The Process

di Signorina Granger
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Scelta OC ***
Capitolo 3: *** Il Processo ***
Capitolo 4: *** I colloqui ***
Capitolo 5: *** I cubi ***
Capitolo 6: *** Gli antidoti ***
Capitolo 7: *** L’enigma ***
Capitolo 8: *** Il corridoio ***
Capitolo 9: *** La porta (Parte I) ***
Capitolo 10: *** La porta (Parte II) ***
Capitolo 11: *** La porta (Parte III) ***
Capitolo 12: *** I Patronus ***
Capitolo 13: *** La scelta (Parte I) ***
Capitolo 14: *** La scelta (Parte II) ***
Capitolo 15: *** Prova individuale ***
Capitolo 16: *** L’Offshore ***
Capitolo 17: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


The Process



Prologo


1º Settembre, 85º anno del Processo


Benjamin Kubrick, Direttore del Processo Benjamin_Kubrick



Mentre sistemava distrattamente il colletto bianco della camicia che indossava Benjamin teneva gli occhi azzurri fissi sullo specchio che aveva davanti, concentrandosi ben poco sul suo riflesso quanto più sul Processo che sarebbe iniziato di lì a pochi minuti attraverso il suo discorso di apertura, che stava per pronunciare per la quarta volta davanti a tutti i candidati.

Benjamin odiava quel rituale, trovare qualcosa di diverso da dire per il quinto anno di fila gli era risultato molto arduo nelle settimane precedenti, trascorse alternando la stesura del discorso con la programmazione dei test e delle prove alle quali avrebbero sottoposto i candidati per selezionarli.

Ricordava perfettamente il giorno in cui si era recato lì per la prima volta, a ventidue anni, e aveva ascoltato il discorso di apertura dal vivo. Ricordava chiaramente la sua determinazione, sicuramente pari a quella di molti altri ragazzi che avevano iniziato il Processo insieme a lui… ma erano stati ben pochi quelli che erano riusciti a superarlo, rientrando nella bassa percentuale di selezionati che avrebbero potuto accedere nell’Offshore, abbandonando la loro vecchia vita per sempre.
Quasi sorrise nel ripensare a quel giorno, certo che mai quel ragazzo avrebbe pensato di diventare, in futuro, colui che avrebbe gestito e programmato il Processo a cui lui stesso si era sottoposto insieme a tutti i suoi coetanei vent’anni prima.

Per riuscire a superare correttamente tutte le Prove servivano molte cose, prima di tutte forse proprio la determinazione e la fiducia in se stessi… ogni errore comportava l’espulsione, e difficilmente qualcuno con una scarsa autostima sarebbe riuscito ad arrivare alla fine del Processo.
Come si poteva dimostrare a degli estranei le proprie capacità se per primi non ci si credeva appieno?

Di 200, alle fine ne sarebbero rimasti soltanto una decina al massimo.


Il mago rivolse un’ultima occhiata al proprio riflesso prima di voltarsi e allontanarsi dallo specchio per raggiungere la porta della stanza, continuando a ripetersi mentalmente il discorso che di lì a breve avrebbe dovuto pronunciare ad alta voce davanti ai candidati e al Consiglio.


“Tra cinque minuti iniziamo, signore.”

Aveva appena messo piede fuori dalla stanza dove si era preparato quando venne raggiunto da un paio tra i suoi numerosi collaboratori, limitandosi ad annuire con un lieve cenno del capo senza smettere di camminare lungo il corridoio illuminato e quasi deserto, tenendo gli occhi fissi davanti a sé:

“Sono pronto. I candidati?”
“Arrivati, li abbiamo fatti disporre nell’atrio come sempre. Stanno aspettando soltanto lei.”

“Bene… cominciamo, allora.”

Le labbra di Benjamin si inclinarono in un lievissimo sorriso, per niente allettato dalla prospettiva di ripetere di nuovo il discorso di apertura ma, allo stesso tempo, morendo dalla voglia che il Processo iniziasse: sicuramente sarebbe stato alquanto divertente, come sempre.







***********************************************
Angolo Autrice

Tanto per cambiare, eccomi alle prese con una nuova Interattiva… Anche questa ispirata ad una serie TV, “3%”, ma che non è assolutamente necessario aver visto per partecipare.
Nelle note della storia ho segnalato il punto “AU”, per evitare malintesi sottolineo già da ora che nel contesto di questa storia il Ministero della Magia NON esiste, ad avere le redini della situazioni sono solo ed esclusivamente i membri del Consiglio dell’Offshore, e personalità come Voldemort, Silente ed Harry Potter non sono mai esistite.

Regole:
  • Le iscrizioni sono aperte fino al 1/10, per mandare le schede (solo via MP, non tramite recensione) avete tempo fino alle 19 dello stesso giorno.
  • La recensione deve essere un commento al Prologo o all’idea in generale, non scrivete solo “voglio partecipare con una ragazza di 22 anni ex Corvonero”
  • Potete mandare al massimo 2 OC, possono essere fratelli, cugini, fidanzati, amici ecc
  • Gli OC devono avere un’età compresa tra i 20 e i 24 anni
  • Niente OC con malattie mentali o sindromi di qualunque genere
  • Se non vi fate sentire per tre capitoli consecutivi il vostro personaggio sarà eliminato, e cercate di rispondere SEMPRE alle domande che vi pongo. Se sapete che per un periodo non potrete stare dietro alla storia, basta avvisarmi.

E ora, ecco la scheda:

Nome:
Soprannome:*
Età:
Ex Casa:
Prestavolto:
Aspetto:
Descrizione psicologica:
Fobie/debolezze:
Passioni/talenti:
Cosa ama, cosa no:
Molliccio:
Bacchetta:
Patronus:
Famiglia:
Descrizione in breve del suo percorso scolastico:
Materia/e in cui eccelle e viceversa:
Miglior pregio e peggior difetto:
Amicizie/Inamicizie:
Da 1 a 10, quanto è alta la sua determinazione a passare il Processo?
Relazione: (Non scrivete solo sì, no, forse, datemi anche un qualche prototipo)
Altro:


Direi che non c’è altro, ma se avete domande ovviamente non esitate a chiedere.

Signorina Granger

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Capitolo 2
*** Scelta OC ***


Scelta OC 
 
1º Settembre, 85º anno del Processo


Louella Fenmore, 23 anni, ex Grifondoro IMG_4994e Margaret Pennon, 23 anni, ex Grifondoro IMG_4993


Quando mise piede fuori di casa la prima cosa che Margaret fece fu alzare lo sguardo, lanciando un’occhiata fugace al cielo nuvoloso, di un tetro grigio chiaro che forse rifletteva appieno le emozioni e i sentimenti contrastanti che moltissime persone stavano provando, quella mattina. 

Lei stessa non sapeva se essere euforica, triste o spaventata… mentre si allontanava dalla porta di casa, stringendosi nella giacca a vento che indossava per ripararsi dal clima abbastanza rigido, Margaret ripensò ai genitori e ai fratelli che aveva appena salutato. 
Nessuno lo aveva detto ad alta voce mentre l’abbracciava, ma sapeva che, se le cose sarebbero andate come da programma, non sarebbe mai più tornata a casa. E avrebbe rivisto la sua famiglia assai di rado, da quel momento, se non mai. 


Ad aspettarla l’ex Grifondoro trovò, in piedi sul ciglio della strada mal asfaltata, una ragazza bionda che le rivolse un sorriso quasi gioioso, visibilmente di buon umore e molto più vitale di lei quella mattina:

“Ciao Meg… Pronta per andare?” 
“Immagino di sì. Tu come stai Lou?” 
“Oh, io sono pronta da tre anni, credo, ormai stavo iniziando a contare i giorni.” 

L’ex compagna di Casa sorrise, incamminandosi accanto a Margaret per raggiungere la Passaporta più vicina che le avrebbe portate sul luogo dove si sarebbe svolto il Processo, a cui finalmente avrebbero preso parte anche loro. 

“Aspetto questo momento da tantissimo, eppure non sono di buon umore come avrei immaginato. Non so perché.” 

Margaret si accigliò leggermente, colpendo distrattamente un sasso con un piede mentre Lou le sorrise, quasi con ara comprensiva: 

“Probabilmente pensi alla tua famiglia… anche la mia mi mancherà, se dovessi riuscire a passare. Ma anche loro sanno che è la cosa migliore, e credo che saranno felici per noi non vedendoci tornare a casa. Mancheranno anche a me, ma voglio comunque arrivare fino in fondo, aspettiamo questo momento da anni ormai.” 

“Già.” 

Margaret annuì, consapevole che l’amica non fosse in torto: aspettavano quel momento da anni, quando si era svolto l’ultimo Processo loro ne avevano ancora 19 e non avevano potuto prendervi parte… ma ormai avevano compiuto vent’anni da parecchio, ed era finalmente arrivato anche il loro turno di dare prova delle proprie capacità.


*


Alastair Callaghan, 24 anni, ex Serpeverde IMG_4995e Theodore Clark, 23 anni, ex CorvoneroIMG_4991


Quando Alastair uscì di casa non ci mise molto a rendersi conto di essere osservato: un leggero prurito alla nuca lo costrinse a voltarsi, incrociando così lo sguardo di un ragazzo che lo stava effettivamente guardando a qualche metro di distanza, seduto dall’altra parte della strada su una panchina, leggermente chino in avanti con i gomiti appoggiati sulle ginocchia e gli occhi azzurri fissi su di lui. 

“Ciao Theo… puntuale come sempre.” 
“Non che avessi molto da fare… hai salutato la tua famiglia?”

Mentre il Corvonero si alzava dalla panchina per raggiungerlo, con il suo solito passo rapido e disinvolto, il Serpeverde annuì, astenendosi dal fargli notare di non aver avuto molte persone da salutare prima di avviarsi insieme al ragazzo, lanciandosi un’ultima occhiata alle spalle per guardare la casa che aveva appena lasciato, rivolgendo un ultimo saluto ai suoi nonni.  


“Come ti senti?” 
“Bene.” 

Theodore si strinse nell spalle, continuando a camminare con le mani sprofondate nelle tasche e il capo leggermente chino, senza guardare davanti a sé. 

“Sei come sempre di molte parole e di ottima compagnia.” 
“Sono fatto così, ormai dovresti saperlo... e continuo a pensare a quello che ci faranno fare. Sono curioso.” 

Alastair annuì, decisamente curioso a sua volta e ansioso di cominciare: non vedeva l’ora di arrivare a destinazione, ascoltare il discorso e poi dare il via ai giochi. 

“Anche io… e con un po’ di fortuna, non torneremo qui molto presto.” 
“Oh, io lo spero.” 

Le labbra di Theodore si incrinarono in un sorriso quasi tetro, parlando con evidente amarezza a sperando ardentemente di non dover più mettere piede in quella parte del paese. 
No, se fosse riuscito a passare il Processo non ci sarebbe mai più tornato, ne era sicuro… non vedeva l’ora di scappare da quella vita. 


*


Noah Carroll, 21 anni, ex Grifondoro, IMG_4979Milo Dwight, 21 anni, ex Grifondoro IMG_4986e Mairne Connelly, 20 anni, ex CorvoneroIMG_4978 
 

“Smettila di guardarmi così… starò bene, ok?”

Noah annuì, sentendo le parole e il tono quasi esasperato della sorella minore ma senza comunque darci troppo caso, continuando a tenerla stretta tra le braccia. 

“Lo so, qui ti tratteranno bene, e stai anche per tornare ad Hogwarts… mi raccomando, impegnati, il sesto anno è importante.” 
“Me lo hai detto mille volte Noah, ho capito! Non guardami come se ci stessimo dicendo addio per sempre.” 

“No, non andrà così. IO passerò il Processo e tra quattro anni tu ne avrai venti, quindi potrai partecipare al prossimo… lo supererai anche tu e allora ci rivedremo nell’Offshore.” 

Il ragazzo annuì mentre scioglieva l’abbraccio con la sorella, parlando con un tono fermo che sembrava non ammettere repliche sulla questione, come se avesse già programmato tutto e nulla potesse andare storto. 
Non per niente Darcy si limitò ad annuire, sorridendo al fratello:

“Non so se potrai scrivermi quando sarai lì, ma io lo farò comunque, se tornerai qui troverai montagne di lettere.” 
“Se per caso non dovessi risponderti saprai che sono passato, immagino. Mi raccomando, mentre sei qui comportati bene, sei un’ospite.” 


“Non preoccuparti, Darcy è la benvenuta! Ti posso salutare anche io?” 


Sentendo la voce di Mairne, la sua migliore amica, Noah si voltò, incontrandosi così il sorriso della bionda, che si avvicinò a sua sorella per abbracciarla. 
“Non dare ascolto a tuo fratello Darcy, qui puoi fare come se fossi a casa tua, lo sai… e ora credo che noi dovremo andare, o perderemo la Passaporta. Sei pronto?”  

“Immagino di sì.” 

Il ragazzo annuì con un piccolo sospiro, trattenendosi dal chiedere all’amica perché lei sembrasse così allegra, vitale e di buon umore: avrebbe dovuto smettere di porsi quella domanda già da molto tempo, probabilmente, perché la risposta sarebbe stata sempre semplicemente una: era Mairne, e basta. 

“Allora andiamo… e sorridi, o ti cacceranno per il tuo muso lungo!” 
“Non credo possano farlo, a dire il vero.” 
“Non si può mai sapere… su, fammi un sorriso!” 

La ragazza sorrise mentre quasi saltellava verso la porta di casa, fermandosi davanti all’amico dopo aver aperto a porta e salutato i genitori un’ultima volta per assestargli un leggero buffetto sulla guancia, suggerendogli di sorridere prima di uscire di casa. 

Noah non disse niente, limitandosi a roteare gli occhi mentre la seguiva, lanciandosi un’ultima occhiata alle spalle prima di rivolgersi al ragazzo che li aspettava a braccia conserte infondo al vialetto. 
“Ciao Milo…” 
“Alla buon’ora, cominciamo a chiedermi se non volesse rinunciare.” 

“Nessuno rinuncia al Processo Milo, non credo nemmeno che sia permesso… volevo solo salutare mia sorella.” 

“Si è dato ai sentimentalismi…” 

La bionda annuì, rivolgendo un sorriso anche a Milo mentre camminava accanto a Noah, prendendo ben presto entrambi sottobraccio per cominciare a fare ipotesi a voce alta su quali prove potessero aspettarli una volta arrivati a destinazione. 
E ai due ex Grifondoro non restò che ascoltare senza proferire parola, limitandosi a scambiandosi occhiate incerte: forse la ragazza avrebbe fatto scappare gli esaminatori dopo averli storditi di chiacchiere? 
 
O magari sarebbe riuscita a passare proprio con quella tecnica.


*


Phoebus Gaunt, 24 anni, ex Serpeverde e Kieran Night 24 anni, ex SerpeverdeIMG_4982


Quando vide Phoebus chiudersi la porta di casa alle spalle sbuffando come una ciminiera e di umore visibilmente non proprio ottimo Kieran non riuscì a reprimere un sorriso, rivolgendo un’occhiata divertita all’amico:

“Che cosa c’è, non sei emozionato per il Processo? Ti ha preso una crisi di scarsa autostima e non pensi di farcela?” 
“No Kier, io penso eccome di farcela… solo che i miei genitori hanno appena pensato bene di ricordarmi che se non dovessi superare il Processo e quindi tornare a casa avrei una certa ragazza ad aspettarmi.” 

“Spero davvero per te di riuscire nell’impresa, in tal caso.” 

Kieran annuì, rivolgendo un’occhiata quasi compassionevole al ragazzo prima di incamminarsi insieme a lui, ben lieto di non potersi immedesimare in Phoebus: lui non aveva davanti la prospettiva di dover sposare sua cugina, almeno.

“Se dovessi passare e poi dovesse riuscirci anche Eileen che cosa pensi di fare, esattamente? Così, tanto per chiedere.” 
“Credo che scapperei in Nuova Zelanda.” 

Il tono tetro del ragazzo fece sorridere Kieran di nuovo, lanciando un’occhiata divertita a Phoebus, che camminava accanto a lui con le mani sprofondate nelle tasche dei pantaloni e gli occhi castani fissi con insistenza sulla strada davanti a sé, come se stesse pensando di scacciare alcuni pensieri dalla sua testa.
 
“Beh, un passo per volta… prima arriviamo all’Offshore, poi pianifichiamo la tua fuga per sfuggire alle nozze con tua cugina Gaunt.” 
“Ottimo piano.” 

Phoebus annuì, ripromettendomi mentalmente di mettercela assolutamente tutta per superare quelle prove: ormai non faceva altro che pensarci da mesi, vedendo in quell’occasione la sua unica via di fuga da quella sgraditissima Unione che i genitori gli proponevano da ormai diversi tempo, sostenendo che a 24 anni dovesse smettere di divertirsi a destra e a sinistra e dovesse invece pensare a sistemarsi. 


*


 Nymphea McLyon, 22 anni, ex Tassorosso IMG_4997e Berenice Roosvelt, 22 anni, ex Grifondoro IMG_4998


“Per te è stato difficile salutare la tua famiglia? Per me un po’ sì.” 

Nymphea annuì alla domanda dell’ex compagna di scuola mentre, rabbrividendo leggermente per il freddo, camminava verso la vecchia fabbrica abbandonata dove avrebbero dovuto riunirsi tutti i “candidati” dei dintorni per raggiungere la sede del Processo. 
Salutare i suoi genitori e i suoi due fratellini sì, era stato difficile, specialmente considerando che, se le cose fossero andate come lei voleva, difficilmente li avrebbe rivisti tanto in fretta.

“Certo… credo sia normale. Se da una parte mi mancheranno molto, dall’altra vorrei non dover più tornare qui.” 

La Tassorosso distese le labbra in un lieve, amaro sorriso mentre accanto a lei Berenice annuì, come a volerle dire che la capiva perfettamente.  
Nessuna delle due sembrava avere una particolare inclinazione a chiacchierare quella mattina e completarono il pezzo di strada praticamente in silenzio, notando un considerevole flusso di ragazzi circa della loro età che si avvicinava all’edificio abbandonato. 

“Tutti i maghi e le streghe tra i 20 e i 24 anni… quanti saremmo, in totale?” 
“Non saprei, ma credo che a passare non saranno più di una decina, alla fine… prospettiva molto incoraggiante.” 

Berenice inarcò un sopracciglio, parlando con un tono che trasudava scetticismo da tutte le parti mentre accanto a lei l’amica annuì, lasciandosi sfuggire un lieve sospirò: sì, quei numeri erano davvero molto incoraggianti. 


*



Kay Platinum, 23 anni, ex Grifondoro, IMG_4984Jeremy Patterson, 23 anni, ex Corvonero IMG_4992e Lilian Blackwell, 21 anni, ex Grifondoro IMG_4974


Kay Platinum, seduto accanto ad uno dei suoi migliori amici, aveva le labbra stese in un sorriso largo e rilassato, i piedi che continuavano a muoversi, tamburellando con un movimento che tradiva impazienza sul pavimento con gli anfibi che indossava.

“A che ora si azionerà?” 
“Alle 8 in punto.” 

Kay annuì alle parole di Jeremy, annuendo distrattamente prima di sollevare le mani, legandosi sbrigativamente i capelli color grano in un codino mentre i suoi occhi continuavano a saettare sui ragazzi che circondavano lui e l’amico, riconoscendo molte di quelle facce. 
 
“Forse arrivare in anticipo non è stata una grande idea, dopotutto, sto morendo dall’impazienza.” 
“Io ho cercato di fartelo capire, ma TU non mi hai voluto stare a sentire, come sempre del resto...” 

Jeremy sbuffò, roteando gli occhi castano-verde con leggera esasperazione mentre accanto a lui Kay annuì, liquidando il discorso con un rapido gesto della mano:

“Ok, va bene, ho capito… lasciamo perdere. Sei nervosetto, Jerry.” 
“E chi non lo è?” 

Il Corvonero sollevò una mano per passarsela nervosamente tra i corti capelli scuri, aspettando che arrivasse finalmente il momento di prendere la Passaporta con trepidazione. 
Quasi non aveva dormito la notte precedente, ma non si sentiva per niente stanco… forse era solo l’adrenalina che continuava a circolargli in corpo.


A qualche metro di distanza una ragazza, di un paio d’anni più giovane rispetto a loro, non sembrò sentire particolarmente la tensione visto che scattò in piedi e, con un enorme sorriso stampato sul volto, quasi corse verso i tre ragazzi che erano appena entrati nella struttura, correndo ad abbracciare la ragazza bionda. 

“Finalmente! Cominciavo a pensare che vi foste persi. Ciao Noah, Milo…” 

“Ciao Lilian.” 

Milo rivolse un lieve sorriso, quasi tirato, all’ex compagna di Casa nonché coetanea mentre la ragazza si rivolgeva invece a Mairne, sorridendo alla bionda che la prese sottobraccio per iniziare a conversare àmàbalmemye… e mentre le due si inondavano di parole a vicenda, chiedendosi reciprocamente come si sentisse l’altra, se fosse stato difficile salutare la famiglia o interrogandosi su quali prove le aspettassero, Milo e Noah si cambiarono un’occhiata incerta:
 
“Dici che potremmo andare a sederci lì infondo mentre aspettiamo?” 
“Ottima idea, tanto saranno troppo impegnate a parlare anche per accorgersi della caduta di un meteorite sulla Terra…” 


*


Asterope Lund, 22 anni, ex Serpeverde, Erza Loonswart, 21 anni, ex Serpeverde IMG_4980e Zavannah Philips, 23 anni, ex Tassorosso IMG_4996


Quando gli occhi scuri di Asterope si posarono sulla familiare, decisamente inconfondibile figura di una ragazza dai capelli rossi che stava camminando proprio nella sua direazione si permise di sorridere appena, rivolgendo un lieve cenno alla sua ex compagna di Casa. 

Fino a quel momento era rimasta ad aspettare in un angolo, senza proferire parola, ma quando vide Erza quasi si permise di ridere, non riuscendo a non notare tutti gli sguardi che la rossa aveva attirato su di sé solo attraversando pochi metri per raggiungerla. 

Anche Erza sorrise, una specie di smorfia leggermente soddisfatta che Asterope identificò come, probabilmente, non tanto rivolta a lei quanto più dovuta alla consapevolezza della ragazza stessa di non passare inosservata grazie alla sua bellezza. 

“Ciao Asterope… Come te la passi?” 
“Puoi evitare di chiamarmi così, per favore? Sai che detesto il mio nome.” 
“Scusa, cercherò di evitarlo.” 
 
La rossa le rivolse un piccolo sorriso di scuse, anche se non sembrò affatto dispiaciuta, mentre sedeva accanto a lei, lanciando una fugace occhiata al giornale vecchio lasciato sul pavimento che stava aspettando soltanto loro. 
Non doveva nemmeno mancare molto, ormai. 

“In ogni caso… ti trovo bene. Rilassata, direi.” 
Erza annuì, stringendosi nelle spalle con noncuranza mentre si guardava intorno quasi con aria leggermente annoiata:

“Non c’è bisogno di essere nervosi, non ancora almeno… quando mi troverò davanti alla prima prova, forse, ma non ora, non serve a niente.” 
“Immagino sia corretto, ma penso che non tutti siano del tuo stesso avviso, guardandomi intorno.” 

“Già… ma tanto meglio per noi, no?” 

Erza sorrise quasi con aria divertita e Asterope annuì, ricambiando mentre intorno a loro molti stavano iniziando ad alzarsi per avvicinarsi intorno alla Passaporta. 

“Beh, finalmente direi… vediamo di cominciare questo fantomatico Processo.” 

Erza sorrise e si alzò per poi avvicinarsi con disinvoltura alla Passaporta insieme all’ex compagna di Casa. 
E ancora una volta Asterope si ritrovò a chiedersi se la considerevole bellezza di Erza non avrebbe in qualche modo influenzato l’andamento della ragazza nel Processo… non era difficile immaginare che qualcuno si sarebbe fatto abbindolare facilmente da quegli occhi dal taglio felino, il sorriso o il fisico slanciato e armonioso della ragazza. 

Anche se, come lei stessa diceva, tanto meglio per loro se le cose sarebbero andate in quel modo. 

 

Da quando era entrata l’aveva osservata parecchio, accorgendosi degli sguardi che attirava e, soprattutto, del suo non preoccupartene affatto. Avrebbe dovuto scontrarsi con tutte quelle persone di lì a poco, oltre a molte altre, e voleva capire in fretta con chi avrebbe dovuto aver a che fare per raggiungere il suo obbiettivo.
E mentre si avvicinava alla Passaporta, trovandosi davanti proprio a quella ragazza dai capelli rossi e a quella mora con cui l’aveva vista parlare, Zavannah si ritrovò a pensare che molto probabilmente ci avrebbe anche giocato, con quella carta. 


E a giudicare dagli sguardi che attirava, sapeva anche molto bene come farlo. 
Quasi roteò gli occhi, trattenendosi dal chiedere a voce alta ad alcuni dei suoi compagni se per caso sarebbero riusciti a trattenere la bava fino all’arrivo, ma la bionda non si scompose e non si demoralizzò nemmeno, anzi, sfoggiò un sorriso quasi impercettibile: sarebbe stata sicuramente una sfida molto stimolante. 


*


Hailey Greexon, 23 anni, ex Corvonero IMG_4983e Alethea Rove, 23 anni, ex Corvonero IMG_4988


Quando aprì gli occhi allontanò immediatamente la mano dal vecchio cappotto che avevano usato come Passaporta, quasi scattando in piedi immediatamente per guardarsi intorno con attenzione. 

Hailey puntò gli occhi sull’edificio che aveva davanti, anche se somigliava più ad un enorme complesso, interamente bianco e grigio… nessuno di loro era mai stato lì, ovviamente, ma aveva provato ad immaginarlo moltissime volte. 
E doveva ammettere che somigliava parecchio ad una prigione. 
 
“Me l’immaginavo diverso, se devo essere onesta.” 

Il suo commento arrivò alle orecchie della ragazza che si era appena alzata, ora in piedi accanto a lei, che teneva a sua volta gli occhi chiari fissi sull’edificio che le stava davanti e sull’alto cancello che si stava aprendo lentamente. 

“No, per quanto mi riguarda ci ho preso in pieno… somiglia proprio ad una prigione.” 

Alethea sorrise quasi come se trovasse la situazione divertente prima di rivolgersi all’ex compagna di Casa, indirizzandole un lieve cenno con il capo:

“Coraggio… andiamo. Aspettiamo di trovarci qui da un bel po’, ormai.” 

Hailey annuì, non potendo trovarsi in disaccordo con quell’agfermazione. 
Le due fecero per avvicinarsi all’entrata, ormai sgombra dall’ostacolo rappresentato dal cancello, quando si resero conto che qualcuno li stava osservando: una donna vestita interamente di nero e bianco era in piedi a diversi metri di distanza, sulle mattonelle bianche che lastricavano il terreno da oltre il cancello. 

“Candidati, seguitemi.” 


“Loquace. Simpatica, anche, se nell’Offshore sono tutti intratterremo sicuramente molte conversazioni interessanti.” 

Hailey sorrise al commento di Alethea, annuendo leggermente mentre, come lei, si affrettava a seguire la donna che era già partita quasi a passo di marcia verso la grande porta a vetri dell’edificio, come se avesse molta fretta:

“Intanto dobbiamo arrivarci, nell’Offshore.”  











…………………………………………………………………………………………
Angolo Autrice:

Buonasera! 
Ebbene sì, gli OC che compaiono nel capitolo sono parecchi, sicuramente molti di più rispetto al numero che solitamente inserisco nelle mie storie… ma trattandosi di un contesto fuori dal comune ho deciso che avrei preso tutti gli OC che mi avreste mandato. Solo che, ovviamente, alla fine non ci arriveranno tutti ma solo la metà, o forse anche meno, molti di loro verranno eliminati dalla sottoscritta attraverso le prove. 
Ora, non so ancora se deciderò unicamente io chi eliminare e quando, forse darò voce in capitolo anche a voi, ma in ogni caso ricordate che se sparite il vostro personaggio sarà il primo ad andarsene. 

Bene, spero che questa breve parentesi introduttiva sia stata di vostro gradimento, il seguito dovrebbe arrivare nel weekend. 

A presto, 
Signorina Granger

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Capitolo 3
*** Il Processo ***


Capitolo 1: Il Processo 



Bianco
Tutto all’interno era talmente candido da far sembrare il pavimento piastrellato e le pareti quasi dotati di luce propria, tanto che la maggior parte dei ragazzi, entrando, si ritrovò a dover socchiudere gli occhi per sopportare la luce improvvisa. 

“Cavoli… devono essere dei malati dell’igiene.” 

Hailey corrugò leggermente la fronte, guardandosi intorno con attenzione mentre camminava a pochi passi dietro la donna, vestita anch’ella di bianco, che li aveva accolto fuori dall’edificio.

“Dici che l’Offshore è interamente così? Spero di no…” 

Alethea, che camminava accanto a lei, inarcò leggermente un sopracciglio scurissimo, mentre i suoi capelli neri entravano in netto contrasto con l’ambiente che circondava lei e il gruppo con cui era entrata. 

“Manca ancora l’ultimo gruppo, quindi dovrete aspettare qui prima di ascoltare il discorso… quando sarete tutti potrete entrare.” 

Quando la donna bionda si fermò, voltandosi per rivolgersi brevemente ai ragazzi e accennare alla grande porta a vetri alle sue spalle , Hailey dovette quasi inchiodare sul pavimento immacolato per evitare di scontrarsi con lei, accorgendosi di essere osservata da un considerevole numero di suoi coetanei, già presenti nell’ampio e spoglio ingresso. 


Le parole della donna vennero accolte con un silenzio quasi tombale, nessuno aprí bocca per replicare in qualunque modo e tutti si limitarono ad obbedire, fermandosi accanto ai ragazzi già presenti. 



“È tutto così incredibilmente tirato a lucido che mi sento quasi in colpa di entrare qui con queste scarpe.” 

Theodore, impegnati a guardarsi intorno con la fronte corrugata, si domandò se non corresse il rischio di finire eliminato solo per aver sporcato il pavimento immacolato mente accanto a lui Alastair sorrise, guardandolo con una punta di divertimento negli occhi scuri:

“Puoi sempre togliertele e entrare nell’ingresso in calzini.” 
“Davanti a Kubrick e al Consiglio dell’Offshore? Un modo come un altro per venire scartato in partenza immagino, grazie per il consiglio.” 

“Prego. Salve ragazzi.” 

L’ex Serpeverde rivolse un lieve cenno a due tra i ragazzi che erano appena arrivati nella struttura e che gli si erano avvicinato, ricevendo un lieve sorriso da parte di Kieran mentre Phoebus, accanto a lui, era impegnato a guardarsi intorno con una nota di smarrimento negli occhi scuri. 

“Ciao Al… Clark. Siete qui da molto?” 
“Meno di una decina di minuti.” 

Alastair si strinse nelle spalle con noncuranza mentre Theodore, al contrario, si voltò per lanciare un’occhiata che traboccava impazienza alle porte ancora chiuse, mentre accanto ai pannello di vetro un paio di tizi vestiti di bianco non facevano altro che parlottare tra loro, sicuramente a proposito degli stessi candidati e del Processo che stava per iniziare. 

L’idea di essere una specie di marionetta nelle mani altrui non gli piaceva neanche un po’, ma se era il prezzo per entrare nell’Offshore l’avrebbe comunque pagato, ne era certo. 


 “Speravo avremmo cominciato subito, non amo aspettare.” 
“Phoebus, so che muori dalla voglia di finire sotto giudizio, tra meno di due ore penso sarai accontentato… cosa credete che ci faranno fare, all’inizio?” 

“Spero niente di troppo doloroso o complicato… Ho sognato di trovarmi davanti un Dissennatore, ieri notte.” 

Kieran piegò le labbra in una smorfia, quasi rabbrividendo alla sola idea mentre, intorno a loro, il silenzio lasciava rapidamente il posto ad un leggero chiacchiericcio, mentre tutti i presenti confabulavano tra loro a proposito dell’imminente inizio del Processo. 


“Io ho sognato di peggio.” 
Il borbottio sommesso di Phoebus fece quasi scoppiare a ridere l’amico, che si trattenne dal chiedergli a voce alta se non avesse per caso sognato sua cugina in abito da sposa mentre anche l’ultimo gruppo faceva finalmente il suo ingresso nella struttura.

“Dico che l’Offshore è pulito come questo posto? Perché temo che in quel caso verrei depennata immediatamente!” 

Mairne si guardò intorno con gli occhi chiari sgranati, parlando con tono sinceramente preoccupato mentre accanto a lei invece Lilian sorrise, assestandole una gomitata incoraggiante:

“Sono sicura che te la caverai Mairne.” 
“Lo spero, sai che imbarazzo tornare a casa per non aver seguito la maniacale pulizia del luogo?” 

“Noah ti deriderebbe per sempre.” 
“Già… Ora… dove sono i vecchi bacucchi che ci devono giudica-“

La bionda non finí la frase, interrompendosi bruscamente quando Noah le rifilò un’energica gomitata all’altezza dello stomaco, suggerendole silenziosamente di stare zitta mentre Lilian reprimeva a fatica una risatina e il mago che li aveva accompagnati dentro si schiariva la voce, attirando così l’attenzione di tutti su di sé:

“Ora che siete tutti presenti potete entrare per ascoltare il discorso di apertura del Signor Kubrick… gradiremmo che vigilasse il più totale silenzio. E ora prego, seguitemi.” 


*


Fermo, in piedi davanti ad un microfono, le mani che stringevano la ringhiera mentre, qualche metro più in basso rispetto alla terrazza dove si trovava, centinaia di paia di occhi erano puntate dritte su di lui, sull’uomo che, ne erano sicuramente tutti consapevoli, sarebbe stato a dir poco determinante per il futuro di ognuno di loro. 

Benjamin esitò prima di iniziare a parlare, facendo vagare gli occhi chiari sui presenti, sui duecento ragazzi che aveva davanti, prima di avvicinarsi leggermente al microfono e iniziare, ripetendo a voce alta il suo discorso una volta per tutte:

5%. Solo il 5% di voi, tra meno di un mese, formerà il gruppo diretto all’Offshore. La società perfetta, dove non c’è ingiustizia, ognuno ha le stesse chance e il posto che merita.” 


Vediamo quanti di voi riusciranno a guadagnarselo 




Kay, gli occhi fissi sul “Direttore”, annuí impercettibilmente alle sue parole, osservandolo con attenzione e non potendo fare a meno di sperare silenziosamente di riuscire ad accaparrarselo, quel posto. 
Ma sarebbe davvero riuscito ad arrivarci, in quella ristrettissima percentuale, in mezzo a tutti quei ragazzi, molti più grandi e magari anche migliori di lui con la magia? 

Per qualche istante smise di prestare attenzione alle parole di Benjamin per guardarsi intorno. Era in piedi accanto a Jeremy, in mezzo agli altri candidati, che stavano ascoltando le parole di Kubrick senza fiatare. 
Quanti erano dentro quella stanza, disposti in file? Un numero che si aggirava intorno al 200, probabilmente… tutti con lo stesso obbiettivo. E se solo il 5% sarebbe arrivato fino in fondo, allora 190 dei presenti sarebbero tornati presto a casa. 
Nella parte che tutti morivano dalla voglia di lasciare per condurre una vita nettamente migliore.



Questo Processo viene fatto per un motivo, assicura che soltanto i migliori tra noi possano godersi i benefici della vita nell’Offshore.” 


Benefici a cui tutti i presenti ambiscono, anche se non sanno di preciso di cosa si parli. L’immaginazione viaggia e si aggrappano ad essa, finché possono, per avere qualcosa di ideologicamente perfetto a cui aspirare. 
Ambire a qualcosa è sempre meglio di non avere niente a cui aggrapparsi per immaginare una vita migliore di quella che si ha. 


Le labbra di Erza si inclinarono in un lievissimo sorriso, osservando l’uomo che stava parlando quasi con impazienza, come se morisse dalla voglia di cominciare. E in effetti era così, si era praticamente ritrovata a contare i giorni nelle settimane precedenti… aspettava quel momento da almeno due anni con trepidante impazienza, ma non aveva potuto prendere parte al Processo precedete perché ancora troppo giovane, non aveva ancora compiuto vent’anni. 
Ma ormai ne aveva ventuno… ventun anni passati in un angolo, ad immaginare e a sognare un mondo molto vicino ma che non conosceva, ventun anni passati ad ammirare le luci da lontano, chiedendosi che cosa ci fosse oltre quella barriera che li divideva. 

Forse, con un po’ di fortuna, stava per avere finalmente una risposta. Se solo i migliori riuscivano ad accedere nell’Offshore, aveva tutta l’intenzione di rientrare in quella cerchia. 


Spero che farete del vostro meglio e che vi fiderete di questo Processo, perché tutti questi anni di sacrificio siano valsi a qualcosa. Qui possono essere ricompensati.” 



Margaret inarcò leggermente un sopracciglio a quelle parole, evitando di commentare ad alta voce ma pensando comunque che era esattamente quello che sperava, come probabilmente tutti i presenti. Chi più chi meno, certo, ma erano tutti cresciuti, o almeno la maggior parte, in situazioni non del tutto semplici… cresciuti sognando qualcosa di migliore, aspettando quel momento con trepidazione, ascoltando avidamente i racconti di quei ragazzi che facevano ritorno dal Processo dopo aver fallito. 

Margaret aveva sentito molte storie sulle prove, talmente tante da non sapere più che cosa pensare. 
Ma di certo sapeva di voler avere, finalmente, una qualche soddisfazione da quel Processo. I suoi genitori non ci erano riusciti, i suoi fratelli nemmeno… forse per lei le cose sarebbero andate diversamente. 



E così, vi do il benvenuto nel Processo. Ricordate sempre: ciascuno di voi crea il proprio merito.” 



Un modo carino per dire che se facciamo qualcosa che non gli quadra ci sbattono fuori a calci? 


Asterope inarcò un sopracciglio, appuntandosi mentalmente di comportarsi in modo pressoché esemplare da quel momento in poi… o almeno, finché non avrebbe capito come andavano le cose lì dentro. Si presumeva che in quell’edificio non sarebbero stati giudicati per come si chiamavano o per il loro rendimento scolastico, ma solo per le azioni compiute all’interno di quelle quattro mura, per il risultato delle prove. Anche se nessuno di loro poteva sapere come venivano mossi i fili di quell’organizzazione, ovviamente. 

“Dici che è vero o è solo il solito discorso su quanto siano democratici, giusti e corretti?” 
“Non saprei… spero per la prima: i migliori restano, chi non se lo merita va a casa. Sarebbe corretto così.” 

Erza si strinse nelle spalle e Asterope annuì, continuando a tenere gli occhi scuri fissi su Benjamin mentre questi concludeva il discorso di apertura:


Qualunque cosa accada, lo meritate.” 



Jeremy si unì pigramente all’applauso che aveva coinvolto tutti i candidati più i collaboratori di Kubrick quando il mago mise fine al suo discorso, guardandolo rivolgere un cenno al suo “pubblico” prima di parlare nuovamente:

“Il vostro percorso inizia ora, ma prima di sottoporvi alla prima esaminazione dovrete dividervi nei gruppi in cui siete arrivati e sistemarvi in file per la registrazione e la pesa delle bacchette… e prima ancora, vi saranno dati dei vestiti e mostrato dove cambiarvi. Buona fortuna, candidati.” 


“Ah, ecco.”  Al sentire il mormorio di una voce decisamente nota Jeremy si voltò, ritrovandosi così a guardare un suo ex compagno di Casa, Theodore Clark, in piedi a pochi metri da lui accanto ad un paio di ragazzi che non ricordava dai tempi della scuola, di certo erano più grandi di lui. 

“Mi suonava strano che ci facessero girare qui dentro vestiti così.” 
“Parli come se fossimo degli appestati, Theo…” 

“Non dico questo Kier, dico che ai loro occhi molto probabilmente lo siamo. Ciao Jeremy, non ti avevo visto.” 
“Ciao Theo… allegro e ottimista come sempre.” 

Il Corvonero si strinse nelle spalle, rivolgendo un mezzo sorriso all’ex compagno di scuola senza dire nulla prima di seguire Alastair e il fiume di ragazzi che stavano uscendo dalla stanza per andare a cambiarsi, alcuni appartenente perplessi da quella scelta.


“Spero solo che i vestiti non siano bianchissimi, mi sembrerebbe di stare in ospedale!” 
“Allora andiamo a vedere quel che passa al convento, Kay…” 

Jeremy rivolse un cenno all’amico, suggerendogli di muoversi mentre il biondo sorrideva, continuando a muoversi con evidente impazienza:

“Tu non sei in fibrillazione, Jerry?” 
“Sono curioso, sì, ma a differenza tua non lo dimostro come un bambino di 8 anni… rilassati, Kap.” 

“Ci proverò.” 

Kay sorrise all’amico, appartenente poco preoccupato per le prove imminenti quanto più molto curioso e impaziente, prendendo il Corvonero sottobraccio per trascinarlo con sé, seguendo la massa fuori dalla stanza. 


*


Hailey sbuffò leggermente mentre continuava a strofinarsi distrattamente una mano sul braccio sinistro, lasciato nudo dalla maglietta a maniche corte che lei e tutti gli altri indossavano. Non li avevano fatti vestire di bianco, quindi almeno riuscivano a distinguersi dai maghi che lavoravano come esaminatori, ma il fatto che fossero tutti vestiti di un tenue grigio non aveva entusiasmato nessuno, aumentando la sensazione collettiva di essere, in un certo senso, chiusi in una trappola. 

Ma la Corvonero cercava di rincuorarsi pensando che, se le cose fossero andate bene, non avrebbe più rivisto quei vestiti perché, alla fine del percorso, avrebbe indossato a sua volta dei vestiti interamente bianchi. Segno che era riuscita ad entrare a far parte di quella ristretta cerchia di persone. 

“Perché ci mettono tanto? Devono solo esaminare le bacchette!” 
“Hai fretta, Hailey?” 
“No, vorrei solo cominciare sul serio, l’attesa mi sta uccidendo.” 

Alethea rivolse un piccolo sorriso comprensivo all’ex compagna di Casa, che si alzò in punta di piedi per cercare di vedere la ragazza dalla carnagione chiara e i capelli scuri in piedi davanti al banco dell’esaminatrice, che stava annotando le proprietà della bacchetta della ragazza su un rotolo di pergamena dopo averla “registrata”.


“11 pollici, flessibile, nucleo di crine di unicorno… legno di biancospino. Corretto… Nymphea?” 

La Tassorosso annuì, rivolgendo un sorriso cortese alla donna che aveva pronunciato il suo nome con una nota d’incertezza nel tono di voce, come se si stesse chiedendo se non avesse letto male. 

“Sì, corretto. Posso andare?” 
“Sì, direi che è tutto in regola. Devi solo farti prelevare del sangue, poi aspetta nell’altra stanza.” 

“Grazie.” 
Nymphea riprese la bacchetta in mano per poi superare il tavolo, dirigendosi verso la strega che teneva gli occhi fissi su lei, le mani guantate e una siringa già in mano, in piedi a pochi metri di distanza. 


Un ago di una lunghezza non indifferente. 
La Tassorosso accennò una smorfia ma poi si disse di non pensarci, avvicinandosi alla strega e dicendosi che no, non sarebbe stato un aghetto a spaventarla. 
Di sicuro aveva prove ben peggiori ad aspettarla. 




“Faggio, nucleo di corda di cuore di drago… flessibile e 13 pollici e mezzo.” 
“Esattamente. Devo farmi prelevare del sangue?” 

“Sì, poi dovrete aspettare oltre il muro che tutti abbiano finito la procedura.” 

Zavannah annuì distrattamente, riprendendo possesso della sua bacchetta per poi dirigersi verso una delle donne che stava perforando il braccio di tutti i candidati.
La bionda finì col sedersi proprio accanto a quella che riconobbe subito come una sua ex compagna di scuola, anche se di un anno più giovane, che le sorrise debolmente:

“Ciao Zavannah.” 
“Ciao Nym… come stai?” 

“Starei meglio senza un ago nel braccio, ma me la cavo.” 
“Poteva andarci peggio, immagino.” 

Zavannah accennò un sorriso, stringendosi nelle spalle con noncuranza mentre porgeva il braccio lasciato scoperto dalla maglietta alla donna che aveva accanto.

“Già… chissà in cosa consisterà la prima “esaminazione”. Pensi sarà qualcosa di pratico o di più “teorico”?” 
“Non lo so, so solo che siamo in tanti… e vogliono arrivare ad una decina, quindi penso che faranno di tutto per scremarci in fretta. In genere ci sono diverse prove che nemmeno riguardano l’uso della magia, forse la prima sarà così.” 

La bionda fece spallucce mentre stringeva leggermente la presa sul bordo della sedia dov’era seduta, cercando di ignorare il fastidioso bruciore che sentiva all’altezza della spalla sinistra mentre Nymphea invece si alzava, visibilmente sollevata di aver finito:

“Immagino che lo scopriremo presto. Buona fortuna, in ogni caso!” 
“Grazie. Anche a te.” 

Zavannah rivolse un lieve sorriso all’ex compagna di Casa, che ricambiò prima di girare sui tacchi e andarsene, cedendo così il posto a Berenice mentre la bionda la seguiva con lo sguardo: non la vedeva da qualche anno, ma l’aveva comunque riconosciuta subito… Nymphea McLyon era sempre stata, da quel che ricordava, piuttosto gentile e cortese con chiunque le si avvicinasse. Sarebbe stato un vero peccato vederla andare via in fretta.


*


“Ti prego, dimmi che anche tu ti senti molto stupido vestito così.” 
“In effetti mi sento una specie di carcerato…” 

Noah annuì distrattamente mentre Milo, seduto accanto a lui, si sfiorava il braccio con le dita, cercando di ignorare il bruciore che sentiva ancora:

“È normale che dia ancora fastidio? … non pensi che ci abbiano iniettato qualcosa di strano, vero?” 
“Non essere così drastico, Dwight, siamo qui da meno di un’ora!” 

“Beh, non si sa mai… c’è Mairne.” 

Il Grifondoro accennò alla bionda, che si stava effettivamente avvicinando a lui e all’amico con un sorriso stampato sul volto, apparentemente di ottimo umore:

“Eccovi qui. Non amo particolarmente gli aghi in realtà, spero non ci siano altri prelievi da fare, in futuro.” 
“Io invece ho come la sensazione che sia la prova più semplice che dovremmo affrontare qui dentro, Mairne.” 

Noah inarcò un sopracciglio, parlando con tono incerto mentre invece la bionda sbuffava, sedendo sulle sue ginocchia:

“Il solito ottimista. Pensa positivo Noah, o mi metterai in agitazione! Il grigio non ti dona molto però, devo dirtelo.” 

“Questo colore non sta bene a nessuno.” 
“Non ti offendere, sono solo sincera.” 

Mairne sorrise all’amico, che roteò gli occhi mentre accanto a lui invece Milo sorrideva con aria divertita, evitando di chiedere alla bionda perché, invece che sulla sedia vuota accanto a lui, fosse andata a sedersi proprio sulle ginocchia di Noah. Molto probabilmente solo per disturbarlo almeno un po’. 


“Perché fate queste facce? Parlare con voi è un supplizio oggi, credo che andrò a conversare con Lily, sicuramente sarà più stimolante piuttosto che avere a che fare con i vostri musi lunghi. Sembra che siate diretti al patibolo!” 

“Tengo a ricordarti che non abbiamo idea di quello che ci aspetta, ergo non sappiamo cosa pensare.” 
Noah si strinse nelle spalle e questa volta il turno di alzare gli occhi al cielo fu della ragazza, che borbottò qualcosa su quanto fossero pessimisti prima di scivolare dalle gambe del ragazzo, trotterellando poi verso Lilian e sedersi accanto alla Grifondoro.

“Posso chiederti perché siete così tanto amici? Siete molto diversi, in effetti.” 
“Oh, è semplice Milo: un bel giorno ci siamo conosciuti, sul treno per andare ad Hogwarts, lei ha attaccato bottone e dopo un’ora di viaggio Mairne Connelly aveva deciso che ero diventato il suo migliore amico.” 

“Giusto. E tu chi sei per contestare tale decisione?” 
“Nessuno, immagino.” 


*


Dopo aver sottoposto la sua bacchetta alla Pesa e essersi fatta prelevare del sangue Louella raggiunse Margaret nella “sala d’attesa”, prendendo posto accanto a lei e abbozzando un sorriso nel trovarla in silenzio e con un’espressione quasi cupa dipinta sul volto mentre teneva gli occhi fissi su un punto indefinito del pavimento:

“Nervosa, Meg?” 
“Come penso sia giusto che sia… Sarebbe strano il contrario, non pensi?” 

“Forse sì, ma noi temerarie Grifondoro non possiamo farci spaventare da qualche test… o almeno, mi piace pensarla così.” 

Louella si strinse nelle spalle e Margaret sorrise appena, non riuscendo a non invidiarla almeno un po’: a differenza di molti tra i presenti lei era nata e cresciuta in una famiglia considerevolmente agiata per gli standard a cui erano abituati. Sicuramente anche lei voleva vivere nell’Offshore, ma se avesse dovuto tornare a casa non le sarebbe nemmeno andata tanto male… meglio rispetto a molti tra gli altri candidati, per lo meno. 

E lei aveva, comunque, una famiglia da cui poter tornare, una famiglia affettuosa e che l’amava. E Margaret lo sapeva, non tutti tra i compagni/avversari potevano avere la sua stessa fortuna. 


Le due rimasero in silenzio per qualche minuto – cosa abbastanza inusuale, probabilmente dettata dal nervosismo a cui erano entrambe sottoposte – finché una voce non giunse alle loro orecchie e a quelle di tutti i loro compagni, calamitando subito su di sé l’attenzione di tutti i ragazzi:

“Candidati? Qui abbiamo finito… potete spostarvi al piano di sopra, sempre divisi in gruppi, per i colloqui.” 








……………………………………………………………………………………
Angolo Autrice:

Buonasera! 
Chiedo scusa per il ritardo, avrei voluto pubblicare il capitolo già un paio di giorni fa, ma nel weekend alla fine non sono proprio riuscita a scrivere. 
In ogni caso eccomi qui, ovviamente in questo capitolo non ho eliminato nessuno, ma è altamente probabile che le cose cambino già dal prossimo capitolo… vi ho avvisate. 

A presto, 
Signorina Granger 

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Capitolo 4
*** I colloqui ***


 Capitolo 2: I colloqui 



I colloqui. 
Quella era, forse, una delle pochissime certezze che tutti i candidati di ogni anno avevano riguardo al Processo: quella prima “prova” da superare era l’unica che, lo sapeva, avrebbero dovuto di certo affrontare, era stata presentata tutti gli anni da quel che aveva memoria. 

O almeno, stando a quello che aveva sentito. 

Ci aveva pensato spesso, a cosa dire e a cosa le avrebbero potuto chiedere, ma quando si mise in fila per aspettare il suo turno e sbirciò i ragazzi che stavano entrando per primi, Nymphea si rese conto che più che una stanza la sede dei colloqui somigliava più ad un corridoio estremamente buio e poco illuminato, con delle tenui luci artificiali poste sul soffitto. Due lunghe file parallele di sedie erano disposte fino alla fine del corridoio che aveva davanti, separate da dei tavoli scuri e un pannello di vetro. 

“Più che la sede di un colloquio sembrerebbe quella di un interrogatorio, non credi?” 

La ragazza condivise quelle parole ma quasi sobbalzò sentendo una voce  alle sue spalle, voltandosi di scatto per poter individuare la sua fonte: si ritrovò ad annuire debolmente dopo aver esitato per un attimo, trovandosi davanti un ragazzo dai capelli e occhi castani che la stavano osservando quasi con un luccichio divertito:

“Immagino di sì.” 
“Scusa, non volevo spaventarti, in effetti sembravi un po’ con la testa tra le nuvole… pensavi a cosa dirai?” 

“Anche, sì.” 

La Tassorosso annuì, piegando le labbra carnose in un sorriso gentile che il ragazzo che aveva davanti ricambiò, porgendole la mano:

“Beh, buona fortuna. Sono Phoebus. Non mi sembra di averti mai vista a scuola.” 
“Nymphea… Forse perché spesso finisco col passare abbastanza inosservata.” 

La ragazza si strinse debolmente nelle spalle, sperando vivamente che il ragazzo non le domandasse se non fosse troppo giovane per prendere parte al Professo, visto che a volte gli estranei le chiedevano persino se non frequentasse ancora Hogwarts. 

“Bel nome.” 
“Grazie. Anche il tuo.” 



“Ah, eccoti qui, ti avevo persa… oh, ciao.” 

Quando si fermò accanto all’amica gli occhi scuri di Berenice saettarono immediatamente sul ragazzo che Nymphea aveva di fronte, sorridendo appena mentre l’amica si voltava verso di lei:

“Ciao Nice… volevo “monitorare” la situazione prima di entrare.” 
“Beh, ormai non credo manchi molto perché tocchi a noi, gli esaminatori stanno mandando fuori un bel po’ di gente e le sedie rimangono vuote.” 

“Allora sarà meglio andare… buona fortuna, comunque.” 

La Tassorosso si rivolse un’ultima volta a Phoebus, che ricambiò l’augurio prima di guardarla allontanarsi insieme all’amica, appena prima di sentire la voce di Kieran:

“Hai puntato la tua prossima “vittima”, Phoebus?” 
“No, ci ho solo parlato per due minuti.”  

Il Serpeverde sbuffò leggermente, rivolgendo un’occhiata torva all’amico che invece sorrise con aria divertita:

“Oh, beh, con te una cosa vale l’altra. E poi è carina.” 
“Sì, è carina, ma pensa al colloquio imminente invece che alle ragazze, Kier.” 

“Guarda che lo dicevo per te, non per me!” 

Kieran sbuffò e decise di lasciar perdere, chiudendo la questione mentre Phoebus indugiava con lo sguardo sulla Tassorosso, guardandola in procinto di entrare per il suo colloquio. 


“Ti mollo due minuti e tu attacchi bottone? Non è da te!” 

“E infatti non ho attaccato bottone… preoccupiamoci del colloquio, per favore.” 
“Come si chiama?’ 
“Non lo ricordo.” 

“Inutile dissimulare, non puoi averlo già dimenticato! Non credo di ricordarlo a scuola, probabilmente è più grande di noi… glielo hai chiesto?” 
“No! Non mi piace ficcanasare, e smettiamola di parlarne per favore.” 

La Grifondoro sorrise appena, quasi lieta di avere qualcosa da pensare con cui distrarsi: si stava praticamente crogiolando nell’ansia da quando aveva sentito la parola “colloquio”. 
Berenice non si era sbagliata e ben presto arrivò anche il turno di Nymphea, che prima di entrare si voltò un’ultima volta verso l’amica, ricevendo un sorriso incoraggiante:

“Vai a conquistali Nym.” 
“Oh, lo spero tanto…” 
“Lo farai, sfrutta il tuo faccino da bambolina!” 

La Tassorosso sorrise e annuì leggermente, quasi a volerla ringraziare silenziosamente prima di voltarsi ed entrare, dirigendosi verso la sedia vuota più vicina. 


*


“Chissà che cosa ci chiederanno… da una parte spero che il mio turno arrivi in fretta, dall’altra penso che potrei anche scappare invece di sedermi.” 

Mairne sbuffò, continuando a tamburellare con impazienza un piede sul pavimento mentre, dietro di lei, Lilian annuiva con aria grave, lanciando un’occhiata cupa alla considerevole porzione di fila che le divideva dall’ingresso:

“Già… quanti pensi che ne abbiano già scartati?” 
“Non li ho contati, sono troppo nervosa, ma ne abbiamo visti tornare indietro già parecchi… credo almeno una quindidicina. Non voglio otrnwre a casa così presto!” 

“Neanche io… ma basterà respirare, rilassarsi e riflettere prima di rispondere. Lo spero, almeno.” 

“E io spero che tu abbia ragione, Lily.”


*


“La tua famiglia che cosa pensa del tuo ingresso nel Processo? Spera di vederti trionfare o tornare a casa da loro? Per dei genitori dev’essere difficile.” 

“Immagino che lo sia, ma non so rispondere a questa domanda a livello personale.” 

Theodore rimase impassibile, parlando senza battere ciglio di fronte alla domanda è all’espressione leggermente perplessa che aveva preso forma sul volto della strega che aveva di fronte al sentire la sua risposta:

“Non hai mai parlato del Processo con I tuoi genitori?” 
“Temo di no. Non ho molti ricordi di loro… immagino che nel vostro piccolo mondo perfetto non accada, ma in quello reale alcuno non hanno i mezzi per prendersi cura dei propri figli, così pensano bene di abbandonarli.” 

Theodore si strinse nelle spalle, continuando a parlare con un tono piuttosto neutro mentre la sua esaminatrice lo osservava con attenzione:

“Quindi come sei cresciuto?” 
“Ho imparato a cavarmela. Alcuni devono crescere più in fretta di altri.” 


“Quindi speri di passare il Processo per avere, finalmente, una vita più semplice?” 
“Forse non più semplice, solo più serena. Voi volete elementi validi, no? Che contribuiscano attivamente alla “prosperità” della vostra parte. Io sono abituato a non stare mai con le mani in mano.” 

Il Corvonero si strinse nuovamente nelle spalle, distogliendo gli occhi blu dal volto dell’esaminatrice, che annuì distrattamente prima di restare in silenzio per qualche istante. E poi, mentre Theodore quasi pregava mentalmente, parlò di nuovo:

“Idoneo.” 


*


“Pensi di passare la selezione? Onestamente.” 
“Ovviamente sì, altrimenti credo che non sarei seduta qui, di fronte a lei.” 

Erza sfoggiò un piccolo sorriso mentre, seduta con le gambe accavallate, teneva gli occhi fissi sul volto del sul esaminatore, apparemete rilassatissima e piuttosto a suo agio:

“Quindi credi di arrivare fino in fondo?” 
“Sì. Insomma, il nostro scopo, ora, è convincervi che siamo in grado di andare avanti nel Processo, di essere “degni” dell’Offshore. Come si può convincere qualcuno di qualcosa se per primi non ci si crede? Se non ne fossi convinta, non starei nemmeno qui a farle perdere tempo.” 

La Serpeverde si strinse debolmente nelle spalle e l’uomo le sorrise appena, quasi come se truccasse le sue parole divertenti:

“E perché dovresti arrivare nell’Offshore? Che cosa ti rende diversa e superiore a così tanti altri ragazzi della tua età?” 
“Suppongo che sarete voi a dirlo, se deciderà di farmi andare avanti.” 


Un paio di minuti dopo Erza si alzò con un sorriso soddisfatto stampato sul bel volto, attraversando il corridoio e superando tutte le sedie dove gli altri candidati stavano subendo il colloquio dopo che il suo esaminatore l’aveva decretata “idonea”.

E il suo sorriso non potè che aumentare quando, giunta nell’enorme sala, ovviamente quasi interamente bianca, si trovò davanti ad una ragazza decisamente familiare, che le sorrise quando la rossa le si avvicinò:

“Ero sicura quasi al 100% che ti avrei vista qui.” 
“Anche io, in effetti… e non è stato neanche troppo difficile, non credi Pippy?” 


*


“Come ti immagini l’Offshore? Voi non l’avete mai potuto nemmeno vedere.” 

“Non saprei.” Margaret sfoggiò un sorriso tirato, stringendosi nelle spalle prima di parlare di nuovo, sforzandosi di apparire il più rilassata possibile:

“Credo molto… pulito. E pieno di verde… un bel posto.” 
“Che cosa daresti per vederlo?” 

“Tutto. Cresciamo con quest’unico obbiettivo, al di là della scuola, al di là di tutto… c’è questo. Il Processo, e l’Offshore.” 
“C’è qualcuno della tua famiglia nell’Offshore?” 

“No, I mie fateli non sono passati… io spero di essere diversa.” 
“E l’idea di non vederli più ti rattrista?” 

Margaret annuì, facendo attenzione a non distogliere lo sguardo dagli occhi dell’esaminatrice, mantenendo il contatto visivo: sapeva benissimo quanto quella domanda avrebbe inciso sulla sua decisione di farla passare o meno e doveva mostrarsi il più sicura possibile:

“Sì, certo. Ma la mia vita dipende da questo… ed è più importante. Non tornerei indietro.” 
“Se passassi non saresti tentata di farlo?” 

“No. È la mia vita… e vale più di tutto. So per certo che loro la pensano allo stesso modo, sarebbero felici per me.” 


*


“Hai lasciato qualcuno di molto importante per il Processo? Qualcuno a cui tieni molto.” 

“Mia sorella minore.” 
Noah annuì leggermente, cercando di ignorare il groppo che gli si stava formando in gola mentre la sua esaminatrice continuava a studiarlo con un paio di penetranti occhi scuri:

“E se passerai non potrai rivederla per un po’… se va bene, finché non passerà il Processo a sua volta.” 
“È quello che speriamo, ovviamente.” 

“Ha qualcuno che si prende cura di lei?” 
“Sì, ma preferirei comunque averla con me.” 

“E se non dovessi rivederla, nell’Offshore… ti sfiorerebbe l’idea di tornare indietro per lei?” 

Sì, che mostro sarei se dicessi il contrario? 

Era ciò che pensava ma, Noah lo sapeva, non era quella la risposta corretta da dare, non in quel momento. 
Così si costrinse a scuotere il capo con un cenno quasi impercettibile, parlando con un tono neutro senza battere ciglio:

“No. Se dovessi entrare nell’Offshore sarebbe quella la mia vita… I miei primi 21 anni diventerebbero solo una piccola parentesi.”

“Una parentesi che dimenticheresti?” 
“No. La ricorderei per non scordare mai com’era la mia vita prima di avere la fortuna e il merito di averne una migliore.” 


*


Quando aveva messo piede nella stanza aveva dovuto trattenersi dall’iniziare a saltare per la gioia o saccheggiare la grande quantità di cibo che, probabilmente, aspettava I candidati che avrebbero superato la scrematura dei colloqui: si era trovato in una specie di “mensa” quando aveva lasciato il corridoio e ora, seduto su una sedia, non faceva che sorridere, gli occhi fissi sull’apertura del muro da cui uscivano i candidati “idonei” e sperando di vedere Jeremy raggiungerlo. 


Era a dir poco euforico di essere passato, sapeva di essere solo all’inizio ma era comunque un passo in più verso l’obbiettivo finale… anche se, lanciandosi un’occhiata ai piedi, non poté fare a meno di odiare profondamente l’organizzazione del Processo per averli costretti a cambiare vestiti: già rimpiangeva profondamente i suoi amati anfibi.

Il Grifondoro, mentre gran parte dei candidati che lo circondavano stavano conversando tra loro, forse ipotizzando la prima vera prova o interrogandosi a vicenda sulle domande subite durante il colloquio, era seduto in un angolo ad aspettare, ma non era l’unico: una ragazza bionda era impegnata nella sua stessa operazione, tanto che, per distrarsi, ke si rivolse con un lieve sorriso:

“Speri di vedere qualcuno?”
“Già… I miei migliori amici.” 
“Anche io.” 

Kay abbozzò un sorriso, annuendo mentre Mairne, anche lei seduta su una sedia, continuava a pregare mentalmente, sperando di vedere Lilian e Noah uscire… Era stata raggiunta solo da Milo, fino a quel momento. 


“Immagino che sarà difficile… insomma, quante probabilità ci sono di riuscire a passare insieme a qualcuno a cui tieni?” 

Alle parole del ragazzo Mairne si rabbuiò, annuendo leggermente mentre abbassava lo sguardo, fissando gli occhi chiari sui propri piedi:

“Molto poche, ma io ci spero comunque. Sarebbe bello.”

Avevano passato ore a fantasticare sull’Offshore, lei e Noah… a scuola, sul treno, quando passavano un po’ di tempo insieme tra una lezione e l’altra. Fantasie che erano andate facendosi sempre più vacillanti da parte di Noah, come se crescendo avesse iniziato a vedere quel luogo come un’immagine utopistica e irraggiungibile… ma per lei non lo era e continuava a sperare ardentemente di poter vivere nell’Offshore, magari proprio accanto al suo migliore amico. 

Faticava molto, ormai, ad immaginare la sua vita senza Noah. 


E per questo motivo quando lo vide oltrepassare quella soglia un’enorme sorriso spontenaoe le si dipinse sul volto, alzandosi subito dopo per correre dal Grifondoro e quasi travolgerlo con un abbraccio:

“Ce l’hai fatta! In realtà ne ero sicura, hai una faccia troppo adorabile per non farti passare… sono davvero felice.” 

Anche Noah sorrise mentre, annuendo, ricambiava la stretta, lasciando che i capelli color grano della ragazza gli solleticassero il volto:

“Anche io sono felice di vederti qui Mairne… e di essere passato, ovviamente. In realtà cominciavo a non sperarci più, ad un certo punto pensavo mi avrebbero mandato via a calci. Hai visto Milo?” 
“Sì, è qui in giro, vai a cercarlo, io aspetto Lily.” 


Quando Noah, dopo averle rivolto un ultimo sorriso, si fu allontanato la bionda si rivolse a Kay, sorridendogli allegramente:

“Serpeverde che anche il tuo amico ce la faccia. A proposito, sono Mairne, molto piacere.” 
“Kay Arik Platinum. E sì, lo spero tanto anche io.” 


Pochi minuti dopo, mentre Mairne aspettava e sperava di vedere anche Lilian, Kay si ritrovò effettivamente a sorridere a sua volta, alzandosi quando vide Jeremy per andare incontro al Corvonero e sorridergli:

“Sei passato! Insomma, non avevo dubbi su di me, ma su di te sì, qualcuno…” 
"Ti ringrazio sentitamente Kap, sempre in vena di complimenti verso il tuo migliore amico.” 


*


“Che cos’è quella collana?” 

“Come?” 
“Ho notato che la sfiori spesso.” 

Lilian, a quelle parole, allontano le mani dal ciondolo che indossava quasi come se l’avesse scottata, deglutendo prima di parlare:

“Sì, ci tengo molto.” 
“Allora presumo sia un regalo.” 
“Di mia sorella minore… è una specie di portafortuna, per me.” 

Lilian annuì distrattamente, abbassando lo sguardo e cercando di non pensare a quando aveva dovuto salutare tutti i suoi fratelli, oltre che ai genitori: essendo la maggior era stato molto difficile per tutti, specialmente quando Lindsay, che quello stesso giorno sarebbe andata ad Hogwarts per la prima volta, aveva iniziato a piangere a dirotto. 


“Hai molti fratelli?” 
“Siamo in sette, io sono la maggiore.” 

“Per I tuoi genitori non deve essere semplice… e nemmeno per te, immagino.” 
“No, non è mai stato facile, ma voglio molto bene ai miei fratelli. Spero di passare anche per loro, per non essere più un peso.” 

Lilian si strinse nelle spalle e il suo esaminatore annuì, esitando prima di parlare di nuovo:

“Toglila. Togli la collana e lasciala sul tavolo.” 
“Perché?” 

La ragazza strabuzzò gli occhi, sollevando istintivamente una mano per portarsela al ciondolo, sfiorandolo con le dita e ripensando al sorriso allegro con cui la piccola Lindsey glie l’aveva regalata, sostenendo che fosse “la sua sorellona preferita”. 

“Hai detto che non vuoi più essere un peso per la tua famiglia… se passerai il Processo, se vivrai nell’Offshore, dovrai tagliare i ponti con loro. Fammi capire se ci tieni davvero, se l’Offshore è davvero importante per te.” 
“Certo che lo è.” 

“Allora fallo: inizia a tagliare i ponti.” 


Lilian esitò, guardando l’uomo che aveva di fronte come a volersi assicurare che non stesse scherzando. Ma il suo esaminatore non battè ciglio e la ragazza capì che sì, doveva farlo. 

Così, dopo qualche secondo, sciolse con dita quasi tremanti il nodo è lasciò la collana sul tavolo, guardando il ciondolo a forma di stella e scusandosi mentalmente con la sorellina. 


“Idonea.” 


*



Quando mise piede in quella che classificò come una specie di “mensa” la prima cosa che Louella fece fu guardarsi intorno per cercare qualche traccia di Margaret, sorridendo con evidente sollievo quando posò gli occhi sull’ex compagna di scuola:

“Meggie, sono felice di vederti… è un sollievo averlo passato, ne hanno eliminati già quasi una ventina.” 
La Grifondoro si avvicinò all’amica, che annuì e le sorrise a sua volta, visibilmente sollevata:

“Ho intravisto anche Kay poco fa, è passato anche lui… speriamo solo di durare, a questo punto.” 
“Pensa positivo, ce la caveremo. Ora… che cosa ci facciamo qui?” 

“Immagino che ci diranno che cosa fare quando tutti avranno finito, ossia a breve, penso, non sono rimasti in molti.” 


Margaret si strinse nelle spalle mentre, a pochi metri di distanza, Lilian andava incontro a Mairne con un enorme sorriso stampato sul volto e anche Nymphea accoglieva Berenice in un sorriso, avvicinandosi all’amica:

“Hey… com’è andata?” 
“Bene, a quanto sembra… sono piuttosto sollevata, mi sembra di aver perso un macigno che mi premeva lo stomaco.”

“Lo immagino. Il primo passo è andato, ora cerchiamo solo di non farsi buttare fuori tanto in fretta. Vieni, andiamo a sederci.” 

Nymphea sorrise prima di prendere l’amica sottobraccio e condurla verso un paio di sedie vuote, sinceramente sollevata che anche Berenice fosse riuscita a passare il colloquio. 
C’era solo da chiedersi che cosa avrebbero dovuto affrontare in seguito. 


*


“Vedo che ce l’hai fatta.” 
“Speravi forse di non vedermi?” 

Alastair prese posto accanto a Theodore, tra lui e Kieran, rivolgendo un lieve sorriso all’amico alla sua domanda:

“No Theo, sono felice di vederti… Phoebus è ancora dentro, Kier?” 
“Sembra di sì… o almeno lo spero.” 

“Io spero ne abbiano eliminati parecchi… sono sempre avversari in meno.” 

Theodore inarcò un sopracciglio, continuando a tenere le braccia conserte e gli occhi fissi sull’apertura ad arco del muro da cui entravano i candidati che avevano superato i colloqui, mentre Kieran e Alastair facevano altrettanto, sperando di vedere Phoebus. 

E quando videro effettivamente il Serpeverde lasciare il corridoio con un sorriso soddisfatto sul volto Kieran gli rivolse un cenno, sorridendo a sua volta con aria sollevata:

“Cominciavo a tenere che ti avessero sbattuto fuori a calci, sai?” 
“Come puoi pensarlo Night, non possono certo farsi sfuggire un elemento come me… ma sono felice di vedervi tutti. Penso che ci divertiremo.” 


*


“Perché vuoi passare il Processo?” 
“Per lo stesso motivo per cui l’ha voluto lei a suo tempo, immagino: avere una vita migliore. Scoprire cosa c’è dietro quella barriera che nessuno può oltrepassare.” 

Zavannah si strinse leggermente nelle spalle, parlando con un tono piuttosto rilassato mentre il suo esaminatore annuiva distrattamente, continuando a studiare il volto della bionda:

“E sei disposta a tutto pur di riuscirci?” 
“Immagino di sì.” 
“L’Offshore è persino più importante della vita che hai condotto fino ad ora? Già sai che la perderai.” 

“Ovviamente… bisogna fare una scelta. E se ne avrò l’occasione, io sceglierò di coglierla.” 

“Quindi non ti frena nemmeno lontanamente l’idea di perdere la tua famiglia, i tuoi amici… magari il tuo fidanzato?” 
“Non mi frena. E non ho comunque più un fidanzato. Non mi dispiace l’idea di ricominciare.” 

La Tassorosso si strinse nelle spalle, giocherellando distrattamente con il bordo della maglietta grigia che indossava mentre il suo esaminatore inarcava un sopracciglio:

“Quindi è solo questo? Solo voglia di provare qualcosa di nuovo? Bisogna volerlo davvero, Zavannah, c’é chi ucciderebbe per poter vivere nell’Offshore. Sono qui da anni, e ho visto ragazzi togliersi la vita dopo essere stati eliminati.” 
“Beh, mi dispiace per loro… io non reagirei così male, la mia vita non sarebbe comunque finita, ma voglio cambiare, esattamente come gli altri. Voglio qualcosa di migliore per me stessa.” 

E per renderti fiero di me, Jared


*


Hailey era seduta su una sedia, gli occhi fissi sul ristretto gruppo di esaminatori che stavano parlando a bassa voce in un angolo, tenendosi alla larga dal brusio creato dai candidati. 
La Corvonero si stava chiedendo che cosa sarebbe successo a quel punto, ora che I colloqui erano praticamente terminati, quando una familiare ragazza dai capelli scuri le si avvicinò, sorridendo leggermente:

“Vedo che ce l’hai fatta anche tu Ley…” 
“Pare di sì. C’era qualcun altro prima di te?” 

Hailey puntò gli occhi su Alethea che, in piedi di fronte a lei, si limitò a scuotere il capo:

“Solo un ragazzo e una ragazza, ma entrambi sono stati scartati… l’ultima ad essere passata sono io, abbiamo finito.” 

Hailey annuì, sinceramente sollevata che quell’attesa estenuante fosse cessata: lei era stata tra I primi ad entrare e prima era seduta lì da parecchio, anche se non sapeva che ore fossero vista l’assenza di orologi nei paraggi. 

Alethea fece per prendere posto accanto a lei quando si bloccò e la sua attenzione si catalizzò su uno degli esami tori, che si era appena schiarito sonoramente la voce:

“Congratulazioni per aver superato i colloqui, candidati, ma temo che il vostro percorso sia soltanto all’inizio… ora avete un’ora e mezza di pausa per il pranzo e poi ci sarà la prima vera prova, verremo a chiamarvi noi. Siete rimasti in 177.” 


“23 avversari in meno… niente male, immagino.” 
Già… ora ne mancano solo 167.” 









……………………………………………………………………………….
Angolo Autrice:

Buonasera! 
Questa volta ci ho messo meno ad aggiornare, ma mi scuso per non aver risposto a molte delle vostre recensioni… diciamo che le ultime tre giornate sono state molto molto piene, quindi non sono riuscita a farlo, ma vi ringrazio per la rapidità con cui avete commentato il capitolo: più siete veloci a recensire e prima arriva il capitolo successivo, molto probabilmente. Anche se, avendo al momento solo una storia in corso, pensavo di tenere come giorni “fissi” per gli aggiornamenti la domenica e il mercoledì/giovedì. 

Ad ogni modo, alla fine ho deciso di non eliminare nessuno in questo capitolo per darvi modo di iniziare a conoscere più o meno tutti, ma nel prossimo un paio di eliminazioni ci saranno sicuramente, non adagiatevi sugli allori :P

Vi auguro un buon inizio settimana, se il lunedì potrà mai essere buono! 
Signorina Granger 


 

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Capitolo 5
*** I cubi ***


Capitolo 3: I cubi

 

“Signore?”

Benjamin distolse lo sguardo dallo schermo che aveva davanti, attraverso cui stava seguendo le azioni dei candidati in quel momento in pausa pranzo, per rivolgersi alla ragazza che era entrata nel suo ufficio tenendo tra le braccia un considerevole plico do fogli:

“Sí?”
“Le ho portato I risultati delle analisi, come ha chiesto.”
“Grazie Celine… sono tutti sani?”

“Abbiamo rilevato solo un paio di casi.” 

Benjamin annuì mentre la Medimaga metteva il plico sulla sua scrivania, restando in silenzio e aspettando qualche istruzione che non tardi ad arrivare:

“Allora sapete come procedere… portateli fuori prima della prossima prova.”
“Come vuole signore.”

La ragazza annuì prima di girare sui tacchi e andarsene, ma non prima di aver agitato leggermente la bacchetta: quattro fogli, che contenevano i dati di quattro candidati, planarono fuori dalla pila per tornare nelle sue mani ed essere immediatamente strappati. 

Benjamin, una volta rimasto nuovamente solo, distolse lo sguardo dallo schermo per rivolgere la sua attenzione alla pila di fogli… più precisamente, 196. 
Che stavano per diventare 173. 

Aveva seguito i colloqui, come sempre, supervisionandoli per assicurarsi che gli esaminatori non selezionassero candidati che a suo parere non meritassero di proseguire il Processo, e aveva tenuto nota dei candidati scartati… così iniziò ad esaminare i risultati delle analisi, cercando quelle degli ormai ex candidati per cestinarle. 


173

Gli occhi azzurri dell’uomo saettarono nuovamente sullo schermo mentre cercava tra il mucchio I nomi dei ragazzi che erano già stati eliminati dal Processo, osservando i 173 candidati rimasti conversare, mangiare, probabilmente impegnati a rilassarsi momentaneamente, gioire per aver superato il primo ostacolo… sicuramente stavano tutti ipotizzando che cosa si sarebbero trovati davanti di lì a poco. 


Sorrise, chiedendosi sinceramente in quanti sarebbero tornati in quella sala-mensa per il pasto successivo. Sperava non troppo pochi, o il divertimento non sarebbe durato a lungo.


*


“Sono così tesa che quasi non riesco a mangiare… secondo te che cosa dovremmo fare?”
Louella sbuffò, continuando a tamburellare nervosamente le dita sul tavolo mentre Margaret, seduta di fronte a lei, si stringeva nelle spalle continuando a spiluccare piccole quantità di cibo:

“Non ne ho assolutamente idea Lou… le opzioni sono tantissime. Potrebbe essere una prova inerente con la magia come no, tanto per cominciare, in genere sono miste.”

“Già… forse spero di iniziare con qualcosa legato alla magia, in effetti.”
“Lo scopriremo tra mezz’ora… ma ora mangia, non mi va proprio di vederti svenire per l’ansia e l’assenza di carburante!”

Louella fece per far notare all’amica che praticamente nessuno stava mangiando in gran quantità, probabilmente erano tutti impegnati a preoccuparsi per la prova imminente… quasi non avevano avuto tempo di rilassarsi e godersi l’aver superato i colloqui, li avevano subito messi davanti allo stress per una seconda prova. 

Ma di fronte all’espressione risoluta di Margaret Louella annuì, sorridendo debolmente mentre prendeva la forchetta in mano:

“D’accordo Meg, come vuoi… immagino di doverti dare retta.”
“Certo che devi darmi retta!”


*


“Come mai sei così silenziosa? Nervosa?”

Zavannah inarcò un sopracciglio mentre si serviva di purè e verdure alla griglia, rivolgendosi a Nymphea, che era seduta accanto a lei ad uno dei numerosi tavoli rettangolari, ovviamente bianchi, che tappezzavano la sala gremita. 

La Tassorosso sembrò riscuoterei alla voce della bionda, voltandosi di scatto verso di lei prima di parlare, sorridendo leggermente:

“Un po’, come tutti, credo… ma in generale mi piace osservare.”
“Davvero?”
“Alla nostra Nym piace studiare la situazione, non è una che perde molto tempo in chiacchiere… dico bene?”


Nymphea si strinse nelle spalle, abbassano lo sguardo e continuando a mangiare lentamente, mentre le labbra di Berenice si incrinavano in un sorriso divertito:

“Forse te ne sei già accorta, in effetti… ma anche il tuo nuovo amico è passato, l’ho visto poco fa.”
“Nice, di chi stai parlando?”

La Tassorosso sospirò, tornando a concentrarsi sull’amica anche se, in effetti, una vaga idea su a chi si stesse riferendo ce l’aveva. E infatti la Grifondoro sorrise, mentre invece Zavannah inarcò un sopracciglio senza però dire niente, aspettando che l’ex compagna di Casa parlasse:

“Ma come di chi, lo sai!”
“Continuerai con questa storia ancora a lungo?”
“Probabilmente finché continuerà ad essere divertente.”

“Di chi parlate? Un tuo amico Nym?”
“No, è solo un ragazzo con cui ho scambiato qualche parola…”

La Tassorosso roteò gli occhi chiari mentre Zavannah invece sorrise appena, rivolgendosi a Berenice:

“Ah sì? Me lo indichi?”
“Con piacere!”

“Cosa state facendo? Voltatevi, subito! Merlino, che figura…”

Nymphea sospirò, scuotendo il capo mentre abbassava lo sguardo, pregando che che nessuno si accorgesse di quello che le sue amiche stavano facendo, ossia cercare qualcuno con lo sguardo per poi osservarlo e fare qualche commento a riguardo. 
Fu Berenice, con un sorriso, a ricordarle che il ruolo di un’amica fosse anche quello di metterla in imbarazzo… e la Tassorosso dovette riconoscere che aveva ragione, in fin dei conti. 


“In effetti tu sei più grande di noi… lo conosci?”
“Vagamente, ha un anno più di me, se non sbaglio era Serpeverde. Si chiama Phoebus Gaunt.”

Zavannah accennò un sorriso mentre si rimetteva dritta sulla sedia, tornando a concentrarsi sul suo pranzo mentre Nymphea, che volente o dolente aveva comunque teso le orecchie quando la bionda aveva parlato, restava in perfetto silenzio. Fu Berenice a parlare, rivolgendo alla bionda un’occhiata carica di perplessità:

“Come mai quel sorriso?”
“Oh, niente…”


*


“Theo… hai fame? Stai mangiando più di noi messi insieme.”

Alastair sorrise appena, osservando l’amico con aria divertita mentre il Corvonero stava, in effetti, ingerendo una considerevole quantità di cibo, divorando il piatto di spaghetti che aveva davanti. 

“Per quel che ne sappiamo potrebbero anche lasciarci a digiuno fino a domani… e poi non mi capita spesso di avere tanto cibo a disposizione.”

Theodore si strinse nelle spalle e Alastair si limitò ad annuire, rivolgendo all’amico un’occhiata incerta: durante gli anni di scuola ovviamente ci avevano pensato gli elfi, ma da quel poco che gli aveva raccontato aveva praticamente passato l’infanzia a patire la fame. 
Certo, anche lui non aveva i genitori, ma era comunque cresciuto con qualcuno accanto ad amarlo, non praticamente da solo. 


“Io non vedo l’ora che la prova cominci, quest’attesa é snervante.”
Phoebus sbuffò, tenendo le braccia conserte mentre era seduto appoggiandosi allo schienale della sedia, gran parte del piatto lasciato completamente intoccato. 

“Sì, vale anche per me… spero sia qualcosa che abbia a che fare con la magia, però.”
“Perché Kier, paura di usare l’olio di gomito?”

“No, non è l’olio di gomito che mi preoccupa…”

Kieran piegò le labbra in una smorfia, continuando a chiedersi che cosa potessero aver organizzato come prima vera prova. In fin dei conti i colloqui c’erano ogni anno, presentandosi lì avevano saputo con certezza di andarcisi incontro… se non altro aveva potuto “prepararsi” psicologicamente, ma da lí in avanti nessuno di loro avrebbe avuto quel lusso: non avevano altro che un gigantesco punto di domanda davanti. 


*


Lui e Kay stavano discutendo a proposito delle domande che erano state fatte loro durante i colloqui quando il silenzio era momentaneamente calato sulla mensa. 

“Che succede? È ora?”
Kay si voltò, accigliato, cercando di individuare la fonte di quel silenzio improvviso: in effetti tre esaminatori avevano appena fatto il loro ingresso nella sala, ma invece di annunciare che la loro pausa era terminata si limitarono a chiamare quattro nomi ad alta voce, chiedendo ai suddetti candidati di alzarsi e avvicinarsi. 

“Che cos’hanno in mente?”
Jeremy, continuando a non capire, cercò di tendere il collo il più possibile per riuscire a vedere cosa stesse succedendo, guardando tre ragazzi e una ragazza alzarsi e avvicinarsi agli esaminatori chiedendo spiegazioni. 
Spiegazioni che però non arrivarono, visto che la strega bionda che li aveva chiamati si limitò a chiedere loro di seguirli fuori dalla stanza perché, disgraziatamente, il loro percorso finiva lì. 

“Li mandano via ORA? Forse hanno avuto qualche ripensamento?”

Kay inarcò un sopracciglio, parlando a bassa voce per non farsi sentire da nessuno se non da Jeremy, che però si limitò a scuotere leggermente il capo, senza riuscire a dargli una spiegazione plausibile. 

“Non ne ho idea… ma spero che non capiti anche a noi.”

Nessuno fiatò mentre i quattro venivano praticamente trascinati a forza fuori dalla mensa, mentre gli esaminatori ignoravano deliberatamente le loro proteste e le loro insistenti richieste di ricevere una qualche spiegazione. 
Spiegazioni che non arrivarono ma che sarebbero state gradite un po’ a tutti gli altri candidati: dovevano forse aspettarsi di rischiare di essere cacciati fuori a malo modo in ogni momento, anche dopo aver superato una prova?


*


Pochi minuti prima avevano annunciato che la pausa era finita e che avrebbero dovuto spostarsi sul luogo della prima prova, così i candidati si erano alzati, obbedendo senza sollevare la minima protesta, non dopo quello che era appena successo e sui cui molti stavano ancora discutendo.

Mairne camminava tra Noah e Lilian, sul pavimento piastrellato bianco e immacolato, quasi luccicante. 
La bionda, che stava seguendo il fiume di compagni verso la loro destinazione comune, fece per voltarsi verso l’amica e dirle qualcosa, ma non ne ebbe mai l’occasione: nell’arco di pochi secondi un susseguirsi di eventi le mozzò il fiato, impedendole di parlare e facendole dimenticare completamente cosa avrebbe voluto dire. 

La prima cosa che percepì fu qualcosa che le precipitó davanti agli occhi, poi sentì la mano di Noah afferrarle la spalla e strattonarla, costringendola ad indietreggiare e attirandola verso di sè. 
Sentì qualche urla, ma non seppe mai dirsi se anche lei avesse urlato o meno o se fosse stata Lilian, che accanto a lei era rimasta come paralizzata, gli occhi fissi sul corpo che aveva davanti. 

Nemmeno lei riuscì, per un attimo, a staccare gli occhi azzurri dal corpo inerme che aveva davanti e da cui stava iniziando a dilatarsi una pozza di sangue. O almeno finché Noah non la costrinse a voltarsi, abbracciandola e premendole la nuca contro la sua stessa spalla, facendola voltare per toglierle quello spettacolo dalla visuale. 

“Come…?” 


Lilian, accanto a lei, boccheggiò, indietreggiando di qualche passo mentre invece Noah sollevava lo sguardo, posando gli occhi sulla specie di terrazza da cui, evidentemente, quel ragazzo era caduto. 

Vide qualche figura affacciarsi giù di rimando e poi sentì qualcuno parlare, ma non ci fece troppo caso, dopo impegnato ad abbassare nuovamente su quello spettacolo non esattamente piacevole. 


“È caduto, immagino…”
“O si è lasciato cadere? Lilian, vieni via.”

Milo si rivolse all’ex compagna di Casa, facendole cenno di seguirlo mentre le metteva una mano sulla spalla, spingendola a camminare con gentilezza. 
Noah invece abbassò lo sguardo sull’amica, che ancora teneva stretta a sè, e che stava quasi tremando come una foglia:

“Va tutto bene?”
“Sì.”

Mairne annuì, lanciando un’occhiata incerta al corpo mentre molti tra i loro compagni procedevano e altri, come loro, restavano lì, imbambolati a seguire la scena, mentre due medimaghi lì raggiungevano quasi di corsa, con una barella, caricandocisi sopra il corpo senza battere ciglio, come se ormai ci avessero fatto l’abitudine. 

“Vieni… andiamo. Non pensarci… succede, a volte.”
Mairne annuì e iniziò a camminare accanto all’amico, che continuò a tenerle un traccio stretto intorno alle spalle. Ma anche mentre procedeva la bionda si voltò indietro un’ultima volta, il battito cardiaco ancora accelerato per lo spavento quando il corpo le era precipitato ad un palmo dal naso. 

Ma a colpirla di più, probabilmente, fu quello che uno dei due Medimaghi fece prima di allontanarsi trasportando la barella: tirò fuori la bacchetta e, dopo averla puntata contro il pavimento, con un Gratta e Netta non verbale ripulì completamente la pozza di sangue cremisi che aveva creato un forte contrasto con le piastrelle candide. 

E subito, come da manuale, il pavimento tornò ad essere bianchissimo, perfettamente pulito. 
Come se niente fosse successo. 

 
*


La stanza era ancora vuota, ma sapeva che la prova stava per iniziare, ormai si stavano avvicinando. 
Era comodamente seduto contro lo schienale di pelle della sua sedia girevole quando la porta si aprì, rivelando una figura familiare sulla soglia della stanza:

“Signore… ha già visto?”
“Come sempre… Conoscete il protocollo, scrivete alla famiglia.”

Benjamin annuì con un lieve cenno mentre la donna sulla soglia esitava, tentennando:

“Che cosa vuole che venga scritto?”
“La verità. Molti ragazzi si tolgono la vita dopo essere stati eliminati, specialmente nella prima e ultima parte del Processo… e come dico sempre, sono loro a creare il loro merito. Se sono stati scartati è solo perché l’hanno meritato, e il fatto di essersi tolti la vita é solo la conferma di una personalità debole.”

O di disperazione 


Lo pensò, ma non lo disse, limitandosi ad annuire prima di parlare:

“Come vuole Signore… provvedo subito perché la famiglia venga informata. Anche se a volte preferiamo non farlo, magari in questo modo i genitori del ragazzo penseranno che abbia semplicemente passato il Processo senza avere più sue notizie, penseranno che si sia costruito una vita più serena… non è meglio così?”
“Succede spesso che, non vedendo i figli tornare a casa, si pensi che abbiano superato il Processo… peccato che spesso ciò non accada realmente. D’accordo, lasciamo le cose come stanno, forse un po’ di dolore verrà risparmiato.”

Benjamin annuì e poi, senza aggiungere altro, fece cenno alla collega di essere libera di andare mentre vedeva finalmente i candidati fare la loro comparsa nello schermo. 
Una volta rimasti solo Benjamin si mise immediatamente a sedere dritto sulla sedia, appoggiando i gomiti sul ripiano di vetro della scrivania. Deciso a godersi lo spettacolo. 



*


Nel momento stesso in cui mise piede in quella vasta stanza, una considerevole differenza le saltò subito all’occhio: non era proprio niente di bianco, lì dentro, il pavimento era di un parquet molto scuro e quasi non riusciva a distinguere le pareti a causa della scarsa illuminazione, in netto contrasto con la luce che quasi l’aveva abbagliata quando aveva messo piede lì dentro per la prima volta. 

C’erano diversi tavoli circolari, circa una trentina, disseminati per la stanza, con intorno sei sedie, tutti con una lampada pendete sopra e un separè a semicerchio che ne copriva la parte posteriore, impedendo così a chiunque avesse preso posto ai vari tavoli di vedere cosa accedesse negli altri. 

L’esaminatore che li aveva accompagnati si fermò sulla soglia e disse loro di entrare e di occupare i tavoli, cosa tutti fecero in silenzio, occupando le varie sedie. 
Asterope puntò il tavolo più vicino insieme ad Erza, e le due ex Serpeverde si limitarono a scambiarsi un’occhiata scettica mentre prendevano posto una accanto all’altra, raggiunte poi da due ragazzi, uno biondo con i capelli lunghi e l’altro moro, e due ragazze che Asterope riconobbe come ex Grifondoro, anche se non era sicura di ricordare chiaramente i loro nomi. 

Mentre intorno a loro tutti prendevano posto la ragazza puntò gli occhi sugli oggetti che occupavano il centro del tavolo circolare, ossia un considerevole cumulo di piccoli oggetti colorati dalle forme più disparate… sembravano quasi delle piccole costruzioni.

“Vogliono per caso farci giocare tutti insieme?” Probabilmente Erza ebbe il suo stesso pensiero perché inarcò un sopracciglio, osservando gli oggetti con aria critica mentre un esaminatore si avvicinava al loro tavolo per spiegare la prova ai ragazzi:

“La prova ha la durata di tre minuti esatti, e serve a valutare la logica spaziale, il ragionamento geometrico e le capacità motorie di base… qualità che tendono ad essere spesso, sottovalutate. La prova è fondamentalmente semplice, in tre minuti dovrete usare gli oggetti che avete davanti per costruire dei cubi. Per superarla dovrete averne nove entro lo scadere del tempo… quando verrà dato il via il tavolo si illuminerà di verde e, man mano che il tempo passerà, i toni varieranno sul rosso fino allo scadere del terzo minuto. Davanti ad ognuno di voi ci sono nove “sagome” quadrate disegnate, i cubi dovranno avere quelle dimensioni. Tutto chiaro?”

Asterope annuì, abbassando lo sguardo sulle tre file da tre quadrati che erano disegnate davanti a lei, così come per tutti i suoi compagni. 

Nessuno tra i sei candidati disse nulla e l’esaminatore annuì, sfoggiando un piccolo sorriso:

“Bene… preparatevi allora, la prova avrà inizio tra venti secondi.”


Margaret, muovendosi leggermente a disagio sulla sedia, si voltò verso Louella, che le rivolse un piccolo sorriso incoraggiante. La Grifondoro si sforzò di ricambiare, mimando poi con le labbra un “buona fortuna” all’amica… sperando di riuscire a superare quella prova insieme a lei. 


Senza poter immaginare che, poco più di tre minuti dopo, ben due tra i candidati seduti intorno a quel tavolo sarebbero stati eliminati. 


*


Non appena il timer era scattato e la prova cominciata si era quasi buttata sul cumulo di “costruzioni”, attirandone a sè una considerevole manciata per mettersi al lavoro. 
Forse avrebbe preferito qualcosa di più teorico, ed era quasi sicura che accanto a lei Alethea fosse della stessa opinione… ma di certo quello non era il momento di perdersi in chiacchiere e Hailey non staccava gli occhi dal suo lavoro, cercando di comporre i cubi il più rapidamente possibile. 

No, non aveva alcuna intenzione di farsi buttare fuori alla prima prova. 

Di certo però tutta quella pressione e il poco tempo non laiutavano, mentre armeggiava imprecando mentalmente con quei fastidiosi pezzetti di plastica colorata, cercando di incastrarli per darci una forma. 
Erano passati trenta secondo quando Hailey appoggiò il primo cubo su una delle sagome… aveva ancora due minuti e mezzo e otto cubi da creare. 

In parole povere, doveva darsi una bella mossa. 
La Corvonero sbuffò e, mentre malediceva mentalmente chiunque avesse ideato quella prova, prese altri frammenti per continuare ad incastrarli, ripetendosi di fare più in fretta e non sarebbe mai riuscita ad averne nove entro lo scadere, del tempo. 

Avrebbe voluto guardarsi intorno per avere un’idea su come se la stessero cavando i suoi compagni/avversari, ma non aveva praticamente il tempo neanche per respirare, figuriamoci per guardare in giro. 

Riusciva solo a vedere Alethea, accanto a lei, armeggiare con i pezzi di plastica… e poco la vide appoggiare sul tavolo il terzo cubo.
Hailey si morse il labbro con veemenza, iniziando quasi a sudare freddo mentre terminava il secondo cubo: sì, doveva proprio darsi una mossa. 


E, seduta di fronte a le tra Milo e Mairne, lo pensò anche Lilian mentre cercava di comporre anche il terzo cubo, maledicendosi mentalmente per non aver giocato più spesso con le costruzioni con i suoi fratelli minori… probabilmente le sarebbe potuto tornare utile in quel momento. 
Inevitabilmente finì col pensare a Lindsay e alla collana che aveva lasciato su quel tavolo, ma la Grifondoro si disse di non pensarci, di allontanare il viso sorridente e innocente della sorellina dalla sua testa… non doveva distrarsi, ma pensare solo alla prova in corso. 
A nient’altro. 


*


Sette.
Aveva realizzato sette cubi, e mancava meno di un minuto allo scadere del tempo. 

Kieran contorse la mascella, armeggiando con i pezzi di plastica per cercare di comporre il più rapidamente possibile l’ottavo cubo mentre, intorno a lui, i compagni erano più o meno nella stessa situazione, anche se probabilmente il più avanti era Theodore, che aveva già finito l’ottavo e stava lavorando al nono. 

L’idea di finire fuori dai gioco alla prima prova non lo aggradava minimamente, forse non sarebbe arrivato fino in fondo ma non aveva neanche intenzione di tornarsene a casa dopo soltanto un giorno. 
Il Serpeverde respirò profondamente, ripetendosi di rilassarsi mentre riusciva finalmente a portare a termine anche lottavi cubo… gliene mancava solo uno, ma ormai i pezzi di plastica del mucchio stavano scarseggiando. 


Accanto a lui Alastair appoggiò con un sorriso il nono cubo sulla sagoma con un sorriso, sentendo quasi un macigno sollevarglisi dallo stomaco nella piena consapevolezza di avercela fatta, di aver superato anche quella prova.
Permettendosi finalmente di potersi rilassare, il ragazzo fece vagare lo sguardo sui compagni seduto intorno al suo stesso tavolo, rendendosi conto con sollievo che anche Theodore aveva costruito nove cubi, mentre sia Kieran che Phoebus lavoravano all’ultimo e le due ragazze che avevano preso posto accanto a loro, entrambe non molto alte e con i capelli scuri, erano in procinto di finire a loro volta. 


Il tavolo ormai era diventato quasi completamente rosso quando anche Kieran – e Nymphea quasi contemporaneamente – appoggiarono sul tavolo il loro ultimo cubo, seguiti poco dopo anche da Phoebus e, appena un paio di secondi prima che il tempo si esaurisse, anche da Berenice. 

La Grifondoro tirò un sospiro di sollievo prima di sorridere all’amica, mentre Kieran assestava una pacca sulla spalla di Phoebus e la fine della prova veniva sancita dal suono assordante di una campana, mentre i vari tavoli venivano avvicinato da un esaminatore che avrebbe dovuto controllare il numero dei cubi di ciascun candidato. 


Mentre l’uomo passava velocemente intorno al tavolo per assicurarsi che tutti e sei avessero portato a termine l’incarico Nymphea si permise finalmente di tirare un sospiro di sollievo, sentendo ancora il battito cardiaco notevolmente accelerato e le mani sudate che l’avevano ostacolata non poco durante la prova. 
Si stava passando distrattamente una mano tra i lunghi capelli color mogano, immensamente sollevata e sperando che anche Zavannah avesse superato il test, quando si rese conto di essere osservata. 

La Tassorosso sollevò il capo mentre l’esaminatore affermava che tutti e sei erano ufficialmente passato al turno successivo, incontrando così per la seconda volta un paio di occhi scuri. 
Phoebus, che si era sistemato praticamente di fronte a lei, le rivolse un sorriso quando incrociò il suo sguardo e la ragazza ricambiò leggermente mentre il Serpeverde le strizzava l’occhio, quasi a volersi complimentare silenziosamente con lei per l’esito della prova. 

Quando Nymphea distolse lo sguardo per rivolgersi all’amica si accorse che Berenice non solo la stava già guardando, ma stava anche cercando visibilmente di ridere.
E alla Tassorosso non restò che roteare gli occhi chiari, prendendola sottobraccio per allontanarla dai ragazzi prima che potesse dire chissà cosa e andare a cercare Zavannah.


*


Quando il tempo era scaduto aveva sollevato lo sguardo con un sorriso stanno sul volto, pronto a condividere la soddisfazione è il sollievo di essere riuscito a superare la prova… ma quella smorfia di felicità era sparita ben presto dal voltò di Kay, quando si era reso conto che il suo migliore amico non era stato altrettanto fortunato: davanti a Jeremy c’erano solo otto cubi, più uno realizzato a metà.

“Mi dispiace, ma il numero richiesto era nove… il tuo nome?”
“Jeremy. Jeremy Patterson.”

Il Corvonero sbuffò sommessamente, passandosi una mano tra i capelli scuri mentre Kay, dal canto suo, non sapeva se abbracciarlo o prenderlo a sberle. 
Intanto, intorno allo stesso tavolo, Asterope aveva un largo sorriso stampato sul volto, così come Erza, entrambe visibilmente sollevate e soddisfatte di aver superato la prova… a condividere l’amarezza di Jeremy era qualcun altro.

“Mi dispiace tanto…”
Louella sbuffò mentre stringeva Margaret in un abbraccio, demoralizzata quasi quanto l’amica per la sua eliminazione mentre l’esaminatore osservando la scena in silenzio, aspettando che il momento dei saluti finisse per poter scortare Jeremy e Margaret fuori dalla stanza. 

“Sì, beh, anche a me.”
Margaret si strinse nelle spalle, passandosi una mano tra i capelli con aria cupa mentre la bionda scioglieva l’abbraccio, guardando l’amica con sincero rammarico:

“Avresti meritato di arrivare ben più in là Meg, e poi ti mancava così poco…”
“Non fa niente. Insomma, non è la fine del mondo, almeno non dovrò lasciare la mia famiglia. Buona fortuna Lou, e spero non ti dispiaccia se ti dico che spero di non vederti tornare indietro.”

Margaret abbozzò un sorriso e l’amica ricambiò prima di annuire, salutandola un’ultima volta prima che l’amica si allontanasse, seguita subito dopo anche da Jeremy, che aveva salutato Kay con un abbraccio soffocante, raccomandandogli di non fare cazzate e di impegnarsi, cercando di non farsi buttare fuori. 

“Se dovessi vedermi tornare indietro, Jerry, hai lamia autorizzazione a prendermi a sberle, te lo giuro. Ti voglio bene, ma spero davvero di non vederti tanto presto.”
“Lo so, vale anche per me… buona fortuna Kap, davvero. Cerca di fare meglio di me.”


“Tenterò, te lo prometto.”
Kay abbozzò un sorriso, assestando un’ultima pacca sulla spalla dell’amico prima di guardarlo sorridergli debolmente, girare sui tacchi e allontanarsi, seguendo Margaret e l’esaminatore vestito di bianco. 

Era lì da meno di un giorno, aveva superato sia i colloqui che la prima prova… era felice e fiero di sè, ma allo stesso tempo aveva già perso il suo migliore amico. 

E sia lui che Louella, in quel momento, si disssero che senza Jeremy e Margaret quel viaggio sarebbe stato sicuramente più arduo da affrontare. 









…………………………………………………………………………………..
Angolo Autrice:

Buonasera!
Allora… come avevo preannunciato in questi capitolo ho eliminato qualcuno, ossia Jeremy e Margaret… mi spiace molto per le loro autrici, spero davvero non se la prendano, giuro che sono stata combattuta fino all’ultimo ma qualcuno deve pur essere il primo, dopotutto. 

Ci sentiamo domenica con il prossimo capitolo!

Signorina Granger 

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Capitolo 6
*** Gli antidoti ***


Capitolo 4: Gli antidoti 



Dopo la prova dei cubi, e l’eliminazione di altri 21 candidati, Benjamin aveva incontrato brevemente tutti i ragazzi restanti, congratulandosi con loro per aver superato la prima parte del Processo e per comunicare che la seconda prova si sarebbe svolta la mattina dopo.

I ragazzi avevano quindi il resto della giornata libera ed erano stati accompagnati nei loro alloggi temporanei per riposarsi. 

Cosa che, ovviamente, nessuno fu in grado di fare a causa della tensione. 

Nonostante fosse davvero stanca, non per niente aveva dormito a malapena la notte precedente, Alethea si sentiva perfettamente sveglia e vigile, dormire non rientrava neanche lontanamente nelle sue intenzioni. 

Dopo essersi sfilata le scarpe si era seduta sul letto che aveva scelto tra i tre baldacchini presenti nella stanza a gambe incrociate, abbracciando il cuscino per meditare tra sè, in silenzio. 


Riflettendo su come sarebbero potute andare le cose di lí in avanti.
In realtà le voci che la circondavano la disturbavano non poco, ma disgraziatamente non poteva avere un angolo completamente riservato per starmene in pace e in silenzio… e, cosa che non contribuiva a stendere la tensione, non aveva nemmeno con sè nessun libro.

Non avevano alcun modo di potersi distrarre, lì dentro… potevano solo conversare tra loro e arrovellarsi sulle prove successive, chiuse dentro quelle quattro mura bianche. 

Possibile che tutto quel bianco non avesse mai mandato nessuno fuori di testa? Era lì da poche ore e già faticava a sopportarlo. E di certo contribuiva a renderla tanto sveglia, quasi irrequieta. 

La Corvonero sbuffò sommessamente, stringendo la presa sul cuscino e appoggiando il mento sulla federa candida mentre cercava di non prestare troppa attenzione alle ragazze con cui avrebbe condiviso la stanza, molte delle quali stavano conversando tra loro… eccetto per Hailey, che si era arrampicata su un letto in alto senza più muoversi o proferire parola, restando stesa sul materasso con gli occhi fissi sul soffitto. 

Non sapeva se stesse dormendo, ma qualcosa le diceva che, come lei, stava pensando alla prova che le attendeva di lì a poche ore. 

L’unico problema era che non aveva idea di come ci sarebbe arrivata, visto che in quella stanza il tempo sembrava non scorrere… non c’era nemmeno l’ombra di un orologio, e neanche una finestra. 
Si sentiva quasi in cella, non avendo nemmeno idea di che ora potesse essere.


La ragazza che aveva occupato il letto sopra al suo, bionda dagli occhi chiari, stava parlando con una ragazza bruna che era seduta sul letto in alto del terzo baldacchino, impegnate a confrontarsi sulla prova successiva, ipotizzando di cosa potesse trattarsi.

Alethea sbuffò leggermente, desiderosa di avere anche solo un briciolo di solitudine. Non parlare con nessuno non le aveva mai dato problemi, era sempre stata piuttosto solitaria e introversa, più incline ad osservare che a parlare. 
Cosa che stava facendo anche in quel momento, dal momento che non poteva fare nient’altro: si limitava ad ascoltare distrattamente i discorsi delle altre ragazze, cercando di capire con chi avesse a che fare. 
In fin dei conti erano ancora in 142… e non era una gara a squadre, bensì tutti contro tutti per il raggiungimento di un obbiettivo comune. 



“Continuo a pensarci… ho ancora i brividi.”

Mairne piegò le labbra in una smorfia mentre teneva il cuscino stretto a sè, abbracciandolo con veemenza per cercare di scaricare la tensione su qualcosa. 
Lilian annuì alle parole dell’amica, parlando con un tono cupo che si allontanava moltissimo da quello vivace che era solita usare:

“Lo so. È tremendo… e da come hanno reagito pare che non sia una novità.”
“Non riesco a capacitarmi del fatto che qualcuno sia disposto a togliersi la vita pur di non tornare a quella che conduceva prima… io non lo potrei mai fare.”

“Neanche io, anche solo per rispetto nei confronti della mia famiglia, dei sacrifici che ha fatto per me.”

Lilian annuì prima di sollevare una mano, portandosela istintivamente alla base del collo. 
Quando però non trovò alcun ciondolo a forma di stella da sfiorare chiuse la mano a pugno, riabbassandola rapidamente come se si fosse scottata. 

Per un attimo si era dimenticata di non aver più al collo la sua collana. 
E immaginare il visino di Lindsay mortificato nel vederla senza la collana che le aveva regalato le faceva venire solo voglia di sprofondare. 


“L’idea di non vederli più non ti spaventa?”
“Un po’. Ma voglio smetterla di essere un peso per loro… sono la più grande, è ora che io prenda la mia strada. Mi mancherebbero, certo, ma voglio davvero vivere nell’Offshore.”

“Immagino che ricominciare sarebbe molto più facile se riuscissimo a farcela insieme a qualcuno a cui teniamo… per me sarebbe meraviglioso riuscire a passare insieme a te o a Noah.”

Un piccolo sorriso increspò le labbra di Mairne, che parlò con gli occhi chiari quasi luccicanti e Lilian ricambiò, annuendo leggermente:

“Sarebbe bello, vero?”
“Sarebbe un sogno.”


*


Kay era steso sul letto, gli occhi fissi sul soffitto della stanza. Bianco, ovviamente. 
Tutta quell’assenza di colori gli stava quasi dando alla testa, invece che rilassarlo quel bianco lo rendeva solo più nervoso ed irrequieto. 

E poi continuava a pensare a Jeremy.
Non riusciva a fare a meno di pensare che, se lui fosse riuscito ad accedere nell’Offshore, forse non l’avrebbe più rivisto. E odiava quella prospettiva. 

Non aveva avuto una vita facile, Kay Arik Platinum. E l’idea di poterne avere una migliore era oltremodo succulenta ai suoi occhi… ma più si immaginava nell’Offshore più immaginava la vita che il suo amico avrebbe condotto di lì in avanti.

Per un attimo il biondo pensò al ragazzo che si era tolto la vita solo un paio d’ore prima ed ebbe un tuffo al cuore, ripetendosi che no, Jerry non l’avrebbe mai fatto.

No, Jerry era forte, non si sarebbe tolto la vita. 
Sarebbe tornato a casa e avrebbe riabbracciato i suoi genitori e suo fratello, avrebbe continuato a condurre la vita di sempre, come se il Processo non fosse mai esistito.


O almeno, lo sperava. 


“Dispiace anche a me per Jeremy.”

Sentendo una voce Kay quasi sobbalzò, ritornando improvvisamente alla realtà prima di voltarsi su un fianco e abbassare lo sguardo, trovandosi così i penetranti occhi blu di Theodore Clark davanti.

“Sì, beh… mi sarebbe piaciuto poter condividere con lui questa esperienza più a lungo.”
“Onestamente credo potesse dare di più. Ma non abbatterti Platinum, devi pensare al tuo percorso, non al suo. È normale demoralizzarsi vedendo un tuo amico andarsene, ma non deve per forza andare così anche per te.”

 Theodore si strinse nelle spalle, pensando al ragazzo con cui per sette anni aveva condiviso Dormitorio e lezioni. Dispiaceva anche a lui per Jeremy, anche se non erano mai stati grandi amici, e anche se riusciva ad immedesimarsi in Kay riteneva che non dovesse gettare tutto all’aria: quell’occasione era irrecuperabile. 

“Beh, spero per te di non perdere un tuo amico tanto in fretta, Clark.”

Al borbottio di Kay Theo pensò ad Alastair, Kieran e Phoebus. In realtà gli ultimi due erano diventati suoi amici solo perché a scuola si era avvicinato molto ad Alastair, ma era ben lieto che fossero ancora tutti e quattro nel Processo. 
Chissà che quella situazione non potesse prolungarsi ancora per un po’.

Il Corvonero si voltò verso il letto di Phoebus, dove lui e Alastair si erano seduti con Kieran di fronte, seduto sul suo letto, impegnati a discutere. 

Non gli risultava affatto difficile adottare la filosofia del “tutti contro tutti, ognuno gioca per sè”, era cresciuto abituandosi a doversi guadagnare qualunque cosa, a non dover mai condividere nulla, a tenersi stretto ciò che aveva e a guardare con diffidenza chiunque potesse portarglielo via. 

Eppure, una parte di lui pensava a quanto sarebbe stato piacevole condurre una vita diversa, magari con meno solitudine.


*


“Tu conoscevi qualcuno tra i ragazzi che hanno eliminato?”

“Margaret Pennon e Jeremy Patterson hanno la mia età, ma lei era Grifondoro e lui Corvonero, non li conoscevo molto bene. Per quanto mi riguarda, sono felice di essere ancora qui.”

Zavannah si strinse nelle spalle mentre, seduta sul letto in basso che Nymphea aveva occupato, parlava con l’ex compagna di Casa e Berenice. 

“Ormai siamo rimasti circa in 140… in un giorno ne hanno mandati fuori già una sessantina. Di questo passo tra una settimana sarà già tutto finito.”

“Beh, a me non dispiacerebbe, odio quest’attesa… secondo voi da quanto siamo qui?”

Berenice sbuffò con evidente impazienza ma Nymphea scosse il capo, mormorando che non ne aveva proprio idea. 

L’assenza di finestre, il fatto che fossero vestiti tutti uguali e l’ambiente la facevano sentire chiusa dentro una cella, e quella sensazione non le piaceva affatto. 
Aveva la netta sensazione che non avrebbe dormito molto, quella notte. 

“Tecnicamente qui dentro possono fare quello che vogliono, potrebbero anche far passare due interi giorni tra una prova e l’altra, giusto per mandarci fuori di testa non avendo nessun contatto con l’esterno… “
“Pensi davvero che lo farebbero?”

“Chi può dirlo Nym… forse potrebbero volerci vedere reagire sotto pressione, verificare come siamo in grado di gestire l’ansia. L’ansia gioca brutti scherzi qui, mi ricordo di Jeremy Patterson, a scuola. Era bravo, molto bravo, non era un ragazzo stupido… era davvero sveglio. Fatico a credere che sia stato eliminato in una prova prevalentemente di logica spaziale.”


*


Ripensò, con un debole sospiro, a quando il giorno prima Margaret le aveva praticamente ordinato di mangiare. 
Nemmeno quella mattina Louella aveva molta fame, aveva una tazza di thè caldo davanti ma non aveva preso nulla da mangiare, anche se la sera prima non avevano mangiato nulla.

Pazzesco con fossero arrivati lì solo il giorno prima, quando a lei sembrava di essere dentro quell’edificio da almeno una settimana… e la prospettiva di dover affrontare le prove successive senza il supporto della sua amica era a dir poco sconfortante. 

Le sembrò di sentire nuovamente la voce dell’amica intimarle di mangiare per evitare di svenire nel bel mezzo della seconda prova, ma il suo stomaco sembrava essersi categoricamente chiuso, rifiutandosi di ingerire qualunque cosa. 
E il fatto che avesse dormito a malapena non l’aiutava a sentirsi più tranquilla per la prova imminente, proprio per niente. 

Quasi non si accorse che qualcuno aveva preso posto di fronte a lei e di conseguenza sobbalzò quando sentì una voce familiare:

“Non hai fame? Non mangiamo niente da diverse ore. A meno che tu non abbia una specie di riserva segreta nella tua camera, certo.”
La bionda sollevò lo sguardo dalla tazza che aveva davanti per posarlo sul volto familiare di un ragazzo, abbozzando un sorriso:

“No, nessuna riserva segreta Kay. Comunque no, non ho fame.”
“Come preferisci… io invece penso che saccheggerò le scorte, visto che questi simpaticoni ci hanno lasciati a digiuno ieri sera.”

Kay si strinse nelle spalle mentre versava una quantità industriale di sciroppo sulla torre di pancake che aveva davanti, scaturendo così un debole sorriso da parte della dell’ex compagna di Casa:

“Fai bene. Mi dispiace per Jeremy, comunque.”
“E a me per Margaret, era simpatica.”
“Sì, lo è. Spero che stia bene e che non si butti giù.”

La bionda si strinse debolmente nelle spalle mentre Kay, che si limitò ad annuire, le metteva un pancake nel piatto senza dire nulla, suggerendole silenziosamente di mangiarlo con un cenno.

E Louella gli sorrise con gratitudine, riuscendo quasi a sentire le parole di approvazione di Meg nella sua testa.


*


“Ciao… come va?”

Sentendo una mano poggiarsi sulla sua spalla Mairne si voltò, sorridendo quando si trovo davanti Noah:

“Ciao Noah… bene, grazie, anche se non ho dormito molto.”
“Neanche io, sarà l’agitazione... sei più tranquilla rispetto a ieri?”

Noah prese posto accanto alla bionda, che annuì senza dire niente, evitando di chiedergli se si stesse riferendo all’agitazione per la prova o per il suicidio a cui aveva assistito. 
In realtà rivedeva ancora tutto quel sangue sulle piastrelle bianche quando chiudeva gli occhi, ma preferiva che l’amico non lo sapesse. 

“Sì, non preoccuparti.”

Seppe di non averlo convinto, ma la Corvonero preferì comunque chiudere il discorso, abbozzando un sorriso:

“Davvero, non pensare a me, ci dobbiamo concentrare per la prova di oggi. Vedi di non farti buttare fuori, mi hai capita bene?”
“Farò del mio meglio per non essere eliminato e compiacervi, Vostra Grazia…”



*


Quando, subito dopo la colazione, erano stati accompagnati sul luogo della seconda prova, probabilmente nessuno di loro aveva saputo che cosa immaginarmi. 

Ci si era arrovellato per interminabili minuti il giorno prima, quando si era rigirato nel letto per ore, senza riuscire ad addormentarsi. 
Una decina di idee gli affollavano la mente e moriva dalla voglia di sapere se una si sarebbe rivelata corretta. 

Quando mise piede nella grande stanza un sorriso gli increspò le labbra, sentendosi immediatamente molto più a suo agio: sì, a quanto sembrava ci aveva preso. 
A giudicare dal considerevole numero di calderoni, la prova avrebbe avuto a che fare con le Pozioni. 

E Phoebus se l’era sempre cavata molto bene a scuola, in quella materia. 
Il Serpeverde si voltò per rivolgere un sorrisetto carico di soddisfazione in direzione di Kieran, che ricambiò quasi con aria divertita – intuendo a cosa stesse pensando l’amico – prima di voltarsi verso Alastair, che invece era quasi impallidito non appena aveva posato lo sguardo sui calderoni:

“Allora Al… ora come la mettiamo?”
“Oh, state zitti… questa non mi ci voleva, Porco Salazar.”


*


“Come avrete intuito, questa prova si basa su una materia che tutti voi avete studiato, ad Hogwarts… Pozioni. La prova consiste nel riprodurne una non solo nel minor tempo possibile, ma che abbia gli effetti giusti. Dovrete dividervi a coppie e, insieme, preparare la ricetta… una volta pronta ognuno ne berrà un po’, e allora si vedrà chi l’avrà preparata correttamente e chi no.”

Pozioni le era sempre piaciuta, in effetti se l’era sempre cavata molto bene… a non piacerle fu, più che altro, il sorrisetto divertito che l’esaminatore aveva sfoggiato per tutto il tempo quando aveva spiegato la prova. 

Asterope si voltò verso Erza, rivolgendole un cenno come a volerle chiedere silenziosamente di fare coppia con lei. La rossa annuì e le due Serpeverde si avvicinarono alla postazione più vicina, piazzandosi dietro ad un calderone mentre intorno a loro tutti gli altri candidati erano impegnati nella stessa operazione. 



“Merda. Questa non ci voleva… io sono assolutamente negata, non ce la farò mai!”
“Lo dici a me, Lily? Le mie Pozioni a scuola producevano nubi tossiche! E ora come facciamo…”

Mairne sospirò, trattenendosi dal nascondersi in un angolo remoto della stanza mentre accanto a loro nemmeno Milo sembrava particolarmente felice mentre si rivolgeva a Noah, proponendogli di preparare la Pozioni insieme.
E per quanto gli si fosse affezionato, Noah per un momento fu quasi tentato di declinare, visti i trascorsi dell’ex compagno di Casa in quella materia. 

“D’accordo Milo… ma ti prego, lascia fare a me. Non sono una cima nemmeno io, ma di certo non potrei fare più danni di te.”
“Nessun problema, lascio tutto nelle tue mani.”



“Theo, smettila di ridere. Perché non è divertente!”
“Ho accettato di stare in coppia con te e di pararti così il fondoschiena Al, dovresti essermi grato visto che, come sanno tutti, sei assolutamente pessimo in Pozioni!”

Theodore sorrise con aria divertita mentre invece l’amico sbuffò, passandosi nervosamente una mano tra i capelli castani, pregando di riuscire a cavarsela grazie all’aiuto del Corvonero. 


“Grazie per la puntualizzazione, come se potessi mai dimenticarmene… Ho una proposta, Clark: io leggo gli ingredienti e tu esegui, ci stai? Forse in questo modo eviterò di fare danni.”

“Visto che la prova è di coppia e quindi presumo che lo saranno anche le eliminazioni sì, ci sto, non voglio tornare a casa a causa della tua profonda incapacità.”



Solo quando tutti i candidati si furono divisi in coppie e preso posto dietro ad un calderone l’esaminatore parlò di nuovo, terminando di spiegare la prova:

“Come vi ho già detto, dovrete preparare una Pozione e, alla fine, berne un po’ ciascuno. Penso che gran parte di voi già conosca la ricetta in questione, si tratta dell’Antidoto per Veleni Rari.”

Con un lieve colpo di bacchetta l’uomo fece comparire la ricetta sulla grande lavagna che occupava buona parte della parete alle sue spalle, mentre un lieve brusio si diffondeva a macchia d’olio tra i ragazzi:

“Antidoto? Ma perché dovremmo bere un antidoto?”

Erza si accigliò leggermente mentre accanto a lei invece Asterope sfoggiò una smorfia, trovando conferma nei suoi timori iniziali: evidentemente aveva fatto bene a trovare poco promettente il sorriso dell’esaminatore.

“Per nessun motivo, immagino… a meno che non ci abbiano rifilato chissà che cosa a colazione, certo.”


*


“Non riesco a credere che l’abbiano fatto sul serio… ci hanno avvelenato, ma che cos’hanno in testa questi tizi?”

Hailey sbuffò mentre riempiva d’acqua il suo calderone e Alethea, in piedi accanto a lei, prendeva un coltello per incidere i semi di fuoco freddi:

“In effetti non si può negare che sia una prova sopra le righe… addirittura dover preparare l’antidoto per la nostra stessa incolumità, un colpo da maestro.”
“Sì, beh, intanto se non lo prepariamo entro venti minuti resteremo paralizzare per due ore, grazie al veleno che ci hanno gentilmente somministrato a colazione…”

Hailey sbuffò, parlando con un tono piuttosto acido mentre si appuntava mentalmente di annusare con estrema attenzione tutto il cibo che si sarebbe trovata davanti sotto quel tetto, di lì in poi.

E per fortuna se l’era sempre cavata bene in Pozioni, così come Alethea… di norma entrambe preferivano lavorare da sole e non in gruppo, ma se non altro facendo coppia si erano assicurate la vittoria quasi al 100%.


*


“Grazie per aver accettato d8 fare coppia con me, è un sollievo… io non me la sono mai cavata molto bene, in Pozioni.”
Zavannah abbozzò un sorriso mentre, sotto precise indicazioni di Nymphea, mescolava lentamente il contenuto del calderone. Quest’ultima, in piedi accanto a lei e impegnata a pestare con movimento rapidi e decisi i pungiglioni di Billywig, sollevò momentaneamente lo sguardo per rivolgerle un caldo sorriso cortese, parlandole con gentilezza:

“Figurati, è un piacere. A buon rendere quando capiterà qualcosa in cui io sarò negata, spero.”
“Assolutamente. Spero davvero di riuscire a farcela con il tuo aiuto, essere eliminate per non essere riuscite a preparare in tempo l’antidoto sarebbe oltremodo umiliante.”


La bionda lancio un’occhiata torva in direzione dell’esaminatore, ringraziando sentitamente chiunque avesse avuto quella brillante idea: per preparare l’antidoto avevano solo venti minuti, prima che il veleno facesse effetto e causasse un momentaneo blocco delle ossa e delle articolazioni.
In poche parole, chiunque avesse finito per subire gli effetti del veleno sarebbe stato eliminato. E Zavannah non aveva nessuna intenzione di andarsene quel giorno, tantomeno trascinando Nymphea a fondo con sé.


*


Mentre lasciava cadere il corno di Graforno nel calderone, mentre l’antidoto ribolliva e aveva ormai assunta una sfumatura violacea, Louella stava quasi pregando mentalmente, sperando di riuscire a tirar fuori qualcosa di buono da quella prova: non era mai stata particolarmente dotata in Pozioni, anzi, ma Kay se la cavava meglio di lei e aveva quindi finito col fare praticamente affidamento su di lui.

Anche se, conoscendolo, forse non era una grande idea.


“Lou, credo che dovresti sorridere e rilassarti, sembra che tu stia disinnescando una bomba.”
“Beh, c’è la tensione e il conto alla rovescia, e ormai mancano meno di dieci minuti allo scadere del tempo… quindi sì, sono nervosa, non voglio andare a casa.”

“E non ci tornerai, o almeno non oggi. Fidati di me!”

Il biondo sfoggiò un sorriso, come se non fosse affatto preoccupato dalla prova in corso, mentre invece l’ex Grifondoro non riuscì ad imitarlo, neanche sforzandosi: era più facile a dirsi, che a farsi…


*


“So che non dovrei, ma è più forte di me. Al è davvero troppo divertente.”

Phoebus ridacchiò mentre, continuando a mescolare l’antidoto ormai praticamente pronto, teneva gli occhi fissi sul ragazzo: Alastair aveva preso posto qualche metro più in là, accanto a Theodore, e la sua agitazione si sarebbe potuta benissimo scorgere dalla Luna. 

“Sì, forse non dovresti, ma hai ragione: l’ho visto di rado tanto nervoso come ora.” 

Anche Kieran sorrise, estremamente rilassato come l’amico – a differenza di gran parte tra i presenti che stavano, invece, sudando freddo per terminare in tempo – mentre ultimava la preparazione dell’antidoto. 

“Beh, spero che lui e Theo ce la facciano, sarebbe un vero peccato.”
“Già… ma da una parte spero che vengano eliminati in molti… sono comunque avversari in meno, no?”







………………………………………………………………………………
Angolo Autrice:

Temo proprio che per leggere la seconda parte e sapere chi è stato eliminato dovrete aspettare il prossimo capitolo… A giovedì! 

Signorina Granger 

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Capitolo 7
*** L’enigma ***


Capitolo 5: L’enigma 



Tempo. Sollevate le mani e smettete di fare qualunque cosa stiate facendo, la prova è finita.”

Quando sentì la voce dell’esaminatore rimbombare per tutta la stanza Noah tirò un sospiro di sollievo, facendo quasi cadere sul tavolo dove aveva lavorato la fialetta da cui aveva appena fatto in tempo a bere l’antidoto preparato insieme a Milo.

Sperando che sortisse gli effetti desiderati, naturalmente. 

L’ex Grifondoro si voltò verso l’amico, rivolgendogli un’occhiata incerta mentre Milo si stringeva nelle spalle, parlando a bassa voce mentre gli esaminatori iniziavano a passare per i tavoli:

“Beh, se non altro abbiamo finito in tempo… credo che delle coppie non siano neanche riuscite a terminare l’antidoto.”

Guardandosi intorno Noah poté appurare che l’amico aveva ragione, sentendosi giusto un po’ più sollevato. Gli occhi del ragazzo vagarono immediatamente in cerca di Mairne, ricordando con preoccupazione quanto l’amica fosse stata negata in Pozioni ai tempi della scuola. 

Quando la vide si rese conto che anche la bionda lo stava cercando, e quando i loro sguardi si intercettarono la ragazza abbozzò un sorriso, sollevando leggermente la fialetta vuota che teneva in mano, come a volergli dimostrare di essere riuscita ad ultimare e bere l’antidoto. 

Anche se Noah si chiese mentalmente se fosse stato sicuro, visto che conoscendo l’amica poteva anche aver preparato un veleno mortale per sbaglio…

Mentre gli esaminatori passavano per i tavoli qualche coppia si alzò e uscì dalla stanza, eliminati seduta stante per non aver nemmeno terminato di preparare l’antidoto. 
Quanto a coloro che l’avevano ingerito, come venne esplicitamente dichiarato dal mago che aveva spiegato loro la prova, avrebbero semplicemente dovuto aspettare ancora qualche minuto: se avessero fallito, gli effetti del legno si sarebbero sicuramente palesati.


Ai candidati rimasti non restò quindi che aspettare, in silenzio, che i pochi minuti restanti passassero. 

“Rilassati. Andrà tutto bene, sono sicuro che l’antidoto farà il suo dovere.”

Theodore, parlando con le braccia conserte e un tono piuttosto neutro, si rivolse ad Alastair con un’occhiata eloquente, suggerendogli di smetterla di agitarsi. 
Il Serpeverde annuì, visibilmente nervoso mente teneva lo sguardo basso, puntato con insistenza sul calderone dove avevano preparato l’antidoto. 

Da una parte continuava a ripetersi che affidandosi a Theo le cose non potevano essere andate male… o almeno lo sperava. 
Di certo se fossero riusciti a cavarsela avrebbe dedicato un monumento al suo amico, in futuro.


*


“E anche questa è fatta… anche se non avevo dubbi sull’esito, a dire la verità.”

Erza sorrise mentre usciva dalla stanza insieme ad Asterope, stiracchiandosi mentre l’ex compagna di Casa annuiva, sorridendo a sua volta con aria soddisfatta:

“Neanche io, per fortuna ce la siamo cavata egregiamente. A quanto ammontiamo, ora come ora?”
“Sono state eliminate tre coppie che non hanno finito in tempo di preparare l’antidoto… e tra di noi solo due sono state eliminate per aver sbagliato la procedura, direi che complessivamente è andata bene.”


Anche se nessuna delle due seppe dirsi se fosse stata una fortuna o meno, visto che in quel modo avevano solo dieci avversari in meno da affrontare.




“Stento a crederci, ma siamo riuscite a cavarcela… grazie, a proposito, credo che senza di te avrei combinato un pasticcio dietro l’altro.”

Zavannah sorrise con sincera gratitudine a Nymphea mentre le due seguivano i compagni per tornare nel salone principale, dove probabilmente avrebbero ricevuto istruzioni per la prova successiva. 
La mora ricambiò il sorriso della bionda, asserendo che l’aveva aiutata con piacere mentre Berenice le raggiungeva, sorridendo allegramente mentre prendeva Nymphea sottobraccio:

“Ehi… sono felice che ce l’abbiate fatta, è ovviamente anche di essermela cavata a mia volta. Cosa pensate che ci faranno fare adesso?”
“Non saprei, forse ci daranno del tempo libero prima della prossima prova… chissà se sarà magica o meno. Non vedo l’ora di scoprirlo.”

Zavannah si strinse nelle spalle, sperando vivamente che non dovesse trascorrere troppo tempo prima della prova successiva: erano ancora in più di 130, e quella situazione di perenne insicurezza non le piaceva per nulla. 


*


“Faccio davvero fatica a credere che siamo riuscite a preparare decentemente quell’antidoto! Se solo il vecchio Miller potesse vederci ora, sarebbe fiero di noi!”

Lilian sorrise allegramente mentre camminava accanto a Mairne, tenendola a braccetto mentre raggiungevano la sala comune come era stato detto loro di fare al termine della prova sugli antidoti.

“Quasi quasi gli scriverò una lettera, quando tutto questo sarà finito… il messaggio subliminale sarà “alla faccia dei Troll che mi affibbiavi ad ogni compito, vecchio bacucco”.”

Mairne sorrise, improvvisamente molto più allegra e rilassata rispetto a soli pochi minuti prima. Quando il tempo era scaduto e né lei né Lilian avevano subito gli effetti del veleno che avevano assunto a colazione si erano quasi messe ad urlare e saltellare in mezzo a tutti gli altri candidati, sotto gli occhi divertiti di Milo e i sospiri esasperati di Noah.

Anche se naturalmente era felice che l’amica ce l’avesse fatta, solo che si era astenuto dal riferirglielo a parole.


“Non cantate vittoria troppo presto voi due… abbiamo ancora molta strada da fare. E se ci hanno avvelenato al secondo giorno, non posso pensare come andranno le cose tra una settimana.”

“Milo, pensa positivo e non fare l’uccellaccio del malaugurio distruggendo la nostra felicità, grazie. Ora… tutta questa tensione mi ha fatto venire fame, dite che ci daranno qualcosa da mangiare tra un paio d’ore?”

“Mairne, hai fatto colazione un’ora fa con del cibo avvelenato, come hai ad avere appetito?! Ma che te lo chiedo a fare, ormai ti conosco…”


*


“Ah, eccovi qui… pensavo foste ancora impegnati a ridere alle mie spalle.”

Alastair inarcò un sopracciglio quando vide Phoebus e Kieran avvicinarsi a lui e Theodore prima di prendere posto di fronte a loro, su un paio di sedie poste davanti al divanetto candido che i due avevano occupato.

“Ci hai visti? Scusa Al, siamo felici che tu sia passato naturalmente, ma vederti sotto pressione è stato divertente.”

Phoebus sorrise all’ex compagno di Casa mentre sedeva di fronte a lui, sistemandosi distrattamente i capelli scuri con una mano mentre accavallava le gambe con un movimento fluido:

“Immagino, visto che voi eravate due maledetti assi in Pozioni suppongo abbiate avuto il tempo anche per prendermi in giro… ma vedremo chi riderà, quando sarà il turno di una materia dove VOI fate pena.”
Il borbottio seccato di Alastair fece ridacchiare sia Phoebus che Kieran, mentre Theodore si limitò ad accennare un sorriso, tornando subito dopo a guardarsi intorno con attenzione, setacciando la sala in cerca di un qualche esaminatore: che cosa sarebbe successo, a quel punto?


I candidati rimasti – che stando al suo rapido calcolo mentale dovevano aggirarsi intorno ai 130 – erano tutti disseminati per la sala, impegnati a parlottare tra di loro in piccoli gruppi mentre aspettavano istruzioni. 

E quando, poco dopo, Theodore si ritrovò a guardare nientemeno che Benjamin Kubrick entrare nella stanza abbozzò un sorriso, ben lieto che l’attesa fosse finita mentre il silenzio calava improvvisamente nella stanza, permettendo al Direttore del Processo di parlare. 


“Congratulazioni per aver superato anche la seconda prova, candidati, ma temo che per oggi le sorprese non siano finite. La prossima prova avrà luogo a breve e verrete divisi in gruppi da quattro, ma non sarete voi a formarli, sono stati già prestabiliti da noi. Avrà luogo al piano di sopra, quindi vi invito a recarvici il più rapidamente possibile, ed esattamente come per la prova che avete appena concluso, anche qui l’eliminazione sarà collettiva e non singola: se sbagliate, tutto il vostro gruppo dovrà lasciare il Processo. Non mi resta che augurarvi di avere validi compagni, candidati.”

“Lo spero tanto anche io.”

Kieran sbuffò sommessamente, parlando con un tono che trasudava irritazione per l’impossibilità di decidere autonomamente la suddivisione: fosse stato per lui, avrebbe sicuramente fatto gruppo con Phoebus, Theodore e Alastair… chissà invece con chi l’avevano sistemato gli esaminatori.


*


“Se non sbaglio quando mi hanno chiamata nell’interfono hanno detto Stanza 4… tu dove sei stato assegnato?”
“Stanza 10, ben più avanti… beh, buona fortuna allora.”

Louella si fermò, avendo quasi raggiunto la stanza dove avrebbe dovuto affrontare la prova insieme agli altri membri del suo gruppo, mentre Kay si voltava reso l’ex compagna di Casa, annuendo e rivolgendole un lieve sorriso che la ragazza ricambiò:

“Grazie, anche a te. Ci vediamo dopo, spero.”
“Lo spero anche io Lou.”

Kay annuì prima di girare sui tacchi e allontanarsi con le mani sprofondate nelle tasche dei pantaloni, mentre Louella, dopo aver esitato per un attimo, si avvicinava ai due ragazzi già in piedi davanti alla porta di legno chiaro chiusa e con un 3 di metallo infisso sull’anta, una ragazza molto alta dai capelli rossi e un ragazzo dai capelli scuri.

L’ex Grifondoro rivolse ai due un debole saluto quando si fu avvicinata, che venne ricambiato pacatamente mentre, davanti alla porta della stanza 4, - situata un paio di metri più in là nel lungo corridoio dalla parete esterna in vetro che dava sulla sala comune sottostante – Kieran e Alastair fermavano con due sorrisi sollevati stampati sulle labbra, ben lieti di aver avuto la fortuna di finire insieme.

“Avete avuto una fortuna sfacciata…”

Il borbottio di Phoebus, che se ne stava a braccia conserte appoggiato contro la porta, fece sorridere Alastair con aria divertita, guardando l’ex compagno di Casa con una punta di soddisfazione:

“La fortuna gira Phoebus, te l’ho detto.”

Il Serpeverde stava per rispondere quando la sua attenzione si catalizzò su una ragazza che stava camminando lungo il corridoio, studiando le varie porte come se stesse cercando quella con il numero giusto.
In effetti non aveva prestato molto attenzione ai nomi dei suoi compagni, preoccupandosi solo di non essere capitato insieme a nessuno tra i suoi amici. 

Phoebus sorrise quasi istintivamente, riconsiderando ciò che aveva appena detto ai due amici a proposito della loro fortuna mentre si rimetteva dritto, staccando la schiena dall’anta della porta mentre il quarto elemento del suo gruppo si fermava accanto a Louella:

“Ciao Nymphea.”

I grandi occhi chiari della ragazza saettarono su di lui prima di piegare a sua volta le labbra in un sorriso, ricambiando il saluto quasi con una punta di timidezza nel tono di voce. 

“Sono felice di sapere che sei ancora in gioco… come è andata la prova sugli antidoti?”
“Bene, me la cavo in Pozioni… è un argomento che mi interessa particolarmente.”

La Tassorosso si strinse nelle spalle e il Serpeverde annuì, sostenendo che valesse lo stesso anche per lui mentre Erza seguiva la scena in silenzio ma con un sopracciglio inarcato, tentata di chiedere ai due per quanto avessero intenzione di andare avanti quando un’esaminatrice si avvicinò al gruppetto, informando i quattro ragazzi che potevano entrare nella stanza. 

La strega puntò la bacchetta contro la serratura, che si aprì con uno scatto per permettere a lei e ai candidati di entrare in quello che sembrava essere un piccolo bilocale, con una stanza adibita a sala da pranzo collegata ad un’altra più piccola.


“Questa prova testa le vostre capacità deduttive di base, ossia passare da un punto di vista specifico a collettivo. Il vostro compito sta nel ricostruire la scena che avete davanti, in particolare dovete dirci che cosa è successo alla donna vestita di blu. Quando avrete la risposta premete questo tasto e comunicatecela attraverso l’interfono, se sbaglierete verrete tutti eliminati seduta stanza… buona fortuna, candidati.”

La porta si chiuse alle spalle della strega con uno scatto, lasciando i quattro soli nella stanza fiocamente illuminata dalla lampada sistemata esattamente sopra al tavolo quadrato posto al centro della stanza, occupato da quattro manichini a cui erano stati disegnati i volti, delineando le espressioni del viso. 


“Wow… mi sarei aspettato di tutto, ma non questo.”

Phoebus si avvicinò al tavolo e in particolare alla donna vestita di blu, che era seduta con il busto proteso leggermente in avanti, un braccio allungato verso uno dei due uomini seduti intorno al tavolo, che era in piedi e teneva gli occhi fissi su di lei, una mano bianchissima protesa verso quella della donna.

“Beh, direi che la causa sia un banale soffocamento sarebbe davvero troppo banale.”
“Decisamente. Ma a giudicare dall’arredamento fin troppo di lusso, direi che la scena è ambientata nell’Offshore.”

“Sì, i manichini hanno la cicatrice del vaccino, quindi devono essere per forza nell’Offshore.”

Louella annuì alle parole di Nymphea indicando i tagli a forma di stella a quattro punte che tutti i manichini presentavano sui vestiti all’altezza della spalla sinistra, come tutti gli esaminatori del Processo o i membri del Consiglio dell’Offshore, dove ognuno di loro aveva ricevuto il vaccino prima di poter entrare effettivamente nell’”altra parte”. 


Erza invece si allontanò dal tavolo, spostandosi nella stanza accanto. Sfiorò la superficie della scrivania con un dito prima di avvicinarsi al letto matrimoniale, lasciandocisi cadere sopra senza proferir parola, arricciandosi distrattamente una ciocca di capelli rossi meno teneva gli occhi fissi sul soffitto semi-buio della stanza, ascoltando solo distrattamente le voci dei tre compagni provenienti dalla stanza adiacente. 


*


“D’accordo, abbiamo appurato, e su questo penso siamo tutti d’accordo, sul fatto che la scena sia ambientata nell’Offshore… ma che cosa è successo a questa tavola?”

Zavannah inarcò un sopracciglio, in piedi accanto al tavolo mentre studiava la scena con attenzione. 
Berenice, in piedi di fronte a lei, allungò una mano per sfiorare la bistecca posta sul piatto della “vittima”, guardando il cibo con sincero stupore:

“Sembra cibo vero… la prendono molto sul serio.”
“Evidentemente volevano renderla il più realistica possibile. Voi avete qualche idea?”

Zavannah sbuffò debolmente mentre alzava lo sguardo, rivolgendosi ad Alethea, che nella stanza accanto stava esaminando ciò che aveva trovato sopra la scrivania, un foglio plastificato che rappresentava una specie di composto chimico, o almeno così presuppose visto che non aveva grande esperienza in materia. 

“Qui non ho trovato granché… non so proprio cosa vogliano dirci.” 

La Corvonero sbuffò mentre Theodore invece era in piedi nella “sala da pranzo” appoggiato alla parete di cartongesso mente osservava il tavolo e i quattro manichini senza dire nulla, scrutandoli con attenzione.

“La donna in blu è sposata con l’uomo seduto alla sua sinistra.”
“Come fai a dirlo?”

Berenice si voltò verso il ragazzo mentre anche Alethea raggiungeva i compagni, rivolgendo un’occhiata curiosa in direzione di Theodore, che rispose con una scrollata di spalle:

“Sono ospiti… vedete le loro scarpe? Sono sporche. Nessuno terrebbe mai scarpe simile per dare una cena in casa propria.”


*


“Dici che la donna è sposata con l’uomo alla sua sinistra? Ma si rivolge a quello seduto alla sua destra…”
“Vero, ma hanno entrambi le scarpe sporche di fango. Evidentemente sono ospiti a cena.”

Hailey si strinse nelle spalle e Milo annuì, osservando la scena con attenzione:

“Forse è proprio questo il punto…. Perché non si rivolge a suo marito, ma a quello che è di certo il coniuge della seconda donna? Forse sono amanti. E forse è per questo che sta soffocando… forse lei lo ha scoperto e ha avvelenato il cibo.”

“Quindi pensi si tratti di omicidio? Potrebbe darsi… in effetti la donna vestita di blu è l’unica ad avere la salsa sul piatto.”

Asterope annuì, parlando con aria pensierosa mentre era in piedi accanto alla “vittima”, studiando il suo piatto. 

“E forse la formula chimica è quella di un qualche veleno…”

“Quindi dite che la soluzione potrebbe essere questa? Allora vado a premere il pulsante, se per voi va bene…”

Mairne fece per avvicinarsi all’interfono e forse avrebbe premuto il pulsante per comunicare agli esaminatori – che anche se non lo sapevamo. Li stavano comunque monitorando – se la voce di Hailey non l’avesse costretta a fermarsi:

“Aspetta.”


*


“Richard, Samantha, Cynthia e Andrew: siete eliminati, per favore lasciate la stanza.”

“Merda… se non vogliamo fare la loro stessa fine, ci conviene pensare a qualcosa in fretta.”

Quando la voce di Kubrick giunse alle loro orecchie attraverso l’interfono che collegava tutte le stanze Alethea sbuffò, passandosi nervosamente una mano tra i capelli scuri mentre Zavannah si rivolgeva a Theodore:

“Perché pensi che non possa trattarsi di un avvelenamento? Io penso che abbia senso.”
“In effetti ha ragione, Theodore… è un quadro che ha una sua logica.”

Berenice annuì alle parole della bionda, mente invece il Corvonero scosse il capo, muovendo qualche passo per avvicinarsi al tavolo tenendo le braccia conserte:

“È così, senza alcun dubbio. Ma penso, ragazze, che vi stiate dimenticando di un dettaglio molto importante… e che di certo ha trascinato a fondo molti dei candidati che sono già stati eliminati.”

“Ossia?”




“Siamo nell’Offshore, la società perfetta per antonomasia. Pensate davvero che potrebbero mai sognarsi di inscenare un adulterio e persino un omicidio al suo interno? Io non credo proprio.”

Hailey scosse il capo, parlando con convinzione mentre Milo invece sbuffò, rivolgendole un’occhiata torva:

“E allora hai qualche altra idea? Perché a me non viene in mente nessun’altra teoria plausibile.”

“Forse qualcosa ci sarebbe, in effetti… la donna in blu non è sposata con l’uomo che sta guardando e che si è alzato, su questo non ci piove. Lo dimostrano le scarpe sporche… ma ci dev’essere un altro motivo per cui si rivolge a lui e non a suo marito. Forse è un medico. E sono certa che anche il motivo per cui la seconda donna non dimostra alcuna reazione, se non freddo distacco, di fronte alla scena. Forse la formula che abbiamo trovato sopra alla scrivania è una semplice formula medica che hanno messo per depistarci... ma ci sono dei cassetti, no? Apriamoli e vediamo che cosa c’è dentro.”





“Temo che Theodore abbia ragione, Zavannah... dentro il cassetto del marito della padrona di casa ci sono dei fogli con disegni anatomici… è un medico, quindi non c’è alcun adulterio… la donna si rivolge a lui perché pensa che potrebbe aiutarla, probabilmente.”

Alethea tornò nella sala da pranzo tenendo in mano i fogli che aveva trovato nel cassetto, mostrandoli ai compagni mentre Theodore annuiva, accennando un sorriso soddisfatto.
La bionda invece sbuffò debolmente, rivolgendo un’occhiata torva al ragazzo:

“D’accordo, ma allora che cosa è successo alla donna vestita di blu? Perché sta soffocando? Vuoi dirmi che si tratta di un semplice boccone andato di traverso?”

“Ne dubito, non ci darebbero mai una soluzione tanto banale…”




“È allergica all’argento.”
“Allergica all’argento? Perché lo pensi?”

Lilian si voltò verso Kieran, guardandolo con gli occhi carichi di curiosità mentre il Serpeverde si avvicinava al tavolo, indicando brevemente tutti e quattro i manichini:

“Indossano tutti dei gioielli, vedete? Orologio, le fedi, la donna porta una collana e degli orecchini… ma la vittima no. E guardare la sua mano… la fede è fatta di vetro. È allergica all’argento e senza pensarci usa le posate, l’argenteria… e così le si bloccano le vie respiratorie.”

“È una teoria insolita… ma forse è la strada giusta.”
Noah annuì, convenendo con il Serpeverde che sfoggiò un sorriso soddisfatto, indicando il marito della “padrona di casa”:

“Si rivolge a lui perché è un medico, forse nella speranza che le dia soccorso dalla reazione allergica… il veleno non c’entra. Guardare il tovagliolo dell’altra donna… è sporco di salsa. Non l’ha mangiata solo la donna vestita di blu, quindi.”




“Ok, mettiamo che sia allergica all’argento… ma perché l’altra donna reagisce così? È immobile, impassibile, non sta avendo alcuna reazione, è come se fosse… estraniata dalla situazione.”

Louella corrugò la fronte mentre teneva gli occhi fissi sulla seconda donna, cercando di afferrare la soluzione che, lo sentiva, era proprio lì, davanti a lei. Solo che non riusciva ad afferrarla.

Nymphea non disse niente, mordendosi il labbro e scuotendo leggermente il capo, come a voler dire che non ne aveva idea, mentre osservava la donna a sua volta. Nemmeno Phoebus parlò e per qualche istante nella stanza regnó il silenzio, o almeno finché la voce di Erza, ancora comodamente stesa sul letto, non lo ruppe:

“È cieca. Non vede quello che succede.”
“Cieca? Come fai a dirlo?”

Nymphea inarcò un sopracciglio mentre la rossa invece si strinse nelle spalle mentre si tirava a sedere sul materasso, ravvivandosi i capelli rossi con nonchalance, parlando per la prima volta da quando erano entrati nella stanza:

“Sul lato della scrivania del marito c’è una lampada. Su quello della donna no… controllate il cassetto, se volete.”

Louella non se lo fece ripetere due volte e si affrettò ad aprirlo… e mentre nel cassetto dell’uomo aveva trovato delle tavole anatomiche, in quello trovò solo un fascicolo pieno di fogli… tutti scritti in braille.

“È braille… Erza ha ragione, è cieca davvero.”




“In poche parole… la donna vestita di blu sta soffocando perché è allergica all’argento, il marito della padrona di casa, che è cieca, è un medico e sta cercando di aiutarla.”

Le parole di Hailey, che aveva parlato tenendo premuto il pulsante per farsi sentire dagli esaminatori, venne seguito da qualche secondo di silenzio, finché la serratura non scattò:

“Risposta corretta. Potete uscire, candidati.”

Hailey sfoggiò un sorriso soddisfatto mentre usciva dalla stanza, infinitamente sollevata di aver superato anche quella prova mentre alle sue spalle Marine rivolgeva un sorriso consolatorio a Milo, prendendolo sottobraccio:

“Non prendertela, era comunque una bella teoria… l’importante è che ne siamo usciti bene. Ora possiamo solo sperare che anche Noah e Lily ce la facciano, al momento sono ancora in gioco… incrociamo le dita!”


Milo annuì alle parole della bionda, sforzandosi di ascoltarla mentre Asterope, uscendo per ultima dalla stanza, si guardava intorno in cerca di Erza: poco prima aveva sentito che anche il suo gruppo aveva superato la prova risolvendo il quesito. 

Quando la vide l’ex Serpeverde sorrise, avvicinandolesi prima di parlare:

“Sono felice di vederti… non è stato facile questa volta, vero?”
“No, affatto… ma meglio così. Non amo vincere facile, dopotutto.”

La rossa piegò le labbra in un sorriso mentre, accanto a loro, Phoebus e Nymphea stavano ancora parlando:

“Non so proprio come gli sia venuta in mente una prova simile… penso sia difficile anche idearle, io non potrei mai farlo.”
“Beh, non tutti vogliono vivere nell’Offshore per finire a fare gli esaminatori al Processo… tu che ambizioni hai?”


Non avrebbe proprio saputo come rispondere s quella domanda è per questo Nymphea fu a dir poco felice di vedere Zavannah, Theodore, Alethea e Berenice uscire dalla stanza numero 8, avendo così la scusa di congedarsi gentilmente dal ragazzo per raggiungere le due amiche. 

Quando si allontanò ebbe l’impressione di avere ancora il suo sguardo su di sè, ma si impose di non farci caso e non voltarsi mentre si avvicinava a Zavannah e Berenice, sorridendo alle due ragazze:

“Ragazze… sono felice di vedervi. Questa è stata tosta, non trovate?”
“Lascia perdere, stavo prendendo completamente la strada sbagliata… forse se non fosse stato per Theodore e Alethea saremmo stati eliminati, anche se non mi piace ammetterlo.”

Zavannah sbuffò con evidente irritazione e l’ex Tassorosso le rivolse un sorriso consolatorio, suggerendole di non darci molto peso mentre Theodore invece raggiungeva Phoebus, sorridendogli e aspettando insieme a lui che Kieran e Alastair uscissero a loro volta:

“Ciao Gaunt… L’hai trovata una prova stimolante?”
“È stato divertente, a dire il vero…”

“Già. Essere stati divisi in gruppi dagli esaminatori non è stato poi così male, dico bene?”

Theodore piegò le labbra in un sorrisetto che fece sbuffare debolmente il ragazzo, che distolse lo sguardo da Nymphea per rivolgersi direttamente al Corvonero, parlando con un tono piuttosto neutro:

“Sì, diciamo che poteva andarmi peggio di così. Ehy… ci sono Al e Kier.”


Il Serpeverde accennò alla stanza 4, dalla quale stavano effettivamente uscendo Kieran, Lilian, Noah e Alastair. E mentre Noah e la ragazza vennero raggiunti immediatamente da una Mairne felicissima e da Milo i due ex Serpeverde si diressero verso di loro, entrambi con un sorriso sollevato e soddisfatto allo stesso tempo stampato sul volto. 

“Oh, siete ancora qui anche voi? Di questo passo ci troveremo tutti e quattro a sfidarci con le unghie e con i denti alle battute finali…”

“Evita di fare previsioni Kier, eri pessimo a Divinazione da quel che mi ricordo… finché siamo tutti qui, direi di approfittarne.”




“Come mai sorridi? Sembri soddisfatta.”
“Beh, lo sono… non per vantarmi, ma sono stata a dir poco determinante per l’esito positivo della prova. È stato molto divertente, in effetti.”

“Sì, è stata sicuramente una prova molto stimolante… e visto che questa riguardava la capacità di osservare e la logica, forse la prossima riguardare la magia. Tu che ne pensi?”

“Suppongo che lo scopriremo con certezza solo domani… ma probabilmente hai ragione.”

Hailey annuì mentre camminava accanto ad Alethea lungo il corridoio per tornare nella loro stanza insieme alle alte ragazze. Per il resto del tragitto nessuna delle due disse niente, entrambe impegnate a fare un rapido calcolo mentale: erano stati eliminati quattro gruppi durante quella prova… quindi sedici candidati in meno. Ormai dovevano essere circa in 115. 

Ne mancano solo altri 105 da superare per rientrare nella ristrettissima cerchia di candidati che sarebbero stati selezionati per l’Offshore… 
Un gioco da ragazzi, in pratica. 


*


Quando riuscì finalmente ad individuarlo Louella gli corse praticamente incontro, ben lieta di essere riuscita ad intercettarlo prima che tornasse agli spogliatoi dove li avevano fatti cambiare quando erano arrivati per riprendersi i suoi vestiti e andarsene:

“Kay!”

Sentendosi chiamare il ragazzo si voltò, guardandola con una nota di sorpresa nello sguardo:

“Ciao… come mai qui? Sei stata eliminata anche tu?”
“No, volevo salutarti. Tutto bene?”

“Beh, ovviamente fa un po’ male… ma sono abbastanza soddisfatto, se non altro sono riuscito a non farmi cacciare proprio subito. E poi almeno così rivedrò Jeremy e la mia famiglia… e potrò rimettere i miei anfibi, mi mancavano.”

Il biondo abbozzò un sorriso, stringendosi nelle spalle con finta noncuranza mentre Louella sorrideva debolmente a sua volta:

“Mi dispiace, davvero. Beh, stammi bene, e salutami Jeremy quando lo vedrai… e se ne avrai occasione, anche Margaret.”
“Lo farò di sicuro… buona fortuna Louella, spero di non rivederti tanto presto.”


Kay le rivolse un ultimo cenno prima di girare sui tacchi e allontanarsi lungo il corridoio, lasciando la bionda sola. Lo guardò allontanarsi per qualche istante prima di voltarsi a sua volta e tornare dai compagni, estremamente felice di essere ancora in gioco ma, allo stesso tempo, anche un po’ amareggiata. 









………………………………………………………………………………………….
Angolo Autrice:

Buonasera!
Ebbene sì, alla fine nella prova degli antidoti non ho eliminato nessuno e in pratica vi ho fatto storie in ansia per quattro giorni per niente… Ma in questa terza prova ho dovuto scartare almeno un OC, mi spiace. 
A questo punto rimangono in sedici, quindi ci saranno almeno altre sei eliminazioni… 
Spero di riuscire ad aggiornare domenica, ma al massimo per lunedì avrete il nuovo capitolo :) 

Buona serata, 
Signorina Granger 

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Capitolo 8
*** Il corridoio ***


Capitolo 6: Il corridoio 



Hailey si lasciò cadere sul letto con un sospiro di sollievo, massaggiandosi il braccio indolenzito mentre Alethea faceva altrettanto, sedendosi sul materasso.

Dopo la prova della stanza li avevano lasciati per ben due giorni con il fiato sospeso, senza comunicare assolutamente nulla: nessuna prova, nessuna valutazione, solo un’infinità di ore passate ad aspettare, a crogiolarsi in quella snervavate attesa.

E poi, quella mattina, durante la colazione i candidati rimasti avevano finalmente ricevuto notizie dagli esaminatori, che si erano rifatti vivi per comunicare ai ragazzi che avrebbero presto dovuto affrontare la quarta prova. 

Al sentire quelle parole Hailey, così come molti tra i suoi compagni, aveva tirato quasi un sospiro di sollievo, ben lieta che quell’infinita attesa fosse giunta a termine, ma quando erano stati informati su cosa avrebbero dovuto fare il sollievo era svanito piuttosto in fretta: non aveva mai amato particolarmente duellare, in effetti. 

E dopo tre ore pressoché infinite, dove una quindicina di candidati erano stati scartati, li avevano finalmente congedati, assicurando però loro di avere solo qualche ora libera prima della prova successiva.

“Immagino si divertano… prima ci lasciano a marcire nella noia più assoluta per due giorni e poi ci mettono ko. Non mi sento più la mano.”

Mairne entro nella stanza sbuffando, raggiungendo il letto a castello che condivideva con Alethea per arrampicarsi sulla scaletta, mentre Lilian faceva altrettanto con la stessa espressione tesa dipinta sul volto:

“Neanche io, ma almeno ce la siamo cavata… il che è una fortuna, non duellavo dai tempi della scuola.”
“Neanche io, e anche se non ero un vero e proprio portento la fortuna mi ha baciata di nuovo… spero solo che la prossima prova non sia strettamente fisica, perché sono sfinita.”

La bionda sospirò mentre si stendeva sul letto, decisa a riposarsi finché non le avrebbero chiamate per la prova seguente, mentre Lilian faceva altrettanto e Hailey, invece, fissava semplicemente lo sguardo su un punto indefinito del soffitto. Dopo qualche giorno, anche se le sembravano passate settimane intere, si era abituata all’asetticità di quel posto, non la infastidivano nemmeno più i vestiti grigi che era stata costretta ad indossare, come tutti gli altri. 


Forse era semplicemente entrata al 100% nella mentalità del Processo, tanto da non riuscire nemmeno ad immaginare una sua possibile reazione se fosse stata malauguratamente eliminata. 
La Corvonero sbuffò debolmente, incrociando le braccia al petto come a volersi “proteggere” da quella fastidiosa ipotesi: no, non se ne sarebbe andata. Era resistita fino a quel momento senza troppe difficoltà… se la sarebbe cavata fino alla fine.

Non aveva nessuna intenzione di tornare a casa, da quei genitori freddi che non avevano mai accettato la sua natura e che avevano fatto di tutto pur di reprimerla. 
Non aveva nessuna intenzione di tornare ad essere quella anormale, con qualcosa che non andava… forse cambiando completamente vita sarebbe riuscita a sentirsi finalmente più accettata, più a suo agio in mezzo a persone come lei.


*

“Che cosa stai facendo?”

Nymphea smise di scrivere sentendo la voce di Zavannah, che era in piedi accanto al letto a castello, il mento appoggiato sulle braccia che si reggevano sul letto dell’ex compagna di Casa.
La mora abbozzò un sorriso, seduta a gambe incrociate sul suo letto e con un foglio di pergamena in mano, prima di stringersi debolmente nelle spalle:

“Scrivo.”
“Non sapevo ti piacesse scrivere.”
“No, non è un hobby… immagino di poter scrivere qualcosa ai miei fratelli. Ovviamente non possiamo spedire nulla, lo so, ma é un modo per sentirli più vicini, credo. Gli scrivo quello che direi loro se fossero qui con me adesso.”

“Hai due fratellini, giusto?”

Nymphea annuì, abbassando lo sguardo sulla “lettera” che stava scrivendo mentre sentiva lo stomaco stringerlesi in una morsa fastidiosa, consapevole che Zavannah, essendo più grande di lei di un anno, non potesse sapere.

“Io ho un fratello maggiore… gli voglio bene, un po’ mi spiace pensare di non poterlo più vedere. Ma abbiamo le nostre vite ormai, lui lavora come Medimago e io… beh, si vedrà immagino.”

Zavannah si strinse nelle spalle mentre Nymphea si voltava nuovamente verso di lei, guardandola con curiosità:

“Se non dovessi farcela… che cosa vorresti fare, una volta tornata a casa?”
“Onestamente? Non ne sono sicura. Tu invece? Hai le idee chiare?”

“Sì, direi di sì… anche se non dovessi superare il Processo, so esattamente che cosa farò.”

La mora annuì, accarezzando la pergamena che teneva tra le mani, pensando alla sua grande passione, nonché talento, per le Pozioni. Passione che aveva ereditato dai suoi genitori… chissà che per lei non si tramutasse in una condanna. 


Nymphea ripiegò la lettera, pensando alle lacrime che la sorellina aveva versato qualche giorno prima, quando aveva dovuto salutare lei e il gemello di sette anni. Aveva assicurato loro che sarebbe tornata a casa presto per prendersi cura di loro, ma in cuor suo aveva sperato ardentemente che ciò non accadesse… con un po’ di fortuna avrebbe continuato a prendersi cura di loro, sì, ma dall’Offshore.


*


“Come mai quel muso lungo? Sei ancora tutto intero, mi risulta.”
“Sì, ma credo che tu ti sia divertito un po’ troppo, se devo essere onesto.”

Phoebus sorrise alle parole di Kieran, che invece gli rivolse un’occhiata torva mentre seduto sul suo letto, stiracchiava i muscoli delle braccia indolenzite.

“Scusa Kier, non avrai pensato che solo perché siamo amici ti avrei riservato un trattamento di favore, vero? La cosa importante è che siamo ancora qui.”
“Per miracolo, il tuo Schiantesimo mi ha quasi steso… la prossima volta lascerò che tu te la veda con Al.”

“Lasciatemi fuori, ho già avuto il mio bel da fare.”

Alastair, stesso sul letto in alto, si sporse leggermente per lanciare un’occhiata ai compagni, parlando con tono dubbioso:

“Hanno detto che la prossima prova si svolgerà oggi stesso… pensate che riguarderà la magia o no?”
“Beh, finora hanno sempre alternato, quindi in teoria non dovrebbe servirci la magia… ma vedremo tra qualche ora, immagino.”

Phoebus si strinse nelle spalle prima di allungarsi sul materasso, sistemando le mani dietro la nuca e fissando gli occhi scuri sulla rete del letto sopra al suo, visibilmente di buon umore. Per quanto lo riguardava, era sempre più felice e soddisfatto di essere ancora in gioco: ormai i candidati erano stati dimezzati, e l’Offshore diventava ogni ora sempre meno distante.


*


“Continuo a chiedermi che cosa dovremo fare… spero non una prova fisica, ho ancora i muscoli indolenziti.”

Milo piegò le labbra in una piccola smorfia mentre camminava accanto a Noah, seguendo il fiume di candidati verso il secondo piano, lo stesso dove un paio di giorni prima erano stati divisi in gruppi e avevano dovuto affrontare la prova nelle varie stanze. 

“Che cosa c’è Dwight, hai bisogno di fare un sonnellino?”
“Smettila di prendermi in giro, io sono stato sorteggiato sei volte, tu soltanto due!”

“Ho avuto fortuna, non posso negarlo. “

Noah sorrise appena, annuendo e guardando l’amico con una punta di divertimento nello sguardo. Milo invece, dopo avergli suggerito con un’occhiata di stare zitto, fece per ribattere ma venne preceduto dalla voce di una esaminatrice, che risuonò sulle scale e nel corridoio attraverso l’interfono, facendo zittire immediatamente tutti i candidati:

“Candidati, la prossima prova seguirà lo stesso modello di quella dell’enigma di tre giorni fa… Dovete dividervi negli stessi gruppi e raggiungere il settore dello stesso numero.”

“Ancora divisi in gruppi? Fantastico, così abbiamo più probabilità di essere eliminati.”
“Lo fanno proprio per questo Noah, si divertono tremendamente a mieterci brutalmente...
 Beh, buona fortuna Carroll, io vado a cercare Mairne.”

“Buona fortuna anche a te… e ti prego, tienila d’occhio per me.”


Noah roteò gli occhi, pregando affinché l’amica se la cavasse mentre Milo, sorridendo, annuì, assicurandogli silenziosamente che avrebbe fatto in modo di passare la prova insieme all’esuberante biondina.


*


Quando raggiunse, per la seconda volta nell’arco di pochi giorni, la porta con il numero “4” di metallo infisso nel legno chiaro, Erza trovò i suoi compagni ad aspettarla, anche se l’unica a salutarla fu Louella visto che Phoebus e Nymphea stavano parlando tra loro e non sembrarono essersi accorti della sua presenza, lui appoggiato alla parete con le le braccia conserte e un accenno di sorriso divertito dipinto sul volto e lei leggermente più a disagio, impegnata a torturarsi debolmente le mani. 

Quando la vide, fu l’esaminatrice che fino a quel momento aveva aspettato in silenzio accanto alla porta a parlare, facendole cenno di avvicinarsi:

“Ora che siete tutti, posso dare inizio alla prova. Le regole sono semplici: dietro la porta non troverete più la stanza dell’altro giorno, ma un corridoio. Il vostro compito è attraversarlo entro il limite di tempo, ossia cinque minuti, ma dovrete farlo insieme: se allo scadere del tempo non sarete tutti arrivati infondo e non avrete messo una mano sulla porta, tutto il gruppo verrà eliminato.”

“Attraversare un corridoio in cinque minuti? Tutto qui?”

Erza inarcò un sopracciglio, rivolgendo un’occhiata scettica alla donna che invece sorrise, annuendo con un cenno del capo appena percettibile: 

“Esattamente. Coraggio, candidati… il vostro tempo inizia adesso.”

La porta si aprì con uno scatto e Louella, dopo aver rivolto un’ultima occhiata scettica alla strega, aprì l’anta per entrare nel corridoio, trovandolo quasi completamente buio. C’erano poche luci giallastre disseminate sul soffitto e sul fondo del corridoio, lungo circa una trentina di metri, segnando il punto che avrebbero dovuto raggiungere per superare la prova. 

La porta si richiuse alle spalle di Phoebus con uno scatto, intrappolandoli definitivamente all’interno de corridoio buio mentre Nymphea rabbrividì, stringendosi le braccia con le mani per il brusco calo della temperatura. 

“Beh… andiamo.”

Phoebus mosse qualche passo avanti, abituandosi lentamente al buio mentre Erza lo seguì senza indugiare minimamente, continuando a guardarsi intorno con attenzione: aveva la netta sensazione che di lì a poco qualcosa di orribile sarebbe comparso dal nulla, proprio davanti a lei.

Sensazione che venne condivisa da tutti i compagni, anche se nessuno espresse quei dubbi a voce alta e sia Louella che Nymphea si limitarono ad affrettarsi a seguire i due Serpeverde, non morendo esattamente dalla voglia di restare indietro lì dentro. 

Quell’ambiente era tutto fuorché rassicurante.




“Sono entrati, Signore.”
“Allora immettete il gas.”

Benjamin parlò senza staccare gli occhi chiari dagli schermi che aveva davanti, monitorati da un paio tra i suoi collaboratori. Quasi tutte le porte erano state parete, quindi quasi tutti i candidati avevano ormai iniziato la prova… ma ovviamente il meglio doveva ancora arrivare, grazie al gas che stava per filtrare nei corridoi. 


“Non ci ha ancora fatto chiarezza sugli effetti che produce.”
“Si tratta più che altro del vapore di una sostanza tossica… ma non è particolarmente nocivo, colpisce solo il lobo occipitale del cervello.”

“E che effetti dovrebbe produrre? Non l’abbiamo mai usato, prima.

La strega si voltò verso il superiore, rivolgendogli un’occhiata scettica, quasi temendo per quei poveri ragazzi, mentre Benjamin invece continuò a non staccare gli occhi dagli schermi, osservando gli ignari candidati:

“Allucinazioni.”


*


Certo, sarebbe stato fin troppo semplice. 
Certo, si era aspettata qualche “sorpresa”.

Eppure, quando cominciò a sentirsi quasi stordita, la testa farsi improvvisamente pesante e le gambe instabili Berenice riuscì solo a dirsi di respirare normalmente, mentre allungava istintivamente una mano per toccare la prete fredda e ruvida, cercando di restare in piedi. 

La testa le girava leggermente, dandole la fastidiosa sensazione di essere sul punto di cadere da un momento all’altro… in quel momento camminare era l’ultima delle sue possibilità. 

La Grifondoro deglutì, quasi dimenticandosi momentaneamente di essere nel bel mezzo di una prova e per di più insieme ad altre persone: improvvisamente i compagni sparirono, lasciando il posto solo alle vertigini e alla sua vista leggermente annebbiata. 



Quanti metri erano? Sicuramente meno di cinquanta… non era difficile, doveva solo camminare, fare qualche passo avanti. 

Ma c’era qualcosa di strano, lo sapeva. Bastava lanciare uno sguardo ai suoi compagni, mentre Berenice faticava visibilmente a reggersi in piedi e Theodore sembrava quasi in un momentaneo stato di trance, come se faticasse a muoversi. 

“Theo…”
La bionda fece per avvicinarsi al ragazzo e prenderlo per un braccio, invitarlo a camminare… ma la reazione del Corvonero la destabilizzò, ritrovandosi a barcollare quando il ragazzo la respinse con un gesto brusco, allontanandola da sè con una spinta. 

“Che cosa…”

La bionda deglutì, puntando gli occhi chiari su Alethea. Fece per chiedersi se anche lei fosse cosciente o meno quando una voce attirò la sua attenzione:

“Zavannah?”

Una voce familiare in modo quasi doloroso, che non avrebbe dovuto sentire in quel momento. Anzi, una voce che non avrebbe mai più dovuto sentire in alcun modo. 
La Tassorosso rimase quasi paralizzata nel sentirsi chiamare, dicendosi che probabilmente lo aveva solo immaginato… ma voltandosi si ritrovò proprio davanti la familiare figura di Jared, che teneva gli occhi fissi su di lei.

“Jared…”

Strabuzzò gli occhi e mosse qualche passo per raggiungerlo, allontanandosi così dalla sua destinazione, ma il volto del ragazzo si tese in una smorfia mentre la guardava con disapprovazione. 


“Ti sei consolata rapidamente.”
“Come? No! Come puoi dirlo?”

“Oh, ti prego. Non ci hai messo molto ad andare avanti senza di me. Ora muori dalla voglia di iniziare la tua nuova vita dall’altra parte della barriera.”

Zavannah sbattè le palpebre, quasi a volersi assicurare che fosse reale… in un angolo della sua testa una voce le suggerì che non lo era, che non poteva essere davvero lì, ma decise di non darle retta: sembrava davvero reale, aveva la sensazione che sarebbe persino riuscita a toccarlo, se solo avesse allungato una mano. 

“No, io… mi andava benissimo la mia vecchia vita, Jared, lo sai. Sarei stata felice di vivere così per sempre, con te.”
“Allora mi dispiace di averti rovinato i piani morendo, Zavannah. Ma come fai a startene qui, mettendoti alla prova, sorridendo… non pensi mai al fatto che io non ho potuto avere la tua stessa opportunità? A quanto questo sia ingiusto?”


La ragazza si bloccò, sentendo improvvisamente la gola secca mentre guardava l’ex fidanzato osservarla con gli occhi pieni di disapprovazione. E in quel momento, per la prima volta, si chiese se non fosse così… aveva sempre pensato di doverlo rendere fiero di lei passando il Processo. Ma forse non avrebbe nemmeno dovuto prendervi parte, non senza di lui…

“Io… mi dispiace. Lo so che è ingiusto, Jared. Vorrei che fossi qui con me.” 
“Sono qui con te, Zavannah. Sei tu che mi hai lasciato indietro, ormai.”


Forse avrebbe voluto scuotere il capo e dirgli che si sbagliava che non era così, che sentiva tremendamente la sua mancanza, praticamente in ogni momento. 
Ma non ci riuscì, improvvisamente incapace di parlare mentre vacillava, faticando a vedere chiaramente persino al figura di Jared. 

Che cosa le stava succedendo?



“Theodore… vieni, devi camminare…”
“No.”

Theodore scosse il capo, sottraendo bruscamente il braccio dalla presa di Alethea, che sbuffò e si voltò verso Berenice, avvicinandosi alla ragazza per aiutarla a rimettersi in piedi:

“Andiamo… non è reale, Berenice.”

Forse in una situazione diversa Alethea avrebbe semplicemente ignorato la voce di sua sorella chiamarla e dirle di ascoltarla per correre infondo al corridoio, ma disgraziatamente quella era una prova da affrontare collettivamente… senza di loro, non sarebbe potuta andare da nessuna parte. 

La Grifondoro, che si era lasciata scivolare sul pavimento e teneva il capo chino e le braccia strette intorno alle ginocchia, si lasciò aiutare a rialzarsi senza smettere di tremare, mormorando qualcosa di incomprensibile mentre Alethea quasi la spingeva di peso, intimando nuovamente a Theodore di camminare. 

Non aveva idea di cosa stesse provando o vedendo il ragazzo, ma doveva assolutamente farlo rinsavire rapidamente. 



Non ricordava di aver mai visto quelle persone, ma nel momento stesso in cui posò gli occhi sui loro volti li riconobbe. Come avrebbe potuto non riuscirci?

“Mamma?”
“Ciao Theodore.”

Il Corvonero strabuzzò gli occhi, deglutendo mentre osservava i suoi genitori, di cui non possedeva alcun ricordo. 

“Perché… Perché non mi avete voluto?”
“Non avevamo i mezzi e il tempo per badare ad un bambino, specialmente trattandosi di un ragazzino capriccioso come eri tu. Averti è stato solo un errore, probabilmente.”

Theodore scosse debolmente il capo, senza riuscire a staccare gli occhi dai volti dei suoi genitori, le loro espressioni fredde, disinteressate. 

“No. Vi sbagliate.”
“Davvero? Perché, c’è stato forse qualcuno che ti ha voluto che può dire il contrario?”



“Theodore… muoviti, dannazione! Non mi farò buttare fuori per colpa tua. Non è reale, sono allucinazioni.”

Alethea, dopo aver trascinato Berenice fino in fondo ed essere tornata indietro, si avvicinò nuovamente a Theodore, cercando di spingerlo verso il fondo del corridoio. 

Cercando di ignorare, al contempo, i continui richiami e le parole gelide di sua sorella. 

“Lasciami.”

Theodore cercò di divincolarsi e per un attimo Alethea si chiese chi stesse vedendo il ragazzo al posto suo, ma decise che avrebbe avuto tempo per chiederglielo una volta fuori da lì. Doveva solo pensare a portarli tutti fino in fondo. 

“Leta, perché non mi ascolti? Guardami in faccia!”
“Lasciami stare!”

La Corvonero si voltò, quasi urlando quelle parole in direzione della sorella, o del suo ologramma costruito dalla sua stessa mente, prima di riprendere a spingere Theodore, mentre pochi passi più indietro Zavannah continuava a vedere e sentire Jared da una parte e la situazione reale dall’altra, rendendosi conto di dover fare qualcosa. Di dover camminare. 


Solo pochi passi. 
Doveva andare avanti. 


“Un grosso sbaglio.”
“Abbiamo fatto bene a liberarci di te… saresti stato solo un peso, siamo stati meglio in questi anni.”
“Non potrai mai superarlo, Theodore… Chi crede davvero in te?”


“Cammina, avanti… sei quasi arrivato.”

Theodore sbattè le palpebre, smettendo per un attimo di sentire le voci dei genitori e riuscendo invece a mettere a fuoco la figura di Alethea, che camminava davanti a lui, tenendolo stretto per un braccio.


Quasi arrivato.
Certo, la prova. 
Doveva arrivare infondo. 


“Ok…”

Annuì, deglutendo a fatica e parlando con una voce che nemmeno somigliava alla sua. Non doveva ascoltarli… non erano reali. Come potevano esserlo? Lui non li ricordava nemmeno… era solo un brutto scherzo che la sua stessa mente gli stava giocando. 


Doveva solo andare avanti e ignorare quelle dolorose insinuazioni.


*


“Hai buttato la collana! Perché l’hai fatto?”

Le parole di Lindsey la colpirono più dolorosamente di una pugnalata, portandola a scuotere debolmente il capo mentre gli occhi le si inumidivano, cercando di avvicinarsi alla sorellina, che la stava guardando con gli occhi carichi di risentimento, un’espressione molto diversa dai caldi sorrisi che era solita rivolgerle:

“Mi dispiace, non volevo… ma ho dovuto.”
“No invece! Potevi restare a casa con noi invece di venire qui. Pensi solo a te stessa, non ti interessa che cosa succederà a noi… Vuoi solo avere una vita più comoda, senza averci tra i piedi!”

“Non è così… io voglio che tu abbia il meglio. Che tutti voi lo abbiate. E per questo che me ne devo andare, non capisci?”
“Sei tu che non capisci! Dovevi restare a casa… ma ora spero che tu ce la faccia, così non dovrò più vivere con te.”

Lindsey guardò la sorella maggiore con rabbia prima di girare sui tacchi e allontanarsi di corsa, ignorando i richiami imploranti di Lilian che avrebbe voluto raggiungerla, ma sembrava che le gambe non rispondessero più correttamente ai suoi comandi: si ritrovò a boccheggiare, cercando inutilmente un po’ d’aria, mentre si appoggiava contro il muro. 




“Dopo tutto quello che abbiamo fatto per te ci ripaghi così? Andandotene a cercare fortuna altrove? Avevamo bisogno di te, così come tu avevi bisogno di noi.”

Alastair sentì un tuffo al cuore alle parole della nonna, guardando la donna con affetto prima di cercare di avvicinarlesi, parlando con un tono implorante che di rado gli si poteva sentire usare:

“Avete fatto così tanto… non voglio più essere un peso per voi. Non dovete più prendervi cura di me.”
“Sei tu che dovresti prenderti cura di noi Alastair ormai, invece te ne sei andato alla prima occasione. È così che ci ringrazi?”

“Nonna…”


Il Serpeverde scosse il capo, cercando di avvicinarlesi ma senza grandi risultati: anche se muoveva dei passi, sembrava che la donna restasse sempre alla stessa distanza, guardandolo come non aveva mai fatto prima. 

“Vi voglio bene, ma devo trovare la mia strada, senza più gravare su di voi… Non lo capisci?”
“No Alastair, non capisco perché tu te ne sia andato.”



“Al, andiamo.”

Alastair quasi sobbalzò quando sentì una mano stringergli il braccio, e ci mise qualche secondo a riconoscere la fonte della voce: Kieran era in piedi accanto a lui, spingendolo verso il fondo del corridoio mente cercava di ignorare la voce di suo padre, che lo stava accusando molto poco velatamente di aver causato la morte prematura della madre. 

No, non voleva affatto tornare da suo padre, voleva ricominciare e vivere lontano da lui… e per farlo, doveva uscire da lì alla svelta.

 “Avanti, muovetevi! Vieni, Lilian.”

“Aspetta… Lindsey!”
“Lindsey non è qui, Lilian. Adesso dobbiamo uscire.”


Sul fondo del corridoio c’erano quattro impronte di mani illuminate e il Serpeverde ordinò a Lilian di toccarne una mentre anche Alastair li raggiungeva, innaturalmente pallido e quasi tremante.

Kieran si voltò, studiando il corridoio ma faticando a vedere con chiarezza: erano i suoi occhi ad essere offuscati o era calata una specie di nebbia? 

Mancava meno di un minuto allo scadere del tempo, così il ragazzo si disse che non gli interessava: tutto quello che doveva fare era andare a recuperare l’ultimo componente del suo gruppo.
Kieran strinse i pugni e iniziò a ripercorrere il corridoio a ritroso, raggiungendo quasi di corsa – e cercando di ignorare la voce velenosa del padre – un ragazzo che era seduto sul pavimento, contro il muro, il capo chino.

“Noah. Andiamo, dobbiamo muoverci.”

Il Grifondoro sollevò il capo quasi di scatto sentendo la sua voce, ma di fronte all’occhiata vacua che gli rivolse Kieran  fu certo che non lo stava vedendo realmente: il ragazzo infatti mormorò qualcosa, un nome femminile, e si limitò a scuotere il capo, chinandosi per prenderlo per un braccio:

“Adesso dobbiamo andare, Noah.”
“Non posso andarmene… mia sorella…”

“Credimi, se non ti alzi la rivedrai presto. Ma io non ho nessuna intenzione di rivedere la mia famiglia, quindi muoviti. Se vuoi darti la zappa sui piedi fa pure Noah, ma nelle prove individuali... Non ti permetto di mandare tutto all’aria, oggi.”


*

Che cosa stava succedendo a tutti?
Forse erano nel pieno di una specie di allucinazione collettiva? 
Hailey si passò una mano tremante sul viso, scuotendo debolmente il capo mentre parlava con un filo di voce, tenendo il capo chino per evitare di guardò in faccia i suoi genitori, che come tante volte avevano fatto in passato la stavano quasi “accusando” di essere diversa, di non essere la figlia perfetta che avrebbero tanto voluto.

Una strega. Perché proprio loro avevano dovuto avere una figlia del genere?

“Lasciatemi in pace... non mi importa che cosa pensate, ormai.”
“Certo che ti importa. Ti importava quando abbiamo cercato di non farti andare in quella scuola e ti importa anche ora.”

“No invece! Me ne andrò, e non dovrò più sentirvi insultarmi, finalmente. Non siete la mia famiglia da molto tempo, ormai.”

La Corvonero strinse le mani a pugno, conficcandosi le unghie nella pelle mentre parlava quasi tremando dalla rabbia, guardando i genitori – che ormai erano più che altro un paio di estranei – quasi con odio. 

“Bene, vattene, tanto meglio. Ma sappiamo tutti e tre che non riuscirai a superare quella specie di selezione, Hailey… ti reputi davvero tanto speciale? Non sei speciale, sei solo diversa.”
“Io non sono diversa! Ci sono molte persone come me, solo che voi vi siete sempre rifiutati di vederlo!”

La Corvonero si mosse, superando i genitori quasi di corsa e con gli occhi lucidi, desiderando ardentemente di non doverli più vedere e di non dover più sentire quelle cose. Raggiunse Asterope, che stava procedendo quasi a tentoni, e prendendola sottobraccio la spinse ad avanzare più rapidamente:


“Coraggio, andiamo… dobbiamo uscire da qui. C’è qualcosa che non va.”

La Serpeverde annuì, come se se ne fosse resa conto a sua volta ma faticasse a reagire del tutto di fronte a quella situazione. Ormai erano quasi arrivate infondo al corridoio quando Hailey si voltò, puntando gli occhi su una ragazza bionda che si era praticamente accasciata sul pavimento a qualche metro di distanza, tenendosi la testa tra le mani.

Milo l’aveva raggiunta, leggermente chino sulla ragazza mentre si sforzava di ignorare la voce del padre, che non faceva altro che insultarlo per la sua “natura anormale” da quando aveva messo piede dentro il corridoio.
Suo padre era un Babbano, ovviamente non sarebbe mai potuto entrare lì, Milo lo sapeva… ma sembrava tremendamente reale. Dopotutto aveva già sentito quelle stesse parole una volta, qualche anno prima, quando aveva avuto la pessima idea di rivelare al padre di non essere attratto solo dalla ragazze ma anche dai ragazzi.

“Mairne… andiamo.”

Milo allungò una mano per sfiorarle il braccio, ma la bionda si ritrasse, singhiozzando mentre si teneva la testa tre le mani. Gli parve di sentirla mormorare qualcosa, chiedere di “smetterla”, anche se molto probabilmente non si stava riferendo realmente a lui, ma all’oggetto della sua allucinazione.

“Non abbiamo tempo… alzati.”

Hailey si avvicinò alla bionda, cercando di costringerla ad alzarsi ma senza grandi risultati. 
La Corvonero si rivolse così a Milo, rivolgendogli un cenno:

“Dobbiamo uscire da qui, a qualunque costo… trascinala di peso, se necessario, ma la sua mano dev’essere su quell’impronta tra venti secondi!”


*


“Ti sei stufata di noi, ecco perché te ne sei andata!”
“Non me ne sono andata, insomma… voi siete tutto per me. Lo faccio per voi, per noi!”

“Ci hai lasciati da soli, non ti importa di noi!”

“Rin…”

Nymphea allungò una mano per sfiorar i capelli della sorellina, che però scosse il capo e si ritrasse, guardandola con un’espressione rabbiosa che la ragazza non aveva mai visto sul volto della bambina.

“Per favore, lo sapete che vi voglio bene!”
“Non te ne saresti andata, allora. Noi volevamo stare con te, Nym!”

Nerine scosse il capo mentre accanto a lei Cole annuiva, osservando la sorella maggiore con aria cupa, quasi a volerla rimproverare per essersene andata e averli lasciati da soli.

“Anche io voglio stare con voi… ma vorrei anche aiutare mamma e papà.”

Nymphea scosse il capo, mordendosi il labbro con violenza per impedire alle lacrime di iniziare a rigarle il volto. Le sembrava di essere inginocchiata sul pavimento davanti ai fratellini, ma in realtà era semplicemente accovacciata sul pavimento, in lacrime e tremante mentre mormorava parole sconnesse. 


Phoebus raggiunse il fondo del corridoio barcollando, mentre Erza era già arrivata e teneva una mano sull’impronta illuminata fiocamente, così come Louella. 

Il ragazzo sbattè le palpebre, cominciando a sentire meno l’effetto del gas, così come le voci dei genitori, che lo accusavano di non voler rispettare la sua stessa famiglia rifiutandosi di sposare sua cugina, così come avevano fatto loro anni prima. 

“Dov’è Nymphea?”

La voce di Erza, quasi allarmata nel rendersi conto che mancava una componente del gruppo all’appello, riportò definitivamente il ragazzo alla realtà, accorgendosi a sua volta dell’assenza della Tassorosso: si voltò, individuando la figura della ragazza circa a poco meno della metà del corridoio, rannicchiata sul pavimento. 

“Manca meno di un minuto…”
“Ci penso io.”

Phoebus ripercorse il corridoio a ritroso praticamente di corsa, cercando di inalare il gas il meno possibile mentre si avvicinava alla ragazza, chinandosi leggermente:

“Nymphea? Dobbiamo andare… ce la fai ad alzarti?”

Il Serpeverde allungò una mano per sfiorarle un braccio, ma la ragazza si ritrasse bruscamente, continuando a non guardarlo mentre tremava leggermente, gli occhi chiari vacui e fissi su un punto indefinito davanti a sè mentre mormorava un paio di nomi che il ragazzo non conosceva. 

“D’accordo… temo che dobbiamo andare comunque, quindi facciamo così.”

Pregando affinché la ragazza non lo colpisse Phoebus si chinò per sollevarla e portarla fino alla fine del corridoio, ritrovandosi a ringraziare mentalmente sia l’assenza di una reazione da parte di Nymphea sia il fatto che fosse piuttosto minuta e quindi facile da trasportare. 


Mancavano circa dieci secondi allo scadere del tempo quando Phoebus si fermò davanti alle due impronte restanti, premendo una mano della ragazza sulla prima e la sua sulla seconda. 

“Tempo.”

Quando la voce dell’esaminatrice giunse alle loro orecchie tirarono un sospiro di sollievo, e Phoebus sorrise quando la porta si aprì, permettendogli di uscire dal corridoio e di respirare finalmente aria pulita. 

Aveva mosso solo un paio di passi quando si chinò, appoggiando con delicatezza Nymphea sul pavimento. Ma la ragazza, invece di iniziare a riprendersi, continuò a non dire nulla se non quei due nomi che aveva già ripetuto più volte e a tremare leggermente, gli occhi chiari ancora lucidi.


“Che cos’ha?”
“Su alcune persone gli effetti incidono di più… passerà, basta aspettare. Non statele troppo addosso, ragazzi.”

Phoebus abbassò lo sguardo sulla ragazza, rivolgendole un’occhiata incerta mentre Nymphea continuava a tremare come una foglia, apparentemente quasi in stato di trance mentre una ragazza bionda e una mora le si avvicinavano quasi di corsa, guardando l’amica con preoccupazione:

“Nym! Che cos’ha?”
“Pare che su di lei le allucinazioni abbiamo sortito un effetto più incisivo… ma dovrebbe stare meglio entro poche ore.”

Phoebus inarcò un sopracciglio, poco convinto per primo delle sue stesse parole mentre, a qualche metro di distanza, Noah si avvicinava a Milo e a Mairne, sinceramente felice di vederli ancora in gara. 
A stupirlo fu però la reazione di Mairne quando lo vide, che era ancora piuttosto pallida: la bionda gli si avvicinò e senza dire niente lo abbracciò di slancio, lasciandolo di stucco:

“Ehy… tutto bene?”
La ragazza si limitò ad annuire mentre il ragazzo ricambiava l’abbraccio, stringendo le braccia intorno al corpo tremante della bionda per cercare di trasmetterle un po’ di calore. 

“Hai visto qualcosa che ti ha turbata? Erano solo allucinazioni Mairne, non è niente.”
“Lo so.”

La ragazza annuì senza accennare a voler sciogliere l’abbraccio, astenendosi dall’informarlo di aver visto proprio lui dirle una serie di cose poco piacevoli da sentire, come che fosse ormai stanco di averla sempre tra i piedi e avrebbe preferito non essere mai diventato suo amico durante quel viaggio sul treno, dieci anni prima. 

Ma l’importate era che fosse tutto finto, no? 
Erano solo allucinazioni che avrebbero semplicemente dovuto dimenticare in fretta, senza darci troppo peso. 

Gli esaminatori dissero esattamente così, prima di consigliare caldamente ai candidati rimasti in gioco di spostarsi in quello che sarebbe stato il loro alloggio per i “giorni seguenti”, una specie di grande cantina piena di stanze e corridoi dove avrebbero vissuto insieme. 

Senza poter immaginare che sarebbe stato proprio quello il luogo della prova successiva. 











…………………………………………………………………………………………..
Angolo Autrice:

Buonasera, mi spiace non essere effettivamente riuscita ad aggiornare ieri ma proprio non ho avuto modo di scrivere nulla nel weekend… spero che non ricapiti in futuro, ovviamente.
Il prossimo capitolo arriverà giovedì come sempre, quindi ci sentiremo presto… ma nel frattempo ho una domanda per voi:

Come si comporterebbe il vostro OC in una situazione leggermente “estrema” nei confronti degli altri candidati? (Esempio: razioni di cibo molto limitate, si azzufferebbe di brutto pur di averne un po’ o assumerebbe un atteggiamento più “mite” lasciandosi sopraffare?)

Vi chiedo di cercare di rispondere entro giovedì pomeriggio perché altrimenti scrivere il capitolo risulterebbe un po’ difficoltoso… intanto a preso! 
Signorina Granger 

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Capitolo 9
*** La porta (Parte I) ***


Capitolo 7: La porta (Parte I)


“Ci sono giunte brutte notizie dal San Mungo, Nymphea… pare che i tuoi genitori abbiano avuto un incidente, qualcosa dev’essere andato storto con il loro lavoro.”

Nymphea entrò nella corsia quasi di corsa, guardandosi intorno per cercare una qualche figura familiare o un Medimago che potesse darle notizie dei suoi genitori. Un’infermeria le aveva detto il numero della stanza dove li avevano ricoverati, ma aveva finito col dimenticarselo in fretta, troppo impegnata a pensare alle parole con cui il Preside l’aveva accolta nel suo studio solo un’ora prima, accorpandole il permesso di recarsi momentaneamente in ospedale per vedere con i suoi occhi come stessero i genitori.

Stava per chiedere notizie ad un Medimago quando la sua attenzione venne catturata completamente da un suono: un singhiozzo, qualche metro più avanti rispetto a lei.
La Tassorosso distolse lo sguardo dalle porte grigie delle camere per posarlo su quello che riconobbe con un tuffo al cuore come i suoi fratellini, seduti uno vicino all’altra su due sedie e con un’infermiera inginocchiata di fronte a loro, impegnata a sorridere e a rassicurare i due bambini.

Sua sorella Sì stava strofinando gli occhi, facendo dondolare le gambe dalla sedia, mentre suo fratello era in silenzio e a capo chino, come di rado le era capitato di vederlo.

“Rin!”
Le labbra carnose di Nymphea si inclinarono istintivamente in un sorriso mentre si avvicinava ai fratellini, che sentendo la sua voce alzarono immediatamente lo sguardo. Nerine sorrise a sua volta, saltando giù dalla sedia per sgambettare verso di lei:

“Nym!”
La bambina di tre anni allungò le braccia verso le sorella maggiore, che la prese in braccio e le diede un bacio su una guancia, accarezzandole i capelli scuri.

“Ciao cucciola… non preoccuparti, ci sono io adesso. Ciao Cole…”
La ragazza si sforzò di sorridere al fratellino, che le si avvicinò per abbracciarla:

“Mamma e papà stanno male.”
“Adesso questi signori li guariscono Cole, vedrai.”

Nymphea sorrise al bambino, accarezzandogli i capelli mentre Nerine nascondeva il viso nell’incavo nel suo collo, abbracciando la sorella che in quel momento sperò ardentemente di non essersi sbagliata.




“Non ha ancora ripreso conoscenza?”
Zavannah si avvicinò al letto dove avevano lasciato Nymphea circa un quarto d’ora prima, quando una volta fuori dal corridoio aveva perso i sensi. 

Berenice, che si era seduta sul letto in basso accanto, scosse il capo mentre continuava a tenere gli occhi fissi sull’amica, sperando che si riprendesse rapidamente:

“Non capisco perché abbia reagito così male… non hanno detto nulla?”
“No, solo che può succedere ma che dovrebbe riprendersi. Pare che per alcuni gli effetti siano più “incisivi” che per altri.”

Zavannah si strinse nelle spalle, appoggiandosi alla sbarra del letto a castello mentre osservava l’ex compagna di Casa a sua volta, chiedendosi che cosa avesse visto e cosa stesse passando in quel momento, mentre sembrava agitarsi nel sonno.

“Chissà che cosa ha visto…”
“Forse i suoi fratelli. O i suoi genitori…”
“Mi ha parlato dei suoi fratelli proprio stamattina… è molto legata a loro?”

“Molto. Sono piccoli, hanno solo sette anni… e da quando ci siamo diplomate se ne è occupata interamente. A volte mi chiedo come ci sia riuscita, a soli 18 anni con due bambini di tre…”
“È successo qualcosa ai suoi genitori?”

“Stavamo per finire l’ultimo anno, eravamo a pochi giorni dagli esami quando la chiamarono… hanno avuto un incidente lavorando nella loro serra, sono entrambi erboristi che lavorano su commissione… pare abbiano inalato qualcosa da cui sarebbe stato meglio tenersi alla larga.”


“Perché devi andare via? Voglio venire con te.”
“Tesoro, verrà il momento di andare ad Hogwarts anche per te, ma non adesso… I tratta solo di un paio di settimane, ok? Poi tornerò a casa.”

Nymphea sorrise mentre, inginocchiata accanto al camino nel salotto di casa propria, parlava alla sorellina, che invece la guardava con aria malinconica, implorandola di non tornare a scuola:

“E quando torni starai con noi.”
“Certo Rin, mi prenderò io cura di voi mentre mamma e papà sono…. Via.”

“E loro quando tornano a casa?”
“Non lo so, si vedrà… ma non ci pensare, ok?” Possiamo andarli a trovare quando vorrete, quando sarò tornata, stanno bene.”

Nymphea sorrise, sporgendosi per lasciare un bacio sulla guancia della sorellina, che annuì con aria sconsolata:

“Ok. Quando torni starai sempre con noi?”
“Certo, non vado da nessuna parte senza di te e Cole, ma ora devo tornare a scuola.”
“E poi non andrà più via.”

“No, non andrò più via.”

Nymphea si sforzò di sorridere mentre accarezzava i capelli scuri della bambina, pensando al Processo che di lì a poche settimane sarebbe iniziato. Lei era ovviamente troppo giovane, ma quattro anni dopo sarebbe toccato anche a lei… e cosa avrebbe fatto? Avrebbe lasciato Cole e Rin a loro stessi per avere una vita migliore?

Ma si disse di non pensarci. No, si trattava di quattro anni… per allora avrebbero di certo trovato il modo di guarire i suoi genitori. Ne era sicura.





“Scusate?”

Nel sentire una voce quasi sconosciuta sia Zavannah che Berenice si voltarono verso l’ingresso della stanza bianca e spoglia che ospitava solo tre letti a castello, posando così lo sguardo sul ragazzo che era comparso sulla soglia prima di porta:

“Sì è ripresa?”
“Non ancora.”
Berenice scosse il capo, lanciando un’occhiata carica di curiosità in direzione di Phoebus, che invece abbassò lo sguardo su Nymphea, guardandola tremare leggermente, come quando l’aveva portata fuori dal corridoio venti minuti prima. 
Quando aveva perso i sensi gli esaminatori avevano detto di non poter fare alcuna eccezione e gli avevano chiesto di portarla fino al lo “alloggio temporaneo” una specie di cantina che ospitava un dedalo di corridoi e stanze minute solo di letti a castello.
Avrebbero passato la notte lì, così avevano detto. 


“Tu eri con lei… che cosa le è successo?”
“Non lo so, eravamo tutti sotto l’effetto delle allucinazioni… lei non si muoveva e neanche parlava, sembrava quasi in trance, tremava e piange a e basta. Ma quando l’ho portata fuori era ancora cosciente.”

Phoebus si avvicinò al letto mentre Zavannah distoglieva lo sguardo dal ragazzo, lanciando un’occhiata eloquente in direzione di Berenice:

“Beh, grazie per averla aiutata… ti va di restare qui per un po’, così noi andiamo in esplorazione?”

“Se non l’avessi portata fino in fondo ora non sarei qui nemmeno io.”

Phoebus si strinse nelle spalle, parlando con un tono piuttosto neutro – anche se, per un attimo, si chiese chi volesse convincere tra i presenti con quelle parole – mente Berenice si alzava dal letto, inarcando un sopracciglio:

“Beh, grazie comunque a nome suo. Ti dispiace restare qui per un po’?”
“No, va bene… non c’è molto da fare qui, dopotutto.”

Il Serpeverde si strinse nelle spalle, continuando a cercare di apparire il più noncurante possibile mentre mentre le due ragazze uscivano dalla stanza, lasciandolo solo con la Tassorosso.
Phoebus sedette sul letto di Berenice, osservando il volto pallido e quasi teso della ragazza e chiedendosi sinceramente che cosa stesse sognando, o cosa avesse visto nel corridoio… lui aveva visto i suoi genitori accusarlo di non accettare la sua stessa famiglia nel rifiutarsi di sposare sua cugina, e anche se non era stato per nulla piacevole si era ripreso in fretta. Lei invece no… e per un attimo, Phoebus si chiese sinceramene se si sarebbe davvero ripresa. Era possibile che il gas avesse danneggiato qualcosa nel cervello della ragazza?


*


“Che fine ha fatto Phoebus?”

Quando parlò, Kieran ruppe il silenzio che si era creato nella stanza da quando lui e i compagni ci avevano messe piedi, occupando un letto ciascuno. 
Sembrava che nessuno avesse molta voglia di parlare ma nel non vedere l’amico tornare il Serpeverde non riuscì a non chiederlo a voce alta, rivolgendosi a Theodore e Alastair, entrambi stesi e in silenzio sul letto a castello accanto. 

Theodore, che aveva occupato il letto in alto accanto al suo e fissava un punto della parete con aria assorta, esitò prima di rispondere con tono piatto, come se stesse pensando ad altro:

“Credo volesse vedere come sta la ragazza che non si sentiva bene… Nymphea. Quella che era in gruppo con lui.”
“Vado a cercarlo, sono stanco di stare qui e non fare nulla…”

Kieran sbuffò prima di sollevarsi e saltare giù dal letto senza tante cerimonie, uscendo dalla c’entra innaturalmente silenziosa: sia Theodore che Alastair quasi non avevano aperto bocca da dopo la fine della prova, entrambi apparentemente impegnati a rimuginare su cosa avessero visto e sentito. 
Cercando di convincersi che non fosse stato reale, ma solo frutto di un’allucinazione. 


Ci aveva provato anche Kieran, e alla fine era giunto alla conclusione di aver assolutamente bisogno di avere altro a cui pensare. 


*


“Mairne, perché continui a tremare? Hai freddo?”
“No… non lo so.”

Mairne sbuffò, stringendosi la coperta addosso mentre Lilian, in piedi accanto al letto dell’amica, le rivolgeva un’occhiata preoccupata. La stanza era avvolta nel silenzio, fatta eccezione per le parole delle due, visto che Louella non aveva aperto bocca dalla fine della prova e Hailey si era semplicemente stesa su un letto in alto, infilandosi sotto le coperte senza proferir parola, rivolta verso la parete. 

“Ha a che fare con quello che hai visto? Mi dispiace se ti ha toccata tanto… non è stato facile nemmeno per me.”
“Hai visto i tuoi fratelli?”

“Lindsey. Sai, per… la collana.”

Lilian annuì con un sospiro, incrociando le braccia al petto mentre abbassava lo sguardo, evitando di guardare l’amica in faccia mentre ripensava alle parole della sorellina. 

“Lily, so che ti senti in colpa, ma non è stata colpa tua, non avevi scelta.”
“Tecnicamente sì, ho scelto di voltare definitivamente le spalle alla mia famiglia.”
“Certo, ma lo stai facendo per LORO. Anche Noah fa ragionamenti di questo tipo, si sente in colpa per sua sorella, ma se vuole vivere nell’Offshore è anche per lei.”

Mairne si strinse debolmente nelle spalle e l’amica le rivolse un’occhiata incerta prima di parlare:

“Vuoi che chieda a Noah di venire? Hai visto lui?”
“Non mi va di parlarne.”

“Lo prendo come un sì… ok, lo chiamo.”
“Lily no, altrimenti vorrà sapere che cosa ho visto e non mi va… Lily, torna qui! LILY!”

Mairne fece per alzare il tono di voce mentre chiamava l’amica, ma si morse la lingua nel lanciare un’occhiata ad Alethea, Louella ed Hailey, dicendosi che forse stavano dormendo e non voleva certo svegliarle e beccarsi una maledizione… anche se avevano sequestrato loro le bacchette prima di farli entrare lì. 

Chissà per quale motivo, in effetti. 


*


“Ah, sei qui.”
“Ciao… mi cercavi?”

Phoebus si voltò verso la soglia della stanza mentre Kieran annuiva, avvicinandosi all’amico e sedendosi accanto a lui:

“Sì, al momento Theo e Al non sono particolarmente loquaci… anche se c’è da capirli, certo. Credi che abbiano visto i loro genitori?”
“Può essere… per me è stato così. Tu che cosa hai visto?”

“Mio padre.” 

Kieran sfoggiò una lieve smorfia nel ripensare al padre e alle parole che aveva sentito, sia nel corridoio sia in infinite occasioni nel suo passato. Parole che non aveva nessuna voglia di dover ascoltare di nuovo, in futuro. 

“Lo immaginavo. Dev’essere stato difficile.”
“Penso lo sia stato per tutti, altrimenti non sarebbe stata una prova… ma siamo ancora qui, conta solo questo. E ormai siamo considerevolmente vicini, no? Forse possiamo davvero iniziare a prendere in considerazione l’idea di poter arrivare infondo insieme.”

Kieran sorrise appena, tornando leggermente di buon umore a quell’idea mentre Phoebus annuiva, sorridendo debolmente di rimando mentre continuava a tenere gli occhi scuri fissi sulla ragazza che aveva davanti.
Kieran, dopo un minuto di silenzio, seguì lo sguardo dell’amico e parlò di nuovo, osservando Nymphea con curiosità:

“Non si è ancora svegliata?”
“No. A questo punto mi chiedo se potrebbe non succedere…”
“Spero per lei di no, non credo stia facendo sogni piacevoli, al momento. Perché sei qui, a proposito?”

Phoebus si strinse nelle spalle, limitandosi a rispondere che voleva vedere come stesse la ragazza mentre Kieran abbozzava un sorriso, guardandolo quasi con aria divertita:

“Sai, non me lo sarei aspettato.”
“Beh, non ho un cuore di pietra, Kier.”
“Non parlo della tua empatia, ma parlo di a chi è rivolta. Sì, insomma, non la facevo il tuo tipo.”

“Smettila. L’ho solo vista stare male nella prova, ed è molto gentile e carina, non se lo meriterebbe.”

“Sì, hai ragione, è molto carina. Anche se, ripeto, non la facevo il tuo tipo. No, se devo essere onesto avrei detto che avresti puntato la ragazza alta dai capelli rossi della stanza qui accanto.”
“Non ho puntato nessuno, Kier, sono qui per l’Offshore, non per divertirmi.”

“Davvero? Ma io non parlo di questo… Insomma, se ti vuoi divertire fa pure, nessun problema. Quello che secondo me dovresti evitare é prenderti una cotta per qualcuno. Non in questo contesto almeno, lo dico perché potrebbe rivelarsi difficile.”

Phoebus non disse niente, limitandosi  a serrare la mascella mentre teneva gli occhi scuri fissi su Nymphea, trattenendosi dal dire all’amico che sì, lo sapeva, non era certo il contesto giusto per quel genere di cose, se l’era ripetuto anche prima dell’inizio del Processo. 

Ma probabilmente non doveva preoccuparsi, era solo rimasto colpito da quei lineamenti dolci, quei grandi occhi verdi e quelle labbra carnose. Solo attrazione fisica, nulla di più.

“Insomma, sarebbe davvero ironico se per una volta dovesse davvero piacerti qualcuna proprio adesso… anche se non fraintendermi, sarebbe anche ora.”
“Kier, sembri mia madre, e se sono qui é anche per scappare dalla mia famiglia… Piantala.”

*


Quando mise piede nella stanza di Mairne Noah sentì, per la seconda volta, la successione di quattro brevi suoni che segnalava il passare delle ore vista l’assenza di orologi o finestre nella cantina perennemente illuminata dove li avevano sistemati. 
Il ragazzo però non ci fece molto caso, concentrandosi invece sull’amica e raggiungendola con un paio di falcate, sedendo sul suo letto:

“Ehy… come va?”
“Bene, tu come stai?”
“Meglio, anche Milo… Lily mi ha detto che hai ancora dei postumi. Mi vuoi dire che cosa hai visto?”

Noah inarcò un sopracciglio, allungando una mano per prendere quella della bionda, che però scosse debolmente il capo:

“Non mi va di parlarne.”
“Neanche con me? Così mi offendi, Mairne.”

“Davvero, preferisco di no. Tu hai visto Darcy?”
“Preferisco non parlarne.”

“Non farmi il vero, Carroll!”
La bionda sbuffò, facendo scivolare la mano dalla presa dell’amico per incrociare le braccia al petto, mentre il ragazzo invece sorrise appena, guardandola con aria divertita:

“Sono più grande di te, porta un po’ di rispetto… va bene, io ho visto mia sorella. Tu chi hai visto?”
Mairne esitò, fissando lo sguardo sul copriletto mentre sentiva la mano di Noah stringere nuovamente la sua, scaldandogliela. 

“Te.”
“Davvero? Ed ero bello come nella realtà?”
“Lo vedi? Inizi già a prendermi in giro.”

Mairne rivolse un’occhiata torva all’amico, che invece sorrise con aria divertita, guardandola con affetto:

“Prometto che starò in silenzio. Sul serio, che cosa ti ho detto?”

“Che ormai sei mio amico solo per abitudine, che sei stanco di avermi tra i piedi, che la mia parlantina ti irrita…”
“Beh… non fare quella faccia, sto scherzando. Davvero Mairne, non pensarci, sai che ti voglio bene. Sei come una seconda sorellina, per me… mia madre, lo sai, praticamente non c’è mai stata per me e Darcy, non si è mai interessata a fare la mamma ed era sempre in giro per gli affari propri. Tu e Darcy siete la mia famiglia.”

Mairne abbozzò un sorriso alle parole dell’amico, guardandolo quasi con sollievo prima di sporgersi leggermente e abbracciarlo, assicurandogli che sarebbe dovuta passare molta acqua sotto i ponti prima che riuscisse a liberarsi di lei e della sua parlantina. 

E anche se Noah non glielo disse, ne fu immensamente sollevato. 


*

Quando sentì per la terza volta la breve successione di suoni metallici Alethea era in piedi nell’”atrio” della cantina, davanti alla porta da cui erano entrati, ormai chiusa, e ad una specie di largo tubo dall’imboccatura scoperta. 

Quindi erano passate tre ore… ormai doveva essere buio, fuori, da diverso tempo e molti candidati si erano ritirati nelle rispettive stanze per dormire, ma lei non si sentiva stanca, affatto. 

Continuava a chiedersi che cosa avrebbero dovuto affrontare il giorno seguente, mentre teneva gli occhi chiari fissi sul grande tabellone illuminati fiocamente che aveva davanti, che riportava una lunga colonna di combinazioni differenti di quattro numeri, sempre tra l’uno e lo zero. 

Di certo li avrebbero informati solo il mattino seguente, ma la curiosità la stava attanagliando da quando li avevano congedati rapidamente, consigliando loro di riposarsi in vista della prova successiva.

Erano passate tre ore e non era successo nulla, nessuna comunicazione… e nemmeno nessuna traccia di una cena. Niente, silenzio totale. 


C’erano solo quella chiusa, quel tubo, quel tabellone e quelle quattro leve che, ne era sicura dopo un rapido esame, erano presenti in tutte le stanze, ma sembrava che ben pochi ci avessero fatto caso, troppo impegnati a festeggiare per essere ancora in gara. 


Ma Alethea aveva la netta sensazione che la presenza di quelle leve non fosse affatto dovuta al caso. No, probabilmente erano legate a loro volta alla prova. 

“Ancora sveglia? Io non riesco a dormire.”

Alethea si voltò e annuì, rivolgendo un lieve cenno in direzione di Louella, che le si stava avvicinando con i capelli biondi sciolti sulle spalle esili e le braccia conserte, quasi a volersi difendere da qualcosa:

“Neanche io. Sto pensando a… questo.”
“A cosa servirà? Me lo sono chiesta anche io. Immagino che lo scopriremo domani mattina.”

Alethea annuì mentre posava nuovamente gli occhi azzurri sul tabellone, osservandolo con attenzione. 
Strano, ma aveva la sensazione che le cose sarebbero andate diversamente.


*


Stando al numero di volte in cui aveva sentito la “campana”, erano lì da quattro ore. 
In effetti era stanco e da una parte avrebbe voluto andare a dormire, ma era ancora seduto lì, a controllarla.

Nymphea non si era ancora svegliata, ma aveva smesso di agitarsi già da un’ora… anche se Phoebus stava iniziando a chiedersi se fosse effettivamente un buon segno.
Il ragazzo si reggeva mollemente il capo con una mano, restando in silenzio mentre intorno a lui ormai quasi tutti i candidati stavano già dormendo, sfiniti dopo quella giornata tanto intensa… Anche lui era stanco, ma ancora non si era deciso a tornare nella sua camera, senza ascoltare minimamente Kieran a riguardo. 

Si era ormai convinto che avrebbe finito con l’addormentarsi lì quando la sua attenzione si catalizzò su Nymphea, che si stava muovendo leggermente.

“Nymphea?”
Phoebus si fece immediatamente vigile e sveglio, parlando a bassa voce per non svegliare le altre ragazze mentre si spostava, sedendo sul bordo del materasso del letto della Tassorosso, che intanto aveva aperto pigramente gli occhi, facendo saettare i grandi occhi chiari su di lui e guardandolo con leggera confusione, parlando con voce impastata:

“Ciao… Che è successo?”
“Come vedi la prova è finita e non siamo stati eliminati… Sei rimasta priva di sensi per quasi quattro ore, come ti senti?”
“Un po’ stordita… dove siamo?”

Nymphea si mise lentamente a sedere sul materasso, sfiorandosi la testa dolorante mentre rivolgeva un’occhiata carica di curiosità al ragazzo:

“Ci hanno portati in una specie di cantina, pare che passeremo qui la notte… ti ricordi qualcosa della prova?”
“Vagamente… grazie per avermi aiutata, però. Che ci fai qui?”

“Beh… quando siamo usciti non eri molto in te, volevo assicurarmi che stessi bene…”

Phoebus si strinse nelle spalle, distogliendo momentaneamente lo sguardo dalla ragazza che aveva davanti, che invece abbozzò un lieve sorriso:

“Grazie allora. Adesso va molto meglio.”

Anzi, si sentì quasi una stupida per aver reagito tanto male alla prova e aver perso i sensi per tutto quel tempo. Fece per chiedere al ragazzo se fosse rimasto lì per tutto il tempo quando Phoebus si alzò, battendola sul tempo:

“Beh, visto che sei sveglia io vado. Ci vediamo domattina… buonanotte.”
“Anche a te.”

Nymphea abbozzò un sorriso che il ragazzo ricambiò prima di girare sui tacchi e uscire dalla stanza, lasciandola sola in mezzo alle compagne già addormentate. 
La Tassorosso, dopo aver esitato per un attimo, si distese lentamente sul materasso, continuando a sorridere debolmente mentre evitava di pensare a ciò che le era sembrato di sognare e di rivivere fino a poco prima. 


*


Escludendo le ore di sonno, quanto volte aveva già sentito quei suoni, che ormai erano diventati quasi fastidiosi?

Erza sbuffò, continuando a rigirarsi distrattamente una ciocca di capelli tra le dita mentre teneva gli occhi fissi sul soffitto, cercando di ignorare le voci che la circondavano, mente tutti cercavano di ipotizzare perché non li avessero ancora contattati in nessun modo. Eppure erano lì dentro ormai da parecchio, si erano tutti svegliati da ore… ma niente, nessun contatto, e nessuna traccia di cibo. 


E poi la sentì di nuovo, la combinazione che tutti avevano attribuito al trascorrere delle ore. 

Dieci. Escludendo le ore in cui aveva dormito, aveva sentito quei suoni per dieci volte. Quindi erano quante, quasi una ventina di ore da quando erano lì dentro? 

Erza smise di tormentarsi i capelli, corrugando leggermente la fronte mentre ripensava al tabellone, alle combinazioni da quattro numeri, alle quattro leve presenti in ogni stanza… e alla combinazione di quattro suoni, sempre la stessa, che continuavano a sentire. 

Stava iniziando a farsi troppi film o era davvero così?

“Asterope.”
“Che c’è?”

“Andiamo da gli altri… credo che non sia una “sveglia”. È la chiave per uscire da qui.”













………………………………………………………………………………
Angolo Autrice:

Buonasera! 
Mi scuso per non aver pubblicato questo capitolo giovedì ma mi sono scordata di avvisarvi che sarei stata a Lucca qualche giorno… ma sono tornata, quindi ecco il capitolo, spero che non ci siano altri ritardi in futuro.
Grazie a chi ha risposto alla domanda, invito chi non l’ha fatto a mandarmi quanto richiesto al più presto… inoltre, vi comunico che siamo a metà della storia, complessivamente dovrebbe avere 16/17 capitoli.

A giovedì!
Signorina Granger 

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Capitolo 10
*** La porta (Parte II) ***


Capitolo 7: La porta (Parte II)



“Vi dico che le cose stanno così… I suoni non sono una specie di sveglia che scandisce il tempo che passa, hanno a che fare con le leve e queste sequenze numeriche. Pensate sia un caso che ci siano quattro leve in ogni stanza, che i suoni siano quattro e che queste sequenze siano di quattro numeri?”

Erza inarcò un sopracciglio, guardando il gran numero di compagni che aveva davanti quasi con aria di sfida, tenendo le braccia conserte mentre dava le spalle al tabellone con i numeri.

“Se le cose stanno così, come pensi che dovremmo comportarci? Illuminaci con la tua teoria.”
“Con piacere. Penso che gli 1 e gli 0 riguardino le leve: 1, sollevate, 0 abbassate. Sono piuttosto sicura che se voi menti brillanti vi scomodaste a contare le stanze vi accorgereste che il numero delle sequenze è esattamente lo stesso delle camere… a mio parere continuano ad esserci troppe coincidenze. E se avete qualche altra idea, dite pure.”

Quando nessuno aprí bocca la Serpeverde abbozzò un sorriso soddisfatto, annuendo prima di parlare nuovamente: 

“Esattamente. Come ho detto, penso che questi numeri riguardino la posizione delle leve… e penso che dovremmo abbassarle o sollevarle proprio dopo la sequenza di suoni. Perciò c’è bisogno che dieci persone memorizzino una sequenza e poi la comunichino ad altre quattro che dovranno abbassare o sollevare le leve dopo la “sveglia”. Siamo qui da quasi un giorno intero, avete intenzione di restare qui sotto a lungo o quanto meno di provare a fare qualcosa? Perciò si, vi ho illuminato… non ringraziatemi.”

Erza abbozzò un sorriso quasi divertito mentre, davanti a lei, si diffondevano vari mormorii tra gli altri candidati, probabilmente indecisi se darle torto o meno. 

Anche se, la ragazza ne era sicura, non si stava sbagliando.


*


“Pensa che ci metteranno ancora molto a capire come fare?”
“Spero per loro di no, altrimenti passeranno altro tempo senza sfamarsi.”

Benjamin era in piedi davanti agli schermi che gli permettevano di controllare la situazione nel “bunker”, seguendo le vicissitudini e le discussioni tra i candidati restanti in gioco.

“L’ultima volta sono resistiti un giorno e mezzo… ma mi sembrano sulla buona strada. Preparate il cibo, ma mi raccomando… 60 buste. Non di più.”


*


“Tu che cosa ne pensi?”
“Non saprei… di sicuro ha una sua logica. E poi non abbiamo niente da perdere, credo che provare non costa nulla.”

Mairne si strinse nelle spalle mentre, insieme a Noah, camminava lungo il corridoio stretto e fiocamente illuminato dalle luci artificiali per tornare nella sua camera mentre Lily era rimasta nell’”atrio” essendosi offerta di imparare e poi riferire la combinazione numerica corrispondete della loro stanza.

“Beh, spero che Erza non si sia sbagliata, sto morendo di fame e stare chiuso qui dentro mi sta facendo venire la claustrofobia… vado, ci vediamo dopo.”

“Ok.”

La bionda annuì, sorridendo debolmente all’amico che ricambiò prima di superarla e allontanarsi per raggiungere la sua stanza, lasciando Mairne sola a sperare ardentemente che la Serpeverde non si fosse sbagliata e che la sua intuizione fosse corretta. 


“Mairne? Non credo manchi molto per la prossima “sveglia”, pensi tu alla prima leva? Sono un po’ pesanti, ma dovremmo cavarcela.”

La voce di Alethea riportò la bionda alla regalata, che si voltò verso la soglia della stanza e si affrettò ad annuire, entrando nella camera: 

“Certo, nessun problema.”


O forse dovevano ancora iniziare, i veri problemi? 


*


0, 1, 1, 0


Lilian gettò un’ultima occhiata al tabellone prima di girare sui tacchi e affrettarsi a raggiungere la sua camera, ripetendosi mentalmente i quattro numeri in successione mentre camminava a passo svelto tra le pareti grigie, così come alcuni tra i suoi compagni.

“Allora?”

Quando si fermò sulla soglia della stanza che condivideva con Mairne, Louella, Hailey e Alethea Lilian trovò le quattro compagne già in piedi dietro le quattro leve, in attesa: 

“0, 1, 1, 0. Pensate di farcela a spostarle?”
“Ho così fame che al momento sposterei anche un muflone, Lilian.”

Alethea sbuffò leggermente, impugnando il manico della pesante leva per spingerla verso il basso di lì a poco, quando avrebbero sentito la “sveglia”. 
Lilian stese le labbra in un sorriso alle parole della Corvonero, imitata da Louella e Mairne che parvero rilassarsi leggermente. Hailey invece rimase in silenzio, continuando a tenere gli occhi fissi sulla sua leva senza dire nulla. 


Lilian si stava avvicinando a Mairne quando la combinazione di quattro suoni giunse alle loro orecchie, spezzando il silenzio che era andato a crearsi nella cantina. 
Solo che, a differenza delle altre volte in cui l’avevano sentito e non ci avevano fatto molto caso, questa volta le ragazze quasi sobbalzarono, avendolo aspettato con trepidazione durante quell’ora interminabile: 

“Ma quanto pesano… questo è un lavoro da uomini.”
“Per favore, se dovessimo aspettare che ci salvassero loro moriremo di fame qui sotto!”


*


“Pensi che funzionerà?”

Erza contorse la mascella, trattenendosi dal voltarsi e apostrofare il ragazzo che le dava il tormento da quando aveva esposto la sua idea in modo assai poco elegante. 

“Sì. Tu invece, perché invece di dare una mano stai qui?”
“Voglio vedere se ci hai visto giusto, come te del resto.”

Il ragazzo si strinse nelle spalle con nonchalance e la rossa roteò gli occhi, imponendosi di non dire nulla e di ignorarlo mentre era in piedi insieme a lui nell’”atrio”, gli occhi fissi con insistenza sul grande tubo quadrato che aveva davanti. 

Pregando mentalmente affinché non si fosse sbagliata: non solo aveva un gran bisogno di uscire da lì, ma piuttosto che ammettere di essersi sbagliata si sarebbe rinchiusa in un angolo buio senza più uscirne. 

Avanti 


No, non poteva essersi sbagliata… non trovava altra via d’uscita, se non quella. Non vedeva cos’altro avrebbero potuto fare per cercare di superare quella prova malsana.

Quando sentì un rumore la ragazza si irrigidì, trattenendo quasi il respiro mentre si ritrovava a pregare mentalmente, osservando il tubo che aveva davanti con trepidazione: qualcosa stava scendendo, dritto verso di loro. 


“Sí!”
Le labbra della Serpeverde si inclinarono in un largo sorriso carico di soddisfazione quando vide un cumulo di buste di plastica capitombolare davanti a lei, sul pavimento, attraverso il tubo, avvicinandosi per prenderne una in mano.

Aveva sperato che li avrebbero fatti uscire direttamente, ma l’idea di avere finalmente qualcosa da mettere sotto i denti era comunque molto gratificante… specie considerando che era merito suo, in buona parte. 

“Beh, ammetto che ci hai visto giusto, allora…”

Mentre un rumore di passi riempiva la cantina Erza sorrise, voltandosi verso il suo interlocutore e annuendo leggermente mentre un gran numero di candidati si affrettava a raggiungerli, curiosi e speranzosi allo stesso tempo: 

“Pare proprio di sì. È questo il grande errore che la gente fa sempre con le belle ragazze… non siamo tutto fumo e niente arrosto, o almeno non tutte.”


La rossa sposto la sua attenzione dal ragazzo, che restò in silenzio senza permettersi di replicare, ai compagna che l’avevano raggiunta e che, alla vista del cibo, stavano esultando per poi fiondarcisi sopra a capofitto: 

“Sì ragazzi, ringraziatemi pure più tardi… ma che nessuno prenda NULLA, dobbiamo contare quello che hanno mandato. Divideremo il cibo equamente.” 


*


“Finalmente… anche se c’è da dire che si sono sprecati: una sola busta a testa.”

Alethea, seduta a gambe incrociate sul suo letto, inarcò un sopracciglio con aria scettica mentre masticava un pezzo di pane con aria assorta. Hailey invece, seduta sul suo etto con le gambe penzoloni, si strinse nelle spalle, impegnata a rigirarsi la sua razione tra le dita senza averla ancora aperta: 

“Puoi avere la mia, se vuoi.” 
“Non dire assurdità, dovrai pur mangiare.”

“Non è un problema, ho passato un periodo dove mangiavo ben poco.”

La Corvonero si strinse nelle spalle, continuando ad evitare di guardare l’ex compagna di scuola che invece le rivolse un’occhiata carica di curiosità: 

“Davvero?”
“Sono stata in… conflitto con i miei genitori, per un periodo mi hanno praticamente cacciata di casa ed ero abituata a mangiare molto poco. Forse ora dovrei ringraziarli per l’isolamento forzato, dopotutto.”


*


“Sembri preoccupato… non vuoi mangiare?”

Theodore, steso sul letto e lo sguardo rivolto al soffitto della stanza, si voltò sentendo la voce di Alastair, che stava osservando l’amico con una punta di preoccupazione: 

“Non adesso, penso che me lo terrò per dopo.”
“Non hai fame?”
“Un po’, certo, ma sono abituato… quando ero piccolo ho patito la fame milioni di volte, dopotutto. No, stavo pensando al perché non ci abbiano fatti uscire. Dopotutto abbiamo capito a cosa servissero leve e numeri… che cosa vogliono ancora?”

“Evidentemente la prova non consiste in questo, non veramente.”
“Lo penso anche io Al… ed è questo che mi preoccupa.”


Theodore annuì, tornando a concentrarsi sul soffitto e a rimuginare, chiedendosi che cosa volessero davvero. Rinchiuderli lì sotto, senza cibo, senza bacchetta e nessun contatto con l’esterno. 
Avevano capito come procurarsi da mangiare, ma non avevano ancora aperto la pesante porta di metallo.

Per quanto ancora sarebbero rimasti confinati lì sotto? 
Stava iniziando a perdere il conto delle ore che erano passate dalla fine della prova del corridoio e delle allucinazioni… e senza alcuna finestra, non aveva idea se fosse giorno o tardo pomeriggio. 

Completamente estraniati dal mondo intero.


*


“Ehy, vacci piano… così rischierai di soffocare.”

Noah sorrise mentre, seduto sul letto di Mairne, guardava l’amica mangiare la sua razione. 

“Non fare il pignolo Noah, ho fame!”
“Lo so, ma non scordare di masticare! E poi dovresti mangiare piano, così ti sfami di più. Non capisco perché ce ne hanno dato così poco, in effetti…”

“Io speravo che ci avrebbero fatti uscire, a dire il vero. Mi chiedo per quanto dovremo restare qui… che cosa pensi che vogliano?”
“Non ne ho idea, ormai non so più che cosa aspettarmi… ma di qualunque cosa si tratti, spero che ne usciremo insieme.” 

Mairne sorrise all’amico, annuendo e allungando una mano per sfiorare quella del ragazzo, girandolo con affetto: 

“Sarà così, vedrai.”
“Lo spero. E ora… questo lo tengo io.”

Noah, approfittando della momentanea distrazione dell’amica, si sporse per sottrarre dalla presa della bionda la metà restante della sua razione di cibo, guadagnandosi un’occhiata piuttosto seccata: 

“Noah, perché mi tratti come una bambina che non sa badare a se stessa?”
“Scusa Mairne, mi voglio assicurare che tu sia prudente… meglio non mangiare tutto subito. Ho la sensazione che questa storia tirerà per le lunghe…”


*


“Sì sono divisi il cibo equamente? Una busta a testa?”
“Sì, Signore.”

“Come pensavo… ora non mandate giù nulla, anche se sicuramente riproveranno con le leve nelle prossime ore. Lasciateli senza niente per le prossime… sei ore. Poi mandate 120 buste.” 


*


“Non capisco perché non ci hanno più mandato niente… cos’è, vogliono dimezzarci facendoci morire di fame?”

Kieran sbuffò mentre si lasciava cadere sul suo letto, maledicendo mentalmente il Processo per l’ennesima volta bell’arco di poche ore: avevano appena riprovato ma niente, anche se avevano seguito le nuove combinazioni comparse sul tabellone non era arrivata nemmeno l’ombra di altro cibo. 


“A questo punto, potrebbe essere un’ipotesi. Si terranno chi riuscirà a resistere, magari.”

Alastair, steso sul suo materasso, si strinse nelle spalle mentre fissava la rete del letto che sovrastava il suo con insistenza, cercando di scacciare tutte le immagini di piatti prelibati che gli stavano affollando la mente da ormai un’ora: non mangiavano seriamente da quasi due giorni, dopotutto. E da quella misera razione erano già passate sei ore, sei ore di silenzio totale da parte del Processo. 

“Beh, spero tanto di no, perché sto già diventando intrattabile, se continua così finirò per azzannare uno di voi, siete avvisati.”
“Non che di solito tu sia molto più gradevole, Kier… ahia!”


*


Avevano provato ogni ora, ma per ben sei tentativi non era arrivato niente da mettere sotto i denti. E come se non bastasse, la temperatura si era anche abbassata considerevolmente.

Nymphea rabbrividì mentre percorreva il breve tragitto dal bagno fino alla sua camera quasi di corsa, morendo dalla voglia di infilarsi sotto le coperte e riposarsi: non aveva molta fame in effetti, da quando aveva ripreso conoscenza sentiva una nausea estremamente fastidiosa che le aveva impedito persino di gustarsi il poco cibo che aveva potuto mettere sotto i denti qualche ora prima. 


Si stava chiedendo, ancora una volta, perché non li avessero ancora fatti uscire e sopratutto perché non avessero mandato altro cibo in tutte quelle ore e quasi urtò il ragazzo che stava camminando nella direzione opposta e che era spuntato quasi dal nulla da dietro un angolo. 

“Scusami.”
La ragazza si fermò per voltarsi e scusarsi, restando leggermente sorpresa quando riconobbe il ragazzo che aveva davanti, che invece le sorrise: 

“Ciao… come stai?”
“Meglio, grazie.” 
“Hai mangiato?”

“Non ho molto appetito, a dire la verità… ed é quasi un bene, credo, forse mi hanno fatto un favore infondo.”
La Tassorosso si strinse debolmente nelle spalle, leggermente a disagio mentre Phoebus si accigliò leggermente, osservandola con attenzione: 

“Senti ancora qualche sintomo? Non dovresti, dopo tutte queste ore…”
“No, sto bene, ma grazie per l’interessamento. Beh… ci vediamo dopo.”

Nymphea sorrise appena prima di girare sui tacchi e allontanarsi , mentre al ragazzo non restò che osservarla a distanza, chiedendosi che cosa avesse visto durante l’allucinazione da turbarla tanto… ma ovviamente non erano affari suoi e non voleva neanche ficcanasare.

In effetti non sapeva nemmeno perché gli interessasse… dopotutto non lo riguardava, e conosceva appena quella ragazza. 

Per un attimo sentì di nuovo le parole di Kieran ma si disse di non pensarci, scacciandole dalla mente prima di girare sui tacchi e allontanarsi nella direzione opposta. 


*


Quando vide, finalmente, un secondo cumulo di buste cadere sul pavimento dal tubo Erza tirò quasi un sospiro di sollievo, ringraziando mentalmente gli esaminatori: il clima non era diventato dei migliori, nelle ore precedenti.

La ragazza non poté fare a meno di notare che il numero era raddoppiato mentre, insieme a Theodore, Hailey e Alethea iniziava a contare le buste di cibo per dividerle equamente tra i sessanta candidati rimasti… Ne avevano mandate 2 a testa anziché una, questa volta. 


Forse era un bene, dopotutto… ma non poté fare a meno di pensare che forse, se dopo averne mandata una erano passate sei ore, avendone mandate due a testa avrebbero raddoppiato l’attesa.

“Fate piano, ce n’è per tutti… due a testa questa volta, e fossi in voi razionerei per bene quanto ci è stato dato.”


Le parole di Hailey giunsero quasi da conferma ai suoi pensieri e la Serpeverde si ritrovò ad annuire, completamente d’accordo con la Corvonero mentre distribuivano le buste ai compagni.
Molto probabilmente non sarebbero usciti da lì molto in fretta. 


*


Sentendo quei suoni, che ormai erano diventato quasi una tortura visto che non facevano altro che ricordarle da quanto tempo era chiusa lì dentro, Zavannah sbuffò debolmente, passandosi una mano sul viso mentre si sforzava di fare un rapido calcolo mentale: erano passate dieci ore da quando erano arrivate le 120 buste, e tra quelle e la prima razione erano trascorse sei ore…  Era passata più di mezza giornata, quindi molto probabilmente era notte. O mattina presto? 

Odiava non riuscire a rendersi conto di cosa stesse succedendo e da quanto tempo fossero lì sotto con precisione… senza contare che non toccava cibo da ore e le sue energie stavano scemando a vista d’occhio. 

Dieci ore, e non era successo nulla… La porta restava chiusa e dal tubo continuava a non uscire nulla per loro. Riusciva quasi ad immaginare gli esaminatori osservarli e divertirsi alle loro spalle, come sicuramente stava accadendo diversi metri più in alto… non vedeva l’ora che quella prova finisse, ma a quel punto stava iniziando a chiedersi se sarebbe mai finita. 

Erano passati circa due giorni ormai, eppure ancora non era riuscita a capire che cosa volessero da loro. 
Avevano capito a cosa servissero le leve e continuavano a provare al trascorrere di ogni ora, ma niente, non avevano ottenuto quasi alcuna risposta. 

E ormai gran parte di loro aveva di certo completamente esaurito il cibo a propria disposizione... ergo, la fame stava di certo per tornare a farsi strada prepotentemente tra loro.

E qualcosa le diceva che quando sarebbe successo, non sarebbe stato affatto semplice. 


*


“Signore, l’abbiamo chiamata come ci ha chiesto, sono passate dieci ore... ora cosa vuole che facciamo?”

Benjamin non rispose subito, limitandosi ad osservare le immagini che aveva davanti per qualche istante: 60 ragazzi, tutti in attesa, stanchi, affamati, molto probabilmente nervosi e orma irritabili a causa della situazione di profonda incertezza in cui si trovavano.

“Aspettate altre due ore. Poi mandate tutto.”

“Come, scusi?”

La strega che stava controllando i monitor si voltò verso il superiore, parlando con sincera perplessità mentre rivolgeva a Benjamin un’occhiata incerta, chiedendosi se non avesse capito male le parole dell’uomo. 
Ma il Direttore non si scompose, continuando ad osservare i candidati con aria assorta prima di parlare a mezza voce:  

“Tutto. Mandate tutto quello che abbiamo.”



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Capitolo 11
*** La porta (Parte III) ***


Capitolo 7: La porta (Parte III) 



Sentendo un considerevole frastuono provenire dall’atrio Erza si era alzata dal letto, quasi felice di avere una scusa per distrarsi, ed era praticamente corsa a vedere cosa stesse succedendo, così come altri tra i suoi compagni. 

Ma lo spettacolo che trovò davanti andava ben oltre ogni sua aspettativa.
Erza spalancò gli occhi, a dir poco confusa nel trovarsi un enorme mucchio di buste contenenti piccole dosi di cibo davanti… molte più delle due razioni che avevano mandato fino a quel momento. 

Ma a stupirla non fu solo la quantità numerica elevata delle buste, ma anche il fatto che le avessero mandate senza un apparente motivo: non era suonato l’allarme, non avevano mosso nessuna leva. 
Avevano forse avuto un briciolo di compassione verso di loro, decidendo che farli morire di fame non fosse la scelta più giusta?

La ragazza esitò, restando immobile per un paio di istanti mentre, alle sue spalle, sentiva delle voci. Ed evidentemente fu l’unica a porsi qualche domanda, visto che tutti i ragazzi che l’avevano imitata raggiungendo l’attimo quasi si gettarono sul mucchio di buste che avevano davanti, arraffandone il più possibile. 

La Serpeverde si riscosse, muovendo qualche passo avanti per unirsi alla massa, anche se invece che riempirsi le braccia prese solo una manciata di cibo… e questa volta non si fermò ad insistere affinché tutto fosse diviso equamente ma si dileguò rapidamente, cogliendo le prime discussioni che erano andate a crearsi. 


Qualcosa le diceva che avrebbe fatto meglio a farsi i fatti propri per qualche tempo…


*

Noah fece saettare lo sguardo sui suoi compagni, impegnati a raccogliere delle buste dal pavimento. 
Si avvicinò al mucchio ormai dimezzati a sua volta, sollevato di aver suggerito a Mairne di restare a qualche metro di distanza viste le discussioni che già stavano insorgendo da parte di alcuni che accusavano altri di aver preso troppe razioni per se stessi. 

Senza dare troppo nell’occhio o fermarsi a badare a nessuno il Grifondoro raccolse quante più buste poteva con entrambe le mani prima di girare sui tacchi e allontanarsi in fretta e furia, raggiungendo Mairne infondo al corridoio principale, che seguiva la scena con tanto d’occhi: 

“Che succede? Perché hanno mandato tutta questa roba?”
“Non ne ho idea… ma preferisco stare lontano da inutili discussioni, stanno già iniziando a litigare, praticamente. Credo faremmo meglio a stare in disparte per un po’, Mairne. So di non aver preso molto, ma penso sia meglio così… e io non ho grandi problemi a digiunare, mal che vada.” 


Noah fece cenno all’amica di seguirlo, che obbedì e voltò le spalle all’atrio della cantina per tornare nella sua camera insieme all’amico, sperando vivamente che i suoi dubbi non fossero fondati.


*


“Posso chiedere il motivo di questa scelta?”
“Li stiamo semplicemente mettendo alla prova… e non ha niente a che fare con la resistenza, il sapersi gestire senza sfamarsi. L’obbiettivo è vedere come reagiscono, come interagiscono tra loro… è in situazioni come queste che emerge la vera personalità di una persona. E poi sono curioso, lo confesso: riusciranno ad uscire da soli o dovremo intervenire?”


*


“Che sta succedendo?!”

Nymphea si mise a sedere sul letto, abbassando le gambe dal materasso per fare per alzarsi mentre Zavannah entrava nella stanza lanciandosi un’occhiata incerta alle spalle: 

“Non lo so, stanno nascendo delle discussioni perché qualche imbecille sostiene che chi non ha contribuito con la faccenda delle leve e dei numeri non dovrebbe tenersi del cibo.”
“Non dovrebbe essere negato a nessuno.”

Berenice inarcò un sopracciglio, parlando con tono secco mentre Zavannah annuiva con fare sbrigativo, prendendo posto di fronte a Nymphea, sul suo letto:

“Lo so, ma non tutti la pensano così, pare. Ci hanno mandato molto cibo, ma alcuni hanno avuto la brillante idea di esaurirlo dopo sole poche ore… e ora ne vogliono ancora. E ormai è chiaro che non possiamo farcene mandare altro con le leve.”
“Quindi che cosa pensano di fare?”

“Forse sottrarlo agli altri.”


*


“Non pensate che alcuni tra noi meritino di sfamarsi più di altri? Bisogna prendere posizione, in certe situazioni.”

“E infatti STO prendendo posizione: non sono d’accordo.”
Theodore, seduto sul suo letto, rivolse un’occhiata torva in direzione dell’uscio della stanza, dove facevano capolino cinque ragazzi. 

“A dire il vero neanche io… insomma, se siete stati tanto sprovveduti da sbafarvi tutto subito, non è affar nostro.”

Alastair inarcò un sopracciglio, osservando gli “ospiti” con aria scettica: 

“Almeno ce lo siamo guadagnati. Qui ci sono persone che non hanno contribuito per niente, questo Processo dovrebbe valutare le capacità, no? Che senso ha che vadano avanti persone che non fanno nulla?”
“Non è certo rubando il cibo a qualcuno che supereremo la prova. Dubito fortemente che l’obbiettivo sia questo.”

“Pensala come vuoi Kieran… potete non aiutarci, se volete, ma noi agiremo comunque di conseguenza. Andiamo.”


“Che accidenti pensano di fare? Idioti… come se potessimo risolvere sottraendoci a vicenda il pasto.”

Phoebus sbuffò, parlando con un tono seccato che trasudava disapprovazione mentre Alastair, senza dire nulla, si alzava per uscire dalla stanza sotto lo sguardo perplesso dei tre amici: 

“Al? Che cavolo fai? Non dirmi che sei d’accordo con quel branco di idioti?!”

Theodore sgranò gli occhi blu, guardando l’amico con evidente sorpresa… ma Alastair non disse niente, rimase impassibile e nemmeno si voltò, quasi come se non avesse sentito le parole dell’amico. 


“Ma dove sta andando?!”
“Non ne ho idea… vado a controllare che non combini niente di strano o che non si metta nei guai.”


Phoebus sbuffò mentre si alzava dal letto, seguendo Alastair fuori dalla stanza mentre Kieran è Theodore invece non si muovevano, limitandosi a scambiarsi un’occhiata scettica mentre, in lontananza, riuscivano perfettamente a sentire le voci di alcuni dei loro compagni
 
E non sembravano affatto conversazioni amichevoli. 


*


“Io penso che fareste meglio a girare al largo, francamente.”

Noah si alzò dal letto di Mairne, dove era rimasto seduto fino a quel momento, parlando con un tono piatto e quasi seccato, gli occhi fissi sui ragazzi che aveva davanti.

“Noah…”
La voce dell’amica giunse alle sue orecchie in un sussurro, forse volendo pregarlo di lasciar perdere e di non mettersi nei guai ma il Grifondoro si limitò a sollevare leggermente una mano nella sua direzione, invitandola silenziosamente a lasciarlo fare. 

Non voleva piantare grane, l’ultima cosa che voleva era discutere e dispendere così energie inutilmente… ma non sopportava nemmeno l’idea che qualcuno potesse appprofyyare della situazione. 

“Rilassati Carroll, sappiamo che hai dato una mano… non vogliamo darti fastidio.”
“E allora cosa c’è? Sbaglio o state andando in giro a “perquisire” le stanze cercando di sottrarre il cibo altrui?” 

“È una prova, vige la legge del più forte… chi è debole soccombe, si sa.”
“Certo, è facile prendersela con delle ragazze, vero? Che volete?”

“Assicurarci che nessuno tra quelli che non hanno aiutato non abbiano niente. La tua amica che ha fatto?”

Mairne, rimasta quasi paralizzata accanto all’amico, si sentì raggelare quando gli occhi scuri, penetranti e quasi sprezzanti del ragazzo finirono su di lei, osservandola con attenzione. Ma Noah si spostò leggermente, togliendola dalla visuale dei ragazzi che aveva davanti, incrociando le braccia al petto: 

“Ha contribuito anche lei. Lo abbiamo fatto tutti, in un modo o nell’altro. Io e Lily imparavamo le combinazioni a memoria.”

Noah accennò in direzione di Lilian, che fino a quel momento era rimasta in religioso silenzio, e i loro compagni le lanciarono un’occhiata, mentre uno di loro annuiva, mormorando che era vero.

“Ok, quindi lei ha dato una mano… ma ripeto, la tua amica l’ha fatto?”
“Lei tirava le leve. Girate al largo, non avrete niente da noi.”

“Noah, non importa… lascia perdere.”

Mairne sospirò, parlando in un sussurro mentre il ragazzo invece contorse la mascella, deciso a non darla vinta proprio a nessuno. 
Non gli erano mai andati a genio, gli arroganti e i prepotenti. 

“Rilassati, non toglieremo niente a nessuno… non a te, almeno.”
“E neanche a lei.”

“Che sta succedendo?”

Milo comparve sulla soglia della stanza, spostando lo sguardo dall’amico ai compagni con un sopracciglio inarcato, leggermente preoccupato:

“Niente Milo, stavano giusto andando. Sentite, prendete qualcosa da me se proprio volete, ok? Non voglio causare problemi.”

Mairne si alzò, ignorando l’occhiataccia che l’amico le rivolse mentre uno tra i ragazzi che aveva davanti le sorrideva, annuendo: 

“Bene… molto gentile da parte tua.”
“No invece, non funziona così. Non avete più diritto di lei o di chiunque altro a mangiare… che cos’avete fatto, voi di tanto speciale?”

“Carroll, spostati.”
“Non penso proprio.”


*


Si fermò davanti alla porta sigillata, di metallo, tracciandone attentamente I bordi con le dita, sentendo chiaramente la fessura sotto la pelle dei polpastrelli. 
Poteva essere aperta, doveva essere aperta… 

Ma come? 
Non capiva quale fosse lo scopo vero e proprio di quella prova, ma ne aveva a dir poco abbastanza, voleva uscire, respirare aria pulita, vedere il Sole, mangiare cibo vero… era stanco di sentirsi come un topo in trappola, una specie di cavia da laboratorio che veniva costantemente osservata. 

Avevano tolto le bacchette a tutti prima di entrare lì dentro… si diede dello stupido per non fare capito, per non aver nemmeno pensato che era solo una presa in giro, che li stavano mettendo praticamente in trappola. 


Quella era una prova, per portarla a termine – e superarla – non potevano stare con le mani in mano come stavano facendo ormai da ore. No, qualcosa andava fatto. E se un branco di idiomi stava iniziando a piantare grane e a litigare per il possesso del cibo, la situazione sarebbe solo potuta degenerare. 

Alastair provò a spingere il pannello che aveva davanti, ma ovviamente non si mosse neanche di un centimetro… no, c’era bisogno di qualcosa per spostare il peso, per fare leva. 

Il Serpeverde corrugò la fronte, pensando a cosa potesse usare per aiutarsi… non aveva la magia a disposizione, ma solo la sua testa e le sue mani. Forse, in parte, lo scopo era proprio quello… vedere come se la cavavano senza magia.

Sentì i toni di voce alzarsi, come se ci fosse una lite in corso… ma si disse di non farci caso, di concentrarsi solo sulla soluzione che stava cercando di trovare. 

Cosa poteva usare per cercare di forzare la porta, spingendo il pannello? La fessura c’era, quindi poteva essere aperta, in qualche modo.

Le labbra di Alastair si inclinarono in un sorriso prima di girare sui tacchi e allontanarsi, tornando dritto verso la sua camera. Fu proprio allora che incrociò Phoebus, che lo guardi tornare indietro con gli occhi fuori dalle orbite, quasi chiedendosi se non avesse perso il senno: 

“Si può sapere che stai facendo?”
“Cerco un modo per uscire da qui.”
“Ossia? Che cosa vuoi fare?”

Phoebus si fermò, guardandolo superarlo e allontanarsi con un sopracciglio inarcato, chiedendosi sinceramente se la mancanza di cibo non lo avesse rincretinito. 
Stava per seguirlo, senza aver ottenuto una risposta da parte dell’ex compagno di scuola, quando qualcosa lo costrinse a fermarsi. 
Una voce, seguita da un suono, un fastidioso rumore metallico, simile ad uno strano tonfo, seguito da un urlo. 

Phoebus si bloccò per un attimo prima di girare sui tacchi, seguendo la direzione dell’urlo in fretta e furia. 
Forse doveva fare qualcosa prima che la situazione degenerasse seriamente. 


*


“C’è forse qualche problema?”

Asterope inarcò un sopracciglio, osservando con aria quasi annoiata i ragazzi che aveva davanti, che stavano squadrando la stanza di rimando:

“Se siete venuti a cercare di togliere il cibo a qualcuno potete anche girare al largo… Se non fosse stato per me nessuno avrebbe avuto nulla da mettere sotto i denti, vi ricordo.”


Erza non si alzò, restando comodamente seduta sul suo letto, la schiena appoggiata alla parete mentre si attorcigliava una ciocca di capelli rossi intorno al dito, parlando quasi con aria annoiata: 

“No, certo… vogliamo solo controllare che tutti abbiano contribuito in qualche modo.” 
“Beh, noi abbiamo fatto la nostra parte, quindi direi che non c’è nessun problema.”

Asterope parlò con lo stesso tono neutro che aveva appena usato, notando però che nella sua stanza non c’erano sette ragazzi, ma solo tre. Dov’erano gli altri quattro che da diverso tempo stavano facendo il giro delle stanze, riducendo male chiunque si rifiutasse di cedere alle loro richieste?

“I vostri amici che fine hanno fatto?”
“Sì stanno occupando di qualcun altro. Direi che qui è tutto a posto.”

Con un cenno, uno dei tre invito gli altri due a seguirlo fuori dalla stanza, mentre Erza sentì Asterope sbuffare e parlare a mezza voce:

“Sì, per ora… quando avranno finito con loro verrano anche da noi, Erza. Qualche idea brillante?” 
“Disgraziatamente non mi vengono a comando… aspettiamo e basta, qualcosa succederà.” 

“Pensi che ci lasceranno ammazzarci a vicenda per un po’ di pane?”
“Non lo so… ormai non so davvero cosa pensare.”


*


“Pezzi di merda…”
Noah impreco a mezza voce, sfiorandosi il labbro sanguinante mentre Mairne, afferrandolo per le spalle, lo costringeva a mettersi seduto sul letto, scrutandolo con gli occhi azzurri carichi di preoccupazione: 

“Stai bene?”
“No Mairne, perché non mi hai ascoltato? Non dovevi permettere che lo facessero! Non è corretto.”
“Per l’amor del cielo, non voglio che ti succeda nulla a causa mia… metti da una parte il tuo animo da impavido Grifondoro Noah, adesso dobbiamo pensare a tirarci fuori da qui… non importa, ok?”

“Puoi avere la mia parte.”
Mairne scosse il capo, rifiutando l’offerta del ragazzo mentre gli metteva una mano sul viso, esaminando il labbro sanguinante dell’amico: 

“Per fortuna non ci sono andati giù pesanti… non dovevi opporti.”
“Sì invece. Milo?”

Il Grifondoro si voltò per cercare l’ex compagno di scuola con lo sguardo, sgranando gli occhi d8 fronte a ciò che vide: non si era nemmeno accorto, troppo impegnato ad assicurarsi che non succedesse nulla a Mairne, che Milo si era accasciato sul pavimento, agonizzante. 
E Lily era inginocchiata accanto a lui, scuotendolo leggermente e chiamandolo a mezza voce. 

“Merlino… Milo!” 


*


“Se avete altro, dovete darcelo. Adesso.”

“Non… non c’è altro. Giuro.” 

Nymphea deglutì a fatica, stringendo le braccia che teneva conserte come a volersi proteggere in qualche modo mentre faceva saettare lo sguardo su Berenice, tremando leggermente. La sua amica giaceva sul pavimento, inerme dopo che uno dei ragazzi l’aveva presa e sbattuta con violenza contro la parete.

“Se stai cercando di nasconderci qualcosa farai la fine della tua amica, chiaro? Guardare sotto i materassi.”

Nymphea posò gli occhi chiari sull’amica, trattenendo l’impulso di inginocchiarsi accanto a lei e scuoterla. Era piuttosto sicura che se l’avesse fatto, non l’avrebbero presa bene. 
In più, era completamente sola… Zavannah era uscita poco prima e, a quel punto, sperava che Neanche tornasse per finire così nella sua stessa situazione.

Mentre in tre perquisivano la stanza, uno era rimasto fermo, gli occhi fissi su di lei, osservandola attentamente come se stesse riflettendo: 

“Tu che cosa hai fatto, per farci arrivare il cibo?”
Nymphea deglutì, abbassando lo sguardo e mordendosi nervosamente il labbro, iniziando seriamente a chiedersi se sarebbe uscita viva da quella cantina: 

“Io non… non stavo molto bene.”
“Max, è quella che è stata male dopo la prova del corridoio, credo.”

“D’accordo, ma ti sei svegliata dopo qualche ora, no? Eppure non hai fatto nulla… dimmi, c’è altro che dovresti darci, che magari avete nascosto da qualche parte? Se è così lo troveremo, fidati.”

Le si avvicinò di un paio di passi, rivolgendole un debole sorriso che la fece quasi rabbrividire. 
Che poteva fare lei, dopotutto, contro quattro ragazzi? Era solo una ragazza, per di più minuta e piuttosto esile. 

Così facile da spezzare.

“Sembri proprio un fiore delicato, Nymphea… sarebbe un peccato rovinare questo bel visino.”

La Tassorosso deglutì di nuovo mentre la mano del ragazzo si stringeva intorno al suo volto, costringendola a guardarlo, gli occhi chiari ormai inevitabilmente lucidi. 
Perché non era giusto, che finisse così. Non aveva lavorato tanto perché tutto finisse in quel modo…

E dei suoi fratelli? Che ne sarebbe stato, di quei due bambini che l’aspettavano?


Gli occhi chiari di Nymphea saettarono nuovamente sulla sua amica, morendo dalla voglia di spingere quel ragazzo lontano da sè per raggiungerla, assicurarsi che stesse bene. 

Ma quando sentì una voce, quella di uno dei ragazzi presenti nella stanza e che la stava praticamente mettendo a soqquadro, si sentì mancare il pavimento sotto ai piedi: 

“Ci sono due buste, qui sotto.”

Zavannah, che hai fatto?

Nymphea si conficcò le unghie nella pelle, senza riuscire a trattenere un paio di lacrime mentre Maximilian si voltava nuovamente verso di lei, rivolgendole un’occhiata gelida: 

“Pessima scelta, Nymphea. Ti avevo chiesto di essere sincera…”
“Per favore…”

Stava per mettersi ad implorare – perché no, non voleva soffrire, e neanche farsi pestare brutalmente – quando un suono metallico, simile ad un tonfo, giunse alle sue orecchie. E la presa sul suo volto, che lo stava stringendo tanto da farle male, si allentò fino a cedere del tutto, quando il ragazzo si accasciò davanti a lei. 

E nel campo visivo della Tassorosso comparve proprio Zavannah, che rivolse un’occhiata carica d’odio al corpo ormai inerme del ragazzo mentre teneva una delle leve che avevano usato fino a qualche ora prima in mano, ormai imbrattata di sangue. 

“Non mi sono mai piaciuti i prepotenti. Voi tre, mollate quella roba e girate al largo, altrimenti vi metto a nanna. Stai bene?”

“Nice…”

Nymphea deglutì, lasciandosi scivolare sul pavimento per avvicinarsi all’amica, allungando una mano tremante per sfiorarle il volto pallido. 

Ma sicuramente stava bene, si sarebbe di certo ripresa in fretta. 
No? 


*


“Si può sapere che ti prende?”

“Vi dico di ascoltarmi… dovete darmi una mano, dobbiamo aprire questa porta, e in fretta. Questa storia deve finire. Coraggio, venite qui.”
Alastair rivolse a Theodore e Kieran un cenno sbrigativo, invitandoli ad avvicinarsi alla porta per aiutarlo: aveva estratto, con un po’ di fatica, una delle leve dalla sua imboccatura… e aveva tutta l’intenzione di usarla per aprire un varco nella porta, almeno perché potessero passare e uscire da lì. 


*


Phoebus si fermò sulla soglia della stanza, rendendosi conto con orrore di riconoscerla: era quella di Nymphea, dopotutto ci aveva passato delle intere ore solo poco tempo prima. 
Gli occhi scuri del Serpeverde saettarono da Maximilian, il ragazzo che in pratica aveva dato il via ai problemi prima digitando apertamente dell’idea di Erza per poi portare alle liti, che era accasciato sul pavimento con la nuca sanguinante, .

Zavannah invece era impegnata a discutere con un altro ragazzo, tenendo saldamente in mano una leva e apparentemente poco restia ad usarla.
Ma lo sguardo di Phoebus si catalizzò ben presto sulla figura sottile di una ragazza dai capelli scuri che giaceva sul pavimento, chiamando debolmente la sua amica mentre si premeva una mano all’altezza della milza, quasi cercando di contenere il dolore. 

“Stalle lontano.”

Il Serpeverde afferrò per le spalle il ragazzo che si era avvicinato a Nymphea, strattonandolo e costringendolo a voltarsi verso di lui, lasciandosi sfuggire una debole risata sprezzante: 

“Facile prendersela con una ragazza, vero? Ora iniziate anche a picchiarle?”
“Non volevano collaborare… Gaunt, non ti immischiare, a meno che tu non voglia dare una mano.”

“Piuttosto me la reciderei, una mano… Ho detto di starle lontano. È così che avete intenzione di dimostrare il vostro valore al Processo? Approfittandovi dei più deboli?”

“Deboli un cavolo, gira al largo o ti spacco QUESTA in testa, chiaro? Le avete già ridotte male abbastanza.”

Zavannah inarcò un sopracciglio, accennando alla leva che teneva a mo’ di mazza in mano e che aveva già usato in precedenza. 

Probabilmente il suo interlocutore avrebbe anche replicato, se una voce non fosse giunta alle loro orecchie, costringendoli a bloccarsi, quasi incredulo: qualcuno stava urlando che la porta fosse aperta, finalmente. 

“Hanno trovato un modo…”
Zavannah strabuzzò gli occhi, sinceramente sorpresa… e il ragazzo ne approfittò per girare sui tacchi e allontanarsi di corsa, affrettandosi a raggiungere l’uscita mentre la bionda imprecava a mezza voce, lanciando un’occhiata carica d’astio a quelli che era già riuscita ad atterrare poco prima: 

“Tu vai, ci penso io.”
“Ok…” 

La Tassorosso annuì con fare sbrigativo, uscendo a sua volta dalla stanza mentre Phoebus si avvicinava a Nymphea, che stava ancora chiamando flebilmente la sua amica: 

“Nymphea… dobbiamo andare. Non vuoi uscire?”
“No. Non senza di lei.”
“Sta bene, ok? La troveranno e la rimetteranno in sesto, te assicuro. Ma noi dobbiamo andare, non vuoi andare avanti con il Processo? Per lei temo sia arrivato il momento di fermarsi, ma tu devi andare avanti.”

Nymphea scosse debolmente il capo, sentendo le lacrime rischiare di rifarle le guance, non sapeva se per il dolore allo stomaco dopo il calcio che le avevano assestato o se per la paura che Berenice non si rimettesse affatto in sesto. 
Phoebus allungò una mano, sfiorandole la spalla mentre si inginocchiava accanto a lei, parlando con un tono gentile che quasi lo stupì:

“Coraggio… vieni. Devi farti visitare.”
“Ma lei…”
“Starà bene. Ma è anche importante che TU stia bene. Coraggio, andiamo.”

Le mise delicatamente un braccio intorno alle spalle e l’aiutò ad alzarsi, pilotandola verso l’uscio della stanza. E la Tassorosso non trovò la forza di opporsi – perché forse lui aveva ragione, doveva andare avanti comunque –, limitandosi a lanciare un’ultima occhiata in direzione di Berenice, ancora incosciente, prima di uscire dalla stanza. 

E sempre insieme a Phoebus si trascinò fino alla porta che Theodore, Alastair e Kieran erano riusciti ad aprire con la forza, creando un varco di circa mezzo metro da cui i ragazzi stavano passando. 
Probabilmente erano rimasti solo loro nella cantina – o almeno tra i “coscienti” – visto il silenzio surreale che li circondava, ma Nymphea quasi non ci fece caso… si lasciò semplicemente accompagnare fino all’uscita e una volta finalmente fuori si ritrovò a socchiudere gli occhi a causa della luce improvvisa mentre si lasciava scivolare sull’erba, accasciandosi con sollievo sul prato. 

Non sapeva quanto tempo fosse passato con precisione, ma era stato un lasso di tempo molto lungo… e se poteva finalmente riposarsi un po’, ne era ben felice. 

Sentì Phoebus sospirare di sollievo mentre sedeva sul prato a sua volta, accanto a lei. E anche se le sarebbe tanto piaciuto mettersi a dormire un po’ – in effetti la testa le girava dolorosamente – la Tassorosso alzò lo sguardo, puntando gli occhi verdi sul ragazzo prima di dire qualcosa a bassa voce: 

“Grazie… di nuovo.”

Vide Phoebus sorriderle, anche se doveva ancora abituarsi alla forte luce del Sole che batteva sulle loro teste, prima di allungare una mano, sistemandole una ciocca di capelli scuri dietro l’orecchio: 

“Non si lascia una bella ragazza in difficoltà.”

Nymphea si sentì arrossire e, probabilmente, non fu mai felice di sentire la voce di Benjamin Kubrick come in quel momento, che in pratica la salvò da un forte imbarazzo: 

“Congratulazioni per essere arrivati fin qui, candidati… benvenuti nel giardino.”


*

Alethea si passò una mano sul viso, sospirando di sollievo: finalmente quella maledetta prova era finita, era uscita da quella cantina… il cielo non le era mai sembrato bello come quel giorno, probabilmente.

E sopratutto, era ancora in gioco. Non sapeva di preciso quanti fossero stati eliminati in quella prova, ma probabilmente circa una quindicina… restavano sempre in meno, ma lei era ancora lì, a lottare con le unghie e con i denti per non perdere, per non essere costretta ad andarsene.

Chiuse gli occhi e respirò profondamente, godendosi la sensazione del sole sulla pelle e del prato che le accarezzava le braccia e le mani. 
Un po’ di pace, finalmente.

Certo, la strada da percorrere non era ancora finita… ma era fiera di sè, in ogni caso. 
Non avevano detto ancora nulla sulla prova seguente, ma la Corvonero sperava vivamente che li avrebbero lasciati in pace per qualche tempo… erano stati giorni impegnativi, quelli trascorsi dentro la cantina. 

E chissà che altro l’aspettava.














…………………………………………………………………………
Angolo Autrice: 

Buonasera! 
Allora, era da un po’ che non eliminavo nessuno e qui abbiamo “perso” Milo e Berenice… quindi gli OC rimangono in 14.
Grazie come sempre per le recensioni, spero che il capitolo vi sia piaciuto… ci sentiamo giovedì con il seguito :) 

Signorina Granger 

Ps. Se vi va di dare un’occhiata, ho appena iniziato una nuova storia :P

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Capitolo 12
*** I Patronus ***


Capitolo 8: I Patronus 



Erano usciti dalla cantina da ormai cinque giorni, che avevano interamente trascorso dentro una specie di grande capannone costruito in mezzo al grande giardino posto sul retro dell’edificio principale, dove nessuno di loro aveva mai potuto mettere piede prima di allora.

E probabilmente quei giorni furono tra i più sereni che avesse trascorso dall’inizio del Processo, passati senza avere particolari notizie dagli esaminatori, in pace a godersi il bel tempo. 
Dopo aver passato qualche giorno chiusa sottoterra stava apprezzando la sensazione del calore sulla pelle come mai prima d’ora, trascorrendo diverse ore all’aperto.

Zavannah, seduta sul suo letto, uno dei tanti che occupavano parte del grande capannone, teneva il capo appoggiato alla parete, gli occhi chiari fissi sulla finestra più vicina, osservando distrattamente il cielo azzurro. 
Non capiva se fosse solo una strana magia, quel bel tempo era vagamente inusuale dopotutto… ma forse infondo neanche le importava e si premurava di goderselo, insieme a quei giorni di libertà che le erano stati concessi. Quasi un premio per aver superato la prova precedente, dove erano stati eliminati altri 17 candidati, tra cui tutti quelli che avevano dato vita ai problemi nella cantina.


Si era chiesta, in effetti, se il ragazzo che aveva colpito fosse morto. Chiudeva gli occhi e continuava a rivedere il sangue fluire dalla sua nuca… forse non l’avrebbe mai saputo con certezza, e anche se si era sentita in colpa in certi momenti era consapevole di aver fatto la cosa giusta. 
Non era sicura che lei o Nymphea sarebbero riuscite ad arrivare lì se non avesse provveduto a difendersi.


La Tassorosso sbuffò debolmente, chiedendosi dove si fosse cacciata Nymphea: non la vedeva da probabilmente un paio d’ore, e si stava annoiando. 

“Clark!”

Theodore era nella sua stessa posizione, seduto sul letto di fronte con un libro in mano, che probabilmente aveva fatto comparire con la magia visto che non c’era traccia di alcuna lettura lì dentro. Il Corvoner, sentendosi chiamare, alzò lo sguardo, posando gli occhi blu sull’ex compagna di scuola: 

“Sì?”
“Hai per caso una vaga idea di dove possa essere Nym?”
“Lo chiedi a me? È tua amica, non certo mia.”
“Sì, ma TU sei amico di Phoebus, quindi… sai dirmi dove sia lui?”

“Fuori, da qualche parte, così come Al e Kier. Pensi siano insieme?”
“Ci metto la mano sul fuoco… andiamo a spiarli?!”

“Non esiste.”

Theodore abbassò lo sguardo, tornando a leggere come se la ragazza non avesse nemmeno parlato, ignorandola quando sbuffò e lo etichettò come “noioso”.


*


“Sono già passati cinque giorni… credi che ci lasceranno qui ancora per molto?”
“Ne dubito.”

Kieran scosse il capo mentre strappava distrattamente qualche filo d’erba, seduto accanto ad Alastair all’ombra di un albero. 
La rigogliosità di quel giardino non aveva potuto non stupirli, in nettissimo contrasto con il carattere completamente asettico dell’edificio principale.

“Pensi che riguarderà la magia? Ci hanno restituito le bacchette, quindi…”
“Sì, è possibile. Lo spero, ne abbiamo affrontate già tre di diverso tipo e non sono state per niente semplici.”

“Ma siamo ancora qui Al, guarda il lato positivo… e ormai siano in poco meno di 50, non siamo poi così lontani.”
“Devo ammetterlo, non avrei mai pensato che saremmo riusciti ad arrivare a questo punto insieme, tutti e quattro. Fortuna o bravura?”
“Forse un po’ tutte e due… ma ti prego, non chiamare iella.”

Kieran sbuffò debolmente, suggerendo all’amico di lasciar perdere l’argomento mente Alastair invece sorrideva appena, guardandosi intorno nel giardino dove molti tra i loro compagni stavano passeggiando o erano seduti sul prato, vicino agli alberi o alle aiuole. 


“D’accordo, sto zitto… Phoebus? È dentro con Theo?”
“No, è qui da qualche parte… dici che dovremmo offenderci per la scarsa considerazione che ci sta rivolgendo in questi giorni?”
“Sì, forse dovremmo. Oltre che prenderlo in giro, cosa che per altro già facciamo.”

“Speriamo solo che si riprenda dallo stato di rincoglionimento entro l’inizio della prossima prova… Io ho provato a dirgli che prendersi una sbandata per una ragazza qui non era la migliore tra le idee, lui mi ha assicurato che si trattava solo di mera attrazione fisica come suo solito… e invece avevo ragione, a quanto sembra. Sono felice per lui ovviamente, ma forse avrei preferito accadesse in un contesto diverso.”
“Già. Ironico, il destino.”


*


Le sue labbra si inclinarono in un sorriso quasi senza volerlo mentre, comodamente seduto sul prato con le gambe distese e un braccio appoggiato al suolo per sorreggersi, teneva gli occhi scuri fissi sul volto pallido della ragazza che era seduta ad un metro di distanza da lui, accarezzando con lo sguardo i lineamenti delicati di Nymphea che la facevano somigliare più ad una bambola che ad una ragazza in carne ed ossa.

E guardandola abbozzare un sorriso ma tenere lo sguardo basso con un velo di imbarazzo la trovò solo ancor più adorabile. 

“Smettila…” 
“È vero. Come ho fatto a non notarti, a scuola? Certo, ho due anni più di te, ma sono sicuro che fossi bellissima anche a quindici anni.”
“Falla finita con le adulazioni, non sono proprio il tipo.”

Nymphea sbuffò debolmente, sistemandosi distrattamente una ciocca di capelli scuri dietro l’orecchio mentre il ragazzo, al contrario, continuava a sorridere con aria divertita, guardandola strappare fili d’erba ed evitare di guardarlo. 

“Sei imbarazzata?”
“No.”
“E allora perché non mi guardi, Nymphea?”

La Tassorosso sbuffò debolmente mentre alzava lo sguardo, lanciandogli contro un po’ d’erba mentre il ragazzo ridacchiava: 

“Ok, ho capito, cambiamo argomento… Non ti ho ancora chiesto perché sei qui. Insomma, c’é un motivo particolare per cui vuoi andartene?”
“Beh… l’Offshore offre molte opportunità… in tutti i sensi. Hanno laboratori impressionanti, e sono molto avanti con la medicina.”
“Quindi vuoi andare lì principalmente per “fare carriera”?”

“Diciamo di si. Fare progressi lì sarebbe molto più semplice.”

Nymphea annuì, stringendosi debolmente nelle spalle ed esitando, pensando a quella cura che cercava da ormai quattro anni. 

“C’è qualcuno della tua famiglia, lì?”
“No, ho due fratelli di soli sette anni… e mi mancherebbero molto, ma lo faccio anche per loro.”

“Tu fai l’erborista, vero?”
“Sì. Sono sempre stata molto brava con le Pozioni, nella mia famiglia è una tradizione… abbiamo tutti nomi di fiori.”

“Eppure sono sicuro che riuscirei comunque a batterti.”
“Ah, davvero? Tu dici?”
“Già.”

Phoebus sfoggiò un sorrisetto, annuendo mentre Nymphea invece inarcò un sopracciglio, rivolgendogli un’occhiata quasi di sfida: 

“In tal caso, è un vero peccato che sia già passata la prova sui veleni e gli antidoti, altrimenti avremmo potuto cronometrarci.”
“Se si ripresenterà l’occasione, vedrò di sfidarti, Nymphea.”

Phoebus sorrise e la ragazza lo imitò prima di distogliere lo sguardo, guardandosi intorno per qualche istante prima di rompere il silenzio che era andato a crearsi: 

“Tu invece? Perché sei qui?”
“Tu sei qui per la tua famiglia, no? Io invece per scappare dalla mia.”

“Davvero? Mi dispiace.”
“Non mi hanno mai capito, sono abbastanza rigidi.. insomma, conosci il mio cognome, no? Diciamo che pretendono di scegliere della mia vita, e la cosa non mi è mai andata giù.”

Il Serpeverde si strinse distrattamente nelle spalle, pensando al vero motivo per cui non voleva più tornare a casa: principalmente, aveva a che fare con il suo fidanzamento forzato. Ma non lo disse e preferì tenersi quel dettaglio tanto importante per sè.

“Quindi non ti mancheranno?”
“Non penso. A te si?”
“Molto. Mi sento un po’ in colpa in realtà per voler abbandonare i miei fratellini… me ne sono sempre occupata io, da quando mi sono diplomata. E sono piccoli, non capiscono davvero quello che succede… spero che mi perdoneranno.”

La ragazza si strinse debolmente nelle spalle mentre abbassava lo sguardo, pensando ai due bambini che di certo la stavano aspettando a casa. Ma anche se già le mancavano tremendamente, sperava di non tornare a casa prima di qualche tempo.

“Se davvero lo fai per la tua famiglia, lo faranno. Devi pensare anche a te stessa, dopotutto, hai già fatto di certo molto per loro.”


Phoebus abbozzò un sorriso, chiedendosi cosa intendesse la ragazza con “me ne sono occupata io” o quando diceva di voler trovare delle cure… ma nonostante la forte curiosità non disse o chiese nulla, dicendosi che come lui non voleva parlare di sua cugina, anche lei aveva di certo qualcosa che preferiva tenere per sé, come tutti del resto. 



“Piccioncini? Mi dispiace disturbarvi, ma ci hanno appena convocati… pare sia arrivata l’ora della prossima prova.”


*


“La prova è, sostanzialmente, molto semplice: vi sarà dato un limite di tempo, ed entro lo scadere del conto alla rovescia dovrete riuscire ad evocare il vostro Patronus, ovviamente formato. È un incantesimo tra i più complessi ed importanti, vedremo se riuscirete a cimentarvici sotto pressione. Naturalmente chi non dovesse riuscirci entro lo scadere del tempo, verrà eliminato. Avete esattamente mezz’ora, candidati… buona fortuna.”

Li avevano radunati sul prato, proprio davanti al capannone, per comunicargli rapidamente che cos’avrebbero dovuto fare… e pochi secondi dopo la prova era già iniziata, il conto alla rovescia anche. 
Lilian si passò una mano tra i capelli scuri, cercando di riordinare i pensieri che le stavano già affollando la mente: aveva di certo un mare di ricordi felici, ma in quel momento, trovandosi sotto pressione, non riusciva a farsene venire in mente neanche uno. 


Pensa Lily...

La Grifondoro pensò ai suoi anni di scuola, ma decise di incanalare gli sforzi verso la sua famiglia, dicendosi che avrebbe di certo trovato qualcosa in grado di aiutarla. 
Amava troppo la sua famiglia, probabilmente, perché ciò non accadesse, anche se avevano passato molti momenti difficili… e lei, essendo la più grande, ne aveva sempre avuto maggiore memoria e consapevolezza. 

Pensò a tutti i suoi fratelli, agli sforzi dei genitori per cercare, nonostante tutto, di dare ai figli tutto il necessario, talvolta togliendosi il cibo di bocca per darlo a loro. 

Avevano passato diversi brutti momenti, lo ricordava chiaramente, e spesso persino il clima delle feste non era stato dei migliori, quando sua madre si chiudeva in se stessa e quasi si sentiva in colpa per non poter fare dei regali ai numerosi figli.
Non che a loro importasse realmente, a dire il vero… anche senza regali, avevano comunque passato molti bei Natali. 

Lily sorrise appena, ripensando con affetto e un po’ di malinconia ad un Natale di pochi anni prima, quando aveva nevicato a dismisura e avevano passato buona parte della giornata tutti  insieme fuori casa, impegnati a giocare con la neve. E mai come in quel momento le era importato di meno di non poter ricevere alcun regalo.


Lilian non pronunciò neanche la formula, agitando debolmente la bacchetta nella speranza di vedere il suo Patronus, che già aveva evocato in precedenza.
Quando vide un cavallo, un agile e aggraziato Purosangue Arabo, prendere forma in una massa di luce argentea la Grifondoro sorrise, ritrovandosi a ringraziare mentalmente i genitori: a loro poteva anche esser sembrato di non averle mai dato molto, ma a parer suo avevano fatto che a sufficienza. 


“Ti sei commossa?”
Sentendo la voce dell’amica Lilian si voltò, ritrovandosi a rivolgere un debole sorriso in direzione di Mairne, annuendo leggermente: 

“Forse. Mi mancano molto.”
“Lo so… anche a me mancano i miei genitori, ma per fortuna ho te e Noah. Anche questa volta siamo salve, mia cara Lily, ci avresti creduto un mese fa?”

Mairne sfoggiò un sorriso soddisfatto, accennando al Golden Retriever che stava abbaiando e scodinzolando, inseguendo qualche altro Patronus. 

“Ovviamente ci speravo… Noah?”
“È un po’ giù per via di Milo, ma spero ce la faccia comunque.”

La bionda sì incupì leggermente, rivolgendo un’occhiata incerta in direzione dell’amico che, a differenza sua e di Lily, non era ancora riuscito ad evocare il suo Patronus. 
E il tempo stava passando in fretta. 


“Vai da lui. Tu lo conosci meglio di chiunque, qui.”

Lily le rivolse un cenno e la bionda annuì, provvedendo a girare sui tacchi per camminare sul prato fino a raggiungere l’amico, avvicinandoglisi in punta di piedi per poi abbracciarlo da dietro, appoggiando il capo sulla sua spalla: 

“Stai facendo ancora il musone, Noah? Devi essere felice, altrimenti non funziona!”
“Lo so… tu ce l’hai fatta?”

Mairne annuì e vide l’amico sorridere, quasi come se fosse sinceramente felice e sollevato di sentirglielo dire. 

“A cosa hai pensato?”
“Ricordi quando tu e Lily siete venuti da me in Estate, in Irlanda? Ho ricordi bellissimi di quei giorni.”

Mairne sorrise mentre scioglieva l’abbraccio, assestandogli una gomitata e incitandolo a provarci: 

“Noah, ci conosciamo da così tanto… osa dire che non hai nessun bel ricordo e potrei diventare molto seccata.”

Noah sorrise alle parole dell’amica, annuendo e assicurandole che ci avrebbe senz’altro provato. 
Ovviamente aveva ragione lei, era pieno di bei ricordi… c’erano stati momenti in cui si era chiesto perché avesse permesso a quella pimpante ragazzina di eleggerlo suo amico a vita quel giorno, ma non se n’era mai pentito.
Anzi, faticava sinceramente ad immaginare la sua vita senza il sorriso e le chiacchiere Mairne Connelly, che era ben presto diventata tutta la sua famiglia, insieme a Darcy.

Anzi, ricordava benissimo la felicità provata quando, qualche anno prima, la sorellina era salita su treno con lui per la prima volta e aveva passato tutto il viaggio con lei e Mairne, sentendosi davvero felice, quasi a casa.

Il Grifondoro mormorò la formula a mezza voce, agitando la bacchetta come aveva imparato a scuola qualche anno prima… e un sorriso gli increspò il volto quando vide un familiare toro argenteo davanti a sè.

“Mairne!”

Noah si voltò, cercando l’amica con lo sguardo e non tardando ad individuarla, vedendola sorridergli prima di avvicinarglisi nuovamente per abbracciarlo.

“Finalmente sorridi… basta fare il musone!”
“Grazie, biondina. Per tutto.”


*


Erano ben pochi i ricordi che aveva di suo padre, morto quando aveva cinque anni durante una missione… gli sarebbe piaciuto riuscire a conoscerlo. 

Eppure, c’era quella fugace immagine, di quando la sera sedeva accanto a lui, sul letto, e per farlo dormire gli raccontava qualche storia. Storie di cui lui non aveva mai abbastanza e continuava a chiederne altre, incurante della stanchezza che il padre sicuramente provava in quei momenti.

Sua madre gli aveva parlato spesso di lui, anche se ormai non c’era più nemmeno lei… ma ritrovandosi in mezzo ai suoi amici fu comunque grato di averli conosciuti entrambi: Theodore era stato abbandonato dai suoi genitori, la madre di Kieran era morta di parto e Phoebus non aveva mai avuto ottimi rapporti con i genitori.
In un certo senso era stato forse quasi fortunato.

“Expecto Patronum.”

Erano passati anni, ma Alastair sorrise comunque, riconoscendo perfettamente il luminoso leopardo che balzò fuori dalla punta della sua bacchetta e che iniziò subito ad azzuffarsi giocosamente con la tigre evocata poco prima da Phoebus. 

“E anche questa è fatta… spero solo che anche Kier ce la faccia. Tu a cosa hai pensato?”
“Una vecchia gita ad Hogsmead tra noi quattro… tu invece?”
“Mio padre. Anche Theo ha evocato il suo, vero?”

“Sì, e mi fa piacere, temevo non ci riuscisse… insomma, non ne parla mai, ma penso non abbia avuto una vita molto semplice.”

Phoebus si accigliò leggermente mentre posava lo sguardo sul Corvonero, seduto sul prato a qualche metro di distanza e gli occhi blu fissi distrattamente sul suo lupo, come se stesse pensando ad altro.
Alastair annuì, dicendosi che probabilmente aveva usato un ricordo risalente agli anni di scuola: 

“Decisamente no… e neanche Kier scherza, ha un pessimo rapporto con suo padre. Per loro Hogwarts è stata una vera e propria boccata d’aria.”
“Oh, anche per me… e a questo punto, spero ce la faccia anche lui. Siamo arrivati in quattro e non mi piacerebbe uscire in tre.”


*


Strinse la presa sulla sua bacchetta, abbozzando un lievissimo sorriso mentre il ricordo di quel primo pomeriggio passato insieme, quel lontano primo appuntamento e quel primo bacio riaffioravano, provocandole felicità, sì, ma anche una considerevole dose di malinconia. 

Le mancava, moltissimo, sentiva la mancanza di Jared più di quanto non avesse mai apertamente ammesso. 
Ma sapeva che solo pensando a lui sarebbe riuscita a portare a termine quel compito.

Ricordava chiaramente quel lontano giorno di pieno Inverno, la gita ad Hogsmead passata insieme dopo che era stata proprio lei a chiederglielo, a fare quel passo avanti. E a quel pomeriggio ne erano seguiti molti altri, così come i sorrisi, le risate e la felicità… felicita che si era spenta fin troppo presto, quando lui se n’era bruscamente andato.

Zavannah non pronunciò la formula, quasi a volergli dimostrare che sì, non solo sarebbe stata in grado di evocarlo ma anche di farlo con un incantesimo non verbale.

E così come a scuola, quando lo aveva evocato per la prima volta, il suo Patronus lasciò tutti senza fiato: quando l’Ironbelly Ucraino sorvolò le loro teste, tutti i candidati e gli esaminatori alzarono lo sguardo per ammirare quel drago d’argento di medie dimensioni mentre la sua artefice invece sorrideva, sentendosi immediatamente molto più leggera: un altro passo avanti era stato fatto, alla fine sembrava mancare sempre meno. 

“Sono felice che tu ce l’abbia fatta.”
“Anche io… qual è il tuo?”

Zavannah pose quella domanda con la certezza di trovarsi davanti ad un animale tenero ed estremamente pacifico… quando invece Nymphea le indicò uno scorpione la bionda sgranò gli occhi, sinceramente sorpresa da quella rivelazione: 

“Uno scorpione?! Sul serio? Non ti si addice per niente, mi sarei aspettata… non lo so, un gatto magari.”
“Evidentemente sono ben più di quel che sembro, mia cara Zavannah.”

La mora sorrise come se fosse divertita dalla reazione dell’amica, che le rivolse un’occhiata in tralice: 

“Certo… ma ciò che sembra eccome e che sicuramente corrisponde alla realtà è che pendi dalle labbra di Phoebus Gaunt. E non osare ribattere, negli ultimi giorni avete passato un sacco di tempo insieme, non puoi negarlo!”
“Se anche lo facessi tu resteresti ferma nella una posizione, quindi… a che scopo?”


*


Quando era stato loro detto che la prova consisteva nell’evocare i rispettivi Patronus il suo primo pensiero era volato su sua sorella Elizabeth, e lì era rimasto: non aveva mai avuto un brutto rapporto con i suoi genitori, ma non era mai stata tipo da grandi amicizie, troppo taciturna e con una forte inclinazione a passare il tempo da sola per crearsi molti legami. 

Ma con sua sorella no, con lei aveva sempre avuto un rapporto speciale… e già le mancava molto, in effetti. 
Un ricordo felice che la riguardasse? Ne aveva molti, in effetti quasi tutti i ricordi che aveva di sua sorella erano strettamente positivi… quando da piccole giocavano insieme e quando, anche se cresciute, avevano continuato a passare molto tempo insieme, trascorrendo i momenti liberi insieme anche ad Hogwarts.

Alethea ebbe un tuffo al cuore, chiedendosi se fosse stata effettivamente una buona idea: più ci pensava e più le mancava. Forse quella prova era stata solo l’ennesima crudeltà degli esaminatori, ma non aveva nessuna intenzione di lasciarsi soggiogare: doveva mettere la malinconia da parte, almeno per il momento, e concentrarsi solo sui ricordi in sè.

“Expecto Patronum.”

Era passato diverso tempo dall’ultima volta in cui aveva evocato il suo Patronus, ma quel pomeriggio provò la stessa soddisfazione dell’ormai lontana lezione dove l’aveva fatto per la prima volta quando vide il corvo planare dalla sua bacchetta per sorvolare le teste dei compagni/avversari.
La Corvonero abbassò lentamente il braccio mentre un piccolo sorriso si faceva largo sul suo volto, consapevole di essere appena automaticamente passata alla prova successiva mentre ringraziava mentalmente la gemella per tutti quei bei ricordi.


*


Hailey si passò una mano tra i capelli, respirando profondamente mente si ripeteva di tranquillizzarsi: ormai mancavano pochi minuti allo scadere del tempo, ma poteva ancora farcela. 
Doveva, quantomeno.

Accanto a lei Kieran, uno dei pochi rimasti a non essere ancora riuscito a portare a termine la prova, evocò il suo Patronus formato proprio in quel momento, demoralizzandola ancora di più mentre lanciava un’occhiata tetra al leone d’argento.


Infondo poteva farcela anche lei, no? Che cos’aveva in meno rispetto agli altri? Assolutamente niente.
Ma a cosa poteva aggrapparsi per riuscirci? Di certo non alla sua famiglia… e non aveva mai avuto neanche grandi amicizie, tutto sommato. 
La Corvonero sospirò, ripetendosi che non poteva farsi buttare fuori in quel modo dopo aver superato prove ben peggiori… ma allo stesso tempo, stava già quasi per darsi per vinta. 



“Ci hai tolto un peso, temevamo che non ce l’avresti fatta davvero… a cosa hai pensato, alla fine?”
“Mia madre. Non sono ricordi miei in realtà, ma una volta diedi una sbirciatina a dei ricordi di mio padre attraverso il suo Pensatoio… e dopo anni passati a chiedersi come fosse la sua voce, poterla sentire fu a dir poco magnifico.”

Kieran sorrise debolmente, stringendosi nelle spalle mentre Theodore annuiva, continuando a restar in silenzio mentre teneva le braccia conserte: lui aveva sentito la voce di sua madre solo nella prova del corridoio, ma essendosi trattata di un’allucinazione nemmeno sapeva se fosse stata veritiera o meno… probabilmente non l’avrebbe mai saputo. 
E forse nemmeno gli importava, se era riuscito ad evocare il suo Patronus qualcosa di buono doveva averlo combinato comunque, anche senza i genitori presenti nella sua vita… aveva pensato allo Smistamento, alla gioia di sentirsi finalmente parte di qualcosa. E per fortuna era bastato.


“Ormai mancano sette minuti… dite che ce la faranno?”
“Beh, tecnicamente a noi farebbe comodo il contrario… staremo a vedere.”

Alastair si strinse nelle spalle mentre Phoebus invece continuava restare in silenzio, impegnato semplicemente a guardarsi intorno come se fosse alla ricerca di qualcosa. E Kieran, accorgendosene, abbozzò un sorriso, guardando l’amico con cipiglio divertito: 

“Rilassati Phoebus… l’ho vista, ce l’ha fatta.”
“Eh? Di chi parli?”
“Certo, lo immagino, non ne hai la minima idea…”


*


Asterope teneva gli occhi fissi su Erza, trovando l’ex compagna di scuola in evidente difficoltà mentre tentennava, non riuscendo ancora ad evocare un Patronus perfettamente formato. 

Lei c’era riuscita poco prima, dando forma al suo pavone grazie ai numerosi ricordi che aveva di sua sorella Andromeda… ma si poteva dire lo stesso di Erza? Forse no, visto che ormai il tempo stava per giungere al termine. 

La Serpeverde si morse il labbro, continuando ad osservare la rossa e a suggerirle mentalmente di muoversi: le sarebbe dispiaciuto procedere senza di lei in quel percorso, anche se sicuramente Erza rappresentava una minaccia non indifferente.


La rossa intercettò il suo sguardo e Asterope inarcò un sopracciglio, come a volerle chiedere perché non ci riuscisse… ma Erza si limitò a scuotere il capo, abbassando lo sguardo al suoi piedi, a sua volta consapevole di non poter essere eliminata in una prova del genere dopo aver superato l’enigma, il labirinto e aver persino compreso la parziale soluzione della prova precedente. 


Eppure, stava faticando non poco a trovare qualcosa di felice a cui aggrapparsi, qualcosa che le trasmettesse abbastanza serenità da permetterle di evocare il suo Patronus. 


E all’improvviso chiuse gli occhi, sforzandosi di dimenticare dove si trovasse… all’improvviso smise di sentire il calore sulla pelle, ma si ritrovò dentro una delle piccole “celle” di pietra del collegio, dove l’avevano chiusa per insegnarle a comportarsi come si conveniva a quell’ambiente. 
Non ricordava cosa avesse fatto di preciso ma ricordava benissimo il freddo e l’umidità, così come il forte desiderio di scappare il più lontano possibile.
E poi, non riusciva a ricordare come visto che all’epoca aveva solo sei anni, si era davvero ritrovata fuori dall’edificio, sul prato.

E nonostante il freddo, il fatto che fosse buio e che il Sole ancora non fosse sorto del tutto, Erza aveva iniziato a correre sull’erba bagnata di rugiada a piedi nudi, un prato molto diverso da quello dove si trovava in quel momento. 
E sorridendo quella bambina aveva raggiunto di corsa i cancelli per uscire, abbandonare quel posto sede di tanta infelicità, senza più voltarsi indietro… imparando, per la prima volta, che cosa davvero fosse la libertà, che mai da quel momento avrebbe smesso di ricercare assiduamente.

Erza riaprì gli occhi solo dopo aver mormorato a formula e aver agitato la bacchetta, consapevole che il suo tempo fosse ormai giunto agli sgoccioli e che non avrebbe avuto altre possibilità, non al di  fuori di quella. 
E per questo le sue labbra si inclinarono in un largo sorriso quando si ritrovò davanti alla sua colomba d’argento, che in precedenza aveva in realtà quasi detestato. 
Probabilmente non fu mai felice di vedere quell’animale simbolico e, nel suo caso, forse un po’ anomalo, come quel giorno. 

“Tempo. Candidati, la vostra prova finisce qui… congratulazioni a chi è ancora in gioco.”









…………………………………………………………………………………………
Angolo Autrice:

Hailey ce l’ha o non ce l’ha fatta? Temo proprio che per scoprirlo dovrete aspettare domenica, ma intanto vi comunico che anche Louella è stata eliminata. 

Buonanotte e a presto! 
Signorina Granger 

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Capitolo 13
*** La scelta (Parte I) ***


 Capitolo 9: La scelta (Parte I)


Quando aprì gli occhi, e il suo sguardo venne ricambiato dal piccolo procione d’argento che aveva davanti, Hailey Greexon ebbe la certezza che, in futuro, avrebbe potuto benissimo usare quel momento come ricordo per evocare quello stesso Patronus, tanta fu la felicità che provò.  

La Corvonero sorrise, portandosi una mano sulla bocca per soffocare un gridolino mentre la voce di uno degli esaminatori che li avevamo osservati fino a quel momento giungeva alle sue orecchie, decretando che la prova era ufficialmente conclusa… ma lei ce l’aveva fatta, non se ne sarebbe andata… non quel giorno, almeno. 
Ci aveva messo parecchio, ogni volta in cui chiudeva gli occhi ripensava a tutti i momenti, le ore ed i giorni passati a litigare con i suoi genitori, o al periodo che aveva passato a vivere da sola, confinata nella soffitta del negozio dei genitori quando questi l’avevano sbattuta fuori casa. 

Ma ci era riuscita comunque, e la ragazza si ritrovò a ringraziare mentalmente un ragazzo di cui nemmeno conosceva il nome, che una sera tarda di alcuni anni prima, quando era uscita a fare una passeggiata e si era seduta sul prato nel vastissimo parco della scuola per rimuginare, molto giù per l’imminente ritorno a casa per le vacanze di Natale, le aveva tenuto compagnia in silenzio, forse impegnato nella stessa operazione, offrendole un po’ della bottiglia di Whiskey Incendiario che si era portato appresso. 

Il procione sparì rapidamente com’era apparso, ma non ci fece molto caso, troppo impegnata a sorridere come non faceva da forse molto tempo: aveva praticamente perso le speranze in effetti, ma si era salvata in corner.

“Complimenti a chi è riuscito a superare anche questa prova… come sempre, invito chi invece ha fallito a seguirmi, vi riaccompagnerò nello spogliatoio dove vi siete cambiati quando siete arrivati qui per riprendere i vostri vestiti e tornare a casa con delle Passaporte. Quanto a chi è passato, resterete qui per oggi, ma domani mattina vi faremo spostare per l’ultima volta.”



“Ultima volta?”
Gli occhi di Kieran quasi luccicarono al sentire quelle parole mentre un sorriso si faceva largo sul suo volto e accanto a lui Alastair annuì, sorridendo appena: 
  
“Evidentemente non manca molto… direi un paio di prove, a giudicare da in quanti siamo rimasti. Solo in 35.”

“In pratica, dobbiamo solo fare in modo che altre 25 persone se ne vadano prima di noi… un gioco da ragazzi.”


*


“Non pensi che dovremmo dormire un po’? Domani potrebbe essere una giornata lunga.”
“Perché, pensi ci sottoporranno ad una prova già domani?”

“Non lo so, ma se ci fanno spostare altrove può darsi.”
 
Lily si strinse nelle spalle mentre, stesa sul suo letto, teneva gli occhi fissi sul soffitto del capannone e Mairne, appollaiata sul letto accanto, continuava a sorridere, quasi su di giri: 

“Beh, forse lo spero… non so più da quanto siamo qui, di preciso, ma sta iniziando a diventare davvero snervante.”
“Già, in un modo o nell’altro spero finisca in fretta.”
“Finirà nel migliore dei modi Lily, vedrai. Siamo rimasti in 35, sono stati eliminati già 165 candidati… e siamo ancora qui, tutte e due. Siamo resistite fino ad ora, perché le cose dovrebbero andare diversamente da qui in avanti?”

“D’accordo, seguirò la tua filosofia e penserò positivo… spero davvero che tu non ti stia sbagliando, Mairne.”


*
 
 
“Il 5% di duecento è 10, quindi devono essere eliminate almeno altre 25 persone… Quante altre prove pensi ci saranno?”
“Due, tre al massimo. Mi chiedo davvero a cosa ci sottoporranno, visto che siamo praticamente alla fine.”

Erza continuò ad attorcigliarsi distrattamente una ciocca di capelli rossi, esitando per un attimo dopo aver parlato prima di voltarsi su un fianco e posare lo sguardo su Asterope, che era seduta sul letto accanto:

“Tu a cosa hai pensato, prima?”
“Mia sorella.”
 
Asterope abbozzò un sorriso, pensando con affetto ad Andromeda mentre Erza annuiva lievemente, ripensando al suo inusuale ricordo… di certo quasi tutti avevano pensato a persone che amavano, qualche parente o un fidanzato… lei no, aveva fatto semplicemente affidamento su se stessa, come sempre.
Non che avrebbe potuto, in ogni caso, attingere a qualche ricordo particolarmente positivo della sfera familiare… non aveva idea di chi fosse suo padre, non lo aveva mai conosciuto, e non aveva mai avuto un rapporto semplice ne con la madre ne con la nonna materna, che probabilmente l’aveva sempre considerata solo un errore, l’emblema del lavoro perfetto che evidentemente non era riuscita a fare con sua figlia, che nonostante la sua ferrea educazione era rimasta incinta a soli 19 anni, da un ragazzo sconosciuto. Per di più da quello che si era scoperto essere un mago, visto che la bambina ne aveva ereditato il dono. 

Erza sfoggiò un debole sorriso mentre continuava a tormentarsi i capelli rossi, praticamente l’unica cosa che sua madre le aveva detto del padre, mentre ripensava alla sua travagliata vita in collegio, con le suore, quando aveva iniziato a pensare con la sua testa, fuori dagli schemi imposti da sua nonna, e aveva iniziato a cercare strenuamente la libertà. 
Sorrise nel ripensare alla forma del suo Patronus, uno dei simboli cristiani per eccellenza… sua nonna probabilmente ne sarebbe stata fiera. Peccato solo che persino lui presentasse un’anomalia, Erza non aveva mai capito di cosa si trattasse al 100%, ma aveva ipotizzato che le piccole protuberanze sul capo della colomba fossero una specie di corna. 
  
Un simbolo come la colomba che presentava delle corna, ossia ciò che rappresentava l’esatto opposto? Persino la sua stessa magia le diceva che era sempre stata divisa in due metà. 


“Tu a cosa hai pensato?”
“Storia lunga.” 

“Beh… in ogni caso, sono felice che tu ce l’abbia fatta, sarebbe stato un peccato. Avevamo affrontato prove peggiori, a mio parere.”
“Probabilmente sì… ma dipende dai punti di vista, penso.”


*


Stava per accingersi a tornare rapidamente verso la parte del capannone adibita a dormitorio, decisa a farsi una lunga, rilassante dormita per mettere fine al meglio quella giornata quando si fermò quasi istintivamente nell’udire un paio di voci familiari. 

“Felice che sia quasi finita?”
“Assolutamente sì… non sembra nemmeno più un sogno, irrealizzabile non trovi?”

“Se per “sogno irrealizzabile” intendi raggiungere l’Eden in compagnia della tua dolce metà, allora non disperare, potresti farcela.”

Nymphea si morse il labbro, restando immobile davanti alla porta socchiusa del bagno maschile mentre una voce nella sua testa le ricordava che origliare era decisamente sbagliato, lei stessa l’aveva insegnato ai fratellini… ma sentendo le voci di Kieran e Phoebus, non era riuscita a non esitare. 
  
Sentì una debole risata da parte di Kieran e uno sbuffo da parte di Phoebus, che borbottò qualcosa che non riuscì a comprendere prima di parlare:
 
“Se ti stai riferendo a Nymphea, smettila. Se invece ti stai riferendo ad Eileen, smettila doppiamente.”
“Scusa Gaunt, dimenticavo quanto tendi a diventare suscettibile quando viene nominata la tua fidanzata. Ti sei forse scordato che ti aspetta a braccia aperte?”


Nymphea quasi non sentì la debole risata di Kieran, sentendosi quasi raggelare nell’udire le parole del ragazzo. 
La Tassorosso deglutì prima di muovere qualche passo avanti, affrettandosi ad allontanarsi mentre la parola “fidanzata” continuava ad echeggiare nella sua testa. 
Aveva sentito abbastanza, probabilmente… anzi, aveva già ascoltato troppo.

Mentre camminava silenziosamente in mezzo si letti per raggiungere il suo la ragazza strinse i pugni, conficcandosi le unghie nella pelle: aveva una fidanzata, perché accidenti non glie l’aveva detto? 
O forse era stata lei a vedere qualcosa di completamente inesistente? O magari era solo un verme schifoso. 

“Ah, eccoti qui… hai finito di monopolizzare la doccia?”
“Sì, è tutta tua.”

Nymphea sedette sul suo letto, parlando con un tono seccato che stupì leggermente Zavannah, tanto da rivolgerle un’occhiata perplessa:

“Va tutto bene?”
“Benissimo. Sono solo un po’ stanca.”

La mora annuì con fare sbrigativo, continuando ad evitare di guardare l’amica mentre s’infilava sotto le coperte: il buon umore di poco prima era completamente svanito, lasciando il posto ad una strana sensazione che oscillava tra la rabbia, la delusione e qualcos’altro.   
 
Ma infondo non doveva nemmeno importarle… chi era lui per lei? Assolutamente nessuno. 

“Sicura?”
“Sì. Solo…”

Nymphea esitò mentre Zavannah continuava ad osservarla con attenzione, chiedendosi che cosa le fosse preso: 

“… tu sapevi che Phoebus è… impegnato?”
“Phoebus Gaunt? No. Anzi, mi stupisce non poco saperlo…” La bionda inarcò un sopracciglio, ripensando al Serpeverde che aveva avuto modo di conoscere di sfuggita a scuola mentre Nymphea ricambiava il suo sguardo, accigliandosi leggermente: 

“Perché?”
“Beh… diciamo che difficilmente l’avrei fatto tipo da relazione stabile. A scuola aveva un sacco di ragazze ma è perfettamente possibile che sia cambiato, dopotutto. Mi dispiace, Nym.”

“Non deve dispiacerti… non c’è niente per cui dispiacersi. Nemmeno io sono dispiaciuta, non mi interessa… buonanotte.”

Nymphea si voltò, stendendosi sul materasso dando le spalle alla bionda, che esitò prima di alzarsi dal letto e dirigersi silenziosamente verso il bagno, intuendo che fosse meglio lasciarla sola e sinceramente sorpresa da ciò che l’amica le aveva detto. 
Ma poteva sempre fare un gentile discorsetto al caro Gaunt, certo. Dopotutto aveva anni di boxe alle spalle, poteva sempre rovinargli il faccino sorridente. 

Ah, uomini! 

  
*


Mentre camminavano in fila sul prato, tutti vestiti uguali, sembravano quasi una processione. 
Ma non si stava curando molto di dove fossero diretti mentre camminava con rapide e lunghe falcate, scrutando i ragazzi che lo circondavano e cercando di individuare qualcuno in particolare.

Quando trovò il suo obbiettivo abbozzò istintivamente un sorriso, zigzando tra i candidati per poter raggiungere la ragazza che camminava in silenzio e a passo di marcia, le braccia conserte e lo sguardo torvo fisso sul suolo, appuntandosi mentalmente di insegnare a Nerine, se l’avesse rivista, di diffidare dei ragazzi carini, sorridenti e gentili e che si apprestavano ad aiutarla quand’era in difficoltà.

“Buongiorno.”
Quando sentì la voce proprio di un ragazzo carino, sorridente, gentile e che l’aveva aiutata in precedenza Nymphea serrò la mascella, alzando lentamente lo sguardo per poter guardare Phoebus in faccia, ma senza ricambiare minimamente il suo sorriso: 

“Ciao.”
“Dormito male?”
“No, benissimo.”

In realtà aveva effettivamente dormito malissimo, ma preferì non farglielo sapere e continuò a camminare, gli occhi verdi fissi davanti a sè mentre Phoebus la guardava con leggera confusione, chiedendosi il perché di quell’improvviso e repentino mutamento:

“Va tutto bene?”
“Certo, benissimo.”
  
Phoebus fece per dire qualcos’altro ma la ragazza lo batte sul tempo, accelerando il passo e superandolo per raggiungere Zavannah. 
Al Serpeverde non restò così che seguirla con lo sguardo, sempre più confuso: che cosa le aveva fatto cambiare totalmente atteggiamento rispetto alla sera prima?


*


Noah si guardò intorno nell’ambiente totalmente asettico, non poi così felice di trovarsi nuovamente laggiù. Dovevano essere passate quasi due settimane dalla prova del corridoio, l’ultima che avevano svolto laggiù prima di essere mandati in cantina… eppure, aveva la sensazione che fossero passati mesi e non pochi giorni. 

“Prendete gli ascensori e salite all’ultimo piano, lì troverete delle stanze numerate… ognuno di voi ne avrà una, troverete una tabella con la dislocazione.”

“Una camera a testa? Tanta premura mi commuove…”
Il Grifondoro sbuffò debolmente, camminando con le mani sepolte nelle tasche dei pantaloni mentre camminava insieme al fiume di compagni, lanciando un’occhiata torva agli ascensori d8 vetro posti infondo alla sala, che mai avevamo potuto utilizzare prima di allora. 

“Non fare il musone, non dovresti esserne felice? In effetti la privacy finora è scarseggiava parecchio, non ci farà male poter stare finalmente un po’ da soli.”
Mairne lo prese sottobraccio e gli rivolse un sorriso, ma Noah non ricambiò, rivolgendole un’occhiata tetra:

“Lo so biondina, ma questa gentilezza è vagamente sospetta, a mio parere. Staremo a vedere, suppongo.”

  
*


“Come mai quella faccia? Paura di trovare un Basilisco ad aspettarti?”

Alastair sorrise leggermente mentre si voltava verso Theodore, in piedi davanti alla porta accanto ma senza accennare a volerla aprire.

“Beh, non si può mai sapere, dopotutto.” 
Il Corvonero si strinse nelle spalle mentre l’amico sorrideva, aprendo la porta della sua camera e invitandolo a fare altrettanto. Ma quando Alastair posò lo sguardo sull’intero della stanza la sorpresa prese il posto del sorriso sul suo volto, guardandola con tanto d’occhi. 

“Beh? C’è davvero un Basilisco dentro? Ah, no, in quel caso saresti già morto. Allora che c’è?”
“Aprila e scoprilo, Theo.”

Alastair gli rivolse un’ultima occhiata prima di sparire nella sua stanza, chiudendosi la porta alle spalle per guardarsi intorno, sinceramente colpito: quella stanza era molto diversa rispetto a dove li avevano fatti alloggiare fino a quel momento… così come rispetto al suo Dormitorio ad Hogwarts o alla sua camera, a casa.
Non aveva mai avuto tanto lusso davanti, probabilmente. 

Il Serpeverde mosse qualche passo avanti, sfilandosi le scarpe distrattamente per poter camminare sul morbidissimo tappeto mentre si guardava intorno con attenzione. E la sorpresa aumentò a dismisura quando i suoi occhi scuri si posarono su una specie di vaso di vetro che traboccava Galeoni, sistemato in bella vista su un tavolino.


*
  

Era stesa sul comodo letto da una piazza e mezza, osservando il soffitto della stanza e chiedendosi quanto ci avrebbero messo ancora: avevano dato loro, letteralmente, “un po’ di tempo per sistemarsi”, ma vista l’assenza di orologi nella stanza non sapeva quanto fosse passato di preciso… ma stava morendo di curiosità, su questo non aveva alcun dubbio.

Ciò che aveva, ovviamente, attirato immediatamente la sua attenzione era stato il vaso pieno di Galeoni. Ovviamente non ne aveva nemmeno toccato uno, certa che la prova si sarebbe basata su quello, ma moriva dalla voglia di ricevere un qualunque tipo di istruzioni. 

Anche se, ovviamente, era ben felice di poter stare finalmente un po’ da sola: nelle precedenti settimane era stata in perenne compagnia, ritrovandosi a vivere insieme agli altri candidati… ora che aveva la possibilità di rilassarsi in Santa pace, aveva tutta l’intenzione di approfittarne.
Stava quasi valutando l’idea di testare la vasca ad idromassaggio del bagno quando qualcuno bussò alla porta e Alethea si mise a sedere di scatto, invitando il suo ospite ad entrare. 

“Ciao, Alethea.”
Quando si trovò davanti ad un esaminatore la ragazza inarcò un sopracciglio, restando in silenzio e limitandosi a ricambiare il suo sguardo, guardando l’uomo chiudersi la porta alle spalle per poi raggiungere la poltroncina bianca e occuparla: 

“Allora… presumo che tu ti stia chiedendo che cosa vi aspetta adesso.”
“Già.”
“Ebbene, sono qui per spiegartelo. Tra non molto, dopo pranzo, riceverete delle visite, da  persone che conoscete molto bene… potrete parlarci e, se vorrete, avrete la possibilità di andarvene insieme a loro.”
“Come?”
“Sì, andarvene… insieme al denaro, certo.”
  
“È una follia… nessuno accetterebbe! Siamo qui per poter vivere nell’Offshore, perché dovremmo abbandonare il Processo?”
“È una domanda lecita, ma credimi, non dovresti essere così sorpresa… sono sicuro che qualcuno accetterà questo compromesso. Ma non voglio disturbarti, goditi il tuo premio per essere arrivata fino a questo punto.”

Il mago si alzò e abbozzò un sorriso, mentre Alethea lo imitò, facendo scivolare le gambe dal letto per alzarsi in piedi: 

“Chi verrà?”
“Lo scoprirai da te tra meno di un paio d’ore, non temere. Ora… in effetti credo che sia pronto il pranzo, non hai fame? Dovreste venire tutti di sotto.”

La Corvonero sbuffò ma, intuendo che non avrebbe ottenuto alcuna risposta, non disse nulla e si  limitò ad annuire con aria torva, superando in fretta e furia l’esaminatore per uscire dalla stanza, lasciando che lui le chiudesse la porta alle spalle prima di passare alla stanza successiva.
Alethea gli lanciò un’ultima occhiata, chiedendosi sinceramente che cosa l’aspettasse, prima di girare sui tacchi e allontanarsi, le braccia conserte e la mascella contratta: aveva la netta sensazione che non sarebbe stato semplice superare quella prova.


*


Aveva lasciato la mensa per andare in bagno, ma quando si rese conto di CHI stava proprio tornando verso la mensa si sentì quasi raggelare, tentata di voltarsi, girare sui tacchi  e tornare da dove era venuta. 

E forse l’avrebbe anche fatto, se non si fosse detta che in quel modo ci avrebbe soltanto dato più importanza: non era importante, e per dimostrarlo a se stessa sarebbe andata dritta per la sua strada, a testa alta. 
O almeno, quella era l’idea, che andò in frantumi non appena Phoebus si accorse della sua presenza, sgranando gli occhi prima di affrettare il passo è raggiungerla, piazzandolesi davanti: 
  
“Nymphea… posso parlarti?”
“A dire la verità, stavo andando…”

“Solo per un attimo. Ho l’impressione che tu mi stia evitando, oggi. È successo qualcosa?”

Il ragazzo inarcò un sopracciglio, cercando lo sguardo della ragazza che invece teneva fisso sul suo petto, evitando di guardarlo negli occhi mentre teneva le braccia strette al petto: 

“No.”
“Sei sicura? Che cosa ti ha fatto cambiare così radicalmente da un giorno all’altro?”

Nymphea sospirò, passandosi nervosamente una mano tra i capelli scuri: non era sicura di volerlo dire, di voler affrontare quella conversazione… non le era mai piaciuto molto discutere e perdere tempo con le parole, e non voleva nemmeno ammettere di esserci rimasta molto male.
“Io non… ti ho sentito parlare con Kieran, ieri sera.”
“Con Kier? Che cosa hai sentito?”

Phoebus inarcò un sopracciglio, chiedendosi cosa potesse mai averla offesa… di certo non aveva mai parlato di lei con l’amico dipingendola negativamente.

La Tassorosso continuò a non guardarlo, tormentandosi un lembo della maglietta prima di sospirare, parlando con un filo di voce:

“Beh, vi ho sentiti parlare… della tua fidanzata.”
La mia fidanzata?!”

“Sì. Insomma, lascia perdere, non mi devi spiegare niente, ovviamente sono affari tuoi.”
 
Nymphea fece per superarlo ma il ragazzo la bloccò, prendendola per un braccio e costringendola a voltarsi, guardandola a metà tra il divertito e l’intenerito:

“Nym… lasciami spiegare. Mi hai sentito nominare la mia fidanzata e te la sei presa perché non ne ho mai fatto cenno?”
“No! Cioè, forse sì… ma non mi devi spiegare nulla Phoebus, sono affari tuoi. Davvero, dimentica quello che ho detto.”

La Tassorosso fece scivolare la mano dalla presa del ragazzo, allontanandosi da lui il più rapidamente possibile… o almeno finché la sua voce non giunse alle sue orecchie:

“È mia cugina.”

“Sei… stai con tua cugina?!”  
La ragazza si fermò, non potendo fare a meno di voltarsi e lanciargli un’occhiata quasi disgustata che venne accolta con una risata da parte del ragazzo, che annuì mentre si stringeva nelle spalle, infilandosi le mani nelle tasche dei pantaloni: 

“Sì. Ma non è una mia decisione, e neanche sua… siamo fidanzati perché l’hanno deciso i nostri genitori, nella mia famiglia è una specie di tradizione, anche i miei genitori sono cugini. Forse avrei dovuto dirtelo ieri quando ti ho detto che volevo scappare da loro… non ho nessuna intenzione di sposarla.”

Phoebus si avvicinò alla ragazza di qualche passo, continuando a tenere gli occhi scuri fissi su di lei mentre Nymphea tratteneva a stento un sorriso, sentendosi improvvisamente in grande di librarsi a mezz’aria. Se non fosse che soffriva tremendamente di vertigini, certo.

“Mi dispiace che tu abbia frainteso. Anche se mi viene spontaneo chiederti perché te la sei presa. Certo, magari ti ha dato fastidio l’idea che io abbia passato giorni ad essere gentile e riempirti di complimenti quando in realtà ero impegnato con un’altra… ma c’è dell’altro?”
“Io…” 

Nymphea deglutì, sentendo il viso andarle in fiamme mentre Phoebus le si avvicinava, gli occhi incatenati ai suoi: 

“Sì?”
“Credo sia come dici tu…”
“Solo semplice irritazione mista a solidarietà femminile, quindi?”

“Sì.”
“E allora perché sei arrossita? Dolce Nymphea, continui a tradirti da sola.”

Phoebus sorrise appena, posando una mano sul viso della ragazza che deglutì senza dire nulla, limitandosi a guardarlo. 

“È vero quello che mi hai detto? È tua cugina e non vuoi sposarla?”
“Assolutamente. Se fosse davvero la mia ragazza non sarei qui, adesso. Perché questi dubbi?”

“Zavannah mi ha detto… delle cose.”

Nymphea si morse il labbro, leggermente a disagio mentre distoglieva lo sguardo, ripensando a quello che l’amica le aveva raccontato del ragazzo, in netto contrasto con l’impressione che lei aveva avuto da quando erano lì dentro… in effetti era piuttosto sicura di non averlo mai visto insieme a qualche altra ragazza.
Lo sentì sospirare, le dita ancora sul suo viso, prima di udire nuovamente la sua voce: 

“Immagino cosa ti abbia detto… ma tu mi piaci davvero tanto, Nymphea. Ti ho vista e… non so che razza di incantesimo tu mi abbia fatto.”
 
Gli occhi chiari della Tassorosso saettarono nuovamente sul volto del ragazzo udendo quelle parole, sentendosi la gola improvvisamente secca mentre una mano di Phoebus andava a finire sulla sua schiena, attirandola a sè per chinarsi leggermente e baciarla.

Nymphea si alzò in punta di piedi per diminuire la distanza che li divideva, prendendogli il viso tra le mani mentre lui la stringeva tra le braccia, rispondendo al bacio poco prima di staccarsi, fissandolo dritto negli occhi: 

“Se è una bugia, se viene fuori che sei davvero impegnato o se fai il cretino con un’altra, ti giuro…”
“No, non succederà.”

Phoebus sorrise, scuotendo debolmente il capo prima di baciarla nuovamente, mettendole una mano tra i lunghi capelli scuri mentre una terza figura si univa al quadro, bloccandosi di fronte a quella scena prima di girare sui tacchi e tornare indietro di corsa: doveva assolutamente andare a riscuotere la vincita della scommessa con Theodore.













…………………………………………………………………………………
Angolo Autrice: 

Ah, l’amour! *Le autrici le lanciano contro un mare di pomodori perché volevano la prova e invece le ha lasciate ancora una volta con il fiato sospeso* 

Chiedo scusa, ma mi sono resa conto che sarebbe diventato davvero lunghissimo, quindi ho preferito tagliarlo a metà… ma intanto accontentatevi di sapere che Hailey è ancora in gioco e  sopratutto di vedere Nym e Phoebus fare gli innamorati.

Ma non disperate mie care, il capitolo con la prova (la penultima, tanto perché lo sappiate) arriverà giovedì come sempre u.u o forse anche mercoledì, chissà, forse sarò buona e vi farò aspettare di meno.

A presto! 
Signorina Granger 


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Capitolo 14
*** La scelta (Parte II) ***


Capitolo 9: La scelta (Parte II)



“Posso sapere, di grazia, che avete da sghignazzare? Siete così felici all’idea della prova imminente?”

Phoebus inarcò un sopracciglio, parlando con un tono che trasudava puro scetticismo mentre, chiuso in ascensore, aspettava di raggiungere l’ultimo piano. 
Alastair, Theodore e Kieran non risposero subito, restando in religioso silenzio per qualche istante – anche se Kieran stava effettivamente sorridendo leggermente – alla domanda dell’amico: 

“Oh, no, niente.”
“Davvero? Perché mi sembra che vi stiate divertendo parecchio, da quando sono tornato a sedermi con voi.”

“Intendi dopo esserti abbandonato alle effusioni con Nymphea?”

Theodore inarcò un sopracciglio e Kieran annuì, ridendo leggermente mentre Phoebus sbuffava sommessamente: 

“Ci avete visti, quindi.”
“Solo Kier. Ma devo ringraziarti, mi hai fatto vincere la scommessa che avevamo fatto, Theo invece ha perso.”
“Già, io dicevo che vi sareste baciati dopo questa prova, Al e Kier prima… non potevi aspettare qualche ora?!”

Theodore sbuffò leggermente mentre Phoebus invece s8 strinse nelle spalle, sorridendo debolmente mente le porte dell’ascensore si aprivano:

“Considerando che uno di noi due potrebbe essere sul punto di andarsene… no, credo di no.”


*


Quando aveva aperto la porta della sua stanza senza trovarvi nessuno all’interno non si era affatto scomposto o stupito, anzi: probabilmente l’avrebbe sorpreso il contrario.
Theodore lasciò che la porta si chiudesse alle sue spalle con un piccolo sbuffo, trascinandosi fino al letto per lasciarcisi cadere sopra: infondo chi mai sarebbe potuto andare a fargli visita? Non aveva mai avuto una famiglia… quando aveva ascoltato la spiegazione della prova si era quasi messo a ridere in faccia all’esaminatore, trovandola assolutamente inutile per quanto lo riguardava.

Dopo qualche minuto la porta della stanza si aprì con uno scatto e il ragazzo sollevò il capo per posare lo sguardo sul suo nuovo “ospite” ricevendo un’occhiata incerta da parte di un’esaminatrice: 

“Mi stavo giusto chiedendo… immagino che per me la prova non valga. Sbaglio?”
“Beh, puoi comunque andartene, se vuoi… insieme a tutto il denaro. Puoi scegliere ugualmente, Theodore.”

“No, grazie, passo. Preferisco vivere nell’Offshore che tornare a casa con un sacco di Galeoni che finirebbero, presto o tardi. Deduco di essere tra i finalisti, quindi.”

Le labbra del Corvonero si inclinarono in un largo sorriso, improvvisamente di ottimo umore mentre la donna annuiva, complimentandosi con lui per la posizione ottenuta: 

“Direi di sì. Resta pure qui, vi daremo notizie quando la prova sarà finita per tutti. Tra un paio di giorni potresti essere nell’Offshore, Theodore Clark.”
“Incrociamo le dita.”

Anche se sarebbe stato bello – pensò il ragazzo mentre la porta si chiudeva nuovamente, riportando lo sguardo sul soffitto della stanza – poter mettersi in qualche modo in contatto con i suoi genitori. Giusto per dimostrargli che il bambino che avevano abbandonato era arrivato dove loro avevano fallito.


*


“Spero tu sia consapevole del tempo che stai perdendo qui.”

La voce di Kieran ruppe il silenzio che era andato a crearsi per qualche minuto, continuando a tenere gli occhi fissi sul pavimento per evitare di guardare il padre, seduto ad un paio di metri di distanza, sulla poltroncina. 

“Non ho nessuna intenzione di andarmene… per te, poi? Dovrebbero usare la Maledizione Imperius per farmelo fare.”

Il Serpeverde rise appena, una risata che risuonò breve e sprezzante dentro la stanza insonorizzata. Il ragazzo sollevò lo sguardo per posarlo sull’uomo che aveva davanti, che era ancora in silenzio ed evitava di guardarlo a sua volta… anche se lo vide chiaramente muoversi leggermente a disagio sulla poltrona, lanciando una fugace occhiata in direzione de vaso pieno di denaro scintillante. 

“Oh, certo… sei qui perché ti farebbero comodo quei soldi. Ma se anche me ne andassi con il denaro, di certo non lo condividerei con te.”
“Mi hanno chiesto di venire, Kieran, non è stata una mia idea.”
“Sì, lo immagino, figuriamoci… come se ti importasse avermi intorno o meno, non ti fa alcuna differenza. Ma te lo ripeto: stai solo sprecando tempo, io da qui non me ne vado finché non mi sbatteranno fuori a calci. E spero davvero di farcela, così avrò anche la soddisfazione di essere riuscito dove TU hai fallito, invece.”

Kieran abbozzò un sorriso, estremamente compiaciuto alla sola idea mente guardava il padre sospirare, scuotendo debolmente il capo: 

“Sicuro della tua scelta? Quelli ci farebbero comodo.”
“Non mi importa cosa fa comodo a te. Oggi voglio essere egoista, sai? Oggi penso solo a me stesso, papà. E ora, puoi anche andartene.”


Solo quando l’uomo si fu alzato per uscire dalla stanza, senza neanche avergli rivolto un ultimo saluto, Kieran s’infilò una mano nella tasca dei pantaloni, estraendo una foto ripiegata. 
Sorrise leggermente al volto sorridente di sua madre, che non aveva mai potuto guardare negli occhi, e avvicinò la foto per lasciarci sopra un bacio: 
ci siamo quasi, mamma


*


“Phoebus…”
“Ti prego, ti risparmio la fatica e il fiato… no. Non torno a casa, è fuori discussione. Non vedevo l’ora di potermene andare e l’Offshore è la mia più grande aspirazione da anni, non ci rinuncerò.”

Phoebus parlò senza scomporsi troppo, sorridendo appena in direzione della madre, che strinse le labbra con evidente irritazione, fulminandolo con lo sguardo: 

“Volti le spalle alla tua famiglia in questo modo? Sul serio?”
“Sai, siete sempre stati troppo.. rigidi, a mio parere. Vedi, voi voltate le spalle a chiunque non la pensi come vi compiace, non siamo poi tanto diversi… voglio essere IO a decidere della mia vita, mamma. Tu hai accettato di seguire le indicazioni dei tuoi genitori, hai sposato tuo cugino, ma io non sono così. Eileen è mia cugina, non ho assolutamente niente contro di lei, ma non la sposerò.
 Sono arrivato a questo punto e voglio continuare.”


“La situazione della nostra famiglia è già precaria, Phoebus, possibile che tu non lo capisca? Possibile che non ti importi? Abbiamo bisogno di questo matrimonio, e anche tutto quel denaro ci farebbe comodo.”

“Mi dispiace, ma non sono in vendita. Per quanto mi riguarda potresti anche andartene con i soldi, ma temo che non sia possibile prenderlo a meno che anche io non ti segua… e ti assicuro che non accadrà. Quindi, mamma, salutami papà e gli altri ma no, io non torno indietro. E faresti meglio a dire ad Eileen di non aspettarmi.”

Phoebus abbozzò un sorriso, guardando la madre sbuffare e alzarsi quasi con aria divertita, anche quando la donna se ne andò sbattendosi la porta alle spalle. 
Non gli era mai piaciuto che si decidesse per lui… e non aveva alcuna intenzione di far scegliere la propria strada alla sua famiglia. 


Il Serpeverde sorrise, rendendosi conto di aver superato anche quell’ennesima prova: un altro passo in meno alla fine. 
Ma dopo qualche istante quella smorfia sollevata svanì dal suo volto, collegando tutti i pezzi; tutti loro stavano ricevendo visite da qualcuno che avrebbe potuto convincerli ad andarsene dal Processo? 

Aveva un’idea ben precisa di chi avessero fatto incontrare a Nymphea… e non era del tutto sicuro dell’esito di quella chiacchierata. 
Phoebus si alzò, scattando in piedi come una molla per poi affrettarsi ad uscire dalla stanza, quasi correndo a cercare la porta della ragazza. 
 


*


“Nym!”

Aveva appena aperto la porta quando rimase come pietrificata, gli occhi chiari fissi sui due bambini che, sorridendo vivacemente, saltarono giù dal letto per correrle incontro e abbracciarla. 

“C-ciao…”
“Ci sei mancata!”
“Perché sei qui?”
“Torniamo a casa?”

Nymphea abbozzò un sorriso, inginocchiandosi lentamente per stringere Nerine e Cole in un abbraccio, gli occhi improvvisamente lucidi. Non seppe mai se per gioia o amarezza. 

“Io… sto facendo un gioco. E ho quasi vinto. Ma non vi ho portati con me perché è un gioco da grandi.”
“Ma ora torni a casa con noi, vero?”

Nerine sorrise, cingendo la vita della sorella con le braccia pallide e rivolgendole un gran sorriso mentre la ragazza deglutiva, accarezzandole i capelli. 

“Ecco…”
“Perché ci sono tutti questi soldi? Li hai vinti Nym?”
“No Cole, non ancora.”

Dovrei abbandonare tutto per vincerli


La ragazza sospirò, prendendo la sorellina per mano per raggiungere il suo letto e sedersi sul bordo, facendola accomodare accanto a lei per poi invitare anche il fratellino ad avvicinarsi. 

“Ok, sentite… state bene, vero?”
“Sì, ma ci manchi.”

“Anche voi. Ma non ho… non ho ancora finito, qui. Non posso tornare a casa, non ora.”

“Perché?!”
“Non posso mollare tutto proprio ora Cole, cercate di capire… devo arrivare alla fine.”

“E non possiamo stare qui con te?”
Nerine inarcò un sopracciglio e la sorella le sorrise debolmente, scuotendo il capo mentre allungava una mano per accarezzarle il viso pallido: 

“No tesoro, purtroppo no. Ma devo vincere, ok? Così forse riuscirò a far guarire mamma e papà. E poi staremo di nuovo tutti insieme.”
“Ma… Starai via ancora molto?”

“Non lo so, ma molto probabilmente no. Voi dovete solo continuare a fare i bravi senza di me, come sicuramente avete fatto finora.”

Nymphea inclinò leggermente le labbra carnose in un sorriso, sbattendo le palpebre per ricacciare le lacrime indietro mentre i due bambini restavano in silenzio per qualche istante, prima che Nerine le si avvicinasse per abbracciarla, cingendole la vita con le braccia con decisione e implorandola di tornare a casa con loro.


E mentre scuoteva debolmente il capo, accarezzandole la nuca con la mano e cercando al contempo di non piangere davanti a loro, Nymphea pensò di non aver mai odiato il Processo tanto quanto in quel momento. 



*


Li aveva liquidati nel giro di poco, assicurando che non sarebbe mai e poi mai tornata a casa con loro, le persone che mai l’avevano accettata davvero anche se, almeno in linea teorica, avrebbero dovuto farlo per primi. 

Hailey sorrise appena, pescando un Galeone dal mucchio per rigiraselo tra le dita, ripensando a quando i genitori l’avevano confinata a vivere da sola, sopra al loro negozio. 
Abbandonare tutto per loro? Perdere quella preziosa opportunità? 

No, mai e poi mai… anche solo per la soddisfazione di dimostrare a se stessa e ai genitori che si erano sbagliati riuscendo ad arrivare fino in fondo: loro non avevano mai minimamente creduto in lei, e sarebbe stato estremamente piacevole riuscire a condurre una vita migliore lasciandoli indietro. 

La Corvonero lasciò cadere la pesante e scintillante moneta nel mucchio, che aveva chiaramente visto i genitori adocchiare, prima di affermare con entrambe le mani il bordo di vetro e spingerlo con decisione verso quello del tavolino, facendo cadere il vaso sul pavimento.


“Che cosa…”

Quando la porta si aprì e un esaminatore fece irruzione nella stanza Hailey stava ancora sorridendo con aria compiaciuta, sollevando entrambe le sopracciglia e accennando al vaso in frantumi e le monete riversate su tutto il pavimento:


“Chiedo scusa, che sbadata... In ogni caso, io rimango in gioco. Ci vuole ben altro dei miei genitori per convincermi ad andarmene.”


*


“… nonna?”

Alastair sgranò gli occhi, guardando sua nonna sorridergli e annuire, avvicinandosi al nipote per abbracciarlo: 

“Ciao Al…”
“Non ti dovevi disturbare a venire… come state tu e il nonno?”
“Bene, anche se un po’ ci manchi. Come sta andando? Sono molto fiera di te.”

La donna sorrise, guardando il ragazzo con sincero affetto mentre gli prendeva il volto tra le mani, guardandolo sorridere di rimando:

“Me la sto cavando. Vieni, siediti.”

Alastair condusse la donna verso il letto, facendola sedere accanto a lui prima che l’anziana strega scuotesse leggermente il capo, parlando con tono tetro:

“Sai perché sono qui, tesoro?”
“Convincermi ad andarmene?”

“Beh, in teoria sì. Ma non vogliamo che tu perda questa occasione per noi, tesoro… vogliamo il meglio per te, anche i tuoi genitori lo volevano.”

Alastair abbozzò un debole sorriso mentre stringeva delicatamente la mano della nonna tra le sue, lanciandole un’occhiata incerta:

“Sei sicura? Voi avete fatto tanto per me, forse dovrei ricambiare… non mi piace l’idea di lasciarvi soli.”
“Non ci devi niente Al, sei il nostro unico nipote, cosa avremmo dovuto fare, lasciarti solo? No, sei giovane, vai per la tua strada, afferra quest’opportunità. Non ho intenzione di tornare a casa con te, chiaro?!”

“Ah, quindi non mi vuoi tra i piedi?”

Il ragazzo sorrise, inarcando un sopracciglio e guardando la donna annuire con determinazione con aria divertita:

“Certo che no, voglio che tu abbia una vita migliore, quella che i tuoi genitori speravano che avessi. Perciò non voglio neanche sentirti ipotizzare di lasciare questo posto, Alastair: noi siamo vecchi, tu hai tutta la vita davanti. Goditela.”


*


“Sei sicura? Non ti vogliamo fare alcun tipo di pressione, devi decidere tu… anche se non ti nascondo che ci mancherai molto.”

Mairne abbozzò un sorriso, annuendo alle parole della madre mentre la donna le sfiorava i capelli, sistemandole una ciocca di capelli biondi dietro l’orecchio:

“Anche voi mamma… ma non preoccuparti, c’è Noah che bada a me. A proposito, come se la passa Darcy?”
“Bene, sono venuta qui con lei. Pensi che Noah resterà?”

“Non lo so…”

Mairne scosse il capo, mordendosi il labbro e  incupendosi leggermente: non ne avevano parlato apertamente a pranzo, prima della prova, ma la ragazza non aveva fatto altro che chiedersi cosa avrebbe deciso l’amico. Sapeva quanto fosse legato a sua sorella e aveva il timore che scegliesse di tornare a casa invece che proseguire il percorso nel Processo con lei.

Ma non aveva detto nulla, non volendo influenzarlo con la sua opinione: era una decisione che doveva prendere in autonomia.

“Beh, puoi andare a scoprirlo. E siamo molto fieri di te tesoro, sei stata bravissima ad arrivare fin qui.”
“Grazie mamma.”

Mairne sorrise, lasciandosi abbracciare dalla madre prima che la donna le facesse cenno di uscire dalla stanza, mettendole un braccio intorno alle spalle per poi lasciare la camera insieme a lei.
Vedendole uscire in contemporanea un esaminatore posò lo sguardo su di loro, studiandole attentamente finché non vide traccia del vaso contenente i Galeoni e capì, facendo silenziosamente cenno alla donna di avviarsi verso gli ascensori. 

E dopo averle rivolto un ultimo, debole sorriso, promettendole che si sarebbero comunque viste presto, Mairne si voltò, avviandosi rapidamente verso la porta della stanza di Noah.
Ma a quanto sembrava lui l’aveva battuta sul tempo visto che quasi si scontrarono quando lei aprì la porta, facendolo sussultare: 

“Mairne! Che cosa fai qui?”
“Sono venuta a chiederti… allora? Te ne vai con Darcy?”

La bionda si  morse il labbro, facendo saettare lo sguardo oltre la spalla del ragazzo per sbirciare l’interno della stanza, senza però trovarvi traccia della ragazzina e provando così un piccolo moto di sollievo, che aumentò a dismisura quando Noah sorrise, scuotendo il capo e allungando una mano per sistemarle i capelli chiari: 

“No, resto qui. Stavo per venire a chiederti la stessa cosa, ma deduco che tu abbia fatto la mia stessa scelta.”
“Sì. Ma ero sicura che saresti tornato a casa, perché non l’hai fatto?”


Mairne si accigliò leggermente, guardando l’amico con sincera perplessità prima che il ragazzo l’abbracciasse, affondando il viso tra i suoi capelli: 

“A Darcy sta bene così… e con un po’ di fortuna, tra quattro anni sarà al nostro posto ce la farà anche lei. Per ora ho un’altra sorellina a cui badare.”


Le labbra di Mairne si stirarono istintivamente in un sorriso a quelle parole, mormorando un tenue “grazie” mentre ricambiava l’abbraccio, stringendo l’amico il più forte possibile.


*


Dopo aver salutato suo fratello Zavannah sbuffò debolmente, passandosi una mano tra i capelli biondi mentre camminava lungo l’ampio, arioso e illuminato corridoio, dirigendosi verso la porta di Nymphea per vedere come stesse. Era certa che avesse ricevuto la visita dei fratelli e non era sicura di come avrebbe potuto prenderla. 

Lei, dal canto suo, per quanto volesse bene alla sua famiglia non aveva accettato di tornare a casa e suo fratello, con suo gran sollievo, non solo aveva capito ma non aveva nemmeno insistito, limitandosi a salutarla e augurarle buona fortuna prima di andarsene. E  Zavannah gli era sicuramente molto grata per non averla messa in difficoltà più di quanto la prova in sè già non facesse. 


La bionda smise però di pensare alla sua famiglia e al dialogo appena concluso con il fratello maggiore quando si accorse che qualcuno stava praticamente correndo nella direzione opposta, rischiando di travolgere le poche persone che occupavano il corridoio. 
Zavannah inarcò un sopracciglio, guardando Phoebus avvicinarsi di filata ad una porta per poi esitare e, alla fine, aprirla. 

Non ci mise molto a rendersi conto che si trattava proprio della stanza di Nymphea ed istintivamente si fermò, indecisa sul da farsi e chiedendosi che cosa avesse deciso di fare l’ex compagna di Casa. 
Forse doveva seguire Phoebus? O aspettare qualche minuto e lasciarli soli? 

La bionda sbuffò, incrociando le braccia al petto e spostando nervosamente il peso da un piede all’altro, aspettando con impazienza di vedere uno dei due comparire dalla porta lasciata semi-aperta. 

Anche lei voleva sapere cosa avesse deciso di fare Nymphea, dopotutto. 




Era rimasta seduta sul suo letto, immobile, riuscendo ancora a sentire distintamente le loro voci mentre li avevano portati fuori praticamente di peso, asserendo che il tempo era finito e che dovesse prendere una decisione. 

Nymphea sollevò una mano, asciugandosi le guance umide mentre cercava di non pensare alle preghiere di Nerine, che mentre l’avevano praticamente trascinat fuori dalla stanza l’aveva implorata di tornare a casa loro. 

Lei aveva assicurato ai due bambini che si sarebbero visti comunque presto, ma il suo stomaco si era comunque stretto dolorosamente in una morsa, perfettamente consapevole che prima del loro Processo sarebbero passati 16 anni. E non era nemmeno detto che riuscissero a passarlo. 

Se da una parte si ripeteva che lo faceva specialmente per i loro genitori, dall’altra si sentiva ancora terribilmente in colpa.
Ed era piuttosto sicura che non avrebbe mai dimenticato la voce di Nerine, così come l’espressione delusa e ferita di Cole nel vedersi abbandonato di nuovo dalla sorella, il loro unico punto di riferimento. 

“Nym?”

La ragazza alzò lo sguardo, deglutendo a fatica mentre la sua attenzione si catalizzava su Phoebus, che era appena comparso sulla soglia della stanza, una mano sullo stipite della porta: 

“… allora? Cosa… cosa hai deciso di fare?”

Sembrava davvero nervoso e forse in un altro momento avrebbe sorriso, ma non lo fece, limitandosi ad abbassare lo sguardo, asciugandosi le lacrime. 

“Resto.”

Quando la voce rotta della ragazza arrivò alle sue orecchie tirò quasi un sospiro di sollievo, sorridendo debolmente prima di avvicinarlesi e sedersi accanto a lei, sul materasso. 

“Sono venuti i tuoi fratelli?”

Parlò con il tono più dolce che gli riuscì mentre allungava una mano, sfiorandole i capelli scuri mentre la ragazza annuiva, parlando con un filo di voce e continuando a non guardarlo. 

“Adesso mi odieranno.”
“Ma certo che no… capiranno, Nymphea. Forse non adesso, ma presto o tardi lo faranno. Vuoi solo aiutare i tuoi genitori, se ci riuscirai avranno qualcuno che si prenderà cura di loro... Tu hai già fatto abbastanza.”

Il Serpeverde sorrise appena, prendendole il viso tra le mani per costringerla a guardarlo e appoggiare le labbra sulle sue, immensamente sollevato della scelta che la ragazza aveva deciso di prendere. 


*


“Io non… non voglio più essere un peso per voi. Avrete una bocca in meno da sfamare, così facendo. Mi dispiace solo per il denaro, se potessi ve lo lascerei volentieri.”
“Lo so bene… Ma non preoccuparti per noi, stiamo bene. E ti assicuro che non sei mai stata un peso, tesoro.”

Lilian abbozzò un sorriso e la madre ricambiò, guardandola con affetto mentre le teneva il viso tra le mani. 

“Allora… sicura della tua scelta? Noi ovviamente vogliamo solo il meglio per voi, e siamo molto fieri di te.”
“Lo so. Mi mancherà vivere con voi, ma ci potremo vedere comunque, di tanto in tanto… credo che sia arrivato il momento, per me, di spiccare il volo. Ma salutami tutti, ok? Da’ un bacio a Lindsey da parte mia, dille che la sua sorellina la pensa sempre.”


*


Erza si fermò sull’uscio della sua stanza, appoggiandosi allo stipite della porta mentre guardava sua madre, così come i genitori e i fratelli di alcuni altri candidati, avviarsi verso gli ascensori. 
L’ex Serpeverde si guardò intorno per cercare di individuare qualche suo compagni che avesse scelto di lasciare il Processo, sperando ardentemente che si trattasse di un numero abbastanza elevato: in fin dei conti più se ne andavano con quella prova e meno ne rimanevano ad ostacolare la sua vittoria. 

La porta accanto alla sua, rimasta chiusa fino a quel momento, si aprì di scatto e la rossa si voltò istintivamente, ritrovandosi a guardare due ragazze strette in un abbraccio sulla soglia della stanza. E ben presto si rese conto di conoscere piuttosto bene una delle due, ma rimase in religioso silenzio, lasciando ad Asterope e la sorella la loro dovuta privacy. 

“Sei sicura? Non mi è piaciuta l’idea di lasciarti da sola, non è giusto che tu non possa avere la mia stessa opportunità.”
“Lo so, ma che vuoi farci… è andata così, qualcuno ha deciso che io e la magia non saremmo entrate in contatto. Davvero, non preoccuparti, non devi abbandonare tutto solo per me. Però vieni a trovarmi, ok?”

“Tutte le volte in cui potrò. E ti scriverò, ovviamente.”
“Bene… voglio sapere per filo e per segno com’è fatto questo fantomatico Offshore.”

Andromeda sorrise alla sorella maggiore, che ricambiò e annuì, guardando la ragazza con affetto e un velo di malinconia. Aveva davvero preso in considerazione di tornare a casa, ma era stata proprio sua sorella a dirle di non farlo, per quanto le sarebbe piaciuto continuare a stare insieme. 


“Spero tanto di vederlo a mia volta.”
“Beh, ormai manca poco, no? E se anche fosse, non voglio che tu te ne vada a causa mia. La mamma per sposare papà ha rinunciato alla sua famiglia, e se anche non si fosse innamorata di un Babbano di certo i Black non avrebbero accettato una come me. Fai come lei, segui quello in cui credi. Mi mancherai, certo, ma va bene così… forse dobbiamo prendere strade diverse.”

Andromeda si strinse nelle spalle, parlando con noncuranza e un tono piuttosto neutro, come se ormai avesse accettato la sua “condizione particolare” di Magonò. 

“D’accordo… ti direi di prendere il denaro e portarlo a casa, ma purtroppo non è possibile.”
“Non fa niente, infondo non ci serve poi così tanto… Buona fortuna Pippy. Ti voglio bene.”

La ragazza sorrise alla sorella maggiore, strizzandole l’occhio prima di voltarsi e allontanarsi verso gli ascensori con le mani sprofondate nelle tasche, mentre Asterope la seguiva con lo sguardo, chiedendosi come dovesse essere per lei vivere nella consapevolezza di essere diversa, che la sua condizione non fosse accettata dal Processo. Sua madre era una strega e anche sua sorella, ma non le era comunque permesso di prendere parte alla selezione per vivere nell’Offshore. 


“Tutto bene?”
“Sì. È stato solo un po’… difficile. Ma forse ha ragione lei.”
“Vuole che tu prenda la decisione più conveniente per te, significa che ti vuole molto bene. Con mia madre non è stato molto difficile, ho subito messo in chiaro che no, non l’avrei mai seguita, neanche per il doppio di quei Galeoni. Sento che il mio posto è altrove.”

“Allora speriamo che tu non ti stia sbagliando.”


*


“Leta, te l’ho detto, non…”
“Lo so, so che cosa hai detto. Ma non sono comunque convinta, per niente. Non mi è piaciuta l’idea di lasciarti sola. Sicura di stare bene?”

Alethea si morse il labbro, rivolgendo un’occhiata apprensiva alla sorella gemella, che sospirò e annuì, sporgendosi leggermente per avvicinarsi alla sorella e prenderle le mani tra le sue:

“Sì, sicura.”
“Davvero? Perché l’altra volta, quando stavi male, ci hai messo parecchio a parlarmene.”

“Leta va tutto bene. E non ti devi sentire in colpa se tu sei qui e io no, è soltanto merito tuo. È grazie a TE se adesso di qui, ad un passo dall’Offshore. È quello che abbiamo sempre voluto.”

“Appunto, abbiamo. Abbiamo sempre fatto tutto insieme.”
“Lo so, ma a volte le persone cambiano, i fratelli crescono… e le strade si dividono. Ti voglio bene, lo sai, e per questo voglio che tu vada fino in fondo.”

“Non ti voglio lasciare da sola. Credo che tu sia l’unica amica che io abbia mai avuto.”
“So che non sei molto incline a socializzare, ma si può sempre iniziare a farlo. Non rinunciare a tutto per niente, Leta.”

“Lizzie, non sarebbe per niente! Sei mia sorella, sei molto importante per me… sei la cosa più importante. E in queste settimane mi sono chiesta spesso come stessi, è stato molto difficile non poterti vedere o parlare. Non so se voglio vivere così… e poi quelli ci farebbero comodo, non pensi?”

“È solo denaro, Leta. Il denaro finisce.”
“Ma il nostro legame no. Non voglio che finisca. Non voglio stare lì e continuare a chiedermi se stai bene, se hai avuto una ricaduta…”

“È successo, ok? Sì, è successo, ma è passato, e ora sto bene. Non ho preso parte al Processo, è vero, nel periodo in cui ci si doveva registrare ero… molto giù, e non l’ho fatto. Avrei dovuto ascoltarti, ma non l’ho fatto. Ora tu ascolta me.”

Alethea sbuffò, facendo scivolare le mani dalla presa della gemella, distogliendo lo sguardo e puntando gli occhi chiari sul pavimento lucido e liscio. 
Voleva vivere nell’Offshore, lo voleva davvero… ma non voleva neanche perdere sua sorella, forse la 
persona che amava di più, e vedendola dopo alcune settimane se n’era resa conto appieno.

Non solo non le piaceva l’idea di poterla vedere poco, ma pensava anche a cosa sarebbe successo se fosse stata male di nuovo… questa volta senza avere lei accanto ad aiutarla a rimettersi in piedi, ad uscire dalla depressione post-traumatica.


“Allora? È una decisione che devi prendere tu, Leta. Se tornerai a casa con me non dico che me la prenderò, da un lato mi renderebbe felice… ma voglio anche che tu stia bene.”
“Io sto bene comunque, Lizzie, Offshore o non Offshore. Certo, lì sarebbe tutto molto più bello, più semplice… ma forse la vita comoda non è sempre la soluzione per la felicità. Una vita comoda ha senso se non puoi condividerla con qualcuno a cui tieni molto?”





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Angolo Autrice:

Capiterà che non vi lasci sulle spine alla fine di un capitolo? 
Anche questa volta, troverete la risposta domenica con il seguito… a presto :P

Signorina Granger 

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Capitolo 15
*** Prova individuale ***


Capitolo 10: Prova individuale 



“Non è per i soldi, lo sai, vero?”

Elizabeth annuì, rivolgendo un’occhiata carica d’affetto ma, allo stesso tempo, di malinconia alla gemella:

“Lo so che non ti importa dei soldi. Ma ne sei sicura?”
“Sì… non ti voglio lasciare sola. E poi, lo sai, voglio trovare chi ti ha fatto del male e fargliene pentire amaramente. Non può passarla liscia, so che preferiresti che io dimenticassi ma no, mi dispiace, proprio non posso farlo.” 

Alethea scosse debolmente il capo e la sorella annuì con un lieve sospiro, porgendole una mano:

“Ok… andiamo, allora.”
L’ex Corvonero sorrise appena, annuendo di rimando e stringendo la mano di Lizzie per uscire dalla stanza.
Come avevano sempre fatto e come avrebbero di certo continuato a fare: insieme.


Voleva che sua sorella se ne facesse una ragione, che andasse avanti, era stata la prima a ripeterglielo a lungo… ma allo stesso tempo lei non era riuscita a farlo, non aveva mai mandato giù quello che le era successo quasi un anno prima e da quando sua sorella glie l’aveva finalmente  confessato si era decisa a trovare quell’uomo, trovarlo per fargliela pagare. 

E farlo dall’Offshore, senza sua sorella accanto, non sarebbe stato possibile. 
Così, di fronte a quel bivio, Alethea Rove invece che se stessa aveva scelto sua sorella, la solidarietà e, soprattutto, la tanto agognata vendetta. 


*


“Stamattina siete entrati qui in 35, ora siete in 23. Ben in dodici hanno scelto di lasciare il Processo con i loro cari e il denaro che abbiamo messo a vostra disposizione, quindi mi congratulo con coloro che sono rimasti… evidentemente, soltanto voi lo volete davvero. Come sapete, alla fine solo un massimo di dieci tra di voi potrà accedere definitivamente nell’Offshore, quindi solo poco meno della metà tra i presenti… abbiamo pianificato solo un’altra prova, ma se non dovessero andarsene come minimo in tredici ce ne sarà un’altra e un’altra ancora, finché i numeri non verrano rispettati. Tutto chiaro?”

Nel non ricevere alcuna risposta, ma solo un lieve mormorio di assensi generali, Benjamin annuì e riprese a parlare dopo una breve pausa, continuando a far correre lo sguardo sui candidati rimasti:

“Bene. L’ultima prova sarà individuale, nessun gruppo e nessuna coppia… ma non si svolgerà oggi, come sempre vi chiameremo quando arriverà il momento. Per ora, candidati, andate a riposarvi… e guardatevi intorno, perché entro una settimana dieci tra di voi saranno nell’Offshore, mentre gli altri saranno tornati a casa, dalle rispettive famiglie.”


*


Non aveva dormito quasi per niente la notte precedente, e neanche quella prima ancora. 
Continuava a maledirsi, a ripetersi di cercare di godersi la comodità e il lusso che le era stato destinato. Ma proprio non riusciva a rilassarsi: viveva da due giorni in perenne stato di allerta, continuando a chiedersi che cosa avrebbe dovuto affrontare nell’ultima prova, e sopratutto quando avrebbe avuto luogo. 

Aveva anche perso il conto dei giorni che erano passati da quando era iniziato il Processo, non aveva idea di che giorno fosse… circa tre settimane, probabilmente, ma le sembrava che la vita vera, con la sua famiglia, fosse lontana anni luce.


Lilian sospirò, rigirandosi sul morbido materasso mentre la stanza era illuminata dalla luce che filtrava dalla finestra, era tarda mattinata e probabilmente di lì a poco avrebbero pranzato…
 Anche se avrebbe di gran lunga preferito che quell’ultima prova arrivasse e basta, era stanca di aspettare. 

Quando sentì bussare la ragazza si irrigidì, esitando prima di invitare il suo ospite ad entrare e rilassandosi quando si rese conto che era solo Mairne, che le sorrise prima di avvicinarlesi:

“Ciao, dormigliona.”
“Dormigliona un cavolo, non chiudo occhio, praticamente… sono tesa come una corda di violino, non ne posso più di aspettare, perché non possono sottoporci alla prova e basta?”
“Immagino che faccia parte del gioco coglierci impreparati… ma non ti nascondo che sono un po’ nervosa anche io. Insomma, sarebbe davvero frustrante andarsene proprio adesso, no? Dopo tutta la fatica che abbiamo fatto…”

“Se ne devono andare solo altri tredici, ora sembrano molti ma in confronto ai 190 del primo giorno… abbiamo fatto molta strada biondina, cerchiamo di non farci buttare fuori proprio all’ultimo. Se non altro, c’è una buona probabilità che almeno una di noi ce la faccia, sarei comunque felice di vederti trionfare.”
“Lo stesso, ma ovviamente preferirei farcela insieme… a te e a Noah. Credo che andrò a trovare anche lui, ieri era più musone del solito!”

Mairne diede un piccolo colpetto affettuoso sulla spalla dell’amica, rivolgendole un ultimo, incoraggiante sorriso prima di alzarsi e raggiungere nuovamente la porta della stanza, lasciando sola l’ex Grifondoro. 

Lilian puntò nuovamente lo sguardo sul soffitto, ripetendosi che ce l’avrebbe fatta: non avrebbe sopportato l’idea di tornare a casa dopo aver negato alla sua famiglia il denaro che tanto le sarebbe servito. 


*


“Allora… visto che non hanno intenzione, come sempre, di dirci quando avrà luogo l’ultima prova e qui gli argomenti di conversazione scarseggiano… dimmi, come va con il tuo ragazzo? Hai fatto bene a dirmi che i suoi genitori volevano costringerlo a sposare sua cugina, stavo già preparando i guantoni per farlo nero.”
“Per carità! E poi… non è il mio ragazzo. Cioè, non lo so.”

“Per l’amor del cielo… Oh certo, non è il tuo ragazzo, si limita a ficcarti la lingua in gola ogni volta che può, oltre che sorriderti come un benamato idiota. Nymphea, ma devo insegnarti tutto? Vai e metti le cose in chiaro, lo sanno anche i muri che ti piace.”
“Non stressarmi, ci pensa già il contesto!”

Nymphea sbuffò debolmente, incrociando le braccia al petto e mettendosi immediatamente sulla difensiva. Zavannah roteò gli occhi e fece per replicare, ma decise di lasciar perdere quando si accorse che  qualcuno si stava avvicinando a lei e all’amica, prendendo posto accanto a Nymphea sulla panca per rivolgerle un sorriso e darle un bacio su una guancia: 

“Eccoti qui… finalmente hai messo piede fuori dalla tua camera, volevo bussare ma temevo di svegliarti. Dormito bene?”
“Ciao. Abbastanza bene, grazie.”

Nymphea piegò le labbra in un sorriso, ignorando di proposito l’occhiata eloquente che la bionda le rivolse – sottintendendo un chiarissimo “visto” – mentre il ragazzo allungava una mano per prendere un pezzo di pane dal cestino:

“Io muoio dalla voglia di sapere che cosa dovremo fare… ma il fatto che la prova sia individuale non mi rassicura, per niente.”
“Neanche a me. Spero solo che vada tutto bene, e che siano clementi, soprattutto.”


*


“È tutto pronto?”
“Sì Signore… se vuole, possiamo cominciare.”

Benjamin annuì debolmente, continuando a tenere gli occhi azzurri fissi sullo schermo che aveva davanti, osservando i ragazzi conversare e pranzare nella mensa: 

“… Va bene, andiamo ad annunciare l’inizio della prova. Direi che hanno avuto abbastanza tregua.”


*


“Spero che vi siate riposati e rifocillati ragazzi, perché è arrivato il momento della vostra ultima prova. Come vi avevo predetto sarà individuale, quindi non solo dovrete affrontarla da soli, ma non sarà uguale per tutti, ne abbiamo pianificate diverse per ognuno di noi… vi abbiamo osservati per tutto il tempo, e per alcuni la prova sarà… strettamente personale, diciamo.”

Benjamin esitò per un attimo, facendo vagare lo sguardo sulla ventina di ragazzi che aveva davanti, cogliendo distintamente una nota di preoccupazione negli occhi di molti di loro. 
Trattenne a stento un debole sorriso, ripensando a quando quel momento era toccato a lui: probabilmente non aveva mai avuto paura per una prova come per quell’ultima, l’unica costante in quasi tutti i Processi insieme ai Colloqui.


“Pertanto, non l’affronterete simultaneamente, siete stati divisi in gruppi più piccoli in ordine alfabetico. Quelli che chiamerò adesso verrano affidati all’attenzione di un esaminatore ciascuno e dovranno seguirlo, vi verrà spiegata la vostra prova. Perciò, candidati, buona fortuna.”


*


Quando era stata chiamata per prima, Lilian non aveva saputo se esserne felice o meno: da una parte era sollevata che quell’agonia stesse finalmente per finire, ma dall’altra era praticamente terrorizzata. 
Anche Mairne e Noah erano stati chiamati nel primo gruppo e non le era rimasto che salutarli e augurar loro buona fortuna prima di allontanarsi insieme all’esaminatrice alla quale era stata affidata, che la stava portando al piano inferiore.

“Lilian, ricordi dopo i Colloqui, quando uno tra i ragazzi eliminati si è tolto la vita?”

La donna si fermò quando ebbero raggiunto un corridoio, voltandosi verso di lei mentre la ragazza annuiva, deglutendo: come avrebbe potuto dimenticarlo?

“Beh… qui dentro ci sono i suoi genitori, li abbiamo convocati ma ancora non sanno niente. Quello che devi fare è semplicemente metterli al corrente.”

Lilian si sentì raggelare, sgranando gli occhi e guardando la strega che aveva di fronte con sincera incrudeltà, chiedendosi se non avesse capito male:

“Come? Non… non posso farlo”
“Beh, devi, se vuoi superare definitivamente il Processo. Sei arrivata a 99 gradini Lilian, e per farne 100 te ne manca solo uno… sicura di voler abbandonare adesso?”

“Perché devo farlo? Non lo conoscevo nemmeno!”
“Il tempo passa, Lilian… e hai un massimo di dieci minuti insieme a loro. Devi guardarli, dirgli quello che è successo e convincerli che non è stata colpa del Processo, che non lo devono rinnegare o impedire ai loro figli più giovani di parteciparvi. Tutto chiaro?”

“Cristallino.”

Lily piegò le labbra in una smorfia, parlando con un tono gelido e lanciando un’occhiata alla parete di vetro, attraverso la quale poteva vedere le due persone che, ignari, l’aspettavano prima di aprire la porta, dicendosi che sì, poteva superare anche quell’ultima ostacolo. 


*


L’aveva portato in una stanza deserta e praticamente buia, mettendogli tre Galeoni tra le mani e indicandogli le quattro foto che erano state lasciate sul pavimento. 
Foto che raffiguravano Phoebus, Kieran, Theo e persino lui.

“Hai tre monete, ma le foto sono quattro. Hai cinque minuti di tempo, quando saranno scaduti io tornerò qui e dovrai aver messo una moneta su ogni foto, eccetto ovviamente per una. Il ragazzo rappresentato nella foto lasciata senza moneta verrà automaticamente eliminato… A te la scelta, Alastair.”

“Devo decidere IO? Non è equo, non hanno una prova da affrontare a loro volta?”
“Per ora abbiamo aspettato apposta, quelli che si salveranno l’affronteranno presto… nel frattempo, uno di loro verrà rimandato a casa. Mi sembra sia piuttosto semplice, quindi… scegli con attenzione.”

L’esaminatore si congedò con un ultimo, lievissimo sorriso prima di allontanarsi, uscire dalla stanza e chiudersi la porta alle spalle, lasciandolo solo insieme alle tre monete e le quattro foto. 

Se possibile, quella prova era ancor peggio della precedente… e non sapeva proprio come ne sarebbe uscito.


*



“Mairne?”

Sentendosi finalmente chiamare la bionda alzò lo sguardo di scatto, sorridendo quasi con sollievo mentre annuiva, alzandosi in piedi: le avevano fatto aspettare qualche minuto, che la ragazza aveva passato letteralmente in agonia, da sola in quel corridoio asettico. 

“Prego, vieni dentro.”
L’ex Corvonero non se lo fece ripetere due volte e si affrettò ad entrare nella stanza indicatale dall’esaminatrice, prendendo posto su una delle due sedie presenti nella stanza quadrata, entrambe poste davanti ad un piccolo tavolo. 
La donna si chiuse la porta alle spalle e poi la imitò, prendendo posto di fronte a lei e abbozzando un lieve sorriso:

“Curiosa?”
“Abbastanza. Nervosa, anche.”
“Non devi esserlo, la tua prova non è complessa… anzi, è molto semplice, in realtà, questione di pochi minuti e poi sarai libera. Se di restare qui o di tornare a casa, starà a te stabilirlo. Allora Mairne… tu e Noah Carroll siete molto amici, vero?”

“Sì. Perché?”
“Beh, vi abbiamo visto insieme davvero molto spesso, e quando eravate nella cantina ti ha difesa.”
“Ci conosciamo dalla scuola, è il mio migliore amico.”

Mairne annuì, stringendosi nelle spalle e sforzandosi di restare rilassata, anche se la piega che quella conversazione aveva preso non le piaceva per niente. 

“Si vede. Che siete molto uniti, intendo… fino a che punto?”
“Farei qualunque cosa per lui. E lui per me, ne sono sicura.”

“Già… è una frase che ho sentito spesso, sai? Abbiamo avuto a che fare con coppie di fratelli, di fidanzati, o di grandi amici… ma non tutti reagiscono allo stesso modo a questa prova. Mairne, mi  dispiace dirtelo, ma Noah non è riuscito a superare la sua prova. Ti abbiamo fatta aspettare per questo, prima abbiamo sottoposto LUI.”


La bionda rimase in silenzio per un attimo, deglutendo a fatica e trattenendosi dall’alzarsi, correre fuori dalla stanza per raggiungere l’amico e prenderlo per i capelli, uccidendolo per essersi sognato di fallire e abbandonarla. 
Non poteva essere stato eliminato davvero. Non facevano che parlare dell’Offshore e di farcela insieme da anni, ormai. Aveva immaginato di vivere lì con lui così tanto spesso che nella sua testa ormai era diventata praticamente una certezza. 

“Che cosa ha sbagliato?”
“L’ultima prova può giocare brutti scherzi, Mairne… la stanchezza, l’ansia. Ci siamo passati tutti. Ma Noah può ancora superare il Processo Mairne.”

La donna sorrise appena, intrecciando le mani mentre si sporgeva leggermente in avanti, verso di lei, continuando a tenere gli occhi fissi nei suoi mentre Mairne contorceva la mascella, sapendo già cosa stesse per sentire.

“Puoi cedergli il suo posto, se vuoi.”


Senza immaginare che in quel momento Noah si trovava nella sua stessa situazione.


*


“Ciao Theodore… prego, siediti.”

Theodore inarcò leggermente un sopracciglio, osservando brevemente Benjamin con un’espressione scettica, continuando a chiedersi il perché di quel “colloquio” imprevisto. 
Di sicuro, si era aspettato ben altro per la sua prova, non di dover parlare con il Direttore del Processo.

Il ragazzo si avvicinò al tavolo rettangolare a capo di cui era seduto Benjamin, prendendo posto alla sua sinistra senza fiatare, aspettando che fosse lui a parlare. 

“Immagino che tu ti stia chiedendo perché sei qui.”
“In effetti sì, Signor Kubrick.”

“Teniamo sotto controllo tutti i candidati durante il Processo, Theodore. E ovviamente, alcuni ci colpiscono più di altri. Tu sei, indubbiamente, un ragazzo molto sveglio, te la sei cavata piuttosto bene fino ad ora.”
“Grazie.”
“Solo i migliori arrivano fino alla fine, Theodore… tu pensavi di arrivare fino a questo punto?”

“Non saprei… credo di no.”
“Neanche io. Mi sono reso conto che era tutto vero solo quando mi hanno sopposto alla cerimonia di purificazione… Sai, anche io ero molto sveglio. Tra i più acuti, penso… sei Corvonero?”

Il ragazzo annuì e Benjamin abbozzò un sorriso, annuendo di rimando: 

“Lo immaginavo… anche io. Penso proprio che tu passerai la selezione, Theodore.”

Il ragazzo inarcò un sopracciglio, restando in religioso silenzio ma continuando a chiedersi il perché di quella chiacchierata. 

“E proprio perché penso che ci somigliamo, ti ho fatto chiamare per chiederti quello che venne chiesto anche a me, vent’anni fa. Ti sei mai chiesto perché ogni anno ha luogo il Processo? Perché esiste l’Offshore?”
“Per mantenere l’ordine? Per dare la possibilità alle persone di entrare nella cerchia ristretta?”

“Naturalmente… ma dimmi, come pensi che la prendano i ragazzi che vengono eliminati, che varcano quella soglia e tornano a casa, perdonando la loro unica occasione? Male, certo. Alcuni reagiscono con una forte crisi riguardo le proprie capacità, l’auto stima può calare, può sopraggiungere la depressione… in altri casi, prevale la rabbia verso quest’istituzione. Il Processo ha luogo ogni quattro anni e questo è l’85°.”

“È molto tempo.”
“Già. E dimmi, perché nessuno si oppone? Viviamo in una società dove non vige l’uguaglianza Theodore, alcune persone, molto poche, hanno più risorse di altre… ma perché, dopato tutto questo tempo, il potere e anche nelle nostre mani? Di chi vive dall’altra parte?”

Il Corvonero aggrottò la fronte, cercando di cogliere il motivo di quella domanda. In effetti non aveva mai valutato la situazione da quell’angolazione.

“Non credo di saper rispondere.”
“È per questo che il Processo esiste, Theodore. È un’ideologia. Più le persone stanno male e soffrono, maggiore è il desiderio e l’inclinazione a cercare qualcosa di migliore a cui aggrapparsi, qualcosa che diminuisca, almeno un po’, le difficoltà. Dà alla massa qualcosa a cui aggrapparsi e lei ci si ancorerà. Il Processo serve a non sollevare polemiche, proteste, mantiene l’ordine: noi viviamo meglio di molti altri, ma diamo comunque l’impressione di permettere a qualcuno di compiere un salto di qualità. Le persone si aggrappano a questo, alla speranza, e non sollevano proteste.”

“E questo cosa c’entra con me?”
“I ragazzi che passano il Processo vengono selezionati con cura, vi osserviamo a lungo, anche al di fuori delle Prove… ma il primo periodo passato nell’Offshore può essere… turbolento. Alcuni fanno più fatica ad attenersi alle regole di altre. La vita nell’Offshore è molto piacevole, te l’assicuro, ma ci sono regole che vanno rispettate… per mantenere la società perfetta tale ce n’è bisogno. Quello che ti sto chiedendo è di… aiutarci a monitorare la situazione.”

“… mi sta chiedendo di fare la spia controllando i miei compagni?!”


*


“Temo che il tuo tempo sia scaduto, Alastair… che cosa hai deciso?”

Sentendo la voce dell’esaminatore Al si voltò, rivolgendogli un’occhiata cupa prima di spostarsi di un passo, permettendo all’uomo di vedere come aveva posizionato le monete: forse un giorno si sarebbe dato del folle, ma per il momento andava bene così.

“Ho scelto.”

Guardò gli occhi scuri dell’esaminatore catalizzarsi sulle quattro foto e inarcare un  sopracciglio quando si concentrò sulla sua stessa foto, trovandola senza moneta. 

“Quindi ti sei auto eliminato. Hai deciso di salvare gli altri.”
“Già. Sono miei amici, non me la sento di negare a nessuno di loro quest’opportunità.”

Alastair si strinse debolmente nelle spalle, parlando con un tono piatto e quasi cupo mentre il mago si voltava verso di lui, abbozzando un sorriso: 

“Bene. Ottima scelta, Alastair… Hai superato il test.”


*


Quando aprì la porta, Mairne era quasi in lacrime, continuando a risentire le parole dell’esaminatrice. 

“Biondina!”
Sentendo una voce, la sua voce, Mairne alzò lo sguardo, sorridendo con indescrivibile gioia e sollievo nel trovarsi l’amico davanti, correndogli incontro per abbracciarlo di slancio. 

“Ne deduco che hai deciso anche tu di “cedermi il posto”.”
“Secondo te avrei potuto fare altro?”

Noah sorrise di fronte al lieve sbuffo della ragazza, accarezzandole i capelli e chinandosi per darle un bacio su una guancia: 

“Grazie. Sono un branco di bastardi, ma non sono comunque riusciti a dividerci. Quando mi hanno detto che non avevi superato la tua prova non sapevo se disperarmi o venire ad ucciderti.”
“Lo stesso… non pensarci neanche, a lasciarmi sola in mezzo a questa gente!”


“Ragazzi!”

Sentendo una voce altrettanto familiare i due si voltarono, sciogliendo l’abbraccio per concentrare la propria attenzione sulla ragazza che, sorridendo, stava correndo loro incontro: 

“Ce l’ho fatta!”


*


“Allora, Phoebus… la tua prova consiste nell’ideare un nuovo test per il Processo. Hai trenta minuti e ti abbiamo fornito i registri dei vecchi Processi, se vuoi puoi consultarli. Ovviamente non devi pianificare tutti i particolari, ma dovrai presentarmi un’idea, e deciderò se bocciarla o reputarla adeguata. Tutto chiaro?”

Phoebus annuì, prendendo lentamente posto sull’unica sedia presente nella stanza, davanti alla scrivania, e quasi non udendo l’augurio che la donna gli rivolse prima di uscire dalla stanza, lasciandolo solo.

Il Serpeverde sospirò, passandosi nervosamente una mano tra i capelli scuri mentre posava lo sguardo sulla pila di registri che gli avevano lasciato: trenta minuti per organizzare un ipotetico test, non era impossibile, ma neanche semplice. 
Ma doveva farcela, in ogni caso. 


*


“La tradizione vuole che al termine delle prove individuali vengano proiettate, su quelle sue pareti, gli ologrammi dei due Fondatori. Il tuo compito sarà azionare i due interruttori, alle 18 in punto. Le immagini vanno proiettate simultaneamente, o rischiano di oscurarsi a vicenda.”

“D’accordo. Dove sono i proiettori?”

Hailey annuì, rivolgendosi all’esaminatrice a cui era stata affidata, che le aveva appena indicato le due pareti bianche opposte della sala dove avevano ascoltato il discorso di Benjamin il primo giorno.
Inutile dire che il sorriso della donna le presagì qualcosa di molto poco piacevole ancor prima di sentirla parlare:

“Il primo è laggiù, vicino alla rampa nord… e il secondo è vicino alla rampa sud.”
“Ci saranno 100 m di distanza… come dovrei fare ad essere in due posti nello stesso momento?”

“Beh, sei intelligente, immagino che troverai un modo… ricordati Hailey: 18 in punto, le immagini dovranno essere visibili da tutti al tramonto. Ti sarà lasciata la bacchetta, ma ovviamente qui dentro non è possibile Smaterializzarsi.”

“Già, ovviamente.”

Hailey piegò le labbra in una smorfia, dicendosi che in effetti sarebbe stato anche fin troppo semplice azionare due interruttori. 
Ma restava comunque la domanda: come avrebbe fatto ad azionarli insieme senza Smaterializzarsi?


*


“Direi che è piuttosto semplice. Devi arrivare dall’altra parte passando per queste travi.”

Nymphea deglutì a fatica, sforzandosi di lanciare un’occhiata al bordo del pavimento, lasciato senza alcuna ringhiera, muretto o un qualunque tipo di protezione. 
Erano al quarto piano e cogliendo la distanza che la sperava dal pavimento immacolato del piano terra ebbe quasi un mancamento, facendo istintivamente un passo indietro. 

Come facevano a sapere che soffriva di vertigini?

Il piano si articolava a ferro di cavallo, e a quanto sembrava avrebbe dovuto attraversare quei metri camminando sulle quattro larghe travi che fruivano da “ponte”. 


“Ovviamente, se dovessi cadere non ti succederà niente, verresti rispedita magicamente qui senza un graffio. Ma se succedesse sarai eliminata, Nymphea. Così come se ti rifiuti di farlo.”
“Ok… ho un limite di tempo?”
“No.”

La Tassorosso annuì, ripetendosi mentalmente di respirare. Non poteva essere peggio di restare interi giorni senza mangiare, no? 
O trovarsi davanti i suoi fratelli e doverli abbondare.

“Ok.”


Così mise un piede sulla trave, e poi un altro, ripetendosi di non guadare giù… non aveva mai neanche toccato una scopa per la sua dannata paura dell’altezza… ma forse era arrivato il momento di affrontarla.


*


“Quindi? La tua decisione?”
“…no. Mi dispiace, non voglio farlo. Sono stato abituato a pensare solo a me stesso e far parte di qualcosa è uno dei motivi per cui voglio vivere nell’Offshore. Non voglio fare il doppio gioco, in alcun modo… alcuni di loro sono miei amici.”

Theodore abbassò lo sguardo, passandosi nervosamente una mano tra i lisci capelli castani. 
Non poté così vedere il sorriso che increspò le labbra di Benjamin, che annuì: 

“Mi fa piacere. La sincerità e la lealtà sono qualità molto apprezzate nell’Offshore, Theodore. Congratulazioni, hai appena superato il Processo di selezione.”


*


“Tempo scaduto, Phoebus… allora, dimmi, a cosa hai pensato?”

Quando l’esaminatrice gli si avvicinò fermandosi accanto alla scrivania per aggirarsi al mobile, l’ex Serpeverde annuì, sorridendo con aria soddisfatta: 

“Ho pensato di ispirarmi alla prova di pochi giorni fa… penso che sia un test cinico, basato sulla nostra vulnerabilità e una buona dose di materialismo e avarizia. Ma ovviamente noi siamo perfettamente consapevoli di essere giudicati, quindi… ho pensato ad un’opzione diversa. I candidati potrebbero ricevere, in privata sede, un’informazione che miri all’emotività… forse qualcuno potrebbe informarli che la loro madre, il loro padre o il loro fratello ha avuto un grave incidente che ormai non gli resta molto da vivere… e  verrebbero quindi messi di fronte ad una scelta: andarsene o restare, chi decidesse di andarsene verrebbe eliminato.”

“Hai pensato di modificare un test preesistente… ma noi ti avevamo chiesto di inventarne uno.”

La donna inarcò un sopracciglio, leggermente perplessa, ma il ragazzo non si scompose, ricambiando con un sorriso e una scrollata di spalle: 

“Beh, mi avete dato solo mezz’ora, non è sufficiente per poter studiare a fondo i vecchi Processi e calibrarmi sulle prove… se volevate un nuovo test avreste dovuto darmi un’ora. Ma potete sempre farmi arrivare nell’Offshore e chiedermi di curare i test per il prossimo Processo.”

Il sorriso del ragazzo non vacillò, neanche quando l’esaminatrice impiegò qualche istante ad osservarlo con cipiglio pensieroso, valutando la prova, la sua risposta e il suo atteggiamento. 
E quando, alla fine, le sue labbra si piegarono in un sorriso, Phoebus seppe di avercela fatta. 

Il suo fascino colpiva sempre, dopotutto. 


*


“Prego, siediti.”

Asterope obbedì, lanciando un’occhiata scettica ai figli che aveva davanti, appoggiati sul tavolo accanto ad una piuma e il calamaio. 

“Come vedi, hai davanti una specie di questionario… hai venti minuti per completarlo, i quesiti sono vari, alcuni si basano sulle conoscenze, in altri è richiesta più logica e dovrai risolvere piccoli problemi. Buona fortuna, Asterope.”

“Grazie.”
La Serpeverde piegò le labbra in una lieve smorfia mentre prendeva la penna in mano e il conto alla rovescia iniziava, parlando a denti stretti come sempre quando si sentiva chiamare con il suo nome completo, che non aveva mai sopportato. 
Ma bando agli indugi: aveva molte domande a cui rispondere.


*


“Sei stata davvero forte, chi se lo sarebbe aspettato… allora non sei solo una bambolina di porcellana incredibilmente brava a creare intrugli.”

Zavannah sorrise con aria divertita all’amica, assetstandole un lieve buffetto sul braccio mentre Nymphea invece sbuffò leggermente, suggerendole con un’occhiata di non prenderla in giro: 

“Sì, beh, è stata dura, ma sono felice di avercela fatta, era anche una prova con me stessa che volevo superare. E sono anche felice di vederti ancora qui, naturalmente. Quasi non mi sembra vero…”
“Oh, beh, ci vuole ben altro che una prova per farmi fuori. Si sono messi contro la bionda sbagliata, datemi due guantoni e conquisterò il mondo! Ho fatto nero quel tipo, poveretto.”

“Ricordami di non farti mai arrabbiare.”
“Te lo appunterò da qualche parte, bambolina.”

Zavannah sorrise, guardando l’amica annuire ma continuando a sembrare ugualmente leggermente nervosa, guardandosi intorno di tanto in tanto nel corridoio deserto mentre teneva le braccia conserte. 

“Sei preoccupata per Gaunt?”
“Un po’.”

“È normale… ma sono sicura che se l’è cavata alla grande.”

Nymphea stava per dire all’amica che sperava avesse ragione quando un rumore attirò la sua attenzione, portandola a voltarsi: una porta si era appena aperta e dalla stanza era uscito proprio un Phoebus piuttosto sorridente, che quando le vide si affrettò a raggiungerle. 

“Allora? Come è…?”

Ma Nymphea non fece in tempo a finire la frase, perché il ragazzo l’agguantò per stringerla in un abbraccio, girando persino su se stesso: 

“Superata! Perché, avevi dubbi sulle mie capacità Nym?”
“Scusami tanto se ero preoccupata per te!”
“Non era necessario, com’era prevedibile il mio fascino irresistibile ha colpito anche l’esaminatrice.”

Phoebus sorrise ma questa volta Nymphea non ricambiò, lanciando un’occhiata piuttosto torva al ragazzo mentre lui la rimetteva con i piedi per terra, afferrandosi ad allacciarle le braccia all’altezza della vita, sorridendole teneramente:

“Sto scherzando Nym, non fare la gelosa!”
“Bah...”

“È vero Nym, non hai ragione d’essere gelosa… così come non lo è Phoebus, anche se con i tuoi occhioni verdi e il visino angelico hai immediatamente conquistato il TUO esaminatore e quando hai finito la prova alcuni ragazzi si sono avvicinati per attaccare bottone. Beh ragazzi, credo che andrò a fare un giro di perlustrazione per vedere come se la cavano gli altri… a dopo, immagino!”

Zavannah sfoggiò un ultimo sorrisetto prima di girare sui tacchi e allontanarsi, cercando di non ridere mentre sentiva distintamente la voce di Phoebus, che si era voltato verso Nymphea con sguardo truce, chiedendole spiegazioni. 
E invano la Tassorosso aveva tentato di dirgli, molto rossa in volto, che Zavannah si era inventata tutto e che lo stava solo prendendo in giro. 


*


Restare immobile, al buio e chiuso dentro un armadio per dieci minuti. 
Difficile, non impossibile. 

Chiunque avrebbe detto così, ma non lui… lui, rendendosi conto di cosa avrebbe dovuto fare, aveva storto il naso, chiedendosi come facessero a sapere della sua claustrofobia. 
E ora era effettivamente lì, al buio e tremando, gli occhi chiusi mentre cercava di respirare e non impazzire, mentre la sensazione di soffocamento e mancanza d’ossigeno aumentava a dismisura. 

Avrebbe potuto allungare una mano e aprire l’alta in ogni momento, certo, ma sapeva che se l’avesse fatto non sarebbe più potuto tornare indietro. 
Quello non era un gioco, era il Processo. E la possibilità data era soltanto una. 

Quando era entrato nell’armadio aveva iniziato a contare i secondi, ma ormai aveva perso il conto e non aveva idea di quanto tempo fosse passato… cinque minuti? Sei? Nove?
Sperava solo che la  fine fosse vicina, perché era certo che non avrebbe resistito ancora a lungo.


*


Hailey si morse il labbro, continuando a rigirarsi la bacchetta tra le dita mentre teneva gli occhi fissi sull’interruttore che aveva davanti, mentre l’orologio digitale di cui era munito scandiva I pochi secondi che mancavano alle 18 in punto. 

Non era sicura che avrebbe funzionato, in realtà, ma in quell’ora non era riuscita a farsi venire in mente altro… era la sua unica possibilità. 
Quando mancavano ormai quindici secondi la Corvonero respirò profondamente, puntando la bacchetta contro gli ingranaggi dopo aver precedentemente aperto il piccolo sportello bianco. 
Mancavano solo dieci secondi alle 18 quando mormorò la formula dell’incantesimo premendo in contemporanea il tasto dell’interruttore. 

“Arresto Momentum.”

E poi iniziò a correre come probabilmente non aveva mai fatto in vita sua, attraversando la terrazza a ferro di cavallo da dove Benjamin aveva pronunciato il discorso il primo giorno del Processo per raggiungere il secondo interruttore il più rapidamente possibile, premendolo non appena si fu avvicinata abbastanza.

Tirò un sospiro di sollievo quando si rese conto di averlo premuto in tempo ma subito dopo alzò lo sguardo, sporgendosi per poter vedere entrambe le pareti dove, con sua somma gioia, fecero capolino entrambe le immagini proiettate.
Evidentemente, rallentare il Processo di attivazione con la magia era stata la scelta giusta. 

“Ce l’ho fatta… ce l’ho fatta, stronzi!”


E improvvisamente non le importo neanche che qualcuno potesse sentirla, troppo impegnata ad esultare per quell’ultima, soddisfacente e liberatoria vittoria.


*


Si ritrovò quasi senza sapere come sul pavimento, respirando affannosamente e deglutendo a fatica. 
Aveva spalancato l’alta con una spinta e poi si era lasciato cadere sul pavimento, incapace di restare chiuso in quello spazio troppo ristretto per un altro secondo. E il fatto che fosse di per sè di fisicità abbastanza imponente di sicuro non l’aveva aiutato a sentirti meno in trappola.

“Un vero peccato. Otto minuti, Kieran. Mi dispiace.”
“Sì… anche a me.”

Il Serpeverde annuì, sospirando e sedendo sul pavimento, passandosi una mano tra i capelli scuri mentre contorceva la mascella, sforzandosi di non alzarsi e ridurre a brandelli l’armadio da cui era appena uscito. 
Aveva chiuso. 
Aveva perso tutto per due dannatissimi minuti. Roba da non credere… non sarebbe più riuscito a guardarsi allo specchio, probabilmente.

“Tutto bene?”
“No.”

Kieran si alzò, parlando con un tono piatto mentre sentiva la gola improvvisamente secca, lanciando una fugace, tetra occhiata all’esaminatrice prima di uscire dalla stanza: 


“Non serve che mi scortiate, conosco la strada… e tranquilli, non dovrete pulire altro sangue, non ho intenzione di suicidarmi a causa vostra.”

No, probabilmente avrebbe solo salutato i suoi amici, e poi se ne sarebbe andato.
Non sapeva nemmeno cosa facesse più male, la consapevolezza di essere stato eliminato solo per una debolezza o il pensiero di dover tornare a casa. Ma di certo non sarebbe mai tornato da suo padre, aveva chiuso con lui… per quanto lo riguardava, era morto come sua madre. 

Mentre attraversava il corridoio il ragazzo estrasse dalla tasca propria la foto della madre che teneva con sè anni, mordendosi il labbro e rivolgendo un’occhiata malinconica al volto sereno e sorridente della donna che sfoggiava un considerevole pancione:

“Mi dispiace, mamma.”


*


Quando la porta si aprì Erza si alzò, sollevata che l’attesa fosse finalmente finita: quando aveva terminato la sua prova e aveva appreso di averla superata si era diretta quasi saltellando verso la stanza assegnata ad Asterope, prendendo posto su una panca nel corridoio. 

“Allora?”

La rossa inarcò un sopracciglio, guardando l’ex compagna di Casa con impazienza mentre usciva dalla stanza, le mani sprofondate nelle tasche. Asterope non disse nulla per un attimo, limitandosi a stringersi nelle spalle e parlare un attimo di esitazione:

“Pare che tornerò a casa da mia sorella.”
“Come? No…”

“Già. Potevo sbagliarne solo una, e in effetti ne ho sbagliata una soltanto, ma non ho avuto tempo per farle tutte e ne ho lasciata una bianca… cose che capitano, immagino.”
“Mi dispiace, Pippy. Davvero.”

Asterope non disse nulla, limitandosi a stringersi nuovamente nelle spalle, evitando di guardarla. In effetti rimase quasi pietrificata dalla sorpresa quando Erza le si avvicinò, stringendola inaspettatamente in un abbraccio. Solitamente non era particolarmente tipo da gesti simili.

“Beh, buona fortuna… penso che verrò a trovarti, di tanto in tanto.”
“Con piacere, voglio un resoconto completo dell’Offshore, mi raccomando. E complimenti, te lo meriti assolutamente.”

“Grazie.”

Erza accennò un sorriso, sfiorando la spalla della compagna con una mano prima che Asterope, dopo averle rivolto un debole sorriso, si allontanasse lungo il corridoio.
Se non altro aveva qualcuno a casa ad aspettarla a braccia aperte, al contrario di molti tra i presenti. 

Erza la guardò allontanarsi per un attimo ma poi si voltò, incamminandosi nella direzione opposta quasi senza sentire il pavimento sotto i piedi: proprio non le sembrava vero. 
Era davvero finita? 
Era davvero passata? 
Niente più prove?

Finalmente, Erza si permise di sorridere, lanciando un’occhiata al cielo quando passò accanto alla finestra: sì, era proprio una bella giornata. 









………………………………………………………………………………………
Angolo Autrice: 

Buonasera!
Chiedo scusa per non aver pubblicato il capitolo ieri sera, ma proprio non sono riuscita a finirlo essendo parecchio lungo… spero che vi sia piaciuto e ovviamente congratulazioni alle autrici dei 10 OC rimasti u.u  Scegliere chi mandare a casa a questo punto è stato parecchio difficile, ma del resto faceva parte della storia. 
Ci sentiamo giovedì con il penultimo capitolo! 


Signorina Granger 

Ps. Per chi partecipa all’altra mia storia e sta aspettando la Scelta… dovrebbe arrivare domani :)

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Capitolo 16
*** L’Offshore ***


Capitolo 11: L’Offshore 


Sfiorò con le dita il tessuto morbido del vestito che le avevano lasciato sul letto, ripensando all’ultima volta in cui aveva indossato qualcosa di diverso da quella specie di “divisa” grigia. Il vestito invece era rosso ciliegia, e non le sembrava vero di poter indossare di nuovo qualcosa di colorato. 

Nymphea si voltò, distogliendo lo sguardo dallo specchio davanti al quale era in piedi per posare gli occhi chiari sul letto, dove aveva lasciato i suoi vestiti da candidata. Vestiti che non avrebbe mai dovuto rimettere.
Aveva chiesto ad un’esaminatrice se avrebbe potuto riavere i suoi averi e lei le aveva assicurato che sì, avrebbero provveduto a farle avere tutto, ma che in ogni caso nell’Offshore avrebbero trovato tutto quello di cui avevano bisogno.

L’Offshore. Dove si sarebbe trovata di lì a poche ore, dopo la cena di conclusione del Processo. 

L’ex Tassorosso sorrise, emozionata e felice allo stesso tempo mentre s’infilava le décolleté nere, lanciando un’ultima occhiata all’immagine che lo specchio le restituiva prima di uscire dalla stanza, questa volta per sempre. 

La sua esperienza da candidata era ufficialmente finita, ma era stat una tra i pochi ad uscirne da vincitrice.


*


Alastair e Theodore erano già entrati e al momento stavano conversando amabilmente con alcuni esaminatori o i membri del Consiglio dell’Offshore che avrebbero preso parte alla cena per conoscerli, ma lui aveva promesso a  Nymphea che sarebbero entrati insieme e la stava aspettando, in piedi accanto alla porta a doppia anta, lasciata aperta, della sala dove i commensali si stavano godendo le chiacchiere, lo champagne e le tartine. 


Quando vide Nymphea e Zavannah avvicinarsi il ragazzo sorrise, lisciandosi distrattamente la manica della camicia bianca che indossava mentre osservava le due ragazze e le differenze tra loro non potevano non saltargli immediatamente all’occhio: non solo per via dei capelli o dei vestiti che indossavano, uno rosso e l’altro blu, ma anche per la considerevole differenza d’altezza che le divideva essendo Nymphea piuttosto minuta.


Le due ragazze stavano conversando ma quando lo vide Nymphea sfoggiò un sorriso, affrettando il passo per raggiungerlo mentre Phoebus ricambiava: 
“Ciao.”
“Ciao… sei bellissima. Finalmente ti vedo con qualcosa di diverso dal grigio.”

“In effetti è stato quasi liberatorio togliersi quei vestiti… stai molto bene anche tu.”

Nymphea sorrise quasi timidamente mentre Zavannah li superava senza dire nulla, limitandosi a strizzare l’occhio al ragazzo quando gli passò acconto, entrando nella sala. 

“Grazie… andiamo?”
“Certo. Abbiamo faticato tanto… non è proprio il caso di tirarsi indietro adesso.”
Nymphea annuì, visibilmente rilassata mentre stringeva il braccio che il ragazzo le porgeva, sentendolo depositarle un lieve bacio sulla tempia ed esitare con il capo vicino al suo orecchio, dicendole qualcosa a bassa voce: 

“Non immagini quanto mi renda felice essere qui insieme a te.”

La ragazza inclinò le labbra carnose e dipinte di rosso in un sorriso, arrossendo lievemente e assicurandogli che valeva anche per lei mentre seguivano Zavannah, entrando nella sala illuminata.


*


“Come mai quel muso lungo? Al momento dovresti svolazzare a mezzo metro da terra.”
Alastair porse un calice a Theodore, che lo accettò con un lieve sbuffo, stringendosi nelle spalle e vagamente a disagio con il vestito elegante che indossava, decisamente non abituato ad occasioni di quel genere:

“Lo so, e sono davvero felice. Ma continuo a pensare a Kier.”
“Lo so, dispiace molto anche a me… e ancor di più a Phoebus, ma forse è troppo orgoglioso per ammetterlo. Ma sono comunque felice per lui che anche Nymphea sia rimasta, Kieran aveva ragione: è davvero molto preso, credo sia la prima volta.”

Alastair accennò all’ex compagno di Casa e Theodore annuì, lanciando un’occhiata a Phoebus e trovandolo proprio in compagnia di un membro del Consiglio e di Nymphea, tenendo un braccio sistemato delicatamente intorno alla vita della ragazza.

“Beh, stiamo per iniziare una nuova vita, no? Quale modo migliore per farlo se non con qualcuno al proprio fianco?”
“Theo, è un modo contorto per dire che sei felice che io sia ancora in gioco?”

“Non ho detto questo!”
“Non ti facevo così sentimentale, il caro, vecchio, musone Theo!”
“Al, falla finita o nell’Offshore non ci arrivi vivi, ti avviso.”

Theo sbuffò prima di bere un sorso di champagne, ignorando deliberatamente la risata dell’amico e astenendosi categoricamente dal dirgli che in realtà aveva ragione.


*


“Vi rubo solo qualche istante, signori… Organizzare un Processo non è mai semplice, anche se ormai ho diversi anni di esperienza alle spalle. Cerchiamo sempre di cambiare, di introdurre qualcosa di nuovo per mettere costantemente e in modi differenti alla prova i Candidati. 
Quest’anno posso ritenermi soddisfatto del risultato, penso che ricaveremo giovamento dai ragazzi qui presenti… Congratulazioni per essere giunti sin qui, spero che troverete nella vita nell’Offshore una gratifica per i vostri sforzi. Il primo giorno vi dissi che ognuno crea il proprio merito, che  qualunque cosa sarebbe successa, l’avrete meritata… perciò se siete qui, è solo per merito vostro, non dimenticatelo. Alla vostra salute, Candidati, se ancora posso chiamarvi così, e all’Offshore. Alla possibilità di avere ognuno ciò che si merita.”


Benjamin, che si era alzato in piedi, sollevò leggermente il calice di cristallo che teneva in mano, quasi sollevato che ancora una volta il Processo fosse giunto al termine: mesi per organizzarlo e uno per portarlo a compimento, non era mai una passeggiata. 
Era felice che fosse finito, e soddisfatto del risultato. E sembrava che valesse anche per il Consiglio, nessuno aveva sollevato obiezioni sui vari Candidati come era sporadicamente accaduto in passato, quindi aveva la sensazione che sarebbe filato tutto liscio, che non avrebbe riscontrato alcun problema.
Quando tornò a sedersi dopo il Brindisi, si portò il calice alle labbra, bevendo un sorso di quel vino così costoso che moltissime persone mia si sarebbero sognate acquistare.
Uno dei tanti benefici della vita che conduceva ormai da due decenni. 

Eppure, non aveva mai dimenticato, non del tutto. Molti lo facevano, si scordavano della loro vita prima del Processo, quando sognavano a loro volta qualcosa di migliore e fantasticavano sull’Offshore. 
Lui no, aveva sempre dato molta importanza ai ricordi, al non dimenticarsi da dove veniva. 
Infondo, erano tutti uguali… solo che qualcuno, a volte, era più fortunato di altri.


Gli occhi azzurri del Direttore saettarono sul grande lampadario che sovrastava le teste dei commensali, ricordando quando era entrato lì dentro da ragazzo, vestito di tutto punto, emozionato e forse anche un po’ nervoso, ed era rimasto a bocca aperta di fronte a quello sfarzo, di fronte a quel lampadario che chissà quanto doveva essere costato. 

In effetti, non ne aveva idea, non l’aveva mai domandato a nessuno… ma forse ormai non gli interessava più. Aveva smesso di pensare a tutto ciò che non aveva, ora che aveva praticamente tutto. 

Create il vostro merito, Benjamin Kubrick ci credeva davvero… se l’era ripetuto come un mantra durante le sue prove, i suoi test, e una volta diventato Direttore del Processo era diventato quasi il suo marchio di fabbrica. 
Ciò non significava che solo dieci persone ogni quattro anni lo meritavano, certo… avrebbe dovuto allargare considerevolmente il numero di Candidati accettati, in quel caso. Ma l’unica pecca dell’Offshore era, forse, propio quella: per mantenere quell’equilibrio perfetto a lungo agognato, era necessario seguire con estrema meticolosità le regole.

Benjamin guardò i dieci ragazzi che aveva davanti e si chiese se di lì a vent’anni, quando lui ormai sarebbe stato in pensione o forse nel Consiglio, uno di loro sarebbe stato al suo posto, seduto a capo di quel lungo tavolo a ricevere gli elogi dei suoi ospiti per il lavoro eseguito.

Chissà. 
Del resto nemmeno lui avrebbe mai immaginato di occupare quel posto, la sera della conclusione del suo Processo… evidentemente, aveva fatto in modo di crearsi un enorme merito.


*


Seduta al lungo tavolo rettangolare, tra Noah e Lilian, Mairne non la smetteva un attimo di sorridere, chiacchierare e approfittare del lauto pasto che aveva a disposizione, visibilmente di ottimo umore, allegra come i due amici non la vedevano da diversi giorni.

“Mairne, è bello vederti felice e ovviamente comprendo il tuo buonumore, è normale, ma stai uccidendo di chiacchiere il povero Signor Stuart…”
“Sciocchezze, sono solo curiosa. Spero davvero di non infastidirla, Signore, ma spero capisca… mi chiedo come debba essere l’Offshore da anni, e ora che sono così vicina sono praticamente in fibrillazione.”

“Non preoccuparti Mairne, è normale... eravamo tutti agitati, la sera di chiusura del Processo.”


L’uomo rivolse un sorriso quasi divertito alla ragazza, che ricambiò, chiedendosi con impazienza quando avrebbero potuto finalmente “accedere” e quindi vedere l’Offshore:

“Quando pensa che ci permetteranno di recarci lì?”
“Beh, prima dev’esserci, come da protocollo, la Cerimonia di Purificazione… niente di troppo lungo, in realtà, questione di poco.”
“Ne abbiamo già sentito parlare, ma non ci hanno mai detto in che cosa consiste. Ha a che fare con quello?”

Noah accennò alla giacca che l’uomo indossava, che riportava una specie di taglio all’altezza della spalla, a forma di stella a quattro punte, così come tutti gli altri membri del Consiglio Presenti, Benjamin e gli esaminatori.

“In effetti sì. Nelle occasioni importanti indossiamo sempre abiti con questo “marchio”, è un modo per contraddistinguerci… presto varrà anche per voi.”
“E la “purificazione” in cosa consiste, esattamente? È un vaccino, giusto?”

Mairne inarcò un sopracciglio, sempre più curiosa, ma non ricevette alcuna risposta vera e propria visto che il suo interlocutore si limitò a sfoggiare un lieve, divertito sorriso, assicurandole semplicemente che la sua curiosità sarebbe stata presto soddisfatta. 

Avevano sentito molte storie riguardo quella fantomatica “purificazione”, talmente tante da non riuscire più a distinguere quelle più vicine alla realtà da quelle inventate di sana pianta da, probabilmente, candidati che non avevano superato il Processo e avevano fatto ritengono dalle loro famiglie, mettendo false voci in circolazione.
La bionda si voltò verso Lily, scambiandosi un’occhiata incerta con l’amica, ma nessuna delle due oso esprimere ad alta voce i propri dubbi, non in presenza degli altri commensali, e si limitarono a continuare a mangiare in silenzio. 

Alcuni dicevano che era solo un semplice vaccino, per assicurarsi che non portassero alcun tipo di germi nell’Offshore. 
In casi più estremi, avevano sentito che li rendessero sterili per evitare che la popolazione dell’Offshore non aumentasse esageratamente. 

Ergo, non sapevano cosa aspettarsi… ma arrivate a quel punto, avrebbero scoperto la verità di lì a poco.


*


Aveva passato la cena a sorridere, apparendo come una graziosa bambolina per tutto il tempo. 
In effetti quella sera Hailey non si curava affatto delle apparenze o di come potesse risultare, sforzandosi solo di essere gentile con le persone che, d’ora in avanti, avrebbe dovuto rispettare. 
Ma non le era risultato difficile, anzi: probabilmente era così felice che nemmeno ci aveva fatto caso. 

Le sembrava, all’improvviso, di essere leggerissima, di librarsi costantemente a mezzo metro da terra, sentendosi come se tutti i suoi problemi fossero spariti. 
Ed era così o almeno lo sperava… aveva sempre immaginato la vita che stava per intraprendere come serena, e sperava di non essersi sbagliata o illusa per anni.

Terminato il pasto i membri del Consiglio si erano congedati, salutando gli ormai ex candidati sostenendo che fosse stata sicuramente una giornata lunga per loro e che probabilmente volessero riposarsi. 
In realtà non si era mai sentita viva come in quel momento, a dir poco elettrizzata. 


E la tensione era solo aumentata a dismisura quando Benjamin, alzandosi a sua volta da tavola, aveva gentilmente invitato lei e i compagni a seguirlo, abbandonando la sala una volta per tutte.

Li aveva portati in una stanza che ricordava tremendamente quella di un’ospedale, e non solo per l’ambiente asettico ma anche vista la presenza di un lettino al centro del locale, con accanto un carrellino che sfoggiava fialette, siringhe e tamponi:

“So che aspettate con  trepidazione di mettere piede nella vostra nuova casa, ragazzi, ma prima c’è ancora un’ultima cosa. Dovete sottoporvi tutti al vaccino, prima di potervi trasferire nell’Offshore..
 Abbiamo già predisposto una Passaporta che si attiverà tra mezz’ora. Non preoccupatevi, so che circolano molte voci riguardo queste punture, ma non avranno effetti significativi sulle vostre vite, servono solo ad assicurare che siate sani.”


Alle parole del Direttore Hailey sentì Mairne, in piedi accanto a lei, tirare un sospiro di ,sollievo stendendo la tensione che aveva accumulato nel corso della serata, specie quando era entrata lì  dentro e aveva posato gli occhi sul lettino.

“Paura che fosse qualcosa di molto peggio?”

Hailey si voltò verso la bionda, inarcando un sopracciglio e parlando con un lieve sorriso sulle labbra mentre l’ex Corvonero si stringeva nelle spalle, parlando con un tono neutro: 

“Ho sentito un sacco di storie, alcune poco rassicuranti… Sono felice di sapere che non erano fondate.”

La bionda si strinse nelle spalle mentre Theodore, sfilandosi la giacca del completo, si avvicinava al lettino, sedendocisi sopra mentre l’infermiera preparava la siringa, apparentemente rilassatissimo mentre si sbottonava anche la camicia bianca. 

Se a dividerlo dalla sua tanto agognata nuova vita c’era solo una puntura, non vedeva l’ora di sottoporsi al vaccino.


*


Erza sedette sul lettino per ultima, porgendo il braccio all’infermiera senza dire nulla, il volto inespressivo ma rilassato. 
Da quando aveva appreso di aver superato la sua prova il tempo aveva iniziato a scorrere in modo strano, a tratti accelerato e a tratti lentissimo… quasi le sembrava di fluttuare o di sognare, come se si dovesse svegliare da un momento all’altro e rendersi cont9 che quel bel sogno era finito.

Ma non era un sogno, era tutto vero. Stava succedendo realmente, anche se risultava difficile crederlo.

Sentì un lieve bruciore, ma non ci fece molto caso, quella era probabilmente la parte meno difficile di tutto il percorso… quel mese era sì volato, ma allo stesso tempo la sua vita normale le sembrava lontana anni luce. 
E ora ne stava per iniziare un’altra. 

Erza sorrise, morendo dalla voglia di poter prendere quella Passaporta mentre la mano dell’infermiera lasciava il suo braccio, assicurandole che aveva finito. 
L’ex Serpeverde si lasciò scivolare giù dal lettino e a quel punto si voltò verso Benjamin, che per tutto il tempo aveva assistito in silenzio e che fece sparire lettino e carrello con un pigro colpo di bacchetta, lasciando al centro della stanza, al loro posto, un vecchio giornale e invitando l’infermiera a lasciarli.

“Per questa volta userete la Passaporta, ma di qui in avanti, quando vi capiterà di uscire dall’Offshore, potrete Smaterializzarvi… ma non è possibile comunicare attraverso la Metropolvere tra dentro e fuori la Barriera, potrete usare la posta, sì, ma non i camini. E non potrete portare visitatori. Solo alcune piccole regole base, per noi sono molto importanti.”

“Siamo in qualche modo vincolati sulle visite da fare… al di fuori?”

Nymphea si morse il labbro, tenendo le mani strette sulle proprie braccia pallide mentre Benjamin scuoteva il capo: 

“Non proprio, ma dovrete comunque registrarle. Non preoccupatevi, la prima cosa che vi sarà data sarà l’elenco delle nostre regole più il modulo di registrazione che dovrete firmare, poi sarete ufficialmente cittadini dell’Offshore. Mancano tre minuti, quindi sarà meglio sbrigarsi… Salutate questo posto, a meno che non diventiate esaminatori non penso ci tornerete.”

E di certo non mi mancherà 

Lily allungò una mano per toccare il giornale, ripensando alle prove insidiose che aveva dovuto superare, specie l’ultima, e ripromettendosi di non diventare mai e poi mai un’esaminatrice, non era proprio nelle sue corde.
Non le piaceva mettere in difficoltà le persone, e neanche vederle soffrire. Cominciare la verità ai genitori di quel ragazzo era stato già abbastanza difficile.


Dopo appena un paio di minuti, trascorso nel più totale silenzio mentre la mente di tutti e dieci era rivolta alla loro futura nuova casa, cercando di immaginarla un’ultima volta, la Passaporta si azionò, risucchiando tutti i presenti in un vortice che li avrebbe trasportati direttamente nell’Offshore. 
Direttamente alle loro nuove vite, che si erano con tanta fatica conquistati.





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Angolo Autrice: 

E… ci sentiamo domenica con l’Epilogo ;)

Signorina Granger 



 

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Capitolo 17
*** Epilogo ***


The Process 


Epilogo 
 
Qualunque cosa accada, lo meritate



Camminavano mano nella mano sul marciapiede, in silenzio, limitandosi ad osservare il verde che li circondava. 
La casa era abbastanza isolata, situata su una specie di collinetta, al sicuro da sguardi indiscreti, così che potessero svolgere il loro lavoro senza essere disturbati. 

C’era bel tempo quel giorno, il cielo era sereno e quasi privo di nuvole, ma nonostante l’Estate fosse ormai arrivata non faceva caldissimo e un leggero venticello scuoteva appena le fronde delle piante e i loro capelli. 

La casa non era dotata di una vera e propria recinzione, un sentierino di ghiaia circondato da un muretto di pietre collegava semplicemente il portico alla strada dove stavano camminando, avvicinandosi sempre di più all’abitazione. 

Nymphea fece per imboccare il sentierino per avvicinarsi al portico, salire i tre gradini e suonare il campanello, ma qualcuno sembrò precederla: la porta si spalancò un attimo dopo e la figura minuta e sorridente di una bambina comparve sotto al portico, prima che Nerine si avvicinasse quasi di corsa ai due. 
Nymphea sorrise istintivamente nel posare lo sguardo sulla sorellina, facendo per salutarla e allargare le braccia per stringerla… peccato solo che la bambina quasi la ignorò, passandole davanti per saltare praticamente in braccio a Phoebus, che acchiappò la bambina al volo con una risata:

“Ciao, Principessa.”
“Ciao Phoebus… vi stavamo aspettando! Non vedevo l’ora di vederti.”

Nerine sorrise, rivolgendo un’occhiata adorante al fidanzato della sorella mette il ragazzo la rimetteva con i piedi per terra e Nymphea, sfoggiando l’espressione più contrariata che le riuscì, si mise le mani sui fianchi per poi parlare con un tono piuttosto seccato:

“Embhè?! Non saluti tua sorella? Ti sei già dimenticata di me, ma brava!”
“No! Mi sei mancata anche tu, Nym.” 

La bambina sfoggiò un sorriso angelico prima di abbracciare la sorella, che subito si sciolse come neve al sole mentre anche Cole li raggiungeva, salutando a sua volta con affetto il ragazzo.

“Mamma e papà dove sono? Nella serra a lavorare?”
“No, sono dentro. Vieni.” 

Nerine prese Phoebus per mano per condurlo verso la porta di casa e Cole li affiancò, prendendolo per l’altra e chiedendogli di incantare il suo elicottero giocattolo affinché volasse davvero mentre Nymphea, seguendo i tre, assisteva alla scena con un sopracciglio inarcato: 

“Questo è il ringraziamento per averli cresciuti da sola per quattro anni… chi avrebbe detto che ti avrebbero adorato tanto?”
“Pensavo fosse implicito, dal momento che sono irresistibile! Vero, Rine?”
“Certo!”

La bambina annuì vivacemente e Nymphea roteò gli occhi chiari, provando a fingersi seccata ma in realtà felice di essere a casa con i fratelli e, finalmente, anche con i genitori, che da circa tre mesi erano potuti finalmente uscire dall’ospedale e tornare a prendersi cura dei figli minori grazie all’antidoto che lei aveva creato nel suo laboratorio nell’Offshore, permettendo così ai genitori di poter lasciare dall’ospedale, senza dover più vivere perennemente in quarantena. 


Viveva nell’Offshore da meno di un anno, ma guardando Phoebus avvicinarsi alla porta di casa, davanti alla quale era comparsa anche sua madre con un gran sorriso stampato sul volto, con i fratellini per mano non poté fare a meno di pensare a quanto la sua vita fosse già miracolosamente migliorata. 


*


Il Processo terminava quel giorno, lo sapeva. Lo sapevano tutti.
E tutti i cittadini dell’Offshore erano piuttosto curiosi di vedere i dieci nuovi “acquisti”… lui, probabilmente, per primo. 

Noah Carroll faticava a stare fermo, seduto su una delle panchine laccate di bianco e quasi scintillanti sotto il sole poste intorno all’ampia piazza circolare piastrellata, situata praticamente ai limiti della Barriera. 
Piazza dove, lo sapeva, sarebbero apparsi, grazie alla Passaporta, i dieci ragazzi che avevano superato il Processo. 

Erano passati esattamente quattro anni da quando era giugno lì per la prima volta, quattro anni dalla fine del Processo precedente… quattro anni durante i quali aveva terminato i suoi studi all’Accademia per diventare Auror, ritrovandosi così a lavorare dall’”altra parte”, come la chiamavano nell’Offshore e come si era abituato a denominarla a sua volta. 
Aveva sempre voluto fare l’Auror, ma vista la rigida scansione delle regole, dei compiti e della pace praticamente totale che vigeva laggiù non era una professione richiesta nell’Offshore, ma era stato ben lieto di vivere in quel modo, avendo così l’opportunità di vedere sua sorella e i suoi vecchi amici molto spesso. 

Noah era seduto lì da quasi un’ora ormai, in attesa, gli occhi fissi distrattamente sulla grande fontana di marmo mentre si torturava le mani, desiderando che arrivassero in fretta. 
Aveva provato ad “ indagare” in tutti i modi ma nulla, non era riuscito a scoprire niente… e neanche attraverso Mairne, che in quei quattro anni aveva fatto molta strada e ormai occupava un’ottima posizione all’interno dell’Offshore e nell’organo che si occupava del suo controllo. 

Sua sorella non gli aveva mai scritto e ciò l’aveva fatto sperare fino all’ultimo: all’interno del Processo non avrebbe potuto cominciare con l’esterno, quindi probabilmente era rimasta in gioco fino alla fine… si era insinuato, dentro di lui, il dubbio che le fosse successo qualcosa di brutto, ma si era affrettato a scacciarlo in fretta, rifiutandosi di pensarci. 
Non quando l’immagine di Milo inerme, pallido e sanguinante era ancora impressa nella sua mente, anche se il ragazzo si era perfettamente ripreso. 


E poi, qualcosa cambiò nella piazza silenziosa e praticamente deserta: un gruppo di persone, di ragazzi che avevano circa la sua età, fecero la loro comparsa. 
E allora Noah Carroll si alzò quasi senza volerlo, sorridendo istintivamente mentre si avvicinava di corsa, ignorando le espressioni curiose e stupite dei nuovi arrivati mentre si guardavano intorno, riuscendo praticamente a vedere solo una ragazza a lui molto familiare prima di stringerla in un abbraccio quasi soffocante.


*


“Perdona il ritardo, ho aspettato che i ragazzi arrivassero prima di raggiungerti.”

Mairne sorrideva mentre, sfilandosi gli occhiali da sole per sistemarli tra i suoi capelli biondi, sedeva di fronte alla sua migliore amica ad uno dei tavolini sistemati all’esterno della loro caffetteria preferita, sotto una veranda adornata di fiori che erano finalmente germogliati.

Lilian, che fino a quel momento si era limitata ad osservare le persone passarle davanti, camminando sul marciapiede che circondava la strada asfaltata, o le villette colorate situate dall’altra parte della strada, si voltò verso l’amica e sfoggiò un debole sorriso: 

“Hai aspettato di vedere Noah abbracciare sua sorella?”
“Mi piace vederlo felice, volevo vedere la sua reazione.”

Mairne sfoggiò un lieve sorriso, stringendosi nelle spalle mentre l’ex Grifondoro inarcava un sopracciglio, rivolgendole un’occhiata scettica:

“Vuoi davvero continuare a farmi credere che tu non sapevi che Darcy era passata? Non farmi ridere, avrai anche fregato lui, ma non me.”

“Mi piaceva l’idea di non rovinargli la sorpresa, tutto qui. Sono molto felice per lui, e voglio bene a Darcy anche io. È una bella giornata, vero?”

“Sì… anche quando siamo arrivati noi, era una serata splendida. Non sembra siano passati quattro anni, vero?”
“No, per niente. Ma sono comunque cambiate molte cose… ma parlando del presente, ti sei decisa tra la Red Velvet e la meringa ta, alla fine?”

“No. Se avessi saputo che sarebbe stato così difficile non avrei mai detto di sì a Connor!”
“Povera Lily, che dilemma organizzare le proprie nozze… ovviamente, per quel che riguarda il mio umile parere, potresti farle preparare entrambe.”

Lily sorrise all’amica mentre sollevava la sua tazza piena di cappuccino, con l’anello di platino che le scintillava al dito.

“Ci penserò. Mia sorella ha detto la stessa cosa, in effetti.”
“Quindi vi sposerete a Londra?”
“Sì, Connor è d’accordo, ha capito. La mia famiglia vive dall’altra parte e, come ben sai, non possiamo portare “ospiti” qui.”
“Ho persino provato a cercare di ammorbidire quella legge, in effetti, ma non c’è stato niente da fare. Credo abbiano paura di “rovinare” l’armonia di questo posto… e forse non si può dare tutti i torti al Consiglio. Vivere qui… non lo so, è come passeggiare in un villaggio delle bambole, è tutto bello e tranquillo.”

Mairne abbozzò un sorriso, guardandosi intorno quasi con gli occhi chiari carichi d’affetto mentre Lilian annuiva, osservando distrattamente una donna passeggiare sul marciapiede, a pochi metri da loro, tenendo la figlia per mano.

Lei era cresciuta in una famiglia molto numerosa, famiglia che amava moltissimo, e le sarebbe piaciuto molto poter avere diversi figli a sua volta. In fin dei conti, lei e Connor sarebbero riusciti a mantenerli tutti senza alcun problema… ma non avrebbero potuto avere più di due figli, stando alle leggi dell’Offshore.

Un piccolo prezzo da pagare per poter vivere laggiù. Ma avrebbe potuto andare peggio tutto sommato, aveva comunque la possibilità di costruirsi una famiglia… e per fortuna, i suoi figli non avrebbero mai sentito la mancanza di nulla. 

“A proposito… mi dispiace per Lyra, Edmund ed Eric. So che speravi che almeno uno di loro ce la facesse.”
“Non fa niente, mi sarebbe piaciuto avere uno di loro qui con me, ma nel prossimo Processo ci saranno Lorelai ed Edwyn, confido in loro. E poi, con me qui, riescono comunque a condurre una vita più serena… mia madre e mio padre all’inizio non volevano che li aiutassi economicamente, ma hanno finito con l’accettare, per il bene di Lindsay, Lorelai ed Edwyn… anche se ormai siamo praticamente tutti cresciuti e indipendenti, in un modo o nell’altro. L’unica che va ancora a scuola è Lindsay.”

“È bello da parte tua averli sempre aiutati, sai?”
“Chi di noi non lo fa? E poi, tra il mio stipendio e i soldi di Connor, ho più denaro di quanto mi occorra… non sono abituata ad avere molto denaro per le mani, non mi piace spenderlo per cose futili. Quando ti abitui a non averne, capisci cosa è importante e cosa no.”

“Ci credo, ti sei accaparrata il figlio di uno dei membri del Consiglio! Sia benedetto il giorno in cui sei venuta a trovarmi in ufficio e lo hai conosciuto.”
“Già… a quanto pare è tutto merito tuo, biondina.”

“Naturalmente. Esigo di vedere una targa in mio onore nel vostro salotto, Blackwell.”


*


Il “cuore” dell’Offshore era rappresentato dalla piazza circolare e gli edifici che si affacciavano su di essa, tra cui il municipio, la clinica, lo studio legale, la scuola e la specie di “albergo” dove i ragazzi alloggiavano per i primi tempi, una volta giunti nell’Offshore, a meno che non avessero qualche familiare pronto ad accoglierli nella propria dimora. 

Nella piazza regnava il candore, le piastrelle erano bianche e perennemente immacolate, così come la fontana di marmo che raffigurava la coppia di Fondatori e gli edifici. 

In realtà tutto quel bianco non le era mai piaciuto, le ricordava i momenti passati nel Processo quattro anni prima, preferendo invece la parte più “interna” dell’insieme di quartieri: certo, le panchine e i marciapiedi erano chiari ovunque, ma gli edifici si facevano più colorati e, in particolare, in quel periodo amava percorrere il viale che collegava la piazza all’interno, circondato da due file di ciliegi ormai in fiore.

Era uscita di casa per vedere con i suoi occhi i nuovi arrivati e quando ebbe raggiunto la piazza i suoi occhi si posarono irrimediabilmente su Noah Carroll, uno degli ex candidati che aveva condiviso con lei l’esperienza del Processo, che stava stringendo una ragazza tra le braccia, visibilmente felice. 

Immaginando che si trattasse della sorella Hailey abbozzò un sorriso, felice per il ragazzo, prima che il suo sguardo si spostasse sulla fontana e le due statue che la sormontavano. 
I due Fondatori. 
Ricordava benissimo quando, quattro anni prima, le era stato chiesto di proiettare simultaneamente le loro immagini su due pareti diametralmente opposte… e ce l’aveva fatta, stabilendo così ufficialmente il suo ingresso in quel posto quasi utopistico.

Molto diverso dall’ambiente in cui era cresciuta, pieno di incertezza, frustrazione e spesso molta solitudine.

Molti quasi idolatravano ciò che quelle statue rappresentavano, la strega e il mago che avevano dato vita a quel luogo, alla divisione. 
Per quanto la riguardava, ogni volta in cui ci posava lo sguardo non faceva altro che sorridere, ripensando alla vita che aveva condotto per ventitré anni e che era, finalmente, cambiata in meglio grazie ai suoi sforzi.

“Perché volevi vederli?”

Hailey si voltò e rivolse un sorriso al fidanzato, prendendolo sottobraccio e appoggiando il capo contro la spalla di Christopher:

“Tu sei nato e cresciuto qui Chris, non puoi capire… questo è il primo Processo dopo il mio, volevo solo rileggere la mia gioia sui loro volti. Non riesco nemmeno a descriverlo… guardali e basta, anche se non credo basterà ad immedesimartici.”


*


Mentre camminava lungo il corridoio si sfilò il camicie, rispiegandolo con delicatezza sul proprio braccio e pensando con divertimento ai dieci ragazzi che erano passati e che erano, probabilmente, appena arrivati nella loro nuova casa.
Lei aveva passato il mese precedente insieme a loro, ma stava per fare rotondo nell’Offshore a sua volta, visto che il Processo ormai era concluso. 

“Felice che sia finita?”
“Un po’ sì… anche se sono felice che, grazie al nostro contributo e a quello di Theo, le cose siano migliorate… Si sono fatte più leggere, diciamo.”
“Per ora, almeno… chissà, forse all’inizio anche Kubrick aveva organizzato così, ma poi il sadismo ha finito col prendere il sopravvento.”

Erza sorrise appena, stringendosi nelle spalle mentre raggiungeva la collega, camminando accanto a lei per raggiungere il fondo del corridoio: 

“Chissà… lo vedremo, immagino. Però devo ammetterlo, è stato divertente. Quando Benjamin ce l’ha chiesto ero scettica, ma non è stata una cattiva idea.”
“Philips, non ti facevo sadica, non sei forse una Tassorosso?”

“Non dico che mi piace vedere la gente soffrire, solo che metterli alla prova è stato divertente! Anche se è quasi doloroso guardarli andarsene, ti fa pensare che sarebbe potuto toccare a te.”
“Già, ma così non è stato. E ora, possiamo goderci il nostro meritato premio. Non ricordi ciò che disse Benjamin? Io ci penso sempre.”

“Anche io. Infondo aveva ragione… Sai, quando ti ho vista, prima ancora di arrivare qui, quando aspettavamo la Passaporta… non so perché, ma sentivo che saresti passata. Anche se non mi feci un’opinione così positiva di te, Erza.”

“Pensavi forse che avrei potuto usare il mio irresistibile fascino per passare? Oh, mia cara Zavannah, si dia il caso che l’avrei fatto.”


*


Theodore salutò i dieci candidati che aveva condotto con sè nell’Offshore, spiegandogli che avrebbero alloggiato sotto la tutela del Consiglio per qualche giorno, a meno che non avessero qualcuno pronto ad accoglierli nella propria dimora. Potevano riposarsi e sistemare le loro cose, che erano arrivate poco prima, per un paio di ore, poi li avrebbe incontrati di nuovo per spiegare loro per filo e per segno le modalità della loro nuova vita. 

Li guardò allontanarsi, quasi tutti in gruppo tranne che per Darcy Carroll, che si allontanò abbracciata al fratello maggiore Noah, prima di concentrarsi su una figura ben nota che invece gli si stava avvicinando, sorridendo:

“Immagino di dovermi complimentare, Direttore.”
“Non iniziare… anche se devo ammettere che sì, ho fatto un bel lavoro. Forse non al pari di Kubrick, ma immagino di avere tempo per fare esperienza.”

“Pare che abbia deciso di lasciare il timone alla persona giusta… soddisfatto dei nuovi acquisti, Theo?”
“Sì Callaghan, penso di sì… tu come mai sei qui, piuttosto? Non dovresti essere da qualche parte a Londra, magari al Dipartimento degli Auror?”

“Mi sono preso un pomeriggio libero, così come Noah… volevamo vedere i ragazzi nuovi, lui per ovvi motivi, direi. Sono felice che sua sorella ce l’abbia fatta, ultimamente era piuttosto nervoso.”

“Di Gaunt nessuna traccia?”
“No, penso che al momento sia impegnato a farsi soggiogare dalla nostra figlioccia.”

Alastair sorrise con aria divertita mentre si stringeva nelle spalle e Theodore annuì, imitandolo: 


“Probabile. Ho un paio d’ore prima di dover incontrare i ragazzi di nuovo, ti va di andare a bere qualcosa?”
“Certo, cosi mi racconti per bene delle prove che hai architettato… sei stato clemente?”

“Credo dipenda dai punti di vista...”


*


Seduto su una delle panchine che circondavano la circonferenza della piazza, aveva tenuto gli occhi fissi sui ragazzi che erano arrivati con la Passaporta per tutto il tempo. 
Concentrandosi, in partecipare, su uno di loro, che ora si stava allontanando insieme al suo migliore amico. 

Le sue labbra si inclinarono in un lieve sorriso, osservando i due ragazzi che, quattro anni prima, aveva contribuito a valutare e che da quel momento avevano percorso tanta strada… quando aveva deciso di cedere l’onere di Direttore del Processo l’aveva fatto con la speranza di essere succeduto da qualcuno che non avrebbe mandato a monte i suoi vent’anni di lavoro, e per fortuna così era stato. 

Sì, era piuttosto soddisfatto del lavoro che aveva fatto in tutti quegli anni. 
E anche del lavoro che Theodore Clark aveva fatto dopo di lui… poteva perfettamente dirsi fiero del suo successore, e avrebbe sicuramente provveduto a farglielo sapere. In fin dei conti non sarebbe potuto andare diversamente, ce l’aveva nel sangue


Era stato sotto ai riflettori per molto tempo, ma poi aveva deciso semplicemente di ritirarsi… aveva aspettato il momento, e poi si era congedato dal Processo. 

Benjamin si alzò dalla panchina, infilandosi le mani nelle tasche per poi allontanarsi, dicendosi che era il momento di tornare a casa, dalla moglie Nina e dalla figlia di ormai vent’anni… figlia che avrebbe dovuto sottoporsi al Processo proprio quell’anno, se non avesse avuto la fortuna di essere già nata e cresciuta nell’Offshore. 

Quasi sorrise a quell’idea, pensando a quanto sarebbe stato ironico e quasi divertente, sotto un certo punto di vista, vedere Jenny giudicata da un ragazzo poco più grande di lei, che lui stesso aveva praticamente messo al comando del Processo. 
Sarebbe stato indubbiamente molto strano, ma per fortuna non sarebbe mai potuto succedere. 


Era piuttosto fiero di loro ma non avrebbe mai dovuto vedere i suoi figli interagire, anche se ormai li aveva entrambi vicini. Cosa che aveva aspettato per vent’anni, dirigendo ben tre Processi prima di trovarsi, finalmente, suo figlio davanti, potendolo così guardare negli occhi.

L’ultima volta in cui l’aveva visto aveva tre anni, e lo aveva ritrovato vent’anni dopo, quando aveva ormai perso le tracce da molto tempo della sua allora fidanzata, che era apparentemente sparita dopo non essere riuscita a superare il Processo, abbandonando il bimbo a se stesso.
Ma lo aveva riconosciuto subito, sia per il nome che lui stesso aveva scelto sia per la somiglianza che non aveva tardato a rivelarsi, sia a livello fisico che caratteriale. 


Certo, lui non avrebbe mai saputo che suo padre, anche se non l’aveva fatto per vent’anni, ora vegliava su di lui già da quattro. 
Ma forse per lui era meglio così, e se a ventidue anni non l’aveva fatto, a quarantadue aveva deciso di agire solo per il bene di suo figlio. 







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Angolo Autrice: 

Buonasera!
Ed eccoci anche all’Epilogo… ho avuto quest’idea in testa per mesi prima di iniziare effettivamente la storia e sono, quindi, molto soddisfatta di aver portato a termine questo progetto, grazie a tutte voi per avervi preso parte, mandandomi gli OC e seguendo la storia, spero che vi sia piaciuta. 

Tuttavia, vi comunico che non scriverò una Raccolta di OS per questa storia, anche se vi consiglio di tenere d’occhio la Raccolta che sto scrivendo su vari personaggi di diverse tra le mie storie, perché potrebbe benissimo spuntare anche qualche OC di The Process prossimamente. 

Grazie ancora a tutte, per chi partecipa anche all’altra mia storia ci sentiamo a breve lì, per le altre… a presto, spero!

Signorina Granger 

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