La nostalgia di Billy Moore

di Surlaplanche
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Berlino - Danzica ***
Capitolo 2: *** Danzica - Varsavia ***
Capitolo 3: *** Varsavia - Vienna ***
Capitolo 4: *** Vienna - Budapest ***



Capitolo 1
*** Berlino - Danzica ***


Partecipante alla challenge Ticket to Ride di TortaMillefoglie
Autore: Surlaplanche, pedina rosso-bordeaux
Titolo: La nostalgia di Billy Moore
Tratta: Berlino - Danzica
Biglietto Destinazione: Berlino - Mosca
 



1
Berlino - Danzica

Una delle cose che mi chiedono spesso quando parlo di cosa sto facendo è perché.”
Billy Moore, spaparanzato su una rovinatissima poltrona bordeaux, preme energicamente il tasto forward, mentre fuma una sigaretta ormai arrivata al filtro.
Non gli ha mai dato fastidio vedere il suo ciuffo rosso sul piccolo schermo, sul computer fisso, sul portatile... si mette davanti a una telecamera ogni Sabato mattina, solitamente per distrarsi dal post-sbornia della sera prima. Ha sempre queste occhiaie profonde, violacee, e il viso così sciupato da invecchiarlo di almeno cinque anni.
Essendo una persona nostalgica, utilizza ancora i DVD. Dice che lo aiutano a organizzare meglio la cronologia del suo esperimento.
“Cosa dovrei rispondere, alla fine? Non sono forse cazzi miei?”
Sia nel televisore che nella realtà, Billy ride imbarazzato, pensando a quanto possa essere ignorante.
“Non c’è niente di male nel buttarsi a capofitto nei vecchi ricordi. Voglio dire, non sono forse felici anche loro di vedermi?”
Butta la sigaretta a terra, mentre si slancia per estrarre il disco dalla televisione.
Quando il telefono squilla, però, il redhead si butta sul comodino.
“Pronto?” chiede, energicamente.
Nel momento in cui sente quella voce squillante, nella testa di mister Moore esplodono dolci ricordi liceali.
Billy? Sono Antoni, ho ricevuto la tua mail.”
Billy si muove nella sua stanza d’hotel, emozionato come un bambino davanti a un lunapark.
Si mette alla ricerca di un paio di pantaloni puliti da mettere sapendo che, disordinato come è, sarà un’impresa più che ardua.
Trovo il tuo progetto molto interessante. Ed è da un po’ che non ti vedo, quindi count me in.”
Appena sente odore di bruciato, il giovane Moore si volta.
Cosa sono stati? Sei anni tipo? Eravamo in terza liceo!
La poltrona sta andando a fuoco.
“Dove ti trovi al momento?” chiede Billy, facendo finta di niente.
Mentre urla internamente cercando con lo sguardo l’asciugamano bagnato usato poche ore prima, si segna mentalmente le risposte del suo ex.
Quando adocchia i DVD e la loro vicinanza al fuoco, lascia cadere a terra il telefono e corre verso la tivù.
Nel tentativo di afferrarli, però, gliene cadono due a terra.
“Merda, merda, merda!” urla, ormai in preda al panico.
“Billy? Tutto bene?”
Entra un lobby boy molto esile, che sembra appena uscito da una scena distorta di Grand Budapest Hotel; nel momento in cui attiva l’estintore che ha tra le sue gracili manine da fanciulla, quasi cade all’indietro.
Riesce a coprire le fiamme dopo vari tentativi, mentre Billy era intento a raccogliere i DVD, ma ogni volta che ne riprendeva un paio, altri precipitavano dalle sue braccia. Un po’ come quando, da piccolo, doveva portare tutti i suoi vestiti sporchi dalla sua stanza alla lavatrice del piano di sotto.
“Al nostro ragazzo piacciono molto i propri DVD, vedo...” dice il lobby boy, togliendosi un guanto e accarezzandosi la fronte accaldata.
Billy Moore, ancora a terra: “Fottiti.”
A quelle parole, il silenzio e il gelo prendono vita in quella piccola stanza malmessa.
“Ti togliamo la caparra.”

Di nuovo in stanza da solo, Billy sta volando tra le diverse offerte last-minute per dei bus verso Danzica, dove si trova Antoni. In parte, il nostro piromane in erba è dispiaciuto di sapere che l’exchange student di uno dei suoi ex-licei preferiti sia rimasto a vivere nel suo paese, ma dall’altra è elettrizzato all’idea di vederlo e di poterlo fotografare.
Mancano alcune settimane alla prima personale di Billy Moore, a Mosca.
Il progetto che voleva installare, però, non lo soddisfava pienamente. Per quanto il tema del lunapark abbandonato nella periferia di Bournemouth abbia un che di artistico, corrotto e angoscioso, quelle immagini non rappresentano appieno il fotografo e la sua essenza.
Quegli scatti non hanno vita, non hanno una vastità di emozioni, interpretazioni e libertà.
Moore sta facendo una pazzia, ma non può più tornare indietro: ha distrutto le foto della sua prima collezione e ne sta riformando un’altra da capo.
Per fortuna – o sfortuna, dipende dai punti di vista – l’agente di Billy è uno dei migliori al mondo, ed è riuscita a convincere i titolari del Multimedia Art Museum ad avere pazienza.
La domanda è quindi ovvia: come ha fatto un ragazzo così giovane a entrare in contatto e addirittura a diventare cliente della signora Boljkovac?
Semplicemente, suo padre ha contatti con mezzo mondo. Billy avrebbe potuto decidere di diventare un cantante e avrebbe avuto i migliori coach e agenti musicali al mondo. Poliziotto, medico, avvocato, cowboy... poteva essere qualsiasi cosa. Ha scelto la fotografia.
Il papi è sempre stato la scorciatoia di Billy.
Fino a due settimane fa.
Da quando ha mandato a puttane le sue inquietanti fotografie di montagne russe distrutte e ricoperte di melma verdognola, suo papà ha deciso di lasciarlo andare da solo. Nessun aiuto finanziario, nessun vizio... sarà a Mosca a vedere la personale di suo figlio, se gli sarà passata l’incazzatura.
Il Multimedia di Mosca è un contatto importante e Billy lo sta mandando all’aria.
Nonostante ciò, lui non demorde. Ha fiducia nel suo nuovo progetto e non vede l’ora di concluderlo.
Non manca più così tanto, dopotutto.
Preso il biglietto per Danzica, il giovane Moore comincia a chiedersi cosa sappia sulla cultura polacca a parte il nome di quel musical sulle sirene cannibali che ha guardato col papi a Cannes, nel lontano 2015.
Con un innocente sorrisino in volto, si ricorda di Antoni.
Almeno di lui sa qualcosa.
A Billy piace pensare che quando comincia a conoscere bene una persona che abita in un altro stato è come se parte del suo carattere e della sua cultura entrassero in lui.
In fondo, Billy ha dovuto spostarsi molte volte per il lavoro del papà, da periodi che andavano dai pochi mesi ai diversi anni. Non ha ancora ben capito cosa faccia esattamente suo padre, sa solo che è una professione che paga bene, quindi ha imparato a non lamentarsi troppo.

Mentre una canzone de La Femme viene rovesciata fuori dai suoi auricolari, Billy Moore batte il piede a ritmo.
La pioggia copre le superfici di Berlino, ma non riesce a fare lo stesso con i rumori urbani, soprattutto per quel che riguarda i marciapiedi e le fermate dei bus.
Billy ama ascoltare la musica francese perché ha dei bei ricordi di quel Paese. Per esempio, ha condiviso dei bei momenti a Montpellier, quando è andato a far visita al suo amato Quentin. Era dieci giorni fa.
Orecchie a sventola coperte da un cespuglio biondo, un accento che è la fine del mondo e un adorabile spazietto in mezzo agli incisivi frontali. Un neo sopra il capezzolo sinistro, un leggero strabismo di Venere e nove dita invece di dieci. Piccolo incidente con l’affettatrice.
Perso a ricordare le fantastiche foto che gli ha scattato e a guardare il cielo scuro della capitale tedesca, Billy si accorge troppo tardi che il bus diretto a Danzica ha chiuso le porte e ha appena lasciato il parcheggio del ritrovo.
Comincia a correre, a urlare “Fahrer[1] a ripetizione, con le sue due pesanti borse nelle mani e un vento fortissimo a colpirlo in petto, come se avesse l’intento di rallentarlo.
Quando il bus si ferma, dopo quei dieci metri, Billy Moore cade a terra a causa della sua tremenda respirazione.
“Col cazzo che smetto di fumare” si ripete più volte, mentre sale sull’autoveicolo.
Lo aspettano sei ore di viaggio, perciò si appisola nella prima fila di posti, dato che verso il fondo del bus ha intravisto diversi personaggi un po’ inquietanti e poco raccomandabili.
Incrocia le braccia, usando il suo giaccone beige – ormai fradicio – come coperta.
Le gocce attaccano i finestrini, come per tranquillizzare Billy, intento a riprendere fiato.
L’idea del fallimento lo perseguita ogni notte.
La sua collezione di fotografie potrebbe non essere così intensa e originale come crede.
Sono solo dei ragazzi nudi, in fondo. Dei froci con cui Billy ha passato dei momenti e che ha voluto far riaffiorare.
Billy sta cominciando a sentirsi un idiota.
Sta imparando l’autocritica.
Era ora.

[1] Fahrer: Autista in tedesco

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Capitolo 2
*** Danzica - Varsavia ***


Partecipante alla challenge Ticket to Ride di TortaMillefoglie
Autore: Surlaplanche, pedina rosso-bordeaux
Titolo: La nostalgia di Billy Moore
Tratta: Danzica - Varsavia
Biglietto Destinazione: Berlino - Mosca



2
Danzica - Varsavia
 
Come in un carnevale particolarmente vivace, la facciata di case colorate sulla riva del mar Baltico osserva Billy Moore come lui osserva loro, forse un po’ nostalgico del suo periodo a Venezia o ad Amsterdam, rispettivamente con Yuri e James.
Il momento peggiore di tutto questo progetto fotografico arriva sempre quando il fotografo inglese deve attendere l’arrivo delle sue muse, delle sue ninfe del XXI secolo, seduto da qualche parte con l’immancabile sigaretta accesa tra le labbra: non sa mai come saranno diventati, da che angolo spunteranno e tantomeno se si presenteranno. E, ancora più interessante, come approcceranno lui e la sua fotocamera.
Viaggiare così a zigzag è faticoso, soprattutto da quando il papi ha deciso di non sborsare più un centesimo per le pazzie del figlio; sprecare un biglietto da cinquanta euro e, di conseguenza, un’intera tappa, potrebbe diventare presto un problema per il giovane Moore.
Nel momento in cui scoccano le sei di sera sull’enorme campanile di fronte a lui, Antoni Kamiński appoggia la sua mano sulla spalla di Billy.
Indossa un cappotto nero intento a coprire un cardigan di lana un po’ rovinato e una camicia stropicciata. Ha gli occhi pieni di vita come quando aveva quindici anni; ha giusto aggiunto un piercing al naso e un’infinità di peli in volto.
Forse per la sorpresa di vederlo così simile a quando lo aveva conosciuto al liceo, forse perché si rende conto che in questa situazione c’è poco da dire, Billy Moore tace, gela di fronte a una delle sue prime cotte adolescenziali e, di conseguenza, una delle più potenti che abbia mai provato.

 

Non è la prima volta che il silenzio inonda le menti di Billy e dei suoi ex: più risalgono all’inizio delle sue esperienze sessuali, più è difficile trovare qualcosa in comune tra loro dopo così tanti anni.
Ad Antoni piace il silenzio, però: sia chiaro, non è che non riconosca l’imbarazzo dell’intera vicenda, ma ricorda benissimo quando stava zitto di fronte ai monologhi di un Moore liceale che gli mostrava alcuni dei suoi primi scatti. Parlava con delle stelle cadenti nei bulbi oculari, la bocca semichiusa tipica di chi è pronto a difendere la propria arte a tutti i costi. Antoni ha dei bellissimi ricordi di lui, almeno per il periodo in cui era in exchange al Winton Arts and Media College, a Bournemouth.
Si erano conosciuti al club extracurricolare di scrittura creativa in un umido giovedì di Settembre.
Antoni Kamiński non è solo un ottimo studente, ha anche una vena creativa molto forte e incredibilmente compatibile a quella di Billy Moore.
La loro storia era inevitabile: dai primi sguardi interessati nelle aule e nei corridoi alle sveltine nella camera degli host parents[1] di Antoni, si respirava una sorta di complicità e stima reciproca che ha stupito entrambi per sei mesi.
“Sai cosa?” esordisce il ragazzo polacco, grattandosi il mento.
Billy, che gli cammina di fianco con le mani nelle tasche, volta la testa per guardarlo.
“Dicono sempre che ci sono tre cose da non fare durante un exchange program: fingerti qualcun altro, sprecare l’esperienza e, soprattutto, innamorarti.”
“Avevano ragione?” chiede il fotografo, interessato.
Antoni ride, alzando il cranio verso il cielo, la cui visione viene tagliuzzata dalle chiome di diversi alberi giganti.
“Certo. La cosa che mi sono sempre chiesto è perché non l’hai fatta morire così, appena sono tornato a casa.”
Mentre estrae la fotocamera, Billy quasi sobbalza a quell’affermazione.
Il vento li colpisce, proprio ora che il silenzio era stato limitato ad alcune pause tra una battuta e l’altra.
Antoni si toglie il cappotto e lo lascia cadere sull’erba, coperta di mozziconi e piccole rocce.
“Mi piacevi molto” risponde Billy quando anche il cardigan, la cintura e la camicia colpiscono terra, come una pioggia fine, elegante.
Le spalle di Antoni sono ricoperte di tatuaggi neri, alcuni più sbiaditi di altri, ma nei suoi movimenti c’è una sicurezza e una signorilità che Billy non riesce proprio a non immortalare. Non si fa nemmeno distrarre nel momento in cui, come un albero in inverno, Antoni si ritrova spoglio di tutto.
In mezzo agli scatti, cerca di ripassare mentalmente gli aneddoti che hanno caratterizzato la sua storia con quel ragazzo così simile a lui, con l’unico difetto di essere nato in un paese diverso, a quasi 1800 chilometri di distanza.
“Non sei mai venuto a trovarmi, almeno prima di ora” risponde Antoni, appoggiando le mani sulla sua nuca: “Ci siamo visti per un progetto sugli ex ragazzi, ma non per un caffè. Sono passati otto anni, Billy. Nemmeno un ciao mi sono meritato?”
Billy si chiede perché, se proprio la sua assenza lo ha irritato così tanto, ha voluto aiutarlo per questa mostra fotografica.
“Lo sto facendo per l’arte, perché so che hai talento e che potresti sprecarlo. Non lo sto facendo per te” aggiunge infine, con lo sguardo in grado di incenerire il mondo.
“L’importante è che lo stai facendo. Grazie mille.”
Seguono due minuti di silenzio, bucati ogni tanto da qualche indicazione di Billy per ottenere foto più vicine all’essenza energetica, dinamica ed elegante di Antoni.
Di solito c’è meno tensione, meno rabbia da parte dei suoi amanti passati. Nel suo egocentrismo, però, il fotografo britannico vede una possibile varietà rispetto ai ritratti scattati negli ultimi tempi e gli basta quello per andare avanti a scattare fotografie al pallido corpo del suo amore liceale.

 

Davanti al Prologue restaurant, il silenzio si è ormai ancorato alle lingue dei due.
Antoni tiene le braccia incrociate da quaranta minuti, Billy non può fare altro che abbassare la testa e continuare a seguire le linee storte delle piastrelle.
“Posso andare?” chiede il polacco, spazientito.
“Ti volevo offrire la cena.”
“Per pena? Ti prego, hai ignorato i miei messaggi per otto anni e mi fai le moine per due foto?”
“Non è per pena.”
Antoni inarca una delle sue folte sopracciglia, con un accenno di superbia.
“Voglio solo andare a casa, non è stata una buona idea incontrarti. Lo sapevo” aggiunge, mettendosi le mani davanti agli occhi e puntando la direzione opposta all’entrata del ristorante.
“Antoni, cazzo, eravamo ragazzini e tu abitavi dall’altra parte dell’Europa, che potevi pretendere?” chiede Billy, urlando con la braccia distese verso di lui, che però non si volta.
Continua a camminare a passo svelto, più arrabbiato che triste.
Billy fa spallucce, accende una sigaretta e rimane sulla murata del ristorante.
Antoni torna indietro, diretto verso il suo interlocutore.
“Non sono gli anni cinquanta, okay? Ti bastava rispondermi via messaggio... evitare di dirmi ce la faremo finchè ero lì a Bournemouth e poi ignorarmi appena tornato in Polonia. Tu sarai pure in giro per il mondo a scattare fotografie a ragazzi nudi, mr. Moore, avrai una vita da sogno e tutti i soldi di questo mondo, ma non toglie che sei stato un vero figlio della merda e che non sarà una cenetta del cazzo a sistemare le cose tra di noi.”
Billy rimane esterrefatto dalla sua reazione.
Antoni è ora a due centimetri dalla sua faccia, lo sta quasi annusando come se si fosse trasformato improvvisamente in un cane da tartufo.
Pożegnanie, stronzo.”
Se c’è una cosa che non hanno insegnato a Billy è il polacco. Nel caso, avrebbe saputo che pożegnanie significa addio.
A dire il vero, dal tono usato da Antoni, il giovane fotografo non ha esitato a tirare fuori il telefono e controllare gli orari dei suoi biglietti. Vuole solo dormirci su.
Per arrivare a Varsavia, dove ha prenotato una stanza in un hotel, deve prendere un treno di tre ore dalla stazione di Danzica. “Almeno è un diretto” si consola lui, quasi sorridendo.
Non avrebbe mai voluto dover rinunciare a un pisolino riflessivo proprio dopo essersi fatto sclerare addosso da una delle persone più buone e stimabili che avesse mai conosciuto.

 

Ancora sul treno, Billy viene colpito da un attacco di insonnia.
Riguardando le foto scattate ad Antoni, sente un che di pesante bruciarsi nel suo petto. C’è una rabbia così palese, un accenno di occhi lucidi. Quegli occhi così vivi, puri e spettacolari hanno deciso di non farsi sfruttare per il bel teatrino del fotografo Moore.
Quando ha deciso di investire tutte le sue energie per fare fotografia, non pensava si sarebbe ritrovato su un treno diretto a Varsavia, a poche settimane da una personale in un museo di Mosca, a cui deve ancora spedire tutti gli scatti. Non pensava di rivedere tutti i suoi ex, sentirsi così vuoto, bastardo, dannatamente solo.
Ora ha paura. Ha tre giorni per sistemare quelle immagini, trovare un locale in cui devastarsi e registrarsi in un nuovo DVD per il suo video diario.
Dopodiché, lo aspetta Vienna.
Rivedrà Jack, o quello che ne sarà rimasto dopo anni di feste folli, sigarette, alcol e droghe.
Non è riuscito a contattarlo su Facebook, ma dal suo Instagram gli sembra di capire che sia andato a vivere con i suoi zii, nella capitale austriaca.
E’ tutto matto, quel Jack. Non avrà problemi a spogliarsi per Billy.
D’altronde, l’ha sempre fatto senza lamentarsi.

[1] Host parents: famiglie che ospitano exchange students

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Capitolo 3
*** Varsavia - Vienna ***


Partecipante alla challenge Ticket to Ride di TortaMillefoglie
Autore: Surlaplanche, pedina rosso-bordeaux
Titolo: La nostalgia di Billy Moore
Tratta: Varsavia - Vienna
Biglietto Destinazione: Berlino - Mosca
 


3
Varsavia - Vienna

La bottiglia di birra che tiene tra le mani non riesce minimamente a tranquillizzare Billy.
Il cellulare, illuminato dal nome della sua agente, continua a squillare.
Dopo un respiro profondo, degno di un nuotatore professionista, risponde, si butta tutto d’un fiato in una possibile brutta notizia.
“Pronto?” inizia lui, intimidito.
“Billy, ho novità.”
Sospirando, il giovane le chiede di continuare, prima di sorseggiare la birra.
“Ricky Bolt verrà alla tua personale.”
Pur cercando di rimanere professionale, Billy esordisce con un elegantissimo “Porca troia”. Ricky non è soltanto un famosissimo critico d’arte statunitense, ma era anche un grande amico di suo padre. Ci sono stati diversi scandali riguardanti la sua infedeltà con la moglie, e il signor Moore non ha mai provato a tirarlo fuori dai casini. Perciò, come si potrà ben capire, l’influenza di Ricky potrebbe determinare nettamente la buona riuscita dell’esordio fotografico di Billy.
“Me l’hanno appena comunicato, mi sembrava giusto dirtelo. Spero tu sappia cosa stai facendo con il tuo secondo progetto. Devi darmi un nome il prima possibile.”
“Ci sto pensando, te lo farò sapere.”
“Billy Moore, la mostra è tra tre settimane. Untitled non è esattamente quello che il Multimedia Art Museum si aspetta. Hai tempo fino a domani sera per farmi sapere.”
Appoggiando la bottiglia sul parquet della sua stanza, il fotografo si avvicina alla finestra.
Estrae una sigaretta dal suo pacchetto, gelosamente nascosto nella tasca interna della sua giacca di pelle.
“Hai delle idee?” chiede alla sua agente, provando a far funzionare il suo accendino.
“E’ la tua prima personale. Dovresti avere la mente invasa da idee.”
Billy alza gli occhi al cielo, tenendo il cellulare tra il suo orecchio e la sua spalla nel tentativo di accendere la sigaretta.
Dopo una pausa di qualche minuto, passata a guardare uno spiraglio luminoso tra le luci di Varsavia al di fuori del vetro della finestra, mormora uno stanco: “Ti faccio sapere entro domani, promesso.”
Riattacca, senza neanche salutare, e appoggia i suoi palmi sulla fronte, nell’intento di spingere il suo cervello a elaborare qualcosa di non banale.
 
 
Entrando nel famoso Club Galeria, locale gay dove intende passare la serata, Billy si accorge di essere già abbastanza ubriaco.
Osserva il soffitto come se fosse la cosa più bella del mondo, e mentre approccia la pista da ballo piena di gente, si rende conto di quanto sia inutile trovare scuse per viaggiare quando in realtà vorrebbe solo capire dov’è casa sua.
Deglutisce, prima di chiudere gli occhi, distendere in alto le braccia e cominciare a muoversi a ritmo della musica che bombarda le sue orecchie come in una scena di guerra.
Gli fa male la testa, si sente triste, deluso, ma cerca di non pensarci.
La solitudine gli ha sempre concesso il lusso di una forte intimità con se stesso, ma ciò non toglie che la venderebbe tutta solo per un momento di illusione. L’illusione di appartenere al mondo.
Continua a ballare per dissolversi nella folla come un’aspirina in un bicchiere d’acqua. Non è convinto, la sua personale di Mosca continua a ronzargli nella testa, così come l’idea di spuntare davanti alla casa dei genitori di Jack nel giro di due giorni.
Si collega l’aver deluso il padre, l’ansia della sua agente, la rabbia di Antoni...
Quando alle superiori si dilettava nelle maratone di sogni ad occhi aperti, Billy vedeva un’energia nei suoi scatti, nelle storie che voleva raccontare.
Per una serie di sfortunati eventi, però, o semplicemente con l’avanzare dell’età, questa grinta non l’ha più ritrovata. Come una lumaca, cerca magari di muoversi come gli altri, ma si sente assolutamente e inevitabilmente indietro.
Il fatto di aver persone che l’hanno spinto in avanti non lo fa più sentire bene, perché sente che sia tutto merito loro. Merito di cosa poi?
Di avergli permesso di perdere contatto con la realtà, con tutto ciò che lo aveva reso forse non felice, ma sereno.
Un ragazzo molto alto lo approccia, cominciando a ballargli davanti e girandosi ogni due secondi verso di lui. Billy non è lusingato, non è interessato a niente.
Ha questo peso sulle spalle e nella pancia che non gli permettono neanche di divertirsi nel tipo di locale che gli ha sempre permesso di avere una via di fuga.
In uno di questi, in fondo, aveva conosciuto Jack Haram.
Una bambola di pezza, così debole e influenzabile, ma dal viso così grazioso e innocente che era impossibile non finisse in cattive mani.
Durante le sue vacanze estive viennesi, Billy Moore era completamente a suo agio con quel ragazzo così attaccato alle sue pillole, al concetto di esplorare il mondo al di fuori della realtà sensibile. Jack possiede questa curiosità disumana che, con il finire dell’estate, spaventò perfino Billy.
Gli ricordava un bambino che prendeva troppi zuccheri: sempre con quel bisogno di fare qualcosa, sempre con l’ansia del silenzio, sempre con gli occhi che imploravano un minimo di azione.
Due occhioni azzurri da cerbiatto, degni di un personaggio di qualche manga. Se si pensa poi che è alto un metro e sessanta, il confonderlo per un ragazzo molto più giovane non è del tutto inopinabile.
Questo flusso di ricordi lascia Billy un po’ estasiato, ma nel momento in cui lo stangone davanti a lui gli accarezza un fianco, torna immediatamente nel momento.
Gli molla uno schiaffo ed esce dal locale di corsa.
Estrae il telefono, urlando dalla felicità.
“Billy? Sono le quattro del mattino.”
Nostalgia.”
“... cosa? Hai preso qualche droga?”
“No, Boljkovac, è il nome che voglio dare alla mia personale.”
Nostalgia? Mm... la Nostalgia di Billy Moore. Sì, va bene.”
Ancora felicissimo, Billy si diletta in diversi salti e mosse di ballo nella via principale di Varsavia, trattenendo degli urli esaltati.
“Ma sicuro di non aver preso nessuna droga?”
 
 
Con il suo biglietto per Vienna in mano, pagato undici euro e ottantatre centesimi, Billy ha ancora un sorrisone stampato in faccia nonostante siano passati due giorni dal primo articolo riguardante la sua mostra, a cui mancano poco più di due settimane. Sembrano tutti molto interessati, e la presenza di Ricky Bolt non ha certo aiutato a non far parlare la gente.
Riguardando per l’ultima volta una particolarmente uggiosa Varsavia, forse triste e umida per la sua partenza, Billy lascia una delle due borse nel portabagagli del bus e sale poco dopo, sospirando.
Lo aspettano poco meno di dieci ore di viaggio, ma scoprire come è finito Jack a distanza di quasi cinque anni ne varrebbe anche altre quattordici.
Dal suo portatile, Billy comincia a selezionare alcune fotografie dai diversi servizi fatti ai suoi ex, estraendo alcune citazioni dalle loro risposte e così via.
Trova magicamente leggero dover scegliere cosa mostrare al pubblico, è fin troppo facile ed ingiusto, ma questa mostra riguarda sia lui come artista che loro come soggetti, quindi Billy si sente davvero gentile a fare in modo che non siano solo le loro foto a parlare.
 
 
Armato di Google Maps, Billy Moore di dirige a passo deciso verso la villa della coppia Haram.
Trovando il cancello bordeaux aperto, non perde tempo a cercare il citofono ma si addentra nel magnifico giardino.
Si aspettava di trovare un Jack versione Lolita, intento a leggere qualcosa in costume sul prato, ma sfortunatamente per lui non succederà.
Bussa alla porta un po’ rovinata, notando che sull’etichetta incollata sulla cassetta delle lettere non appare il nome del figlio.
Instagram mente” pensa fra sé e sé il fotografo, notevolmente scocciato.
Bussa un’altra volta, cercando invano di spiare gli interni della maestosa abitazione dalla finestra, coperta da orribili tende giallo canarino.
Quando la porta d’ingresso di apre di colpo, Billy sobbalza, tornando sugli attenti come quando i professori lo rimproveravano per la sua distrazione.
“Billy?” lo riconosce la signora Haram, esplodendo in un sorriso.
Indossa un grembiule rosa, mentre i suoi capelli mossi le accarezzano le spalle a ogni suo movimento.
Mentre si avvicina per abbracciare Billy, lui nota i suoi numerosi anelli e quanto decorano le sue rugose mani, almeno come succede anche a quelle orecchie allungate, probabilmente a causa di orecchini troppo pesanti.
“Entra, entra, entra!” lo invita ad alta voce, o meglio lo obbliga ad entrare, con degli occhi da pazza.
Bastano giusto quei dieci minuti per fabbricare un déjà vu nel cervello di Billy.
Nel momento in cui si ritrova in silenzio davanti alla logorroica signora Haram e a suo marito, intento a leggere il giornale ma a studiare ogni suo movimento con la coda dell’occhio manco fosse un cane da guardia, a Moore sembra di essere tornato a quella spensierata vacanza dove incontrò loro figlio.
La situazione era sempre questa: un giovane Billy con l’apparecchio per i denti e un imbarazzate ciuffo alla Justin Bieber che stava sul divano ad aspettare che Jack scendesse dalle scale in legno, sempre bellissimo ed elegante.
Peccato che sotto quei pantaloni beige a zampa di elefante nascondesse i più attillati e corti jeans inguinali al mondo.
Forse preso da questa nostalgia, Billy interrompe la ruota di parole della proprietaria di casa.
“Volevo far visita anche a Jack, è di sopra?”
Suo padre lascia cadere a terra il giornale, sua mamma rimane a bocca aperta.
“Non lo sa?” bisbigliano tra di loro, annuendo e negando nel bel mezzo di alcune velocissime frasi in un tedesco dall’accento stranissimo.
“Signori Haram..?”

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Capitolo 4
*** Vienna - Budapest ***


Partecipante alla challenge Ticket to Ride di TortaMillefoglie
Autore: Surlaplanche, pedina rosso-bordeaux
Titolo: La nostalgia di Billy Moore
Tratta: Vienna - Budapest
Biglietto Destinazione: Berlino - Mosca

 


4
Vienna - Budapest
 
Davanti al cancello arruginito, Billy chiude gli occhi prima di buttare a terra il mozzicone di sigaretta che teneva tra le mani. L’insegna del centro di recupero ha una strana tonalità celeste. In generale, i colori pastello inondano esageratamente l’intera città, come in una versione austriaca di Edward mani di forbice.
Mentre supera l’enorme arco in cemento, il giovane Moore non può fare a meno di voltarsi a guardare la strada e tirare fuori il suo documento.
Non sa cosa sta facendo, si sente un mostro ad aver preso la macchina fotografica perfino in una situazione simile. Non ha scelta: la sua personale è alle porte, è ormai questione di dieci, dodici giorni.
Raggiunge lo sportello all’ingresso, dove una receptionist particolarmente giovane lo accoglie con un sorriso falsissimo.
“Vorrei far visita a Jack Haram. Ho un documento firmato dai suoi genitori.”
La ragazza afferra il foglio stropicciato di scatto, prima di richiedere il passaporto di Billy.
Afferra il telefono, chiama i genitori di Jack.
“Mi segua.”
 
Lungo il corridoio bianco, Billy pensa di essere finito su una navicella spaziale abbandonata, o in un ospedale che non viene pulito da settimane.
“Sei un suo amico?” chiede la receptionist, camminando a passo svelto con dei tacchi neri di dubbio gusto.
“Di vecchia data, diciamo” rettifica il fotografo, grattandosi la nuca con fare agitato.
Si fermano davanti a una porta grigia con una finestra circolare al centro.
“Si è stabilizzato, ma evita comunque di parlare troppo di temi che potrebbero ferirlo” dice la ragazza, aprendo l’entrata e allontanandosi poco dopo.
Billy deglutisce, prima di addentrarsi in quella stanza tanto vuota quanto maleodorante. La puzza di chiuso lo fa star male dopo solo alcuni secondi di permanenza in quella cameretta azzura.
Gli occhioni da bambola di Jack osservano l’intruso con una sorpresa simile a quando da piccoli si viene beccati a mangiare la marmellata di nascosto.
Il suo corpo è gracilissimo, uno scheletro vivente. Le sue occhiaie violacee superano l’intensità di quelle che decorano le palpebre di Billy.
“Jack.”
“Billy.”
Rimangono in silenzio, uno sulla sedia e l’altro in piedi, ancora in bilico tra la porta e la stanza stessa.
Moore lo legge nei suoi occhi da cerbiatto: non voleva farsi vedere da lui in queste condizioni.
Indossa una vestaglia bianca a pois azzurri, stropicciata tanto quanto il lenzuolo che ricopre il materasso alla sua destra.
“Ti trovo bene” si complimenta Jack, senza alzarsi da dove è seduto da ore.
“Anche io” ribatte Billy, con un sorriso sbilenco.
Jack alza la testa al cielo, ridendo.
“Sei sempre lo stesso marpione anche a distanza di anni.”
Billy fa spallucce, prima di appoggiarsi sul letto.
“Come stai?” chiede, togliendosi gli stivaletti e appoggiando la testa sul cuscino.
“Secondo te?” risponde Jack, guardandolo e sorridendogli.
“Beh, sei qui... non sembra esattamente un posto fatto per te.”
L’internato unisce i suoi piedi e se li guarda, come per non affrontare un possibile sguardo spocchioso da parte del suo ospite.
“Sono io che non voglio uscire.”
“Cosa?”
“Potrei andare via da qui da mesi ormai. Sto bene.”
“... ma?”
Jack prova ad alzare la testa, fattasi pesante, ma invece che intrattenere uno sguardo con Billy, dirige i suoi occhi verso la finestrella della porta.
Cercando di cambiare discorso, il giovane Haram prova a chiedergli come sta andando con la sua fotografia.
Billy estrare la sua macchina fotografica e sorride.
“Ho una mostra tra neanche due settimane e devo ancora inviare alcuni scatti.”
“... sei qui per questo, vero?”
Rimanendo a bocca aperta, è come se avesse risposto.
Jack sbuffa, mettendosi una mano davanti alla fronte.
“Billy, io non...”
“Assolutamente, capisco in pieno. Non te lo avrei mai chiesto.”
Si alza dal letto.
“Ci sto, se vuoi.”
“Cosa? Fidati, non è un progetto che ti può interessare.”
“Parlamene. Mettimi alla prova” risponde, sorridendo. Quel sorriso giocoso che tanto aveva fatto infatuare Billy è finalmente tornato su quelle labbra carnose e violacee.
“Sto andando a far visita a tutti i miei ex ragazzi. Li faccio spogliare, li fotografo e ci scamb-”
“Figata! Voglio essere nella tua collezione!” lo interrompe, esaltato come se si trovasse davanti a un nuovo film d’animazione Disney.
Billy rimane esterrefatto, ma questa voglia di fare e di provare nuove esperienze è tipica del Jack Haram dei tempi d’oro.
“Una sola condizione, però” gli dice, indicandolo con l’indice, spesso quanto il mignolo di Billy: “Non farmi apparire come una vittima.”
Billy gli sorride, socchiudendo gli occhi e accendendo la macchina fotografica.
Jack si tira la scollatura della vestaglia, così larga da cadere al pavimento giusto stringendo un po’ le spalle.
La sua magrezza è estrema, così come la sua assenza di peli.
Un po’ come un Kirchner britannico, Billy Moore ritrae la bellezza di un giovane in quelle condizioni, tanto raccapriccianti quanto particolari.
L’estetica del brutto incontra la compatibilità tra fotografo e soggetto, in un cocktail di costole sporgenti, ginocchia violacee e zigomi così pronunciati da poterli usare come coltelli.
La stanza, così piccola e finta, rende l’intera situazione inquietante, godevole.
Il corpo decrepito seduce l’artista, quell’ammasso di ossa che gli fa capire che non siamo altro che un’esercito di cartoni di latte, pronto a scadere ed essere buttato via.
Jack alza le braccia e il collo, si sistema i capelli. Si rende regale solo per Billy, un Billy che non deve aprire bocca: il suo soggetto sa cosa sta facendo e sa come farlo.
 
 
Sul treno per Budapest, Billy non può pensare ad altro se non al fatto che Jack è pronto ad andarsene dal centro di recupero.
Gli serviva un qualcosa di casuale, strano e inaspettato, per fargli tornare di nuovo la fame di vita. Dopotutto, pensa Billy Moore, questo intero viaggio non è stato poi così inutile.
“Boljkovac, ho un buon presentimento. Mi mancano giusto due persone da vedere, poi arriverò direttamente a Mosca prima dell’inaugurazione.”
Parlando alla segreteria telefonica, Billy si sente più libero di monologare. Appoggia i suoi stivaletti di pelle sul sedile di fronte al suo.
“Volevo ringraziarti. So di essere un ragazzino egoista ed egocentrico, ma mi sto rendendo conto di quanto tu sia sempre stata al mio fianco per aiutarmi e sostenermi. Ti voglio bene, ci vediamo a Mosca.”
Chiudendo la chiamata, Billy chiude gli occhi per appisolarsi.
Quando una giovane ragazza asiatica gli chiede in inglese di spostare le gambe per farla sedere, lui annuisce e si scusa.
Tiene per mano un ragazzo con delle ciglia lunghissime e dei capelli corti e ricci, color pece. Entrambi indossano maglioni extralarge e jeans, hanno il viso illuminato dalle lampadine all’interno del vagone e gli occhi ancora più luminosi.
Si mettono davanti a Billy, non lo degnano di uno sguardo. Si tirano occhiate a vicenda, con le mani avvinghiate come i due pezzi che formano una tagliola.
La bolla che li circonda profuma di casa, di calore primitivo.
Billy Moore si ritrova accecato da due sentimenti che ha sempre voluto provare ma che non ha mai potuto ottenere: un sentirsi a casa e un amore vero.
Si chiede se è possibile provare nostalgia per un qualcosa che non ha mai avuto.
Il respiro diventa pesante come un masso che precipita da una montagna, il naso e la gola gli si seccano come un arbusto sotto un insistente sole estivo.
Spasmante, si dirige verso il bagno, con gli occhi pronti a staccarsi dalla sua testa e volare in cielo come delle lanterne cinesi.
Ricomincia a respirare normalmente soltanto dopo essersi guardato allo specchio. Si sta dando una sistemata, si sciacqua la faccia come per eliminare l’ipotesi che gli frulla nel cervello; quella di aver sacrificato una vita tranquilla e piena di valori per una fatta di falsità, di estetica.
Billy Moore è un dandy che chiedeva soltanto di essere amato.
 

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