P L U T O

di whitecoffee
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** ❚❚ w a l l s ❚❚ ***
Capitolo 2: *** ❚❚ i n t r u d i n g ❚❚ ***
Capitolo 3: *** ❚❚ r e a l e y e s r e a l i z e r e a l l i e s ❚❚ ***
Capitolo 4: *** ❚❚ f r i e n d s ❚❚ ***
Capitolo 5: *** ❚❚ s i l e n c e ❚❚ ***
Capitolo 6: *** ❚❚ d a u n t l e s s ❚❚ ***
Capitolo 7: *** ❚❚ f r i e n d s ❚❚ ***
Capitolo 8: *** ❚❚ p l u t o ❚❚ ***
Capitolo 9: *** ❚❚ m e m o r i e s ❚❚ ***
Capitolo 10: *** ❚❚ e x p o s e d ❚❚ ***



Capitolo 1
*** ❚❚ w a l l s ❚❚ ***


P L U T O




 

«L'uomo non è trascinato nella tragedia dalle sue pecche, ma dalle sue qualità».
ㅡ Haruki MurakamiKafka sulla Spiaggia
 
 
 
«La più grande forma di controllo è quella in cui credi di essere libero, quando invece ti stanno fondamentalmente manipolando e dicendo cosa fare. Una forma di dittatura, è stare nella cella di una prigione, dove puoi vedere le sbarre e toccarle; un'altra, è sedere nella stessa cella, ma non poter vedere le sbarre. Tuttavia, credi comunque di essere libero.
Ciò di cui soffre l'umanità, è ipnosi di massa. Stiamo venendo ipnotizzati da persone come giornalisti, politici, insegnanti e letterati. Viviamo in un paese –ed in un mondo- che è governato da persone incredibilmente malate. Il divario fra ciò che ci viene detto e ciò cherealmente accade, è assolutamente enorme».  
  ㅡ Vinnie PazEnd of Days (introducing part)  

 







I.

❚❚ w a l l s ❚❚




"Un mondo pieno di geni potrebbe avere problemi grossi."
ㅡ Haruki MurakamiKafka sulla Spiaggia




19 Ottobre
 

È come se vivessi costantemente in una stanza stretta, i cui muri si avvicinino gl’un gl’altri ogni secondo di più. Ed io, sono lì in mezzo. Da solo. Non ci sono finestre, né porte. Se urlassi, nessuno potrebbe sentirmi. Le mie braccia non bastano ad impedire alle pareti di avanzare. Di fronte a me, un orologio. Novanta minuti di tempo. Il necessario per svolgere un compito in classe. Il necessario per desiderare di non essere più Kim NamJoon.






 


 

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► P l a y l i s t

 


Epik High (feat. Kim JongWan)– Amor Fati (main theme song)
«They break a perfectly fine wing and make you crawl on the ground,
They click tongues and point fingers,
Does that mean you can throw stones at the ones without sins?
Isn't throwing a stone a sin itself?»

 
Briggs – Bad Apples
«They say "one bad apple can spoil a whole bunch". What if, all you had was bad apples for lunch? What if, all you had was what you can't touch? What if, before you had a dream you were crushed? They weren't raised wrong, they weren't raised at all»
 
Epik High (feat. Dumbfoundead & MYK) – Maze (NamJoon's theme)
«I choose to serve no man, but serve mankind, at the same time avoiding all of Earth's landmines»
 
Jussie Smollett – Heavy 
«They say heavy is the head that wears the crown, always used to think that that was just some damn excuse, something the weak say 'cause they couldn't hold it down. But now that I wear it, I know that shit to be true»
 
Outsider – Loner
«Always a loner, I close the door to my heart bearing my sadness on my back, I live like a fool. I close my eyes and cover my ears, I lock myself in the gloomy darkness»
 

Hollywood Undead – Usual Suspects (Club 101's theme)
«Look into my eyes and tell me what you see, the wickedness in you is the wickedness in me»
 
Bring Me the Horizon – Doomed
«No hint of movement, no sign of pulse; only an echo, just skin and bone. They kick the chair but we, we help tie the rope»
 
Epik High (feat. MYK) – Scenario (피해망상 Pt. 2/ Paranoia Pt. 2)
«I'm a monstrous old boy, a toy soldier losin' my soul, boy. In this matrix, the devil plays tricks and there's no great escapin' this»
 
Vinnie Paz – End of Days
«Lucifer is God in the public school system, I suggest you open up your ears and you listen»
 
The Script – Flares (JiMin's theme)
«Did you find it hard to breathe? Did you cry so much that you could barely see? You're in the darkness all alone and no one cares, there's no one there»
 
Linkin Park – Numb
«But I know you were just like me with someone disappointed in you»
 
Pierce the Veil (feat. Kellin Quinn) – King for a Day
«You told me think about it, well I did! Now I don't wanna feel a thing anymore, I'm tired of begging for the things that I want, I'm over sleeping like a dog on the floor»
 
Sleeping With Sirens – Kick Me
«Of all the sinners, you're first in line! So go to hell and tell the devil I'm not that far behind»
 
Asking Alexandria – I Won't Give In
«Your smile, it eats me alive and I can't turn away any longer»
 
The Amity Affliction – Pittsburgh (YoonGi's theme)
«It's like there's fire in my skin and I'm drowning from within... I can't take another breath»
 
Hopsin – What's my Purpose
«The human being is what we don't know how to be and honestly, these issues really suck to know»
 
Twenty One Pilots – Migraine
«And I know that I can fight or I can let the lion win. I begin to assemble what weapons I can find, 'cause sometimes to stay alive you gotta kill your mind»
 
PVRIS  Fire (YoonAe's theme)
«What you give, is what you get and, in your case, that's nothing but guilt and regret»
 
The Script – Superheroes
«Every day, every hour, turn that pain into power»
 
Tonight Alive – How Does it Feel?
«You can't hold me, can't control me. Now I'm waking, your world is breaking»

 
 
  ❚❚ Spotify@   candytrash02


 


 


#Yah!: okay, avrei voluto aspettare un po', prima di pubblicarla, ma il trailer era pronto e quindi eccomi qui. Anche in questo caso si tratta di un repost dal mio vecchio account di Wattpad ed è anche per tale motivo che ho deciso di inserirla come "flashfic/drabble", perché non tutte le pagine del diario di NamJoon saranno così brevi.
Dunque, cosa abbiamo in cantiere? La storia è basically Joonie che riflette sulla vita come Rousseau, si batte contro i suoi stessi compagni di club per JiMin e abbiamo una new entry, YoonAe, che non ha paura di usare le mani (e si vede). Ahimé, le tematiche saranno molto pregne e poco allegre, questa storia gronda angst da ogni carattere, perdonatemi. Tuttavia, è legata ad un tema a me molto caro, quello del bullismo, soprattutto se contestualizzato nell'ambito scolastico coreano. Ho impiegato quasi due anni per tirare fuori l'intera vicenda, e adesso spero che anche voi riusciate a riflettere anche solo un pochino su realtà così diverse dalle nostre, ma alla fin fine, sempre attuali. Ringrazio infinitamente chiunque passerà a dedicarle anche solo un secondino del proprio tempo, ricordandovi sempre che la vostra povera autrice non morde ed è una grande fan del feedback! 
Alla prossima! <3

P.S.: la fanfiction è loosely based sull'omonimo film "Pluto" di Shin SuWon (uscito nel 2012) e sul libro "Kafka sulla Spiaggia" di Murakami Haruki.

 

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Capitolo 2
*** ❚❚ i n t r u d i n g ❚❚ ***


P L U T O





II.

❚❚ i n t r u d i n g ❚❚



"Forse, la maggioranza delle persone, nel mondo, non sta cercando di essere libera. Pensano solo di esserlo. È un’illusione. Se davvero fossero liberi, molti di loro sarebbero in guai grossi. La gente, in realtà, preferisce non essere libera."
ㅡ Haruki MurakamiKafka sulla Spiaggia



22 Ottobre
 

Sono usciti i risultati dell’ultimo test scolastico. Un altro 100/100, come tutti si aspettavano. Come la docente aveva già previsto, esibendo il suo solito sorriso soddisfatto, allungandomi il documento immacolato e privo di segnacci rossi. Non ci sono errori, sul mio compito. Non ce ne sono mai stati. Stringo il foglio fra le dita, fissandolo con occhi privi di espressione. Il mio sguardo si confonde sulle cifre, mescolate a lettere e simboli, caratteri di un linguaggio universalmente noto, la matematica. Un’ancora di salvezza. Attraverso le sue ferree regole, sbagliare è impossibile. Non ci sono imprevisti, nell’algebra: è tutto perfettamente calcolato, esatto, calibrato sulla base di lunghe dimostrazioni scientifiche. Un percorso già stabilito e lastricato, privo di bivi o incroci. Non esistono le emozioni, nei numeri. Non c’è spazio per i sorrisi o le lacrime: il dolore e la gioia sono incognite mai pervenute, anche nella mia vita. Sono schiavo di un sistema che rigetto ogni giorno, che tuttavia m’incatena e trascina per i polsi, che lo voglia o meno. Lo studente numero uno. Il primo in graduatoria, il cui nome non abbandona mai la casella in cima alla lista. L’orgoglio della mia scuola, una promessa nazionale. Ho solo diciotto anni. Io sono il mio peggior nemico.





 

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Capitolo 3
*** ❚❚ r e a l e y e s r e a l i z e r e a l l i e s ❚❚ ***


P L U T O





III.

❚❚ r e a l  e y e s  r e a l i z e  r e a l  l i e s ❚❚


"Molte delle scelte che facciamo, nella vita, sono ugualmente ignobili."
ㅡ Haruki MurakamiKafka sulla Spiaggia




23 Ottobre
 

Vedo Park JiMin fissare la classifica, questa mattina. È in piedi dinanzi alla bacheca, stringendo le sue piccole manine attorno agli spallacci dello zaino. Gli occhi sono fissi sul vetro, mentre cerca il proprio nome sull’elenco. Posizione 64. Le spalle si curvano verso il basso, mentre un’espressione amara si dipinge sul suo viso, come sempre. Si volta e mi scorge. I nostri sguardi s’incrociano per una frazione di secondo. Poi, va via, avanzando a passo accelerato, come se avesse voluto allontanarsi quanto prima, da quel luogo di discordia. L’osservo correre, scuotendo la testa. Lui è nella mia stessa classe, lo studente trasferito da un’altra scuola. Gira voce che, di notte, studi fino a perdere sangue dal naso. Che non dorma abbastanza. Che non mangi abbastanza. Che non viva, abbastanza. Tutto, per quello stupido elenco affisso ogni mese al muro nel corridoio della scuola. Vorrei potergli dire di dimenticare la graduatoria. Di andarsene da questo posto. Di sorridere di più e mangiare pasti veri. Di non rinunciare alla sua vita per uno stupido percorso scolastico che di formativo non ha nulla. Ma non posso farlo. Perché il numero uno nazionale non ha diritto di socializzare.
 

E chi lo dice, questo?



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Capitolo 4
*** ❚❚ f r i e n d s ❚❚ ***


P L U T O





IV.

❚❚ f r i e n d s ❚❚


"Una persona vuota è come una casa deserta. Come una casa deserta con la porta aperta. Qualsiasi cosa, chiunque, volendo, può entrare liberamente."
ㅡ Haruki MurakamiKafka sulla Spiaggia



24 Ottobre



 
Chi sei? Perché stai scrivendo sul mio diario?
 
L’hai lasciato in questa classe dopo l’ora d’inglese, ieri. Non avendo nulla di meglio da fare, l’ho preso. Ed ho cominciato a leggerlo. A quanto pare, non tutti hanno voglia di essere numeri uno nazionali, e di ascoltare ogni parola noiosa che esca dalle labbra dei professori. E nemmeno di sforzarsi così tanto, come questo Park JiMin di cui parli. Deduco che sia solo una questione di prospettive.
 
Nessuno ti ha insegnato che i diari sono privati? Che non avresti dovuto ficcare il naso nei miei affari?
 
Ah sì? Avresti potuto pensarci due volte, prima di lasciarlo incustodito sul ripiano inferiore di un banco. Poteva andarti peggio, pensa se l’avesse trovato Kim SeokJin.
 
Come fai a conoscerlo?
 
Impossibile fare altrimenti. È nell’élite, l’1%. Proprio come te.
 
Chi sei, tu?
 
Una ragazza annoiata. Ma non ha importanza. Continua pure a scrivere sul tuo diario. Non t’infastidirò più con i miei commenti.



 

 

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Capitolo 5
*** ❚❚ s i l e n c e ❚❚ ***


P L U T O





V.

❚❚ s i l e n c e ❚❚


"Le cose cambiano ogni giorno. Con ogni nuova alba, il mondo non è mai lo stesso di prima. E neanche tu resti più la medesima persona che eri in precedenza."
ㅡ Haruki MurakamiKafka sulla Spiaggia




25 Ottobre

 

Rousseau sosteneva che l’uomo fosse fatto per vivere in solitudine. Che non esistesse niente come l’amicizia, o i rapporti interpersonali. L’essere umano poteva ritrovare la propria dimensione ideale lontano dalla società, la quale contribuiva solo a distorcere la sua visione del reale, e a pervertire il suo comportamento. Lo rendeva superficiale, scialbo e privo di personalità. Un pupazzo da salotto, che sapeva ridere a comando e cavare fuori i punti deboli di chi gli stesse di fronte, come se fossero carte colorate all’interno di un mazzo nero.
Ogni giorno che passa, sento di essere sempre più d’accordo con il suo punto di vista. Vivere nel mondo moderno è come camminare in una foresta irta di spine, a notte fonda. E non sono ammesse torce. Si può soltanto pregare una divinità qualunque con abbastanza fervore, affinché si convinca a rimandare la resa dei conti di qualche giorno o poco meno, perché non si può mai sapere cosa si nasconda nei recessi più bui dell’ambiente circostante. Le ombre hanno occhi. E sorridono come gli esseri umani.
 



Una studentessa del secondo anno si è fidata dell’aria mite di Jin. Credendo che lui volesse aiutarla con i compiti a casa, ha trascorso la serata nella sua camera, all’interno del dormitorio maschile. Oggi, un video umiliante su di lei ha già fatto il giro dell’intera scuola. Ovunque i suoi passi sfiorino il pavimento, è accompagnata da risate di scherno e occhiate impietosite. L’ho vista piangere più volte, in fondo alla sua classe. Il volto coperto dalle dita, nessuno al suo fianco a cercare di rassicurarla. Perfino Park JiMin ha distolto lo sguardo, incrociandola per i corridoi. Che peccato. Credevo che almeno lui avesse un’anima. 






 

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Capitolo 6
*** ❚❚ d a u n t l e s s ❚❚ ***


P L U T O





VI.

❚❚ d a u n t l e s s ❚❚


"Non importa chi tu sia, o con cosa tu stia avendo a che fare, le persone creano dei significati tutti loro fra se stesse e ciò che le circonda. Quel che conta, è come tu veda le cose con i tuoi stessi occhi."
ㅡ Haruki MurakamiKafka sulla Spiaggia



26 Ottobre
 

Una ragazza ha afferrato Jin per il colletto della camicia, sbattendolo contro la parete di armadietti. L’ha interrotto mentre lui sorrideva malignamente alla giovane umiliata, che faceva di tutto pur di sbrigarsi a recuperare i suoi libri e svignarsela.
«Perché l’hai fatto?» Gli aveva chiesto l’altra, furente. Vedevo l’odio scintillare nei suoi occhi scuri, la rabbia aumentare la stretta delle sue dita attorno al candido cotone dell’indumento. Una sincera sorpresa si era dipinta sui lineamenti perfetti del mio compagno di classe, facendogli perdere quell’alone di strafottente indolenza di cui si armava tutti i giorni. Una maschera ben fatta, concepita per nascondere i suoi complessi d’inferiorità. Gli piaceva schiacciare le sue vittime al di sotto della suola delle scarpe, facendole sentire infinitamente piccole ed inutili. Proprio quello che lui stesso doveva provare, guardando il suo nome inchiodato al secondo posto della graduatoria, al di sotto del mio. Era così che si comportavano i bulli. Rovesciavano i torti da loro subiti sulle spalle di qualcuno che, ai loro occhi, trovassero simile.
«Che vuoi, ragazzina?» Aveva ribattuto, provando a scrollarsi la giovane di dosso. Ma quella l’aveva immobilizzato con una fulminea mossa da arte marziale, torcendogli il braccio dietro la schiena e strappandogli un urlo di dolore. Poi, gli aveva piegato una gamba, costringendolo ad inginocchiarsi proprio davanti alla ragazza del video, che li guardava atterrita.
«Chiedile scusa» aveva ordinato l’altra, impassibile. Tutta la scolaresca aveva smesso di immergersi nelle proprie occupazioni, per seguire quella scena con gli occhi. Per accertarsi personalmente che Kim SeokJin, l’élite 1% dell’istituto venisse richiamato all’ordine da una sconosciuta alta meno di un metro e settanta, con i capelli neri e un’espressione determinata in volto. Non avevo mai visto quella ragazza, ma i lineamenti del suo viso avevano risvegliato un lancinante dolore seppellito nei più profondi recessi del mio essere. Ma mi ero convinto che dovessi essermi sbagliato. D’altronde, non poteva essere possibile. Era vero che il passato tornava a tormentare le menti dei peccatori, ma non in maniera così visibile. Ad ogni modo, non credevo esistessero soggetti del genere, in quest’edificio.
«Sei forse impazzita?» Aveva ribattuto Jin, provando a divincolarsi. Ma inutilmente. La presa di lei era fin troppo salda. Con la mano libera, ella gli spinse il capo in giù in un unico, seccato gesto.
«Adesso» aveva intimato, lapidaria. Attimi di pregno silenzio si erano rincorsi, danzando nell’aria piena di tensione del corridoio. Guardai lei, determinata ed impassibile. Mi aveva fatto pensare all’acciaio. Lucente, freddo ed inamovibile. Indistruttibile.
«Scusami» aveva mormorato il ragazzo, in un soffio. Ottenendo di far cadere i libri di mano alla giovane umiliata, le gote purpuree dalla vergogna, incapace di proferire parola alcuna. Nessuno sembrava più essere in grado nemmeno di respirare. Non potevo crederci. Qualcuno era davvero riuscito a sovvertire l’ordine malsano della piramide sociale nella mia scuola, difendendo gli oppressi e costringendo gli oppressori ad assaggiare la stessa medicina che somministravano con tanta sadica gioia ai loro pazienti.
«E adesso sparisci» aveva commentato la ragazza, allontanando il corpo di Jin con un piede, facendolo finire bocconi sul pavimento. Si era tirato su in fretta e furia, spolverandosi la polvere dai pantaloni, lanciando un’ultima occhiata risentita alla sconosciuta, prima di filare via. Mi era passato accanto, scontrandosi con la mia spalla. Pareva non essersi nemmeno accorto di quel contatto inavvertito, furente com’era. Il suono improvviso della campanella aveva costretto la scolaresca ad affrettarsi a richiudere gli armadietti, segnalando l’inizio di una nuova lezione.

 


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Capitolo 7
*** ❚❚ f r i e n d s ❚❚ ***


P L U T O





VII.

❚❚ f r i e n d s ❚❚


"Non è permesso chiudere gli occhi. Tanto, non serve a migliorare nulla. Non è che chiudendo gli occhi si spenga qualcosa. Anzi, se lo farai, quando li riaprirai nel frattempo le cose saranno decisamente peggiorate".

ㅡ Haruki MurakamiKafka sulla Spiaggia



27 Ottobre

 

Felice che lo spettacolo ti sia piaciuto, ieri.

 

Allora sei stata tu?

 

Non dirmi che hai lasciato di nuovo questo diario qui per caso, perché non ti credo.

 

No, infatti. Avevo solo voglia di parlarne con qualcuno.

 

Perché non chiedere a Park JiMin? Oggi vi ho visti, passando fuori dalla vostra classe. Continua a fissarti con uno sguardo di rispetto misto a curiosità e ad un’altra emozione che non sono riuscita a decifrare. Come se ci fosse qualcosa che non riuscisse ad afferrare, della tua figura. E continuasse a porgersi delle domande nella sua mente, affaticandosi a produrre delle risposte abbastanza fallimentari da costringerlo a lasciar perdere. Forse vorrebbe essere tuo amico.

 

Non esiste nessun sentimento come l’amicizia, nel mondo. Le persone s’illudono di avere degli amici, circondandosi di compagnie più o meno buone con cui trascorrere il proprio tempo. La verità, è che hanno soltanto bisogno di ascoltare la voce e i pensieri di qualcun altro, per uscire un po’ dalla propria vita. Per udire idee e situazioni nuove, per potersi sentire utili dando loro consigli. O superiori. Per soddisfare il bisogno di altruismo che determinati credi filosofici e confessioni religiose gl’hanno instillato nella mente. Oppure, lo fanno semplicemente poiché mossi dalla pietà. Per potersi sentire meglio, sfruttando le vite altrui, pensando di essere meno miserabili di quanto in realtà non siano. L’amicizia è tutta un’illusione che gli umani dipingono con i loro stessi sorrisi, ingannandosi meglio che possono.

 

Avresti proprio bisogno di un amico, NamJoon.
 

Non necessito di sentirmi superiore a nessuno, né di regalare la mia pietà ad altri.

 

Allora perché hai lasciato il diario qui, oggi? Non era forse un’impellenza, quella che tu avevi, di poter parlare con qualcuno di ciò che è accaduto ieri? A casa mia, questo è ciò a cui servono gli amici. Nonostante la tua descrizione molto cinica, forse dettata da pessime esperienze personali, pare che tu stesso ne cerchi uno. Mi sembra impossibile credere che tu non abbia nemmeno un individuo caro, a cui doneresti metà del tuo cuore, o del quale ti prenderesti tutte le disgrazie sorridendo, purché “non accada a lui, o lei”.

 

Non ho nessuno per cui nutrire questi sentimenti. Per me incomprensibili, tra l’altro.

 

Possiamo essere amici. Se lo vuoi.

 

Come preferisci.




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Capitolo 8
*** ❚❚ p l u t o ❚❚ ***


P L U T O





VIII.

❚❚ p l u t o ❚❚


"La felicità è sempre uguale, ma l’infelicità può avere infinite variazioni, come ha detto anche Tolstoj.
La felicità è una fiaba, l’infelicità un romanzo."

ㅡ Haruki MurakamiKafka sulla Spiaggia




28 Ottobre

 
 

Ho trovato Park JiMin seduto in terra fuori dalla sua stanza. Erano le due di notte, e lui stava chino sul suo libro di chimica, aperto in grembo. Il capo castano chiaro piegato, gli occhi stanchi attenti a non perdere una riga. All’interno delle camere, le luci si spengono a mezzanotte in punto, costringendo gli studenti ad andare a dormire. O a provvedere per se stessi con torce o altri strumenti d’illuminazione portatile. Evidentemente, lui doveva esserne sprovvisto. E aveva pensato bene di sfruttare i neon azzurrati del corridoio, i quali non avrebbero mai permesso di studiare nel modo giusto senza affaticare gli occhi, abbassandone impietosamente la vista. La mia camera è poco lontana dalla sua. Sono dovuto passargli davanti, per raggiungerla. Nell’udire il rumore dei miei passi, la sua testa era scattata in su, mettendo a fuoco la mia figura estemporanea. Lo guardai per pochi istanti, per poi superarlo e proseguire in solitudine.
«Hey» mi aveva richiamato lui, costringendomi a fermarmi sul posto. Non mi ero nemmeno voltato, ma l’ascoltavo. Sentivo i suoi piedi nudi calpestare il pavimento, azzerando la breve distanza che intercorreva fra me e lui.
«Voglio far parte del vostro gruppo» aveva detto, piazzandosi di fronte al mio volto, guardandomi con espressione determinata. Le violacee occhiaie che segnavano la rima inferiore delle sue palpebre, erano un chiaro segno di tutte le ore di sonno sacrificate alla sua carriera accademica. Il volto, scavato dall’abbondanza di pasti saltati, mortificando dei lineamenti che, altrimenti, sarebbero potuti essere anche belli. Avrebbe dovuto essere altrove, a divertirsi con una ragazza. Un vero spreco. Diciassette anni buttati in quel modo. E cosa voleva fare? Entrare nel club 101. Il quartetto d’élite, l’1% della scuola, a cui tutti guardavano con un misto di reverente rispetto e infiammata invidia. La mia croce. Le catene che mi cingevano i polsi, stringendo ogni giorno di più. La mia stanza dalle pareti mobili. Non avrei augurato la compagnia di quelle tre persone dalle menti deviate nemmeno al mio peggior nemico. Ovvero me stesso. Avevo sospirato, superando JiMin senza tante cerimonie. 
«È per la mia posizione nella graduatoria? Lavorerò il doppio, e raggiungerò i posti di Kim SeokJin e Kim TaeHyung» aveva esclamato, frustrato. Ancora di più? Desiderava forse morire?
«Non lasciamo entrare chiunque, nel club» gli avevo risposto, continuando a camminare.
«Perché?»
Avevo atteso qualche istante, ponderando la risposta. Poi, la mia mano si era stretta attorno al pomello della porta, e mi ero voltato a guardarlo. Un’espressione confusa e sofferente si era dipinta sul suo volto fin troppo giovane, per potersi abbrutire in quel modo.
«Devi essere pazzo, per poter stare con noi».





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Capitolo 9
*** ❚❚ m e m o r i e s ❚❚ ***


P L U T O





IX.

❚❚ m e m o r i e s ❚❚


"Mi tolgo le cuffie e ascolto il silenzio. Il silenzio è una cosa che si ascolta. Lo scopro per la prima volta".
ㅡ Haruki MurakamiKafka sulla Spiaggia




29 Ottobre


 

«Avresti potuto difendermi, davanti a quella puttanella».
È stato questo il modo in cui Jin mi ha salutato, oggi, mentre entravo in classe. Mi piaceva arrivare prima di tutti, in modo da poter godere del silenzio mattutino in santa pace. Vivevo in solitudine, ma non ero mai da solo. Il mio compagno di stanza, Jeon JungKook, frequentava il primo anno. Sembrava un ragazzo a posto, rimetteva sempre in ordine le sue cose e lasciava il bagno pulito. Studiava il giusto e frequentava diversi corsi extrascolastici. Non lo vedevo mai di malumore. Mi salutava sempre con il sorriso sulle labbra, sventolando una mano e dicendo “buongiorno, NamJoon sunbae”. Pregavo affinché anche lui non si lasciasse coinvolgere dalla corsa al numero uno, e finisse come Park JiMin. Sembrava risplendere troppo di vita propria, affinché qualcosa potesse rendere opaca la sua luce.
Oltre a lui, ero costantemente circondato dal vociare degli altri studenti, sentendo sempre almeno un paio di occhi addosso, intenti a seguire ogni mio movimento. A quanto pareva, la vita del primo della lista doveva essere una sorta di attrazione popolare, all’interno del dormitorio e dell’edificio scolastico. Ecco perché preferivo arrivare presto in classe: avevo una rara possibilità di ascoltare il silenzio, assaporandolo come un’ottima esecuzione di un brano di Rachmaninov. La musica classica era uno dei miei più grandi conforti, nei confronti dell’esistenza. Studiavo con le note di un pianoforte, e scivolavo nel sonno sulle voci dei cori in latino. Mi commuovevo ascoltando il Requiem di Mozart, e sorridevo per l’Estate di Vivaldi. Era una passione trasmessami dal mio nonno paterno, nella cui camera c’era sempre un brano senza tempo a diffondere la propria secolare ed immortale bellezza nell’ambiente. Immergermi in quella musica, mi faceva sentire a casa.
«Te lo sei meritato» avevo risposto semplicemente, stringendomi nelle spalle. Jin si era lasciato scappare un verso sarcastico.
«Da quando difendi i più deboli, NamJoon? Ti ricordo che, quella volta, con Min YoonGi c’eri anche tu» aveva risposto, scoperchiando il vaso di pandora dei miei ricordi, che mi ero così tanto affaticato per chiudere. Min YoonGi. Lo studente del terzo anno che era scappato da scuola, a causa dei continui episodi di bullismo a spese di Jin e i suoi altri due amichetti. Quel povero ragazzo innocente non aveva avuto alcuna colpa, al di fuori di quella di essere in grado di sfruttare proficuamente il proprio cervello. Era lui il numero due, allora. E sembrava convivere tranquillamente con quella posizione, godendosi il suo percorso scolastico senza sollevare questioni. Raramente ci si accorgeva della sua presenza. Era un giovane silenzioso, che badava sempre ai fatti suoi, e parlava solo se interpellato. Tendeva a rendersi invisibile di proposito, forse perché socializzare gli riusciva difficile. Una sera, Jin l’aveva rinchiuso nello spogliatoio maschile, mentre dava fuoco a tutti i suoi appunti e testi di studio, per poi passare a distruggere anche il computer portatile. La sua carriera accademica era stata polverizzata in un attimo. Ed io ero rimasto a guardare, sentendolo urlare da dietro la porta, in palestra, mentre batteva furiosamente i pugni contro la superficie di legno. L’avevo sentito piangere, accasciandosi contro il muro. Tutta la notte. E non avevo fatto nulla per impedire quello sfacelo. Mi ero perfino mostrato impassibile quando, il mattino dopo, l’infermiera della scuola era dovuta correre per i corridoi, stringendo il suo corpo privo di coscienza fra le braccia. Lo shock gli aveva provocato la perdita dei sensi, rendendolo incapace di svegliarsi per tre interi giorni. Per colpa mia.
«Forse avrei dovuto impedirtelo anche allora» avevo commentato, chiudendo gli occhi e sbattendo fuori l’immagine del volto cinereo di Min YoonGi appoggiato al petto dell’addetta all’infermeria.
«Che cazzo dici, NamJoon?»
«La verità».
«Lo sapevo che, prima o poi, essere il numero uno ti avrebbe dato alla testa» aveva commentato Jin, scuotendo la testa. «Comincia a fare beneficienza, già che ti trovi» aveva suggerito poi, abbandonandosi in una risata di scherno.
«Il secondo posto apparteneva a YoonGi. Se solo non l’avessi costretto ad andar via, sarebbe ancora così» avevo detto, semplicemente. E poi, avevo sentito Jin scostare la sedia e dirigersi lentamente verso il mio banco. Lo guardai sbattere entrambe le mani sulla superficie di legno, violentemente. Una volta sola.
«Hai sempre conosciuto la regola del club, fin dal momento in cui ci sei entrato. Sei stato d’accordo ad eliminare qualunque esterno presente nei primi quattro posti della lista, al di fuori di me, TaeHyung ed HoSeok. Che cazzo vuoi, adesso? Soltanto perché una stupida troietta ha ottenuto di farmi mormorare delle scuse in cui non credevo, pensi di avere la coscienza abbastanza pulita da poter vendicare i torti passati? A cui tu stesso prendevi parte? Svegliati, NamJoon. Il mondo gira secondo le nostre regole. Faresti meglio a ricordartelo, ogni tanto».
Non avevo risposto, sentendolo sbattere nuovamente una mano sul banco e tornando silenziosamente al suo posto. Ecco perché non avevo voluto che JiMin si avvicinasse al gruppo. C’era un’aria malsana, lì dentro. Qualcosa che somigliava alla vita, ma che era invece così pericolosamente vicina all’atmosfera sulfurea dell’inferno, da mettermi voglia di urlare ogni qual volta vedessi il volto di uno dei membri in giro per il corridoio. Ancora una volta, io ero il mio peggior nemico. Poiché avevo le mani sporche quanto quelle di Jin, se non di più. Perché sapevo di stare sbagliando, ma non avevo mai fatto nulla per impedire quelle ingiustizie.





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Capitolo 10
*** ❚❚ e x p o s e d ❚❚ ***


P L U T O





X.

❚❚ e x p o s e d ❚❚


“In tutto, c’è un ordine prestabilito. Non puoi guardare troppo avanti. Fallo e perderai l’immagine di ciò che stai affrontando al momento, ed inciamperai. Devi guardare oltre un poco alla volta, o altrimenti urterai qualcosa. Devi seguire l’ordine e allo stesso tempo, mantenere un occhio su quel che c’è avanti. È cruciale, non importa quel che tu stia facendo.”
ㅡ Haruki MurakamiKafka sulla Spiaggia


30 Ottobre
 


Voglio sapere cosa c’è dietro al club 101, NamJoon.

 

Niente.

 

Bugiardo. Hai di nuovo lasciato qui il diario. Davvero ti aspettavi che io non lo leggessi?
 

Perché t’interessa tanto?

 

Min YoonGi è mio fratello.

 

Mi dispiace.

 

Puoi fare meglio di così.

 

Come sta…?

 

Non esce mai di casa, da quella famosa notte di due anni fa. Ogni mattina, passo a salutarlo nella sua stanza. E vedo sempre il solito volto privo di espressione, pallido come la calce. Mio fratello non vive più. Si limita a sopravvivere, trascinandosi faticosamente fino alla fine delle ventiquattrore. Qualche volta, lo accompagniamo in ospedale, ed una nuova fasciatura compare sul suo minuto polso esangue. Kim SeokJin ha rovinato la sua esistenza, ed io ho aspettato a lungo questo momento. Mi sono allenata duramente nell’hapkido tutti i giorni, per poter arrivare dove sono ora, e riuscire a non lasciarmi intimidire dalla sua presenza. Ho il diritto di sapere.

 

Non hai letto, nella pagina di ieri? Sono stato io a non lasciar uscire YoonGi, quella notte. Dovresti prendertela anche con me.

 
Sono più piccola, ma non stupida, NamJoon. Ti ho visto, all’ospedale, quella volta. Ho sentito la tua voce chiedere ai medici come stesse il ragazzo della stanza 35. Ho saputo dei tuoi turni di notte, del nuovo modello di computer che era apparso qualche giorno dopo accanto al letto di mio fratello. Sulle prime, avevo creduto che fossi un suo amico. Ma poi, rivedendoti a scuola, le mie compagne hanno cominciato a parlarmi di te. Ed allora ho provato una sensazione indefinita, nei tuoi confronti. Perché uno stupido e viziato figlio di papà, che otteneva il punteggio più alto dell’istituto fin dal primo anno, veniva in ospedale tutti i giorni? Aspettando che mio fratello si riprendesse? Poi, ti vidi con Jin. E allora capii. Sulle prime mi arrabbiai, ma tu continuavi a venire. Senza entrare mai nella stanza di YoonGi, accontentandoti di rimanere lì fuori. Molto più importante di quello, c’era il tuo sguardo. Addolorato. Sofferente. Sembravi veramente dispiaciuto di quanto fosse appena accaduto. Tra l’altro, sei stato l’unico in tutta la scuola, ad andarlo a trovare. Sebbene lui non lo sapesse. E sì, ho letto benissimo. Per quanto tu ti creda corrotto come loro, non lo sei. Nel profondo del tuo animo, sei ancora capace di discernere il bene dal male. Non ce l’ho con te. Non potrei. Alla fine dei conti, anche tu sei soltanto una vittima di un sistema più grande, che cerca di mangiarti vivo ogni giorno che passa, e scandisce la tua vita come il pericoloso ticchettare di un orologio. Corri sul filo, NamJoon, in equilibrio fra pazzia ed esaurimento, vagolando nell’apatia. Sono anni che ti osservo. Non sei una cattiva persona. Non sei come Jin.




 

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