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di CrazyAF_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo I ***
Capitolo 2: *** Capitolo II ***
Capitolo 3: *** Capitolo III ***
Capitolo 4: *** Capiyolo IV ***
Capitolo 5: *** Capitolo V ***
Capitolo 6: *** Capitolo VI ***
Capitolo 7: *** Capitolo VII ***
Capitolo 8: *** Capitolo VIII ***
Capitolo 9: *** Capitolo IX ***
Capitolo 10: *** Capitolo X ***
Capitolo 11: *** Capitolo XI ***
Capitolo 12: *** Capitolo XII ***
Capitolo 13: *** Capitolo XIII ***
Capitolo 14: *** Capitolo XIV ***
Capitolo 15: *** Capitolo XV ***
Capitolo 16: *** Capitolo XVI ***
Capitolo 17: *** Capitolo XVII ***
Capitolo 18: *** Capitolo XVIII ***
Capitolo 19: *** Capitolo XIX ***
Capitolo 20: *** Capitolo XX ***
Capitolo 21: *** Capitolo XXI ***
Capitolo 22: *** Capitolo XXII ***
Capitolo 23: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Capitolo I ***


Time travel is such a magic concept ~ Matt Smith

 

 

Amante della letteratura com'era, Samanta Masini andava sempre di buon umore alle lezioni della sua facoltà. Le piaceva poter approfondire le conoscenze che già aveva appreso in passato, al liceo; le piaceva ascoltare attentamente i suoi professori e prendere appunti, dare il meglio di sé agli esami e comprare classici della letteratura inglese e italiana.

Quella mattina, come tutte le altre del resto, Samanta si svegliò col sorriso sulle labbra. L'appartamento che divideva con i suoi tre amici era avvolto nel silenzio. Probabilmente Mirko e Irma dormivano ancora – dato che il martedì avevano entrambi la mattina libera –, mentre Olivia era uscita prima per fare colazione con alcune compagne di corso. Samanta si mise a sedere sul suo letto, si stiracchiò un poco e infine poggiò i piedi nudi sul tappeto nero che aveva nella sua camera.

Raggiunse lentamente la cucina, si fece un caffé e mangiò una brioches alla marmellata. Poi andò in bagno per prepararsi e, dopo circa un quarto d'ora di doccia calda – per far si che i muscoli si ammorbidissero –, tornò in camera sua per prepararsi ad andare in università; pronta e carica come sempre. Infatti aprì il suo armadio con un sorriso e si mise a studiare i vestiti che aveva, lanciando di tanto in tanto delle occhiate fuori dalla finestra: il cielo era azzurro e limpido, qualche nuvola bianca si muoveva lentamente in un mare infinito e il sole sembrava abbastanza caldo; tirò fuori, quindi, un paio di jeans scuri e una camicia azzurra con sotto una canottiera bianca.

Poco prima di uscire, mentre sistemava la sua borsa nel piccolo salotto dell'appartamento, vide Irma uscire dalla sua camera – che divideva con Mirko, il fidanzato – sbadigliando e a passo lento. Non era affatto una ragazza a cui piaceva svegliarsi preso, e si vedeva subito. Samanta salutò allegramente l'amica, sistemando poi la borsa su una spalla e spostando i capelli castani, lunghi e mossi, sulla spalla sinistra.

«Buongiorno Samy» ricambiò il saluto Irma, infilandosi direttamente in cucina per bere la sua tazza di caffé. «Buona lezione.»

Samanta ringraziò ed uscì dall'appartamento, avvisando però che avrebbe fatto tardi per via del lavoro. La ragazza aveva trovato un impiego come cameriera in un ristorante vicino all'università che frequentava; lo stipendio non era di certo alto, ma le permetteva di pagare la sua parte d'affitto, compare ciò che serviva in casa e, qualche volta, libri, libri e ancora libri. Quello che le dava fastidio era la scortesia di alcuni clienti: le era capitato di dover servire ai tavoli di gente che si credeva superiore al resto del mondo, oppure qualche uomo di mezza età che, con poca gentilezza, aveva fatto apprezzamenti su di lei, disgustandola. Ma ormai, dopo tanto tempo, si era abituata e non ci faceva neanche più caso.

A metà giornata, dopo parecchie ore di lezione e alcune passate in biblioteca per lo studio, incontrò Olivia nel bar in cui andavano sempre a prendere per staccare. Parlarono del più e del meno, degli argomenti trattati in aula, degli esami che si avvicinavano e di Mirko che era un dormiglione.

«Irma è proprio la sua anima gemella!» commentò Olivia, ridacchiando. «Quei due dormirebbero tutto il giorno se non ci fosse l'università di mezzo, te lo dico io.»

«E invece tu resteresti attaccata al cellulare, evitando tutti.» replicò Samanta, dando poi un morso al suo muffin al cioccolato.

«Non vorrai farmi la predica adesso, vero Samy?» domandò l'amica, alzando gli occhi al cielo e rimettendo quasi inconsciamente il cellulare nella tasca dei jeans.

«No di certo» rispose immediatamente Samanta. «Il punto è che tutti passeremmo la giornata in modi diversi, se non fossimo iscritti all'università e se si potesse vivere senza dover lavorare: io, ad esempio--»

Samanta non fece in tempo a finire la frase, che subito Olivia la concluse: «La passeresti a leggere.»

Samanta sorrise, concordando su ciò che diceva l'amica. Ricordò infatti il momento in cui, quando aveva diciassette anni, aveva ripreso a leggere e si era ritrovata immersa nella lettura dei classici scritti da Jane Austen – quella che poi divenne la sua scrittrice preferita. Samanta immaginava spesso se stessa, prima di addormentarsi, di essere catapultata nell'epoca in cui aveva vissuto Jane. Era una sua fan accanita. Per giorni, infatti, dopo aver letto il famoso romanzo "Orgoglio e pregiudizio", la ragazza ne era rimasta così affascinata che aveva scaricato una marea di fan art di Elizabeth e Darcy, aveva visto il film del 2005 con Keira Knightley e Matthew Macfadyen, la serie tv del 1995 con il famoso Colin Firth e persino quella del 1980.

La lettura l'aveva poi spinta fra le braccia della facoltà che seguiva adesso all'università, così interessante e adatta a lei. All'inizio si era un po' spaventata nel leggere "frequenza: fortemente consigliata", ma alla fine aveva subito ingranato la quarta e lo studio era filato liscio proprio come gli esami; Samanta era, infatti, una delle migliori del suo corso.

«Credo sia ora che vada, ho lezione e non voglio far tardi» disse infine Olivia.

Samanta controllò l'orologio sul polso sinistro, poi annuì all'amica e la salutò, guardandola poi uscire dal bar. A quel punto la ragazza non sapeva cosa fare: aveva un buco di due ore prima che la sua ultima lezione della giornata iniziasse, e di certo non voleva rimaner seduta lì in quel bar senza far nulla. Quindi si decise: «Magari posso leggere qualcosa in biblioteca o iniziare a studiare le cose che mi mancano»

La biblioteca dell'università era enorme, c'erano scaffali enormi e pieni di libri ordinati con cura, era silenziosa – anche se ogni tanto qualche bisbiglio si sentiva – ed era straordinaria. Vi erano molti computer che gli studenti potevano usare, connessi ad internet ovviamente, oppure erano stati installati dei banconi con le prese: se uno si portava dietro il portatile, poteva facilmente trovare il posto dove attaccare l'alimentatore e un cavo Ethernet, fornito dalla biblioteca, per accedere ad internet e studiare. Inoltre vi era anche una piccola sala lettura: lì regnava la pace e il silenzio, la regola fondamentale era non aprir bocca.

Samanta, una volta dentro, si infilò direttamente fra gli scaffali, sfiorando con l'indice destro le copertine ruvide dei libri. Sorrise quando, seduti ad un tavolo distante una decina di metri dalla sua posizione, vide Mirko e Irma intenti a studiare.

«Avrei giurato che avreste passato l'intera giornata a casa, magari sul divano a sfogliare distrattamente i film e le serie tv su Netflix» commentò Samanta a bassa voce, prendendo posto accanto a Irma e facendo sobbalzare entrambi gli amici.

«Settimana prossima ho un esame, tra un'ora ho lezione» spiegò Mirko, riportando immediatamente i suoi occhi scuri sui libri e i fogli che aveva davanti.

«Io sono qui perché mi piace disturbarlo ogni tanto» spiegò Irma, ridacchiando.

«Ed è insopportabile. Quindi Samy fammi un favore: portatela via» replicò Mirko, scrivendo qualcosa fra i suoi appunti.

«Perché dovrei?» domandò Samanta con indifferenza, nascondendo un sorrisetto divertito. «Ho voglia di divertirmi un po': potrei osservarvi, far passare il tempo aiutando Irma a romperti le scatole e ridere insieme a lei»

«Arpie» sbuffò Mirko, scuotendo leggermente il capo ma con un sorriso sulle labbra.

Le due ragazze, per quasi un'ora, parlottarono tra loro e, ogni tanto, ponevano domande al ragazzo sia per disturbarlo sia per sapere quali opinioni avesse su un determinato argomento. Nel primo caso, Mirko sbuffava ed evitava di assecondarle, nel secondo alzava il capo dai libri e rifletteva un poco prima di tirare fuori le sue risposte intelligenti. Quando mancava più o meno mezz'ora all'inizio della lezione, Samanta si alzò e salutò i suoi amici; fece un ultimo giro per la biblioteca per ammirare i libri e poi si decise ad uscire. Ma poi qualcosa catturò la sua attenzione: uno degli scaffali posti proprio al centro dello stabile aveva un pomello. Samanta lo guardò con curiosità.

Ieri questo non c'era, come ci è fenito qui?, pensò avvicinandosi.

Il legno dello scaffale era un pezzo unico, di un marrone intenso e scuro. Era sicura che quel pomello fosse fuori posto, ma chi poteva averlo messo lì? Si guardò intorno e osservò gli studenti tutti col capo chinato sui libri, alcuni scrivevano e altri sottolineavano. Spinta dalla curiosità, Samanta si sitemò meglio la borsa sulla spalla e poi allungò la mano, afferrando saldamente il pomello. Come se quello scaffale avesse sempre avuto una porta, si aprì e Samanta cadde in avanti, venendo a contatto con una pozza di fango.

«Ma che diavolo?!» esclamò, rimettendosi in piedi e spostandosi i capelli castani dal viso.

La camicia azzurra e la canottiera bianca erano completamente sporche, per non parlare dei jeans. Si tirò fuori dalla pozzanghera e controllò immediatamente la borsa, sperando che i libri e gli appunti non si fossero inzuppati.

«Maledizione!» esclamò nuovamente Samanta, notando alcuni schizzi di fango che erano finiti sulla borsa – per fortuna il contenuto era sano e salvo.

Poi realizzò cosa era appena successo: la biblioteca, il misterioso pomello, la caduta nel fango. Si guardò intorno e, davanti ai suoi occhi, vide una grossa casa a due piani. Era vecchia, lo si poteva notare dai rampicanti che, qua e là, salivano lungo la facciata; la porta era chiusa e sembrava avere almeno cent'anni, inoltre il legno delle finestre era pieno di buchi. Dov'era capitata? Come era finita lì?

Si girò immediatamente, pensando di poter ritrovare quella porta che, in chissà quale modo, l'aveva portata in quel posto così diverso e – molto probabilmente – lontano da casa. Ma la porta non c'era più, era sparita.

 

~

 

Lorain Thomas stava finendo di abbellire il suo ultimo acquisto, un grazioso cappellino col nastro azzurro cielo, quando sentì una voce femminile fuori dalla casa. Era nel salotto, aveva appena finito di bere il suo té, ma si alzò velocemente dalla sua sedia e adagiò il cappellino sul tavolo accanto a lei. La lingua che aveva appena sentito non era la sua, questo la preoccupò molto.

Chi potrà mai essere?, si domandò, uscendo dalla porta principale di casa sua.

Ecco che davanti ai suoi occhi color ghiaccio si presentò una fanciulla vestita in modo strano. Sporca di fango, niente vestito e coi capelli sciolti. Quello che la incuriosì di più furono quel pantaloni – capo che usavano solamente gli uomini – così aderente e fuori luogo. E poi c'era quell'indumento sotto la camicia, completamente aperta, che lasciava intravedere anche troppo – sebbene ci fossero signorine del paese che usassero indossare abiti succinti per i balli pubblici.

Per l'amor del cielo! Dove è andato a finire tutto il decoro?

Ma se da una parte Lorain si trovò a guardare la sconosciuta con occhi critici, dall'altra ne fu affascinata: sembrava una donna libera, indipendente e di certo non aveva paura di osare. Quindi si avvicinò con cautela alla ragazza, la osservò mentre portava all'orecchio un aggeggio strano e si incuriosì molto di più quando sempre lei iniziò a parlare con un tono nervoso, rivolgendosi a chissà chi.

«Irma, rispondi ti prego!» esclamò nuovamente la sconosciuta, guardando in alto.

«Se posso, con chi sta parlando? E cos'è quell'aggeggio che porta all'orecchio?» domandò Lorain, ora a qualche metro dalla sconosciuta.

La ragazza dai capelli scuri incrociò gli occhi di ghiaccio di Lorain – che fece un leggero inchino –, spalancò la bocca e poi scoppiò a ridere, quasi avesse colto qualcosa che solo lei era in grado di fare. Infatti, non appena si fu ricomposta, guardò nuovamente Lorain e disse: «Ho capito: è uno scherzo»

Lorain corrugò la fronte e sostenne il suo sguardo. Non aveva assolutamente idea di ciò che stesse accadendo, inoltre non capiva nemmeno la ragazza. Era raro che un forestiere si presentasse nel bel mezzo dell'Hertfordshire, ed era ancora più raro che questo non parlasse inglese.

«Andiamo, ho capito che è uno scherzo!» affermò la sconosciuta, ma questa volta in inglese. «Dove solo le telecamere?»

«Tele-cosa?» domandò Lorain, ancora più incuriosita da quell'incontro che aveva movimentato il suo pomeriggio.

«Quelle che si usano per riprendere le persone, sai. Poi si fanno i montaggi e si carica il video online e su YouTube» spiegò la straniera, mettendo lo strano aggeggio che prima teneva all'orecchio in una tasca dei pantaloni.

«Mi spiace,» disse Lorain. «ma non ho la minima idea di cosa lei stia parlando»

«Lorain!» la chiamò una famigliare voce alle sue spalle. «Lorain! Ho delle notizie incredibili da raccontarti! Rientra in casa, bambina mia!»

Lorain si girò un secondo, guardò la madre e le fece cenno che l'avrebbe raggiunta subito. Poi tornò a fissare la sconosciuta: aveva spalancato la bocca per la seconda volta, gli occhi erano così aperti che Lorain si spaventò all'idea che, da un momento all'altro, le orbite le sarebbero cadute nel fango.

«Gentilemente, potrei sapere in che anno siamo?» domandò allora la ragazza.

Prima di rispondere Lorain sorrise. «E' l'8 maggio 1811, Miss...?»

«Masini, Samanta Masini» rispose Samanta, sbattendo velocemente le ciglia e dandosi un pizzicotto sul braccio.

«Bene, Miss Masini. Io sono Lorain Thomas, ma potete chiamarmi Lorain» si presentò Lorain, facendo un inchino leggero. «Benvenuta nell'Hertfordshire»

Anche Samanta si inchinò, sebbene non capisse come ci fosse finita nell'Hertforshire. Qualche minuto prima era in Italia, a Milano, e subito dopo era in Inghilterra. Forse stava sognando, ma il pizzicotto che si era data le confermava il contrario; forse aveva sbattuto la testa così forte che era finita in coma; forse... forse era morta.

Lasciò andare quegli orribili pensieri quando si accorse che Lorain si stava allontanando, allora si affrettò a seguirla: «Lorain, ho bisogno del vostro aiuto»

«In cosa posso esserle aiuto Miss Masini?» domandò Lorain, senza fermarsi.

Samanta le spiegò brevemente cosa le era capitato, sapendo benissimo che la ragazza non le avrebbe mai creduto. Eppure tentò. Le spiegò di come fosse arrivata e caduta nella pozza di fango, le disse da dove veniva e in che anno viveva – il 2017 –, e infine le disse di come era rimasta sconvolta nel vedere Lorain e il suo delicato vestito di mussola color crema, così diversa dal modo in cui si vestiva Samanta e così identica a come vestivano le attrici nei film ambientati negli anni di fine '700 e inizio '800.

Penserà che sono pazza, o forse lo sono davvero, pensò Samanta.

Lorain, che l'aveva ascoltata dall'inizio alla fine, le fece cenno di seguirla in casa sua. Voleva credere alla sua nuova conoscenza, voleva sperare che quello che avessero udito le sue orecchie fosse tutto vero; quindi avvisò la madre – che la aspettava nel salotto di casa per dirle le notizie che aveva appreso in città – di aspettarla un poco ancora. Portò in camera sua Samanta e le disse di restare lì finché non fosse tornata.

Quando rimase sola, Samanta tirò fuori il cellulare dalla tasca dei jeans e controllò lo schermo: in alto a destra erano sparite le quattro tacche bianche, ciò stava a significare che non c'era campo. Tentò comunque di mandare un messaggio ai suoi amici, poi li chiamò, ma nulla ebbe successo.

Era bloccata nel 1811 e non aveva idea di come tornare a casa sua, nel 2017. 


NOTA AUTRICE

Quando ti metti a rileggere per l'ennesima volta "Orgoglio e pregiudizio" e la tua mente viaggia e crea questo tipo di storie.
Che dire? Spero vi piaccia!

 

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Capitolo 2
*** Capitolo II ***


There's something about childhood friends that you just can't replace ~ Lisa Whelchel


 

Mrs Thomas era una donna dall'animo gentile e pacato, di buon gusto e a cui piaceva, ogni tanto, stare ad ascoltare i pettegolezzi che le sue più care amiche – che abitavano nelle case vicine – avevano da raccontare. Amava sua figlia più di ogni cosa, la sua unica figlia, e spesso, seduta in quella che era stata l'amata e piccola biblioteca dell'uomo che aveva sposato, parlava col defunto marito. Gli raccontava di Lorain, di come fosse diventata bella, di come andava avanti la sua vita e di come sperasse che la loro piccola bambina, sebbene in quell'epoca fosse difficile sposarsi per amore e non per i vantaggi che l'unione di due persone potessero essere fruttuosi, si sposasse con un uomo a cui lei voleva bene.

Quel pomeriggio, passata da poco l'ora del té, Mrs Thomas aspettava la figlia nel loro salottino. Aveva buone notizie da darle, era felice di averle sapute ed era eccitata all'idea della sorpresa che avrebbe letto, di lì a poco, sul volto di Lorain una volta raccontato ciò che doveva essere detto.

«Dimmi pure, cara mamma, e scusa se ti ho fatto attendere» disse Lorain, entrando in salotto e sedendosi su un divanetto.

«Non indovinerai mai che cosa mi ha detto Mrs Long!» esclamò la madre, contenta più che mai; e senza aspettare la risposta, continuò con lo stesso tono: «La famiglia Ross sta per tornare! Mrs Long mi ha detto che Harvey ha affittato una casa non tanto distante da qui e che con lui ci saranno anche i gemelli!»

Lorain spalancò la bocca e gli occhi, poi le guance le si dipinsero di rosso. Questa giornata non faceva che migliorare di minuto in minuto: poco prima aveva incontrato una signorina alquanto strana ma interessante, ora sua madre le diceva che Harvey, Thelma e Wilbur stavno tornando in quell che, per molti anni, era stato il luogo in cui avevano vissuto.

«E' cosa certa?» domandò Lorain, alzandosi in piedi e passeggiando avanti e indietro per la camera.

Oltre allo stupore per la notizia c'era ben altro. Nella mente di Lorain tornarono i ricordi che legavano lei alla famiglia Ross e, in particolare, ad Harvey Ross. Durante l'infanzia, Lorain e Harvey erano sempre andati d'accordo, giocavano insieme e quando uno dei due imparava una cosa nuova, si affrettava a spiegarla e insegnarla all'altro. Erano così legati che i genitori, mentre prendevano il té, erano pronti a scommettere che i due amici si sarebbero sposati un giorno. Lorain, che era al corrente di questi discorsi – dato che la madre ne aveva parlato con lei – cercava in tutti i modi di scacciare quel rossore che si formava sulle sue guance ogni qualvolta Harvey veniva nominato. L'amico le era sempre piaciuto, questo lo riconosceva, ma non era mai riuscita a capire i sentimenti di lui: l'amava? Era solo amicizia quella che li legava? Lui voleva di più oppure l'affetto che provava era quello di un semplice amico d'infanzia?

«Dovrebbero arrivare qui domani in mattinata» annuì Mrs Thomas, sorridendo nell'osservare la reazione della figlia. «E' un peccato, però, che non ci siano anche Mr e Mrs Ross al seguito. Avrei potuto invitarli a cena, magari avremmo ripreso i discorsi che facevamo anni fa, ricordi Lorain?»

«Come potrei dimenticare!» esclamò Lorain, tornando a sedersi e tentando in tutti i modi di calmare il suo cuore. «Eravate talmente sicuri di diventare parenti attraverso il mio matrimonio con Harvey che discutevate già su una possibile data!»

Mrs Thomas scoppiò a ridere, portandosi una mano al petto e annuendo tra le risate. Ciò che diceva sua figlia, sebbene quel ricordo fosse ormai cosa passata e quasi dimenticata, era assolutamente vero. Fu un peccato quando un mattino di Maggio, subito dopo la colazione, uno dei domestici annunciò l'arrivo di Mrs Ross. La donna fu portata nel salottino e lì attese l'arrivo dell'amica, Mrs Thomas.

«Mia cara, che piacere vedervi!» aveva esclamato quest'ultima, salutando cordialmente Mrs Ross.

«Ho brutte notizie, signora» aveva risposto Mrs Ross.

E così era iniziata la conversazione. Mr Ross aveva deciso di trasferirsi con la famiglia a Londra per questione di affare, e la partenza era già stata fissata. Per Mrs Thomas e Lorain la notizia era stata un brutto colpo: la prima stava per perdere i suoi più cari amici, la seconda l'uomo di cui si era innamorata e i suoi fratelli – due gemelli di sei anni più piccoli di Harvey.

«Ma dimmi, Lorain, come ti senti?» riprese Mrs Thomas, posando i suoi occhi sulla figlia.

«Bene, credo» rispose lei, abbassando lo sguardo e arrossendo ancora una volta.

«E se ti dicessi che ho intenzione di fargli visita? Poiché questo porterà ad una loro visita qui!» domandò Mrs Thomas, alzandosi in piedi e avvicinandosi alla finestra.

La figlia non aprì bocca, preferì non esternare quei sentimenti che stavano prendendo il sopravvento – paura, eccitazione, ansia e felicità. Sapeva benissimo che la madre aveva intenzione di far loro visita, anche se Lorain si fosse opposta con tutte le sue forze, e quindi non parlò.

«Ho una nuova amica, mamma» disse invece, dopo qualche minuto di silenzio. «Non ha dove stare e volevo sapere se è possibile ospitarla qui per un po'. Avrà bisogno anche di abiti nuovi, poiché la carrozza con cui è arrivata ha sobbalzato un poco durante il viaggio e la sua valigia, che non era legata bene insieme alle altre, è andata perduta»

Sebbene la sua mente fosse concentrata sull'arrivo dei suoi amici d'infanzia, che comprendevano la persona per cui lei provava un affetto immenso, mentì alla madre per introdurre l'arrivo di Samanta. Lorain aggiunse a più riprese che si erano conosciute da poco, ma che sembravano amiche di vecchia data e che, secondo lei, ospitarla nella loro dimora per qualche settimana, sarebbe stato un gesto molto affettuoso.

«Che sgradevole inconveniente che è la perdita di un bagaglio! E per via della negligenza che vi è sulle carrozze!» esclamò Mrs Thomas, tornando vicino alla figlia e sedendole accanto; poi le prese le mani e la guardò negli occhi, sorridendole. «Ma certo che può rimanere qui. Le farò preparare la camera accanto alla tua. Non mi hai ancora detto il suo nome, però»

«Si chiama Samanta Masini, mamma» rispose Lorain.

Il discorso finì lì e Lorain, nei minuti che seguirono, si avviò verso la sua camera – dove Samanta aspettava – e spalancò la porta con un sorriso. Samanta capì immediatamente che poteva stare lì finché non fosse riuscita a capire come tornare a casa, infatti si avvicinò alla sua salvatrice e allargò le braccia per abbracciarla; subito, però, si ritrasse perché le tornò alla mente che era sporca di fango da capo a piedi.

Allora Lorain aprì un grosso armadio di cedro, tirò fuori uno dei vestiti che non metteva mai e constatò che fosse perfetto per Samanta. Mentre la aiutava ad infilare il vestito, Lorain fece molte domande sul luogo – e sull'epoca – in cui abitava l'amica.

«E ditemi, tutte le signorine indossano questi... jeans

Era così strano sentire quella parola uscire dalle sue labbra, inoltre la situazione le sembrava surreale. In pochi minuti, poi, stava imparando così tanto!

«Non tutte, alcune indossano ancora i vestiti, anche se sono molto diversi da questi che avete voi» le spiegò Samanta, piegando i vestiti sporchi con cui era arrivata e lasciandoli sotto al letto di Lorain – la ragazza le aveva detto di farlo, così che potesse nasconderli momentaneamente.

«Vi prego, raccontatemi di più! Voglio sapere tutto sul 2017!» esclamò interessata Lorain, costringendo l'amica a sedersi alla toletta, così che potesse sistemarle i capelli.

«Non saprei da dove iniziare, davvero» replicò divertita Samanta, guardando Lorain attraverso lo specchio. «E' cambiato così tanto dalla vostra epoca alla mia!»

Quindi Samanta si mise a riflettere, mentre Lorain muoveva abilmente le sue mani e legava i suoi capelli secondo la moda. Cosa si poteva raccontare? Con quale cambiamento poteva iniziare? La scelta era difficile, infinita.

«Ad esempio,» riprese Samanta. «per muoverci da un posto all'altro, se sono lontani, usiamo le automobili. In breve, sono carrozze provviste di un motore e che non hanno bisogno dei cavalli. Oppure potrei parlare di come si possa raggiungere uno stato usando un enorme mezzo chiamato aereo: ti permette di volare sopra ogni cosa, fra le nuvole, nel cielo»

«Volare?! Sembra così eccitante!» esclamò Lorain, gli occhi le luccicavano per tutto ciò che stava dicendo Samanta.

«Lo è» annuì Samanta, che per lei era una cosa assai comune prendere o parlare di come spostarsi nel 2017. «La prima volta che presi l'aereo avevo all'incirca dieci anni. Mia madre e mio padre avevano deciso di passare le vacanze in Inghilterra – stato di cui io poi mi sono innamorata – e ricordo l'ansia che avevo poco prima di prendere il volo. Sedevo accanto al finestrino, potevo guardare la pista che correva sotto le ruote dell'aereo e poi, mentre ci alzavamo in aria, stringevo forte la mano a mia madre. Ero così agitata che per poco non scoppiavo a piangere!»

«Non avevate paura di cadere?» domandò Lorain, sempre più presa da quel ricordo che Samanta le stava raccontando.

«Certamente» rispose Samanta.

«E, se posso, dove sono i suoi genitori adesso?» chiese Lorain.

Sul viso di Samanta, dove poco prima c'era un sorriso, si incupì improvvisamente. Abbassò lo sguardo e i suoi occhi si posarono su un vecchio portagioie bianco e con qualche fiore dai petali rosa dipinto qua e là. Lorain la osservò in silenzio: aveva toccato un tasto dolente, ma chi più di lei poteva capirla? Aveva perso suo padre quando era molto giovane, quindi poteva comprendere i sentimenti della sua nuova amica. Per farla sorridere ancora, infatti, aprì la bocca per cambiare argomento, ma Samanta fu più veloce.

«Papà è morto due anni dopo quella vacanza, avevo dodici anni. Dopo la sua morte mia madre cambiò radicalmente: non ero più la sua bambina, le ricordavo troppo mio padre e, infatti, cercava in tutti i modi di stare a casa il meno tempo possibile.» Samanta si fermò e chiuse gli occhi, respirando a fondo. «Col tempo il nostro rapporto di deteriorò e le nostre conversazioni si limitavano ad un veloce saluto prima di lasciare casa, io per la scuola e lei per il lavoro. So che mi vuole ancora bene e che si preoccupa per me, lo sento nella sua voce quando mi chiama e mi chiede come va all'università, ma ogni volta che provo a chiederle se ha voglia di vederci per un caffé, dice che ha altri impegni e che il lavoro la tiene molto occupata»

Tutto ciò era così strano per Lorain, sapere che una madre stava distruggendo il rapporto con la sua unica figlia dopo un avvenimento così orribile. Scavò nella sua memoria e ringraziò il Signore: Devo ritenermi fortunata, pensò infatti, Mia madre si è affezionata ancora di più a me dopo che abbiamo perso papà. Però c'era qualcosa che non le tornava, infatti non potè trattenersi dal chiedere: «Cosa intendete con "Se ha voglia di vedervi per un caffé"? Non abitate nella stessa casa?»

Samanta aprì finalmente gli occhi e si girò a guardare l'amica – che da tempo aveva finito di metterle in ordine i capelli. «Vivo con degli amici da molto tempo ormai»

«Con degli amici!» esclamò Lorain, sconvonta da questa notizia. «Adesso non vorrete dirmi che tra questi amici ci sono anche degli uomini!»

«Uno solo, a dire il vero» rispose Samanta, adesso ridendo. «Si chiama Mirko ed è fidanzato con un'altra mia amica che vive con noi: Irma. Ma no,» si affrettò a dire, intuendo che Lorain volesse chiederle a proposito del loro fidanzamento. «non sono in procinto di sposarsi. Vedete, nel 2017 le persone si fidanzano, stanno insieme per un po' – periodo che può variare di coppia in coppia – e poi decidono sul da farsi»

«E questi vostri amici di cui parlare, cosa hanno deciso? Si sposeranno?» Lorain si sedette sul letto, tenendo gli occhi fissi su Samanta.

«Abbiamo ancora ventitré anni, Miss Thomas. E come me, devono terminare gli studi, trovare un lavoro e poi, magari, si può parlare di matrimonio» spiegò Samanta, sorridendo.

«E voi, Miss Masini?» domandò maliziosamente Lorain, allargando il suo di sorriso.

«Io cosa?»

«C'è qualcuno di speciale nel vostro cuore?» si informò Lorain.

«Non al momento, no» rispose prontamente, Samanta.

Poi la stessa domanda fu posta anche a Lorain. Questa arrossì nuovamente, cercò di nascondere la cosa girandosi dall'altro lato, ma Samanta si alzò e la raggiunse sul letto, sedendosi accanto a lei. Samanta allora le disse che voleva assolutamente sapere il nome di lui, come si erano conosciuti e via dicendo; Lorain si preparò a raccontare tutto, sebbene all'inizio non le andasse molto di rivelare quel segreto ad una ragazza che aveva appena conosciuto. Aveva appena perto la bocca quando si sentì la voce di Mrs Thomas che la richiamava dal salottino.

«Sarà meglio che scendiamo, così vi presenterò a mia madre» disse Lorain, lieta che il discorso si fosse interrotto.

«Continueremo più tardi, io non dimentico» ridacchiò Samanta, seguendo Lorain verso il salotto.

Quando le due ragazze entrarono, spalancarono entrambe gli occhi. Insieme a Mrs Thomas c'erano tre giovani: due maschi e una femmina. Sorridevano, erano felici e allo stesso tempo sorpresi di vedere Lorain, la loro amica d'infanzia, insieme ad una giovane donna che ancora non conoscevano. Mentre Samanta rimase composta, sebbene si sentisse di troppo, nella mente di Lorain c'era confusione e il suo cuore, quando incontrò gli occhi dell'uomo che segretamente amava da tanto tempo, fece una capriola.

«Dovevano arrivare domani, è vero, ma hanno deciso di partire prima!» esclamò entusiasta Mrs Thomas, poi notò Samanta. «Oh! Voi dovete essere la nuova amica di Lorain, è un piacere avervi qui e mi dispiace per la perdita del vostro bagaglio»

«Non preoccupatevi» replicò Samanta un po' insicura, dato che non aveva idea di che menzogna avesse detto Lorain riguardo al loro incontro di quasi un'ora prima. «In verità volevo ringraziarla per l'ospitalità che mi avete offerto, signora. Ve ne sono molto grata» e fece un piccolo inchino.

«Lorain, ci sei mancata così tanto!» esclamarono in coro i gemelli Ross – Thelma e Wilbur.

Samanta si sorprese per quel "ci" che i due ragazzi avevano usato. Sapeva benissimo che si dava del lei a tutti, forse persino ai genitori, ma quello che non conosceva era la loro amicizia di lunga data. Infatti, Wilbur e Thelma avevano sempre guardato Lorain con ammirazione e, secondo loro, sebbene il matrimonio fra lei e il loro fratello maggiore non fosse mai avvenuto, era parte della famiglia.

Lorain fece un passo in avanti, prese affettuosamente una mano di uno e quella dell'altra, sorrise e li salutò calorosamente. Le tornarono alla memoria tutti i momenti felici che avevano passato insieme, i segreti che si erano detti negli anni e i giochi che avevano fatto da bambini. Harvey fu l'unico a non parlare: era rimasto incantato dalla bellezza della sua amica ed erano tornati, tutti in una volta, quei sentimenti che aveva pensato fossero svaniti.

Eccola lì, si disse, davanti a me. Gli anni passano e lei è sempre più bella!

Samanta si accorse degli occhi dell'unico Ross che non aveva aperto bocca. Il modo in cui guardava Lorain era chiaro, come stringeva i bordi del cappello nero ed era visibilmente incantato. Doveva assolutamente essere lui quello per cui Lorain era arrossita dieci minuti prima, nella sua stanza. Samanta era talmente concentrata e immersa nei suoi pensieri, che si accorse che le stavano rivolgendo tutti la parola solo quando Lorain e diede un colpetto col gomito.

«Scusate, ero sovrappensiero! Stavate dicendo?» domandò Samanta, scuotendo leggermente il capo e arrossendo per l'imbarazzo.

«Lorain ci ha detto il vostro nome e che vi conoscete da poco. Quello che non ci ha detto, però, è da dove venite» disse Thelma, sedendosi su un divanetto e seguita poi da tutti.

«Non avete l'accento che caratterizza questa zona,» aggiunse Wilbur. «perciò comprendo che non siate nemmeno Inglese, dico bene?»

«E' coretto, Mr Ross» disse Samanta.

Se poco prima tutta quella situazione era strana, ora che interagiva con le persone di quel periodo storico era ancora più bizzarra. Quella mattina si era svegliata in camera sua, nell'appartamento che divideva coi suoi amici, era andata a lezione e poi si era ritrovata in biblioteca per lo studio. Poi il pomello misterioso sullo scaffale, la porta inesistente che si apriva e il suo corpo che veniva a contatto col fango freddo, ed era finita nel 1811. Aveva viaggiato nel tempo, eppure non capiva come.

«Sono italiana» aggiunse Samanta. «Volevo fare un viaggio e, grazie ai miei genitori e all'ospitalità di Mrs Thomas e sua figlia, un semplice progetto è diventato realtà»

La discussione continuò per un'ora, se non di più. I tre fratelli Ross, insieme alla madre di Lorain, ponevano domande a Samanta e questa rispondeva. Lorain, invece che ascoltare, era spesso fra le nuvole e la sua testa le impediva di fissare i suoi occhi su Harvey per troppo tempo.

I Ross furono invitati a cena e i tre, con un sorriso, accettarono immediatamente. Dopo cena tornarono tutti in salotto e si fecero servire dell'altro té, parlando degli anni in cui le famiglie Thomas e Ross erano ancora insieme. Samanta ascoltò attentamente tutti i racconti, ma ancora si sentiva di troppo. Al posto di dire la propria opinione su questa o quest'altra cosa, preferiva osservare Harvey Ross e Lorain: i loro occhi non facevano che incrociarsi, le guance si arrossavano. Erano innamorati l'uno dell'altra, si vedeva lontano un miglio e Samanta pensò che tutto fosse nato anni prima, quando erano ancora piccoli; neanche la separazione aveva sconfitto questo sentimento.

E a me quando toccherà?, penso Samanta con un sorriso.

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Capitolo 3
*** Capitolo III ***


Hey Nana, do you remember the first time we met? I believe in things like fate. So I think it was fate ~ Ai Yazawa

 

Ora che era rimasta da sola nella stanza che Lorain le aveva mostrato, Samanta poteva stendersi sul letto e riflettere sulla giornata appena passata. Era tutto così strano, confuso e non riusciva a capire se quello che stava vivendo fosse un sogno o qualcosa di reale. Anzi, per lei era reale.

Una domestica entrò nella sua stanza e la trovò sdraiata sul letto, mentre fissava il soffitto con uno sguardo distante. Non fece domande, poiché non era nei suoi compiti curiosare e conoscere i pensieri degli ospiti dei padroni, ma si fece avanti e con un inchino la informò che era lì per aiutarla a prepararsi per la notte – il che comprendeva l'aiutare la giovane donna a svestirsi, scioglierle i capelli, aiutarla con la camicia da notte e poi, qualora i suoi compiti fossero giunti al termine, di uscire dalla stanza. Samanta si riprese completamente, tornò a quella che era diventata la sua realtà – provvisoria, sperava – e fece di no col capo.

«Grazie mille, ma non ne ho alcun bisogno» disse Samanta alla domestica, che fece un altro inchino e le adagiò la camicia da notte che teneva ben stesa fra le mani sul letto.

«Vuole, almeno, che le sciolga i capelli?» domandò la domestica.

Samanta si tastò il capo, era da ore che aveva la sensazione che qualcuno le stesse tirando i capelli. Annuì lentamente e si girò per farsi aiutare. Fu un sollievo tornare ad avere i capelli sciolti, liberi e, infatti, adesso la testa le faceva meno male. Ringraziò la domestica che le chiese il permesso di raggiungere Miss Thomas – essendo lei la cameriera personale di Lorain, era stata mandata da Samanta e poi, l'indomani, avrebbero cercato un'altra persona per l'ospite.

«Posso chiedervi un'ultima cosa, prima di andare?» domandò Samanta.

La domestica, che era già con la mano sul pomello della porta in legno, si girò e con un sorriso rispose di sì. Samanta balbettò un po' prima di chiedere ciò che doveva: Lorain era l'unica che sapeva chi fosse davvero, di come fosse arrivata in quel luogo e da che anno arrivasse; nel 2017, ad esempio, c'erano gli spazzolini e il dentifricio per lavarti i denti, ma nel 1811 Samanta non sapeva come muoversi. Non su cose che potevano sembrare basilari alle persone dell'epoca, ma che erano addirittura sconosciute a lei – che veniva dal futuro.

«Può chiamare Miss Thomas? Devo dirle una cosa importante» disse infine, decidendo che era il caso di porre una delle tante domande che la tormentavano alla sua nuova amica.

Lorain fu chiamata, si precipitò in camera di Samanta ancora col vestito che aveva indossato per cena. Quindi lei e Samanta furono lasciate sole e, quando la domestica si fu chiusa la porta alle spalle, Lorain chiese se fosse tutto a posto.

«Va tutto benissimo, credo» disse Samanta, iniziando con entusiasmo e finendo con l'abbassare il tono di voce. «Voglio dire, io amo questa epoca. Studio autori nati e cresciuti in questi anni, ma nessuno parla mai di cose come l'igiene. Lorain, il punto è che io ho bisogno di lavarmi i denti e non ho idea di cosa usiate!»

Lorain trattenne una risata. Era esilarante, per lei, vedere la ragazza venuta dal futuro che andava nel panico per cose così sciocche. Le indicò quindi la toletta e le fece notare dei rametti lunghi all'incirca dieci centimetri. Samanta li guardò per un secondo, tornò a fissare Lorain e poi riposò lo sguardo sui bastoncini.

«Che ci dovrei fare con quelli? Non avete spazzolini e dentifricio?» domandò allora Samanta, facendo andare in confusione la sua nuova amica.

«Dentifricio? Che bizzarra parola!» esclamò Lorain, alzandosi per andarle a prendere uno dei bastoncini che le aveva precedentemente indicato. «Questa è liquirizia, Miss Masini. Uno al giorno dovrebbe bastare»

Ed ecco uno dei motivi per cui me ne devo andare da qui il prima possibile, pensò Samanta. Non ci si lava di certo i denti con un bastoncino di liquirizia!

Ma alla fine Samanta annuì, Lorain si congedò e la casa piombò nel silenzio della notte. Però Samanta non riusciva a prendere sonno: le mancava il suo letto, l'appartamento e i suoi coinquilini; si chiese da quanto fosse sparita e se fossero già iniziate le sue ricerche. Si immaginò Olivia nel panico, Mirko che consolava Irma mentre discuteva coi poliziotti della sua scomparsa. Si rigirò nuovamente e il letto cigolò un poco.

Se siamo nel 1811, pensò di punto in bianco, vuol dire che sono ancora in tempo per conoscere Jane Austen. Magari prendere un tè insieme a lei, conoscere sua sorella Cassandra e, chissà, rivelare a Jane che da dove vengo io lei è famosa, che i suoi romanzi sono un classico della letteratura mondiale e che voglio scrivere la mia tesi su di lei.

Mentre rifletteva su tutte queste fantastiche possibilità, si sentì un tuono in lontananza. Dalla finestra – che era un poco aperta – arrivò un filo d'aria fresca e Samanta decise di alzarsi dal letto. I suoi piedi nudi entrarono in contatto col pavimento ruvido, i suoi occhi erano fissi sul cielo scuro e alla fine, al posto di dormire, si godette l'arrivo di un temporale estivo.

Il mattino arrivò velocemente, una domestica venne a svegliare Samanta alle otto in punto e la trovò sdraiata in malo modo sul letto. Le si avvicinò, la chiamò più volte e quello che sentì la sorprese: «Non ho lezione oggi Olivia, lasciami dormire»

«Olivia, Miss? Temo abbiate sbagliato persona» disse allora la domestica, pensando che quello fosse il nome di una delle sue sorelle.

Samanta aprì lentamente gli occhi, sbadigliò e poi si guardò intorno. Per un secondo si era scordata di essere bloccata nel passato; sperava, in effetti, di poter risvegliarsi nel suo letto, nel suo appartamento, con Olivia che entrava nella sua stanza senza permesso e ripeteva il suo nome in continuazione perché si svegliasse. Ma era ancora nel 1811 e la donna davanti ai suoi occhi non era la sua coinquilina.

«Mi spiace,» disse Samanta con voce roca. «il mattino sono orribile e mi sembra sempre di avere la voce di un uomo»

«Non preoccupatevi, Miss» rispose la domestica sorridendo divertita, poi abbassò la voce ad un sussurro come se quello che stava per dire fosse un segreto. «Credo, Miss, che queste considerazioni le facciamo tutte noi»

«Lo credo anch'io. Posso sapere il suo nome?» domandò Samanta, sorridendo alla donna e mettendosi a sedere sul letto, stiracchiandosi e facendo determinati movimenti perché i muscoli si risvegliassero per bene.

«Fanny Fallow, Miss» si presentò la donna, facendo un inchino. «Ieri sera mi avete detto che non avete bisogno di me per vestirvi, ma voglio aiutarla coi capelli. Inoltre più tardi Miss Lorain vi farà conoscere Lottie, la vostra cameriera personale»

Samanta annuì semplicemente, quindi Fanny uscì dalla stanza avvisandola che sarebbe tornata più tardi per i capelli, lasciandola da sola. Allora Samanta si vestì velocemente, indossando anche le calze che Fanny le aveva procurato e un paio di scarpe col tacco basso – che a Samanta non andavano a genio. Si ricordò che la sera prima, quando le fu mostrata la camera da uno dei domestici della famiglia Thomas, aveva riposto la sua borsa e i vestiti sporchi di fango sotto il grande mobile in legno che c'era nella sua camera. Si abbassò e tirò fuori il cellulare da una tasca interna, sbloccò velocemente lo schermo e cercò in rubrica il numero di Olivia. Non c'era campo, ma lei tentò comunque.

Niente, non funziona. Adesso mi tocca applicarmi in materie che non mi piacciono neanche, inventare tutto ciò che mi serve per far funzionare questo stramaledetto cellulare e tutto per mettermi in contatto con i miei amici che sono 206 anni avanti a me!

Mentre si infuriava col mondo intero per essere finita lì, ben 183 anni prima della sua nascita, Fanny tornò e la trovò che batteva i piedi sul pavimento. Si accorse di uno strano oggetto tra le sue mani ma non ci fece caso: forse era ricca e si poteva permettere cose che non si erano mai viste. Samanta si accorse di Fanny, cercò di nascondere dietro la schiena il cellulare e poi sorrise imbarazzata.

A colazione non c'erano solo Lorain e sua madre, ma anche i gemelli Ross. Samanta si unì a loro con un sorriso, scusandosi per il ritardo, e trattenne un'esclamazione su quanto, in quel momento, desiderasse una bella tazza di caffè italiano. Si comportò, però, come quando, per la prima volta, una delle sue amiche delle elementari l'aveva invitata a cena da lei: tentennò prima di bere il tè che un cameriere le aveva versato in una tazza; Mrs Thomas la spronò più volte a prendere questa o quell'altra cosa e Samanta lo fece timidamente.

Poco prima del pranzo Thelma raggiunse Samanta nella piccola biblioteca del defunto Mr Thomas, la osservò mentre leggeva i titoli dei libri e, ogni tanto, notò un sorrisetto dipingersi sulle sue labbra. Gli occhi si illuminavano mentre guardava quei vecchi libri impolverati, abbandonati da anni e letti di tanto in tanto.

«Quando eravamo piccoli, Mr Thomas ci faceva venire qua e ci indicava i suoi libri migliori. Aveva un suo motto, sa? "Leggi e non avrai solo una vita, ma dieci, cento, mille vite. Leggi e viaggerai, anche se sarà fatto solo col pensiero"» ricordò Thelma, facendo sobbalzare Samanta per lo spavento. «Io e Wilbur lo adoravamo così tanto!»

«Sono parole sagge» rispose Samanta, riprendendosi dallo spavento e sorridendo alla ragazza che ora, con un passo elegante e dal portamento impeccabile, si sedette su una vecchia poltrona. «Una volta trovai una citazione che diceva: "Capisci di aver letto un buon libro quando giri l'ultima pagina e ti senti come se avessi perso un amico". È diventata una delle mie preferite»

Thelma memorizzò quella frase, la trovò bellissima e vera, le piacque molto. Samanta, pensando che fosse finita la conversazione, tornò ad osservare il libri e respirò il profumo della carta, delle copertine, dei volumi grossi e pesanti e, con un battito di ciglia, le sembrò di essere ancora la biblioteca dell'università. Si guardò intorno con un senso di nostalgia e no, non era tornata a casa. Thelma intanto la guardava con occhi curiosi: una signorina italiana nel bel mezzo dell'Hertforshire, senza neanche un vestito suo perché, per un avvenimento sfortunato, aveva perso i bagagli.

Ora, però, il silenzio dava fastidio a Thelma. Quindi aprì la bocca e disse: «Oggi un amico di mio fratello ci raggiungerà per passare due mesi da noi. Si chiama Frederick Bartley, figlio di Lord William Bartley»

Samanta si girò immediatamente, voleva dire qualcosa ma non sapeva bene cosa. Il tono che aveva usato era tutt'altro che civettuolo, eppure a lei sembrava di sentire – e per qualche secondo di vedere – Mrs Bennet, personaggio di "Orgoglio e Pregiudizio". Che questo Frederick Bartley fosse come il Mr Darcy all'inizio del libro? Che fosse come Mr Bingley? O peggio, come Wickham?

«Un gentiluomo!» iniziò a descriverlo Thelma, intuendo di avere ora tutta l'attenzione di Samanta. «E' alto, ha occhi verdi e magnetici, i capelli scuri, il portamento elegante e vestiti splendidi. Harvey mi ha detto che è promesso sposo a una certa Annette Walla, se non erro»

Un po' come Mr Darcy di "Lost in Austen" quando, dopo aver scoperto che Amanda non era vergine, ha fatto la proposta a Miss Bigley, pensò Samanta, piegando il capo di lato e guardando distrattamente altrove.

Proprio in quel momento, entrò in biblioteca Wilbur e lodò con cuore quella piccola e vecchia stanza. Thelma ripeté la frase che aveva detto a Samanta e, con un sorriso, ripeté proprio quella della giovane italiana. I tre si spostarono in sala da pranzo, dove Harvey e Lorain discutevano usando dei sussurri appena udibili. Mrs Thomas sedette al suo posto, la prima portata fu fatta portare e ebbe inizio una conversazione sulla politica dell'epoca.

Nel pomeriggio Harvey fece mandare un messaggio alla governante della casa che aveva affittato – che non era poi così distante da casa Thomas. Voleva che si avvisasse Mr Barckley che i tre fratelli Ross lo avrebbero aspettato a casa di Mrs Thomas – la quale lo invitava calorosamente a cena.

Mentre la compagnia attendeva l'arrivo dell'ospite dei Ross, Samanta uscì da casa Thomas con la scusa di voler fare due passi. Aveva bisogno di riflettere, di stare un po' sola e di ritornare alla pozza di fango nella quale era caduta il giorno prima. Forse, tornando là, avrebbe trovato un modo per tornare a casa prima dell'arrivo di Mr Bartley.

Prima di raggiungere il luogo da cui era magicamente arrivata – o meglio: caduta –, Samanta fece una breve passeggiata intorno alla casa. Una donna era chinata in avanti e sistemava una graziosa aiuola, il giardiniere potava alcuni cespugli seguendo le istruzioni di Mrs Thomas. Il cielo, sopra di lei, si stava rannuvolando; nell'aria c'era il profumo di un temporale come quello che aveva respirato la notte prima. Sorrise, le piacevano i temporali. Camminò ancora e ancora, finché non arrivò davanti alla casa e si avvicinò alla pozza di fango in cui era caduta il giorno precedente. Si abbassò per analizzarla, come se potesse trovare qualcosa che l'aiutasse a capire; ma invano. Dietro la pozzanghera non c'era che uno steccato, e subito dopo un prato che conduceva ad un boschetto. Samanta guardò lo steccato rendendo gli occhi a due fessure, stava concentrando le sue forze in un unico pensiero: Voglio tornare a casa mia.

Qualcosa iniziò a formarsi sul vecchio legno dello steccato, qualcosa di ovale. Era il pomello! Sorrise e si concentrò ancora di più, di lì a poco sarebbe tornata a casa. Ma, ahimè, il suono di una carrozza le fece girare il capo per vedere chi fosse arrivato e, quando tornò ad osservare lo steccato, quell'ovale che prima aveva visto era sparito.

«Perfetto!» esclamò Samanta, rimanendo sempre accucciata accanto alla pozza di fango. «Non tornerò mai più a casa!»

Mrs Thomas, che anche lei aveva sentito una carrozza arrivare, uscì in tutta fretta da casa sua. Lorain seguì sua madre, subito dopo anche Harvey e i gemelli erano fuori. Trovarono un uomo di bell'aspetto che osservava incuiriosito Samanta – che parlava da sola e in italiano. Lorain trattenne una risata, così come Thelma, Wilbur e Harvey, ma dallo sguardo preoccupato della madre decise che era meglio intervenire.

«Mirko sarà costretto a chiamare la polizia, io non concluderò gli studi e mia madre...» proseguì Samanta con uno sbuffo, poi finalmente si tirò su – ma ancora dava le spalle alla compagnia e al nuovo arrivato –. «Ma che le importa a lei di cosa faccio io? È sfuggente, lontana e--»

«Samanta!» esclamò Lorain, avvicinandosi all'amica e posandole dolcemente una mano sulla spalla.

Non aveva idea di cosa le fosse accaduto, o quale motivazione l'avesse spinta a comportarsi in quel modo senza neanche rendersi conto di aver attirato l'attenzione di tutti. Samanta abbassò il capo, nascondendo una lacrima che le correva lungo la guancia: Calmati, non iniziare a piangere e rispondi. Allora alzò lo sguardo e trovò gli occhi di Lorain, un sorriso rassicurante.

«State bene, Miss?» domandò poi una voce maschile, accanto a lei.

Samanta girò lentamente la testa. Ed ecco due occhi verdi, bellissimi; capelli scuri e un viso affascinante. L'uomo le fece un piccolo inchino, lei invece rimase immobile, incantata. Qualcosa in lei la fece arrossire, fece in modo che tutto intorno a lei e a lui sparisse. Erano soli, in un mondo distante, silenzioso; e per una volta Samanta si azzardò a pensare che quell'uomo davanti a lei, una volta conosciuto meglio, l'avrebbe guardata proprio come Mirko guardava Irma, come Harvey guardava Lorain e come suo padre guardava sua madre. Ma poi chiuse con forza gli occhi, li riaprì e tutto tornò alla normalità: accanto a lei c'era Lorain e sulla soglia c'erano Mrs Thomas, Harvey e i gemelli che osservavano la scena in un rigoroso silenzio.

Sono un'idiota, pensò. Leggo troppe storie d'amore. Inoltre lui è fidanzato, prossimo al matrimonio!

«Samanta, mi state facendo preoccupare» aggiunse Lorain.

«Vi prego, non preoccupatevi per me» rispose allora Samanta, guardando prima Frederick – ormai aveva capito si trattasse di lui –. «Ho solo avuto un crollo di nervi, dovuto a pensieri... tristi e legati a persone lontane, letteralmente lontane»

Lorain, che aveva immediatamente capito ciò che nascondeva quella frase, le comunicò con lo sguardo che voleva assolutamente parlare con lei. Quindi le fece un sorriso, poi si girò e fece un inchino a Frederick, che rispose, e invitò entrambi ad entrare in casa.

«Non era mia intenzione farvi assistere ad uno spettacolo così umiliante» disse Samanta, rimanendo ferma nella sua posizione e guardando Frederick dritto negli occhi. «In ogni caso, permettetemi di presentarmi: mi chiamo Samanta Masini e sono ospite di Mrs Thomas e Miss Thomas»

«Frederick Bartley» disse semplicemente lui, facendo un secondo inchino. L'uomo si girò, prese a camminare in direzione della casa, ma si accorse che Samanta non si era mossa neanche di un centimetro. «Voi non venite?»

«Temo di aver bisogno di tempo, Mr Bartley. Tempo per riprendermi, per riflettere. Vogliate porgere le mie scuse a Miss Lorain per la mia assenza» spiegò Samanta.

Allora Frederick annuì e riprese la sua camminata verso la casa. E mentre nella mente di Samanta c'erano frasi di rimprovero rivolte a se stessa, nella mente di Frederick c'era un semplice nome: Samanta Masini.

 

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Capitolo 4
*** Capiyolo IV ***


Don't look at your feet to see if you're doing it right, just dance ~ Anne Lamott


 

Il momento in cui Samanta rimase sola, coi suoi pensieri, divenne improvvisamente penoso. Era assolutamente certa di aver visto un ovale prendere forma sul legno della staccionata davanti a lei, ma subito era sparito quando lei, girando il capo al rumore dell'arrivo di una carrozza, si era distratta. Era sicura che fosse stata lei a fare in modo che, anche se lei ancora faticava a capire, un pomello si materializzasse dal nulla. Ma come fare a farlo tornare lì, sulla staccionata davanti ai suoi occhi? Doveva pensare intensamente di voler tornare a casa?

Per il momento, sebbene volesse tornare al suo piccolo appartamento, dai suoi amici e, sopratutto, nella sua epoca, Samanta entrò in casa sospirando e raggiunse il resto della compagnia in salotto.

«Samanta!» esclamò Lorain quando vide la sua nuova amica. «Mr Bartley ci ha detto che avevate bisogno di un momento per riflettere, spero nulla di grave»

«Nulla a cui non possa porvi rimedio, Lorain. In un modo o nell'altro, risolverò l'enigma che ho qui dentro» e Samanta si indicò la testa con l'indice.

«Adoro gli enigmi!» esclamò Thelma, alzandosi dalla poltrona e avvicinandosi a Samanta; poi le prese le mani e le disse: «Sedete, Samanta, spiegateci l’enigma che vi tormenta e noi, da buoni amici, cercheremo di risolverlo. Sarà così divertente!»

Samanta e Lorain si guardarono per un secondo, entrambe con pensieri diversi nella testa. Non potevano di certo rivelare alla compagnia che Samanta era appena sbucata dal futuro: sarebbero passate per pazze e, molto probabilmente, rinchiuse. Così Lorain abbass lo sguardo e inizio a guardarsi le mani, Samanta invece aprì la bocca e balbettò qualcosa di incomprensibile. Frederick, seduto su un piccolo divanetto, osservò la scena con occhio indagatore e pensò che ci fosse qualcosa sotto a quello sguardo che le due amiche si erano scambiate poco prima, nascondevano di certo qualcosa.

Samanta ricordò che, pochi giorni prima, aveva letto tutto d’un fiato “Alice nel Paese delle Meraviglie” e quindi, con le parole del Cappellaio che le frullavano in testa, decise l’indovinello da fare.

«Perché un corvo è simile ad una scrivania?»

Tutti rimasero in silenzio, mentre l’eco di quelle parole scivolava via lentamente, si spargeva nell’aria come fumo e, libero, volava via. Lorain alzò finalmente il capo e incrociò gli occhi di Harvey: sembrava più concentrato su di lei che sull’enigma di Samanta, questo la fece arrossire. Thelma e Wilbur confabularono per cercare una soluzione da dare a Samanta, Mrs Thomas e Frederick rimasero in un rigoroso silenzio. Lei perché sapeva di non essere intelligente abbastanza per arrivare alla soluzione, lui perché non aveva mai avuto una passione per gli indovinelli.

Passarono alcuni minuti, nessuno ancora che parlava e Samanta, con un sorrisetto divertito e un sospiro di sollievo, pensava di averla fatta franca. Allontanò quei pensieri che l’avevano allarmata poco prima, si sedette accanto a Frederick e, passandosi una mano sul vestito color porpora, si disse che Lewis Carroll era proprio un genio. Aveva creato per la piccola Alice un indovinello che, nella stesura del primo libro – pubblicato nel 1865 –, non aveva una soluzione vera e propria. In seguito, però, molti lettori chiesero spiegazioni e, nel secondo libro, pubblicato nel 1896, scrisse nella prefazione la risposta dell’indovinello del Cappellaio.

«Ci prendete in giro, Miss Masini» disse di punto in bianco Frederick, girandosi per guardarla negli occhi. «Questo enigma non ha soluzione, quindi voi vi prendete gioco di noi»

«Al contrario, Mr Bartley» replicò Samanta, sorridendo. «Credo, signore, che a tutto ci sia una risposta. Il mio adorato padre, che mi manca più dell’aria, me lo diceva sempre. Io gli facevo domande di continuo, non la smettevo mai. Quando lui non aveva la minima idea i cosa rispondermi, mi diceva: “Non lo so, tesoro, ma a tutto c’è una risposta”»

Lorain la guardò con malinconia, anche se l’aveva nominato una sola volta, sapeva quanto costasse a Samanta portare alla mente certi ricordi. E poi la capiva bene: anche lei, anni prima, aveva perso suo padre e la vita non era più stata la stessa.

«Non vorrete tenerci sulle spine, Miss Masini» disse allora Frederick, senza neanche preoccuparsi degli occhi lucidi che erano venuti a Samanta. «Credo di parlare al nome di tutti quando dico che abbiamo bisogno, pretendiamo quasi, la risposta a questo enigma»

Samanta spostò lo sguardo da lui al resto della compagnia, trovando Thelma e Wilbur in attesa di sentire la soluzione, Mrs Thomas nella stessa posizione e Harvey concentrato, invece, su Lorain.

Samanta si schiarì la gola. «Sia il corvo che la scrivania sono in grado di produrre note, per iniziare. Per il primo sono note “musicali”, la seconda viene utilizzata per scrivere note. Tenendo conto questa somiglianza, si può quindi arrivare alla seconda: le note di entrambi sono piatte: quelle del corvo possono essere bemolli, quelle della scrivania perché scritte su fogli»

Frederick la guardò con occhi d’ammirazione, Thelma e Wilbur si scambiarono un’occhiata divertita e affermarono che avrebbero posto quell’indovinello a tutti i loro amici. Mrs Thomas allora fu avvisata che il pranzo sarebbe stato servito a momenti e, alzandosi, Samanta si disse che aveva combinato un altro guaio: quell’indovinello era stato scritto da Lewis Carroll nel libro che avrebbe pubblicato nel 1865, dicendolo ora – nel 1811 – aveva cambiato qualcosa, seppur un piccolo dettaglio, nella storia?

Passarono due giorni pieni di noia, passeggiate e pioggia. Samanta passava il suo tempo nella vecchia biblioteca di Mr Thomas e, quando Lorain le chiedeva compagnia, passeggiavano fino al centro della città. Il terzo giorno Lorain, Samanta e Mrs Thomas vennero invitate ad un ballo che Harvey e i suoi fratelli avevano deciso di fare a casa loro.

«Non so ballare» si lamentò più volte Samanta, mentre Lottie – la cameriera personale che avevano fatto chiamare per Samanta – le sistemava i capelli e Lorain, seduta sul letto già pronta per uscire, la osservava in silenzio.

«Sono sempre occupata con lo studio e altro, non ho tempo per i balli!» esclamò Samanta, ringraziando Lottie con un sorriso per la splendida acconciatura che le aveva fatto. «Andateci voi e vostra madre, io starò qui a casa»

«Vi annoierete» rispose Lorain, dicendo a Lottie che poteva andare. «E poi sono sicura che ci sia un pochino di curiosità in voi, adesso»

Il giorno prima, all’ora del tè, era arrivata una lettera da casa Ross. Harvey annunciava l’imminente arrivo di Miss Annette e si sperava di averla anche al ballo, al fianco del suo promesso sposo Frederick Bartley. Era vero, dunque, che Samanta fosse curiosa di vedere che faccia avesse questa signorina? Certo.

«Ho altro per la testa, la notizia dell’arrivo di questa Annette non mi fa né caldo né freddo» mentì Samanta, guardandosi in un vecchio specchio.

«Perdonatemi se ve lo dico, ma non siete poi così brava a dire bugie» replicò divertita Lorain, alzandosi dal letto e avvicinandosi all’amica. «In ogni caso, siete davvero incantevole! Gli occhi di tutti saranno puntati su di voi, riceverete talmente tanti inviti che a metà serata vi faranno male i piedi! Sono così contenta!»

«Prima non mi avete sentito?» domandò Samanta, guardando Lorain attraverso lo specchio. «Io non sono mai stata brava a ballare neanche un valzer, figuriamoci adesso con balli come la Quadriglia o una Scotch dance!»

Lorain alzò gli occhi al cielo e poi le sorrise. Si capiva benissimo che avesse qualcosa in mente, solo che Samanta non capiva esattamente cosa. Temeva che la buttasse fra le braccia di qualcuno e le facesse fare brutta figura davanti a tutti: quella era l’epoca in cui saper ballare era addirittura indispensabile, e lei fin da piccola aveva mostrato che con la musica aveva un buon rapporto solamente quando la ascoltava alla radio, al pc mentre faceva delle ricerche, al cellulare la sera mentre leggeva.

Mrs Thomas le chiamò, disse che la carrozza era arrivata e che bisognava andare. Adesso, quindi, Samanta non poteva più rifiutarsi di accompagnare Lorain e sua madre, o di fingere all’ultimo momento un malessere e rimanere a casa. Quando uscirono di casa, come ad aumentare la poca voglia di Samanta di uscire dalla sua camera, videro che il cielo si stava ricoprendo di nuvole cariche di pioggia.

«Non preoccupatevi, Miss Masini» disse Mrs Thomas, osservando Samanta che si sedeva accanto a sua figlia. «Saremo al sicuro e al caldo sotto il tetto della casa di Harvey Ross. Dovete sapere che mi ha detto tutto di quella casa!»

Mrs Thomas elencò per tutto il viaggio la mobilia e il numero di quadri che avevano i Ross. Citò più volte l’amico d’infanzia di sua figlia e si complimentava spesso, sebbene lui non fosse presente, di diverse scelte fatte da Mr Ross. Quando la carrozza si fermò davanti al grande portone della villa, infatti, Lorain e Samanta credevano di poter riconoscere persino gli angoli del luogo in cui vivevano Harvey, i suoi fratelli più piccoli e, come ospiti, Frederick Bartley e la futura moglie Annette.

Lorain entrò insieme a Samanta, mentre Mrs Thomas si fermò a parlare con qualche sua amica. All’ingresso vi erano sei domestici, tre sulla destra e tre sulla sinistra, che aiutavano gli ospiti a togliersi la mantellina che li copriva dal freddo. Sulle pareti si trovavano grossi dipinti di uomini e donne di anni passati, rinchiusi in cornici grandi e d’orate. Si sentiva già la piccola orchestra che suonava, le risate delle persone e i colori dei vestiti che, unendosi e mischiandosi, diventavano uno solo e con più sfumature.

Gli occhi di Samanta si riempirono di commozione: leggere era una cosa, guardare un film un’altra, ma parteciparvi era sorprendente, ammaliante, così vivo. Parecchie donne le vedeva cinguettare con uomini che, dal portamento, si capiva fossero di un ceto sociale alto; per la sala passavano camerieri con vassoi che portavano calici di vino bianco – e qui il primo pensiero di Samanta fu che quel lavoro lo faceva anche lei, nel 2017.

«Un grazie sarà sufficiente» ridacchio Lorain, trovando l’amica sorpresa di così tanta bellezza.

«Avete ragione,» disse Samanta, ricambiando con un sorriso. «questo posto è meraviglioso, davvero. Ma ciò non cambia il fatto che io non sappia ballare!»

«Per questo vi sto portando nella sala da ballo» spiegò brevemente Lorain, prendendo l’amica sottobraccio e spingendola attraverso la folla. «Osserveremo i ballerini, vi darò qualche consiglio e, qualora sarete invitata da qualche gentiluomo, gli direte che siete alle prime armi, che dalle vostre parti ci sono balli diversi dai nostri»

La sala da ballo era immensa, illuminata da chissà quante candele e, posta sul fondo della stanza, c’era la piccola orchestra che suonava e suonava. Dietro ai ballerini – gli uomini erano alla destra di Samanta e Lorain, mentre le donne a sinistra – le persone conversavano e ridevano, bevevano in compagnia, spettegolavano.

«Credo di aver visto Harvey, sta venendo nella nostra direzione ed è con Mr Bartley!» esclamò Lorain, girandosi verso l’amica.

Però Samanta era troppo concentrata sulla sala in cui si trovava. Sorrise quando alzò il capo e guardò il soffitto, il lampadario colmo di candele accese per dare più luce, i dipinti che erano ovunque. E poi le finestre enormi, il rumore del chiacchierio, i ballerini che si muovevano con abilità e compostezza. Era piombata in quel mondo in cui, mentre leggeva i classici dell’epoca, sognava di vivere.

Sono veramente qui, si disse e una lacrima le solcò il viso.

«State bene?» le domandò Frederick, facendola tornare alla realtà.

Samanta si girò e, dove prima c’era Lorain, trovò Mr Bartley.

«Sì,» rispose lei, asciugandosi la lacrima col dorso della mano. «è stare qui dentro che mi fa un certo effetto. Sono molto emotiva di natura, per cui è normale per me questo tipo di sensazione»

«La serata non è di vostro gradimento?» si affrettò a chiedere Bartley; il suono della voce un poco alterato dalla preoccupazione.

«No, certo che no!» esclamò Samanta, portando una mano al cuore. «Questo posto è magnifico, davvero. Da dove vengo io, Mr Bartley, i balli sono molto diversi e si è perso questa complicità che vedo ora, negli occhi di chi sta ballando. Per non parlare della musica!»

«Ma c’è dell’altro» intuì Frederick, facendole un cenno del capo perché continuasse.

Samanta annuì. «Ho letto spesso di questi balli, di come la gente si riunisce e balla su note leggere, dei particolari rinchiusi nella bellezza di una sala da ballo. Forse mi sono commossa perché è il primo ballo a cui partecipo, forse perché, se da una parte voglio tornare a casa mia, dall’altra non vorrei mai andarmene da qui»

«E ditemi,» riprese Frederick, guardando la donna accanto a lui con un sorriso. «casa vostra com’è?»

Samanta rimase a fissarlo mentre rifletteva, poi spostò gli occhi su una delle grandi finestre della sala. Fuori aveva iniziato a piovere, si chiese se stesse piovendo anche nel 2017, se Irma, Olivia e Mirko stessero fissando anche loro il buio che si espandeva fuori dalla finestra del loro appartamento, chiedendosi dove lei si fosse cacciata. Si chiese da quanto mancasse, se il suo capo al lavoro avesse chiesto qualcosa ai suoi amici, se sua madre si fosse accorta della sua assenza – o meglio: se i suoi amici avessero chiamato sua madre per avvisarla che lei, sua figlia, non si trovava più da nessuna parte da tre giorni.

«Lontana» fu la prima parola che le venne in mente, per descrivere casa sua. «Così lontana da star male»

«La prima volta che ho lasciato casa mia, mi sono sentito così anch’io» disse Frederick, per continuare la conversazione. «Mia madre pianse quando le dissi che avevo deciso di comprare una casa in campagna, disse che sarebbe venuta a trovarmi ogni giorno»

«L’ha mai fatto?» domandò Samanta, e dentro di sé sentiva la nostalgia per quei giorni in cui sua madre, quando ancora il marito era in vita, era sempre accanto a lei.

«Veniva il venerdì pomeriggio e partiva la domenica sera» rispose Frederick. «Mio padre, invece, era sempre indaffarato. Anche adesso, quando gli scrivo, mi dice che non ha mai tempo. “Essere un Lord”, dice, “è difficile figlio mio: ti da soddisfazioni, ma allo stesso tempo ti ruba un sacco di tempo”. Io credo invece che non abbia voglia di vedermi, ma che riesca a trovare del tempo quando vuole impicciarsi nei miei affari. Spero che i suoi genitori non siano così, Miss»

«Sono e sarò sempre affezionata ai miei genitori, ma dopo la morte di mio padre qualcosa si è guastato nel rapporto tra me e mia madre. Non è più lo stesso da anni, ma ci convivo e cerco di non pensarci» spiegò Samanta.

«Mi dispiace, non avrei dovut--» si affrettò a dire Frederick, ma si interruppe quando Samanta alzò una mano per fargli capire che non si doveva preoccupare.

«Non potevate sapere, quindi che ne dice di accantonare questo argomento e aprirne un altro?»

«Che ne dice, invece, di un ballo?» domandò allora lui, allungando la mano perché lei gliela prendesse.

Samanta lo guardò negli occhi, arrossì e poi spiegò brevemente perché non poteva assolutamente accettare. Non saper ballare poteva sì mettere in imbarazzo lei, ma tirare dentro anche Mr Bartley l’avrebbe fatta soffrire. Ma lui, guardandosi attorno, le disse che le avrebbe detto passo passo come muoversi. E allora lei accettò.

Vicino a Thelma e Wilburr, con uno sguardo cattivo e pieno di giudizi, vi era una donna bionda e ben vestita. Osservava il suo futuro marito che, con un sorriso, scortava una giovane donna tra i ballerini. Era da dieci minuti che lo attendeva e adesso stava dando il suo primo ballo ad una donna sciatta e a lei sconosciuta? Com’era possibile che stesse preferendo lei alla sua futura moglie?

Annette era furibonda, ma non lo diede a vedere. Si finse interessata con Thelma e Willbur, che le diedero molte informazioni sulla giovane che ballava in malo modo con Frederick, arrivò persino ad affermare che voleva assolutamente conoscerla. Ma quando arrivò il momento, quindi quando l’ultimo ballo fu concluso, la musica venne fermata e Harvey e Lorain chiesero l’attenzione di tutti.

«Congratulatevi con me, miei cari amici, perché da stasera in avanti sarò l’uomo più felice del mondo! Lorain Thomas diventerà presto mia moglie!»

Samanta e Frederick raggiunsero insieme i due amici, si congratularono con loro e poi, come un tornado, arrivarono anche i fratelli di Harvey e la madre di Lorain.

«Tuo padre sarebbe così fiero! Oh, bambina mia!» continuava a ripetere con le lacrime agli occhi Mrs Thomas.

Ci fu un gran brusio di felicitazioni, poi la musica ripartì e Samanta decise che era il momento di prendere una boccata d’aria. Frederick la guardò allontanarsi, ma si girò immediatamente quando sentì la voce di Annette che lo chiamava. Ballarono, parlarono del loro matrimonio – sebbene lui non fosse eccitato all’idea quanto lei – e poi continuarono a congratularsi con Harvey e Lorain.

Samanta venne raggiunta da Thelma e Willbur, i due le fecero fare un giro della casa e poi tornarono insieme nella sala da ballo. Parlarono di tutto e di più, dell’Italia, dell’Inghilterra, del mondo in generale; della musica, delle canzoni che ora venivano suonate e degli autori; di pittura.

«Ecco!» esclamò ad un certo punto Thelma, facendo spaventare Samanta. «L’avete fatto ancora»

«Che cosa, se posso?» domandò Samanta.

«Mi sono accorta che spesso vi mettete ad osservare Mr Barley» le spiegò Thelma, dicendo poi al fratello di andarle a prendere da bere.

Willbur si alzò proprio mentre Frederick e Annette raggiungevano Samanta e Thelma. La prima arrossì di colpo, la seconda soffocò una risata.

«Miss Ross, Miss Masini, vi presento Miss Annette Walla, la mia futura moglie» disse Frederick, guardando solo e soltanto Thelma.

Ho fatto qualcosa di sbagliato?, pensò Samanta. Perché prima era pieno di attenzioni, mentre adesso parla a Thelma come se io non ci fossi?

Annette fece un inchino, poi raggiunse un gruppo di signore – sue amiche, molto probabilmente – che la stavano chiamando a gran voce. In quel momento, proprio quando Thelma e Frederick si misero a conversare, Samanta sentì che la nostalgia di casa si faceva sempre più forte: le scorreva nelle vene, le faceva aumentare i battiti del cuore. Gli occhi le diventarono due fessure quando, in lontananza, vide un qualcosa di ovale. Si alzò di scatto, attirando gli sguardi curiosi di Thelma, Frederick e alcune persone accanto a loro.

«Samanta, siete pallida. Tornate a sedervi» disse Thelma, allungando una mano e mettendola sulla spalla di Samanta.

«No, io ho bisogno di…» non finì la frase, si affrettò ad inventare una scusa e si allontanò senza dire altro.

Entrò in una camera vuota, un poco buia e vide il pomello farsi sempre più reale. Allungò una mano per poterlo toccare, ma questo sparì nuovamente quando Lorain la riportò alla realtà. Samanta chiuse gli occhi per un secondo, li riaprì e tutti i suoi amici – Lorain, Harvey, Thelma e Willbur, Mrs Thomas e Frederick – la stavano guardando con occhi confusi. Lorain era l’unica meno confusa del gruppo, mentre in un angolo Annette le lanciava giudizi con gli occhi penetranti e quasi crudeli.

«Non tornerò mai a casa» sussurrò Samanta in italiano, le mani tremanti e le lacrime in arrivo.

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Capitolo 5
*** Capitolo V ***


A friend is someone who gives you total freedom to be yourself ~ Jim Morrison


 

Passò un'intera settimana e Samanta uscì di rado dalla sua stanza. Le uniche volte che scendeva in salotto era quando c'erano ospiti, o quando aveva voglia di fare due passi in solitudine. Si stava piano piano abituando alla sua vita lì, e questo le dava fastidio. Prima di tutto le mancavano i suoi amici, l'università e il suo lavoro, poi voleva farsi una doccia decente e riabbracciare il suo amato letto.

Lorain, dalla sera del ballo, le era stata accando. Cercava di farla parlare, di farla divertire il più possibile. Voleva solo che la sua nuova amica tornasse a sorridere come faceva i primi giorni. Mrs Thomas le aveva chiesto diverse volte perché Samanta non fosse più di buon umore, o perché aveva gli occhi tristi e lontani; il problema era che Lorain non poteva dirle assolutamente nulla – da dove venisse realmente Samanta, di che anno fosse e via dicendo.

«Sentirà la mancanza di casa sua, mamma» era la risposta di Lorain.

Un pomeriggio arrivarono Willbur e Thelma Ross. Lorain stava discutendo con la madre in proposito del suo matrimonio, Samanta era ferma con la schiena appoggiata allo steccato davanti a casa Thomas e aveva lo sguardo di chi riflette, di chi ha nostalgia di qualcosa. C'era un leggero venticello, fresco e delicato, che le scompigliava quei pochi ciuffi di capelli rimasti fuori dalla pettinatura che, quella mattina, Lottie le aveva fatto; le spalle erano coperte da uno scialle color panna e il vestito, verde scuro, le stava a pennello.

«Quali pensieri sono rinchiusi nella vostra mente, Miss? Un altro enigma che solo voi sapete risolvere?» domandò Thelma, avvicinandosi a Samanta e mettendosi nella sua stessa posizione.

Samanta si strinse nelle spalle. «E' solo semplice nostalgia»

Thelma la osservò attentamente. Gli occhi erano puntati verso la casa di Lorain, ma non guardavano veramente l'abitazione. Nascondevano molto di più, non solo la nostalgia e Thelma, che da sempre era stata una persona curiosa, volle sapere quale fosse il suo segreto. Però come fare? Come farle le domande giuste? Ma soprattutto, quali erano le domande giuste?

«Parlatemi di loro, Miss Masini» disse Thelma, notando che Willbur stava entrando in casa Thomas accompagnato da Lorain e sua madre.

«Di preciso, Miss Ross, cosa volete che vi dica?» domandò Samanta, lasciandosi andare in un lungo sospiro. «Mio padre è morto molto tempo fa, mia madre è sempre più distante. Le uniche persone su cui posso contare sono i miei amici: Irmai, Olivia e Mirko»

«Da quanto conoscete questi tre giovani?» chiese Thelma, incrociando lo sguardo di Samanta.

Samanta le sorrise. «Più o meno tre anni, forse quattro. A volte litighiamo, questo è vero e non si può negare, ma siamo una famiglia. È difficile non poter essere lì con loro adesso»

«Miss, io sono molto contenta di aver fatto la vostra conoscenza, e vorrei poter approfondire questa amicizia, ma voi sapete benissimo che potete sempre tornare a casa vostra, in qualsiasi momento vogliate» disse Thelma, rispondendo al sorriso di Samanta con un sorriso dolce e affettuoso.

Samanta riuscì a trattenere le lacrime. Thelma era una ragazza davvero dolce e premurosa, le sue parole erano vere ma la reatlà dei fatti era che non sapeva assolutamente nulla della situazione di Samanta. Quindi quest'ultima si limitò ad annuire, poi alzò il capo verso il cielo e osservò il cielo infinito: le nuvole bianche che assumevano forme diverse, l'azzurro così immenso, il sole un po' meno caldo del solito.

D'un tratto Thelma e Samanta sentirono il rumore di una carrozza in arrivo. Thelma la riconobbe immediatamente e sorrise, sussurrando poi il nome del fratello più grande; Samanta, invece, si scusò perché voleva immediatamente allontanarsi da lì.

«Miss Masini!» esclamò una voce femminile alle sue spalle, voce che purtroppo lei riconobbe all'istante. «Dove andate così di fretta?! Ci tenevo tanto a prendere un té con voi!»

Samanta si girò, vide Annette che si stringeva al braccio di Frederick e lui, con occhi magnetici, la fissava senza dire una parola. Harvey, alle loro spalle, le fece un inchino e poi seguì Thelma in casa.

Pensa Samanta, pensa!, si disse.

Gli occhi di Samanta si posarono su Frederick. Aveva la bocca leggermente socchiusa, i capelli ondeggiavano al vento e i vestiti che indossava gli calzavano a pennello. Aveva la sua aria da gentiluomo raffinato, cordiale ed educato. Il suo sguardo si fece più intenso, sembrava la stesse pregando di entrare in casa con loro, ma Samanta non ne aveva voglia: ricordava ancora il modo in cui, la sera del ballo, lui le aveva presentato Annette – sua futura sposa – quasi parlando esclusivamente con Thelma.

Accanto a lui, con un sorriso falso, Annette aspettava una risposta di Samanta. Odiava la sciatta giovane donna che aveva davanti, non si fidava affatto e sapeva benissimo di essere superiore a lei. Samanta Masini era nulla in confronto ad Annette Watta. I suo genitori erano nobili signori, molto famosi in tutta l'Inghilterra e sapeva benissimo che sposare un uomo come Frederick Bartley, le avrebbe portato ancora più fama. Era questo, dunque: non c'era amore tra i due, solo secondi fini – i soldi, il potere, la fama.

«Vorrei fare due passi, in realtà. Ma le prometto che vi raggiungerò al più presto» disse, anche lei con un sorriso falso, solo più incerto.

Annette fece un passo in avanti, lasciando andare il braccio di Frederick. «Mi promettete che, una volta tornata in casa, risponderete a tutte le mie domande? Sapete, sono impaziente di conoscervi meglio e so già che saremo ottime amiche»

Già, pensò Samanta, davvero ottime.

«Avete la mia parola» rispose Samanta e, con un inchino, si girò per andarsene.

Annette a quel punto ghignò, poi rivolse a Frederick un sorriso e si avviò verso l'entrata di casa Thomas. Lui rimase qualche minuto fuori, osservò la figura di Samanta farsi sempre più piccole, mentre lei si allontanava di secondo in secondo. La raggiunse velocemente, le offrì silenziosamente il braccio e lei lo rifiutò in modo cordiale. Samanta arrossì: perché era lì accanto a lei? Perché non era in casa, magari seduto accanto alla sua futura moglie?

Frederick fece un lungo respiro. «Avete ragione a voler passeggiare in questo momento. La luce è semplicemente meravigliosa e l'aria è molto rinfrescante»

«Non è l'unico motivo, Mr Bartley» sussurrò lei, sperando che Frederick la sentisse.

Camminarono l'uno vicino all'altra per diversi minuti. Fu un sollievo, per Samanta, scoprire che non l'aveva minimamente sentita; ma Frederick l'aveva sentita eccome, solo che non voleva fare domande. La giovane donna che gli stava accanto le faceva un effetto strano, sembrava diversa da tutte le donne che aveva incontrato, era sicuramente intelligente – ricordò infatti l'indovinello e la soluzione – e poi non si poteva di certo negare che Samanta era molto bella, aveva fascino.

«Volevo farvi i miei complimenti, la sera del ballo: voi danzate divinamente» mormorò Frederick, dopo diversi minuti di silenzio.

«Voi mentite, signore» sorrise lei, intuendo che lui volesse semplicemente continuare a parlare con lei. «Danzare non è tra le mie qualità, ho comunque altri interessi»

«E quali sono?» domandò Frederick, incapace di trattenere un sorriso.

«I libri, Mr Bartley. È come viaggiare, vivere mille vite, sognare ad occhi aperti e provare emozioni sempre nuove» disse lei, ricordandosi dello scaffale nella sua camera – quella del 2017 – pieno di libri da leggere e rileggere. «E poi disegnare, attività che mi rilassa molto. Vede, per quanto io abbia poco tempo da dedicarci, il disegno è qualcosa di fondamentale e piacevole» Sopratutto se devo disegnare fan-art dei miei personaggi preferiti.

«Adesso mi avete fatto incuriosire, Samanta» disse Frederick, fermandosi un passo indietro a lei.

«Curioso? Per quale motivo?» domandò lei.

Il suo nome, pronunciato da quelle delicate labbra un poco carnose, la fecero arrossire di nuovo. Samanta dovette quindi ammettere che quell'uomo che aveva davanti, quello che la stava fissando intensamente e con un sorriso affascinante, le piaceva. I problemi però erano essenzialmente due: lui si stava per sposare e lei non era del 1811, bensì del 2017.

«Vorrei vedere i vostri disegni, Samanta» disse lui, calcando il suo nome, ma con dolcezza e delicatezza. «Potrei commissionarvi un dipinto, magari, e metterlo nel salotto principale della casa che voglio acquistare»

«Siete sicuro di voi, signore» mormorò Samanta, sentendo un brivido percorrerle la schiena solo standogli vicino. «Dal vostro tono sembra che voi sappiate già che accetterò. Ma se dovessi rifiutare?»

«A quel punto sarò costretto ad implorarvi» disse lui, ridendo.

La sua risata era un suono melodioso, riusciva ad attaccarti l'allegria e la felicità del momento. Samanta arrossì e sorrise, poi si spostò una ciocca di capelli dietro l'orecchio e rimase a fissare Frederick. Se Olivia, Mirko e Irma l'avessero vista, le avrebbero fatto per prima cosa il terzo grado e poi le avrebbero detto di buttarsi, di provarci. Era passato tanto tempo dalla prima e unica relazione seria di Samanta; quando Stefano aveva chiuso la loro storia, lei si era ripromessa di non amare più nessun altro.

La ragazza, nel silenzio, accarezzò l'idea di come fosse avere Frederick Bartley come fidanzato, poi si diede uno schiaffo mentale e tornò alla realtà in cui era piombata. Frederick era già fidanzato con qualcuno, e lei era una donna alla sua altezza. No, si disse, non poteva di certo entrare in competizione con Annette: primo perché Samanta sapeva di non essere tanto audace da fare la prima mossa, secondo perché era ancora convinta di poter tornare a casa sua e riprendere a vivere la sua vita.

«Sarebbe meglio rientrare» sussurrò Samanta, con una punta di malinconia.

«Avete ragione» mormorò Frederick, annuendo.

I due tornarono a camminare in silenzio, l'uno vicino all'altra. La casa si avvicinava sempre di più, il tempo di stare da soli – tra le altre cose, molto sconveniente secondo il pensiero di Samanta – stava per terminare e nessuno dei due sapeva bene se prendere la cosa con positività o meno.

Una vocina dentro la testa di Samanta le disse di fermarsi, di fermare lui e continuare a parlare. Voleva sapere di più sull'uomo dagli occhi magnetici, voleva conoscerlo e farsi pregare per avere uno dei suoi disegni. Frederick era combattuto: In casa c'è la donna che sto per sposare, accanto a me c'è una donna che mi fa stare... bene.

Quando entrarono, Thelma lanciò uno sguardo consapevole a Samanta, che però corrugò la fronte. Harvey e Lorain parlavano fra loro, ogni tanto Mrs Thomas, Willbur e Thelma si infilavano nella conversazione, tiravano fuori pareri loro, parlavano di politica e di religione. Annette, invece, era rimasta in silenzio per tutto il tempo, troppo arrabbiata con Frederick per aver scelto di passare anche troppo tempo con una donna che non era lei. Ma quando li vide tornare, si alzò di scatto e finse un sorriso; prese le mani di Samanta e praticamente la costrinse a sedersi accanto a lei.

«Ricordate la vostra promessa, Miss Masini?» domandò Annette, versando il té ancora caldo in una tazza e porgendolo a Samanta.

Samanta annuì, sebbene un po' spaventata e tutt'altro che pronta ad una raffica di domande da parte della fidanzata di Frederick. Prese un sorso di té, dando tutte le sue attenzioni ad Annette; si sentiva addosso gli occhi di Frederick, però, e questo non la aiutava affatto. Annette le fece un'infinità di domande sulla sua famiglia, sul viaggio che aveva intrapreso dall'Italia all'Inghilterra, sui posti più belli che aveva visto fino a quel momento, poi passò a chiederle delle sue passioni, gli interessi. Quando arrivò l'ora di cena, Samanta stava ancora rispondendo; si disse che ormai quella giovane donna la conosceva più di quanto lei non conoscesse sé stessa.

«Cantate, Miss Masini?» le chiese infine Annette.

Il suo scopo era umiliarla, dimostrarle che fosse notevolmente più brava di lei. Infatti, quando Samanta fece no col capo, abbassando lo sguardo quasi fosse una cosa orribile non saper cantare bene, Annette le sorrise e le adagiò una mano sulla spalla. Poi la guardò con finta voglia di consolarla e le disse: «Non preoccupatevi, sono certa che avete altre qualità mia cara»

Samanta mostrò un sorriso tirato, poi si alzò e seguì tutti nella sala da pranzo. Per sua sfortuna si ritrovò accanto ad Annette, che per tutta la sera non fece che parlare di sé, della sua casa in città, di Londra, di vestiti, dei matrimoni in arrivo – il suo e quello di Lorain e Harvey. Lodò spesso Frederick che, seduto accanto ad Harvey, teneva a bada la sua voglia di farla tacere.

«Credo che Mr Barley sia interessato a voi» sussurrò Thelma a metà cena. «I suoi occhi raggiungono spesso questa parte della tavola»

«Devo ricordarvi che alla mia sinistra siede Annette?» domandò sarcastica Samanta, prendendo poi un sorso di vino rosso.

«E la passeggiata che avete fatto questo pomeriggio, mentre noi prendevamo il té e ascoltavamo con noia la donna che vi siede accanto, non ha significato nulla per voi? Diciamo le cose come stanno, Samanta, lui ha seguito voi, non Annette»

Samanta alzò gli occhi al cielo, sebbene una parte di sé adorasse poter sfiorare la possibilità che le aveva messo sotto gli occhi Thelma. Eppure la cosa non poteva funzionare: venivano letteralmente da due mondi diversi, inoltre Samanta non sarebbe rimasta nel 1811 per sempre – o almeno questo era quello che sperava.

Dopo che tutti ebbero finito di mangiare, le donne si spostarono in un salottino e rimasero sole per circa mezz'ora. Gli uomini arrivarono, vennero posti due piccoli tavoli per le carte e Samanta chiese a Mrs Thomas se poteva andare a prendersi un libro. La piccola biblioteca era proprio come l'ultima volta in cui ci era entrata: l'odore dei vecchi libri era inebriante, la tranquillità era sensazionale e, infatti, chiuse gli occhi per godersela a pieno.

«Tutti noi abbiamo dei segreti, sa?» domandò una voce maschile alle sue spalle, facendola sussultare. «Io, personalmente, ne ho moltissimi»

«Mr Ross» mormorò Samanta, facendo un leggero inchino davanti a Willbur.

«Ho notato che voi e mia sorella stavate confabulando questa sera, a cena. Inoltre ho notato il modo in cui Lorain, la sera del ballo, vi ha guardato: i suoi occhi nascondono un vostro segreto e agli altri questo particolare è sfuggito, ma non ha me» mormorò Willbur con voce sicura, andandosi a sedere su quella che un tempo era stata la comoda poltrona di Mr Thomas. «So per certo che voi, quella sera, avete visto qualcosa che vi ha sconvolta. Io sono una persona curiosa, Miss Masini, e sono molto bravo anche coi segreti»

«Con questo che intendete dire?» domandò Samanta con finta tranquillità, dentro stava morendo di paura.

«Sono tornato dall'Italia due mesi fa e voi, Miss, vi comportate diversamente dalle signorine che ho incontrato là e quelle che incontro qua in Inghilterra» si fermò un attimo, poggiò i gomiti ai braccioli della poltrona e unì gli indici davanti alle labbra, continuando a fissare Samanta. «Come dire, ogni cosa che fate sembra una mossa studiata»

Samanta sospirò, questo ragazzo non le piaceva ma, allo stesso tempo, le piaceva. Era tenace e capì che l'avrebbe riempita di domande per farla scoppiare, per farle confessare il suo segreto. Lo ammirava: Willbur aveva una testa geniale ed era riuscito a capire che lei e Lorain nascondevano qualcosa, solo che non sapeva ancora cosa.

«Dove siete stato, di preciso, in Itali?» domandò Samanta, sfiorando con le dita la copertina ruvida di un vecchio libro.

«Ovunque, Miss, per questo vi dico che voi siete diversa da tutte. Avanti, cosa temete?» ribatté Willbur, adesso alzandosi e avvicinandosi a Samanta.

Una parte di lei le urlò di non aprire bocca, di continuare a finere che non sapesse assolutamente nulla. Voleva evitare di essere definita una pazza, voleva evitare che lui lo riferisse alle persone che erano rimaste in salotto, perdere la loro stima – quella di un certo uomo più di tutte. Ma dall'altra parte voleva urlarlo, voleva dirgli "Willbur, vengo dal 2017 e non so come ci sono arrivata qui, nel 1811!".

«Le propongo uno scambio, che ne dice? Un mio segreto per il suo» mormorò Willbur, mostrandole un sorriso beffardo.

Samanta fece un passo indietro, si mise a riflettere velocemente sulla proposta e poi si sedette sulla poltrona dove, poco prima, c'era seduto Willbur. Se adesso avesse confessato tutto, lui sarebbe corso immediatamente dal resto della compagnia per annunciare che lei, Samanta, era una pazza? Oppure sarebbe scoppiato a ridere? Magari lo avrebbe detto a Thelma, e la cosa non le dispiaceva affatto: sapeva che Thelma era una brava persona, sapeva che ci avrebbe creduto e che avrebbe mantenuto il segreto. Eppure...

Samanta scoppiò in lacrime, vide la figura sfocata di Willbur mentre chiudeva la porta della biblioteca e si inginocchiava davanti a lei, prendendole dolcemente una mano.

«Mi dispiace, le chiedo scusa. Non siete costretta a dirmi nulla, tendo a dimenticarmi del tatto quando entrano in gioco i segreti di una persona» disse velocemente Willbur, accarezzando la mano a Samanta. «Vi prego, smettete di piangere»

Samanta fece no col capo. «Avete ragione, questo segreto mi sta uccidendo e l'unica che ne è a conoscenza è Lorain» poi scoppiò in una risata nervosa. «Mi darete della pazza»

«Non potrei mai» replicò Willbur, tirando fuori da un taschino un fazzoletto di stoffa bianca, con ricamate le iniziali del suo nome – WR.

«Circa una settimana fa ero in una biblioteca e come per magia è apparso un pomello su uno degli scaffali, così l'ho girato e si è aperta una porta che mi ha condotta qui» Samanta si fermò per un secondo, respirò a fondo e continuò il racconto. «E' vero che sono Italiana, su questo non ho assolutamente mentito, ma il punto è che siamo nel 1811!»

Willbur annuì. «Sì, so benissimo in che anno siamo»

«Ma io sono nata nel 1994! Vengo dal 2017, studio in una università di Milano, vivo in un appartamento insieme a tre mie amici e questo posto» Samanta si alzò di scatto e indicò tutto quello che li circondava, Willbur nel frattempo era quasi caduto. «io lo conosco attraverso i libri che leggo»

Willbur corrugò la fronte, la tua testa si riempiva di domande di secondo in secondo. La prima cose che gli venne in mente fu che Samanta era davvero pazza, ma evitò di dirlo ad alta voce. Rimase a fissare Samanta che ancora piangeva, ora però in silenzio, in attesa.

«Ti starai domandando come sono arrivata qua,» proseguì lei, ora dandogli del "tu". «ma non ne ho idea. È successo e basta. Tutto quello che voglio, adesso, è tornare a casa. Hai nominato la sera del ballo: beh, ero riuscita a vedere il pomello per tornare nel mio tempo ed è sparito, all'improvviso. Vuoi un altro episodio: il giorno in cui è arrivato Mr Bartley io ero alla staccionata davanti a questa casa, avevo visto il pomello anche lì e così come al ballo, è sparito senza lasciar traccia»

«Viviamo in una società piena di regole sul decoro, giusto?» sbottò Willbur, passandosi una mano fra i capelli. «Cosa ne penseresti se ti dicessi che ho un figlio, che non sono sposato e che i miei familiari ne sono completamente all'oscuro?»

Samanta scoppiò a ridere e si asciugò le lacrime col dorso della mano. Provò piacere nel sentire che anche lui le dava del "tu" invece del formale "lei". E fu in quel momento che Willbur diventò un amico fidato per lei.

«Se fossimo nel 2017,» rispose Samanta, sedendosi su uno dei braccioli della poltrona e abbassando il capo per poter guardare negli occhi Willbur. «ti direi che sei un po' giovane per avere un figlio, ma ciò non cambia il fatto che tu possa... divertirti in quel senso. Voglio dire, due dei miei coinquilini sono insieme e comprano una quantità infinita di profilattici»

«Profi-cosa?» domandò Willbur, corrugando la fronte.

«Prevengono le gravidanze e la trasmissione di malattie» spiegò Samanta, anche se un po' imbarazzata. «L'uomo lo mette sul suo... amichetto e via, si può fare ciò che si vuole. Naturalmente c'è una percentuale in cui il profilattico si rompe»

Willbur annuì interessato, poi sorrise e le prese una mano. «Perdona il mio comportamento, spesso faccio cose stupide. Però sono felice che tu ti sia aperta con me»

«Come si chiamano tuo figlio e la madre?» domandò invece Samanta, alzandosi e sistemandosi il vestito.

«Anne e Edward, gli sono molto affezionato. Quando ho un po' di tempo libero, corro da loro: ci divertiamo molto insieme e il piccolo Edward, che ha un anno, è un bambino bellissimo e vivace»

Samanta lo guardò con un sorriso affettuoso. Voleva consigliargli di uscire allo scoperto, di rivelare a tutti di Anne e Edward, di far conoscere questi due alla famiglia, ma sapeva che non erano nel 2017 e queste cose, sebbene agli occhi di lei fossero cose scontate, nel 1811 avevano un certo peso sia su Willbur che sui parenti. Ma come poteva essere scandaloso provare amore per una persona, avere un figlio e non essere sposati?

I due tornarono in salotto dagli altri, entrambi con un libro in mano. Samanta, prima di uscire dalla biblioteca, aveva mormorato a Willbur che se voleva poteva rivelare il suo segreto anche a Thelma. Di lei si fidava e lui le avrebbe fatto capire che le parole di Samanta non erano pura finzione o immaginazione, ma realtà.

Willbur si accorse immediatamente dello sguardo di Frederick, sembrava ci fosse un velo di malinconia. Annette, seduta accanto a lui e con le carte in mano, si girò di scatto quando sentì Samanta e Willbur tornare in salotto: un ghigno le apparì in volto.

Vedere quei due insieme farà del male a Frederick, mi darà l'opportunità di poterlo consolare e farlo avvicinare sempre di più a me.

Quella notte Samanta non chiuse occhio, ripensò alla conversazione avuta con Willbur e a quella avuta con Frederick. Ma a sorpresa si presentò nella sua stanza Lorain, in camicia da notte e coi capelli legati in una lunga treccia che le cadeva sulla schiena.

«Sono così felice per il tuo matrimonio, Lorain» mormorò Samanta, facendo posto sul letto all'amica. Non si accorse subito di averle dato del "tu", ma, come Willbur, Lorain non fece una piega.

«Ho sempre avuto un debole per Harvey. Solo che non pensavo mi chiedesse di sposarlo, non dopo gli anni che abbiamo passato lontani!» sussurrò Lorain, sdraiandosi su un fianco per vedere meglio Samanta.

«"La prima volta che ti vidi, il mio cuore mi sussurrò: E' quello giusto"» citò Samanta, ricordando un bigliettino che Mirko aveva fatto ad Irma per il loro primo S. Valentino assieme.

«E il tuo cuore che cosa ti dice, quando guardi Mr Bartley?» chiese Lorain, sorridendo all'amica che arrossì all'istante.

«Rimane in silenzio, credo. Sai quanto me che la cosa è impossibile, per cui devo cercare di pensare a come tornare a casa il prima possibile e dimenticarlo» disse Samanta, sorridendole con tristezza. «E poi si deve sposare»

«Annette non è la donna giusta per lui, Samanta. Guarda me e Harvey: il nostro è amore vero, puro e forte. Il loro sarà solo un'unione per aumentare le loro ricchezze» replicò Lorain.

«Lorain, non ci sono speranze» scosse il capo Samanta, mettendosi a sedere sul letto e subito copiata dall'amica. «Una volta capito come tornare a casa, lui rimarrà qua nel 1811 e io sarò nel 2017. Voglio evitare di provare qualcosa per un uomo che potrei non vedere mai più»

«Allora ci sono due possibilità» sussurrò Lorain, abbracciandola. «Resti tu o lui parte con te»

«Dai per scontato il fatto che lui farebbe una cosa simile, ma dobbiamo affrontare la realtà: Frederick Bartley sta per sposarsi, è nato e cresciuto in questa epoca e io sono completamente fuori luogo»

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Capitolo 6
*** Capitolo VI ***


There are some thing you can only learn in a storm ~ Joel Osteen
 

«Qual è lo scopo della dote, Lorain?» domandò Samanta, accarezzando un cuscino mentre sedeva su un piccolo divanetto posto sotto la finestra della camera di Lorain.

Era da giorni che Lorain e sua madre discutevano proprio della dote di Miss Thomas, Samanta ascoltava attentamente e si dispiaceva mentre affermava a Mrs Thomas che lei non sarebbe stato di grande aiuto in questo campo.

«Non saprei» rispose Lorain, stringendosi nelle spalle. «Credo sia una specie di contributo che la mia famiglia, quella della sposa, da alla famiglia di Harvey, lo sposo, per sostenere le spese del matrimonio. Mia madre dice sempre che la dote valorizza una sposa»

«Per come la vedo io,» rispose Samanta, girandosi a guardare l'amica. «sembra un modo per ringraziare lo sposo. È come dire: 'Grazie per aver scelto me come tua sposa, qui ci sono i miei beni più preziosi, prendili pure!'

Lorain scoppiò a ridere di gusto, portandosi una mano alla bocca e l'altra al petto. Le piaceva passare il tempo con Samanta, aveva trovato in lei un'amica fidata e non era per niente dispiaciuta che avessero perso quella formalità che le aveva unite in precedenza; ecco, ora erano come sorelle affiatate. Purtroppo, però, lo scorrere del tempo, quando era in compagnia di Samanta, aumentava la sua velocità e la mattina si tramutava in pomeriggio, poi in sera e infine era ora di andare nelle proprie stanze.

«Bisogna dire, però, che Harvey è molto innamorato di te, Lorain» riprese Samanta, sorridendole affettuosamente. «Probabilmente lo è da anni ormai»

«Ci sono stati degli anni in cui siamo stati lontani, vorrei ricordartelo» sospirò Miss Thomas, riprendendo a decorare un cuscino che avrebbe poi posto sul divanetto in soggiorno.

«Harvey ti è rimasto fedele, Lorain. Il suo cuore è sempre stato solo tuo. Temi, per caso, che in quel lasso di tempo in cui siete stati in contatto semplicemente via lettera, lui abbia incontrato un'altra?» le domandò Samanta, alzandosi e raggiungendo l'amica sul letto. Quando Lorain fermò il suo operato, e prese a guardare il pavimento scricchiolante, allora Samanta si affrettò a dire: «Lo credo impossibile: Harvey Ross, come direi se fossimo nella mia epoca, è cotto solo ed esclusivamente di te. Voglio dire: ti si fila di brutto, Lorain!»

«Ti si fila di brutto?» ripeté Lorain, scoppiando nuovamente a ridere. «Ma che razza di gergo usate nel 2017?»

«Se potessi, ti ci porterei a fare un giro» affermò Samanta, ridacchiando e annuendo allo stesso tempo.

«Mi piacerebbe molto, davvero» rispose Lorain, guardando fuori dalla finestra con occhi sognanti.

Lorain sorrise al pensiero di lei, nata nel 1786, percorrere strade e visitare luoghi del 2017. Immaginò sé stessa mentre provava un paio di jeans, volare su un aereo e guardare il cielo infinito e limpido, le nuvole bianche e così vicine da poterle toccare.

Nella casa dei Ross, nel frattempo, Annette e Thelma stavano facendo una passeggiata nello splendido giardino della tenuta. Seguivano uno stretto vialetto che permetteva di camminare l'una accanto all'altra, osservavano gli alberi a destra e a sinistra, ascoltavano il rumore del fiumiciattolo non lontano da loro.

Entrambe in silenzio, avevano diversi pensieri nella testa. Thelma cercava di comprendere tutto ciò che il gemello le aveva rivelato su Samanta, cercava di far quadrare ogni cosa e si disse più volte che sapeva già che Miss Masini stava nascondendo un segreto; dopo averlo saputo, però, non aveva idea se definirla una pazza oppure crederle senza porsi domande. Annette, invece, pensava ad una scusa che avrebbe avvicinato ulteriormente le sue nozze con Frederick: si sarebbero dovuti sposare in Ottobre, ma perché non anticiparle e allontanare definitivamente quell'insopportabile di Samanta Masini?

«Sono così contenta per vostro fratello, Miss Ross!» esclamò Annette, rompendo il silenzio. «Miss Thomas è una splendida e graziosa giovane donna, sono sicura che saranno infinitamente felici insieme!»

«Ve ne sono grata, Miss» ringraziò Thelma con un sorriso spento. «C'è sempre stato un legame profondo tra Harvey e Lorain. Inoltre, credo che l'amicizia che li lega abbia aiutato molto. Voi conoscete da quanto Mr Bartley?»

«Da circa un anno, Miss Ross» spiegò Annette, prendendo sotto braccio Thelma. «Feci la conoscenza di Mr Bartley ad un ballo privato organizzato da degli amici, mi chiese di ballare ben due volte! Una settimana più tardi lui partì e tornò il mese successivo, facendosi ospitare dagli stessi amici che avevano organizzato il ballo a cui avevamo partecipato. Dovevate vedere che mobili splendidi e costosi! E il numero dei domestici!»

Annette si fermò un secondo. Portò teatralmente la mano al petto e poi riprese il racconto: «In ogni caso, mio padre diede una cena sontuosa e Mr Bartley venne invitato da noi. Ricordo che parlò molto con mio padre, passarono quasi tutta la serata a discutere di non so cosa. Dieci giorni più tardi, Mr Bartley venne nella mia dimora, chiese ai domestici dove fossi e poi mi fece la proposta»

«Lo amate?» azzardò Thelma, guardandola di sottecchi mentre piano, con un passo leggero ed elegante, si avvicinavano alla casa che Harvey aveva preso.

Se lo amo?, si chiese Annette. Certo che no! L'amore è una cosa futile, io lo faccio perché amplierò le mie ricchezze, sarò padrona di una splendida casa e potrò mostrare al mondo che io, Annette Walla, sono superiore a tutti!

«Il mio cuore, quando Mr Bartley mi guarda, batte molto velocemente e non faccio altro che sorridere. Lo amo con tutta me stessa, Miss Ross» mentì Annette, facendosi venire gli occhi lucidi perché la sceneggiata fosse più reale e credibile.

Thelma guardò silenziosamente la casa davanti a sé, sospirò e poi sorrise. Era ovvio che quella donna, che le camminava accanto e che l'aveva presa sotto braccio, stava mentendo. Annette non aveva lo stesso sguardo di Lorain o di Harvey. Suo fratello, ogni volta che vedeva Miss Thomas, sussultava e poi sorrideva, come se avesse appena visto un angelo sceso in terra solo per lui; Lorain, invece, si faceva timida e arrossiva, i suoi occhi erano solo ed esclusivamente rivolti a lui.

«Oh guardate!» esclamò improvvisamente Annette, indicando davanti a sé. «Frederick! Come mai avete in mano un cavalletto, una tela e dei colori per dipingere? Volete rappresentare questo splendido panorama?»

Frederick si fermò di colpo nell'udire la voce di Annette, si girò e tentò in tutti i modi di non far cadere ciò che stringeva in mano. Si sarebbe fatto aiutare da un domestico, vero, ma alla fine aveva preferito fare da solo. Tra le braccia aveva un cavalletto, una tela bianca dove poter dipingere – non tanto grande, ma neppure piccolissima – e, ovviamente, dei colori; confidava nel fatto che Mrs Thomas avesse dei pennelli a casa sua, perché era là che si stava dirigendo.

«In verità,» iniziò Frederick, facendo un passo verso Annette e Thelma. «Miss Masini mi ha confessato di saper disegnare. Harvey voleva fare visita a Mrs Thomas e Miss Thomas, ho pensato fosse una buona idea fargli compagnia»

Questa, si disse Frederick, sarà un'ottima scusante per vedere Samanta e poterle parlare ancora.

L'umore di Annette cambiò velocemente, Thelma dovette sopprimere una risata quando si rese conto che la donna accanto a sé stava bruciando dall'invidia e dalla rabbia. Thelma sorrise: era lampante che Mr Bartley avesse colto al volo quella visita improvvisa di Harvey a casa Thomas.

«Venite con noi» mormorò Frederick, pentendosi immediatamente di quella proposta.

Thelma si affrettò a replicare, capendo immediatamente che Bartley non aveva la minima intenzione di passare il pomeriggio con Annette al seguito. Ma allora perché le aveva chiesto di sposarla?

«Avevo intenzione di chiedere a Miss Walla di accompagnarmi in paese: volevo mostrarle lo splendido vestito che ho intenzione di comprare, sono sicura che Annette ha gusti eleganti e invidiabili!» poi si girò verso Annette e le sorrise, supplicandola con gli occhi. «Verrete, vero? Tengo molto ai vostri consigli e ci terrei sentire il vostro parere sul mio possibile acquisto!»

Annette guardò prima Thelma, poi Frederick e infine tornò a guardare Thelma. «Vi accompagnerò con piacere, Miss Ross»

La realtà dei fatti era che Annette era furiosa e non voleva assolutamente andare in paese con Thelma. No, lei voleva accettare l'invito di Frederick, stargli addosso ed evitare che passasse il suo tempo a rivolgere la parola a quella giovane donna che lei sopportava a stento. Eppure accettò di seguire Thelma, sapendo benissimo che Bartley avrebbe sposato lei e non una donna che aveva appena conosciuto.

Venti minuti più tardi, mentre Annette e Thelma giravano per negozi in paese, Harvey e Frederick si stavano avvicinando alla casa di Mrs Thomas a bordo di un calesse. Harvey aveva pensato che fosse meglio viaggiare a bordo di quest'ultimo, la giornata era bellissima e in cielo non vi era neanche una nuvola che minacciasse tempesta.

«E' un dono per Miss Masini?» domandò Harvey, facendo un cenno col capo al portapacchi che avevano sul retro del calesse – Frederick ci aveva legato saldamente il cavalletto, la tela bianca e dei colori da portare a Samanta. «Sembra che diate più attenzione a Miss Samanta che alla vostra futura moglie, amico mio!»

«Come vi vengono in mente certe cose, Harvey, io non lo so» rispose Frederick, scuotendo il capo e sorridendo. «Annette ha tutte le mie attenzioni, non c'è nessun altra»

Harvey scoppiò a ridere. «E allora perché non le state facendo compagnia?»

«Perché vostra sorella ha insistito tanto nel farle vedere un abito che voleva comprarsi. L'ha portata in paese»

«Ciò non toglie il fatto che potevate stare a casa, magari a leggere» ribatté Harvey, sorridendo divertito. «No, voi mentite a me e persino a voi stesso!»

«Sarei rimasto a casa se vostro fratello non fosse partito per chissà dove, magari saremmo andati a caccia. Leggere? Sì, avrei potuto fare anche quello, ma sono certo che prima o poi mi sarei annoiato»

«Ultimamente Willbur è sempre in viaggio» osservò Harvey, fermando il cavallo davanti a casa Thomas. «In ogni caso, siete cambiato nell'ultimo periodo e questa ne è la prova. C'è una signorina in quella casa che vi attrae, e voi lo sapete»

Dio, Harvey! Sono un uomo fedele, in Ottobre sarò sposato e legato ad Annette, come puoi pensare che io sia attratto da Samanta?

«Vogliamo entrare?» domandò stufo Frederick, indicando il portone di casa.

Prima di entrare, Harvey diede una mano a Frederick a smontare tutto ciò che aveva portato con sé, poi vennero accolti in salotto e lì trovarono solo Lorain e Mrs Thomas. Harvey iniziò immediatamente a parlare con le due donne, mentre Frederick rimase in silenzio in attesa di capire cosa gli stesse succedendo. Perché era lì? Perché stava aspettando con ansia l'arrivo di Samanta? Ma lei dov'era?

Come se gli avesse letto nella mente, Lorain si sedette accanto a lui e disse semplicemente: «Sta finendo di vestirsi, Mr Bartley. Sarà qui a minuti»

Con due semplici frasi, Frederick si rilassò e prese un sorso dalla sua tazza di té. Il liquido che gli scorreva lungo la gola, caldo e con un accenno al limone; guardò fuori e strinse il bordo del piattino: si stava rannuvolando.

Prendiamo il calesse, ma certo! Tanto non pioverà!

Bartley si innervosì, non aveva idea di come sarebbero tornati a casa. Quella parte dell'Inghilterra sembrava attratta dai diluvi, dalla pioggia, dal freddo, dal cielo girgio. Odiava l'idea insensata e stupida di Harvey di prendere il calesse: dovevano prendere la carrozza, così non ci sarebbe stato il problema di risolvere questa maledetta situazione. Di certo non voleva bagnarsi, si sarebbe raffreddato; forse Mrs Thomas aveva una carrozza e poteva far accompagnare lui e Harvey fino a casa di quest'ultimo e poi tornare indietro.

Il suo flusso di pensieri si fermò e sparì di colpo. Sentì una voce femminile, delicata. La sua voce: «Mrs Thomas, Lorain, vi dispiace se esco per fare una passeggiata?»

Samanta entrò in salotto parlando, si accorse di Harvey e gli fece un inchino per salutarlo, poi i suoi occhi entrarono in contatto con quelli di Frederick e il respiro le si mozzò in gola. Che ci faceva lui lì? Era venuto per lei? O stava solo accompagnando Harvey?

«Sta per piovere, Miss» le rispose proprio lui, alzandosi dal divano su cui era seduto e tenendo gli occhi fissi su di lei. «Credo sia meglio rimandare la passeggiata ad un altro momento, non trovate? Inoltre, vi ho portato delle cose»

Frederick fece il giro del divano sotto lo sguardo vigile di Samanta, mentre Mrs Thomas, Lorain e Harvey parlavano a bassa voce di matrimonio, di quale casa comprare, di un possibile viaggio di nozze. Sul viso di Samanta si dipinse un sorriso leggero, le guance presero colore e osservò il cavalletto che Frederick le aveva portato – la tela bianca era già stata montata, mancavano solo i pennelli per i colori che, sempre lui, le aveva portato.

«Come vedete, Miss Masini, sono un uomo con una buona memoria. Quindi se mi direte di no, dovrò supplicarvi» sorrise Frederick, dentro di sé sentiva qualcosa di ancora indefinito che, però, lo faceva stare bene.

Bartley prese ad osservare gli occhi di Samanta che, di secondo in secondo, si illuminavano. Il suo cuore acellerò di poco, ma fu abbastanza per comprendere che aveva ragione Harvey: lui era attratto da Samanta. Un brivido percorse la sua spina dorsale mentre Samanta si avvicinava e allungava la mano per sfiorare la tela. D'un tratto gli tornò alla mente la sera del ballo: il profumo di lei, la sua mano minuta e delicatal, la pelle così morbida e liscia.

Ferma questi pensieri, Frederick! Presto sarai un uomo sposato e lei sarà molto lontana, a casa sua e magari fra le braccia di un altro uomo.

Quel pensiero lo fece star male, quindi si voltò e andò a chiedere a Mrs Thomas se avessero in casa dei pennelli da dare a Samanta. Un domestico li portò e li consegnò direttamente a Miss Masini, la quale guardò prima fuori dalla finestra e poi portò il suo sguardo sulla tela bianca.

Samanta sentì l'improvvisa distanza che si era creata tra lei e Frederick, notò infatti che lui si era unito agli altri e stava conversando a bassa voce. In un primo momento, Samanta pensò che fosse il suo modo per lasciarla disegnare con tranquillità, ma poi si disse che anche lui si era reso conto che c'era qualcosa di sbagliato in quell'attrazione che li affascinava tanto, che li avvicinava come due calamite.

In un impeto di rabbia e delusione, Samanta afferrò saldamente un pennello e alzò il braccio per poterlo scagliare contro qualcosa. Perché si era allontanato da lei? Perché questa cosa che provava per Frederick le sembrava impossibile da realizzarsi? Perché era finita nel 1811? Questo viaggio aveva dato vita a nuovi problemi, creato situazioni difficili da superare e aveva messo in gioco sentimenti che lei, già da parecchio tempo, aveva allontanato. Si ricordò di non essere da sola, quindi si alzò e si uscì con una scusa.

«Sta per piovere, Miss» scimmiottò Samanta in italiano, «Credo sia meglio rimandare la passeggiata ad un altro momento, non trovate? No, non mi va di rimandare!»

Samanta era già fuori di casa quando prese a ripetere e imitare le frasi di Frederick. Si strinse nelle spalle, abbracciando sé stessa.

«Che diavolo ci faccio io qua, eh?!» esclamò nuovamente in italiano, ora più arrabbiata che mai.

Si abbassò a prendere un sasso. «Ho incontrato Lorain, sua madre, poi Harvey e i suoi fratelli!» lo scagliò e si abbassò per prenderne un altro. «Poi è arrivato Frederick e tutto è cambiato!»

Un altro tiro e ancora un altro sasso raccolto da terra. «Non posso provare dei sentimenti per un uomo del 1800! Non posso, non posso, non posso!»

Tirò il sasso con tutta la potenza che aveva in corpo, poi si inginocchiò per terra e nascose il viso fra le mani. Voleva urlare, ma si limitò a piangere e a singhiozzare fino a quando non aveva più aria nei polmoni.

La pioggia iniziò a cadere lentamente, ma in un secondo si sentirono tuoni minacciosi e lampi che illuminavano il cielo scuro. Si alzò un forte vento e le chiome degli alberi iniziarono a muoversi con violenza – quasi fossero spinti da un bambino invisibile e gigante al quale piacciono fare gli scherzi. L'aria era pungente, fredda.

«Samanta!» qualcuno chiamò il suo nome.

Lei sapeva benissimo chi.

«Tornate in casa vi prego! Samanta!» ancora lui.

Frederick corse nella direzione di Samanta, si era allontanata molto dalla casa e il cielo non minacciava una semplice tempesta. Nel corso di tutta la sua vita, aveva visto solo una volta un tempo così violento e crudele: si stava avvicinando una tromba d'aria. Doveva portare Samanta via di lì, al sicuro, ma lei faticava ad alzarsi ed era completamente fradicia. Si inginocchiò davanti a lei, le ordinò di mettergli un braccio intorno al collo e poi la sollevò.

Adesso si vedeva una punta che scendeva dal cielo grigio, toccava terra e iniziava il suo spietato cammino. Bartley si rese conto che non avrebbero fatto in tempo a raggiungere casa Thomas e i loro amici, ma lì vicino notò una piccola dimora abbandonata. La struttura sembrava abbastanza forte da resistere alla violenza del vento, quindi corse in quella direzione con Samanta fra le braccia, poi tirò un calcio alla porta e la richiuse velocemente alle sue spalle. Attraversò una piccola e poco accogliente camera da pranzo, aprì un'altra porta e trovò una camera con un letto sfatto e senza coperte o altro. Decise comunque di adagiare lì Samanta.

«Dio mio, Samanta! Siete proprio un'incosciente!» esclamò Frederick, facendo avanti e indietro verso il letto.

Samanta lo guardava con gli occhi socchiusi, il respiro si era fatto più debole e adesso aveva freddo. Trovò le forze per mettersi a sedere, guardò la stanzetta in cui Bartley l'aveva portata e notò un piccolo caminetto: magari potevano accenderlo.

«Avete spaventato tutti, lo sapete?!» esclamò nuovamente Frederick, adesso guardandola negli occhi. «Miss Thomas era disperata, così mi sono offerto di venirvi a cercare. Ma voi dovevate proprio fare di testa propria, vero?! Vi avevo avvertito che il tempo non era dei migliori, ma sembra che la cosa vi sia entrata in un orecchio e uscito dall'altro!»

«Perdonatemi se avevo bisogno di stare sola!» esclamò di rimando Samanta, notando la rabbia e la preoccupazione negli occhi di lui.

«Si può stare soli anche nelle proprie stanze!» urlò con rabbia Frederick, passandosi una mano fra i capelli bagnati.

Samanta non rispose, abbassò il capo e si abbracciò per riscaldarsi. Fu tutto inutile: la pioggia l'aveva bagnata fino al midollo e ora stava tremando dal freddo. I suoi pensieri volarono alla borsa che aveva nella sua camera e si lasciò andare in un sospiro di sollievo, ricordandosi di avere delle aspirine e dell'Oki.

Frederick si accorse che Samanta stava tremando, quindi si tolse il cappotto che indossava – fortunatamente non era molto bagnato – e lo mise intorno alle spalle di lei. «Tenete, questo vi terrà un po' al caldo»

Samanta, per quanto le facesse ribrezzo il letto su cui era, si distese e si coprì il più possibile con il cappotto che lui le aveva offerto. Aveva il suo profumo, era inebriante. Notò che adesso anche lui dava segni di aver freddo, quindi lo obbligò a stendersi accanto a lei; Frederick tentennò.

«Mettete da parte l'onore e il decoro, Mr Bartley» disse Samanta con decisione. «Non sono quel tipo di donna, voglio solo che non vi ammaliate e quindi si condivide, useremo il suo cappotto come coperta»

Frederick, seppur poco convinto, si stese accanto a Samanta e chiuse gli occhi inspirando il suo profumo, sentendo la sua vicinanza. Non era mai stato così vicino ad una donna fino a quel momento: gli mancava l'aria, il cuore gli batteva anche troppo velocemente. Riaprì lentamente gli occhi e si perse nelle iridi profonde di Samanta, si portò una mano al collo e allentò la cravatta bianca di seta. Involontariamente, ma come se fosse una cosa che faceva da sempre, posò gli occhi sulle labbra di Samanta: erano di un rosso intenso, un poco carnose e non molto piccole – perfette per il suo viso.

Dio mio! Cosa mi sta facendo questa donna?!

«Sono stata una stupida, Mr Bartley. Avrei dovuto ascoltarla, ma avevo davvero bisogno di... stare sola e lontana da tutti. Ultimamente mi sono successe cose che mi hanno fatto riflettere, per questo passeggio spesso» sussurrò Samanta per spezzare quel silenzio.

«Cose di che genere?» domandò Bartley.

«Non era nei miei piani venire qui e farmi ospirare da Mrs Thomas e sua figlia. Credo che questo sia solo un lungo viaggio che devo fare prima di tornare a casa» Samanta non voleva di certo raccontargli la sua storia, non si sentiva pronta per spiegare a Frederick chi fosse davvero, da dove venisse. «Ma ho imparato molto, stando qui, e sarà molto triste il giorno in cui me ne andrò. Lorain mi è molto cara, è la sorella che non ho mai avuto»

«Potreste sempre tornare» mormorò Frederick, interrompendola solo ora.

No, si disse Samanta, una volta tornata a casa – nel suo tempo – lei non si sarebbe guardata indietro. Sicuramente ci sarebbe stata della nostalgia, ma lei non era fatta per vivere lì, in quell'epoca, e adesso lo capiva. Sognare era una cosa, viverci un'altra.

Annuì comunque, poi rimasero in silenzio a guardarsi per diversi minuti. Fuori il vento produceva un vento rumoroso, una finestra in cucina si ruppe e fece sussultare entrambi. La pioggia martellava sul tetto della casa malconcia e disabitata, Frederick sperò di non aver calcolato male, sperò che quella casa resistette fino alla fine della tempesta.

Ci fu un lampo immenso, seguito da un tuono potente e spaventoso. Samanta sussultò ancora una volta, spostandosi involontariamente più vicino a Frederick; gli mise una mano sul petto e guardò fuori da una piccola finestra sulla parete opposta alla quale si trovavano loro. Bartley smise di respirare per alcuni secondi: non sapeva bene come sentirsi dopo quel gesto. Allungò la sua mano, la adagiò sopra quella di lei e intrecciò le loro dita.

«Non abbiate paura, presto passerà» mormorò, sentendo una scossa improvvisa solo sfiorando la pelle di Samanta.

«Qualunque cosa ci sia là fuori, potrebbe sollevarci in aria e farci atterrare sulla malvagia Strega dell'Est» replicò Samanta con sarcasmo. «Poi dovremmo attraversare tutto Oz seguendo il sentiero dorato, farci accompagnare da uno Spaventapasseri, un Uomo Di Latta e un Leone Codardo. Ovviamente, dopo diversi ostacoli, raggiungeremmo la Città di Smeraldo, ma la delusione nello scoprire che il Mago di Oz non è che un ventriloquo sarebbe tanta da non fidarci all'inizio. Alla fine il Mago riuscirebbe comunque a far avverare i nostri desideri – ovvero quello di tornare a casa – e boom!, in un lampo scopriremmo di essere a letto e di aver preso una botta in testa»

Frederick corrugò la fronte, non capiva di cosa stesse parlando. Sembrava fosse impazzita, da un momento all'altro. Samanta, invece, realizzò solo dopo qualche secondo che cosa aveva appena detto.

«Dovete dimenticarvi di quello che ho appena detto, oppure tenetelo per voi, ve ne prego!» esclamò Samanta in preda al panico.

Ci era già cascata una volta con l'indovinello del Cappellaio che aveva fatto giorni prima, ora le stava capitando ancora una volta. Il meraviglioso mago di Oz, ricordò, uscirà solo nel 1900 e il film verrà fatto nel 1939! Che ti prende Samy, ti piace modificare la storia?

«Sarà il nostro segreto, allora» disse Frederick ridacchiando.

Tornò il silenzio, adesso si era calmata la pioggia ma il vento era ancora forte, potente, devastante. Samanta chiuse gli occhi senza dire una parola, cercò di rilassarsi il più possibile e all'improvviso si sentì stanca. Morfeo l'accolse fra le sue braccia, nel sogno ritrovò Frederick. Bartley si accorse che Samanta ormai dormiva, quindi la osservò attentamente e le spostò una ciocca di capelli – che per via del vento le era finita sul viso – dietro all'orecchio. Sorrise, le sfiorò la pelle del viso con l'indice e poi chiuse gli occhi anche lui.

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Capitolo 7
*** Capitolo VII ***


We look up at the same stars, and see such different things

Frederick si svegliò calmo, rilassato. Si rese subito conto che non aveva mai dormito così bene in vita sua e, con un sorriso assonnato, aprì gli occhi lentamente. Davanti ai suoi occhi trovò Samanta ancora addormentata, bellissima come un angelo. C'era l'ombra di un sorriso sul suo dolce viso ed era così tranquilla che gli dispiceva svegliarla.

Durante la notte la tempesta si era calmata, sebbene la pioggia continuasse a scendere imperterrita. Per fortuna, adesso era meno violenta e faceva sicuramente meno freddo della sera precedente. Mentre dormivano, poi, si erano mossi più volte, infatti, ora, Frederick aveva un braccio adagiato sul fianco di Samanta con la mano poggiata delicatamente sulla sua schine; erano talmente vicini che, se solo quel maledetto pensiero non l'avesse frenato, si sarebbe allungato ancora un po' per assaporare le sue labbra.

Ma qual era quel pensiero? Ebbene, nella mente di Barley c'era il decoro. Cosa avrebbero detto i suoi amici, se l'avessero trovato a condividere lo stesso letto con una donna che non era né sua moglie né la sua promessa sposa? No, Frederick Bartley non era tipo da amanti ed era già impegnato con Annette. Ma se solo...

«Devo dimenticare questo sentimento, Samanta» le sussurrò, sperando che non si svegliasse. «E mi dispiace, moltissimo»

Il tono della sua voce era quello di un cuore che doveva essere spezzato. Le spostò una ciocca di capelli – che nel corso della notte, probabilmente muovendosi, le era caduta sul viso – dietro l'orecchio, poi le accarezzò una guancia e sorrise nel vedere che Samanta si muoveva come un bambino che non vuole essere svegliato.

In pochi secondi dovette comunque prendere una grossa e difficile decisione, quindi si alzò dal letto facendo in modo che lei non sisvegliasse e le lasciò il suo cappotto. Poi fece un passo indietro, senza smettere di guardarla, raggiungendo la porta della camera dove avevano dormito e, con un ultimo «Non dimenticatevi di me», uscì dalla casa abbandonata e tornò in fretta da Harvey, da Mrs Thomas e Lorain.

«Frederick!» esclamò Harvey, alzandosi dal divano per raggiungere l'amico che era appena entrato in salotto. «Dove siete stato? E dov'è Miss Masini?»

«Io e la signorina abbiamo dovuto passare la notte in una casa abbandonata qui vicino» spiegò Frederick, mettendosi più vicino al camino acceso perché potesse riscaldarsi. «Fortunatamente c'era una camera da letto, che io ho volentieri ceduto a Miss Masini perché riposasse»

«E voi dove avete dormito?» domandò Lorain, preoccupata per l'amica che era là fuori tutta sola.

«C'era una vecchia poltrona, nel salottino» mentì Frederick.

Qualche minuto più tardi Mrs Thomas lo obbligò a fare colazione, voleva che riacquistasse un po' di forze, e gli fece compagnia in sala da pranzo. Bartley, mentre riempiva lo stomaco – si era rifiutato più volte, in realtà, ma Mrs Thomas aveva insistito –, chiese alla padrona di casa un pezzo di carta e una penna con cui scrivere: voleva lasciare un messaggio a Samanta, prima di tornare a casa.

Una volta finito di scrivere la lettera, Frederick l'affidò a Lorain come se le stesse affidando la sua stessa vita. Quindi si girò verso Harvey, gli sussurrò quali erano i suoi piani e infine i due gentiluomini salutarono le signore per tornare alla casa di Mr Ross. Sulla carrozza, nel viaggio silenzioso che fecero Harvey e Frederick, fu fatta solo una domanda, alla quale ci fu solo una risposta.

«Siete sicuro di quello che volete fare, Bartley?»

«Per niente, Harvey»

Verso le dieci del mattino, Samanta si svegliò con uno sbadiglio. Era da anni che non dormiva così bene, e subito sorrise nel ricordare gli eventi della sera precedente. L'ultimo con cui aveva dormito era stato Stefano, il suo ex ragazzo – la sua prima relazione seria. Aprì gli occhi, pronta ad osservare Frederick dormire, ma poi il sorriso svanì: Frederick Bartley non c'era, non era al suo fianco. Eppure, il suo cappotto la copriva ancora.

Si alzò dal letto pensando che fosse nella camera adiacente, ma del gentiluomo con cui aveva passato la notte neanche l'ombra. Si rattristò, ma poi ecco un pensiero positivo: Forse è a casa di Lorain, forse sta spiegando come sono andate le cose ieri sera! In tal caso, sarà meglio che lo raggiunga.

Ma quando arrivò a casa Thomas, Lorain la prese in disparte prima che sua madre obbligasse anche lei a fare colazione. Samanta chiese dove fossero Harvey e Frederick, disse che voleva ringraziare Bartley e restituirgli il cappotto che ora stringeva fra le braccia. Lorain, allora, la guardò con un sorriso triste e la informò che se n'erano andati da qualche ora con la carrozza, sapeva che Harvey sarebbe tornato perché glielo aveva detto ma...

«Mr Bartley non tornerà» concluse Samanta da sola, trattenendo un urlo di delusione e tristezza.

«Temo di sì, Samanta» annuì tristemente Lorain, prendendole le mani. «Ma non disperare: mi ha lasciato una lettera per te, magari leggendola capirai perché l'ha fatto e se tornerà o meno»

Lorain sparì in camera sua per cercare la lettera da dare a Samanta, mentre quest'ultima venne richiamata da Mrs Thomas. La donna le pose molte domande, si informò sulla sua condizione fisica e poi chiamò una delle domestiche dicendole di preparare la colazione anche per Miss Masini. Samanta, però, aveva lo stomaco chiuso e faticava persino a mandare giù la sua stessa saliva; dubitava, quindi, di riuscire a mangiare qualsiasi cosa le avessero portato.

«Almeno bevete il té, Miss» la supplicò Mrs Thomas, guardandola con occhi preoccupati e materni.

Samanta non rispose con nessuna parola, si limitò a scuotere il capo e a tenere gli occhi sulle sue mani. Cos'era cambiato in una notte? Quali erano stati i pensieri che avevano portato Frederick alla decisione di lasciarla sola, in una casa abbandonata? Perché, nel suo cuore, sentiva che non l'avrebbe più rivisto? E se fosse tornata a casa, poi?

Dimenticalo, Samanta, si disse.

Quando sentì i passi di Lorain che stava scendendo le scale, si scusò con Mrs Thomas e raggiunse la sua amica. Lorain le consegnò la lettera ancora chiusa, sigillata, e le assicurò che nessuno l'aveva né letta né aperta – Samanta sapeva benissimo di potersi fidare della giovane donna che aveva davanti. Così, Samanta si sedette su un gradino e si affrettò ad aprire la busta che stringeva fra le mani; la carta era ruvida, color crema, e la calligrafia di Frederick era ordinata, raffinata, elegante come lui.

"Cara Samanta,

mi è alquanto difficile trovare un inizio adatto a questa lettera d'addio. Purtroppo, questo è il quinto foglio che chiedo a Mrs Thomas, e temo che chiederne un altro potrebbe farla arrivare all'esasperazione.

Vi starete chiedendo perché, quando non vi siete svegliata, non mi avete trovato lì con voi, ma dovete sapere che, mentre voi dormivate ancora, ho avuto modo di riflettere. Vi chiedo perdono se vi siete sentita abbandonata e sola: se avessi potuto non vi avrei mai lasciata, credetemi.

Sapete benissimo, però, che il decoro che mi avete chiesto di mettere da parte, ieri sera prima di dormire, è fondamentale per la nostra società ed io non posso fare altro che seguire le sue regole. Per questo motivo, mentre riflettevo, mi è tornata in mente Annette, la mia promessa sposa: è lei la donna che devo sposare, che io lo voglia o meno.

Ho mille pensieri che vagano nella mia mente, in questo momento, ma non so come esprimermi su questo anonimo foglio di carta. Vorrei che voi capiste, vorrei che voi aveste il potere di leggere il pensiero perché, Samanta, così le cose sarebbemo molto più semplici.

Quando arriverete a casa, io e Mr Ross non ci saremo più, e dovrò chiedere a Miss Thomas di darvi questa mia lettera. Credetemi, in questo momento mi sento così stupido e vorrei poter trovare molte altre parole per descrivere quanto mi dispiace lasciarvi; vorrei anche mettere per iscritto i miei sentimenti, ma sarebbe tutto invano.

Non tornerò, Samanta. Una volta a casa di Harvey, pregherò Annette di anticipare le nozze al mese prossimo e, dopo aver sistemato i miei bagagli sulla carrozza, tornerò nella casa dei miei amati genitori. Dopo il matrimonio aiuterò Miss Walla a sistemarsi nella nostra futura casa e, dal giorno delle nozze in poi, io imparerò a starle accanto in ogni sua scelta.

Samanta, voi dovete capirmi: io devo sposarla, seppur io, al momento, abbia idee e speranze diverse. Ma ora devo proprio lasciarvi: uno dei domestici ci ha informati che il calesse di Mr Ross è pronto a partire.

Vi prego, perdonatemi e, se posso, non dimenticatemi perché io sono certo che non lo farò.

Con affetto sincero e un cuore triste.

Frederick Bartley"

Samanta concluse di leggere la lettera e il fiato le si mozzò in gola, poi rilesse una seconda volta, una terza. Ricacciò indietro le lacrime, sebbene una l'avesse tradita e ora, imperterrita, solitaria, le correva lungo la guancia. Lorain la guardava con occhi tristi, era sull'orlo del pianto.

Samanta si rese conto che lui l'aveva scaricata con una lettera, sebbene non fossero neanche l'ombra di una coppia. Tornò a rileggere la parte in cui Frederick nominava il decoro: "io non posso fare altro che seguire le sue regole"; poco importava cosa lasciava intendere con le parole che si leggevano all'inizio e alla fine. Bartley l'aveva lasciata per delle stupide regole! Se solo fossero stati nel 2017, anziché il 1811!

La parte in cui citava l'anticipazione delle nozze, poi, le fece ancora più male. Presto Frederick avrebbe sposato Annette, presto avrebbero messo su famiglia e lei sarebbe diventata un vecchio e lontano ricordo. E no, lei non voleva assolutamente capire – cosa che lui le aveva chiesto di fare per ben due volte nella sua lettera.

«Chiederò ad Harvey l'indirizzo di casa sua e gli manderò le mie congratulazioni» disse infine Samanta, chiudendo gli occhi e mandando giù tutto il suo dolore. «Ora torno in camera mia. Se non ti dispiace, vorrei rimanere un po' da sola. Non disturbarti a mandare su il pranzo, perché tanto non lo manderei giù comunque»

Lorain annuì con gli occhi lucidi, poi controllò che non ci fosse nessuno in giro e, una volta fatto, strinse Samanta in un abbraccio affettuoso. La giovane donna, a quell'improvviso gesto, rimase un attimo sorpresa, ma subito dopo si lasciò andare e ricambiò l'abbraccio. Quando si staccarono, Lorain tornò in salotto dalla madre e Samanta raggiunse silenziosamente la sua camera.

«Ti odio!» urlò, tenendo premuto il viso contro il cuscino del letto. «Ti odio! Ti odio!»

Scoppiò a piangere, stracciò la lettera e urlò ancora una volta contro il cuscino. Era disperata, delusa dal comportamento di Frederick, fin troppo addolorata per i suoi gusti. Nemmeno Stefano l'aveva fatta soffrire così tanto! Nei minuti successivi, sperò di far apparire il pomello per poter tornare a casa, poi si riprese e cercò di calmare il respiro, il battito del suo cuore, il mal di testa. Era seduta per terra quando le tornò in mente della sua borsa e dei suoi vestiti sporchi di fango: erano ancora dove li aveva lasciati.

Tirò fuori dalla borsa il cellulare e le cuffie, si mise a letto e si coprì con il cappotto di Frederick – che aveva con sé da quando era tornata a casa. Respirò il profumo di Bartley mentre, dal cellulare, partiva una sequenza di canzoni tristi e piene di sentimenti. Pianse ancora e ancora, non riusciva a smettere.

Ben presto arrivò sera, la batteria del cellulare era quasi esaurita. Si tolse le cuffie e tirò su col naso, scendendo poi dal letto per poter riporre cellulare e cuffie nella borsa, e infine nascondere nuovamente tutto. Una volta fatto quello che doveva fare, tirò su da terra i pezzi della lettera di Frederick, la strappò in pezzi più piccoli e raggiunse la finestra; lì, col vento leggero che aveva preso il posto della pioggia, lanciò la carta stracciata e osservò i pezzetti volteggiare in aria, per poi cadere a terra.

Infine Samanta alzò il capo verso il cielo. La luna era luminosa, quella sera, e le stelle le facevano compagnia. Si chiese se anche lui le stesse osservando, si chiese se lui si fosse mai sentito come in quel momento si sentiva lei. Riprese a singhiozzare, il cuore spezzato a metà. Lo conosceva da così poco, non sapeva quasi nulla di lui, eppure le era diventato così caro che non poteva levarselo dalla testa. Dimenticarlo, si disse, sarebbe stato quasi impossibile – quasi.

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Capitolo 8
*** Capitolo VIII ***


You've got a friend in me ~ Toy Story

Passò una lunga settimana, durante la quale Lorain si ritrovò a consolare più volte Samanta. A sua madre, che dal salottino sentiva la voce di Miss Masini rotta dal pianto, le pianse il cuore, ma aveva capito da tempo che con Mr Bartley, la nuova amica di sua figlia non avrebbe avuto speranze. Lui era un gentiluomo di alta società, non si sarebbe mai piegato a sposare una donna di rango inferiore.

Un pomeriggio Mrs Thomas ebbe un'idea che, secondo il suo modesto parere, avrebbe distratto Samanta dai suoi problemi di cuore. Credeva che aiutare Lorain a scegliere l'abito nuziale potesse aiutarla a pensare ad altro, così facendo si sarebbe concentrata sul matrimonio – che si faceva sempre più vicino – di Lorain e Harvey. Quindi, di buon mattino, Samanta e Lorain camminarono fino al paese discutendo su diversi argomenti.

«Come sono i matrimoni, nel 2017?» domandò Lorain, guardando per un attimo l'amica.

«La funzione credo sia simile, se non uguale, a quella che c'è nel 1811. Forse cambia quello che avviene dopo: dalle mie parti si fa festa, si beve, si mangia in compagnia e si balla fino a che i piedi non fanno un male cane» spiegò Samanta, mostrando a Lorain un piccolo sorriso.

«E dimmi,» fece Lorain, dandole un colpetto affettuoso col gomito. «tu hai già in mente qualcosa per il tuo matrimonio?»

«Lorain, ho ventitré anni!» esclamò Samanta, ridacchiando. «La mia mente è troppo presa dallo studio e dagli esami, non c'è spazio neanche per vedermi con qualcuno, figuriamoci il matrimonio!»

«Se non adesso, allora quando?» chiese Lorain, facendosi sempre più curiosa.

Nel frattempo, le due giovani donne avevano raggiunto un delizioso negozio dove si vendevano abiti per ogni occasione e abiti nuziali. Entrarono e fecero un leggero inchino per salutare la donna che vi lavorava, questa le accolse con un ampio sorriso e un allegro benvenuto.

«Nel mio futuro non vedo ancora una promessa così importante, ma se dovesse mai arrivare l'uomo giusto,» mormorò Samanta, sorridendo affettuosamente all'amica. «allora se ne potrà parlare. Ma al momento, come ti ho già detto, ho altro per la testa»

Lorain non lo disse, preferì tenersi quel pensiero per sé, ma lei credeva che Samanta avesse già incontrato l'uomo giusto per lei. Questo rispondeva al nome di Frederick Bartley che, sebbene fosse promesso ad un'altra donna, guardava Samanta con occhi luminosi e un sorriso ampio, talvolta persino timido.

«Buongiorno signorine, posso esservi d'aiuto?» domandò la donna del negozio, facendo cenno alle due di avvicinarsi al suo bancone.

«Buongiorno!» esclamò Lorain. «Avremmo proprio bisogno del suo aiuto: vede, a breve mi sposerò e sono in cerca dell'abito adatto alla cerimonia. Desidero davvero che sia perfetto»

«Le mie congratulazioni!» fece la donna, sorridendo felice.

Quasi tutta la mattinata, Lorain e Samanta la passarono in cerca dell'abito perfetto per Miss Thomas. Lorain, ogni qualvolta la donna che lavorava al negozio le lasciava sole, chiedeva a Samanta più dettagli sui matrimoni del 2017. Samanta, allora, le parlò di un programma che guardava ogni tanto, soprattutto quando si annoiava, alla televisione – e qui dovette aprire una grossa parentesi per spiegare a Lorain che macchinario infernale, così definito da Miss Thomas, fosse la televisione.

«Dunque le spose alla ricerca di un abito, si recano in questi atelier e provano abiti su abiti fin quando non trovano quello giusto?» chiese Lorain, meravigliata da quell'informazione.

Samanta annuì. «Proprio così! Solitamente si portano dietro le amiche, la madre o chi vogliono e chiedono il loro parere. Poi, nell'attesa, viene anche servito dell'ottimo champagne»

Mentre Samanta le dipingeva lo scenario del 2017, Lorain sognava ad occhi aperti di entrare anche lei in un atelier insieme a Samanta, a sua madre, suo padre, Thelma e Willbur. Era sicura che, se una cosa così fosse stata davvero possibile – per lei che viveva nel 1811 –, le persone che sarebbero state lì con lei nel momento di una scelta così importante, le avrebbero consigliato con fare esperto, con commozione e con orgoglio. Sì, lei avrebbe assolutamente partecipato a... Come l'aveva chiamato Samanta? Giusto: Abito da sposa cercasi.

«Lorain Thomas!» esclamò un giovanotto, vedendo uscire Lorain e Samanta dal negozio di abiti. «Non vi vedo da quanto? Due settimane?»

«Mr Ornery!» esclamò Lorain, mostrando al giovane il suo sorriso più falso. «Posso presentarle la mia amica Miss Samanta Masini?»

«Incantato» fece Mr Ornery, inchinandosi leggermente e afferrando la mano di Samanta per poi baciarne il dorso.

Samanta rimase un attimo sorpresa dal gesto, infatti aveva gli occhi sgranati e la bocca completamente serrata. L'uomo che aveva davanti era simile al Mr Collins che si vedeva nella miniserie del '95 prodotta dalla BBC: infatti, era un ometto abbastanza largo e dal sorriso strano.

«Melton Ornery, al vostro servizio Miss» proseguì, lasciandole andare la mano.

A quel punto Samanta si voltò nella direzione di Lorain, per chiedere spiegazioni. L'amica, però, la stava guardando con occhi supplicanti. Si vedeva dal modo in cui la guardava che Mr Ornery non era una delle persone più simpatiche su questa terra, quindi Samanta tentò di essere cordiale e, facendo un inchino, salutò l'uomo.

«Miss Thomas, volevo farle le mie congratulazioni» continuò Melton, ora guardando Lorain col suo sorriso da ruffiano. «Mi è giunta voce che a breve dovremo rivolgerci a lei come Mrs Ross. Posso farle i miei complimenti per l'ottima scelta del partito?»

«La ringrazio Mr Ornery» disse cordialmente Lorain.

«Mi chiedevo, sono già state mandate le partecipazioni?» domandò Mr Ornery.

Questo vuole autoinvitarsi, pensò immediatamente Samanta. Ma Melton, farti gli affari tuoi no, eh?

Lorain annuì delicatamente col capo, guardò l'uomo quasi volesse scusarsi di non averlo invitato al suo matrimonio. In realtà, la giovane donna si comportava in quel modo perché non vedeva l'ora di chiudere lì la conversazione, salutare quell'insopportabile di Mr Melton Ornery e di darsela a gambe insieme a Samanta.

«E questa deliziosa fanciulla» disse, tornando a puntare Samanta coi suoi occhi scuri e insignificanti. «ha un accompagnatore con cui andarci?»

Cos'è, il classico più uno che sento ogni tanto nei film? Perché se è così, no grazie. Sono a posto, Melton.

«No, purtroppo» fu costretta a dire Samanta.

Lorain, alla fine, cedette. Invitò Mr Ornery al suo matrimonio e lo informò sulla data e sulla chiesa che lei e Harvey avevano scelto. Si salutarono, finalmente, con un leggero inchino e, una volta che Melton fu abbastanza lontano da non riuscire a sentirle, Lorain intimò a Samanta di non girarsi a guardarlo e di allungare il passo.

«Simpatico, questo Melton» commentò quella sera Samanta, quando questa andò nella camera di Lorain per chiacchierare un po' prima di coricarsi.

«E' un impiccione, ecco cos'è!» esclamò esasperata Lorain. «Harvey andrà su tutte le furie!»

«Vedrai che andrà tutto bene, Lorain. Terrò a bada l'impiccione e voi avrete il vostro giorno perfetto» affermò Samanta, buttandosi da sola la zappa sui piedi. «Inoltre sarà un'ottima distrazione: Frederick e Annette saranno lì, quindi io concentrerò le mie forze su Melton e, in qualche modo, farò passare la giornata»

«Non potrei mai chiederti un favore del genere, Samanta!» fece Lorain, prendendo entrambe le mani dell'amica e guardandola negli occhi. «Hai visto com'è Ornery: passerai una giornata orribile!»

«Lo faccio per te, Lorain» le sorrise Samanta. «Non preoccuparti per me, troverò un modo per gestire la situazione. Quello a cui dovrai pensare tu, in quei momenti, sarà sorridere e mostrare ai tuoi invitati quanto sarai felice al fianco di Harvey Ross. Nonché, il tuo Mr Right!»

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Capitolo 9
*** Capitolo IX ***


I don't hate you, you're just the most annoying person in my life ~ Rebecca Sparrow

Un paio di giorni dopo, Samanta si svegliò di buon mattino per fare una passeggiata in solitudine. Avvisò un domestico, prese un scialle verde scuro per proteggersi da un leggero venticello freddo e uscì da casa Thomas.

Mentre passeggiava, Samanta ripensò alla lettera che Frederick le aveva scritto. La lettera, in quel momento, era nascosta in uno dei cassetti del mobiletto in camera di Samanta. La sera, quando non riusciva a dormire, la giovane donna la tirava fuori e la rileggeva.

Samanta camminò e camminò, raggiungendo così il centro città. Pensò ai suoi amici, quelli nel 2017, e si chiese che cosa stessero facendo. Ormai mancava da quasi due settimane: la stavano cercando? Avevano avvisato sua madre? Se sì, come l'aveva presa lei?

«Hai la classica espressione di una persona immersa nei suoi pensieri, sai?» le chiese una voce familiare alle sue spalle.

Samanta si voltò e si trovò davani a Wilbur Ross. Lui stava sorridendo, teneva le mani dietro la schiena e il cappello a cilindro, rigorosamente nero, lo faceva sembrare più alto. La marsina, anch'essa nera, era aperta sul davanti e lasciava intravedere un panciotto color perla e la camicia bianca.

«Non ti vedo da un po', Wilbur. Sei stato da Annie e Edward?» gli chiese Samanta, sorridendogli.

Wilbur annuì. «Annie vuole che vada a vivere con loro, ma non è così semplice per me»

Samanta lo capì perfettamente. Nel 1811, avere un figlio con una donna che non era tua moglie, poteva portare ad uno scandalo. Wilbur, inoltre, faceva parte di una famiglia di altà società: i Ross non glielo avrebbero mai perdonato se fossero venuti a sapere di Annie e Edward.

«Potrebbe esserci una soluzione» mormorò Samanta, prendendo Wilbur sotto braccio.

«E sarebbe?» domandò lui, conducendo Samanta in un piccolo locale dove avrebbero potuto bere un tè.

Wilbur le aprì la porta da vero gentiluomo, la fece passare e poi la seguì all'interno del locale. Il posto, sebbene fosse un tantino piccolo, era molto accogliente. Un uomo li accolse con un piccolo inchino, li portò ad un tavolo per due e, una volta deciso cosa prendere, lasciò Samanta e Wilbur soli.

«Prima o poi dovrò tornare a casa, no?» fece Samanta, tornando alla sua idea. «Una volta che avrò capito come fare, tu potrai venire con me insieme ad Annie e Edward»

«Nel tuo tempo?» chiese Wilbur in un sussurro.

Entrambi, mentre discutevano su quell'argomento, si guardarono intorno con occhi vigili. Non potevano permettersi di farsi sentire: quel discorso, nel 1811, sarebbe parso da pazzi – parlare di viaggi nel tempo, di tornare nel futuro.

«Samanta a me sembra una cosa impossibile!» proseguì Wilbur, afferrando un biscotto da un piattino che gli era stato portato. «Come puoi pensare che andrà tutto bene?»

«I primi tempi sarà difficile, questo non posso negarlo» rispose Samanta, guardandosi nuovamente intorno. «Ma potrete sempre fare affidamento su di me»

«E dove andremo a vivere, a questo ci hai pensato?» le domandò lui, a bassa voce.

Samanta si mise a riflettere. Non ci aveva pensato a questo, in realtà. Ai suoi occhi, uno spostamento del genere, era molto semplice perché lei aveva già un posto in cui passare le sue giornate. Ma Wilbur, Annie e Edward no.

Poi le tornò in mente la seconda casa che i suoi genitori avevano comprato quando lei aveva appena cinque anni, quella in cui andavano a passare le vacanze estive. Avrebbe potuto portare lì Wilbur e poi, da quel momento in poi, si sarebbero organizzati.

«Abbiamo due case» mormorò Samanta, sorridendogli. «I miei compararono la seconda molti anni fa, ci ho passato molte estati in quel posto. Sono sicura che vi piacerà!»

«E come faremo a sopravvivere? Avremo bisogno di soldi, Samanta» cotinuò Wilbur, passandosi una mano fra i capelli. «Di secondo in secondo, questa idea mi sembra sempre di più una sciocchezza!»

«Brontolone» commentò Samanta, ridacchiando. «In ogni caso, non devi preoccuparti per quello Wilbur. Ti darò una mano a trovare lavoro»

«Lavoro? Io? E che cosa consigli?» fece Wilbur, alzando gli occhi al cielo.

«Troveremo qualcosa, non preoccuparti adesso» concluse Samanta.

I due rimasero in quel locale per quasi due ore, discutendo sul loro piano. Wilbur la salutò una volta fuori, le disse che sarebbe passato quella sera insieme a Thelma e Harvey per una cena dai Thomas, quindi fece un inchino per salutarla e si avviò per la sua strada.

Samanta, rimasta ormai sola, tornò sui suoi passi e si decise a tornare da Lorain e Mrs Thomas. Sulla strada del ritorno, però, incontrò una persona che avrebbe preferito evitare fino al giorno delle nozze della sua amica: Mr Ornery.

«Miss Masini, che gioia vederla!» esclamò, avvicinandosi a lei. «Se posso, cosa la porta qui in città»

«Mr Ornery, buongiorno» rispose Samanta, cordiale. «Avevo bisogno di camminare e oggi è una così bella giornata!»

«Vi ho vista insieme a Wilbur Ross, spero stia bene» proseguì Ornery, camminandole accanto.

«Molto, grazie» disse Samanta, questa volta rimanendo impassibile.

Ornery l'accompagnò fino a casa Thomas. Durante tutto il tragitto, l'uomo non rimase neanche un momento in silenzio, continuava a parlare e a fare domande a Samanta. Ad un certo punto, sebbene la donna dovette trattenersi, Samanta voleva mandarlo a quel paese.

Melton Ornery non era semplicemente un impiccione, come lo aveva definito Lorain giorni prima. No, l'uomo era insopportabile e logorroico. Una volta che iniziava a parlare, Ornery non la smetteva più ed era impossibile fermarlo.

«La prego di porgere i miei saluti a Mrs e Miss Thomas» disse Ornery con aria solenne, afferrando saldamente la mano di Samanta per poi baciarne il dorso.

«Sarà fatto, signore» replicò lei, ricacciando indietro quella voglia di vomitare.

«A dire il vero,» riprese Melton, guardandola negli occhi con un sorriso strano. «se mi è concesso, vorrei scambiare due parole con Mrs Thomas»

Samanta sgranò gli occhi. «Mr Ornery, dovrei prima chiedere a Mrs Thomas se–»

«Non preoccupatevi, Miss Masini. Io vi aspetto qui fuori» la interruppe Ornery, spingendola leggermente verso la porta di casa.

La donna alzò gli occhi al cielo, ma si avviò comunque ed entrò in casa. Lorain e Mrs Thomas erano nel salottino, stavano sistemando due differenti cappellini e, allo stesso tempo, parlavano del matrimonio di Lorain.

Samanta le salutò entrambe, prese posto su un divanetto e disse loro che Ornery era fuori, davanti all'ingresso, che aspettava di entrare. Mrs Thomas, alzando gli occhi al cielo, cercò di mettersi in ordine; Lorain si lamentò e le disse che non aveva alcuna voglia di vederlo, mentre Samanta fece un commento sarcastico che provocò una risata di gusto in tutte e tre.

«Forse dovremmo sparire prima che venga qui» aggiunse Samanta, alzandosi dal divanetto.

«Coraggio Samanta, resisti ancora per un po'. Non starà qui per molto» replicò Lorain, sorridendole affettuosamente.

«E' logorroico, Lorain» disse Samanta, come se questo potesse spiegare ogni cosa. «Quell'uomo rimarrà qua fino alla notte dei tempi!»

«Allora sarà meglio prepararci, non trovi?» le domandò Lorain, stringendosi nelle spalle.

Ornery entrò in salottino seguito da Mrs Thomas poco dopo, si sedette accanto a Samanta e per tutto il tempo che rimase lì non si spostò minimamente. A Samanta, per un momento, era sembrato che Melton facesse di tutto per avvicinarsi a lei.

L'uomo pranzò con loro, chiecchierò con Mrs Thomas e con Lorain. Nel pomeriggio, quando arrivarono Thelma, Wilbur e Harvey, Ornery si avvicinò a Samanta e proseguì con le domande che aveva ancora da farle.

Qualcuno mi salvi!, si era detta più volte Samanta, guardando Wilbur e Thelma con uno sguardo da supplica. Purtroppo, però, i due fratelli erano troppo impegnati a seguire i discorsi di Mrs Thomas per accorgersi di Samanta e Ornery.

Per sua sfortuna, quindi, Samanta passò persino la cena in balia di Ornery e dei suoi modi. 

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Capitolo 10
*** Capitolo X ***


Sometimes we have to let go of whats killing us, even if it's killing us to let go

Una sera, a casa dei Ross, ci fu un enorme ballo privato. Harvey e Lorain volevano annunciare ai loro amici più cari, in modo ufficiale, il loro fidanzamento e Mrs Thomas ne era molto contenta.

Già un paio di giorni prima, Mrs Thomas si aggirava per casa urlando che era felicissima per sua figlia. Correva da una parte all'altra, esclamava che anche il defunto Mr Thomas era orgoglioso di Lorain, che la proteggeva da lassù. Samanta non faceva che sorridere: adorava quella donna!

La sera del ballo, Lorain e Samanta si ritrovarono in salotto pronte per partire. Mrs Thomas le avrebbe raggiunte più tardi, dato che aveva delle ultime commissioni da fare.

Lorain indossava un abito di mussola color bianco, tendente al celeste; la scollatura era quadrata e sotto al seno vi era un nastro azzurro intenso. Samanta, invece, aveva un abito che tendeva all'oro, ma il colore era talmente delicato che poteva sembrare crema. Anche lei, sotto al seno, aveva un nastro, ma questo era bianco latte e risaltava molto.

«Stai molto bene con quel vestito, Lorain. Harvey non riuscirà a toglierti gli occhi di dosso» mormorò Samanta all'amica, facendole un occhiolino.

Lorain ringraziò prontamente, mostrando un sorriso ampio a Samanta. Venne fatta chiamare la carrozza e, quando questa arrivò, un uomo aiutò sia Lorain che Samanta a salirvi sopra.

Erano in viaggio da pochi minuti, quando Samanta si accorse che Lorain la guardava con occhi malinconici. Samanta sapeva benissimo a cosa stesse pensando: Frederick Bartley.

«Smettila di guardarmi così Lorain» la richiamò, scuotendo il capo con uno sguardo stanco. «Non verrà»

«Ancora non capisco perché sposarsi con quella... quell'arpia insopportabile!» esclamò Lorain, alzando gli occhi al cielo. «Un matrimonio va fatto per amore, non per secondi fini. Lui non è innamorato di Annette, Samanta: lo vedo da come guardava te»

«Lorain,» mormorò Samanta, guardandosi le unghie. «non siamo in un libro, questo non è un romanzo e, soprattutto, siamo nel 1811. Siamo in un epoca in cui i matrimoni avvengono proprio per secondi fini. Dopotutto, Annette è un buon partito per lui e poi io non starò qui per sempre, l'hai dimenticato?»

«Potresti restare» propose Lorain, speranzose.

Samanta alzò di scatto il capo e incontrò gli occhi della sua amica. Le sorrise: «Io ti voglio bene, Lorain, ma casa mia mi manca. Ho degli amici nel 2017, una vita, l'università da concludere e molto altro che ancora mi aspetta»

Non parlarono per un po'. Calò il silenzio, il sottofondo che teneva loro compagnia era il rumore delle ruote della carrozza sulla terra e una leggera brezza.

Lorain ripensò alle parole di Samanta, al fatto che lei volesse tornare a casa e a tutto quello che aveva detto sui matrimoni della sua epoca. Aveva chiaramente ragione: la gente si sposava per i soldi, per aumentare le proprie proprietà e per il potere sociale che arrivava in seguito; ma si poteva, per una volta, sperare che la vita fosse come in un libro?

«Frederick verrà al matrimonio, Samanta» proseguì dolcemente Lorain, quando scesero dalla carrozza per entrare nell'enorme villa dei Ross. «Raccontagli tutto, portalo con te nel futuro»

Samanta le sorrise, ma sapeva benissimo che non avrebbe mai potuto dire la verità a Frederick. L'avrebbe presa per pazza e non le avrebbe più rivolto la parola. E lei voleva davvero questo? Assolutamente no, preferiva vederlo sposato ad un'altra donna.

«Ma adesso, cara amica, ti devo lasciare» continuò Lorain, notando che Harvey la stava raggiungendo con un ampio sorriso dipinto sulle labbra. «Te la caverai?»

«Non preoccuparti per me, Lorain» le rispose prontamente Samanta, sorridendole. «Cercherò Willbur e Thelma e starò con loro»

Lorain annuì, poi la guardò negli occhi un'ultima volta prima di allontanarsi e raggiungere Harvey. Quest'ultimo, vedendo Samanta, le fece un leggero inchino al quale lei rispose immediatamente, poi si voltò e andò alla ricerca dei suoi amici.

Samanta entrò nella sala da ballo dove, di fronte a lei, vi era una piccola orchestra che suonava musica ballabile. Una decina di coppie, messe in fila, danzavano con espressioni allegre e divertite, mentre ai lati altri invitati osservavano e commentavano.

La giovane passò ad un'altra sala, questa leggermente più piccola. I Ross avevano fatto in modo che, qui, ci fossero tavoli dove poter mangiare e bere stando seduti comodamente.

Thelma e Willbur, in piedi accanti ad un grosso camino acceso, sorseggiavano vino bianco e chiacchieravano. I loro occhi, ogni tanto, vagavano lungo la sala in cui si trovavano e, infatti, alla fine notarono Samanta.

La raggiunsero a passo veloce, la presero di sorpresa e subito attaccarono a parlare. Mangiarono qualcosa insieme, presero altri bicchiedi di vino e continuarono a discutere fra loro fino a quando, con grande sorpresa di tutti e tre, Mr Ornery non si presentò davanti a loro.

«Buona sera, voglio farvi i miei complimenti per lo splendido ballo» disse, con un sorriso strambo ai gemelli Ross. «E che incantevoli vestito indossate stasera, Miss Masini»

Samanta sorrise con un filo di disgusto, sebbene tentò in tutti i modi di non darlo a vedere. «Non sapevo foste qui anche voi, Mr Ornery»

«Ho incontrato giusto ieri Mr Harvey Ross» spiegò con un gesto della mano Melton, guardando prima i gemelli e poi nuovamente Samanta. «Gli ho fatto nuovamente le mie congratulazioni per il suo matrimonio e, naturalmente, ho affermato che è proprio un uomo fortunato! Lorain Thomas è una splendida donna, un ottimo partito!»

«Sono una coppia molto felice, non c'è che dire» rispose Thelma, sperando che l'uomo se ne andasse il prima possibile. «E siamo grati che ci abbia onorato della sua presenza a questo ballo, Mr Ornery»

«Vogliate concedermi un ballo, Miss Masini?» proseguì Melton, senza neanche rispondere a Thelma.

Quando quella domanda arrivò alle orecchie di Samanta, lei non ci voleva assolutamente credere. Ballare con Ornery? Non lo avrebbe sopportato! Ricordò, e questo giocò per un poco a suo favore, che lei non sapeva ballare bene; il suo primo e ultimo cavaliere era stato Frederick, ma con lui le cose erano notevolmente diverse!

Samanta declinò gentilmente una prima volta, ammettendo di non essere una brava ballerina. Melton, a quel punto, si vide costretto ad insistere: affermò a più riprese che l'avrebbe aiutata lui in qualsiasi momento, che l'avrebbe giudata lui.

«Credo di dover accettare, dunque» sospirò Samanta infine, stanca di quell'uomo così logorroico che era Ornery Melton.

Willbur, alle sue spalle, ridacchiava come un matto, mentre la sorella gli tirava gomitate e gli intimava di darsi un po' di contegno. Samanta, sentendo Willbur ridere, si voltò di scatto e gli lanciò un'occhiataccia che lo fece ridere ancora più forte.

Io lo uccido, pensò mentre Melton la conduceva sulla pista da ballo.

Si misero l'uno davanti all'altra, guardandosi dritto negli occhi. Nella mente di Ornery c'era il suo Io interiore che saltellava dalla gioia, si riteneva fortunato di aver come partner in questa danza una donna così bella; mentre nella testa di Samanta c'era un grido d'aiuto.

La musica iniziò e subito Samanta si trovò in difficoltà. Ornery non era un buon maestro come Frederick, non sapeva nemmeno portarla. Lei tentò in tutti i modi di non fare una figuraccia davanti agli invitati e, in alcuni momenti, si ritrovò ad arrossire. Facendo una giravolta trovò gli occhi di Lorain, che la guardava con un'aria preoccupata stando al fianco di Harvey.

Poi, in un attimo, le coppie si scambiarono per qualche minuto e lei finì fra le braccia di un uomo che conosceva bene. Alzò il capo, incontrò gli occhi di Frederick e si perse nelle sue iridi. Il cuore di Samanta fece un balzo, il respiro le si mozzò in gola e il cervello le andò completamente in tilt.

Ma cosa ci faceva lui qui? Quando era arrivato? E soprattutto, era vero quello che stava succedendo?

I due si guardarono intensamente, lasciandosi andare poco più tardi per concludere la danza coi loro precedenti partner. Samanta tornò da Ornery, Frederick da Annette.

«Non riesco a respirare» mormorò Samanta, fingendo alla perfezione di stare male.

Subito Ornery buttò le mani avanti e le disse che l'avrebbe aiutata, ma lei lo lasciò senza neanche rispondergli. La giovane corse fuori dalla sala, uscì dalla villa dei Ross e percorse il lungo viale tirando su un poco la gonna del vestito perché non le finisse sotto i piedi.

Non poteva crederci. Non era vero quello che era appena successo. Frederick Bartley non era lì, a quel ballo e non aveva appena finito di ballare con lei. Eppure si sentiva ancora addosso le sue mani, il suo tocco delicato; aveva fisso in testa il modo in cui la guardava e...

No! Esci dalla mia testa!

Arrivata a metà del viale, Samanta si buttò a terra per togliersi le scarpe. Si massaggiò prima un piede, poi l'altro e non si rese nemmeno conto che qualcuno l'aveva raggiunta.

Frederick la guardò dall'alto, trovando impossibile far sparire il sorriso dal suo viso. Ci aveva provato con tutte le sue forze a starle lontano, ci aveva creduto con tutto il suo cuore e per un breve periodo era stato proprio così. Aveva parlato con Annette, le nozze erano state anticipate e sembrava che le cose andassero di bene in meglio; ma la notte non riusciva a chiudere occhio.

«Siete scappata, non è così?» sussurrò Frederick, ma lo disse così piano che Samanta pensò che a parlare fosse stato il venticello.

Quando lei alzò il capo, trovandosi Frederick accanto a sé, sussultò e portò una mano al cuore. Il battito non faceva che accelerare, le parole le morivano in bocca e i suoi polmoni le urlavano di respirare come si deve, prima di morire per asfissia.

Finalmente Samanta trovò il coraggio di parlare, e subito le venne in mente di mentire: «Mr Ornery è un po' invadente, sono scappata da lui»

Frederick aveva capito alla perfezione che gli stava dicendo una bugia, ma annuì lo stesso. Una parte di lui fu felice di sapere che Samanta trovasse insopportabile l'uomo con cui aveva danzato, ma l'altra gli urlava: "Cosa stai facendo Bartley?! Torna da Annette! Tra meno di un mese ti sposi, non puoi rincorrere questa donna ovunque!".

«Non avevo idea che voi foste qui, in realtà» mormorò Samanta, rimettendosi in piedi – tenendo saldamente in mano le scarpe che Lorain le aveva prestato.

«Io e Annette partiremo dopo domani, ma torneremo per il matrimonio di Mr Ross e Miss Thomas» spiegò velocemente Frederick, guardando Samanta con un sorriso. Mi siete mancata.

«Io ho deciso che partirò subito dopo il matrimonio» mentì Samanta, senza guardarlo negli occhi.

Temeva che, una volta incontrato il suo sguardo, sarebbe stato difficile nascondergli la verità. Inoltre, col fatto che la sua amica stava per sposarsi e col fatto che anche Frederick stava per convolare a nozze, Samanta non capiva perché rimanere lì nel 1811. A fare cosa, poi? Piangersi addosso perché, finalmente trovato l'uomo dei suoi sogni, l'aveva perso?

Frederick annuì, ma qualcosa simile ad una fredda lama gli colpì il cuore. «Pensavo di... io volevo...invitarvi anche al mio matrimonio?»

«E' per questo che mi avete rincorsa qui fuori?» domandò Samanta, con una punta di rabbia.

«Forse? Io davvero non lo so» mormorò Frederick in risposta, passandosi una mano fra i capelli già scompigliati dal venticello.

«Vogliate scusarmi, signore, ma credo di aver bisogno di tornare a casa immediatamete» disse allora Samanta, adesso completamente furiosa.

Loro avevano un legame, per l'amor del cielo! Perché invitarla al suo matrimonio? Pensava davvero che Samanta avrebbe messo da parte tutto quello che sentiva, solo perché non era degna di far parte del suo mondo? No, lei non sarebbe rimasta lì a guardare.

«Vi prego... io non–» iniziò lui, afferrandole delicatamente un braccio per fermarla.

«Avete detto abbastanza, Mr Bartley!» esclamò improvvisamente lei, guardandolo negli occhi. Si fermò un attimo per respirare profondamente, poi riprese: «Sono stanca di tutto questo, sono stanca di dover provare cose che vorrei non provare e sono stanca di veder sfumare davanti ai miei occhi le cose belle che mi capitano. Quindi buona serata, Mr Bartley, credo che la vostra dama vi attenda»

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Capitolo 11
*** Capitolo XI ***


You know it's real when it hurts

Il ballo era terminato da poco, gli invitati stavano facendo i loro saluti e i loro complimenti ad Harvey Ross per la splendida serata. Lorain era in piedi accanto a lui, mostrava a tutti un sorriso ampio e felice, ma dentro sentiva montare la rabbia.

Nel corso della serata, proprio mentre lei e Harvey stavano danzando guardandosi teneramente negli occhi, Frederick Bartley li aveva interrotti. A quanto diceva Mr Bartley, fra lui e Samanta c'era stata una piccola discussione e lei, senza avvisare nessuno – se non lo stesso Frederick –, aveva fatto ritorno a casa Thomas.

Lorain non poteva crederci, era rimasta a bocca aperta. Sapeva benissimo che rivedere all'improvviso Frederick era stato un colpo per Samanta, soprattutto dopo la lettera che lui le aveva lasciato, ma era inimmaginabile lasciare un ballo solo per evitare una certa persona.

«Sei silenziosa» mormorò Harvey, una volta che furono soli. «E hai il classico sguardo di quando rifletti. Stai ancora pensando a Samanta, non è così?»

Harvey riusciva sempre a capirla alla perfezione, gli bastava osservarla per qualche secondo e sapeva che cosa non andava. Aveva capito di amarla la prima volta che l'aveva vista, quando ancora erano bambini, e da allora non era più riuscito a levarsela dalla testa. Pensava a lei, costantemente.

«L'arrivo di Frederick l'ha colta di sorpresa, tutto qua» proseguì Harvey, guardandosi intorno prima di prenderle una mano.

«Non avrebbe comunque dovuto scappar via, è questo che non capisco!» rispose Lorain, sbuffando. «E' riuscita a sopportare quell'insopportabile di Ornery, eppure appena vede Mr Bartley scappa a gambe levate!»

«Credo che lui ne sia innamorato» sussurrò Harvey, guardando la sua futura moglie con un sorriso pieno d'amore. «Innamorato come io lo sono di te, Lorain»

Non era certo quello il momento di confessare, ancora una volta, il suo amore per lei. Lorain aveva ben altro per la testa, le mani le prudevano e aveva voglia di tornare a casa immediatamente solo per sgridare – sì, sgridare quasi fosse sua figlia – Samanta.

Ma quelle parole le riscaldarono il cuore, e fu come se Harvey gliele avesse dette per la prima volta. Anche Lorain, a quel punto, controllò che fossero veramente soli: aveva un gran bisogno di abbracciare il suo amato e respirare a pieni polmoni il suo profumo.

Di certo, queste non erano cose da fare. Eppure, quando lei e Harvey erano soli, il decoro e le sue regole sparivano. Rimanevano solo loro due, una bolla che gli faceva da mondo personale e l'amore che li accoglieva a braccia aperte.

Harvey la strinse in un abbraccio che diceva più di mille parole, poi alzò una mano e le accarezzò una guancia guardandola negli occhi. Lui voleva di più, voleva assaporare le sue labbra e stringerla a sé fino alla fine dei tempi, ma un rumore li fece staccare velocemente.

«Lorain, cara» la chiamò Mrs Thomas, facendo un gesto con la mano. «La carrozza è qui fuori che ci attende, ma non riesco a trovare Samanta!»

«E' tornata a casa, mamma» le rispose immediatamente Lorain, sentendo nuovamente la rabbia ribollirle nelle vene. «Ti raggiungo fra un secondo»

Mrs Thomas annuì e, con un leggero inchino ed un sorriso ampio, salutò Harvey che ricambiò prontamente. Una volta soli, di nuovo, Harvey si abbassò velocemente sul viso di Lorain e le rubò un casto bacio.

«So che non avrei dovuto, ma non sono riuscito a trattenermi. Potrai mai perdonarmi?» le chiese, in un sussurro.

Lei, sebbene fosse stata colta alla sprovvista, aveva gli occhi chiusi e le guance si erano tinte di un rosa chiaro. «Abbiamo tutta la vita davanti, troverai un modo»

Ridacchiarono, poi venne il momento di separarsi. Harvey l'accompagnò fino alla carrozza, l'aiutò a salire e la guardò con un sorriso ampio. Prima che Lorain partisse, per tornare a casa, Harvey le sussurrò di essere clemente con Samanta e Miss Thomas, sorprendendo persino sé stessa, annuì.

Lorain arrivò davanti alla porta della camera di Samanta e alzò un braccio per bussare. Ma questo si fermò a mezz'aria: dall'altra parte, nascosta agli occhi di tutti nella sua camera, Samanta singhiozzava.

«Voglio tornare a casa, papà» si sentiva. «Mi manca casa mia, mi mancano i miei amici e... Oh, per l'amor del cielo! Mi manca anche la mamma»

Lorain rimase lì, immobile, davanti alla porta per qualche minuto. Quando riuscì a risvegliarsi da quel momento, entrò in camera di Samanta senza neanche bussare, e si chiuse immediatamente la porta alle spalle.

Samanta era seduta sul pavimento, proprio sotto alla finestra aperta, e indossava i suoi vestiti sporchi di fango ormai asciutto. I capelli erano in disordine, gli occhi rossi e gonfi per via delle lacrime, e fra le mani stringeva una piccola foto.

Lorain corse verso di lei e si inginocchiò accanto all'amica, stringendola pochi attimi dopo in un abbraccio. Samanta ricambiò immediatamente e cercò di calmarsi il più velocemente possibile, ma era difficile.

Gli eventi di quella serata, al ballo di Harvey Ross, avevano fatto in modo che il suo morale cadesse a terra. Appena era tornata a casa – un domestico le aveva aperto la porta con uno sguardo preoccupato –, era corsa in camera sua e si era tolta, quasi l'aveva strappato, il vestito che indossava. Dal suo nascondiglio aveva tirato fuori la sua borsa, i vestiti con cui era arrivata a casa di Lorain e se li era messi addosso, sperando che quel gesto potesse portarla magicamente a casa.

Quando nulla era successo, Samanta era scoppiata a piangere e aveva tirato fuori dal suo portafogli una vecchia foto di famiglia. C'erano i suoi genitori che sorridevano verso l'obbiettivo, in mezzo c'era una piccola Samanta con due codini – le mancavano due dentini.

«Va tutto bene, Samanta. Shh...» fece Lorain, passandole una mano sul capo. «Tranquilla, troveremo un modo per risolvere ogni cosa»

Passarono quasi dieci minuti prima che Samanta riuscisse a calmarsi completamente. Lorain non l'aveva lasciata un secondo, e di questo Samanta ne fu molto grata. Poi calò il silenzio, dalla finestra entrava un venticello gelido e Lorain pensò bene di chiuderla.

«Cosa ti ha detto? Frederick intendo» sussurrò Lorain, sperando che quello fosse il momento giusto per poter nominare Bartley e per chiedere a Samanta che cosa fosse successo fra loro.

Samanta respirò profondamente, poi guardò l'amica con un sorriso malinconicò e mormorò: «Mi ha invitata al suo matrimonio»

«Lui ti ha... ti ha... Come gli è saltato in mente?!» esclamò Lorain, sgranando gli occhi.

Samanta annuì. «E io gli ho praticamente detto che... beh, che mi piace ma che sono stanca»

Lorain la capiva alla perfezione, ma trovava ancora sorprendente che Frederick avesse invitato proprio Samanta al suo matrimonio. Come Harvey, Lorain sapeva benissimo che Bartley provava un sentimento profondo verso la sua amica, ma era assurdo che l'avesse invitata al suo matrimonio! Com'era possibile?

«Mi è scappato di bocca, non volevo dirglielo» si affrettò ad aggiungere Samanta. «Speravo di tornare a casa il prima possibile, dimenticare lui e questa... questa cosa che ho nel cuore e tornare alla mia vita, ma non sono riuscita a chiudere la mia boccaccia.

«Sai, credo che Willbur voglia venire con me, nel 2017» disse improvvisamente Samanta, cambiando discorso.

Lorain sgranò nuovamente gli occhi. «Che intendi dire?»

«Non c'è nulla di complesso nella frase: "credo che Willbur voglia venire con me", Lorain» rispose Samanta, tirandosi su da terra, passandosi poi il dorso della mano sul viso per asciugare le lacrime. «Ha... questo segreto che ha detto solo a me. Ho pensato che venire nel futuro insieme a me fosse la soluzione migliore per lui e per... beh, per questo segreto»

«Segreto? Samanta, di cosa stai parlando?» le domandò Lorain, corrugando la fronte.

Samanta aprì la bocca per spiegarle il concetto di segreto, sicuramente usando tutto il sarcasmo che aveva in corpo, ma qualcuno bussò alla porta e Samanta dovette fiondarsi sotto le coperte del letto per coprire i suoi jeans sporchi di fango.

Una domestica, una donna di mezza età grassottella, entrò e fece un inchino alle due signorine: «Mrs Thomas chiede di voi, signore. C'è un signore che vi attende nel salottino»

«Chi è?» domandò Lorain, sistemandosi le pieghe del vestito.

«Mr Melton Ornery, signorina» rispose prontamente la donna, poi uscì dalla camera con un altro inchino.

Samanta e Lorain si scambiarono un'occhiata. Che cosa ci faceva lì Ornery a quell'ora? Cosa voleva da loro? Perché non poteva farsi gli affari suoi, ogni tanto?

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Capitolo 12
*** Capitolo XII ***


You know I love you, I really do. But I can't fight anymore for you. I don't know, maybe we'll be together again, sometime, in another life ~ The Veronicas, Another life

Ornery era seduto su una poltrona nel salottino di casa Thomas, seduta su una sedia accanto a lui c'era Mrs Thomas con un paio di occhi stanchissimi. Trovarsi Melton Ornery alla porta, a quell'orario, l'aveva fatta andare su tutte le furie, ma da brava signora l'aveva accolto in casa sua con un sorriso – naturalmente falso.

«Posso chiedervi cosa vi porta qua, Mr Ornery?» gli aveva chiesto Mrs Thomas, facendolo accomodare sulla poltrona e chiamando una domestica perché fosse portato su del té.

«Vorrei scambiare due parole con Miss Masini, se per voi va bene» aveva risposto Melton, sorridendole con fare saccente. Mrs Thomas voleva dirgli di andarsene e tornare il giorno successivo, ma Ornery fu più veloce di lei e, infatti, aveva aggiunto: «So che è molto tardi, e capisco perfettamente che siate stanca dopo questa deliziosa serata a casa del vostro futuro genero, ma ho davvero bisogno di parlare con Miss Masini»

Il modo in cui aveva parlato era misterioso, non si capiva bene cosa avesse in mente. Quindi, sia perché era stanca sia perché non aveva alcuna voglia di parlare con l'uomo, Mrs Thomas rimase in silenzio. Le si stavano chiudendo gli occhi quando, dal corridoio, si sentirono le voci di Lorain e Samanta.

«Mr Ornery» fece Samanta, entrando nel salottino con Lorain al seguito. «Qual buon vento la porta qui? A quest'ora della sera?»

«Vorrei parlarvi in privato, Miss Masini» rispose Melton, tirandosi su in piedi con uno strano rumore. «Devo togliermi un peso dal petto e, essendo questa una questione delicata e che mi sta molto a cuore, non ho potuto rimandare oltre»

Mrs Thomas colse al volo l'opportunità per augurare la buona notte a Samanta e Ornery, poi fece un cenno alla figlia e le due uscirono dal salottino. Adesso che Samanta si trovava sola soletta con Melton, andò nel panico.

Ornery non parlò subito, ma prese a fare avanti e indietro per il salottino. Quando si fermò, proprio davanti a lei, le afferrò le mani e la guardò con occhi pieni d'amore – o almeno era quello che voleva dare a vedere.

«Miss Masini,» mormorò con enfasi. «Samanta! Io sono accecato dalla vostra bellezza! Voi mi avete stregato e io–»

L'uomo si bloccò improvvisamente, ricordandosi che doveva inginocchiarsi. Il panico di Samanta, con quel movimento, triplicò e il fiato le si mozzò in gola. Realizzò una cosa: Mr Ornery era il suo persona Mr Collins, ma dov'era Charlotte Lucas che arrivava in suo soccorso?

«Come vi ho già detto poco fa: non posso assolutamente rimandare. Devo dirvi quello che provo per voi, devo dirvi tutto quello che sento qui dentro» proseguì, portandosi una mano al cuore e tenendo con l'altra entrambe le mani di Samanta. «Vogliate rendermi l'uomo più felice a questo mondo e farmi l'onore di diventare mia moglie»

L'affermazione "Corri come se Mr Collins ti avesse appena fatto la proposta" d'un tratto le balzò in mente. Ma non riusciva a muoversi, era come inchiodata al terrendo. Faticava persino a sbattere le palpebre.

Fu proprio in quel momento che, con uno scatto, la porta del salottino si aprì. Frederick Bartley entrò con al seguito un domestico che aveva tentato di fermarlo.

«Oh merda» fu l'unica cosa che uscì dalle labbra di Samanta, guardando prima Frederick poi Ornery inginocchiato davanti a lei.

Frederick corrugò la fronte: Samanta non si era accorta di aver parlato in italiano. Poi, però, i suoi occhi incontrarono quelli di Ornery e si riempirono di rabbia. Samanta, quasi percepisse lo scontro in arrivo, si allontanò da Ornery e fece un passo nella direzione di Bartley.

La giovane si mise in mezzo, bloccando a Frederick la visuale e permettendo ad Ornery di rimettersi in piedi. La situazione si era fatta surreale: Ornery le aveva appena chiesto di sposarlo e Frederick era entrato come un tornado in salotto.

E adesso cosa faccio?

«Dunque,» disse in italiano, cercando di fare mente locale. «l'uomo più logorroico e insopportabile del mondo mi ha appena chiesto di sposarlo, mentre l'uomo che io... beh, che mi piace è appena entrato e mi ha beccata mentre quell'altro mi teneva la mano. Adesso, al primo posso dirgli che non lo sposerò mai e poi mai, magari in un modo gentile, anche perché io non resterò bloccata nel 1811 per sempre, giusto?»

Samanta prese a fare avanti e indietro per la stanza, incuriosendo i due uomini che erano con lei in salotto. Ornery, però, stava aspettando una risposta da lei e la sua pazienza aveva un limite.

«Questa situazione è troppo troppo anche per me!» esclamò improvvisamente Samanta, sembre in italiano. «Devo assolutamente trovare un modo per tornare a casa e scordarmi di questa faccenda, riprendere le redini della mia vita e andare avanti per le mia strada»

A quel punto, quasi le fosse tutto chiaro, si voltò verso Melton e prese a scuotere il capo. «Non posso sposarla, Mr Ornery. Non posso accettare, né ora né in seguito: ho delle cose che devo finire, cose che non posso rimandare e che hanno bisogno di costanza, di impegno e non posso permettermi alcuna distrazione. Inoltre, io qui sono ospite di Mrs Thomas e Lorain, presto tornerò a casa e voi non mi rivedrete mai più»

«Samanta–» si affrettò a dire Frederick, ma lei lo interruppe guardandolo negli occhi.

«No» disse, rimanendo completamente seria. «Devo mettere le cose in chiaro, Frederick»

Il suo nome, sulle labbra di Samanta, gli fece tremare ogni fibra del suo essere. L'aveva pronunciato in un modo così delicato, così intenso che gli faceva male e bene allo stesso tempo.

«Io credo di essermi innamorata di voi, anzi ne sono più che sicura» affermò Samanta, permettendosi un leggero sorriso. «Ma voi siete promesso ad un'altra donna e lo capisco perfettamente, io ho studiato la vostra epoca per molti anni e so come vanno le cose in questo tempo»

Frederick e Ornery la guardarono cercando di capire che cosa volesse dire, con ciò che le era appena uscito di bocca. Ma Samanta non si fece intimorire dai loro sguardi, non aveva nemmeno realizzato quello che aveva detto, quindi proseguì imperterrita.

«In ogni caso, Frederick, io non posso rimanere lì a guardare mentre date inizio ad una vita insieme ad un'altra. È difficile per me, se non impossibile» proseguì Samanta, lasciando che una lacrime solitaria le percorresse il viso. «Lo sento, Frederick, sento che anche voi provate le stesse cose. Ma so anche che voi non vi tirerete indietro, so che voi direte sì ad Annette e io non posso fermarvi.

«Ora chiedo ad entrarbi di andare, si è fatto tardi» concluse Samanta, guardando negli occhi solo Frederick.

Questo fece un passo verso di lei, le sue parole l'avevano ferito più di mille coltelli. Ornery, invece, sbuffò e uscì da casa Thomas senza neanche un cenno di saluto. Bartley rimase lì qualche momento ancora, allungò la mano e sfiorò la guancia di Samanta. Lei chiuse gli occhi.

Frederick non dava segno di volersene andare, e nel frattempo si faceva sempre più vicino. Erano così vicini che i loro battiti erano diventati uno solo, così come il respiro. Samanta aprì gli occhi e si perse in quelli di Frederick, poi tirò su col naso: doveva allontanarsi da lui, doveva o non sarebbe più stata capace di trattenersi.

«Frederick» sussurrò, ricacciando indietro le lacrime.

«Perché volete mandarmi via, dopo quello che avete confessato davanti a Mr Ornery? Perché volete che vada via, se mi amate?» mormorò lui in risposta, facendo un altro passo verso di lei.

«Ti prego, va via» disse semplicemente lei.

«Non posso» fece lui, abbassando un poco il capo.

«Si che puoi» replicò lei, ad un centimetro dalle sue labbra.

E detto ciò, ad un passo da quello che entrambi bramavano, Samanta lo spinse delicatamente. Frederick la guardò con occhi feriti e confusi: non voleva lasciarla andare, voleva sentirla più vicina a sé, ma allo stesso tempo faticava a riconoscersi. Se ne andò.

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Capitolo 13
*** Capitolo XIII ***


Hogwarts will always be there to welcome you home ~ JKRowling

Sebbene si sentisse un vero schifo, dopo la serata appena passata, Samanta si alzò di buon mattino e scese a fare colazione insieme a Mrs Thomas e a sua figlia. Coversò con Mrs Thomas a proposito del tempo, chiese come procedevano i preparativi del matrimonio di Lorain e mai, neanche una volta, nominò Frederick Bartley.

Finita la colazione, le tre si spostarono in salottino. Frederick, il giorno in cui c'era stata quella violenta tempesta che aveva costretto lui e Samanta a passare la notte, insieme, in una casa abbandonata, aveva portato tutto l'occorrente perché Samanta gli disegnasse qualcosa. Mrs Thomas aveva pregato i domestici di lasciare le cose dove erano state posate, sperando di vedere Samanta, un giorno o l'altro, all'opera.

Quella mattina, per passare il tempo, Samanta decise di disegnare. Non aveva in chiaro cosa volesse raffigurare, infatti rimase davanti ad una tela bianca per qualche minuto a riflettere.

«Non vedo l'ora di vedere l'opera conclusa e completa» squittì Mrs Thomas, ammirando le dita di Samanta che sfioravano la tela, quasi le stesse chiedendo il permesso di dipingerci sopra.

Samanta si voltò nella sua direzione e sorrise. «Credo che disegnerò ciò che per me, nel corso degli anni, è diventata casa mia»

Mrs Thomas, ricambiando il sorriso, la guardò con orgoglio e occhi lucidi. Ormai Miss Masini, per la donna, era come una seconda figlia e le voleva un mondo di bene. Si era affezionata alla ragazza, era felice di vedere che Lorain avesse un'amica al suo fianco ventiquattro ore su ventiquattro, qualcuno con cui confidarsi quando Thelma era lontana.

Con gli occhi rivolti verso la tela, Samanta già vedeva cosa avrebbe disegnato. Sorrise e iniziò il suo lavoro. Afferrò una matita e tracciò qualche linea che facesse da contorno, scelse i colori adatti e canticchiò.

"And make

Your final move

Mmm, don't be scared

She wants you to

It's hard

You must be brave

Don't let this moment slip the way

Believe that magic works

Don't be afraid

Afraid of bein' hurt

No, don't let this magic die

Ooh, the answer's there

Yeah, just look in her eyes"

Mrs Thomas rimase ad ascoltare il sussurro che fuoriuscva dalla bocca di Samanta, incantata da quelle parole magiche. Samanta non aveva una voce da cantante, stonava ogni tanto, ma con qualche lezioncina ed esercitazione avrebbe migliorato moltissimo.

Lorain, che stava abbellendo un cappellino con nastri di un rosa pallido che le piaceva moltissimo, ascoltò attentamente le parole che cantava Samanta e trovò la melodia molto bella. Sorrise: era sicuramente una canzone del 2017.

La mano di Samanta adesso teneva stretta un pennello, la punta era di un colore scuro che le sarebbe servito come sfondo. La prima cosa che Samanta dipinse fu un cielo notturno, una luna luminosa con qualche nuvola scura qua e là. Quando ebbe finito, sorrise soddisfatta del risultato.

«Suvvia, Samanta» disse Mrs Thomas, riscuotendola dai suoi pensieri. «Non teneteci sulle spine: cosa state dipingendo?»

«Un primo indizio ve l'ho dato, Mrs» rispose dolcemente la giovane, senza voltarsi. «Il resto è una sorpresa»

Nel salottino tornò il salotto e Samanta riprese a concentrarsi sul suo disegno. Raffigurò un lago nero, che rifletteva la luce della luna, e un'immensa scogliera sul quale ci mise un castello tetro e bellissimo. Aggiunse del giallo qua e là, dove c'erano le finestre, e qualche torcia che segnalava un percorso da seguire per arrivare all'ingresso.

«Abitate in un castello, per caso?» le chiese nuovamente Mrs Thomas, guardando con curiosità la tela che ormai non era più bianca.

«Purtroppo no» mormorò in risposta Samanta, guardando Hogwarts con nostalgia, quasi ci avesse passato anni interi al suo interno. «Mi sarebbe piaciuto, però»

Adesso, sul lago nero, vi erano delle barchette che trasportavano dei ragazzini. Ogni barca aveva una torcia accesa, per illuminare il passaggio. Il disegno, dopo qualche ora di lavoro, era completo.

Samanta non aveva idea del perché raffigurare proprio Hogwarts, non aveva nemmeno idea del perché le era venuto in mente il mondo magico di Harry Potter. Era stata la sua mano a guidarla, mentre il suo cuore e la sua mente pensavano a Casa.

«I miei complimenti Samanta, è davvero uno splendido disegno e il vostro talento è impeccabile!» esclamò Mrs Thomas, ammirando l'opera conclusa della giovane.

«La ringrazio» rispose prontamente Samanta, mordendosi un labbro con fare timido.

Lorain ammirò il capolavoro di Samanta e le fece i suoi complimenti, quel disegno era proprio splendido. Più tardi, durante la loro passeggiata prima del pranzo, Lorain le chiese come mai proprio un castello: Samanta, sebbene pensando con paura all'effetto "pesto una farfalla e il futuro si modifica", le spiegò di un mago di nome Harry Potter.

«Quindi, ricapitolando: Hogwarts è una scuola per maghi e streghe, dove ci sono fantasmi, quattro Case diverse, passaggi segreti, serpenti giganti e molto altro?» fece Lorain, guardando l'amica con occhi curiosi.

«Sì. L'anno scolastico inizia il primo Settembre, ma per poter frequentare la scuola c'è bisogno di una lettera speciale» continuò Samanta, entrando nei particolari. «Lettera che io aspetto da ben dodici anni!»

«Ma tutto questo avviene in un libro, giusto? Quindi perché aspettare qualcosa che non arriverà mai? Non capisco» replicò immediatamente Lorain, adesso corrugando la fronte.

«Uno ci spera sempre, quando diventa Potterhead, Lorain» disse semplicemente Samanta, camminandole accanto.

«Certo che voi del futuro siete proprio strani» commentò Lorain, scuotendo il capo.

Samanta sorrise. L'amica aveva ragione, ma era così bello vivere in un epoca in cui potevi diventare amica di qualcuno grazie ad un libro, grazie ad un programma televisivo. L'amicizia che legava Samanta e Olivia, ad esempio, era iniziata il giorno in cui la prima si era accorta che la seconda, seduta in biblioteca a studiare, indossava una maglietta con lo stemma di Grifondoro.

«Cambiando discorso» fece poco dopo Lorain, rallentando un po' il passo. «Davvero Ornery ti ha chiesto di sposarlo?»

«E' stato imbarazzante!» esclamò Samanta, prendendosi il capo fra le mani. «Per non parlare di quando Frederick è entrato in salotto, trovandosi davanti Melton inginocchiato davanti a me!»

«Harvey mi ha scritto questa mattina: Mr Bartley e Annette se ne sono andati via così velocemente che Harvey, Thelma e Willbur non hanno nemmeno fatto in tempo a salutarli» spiegò Lorain. «Devi avergli spezzato il cuore»

«Ha iniziato lui!» esclamò Samanta, quasi lei e Frederick avessero avuto una lite da bambini e di poco conto.

Lorain scoppiò a ridere. «Probabilmente al mio matrimonio non riuscirà a toglierti gli occhi di dosso»

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Capitolo 14
*** Capitolo XIV ***


Courage is being yourself everyday in a world that tells you to be someone else

Il giorno del matrimonio di Lorain, Samanta si svegliò sentendosi quasi leggera. Rimase nel letto per qualche minuto, puntando i suoi occhi fuori dalla finestra. Il cielo era di un azzurro molto chiaro, sembrava dipinto con gli acquarelli, e qualche nuvoletta solitaria passeggiava lentamente.

Qualcuno bussò alla porta e subito dopo, con un sorriso ampio e guance rosee, Lottie entrò col vestito che Samanta avrebbe indossato al matrimonio, un paio di scarpe rosa pastello e un paio di nastri sottili e bianchi.

«Buongiorno, Miss» disse Lottie, facendo un leggero inchino mentre Samanta si metteva a sedere sul letto.

«Buongiorno Lottie, dormito bene questa notte?» le chiese Samanta, ricambiando il suo sorriso.

«Ero talmente eccitata all'idea che proprio oggi Miss Thomas si sposi, che sono riuscita a prender sonno praticamente all'alba» squittì Lottie, adagiando il vestito di mussola sul letto di Samanta. «E voi? Come avete dormito, Miss?»

«Molto bene, a dire il vero» rispose subito Samanta, pettinandosi i capelli con le dita.

In effetti, dopo la confessione fatta a Frederick, Samanta si sentiva molto più leggera. Si era tolta un peso dal petto e, una volta raccontato tutto a Lorain, Samanta aveva aggiunto che, se fosse tornata indietro nel tempo – un'altra volta – si sarebbe comportata allo stesso modo.

«Il vestito è bellissimo» sussurrò Samanta, sfiorando con le dita l'abito che Lottie le aveva posato accanto.

«L'ho scelto io personalmente, Miss» fece Lottie, sorridendole. «Sono contenta che vi piaccia»

«Hai buon gusto: andresti d'accordo con una mia amica» replicò Samanta.

Il vestito che Lottie aveva scelto era di un verde acqua molto chiaro, con qualche dettaglio in argento alla fine della gonna. La scollatura era quadrata e, proprio sotto al seno, vi era un cinturino argento come i dettagli della gonna; il tessuto era molto leggero, bellissimo.

Lottie aiutò Samanta ad indossarlo, poi la fece sedere davanti alla toletta. In quasi quindici minuti, Lottie sistemò i capelli di Samanta per il matrimonio, infilando qua e là roselline bianche di stoffa. Il risultato finale era da togliere il fiato.

«Sei fantastica, Lottie!» esclamò Samanta, guardando il suo riflesso allo specchio della toletta.

Lottie ringraziò la giovane, poi l'aiutò ad infilarsi le scarpe e infine la lasciò sola. Dandosi un'ultima controllata allo specchio, Samanta decise di andare a vedere come stava Lorain. Infondo, questo era il suo giorno speciale!

Samanta entrò in camera di Lorain, aprendo la porta lentamente e sorridendo all'amica che si stava guardando allo specchio. Lorain non si accorse subito della giovane, ma, quando lo fece, le sorrise attraverso lo specchio.

«Sei bellissima, Lorain» mormorò Samanta, avvicinandosi all'amica per stringerla in un abbraccio. «Dico davvero: bellissima!»

Lorain indossava un abito in mussola dalla gonna bianca e leggermente spumosa, mentre la parte più alta era decorata con una fantasia color oro. Sotto al seno vi era un cinturino, anch'esso oro, non troppo spesso e la scollatura, al posto di essere quadrata come tutti gli altri vestiti dell'epoca, era a cuore.

I capelli erano racchiusi in un'acconciatura a dir poco stupenda, qualche ciuffo le ricadeva sul viso rendendo il suo viso piccolo e bellissimo. Le guance erano di un rosa pallido e un sorrido timido, e un poco nervoso, completava il tutto.

«Nervosa?» le chiese Samanta, sedendosi sul letto dell'amica.

Lorain annuì, ma non riuscì a smettere di sorridere. «Oggi mi sposo!»

Le due si presero per mano e saltellarono felici, ma si fermarono subito dopo sentendo la voce di Mrs Thomas che le chiamava. Le due amiche scesero in salotto e si ritrovarono Thelma con in mano una tazza di tè caldo.

«Ed ecco la protagonista di questa splendida giornata!» esclamò quando vide Lorain. «Sono davvero, davvero felice che finalmente diventeremo sorelle! Sono così contenta per te e Harvey!»

Come sempre, dato che Lorain e Thelma si conoscevano fin da bambine, quest'ultima le diede del tu. A Lorain questo non aveva mai dato fastidio; anzi, le sembrava di essere più vicina ad una persona in quel modo.

Poi Thelma spostò lo sguardo su Samanta. «Con quel vestito, Frederick non riuscirà a starti lontano! Ti sta d'incanto quell'abito, Samanta»

«Grazie mille Thelma, stai benissimo anche tu con quel vestito. Il colore fa risaltare i tuoi occhi» ricambiò il complimento Samanta, sorridendole.

Mrs Thomas entrò nel salotto subito dopo di loro e scoppiò a piangere dalla felicità, vedendo sua figlia. La strinse in un abbraccio e le sussurrò che suo padre, da lassù, la stava guardando attentamente e che era molto fiero di lei. Ci mancò poco che anche Lorain si mettesse a piangere lacrime di gioia.

Cinque minuti più tardi Thelma prese da parte Samanta, con l'intenzione di parlare con quest'ultima in privato. Passeggiarono fuori dalla casa, facendo due giri nel perimetro e Thelma spiegò a Samanta che Willbur le aveva raccontato una cosa.

«Mio fratello mi ha rivelato di essere padre, ma di non aver sposato la madre del bambino» disse Thelma, guardando davanti a sé e alzando, di tanto in tanto, il mento. «So che vorrebbe farle la proposta, so anche che lui e Anne, così mi ha detto che si chiama questa donna misteriosa, hanno spesso parlato di matrimonio.

«Willbur mi ha confessato che aveva paura di dirlo a qualuno, sperava di tenere segreta questa relazione e questo bambino per paura che tutto finisse in uno scandalo» proseguì Thelma.

«Non capisco dove tu voglia arrivare...» fece Samanta, corrugando la fronte.

«Willbur mi ha detto che sei stata la prima persona a cui lui abbia mai raccontato di Anne e Edward, Samanta» si affrettò a dire Thelma, bloccando all'altra il passaggio ponendosi davanti a lei. «E so benissimo che, quando tu e mio fratello vi siete incontrati in città, hai trovato un'idea che potrebbe evitare lo scandalo a Willbur e al resto della nostra famiglia»

«Tu vuoi venire con me nel futuro» concluse da sé Samanta.

Thelma annuì, poi spostò lo sguardo verso il terreno. «Come mio fratello, anche io ho un segreto che nessuno sa, se non Willbur stesso»

Samanta fece un passo in avanti e prese le mani della giovane, dandole man forte e incitandola a continuare. Adesso che quelle parole le erano uscite di bocca, la curiosità di Samanta si fece prepotente.

«Io sono diversa» sussurrò Thelma, guardandosi immediatamete intorno per accertarsi che nessuno nelle vicinanze l'avesse sentita.

«Diversa? In che senso?» le chiese Samanta, confusa.

Thelma sbuffò, alzando il capo verso il cielo. Poi, con un po' di coraggio, guardò negli occhi Samanta: «Io non provo attrazione per gli uomini, Samanta, ma per le donne»

Samanta rimase a guardarla per un paio di secondi, poi le sorrise. Di certo lei non aveva problemi per questo, e non era affatto sicura che definirsi "diversa" fosse giusto. Thelma Ross era semplicemente Thelma Ross, niente di più e niente di meno.

«Credi che questa cosa possa crearmi problemi?» le chiese dolcemente Samanta, scoppiando subito in una risata cristallina. «Thelma, io vengo dal 2017 e da noi questo tuo modo di amare, perché tutti abbiamo un modo diverso nel farlo, è completamente normale. Certo, ci sono i cretini come in ogni epoca che non capiscono niente, ma questo non vuol dire che tu non possa essere te stessa»

«Per questo voglio partire insieme a te, Willbur e la sua nuova famiglia» proseguì Thelma, sentendosi meglio di qualche minuto prima. «Qui non mi accetterebbe nessuno!»

Samanta si mise a rilfettere. Era sicura che Thelma avesse ancora qualche problema ad accettare sé stessa, piuttosto che farsi accettare dagli altri, ma con un po' di fiducia nel genere umano la cosa non sarebbe stata poi così difficile. In effetti, però, l'epoca in cui si trovavano in quel momento non vedeva molto bene coppie dello stesso sesso insieme.

«Sto ancora lavorando su come tornare a casa» disse poco più tardi Samanta, mentre le due tornavano a casa Thomas.

C'era una carrozza che le attendeva, mentre Mrs Thomas continuava a fare cenni e segni per far capire alle due di sbrigarsi. Thelma si voltò un'ultima volta verso Samanta e le sorrise: «Troveremo un modo»

«Sì, ma io volevo andarmene subito dopo il matrimonio di Lorain» mormorò Samanta in italiano quando Thelma fu lontana.

Dicendo questo aveva pensato a Frederick Bartley, che di lì a poco avrebbe visto in chiesa, al matrimonio di Lorain. 

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Capitolo 15
*** Capitolo XV ***


Appreciate the moment of a first kiss, it may be the last time you own your heart ~ R. M. Drake

La chiesa si stava riempiendo lentamente, mentre gli invitati prendevano il loro posto sulle panche. C'era un brusio confusionale, ma nell'aria si sentiva l'eccitazione e insieme l'ansia per questo matrimonio.

Frederick entrò in chiesa e raggiunse l'altare a grandi falcate, l'espressione seria e quasi imbronciata. Una volta raggiunto Harvey Ross, Bartley gli strinse la mano e finalmente sorrise: era davvero contento per il suo amico, e sapeva benissimo che Lorain era la donna perfetta per lui.

«Congratulazioni, Harvey!» gli disse Frederick.

«Ancora non mi sono sposato, Frederick» replicò Harvey, lasciandosi andare in un sospiro. «Ma non vedo l'ora. Spero prendiate posto accanto ai miei genitori, saranno felicissimi di rivedervi»

«Sarà un piacere per me» fece Frederick con un sorriso.

Ad un certo punto lo sguardo di Harvey si puntò su qualcuno alle spalle di Frederick, così lui si voltò per capire chi stesse guardando. Annette Walla stava entrando in chiesa con un'aria altezzosa, giudicando con gli occhi tutti gli invitati del matrinomio.

«Mr Ross» disse, con un sorriso falso, quando raggiunse i due uomini. «Sono così contenta di essere qui! Permettetemi di farvi le mie congratulazioni per il matrimonio che inizierà a breve. Sono riuscita a vedere la sposa, e devo ammettere che è veramente graziosa!»

«La ringrazio, Miss Walla» rispose prontamente Harvey, facendole un leggero inchino. «Avete per caso visto se con Lorain ci fosse anche mia sorella? I nostri genitori la stavano cercando»

«Sì, l'ho vista» disse Annette, prendendo Frederick sotto braccio. «Stava parlando con Miss Masini»

A sentire quel nome, Frederick si irrigidì. Non vedeva Samanta da quando lei, nel salotto di casa Thomas, gli aveva confessato i propri sentimenti.

In quel momento, mentre Annette lo trascinava verso la seconda panca posta alla sinistra dell'altare, Frederick voleva solo liberarsi della sua fidanzata e correre fuori, in cerca di Samanta. L'avrebbe presa in disparte e, a cuore aperto, le avrebbe detto che provava tutto quello che provava lei.

Poco prima che entrasse la sposa, Samanta entrò in chiesa e prese posto sulla prima panca alla destra dell'altare, riservando un posto a Mrs Thomas. Quando Bartley la vide, il fiato gli si mozzò in gola e i suoi occhi percorsero la sua figura da capo a piedi: era bellissima.

Anche lei notò Frederick, e fece infatti un passo nella sua direzione per salutarlo. Ma poi i suoi occhi si spostarono su Annette, che sedeva accanto a lui e gli cingeva un braccio; quindi Samanta si limitò ad un sorriso, un inchino e poi si mise a sedere.

«Voglio presentarvi Mr e Mrs Ross!» esclamò il parroco, arrivati alla fine della cerimonia.

Lorain aveva pianto lacrime di gioia, mentre pronucniava il suo sì, e così anche Mrs Thomas. Vedere la sua bambina, sposata all'uomo che amava e con un sorriso ampio dipinto in viso, era la cosa più bella che avesse mai visto. Non faceva che nominare il defunto marito, quasi le sedesse accanto, e a dire «Sono così felice per la nostra bambina!».

Sebbene ormai la chiesa fosse vuota, Samanta ancora sedeva sulla panca in legno. Guardava l'altare, dove Lorain si era appena sposata, e nel frattempo rifletteva. Dopo tutto quello che aveva vissuto, aveva capito che quello era il momento giusto per tornare a casa; ma come avrebbe fatto?

Da tempo, ormai, non vedeva più il pomello che l'aveva portata nel 1811. Una parte di sé temeva che non l'avrebbe mai visto.

«Mi piacerebbe sapere che cosa avete in mente» mormorò una voce alle sue spalle, facendola sussultare.

«L'arte della Legilimanzia, Mr Bartley. Quella aiuta» replicò Samanta, ritornando a guardare l'altare.

«Legili – che?» domandò Frederick, più confuso che mai.

Ecco, pensò Samanta, citi qualcosa del Mondo Magico e nessuno ti capisce. Ah, la dura vita di una Potterhead!

«Nulla» si affrettò a rispondere la giovane, facendo un gesto per allontanare la cosa. «E' soltanto una cosa che ho imparato leggendo determinati libri»

«Io sono un tipo a cui piace leggere, Miss Masini» fece Frederick, sedendosi accanto a lei. «Quindi perché non mi dite i titoli di questi libri?»

«Non usciranno prima della fine del 1990» mormorò Samanta, mordendosi subito dopo la lingua per ciò che le era appena scappato di bocca. «Voglio dire... Oh, lasciamo perdere»

Frederick si sentì un po' confuso. «Davvero non capisco»

«Perché siete qua, Mr Bartley?» gli domandò lei, cambiando argomento.

Ancora lei non voleva guardarlo negli occhi, infatti rimase a guardare l'altare. Ma ad un certo punto, mentre lui cercava di trovare le parlore giuste, Frederick le prese una mano e intrecciò le loro dita. Samanta si girò immediatamente, portando i suoi occhi sulle loro mani unite.

«Scappiamo, Samanta. Io e te, insieme» sussurrò Frederick, incatenando i loro occhi.

Lei sorrise, ma non disse una parola. Invece si alzò, trascinando Frederick dietro ad una larga colonna sul lato destro della chiesa. La schiena di lei aderì alla pietra della colonna, poi Samanta si mise in punta di piedi e, delicatamente, posò le sue labbra su quelle di lui.

Bartley sgranò gli occhi, sorpreso da quel comportamento, ma subito dopo si lasciò andare. Samanta era la prima donna che baciava, la prima per cui provava sentimenti profondi e la prima che voleva nel suo futuro più di ogni altra cosa.

Il bacio rimase superficiale, ma comunque pieno di emozioni. Samanta assaporò le sue labbra, inspirò il suo profumo e fu sul punto di piangere. Era decisa a tornare a casa: quello era il suo modo per dire addio a Frederick Bartley.

«Dovremmo raggiungere gli altri» sussurrò Samanta, appoggiando la sua fronte a quella di Bartley.

«Non ancora» bisbigliò in risposta lui, rubandole un altro bacio.

«Frederick?! Siete qui?» domandò Annette, entrando nuovamente in chiesa.

Samanta e Frederick si scambiarono una veloce occhiata, prima che lui si ricomponesse e uscisse dal nascondiglio inventandosi una scusa. Samanta rimase nascosta, aspettando che i due uscissero dalla chiesa.

Quando non udì più nulla, la giovane si avviò verso l'uscita e aprì la porta di legno. Come il giorno in cui era arrivata nel 1811, Samanta cadde a terra, ma questa volta non c'era fango ad attutire la caduta.

«Samy? Pensavo andassi a lezione! Cosa fai lì per terra?» le chiese Irma, rimettendo un libro su uno scaffale per poi aiutare l'amia a rimettersi in piedi.

Samanta ci mise un po' a rispondere, perché si era accorta a poco a poco di dove si trovava. Era tornata in biblioteca, nel 2017, e addosso aveva i suoi jeans, la camicia azzurra e la canottiera bianca. Erano passati pochi minuti dalla sua partenza, ma lei non poteva crederci.

«Samy va tutto bene? Sei pallida, forse dovresti tornare a casa e saltare le lezioni di oggi» si affrettò a dire Irma, premendo delicatamente una mano sulla fronte di Samanta. «Chiamerò il lavoro e le dirò che non ti sei sentita bene, d'accordo?»

«Ma i–io ero nel–» balbettò Samanta, senza neanche concludere la frase.

Come sono tornata a casa?

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Capitolo 16
*** Capitolo XVI ***


I said, "Wow, this is unbelievable!" ~ Herb Sendek

Samanta non la smetteva di balbettare cose senza senzo, raccontando di quello che le era capitato nel 1811. I suoi due amici, Mirko e Irma, la stavano ascoltando attentamente, ma si lanciavano occhiate preoccupate in continuazione.

Erano tornati all'appartamento da poco, Mirko aveva dovuto praticamente prendere in braccio Samanta perché lei non aveva le forze di muoversi. Irma aveva avvisato Olivia, che purtroppo era ancora in aula e non aveva ancora letto il messaggio della sua coinquilina – in aula preferiva tenere il cellulare sulla modalità "silenzioso".

«Samy, è impossibile che tu abbia fatto un viaggio del genere» mormorò Irmai, cercando di mantenere il suo tono pacato per non far innervosire l'amica. «Tornare indietro nel tempo... sai che è una cosa che avviene solo nei film, nei libri o nelle serie tv»

«Ma ti dico che è così!» esclamò Samanta, guardando Irma dritto negli occhi. «Sono finita nel 1811 e ci sono rimasta per quasi due mesi!»

«Samy, ascoltami attentamente» fece Mirko, portando l'attenzione delle ragazze su di sé. «Ti sei alzata per andare a lezione, Irma si è allontanata da me cinque minuti dopo perché doveva rimettere al loro posto dei libri, ed è tornata un minuto dopo dicendomi che ti aveva trovata a terra. Tu non sei stata via per mesi, Samy: avrai perso i sensi per dieci minuti al massimo»

Samanta rimase in silenzio per qualche secondo e ripensò al giorno in cui era sbucata, all'improvviso, nel 1811. Era impossibile che non avevesse vissuto davvero quell'avventura, era impossibile che fosse rimasta priva di sensi per pochissimo tempo.

«No» protestò Samanta. «Non ci credo: io non sono svenuta in biblioteca»

Mirko a quel punto alzò gli occhi al cielo e sbuffò. Si alzò da tavola e uscì dalla cucina, lasciando sole Irma e Samanta. Le due, per qualche minuto, rimasero in un rigoroso silenzio, ma Samanta sentiva che aveva bisogno di qualcuno che credesse in lei, e in quello che aveva appena raccontato. Ma Irma scosse il capo e uscì, lasciandola sola.

Proprio in quel momento, un lampo illuminò la cucina attraverso la finestra e il cielo divenne si fece improvvisamente scuro. Samanta si alzò a fatica dalla sedia e camminò verso la finestra: Lorain si era appena sposata con Harvey, aveva promesso a Thelma e a Willbur che li avrebbe portati con sé e l'ultima persona che aveva visto, prima di essere ricatapultata nel 2017, era stato Frederick.

Ripensò al loro bacio e alla proposta di lui di scappare insieme. Ora come ora, se fosse riuscita a tornare indietro nel tempo, gli avrebbe risposto di sì. Si rese conto, mentre la sua mente cercava di ricordare il suo viso in tutti i suoi dettagli, che le mancava più dell'aria. Il suo cuore lo chiamava, urlava il suo nome, ma lui sembrava troppo lontano per sentirlo.

Quando tornò Olivia, Samanta era sdraiata sul suo letto nella loro stanza. Aveva già il pigiama addosso e si era fatta una doccia calda ripensando al tempo che, passato a casa di Lorain, non si era lavata come si deve.

«Vuoi spiegarmi che ti è preso, Samy?» le domandò dolcemente Olivia, posando il suo zaino ai piedi del suo letto.

Samanta stava fissando il soffitto, e la voce di Olivia le era arrivata come una voce lontana.

«Che te lo dico a fare? Come Mirko e Irma, anche tu penserai che sono impazzita» disse Samanta, girandosi per dare le spalle all'amica.

«Mi hanno detto gli altri che hai perso i sen–» iniziò Olivia, ma subito si dovette interrompere.

«Io. Non. Sono. Svenuta» replicò Samanta, calcando su ogni singola parola.

«Okay» disse semplicemente Olivia. «Allora raccontami quello che è successo, e alla fine giudicherò da me se darti della pazza o meno»

Sebbene Samanta si sentisse un vero schifo, non riuscì a fermare una risata cristallina, anche se breve. Quindi, con un sospiro, la ragazza si voltò verso la sua amica e, a bassa voce, le raccontò tutto.

Parlò di come era arrivata nel 1811, le raccontò di Lorain e di sua madre. Descrisse le sensazioni che aveva provato nel trovarsi in una sala da ballo per la prima volta, lasciandosi trasportare dai dettagli. Poi aveva nominato Harvey, Thelma e Willbur Ross, spiegando che erano tre fratelli, vecchi amici di Lorain.

«Poi ho conosciuto un uomo, avrà avuto due o tre anni in più di me» proseguì Samanta, sorridendo al pensiero di Bartley. «Si chiamava Frederick ed era un amico dei Ross. Mi sono... innamorata di lui, ma purtroppo c'era un'altra donna»

Allora Samanta raccontò di Frederick e del fatto che doveva sposarsi con Annette, ma che lei e Bartley provavano qualcosa l'uno per l'altra. Olivia rimase ad ascoltarla attentamente fino alla fine della storia, cercando di capire come mai il nome Frederick Bartley le suonasse così familiare.

«Ma certo!» esclamò improvvisamente Olivia, mettendosi a sedere e facendo sussultare Samanta. «Frederick Bartley, figlio di Lord William Bartley! Sai, ero annoiata qualche settimana fa e sono andata in biblioteca al posto di continuare a studiare. Ho trovato questo vecchio libro nella sezione dei libri in lingua originale e ho letto la storia di questo Frederick Bartley»

«E?» la incanzò Samanta, mettendosi a sedere anche lei.

«C'è un capitolo intero che riguarda la sua scomparsa» rispose Olivia, legandosi i capelli in una coda di cavallo. «Si dice che Lord William abbia ingaggiato professionisti per cercare il figlio, a cui avrebbe passato l'intera eredità alla sua morte, ma di Frederick neanche l'ombra.

«Alcuni degli amici più stretti ipotizzarono che Frederick fosse stato rapito e poi ucciso da qualcuno, probabilmente per ottenere dei soldi da parte di Lord William» continuò Olivia, facendo battere a mille il cuore di Samanta. «Ma il corpo non è mai stato ritrovato, era come svanito nell'aria»

Questa poi!, pensò Samanta.

«E' stata fatta poi un'indagine, ma anche questa inconcludente» concluse Olivia.

«Dove pensi sia finito?» le domandò Samanta, cercando invano di far calmare il suo cuore.

«Io non ne ho–» inizò Olivia, ma ancora una volta non riuscì a concludere la frase.

«Ragazze, credo sia meglio che venitate qui in salotto!» esclamò Irma.

Samanta e Olivia si scambiarono un'occhiata sorpresa. Samanta fu la prima ad uscire dalla stanza, sperando di trovare Frederick nel salotto del loro appartamento. Ma quando la ragazza raggiunse Irma, sganò gli occhi e, nel profondo, si sentì delusa da chi aveva davanti agli occhi.

«Willbur?»

Di fronte a lei, Willbur teneva in braccio un bambino che gli assomigliava moltissimo, mentre accanto vi era una ragazza che avrà avuto vent'anni.

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Capitolo 17
*** Capitolo XVII ***


Missng you comes in waves. Tonight I'm drownign
 

«Willbur? Come sei arrivato qua?»

Olivia, Mirko e Irma erano rimasti senza parole. Tutti e tre avevano ascoltato la stramba storia di Samanta, e questa aveva nominato diverse volte un certo Willbur Ross. Ma era davvero lui, quello che era apparso nel loro salotto quella sera?

«Ho aperto una porta...?» rispose Willbur, sebbene neanche lui capisse come fosse finito lì.

Willbur si guardò intorno con occhi curiosi, studiando la stanza in cui si trovava. Samanta aveva molti oggetti strani, diversi da quelli che si trovavano nella sua epoca, e lui si sentiva eccitato all'idea di imparare tutto sul futuro.

«Posso prepararvi qualcosa da mangiare?» chiese Olivia in inglese, riprendendosi dallo shock iniziale.

Willbur le sorrise, felice di aver trovato qualcuno gentile come Samanta. Quest'ultima, però, stava ancora cercando di capirci qualcosa: come era successo a lei, anche Willbur aveva semplicemente aperto una porta, ritrovandosi nel 2017. Ma come avevano fatto ad arrivare nel loro salotto?

«Ho aperto la porta-finestra per uscire sul balcone e me li sono ritrovati davanti» spiegò Irma, rispondendo alla domanda che Samanta aveva in testa.

«Questa è una follia!» esclamò improvvisamente Mirko, passandosi una mano fra i capelli con nervosismo. «Deve esserci una spiegazione, deve esserci. Forse sto sognando. Sì, sto sicuramente sognando»

Willbur corrugò la fronte guardando Mirko, naturalmente non capiva una parola di quello che diceva. Anne gli strinse la mano un po' più forte, comunicandogli in silenzio che non era per niente a suo agio; Edward, invece, si stava agitando fra le braccia del padre.

«Insomma, non è possibile!» proseguì Mirko, adesso facendo avanti e indietro nel salotto. «Samy sviene, racconta di come ha vissuto nel 1811 per quasi due mesi e questi si presentano qui all'improvviso?»

«Samy, ci stai facendo uno scherzo?» domandò Irma subito dopo, scoppiando in una risata nervosa.

Samanta scosse il capo con forza. «Sono sorpresa quanto te, Irma. Io vi ho detto come sono andate le cose, e quando mi avete trovata per terra in biblioteca non mi aspettavo di certo questo»

Olivia si avvicinò a Willbur, Anne ed Edward e indicò la cucina. I tre la seguirono lentamente, mentre Mirko, Samanta e Irma rimasero nel salotto. Calò il silenzio e Mirko si sedette sul divano prendendosi il capo fra le mani, cercando di trovare un senso a quello che stava succedendo nel loro appartamento.

«Avevamo un piano, io e Willbur» iniziò a spiegare Samanta, sospirando. «Tornare nel 2017 insieme, dove lui e la sua famiglia avrebbero potuto vivere la loro vita senza la paura di provocare scandali alla famiglia Ross. Ma non ci eravamo ancora organizzati: io sono tornata prima del previsto»

«Ma quello è successo tutto mentre eri svenuta, Samy!» disse Irma, incrociando le braccia al petto. «Deve essere stato un sogno»

«Ci sono troppi particolari nella sua storia, non credi?» domandò Olivia, tornando dalla cucina. «Troppi dettagli che Samanta sa alla perfezione, cose che vengono descritte solo in pochissimi libri e, inoltre, Samy non è mai stata in Inghilterra»

«Hey, ci sto lavorando, okay?» protestò Samanta, guardando l'amica.

«Sei povera, Samy» scherzò Olivia, incrociando le braccia al petto. «Sei sempre all'università e quando esci da lì vai di corsa al lavoro. Non hai un attimo di pausa»

Samanta scoppiò a ridere subito dopo, annuendo e trovandosi d'accordo con tutto quello che Olivia aveva appena detto. Mirko e Irma le guardavano quasi venissero da un'altro pianeta: insomma, c'erano tre persone vestite in modo strano sedute in cucina, persone che erano sbucate fuori dal nulla!

«Il divano fa anche da letto» spiegò Samanta, aprendo il divano-letto in salotto.

Mirko aveva prestato uno dei suoi pigiami a Willbur, mentre quello che indossava Anne glielo aveva dato Olivia. Il piccolo Edward, che continuava a sbadigliare e a strofinarsi gli occhi, aveva una maglietta di Mirko che gli faceva da camicia da notte.

«C'è spazio per tutti e tre» proseguì la ragazza, sistemando i cusini e il lenzuolo. «Alcuni amici di Mirko, quelli che vivono lontano dall'università di solito, vengono qua ogni tanto e dicono che si dorme benissimo»

«Grazie Samanta» fece Willbur, adagiando Edward nel mezzo del divano-letto. «E' molto gentile da parte vostra farci restare qua»

«E' tutto così strano» mormorò Anne, guardandosi attorno per l'ennesima volta. «Mi sembra di essere in un sogno»

Willbur la strinse in un abbraccio, mentre Anne nascose il viso sul suo petto. Samanta li guardò con un sorriso, poi si sedette ai piedi del letto e si prese il capo fra le mani. Mirko, Irma e Olivia erano già nelle loro camere, probabilmente stavano già dormendo, ma Samanta non aveva sonno.

Sentiva la mancanza di Lorain e di sua madre, di Harvey e Thelma... di Frederick. Avere Willbur qui, nel suo appartamento, le ricordava tutti quei momenti passati nel passato e a quello che aveva fatto, a quello che aveva detto.

«Sai, era da settimane che ti cercavamo» disse improvvisamente Willbur, sedendosi accanto a lei. «Il giorno del matrimonio di Lorain sei sparita, Bartley è stato l'ultimo che ti ha vista... e, naturalmente, ci ha rivelato tutto quello che è successo fra voi in chiesa»

«Ci?» domandò Samanta, confusa. «A quante persone lo ha detto?»

«Io e Thelma ti stavamo cercando, Lorain era preoccupatissima e Mrs Thomas si sentiva come se avesse perso una figlia, o almeno è quello che ha detto lei» spiegò Willbur, notando che Anne si stava sdraiando accanto al figlio. «Verso sera avevamo perso le speranze e Frederick aveva preso da parte me, i miei fratelli e Lorain: ci ha raccontato la proposta che ti ha fatto e come ti sei comportata tu.

«Annette si è avvicinata, ma fortunatamente Frederick aveva finito di parlare. Hanno avuto una piccola lite, e questo ha portato a una rottura» proseguì Willbur, sospirando. «Ha deciso che non avrebbe mai sposato Annette, e glielo ha detto senza prender fiato. Dovevi vedere l'espressione di Annette!»

«Come possono essere passate addirittura delle settimane, però? È questo che non capisco!» fece Samanta, corrugando la fronte.

«I primi giorni sono stati difficili per tutti: Lorain non faceva che piangere e Harvey le stava sempre accanto per consolarla; Thelma continuava a venire da me, dicendomi che avevate un patto e che anche lei doveva tornare con te, non capiva perché l'avevi lasciata indietro; Mrs Thomas è rimasta giorno e notte nella biblioteca del defunto marito e io ho cercato di trovare una spiegazione logica a tutto.

«Ma quello che stava peggio di tutti era Frederick Bartley. Mangiava pochissimo, dormiva si e no quattro ore a notte e continuava a chiamarti, come se potessi sentirlo» concluse Willbur.

Samanta scoppiò in lacrime, singhiozzando silenziosamente per non svegliare Edward e Anne. Raggiunse la cucina e si chiuse la porta alle spalle, non fece entrare nemmeno Willbur quando questo bussò.

Le mancavano tutti, dal primo all'ultimo, ed era difficile non pensare a loro. Avrebbe voluto dirgli che stava bene, che era sana e salva a casa sua, ma come fare non sapeva proprio. Ed era dura.

La sua mente tornò al giorno del matrimonio di Lorain, e successivamente al bacio che c'era stato fra lei e Frederick. Ripensò alle sue labbra, al suo odore e al calore che il suo corpo emanava. Le mancava così tanto che faceva male.

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Capitolo 18
*** Capitolo XVIII ***


A single text from you can change my mood at any moment

Il giorno seguente Samanta si svegliò col pianto di un bambino, cosa che la fece sussultare e cadere dal letto. Si tirò su dal pavimento, massaggiandosi il fianco sinistro e si chiese chi avesse mai potuto portare un bambino piccolo nell'appartamento.

Quando, pochi attimi dopo, le tornarono alla mente gli avvenimenti della sera prima, Samanta sospirò e si decise ad uscire dalla stanza. Olivia era già in cucina a preparare la colazione per tutti, sorridendo con occhi felici – a lei, diversamente da Mirko e Irma, piaceva molto quella situazione.

«Credo che Edward abbia un po' di febbre, ma non appena avremo finito di fare colazione faccio un salto in farmacia» spiegò Olivia, vedendo entrare in cucina Samanta con lo sguardo assonnato e una camminata stanca. «Tu, invece, come sta?»

«Dopo quello che ho scoperto ieri sera,» rispose Samanta, sedendosi a tavola per poi prendersi il capo fra le mani. «uno schifo»

«Oh, quindi ci sono novità» commentò Olivia, tirando fuori dal frigorifero il cartone del latte fresco.

Samanta annuì. «A quanto pare, sono via da settimane nel 1811 e tutti mi stanno cercando. Sto praticamente rovinando l'inizio del matrimonio di Lorain e Harvey, Mrs Thomas si sente come se avesse perso una figlia e Frederick è... beh, sembra sia impazzito»

Willbur entrò in cucina proprio in quel momento, stringendo fra le braccia il piccolo Edward che adesso aveva smesso di piangere. Anne, come spiegò Willbur, era ancora a letto: non le capitava quasi mai di poter rimanere a sonnecchiare più di quanto potesse permetterselo, quindi aveva colto l'occasione al balzo e si era addormentata di nuovo.

Per Edward, Olivia non sapeva davvero cosa fargli. Aveva il portatile poggiato sul bancone in legno, una pagina di internet aperta a schermo intero e la ricetta di una colazione all'inglese da cui potesse prendere spunto.

«Oggi ho una delle lezioni più importanti del mio corso» mormorò Samanta, osservando il suo caffè scuro e bollente che Olivia aveva preparato per tutti. «Devo per forza andarci»

«Io ho appena controllato le mail» rispose subito Olivia, sedendosi a tavola accanto a Willbur e Edward. «Due dei miei professori sono malati, a quanto pare: posso stare qui io e rispondere alle infinite domande che Willbure e Anne mi faranno»

Willbur guardò prima Olivia e poi Samanta, capendo al volo che le due stavano parlando di lui e Anne. Chiese spiegazioni ad entrambe e Samanta rispose con gentilezza, mentre Olivia faceva delle facce buffe per far ridere Edward – cosa che andò alla perfezione.

Irma e Mirko uscirono dalla loro camera quando Samanta usciva di casa per recarsi all'università, non fecero neanche in tempo a salutarla, ma ormai erano abituati. Chiacchierarono un po' con Willbur, Irma fece giocare Edward e infine si prepararono anche loro per andare a lezione.

«Vi voglio preparati per questo esame, ci siamo capiti?» domandò il professore, facendo scorrere il suo sguardo sull'intera aula.

Samanta annuì insieme ad altri suoi compagni, poi finì di sistemare i suoi appunti e il resto delle sue cose. In aula rimasero solo lei e il professore, che anche lui stava riordinando la scrivania e altri documenti; quando si accorse di Samanta, si avvicinò a lei e sorrise gentilmente.

«Masini, lei è la studente migliore del mio corso» disse, mentre lei lo guardava negli occhi. «Di certo sa che, ovviamente, mi aspetto un voto brillante, nel prossimo esame»

«Studierò sodo, professore. Ce la metterò tutta!» rispose Samanta, ricambiando il sorriso. «Vedrà che l'esame sarà un–»

Samanta, improvvisamente, smise di parlare e sgranò gli occhi. Il professore si accorse dell'espressione e, preoccupato, seguì lo sguardo della studentessa. Alle sue spalle, in un vestito del 1800, una ragazza stava piangendo e sorridendo insieme.

In giro ci dev'essere una festa a tema, pensò subito il professore.

Ma non era così. La ragazza veniva dal 1811 e si era trovata in un'aula universitaria, nel 2017. Era alquanto sorpresa e ammaliata dal luogo in cui si trovava, ma allo stesso tempo ne aveva paura. Vedere una faccia amica, però, aiutava a calmarla ed era già passato un mese dall'ultima volta che l'aveva vista.

Il professore di Samanta uscì dall'aula stringendosi nelle spalle, senza neanche salutare la sua studentessa. Finalmente, una volta sole, Samanta ritrovò la voce.

«Thelma?!» esclamò, correndole incontro a braccia aperte.

«Non mi hai portato con te!» disse Thelma, stringendo l'amica in un abbraccio. «Mi hai lasciata indietro e sei sparita!»

«Lo so, lo so e mi dispiace» mormorò Samanta, ricambiando l'abbraccio e ricacciando indietro le lacrime. «Ma non è stata una mia scelta, è successo e basta, Thelma»

Passarono quasi venti minuti prima che Thelma si riprendesse, e a quel punto Samanta convenne che fosse meglio portare Thelma all'appartamento, così che Willbur potesse spiegargli ogni cosa – inoltre, Samanta aveva altre lezioni importanti quel giorno.

La fece entrare in casa sua, le presentò Olivia e poi la lasciò fra le braccia di Willbur. Una volta fuori, sul pianerottolo dello stabile in cui viveva, scosse il capo e pensò: Ieri Willbur e la sua famiglia, oggi Thelma... Devo aspettarmi dell'altro?

Ma le cose non erano di certo finite. Infatti, proprio mentre richiamava l'ascensore, il suo cellulare vibrò e Samanta lo tirò fuori dalla tasca dei jeans. Sul display c'era segnato l'arrivo di un nuovo messaggio, e il mittente era sua madre.

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Capitolo 19
*** Capitolo XIX ***


It does not do to dwell on dreams and forget to live ~ Albus Dubledore
 

All'età di soli undici anni, nel mese di Dicembre, Samanta si sentiva felice e carica per le feste di Natale. Ogni mattina, prima di andare a scuola – le vacanze sarebbero iniziate intorno al 21 Dicembre –, si affrettava a chiedere alla madre se, una volta tornata a casa, avrebbero potuto finalmente fare l'albero.

L'otto Dicembre, quell'anno, capitò di domenica e Samanta si svegliò all'alba. Suo padre preparò tre tazze di cioccolata fumante, mise su un grosso piatto bianco una vasta scelta di biscotti e portò tutto nel salone. Passarono l'intera giornata ad addobbare l'albero, e il resto della casa.

Verso sera, però, il padre di Samanta si era sentito poco bene e aveva detto alla moglie che sarebbe andato a letto presto. Ma il mattino successivo le cose non erano cambiate: l'uomo aveva dato segnali di peggioramento e, come se non bastasse, continuava a correre in bagno a vomitare.

Un pomeriggio, suo padre si sentiva così male che la moglie dovette portarlo al pronto soccorso. Samanta rimase a casa di un'amica, aiutando quest'ultima a fare l'albero di Natale – tutto per non pensare ai suoi genitori in ospedale.

Passò un mese, le analisi che aveva fatto il padre in ospedale non davano nulla di strano. Ma, a guardarlo bene, madre e figlia si resero conto che aveva perso peso, senza fare attività fisica. La sera poi, mentre si stendeva sul letto, l'uomo non faceva che lamentarsi del dolore nell'area dello stomaco.

La famiglia consultò uno specialista, e la notizia che seguì non fu una delle migliori. Il padre di Samanta aveva il cancro allo stomaco, malattia che ormai si era spostata un po' ovunque nel suo corpo. Provarono comunque diverse terapie, e per un periodo di tempo sembrò andare tutto bene.

Il giorno in cui Samanta soffiò su dodici candeline, i suoi genitori organizzarono una piccola festicciola. Avevano invitato qualche parente e qualche amico della ragazzina, c'erano regali da scartare e giochi da fare. Insomma, il compleanno di Samanta filò liscio e sereno.

Ma qualche mese dopo, suo padre ebbe una crisi e fu ricoverato d'urgenza. Non passò molto prima che il suo cuore smise di battere, e da quel giorno le cose cambiarono completamente.

«E' strano però» commentò Olivia, cercando nel suo armadio un pigiama che potesse andare bene a Thelma. «Solitamente sei tu che le scrivi, o la chiami per prima, non viceversa»

Era calata la sera e Samanta si era rifugiata nella loro camera, saltando la cena e evitando tutti quanti. Dal momento in cui aveva ricevuto un messaggio da sua madre – un banale "Ciao Samy" –, la giornata di Samanta si era fatta confusa: le lezioni non avevano senso, il gruppo di studio neanche e, per saltare il lavoro anche quella sera, si era data nuovamente malata.

«Le hai risposto?» proseguì Olivia, guardando con la coda dell'occhio Samanta.

La ragazza aveva il viso completamente inespressivo, i suoi occhi erano fissi verso una delle pareti e il silenzio fu la sua risposta. No, non aveva risposto al messaggio di sua madre; non era nemmeno sicura di volerlo fare.

«Sai che dovresti fare? Prenderti un bel week-end di riposo da ogni cosa» concluse Olivia, voltandosi per sorriderle. «Prendi la macchina, raggiungi la seconda casa che i tuoi hanno comprato secoli fa e restaci fino a lunedì. Vedrai, ti sentirai meglio»

«Secoli fa» replicò Samanta, in tono pacato. «Non sono così vecchia»

Olivia scoppiò in una breve risata, che rubò un sorriso all'amica. Prima di uscire dalla loro camera, Olivia le si avvicinò e le diede un bacio sulla fronte, poi la lasciò sola. Samanta, non avendo comunque fame, si infilò il pigiama e si sdraiò, chiudendo subito dopo gli occhi per dormire.

Nei suoi sogni stava seduta sul divano di casa sua, accanto a lei c'era suo padre che guardava una partita di calcio insieme ad un altro uomo. Sua madre, seduta sulla poltrona di fronte, con un libro in mano, non faceva che scuotere la testa.

«Capisco che tu sia euforico dal fatto che anche a Frederick piaccia il calcio» mormorò sua madre, Valentina, alzando nuovamente gli occhi dal libro. «Ma si potrebbe fare altro, magari qualcosa che faccia divertire anche me e tua figlia»

«Mamma non ha buttato il Monopoli, sai papà?» aggiunse Samanta, facendogli un sorrisetto.

«Oh no, niente Monopoli» rispose Luca, suo padre. Si voltò verso Frederick che, con occhi curiosi, stava cercando di capire che cosa ci fosse di male in un gioco da tavolo, quindi Luca proseguì: «La tua fidanzata ha il talento di rendermi povero in soli dieci minui. Farmi battere così, con te presente, mi farebbe sembrare un rammollito ai tuoi occhi»

«Parli a Frederick come se fosse un amante» commentò Valentina, alzando gli occhi al cielo.

«Hey, il ragazzo mi piace e credo sia quello giusto per la mia bambina» fece subito Luca, guardando la moglie dritto negli occhi. «Perciò mi comporto come mi pare e piace»

«Lo sapete che siamo qui con voi, vero?» domandò Samanta, corrugando la fronte.

«E poi io non potrei mai pensare che tu sia un rammollito, Luca» disse improvvisamente Frederick, sorridendogli. «Il sabato sera, quando non abbiamo voglia di fare niente, rimaniamo a casa a giocare a Uno. Non vinco mai: ho il presentimento che tua figlia abbia qualche trucchetto»

«Non imbroglio, se è questo quello che pensi» commentò sulla difensiva Samanta, incrociando le braccia al petto. «Sono solo molto più brava di voi, ecco qua»

«E indovina da chi hai preso?» si aggiunse Valentina, facendole l'occhiolino.

Samanta si svegliò con un sussulto, si voltò verso il comodino e guardò l'orario sulla sveglia. Erano le quattro di mattina e quello che aveva appena vissuto, sfortunatamente, era solo un sogno.

Si tirò su a sedere e realizzò che il mondo dei sogni poteva essere bellissimo e perfetto, ma di certo non era la realtà in cui viveva. Il suo mondo, al momento, era sottosopra e Samanta stava ancora cercando di capirci qualcosa: c'erano quattro persone, nell'appartamento che condivideva coi suoi amici, che venivano dal 1811; i sogni non erano una priorità.

Per quanto riguardava sua madre, Samanta afferrò il suo cellulare le rispose. Pochi attimi dopo, quasi la donna fosse rimasta in attesa di un messaggio della figlia, Valentina le mandò un ultimo messaggio: Questo week-end torna a casa, ho bisogno di parlarti ed è importante. Non accetto un no come risposta.

 

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Capitolo 20
*** Capitolo XX ***


I like hugs. The really long hugs, the ones where you just don't want to let go

 

Sabato mattina Samanta si svegliò all'alba, ma rimase nel suo letto fino alle sette del mattino, senza muovere neanche un muscolo. Lanciò una veloce occhiata ad Olivia che, coi capelli che le coprivano il volto e la bocca aperta, dormiva tranquilla.

In punta di piedi, Samanta raggiunse la cucina e trovò Thelma seduta davanti ad una tazza di tè fumante. Le fece un cenno per salutarla, poi aprì un mobiletto e tirò fuori il caffè e il miele. Quando tutto fu pronto, prese da un altro scaffale una tazzina e versò il liquido nero.

«A che ora ti sei svegliata?» sussurrò Samanta all'amica, mettendosi tre cucchiaini di miele nel caffè.

«Non ne ho idea» rispose l'altra; il suo sguardo era fisso sul tè. «Era ancora buio quando sono venuta di qua, questo è la quarta tazza che mi bevo. Te, invece?»

«Credo fosse l'alba» rispose Samanta. «Ma credo sia il nervosismo. Fra un'ora mi metto in viaggio e torno a casa da mia madre: a quanto pare ha qualche cosa di importante da dirmi»

«Vuoi che venga con te? Sembri piuttosto tesa, al pensiero di questo incontro» replicò Thelma, bevendo il suo tè sorso dopo sorso.

Samanta scosse il capo. «Sono tesa, questo non lo nascondo. Ma devo andarci da sola: ho anche io delle cose da dirgli, ho bisogno di chiarimenti»

Thelma annuì semplicemente, prendendo subito dopo un altro sorso di tè. Le due giovani rimasero in silenzio per quasi mezz'ora, entrambe riflettendo sui propri pensieri. Samanta finì il suo caffè, ripose la tazzina nel lavello e si decise ad andare in bagno per farsi una doccia calda.

Un'ora più tardi Samanta era seduta in macchina, ferma ad un semaforo rosso. Si era infilata una gonna nera – a vita alta – che le arrivava poco sopra le ginocchia e una maglietta color crema che le fasciava ogni curva del busto. La ragazza si passò una mano fra i capelli, lasciati sciolti, e sospirò quando il semaforo diventò verde.

Entrò in autostrada dieci minuti dopo e, sorpassando di tanto in tanto macchine e camion, guidò con un po' di ansia e nervosismo. Si chiese come mai sua madre volesse vederla, nella loro vecchia casa poi; anche rimanendo un'intera giornata a pensarci, non sarebbe riuscita a trovare il motivo per quel breve scambio di messaggi.

Quando Samanta parcheggiò nel vialetto di casa, ci mise qualche minuto per scendere dall'auto. Tutto era rimasto come una volta; non era cambiato di una virgola nemmeno l'albero dove, da piccola, si arrampicava.

Samanta scese dall'auto, raggiunse la porta d'ingresso e suonò il campanello. Quando Valentina, sua madre, le aprì, Samanta trattenne il respiro. Sua madre la sorprese abbracciandola, poi, una volta fatta entrare, la accompagnò in salotto e la fece sedere su nuovi divani in pelle nera.

Se l'esterno era rimasto invariato, l'interno era completamente l'opposto. Erano sparite quasi tutte le foto di famiglia, i quadri che piacevano tanto a Valentina e Luca e persino le pareti avevano un nuovo colore. La poltrona preferita di Luca non c'era più, ma al suo posto vi era stato messo un mobiletto dove poter mettere telecomandi e altro.

«Che è successo qui dentro?» domandò Samanta, guardandosi intorno.

«Ho rinnovato qualche cosa» rispose sua madre, facendole cenno di sedersi su uno dei divani.

«Qualcosa?» chiese Samanta, con un filo di sarcasmo. «Hai cambiato ogni cosa»

Valentina annuì, ma subito dopo abbassò il capo. «Ogni cosa mi ricordava tuo padre, non ce l'ho fatta. Ma la tua cameretta è rimasta come l'hai lasciata prima di trasferirti»

Se non altro, Samanta era contenta che non avesse risistemato anche la sua vecchia camera. Quelle quattro mura contenevano ricordi che non era ancora pronta a lasciarsi alle spalle, e in effetti non sapeva se l'avrebbe mai fatto. In ogni caso, annuì silenziosamente e attese che Valentina parlasse per prima.

«Dunque,» fece proprio la donna, mostrandole un sorriso. «ci sono delle novità»

«Che tipo di novità, mamma?» le domandò Samanta, tenendosi sulla difensiva.

Valentina aprì la bocca per proseguire, ma un pensiero la bloccò. Doveva riflettere attentamente, trovare le parole giuste da dire a sua figlia. Quindi inspirò profondamente e poi buttò tutto fuori, fissando successivamente il suo sguardo in quello di Samanta.

«Ti devo chiedere scusa per quello che ti ho fatto passare, in questi anni» iniziò, sistemandosi pieghe invisibili della maglietta. «Da quando tuo padre non c'è più, il nostro rapporto si è rovinato ed è solo colpa mia. Assomigli così tanto a Luca che per me, anche solo guardarti, è stato davvero difficile. Io amavo e amo tuo padre, ma quando ci ha lasciate mi sono sentita così debole e sola!»

«Non eri sola: avevi me» commentò Samanta, assottigliando lo sguardo.

Valentina annuì. «Questo lo so... adesso»

«Meglio tardi che mai, eh?» aggiunse subito Samanta, con sarcasmo.

«Samy, ascoltami: mi sono resa conto che ho fatto molti sbagli nella mia vita, e quello più stupido è stato prendere le distanze da te» continuò la donna, guardando la figlia con occhi lucidi. «Voglio che torniamo ad essere quelle di una volta, voglio che il nostro rapporti sia di nuovo come quello che avevamo quando c'era ancora papà. Ho bisogno di te, nella mia vita, e so che è tardi, ma non voglio perderti perché sei la mia bambina»

Samanta si stava sforzando per ricacciare indietro le lacrime, non voleva assolutamente piangere. Abbassò il capo, ad un certo punto, e fissò i suoi occhi sulle sue scarpe.

«Okay, credo sia abbastanza per oggi. Dimmi di queste novità» disse Samanta, tirando su col naso.

Valentina sospirò. «Ho conosciuto una persona: si chiama Pier, è francese»

Samanta non rispose immediatamente. Sua madre si stava vedendo con un uomo che non era suo padre, e questo la faceva stare male. Sapeva benissimo che non era tradimento, il rapporto che Valentina aveva iniziato con questo Pier, eppure sembrava che sua madre volesse rimpiazzare suo padre.

«Vi frequentate da quanto?» domandò Samanta, guardandosi le unghie di entrambe le mani.

«Un mese» rispose la madre. «E vuole conoscerti: stasera, a cena»

La ragazza annuì, poi si alzò e salì al piano superiore senza dire un'altra parola. Aprì la porta di camera sua e se la richiuse alle spalle una volta dentro, rifugiandosi in quello che, quando era più piccolina, era il suo mondo personale.

In un angolo, vicino alla finestra, c'erano ancora tre tele su cui Samanta aveva disegnato e dipinto diverse cose. Si avvicinò e sorrise: era sicuramente migliorata con gli anni. Poi c'era l'armadio coperto di poster di band, cantanti e attori; il letto con le coperte azzurro bastello, lo scaffale pieno di libri che aveva letto e riletto.

«Papà, sono a casa» sussurrò, sfiorando una foto di famiglia che aveva sul comodino accanto al letto. «Mi è mancato così tanto questo posto»

Si spostò verso la porta del suo bagno personale, ma non fece in tempo ad aprire la porta perché qualcuno lo aveva già fatto al posto sui. L'uomo sgranò gli occhi e la guardò intensamente, poi scosse il capo e scoppiò in una risata nervosa.

«Ho capito, sto sognando» disse.

Aveva gli occhi rossi e due grosse occhiaie scure. I capelli erano in disordine, il suo aspetto era quello di una persona che non dorme da giorni ed era persino dimagrito. Samanta lo guardava a bocca aperta, ma si ritrovò a fare un passo nella sua direzione.

«Eppure sembri così reale!» proseguì in un sussurro l'uomo, sorridendole. «Così bella... Samanta, dove sei?»

«A casa, Frederick, sono a casa» mormorò lei in risposta, accarezzandogli una guancia. «E tu non stai sognando: sei qui, con me»

«No, non è possibile» replicò lui, facendo un passo indietro, rientrando nel bagno di Samanta. «E se non mi sveglio subito potrei perdere la– Ouch! Perché mi hai tirato uno schiaffo?»

«Perché tu dici che stai sognando? Ti ho solo dimostrato che è tutto vero e che io sono reale» gli spiegò lei, alzando gli occhi al cielo.

Frederick corrugò la fronte, allungò una mano e le sfiorò una guancia. Fece un passo avanti, accorciando le distanze, e le prese le mani. Infine chiuse gli occhi, adagiò la sua fronte a quella di Samanta e inspirò profondamente.

È lei! È reale! Siamo di nuovo insieme!

«Non sparire questa volta, ti prego» mormorò Frederick, stringendola in un abbraccio. «Perché, in tal caso, non saprei come portare avanti la mia vita»

«Dov'è finito il gentiluomo che mi dava del lei? Quello che mi ha praticamente lasciata perché il decoro e altre stupide regole lo avevano costretto a tornare da Annette?» domandò Samanta, ricambiando la stretta.

Lui sorrise, poi le lasciò un bacio sul capo. «Ti ho cercata ovunque»

«Non sapevo come tornare e– un momento: tu sai che non sono del 1811 ma del 2017, vero?» disse tutto d'un fiato Samanta, staccandosi per guardarlo negli occhi.

«Lorain mi ha raccontato ogni cosa. All'inizio non volevo crederle: le ho dato della pazza nella mia mente» spiegò Frederick, sorridendo. «Ma poi ho riflettuto e tutto ha avuto un senso»

Proprio in quel momento, dal piano inferiore, sua madre la chiamò a gran voce. Il famoso Pier era arrivato e voleva conoscerla, ma Samanta non poteva di certo scendere e lasciare Frederick tutto solo nella sua vecchia camera.

«Scendo in un attimo!» esclamò per farsi sentire; poi guardò Frederick negli occhi. «Vieni, sono sicura che mia madre abbia tenuto qualche vestito di mio padre»

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Capitolo 21
*** Capitolo XXI ***


There is not an hour that goes by that I do not think of making love to you ~Jon Voigt


 

Pier Basil Clérico era un uomo alto e magro, aveva capelli biondi e corti e un accento francese molto forte. Lavorava come amministratore di una grossa azienda multinazionale, conosciuta in tutto il mondo, e si era trasferito in Italia da poco. Spesso si ritrovava a viaggiare per riunioni e controlli vari.

Sebbene dal modo in cui si comportava, Pier sembrasse uno di quelle persone snob e insopportabili, Samanta capì che era solo la voglia di farle una buona impressione che lo induceva a quel modo di fare. Lei si mostrò gentile e disposta a conoscerlo, e Valentina ne era visibilmente felice.

Nel frattempo, Frederick era uscito dalla porta sul retro come da istruzioni dategli da Samanta. Fece il giro della casa, suonò il campanello e cercò di comportarsi il più normalmente possibile. Salutò nuovamente Samanta con un sorriso, si fece prendere per mano e, qualche secondo dopo, si trovò in salotto con una donna che assomigliava molto a Samanta e ad un uomo dall'accento francese.

«Mamma, questo è Frederick Bartley. È in Italia per una vacanza con degli amici, l'ho conosciuto un paio di settimane fa al ristorante in cui lavoro» disse Samanta. «Purtroppo non sa l'italiano, ma farò da traduttore»

«E' un piacere conoscerti, Frederick» si affrettò a dire Valentina, sorridendo all'amico che Samanta aveva portato a casa.

Naturalmente, una parte di lei si chiedeva perché farglielo conoscere proprio quel giorno. Infondo, quel week-end sperava di dedicarlo a ricostruire la loro famiglia, a far conoscere a sua figlia il suo nuovo compagno; ma allo stesso tempo non si fece poi molti problemi.

Passarono un pomeriggio molto bello, dove ad un certo punto Frederick e Pier si misero a conversare del più e del meno in francese. Samanta ascoltò Frederick ammaliata, sorpresa dal fatto che lui conoscesse una seconda lingua, oltre alla sua.

Mentre parlava con la madre, raccontandole un po' di come stava procedendo l'università, Samanta sentì una mano sfiorarle la sua. Si voltò in quella direzione e ci trovò gli occhi di Frederick: la stava osservando intensamente, con un sorriso leggero dipinto in volto.

«Devi assolutamente fermarti a cena, Frederick!» esclamò improvvisamente Valentina, aspettando che sua figlia traducesse per lei. «Pier adora cucinare, è bravissimo ai fornelli, e sono sicura che anche a Samanta farebbe piacere»

Frederick, ormai da qualche ora nel 2017, annuì e si offrì di aiutare Pier in cucina. Ma questo scosse il capo: quello che avrebbe preparato per loro quella sera era una sorpresa, non avrebbe permesso neanche a Valentina di aiutarlo. Così, mentre Valentina andava a prendere qualcosa da bere, Frederick e Samanta rimasero soli in salotto.

«Tua madre è molto gentile» mormorò Frederick, guardando le loro mani ancora strette l'una nell'altra.

«Avresti dovuta conoscerla quando c'era ancora mio padre» disse lei, sospirando.

Frederick si avvicinò a Samanta, le diede un bacio sulla fronte e poi la guardò negli occhi. Samanta sapeva che l'uomo che le teneva la mano stava per dirle qualcosa di importante, lo capiva dal modo in cui Frederick la osservava. Ma Valentina entrò in salotto con un vassoio, tre bicchieri, una bottiglia di vino bianco e una ciotola di patatine.

«Rimani qua, Samy? Stanotte, intendo» le domandò la madre, sorridendole.

Samanta scosse il capo. «Non lo so ancora, forse»

«Lo sai che abbiamo una camera in più: Frederick può restare anche lui!» replicò la donna, versando ad entrambi un bel bicchiere di vino.

Samanta, allora, propose a Frederick di rimanere lì. La giovane sapeva benissimo che lui non aveva dove andare, ma glielo chiese comunque. Bartley accettò immediatamente, poi propose un brindisi.

La cena, quella sera, fu deliziosa. Pier era davvero un ottimo cuoco, ed era pure bravo a raccontare barzellette. I quattro passarono quasi due ore seduti al tavolo in sala da pranzo, chiacchierando su qualsiasi argomento gli venisse in mente.

«Sai, puoi ancora decidere se tornare indietro»

Era l'una di notte, Samanta era entrata nella camera degli ospiti in punta di piedi. Ora, distesa accanto a Frederick, guardava il soffitto e pensava ad alta voce.

«Voglio dire: non è che non ti voglia qua, ma posso capirti se ti manca casa tua e... beh, il tuo tempo» proseguì lei, in un sussurro.

Bartley allungò un braccio e le prese la mano. Quello era l'unico contatto fisico che avevano avuto da quando lui era arrivato, quello e qualche bacio sulla fronte di Samanta. Forse Frederick non era ancora pronto ad osare, a buttarsi come lei aveva fatto in chiesa, il giorno del matrimonio di Lorain e Harvey. Ma lo avrebbe fatto? Certo che sì.

«Non saprei come tornare, comunque» replicò lui, disegnando cerchi invisibili sulla pelle di Samanta. «E poi qui mi piace: mi sento più libero e non ho mio padre che vuole costringermi a fare ciò che non voglio»

«Ma è tutto diverso, Frederick» sussurrò lei, voltandosi verso l'uomo. «Riuscirai ad ambientarti?»

«Mi darai una mano tu» rispose Bartley, convinto della sua affermazione. «Perché adesso che ti ho ritrovata, non ti lascierò andare così facilmente»

Samanta sorrise, poi alzò il busto e raggiunse la bocca di Frederick. Lui non si tirò indietro, ricambiò il bacio e sentì una scarica elettrica percorrergli il corpo; così la strinse fra le sue braccia, avvicinandola ancora di più al suo corpo, e allora approfondì il bacio.

Quando Samanta si staccò, lesse negli occhi di Frederick il disappunto, e non capì il perché. Lei si era trattenuta dal continuare: avrebbe voluto avere di più, fare di più, ma non era sicura che Frederick avrebbe acconsentito.

«Probabilmente mi toccherà aspettare fino al matrimonio» borbottò lei, ritornando a sdraiarsi accanto a lui.

Ma Frederick non voleva di certo chiuderla lì, la cosa. Prese una decisione importante, mandò al diavolo tutte le regole che aveva imparato fin da piccolo, e premette le sue labbra su quelle di Samanta. Aveva bisogno di lei quasi fosse aria, voleva sentirla più vicina ed era pronto a farla sua, per sempre. La giovane rimase un po' sorpresa, ma subito ricambiò il bacio e inspirò il suo profumo.

Per Frederick era la prima volta, e ne andava già pazzo. Erano uniti come un'anima sola, riuscivano a capirsi alla perfezione e le loro menti erano libere e leggere. L'uomo voleva urlare, voleva dirle che era follemente innamorato di lei, ma Samanta continuava a baciarlo e questo non gli dava altre possibilità, se non ricambiarla.

Un'ora dopo, nudi e avvinghiati sotto una leggera coperta, i due erano ancora svegli. Samanta stava rivivendo quello che era successo fra loro, e stava sorridendo, felice come una Pasqua. Anche Frederick ci stava pensando e il primo pensiero che ebbe fu: Tornare indietro senza di lei? Non se ne parla nemmeno.

«Non ti ho detto una cosa» sussurrò Frederick, voltandosi per guardare negli occhi la giovane.

«Che cosa?» fece lei, un po' assonnata.

«Sono innamorato di voi, Miss Masini» confessò lui, avvicinandosi al viso di lei. «Il mio cuore è vostro dal primo momento in cui i nostri sguardi entrarono in contatto l'uno con l'altro, e io l'ho sempre saputo»

Le rubò un bacio a fior di labbra, poi proseguì. «E dal momento in cui iniziammo a conversare davvero, capii che al mondo non poteva esserci altra donna, se non voi, al mio fianco. Io vi amo così tanto, Samanta! Così tanto che per voi ho addirittura viaggiato avanti nel futuro, così tanto che non mi importa della vita che avevo prima, ma di quella che avrò da ora in avanti, con voi.

«Naturalmente, essendo nuovo in quest'epoca, vi devo obbligare a rimanere con me per tutta la vita: qualcuno che mi spieghi ogni cosa ci deve pur essere» concluse.

Samanta scoppiò a ridere, adesso si sentiva più sveglia. «Lo sapevo che c'era il trucchetto. Ma sì, accetto la proposta, Mr Bartley: le spiegherò tutto»

«Bene» mormorò Frederick, baciandola ancora una volta; poi aggiunse: «Ti amo» 

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Capitolo 22
*** Capitolo XXII ***


Good friends are like stars. You don't always see them, but you know they're always there


 

Lunedì mattina, verso le otto, Frederick e Samanta entrarono nell'appartamento di lei tenendosi per mano. Furono entrambi accolti dal piccolo Edward che, con solo un pannolino addosso, correva per casa ridacchiando, mentre Willbur lo rincorreva.

Anne e Olivia, sedute sul divano, guardavano un film romantico. Avevano gli occhi lucidi ed erano super concentrate su quello che stava succedendo ai due protagonisti, cosa che fece sorridere Samanta.

«Mr Bartley!» esclamò Willbur, facendo un veloce inchino quando si accorse di lui.

«Credo non ci sia più bisogno di questo tipo di saluti, non credi?» ridacchiò Frederick, spostando lo sguardo su Edward che si era fermato per aspettare il padre. «Ti somiglia molto, sai?»

«Tu come... come lo sai?» gli chiese Willbur, sgranando gli occhi.

«Samanta mi ha spiegato come sono andate le cose fin dall'inizio, e mi ha anche detto che avrei trovato te e Thelma qui» rispose Bartley, cingendo la vita di Samanta.

Irma uscì dalla sua camera proprio in quel momento, indossava i pantaloni grigi della tuta e una maglietta rubata dall'armadio di Mirko. I capelli erano in disordine, lo sguardo era stanco e spento: Samanta capì che era in quel periodo del mese.

Samanta le fece un sorriso, che Irma ricambiò e si avvicinò per conoscere il nuovo arrivo. Frederick si presentò stringendole la mano, poi la guardò rifugiarsi in cucina. Mirko era a lezione a quell'ora, ma sicuramente si sarebbe lamentato che in casa c'era già troppa gente – ma Samanta sapeva che a lui, ormai, andava bene così.

«Il letto è un piccolo, ma credo possa bastare» mormorò Samanta, mostrando a Frederick la camera che condivideva con Olivia. «Dovrò mettermi a cercare un appartamento più grande, ma con lo stipendio del ristorante e l'università sarà difficile»

Frederick la prese dolcemente per mano, facendola sedere sul letto. «Voglio aiutare, Samanta: troverò un lavoro, ti darò una mano in tutto»

«E mi insegnerai il francese?» gli chiese, interrompendolo.

«Anche» rispose Frederick, sorridendole.

«Mr Bartley, ti amo tantissimo»

~ ~ ~ ~ ~ ~

2 MESI DOPO

«Evan, coi capelli blu, è un figo pazzesco!» esclamò Irma, mordendosi il labbro inferiore alla vista di Evan Peters nei panni di Kai, nella nuovissima stagione di American Horror Story.

«Lo è sempre» la corresse Samanta, sorridendo maliziosamente.

Mirko e Frederick guardarono le rispettive ragazze e corrugarono la fronte. Sì, Evan Peters era un attore da Oscar e un bell'uomo, ma si rendevano conto che in salotto c'erano anche loro due?

Erano le dieci di sera di una splendida domenica, e i coinquilini si erano organizzati per iniziare la nuova stagione di American Horror Story. Non si erano mai persi una puntata e, coi due episodi appena usciti, dovevano rimettersi subito in pari.

Olivia e Thelma erano sedute sul pavimento, sgranocchiando pop-corn, mentre Frederick e Samanta erano seduti in due su una poltrona. Mirko si era aggiudicato il divano, insieme ad Irma, dopo una scommessa fatta con Frederick; adesso la coppia era comodamente sdraiata e concentrata.

«Dovremmo far vedere tutte le altre stagioni a Thelma e Frederick» disse ad un certo punto Olivia, rimanendo con gli occhi puntati sullo schermo della televisione. «Bisogna assolutamente fargli capire chi è Twisty il Clown e qual è la sua storia»

«Io ci sto!» annuì Samanta, scoccando un sorriso a Frederick.

Frederick e Thelma si trovarono sorpresi nel vedere come, nel 2017, immagini come quelle che si vedevano in serie tv – come American Horror Story – fossero completamente normali. Mirko aveva spiegato ad entrambi che Ryan Murphy, ovvero colui che aveva dato vita alla serie, era un artista e che i suoi lavori erano spettacolari.

All'inizio, Thelma aveva avuto dei dubbi se aggregarsi e iniziare a guardare la serie oppure no, ma alla fine aveva ceduto. Adesso, infatti, sedeva accanto ad Olivia e sembrava la più concentrata di tutti: sì, le piaceva quello show.

Era un peccato, però, che con loro non ci fossero anche Willbur e Anne. Non avrebbero mai fatto vedere a Edward quella serie tv, ma i genitori avrebbero potuto apprezzarla. Infatti, al momento la piccola famiglia si era trasferita nella seconda casa di Samanta. Si trovavano molto bene ed erano felici di essere insieme, ma le difficoltà arrivavano quando Willbur o Anne erano in cerca di occupazione.

Il mattino seguente, Samanta si svegliò con un sorriso sulle labbra. Sentiva il calore che il corpo di Frederick emanava, ed era così bello averlo lì con lei. Non voleva alzarsi, non voleva abbandonare il suo letto e Frederick, ma doveva recarsi all'università per delle lezioni, quindi non aveva scelta.

Quando fu davanti al portone dello stabile, controllò la cassetta delle lettere e trovò una busta dalla carta ingiallita. Sembrava avesse più di cent'anni, doveva stare attenta e maneggiarla con cura.

"Cara Samanta,

ormai sono passati cinque anni da quando sei sparita e non passa giorno in cui io non senta la tua mancanza. Ti chiederai come abbia fatto a trovare il tuo indirizzo, ma questo lo spiegherò alla fine. Quindi mettiti comoda, perché ho molto da raccontarti.

Io e Harvey siamo ancora felici ed innamorati come lo eravamo in principio, ma adesso a farci compagnia ci sono tre piccoletti. Non sei contenta? Sono una mamma!

Il maggiore ha quattro anni, è molto allegro e vivace ed è tutto suo padre; lo abbiamo chiamato Willbur, come il fratello di Harvey. È arrivato poi un altro maschietto, che Harvey ha voluto chiamare Frederick: io non mi sono opposta, lo trovo uno splendido nome!

Ma è da poco nata una femminuccia, una splendida bambina che ha preso gli occhi da me e il naso da suo padre. Aveva già i capelli! L'abbiamo chiamata Samanta Thelma Ross, in onore delle mie due più fidate amiche. Mia madre è un po' arrabbiata, perché non ho dato alla piccola il suo nome; ma adesso che le ho spiegato ogni cosa, capisce alla perfezione.

Ma ora basta parlare dei miei figli, che sono la gioia dei miei occhi e, naturalmente, anche quelli di Harvey!

Già da tempo, ormai, io e il mio amato marito abbiamo capito che sei tornata nel tuo tempo. Sapendo anche che Willbur e Thelma volevano venire con te, possiamo solo sperare che si trovino bene nel 2017 e che si stiano ambientando velocemente. Harvey ti chiede solo un favore: dagli un'occhiata ogni tanto, controllali e prenditi cura di loro.

Per quanto riguarda Frederick Bartley, da tempo avevo capito che ti avrebbe seguita fino in capo al mondo. Sono sicura che sia lì con te adesso, che ti abbia trovata e che sia finalmente felice. Lontano dalle grinfie di Annette Walla, soprattutto.

Samanta era destino che fra voi le cose andassero così. Il fato aveva deciso per entrambi e, alla fine, l'amore ha vinto su ogni cosa. Cielo! Sono così felice per te!

Devo ammettere che, come ho scritto all'inizio di questa mia missiva, sento la tua mancanza. Sei un'amica preziosa per me, Samanta, anche se ci divide quasi un secolo! Non potrò mai dimenticare il giorno in cui ci siamo incontrate per la prima volta, e di certo sono sicura che neanche tu ne sarai capace.

È stata una bella avventura, finché è durata. Ti voglio quindi ringraziare, per ogni cosa Samanta: sei e sarai una delle mie più grandi amiche e io ti voglio un mondo di bene!

Ora veniamo a come ho fatto a trovare il tuo indirizzo. O meglio: come questa lettera ha scovato il luogo in cui abiti. Ebbene, affiderò questa lettera al piccolo Willbur e, una volta cresciuto, lui la passerà ad uno dei miei nipoti. Facendo così, ad un certo punto arriveremo al 2017, no?

Ripongo, dunque, tutta la mia fiducia nei discendenti miei e di Harvey, nella speranza che sappiano come rintracciarti. Chissà, magari potranno usare quel coso che... come l'hai chiamato? Ah, giusto: internet!

Ma ora perdonami, Harvey vuole fare una passeggiata coi bambini e sta chiamando anche me. Ti penserò ogni giorno, Samanta.

Con affetto.

Lorain Ross"

Samanta era seduta sulle scale dello stabile in cui abitava, tra le mani stringeva la lettera di Lorain. Aveva iniziato a piangere fin dall'inizio, non era riuscita a trattenersi. Ad un certo punto, mentre leggeva, si era resa conto che stava tremando.

Ripiegò la lettera con cura, ritornò all'appartamento e richiamò tutti i suoi amici. Thelma, a sentire che Lorain e Harvey avevano dato il suo nome alla loro bambina, scoppiò in lacrime di gioia e saltellò per tutta casa; Frederick riuscì a trattenersi, ma strinse in un abbraccio Samanta e continuò a sorridere fino a quando non gli fecero male le guance.

Persino Olivia e Irma, che avevano vissuto questa avventura attraverso i racconti dei loro amici, si commossero. Mirko, in mezzo alle due, cercò di consolare entrambe; sorrideva: era felice di sapere che anche nel 1816 le cose andavano più che bene.

Quella stessa sera, Thelma chiamò Willbur e gli raccontò tutto. Anche lui, sebbene continuasse a dire: «Sono un uomo, non posso piangere!», scoppiò in lacrime.

Era uno splendido lunedì e finalmente, sia nel 2017 che nel 1816, tutto sembrava perfetto. 

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Capitolo 23
*** Epilogo ***


The end


 

Erano passati ben tre anni dall'avventura che Samanta aveva vissuto, e le cose andavano alla grande per lei. Stava ancora frequentando l'università: voleva prendere un master e, allo stesso tempo, fare diverse abilitazioni per diventare insegnante delle elementari.

Frederick, una volta trovato lavoro in un piccolo bar, si era concentrato sullo studio. Samanta l'aveva aiutato con la scelta di una scuola serale adatta. Di tanto in tanto le chiedeva qualche cosa per dei testi scritti che doveva fare, ma per il resto sela cavava benissimo anche da solo.

Si erano trasferiti, da quasi un anno ormai, nell'appartamento accanto a quello in cui vivevano Mirko, Irma, Thelma e Olivia. I precedenti affittuari avevano cambiato casa e Samanta, chiacchierando col padrone, aveva chiesto quanto avrebbero dovuto pagare ogni mese lei e Frederick. Il prezzo che questi gli aveva fatto non era alto: l'appartamento era diventato loro.

«Mi hanno promosso all'esame della patente, amore! Fa guidare me!» si stava lamentanto Frederick, mentre richiamava l'ascensore.

«Piove troppo, Fred» replicò Samanta, chiudendo con due mandate l'appartameno in cui vivevano. «Guido io all'andata, così sono sicura che arriveremo sani e salvi alla festa di compleanno di Edward»

«D'accordo, il ritorno è mio!» esclamò Frederick, ridacchiando.

Quando furono nell'ascensore, loro due soli, si baciarono e si abbracciarono. Venti minuti più tardi, Samanta parcheggiò l'auto davanti alla nuova casa di Willbur e Anne. Si erano trasferiti anche loro, nel corso di quei tre anni; dalla seconda casa dei genitori di Samanta, si erano spostati in una villetta molto graziosa.

Anne aiutava una vecchia signora in una piccola libreria, metre Willbur stava studiando per diventare avvocato e, intanto, lavorava a destra e a manca. Edward ormai aveva quattro anni ed era un bambino molto vivace, pieno di amici e sempre allegro.

«Vuoi due siete sempre gli ultimi!» esclamò Mirko, tenendo in una mano l'omprello che riparava lui e Irma dalla pioggia.

«Sì» aggiunse Irma, incrociando le braccia sotto al seno. «Sempre a sbaciucchiarvi ogni volta che potete. Mi fate vomitare cuoricini e orsacchiotti, voi due!»

«Perdonateci se siamo tanto carini» replicò Samanta, alzando gli occhi al cielo mentre un sorriso le si dipingeva sulle labbra.

Samanta, schiacciando un pulsante sulle chiavi dell'auto, aprì la sua macchina e Mirko e Irma si infilarono sui sedili posteriori. Frederick fece uno scatto, superò il veicolo e si sedette accanto a Samanta – che aveva già le mani sul volante.

Dietro di loro, un'altra macchina continuava a fargli le luci. Era quella di Olivia, e su con lei c'erano anche Thelma, Moe e Chiara. Olivia stava facendo capire a Samanta che erano pronti a partire, e che in realtà stavano aspettando solo lei.

Olivia si era fidanzata con Moe Wild, un ragazzo americano che viveva in Italia da anni. Al momento stavano discutendo di andare a convivere, lasciando l'appartamento a Mirko, Irma e Thelma; nulla ancora di ufficiale, in ogni caso.

Thelma, invece, aveva conosciuto Chiara Mazzantini ad un corso di fotografia. Si erano piaciute fin da subito e, dalla seconda lezione in poi, si erano frequentate spesso. Dopo quasi due mesi di uscite e appuntamenti, Chiara aveva fatto il grande passo e adesso lei e Thelma stavano insieme.

«Abbiamo una sorpresa per tutti!» esclamò Willbur, cingendo la vita di Anne e tenendo Edward per mano. «E' il nostro personale regalo di compleanno a questo piccolo ometto»

«Io sono grande, papà!» si lamentò Edward, battendo i piedi. «Grande ometto, non piccolo!»

«In ogni caso,» proseguì Anne, sorridendo ai presenti. «il nostro grande ometto presto avrà compagnia!»

Samanta capì all'istante: Anne era incinta. Thelma buttò le braccia al collo di Anne, lasciando deluso Willbur che pensava fosse per lui l'abbraccio; tutti scoppiarono a ridere, poi Thelma diede un baccio a suo fratello e si congratulò con loro.

Edward saltò in braccio alla madre, riempiendole il viso di baci, poi fece lo stesso anche con suo padre. Poi la festa riprese da dove l'avevano interrotta: mangiarono la torta di Edward, chiacchierarono e canticchiarono tutti insieme.

Verso sera, mentre Olivia e Thelma giocavano con Edward, Samanta si sedette sul divano accanto a Frederick e gli diede un bacio sulla guancia. Lui era mezzò addormentato, infatti usò la giovane come cusino – poggiando la testa sulla sua spalla.

«Grazie per avermi condotto qui» mormorò Frederick, chiudendo gli occhi. «Non so cosa avrei fatto, se fossi rimasto bloccato nel mio tempo»

«A quest'ora avresti una moglie e, molto probabilmente, dei figli. Non ti sembra una bella cosa?» ridacchiò lei, intrecciando le dita delle loro mani.

«Adesso che mi ci fai pensare...» fece l'uomo, sorridendo maliziosamente, sempre con gli occhi chiusi. Ma quando Samanta gli tirò una leggera gomitata, Frederick scoppiò a ridere e aggiunse: «Okay, okay! Sono felice di essere qui con te e non nel passato con Annette, d'accordo?»

Samanta voltò il volto nella sua direzione, fece scontrare le loro labbra e approfondì immediatamente il bacio. Era sicura che lei e Frederick sarebbero rimasti insieme fino alla fine dei loro giorni, e già pregustava l'idea di mettere su famiglia.

Anche Frederick aveva lo stesso pensiero. Lui era eccitato di poter avere, in giro per casa, dei piccoletti che assomigliavano un po' a lui e un po' a lei – in realtà, lo sognava dal giorno in cui aveva capito di amarla.

«Forse dovremmo salutare gli altri e tornare a casa» sussurrò Samanta sulle labbra di Frederick. «Mi è venuta un'idea su come concludere come si deve questa serata, e ho bisogno di te per questo»

«Mi hai convinto dicendo semplicemente "forse"» sussurrò lui in risposta, sorridendo.

«Potremmo provare a metter su famiglia» ridacchiò lei, ma era una risata sensuale che accese in Frederick tutta la passione che aveva in corpo.

«Sembra un'ottima idea, in effetti» rispose lui, alzandosi subito dopo per correre a salutare il resto del gruppo.

Samanta si alzò dal divano ridacchiando. Si fermò un secondo a guardare una foto di famiglia, dove Willbur, Anne e Edward sorridevano. Realizzò che, sebbene avesse ancora un master da finire e un lavoro stabile da trovare, Samanta era pronta e sapeva benissimo che Frederick lo era.

Infine, prima di lasciare la casa di Anne e Willbur, ripensò all'avventura che aveva vissuto nel 1811. Se non fosse stato per quel viaggio nel passato, a quest'ora non avrebbe conosciuto Thelma, Willbur, Anne, Lorain, Harvey, Mrs Thomas e tutti gli altri che aveva incontrato là. Ma soprattutto, se fosse rimasta nella biblioteca, senza tirare quel misterioso pomello, non avrebbe incontrato Frederick.

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