Il punto debole

di Tsuki5
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** 1. ***
Capitolo 3: *** 2. ***
Capitolo 4: *** 3. ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo
 
 
Era arrivato insieme alla neve, un giovane uomo avvolto in un mantello scuro.
“Voglio vedere il Rosso, sono qui per parlargli.” Un sottoposto di Barbabianca arrivato fin lì, da solo, per parlare con lui?
“Sono Portugas D. Ace. Voglio ringraziarti personalmente per esserti preso cura del mio fratellino.”
Ci fu un intenso scambio di sguardi tra Shanks e i suoi, poi, una volta detto il nome di quel fratello, l’atmosfera si distese.
Le lunghe ore trascorse a bere e parlare avevano rivelato un ragazzo cortese ed educato, una piacevolissima compagnia.
“Quindi tu e Luffy non siete fratelli di sangue?”
“No. Nessuno dei due ha mai conosciuto i rispettivi genitori. Per questo mi aveva colpito molto il modo in cui Luffy parlava di te; deve averti visto un po’ come un padre, del resto avevamo solo Garp e i banditi di montagna con cui siamo cresciuti. E poi c’era Makino ovviamente, dovresti averla conosciuta!”
Quel nome, pronunciato dopo tanto tempo da una voce che non fosse la sua, lo aveva colpito come una freccia.
“L’ho conosciuta, sì.”
 
La neve continuava a cadere fitta mentre la notte passava, lasciando spazio alla flebile luce dell’alba. Nella grotta la maggior parte degli uomini dormiva e il fuoco bruciava senza legna.
Shanks fissava quel volto lentigginoso i cui occhi erano persi da qualche minuto nelle fiamme.
“Hey ragazzo…sei sicuro che non ci siamo mai incontrati prima? Di persona, intendo.”
Aveva qualcosa di tremendamente familiare; il suo modo di muoversi e di sorridere…un sorriso a tutto denti, spontaneo e un po’ da canaglia.
“Non che io sappia.”
“E’ strano, ho come la sensazione di averti già conosciuto; forse mi ricordi qualcuno ma non riesco a capire chi...Scusa se te lo chiedo ma, sai chi era tuo padre?”
Ace fece spallucce ma non distolse gli occhi dal fuoco che teneva acceso. “Un buono a nulla, da quello che so.”
Chiaramente quella non era una domanda gradita. “Capisco.”
Rimasero qualche minuto in silenzio fino a quando Ace si alzò. “Dovrete mettere della legna, per me è arrivata l’ora di andare.”
“Non c’è modo di farti cambiare idea riguardo Teach, vero?”, chiese Shanks alzandosi a sua volta.
“No, non c’è.”
“Ti ho raccontato di che cosa è capace: non abbassare mai la guardia con lui, so che sembra un idiota ma purtroppo non lo è.”
“Tranquillo, non lo farò”, disse il ragazzo chiudendosi il mantello.
Una domanda galleggiava nella testa dell’imperatore da quando il ragazzo aveva pronunciato il nome di quella donna che non vedeva da anni, da troppi anni. Era più di una semplice curiosità poiché si era posto quel quesito praticamente ogni giorno.
“Senti Ace, avrei una cosa da chiederti… sai per caso se Makino si è sistemata con qualcuno?”
Ace sgranò gli occhi per la sorpresa e scoppiò a ridere. “Avrei dovuto immaginare che eri tu!”
“Di cosa stiamo parlando precisamente?”
“Quando ero piccolo avevo una cotta tremenda per lei, completamente senza speranza! Un giorno raccolsi tutto il coraggio che avevo e le chiesi di fidanzarci. Mi disse di aver fatto una promessa e che quindi non avremmo potuto stare insieme: così mi ritrovai col cuore spezzato e un bacio sulla fronte! Pensavo fosse un modo carino per rifiutarmi, visto che ero solo un moccioso ma ora so a chi devo la mia prima delusione in amore!” Ace sembrava tremendamente divertito. “Mi sono sempre chiesto perché una ragazza come lei fosse sola ma ora ho capito il significato di quella promessa. Sei un uomo fortunato Rosso, quando sono partito Makino non stava con nessuno e non mi pare avesse alcuna intenzione di cambiare la sua posizione.”
Shanks sorrise apertamente. “La sto facendo aspettare da troppo tempo, non credi?”
“Oh, assolutamente!”, rispose il ragazzo uscendo dalla grotta. “Fammi un favore Rosso: salutami Makino quando la vedrai, e ringraziala da parte mia per tutto quello che ha fatto per me e Luffy.”
“Sarà fatto, ti do la mia parola.”

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Capitolo 2
*** 1. ***


Roger, Roger, Roger…era il figlio di Roger e non sono arrivato in tempo; era il ragazzo di Roger e non sono riuscito a salvarlo.
 
“Ancora a rimuginare?” Ben Beckmann arrivò alle sue spalle, annunciato da un lieve odore di fumo.
Shanks si limitò a un cenno del capo. Aveva l’aria stanca e un po’ abbattuta, i capelli rosso fuoco liberi al vento, il braccio posato al parapetto e lo sguardo fisso all’orizzonte.
“Makino non ti riconoscerà più se continui così; ti ricorderà come un chiassoso sbruffone, non puoi presentarti in questo stato”, disse il vicecapitano aspirando una boccata di fumo. “Bisogna però prendere in considerazione il fatto che quando l’hai lasciata era una ragazzina; magari ora apprezzerà questo tuo lato un po’ ombroso.”
“Benn.”
“Mmh.”
“Pensi che stesse guardando?”
“Tutto il mondo stava guardando, Boss.”
 
La Red Force solcava veloce il mare calmo dell’Est; la nave era stranamente tranquilla poiché gran parte dell’equipaggio era rimasto a presidiare i territori dell’imperatore nel Nuovo Mondo. Tutti avevano concordato che il momento giusto per compiere un viaggio così lungo era proprio quello: Barbanera non avrebbe mai avuto il coraggio di muoversi così presto. In più Shanks doveva andare; doveva tornare a Foosha, doveva rivedere Makino e doveva scusarsi per quei dieci anni di vuoto e per non essere arrivato in tempo, perché sapeva che per lei Ace era come un fratello.
“Devi smetterla di darti la colpa per quello che è successo.”
“Una manciata di minuti, Benn, solo una manciata di minuti.”
“Non potevamo sapere come stesse procedendo la situazione, te l’ho detto un milione di volte.”
In fondo l’imperatore sapeva che il suo vice aveva ragione ma quel giovane viso abbandonato dalla vita, era troppo vivido nella sua mente; e il fatto che fosse il figlio di Roger aveva contribuito ad ingigantire quel macigno che gravava sul suo petto. In quel momento, quel terribile momento in cui aveva raccolto il suo corpo esanime, gli era parso tremendamente ovvio chi Ace gli ricordava: quel sorriso e persino i capelli e la mascella erano di Roger.
“In ogni caso non cambia nulla. Devi metterti il cuore in pace; abbiamo fatto tutto il possibile e non ci è concesso tornare indietro”, disse Benn, appoggiandosi a sua volta alla ringhiera di prua.
“A cosa serve essere un imperatore se non si può nemmeno salvare la vita di un ragazzino?”
“Shanks, sai quanto odi darti ragione, ma quella comparsata nella battaglia del secolo ha salvato un mucchio di vite; molti di noi non erano d’accordo ma tu sapevi che la cosa giusta da fare era andare e fermare quella follia. Per quanto mi spiaccia dirlo, Pugno di Fuoco se l’è cercata e nonostante fosse un sottoposto di Barbabianca, tu l’hai messo in guardia da quel maledetto bastardo ma lui non ti ha dato retta. Lo hai protetto come hai potuto e Makino capirà.”
“Non è da te parlare così tanto, Benny.”
“E non è da te parlare così poco. Insolitamente silenzioso e poco seccante, potrei farci l’abitudine.”
 
Una piccola isola si intravedeva all’orizzonte e più si avvicinava più il cuore di Shanks martellava dentro il suo petto.
“Non vedo navi della Marina attraccate al porto”, disse Benn passando il cannocchiale.
“Questo dovrebbe voler dire che Garp se n’è già andato. Sono sicuro che abbia fatto ritorno a Foosha ma deve aver già lasciato l’isola.” Shanks scrutava il mare con molta attenzione, “a meno che non sia arrivato con un’altra nave e questa sia ripartita senza di lui.”
“Sarà meglio girare al largo e gettare l’ancora in qualche baia deserta…se non ricordo male dovrebbero essercene un paio ad ovest del villaggio.”
“Aspetteremo che si faccia buio e andrò da solo con una piccola barca. Da l’ordine di abbassare il Jolly Roger, voglio evitare di dare nell’occhio.”
 
Aveva aspettato la notte affinché il villaggio si addormentasse.
“Vedi di non fare casini.”
“Starò attento, mamma”, disse Shanks sghignazzando. Cercare di alleggerire la tensione era però inutile.
“Ad ogni modo tornerò domattina…cioè almeno lo spero.”
“In dieci anni potrebbe aver acquisito quel po’ di buon senso per mandarti a quel paese”, disse Benn,  lanciando al capitano un pesante mantello col cappuccio.
“Ho il brutto presentimento che potrei non trovarvi più domani…non starai mica pensando di ammutinarti e prendere il mio posto, vero?”, disse Shanks salendo sulla scialuppa.
“Pff, avrei avuto mille occasioni per farlo…salutami Makino, dille che ci rivedremo presto.”
“Diamine, ho sempre saputo che avevi una cotta per lei!”
Con un mugugnio rassegnato Ben si dileguò sulla nave.
Shanks ci mise un po’ per arrivare al piccolo porto dove lascò la sua imbarcazione e si stupì, appena sbarcato, di come quel grazioso villaggio non fosse cambiato affatto in tutti quegli anni; chiudendo gli occhi, poteva ancora ricordare quel piccolo rompiscatole rincorrerlo su e giù per le vie, la sua faccia buffa e i pugni ‘forti come pistole’ lanciati all’aria…sentiva una voce dolce e un buon profumo di fiori, i capelli corvini raccolti in un fazzoletto. Dieci anni erano tanti, un’infinità di tempo; com’era diventata? Davvero non aveva messo su famiglia? D’altronde da quando Ace era partito da Foosha erano passati anni, le cose magari erano cambiate…Una parte di lui era dispiaciuta ma quella parte non poteva mettere a tacere quella che egoisticamente sperava l’avesse aspettato.
L’uomo si incamminò per la via principale, il cappuccio tirato sul capo. Le luci delle case erano quasi tutte spente ma così non era quella delle locanda dove era diretto. Un flebile fascio giallognolo usciva dalla porta a spinta, chiaro segno che vi era qualcuno all’interno del locale. Ricordava perfettamente le lunghe serate trascorse lì in compagnia di Makino, intenta nelle sue mansioni di chiusura; gli piaceva rimanere semplicemente per guardarla, e l’avrebbe fatto per ore e ore.
S’accostò alla porte e finalmente la vide. Vide i capelli neri, lunghi rispetto a un tempo, vide quei fianchi che aveva stretto e accarezzato e vide quegli occhi, grandi come l’oceano e scuri come la notte.
Senza rendersene conto era entrato e il rumore dei suoi passi sul legno avevano richiamato l’attenzione della ragazza che s’era voltata all’improvviso.
Il pirata si tolse il cappuccio. “Non posso credere che tu sia diventata ancora più bella,” disse lui con un sospiro.
“Sh-Shanks…”
Fu come tornare a respirare dopo un’ infinita ed estenuante apnea.

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Capitolo 3
*** 2. ***


“Sh-Shanks…” Non avrebbe riconosciuto la sua voce neanche volendo; rotta e flebile, scossa dalla sorpresa di vederlo lì, all’improvviso, dopo anni e anni di attesa.
Il sorriso di lui si fece ampio, più bello di come lo ricordava. Era vasto e infantile, in qualche modo rassicurante.
 
“Questo posto mi piace!”, aveva affermato guardandola, la prima volata che aveva messo piede al Party’s Bar. “Sì, mi piace”, ed era comparso quel sorriso sul suo viso abbronzato.
Ora il pirata sfoggiava ancora quel ghigno gioviale e quanto aveva sognato di rivederlo? Aveva pensato a quale fosse il modo migliore di accoglierlo almeno un milione di volte. Una cordiale stretta di mano o tutt’al più un abbraccio, d’altro canto non era più la ragazzina che Shanks ricordava…
 
“Mi dispiace, sono un po’ in ritardo.”
Ebbe a mala pena il tempo di finire la frase che Makino gli si gettò tra le braccia.
“Sei tremendamente in ritardo, Capitano”, disse lei piangendo.
Dieci anni per il calore di quell’abbraccio, dieci anni e ogni giorno, ogni singolo giorno era valso l’attesa.
 
_._._
 
Camminava veloce Makino, per la via di Foosha che costeggiava il porto; camminava veloce con le mani che torturavano la stoffa della lunga gonna all’altezza del grembo. Era combattuta tra i sentimenti più disparati e più diversi. Di Shanks non aveva notizie dal giorno in cui era partito, tre mesi prima.
Tornerò presto”, le aveva detto quella mattina.
“Tornerà presto…tornerà presto”, si ripeteva continuamente Makino e l’angoscia di non poter parlare direttamente con lui la logorava.
 
C’era un’altra persona con cui le pareva logico confidarsi, nonostante fosse spaventata a morte dalla reazione che le sue parole avrebbero potuto provocare: ricordava vividamente i pugni scagliati sulla testa di quei due ragazzini troppo vivaci e l’ira che quel famoso cappello di paglia era in grado di causare…
 
“Buongiorno Garp”, disse lei, entrando nel piccolo ufficio della marina affacciato sul porto.
La stanza era ingombra di carte e fascicoli vari e sulla scrivania una fotografia ritraente due bambini dai capelli neri e i le ginocchia sbucciate, arpionati in un abbraccio impossibile da sciogliere e intenti a difendersi dai baci che l’uomo nel centro cercava di propinare loro.
“Makino!” Il vecchio Marine si voltò verso di lei. “Sono appena arrivato”, disse l’uomo posando delle grosse borse. “Sarei passato alla locanda. Cosa ci fai qui?”
Makino non riusciva a togliere gli occhi da quella fotografia.
 
Ma-chan! Ace è diventato tutto rosso!
Zitto, scemo!
Ma-chan!
 
“Makino? Ti senti bene?”
“Sì”, rispose lei di colpo, “sto bene, sì”. Le capitava spesso, da quando Ace era morto, di pensare a lui, a Luffy e a come quest’ultimo stesse vivendo quel momento difficile.
“Sei strana, ragazza.”
“Dici?”
“Sputa il rospo”, disse il Marine indicandole la poltroncina davanti alla scrivania.
La ragazza si sedette con un sospiro, le mani che ricominciarono a torturare la stoffa della sua gonna. Sentiva gli occhi dell’uomo puntati su di sé e si ritrovò incapace, per la prima volta con lui, di sopportare il suo sguardo.
Per un attimo che parve interminabile Makino cercò le parole adatte, rendendosi poi conto che non esistevano parole giuste da usare.
“Garp, io ho un messaggio da riferirti”, disse tutto d’un fiato.
“Un messaggio?”, chiese l’uomo sorpreso. “E da chi?”
Makino raccolse tutto il coraggio che aveva. “Shanks, il Rosso.”
Una piccola vena pulsante comparve sulla fronte di Garp. Il nome aveva provocato in lui un’evidente fastidio.
“E come avresti fatto a metterti in contatto con lui?” Quella domanda era carica di significato.
 
“Quel maledetto bastardo! Ha messo in testa delle idea assurde a mio nipote!”
“Andiamo Garp, Luffy è solo un bambino, potrebbe cambiare idea.”
“Non fare tanto la santarellina, tu! Ho vissuto abbastanza per sapere che c’è solo un motivo per cui un pirata come il Rosso mette base in un villaggio come questo per tutto quel dannato tempo!”
 
Makino sentì le proprie guance avvampare e strinse forte i pugni sulle cosce.
L’atmosfera si fece pesante, tremendamente pesante.
“Non sei mai stata brava a mentire, quindi ti conviene raccontarmi tutto.”
La ragazza continuava a stare in silenzio. Garp era, per lei, la figura più simile al padre e non era facile, pur convinta delle proprie scelte, dargli un dispiacere; quasi insopportabile l’idea di deluderlo.
“E’ stato qui, un paio di mesi fa.”
Un pesante sospiro e poi nulla. Si sarebbe aspettata di vedere la scrivania andare in frantumi o volare fuori dalla finestra ma nulla.
“Va avanti.”
La ragazza alzò gli occhi, grandi e lucidi, per incontrare quelli dell’uomo. “Voleva che sapessi che Ace ha avuto una sepoltura degna accanto a Barbabianca e che Luffy sta bene ed è al sicuro.”
Garp continuava a fissarla in silenzio; poi afferrò la cornice e portò la fotografia dei nipoti davanti a sé.
“Sono doppiamente in debito con quel pirata”, disse, passando il grosso pollice sul vetro. “Prima per aver salvato Luffy, poi per questo.”
Mai nella sua vita aveva visto Garp tanto vecchio e tanto stanco.
“C’è altro?” Incredibile come riuscisse sempre a leggerle dentro.
C’era altro, eccome se c’era, ed era molto più difficile da dire.
“Promettimi che non ti arrabbierai.”
Garp rise, portandosi un grosso pugno agli occhi, per asciugare un paio di lacrime uscite certamente al ricordo di quei due nipoti, uno andato per sempre, e l’altro finalmente saputo al sicuro.
“Andiamo Makino, non può essere così grave, no?”
“Aspetto un bambino.”
Gelo, gelo e ancora gelo. Imperscrutabile il volto di Garp, come congelato dalla notizia; ma la piccola vena sulla sua tempia pulsava più minacciosa che mai.
Passarono i secondi e i minuti poi, in un attimo, i fogli e la cancelleria volarono giù dal tavolo ribaltato da un lato.
L’ha presa bene, pensò la ragazza mentre il Marine si ricomponeva e posava la scrivania a terra.
Garp si sedette e passò le mani sul viso.
“Dimmi che non è del Rosso, ti prego.”
“E di chi dovrebbe essere?”, chiese lei, improvvisamente indispettita.
Garp non la guardava ma continuava a passare le mani sulla fronte aggrottata e sulle tempie.
“Tu non ti rendi minimamente conto del guaio in cui ti sei cacciata.”
Makino incrociò le braccia sotto il seno; si sentiva trattata come una bambina.
“I pirati come il Rosso”, disse il marine dopo una lunga pausa, “i pirati come Roger, non hanno famiglia. Troppo pericoloso, Makino.”
 
Tornerò presto, te lo prometto.
Ma prima di allora non provare a metterti in contatto con me, troppo pericoloso.
 
Shanks aveva accennato qualcosa quella notte, su Barbanera e sul fatto che la guerra fosse passata da poco. Era preoccupato che qualcuno potesse studiare le sue rotte, era preoccupato per lei, per quello era rimasto solo una notte.
 
Non è saggio rimanere per troppo tempo nello stesso luogo.
 
“Ho visto morire la madre di Ace con questi occhi ed era giovane, più giovane di te ora.” Con lo sguardo Garp vagava lontano, ad un tempo che avrebbe voluto non ricordare.
“Gli uomini potenti hanno nemici, ragazza mia, nemici che non guardano in faccia nessuno per raggiungere il proprio scopo. Pensi che si sarebbero fermati davanti a quella ragazza incinta se avessero saputo che in grembo portava il figlio di Roger? Credi che si sarebbero fermati davanti al bambino?”
Le era venuta la pelle d’oca. “Garp io-“
“Il Rosso è un uomo importante”, disse il marine alzando una mano per fermarla, “e questo è un momento difficile.”
L’uomo si alzò per dirigersi verso la finestra. Posò pesantemente la schiena al muro e incrociò le braccia.
“Lui lo sa?”
“Non ho avuto modo di dirglielo. Ha detto di non contattarlo.”
“E’ giusto. Non vuole rischiare che qualcuno arrivi a te…la storia della compagna di Roger deve averlo colpito parecchio. Bhè, avrà una bella sorpresa quando tornerà qui.”
“Tu cosa intendi fare?”
“Ho detto prima di avere un debito nei suoi confronti e comunque devo ripartire tra qualche settimana. Cerca di far trapelare il nome del padre il meno possibile anche se qui a Foosha puoi fidarti di tutti.”
Non poteva dire di sentirsi in colpa; non rimpiangeva neanche un minuto, non avrebbe potuto farlo. In quel momento però, si sentiva molto stupida per non aver capito la gravità della situazione in cui si trovava.
Makino si alzò per raggiungere la porta, la mano posata sul piccolo rigonfiamento del ventre. “Non avrei mai voluto darti un dispiacere.”
“Per te avrei voluto altro, lo sai. Ho sempre disapprovato quella tua scelta cocciuta e insensata; ma ora non importa più; quello che conta adesso è tenere al sicuro te e il tuo bambino.”
“Garp…”
“Potrete sempre contare su di me”, disse l’uomo allargando le braccia e andandole incontro.
“Diventerò nonno.”
Stretta in quell’abbraccio da padre, Makino sentì la voce dell’uomo tremare un po’ per l’emozione. Si sentiva protetta, come quando, da bambina, Garp la faceva sedere sulle sue ginocchia per raccontarle qualche storia dai suoi viaggi in mare e nella sua immaginazione, ad un bimbo coi capelli rossi era concessa la stessa fortuna.
 

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Capitolo 4
*** 3. ***


Buggy?”

Mmh”

Buggy?”

Che diavolo vuoi?”

Mi chiedevo una cosa...”

E' notte fonda, idiota!Mettiti a dormire!”

Ti sei mai chiesto come sia stare con una donna?Intendo in quel senso.”

Che cavolo di domande fai?!”

Scommetto che te lo sei chiesto.”

 

Erano passati così tanti anni da quella notte sulla Oro Jackson; due ragazzini appena adolescenti, con troppe domande e poche risposte.

Da allora, le molte donne passate tra le sue braccia avevano portato con loro la soluzione a quel quesito, posto ad un compagno di viaggio all'epoca inesperto quanto lui.

Aveva il cuore caldo Shanks, lo aveva sempre avuto: dall'infatuazione facile, un estimatore della bellezza femminile. Ma era bastata una brezza leggera, sottoforma di una fanciulla dai capelli scuri, a fargli dimenticare tutte quelle che erano venute prima e a possedere, senza amare, quelle che sarebbero venute dopo.

 

Com'era stato possibile passare dieci anni senza di lei, quando la separazione di qualche mese gli era risultata quasi insopportabile?

Foosha era calma e la luna si vedeva appena attraverso le nubi; una notte simile a quella di tanti anni prima, quella in cui tutto era cambiato.

Vuoi-vuoi rimanere?”, gli aveva chiesto, prendendolo timidamente per mano. Il Party's era deserto, fatta eccezione di loro due; Makino lo fissava negli occhi, rossa in viso.

Sei sicura?”. Mai avrebbe dimenticato il bacio venuto dopo, la scelta di donare, a lui per primo, tutta se stessa.

 

Dormiva al suo fianco, finalmente. Percepiva dei movimenti leggeri sotto la mano destra, posata sul ventre gonfio di lei. L'aveva sempre trovata bella quando dormiva e quella forma insolita, ancora nuova ai suoi occhi, non aveva fatto altro cha aumentare il suo fascino.

 

“Sorpresa!”. Un sorriso un po' tirato, gli occhi gonfi di lacrime e le mani posate sul ventre; dopo otto mesi di separazione Shanks era tornato da lei trovandola estremamente incinta.

“Mi dispiace tanto, avrei voluto dirtelo ma mi hai fatto promettere di non contattarti e non ho voluto rischiare.”

Era probabilmente la prima volta in vita sua che rimeneva completamente senza parole; Ben lo avrebbe trovato divertente. Mai aveva immaginato se stesso come un padre e in quell'istante si era ritrovato incapace di agire, travolto dalla felicità, dal senso di colpa e da immagini confuse che riguardavano Roger e il corpo esanime di Ace.

“Non posso chiederti nulla Shanks...non voglio che tu ti senta in obbligo di-”

“No!No, Makino, non dire niente!”, si era lanciatoverso di lei e l'aveva stratta a sé. “Io non so che cosa ho fatto per meritarti.”

 

Sul viso di Makino si formò una piccola smorfia e i suoi occhi si aprirono lentamente, incontrando quelli di Shanks.

“A qualcuno piace ricordare la sua presenza”, disse portando una mano al fianco. “Mi chiedo da chi abbia preso.”

Era un sorriso intelligente quello comparso sulle sue labbra e nei suoi occhi scuri, lo stesso sorriso, immutato nel tempo, che lo aveva incuriosito e poi fatto innamorare dieci anni prima.

“Sposami.”

“Mmh, dev'essere un sogno; eppure quel calcetto sulle costole mi pareva così reale.”

“La signorina desidera una proposta in ginocchio?”

“Non sarei nel letto con un pirata se amassi certi formalismi.”

“Allora?”

“Ci devo pensare.”

“Una volta eri una ragazzina così dolce...mi chiedo da chi tu abbia imparato ad essere così pungente.”

“Indubbiamente dal migliore.”

“Touchè.”

Non era mai stato un grosso problema convivere con la propria mutilazione ma quando stava con lei rimpiangeva il braccio sinistro; sarebbe stato bello accarezzarle i capelli e stringerla con un sol gesto, toccare le guance ancora lievemanete tirate dal sorriso.

“Senti Capitano”,disse Makino, posando la mano su quella di Shanks. “Tutto ciò e molto più di quello che mi sarei aspettata; tu ora sei qui e tra poco tuo figlio sarà tra le mie braccia. Un 'sì' mi pare poco per rispondere alla domanda che mi hai appena fatto.”

 

Ace venne alla luce in una mattina uggiosa, gridando come avesse già conosciuto tutto il male del mondo.

“Ti somiglia”, disse Makino accarezzando la testa del piccolo. “E' entrato nella mia vita urlando, esattamente come hai fatto tu.”

Per Shanks quella fu la giornata più intensa della sua vita, e dire che di avventure ne aveva vissute tante! Immobile e con le lacrime agli occhi, paralizzato dalla vista di quel fagotto bianco tra le braccia di Makino; un viso piccolo e tondo, mani strette a pugno, capelli radi che rendevano impossibile distinguerne il colore...perfetto, assolutamente perfetto.

“Non vedo l'ora di dire ai ragazzi che state bene. Ben cercherà di fare il duro ma si innamorerà di lui non appena lo vedrà.”

“Yasopp si metterà a piangere.”

“Puoi scommetterci, mamma.” Non riusciva a togliere gli occhi da Ace addormentato, la piccola guancia rosa posata sul petto della madre. “Mi spiace che non possano essere qui ma credo davvero che questo sia il luogo più sicuro per voi: lontano dalla Rotta Maggiore e sotto la protezione di Garp. Sarete in buone mani con lui.”

 

La Red Force si era presentata all'orizzonte un mese dopo la nascita di Ace e tutte le previsioni riguardo le reazione della ciurma si rivelarono corrette.

Per Shanks non era mai stato tanto difficile rispendere il mare.

“Tieni questa”, disse Makino porgendo a Shanks una fotografia ritraente Ace tra le sue braccia, rannicchiato contro il suo petto.

“Cercherò di fare ritorno il più spesso possibile. Sii prudente, Makino.”

“La stessa cosa vale per te, Capitano; ora sei un padre di mezza età con delle responsabilità.”

“Hey, ragazzina! Quale mezza età?! Vedi forse qualche capello bianco? Non so se hai notato quelli di Ben, ma quelli sì che sono capelli di un uomo di mezza età.”

“A proposito, forse quando tornerai si riuscirà a capire se Ace ha preso da te oppure no. Da quello che so, gli altri hanno già scommesso dei soldi sul fatto che erediterà il tuo colore.”

“Ah, quelli avevano scommesso anche sul fatto che, al mio ritorno, mi avresti cacciato a calci.”

“Una persona saggia lo avrebbe fatto”, disse Makino con una risatina, “una innamorata no.”

“Starete bene, vero?” Shanks posò un bacio sulla fronte del piccolo per poi premere le labbra su quelle della madre.

“Staremo bene, tranquillo.”

“Tornerò presto, te lo prometto.”

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