Beside You.

di Stella_Potter394
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 15 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


E lui c'era, sempre. Ogni volta. Non gli importava se lei non riuscisse a vederlo; non gli importava nemmeno che vista da un angolazione più... “normale”, ecco, qualcuno lo avrebbe definito stalking, ovviamente, però, la situazione non era assolutamente normale.

Oddio, la parola “normale” può avere significati diversi a seconda dell'uso che si fa, ad esempio per me era normale amministrazione quella di vegliare su di lei, sui suoi sogni, sul suo sorriso, che ormai era diventato più che vitale, altra strana parola per me, e vederla almeno una volta al giorno. La guardavo leggere, immergendosi in quel mondo tutto suo fatto di eroi, demoni e mondi fantastici, così presa dalla lettura di "quel nuovo, fantastico, libro", come amava specificare lei, da non accorgersi che un piccolo mondo fatto apposta per... beh, per quelli come me era proprio ad un palmo di naso, il suo oltretutto!

La guardavo ammaliato illuminarsi come il sole quando era felice per qualcosa, oppure frustrato quando la vedevo spegnersi, non potendo fare nulla per farle capire che io ero lì, al suo fianco, e che non sarebbe mai stata sola, ma, ovviamente, lei questo non poteva saperlo, non poteva neanche immaginarlo, figurarsi crederlo e questa era una cosa che mi faceva uscire di senno! In quei momenti avrei voluto fregarmene di tutto e tutti, delle regole e della ragione, e andare, solo per un attimo, da lei a farle capire di essere speciale.

Ma ogni volta qualcosa mi tratteneva. Una stupida vocina che mi ripeteva sempre che, facendo quello che volevo, avrei messo in pericolo tutti, inclusa lei. E allora aspettavo, sedendole di fianco e accarezzando le sue mani, quelle mani che irradiavano calore anche nel più freddo degli inverni, e che non avvertivano il mio tocco leggero come l'aria, che si calmasse per poi tornare ad essere colei che dava problemi a tutti con la sua allegria. Qualche volta vegliavo il suo sonno, trasgredendo qualche regoluccia per non farle avere incubi, augurandole il meglio per il giorno che sarebbe venuto.

Un altro giorno, ancora. Mi chiedo ancora come abbia fatto a non diventare pazzo nelle mie condizioni, credo che se non avessi avuto una ragione per resistere, qualcosa, un pensiero, a cui aggrapparmi adesso sarei già scivolato da tanto nella pazzia o, peggio, avrei chiesto pietà e allora avrei dovuto vuotare il sacco. Solo al pensiero rabbrividivo. No, non avrei mai fatto nessuna delle due opzioni a costo di morire qui, da solo, solo per proteggerli.



Note Dell'autrice:
Heilà bella gente!
questo è il prologo, è solo linizio, quindi spero che vi abbia incuriosti abbastanza (credo di aver lasciato giusto un paio di punti interrogativi xD)  per leggere la mia storia. Se volete che vi spieghi qualcosa, scrivetelo, io sarò a vostra disposizione!
Qualunque commento sarà ben accetto :-) Stella*

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


Capitolo 1

Luce. Riusciva a vedere solo tanta luce, tanto da non riuscire a capire in che posto si trovasse, sentiva solo che in quella luce lei sarebbe stata al sicuro.

<< Non permetterò che ti accada niente. >>

Sentii questa voce dolce come un eco; era familiare, mi sorpresi a pensare e, girandomi nella direzione da cui presumibilmente proveniva la voce, vidi la sagoma di una persona.

I suoi lineamenti, tutto in lui era in ombra ma era come se lo conoscessi, come se ci fossimo incontrati mille volte prima di questa.

<< Chi sei? >> L'ombra allungò un braccio, come se volesse accarezzarmi, e nel tempo la luce stava divenendo sempre più flebile, tanto che riuscivo quasi a scorgere il suo volto...

<< Svegliati e risplendi, mio dolce bignè! >> urlò una voce insolitamente entusiasta entrando nella camera ancora sepolta nell'oscurità e avanzando con passo pesante. Il proprietario della suddetta voce aprì le tende di scatto, facendomi inevitabilmente seppellire la faccia nel cuscino con un gemito di esasperazione.

<< Va via...>> brontolai assonnata cercando di riprendere sonno, ignorando quel babbeo che avevo per fratello, il quale si stava divertendo a cercare di levarmi le coperte di dosso.

<< Dai sorellina, è così che saluti il tuo fratellone che è venuto a onorarti della sua presenza in questa meravigliosa domenica di Dicembre?! Sul serio, mi sto offendendo! >> mi rimbrottò scherzosamente. << Su coraggio, scendi da quel letto e vieni a fare colazione con tutta la famiglia!>> e con un ultimo strattone riuscì a vanificare tutte le mie resistenze togliendomi le coperte.

<< Guarda che fa freddo! Avanti, su, ridammele!>> ora, avevo aperto gli occhi e stavo fronteggiando Il Babbeo, fulminandolo.

<< Toh, guarda! La principessa finalmente si è svegliata! Milady, quale onore!>> e sorrise divertito accennando un inchino. Io, mio malgrado, ricambiai il sorriso e, prima che lui se ne rendesse conto, gli ero già saltata addosso.

<< Mi sei mancato tantissimo Matt!>>

Mi abbracciò stretta. << Anche tu Jenna, tantissimo!>>

<< Ma come mai sei già qui? Non saresti dovuto tornare da Londra domani? E Harry? >> gli chiesi staccandomi quel poco che mi permetteva di vederlo in viso con un sorriso che andava da orecchio a orecchio. Ero incredibilmente felice di riaverlo lì, tanto che, se non fossi stata occupata a stritolarlo, sarei stata più che contenta di saltellare per l'intera casa.

<< Adesso non si può più fare una sorpresa? Perché, beh... Sorpresa! >> fece poi spalancando gli occhi come un pesce palla, facendomi scoppiare a ridere di gusto. << Harry è dai suoi, comunque >> aggiunse con una alzata di spalle.

<< Poverino, gli ci voleva una pausa da te dopo un intero mese a sopportarti giorno e notte! >> Dissi provocatoria scoppiando poi di nuovo a ridere per il solletico. Adoravo Harry, dal primo momento che Matt me l'aveva presentato con l'appellativo di “ragazzo” io ero andata d'accordissimo con lui tanto che ormai entrambi vedevamo nell'altro un fratello e molte volte facevamo anche comunella per far arrabbiare Matt che ormai aveva l'incubo di addormentarsi con noi due, insieme, nei paraggi. Ogni volta che ci ripensavo mi veniva da ridere.

<< Ora te la faccio pagare. >> mi disse minaccioso, scoppiando poi a ridere vedendomi contorcere.

<< Matt! Jenna! Venite oppure rimarrete senza colazione! >> l'urlo melodioso di nostra madre ci interruppe prima che fossi costretta a chiedere pietà.

<< Per questa volta sei salva, ma sta attenta. >> mi avvertì con un aria di superiorità mio fratello.

<< Pappa molla. >> insinuai correndo poi fuori dalla stanza prima che mio fratello riuscisse ad elaborare le mie parole.

<< Hey! >> disse Matthew al nulla mentre nella casa riecheggiava l'eco di una risata contagiosa.

***

<< Presto! >> mi urlò continuando a correre veloce come il vento tenendomi la mano. Io arrancavo dietro di lui, chiedendomi dove stessimo andando. Il rumore scrosciante della pioggia unita al pianto assordante della bambina rischiava di farmi diventare sordo, ma proprio nel momento in cui stavo per chiedergli la nostra destinazione, un accecante lampo bianco mi passò accanto producendo poi una violenta esplosione. Fui sbalzato, assieme a Jonathan a terra.

Un tuono si sovrappose al mio urlo mentre un lampo illuminava a giorno quella notte così buia.

<< Stai bene? >> mi chiese con urgenza, urlando per sovrastare il frastuono della pioggia, tenendo in braccio la piccola del tutto asciutta grazie ad un incantesimo. Avevamo avuto solo il tempo di farglielo prima di essere quasi uccisi da una di quelle bombe bianche e di cominciare a correre come se non ci fosse stato un domani, il che forse era vero.

Annuii guardandolo. Mi parve di sentirlo sospirare di sollievo prima di sollevarsi e aiutarmi a mettermi in piedi. Notai, con non poco orrore, del sangue fuoriuscire copioso da una ferita alla spalla ma non feci in tempo a farglielo notare, stupidamente, che, afferrandomi per il polso, un secondo prima che una bomba bianca ci passasse di fianco, riprese a correre più veloce che poté. Mi disse che dovevamo sbrigarci e che c'eravamo quasi, nient'altro.

Quando ormai le gambe stavano per abbandonarmi rallentò, arrivando poi davanti ad una porta che cominciò a martellare con il pugno chiuso, guardandosi dietro spesso. Io lo fissavo in silenzio. Non l'avevo mai visto così, di solito era sempre il più calmo e paziente dei due, invece adesso sembrava un fascio di nervi pronto a buttare giù la porta se il povero malcapitato non si fosse deciso ad aprire. Si sentì un tonfo, poi la porta si aprì di scatto.

<< Chi è?! >> urlò infastidita la donna venuta ad aprire.

Jonathan senza curarsi della donna né del suo tono inacidito né del fatto che fossimo bagnati fradici, con una bambina piangente a carico, mi spinse dentro chiudendosi la porta alle spalle.

<< Per amor del Divino! Jonathan, esigo una spiegazione! >> disse frustata dalla mancanza di risposte, la donna. Ora che eravamo finalmente dentro osservai la donna. Era esile, aveva un groviglio di capelli ramati e una carnagione molto chiara. Le guardai il viso contorto dalla rabbia e poi guardai i suoi occhi. Erano rossi.

Rabbrividii di istinto.

<< Non ho tempo per le spiegazioni Agnes, devi fare l'incantesimo. Adesso.>> si fermò. << Lui sta arrivando. >>

Un nuovo tuono scosse le pareti della casa.

Vidi i tratti dei viso di Agnes irrigidirsi e perdere quel poco di colore che le rimaneva. Gli occhi le erano diventati neri. In tutta fretta cominciò a cercare cose nella stanza ma non potei vedere cosa stava prendendo poiché Jon, inginocchiatosi per arrivare alla mia altezza, mi fece girare verso di sé mettendomi le mani sulle spalle. La bambina aveva finalmente smesso di piangere e ora era sul divano a sonnecchiare beatamente.

<< Ascoltami bene, Cameron. Dovrai proteggerla, mi hai sentito? Dovrai proteggerla sempre. È la nostra sola e unica possibilità. Qualsiasi cosa accada tu devi proteggerla. Qualsiasi cosa accada ricordati chi sei, da dove vieni e qual è il tuo compito. Sei nato per uno scopo, come tutti a questo mondo. E ricorda sempre: non sei solo. >>

Avrei voluto chiedergli cosa volessero dire quelle parole ma lui mi abbracciò stretto e se ne andò. Le ultime parole che mi disse, che disse in assoluto furono: << Ti voglio bene, fratellino. >>

 

Mi svegliai all'improvviso, col fiatone e tutto sudato, come se avessi corso per miglia e miglia. Mi passai una mano tra i capelli bagnati ricordando quella notte. Gli infiniti secondi che seguirono la sua uscita da quella casa, il suo urlo straziante, il mio desiderio di andare da mio fratello e le lacrime dettate dal senso di impotenza appena Agnes mi strinse tra le sue braccia piangendo, impedendomi di correre fuori. L'incantesimo. La porta buttata giù dalla bomba bianca. Quello stramaledetto sorriso...

Scossi la testa e mi costrinsi a ritornare al presente.

Non sei solo.

Certo. E questo non è l'Inferno.

Il mio inferno personale.

***

Quella domenica passò in un lampo. Dopo aver fatto colazione, Matt mi aveva proposto di fare un giro per passare un po' di tempo insieme. Alla fine si era aggregato anche Harry: appena l'avevo visto gli ero corsa incontro per abbracciarlo.

<< Ti sono mancato, eh piccoletta? >> mi aveva detto sorridendo.

<< In realtà era un abbraccio tipo: “Mi dispiace che tu abbia dovuto sopportare mio fratello giorno e notte senza avere possibilità di scelta.” >> avevo detto con aria vissuta e di (quasi) sincera pietà.

Harry aveva riso. Matt invece no, ma non mi importava.

Passammo tutta la giornata insieme per le strade della città a parlare e a prendere in giro Matt e quando la sera tornammo a casa fui costretta a chiudermi in camera. Non avevo ancora fatto i compiti per il giorno dopo. Quando li finii era ormai mezzanotte e dopo aver fatto la cartella ed essermi messa il pigiama mi misi a letto, inconsapevole del fatto che qualcuno di vicino stesse vegliando i miei sogni.







Il mio angoletto:
Buonassera! Eccomi qui a pubblicare il primo capitolo e.. e niente, per favore fatemi sapere che ne pensate, cosa vi è piaciuto (sempre che vi sia piaciuto qualcosa ovvio) e cosa devo correggere. 
grazie a tutti quelli che la leggeranno <3
-Stella
PS: le parti in corsivo sono o sogni o ricordi ^-^

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


Capitolo 2

 

 

Alla mia sorellina che oggi compie gli anni,

AUGURONI!

 

 

Ero di nuovo nella luce più intensa. Non persi tempo, subito mi misi a cercare il ragazzo sconosciuto. Lo vidi subito: era proprio dietro di me.

<< Perché continui a essere nei miei sogni? E perché non mi dici chi sei, una buona volta?! >> dissi spazientita.

Ancora una volta non riuscivo a vedergli il viso.

Lui rimase impassibile.

<< Non è ancora il momento. >> disse voltandosi, o almeno così mi parve.

Mi parve anche di sentire << E forse mai lo sarà. >>

Allungai il braccio come per fermarlo ma qualcosa mi impedì di muovere anche un solo muscolo.

<< Jenna svegliati! Adesso! >>

Mugolai e mi rigirai nelle coperte per non sentire quella fastidiosa voce.

<< Jenna sta per salire la mamma. Io mi sveglierei se fossi in te. >> disse Matthew con, ero pronta a scommetere, un sorriso divertito sulle labbra.

Mi alzai con uno sbuffo e, ancora ad occhi chiusi, mi diressi in bagno sembrando uno zombie e andando quasi a sbattere contro il muro.

<< Mamma! Non salire! La morta vivente si è alzata! >> urlò il babbeo sghignazzando.

La giornata non poteva cominciare meglio.

Dopo essermi preparata e aver fatto finta di mangiare qualcosa per colazione, presi la cartella e uscii di casa seguita da un commento idiota di Matt, che ignorai, su come la mia faccia sembrasse quella di una che non dorme da settimana. Ero una dormigliona, avevo bisogno di dormire io, non potevo farci niente se l'orario scolastico mi stava stretto.

Camminai tra le strade della città che si stava preparando al Natale. Ovunque guardassi vedevo decorazioni natalizie. Ora che ci pensavo, mancavano solo due settimane alle feste. Dovevo cominciare a risparmiare per poter fare dei regali quantomeno decenti.

Senza nemmeno rendermene conto ero arrivata fuori al cortile della scuola. Mi guardai attorno in cerca della mia migliora amica. Niente.

Decisi di inviarle un messaggio e quando alzai lo sguardo dallo schermo i miei occhi si incatenarono a quelli azzurri di un ragazzo che, a quanto pareva, mi stava fissando. Era uno schianto. Letteralmente.

Non capivo perché uno come lui mi stesse guardando. Lo guardai a mia volta. C'era qualcosa in lui che non mi faceva distogliere lo sguardo.

Lui si guardò dietro, come se pensasse che io stessi guardando qualcun altro, poi tornò ad incatenare il suo sguardo al mio. Mi accorsi che aveva gli occhi leggermente spalancati e la bocca aperta in cerca d'aria. Lo guardai strano per quella reazione insolita e quindi feci per avvicinarmi ma Ronnie venne ad abbracciarmi. Non mi ero accorta che fosse arrivata.

Quando tornai con gli occhi al punto dove avrebbe dovuto esserci quel ragazzo, lui era sparito. Mi guardai un po' attorno per trovarlo mentre Ronnie parlava a ruota libera di una cosa che le era successa nel weekand, ma niente.

Proprio in quel momento la campanella suonò, rubandomi ai miei pensieri. Era ora di iniziare una nuova fantastica giornata scolastica. Evviva.

***

Mi aveva visto.

Non sapevo come potesse essere successo ma lei mi aveva visto.

I suoi meravigliosi occhi color tempesta si erano posati su di me e si erano incatenati ai miei. Per un po' non mi ero accorto di quello sguardo insistente, troppo impegnato a vagare nei miei ricordi.

Quando finalmente me ne ero reso conto, mi ero guardato dietro per capire chi stesse fissando, ma c'ero solo io. Lei fissava me.

Com'è possibile?

Un'amica la salutò e quando tornò con lo sguardo nel punto in cui stavo io, lei non mi vide. Io non mi ero mosso ma lei, di nuovo, non era in grado di vedermi.

Riscossa dalla campanella, entrò nell'istituto mentre io rimanevo lì impalato, ignorato dal resto del mondo.

Mi aveva visto.

***

Per tutta la giornata non riuscii a concentrarmi sulle lezioni, tanto che più volte i prof mi richiamarono all'attenzione.

Non riuscivo a smettere di pensare a quel ragazzo e non riuscivo a capire il perché. Era come se lo avessi già visto mille volte ma al tempo stesso non era così. Come se ci fosse un legame, a me sconosciuto, che ci unisse.

Non seppi il perché ma la mia mente ricollegò il ragazzo misterioso, così lo avevo soprannominato, alla figura che tormentava da tempo i miei sogni.

Fui distratta dai miei pensieri da Ronnie. << Prontooo? Jenna, ma almeno hai ascoltato una parola di quel che ti ho detto? >> mi chiese esasperata.

<< Uhm? >> feci io distratta. La sentii sbuffare, il che mi fece sorridere.

<< Sei distratta oggi. >> constatò. << Centra mica il ragazzo che ti fissava stamattina? >>

<< Lo hai visto anche tu? >> chiesi improvvisamente attenta.

Mi guardò come se mi fosse spuntato il terzo occhio. << Jen, me ne hai parlato tu mentre stavamo entrando, ricordi? >>

<< Ah. Sì! Sì, ricordo. Scusa. >>

<< Ma si può sapere che hai? >> mi fece girare dalla sua parte e incontrai il suo sguardo. Avevo sempre pensato che fosse una ragazza bellissima e che se solo avesse voluto avrebbe avuto l'intera scuola ai suoi piedi. Era bionda, un fisico da modella, un viso dolce e degli occhi castani che avevano delle screziature rosse all'interno. Ora quasi non ci facevo più caso ma all'inizio pensavo che fossero strani, come se fossero una maschera. La cosa che la rendeva speciale era il suo carattere: Ronnie era esuberante, pettegola, quando voleva, una romantica innamorata dell'amore. Credeva nella magia, ed era un'amica leale e sincera. Inoltre era di buon umore il lunedì mattina. Secondo me si drogava quel giorno.

Il suo carattere aveva così tante sfaccettature che era impossibile descriverlo, dovevi solo avere pazienza e tanto tempo per capirlo fino in fondo.

<< Niente, solo che ho di nuovo fatto quel sogno. Ogni volta è diverso, come se fosse reale. Ci sono io, la luce e questo tizio che continua a parlarmi per enigmi. La cosa più bella sai quale è? Che proprio quando sto per scoprire qualcosa mi sveglio. Sempre. Mai una volta che, che ne so? Durasse un po' di più magari? >> risposi esasperata. Ormai era da più di due mesi che facevo quei sogni ed era da più di un mese che ne avevo parlato con Ronnie. Non ce la facevo più! Ormai era diventato la mia ossessione.

<< Chi lo sa, forse è qualche spirito che cerca di mettersi in contatto con te. >> disse con aria mistica al solo scopo di farmi ridere. Ci riuscì.

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


Capitolo 3

<< Dimmelo. >>

Mi alzò il mento così che potessi incontrare la sua faccia.

<< Te l'ho detto e te lo ripeto: mai. >> ringhiai puntando i suoi occhi, sfidandolo.

<< Tu credi che non possa farti niente di peggio di quel che ti ho fato fin'ora. Ma ti sbagli. >> concluse in un sibilo. Mi lasciò andare di scatto e mi diede un calcio. Gemetti per il dolore alle costole.

Inclinò di lato la testa, sinceramente curioso. << Perché ti ostini a mantenere il segreto? Ormai so che lei è da qualche parte nel mondo noioso >> mi guardò divertito. << Per lei ho ucciso la tua famiglia. Ti ho messo in gabbia, uccellino. Eppure continui a proteggerla anche se sai che la causa di tutti i tuoi mali è quella mocciosa. Quindi mi chiedo: perché? >>

Per tutta la durata del suo discorso mantenni uno sguardo neutro, celando tutti i sentimenti che albergavano in me: furia, angoscia, impotenza e dolore. Era un mix micidiale che mi stava corrodendo le vene come veleno, un veleno che cercava di uccidermi e che a poco a poco ci sarebbe riuscito. Non risposi.

<< Come vuoi. >> disse infine guardandomi come se fossi un insetto. Fece per allontanarsi ma ci ripensò. << Pensi che sia io il cattivo, me ne rendo conto. Ma ricorda, lei può essere la vostra salvezza. Ma anche la vostra condanna. Io cerco di ristabilire l'equilibrio tra bene e male che, grazie a quell'insulso essere venuto al mondo e a quel tuo stupido fratello, si è sgretolato. >>

Vidi rosso. In quel momento non mi importò se stessi facendo il suo gioco o se fosse esattamente quello che voleva. Non mi importava.

<< Tu per avere il potere hai fatto di tutto. Hai ucciso. Hai torturato. Hai demolito le nostre città. Ma io non mi arrenderò. Fin quando avrò vita continuerò ad esserle leale. Continuerò a pensare che non tutti in quella famiglia siano marci fino al midollo. Continuerò a credere che tu sia un essere spregevole che gode nel veder soffrire gli altri. E sta pur certo che godrò anche io quando vedrò con i miei occhi la vita abbandonare il tuo corpo. Godrò. E godranno tutti perché tu sei solo un niente in questo mondo. Tu, qui, ora e sempre, non vali niente. E te lo dice uno la cui vita si è ridotta in cenere prima ancora che potesse iniziare realmente proprio a causa tua. Quindi ridi, finché puoi. >> finii il mio discorso in tono calmo, come se avessi parlato del tempo.

Vidi con una certa soddisfazione che i suoi muscoli si erano irrigiditi, che quegli occhi fino a un momento prima velati di divertimento ora erano diventati di ghiaccio.

<< Interessante. >> disse solo. << E se invece ti dicessi che tuo fratello è ancora vivo, tu cosa diresti? >>

Spalancai gli occhi. Stava bluffando, non poteva...

<< Oh sì che posso. D'altro canto tu hai creduto a quello che io volevo che credessi. Ora, facciamo il punto. Tu mi detesti, io considero la tua vita pari a quella di un moscerino. Però hai qualcosa che io voglio. Proprio qui >> si abbassò alla mia altezza e mi toccò la fronte con un dito. Mi ritrassi. << In questo cervellino che ha ancora un po' di speranza. Quindi ti do una scelta: se me la consegni io libererò tuo fratello e lascerò che la tua miserabile vita continui, dimenticando ciò che hai detto qualche minuto fa. Oppure puoi restare rinchiuso in questo piccolo e silenzioso universo per il resto dei tuoi giorni e tuo fratello continuerà a ricevere il trattamento che si merita. La sua vita è letteralmente nelle tue mani, uccellino. >> rise.

Mantenni il suo sguardo. Dannazione, certo che avrei voluto liberare mio fratello ma non potevo tradirlo. E poi...

Gli sputai in faccia. Da quanto volevo farlo. << Fa di me quel che vuoi. Io rimango delle mie idee e neppure per riavere indietro tutta la mia famiglia io tradirei la loro fiducia per aiutare te. Va all'inferno. >> dissi con disprezzo.

Si pulì lo sputo con uno scatto deciso della mano, pulendosela poi sui miei luridi vestiti.

<< Peccato. >> si alzò di scatto dirigendosi verso la porta. << Saluterò tuo fratello da parte tua. >> mi fece un sorriso crudele uscendo. Nel silenziò che seguì si sentì solo il rumore delle catene che mi legavano.

 

Mi risvegliai dal torpore in cui ero caduto e mi guardai intorno. Ero ancora fuori al cortile della scuola. Dovevo fare qualcosa, qualunque cosa per distrarmi e smetterla di ricordare.

Automaticamente ripensai al colore degli occhi di Jenna, al modo in cui mi aveva guardato e sollevando la testa verso il cielo, verso il sole, sorrisi. Un sorriso appena accennato ma pur sempre un sorriso.

Per un piccolo infinito mi ero sentito di esistere.

***

<< … E quindi questo ragazzo è sparito così? Puff? >> mi chiese scettica Ronnie seduta sul mio letto. Appena tornate da scuola lei era venuta da me dicendo che se non ci fosse stata lei, io sarei caduta in depressione pensando al gran figo che stamattina mi fissava e che mi sono lasciata sfuggire. Ovviamente dopo tanti giri di parole lei era arrivata all'argomento che più le interessava.

<< Sì. Puff. >> sbuffai mentre cercavo di riordinare. La mia stanza in quel momento rifletteva quello che avevo in testa: il caos.

<< Ma almeno era carino questo tizio? >> chiese dopo aver borbottato per un po'. Nella mia mente si fece largo l'immagine del ragazzo misterioso. Quegli occhi e quelle labbra...

Fui risvegliata dai miei sogni ad occhi aperti da un cuscino arrivatomi diritto in faccia.

Ronnie rise. << Scusa, ma avevi una faccia così assorta! >>

<< Ah si? Beh... comunque, tornando alla tua domanda... ecco, sì era molto carino. >> arrossì di botto chinandomi per nascondere la mia reazione.

<< Solo “molto carino”? >> chiese maliziosa scoppiando poi a ridere per il cuscino che le rilanciai. Io feci finta di essermi innervosita anche se un sorrisetto mi tradì.

In quel momento la porta si aprì e rivelò la figura di Matt. Era appena tornato, fino a poco tempo fa io e Ro eravamo sole in casa.

<< Cosa c'è di tanto divertente? >> chiese sorridendo. Era un impiccione, ma del resto io e Harry approfittavamo di questa sua caratteristica per i nostri piccoli ed innocenti scherzetti.

<< Niente, ma quando sei tornato? >> Ro sviò il discorso e andò ad abbracciarlo. Io e Ronnie ci conoscevamo da quando eravamo alle medie per cui era normale amministrazione vederla in casa e Matt ormai la considerava una sorella acquisita, credo che se fosse stato per lui già avrebbe fatto a cambio con lei, ma ovviamente non ne ero certa.

<< Domenica. Perché, la principessa non ti ha detto del mio trionfale ritorno? >> rise. Adoravo mio fratello, ma il fare battute non era il suo forte. Inoltre mi chiamava principessa, un nomignolo che mi accapponava la pelle se riferito a me.

<< No, non ho ritenuto importante la cosa. >> risposi spiccia con aria di superiorità. In quel momento, oltre alle risate di Matt e Ronnie sentii un'altra risata maschile. Appena accennata, roca, come se chiunque la producesse non fosse abituato a ridere.

Il suono finì presto ma l'emozione che mi lasciò non se ne andò facilmente.

***

<< Chi sei? >>

Quando vidi che non rispose mi innervosii.

<< Maledizione, dimmi chi sei una buona volta! Perché continuo a sognarti? Perché continui a perseguitarmi?! Allora? Dannazione rispondi! >> quasi urlai.

Lui rimase fermo, in silenzio, come se non avessi parlato.

<< E' per il tuo bene. Per il nostro bene. Non posso dirtelo. >> odiavo ammetterlo ma la sua voce mi destabilizzava, mi sembrava una melodia sentita miliardi di volte ma mai ascoltata realmente.

<< E allora perché continui con questi sogni?! Perché... perché' non la smetti di farmi sognare te?! Dici che è per il mio bene non sapere ma intanto continui a esserci. >> mi fermai sentendo il peso di quelle ultime parole.

<< Io ci sarò sempre per te, jenna. Ma non chiedermi di non fare quel che faccio, è il mio solo modo per... >>

<< Per? >> lo incitai.

La luce mi accecò. Misi le braccia all'altezza degli occhi e urlai.

<< Aspetta! >> Mi alzai di colpo. Avevo il respiro affannato. Mi passai una mano sulla fronte madida di sudore. Perché era sempre più reale? Perché mi ricordavo tutto, come se fosse vero? E poi che diamine significava la sua ultima frase? Più ci pensavo e più mi veniva il mal di testa.

Con uno sbuffo mi rimisi supina e rimasi a guardare il soffitto. C'erano delle stelline fluorescenti, mi piaceva guardarle prima di addormentarmi mi ricordava quando ero piccola e Matt veniva a dormire con me perché diceva che aveva paura dei mostri. In realtà ero io ad averne ma lui usava questa scusa per non farmi rifiutare: anche da piccola ero molto orgogliosa.

Ci stendevamo, guardavamo le stelline e poi finiva sempre che la mattina io mi ritrovassi a terra a causa sua. Sospirando chiusi gli occhi. Morfeo non aveva intenzione di accogliermi tra le sue braccia, immaginai. Sbuffando mi rigirai dall'altro lato del letto, l'orologio segnava le tre del mattino. Sarebbe stata una lunga notte.

***

<< Ma hai dormito stanotte? Sembri uno zombi! >> mi bisbigliò molto delicatamente Ronnie. Negai col capo. Dopo aver avuto... quella specie di sogno non ero riuscita a riaddormentarmi, quindi avevo passato l'intera nottata a rigirarmi nel letto e a sbuffare. Quando era suonata la sveglia, mi ero alzata a fatica per prepararmi. Mi sentivo senza forze, come se qualcosa mi avesse improvvisamente risucchiato le forze. Quando avevo sceso le scale per andare a fare colazione, avevo incontrato Matthew che stava per salire per venirmi a chiamare, lui mi aveva guardata come se avessi dei tentacoli al posto dei capelli e gli stessi dando da mangiare. Quando a fatica ero arrivata in classe, trascinando le mie povere membra stanche fino al mio banco, avevo rivolto sì e no quattro parole a Ro restandomene con la testa sul banco fin quando quella pazza che avevo come professoressa non era entrata sbraitando di prima mattina che dovevamo aprire il libro.

<< Sono andata a dormire alla mezza e l'ho sognato di nuovo. Quando mi sono svegliata erano le tre e n... >>

<< Signorina Rogers, grazie per essersi offerta volontaria all'interrogazione, mi ha risparmiato molto tempo. Forza, mi raggiunga qui. >> mi indicò la sedia vuota al suo fianco. Ovviamente avevo studiato ma non riuscivo a muovermi dalla sedia. Proprio me doveva chiamare quand'era tutta la classe che parlava? Mi alzai stancamente. Non avevo quasi la forza di tenermi in piedi.

Ronnie venne in mio aiuto, guardandomi preoccupata. << Professoressa ma non vede che Jenna oggi sta male? Sarebbe meglio un'altra volta, no? >>

<< Signorina Michealson non è il suo avvocato. Le suggerisco di tenere la bocca chiusa se non vuole avere una nota disciplinare. >>

Nel frattempo io ero quasi arrivata alla cattedra quando sentii un forte dolore alla testa. Il libro mi scivolò di mano. Mi accovacciai a terra con le mani sulle tempie, respirando a fatica. Riconobbi il rumore delle sedie che si muovono in fretta e tante voci ma non capii niente di quello che stavano dicendo. La mia vista era annebbiata e di tanto in tanto vedevo delle scene: un bosco, una forte luce bianca, degli occhi rossi. Una voce urlava un nome: Jonathan. Lo urlava disperatamente. Mi portai una mano all'altezza del cuore, poi fu il buio.



Il mio angolino:
Salve a tutti, signore e signori, benvenuti! Allora, intanto vi ringrazio per essere arrivati a leggere fin qui, giuro vi sono immensamente grata!
Poi vorrei dire due paroline *si schiarisce la voce* 
La frase di Jenna "[...] 
 ma intanto continui a esserci." ecco questa frase mi sta molto a cuore, perché in un certo senso è l'essenza di tutta la storia: lei può anche non sapere ma lui le sarà sempre vicino. Spero di avervi fatto capire quello che intendevo e che il capitolo vi sia piaciuto. Grazie! Per tutto, davvero.
Stella* 

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


Capitolo 4

 

 

 

 

Prima sentii un dolore acuto allo stomaco, poi come un risucchio. Chiusi gli occhi per la nausea che mi aveva assalito e quando li riaprii mi ritrovai nella luce. Mi guardai intorno, stranito. Di solito in quel posto ci venivo solo in piena notte per sottrarla ai suoi incubi o anche solo per vederla e per “parlarle” ma mai in piena mattinata e soprattutto mai senza che lo decidessi. Vidi qualcuno rannicchiato a terra, preda delle convulsioni. Ad un certo punto alzò il capo e mi guardò, come se avesse sentito la mia presenza in quella luce accecante. I suoi occhi, appresi con orrore, erano vacui e senza quella scintilla che li caratterizzava.

<< Jenna ma... cosa sta succedendo? >> mi preoccupai. Sentivo che c'era qualcosa che non andava e non mi piaceva affatto che lei stesse in quelle condizioni o che ci avesse convocati in questo posto sicuro, neutro, lontano dalla sua influenza.

Al suono della mia voce la sentii trattenere il respiro, dopodiché urlò.

Urlò il suo nome.

La luce divenne tenebra, il suolo tremò e il vento si alzò, fortissimo, tanto che rischiai di essere portato via. Dovevo fare qualcosa per fermarla, sentivo la sua presenza e questo mi gelava il sangue nelle vene.

<< Jenna, svegliati! Jenna! >> Urlai con tutto il fiato che avevo in corpo per sovrastare il frastuono di quel vento micidiale.

Lei sorprendentemente si fermò e poi scomparve.

Con il terrore nel cuore, scomparii da quel posto un secondo prima che “lui” arrivasse.

 

***


Mi svegliai di colpo. Non sapevo cosa fosse successo ma mi tremavano e gambe. L'ultima cosa che ricordavo era la sua voce, quella del ragazzo del sogno, che mi urlava qualcosa, impaurito. Mi guardai attorno e riconobbi l'infermeria.

Come ci ero finita lì?

Poi ricordai tutto: l'indebolimento, il rumore della pioggia, gli occhi rossi, le urla di quel bambino e il conseguente dolore al petto.

Il buio dove prima c'era la luce e l'urlo del ragazzo.

Mi riscossi sentendo delle voci oltre la porta, bisbigliavano, forse perché credevano che stessi ancora dormendo. Che ore erano?

<< Gliel'ho detto signorina, non può entrare e nemmeno lei. Deve riposare. >>

<< Oh andiamo! Io sono suo fratello e lei è come una di famiglia. Ci lasci passare che mica ci mettiamo a suonare la tromba mentre dorme. >>

Quasi scoppiai a ridere. Mi alzai piano, sentendo la testa girare per poi scendere dal lettino. Mi accorsi che non indossavo le scarpe così mi abbassai e me le misi in fretta, nel frattempo la conversazione bisbigliata continuava imperterrita.

<< Esatto! Andiamo signora Pegs, non faccia l'acida! >>

Oh-oh... adesso sì che erano nei guai.

La signora Pegs, l'infermiera della scuola, era una donna sulla cinquantina che portava la sua età abbastanza bene, brava nel suo lavoro ma con un carattere che definire acido era dir poco e quando qualcuno glielo faceva notare si scatenava l'inferno.

Ronnie avrebbe dovuto saperlo visto che ogni due per tre andava in infermeria per dei presunti mal di testa che l'assalivano ogni volta che doveva fare educazione fisica.

Prima che l'infermiera potesse parlare o anche solo mandarli fuori dalla scuola a calci io aprii la porta per ritrovarmi le facce agguerrite di mio fratello e della mia migliore amica che, appena si accorsero della mia presenza, ignorarono la donna e mi affiancarono.

<< Stai bene? >>

<< Ma cos'è successo? >> le due voci si accavallavano l'una all'altra, inutile dire che non capii quasi niente.

<< Silenzio! >> la voce imperiosa dell'infermiera fece chiudere la bocca a quei due che si girarono per incontrare i suoi occhi rabbiosi.

Si rivolse a me. << Signorina Rogers, chi le ha detto di alzarsi e uscire? >>

<< Ehm... ora mi sento molto meglio, lo giuro, che ore sono? >> chiesi tentando di cambiare discorso.

<< É da poco finita la terza ora. Sicura che si sente bene? Qualche capogiro o altri disturbi? >> chiese pragmatica.

Avevo dormito tre ore?

Prima che potessi dire niente, Matt se ne uscì con << Bé forse ha ancora sonno. >>

Ronnie scoppiò a ridere mentre la signora Pegs invocava la pazienza.

Io rimasi lì a sforzarmi di ridere mentre avvertivo un senso di angoscia bloccarmi la gola.

 

***

 

<< Avresti dovuto vedere la faccia della prof dopo che ti avevano portata in infermeria: sembrava che le stesse per venire un attacco di panico. Hai fatto prendere un colpo a tutti, soprattutto a me! Quando ti ho vista cadere quasi urlavo. >> Mi disse Ro mentre tornavamo a casa mia. L'infermiera alla fine mi aveva lasciata andare facendomi tante di quelle raccomandazioni che dopo un po' non l'avevo più ascoltato.

Abbracciai la mia amica per confortarla, mi parve di vederle gli occhi lucidi ma si riprese in fretta. Era una roccia.

<< Comunque appena ho potuto ho chiamato Matthew, quasi gli è venuto un colpo. Per fortuna l'ho chiamato prima io della scuola. È arrivato che era un fascio di nervi, credo che avrebbe mandato a fuoco l'istituto se non gli avessero detto subito come stavi. >> ridacchia.

Matt sbuffò. << Quanto la fai tragica. Ero solo preoccupato. Ad un certo punto mi arriva la tua chiamata e mamma e papà erano fuori quindi sono potuto venire solo io. Harry dice che sono sbiancato di colpo e ho cominciato a balbettare cose indistinte quando mi ha chiesto cosa mi aveva detto Ronnie. Poi mi sono alzato e sono scappato via. Quando sono arrivato nessuno mi diceva niente e quando finalmente mi avevano detto come stavi mi sono ricordato di averlo lasciato solo senza una parola, quindi l'ho chiamato e gli ho raccontato tutto, è probabile che lui stia ancora a casa aspettando il tuo ritorno. Ah e ho anche chiamato i nostri genitori ovviamente. >> concluse arrossendo. Quando era nervoso o preoccupato cominciava a straparlare e quasi dovevi chiudergli la bocca perché la smettesse. A Harry non credo dispiacesse.

Sorrisi maliziosa, mi divertivo troppo. << E come mai eravate a casa soli soletti tu e Harry? >>

<< Mi rifiuto di rispondere! >> se ne uscì diventando tutto rosso e avanzando il passo. Io e Ronnie scoppiammo a ridere così forte che molti si girarono a guardarci mentre Matt faceva finta di non conoscerci.

Quando arrivammo a casa mia venni quasi soffocata dalle braccia di Harry che continuava a ripetere che era preoccupatissimo, che quel babbeo di Matt lo aveva fatto preoccupare da morire, arrivando a fargli pensare che fossi stata investita o cose del genere. Lo rassicurai e quasi non piansi dalle risate vedendo Matt nascosto dietro Ronnie nella vana speranza che Harry non lo vedesse. Vana perché il signorino era alto quasi due metri e al suo cospetto la mia amica sembrava un bassotto. Comunque alla fine Harry si calmò e ci disse che, visto che non aveva niente da fare e che era contento che stessi bene, avrebbe preparato la cena. Mi vennero gli occhi a cuoricino: amavo alla follia la cucina di Harry!

Quando arrivarono i miei genitori, preoccupati ovviamente per le mie condizioni, dovetti passare il tempo a rassicurarli e dopo dieci volte che lo chiesero alla fine mi credettero. Passammo tutta la serata a prendere in giro la reazione di Matt, con Ronnie che raccontava fin nei minimi dettagli come si era accanito contro chiunque gli capitasse a tiro e come, quando l'aveva vista, quasi non le saltava addosso. Mi immaginai la scena di mio fratello in braccio alla mia migliore amica e quasi mi soffocai con l'acqua che stavo bevendo in quel momento. Quando Harry e Ronnie se ne andarono erano le undici e mezza, il giorno dopo non ci sarei andata a scuola ma ero esausta quindi mi misi a letto e subito presi sonno. Mi parve di risentire il ragazzo chiamarmi, questa volta più dolcemente, rassicurante, e quella fu la mia ninna nanna.






Il mio angolino:
Premetto che non mi piace questo capitolo, non sono soddisfatta, ma per forza maggiore (guardare sotto la sezione sorella ormai stufa dei miei deliri) e anche perchè non saprei come migliorarlo, eccolo qui!
Fatemi sapere cosa pensate di questo capitolo, cosa vi è piaciuto, cosa no, sono pronta a tutto!
Ah, e credo che da oggi pubblicherò tutti i giovedì o venerdì (dipende se non ci metto due anni a scrivere qualcosa...)
Grazie a tutti quelli che sono arrivati fin qui (ci vuole coraggio) *-*
Stella*

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***


Capitolo 5

 

Quel sabato mi svegliai presto. Più che altro, perché mia madre si impegnava a buttarmi giù dal letto ad orari improponibili tutte le volte che non andavo a scuola, okay che ero sadica a detta di Ronnie, ma a questi livelli ancora non ero arrivata.

Comunque, dopo avermi svegliata, la sadica madre mi aveva quasi cacciata di casa dicendomi che dovevo andare a fare la spesa per la cena con i genitori di Harry e che avrei dovuto chiamare Matt per farmi accompagnare.

Finalmente, dopo ben tre anni di relazione, si erano decisi. Ero contenta per mio fratello e Harry. Da quello che Matt mi aveva detto, i suoi genitori, al contrario dei nostri, avevano “faticato” molto ad accettare l'omosessualità del figlio e per questo Harry ci soffriva. Lui è sempre stato un ragazzo sensibile. Ricordo bene quando cercava di rimanere il più possibile a casa nostra per non incontrare i genitori svegli facendo il ruffiano con Matt che gliele dava tutte vinte, o quando si mettevano sul divano, accoccolati l'uno all'altro, Matt che gli sussurrava cose per farlo ridere perché gli faceva male vedere Harry piangere. In quelle occasioni ricordo di aver guardato quei due innamorati e aver desiderato molte volte, con tutta me stessa, un amore così. Crescendo poi ho capito che a ognuno di noi spetta un genere diverso di amore, unico nel suo genere e sarebbe venuto quando meno me lo sarei aspettata.

Quindi, lista alla mano e armata di pazienza e coraggio, sono uscita di casa per affrontare l'ardua sfida. Manco a dirlo, Matthew non era in casa per accompagnarmi. Oh, ma mi avrebbe sentita. Quel ragazzo, quando aveva anche solo il sentore di dover fare qualcosa, aveva lo straordinario super potere di trovare scuse. Digitai il suo numero col mio cellulare.

<< Hey, Jenna... >>

<< Passami quell'invertebrato di mio fratello, Harry. >>

Sentii dei sussurri e un “Ahio!” prima che rispondesse. << Sorellina, tutto bene? Sono con Harry adesso quindi... >>

Lo interruppi. << Quindi un bel niente. Ti ricordo che sono i genitori del tuo ragazzo a venire questa sera, e che io non sono obbligata a fare la schiava mentre tu ti godi un pomeriggio libero. Quindi alza le chiappe e vieni subito ad aiutarmi con la spesa. >> avevo omesso che... insomma, nostra madre mi avrebbe obbligata, ma erano sottigliezze.

<< Oh ma era questo? Bastava dirlo, dove sei? >>

Sogghignai. Adoravo il mio essere autoritaria. << Ho quasi finito, tu comincia a venire. >>

<< Ma certo, sorellina adorata. >> e riagganciò.

***

 

Harry mi guardava impaziente. << Allora? >>

<< Allora devo andare, caro mio. La dittatrice chiama. >> Mi alzai in fretta dal letto recuperando la mia giacca. Mi girai verso Harry che stava palesemente trattenendo le risate.

<< Beh, c'è da dire che la dittatrice sa il fatto suo. Fuggiasco. >> si alzò e mi mise le mani sui fianchi. << Va'. Ci vediamo stasera, okay? >>

Lo baciai piano. << Okay. >> Dio, quanto lo amavo.

Ci staccammo e mi diressi alla porta. << Ah, e... dirò a mia sorella che l'hai chiamata dittatrice. Vedrò chi riderà allora. >>

Effettivamente, fui molto veloce a schivare la scarpa che mi lanciò.

Mi fece la linguaccia. << Tanto non ti crederà mai. >>

<< Può darsi... ma almeno mi divertirei a vedere te che sudi freddo. >> gli feci l'occhiolino e andai in ritirata. Non avevo molto tempo.

La dittatrice stava aspettando.

***

Per sua fortuna, Matthew arrivò appena prima che cominciasse a piovere. Con le buste strapiene da portare e fradicia, sarei stata di pessimo umore.

Accostò proprio davanti al supermercato e, uscendo di fretta, mi prese le buste e le depose nel porta bagagli mentre io mi accomodavo sul sedile. Mi raggiunse in fretta.

<< Tutto okay? Visto che sono un gentiluomo? >> si vantò mentre faceva il giro per uscire.

Sbuffai. << Certo, certo. Piuttosto, che ci facevi a casa di Harry? >>

<< Sorellina, pesavo che ancora non fosse arrivato il tuo momento. >> mi chiese quasi scioccato.

<< Il mio momento? >>

<< Sì, pensavo che fosse ancora lontano. >> continuò imperterrito.

<< Ma di che stai parlando? >> Okay, aveva perso la ragione. Forse la pioggia gli aveva lavato via quel poco di sale in zucca che gli rimaneva.

<< Ma del fatto che hai perso la testa, di cosa se no? >> rise quando gli diedi un pugno sulla spalla.

Buffo, avevamo pensato la stessa cosa. << Scemo. Dicevo sul serio, è nervoso? >> gli chiesi cauta. Vidi la sua espressione diventare più seria ma continuò ad avere sulle labbra un leggero sorriso.

<< Sì, abbastanza, ma non lo da a vedere. Sai com'è fatto. >>

Annuii.

<< Inoltre è quasi morto di paura quando l'ho minacciato di dirti che ti ha chiamata dittatrice. >> sghignazzò.

<< Ah sì? Beh, meglio essere una dittatrice che una pappa molla che si fa comandare dalla sorellina. >> assunsi un aria di superiorità per poi scoppiare a ridere alle sue lamentele.

Trascorremmo tutto il tempo in macchina a cantare a squarciagola tutte le canzoni che passavano alla radio, ridendo quando sbagliavamo le parole o quando ce le inventavamo. Arrivati a casa, nostra madre ci accolse calorosamente.

<< Ma quanto tempo ci avete messo? Devo cominciare a preparare la cena. Non possono arrivare i genitori di Harry e trovarmi ancora con le stoviglie da lavare. Oh e se non gli piacesse quello che pensavo di preparare? >> disse, ad un tratto tutta preoccupata.

Risi sotto i baffi. << Primo, ci abbiamo messo tanto perché tu mi hai quasi fatto svaligiare un supermercato. E secondo, adoreranno i tuoi manicaretti. >> le dissi scoccandole un bacio sulla guancia mentre Matt mi porgeva un panino al formaggio appena preparato. Che fame. Non avevo proprio pensato al cibo fino a quel momento.

<< Jenna ha ragione. Sei la miglior cuoca del mondo. >> disse con la bocca piena mio fratello. Io finii il mio panino.

Mia madre sospirò. << Matt, quante volte ti ho detto che non devi parlare con la bocca piena? Jenna, tu come stai oggi? >> sospirai anche io.

<< Bene, mamma, ho solo sonno. Sai com'è, una pazza sadica mi ha quasi trascinata fuori dalle coperte. >> ammiccai.

<< Sì, è vero. Beh vai in camera e riposati, mi aiuterà Matthew per adesso. >> aggiunse facendo quasi affogare il sopracitato. Risi e andai in camera mia, quasi buttandomi sul letto.

Da quando ero svenuta a scuola, i miei genitori continuavano a chiedermi come stavo e a trattarmi come se avessero a che fare con la porcellana, ma io mi sentivo bene. La notte riuscivo a dormire, l'insonnia era sparita, e non avevo neanche il raffreddore. Inoltre gli strani sogni che mi tormentavano erano finiti e con essi anche quella presenza rassicurante che mi parlava. Mi girai supina e chiusi gli occhi, il braccio a schermarli dalla luce. Non potevo dire di esserne contenta tuttavia. Quella presenza aveva lasciato una specie di vuoto, come se mi mancasse. Inoltre era come se fossi in attesa di qualcosa, ogni minimo rumore mi faceva sobbalzare e avevo quasi sempre un brutto presentimento che mi chiudeva lo stomaco. Forse stavo impazzendo, lo dimostrava anche il fatto che ogni tanto avevo come dei flashback che non riuscivo a spiegarmi. Vedevo occhi rossi, un volto sotto la pioggia con degli occhi attenti. Sentivo sempre quella voce che chiamava disperatamente quel nome.

<< Jonathan. >> sussurrai a me stessa per sentire che effetto faceva. Ronnie pensava che stessi diventando pazza e non potevo darle torto. Sorrisi debolmente.

D'un tratto sentii una specie di sussulto e poi la lampada che avevo sul comodino cadde a terra. Mi alzai di scatto per vedere cos'era stato a far cadere la lampada ma nella camera c'ero solo io. Fissai il punto dove era caduta la lampada con sguardo vacuo, poi, alzando le spalle, tornai a stendermi.

Inoltre, il fatto che Ronnie continuasse a fantasticare su di me e quel ragazzo che avevo visto fuori scuola non aiutava.

L'avevo rivisto, una volta.

Stavo tornando da scuola quando ad un tratto me l'ero ritrovata al fianco. Aveva l'aria pensierosa, quasi malinconica. Senza farmi vedere, lo studiai attentamente. Aveva la pelle scura, ma non tanto, una mascella squadrata che avrebbe fatto girare la testa a chiunque, un profilo e degli zigomi perfetti. Portava i capelli molto corti e una leggera barba, ma quello che mi colpì furono i suoi occhi. Azzurri come l'acqua limpida ma seri, duri. Arrossii del fatto che lo stessi fissando e ricominciai a guardare avanti. Avvertivo il suo sguardo su di me e pregavo affinché i miei capelli coprissero il rossore alle guance. Arrivammo fuori casa mia e senza esitazioni mi precipitai dentro. Poi chiamai Ronnie e diciamo che non fu una conversazione piacevole. Avresti potuto parlargli, diceva. Potevi chiedergli il nome, ripeteva. Ma io sostanzialmente ero una fifona coi ragazzi, non sapevo mai che cosa dire o cosa fare e quel ragazzo... avevo paura di sembrare stupida, ecco. Sospirai e mi girai sul fianco. Il sonno stava avendo il sopravvento. Mi sentii accarezzare i capelli e sorrisi.

 

***

 

La cena fu un successone, per la gioia della mamma. I signori Adams erano arrivati alle sette, appena un attimo dopo essere stata svegliata da Matt. Non avevo sognato nulla.

Ancora.

Comunque, non ebbi tempo di pensarci ulteriormente che arrivarono Harry e i suoi genitori. Quando lo vide, Matt gli andò vicino e lo prese per mano - mi parve di vedere Harry arrossire - salutando con l'altra i suoi suoceri. Mamma e Matthew avevano preparato tutto, quindi non ci restò altro che accomodarci a tavola, fortunatamente papà era tornato presto da lavoro altrimenti chi l'avrebbe sentita alla mamma?

I genitori di Harry, superato l'imbarazzo, erano abbastanza simpatici. Li vidi interagire molte volte con Matthew, gli chiesero di tutto: quali erano i suoi piani per il futuro, in che università studiava, come si era trovato a Londra, insomma, ci mancava poco che gli chiedessero anche il numero delle scarpe, ma ne fui contenta. Lui e Harry meritavano di essere felici, e la felicità che leggevo negli occhi di Harry era un premio per Matt che a fine serata ritrovai appartato al piano di sopra abbracciato al suo ragazzo. I signori Adams e Harry se ne andarono verso le undici e mezza, salutando tutti calorosamente.

<< Beh, è andata bene. >> commentò mio padre dopo aver richiuso la porta. Era un uomo sulla cinquantina, ma che si manteneva piuttosto giovane. In pratica un Matthew in versione invecchiata, ma con un carattere più calmo del figlio.

Matt concordò con un sorriso enorme in volto, ricevendo una pacca sula spalla da nostro padre. << Altroché. >>

Ero così contenta per il mio fratellone che mi offrii persino di andare a buttare la spazzatura al posto suo, ricevendo uno sguardo preoccupato dalla mamma, che io ignorai.

Stavo bene, punto.

I bidoni della spazzatura purtroppo erano piuttosto lontani da casa ma non ci misi molto. Quando tornai a casa e mi misi a letto – circa all'una - ero più che sveglia, quindi passai il tempo a leggere, ero così presa dalla lettura che non notai l'orario. Quando ci feci caso – ormai a libro finito – erano le quattro e mezza e mi costrinsi a dormire.

Ero nella luce. Di nuovo. Quasi mi misi a gridare dalla contentezza. Mi guardai attorno per “vedere” e sentire la voce che mi trasmetteva sicurezza.

<< Ti ho trovata finalmente. >> rabbrividii. Quella non era la voce che mi accompagnava da un po' di tempo a quella parte. Era una voce fredda, ringhiava quasi.

Metteva i brividi.

<< Sai quanto a lungo ti ho cercata? >> continuò, mentre vedevo un ombra nera oscurare tutta la luce. Mi ritrovai immersa nel buio in poco tempo. Avrei trovato divertente la cosa se la paura non mi avesse paralizzata. Quella voce mi sembrava di conoscerla. << Ma non importa. Ora potrò finalmente finire l'opera che ho iniziato diciannove anni fa e nessuno, nemmeno il tuo angelo custode, >> sentii tutta l'ironia di quelle ultime parole. << potrà salvarti. Finalmente. >> feci un passo indietro, i muscoli in attesa, come se potessi davvero fuggire.

É solo un sogno. È solo un sogno.

D'un tratto sentii uno spostamento d'aria e mi ritrovai a fissare due occhi rossi come il sangue, freddi come la voce che avevo sentito poco prima.

Gelai sul posto, serrando gli occhi e preparandomi al suo attacco.

Un urlo belluino. Un fulmine bianco in quel mare di oscurità, e quell'attacco non arrivò mai. Riaprii gli occhi per vedere cosa stesse succedendo.

Una luce pura attaccava l'ombra con tutta la sua ferocia ma l'ombra la contrastava con altrettanta freddezza.

Poi sentii una risata.

Era una risata folle che mi fece venire voglia di urlare.

<< Non imparerai mai, uccellino. >> e un fascio rosso investì la luce.

<< Cameron! >> Urlai con tutto il terrore e il fiato che avevo in corpo, alzandomi di scatto. Boccheggiavo.

Era stato un sogno.

Solo un sogno.

Cameron.









Il mio angolino:
Salve signore belle! Okay è da più o meno due settimane che non aggiorno e mi dispiace per aver fatto passare tanto tempo, ma in questo periodo sono stata un po' occupata e inoltre non riusciva mai a soddisfarmi quello che scrivevo.
Chiedo umilmente perdono a chiunque stesse aspettando un aggiornamento >.<
Okay, questo è il capitolo più lungo che io abbia mai scritto qui (e non so se è un bene) spero vi piaccia, perchè forse, per la prima volta, sono soddisfatta di un mio capitolo. Fatemi sapere il vostro parere.
Grazie *manda bacini*,
Stella*

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Capitolo 7
*** Capitolo 6 ***


Capitolo 6

 

 

Quel sogno mi lasciò una sensazione di inquietudine per i giorni a venire, tanto che avevo quasi paura di riaddormentarmi. Le parole che quella voce mi aveva rivolto continuavano a tormentarmi.

Cosa intendeva con “Ora potrò finalmente finire l'opera che ho iniziato diciannove anni fa”? Chi era quella voce?

La ragione continuava a ripetermi che era stato tutto un sogno, che non c'era motivo per preoccuparsi, ma poi mi tornavano alla mente quelle parole e il castello di carta che avevo creato con tanta pazienza veniva abbattuto.

Era troppo reale, le sensazioni che mi aveva lasciato erano reali. Inoltre chi era la luce bianca che mi aveva protetta, chi era Cameron? Ricordo che quando avevo visto che era in pericolo mi era uscito spontaneo urlare il suo nome. Come se lo conoscessi.

Man mano che il tempo passava queste domande mutarono in una sola: e se quello che sognavo in realtà non fossero mai stati sogni? Più ci pensavo e più mi convincevo che fosse così, ma in quel caso cos'erano se non dei sogni?

 

***

 

Un gemito di dolore mi scappò dalle labbra mentre cercavo di alzarmi, la mano a tenermi il fianco. Mi sentivo uno schifo. Avevo dolori ovunque ma per fortuna stavo guarendo, anche se lentamente. Quel bastardo non c'era andato giù leggero.

Ricaddi a terra con un attacco di tosse. Ero stato un tale imbecille. Come avevo fatto a credere che lui non l'avesse potuta trovare? Quando mi ero reso conto che quell'essere fosse entrato nel nostro posto e l'avevo vista lì, terrorizzata, mi si era gelato il sangue. Ero terrorizzato al pensiero che le venisse fatto del male.

Non ricordo cos'era successo dopo, so solo che attaccai con tutta la mia forza, che evidentemente non serviva a niente contro di lui visto che ebbe subito la meglio, e che la sua voce mi chiamò. Era un suono disperato, pieno di paura, così vero che quasi credetti di essermelo immaginato.

Strinsi i denti e mi appoggiai al muro per rimanere in piedi. Da quando quell'essere sapeva dove trovarla non volevo lasciarla sola, sapevo che in quelle condizioni probabilmente sarei morto appena avrei fiatato ma avevo quell'illusoria convinzione che se fossi stato lì a proteggerla avrei trovato la forza dal nulla per riuscire a farla vivere.

Lei meritava una vita felice, nonostante i precedenti con la sua famiglia, perché lei, ne ero sicuro, non sarebbe stata la causa della nostra distruzione.

 

***

 

Scesi le scale di casa con la grazia di un elefante, ero in ritardo. In tremendo ritardo.

Non avevo sentito la sveglia e mia madre e Matt oggi erano usciti presto, per cui avrei dovuto svegliarmi da sola e andare a scuola con calma ma, evidentemente, qualcosa era andato storto.

Chiusi la porta di casa con un tonfo, facendo poi girare la chiave nella serratura in tutta fretta. Se mi fossi sbrigata sarei potuta arrivare alla seconda ora.

Misi le chiavi nella cartella e cominciai a camminare a passo veloce, giusto per non sembrare una pazza furiosa.

Ero quasi arrivata alla meta quando cominciò a piovere a dirotto e alla fine fui costretta a fermarmi per ripararmi, non avendo io, nella fretta, preso l'ombrello che avevo preparato questa mattina. Con un verso di frustrazione, presi il cellulare dalla tasca e digitai velocemente un messaggio a Ronnie.

Ho fatto tardi, sono scesa ma adesso ha cominciato a piovere e non ho l'ombrello, m'inzupperei tutta... credo che tornerò a casa appena posso.

Alzai lo sguardo al cielo nero. L'intensità della pioggia stava aumentando e i nuvoloni si erano addensati e scuriti tanto da arrivare ad un colore che si avvicinava spaventosamente al nero. Rabbrividii, ma non per il freddo, piuttosto per quel brutto presentimento che avevo. Non mi piaceva per niente quel tempo, e io ero un amante della pioggia.

Il suono che mi avvisava quando ricevevo un messaggio mi distrasse dai miei pensieri.

Okay, dolcezza, vedi di non farti venire nemmeno un raffreddore, capito? Tu mi servi per sopravvivere a questa classe.

Sorrisi. Ronnie era un vero personaggio quando ci si metteva. Digitai velocemente una risposta e, col sorriso ancora sulle labbra, alzai lo sguardo davanti a me.

Per poco non mi cadde il cellulare dallo spavento.

A pochi metri da me, un uomo, sotto la pioggia, mi fissava. Non muoveva un muscolo, era come se la pioggia non ci fosse nemmeno per lui. Era vestito tutto di nero, i capelli biondi gli ricadevano sugli occhi e quando si sgranchì il collo riuscii a vederne il colore. Erano neri. Tutti neri.

Il brutto presentimento che avevo si acuì e l'idea di andarmene a casa nonostante la pioggia ad un tratto non mi sembrò tanto brutta. Feci per andarmene ma mi ritrovai, non sapevo come, a sbattere la testa contro il muro. Mi accasciai piano a terra sibilando dal dolore. Alzai lo sguardo sull'uomo e notai con orrore che si era avvicinato maggiormente. Si abbassò alla mia altezza e mi sorrise crudelmente, facendo intravedere dei denti appuntiti, ma non come quelli dei vampiri a cui ero abituata grazie alle serie TV e ai film.

<< Mi è stato ordinato di portarti da lui, bambolina. Ma mi è stato anche detto che avrei potuto divertirmi un po', sai, per rendere il mio compito più interessante. >> La sua voce era come una lama che mi feriva le orecchie, come il suono delle unghie che graffiavano una lavagna. Dalla sua bocca, mentre parlava, fuoriuscì un forte odore di zolfo, tanto che mi sentii sul punto di soffocare. << Alzati. >> mi ordinò prendendomi un braccio e sollevandomi come una bambola di pezza.

La testa mi faceva un male cane e, tornata in piedi, vidi la terra in cielo. << Stupida ragazzina, guarda che non è divertente se non urli. >> disse con stizza, tirandomi i capelli all'indietro e facendomi urlare di dolore. << Così va meglio. >> affermò compiaciuto continuando a tirare.

Non sopportando più il dolore, cercai di liberarmi dalla sua forte presa. Gli sferrai un calcio lì dove non batteva il sole. Accusò il colpo, lasciandomi libera, e non perdendo tempo cominciai a correre, non curandomi della cartella, e non notando che nel frattempo la mia mano stringeva spasmodicamente il cellulare. Ero ormai zuppa e mi girava sempre più la testa ma non mi fermai. Cercavo di mettere più distanza possibile tra me e quell'uomo, che, sentivo, si stava avvicinando velocemente.

Mi afferrò un braccio facendomi cadere di botto. Cominciai a graffiarlo per fargli mollare la presa, cercando, nel frattempo, di indietreggiare il più possibile.

<< Non mi è piaciuto quello che hai fatto. >> disse arrabbiato nero. Mi accorsi che stata diventando sempre più alto, una nube di zolfo andava addensandosi attorno a lui mentre la sua pelle stava diventando di un color verde fogna.

<< Lasciami. >> gli urlai con disperazione cercando qualcosa con lo sguardo con cui difendermi. Ero terrorizzata.

<< Oh adesso hai paura, eh? Peccato che mi hai fatto innervosire altrimenti ci saremmo potuti divertire io e te. >> ruotò il braccio di scatto. Strinsi i denti, lasciando cadere il cellulare.

Inclinò ancora di più il braccio, tanto che lo sentii formicolare.

Liberai un ringhio. Il dolore e la frustrazione, in questo momento, erano alle stelle.

<< Mi ha detto di non ucciderti, peccato, ma io mi sto divertendo. Tu no? >> una lacrima si mischiò alla pioggia che batteva imperterrita su di noi. << Rispondimi, puttana! >> urlò, torcendomi così tanto il braccio da farmi ripiegare su me stessa e dandomi un calcio nello stomaco, facendomi cadare a terra. Mi mancò il fiato. << Pregami. È la parte più divertente del mio lavoro, sentirvi pregarmi per lasciare che le vostre insulse vite continuino. >>

Parlai a fatica. << C-chi... è... lui? >>

Volevo sapere chi mi volesse morta anche se ne sarebbe valsa la mia vita. Cosa avevo fatto di tanto grave? Chi era questo lui che voleva uccidermi? E chi era questo tizio che adesso mi bloccava? Cos'era?

Mi mise un piede sul collo e fece pressione, facendomi boccheggiare in cerca d'aria.

<< Tu osi chiedere? Non hai nemmeno il diritto di vivere, figurarsi. >> l'ossigeno stava venendo meno ai polmoni, gli occhi mi si stavano riempendo di lacrime.

Non era così che volevo finisse, non era così che volevo morire.

Con una forza che non pensavo di avere, agguantai la caviglia dell'uomo con la mano libera dalla sua presa, e la strattonai.

Lui cadde a terra, producendo un brutto tonfo, ma non ero stata io a buttarlo giù. Mentre boccheggiavo per immagazzinare più aria possibile, tra le lacrime vidi la figura di un ragazzo che troneggiava su... a questo punto non ero nemmeno sicura di come doverlo chiamare.

<< Qualcuno dovrebbe insegnarti come si trattano le signore. >> spiegò gelido. Gli diede un pugno, forse, perché vidi una luce forte, colpire quella cosa a terra.

Rise. Quella cosa rise sul serio. << Sai, se l'aspettava che saresti venuto a salvarla, quindi mi ha reso immune a te e ai tuoi attacchi, mentre tu sei scoperto. >>

Nel frattempo io cercavo di rimettermi in piedi, aggrappandomi al muro e stringendo i denti per il dolore. Il ragazzo indietreggiò e mi si parò davanti, come a difendermi. Ora che lo guardavo meglio, capii che era il ragazzo dagli occhi di ghiaccio che mi metteva in soggezione.

Mi si gelò il sangue.

Perché chi mi voleva morta si aspettava che lui sarebbe venuto a salvarmi?

Lo guardai attentamente: aveva gli occhi puntati sulla cosa, la mascella serrata così tanto da farmi pensare che da un momento all'altro i suoi denti si sarebbero spezzati ed ogni muscolo era teso. Spostai gli occhi, seguendo la direzione del suo sguardo, e trattenni il fiato quando vidi una cosa informe, circondata da una nube tossica. Gli occhi gli erano diventati interamente bianchi, la pelle gli cadeva, come se stesse andando in putrefazione. Nonostante la pioggia, riuscii a sentire il sibilo che gli rivolse.

<< Scappa. >> dissi al ragazzo senza pensarci un attimo. Notai con orrore una pozza di sangue dove prima era la mia testa. << Va via! Vogliono me, mettiti in salvo! >> continuai con più enfasi, cercando di convincerlo ad andarsene. Si girò nella mia direzione e mi sorrise debolmente, con malinconia quasi.

Quell'errore lo pagò caro.

In un attimo si ritrovò addossato al muro con quella cosa che gli alitava in faccia. Non vidi cosa gli stesse facendo ma sentii il ragazzo urlare, era come se lo stesse scuoiando vivo.

<< No! Ti prego, lascialo stare! È me che volete, lui non c'entra! Ti prego! >> urlai disperatamente. Riuscii ad alzarmi appoggiandomi al muro con la poca forza rimastami, mentre la testa mi girava. Quella cosa mi ignorò. Cominciai a piangere silenziosamente mentre le sue urla mi riempivano le orecchie. Quel ragazzo sarebbe morto a causa mia, non potevo crederci.

Mentre i due venivano inghiottiti da un intensa luce rossa, sentii dire: << Lui ti manda un messaggio. “Finalmente cambierai gabbia, uccellino.” >>

Sbarrai gli occhi.

Uccellino.

Le parole di quell'ombra mi risuonarono nella mente. Non imparerai mai, uccellino.

Sai, se l'aspettava che saresti venuto a salvarla.

Uccellino.

Colui che mi aveva salvata da quell'ombra e che adesso rischiava di essere ucciso sempre a causa mia era...

Cameron.

Mi staccai dal muro, rinvigorita. Sentivo come una forza mai provata attraversarmi le vene. Mi sentivo libera, come se respirassi per la prima volta, capii, ma non mi soffermai troppo su queste sensazioni.

Non percepivo più nulla. Né il rumore della pioggia né le fitte di dolore che il corpo mi lanciava.

Sapevo solo che quel ragazzo, Cameron, non sarebbe morto.

Non oggi.

Non fin quando ci fossi stata io ad impedirlo.

Mi sentii avvolgere dal calore, una coperta bianca in cui mi avvolsi completamente, lasciandomi cullare.

Vidi quell'essere girarsi a guardarmi, strabuzzare quello sguardo bianco e indietreggiare, lasciando cadere Cameron di scatto. Atterrò con un tonfo, non si muoveva. Lasciai vagare lo sguardo su di lui ancora un po', poi mi rivolsi a quella cosa, disgustata. Stava cercando di scappare. Non mi chiesi il perchè, sapevo solo che la rabbia in quel momento era troppa. Alzai un braccio verso di lui.

<< No, ti prego. Ti scongiuro, no. >>

Pregami. È la parte più divertente del mio lavoro, sentirvi pregarmi per lasciare che le vostre insulse vite continuino.

<< Me ne andrò, ma ti scongiuro, non lo fare. >>

Mi ha detto di non ucciderti, peccato, ma io mi sto divertendo. Tu no?

Sentii tutta la forza condensarsi nella mano.

<< Per favore! >>

Rispondimi, puttana!

Rilasciai l'energia.

Il suo corpo venne invaso da delle fiamme nere, sentii le sue urla senza muovere un muscolo, vedendolo bruciare. Le gambe d'improvviso mi cedettero e caddi a terra.
Chiusi gli occhi un attimo, mi sarei riposata giusto un attimo e poi avrei aiutato Cameron. La pioggia, intanto, si era fermata.


















Il Mio Angolino:
Okay, credo che siamo tutti d'accordo che se non faccio passare minimo due settimane non aggiorno. Per la verità l'avevo già pronto da un po' di giorni solo che non ero convinta, poi grazie ad un'amica (e alle continue minacce di morte di mia sorella) mi sono decisa (Grazie Fede! <3) eheheh sì, sono un mostro di bravura >\\< 
Comunque spero che questo capitolo vi piaccia, ditemi le vostre opinioni, io sarò felicissima di conoscerle!
PS: mia sorella ci teneva tanto, quindi ha creato un gruppo facebook della mia storia in cui promette di farvi avere spoiler dei capitoli e per tenere aggiornate chi segue la storia. Se volete entrare a far parte di questo gruppo questo è il link 
https://www.facebook.com/groups/657614371079139/?ref=br_rs ( Non so mettere il link, scusatemi >\\\< ) in alternativa, scrivete Beside You, è un gruppo chiuso, piccolino ^-^ 
Alla prossima *bacini* Stella*

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Capitolo 8
*** Capitolo 7 ***


Capitolo 7

 

La prima cosa che sentii fu il calore. Seguirono delle leggere carezze -al volto, alla nuca, al polso- contornate da dei leggeri sussurri. Era una voce carezzevole, mi faceva sentire protetta. Istintivamente sorrisi.

Poi mi ricordai di quel che era accaduto e il sorriso scomparve per lasciar posto alla paura. L'uomo, la bestia, l'attacco, Cameron.

Aprii gli occhi di scatto, alzandomi con la schiena e rannicchiandomi in un punto. Le mani sparirono subito. Appena lasciarono il mio corpo sentii un freddo invadermi fin nelle ossa, il che non fece che peggiorare la situazione.

«Jenna?»

Troppo accecata dalla paura non badai alla voce. Col cuore in gola riconobbi la mia stanza, i miei libri, le mie cose. Mi accorsi che ero sul mio letto e un po' della paura che mi serrava lo stomaco scivolò via.

«Jenna, è tutto apposto ora. Sei al sicuro.» scivolai con lo sguardo fin dove stava lui. Teneva le mani avanti, come a farmi vedere che era innocuo, gli occhi ghiacciati erano docili. La sua voce, mi sorpresi, era arresa, come se pensasse che io non lo avrei sentito.

Strinsi ancora di più le braccia attorno alle mie ginocchia. «Cos'era quella cosa?» la domanda mi uscì come un sussurro ma, al contrario di quello che mi sarei aspettata, era calma, non una nota di paura ad invaderla.

Vidi il suo volto contorcersi in un'espressione di sorpresa mista a gioia e paura. Istintivamente sorrisi leggermente, come per rassicurarlo.

Continuai. «Cosa voleva da me?»

Lui, imperterrito, non apriva bocca. Perché non rispondeva?

«Chi sei tu, Cameron?» chiesi infine, alzando la voce e calcando sul suo nome.

Sussultò come se lo avessi punto. Aprì la bocca, forse per dire qualcosa, ma non uscì niente, se non un tremulo sospiro. I suoi occhi divennero lucidi e, quando stavo per chiedergli perché non volesse rispondere, parlò.

«Ridillo.» la voce gli tremava.

Lo guardai, non capendo, ma i suoi occhi mi stavano pregando di acconsentire alla sua richiesta. Per qualche strano motivo, lo accontentai.

«Chi sei tu, Cameron?»

Questa volta lo vidi chiudere gli occhi, come per assaporare il suono di quelle parole.

Quando li aprì, mi sorrise riconoscente.

«Grazie.»

Non sapendo che dire rimasi zitta. Avrei tanto voluto sapere perché mi stesse ringraziando ma non trovavo la voce per chiederglielo. Se ci fosse stata Ronnie avrebbe riso e segnato quel giorno sul calendario. Io non perdevo mai le parole, anche nei momenti meno opportuni avevo sempre qualcosa da dire, che fosse una cosa seria o stupida io la dicevo senza preoccuparmi.

Lasciai andare le mie gambe che, a causa della scomoda posizione, stavano cominciando a dolermi, e mi sedetti sul bordo del letto guardandomi i piedi.

Il silenzio e il suo sguardo fisso su di me cominciava a mettermi in imbarazzo. L'avevo già detto che coi ragazzi ero una frana?

Con la coda dell'occhio lo vidi sedersi affianco a me.

«Quella cosa che ha cercato di ucciderti è una creatura del buio, nata dai sentimenti negativi delle persone.» mi voltai a guardarlo. Cameron fissava il vuoto davanti a sé, la schiena curva, gli avambracci poggiati sulle ginocchia. Ogni suo muscolo era in tensione, come se si stesse sforzando di parlare. Non riuscivo a capire quanti anni avesse, non ero mai stata brava in quelle cose. «Io le chiamo Ombre, perché se nessuno le invoca queste svaniscono come se non fossero mai esistite, distrutte dalla luce.»

Mentre parlava, continuavo ad aspettarmi che da un momento all'altro mi dicesse che era tutto uno scherzo, ma era serio. Terribilmente serio. Credeva davvero a quello che mi stava dicendo anche se questo era paradossale, tuttavia non potevo non credergli. Sentivo ancora le mani di quella cosa addosso e l'odore di zolfo che mi soffocava. Scossi la testa per scacciare queste sensazioni, concentrandomi su Cameron.

«Perché qualcuno avrebbe... avrebbe dovuto invocare un... un'Ombra per uccidermi?» chiesi lentamente.

Cameron abbassò il capo scuotendolo e guardandosi le mani. Avevo tante domande da fargli, tipo “che cosa poteva invocare un ombra?” ma qualcosa mi diceva che non voleva rispondere e che non sarebbe stato facile cavargli qualcosa.

Decisi di lasciarlo in pace. Per ora. Cocciuta com'ero non mi sarei arresa. Matt diceva sempre che avrei convinto anche un pesce a camminare se solo lo avessi voluto.

«Come stai?» ricordavo ancora le sue urla. Era un suono che non sarei più riuscita a dimenticare.

Girò il capo per osservarmi e i nostri sguardi si fusero.

Il mio cuore fece una capriola.

Quegli occhi azzurri erano come un balsamo per la paura che ancora provavo.

Continuò a fissarmi, annuendo lentamente. «Bene, adesso.»

Riuscivo a sentire il cuore battermi per fino nelle dita dei piedi e la faccia in fiamme. Dovevo calmarmi. Mi alzai in piedi di scatto e con un sorriso dissi: «Beh, sono contenta!»

 

 

***

 

 

«Beh, sono contenta!»

Mi sorrise, quel suo sorriso caldo e dolce che tanto ho desiderato di poterlo vedere rivolto a me.

Mi incantava.

Credo di averla guardata con uno sguardo ebete e quindi pensai che mi stesse prendendo per pazzo. Non avrei potuto biasimarla se avesse pensato questo, visto le cose impossibili che le stavo dicendo e il fatto che sembravo un imbecille muto, ma, diamine!

Lei era lì, mi stava guardando, parlando, e conosceva il mio nome e io... io credo di non essere stato così vicino a piangere da tanto tempo. Era da tanto che non sentivo pronunciare il mio nome. Era da tanto, troppo tempo che sentivo di non essere invisibile.

La paura minacciava ancora di stendermi. Avevo avuto paura. Paura che sarebbe morta. Paura di non vederla più sorridere o arrabbiarsi. Paura di non riuscire a salvarla.

Semplicemente, paura di perderla.

Ora, mi resi conto quasi tremando, lei era ancora più in pericolo. Lui non si sarebbe dato pace finché non l'avrebbe uccisa quindi non dovevo fare cazzate. Non potevo rischiare dicendole tutto, sarebbe stato troppo da sopportare per lei.

Mi guardò inclinando la testa da un lato con quel piccolo broncio che metteva su quando stava pensando a qualcosa che non riusciva a capire. Sorrisi. Era adorabile.

« Cameron... » il mio nome detto dalla sua voce, dalla voce di colei che mi aveva impedito di impazzire nella mia prigionia, era una splendida melodia che mai mi sarei scocciato di ascoltare. Con la mano le feci segno di continuare.

Si morse il labbro inferiore, arrossendo prima di continuare. « Tu... ecco... eri tu che... eri tu il ragazzo dei miei sogni? » mi lasciai scappare una risatina e lei, sempre più rossa, si rese conto di ciò che aveva detto. « oddio, non è quello che pensi tu! Intendevo dire che... ecco » continuò a farfugliare.

Intervenni, stava diventando di uno strano color porpora. « Sì. E'... era» mi corressi « il solo modo che avevo per riuscire a... parlarti.»

« Parlarmi. » borbottò facendomi ridere. « Mi stavi facendo impazzire. Tu e le tue irritanti risposte! » mi accusò, andando verso la finestra nella stanza. Scostò la tenda e la luce del sole, in contrasto a quella specie di temporale di poco prima, entrò nella stanza.

« Scusa, solo che non potevo parlarti e quando potevo non dovevo rivelarti troppo. » ammisi cercando di nascondere un sorriso.

Dopo un momento di silenzio, Jenna, ancora rivolta alla finestra, parlò con voce più seria. « Cameron, perché qualcuno dovrebbe voler uccidermi? Come ho fatto a sbarazzarmi di quell'Ombra? E, soprattutto, chi sei tu e...cosa sei? » si volse a guardarmi, le braccia abbandonate lungo i fianchi e i pugni che si stringevano e si aprivano in continuazione. Era nervosa, quel gesto lo conoscevo bene. Sospirai.

« Jenna io... non posso dirti tutto, sarebbe troppo rischioso per » te. Ma questa parola non volli dirla, si sarebbe solo intestardita ancora di più.

« Allora dimmi quello che puoi. Ho il diritto di sapere. Dimmi, ad esempio, come fai a conoscermi e perché tu mi sembri così familiare pur non avendoti mai parlato. Oppure come facevi ad apparire in quei miei... sogni? Non so nemmeno come chiamarli ormai. »

Io rimasi in silenzio a guardarla. Il viso dolce, le labbra piene e rosse, gli occhi color tempesta brillanti di determinazione e curiosità, il tutto incorniciato da dei corti capelli mossi, neri con riflessi blu. Adoravo quella combinazione, la rendevano unica e bellissima ai miei occhi. Sospirò e guardò in basso, martoriandosi il labbro inferiore e tormentandosi le mani. Non potevo sopportare quella vista ma...

« Io... » sentii i suoi occhi puntarsi su di me, trattenendo il fiato. Sospirai frustrato.

« In realtà non avevo mai pensato di parlarne, con nessuno, certo, ma soprattutto con te. Ho sempre pensato che alla fine sarei morto ma che almeno tu fossi al sicuro. Sai, era una cosa che riusciva a non farmi avere paura della morte. Pensavo, se morissi, almeno lei sarebbe salva. Che pensiero egoista. » risi amaramente. Stavo parlando a ruota libera, senza guardarla o stare a pensare che lei non stesse capendo, troppo impegnato a rivivere quei momenti bui, ma, all'improvviso sentii la sua presenza accanto a me e la sua mano sulla mia spalla.

Fremetti. Non ricordavo la sensazione di calore che poteva dare un semplice gesto come quello.

« Molte volte mi sono lasciato cullare da questo pensiero prima di addormentarmi, altre invece mi aggrappavo alla vita con tutto me stesso. Era una tortura psicologica che lui amava somministrarmi. Poi un giorno, quando stavo ormai per impazzire, non so come, riuscii ad entrare in quella stanza. Pensai che stessi delirando ma in realtà era una via d'uscita che avevo creato per evadere da questa vita così ingiusta e, pensando a te, riuscii ad invocarti. » ripresi fiato, ricordando. « La prima volta non riuscivo neanche a parlare. Non sapevo neanche come avevo fatto, i miei poteri erano e sono ancora un mistero per me. Poi, man mano, capii che potevo invocarti quando volevo lì, così ne ho approfittato. » chiusi la bocca, avevo deto troppo. Ora mi avrebbe sicuramente preso per pazzo.

Non osavo guardarla, non aveva aperto bocca ma almeno non aveva lasciato la mia spalla, potevo considerarla una buona cosa, no?

« Co... come fai a conoscermi? Sei una specie di stalker? Perché sembra che tu non abbia fatto altro che seguirmi » mi chiese un po' seriamente un po' scherzando.

« Non sono uno stalker, se questo ti preoccupa. » le dissi cercando di non farla impaurire. Finalmente mi girai verso di lei. Mi guardava intensamente, con le guance un po' rosse. Il suo sguardo era imperturbabile ma dopo poco la vidi annuire e sorridermi.

« Ti credo. Ma, se non uno stalker, allora cosa sei? »

« Colui che ti proteggerà a costo della vita, ti basti sapere questo. » 





I'm back, bitches! 
okay questa è la prova che The Vampire Diaries fa male hahaha
comunque finalmente sono riuscita a finirlo, non facevo altro che scrivere e cancellare ed esasperare le persone quindi spero che questo capitolo vi piaccia e che mi facciate sapere le voste impressioni, sono pronta a tutto!
Grazie ancora a chi segue questa storia,
Stella *bacini*

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Capitolo 9
*** Capitolo 8 ***


Capitolo 8

 

« Colui che ti proteggerà a costo della vita, ti basti sapere questo. » questo era quel che aveva detto Cameron. Erano passate poco meno di tre ora da quest'ultima frase e, quindi, dalla nostra conversazione. Avrei voluto scuoterlo, urlargli di essere chiaro perché odiavo le risposte criptate ma, purtroppo, Matt, che evidentemente era appena tornato a casa, aveva fatto irruzione in camera mia sbraitando qualcosa per poi zittirsi e infine mettersi a ridere per la mia espressione. Io non gli prestavo attenzione perché proprio nel punto in cui un attimo prima c'era quel ragazzo misterioso adesso c'era il nulla. In effetti penso che la mia faccia fosse davvero divertente dato che Matthew quasi perse un polmone. Dopo cinque secondi buoni mi riscossi e, dopo aver ignorato le battute di mio fratello, andai a pranzare. Quando finii, mi feci una doccia, indossai il mio pigiamone di pail con i pois e, stringendo al petto il mio peluche preferito, Jamie, mi misi a letto. È così che mi ritrovai alle tre del pomeriggio, con le tende chiuse, in un assordante silenzio. Matthew era uscito per andare da Harry -quel ragazzo non è quasi mai in casa- e i miei genitori erano a lavoro. Libera da ogni distrazione la mia mente ebbe il modo di ritornare agli eventi di quella mattina. Era stato tutto un sogno? Un'allucinazione dettata dalla stanchezza e dallo stress? Avrebbe potuto. E Cameron? Come avevo intenzione di spiegare la venuta e la scomparsa di quel ragazzo? Sospirai rassegnata. Magari avevo solo bisogno di dormire, di una cioccolata calda e di chiacchierare con Ronn... un momento! La borsa della scuola! E il mio cellulare! Mi alzai alla svelta, quasi inciampando nelle coperte, alla ricerca di queste cose. Misi sottosopra la stanza, cercai perfino nell'armadio ma alla fine mi arresi. Mi sedetti nello stesso punto del letto dove si era seduto quella mattina Cameron e mi presi la testa tra le mani. Ricordavo perfettamente come li avevo persi e questo mi fece rabbrividire.

Non potevo mentire a me stessa ancora.

Tutto quello che era successo quel giorno era vero. Era accaduto. Mi accorsi di avere il respiro affannato. Mi alzai e passai le mani tra i miei corti capelli neri. Mi morsi il labbro e percorrendo la stanza, cercai di riordinare le idee. Ero stata attaccata da un essere, un'Ombra, come l'aveva chiamata Cameron, che voleva portarmi da questo Lui che a quanto pareva voleva uccidermi per una ragione che a quanto pare non potevo sapere. Ma -perché c'era un ma- ero stata salvata da un ragazzo, apparso dal nulla, che il presunto Lui sapeva sarebbe venuto a salvarmi e, non sapendo come o quando o perché, io ero riuscita a salvarlo. E, dopo, il misterioso ragazzo mi aveva portata a casa e... guarita, visto che non sentivo neanche un po' di dolore. Oh, non dimentichiamo che quel ragazzo sapeva tutto di me, mi conosceva, e, non rispondendo a nessuna delle mie domande, aveva fatto puff.

Ovviamente tutto molto semplice e logico.

Sospirai e mi risedetti sul letto, incrociando le gambe come un'indiana, e mi massaggiai le tempie con gli occhi chiusi. Quello che mi faceva andare più in bestia era che quel ragazzo non avesse risposto a nessuna delle mie domande e quando lo aveva fatto queste si erano moltiplicate. Fermai le dita e poi riaprii gli occhi guardando il vuoto.

Colui che ti proteggerà a costo della vita.

Quelle parole continuavano a tormentarmi. Da chi... da cosa doveva proteggermi? Come avrebbe fatto? Aveva parlato di poteri e questo non faceva altro che darmi spunto per un'altra domanda, cos'era Cameron? Da dove veniva? E perché, a detta sua, ero così importante?

In quell'istante un'altra immagine mi balenò davanti agli occhi, cioè l'immagine di quell'essere intento a pregarmi di non ucciderlo. Ero rimasta impassibile di fronte a quella tortura, volevo infliggergli ancora più dolore e in quel momento mi chiesi come avessi fatto. Chi fossi. Cosa fossi.

 

 

***

 

 

Forse avevo esagerato. Forse non avrei dovuto dirle quelle parole. Forse avrà pensato che fossi matto. Forse forse forse. La mia mente ormai non faceva altro che tormentarsi su questi pensieri, inutili per giunta, visto che il danno era stato fatto.
Odiavo essere insicuro.
Mi sentivo arrabbiato per non essere stato capace di controllarmi, di essere sembrato ai suoi occhi una persona bisognosa d'aiuto. Non volevo farle pena. Allo stesso tempo però mi sentivo confuso. Lei non avrebbe dovuto vedermi, né sentirmi. Non avrebbe dovuto essere rintracciabile. Inolte c'era un'altra cosa che mi inquietava. Come aveva fatto Jenna ad uccidere un'Ombra? Guardai in cielo, nuvoloso e carico per un nuovo acquazzone, questa volta reale, e mi massaggiai il petto. Quando quell'Ombra mi aveva attaccato sapevo che sarebbe stata la fine per me, per tutti noi, ma non mi era successo niente. Stavo bene. Dopo essere caduto ricordavo solo la voce di quella cosa che supplicava Jenna di risparmiarlo, il che mi fece rabbrividire. Abbassai lo sguardo sulla sua casa, e sapevo che lei era sola ma non riuscivo ad entrarci per parlarle. C'era una sola soluzione: Jenna aveva riavuto i suoi poteri.

 

<< Jon? Jon! >> urlai con tutto il fiato che avevo in gola. Feci per seguirlo ma due mani posate sulle spalle me lo impedirono. Voltai il capo e i miei occhi incontrarono quelli, ora neri, di Agnes, inginocchiatasi per arrivare alla mia altezza. Mi guardava severa ma nel suo sguardo potevo vedere una profonda tristezza.

<< Non abbiamo tempo adesso, Cameron. Concentrati, devi aiutarmi. >>

<< Ma Jon... >> tentai una debole protesta, intimorito dai suoi occhi.

Mi zittì all'istante. << Non c'è tempo. >> rispose burbera. << Quello che è fatto è fatto. Ora dobbiamo mettere al sicuro la bambina, okay? Jonathan ti ha detto questo, no? Tieni al sicuro la bambina. Vuoi deluderlo? >> spalancai gli occhi. Non volevo deludere mio fratello. Con gli occhi tornai alla bambina che continuava a sonnecchiare, ignara di tutto, e poi tornai ad Agnes e le feci segno che no, non volevo deludere mio fratello. La vidi sospirare, alzarsi e continuare a preparare il tutto mentre sibilava tra i denti delle imprecazioni. Candele, sangue, boccettine dai colori più variopinti. Si muoveva decisa, sapeva quel che faceva.

<< Cameron. >> sobbalzai e la guardai in attesa. Lei non mi rivolgeva uno sguardo, era troppo indaffarata. << posiziona le candele a formare una stella a sette punte. La voglio perfetta. E dopo averle posizionate accendile iniziando dall'ultima e proseguendo fino ad arrivare alla prima che accenderai sussurrando “Noom”. Hai capito? >> finalmente mi guardò. Annuii freneticamente, quella donna mi incuteva timore e rispetto e avevo paura di contraddirla. << E allora cosa ci fai ancora lì? Muoviti! Non abbiamo un singolo secondo da perdere. >> ruggì. Quasi corsi per prendere quelle candele. Mi indicò il centro della stanza e, facendo quello che Agnes mi aveva detto, le posizionai nella maniera più perfetta che le mie mani tremanti mi permettevano. Le accesi una per una iniziando dall'ultima e arrivato alla prima mi chinai e sussurrai alla fiamma. Si sprigionò energia sotto forma di onda di calore. Fuori il temporale ruggiva e lontano si vedevano diverse luci. Bianco rosso bianco blu bianco. Il cuore mi batteva all'impazzata. Jonathan stava bene. Non poteva avermi abbandonato.

<< Cameron! Non incantarti. Veloce, prendi la bambina e posizionala al centro della stella. >> mi riscossi e andai verso il divano. La bambina aveva aperto gli occhi, il colore era uguale a quello della tempesta che scuoteva la terra fuori quella casa, e come sempre notai il colore singolare dei suoi capelli, neri con riflessi blu. Quando era nata c'era stato molto fermento, alcuni avevano cominciato a pregare e mi ero sempre chiesto cosa avesse di tanto speciale. Jonathan ed io avevamo corso per mezza città per portarla da Agnes, venendo quasi uccisi nel mentre. La presi con delicatezza, come mi aveva insegnato la mamma, e lei agitò le manine paffute a cercare il mio viso.

Devi proteggerla sempre. Questo mi aveva detto il mio fratellone anche se non sapevo da cosa né perchè.

Velocemente la portai al centro della stella e l'adagiai a terra. Agnes si era messa nel punto in cui la prima e l'ultima candela si incontravano e mi fece cenno di raggiungerla. Fuori il tempo andava peggiorando e mi sembrava che il vento soffiasse a ritmo con i battiti del mio cuore. Guardai Agnes per capire cosa avremmo fatto. I suoi lineamenti erano duri, concentrati. I suoi occhi erano celati dalle palpebre, abbassate nello sforzo di concentrarsi e i suoi capelli ramati avevano preso vita propria alzandosi sopra la sua testa. Anche se era minuta la sua aura era potente e quando mi porse la mano, l'afferrai con esitazione. Nell'altra mano teneva una ciotola di legno con rifiniture dorate. Cominciò a pronunciare parole incomprensibili, come una litania, mentre rovesciava il contenuto della ciotola, di un rosso brillante, sull'ultima candela che avevo posizionato. Riconobbi solo le parole “Noom” e “Sacrificium” e questa proprio non mi piacque. La bambina agitava i piedi e le mani e rideva.

Qualcosa cambiò all'improvviso. Un tuono fece vibrare la casa, dal soffitto, proprio sopra la piccola, si aprì un varco che risucchiava le cose leggere e piccole della stanza, il vento mi grattava la pelle. Guardavo con occhi spalancati dal terrore la scena E poi mi accorsi di un dettaglio. Riuscivo a capire le parole di Agnes.

<< … Tu Protettrice. Ti affido questa Figlia di Luna di cui le leggende narrano. Portala sul sentiero bianco, quello tracciato dalla Luna stessa. Ostruiscile i poteri e la Vista. Nascondile il suo destino. Nascondila dal sentiero buio e dal male che c'è in esso. Perchè questa fu la volontà della Luna. >> e anche se non sapevo cosa facevo, ripetei quelle parole come se fossero sacre.

Il cielo si illuminò di bianco. I fulmini e i tuoni divennero sempre più violenti. Il vento, sia dentro che fuori la casa divenne di un intensità tale che dovetti tenermi alla mano di Agnes, salda come tutto il suo corpo, i capelli sparati in tutte le direzioni, per non volare all'indietro.

Con una fatica inimmaginabile mi coprii gli occhi col braccio e dopo averne dischiuso uno vidi la bambina venir sollevata, non con la forza che io avvertivo ma con grazia, quasi cullata, verso quel piccolo tornado. E quando la vidi entrare in quel varco questo si richiuse di scatto con una potenza che mi separò da Agnes e mi lanciò all'indietro, contro il muro. Il vento, la tempesta, si fermarono. La piccola era al sicuro.

 

Scossi la testa. Lui non avrebbe potuto rintracciarla. L'incantesimo la proteggeva. Ma qualcosa nell'incantesimo era andato storto e adesso le carte in tavola erano completamente ribaltate.



Amgolo autrice:
Chiedo pietà a tutti voi che seguite la storia. Scusatemi per aver aspettato tutto quyesto tempo per aggiornare ma qualunque cosa scrivessi non mi piaceva. mi sembrava sempre tutto banale o falso o scritto da far schifo. Mi dispiace davvero davvero tanto ma giuro che il prossimo aggiornamento non arriverà dopo tutto questo tempo! Parola di Unicorno!
Comunque... eccomi qui! Quindi vi sarei grata se lasciaste anche solo un piccolo commento. Vi è piaciuto il capitolo? Cosa ne pensate del ricordo di Cameron? Secondo voi Jenna perchè è così importante? E più importante cosa sono Jenna e Cameron?
Grazie a tutti per essere arrivati a leggere fin qui, alla prossima,
Stella*  

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Capitolo 10
*** Capitolo 9 ***


Capitolo 9

<< Fammi capire bene. Tu non vieni a scuola. Non ti fai sentire per una giornata intera nonostante i miei messaggi e le mie chiamate, sul telefono di casa per giunta! E alla fine, solo quando ho tipo obbligato tua madre, povera donna, a “svegliarti” dal tuo riposino di bellezza, nonostante lei mi dicesse che non ti sentivi bene. Il fatto è Jenna che io ti conosco. Quando stai male dormi tutto il giorno, è vero, ma almeno qualche volta mi mandi dei messaggi, soprattutto quando ti assillo. Ora, forza racconta tutto a zia Ronnie. >>

Mi mordicchiai il labbro a quelle parole. Sapevo che erano vere. Ero riuscita a tenere fuori mia madre dalla mia stanza solo perché mi ero tipo seppellita nelle coperte tutto il giorno, ma con Ronnie non potevo mentire. O almeno, non riuscivo. Inoltre era arrabbiata. E quando era arrabbiata non era un bello spettacolo, per me.

<< E' che... ho perso il cellulare. >> ammisi in un sussurro. Non potevo certo dirle che lo avevo lasciato cadere quando l'Ombra mi aveva strattonato.

<< Tu hai... Jenna, io lo dico sempre che un giorno perderai anche la testa. Ma come hai fatto? >> disse in tono quasi esasperato. Sorrisi leggermente e mi rannicchiai di più nel calore delle coperte.

<< Ecco... stavo tornando a casa... l'ho appoggiato un attimo con la borsa su una banchina dove mi sono seduta e... e quando mi sono alzata, convinta che lo avessi in borsa, l'ho lasciato lì. Quando sono tornata, appena me ne sono accorta, lo avevano già preso. >> dissi, cercando di essere convincente. Sapevo di essere una brava attrice ma con Ronnie non si sa mai.

Sentii un sospiro dall'altra parte della linea, poi: << Jenna, sei la luce dei miei occhi, e anche un'ottima attrice, e lo sai, ma perché menti? Non sei così maldestra e ti conosco abbastanza bene da sapere che sei molto ansiosa e che quindi controlli la tua borsa ogni volta che puoi, nella paura di aver perso qualcosa. Tutto okay? Stai bene? Te lo hanno rubato? >> chiese, d'un tratto preoccupata ed io volevo così tanto dirle la verità, ma avevo paura che quello che avevo da dirle mi rendesse una pazza ai suoi occhi. Dannazione, anche io avrei pensato fosse pazza se mi avesse detto quello che era successo. Rimanemmo in silenzio entrambe, lei preoccupata ed io indecisa. Non volevo tenerle nascosto nulla. E poi c'era la possibilità che magari avrebbe capito, non subito forse, ma che lo avrebbe fatto.

<< Ronnie vuoi passare da me e farmi una delle tue famose cioccolate calde? Ne ho davvero bisogno. >> bisbigliai. Per qualche ragione mi salirono le lacrime agli occhi, ma le scacciai subito. Non mi sarei messa a piangere, non c'era ragione, mi impuntai.

<< Considerami già lì. >> detto questo chiuse la chiamata.

 

 

 

<< Zia Ronnie è qui e porta doni! >> la sua voce squillante mi fece uscire da quel bozzolo di coperte in cui mi ero avvolta. Mi alzai a sedere e mi misi appoggiata con il busto alla tastiera del letto, sorridendo leggermente mentre le facevo spazio. Lei non se lo fece ripetere due vole. Con le mani occupate da due tazze con sopra disegnate la sagoma di Babbo Natale, stando attenta a non far cadere nulla a terra, cominciò a togliersi le scarpe con delle mosse da equilibrista e infine, con un abile mossa, si mise a sedere accanto a me mentre le sistemavo la coperta sulle gambe. Mi passò una tazza e rimanemmo in silenzio per un po' a bere quella meravigliosa cioccolata calda. Sapevo che non mi avrebbe forzata a dire niente, ma io volevo farlo.

Presi un sospiro e fissando un punto non ben identificato cominciai a raccontarle di quella mattina. Della pioggia, dell'uomo e dell'Ombra, del fantomatico Lui, dell'arrivo di Cameron.

Le raccontai tutto, e più parlavo, più le confidavo quello che pensavo, più mi sentivo leggera. Era la mia migliore amica, mia sorella, l'unica a cui avevo confidato dei miei strani sogni, delle mie paure, l'unica che mi conosceva come le sue tasche. Non potevo non parlarle di tutto quello.

Quando ebbi pronunciato l'ultima parola, mi accorsi di aver parlato senza mai riprendere fiato. Cercai di ricominciare a respirare normalmente e guardai Ronnie con la coda dell'occhio. La sua faccia era rimasta imperturbabile per tutta la durata del discorso e, nonostante avessi piena fiducia in lei, la paura tornò a serrarsi attorno al mio stomaco.

Dopo aver fatto una smorfia si girò a guardarmi e mi costrinsi a ricambiare lo sguardo incontrando i suoi occhi castani così particolari. Il rosso mi parve quasi vivo sotto la luce della lampada accesa in precedenza.

<< Tu mi stai dicendo che qualcuno, un'Ombra, ha tentato di ucciderti. Che un tizio, che a quanto ho capito dal tuo racconto, è perfetto, ti conosce, tipo a stalker, che ha dei poteri e che ha giurato di proteggerti. Il tutto mescolato al fatto che tu, a quando pare, sei importante per quest'altro tizio, questo Lui, e tu dici solo adesso tutto questo alla povera e vecchia Ronnie, amica di una vita, compagna di avventure e disastri? Come minimo avresti dovuto chiamarmi appena Cameron se ne fosse andato. Mi sento offesa. >> sbottò, sembrando davvero stizzita e offesa, con quel nasino all'insù. Mi credeva.

Ridacchiai e le vidi un piccolo sorriso scapparle dalle labbra ma poi si riprese guardandomi in modo piuttosto divertito mentre cercava di sembrare autoritaria. << Non ridere, signorinella. Come minimo adesso sei in punizione. >> continuò a parlare imitando la nostra professoressa, puntandomi perfino con il dito indice.

<< Ha ragione. Mi scusi signorina Michealson non intendevo arrecarle dispiacere. >> stetti al suoi gioco. Ci guardammo negli occhi e non riuscimmo a frenare la risata che ci fece venire mal di stomaco.

Con le lacrime agli occhi appoggiai la testa sulla sua spalla mentre la sua ricadeva appoggiata sulla mia testa, sospirando pace. Le cioccolate ormai tiepide tra le nostre mani.

<< Secondo te, come hai potuto sbarazzarti di quella cosa brutta e cattiva? >> mi chiese all'improvviso. Guardai la mia tazza di Babbo Natale, la mia preferita, e ammisi che non lo sapevo. << Te l'ho chiesto perché a quanto pare Cameron non è l'unico ad avere dei poteri. >> continuò.

Sgranai gli occhi ed alzai la testa, guardandola. Aveva un'espressione serena, non una traccia di ilarità. << ho vissuto per 19 anni senza una traccia di magia nelle mie vene, lo saprei se sono una specie di strega, no? >> le chiesi ironica, alzando un sopracciglio ed indicandomi.

Mi lanciò uno sguardo malizioso e poi mi disse una cosa che non capii molto: << chi può dirlo, magari avevi un blocco. >>



Angolo autrice:
Eccomi! come promesso non ho fatto passare mille anni, di nuovo! Amatemi *si gasa troppo*
Vi chiedo una cosa, anzi due: vi piace Jenna? e Ronnie? Secondo voi nasconde qualcosa?
Io vi dico solo che una mia amica e mia sorella stanno tipo svalvolando...
alla prossima,
baci, Stella*

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Capitolo 11
*** Capitolo 10 ***


Capitolo 10

Nel giro di una settimana ero arrivata ad un unica conclusione: mi avrebbero arrestata per aver ucciso qualcuno di invisibile a tutti. E, forse, anche per la prematura morte di mio fratello.

<< Penso che voi due dobbiate fare una pausa. >> dissi infine, osservando mio fratello parlare al cellulare con Harry. Il che non era poi così tanto strano, ma il fatto è che stavano parlando da tre ore e mezza. Nella mia stanza, ovviamente. Tre ore e mezza passate a vederlo creare un passaggio nel mio pavimento. Perchè dovrebbe usare la sua di stanza o il soggiorno o la cucina o qualunque altro posto quando la mia era così disponibile? Io volevo solo dormire e lui non mi faceva dormire. L'isteria stava prendendo il sopravvento.

Mio fratello si bloccò e si girò a guardarmi come se mi avesse appena notata e non come se avesse fatto i cavoli suoi per tre ore e mezza. Nella mia camera.

<< E tu che ci fai qui? >> domandò come se fosse la cosa più naturale del mondo. Al che presi un respiro profondo. Odiavo quando si estraniava da tutto per fare il piccioncino. Mi veniva un incontrollabile voglia di vomitare rosa.

<< Questa è la mia camera, genio. Inoltre sto qui da tre ore, letteralmente, possibile che tu non mi abbia notata? >> chiesi piccata. Insomma, non ero invisibile come qualcuno di mia conoscenza che non si faceva vivo da due settimane. La mia pazienza aveva raggiunto i minimi storici.

<< Harry, sul serio mia sorella era qui mentre parlavamo di come avremmo festeggiato il nostro anniversario? … Oh andiamo, non è vero che la faccio sembrare una cosa sporca! … questo è perchè tu non mi vuoi lasciar fare nulla di speciale! … oh sappiamo entrambi che è così! … Sì, ti dico! >> e il coglione continuava ad ignorarmi, parlando ancora e ancora della loro seratina speciale. Sentivo cuoricini rosa prendere d'assalto il mio stomaco.

<< Io sarei ancora qui. >> dissi richiamando la sua -loro- attenzione. << e vi pregherei di uscire prima che cominci sul serio a vomitare rosa! >> finii alzandomi, e avviandomi verso la porta per aprirla. Matthew rise alla mia ultima frase -quasi mi accecava il suo brillare- e si avviò verso l'uscita nel modo più calmo e tranquillo del mondo.

Stavo tornando verso il mio letto quando si fermò sullo stipite della porta. << Comunque faremo quello che ho proposto io e alla fine si commuoverà, lo so. >>

Inutile dire che il mio cuscino colpì la porta e che la sua risata innamorata e felice si espanse per tutta la casa.


***

Camminavo a testa bassa per il sentiero solitario. Un'altro buco nell'acqua. Agnes sembrava essersi volatilizzata. Purtroppo era l'unica sciamana che conoscevo, oltre che l'unica a conoscenza di quello che era accaduto quella notte. Se fosse stato commesso un errore nell'incantesimo lei avrebbe dovuto capirlo o almeno prevederlo.

Inoltre erano due settimane che non avevo contatti con Jenna e non riuscivo a non pensare al fatto che molto probabilmente lei si stesse dando della pazza, chiedendosi se non si fosse immaginata tutto. La capivo ovviamente. Ero sparito senza darle una minima spiegazione su quel dannato attacco e su quello che in realtà lei è. Conoscendola, avrei messo la mano sul fuoco che fosse arrabbiata, e molto anche.

Logicamente, non l'avrei mai lasciata senza una protezione. I suoi poteri crescevano considerevolmente ogni giorno di più e anche con l'incantesimo di occultamento questi non venivano nascosti del tutto ma era sufficiente a tenerla al sicuro fino al mio ritorno al suo fianco.

Pensavo di metterci poco. La strada che avevo percorso assieme a mio fratello era ben radicata nella mia mente, eppure non era lì, e di conseguenza le ricerche si erano protratte. Era frustrante. Quella donna sapeva come nascondersi, questo era certo, e io ormai non sapevo più dove sbattere la testa. Io ero a conoscenza del fatto che lei non fosse stata presa. Ma allora la Maestra delle Stelle, dove si era cacciata?





Il mio angolino:
Salve a tutti quelli che sono arrivati qui. Siete molto coraggiosi davvero.
Per prima cosa, mi scuso infinitamente con chi stava seguendo questa storia ma che ad un certo punto si è ritrovato senza niente per mooolto tempo. 
MI DISPIACE DAVVERO TANTO *piange*
Comunque, anche se è piccolino, sono tornata. finalmente ho ricominciato a scrivere senza che mi facesse schifo tutto quello che mi veniva in mente, quindi aspettatevi altri aggiornamenti! *^*
Lo giuro sul mio onore, 
Stella*

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Capitolo 12
*** Capitolo 11 ***


Capitolo 11
Era mezzanotte e io ero sola in casa. I miei genitori erano andati a cena con dei colleghi di lavoro di mio padre, Ronnie aveva una cena di famiglia a cui non poteva mancare e i due piccioncini in calore, alias Matthew e Harry, erano alla loro seratina speciale. Sinceramente non ho voluto sapere alla fine cosa avessero decisero di fare, mi è bastato sentire mio fratello cantare di tacchini arrosto colorati e cuori rosa per decidere che avrei vissuto nell'ignoranza.
Quindi ero sola sul divano con la luce accesa, a riguardare gli episodi di un anime che adoravo, avvolta in una coperta e con davanti una ciotola di pop corn. Questa era vita. La pace dei sensi. Che me ne facevo di una vita sociale quando avevo tutto questo?
L'episodio finì e io mi ritrovai a sospirare di fronte alla bellezza di quelle immagini. Non importa quante volte io lo avessi rivisto, l'ansia per quella dannata partita non sarebbe mai sparita. Stavo giusto prendendo una manciata di pop corn quando un improvviso rumore proveniente dall'altra parte della stanza mi fece sobbalzare. Puntai subito lo sguardo alla fonte del rumore, notando che era appena caduto un libro dallo scaffale della libreria. Mi alzai per raccoglierlo accorgendomi che era il libro che stavo leggendo prima di scendere in salotto e che avevo lasciato in camera. Lo afferrai, chiedendomi come diavolo ci fosse arrivato lì ma, probabilmente, sbadata com'ero, l'avevo portato con me. Alzai le spalle e lo posai sul tavolino da caffè ma un nuovo rumore catturò di nuovo la mia attenzione: la finestra era spalancata e faceva entrare aria gelida all'interno. Questa volta un brivido mi scosse completamente. Quella era chiusa prima, ne ero sicura.
«Cameron... sei tu?» chiesi titubante. Mi sentivo come se fossi in un film horror, e io li odiavo quei film. Sperai con tutta me stessa che fosse lui anche se mi sentivo inquieta. 
Prima che potessi muovermi per richiudere la finestra, del vento gelido entrò nella stanza. Soffiava con un'intensità tale da costringermi a ripararmi gli occhi con le braccia, che quasi non sentivo più. D'un tratto mi sentii afferrare il polso da una mano vellutata, quasi con gentilezza. 
Alzai lo sguardo pensando che Cameron fosse tornato ma mi ritrovai davanti il buio.  Il buio più oscuro, quello che ti fa credere di avere gli occhi chiusi per quanto non vedi neanche un piccolo fascio di luce. Come un riflesso involontario, toccai i miei occhi con la punta delle dita, scoprendoli aperti. 
Non sentivo più né il freddo né il vento, anzi, l'aria era calda e umida, soffocante. Il silenzio era diventato assordante e la cosa mi stava spaventando a morte. Sentivo il cuore battermi in gola, non sapevo che fare. D'un tratto, un sibilo si espanse in quel buio e sovrastare il rumore del nulla. Mi voltai di scatto solo per vedere della nebbia di un colore grigiastro, tendente al bianco, fondersi a pochi metri da me.
Sembrava muoversi leggera, in attesa di qualcosa. Grazie alla sua luce,  riuscivo finalmente a distinguere le mie mani tremanti dal nero che mi circondava. Il silenzio era tornato ma non era più assordante come poco prima. Strinsi le mani a pugno e ripuntai lo sguardo su quella massa sinuosa, alzando una mano, avvicinandomi di poco. La nebbia scalpitò, impaziente.
Era come se mi stesse chiamando, come se volesse che io la toccassi, e io non riuscivo a fare altro se non muovermi nella sua direzione. Pareva che volesse dirmi qualcosa di importante, qualcosa che io dovevo sapere. E io volevo sapere, avevo tante cose che volevo conoscere. 
Stavo per toccarla quando una forte sensazione mi serrò lo stomaco. Sentivo paura ma anche orgoglio e speranza. Aggrottai le sopracciglia non capendo perché delle emozioni che non sentivo mie fossero così presenti attorno a quelle ombre luminose. 
Sfiorai appena quei fini lineamenti e all'improvviso  fu come se la luce fosse stata riaccesa. L'oscurità divenne bianco accecante, il silenzio fu interrotto dal suono musicale del vento che soffia tra le chiome degli alberi. Mi guardai attorno sbattendo furiosamente gli occhi che mi lacrimavano. Una voce forte e determinata arrivò fino a  me anche se riuscii a riconoscere solo alcune parole. 
“Ti affido questa Figlia di Luna di cui le leggende narrano. Portala sul sentiero bianco, quello tracciato dalla Luna stessa.” 
Non riuscivo a capire il loro significato ma alla parola Luna, detta con così tanto rispetto, fierezza e forza, mi sentii avvolgere in una coperta.  
«Perché questa fu la volontà della Luna.»
Senza pensare sospirai quelle parole che non avevo mai udito ma che sentivo così vicine da farmi rabbrividire per la nostalgia di un qualcosa di inafferrabile e conosciuto, di una luce argentea ed eterea che riesce sempre a rassicurare e ad aiutare  chi ne ha bisogno. Il richiamo di una madre mai incontrata.
Mi sentii all'improvviso come se mi avessero appena tolto tutto e fossi rimasta sola al freddo. Io quella luce la conoscevo, era parte di me. Crollai in ginocchio, cominciando a piangere senza un motivo, mi sentivo solo chiusa fuori da qualcosa che in realtà non conoscevo. Il cuore batteva frenetico e le lacrime scendevano senza che io potessi fare nulla per fermarle. Era come se quella Luce mi fosse mancata da tutta la vita, una cosa vitale chiusa e non riconosciuta ormai da troppo, troppo tempo.
«Perdonami...» singhiozzai non capendo bene a chi mi riferissi, ma sapendo che quelle parole venivano da una parte di me sconosciuta perfino a me stessa.
In quel silenzio rassicurante, l'unico rumore che adesso si percepiva erano i miei singhiozzi e le mie richieste di perdono al nulla. Il cuore faceva male, la testa pulsava, ma all'improvviso mi sentii accarezzare delicatamente i capelli. Alzai lo sguardo intrecciandolo a quello azzurro di Cameron che mi osservava con un espressione dolce e preoccupata insieme. Era inginocchiato accanto a me in quello che, in un secondo momento, riconobbi essere il mio salotto. Tirai su col naso e poi mi diedi lo slancio per abbracciarlo forte. Perse l'equilibrio ma non si allontanò, anzi. Mi strinse forte a sè, una mano tra i miei capelli a tenermi la testa contro il suo petto e l'altra avvolta attorno al mio fianco. Ricominciai a piangere più forte sentendo un vuoto enorme nel cuore. Mi strinsi di più a lui, lasciandomi avvolgere dal suo calore e dalle sue braccia che in quel momento erano l'unica cosa che mi impediva di cadere in mille pezzi.
«Andrà tutto bene...» continuò a ripetermi per tanto tempo. E lì, su quel pavimento freddo, abbracciata a Cameron, mi permisi di pensare che forse quella luce fosse finalmente tornata da me.

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Capitolo 13
*** Capitolo 12 ***


Capitolo 12
 


«Va meglio?» chiesi dal mio posto sul divano, osservando Jenna mentre preparava del tè caldo, come piaceva a lei.

Quando ero arrivato a casa sua e l'avevo trovata a piangere sul pavimento, il cuore mi si era stretto in una morsa dolorosa. Odiavo vederla piangere, perché tutte le volte che succedeva mi sentivo impotente, incapace di fare qualsiasi cosa che potesse farla stare meglio. 

Inconsciamente mi ero avvicinato a lei, aspettandomi di vederla rialzare velocemente le sue barriere. Sorprendendomi, però, aveva lasciato che l'aiutassi a sopportare quel dolore che le opprimeva il cuore. 

L'avevo stretta forte a me, cullandola, incurante delle lacrime che mi bagnavano la maglietta, sentendola così fragile tra le mie braccia.

Jenna era quel tipo di persona che avrebbe fatto di tutto pur di far star meglio chi le stava cuore, ma che si teneva tutto dentro fin quando non arrivava al limite. Esprimere i sentimenti, per lei, era una cosa molto privata che le richiedeva un'immensa fiducia nell'altra persona.  

La vidi annuire e poi prendere le due tazze che aveva preparato, porgendomene una.
«Spero che lo zucchero vada bene. Attento che è bollente.» mi avvisò, lasciandomi un sorriso leggero che raggiunse di poco i suoi occhi ancora rossi. 

Si sedette in silenzio accanto a me, la tazza bollente a riscaldarle le mani. Volevo  sapere cosa fosse successo ma non volevo darle fretta, quindi mi limitai ad aspettare, soffiando piano sulla bevanda.

«Grazie per... per prima.» esclamò improvvisamente, facendomi voltare il capo nella sua direzione, scoprendo che teneva lo sguardo basso mentre le sue gote erano arrossate. Sorrisi. 

Lei nella mia vita era così familiare che pensavo di conoscere tutti i suoi tratti a memoria, invece alcune volte mi sorprendevo ad osservare un tratto nuovo, che fosse questo un rossore, un'espressione buffa, un luccichio nello sguardo, mi ritrovavo ad ammirarlo attentamente.

«Non so cosa mi sia preso...» si morse un labbro, scuotendo piano la testa. «Ad un tratto è diventato tutto buio e la paura mi ha assalita. Non riuscivo a muovermi, o a pensare, o perfino a respirare.» continuò, quasi in panico. Io non osavo interromperla, non smettendo di osservarla. «Poi tutto è divenuto troppo luminoso, ma era una luce rassicurante, mi faceva sentire protetta.» si fermò un attimo, forse per riordinare i pensieri, bevendo un piccolo sorso di tè. «Mi è sembrato come se in passato fossi stata parte di quella luce ma che mi sia allontanata da questa per molto, molto tempo. Non... non capisco perché sento tutte queste cose. Sento un vuoto dentro, come se mi fosse sempre mancato qualcosa che solo adesso ho scoperto mancasse. Vorrei crogiolarmi nelle lacrime e chiedere perdono ancora e ancora, non so a chi o a cosa o il perché e...» si ferma e si volta a guardarmi, gli occhi resi lucidi da lacrime non versate. «Non mi capisco. Non capisco, Cameron. Per favore, dimmi perché sento tutto questo.» finì, quasi implorante. 

Sospirai guardandola, gli occhi lucidi e rossi che non mi lasciavano andare, tenendomi incatenato a lei, il labbro inferiore sottoposto ad una tortura dai suoi denti, e i suoi capelli scuri scompigliati. Senza pensarci avvicinai una mano per spostarle una ciocca dietro l'orecchio, indugiando per un momento sulla sua guancia, incantato dall'effetto della mia mano scura e piena di piccoli taglietti sulla sua pelle candida e soffice. La sentii trattenere il fiato e, lentamente, ritrassi la mano.

«Quelli come noi vengono chiamati Discendenti della Luna.» iniziai così le mie spiegazioni. La vidi sgranare gli occhi, evidentemente non si aspettava che gliene parlassi davvero.

«Il nostro è un popolo antico come gli anni del mondo. Si dice che fu la Luna  stessa a crearci grazie alla sua Luce. Una Luce pura, eterea e immortale che, oltre a donarci la vita, ci affidò anche il difficile compito di vegliare sul mondo con la sua energia.» mi fermai un attimo per mettere in ordine i pensieri. Era difficile raccontare quello che eravamo stati, sapendo quello che ci era successo nel tempo. 

«All'inizio il nostro solo scopo nella vita era quello che Lei ci aveva affidato. Vivevamo secondo le Sue leggi e nella Sua Luce. Questi primi uomini erano i diretti Figli della Luna, coloro che si erano crogiolati nella Luce per molto tempo. Ma, col tempo che avanzava, questo cambiò. 
I Figli di Luna lasciarono questo mondo per tornare alla Luna stessa e rimasero le generazioni future, quelle che, pian piano, persero le loro origini.
Con loro crebbe anche l'avidità del nostro popolo, ormai stufo di dover solo combattere contro i demoni del mondo. Crearono posti nascosti nel tempo, dove la Luce veniva oscurata dalle barriere di quei luoghi. Vennero creati incantesimi per aumentare la propria forza e disporre più facilmente dell'energia affidataci, non curandosi di contaminare una cosa sacra con quelle azioni. Quel legame che avevamo con la Luna andò assottigliandosi giorno per giorno.» mi fermai per prendere un sorso del liquido ambrato, ormai tiepido.

«I Discendenti della Luna...» capì Jenna, guardandomi e aggrottando le sopracciglia.
«Esatto. Non figli diretti, ma discendenti della loro Luce.» risposi alla sua implicita domanda. 

«Col tempo, quegli uomini cominciarono ad essere egoisti e a non voler aiutare il fragile equilibrio del mondo, in questo modo i demoni cominciarono a camminare sulla terra, tra gli umani, senza che il nostro popolo facesse niente per fermarli, lasciando l'umanità a sé stessa, rinchiudendoci nella nostra dimensione.» 

Alzai lo sguardo dalla tazza, finendo poi la bevanda in due sorsi. La vidi elaborare quello che le avevo appena detto, la sua tazza ormai posata sul basso tavolino.
«Quindi la luce che ho sentito questa sera era in realtà la Luce di cui tu stai parlando.» dedusse. Al mio cenno d'assenso continuò: «ma... perché fino ad oggi non ne sapevo niente? Insomma, per quanto questo legame si sia logorato, non si dovrebbe esserne almeno a conoscenza? Perché io non conosco niente di tutto questo e di... di queste energie?»  chiese cercando il mio sguardo che, prontamente, distolsi.

«Non... non saprei. La Luce in te esiste ed è forte, per questo osservarla ti ha lasciato nostalgica, ma nella tua famiglia, non riesco a scorgerne nemmeno un po'. Forse il loro legame era così lieve che si è spezzato.»  conclusi giocherellando con la tazza.
«In pratica, come se avesse saltato diverse generazioni.» continuò imperterrita. Annuii distrattamente. 

«Cameron» alzai lo sguardo al suo richiamo, incontrando i suoi occhi chiarissimi. Emanavano piccoli riflessi di luce che mi incantarono. «quindi i miei... la mia energia era come bloccata, giusto?»
Le rivolsi un lieve sorriso, annuendo. «Esatto. Erano bloccati, ma sei riuscita a svincolarli in una qualche maniera a me sconosciuta, e ad utilizzarli al momento più appropriato. Purtroppo, a causa di questo sblocco improvviso, hai attirato le attenzioni di qualcuno che era meglio non svegliare.»

Inclinò di poco la testa, arricciando le labbra e aggrottando le sopracciglia. «Che intendi dire?»
«Ecco... ti ho raccontato di come il nostro popolo è diventato sempre più corrotto. In questi ultimi diciannove anni ha subito delle grandi rivoluzioni. La Luna stessa è stata rinnegata da persone che vogliono il potere tutto per sé. Il Lui di cui ti ho parlato due settimane fa, e che ha tentato di ucciderti, sta cercando energia ovunque. Brama quel potere e ne vuole essere il Signore. 
Molti di noi, coloro che non vogliono sottostare a qualcuno di così spregevole, abbiamo ormai imparato ad ostruire volontariamente la nostra energia per non essere presi dal suo esercito, costituto da Ombre e demoni, oltre che da tanti Discendenti. 
Lui... ha bruciato le nostre case, ucciso le nostre famiglie e ci ha costretti a dividerci e a nasconderci. Capisci? Il nostro popolo, nato per combattere il male, adesso deve sottostare ad esso.» risi sprezzante, solo il pensiero mi faceva rabbia. Aveva distrutto tutto. 

«Il fatto che tu abbia usufruito di questa energia, deliberatamente e in così grande quantità, ha attirato la sua attenzione. Per questo ti sta cercando, ed è per questo che non sei al sicuro.» risposi anche ad una domanda che sicuramente avrebbe fatto, dicendole una mezza verità. Non era ancora giunto il momento.

Il silenzio calò tra di noi, il ticchettio dell'orologio come unico suono nella stanza. I suoi genitori sarebbero tornati da un momento all'altro vista l'ora.

Quest'attimo venne interrotto nuovamente dalla sua voce. «Dove sei stato in queste settimane?»
Sorrisi colpevole, arrossendo vagamente colpevole. «Ero andato a cercare una Sciamana, una Maestra delle Stelle. Volevo sapere come tu fossi riuscita a sbloccare i tuoi poteri da sola e cosa fare adesso, ma non l'ho trovata. Sarebbe stato certamente meglio per te parlare con lei.»

Mi guardò, corrucciata «Quindi non ti sei fatto vivo per due settimane, lasciandomi col pensiero di essere pazza, perché dovevi trovare questa... sciamana?» 

Quasi le scoppiai a ridere in faccia per quanto era buffa in quel momento la sua espressione, ma mi trattenni, per fortuna. «Bé... scusa?»  provai. 

La vidi sgranare gli occhi e le labbra in un espressione offesa e poi prendere un cuscino per colpirmi. Mi difesi con le braccia e scoppiai a ridere, riuscendo a trascinare anche lei nella risata.

Ridemmo così tanto che lo stomaco ci doleva e gli occhi lacrimavano, sembravamo degli stupidi ma proprio non riuscivamo a smettere, e quando ci fermavamo bastava una sola occhiata per ricominciare. 

A poco a poco, le risa si placarono, i capelli di Jenna erano ormai  scomposti e gli occhi brillavano di divertimento, mentre si teneva lo stomaco.
«Okay, ti do questa tregua. Ma non scomparire mai più così all'improvviso.»  esclamò, cercando di essere autoritaria ma fallendo miseramente quando si lasciò scappare una risatina.

«Non si preoccupi, madame. Non mi allontanerò più dal suo fianco, senza il suo permesso.» stetti al gioco, inscenando un piccolo inchino. 

«Sarà meglio.»




Il mio angolino:
BÉ... che dire? Finalmente si scopre cosa effettivamente Jenna é. 
Ve lo aspettavate? Io no in realtà, mi sono messa a scrivere e alla fine é arrivato tutto da sé.
Comunque questo capitolo é stato una tortura, ho cambiato così tante volte alcune frasi che quasi mi strappavo i capelli. Spero si capisca tutto *prega*
Ringrazio, di nuovo, chiunque segua questa storia❤
Alla prossima settimana,
-Stella*

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Capitolo 14
*** Capitolo 13 ***


Capitolo 13
 



«Va bene, ho capito, oggi sei un raggio di sole, ma adesso smettila di accecarmi.» borbottai alla lampadina che avevo per fratello mentre prendevo un sorso di tè alla vaniglia. 

«Ma buongiorno, raggio d'acidità del mio cuore. Stavo giusto pensando che questa mattina non avessi ancora aperto bocca.» cinguettò Matt, già vestito di tutto punto alle undici di mattina e con un enorme tazza di caffè in mano mentre io ero ancora in pigiama e con i capelli sparati in aria e delle occhiaie che avrebbero fatto paura a chiunque.

Come facessero lui e Ronnie ad essere così di buon umore la mattina, io proprio non lo sapevo. Odiavo svegliarmi presto la mattina. 

«Dio, ma brilla davvero.» commentò Cameron al mio orecchio facendomi andare di traverso il liquido che stavo bevendo. Cominciai a tossire nel tentativo di non morire a pochi giorni dal Natale a causa della mia bevanda preferita. 

«Jen, tutto okay?» chiese mio fratello lasciandomi uno sguardo da sopra la sua tazza, senza però muovere un muscolo per aiutarmi. Forse mi voleva morta così da prendersi la mia stanza.
«Tutto okay.» tossicchiai.
«Uh scusa» ridacchiò l'attentatore della mia vita, sedendosi sulla sedia al mio fianco.

«Comunque, non abbiamo tempo perchè tu possa morire in pace. Devi aiutarmi a cercare un regalo degno di questo nome al mio ragazzo. Ho esaurito le idee a causa del nostro anniversario. A questo proposito!» esclamò d'un tratto facendomi sobbalzare per il tono alto. «Non ti ho ancora detto com'è andata la serata.» continuò tutto eccitato.

«Sai, è rassicurante il fatto che non vuoi che io muoia solo perchè ti servo. Davvero, l'amore fraterno che dimostri in questi casi è così grande da farmi commuovere.» dissi sarcastica, facendo ridere Cameron. Sorrisi anch'io. Quel suono era così attraente e caldo e mi piaceva ascoltarlo.

«Per non parlare del fatto che potresti cariarti i denti con tutto questo zucchero.» commentò lui, facendomi annuire ridacchiando mentre mio fratello sbuffava.

«Andiamo, non fare la vittima, tu mi scambieresti con Harry.» borbottò annoiato, non prestando attenzione al fatto che avessi annuito al nulla, fortunatamente.

«Anche subito.» concordai spietata, facendolo imbronciare e alzare gli occhi al cielo. 

«Sbrigati a finire quella tazza. Hai mezz'ora di tempo per prepararti, dopodiché ti farò un resoconto dettagliato di tutto quello che è successo da quando sono uscito di casa fino a quando non mi sono messo a letto.» minacciò alzandosi e dirigendosi fuori dalla cucina senza aspettare una mia risposta.

Allungai la testa, seguendolo con lo sguardo e, solo quando lo vidi salire le scale, sussurrai con tono cospiratore: «Via libera, ora puoi mangiare.» 

Cameron ridacchiò. Doveva far parte anche lui del club "Allegri e Sorridenti la mattina!". «Non c'è bisogno di usare quel tono. E comunque, come ti ho già detto ieri, posso arrangiarmi.» 
Alzai gli occhi al cielo, esasperata. «E io ti ho già detto che non ce ne è bisogno, quindi mangia e zitto.» e, come per rimarcare il concetto, gli ficcai in mano una merendina mentre mi alzavo per prendergli da bere.
«Agli ordini.» esclamò allora, facendomi un saluto militare prima di aprire la confezione e prenderne un pezzo. 

Io restai a guardarlo, dopo avergli posato davanti una tazza col caffè ancora caldo. Mi sembrava più un tipo da caffè, al contrario mio che vivevo per il tè.
Osservandolo, la conversazione avuta dopo il mio crollo emotivo, mi ritornò in mente. 
Dovevo ammettere che la notizia di non essere del tutto umana l'avevo presa meglio di quanto pensassi. Certo, ancora non potevo credere del tutto a quello che mi aveva detto la sera prima Cameron, cioè al fatto che io ero una Discendente della Luna, un popolo con poteri magici ereditati grazie alla Luna stessa. 
Tuttavia, sapevo che una spiegazione più plausibile e razionale a tutto quello che mi era successo nell'ultimo periodo non c'era e, escludendo la pazzia, Cameron mi aveva spiegato tutto con una calma invidiabile. Certo, sapevo che non mi aveva raccontato tutto, e questo un po' mi irritava, però mi fidavo di lui, non avrebbe mai fatto nulla che avrebbe potuto nuocermi, quindi avevo deciso che avrei atteso pazientemente che fosse lui a decidere di confidarsi. A tempo debito avrei saputo tutto ciò che riguardava quel mondo e, soprattutto, quel ragazzo dagli occhi più azzurri del cielo. 

«Stavo pensando...» esordì d'un tratto il protagonista dei miei pensieri, bloccandosi per bere un sorso di caffè mentre io ero intenta ad osservare le sue labbra toccare la tazza e il suo pomo d'adamo muoversi. Arrossii di botto appena me ne accorsi, distogliendo in fretta lo sguardo. «che, visto che mi stai ospitando, potrei insegnarti ad usare la tua energia.» concluse, aspettando una mia reazione. In effetti ieri gli avevo proposto di restare a dormire sul divano, essendo che lui non aveva un posto in cui stare, inoltre non ci sarebbero stati problemi con i miei genitori visto che non potevano vederlo. 

Ritornai subito con lo sguardo sulla sua figura, ancora rossa e, adesso, in fremente attesa. «Non sei obbligato, davvero.»
Mi rivolse un sorriso che fece mancare qualche battito al mio cuore. «Non mi sento obbligato, voglio farlo. Hai il diritto di imparare ad usare questo potere che hai dentro. Ovviamente ci sarebbero insegnanti migliori di me, qualcuno che riesca a capire del tutto la Luce ma, fin quando non troverò Agnes, dovrai accontentarti di me.» 

Lo guardai senza parole, poi feci un urletto eccitato saltando sul posto.  «Scherzi? Non vedo l'ora che le lezioni inizino. Cavolo, non credevo avrei mai detto una cosa del genere al di fuori del discorso “Harry Potter”. In effetti, mi sembra di essere una nata babbana che si ritrova all'improvviso la sua lettera per Hogwarts.» continuai in modo pensieroso, inclinando la testa, pensierosa, facendolo scoppiare a ridere.
«Allora è deciso. Quando avrai un attimo libero, faremo la prima lezione.» decretò alzandosi e venendomi incontro, fermandosi a pochi passi da me. 

Deglutii e alzai la testa di poco per continuare il nostro contatto visivo. Cameron era bello, molto, ma erano i suoi occhi ad affascinarmi. Erano di un azzurro limpidissimo, ma avevano quella durezza che ti faceva pensare che nella sua vita avesse dovuto affrontare cose che nessuno immaginerebbe. Eppure, quando mi guardavano era come se si sciogliessero e allora il suo sguardo si addolciva, facendomi perdere in quel cielo limpido. 

Senza pensare alzai la mano e la posai sulla sua guancia, l'accenno di barba che mi solleticava il palmo e i miei occhi che seguivano i suoi movimenti. «Dovresti raderti.» 

Lo sentii trattenere il fiato, vedendolo chiudere gli occhi e si lasciava andare alla mia carezza «Sì» esalò. 

Mi umettai le labbra facendomi più vicina a lui, senza lasciar cadere la mano. Avvertivo il suo calore. «Puoi... puoi usare le cose di Matt.» proposi senza nemmeno capire cosa stessi dicendo «Anche i vestiti...» continuai.

Lo vidi annuire «Okay.» disse riaprendo gli occhi. «Grazie.» 

Deglutii mentre la sua mano raggiungeva la mia sulla sua guancia e la stringeva. Restammo in silenzio a osservarci per quelle che mi parvero ore, fino a quando, come risvegliatami da un sogno, non avvertii un rumore di passi scendere di fretta le scale e dirigersi verso la cucina.

Feci appena in tempo ad allontanare la mano da Cameron che Matthew fece il suo ingresso, guardandomi sorpreso.
«Sei ancora in questo stato? Sono passati dieci minuti Jenna, cosa diamine vuoi che faccia per averti pronta ad uscire?» chiese esasperato.  Io arrossii e, borbottando un "sì, sì" frettoloso, corsi in camera, chiudendomi la porta alle spalle. Mi appoggiai ad essa mentre sentivo il cuore che stava per scoppiarmi in petto e un piccolo sorriso salirmi alle labbra.
***

Il silenzio della notte solitamente era un ottimo compagno per le mie passeggiate, mi aiutava a pensare, ma non questa notte. 

Camminai lentamente attraverso i corridoi spogli e silenziosi del grande palazzo, arrivando fino ad una porta laccata nera. 

Appoggiai la mano sulla maniglia, abbassandola. Mi ritrovai in una stanza buia, con pietre in bella vista sulle pareti e sul pavimento, un'unica finestra a far entrare luce. 
Una prigione nascosta, ecco cos'era, e il suo prigioniero era a terra, ammanettato e sudicio, la testa bassa con i capelli a nascondergli il volto e le mani strette a pugno.   

«Vedo che, come sempre, l'ospitalità non è il tuo forte.» esordii sprezzante, guardandolo dall'alto.

Il silenzio che seguì la mia affermazione non mi era nuovo, era un gioco che adoravo. Io lo provocavo e lui taceva fino a che non riuscivo a smuoverlo. «Questa notte sono di buon umore, vuoi sapere il perchè?» non provai neanche ad aspettare una sua risposta. «L'hanno trovata. Esatto, hai capito bene. Dopo diciannove anni finalmente si è fatta viva.» con la coda dell'occhio notai che aveva avuto un fremito. Il mio ghigno si allargò.

«Era da sola, una preda molto facile per le mie Ombre, non credi anche tu?» ridacchiai «Poi però è arrivato l'uccellino, lo ricordi no? Cameron. Bé si è messo in mezzo, come al solito.» continuai alzando gli occhi al cielo, annoiato. Il silenzio adesso era teso, sapevo che stava ascoltando così attentamente che non si perdeva neanche un mio singolo fiato.

«Ma ero preparato. Sapevo che avrebbe cercato di proteggerla anche se ferito. Buffo, non trovi? Non è in grado di proteggere se stesso ma vuole proteggere lei.» risi tranquillo. 

«Purtroppo sembra che lei sia Sveglia. Ha eliminato l'Ombra che avevo mandato prima che riuscisse ad estirpare la Luce dell'uccellino. Una fortuna non trovi?» chiesi retorico. 

Lo osservai mentre rilassava di poco le spalle per il sollievo, il rumore delle catene ad aleggiare nell'aria, poi si bloccò in attesa. «Ti starai chiedendo “Perchè, anche se lei si è svegliata, lui è così contento?” e io ti rispondo subito. Da oggi avverrà il declino, la fine di tutti voi. Quella ragazza non sa di cosa sia capace e nemmeno il nostro uccellino, Cameron. Inoltre sarà più facile per me trovarla senza qull'incantesimo a sua protezione. Ancora mi domando chi e dove sia la sciamana che vi ha aiutati.» conclusi pensieroso.

Lo sentii deglutire e questa volta aspettai di sentire la sua risposta, l'avevo provocato abbastanza. «Lei... non sarà... la nostra rovina.» disse lentamente, la voce roca di chi non è abituato a parlare. 

«Continuate a ripeterlo, siete così fiduciosi. Mi si riempe il cuore.» dissi teatrale. 

«
Durante la Notte di Onom, mentre la Luna Blu avrà raggiunto il suo massimo potere, mentre le sue creature gioiranno e i suoi nemici periranno, nascerà il suo erede. Sarà rivestito da una luce brillante che accecherà le Ombre. I suoi poteri saranno sconfinati e il suo destino incerto.» cominciò a recitare faticosamente.  

Lo guardai annoiato «Sì, so già la profezia.»

«
Il Figlio che nascerà avrà il potere di rifondare il popolo della Luna ed estirpare il male, ma anche di distruggere tutto ciò che è conosciuto.» concluse cominciando a tossire convulsamente. Quando ebbe finito, finalmente, alzò la testa. 

Un lato della sua faccia era stato sfigurato da uno dei miei tentativi di estorcergli informazioni, ma aveva ancora il suo atteggiamento calmo che continuava ad irritarmi. «Ci salverà tutti, non importa cosa tu o i tuoi seguaci crediate, la Luna l'ha scelta. Quella stessta Luna, che tu hai rinnegato. Non hai ancora capito che non sopravviveremo per molto senza la sua Luce e, intanto, cerchi il potere per governare su un mondo popolato dal nulla, sempre che tu sia ancora in vita. Quindi se l'alternativa sei tu, allora puoi star certo che preferirei morire. Quindi avanti, divertiti. Potrai torturami, o addirittura uccidermi se vuoi, ma non cambierai le mie idee. Mai.»
 
Ghignai «Allora divertiamoci, Jonathan.»

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Capitolo 15
*** Capitolo 14 ***


Capitolo 14


La casa era silenziosa, Matthew e i miei genitori dormivano, e tutte le luci erano spente. La luce della Luna era l'unica cosa che rischiarava le tenebre.
«Sicuro che non debba accendere la luce?» chiesi, divertita dal fatto che stesse per cadere su una mia scarpa.
«Oh insomma! Quella scarpa è sbucata all'improvviso! E finiscila di ridere!» comandò Cameron dopo avermi sentita ridere. «E comunque così impariamo da bambini ad usare il nostro potere, alla luce della Luna e circondati dalla natura. Noi ci faremo bastare la sua luce.» finì con un piccolo ghigno, gli occhi rivolti alla finestra.

Lo guardai serena, aveva un sorriso tranquillo in volto, era rilassato e a suo agio. «C'è un'età per i piccoli di cominciare le lezioni per imparare ad usare l'energia?» chiesi curiosa.

Mi adocchiò, venendo a sedersi accanto a me sul letto. Mi imbarazzai un po', quella mattina eravamo stati così vicini, uniti dai nostri sguardi e dal mio tocco, a cui lui si era lasciato andare. Non sapevo perchè avessi deciso di accarezzargli la guancia, sapevo solo che non volevo allontanarmi e che se ci ripensavo il cuore cominciava a battermi all'impazzata e la mia faccia a diventare rossa.

«I bambini cominciano a studiare la Luce dai cinque anni, con una sciamana nelle notti di luna piena, quando il nostro potere dovrebbe essere più forte.» rise all'improvviso. «Ricordo ancora quando fu il mio turno di iniziare. Ero così emozionato, non stavo nella pelle. Jonathan continuava a prendermi in giro perchè continuavo a saltare euforico per tutta casa e io mi arrabbiavo così tanto.» scosse la testa sghignazzando.

Lo guardai incredula, non aveva mai parlato di sé e della sua vita spontaneamente. «Jonathan... mi sembra di averlo già sentito. E' un tuo amico?» chiesi sperando mi raccontasse qualcos'altro.

Lo vidi contrarre la mascella e scuotere la testa, il suo sorriso era sparito. «Era mio fratello. E il mio migliore amico.» deglutì, sfuggendo al mio sguardo. «E' morto per proteggermi.»

Mi sentii subito in colpa per averglielo chiesto e averlo costretto a rievocare brutti ricordi. Appoggiai la mia mano sulla sua, cercando i suoi occhi. Mi accorsi che non erano lucidi come pensavo ma esprimevano una sofferenza così profonda da farmi stringere il cuore in una morsa dolorosa. «Mi dispiace per tuo fratello e per avertelo chiesto.»

Mi guardò ancora per pochi attimi, stringendo a sua volta la mia mano, prima di ispirare profondamente e cambiare discorso. «Direi che è tempo che questa bambina cominci la sua formazione.» Si alzò e mi si parò davanti, le mani sui fianchi.

«Ehi! Guarda che ho diciotto anni! » mi lamentai coprendomi meglio con la mia coperta con sopra stampati degli orsacchiotti mentre lui apriva la finestra facendo entrare aria gelida.
Mi lanciò un occhiata, sorridendo intenerito. «Si vede.»

Lo guardai imbarazzata, le guance rosse. «Bé mi scusi Signor-non-ti-dico-niente-di-me-neanche-l'età, ma questa coperta tiene al caldo, quindi non insultarla.» dissi assumendo un'aria di superiorità che, purtroppo, non durò molto, sentendo la sua risatina.
«Ho venticinque anni.» esclamò all'improvviso facendomi perdere un battito e sedendosi accanto al mio letto con le gambe rivolte verso questo. 

Vedendo che non parlavo mi chiese se andasse tutto bene e quando gli risposi affermativamente, mi domandò se fossi pronta. Io chiusi gli occhi, esalando un respiro profondo. «Pronta.» affermai decisa.

Sorrise leggermente, tornando serio l'istante dopo. «Innanzitutto, tutti noi abbiamo dentro la Luce, non importa quanto sia flebile o quanto invece non l'abbiamo mai usata. L'importante è trovarla, collegarla al nostro essere più profondo e riuscire a plasmarla sotto forma di energia a nostro piacimento.» iniziò facendomi annuire decisa. Io quella Luce l'avevo appena trovata ma non l'avrei lasciata andare facilmente.

«Ora togli la coperta e chiudi gli occhi.» feci come mi era stato chiesto sentendo subito l'aria pungente e gelida delle notti d'inverno sulla pelle.
Sospirai e chiusi gli occhi. «Respira profondamente. Avverti l'aria attorno a te, la presenza costante della Luna, il mio respiro, il fruscio delle foglie mosse dal vento, il tuo cuore battere calmo.» la voce pacata e roca di Cameron mi guidava con gentilezza e chiarezza.

Mi estraniai completamente, ascoltando il mio respiro calmo e percependo tutte le cose che mi elencava il ragazzo.
«Quando riuscirai a sentire una strana elettricità sulla pelle allora sarai pronta per il passo successivo.»

Annuii continuando a concentrarmi, cominciando a sentire la pelle formicolare. Sotto le palpebre vedevo piccole scintille argentate. «Ora voglio che tu trovi il tuo centro. So che è difficile, puoi prenderti tutto il tempo che vuoi. Cerca in te, conosciti, pensa alla tua vita, a coloro che per te contano, oppure alle storie leggendarie che leggi. »

Sospettavo che stesse sorridendo ma non aprii gli occhi per controllare, piuttosto mi dedicai a cercare il mio nucleo. Ero convinta che io non fossi una persona degna di nota, fino a che non avevo incontrato questo ragazzo dagli occhi di ghiaccio la mia vita era fatta da semplici questioni. I compiti, le uscite, i libri e le serie tv, Ronnie e Harry e la mia famiglia.

Ho sempre creduto di essere stata fortunata per aver avuto dei genitori così, non mi avevano mai viziata, conoscevo il valore delle cose, ma facevano di tutto per darmi quello che desideravo. Certo, ci litigavo spesso ma nemmeno un'ora ed era già tutto risolto, magari con qualche battuta.

Matt era il miglior fratello che potessi desiderare nonostante gli dicessi il contrario e mi desse sui nervi il più delle volte. C'era sempre per me, mi proteggeva da tutto ma non era mai asfissiante, era divertente, un babbeo,  ma gli volevo un bene dell'anima.

Ronnie e Harry erano arrivati dopo e in circostanze diverse, erano differenti, ma riempivano la mia vita di colore e allegria, sapevo che mi avrebbero sempre sostenuta e che se avessi sbagliato me lo avrebbero detto, prima fra tutti Ronnie.

Anche Cameron, mi ritrovai a pensare, ormai era diventata una presenza importante nella mia vita, aprendosi poco alla volta. Mi era vicino in un modo che ancora non riuscivo a capire bene e, inoltre, mi stava aprendo le porte di un mondo completamente diverso, facendomi fuggire da questa vita che, nel bene o nel male, avevo imparato a conoscere.

Avrei fatto di tutto per loro. Per tutti loro.  

«Ci sei Jenna. Ora allunga la mano e concentrati su quel nucleo.» mi concentrai maggiormente, sentendomi attirare da un calore familiare. Sentivo una strana energia pervadere il mio intero essere e, quando finalmente riuscii ad entrare in contatto con questa Luce, mi sentii in pace.

«Raduna questa energia, che hai appena trovato, sulla tua mano. Immagina di modellare la Luce che è morbida e flessibile sotto il tuo tocco.» la calda voce di Cameron mi giunse come un eco lontano però ascoltai attentamente le sue istruzioni.

Raccolsi la Luce sul palmo della mano, sentendola fluire attraverso le vene, plasmandola. Sembrava un elemento morbido, sensibile ma incredibilmente forte.

Continuai nel mio intento fin quando Cameron non mi chiese di aprire gli occhi. Lentamente obbedii trovando sulla mia mano un nodo di filamenti argentei che illuminava l'intera stanza.

La guardai con meraviglia, non capacitandomi del fatto che fossi stata io a crearla. Con gli occhi lucidi alzai lo sguardo su Cameron che mi stava osservando con un sorriso orgoglioso.

Mi lasciai contagiare e risposi al suo sorriso, tornando a guardare quella sfera di Luce.
«Ci sono riuscita.» sussurrai con voce emozionata.
«Ci sei riuscita.»


 

Il mio angolino:
Lo so, lo so, sono imperdonabile! dovevo aggiornare molto tempo fa ma, ahimè, è stato un brutto periodo, e non solo a causa del Covid (approposito, come state?), ma adesso sono tornata, ho davvero voglia di continuare questa storia, anche se non è un capolavoro, e per farmi perdonare ci sarà un doppio aggiornamento! Ta-dah! Tornando al capitolo, ebbene sì, Jenna finalmente sta imparando ad usare i suoi poteri, grazie a Cameron (*^*) Come sempre, fatemi sapere che cosa ne pensate e se notate qualche errore ^-^

Ovviamente siamo ancora all'inizio di tutto quindi continuate a segure gli aggiornamenti (prometto che cercherò di aggiornare più spesso)
Grazie a chiunque stia leggendo questa storia❤

Alla prossima,
Stella~

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Capitolo 16
*** Capitolo 15 ***


Capitolo 15
«Lei ci salverà...»
Silenzio.
«Dimmi chi é la Sciamana.»
Un grido di dolore.
«Dovrai uccidermi.»
Rumore di ossa che si rompono, di pelle e carne macerata.
«Tu non capisci.»
Il tintinnio delle catene accompagnava quelle urla.
«Perché lo fai? Hai abbastanza potere, lascia il nostro popolo in pace.»
La puzza della bile nell'aria.
«Io sono il vostro Re. Non vi è chiesto di pensare, ma solo di obbedirmi.»
Circondato dalle tenebre, l'uomo se ne stava seduto tranquillo, alzando solo pigramente una mano verso il prigioniero.
Al movimento del suo dito indice, avvolto da una cupa luce blu, questi urlò. Fu un urlo assordante, capace di far accapponare la pelle ad un morto. Il rumore di un braccio tranciato di netto e caduto a terra. «Così fastidiosi...» Borbottò con stizza l'uomo seduto mentre l'altro ansimava nel tentativo di immagazzinare aria.
«Se tu fossi più collaborativo avresti una morte rapida e indolore.»
Finalmente, il mostro si alzò e, guardando la sua preda negli occhi, gli passò una mano sul petto, vedendo come l'aria rientrava lentamente nei polmoni. Il prigioniero cominciò a tossire convulsamente, sputando per l'ennesima volta bile e sangue. 
Respirando affannosamente, alzò lo sguardo, fissandolo con odio. L'altro accolse quel disprezzo con un ghigno. 
«O forse vorresti vivere?» Chiese con voce divertita, riprendendo subito dopo a parlare, ghignando maliziosamente. 
«In realtà vuoi vivere. Vuoi tornare dalla tua famiglia» quasi sputò quelle parole «Potrei farlo, sai? Potrei lasciarti vivere, tornare da lui. Potrei ridarti una vita. Ti basterebbe solo inchinarti a me, questa volta sul serio.»
L'altro uomo continuò a guardarlo con odio, senza dire alcunché. Poi, all'improvviso, cominciò a dimenarsi in modo scomposto, emettendo dei deboli lamenti che si trasformarono ben presto in grida disperate.
«Credo non ci sia fretta, puoi scegliere con calma da quale parte della Luna vuoi essere.» aprì le catene al suo polso con uno schiocco di dita. 
Il prigioniero cadde a terra, producendo un forte rumore. Non si rialzava.
L'uomo, non preoccupandosi nemmeno di verificare se l'altro fosse ancora vivo, se ne andò. 
Quando la porta venne chiusa con un tonfo, il detenuto alzò lo sguardo verso l'unica finestra che aveva in quela cella, il viso macchiato di sangue e lacrime illuminato dalla luce della luna.
Nel silenzio creatosi, l'unica cosa che si sentì erano i suoi singhiozzi.
 
Aprii di scatto gli occhi cominciando a respirare affannosamente. Non vedevo niente nel buio della mia camera ma dovevo alzarmi, correre, fuggire.
Mi sentivo febbricitante, il disgusto e l'orrore di quanto sognato mi stavano facendo rivoltare lo stomaco.
Con gambe tremanti scesi dal letto e, cercando di non cadere, mi diressi verso la porta per prendere aria. Proprio quando stavo per aprirla, le mie gambe cedettero, caddi a terra sbattendo le ginocchia sul pavimento, ma non ci feci caso, perché proprio in quel momento un conato di vomito mi assalì, afferrai il cestino, posizionato vicino alla porta, e cominciai a rimettere mentre le immagini di quell'incubo così reale continuavano a perseguitarmi.
Quell'uomo...
Percepivo ogni sua singola emozione, ogni suo minimo dolore, e mi sentivo letteralmente a pezzi. Faticavo a respirare, la mia pelle bruciava, come se avessi fuoco nelle vene al posto del sangue. Il dolore acuto alla testa e al petto non accennava a diminuire.
Mi portai una mano a stringermi il petto, graffiandomi nonostante il pigiama, nel tentativo di diminuire la pressione che mi opprimeva, mentre piangevo per lo sforzo di rimettere.
Ero disgustata, sentivo ancora quelle mani addosso, il dolore, il terrore che quel mostro aveva impresso a quell'uomo.
Un altro conato mi scosse lo stomaco.
«Jenna?» Un sussurro roco mi chiamò ma io non ci prestai attenzione, presa com'ero a vomitare anche l'anima. Basta, basta, basta...

D'un tratto avvertii le dita fredde di Cameron sulla fronte a tenermi indietro i capelli così che non si sporcassero.
Dopo un tempo non ben quantificato riuscii finalmente a smettere di rimettere, sentivo ancora male ovunque e, senza rendermene conto, presi a tremare, dallo sforzo, dalla paura, dal dolore che ancora provavo. 
All'improvviso le braccia di Cameron  mi avvolsero, mi ritrovai così, tremante e stanca, stretta al suo corpo freddo che riusciva a dare sollievo al mio, caldo e disperato.
 
«Va tutto bene, sei al sicuro. Va tutto bene.» Mi ripetè con la sua voce dolce e roca, mentre mi accarezzava i capelli e mi stringeva a sé.
 
Avrei voluto dirgli che no, non andava tutto bene, perché sapevo di essere al sicuro, o almeno, razionalmente lo sapevo, sapevo di essere in camera mia, che nessuno mi aveva amputato un braccio a sangue freddo, o strappato la pelle di dosso, nessuno mi aveva fatto del male, ma tutte queste cose io le sentivo ancora sulla mia pelle. 
Io potevo anche essere al sicuro, nella mia stanza, stretta nelle braccia di Cameron, ma quell'uomo non lo era,  stava male e, quel che mi uccideva era sapere di non poter fare niente per aiutarlo.
Mi si strinse il cuore, mi sentivo così impotente, così inutile.
Una lacrima scivolò sulla mia guancia per poi posarsi sulla maglietta di Cameron e, dopo poco, cominciai a piangere silenziosamente.

Cam lo sentì, mi sentì piangere, e mi strinse delicatamente, posando la guancia sulla mia testa «Andrà tutto bene, ci sono qui io» sussurrò dolcemente. 
Lui non sapeva quello che avevo visto, non poteva sapere come mi sentivo, né il perché, ma, nonostante tutto, a quelle parole sorrisi mestamente e lo strinsi anch'io.

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