Quella te

di _malikseyes
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Uno ***
Capitolo 2: *** Due ***
Capitolo 3: *** Tre ***
Capitolo 4: *** Quattro ***
Capitolo 5: *** Cinque ***
Capitolo 6: *** Sei ***
Capitolo 7: *** Sette ***
Capitolo 8: *** Otto ***



Capitolo 1
*** Uno ***


UNO
 
“Ti prego, andiamo! Dobbiamo assolutamente andare, ti scongiuro” dissi quasi pregando la mia migliore amica. Avevo ricevuto su Facebook un invito per un festival musicale organizzato in un paese confinante con il mio. La cosa che mi spingeva a pregare la mia migliore amica era la presenza di un cantante che adoravo, Marco Montini, meglio conosciuto come Monx.
“Irene dovrei davvero spendere soldi per dei cantanti di cui non conosco nemmeno una canzone?” chiese Aurora, alzando un sopracciglio. Giustamente non aveva tutti i torti.
“Hai ragione, ma potremmo passare una serata diversa! Possiamo evitare di vedere sempre le solite facce, cambiare un po' aria, fare nuove conoscenze, ballare, cantare..e poi ci sarà Monx, alcune canzoni le conosci” dissi gesticolando in modo scenico. Dovevo assolutamente convincerla.
“Ci penserò! Promesso” disse scuotendo la testa e ridendo per la mia reazione dopo le sue parole.

“Mancano solo due giorni al festival, quando ti deciderai!” dissi ormai esasperata dall'ansia.
“Sei uno stress! Va bene, ti accompagno! A patto che..” e si fermò.
“Che?" la esortai a continuare.
“A patto che i primi due giri da bere li paghi tu!” disse scoppiando a ridere.
“Ti pago da bere per tutta la vita” dissi abbracciandola. Ero felice.
Posso definire Aurora la mia migliore amica storica. Le nostre famiglie sono cresciute insieme, così come noi due. Abbiamo frequentato le stesse scuole fin dalle elementari e siamo sempre state compagne di banco. Nonostante fossi circondata da altre amiche, l'unica persona per cui avrei fatto di tutto è Aurora. Ci completavamo. Lei pensava sempre positivo, io ero l'esatto contrario. Lei era solare e socievole, io un po' meno. Grazie a lei ho avuto al forza di affrontare e superare delusioni che inizialmente mi sembravano la fine del mondo, una catastrofe. Avendo due fratelli, fin da piccola avevo sempre desiderato una sorella con cui poter scambiare i vestiti o giocare con le bambole. Il nostro rapporto era simile a quello di due sorelle, se non lo stesso.

 
16 luglio 2017
 
“Muoviti, sono sotto casa tua! Non voglio fare tardi” dissi nella registrazione vocale che Aurora ignorò, facendomi aspettare altri dieci minuti.
“Eccomi” disse tutta sorridente entrando in macchina. “Vedo un Irene molto felice, stranamente! E ti sei anche vestita in modo carino” aggiunse guardandomi.
“Io mi vesto sempre in modo carino” dissi sbuffando e mettendo in modo.
“Tu non metti mai queste maglie attillate. Finalmente tutti potranno notare che anche Irene De Remis ha due tette” disse scherzando.
“Lascia stare la mia seconda abbondante” disse scoppiando a ridere.
“Hai messo questa maglia e il pantalone che ti fa un bel sedere per poter conquistare Monx?”
“E' un body e poi Monx tra tutte quelle persone potrà mai guardare me?” dissi alzando gli occhi al cielo. “E ora aiutami a ricordare la strada” dissi sbuffando.

 
Una volta arrivate prendemmo i biglietti dato che in prevendita erano finiti. Pagammo e prima di entrare ci misero un bracciale che ci permetteva di entrare e uscire quando volevamo. Il posto in cui si svolgeva l' “Indie Music Festival” era uno spiazzale enorme. C'era un palco di medie dimensioni in fondo, vari stand con il cibo, cd e maglie, banconi dove vendevano da bere, cuscini su cui sedersi sparsi un po' ovunque. Ovviamente nemmeno il tempo di entrare che Aurora mi trascinò verso il lato alcol.
“Con cosa vogliamo cominciare?” chiese mentre facevamo la fila.
“Una bella birra?” dissi guardandomi intorno.
“Perfetto!” Come deciso, pagai le due birre e andammo a fare un giro per guardarci un po' attorno. C'era già una band che si stava esibendo ma nessuno era interessato, infatti c'erano pochissime persone che li ascoltavano davvero. Fumammo qualche sigaretta e attaccammo a parlare con alcune persone che conoscevamo del nostro paese.

“Noi siamo qui solo per fare un giro, non conosciamo nessun artista ma volevamo fare qualcosa di diverso” disse sorridente Martina, una ragazza che frequenteva la nostra stessa scuola.
“Aggiungi anche che è a 10 minuti dal nostro noioso paesino” disse la sua amica.
“Lo stesso ragionamento che ho fatto io! Noi andiamo a prendere qualcosa da bere, volete unirvi?” chiesi più che altro per educazione. Loro rifiutarono l'invito, non amavano tanto bere.

Prendemmo altre due birre e stressai Aurora perchè volevo già avvinarmi verso il palco.
“Ma non sai nemmeno se c'è lui! Perchè ti vuoi avviare?” disse mentre mi seguiva controvoglia.
“Perchè si stanno avvicinando tutti e non voglio restare in fondo quando uscirà” dissi trascinandola per essere più veloce.
Ci infilammo tra le prime file, si era avvicinata davvero tantissima gente.
“E' lui! Deve uscire lui! Quella è la band che lo segue in tour” dissi saltellando come una bambina vedendo il batterista e il bassista sul palco. Aurora si mise a ridere. Aurora aveva rischiato di fare il bagno ad una ragazza affianco con la sua birra, infatti entrambe ci sbrigammo a finirle prima che cominciasse l'esibizione.
“L'amore della tua vita si fa attendere” urlò Aurora per farsi sentire.
“Si sta facendo bello per me” risposi ridendo.
“Au, eccolo! E' lui” dissi mentre saliva sul palco.
Si posizionò al centro del palco, di fronte a me che ero in terza fila. Alzo la testa, guardò la folla e cominciò a cantare.


Ciao!
Sono tornata a scrivedere di nuovo, dopo anni e anni! Ho già pubblicato una storia qui su efp, solo che rileggendola mi viene la nausa perchè ero davvero piccola quando l'ho scritta. E' un po' di tempo che avevo in mente questa storia e voglio provare a vedere se può piacere. Non so quale sarà la lunghezza dei capitoli o quando potrò aggiornare.
Il titolo della storia è lo stesso di una canzone di un'artista che a me piace tantissimo. Questo è solo il primo capitolo, spero che vi piaccia!
Lasciate una recensione per farmi sapere cosa ne pensate, sono aperta a qualiasi consiglio.
Alla prossima, un bacione!
I.
 

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Capitolo 2
*** Due ***


DUE
 

Fu forse una delle serate più belle della mia vita. Non mi ero mai divertita così tanto. Avevo ballato, cantato, riso come non mai. Monx era proprio come me lo aspettavo. Aveva una voce meravigliosa, il suo timbro era unico. Mi piacevano tantissimi cantanti e gruppi, ma lui era diverso. La prima volta che ascoltai una sua canzone, la sua voce mi ipnotizzò. Era così calda, dolce, sensuale. 
 
E che ne sanno gli altri
Di quando tornavamo tardi pieni di graffi
E che ne sanno gli altri
Di quando ridevamo come matti
E che ne sanno gli altri
Di quando correvamo come pazzi
E che ne sanno gli altri
Degli occhi nostri mescolarsi e diventare gialli, gialli


Come si poteva non amare questa canzone? Cantata da lui, poi. Mi è sempre piaciuto immaginare cosa ci fosse dietro i testi delle canzoni. Immaginavo storie, relazioni, momenti. Questa canzone mi ricordava un amore "nascosto" finito male. La sofferenza con cui Marco cantava rendeva tutto più reale. Spesso chiudeva gli occhi mentre cantava, li riapriva e cominciava a guardare il pubblico. Durante quella canzone mi guardò, o meglio fissò. Mi sentii talmente osservata che smisi di cantare. Quando notai che a fissarmi era lui, mi paralizzai finché i nostri sguardi non persero contatto. Ho sempre odiato essere fissata, mi sentivo troppo esposta. Non mi andava che le persone potessero capire o notare alcune cose che tendevo a nascondere.
“Sbaglio o ti stava guardando?” urlò Aurora mentre il batterista suonava il suo assolo.
“Non lo so, credo di si” dissi confusa.
Insomma Irene svegliati, Monx guarda tantissime altre ragazze! Non sei la prima e non sarai l’ultima, non ti emozionare.
I miei pensieri mi riportarono con i piedi sulla terra. Ero una ragazza come tutte le altre, non avevo di nulla di particolare. Non colpivo a primo impatto, non ero un volto che veniva ricordato. Per quale assurdo motivo avrei dovuto attirare la sua attenzione?

   
Una delle mie canzoni preferite. Mi aveva accompagnata durante la fine della mia unica e grande storia d’amore. Ero fidanzata con Matteo, il ragazzo perfetto. Un tipo atletico, intelligente, divertente e il sogno erotico della maggior parte delle ragazze del mio paesino. Non so il perché o come, mi scelse. Due anni insieme finiti con delle stupide scuse nella mia macchina. Non voleva più una relazione seria, aveva bisogno di vivere altre esperienze. Avevamo entrambi quindici anni quando la nostra storia cominciò, non riuscivo a credere che l’unico ragazzo a cui mi fossi concessa mi avesse lasciato in quel modo.
Aurora subito mi abbracciò e mi sorrise, ovviamente lei aveva ascoltato con me questa canzone almeno un miliardo di volte nel periodo post rottura.
“E allora dimmi che cosa mi manchi a fare?” cantò Monx chiudendo gli occhi.
“Ti prego dimmi che cosa mi manchi a fare? Tanto mi mancheresti lo stesso, cosa mi manchi a fare?” A cantare era stato il pubblico mentre Monx sorrideva e ci guardava innamorato. Amava tantissimo cantare. Bastava notare il modo in cui cantava e si emozionava sul palco.
 
“Non mi aspettavo tutta questa gente” disse Marco a fine canzone. “Ma quanti cazzo siete?” chiese ridendo. “Prima di stasera non conoscevo nemmeno il nome di ‘sto paese! Vi voglio ringrazià. Siete proprio belli! Mi avete ricordato perché mi piace tanto cantare. Vedere voi ridere, cantare, ballare, emozionarsi durante le mie canzoni mi fa sentire soddisfatto. E nulla regà, grazie! Questa è l’ultima canzone, è pure la più trash ma ‘sti cazzi. Ora voglio vedervi tutti saltare” detto questo, con il suo bellissimo accento romano, fece segno al batterista e cominciò a cantare l’ultima canzone.

Dopo l’esibizione tutte le persone si spostarono verso le scale laterali del palco. Erano state messe delle transenne lungo tutto il perimetro e c’era Monx che parlava con la sua band e con alcuni organizzatori dell’evento. Ovviamente trascinai Aurora in quella direzione.
“Se aspettate due minuti faccio tutte le foto che volete. Fatemi fumare almeno una sigaretta” rispose ridendo all’ennesimo ragazzo che gli aveva chiesto una foto.
Ero talmente vicina che potevo finalmente guardarlo bene. Marco era diverso dalla maggior parte dei ragazzi. Era altissimo, credo circa 1.85, magrissimo e aveva un viso davvero particolare. Aveva degli occhi azzurri ipnotizzanti, i lineamenti del viso marcati, capelli biondi lunghi ed era pieno di tatuaggi. Fisicamente rappresentava il mio ragazzo ideale. Sfortunatamente non lo conoscevo caratterialmente ma la musica ha un compito preciso: trasmettere emozioni, stati d’animo, storie, realtà. Lui riusciva a farlo e per questo quando ascoltavo le sue canzoni mi sembrava di conoscerlo da una vita.
“Ire muoviti! Non vedi che ha cominciato a fare le foto” disse Aurora svegliandomi dai miei pensieri. Si fece spazio tra le persone e mi buttò quasi addosso a Monx. Anzi, togliamo il quasi. Andai a sbattere su Monx. Mi ritrovai schiacciata al suo petto.
“Mi dispiace, non volevo..”dissi imbarazzata. Mi spostai subito.
“Stai tranquilla! Ti sei fatta male?” chiese per poi sorridere.
“No” risposi senza aggiungere nulla. Ero sempre la solita imbranata. Ogni volta che qualche sconosciuto mi parlava andavo nel pallone e rispondevo a monosillabi.
Monx era in imbarazzo, non sapeva nemmeno lui cosa dire e forse si aspettava una risposta più carina. Ero stata troppo scortese? Povera me!
“Allora vuoi una foto?” chiese finalmente lui.
“Si, certo” mi sforzai anche di sorridere ma credo che il risultato fu una smorfia.
Diedi il mio telefono ad Aurora che ci scattò una foto. Feci il mio solito sorriso a trentadue denti e poi lo guardai. Era troppo bello per essere reale.
“Potresti firmare il mio CD?” chiesi prima di andare via.
“Si! Un attimo che cerco un pennarello” cominciò a guardarsi attorno. Vide il bassista e gli mimò un pennarello. Aspettammo qualche minuto il pennarello ma a me sembrò quasi un’eternità. Aurora fece qualche domanda a Monx per eliminare l’imbarazzo.
“Allora per quanto tempo resti qui?” chiese la mia migliore amica.
“Abbiamo qualche giorno di pausa e da quando la mia band ha scoperto che si organizzano campeggi in montagna vogliono restare in queste zone a tutti i costi” disse scuotendo la testa.
“Non ti piace la montagna?” chiesi cercando di restare calma.
“Preferisco il mare! Uh ecco, il pennarello, grazie Giù” disse sorridendo.
“Allora come ti chiami?” mi chiese.
“Irene.”
“Dalla dea Eirene, pace” mi guardò.
“I miei genitori amano la mitologia greca e il greco” ero stupita dal fatto che lo sapesse. Forse aveva frequentato un liceo classico.
“Alle superiori ero bravissimo in greco, il migliore della classe a tradurre! Ecco a te il CD, grazie per essere venuta” disse sorridendomi.
Lo salutai, sorrisi e andai via.
 
“Cosa è appena successo?” chiesi guardando Aurora. “Mi sono davvero imbambolata davanti a Monx! Ho cominciato a parlare a monosillabi, ci mancava solo che cominciassi a balbettare..” dissi maledicendomi mentalmente.
“In realtà quando hai detto il tuo nome un po’ hai balbettato” disse Aurora guardandomi.
“Ma perché faccio sempre così” dissi piagnucolando.
“Non ci pensiamo! Ora andiamo a bere e ‘sti cazzi di Monx o di qualsiasi altro ragazzo.” Cominciò a trascinarmi verso il bancone del “bar” e ordinò due cocktail. L’alcol mi aiutò a non pensare al mio essere imbranata con gli sconosciuti. Cominciammo a ballare, ridere e cantare ogni canzone che il dj metteva. Non eravamo le uniche, infatti ci unimmo ad un gruppo di ragazze e ragazzi che stavano facendo come noi.
“Ti giuro che Monx fino a qualche secondo fa stava guardando verso la nostra direzione” disse Aurora avvicinandosi a me.
“Sicuramente starà pensando a quella deficiente che gli è andata addosso e che balbettava” dissi scuotendo la testa. Mi girai a guardarlo, era fermo vicino al palco e stava scherzando con alcune ragazze. Ogni tanto fissava le persone che ballavano o scattava foto con chi si avvicinava. Non mi guardò. Sbuffai e andai a prendere ancora da bere. Dopo un po’ avevo quasi dimenticato che fossi con altre persone e cominciai a ballare spensierata, senza aver vergonga. Ah, il potere dell’alcol.


Ciao!
​Ho finalmente aggiornato, ci ho messo un po' ma ce l'ho fatta..Solitamente scrivo tutto insieme, quindi ho bisogno di essere concentra e ispirata al 100%
​Spero che il capitolo vi piaccia, ho cercato di mostrare alcuni lati del carattere contorto e complicato della nostra Irene. E' un po' imbranata, sognatrice, troppo buona.
​Spero che questo capitolo vi piaccia. Mi farebbe davvero tanto piacere ricevere una vostra recensione e sapere cosa ne pensate o dei consigli.
​Un bacione, I.
​P.S se vi può interessare ecco i nomi delle due canzoni:
​1- Gazzelle - Non sei tu
​2- Calcutta - Cosa mi manchi a fare

 

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Capitolo 3
*** Tre ***


 

TRE

Il giorno dopo mi svegliai con un mal di testa assurdo. Eravamo tornate tardissimo ed avevo anche un po’ bevuto. Appena aprii gli occhi vidi al mio fianco Aurora che dormiva beata. Guardai l’orologio: era mezzogiorno e mezza. Mio fratello mi avrebbe ucciso, al solo pensiero delle sue urla mi alzai di scatto e cercai il mio telefono. Infatti, avevo circa cinque chiamate da parte sua e un miliardo di messaggi su whatsapp. Lo richiamai subito.
“Matteo mi dispiace tantissimo, ieri sera ho dimenticato di mettere la sveglia! Ora mi vesto e ti porto subito la macchina” dissi appena il telefono smise di bussare, non gli diedi nemmeno il tempo di dire “pronto”.
“La macchina mi serviva due ore fa per andare a lavoro! L’unica cosa che ti ha salvato, o meglio persona, è tuo fratello Domenico! Oggi deve andare a lavorare di pomeriggio, stamattina ha dato la sua macchina a me quindi tu oggi dai la mia a lui ed esci a piedi” sbuffai. “E non sbuffare, ringrazia che ti lascio ancora prendere la mia macchina!”
“Mi dispiace Teo, ieri sera abbiamo fatto tardi e mi sono dimenticata” dissi realmente dispiaciuta.
“Lasciamo stare, per questa volta non dirò nulla a papà ma che non si ripeta più! Ti lascio la macchina ogni volta che posso però tu non devi comportarti così” sospirò.
“Si, lo so, hai ragione! Mi dispiace e grazie, mi salvi dall’ira di papà.”
“Ora torno a lavoro, ci vediamo stasera!” disse per poi attaccare.
Dato che ieri sera avevo bevuto un po’ controllai se la macchina di mio fratello fosse parcheggiata e intatta dato che aveva guidato Aurora al ritorno.
“Tranquilla, ho fatto un parcheggio perfetto! La macchina è in garage, senza nessun graffio” disse Aurora tra veglia e sonno.
“Ti adoro! Ora devo vestirmi e tornare a casa, è tardissimo” dissi cercando la borsa con i miei vestiti.
“Va bene, io torno a dormire..Non c’è bisogno che ti mostri la strada, fai tutto da sola come se fossi a casa tua! Buonanotte” disse per poi girarsi nel letto. Con Aurora era sempre e costantemente così, non riusciva a svegliarsi “presto”.

 
Tornata a casa non mangiai ma dovetti apparecchiare e preparare il pranzo per papà e mio fratello Domenico. Era il mio turno e non potevo evitare. Dopo il pranzo, controllai la tabella che era appesa in cucina e mi diedi da fare pulendo casa. Da quando mamma ci aveva lasciati, mio padre aveva pensato di creare una tabella per la divisione dei compiti. Ogni settimana ne creava una nuova e dovevamo rispettarla, era irremovibile su questo. Era fatto così, doveva avere tutto sotto controllo e questa stupida tabella era un modo per gestire le pulizie e le liti tra me e i miei fratelli. Ovviamente, dato che i tre uomini della casa erano quasi sempre a lavoro, toccava a me fare sempre più cose.
Dopo le pulizie mi buttai sul letto con la speranza di poter dormire ma evidentemente qualcuno lassù doveva avercela con me dato che mi squillò il telefono.
“Au che c’è?” risposi sbuffando.
“Sempre felice di sentirmi! Usciamo?” disse con la sua solita felicità.
“No, voglio dormire.”
“Ti prego, Filippo stamattina è tornato dal mare” quasi urlò.
“E..?”
“E tu sai che ho una cotta immensa per lui! Non lo vedo da dieci giorni, devo assolutamente incontrarlo anche solo di sfuggita” rispose come se fosse la cosa più ovvia.
“E va bene! Faccio una doccia e mi avvio, ti avviso che sono a piedi.”
“Ti aspetto a metà strada” disse con la sua voce squillante e felicissima.

 Odiavo la zona in cui vivevo. Era lontanissima da qualunque forma di vita, l’età media del mio quartiere era di settanta anni, così alta grazie alla presenza mia e dei miei fratelli.
Ci mettevo quindici minuti per arrivare al punto di incontro, una croce, con Aurora e altri dieci minuti per arrivare alla zona centrale del mio piccolo paesino. Proprio per questo quando non avevo la macchina o il passaggio preferivo starmene a casa. Controvoglia mi avviai e in quel preciso istante cominciai ad odiare il mondo. Ovviamente io avevo la “fortuna” di abitare sotto le montagne e quindi dovevo anche fare delle strade bruttissime, piene di insetti e una vegetazione abbastanza strana e pericolosa per i pedoni. Dopo circa cinque minuti di cammino, passati a lamentarmi mentalmente per il caldo e per gli insetti, si fermò un furgoncino al mio fianco. Feci come mi avevano insegnato a casa: continuai a camminare facendo finta di nulla e composi subito il numero di mio padre per essere pronta ad avvisare qualcuno in caso di pericolo. Atteggiamenti un po’ paranoici, ne sono consapevole, ma sono stata cresciuta da tre uomini super protettivi e super paranoici. La macchina si avvicinò di nuovo e il conducente abbassò il finestrino.
“Scusami, posso chiederti un’informazione?” solo ascoltando la prima parola mi girai di scatto verso chi aveva parlato. Era Monx, Marco era nella macchina e stava parlando con me. Era incredibilmente bello. Non riuscivo a non pensarlo ogni volta che vedevo una sua foto, era di una bellezza disarmante. Mi lasciava senza fiato.
“Dimmi” mi sforzai di essere calma e feci finta di nulla.
“Stiamo girovagando da ore in cerca della strada che porta ai sentieri per la montagna” rispose il batterista della band che era seduto avanti.
“Cercate i sentieri che portano alla zona campeggio?” chiesi ricordandomi della parole di Monx alla festa.
“Esatto! Ti prego dimmi che sai come raggiungerli!” quasi mi implorò “vi avviso che se non può aiutarci torniamo a Roma immediatamente, già mi sono stancato” disse generando urla di disaccordo tra i ragazzi della band che erano nel furgoncino.
“Mi sento che questa ragazza sarà la nostra salvezza” disse una voce dai sedili posteriori.

“E infatti hai ragione! Siete quasi arrivati ai sentieri, dovete andare dritto per circa 500 metri poi vi trovate davanti ad un incrocio, svoltate a destra e vedrete un parcheggio dove lasciare la macchina. Dopo il parcheggio ci sono dei sentieri che vi portano in una zona adibita al campeggio, troverete poi qualcuno che vi spiegherà come funziona” dissi per poi sorridere. Appena finii di parlare tutti i ragazzi nella macchina cominciarono ad esultare, tutti tranne Monx.
“Sei ufficialmente la nostra salvezza! Hai nove ragazzi che vogliono sposarti” disse una voce che mi fece ridere e arrossire.
“Vi siete salvati in calcio d’angolo!” Monx sbraitò contro i suoi compagni. “Ti ringrazio, sei stata gentilissima” mi dedicò un sorriso che mi fece quasi sciogliere. “Per caso eri al festival organizzato nel paese qui vicino? Mi sembra di averti già vista, anzi ne sono sicuro!” disse per poi cominciare a fissarmi.
“Si, ero lì però non credo che tu possa ricordarti di me! Abbiamo parlato si e no per cinque minuti” dissi in imbarazzo.

“Invece mi ricordo! Eri tra le prime file con una ragazza bionda” disse convinto.
“Io ricordo molto bene la tua amica, aveva un culo da fare paura” disse il batterista.
Alzai gli occhi al cielo. Monx gli allungò uno schiaffetto sul braccio.
“Hey, che vuoi? E’ vero!” disse sbuffando.
“Ignora il mio amico, che ne dici se stasera tu e tuoi amici ci raggiungete nella zona campeggio? Organizziamo un bel falò e farò un concerto privato, se vogliamo difenirlo così” chiese sorridendo. Stavo per svenire dopo quella richiesta. Monx stava davvero parlando con me?
“Marco e smettila di provarci co’ tutte” disse una voce dai sedili posteriori ridendo. Giustamente, chissà quante ragazze sono cadute ai suoi piedi in circostanza simili. Non volevo assolutamente essere la prossima stupida.
“Mmh non so, stasera avevamo già un impegno” dissi facendo finta di pensarci. Ovviamente non era vero ma non potevo accettare subito senza parlarne con Aurora e il mio gruppo di amici.
Ad un certo punto mi venne l’illuminazione. Inizialmente credevo fosse una cosa geniale, poi appena cominciai a spiegarlo mi resi conto che era una grandissima stronzata.
“Potrei accettare ad una sola condizione! Ti ricordi il mio nome?” lui mi guardò confuso.
“In verità no” disse in imbarazzo. Sentii delle risate all’interno dell’autovettura.
“Perfetto! Se vuoi che io venga, devi trovare un qualunque modo per scoprire il mio nome e contattarmi!”
“E come faccio? E’ impossibile” disse ancora più confuso ma interessato.
“Ti dico solo che il mio nome ha a che fare con il mondo greco e che seguo tutti i tuoi social” doveva cercare di ricordare la nostra conversazione. Era impossibile e proprio per quello mi insultai mentalmente. Che cosa avevo nella testa? Non potevo accettare come tutte le persone normali? No! Dovevo rendere le cose complicati e rovinarmi con le mie stesse mani. Stupida me!
“Non sottovalutarmi, riuscirò a trovarti! Ho già in mente alcuni nomi” disse con un sorriso furbetto.
“Appena riparti la prima cosa che farò sarà smetterti di seguire su Instagram, renderò le cose ancora più complicate” dissi guardandolo con aria di sfida. Stavo impazzendo.
“Perfetto, ci vediamo stasera!” disse facendomi l’occhiolino. Calma Irene, calma.
“Vedremo” dissi per poi avviarmi e cominciare a respirare normalmente. Ero ufficalemente impazzita.

 

 “Tu cosa hai fatto? Ma perché non hai accettato e basta?” Aurora quasi mi stava rimproverando.
“Sei una stupida” dissero le gemelle insieme. Le gemelle erano due mie amiche storiche, Francesca e Fiammetta. Ci conoscevamo dai tempi delle medie e non ci eravamo mai separate. Eravamo un bel gruppo noi quattro. Sempre insieme, poteva cambiare tutti ma il nostro legame mai. Eravamo una cosa sola.

“Perché devi sempre complicarti la vita?” chiese Francesca.
“Credo di essere l’unica a condividere la tua idea un po’ pazza! Ho capito cosa è scattato nella tua mente: ti sembrava troppo banale accettare subito e hai deciso di rendere le cose più interessanti, vuoi capire se lui ti desidera lì stasera. Per me hai fatto più che bene” disse Fiammetta sorridendomi. Mi aveva fatta sentire meno pazza e aveva capito esattamente cosa avevo pensato mentre parlavo con lui.
“Per me resta comunque una pazzia! Ha 30 mila followers su Instagram e tu hai anche smesso di seguirlo! Sei pazza, basta” disse Francesca controllando il suo profilo Instagram.
“Ho rovinato tutto?” dissi cominciando a piagnucolare come una bambina. Volevo solo sbattere la testa contro il muro! Avevo perso un’occasione unica.
“Secondo me se vuole un modo per contattarti lo trova, è difficile ma non impossibile” disse Aurora poco convinta.
“Che stupida!” dissi per poi sbuffare.
“Allora, ascoltatemi!” Aurora prese in mano la situazione “ora torniamo a casa e ci prepariamo! Usciamo, teniamoci pronte per un eventuale messaggio, se Monx riesce a contattarti li raggiungiamo. Basta disperarsi, quel che è fatto è fatto” disse saggiamente Aurora.
“Ha ragione Au, vai a casa e fatti bella! Stasera mal che va, dormite tutte a casa e ci ubriachiamo” disse Francesca ridendo. Le amavo, erano le mie compagne di vita.

 Tornata a casa, mi scusai con mio fratello che era tornato da lavoro e guardai un po’ di TV con papà. Gli raccontai un po’ del festival e di alcune cose successe tra i vecchietti del nostro quartiere. Lo avvisai sui miei programmi per la serata.
“Forse più tardi io e le ragazze raggiungiamo dei nostri amici in montagna” lo avvisai.

“Da sole?” chiese guardandomi.
“Nono, ci saranno anche i fidanzati di Fiamma e Francesca, stai tranquillo!” questa era una cosa vera.
“E chi sono i ragazzi che vi aspettano in montagna?” chiese.
“Non li conosci, sono amici dei ragazzi” mentii. Odiavo dire le bugie a mio padre ma non potevo fare altrimenti in questo caso. Non potevo dire che dovevo incontrarmi con un cantante che non conoscevo.
“Va bene, non fare tardi e state attente” disse con il suo solito sguardo premuroso. Uno sguardo vuoto ormai da troppi anni.

 

Mi feci una bella doccia rilassante, mi vestii e mi truccai addirittura (mascara e rossetto).
​Misi un semplice pantaloncino di jeans a vita alta, una canotta e misi una felpa in borsa.
Indossai la bandana che Aurora adorava e le mie amatissime converse bianche. Convinsi mio fratello a lasciarmi la macchina e andai sotto casa di Aurora. Mentre ero in macchina che aspettavo la mia migliore amica, mi arrivò una notifica su instagram.

 

@monx ha richiesto di seguirti.

​Ciao!
​Sono consapevole di essere in ritardo, non ho aggiornato per circa un mese ma ero senza idee e senza tanto tempo disponibile per dedicarmi completamente alla scrittura. Questo capitolo è nato dal nulla, non doveva essere così ma spero che vi piaccia comunque. Irene è un po' pazza e direi che ha commesso quasi un errore..però Marco ce l'ha fatta a trovarla! Lily Collins sarà il bellissimo volto della nostra Irene, è così che la immagino. Vi piace?
​Cosa ne pensate del capitolo? Dei personaggi? Dovrei modificare qualche cosa? Datemi qualsiasi tipo di consiglio per quanto riguarda anche la storia o il modo di scrivere. Sono curiosa di leggere le vostre recensioni e ovviamente anche critiche, non offensive e formative.
​Ringrazio chi ha messo la storia tra le preferite\seguite\ricordate e chi ha recensito, un bacione enorme a voi!
​Grazie mille, alla prossima!
​I
​P.S. Aspetto le vostre recensioni!!


 

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Capitolo 4
*** Quattro ***


 

QUATTRO

 


@monx ha richiesto di seguirti.
 

Quando Aurora, cinque minuti più tardi, entrò in macchina mi trovò a fissare il telefono.
“Non ci credo! Ti ha trovata” disse dando un urletto. Le mostrai semplicemente il telefono.
“Muoviti, accetta!” era diventata euforica. Mi ripresi dallo stato di trance e comincia ad urlare come una stupida.
“Au ti rendi conto!Ora accetto” dissi tra un urlo e l’altro. Nemmeno il tempo di accettare che mi arrivò un messaggio sui direct di Instagram.


​@monx: ho passato ore, e sono serio se dico ore, a cercare di ricordare il tuo nome o qualche indizio. Avevo quasi perso le speranze ma ce l’ho fatta. Sono stato bravo, ora devi fare tu la tua parte ;)

“E ora cosa rispondo?” andai nel panico. Come dovevo rispendere? Dovevo mostrarmi sorpresa, felice o disinteressata? Diamine, era solo un messaggio!
“Irene De Remis rispondi e basta, muoviti!” mi rimproverò Aurora.

@irenederemis: alla fine ce l’hai fatta, se devo essere sincera non riponevo tantissima fiducia in te..ops!
@irenederemis: come mi hai trovata?

@monx: te lo racconto stasera davanti ad un bella birra!
@monx: se rifiuti la birra potrei offendermi

@irenederemis: una birra non si rifiuta mai! Hai ragione, tu hai fatto quello che dovevi, ora tocca a me.  

@monx: perfetto, ti aspetto! Ho passato un pomeriggio a cercarti, come minimo non dovresti farmi aspettare hahahahah ;)

@irenederemis: tranquillo, avrai l’onore di passare del tempo con me! ;)

@monx: irene, irene…dai, e porta l’amica “con il culo bello” che sennò giulio mi uccide hahahaha

 

“L’amica col culo bello sarei io?” chiese Aurora guardandomi.
“Esatto, il tuo sedere da fissata per il fitness ha fatto conquiste” dissi ridendo.
“Ecco a cosa servono le ore in palestra! Squat a non finire e Belen può solo accompagnare” rispose. Aurora era ossessionata dal fitness. Amava passare ore in palestra per migliorare il suo corpo, mangiare sano, andare a correre. Era il mio opposto.
Avvisammo subito le gemelle che nel giro di cinque minuti ci raggiunsero con i loro rispettivi fidanzati. Si catapultarono nella mia macchina e lessero tutti i messaggi.
“Era proprio quello che volevi, giusto?” chiese Fiamma guardandomi. Annuii emozionata.
“E allora muoviamoci! Non vorrai mica far attendere il tuo amato Monx? Già l’hai fatto disperare abbastanza per oggi” aggiunse Francesca. Scesero dalla mia macchina e andarono da Alessandro e Emanuele che, poverini, avevano capito ben poco di tutta questa situazione. Erano due santi quei ragazzi. Da quando frequentavano le gemelle, più o meno entrambi da tre anni, erano diventati i fidanzati anche miei e di Aurora. Passavamo tantissimo tempo anche con loro, eravamo una mini famiglia.


“Aurora ho paura” dissi appena parcheggiai la macchina. “Andiamo via, non voglio più stare qui” dissi nell’ansia più totale. Ero fatta così, purtroppo. Durante il tragitto avevo analizzato bene la situazione. Conoscendomi, non avrei spicciato più di due parole in presenza di Marco. Avrei cominciato a balbettare e a parlare attraverso monosillabi. Era già successo la sera del festival e avevo parlato con lui per soli cinque minuti, figuriamoci una serata intera. Erano le 21:23, non mi sentivo pronta psicologicamente. Perché mi facevo tanti problemi? Non potevo andare semplicemente lì e comportarmi come se stessi parlando con una persona normale? Ovviamente no, dovevo solo complicarmi la vita.
“Ire devi stare tranquilla! E’ un ragazzo come Emanuele e Alessandro. Devi essere solo te stessa!” Aurora cercò in qualche modo di tranquillizzarmi, ma non ci riuscì. “Sei insopportabilmente logorroica con tutti, vuoi davvero comportarti come una stupida per colpa di un ragazzo? Insomma, caccia la vera Irene! Non fare la bambina e scendi da questa macchina” aggiunse per poi uscire dalla macchina e raggiungere i ragazzi che avevano appena parcheggiato. Presi un bel respiro e scesi dalla macchina.


Dopo aver domandato all’addetto del campeggio dove fossero i ragazzi, ci avviammo verso la montagna. Dopo cinque minuti di cammino cominciammo a sentire le voci e le varie risate. Erano tutti in cerchio, attorno al fuoco, proprio come nei film. Riuscii a riconoscere i ragazzi della band, alcuni organizzatori del festival e delle ragazze che non avevo mai visto prima, forse delle fan come me. Tra tutte le persone ovviamente il mio sguardo cercava Marco e dopo qualche minuto lo vidi mentre cercava di accendere un altro fuoco per preparare la carne. Salutai prima gli altri ragazzi che mi salutarono chiamandomi “salvatrice” e poi mi avvicinai mentre i miei amici parlavano con gli altri.
Forza Irene, ce la puoi fare.
“Non si fa così, servono più carbonelle” dissi quasi balbettando.
Lui si girò di scatto e mi sorrise.
“Non sono capace, sono abituato al mare” disse quasi imbarazzato. “Alla fine sei venuta!” aggiunse.
“Te l’ho detto, una birra non si rifiuta mai” dissi per poi sorridere. Ricominciò a litigare con le varie fiamme. Ridacchiai nel vederlo in difficoltà.
“Faccio io” e nel giro di cinque minuti il fuoco era perfetto per arrostire la carne. Monx chiamò un suo amico e lasciò a lui il compito di cucinare.
“Allora vuoi sapere come ti ho trovato?” chiese mentre camminavano verso gli altri.
“Vai, sono curiosa.”
“Ho passato ore – e sottolineò la parola ore – a cercare di ricordare il tuo nome. Mi sono sforzato di ricordare le persone con cui ho parlato quella sera ma era impossibile” fece una pausa “ho cercato tutte le foto in cui sono stato taggato in quella sera ma tu hai il profilo privato, quindi è stato un lavoro inutile” ridacchiai guardando la sua espressione disperata mentre raccontava “..vado al dunque: nel frattempo che ti cercavo i ragazzi avevano discusso e tocca sempre a me ristabilire la PACE nel gruppo e mentre cercavo di riappacificarli ho ricordato il tuo nome. Irene, dalla dea Eirene..dea della pace. E poi.. nulla, ho cercato tra i “mi piace” delle foto e ti ho riconosciuto dall’immagine del profilo” concluse il suo discorso. Ero sconvolta e anche lusingata per tutto ciò che aveva fatto per trovarmi. Non credevo che prendesse questa storia sul serio o che gli importassi così tanto.
“Sei un pazzo! Tutto questo per una ragazza di cui non ricordavi nemmeno il nome” dissi scuotendo la testa e ridendo. Ero stupita da me stessa, non stavo balbettando e stavo rispondendo normalmente.
“Diciamo che ho trovato molto interessante la tua sfida!” disse guardandomi. “Ora ti presento tutti gli altri, sono tantissimi quindi fai solo finta di sforzarti per ricordare i nomi” disse per poi invitarmi a seguirlo verso il cerchio e il fuoco centrale. Avrei voluto dirgli che i nomi dei componenti della band già li conoscevo ma per evitare di sembrare pazza non dissi nulla.

“Ed ecco la nostra salvezza!” ribadì il batterista appena mi vide arrivare.
“Colei che ci ha guidato verso questo mini paradiso terrestre” aggiunse Vittorio, il migliore amico e quasi manager di Monx.
“Ragazzi, lei è Irene” mi presentò Marco notando il mio silenzio.
“Dopo che oggi hai ripetuto milioni di volte il suo nome, le presentazioni potevano essere evitate” disse ridacchiando il batterista. Tutti scoppiarono a ridere, tranne Marco ovviamente.
Notai che i miei amici già stavano parlando e ridendo con tutti. Aurora e le gemelle mi guardarono facendo uno sguardo malizioso che io feci finta di non aver visto.
“Ragazzi chi mangia la salsiccia?” urlò il ragazzo che stava preparando la carne. Improvvisamente metà dei ragazzi si alzò e corsero verso di lui.
“Bestie” disse Marco ridendo. “Allora Irene, mi vuoi raccontare qualcosa su di te o devo scoprire da solo anche quello?” Il modo in cui diceva il mio nome era bellissimo.
“Dipende da cosa ti interessa sapere” dissi cercando di mostrarmi tranquilla.
“Iniziamo dalla cosa più importante”disse ridendo “quanti anni hai?”
“Diciannove compiuti a marzo.”
“Sembri molto più grande, credevo avessi la mia età!” Marco era nato nel 1992 e avrebbe compiuto a settembre venticinque anni.
“E’ la frase che mi dicono tutti! A volte i ragazzini mi chiamano addirittura signora..” dissi scuotendo la testa. Lui, tanto per cambiare, scoppiò a ridere. Ma quanto rideva? Era forse la persona più allegra che io abbia mai conosciuto.
“Marco..” lo richiamai e smise di ridere “posso sapere perché mi hai invitato qui stasera?” mi feci coraggio e domandai sperando di non rimanere delusa dalla risposta.
“Sei stata gentile con noi oggi pomeriggio, ci hai aiutati! Inoltre, mi ricordavo di te dal Festival. Non so per quale motivo ma il tuo volto si è fissato nella mia mente. E poi da come hai potuto notare, amo conoscere persone nuove e mi sembrava una bellissima occasione!” prima che potessi rispondere continuò a parlare. “E poi, Irene cara, le tue guance rosse e il tuo modo di ballare al festival non sono passate inosservate. I ragazzi della band quando ti hanno rivista oggi pomeriggio hanno collegato subito i tuoi balli dopo la mia esibizione” disse ridacchiando.
Volevo morire. Cominciai a sentire improvvisamente caldo. Certo, eravamo a metà luglio ma la sera in montagna c’era sempre un bel vento che portava il fresco. Ero sicuramente diventata rossa.
“Tutta colpa dell’alcol” risposi semplicemente. Ero ancora più imbarazzata. Sapere che Monx e tutti i suoi amici avevano assistito ai miei balli la sera del festival mi faceva vergognare tantissimo.
Lui in risposta si mise a ridere e prese due birre chiuse che erano vicino alla panca dove eravamo seduti. Tennent's, la mia preferita. Infatti, appena la vidi i miei occhi si illuminarono.
“Ti piace la birra?” chiese mentre toglieva il tappo.
“Di alcolico bevo solo birra e vino, raramente cocktail. In realtà bevo raramente.”
“Una bella birra non fa mai male a nessuno” disse passandomi la bottiglia. Facemmo scontrare le bottiglie a mo’ di brindisi e cominciammo a bere. Monx nel giro di cinque minuti, mi riempì di domande di qualunque genere. Gli raccontai che avevo dato l’esame di maturità da poco, una settimana e mezzo prima, e che ora mi stavo preparando per i test di ammissione a medicina. Lui rimase sorpreso, un po’ come tutti quando ne parlavo. Era dura, ne ero consapevole ma era quello che volevo fare. Ad interrompe i nostri discorsi fu Vittorio che reclamava la sua presenza.
Ne approfittai per avvicinarmi alla mie amiche che stavano mangiando insieme agli altri ragazzi.
“Vuoi anche tu un panino?” mi chiese un ragazzo.
“Grazie mille ma non ho fame” rifiutai gentilmente. Per l’ansia avevo lo stomaco chiuso.
Le gemelle e Aurora mi circondarono per chiedermi di qualunque cosa ma arrivò Monx con la chitarra che rubò tutta la mia attenzione. Ci mettemmo tutti a cerchio attorno al fuoco e rivolti verso Monx e il batterista che lo avrebbe accompagnato. Sembrava tutto perfetto, proprio come un film.
Marco cominciò a cantare e io dimenticai tutto e tutti. Riuscivo a vedere solo lui e ad ascoltare solo la sua voce.

 È sempre bello tornare
 confuso, spaccato, fatto, sfatto
 è bello percorrere i sensi vietati guidando veloce con gli occhi bendati raggiungerti e dirti mi piaci
 cazzo se mi piaci


Cazzo, Marco quanto mi piaci!

 

 

 

Salve!
Scusate in primis il ritardo per quanto riguarda l’aggiornamento ma non avevo tantissima voglia di scrivere, nemmeno tempo in realtà. Inoltre, non ricevendo recensioni e quindi opinioni o consigli, non posso migliorarmi o modificare le cose che magari non piacciono.
Spero che il capitolo vi piaccia, questo era un capitolo di passaggio per far creare un rapporto ai due ragazzi. Ovviamente il meglio devo ancora venire, ho in mente delle cose bellissime per i prossimi capitoli. Spero di poter leggere qualche vostra recensione.  
Datemi qualsiasi tipo di consiglio per quanto riguarda anche la storia o il modo di scrivere. Sono curiosa di leggere le vostre recensioni e ovviamente anche critiche, non offensive ma formative.
​Ringrazio chi ha messo la storia tra le preferite\seguite\ricordate e chi ha recensito, un bacione enorme a voi!
​Grazie mille, alla prossima!
I xx

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Capitolo 5
*** Cinque ***


CINQUE


“Allora ti è piaciuto questo mini concerto?” mi domandò una volta posata la chitarra.
“Fare questa domanda ad una tua fan è un modo per far crescere il tuo ego?” dissi scherzando.
“Oh, no, mi hai scoperto” disse per poi scoppiare a ridere. Mio Dio, la sua risata. Non riuscivo a staccare lo sguardo dal suo viso perfetto. Quando sorrideva spuntavano delle bellissime fossette che erano adorabili. 
“Certo che mi è piaciuto!” ammisi. 
“Qual è la tua preferita?” chiese sedendosi vicino al tronco di un albero distante dal casino che creavano gli altri. Lo affiancai e pensai alle sue canzoni. 
“Potter\Pedalò” dissi sicura.
Non appena finii di pronunciare il nome della canzone, lui cominciò a cantarla. 
Non lo so se in un bicchiere l'amore troverò ma è da un po' che alzo il gomito e solo sto
su un pedalò. Navigherei con te nella metro ma da un po' non filtra luce dal mio oblò.
” Così iniziava la mia canzone preferita. Fin dal primo ascolto, l’avevo amata tantissimo. 
Inciampa anche tu con me, afferrami il cuore dal gilet. Lo vedi per galleggiare ho bisogno di te. Sparisci anche tu con me, diventerò Harry, tu Hermione. Non vedi che la cicatrice assomiglia a te.” In questa parte, per me fu naturale accompagnare la sua voce. Avevo sempre desiderato qualcuno che afferrasse il mio cuore, era da troppo che non provava vere emozioni. Quando finì di cantare restammo uno di fronte all’altro in silenzio. La musica, le risate, tutte le persone erano sparite. Cosa stavo succedendo? Riuscivo solo a concentrarmi sul viso di Marco a pochi centimetri da me. Mi guardava senza esitare, con il suo sguardo e i suoi occhi meravigliosi. Non riuscivo a capire più nulla. Pian piano notavo il suo viso sempre più vicino e il suo sguardo, man mano che sia avvicinava, restava incollato ai miei occhi. Ero uno sguardo quasi interrogativo, quasi come se volesse chiedermi un “permesso”. Come poteva anche solo pensare che avrei rifiutato un suo bacio? Presi coraggio e mi avvicinai ancora di più. Eravamo talmente vicini che riuscivo a percepire il suo respiro quasi affannato, impaziente. Era tutto così perfetto, anche troppo. Infatti, nel momento esatto in cui Marco stava per poggiare le sue labbra alle mie, un pallone colpì l’albero sotto il quale eravamo seduti. Subito entrambi tornammo alla realtà e ci allontanammo. Continuò a fissarmi ma, una volta capito quello che stava per accadere, non riuscivo più a sostenere il suo sguardo. Mi alzai di scatto.
“Io ho bisogno di andare a fumare. Ho le sigarette nella borsa di Aurora..vado” dissi ancora sconvolta. 
“Io devo andare in bagno..vado anche io” disse per poi alzarsi. Subito scappai verso Aurora che stava tranquillamente giocando con gli amici di Marco. Presi il mio pacchetto di sigarette, l’accendino e decisi di camminare un po’ in quei sentieri che ormai conoscevo a memoria. Tornai dopo un quarto d’ora con circa dieci sigarette in meno. Mi avvicinai alle mie amiche e con lo sguardo cercai Marco. Non c’era. 
Il resto della serata passò tranquillamente, o almeno così sembrò agli altri. Io e Marco non ci parlammo e non ci avvicinammo fino al momento dei saluti. 
“Noi restiamo qui fino a mezzogiorno, ci venite a salutare?” chiese.
“Non credo di poter passare domani, devo studiare.”Le mie amiche mi guardarono subito malissimo. 
“Dai Ire, cosa sarà mai una mezz’ora!” disse Fiamma uccidendomi con lo sguardo.
“Infatti sì, domani alle dieci ci trovate qui!” confermò Aurora con un sorriso.
“Allora vi aspetto domani mattina!” Si avvicinò per salutarmi. Mi diedi un bacio sulla guancia che forse durò un po’ troppo. Sentivo la pelle dove aveva poggiato le sue labbra in fiamme. 
 
“Ora mi spieghi per quale assurdo motivo domani volevi restare a casa a studiare invece di venire qui e salutare Monx!” Aurora mi attaccò subito.
“Devo studiare. A inizio settembre ho i test, lo sapete” dissi alzando gli occhi al cielo.
“Irene De Remis non osare mentire alle tue amiche!” Francesca sembrava quasi offesa.
“Non voglio salutarlo! Stasera ho conosciuto il vero Monx e sapere che non lo rivedrò più mi fa innervosire” sbottai arrabbiata. Le mie amiche capendo la situazione preferirono stare in silenzio e lasciarmi stare. 


18 luglio 2017 
Odiavo questa situazione. Mi svegliai molto presto per studiare ma tutti i miei tentativi erano inutili. Non riuscivo a concentrarmi e anche biologia, la mia materia preferita da sempre, diventava noiosa. Passai circa due ore su due pagine e presa del nervosismo decisi di chiudere e di fare una bella doccia. Avevo bisogno di rilassarmi. Cercai di non pensare a Marco e una volta uscita dalla doccia, per occupare il tempo, sistemai la mia camera. Lo sapevo che andare in montagna era pessima idea! Mi ero “legata” ad una persona che non avrei rivisto mai più.  Non riuscivo nemmeno ad immaginare cosa avrei provato o pensato se quel bacio ci fosse stato. I miei pensieri furono interrotti alle 9:30, ovvero all’arrivo delle ragazze a casa. 
“Per quale assurdo motivo indossi i pantaloncini da calcio dei tuoi fratelli?” chiese Aurora, senza nemmeno salutare, appena aprii la porta di casa. 
“Buongiorno anche a te Aurora!” risposi ignorando la sua domanda.
“Irene ma ti vuoi muovere?” esclamò, quasi sconvolta, Fiamma notando il mio look casalingo.
“Francesca, ti prego, almeno tu salutami!” dissi guardando male Fiamma e Aurora. 
“Buongiorno Irene!” mi disse ridendo. Sorrisi verso di lei.
“Non mi interessa dei saluti in questo momento! Vai subito a prepararti” mi ordinò Aurora. 
“Non ci voglio venire in montagna” dissi andando verso la mia camera.
“Irene De Remis, a meno che tu non voglia..” interruppi subito la frase, senza dubbio poco carina, di Aurora.
“Aurora sono seria, non è una scelta data dall’ansia o altro! Ho ragionato lucidamente questa notte e salutare Marco è una pessima idea” dissi seria. 
“Ma perché?” chiese Francesca.
“Ma c’è stato qualcosa tra di voi che non ci hai raccontato? Un bacio?” insinuò Fiamma. I miei pensieri tornarono ovviamente alla scena dell’albero e mi innervosii. 
“Assolutamente no” dissi irritata “ma mi conoscete! Impazzivo per Monx prima di conoscerlo, figuriamoci ora” sbuffai.
“Hai una cotta per lui” disse Aurora decisa.
“Ho sempre avuto una cotta per Monx, lo sapete! Mi ero fatta un’idea di lui ascoltando le sue canzoni, mi ero innamorata di quell’idea e scoprire che non è tanto lontana dalla realtà è stato bello..” mi fermai un attimo “ma devo ricordare anche che la realtà comprende me e Marco come perfetti sconosciuti e voglio che sia così” dissi seria. Le mie amiche mi guardarono sconvolte. Cercarono di insistere ma fui irremovibile. Loro deciso di andare a salutarlo, inventando una scusa per la mia assenza. Mi sentii uno schifo. Ero stata maleducata, lo so, ma non riuscivo proprio ad andare lì e salutarlo. Non volevo. Sentivo la necessità di conoscerlo meglio, di riempirlo di domande, di stare con lui. Era scattato un qualcosa che non riuscivo nemmeno a definire.
Passai la giornata a studiare riuscendo a concentrarmi. Staccai il telefono per tutto il pomeriggio, infatti, quando lo riaccesi la sera mi ritrovai tantissimi messaggi sui vari gruppi e dalle mie amiche. Lessi il messaggio di Aurora e mi ritornò il malumore. 
Da: Aurora
Marco ha chiesto di te non so quante volte e ci è rimasto malissimo quando ha capito che non saresti venuta! Sei felice ora, coniglio? 
 
Lo ignorai ed entrai su instagram. Aprii i direct e vidi un messaggio da parte di Monx.
@monx: posso sapere perchè non sei venuta? le tue amiche mi hanno detto che dovevi studiare ma non ci credo.
Dannazione, perchè peggiorava la situazione? Presi coraggio e risposi.
@irenederemis: è vero, ho studiato tutta la mattinata
@irenederemis: te l'ho detto che a settembre ho i test
Mi rispose quasi subito.
@monx: bastavano solo cinque minuti. 
@monx: speravo di poterti salutare, chissà quando ci rivedremo ora 
@irenederemis: appunto, che importanza ha? molto probabilmente se dovessimo rivederci, non ti ricorderesti nemmeno di me
@monx: forse non hai capito che tipo di persona sono.
@monx: mi sei simpatica, sono stato benissimo con te in montagna quindi perchè non mantenere i rapporti? sono tante le mie "fans" che ho conosciuto e che ora sono mie amiche
@monx: ma forse mi sono fatto un'idea sbagliata su di te, irene. 
Non riuscii a rispondere, troppo cordarda com'ero, quindi mi limitai a visualizzare e a lanciare il telefono contro il letto.

Sono viva..scusatemi! Ho avuto il pc rotto e non mi andava di scrivere dal telefono.
Cercherò di aggiornare settimana prossima (se proprio non ci riesco tra due settimane).
Mi farebbe davvero piacere sapere cosa ne pensate di questo capitolo e della storia.
Non credo sia faticoso lasciare una piccola recensione che può aiutarmi a migliorare.

​Ringrazio chi ha messo la storia tra le preferite\seguite\ricordate e chi ha recensito, un bacione enorme a voi!
​Grazie mille, alla prossima!
I xx

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Capitolo 6
*** Sei ***


SEI

18 marzo 2018
La mia vita da quando mi ero trasferita a Roma era cambiata tantissimo: vivevo da sola, studiavo quello che volevo e avevo rimediato un lavoro. Ogni giorno era un caos tra i corsi e il lavoro ma mi piaceva tantissimo vivere nella capitale e poter studiare medicina. L'unica cosa che odiavo tanto era la lontananza da casa, infatti, in questi sette mesi avevo visto la mia famiglia e le mie amiche pochissime volte. Ma non mi scoraggiavo, dovevo fare dei sacrifici se volevo raggiungere i miei obiettivi. La mia vita sociale era difficile da descrivere, togliendo alcuni conoscenti dell'università e un paio di ragazze che lavoravano con me era una prognosi riservata. Lavoravo come cameriera, solo di sera, in un ristorante vicino alla fontana di Trevi. Il proprietario era un amico di mio cugino quindi avevo cominciato a lavorare dal primo mese a Roma. Ovviamente durante la giornata per me era impossibile lavorare, quindi avevamo trovato un accordo: dovevo lavorare tutte le sere e accettare gli orari improbabili. Prima degli esami era davvero stressante ma avevo preso velocemente il ritmo. Ogni minuto è buono per studiare: questo era diventato il mio motto ed era la frase che ripetevo sempre.
Anche quel giorno, come sempre, alle 20:00 precise, ero al ristorante e stavo cominciando il mio turno. Era mercoledì, un giorno abbastanza tranquillo. Non ci fu un gran flusso di persone fino a mezzanotte. Era talmente tranquilla la serata che avevamo pensato di chiudere addirittura prima della mezzanotte ma fu solo un sogno spezzato da una chiamata che avvisava dell'arrivo di un gruppo di dieci persone. Sbuffando, cominciai a preparare il tavolo e nell'attesa mi misi a leggere alcuni appunti presi durante la mattinata e ogni tanto parlavo con il mio capo, Francesco. Quando arrivarono i ragazzi ero persa nei miei appunti e non li notai nemmeno. Francesco mi disse che se volevo potevo anche andare via poiché erano alcuni suoi conoscenti, sapeva che avrebbero fatto tardi e poteva occuparsene tranquillamente lui e Maria, l’altra ragazza che lavorava con me. Inizialmente mi rifiutai di andare via ma poi pensai alle lezioni del giorno dopo e accettai la sua proposta, non prima di averlo ringraziato un miliardo di volte. Salutai Francesco, i ragazzi in cucina e andai verso l'esterno del locale. Dovevo chiamare un taxi ma prima avevo bisogno di fumare una sigaretta.
"Irene, aspetta! Torna un attimo dentro" mi richiamò Francesco. Un po' irritata posai la sigaretta ancora spenta nel pacchetto e lo raggiunsi.
"I ragazzi vogliono essere serviti anche da te, dicono di conoscerti. Ho provato a dire che tu dovevi staccare ma hanno insistito tanto."
"Tranquillo, vengo pagata per questo" dissi accennando un sorriso. Tornai in bagno, indossai di nuovo la camicia bianca e andai verso il tavolo. Ero curiosa di sapere di chi si trattasse, non conoscevo nessuno a Roma e la mia famiglia era nel mio paese. Erano otto ragazzi e guardandoli non riuscii a trovare nessun volto familiare.
"Salve ragazzi! Ho saputo che avete chiesto di me, ci conosciamo?" dissi cercando di essere gentile.
"Non ti ricordi di noi?" chiese un ragazzo alto dai capelli rasati. "Siamo stati quest'estate nelle tue zone per suonare! Sono Claudio, il bassista di Monx" concluse sorridendo. Grazie a lui riuscii a ricordare anche gli altri ragazzi.
"Oddio, scusatemi ma sono un po' fusa e nella mia mente c'è posto solo per esami e libri" dissi accennando un sorriso. Ricontrollai bene i volti dei ragazzi per essere sicura che lui non fosse nascosto da qualche parte e una volta sicura tirai un sospiro di sorriso. "Allora? Cosa vi porto?"
"Non siamo ancora al completo, come al solito i due coglioni sono in rit.." Claudio fu interrotto da una risata che ricordavo fin troppo bene. Non trovi il coraggio di girarmi verso l'entrata ma ero sicura che quella fosse la sua risata.
"Scusate ragà ma sto coglione di Vittorio è peggio de mi sorella quando si prepara" disse entrando. Non mi aveva ancora visto, ero di spalle e non avevo intenzione di girarmi. Tutti scoppiarono a ridere.
"Guarda chi abbiamo incontrato" disse Claudio indicandomi. Volevo ucciderlo. Finalmente mi girai verso di lui e subito notai il suo sguardo sorpreso e confuso. Forse non mi aveva riconosciuto, avevo ancora qualche possibilità di passare inosservata.
"Irene?" Ovviamente non andava mai nulla secondo i miei piani. Lo guardai mentre pronunciava il mio nome. Non lo vedevo da nove mesi, avevo smesso di seguirlo sui social e raramente ascoltavo le sue canzoni. Era bellissimo, proprio come lo ricordavo. I suoi capelli erano sempre lunghi e i suoi occhi erano sempre dello stesso verde limpido. Mi aveva cercata anche a settembre per chiedermi come fossero andati i test ma non volevo avere nessun tipo di contatto con lui e quindi avevo ignorato anche quel messaggio. Quando avevo letto quel messaggio, il mio cuore aveva perso qualche battito dato che non credevo se ne ricordasse. Ma il mio pensiero era sempre lo stesso: dovevamo essere due sconosciuti. Era davvero strano da parte mia, ne ero consapevole, ma con era questa la mia strategia di difesa. Non riuscivo a far entrare altre persone nella mia vita, era troppo difficile fidarmi e aprirmi a qualcuno.
"Ma allora sei viva!" notai il suo sguardo cambiare da sorpreso a nervoso. Sospirai.
"Allora ragazzi, vi lascio guardare il menù. Quando siete pronti, mi chiamate!" scappai via, ancora.
Corsi in bagno nel panico più totale. Mi sciacquai il viso e cominciai a fare dei respiri profondi. Chiamai Aurora, nonostante l’orario indecente. Dopo qualche squillo mi rispose con tono allarmato.
“Ire cos’è successo? Stai bene?” Quanto era bella! Il suo tono allarmato mi fece un po’ sorridere.
“E’ qui” dissi solo.
“Ma chi? E qui dove? Puoi essere più chiara?”
“Marco è qui, nel ristorante dove lavoro! Non so cosa fare, sono chiusa in bagno con la speranza di restare qui fino alla chiusura” dissi piagnucolando.
“Irene De Remis smettila! Esci da quel bagno, lavora e per una volta smettila di essere una codarda piagnucolona. Parla con Marco e smettila di scappare!” disse con tono arrabbiato. Ogni volta che ricordava il mio comportamento nei confronti di Marco si arrabbiava.
“Aurora ti prego! Come devo comportarmi?” sbuffai.
“E’ ovvio che non sai cosa fare! Ti sei comportata malissimo verso un ragazzo che voleva instaurare un rapporto di amicizia con te. E la causa di tutto questo qual è? La tua paura di legarti con le persone! Appena conosci qualcuno che ti piace, anche solo come amico, vai in paranoia e decidi di troncare tutto. Non mi riferisco solo a lui, lo sai, è un discorso generale. Con quante persone hai legato a Roma, escludendo chi lavora con te?” non risposi. “Irene rispondi!” continuai a stare zitta. “Bene, stiamo giocando al gioco del silenzio. Lo sai che ho ragione ma continua pure così.”
“Aurora non mi aiuti così” dissi con gli occhi lucidi e la voce che tremava. Diamine, ci mancava solo che cominciassi a piangere per il nervosismo.
“Con le buone non lo capisci, devo per forza essere rude. Sei una sorella per me e tutto questo lo dico per te” ci fu un attimo di silenzio. “Ora pensiamo a come risolvere questa situazione: esci, fai quello che devi fare e se vuoi continui ad ignorarlo oppure potresti vedere lui cosa ti dice e provare ad abbassare un poco le difese.”
Bussarono alla porta appena Aurora finì di parlare. Francesco mi aveva avvisato che i ragazzi erano pronti per ordinare.
“Devo andare, ti chiamo domani. Grazie mille per i consigli, ora vedo cosa fare” la salutai e staccai. Presi un bel respiro e mi avviai verso il loro tavolo. Lo vidi ridere, ho sempre pensato ridesse tanto, e scherzare con gli amici proprio come fece quella sera di luglio. Dovevo solo ignorarlo, lavorare e poi correre a casa.
“Allora siete pronti?” dissi con un tono apparentemente calmo. I ragazzi dissero a raffica le ordinazioni, faticavo a stare dietro tutte quelle voci nonostante fossero solo in dieci. Presi le ordinazioni e sorrisi, portai il foglio in cucina e poi nell’attesa che fosse tutto pronto mi misi a studiare.
“Allora ce l’hai fatta a superare i test” la voce di Marco mi fece sobbalzare. Ma perché non mi lasciava in pace?
“Già, ce l’ho fatta” dissi mentre lo osservavo sedersi affianco a me.
“Ti ho scritto un messaggio quando ho saputo che fossero usciti i risultati dei test ma non mi hai risposto.” Il suo sguardo si fece duro, sembrava quasi offeso. Ovviamente non risposi. “Così come non hai risposto nemmeno ai miei messaggi il giorno che sono partito e dovevamo vederci. Non capisco, davvero, ho fatto qualcosa di sbagliato? Ti ha dato fastidio qualche mio comportamento? A volte ci penso ma non riesco a capire.” Mi sentivo in colpa. Ero una stronza, un’imbecille con un carattere pessimo: ecco la descrizione di Irene De Remis. Vederlo davanti a me con lo sguardo da cucciolo bastonato fece scattare in me tanta rabbia verso me stessa.
“Non hai fatto nulla, anzi sono stata benissimo quella sera. Sono fatta così, non sono portata per instaurare delle relazioni di qualunque tipo..” ero in difficoltà, non sapevo come spiegare quello che provavo. “Mi dispiace, ammetto di essere stata anche maleducata per non averti salutato e per aver ignorato i tuoi messaggi. Quando sento che sto instaurando legami con una persona tendo ad allontanarla. Non so perché, forse paura o stupidità? Mi dispiace” parlai velocemente senza nemmeno pensarci su ma alla fine credevo di essere riuscita a farmi capire. Lui non rispose e si limitò a fissarmi. A salvarmi dall’imbarazzo fu il campanello della cucina che indicava degli ordini da portare a dei tavoli. Ringraziai mentalmente Dio, mi alzai velocemente e andai verso la cucina lasciando lì Marco.
Dopo quella conversazione cominciò anche lui ad ignorarmi, infatti, il resto della serata passò senza altri problemi e con qualche sguardo ogni tanto. Non sapevo se essere felice o triste per la sua reazione passiva, volevo solo tornare a casa il prima possibile. Una volta che i ragazzi iniziarono a mangiare il dolce, mi avvicinai a Francesco e gli chiesi se potevo tornare prima a casa poiché non mi sentivo tanto bene.
“Ti serve un passaggio? In effetti ti vedo un po’ pallida! Dai, vai a casa a riposarti, qui ci pensiamo io e Maria” ecco la sua risposta detta con un tono fraterno. Rifiutai il passaggio, lo ringraziai minimo dieci volte e mi avviai fuori per chiamare un taxi. Riuscii finalmente a fumare la prima sigaretta della serata e mi sentii subito sollevata.
“Hai l’accendino?” Marco mi stava guardando con la sigaretta poggiata tra le labbra, il volto un po’ rosso per il vino e i riscaldamenti del locale. Cercai l’accendino e glielo diedi, attenta a evitare il contatto con le sue mani.
“Vai via?” chiese restituendomi l’accendino. Mi limitai ad annuire. Passarono alcuni minuti e richiamai il taxi esortandolo ad arrivare subito.
“Irene ascoltami, prima che vai via devo parlarti. Non so perché voglio a tutti i costi chiarire con te ma devo farlo. Ho ascoltato bene le tue parole prima e mi sale il sangue al cervello se penso che mi hai allontanato perché avremmo potuto legare! Perché non provare a vederci ogni tanto? Lo so che hai paura ma preferisci davvero lasciare tutto così? Come se non ci fossimo mai conosciuti? Ovviamente devi decidere tu ma ti chiedo di pensarci bene..” si fermò un attimo “non ti dimenticà che sono sempre il tuo cantante preferito e che posso cantare per te ogni volta che vuoi!” aggiunse strappandomi un sorriso. Quella frase cancellò per un attimo tutte le paure e le incertezze. Stavo per parlare ma arrivò il taxi. “Non hai il mio numero ma sai come contattarmi, anche se hai smesso di seguirmi su instagram. Che te credi che non me ne so accorto?” scoppiai a ridere insieme a lui. “E comunque, non so è l’aria de Roma ma non ti ricordavo così bella.”

Buona Pasqua a tutti voi, anche se in ritardo!

Vorrei tanto capire se questa storia vi piace o continuare a “lavorarci” su è solo una perdita di tempo. Mi farebbe tanto piacere saperlo attraverso una recensione o messaggi privati. Sarebbe carino sapere cosa ne pensate, se c’è qualcosa che non vi piace o che devo migliorare..anche perché non riesco proprio a capire l’opinione di chi segue la storia. Ringrazio comunque chi ha letto lo scorso capitolo, chi ha messo la storia tra i seguiti\preferiti\ricordate e chi ha recensito.
Un bacione, I xx

 

 

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Capitolo 7
*** Sette ***


SETTE 

 
Il giorno dopo raccontai tutto ad Aurora che sembrava una dodicenne eccitata per la prima cotta: tipico di Aurora. Avevo passato la mattinata all’università e la mia mente pensava sempre a cosa fare. “Mando il messaggio o continuo ad ignorarlo?”
Durante la pausa pranzo, spinta da una botta di coraggio improvvisa, cominciai a seguirlo di nuovo su Instagram e gli scrissi addirittura un messaggio. Ovviamente dopo cinque minuti già me ne pentii ma mentre scrivevo il messaggio mi sentii un po’ felice, quasi come se potesse cambiare qualcosa nella mia vita noiosa e piatta. Marco, in realtà, mi rispose quasi subito ma io quando seguivo i corsi spegnevo il telefono. Riuscii a rispondere solo sull’autobus mentre tornavo a casa e appena vidi il messaggio cominciai a sorridere come una stupida, ora sembravo io la dodicenne alle prese con la prima cotta.
 
@monx: ohoh, irene de remis mi ha davvero contattato? prepariamoci alla fine del mondo
@irenederemis: ha ha ha che simpatico! Non farmi pentire di averti inviato il messaggio
@monx: nono, per risentirti ho dovuto aspettare mesi...non ricominciamo!
@monx: allora irene, stasera cosa fai?
@irenederemis: ovviamente lavoro
@monx: ne sei sicura? è giovedì
@irenederemis: oddio, è vero. Il ristorante il giovedì è chiuso
@monx: perfetto, questo volevo leggere
@monx: quindi stasera ti aspetto in un locale, mi esibisco e poi mangiamo un panino insieme
@monx: non accetto un no come risposta!
@irenederemis: in realtà non lo so, di solito il giovedì sera mi addormento alle nove..
@monx: appunto!!! hai 19 anni, smettila di fare la vecchia
@monx: ti ho messo già sulla lista, ci vediamo stasera e non si discute
 
Ovviamente chiesi subito aiuto ad Aurora che era con le gemelle. Le mie amiche senza esitare mi dissero di accettare subito e Aurora minacciò di correre a Roma per picchiarmi se fossi rimasta a casa. Infine mi convinsi e andai al locale. Mi spostai con i mezzi, non era troppo lontano, e man mano che la fermata si avvicinava la mia ansia saliva ancora di più. Non ascoltavo una canzone di Monx da troppo tempo, da quando avevo deciso di chiudere ogni tipo di rapporto, e avevo paura della reazione che avrei potuto avere. Fuori al locale c’era un sacco di gente, a Roma era abbastanza conosciuto, e notai che la maggior parte delle persone in fila erano ragazze. Presi coraggio e mi avvicinai ai buttafuori, comunicai il mio nome e riuscii ad entrare tra gli sguardi scocciati delle persone che stavano aspettando. Il locale era quasi vuoto, c’erano solo alcuni ragazzi che avevano organizzato l’evento e la band che stava accordando i vari strumenti. Mi guardai attorno e notai alcuni stand con dei disegni di illustratori vari, mi avvicinai a guardare per perdere tempo. Dopo circa dieci minuti iniziarono ad entrare le persone e mi spostai subito verso il fondo: mesi fa avrei pagato per essere in prima fila al concerto del mio cantante preferito mentre ora desideravo solo passare inosservata per lui. L’attesa passò in fretta, ingannai il tempo bevendo un po’ di birra e fumando. Ad aprire il concerto c’era una band che non conoscevo ma che tutto sommato non era male. Quando vidi Marco salire sul palco con il suo solito sorriso, mi fermai a fissarlo e cominciai a sorridere anche io inconsapevolmente. Era così bello e felice! Cominciò a cantare e la sua voce trasportò subito su un altro pianeta: dimenticai le mie paure, le insicurezze e le mie ansie. Nella mia testa c’era solo la sua voce dolce e calda. Dopo mesi continuava a farmi lo stesso effetto, riusciva a tranquillizzarmi con una semplice nota ed era proprio questo il motivo che mi aveva fatto amare così tanto la sua musica.
“Allora regà, siete fortunati stasera..ieri ho scritto il testo di una canzone e i miei fratelli hanno subito arrangiato una base” si girò verso la band e sorrise. “Comunque ieri notte ero troppo preso bene, ho preso un foglio ed è uscito fuori questo! Spero vi piaccia” sorrise e cominciò a cantare.
 
Tu mi parli, io ti guardo
 e prendo il volo sopra questa sedia
perché ho problemi di attenzione ben oltre la media
stavo in missione nello spazio ma abbiamo un problema
posson sbagliare tutti quanti si ma non te
sei programmata per risolvere la confusione
per far sembrare così stupide le mie parole quando cerco di tenerti qui

Dove sei?
Stavo cercando di vederti in mezzo a tutta questa folla
lo riconoscerei il tuo nome tra quasi otto miliardi di persone



Scommetto che se ci fosse stata una telecamera puntata su di me, sarei finita su Paperissima per la mia faccia sconvolta. Ascoltai attentamente ogni singola parola della canzone, con un’attenzione quasi spaventosa. Quando cantò per la prima volta il ritorno spalancai occhi e bocca e mi allontanai ancora di più verso il fondo. Marco mi stava guardando, sentivo il suo sguardo su di me, lo sapevo. Infatti appena alzai lo sguardo, lo trovai che mi fissava e sorrideva. Abbassai subito lo sguardo e la mia testa cominciò a ragionare in preda all’ansia. Pensai alla questione del nome che ci aveva fatto conoscere, il mio atteggiamento che ci aveva fatto allontanare e perdere e la sua voglia costante di cercarmi e creare un rapporto con me. “Oh cazzo, ma è dedicata a me?” Fu questo il mio pensiero forse un po’ irrazionale e dettato dall’ansia. Scappai fuori a fumare una sigaretta che mi riportò con i piedi per terra: la canzone non poteva essere dedicata a me. Monx, il mio cantante preferito e la persona che avevo trattato male, non avrebbe potuto dedicarmi una canzone. Con questa convinzione tornai dentro la sala e trovai Marco che stava ringraziando e salutando il pubblico. Prima di scendere dal palco mi cercò tra la folla e una volta trovata vicino al bancone del bar mi fece segno di avvicinarmi a lui. Mi incamminai verso di lui facendomi spazio tra la folla e ricevendo qualche occhiataccia da qualcuno quando il buttafuori mi fece entrare nel privè. Subito notai i sorrisi maliziosi dei ragazzi della band e quando Vittorio mi notò scoppiò a ridere e diede una pacca sulla spalla al suo migliore amico.
“Io solo il superenalotto non riesco a fare, il resto azzecco tutto!” disse guardando me e Marco mentre andava via.
“Cosa voleva dire Vittorio?” chiesi spinta dalla curiosità.
“Niente, è un coglione..lascialo stare” borbottò imbarazzato. Stavo per rispondere ma Marco prese delicatamente il mio braccio e cominciò a guidarmi all’interno del locale. Attraversammo un corridoio che collegava la sala in cui si era esibito e la sala che veniva usata per il pub. Il locale era davvero molto molto carino. Sulle pareti c’erano le varie lettere dell’alfabeto con le luci che si usavano per le decorazioni natalizie, ovviamente richiamavano Stranger Things. Il resto della sala era tutto in legno, sembrava di essere in una casa in montagna. Mi piaceva tanto l’atmosfera. Ci sedemmo su un tavolo appartato dagli altri e non credo che fu una coincidenza.
“Allora che mi dici? Ti è piaciuto il concerto?” mi chiese tutto sorridente.
Alzai gli occhi al cielo.
“Lo stai rifacendo! Stai facendo una domanda del genere a una tua fan” dissi ovviamente scherzando. “Comunque giusto per gonfiare un po’ il tuo ego, il concerto mi è piaciuto, siete stati bravi” aggiunsi.
“Tutti questi complimenti sono troppo per me e per il mio ego” disse fingendo di svenire. Scoppiai a ridere attirando l’attenzione di alcune persone.
“Ma che risata hai?” disse scoppiando a ridere anche lui. Purtroppo, e sottolineo purtroppo, la mia risata sembrava un richiamo per le foche o per gli elefanti. Infatti cercavo sempre di trattenermi in pubblico.
“Ti prego non farmi ridere” dissi ormai rossa come un pomodoro e cercando di calmare le mie risate.
“Assolutamente no, la tua risata mi fa morire. Ridi quanto vuoi” disse prendendomi in giro e facendomi ridere ancora di più. Ad interromperci fu un cameriere abbastanza imbarazzato che ci portò i menù. Ordinammo entrambi due panini e due birre, ci mettemmo circa un quarto d’ora per scegliere dato che ogni panino ci sembrava buonissimo. Avevamo scelto, infine, due panini che piacevano ad entrambi e che poi avremmo diviso per assaggiarli.
“Hai dei buoni gusti, ti butti sul pesante! Hai appena scelto un panino con hamburger, bancon, insalata, melanzane e peperoni grigliati” disse guardandomi divertito.
“Sono cresciuta in una famiglia composta solo da uomini che quando sono affamati mangiano anche il tavolo, ho sempre mangiato tutto senza alternative se qualcosa non mi piaceva.”
“Quanti fratelli hai?” mi chiese curioso.
“Ne ho due ma contano per mille, sono delle bestie fisicamente e insopportabili come le zanzare” dissi alzando gli occhi al cielo.
“Sono più grandi di te?”
“Sì, in pratica sono la più piccola della famiglia e anche l’unica donna! Non so se capisci le difficoltà nel sopravvivere in mezzo a loro” dissi scherzando.
“Perché? Che cosa fanno?” era davvero interessato alla mia vita.
“Non voglio nemmeno parlare della loro gelosia e del loro senso di protezione, finirei di parlare domattina. Spesso mi lasciano tutta casa da sistemare, nonostante abbiamo una tabella con i turni, è  una lotta continua per ottenere la macchina o anche solo il telecomando della TV. Sono cresciuta guardando partite di calcio, di qualunque campionato, infatti so dirti tutte le squadre tedesche, inglesi e spagnole. Mia mamma ha sempre cercato di aiutarmi in mezzo a tre maschi, contando anche mio padre, ma purtroppo non ho mai conquistato il telecomando della TV e non credo succederà mai” dissi ricordando alcune scene caratteristiche delle mie giornate con quelle scimmie. Ero talmente presa nel mio discorso che non avevo notato lo sguardo interessato e l’espressione divertita di Marco.
“Dai però non sei sola, c’è comunque una presenza femminile in casa che ti aiuta” mi rispose non sapendo di aver toccato un tasto dolente. Nella mia mente mi trovai davanti due strade: far finta che l’argomento non mi toccasse o accennare qualcosa facendogli capire che non doveva più farmi domande. Decisi di scegliere la seconda strada poiché non sempre riuscivo a controllare le emozioni quando veniva menzionata mia madre.
“Fin quando ha potuto mi ha sempre aiutato” dissi semplicemente. Vidi inizialmente confusione nel sguardo ma quando capì il significato della mia frase mi sorrise dolcemente. Per fortuna arrivarono i nostri panini e la nostra attenzione si spostò su di loro. Mangiammo abbastanza bene, i panini erano davvero buoni e la birra artigianale anche. Fu una bella serata, sembrava di essere in compagnia di una persona che conoscevo da anni. Non mi stancavo di parlare con lui, era bello ascoltare la sua voce mentre mi spiegava dei suo progetti futuri, dei suoi amici, della famiglia. Mi piaceva potermi confrontare con lui, in circa due ore parlammo tantissimo e sembrava di aver recuperato quei sette mesi di silenzio. Queste sensazioni le avevo provate quando avevo passato quella serata in montagna: ero rilassata, tranquilla, divertita e avevo abbassato un po’ le mie barriere raccontando qualcosa di me. Non riuscivo ancora a capire come Marco riuscisse a farmi stare così bene, in fondo avevamo appena cominciato a sentirci.
Decise di pagare la cena e appena gli chiesi di dividere il conto scoppiò a ridere e si avviò alla cassa per pagare. Propose di darmi un passaggio a casa poiché era tardi per prendere i mezzi e non gli piaceva tanto l’idea di vedermi da sola su un taxi.
“Allora mentre raggiungiamo casa tua puoi sfruttarmi come se fossi una radio e farmi cantare tutte le canzoni che vuoi” disse mentre metteva in moto.
Sorrisi divertita.
“Tutte tutte?” gli chiesi per avere conferma. Lui annuì sicuro.
Cominciai a divertirmi e a proporgli ogni canzone che mi passava per la testa, da Tiziano Ferro a Vasco Rossi, Negramaro, Gigi D’Alessio, Cesare Cremonini, One Direction, Troy Bolton e così via. Mi divertii tantissimo, fu un quarto d’ora di continue risate e complimenti perché Marco era dannatamente bravo. Avrebbe potuto cantare anche la sigla dei cartoni animati o le canzoni delle pubblicità, la sua voce mi avrebbe sempre stregato.
“Forse tu non ti rendi conto ma sei riuscito a farmi rimanere senza parole anche con una canzone di Gigi D’Alessio!” Lui scoppiò a ridere. “Ti svelo un segreto” mi avvicinai al suo orecchio e comincia a sussurrare “mi piace troppo la tua voce!” dissi infine.
“Eddai Irene, così il mio ego stasera scoppia.”
Lo ignorai e ricominciai a proporre canzoni a caso.
Quando si fermò sotto al mio palazzo, l’auto si riempì di imbarazzo. Era stata una bella serata, come doveva finire?
“Ire devo dirti un segreto anche io” disse avvicinandosi al mio orecchio. Quando notai la poca distanza che c’era tra di noi cominciai a sentire caldo e il mio cuore cominciò a battere quasi come se desiderasse uscire dalla gabbia toracica.
“A me non piace solo la tua voce, mi piaci proprio tu!” disse con una tranquillità assurda. In un secondo diventai rossa come un pomodoro e restai in silenzio, stranamente senza parole. Notando la mia faccia scocciata scoppiò a ridere.
“Ma quanto sei bella! Ti scrivo un messaggio appena arrivo a casa” mi disse per poi baciarmi sulla guancia, troppo vicino alle labbra. Mormorai un saluto e con un sorriso stampato in faccia scesi dalla macchina e mi avviai verso il portone del mio appartamento. Ero felice.
 
 
Buonasera (o forse buonanotte considerando l’orario)!
Mi scuso innanzitutto per il ritardo ma sono stata in gita, la mia ultima gita da liceale, e appena sono tornata ho dovuto cominciare a lavorare sulla mia tesina. Appena ho avuto un po’ di tempo libero l’ho passato a scrivere, infatti, ho già cominciato a scrivere il capitolo otto. Quindi, se gli impegni me lo permettono, spero di riuscire a pubblicare al massimo massimo tra due settimane! Spero che nonostante il ritardo nella pubblicazione il capitolo vi piaccia. Vi invito a lasciare una recensione perché mi sono utili per capire cosa vi piace di questa storia e se c’è qualcosa da cambiare. Sono disposta a confrontarmi con voi e continuare a scrivere tenendo conto anche le vostre opinioni.
Ringrazio le tre ragazze che hanno recensito il capitolo precedente, chi lo ha letto e chi ha inserito la storia nei preferiti\ricordati\ seguiti.
Un bacione, I x

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Capitolo 8
*** Otto ***


OTTO
Da: Marco
Sono vivo e vegeto! Ci ho messo un po’ per il traffico ma tutto bene

A: Marco
Stavo quasi iniziando a preoccuparmi, o forse no..

Da: Marco
Sei sempre la solita stronza antipatica! Ed io che pensavo che dopo essere diventato la tua radio vivente fosse cambiato qualcosa tra noi..

A: Marco
Sisi, ho scoperto che hai un futuro da cantante neomelodico. Fantastico davvero.
Ora vado a dormire che domani alle 9 devo andare a seguire le lezioni. Buonanotte Marco!

Da: Marco
Buonanotte a te, piccola stronzetta.

Sorrisi e spensi il telefono. In realtà, ci misi un po’ per addormentarmi. La mia mente era fin troppo attiva, pensava senza mai fermarsi. Pensai a Marco e alla bellissima serata, mi tornavano in mente sempre le sue parole. Mio Dio, quel ragazzo mi avrebbe fatto impazzire. Come potevo restare impassibile al suo sorriso e ai suoi occhi? Mi sembrava assurdo pensare che Marco, il mio artista preferito, fosse interessato a me. Non riuscivo a crederci, era troppo strano per essere vero. E con tremila paure e dubbi, mi addormentai pensando alla felicità vera che avevo provato quella sera.
Il giorno seguente la mia voglia di seguire era pari a zero: mi ero svegliata tardi, avevo delle occhiaie da far paura e non potevo preparare la colazione perché ero in ritardo. La giornata era cominciata malissimo. Mi preparai velocemente, senza nemmeno mettere un filo di mascara, e scesi correndo le scale per non perdere il bus. Una volta aperto il portone, mi fermai e ciò che vidi, o meglio chi vidi, mi fece sorridere e passare tutto il nervosismo. Appena mi vide si alzò dalla panchina posta di fronte il mio palazzo e si avvicinò. Cercai di mostrarmi indifferente ma il sorriso che involontariamente era spuntato sulle mie labbra alla sua vista tradiva il mio intento.
“E tu che ci fai qui?” chiesi quasi stupidamente.
“Ho pensato che invece di prendere i mezzi potevo darti io un passaggio, tanto non ho niente da fare” sorrise come se fosse una normale.
Chiusi il portone e lo affiancai.
“Tu sei pazzo” dissi scuotendo la testa.
“Ah e in macchina ti aspettano un cornetto e un caffè, spero tu non abbia fatto colazione” disse per poi darmi un bacio sulla guancia.
“Sei anche molto fortunato! Di solito faccio sempre colazione a casa ma oggi ho fatto tardi e non ho potuto” dissi incredula.
“Perfetto!” Detto questo, si avviò verso la macchina e io mi limitai a seguirlo in silenzio.
“Ci fermiamo nel parcheggio dell’Università a mangiare?” Mi chiese per poi mettere in moto.
Rispondi annuendo.
“Che c’è? Hai lasciato la lingua a casa? Di solito straparli e ora silenzio assoluto!” mi prese in giro. Ed ora come glielo spiegavo che se non riuscivo a dire niente era per colpa sua?
“Non mi aspettavo di vederti, tutto qui” risposi, infine, in imbarazzo.
“Mi sono svegliato con la voglia di vederti e ho pensato di farti questa sorpresa” pronunciò quelle parole come se fosse la cosa più normale del mondo. Arrossii imbarazzata e non risposi. “Irene guarda che ieri quando ti ho detto che mi piaci non stavo scherzando e non
ho intenzione di farlo con te!” Ma perché riusciva a dirmi queste cose senza imbarazzo mentre io l’unica risposta che sapevo dare era un sorriso imbarazzato con delle guance rossissime? Avrei voluto dirgli che anche lui mi piaceva tantissimo ma non riuscivo a dire una parola. Infatti, da brava stupida quale ero, l’unica cosa che riuscii a fare fu un sorriso.
“Quindi ho capito come funziona: parli tantissimo sempre ma quando devi esprimere quello che provi fai scena muta” disse prendendomi in giro. Touchè, caro Marco.
“Sei odioso” e questa risposta gli provocò una grossa risata.
Mangiammo i cornetti nel parcheggio dell’Università ed ovviamente con il cornetto alla nutella mi sporcai e lui non riusciva a smettere di ridere.
“Uffa, hai finito di ridere? Dai! Sono ancora sporca? Tra poco devo andare a lezione” mi lamentai ridacchiando.
“Nono, la nutella è sparita” disse ancora ridendo.
“Ripeto: sei odioso!” Alzai gli occhi al cielo e sorrisi.
“Ora, caro mister simpatia, devo andare che non posso fare tardi!” presi la mia borsa e mi preparai a scendere.
“Va bene, ti lascio andare anche se non vorrei” disse quasi dispiaciuto.
“Dispiace anche a me ma il dovere chiama!” Dopo questo mi avvicinai per dargli un bacio sulla guancia ma lui decise di sposarsi facendomi colpire un punto vicinissimo alle labbra. Ovviamente mi feci subito rossa e scesi dalla macchina.
“Dove pranzi?” mi chiese facendomi bloccare.
“Credo di prendere un pezzo di pezza nel bar della facoltà.”
“Aspettami di nuovo qui nel parcheggio, sei ufficialmente invitata ad un appuntamento a pranzo con il sottoscritto” disse per poi salutarmi e mettere in moto. Aveva davvero detto appuntamento? E ora con quale testa avrei seguito le lezioni?
Cercai di fare una sintesi velocissima di quello che era successo tramite messaggi nel gruppo whatsapp con le mie amiche. Inutile dire che cominciarono a tartassarmi di messaggi chiedendomi anche i minimi dettagli ma decisi che le avrei ignorate fino al pomeriggio. Fu abbastanza difficile seguire le lezioni ma cercai di concentrarmi e di prendere appunti, in testa avevo solo la parola “appuntamento” pronunciata con il tono dolce e sensuale tipico della voce di Marco.
Marco durante la mattinata mi inviò diversi messaggi per capire l’orario, dato che non mi aveva dato il tempo di avvisarlo. Concordammo per incontrarci a mezzogiorno nel parcheggio. Ovviamente tardai perché il professore di biologia ci aveva trattenuto un po’ ma quando arrivai nel parcheggio lo trovai tranquillo e per nulla scocciato.
“Scusami ma il professore non riesce proprio a restare nei tempi stabiliti” mi scusai per poi dargli un bacio sulla guancia.
“Stai tranquilla, sono arrivato da poco anche io” rispose per poi sorridere. “Avevo pensato di mangiare in un ristorante che è qua vicino, se non ti scoccia possiamo anche andare a piedi.”
“Va bene, posso lasciare i quaderni in macchina?”
“Ma certo madame” disse aprendo la portiera e facendo un inchino. Scoppiai a ridere come una stupida guardando il suo volto serio.
Arrivammo al ristorante che aveva scelto Marco dopo dieci minuti, era un posto carino. Era la tipica trattoria romana con foto di Totti e stemma della Roma ovunque. Doveva essere un cliente abituale dato che i camerieri lo avevano salutato tutti calorosamente. Ci sedemmo in un angolo appartato e affianco a noi c’era una coppia di turisti che stava mangiando il dolce. Al tavolo trovammo già due menù e iniziammo a guardarli.
“Tu cosa prendi?” chiesi cercando un consiglio.
“In questo ristorante preparano la migliore carbonara di tutta Roma, non scherzo!” disse serio.
“Mmh e allora devo provarla! Se poi non è buona, me la prendo con te” risposi scherzando.
“Ti giuro che è la migliore di tutta Roma!” Questa risposta però non fu data da Marco ma da un’altra voce che non riconobbi subito. Mi girai e vidi Vittorio, il migliore amico di Marco, con un tablet in mano, pronto per prendere l’ordinazione.
“E tu, povero coglione, davvero pensavi di pote’ venire nel ristorante della mia famiglia senza avvisarmi? Non volevi farmi sapere niente, eh?” disse prendendo in giro l’amico.
Marco si limitò a sbuffare e a borbottare qualcosa di incomprensibile.
“Vabbè dai, prendo gli ordini e ve lascio stare” disse Vittorio sorridendomi.
Ordinammo e cominciammo subito dopo a parlare di tutto. Il tempo sembrava volare, ogni minuto cacciavamo un argomento diverso e mille domande. Stavo iniziando a conoscerlo sempre di più e quasi non me ne accorgevo. A fine pranzo avevo scoperto tantissime cose su di lui: mi aveva parlato della sua famiglia, dei suoi amici, di Vittorio e dei suoi interessi al di fuori della musica. La carbonara era buonissima, avevano ragione i ragazzi. A fine pranzo si rifiutò ancora una volta di farmi pagare e arrabbiata lo costrinsi a farsi almeno offrire un caffè. Lo trascinai nella bar più vicino e con orgoglio pagai i due caffè.
“Fammi capire, ora sei contenta?” disse prendendomi in giro.
“Tantissimo” dissi per poi cacciare la linguaccia.
“Molto maturo da parte tua, Ire” disse ridendo. In risposta, cacciai nuovamente la linguaccia.
“Allora devi tornare all’università?” chiede uscendo dal bar.
“Sì, devo incontrarmi con dei ragazzi per confrontare gli appunti e ripetere qualcosa” dissi scocciata. Non mi andava di studiare, stranamente avevo qualcosa che occupava la mia mente e ovviamente non erano libri e appunti.
“Che peccato! Avrei potuto portarti in un posto..” disse con aria da furbetto.
“Non osare fare questo con me, brutto infame” dissi puntandogli il dito contro “ho delle responsabilità e devo studiare, non puoi distrarmi con il tuo sorriso e la tua voce!” Solo dopo aver finito la frase e dopo aver guardato il sorriso nascere sul suo viso mi resi conto delle mie parole. Ma perché staccavo sempre la connessione cervello - bocca quando ero con lui?
“Oh davvero? Quindi preferiresti studiare che stare con me?”
“Si!” risposi subito con aria fiera. “Cioè no..ma devo” ammisi poi ripensandoci.
“Dai, ti porto domani in quel posto” disse per poi sorridermi.
Una volta arrivati nel parcheggio si creò un’aria ricca di imbarazzo. Propose di fumare una sigaretta insieme prima di andare via e quindi ci appoggiamo sulla parte anteriore della macchina. Non parlammo molto, entrambi eravamo persi nei nostri pensieri. Mi sentivo una stupida per aver sprecato sette mesi ad ignorarlo e per aver perso l’occasione di conoscerlo davvero bene. Stavo iniziando ad odiarmi per i miei comportarmi odiosi.
“A che stai pensando?” mi chiese per poi spegnere la sigaretta.
“Alle cose da studiare” mentii per non sembrare ancora più stupida. Lui mi guardò con uno sguardo poco convito ma mi lasciò stare.
“Allora io vado” disse per poi aprire la macchina. Prima di salire si avvicinò, mi diede un bacio sulla guancia e poi mi sorrise. Rimasi un po’ delusa, non so perché ma mi aspettavo e volevo un saluto diverso. Sorrisi velocemente e andai via subito verso la mia facoltà. Maledizione, avrei solo voluto baciarlo.
La giornata andò avanti senza troppe difficoltà, ero un po’ persa nei miei pensieri ma lo studio pomeridiano andò comunque bene. Tornai a casa stremata ma dovevo andare a lavoro. Mi feci forza, mi cambiai e mi avviai verso il ristorante. Erano circa venti minuti a piedi che riuscii ad occupare chiamando Aurora.
“Ma che significa un bacio sulla guancia? E il limone? Ma davvero fa?” disse provocando le mie risate.
“Au! Sei sempre la solita” dissi scuotendo la testa anche se lei non poteva vedermi.
“Inutile che dici così, lo pensi anche tu!”
“Non era obbligato a baciarmi e non so nemmeno come avrei reagito.”
“Avresti reagito infilando la tua lingua nella sua bocca, semplice!” disse in maniera molto schietta.
“Aurora ti picchio! Smettila” dissi ridendo.
“Dai Irene bella, inutile che dici così perché Monx te lo faresti volentieri” disse ridendo.
“Questo è vero, sono pur sempre una ragazza di diciannove anni e lui rappresenta il mio ragazzo ideale” disse sospirando.
“E allora bacialo tu e dai inizio alle danze” mi consigliò.
“Ma tu sei pazza! Comunque sono arrivata al ristorante, ci sentiamo domani! Salutami le ragazze” dissi entrando nel ristorante.
“Sisi e tu fai quello che ti ho consigliato!” E poi attaccò. Sempre la solita Aurora.
Fu una giornata un po’ pesante a lavoro:era venerdì, c’erano tantissimi turisti e quella sera in sala c’eravamo solo io e Maria. Fu un inferno e staccammo all’una e mezza. Ero stanchissima, volevo solo tornare a casa e dormire.
“Irene, c’è un ragazzo fuori il ristornate che ti cerca” disse Francesco per poi mettersi dietro la cassa per controllare i soldi. Ero talmente stanca che trascinai i miei piedi per inerzia.
Ad aspettarmi c’era Marco, era appoggiato al muro e fumava la sua solita Merit.
“Ma oggi sei in vena di sorprese?” dissi avvicinandomi.
“Mmh ti spiego dopo perché sono venuto” disse semplicemente. Dal suo tono però capii che era nervoso, anche se non riuscivo a trovare un motivo che comprendesse anche me.
“Chiedo a Francesco se posso andare via, un attimo” dissi per poi avviarmi verso l’interno. Senza nemmeno aprire bocca, Francesco mi disse che potevo tornare a casa che tanto lui aveva quasi finito. Presi le mie cose, salutai tutti e andai da Marco. Ovviamente voleva accompagnarmi a casa ma il viaggio fu molto silenzioso, anzi stranamente silenzioso. Non disse nemmeno una parola. Quando parcheggiò sotto casa mi sentivo un po’ a disagio, non sapevo come rompere il ghiaccio.
“Allora? Perché sei venuto al ristorante?”
“Tralasciando il fatto che io non riesco a dormire quasi mai ma stasera più del solito” disse mentre si passava una mano fra i capelli. Era nervoso.
“Cosa è successo?” Stavo iniziando a preoccuparmi.
“Il problema è cosa non è successo! Pensando al pranzo passato insieme, ho notato che non ho fatto una cosa..” si prese una pausa e iniziò a fissarmi “forse per paura o non lo so perché, ma sono sicuro che finché non lo faccio non riuscirò mai a dormire” detto questo si avvicinò e mi baciò. Inizialmente rimasi ferma, era un bacio inaspettato ma seguendo il consiglio di Aurora, mi ripresi subito e ricambiai il bacio. Non riuscirei mai a descrivere le emozioni di quel momento, un po’ come Dante quando arriva nel Paradiso e non trova le parole giuste. Provai emozioni fantastiche che rimisero in moto il mio cuore che era stato in standby per troppo tempo. Attorno a noi non esisteva più nulla: le macchine, i passanti, Roma, tutto. In quel momento c’eravamo solo io e lui. Dopo quel bacio fu inevitabile desiderarne altre mille, infatti, non gli diedi nemmeno il tempo di allontanarsi un po’ che subito lo riavvicinai rubandomi il nostro secondo bacio.


Lo so, ho aggiornato tardissimo ma purtroppo ho sottovalutato il potere e lo stress della maturità! Ho passato un mese sui libri, studiando come una pazza e abbandonando la mia vita sociale. Mi dispiace tantissimo ma non riuscivo proprio a pensare ai capitoli della storia o ad altro: pensavo solo all'esame. Mi scuso con tutti quanti voi. Vi prometto che aggiornerò il prima possibile, ve lo prometto!
Per farmi perdonare ho scritto un capitolo che è più lungo del solito e finalmente vi ho dato una gioia facendo baciare Marco e Irene!!!
Spero che nonostante il ritardo nella pubblicazione il capitolo vi piaccia. Vi invito a lasciare una recensione perché mi sono utili per capire cosa vi piace di questa storia e se c’è qualcosa da cambiare. Sono disposta a confrontarmi con voi e continuare a scrivere tenendo conto anche le vostre opinioni.
Ringrazio le tre ragazze che hanno recensito il capitolo precedente, chi lo ha letto e chi ha inserito la storia nei preferiti\ricordati\ seguiti.
Un bacione, I x

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