso scivolargli dalla faccia. E ancora una volta, sembrava essere colpa sua.



*



Chris tirò un sospiro di sollievo.

Sembrava che quella cena fosse la più lunga di sempre - sì, più lunga di quella di Natale e Capodanno messe insieme -, ma a un certo punto, quando le mani di Zachary stavano toccando un po’ troppo spesso le sue, e gli occhi di sua sorella lo fissavano tanto da sentire un formicolio su tutto il corpo, finì.

« Cristo » esalò, borbottando, « finalmente. Quante portate erano, quindici? »

« Sei, come sempre » lo informò sua sorella. « Ma erano comunque più deliziose del tuo comportamento »

Katie non gli diede tempo di risponderle, ma segretamente la ringraziò, perché non c’era poi molto da ribattere.

Sospirò, buttandosi nel letto e guardando insistentemente il soffitto come se potesse dargli qualche risposta. Fu quasi sicuro di leggere un gran idiota lungo le crepe delle travi.

Rimase immobile in quella posizione per un bel po’ di tempo, e giusto quando sentì gli occhi farsi pesanti, alcuni colpetti alla porta lo risvegliarono.

Ben, pensò immediatamente, cercando a tentoni la luce per non rischiare di inciampare. Non lo aveva nemmeno salutato, e poteva avere bisogno di-

« Zachary? » mormorò confuso, soffocando uno sbadiglio. « È successo qualcosa? Ben sta bene? »

Zachary non rispose subito, ma spostò il peso del suo corpo da un piede all’altro, evidentemente imbarazzato. « Ben sta russando, a dir la verità. Sono io quello che non riesce a dormire »

« Oh. Mi dispiace, io- non ho portato i cerotti dietro, nella fretta… »

« Non è quello, non importa » lo interruppe l’altro. Sembrava avesse una certa fretta di parlare. « Anzi, in realtà mi aspettavo che mi chiedessi se volevo la ninna nanna »

Chris aggrottò le sopracciglia, interdetto: « Cosa? »

« Cosa? » ribatté Zachary, e tutti e due fecero per parlare, ma lui scosse la testa e gli mise una mano davanti alla bocca.

Chris perse qualche battito, ma tutto ciò che riuscì a fare fu osservarlo in silenzio, in attesa di qualcosa, qualsiasi cosa che-

« Senti, posso entrare? La luce è forte e ho paura di svegliare Ben »

Non aspettò risposta, facendosi largo e ignorando le proteste di Chris, che alzò le braccia incredulo: « Wow, quale altra scusa userai per intrufolarti in camera mia? » sbottò, infastidito.

« Io non voglio- insomma, perché stai facendo così tanto lo stronzo? È un problema di soldi? O Ben ti dà più da fare del solito e non ti sta più bene? »

« Cosa- cosa stai blaterando? » chiese Chris, incredulo. « Sei fatto? » chiese poi sospettoso, avvicinandosi a lui e annusando l’aria.

« Non sono fatto e non cercare di cambiare discorso! » lo rimbeccò Zachary, spingendolo lontano da sé. « È da un po’ che sei silenzioso, e se hai dei problemi si risolvono, ma non voglio che ci passi anche Ben. Quel bambino ti ama, Chris! E io- » si bloccò, sbuffando frustrato.

Era tutto rosso, e nel viso aveva un’espressione di disappunto e… imbarazzo?

Chris trattenne il respiro: « “Tu” cosa? » chiese a mezza voce.

Zachary abbassò le spalle: « Non è importante » mormorò, ma i suoi occhi si appesantirono, e a un tratto sembrò troppo stanco.

Chris sentì una sensazione strana scendergli giù per lo stomaco. Tentò di avvicinarsi, ma Zachary indietreggiò automaticamente, e lui cercò di ripetersi che forse non era andato tutto a puttane, che forse c’era ancora qualcosa, qualcosa da salvare-

« Per me lo è » sussurrò allora, e sperò che bastasse. Sperò che Zachary capisse al volo, che non ci fosse bisogno di dirlo per davvero, perché dirlo ad alta voce lo avrebbe reso troppo reale, e non era sicuro di essere abbastanza pronto.

Ma se c’era una cosa di cui Chris era sicuro, era di non aver mai amato qualcuno come amava Zachary. La facilità con cui il suo cervello gli ripeteva la cosa, lo faceva quasi ridere.

« Ti ho riconosciuto » disse poi, Zachary.

Sembrò quasi una frase buttata sul vago, ma Chris aprì la bocca, e la richiuse immediatamente, cercando di processare ciò che l’altro aveva appena detto.

« Cosa? »

« Ti ho riconosciuto » ripeté Zachary, e quella confessione sembrò fargli perdere un po’ della disperazione che aveva addosso. Si sedette sul bordo del letto, dandogli quasi le spalle, e annuì distrattamente. « Quel giorno, nel mio ufficio. Credo che sapessi che eri tu »

« E non mi hai detto nulla? » chiese Chris, allibito, cercando un contatto visivo.

Zachary lo guardò, curioso: « E cosa avrei dovuto dirti? “Ehi ciao, ti ricordi di me? Sono il tizio con cui eri amico anni fa, no? Il tipo che poi hanno pestato, ma tu te ne sei andato-” »

« Non me ne sono andato. Mi hanno allontanato. Ho cercato di… fare qualcosa. Qualunque cosa » emise uno sbuffo quasi divertito dal naso. « Il tizio era il doppio di me. Nemmeno ricordo il suo nome. Mi sono risvegliato in ospedale. Sono venuto a trovarti, volevo spiegarti che quello che avevo detto… ma ho visto la tua famiglia lì, e… non so. Forse se fossi entrato, tua madre non avrebbe frainteso. Se non mi fossi comportato da colpevole… forse ti avrebbe raccontato. Ma io sono stato codardo, e lei è stata una mamma » alzò le spalle, lasciando andare il lembo della camicia che stava torturando.

Quando osò riposare lo sguardo su Zachary, quello lo stava guardando incredulo.

« Non lo sapevo »

« Zachary- »

« È passato così tanto » disse lui, alzandosi dal letto e passandosi una mano tra i capelli, sfinito.

Lo disse con tanta semplicità che Chris rimase senza parole; non era un lamento, era una constatazione. « Non so più cosa sto facendo. Né perché. Sono così stanco. »

« Zachary, guardami » disse, ma lui scosse la testa provando a sfuggire dalla presa, e Chris sentì la mano bagnata.

« Ho passato anni a odiarti, e invece… invece tu- »

« Zachary » ripeté Chris, in tono fermo, e stavolta non ci fu bisogno di altro, perché Zachary alzò lo sguardo, e altre lacrime si fecero strada sul suo viso.

Chris cercò di sciogliere il nodo che aveva in gola, e sospirò: « Non è colpa di nessuno, okay? Di nessuno »

Zachary non rispose, ma si lasciò andare contro il suo petto e rimase lì, immobile.

Chris fece per dire qualcosa, qualunque cosa, ma poi decise di lasciar perdere; Zachary era tra le sue braccia, e per ora sembrava bastare.



*



Quando Chris si svegliò, il mattino dopo, si ritrovò a sorridere senza un motivo preciso.

Tre secondi dopo, tuttavia, dopo essersi stiracchiato dolorosamente, lo trovò – ed era davvero un bel motivo: Zachary era accanto a lui, le gambe intrecciate con le proprie, e una mano che probabilmente era stata sul suo fianco tutta la notte, finché Chris non si era spostato.

Dormiva pesantemente, e per quanto la tentazione fosse forte, non ebbe cuore di svegliarlo.

Lo stomaco stava reclamando rumorosamente il suo cibo, ma si prese ugualmente qualche minuto per osservarlo, scostandogli una ciocca di capelli ribelle dal viso – la stessa che Chris gli ricordava di mettersi a posto ogni santo giorno.

Cristo, come poteva meritarsi qualcuno come lui?

Dopo ben venti minuti di totale adorazione, decise di alzarsi finalmente dal letto; la casa era ancora silenziosa, segno che con ogni probabilità avrebbe potuto godersi la sua colazione in santa pace.

Fu sul punto di mangiare un cucchiaio di cereali, quando sentì una voce: « Perché c’è Zachary nel tuo letto? ».

Chris sussultò, i cereali finirono all’aria, e sua sorella ridacchiò divertita: « Insomma, non che non me lo aspettassi; stavi sbavando per lui praticamente tutta la serata, ma non credevo che avresti davvero messo in dubbio la tua mascolinità solo per portarti a letto- »

« Abbiamo solo parlato! » protestò Chris, a bassa voce. Katie alzò le sopracciglia, evidentemente valutando se Chris stesse mentendo o meno, ma lui ne approfittò per inchinarsi a raccogliere i cereali dal pavimento, sperando fossero davvero tanti.

« Abbiamo… discusso, circa. Di, uhm, quello che è successo. Cioè, non so bene cosa sia cambiato. Era stanco, non mi andava di forzarlo troppo. Per lui è stato più difficile che per me » concluse, deciso.

Non aveva intenzione di bruciare le tappe, se per Zachary non andava bene.

Chris, d’altra parte, sembrava averle bruciate tutte insieme (una casa, un uomo e un bambino da gestire, anche se per lavoro, non erano cosa da poco), e a una velocità piuttosto elevata, perciò la parola “famiglia” non era più tanto spaventosa. Più o meno.

Katie, si accorse, lo stava guardando quasi con le lacrime agli occhi: « Il mio fratellino » esordì, allo sguardo perplesso di Chris. Poi gli tolse lo straccio dalle mani e lo abbracciò: « Stai crescendo, e stai mettendo la testa a posto; è così strano » piagnucolò, e Chris alzò gli occhi al cielo.

« Okay, okay » sbuffò, battendole una pacca sulla schiena, « non esagerare » l’avvertì, perché Katie era così emotiva che a volte Chris si sentiva in colpa anche senza aver fatto nulla.

Si chiese se fosse un maleficio degli psicologi.



Quando Katie andò al convegno, Chris si ritrovò di nuovo solo, perciò si sedette vicino alla finestra, intento a finirsi la sua colazione e a fissare il cielo, cercando di trovare qualche parola da poter mettere insieme per parlare con Zachary.

Il fatto era che non sapeva bene come ci si comportasse; non era sicuro che un uomo funzionasse diversamente da una donna, nell’aspetto relazione, ma-

Cristo, la cosa stava diventando più complicata del previsto.

Lui non era fatto per quelle cose, per nulla; fare sesso era bello, così bello che Chris non si era mai preoccupato di far entrare qualcos’altro nei suoi rapporti sociali, se non una solida amicizia, ma allo stesso tempo non era convinto di poter sopportare una cosa del genere.

Zachary non era mai stato solo un amico, e forse se se ne fosse accorto un po’ prima – anni, per dire -, non sarebbe arrivato a quel punto.

Per cui, forse-

« Cos’è successo a tua madre? »

Buongiorno, pensò Chris, roteando gli occhi.

Ormai riusciva quasi sempre a prevedere gli arrivi silenziosi di Zachary, ma non era sicuro di potersi abituare alle sue domande scomode.

« Dormito bene? » chiese infatti, sfoderando un sorriso.

Zachary rimase fermo nello stipite della porta, alzando un sopracciglio e incrociando le braccia. Chris cercò di ignorare l’istinto che gli diceva di andare verso lui e baciarlo fino a fargli dimenticare il suo nome.

« Un incidente stradale » rispose, cercando di tagliare corto, ma Zachary annuì, in attesa, e Chris sbuffò, con l’improvviso bisogno di fare il caffè girandosi esattamente da dovergli dare le spalle.

« Una cazzata » disse allora. Cercò di ridere, ma gli uscì solo un verso mezzo strozzato. « Era il mio compleanno, voleva preparare una torta, ma mancava qualcosa. Non mi ricordo cosa fosse, ma lei… mi chiese di andare a comprarlo. E io non ci andai »

La mano gli tremò e l’imbuto della caffettiera cadde dentro il lavandino. Nel silenzio, sembrò un macigno. « Perché dovevo uscire con una ragazza. E quella torta nemmeno la volevo. Suona ridicolo, vero? »

Stavolta la risata uscì, ma troppo veloce perché potesse suonare normale.

All’improvviso, Zachary era dietro di lui, con una mano impegnata a recuperare l’imbuto e l’altra nella sua vita.

Non si aspettava che lo rincuorasse, né che gli dicesse che non era colpa sua. Chris sapeva che obbiettivamente era stato un caso. Se solo avesse saputo-

Ma c’era una parte di lui che non poteva fare a meno di incolparsi, esattamente come continuava a incolparsi per tutte le cose che erano accadute anni e anni prima.

Ma la tranquillità di Zachary lo rincuorava; non lo stava assecondando, la pensava realmente così.

Zachary riuscì a riempire la caffettiera e chiuderla con la mano libera, in un sacro silenzio, per poi accendere il fornello.

Chris lo osservò per tutto il tempo poi sospirò, poggiando la testa nell’incavo del suo collo.

« So cosa ti ho detto ieri » cominciò, tenendo la voce ferma, « e lo penso. Lo penso davvero »

« Ma…? » sorrise Zachary. Chris non poteva vederlo, ma ci fu qualcosa nel tono di Zachary che glielo fece capire.

« Ma » si sforzò di proseguire Chris, « non sono sicuro di riuscire a bruciare le tappe. Sono piuttosto sicuro di quello che mi fai provare, di quello che riesco a provare. Grazie a te » aggiunse, stringendo forte il braccio che lo stava circondando. « Sono anche sicuro che abbiamo perso un sacco di tempo, ma nel viaggio ci siamo dimenticati di dirci un tante cose. Non voglio che questo accada, prima di stare insieme. Ho bisogno di te interamente » cercò di chiarire, e sembrava facile ma allo stesso tempo così difficile.

Zachary stava rispettando il suo distacco visivo, ma lo stava fissando, ne era consapevole. Ma stavolta, non riuscì a capire che faccia avesse.

Perciò decise di smetterla di fare il codardo, e di alzare gli occhi.

Lo sguardo di Zachary era impenetrabile; non sembrava arrabbiato, né felice, né particolarmente turbato o scocciato. Sembrava lo stesse semplicemente studiando, forse per sapere se stava dicendo la verità o mettendo su una scusa per insicurezza.

Questo fece sì che Chris finisse il suo discorso.

« Non sono sicuro al 100% del mio orientamento sessuale. Sono sicuro al 150% di essere innamorato di te. E sono sicuro al 200% di aver provato qualcosa per te sin dal primo giorno che ti ho incontrato.

Sono anche sicuro di voler passare la mia vita con te e Ben, se per te va bene »

Dopo questo, Chris rimase in silenzio, in attesa. Sentì il piede battere in terra a un ritmo accelerato, ma non riuscì a bloccarlo.

Cercò di studiare l’espressione di Zachary, ma quello sospirò a fondo, guardando le frange del tappeto.

« Hai finito? » disse poi, guardandolo, e Chris ebbe appena il tempo di annuire, che si ritrovò le sue labbra contro le proprie.

Zachary lo spinse contro il bordo del lavello, bloccandolo tra il marmo e il suo bacino, e Chris gemette.

Era esattamente come lo aveva immaginato; Zach sapeva di caramello, o qualsiasi cosa fosse, ma era buono.

Fece scivolare la mano sul fianco, le dita che stringevano il maglione che Zachary usava spesso per dormire quando faceva freddo.

« Cazzo » esalò, perché era l’unica cosa che gli veniva in mente, e Zach sembrò prenderlo per un incentivo, circondandogli il viso con le mani e approfondendo il bacio, facendosi spazio nella sua bocca con forza, e Chris si chiese se fosse il caso di vergognarsi dei suoni indecenti che gli stavano uscendo.

« Sì? » sussurrò Zachary, aprendogli le gambe con una delle sue.

« Ricordati- » tentò Chris, tirandogli leggermente i capelli, « ricordati cosa ho- oh »

Zachary emise una risatina divertita ancora incollato alla sua bocca, sollevandolo da terra e portandolo sul ripiano della cucina.

« Cosa stavi dicendo? » chiese, casuale, e Chris sbuffò.

« Ti odio » s’imbronciò, ma Zachary lo zittì per l’ennesima volta, lasciandogli un bacio sul collo, le mani che s’infilavano nella maglietta del pigiama.

Chris rabbrividì, respirando velocemente, e Zachary si bloccò, sorridendo.

« Forse dovremmo davvero rallentare » convenne, e Chris annuì, facendo ondeggiare i piedi con imbarazzo.

« Ehi » fece Zachary, prendendogli il mento, « va bene così. Abbiamo aspettato per anni, possiamo aspettare ancora un po’. Ne abbiamo già parlato, no? »

Gli occhi di Zachary gli trasmisero sincerità e Chris mormorò qualcosa in assenso, dando uno sguardo desolato al caffè sparso per tutti i fornelli.

« Dobbiamo anche abituarci a cucinare al momento giusto; prima o dopo, non durante » scosse la testa, scendendo con un balzo dal mobile e premunendosi di pulire.

Era come certo che sua madre non sarebbe stata tanto felice di trovare caffè bollente persino sopra il legno.

Zachary lo abbracciò al di sopra delle spalle, appoggiandogli il mento sul collo ed emmettendo un verso contrariato: « Mi piacerebbe vederti ricoperto di cibo. Tipo, del miele? Così posso leccartelo da- »

Chris si liberò velocemente dalla presa: « Okay, io vado a chiamare Ben » squittì, e in pochi secondi era già scomparso su per le scale, cercando di smettere di sorridere prima di arrivare alla camera del bambino.




Due mesi dopo



« Dov’eri finito? Hai già visto Ben? Sei riuscito ad augurargli buona fortuna? »

Chris roteò gli occhi, lanciando le chiavi contro il petto del fidanzato, che le prese al volo lanciandogli un’occhiataccia.

« Dove avrei dovuto vederlo, nei parcheggi? Ho preso la videocamera, ma dubito che riusciremo a riprendere qualcosa » si lamentò, avvicinando il binocolo e cercando di scorgere qualsiasi movimento; come parenti di un giocatore avevano il posto in prima fila, ma non sembrava servire a molto.

« Quello è stato perché doveva essere una sorpresa per i genitori. E come vedi, Ben ha pensato a entrambi » chiarì Zachary, prendendogli di mano il binocolo e controllando il campo.

Chris sentì una stretta piacevole al petto; giorni prima Ben gli aveva detto che era fortunato ad averlo nella famiglia, e Chris aveva avuto l’improvviso bisogno di andare al bagno a frignare, chiamando poi la sorella per un quasi attacco di panico per via della totale presa di coscienza della piega che la sua vita stava assumendo.

La cosa non era ancora superata del tutto, e stava diventando sempre più snervante.

Zachary disse qualcosa, ma Chris non lo ascoltò, troppo impegnato a osservare un Ben sorridente entrare in campo e salutarli entusiasta con la mano.

Chris alzò la mano di rimando, e mentre i giocatori cominciarono a scaldarsi, Chris si sedette nel suo posto e si mise a fissare gli hot-dog che Zachary gli aveva passato poco prima.

« Va tutto bene? » chiese l’altro, sedendosi e poggiandogli la mano nella gamba.

Chris la strinse, guardò Ben che saltava sul posto, sistemandosi il casco e ruotando la mazza tra le mani.

« È diventato bravo » commentò, facendo un cenno verso il campo.

Zachary sorrise, sorseggiando la Coca-Cola: « Ha un padre meraviglioso da cui ha preso tutto il talento » scherzò, facendogli l’occhiolino.

Chris inclinò leggermente la testa, mentre l’arbitro fischiava l’inizio della partita, poi sorrise a sua volta: « Sì, è così ».



*



Zachary sfogliò distrattamente il libro di matematica, poi lo chiuse con un colpo secco e guardò Chris: « Hai mai pensato a come sarà la tua famiglia? ».

Chris smise di scrivere e alzò lo sguardo dal quaderno. Guardò il muro davanti a sé per un po’, poi si girò verso Zachary e sorrise: « Ogni tanto penso di averne un’idea ».


 

Note d'autore:


E nulla, finisce qui.

Ora, non so a quanti di voi sia effettivamente piaciuto, quanti avrebbero voluto un motivo di litigio o un finale diverso, o quanti si aspettavano più informazioni- insomma, son quasi sicura che ci sia qualcosa che non va a genio, ma ci tengo a precisare che tutto ciò è stato scritto quasi di getto, e trovare un qualcosa che mi soddisfasse è stato complicato.

Tanto.

Il finale è un qualcosa che volevo infilare per forza, ma avendo scritto le parti al passato in contemporanea con la storia e a sé, non trovavo un posto che fosse adatto per una frase del genere. Ho pensato che alla fine chiudesse il cerchio, perciò ritengo stia bene lì dov'è.

Comunque, vorrei chiarire che alcuni aspetti come l'incidente di Gwynne, il rapporto costruito tra Chris, Zachary e Ben nei quattro mesi mancanti nella storia e anche alcune cose dopo (la dinamica del lavoro di Zachary e il conflitto con la mancanza di tempo nei confronti di Ben, il lavoro di Chris che ovviamente non sarà più quello di baby-sitter, Karl che è importante se non nella storia, almeno nella vita di Chris) saranno chiarite in un progetto che seguirà questo, e che io avevo già incluso a prescindere.

Ora come ora non ho un minimo di tempo (è la storia della mia vita - e anche quella dei Pinto, a quanto pare), devo essere sincera, non so quando riuscirò effettivamente a mettermici. Tengo a questa storia e mi dispiacerebbe vederla rovinata per la fretta.

Per il resto, se avete delle domande o se ci sono delle incomprensioni vi prego di farmele presenti; aiuta me come scrittrice negata quale sono, e voi a leggere qualcosa di accettabile.

Vorrei ringraziare chiunque mi abbia sostenuta, anche solo leggendo (vedo le visualizzazioni, tranquilli) o mettendomi in qualsiasi sezione, a chi si è preso qualche minuto per recensire (potete farlo anche per questo capitolo, non siate timidi) , e MartaSaru che si è dovuta sorbire le mie lamentele sull'incapacità di EFP di funzionare bene.

Grazie, davvero.

A presto, spero, con un'altra storia.

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