Lightning in the night

di stellachan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Tempesta e ricordi. ***
Capitolo 2: *** Una scena agghiacciante ***
Capitolo 3: *** Un lampo di interesse ***
Capitolo 4: *** Inutile inseguimento ***
Capitolo 5: *** Kagome!Stupida, pazza incosciente ***
Capitolo 6: *** Attimi di debolezze ***



Capitolo 1
*** Tempesta e ricordi. ***


~~Cap. 1     TEMPESTA E RICORDI.

Il rumore delle gocce di pioggia, che si infrangevano sui vetri della finestra in camera da letto, la svegliarono infastidita nel cuore della notte.
Kagome si girò nel letto, cercando invano di riprendere sonno.
Distesa sotto le coperte e su un materasso di lana un po’ gibboso, gli scricchiolii del legno, l’odore di cera di cui erano impregnati i mobili e lo stormire dei platani le ricordavano gli anni sereni trascorsi in quella casa, che la colmavano di nostalgia, rimorso ed enorme tristezza.

Dopo cinque lunghi anni, aveva ripreso possesso di quel villino alla periferia di Inagi, da quasi un mese, ma non vi si era ancora abituata e spesso, di notte, si sorprendeva a tendere le orecchie per captare  il pulsare ossessivo del traffico di Tokyo.
Inagi era la sua città, vi era nata e vissuta per vent’anni, ma adesso, dopo quella lunga lontananza, non riusciva ad adattarsi a quei ritmi calmi e sonnolenti, era troppo tranquilla per i suoi gusti.

Vi era tornata spinta da una grande e immensa disperazione, dopo che Koga Yoro, il grande giornalista, un demone brillante che qualche anno prima l’aveva abbagliata con la sua personalità e le sue promesse, l’aveva trasformata in una specie di automa senza volontà di reazione. Koga l’aveva tradita, aveva ucciso le sue speranze e infine aveva soffocato con risate di scherno le sue stupide illusioni.

Ricordando il periodo trascorso con lui, Kagome si sentì prendere dalla desolazione. Era stata sul punto di lasciarsi andare, di soccombere alla crudeltà della vita, aveva pensato anche al suicidio, non riusciva ad andare avanti. Ma un giorno, alla fine, aveva trovato la forza di reagire ed era fuggita verso l’unico rifugio che conoscesse: la sua casa natale.


Con uno scatto di nervi, tirò via la coperta e buttò le gambe fuori dal letto e andò in cucina a piedi nudi, rabbrividendo nel sentire il contatto freddo delle piastrelle di ceramica.
Il vecchio frigo borbottava sommesso e quando lo aprì riversò nella stanza un rettangolo di luce gialla.
La ragazza prese una bottiglia d’acqua, tolse il tappo, e ne versò un po’ in un bollitore, mettendolo sul fuoco. Quando l’acqua fu ben calda la versò in una tazza, immergendovi una bustina di tè verde.

Andò alla finestra. Oltre il giardino, correva una strada alberata che in quel momento era deserta. Via dei Gigli si chiamava, ma avrebbero fatto meglio a battezzarla “Via del Nulla” o “Via della Desolazione”.
Cento metri più avanti, il nastro stradale finiva all’improvviso. L’asfalto si perdeva nell’erba di un campo, senza che vi fosse un cartello di avvertimento.
Kagome ricordava che suo padre amava scherzarci sopra, quando lei era piccola.
-Volevano arrivare fino a Osaka, ma ci hanno ripensato.- diceva.

I suoi avevano acquistato quella casa dopo anni di sacrifici e vi erano vissuti fino alla morte.
Il padre era un sacerdote shintoista, passava molto tempo nel piccolo tempio della città, pregando i sacri Kami e aiutando il prossimo; la madre era una casalinga passava il suo tempo pulendo e cucinando piatti prelibati che inondavano la casa con profumi deliziosi.
Entrambi erano morti di infarto, a distanza di pochi giorni l’uno dall’altra, come se non avessero saputo sopportare una separazione più lunga.
Sentì gli occhi colmarsi di lacrime. Con loro, era scomparsa la sua infanzia e si erano perse le sue radici.
Lasciò le lacrime cadere dai suoi occhi.
Sentiva terribilmente la loro mancanza, il dolore dopo tre lunghi, maledettissimi anni non era diminuito. Era lì, costante, l’unico a tenerle compagnia. Si sentiva sola al mondo.
Era rimasta sola.
Non aveva nessuno.
Nessuno su cui fare affidamento.
Nessuno che si prendesse cura di lei.
Tuttavia, l’unico pensiero che riusciva a consolarla era il ricordo che la gente di Inagi aveva dei suoi genitori. Gli abitanti della cittadina li ricordavano con affetto ed era stato grazie al ricordo lasciato da loro che Akitoki Hojo, il direttore della banca locale, l’aveva assunta come contabile.
-Non voglio vedere le tue referenze, Kagome cara, - le aveva detto.- mi basta sapere che sei l’amata figliola di Hitoshi e Sakura Higurashi.-   
Senza accorgersene smise di piangere.


Kagome sospirò e guardò l’orologio: erano le due del mattino.
Un campanile lontano batté due rintocchi.
Oltre la finestra e il piccolo giardino, la strada riluceva sotto le gocce della pioggia battente.
La ragazza rabbrividì nella leggera camicia da notte in seta nera e schiacciò il naso contro il vetro, guardò i cespugli arruffati che nascondevano la fine della strada.

E si perse nuovamente nei ricordi…


Laggiù, sei anni prima, lei e InuYasha No Taisho erano stati sorpresi da un acquazzone.
Inu l’aveva protetta con la sua giacca e poi l’aveva trascinata sotto un albero.
Il sapore dei suoi baci si era mescolato alle gocce di pioggia.

InuYasha era un mezzo-demone. Nato dalla relazione di un’umana, sua madre Izayoi, e di un demone maggiore, Inu No Taisho. Il loro era un grande amore ed erano una famiglia felice, fino al giorno  della morte dei genitori. L’aereo in cui stavano viaggiando precipitò misteriosamente e il caso venne chiuso dopo qualche anno, senza avere alcuna risposta.
Ormai, da decenni, demoni e umani avevano imparato a vivere in maniera pacifica, ma i pregiudizi e le malelingue erano comunque presenti da entrambe le parti.
 A Kagome non importava che lui fosse un mezzo sangue, non faceva distinzione tra due le razze.
La prima volta che lo vide rimase incantata dalla sua bellezza, alto, fisico non troppo muscoloso, lunghi, lisci e setosi capelli color della luna e sopra la testa, tra i capelli, sbucavano due orecchiette canine candide e sofficissime. Tutto di lui era meraviglioso, ma ciò che la colpi di più furono i suoi occhi. Occhi color miele che la incatenavano al suo sguardo e ipnotizzavano. Con un solo sguardo era capace di mandarla in estasi, amava il modo in cui la guardava…
Già, guardava…

Adesso InuYasha era diventato il capo della polizia e vegliava sulla cittadina come un padre protettivo e geloso. Privo di grandi ambizioni, ma esigente con se stesso, aveva raggiunto l’obbiettivo che si era prefisso e ne andava orgoglioso.
Lui non aveva mai sentito il bisogno di evadere, di cambiare aria, di vivere in una grande città.
-Inagi mi calza come un guanto, amo vivere qui.- diceva sempre così.

Kagome, smaniava di novità e di avventura, non era mai riuscita a capirlo e adesso era troppo tardi.
Come era previsto, e in un certo qual modo paventato, appena tornata a Inagi, lo aveva incontrato per strada ma lui si era limitato a salutarla con un rigido cenno del capo e aveva proseguito il suo cammino. Non le aveva chiesto perché era lì, di nuovo, che cosa fosse successo. Non aveva manifestato la minima curiosità, semmai un vago senso di fastidio e il suo volto, reso ancora più interessante dalle rughe di espressione che lo solcavano, aveva mostrato delle sfumature di disprezzo.
La fuggitiva era tornata sconfitta e non meritava alcuna pietà.
Ricordando quel momento, la ragazza arrossì dal dispetto e dalla rabbia.

Guardando ancora fuori dalla finestra, si accorse che la leggera pioggia, si era trasformata in un vera e propria tempesta con tuoni e lampi.

 

 

 

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Capitolo 2
*** Una scena agghiacciante ***


~~Cap. 2             Una scena agghiacciante

 



Il vento era aumentato e grosse gocce di pioggia ora rigavano i vetri.

Kagome posò la tazza nel lavello e mentre apriva il rubinetto dell’acqua per lavarla, le parve di sentire un grido, ma lo scoppio immediato di un tuono la confuse. Era stata una voce umana quella che aveva sentito, oppure l’urlo del vento?

Vagamente incuriosita, tornò alla finestra.

Un lampo saettò livido nel cielo e alla sua luce improvvisa, vide una scena che l’agghiacciò. Dietro la finestra di una casa semidiroccata, un uomo alto e magro impugnava un coltello la cui lama brillava nel buio come una scheggia appuntita di specchio e stava vibrando delle coltellate a qualcuno.

Poi, improvvisamente, il lampo si spense, ma la ragazza non riuscì a muoversi. Le sembrava di aver smesso di respirare.

Quella vecchia casa era disabitata da anni.

Chi poteva averla scelta come luogo di un omicidio?

Con il cuore che le martellava nel petto, Kagome continuò a premere il naso contro il vetro della finestra.

Un altro lampo, molto più vivido del precedente, incendiò la notte. L’uomo del pugnale si affacciò alla finestra e la fissava…

La ragazza ebbe il tempo di vedere i contorni di quel volto magro e spigoloso, capelli scuri legati in una lunga coda di cavallo, una cicatrice che partiva dal lato sinistro del volto, ma ciò che la colpì maggiormente furono due occhi rosso vermiglio.

Tornò l’oscurità.

Ma lo sguardo incredulo e furente dell’uomo le restò impresso nella mente, era sconcertata da quegli occhi che brillavano come rubini.

Terrorizzata cadde a terra, per nascondersi dall’uomo e dal suo sguardo, premendosi una mano sulla bocca, per non urlare, e una sul petto.

Il cuore sembrava essersi fermato, ma improvvisamente ricominciò a battere e sembrava sul punto di esplodere; doveva muoversi, fare qualcosa ma era rimasta paralizzata dalla paura.

Dopo qualche minuto, che a lei parvero ore, riuscì a riprendere il controllo di se stessa.

“La polizia” pensò. ”Devo chiamare la polizia”.

Gattonando, andò a prendere il telefono sperando che l’uomo non la vedesse, compose il numero con mani tremanti.

Squillò tre volte, poi, rispose una voce maschile impastata dal sonno.

-Pronto? Qui stazione di polizia. Cosa posso fare per lei?-

-Sono Kagome Higurashi, via dei Gigli 97. Ho assistito ad un omicidio. Correte vi prego!- rispose lei con voce tremula, sull’orlo di una crisi di pianto.

-Un momento- la voce si fece più limpida. – Via dei Gigli ha detto?-

-Si, via dei Gigli al numero 97, vi prego correte!- Kagome per poco non gridò.

-Sono l’agente Takahashi. Il capo e io arriviamo subito. Mi dia solo il tempo di avvertirlo!-

La ragazza chiuse la chiamata e si nascose in un angolo della cucina. La stanza era immersa nel buio, ogni tanto veniva illuminata dai lampi, ma lei non osava accendere la luce. Se l’assassino era ancora là fuori, l’avrebbe vista.

Ancora rannicchiata su se stessa, contava i minuti aspettando il loro arrivo e quando udì il suono di una sirena, balzò in piedi correndo verso la porta.

La pioggia cadeva a scrosci, velando lo scenario ma riconobbe subito l’uomo in giubbotto di pelle nera che scendeva dall’auto di pattuglia.



-Ciao InuYasha.- lo salutò facendosi da parte per lasciarlo passare.

Lui le passò davanti senza rispondere. I suoi occhi frugavano nelle tenebre della casa.

-Perché la luce è spenta? Manca la corrente elettrica?-

-No.- Kagome si appoggiò alla parete sopraffatta dalle emozioni.

Erano cinque anni che non lo vedeva e quella volta in strada non ebbe il tempo di guardarlo bene, lui era letteralmente fuggito via da lei, non sopportava la sua presenza.

Come biasimarlo…

Era sempre bellissimo. Non era cambiato poi molto, i lineamenti del volto erano un po’ più maturi, portava i capelli leggermente più corti e il suo fisico era diventato più muscoloso, i suoi occhi erano meravigliosi come se li ricordava, forse anche più belli…



L’agente Takahashi la sfiorò passando e le sorrise facendo un inchino.

InuYasha premette l’interruttore e il corridoio fu inondato da una luce improvvisa, rivelando una serie di piccole crepe nell’intonaco.

-Allora?- domandò. –Cos’è successo?-

La ragazza provò a parlare, ma la voce le mancò.

-Sei stata tu a chiamarci, non è vero?- Insistette lui.

-Si, sono stata io. Poco fa, dalla finestra della cucina, ho assistito ad un omicidio!-

Il mezzo-demone si voltò a guardarla.

-Un omicidio? Come fai a dirlo? C’è stata una sparatoria? Oppure sei stata testimone di un agguato?-

La sua voce era priva di intonazioni, ma lei percepì il sarcasmo e s’irritò.

-Non mi credi? Pensi che vi abbia chiamato perché mi sentivo sola?- chiese lei sconvolta.

Lui si guardò intorno, come a soppesare il silenzio. Perché no?, pareva dire con lo sguardo.

-Sei sempre stata fantasiosa, Kagome Higurashi.-

-Ma non una visionaria.- riabbatté lei.

Andò davanti la finestra della cucina e indicò l’esterno. Ora la casa diroccata non aveva più un’aria minacciosa. Sembrava innocua, derelitta e più disabitata che mai.

-Vedi la finestra del primo piano?- mormorò.- Ho visto un uomo accoltellare qualcuno.-

-Quanto tempo fa?-

-Mezz’ora, forse di più…-

InuYasha guardò l’agente Takahashi.

-Il temporale è iniziato poco prima delle due. Come hai fatto a vedere un uomo dentro una casa distante una ventina di metri, nel buio e con la pioggia?-

La ragazza si torse le mani: il suo scetticismo era esasperante. Avrebbe voluto essere più lucida, avrebbe voluto esprimersi con incisività, ma era troppo scossa per potervi riuscire.

-È stato subito dopo le due, perché ho sentito il campanile qui vicini battere due rintocchi. Non riuscivo a dormire ed ero venuta in cucina per prepararmi una tazza di tè caldo. Mentre stavo per lavarla, a un tratto, ho sentito un grido. Ho guardato fuori dalla finestra e in quel momento balenò un lampo.-

Il mezzo-demone si morsicò il labbro, annuendo adagio e scrutando la casa di fronte.

-Un lampo… i lampi durano pochi secondi.-

-Sono stati sufficienti. Ho visto quell’uomo uccidere. Era alto e magro. Aveva i capelli scuri legati in una lunga coda, aveva una cicatrice in faccia e occhi rossi come il sangue. In realtà non sono neanche sicura che si trattasse di un uomo. Quelli sembravano occhi di un demone!-

L’agente si guardò i piedi, imbarazzato. InuYasha sorrise divertito.

-Adesso mi dirai che era alto un metro e settantadue e quanto era lunga la sua cicatrice. Devi avere una vista eccezionale, forse, anche meglio della mia!- rispose lui con scherno.

Kagome arrossì di rabbia.

-Non ho mai avuto bisogno di occhiali. Ci vedo benissimo e ho visto benissimo!

Lui la guardò con occhi impassibili…

Solo dopo, la ragazza, si rese conto che il mezzo-demone non aveva raccolto la sua testimonianza.

Perché non le credeva?

 

 

 

 



Salve a tutti.

Ringrazio infinitamente chi sta seguendo questa storia. Ringrazio anche chi ha recensito.

Spero che il secondo capitolo vi sia piaciuto.

Un abbraccio e un bacio.

Stella.     

 

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Capitolo 3
*** Un lampo di interesse ***


~Cap. 3                 Un lampo di interesse

 

 




InuYasha annuì e per un attimo la fissò.
Oh Kagome, ricordava benissimo i suoi splendidi occhi.
Occhi color cioccolato fuso, che davano sensazioni di calore a chi intrecciava il proprio sguardo con quello di lei, ma un cioccolato con un amaro retrogusto.


-Forse quel demone o quell’umano, era un cacciatore solitario e stava scuoiando una lepre selvatica, infondo, siamo in aperta campagna qui!-
-Alle due di notte e in una casa abbandonata? Inoltre le lepri non gridano!-
-Ti concedo questo punto.- cos’altro hai notato?-
-Quasi niente. Ma alla luce del lampo successivo, ho visto l’uomo che mi guardava con i suoi occhi spaventosi. Lui mi ha vista!-

Per la prima volta negli occhi del mezzo-demone balenò un lampo di interesse e, il suo sguardo prese nota della ragazza che aveva di fronte. I lunghi e voluminosi capelli corvini le scendevano fino a sfiorarle il fondoschiena, li portava più lunghi rispetto a cinque anni fa, e degli occhi grandi, languidi, inconfondibili. Non sarebbe stato difficile riconoscere quel viso.
Proprio come quel giorno per strada. L’aveva riconosciuta subito, l’avrebbe fatto tra mille. Il cuore si era fermato o aveva ripreso a battere?
Ma quell’organo vitale all’istante fu avvolto dal dolore, così come un’onda che si infrange  con violenza sopra uno scoglio.
Avrebbe voluto parlarle, stringerla a se e chiederle il motivo del suo ritorno, ma la parte razionale, la sua mente, aveva deciso di fare l’opposto.
Cinque anni fa, lei l’aveva fatto soffrire, una sofferenza che ancora oggi porta con se.
Sopraffatto dall’orgoglio e dall’odio, decise di salutarla con freddezza , di ignorarla proseguendo il suo cammino.
Cos’è l’odio? Cos’è l’amore?
Due facce della stessa medaglia e, il confine che li divide è una linea sottilissima.

 

 

Se quella storia assurda e grottesca, era solo una scusa per rivederlo, le avrebbe vomitato addosso tutto il suo odio e il suo rancore.
Con quale faccia si ripresentava da lui? Dopo tutto ciò che aveva fatto? Dopo il suo tradimento?
Kagome aveva tradito la sua fiducia…

 

Ritornò al caso di omicidio.

Presupponendo, che la storia  fosse vera e non frutto della sua immaginazione, InuYasha non aveva idea delle condizioni psichiche della corvina, infondo, era stata via per molti anni e non sapeva che tipi di esperienze avesse vissuto. Forse era rimasta traumatizzata da qualche evento e adesso la sua mente le giocava strani scherzi.
Doveva essere così.
Inagi era una cittadina tranquilla e da una decina d’anni non si verificavano omicidi.

-Takahashi.- disse prendendo una decisione – andiamo a dare un’occhiata a quel rudere.-
-Volete lasciarmi qui? Da sola?- la ragazza guardò dall’uno all’altro con espressione sconvolta e terrorizzata al tempo stesso.

InuYasha avrebbe voluto risponderle che il suo lavoro non consisteva nel tenere compagnia a cittadini visionari e spaventati, voleva urlarglielo in faccia con tutto il disprezzo che aveva in corpo, ma due secondi dopo guardandola meglio provò improvvisa pietà per lei.

-Tu resta qui!- disse rivolto all’agente – andrò io da solo.-

Lei si lasciò cadere su una sedia e chinò la testa in avanti. I lunghi e setosi capelli corvini scivolarono via da dietro le spalle, nascondendo il viso come una tenda di raso nero e lucido.

Quando sentì la porta chiudersi e i passi del mezzo-demone allontanarsi, risollevò il capo.


-Le va un caffè o un tè?- propose lei.

L’agente abbozzò un sorriso.
Era giovane e timido, ma aveva un’espressione gentile.

-Solo se lo prende anche lei, un caffè, grazie.-

Kagome annuì. Per quella notte aveva rinunciato alla speranza di dormire.

Quando il caffè fu pronto, ne riempì due tazze.

-Non ho inventato tutto. Ho visto quell’uomo. L’ho visto uccidere.- dichiarò offrendogli il caffè.

Takahashi si limitò ad assentire, poi la stanza sprofondò nel silenzio.

 

 


Mezz’ora più tardi InuYasha rientrò in casa, grondante di pioggia.

La ragazza, vedendolo, riempì un’altra tazza con quel liquido scuro e fumante.

-Ho frugato in tutte le stanze del pianterreno e del primo piano. La scala è pericolante, una parete è crollata e il tetto ha due enormi squarci.-
-La camera in cui è avvenuto l’omicidio è al piano superiore e si affaccia sulla strada.- specificò lei.

Il mezzo-demone accettò il caffè con un breve sorriso di gratitudine.

-Mi sono recato al primo piano e mi sono anche affacciato alla finestra. Non ci sono più i vetri e le imposte sono devastate.-
-E che hai visto?-

Lui la fisso.

-Voi due qui, in cucina. Tu eri ai fornelli. Ma la luce era accesa, perciò mi è stato facile notare tutti i particolari.-

Kagome finì di bere il suo caffè a piccoli sorsi.

-Però, ti ho anche detto che non sono sicura che si tratti di un umano. I suoi occhi… i suoi occhi erano rossi, non ho mai visto in un uomo un colore del genere, ma in un demone… Se l’assassino era un demone, avrebbe potuto vedermi senza problemi, anche al buio.-

InuYasha bevve un lungo sorso di caffè.

-E cos’altro hai scoperto InuYasha?-
-Escrementi di topi, ragnatele e polvere, uno spesso strato di polvere per terra. C’erano delle impronte, ma potrebbero averle lasciate chiunque, dei ragazzini entrati lì per gioco o per spirito di avventura. Tra l’altro erano confuse. Qualcuno aveva cercato di cancellarle passandovi sopra qualcosa, forse una giacca o un pezzo di stoffa.-

Gli occhi della corvina brillarono.

-Questo non ti dice niente?-
-Potrebbe. Ma è un indizio molto vago. Come ho detto, in quella casa possono aver bivaccato bande di ragazzi o vagabondi.-
-Se fosse stato così, avresti trovato delle lattine di birra, dei rifiuti, le ceneri di un falò!-
-E nel caso avessi ragione tu vi sarebbe stato un cadavere o, in mancanza di un corpo, delle macchie di sangue, che per la cronaca non ne ho avvertito neanche l’odore!-

Kagome si morsicò le labbra. Non poteva dargli torto. Dannazione! Eppure non aveva sognato.

-Forse la vittima era avvolta in una coperta.- ipotizzò.

InuYasha sorrise

-Certamente! Si era avvolto in una bella coperte imbottita per permettere al suo assassino  di ammazzarlo senza lasciare tracce!-
-Chi ti dice che non fosse tramortito? Io non l’ho visto, era nascosto dal davanzale, forse era disteso per terra oppure in ginocchio. Magari stava scongiurando l’assassino di non ucciderlo!-
-Smettila Kagome!-la voce del mezzo-demone esplose come un colpo di pistola.
-Smettila di lavorare di fantasia. Potresti scrivere un romanzo giallo, ma io non ho il tempo di leggerlo!-
-Non mi credi vero?- chiese incredula e sconcertata.

Lui sbuffò.

-Io credo a ciò che vedo! E là, in quella casa, non c’è nessuno!-

La ragazza si passo una mano sul viso.

-L’assassino deve essere fuggito attraverso i campi mentre voi venivate qui. Non ho udito alcuna macchina allontanarsi. Forse troverete dell’impronte.-
-Impossibile. Piove troppo forte. La campagna è allagata.-
-Capisco.- Kagome si alzò, facendo appello al suo orgoglio.
-In questo caso non c’è altro da dire. Grazie di essere venuti.
-Dovere.- disse InuYasha guardandola duramente. Fece un cenno all’agente Takahashi e si avviarono alla porta, ma prima di uscire lui si voltò.

-In ogni caso, chiuditi dentro a chiave e sbarra le finestre. Questo villino è molto isolato.-

La ragazza ebbe un sorriso mesto.

-Lo so. A volte il silenzio è insopportabile.-

Lui esitò.

-Manderò l’agente di turno a pattugliare la zona. Se dovessi avere problemi, chiamami.- detto questo usci.

La ragazza chiuse la porta e inserì il chiavistello.
Andò a rannicchiarsi nella poltrona preferita di suo padre, in salotto. Per un attimo pensò di accendere la televisione, poi vi rinunciò. Il rumore le avrebbe impedito di udire ogni altro suono e lei intendeva stare all’erta.    

 

 

 

 

 


Salveeee…
E il terzo capitolo è andato! :D
Qui abbiamo un leggero assaggio di quali siano i sentimenti che nutre InuYasha per Kagome. Ovviamente non anticipo niente, le ragioni di tali comportamenti li vedremo nei capitoli successivi.
Ringrazio infinitamente chi ha recensito il capitolo precedente e chi spreca un po’ del suo tempo leggendo questa storia.
Spero che vi sia piaciuto! ;)
A presto
Stellachan :*

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Capitolo 4
*** Inutile inseguimento ***


~Cap. 4                                Inutile inseguimento

 

 

Aprile aveva portato con se un clima abbastanza caldo, e in banca erano già stati accesi i condizionatori.
Kagome chiuse la cartella che stava compilando e guardò l’orologio: erano le sedici e quarantacinque, era quasi l’ora di tornare a casa.
Un sospiro di frustrazione  le gonfiò il petto.
Da quando aveva assistito a quell’orribile scena notturna erano trascorsi due mesi, ma non riusciva proprio a dormire. Ogni sera, prima di andare a letto, sbarrava porte e finestre, poi si metteva in ascolto. Il minimo rumore la faceva trasalire e il sonno fuggiva via.
La paura che quel tizio potesse entrare in casa sua le faceva venire la nausea.
La notte, la sua mente volava nei suoi più oscuri pensieri e lì la sua fervida immaginazione poteva avere liberissimo sfogo.
Ci vuole poco per uccidere un misero essere umano, loro non sono forti e resistenti come i demoni e i mezzi-demoni.
Basta poco, una coltellata nei punti vitali, un colpo di pistola, strangolare il povero malcapitato, si potrebbe fare una lista…
 Questi erano i pensieri che ogni notte perseguitavano la povera ragazza.
Il terrore la stava consumando lentamente, un poso alloggiava nel suo cuore, un enorme, terribile peso…

 
 

 

InuYasha era entrato in banca solo un paio di volte, qualche giorno prima si era informato delle novità e poi se n’era andato.
In città, era tutto tranquillo e nessuno parlava dell’omicidio.

 

Infilandosi una leggere giacchetta di lino rosa antico, la ragazza salutò i suoi colleghi e uscì nel caldo sole pomeridiano.
La sua auto, una vecchia Honda acquistata di terza mano, era parcheggiata infondo alla strada e, grazie ai Kami era all’ombra.
Vi salì con un sospiro di sollievo e mise in moto, ma compiuti pochi metri dovette frenare.

Il semaforo era rosso.

Alla sua destra c’era una Volvo nera, dal paraurti ammaccato.
L’uomo che era alla guida si sporse dal finestrino per raddrizzare lo specchietto laterale.
All’inizio non lo vide in faccia, ma la lunga coda che scivolò da dietro la schiena, le provocò un inspiegabile brivido di terrore. Poi l’uomo si mise di profilo, guardava un punto indefinito di fronte a se e, lì in quel momento, la ragazza vide una parte della cicatrice…
E così, il suo cuore perse un battito, aveva anche smesso di respirare per qualche istante.

Non poteva sbagliarsi! Quel tizio era l’assassino che aveva visto nella casa diroccata!

Si guardò freneticamente intorno. Poche automobili transitavano lungo quella strada e i pedoni erano rari.
Nessuna macchina della polizia in vista.
Improvvisamente il semaforo diventò verde e la Volvo scattò in avanti.
Un’ondata di coraggio, misto a follia, si impossessò con prepotenza di Kagome che premette l’acceleratore e inseguì l’auto.


Non doveva perderla di vista. Se avesse scoperto dove abitava l’uomo, l’avrebbe riferito a InuYasha e a quel punto lui avrebbe avuto qualcosa su cui indagare.


Mentre guidava lanciò un’occhiata alla targa, ma le lettere e i numeri erano incrostati di fango come se l’auto avesse attraversato dei campi dopo un violento temporale.

L’auto voltò a sinistra e la ragazza lo imitò, tenendosi a prudente distanza dietro una vecchia Mercedes guidata da una donna.
La riconobbe subito, solo lei portava i lunghi capelli grigi legati in una coda bassa. Era la signora Kaede, la moglie del farmacista.


La corvina cercò di sorpassarla, ma un camion proveniente dalla direzione opposta glielo impedì.
Fece appena in tempo a notare che la Volvo voltò nuovamente a sinistra, imboccando una piccola strada di campagna, scomparendo dietro la curva a grande velocità.
Cercò di inseguirla, ma la signora Kaede l’aveva riconosciuta e accostandosi al marciapiede le stava facendo segno di fare lo stesso.


Kagome esitò un attimo e poi si arrese.


Ormai qualunque cosa avesse fatto, non sarebbe riuscita a raggiungere il fuggitivo. In fondo a quella piccola strada secondaria si apriva un quadrivio e una di quelle strade portava all’autostrada per Tokyo.

 

 


-Buon pomeriggio, signora Kaede!- esclamò, sporgendo la testa da finestrino.

-Buon pomeriggio a te, mia cara.-ribattè la donna.- Come stai? Volevo venire in banca per invitarti a prendere un tè, ma non ho trovato parcheggio. Perché non mi segui fino a casa? Faremo due chiacchiere.-

La ragazza le rivolse un sorriso di scuse.


-Magari un’altra volta, signora Kaede. Oggi avevo in programma di fare la spesa e pulire un po’ casa.-

La moglie del farmacista era considerata il gazzettino della città, perché le piaceva sapere tutto di tutti.

-Peccato, cara. È da tanto che desidero conversare un po’ con te. Come ti trovi in città?-

-Bene, signora Kaede, grazie.-

-Nessun problema?- la signora non attese risposta.- In ogni caso, abbiamo il caro InuYasha a proteggerci. Qualunque guaio ti capiti, rivolgiti a lui. Del resto, un tempo eravate buoni amici, giusto?-

Kagome tese le labbra in un sorriso forzato.
La moglie del farmacista sapeva benissimo che lei era stata la ragazza di InuYasha No Taisho per quattro anni.

-Giustissimo.-

-Bene, mia cara.- l’anziana premette l’acceleratore e la sua auto sobbalzò come una palla, prima di fermarsi. Imperturbabile la signora rimise in moto.


-Visto che mi lasci sola, andrò a trovare Hana Itou.
Lo sai che ha avuto due gemelle? Si chiamano Mei e Yui e promettono di diventare graziose, anche se non si sa da chi abbiano preso.-


La vecchia Mercedes ripartì a singhiozzo. La ragazza aspetto che si allontanasse prima di fare un inversione a U e tornare indietro. 

 

 


Continuando a guidare, pensò di avvisare InuYasha .
Doveva informarlo dell’inseguimento.

 

Arrivata davanti alla centrale di polizia, posteggiò l’auto e con passo spedito e sicuro vi entrò all’interno.
Una volta dentro la struttura, chiese di InuYasha a un agente di turno che stava dietro il banco informazioni.

-Posso parlare con il capo della polizia?-

-Chi devo annunciare?- domandò il giovane poliziotto.

La corvina le disse il proprio nome e attese.
L’agente percorse il lungo corridoio, bussò contro una porta  a vetri, l’aprì e mise dentro la testa.

Cinque minuti dopo il giovane fece ritorno e fece cenno a Kagome di avviarsi lungo il corridoio.


Il mezzo-demone era seduto dietro la scrivania e stava parlando al telefono.
L’ufficio era abbastanza grande  e ben illuminato, l’ordine regnava sovrano in quella stanza.

-Sono subito da te.- le disse coprendo il microfono con una mano, togliendola subito dopo ricominciando a parlare.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


Salveeeeeeeeeee!!!!!
Sono tornata! Dopo questa momentanea assenza sono ritornata….
Chiedo umilmente il vostro perdono…
A breve aggiungerò il prossimo capitolo.

Stella    

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Capitolo 5
*** Kagome!Stupida, pazza incosciente ***


~Cap. 5     Kagome! Stupida, pazza incosciente

 

 

 

 

 


Kagome si guardò intorno.
Sapeva, che la centrale di polizia era stata restaurata qualche tempo prima che lei partisse, quindi la struttura era stata resa più moderna, adattandola secondo le esigenze dei giorni nostri.
L’ufficio di InuYasha era arredato in stile moderno. La scrivania era  abbastanza ampia, semplice ed elegante di un raffinato color legno, dove vi era sistemato un computer collegato a una piccola stampante e vicina a essa il telefono fisso, che il mezzo-demone stava utilizzando, la sedia girevole, dov’era sistemato comodamente,  era in pelle nera; le pareti erano dipinte di un tenue color avorio, che rendevano l’ambiente ancora più luminoso, e vi erano affissi dei poster raffiguranti delle montagne rocciose. In una parete, inoltre, erano sistemati quattro schedari e un armadietto in metallo.


La ragazza, si fermò a guardare meglio i poster.
Una tempesta di ricordi le travolsero il cuore e la mente…

 

 

A InuYasha era sempre piaciuto arrampicarsi sui monti. Una volta avevano raggiunto insieme la pianura di Kanto.
Quel giorno, il ragazzo,  le spiegò che questa pianura copre più della metà della regione estendendosi attraverso Tokyo, specialmente attraverso le prefetture di Saitama, di Kanagawa, di Chiba, di Gunma e di Tochigi. Le disse anche che un gruppo di grandi altopiani costituiscono gran parte della pianura e questi sono divisi in alcuni più piccoli che, a loro volta, danno vita a delle valli fluviali.
Sapeva tutto di quel meraviglioso posto. Si era informato, aveva letto dei libri e fatto svariate ricerche anche sul web. Amava quel paradiso terrestre immerso nel verde e sperava di poter trasmettere quell’amore anche a lei.
Scalarono insieme un piccolo altopiano, visto l’inesperienza di Kagome.
Fu abbastanza faticoso, molte volte la paura di cadere la prendeva alla sprovvista, ma quando guardava il mezzo-demone tutte quelle brutte sensazioni svanivano all’istante. Quando arrivarono in cima, un panorama da mozzare il fiato li attendeva, e lì, in quel preciso momento, capì che il terrore e la fatica che aveva provato erano  niente in confronto a ciò che aveva di fronte a se. 
Dopo la scalata, erano scesi a valle per fare un pic-nic sul prato, ma subito dopo lui cominciò a baciarla. Prima la fronte, poi le guance,  la scia di piccoli baci arrivò finalmente all’ambito traguardo: le labbra della corvina.
Quel dolce e tenero sfiorarsi di labbra, ben presto divenne qualcosa di più.
La dolcezza e la tenerezza lasciarono il posto alla passione.
Faceva sempre così, ma quella volta c’era qualcosa di diverso.
InuYasha cominciò a infliggere al collo la stessa tortura che poco prima avevano subito le labbra.
Estasiata, la ragazza, dapprima non si oppose a quel dolce e passionale assalto, ma quando lui era diventato più audace ed esigente, lo aveva respinto con decisione.
Suo padre predicava la castità, e lei all’epoca aveva solo diciassette anni.

 

-Che cosa posso fare per te?-

La voce del ragazzo,  interruppe il fluire dei suoi ricordi. La stava guardando a occhi socchiusi, come se stesse tentando di leggerle la mente.

-Poco fa ho incontrato l’uomo di quella notte a bordo di una Volvo nera. L’ho riconosciuto dalla cicatrice che ha in volto.-


Lui si fece più attento.


-Lui ti ha vista?-

Kagome scosse la testa.


-Non credo. Tra me e lui c’era l’auto della signora Kaede. È stata lei a bloccarmi, impedendomi di inseguirlo.-

-Inseguirlo?- gli occhi ambrati del mezzo-demone scintillarono di collera. –Tu lo avresti inseguito?!-

La corvina raddrizzò le spalle.
-Certo! Se avessi visto dove abitava, avrei potuto riferirtelo, offrendoti così qualche elemento su cui lavorare.-

InuYasha si alzò e aggirò la scrivania. Le sue mani forti come l’acciaio le calarono sulle spalle.

-Pazza!- sibilò sicuro. – Kagome sei una stupida, pazza incosciente! Se quel tizio è davvero un assassino e ti ha vista, potrebbe ucciderti per eliminare un testimone scomodo e pericoloso. Non lo capisci?-

Lei si sentì allargare il cuore.


-Allora mi credi?- sussurrò sorpresa.

Lui scrollò la testa.

-Non lo so, non sei mai stata bugiarda. Crudele e cinica si, ma mai bugiarda.-ammise.- tuttavia potresti essere diventata fragile di nervi e aver immaginato tutto.-

-Ho visto la scena, ti dico!- la ragazza si alzò di scatto dalla sedia, posta di fronte la scrivania. – ho visto quell’essere uccidere e non mi darò pace finché non verrà assicurato alla giustizia. È così che si dice, vero?-


Il mezzo-demone la fronteggiò, fissandola con occhi duri e impenetrabili, poi strinse le mani a pugno e si allontanò.

-Qualunque sia la verità, ti consiglio di essere prudente.-

-E io ti consiglio di indagare, com’è di tuo dovere!-


InuYasha emise una specie di ringhio soffocato.


-So benissimo qual è il mio dovere. Non ho certo bisogno che me lo dica tu! Il fatto è che non esiste un solo indizio, per non parlare del corpo del reato. Hai preso nota della targa?- domandò di colpo.

-No. La macchina era infangata e non sono riuscita a leggere i numeri. Mi pare che ci fosse una X o una Y, ma non ne sono sicura. Pensavo di poterla seguire… in ogni modo aveva il paraurti ammaccato.-

-Questo dettaglio ci consentirà di identificarla!- commentò con sarcasmo, voltandosi verso la finestra.


La corvina si avvicinò. Le spalle del mezzo-demone erano così larghe da impedirle di vedere l’esterno.
A un tratto percepì il suo profumo, un profumo inconfondibile, che sapeva solo di lui. Il dopobarba muschiato e selvaggio le fece girare la testa, troppe emozioni, troppi ricordi e nostalgia.

-Io ho fatto del mio meglio, Inu.- mormorò.

Sentendosi chiamare in quel modo, lui si voltò di scatto.
I suoi occhi ambrati diventarono cupi e le labbra serrate con forza formavano una linea dura.

-Nessuno mi chiama così da anni!- sibilò con disgusto e rabbia.

Kagome abbassò la testa.

-Scusami.- sussurrò mortificata.

-Nessuno mi chiama così da quando te ne sei andata cinque anni fa, piantandomi in asso. - specificò lui.

InuYasha si aspettava una spiegazione, voleva una fottuta spiegazione.
Lei lo aveva ferito, lo aveva deluso, lo aveva distrutto, lo aveva ucciso dentro, il suo cuore era stato frantumato in mille pezzi e dopo cinque maledettissimi anni, stava ancora raccogliendo i cocci.
La sua Kagome aveva preferito un altro e non lui.

La ragazza non aprì bocca. Dirgli quello che era successo sarebbe stato umiliante, complicato e doloroso.

-Perché cazzo sei tornata?! Tokyo non ti piaceva?- domandò con cattiveria.

-Non quanto pensavo. E poi non avevo più ragione di restarvi.-

Il mezzo-demone serrò le labbra. Era evidente che lottava per dominarsi.

-Quel demone… come cavolo si chiamava?-

-Koga. Koga Yoro.-

-Già, il fantastico Koga. Il grande seduttore. Mi avevano detto che vi eravate sposati.-

-Ho divorziato da lui un anno fa.-

InuYasha sorrise sarcastico.

-Ti ha piantata vero? E tu sola e smarrita sei tornata qui a leccarti le ferite?!-

La corvina si torse le mani.

-Smettila InuYasha!!- sbottò lei con occhi lucidi.

-Perché dovrei? Non provo pietà per te. Non ti ho perdonata!-

-Lo so.-

Quell’ammissione sommessa e desolata lo stupì, frenando la sua collera-

-È già qualcosa.- mormorò con voce meno dura, osservando la sua testa china e la sua figura piegata su se stessa, come se volesse proteggersi da lui, fragile come non l’aveva mai vista.
Avrebbe voluto toglierle le forcine che tenevano su i capelli e allargarle la chioma intorno al viso. Quella massa lussureggiante nera lo aveva sempre fatto impazzire.
Avrebbe voluto…
Le mani gli tremarono.
Dannazione, la deliziosa ragazza di un tempo era diventata una donna irresistibile.
Avvertiva la sua vicinanza e ne era inebriato, ma doveva cedere… lei ne avrebbe sofferto troppo…

-Devo mandarti via, Kagome.- dichiarò, rimettendosi a sedere dietro la scrivania. – ho molto lavoro da sbrigare, e tra un po’ ho un appuntamento.-

-Un appuntamento di lavoro?- chiese trattenendo il respiro.

-No, ho un appuntamento con Kikyo, se proprio lo vuoi sapere!-  rispose impassibile, senza tradire la minima emozione.

-Kikyo… non… non sapevo di voi… cioè di voi due…- farfugliò.

Il mezzo-demone sorrise sarcastico, quasi ghignando.

-Pensavi forse che t’avrei aspettato per sempre? Che non sarei andato avanti per la mia strada? Che avrei vissuto nella speranza di un tuo ritorno? Quando te ne sei andata, mi sono sentito morire, tu mi avevi ucciso, ma Kikyo mi ha aiutato a rialzarmi e ad andare avanti senza te!-

La ragazza rimase zitta, sconvolta da quella confessione.

-Adesso, te lo chiedo per favore, vai via..-

Lei annuì, uscì piano chiudendosi la porta alle spalle, ma portandosi dietro un enorme vuoto.

 

 

 

 

 

 


Salvee!!!
 
E anche qui abbiamo un piccolissimo assaggio di ciò che accadde realmente cinque anni fa, ma è troppo presto per rivelarvi tutto. ;)
La storia si complica e InuYasha e Kagome sembrano essere ai ferri corti.
Troppi segreti non rivelati rischiano di mandare in frantumi il loro fragile rapporto.
Ringrazio chi ha recensito il capitolo precedente.
A presto
Stella          

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Capitolo 6
*** Attimi di debolezze ***


Cap.6                              Attimi di debolezza



 



 



 



 



Kikyo… Kikyo Musashi aveva una relazione con InuYasha.



Durante tutto il tragitto in macchina, Kagome non aveva pensato ad altro.



Il mezzo-demone aveva una relazione con la sua amica di infanzia…



 



 



Via dei Gigli era silenziosa e solitaria come sempre.



Quando fermò l’Honda nel vialetto d’accesso del villino, Kagome udì un miagolio proveniente dai cespugli. Incuriosita percorse il breve tratto di strada, fino al termine dell’asfalto, e si chinò.



Un gattino bianco con una grossa macchia marroncina sopra l’occhio sinistro, di circa un paio di mesi,si era nascosto sotto i rovi e la fissava con i suoi grandi occhi verdi. Sembrava spaventato,ma quando lei allungò una mano per prenderlo, non fuggì.



La ragazza gli accarezzò il pelo morbido, notando altre macchie color caffè e latte e altre nere sul corpo del felino.



 



-Sei solo un micetto…ti hanno abbandonato?-



 



Il gattino strofinò il tenero muso contro la sua spalla e cominciò a fare le fusa.



 



-Devi avere fame. Ti andrebbe una ciotola di latte?- parlando,la corvina, entrò in casa e lo portò in cucina, il felino mosse pochi passi, guardandosi intorno. Sembrava spaesato, ma quando gli mise davanti al muso una ciotola piena di latte cominciò a leccarlo con avidità.



 



-Credo che saremo amici io e te, e se resterai con me ti chiamerò Buyo.- mormorò, posando un vecchio cestino del pane per terra e mettendovi dentro una coperta calda.



Il gattino parve capirla. Finì di bere il suo latte e poi con un balzo aggraziato, si infilò dentro il cestino e vi si acciambellò.



Kagome lo grattò tra le orecchie sorridendo.



InuYasha non poteva immaginare che adesso lei aveva un piccolo amico, non era più sola.



 



 



Le ultime sequenze di un vecchio film di samurai sfilarono sul televisore, accompagnate da una musica malinconica.



Kagome spense la tv, sollevò Buyo, che era stato in grembo per due ore e lo portò nel suo cesto. In soli due giorni il cucciolo si era ambientato alla perfezione e aveva imparato ad usare la lettiera per i suoi bisogni.  



Sorridendo la ragazza andò in camera sua, si spogliò e si mise a letto.



Adesso c’era il gatto con lei in casa, aveva ripreso coraggio e non chiudeva più le imposte, perché se si svegliava le piaceva vedere la lama di luce azzurrina che penetrava dalla finestra. Se InuYasha l’avesse scoperto si sarebbe irritato. Ormai la giudicava una visionaria non solo insistente, anche avventata.



 



Un rumore lieve, ma ben distinto le fece drizzare gli orecchi. Buyo stava girando per la casa o c’era qualcuno alla porta?



La pelle le si accapponò.



Doveva alzarsi e andare a controllare, ma moriva di paura.



Per qualche istante, che le parve eterno, lottò contro se stessa poi si alzò e percorse il corridoio in punta di piedi. Il gatto dormiva tranquillo nella sua culla e all’esterno non giungeva alcun suono. Forse era stato il vento a far gemere la casa…



 



Kagome stava per tornare sui suoi passi, quando vide un rettangolo chiaro spiccare sul pavimento.



Si chinò e lo raccolse.



Era un biglietto piegato a metà. In stampatello vi era scritto: “NON PROVARE PIU’ A SEGUIRMI O FARAI LA STESSA FINE DI QUEL BASTARDO CHE HO LIQUIDATO!”.



 



Un tremolio convulso le fece battere i denti. L’assassino era stato lì, davanti alla sua porta, a pochi metri da lei. All’improvviso si sentì debole ed esposta come se le pareti del villino fossero state di carta trasparente. Correndo in camera sbarrò le imposte e poi si precipitò al telefono e d’istinto chiamò InuYasha immediatamente.



 



 



-Pronto? InuYasha No Taisho, cosa posso fare per lei?- rispose con tono assonnato.



 



-Sono io, Kagome. Un attimo fa ho trovato un biglietto sotto la porta d’ingresso. Contiene una minaccia. Sono… sono sicura che l’abbia scritto l’assassino!-



 



-Sarò da te tra cinque minuti.-



La conversazione venne interrotta bruscamente e lei udì il segnale di via libera. Sconvolta dalla paura, posò il telefono e andò a prendere Buyo. Aveva un estremo e urgente bisogno di aggrapparsi a qualcosa.



 



Cinque minuti dopo udì il rumore di un auto che si fermava, poi i suoi passi sull’assito della veranda.



Gli aprì la porta tremando e tenendo stretto il suo micio, senza dire una parola gli mostrò il biglietto.



 



-Immagino che non l’abbia scritto tu…- borbottò lui.



 



Un’onda di ira le salì al cervello annebbiandole la vista e la ragazza gli si avventò contro, cercando di schiaffeggiarlo.



InuYasha le bloccò il polso e glielo abbassò lentamente. Il petto di lei si alzava e abbassava convulsamente sotto la leggera vestaglia di cotone, i capelli sciolti e leggermente scarmigliati le avvolgevano il volto. Era così bella che il respiro gli si mozzò.



 



-Scusami…non volevo- mormorò lui fissandola intensamente.



 



La ragazza avvertì l’intensità di quello sguardo e si sentì illanguidire.



Le braccia le ricaddero lungo i fianchi e Buyo saltò giù con un miagolio.



Erano anni che un uomo non la guardava in quel modo, sentiva il sangue correrle nelle vene e incendiarle la pelle. Avrebbe voluto reagire oppure dire qualcosa, ma lo sguardo di lui la paralizzava.



 



All’improvviso, presa da un’ondata di coraggio, si avvicinò con un passo, e sollevandosi in punta di piedi cercò le labbra di lui.



A occhi sgranati il mezzo-demone la vide avanzare verso di se, ma lui non mosse  un solo muscolo.



Quando le loro labbra si toccarono una scossa elettrica attraversò entrambi. Kagome cercò di approfondire quel bacio, ma in un momento di lucidità, il volto di Kikyo apparve nella mente di InuYasha.



Scostò immediatamente la ragazza con decisione, gli occhi di lui erano cupi, ma allo stesso tempo lei riuscì a leggervi dentro della passione che per anni era stata sopita.



 



-Che intenzioni hai, Kagome?- dichiarò con asprezza-



Furiosa di essersi mostrata così debole, la corvina si mise sulla difensiva.



 



-Non ti ho chiamato per trascorrere qualche ora piacevole con te!- rispose lei con freddezza.



-Ah davvero? Allora perché mi hai baciato?- ringhiò lui.



 



Kagome non riuscì a rispondere a quella semplice domanda, in realtà neanche lei riuscì a capire il motivo di quel gesto così avventato.



Il mezzo-demone non ricevendo risposta continuò.



 



-Sicura di non aver architettato tutto questo, solo per farmi precipitare qui nel cuore della notte? Nessuno mi assicura che tu non abbia scritto il biglietto!- riprese furioso.



 



-Ma come ti permetti?! Non sono quel genere di donna e non sono una mitomane!- gridò lei altrettanto furiosa.



 



InuYasha la fissò.



 



-No, forse non sei ne l’uno ne l’altro, ma sei insensibile e traditrice.-



 



-Non è vero! Non ho mai voluto farti del male. E comunque, tu adesso hai Kikyo al tuo fianco.- l’ultima frase venne pronunciata dalla ragazza con una nota di tristezza.



 



-Lascia Kikyo fuori da questa discussione. Lei non c’entra! E se vuoi proprio saperlo, è stata l’unica a starmi accanto quando io ero a pezzi. Mi ha aiutato, senza volere nulla in cambio. Quello che c’è tra di noi è successo per caso… nessuno dei due avrebbe potuto immaginare una cosa simile.-



 



La corvina chinò il capo torcendosi le mani.



 



-Ho sbagliato, lo so. -ammise in un soffio- ma avevo vent’anni e volevo vivere. Qui mi sentivo soffocare. I miei genitori non mi consentivano alcuna libertà.-



 



-Ma ti facevano uscire con me!- le fece notare il mezzo-demone.



 



-È vero. Di giorno e purché rientrassi prima delle sei di sera. Ed è anche vero che i miei di te si fidavano e quando me ne andai con Koga li feci soffrire terribilmente. Non me lo sono mai perdonata.-



 



-E a me non hai mai pensato?!- insistette lui. – non ti importava di avermi ferito a morte? Credevo che tu mi amassi, che fossi sincera e invece… -



 



Kagome alzò la testa di scatto con gli occhi inondati di lacrime.



 



-Ma io ti amavo, InuYasha!- gridò lei. – ti amavo davvero. Il fatto è che non condividevo i tuoi sogni, e Koga mi ha abbagliata come un miraggio.-



 



-Se parli così significa che ti ha delusa.-



 



-Si, mi ha rubato i sogni e le illusioni, ma non serve che te lo dica. Il fatto che io sia tornata dimostra che la vita mi ha sconfitto e… che ho sbagliato tutto.- ammise lei brevemente.



 



Il mezzo-demone guardò il biglietto che teneva tra le mani e poi lei.  



 



-E io dovrei essere tanto generoso da perdonarti?-



 



La corvina scosse la testa.



 



-No, non me lo aspetto. Forse, però, potresti tentare di capire l’errore commesso da una ragazza di vent’anni. A quell’età e con l’educazione che avevo ricevuto, ero poco più di una bambina. Adesso ti chiedo solo di proteggermi. Sono stata minacciata ed è tuo dovere impedire che mi facciano del male!-



 



-Giusto. Sei una cittadina, come gli altri. Ma da chi dovrei proteggerti? Da un maledetto fantasma? Tutto quello che ho di lui è solo questo biglietto scritto a mano!-



 



-Sai che si tratta di un demone dagli occhi rossi, che porta una lunga coda di cavallo, che ha una cicatrice sul volto e che guida  una Volvo nera.- ribatté lei decisa.



 



-D’accordo, -sospirò lui- comincerò a indagare in città e nei paesi vicini. Ma non farti illusioni. Non sarà facile acciuffarlo.-



 



Kagome si asciugò una lacrima col dorso della mano.



 



-E io che devo fare mentre svolgi le indagini?-



 



-Stare all’erta. In ogni caso, ordinerò ai miei uomini di sorvegliare la tua abitazione.-



 



Lei annuì.



 



-Grazie ai Kami ho Buyo a tenermi compagnia.-



 



-Buyo?-



 



-Un gattino che ho trovato vicino casa.-



 



-Avrei preferito che fosse un cane da guardia ben addestrato.- InuYasha si diresse verso la porta, senza aprirla. – chiuditi dentro e se hai bisogno chiama



 



-InuYasha…-



 



Lui si voltò a guardarla.



 



-InuYasha… riguardo a quello che è successo prima… io…io…- ma non riuscì a terminare la frase.



 



Il mezzo-demone si voltò nuovamente verso la porta e afferrando la maniglia fece un lungo respiro chiudendo gli occhi…



 



-Se ti riferisci al bacio… non è significato nulla. È stato uno stupido errore, un errore che non capiterà più da parte tua! E ora se vuoi scusarmi, vado via. Ho piantato Kikyo nel cuore della notte per venire qui.-



 



-Va bene.- rispose lei con un filo di voce.



 



Rimasero in silenzio per qualche minuto, poi InuYasha aprì la porta d’ingresso, mise un piede fuori e notò la figura di una donna.



La sconosciuta fece un passo avanti rivelando il suo volto…



 



-Kikyo…- pronunciarono il suo nome all’unisono.



 



-Ciao, Kagome… È passato un po’ di tempo dall’ultima volta che ci siamo viste.- disse lei.



 



Kagome annuì e la fissò.



 



-Ciao, Kikyo.-



 



 



 



 



Salve a tutti! Dopo quasi due anni di assenza sono tornata.



Molti impegni, poca ispirazione e poca voglia di scrivere.



Ringrazio chi ha letto il capitolo precedente e per le recensioni ricevute.



Alla prossima!



Un bacio :*



Stellachan


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