Dylan & Famiglia

di Ave_0810
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Dylan&Famiglia- Prologo pt. 1 ***
Capitolo 2: *** Dylan&Famiglia- Prologo pt.2 ***
Capitolo 3: *** Dylan & Famiglia- Prologo Pt.3 ***
Capitolo 4: *** Dylan&Famiglia- Prologo pt.4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 1 ***



Capitolo 1
*** Dylan&Famiglia- Prologo pt. 1 ***


Prologo -parte prima-
 
 "Sono in ritardo, ancora!" 
"Allora perché non imposti la sveglia?"
"Perché devo mettere la sveglia quando puoi svegliarmi tu?"
"Perché dovrei svegliarti io quando puoi farlo da sola, con una sveglia sul telefono?"
"Ma' sei impossibile, ti ho chiesto solo di accompagnarmi a scuola."
"E io ti ho detto che devo andare a lavorare."
"Non puoi, semplicemente, saltare?" 
A questo punto la donna si voltò verso la figlia con uno sguardo di rimprovero. Sospirò prima di riprendere il discorso. 
" No, non posso 'semplicemente' saltare, tesoro"
Il tono stanco che usò fece  finalmente desistere la figlia dal ribattere ancora una volta.
La ragazza si voltò e si incamminò verso le scale, dove aveva poggiato lo zaino. 
"No?" Chiese una voce alle sue spalle. La ragazza gettò uno sguardo al fratello e fece una smorfia, pensando all'ennesimo ritardo che le avrebbero segnato. Il ragazzo invece era molto più tranquillo, si passò le mani fra i capelli castani e si apprestò a raccogliere una felpa caduta sul pavimento, lanciandola sull'attaccapanni li di fianco. 
A vederli, nessuno avrebbe detto che quei due fossero gemelli. Non si assomigliavano per nulla. Lei era praticamente il suo opposto, con i capelli castani chiarissimi e una corporatura fragile e per nulla intimidatoria. La parola che il fratello usava per descriverla era "innocente" troppo per essere persino sua sorella. Lei invece evitava accuratamente di parlare del suo gemello quando era a scuola. Era piuttosto imbarazzante ammettere di essere la sorella di uno con una fedina scolastica zeppa di infrazioni alle regole. 
"No." rispose cupa lei, aggiustandosi i capelli castani dietro le orecchie paonazze. 
"No, perché devo lavorare, ragazzi" la madre spuntò all'improvviso alle spalle della giovane, con una pesante valigetta in pelle fra le mani. 
"Capito." rispose il ragazzo, sembrava non gli importasse più di tanto essere in ritardo, almeno non quanto importasse alla sua gemella. 
La donna sorrise leggermente e baciò i figli minori sulla testa, li abbracciò e poi si incamminò con passo felpato verso l'enorme cortile della lussuosa residenza. 
"Deve lavorare." osservò il ragazzo. "Non può stare ai nostri comodi."Le disse sollevando le sopracciglia e prendendo le scarpe da dietro la scalinata. 
"Lo so. Vorrei solo che tu mi appoggiassi a volte." sospirò lei rivolta al fratello. Si appoggiò allo stipite in legno del corridoio, aspettando che l'altro finisse di mettersi le scarpe.  
Lui si rialzò barcollando leggermente per poi raggiungere la sorella. 
"Io sono sempre dalla tua parte, sis. Sono il tuo gemello, dannazione! Che figura ci farei?" 
"Non lo so, magari sembreresti forte per alcuni" rise lei. "Il fratello maggiore che impone la sua volontà su tutti gli altri." riprese quando varcarono la porta. 
Lui annuì pensoso, e rimase in silenzio fino a quando non raggiunsero la macchina nel cortile. Una Cadillac grigia parcheggiata all'ombra di un enorme albero frondoso. il papà l'aveva regalata ai Gemelli per il loro compleanno, senza ovviamente preoccuparsi che nessuno dei due avesse la patente. 
Così avevano una macchina, sapevano guidarla, ma non potevano farlo senza il rischio di prendere una multa. 
Certo, Avevano provato a farlo una volta. Erano riusciti a guidarla facendo a turno per mezza città e ritorno, ed era stato fantastico. Peccato che al loro ritorno la madre era andata su tutte le furie, sequestrando loro le chiavi fino a quando non avessero avuto la patente. Una vera patente, aveva specificato. 
Dylan tirò fuori le chiavi dalla tasca del giubbotto, mostrandole fiero alla gemella. 
"Non ci credo che sei riuscito a prenderle!" Sgranò gli occhi eccitata e si protese in avanti per afferrare le chiavi, quando il fratello le allontanò da lei. Rise gustandosi l'espressione ferita di lei. 
"Guido io, sono molto più bravo di te in questo."

"Solo in questo." Ribatté l'altra entrando in macchina.

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Capitolo 2
*** Dylan&Famiglia- Prologo pt.2 ***


"Mi sembrava strano che avessi desistito così in fretta dal convincere la mamma a non accompagnarci... Non puoi andare più veloce?"
Sbuffò lei esasperata rivolta al gemello, che guidava con meticolosa attenzione lungo la strada che portava al centro città. 
"No, non posso. Sono quasi al limite stabilito. E ciò significa che se vado più veloce mi fermano e chiamano Mamma e Papà." rispose lui stringendo il volante tra le mani. 
"Non sarebbe la prima volta..."
"Per me? Certo che no. Ma per te? La figlia perfetta che guida senza patente e supera i limiti di velocità. Accattivante." Dylan inarcò un sopracciglio rivolto alla gemella, quasi a prenderla in giro. "Smettila Dy... e a me è successo una volta!" esclamò soddisfatta lei mentre il fratello prendeva a ridere sguaiatamente. "Eri con me, sis. Io ti ho costretto a farlo, non vale" esclamò ancora ridacchiando. 
"Come vuoi" lei incrociò le braccia, e si voltò verso il finestrino, evitando lo guardo del fratello. 
Lui la lasciò perdere per un po', continuando a guidare lungo la strada che nel frattempo aveva iniziato ad affollarsi, lanciandole occhiate a momenti alterni. 
Non era la prima volta che non gli parlava, avevano i loro momenti anche loro, dopotutto. Non era possibile essere sempre rose e fiori con la gemella, era una tipa permalosa quando ci si metteva...Certo però che non avevano mai litigato veramente. I litigi finivano sempre con uno dei due che si arrendeva per non peggiorare le cose, e questo era un bene. Per lui era quasi doloroso litigare con la sua gemella. Sentiva un peso costante sul petto, che gli impediva di pensare ad altro se non al litigio, come a ricordargli che lei era importante. Ma non aveva certo bisogno che qualcuno gli ricordasse una cosa del genere, lui lo sapeva benissimo. Ed era sicuro che anche lei provasse quella sensazione. 
"Quindi stai dicendo che non faccio mai nulla di rischioso." Affermò ad un tratto la ragazza, girandosi verso di lui.
"Non ho detto quest""Certo che lo hai detto" lei lo interruppe, alzando la voce quasi senza rendersene conto. 
"Non dire di no!" 
"Non ho detto questo, sis... Solo, dovresti buttarti ogni tanto. Non che tu non lo faccia, ma..." 
"Si si certo. Ho capito." Lo interruppe di nuovo,   gesticolando animatamente con le mani e questa volta non parlò fino a che il fratello non parcheggiò nel cortile della loro scuola. 
"Divertiti!" le urlò il fratello dalla macchina mentre lei si avviava verso l'entrata della struttura. 
"Anche tu..." sibilò mentre spingeva la porta a vetri dell'imponete struttura.
Lui non sarebbe andato oggi. Così come per il resto della settimana, comunque.
Ogni anno saltava la prima settimana assieme al suo gruppetto di amici, era una sorta di tradizione a cui lui adempiva ciecamente da quando aveva conosciuto Olivia.
"Dov'è Dy?" Questa volta era almeno riuscita ad arrivare al suo armadietto prima di sentire la domanda.
Ogni anno non appena entrava le ponevano la fatidica domanda. 
E lei come ogni anno : 
"Fuori." Rispose atona chiudendo l'armadietto di scatto.

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Capitolo 3
*** Dylan & Famiglia- Prologo Pt.3 ***


La ragazza che glielo aveva chiesto annuì distrattamente, come se si aspettasse una risposta del genere, e si allontanò senza degnarla di uno sguardo. "Wow." Affermò una voce dietro di lei. La ragazza si voltò, per nulla sorpresa da quell'intrusione improvvisa e salutò il ragazzo con un cenno del capo. Lui si chinò accanto a lei, per aiutarla a raccogliere i quaderni che le erano scivolati dalle mani.  "Ho una sorta di dejavù... è possibile che io mi stia sbagliando, secondo te?"  Disse ancora il ragazzo mentre si rialzava con le braccia cariche di fogli stampati. "Nessuno sbaglio, Mal. Abituati, succede ogni anno." rispose lei con un paio di quaderni stretti in mano. L'altro fece un verso esasperato "ogni anno sempre la stessa cosa, non ci posso credere. Secondo te è il loro modo di augurarci buon anno scolastico?" "Non ne ho idea." rispose lei avviandosi per il corridoio con l'altro alle calcagna. "O forse si divertono a prenderti in giro." continuò lui, seguendola mentre gironzolava alla ricerca della classe giusta. "E perché mai dovrebbero farlo?" Si spazientì lei, sentendolo accusare ingiustamente il gruppo del fratello ancora una volta. "Lo sai il perché." "È storia vecchia, Mal. Smettila di cacciare sempre fuori l'argomento, non è colpa di Olivia." "Ma lei.." lui tentò di protestare, di farle capire quanto fosse ingenua a credere che il gruppetto del fratello avesse dimenticato la sua bravata, ma lei lo interruppe, fermandosi in mezzo al corridoio "per favore." Gli disse, sembrava esausta. "Possiamo per favore lasciar stare l'argomento?  Non voglio litigare con te proprio oggi." continuò lei, mentre per i corridoi i ragazzi iniziavano a lasciare gli armadietti per avviarsi in classe. Mal tentennò un poco. Era la sua migliore amica, non sopportava vedere quegli idioti prendersela con lei; avrebbe voluto continuare a parlarne con lei, urlarle di svegliarsi, di smettere di essere così buona e dolce e di prendere a parole il fratello. Ma non ci sarebbe riuscito comunque, e questo lo sapeva. "Ok." rispose solo. "Sicuro?" "Certo che si." "Sicuro Sicuro?" chiese ancora una volta lei. "Sicuro." Le assicurò Malcolm dandole una leggera spallata. Lei rispose al colpo con altrettanta forza, tentando di spingerlo verso gli armadietti del corridoio. l'altro rise del tentativo fallito, e la spinse un po' più forte, facendola quasi finire addosso ad una coppietta. La ragazza si scusò per poi colpirlo irata, con un colpo che lui non si aspettava, scatenando la loro consueta gara di spallate di inizio anno scolastico. Le risate vennero interrotte dal suono della loro campanella,  simile a quello di un allarme antincendio perfora-timpani, di quelli che si vedono solo nei film ambientati nelle carceri di massima sicurezza. Dalla fine del corridoio una ragazza prese ad agitare in alto le braccia, cercando di attirare l'attenzione dei due. Fortunatamente Malcom la vide quasi subito, e fece segno all'amica di fermarsi, indicandole la ragazza. Lei sorrise "Ci vediamo." gli disse rifilandogli un ultima spinta. "Quando?" Chiese lui ridendo. "Dopo, idiota." rispose lei prima di girarsi e correre verso la fine del corridoio.

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Capitolo 4
*** Dylan&Famiglia- Prologo pt.4 ***


"Ti stavi sbracciando" rise lei. Era piuttosto sollevata, si vedeva chiaramente dal suo viso, disteso in un sorriso caldo e rassicurante. Le lezioni avevano una sorta di potere calmante su di lei. Certo, era piuttosto strano sentirsi rilassati dopo sei ore rinchiusi in un aula esagonale, con delle sbarre alle finestre e in compagnia di sei professori rinsecchiti diversi che occupano l'ora per farti una morale su come avresti dovuto spendere il tempo delle vacanze estive, ma era solo una delle poche cose strane in lei. "Ero preoccupata." Sbuffò la ragazza bionda che usciva in quel momento dall'aula " L'altro anno per quell'idiozia..." "la gara di spinte?" L'interruppe l'amica con tono innocente. La bionda soffiò dal naso, e le puntò l'indice contro, abbassando notevolmente la voce, fino a sibilare "Si." continuò "Per quella dannata gara di spinte, sei arrivata in ritardo ed io sono finita vicino Fletcher. Dico Fletcher. E non un qualunque Fletcher. Ma Caleb Fletcher." L'altra si pose una mano sul cuore con una smorfia compassionevole "Oh no, perdonami ti prego." esclamò scimmiottando il tono dell'amica. L'altra inarcò le sopracciglia, tentando di nascondere il sorriso che le inavvertitamente arrivato alle labbra, "No, credo che non lo farò."detto questo si allontanò verso uno dei fuoristrada parcheggiati nel cortile della scuola, lasciando l'amica sull'ingresso dell'istituto."Sono a casaaa!" Urlò per farsi sentire dall'ingresso della villa. Aspettò in silenzio l'arrivo di una qualche risposta che non arrivò e corse in cucina, lasciando le scarpe sulla soglia della porta. Si avvicinò al frigo, setacciandone la superficie alla ricerca di un qualche messaggio. Nulla. Leggermente preoccupata lo aprì, evitando accuratamente di schiacciare una delle calamite attaccate sul frigo. Trovò una ciotola di pasta fredda, un piatto di carne, anch'essa fredda, del succo di arancia, bottiglie d'acqua e oh! Una fetta di torta alle mele. Era allergica alle mele. Chiuse esasperata il mobile. Aveva fame, e non poteva mangiare praticamente nulla. E la mamma era magicamente scomparsa, senza lasciare neanche un messaggio per lei. Non sapeva se arrabbiarsi oppure preoccuparsi perché non l'aveva avvertita del doppio turno. La mamma era una poliziotta. Una di quelle brave. E a volte la costringevano a fare dei doppi turni oppure a dilungarsi alla centrale, ma in certi casi la mamma l'avvertiva con un messaggio di carta. Lo metteva sul frigo, per l'appunto, oppure sulla sua auto. Ma l'auto non c'era perché l'avevano presa loro, quindi la mamma si era di certo accorta che quella mancava dal garage. "Dio no!" Corse nel garage a piedi scalzi e sollevò il tendone nero che avrebbe dovuto coprire l'auto. Al posto dell'auto, come si aspettava, c'era un bigliettino giallo e una multa a nome dei gemelli. Li prese entrambi e lesse velocemente il messaggio della mamma. Doppio turno, come aveva previsto, e il vicino aveva qualcosa per lei. Chiamò velocemente Dylan per avvertirlo della mamma, ma non rispose e partì invece la segreteria telefonica.

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Capitolo 5
*** Capitolo 1 ***


Era confusa, Dy aveva sempre il cellulare acceso. Per le emergenze. E non appena la sorella gli telefonava, rispondeva immediatamente. Sapeva che lei non telefonava mai a vuoto. Posò il telefono sul tavolino e mise a tacere quella crescente ansia che si stava lentamente impossessando di lei. Perlustrò la casa, vuota senza i suoi fratelli e sua sorella maggiore a correre fra i vari corridoi e stanze dell'enorme fabbricato. Stanca di girare e con un leggero languire allo stomaco, si girò e si incamminò in direzione della porta principale. La mamma aveva accennato ad una cena che la vicina aveva tenuto in caldo per lei, e non vedeva l'ora di saziare quella fame che la stava divorando. La signora della casa difronte era una donna dolce e premurosa, che aveva superato già da tempo la cinquantina ma non lo nascondeva affatto. Era orgogliosa della sua età e considerava un sacrilegio nascondere quei segni lasciategli dal tempo in così tanti anni. Era leggermente paffuta e dal viso rotondetto, colpa del suo rifiuto ad ogni dieta e ogni esercizio fisico che le avevano imposto quando era ancora molto giovane. Era stata la sua tata e quella del fratello fino ai tredici anni, fino a quando beh non erano stati capaci di prendersi cura di loro stessi da soli. O meglio fino a quando Dylan non aveva distrutto la casa della signora Hiller organizzando la sua prima festa con over 18 inclusi. Senior che stavano cercando matricole a cui poter passare il testimone una volta all'università. E il gemello aveva passato a pieno la selezione, ricevendo due denunce per disturbo della quiete pubblica, distribuendo barili di alcolici, e riuscendo a far partecipare alla festa anche varie ragazze provenienti da facoltà differenti, straniere alla ricerca di divertimento e universitarie che cercavano solamente un posto per sbronzarsi. A soli tredici anni il suo gemello era diventato, assieme al suo gruppo, uno dei gradassi del college, che si apprestava a frequentare il settembre immediatamente successivo a quell'estate scatenata. A causa della festa, la signora Hiller si era vista costretta a chiamare degli uomini per rimetterle apposto il muro del soggiorno, la staccionata nel piccolo cortile, e i vari mobili graffiati o ammaccati durante quella notte. Nonostante le proteste della mamma, non si era affatto alterata per il suo comportamento, lo giustificava anzi. Ma ammise anche di non poter più occuparsi di loro, erano fatti troppo grandi per poter essere limitati da un adulto. Suonò più volte al campanello dell'accogliente villetta color ocra che si affacciava direttamente sulla strada appena asfaltata. Aspettò con calma che aprisse la porta, vagando con lo sguardo sui vasi colorati appesi alle finestre che incorniciavano la porta. Sentii uno scatto, e si voltò velocemente verso l'entrata, finendo a sbattere contro qualcosa. Dio, la porta! Si allontanò di qualche passo, sfiorandosi la fronte con una mano. -Ahi?-una voce maschile di fronte alla ragazza, con tono scherzoso le fece alzare di scatto lo sguardo. No, non era una porta. Arretró di un passo, allontanandosi dal bellimbusto che era appoggiato con nonchalance alla porta della vicina. Rimase di stucco per qualche secondo, ammirando il ragazzo senza maglietta che le aveva aperto la porta. Capelli scuri, scompigliati dopo una notte di sonno, e due occhi verdi da capogiro che incorniciavano un viso dai tratti molto affilati. Per non parlare poi degli addominali. Avrebbe potuto andare in palestra degli anni e non ottenerne di così definiti. Forse si faceva di steroidi. Lo squadrò da capo a piedi, notando che sembrava essersi appena svegliato, nonostante fosse pomeriggio inoltrato. Probabilmente aveva saltato le lezioni, come il gemello. Si schiarì la voce, simulando un colpo di tosse. E dopo essersi data una rapida occhiata nel vetro della finestra, si decise a parlare. -Scusa?- disse con voce incerta-Non volevo andare a sbattere contro... cioè non ti ho visto. Pensavo fosse la porta...-farfugliò imbarazzata- comunque, stavo cercando la signora Holl-Mia zia non è in casa.- la zitti lui, interrompendola. Rude. E Maleducato. -Mia madre le ha lasciato una cosa per me...ne avrei bisogno.- gli rispose leggermente indispettita. -Ahh... intendi la busta della spesa che è nella cucina?- lui alzò le sopracciglia, e la guardò cinico- Aspetta qui- le fece segno di rimanere ferma sulla soglia. Come aveva già detto, Maleducato. Si chiese come un tizio così potesse essere imparentato con una donna dolce e paziente come la signora Hollan. Forse non erano davvero parenti... -La tua busta.- le lanciò dalla porta una busta azzurra con un logo giallo al centro, che lei riuscì malamente a prendere al volo. "Ma che diamine di problemi c'ha sto ragazzo? Non è normale." Quasi quasi non lo salutava neanche, così s'imparava a trattarla così. -Grazie mille.- disse a denti stretti, alzandosi con la busta fra le braccia. Lui le fece un cenno di assenso, voltandosi per tornare in casa, mentre lei scendeva le scale della villetta. -Lo vuoi un consiglio?- la voce del tizio, sempre privo di maglietta, la fece voltare all'altezza della cassetta postale. "No, grazie." -Beh, se fossi in te...-cominciò con un lieve sorriso- non la mangerei tutta quella roba. Rischi dei diventare, beh- mimò con le mani una pancia gonfia e ingombrante, gonfiando le guance e barcollando come se facesse fatica a camminare. Rise di gusto difronte all'espressione incredula della ragazza. Lei si girò, rossa come un peperone, e si incamminò velocemente verso casa sua, mentre il ragazzo continuava a ridere dietro di lei. -Ci si vede in giro, vicina- lo sentì urlare. "Ma speriamo di no." Era stata una delle conversazioni più imbarazzanti che avesse mai avuto. Dio, sperava di non ritrovarselo in giro. Anzi sperava di non incrociarlo proprio più. Era... era così imbarazzata e incredula che non riusciva neanche a esprimersi, dannazione! Tornò in casa, accasciandosi contro la porta. Voltò lo sguardo verso lo specchio dell'ingresso. Era così imponente, si sentiva scoperta e vulnerabile davanti a quello specchio, al buio. Poteva vedere chiaramente tutti i suoi difetti. Si sollevò, in modo da essere davanti lo specchio. Sfiorò la pancia con la punta delle dita, e guardò negli occhi il suo riflesso. Non era grassa, era normale. Si voltò, notando una strana luce nello sguardo del suo riflesso. Incertezza, magari? Lo era, punto. Il medico le aveva detto che era perfettamente nella norma. Si alzó da terra, trascinandosi fino alla sua stanza, per poi buttarsi sul letto. Era nella norma, e ció significava che non era grassa.

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