Love will find you

di LauraNinja18
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 19 PT.1 ***
Capitolo 21: *** Capitolo 19 PT.2 ***
Capitolo 22: *** Capitolo 20 ***
Capitolo 23: *** Capitolo 21 ***
Capitolo 24: *** Capitolo 22 ***
Capitolo 25: *** Capitolo 23 ***
Capitolo 26: *** Capitolo 24 ***
Capitolo 27: *** Capitolo 25 ***
Capitolo 28: *** Capitolo 26 ***
Capitolo 29: *** Capitolo 27 ***
Capitolo 30: *** Capitolo 28 ***
Capitolo 31: *** Capitolo 29 ***
Capitolo 32: *** Capitolo 30 ***
Capitolo 33: *** Capitolo 31 ***
Capitolo 34: *** Capitolo 32 PT.1 ***
Capitolo 35: *** Capitolo 32 PT.2 ***
Capitolo 36: *** Capitolo 33 ***
Capitolo 37: *** Capitolo 34 ***
Capitolo 38: *** Capitolo 35 ***
Capitolo 39: *** Capitolo 36 ***
Capitolo 40: *** Capitolo 37 ***
Capitolo 41: *** Capitolo 38 ***
Capitolo 42: *** Capitolo 39 ***
Capitolo 43: *** Capitolo 40 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Buio, silenzio assoluto. La casa era totalmente avvolta da una strana calma. Ogni minimo rumore si sarebbe sentito alla perfezione eppure non avrei percepito nulla ugualmente. Mi sentivo come intrappolata in una bolla di sapone. Era tutto molto confuso, ma incolpai lo shock.
Non mi è mai piaciuto il silenzio, riesci a distinguere perfettamente i tuoi pensieri, quelli belli ma soprattutto i tristi, pronti a coglierti alla sprovvista per farti crollare.
Tenni stretta la mano di mia madre, noncurante del sangue che mi sporcava la pelle biancastra, incapace di lasciarla andare. Me ne restavo li, nell'oscurità di quella notte, ad osservare il suo corpo freddo mentre mi abbandonava, di nuovo. Avevo pianto, mi ero disperata, l'avevo scossa ma nulla era successo, aveva deciso di andarsene, di lasciarmi sola in questo mondo, preferendo la sua pace alla nostra, a quella che avremmo potuto ottenere entrambe se solo fosse rimasta con me.
La morte non aveva mai rappresentato un problema, almeno fino a quel momento. Non mi ci ero mai soffermata, era un qualcosa che sfuggiva alla mia percezione dell'universo o forse cercavo solo di pensarci il meno possibile, essendo ancora troppo giovane per preoccuparmene. Ma il confronto è inevitabile e alla fine bisogna farci i conti, volente o nolente.
 
 
6 anni dopo....
 
New York, la Grande Mela.
È una bellissima città e non avrei mai pensato che io, Ella Davis, mi sarei ambientata tanto facilmente. Ormai sono sei anni che abito qui e devo dire che non è così male come credevo. Avendo vissuto in un paesino di provincia, l'idea di trasferirmi in una grande metropoli, non mi entusiasmava poi tanto. Invece mi sono dovuta ricredere. C'è sempre molta vita, incontri moltissime persone ogni giorno e non ti annoi mai. Ha anche i suoi lavi negativi, ovviamente, come il caos e la troppa confusione, senza contare le corse che bisogna fare per spostarsi da un luogo ad un altro con i mezzi pubblici. Almeno mi tengo in forma!
Attraverso velocemente la strada, evitando due o tre pozzanghere d’acqua, e finalmente mi immetto nel palazzo. Come tutte le sere saluto l'inquilino anziano del pian terreno, il signor White che risponde con un cenno della mano mentre attendo pazientemente l'ascensore. Da quando sono arrivata, non ha mai accennato l’ombra di una parola. Che sia forse muto?
Lascio correre e, non appena varco la soglia del mio appartamento, un odore di bruciato arriva subdola alle mie narici. No, di nuovo.
« Audrey, cosa hai combinato? Quante volte ti ho detto di non metterti ai fornelli senza nessuno in casa? »
Una figura si palesa davanti ai miei occhi, mentre appoggio le borse della spesa sul tavolino in soggiorno. La bionda abbassa il capo e si mordicchia il labbro per poi proferire parola.

« Ella! Te l'ho detto che quel nuovo giubbino ti dona molto? E fidati, se te lo dico io, allora è vero! »

Alzo gli occhi al cielo per evitare di risponderla in malo modo, sorridendo però leggermente per la sua espressione colpevole.
Audrey è la mia coinquilina, nonché migliore amica, e ha studiato moda, mentre ora cerca di entrare nel campo come modella. É molto alta, ha un fisico slanciato e snello, capelli biondi e occhi color del cielo. Sarebbe perfetta come top model, sul serio. Ci siamo conosciute al college poiché io ancora studio arte, anche se ho venticinque anni, mentre lei ne ha solo ventuno. Sì, ho perso qualche anno, lo ammetto.
« Non attacca, lo sai. Ma ti perdono perché noto che hai comprato il gelato. Devi per caso dirmi qualcosa? »
« Ehi! Guarda che se compro il gelato non vuol dire che sia depressa! Anzi! Sapevo che avrei fatto danni e almeno ci saremmo consolate con quello. Vedi come sono intelligente? »
« Troppo, davvero. Vado a costatare di persona i tuoi disastri. Tu nel frattempo scegli il film. »
Detto ciò, mi sfilo la giacca di pelle rossa che avevo indossato quella mattina e riafferro le buste della spesa per spostarle in cucina. Mamma mia che odoraccio e povero pollo! Ma come ha fatto a carbonizzarlo? Certe volte sottovaluto davvero quella ragazza...
Mi affretto a sistemare il tutto, preparando due panini per entrambe. Quando torno nel salotto, Audrey è già pronta con film e gelato.
« Cosa ci vediamo stasera? » Le domando porgendole il suo panino.

« I love shopping! »

« Ovviamente... »
Ridacchio sotto i baffi e mi accomodo accanto a lei sul divano, addentando poi la mia cena. Le cose non vanno poi tanto male, lo devo ammettere, ma non è sempre facile ignorare il passato, non pensare al dolore provato, alle emozioni contrastanti di quel momento e alle conseguenze che ne sono succedute. Non parlo con mio padre da anni ormai, da quella notte, non so che fine abbia fatto o cosa stia facendo.
Ma non voglio rovinarmi questa serata con i ricordi, perciò scaccio via i brutti pensieri e cerco di godermi il film insieme alla mia migliore amica, anche se la stanchezza della giornata si fa sentire a gran voce, infatti, crollo quasi subito tra le braccia di Morfeo.





Angolo autrice:

Salve a tutti cari lettori, sono Laura e questa è la prima vera storia che pubblico su EFP. Inizio subito con il precisare che non tutti i personaggi sono di mia creazione ( sono tutti inventati, sì ), ma sono frutto dell’invenzione e collaborazione di altre persone che mi stanno spronando ad andare avanti con questo esperimento, se così vogliamo definirlo.
Spero che Ella vi abbia incuriosito e che continuiate a leggere le sue avventure. Fatemi sapere cosa ne pensate, se crediate possa piacervi o anche qualche critica, tutto è ben accetto.
Alla prossima!

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


Ella's Pov

« Mamma...? Mamma mi senti? Ti prego ascoltami. Non volevo... ti giuro, non volevo... potrai mai perdonarmi? Non te ne andare... sistemerò tutto, ma resta con me... Ti prego. »

Riesco a vederla, è proprio di fronte a me e mi guarda con un'espressione tra il dispiaciuta e il rassegnata. Non capisco. Ha una grossa macchia di sangue su i suoi vestiti all'altezza dello sterno, precisamente sul cuore.
Un urlo straziante riecheggia nella silenziosa stanza nella quale mi trovo. E' la mia voce che rompe bruscamente la quiete come un vetro che si frantuma in mille pezzettini. Sono molto stordita e confusa, ma non ho tempo per rendermene conto perché percepisco l'immagine di mia madre pian piano svanire così come è apparsa, lasciandomi sola nell'oscurità.

Mi sveglio di soprassalto, madida di sudore. La stanza gira parecchio ma intuisco di essere ancora sul divano. Ieri sera devo essermi addormentata durante il film, come sempre, e Audrey deve avermi coperta con il plaid. Il respiro è irregolare ed il cuore mi martella nel petto. Non è la prima volta che mi capita di sognare quella notte, di vedere mia madre immersa nel sangue o altre scene macabre di questo tipo. La cosa insolita, beh ormai sono mesi che succede, sono i forti giramenti di testa che ho al mio risveglio. Le tempie pulsano e sento come se potessero esplodere da un momento all'altro. Non volendo andare da un medico, sono comunque costretta a fingere di stare bene in presenza di Audrey o mi trascinerebbe all'ospedale. Non ne ho alcuna voglia e poi non è così grave, no?
Non ho il tempo di rispondermi mentalmente che la bionda fa il suo ingresso nel salotto.

« Alla buon'ora bella addormentata! Dormito bene sul divano? » Mi domanda ironicamente sedendosi sul tavolino in legno che separa il divano, appunto, dalla televisione.

« Sei davvero una simpaticona, Audrey. Potresti fare la comica se ti dovesse andare male la carriera di top model, sai? »
Con la voce ancora un po' impastata dal sonno, le rispondo altrettanto ironicamente. Sa benissimo che il nostro divano ha una molla che salta in continuazione ed è molto scomoda, soprattutto se ci dormi sopra tutta la notte.

« Come sei scontrosa stamattina, ed io che stupidamente ti ho anche preparato la colazione! Pff, non mi meriti per nulla... Sono una coinquilina perfetta. »

« Certo, ammetti che hai cercato di uccidermi nel sonno dato che riesci ad incendiare qualsiasi cosa cucini. Tanto non ti liberi di me, cara Audrey. » Le faccio la linguaccia e decido di alzarmi, finalmente, da questo scomodo divano per darmi una rinfrescata.
Barcollo leggermente mentre cerco di mettermi in posizione eretta per raggiungere il bagno, ma la voce della mia amica mi trattiene.

« Ah Ella, sto uscendo! Ho un colloquio di lavoro e se tutto va bene, farò il mio primo servizio fotografico! Ahhhhh che emozione! » La vedo balzare dal tavolino tutta eccitata. Spero davvero che vada tutto alla perfezione e che ottenga il lavoro, se lo merita.

« Wow! Fammi sapere come va il colloquio, eh! Non ti dimenticare. »

« Certo che no Ella! Sarai la prima persona a saperlo dopo di me, ovviamente! Ora vado. Buona giornata. » Detto ciò, mi saluta con un bacio sulla guancia e sparisce dal mio campo visivo lasciandomi sola soletta in casa. Decido quindi di riprendere ciò che avevo intenzione di fare prima, e giungo finalmente in bagno. Lo sguardo cade inevitabilmente sullo specchio posto in bella vista sopra il lavandino e non posso fare a meno di guardare il mio riflesso. La pelle è fin troppo pallida, gli occhi azzurri sono un po' appannati, forse per le fitte alla tempia, e i capelli castani arruffati sono davvero la ciliegina sulla torta. Un completo disastro. Sbuffo e mi sciacquo bene il viso, almeno cerco di ravvivarlo in qualche maniera. Non ottenendo granché come risultato, lascio perdere e mi avvio in cucina per gustare la magnifica colazione preparata da Audrey. Devo dire che i pancake non le riescono proprio male e non li ha neanche carbonizzati, è un gran passo avanti. Accompagno il tutto con del caffè e un antidolorifico per l'emicrania.

Questa mattina, per fortuna, non ho lezione quindi posso concedermi un po' di relax o almeno posso provarci. Non è proprio un bene per me restare troppo tempo da sola, la mente inizia a vagare e non è mai un buon segno. Ma il mal di testa offusca qualsiasi capacità di ragionamento, perciò colgo l'occasione per disegnare un po'. Afferro il mio album, abbandonato sulla scrivania della mia stanza, e riguardo gli schizzi. Non hanno un vero e proprio senso logico ma rispecchiano il mio umore. Confusione, paura, rimorso.
Non riesco a voltare definitivamente pagina con il passato ma posso farlo con questo foglio, posso dare vita ad un nuovo disegno.

Devon's Pov

Solita sveglia, solita ora e solita routine. Nessuno stimolo particolare mi porta ad alzarmi dal letto la mattina se non fosse per il mio lavoro. Amo davvero ciò che faccio, aiutare le persone a stare meglio. Fin da piccolo ho scoperto questa propensione nel prendermi cura del prossimo, interessandomi da subito alla medicina. Ero poco più di un ragazzo quando decisi che sarei diventato un buon medico e così è stato.

Dopo essermi finalmente alzato dal letto, raccolgo mentalmente tutte le mie forze e mi dirigo verso la doccia, pronto a darmi una rinfrescata prima di recarmi in ospedale. Quest'oggi dovrei esaminare più di dieci specializzandi e proprio non ne ho voglia. Di solito mi fanno arrabbiare e sono costretto ad urlare la maggior parte del tempo. Non a caso sono famoso per essere particolarmente rigido, all'apparenza senza cuore, perciò nessuno studente vorrebbe avermi come tutor per il tirocinio.

Osservo le goccioline d'acqua infrangersi sul vetro trasparente del box doccia ripetendomi che anche oggi sarà una giornata come tutte le altre e che giungerà presto al termine. Uscendo, afferro un asciugamano con il quale avvolgo il mio corpo umido osservando poi il mio riflesso allo specchio. Il viso è stanco, si notano le occhiaie, anche se leggermente, gli occhi azzurro-grigi sono privi di luce ed i capelli corti e castani non hanno davvero un senso. Distolgo velocemente lo sguardo dalla superficie riflettente e torno in camera per cambiarmi.
Sono in anticipo, come sempre, ma sfrutterò il tempo in eccesso per controllare le cartelle dei miei pazienti. Mi serve sempre un buon caffè prima di iniziare a lavorare ma quello dell'ospedale è davvero disgustoso così mi fermo al bar accanto al mio appartamento.

Seduto ad uno dei tavolini del Mikey's bar con una buona tazza di caffè nero fumante, la mia testa non può far a meno di tornare a quella notte, a quella tragedia. Seppur sia stato seguito da una buona equipe di psicologi e psichiatri, non posso dimenticare il dolore, l'angoscia e la sofferenza ma ho capito che non è un male ricordare. Bisogna solo imparare a conviverci e non è sempre facile riuscirci. Avevo deciso di lasciare anche il mio amato lavoro all'epoca, ma per fortuna la mia scelta non fu permanente e in breve tornai in carreggiata. Attualmente sono primario e cardiochirurgo del Lennox Hill Hospital di New York, città nella quale mi sono trasferito di recente, ad un anno esatto dalla tragedia.

Non metto neanche piede in ospedale che infermieri, colleghi e specializzandi mi assalgono. Cos'hanno tutti stamattina?

« Dottor Reinfield! Il cuore per il trapianto è finalmente arrivato. »

« Perfetto, faccia preparare la sala operatoria il più presto possibile. Ah signora Mills chiami i miei specializzandi, oggi potranno assistere all'operazione. »
Le rivolgo un sorriso di circostanza e mi rifugio nel mio studio per controllare le analisi del paziente. E ancora una volta riesco ad isolarmi nel lavoro, dedicando le lunghe giornate e le notti insonni, a cuori che non sono il mio.

 

 

 

 

 

 

 

Angolo autrice:

Eccomi con un nuovo capitolo! Cercherò di aggiornare almeno due volte a settimana, di sabato e mercoledì, salvo imprevisti.
Cosa ne pensate per adesso? Vi ho presentato i due protagonisti e la storia inizia a prendere un po' di forma. Spero vi stia piacendo e che continuiate a leggerla!
Kisses

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


Ella's pov

Ma come è possibile che sia sempre in ritardo? Ci fosse una volta che mi alzassi in orario!
Mi volto verso la sveglia per spegnerla e con un balzo atletico, o quasi, salto giù dal letto inciampando nelle pantofole appostate lì sotto. Dannazione! Impreco mentalmente e mi lancio letteralmente sotto la doccia. In un battibaleno sono già fuori, pronta per vestirmi.

« Audrey? Sei in casa?! »
Mi sporgo dalla porta della mia stanza, ma non ricevendo risposta dalla mia coinquilina, deduco che sia uscita prima di me quindi rientro e apro l'armadio. Prendo le prime cose che mi capitano sotto tiro, ovvero un paio di jeans chiari e una maglietta a mezze maniche bianca, e infilo tutto di fretta. Siamo ad Aprile ma l'aria non è ancora caldissima perciò indosso un giubbino di pelle nero e un paio di stivaletti e... voilà! Ah no... devo sistemarmi ancora i capelli. Non posso uscire di certo in questo stato. Corro nuovamente in bagno e afferro la spazzola dandomi una sistemata alla frangia e mettendo un filo di matita e mascara. Adesso sono davvero pronta. Senza ulteriori indugi, afferro la tracolla e le chiavi di casa e mi precipito all'esterno.

L'aria è tiepida, il sole brilla alto nel cielo e sarebbe tutto perfetto se solo non stessi correndo come una dannata per tutta New York!
Non posso permettermi di fare tardi, ho un importante colloquio con un mio professore e ho aspettato settimane per poterlo incontrare. Per arrivare all'università devo prendere, oltre alla metropolitana, anche un pullman che dovrebbe passare fra pochi minuti. Devo farcela assolutamente!
Corro per le strade ed i vicoli della città scansando praticamente qualsiasi cosa o persona per non rischiare di rallentare la mia corsa. Ma non fila tutto liscio come aveva sperato la mia mente.
Improvvisamente non percepisco più la terra sotto i piedi e il mio corpo si protende in avanti a causa della forza di gravità. Sarei finita inevitabilmente al suolo se qualcosa, o meglio qualcuno, non mi avesse afferrato in tempo evitandomi lo schianto. Ma come si fa ad inciampare in un tombino?

Non mi ero resa conto di aver chiuso gli occhi nella scivolata, ma quando li riaprii, ne trovai un paio color del ghiaccio a fissarmi preoccupati. Un uomo sulla trentina, vestito in modo impeccabile, mi stava scrutando dall'alto. Che imbarazzo.

« Sta bene signorina? »
Mi domanda sempre più confuso mentre mi scruta sospettoso spostando poi lo sguardo verso il basso. Gli stavo stringendo ancora il braccio terrorizzata per la mancata caduta. Mi affretto quindi a lasciarlo andare e mi allontano di qualche passo.

« Si.. grazie. Devo essere inciampata su quel tombino... che maldestra che sono. Grazie mille per avermi aiutata. »
Gli rivolgo un sorriso di cortesia, se non mi avesse presa, mi sarei potuta fare davvero molto male, ma per fortuna non è successo nulla di drammatico. Egli mi osserva attentamente per poi fissare un punto alle mie spalle.

« Dovrebbe fare una denuncia, a parer mio. Poteva ferirsi gravemente. »
Asserisce senza l'ombra di un sorriso. Punta nuovamente i suoi occhi profondi nei miei e quasi mi vengono i brividi. Ha un'aria molto intimidatoria.

« Non credo ce ne sia bisogno... forse è meg...»
Stavo per concludere la frase quando l'uomo mi interruppe.

« Venga, le offro un caffè, sembra ancora parecchio scossa. »
Non attende una vera e propria risposta e si avvia subito in direzione del bar più vicino. Faccio il pari e dispari, ma constato che a quest'ora il pullman che mi avrebbe portata all'università, è di certo già passato. Con un sospiro, decido quindi di seguirlo e lo affianco. Mi lascia entrare per prima nell'angusto localino per poi invitarmi a sedere ad uno dei pochi tavolini presenti. Mi accomodo e quando si posiziona di fronte a me, posso osservarlo con più attenzione. È di bell'aspetto, molto affascinante direi, una leggera barba gli incornicia il viso ed i capelli castani sono ben curati. Lo sguardo è molto profondo, magnetico, ma ha qualcosa che... che non riesco a decifrare. Dev'essersi accorto che lo sto fissando da troppo perché assume un'espressione corrucciata e mi domanda.

« Cosa prende? »
Anche la sua voce è molto profonda e seria, forse troppo formale, e il tono è un po' dispotico.
« Un caffè... e una fetta di quella torta al cioccolato. »
La indico con un dito sul menù.

« Ottima scelta. Prendo lo stesso.»
Con un gesto della mano chiama la cameriera che velocemente si avvicina e annota le nostre ordinazioni. Mi rendo conto che ancora non ci siamo presentati così, mi schiarisco la voce e gli rivelo la mia identità.

« Comunque mi chiamo Ella.. Ella Davis. »
Gli sorrido cordiale ma scorgo qualcosa di strano in lui non appena termino la frase. Si irrigidisce di colpo e sgrana leggermente gli occhi azzurro-grigi. Che cosa ho detto di sconvolgente..?
Sto per chiedergli se c'è qualcosa che non va, ma sembra riprendersi subito presentandosi a sua volta.

« Piacere mio, sono Devon Reinfield. »
Il tono così freddo con il quale ha pronunciato il suo nome mi inquieta e non poco. C'è qualcosa che non va e si percepisce notevolmente. Per fortuna ci salva la cameriera adagiando sul tavolo le nostre ordinazioni.

Devon's pov

Quando mi sono svegliato questa mattina, mi sarei aspettato di tutto tranne che il destino mi ponesse davanti ad una sfida, fin troppo dura per il mio animo già tormentato.
Mi stavo recando tranquillamente a lavoro, quando mi piomba letteralmente fra le braccia una ragazza dall'aria impacciata e molto maldestra. Come si può inciampare in un tombino?
Per fortuna sono riuscito a prenderla in tempo altrimenti avrebbe potuto addirittura rischiare la vita.
La fanciulla, devo ammettere, ha dei begl'occhi color del mare,

molto spaventati al momento e dei capelli castani lunghi più o meno fino alle spalle. È vestita in modo casual e sembra piuttosto affannata. Da bravo gentiluomo quale sono, mi viene naturale offrirle un caffè. Magari si sarebbe tranquillizzata.

Siamo uno di fronte all'altra nel piccolo bar sulla 65esima, un locale molto anni cinquanta con tanto di jukebox, aspettando le ordinazioni quando la ragazza decide di presentarsi. Esistono migliaia di nomi sulla faccia della terra e doveva chiamarsi proprio Ella? Ma a quale gioco stava giocando il destino? Sgranai subito gli occhi non potendo credere di aver udito nuovamente quel nome. Era da più di un anno che nessuno lo pronunciava. Giurai di poter sentire un pugnale conficcarsi nel mio petto, duramente, in una ferita già aperta, ma dovetti ridestarmi in fretta e presentarmi a mia volta. Di certo non le avrei potuto rivelare le ragioni del mio repentino cambio d'umore.

« Metti sempre tanto zucchero nel caffè? »
Le domando, dandole ora del tu, scrutandola mentre armeggia con il cucchiaino e la tazzina alla ricerca di chissà cosa nel fondo della tazza. Devo averla intimorita con i miei modi, ma non posso cambiare, sono fatto così e non è la prima che ne subisce gli effetti. Mi accingo quindi a prendere un pezzetto della torta al cioccolato lasciando che il suo sapore dolciastro mi infondi un po' di calma e che riesca a farmi tornare la lucidità perduta. Troppi imprevisti oggi, decisamente troppi per i miei gusti.

« Si, non mi piace il caffè amaro... ha un sapore troppo intenso. »
Mi giunge dopo qualche secondo la sua risposta e per qualche strano motivo, mi viene da sorridere. Sembra molto ingenua, ma dubito che sia realmente così.

« Dove andavi così di fretta? Dovresti fare più attenzione a dove metti i piedi. »
Le chiedo senza uno scopo preciso, per mandare avanti la conversazione più che altro. Non voglio impicciarmi dei fatti suoi, non mi interessa farlo.

« Ho... avevo a questo punto, un colloquio. »
Mi risponde affranta sorseggiando il suo caffè zeppo di zucchero. Alzo un sopracciglio e mi sistemo sulla sedia. Lo sguardo mi scivola inevitabilmente sull'orologio. È ora di andare.
« Beh, si è fatto tardi anche per me. È stato un piacere, Ella. »

« Grazie, ancora... anche per la colazione. »
Mi risponde gentile, la sua voce è molto delicata, oltre che sinceramente riconoscente. Mi alzo velocemente, seguito a ruota dalla giovane, e lascio i soldi sul tavolo così che la cameriera possa prenderli. Mi saluta poi con un cenno della mano e scompare tra le persone che affollano la strada. Mi volto e proseguo per la mia, pensando a quanto il destino possa essere davvero meschino.








Angolo autrice:

Vi avevo promesso un aggiornamento sabato ma non ho avuto il pc a portata di mano ma ecco il nuovo capitolo! I due protagonisti si sono finalmente incontrati. Perché Devon è rimasto tanto sorpreso nel sentire il nome Ella? Che cosa nasconde? E lei?
Se siete incuriositi e volete sapere come continuano le vicende, vi aspetto mercoledì con un nuovo aggiornamento.
Kisses.

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


Ella's pov

La luce filtra debole attraverso la tenda celeste della mia stanza e mi colpisce in pieno viso. Strizzo gli occhi per il fastidio e mi volto a pancia in giù affondando la testa nel cuscino. Ci fosse una mattina che riesca a svegliarmi come si deve. O ci si mettono gli incubi a farmi balzare dal letto in piena notte o la sveglia rumorosa spacca timpani ed adesso anche la luce del sole. Dovrei chiuderla meglio quella dannata tenda. In seguito a questo dolce risveglio, mi decido a dare una sbirciata all'orologio sul comodino in legno che segna le sette del mattino. E' prestino ma decido comunque di alzarmi e magari approfittarne per farmi una doccia rilassante. Afferro tutto il necessario e mi dirigo nel bagno. Audrey dev'essere tornata tardi perché non ricordo di averla sentita entrare stanotte prima di crollare nel mondo dei sogni. E' stata una giornata molto movimentata quella di ieri. Per fortuna sono riuscita comunque ad avere il colloquio con il professore che molto gentilmente mi ha detto: "La prossima volta che fa tardi, signorina, non le permetto neanche di entrare!" Davvero troppo gentile, ma non ho potuto ribattere e comunque ero in torto marcio.

Mi infilo finalmente nella doccia e lascio che il getto di acqua tiepida mi bagni la pelle, ridonandomi un po' di sollievo.  La mente percorre lentamente gli avvenimenti e si ferma sull'immagine di me che inciampo maldestramente in un tombino lasciato semi-aperto e quasi mi viene da ridere per la mia innata goffaggine. Poi riaffiora la visione di quegli occhi di ghiaccio, la prima cosa che ho visto dopo il mancato schianto. Avevano qualcosa di strano, non so come spiegarlo, ma di certo mi sono rimasti impressi. Non saprei dire se fossero inespressivi o al contrario, così carichi di significato che non sono riuscita a coglierlo, eppure un qualcosa di familiare l'ho percepito. Forse è il caso che la smetta di pensarci, tanto non lo vedrò mai più in vita mia, a stento mi ha rivelato il suo nome, quindi non devo tormentarmi inutilmente. Ma è difficile nel mio caso, desidero sempre essere a conoscenza di tutto, voglio, anzi ho bisogno, di sapere cosa succede intorno a me e odio restare all'oscuro di qualsiasi cosa, ma ho la sensazione che dovrò accontentarmi per questa volta.

Dopo una buona mezz'ora passata a rilassarmi nella doccia, decido che è ora di mettere piede fuori o a breve diventerò una spugna. Afferro l'asciugamano che avevo preparato e mi avvolgo nella sua morbidezza lasciando i capelli umidi sciolti. Torno nella mia camera e, mentre cerco di tenermi in equilibrio con un solo piede per recuperare il reggiseno, un bip proveniente dal mio comodino richiama la mia attenzione. Saltello qua e la per la camera e arrivo, sorprendentemente senza far cadere nulla, al cellulare che continua a vibrare. Cinque messaggi da Sebastian, mio caro amico. Aggrotto le sopracciglia, di solito mi chiama se ha qualche novità, non mi bombarda mai di messaggi. Compongo quindi il suo numero e aspetto che mi risponda.

« Ehi Bas... che succede? Va tutto bene..? »
La mia voce dev'essergli sembrata agitata, in effetti lo è, perché mi tranquillizza subito con le sue parole.

« Ella! Sei già sveglia a quest'ora? Pensavo che non ti saresti fatta viva almeno fino alle dieci! In ogni caso non preoccuparti, devo darti una bella notizia. »

Sbuffo per la sua sottile ironia e mi lascio cadere sul letto in attesa della lieta nuova.
« Invece sono già in piedi quindi sputa il rospo. Lo sai che sono curiosa. »

« Si si lo so, Ella caramella, comunque indovina? Presto debutterò con il mio primo spettacolo! Non è grandioso? Il teatro darà anche un party dopo e tu ed Audrey non potete assolutamente mancare. »

La sua voce è davvero gioiosa ed è stranissimo per lui dato che è sempre molto... freddo(?) No, non è il termine adatto. In ogni caso sono felicissima per lui. Bas è da poco direttore della compagnia teatrale per il quale lavora e finalmente ha ottenuto l'occasione che merita.

« Oh wow! Congratulazioni Bassuccio! Audrey ed io ci saremo sicuramente, puoi contarci. » Gli rispondo entusiasta spostandomi il cellulare all'altro orecchio così da potermi girare su un fianco.

« Lo sai che odio quando usi quel nomignolo, Ellina. In ogni caso adesso devo lasciarti. Semmai ci vediamo dopo, ok? »

« Lo so Bassuccio. Ci sentiamo e ancora congratulazioni! »
Lo saluto e chiudo la chiamata lasciando poi il cellulare sul letto mentre raccolgo le forze per alzarmi. Sembra che tutti i miei amici stiano ottenendo risultati importanti! A proposito di notizie... Audrey non mi ha detto nulla del colloquio! Mi alzo di scatto e mi vesto velocemente decisa a saperne di più al riguardo. Ormai sono le otto e la mia coinquilina dovrebbe essere sveglia. Nessun odore strano e non sento la sua voce ma che fine ha fatto?

« Audrey? Audrey sei in casa? »
  La mia voce rompe bruscamente la quiete rimbombando nel silenzio quasi inquietante. Nessuna risposta, ma che strano. Busso quindi alla sua camera prima di aprire la porta e vorrei tornare immediatamente indietro nel tempo per evitare di commettere quest'errore. I miei occhi, purtroppo, colgono la bionda avvinghiata al corpo di quello che dovrebbe essere un ragazzo più o meno della nostra età.

« Mio dio, scusate! »
Richiudo velocemente la porta e mi appoggio con la schiena ad essa regolando il respiro. Ma perché queste cose succedono sempre a me? Mi allontano velocemente ma vengo raggiunta da Audrey che cerca invano di coprirsi come si deve.

« Ella, dio, mi dispiace. Avrei dovuto avvertirti ma ero un po'... impegnata, ecco! Comunque sta andando via... Non preoccuparti. »
Mi sorride in imbarazzo e poi torna in camera sua, probabilmente per "cacciare" il ragazzo con il quale era tanto indaffarata pocanzi. Che situazioni.

.......................................................................................................................................

« Allora Audrey... non mi hai detto più nulla del colloquio... »
Siamo sedute in cucina a fare colazione senza il tipo di prima, credo si chiamasse Mike, e finalmente la neo modella si è decisa a rivelarmi gli esiti del meeting.

« Oh è andato bene! Hanno detto che mi avrebbero richiamata per farmi sapere, ovviamente. Che rottura queste formalità. »
  Mi dice mentre si sistema qualche ciocca di capelli disordinata che continua a ricaderle sul viso.

« Tu cosa mi racconti, Ella? Il tuo incontro con il professore? »
Mi irrigidisco solo al ricordo di quel momento, ancora non ho metabolizzato bene gli avvenimenti.

« Bene... si...bene, direi..»

« E sei arrivata in ritardo come il tuo solito? »
Ridacchia sapendo di colpire nel segno mentre, inconsapevolmente, non fa altro che far tornare la mia mente indietro a quel piccolo incidente che sembra avermi colpita più del previsto.

« Ehm.... si.. lo sai come sono. Non riuscirei ad arrivare in orario neanche se mi pagassero. »
Ridacchio nervosa, per qualche strano motivo non mi va di parlarle dell'incontro con l'uomo misterioso, quindi opto per tacere, almeno per il momento. Non è neanche una cosa importante alla fine, no? Perché mi sento in colpa nel nasconderglielo, invece?
« Vero, ma ti vogliamo bene per questo! Adesso meglio che mi prepari altrimenti non arrivo più e dovresti farlo anche tu. Devi andare a lavoro, no? »
  Cazzo è vero! Oggi ho il turno di mattina!

« Dannazione, lo stavo quasi dimenticando! Grazie Audrey. »
Mi alzo di scatto e l'abbraccio fugacemente per poi precipitarmi nella mia stanza. In un quarto d'ora sono già in strada e quasi a destinazione. Non ci credo sono anche puntuale! Entro quindi nel Cloe's showroom nel quale lavoro come commessa part-time. Non è l'impiego più soddisfacente del mondo ma in qualche modo dovevo rimediare i soldi dell'affitto.

« Ella sei arrivata puntuale, mi congratulo! Forza mettiti a lavoro, abbiamo le vetrine da sistemare. »
Tuona poco simpaticamente Sidney, la proprietaria del negozio. Le dedico un sorriso di circostanza e mi metto all'opera prima che me la faccia pagare sul serio. Sembrerebbe una cosa facile ma non è affatto semplice sistemare i vestiti sui manichini e poi esporli in vetrina ma devo farlo per forza, quindi, mi impegno al massimo sperando di non combinare nessun pasticcio. Sono praticamente sepolta nei vari indumenti, quando una voce maschile pronuncia il mio nome facendomi voltare nella sua direzione.

« Ella...? »
Il tono è leggermente sorpreso, ma solo quando scruto il suo viso, riconosco il mio interlocutore.

« Oh... Richard? »
Egli mi sorride divertito quanto me dalla situazione e annuisce alla mia domanda. Si tratta di Richard Bradshaw, un ragazzo che ho avuto modo di incontrare qualche mese fa proprio qui da Cloe's. Non lo conosco benissimo e non so molto sul suo conto. Gestisce una catena di hotel di lusso sparsi in varie città, tra cui il Waldorf Astoria di New York, ma vive a Dubai. È un ragazzo alto, di bell'aspetto, occhi e capelli castani che sfumano leggermente nel nocciola. Bel portamento e un atteggiamento molto sicuro di se nonché molto carismatico. Gli sorrido felice di rivederlo e mi allungo per salutarlo. Seppur non ci conosciamo granché, siamo entrati in sintonia già dal nostro primo incontro tanto da scambiarci i numeri e rimanere in contatto. Richard è un uomo molto simpatico, sa scherzare quando serve e sa sempre cosa dire.

« Come stai, Ella? Ti trovo bene! » Mi domanda sorridente.

« Bene, tu che mi dici? Sei qui in vacanza? »

  « No, magari, mi sono trasferito proprio qualche settimana fa qui a New York per gestire l'Astoria da vicino. »
  Mi spiega mentre armeggia con il cinturino del suo orologio.

« Sembra fantastico! E dimmi ti serviva qualcosa? »
Gli chiedo notando Sidney che ci osserva inquietante dalla sua postazione.

« No, passavo di qui e ti ho vista dalla vetrina quindi ho pensato di salutarti. Magari un giorno di questi andiamo a prenderci un caffè così ti spiego meglio, che dici? »

  « Mi sembra un'ottima idea, ho ancora il tuo numero quindi possiamo sentirci telefonicamente. »
Sorrido fingendo di rimettermi a spogliare il manichino prima che il capo mi cacci a calci nel sedere fuori.

« Allora a presto, buon lavoro! »
Mi saluta ammiccante ed esce dal locale lasciandomi alle prese con i poveri malcapitati manichini mentre le mie labbra si incurvano spontaneamente in un sorriso. Peccato che sparisca in fretta, non appena Sidney si avvicina con una montagna di capi da riordinare per colore e taglia.

Si prospetta una lunga mattinata...























Angolo autrice:


Mercoledì uguale nuovo capitolo!
Come promesso, sono tornata con un nuovo episodio, un po' di passaggio in effetti, ma è necessario per farvi capire come si svolgeranno i vari eventi. Abbiamo conosciuto due nuovi personaggi, Sebastian, caro amico di Ella e Richard, un carismatico uomo d'affari. Cosa ne pensate? Avete già qualche teoria? Non esitate a recensire, in ogni caso, e a sabato!
Kisses 

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


Devon's pov

Non potrei essere più stanco di così. Sono le due di notte ed ho appena concluso un'operazione durata più di dodici ore. È andato tutto bene e la paziente si rimetterà in fretta.
Mi sbrigo a svestirmi, non vedo l'ora di fare ritorno a casa mia. Solitamente, anche dopo turni estremamente lunghi, non prendo mai più di mezza giornata di pausa. Sono un eterno stacanovista, non riuscirei a rinchiudermi per troppo tempo nel mio appartamento senza far nulla. Vivo da solo, eccetto la governante che svolge le mansioni domestiche quando sono fuori, ma la mia tana è fin troppo grande per una persona sola.
C'era un tempo in cui la mia vita era felice, allegra e non sembrava così male, anzi, azzarderei fosse quasi perfetta. Ma poi il destino ha deciso di portarmi via tutto, con una freddezza che neanche io sarei capace di replicare in nessun intervento. Mi ha fatto capire che la felicità non esiste, è mera illusione, riesce a portarti al settimo cielo e all'improvviso farti sprofondare nel baratro più oscuro.
Non c'è più speranza per me.

Con mille pensieri che mi attanagliano la testa, mi svesto del camice per indossare i miei abiti e finalmente lasciare l'ospedale. Uscendo, mi imbatto in infermieri e colleghi che si complimentano per la precisione e la riuscita dell'intervento. Rivolgo loro un sorriso tirato e mi affretto a raggiungere la mia auto sportiva.
Sulla via del ritorno, non riesco a non pensare a quanto in realtà sia solo, eppure, sono sempre in attesa di un cambiamento, lo stesso che non arriva mai. Molti mi accusano di non saperlo cogliere, ma è pur vero che quel momento non sia mai giuto. Niente mi trattiene dal rimanere nello stesso posto per troppo tempo, nulla che mi faccia pensare "ma sì, questa volta ne vale la pena." Niente che mi faccia godere questi trent'anni che non torneranno più, trent'anni ed un peso troppo grande da portare da solo. Ma come potrei infliggere a qualcun altro un peso così grande se io stesso costituisco un'afflizione per la mia famiglia?
Una lacrima solitaria sfugge al mio controllo e finisce per cedere alla forza di gravità. Sono così rotto dentro che non credo ci sia una cura per me, sono destinato al tormento eterno e non posso fare altro che attendere la fine.
In una mezz'oretta sono finalmente a casa. C'è un silenzio assordante che quasi inquieta, ma ne sono abituato.
Ho solo la forza di sfilarmi scarpe e camicia per poi catapultarmi letteralmente sul letto della mia stanza. È una fortuna che sia praticamente distrutto dall'operazione, almeno riuscirò a condurre un sonno più tranquillo e profondo evitando che la mente si diverta a giocarmi brutti scherzi.
Sto per addormentarmi, ma un pensiero mi risveglia improvvisamente.
Ritorno a qualche giorno fa e rivedo quella ragazza maldestra piombarmi tra le braccia. Ancora non riesco a credere alle sensazioni che ho provato non appena ha pronunciato il suo nome.

Ella.

Mi passo una mano sul viso stanco e mi forzo di pensare ad altro, ma fortunatamente, dopo neanche cinque minuti, crollo esausto tra le braccia di Morfeo.


Ella's pov

« Quindi mi stai dicendo che in realtà è noioso vivere in un hotel di lusso? Dai non prendermi in giro, Richard...»

Sono le cinque del pomeriggio e siamo comodamente seduti ai tavolini di un famoso bar in centro. Il tempo è perfetto, l'aria non è né troppo calda né troppo fredda e si sta davvero bene all'esterno. Prendo qualche patatina dall'apposito contenitore posto sulla tavola ed osservo il cocktail dinanzi a me prima di prenderne un sorso.

« Davvero, Ella! Ti assicuro che ti stancheresti anche tu dopo qualche mese. Troppo lusso, troppo sfarzo anche per me che ne sono abituato da sempre. É una noia. »
Asserisce come se fosse ovvio e prende un sorsetto del suo martini. Sorrido perché in realtà non mi ci vedo proprio a vivere nell'oro e sicuramente mi troverei più a disagio che altro.

« Stento comunque a crederci, ma tanto non posso saperlo in ogni modo, quindi...»
Faccio spallucce e afferro qualche nocciolina. Le adoro.
Richard ridacchia scuotendo leggermente la testa. Poi si fa più vicino appoggiando i gomiti sul tavolo.

« Dimmi Ella, ti piacerebbe soggiornare nel mio hotel per un weekend? Così potrai avere un assaggio e capire di cosa parlo. Aggiungo anche la Spa. »
Sgrano leggermente gli occhi sorpresa della sua proposta. Soggiornare in un hotel di lusso per un paio di giorni..?

« Oh Richard non so cosa dire... »

« Pensaci, anzi puoi portare un'amica con te o un amico. Questo tipo di attività si fanno in compagnia. É tutto offerto da me non dovrai preoccuparti di nulla. »
Mi fa l'occhiolino e mi rivolge uno dei suoi sorrisi migliori per poi prendere un altro sorso del suo martini. Sembra molto convinto della sua offerta e credo che forse dovrei davvero accettare.

« D'accordo allora, accetto volentieri. Sei molto gentile con me, Richard. »

« Ma figurati, è un piacere, Ella. »
Sorride e finisce in un sol sorso il resto del drink ammiccando leggermente. È un gesto molto carino da parte sua, soprattutto non conoscendoci molto, in fin dei conti. Appena Audrey ne verrà a conoscenza, non potrà non gioire. Adora le Spa.

« Adesso si è fatto proprio tardi, che ne dici se torniamo a casa? » Domando sorseggiando il resto del mio drink avvertendo però una leggera fitta alla testa. Non ci faccio troppo caso, potrebbe benissimo essere l'alcol del mio cocktail, non sono neanche abituata a bere di pomeriggio. La mia espressione deve avermi però tradita perché Richard nota subito qualcosa che non va.

« Ella.. stai bene? » Mi chiede preoccupato aggrottando le sopracciglia.

« Sì, sì. Sto benissimo, andiamo? »

« Sì, ti accompagno a casa.»
Annuisce e lascia i soldi sul bancone per poi porgermi la mano. È molto galante, devo ammetterlo.
Senza ulteriori indugi, la afferro e lasciamo il bel locale insieme per dirigerci verso la sua macchina. Il tragitto è breve, e in men che non si dica, siamo già al mio appartamento.

« Grazie di tutto, Richard. Ti farò sapere per quanto riguarda la tua offerta. »

« Di nulla e conto che tu venga presto, mi raccomando. » Mi saluta con due baci sulle guance e aspetta che entri nel palazzo per poi sfrecciare via a tutta velocità.

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« Audrey! Ho una notizia grandiosa per te! » Urlo esaltata entrando come una furia nel soggiorno.

« E devi per forza urlare, Ella? Sto cercando di scegliere un outfit... »
Mi dice sporgendo la chioma bionda fuori dalla porta della sua camera. La raggiungo saltellando e le afferro le spalle.

« Andremo in una Spa! Non sei felice? »

« Davvero?! ODDIO CHE BELLO! » Saltella insieme a me entusiasta.

« È da una vita che volevo andarci! Ci serve un po' di relax! Ma dimmi... perché ci andiamo? »
Scoppio a ridere, in effetti mi stavo dimenticando di riferirle la parte fondamentale del discorso.

« Ricordi quel Richard di cui ti parlai? Bene, si è trasferito qui e ci siamo tenuti in contatto. Oggi mi ha offerto questo soggiorno e ha detto che avrei dovuto portare un'amica. Sono o non sono la migliore coinquilina del secolo?»

« Sì che lo sei! Non vedo l'ora di andarci e di conoscere questo famoso Richard. Che bello, Ella! »
Mi abbraccia felice e saltellante, davvero molto più esaltata di me all'idea del soggiorno. Avevo detto che amava le Spa.

Ricambio l'abbraccio e le sfodero il mio sorriso migliore lasciando che mi trascini in camera sua per aiutarla con la scelta del completo.
Passiamo più di un'ora a ridere e scherzare mentre le faccio provare gli abbinamenti più osceni e Audrey li indossa facendo una mini-sfilata ogni volta. Le giornate dovrebbero essere sempre così, spensierate e piene di risate, ma una nuova fitta alla tempia, mi ricorda che non sarò mai del tutto libera, che il pensiero di mia madre mi perseguiterà per sempre.
Non c'è speranza per me.













Angolo autrice:


Pubblico tardi oggi ma eccomi con un nuovo capitoletto. E' abbastanza di passaggio, lo ammetto, ma è necessario per farvi capire il resto della storia. Cosa ve ne pare per adesso? A mercoledì per il continuo.
Kisses.



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Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***


Ella's pov

La settimana mi è sembrata interminabile. Tra lavoro, studio ed università non ho avuto un attimo di respiro. Audrey alla fine ha ottenuto l'incarico come modella quindi è stata sommersa anche lei dagli impegni, ma finalmente il weekend è alle porte e ci aspettano due fantastici giorni di relax! Audrey è così su di giri che mi ha fatto preparare il piccolo bagaglio già il giovedì sera. É un caso perso...

La bionda, invece, ha intenzione di utilizzare due valigie enormi nonostante le abbia ricordato più volte che staremo via solo per un paio di giorni e che quelle sarebbero troppe anche per un trasferimento, ma ovviamente non mi ha dato ascolto. Abbiamo previsto la partenza per sabato mattina presto così da non perdere l'intera giornata.
Per il "viaggio", indosso una semplice t-shirt a maniche corte color pesca e un paio di jeans scuri insieme ai miei immancabili stivaletti neri. La mia amica invece ha optato per un vestitino, forse un po' troppo corto per i miei gusti, color celeste che si intona perfettamente ai suoi occhi.
Decidiamo di usare la macchina di Audrey perché è più grande della mia così da far entrare tutto ciò che la bionda si è portata dietro oltre a noi due.
Finalmente partiamo alla volta dell'Astoria Hotel con tanto di radio a tutto volume e finestrini aperti al massimo.
L'euforia della mia coinquilina a volte mi spaventa, per tutta la durata del viaggio, non fa altro che ripetermi quanto sia contenta di passare il weekend in pieno relax con me, quanto sia impaziente di conoscere il famoso Richard e anche di gettarsi nella Spa il prima possibile. Come darle torto!

« Abbassa un attimo il volume, mi sta squillando il telefono. »
Le urlo per sovrastare la musica mentre cerco il cellulare. Non so neanche come abbia fatto a sentirlo! Quando lo trovo, controllo il display prima di rispondere.

« Ehi Richard! Sì, stiamo arrivando, sì sappiamo dov'è non preoccuparti. A dopo, un bacio. » Attacco e ripongo l'aggeggio in tasca.

In meno di una mezz'ora, ci ritroviamo al di fuori dell'immenso hotel. Rimango a bocca aperta di fronte alla sua imponenza. L'esterno è molto promettente, ma in fondo è un albergo a cinque stelle che altro aspettarsi?
Un addetto ci accoglie e si premura di portare all'interno i nostri bagagli e ci chiede di seguirlo. Facciamo come ci dice e rimaniamo ancora più folgorate dall'arredamento e dall'ambiente in generale. È molto lussuoso ma non volgare, anzi, molto raffinato. Trasuda eleganza da tutti i pori.

« Wow, Ella è stupendo! »
Audrey è su di giri e lo sono anche io. Questo posto è fantastico! Facciamo per avvicinarci alla reception, quando una voce ormai familiare, richiama la nostra attenzione.

« Ella! Eccovi finalmente. Temevo vi avessero rapite lungo il tragitto. »

« Richard come sei amorevole..»
Lo prendo in giro e mi fiondo a salutarlo. È vestito di tutto punto con un completo blu scuro che gli calza a pennello. Non indossa la cravatta, ma la camicia bianca è molto elegante. Improvvisamente mi sento un po' fuori luogo ma poi mi ripeto che sono venuta qui per rilassarmi e scaccio via questo pensiero.

« Richard, vorrei presentarti la mia cara amica nonché coinquilina, Audrey Anderson. »

Mi volto nella direzione della bionda e... oddio no. Ha quello sguardo. Credo che sia rimasta molto colpita da Richard. È molto affascinante, come biasimarla.

« Piacere mio, Richard... »
Si presenta civettuola, porgendogli una mano che il proprietario si affretta a baciare. Alzo gli occhi al cielo divertita dalla situazione. Ne vedremo delle belle.

« Ella non mi aveva detto che la sua amica fosse tanto affascinante... »
Le rivolge un'occhiata eloquente e poi guarda anche me ammiccante.
Andiamo bene.
Audrey arrossisce leggermente e si arrotola una ciocca bionda tra le dita. Mi sento un po' la terza incomoda.

« Allora Richard, perché non ci fai fare un bel tour del tuo hotel? »
Li interrompo prima che la situazione degeneri davanti ai miei occhi guadagnandomi un'occhiataccia da Audrey.
Richard si sistema la giacca e annuisce, facendo un cenno al concierge dietro il bancone della reception. Ci mostra tutte le ale più importanti, compresa la Spa, e ci illustra le varie stanze. È tutto spettacolare, devo ammettere, e la mia amica ed io non stiamo più nella pelle.

« E questo è tutto, ragazze. Vi lascio al vostro soggiorno sperando sia di vostro gradimento. Ci vediamo dopo. »
Ci congeda educatamente con un sorriso sornione e sparisce in lontananza.

« Ella mio dio! Perché non mi hai detto che questo Richard è così sexy?! »
Ci risiamo. Alzo gli occhi al cielo ma poi scoppio a ridere per la sua espressione sbigottita.

« Si è molto carino ma.. non me l'hai mai chiesto! Lo sai che non faccio caso a queste cose... »

« Ella smettila di dire stronzate, per favore. Sei cieca! Ecco qual è il problema. » Incrocia le braccia al petto scuotendo vigorosamente la testa in disappunto.

« Dai, Audrey... godiamoci la giornata e lasciamo perdere questo discorso.» Le afferro un polso e la trascino nella nostra camera. É giunta l'ora del relax!

Venti minuti dopo, siamo piacevolmente immerse in una piscina con acqua calda e con l'idromassaggio che ci accarezza energicamente la schiena. A rovinare questa magnifica sensazione, è una forte fitta alla tempia seguita da un giramento di testa improvviso. Ok, manteniamo la calma, sarà per il calore eccessivo dell'acqua(?)

« Audrey, aspettami qui vado a prendere un po' d'aria...»
Devo essere molto pallida perché la bionda si alza di scatto, subito dopo di me, e la sua espressione trasuda preoccupazione da tutti i pori. Non voglio farla agitare per una sciocchezza simile, quindi le faccio un cenno fugace con la mano e mi affretto ad uscire dalla piscina avvolta dall'accappatoio fornitoci dall'hotel.
Scappo praticamente fuori dalla Spa, ma Richard mi sbarra la strada. Da dove è spuntato fuori?

« Ella va tutto bene? Sei pallida.. »
Mi afferra per le spalle scrutandomi attentamente ma sono troppo scossa per rispondergli. La testa gira veramente parecchio. Dopo pochi secondi ci raggiunge anche Audrey, ansiosa più che mai.

« Che cos'ha? »
Chiede la bionda rivolta a Richard, neanche fosse un dottore. Egli guarda prima la mia amica e poi me. Entrambi si aspettano una mia risposta, ovviamente.

« Credo che il calore mi abbia fatto girare la testa... »

« Ti si sarà abbassata la pressione... Dai vi accompagno in stanza, un po' di riposo ti farà bene. »
Annuiamo e mi scortano entrambi praticamente fin dentro il letto. Sono davvero così preoccupati?

« Ragazzi sto bene... grazie mille per avermi accompagnato, adesso tornate pure a ciò che stavate facendo... su.. » Li congedo con un cenno della mano ma entrambi mi guardano accigliati dall'alto. Cosa si aspettano che dica?

« Ella... dovresti farti controllare, non credi? Non hai per niente un bell'aspetto. » Constata Audrey incrociando le braccia sotto al seno guardandomi storta.

« Vi ho detto che sto bene, sarà stata l'acqua bollente. Adesso fatemi dormire...»
La modella sta per aggiungere altro ma Richard la interrompe con un gesto della mano.

« Ha ragione, lasciamola riposare.. » Porge la mano ad Audrey che improvvisamente, chissà perché, sembra aver cambiato totalmente opinione.

« Sì, andiamo... » Mi lanciano un'ultima occhiata e finalmente mi lasciano sola nel comodissimo letto dell'hotel.
In realtà vorrei alzarmi, ma la stanchezza me lo vieta e in men che non si dica, crollo in un sonno profondo.




















Angolo autrice:


Come ogni mercoledì, eccovi un capitolo nuovo di zecca nel quale Audrey ed Ella si concedono una giornata di relax. Ma cosa succede alla nostra Ella? Perché sta male? E Richard? Come vi sembra?
Nel prossimo capitolo forse troverete le risposte ad alcune di queste domande.
Kisses.

Ps: Recensite per farmi sapere cosa ne pensate!

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Capitolo 7
*** Capitolo 6 ***


Ella's pov

Sono passate due settimane dal mancamento che ho avuto all'Astoria di Richard. Inizialmente, dopo una bella dormita, sembrava andasse meglio, ma mi sbagliavo ed i sintomi sono riapparsi sempre più frequentemente. Dovrei preoccuparmi per la mia salute, come i miei amici, ma non reputo che stia morendo!
Essi non sembrano essere d'accordo con me, infatti, mi hanno vietato di andare a lezione/lavoro per tutta la settimana.
Che noia.
Ho deciso quindi di approfittarne per portarmi avanti con la stesura della tesi della laurea, ma dopo qualche ora, ho dovuto abbandonare per mancanza di concentrazione. Questi giramenti di testa mi destabilizzano, e non poco, anche se cerco di non darlo troppo a vedere. Audrey mi sta addosso come un falco. Mi lancia ogni minuto un'occhiata per controllare che stia bene e che non abbia altri strani mancamenti. Ma come devo convincere tutti che sarà sicuramente una sciocchezza? Uffa, nessuno sembra darmi ascolto.
Sbuffando, metto via il portatile, scarico tra l'altro, e afferro l'album da disegno sul tavolino che mi separa dalla televisione. Mi sistemo meglio sul divano e sfoglio i precedenti schizzi. Non mi convincono del tutto, ma neanche il tempo di rifletterci su che Audrey mi piomba alle spalle.

« Hai fame? Ti porto qualcosa da bere? La testa come va..? » Chiede apprensiva dedicandomi un sorriso tirato.

« Audrey sembri proprio una mamma chioccia, ma non devi preoccuparti per me. Sto benissimo! Non dovevi andare a lavoro tu? »

« Sì infatti! Ma non crederai che ti lasci da sola vero? » Il suo tono trionfante mi lascia perplessa. Che vuole dire?

« Ho chiamato Sebastian che però era impegnato, quindi ho contattato Richard che sta venendo proprio adesso, così può farti compagnia! »

Sbuffo sonoramente alzando gli occhi al cielo. Non sono una bambina!

« Ma Audrey dai! Quel povero Sebastian praticamente passa le giornate qui, adesso hai assoldato pure Richard? Ti sembra una cosa normale?! » Incrocio le braccia al petto, in disappunto, proprio come se fossi una bimba capricciosa.

« Smettila di fare storie e sta zitta. Tanto a breve sarà qui. »

Sorride come un'ebete e so perfettamente perché. Mannaggia a me che le ho presentato quell'uomo! Non fa altro che parlarmene da quando siamo andate al suo hotel un paio di settimane fa. Si è proprio infatuata di lui...

« È tutta una scusa per vederlo, in realtà non ti importa nulla di me! » Le dico con finta teatralità portandomi anche una mano alla tempia. La bionda ride e si catapulta sul divano per abbracciarmi.

« Non dire scemenze sai che ti adoro e che ti voglio tanto tanto bene per questo non voglio che tu stia male. Ma è vero anche che Richard è proprio un dio greco! Ahhh »

Sospira con aria sognante ed io non posso evitare di ridacchiare alla sua reazione. Richard è davvero un bel ragazzo, posso capire benissimo la mia amica, e si è rivelato essere anche un buon amico. È passato spesso a trovarmi per sapere come stessi e abbiamo legato molto nell'ultimo periodo.

In meno di dieci minuti, ci riscuotiamo dal torpore nel quale eravamo entrambe cadute, a causa del suono del campanello. La mia coinquilina ovviamente si precipita ad aprire, dopo essersi controllata prima allo specchio. È troppo buffa quando vuole fare colpo su qualcuno!

« Buongiorno, Audrey. » Posso solo sentire la voce del mio amico risuonare nell'appartamento, essendo sul divano di spalle all'ingresso.

« Ciao Richard, entra pure ti stavamo aspettando... » Lo saluta lei, allegra come una Pasqua. Giro leggermente il collo per vederli e accenno un sorriso nella loro direzione.

« Come sta la nostra malata oggi? » Si affrettano a raggiungermi sul divano così posso avere una visuale di entrambi davanti alla mia persona.

« Ciao Rick! Sto benissimo, ve l'ho detto...Se solo dormissi un po' in più, sarei ancora più in forma! » Sorrido sorniona per convincerli, ma fallisco miseramente. Scuotono entrambi la testa lanciandosi un'occhiata complice.

« Ella fa la brava... Adesso vado a lavoro, a dopo! » Si congeda Audrey salutandomi con un bacio sulla guancia, e con questa scusa, ne approfitta per darne uno anche a Richard che non sembra affatto dispiaciuto. Chi lo sarebbe, in fondo?

« Allora, Ella. Adesso puoi dire la verità. Come ti senti? » Mi chiede più serio rispetto a pochi secondi fa, prendendo posto accanto a me sul divano. Sposto l'album da disegno e lo lascio fare.

« Richard dai... Ti ci metti anche tu? »

« Sono tuo amico, è normale che mi preoccupi, però sono anche meno drammatico di Audrey quindi puoi parlare con sincerità con me. » Cerca di guardarmi in viso ma io abbasso lo sguardo sul pavimento. So di non avere nulla di grave, ma allo stesso tempo questi "malori" mi stanno un po' preoccupando. Dovrei dirlo a Richard?

« Ok, va bene. Non sto al cento per cento ma non sto neanche morendo. Contento?» Lo guardo sorridendo falsamente, ma lui scoppia a ridere.

« Sei incredibile... io ti consiglierei di andare da un medico, per sicurezza. »

« Un dottore?! No! Non vado dai medici io... Pff. »

Scoppia ancora più a ridere per la mia espressione sconcertata ma poi, come colto da un'improvvisa ispirazione, mi espone la sua proposta.

« Ho un amico che è un medico, potrei chiedere a lui di darti un'occhiata, che ne pensi? » Sorride contentissimo, come se avesse avuto l'idea del secolo.

« Non se ne parla proprio. » Gli lancio un'occhiataccia, non andrò da nessun dottore.

Passiamo una buona mezz'ora a discutere, ma alla fine accetto per sfinimento. Non lo sopportavo più!

« Va bene ci vengo! Che palle però...»

« Bravissima! Stasera lo chiamo e fisso un appuntamento per te. Vedrai che non te ne pentirai. » Sorride entusiasta e si alza per fare un thè caldo ad entrambi.

Speriamo di aver fatto la scelta giusta...

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La giornata è passata tranquillamente con pochi giramenti di testa. Richard è andato via dopo pranzo, a causa di un improvviso meeting, ricordandomi che avrebbe chiamato il suo amico in serata e che mi avrebbe fatto sapere dopo.

Il pomeriggio l'ho trascorso, invece, con Sebastian che era preoccupato per la mia salute ed era sollevato nel sapere che sarei andata da un medico presto. Si è anche proposto di accompagnarmi e non sono riuscita proprio a dissuaderlo. Audrey, una volta saputa la nuova, ha fatto letteralmente i salti di gioia tessendo le lodi del suo Richard...
Come promesso, quest'ultimo mi ha poi chiamato dopo cena e mi ha comunicato di aver parlato con il suo amico che ha accettato di vedermi. Trattandosi di un favore, dovrò recarmi il giorno successivo al di fuori dell'orario di visite, ma non è un problema per me.

La mattina seguente mi sveglio scombussolata e da una parte sono contenta di aver accettato di farmi visitare, almeno capirò cosa mi affligge da settimane. Sebastian mi verrà a prendere verso le sei di pomeriggio poiché "l'appuntamento" è fissato per le sette e trenta di sera, salvo imprevisti. Rimango in uno stato d'ansia per tutta la giornata, temendo l'imminente consulto. Non vado da un dottore da anni, l'ultima volta sarà stata da bambina è normale un po' di nervosismo, no..?
Tormentandomi mentalmente per tutto il pomeriggio, il messaggio di Bas mi mobilita all'istante. È ora di andare.
Il viaggio dura un'oretta e arriviamo puntuali, forse troppo, all'esterno del palazzo che ospita lo studio. Si vede che è un'occasione speciale, siamo super in orario! Sebastian mi ha promesso di attendere in macchina, mi metterebbe solo più a disagio se mi scortasse dentro, così mi affretto a salutarlo e mi avvio all'entrata. Una terribile sensazione di panico prende possesso del mio corpo non appena varco la soglia del palazzo. Proprio non mi piace andare dai dottori, sarà la prima e ultima volta, ho deciso!
Prendo un respiro profondo e faccio appello a tutto il mio buon senso per bussare. Una voce maschile mi da il permesso di entrare, così afferro la maniglia e apro lentamente la porta per non fare rumore, è tutto troppo silenzioso qui. Ho intenzione di salutare, ma le parole mi muoiono in gola non appena i miei neuroni captano l'immagine che mi si presenta davanti.

Non è possibile, non può essere vero.













Angolo autrice:

Sabato means nuovo capitolo quindi eccomi qui!
Ella si è finalmente decisa a farsi controllare da un dottore grazie al nostro bel Richard. 
Curiosi di sapere cosa succederà? Lo scoprirete mercoledì.
Kisses


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Capitolo 8
*** Capitolo 7 ***


Devon's pov

L'atmosfera che si respira negli ospedali è sempre molto pesante. Non sai mai cosa può succedere, c'è confusione, tensione, impazienza. Eppure è il mio habitat, non saprei immaginarmi in nessun altro posto che non sia questo. I miei genitori, inizialmente, non prediligevano questa mia aspirazione ma alla fine hanno dovuto accontentarsi. I rapporti si sono poi incrinati a causa di ciò che è successo, favorendo il mio allontanamento dalla mia città natale. Non sono americano, sono nato a Londra in Inghilterra, ma ho sempre viaggiato molto per la mia professione fino a stabilirmi a New York definitivamente.

Le settimane sono passate come al solito, scandite dalla monotonia della solita routine ad eccezione di una visita a sorpresa, non me l'aspettavo affatto. Il mio unico migliore amico è tornato nella grande mela e non è di passaggio, bensì, si è trasferito proprio qui. Non potrei essere più contento, finalmente un viso amico dopo tanto tempo. Egli mi è stato vicino, pur non essendoci fisicamente, quando ne avevo più bisogno e viceversa. Ci conosciamo da anni, è come un fratello per me.

In settimana abbiamo avuto modo di vederci così da salutarci a dovere. Mi ha raccontato le sue ultime novità, abbiamo parlato del più e del meno proprio come una volta. È stato un pomeriggio diverso e ho avuto modo di staccare la spina per qualche ora. Come sempre, parlare con lui mi ha fatto bene e non potrei essergliene più grato.
Stranamente, ricevo una sua chiamata ieri sera sul tardi nel quale mi chiedeva se fossi libero per visitare una sua amica l'indomani. Beh, non ho nessun problema a farlo, più tempo passo fuori casa, meglio è, perciò non mi sono fatto scrupoli ad accettare, purché la faccia venire al di fuori dell'orario di visite.

La mattinata procede come al solito, senza troppe emergenze e per ora di pranzo sono già fuori dal Lennox per fare uno spuntino e poi recarmi direttamente al mio studio per le visite private.

Sono le diciannove e trenta in punto, l'ultimo paziente è andato via proprio adesso e non mi resta che attendere l'amica di Richard. Mi accomodo sulla poltrona e mi stendo leggermente. Sto per chiudere le palpebre quando un leggero bussare alla porta mi riporta sull'attenti.

« Avanti. »
La invito ad entrare aspettando che si faccia viva rivelando la sua identità. Non appena la porta si apre, le mie pupille catturano incredule l'immagine della ragazza.

Non ci posso credere. Ma davvero il destino è così bastardo? Ma che razza di problemi ha con me? Non mi ha fatto già male abbastanza? La risposta è ovviamente negativa.
La osservo sulla soglia per attimi che sembrano interminabili e noto che è sotto shock come me. È immobile sul suo posto con la mano a mezz'aria e la bocca leggermente schiusa per la sorpresa.
Come darle torto.

« Entra pure, accomodati. »
Rompo il silenzio imbarazzante che si è venuto a creare accompagnando le mie parole con un gesto della mano.
La fanciulla si riscuote dalla paralisi momentanea e fa qualche passo nella mia direzione accomodandosi sulla sedia posta dall'altro lato della scrivania. I suoi occhioni blu sono spaventati, come l'ultima volta che li ho incrociati, e si guardano intorno agitati per poi puntarsi su di me.

« Ehm.. Richard mi ha consigliato di venire da lei... » Pronuncia le sue prime parole, finalmente, usando un tono troppo formale. Ci siamo già dati del tu, perché fare un passo indietro ora?

« Puoi darmi del tu. Sì, mi ha chiamato ieri per avvertirmi. Come lo conosci? » Sono davvero curioso di sapere come si sono incontrati per diventare tanto amici, forse escono insieme? Nhaa, Rick me l'avrebbe detto sicuramente.

« Giusto, va bene. Ci siamo conosciuti tempo fa nel negozio nel quale lavoro. Tu come lo conosci? »

« Siamo amici da molto tempo, ma parlami pure di cosa ti senti, di cos'hai.. »
Mi sistemo il camice appoggiando i gomiti sulla scrivania.

« Ho dei forti giramenti di testa da un mesetto almeno, se non di più, e delle fitte alla tempia, soprattutto la mattina appena sveglia.. »
Abbassa lo sguardo come se si fosse appena tolta un peso dalle spalle. Sembra sollevata.

« Prendi qualcosa? Qualche farmaco? »
  Le domando mentre mi annoto ciò che mi dice.
« No... Sì, solo la pillola anticoncezionale. »
  Asserisce torturandosi la manica del giubbotto. È a disagio, ma lo sono quasi tutti i miei pazienti di solito.

« Bene, adesso ascolto il cuore e misuriamo la pressione per vedere com'è, va bene?»
Annuisce flebilmente mentre mi alzo dalla mia postazione. Le faccio cenno di accomodarsi sul lettino e levarsi il giubbotto. Afferro lo stetoscopio e infilo le estremità nelle orecchie. Mi avvicino con la sonda al suo torace ma è evidente che è in preda al nervosismo.

« Sei agitata, E-Ella...(?) » Fingo di non ricordarmi il nome, anche se non potrei mai dimenticarlo, ma non è necessario che lei lo sappia. La mora conferma con un cenno della testa e mi guarda terrorizzata.

« Non mi piacciono i dottori, mi mettono ansia. » Risponde quasi sottovoce.
Mi viene da ridere per il tono che ha usato, ma mi trattengo sorridendo appena.
« Ho notato, ma se vuoi farti aiutare dovrai collaborare... » Alza gli occhi al cielo e prende un grosso respiro per calmarsi.
Le controllo il cuore e sembra che funzioni perfettamente.

« Ok, adesso ti misuro la pressione. » Mi allontano per prendere lo strumento, posizionandoglielo sul braccio. Mentre la visito, mi lancia delle occhiate di tanto in tanto cercando di non incontrare il mio sguardo. Sta mettendo ansia anche a me in questo modo.

« Sembri sana come un pesce per il momento, sicura di non aver sbattuto la testa inciampando in qualche tombino? » Non posso proprio trattenermi dal fare la battuta, ma sembra che lei non abbia apprezzato particolarmente.

« Ma che simpatico... ti assicuro che non passo le giornate ad inciampare in giro... » Alza gli occhi al cielo e scende dal lettino sistemandosi la maglia e la frangia.

« Abbiamo finito? » Si siede nuovamente sulla sedia risistemandosi, cambiando subito argomento.

« Si abbiamo finito. Ti prescrivo una serie di analisi ed esami da fare e quando avrai i risultati tornerai da me, intesi? » Le spiego mentre le faccio le varie prescrizioni osservandola di sottecchi.
A quanto pare non mi libererò facilmente di lei.

Ella's pov

  Quando apro la porta, il mio corpo si pietrifica letteralmente sull'uscio. Come è possibile rincontrare l'uomo che ti ha salvata per caso da una brutta caduta in uno studio medico? Le probabilità erano quasi nulle, eppure. Conosce anche Richard poi! Che situazione incredibile.

Resto per un tempo infinito a fissarlo finché non mi invita ad entrare e così mi siedo titubante. L'ansia sembra peggiorare man mano che passa il tempo. È troppo strano, mi sento veramente a disagio. Per fortuna non impiega molto a visitarmi ma ovviamente si accorge della mia agitazione.
Sbaglio o mi sta per ridere in faccia quando gli dico che non mi piacciono i dottori?
Gli lancio occhiate furtive per tutto il tempo, controllando ciò che fa per capire meglio. Quasi sobbalzo quando mi appoggia la sonda gelata sul petto e lui se ne accorge perché trattiene un sorrisetto. Mi sta innervosendo ancora di più.
Quando pronuncia il mio nome ho un sussulto. Se lo ricorda...? Pensandoci anche io ricordo il suo ma dal nostro primo incontro, mi era sembrato molto più freddo e distaccato.  Mi rimangio tutto, la battuta sul tombino poteva risparmiarsela...

« Bene, allora farò queste analisi... » Afferro il foglio delle prescrizioni e quasi non mi viene un infarto. Ma a quanti esami mi dovrò sottoporre..?

« Puoi farli tutti in ospedale. Ti do il mio biglietto da visita così, a risultati ottenuti, possiamo metterci d'accordo per la prossima visita. » Mi allunga il bigliettino plastificato con i suoi dati che mi affretto ad afferrare.

« Sei un cardiochirurgo..? » La domanda mi esce quasi spontanea ma avrei voluto pronunciarla con meno stupore. Alzo lo sguardo su di lui che subito annuisce.

« Sì, esatto. Tu lavori, quindi? » Mi domanda accomodandosi sulla poltrona.

« Sì... ma studio anche. Frequento un'accademia d'arte. » Ma perché stiamo parlando di questo adesso?
« Oh sei un'artista... » Accenna l'ombra di un sorriso ma veniamo interrotti da una voce femminile che irrompe nella stanza.

« Dottor Reinfield... »
Ci giriamo entrambi nella direzione della porta. Una ragazza dai capelli e occhi scuri in divisa sosta sulla soglia.

« Rose, sono ancora con una paziente. » Risponde secco Devon, senza scrupoli.
« Oh mi scusi, dottore... non volevo. Pensavo avesse finito per oggi..»  Si scusa mortificata, neanche avesse ucciso qualcuno.
  Allora non sono l'unica che si sente intimorita al suo solo sguardo.

« No, non preoccuparti me ne stavo andando. » Intervengo, afferrando il bigliettino e riponendolo nella mia borsa per poi infilarmi il giubbotto.
Devon si alza subito dopo di me lanciandomi un'occhiata interrogativa per poi accompagnarmi alla porta. Rose è ancora li immobile con le guance più rosse di due pomodori.

« Aspetto una tua chiamata, allora. Ti auguro una buona serata. »
Mi congeda con quest'ultima frase Mr. Occhi di ghiaccio.

« Sì, alla prossima e grazie, ancora... » Marco volontariamente l'accento sull'ultima parola, salutandolo con un sorriso per poi allontanarmi definitivamente da quello studio. Sono parecchio scossa da tutti questi avvenimenti, infatti, Sebastian se ne accorge appena metto piede in macchina. Ma non mi va di parlarne adesso, così gli rivelo il minimo indispensabile sulla via del ritorno, mentre rifletto sulla grandiosità del destino.


























Angolo autrice:

Sorpresa! Pubblicazione del capitolo anticipata dato che domani non sarò a casa per tutto il giorno. Finalmente abbiamo l'incontro dei Della ( Sì, hanno già il nomignolo ) e scopriamo qualcosa in più su Devon, ma non è finita qui, ovviamente.
Basta, non voglio dirvi nient'altro, a sabato.
Kisses.

Ps: Dai recensiteeeeeee!


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Capitolo 9
*** Capitolo 8 ***


Ella's pov

Torno a casa sfinita. È proprio vero che le cose succedono tutte insieme e senza il minimo preavviso. Mi sento parecchio confusa e non è mai un buon segno.
Lungo tutto il viaggio di ritorno, non proferisco parola, troppo intenta a fissare il biglietto da visita plastificato:

"Dottor. Devon Connor Reinfield
Primario di cardiochirurgia presso il Lennox Hill Hospital."

Di seguito sono indicati il suo numero di cellulare e quello che presumo sia dello studio privato.
È giovanissimo, non gli darei più di trent'anni, ed è già primario. Dev'essere proprio bravo per essere arrivato così in alto rapidamente.

« Ella, vuoi dirmi cosa è successo in quello studio? Sei troppo silenziosa, di solito mi riempi la testa di chiacchiere. » La voce di Sebastian, alla guida, mi risveglia dal mio momentaneo stato di trance e mi affretto a riporre il cartoncino nella borsa.

« Nulla di importante. Lo sai che non mi piace farmi visitare dagli estranei, per questo sono silenziosa. » Che poi proprio estraneo non è, è un dettaglio che terrò per me almeno fino a quando non avrò parlato con Richard.
Sorrido leggermente al mio amico, sperando di tranquillizzarlo un po'. Mi dispiace tanto aver coinvolto tutti loro in questa storia e ancora di più il loro preoccuparsi tanto a causa mia.

« Allora, come procedono i preparativi per il tuo spettacolo? Sei emozionato? » Cambio argomento per distogliere l'attenzione da me e colpisco nel segno perché Sebastian si diletta nel raccontarmi i dettagli.

« Procede bene, anzi benissimo, ma com'altro poteva essere con me al comando? » La sua modestia mi fa sempre ridere. È incredibile quanto riesca ad elogiarsi da solo quel ragazzo!

« E che mi dici di quel tipo..? Jefferson? Ci sei più uscito alla fine? » Mi appoggio meglio sullo schienale voltandomi cautamente nella sua direzione per ascoltare meglio. Egli mi fa un occhiolino che la dice lunga e capisco che l'appuntamento dev'essere andato più che bene. Sebastian è omosessuale e non l'ha mai nascosto, anzi. Adora scherzarci su ma so che i genitori non devono averla presa bene. Per adesso ha chiuso con loro, anche se ogni tanto cerco di smuoverlo affinché superi gli attriti e parli con loro. Bas è francese, precisamente parigino, e proviene da una famiglia benestante, ma la lontananza dalla patria, non aiuta il superamento di queste incomprensioni, purtroppo.


Una mezz'ora dopo sono finalmente di ritorno a casa. Saluto Sebastian con due baci e un abbraccio e mi affretto a salire dalla mia coinquilina preparandomi psicologicamente al suo terzo grado.

« Audrey sono a casa! » Ripongo le chiavi nella borsa che lancio poi sul divano e subito una testolina bionda fa capolino dalla cucina. Ditemi che non sta cucinando...

« Ellaaaa! Sei tornata finalmente! Come è andata? Che ti ha detto? Cos'hai? » Mi trattengo dal riderle in faccia, ma è davvero troppo buffa e dolce quando si preoccupa tanto e fa la parte della mammina apprensiva.

« Mi ha detto che devo fare degli esami ma che sembro stare bene... » Le comunico tornando verso la borsa per afferrare il cellulare. Ho una chiamata da fare.

« E che tipo di esami sono? Quando li farai? » Mi chiede tornando verso la cucina e armeggiando con chissà quale povero utensile.

« Comunque ti ho preparato una cena squisita! » Urla dall'altra stanza per farsi sentire e sgrano subito gli occhi. Non credo di poter reggere anche la sua cucina stasera...

« Devo preoccuparmi? Sicura che non mi vuoi avvelenare? Comunque devo fare una telefonata prima... » Recupero il telefono e mi reco nella mia stanza chiudendomi al suo interno.

« Mia adorata Ella, sei andata dal dottore? » La voce di Richard risuona chiara dal ricevitore.

« Sì, Rick sono appena tornata a casa... »

« Bene! E cosa ti ha detto? » Sospiro pensierosa. Non so se raccontargli tutta la storia o tacere, ma a qualcuno devo pur dirlo!

« Ella... non costringermi a chiamare direttamente lui, su. » Questa sua frase mi da l'input per iniziare.

« Certo, siete tanto amici. Vi conoscete fin da piccoli, eh? »

« Sono lusingato che abbiate parlato di me, ma vorrei sapere della tua salute se non ti è troppo difficile dirmi qualcosa. » Il suo tono sarcastico e leggermente irritato mi fa sorridere.

« In realtà sono stata più sorpresa di constatare che avevo già incontrato il tuo amico.... Comunque devo fare degli accertamenti. » Mi mordo il labbro istintivamente. Sembrano passare secoli prima di udire nuovamente la sua voce.

« No, aspetta. Mi stai dicendo che tu e Devon vi conoscevate già? Questa sì che è bella! » Scoppia a ridere e quasi mi rompe un timpano.

« Conoscere forse è esagerato.. diciamo che ci siamo visti una volta di sfuggita...»

« Deve averti colpito parecchio per ricordartelo, Ella. Eh eh quel vecchio marpione che non è altro. » Sogghigna divertito. Ma cosa dice! Non sa tutta la storia.

« Richard dai! Sono caduta e mi ha aiutata, fine della storia. Me lo ricordo per questo. » E per quello sguardo che ha. Non ho ancora ben capito se mi affascina o se mi intimorisce. Forse entrambe le cose.

« Certo certo, ed io sono un unicorno! Puoi anche ammettere che il dottore sa il fatto suo in quanto a fascino. » Che cosa vorrebbe insinuare? Quel pervertito...

« E allora? Lasciamo stare, Richard. Ho una "splendida" cena che mi aspetta. » Alzo gli occhi al cielo pensando al mio povero stomaco.

« Continua pure a negarlo. Buona cena, ci sentiamo domani. » Lo saluto e finalmente riaggancio. Mi lascio sprofondare nel mio letto sentendomi un po' meglio nell'essermi tolta un peso. Dovrei dirlo anche ad Audrey. Merita di sapere anche lei.

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« Sai Audrey, non sono male questi maccheroni al formaggio che hai preparato. I miei complimenti. » Si è davvero superata stasera! Dovrei farla preoccupare più spesso se sono questi i risultati in cucina.

« Grazie, ci tenevo a fare qualcosa di buono per la mia malata preferita. » Sorride e fa per alzarsi. La blocco con un gesto della mano.

« Non ti ho detto tutto prima, sulla visita di oggi...» Le confesso torturandomi il labbro inferiore con i denti.

« Che cosa è successo...? » Mi domanda allarmata.

« No, niente. Stai tranquilla. » La rassicuro e poi le racconto tutto per filo e per segno, dall'incontro causato dal tombino, ai miei pensieri, al suo offrirmi la colazione, al fatto che fossimo entrambi sorpresi di rincontrarci nello studio. Tutto.

« Wow Ella. Sembra quasi un film sentito raccontare così. Ma dimmi, è un bell'uomo? » Alzo nuovamente gli occhi al cielo. Possibile che si soffermino tutti su questo?

« Audrey, dai... É il mio medico adesso. »

« E quindi? Non credo che ciò lo imbruttisca. » Trattiene una risatina sorridendo sorniona.

« Va bene, va bene è un bell'uomo, contenta? » Ammetto sconfitta. È affascinante, non ci sono dubbi, ma questo non c'entra nulla con il mio discorso.

« Ella, Ella, Ella... devo insegnarti tutto. Voglio conoscere questo dottore sexy! » Sbarro gli occhi. Ma che si è messa in testa?

« Audrey ti prego! Lasciamo stare, per favore. Sono già abbastanza confusa di mio. »

« Confusa in che senso? Anzi, perché? » Ed eccola la domanda che aspettavo e alla quale non so dare una vera e propria risposta.

« In senso che... non lo so, è strana tutta questa storia ma sono io che mi faccio mille pippe mentali come sempre. » La vedo accigliarsi per poi alzarsi e abbracciarmi forte.

« Non essere confusa, a volte è il destino che ci mette lo zampino. Dopo questa perla di saggezza, credo proprio che andrò a dormire... » Sorride e mi lascia un bacio sulla guancia.

« Ti voglio bene. »

« Te ne voglio anche io... » Le rispondo sorridendo leggermente. Forse ha ragione, è stata solo una coincidenza e non devo pensarci più. Ma come posso riuscirci? Perché ha finto di non ricordarsi il mio nome? Cosa nasconde il suo sguardo intimidatorio e distaccato?
Sospiro e appoggio la testa sul tavolo sfinita. La vita sa essere davvero complicata alle volte.

Devon's pov

Rose, la mia assistente, irrompe nella stanza senza neanche bussare. Quante volte le ho detto di annunciarsi prima di entrare? Le rivolgo uno sguardo truce, lo ammetto, ma Ella salva la situazione congedandosi fugacemente. In pratica è scappata a gambe levate dal mio studio. La osservo confuso sulla soglia, augurandole una buona serata. Certo che quella ragazza è strana forte...
Scuoto la testa e mi accorgo che Rose è ancora accanto a me, imbarazzata come non mai.

« Puoi andare, ma la prossima volta ricordati di bussare. Lo sai che non mi piace essere interrotto durante le visite private. » La ragazza annuisce e sparisce all'orizzonte alla velocità della luce. E dire che non mi sono neanche incazzato questa volta! Lascio correre e rientro nel mio studio pronto a tornare a casa.
È stata una giornata piena di sorprese quella di oggi, sono successe fin troppe cose inaspettate e non vedo l'ora di stendermi a letto. Mi spoglio del camice e indosso il mio giubbotto recuperando poi le chiavi della macchina.
In mezz'ora sono al mio appartamento. Parcheggio la mia automobile sportiva e mi affretto ad entrare all'interno. Neanche il tempo di spogliarmi che avverto il telefono vibrare nella mia tasca. È Richard. Di sicuro vorrà sapere come è andata la visita medica alla sua amica.

« Non ci credo, conoscevi già Ella! Sono sbalordito. » Ah mi sbagliavo, Ella deve avergli fatto il resoconto prima che potessi farlo io.

« Mi stupisce sempre di più la tua capacità di sapere così in fretta le cose, Rick. » Non lo ammetterebbe mai, ma sa essere un tantino pettegolo quando si mette d'impegno.

« Pensavo che non ti sorprendessi più delle mie capacità, caro Devon. » Lo sento ridacchiare e capisco che è fin troppo divertito dalla situazione.

« Ed invece... Per caso c'è qualcosa che non so e che dovresti dirmi? » Mentre attendo che risponda, raggiungo la cucina e apro il frigorifero. Mangerò qualcosa prima di andare a dormire.

« Vuoi sapere se esco con Ella? Ah! Ma che furbacchione che sei! Comunque no, puoi stare tranquillo. » Non posso vederlo ma sono certo che stia sorridendo. Alzo gli occhi al cielo.

« Sei un idiota. Non mi chiedi mai dei favori di questo tipo. Tutto qui. » Contraggo la mascella duramente. Sa cosa ho passato, perciò le sue insinuazioni sono fuori luogo oltre che sa anche come la penso sulle relazioni e mi ha sempre detto che è d'accordo con me.

« Hai ragione in effetti. Comunque è una cara amica, tutto qui. » Asserisce convinto. Il suono del campanello mi distrae dalla conversazione.

« Richard, adesso devo andare. Ci sentiamo presto, buonanotte. » Mi augura anch'egli lo stesso prima di riattaccare. Mi dirigo a passo svelto alla porta e la apro.

« Ciao, entra pure. Non ti aspettavo oggi.»

La accolgo nella mia dimora spostandomi per farla entrare, sperando che riesca a farmi dimenticare per qualche ora le mie sofferenze.
























Angolo autrice:


Buon pomeriggio, miei adorati lettori. Come state? Vi sta piacendo la storia? Vi siete fatti qualche ipotesi?
In questo capitolo, abbiamo una Ella più confusa che mai e il nostro Devon che interagisce con una figura misteriosa. Chi sarà?
Lo scopriremo mercoledì!
Kisses.

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Capitolo 10
*** Capitolo 9 ***


Ella's pov

« Papà, voglio andare con Derek in spiaggia, dai! Ho diciott'anni ormai, sono grande abbastanza. Tornerò per cena, promesso. » Mi lascio le urla di mio padre alle spalle ed esco da casa mia alla velocità della luce. Durante il tragitto ricevo una chiamata da mia madre.

« Ella, perché sei andata via così?! Tuo padre è uscito subito dopo di te, perché volete lasciarmi tutti da sola? Perché? »

« Mamma, tornerò stasera non sono scappata via per sempre. » Alzo gli occhi al cielo. Ma perché non mi lasciano vivere la mia vita in pace?

« Ella! Ti prego torna, non lasciarmi sola. Torna. »

« Lo farò stasera, a presto. » Attacco la chiamata velocemente e mi godo il pomeriggio in compagnia del mio caro amico Derek.

« Ella sei arrivata finalmente! Temevo non venissi più! » Mi circonda le spalle con un braccio sorridendo sornione.

« Non mi sarei persa questa festa per niente al mondo, Derek! » Insieme ci incamminiamo per raggiungere gli altri.
Al termine dei festeggiamenti saluto tutti e mi infilo in macchina per tornare a casa.

È tutto silenzioso e le luci sono spente. L'aria è tesa e sembra quasi pesante, soffocante direi. Mi inoltro e chiamo a gran voce mia madre ma non ricevo risposta.

« Mamma? Mamma sono a casa. » Salgo velocemente le scale, magari è sul letto a riposare. Apro la porta e la scena che mi si presenta davanti è agghiacciante. Mia madre giace esanime sul freddo pavimento della sua camera. C'è sangue dappertutto, un conato di vomito mi sale spontaneo ma riesco a reprimerlo. Mi accascio accanto a lei, prendendole la mano ma non riesco ad urlare. Piango silenziosamente per un tempo che sembra interminabile. C'è una pistola accanto a lei e ha una grossa macchia di sangue nel punto in cui si trova il cuore. Si è tolta la vita, è stata lei ad andare via per sempre.

Mi sveglio di soprassalto, mettendomi seduta sul letto. Ho avuto un incubo. Ricordi di quella notte continuano ad assillarmi facendo emergere i miei sensi di colpa. Se non me ne fossi andata via non sarebbe successo, è colpa mia.
Scanso le coperte e mi alzo, infilandomi le pantofole e legandomi i capelli. Sono spossata, stanca e assetata così mi dirigo in cucina per bere un po' d'acqua fresca. È proprio quello che ci voleva, mi sento già meglio. Sbuffando mi accoccolo sul divano osservando i miei disegni. Molti sono incompleti e altri sono solo schizzi. Sono tutti vani tentativi di ricominciare daccapo, in tutti i sensi, ma poi mi blocco sempre. Scuoto la testa e volto pagina. Con il carboncino nero inizio a tratteggiare qualcosa sul foglio lasciandomi trasportare dall'istinto. Di solito disegnare mi tranquillizza sempre. Prende forma e mi rendo conto di star disegnando un paio di occhi. Sembrano tristi, malinconici, sembrano i miei ma non lo sono. Sono i suoi. Ecco cos'hanno di familiare. Sono sofferenti come i miei. Dannazione perché ci sto pensando? Chiudo tutto e mi catapulto giù dal divano ma un'ombra sulla soglia del salotto mi fa quasi venire un colpo.

« Cazzo, Audrey! Vuoi farmi morire per caso? » Mi appoggio una mano sul petto teatralmente.

« Ella che ci fai in piedi alle tre del mattino? Stai male? » Mi chiede apprensiva avvicinandosi a me. Quando finirà questa storia?

« Sto bene, ma non avevo sonno tutto qui. Tu che ci fai sveglia? » Le domando accendendo la luce. Ormai siamo sveglie entrambe, quindi.

« Ho sentito dei rumori e mi sono svegliata. » Fa spallucce e si avvicina al bancone per prendersi dell'acqua.

« Che ne dici se ci vediamo un film? Tanto il sonno mi è passato... » La bionda annuisce e ci riaccomodiamo sul divano accendendo poi la tv. Facciamo zapping finché non troviamo "Ghost" che decidiamo di vedere.

                                                                   ---------------------------------

« Cavolo ma che ore sono..? » Mi stropiccio gli occhi assonnati coprendoli dalla luce solare che filtra dalla finestra del salotto. Ci siamo addormentate entrambe esauste... Do un'occhiata all'orologio a muro che segna le dieci. L-E D-I-E-C-I.

« Audrey sono le dieci!! Alzati immediatamente! » Balzo in piedi e la scuoto come meglio posso affinché si svegli. Devo correre all'università e lei a lavoro. Dannazione! La bionda apre i suoi occhioni spalancandoli appena si rende conto del disastro. Siamo super in ritardo.

« Oddio, Ella è tardissimo! » Si precipita nella sua stanza a cambiarsi ed io faccio lo stesso. Miracolosamente siamo in strada dopo un quarto d'ora. Maledizione, non ci voleva proprio quest'imprevisto! Se arrivo tardi a lezione un'altra volta, sarà la fine della mia carriera universitaria.

Entro in aula e con mio grande sollievo, noto che il professore non è ancora arrivato. Oltrepasso le varie file beccandomi gli insulti più disparati dagli studenti a causa del pestaggio dei loro piedi e scorgo... Ashley! Mi sta tenendo un posto accanto a lei e mi fa un cenno con la mano. La raggiungo e la saluto velocemente.

« Grazie mille, mi hai salvata. »

« Come sempre, Ella! » Ridacchia e sposta i capelli biondi e rosa all'indietro legandoseli in una coda alta.
Chiacchieriamo del più e del meno fino a quando Mr. Rompiscatole non fa il suo ingresso in aula scusandosi per il ritardo. In men che non si dica, inizia la lezione, ma sono continuamente distratta da qualcosa o meglio qualcuno. Sospirando esasperata, poggio la mano sulla guancia fingendo di ascoltare la voce dispotica del professore che si sta dilettando nella spiegazione di qualche grande pittore. Riesco ad estraniarmi completamente, perdendomi nei meandri più oscuri della mia mente, immaginando una vita diversa, una vita migliore.

Devon's pov

Sono le nove e mezza di mattina. Odio svegliarmi così tardi, non sono per niente abituato a questi orari ma oggi ho il turno di pomeriggio e ho avuto una notte...movimentata. Mi affretto quindi ad alzarmi dal letto dando uno sguardo fugace alla ragazza che ancora giace addormentata avvolta tra lenzuola. Sospirando mi passo una mano tra i capelli scompigliati e mi rifugio nella doccia, sotto il getto d'acqua tiepida. È semplicemente rigenerante, mi sento già meglio. Afferro velocemente un asciugamano e lo avvolgo intorno alla vita lasciando che mi copra quanto basta per tornare nella stanza. Pesco un paio di boxer puliti e li indosso con calma.

« Buongiorno. » Mugola una voce femminile. Mi volto verso il letto sorridendole appena.

« Buongiorno a te. Dormito bene? » Le chiedo cortese recuperando i pantaloni del pigiama e una T-shirt. Lei si scosta le coperte di dosso e si infila l'intimo.

« Andiamo a fare colazione? » Mi chiede speranzosa. La guardo dubbioso ma prima che possa dire qualsiasi cosa, inveisce contro di me.

« Ovviamente, come ho fatto a cascarci di nuovo?! » Adesso che le prende? Sa che non voglio niente di più, abbiamo già tentato e non è andata bene. Deve smetterla con le sue scenate.

« Ancora con questa storia, Summer? Sai come sono fatto, se non ti sta bene sai perfettamente dov'è la porta. » Esasperato alzo gli occhi al cielo.

Qualche mese fa abbiamo iniziato ad uscire e sembrava andare bene. Un giorno è sparita ed è ricomparsa da poco chiedendomi un'altra chance. Ma cosa crede di fare? Se vuole divertirsi ogni tanto, va benissimo per me, ma non iniziasse con la storia del "mi stai solo usando come tutti gli uomini!" Si vede che ha solo vent'anni, è ancora immatura, ma d'altronde proviene da una famiglia agiata ed è viziata, forse anche troppo visti i risultati.
In risposta la mora afferra i suoi abiti e si riveste in fretta e furia.

« Sei uno stronzo, Devon! » E l'ha capito adesso?
Furiosa, afferra il resto delle sue cose e si volatilizza. Poi sono io quello che non vuole avere una conversazione civile, certo. La casa sprofonda in un silenzio quasi angosciante così decido di allenarmi un po' nella palestra che offre il mio appartamento fin troppo grande.
Dopo un intenso allenamento, mi rilasso nuovamente sotto il getto d'acqua, deciso a recarmi con largo anticipo a lavoro. Non ho altro da fare qui.

In mezz'ora sono già al bar del Lennox Hill Hospital, con un caffè bollente tra le mani. Ci voleva proprio dopo una mattinata del genere. Se non le vanno a genio i miei limiti perché cazzo continua a venire da me? Chi le capisce le donne...
Mentre sorseggio la mia bevanda, avverto qualcun'altro sedersi accanto a me al bancone.

« Devon, amico mio. Lo sai che bere da soli è deprimente? » Sorrido istintivamente a quelle parole e a quella voce.

« Che cosa ti serve, Richard? Adesso ti dai allo stalking? Comunque è solo un caffè, non uno scotch. »

« Non posso venire a trovare il mio caro vecchio amico di persona, scusa? Mi offendi, sappilo. » Mi volto finalmente nella sua direzione ed ecco il suo sorrisetto sghembo. Preoccupante.

« Perché non la fai breve e mi dici cosa desideri? » Ordino un caffè anche per lui mentre attendo la sua risposta.

« Come vai subito al sodo, fratello. In ogni caso... si tratta di Ella. » Mi irrigidisco all'istante nel sentire il nome, mi ci devo ancora abituare. Ma so che lui capisce perchè sa tutto.

« Avanti, cosa ti preoccupa? » Sospiro.

« Beh, non trovi che sia strano che abbia questi mancamenti? Secondo te cos'ha? » Scoppio quasi a ridere ma mi trattengo.

« Da quando sei tu il medico? Comunque non ha svenimenti, è un buon segno. Non credo si tratti del cuore, altrimenti sarebbe stata peggio ma dobbiamo aspettare i risultati delle analisi. So che l'hai portata da me perché avevi ipotizzato una cosa simile. » Annuisce d'accordo e afferra il caffè che la cameriera gli sta porgendo cordialmente.

« Sì. Hai ragione. In fondo sei tu il dottore qui! » Finalmente l'ha capito.

« Che altro mi dici? Come stai? » Mi chiede sorseggiando la sua bevanda fumante.

« Tutto bene, stanchezza a parte. Come va la gestione dell'Astoria, invece? » Domando per cambiare argomento e spostare l'attenzione su di lui.

« Tutto bene per adesso, speriamo di continuare così. Però vorrei fare qualcosa per pubblicizzarlo un po', abbiamo bisogno di nuovi clienti. »

Restiamo un altro quarto d'ora a parlare del più e del meno ma poi Richard viene chiamato dalla sua assistente personale e scappa alla volta del suo hotel. Quell'uomo è qualcosa di incredibile.

Decido quindi di fare la mia entrata in ospedale e subito vengo salutato dai miei colleghi e studenti. Vado nel mio ufficio per indossare il camice e finalmente sono pronto per fare il giro del reparto dai miei pazienti.

In men che non si dica mi rendo conto che si è già fatta l'ora di pranzo, come vola il tempo quando si ha la mente impegnata. Decido di prendermi una pausa e mi dirigo all'ascensore aspettando che arrivi. Il "din" annuncia l'apertura delle porte dalla quale esce... Ella? Ma dai...

« Oh ciao. » Mi saluta lei sorpresa di vedermi.

« Ciao. Che ci fai qui? » Incurvo le labbra in un leggero sorriso, stupito quanto lei.

« Beh... volevo informarmi sugli esami che mi hai prescritto e ho pensato di venire direttamente. » Mi spiega sostando ancora davanti l'ascensore. Mi rendo conto che siamo d'intralcio a troppe persone, così le afferro gentilmente il braccio per spostarla.

« Capisco, hai fatto bene a venire. » Chissà se è a conoscenza della piccola visita di Richard di stamattina.

« Bene, allora è meglio che mi sbrighi. » Sorride e fa per muovere un passo ma poi si rende conto che non ha la più pallida idea di dove deve andare. Corruga la fronte a disagio.

« Forse è meglio che ti accompagni, anche se non ci sono tombini negli ospedali, è meglio evitare altre cadute. »

« Mi rinfaccerai a vita questa storia, vero? » Scuote la testa rassegnata, seguendomi tra le corsie.

« Credo proprio che sarà difficile che me ne dimentichi, quindi sì. » Mentre giriamo e parliamo della nostra giornata, tutto ad un tratto, una voce familiare e stridula blocca il nostro cammino. Non ci credo.
Summer richiama la nostra attenzione raggiungendoci a grosse falcate. Ma come fa ad essere così veloce con quei tacchi? Sorprendente.

« Devon! Abbiamo una discussione in sospeso noi due. » Tuona quando ormai è abbastanza vicina facendo girare mezzo ospedale con il suo tono. Maledizione.

« Ti sembra il momento? Sono a lavoro, qualsiasi cosa tu debba dirmi può aspettare. » Le dico fugacemente deciso a lasciarla perdere. La sua espressione è a dir poco contrariata ma non può farmi delle scenate in ospedale!
Ella passa lo sguardo da me a Summer, molto confusa. Come biasimarla, non ci sto capendo nulla neanche io.

« Devon, grazie per l'aiuto, ma è meglio che vada...» Ella rompe il silenzio momentaneo che si era venuto a creare cercando di fuggire da quella situazione.

« No, aspetta. Non abbiamo finito. » La fermo con un gesto della mano. Se mi abbandona qui con Summer è finita. Quest'ultima sembra accorgersi della presenza di Ella solo adesso. Le rivolge un'occhiata a dir poco di fuoco.

« E questa chi è?! Devon!! » Non ne posso davvero più, sta esagerando.

« Summer smettila! Non rivolgerti così alle mie pazienti, intesi? Adesso vai, ne parliamo a casa. » La fulmino con il mio sguardo e finalmente si decide ad allontanarsi. Mi dispiace aver fatto assistere Ella ad una scena simile.

« Scusala, è un tantino arrabbiata con me. »

« Un tantino, eh? Ho temuto per la tua incolumità. » Abbasso lo sguardo su di lei e noto che sta reprimendo una risatina. A ripensarci è stata davvero comica come scena.

« So difendermi bene. » Le rispondo sorridendo e finalmente arriviamo a destinazione.

« Eccoci qui, per qualsiasi dubbio hai anche il mio numero. Ci vediamo Ella. » Punto lo sguardo nel suo. Ha degli occhi davvero bellissimi.

« Grazie, ci sentiamo. » Mi saluta con un sorriso e distoglie lo sguardo quasi subito, richiamata dalla segretaria dietro al bancone.
La osservo mentre mi allontano. Non si assomigliano per niente, hanno solo il nome in comune, eppure c'è qualcosa che...che non lo so neanche io. Con questo pensiero che mi ronza nella mente, faccio ritorno dai miei pazienti che mi offrono la giusta distrazione da tutto, da Summer, dai ricordi, dalla sofferenza e dalla tristezza. Riuscirò mai a liberarmene definitivamente? O sarò condannato a vivere con i miei demoni per sempre?




















Angolo autrice:

Buon pomeriggio a tutti.
Anche se non c'entra nulla con la storia, volevo esprimere il mio supporto a New York, dove tra l'altro si svolgono le vicende, per ciò che è successo ieri. Ormai siamo quasi abituati a sentir parlare i telegiornali di terrorismo e altro, eppure ogni volta è sempre peggio. Basta a tutta questa violenza inutile, basta alle guerre...
Detto ciò, cosa ne pensate di questo nuovo capitolo? Mi sono divertita moltissimo a descrivere la scena fra Summer, Ella e Devon. A voi è piaciuta?
A sabato per sapere il continuo, bye!
Kisses.






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Capitolo 11
*** Capitolo 10 ***


Ella's pov

Nelle strade di New York regna sempre sovrano il caos ed è forse per questo che alla fine sono riuscita ad integrarmi perfettamente. Rispecchia la confusione che ormai da giorni affolla la mia mente già provata ed è difficile cercare di staccare la spina. Non ci sono riuscita neanche a lezione, infatti, quando è terminata, sono rimasta con il mento appoggiato sul gomito a fissare il vuoto. Per fortuna Ashley mi ha richiamata e mi sono ricomposta velocemente per uscire.
Controllo il cellulare dopo aver congedato la mia amica e trovo due chiamate perse di Audrey, un messaggio di Sebastian e uno di Richard. Leggo prima quello di Bas che dice:

" Ella. Noi dobbiamo fare shopping, dobbiamo trovarti un vestito per la mia prima. Non voglio sentire ragioni. "

Ah vero, mi ero quasi dimenticata del suo spettacolo! Se non sbaglio, è fra un paio di settimane quindi abbiamo un mucchio di tempo, ma Sebastian non vorrà sentire ragioni ugualmente. Gli rispondo velocemente che ci sentiamo poi per stabilire un giorno nel quale andare. Passo a quello di Richard che recita testualmente:

"Ellina come stai? Quando puoi andiamo a prenderci un caffè, fammi sapere. "

Rispondo al messaggio dicendogli che lo chiamerò al più presto e che sto meglio. Infine chiamo Audrey mentre mi avvio alla metropolitana.

« Ciao, sei riuscita ad arrivare in tempo a lezione, poi? » La sua voce delicata mi giunge subito all'orecchio.

« Sì, per fortuna. Il professore ha fatto più tardi di me. Tu? Tutto bene a lavoro? »

« Tutto alla grande, sono arrivata in tempo. Come ti senti comunque? È il primo giorno che torni a lezione dopo tanto... » Posso percepire la sua esitazione nel pormi questa domanda.

« Tutto bene, Audrey. Nessun problema. Comunque, se può consolarti, sto andando in ospedale per informarmi sugli esami da fare... » Mi mordicchio il labbro mentre attraverso la strada a passo svelto per non essere travolta da qualche macchina.

« Oh, bene. Vuoi che ti accompagni? »

« No, ma figurati sono già anche alla metropolitana, ci metterò pochissimo. Ci vediamo stasera e non preoccuparti per la cena, ci penso io! » Le lascio solo il tempo di salutarmi che riattacco subito e scendo velocemente le scale.
Osservo l'esterno del Lennox Hill Hospital come se non avessi mai visto un ospedale in vita mia. In effetti, da quando sono a New York, non sono mai entrata in nessuno di loro, per mia fortuna. Prendo un po' di coraggio e mi decido ad entrare. È enorme, sembra un labirinto. Ci sono molti dottori che girano nei vari corridoi, persone sedute dovunque che aspettano il loro turno pazientemente e anche un bel po' di studenti, immagino. Devo dire che è tutto molto asettico, ovviamente, e fa un certo effetto ai tipi come me che non ci sono abituati.
Mi guardo intorno per un tempo infinito finché non mi decido a chiedere informazioni allo sportello. Mi indirizzano ad un ascensore enorme in fondo a tutto così mi affretto a raggiungere la destinazione. Pigio il pulsante del mio piano e aspetto tranquilla. Speriamo che sia dello stesso stato d'animo anche quando dovrò fare effettivamente queste analisi. Mi perdo nei miei pensieri e quasi non mi accorgo che sono arrivata al piano. Non appena le porte si aprono mi ritrovo... Devon?
È il colmo, ma in fondo lavora qui, c'era da aspettarselo. Ha il camice sbottonato e posso intravedere la camicia bianca che indossa infilata in un paio di pantaloni neri classici. Porta delle scarpe costose e una leggera barba gli incornicia il volto. Punto lo sguardo nel suo ed è molto sorpreso di vedermi. Prevedibile.

« Oh ciao. » Lo saluto, sorridendogli leggermente mentre il ricordo di me che fuggo dal suo studio si fa vivo nella mia mente. Chissà come ha preso il mio gesto, lo immagino molto serio nel suo lavoro.
Mi chiede cosa ci faccio qui e gli spiego che mi servono informazioni sulle analisi che mi ha dato. Nel parlare non ci siamo accorti che stiamo praticamente bloccando l'accesso all'ascensore così Devon, prontamente, mi afferra con delicatezza e ci spostiamo. Guardo la sua mano sul mio braccio e mi ricordo di quando, solo poche settimane fa, mi ha presa al volo per non farmi cadere al suolo. Sembra sia successo solo ieri.

« Bene, allora meglio che mi sbrighi...» Gli dico sorpassandolo di poco per decidere da che parte andare ma la verità è che non ho idea di dove debba dirigermi. Questo ospedale è enorme! Devon se ne accorge, infatti, mi comunica che mi scorterà egli stesso per evitare che cada ancora. Ma quando si dimenticherà di quell'incidente?

« Mi rinfaccerai a vita questa storia, vero? » Scuoto la testa e lui afferma che sarebbe difficile dimenticarsene. Sono sorpresa. Intende il nostro incontro? Ma che sciocca, di certo non gli cadono tra le braccia ragazze ogni giorno a causa dei tombini, voleva dire questo, ovvio.
Mi acciglio per un momento ma poi assisto ad una scena a dir poco surreale. Una donna, alta più o meno quanto me, con i capelli ben curati e di un castano lucente, si avvicina a passo svelto nella nostra direzione, o meglio, in direzione di Devon. Ha gli occhi castani, ed è vestita di tutto punto, forse è un po' fuori luogo considerando dove ci troviamo quindi deduco che non sia una sua collega.

« Devon abbiamo una discussione in sospeso noi due. » Cavolo, è arrabbiata. Che sia una sua paziente? Mr. Gelido, ci sta proprio adesso, le risponde che è a lavoro e che parleranno dopo. Non è una sua paziente allora. La sua fidanzata? Decido di tirarmene fuori, non c'entro molto in questa discussione e ne approfitto rompendo il silenzio momentaneo.

« Devon, grazie dell'aiuto meglio che vada...» Cerco di sorridere ma il dottore mi blocca con un braccio dicendomi che non abbiamo finito. Cavolo, sono bloccata qui. La donna sembra notarmi solo ora e quasi mi fulmina con lo sguardo, peccato che Devon la rimproveri prima che possa succedere altro.

« Summer smettila! Non rivolgerti così alle mie pazienti, intesi? Adesso vai, ne parliamo a casa. » La congela come solo lui saprebbe fare e finalmente la pazza si allontana. Wow! Devon si scusa per ciò che è successo, ma in realtà è stato quasi divertente, infatti, cerco di non ridere.

« So difendermi bene. » Mi dice e mi fa riflettere su quante donne debbano averlo perseguitato. Arriviamo finalmente a destinazione e ci congediamo guardandoci fugacemente negli occhi. Mi sarei girata per scrutarlo ancora, ma la donna dietro al bancone delle informazioni, richiama la mia attenzione impedendomi di conferire oltre. Con tutte le informazioni che mi servono, posso finalmente lasciare quest'ospedale e fare ritorno a casa mia.
Non appena entro, noto Audrey che parla al telefono e vorrei tanto sapere con chi. Le mimo con le labbra per conoscere il suo interlocutore e in tutta risposta lei poggia una mano sulla cornetta e mi dice sottovoce:

« Con Richard! » Quasi scoppio a ridere, non ci posso credere. Ha perso proprio la testa per quell'uomo! La lascio alla sua chiacchierata e mi reco in cucina per decidere cosa cucinare per cena. Apro il frigo ma vengo interrotta da Audrey che mi porge il telefono.

« Vuole parlare con te! » Ha un sorriso a trentadue denti e saltella via euforica. L'abbiamo persa definitivamente.

« Che stai facendo alla mia coinquilina? » Esordisco reprimendo una risatina ma Richard mi da una risposta che mi lascia perplessa.

« Nulla(?) Volevo parlare con te, veramente. » Ah cavolo, devo aver frainteso quanto Audrey...

« Potevi chiamarmi sul cellullare, no? » Mi appoggio al bancone confusa.

« Beh a quanto pare non lo usi molto! Ti ho mandato un messaggio ma non mi hai risposto. »

« Sì che l'ho fatto, caro. Controlla meglio. » Ridacchio coprendomi la bocca con la mano libera. « Oh, hai ragione. A mia difesa posso dirti che sono stato rinchiuso nel mio ufficio tutto il giorno. Allora questo caffè? »

« Come sei impaziente. Domani pomeriggio ti va bene? » Lavoro part-time domani quindi dovrebbe andare bene.

« Mi libererò dai miei numerosi impegni! A domani Elluccia! »

« Sei un cretino, a domani Rick. » Sorrido e attacco la chiamata. É proprio un idiota ma gli vogliamo bene anche per questo.

« Ella, devi mettere una buona parola su di me con Richard. » Ci stiamo gustando la mia fantastica cena quando Audrey irrompe con questa frase.

« Audrey dai. Mi sgamerebbe subito, non credi? Non farmi fare queste cose... »

« Ella ti prego! Sono o non sono la tua migliore amica, eh?? » Mi fa il labbruccio e i suoi occhioni da cucciola indifesa. Lo sa che non riesco a dirle di no...

« Uff... e va bene! » Cedo, non sapendo come uscirne altrimenti. La bionda si alza e si precipita ad abbracciarmi.

« Aww grazie, grazie, grazie, grazie! » Mi riempie la guancia di baci tutta contenta. Mi metterà nei guai, lo so.

« Adesso però torna a sederti, su. » Sciolgo l'abbraccio ed ella fa ritorno al suo posto.

« Come è andata in ospedale, poi? Hai saputo come fare queste analisi? » Mi domanda riprendendo a mangiare tranquillamente.

« Oh sì, anzi devo raccontarti una cosa che è successa. » Audrey si protende nella mia direzione pronta ad ascoltarmi.

« Ho incontrato Devon e mentre parlavamo, è arrivata una certa pazza che ha iniziato ad inveire contro di lui. Ho cercato di allontanarmi, non mi andava di assistere, ma lui mi ha fermata così la ragazza se l'è presa pure con me! Scene incredibili. » Vedo la modella che strabuzza gli occhi e poi scoppia a ridere.

« Che peccato che non ci fossi! Avrei voluto vedere la scena. Comunque, Ella la tua capacità di ficcarti nei casini senza farlo apposta è fantastica! »

« Ah ah ah, non è colpa mia se quella tizia se l'è presa anche con me. Ma Devon mi ha difesa... » Con la coda dell'occhio noto Audrey che sorride come un'ebete così alzo gli occhi dal piatto per dedicarle un'occhiata interrogativa.

« Aw!! Che cosa dolce! » Sobbalza tutta euforica.

« Mi sembra il minimo, l'avrebbe fatto chiunque Audrey. » Le spiego alzandomi per sparecchiare. La bionda insiste un altro po', ma poi mi lascia sola e va a dormire, grazie a dio. Ha capito che non la può spuntare anche su questa. Ripenso alla giornata di oggi e mi rendo conto che devo sbrigarmi a finire la tesi per la laurea o non ce la farò nemmeno fra dieci anni. Troppe distrazioni ultimamente. Domani ne approfitterò dell'uscita con Richard per sapere qualcosa in più sul misterioso dottore, devo capire cosa lo rende così distaccato e inquietante con il mondo. Con quest'idea nella mente, mi ritrovo ad abbracciare il cuscino sprofondando in un istante tra le braccia di Morfeo.



















Angolo Autrice:

Buonasera! Anche oggi abbiamo un nuovo capitolo, molto di passaggio devo ammettere, ma ci tenevo a farvi leggere il pov di Ella.
Vi prometto, però, che fra non molto entreremo nel vivo della storia e capiremo meglio i vari personaggi. Fatemi sapere sempre cosa ne pensate con una piccola recensione. A mercoledì, bye.
Kisses.


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Capitolo 12
*** Capitolo 11 ***


Devon's pov

Sono sfinito. Il resto della giornata in ambulatorio mi ha distrutto. Dopo la sfuriata di Summer che ha fatto praticamente scappare Ella, il prosieguo a lavoro non è stato dei migliori. Non ho mai avuto tante emergenze come oggi, ma almeno ho avuto la mente occupata tutto il giorno, il che è senz'altro positivo.
A sera inoltrata, una volta aver salutato i miei dipendenti/studenti, mi reco nel mio appartamento, finalmente.
Mentre guido, purtroppo, ipotizzo che Summer mi starà di certo aspettando per concludere il "discorso" di stamattina. Non sono mentalmente e fisicamente pronto ad una cosa del genere. Non si rende conto che è stata proprio lei ad allontanarmi con il suo comportamento. Forse le cose sarebbero diverse ora se avesse agito in modo differente.
Parcheggio al solito posto e afferro le chiavi di casa, ma come previsto, una voce femminile mi immobilizza sull'uscio. È lei.

« Devon, dobbiamo parlare. Volevo scusarmi per stamattina, non sarei dovuta venire in ospedale. Avrei potuto anche farmi vedere da mio padre il che sarebbe stato imbarazzante... » Ebbene sì, Summer è la figlia di uno stimato neurochirurgo del Lennox, ci siamo conosciuti per questo. Sarebbe un guaio se venisse a scoprire di noi.

« Il tuo comportamento è stato fuori luogo, Summer. Lo capisci? » Mi volto nella sua direzione inclinando di poco il capo. Deve capire che non può comportarsi come una bambina capricciosa ogni volta che non ottiene ciò che vuole.

« Sì, mi dispiace. Facciamo pace? » Cerca di sorridermi convincente. Riluttante acconsento con un cenno del capo ma lei mi si catapulta praticamente tra le braccia. In un primo momento rimango fermo sul posto, ma poi mi decido a cingerle i fianchi con le braccia. Non sono del tutto sicuro che abbia capito l'antifona e me lo conferma la sua domanda.

« Posso restare da te? »

« Non è il caso, sono stremato... » È la verità, probabilmente mi addormenterò a breve e non sarei per nulla di compagnia. Con un sonoro sbuffo, la ragazza acconsente, grazie al cielo, e mi saluta con un bacio. Direi che è andata piuttosto bene, pensavo peggio. Finalmente posso rientrare nella mia dimora e crollare esausto sul divano.

                                                  -------------------------------------

Mi sveglio di soprassalto, madido di sudore. Devo aver fatto un incubo ma purtroppo mi rendo conto che è la cruda realtà.

Mi passo una mano tra i capelli umidi per poi coprirmi il viso con entrambe. Quando finirà questa storia? Non posso andare avanti così per sempre, è straziante ma so di meritarmelo.
La sveglia segna le 4.55 ma decido di alzarmi, anche se è notte fonda, tanto non riuscirei più a dormire in ogni caso. Vago per la casa senza uno scopo preciso optando alla fine per prepararmi un po' di cioccolata calda che adoro. La berrei in qualsiasi momento, sempre e comunque. Mi prodigo a cercare tutto l'occorrente che Martha, la domestica, gentilmente si premura di sistemare e pulire, preparando poi la mia bevanda.
Non ottengo però l'effetto desiderato e quasi mi sento peggio di prima. Forse non è stata una buona idea, in questi casi la cioccolata deprime. Un sorriso amaro si viene a formare sul mio volto, consapevole di quanto sia diventato negativo ultimamente. Chissà se Richard stia dormendo, ma forse è meglio non sapere cosa stia facendo o chi si stia facendo a quest'ora. Non che sia un puttaniere, ma è pur vero che il suo fascino colpisce sempre. Ha come una calamita per le donne ma è il tipo che non vuole impegnarsi, mai e poi mai. Mi ha ripetuto più volte che non crede nell'amore eppure continua ad affibbiarmi donne che non voglio sapendo perfettamente cosa mi è successo e come sono cambiato da allora.
Ma è notte fonda ed è piuttosto straziante fare questi pensieri, così cerco di ricacciarli nei meandri più oscuri della mia mente malata ritornando a letto. Peccato che le mie intenzioni di dormire falliscono miseramente e finisco per fissare il soffitto fino all'alba.

L'indomani arriva lentamente, senza fretta, e mi rendo conto che è da un po' che non osservavo il sole sorgere. È sempre un bello spettacolo nonostante il motivo per il quale riesca a vederlo. Mi alzo, stufo di restarmene disteso, e scelgo di non allenarmi per oggi, devo conservare le energie per il lavoro. Il suono del cellulare richiama la mia attenzione. È mia madre. In Inghilterra dovrebbe essere mezzanotte più o meno. Con un po' di esitazione, rispondo e subito vengo accolto dalla voce di mia madre.

« Tesoro, ciao! Ma sei già sveglio? » Reprimo una risata. Beh è lei che ha chiamato a quest'ora, no?

« Sì mamma, mi sono alzato presto. Cosa c'è? » Le chiedo bruscamente.

« Oh tesoro, non posso sapere come sta mio figlio? » Mi domanda con tono dispiaciuto. « E perché mi chiami alle 5 del mattino? Potevo star dormendo, no? »

« Beh sì, ma sei sveglio. Va tutto bene? » Sospiro esasperato, fa così da un anno a questa parte da quando ciò che è successo ci ha riavvicinati.

« Mamma sto bene. Tu piuttosto, non dovresti essere a letto? »

« Amore, è ancora presto! E poi tuo padre deve ancora rientrare. Quando vieni a Londra a trovarci? » Chiede in tono speranzoso.

« Non lo so, vedremo... » Non mi piace tornarci, troppi ricordi dolorosi.

« Va bene, tesoro. Adesso ti lascio. Buona giornata. »

« Ciao mamma, saluta papà e Clarissa. » Mia sorella minore che non vedo da un bel po' a pensarci. Siamo piuttosto legati, anche se non ci vediamo spessissimo. Termino la chiamata e torno a prepararmi qualcosa per colazione che farò più tardi. Forse dovrei tornare a Londra, ho anche delle questioni da risolvere soprattutto con il passato, sarà una buona idea?

Ella's pov

Sono seduta sul mio letto a gambe incrociate e osservo il muro di fronte a me. Domani mattina, o meglio, fra non troppe ore, ho le famose analisi da fare e sono parecchio in ansia. È da troppo che non faccio nulla del genere quindi credo sia normale essere un po' agitata. Audrey ha insistito per accompagnarmi, ma non ho opposto molta resistenza perché in fondo mi fa piacere avere un'amica con me domani. Mi sentirò più tranquilla con lei al mio fianco.
Mi ristendo, fissando il soffitto, e penso a cosa potrei avere. E se fossi malata? Se avessi qualcosa di grave? Che cosa farei? No, basta non posso pensare sempre al peggio non mi fa per niente bene. Scuoto la testa obbligandomi a scrollarmi questi pensieri di dosso e mi rannicchio sotto le coperte sperando di addormentarmi presto.

Sono le sei e mezza. Apro gli occhi assonnati e stanchi a causa del poco sonno e trovo Audrey al capezzale del mio letto con un sorriso inquietante. Che sta facendo?

« Buongiorno! Dobbiamo andare, lo sai vero? Non possiamo arrivare tardi! » Esclama con un po' troppo entusiasmo. Non stiamo andando ad un party.

« Posso sapere il motivo del tuo buon umore? » Le domando mettendomi seduta sul letto scostandomi le coperte.

« Ma niente! Sono felice che tu ti stia curando. Dai andiamo. » Si alza dal letto e mi tende la mano. Non la prendo e la guardo torva. Credo di aver capito.

« Non dirmi che speri di conoscere Devon, vero? » La bionda si arrotola una ciocca di capelli intorno al dito a disagio.

« Ovvio che no, per chi mi hai presa? Ok, forse giusto un po'... » Sorride sorniona. Scuoto la testa e mi dirigo in bagno per lavarmi.

« Sei la solita...»

« Ma no! Voglio solo dare un volto ai tuoi racconti, Ella! » Mi urla quando sono già dentro, ormai.

Alle otto siamo fuori l'ospedale, il grande Lennox Hill, e Audrey inizia già ad innervosirmi con la sua curiosità. Non è neanche detto che ci sia!
Senza ulteriori indugi da parte mia, varchiamo la soglia e l'odore di disinfettante asettico mi avvolge le narici. Non mi piace proprio.
Avanziamo lungo le corsie alla ricerca del nostro reparto e la metà degli uomini si gira a guardare Audrey. Beh le ho detto che non stavamo andando ad una festa e il suo abbigliamento non è consono al cento per cento. Alzo mentalmente gli occhi al cielo e finalmente arriviamo a destinazione. Ci sediamo e aspettiamo pazientemente il mio turno mentre la bionda osserva ogni singolo medico che passa da queste parti.

« Audrey, non c'è, arrenditi. » Le dico stufa e dopo poco è il mio turno. Entro mentre la mia coinquilina mi attende fuori. Non ci mettiamo molto, grazie a dio, ed il prelievo è stato più semplice del previsto. Ora devo solo aspettare i risultati.
Quando esco dalla stanza, sgrano gli occhi per l'immagine che mi si presenta.
Perché Audrey sta parlando con Devon? Non ho davvero parole.
Mi ricompongo e li raggiungo, curiosa di sapere come mai stanno chiacchierando così tranquillamente.

« Oh Ella, eccoti! Com' è andata? » Mi chiede la bionda, tranquillissima, come se fosse una situazione normale. I due mi squadrano e non mi sono mai sentita più a disagio.

« Tutto bene. Ciao Devon » Lo saluto, non sapendo bene come comportarmi. Di che diavolo hanno parlato?!

« Ciao, Ella. » Mi saluta lui di conseguenza regalandomi un lieve sorriso.

« Beh si è fatto tardi! Che peccato devo andare a lavoro. Ella tu devi mangiare dopo il prelievo, mi raccomando non farmi preoccupare. » Esordisce Audrey lasciandomi nuovamente a bocca aperta, ma cosa le prende? Non deve lavorare! La guardo in cagnesco mentre Devon sposta lo sguardo confuso da me a lei.

« Buona giornata e buon lavoro. » La saluta il dottore, formalmente. Le lancio un'altra occhiataccia. A casa faremo i conti.

« A dopo. » Sibilo a denti stretti e Audrey risponde con un occhiolino per poi scappare via a gambe levate. Passano attimi di silenzio che sembrano durare un'eternità, prima che mi decida a parlare.

« Come ha detto la mia amica, dovrei fare colazione, vuoi venire con me...? » Ma cosa dico? Sta lavorando di certo non ha tempo da perdere con me..

« È una buona idea. Andiamo. » Ah wow ha accettato.
Posa una mano sulla mia schiena per invitarmi a camminare, gesto molto galante da parte sua, così ci avviamo verso l'uscita. Ci rechiamo al bar all'interno dell'ospedale. Non l'avevo mai visto, ma è molto grande molto più accogliente del resto, sicuramente. Devon si sfila il camice che appoggia sulla sedia e mi fa cenno di seguirlo al bancone. Ci sono tantissimi dolciumi, mi congratulo! Prendo un cornetto ripieno di nutella e un succo di frutta mentre Devon solo il caffè.

« Non farmi mangiare da sola, mi fai sentire in colpa. » Gli dico prima che possa pagare.

« Guarda quello, è un piccolo cupcake al cioccolato. Pensaci » Gli sorrido afferrando il pacchetto che mi porge il ragazzo dietro al bancone. Mr. Occhi di ghiaccio esita per qualche secondo, ma poi si convince. Deve piacergli parecchio il cioccolato!

« Mi hai convinto, un punto per te Ella. » Ordina anche il cupcake e ci dirigiamo al tavolino di poc'anzi. Mi accomodo di fronte a lui e scarto il mio bel cornetto che addento subito. È davvero ottimo. Alzo lo sguardo e Devon mi sta osservando a metà tra il divertito ed il sorpreso.

« Mi sono sporcata, vero? » Gli domando cercando un fazzoletto da qualche parte. Egli me lo porge prima che lo trovi da me.

« Mi meraviglio che non ti sia colata addosso. » Scuote la testa divertito e si prodiga ad assaggiare il suo dolcetto. Sembra gradire.

« Ehm... mi scuso per Audrey, non so cosa ti abbia detto ma comunque... »

« Niente di compromettente, non preoccuparti. Sembra una ragazza simpatica. » Si affretta a rispondere sorseggiando la sua bevanda.

« Sì è molto euforica, già. » Finisco per lui la frase mentre continuo a bearmi della delizia di quel cornetto. È buonissimo.
Osservo per un attimo Devon. Postura composta, leggera barba curata, vestiti impeccabili e sguardo sempre misterioso. Non riusciresti a capire a cosa stia pensando nemmeno se ti impegnassi. Mi rendo conto che lo sto fissando, così, distolgo lo sguardo in fretta puntandolo sul mio succo di frutta alla pesca.

« Fatte le analisi? »

« Oggi ho fatto il prelievo ed è andato tutto bene, sì. » Gli sorrido spostando il bicchiere vuoto dalla mia portata.

« Meno male, dopo vai all'università? »

« No, alle nove devo essere a lavoro in realtà. » Continuiamo per un altro po' a parlare del più e del meno nel quale gli dico dove lavoro, dove abito e che mi piacerebbe fare nella vita. La cosa strana è che ho parlato quasi sempre io mentre lui si è limitato a farmi le domande. Si vede che non ama parlare di se... o forse nasconde qualcosa? Una chiamata al suo cerca persone ci interrompe e Devon si alza di scatto.

« Un'emergenza, devo proprio scappare. Ci vediamo presto Ella. » Mi sorride e riafferra il camice in fretta e furia precipitandosi all'esterno.

---------------

La mattinata da Cloe's è stata tranquilla. Non è arrivata moltissima gente, tranne una signora che in pratica si è provata tutto il negozio senza comprare nulla. Avevo promesso a Richard che ci saremmo presi un caffè insieme, così, al momento sono seduta al nostro bar preferito in attesa del suo arrivo. Non devo aspettare molto che appare in tutta la sua eleganza. A differenza di Devon che veste in modo più classico, Richard utilizza sempre colori più accesi e vivaci per i suoi abiti.

« Mia bellissima Ellina, come andiamo? » Si accomoda spavaldo sulla sedia di fronte alla mia.

« Tutto bene, mi hanno dissanguata oggi! » Lo prendo in giro e gli mostro il cerotto sul braccio.

« Puoi anche toglierlo, lo sai? Sono sicuro che si sia stagnato dieci ore fa. » Mi sfotte a sua volta con il suo sorrisetto sghembo di sempre. Gli faccio la linguaccia e strappo via il cerotto.

« Ahi! » Fingo un dolore allucinante.
« È vero, guarda che buchino carino. » Ridacchio e poi Richard ordina due caffè alla cameriera che non smette di fargli gli occhioni dolci.

« Sai, oggi anche Audrey ha conosciuto Devon. Li ho trovati fuori che chiacchieravano. »

« Ah davvero? Beh Audrey è un tipo socievole. »

« Sì, molto. Sai, non stareste male insieme. » Spero che il mio piano non vada in fumo miseramente. Odio fare questo tipo di cose, ma per Audrey questo ed altro.

« Io non mi ci vedo in coppia. » Mi risponde sicuro di se come sempre.

« Beh però potresti conoscerla meglio, no? Magari scopri che avete molte cose in comune! »

« Stai cercando di sistemarmi Ella? » Scoppia a ridere e arriva la cameriera di prima con i nostri caffè. Sorride civettuola a Richard che ricambia solo in parte.

« Vedi? Sei un rubacuori! »

« E' la dura vita, cara Ella. » Mi dice in tutta risposta lui.

« Invece cosa mi dici di Devon? » Gli domando titubante, non vorrei che si facesse strane idee.

« Che cosa vuoi sapere? »

« Beh, te l'ho raccontata la scenata al quale ho assistito? »

« No Ella. Dai aggiornami che lui non mi dice mai niente! » Finge un'aria offesa e si protende per ascoltare, così gli racconto di Summer.

« Ancora quella zoccola di sentiero? Certo che non si stanca mai, eh. »

« Ah, quindi la conosci? » Gli chiedo ora più curiosa di prima.

« Sì è una ragazza con il quale è uscito qualche volta, ma lei come tutte voi donne, si è fatta dei film mentali e ora non lo molla un attimo.  » Mi spiega sorseggiando il suo caffè.

« Ehi non generalizzare, tu! Siete voi gli insensibili e poi vi lamentate. Non illudetele così sarà più facile. »

« E chi le illude! Ti assicuro che fanno tutto loro. Abbiamo un po' di precedenti io e Devon su queste storie. » Assottiglio gli occhi sorpresa.

« Ma Devon sembra sempre così... freddo e misterioso. Perché? »

« Ne ha passate tante, davvero, ma non sta a me dirti di più. Non ci pensare Ella, è fatto così e ti assicuro che a volte raggela anche me con le sue risposte, ma io ne sono abituato. »
Con queste nuove informazioni, sono ancora più confusa di prima. Che cosa può essergli mai successo da farlo chiudere così in se stesso? Perché allontana le donne che cercano di avvicinarlo? E soprattutto, perché ci sto pensando?
Non avrò delle risposte finché non sarà lui stesso a darmele, quindi lascio perdere l'argomento e mi godo il resto del pomeriggio con Richard.















Angolo autrice:


Eccomi con l'aggiornamento del mercoledì, come state?
Piaciuto questo capitolo? Che cosa succederà nel prossimo secondo voi? Fatemelo sapere con una recensione, ne sarei felice!
Kisses.


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Capitolo 13
*** Capitolo 12 ***


Devon's pov

La chiamata di mia madre mi ha fatto riflettere su quanto abbia finalmente preso le distanze con un mondo che non mi apparteneva e che non mi era mai appartenuto. Potrò scappare per sempre dai miei doveri? Non credo, ma non è il caso di arrovellarmi il cervello adesso per questo.
Con questi strani pensieri mi reco a lavoro, l'unico posto nel quale mi senta davvero a casa, almeno per la maggior parte del tempo. Infatti, si lamentano tutti che non prendo mai molti giorni di ferie creando problemi agli altri dipendenti. Beh, amo quello che faccio che posso dire? Non a caso sono diventato primario di cardiochirurgia a soli trent'anni, anche grazie alla mia tesi sulla possibile risoluzione della "fragilità delle arterie", uno scoglio importante per chi è del mestiere come me. Ricordo perfettamente il giorno della laurea e di come mi sono sentito realizzato in quel momento. Nel lavoro, almeno, ho avuto successo e ne vado fierissimo.

In ospedale stavo facendo il giro dei vari reparti, quando una ragazza bionda mi ferma chiamandomi addirittura per nome.

« Mi dica(?) » Le domando perplesso sostando di fronte alla sua figura slanciata. Si nota lontano un miglio che non è proprio abituata a questo luogo dato l'abbigliamento poco consono.

« Oh salve, mi scusi se la disturbo, sono un'amica di Ella. In questo momento sta facendo le analisi. Volevo solo conoscerla di persona e ringraziarla per il suo aiuto. » Mi sorride allegramente spostandosi la massa bionda dietro le spalle.

« Si figuri, è il mio lavoro nonché dovere. »

« Oh, io sono Audrey Anderson, piacere. » Mi tende la mano che stringo professionalmente.

« Devon Reinfield, piacere mio. » Scambiamo altre due parole fino a quando Ella non fa la sua comparsa. È ovviamente sorpresa di vederci parlare. La sua amica ci lascia subito soli, così accetto l'invito di Ella di fare colazione insieme. È una buona scusa per fare una pausa.

Al bar mi convince a prendere un piccolo cupcake al cioccolato che devo dire è davvero strepitoso. Amo il suo sapore. Anche la fanciulla deve apprezzare parecchio dato che ha praticamente immerso il viso nella nutella. È buffa quando si imbarazza.
Le porgo subito dei fazzoletti approfittandone per prenderla in giro. Mi diverte farlo. Noto che mi sta fissando per poi distogliere subito lo sguardo. Devo ancora intimorirla parecchio, forse per la mia figura di medico o forse è ancora scossa per la famosa caduta di qualche settimana fa. Cambio argomento passando alla sua salute quando, dopo poco, la mia presenza viene richiesta urgentemente. Un altro paziente che devo operare in fretta.
Saluto fugacemente la ragazza e corro al piano di sopra, rinfilandomi il camice al volo. Un po' mi dispiace averla abbandonata così al bar, ci stavamo conoscendo meglio, ma allo stesso tempo non potevo fare altrimenti.

Mi reco a passo svelto nel mio reparto e incontro subito Rose, mia assistente nonché mio fidato braccio destro. Mi illustra rapidamente la situazione. Uomo caucasico, sui cinquant'anni, arrivato al pronto soccorso pochi minuti fa lamentando dolore al petto e difficoltà a respirare. Dopo le visite preliminari, hanno diagnosticato un'ostruzione di un'arteria che se non curata subito potrebbe procurargli un infarto.

« Datemi i suoi esami del sangue, veloce. » Angie, il nostro tecnico d'eccellenza, mi passa la cartellina con gli esami appena eseguiti che mi accingo a leggere.

« Ha il colesterolo alle stelle e la pressione non mi piace per niente. Il battito è irregolare. Se non ci sbrighiamo, non potrò operarlo perché non reggerebbe l'anestesia. Intubatelo. » Lancio le analisi all'infermiera e mi preparo per l'operazione. Certo che non ci si annoia mai in pronto soccorso!
Dopo un paio d'ore esco finalmente dalla sala operatoria. Abbiamo impiantato un bypass coronarico sostituendo l'arteria ostruita con un pezzo di un'altra prelevata dalla gamba del paziente. Sembra stabile per il momento, così ne approfitto per prendere un po' d'aria fresca.

Il giardino che offre il Lenox è un paradiso terrestre immerso nella natura. È perfetto per i pazienti ricoverati che desiderano respirare per un po' l'aria pulita al di fuori delle solite quattro mura bianche e asettiche. È fantastico e ammetto che piace anche a me passarci i pochi momenti liberi che ho in ospedale. Mi accomodo quindi sulla panchina e osservo il panorama. Ci sono studenti seduti sull'erba che ripetono per gli esami, molti pazienti che si godono l'aria aperta e qualche infermiere che controlla che tutto proceda bene. Inspiro più che posso quest'aria rigenerante prima di tornare al mio lavoro.

Ella's pov

La conversazione con Richard mi ha incuriosita più del dovuto. Cosa hanno passato con le donne? Perché si sono chiusi in se stessi? Richard mi sembra sia meno complessato quindi potrei indagare un po' chiedendogli informazioni... magari dopo qualche bicchiere di vino. Ma Devon è così... misterioso, anche a lavoro mi ha dato questa impressione. Mentre camminavamo per i corridoi dei vari reparti, tutti lo guardavano con rispetto o meglio con timore. Posso capire che abbia molte responsabilità, che sia molto influente ma non mi spiego tutto questo stato d'ansia nelle persone che lo circondano. Soprattutto quella donna, Summer.
Lo ammetto sono davvero paranoica e soprattutto non dovrebbe importarmene un accidenti di tutto ciò eppure sono sempre più curiosa. Sarò ripetitiva, ma quegli occhi sono tristi, malinconici, deve per forza essere successo qualcosa di grave per averlo sconvolto tanto. E se c'entrasse una donna, appunto? Almeno spiegherebbe il perché sia sempre tanto sulle sue e perché cerchi di allontanarle a tutti i costi. Non a caso con Summer si è comportato proprio così, ma non posso sapere in che rapporti siano di preciso.
Perfetto, indagherò più a fondo e per farlo devo passare più tempo con lui in campo neutrale, ovvero non in ospedale dove può sfuggirmi troppo facilmente. In fondo mi devo sdebitare per ciò che ha fatto per me.
Rifletto sul da farsi e ricordo di avere il suo biglietto da visita. Bingo.
Accantono per un attimo il pensiero cercando le chiavi. Entro in casa e chiamo Audrey a gran voce.

« Eccomi, eccomi! Cos'hai da urlare a quest'ora? »

« Audrey! Sei una bastarda lo sai? Cosa ti è saltato in mente di fare stamattina in ospedale?! »

« Calma calma! Mi ringrazi così? Ti sto dando una mano con il dottore. » Asserisce convinta come se fosse la cosa più normale del mondo. Trattengo un sospiro e poso la borsa e le chiavi sul tavolo.

« Non ti ho chiesto di farlo, però. E poi come l'hai riconosciuto..? »

« Facile! Era il più sexy, così mi sono avvicinata e ho letto il nome sul cartellino. Geniale, vero? » Batte le mani contenta del suo operato e mi fa un occhiolino. È matta da legare.

« Sei assurda... che vi siete detti? » Le chiedo rassegnata all'idea che non smetterà mai di mettersi in mezzo.

« Niente di emozionante, in realtà mi sono presentata come tua amica e poi sei arrivata tu. » Fa spallucce e si reca in cucina. La seguo pensierosa.

« Mh. Mi prometti che non farai più una cosa del genere? »

« Certo che no, Ella! Da quanto ho visto, hai bisogno di un grande aiuto. » Sospiro esausta, perché non riesce a capire che non è questo il punto?

« Un'altra parola e non ti aiuto più con Richard, ecco. » Mi guarda offesa e mette il broncio per un secondo. Poi viene colta da un'illuminazione improvvisa.

« Ci hai parlato quindi? Aww oh mio dio! » Annuisco e le faccio cenno di sedersi con me a tavola.

« Ha detto che sei una ragazza carina ma che non si vede in coppia con nessuno...»

« Ma come.... è troppo sexy per restare da solo! » Commenta delusa. Quando si tratta di lei, diventa molto meno fiduciosa eppure non dovrebbe esserlo per niente.

« Tutti gli uomini dicono così, se può consolarti... » Mentre pronuncio questa frase non posso non pensare se sia così anche per Devon. Lo scoprirò.

                                                                          --------------------

Dopo cena, auguro ad Audrey la buonanotte, anche se sono appena le nove e mezzo e mi rifugio nella mia stanza. Afferro la borsa e frugo al suo interno alla ricerca del bigliettino da visita del dottore. Dove l'ho messo? Ah eccolo qui, è un po' spiegazzato ma si leggono ancora bene i numeri. Dovrei scrivergli? Un po' mi sento in colpa nel disturbarlo per una mia curiosità. Però non posso neanche negare di volerlo fare comunque. Eh va bene, mi decido e salvo il numero in rubrica, tanto per cominciare. Che cosa posso dirgli? E se fosse troppo tardi per scrivergli? Dovrei smetterla di pormi tutte queste domande senza risposta, ma tanto ho solo un modo per ottenerle.

"Buonasera Devon,
Scusami per l'orario volevo solo dirti che vorrei sdebitarmi per tutte le volte in cui mi hai aiutata, te lo devo.
Ella. "

Rileggo trecento volte il messaggio prima di inviarlo, non del tutto decisa del contenuto, ma almeno è quello che voglio dirgli davvero. Appoggio il cellulare sul comodino e mi stendo sul letto coprendomi solo in parte con le lenzuola. Socchiudo gli occhi stanchi ma il trillo proveniente dal telefono mi fa sobbalzare. Lo afferro e mi affretto a leggerne il contenuto.

"Buonasera Ella,
Non mi devi nulla, tranquilla. Non devi sdebitarti per niente. "

Corrugo la fronte leggendo il testo. È peggio di quanto credessi. Digito velocemente un'altra risposta.

"Insisto, posso almeno offrirti un caffè, niente di troppo impegnativo."

Mi risiedo sul letto in attesa del messaggio. È così difficile accettare un invito? Mi alzo e vado a recuperare un bicchiere d'acqua in cucina. Quando torno, trovo la risposta lampeggiare sul display.

"D'accordo, ti va bene domani mattina? Altrimenti possiamo fare nel primo pomeriggio. "
Ah finalmente. Mi chiedevo quanto ancora dovessi insistere.

"Va benissimo la mattina, facciamo alle 8:30? "
Mi risponde dopo qualche minuto confermando l'appuntamento per l'indomani permettendomi di andare a dormire poco dopo.


                                                                             -----------------------

La mattina seguente mi sveglio decisamente troppo allegra per i miei gusti. Sono le sette, ho tutto il tempo per prepararmi e incontrare Devon. Siamo rimasti che ci saremmo visti fra un'ora al parco vicino al negozio dove lavoro, nostro punto d'incontro. Se lo dico ad Audrey, uscirà fuori di testa, vero..? Forse è meglio che lo faccia a cose fatte almeno non mi chiamerà ogni secondo per sapere cosa succede. Mi faccio una doccia veloce, decidendo di alzare leggermente i capelli ai lati della frangia. Metto solo una leggera linea di eyeliner e mascara per finire. Indosso poi un paio di pantaloni lunghi color verde petrolio e una camicetta bianca. Afferro la borsa ed il cellulare e cerco Audrey nel salotto.

« Audrey, sto uscendo, a dopo! » Le urlo sgattaiolando fuori prima che possa farmi il terzo grado.

Vado a piedi, è presto e non è lontanissimo dal mio appartamento, quindi ho tutto il tempo per arrivare con calma. Ci metto una ventina di minuti circa per raggiungere la destinazione. Controllo l'ora, sono le 8:35, ho fatto un po' tardi. Do un'occhiata in giro e scorgo subito Devon appoggiato al cancello dell'entrata principale. Indossa un pantalone classico ed una camicia azzurra chiara infilata al suo interno con le maniche arrotolate. Ha i capelli leggermente tirati all'indietro e un paio di occhiali da sole gli oscurano lo sguardo di ghiaccio.

« Stai aspettando da molto? » Esordisco quando ormai siamo abbastanza vicini. In tutta risposta, Devon si toglie gli occhiali e fa spallucce.

« Non molto, temevo fossi caduta in un tombino, ad essere sincero. » Sorride come se avesse detto la battuta del secolo.

« Ed invece no, sono tutta intera per mia fortuna. Vogliamo andare? » Gli faccio cenno con lo sguardo e ci inoltriamo insieme nel parco.
C'è un ottimo bar dove poter fare colazione al suo interno. Ci accomodiamo fuori e lasciamo che l'aria mite di maggio ci accarezzi la pelle. È una bella giornata.

« Cosa prendi? Secondo me dovremmo assaggiare il tortino caldo con cioccolato e panna. » Dev'essere una delizia!

« Hai la camicetta bianca, sei sicura di volerlo prendere? » Sorride sghembo ricordandomi l'episodio dell'altra mattina. Oggi è stranamente di buon umore.

« Sei davvero simpatico quando ti ci metti, guarda. Facciamo così, tu prendi il tortino ed io prendo quello che vuoi tu poi se mi piace di più il tuo, facciamo a cambio. » Gli sorrido a mia volta. Devo pur inventarmi qualcosa per rompere il ghiaccio, no? Quasi scoppia a ridermi in faccia.

« Ma non facciamo prima se ognuno prende quello che preferisce? »

« In effetti sì, ma non sarebbe divertente e non ci sarebbe gusto nel dirti che la mia scelta è migliore della tua. » Sembra pensarci su un attimo ma poi acconsente.

« Perfetto, allora io scelgo per te questo bel muffin al cioccolato che di sicuro è più buono. »

« Questo lo vedremo, Devon. » Sorrido e poi chiamiamo la cameriera per le ordinazioni.

« Lo sai che non eri tenuta a sdebitarti, vero? » Mi chiede ad un tratto.

« Ti sbagli, mi hai aiutata e offerto più volte la colazione, mi sento in dovere di ricambiare. » Faccio spallucce come se fosse ovvio. Non credo che la pensi allo stesso modo.

« Invece non dovevi, non ho fatto nulla di speciale. » Insiste picchiettando le dita sul tavolino.

« Beh ormai siamo qui, no? Tanto vale goderci la mattinata. » Finalmente annuisce e si sporge un po' sul tavolo.

« Come vanno i giramenti di testa? »

« Credo meglio, mi vengono più di rado ultimamente...è buon segno, no? »

« Certamente, ma aspettiamo le analisi per dirlo. » Non voglio parlare di me! Ho già detto anche troppo le volte precedenti. Devo tentare un'altra strategia.

« Parliamo sempre di me, mentre non so quasi nulla sul tuo conto. Non è una cosa giusta lo sai? » Provo a buttarla sul ridere accennando anche una risatina. Pare non essersi scomposto più di tanto, almeno non si è agitato come quando gli rivelai il mio nome all'epoca del nostro primo incontro.

« Hai ragione, ma non c'è molto da sapere. Le cose fondamentali le conosci... » No che non le conosco!

« Ma non so, ad esempio, cosa ti piace o cosa non ti piace. »

« Mi piace suonare il piano, ad esempio, e non mi piacciono le ragazze che mi cadono addosso inciampando nei tombini. » Trattiene un sorrisetto.

« Ehi! Guarda che mi offendo... »

« Stavo scherzando, però devi ammettere che non è normale quello che è successo, eh.. »

« Sì sì, lasciamo stare quell'episodio... » La cameriera ci porta le nostre ordinazioni prima che possa dire altro.

« Pronto a perdere la sfida? »

« Non perdo mai, Ella. » Mi guarda di sottecchi e mette mano alla forchettina.

« Adesso assaggiamo entrambi i dolci e poi decidiamo. » Annuisce e prendiamo un pezzetto del tortino. È celestiale. Assaggiamo anche quello che ha scelto lui. È buono, ma non è paragonabile al mio.

« È più buono il muffin. » Dice lui. Ma per favore!

« Ah! Stai barando, il tortino è mille volte meglio, non si discute. » Alza un sopracciglio in disaccordo.

« E chi lo dice? Tu stai barando. »

« Sto barando? Bene, allora dammi il tortino. » Lo guardo furba aspettando la sua prossima mossa. Assottiglia lo sguardo e poi prende un altro morso del mio bellissimo tortino caldo.

« Ah! Lo sapevo, è più buono il mio. Hai perso! » Mi dedica una smorfia contrariata e mi allunga il suo piatto.

« Lo ammetto, è più buono, ma sono un gentiluomo e te lo cedo. Non ringraziarmi. »

« Non ne avevo intenzione, i patti sono patti. » Gli restituisco il muffin che comunque gusta con piacere, sorridendogli tranquilla.

« Sei la dolcezza, guarda. » Commenta ironico.

« Non a caso mi chiamano Ella caramella. » Gli confido altrettanto ironicamente. Sebastian mi chiama così da quando ha scoperto che ne vado matta e che fa rima con il mio nome.

« Davvero? E perché mai? »

« Adoro le caramelle, soprattutto quelle gommose e zuccherose. »

« Che orrore. Come fanno a piacerti? »

« Come fanno a non piacere a te? Sono buonissime! »

« Non fanno decisamente per me. »

« E cosa fa per te...? » Azzardo nuovamente a chiedere sporgendomi nella sua direzione. Lui fa lo stesso.

« Preferisco la pizza o la cioccolata. » Mi rivela dopo quello che sembra un secolo. Sarà anche una sciocchezza, ma il fatto che me l'abbia detto significa che inizia ad aprirsi con me e non potrei esserne più felice.
Devon si sta rivelando migliore di quanto pensassi, a dirla tutta. Non è l'uomo rigido che gestisce un ospedale, freddo come il ghiaccio che intimorisce con una sola occhiata, o meglio, ad intimidire di sicuro è bravo, ma sono certa che sia una forma di autodifesa che adotta con le persone. Ne so qualcosa, lo facevo e lo faccio anche io. Per non farmi ferire dagli altri, mi chiudevo in me stessa e non permettevo a nessuno di distruggere la corazza che mi ero creata. Se mia madre mi ha voltato le spalle, perché non potrebbe farlo un estraneo? Ma questo vale per me a causa di ciò che mi è successo, ma Devon? Cosa gli è accaduto di così spaventoso? Sembra essere devastato ed io posso capirlo, anche se lui non lo sa. Vorrei aiutarlo, ma come posso avvicinarmi senza che lui mi respinga e si chiuda nel suo dolore?




















Angolo autrice:

Come ogni sabato eccomi qui con un capitolo nuovo di zecca.
Le cose iniziano a farsi, non dico più chiare, ma più interessanti e piano piano, stiamo entrando nel vivo della storia. Avete già qualche ipotesi su cosa sia successo a Devon? Ella riuscirà a scoprirlo senza farsi troppo male? A mercoledì per il continuo.
Kisses






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Capitolo 14
*** Capitolo 13 ***


Devon's pov

Non mi sarei mai aspettato un messaggio di Ella, soprattutto a quest'ora e per chiedermi di vederci per ragioni non professionali. Insiste con la storia dello sdebitarsi, anche se non dovrebbe, perciò non mi resta che accettare l'invito.
La mattina seguente, dopo una bella sessione di allenamento ed una doccia rigenerante, indosso una camicia azzurra con le maniche arrotolate ed un paio di pantaloni neri classici. Tiro i capelli all'indietro e afferro i miei inseparabili occhiali da sole, ormai siamo a Maggio.
L'appuntamento è al parco ma decido di avviarmi comunque con la macchina essendo il Lennox più lontano rispetto al nostro luogo di incontro. Parcheggio al di fuori di esso e l'aspetto all'entrata principale. Arriva dopo poco in tutta la sua naturalezza. A differenza di Summer, non veste in modo succinto ma appare comunque molto bella, non si può di certo negare l'evidenza.

Il bar del parco offre un bellissimo panorama ed essendo nel pieno della primavera, è molto piacevole trascorrere la mattinata all'aria aperta, forse era quello che mi ci voleva dopo tanto stress. Prima di ordinare mi propone un gioco o una sfida, dipende dal punto di vista, ma che decido di accettare ugualmente.
Ella sembra una ragazza a posto, gentile, socievole, divertente e un po' maldestra. È anche curiosa, infatti, cerca in tutti i modi di estorcermi informazioni riguardanti la mia vita privata.
Le concedo di sapere che suono il piano, da quando avevo sei anni, e che preferisco la cioccolata e la pizza alle schifose caramelle gommose che invece mangia lei. Niente di compromettente, insomma.
Faccio fatica a parlare di me, della mia vita privata e soprattutto di quello che è successo, ma mi rendo conto che sfogarsi è sempre la soluzione migliore. Magari potremmo diventare amici noi due e le potrò confidare le mie paure, forse.

« Piacciono anche a me. » Mi sorride compiaciuta riferendosi alla mia confessione sulla pizza e/o cioccolata prendendo un sorso del suo cappuccino.

« Dato che ho perso la scommessa, posso offrirti la colazione? » Le domando dopo aver preso qualche sorso del mio caffè nero. Non mi piace che debba offrire lei al posto mio.

« Ovvio che no, non era così il patto. » Fa spallucce fingendo nonchalance.

« No, infatti, ma non posso comunque lasciarti pagare, non è molto da me. » Alza gli occhi al cielo esasperata. Non l'avrà vinta facilmente.

« Avanti Devon, non farti pregare... La prossima volta ti lascerò pagare. »

« Ci sarà una prossima volta? » La domanda mi esce fuori con un tono più sorpreso di quanto volessi in realtà.

« Sempre se ti fa piacere, ovvio. » Si mordicchia il labbro come se le parole le fossero sfuggite dalle labbra senza il suo volere.

« Certo, perché no. » E sono sincero, non mi dispiacerebbe uscire di nuovo con lei, è intrigante per certi versi. Spero sia una buona idea e soprattutto che non me ne penta in futuro.

« Mi fa molto piacere. » Mi risponde soddisfatta e dopo non molto finiamo anche di mangiare. Si alza ancor prima che possa muovere un passo e si precipita a pagare. Ho detto che è anche molto testarda? Fa il suo ritorno vittoriosa e mi dedica un occhiolino.

« Devi andare all'università adesso? » Vorrei almeno accompagnarla tanto sono arrivato in macchina ed è presto per andare in ospedale.

« No, in realtà a lavoro. » Mi dice mentre cerca qualcosa nella borsa.

« Posso darti un passaggio? Almeno mi sentirò meno in colpa per averti permesso di pagare. »

« Sei gentile, ma il negozio è proprio dietro l'angolo, grazie comunque. » Si aggiusta la frangia e si mette la borsa in spalla sorridendomi.

« Bene, allora alla prossima(?) Ci possiamo sentire telefonicamente a questo punto e grazie per la colazione. » Mi rimetto gli occhiali da sole mentre la guardo sorridente. Mi risponde che va benissimo e si protende per salutarmi con due baci sulle guance. È la prima volta che lo fa e il suo gesto mi sorprende ma non lo do a vedere.

« Allora, alla prossima. Buona giornata Devon e non devi ringraziarmi di nulla. » Si allontana con la stessa naturalezza con la quale è arrivata poc'anzi.
Mi volto e mi dirigo alla mia auto recuperando le chiavi, pronto per recarmi al lavoro. Non faccio neanche in tempo ad aprire la portiera che percepisco il telefono vibrare.

« Ehi Summer. Buongiorno. » Mi accomodo al posto del guidatore allacciandomi la cintura.

« Come stai, tesoro? »

« Bene, tu che mi dici? » Accendo il vivavoce dell'auto così posso guidare e parlare contemporaneamente.

« Bene bene, ma dove sei? »

« In macchina, sto andando a lavoro perché? »

« Sono fuori casa tua ma non ci sei... » Alzo gli occhi al cielo, non ci credo.

« Perché sono in macchina(?) Ci sentiamo dopo, va bene? »

« Va bene.... Ciao. » Mi schiocca un bacio attraverso la cornetta ma attacco subito la chiamata.
Perché diavolo si presenta a casa mia senza avvisare? E si lamenta pure che non mi trova...
Tutto il buon umore di stamattina è magicamente svanito grazie a questa telefonata, magnifico. Lo so che mi faccio prendere troppo dalle cose ma non posso farci niente se certi gesti mi irritano e non poco. Entro in ospedale come una furia ma noto subito Rose che cerca di fermarmi. Non la ascolto finché non siamo nel mio ufficio.

« Dottor Reinfield, ha chiamato sua madre un quarto d'ora fa. Ha detto che non le ha risposto né a casa né al cellulare.. » Ma da quando la mia è diventata la casa del buon Gesù?! Cerco di restare calmo, infondo, Rose non c'entra nulla non posso arrabbiarmi con lei.

« Per caso ti ha detto cosa voleva? » Mi infilo il camice nel frattempo.

« No, dottore. Mi ha solo detto che la cercava, mi spiace...» Abbassa lo sguardo intimorita, ma sono troppo nervoso per rimproverarla.

« Grazie, va pure... » La congedo con un gesto della mano sprofondando nella mia poltrona. Se a New York sono quasi le dieci di mattina a Londra, saranno le cinque, pensavo che mia madre fosse meno mattiniera però almeno si spiega perché mi chiami in orari strambi. Che sia successo qualcosa?
Afferro subito la cornetta del telefono e compongo il suo numero. Mi risponde dopo un paio di squilli.

« Mamma va tutto bene? »

« Oh tesoro! Ti sei ricordato di me, allora eh? Come stai? » E sono questi i momenti in cui vorrei assumere un sicario per farla rapire. Scherzo ovviamente.

« Mamma è successo qualcosa? Perché mi hai chiamato? Ci siamo sentiti ieri....» Sogghigna al telefono, alquanto inquietante direi.

« Ma no figliolo, niente! Volevo comunicarti che fra qualche settimana ci sarà il solito consiglio annuale al quale devi assolutamente partecipare. Verrà anche Charlotte te la ricordi? »

« Come posso dimenticarla? Hai cercato di farmela sposare più di una volta... » Alzo gli occhi al cielo. Non ho nessuna voglia né di tornare a Londra né di avere a che fare con qualsiasi stramberia di mia madre o con i benestanti con i quali è abituata a stare.

« Era un buon partito e Charlotte è una bella ragazza, no? Lo facevo per te, pff. »

« Ne abbiamo già parlato. Comunque devo andare, c'è un'urgenza. Ciao mamma. » Attacco prima che possa dire altro e appoggio la testa sullo schienale chiudendo gli occhi. Capitano tutte a me.
Ho bisogno di un consiglio e Richard è la persona giusta a cui chiederlo perché so che è l'unico che può capirmi.

Ella's pov

E così ci sarà una prossima volta. Sono esterrefatta, non credevo che avrebbe mai accettato quest'invito figuriamoci un'altra uscita! Sorprendente, magari potremmo addirittura diventare amici.
Volto l'angolo e il Cloe's showroom mi appare davanti agli occhi. Si comincia...

« Ella! Finalmente... » Sidney mi viene incontro a braccia conserte. Che ho fatto..?

« Buongiorno, Sidney. Cosa succede? » Le chiedo appoggiando la borsa sul bancone.

« Sei in ritardo, di nuovo! »

« Ma sono le nove e cinque... »

« Cinque minuti sono pur sempre cinque minuti! Vorrà dire che te ne andrai cinque minuti dopo. » Mi guarda furiosa. Secondo me deve esserle successo qualcosa, di solito è abituata ai miei ritardi.

« Certamente... mi metto subito a lavoro, allora. » Filo via alla velocità della luce iniziando ad esporre in vetrina qualche capo per poi riordinarli per taglia e colore. Stavo sistemando gli ultimi abiti quando sento una mano picchiettarmi la spalla.

« Sebastian mi hai spaventata! » Quasi sobbalzo quando mi volto e me lo trovo di fronte.

« Ellina, noi dobbiamo comprarti un vestito per la mia prima, ricordi? Mica ci vuoi venire conciata così... » Indica il mio outfit con la mano.

« Guarda che sono super elegante oggi! » Ribatto lisciandomi la camicetta.

« Certo, ed io sono etero! » Ridacchia divertito e poi fa un occhiolino a Sidney che ricambia ammirata.

« Quella donna mi adora, peccato che abbiamo gli stessi gusti. » Fa spallucce e mi prende per un braccio.

« Bas, mancano ancora due settimane allo spettacolo lo sceglieremo con calma poi. » Cerco di persuaderlo facendogli gli occhioni dolci.

« Va bene Ella... ma ci andremo questo weekend, non voglio sentire ragioni, intesi? » Annuisco controvoglia alla sua imposizione.

« Bas fra una decina di minuti stacco, se mi aspetti, pranziamo insieme. » Mi volto e fingo di lavorare mentre attendo la risposta di Bas che non tarda ad arrivare.

-------------------------

Quindici minuti dopo siamo seduti nel suo ristorante preferito. Un locale francese, ovviamente, ma devo dire che fanno delle crêpes eccezionali!

« Allora Bas, sai già dove si svolgerà l'after party? » Gli domando mentre leggo il menu del raffinato ristorante. Mi sa che un'insalatona andrà più che bene.

« Ovvio, Ella! Mancano solo quindici giorni alla prima! Si svolgerà nella sala da ballo di un hotel non lontano dal teatro, il Waldorf Astoria. » Quasi mi strozzo con l'acqua per la coincidenza. È l'hotel di Richard!

« Oddio, davvero? Conosco il proprietario! » Lo guardo incredula.

« Oh wow Ella, sei piena di risorse. Come lo conosci scusa..? » Cavolo, con tutto ciò che ho avuto da fare non ho aggiornato Sebastian.

« È un cliente del negozio, comunque devo dirti un sacco di cose, in realtà. » Velocemente gli racconto di Richard, del fatto che sia amico di Devon e la scena del tombino e tutto il resto fino alla colazione di stamattina.

« Ah, finalmente ti sei trovata un... »

« Un amico. » Finisco io per lui la frase. Se ci si mette anche Sebastian è la fine.

« Sì... certo, come preferisci chiamarlo tu. » Mi fa il suo sorrisetto che provoca in me un'alzata di occhi. Finalmente il cameriere ci porta le nostre pietanze.

« In ogni caso, sono offeso che tu non mi dica più nulla! »

« Ma non è vero, sono stata solo molto impegnata...»

« Ah Ella, potresti aggiornare anche Ashley e Audrey sul luogo dell'after party? E di loro di vestirsi eleganti. » Mi punta la forchetta contro come se fosse una questione di vita o di morte.

« Sarà fatto, Bassuccio. » Immagino già la faccia di Audrey quando glielo dirò! Sarà indubbiamente felicissima. Continuiamo il resto del pranzo tranquillamente parlando del più e del meno finendo in bellezza con la fantastica crêpes alla nutella.
Lo abbraccio forte per ringraziarlo, perché so che odia le effusioni soprattutto in pubblico, e mi allontano per raggiungere la mia dimora.

Saluto il Signor White con un cenno della mano, come da rituale, e mi catapulto in casa ma Audrey non c'è. Vorrà dire che mi metterò un po' a studiare mentre l'aspetto e ne approfitterò anche per mandare un messaggio a Rick e Ashley. Non vedo l'ora di gustarmi la faccia della mia coinquilina appena le racconterò cosa ho saputo. Neanche il tempo di pensarlo, che la bionda fa il suo ingresso teatrale.

« La più bella è qui! Ciao Ella. » Si avvicina per abbracciarmi e poi si reca in camera sua per svestirsi.

« Audrey!! Devo dirti una cosa! » Le urlo dal salotto ed ella si affaccia subito.

« Cosa? Oddio non farmi attendere! » Corre nella mia direzione. È quasi peggio di me in fatto di curiosità.

« Allora, Sebastian mi porta a dirti di vestirti elegante per la sua prima, innanzitutto. » Esordisco così, per tenerla un po' sulle spine. So che lo odia.

« Sì, sì aveva dubbi? Io sono sempre elegantissima! Poi..? »

« Poi, mi ha detto che il party si terrà in un certo hotel di nome Astoria. Ti è familiare? » La sua espressione è impagabile, dovrei farle una foto!

« O H M I O D I O! Fai sul serio?? » Annuisco e saltella dalla gioia, felice di poter vedere di nuovo Richard.

« È la mia occasione, non posso lasciarmela sfuggire! Mi vestirò come una dea e Richard non potrà non cadermi ai piedi! » È già partita con il film mentale... bene!

« Sì, ok. Adesso vado a studiare, il mio dovere l'ho fatto! »

« Ahhh Ella sono contentissima, abbracciamoci! » Mi salta praticamente addosso facendomi cadere rovinosamente sul divano. È bello vederla così felice per una cosa così banale, alla fine. È proprio vero, la felicità si trova nelle piccole cose, nei gesti di una persona e non dobbiamo per forza aspirare a chissà che cosa. E' ora che io tragga insegnamento da ciò ed inizi a fare lo stesso.





















Angolo autrice:


Alloraaaa, cosa pensate della storia? Come sta procedendo secondo voi? Fatemelo sapere con una recensione, non siate timidi! Ci vediamo sabato con il prosieguo.
Kisses.


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Capitolo 15
*** Capitolo 14 ***


Ella's pov

Delicate sfumature grigie costeggiano i duri tratti del carboncino impressi sul foglio bianco. Tocchi leggeri, quasi impercettibili, si susseguono uno dopo l'altro incapaci di fermarsi così come i miei pensieri. Butto sul foglio tutto ciò che non riesco a fare con le parole. È questo il mio modo di comunicare, o almeno è quello che mi riesce meglio. La mia aspirazione è di trasmettere agli altri ciò che provo quando disegno, le mie emozioni, i miei stati d'animo senza bisogno di esporli a parole. Un po' come il ballo, no? È anch'essa una forma d'arte capace di trasmetterti le più svariate sensazioni. La mano traccia onde sinuose che vanno a completare la mia piccola opera. La osservo per un tempo che sembra infinito. Non so cosa pensare di ciò che ho realizzato. Non è uno dei miei soliti disegni perciò mi alzo dal letto e lo infilo nella cartellina riservata ai ritratti "segreti", se così possiamo definirli. Ne ho anche un'altra per i miei lavori universitari che però contiene maggiormente paesaggi o opere astratte. 
Controllo l'orologio posto sulla scrivania e leggo le 3:27 di notte. Cavolo, come sempre mi estraneo completamente da ciò che mi circonda e perdo la concezione del tempo quando sfogo tutto il mio estro artistico. 
Velocemente torno a letto infilandomi sotto le coperte, sperando che Morfeo venga presto a prendermi o lo faranno i dubbi e le paure ma conto sulla mia stanchezza. È stata una giornata... diversa, direi. 

La mattina seguente arriva in fretta e sono costretta ad alzarmi alle otto di mattina. Se ho dormito cinque ore è anche troppo! Come uno zombie, mi infilo le pantofole e mi lancio sotto la doccia sperando che il getto freddo mi dia una svegliata. Che misero tentativo per poco non crollavo nella doccia! Quando esco dal box, infilo intimo e una maglia più larga e lunga più o meno fin sotto al sedere per fare colazione.

« Ella hai un aspetto orribile. » Mi dice Audrey non appena mi accomodo sulla sedia della cucina.

« Grazie, tutti questi complimenti a prima mattina mi commuovono. » Non tutte sembriamo uscite da una rivista come lei appena sveglie!

« No davvero. Sei stata di nuovo sveglia fino a tardi? » Quasi mi rimprovera come se fosse mia madre. Alzo gli occhi al cielo esasperata.

« Sto benissimo, non preoccuparti. » Forse mi gira un po' la testa ma è di certo è colpa della stanchezza questa volta, anche se sento ancora qualche fitta.

« Uff, faccio finta di crederti... Ma ieri mattina dove sei scappata? Per la felicità mi sono dimenticata di chiedertelo. » Ops. Dato che inventarmi una scusa sarebbe peggio, mi mordicchio il labbro e mi alzo per raggiungere il latte. Eh si, sto letteralmente prendendo tempo. Non voglio che si faccia film inutili.

« Avevo un impegno... » No, okay non è stata una buona idea. Adesso penserà che faccio la vaga perché le sto nascondendo qualcosa.

« Un impegno. Che tipo di impegno...? » Mi guarda confusa come se stessi parlando in aramaico. Come darle torto. Per fortuna Audrey è il tipo di ragazza che non insiste troppo, fatta eccezione in casi particolari.

« Te lo dico se prometti di non urlare. » Mi guarda ancora più accigliata e annuisce.

« Lo giuro solennemente. » Si posa una mano sul petto per essere teatrale.

« Ho fatto colazione con.... Devon perché volevo ringraziarlo per il suo aiuto. » Le dico tutto d'un fiato nascondendo la faccia nel frigorifero. Non voglio vedere la sua espressione.

« OH WOW ELLA! Ops, sto urlando... OK mi calmo... E com'è andata? » Prendo praticamente tutto ciò che c'è nel frigo e torno al tavolo evitando il suo sguardo indagatore.

« Bene(?) Non è successo niente di che comunque... » Beh in effetti è vero.

« Mh... ho capito. E quindi? Non vi vedrete più? » La odio quando è così intuitiva.

«Non lo so... forse sì, forse no chi può saperlo? » Ridacchio nervosa facendo spallucce, dandole la conferma ai suoi sospetti in questo modo, ma la cosa è più complicata di quanto sembri o almeno io lo sono.

« Io spero di si! » Mi fa l'occhiolino per poi alzarsi. Sparecchia ciò che ha usato per fare colazione e mi lascia sola con i miei dubbi esistenziali.

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« Dovresti venire a prendermi più spesso, Richard! La tua macchina è comodissima, quasi mi stavo addormentando. » Ridacchio scendendo dalla vettura rossa fiammante del mio amico. Rick mi sorride scuotendo la testa.

« Ah quindi neanche mi ascoltavi mentre ti parlavo? » Mi accusa ed un bip segnala la chiusura dell'auto.

« Certo che ti ascoltavo... quindi, alla fine, hanno accettato quell'offerta...? » Lo vedo sbuffare.

« Ma te l'ho detto prima! Vedi che non mi ascolti? Non ti vengo a più a prendere, sappilo. » Mette il broncio appoggiandosi alla portiera.

« Sto scherzando! Ti ho ascoltato. Hanno accettato, anche se hai dovuto usare tutte le tue doti persuasive. Potresti andare a prendere Audrey se non ti vado bene. » Gli faccio la linguaccia ed in cambio ricevo un'occhiataccia.

« La smetti di dire stupidaggini? » Ride di me incrociando le braccia al petto.

« Vuoi salire? Devo parlarti di una cosa. »

« Mi devo preoccupare? Hai ucciso qualcuno e non sai come nascondere il cadavere..? » Alzo gli occhi al cielo.

« Adesso chi è che sta dicendo un mucchio di stupidaggini? Dai andiamo. » Lo afferro per un braccio e lo trascino di sopra nel mio appartamento.

« Ehi, se volevi portarmi a casa tua bastava chiedere, bellezza! »

« Avanti, smettila! » Scoppio a ridere e apro la porta per farlo entrare.

« Fai come se fossi a casa tua, anche se immagino sia grande il triplo di questa... » Faccio spallucce e vado a prendere del thè freddo per entrambi. Mi accomodo poi sul divano accanto a lui.

« Di cosa volevi parlarmi? » Mi domanda perplesso prendendo un sorso del suo thè al limone.

« Devo dirti due cose, in realtà. La prima è: per caso fra due settimane ospiterai l'after party di uno spettacolo teatrale..? » Mi sistemo meglio sul divano sorseggiando la bevanda.

« Oh.. sì sì! Ecco cosa dovevo dirti, esatto l'Astoria darà un grande party! Ma tu come lo sai? » Chiede posando la bibita sul tavolino.

« Si da il caso che sia amica del produttore di questo spettacolo. » Fingo un'aria altezzosa per poi scoppiare a ridere.

« Eh brava Ella! Quindi ci sarai anche tu? »

« Esatto, anche Audrey e altri miei amici. » Annuisce con aria pensierosa abbozzando poi un sorriso.

« L'altra cosa che volevi dirmi, invece? » Oh, bene ci siamo. Devo parlarne con lui, almeno.

« Si... ehm, stamattina ho chiesto a Devon di fare colazione insieme e ha accettato. » Sgrana gli occhi sorridendo come un ebete.

« Davvero? E come è andata? » Domanda curioso ed interessato versandosi altro thè.

« Direi bene, abbiamo chiacchierato e mi ha detto qualche cosa su di lui. » Ammetto torturandomi le dita.

« Sconvolgente, è molto difficile che parli di se stesso. » Fa spallucce meravigliato.

« Beh, mi ha detto solo qualche sciocchezza tipo che suona il piano, non farti film... » Alzo gli occhi al cielo, di nuovo, per poi puntarli su di lui che sorride.

« Secondo me state facendo amicizia, mi fa piacere! Adesso devo lasciarti... ho una cosa importante da fare. Grazie per il thè. » Si alza dal divano sistemandosi il completo.

« Ehi! Dammi un abbraccio. » Metto il broncio e Richard torna indietro assecondandomi. Si china per cingermi con le sue braccia forti e poi mi lascia andare dopo poco.

« Grazie Rick. » Gli sorrido e lo accompagno alla porta.

« Di nulla, ci sentiamo. » Mi fa l'occhiolino e sparisce dal mio campo visivo così mi affretto a rientrare. Parlare con Richard mi fa sempre bene. Forse non se ne rende conto, ma ha un potere rigenerante su di me, è un buon amico meglio di quanto mi aspettassi o desiderassi. Vorrei tanto poter essere un'amica anche per Devon, ha sempre un'aria così malinconica e credo che oltre a Rick e quella Summer, non si svaghi abbastanza. Posso comprenderlo, un tempo ero anche io così subito dopo la morte di mia madre. Per anni mi sono sentita in colpa e andata da psicologi e psichiatri per curarmi fino a quando ho deciso che non ne potevo più e che dovevo riprendermi. Ancora oggi, e sono passati sei anni, ho incubi al riguardo ma non come all'inizio. Sto cercando di superarlo definitivamente.

Devon's pov

Non devo pensare a mia madre... due-tre... non ci devo assolutamente pensare... quattro-cinque... se lo faccio esco fuori di testa... sei-sette-otto. Per non parlare di Summer... nove-dieci. 
Poso il bilanciere sull'apposito sostegno e mi asciugo la fronte ed il petto sudato prendendo dei grossi respiri. Neanche l'allenamento riesce a distogliermi dai miei continui pensieri malsani. Sono davvero così stressato? Incredibile, ho raggiunto livelli epocali.

Incazzato con me stesso, mi fiondo nella doccia aprendo il getto d'acqua. Questo si che è rilassante. Lascio che il liquido mi scorra su tutto il corpo lavando via non solo lo sporco, ma anche i problemi. Per un secondo o due riesco ad estraniarmi ed è magnifico. Vorrei che questa sensazione durasse in eterno, ma appena chiudo il getto d'acqua, la realtà torna a colpirmi in pieno viso. 
Avvolgo un asciugamano intorno al bacino e guardo il mio riflesso allo specchio. Le occhiaie non mi donano per niente, direi, ma non posso farci niente se ho i turni di notte da fare, non che senza di essi riuscirei a dormire. Vado nella mia stanza e controllo l'orologio sul comodino che segna le quattro di pomeriggio. È presto ma tanto ho di nuovo il turno notturno oggi quindi non mi faccio troppi problemi. Infilo la biancheria e un paio di pantaloni quando mi squilla il cellulare. Timoroso che sia mia madre, lo afferro titubante e leggo il nome sul display. Grazie a dio.

« Ehi amico! Ti disturbo? » La voce di Richard risuona dall'altro lato.

« Rick quale onore. A cosa devo il piacere? Non disturbi comunque. » Lo prendo in giro. Sono contento che abbia chiamato, anzi ho proprio bisogno dei suoi consigli.

« Perfetto perché sono quasi da te, fammi trovare un goccio di whiskey con il ghiaccio mi raccomando. » Ah bene, mi ha letto nel pensiero evidentemente! Sorrido e cerco una maglia da indossare nel cassetto. Martha, la domestica, è davvero una maniaca dell'ordine perciò non impiego molto a trovarla.

« In cambio chiedo qualche consiglio, allora. »

« Va benissimo, arrivo. » Attacca e mi infilo subito la maglia recandomi nel mio studio per recuperare la bottiglia di whiskey. Non devo attendere molto per udire il suono del campanello.

« Martha vado io, non preoccuparti! » Alzo la voce per farmi sentire, dovunque lei sia, e accolgo il mio amico a braccia aperte.

« Eccoti qui, entra pure. » Gli faccio spazio per poi richiudere la porta alle nostre spalle. Ci salutiamo con una stretta di mano e un abbraccio come nostro solito. Sono davvero felice che sia qui.

« Andiamo nella sala da pranzo, vieni. » Lo guido nei meandri della mia dimora fino a condurlo al divano. Ci sediamo uno di fronte all'altra con il liquore alla mano. Ci servirà sicuramente.

« Dimmi tutto, caro Devon » Prendo un grosso respiro prima di buttare fuori tutti i miei pensieri.

« Mia madre vuole che torni a Londra per il solito convegno che si tiene ogni anno.... e indovina? Ci sarà pure Charlotte. » Osservo la reazione del mio amico che si trattiene per non ridermi in faccia. Che idiota che è...

« Magari stavolta riesce a fartela sposare sul serio! È un anno che tenta... » Scuote la testa divertito mandando giù il suo whiskey.

« Grazie mille Rick, tu si che sai come consolarmi! » Sbuffo sorseggiando il drink.

« Dai stavo scherzando, però credo che tu debba andarci senza, come dire, lasciarti coinvolgere troppo. »

« Lo sai che è impossibile, vero? Mi faccio sempre prendere troppo dalle situazioni ed il bello è che me ne rendo conto ma non posso evitarlo... » 
È un mio grande difetto. Non riesco mai ed estraniarmi del tutto da ciò che succede intorno a me e ciò mi devasta ogni volta. Mi incazzo per un nonnulla ed è la fine.

« Devon, te lo dico con il cuore in mano, devi distrarti un pochino. Ti propongo una cosa. Fra due settimane ospiterò all'Astoria l'after party di uno spettacolo. Dovresti venire, è una buona occasione per lasciarti un po' andare. Te lo meriti. »
Mi da una pacca sulla spalla e mi dedica uno dei suoi sorrisi sinceri. In passato sono stato proprio io ad aiutarlo a causa di ciò che gli era successo quindi ci capiamo perfettamente e mi fido dei suoi consigli.

« Se lo dici tu... posso almeno pensarci? » Vorrei rifletterci un po' prima di accettare, anche se so che sarebbe la cosa migliore da fare.

« Certo, hai due settimane di tempo per decidere, anzi un po' meno perché siamo già a venerdì e la festa è di mercoledì. » Fa spallucce per poi sistemarsi la giacca sulle spalle.

« Allora ci penserò grazie Rick. » Lo credo sul serio, è un grande amico. Mi fa un occhiolino in risposta.

« L'altra cosa che mi dovevi dire, comunque? » Ah quasi dimenticavo!

« Già, si. Si tratta di Summer. È a dir poco ossessiva e si ingelosisce per tutto. »

« Perché si ingelosisce...? Comunque è una palla al piede quella donna, con tutto il rispetto ma... » Alza gli occhi al cielo esasperato quasi più di me. Non la sopporta molto.

« Perché si fa dei film mentali assurdi. Mi ha fatto una scenata in ospedale anche...» Che ricordi quella scena. Ancora sono basito a ripensarci.

« Perché ti ha fatto una scenata? Raccontami per bene altrimenti non capisco. »

« Perché la mattina le avevo detto che non doveva aspettarsi nulla e poi in ospedale si è incazzata prendendosela anche con Ella che in quel momento era lì con noi. » Lo osservo sorridere e lo fulmino con lo sguardo. So perfettamente a cosa sta pensando.

« Rick ti prego, non ti ci mettere anche tu. » Lo avverto prima che proferisca qualsiasi parola. Alza le mani in segno di resa ridacchiando.

« Non penso proprio a nulla, Devon. Credo solo che Summer sia una pazza. » Finge un'aria innocente annuendo per dare veridicità alle sue parole.

« Mh... va bene. » Lascio perdere l'argomento ma credo anche io che Summer abbia qualche rotella fuori posto, o semplicemente cerca di attirare l'attenzione in qualsiasi modo possibile fallendo comunque.

« Amico mio, è giunta l'ora che faccia ritorno al mio hotel. Ci sentiamo. » Ci alziamo e lo accompagno alla porta dopo averlo salutato. 
Una volta chiusa, sprofondo nuovamente nella solitudine, la stessa che alberga nel mio cuore spezzato da troppo tempo. Forse ha ragione Richard e dovrei dare una svolta alla mia vita iniziando ad andare a quel party di cui mi ha parlato oppure andare a Londra senza fare troppe storie e cercare di andare più d'accordo con Summer. Posso farcela, devo riprendermi la vita che mi è stata rubata troppo presto, non ho altra scelta se voglio davvero vivere.





















Angolo autrice:


Salve a tutti! E siamo giunti al 14esimo capitolo. Come sta procendendo la storia secondo voi? Avete qualche teoria/ipotesi in generale sui vari personaggi? Fatemi sapere! A meroledì per il continuo.
Kisses.

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Capitolo 16
*** Capitolo 15 ***


Ella's pov

Se pensavo di poter trascorrere il sabato per i fatti miei, tranquilla e rilassata nel mio comodissimo appartamento, ho fatto senz'altro i conti senza l'oste. Essendo il mio unico giorno di riposo dal lavoro e non avendo l'università, speravo di poter passare il pomeriggio a disegnare e ad iniziare la tesi, anche se avrei di sicuro abbandonato presto quest'ultima idea. In ogni caso, eccomi qui a vagare per il centro commerciale più immenso di New York in compagnia di Sebastian. Non ho potuto sottrarmi a quest'uscita, gliel'avevo promesso e quindi non ho opposto resistenza al suo messaggio tutt'altro che cordiale di ieri sera.

"Ella, domani tu ed io usciamo e non è una richiesta. Tieniti libera. "

Come si può ribattere ad un messaggio del genere? Inoltre ci sono abituata, quindi...
Ora come ora, lascio che Bas mi trascini in tutti i negozi che ritiene necessario. Continua a ripetere che dobbiamo almeno dare un'occhiata altrimenti non ce ne andiamo da qui. Tutto questo per trovare un vestito adatto alla sua prima. Che poi qualche abito che sarebbe potuto andare bene lo avrei, ma Sebastian è Sebastian.

« Guarda quel negozio! Fa proprio al caso nostro, andiamo. » Per poco non cado tanto la strattonata che mi ha dato, ma che problemi ha?!

« Lo stai ripetendo ad ogni negozio d'abbigliamento che troviamo...»
Sbuffo sonoramente alzando gli occhi al cielo per la sua affermazione per nulla credibile.

« Lascia fare a me! Vedrai che troveremo degli abiti stupendi lì » Asserisce convinto come se ciò che dicesse fosse inopinabile.
Lo seguo controvoglia notando subito la qualità degli abiti. C'è molto di più di quanto possa permettermi.

« Bas credo che questo negozio non faccia assolutamente per me... dovremmo andarcene. » Lo guardo supplichevole sperando che per una volta faccia come gli dico.

« Smettila di lamentarti Ella e lasciami fare. » Inizia ad afferrare una quantità industriale di abiti dei generi più disparati. Lo guardo a bocca aperta incapace di proferire alcunché.

« Forza, vai a provare questi! » Mi scaraventa una manciata di vestiti tra le braccia e mi spinge fino al camerino.

« Sebastian ma... » Non riesco a finire la frase che mi chiude la tendina del camerino davanti agli occhi. Lo odio quando fa così.
Osservo i prezzi sui cartellini e strabuzzo gli occhi. Che esagerazione!
Con molta pazienza inizio a provare i vari capi partendo da uno lungo nero con uno scollo a V molto profondo sul davanti, con le maniche lunghe e uno spacco sul lato destro che parte ad altezza coscia.

« È troppo... » Affermo appena esco dal camerino e incrocio lo sguardo di Sebastian.

« È bello ma no... vai con il prossimo! »
Ne provo un altro questa volta color avorio corto fino al ginocchio ma è decisamente troppo... antiquato.
Indosso altri mille abiti e quando stavamo per arrenderci tutti, ormai anche le commesse ci temevano, l'abbiamo trovato. Esco dal camerino con un abito rosso corto fino al ginocchio. La parte del top è più stretta e ha le bretelline sottili per poi scendere morbido sui miei fianchi. Mi fascia alla perfezione e non è per nulla volgare, anzi. È giovanile e colorato e non posso dire che non mi piaccia, sembro un'altra Ella!

« Oh mio dio, sei un incanto! Perfetto, lo prendiamo. » Sorride entusiasta e mi fa cenno di andare a cambiarmi.
Quando esco definitivamente da quello stretto abitacolo che hanno il coraggio di chiamare camerino, mi guardo intorno alla ricerca di Sebastian che è già alla cassa.
Corro da lui ma è troppo tardi.

« Che cosa hai fatto?! » Lo aggredisco guardando la commessa che ci porge la busta.

« Un regalo! Lo sai che i soldi non sono un problema per me. » Si giustifica miseramente.

« E tu sai che non mi piace quando fai queste cose! Non dovevi comprarmelo. »
Sono furiosa, non avrebbe dovuto! Costava un botto, dannazione.

« Se non l'avessi fatto io non lo avresti preso e sarebbe stato un gran peccato visto come ti donava. » Fa spallucce ed afferra la busta prendendomi sotto braccio.

« Grazie... ma non dovevi comunque. » Continuo, ancora incredula per il suo gesto.

« Te li restituirò appena possibile, promesso. » Mi guarda come se avessi detto che gli alieni ci stessero attaccando.

« Ma non ti permettere proprio! É un regalo per la MIA prima, non devi darmi nulla, intesi?»
Litighiamo un altro po' ma alla fine acconsente a farmi almeno offrire il gelato che stiamo gustando nella migliore gelateria del centro commerciale. Ci voleva proprio dopo tutte quelle corse a destra e a sinistra per i negozi!

« Adesso possiamo tornare a casa o dobbiamo comprare qualcos'altro? » Domando una volta aver gettato la coppetta vuota nel cestino.

« No, siamo apposto così. Le scarpe le hai vero? »

« Sì, Audrey ha detto che me ne avrebbe prestato un paio delle sue. » Annuisce soddisfatto regalandomi un sorrisone.

Passiamo un'altra decina di minuti a girovagare per il centro commerciale per poi recarci alla nostra macchina pronti per fare ritorno alle rispettive abitazioni. Quando siamo davanti al mio palazzo mi da la busta con l'abito.

« Ah Ella, c'è un'altra sorpresa lì dentro. Ciao! » Indica con lo sguardo la busta che stringo tra le mani per poi sfrecciare via a tutta velocità. Ma che diavolo gli è preso?


Come sempre saluto il Signor White prima di salire le scale velocemente per raggiungere il mio appartamento. Neanche il tempo di entrare che mi fiondo sul tavolino per estrarre il contenuto della busta. Oltre all'abito rosso ce n'è un altro che ho misurato nello stesso negozio. Era piaciuto molto ma lo avevamo scartato. È color blu notte, lungo con delle paillettes argentate che costeggiano la scollatura a V sul davanti. Anche la schiena è scoperta. Sono sconvolta, è bellissimo ma non avrebbe dovuto prendermi due abiti!
Afferro il cellulare dalla tasca dei jeans e compongo il suo numero.

« Sebastian sei un pazzo. Come devo fare con te? » Gli dico non appena risponde.

« Ti è piaciuto? Non potevo lasciarlo scappare. Ti stava una meraviglia. » Adesso mi metto a piangere, davvero.

« Ti voglio bene lo sai? Avrai speso un sacco e mi sento in colpa... » Gli confesso sedendomi sul bracciolo del divano. So che l'ha fatto con piacere ma non deve comprarmi vestiti così costosi!

« Non preoccuparti Ellina. »

« Che poi quando lo metterò mai? » È molto elegante, quando lo indosserò?

« Troverai un'occasione, vedrai. » Sorrido come un ebete. È un angelo quel ragazzo. Parliamo un altro po' e poi lo lascio tornare a casa tranquillo. Che giornata!

Quando la mia coinquilina rientra dal lavoro, le racconto tutto e le mostro gli abiti appena acquistati.

« Wow Ella, sono stupendi! Scommetto che quello rosso ti dona tantissimo! Che scarpe hai intenzione di usare? » Armeggia con il vestitino guardandolo e rigirandoselo tra le mani per scorgerne ogni dettaglio.

« Avevo pensato a delle scarpe nere, no? » Mi alzo dal divano afferrando l'altro abito per appenderlo nella mia stanza.

« Sì, sono d'accordo. Ne ho un paio perfetto per te! » Sorride entusiasta e mi trascina in camera sua mostrandomi tutte le favolose scarpe in suo possesso.

« Mio dio sono tantissime! Quali avevi pensato per me? » Le chiedo mentre Audrey si fa strada tra la marea di calzature che però sono ordinate per colore, devo ammettere.

« Questi sandali neri sono perfetti per te ed hanno un tacco non troppo alto. Che dici? » Mi porge il paio di scarpe in questione. Sono molto belle ed eleganti, non troppo appariscenti ed il tacco mi sembra accessibile anche se sottile.

« Mi sembrano adatte. Grazie per l'aiuto, Audrey! » L'abbraccio e insieme ci sediamo sul suo letto.

« Hai qualche novità per me? » Le chiedo spostando qualche cuscino per stare più comoda.

« In realtà no è tutto molto monotono al momento. Tu invece, qualche altra storia sul dottore? » Mi sorride eloquente punzecchiandomi con il gomito.

« No, sai già tutto, dai smettila! » Rido e le lancio una cuscinata in pieno viso. Spalanca la bocca dalla sorpresa e fulmineamente, ricambia con la stessa moneta.

« Vuoi la guerra? Che guerra sia! » Diamo inizio a questa lotta con i cuscini senza esclusione di colpi che finisce con noi due stese sul letto a ridere come ebeti.

« Hai imbrogliato comunque. » Dico alla bionda sistemandomi la frangia ed i capelli tutti arruffati.

« No! Vale tutto nella lotta con i cuscini, non lo sapevi? » Ridacchia girandosi su un fianco.

« Non lo sapevo perché non è vero! » Rido con lei mettendomi a pancia sotto per poterla guardare.

« Invece sì, sei tu che non ci sai giocare evidentemente. » Mi fa la linguaccia ed io le scompiglio la massa bionda. So che non lo sopporta.

« Aspetta un attimo. Tu che abito indosserai? » Presa dalla lotta e dall'euforia per i miei acquisti, mi sono completamente dimenticata di informarmi sul suo conto.

« Non ho ancora deciso, poi mi darai una mano a tempo debito. » Annuisco e appoggio la testa sul cuscino chiudendo un attimo gli occhi finendo con l'addormentarmi accanto ad Audrey.

-------------

Stavo riposando tranquillamente quando percepisco una mano scuotermi la spalla vigorosamente.

« Ellaaaaa dai svegliati! Mi stai sbavando tutto il cuscino... » La delicatezza della mia coinquilina è sempre presente.

« Mmm... » Mugolo qualcosa di incomprensibile aprendo piano un occhio. Come ho fatto ad addormentarmi?

« Sono stanchissima... » Richiudo le palpebre e mi giro dall'altro lato dandole le spalle.

« Sei una pigrona, ecco! Smettila di sonnecchiare come le vecchiette. » Mi da una pacca sul sedere così forte che quasi sobbalzo.

« Ehi! Mi fai male... » Mi alzo mettendomi seduta sul materasso a gambe incrociate guardandola male.

« Lo faccio per te. E per il mio letto che hai distrutto... » Scuote la testa riordinando i cuscini sparsi intorno a noi.

« Esagerata! » Le faccio la linguaccia e poi sentiamo un cellulare vibrare da qualche parte. Ci guardiamo per un secondo non capendo da dove provenga il trillo.
Lo cerchiamo in giro senza trovarlo fin quando non alziamo tutti i cuscini.

« Eccolo! » Lo afferra la bionda prima che potessi farlo io leggendo il nome sul display.

« Ella cosa mi nascondi?? » Mi guarda con la bocca spalancata, peccato che io non stia capendo assolutamente a cosa si riferisca. Inarco le sopracciglia confusa.

« Che cosa hai letto? Dai passamelo. » Cerco di afferrarlo ma Audrey solleva il braccio allontanandolo dalla mia portata. Alzo gli occhi al cielo esasperata.

« Non fare la finta tonta con me! » Mette il broncio e cerca di sbloccare il mio povero cellulare intrappolato tra le sue grinfie malefiche.

« Ti giuro che non so di cosa parli! » Mi sporgo per vedere senza risultati.

« É un messaggio di Devon! »
Strabuzzo lo sguardo come lei poco prima strappandole l'aggeggio tra le mani per leggerne il contenuto. Sono sbalordita quanto lei e deve averlo capito perché corruccia la fronte chinandosi per sbirciare.

"Ciao Ella, come stai? "

Ci scambiamo un'occhiata fugace prima che Audrey esploda come una bomba ad orologeria.

« Ma che amore, si preoccupa! Dai rispondi, su. » Mi guarda esaltata battendo le mani. Prima o poi mi farà impazzire.

" Ehi Devon, sto bene grazie, tu come te la passi? "

Invio la risposta sedendomi sul letto a gambe incrociate rigirandomi il cellulare tra le mani.

" Me la cavo. I giramenti di testa? "
" Vanno e vengono ma non mi lamento. "
" Che cattivi, ma vedrai che li cureremo. "

« Dai Ella chiedigli di uscire, adesso! » Saltella per la stanza tutta eccitata neanche fosse lei nella mia situazione.
La guardo pensierosa accantonando il telefono in attesa di una mia decisione.

« Non credo sia il caso.. » Le rispondo alzando le spalle in segno di resa.

« Ella, ti tiro un pesce in faccia! Sbrigati o lo farò io per te. » Ma che diavolo le prende?

« Perché proprio un pesce..? » Ammetto che però è divertente vederla così. Trattengo una risata a stento.

« Non lo so, è la prima cosa che mi è venuta in mente. Non cambiare discorso però. » Mi incita e alla fine cedo. Forse riuscirò a conoscerlo meglio se uscissimo un'altra volta insieme.

" Lo spero proprio. Sei a lavoro? "
" Sì, sto per andarci, ho la notte ma domani riposo. Tu? "
" Lo stesso cioè non ho la notte, ovviamente, ma domani sono di riposo anche io. Se ti va possiamo andare da qualche parte, almeno ne approfittiamo per uscire un po' di casa, se ti va. "

Digito l'ultimo messaggio guardando Audrey con la coda dell'occhio, così la smette di dire "non hai il coraggio, devi farlo adesso e bla bla bla".
Ripongo il cellulare sul comodino e aspetto una risposta sperando che in futuro non mi penta di ciò che sto facendo con Devon.

Devon's pov

Dopo la chiacchierata con il mio consigliere di fiducia Richard, ho capito che non posso davvero andare avanti così che ci riesca o meno. Devo cambiare qualcosa o non ci sarà davvero più speranza per me. Andrò a quella festa, uscirò di più e cercherò di non arrabbiarmi troppo per le cavolate che fanno le persone che mi circondano e con questo mi riferisco principalmente a Summer e mia madre. Le terrò a bada in qualche modo. Il timore costante è che succeda qualcosa di ancora più drammatico che non reggerei e finirebbe per farmi chiudere di nuovo in me stesso.

Per iniziare questa "terapia" che mi sono autoimposto, afferro il cellulare e senza pensarci troppo su, contatto la prima persona che mi viene in mente e stranamente finisco per messaggiare Ella. Abbiamo un'uscita in sospeso noi due e sembra essere la più normale fra le mie conoscenze, ed ho detto tutto dato che quest'aggettivo non si addice molto alla sua persona. Già che mangi le caramelle gommose e zuccherose la dice lunga, ma posso sopportarlo.
Le chiedo prima come sta, come va con il suo problema, con i giramenti di testa e altri convenevoli di questo genere, fino a quando non mi sorprende chiedendomi lei stessa di vederci. Bene, ha fatto tutto lei.
Un pochino combattuto, alla fine le scrivo il seguente messaggio:

"Perché no, dove vorresti andare? "

Le faccio scegliere il luogo, per me non fa troppa differenza, andrebbe bene dovunque a meno che non mi trascini a fare shopping, ma non mi sembra quel tipo di ragazza, grazie a dio.

" Ho sentito che inaugurano un nuovo locale sulla 24esima. Che ne dici? "

Mi risponde dopo pochi minuti. Direi che va benissimo e credo di aver sentito parlare di questa nuova apertura in ospedale qualche giorno fa.

" Perfetto, se mi dici dove abiti ti passo a prendere. "

Mi manda indirizzo di casa e ci accordiamo che passo da lei intorno alle otto di sera.
Mi congratulo con me stesso, ho accettato senza riflettere troppo e credo di essere un po' più rilassato ora. Spero davvero che non si riveli una squilibrata come tutte le altre donne che sono solito conoscere e che mi hanno perseguitato fino allo sfinimento, il mio, ovviamente.
Provando a concentrarmi sulle cose positive di oggi, mi reco nel mio amato ospedale pronto per una notte di lavoro. Solitamente è più tranquillo della mattina, ma le emergenze sono sempre in agguato e bisogna essere pronti ad affrontarle al meglio.
Arrivato nel mio studio, mi ricordo subito che Rose ha avuto la giornata libera perché sulla mia scrivania ho un cumulo di scartoffie in disordine che per ovvi motivi, non ha potuto riordinare. Vorrà dire che domani mattina avrà un gran da fare.
Mi infilo frettolosamente il camice e faccio un giro veloce fra i vari reparti ma vengo sorpreso da Angie, il nostro tecnico.

« Mi scusi non volevo spaventarla... »
Scuoto la testa, avrà un buon motivo per venirmi a cercare, immagino.

« No, figurati. Mi stavi cercando? »
Infilo una mano nella tasca del camice pronto ad ascoltarla.

« Sì. Ricorda la paziente dell'altro giorno, Jennifer Dallas? » Mi allunga la cartellina che stringe fra le sue minute mani. Angie è qui da molto prima di me, ma siamo andati subito d'accordo perché è una persona molto ligia al dovere e con un ottimo intuito.

« Mi ricordo, il cuore le ha smesso di battere per un minuto. » Afferro la cartella clinica e la apro. « Le analisi che le abbiamo fatto l'altro giorno sono davvero ambigue. » Detto da lei che ne ha viste di tutti i colori è preoccupante. Corrugo la fronte scrutando i vari risultati.

« Vede, sta benissimo com'è possibile? » In effetti è davvero strano, non ci si riprende così velocemente da un infarto. C'è qualcosa che non quadra.

« Hai ragione, però potrebbe anche darsi. Vado a dare un'occhiata ai suoi elettrocardiogrammi. Grazie sempre Angie, ti aggiorno dopo. » E sono sincero, quando il mio staff è così collaborativo ed attento non posso che esserne contento.

« Si figuri dottore. » Mi risponde sorridente per poi allontanarsi in direzione del laboratorio di analisi.

Mi appresto a fare il solito giro tra i vari pazienti ricoverati per controllare che tutto vada bene e che non ci siano problemi da risolvere.

Fare i turni di notte per molti dei miei colleghi, soprattutto le donne, è molto stressante perché ovviamente è più stancante e sballa il ritmo del sonno. Invece per me non è un peso, anzi. Almeno mi distraggo e non penso troppo, a differenza di quando sono a casa a cercare di combattere la mia insonnia. Il lavoro è la mia salvezza, qui riesco ad essere me stesso senza tormentarmi in continuazione, ma sono consapevole che non posso trasferirmi in ospedale a vita. Mi risveglio bruscamente dalle mie riflessioni perché credo di aver capito cosa sia successo alla paziente dopo aver visionato i suoi elettrocardiogrammi con più attenzione. Devo intervenire subito.



























Angolo autrice:


Buonasera cari lettori! 
Anche oggi un nuovo capitolo nel quale Ella si sbilancia chiedendo a Devon di uscire. Secondo voi cosa succederà? Il bel dottore riuscirà ad aprirsi un po'? Lo scoprirete sabato.
Kisses.


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Capitolo 17
*** Capitolo 16 ***


Devon's pov

Mi alzo di scatto dalla sedia del mio studio afferrando gli elettrocardiogrammi della donna ricoverata di fretta e furia. Sono stupito, non se ne vedono spesso pazienti affetti da questa malattia, è piuttosto rara per fortuna. Mi precipito nella sua stanza dopo aver parlato con le infermiere di turno.

« Salve Jennifer, come si sente? Mi deve ascoltare un attimo... » Le spiego tutto per filo e per segno cercando di rassicurarla il più possibile.
Una volta aver finito di parlare con lei, mi reco da Angie per aggiornarla su quanto ho scoperto, mi sembra doveroso.

« Angie sei ancora qui? »
La cerco con lo sguardo nel laboratorio e dopo pochi secondi, eccola che appare dal corridoio.

« Dottor Reinfield, mi dica tutto. » Si sistema la treccia pronta ad ascoltarmi.

« Ho scoperto cosa affligge la paziente di cui mi hai parlato prima. Ha la sindrome della QT lunga... » Sgrana gli occhi. Come ho detto non è comunissima come patologia e non è neanche facilissima da diagnosticare. È una malattia ereditaria che porta a degli squilibri elettrici al cuore. In pratica, i pazienti sembrano stare bene ma all'improvviso il cuore inizia a battere in modo irregolare rischiando di causare un arresto cardiaco com'è successo alla paziente.

« Questo almeno spiega l'esito delle analisi. Ha intenzione di controllare anche i familiari? » Aggiunge ancora incredula.

« Sì, dobbiamo prevenire che succeda anche ad altri membri della famiglia. A breve le installerò un defibrillatore al cuore in modo che se si dovesse fermare nuovamente, ci penserà l'aggeggio stesso a farlo ripartire. È il massimo che posso fare. » Le spiego restituendole le analisi cosicché le conservi con le altre.

« Mi sembra perfetto. Sono felice che siamo riusciti ad aiutarla in tempo. »

« È il nostro lavoro, Angie! Vado a fissare quest'operazione al più presto che domani sarò di riposo. È tardi, non vai a casa? » Le faccio l'occhiolino sapendo che non può muoversi dal laboratorio, tanto per prenderla un po' in giro. Ricambia scuotendo la testa divertita, sa che scherzo.
Salvare le persone mi mette di buon umore, almeno apparirò più rilassato all'incontro con Ella di domani. Non so proprio cosa aspettarmi e spero che non ci siano drammi o sarà la fine anche di questa conoscenza. Con l'animo più quieto, mi affretto a preparare l'operazione che dovrà subire la paziente insieme alla mia equipe.

Molte ore dopo, all'alba praticamente, possiamo dire di aver finalmente terminato l'intervento e siamo tutti pronti a far ritorno a casa, compreso il sottoscritto. Mi congratulo con i miei collaboratori per la buona riuscita e controllo la paziente per accertarmi che stia bene rassicurandola sul poter condurre una vita normalissima anche con questo aggeggino che le abbiamo impiantato.
Torno poi nel mio studio per cambiarmi ma m'imbatto in Rose.
« Tutto bene la giornata libera? » Le faccio cenno di seguirmi dentro mentre mi avvio.

« Sì dottore, grazie. Ha bisogno di qualcosa? » Mi chiede cortese come sempre, con la sua voce fin troppo delicata.

« Sì, dovresti riordinare queste cartelle in ordine cronologico. Ti lascio lavorare che devo scappare. » Le indico la scrivania con lo sguardo e la lascio sola nella stanza. Saluto velocemente i miei colleghi e mi precipito a casa, sono stremato e sono appena le otto del mattino.
Ad aspettarmi nel mio appartamento trovo Martha intenta a pulire e rassettare il disordine che avevo lasciato la sera precedente.

« Buongiorno, signore. Tutto bene al lavoro? » Mi domanda la domestica non appena metto piede dentro.

« Buongiorno Martha. Sì, grazie. » Le rispondo fugacemente spogliandomi del giubbotto che appendo all'ingresso.

« Desidera qualcosa per colazione? »

« No, credo che andrò direttamente a letto. » Annuisce e continua ciò che stava facendo cosicché possa salire nella mia stanza al piano di sopra. Devo riposarmi un po' se intendo uscire stasera. Neanche il tempo di fare mente locale che tutta la stanchezza accumulata si fa sentire a gran voce trascinandomi nell'oscurità di un sonno profondo.
                                                                ----------------

Riapro gli occhi e scopro con mia grande sorpresa che sono già le cinque del pomeriggio e che, in tutto ciò, non ho ancora mangiato nulla. Mi alzo dal letto più assonnato del dovuto e mi reco in cucina per sgranocchiare qualcosa prima di uscire, ma vengo bloccato da un messaggio di Summer.
" Ehi Devon non ci vediamo da molto, usciamo insieme oggi? Non farti pregare come sempre. "
In effetti, è dalla scenata che ha fatto in ospedale e dal suo scusarsi dopo che non ci vediamo, ma comunque oggi ho già un impegno così glielo scrivo come risposta. Finalmente riesco a mettere qualcosa nello stomaco vuoto e andare a prepararmi per l'imminente uscita.
L'aria di Maggio si fa sentire così come la sera la gente inizia ad uscire più spesso e volentieri. Salgo in macchina e mi reco da Ella, eravamo rimasti d'accordo che passavo a prenderla. Quando arrivo sotto il suo palazzo, le mando un sms per avvertirla che sono giù ad aspettarla. Spero non si faccia attendere a lungo perché non sono per nulla famoso per la mia pazienza.

Ella's pov

È tutto il pomeriggio che Audrey mi fa provare i più svariati outfit senza che riesca a calmarla. È un circolo vizioso o ci si mette Sebastian o la mia coinquilina, ma in un modo o nell'altro, finisco sempre per provare abiti a dismisura.

« Sei tu la modella qui non io, eppure credo di aver fatto più sfilate in questi giorni che tu in tutta la tua carriera. » Sbuffo mostrando l'ennesimo completo che mi ha costretto a provare. Sento che scoppia a ridere ma torna subito seria guardando la mia faccia esasperata.

« Avanti Ella. Vuoi davvero andare conciata così al tuo appuntamento? Devi fare qualche sforzo se vuoi avere qualche chance con lui. » Mi lancia un altro vestitino striminzito da indossare ma non lo afferro nemmeno lasciando che cada ai miei piedi.

« Ti sfugge un dettaglio, amica mia, non è un appuntamento e non devo conquistarlo. Siamo amici, forse, e vorrei solo conoscerlo meglio. Tutto qui. » Alza gli occhi al cielo sbuffando.

« Questo non ti giustifica dal vestirti come una barbona. La camicetta bianca e la gonna morbida blu mi piacevano. Dovresti metterli, ma non ti costringo più mi sono annoiata anche io a cercare di aiutarti. » Mi guarda di sottecchi per poi dileguarsi. Sospiro e raccolgo i vari accessori e gli indumenti sparsi in tutta la stanza cercando di riordinare per dare un minimo senso di ordine in questo caos creato per me.

« Alla fine ho seguito i tuoi consigli e ho messo la camicetta bianca e la gonna blu ma mi sono rifiutata di mettere quei trampoli ed ho preferito gli stivaletti. Che ne pensi? » Irrompo nel salotto mettendomi in posa con le mani sui fianchi in attesa che mi degni del suo sguardo. So che cerca di aiutarmi, ma esagera ogni tanto e credo anche di sapere il perché.

« Sono sollevata che tu non abbia scelto le scarpe da ginnastica. Direi che sei una meraviglia ma devi scioglierti i capelli e truccarti un po'. » Solleva gli angoli della bocca in un sorriso e muove qualche passo nella mia direzione. Allargo le braccia e la stringo forte, ne abbiamo bisogno entrambe.

« Audrey... so perché stai facendo tutto questo. Credi che abbia bisogno di qualcuno al mio fianco che mi renda felice, ma sto bene così, davvero. Ho tante persone che mi vogliono bene e che si preoccupano per me. Non potrei chiedere di più. » Mi stacco dall'abbraccio per guardarla in viso e lei annuisce.

« Sei una ragazza forte Ella, questo lo so. Ma sei sempre così triste... ed io mi sento impotente. Vorrei tanto che ti svagassi di più perciò sono contenta che tu esca con Devon ma ammetto di aver esagerato... » Il suo discorso è bellissimo e so di dare spesso quest'impressione, soprattutto perché condividiamo l'appartamento. Credo che non mi abbia quasi mai vista uscire con qualcuno ed è per questo che è meravigliata e confusa quanto me.

« In ogni caso l'abitino stretto nero ti stava una favola! Eri molto sexy » Imita un "Grrr" con la mano per poi scoppiare a ridere ed io con lei. Dopo una mezz'ora alle prese con trucco e parrucco, posso dire di essere finalmente pronta per uscire.

« Allora a che ora dovrebbe passare? » Mi chiede Audrey sedendosi insieme a me sul divano.

« Avevamo detto alle otto da me quindi a momenti sarà qui, immagino. » Le rispondo ticchettando il piede sul pavimento ripetutamente.

« Sei nervosa per caso..? »

« No, perché me lo chiedi? » Le rispondo d'istinto e lei indica con lo sguardo la mia gamba.

« Ok, un po'. » Ammetto guardando il pavimento sotto i miei piedi. Ho una strana sensazione, come se mi stessi inoltrando in un terrendo troppo sconosciuto per me e che finirò con il farmi male, ma ormai è troppo tardi per tornare indietro quindi mi alzo dal divano e saluto la mia coinquilina dopo aver letto il messaggio di Devon.

« Ci vediamo dopo. »

« Oppure potremmo vederci direttamente domani. » Mi fa un occhiolino eloquente per farmi capire cosa intende.

« Non sperarci, Audrey! Ciao. » La saluto definitivamente e mi chiudo la porta alle spalle scendendo velocemente le scale.
Devon mi sta aspettando appoggiato alla portiera della sua auto sportiva e appena mi vede, assume una postura più composta dedicandomi un sorriso appena accennato. Lo raggiungo a passo veloce e lo saluto con due baci sulle guance come l'ultima volta. Devo ammettere che è davvero bellissimo con indosso una camicia azzurra chiara infilata in un paio di pantaloni classici neri, ma non sono qui per ammirarlo.

« Pronto per questa serata all'insegna del divertimento? » Lo prendo in giro, anche per rompere il ghiaccio mentre faccio il giro della vettura per salirci.

« Addirittura? Credo di sì. » Mi risponde salendo al posto del guidatore ed allacciandosi la cintura di sicurezza. Lo imito dopo essermi sistemata la gonna.

« Perfetto, possiamo andare allora. » Mi appoggio allo schienale abbassando un po' il finestrino. L'aria di Maggio è tiepida e piacevole al contatto con la mia pelle biancastra, quasi lattea. Ogni tanto lancio qualche occhiata a Devon che sembra tranquillo alla guida. Il silenzio inizia ad incombere nell'auto e sento il bisogno di smorzare quest'atmosfera con un qualsiasi argomento che mi frulli per la testa ma il dottore fa prima di me.

« Come va la testa? »

« Me lo stai chiedendo un giorno sì e l'altro pure, si vede che tieni molto al lavoro. » Dico ironica voltandomi nella sua direzione. In risposta ricevo un'occhiataccia ma poi sorride.

« In teoria non saresti nemmeno lavoro dato che non rientri nella categoria dei miei pazienti. Sarebbe un favore che sto facendo a Richard, ma questo lo sai già. »
Mh, questa sì che è una risposta interessante. Ne approfitto per portare avanti il discorso.

« In effetti hai ragione, ma rimane il fatto che mi stai fornendo i tuoi saperi medici, perciò sono diventata automaticamente lavoro per te. Richard ha insistito, altrimenti non ti avremmo scomodato. » Preciso, se non fosse stato per lui ora non ci troveremmo qui.

« Se ti piace pensarla in questo modo... comunque hai fatto bene a farti visitare. Non devi mai trascurare la salute. » Mi guarda e sembra quasi che me lo stia imponendo. Forse perché è un medico, oppure parla per esperienza personale? Che abbia perso qualche persona cara a causa di qualche malattia? No, okay sto decisamente viaggiando troppo con la fantasia.

« Credo non sia niente di grave, vero? » Adesso la mia è più una preoccupazione dopo il suo discorso.

« Tranquilla, risolveremo. Siamo arrivati. » Wow di già? Devo essermi persa completamente nella conversazione per non accorgermi della strada che stavamo facendo. Mi slaccio la cintura ed esco dalla vettura dopo che Devon mi ha gentilmente aperto la portiera.
Il locale è pieno di gente che sbuca da tutte le parti. Quasi non lo riconosco, hanno rinnovato alla grande. L'atmosfera è piacevole anche se un po' caotica per i miei gusti, ma il modo in cui hanno risistemato il tutto mi piace davvero tanto. Ha decisamente un aspetto più raffinato e c'è anche una piccola band che suona dal vivo!
Lancio un'occhiata a Devon che si sbottona il primo bottone della camicia. Fa parecchio caldo qui dentro effettivamente.

« Andiamo a sederci lì. » Gli indico un tavolino nell'angolo che una coppia ha appena liberato. Ci rechiamo in quella direzione per poi accomodarci uno di fronte all'altra. La musica che proviene dalla band è molto orecchiabile nonché perfettamente ballabile, infatti, ci sono molte persone che ondeggiano a ritmo mentre scambiano qualche parolina o si intrattengono al bar. Ho voglia di bere qualcosa stasera perciò ordino un cosmopolitan mentre lui prende un martini. Chiediamo anche qualcosa da mangiare oltre ai drink.

« Ci sei mai stato qui? » Gli chiedo mentre giocherello con il laccetto del mio bracciale.

« No, ma me ne hanno parlato. Devo dire che non è male. » Mentre lo ascolto lancio qualche occhiata in giro, soprattutto alla gente che si diverte in pista. Adoro ballare, mi è sempre piaciuto e ballerei davvero con chiunque, infatti, Sebastian mi prende in giro per questo. Credo che Devon si sia accorto che mi sono distratta perché mi richiama.

« Qualcosa mi dice che ti piace questa musica. »

« Sì, ma più che altro mi piace tanto danzare anche se non è che sia un'esperta...» Lo guardo incerta, ma la mia reazione lo fa sorridere.

« Bene, hai l'occasione di dimostrarlo. » Eh no, così non vale! Sto per ribattere quando la band cambia totalmente genere suonando qualcosa di più lento, un po' jazz. La fortuna è dalla mia parte, anche se non ce lo vedo come ballerino.

« Solo se balli con me. » Gli faccio l'occhiolino e mi alzo già dalla sedia. Non può rifiutare. Per tutta risposta, si alza in piedi e mi porge la mano senza neanche ribattere. Ah però!

« Che cosa stiamo aspettando, dunque? » Sono letteralmente sconvolta. Non mi aspettavo questo, pensavo non accettasse. Senza ulteriori indugi, ci lanciamo nella mischia e iniziamo a danzare. Ero quasi certa che non sapesse mettere un piede dopo l'altro, invece appena gli poso la mano sulla spalla, egli afferra l'altra facendomi piroettare e finisco subito con la schiena contro il suo petto. Mi sbagliavo ancora e questo mi fa capire quanto non sia riuscita ad inquadrarlo.

« Non credevo fossi anche un ballerino provetto. » Cerco di guardarlo ma Devon mi fa volteggiare un'altra volta così da riassumere la posizione iniziale.

« Non lo sono, infatti. Mia madre e mia sorella si sono prodigate ad insegnarmi l'arte del ballo. » Una confessione spontanea, è una sorpresa continua questa serata! « Hanno fatto un buon lavoro, allora. » Ondeggiamo un po' a ritmo finché non mi fa piroettare ancora una volta. « Imparo in fretta, però sì. »

« Quindi, sai suonare il piano e sai danzare. Se sai anche cantare, direi che puoi fare un musical! » Mi ride in faccia mentre io già lo immagino sul palco che s'inchina al pubblico.

« Non esageriamo. Mi riesce molto meglio fare il dottore, fidati. »

« Sì, ti riesce bene in effetti. Che altro sai fare? Sono curiosa ora. » Non mi risponde, anzi, mi fa volteggiare e poi finiamo in bellezza con un bel casquè. Credo che i miei capelli abbiano quasi toccato il pavimento. Sono strabiliata. Mi tira su e controlla che stia bene.

« Wow. » Mi complimento, anche se ha volutamente evitato di rispondere alla mia domanda.

« Non te lo aspettavi, vero? » No che non me lo aspettavo. Sono piacevolmente sorpresa e più euforica di prima. Torniamo quindi al tavolino perché ci hanno portato tutto ciò che abbiamo ordinato poco fa. Ci scambiamo uno sguardo per poi dare inizio al banchetto. Sono contenta di essere qui stasera e spero sia lo stesso per lui, anche se continua a non volersi aprire con me. Quella strana scintilla nello sguardo, la stessa che mi ha colpito dal nostro primo incontro, è sempre presente ma almeno abbiamo ballato e in quel frangente non l'ho notata. In ogni caso lo rifarei, mi sono divertita tanto.
Molte domande mi affollano ancora la testa: si fiderà mai di me a tal punto da confessarmi cosa gli è successo? Quanto ancora in là mi dovrò spingere per conoscere la sua storia?















Angolo autrice:

Ed ecco un capitolo nuovo di zecca come ogni sabato! Cosa ne pensate delle abilità da ballerino provetto di Devon? Ve lo aspettavate o siete sorpresi quanto Ella? Basta divagare, a meroledì per un nuovo aggiornamento.

Ps: Mi scuso per tutti i termini tecnici che utilizza Devon nel corso della storia, ma essendo anche io medico, mi piace decrivere un po' del suo lavoro cercando sempre di mantenermi sul più semplice possibile o comunque di spiegare il tutto.
Kisses.

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Capitolo 18
*** Capitolo 17 ***


Devon's pov

La serata si sta svolgendo stranamente bene, senza scenate e cose varie alle quali sono abituato. Ella si è mostrata una piacevole compagnia anche se piuttosto testarda. Vorrei tanto sapere cosa le ha detto Richard sul mio conto ma non potrei mai chiederglielo o si farebbe dei film mentali assurdi. So che non mi tradirebbe mai, ma ho come il sospetto che la piccola artista stia cercando di scoprire qualcosa sul mio conto. Peccato che di rado rivelo ciò che riguarda la mia vita privata. Tutto ciò che le deve interessare è che sono un medico e che la sto aiutando a stare meglio, com'è giusto che sia. Non c'è ancora quel tipo di confidenza e francamente non so se mai ci sarà o quando, ma è giusto tentare. Le ho già mostrato che so ballare piuttosto bene e noto con piacere che non se lo aspettava affatto. È stato divertente ammirare la sua faccia sorpresa e meravigliata. Anche lei se la cava, comunque. Al termine della canzone torniamo al nostro tavolo anche perché le consumazioni sono arrivate e ci attendono.

« Non ti facevo il tipo da martini. » Esordisce all'improvviso, dopo qualche sorso del suo drink.

« E che tipo mi facevi? »

« Non lo so, ma il martini è più da Richard. » Fa spallucce sorseggiando la sua bevanda.

« Che cosa vorresti dire? » Le chiedo perplesso. Dove vuole arrivare?

« Che Rick lo prende sempre mentre tu non sei il tipo o almeno così mi era sembrato. » Mi risponde con una finta nonchalance.

« Perché Richard è quello che beve fra i due, infatti. » La guardo aspettando la sua prossima mossa che non arriva.

« Oh neanche io bevo di solito, solo ogni tanto. » Mi confessa subito dopo aver finito il suo di drink.

« Meglio così, almeno non rischi di inciampare in qualche tombino di notte. No, ma che dico, tanto ci cadi anche da sobria. » La derido del suo incidente solamente perché la fa innervosire e perché non si è fatta nulla grazie ai miei fantastici riflessi.

« Guarda, mi sto sbudellando dalle risate! Non è divertente prendersi gioco delle cadute, potenzialmente mortali, altrui. Pff. » Sbuffa spostandosi la frangia da un lato per non farla finire negli occhi color acqua marina.

« Hai detto bene, perché ti ho letteralmente salvato la vita. »

« Sei un medico, non lo fai sempre? Quindi puoi anche smetterla di vantarti. »

« Non mi vanto, ti ricordo che mi sei debitrice a vita. » Ci guardiamo per qualche istante. Ella sembra seria ma poi un sorrisino la tradisce e prorompe in una fragorosa risata.

« Quindi, basta bere. Andiamo a farci due passi, ti va? » Annuisce e poi chiamiamo un cameriere per il conto che, dopo non troppe storie, mi lascia pagare.

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« Quindi vieni da Londra, giusto? »
« Sì, esatto. Non si nota l'accento? »
« Non ce l'hai marcato. Perché ti sei trasferito a New York? »

Stiamo passeggiando nei pressi del Central Park non troppo distante dal locale in cui ci trovavamo poc'anzi. È una serata tranquilla, non ci sono moltissime persone in giro e questo la rende ancora più piacevole. Un po' meno le domande di Ella alla quale non posso dare una vera e propria risposta. Sono una persona riservata, non mi piace spiattellare i miei fatti in giro. Raramente mi piace parlare di me e questo non concerne quasi mai il mio passato.

« Ero stanco di starmene a Londra. » Le rispondo semplicemente, in fondo è la verità.
« E da quanto vivi qui? »
« Da poco più di un anno. »
« E sei felice? » Questa sì che è una bella domanda. "Felice" è un parolone, anzi, non credo nemmeno di potermici avvicinare al momento...sempre se sia destinato a meritarla, il che ne dubito.

« Ella... » Mi fermo guardandola in viso, nei suoi occhioni azzurri. Ci si potrebbe perdere in uno sguardo così. Anche lei nasconde qualcosa dietro quest'aspetto da semplice studentessa d'arte e se davvero è intenzionata a conoscermi, dovrà fare attenzione. Potrebbe non piacerle ciò che scoprirà e scappare come tutti gli altri.

« Non credo che esista la felicità per me, ma sto bene in questa città. » Le dico alla fine lasciando le spalle che le avevo preso. Lei mi guarda perplessa inarcando le sopracciglia, ma poi le rilassa e sembra intristirsi. Non dovrebbe dispiacersi per me. « Non è vero, esiste e te la meriti come chiunque altro. » Sembra lo stia dicendo più a se stessa che a me e questo mi fa insospettire, ma non ho intenzione di chiederle nulla per adesso.

« Non la merito, non mi conosci. »
« Perché non ti fai conoscere. »
Ci zittiamo guardandoci negli occhi per qualche istante. Lei ha ragione ed io non posso ribattere a questa sua constatazione.

« Ti accompagno a casa. » Le dico, dopo quello che è sembrato un secolo, per chiudere definitivamente il discorso. L'ultima cosa che voglio adesso è avere una discussione di questo calibro con lei. Non sa nulla della mia vita e non saprà niente finché non deciderò, se lo farò, di aprirmi con lei, ma tutte le volte che l'ho fatto è sempre finita male. Camminiamo in silenzio fino alla mia macchina che sblocco per farla salire. Sto per avviare il motore quando la sua voce mi ferma.

« Sei arrabbiato? »

« No, certo che no. Se lo fossi, saresti già scappata. » La guardo per vedere la sua reazione.

« Credo di aver visto di peggio. » Ed invece mi sorride tranquilla allacciandosi poi la cintura di sicurezza. Accendo il motore e parto in direzione di casa sua.

« Non puoi saperlo, ma non è un bene quando mi fanno arrabbiare. »

« Lo credo bene. Hai un non so che di intimidatorio. » Mi confessa mordicchiandosi il labbro.

« Ti intimidisco? E non sei una mia studentessa, pensa. »

« Sì. Posso solo immaginare quei poveretti... » Sorride divertita e lo faccio anche io. In effetti, sono parecchio duro con loro ma è necessario se vogliono diventare medici seri, altrimenti possono anche mollare per quanto mi riguarda.

« Siamo arrivati comunque. » Le comunico parcheggiando la vettura a pochi metri dal suo portone. Lei si slaccia la cintura e si volta leggermente dalla mia parte.

« Grazie del passaggio e della bella serata. Ci vediamo quando avrò i risultati delle analisi... » Mi sorride e si allunga per salutarmi. Sono un po' perplesso se devo dirla tutta.

« Buonanotte Ella.. » Ricambio il sorriso e attendo che entri nel palazzo prima di andarmene. Sono confuso e sorpreso allo stesso tempo. La sua affermazione mi ha colpito perché ha centrato il punto. Non voglio e non posso farmi conoscere. Sono così rotto dentro che non posso permettere a nessuno di avvicinarsi a me. Non voglio soffrire ancora, già con Summer le cose sono precipitate velocemente e non ho bisogno di altri drammi in questo momento. E si sbaglia sulla felicità, io non la merito e non la meriterò mai. Non la voglio neanche perché ciò vorrebbe dire lasciarle andare per sempre ed io non sono pronto e forse non lo sarò mai.

Ella's pov

Ma in che diavolo di guaio mi sono andata a cacciare? Lo sapevo dall'inizio che non era una buona idea eppure l'ho fatto lo stesso. Devon è davvero troppo chiuso in se stesso che non si aprirà mai con nessuno, tantomeno con me. Una volta ero anche io così, ma credo che lui stia molto peggio di me e per quanto desideri aiutarlo, credo che finirà molto male. Perché lo faccio? Perché quando ero nelle sue condizioni avrei desiderato tantissimo avere qualcuno che mi aiutasse ad uscire dal burrone nel quale ero precipitata ma vedevo solo buio e nessuno spiraglio di luce per me. Con il tempo ho imparato a stare meglio e piano piano ne sono uscita, anche se continuo ancora oggi a combattere con i fantasmi del passato. Se anche lui sta attraversando questo periodo, deve essere aiutato perché so quanto sia difficile riuscire a riprendersi e non dovrebbe farlo da solo. Non posso neanche salvare qualcuno che non vuole essere salvato perché Devon mi ha dato proprio quest'impressione, purtroppo. Quella tristezza che celano i suoi occhi mi fa stringere il cuore, non dovrebbe buttare così i suoi anni migliori. Cosa ha mai potuto fare per non meritarsi la felicità? Devo saperlo prima che sia troppo tardi per lui, ma come posso fare se mi respinge ogni volta che cerco di avvicinarmi? Devo abbattere quel muro che si è costruito intorno e forse Richard può darmi qualche consiglio al riguardo, conoscendolo più di me.
Sfinita mentalmente, torno nel mio appartamento sperando che Audrey stia dormendo perché non mi va proprio di raccontarle come è andata la serata, ora come ora. Infilo lentamente le chiavi nella serratura e faccio del mio meglio per muovermi il più piano possibile. Non appena apro la porta, un fantasma biondo mi appare davanti. Le mie speranze erano vane...

« Ellaaaaaa, eccoti! Allora?? Come è andata? Che avete fatto? » Benissimo, meglio di così non poteva andare.

« Tutto benissimo, i dettagli posso raccontarteli domani? Sono stanchissima... » Fingo anche di sbadigliare per dare credibilità alle mie parole.

« Ma Ella devo sapere! Uffa... » Incrocia le braccia sotto il seno ma poi sospira e mi punta l'indice.

« Domani mattina voglio sapere tutto, intesi? » Mi da un bacino sulla guancia e poi sparisce nella sua stanza lasciandomi da sola. Per fortuna sa quando non deve insistere. A questo punto mi trascino in camera mia sprofondando sul letto ma non riesco a togliermi dalla testa le sue parole: "non merito la felicità. " Un tempo avrei detto lo stesso perché come lui, non credevo di meritare alcunché. Ora le cose sono cambiate e faccio progressi tutti i giorni ma ho il terrore che, aiutando lui, finirò con il perdermi di nuovo.
Mi sfilo gli stivaletti e la gonna restando solo con la camicetta, non mi va neanche di alzarmi per mettermi il pigiama o struccarmi il viso. Quest'uscita mi ha destabilizzato e siamo solo all'inizio. Dovrebbe bastarmi per allontanarmi definitivamente ma so che non sarò in grado di farlo così facilmente. È come se mi sentissi già troppo dentro per uscirne e comunque dovrei averci a che fare per le analisi e quant'altro. Che sia dannata la mia testardaggine.

                                                                   ---------------

« Mamma sei tu? Aspettami sto arrivando da te! » Corro nella sua direzione, ma più cerco di avvicinarmi, più lei si allontana.

« Mamma ti prego fermati, sono quasi da te! » Continuo a gridarle e lei mi sorride. Finalmente la raggiungo, ma quando faccio per afferrarla, la mia mano la trapassa non riuscendo a toccarla. Svanisce nel nulla e rimango sola nell'oscurità. Urlo a gran voce il suo nome e poi abbasso lo sguardo sulle mie mani. Sono sporche di sangue, il suo. Non sono riuscita a salvarla, non ci sono riuscita neanche stavolta. Mi sveglio di soprassalto ricoperta di sudore e ansimante.

Un altro incubo, ovviamente. Mi sono resa conto che sono solita farli quando sono preoccupata o agitata per qualcosa e quindi la mia mente e più stressata ed accessibile alle vecchie paure. Controllo l'orologio sul comodino, è già ora di alzarsi quindi infilo le mie pantofole pelose e mi spoglio finalmente della camicetta pronta per una bella doccia che lavi via tutto, trucco compreso. Indosso l'accappatoio e mi cambio con la prima cosa che mi capita davanti. Dovrei seriamente mettere in ordine la stanza prima o poi!

« Ella sei sveglia?? » Una voce familiare fa capolino nella mia camera.

« Sì Audrey, entra pure. » Non se lo fa ripetere due volte e si accomoda sul letto di fronte a me.

« Allora? Mi racconti di ieri sera o no? Come è andata? » Mi domanda tutta eccitata.

« È andata(?) Abbiamo bevuto, abbiamo mangiato, chiacchierato e anche ballato. Poi mi ha riaccompagnata a casa e fine. » Ovviamente le ometto la mini-discussione perché non mi va assolutamente di riaffrontare la cosa con lei, o almeno non adesso.

« Ah, il bel dottore sa anche ballare? Wow non me lo aspettavo! »

« A chi lo dici! È stata una rivelazione anche per me, balla anche bene. » È vero, è proprio bravo ma non glielo confesserò mai.

« E cos'altro sa fare il caro Devon? » Mi fa l'occhiolino più eloquente del mondo che mi fa alzare di riflesso gli occhi al cielo.

« Audrey dai.... » Trattengo una risatina per la sua espressione furba.

« Devo insegnarti tutto io? Pff » Finge un'aria di superiorità arrotolandosi una ciocca di capelli intorno al dito.

« Ma stai zitta che non hai saputo combinare niente con Richard! » La prendo in giro abbracciandola subito dopo.

« Ehi! Lui è di un livello superiore, devo impegnarmi di più, per questo...»

« Tutte scuse... » Le faccio la linguaccia divertita che lei ricambia.

« Non è vero! Lo conquisterò, vedrai. » Alza il pugno vittoriosa.

« Lo spero per te! » Le dico convinta. Secondo me starebbero bene insieme.

« Ma sei sicura che lui non provi niente per te, vero..? » Alzo la testa stralunata, ma che assurdità dice? Certo che no! Non mi ci vedrei proprio con Richard, è semplicemente un buon amico.

« Audrey ma cosa ti viene in mente. Ovviamente no. »

« Ma ne sei sicura sicura? » Si tortura una povera ciocca di capelli.

« Sicurissima, stai tranquilla! È solo un ottimo amico. » La guardo negli occhi prendendole le spalle così che veda che sono sincera.

« Va bene, mi fido di te. » Mi fa l'occhiolino e poi si alza dal mio letto.

« Andiamo a fare colazione! » Mi prende per un braccio e mi trascina in cucina.

                                                             ----------------------

« Quindi, quando uscirete di nuovo? Anzi puoi invitarlo qui! Vi posso lasciare tranquillamente soli una sera! Anzi no, ideona. Invitiamo sia lui che Richard! Oddio t'immagini? »
Stiamo facendo colazione sedute al bancone della nostra cucina ma Audrey continua a farsi dei film mentali assurdi immaginandosi gli scenari più improbabili però è buffissima quindi la lascio illudere quanto vuole, è divertente.

« Nel tuo caffè c'era della droga? Stai davvero farneticando... »

« Perché cos'ho detto di male? Non possiamo fare un'uscita a quattro? Secondo me sarebbe fantastico. » Certo, già immagino la faccia di entrambi.

« Certo che possiamo ma non lo faremo, o almeno non adesso. Comunque tu parli parli ma devi agire prima che qualcuna ti soffi il ragazzo. » Sbuffa e mi da un pugnetto sul braccio. Fingo di aver sentito un dolore allucinante.

« Smettila! Ti stupirò, vedrai! »

« Ahia! Pensa a stupire lui, non me. » Ridacchio e mi alzo per sparecchiare. Ho un paio di lezioni all'università questa mattina e non posso mancare assolutamente perciò devo sbrigarmi. Spero di riuscire a scroccare un passaggio da Ashley così arriverò in orario per una volta.

« Ci vediamo a cena, buon lavoro! » Saluto così Audrey e mi precipito fuori, contenta di trovare la mia compagna di corso che mi aspetta.

« Sei una grande, ti voglio un mondo di bene! » Abbraccio Ashley che ricambia ridendo.

« Certo, certo... me lo dici solo quando ti faccio dei favori. Sei un' ingrata... » Scherza, o almeno spero, e poi saliamo in auto. Per una volta sarò puntuale!

« Non è vero, sai che dico la verità. Dai andiamo così arriveremo prima e potremmo prenderci i posti migliori. » Mi allaccio la cintura e sfrecciamo in direzione dell'università.

« Allora? Cosa mi dici? » Le chiedo mentre percorriamo le ampie ed affollate strade di New York.

« Ho ricevuto l'invito di Sebastian per la prima e non vedo l'ora di mostrarti l'abito che ho scelto anche se ho dovuto apportare qualche modifica. » Ashley frequenta questo indirizzo perché vorrebbe diventare una stilista affermata nel campo della moda perciò abbiamo delle lezioni in comune come storia dell'arte moderna che stiamo per raggiungere.

« Ovviamente! Manca una settimana e qualche giorno e poi vedrò quanto sei diventata brava come stilista. Ricordati di me quando diventerai la nuova Chanel, mi raccomando! » La prendo un po' in giro ridacchiando alla mia stessa battuta e dopo una buona mezz'ora, finalmente parcheggiamo all'ingresso del campus.
Sembra ieri il giorno in cui arrivai in questa città tutta sola e spaventata all'idea di cambiare totalmente vita e rifarmene una nuova ed adesso sono qui, all'ultimo anno, pronta per concludere il mio percorso di studi nel migliore dei modi. Otterrò ciò che desidero? Non lo so e non posso saperlo, ma lotterò come ho sempre fatto per avere ciò che più voglio. Basta con la tristezza, basta con i rimpianti, voglio vivere e non più sopravvivere. Questo è ciò che farò perché sì , posso fare tutto ciò che ho sempre avuto paura di fare e che non credevo di meritare, ma mi sbagliavo, posso e me lo devo.































Angolo autrice:


Salve cari lettori e lettrici!
In questo capitolo vediamo come si è conclusa la serata dei nostri protagonisti. Secondo voi perché Devon sostiene di non meritare nulla, compresa la felicità? Ella riuscirà mai a scoprire cosa gli è accaduto di così terribile?
Fatemelo sapere con qualche recensione, sono curiosa di sapere se vi ci avvicinate o siete ben lontani.
Alla prossima, kisses.


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Capitolo 19
*** Capitolo 18 ***


Ella's pov

È passata una settimana dall'uscita con Devon e non ho praticamente avuto più sue notizie. Audrey mi ha consigliato di aspettare che si faccia vivo lui, però vorrei almeno sapere se sta bene. Ho provato a chiedere a Richard più volte se potesse dirmi qualcosa su di lui, ma mi ha sempre liquidata con risposte molto vaghe e per nulla utili. Devono essere proprio legati quei due perché sono molto fedeli l'uno verso l'altro. Se non sapessi che ad entrambi piaccia il sesso opposto, quasi ce li vedrei come coppia. Qualche giorno fa ho anche scherzato su questa mia ipotesi con Rick che mi ha risposto: "Infatti, gliel'ho detto anche io, ma insiste sul non sentirsi abbastanza frocio per me! "
Mi sono sbudellata dalle risate con questa "rivelazione", Audrey un po' meno, e da allora prendo in giro sia lei sia lui su questa storia.
Mi lego freneticamente i capelli, ormai il caldo inizia a farsi sentire, e sistemo finalmente la mia camera che è diventata un vero disastro con tutte le cose che ho accumulato in questi giorni. Mentre riordino l'armadio, qualcuno bussa alla porta di camera mia.

« Audrey entra pure sono nell'armadio! » Che casino qui dentro, dovrei pulirlo più spesso...

« Stai andando a Narnia per caso? » La voce alle mie spalle mi fa sussultare tanto che sbatto la testa contro l'anta.

« Ahia! Richard che ci fai in camera mia? » Esco allo scoperto sistemandomi la maglia sul leggins che ho indossato per fare le pulizie.

« Vengo a dirti che sei una cattiva persona perché gli amici ogni tanto si vanno a salutare.... » Finge un'aria offesa incrociando le braccia al petto. Si vede che è domenica perché indossa un jeans e una maglietta blu semplice a maniche corte. Ai piedi un paio di scarpe sportive.

« Ma dai, sono stata impegnata lo sai che ti adoro! » Allargo le braccia andandogli incontro ma lui non muove un passo. Gli getto comunque le braccia al collo contenta di vederlo.

« Sì sì, adesso fai la ruffiana ma tanto con me non attacca, pff. » Dice così, ma alla fine ricambia l'abbraccio che sciogliamo dopo poco.

« Sei venuto davvero fin qui solo per un saluto? » Lo guardo alzando un sopracciglio diffidente. Per quanto ci vogliamo bene, ne dubito.

« Sì, mal fidata che non sei altro e per dirti che dovresti chiamare Devon, secondo me. » Lo guardo stranita al massimo. Vorrebbe dirmi che è venuto a casa mia per suggerirmi di contattare il suo amico? Credo che abbia bevuto qualche martini di troppo stamattina.

« Richard mi stai prendendo in giro o sei serio? » La situazione è così surreale che è difficile da credere.

« Sono serissimo. Ti dirò la mia visione della cosa. Quella pazza di Summer non va bene per lui, è veramente una cosa assurda e mi rifiuto di vedere Devon nella sua trappola ancora più di quanto non sia già. Potrebbe uscire con te, invece, che sei molto meglio e magari gli levi quell'espressione triste che ha perennemente in faccia. Che ne pensi? »

« Che sei un idiota totale e che tu e Audrey dovreste farvi i fattacci vostri una volta tanto. Perché vi siete messi in testa che ci dobbiamo sposare, mh? E poi lei dice di non chiamarlo e tu l'esatto opposto... » Lo guardo sconvolta, ma come gli viene in mente? E poi non so neanche perché sia.... così com'è.....mi sono già messa in mostra più del dovuto.

« Non ascoltare lei, ascolta me che lo conosco molto meglio di chiunque altro. Anzi la metto in quest'altro modo. Tu pensa a quello che ti senti di fare e fallo. Voglio proprio vedere se non ti interessa minimamente. » Mi sfida, guardandomi negli occhi. Ho quasi paura che riesca a leggere i miei pensieri quando fa così.

« Va bene, ci sto. Poi ti farò sapere ma non ci sperare troppo. Perché non mi dici cosa gli è successo, invece? » Provo a persuaderlo ma so che non cederà mai.

« Non posso assolutamente dirtelo, davvero, è una cosa privata e non mi va di violare la sua privacy in questo modo. Lui si fida di me. Puoi scoprirlo solo chiedendo a lui, mi spiace. » Fa spallucce lasciandomi come sempre a bocca asciutta.

« E comunque non si è curiosi di sapere i fatti di qualcuno se non ti piace almeno un po'. » Aggiunge facendomi il suo sorrisetto sghembo di quando sa di avere ragione. Sbuffo perché non so che ribattere. E se avesse ragione? No, non devo farmi strane idee. Ho già sofferto abbastanza in passato, non mi va di fare il bis, anche se sarebbe per una questione diversa.

« Senti Rick, stavo pulendo il mio bellissimo armadio quindi ci sentiamo, ok? Ora sparisci altrimenti ti mando davvero a Narnia! » Mette il broncio offeso per la mia esclamazione.

« Mi stai cacciando da casa tua? Ed io che ti ho offerto un soggiorno nella mia Spa! » Scoppio a ridere perché in fondo ha ragione ma se non mi lascia sistemare non finirò mai.

« Dai fatti dare un bacino! » Mi arrampico posandogli le labbra sulla guancia ma lui mi schiva.

« Ehi! »

« Non li voglio i tuoi baci di Giuda! » Sorride per la situazione e poi si fa accompagnare finalmente alla porta.
Dopo questa piccola interruzione, posso dedicarmi finalmente al mio armadio ma le parole di Richard si sono insinuate più di quanto credessi nei miei pensieri, infatti, sono parecchio confusa e deconcentrata. Che cosa dovrei fare? Non voglio elemosinare la sua attenzione ne voglio rincorrerlo, ma vorrei sapere se sta bene o se è successo qualcosa che lo ha turbato. Mentre ci rimugino sopra e riordino il resto, Audrey fa la sua comparsa.

« Allora? Che cosa voleva Rick? » Mi guarda perplessa e noto una punta di gelosia nella sua voce.

« Voleva suggerirmi di chiamare Devon... secondo te gli è successo qualcosa..? » Corruccia la fronte e si appoggia allo stipite della porta.

« Beh se non lo chiami, non lo sapremo mai. »

« Non mi avevi detto di non farlo fino a poche ore fa? » Mi fermo in mezzo alla stanza guardandola in viso. Cambia idea così facilmente che sembra bipolare certe volte.

« Sì, ma se Richard dice così... un motivo ci sarà, no? » La strangolerei quando fa così.

« Ah certo, lo dice Richard... » Le faccio il verso continuando a sistemare.

« Fa come vuoi. » Torna nel salotto a fare ciò che stava facendo mentre io opto per fare una pausa sul letto. Sono stanca e tutti questi pensieri contorti mi stanno stressando. Perché entrambi pensano che debba essere io a cercare lui? Dove è finita l'antica usanza che debbano essere gli uomini a cercare le donne? A me sembra tanto che sia il contrario. Vorrei solo aiutarlo, alleviare un po' le sue pene per quanto mi sia possibile, ma dobbiamo essere in due per riuscirci.

Devon's pov

È stata una settimana molto movimentata quella appena vissuta. Tra lavoro, impegni al di fuori e famiglia a distanza, non ho avuto un momento libero. Ci sono state varie emergenze in ospedale che mi hanno costretto a passare molto tempo al Lennox rischiando di estraniarmi completamente dal resto del mondo. Non ho avuto modo di riflettere in questo periodo e non ho ben capito se sia un bene o un male ma conoscendomi, meno lo faccio e più possibilità ho di non agitarmi.
È domenica e finalmente posso fare ritorno al mio triste e desolato appartamento. Solitamente, quando faccio più di un turno consecutivo, Martha resta a casa per occuparsi di essa in mia assenza. Infatti, appena varco la soglia, appare come un fantasma davanti alla mia figura.

« Bentornato Signore. Desidera qualcosa? » A volte è inquietante per quanto sia efficiente e fin troppo servizievole.

« Sì, un caffè per favore. Qualche novità? »

« Subito. Sì, ha chiamato il Signor Bradshaw e voleva parlare con lei. Non era urgente.» Annuisco e mi dirigo nella mia stanza da letto.

« Perfetto, sempre impeccabile. » Mi complimento salendo velocemente le scale che portano al piano di sopra.
Come al solito, la stanza è sistemata in modo estremamente ordinato. Non c'è nulla che sia fuori posto con Martha in casa. Sono certo che se non ci fosse lei, vivrei nel caos più totale. Mi accomodo sul letto sfilandomi le scarpe e quando sto per stendermi, percepisco il cellulare vibrare nella tasca dei pantaloni. Se è un'altra emergenza al Lennox, mi suicido. Invece, con mia grande sorpresa, è Ella. In effetti, è dalla nostra uscita che non ci sentiamo e devo ammettere che la colpa è soprattutto mia e dei miei numerosi impegni. Avrà di certo pensato che non avessi più intenzione di avere a che fare con lei. Mi schiarisco la voce e rispondo alla sua chiamata.

« Ciao Devon, sono Ella. Come stai? Ti disturbo? » Subito la sua voce attraversa il ricevitore giungendo forte e chiara al mio orecchio.

« Ehi Ella. No, affatto, e sto bene grazie. Tu come stai? »

« Non mi lamento. Ti ho chiamato per sapere come stavi. Sei sparito da domenica scorsa e mi sono preoccupata. Va tutto bene? » Corrugo la fronte. Perché mai deve preoccuparsi di me?

« Tutto alla grande, sono stato solo molto impegnato, tutto qui. » Le parole mi escono con un tono più duro e freddo di quanto volessi e credo che se ne sia accorta perché tace per qualche secondo.

« Bene, allora ci vediamo nel tuo studio, immagino. » Sospiro e mi affretto a rimediare.

« Sì, certo. Ella grazie per aver chiamato. » Sento di doverglielo dire, mi ha fatto piacere.

« Di nulla, Devon. A presto » Mi risponde e poi riattacchiamo.
È una continua sorpresa questa ragazza. È fin troppo buona secondo me, ben lontana da Summer che pensa solo a se stessa, senza porsi nemmeno una domanda su cosa provino gli altri. In realtà è ben diversa anche dalla maggior parte delle donne che sono solito attirare. Sarà che Ella è una ragazza umile rispetto alle altre ma prima o poi vorranno tutte la stessa cosa. Amore e fedeltà, come Summer che però ha un modo sbagliato nell'attirare la mia attenzione. Non è una persona cattiva, ma non dovrebbe cercare di esporsi con scenate e roba del genere. Le ho ripetuto mille volte che non voglio una relazione seria, ma sembra quasi che parliamo due lingue diverse oppure è così caparbia da continuare a sbattere contro un muro e non fregarsene. Di norma apprezzerei una qualità come questa, ma non quando si tratta dei miei sentimenti perché non cambierò idea facilmente. Sarebbe bello poter essere un uomo diverso, desidero ogni giorno svegliarmi e ritrovarmi nel passato per non ricommettere gli stessi errori ma purtroppo non è possibile e dovrò convivere con questo dolore che mi squarcia l'anima per il resto dei miei giorni. Non volevo innervosirmi con Ella quella sera, ma si stava avvicinando troppo e non credo che voglia davvero conoscermi. Tutte coloro che ci hanno provato, hanno fallito miseramente e Summer è in procinto di cadere come le altre. È un suicidio sia per loro e soprattutto per me ed è ora di finirla. Devo restare solo, è questo il mio destino.

Ella's pov

Ho fatto bene a seguire il consiglio di Audrey e Richard e ho preso due piccioni con una fava. Non solo Devon mi ha ringraziata, ma ho capito anche che sta bene e che mi ha evitata per cause di forza maggiore. Direi che è un gran risultato e mi sento molto più sollevata, forse anche troppo per i miei standard. Decido quindi di mandare subito un messaggio a Richard per informarlo e ringraziarlo per l'aiuto. Ho come l'impressione, però, che si stia applicando troppo su questa storia. Non vorrei che si facesse strane idee come Audrey al riguardo perché sono entrambi totalmente fuori strada. Risollevata da questi avvenimenti positivi, posso finalmente riordinare la mia stanza in santa pace.
È incredibile scoprire quante cose si riescono a fare quando ci si mette d'impegno non perdendo mai la concentrazione. Ora la mia camera brilla come un diamante e l'armadio è in perfetto ordine. Quando sono finalmente soddisfatta del mio operato e sono pronta a lanciarmi sul letto, il trillo del cellulare mi fa letteralmente saltare dallo spavento. Da quando è così alto il volume della suoneria?

« Ella! Ho un urgente bisogno del tuo aiuto per quest'impresa vitale. » La voce di Sebastian quasi mi fora un timpano non appena accetto la sua chiamata.

« Sì, d'accordo dimmi tutto. » Mi affretto a rispondere non capendo esattamente a cosa si riferisca.

« Ti ho mandato delle foto, guardale e dimmi quale preferisci. » Metto il vivavoce e faccio come mi dice. Sono immagini sue con vari completi, tutti diversi.

« Quale dovrei scegliere per la prima?! Sono ufficialmente in ansia! » Benissimo, ci mancava solo Bas con le crisi da ansia da palcoscenico. Le osservo più volte e alla fine gli rimando la foto nella quale indossa un completo blu scuro, camicia bianca e cravatta rossa. Mi sembra molto elegante e sofisticato così.

« Fatto, ti piace la mia scelta? » Attendo qualche secondo, il tempo che gli arrivi la mia opzione.

« Mi complimento, non sei tanto male come consigliera di abiti. Anche se è pur vero che sto benissimo in tutte le foto, quindi qualsiasi cosa avresti scelto, sarebbe stata una fantastica decisione. »

« La modestia è nata con te, Bassuccio... » Che l'ha chiesto a fare il mio parere, allora?

« Grazie per l'aiuto Ellina, i tuoi sforzi saranno ricompensati presto. Ci vediamo mercoledì! » Neanche il tempo di rispondergli che mi ha già attaccato il telefono in faccia.
Controllo il calendario e... cavolo la prima è questo mercoledì! Sono felice di andarci, per Sebastian significa molto e soprattutto vederlo realizzare uno dei suoi sogni. Spero tanto di arrivare allo stesso risultato un giorno, di poter organizzare una mostra d'arte tutta mia dove poter esporre le mie creazioni. Sarebbe stupendo, ma per adesso è meglio che torni con i piedi per terra prima che inizi a fantasticare e a perdermi nei miei sogni ad occhi aperti, sogni che un giorno spero di poter vivere per davvero.























Angolo autrice:


Buonasera amici lettori/rici adorati, scusatemi del ritardo, ma è ancora sabato quindi eccoci qui. Allora, giuro che questo è l'ultimo capitolo di passaggio e che dal prossimo ci ritroveremo nella famosa festa di cui stiamo parlando praticamente dall'inizio della storia. Ve la ricordate vero? Bene, non vedo l'ora di sapere cosa ne pensate! A mercoledì.
Kisses.


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Capitolo 20
*** Capitolo 19 PT.1 ***


Ella's pov

Il giorno tanto atteso è finalmente giunto alle porte: la famosa prima di Sebastian. La casa è sottosopra a causa di tutti i preparativi che si sono susseguiti in queste lunghissime ore che precedono l'evento. L'aria è così tesa che si potrebbe tagliare con un grissino e il caos incombe in ogni dove. Ed io che mi ero premurata di riordinare la mia camera qualche giorno fa...
Sono comodamente seduta sul divano del salone ed osservo con estrema disinvoltura Audrey ed Ashley, che ha deciso di raggiungerci per venire con noi allo spettacolo, correre da una stanza all'altra in preda al panico. Tutto ad un tratto, entrambe si voltano nella mia direzione.

« Adesso tocca a te, cara Ella! » Pronuncia la mia coinquilina avvicinandosi con il make-up.
Una guerra di lustrini dopo, siamo finalmente pronte per uscire non prima che Ashley abbia controllato e sistemato i nostri abiti a dovere. Devo dire che ha apportato delle modifiche eccezionali. Audrey, alla fine, ha indossato un abito lungo blu scuro che inizialmente cadeva morbido e fasciava la sua figura snella ma la nostra stilista, dopo una lotta con la bionda, è riuscita a migliorarlo aggiungendo uno spacco al lato destro, molto sensuale devo ammettere. La stessa Ashley ha optato, invece, per un mini-dress nero al quale ha aggiunto delle spalline doppie color rosso abbinate alle scarpe alte. Per quanto riguarda me, l'abito è rimasto com'era, ma si sono divertite molto nel truccarmi e pettinarmi contro il mio volere però il risultato finale non mi dispiace.

                                                       ------------------------------

  Lo spettacolo è stato fantastico, i ballerini e i performers sono stati davvero eccezionali e sono fierissima di Bas. Ha fatto un ottimo lavoro con il suo primo ingaggio. Non a caso, al termine dell'ultima esibizione, c'è stata un'ovazione generale da parte di tutto il pubblico. Per facilitare l'arrivo all'Astoria dove si terrà l'after party, Bas ha messo a disposizione delle navette gratuite che scorteranno gli invitati all'hotel. Ha pensato davvero a tutto.

La sala adibita alla festa è davvero enorme ed è addobbata in modo molto chic ma non mi aspettavo diversamente da Sebastian.
Al nostro arrivo, ci sono già parecchie persone che sfilano da una parte all'altra del grande salone in attesa che inizi il divertimento o che arrivi Bas per congratularsi con lui.

« Ragazze, l'hotel del vostro amico è davvero stupendo! Me ne ricorderò quando organizzerò una mia sfilata. » Esordisce Ashley alle nostre spalle per poi sorpassarci e vagare per la sala.

« E non hai visto il proprietario. È ancora più bello dell'hotel, te lo assicuro. » Aggiunge Audrey con l'aria sognante in cerca di Richard con lo sguardo. Appena lo scorge, ci afferra le braccia e ci trascina nella sua direzione.

« Audrey ho i tacchi, piano! » Mi lamento alle sue spalle finché non ci troviamo di fronte al proprietario.

« Buonasera ragazze! Ma come siete eleganti, davvero splendide. » Ci fa il baciamano, Audrey per poco non sviene ai suoi piedi, per poi presentarsi ad Ashley.

« Cosa ve ne pare della sala da ballo? » Ci chiede Rick e tutte noi confermiamo lo splendore del suo elegantissimo hotel.
Mentre chiacchieriamo amichevolmente con Richard, vedo Sebastian varcare la porta di ingresso così mi precipito da lui per congratularmi.

« Bassuccio! Lo spettacolo è stato fenomenale! Davvero meraviglioso, hai un grande talento, te l'ho sempre detto. » Mi abbraccia sollevandomi un po' da terra per la contentezza.

« Grazie di cuore, chérie, è grandioso che siate venute per vedere il mio show. Ve ne sono grato. » Mentre parliamo, la musica inizia a rimbombare nella sala così come gli invitati si affrettano a lanciarsi in pista o sul buffet dei drink. Le luci si fanno soffuse mentre gli abiti delle donzelle si riflettono sul pavimento a specchio. È un gioco di luci e colori stupendo e ne ammiro la perfezione in silenzio.

« Tesoro, devo parlare un attimo con il direttore del teatro. Scusami tanto. » Bas si allontana e si dirige nei meandri della vasta ala riservata a questo party. Decido quindi di recarmi al buffet per prendere qualche drink ad Audrey ed Ashley. So che ad entrambe non dispiace affatto bere qualcosina di alcolico. Forse non è stata una grande idea prendere i bicchieri a tutte perché mi ritrovo con tre drink tra le mani sull'equilibrio precario dei tacchi e per di più dovrei attraversare la pista da ballo dove facilmente potrei essere spintonata e cadere. Cerco quindi un altro passaggio voltandomi nella direzione opposta ma finisco quasi contro...Devon? Che cosa ci fa all'after della prima di Sebastian? Se non è una coincidenza questa...

« Non credi che tre alcolici siano un tantino troppi per te? Soprattutto conoscendo il tuo equilibrio... » Mi prende subito in giro lui nel suo elegante completo nero.
Ci squadriamo per un secondo che a me è parso interminabile, prima che riacquisti il dono della parola. Per miracolo non sono diventata del colore del mio abito.

« Sempre molto spiritoso, eh? Comunque che cosa ci fai alla prima del mio amico? » Gli domando, vorrei davvero capire come sia possibile incontrarci in un'occasione simile.

« In realtà non sapevo neanche ci fosse una prima da festeggiare. Mi ha invitato Richard dicendomi che ci sarebbe stata una festa. » Fa spallucce, ma dal suo sguardo, capisco che come me, ha appena intuito lo svolgimento della faccenda. Ci giriamo entrambi, infatti, nella direzione di Richard che ci dedica l'occhiolino più furbo del secolo.
Alzo gli occhi al cielo ricostruendo la vicenda nella mia testa.
Non appena Rick ha saputo che sarei andata alla festa che si sarebbe tenuta nel suo prezioso hotel, ha invitato Devon nella speranza che ci incontrassimo ed ecco perché è scappato come una furia da casa mia quel giorno. Ora è tutto chiaro ma quel furbetto mi sentirà una volta finito il tutto.
Sto per rispondergli, quando Sebastian, giunge al nostro cospetto tutto sorridente. S'illumina maggiormente non appena si accorge che non sono sola come mi ha lasciata.

« Ah... Ella, vedo che hai trovato un'altra compagnia. Bene! Sono Sebastian, comunque, il tizio che ha dato la festa alla quale ti sei imbucato. » Porge fugacemente la mano a Devon che gliela stringe perplesso. È sempre il solito...

« Ora vado! Grazie per i drink Ella. È sempre un piacere fare affari con te! » In un battibaleno afferra tutti e tre i bicchieri dalle mie mani, e con molta nonchalance, li porge ai nostri amici che ci osservano in un angolo. Appena si accorgono che li abbiamo scoperti, cambiano totalmente angolazione e si spostano in un'altra zona. Per un secondo ho creduto di trovarmi in un film, ma poi mi sono dovuta rendere conto che purtroppo è la realtà.

Devon's pov

Sono stato indeciso fino all'ultimo secondo sul presentarmi o meno alla festa della quale mi aveva tanto parlato Richard da due settimane a questa parte. Alla fine non so cosa mi abbia spinto ad andare, ma ora eccomi qui nell'enorme salone che il mio amico ha riservato per il party.
Non appena arrivo, cerco subito il proprietario con lo sguardo, ma a quanto pare, è impegnato con Audrey ed un'altra bionda e non sarò di certo io ad intromettermi.
Lo lascio quindi alle sue conquiste e mi fiondo dritto al bancone dei drink deciso a prendermi qualcosina per sciogliermi un po'.
È da molto che non vado ad un party, in realtà, nonostante mia madre cerchi sempre di trascinarmi alle feste organizzate da lei a Londra. Chiedo al barista di farmi un whiskey con ghiaccio e nel mentre, noto una figura femminile avvicinarsi con i drink. Per poco non li rovescia addosso ad entrambi. Sto per dire qualcosa, quando il mio sguardo finalmente si posa su quello di lei e non sono sorpreso nello scoprire che si tratta di Ella. Inizio quasi a pensare che lo faccia di proposito, ma è troppo maldestra per inciampare per sbaglio, in effetti.
Gli avvenimenti che si susseguono dopo, accadono così velocemente che quasi non riesco a stare al passo. Ella mi chiede cosa ci faccio qui, le rispondo che mi ha invitato Rick e da qui capiamo che ci ha messo il suo zampino. Poi arriva un amico di lei, Sebastian, che a quanto pare è il "festeggiato". Così velocemente come è apparso, scompare all'orizzonte con i drink dileguandosi con il resto della combriccola. Davvero tutto molto surreale. Fatto sta che restiamo soli davanti al bancone degli alcolici che non mi sembra proprio il luogo più adatto dove poter conversare ad una festa. Le afferro quindi la mano per spostarci da quella zona che inizia ad affollarsi.

« Puoi ammettere che volevi un altro ballo con la sottoscritta, ma ti capisco, non capita tutti i giorni di ballare con un'artista. » Mi prende in giro considerato il fatto che ci troviamo praticamente in mezzo alla pista. Ridacchia alle sue stesse parole ma la zittisco in fretta facendola piroettare e di conseguenza allargare il suo vestito in una bellissima ruota. La sua espressione stupita mi conferma che non se lo aspettava.
« Mi hai scoperto! E comunque sono più bravo di te a ballare. » Mette un finto broncio che mi strappa una leggera risata.

« Sei sempre così gentile? Non hai fatto altro che prendermi in giro da quando sei entrato... » Mi appoggia una mano sulla spalla così le prendo l'altra con la mia.
« Guarda che hai fatto tutto tu. E poi sappiamo entrambi che saresti caduta quasi sicuramente... »
« Invece non lo sapremo mai. Non sai dirmi qualcosa di carino per una volta? » Sbuffa divertita quanto me dalla situazione. Ne approfitto per ammirarla meglio nel suo vestitino rosso corto fino alle ginocchia che esalta perfettamente la sua figura. È molto bella e approvo la scelta di aver lasciato i capelli mezzi sciolti.

« Sì, questo colore ti dona particolarmente. » Mi guarda tra il sorpresa ed il confusa ma alla fine mi ringrazia e credo sia anche un po' arrossita.

« Voglio essere anche io gentile con te, e devo ammettere che in fondo balli bene...» « In fondo? » Le chiedo mentre ondeggiamo a ritmo della musica.
« Non volevo sbilanciarmi dicendo che balli più che bene. » Mi confessa alla fine.
« Potevi sbilanciarti. » La prendo in giro sorridendole.
« Tanto te l'ho detto lo stesso... »
« Apprezzo ugualmente la forzatura. »
« Almeno hai apprezzato. » Ribatte lei.
« Ne dubitavi? » Le domando perplesso.
« A dire la verità... sì. Sei così indecifrabile che spesso non so cosa tu stia pensando.» « Perciò si fa prima a pensare male che dare il beneficio del dubbio. » Constato ad alta voce.
« Non penso male, do una mia interpretazione... » Mi risponde convinta di quello che sta dicendo.
« È un modo per dire che pensi male! »
« Se lo pensassi, non passerei il mio tempo con te, non credi? » Mi guarda negli occhi quasi mi stesse sfidando.
« E poi sono io quello indecifrabile...»
« Forse lo siamo un po' tutti in fin dei conti. »
La conversazione finisce qui perché, tempo di un'ultima piroetta ed il solito casquè, che le note della canzone terminano e ci ritroviamo faccia a faccia senza proferire più nulla. Non è un silenzio di quelli imbarazzanti, è come se entrambi stessimo metabolizzando la conversazione appena avuta, una delle più significative fino ad ora. Forse ha ragione, sono così chiuso che non riuscirò mai più ad aprirmi con nessuno. In questo modo non dovrò più soffrire e a me basta così.

Ella's pov

La musica giunge al termine così come la nostra conversazione ed il nostro passo a due improvvisato. La sala sprofonda nel silenzio per pochi secondi, il tempo che il resto degli invitati svuotino la pista per lanciarsi sul buffet. Restiamo qualche istante a fissarci occhi negli occhi e come tutte le volte, non riesco a capire i suoi pensieri. Perché è così dannatamente difficile con lui? Di solito mi riesce facile leggere le persone, quasi fossero un libro aperto. Sono una buona osservatrice ma non c'è verso di decifrare Devon in nessuna maniera.
Sconfitta, abbasso per prima lo sguardo sul pavimento e faccio un passo indietro per aumentare la distanza fra noi.

                                               ---------------------------------

« Non sapevo dell'esistenza di una terrazza così enorme all'Astoria. » Affermo mentre passeggiamo sul grande balcone all'esterno del salone dove si sta svolgendo il party.

« Ma sai che non ne ero a conoscenza nemmeno io? Richard non mi ha fatto fare un tour dell'hotel...» Mi risponde Devon osservando i dintorni.

« Invece a me l'ha fatto fare. »
« Non ne avevo dubbi. » Ridacchio per il tono che ha usato e continuo a camminare con il tintinnio dei miei tacchi ad ogni passo come sottofondo.

« Non ti piace il caos, vero? » Gli domando fermandomi per appoggiarmi alla ringhiera. Son stufa di muovermi su questi trampoli.

« Non mi dispiace a volte, ma non posso dire che mi piaccia. » Sempre sul vago il dottore...

« Hai ragione, forse sei un po' vecchio per queste feste. » Lo prendo visibilmente in giro. Mi guarda con un'espressione indecifrabile.

« Troppo vecchio?! » Prima che possa oppormi, mi solleva letteralmente da terra portandomi una mano sotto alle gambe e l'altra sulla schiena. Lo guardo sbalordita e mi aggrappo come posso alla sua morbidissima giacca.
« Mio dio!! Mettimi giù! » Sbircio il vuoto oltre la ringhiera e quasi mi vengono i brividi, anche se so che non mi lascerebbe mai cadere o almeno lo spero...

« Hai osato dire che sono vecchio. Ho appena trent'anni, lo sai? » Mi rivela la sua età prima di avvicinarsi al bordo.

« Ok ok sei giovanissimo, adesso mettimi giù. » Gli rivolgo il mio sguardo implorante. Come risposta mi sporge oltre fingendo di lasciarmi andare di sotto.

« Devon ho paura! » Sgambetto strattonandogli praticamente la giacca in modo che non mi lasci.

« E va bene... » Sbuffa riportandomi all'interno dell'aria sicura e mi mette finalmente giù. Apro gli occhi, che avevo chiuso un attimo fa, solo quando sento i piedi saldi sul pavimento.

« Mi hai spaventata a morte! » Gli do un colpetto sul petto come vendetta. Peccato che il mio gesto lo faccia sorridere.

« Te la sei cercata! »
« Ma stavo scherzando! »
« La prossima volta ci pensi prima. Credevi davvero che ti avrei fatta cadere? » Mi guarda deluso.
« No, ma ho un brutto rapporto con l'altezza...» Lui non può saperlo, ma mi sono fratturata una gamba da ragazza cadendo dalla finestra di casa mia. Sono certa che se glielo dicessi, mi prenderebbe ancora più in giro, quindi evito.

« Immagino. Aumenteresti le tue probabilità di cadere e sono già parecchio alte. » Mi sorride beffardo sapendo di colpire sempre nel segno. Non riesco a fargli il broncio quindi reprimo come posso una risatina.
Susseguono attimi di silenzio nel mentre gli liscio le pieghe della giacca che avevo usato come appiglio quando penzolavo dal balcone. Percepisco il suo sguardo indagatore che osserva i miei movimenti e presto si sposta sui miei occhi che incontro un attimo dopo. Nonostante il casino nella sala alle nostre spalle, sono in grado di sentire perfettamente i nostri respiri che si scontrano. Vorrei dire qualcosa, ma prima che potessi anche solo pensare a cosa dire, l'atmosfera si frantuma in mille pezzi a causa del trillo del cellulare di Devon. Faccio qualche passo indietro lasciando che risponda tranquillamente.

« Devo rispondere. Ci vediamo dentro? » Annuisco leggermente mentre Mr. Occhi di ghiaccio rientra nel salone.
Mi volto nella direzione opposta per reggermi un attimo alla ringhiera. Oltre che esausta mi sento anche frastornata adesso. Cerco di metabolizzare il tutto, ma quando mi giro per tornare indietro, una figura a me non troppo familiare, mi blocca il passaggio afferrandomi per un braccio in malo modo.

« Noi due dobbiamo parlare. »












Angolo autrice:

Finalmente la situazione inizia a farsi interessante, non trovate? La famosa festa è in pieno svolgimento e si iniziano a capire le prime cose. Chi è la misteriosa figura che compare al termine del capitolo? Purtroppo per scoprirlo dovrete aspettare un po', poichè riprenderò a pubblicare dopo le vacanze natalizie sperando di trovarvi ancora tutti qui a seguire questa storia.
Nel frattempo avanzate qualche ipotesi nelle recensioni, ne sarei super felice!
Buon Natale a tutti e ci vediamo nel 2018 con il prosieguo.
Kisses

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Capitolo 21
*** Capitolo 19 PT.2 ***


Ella's pov

« Noi due dobbiamo parlare. »

Solitamente queste parole, dette da una persona con la quale hai un rapporto, ti mettono ansia, ti fanno pensare a tutti gli errori che hai ipoteticamente commesso, insomma non è un buon segno. Ma dette da una sconosciuta, possono suonare parecchio strane così come la situazione nella quale mi ritrovo in questo momento.

« Puoi lasciarmi il braccio almeno?! » Mi rivolgo a lei con lo stesso tono brusco che ha usato prima con me. Non mi va che mi strattoni in questo modo.
  Mi trascina in un angolo lasciandomi subito dopo il braccio. Ma chi si crede di essere?

« Ti ricordi di me, cara? » Inizialmente non l'avevo riconosciuta nel suo abitino bianco tutto curve, ma poi ho capito dalla voce con chi avevo a che fare.

« Sì, sei la pazza che si è messa ad urlare davanti a mezzo ospedale. » La guardo torva mentre controllo che il braccio non si sia arrossato dopo la sua presa.
Summer mi lancia un'occhiataccia per come l'ho soprannominata, ma non ci si sofferma troppo. Probabilmente è consapevole di meritarsi quest'appellativo.

« Che cosa vuoi da me? » Le chiedo.
« Devi stare lontana da lui, hai capito? » La guardo sconvolta, ma scherza?
« Come scusa? »
« Non fare la finta tonta. Vi ho visti ballare prima e poi vi ho seguiti qui fuori... » È davvero fuori di testa questa donna. Ma poi chi l'ha invitata alla festa?

« Sì, abbiamo ballato come il resto degli invitati ma non vedo quale sia il problema. » 
« Lui ti piace, non negarlo, ma non ti devi neanche avvicinare perché è mio, intesi? »
« Mi spiace deluderti, ma credo proprio che Devon non sia della tua stessa idea e comunque non sei certo tu a potermi dire cosa devo o non devo fare. » Ribatto leggermente spazientita. Ora si tratta di principio, non prendo ordini dalla prima che passa e che non conosce neanche le mie intenzioni.

« Vuoi rubarmi l'uomo?! » Sbuffo, è proprio un'idiota.
« Summer, è il mio medico, non ho alcuna intenzione di rubartelo o altro ne voglio entrare nei vostri casini ma ti consiglio di parlarci se ti sei ridotta a minacciarmi per ottenere le sue attenzioni. » Quando è troppo è troppo.
La bruna ci riflette un attimo, si tocca un po' i capelli e poi risponde.

« Gli parlerò, ma tu rimani al tuo posto. Lui è troppo per una come te. » Mi intima con lo sguardo e con le parole mentre resto a bocca aperta per la sua affermazione. Non ho davvero idea di come mi sia cacciata in questo casino, ancora non credo a cosa sia appena successo.

« Ehm... Ella ti stavamo cercando...» Una testa bionda fa capolino dalla porta scorrevole che da sul balcone e mi impedisce di inveire contro Summer per come si è rivolta a me.

« Te l'hanno mai detto che il bianco ingrassa? »
Ashley si fa avanti rivolgendosi a Summer che, appena la nota, ci da le spalle indignata e sgambetta sui suoi trampoli per ritornare al party. La mia amica mi si avvicina, evidentemente preoccupata, e passa lo sguardo da me al punto in cui era la pazza.

« Chi era quella donna? Che cosa voleva da te? » Mi chiede e controlla che stia bene con lo sguardo.
« Nessuno, tu perché mi cercavi? » Scuoto la testa e cerco di riprendermi velocemente.
« In realtà no, volevo prendere un po' d'aria e poi ti ho vista parlare con la tizia vestita di bianco, non commento l'abito che è meglio. Quelle scarpe poi.... che orrore veramente e mi sono detta: che faccio? La salvo? Aspetto che se ne vada? Però poi ho capito che avevi bisogno di me e sono intervenuta. »
« Che bel pensiero, Ashley » Mi strappa un sorriso con le sue parole. Mi prende poi sottobraccio ed insieme rientriamo nel grande salone, anche se è l'ultima cosa che vorrei fare al momento.
Detesto tutto ciò, non mi aspettavo una reazione del genere da parte di quella donna, se così la posso definire. Sembra anche più giovane di me. Mi chiedo come Devon possa essere caduto nella trappola di una come lei. Nonostante la sua freddezza iniziale, è un uomo molto buono che deve aver sofferto anche troppo per la sua età. Deve aprire gli occhi su Summer. Deve capire che non merita per niente le sue attenzioni e che minaccia le persone per ottenere ciò che vuole. È una persona meschina e manipolatrice e non voglio averci nulla a che fare.

Riluttante, rientro nella sala principale accompagnata da Ashley cercando con lo sguardo Audrey. Voglio andarmene di qui, ne ho abbastanza per stasera. Mentre setacciamo ogni angolo del salone, noto Summer e Devon in disparte. Stanno parlando e dai gesti mi sembra che lui non sia particolarmente contento di vederla. Credo stiano litigando, ma poi sento qualcuno toccarmi la spalla.

« Richard mi hai spaventata... » Mi volto nella sua direzione.

« Sono così orrendo? » Scherza lui ma corruga la fronte non appena si rende conto che non sto ridendo alla sua battuta.
« Va tutto bene Ella? » Mi solleva il mento con un dito.
« Sì... sto bene, almeno credo. Mi spieghi cosa ci fa Summer a questa festa?! » Sbotto all'improvviso, scorgendo la pazza allontanarsi da Devon.
« E chi lo sa, pensa che stavo per farti la stessa domanda. » Di bene in meglio.
« Se tu non l'hai invitata e non l'ha fatto di certo Sebastian... dici che è stato proprio Devon? » Rifletto mentre li osservo da lontano.

« Non credo proprio, era sorpreso anche lui di vederla. Neanche voleva venire alla festa, l'ho convinto io. Puoi ringraziarmi dopo. » Mi fa l'occhiolino dandomi una spallata. Alzo gli occhi al cielo.
« Dopo facciamo i conti per la tua bravata Rick. »
« Parli come mia madre! E comunque taci che ci hai pure ballato e chissà cos'altro avete fatto fuori in terrazza. » Mi giro verso di lui allibita.
« La smetti di fare lo stalker?! Sei inquietante! »

Non ci posso credere, Richard passione cupido.

« Non vi seguo, sono il proprietario, devo supervisionare tutto e tutti. » Finge un'aria di superiorità.
« Pensa alle tue conquiste che è meglio... »
« Nessuna conquista, però Audrey è davvero bellissima stasera. » Mi illumino al suo commento.
« Lo sapevo!! » Lo abbraccio di slancio. Non vedo l'ora di dirlo alla mia coinquilina.
« Ecco... sapevo ti saresti fatta un film.. »
« Senti chi parla...» Replico scuotendo la testa. In tutto ciò ho perso di vista sia Summer sia Devon.
« Vado a cercare la tua amata, a dopo! » Ridacchio e lascio un Richard sospirante in mezzo alla sala per dirigermi nel bagno delle donne. Forse ci troverò la mia amica.

« Audrey sei qui? » Apro la porta che da accesso ad un elegantissimo bagno. Per fortuna è davanti allo specchio che si sistema il make-up.

« Ehi Ella! Sembri sconvolta, che cosa è successo? Devo picchiare Devon? » Ma cosa c'entra!

« Ti dirò tutto a casa, voglio andarmene adesso, per favore.. » Mi guarda confusa e visibilmente preoccupata. In più mi sta tornando il giramento di testa. A pensarci era da un po' che non lo avevo.

« Va bene, salutiamo gli altri ed andiamo via. » Afferra la sua pochette e il mio braccio ed usciamo da lì.
Dobbiamo recuperare Ashley e parlare almeno a Sebastian, ma prima dobbiamo localizzarli in mezzo a tutta questa gente.

Devon's pov

La serata non è stata male, anzi, mi sono quasi divertito a far credere ad Ella che l'avrei fatta cadere giù dal balcone. Ovviamente non l'avrei mai lasciata andare, ma era piuttosto spaventata tanto da non farmi continuare lo scherzo a lungo. Evidentemente ha paura dell'altezza o chissà cosa l'è successo in passato.
L'ho messa giù, quindi, ma poi c'è stato un momento di silenzio, nessuno dei due ha avuto il coraggio di spezzare quell'atmosfera se non il mio cellulare. Ella si allontana subito, come se si fosse appena scottata, lasciandomi rispondere. Purtroppo devo farlo perché potrebbe essere l'ospedale e devo essere sempre reperibile. Mi scuso e torno dentro. Peccato che neanche il tempo di capire chi fosse, che subito riattaccano. Ma che strano.
Guardo lo schermo del mio iphone ma è come se fosse caduta la linea, almeno credo. Se è urgente, richiameranno. Faccio per girarmi, ma una mano mi afferra il braccio.

« Eccolo il mio marpione preferito! » Un Richard esaltato mi da una pacca sulla spalla per poi abbracciarmi.
« Rick... Non ti far mandare a quel paese in mezzo a tutta questa gente, soprattutto dopo la tua ideona del secolo... » Scoppia a ridere entusiasta e osserva la sala alla ricerca di chissà che cosa.

« Dove l'hai lasciata? Devo congratularmi anche con lei. Sai, siete degli ottimi ballerini vi iscriverei a "Ballando con le stelle!" »
« Non la smetti mai di dire cazzate, uhm? » Sospiro sconfitto. Con Richard è sempre così, tranne quando è di malumore.

« Guarda che sono serio, quel casquè era degno di Broadway. Quasi volevo applaudire. Anche se sai bene che sono meglio di te come ballerino, ovviamente. » Su questo non ci sono dubbi, studia danza da quand'era ragazzo, hip-pop per la precisione.

« Certamente, oh guarda c'è Audrey. Seduci lei che è meglio. » Il mio amico si gira e ne approfitto per sgattaiolare via dalle sue grinfie. Ma il destino mi vuole molto male e passo dalla rete di Richard a quella di.... Summer. Non ci credo. Anche lei qui, ma chi l'ha invitata? Se è stato Rick è la volta buona che lo eviro, ma ne dubito poiché non la sopporta proprio.
La guardo perplesso nel suo succinto abitino bianco, tutt'altro che sobrio, che secondo i miei gusti sarebbe troppo anche indosso ad una modella.

« Devon, eccoti finalmente. » Cerca di abbracciarmi ma le prendo le spalle allontanandola.
« Summer cosa ci fai qui? »
« Tu cosa ci fai, scusa?! »
« Mi ha invitato Richard, tu? » Seguono attimi di silenzio fra noi. Tossicchia e poi mi risponde.
« Sapevo che saresti venuto, quindi sono sopraggiunta per farti compagnia. Sono o non sono la tua fidanzata? » Alzo un sopracciglio confuso.
« Non lo sei, quante volte devo ripetertelo? » Le dico alla fine, esausto.
« Certo perché sei troppo impegnato a ballare con quella stracciona! » Ecco qual è il problema, allora. Continua ad inveire su Ella senza aspettare una mia risposta.

« E credi che non vi abbia visti fuggire fuori in terrazza? Come puoi preferire una poveraccia a me? » Alza il tono della voce indicandosi e battendo un tacco sul pavimento freneticamente. Non so come stia riuscendo a mantenere la calma in questo momento, francamente.

« Stai davvero esagerando Summer! Non puoi farmi una scenata ogni volta che mi vedi parlare con una donna che non sia tu! Devi ficcarti in testa che non sei la mia f-i-d-a-n-z-a-t-a. Ci abbiamo già provato ed hai rovinato tutto per la tua immaturità. Devi contenerti se vuoi mantenere quel minimo di rapporto che abbiamo. Non fartelo ripetere un'altra volta. » Le faccio il mio discorso cercando di non alzare ancora di più la voce. Sono a dir poco esausto di questi suoi atteggiamenti possessivi.

« E non ti permettere mai più di chiamare Ella come hai fatto, intesi? » Aggiungo puntandole i miei occhi di ghiaccio addosso. Non mi va per niente giù che inizi ad insultare le persone a caso solo perché mi hanno rivolto la parola.
Si ammutolisce e fa qualche passo per allontanarsi e forse per rimuginare su quanto le ho detto. Con la coda dell'occhio, noto Richard ed Ella parlottare e lanciare occhiate in questa direzione. Devono essersi accorti che c'è qualcosa che non va.
La bruna ritorna poi sui suoi passi e mi rivolge uno dei suoi sguardi da cane bastonato. Lo fa sempre quando la rimprovero.

« D'accordo ho esagerato, però è anche vero che non mi cerchi praticamente mai! Lei ti interessa, vero? »
« Non è questo il punto. Il tuo comportamento mi allontanerà, lo capisci? »
« Non hai risposto alla domanda. T'interessa o no?! »
« Non m'interessa nessuna. » Annuisce e si zittisce non sapendo più cosa dire.
Spazientito le volto le spalle e mi dirigo verso l'uscita dell'hotel.
Sono stufo di questa stupida festa, a saperlo non ci sarei venuto proprio. Resto qualche minuto nella hall cercando di sbollire la rabbia in un qualche modo senza riuscirci. Sento poi delle voci provenire dalle scale che portano alla sala da ballo, ma non presto troppa attenzione, non voglio vedere nessuno al momento, così mi apposto per evitare di essere riconosciuto.

Il mio interesse, però, viene catturato da Audrey, Ella e la loro amica bionda della quale non conosco il nome. Sembrano andare via di fretta perché Audrey cerca freneticamente qualcosa nella borsetta mentre l'altra mi copre la visuale su Ella. Che sia successo qualcosa? Non credo che la festa sia già finita e non credo neanche che fuggano così, essendo il loro amico l'organizzatore.
Continuo ad osservare la scena e le due bionde si allontanano con le chiavi della macchina, presumo, lasciando Ella nella hall che si guarda intorno come se non capisse dove fosse. Si afferra con le mani le tempie e questo gesto non mi fa pensare a nulla di positivo. Eppure stava benissimo poco fa quando l'ho lasciata.

« Ella... » In un attimo d'impulsività, mi sono fatto avanti per sorreggerla, avvolgendole un braccio intorno ai fianchi. Ero convinto che stesse per svenire, perciò mi sono precipitato ad aiutarla.

« Guardami. » Le sussurro spostandole un po' la frangia di lato per constatare che sia lucida e che non le stia venendo qualcosa. Apre i suoi occhioni azzurri puntandomeli addosso così posso confermare che le pupille non sono troppo dilatate e la guancia che le accarezzo non è fredda, è solo un po' pallida ma credo stia bene nel complesso.

« Devon... » Si schiarisce la voce prima di continuare.
« Sto bene, non stavo per cadere questa volta, davvero... » Cerca di accennare un sorriso ma fallisce e mi sembra stranissimo.
« Sono stupito ma ti credo. Ti gira la testa..? »
« Un po'. » Ammette e scommetto che non l'ha detto a nessuno, altrimenti le amiche non l'avrebbero lasciata qui da sola.
« Un po' quanto? » Le domando. 
« Non preoccuparti, è stato un attimo... Fra poco sarò a casa e mi riposerò così domani starò di nuovo bene. » Asserisce convinta, anche se non me la conta giusta. Spero che le sue analisi siano pronte presto, anzi, domani stesso chiamerò Angie per chiederle a che punto sono. Se avesse carenza di ferro o se il cuore non pompasse abbastanza sangue al cervello, devo saperlo, altrimenti non posso curarla.

« Ce la fai ad arrivare alla macchina? » Non mi risponde subito, anzi, si aggrappa alla mia giacca con una mano. Sto per sollevarla come ho fatto poco fa in terrazza per prenderla in braccio, ma oppone resistenza puntando i piedi a terra. Che pazienza che ci vuole...

« Ce la faccio, grazie... » Annuisce ma decido di assicurarmi che ci arrivi per davvero alla sua auto.
« Ti accompagno comunque. » L'avviso e lei mi guarda accigliata come se pensassi che non sapesse badare a se stessa, ma non replica, per fortuna.
Quando arriviamo a destinazione, Audrey sgambetta nella nostra direzione perplessa.

« Che succede? » Guarda Ella, poi me ed infine incrocia le braccia al petto in attesa di una spiegazione.
In effetti non mi ero accorto che la stavo ancora tenendo stretta a me per paura che cadesse lungo il tragitto.

« Niente, sono solo molto stanca. » Parla Ella per prima, ma non dice la verità perciò m'intrometto.

« No, le gira la testa, assicuratevi che si metta a letto e che non si alzi bruscamente. » Apro la portiera per farla entrare per poi richiuderla, mentre il suo sguardo non mi abbandona mai. Sembra accigliata perché ho rivelato il suo stato di salute alla coinquilina. Ma perché deve sempre essere così testarda?

« Audrey, se vi serve qualcosa potete chiamarmi. » Le allungo il mio numero di cellulare che afferra subito.
« Oh, grazie mille. »
« Non esitare nel caso, va bene? » Annuisce e sale anche lei in macchina la quale parte dopo poco.

A questo punto, mi passo una mano tra i capelli cercando la mia Audi nera, ma una persona mi blocca il passaggio.

« Meno male che non t'interessava... » Sibila Summer furiosa, lasciandomi in mezzo al parcheggio nel silenzio più totale.
































Angolo autrice:


Salve a tutti e buon pomeriggio!
Come promesso eccovi il nuovo capitolo dopo le feste natalizie ( non mi ero dimenticata della storia eh ), ovvero la seconda parte della festa. Ci eravamo lasciati con una figura misteriosa che voleva parlare con Ella e ovviamente non poteva non trattarsi di Summer.
Lo avevate capito? Ve lo aspettavate? Come continuerà la storia secondo voi? Fatemelo sapere con una recensione!
Da oggi pubblicherò ogni mercoledì, salvo imprevisti, quindi alla settimana prossima.
Kisses.

Ps: personalmente ho amato Richard, è davvero un grande!


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Capitolo 22
*** Capitolo 20 ***


Ella's pov

La serata è stata a dir poco un dramma. Prima Summer che mi minaccia di stare lontana dal suo uomo, poi il mio giramento di testa e ciò che n'è conseguito. Mi sono dovuta subire la ramanzina di Audrey mentre tornavamo a casa dalla festa. Ha iniziato il suo monologo sul: "Perché non me l'hai detto, potevi svenire o peggio cadere e farti male. Meno male che c'era Devon. E bla bla bla. "
Sinceramente, hanno esagerato tutti ed in primis Devon. Capisco che sia un medico e che agisca anche per deformazione professionale alle volte, ma ha spaventato la mia coinquilina a tal punto che Ashley ha deciso di non andare a lezione e restare con me in casa. Non sono malata, dannazione!
Mi ha preso la stanchezza ed il nervosismo per la sfuriata di Summer, cosa che loro ancora non sanno, altrimenti avrebbero capito ed, infatti, devo confessarglielo il prima possibile.

-------------------

Mi sveglio molto presto la mattina seguente, circa alle otto, e mi sento ancora peggio di ieri ma non fisicamente parlando. Non faccio altro che ripensare alle parole di quella ragazza, anzi, bambina per come si è comportata e non ne capisco il senso. Se ha così paura di perdere Devon che se lo tenesse stretto invece di andarsene in giro a minacciare mezzo mondo. È così difficile comportarsi da persona normale?
Sembra molto viziata, come se temesse che le stessi rubando il giocattolino e quindi si è sentita in dovere di reclamarlo. Peccato che invece, si tratti di un uomo con dei sentimenti ed un cuore già ferito. Sono quasi certa che sia stata una donna a farlo chiudere in se stesso in questo modo e adesso sfugge a tutte coloro che cercano di legarsi a lui in qualità di amanti.

Accendo il cellulare posto sul comodino e mi arrivano una miriade di messaggi risalenti quasi tutti a ieri sera, quando ormai ero già a letto. Ce ne sono un paio di Richard che mi chiede che fine abbiamo fatto, qualcuno di Sebastian che ci ringrazia per aver partecipato alla cerimonia ed infine uno di Devon di pochi minuti fa nel quale mi chiede come sto. È davvero così preoccupato per me? O sa qualcosa che io non so sulle analisi che ho fatto? Per saperne di più, cerco il suo numero in rubrica e lo chiamo in un attimo d'impulsività.

« Ehi, buongiorno...» Mi risponde dopo pochi squilli lui.
« Ciao Devon. Ti disturbo? »
« No, stai bene? » Alzo gli occhi al cielo.
« Sì, meglio. Ehm... grazie per ieri sera anche se hai spaventato tantissimo Audrey...»
« Mi dispiace averlo fatto, ma tu hai allarmato me. Pensavo mi stessi svenendo tra le braccia.» Sospira dall'altro capo del telefono. Mi dispiace aver creato così tanti disagi. Se solo sapesse di Summer...

« Ti riesce bene salvare le persone. » Tranne se stesso, però.
« Modestamente è il mio lavoro. Ora devo andare, ma se hai bisogno di qualsiasi qualcosa, sono a tua disposizione. » Oh, wow.
« Me ne ricorderò. » Attacco la chiamata e fisso lo schermo del cellulare per qualche secondo. Sono piacevolmente stupida.
Sto per alzarmi dal letto, quando Ashley fa la sua comparsa in camera mia.

« Ella sei già sveglia? Come ti senti? » Si avvicina e si accomoda accanto a me. Indossa uno dei pigiami di Audrey e per stare più comoda, ha raccolto i capelli in due crocchie alte.

« Sto molto meglio, grazie. » Le sorrido e faccio per scendere dal letto ma mi blocca subito.
« Devon ha detto che devi alzarti con calma. Comunque non mi avevi detto di aver fatto colpo sul dottore sexy! Sei una grande. » Mi fa l'occhiolino mentre alzo nuovamente gli occhi al cielo. Mi sa che lo farò spesso oggi.

« Mi ha solo soccorsa... facciamo colazione ora? »

« Sei affamata eh? Comunque voglio sapere di più su questo medico. » Mi sorride ammiccante provocando un mio sbuffo di conseguenza.

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« Davvero gli sei inciampata addosso? No, vabbè se non me lo stessi raccontando tu, non ci crederei! Sembra la trama di un film. » Commenta Ashley alla fine della mia storia e di come ho incontrato Devon.

« Anche Audrey l'ha detto. Però è andata proprio così, poi me lo sono ritrovato nello studio medico, ti lascio immaginare. » Ridacchia divertita.

« Sì, sì sto proprio vedendo la scena nella mia testa. » Scuote la testa passandomi il caffè che verso nel latte.
Mentre mi racconta dei suoi progressi in ambito artistico mi estraneo totalmente pensando alla serata di ieri, al ballo con Devon e a quel momento fuori la terrazza. Non credevo avesse anche un lato giocoso o comunque non pensavo lo mostrasse in giro. Si è dimostrato capace di comportarsi anche diversamente da come l'ho sempre visto, ovvero serioso e intimidatorio. Anzi, conoscendolo un po' meglio, ho capito che in fondo è una persona di buon cuore sempre pronto ad aiutare gli altri come ha fatto con me. È vero, c'è stato un attimo in cui ho creduto di stare per svenire, ma neanche il tempo di rendermene conto, che lui era già di fianco a me. Non so da dove sia apparso, credevo stesse con Summer a discutere da qualche parte, ed invece era lì al momento giusto come sempre. Immersa nei miei pensieri, vengo riportata brutalmente alla realtà dalla voce squillante della mia amica che richiama la mia attenzione.

« Ella mi stai ascoltando? » Le sorrido imbarazzata annuendo.

« Certamente. Quindi sei riuscita a far funzionare la tavoletta grafica..? » Sbuffa e alza gli occhi al cielo come se le avessi appena detto un'ovvietà.

« Non mi stavi ascoltando... Ovvio che l'ho fatta funzionare ma ti stavo parlando di come sia riuscita a migliorare i miei modelli aggiungendo il colore in modo graduale...» Ah già, devo essermi distratta pensando alla serata e a Devon. Ci sto riflettendo troppo, però...

« Ah sì, certo. Ho capito. E secondo te oggi abbiamo tanto sbagliato a non andare a lezione..? » Mi fa un cenno con la mano come per dirmi: "Rilassati che vuoi che sia" ed in effetti dovrei proprio farlo ogni tanto, soprattutto dopo la scenata di quella pazza. Ci sono rimasta veramente troppo male per come mi ha trattata e non si deve più permettere, altrimenti sfodero davvero gli artigli.

« Ma no Ella, e poi stai male, mica l'abbiamo fatto di proposito. » Mi rassicura la stilista sorridendomi allegra. Questa giornata di pausa dallo studio deve averle fatto più che bene.

Passiamo praticamente tutta la mattinata e gran parte del pomeriggio insieme tenendoci occupate nelle maniere più creative possibili. Abbiamo cucinato dolci, sono un asso in questo, abbiamo guardato dei documentari su degli strani animali, ci siamo fatte anche i popcorn dolci con la nutella e non poteva mancare la lotta con i cuscini del divano perché Ashley "non stava comoda in nessuna posizione", per citarla.

All'incirca le sei e trenta, il rumore delle chiavi nella serratura ci preannuncia l'entrata di Audrey tutt'altro che silenziosa. Entra come una saetta nell'appartamento dirigendosi dritta nella nostra direzione. Per un istante ho temuto che volesse ucciderci.

« Ella! Non abbiamo fatto altro che parlare di te oggi al lavoro! Sono letteralmente shockata!» Ashley ed io ci scambiamo sguardi confusi, non capendo esattamente a cosa si riferisca. Neanche il tempo di chiedere che la modella mi getta una rivista tra le mani. L'immagine che mi si presenta davanti mi fa sgranare gli occhi dallo stupore. Oh mio dio.
Guardo Audrey e poi leggo la didascalia accanto alla foto sul giornale.

"Ed è proprio all'after party di una prima teatrale che il conte inglese ricompare ad un evento mondano dopo essersi trasferito negli Stati Uniti. Se credevate che non si sarebbe fatto più vivo, vi sbagliavate di grosso. Che abbia una nuova fiamma? Chi è la misteriosa fanciulla in rosso con la quale è stato immortalato? Si prevedono grandi cose per il conte Reinfield. "

Affianco c'è una foto della festa di ieri che ritrae Devon che mi tiene in braccio sulla terrazza, quando voleva farmi cadere di sotto. Ma che diavolo... Mille domande mi assalgono. Devon è un conte inglese? Che ci fa a New York allora? Perché non me l'ha detto prima? Oh no... se Summer ha visto quest'articolo? In tal caso avremo davvero uno scandalo!

« Ragazze... non sapevo che Devon... insomma fosse... un nobile. Non l'aveva neanche accennato..»

« Direi che ti ha omesso una cosa molto importante... » Commenta la mia coinquilina. Le guardo ancora sconvolta. È una notizia bomba questa. Devo assolutamente parlare con lui prima che lo venga a sapere da quella pazza della sua... non so neanche come definirla!

« Devo chiamarlo. » Mi alzo dal divano lasciando ad una sconvolta Ashley la rivista scandalistica, afferrando poi il cellulare in cucina. Pochi squilli dopo mi risponde.

« Due chiamate in una giornata. Va tutto bene?» In effetti, può suonare strano.
« Sì, sei al lavoro? Dobbiamo parlare... da vicino. »
« Sì, ma fra poco stacco. Che cosa è successo? »
« Ti dirò tutto dopo, dove vogliamo vederci? »
« Meglio se resti a casa, vengo io da te. A dopo.» Riattacchiamo ed io corro dalle mie amiche.

« Sta venendo qui. » Entrambe si guardano e poi guardano me.
« Tu vai a cambiarti noi faremo in modo di sparire il più presto possibile! » Dice Ashley balzando dal divano. Wow che agilità!
Annuisco e mi cambio velocemente dopo essermi fatta una doccia rigenerante.

« Noi torniamo stasera, andiamo a mangiare sushi! » Batte le mani felice Ashley all'affermazione di Audrey.

« Divertitevi... vi aggiorno dopo. » Sorrido ad entrambe.
Oggi sarà la giornata delle rivelazioni perché ho intenzione anche di dire loro cosa è successo con Summer ieri sera. Annuiscono e in un battibaleno spariscono dall'appartamento che ora sembra molto più triste e... in disordine! Faccio del mio meglio per sistemarlo il più in fretta possibile ma il suono del campanello mi impedisce di continuare.

« Ed eccomi qui. » Mi sorride Devon apparentemente ignaro di tutto. Davvero non sa ancora nulla? Strano.

« Eccoti qui. Scusami se ti ho fatto preoccupare o altro, ma ti devo parlare di una cosa.»  Gli faccio cenno di accomodarsi sul divano che ho dovuto ripulire dalle piume, afferrando la rivista di Audrey.

« Certo, dimmi pure...» Ha uno sguardo perplesso, come biasimarlo.
Gli mostro quindi la pagina incriminante porgendogli il giornale. Egli la guarda, con distacco, aggrotta la fronte e scuote la testa. Non sembra sorpreso...
Picchietto un'unghia sul ginocchio in attesa che mi dia una spiegazione che tarda però ad arrivare.

« Così sei un conte... Sai, ti eri dimenticato di dirmelo. » Lo guardo negli occhi cercando di capire a cosa stia pensando quel suo cervello contorto, ma niente. Sembra rassegnato.

« Non mi ero dimenticato. Non è una cosa rilevante. » Mi guarda come se mi avesse appena detto di aver comprato un gattino. Una totale nonchalance che mi spiazza completamente ogni volta.

« Beh lo è diventata da quando siamo sui giornali, non credi? » Perché sorride? Qua c'è da disperarsi!

« Non vedo il problema, sono solito essere preso di mira dai giornaletti scandalistici sia americani sia europei. È tutto nella norma. » E certo, è tutto normale. Incrocio le braccia nervosa.

« Bene, mi hai fatta diventare un bersaglio di questi scandali....»
« Ci sei diventata da sola cadendomi addosso, veramente. » Puntualizza.
« Ancora con questa storia? Non posso scegliere su chi cadere e potevi non prendermi.»
« Così poi ti schiantavi con la faccia sull'asfalto? » Si avvicina di poco sorridendomi beffardo.
« Almeno non rischiavo di essere presa di mira dalla Mafia Russa! » Scoppia a ridere alle mie parole mentre sono sempre più allibita dal suo atteggiamento noncurante.

« Ti stai confondendo con qualcun'altro, evidentemente. Al massimo possiamo finire sui giornali. » Fa spallucce.
« Pensa se fossi caduta su un principe...»
« Sono solo un conte che vuoi farci...» Vorrei lanciargli un'occhiataccia per la sua affermazione ma mi viene troppo da ridere quindi non lo faccio e mi limito a sorridere.
Chissà quante cose ancora dovrò scoprire sul suo conto, sempre se ci riuscirò mai, ma almeno posso provarci. Magari la fatica sarà presto ricompensata.

Devon's pov

La serata di ieri non si era conclusa nel migliore dei modi, anzi. Summer ha trovato l'ennesimo modo per farmi alterare con le sue azioni. Le sue scenate diventano ogni giorno sempre più plateali e inutili che quasi mi maledico per averle dato una chance. La devo smettere sul serio. Ho provato comunque a rintracciarla stamattina, volevo almeno parlarle di quello che ha visto, ma non mi ha mai risposto. Poi si lamenta anche che non la cerco mai.
Stufo di rincorrerla, decido di uscire per fare colazione, anche se ho il turno pomeridiano in ospedale. Quando sono nervoso, mi fa bene fare due passi, mi libera la mente. Lungo il tragitto ricevo una chiamata di Ella. Inizialmente mi viene il dubbio che stia male, ma poi mi ringrazia solamente per quanto successo in hotel. Non deve, è il mio lavoro. Le raccomando di chiamarmi nuovamente se dovesse avere bisogno e ne approfitto per fare uno squillo anche ad Angie, la mia analista migliore.

« Buongiorno Angie, sei in laboratorio? »
« Salve dottore, sì cosa le serve? »
« Puoi controllare se le analisi di Ella Davis sono pronte? »
« Mi dia un secondo. » Susseguono attimi di silenzio.
« Eccomi, manca ancora qualcosa sono parecchie analisi... » Mi risponde alla fine.
« Puoi accelerare il tutto? Mi servono al più presto. »
« Farò del mio meglio dottore. » La ringrazio fugacemente ed attacco.
Vorrei tanto capire quale sia la causa dei suoi improvvisi mancamenti sperando che non sia qualcosa di troppo grave.

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Il pomeriggio in ospedale passa piuttosto velocemente grazie ai miei studenti e ai miei pazienti che mi tengono impegnato tutto il tempo nonostante spesso mi facciano uscire fuori di testa.

« Roxanne, quante volte ti ho detto che non mi devi stare dietro ma affianco? Se ti becchi una gomitata poi non ti lamentare... » Mi rivolgo ad una delle mie studentesse migliori, anche se un po' troppo....appiccicosa, diciamo.

« Mi scusi dottore, domani potrò assisterla in sala operatoria? » Mi chiede supplichevole sbattendo le ciglia. Sbuffo ma alla fine annuisco.

« Va bene, ma devi guadagnartela. »
« Sì! Grazie! » Esulta contenta lei.
Mi suona nuovamente il cellulare personale. Ella, ancora. Mi allontano per poter parlare ma Roxanne mi segue passo passo, così le intimo con lo sguardo di non braccarmi.

« Era la sua fidanzata? » Mi chiede quando termino la chiamata.
« No, certo che no. » Ma che domande sono?
« Ah.. quindi non è impegnato! » Sorride vittoriosa. Si rende conto solo dopo che ha parlato ad alta voce, così si zittisce subito e abbassa lo sguardo. Che pazienza...

Devo ammettere che la seconda chiamata di Ella mi ha preoccupato e soprattutto il suo volermi parlare da vicino. Quindi, dopo essere riuscito a scrollarmi Roxanne di dosso, sono andato dritto da lei. Mi accoglie tranquilla e dal suo sguardo capisco che sta meglio, sicuramente si è ripresa rispetto a ieri sera. È la prima volta che vado a casa sua ed è davvero molto graziosa. È piccola ma confortevole se la paragoniamo a casa mia che è enorme e piuttosto fredda. L'appartamento di Ella, invece, è accogliente e caldo e devo dire che mi piace molto.
Parliamo della questione del giornale e del fatto che ho erroneamente evitato di dirle che sono un conte. Beh che posso farci? Non mi è mai piaciuto appartenere ad una famiglia nobile. Troppe frivolezze e poca sostanza.
Perciò me ne sono subito distaccato dedicandomi alla medicina, anche se ogni tanto il dovere mi richiama a Londra. Non capisco, comunque, perché Ella se la stia prendendo tanto. Anche se, in effetti, è finita sulla rivista per colpa mia...

« Non mi sono mai interessati i principi. » Ammette tutto ad un tratto cogliendomi alla sprovvista. E questo che vorrebbe dire?

« Interessano a tutte le donne prima o poi... » Mi guarda torva ma poi scuote la testa e lascia perdere il discorso.

« Che sbadata, vuoi qualcosa da bere? » Esordisce e faccio di no con la testa ma ella si sta già appropinquando in cucina. La blocco afferrandole un braccio.

« Provengo da una famiglia dell'alta borghesia londinese. I miei genitori possiedono la contea di Langley e hanno sempre desiderato che portassi avanti quest'incarico. Mi sono però interessato, fin da piccolo, alla medicina evitando di bighellonare al country club in cerca di una nobildonna da sposare come voleva, anzi, vuole mia madre. Ma sono riuscito nel mio obiettivo ed eccomi a New York. » Alzo lo sguardo puntandolo nel suo per coglierne ogni minima espressione.
Sembra sorpresa, ma non so se sia per la storia della mia vita o perché gliel'abbia raccontata. Corrugo la fronte in attesa di una sua reazione mentre con i ricordi vago indietro nel passato, alla mia adolescenza e a come sono andate le cose. È incredibile come la vita ed il destino siano così imprevedibili.

« Quindi questo significa che finirò di nuovo sui giornali..? » Corruga la fronte abbassando poi lo sguardo sulla mia mano. Le sto ancora bloccando il braccio così mi affretto a liberarla dalla mia presa.

« Spero di no, ma non posso escluderlo. » Faccio spallucce e mi alzo dal divano. Non credo che la mia presenza sia più necessaria qui.

« Ehi dove pensi di andare? » Mi punta un dito contro fingendo un'espressione seria ma il sorriso la tradisce.

« A casa...? »
« Questo significa che non resti a cena? Ed io che volevo la pizza... » Mi fa gli occhioni ma tanto mi aveva già convinto nominando il mio piatto preferito.

« Solo perché stai insistendo, sia chiaro. » Scuoto la testa fingendo che stia compiendo un enorme sacrificio ma in realtà mi fa piacere e me ne stupisco da solo.

« Bene! Chiamiamo questa pizza, allora! »






Angolo autrice:

Ed eccoci qui con il capitolo del mercoledì!
Che cosa ne pensate? Ella ha scoperto qualcosa sul misterioso Devon. Eh sì, è un nobile! Ve lo aspettavate o siete sorpresi quanto la nostra protagonista? Cosa succederà a "cena " ? Per saperlo, appuntamento alla prossima settimana.
Kisses.


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Capitolo 23
*** Capitolo 21 ***


Ella's pov

« Bene! Chiamiamo questa pizza, allora! » Esclamo con più entusiasmo del previsto. Dovrei seriamente cercare di contenermi di più, certe volte, eppure mi fa fin troppo piacere che abbia accettato l'invito. Cosa vuoi che sia una pizza? Nulla di estremamente impegnativo.

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« Quindi le mie analisi saranno pronte fra qualche giorno? »
« Sì, entro questa settimana le avremo. »
« Almeno capiremo se sto per morire o no. »
« La solita esagerata! Se stessi morendo, ora non saresti qui a mangiarti comodamente la pizza. » Sorrido alle sue parole, in un certo senso mi tranquillizzano.

Siamo in cucina, uno di fronte all'altro, con i cartoni di pizza margherita che abbiamo ordinato al take away non troppo distante da casa mia. Da quanto tempo non ne gustavo una...

« Comunque la so fare anche io. » Esordisce Devon ad un tratto indicando il suo trancio.

« Davvero? Non ci credo. » Gli rido quasi in faccia. Non ce lo vedo come pizzaiolo.

« Non mi credi? Non sai che ti perdi allora.»
« E che altro sai fare? » Domando interessata puntellando i gomiti sul tavolo.
« Le lasagne. »
« Sei un cuoco provetto! »
« Nhaa so cucinare solo le pietanze utili alla sopravvivenza.» Mi fa l'occhiolino lui.
« Quindi la pizza e la lasagna sono fondamentali nella tua dieta? »
« Mai fatta una dieta in vita mia. » Sbuffo alzando leggermente gli occhi al cielo per poi iniziare a sparecchiare. Devon mi segue a ruota per darmi una mano.

« Faccio io, non preoccuparti. »
« Non vorrei che svenissi mentre lavi i piatti o che inciampassi nei tuoi stessi piedi. » Gli lancio un'occhiataccia, so badare benissimo a me stessa e lo faccio da tanto tempo ormai.

« Che pensieri dolci, ma bado a me stessa da quando ero una ragazzina e me la sono sempre cavata... » Mi guarda perplesso come se si aspettasse una spiegazione più completa. Decido di confidarmi, magari poi farà lo stesso dopo di me.

« Mia madre è morta molto tempo fa quindi ho sempre fatto tutto da sola. » Mi mordo il labbro ripensando alla scena del suo abbandono. Forse era meglio se non avessi detto nulla perché ora il senso di colpa torna ad opprimermi, anche se ho imparato che non ho nulla a che fare con quello che le è successo. Sarebbe accaduto comunque, alla fine.

« Mi dispiace molto... » Si limita a dire guardandomi con la sua espressione malinconica che lo contraddistingue. Sono sicura che, oltre le apparenze, siamo più simili di quanto crediamo nonostante proveniamo da due mondi completamente diversi.

« Non è colpa tua, non dispiacerti... » Gli prendo delicatamente il cartone dalle mani per gettarlo nella pattumiera. Punta il suo sguardo di ghiaccio altrove mentre gli do le spalle per lavarmi le mani nel lavabo della cucina. Chissà a cosa sta pensando in questo momento. Probabilmente che sono una povera ragazza sola e abbandonata in cerca di affetto che lui non può darmi. Peccato che non sia così.

« Lo so, ma posso immaginare cosa tu abbia dovuto passare. » Mi rivolge nuovamente lo sguardo e la parola appoggiandosi allo stipite. Non credo che possa immaginare, invece, ma non mi va di continuare questo discorso.
Annuisco e lo raggiungo davanti alla porta cambiando argomento.

« Non intristiamoci con questi discorsi. » Sventolo una mano per indurlo a parlarmi d'altro e magari spostare l'attenzione su di lui. Sono stufa di parlare delle mie tragedie passate.

« Ma allora è per questo che sai ballare! » Scatto all'improvviso come colta da un'illuminazione divina.

« Per via dell'etichetta? Guarda che non tutti i nobili sanno ballare alla perfezione come me. »

« Perfezione adesso... diciamo che conosci i passi base, ecco. » Lo derido affettuosamente.

« Prendi in giro pure quanto vuoi, rimane comunque che sono meglio di te. »
« Non è vero. Però sarai stato sicuramente in molte sale da ballo, tipo quelle dei film. »
« Non proprio. A Londra i miei hanno una villa con una sala da ballo ma negli incontri si danza molto meno di quanto pensi. Vedessi l'ipocrisia che c'è, ti stancheresti anche tu dopo poco. » Commenta portandosi le braccia al petto.

« Ma ci andrei per ballare. Dev'essere bello... »
« Allora vorrà dire che un giorno ti ci potrei portare. »
« Davvero?? Sarebbe fantastico! » Sorrido come una bambina che ha ricevuto il regalo più bello nel giorno di Natale.
Devon, dal canto suo, annuisce convinto del suo invito. Che ci creda o no, non sono mai uscita al di fuori degli Stati Uniti. Chissà quanto deve aver viaggiato rispetto a me, invece.

« Promesso. »

Fa un cenno affermstivo con la testa. Sta per aggiungere altro quando gli squilla il cellulare. Inizio davvero ad odiarlo quest'aggeggio malefico. Sospiro guardandolo dal basso. Si scusa e si allontana per rispondere. Decido di lasciargli la dovuta privacy e me ne resto in cucina mentre l'osservo passeggiare per il salotto. Ho l'impressione che stia alzando la voce con qualcuno, ma non ne sono sicura. Vorrei tanto sapere con chi sta parlando! Mi avvicino alla porta per ascoltare, ma Devon si sposta verso la finestra affacciandosi così da non permettermi più di origliare. Ho fatto solo in tempo a sentirgli pronunciare il nome di Summer. Quella pazza, trova sempre il modo di intromettersi anche quando non è presente fisicamente! Che nervi.
Faccio avanti ed indietro per la cucina in attesa che finisca la chiamata. Non ci posso credere, è peggio di una zecca quella donna. È così difficile da capire che vuole essere lasciato in pace? Chissà cosa si sono detti alla festa di Sebastian alla fine. Potrei chiederglielo, ma non credo che si sbottonerebbe così facilmente, anzi. Attendo pazientemente finché non sento un "Mi hai stancato, non mi richiamare" da parte di Devon. Ahia, ci è andato giù pesante.
Temporeggio qualche minuto prima di irrompere nel salotto.

« Va tutto bene? » Mi avvicino cautamente appoggiandomi al bracciolo del divano. Mi da le spalle e non da segni di vita.

« Sembri arrabbiato. È così, vero? » Continua a non rispondermi. Tutto ad un tratto si volta nella mia direzione.

« Sì, abbastanza. » Serra le mani a pugno inspirando forte. Non so cosa si siano detti, ma per il suo bene, dovrebbe smetterla di correrle dietro o comunque darle corda.

« Vuoi dirmi perché? Posso provare ad aiutarti.»
« Perché la gente pretende troppo da me...» Sospira rassegnato.
« Fammi indovinare. Non ti vuoi impegnare sentimentalmente a differenza di Summer, giusto? » Mi sbilancio. So che si sta domandando come faccia a saperlo, ma non posso dirgli ciò che è successo alla festa con la sua "ragazza" quindi spero non faccia troppe domande.

« Hai indovinato. » Mi guarda serio e il suo sguardo di ghiaccio torna a raggelare l'intera stanza. Fa quasi paura quando fa così ma non devo cedere questa volta. Continuo a sostenere il contatto visivo.

« Forse le dai un'immagine sbagliata. La illudi in un certo senso. » Con questo sto praticamente segnando la mia condanna a morte, me lo sento.

« La illudo dicendole che non sono emotivamente disponibile, secondo te?! » Alza la voce, non è stata una grande idea far valere le mie opinioni ora che è adirato.

« Ho detto forse. Questo lo dici prima o dopo l'inevitabile? » E con questo mi riferisco a se se le porta a letto a priori o faccia capire loro che non ha intenzione di continuare la relazione.

« Subito dopo essermi presentato. » Devon fa qualche passo più nervoso di prima. Avrei dovuto tacere fin dall'inizio.

« Non dovresti andarci a letto, immagino. Le donne s'illudono in fretta. »
« Se basta questo per farle illudere, stanno messe veramente male. » Aggrotto le sopracciglia. Ho l'impressione che il discorso non finirà molto bene.

« Allora Summer non deve aver capito l'antifona se si comporta così. » Da pazza maniaca stalker, insomma.

« Sono stato chiaro con lei, mi risparmiasse le gelosie. » Commenta Devon dal canto suo, e ci credo che l'abbia fatto, però anche se è matta dev'esserci un motivo se insiste tanto.

« Le hai esplicitamente detto che avresti fatto sesso con lei solo per divertimento?»
«Mi conosceva da cinque minuti. Di certo non le stavo per fare la proposta di matrimonio. » E su questo ha ragione, in effetti, ma continuo a credere che ci sia qualcosa che non quadra. Può Summer essersi fatta un film mentale così grande? O Devon non mi sta dicendo tutto? Direi che non sono per niente fatti miei, ma comunque....

« Per oggi ho fatto il pieno di giudizi, meglio che me ne vada. »
« Ehi, non ti stavo giudicando, non mi permetterei mai. » Sapevo che sarebbe successo. Mi alzo per bloccargli il passaggio. Non mi piace lasciare questioni in sospeso, non è da me.

« A me sembrava proprio così, invece. » Si ferma ad un palmo dal mio naso, anche perché l'ho bloccato tra il divano e il tavolino e non potrebbe oltrepassarmi comunque.

« Ti sbagli, come ti sei sbagliato su Summer, può succedere anche ai migliori. » E con questo penso proprio di aver colpito nel segno.

« Forse, o sono le persone a rivelarsi dopo per quello che sono. » Abbasso lo sguardo sul pavimento per qualche secondo. Non so per quale motivo, ma mi sento coinvolta. Non so cosa rispondere a questa frase e devo ammettere che mi capita spesso con Devon di non riuscire ad uscirne. In qualche modo riesce sempre a rigirare il discorso a suo favore e questo mi mette in difficoltà.
Vengo salvata in calcio d'angolo dalla porta d'ingresso che si spalanca. Sento Audrey ed Ashley parlottare un "dovevi bussare, se avessimo interrotto qualcosa?!" E altre frasi del genere. Mi volto nella loro direzione lasciando libero il passaggio per Devon.

« Ehm... Buonasera Devon! Scusaci per l'intrusione» Parla Audrey per prima e poi Ashley si presenta al dottore dato che ieri non ne hanno avuto il tempo.

« Nessun problema, stavo andando via. » Si affretta a rispondere lanciandomi una strana occhiata.

« Alla prossima! » Adesso è Ashley a parlare facendogli un cenno di congedo insieme alla mia coinquilina. Mi faccio avanti per chiudere almeno la porta salutandolo a malapena. Non finisce qui.

Devon's pov

La serata stava proseguendo nel migliore dei modi fino a quando non ricevo una chiamata da Summer. Sicuramente avrà visto che ho cercato di contattarla più volte stamattina senza ricevere una risposta. Volevo chiarire la situazione che si era creata alla festa, ma so che con lei non si può ragionare e me l'ha dimostrato tantissime volte, ormai. A malincuore, mi allontano per rispondere cercando di raggiungere un angolo più appartato scegliendo la finestra. La apro e mi ci appoggio con le braccia.

« Pronto? »
« Devon, come stai..? »
« Hai una domanda di riserva? »
« Sì... Possiamo parlare? »
« Meglio se evitiamo. »
« Evitiamo sempre, parliamone ti prego. »
« Volevo parlartene stamattina ma non hai voluto ed adesso non voglio io! » Ora non ne ho voglia e non è ne momento ne luogo anche se non può saperlo.

« Sono troppo gelosa, non mi dovresti neanche ascoltare quando inizio a dire sciocchezze, ti prego..»
« Non pregarmi, ti ho detto che non devi essere gelosa perché noi non abbiamo una relazione e tu continui ad opprimermi con le tue motivazioni assurde.»
« Assurde? Tu mi hai detto che non ti interessa nessuna e poi di vedo abbracciato a quella... a quella ragazza. Come se non bastasse, siete anche sui giornali! » Sapevo che me l'avrebbe rinfacciato prima o poi. E' molto prevedibile.

« Sai come funzionano i giornali, Summer. Devono sparlare di qualcosa e si inventano di tutto pur di vendere e fare scalpore. »
« Sì, ma capisci cosa vuol dire questo?! Tutti parleranno di voi e crederanno che stiate insieme ma non è vero! »
« Mio dio... non voglio litigare per questa stronzata. » Adesso inizio davvero ad arrabbiarmi, ha questa capacita di spostarmi tutto il sistema nervoso in un attimo.

« Devon è grave! Mio dio, se penso a te con quella... »
« Mi hai stancato, non mi richiamare. » Ed attacco prima che possa aggiungere altro. Sempre la solita storia che si ripete. Forse ha ragione Richard, dovremmo diventare gay così i nostri problemi si risolverebbero. Mi farò lobotomizzare se necessario, ma col cavolo che andrò più con una donna se questi sono i risultati. È così difficile capire che non voglio legarmi a nessuno?! L'amicizia dev'essere passata di moda, evidentemente. Cerco di sbollire il più possibile prima di tornare in cucina ma Ella fa la sua comparsa prima del previsto ed il suo discorso non fa altro che aumentare la mia rabbia per la situazione. Non mi va di essere giudicato anche da lei che mi conosce appena, tra l'altro. Potrei accettare un discorso del genere da Richard eppure, conoscendomi, lo manderei a quel paese ugualmente. Faccio per andarmene ma Ella mi blocca il passaggio. Sì, mi sono sbagliato su Summer così come potrei sbagliarmi su di lei o su chiunque altro. Nessuno è perfetto tantomeno il sottoscritto.
Le sue amiche, per fortuna, ci salvano da una situazione piuttosto spiacevole e non posso fare altro che ringraziarle mentalmente per il loro intervento. Litigare anche con Ella non mi andava proprio. Tolgo quindi il disturbo lanciando un'ultima occhiata alla padrona di casa. Non sono arrabbiato con lei, anche se ai suoi occhi dev'essere sembrato così. Semplicemente vorrei essere lasciato in pace per un po'. Quasi quasi accetto l'invito di mia madre di tornare a Londra e partecipare alla sua stupida festa. Mi farebbe bene riabbracciare mia sorella dopo tanto tempo che non ci vediamo di persona, mi manca la sua esuberanza. Siamo così diversi noi due. Clarissa è sempre allegra ed entusiasta mentre io sono sempre stato più cupo e riservato anche se sono peggiorato tantissimo nel tempo. All'epoca mi piaceva essere circondato da gente nuova e soprattutto dalle giovani donne, ovviamente. Sono e saranno sempre la mia rovina.

Ella's pov

Guardo le due bionde immobili sulla soglia, manco avessero visto un fantasma. Faccio loro cenno di farsi avanti ed accomodarsi sul divano seguendole. È giunto il momento che sappiano la verità perché ho bisogno dei loro consigli.

« Abbiamo interrotto qualcosa..? » Chiede Audrey sedendosi sul divanetto mentre Ashley prende posto sulla poltroncina.

« No, ma figurati. Devo parlarvi di una cosa che è successa ieri alla festa..» Strabuzzano entrambe gli occhi sorprese ed in attesa della mia confessione.

« Dicci tutto! » Esclamano all'unisono.

« Bene, ieri, quando Ashley è venuta da me in terrazza e mi ha vista parlare con quella ragazza, Summer... beh in realtà mi stava minacciando. » Le guardo e posso percepire il loro stupore. Non se lo aspettavano.

« Sapevo che c'era qualcosa che non andava! » Puntualizza Ashley mentre faccio spallucce.

« Sì, mi ha intimato di stare alla larga da Devon. Credo che abbia qualche rotella fuori posto perché Devon, appunto, le ha detto più volte che non stanno insieme ma lei insiste...» Audrey è così shockata che è rimasta senza parole, inusuale per lei.

« E tu cosa le hai risposto? » Mi chiede la stilista curiosa.

« Che deve lasciarmi fuori da questa storia e poi sei arrivata tu, per fortuna, perché mi aveva appena dato della poveraccia. » Mi sale ancora il nervoso al solo pensiero.

« E tu come ti senti? » A quanto pare Audrey ha riacquistato il dono della parola.
« Non benissimo, in realtà. Non tollero che una sconosciuta mi minacci e m'insulti gratuitamente. » Porto le braccia al petto imbronciata. Questa storia è surreale.

« Beh forse ha notato che tu e Devon vi state avvicinando, no? » Continua la modella ed Ashley le da una gomitata.

« Sì, certo... Non so neanche se siamo amici. » Non credo proprio dopo stasera. Forse dovrei scusarmi con lui domani.

« Ma l'hai detto a Devon in tutto ciò..? » L'asiatica mi domanda scettica.

« No. Non vorrei che pensasse che lo dico per dividerli... Anche perché non mi interessa. Però dovrebbe rendersi conto che lo sta manipolando... che strega. » Affermo con un po' troppo risentimento e noto un sorrisetto sulle labbra di Audrey. Ci risiamo...

« Beh dovresti dirglielo, anche se non credo lo farai mai. » Commenta la mia coinquilina. Annuisco alle sue parole e sbadiglio. Tutto il caos di questa giornata mi ha fatto parecchio stancare e non vedo l'ora di riabbracciare il mio letto.

« Ora sapete tutta la storia. Vi voglio bene. » Le abbraccio rincuorata per dare loro la buonanotte e poi mi rinchiudo nella mia camera.
Il vestito rosso di ieri sera è ancora appeso fuori l'armadio così lo sfioro sorridendo appena. Lo ripongo al suo interno e mi stendo sul letto con l'album da disegno tra le mani. Ho lasciato molti schizzi in sospeso così come il discorso con il dottore. Ho deciso, domani andrò in ospedale per chiarirmi con lui. Non voglio che pensi che giudichi le persone senza conoscerle perché mai ne sarei capace soprattutto dopo tutto ciò che ho passato. Incrociando le dita per l'indomani, non riesco a terminare il mio disegno che la stanchezza mi trascina giù con lei in un sonno profondo.























Angolo autrice:

Vi auguro buon pomeriggio con il ventunesimo capitolo di questa storia. Ovviamente Summer non perde mai occasione di litigare con il povero Devon. Secondo voi perché insiste tanto? Ha ragione Ella nel pensare che qualcosa non quadra? Fatemelo sapere con un commento e alla prossima!
Kisses.


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Capitolo 24
*** Capitolo 22 ***


Devon's pov

Dopo la discussione a casa di Ella, sono filato dritto in ospedale nonostante fosse tardi e non avessi il turno notturno. Sono certo che se fossi tornato a casa non sarei riuscito a chiudere occhio in ogni caso, tanto vale tenere la mente impegnata al lavoro. Varco la soglia dell'ingresso principale e mi reco all'ascensore dal quale esce Rose.

« Oh.. Dottor Reinfield non l'aspettavo stasera.» Le faccio cenno di seguirmi di sopra. So che stava per andare a casa e non ho intenzione di trattenerla a lungo. Nel mio ufficio le comunico la notizia.

« Devo assentarmi per qualche giorno a causa di un viaggio di lavoro a Londra. In mia assenza dovrai occuparti di alcune cose. » Annuisce e si siede di fronte a me per ascoltare le mie istruzioni, al termine delle quali, la lascio tornare a casa, se lo merita. Ebbene sì, ho deciso di tornare a Londra dopo un anno che non ci metto piede. Per fortuna ho una casa diversa da quella dei miei genitori quindi non sarò costretto a subirmeli ventiquattro ore su ventiquattro. Chissà se mia sorella è tornata dal suo viaggio, spero di poterla salutare di persona. Domani mattina chiamerò mia madre per farglielo sapere così potrà mandarmi il Jet di famiglia a New York. Mi chiedo se avranno letto i giornali scandalistici di recente perché in tal caso, mi faranno trecento domande su chi sia Ella e bla bla. Speranze piuttosto vane, è quasi impossibile per mia madre non ficcanasare nella mia vita "privata".

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Passo il resto della nottata ad occuparmi di alcuni pazienti e sistemare scartoffie alternandomi tra l'ufficio e il reparto. È una serata particolarmente tranquilla senza emergenze nel mio campo di competenza, almeno. Ma credo di aver parlato troppo presto perché, neanche il tempo di pensarlo, che mi chiamano in pronto soccorso. Mi precipito subito lì, la tempestività è tutto nel mio lavoro, e mi informo sulla paziente.

« Non capiamo cos'abbia, sappiamo solo che si rifiuta di mangiare da due settimane... così ha detto il padre almeno. » Sono un uomo molto preciso e mi innervosisce avere un quadro poco chiaro della situazione come in questo caso.

« Le avete fatto un elettrocardiogramma o aspettavate un invito ufficiale? » Domando all'apparenza con tono sarcastico, ma la mia espressione è più seria che mai. Si intromette Roxanne. Sarà anche appiccicosa ma almeno è sveglia.

« Certamente dottore, ecco i risultati. » Mi porge il referto facendomi gli occhioni dolci. La guardo di sottecchi per poi concentrarmi sul foglio.

« Che cosa vedi? » Le domando. Vediamo se è attenta abbastanza da guadagnarsi un'altra operazione.

« Vediamo... » Butta per aria l'infermiere con il quale stava parlando prima e si posiziona accanto a me per leggere.

« A me sembrano nella norma... » 
« Guarda meglio. » Le indico una piccola curva anomala. 
« Oh! C'è l'onda U! Di norma non c'è.. » Annuisco e mi rivolgo nuovamente all'infermiere.

« Somministrale del potassio, ne ha carenza perché non si sta nutrendo. Fate in fretta, prima che abbia un collasso. » Passo la cartellina ad una Roxanne entusiasta che mi segue mentre faccio ritorno nel mio ufficio.

« Cosa c'è? » Mi volto all'improvviso nella sua direzione. Odio essere seguito.

« Quindi l'operazione...? » 
« Potrai assistere, ma la farà il dottor Benson. » Mi guarda confusa aggiustandosi il colletto del camice. 
« E lei...? Non parteciperà? » 
« No, starò via per qualche giorno. » Aggrotta la fronte delusa. Purtroppo per lei dovrà arrangiarsi senza di me.

« E quando torna? Dove va? » 
« Basta così, non ti riguarda. Vada pure a casa dottoressa Shane. » La congedo con un gesto della mano in modo teatrale e torno a barricarmi nel mio ufficio, l'unico luogo dove posso davvero isolarmi dal resto del mondo.

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Osservando l'alba con un caffè bollente tra le mani ne approfitto per fare un colpo di telefono a mia madre. Afferro il cellulare e compongo velocemente il suo numero attendendo che mi risponda.

« Amore mio! Come stai? » La sua voce mi arriva subito al timpano.

« Bene, mamma. Che si dice a Londra? » 
« I soliti drammi, sai come vanno le cose qui...» Sospira. Non mi ha ancora detto nulla sulla foto del giornale, è buon segno. Probabilmente non l'ha vista.

« Saresti contenta se venissi a trovarti? » Domando retoricamente. 
« Certamente! Non vedo l'ora! Quando vieni? » Mi domanda entusiasta. 
« Domani. Mi mandi il Jet o devo prendere l'aereo? » 
« Te lo mando tesoro, così fai prima. » Annuisco e parliamo ancora un po' del più e del meno fino a che non ci salutiamo. 
Sapevo che sarebbe stata felice e devo ammettere che non mi dispiace rientrare in patria, anche se sono più che sicuro che mi faranno presenziare a qualche cerimonia insieme a loro. Tempo di rispondere a qualche mail che devo assolutamente mettere a tacere una voglia impellente di caffè. Beh, sono stato sveglio tutta la notte! Abbandono il mio studio ed il mio camice per recarmi da Mikey's, il bar qui accanto. Non reggerei l'intruglio della macchinetta stamattina e poi ormai si è fatta anche ora di colazione. Ho proprio bisogno di un po' di dolcezza in tutto quest'amaro che mi circonda. 
La colazione è decisamente il mio pasto preferito della giornata. Mi dà la carica per affrontare il lavoro. Devo anche allenarmi oggi pomeriggio, assolutamente. Rifletto mentre faccio ritorno alla base. Entro dalla porta principale salutando qualche collega e studente ma poi vengo colto da un'altra voce che pronuncia insolitamente il mio nome.

« Devon, ti stavo giusto cercando...» Mi volto ed incontro gli occhi azzurri come il cielo di Ella.

« Mi hai trovato. Ti serve qualcosa? » Uso un tono più rude rispetto al solito. Sono ancora risentito per ieri.

« No, sto bene. Volevo solo scusarmi. Non intendevo giudicarti e se dev'esserti sembrato così, beh non era mia intenzione. » Non abbassa lo sguardo che resta incollato al mio. È sincera e mi spiace averla fraintesa.

« Sei venuta fin qui per scusarti? » Alzo l'angolo della bocca in un piccolo sorriso.

« Sì, ma non ti fare strane idee, lavoro qui vicino! » Sorride a sua volta sistemandosi qualche ciuffo di capelli ribelle dietro l'orecchio.

« Scuse accettate, ho capito cosa intendevi ieri.» Le faccio cenno di spostarsi dal corridoio e ci allontaniamo un po' dall'entrata. 
Non ho ancora inquadrato Ella del tutto. È di sicuro una ragazza che deve aver sofferto molto in passato e che ora sta cercando di fare del suo meglio per riprendersi. È molto più forte di quanto dia a vedere, più di me sicuramente. In un certo senso ammiro il suo coraggio, e anche la sua capacità di comprendere gli altri, infatti, temo che prima o poi finirà con lo scoprire i miei segreti. 
Ma potrebbero essere troppo per lei da sopportare.

Ella's pov

« Sono contenta che abbiamo chiarito il malinteso. » Gli sorrido felice. Come ho già detto, odio le questioni irrisolte o farmi passare per quella che non sono.

Stamattina mi sono svegliata presto perché ero decisa a passare al Lennox da Devon prima di andare al lavoro, così ho colto due piccioni con una fava. 
Annuisce ma ora non so più che dirgli. Potrei chiedergli se ha chiarito con Summer, ma non sarebbero affari miei e so già che è molto suscettibile su quest'argomento. Inoltre ha delle leggere occhiaie, simbolo che deve aver passato la notte in ospedale, appunto.

« Bene, farò tardi al lavoro. Meglio che vada. » Mi congedo in questo modo ma mi guarda accigliato, come se si aspettasse una frase differente da parte mia. Lo guardo altrettanto interrogativa aspettando una sua reazione. Che cosa sta pensando...?

« Hai detto che non è lontano, giusto? Bene, andiamo così ne approfitto per tornare a casa anche io. » Ma non era appena rientrato..? Non importa, meglio così. Mi farà compagnia durante il tragitto e magari arrivo anche in orario questa volta!

« Certo, si trova qualche isolato più avanti. » Gli sorrido e insieme ci dirigiamo fuori dall'ospedale. 
Mi fa sempre strano metterci piede, l'odore di disinfettante e l'impressione che sia tutto asettico alla quale non mi abituerò mai, fanno sempre un certo effetto. Non so proprio come faccia Devon a starci praticamente tutta la giornata, notti comprese. Mi sale l'ansia solo a pensarci, deve amare molto questo lavoro altrimenti non si spiega. Zittisco le mie stupide riflessioni sulla vita, e mi godo questa mini-passeggiata fino al Cloe's showroom. L'aria è fresca essendo prima mattina, ma il tepore del sole rende il tutto più piacevole a contatto con la mia pelle. 
Osservo Devon al mio fianco. Sembra molto più rilassato rispetto a ieri sera, per fortuna. Deve avergli fatto bene qualsiasi cosa abbia attuato per sbollire la rabbia. Il suo sguardo è sempre indagatore e misterioso ma almeno non è arrabbiato. Quando si altera i suoi occhi diventano quasi di ghiaccio e lo ammetto, fa quasi paura. 
Con tutto questo pensare, non mi sono accorta che siamo praticamente arrivati a destinazione.

« Eccoci qui, lavoro proprio in questo negozio.» Gli indico la vetrina con fare teatrale sorridendo quasi come se mi piacesse lavorarci. In realtà è un vero schifo. Devon, dal canto suo, fa una smorfia osservando i manichini. Adesso mi caccia una delle sue perle, me lo sento.

« Li vesti tu quelli? » 
« Beh sì, quindi? » Non capisco il punto. Il dottore guarda me e poi di nuovo gli abiti esposti.

« Ti vestiresti mai come hai conciato loro? » In effetti no. Troppo eccentrici e troppo striminziti. Ma non gli darò questa soddisfazione.

« Certo, non vedo cosa ci sia che non va. Magari li abbinerei diversamente.. » Cerco di mantenere un'espressione più neutrale e seria possibile ma è molto difficile se mi guarda in quel modo.

« Quindi, verresti conciata in questo modo nel mio studio per una visita? » È una sfida? Perché io adoro le sfide.

« Potrei. Chi me lo vieta? Farei anche prima a spogliarmi. » Constato facendo spallucce per dare veridicità alle mie parole.

« Ottimo. » Si limita tradendo un sorrisetto. Stiamo flirtando per caso? Quando siamo passati a questa fase? Dovremmo discutere più spesso se questi sono i risultati.

« Ti fa piacere? » Lo prendo in giro adesso, è troppo divertente. 
« Rende tutto più semplice! » Mi risponde lui convinto. Certo che ha la risposta pronta a tutto.

« Eh certo, per quello... ovvio. » Scuoto la testa sorridendo, ormai non posso trattenermi più.

« E per cosa credevi? » 
« Ovviamente a quello che hai detto! » 
« Ovviamente. » Ormai stiamo sorridendo entrambi come due ebeti e la cosa sarebbe andata avanti se solo Sidney, il mio amato capo, non fosse arrivata proprio in quel momento per aprire il negozio.

« Ella! Mi vuoi far prendere un infarto? Sei puntuale! » Mi deride subito facendo capitolare anche Devon. Che simpatici...

« Quindi oltre ad essere maldestra sei anche ritardataria? Ma qualche pregio ce l'hai? » Commenta sarcasticamente il dottore facendo sbellicare Sidney. Quando è troppo è troppo! Mi imbroncio e lo guardo malissimo.

« Sono simpatica a differenza tua! » Mi rivolgo a Devon mentre la proprietaria osserva ora la scena più interessata, smettendo di ridere.

« Almeno io non inciampo su qualsiasi cosa mi trovi davanti ai piedi. » 
« Ma non è vero, è capitato solo una volta con te! » 
« Puoi anche ammettere che l'hai fatto apposta perché non sapevi resistere al mio fascino, dai.» 
« Quale fascino scusa? » Spero di essere sembrata credibile perché di fascino ne ha eccome.

« Lo sai che quando menti ti si arrossano leggermente le guance? » Mi avvicino di qualche passo. A Sidney mancano solo i popcorn.

« E quando mai ti avrei mentito? » 
« Proprio qualche attimo fa. » 
« Sai anche quando l'ho fatto? Quando ti ho detto che sei un bravo ballerino. » Si acciglia. Ah colpito! Mi guarda male ma so che invece, si sta divertendo almeno quanto me.

« Davvero un cabaret fantastico ma ora Ella deve lavorare. Forza andiamo! » Si intromette il capo.

« Non finisce qui. » Gli sussurro e mi volto per entrare nel negozio senza girarmi ulteriormente.

« Brava Ella! Non solo sei arrivata puntuale ma hai fatto anche un'ottima conquista. Sono quasi felice per te. » Esclama entusiasta lasciandomi a bocca aperta.

« Ma lui.. non è.. a me non... » Farfuglio qualcosa di incomprensibile mentre la mia mente elabora una notizia shockante. Chi voglio prendere in giro? Devon mi attrae, come potrebbe essere altrimenti? Ma non posso permettermi di nutrire dei sentimenti per lui. Sarebbe devastante per entrambi, lo so. Forse il suo essere così indecifrabile, il segreto che nasconde sul suo passato, la sua vita da nobile della quale non sapevo nulla, ma soprattutto il suo essere così vuoto dentro, mi stanno facendo inoltrare in un terreno sempre più fragile che alla fine cederà e mi farà sprofondare. Sono pronta a tutto questo? Sto sbagliando? Dovrei fare marcia indietro prima che il terreno si sgretoli del tutto? Non lo so, o meglio, per il momento preferisco non sapere.

« In realtà è il mio medico, tutto qui. » Riesco a dire dopo quella che a me è sembrata una vita. Sidney mi guarda e poi s'illumina.

« È pure un buon partito, fantastico! Sono ufficialmente invidiosa adesso. » Sbuffa alzando una mano al cielo rifugiandosi poi nel suo ufficio. 
Dal mio canto, decido di mettermi davvero all'opera riordinando e accogliendo i vari clienti che si apprestano ad entrare. 
L'ora di pranzo sembra non arrivare mai, è proprio vero che il tempo passa lentamente quando ci si annoia. Sembra di stare chiusa qui dentro da secoli!

« Ella puoi andare, ci vediamo domani. » Questa sì che è una frase che amo sentirmi dire da Sidney a differenza delle sue solite strigliate. Mi appresto a salutarla per poi uscire dal negozio di fretta e furia prima che cambi idea. A passo svelto mi avvicino alla mia macchina che avevo parcheggiato stamattina nelle vicinanze per evitare di trovare traffico per andare al Lennox da Devon. Faccio per sbloccarla ma dallo specchietto retrovisore osservo il fallimento di Richard nel cogliermi di sorpresa.

« Ah! Non ci casco! » Mi volto di scatto reprimendo un sorrisetto per la sua espressione.

« Mi togli tutto il divertimento! » Si imbroncia ma gli salto addosso per salutarlo così è costretto a prendermi.

« Sei una ruffiana, sappilo... » Mi abbraccia lasciandomi andare solo quando sono io la prima a sciogliere l'abbraccio.

« A volte, forse.. » Gli faccio l'occhiolino. 
« Comunque cosa ci fai qui? » Chiedo a Richard. 
« Sono andato a trovare Devon in ospedale ma la sua segretaria mi ha detto che l'ha visto uscire con una bella donna qualche ora prima.» Adesso è lui a farmi l'occhiolino, sicuramente più malizioso del mio di prima.

« Sì, e allora? Sono sempre più convinta che tu ci stia stalkerando... » Incrocio le braccia al petto guardandolo indagatrice. 
« Anzi, ti dovrei picchiare! Non mi hai detto che appartiene ad una famiglia nobile! » Aggiungo puntandogli un dito contro.

« Perché non lo sapevi? » Alza le mani in segno di difesa. « Ti pare?! A stento sapevo che era un dottore! » Scuoto la testa spazientita.

« Beh che cosa ti sconvolge? È un conte, non il re d'Inghilterra. » Neanche Richard sa nulla del giornale? Può mai essere?

« Ma non hai letto nulla sulle riviste..? » Mi guarda confuso come se non sapesse di cosa stia parlando.

« No... La mia segretaria me le lascia sempre sulla scrivania ma puntualmente le getto nel tritacarte senza leggerle. » Fa spallucce mentre io sbuffo e apro la portiera per recuperare la rivista.

« Leggi qui. » Gli metto la pagina incriminante sotto il naso. La sua espressione compiaciuta è decisamente fuori luogo..

« Ellaaaa! Wow, fantastico. Anche se secondo me, avrebbero dovuto prendere il momento del casquè.. »

« È il massimo dei commenti che sai fare?! » Alzo un po' la voce guardandolo sconvolta. Perché nessuno sembra darci peso? Sarei tentata di dirgli di Summer ma potrebbe lasciarselo sfuggire con Devon ed io non voglio che lui lo sappia. Potrebbe pensare che lo dico apposta e non voglio correre il rischio.

« Ecco cosa facevate fuori la terrazza! » Afferma poi come colto da un'improvvisa illuminazione. Mi schiaffeggio la fronte con una mano.

« Ridammi la rivista.. » Gliela strappo praticamente dalle mani mentre Rick mi guarda accigliato.

« Ehi! Che violenta... Comunque tu perché sei andata al Lennox e sei uscita da lì con il nostro conte? » Ritorna quindi sulla domanda che non vedeva l'ora di pormi.

« Non aspettavi altro da quando mi hai fermata, eh? » Sorrido scuotendo la testa. È l'anti sgamo fatto persona.

« Già! Quindi..? » 
« Quindi niente, mi dovevo scusare per una cosa che gli avevo detto... » 
« Detto a proposito di...? » Mi incalza con la voce e i gesti delle mani per indurmi a continuare. 
« Ieri sera ci siamo visti per parlare di questa cosa dei giornali e poi ha avuto una specie di discussione con Summer e mi sono intromessa facendo supposizioni inappropriate. Poi abbiamo fatto pace, però! » Sorrido ma Richard mi guarda malizioso.

« Avete fatto pace? » 
« Non nel modo che stai pensando tu, Rick! » Alzo gli occhi al cielo. Ma dai! 
« Che peccato! Comunque se vuoi davvero farti amico il dottorino, non intrometterti nelle sue questioni a meno che non te lo chieda lui. È molto riservato. » Annuisco, in fondo è una cosa normale. Nessuno ama gli impiccioni.

« Hai ragione, farò così. » Allargo gli angoli della bocca in un sorriso ciondolando sul posto.

« Vuoi un passaggio o sei in macchina? » 
« Mi hanno accompagnato, però devo andare dal tuo amato conte. Mi ci vuoi portare tu? » Mi dedica l'ennesimo occhiolino mentre non posso fare altro che accettare.

« D'accordo salta su e guidami da Devon. Non so dove abiti. » 
« Mai stata a casa sua? » 
« Certo che no. » 
« Lui da te? » 
« Sì, ieri. » 
« Ah! Lo sapevo! » 
« Richard sali o ti lascio a piedi! » 
« Va bene, va bene! » Sbuffa ma si accomoda finalmente al posto del passeggero.

Dopo un paio di scorciatoie che non ci hanno portato a nulla, dopo aver beccato tutti i semafori rossi, qualche insulto da parte nostra e dopo aver capito che "se seguiamo le indicazioni, è meglio", giungiamo finalmente a destinazione.

« Al tuo compleanno ti regalo un navigatore.» Sbuffa Richard aprendo la portiera mentre abbasso il finestrino dal mio lato.

« Se mi avessi dato le giuste indicazioni, avremmo fatto prima! » 
« Guarda che io sono a New York da poco! » Alzo gli occhi al cielo sbuffando. 
« Non vieni..? » Mi domanda alzando un sopracciglio confuso. 
« No, ti ho solo accompagnato. Vi lascio discutere tra voi, da veri uomini. » Lo prendo in giro ridacchiando.

« Come preferisci. » Chiude la portiera e fa per avviarsi all'ingresso. La casa è molto maestosa vista da fuori nonché parecchio grande dall'esterno. Non si sentirà troppo solo immerso in questa inutile vastità? Non posso rispondermi mentalmente perché, proprio in quell'istante, vediamo uscire dalla porta principale una figura a noi ben nota.

Summer.


Angolo autrice:


Salve a tutti! Eccomi con un nuovo capitolo anche questo mercoledì. Ormai Summer è una costante che nei finali non può mancare, ma cosa ne pensate dei nostri protagonisti? Vi aspettavate il chiarimento o pensavate di no? Fatemelo sapere con un commento e al prossimo week-end.
Kisses.

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Capitolo 25
*** Capitolo 23 ***


Ella's pov

Osservo la scena come se fossi una spettatrice esterna, come se non avessi il completo controllo di me stessa. Summer e Devon escono dalla porta di casa e lei gli strappa un bacio. Me ne sarei dovuta andare, non avrei dovuto vedere nulla di tutto ciò.
Richard passa lo sguardo da me alla coppietta senza sapere di preciso cosa fare. Non so per quale esatto motivo non abbia messo il piede sull'acceleratore e sgommato a tutta velocità via da questa casa. Non so neanche il motivo del mio sconvolgimento di fronte a questa scena. Forse non mi aspettavo che Devon cambiasse idea così velocemente su di lei, sempre se l'abbia fatto o mi sfugge qualcosa. Finalmente Summer si allontana e decide di passare proprio davanti alla mia auto. Mi rivolge una delle sue smorfie peggiori. Si sente la vincitrice, ha avuto ciò che voleva. Si avvicina a passo svelto al mio finestrino che abbasso a malincuore per capire cos'abbia da dirmi.

« Se vuoi davvero qualcosa, devi fare di tutto pur di ottenerla. » Mi guarda ammiccante e fin troppo euforica per poi sgambettare al di fuori del mio campo visivo. Che strega.
Riprendo finalmente l'uso del mio corpo e faccio retromarcia per andarmene il più in fretta possibile da qui lasciando un Richard perplesso nel vialetto.

Guido per le affollate strade di New York, non prestando la benché minima attenzione al resto del mondo intorno a me. Voglio solo tornare a casa adesso. Devo parlare con Audrey, assolutamente, infatti spero sia già tornata. Mentre sfreccio a tutta velocità, il telefono mi avverte di una chiamata così premo il tasto verde e metto il vivavoce.

« Sebastian, dimmi tutto. »
« Ho visto i giornali, volevo chiamarti ieri ma Audrey mi ha detto che non ti sei sentita bene. Come stai? » Uno schifo ma non fisicamente.

« Molto meglio. Hai visto le riviste..? »
« Beh sì! Che cosa mi combini con il conte? » No, non riesco ad affrontare questo discorso anche con lui adesso.
« Niente di niente, fidati. » Mi mordicchio l'interno della guancia, delusa. Sapevo che sarebbe successo, quindi ora ne pago le conseguenze. Fine.

« Certo, come no. Sicura che vada tutto bene? Guarda che se ti fa del male non ci metto nulla a finirlo. » Lo dice così seriamente che quasi mi vengono i brividi.

« Non dire stupidaggini. Siamo amici, punto. » Una bugia dietro l'altra ormai, ma non riesco a parlare di quest'argomento con lui ora. Imbocco finalmente il vialetto di casa mia, notando che la luce del salone è spenta.

« Va bene, per qualunque cosa, sai dove trovarmi. »
« Grazie ti voglio bene. » Lo congedo e ripongo il cellulare nella tasca del giubbino di pelle. Sbuffo un paio di volte ma poi mi decido a scendere dall'auto. Cerco le chiavi all'interno della mia borsa innervosita perché non riesco a trovarle, lanciando praticamente tutto il suo contenuto per aria. Per fare quest'operazione, rovescio parte dei miei oggetti personali sul pianerottolo. Accidenti!
Faccio per raccogliere le mie cose quando il Signor White mi porge ciò che mi era caduto. Mi sorride gentile restituendomi le
cianfrusaglie. Lo ringrazio educatamente riuscendo finalmente ad afferrare le chiavi. Si erano incastrate nel taschino laterale a causa della stoffa. Oggi non me ne va bene una, insomma. Le infilo nella serratura e finalmente posso mettere piede in casa. È solo ora di pranzo eppure ho la sensazione che tutta la stanchezza si sia accumulata sul mio corpo tanto da farmi sentire abbastanza uno straccio.
Lancio la borsa sul tavolino all'ingresso trascinandomi in camera mia. Levo gli stivaletti ed indosso le mie amate pantofole. Convinta che non ci sia nessuno in casa, mi reco in cucina per farmi un po' di thè, non mi va di mangiare un vero e proprio pranzo al momento. Faccio un rumore assurdo perché mi cade il pentolino sul pavimento e mi maledico per questi piccoli incidenti. Metto finalmente l'acqua sul fuoco e mi affloscio sullo sgabello. Cerco di essere onesta con me stessa non potendo negare che ci sia rimasta male per la scena che ho visto poco fa. Sono certa che Summer continui a manipolarlo e lui neanche se ne rende conto o forse, cerca di capire fino a che punto si può spingere prima che oltrepassi il limite. Summer non si ferma davanti a niente. Li ho sentiti litigare e Devon stesso mi ha confessato che non vuole una relazione con lei, eppure continua con i suoi sporchi giochetti cercando di intrappolarlo nella sua rete. Ma la peggiore sono io. Sapevo perfettamente che non avrei dovuto continuare a vedere Devon al di fuori dello stretto necessario, ma l'ho fatto lo stesso. Mi sono data la zappa sui piedi da sola. Cosa mi aspettavo? Che cadesse ai miei piedi da un giorno all'altro? Che mi avrebbe rivelato il suo segreto o il suo passato turbolento dopo qualche uscita così da poterlo aiutare tranquillamente? Non sono in una favola, l'avrei dovuto capire tempo addietro. Sapevo di essere strana ma non masochista fino a questo livello. Mi sono presa una cotta per un uomo che so perfettamente non potrà mai ricambiare perché lo ha detto chiaramente.

"Non sono disponibile emotivamente."
"Non voglio nessuno al mio fianco."
"La felicità per me non esiste."

Tutti segnali che avrei dovuto cogliere un po' prima di arrivare a questo punto. Però sono ancora in tempo per rimediare. Fra qualche giorno avrò le analisi, mi dirà cos'ho così non sarò più costretta a rivederlo, né a sentirlo o chiamarlo più. Tutto tornerà come prima e sarò finalmente libera.
Sono così immersa nei miei pensieri che non mi accorgo di una presenza che si aggira alle mie spalle.

« Ella! Sei già a casa? » Quasi sobbalzo al suono della sua voce. Ero convinta di essere sola.

« Sì, sono tornata una decina di minuti fa... » Non riesco a non usare un tono di voce più basso e triste del solito.

« Va tutto bene...? C'è qualcosa che non va? » Mi chiede subito la bionda appoggiandosi al bancone così da potermi guardare. Sa che non so mentire.

« In effetti no. Ho capito delle cose, soprattutto che sono una stupida. » Si acciglia e mi guarda perplessa.

« Non sei una stupida. Ne vuoi parlare? » Apprezzo che me lo chieda. Sa bene che se non voglio discutere di un argomento non lo faccio e basta.

« Non c'è molto da dire. Sono una cretina perché mi sono messa in una situazione scomoda pur sapendolo dall'inizio. »
« Se non ti spieghi un po' meglio, non posso aiutarti granché. »
« Si tratta di me e... del fatto che mi sono resa conto di... » Mi interrompe con un gesto della mano.

« Ho capito. Ti sei resa conto di provare un interesse che va oltre la semplice curiosità e amicizia per Devon. » Perché mi sorride?

« Ottima deduzione. »
« Non ti dirò che avevo ragione perché ti vedo troppo sconfortata. È una bella cosa, perché te ne dispiaci? » La domanda è lecita, non sa tutti i dettagli del nostro "rapporto".

« Quando tu ed Ashley siete tornate a casa ieri sera, beh noi stavamo discutendo di una faccenda, più nello specifico di Summer. Devon mi ha detto chiaramente che non si lega a nessuna, compresa la pazza. » O almeno lo spero per lui.

« Come siete arrivati a parlare di questo?»
« Ha ricevuto una chiamata da quella donna, anzi ragazzina, e li ho sentiti litigare. Sbagliando, ho scelto di mettermi in mezzo ma soltanto perché volevo capire qualcosa in più, tutto qua. »

« E poi? » Incrocia le braccia al petto guardandomi sempre più confusa.
« E poi si è alterato, giustamente, e ha approfittato della vostra entrata in scena per scappare. Però stamattina abbiamo chiarito. »
« È un buon segno! E cosa vi siete detti? »
« Niente di che, mi sono scusata e fine della storia. Poi ho incontrato Richard e l'ho accompagnato da Devon. Non l'avessi mai fatto. » Si illumina al sentire il nome del suo amato e mi incalza a continuare.

« Li ho visti. Summer e Devon, intendo. » Si acciglia e mi posa una mano sulla spalla sedendosi accanto a me sullo sgabello.

« Adesso capisco il tuo visino triste. » Mi attira tra le sue braccia e non mi oppongo alla sua stretta.

« Secondo me dovresti comunque dirgli quello che provi, prima o poi. Dovrebbe esserne a conoscenza anche perché altrimenti non sarai mai certa se in qualche modo può ricambiare oppure no. » Ascolto le sue parole non sapendo cosa dirle. Forse ha ragione ma se glielo dicessi, perderei quel minimo rapporto che abbiamo.

« L'hai detto a Richard? Conosce meglio Devon di noi, magari ti sa dire qualcosa in più. » Mi accarezza i capelli attendendo un mio segno di vita.

« No, sei la prima alla quale ne ho parlato. Anche perché me ne sono appena resa conto anch' io... » Probabilmente è sempre stato così, fin dal nostro primo incontro, ma la mia mente l'ha realizzato ed accettato solo dopo aver visto Devon tra le braccia di Summer.

« La nostra Ella si è presa una cotta finalmente! Da quando ti conosco, è la prima volta che ti vedo così. » Si stupisce da sola Audrey, sorridendomi entusiasta. Non vedeva l'ora di accasarmi, neanche fosse mia madre.

« Guarda che ti sbagli. È successo altre volte! » Mi stacco dal suo abbraccio anche perché l'acqua sta bollendo nel pentolino e fra poco esploderà. Mi alzo quindi per spegnere il fuoco e la modella mi segue a ruota.

« Non è vero! Non sei mai stata male per un uomo, almeno non così! »
« Ti ripeto che ti sbagli. È già successo tempo fa... » Ho avuto altre cottarelle, che cosa crede?

« E va bene. Finalmente dopo "tanto tempo", allora. Contenta? » Annuisco anche perché non è l'argomento principale della giornata, versandomi poi il thè verde nella mia splendida tazza rosa.
Restiamo a chiacchierare di argomenti più soft giusto il tempo del mio thè e del suo leggero pranzo, al termine del quale, ci rifugiamo entrambe nelle rispettive stanze. Mi stendo sul letto chiudendo gli occhi, sperando di riaprirli ed essere tutt'altra persona, ma purtroppo è impossibile che ciò si verifichi. Mi posiziono a pancia in giù sul materasso, con la testa sotto il cuscino, impedendo alla mia mente di continuare a riflettere senza riuscirci. Ripenso continuamente alle parole di Summer, sia alla minaccia, sia a quelle di poco fa. La odio, la odio e la odio!
Lancio il cuscino contro la porta in un attimo di follia raggomitolandomi contro il muro. Non doveva andare così, non doveva succedere, non a me! Non sono in grado di gestire queste cose, queste emozioni, e me ne rendo conto da sola perché è sempre stato così. Ho avuto delle relazioni ma sono sempre durate poco o niente. Forse, da una parte, ho paura di impegnarmi anche io. Che stress, non è proprio il momento per me di innamorarmi, non se ne parla proprio. Sono già abbastanza incasinata di mio, ci manca solo un uomo a stravolgermi l'esistenza e siamo al completo. Anche se forse l'ha già fatto, in un certo senso. Mi soffermo su questi pensieri per un tempo che sembra infinito quando qualcuno bussa alla mia porta.

« Avanti. » Pronuncio con la testa ancora intrappolata sotto le coperte. Sento la porta aprirsi e dopo pochi secondi il materasso si abbassa di qualche centimetro.

« Ehi, che fai qui sotto? »
« Tu che ci fai qui? » Mi scopro il viso guardando Richard negli occhi.

« Mi ha chiamato Audrey dicendomi che ti avrebbe fatto bene parlare con me. » Mi libera dalle lenzuola così che possa mettermi a sedere sul materasso.

« Se lo dice lei...» Non ne sono tanto convinta. Però lui era li, era presente e sicuramente ha parlato con lui.

« Dai, sfogati... » Piano piano gli racconto le stesse cose che ho detto ad Audrey sperando che possa darmi la sua opinione pensando anche a come reagirebbe Devon.

« Lo conosco da una vita, e ti posso assicurare che non lo avevo mai visto ballare con nessuna in pubblico né tanto meno prenderla in braccio su una terrazza ad una festa sapendo benissimo della presenza dei paparazzi. Secondo me non gli sei indifferente. » Sembra sincero, ma da un lato preferirei che non mi dia false speranze. Meglio non avere aspettative in questo caso.

« Tu dici? Non so cosa pensare... »
« Non pensare a nulla per il momento e non abbatterti per supposizioni che stai facendo da sola. Dai retta a me, continua così e non preoccuparti. » Si allunga per abbracciarmi così mi slancio per permetterglielo appoggiandomi poi alla sua spalla.

« Grazie Rick, ti voglio bene. »
« Te ne voglio anche io. » Sono fortunata ad avere un amico come lui ed Audrey, non potrei chiedere nulla di meglio.

Devon's pov

Torno a casa distrutto ma risollevato. Il mio umore è decisamente migliorato rispetto a ieri sera a causa di tutti i casini che si sono succeduti. Entro nel mio appartamento trovando Martha ferma all'ingresso che mi osserva preoccupata.

« Va tutto bene..? » Le chiedo appendendo il giubbotto all'ingresso lasciando chiavi e portafogli sul tavolino.

« Signore deve perdonarmi, non sono riuscito a fermarla ed ha insistito per aspettarla qui... » Ma di che sta parlando? Sto per chiederle ulteriori spiegazioni, quando appare Summer dal salotto. Sui suoi tacchi vertiginosi, compie qualche passo nella nostra direzione mentre con un cenno del capo congedo la mia povera domestica. Chissà da quanto tempo mi sta aspettando poiché ho sbrigato alcune faccende prima di tornare a casa e si è fatta praticamente ora di pranzo.

« Devon... sono venuta qui perché dobbiamo parlare. Mi spiace essermi alterata al telefono ma ci sono rimasta molto male quando ho visto la foto sul giornale...» Ancora questa storia. Oggi dev'essere la giornata dei chiarimenti, comunque.

« Anche se ti avevo detto che non volevo parlare... »
« Sì! Devi capire che ci tengo a te, anche se tu non credi in noi. »
« Non me ne dai modo. Ogni giorno è una scenata per qualcosa, dimmi un po' tu. » Sospira avvicinandosi ulteriormente.

« Hai ragione, sono gelosa e non so come controllare questa cosa e perciò divento pazza.» Ed io che pensavo lo fosse sempre!

« Ho capito, ma non puoi essere gelosa di qualcosa che non è tuo. Ti trovi? » Forse se le faccio un disegnino ci arriva.

« Perché tu non mi fai dimostrare che sono capace di comportarmi da donna matura! » Se proprio insiste!

« Benissimo, inizia ora andandotene senza fiatare, coraggio. » Mi allungo per afferrare la maniglia così da aprirle la porta. Mi guarda a bocca aperta senza saper cosa replicare. Inclinando il capo si dirige verso l'uscita fermandosi ad un passo da essa guardandomi.

« Sei ingiusto con me. Ti ho chiesto scusa e ti ho promesso che sarò meno possessiva ma almeno potresti venirmi incontro. » Si lagna Summer sull'uscio. È dura a morire, purtroppo.

« Se non me la sento, non puoi obbligarmi... » Decido di uscire anche io dall'abitazione, magari capisce l'antifona e se ne andrà.

« Non ti obbligo, ti chiedo solo di provarci.» Annuisco per sfinimento mentre, una macchina dalla quale esce Richard, si ferma nel mio vialetto. Mi volto nuovamente verso Summer e questa mi assalta strappandomi un bacio a fior di labbra. La guardo accigliato ma la ragazza si allontana sorridendo. Che pazienza. Faccio un cenno di saluto al mio amico e lo invito ad entrare.

« Ehi, qual buon vento ti porta da me? » Domando a Rick una volta che ci siamo accomodati all'interno.

« Al Lennox non c'eri, così Ella mi ha accompagnato da te. » Mi volto confuso nella sua direzione annuendo a Martha per farci portare dei caffè.

« Che c'entra Ella, scusami? » Mi siedo sul divano di pelle bianca del mio salotto ed egli fa lo stesso.

« Hai capito bene. La tua segretaria mi ha detto che ti ha visto uscire con quella che ho presunto fosse Ella dalla descrizione. » Scuoto la testa portandomi una mano alla tempia. Che stalker che è...

« E il nesso con il fatto che ti abbia dato un passaggio fin qui qual è? » Credo di non star capendo fin dove vuole arrivare.

« Perché sono andato da lei sperando di trovarvi ancora insieme ed invece no. »
« Certo e magari abbiamo anche fatto una scampagnata nel frattempo! » Afferro la tazzina con il caffè per evitare di lanciare qualcosa addosso al mio amico.

« Come sei spiritoso, mamma mia! Molto suggestiva la scenetta con Summer, comunque. Sono sicuro che Ella abbia gradito quanto me.» Lo guardo malissimo. So dove vuole andare a colpire e non ci sta riuscendo per niente. Il suo tono così sarcasticamente sottile è super irritante.

« Ricominciamo? Ti ripeto che devi smetterla con le tue teorie su di me. Ma su una cosa avevi ragione. Summer è pazza. »
« Era ora che te ne rendessi conto! Quando capirai che è meglio perderle che trovarle certe persone, stappiamo lo champagne. » Mi fa l'occhiolino riappoggiando la tazzina sul tavolino. Alzo gli occhi al cielo seppur sappia che in fondo ha ragione.

« Comunque ho una novità. Torno a Londra. » Richard sgrana gli occhi ed un'espressione di stupore si fa largo sul suo viso.

« Davvero? Cosa ti ha spinto a cambiare idea?» Non so bene cosa rispondere a questa domanda. In realtà molti fattori tra cui rientrano sicuramente Summer ed i continui inviti di mia madre. Devo allontanarmi da New York per un po'.

« Sai che non riesco a stare nello stesso posto per troppo tempo. » Me la cavo così, ravvivandomi i capelli con una mano.

« Mh.. e tua madre sa già della tua splendida foto sui giornali o ancora ne deve venire a conoscenza? » Un sorriso sghembo appare sulle sue labbra.

« Sei uno stronzo, lo sai? Comunque stranamente non sa nulla, per il momento. Perché non la corrompi? Sappiamo entrambi che ti adora. » Ed è vero. Mia madre ha un enorme debole per Richard.

« No, passo grazie! Cavatela da solo. »
« E tu saresti mio amico, eh! »
« Ovviamente! »
« Sai su che altro avevi ragione? Sulle donne. Ne ho abbastanza. » Mi porto una mano alla fronte teatralmente.

« Visto? Te l'ho detto che dovevamo metterci noi insieme! » Sbotta, alzando gli occhi al cielo.

« Sono delle psicopatiche... »
« Lo so, ma spero che qualcuna si salvi...»
« Vane speranze, Rick. »
Continuiamo a parlare per un altro po' e riesco a convincerlo a rimanere per il pranzo. Almeno ci teniamo compagnia. Mentre gustiamo i piatti sublimi di Martha, la mia mente si distacca dal mondo intorno a me fermandosi sull'immagine di Ella che osserva me e Summer sulla porta. Non l'ho vista, ma deve aver sicuramente pensato che cambio idea come un nonnulla. Non sono incoerente, forse a volte un po' bipolare, ma sono sicuro che Summer non sia giusta per me non riuscendo comunque a scollarmela di dosso. Almeno fin quando non farà qualcosa di ancora più deprimente da farmi chiudere definitivamente in me stesso. Se solo potessi tornare indietro nel tempo, ora non mi troverei né qui né in questa situazione. Richard, mi duole ammetterlo, ma ha sempre avuto ragione su tutto. Mi aveva avvertito su Summer e sulle donne in generale, ma non gli ho dato ascolto ed ora me ne pento. Prendo un altro boccone di tacchino arrosto senza capire realmente cosa mi stia dicendo Rick. Sta borbottando qualcosa sul patrigno e sull'Astoria, credo. Fra poco devo iniziare a farmi una parvenza di valigia, non voglio perdere tempo. Dovrei avvertire Ella della mia partenza? Dovrei chiamarla..? Aggrotto la fronte ma poi scuoto impercettibilmente la testa. Non avrebbe senso dirglielo.

« E poi ho comprato un unicorno. Che ne pensi? » Mi chiede Richard tutto ad un tratto.

« Hai fatto bene... » Rispondo vagamente riprendendo a mangiare.
« Modestamente faccio degli ottimi acquisti. » Lo sento scoppiare a ridere per poi darmi un colpetto sul braccio.

« Che ti passa per quella testa complicata e dura che ti ritrovi? » Alzo lo sguardo su di lui.

« Niente, pensieri sciocchi che ho già rimosso. Scusami se non ti stavo ascoltando. Che dicevi? » Riprendiamo la conversazione e questa volta mi concentro su di essa, deciso a dare un reale supporto al mio amico. Al termine del pranzo, Richard riceve una telefonata

« Scusami un attimo. » Si allontana guardando confuso lo schermo del cellulare. Torna dopo pochi minuti.

« Devo andare, chiamami quando sei arrivato, okay? » Annuisco e mi alzo per abbracciarlo forte prima di accompagnarlo all'uscita. È sempre un piacere averlo accanto anche quando se ne esce con sparate del cavolo.

« Martha, ti sei guadagnata delle ferie per questi tre giorni. Stasera stessa torno a Londra. » Mi guarda stupita, da quando lavora per me, non sono mai voluto tornare nella mia città Natale e lei lo sa bene.

« Grazie, signore. Le vado a prendere la valigia.»
« No grazie, faccio da me. Puoi andare a casa. » Mi sorride contenta inclinando il capo in segno di ringraziamento. Lavora troppo quella donna!
Mi dirigo quindi al piano superiore per raggruppare il necessario per il viaggio. Prendo due/tre completi, anche se in caso di qualche cerimonia mia madre me ne farà confezionare uno su misura, due paia di scarpe classiche e le mie cravatte migliori. Metto anche qualche indumento più casual ed un pigiama. Lascio tutto sul letto e mi avvio nella mia palestra personale. Ho bisogno di allenarmi e scaricare tutta la tensione dovuta all'imminente partenza. Spero di aver fatto una saggia scelta e che non si tratti di uno dei miei gesti istintivi che solitamente mi portano sempre a pentirmene. Colpisco più e più volte il sacco da boxe e ad ogni tiro, una scarica di adrenalina mi investe in pieno. Queste sono le sensazioni che mi fanno stare bene, adrenalina pura al cento per cento. È così anche nei miei interventi. Sapere di avere una vita tra le mani che dipende da te e dalle tue capacità, è un'esperienza unica. Ho stretto decine di cuori ma ogni volta è come se fosse la prima. Amo il mio lavoro perché mi da quel controllo e quel potere che so di aver perso nella quotidianità per colpa del destino ed ecco perché cerco di scrivere quello degli altri, dei miei pazienti, donando loro una speranza e mettendo da parte me stesso. Per quanto potrò andare avanti così? Temo che presto o tardi succederà qualcosa di terribile da farmi chiudere così a riccio da isolarmi completamente, come è già successo in passato. Nessuno può aiutarmi se prima non cerco di farlo da solo.

Se solo lo volessi davvero.




















Angolo autrice:

Buongiorno amici lettori! Ormai la nostra Ella si è resa conto che la sua non era una semplice curiosità nei confronti del misterioso dottore, ma qualcosa di più. E Devon, invece? Secondo voi come sta vivendo la situazione? Al prossimo capitolo per scoprire cosa combinerà a Londra il nostro Duca preferito.
Kisses.

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Capitolo 26
*** Capitolo 24 ***


Devon's pov

Non ricordavo quanto fosse umida l'aria di Londra, troppo spesso bagnata dalle continue tempeste. Non sai mai come vestirti quando vaghi per questa pazza città. Il Jet è atterrato un'oretta fa circa e mia madre ha provveduto a farmi venire a prendere da uno dei suoi maggiordomi di fiducia.

« Bentornato signore. » Mi guadagno un sorriso da Alfred che gentilmente mi scorta nella residenza della mia famiglia.
Mentre sfrecciamo per le strade londinesi, il ricordo dei giorni felici di gioventù passata, mi assorbono completamente tanto che Alfred deve chiamarmi un paio di volte affinché capisca che siamo arrivati a destinazione.
È strano essere qui, mi aspettavo una reazione diversa, più pessimistica di quanto invece sia in realtà. Non faccio neanche in tempo a scendere dall'auto che mia madre si palesa, come uscita dal nulla, davanti a me stringendomi in un grande abbraccio. Praticamente ho smesso di respirare per qualche minuto.

« Mamma mi sei mancata anche tu, potresti lasciarmi ora? I miei polmoni te ne sarebbero grati. » Mi lascia andare sbaciucchiandomi ancora un po' prima di rispondermi.

« Figlio adorato, mi sei mancato tantissimo. Come stai? Com'è New York? » Mi tempesta di domande neanche fosse un poliziotto, prendendomi poi sottobraccio per condurmi all'interno.
Una mezz'ora dopo, siamo seduti di fronte ad una tazza di thè bollente.

« Allora, tesoro? Raccontaci qualcosa. » Si è aggiunto anche mio padre alla riunione familiare anche se è molto meno espansivo e più comprensivo di mia madre.

« Va tutto bene, mi piace lavorare lì. » Rispondo lanciando di tanto in tanto qualche occhiata al telefono. Ho il terrore che mi chiamino dal Lennox o peggio, che Summer possa interrompere quest'apparente tranquillità.

« E hai conosciuto qualche donzella? » Eccola la domanda fatidica, non cambierà mai.

« Mamma ti prego... » Alzo gli occhi al cielo mentre mio padre, per fortuna, mi viene incontro.

« È giovane, lascialo divertire. » Si becca un'occhiataccia dalla moglie mentre, dal mio canto, nascondo una risatina. Sono sempre molto divertenti i loro battibecchi! Mia madre alza gli occhi al cielo cambiando quindi argomento e chiedendomi del lavoro e su come mi trovi a vivere in America dopo aver passato quasi tutta la vita in giro per l'Europa. Ah, quasi dimenticavo, le accenno anche di Richard e le si illuminano gli occhi. Lo adora, non c'è nulla da fare.
Quando la governante sopraggiunge per sparecchiare, colgo l'occasione per dileguarmi dalle loro grinfie. Hanno così insistito che alla fine ho rinunciato alla mia privacy e ho acconsentito ad alloggiare nella mia vecchia stanza da letto invece che nella mia tenuta non troppo distante da qui. Onestamente non mi andava di discutere con loro, così li ho accontentati per una volta. Spesso mi rendo conto di averli delusi e di non essere il figlio perfetto che hanno sempre desiderato, ma non posso neanche rinunciare alla mia identità per il loro bene, o almeno credo.

La mia stanzetta è uguale a come l'ho lasciata anni fa, quando ero ancora uno studentello di medicina. Che ricordi in questa stanza. Osservo tutte le foto e i poster come se fosse la prima volta che li vedo ammirandone ogni dettaglio. Mi ero quasi dimenticato quella vita spensierata di un tempo, ahimè, troppo lontano. Che cosa darei per tornare indietro. Appoggio il borsone sul letto estraendone solamente il necessario per riposare, il jet-lag inizia a farsi sentire forte e chiaro ed il mio corpo necessita di ricarburare. Mi faccio una doccia veloce e mi adagio comodamente sul letto pronto a chiudere gli occhi stanchi. Inizio a sentire le palpebre pesanti ma il suono del cellulare mi riporta al presente. Dannazione, credevo di aver messo la vibrazione! Con l'ansia che si tratti del Lennox, afferro quell'aggeggio malefico e mi sorprendo nel leggere il nome di Ella sul display.

« Ella, va tutto bene? » Non le faccio neanche aprire bocca esordendo con la mia domanda.

« Devon ciao, oh sì sto bene. Scusami se ti ho disturbato così presto, ma mi hanno chiamata dall'ospedale per dirmi che le analisi sono pronte. Tu sei lì? Così magari le vediamo insieme. » Già, non sa che sono a Londra. Solo Richard n'è a conoscenza e a quanto pare non l'ha condiviso con Ella, giustamente. Controllo l'orologio e constato che sono le tredici perciò a New York sono le otto del mattino.

« Finalmente sono pronte. Al momento non sono in città ma a Londra per un affare di famiglia. Sarò di ritorno tra un paio di giorni. Se non vuoi aspettare me, ti posso dare il nome di qualche mio collega... » Aspetto in linea la sua risposta grattandomi il capo con una mano.

« Ah... Sei a Londra. » È sorpresa, ma era ovvio.
« Sai che non mi piacciono i dottori e poi mi fido solo di te... Ti aspetto. » Sorrido fissando un punto impreciso del soffitto.
« Come desideri. Non inciampare in giro in mia assenza, mi raccomando. »
« Certo che no, Devon. Aspetto te per cadere, così sono certa che ci sarà qualcuno a prendermi. » Questa sua frase sembra voglia significare molto di più dell'apparenza. Resto per qualche secondo in silenzio prima di risponderle, non essendo sicuro di ciò che sto per dire.

« Puoi contarci Ella. » Alla fine l'ho detto ed è così. Piano piano quella stramba ragazza che ho salvato da un brutto incidente, si è rivelata essere molto di più di una ragazzina all'apparenza maldestra ed indifesa. Maldestra lo è di sicuro, però ha molto altro dentro che fa fatica a far emergere per paura di scottarsi. Siamo molto più simili di quanto crediamo nonostante veniamo da due mondi completamente diversi. La connessione che avverto quando stiamo insieme, ci mantiene in un equilibrio precario. Se uno dei due dovesse superare il confine, trascinerebbe inevitabilmente l'altro con sé e dal mio lato ci sono solo tenebre alle quali non deve avvicinarsi. Non se lo merita e farò di tutto per tenerla lontana.

Ella's pov

La suoneria del cellulare rimbomba incessantemente impedendomi di ignorarlo oltre. Sono appena le sette e mezzo del mattino, chi vuoi che sia già impiedi a quest'ora? Mi giro dall'altro lato afferrando il telefono. Numero sconosciuto. Rispondo ugualmente per capire chi sia.

« Pronto...? »
« Salve, parlo con Ella Davis? »
« Sì, sono io mi dica. »
« Sono Angie Stone e chiamo dal laboratorio di analisi del Lennox Hill per avvertirla che i risultati delle sue analisi sono finalmente pronti. » Me n'ero quasi dimenticata.

« Bene, quando posso venire a ritirarli? »
« Anche stamattina dalle otto e mezza in poi. »
« Grazie mille. Arrivederci. » Ripongo il cellulare sul comodino sedendomi sul letto e sbadigliando rumorosamente. Ho dormito malissimo questa notte e quando finalmente ero riuscita a prendere sonno, il telefono mi ha riportato bruscamente alla realtà. Che tristezza, ma almeno avremo queste benedette analisi una volta per tutte.
Riluttante metto piede fuori dal letto infilandomi subito sotto la doccia per distendere i nervi e scacciare via il sonno.
Dopo una buona mezz'ora, mi sento finalmente più fresca e soprattutto più sveglia. É ora di chiamare Devon per dirgli delle analisi e per sapere quando potrà visitarmi così chiudiamo questa storia. Afferro nuovamente il cellulare tentennando nel comporre il numero ma alla fine mi decido e premo il tasto verde.
Non mi aspettavo che fosse a Londra, mi ha stupita. Aveva detto che da quando si è trasferito qui, non ci aveva messo più piede anche a causa dei suoi genitori. Ma a quanto pare gli affari da nobile devono averlo risucchiato nuovamente in Europa*. Questo vuol dire che se ne parla fra qualche giorno per avere un suo parere, ma mi vesto ugualmente per andare a ritirare questi risultati. Audrey si è offerta di darmi uno strappo al Lennox e di conseguenza a lavoro, poiché distano di poco, appunto. La ringrazio con un bacio sulla guancia non prima di averle promesso di farle sapere qualsiasi cosa, bella o brutta che sia, sulla mia salute. Mi dirigo all'entrata e vengo accolta dalla stessa receptionist dell'altra volta che mi sorride gentile.

« Salve, dovrei ritirare delle analisi a nome Ella Davis. »
« Salve, aspetti un attimo. » Si allontana lasciandomi sola davanti al bancone sul quale picchietto le unghie in attesa di un'anima che si faccia viva.
Mi guardo intorno e osservo i pazienti e i medici che sgattaiolano da una parte all'altra di fretta e furia. Queste pareti bianche mettono ansia. Dopo qualche minuto dalle mie riflessioni, appare un'altra donna sulla trentina, alta con i capelli corvini raccolti in una treccia.

« Salve! Sono Angie Stone con la quale ha parlato prima. » Mi sorride cordiale mostrando la sua dentatura perfetta.

« Oh salve, piacere di conoscerla. » Ricambio il sorriso attendendo che finalmente qualcuno mi dia le mie analisi. Quanto devo aspettare ancora?

« Ecco a lei la sua cartella. Metta una firma qui...» Mi porge una busta bianca nella quale ci sono tutti i miei esami. Mi allunga poi una penna che afferro per lasciare un mio autografo nel punto che m'indica.

« Ecco fatto. » Esclamo restituendole la penna che la donna infila nella tasca del camice.

« É stato un piacere fare la sua conoscenza, il dottor Reinfield teneva molto a queste analisi.» Mi sottolinea sorridendomi in modo strano.

« Il piacere è reciproco. Beh, forse perché le ho fatte parecchio tempo fa e non sono stata benissimo. In ogni caso è stata molto gentile ad occuparsene personalmente. » Leggo solo ora il cartellino che la donna porta in petto sul quale apprendo che si tratta del capo tecnico del laboratorio. Le sorrido ancora una volta sperando che la conversazione sia finita qui. Non vorrei sentirmi troppo a disagio con questo argomento. La dottoressa sembra leggermi nel pensiero perché annuisce e mi congeda.

« Ho svolto solo il mio lavoro. Arrivederla.»
« Arrivederci. »

Lancio un'ultima occhiata nella sua direzione per poi precipitarmi all'uscita dell'ospedale. È una gioia poter respirare dell'aria fresca. L'odore di disinfettante mi aveva praticamente invaso il cervello. Oggi era più penetrante del solito o forse era solo una mia impressione essendo agitata per questi risultati. Dovrei iniziare a leggerli o li apro direttamente con Devon? Tanto non credo che ci capirei qualcosa, in effetti. Mi siedo sulla panchina al di fuori del Lennox osservando la cartella bianca con il mio nome scritto sopra. Non so che fare. Potrei aprirli e cercare di capirci qualcosa rischiando di allarmarmi inutilmente, o potrei aspettare qualche giorno. In fondo cosa cambia arrivati a questo punto? Mi convinco di questa idea e ripongo tutto in borsa attendendo qualche minuto prima di alzarmi per andare. Sono un tantino spossata questa mattina... Se Sidney se ne accorge, mi mangerà al lavoro! Con questa immagine nella testa, mi dirigo velocemente al Cloe's showroom per evitare che inizi già a rimproverarmi per il ritardo. Per miracolo arrivo anche in anticipo approfittandone per comprarmi la colazione che non sono riuscita a fare prima di uscire di casa. Tanto per affogare i dispiaceri in qualcosa di zuccheroso, prendo una ciambella al cioccolato strapiena e un cappuccino ricordandomi di quando costrinsi Devon a prendere il tortino caldo solo per dimostrargli che era più buono del resto. I miei pensieri tornano sempre a lui, maledizione. Chissà perché é tornato a Londra. Colpa di Summer? Della famiglia che si ostina a volerlo inserire negli affari che spettano ai nobili? Mi chiedo come dev'essere vivere in quell'ambiente. Suppongo sia molto stressante dal punto di vista delle relazioni pubbliche che bisogna comunque mantenere. Non potrei mai adattarmi ad un posto del genere, dove si preferisce l'apparenza ai valori che contano. Spero che gli stia andando tutto bene, in ogni caso. Getto nel cestino il bicchiere del cappuccino terminato ed entro nel negozio pronta ad iniziare una nuova giornata di lavoro.

Devon's pov

Per fortuna che mi riprendo velocemente dal jet-lag e che sono abituato a dormire poco perché, tempo un paio d'ore di riposo che i miei genitori mi hanno felicemente comunicato che dovremmo presenziare alla famosa cerimonia di cui tanto si vociferava, che si terrà questa sera stessa. Lo sapevo, come sapevo che mia madre avrebbe fatto confezionare un abito su misura a priori. Ovviamente non posso rinunciare, altrimenti me ne stavo a New York, e a malincuore mi trascino insieme a loro a quest'evento. Si tratta del consiglio annuale nel quale si discute di questioni nobiliari fra le varie famiglie di questo rango, appunto, del quale non so nient'altro. Non mi sono mai piaciute queste cose quindi semplicemente non me ne interesso. Mi limiterò a fare da presenza, almeno potrò bere tutti i drink che desidero. La cerimonia è ospitata da uno dei signori che ha messo a disposizione la propria villa per questa "festa". L'interno è molto moderno rispetto a come si presenta l'esterno e alle otto di sera pullula già di nobili altezzosi vestiti di tutto punto che fingono di interessarsi a questa riunione, definiamola così. Girovago insieme ai miei genitori per la sala adibita a questa serata e appena mi distraggo un minuto per afferrare il drink che mi offre la cameriera, trovo Charlotte accanto a mia madre che le sorride raggiante.

« Sempre ad ubriacarti tu, eh? » Sono le prime parole che mi rivolge dopo più di un anno che non ci vediamo.

« Le vecchie abitudini sono dure a morire.» Le rispondo alzando di poco il calice per poi assaggiarne il contenuto ed accogliere Charlotte in un abbraccio.
Mia madre ha sempre avuto una preferenza per lei cercando di farmela sposare in tutti i modi. Ci conosciamo da quando eravamo bambini essendo anch'essa figlia di nobili e frequentando gli stessi ambienti. Ci accomuna il non sentirci propriamente a nostro agio in questo ruolo che ci è stato affibbiato dalla nascita, anche se Charlotte è sempre stata più brava di me ad adattarsi.

« Come darti torto. Che ci fai a Londra? » La donna dai capelli dorati ed occhi azzurri, mi sorride curiosa mentre i miei si allontanano per lasciarci parlare così ne approfitto per fare due chiacchiere con la mia vecchia amica. Se mia madre non ci avesse messo il suo zampino, sono certo che la nostra amicizia sarebbe durata anche di più dato che Charlotte è una delle poche donne con la quale riesco ad andare d'accordo da sempre.

« Lunga storia, considera solo che c'entra una donna oltre che il mio stufarmi facilmente di stabilirmi in una città fissa. » Nasconde una risatina conoscendo perfettamente i miei problemi con il genere femminile. Lo ammetto, ho la capacità di farmi incastrare continuamente da loro...

« Non avevo dubbi, guarda. Sarà mica la ragazza della quale ho sentito parlare dai gossip? » Oh no. Se lo sa lei, presto anche mia madre lo verrà a sapere....

« La mia fama mi precede fino a questo punto? Mh, non me lo aspettavo. » Sdrammatizzo.

« Beh, riesci a farti paparazzare anche dall'altro capo del mondo! » Scoppia a ridere e in men che non si dica, mia madre esclama un "Perché non me l'hai detto?!?" frapponendosi tra me e Charlotte. La guardiamo entrambi perplessi finché non si spiega meglio.

« Devon, figlio adorato, da quanto stai con questa ragazza? » Mi mostra la foto di me ed Ella sul balcone a quel dannato party. Sbuffo stufo che ogni essere vivente abbia frainteso una stupida foto.

« Mamma sai meglio di me come funzionano i gossip, dai... » Charlotte dal canto suo se la ride, sapendo perfettamente come avrei reagito. Non a caso ella è l'unica che non ha presupposto niente fino ad adesso.

« Sì, certo, ma ce l'hai in braccio! Che cosa dovrei mai pensare? E dimmi, di quale casata è? È una nobildonna americana? » Mio dio, salvatemi prima che commetta un omicidio. Di sicuro movimenterei un po' la serata visto il tale mortorio.

« Niente di tutto ciò, madre. È una mia paziente, tutto qui. » Sembra quasi che lo stia dicendo per convincere me stesso più che loro.

« Mh... me lo diresti se avessi una fidanzata, vero? » Annuisco e riusciamo finalmente a passare ad un altro argomento accantonando questa storia in modo definitivo.

La serata passa così lentamente che stento a credere a come sia riuscito ad uscirne vivo, stendendomi finalmente sul letto pronto a terminare qui la giornata. Mi volto più volte sotto le coperte non riuscendo più a chiudere occhio. E pensare che sono già le tre e mezza di notte, ma il sonno sembra essere scomparso del tutto. Mi alzo e faccio un giro perlustrativo nella mia vecchia casa, la stessa che mi ha visto crescere e diventare la persona che sono adesso. Quanti ricordi che sono racchiusi tra queste quattro mura, forse ho fatto davvero bene a tornare, interrogatori di mia madre a parte. Afferro il cellulare controllando le mail e i vari messaggi di lavoro rispondendo a parte di essi finché non ne invio uno ad Ella. A New York sono le otto e mezzo del mattino.

" La nostra foto sta facendo furore. È arrivata anche qui a Londra nelle mani di mia madre, immagina. " Mi risponde dopo qualche minuto.

" Sono sconvolta. Che cosa ha detto tua madre, comunque? "

" Si è fatta i suoi soliti film mentali. Niente di strano. "

" Devi seriamente rivedere la tua concezione di strano..."

" Spiritosa. "

" A Londra è notte fonda, che ci fai sveglio?" Colpa della cara e vecchia insonnia.

" Non riesco a prendere sonno, colpa del fuso orario sicuramente..."

" Hai provato con del latte caldo o della camomilla? "

" La camomilla non mi piace e non mi va di preparare il latte."

" Sei impossibile..."

" Ne sono consapevole. Ora provo a dormire, ci vediamo fra qualche giorno. Buona giornata Ella. "

" Va bene, buonanotte Devon. "

Si conclude così la nostra conversazione mentre faccio per ritornare a letto prima che mia madre si accorga del baccano e venga a farmi qualche altra domanda inopportuna. Una volta in camera, mi stendo sul materasso e sprofondo nel mondo dei sogni una volta per tutte.


























Angolo autrice:


Buon San Valentino! 
Allora, secondo voi Devon ha fatto bene a tornare a Londra? Quanto è rompiscatole sua madre? A questa rispondo io, tantissimo! Al prossimo capitolo per la famosa visita di Ella.
Mi raccomando ingozzatevi di cioccolatini oggi!
Kisses.

*Ps: Anche se in effetti non l'ho mai specificato, la storia risale a tre anni fa quindi il Regno Unito faceva ancora parte dell'Unione Europea.

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Capitolo 27
*** Capitolo 25 ***


Devon's pov

Le giornate a Londra non sono state poi così male, riunioni e congressi a parte, e quasi mi dispiace dovermene andare così presto. Soprattutto speravo d'incontrare mia sorella che a quanto pare, non tornerà in città prima di qualche settimana. 
Sono in procinto di ripartire alla volta di New York con il Jet che mia madre mi ha riservato con tanto amore affinché "non viaggi in quegli scomodi aerei comuni", sue testuali parole. Hai voglia di farle capire che non è così, ha la testa dura come un cocco quella donna. Mi chiedo come mio padre riesca a sopportarla tutti i giorni, ma forse con lui si sfoga meno che su di me.

« Fa buon viaggio tesoro. Chiama quando arrivi, mi raccomando. Ti voglio tanto tanto bene. » Mi si accolla rubandomi il fiato per qualche minuto. Ricambio l'abbraccio baciandole poi la guancia.

« Certamente mamma. Ci vediamo presto. » Mi lascia andare così saluto anche mio padre e mi volto verso Alfred che afferra prontamente i miei bagagli conducendomi all'uscita.
Con mia sorpresa ci trovo Charlotte, che appena mi vede, mi corre incontro.

« Devon stai partendo? Fai ritorno nella grande mela senza salutarmi? » 
« Ti avrei chiamata, scusami. » Scuote la testa e mi porge una bottiglia di vino bianco. 
« In ricordo dei vecchi tempi. » Mi sorride e mi abbraccia fugacemente. Ricambio il tutto afferrando la bottiglia di vino.
Da ragazzi eravamo soliti prenderle dalla cantina del padre di Charlotte per poi berle insieme dimenticando per un po' i nostri doveri.

« Grazie Charlotte... » Le sorrido e finalmente mi accomodo in auto salutando amici e familiari dal finestrino con un cenno della mano.

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Il volo di ritorno è stato piuttosto tranquillo ed il vino era proprio buono, come lo ricordavo. Atterro a New York che sono le sei del mattino, perciò, faccio velocemente ritorno al mio appartamento. Vorrei approfittare della mattinata per riposare un po' così il pomeriggio andrò allo studio privato per le visite lasciando il Lennox come ultima spiaggia. 
Appena metto piede in casa, l'odore di lavanda mi riempie le narici. Martha ha l'abitudine di utilizzare tutti i detersivi e profumi alla lavanda, appunto, essendo il suo aroma preferito e a me non dispiace, dopotutto.
Lascio cadere il borsone sul pavimento e mi godo il silenzio dell'appartamento avanzando man mano nel salotto buio. Accendo le luci e mi lascio andare sulla sedia e contemplo la solitudine che lentamente si abbatte su di me.
Prima che la stanchezza prenda definitamente il sopravvento, mi assicuro di mandare un paio di messaggi a Rose, uno ad Ella nel quale le do disponibilità per la visita questo pomeriggio allo stesso orario di sempre, ed infine uno a Richard per fargli sapere che sono sopravvissuto.
Ovviamente non può mancare una chiamata a mia madre.

Svolgo tutte le mie azioni abitudinarie, mi svesto, faccio una doccia calda e rilassante, svuoto la valigia mettendo in ordine i vari indumenti, rispondo a qualche mail e mi stendo sul letto più stanco di prima, infatti, mi addormento subito.
Mi sveglio alle dodici in punto e controllo il cellulare per vedere se qualcuno mi ha cercato.
Leggo i messaggi di Richard ed Ella che recitano rispettivamente:

" Quella pazza di tua madre come sta? Ti hanno fatto fare il damerino anche questa volta? Contento che tu sia vivo, amico. "

Digito velocemente una risposta altrettanto sarcastica per Rick.

" Sì, sono libera. Ci vediamo alle 19 nel tuo studio. A dopo! "

Leggo il messaggio di Ella e poi passo a quelli di lavoro. Mi stressano anche quando non sono presente fisicamente! Non ho il dono dell'ubiquità, purtroppo per loro. Vorrà dire che si beccheranno una strigliata domani mattina non appena metterò piede in ospedale ed ecco uno dei motivi per il quale preferisco fare studio oggi pomeriggio, almeno lascerò lo stress a domani cercando di prolungare, per quanto mi sia possibile, questa apparente tranquillità dovuta al breve viaggio.
Chiudo tutto e mi alzo dal letto ravvivandomi i capelli con una mano e dirigendomi verso la cucina per pranzare. Ero certo che Martha non mi avrebbe lasciato digiuno al mio ritorno, infatti, in frigo trovo ciò che mi ha conservato, così devo solo riscaldarlo ed è fatta.
Mi gusto le prelibatezze della mia domestica accendendo la tv sul telegiornale. È incredibile quanto ormai dia più notizie negative che positive, sempre se ce ne sono, infatti, finisco per spegnerlo dopo neanche due minuti e la stanza risprofonda nel silenzio. Sono questi i momenti peggiori, i momenti nei quali mi sento sempre più solo finendo per pensare al passato, ancora troppo doloroso affinché riesca ad andare avanti. È trascorso solo un anno e mezzo e a quanto pare, ho ancora bisogno di tempo per dimenticare e vivere la mia vita, ammesso che ci riesca davvero. 
Accantono il piccolo pranzo che stavo gustando per prepararmi psicologicamente al turno in studio. Certo, potrei restare a casa, ma che senso avrebbe? 
Non ho nulla da fare qui, tanto vale farsi la croce e occuparsi della salute dei miei pazienti. 
Con questo pensiero e con molta calma, mi vesto e prendo tutto il necessario per affrontare il turno. Che strano, Summer non mi ha ancora chiamato e assillato perché non le ho detto che sono tornato da Londra. Meglio così!
Recupero le chiavi dell'auto ed il giubbotto partendo così alla volta di Maine Street.

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Adoro i miei pazienti dello studio tranne quando si mettono ad urlare mentre aspettano nella sala affianco. Sono tutti così cordiali e riconoscenti del mio operato, soprattutto quando do loro risultati positivi, che mi fanno innamorare del mio lavoro ogni volta di più. Infatti, mi rilasso completamente nel pomeriggio durante le varie visite che si susseguono rapidamente una dopo l'altra.

« Rose abbiamo finito? » Le chiedo verso le sei e quarantacinque quando fa capolino nel mio studio. 
« Sì, dottore! Oggi abbiamo fatto prima. » Mi sorride contenta di poter tornare a casa in anticipo, giustamente. 
« Benissimo. » Mi alzo dalla mia postazione dandole i vari referti che si sono accumulati in queste ore. 
« Metti pure in ordine questi nelle varie cartelle e quando hai finito puoi andare a casa.» Le dedico un piccolo sorriso, sono di buon umore oggi. Rose li afferra servizievole e scompare alla sua scrivania.

Mi rilasso questi quindici minuti mentre aspetto che arrivi anche l'ultima "paziente" della giornata. Non devo attendere più del dovuto perché alle sette in punto, wow è stata puntuale, la vedo fare la sua comparsa nell'ingresso. Rose, che a quanto pare ha appena terminato il suo lavoro, sopraggiunge guardando prima Ella e poi me con aria interrogativa. Starà sicuramente pensando a cosa ci faccia qui poiché le avevo confermato che potesse andare a casa. 
Ci fissiamo per un attimo tutti e tre, dal mio canto sto aspettando che una delle due parli. Comincia Rose facendosi avanti.

« Ehm... Dottore, avrei finito di riordinare quei fascicoli. »
« Perfetto, cosa fai ancora qui, allora? Vai pure a casa. » Mi guarda perplessa, da un'ultima occhiata ad Ella e poi annuisce sparendo dalle nostre viste più imbarazzata che mai neanche avesse visto chissà che cosa. È troppo timida quella donna...

« Perché terrorizzi sempre quella povera ragazza? » Mi canzona bonariamente Ella entrando finalmente nella stanza. Fin ad ora era rimasta ferma nel corridoio osservando la scenetta.

« Non lo faccio, è lei che è troppo suscettibile...» Mi sistemo il camice notando che Ella non si è ancora levata il giubbotto che la copre fino alle ginocchia. Mi accomodo sulla mia poltrona indicandole una delle due sedie poste di fronte a me.

« Vieni, accomodati... » La incito a sedersi così possiamo dare inizio alla visita. Fa come le dico aprendosi il soprabito, finalmente, rivelando il suo abbigliamento.
Non ci credo l'ha fatto sul serio! Ed io che scherzavo... 
Indossa un abitino nero stretto che le fascia perfettamente il corpo circondando le sue forme e una scollatura sul davanti non troppo profonda e per niente volgare. Accavallando le gambe, mi offre la visuale su ciò che credevo fossero semplici calze mentre, invece, scopro essere il mio capo d'abbigliamento preferito: le autoreggenti! 
È evidente che deve aver preso le mie parole come una sfida. Non so se esserne affascinato o stupito, forse entrambe le cose. In ogni caso, si prospetta essere una visita molto interessante.

Ella's pov

Sono letteralmente sommersa dai miei disegni. Centinaia di fogli sono sparsi sul pavimento della mia camera in attesa che decida il loro destino. Molti sono incompleti perché non ho abbastanza ispirazione per finirli così li lascio in sospeso. Molti altri sono appena accennati e mi sa che è il caso di gettarli a questo punto.
Pochi sono invece finiti e, infatti, sono gli unici che sto cercando di sistemare nella mia cartella azzurra. Scrivere la tesi sta diventando più complicato del previsto ma se non mi sbrigo, sarà un bel problema per me. Sbuffando mi alzo dalla mia postazione e raccolgo tutte le cianfrusaglie che ho lasciato in giro. Questa stanza fa sempre pena, maledizione. Ed io che provo a tenerla in ordine! Oggi non sono proprio dell'umore giusto quindi, dopo aver buttato parte dei miei schizzi, mi stendo sul letto sprofondando sul materasso. Che vitaccia quella degli artisti! Se non hai ispirazione sei fottuto, ne va della tua carriera e nel mio caso della tesi.
Mi rotolo un po' nel letto in cerca della giusta posizione, quando il "din" del cellulare mi fa letteralmente saltare dallo spavento. Con il cuore ancora in gola, mi metto subito seduta quando leggo il mittente. È Devon che mi chiede se oggi alle diciannove sono libera per la visita. Ma certo che sì! No, aspetta.. meno entusiasmo... meno entusiasmo, Ella. Mi ripeto mentalmente aspettando di proposito qualche minuto prima di rispondergli e confermargli la mia presenza. In questi giorni nei quali è stato a Londra, ho veramente utilizzato tutta la mia forza di volontà per non pensarlo o scrivergli ma se lo fa lui per primo come faccio?! Sembra che lo faccia quasi apposta, ma ovviamente non sa ciò che provo io, quindi è improbabile. Mi sono continuamente ripetuta che "dopo la visita basta contatti", ma chi voglio prendere in giro? 
Poi ci si mettono anche i miei amici con la storia "se non glielo dici non lo saprai mai", ma non capiscono che è una questione delicata e potrei peggiorare tantissimo le cose soprattutto con quella pazza di Summer tra i piedi disposta a fare carte false per lui. 
Mi alzo dal letto, ormai sono troppo sveglia, e vado nel salotto da Audrey per capire cosa sta facendo di tanto impegnativo da non proferire parola da ore. Troppo strano per lei.

« Ehi, cosa fai? » Mi accoccolo contro la sua spalla sbirciando lo schermo del suo pc. Sta sfogliando varie foto di servizi fotografici fatti da altre modelle.

« Ella, ciao. Beh niente, cerco di capire cosa desidera il pubblico. » Alzo un sopracciglio confusa.

« Ovvero...? »
« Ovvero voglio capire cosa piace alla gente per migliorare i miei servizi. »
« Credo che tu possa piacere indifferentemente, guarda...» Faccio spallucce, è la verità. Non ha bisogno di inventarsi chissà quale strategia. Ma poi non sta alla sua agenzia farlo?

« Sei troppo buona. Comunque per oggi basta.» Abbassa lo schermo del pc poggiandolo sul tavolino di fronte a noi.

« Non vai al lavoro? » Le chiedo, sperando che mi lasci la macchina così faccio prima ad andare allo studio di Devon non essendo vicinissimo.

« No, oggi no. Credo che dopo uscirò con Ashley che voleva vedere non so che cosa in quel negozietto all'angolo che vende cose strane... » 
« Sì... ho capito. Quindi posso prendere la tua macchina? » Le faccio gli occhietti dolci guadagnandomi una sua occhiata curiosa.

« Che ci devi fare? »
« Devo andare a farmi leggere le analisi. »
« Ah, devi andare da Devon! » Mi lancia una delle sue occhiate maliziose. Dal mio canto alzo semplicemente gli occhi al cielo.

« Sì, me la presti o no? »
« Certo, come desideri. Sai già dove trovare le chiavi. » 
« Grazie! » Mi alzo dal divano e afferro velocemente le chiavi per evitare di dimenticarle. Conoscendomi succederebbe sicuramente.

--------------------------------------

Sono in macchina diretta in direzione dello studio medico del caro dottor Reinfield. Ho preso tutto il necessario ed ho riposto accuratamente in borsa la cartella con gli esami svolti. Speriamo mi dia buone notizie...
Arrivo dopo una ventina di minuti, non c'era praticamente traffico, lasciando la macchina nel primo posto libero che per fortuna è proprio sotto lo studio. È evidente che è orario di chiusura, insomma. A passo svelto mi fiondo all'interno percorrendo la strada a me già nota. Controllo l'orologio e constato che sono le diciannove, sono puntuale, miracolo! 
Salgo con calma le scale giungendo nel piccolo corridoio che porta allo studio del dottor Reinfield. Chissà se ha già finito o sono arrivata troppo presto..
Mi guardo intorno e proprio quando sto per fare la mia comparsa, l'assistente di Devon, credo si chiami Rose se non ricordo male, spunta dal nulla con dei fogli in mano. C'è un silenzio molto imbarazzante tra noi tre, ma alla fine si decidono a parlare e la poverina viene congedata. Dev'essere un trauma lavorare per lui dato quanto sia lunatico alle volte! 
Mi schiarisco la voce rompendo il ghiaccio con una battuta per poi accomodarmi di fronte a lui. Come sempre indossa il camice dal quale si intravede una camicia di colore azzurro chiaro. Sembra più rilassato, il viaggio a Londra deve avergli fatto più che bene.
Appoggio la cartella con gli esami sulla scrivania che ci separa tenendomi stretta il cappotto. Non so per quale motivo l'abbia fatto, mi ero ripetuta più volte che dopo la visita non lo avrei più cercato, ma non ho potuto resistere alla tentazione. Non dimentico facilmente le cose, soprattutto le sfide che accetto come quella tra me e Devon per quanto riguarda l'abbigliamento che avrei dovuto indossare alla prossima visita.
Tentenno perché non so se sto facendo bene o se sto peggiorando le cose, ma ormai sono qui tanto vale giocare tutte le carte. Mi sfilo, quindi, il soprabito scoprendo il mio jolly. Ovviamente non ho indossato niente di esagerato, non è nel mio stile, ma ho osato con un abito più aderente del solito e anche parecchio più corto. Il pezzo forte dell'outfit sono senza dubbio le autoreggenti che mi ha regalato Audrey tempo fa, nella speranza che prima o poi le mettessi. Eccola accontentata! Devo dire che sono niente male e per nulla scomode, anzi. Seguo lo sguardo di Devon che cade inevitabilmente sulle mie gambe quando le accavallo mostrando le autoreggenti. 
Il mio intento è di vincere la scommessa e constatare la sua reazione, niente di più. Avevo deciso che dopo questa visita avrei chiuso questa storia, ma mi devo togliere la curiosità di capire se davvero gli sono completamente indifferente oppure no. Nel caso in cui lo fossi, non esiterei a farmi da parte. Richard mi ha raccontato di come Devon sia sempre molto sicuro e che sa perfettamente cosa vuole e cosa no e non si fa problemi a respingere o rifiutare qualsiasi persona se sa di non volerci avere a che fare. Se dovesse essere questo il caso, bene, ne prenderò atto e sparirò dalla sua vita.























Angolo autrice:

Buon pomeriggio, lettori! Finalmente siamo in procinto di scoprire questi maledetti risultati, ma soprattutto, possiamo constatare che Ella ha tenuto fede alla scommessa fatta. Secondo voi come procederà la visita? Lo scopriremo settimana prossima! 
Fatemi sapere cosa ne pensate con una recensione.
Kisses.

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Capitolo 28
*** Capitolo 26 ***


Ella's pov

« Come ti senti oggi? » Mi domanda il dottore dall'altro lato della scrivania sporgendosi su di essa.

« Non male. Ti ho portato le famose analisi. È stata molto gentile la tua collega... Angie. » Gli allungo la cartellina bianca. Mi guarda sorpreso afferrandola subito dopo.

« Te le ha consegnate lei in persona..? » Beh sì, ma perché si sorprende tanto?
« Sì, perché? »
« Nulla. » Scrolla le spalle girando la busta per aprirla.
« Non l'hai nemmeno aperta? » Sorride alzando lo sguardo su di me.
« Non ci avrei capito nulla, tanto valeva aspettare. » Strano per me, poiché sono sempre molto curiosa di solito, forse non quando le cose riguardano me stessa...

Annuisce e finalmente tira fuori i referti osservandoli attentamente. Rassegna i vari risultati con il suo sguardo attento mentre aspetto che mi dica qualcosa. Che ansia! Dopo qualche minuto di silenzio, si alza dalla sua poltroncina e viene dalla mia parte facendomi cenno con la testa di seguirlo. Mi sta inquietando, ma tanto lo fa sempre, perciò faccio come mi dice restando ferma davanti a lui alzando lo sguardo solo quando mi prende il viso tra le mani. Lo solleva di poco per controllarmi gli occhi, suppongo. Si allontana poco dopo e mi rendo conto di aver trattenuto il fiato fino ad ora. È sempre dura reggere il suo sguardo di ghiaccio. Afferra lo strumento per misurare la pressione e mi fa cenno di accomodarmi sul lettino. Seguo le sue direttive, impaziente di sapere che cosa ha intuito dalle analisi.

« Stai benissimo, Ella. Sei leggermente anemica ma nulla che un po' di ferro non possa curare. Credo che giochi un ruolo fondamentale lo stress per quanto riguarda i giramenti di testa e le fitte. » Sembra quasi più sollevato di me mentre parla e mi spiega la situazione. Finalmente ho la conferma di non avere nulla di grave!

« È un sollievo, ero un po' preoccupata. » Ammetto seguendo i suoi movimenti finché non mi lascia andare il braccio.
« Non c'è più motivo di esserlo. » Torna verso la scrivania dando un'ultima occhiata alle analisi per poi chiuderle e restituirmele. Lo seguo e riprendo i fogli riponendoli nella borsa alle mie spalle. Sento il suo sguardo su di me.

« Sai, non credevo l'avresti fatto sul serio.» Allude alla scommessa.

« Ed invece... Non mi piace perdere le sfide. » Mi volto nella sua direzione appoggiandomi al bordo della scrivania dal suo lato per evitare di sedermi nuovamente. Devon, dal suo canto, mi scruta dalla poltrona. Sembra divertito.

« E poi mi hai chiesto tu di venire così. » Faccio spallucce, come se fosse la cosa più normale da fare.

« Devo ammettere che mi hai sorpreso...» Lo credo! Sono stupita per prima, non pensavo sarei arrivata a fare una cosa del genere, onestamente.

« E ti è piaciuta la sorpresa? » Ma cosa dico? La situazione si sta facendo strana. Evito per qualche secondo il suo sguardo, aggiustando il bordo della calza, ottenendo un sorrisetto impercettibile da parte sua.

« Non sempre mi piacciono le sorprese. » Chissà perché lo immaginavo...
« Ma questa direi proprio di sì. Viste dal vivo le autoreggenti sono decisamente meglio. » Sorride divertito. Inizia a fare terribilmente caldo qui dentro, così mi porto tutti i capelli da un lato. Devon, di riflesso, si sbottona il primo bottone della camicia. Non è solo una mia sensazione, allora.

« Non immaginavo questo tuo risvolto. » Non lo immaginavo nemmeno io, figuriamoci lui. Sorride dalla sua postazione, sembra quasi si stia beffando di me.

« Mi hai chiesto tu di venire così, ripeto, e poi non è carino prenderti gioco di una povera ragazza che soffre. »
« Non lo faccio, mi sto mantenendo tanto professionale come giusto che sia. » Non riesce a nascondere un ghigno sporgendosi dalla poltrona. Non c'è molta distanza tra il bordo sulla quale sono appoggiata e Devon, infatti, inaspettatamente, allunga una mano verso un' autoreggente che sfiora con i polpastrelli. Un brivido mi attraversa la spina dorsale.

« Se tutti i dottori mantenessero la professionalità come stai facendo tu, ci sarebbe molta più folla negli studi medici.»
« Fortuna che passo la maggior parte del tempo in ospedale, allora. Non so come tornerei a casa se tutte le mie pazienti mi si presentassero così davanti. » Indica il mio abbigliamento con lo sguardo. Devo dare mentalmente ragione a Richard, comunque. Qualche chance ce l'avevo.

« Non ci torneresti affatto, probabilmente. Cos'ha che non va il mio abbigliamento? » Fingo di non capire, stando al suo stesso gioco. Vorrei tanto sapere come andrà a finire questa faccenda.

« O ci tornerei sfinito. Sarebbe poco etico in ogni caso... Ma non si era mai presentata nessuna così nel mio studio. » Lascia andare l'elastico per tornare ad appoggiarsi allo schienale. Reprimo una risata immaginandolo sommerso di ragazze pronte a saltargli addosso.

« Ho seguito il tuo consiglio, sei pur sempre il mio medico, no? »
« Certo, quindi se ti avessi chiesto di venire nuda l'avresti fatto, mh? » Replica in tono sarcastico scuotendo la testa divertito, forse troppo, dalla scena. Dal mio canto faccio spallucce, tanto per lasciarlo con il dubbio.

« Non è colpa mia se ho un debole per certi capi d'abbigliamento... » Continua lui, come per giustificarsi.
« Per cos'altro hai un debole? » Chiedo curiosa appoggiando le mani sulla scrivania per sorreggermi.

« Per tante cose ma sono difficili da elencare. »
« Addirittura? »
« Ci sono debolezze belle ed altre invece brutte. Un po' come le sorprese... »
« Hai un bel modo di vedere le cose, Devon. » Non mi aspettavo questa risposta, come sempre.

« A nessuno piace il modo di pensare di un uomo, potresti essere una rivelazione in questo. » Invece, vede le cose in modo molto chiaro, almeno all'apparenza, e questo aspetto lo rende un uomo molto sicuro di se che non può non piacere.

« Mi sottovaluti, Devon... » Non sono stata già abbastanza una rivelazione presentandomi in questo modo alla porta del suo studio? Direi che ho osato anche troppo per questa volta, anche se sembra gradire.

« In effetti, l'ho fatto. » Mi guarda e credo che potrei anche svenire per come i suoi occhi si posano su di me. So cosa vuole dire e so di averlo sconvolto abbastanza con il mio atteggiamento e forse anche confuso. Mi mordicchio il labbro involontariamente sentendo sempre più il peso del calore della stanza piombarmi addosso.

« Credo mi stia venendo un infarto. » È evidente che il cervello non comunichi più con la mia bocca dato che non era mia intenzione rivelare il mio pensiero ad alta voce, o meglio, in un sussurro e poco più. Devon sembra apparentemente tranquillo, ma dopo le mie parole, si alza quasi violentemente dalla propria poltrona ponendosi esattamente di fronte a me, a qualche centimetro di distanza. Inizio a pensare che più che curare, lo sta facendo esplodere il mio povero cuore scalpitante. Appoggia le mani sulla scrivania accanto alle mie guardandomi dritto negli occhi. Si lecca le labbra prima di parlare.

« Cosa dovrei fare ora? » Che razza di domanda sarebbe? Mi sembra ovvio! La vicinanza è così minima che ogni singola particella del mio corpo freme per l'attesa. Credo di non essermi mai sentita in questo modo e finirò per scoppiare se non prende una decisione. Se dovesse tirarsi indietro credo che non riuscirei a sopportarlo arrivati a questo punto, eppure il dottore mi sta mandando segnali contrastanti e non riesco a prevedere le sue prossime mosse.

« Baciami, prima che mi venga davvero quest'infarto...» Gli confesso praticamente ad un soffio dalle sue labbra. Tentenna senza però né allontanarsi né avvicinarsi. È tanto difficile prendere una decisione?!

« Che fine ha fatto la tua teoria su di me..? » La fatidica domanda. Speravo non lo chiedesse, non ora almeno, ed invece...

« Quella teoria valeva per le donne che s'illudono. »
« E tu non t'illudi? » Non posso rispondere perché non so cosa dirgli. Sono certa di non essere il tipo di donna come Summer, per intenderci, ma sono altrettanto sicura che alla fine di questa storia sarò io a rimetterci.

« Non m'illudo Devon. » Lo dico più a me stessa che a lui fingendo di credere realmente alle mie parole. Con un sorriso sul viso, lo sguardo fisso nel mio, in un attimo annulla le distanze, fiondandosi sulle mie labbra che non aspettavano altro che potersi unire alle sue. Non baciavo un'altra persona con così tanta foga da tempo che mi sorprendo dell'intensità che si è creata fra noi grazie a questa vicinanza. Dei piccoli brividi mi attraversano la colonna vertebrale mentre mi lascio completamente andare afferrandogli le guance rese ruvide dalla poca barba per approfondire questo contatto. Devon, invece, non perde tempo e mi solleva per farmi sedere sulla sua scrivania alla quale eravamo solo appoggiati fino a qualche secondo fa. Divarico le gambe, ed in un passo, egli si trova tra di esse poggiando le sue mani sulle mie cosce coperte dalle autoreggenti. Al suo tocco la mia pelle si infiamma, come se avesse acceso la miccia di una bomba. È una sensazione inebriante che mi spinge a volere di più, subito. Ho perso completamente il controllo delle mie azioni e del mio corpo che ormai agisce per conto suo senza che possa decidere in maniera lucida. Lo voglio, e non ho mai desiderato nient'altro così intensamente, come in questo momento, nella mia vita.

Devon's pov

Non mi sarei mai aspettato un cambiamento del genere da parte di Ella con la quale non era successo nulla fino ad ora, ma dal momento che è riuscita a stuzzicarmi in quel modo, ho capito che non è solamente l'ingenua e maldestra ragazza che ho salvato da una brutta caduta tempo fa.
Mi avvicino scaltro appoggiando le mani accanto alle sue sulla scrivania bloccandola, così, tra essa ed il mio corpo. Ricordo le sue bellissime ipotesi sul mio conto, che illudo le donne e che non mi faccio scrupoli a portarmele a letto quando non conosce affatto la mia storia e di conseguenza non può sapere se è effettivamente così. Se lo sapesse, sarebbe sorpresa nel constatare che è proprio il contrario e che se devo rifiutare qualcuno, lo faccio senza rimpianti e ripensamenti.
Avevo colto un'altra immagine di Ella, diversa da quella della donna sensuale che ho di fronte in questo momento che mi prega di porre rimedio a quella voglia che ormai sento formicolare addosso, tanta è la vicinanza tra di noi. Lei non s'illude? Mh, nutro qualche perplessità in merito, ma quando me lo conferma, mi tuffo sulle sue morbide labbra che finalmente assaporo. Non so perché abbia ceduto alla fine, complice la vicinanza divenuta intima, raggiungendo un possibile punto di non ritorno. È vero che non ho legami, come è vero che ultimamente mi sto lasciando andare più del solito. Forse è un bene o forse è un male, fatto sta che il bacio è divenuto rapidamente travolgente al punto che finisco per farla sedere sulla mia scrivania, poggiando le mani sulle sue cosce. Lo ammetto, non attendevo altro da quando si è presentata con le autoreggenti. Compio un altro passo e mi ritrovo tra le sue gambe mentre Ella mi afferra le guance approfondendo quel contatto, le mie mani ancora strette sulle cosce. A dispetto di quanto si possa pensare, non vivo spesso di questi momenti, non nel mio studio quanto meno. L'essere inaspettato di questa situazione mi intriga e stuzzica allo stesso tempo al punto che la lingua oltrepassa le sue labbra alla ricerca della sua. Ella mi cinge i fianchi con le lunghe gambe imprigionandomi tra di esse e permettendomi di esplorare il suo corpo con le mani che risalgono sui fianchi per poi poggiarsi sulla sua schiena. I vestiti iniziano a pesarmi addosso, primo fra tutti il camice che tengo sbottonato sulla camicia ed i pantaloni grigi che la contengono, stretti dalla cintura che si fa ingombrante sul ventre teso dall'improvvisa eccitazione. Le mani di lei vagano sul mio petto alla ricerca dei bottoni con la quale gioca. Le mordo il labbro inferiore stringendo i suoi fianchi snelli messi in risalto dall'abito stretto. Mi sfila il camice, così sono costretto ad allontanarmi quanto basta per lasciarlo scivolare ai nostri piedi. Liberarsi di quest'indumento importante per il ruolo che ricopro in questo studio, sancisce una resa quasi definitiva. Non so che conseguenze possano portare una resa completa nei confronti di Ella che continua ad incitarmi. La mancanza d'ossigeno mi obbliga a interrompere il bacio, riaprendo gli occhi per specchiarmi nei suoi. Come risposta, allenta la presa al mio bacino guardandomi con i suoi occhioni azzurri, affannata da quanto appena successo. Sembra confusa e sorpresa allo stesso tempo. Meno male che poi sono io quello complicato...
Mi schiarisco quindi la voce, resa roca per il bacio, parlando nuovamente dopo un tempo che mi è parso infinito.

« Che succede? »
« Niente. Va tutto benissimo. » Mi risponde fugacemente attirandomi a se per un altro bacio. Ricambio nonostante la sua risposta frettolosa e per nulla convincente, mettendo però un freno subito dopo, volendomi accertare che sia davvero così.

« Sei sicura che vada tutto bene? »
« Sì, sono sicura. Perché me lo chiedi? »
« Perché sento che c'è qualcosa che non va. Eravamo partiti bene, poi ti sei bloccata. » Le dico sinceramente ciò che penso piegando il capo sotto il suo tocco leggero e piacevole tra i capelli accarezzandole contemporaneamente una gamba.

« Non sono abituata a fare certe cose... è per questo. » Si mordicchia il labbro arrossato per i baci che ci siamo scambiati.

« Se può consolarti, neppure io solo solito fare queste cose.. » Le sorrido incoraggiante.

« Hai ragione, è stata un'eccezione. Non mi lascio mai andare così... »
« E cosa ti ha spinta a farlo stavolta? Sono curioso...» Ed è vero. La guardo intensamente giocando con l'elastico delle sue bellissime autoreggenti. Mi guarda sorpresa dalla domanda, immagino, lasciandomi andare i capelli.

« Mi hai affascinata Devon. Fin dal nostro primo incontro. Hai degli occhi magnetici...» Si apre per la prima volta, dicendomi finalmente ciò che pensa sul mio conto.

« Il tombino è stato galeotto? » La prendo in giro facendo spallucce mentre Ella si prodiga a sbottonarmi i primi bottoni della camicia.
« Per me sono solo occhi. »

Mi passa le mani sui lembi di pelle scoperta tastandone ogni centimetro. Il suo tocco è delicato ma allo stesso tempo deciso così come la sua presa intorno al mio bacino. Il discorso finisce per passare in secondo piano lasciando spazio alle azioni che si susseguono rapidamente. Le afferro i lembi del vestito per levarlo, scoprendo la sua pelle nuda, eccetto il completo intimo nero in pizzo. Mi sfila la camicia dopo averla sbottonata con cura sporgendosi per arrivare al mio collo che si premura di baciare lascivamente facendomi sussultare quando lo morde. Automaticamente le stringo i fianchi risalendo con le mani sul seno coperto dalla morbida stoffa dell'intimo. Mugugno qualcosa di indefinito all'ennesimo morso consapevole che mi ritroverò pieno di segni dopo, raggiungendo il gancetto del reggiseno che faccio scattare con un unico movimento delle dita. Ci disfiamo anche di quest'inutile indumento e ottengo, così, una visuale completa del suo corpo. Mi chino per baciargli i seni sollevando lo sguardo verso il suo per captarne la reazione quando ci passo voluttuosamente la lingua. Mi compiaccio dei gemiti che avverto da parte sua e non nascondo un fremito quando, un brivido di pura eccitazione, mi avvolge le membra. Lascio andare un sospiro facendo scivolare una mano verso il basso laddove mi imbatto nell'ostacolo delle mutandine. Tirando indietro il bacino, riesco a stuzzicarla, osservando la reazione di tutto il suo corpo al mio tocco. Mi sporgo per baciarle il collo mentre Ella mi passa le dita sulla schiena tracciandone i contorni. Ricambio il favore di prima, mordendole il collo per marchiarlo circondando il segno rossastro con la lingua. Con le dita mi spingo all'interno penetrandola ed eccitandomi nel modo in cui il corpo di lei si contorce tra le mie mani unite alle sue carezze alla schiena. È una sensazione unica, inebriante ma è palese che non basta a nessuno dei due. Attendo che apra gli occhi per poterla baciare nuovamente con più passione di prima, rubandole il fiato già affannato. Sfilo le dita dal suo intimo e non devo neanche parlare per ottenere di più dato che Ella si prodiga immediatamente a slacciare la mia cintura e i pantaloni diventati ormai un inutile fardello. La bacio con intensità ingoiando i sospiri e gli ansimi che si scontrano tra le bocche, tra i respiri spezzati dall'eccitazione e dall'impazienza di ciò che avverrà. Per fortuna, non ho bisogno di usare contraccettivi poiché prende la pillola, data anche la mia avversione nei loro confronti. Con un gesto veloce le sfilo anche le mutandine e, con un movimento lento e deciso dei fianchi, sono dentro di lei, strattonandola in avanti dopo averla afferrata per le cosce, in modo da rendere l'unione il più profonda possibile. Resto fermo qualche istante per farla abituare alla mia presenza mentre il bacio diventa famelico, complice la recente penetrazione, che si fa sempre più profonda. Le libero le labbra per ansimare stringendo i fianchi di Ella come appiglio per questo rapporto che si consuma sulla mia scrivania. Perfino il tavolo sotto di lei sussulta spostandosi di qualche millimetro e questo rumore mi eccita facendomi sogghignare. Un gemito mi coglie di sorpresa così come i graffi di Ella sulla schiena. Non posso dirle apertamente che mi piacciono da morire, ma glielo lascio intendere con mugolii d'apprezzamento. Con una mano la guido sulla scrivania affinché si stenda, e in questa posizione, posso ammirarla nella sua completa nudità disinibita. Godo del mio stesso piacere muovendomi dentro di lei e rabbrividendo per le scariche d'adrenalina che solcano la mia colonna vertebrale insieme alle unghie di lei che accompagnano le mie spinte. Ha già capito un mio punto debole e lo sta usando alla perfezione. Non mi sarei aspettato quest'intraprendenza e il modo di fare così passionale che la distinguono dalla ragazza timida che ho salvato. Mi tira leggermente i capelli così posso ammirarla mentre si contorce dal piacere. Sento che la fine è vicina per entrambi, così le sussurro all'orecchio di lasciarsi andare. Il momento tanto atteso arriva, travolgente ed intenso per tutti e due. Mi sforzo di tenere gli occhi aperti per guardarla all'apice dell'estasi. Ella urla il mio nome e mi godo l'attimo dove tutto si ferma e resta solo il piacere a fare da padrone. Deglutisco subito dopo appoggiando la fronte madida di sudore sulla spalla di lei, prendendomi un secondo per riprendere fiato. Alzo il viso trovando gli occhi di Ella già vigili e in attesa dei miei. Le sorrido silenziosamente, posandole un altro bacio sulle labbra per poi uscire da lei e porgere le mani affinché si metta seduta. È evidente che siamo entrambi stravolti dall'esperienza appena vissuta. Possiamo dire decisamente addio all'equilibrio precario, appunto, che avevamo raggiunto.
Quel confine l'abbiamo superato e non sarà facile evitare le conseguenze che ne verranno, ma in un certo senso, è stato inevitabile.





























Angolo autrice:

Questa volta non commento perché il capitolo parla da solo. Spero vi sia piaciuto e ho cercato di farlo apparire il più naturale possibile.
Vi aspettavate questo risvolto o credevate che Devon non arrivasse a tanto con Ella?
Non vedo l'ora di sapere cosa ne pensate e al prossimo mercoledì!
Kisses.

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Capitolo 29
*** Capitolo 27 ***


Ella's pov

Stravolta, scossa, confusa, felice e appagata sono tutti aggettivi che posso usare per descrivere la moltitudine di emozioni che sento al momento. Non mi aspettavo un epilogo di questo tipo, anche se ci speravo, ed è stato elettrizzante lasciarmi andare in questo modo. Dovrei decisamente farlo più spesso.
Sento ancora la pelle bruciare al suo tocco consapevole che, quasi sicuramente, mi ritroverò con segni rossastri sparsi ovunque ma non importa perché saranno il ricordo di questa magnifica serata. Ci scambiamo un altro bacio prima che possa alzarsi per rivestirsi uscendo definitivamente dal mio corpo. Dovrei essere a disagio per essere stesa sulla sua scrivania, completamente nuda, ma la verità é che mi sento così confusamente felice da non farci troppo caso, non per ora almeno.
Si infila velocemente boxer e pantaloni e poi mi porge le mani così che possa mettermi seduta. Le afferro e gli rivolgo uno dei miei sorrisi migliori osservandolo mentre si infila anche la camicia coprendo i suoi addominali scolpiti.

« Nessuno avrà più dubbi sul mio nome, ora...» Utilizza un tono scherzoso alludendo alle mie manifestazioni di godimento non troppo silenziose...

« Dovresti ringraziarmi, avrai molta meno folla. » Replico altrettanto ironicamente anche perché, in ogni caso, non c'è nessun paziente nei paraggi. Scendo dalla scrivania e afferro il reggiseno e l'abitino nero per infilarli piuttosto velocemente.

« Spero non arrivino le emulatrici... » Si abbottona la cintura dei pantaloni e si china per raccogliere il camice che poggia poi sulla sedia. « Questa me la lasci come souvenir? » Mi domanda porgendomi le mutandine che per la fretta non avevo neanche notato. Si vede che siamo ancora entrambi stravolti dall'esperienza appena vissuta.

« Ce la faresti a tenere a bada anche loro? » Lo guardo di sottecchi riprendendomi il pezzo di stoffa dalle sue mani infilandolo subito. « Sono i vantaggi di avere un vestito. » Gli faccio l'occhiolino ma la verità è che ho la testa completamente tra le nuvole ora come ora.

« Non mi sottovalutare ragazza!  » Mi prende in giro mentre un sorrisetto sghembo non abbandona mai il suo viso. « A parte gli scherzi, non faccio questo genere di cose nel mio studio... » Ammette guardandomi negli occhi.

« Quindi sarei un'eccezione? » Non so per quale motivo l'abbia chiesto, ma da un lato, questa rivelazione mi incuriosisce.

« Sì, a quanto pare sei un'eccezione. » Si sbottona il primo bottone della camicia passandosi poi una mano tra i capelli arruffati. Riesco ad intravedere un segno rossastro sulla base del collo. Ops, colpa mia.

« Mi fai sentire speciale così. » Scherzo ma sotto sotto gongolo per le sue parole apparentemente sincere.

Compie un paio di passi e mi si avvicina nuovamente. Il battito del mio cuore accelera istintivamente alla vicinanza con il corpo, e che corpo, del dottore. Mi posa una mano sul fianco per poi chinarsi e rubarmi un altro bacio.

« Non montarti troppo la testa ora... » Mi sussurra sulle labbra indugiando un po' su di esse per poi lasciarmi andare con una carezza sulla guancia. Torna ad accomodarsi sulla sua poltrona così faccio lo stesso sedendomi di fronte a lui.

« Sai una cosa? Mi è anche passato il mal di testa! » Pensandoci, oggi pomeriggio mi faceva un po' male ma ora sto decisamente meglio.

« Felice di esserti stato d'aiuto, è il mio lavoro! Sempre meglio delle compresse, no? » Mi prende vistosamente in giro afferrando una penna con la quale gioca, facendo scattare a ripetizione il pulsantino automatico. Che fastidio!

« È snervante questo rumore...» Mi appoggio con i gomiti sulla sedia guardandolo con disapprovazione.

« Invece a me rilassa... Quindi devo farti una prescrizione di questo genere per il mal di testa? »

« Sei tu il dottore qui! Fai ciò che ritieni necessario... »

« Allora ti prescrivo una dose giornaliera, per essere sicuri, di buon sesso da fare quando e dove preferisci. Ecco fatto. » Mi firma il foglio e me lo porge.

« L'hai scritto sul serio Devon? » Scoppio a ridere quando leggo effettivamente quanto scritto da lui sul foglio.

« Certo che l'ho scritto. Il sesso fa bene al cuore non lo sapevi? » Ammicca nella mia direzione appoggiandosi allo schienale della sua poltrona. « Mi raccomando segui la ricetta alla lettera e fammi sapere come va. »

« La seguirò alla lettera. » Ridacchio e conservo il bigliettino nella borsa come ricordo di questa scenetta. « Certo e se funziona puoi provarla anche tu. » Stavolta sono io che gli faccio l'occhiolino. « Sembri già molto più rilassato! »

« Magari lo faccio già, tu che ne sai? » Mi stuzzica passandosi la lingua sulle labbra per inumidirle. « È così evidente? Se ne accorgeranno tutti in ospedale... »

« Dubito che tu lo faccia già o saresti rilassato come ora, appunto. » Mi sporgo sulla scrivania, che è diventata la mia superficie preferita dopo oggi, per guardarlo.

« Magari non seguo la prescrizione giornaliera... » Arriccia il naso e la sua espressione mi fa sorridere. Su un altro foglio scrive qualcosa che poi mi allunga.

« Questa è la vera ricetta che devi seguire, magari insieme all'altra. Devi assumere queste compresse dopo i pasti così da incrementare il tuo ferro. » Ripongo anche quest'altro foglio in borsa ringraziandolo.

« D'accordo dottore. » Mi alzo per recuperare il cappotto. Credo sia giunta l'ora di andarsene anche perché Audrey si starà chiedendo che fine abbia fatto ormai. Mi segue con lo sguardo alzandosi anch'egli dalla poltrona.

« Che cosa farai ora?»
« Qualche idea? » Mi sembra ovvio che torni a casa, no? Perplessa gli rispondo interrogativa volendo capire dove vuole arrivare.

« Iniziamo ad uscire da qui per il momento, così chiudo tutto. » Annuisco e aspetto che prenda le sue cose e che chiuda la stanza a chiave. Usciamo insieme dall'edificio sostando sul marciapiede che lo ospita. Lo guardo in attesa che continui ciò che stava dicendo.

« È ora di cena potremmo... » Lascia la frase in sospeso a causa del trillo del suo cellulare. Odio quello stupido aggeggio!

« Scusami devo rispondere... »
« Certo fa pure.. » Si allontana di poco per rispondere, ma da ciò che gli sento dire, deve essere successo qualcosa in ospedale.
Quando riaggancia, si volta di nuovo nella mia direzione.

« Purtroppo c'è un'emergenza in ospedale... »
« Non preoccuparti, vai a salvare vite umane! » Sorrido e Devon fa altrettanto. Per un attimo ho davvero creduto che avremmo passato altro tempo insieme, ed invece...

« Allora vado, buona serata Ella... »
« Buon lavoro... » Gli sorrido non sapendo di preciso come salutarlo visto ciò che è successo stasera nel suo studio. Finisco per guardarlo per qualche secondo finché non è lui a fare il primo passo baciandomi l'angolo delle labbra. Furbo...
Mi volto, quindi, per raggiungere la mia auto e fare ritorno a casa. Non riesco però a smettere di domandarmi cosa sarebbe successo se quel maledetto telefono non fosse squillato. Saremmo andati a cena? Magari dopo a casa sua! Basta fantasticare per oggi ho dato abbastanza meglio che torni da Audrey.
In non moltissimo tempo giungo a destinazione constatando che in tutto ciò sono le venti e trenta.

« Sono a casa! » Appoggio chiavi e borsa sul tavolino e mi guardo intorno finché non sento la porta della sua stanza aprirsi.

« Ella! Ti stavo giusto per chiamare. Come è andata? »

« Oh è andata benissimo! » Un sorriso da ebete mi incornicia il volto e ciò non passa inosservato agli occhi della mia amica che mi scruta sospettosa.

« E cosa ti ha detto? Le analisi? »

« Non ho nulla che non vada Audrey. Ve l'avevo detto! » Mi spoglio del cappotto dimenticando il mio abbigliamento che fa sgranare gli occhi alla bionda. Sono uscita così velocemente prima che non deve aver notato il mio outfit.

« Ella.. wow. Che cos... NO ASPETTA! Non me lo dire, è successo! » Si esalta come colta da un'improvvisa illuminazione portandosi le mani sul viso. Tanto non sarei riuscita a nasconderglielo per molto...

« Ehm.. sì. Ci siamo baciati e poi da cosa nasce cosa... sai come funziona, insomma.. » Arrossisco leggermente, non sono abituata a parlare di certe cose private e un po' mi imbarazza ad essere sincera.

« Sono shoccata, davvero! Non credevo che insomma... brava, amica mia! » Saltella contenta abbracciandomi felice. Ricambio la stretta ridendo per poi guardarla negli occhi.

« Ti sorprende così tanto ciò che ho fatto?»
« Beh non è proprio da te, no? »
« Sì, però... » Faccio spallucce sorridendo al ricordo delle sue mani sul mio corpo. Se chiudo gli occhi, riesco ancora a percepire quella stessa sensazione di piacere. Mi risveglio subito per colpa delle domande di Audrey quasi più eccitata di me per quello che ho vissuto.

« Dammi il tempo di una doccia e ti racconto il succo... » Tanto non ho speranze di cavarmela con lei....

« Vai a lavare via i tuoi peccati! » Mi prende in giro saltellando in cucina sparendo dalla mia vista. Che impicciona..

Una volta in bagno, mi disfo dei vestiti e delle autoreggenti, diventate da oggi il mio indumento preferito, e dell'intimo per poi infilarmi sotto la doccia tiepida anche se sarebbe meglio gelata per come mi sento.
Lascio che l'acqua mi scorra sul viso e sul resto della mia pelle ancora segnata dagli eventi di oggi.
Non posso ancora credere di aver avuto davvero la faccia tosta di presentarmi in quel modo da Devon, eppure ha funzionato. Mi sbagliavo, un minimo di interesse lo deve avere nei miei confronti, soprattutto sapendo le sue difficoltà a lasciarsi andare con le persone. Senza dimenticare che mi ha considerata come un'eccezione, anche se poi ha sminuito con ironia la sua confessione. Questa cosa mi sta esaltando troppo e so che non dovrei essere così felice perché non è certo l'inizio di qualcosa fra di noi. Sicuramente abbiamo fatto qualche passo avanti superando quello strano confine che avevamo tracciato. Non so come possa evolversi il nostro rapporto, ma forse posso sperare che si apra di più con me e che possa aiutarlo a stare meglio, qualsiasi trauma lo stia affliggendo.
Esco dal box doccia avvolta da un asciugamano soffermandomi davanti lo specchio con un sorriso stampato in viso.
Posso osservare un segno rosso alla base del collo e un'altro poco sotto l'orecchio. Mi scopro e ce ne sono un altro paio su entrambi i seni. La mia pelle è così chiara che si arrossa anche solo a guardarla, figuriamoci. Lascio perdere e mi infilo velocemente il pigiama per poi tornare dalla mia coinquilina.

« Adesso ti riconosco! » Squadra il mio pigiamone ridacchiando e facendomi segno di sedermi con lei.

« Ah ah, troppo divertente. Lo sai che adoro questo pigiama. »

« Basta divagare, voglio sapere di voi due!»
« Ok, ti racconto tutto. » Le spiego della scommessa, di come effettivamente l'abbia provocato quel tanto che bastava per ottenere ciò che alla fine entrambi volevamo. Non mi dilungo sui particolari perché non mi va di condividere momenti troppo intimi, seppur le abbia detto quasi tutto.
Soddisfatta del racconto e dopo aver ribadito più volte quanto sia stata audace ma coraggiosa e quanto sia ancora sorpresa dal mio comportamento, finalmente ci mettiamo ai fornelli per preparare la cena. Sono davvero affamata e mentre la modella sceglie cosa cucinare, non posso non pensare a come si evolverà il rapporto con Devon e da un lato si affaccia nella mia mente la paura di aver complicato le cose e quindi di averlo allontanato anziché il contrario. Non posso fare altro che attendere una sua reazione cercando di non sconfortarmi troppo. Audrey ha ragione. Devon ha davvero dato una scossa alla mia monotona vita. Resta solo da capire se in meglio o in peggio.

Devon's pov

Sapevo che l'ospedale mi avrebbe chiamato prima o poi, solo speravo non lo facesse proprio in questo momento. Purtroppo non posso evitare di rispondere, essendo anche stato via per qualche giorno a causa del mini-soggiorno a Londra, perciò mi scuso con Ella congedandola. Mi sarebbe piaciuto passare un altro po' di tempo in sua compagnia, ma il dovere chiama perciò mi affretto a raggiungere il Lennox. Dovrei essere snervato e preoccupato perché non so che tipo di problema mi troverò di fronte appena varcherò la soglia dell'ospedale, ma non lo sono. L'incontro con Ella deve avermi fatto più che bene. A dirla tutta, sono ancora incredulo per come si è svolta tutta la faccenda. Non mi aspettavo proprio un risvolto del genere dall'apparente ingenua ragazzina che va inciampando nei tombini. Però quel suo lato da donna seducente le si addiceva parecchio o non mi sarei lasciato andare in quel modo. Chissà che cosa sarebbe successo se non fossi dovuto scappare al lavoro.
Mentre ci penso, mi rendo conto di essere già arrivato a destinazione, perciò, parcheggio la mia auto e mi reco all'interno della struttura.
È sera, ed infatti, non c'è quasi nessuno. Saluto con un cenno del capo Katia, la receptionist e salgo al decimo piano sul quale si trova il reparto di cardiochirurgia, per capire quale sia il problema e perché mi abbiano fatto venire così d'urgenza. Al telefono sono stati molto vaghi, odio quando fanno così, ma immagino che sia per non farmi arrabbiare o allarmare inutilmente. Non appena metto piede in reparto, Roxanne mi corre incontro euforica.

« Dottore è tornato! Come è andata a Londra? Si è divertito? Che cosa ha fatto di bello? » Mi sovrasta con le sue solite domande. È sempre molto affettuosa ma tende ad esagerare un pochino alle volte.

« Buonasera Roxanne. Tutto bene grazie dell'interessamento. Per caso mi puoi illuminare sull'emergenza per la quale mi hanno chiamato? » Devio in questo modo le sue domande. Annuisce contenta facendomi cenno di seguirla.

« Sì! Certo che posso. Allora, ieri è arrivata una bambina di un anno circa con una malformazione cardiaca. Credo abbia la tetralogia di Fallot. Il cardiologo che l'ha visitata necessita di un suo consulto urgente...»

Mi irrigidisco. Quando si tratta di bambini, è tutto più complicato soprattutto se sono così piccoli.

« Sì, puoi convocarlo nel mio studio? »
« Certamente dottore. »
« Grazie mille. » Mi sorride contenta di essere stata d'aiuto e corre a chiamare il collega mentre mi affretto a raggiungere il mio ufficio. Infilo il mio fidato camice ma non posso evitare alla mia mente di ritornare all'immagine di Ella che me lo sfila presa dall'impeto. Sono costretto a cacciare via questo recente ricordo per accogliere il dottor Nelson. Mi mostra gli esami eseguiti fino ad ora ed è chiaro che abbia la patologia nominata da Roxanne. Purtroppo è molto grave e dev'essere operata e anche velocemente. Congedo il cardiologo e chiamo la mia equipe d'eccellenza. Ovviamente non potevo avere un rientro migliore che operare una povera bambina in condizioni critiche. Odio mettere le mani sui minori perché la responsabilità è tanta e hanno probabilità di riuscita senza complicazioni molto inferiori a quella di un adulto.
Sospiro e mi faccio coraggio perché se non la sottopongo all'intervento, morirà certamente.
Esco dal mio rifugio deciso a parlare con i genitori prima di fare qualsiasi cosa. È giusto che sappiano a cosa stanno andando incontro.
Dopo una breve conversazione con i diretti interessati, mi reco in laboratorio. Ho bisogno delle analisi per procedere e voglio seguire la paziente da vicino essendo molto piccola.

« Poi non dire che non ti vengo mai a trovare eh! »

« Dottor Reinfield! Quale onore. Se l'avessi saputo prima, le avrei fatto allestire un comitato d'accoglienza. » Mi prende in giro bonariamente Angie, l'unica che può permetterselo all'interno di quest'ospedale.

« In effetti, me lo aspettavo. Che si dice? »

« Tutto bene a lei? Londra deve averle fatto bene, sembra più... rilassato. » Mi sorride e non posso evitare di fare lo stesso per l'aggettivo che ha utilizzato. Rilassato. L'ho sempre detto che il sesso è terapeutico!

« Forse sì, cambiare aria fa bene ogni tanto. » Mi guarda come se in realtà sapesse che mi riferisco ad altro ma ha il buon gusto di non dire nulla.

« Comunque, come posso esserle utile in questa splendida serata? » Mi volge le spalle per un attimo per inserire qualche provetta all'interno dello strumento.

« Sì. Mi servono le analisi di Elizabeth Jones per favore. »

« Attenda un attimo solo. » Lascia ciò che stava facendo e si siede al computer per fornirmi i risultati che ho chiesto. Stampa tutto e me li porge.

« Sempre efficientissima. Ah, Angie! Grazie per esserti occupata anche dell'altra mia paziente personalmente. » Le faccio l'occhiolino riferendomi alle analisi di Ella.

« Si figuri dottore. Sembra una brava ragazza.» Mi sorride e torna alle sue provette lasciandomi andare via con un sorriso.

Mi concentro sulle analisi e rifletto su come intervenire per operare questa piccola paziente al meglio. Odio ammetterlo, ma sono terribilmente nervoso al pensiero che qualcosa possa andare storto quando ci sono i bambini di mezzo. Ma non posso permettermi di esitare o di perdere troppo tempo a causa delle mie preoccupazioni, perciò mi faccio coraggio e raggiungo la mia equipe.

« La sala operatoria? »
« È pronta dottore. »
« Bene, prepariamoci per l'intervento. » Li congedo così che possano eseguire le procedure per sterilizzarsi al meglio.
La piccola Betty, come ho sentito nominarla dei genitori, è davvero bellissima e merita di guarire al più presto. Procediamo subito con l'anestesia. Sarà un'operazione molto lunga...

« Bisturi... » Prendo la lama che mi porge Roxanne, così non potrà lamentarsi che non la porto mai in sala operatoria, e fisso il petto bianco della bimba. È sempre stato difficile con i bambini per me. So di non potermi permettere errori perché rischia di non uscirne viva. Con gli adulti è diverso, sanno cosa spetta loro mentre queste anime innocenti sono completamente nelle mie mani.

« Dottore tutto bene...? » Mi chiede la mia studentessa.

« Sì... » Mi riprendo dal mio breve torpore e incido finalmente il tessuto.

Dopo dieci lunghissime ore, esco distrutto ma vittorioso dalla sala operatoria.
Elizabeth sta bene, si riprenderà alla grande.

« Grazie dottore, grazie mille! » Mi ringrazia soprattutto la madre stringendosi al marito in lacrime di sollievo.

Mi rifugio nel mio ufficio dopo essermi liberato delle protezioni, guanti ed altro, sprofondando nella mia poltrona. Sono esausto fisicamente e soprattutto mentalmente.

Neanche il tempo di chiudere due secondi gli occhi che qualcuno bussa alla mia porta.

« Avanti. » Appoggio i gomiti sulla scrivania controvoglia.

« Dottore, mi scusi c'è una chiamata per lei... »
« Chi è? E perché non ha chiamato al cellulare?»
« Non lo so dottore dice di essere sua sorella...»
Mia sorella?
« Passami il telefono. » Dico sbrigativo allungando una mano per afferrarlo.
« Pronto? »
« Fratellone! Ti sei dimenticato di me? »
« Clarissa, qual buon vento? Non mi chiami spesso, che ti serve? » Vado subito al sodo.
« Ecco, sempre il solito. Perché non mi hai detto che tornavi a Londra? »
« Perché l'ho deciso all'ultimo. »
« E se ti dicessi che sono appena atterrata a New York? »
« Davvero? »
« Ti pare che scherzo su queste cose? Certo! Mi vieni a prendere o devo chiamare un taxi? »
« Vengo io. Aspettami. » Attacco la chiamata restituendo il telefono all'infermiera. 

« Devo andare. Per qualsiasi cosa sono sempre raggiungibile. » Mi alzo in fretta dalla mia postazione afferrando il giubbotto.

Esco velocemente dal Lennox e raggiungo la macchina per sfrecciare alla volta dell'aeroporto. Sono sorpreso che Clarissa sia venuta a trovarmi a New York. So che è molto impegnata, infatti, non mi ero meravigliato di non vederla a Londra, ma i miei le permettono sempre di assentarsi con la scusa dei suoi viaggi a Parigi e Milano per seguire il corso della moda. Vorrebbe diventare una stilista e devo ammettere che qualche risultato lo sta ottenendo seppur debba fare ancora della strada per affermarsi. Impiego un'oretta, se non di più, per raggiungere la meta.
Mi imbatto nella moltitudine di persone che affollano il luogo cercando con lo sguardo una figura familiare senza successo. Ma dove si è cacciata?
Afferro il cellulare dalla tasca per chiamare mia sorella quando me la ritrovo davanti che mi sorride.

« Fratello! Fatti abbracciare! » Mi si lancia addosso saltellando per la gioia.

« Come stai? Che ci fai qui? » Le chiedo mentre ci abbracciamo per poi lasciarla andare.

« Sto benissimo e sono venuta a trovarti. Non sei contento? »

« Certo che sono contento! Andiamo adesso...» Le prendo la valigia dalle mani ed il borsone per scortarla alla mia macchina.

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« Mi cucini la pizza per cena, vero? »

« Sei arrivata da neanche un'ora e già pretendi che ti faccia da cuoco? » La prendo in giro aiutandola a sistemare le sue cose nella stanza degli ospiti che ho fatto preparare a posta per lei da Martha.

« Perché mi manca la tua pizza non perché ti voglio sfruttare! » Mi fa il suo sorriso furbo mentre alzo gli occhi al cielo.

« Certo, come no. Come procede con le tue sfilate? » Mi guarda accigliata.

« Vuoi dirmi che non leggi le riviste? Pff, ho organizzato una sfilata qualche settimana fa ed è andata benissimo tanto che hanno deciso di farmene preparare una anche qui a New York!» La guardo sbalordito. Sono felicissimo per lei.

« Quindi non è vero che sei venuta a trovarmi...» Le metto un finto broncio, ma alla sua espressione perplessa, rido e l'abbraccio.

« Sarei venuta lo stesso, scemo...» Alza gli occhi al cielo ma poi mi lascia andare per guardarmi in viso.

« A differenza tua, sono sempre aggiornata sul tuo conto e, parlando di riviste, ho visto una foto interessante che ti ritraeva con una fanciulla. Cosa mi nascondi? » Mi fa l'occhiolino ed è il mio turno di sbuffare. Ha fatto il giro del mondo quella dannata foto, praticamente.

« Quando si tratta di pettegolezzi sei sempre in prima linea, vero? » Si sistema una ciocca di capelli dietro le orecchie facendo spallucce.

« In realtà è stata nostra madre a farmela notare, se proprio vuoi saperlo... »

« Ovviamente. Quella donna è incredibile...» Clarissa sa cosa ho passato ed è stata l'unica, oltre a Richard, ad avermi sempre sostenuto nel bene e nel male perciò so che non insisterà più di tanto.

« Solo per curiosità, quella ragazza è...»

« Frena la tua fantasia, è una mia paziente... » Lo era, almeno. Poi la visita è degenerata in altro, ma non sono cose che devo andare a raccontare alla mia sorellina impicciona.

« Ah prendi tutte le tue pazienti in braccio? È una nuova tecnica per visitarle suppongo. Sai, non sono mai stata molto ferrata in queste cose...» Insinua guardandomi divertita. Sono certo che a Clarissa farebbe molto piacere se mi sistemassi, data la tragedia che mi ha stravolto la vita, però non sono pronto e potrei non esserlo mai di questo passo.

« Perché non parliamo di te, invece? Quanti ragazzi devo minacciare? »
« Nessuno, lo sai che sei l'unico uomo della mia vita. »
Scoppia a ridere dandomi un bacino sulla guancia. Ruffiana...

« Andiamo a fare colazione fuori, ti va? » Annuisce e lasciamo la sua stanza per uscire e cercare un bar nel quale sederci. Con tutto ciò che è successo ieri, non ho avuto neanche il tempo di cenare perciò mi ci vuole una bella colazione abbondante per recuperare.
Afferro mia sorella per un braccio e insieme ci inoltriamo nelle strade affollate di New York tra una chiacchiera e l'altra perdendoci tra i vecchi ricordi di quando eravamo bambini. Non poteva farmi regalo migliore venendo qua, anche se è per lavoro. Almeno potremmo passare un po' di tempo insieme e sono sicuro che la sua compagnia sarà un toccasana per la mia psiche. Clarissa è sempre stata una delle poche persone a non aver mai giudicato le mie scelte, pessime o giuste che siano, aiutandomi poi nell'affrontarne le conseguenze. All'epoca della tragedia, ricordo che non volevo ne vedere ne sentire nessuno tranne lei perché, in un certo senso, è sempre riuscita a capire come mi sentissi. Non c'è stato giorno che non mi sia stata accanto anche se poi è dovuta partire per lavoro. Attualmente, è sempre in viaggio tra le capitali europee per le sue sfilate ma ci manteniamo in contatto.
Ed è mentre camminiamo uno accanto all'altro che mi rendo conto di quanto tutto ciò mi sia estremamente mancato. Un piccolo pensiero va anche ad Ella e mi domando se dopo gli avvenimenti di ieri sera, qualcosa cambierà. Da un lato suppongo sia inevitabile, ma dall'altra mi piaceva il rapporto che avevamo instaurato.
Spero che nessuno dei due lo guasti perché già con Summer è finita male.
Non ci resta che scoprirlo vivendo.


Angolo autrice:

Buon pomeriggio! Come ogni mercoledì, vi saluto con un nuovissimo capitolo tutto per voi. Cosa ne pensate? Vi è piaciuta la piega che ha preso la storia grazie a ciò che è successo nello scorso capitolo? Fatemelo sapere con una recensione, grazie in anticipo a chi lo farà!
Kisses.

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Capitolo 30
*** Capitolo 28 ***


Devon's pov

Non credevo che assentarmi per qualche misero giorno avrebbe comportato tutto il lavoro in più che sono costretto a svolgere. Praticamente sto vivendo in ospedale a discapito del mio tempo libero che avrei passato di certo con mia sorella. Clarissa mi ha confermato che resterà almeno un paio di settimane a New York così da poter organizzare la sfilata nei minimi dettagli. Abbiamo pensato, anzi ho pensato, di chiedere a Richard se è possibile farla nel suo hotel così da svolgere anche l'after stesso li, senza che gli ospiti debbano andare avanti ed indietro inutilmente. A questo proposito, ho appuntamento con Clarissa fra dieci minuti qui al Lennox in modo che l'accompagni da Rick per concretizzare la mia idea, ma sono certo che accetterà. Non avrebbe motivo per non farlo.

La puntualità non è certo uno dei pregi di mia sorella, infatti, è almeno un quarto d'ora che l'aspetto accampato sulla panchina che ospita l'esterno dell'ospedale. In ogni caso, non mi lamento, anzi, ne approfitto per godermi un po' di pace. Quando ormai avevo perso le speranze di vederla comparire, appare con tutta la calma del mondo e mi viene incontro.

« Alla buon'ora. »
« Lo sai che mi faccio sempre attendere! »
« La prossima volta me ne vado, così vediamo... » Si allunga per stamparmi un bacio sulla guancia lasciandomi, quasi sicuramente, il segno del rossetto.

« Andiamo? » Mi incita prendendomi per un braccio affinché mi sbrighi ad avanzare il passo.

Una mezz'ora dopo, perché Clarissa voleva assolutamente un caffè, giungiamo all'esterno dell'immenso e lussuoso hotel del mio amico.

« Mi piace già molto da qui! » Esclama entusiasta catapultandosi fuori dalla macchina in un battibaleno. La seguo a ruota lasciando le chiavi all'uomo che ci accoglie all'entrata.
Mettiamo piede all'interno e ne resta ancora più affascinata. Si guarda intorno come una bambina in un negozio di dolciumi e la sua espressione felice fa sorridere anche me di riflesso.

« È davvero magnifico! »
« Ero sicuro ti piacesse e non hai ancora visto la sala per le feste e i ricevimenti. » Ci avviciniamo alla reception in modo che possano chiamare Richard che per fortuna non ci fa attendere molto.

« Benvenuti nel Waldorf Astoria! » Esordisce con enfasi il mio amico per poi slanciarsi nella mia direzione per un abbraccio.
« Contessina, che gioia rivederla. » Si rivolge così a mia sorella. Tutti a Londra la soprannominano con quest'appellativo essendo la più piccola della famiglia.

« Richard che onore... » Ridacchia Clarissa per poi salutarlo con due baci. Ovviamente si conoscono bene essendo Rick uno dei miei più cari e stretti amici di vecchia data.

« Come mai qui a New York? L'aria europea ti ha già stancata? »
« Oh no, sono qui per lavoro caro Rick nonché per stare un po' con mio fratello. » Si scambiano un'occhiata eloquente. Fanno così da quando la mia vita ha subito una svolta drammatica un anno e mezzo fa. So che entrambi si sono preoccupati tanto della mia sanità mentale di quel periodo e che si sentivano spesso per telefono in merito alle mie condizioni e per non lasciarmi mai solo finché non ho deciso di trasferirmi in America.

« A proposito di lavoro, saresti disponibile ad affittarci la sala per i ricevimenti per ospitare la sfilata di mia sorella? » Intervengo così da sbrigarci. Non ho troppo tempo da perdere perciò mi tocca accelerare i convenevoli e passare al dunque. Richard ci guarda sorpreso in un primo momento, ma poi accetta volentieri.

« Certo, è tutta vostra. Quand'è l'evento? »
« Fra un paio di settimane, a fine Maggio.» Risponde Clarissa.
« Perfetto, discuteremo con calma dei dettagli più avanti... »
« Si certo, devo ancora trovare delle modelle americane, pensa... » Vedo Rick illuminarsi, come se avesse avuto un lampo di genio improvviso. Mi guarda come se sperasse che pensi la sua stessa cosa, ma riceve in cambio solo uno sguardo interrogativo.

« Devon ed io conosciamo una ragazza che potrebbe aiutarti. È una modella emergente e di sicuro può procurarti ciò di cui hai bisogno.» Ah bene, adesso ci mettiamo anche a fare i party planner? Fantastico.
Clarissa mi guarda con un'aria da "perché diavolo non me l'hai detto prima?" ma non ci avevo pensato a dire la verità.

« Sì, potremmo chiedere ad Audrey... » Annuisco. Magari può davvero aiutare mia sorella, quindi va bene anche per me.

« Fantastico! Mi date il suo numero? » Domanda la contessina.
« Non ce n'è bisogno, è sabato credo sia a casa e tuo fratello sa dove abita. Su andate! » Guardo Richard allibito. È coglione veramente o ci fa?

« Dovremmo piombare a casa sua così? Dacci il numero.... » So che lui lo ha perché sono sicuro che si sentano, così come so cosa sta cercando di fare.

« Purtroppo non ce l'ho, quindi... » Fa spallucce e poi mi rivolge un occhiolino impercettibile. Mia sorella dal suo canto si sta spazientendo, perciò mi afferra per un braccio trascinandomi fuori.

« Allora ci andiamo adesso! Grazie Richard! » Lo saluta con la mano mentre io lo guardo male per poi lasciarmi trascinare fino alla macchina.

« Sei troppo polemico, certe volte. » Mi ammonisce Clarissa. Non le rispondo perché è vero, ma è anche vero che non è proprio educato piombare in casa della gente. Ma dentro di me, so che non voglio rivedere Ella in questo modo. Avrei preferito chiamarla o che fosse avvenuto il contrario, non farle questo tipo di sorpresa il sabato mattina senza il benché minimo di preavviso. Sono stato troppo impegnato per cercarla in questi giorni e ho dovuto anche subire, come da copione, l'ira di Summer per non averle detto di essere tornato. Ma neanche Ella ha mosso qualche passo, in effetti.

« Come conosci questa modella, comunque? » Questa domanda mi risveglia dai miei pensieri.

« Lunga storia, magari un giorno te la racconto. » La tengo sulle spine, tanto per infastidirla un po' non perché non le voglia raccontare la verità. È molto curiosa, infatti, mette il broncio fino alla meta.

« Siamo arrivati. » Spengo l'auto e scendo per aprirle la portiera. Ci dirigiamo, quindi, verso il palazzo di Ella ed Audrey.

« Sono proprio ansiosa di conoscere questa tua amica... »
« Pazienta qualche minuto.. »
Sostiamo di fronte la porta. Sono titubante, non vorrei piombare così in casa loro ma non ho altra scelta perché, altrimenti, mia sorella e Richard si insospettirebbero ed inizierebbero a fare ipotesi che non stanno né in cielo né in terra. Busso un paio di volte ed attendiamo che le padrone di casa ci aprano. Aspettiamo qualche secondo nel quale penso a cosa dire loro per giustificare la nostra presenza improvvisa fuori il loro appartamento, quando un' Ella assonnata ci apre la porta. Spalanca gli occhi non appena realizza la situazione ma come biasimarla. Mi affretto quindi a dirle qualcosa prima che mia sorella rovini tutto.

« Buongiorno Ella, scusaci per essere piombati qui di sabato mattina senza preavviso... Possiamo entrare? » Probabilmente se la scena fosse stata al contrario, le avrei sbattute a calci fuori ma spero che Ella sia meno intrattabile di me appena sveglia. Ha i capelli leggermente arruffati che le ricadono sul top infilato nei pantaloni più larghi delle sue gambe. Ci mette qualche attimo prima di parlare lasciando che la mia mente immagini come debba sentirsi al momento. L'ultima volta che ci siamo visti, abbiamo decisamente dato una svolta al nostro rapporto ed adesso sono qui con un'altra donna, anche se è mia sorella, senza che ci siamo più sentiti da allora.

« Sì... certo. Entrate pure... » Mi guarda perplessa per poi spostare lo sguardo su Clarissa. La sta scrutando ma poi distoglie lo sguardo e si scosta per farci entrare. La casa è come la ricordo, ovviamente, ma si nota che é un giorno di festa soprattutto dall'abbigliamento della padrona di casa.

« A cosa devo il piacere? » Ci guarda ancora interrogativa mentre ci fa cenno di sederci sul divano. Che stupido, ancora non ho fatto le presentazioni ufficiali.

« Ella, lei è Clarissa Reinfield, mia sorella. » Si risveglia improvvisamente dal suo torpore e le porge poi la mano per presentarsi. Ero certo si fosse fatta qualche strana idea, ma è stata colpa mia questa volta.

« È un piacere conoscerti... aspetta... ma sei la ragazza della foto! » Esclama Clarissa guardandola meglio per poi girarsi nella mia direzione. Lo sapevo...
Ella sgrana gli occhi per la seconda volta, spiazzata da quest'improvviso risvolto della situazione. Beh le avevo detto che aveva fatto il giro del mondo quel dannato scatto...
La salvo dall'imbarazzo tirando Clarissa verso di me e cambiando argomento.

« Noi vorremmo parlare con Audrey, è in casa?»
« Sì, ve la chiamo subito... » Fugge, praticamente, nel corridoio sparendo dalla nostra vista per qualche minuto.

« Ecco come conosci la modella! Perché non me lo hai detto prima? Ed ecco perché non volevi venire qua! »
« Abbassa la voce! Non sono affari che ti riguardano, comunque... »
« Ma come sei palloso, mamma mia. Quella povera ragazza sembra così dolce ed innocente. Che ci vedrà in te? »
Alzo gli occhi al cielo. La devono smettere di intromettersi tutti nella mia vita privata. Questa cosa inizia davvero a spazientirmi. Ella fa ritorno, stavolta cambiata d'abito e con i capelli pettinati e sistemati da un lato.

« Arriva subito, nel frattempo volete qualcosa da bere o da mangiare? » Incrocia le braccia sotto al seno sorridendo leggermente. Si vede che è a disagio e vorrebbe che sparissimo all'istante da casa sua.

« Magari un caffè... » Le faccio cenno di seguirmi in cucina. Ella guarda prima me e poi mia sorella che si accomoda sul divano, e si avvia in cucina.

« Clari, torno subito. Se arriva Audrey presentati ed inizia ad esporre la tua idea. »
« Non ho tre anni, so ancora come ci si presenta. Grazie comunque. » Le faccio una smorfia di disappunto per poi seguire Ella in cucina intenta a preparare il caffè dandomi le spalle.

« Mi dispiace non averti avvertita prima, è stata un'improvvisata e per questo puoi rimproverare Richard. »
« Lo farò ma potevi chiamarmi... Intendo che avresti potuto avvertirmi che stavi arrivando. Non mi sarei fatta trovare in pigiama... »
Si corregge subito, come se volesse sottolineare che si aspettava che la cercassi dopo quella notte.

« Mi piaceva il pigiama. » La butto sull'ironia avvicinandomi a lei, ma ricevo in cambio un'espressione contrariata. Mette la macchinetta sul fuoco e si lega i capelli lisci in una coda alta. Mi stupisco nel constatare quanto sia delicata la sua pelle tanto da mostrare ancora i segni di quella sera sulla base del collo. Sorrido tra me e me ripercorrendo con la mente il momento nel quale le ho procurato quel livido. Sono abbastanza vicino da poter sfiorare la sua pelle con le dita così lo faccio. Sobbalza al contatto e si gira lentamente nella mia direzione ritrovandoci occhi negli occhi, la schiena premuta contro il piano cottura.
Il blu dei suoi occhi mi invade, così intensi, ma allo stesso tempo tanto fragili. Vacillano, infatti, indecisi sul da farsi. C'è tensione in ogni fibra del suo corpo e lo si percepisce anche a distanza, non che ce ne sia così tanta fra noi, comunque.
Qualsiasi mossa avesse intenzione di fare, viene interrotta dai suoi amici, che francamente non so da dove siano sbucati, convinti che fosse da sola.
Ella, dal suo canto, scivola via da quella posizione allontanandomi bruscamente come se chissà che stessimo facendo, ma l'assecondo non volendo creare ulteriori problemi.

Ella's pov

Adoro il sabato mattina. La luce filtra debolmente in questa giornata soleggiata accarezzandomi dolcemente il viso. Non mi va di restare a lungo nel letto, perciò, dopo pochi minuti dal mio risveglio, balzo giù infilando le mie pantofole adorate. Audrey credo stia ancora dormendo così ne approfitto per utilizzare il bagno prima che lo faccia lei, dilungandomi più del previsto nella doccia. Sono passati quattro giorni dall'incontro con Devon ma la mia pelle ne mostra ancora i segni. Sono decisamente troppo delicata...
Non ho sue notizie da allora, ma suppongo sia stato molto impegnato al lavoro e di sicuro non sono costantemente nei suoi pensieri...
Mi asciugo velocemente e infilo un top e i pantaloni del pigiama perché sono larghi e li adoro.
Faccio colazione da sola in cucina ma decido di preparare i pancakes che piacciono tanto alla mia coinquilina. Sto assumendo da qualche giorno il ferro che mi ha prescritto il mio carissimo dottore e devo ammettere di sentirmi meglio.
Mentre aspetto che Audrey appaia nel salotto, mi accomodo sul divano con il computer sulle gambe. Devo darmi una mossa con la tesi o non mi laureerò mai di questo passo.
Sono completamente assorbita da ciò che sto facendo che quasi sobbalzo all'udire il suono del campanello. Do un'occhiata all'orologio del pc che segna le dieci meno un quarto. Aspetto Ashley e Sebastian che mi avevano detto che sarebbero venuti intorno alle dieci, quindi è probabile che siano loro.
Senza farmi troppi problemi, poggio il computer sul tavolino e vado ad aprire per scoprire chi sia.
Sgrano gli occhi quando vedo Devon con una donna dall'altro lato. Non posso crederci, sono in pigiama!
Li guardo per un tempo che mi sembra infinito finché non è Devon stesso a rompere il silenzio.
Queste sorprese nel weekend proprio non me l'aspettavo. Scruto la ragazza al suo fianco. È alta, di bell'aspetto. I capelli castani le ricadono morbidi sulle spalle ed incorniciano il suo bel visino. Ha gli occhi di una tonalità di celeste-grigio molto particolare.
Titubante li faccio entrare e scopro che si tratta semplicemente della sorella di Devon. In effetti, si somigliano, soprattutto per gli occhi e la fisionomia del viso.
Si presenta e non può mancare un riferimento alla famosa foto che mi imbarazza non poco, ma per fortuna il fratello mi salva, come sempre.
Non so perché vogliano parlare con Audrey, ma è evidente che debbano dirle qualcosa d'importante, così ne approfitto anche per cambiarmi d'abito. A ripensarci, è stato davvero orribile che mi vedessero in quel modo soprattutto Devon! Mi sistemo anche i capelli e mi rifugio in cucina per fare il caffè. Non ero sicura che il dottore mi seguisse, ma almeno si è degnato di rivolgermi la parola per scusarsi.
Vorrei dirgli qualcosa ma il suo tocco mi distrae e subito ritorno con la mente nel suo studio nel quale le sue mani mi hanno letteralmente fatto sprofondare nel piacere. Lo guardo negli occhi, il mio corpo vorrebbe ciò che ha già assaggiato come le mie labbra vorrebbero di nuovo le sue, ma devo scacciare in fretta queste immagini perché Ashley, seguita a ruota da Sebastian (ma quando sono arrivati?), compaiono in cucina rovinando del tutto il momento. Allontano in malo modo Devon che mi lancia un'occhiata perplessa. Sinceramente ci manca solo che i miei amici si mettano a fare commenti davanti alla sorella.

« Arriviamo, il tempo di mettere il caffè nelle tazze. » Rispondo frettolosamente voltandomi così da dare le spalle a tutti. I miei amici, dal canto loro, spariscono senza aggiungere altro mentre Devon... sento che mi sta fissando, anche se non posso guardarlo.

« Cosa c'è? » Gli domando mentre verso il liquido marrone nelle apposite tazze. Ripongo poi tutto su un vassoio aggiungendo il barattolino con lo zucchero a parte.

« Niente. Torniamo nel salotto... » Resta sul vago e lascia che lo sorpassi per ritornare nel salotto.

« Ecco il caffè! » Poggio il tutto al centro del tavolo prendendo poi posto sulla poltrona. Osservo gli altri in silenzio attendendo il momento in cui si decidano a dirci cosa vogliano da Audrey.
Quest'ultima mi guarda dispiaciuta, come se avesse provato a fermare Sebastian ed Ashley, ma non ci fosse riuscita.
Dopo le presentazioni ufficiali, Clarissa inizia a fare il suo discorso indirizzato alla mia coinquilina. Sono proprio curiosa di sapere cos'hanno da dirle.

« Innanzitutto, grazie mille per l'ospitalità nonostante siamo piombati qui senza preavviso. Se avete letto qualche rivista di moda, forse sapete che sono una stilista e che sto organizzando la mia sfilata proprio qui a New York. » La guardiamo tutti sorpresi e perplessi. Ed io che pensavo fosse qui per il fratello. Lo guardo di sottecchi ma sembra essere intento nel discorso della sorella.

« Mi è stato chiesto di ingaggiare delle modelle americane e Richard mi ha indirizzata a te. » Si riferisce ad Audrey che si scioglie perché Rick l'ha pensata. In effetti, è stato un bel gesto.

« Oh wow... non so che dire... mi farebbe piacere partecipare, comunque... » Sorride entusiasta e credo anche un po' stordita dalla notizia. Anche Ashley dice la sua in merito alla sfilata.

« Io anche studio per diventare stilista! Per caso ti serve una mano? Sarebbe un bel lavoretto da inserire nel curriculum! » Ci giriamo tutti verso di lei che guarda Clarissa implorante. Quest'ultima è un po' titubante e le risponde che vorrebbe visionare prima i suoi lavori ma che magari potrebbe farle da assistente. Non vi descrivo l'euforia della bionda a questa possibilità. Sebastian, dal canto suo, guarda tutti in modo distaccato come se non stesse credendo a ciò che sta succedendo in questa stanza.
Restano a parlare un altro po' di questa famigerata sfilata mentre, sentendomi abbastanza inutile, raccolgo tazze e vassoio per riportare tutto in cucina.
Sento dei passi alle mie spalle e, convinta fosse di nuovo Devon, mi volto pronta a finire ciò che avevo iniziato, o che stavo per, ma mi devo frenare perché si tratta solo di Bas.

« Quindi il dottore ha una sorella che gioca a fare la stilista e vuole coinvolgere le nostre amiche. Questa si che non me l'aspettavo. » Sebastian si appoggia con la schiena allo stipite della porta mentre mi scruta dall'alto al basso.

« Comunque quel segno sul collo la dice lunga... » Ah cavolo, mi sono dimenticata di sciogliermi i capelli...
Sbuffo perché non mi va di subire anche il suo interrogatorio con il diretto interessato nel salotto che potrebbe ascoltare.

« Ti sembra il momento? » Mi slego la coda rinfilando il codino al polso.
« Beh, sì. Sembrava che avessimo interrotto qualcosa prima. » Era piuttosto evidente che lo avessero fatto.
« Perché lo avete fatto. »
« C'è qualcosa tra di voi? » Che bella domanda.
« Ne dubito. »
« Perché? »
« Perché è così... »
« Siete andati a letto insieme? »
« Sì. » Mi guarda tra il compiaciuto ed il sorpreso. Nessuno se lo aspettava da me, evidentemente.
« Ah... N'è valsa la pena almeno? » Sicuramente sì, lo rifarei altre cento volte.
« Sì.. » Abbasso lo sguardo per poi voltarmi per tornare a sistemare le tazze nel lavabo. Sono consapevole che si sia trattata di una semplice notte e via eppure una parte di me è convinta che non sia esattamente così. Forse Devon non vuole rovinare quello strano rapporto che eravamo riusciti ad instaurare eppure è stato lui a fare la prima mossa stavolta.
Se le donne sono complicate allora il dottore non so cosa sia.
Sarebbe bello se per una volta si aprisse con me o mi dicesse chiaramente quello che vuole, quello che gli passa per la mente.
Sebastian si avvicina e mi cinge con le sue braccia. Lascio che mi abbracci ricambiando la stretta e poggiando la testa sulla sua spalla. Egli poggia la sua sulla mia per consolarmi.

« Se dovesse farti soffrire o farti del male in qualsiasi maniera, sappi che lo evirerò!» Sorrido per questo tenero pensiero, più o meno, rispondendogli a tono.
« Beh sarebbe un gran peccato però! »
« ELLA! » Scoppiamo a ridere entrambi e stavolta è proprio Devon a subentrare rovinando il momento.

« Noi stiamo per andare via... volevamo salutarti. » Lascio un bacio sulla guancia di Bas e mi allontano da lui. Il mio amico mi libera dalla sua presa, rivolgendo un'occhiataccia al dottore che però la ignora di proposito.

« Sì, eccomi... » Lo seguo nel salotto nel quale Clarissa e le due bionde si stanno scambiando i numeri di telefono per aggiornarsi. A cose fatte, si avvicina e mi saluta con due baci sulle guance.

« Scusaci ancora e grazie per l'accoglienza... » Mi fa uno strano occhiolino e torna dal fratello che nel frattempo sta salutando le altre. Quando è il mio turno di essere salutata, non mi aspetto praticamente nulla, ed invece, Devon mi stampa un bacio all'angolo delle labbra. Lo sto odiando davvero tanto oggi.
Lo guardo sorpresa ma la sua espressione non lascia trapelare nessuna emozione e ciò mi destabilizza ancora di più. Li accompagno alla porta e me la richiudo alle spalle quasi subito, volendo cancellare al più presto quest'ora appena passata. Che stress...

« Ma che cosa non va in voi?! Non li capite i gesti?! » Esplode Audrey facendoci sobbalzare. Bas ed Ashley si guardano, la prima con un'aria colpevole, mentre il secondo in maniera più o meno indifferente.

« Non fa niente, di certo non poteva succedere niente di che con voi di qua a chiacchierare amabilmente con la sorella... » Vorrei immediatamente ricacciare indietro questa frase perché so che me la ritorceranno contro a vita. Ashley è la prima che riprende la parola.

« Avete ragione, ma non avevo capito altrimenti non sarei mai entrata! » Mi fa l'occhiolino ed aggiunge. « Comunque, brava Ella! Bel colpo il dottore. » Oh dio...

« Perché non lasciamo stare questa cosa? Parliamo della vostra sfilata, invece...» È di sicuro più interessante della mia vita sentimentale, e ho detto tutto.
Audrey fa cenno di sì con la testa seguita da Sebastian ed infine Ashley. Grazie al cielo.
Tiro un sospiro di sollievo e torno a sedermi sulla poltrona di fronte a loro.

« Devi chiamare Richard per ringraziarlo... » Esclamo all'improvviso dopo tutti i discorsi a proposito della sfilata e quant'altro. Comunque Rick ci sta prendendo proprio gusto ad organizzare feste di ogni tipo nel suo hotel.

« Tu credi? E cosa dovrei dirgli...? »
« Ovvio che sì! Ringrazialo e basta... » Si intromette l'altra bionda. Sebastian ed io annuiamo d'accordo.
« Va bene... Quanto è dolce però! » Eccola che ricomincia. Non posso evitare di ridacchiare alle sue affermazioni da ragazza stracotta. È tenera quando se ne esce con queste esclamazioni su Richard. Anche Bas ed Ashley ridacchiano tra loro per ciò che ha detto la mia coinquilina.
Non c'è attimo in cui Audrey non trovi modo di elogiare il suo amato! Peccato che non ci sia niente, per ora, tra i due perché sarebbero davvero una bella coppia.

« Bene, adesso finiamola di esultare o di piangerci addosso come qualcuno qui dentro, e usciamo! » Propone Bas lanciandomi un'occhiata furba.
Non gli sta proprio a genio Devon. L'ho capito oggi da come l'ha guardato male quando è venuto a chiamarci in cucina. È convinto che si stia prendendo gioco di me e spero davvero che si sbagli. Non credo di poter reggere una delusione del genere, ma allo stesso tempo sono consapevole che devo andarci con i piedi di piombo o rischio di perdere tutto ciò per la quale sto lottando.
Con questi pensieri che mi affollano la mente, afferro il necessario per uscire di casa insieme ai miei amici. Mi lascio trascinare dalla loro euforia e per qualche ora cerco di scrollarmi tutta la tensione accumulata oggi.
Devo attenermi al piano di Audrey, ovvero non devo cercarlo sempre per prima, altrimenti rischio di fare la fine di Summer. Eppure sono convinta che sia cambiato qualcosa tra di noi dopo quella sera, ma non riesco a capire se in meglio o in peggio.
Potrei rischiare di perderlo per sempre se mi avvicinassi troppo, ma se non tento, non lo saprò mai.
È un gioco al quale non posso vincere.










Angolo autrice:

Eccoci qui con il solito appuntamento del mercoledì. Spero che anche questo capitolo sia stato di vostro gradimento, anche perché ormai la storia è avviata e sta prendendo la sua forma. Qualche ipotesi su come continuerà?
Fatemelo sapere con una recensione, ve ne sarei grata. Alla prossima!
Kisses.

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Capitolo 31
*** Capitolo 29 ***


Ella's pov

Oggi è il compleanno di Richard. Non credevo fosse il tipo da festa, ma Audrey ed io abbiamo ricevuto un invito al suo hotel nel quale è promessa "una notte che non potremmo mai dimenticare, segnatevi sul calendario questo quindici maggio". Molto ambigua, lo so.
Non vi dico nemmeno com'era entusiasta Audrey in merito a questa notizia, anche se è già passata alla fase dei complessi mentali come da copione. Secondo me esagera ma sono la prima a non riuscire ad essere completamente me stessa di fronte alla persona che mi piace, quindi...
Devon non potrà mancare all'appuntamento di stasera e rivederlo dopo ciò che è successo ieri a casa mia, non è proprio ciò che avevo intenzione di fare. Ho bisogno di un po' di tempo per metabolizzare e decidere come comportarmi ed agire nei suoi confronti. Le mie conferme le ho avute, così come è evidente che qualcosa è cambiato tra noi e l'ho percepito alla perfezione quando eravamo soli in cucina, prima che i miei amici ficcanaso ci interrompessero.
Quanto vorrei non dover sempre pensare ai "cosa sarebbe successo se..."
Inizia a diventare snervante e mi sta contorcendo la mente più di quanto non lo sia già normalmente.

« Ella a che punto sei? Fra dieci minuti dobbiamo essere in macchina. »
« Vieni a darmi una mano per favore...»
La imploro sostando di fronte allo specchio cercando invano di tirare su la zip del vestito che ho deciso di indossare questa sera. La bionda mi ha vietato di mettere pantaloni perciò la scelta è ricaduta su un semplice tubino nero che però mi sta dando dei problemini tecnici.
La mia amica entra come una furia nella mia stanza facendomi sobbalzare. Ha un occhio truccato e l'altro no.

« Forse è un po' azzardato come make-up... » La prendo in giro per smorzare la tensione che emana il suo corpo teso, ma non sembra apprezzare particolarmente l'ironia al momento.
Mi tira violentemente la zip verso l'alto chiudendo l'abito definitivamente. Rude ma efficace!

« Pensa a sistemarti quel cespuglio che chiami capelli prima di giudicare il mio trucco... » Mi risponde acida scomparendo nel bagno. Cavolo, è parecchio nervosa la signorina. A quanto ho capito, ci sarà anche la sorella di Devon che dovrà discutere con Audrey sui dettagli della sfilata e tutto il resto approfittando della festa di Richard.
Mi do una spazzolata veloce ai capelli e alla frangia aggiungendo un tocco di rosso alle labbra, niente di esagerato.
Esattamente dieci minuti dopo, siamo in macchina per raggiungere il Waldorf Astoria che stasera brillerà di una luce diversa o almeno è così che ha lasciato intendere il festeggiato.

« Mh.. Audrey sei troppo nervosa... dovresti scioglierti un po'. » È un pezzo di legno, in pratica. La mia amica ha deciso di indossare un abito corto che arriva poco più su del ginocchio di un rosa antico molto bello. È stretto fino alla vita e poi scende più morbido incorniciando perfettamente il suo corpo. Le scarpe sono nude ed il tacco alto slancia ancora di più la sua figura. Alla fine è riuscita a completare il trucco che le fa risaltare gli occhi celesti mentre la chioma bionda ondulata le ricade come una cascata d'oro sulle spalle. Non ha nulla di cui preoccuparsi, è semplicemente stupenda.

« Lo so... Però mi gioco molto con questa serata e per quanto cerchi di darmi una calmata, non riesco a farlo... »

« È normale, ma se vai in panico è peggio. Comunque siamo arrivate. » Accosta l'auto di fronte all'entrata porgendo le chiavi all'uomo che ci apre servizievolmente la portiera per farci scendere.
Entriamo nel lussuoso hotel, ricordando perfettamente l'ultima volta che ci abbiamo messo piede. Era per la prima di Sebastian, Summer mi minacciò e quasi svenni tra le braccia di Devon. Senza contare quella maledetta foto. Che serata memorabile...
Veniamo accolte dal festeggiato che ci riscalda con un abbraccio di benvenuto.

« Tanti auguri vecchietto! » Esordisco lasciandogli il segno del rossetto di proposito sulla guancia.
« Ehi, sono giovanissimo compio appena ventott'anni! »
« Dicono tutti così... » Lo prendo in giro e lascio spazio ad Audrey che contrariamente al solito, è restia a fare qualsiasi mossa con Richard. Perché non ascolta i miei consigli qualche volta?
Alla fine si decide a dire qualcosa, anche se Rick non sembra particolarmente attento alle sue parole. Spero si stia soffermando su altro, almeno se lui farà il primo passo, mi auguro che la mia amica non si farà troppi problemi sul resto.
Dopo i convenevoli, il padrone di casa ci scorta, non nella sala ricevimenti come credevo, ma in un'altra stanza più piccola ma molto elegante. È illuminata da un lampadario di cristallo appeso al centro del soffitto che fa da protagonista. I divani di pelle bianca sono disposti ai lati della stanza e fanno da contorno all'enorme tavolo di cristallo posto al centro sul quale si riflettono le luci creando un effetto molto artistico che non dispiace mai.
La mia attenzione viene poi catturata dalle altre due persone che fanno il loro ingresso poco dopo di noi.
Devon accompagnato dalla sorella, indossa un completo giacca e cravatta sul grigio abbinato ad un paio di scarpe classiche nere lucide. Clarissa ha optato per un tailleur giacca e pantalone, molto grazioso, di un colore rosso acceso che le dona molto. Un paio di scarpe con tacco dodici nere slancia ulteriormente la sua figura già snella. Improvvisamente mi sento inadeguata e a disagio. Spero che questa sensazione passi con il trascorrere della serata e con l'aiuto di un goccio di vino.
Richard saluta anche i nuovi arrivati e poi sparisce solo lui sa dove. Bene, diamo inizio alle danze.

« Ella, Audrey che gioia rivedervi! » Ci saluta piuttosto allegramente Clarissa, avvicinandosi per darci due baci sulle guance.
Ricambio il saluto altrettanto calorosamente, o almeno ci provo, lasciandola parlare poi con la mia amica.
Mi allontano di qualche passo, decidendo di compiere la prima mossa. Da un lato sento di doverglielo dopo ciò che è successo nella mia cucina.

« Ehi... » Mi avvicino sorridente al dottore che si sofferma qualche istante a guardarmi prima di proferire parola.

« Ella.. ciao, come stai? » Mi guarda negli occhi sinceramente interessato alla mia salute, come sempre d'altronde.

« Sto bene, grazie. » Gli sorrido per dare veridicità alle mie parole. In realtà non ho idea di come mi senta. Di sicuro confusa a causa di tutto ciò che sta accadendo tra di noi in quest'ultimo periodo.
Qualche convenevole più tardi, Richard ci richiama all'ordine facendoci voltare tutti nella sua direzione.

« Signore e signori, grazie a tutti per essere venuti nel mio umile hotel per festeggiare la mia venuta al mondo. Per onorarvi e soprattutto per onorare questo splendido giorno, do ufficialmente inizio alla serata! » Schiocca le dita e dei camerieri vestiti di tutto punto, fanno il loro ingresso aprendo il banchetto. Cerco con lo sguardo il vino e mi ci fiondo subito. Devo sciogliermi un po' altrimenti sarò legnosa per tutta la festa e non vogliamo questo, non oggi.
Il vino rosso è buonissimo, ma non proprio l'ideale a stomaco vuoto. Non è mia intenzione ubriacarmi eppure sono già al secondo bicchiere.

« Forse dovresti andarci piano con quello... » Con un cenno del capo, Devon, mi indica il calice che stringo con una mano.
« È solo il secondo. Hai paura che mi ubriachi?»
« Nel caso sarebbe la seconda festa nella quale ti devo soccorrere... » Gli lancio un'occhiata furtiva prendendo un altro sorso. L'ultima festa non è andata proprio come ci aspettavamo, ma stasera è un'altra storia.
La mia attenzione viene poi catturata dall'immagine di Audrey e Richard che chiacchierano al centro della sala. La mia amica sembra divertita dalle parole del festeggiato e questa scena mi strappa un sorriso. Anche Devon sembra star guardando loro e mi rivolge un piccolo sorrisetto d'apprezzamento.

« Sono carini insieme, vero? » Gli domando, non so neanche perché in realtà, forse presa dal momento.

« Concordo. Formano una bella coppia. Poi è stato lui a consigliare a Clarissa di ingaggiare la tua amica. » Come dimenticarlo. È stato un gesto molto dolce.

« Secondo me si piacciono, lei almeno lo venera... » Gli confesso ingenuamente, tanto si capisce a distanza di anni luce.
« Richard non è il tipo da relazioni, comunque.»
« Come te. » Mi scappa, colpa del vino immagino. Mi guarda sorpreso dalla risposta e infila una mano nella tasca dei pantaloni appoggiando il flûte sul bancone con noncuranza.

« La situazione è diversa... » Non è vero, o meglio, non so cosa abbiano passato entrambi con le donne o con qualsiasi cosa sia successa loro, ma sono bloccati allo stesso modo sulla questione relazioni. Vorrei tanto capirne il motivo.
« Sì, ma il risultato resta lo stesso. » Mi guarda come se avessi detto un'eresia. Non mi va di discutere adesso di questo con lui, perciò scuoto la testa e adagio il calice di vino vuoto sul bancone accanto al suo.

« Hai ragione. » Ammette alla fine con una leggera alzata di spalle, come se non gli importasse perché è fatto così e non cambierà mai.
Gli squilla il cellulare, come sempre. Lo afferra dalla tasca interna della giacca e guarda il nome sul display. Alla sua smorfia di disappunto, intuisco senza neanche sbirciare di chi si tratta.

« Summer? »
« Ebbene sì. »
« Non rispondere. »
« Non ci penso proprio. » Ci scambiamo uno sguardo complice reprimendo una risatina. Ormai lo abbiamo capito tutti tranne lei che non ha speranze se continua ad assillare in questa maniera.
Restiamo qualche minuto in silenzio godendoci semplicemente la compagnia reciproca. È strano come questo non mi metta a disagio risultando, invece, piacevole. Sarà che le parole in certi momenti sono di troppo.

« Vado a salvare la tua amica dalle grinfie di mia sorella. » Esclama il dottore non appena si accorge che Clarissa ha praticamente braccato Audrey.
Magari stanno semplicemente discutendo della sfilata, chi può saperlo.
Li osservo da lontano riprendendo in mano il mio flûte di vino. Lo adoro.
Faccio appena in tempo a prenderne un sorso che Richard mi afferra per un braccio amichevolmente.

« È delizioso questo vino... » Mi congratulo per la scelta con il festeggiato. Si vede che ha buon gusto.
« Grazie tante, solo il meglio per me ed i miei ospiti. » Mi sorride soddisfatto guardandomi poi negli occhi in modo strano.
« Cosa c'è..? »
« C'è qualcosa di diverso tra te e Devon. »
« In che senso..? »
« Vi guardate complici. Siete andati a letto insieme? » Quasi sputo sul pavimento di marmo l'ultimo sorso di vino che mi era rimasto. Dannazione!
« Te l'ha detto lui? » Lo guardo con gli occhi sgranati. C'era da aspettarselo, sono pur sempre uomini.
« No. Siete stati insieme o no?? » Mi chiede quasi spazientito come se dovessi dargli una risposta a tutti i costi.
« Sì e allora?! » Rispondo leggermente alterata credendo che mi voglia giudicare per le mie azioni. Invece si illumina come il sole a mezzogiorno.
« Lo sapevo! Ehi sta calma non ti sto giudicando...»
« Non mi pare il caso di parlarne adesso comunque... » In tutta risposta mi afferra un braccio e mi trascina fuori dalla sala senza che il gruppetto si accorga della nostra momentanea assenza.

« Richard! » Mi guarda innocente con un sorriso sghembo sulle labbra.
« Voglio i dettagli, ovviamente. » Lo guardo sbigottita. Non credo proprio che li avrà da me.
« Vai a chiederli all'amico tuo! » Mi guarda contrariato.
« No che mi picchia! "Fatti i cazzi tuoi Bradshaw! " » Lo imita alla perfezione facendomi ridere.
« Che tipo di dettagli vorresti..? »
« TUTTO! Voglio sapere da come è iniziato a come è finito! » No, no no... troppo entusiasmo, ma per farlo stare buono devo dirgli qualcosa o non me lo levo più di torno.
« È il mio compleanno, fammi questo regalo! » Continua a supplicarmi lui. Ma che impiccione, si troverebbe benissimo con Audrey!
Gli racconto molto brevemente la vicenda omettendo molti dettagli che non necessita di sapere da me almeno.

« Nooo! Hai fatto la sgualdrina con il dottore? Magari sei andata da lui vestita tutta sexy e gli hai detto "Doc ho un fastidioso prurito intimo. Toglimelo! " Mi sto già immaginando il porno.»

« Frena la tua fantasia Rick ti prego! » Lo guardo implorante e credo anche di essere diventata del colore del vino.
« Dimmi che gli hai anche aperto le gambe davanti e diventi il mio mito. » Scoppio a ridere, la sua espressione è da immortalare!
« LO HAI FATTO! » Deduce dalle mie risate, ma lo fermo subito.
« Certo che no! »
« Però lo hai provocato con le autoreggenti. Quella dalle mie parti si chiama seduzione.. » Mi fa un occhiolino eloquente, di chi la sa lunga.
« Sì, ammetto di averlo fatto... almeno un po'. » Lo guardo incrociando le braccia sotto al seno ripensando mentalmente alla scena nella quale mi appoggio con fare malizioso sulla scrivania di Devon. È stato divertente ed eccitante allo stesso tempo.

« La prossima volta fagliela tu la visita a Reinfield, capisci a me! » Mi da una spallata alla quale reagisco trattenendo l'ennesima risata. Quando ci si mette sa essere davvero divertente.
« Non credo ci sarà mai una prossima volta... » Esprimo ad alta voce i miei pensieri guardando poi Richard negli occhi. Vorrei sapere la sua opinione al riguardo.
« Non dire così! La mia coppia non si tocca... » Mette il broncio neanche fosse un bambino a cui è stata negata la caramella ed incrocia anche le braccia al petto.

« Non dipende solo da me, lo sai... »
« Non ne avete più parlato? »
« Ci abbiamo provato ma... aspetta! Per colpa tua si è presentato a casa mia con la sorella di sabato mattina. Sì, avevo il pigiama se te lo stessi chiedendo... » Sbuffo al ricordo di me che guardo i due fratelli alquanto sconvolta.
Il festeggiato impiccione fa del suo meglio per non ridermi in faccia. Che idiota.

« Davvero? Almeno era un bel pigiama? »
« Non ti rispondo nemmeno guarda... » Alzo gli occhi al cielo perché so che c'era lui, come sempre, dietro a questa vicenda.
Restiamo un altro poco a chiacchierare del più e del meno, per poi rientrare in sala dagli altri.
Devon, Clarissa ed Audrey stanno ridendo di gusto per qualcosa detta da quest'ultima, immagino. Che scenetta surreale. Mi fa strano vedere la mia coinquilina tanto a suo agio con loro, anche se si fa amare facilmente grazie al suo spiccato senso dell'umorismo.
Richard tossicchia per attirare l'attenzione su di lui. Il trio si scioglie e si zittisce e passiamo all'apertura dei regali.
Gli ho fatto un ritratto su tela poiché mi ha sempre supplicata di fargliene uno.

« Ella è stupendo! Lo appenderò in camera mia! » Sorride entusiasta ed io faccio lo stesso di riflesso. La sua gioia è la mia in questo momento.

————————-

« Audrey, che cosa combini con i fratelli Reinfield? » Le chiedo una volta finito il momento regali sfruttando la musica come diversivo per allontanarci.

« Niente, tu e Richard eravate spariti...» Lo dice con una punta di invidia nella voce e mi dispiace di questo.
« Sì, mi ha fatto l'interrogatorio su Devon..»
« Comunque è simpatico! Sembra più rilassato stasera! »
« Sì, con voi sì... » Constato ad alta voce anche se stiamo facendo dei progressi anche noi.
« Anche con te. Oh eccolo che viene a prendere un drink da questa parte, vi lascio soli. » Mi sorride felice facendomi l'occhiolino e si allontana tranquilla nella direzione opposta tra un passo di danza improvvisato ed un altro.
Riuscirò ad aprire un varco nel suo cuore prima che possa essere troppo tardi?

Devon's pov

La festa del mio caro amico sta procedendo bene tutto sommato. I drink sono ottimi come il cibo ed ha invitato solo pochi intimi, per fortuna.
Mia sorella sembra gradire la piccola festa e non perde occasione per chiacchierare con Audrey per informarla sullo svolgimento della sfilata ed il resto. Grazie a lei, Clarissa si è potuta mettere in contatto con la sua agenzia ed ha trovato tutte le modelle che cercava.
Approfitto del ritorno di Richard per farmi un altro drink dirigendomi nella direzione di Ella ed Audrey che, appena mi vede, si allontana per raggiungere gli altri invitati.
Sembra una brava amica ed è molto solare con il sorriso stampato sempre in viso.

« Ci rincontriamo. » Le sorrido leggermente prendendo un martini, tanto per cambiare.
« Beh, a quanto pare...» sorride, anche se ha le labbra scarlatte appoggiate al bicchiere.
Fa molto caldo nella sala, complici le luci e l'aria ormai mite di maggio nonché i numerosi drink da noi consumati.

« Vogliamo prendere un po' d'aria? » Le chiedo notando anche il leggero rossore sulle sue gote di solito pallide come la neve.

« Credo sia una buona idea. » Appoggia il calice ormai vuoto sul tavolo e la conduco all'esterno della sala. Attraversiamo il lungo corridoio e ci immettiamo in uno dei balconi che offre l'hotel.

« Non ci faranno altre foto ambigue, vero? Non vorrei che la tua famiglia si allarmasse ulteriormente... » Spezza il silenzio Ella appoggiandosi con i gomiti sulla ringhiera.
La imito trattenendo un sorriso per ciò che ha detto.

« Non preoccuparti, non ci sono paparazzi da queste parti. » La rassicuro godendomi il panorama di New York illuminata nella notte. Mi toglie sempre il fiato questa vista.

« Le ultime parole famose...» Scherza lanciandomi un'occhiata furtiva. Pensavo che le cose fra noi si complicassero dopo il nostro rapporto avvenuto nel mio studio ed invece, tranne quando sono piombato a casa sua senza preavviso con mia sorella, sembra essere tutto a posto fra di noi. Anzi, oserei dire che ci siamo avvicinati anche di più. Ella sembra non volere niente di più di quello che ha avuto e a me sta benissimo così.
Si passa i palmi delle mani sulle braccia nude rivolgendomi lo sguardo. Sembra assorta nei suoi pensieri nonostante mi stia guardando.

« Va tutto bene? »
« Sì... stavo pensando alla sfilata di tua sorella. Non immaginavo che facesse la stilista. »
« È sempre stata affascinata da quel mondo e devo ammettere che se la cava così ha deciso di tentare in quel campo. »
« Ha fatto bene visti i risultati... Dev'essere bello raggiungere i propri obiettivi. »
« Lo è, ma non ti completa...» Affermo spostandole una ciocca della frangia che le penzolava davanti agli occhi.
« E cosa serve per completarsi? »
« Dipende, è soggettiva la cosa. »
« A te cosa servirebbe? »
« Un miracolo. » Le sorrido, ma dentro di me so che sono serio. Avevo raggiunto il mio equilibrio per poi veder crollare tutto a causa mia.
« E cosa speri di risolvere? »
« Fai troppe domande te l'hanno mai detto? » Sorride abbassando lo sguardo sulla ringhiera per poi riportarlo sul mio.
« Ne sono consapevole! »
« Almeno lo sai... » Sorrido e noto che continua a strofinarsi le braccia con le mani.

« Vuoi rientrare? » Scuote la testa guardando lo skyline di New York. Sembra un po' triste perciò lascio che sia l'istinto a guidarmi per questa volta.

« Vieni qui...» Allargo le braccia cosicché possa riscaldarsi un po' se proprio vuole restare qui fuori. Mi guarda titubante ma poi cede e si avvicina permettendomi di avvolgerle il braccio intorno alle spalle. La pelle è fredda al tatto e mi permetto di riscaldarla con la mia mano riprendendo il movimento da lei compiuto poc'anzi. Si rilassa tra le mie braccia e così faccio anche io.
Appoggia la testa sul mio petto e restiamo così per un po' a contemplare il silenzio di questa notte che piomba su di noi. Inspiro il suo gradevole profumo che mi ricorda qualcosa di dolce e mi beo di questo momento di tranquillità assoluta, la stessa che viene bruscamente interrotta qualche minuto dopo da una voce a me molto familiare.

« Ragazzi!! Stiamo per aprire la torta! Oh... ho interrotto qualcosa..? » Si scusa Clarissa notando solo dopo di essere stata troppo avventata. Ella si allontana sciogliendo quindi l'abbraccio e guarda me e poi mia sorella leggermente imbarazzata.

« No, adesso arriviamo! » Si affretta ad aggiungere facendomi cenno con la testa di seguire mia sorella. Dal mio canto non m'importa ciò che ha visto. Non mi sembra di aver ucciso nessuno, quindi. La faccio passare per prima e poi la seguo nel corridoio facendo scivolare lo sguardo sul suo fondoschiena fasciato dal tubino nero per qualche secondo.

« Ti piace ciò che stai guardando? » Si gira tutto ad un tratto Ella, sorprendendomi sul fatto.
« Il pavimento? Sì..»
« Sapevo che l'avresti detto! Sei prevedibile Devon...» Incrocia le braccia sotto al seno divertita.
« Perché è quello che stavo guardando. » Mi giustifico inutilmente.
« Dicono tutti così. »
« Io dico il vero. »
« Ed io sono un unicorno! »
« In effetti il corno lo vedo...» È divertente prenderla in giro perché ha sempre una risposta pronta da darmi.
« Hai le allucinazioni? Ah no eri impegnato a guardare altro! »
« Infatti, il bellissimo pavimento di marmo.» Glielo indico per dare veridicità alle mie parole.
« Il pavimento si trova sul mio fondoschiena? »
« Quale fondoschiena? » Mi guarda sconcertata.
« Perfido, per guardarlo vuol dire che c'era! »
« Non l'ho trovato! » La prendo vistosamente in giro.
« E come fai a guardarlo se non l'hai trovato? »
« Sono il tuo medico, ricordi? »
« Sì, e allora? » Mi domanda perplessa ma credo divertita quanto me dalla situazione.
« So cos'hai e cosa non hai! »
« Cosa c'entra? Controlli il sedere di tutte le tue pazienti? »
« Segreto professionale..» Alzo le mani in mia difesa ma un sorriso mi tradisce.
« Devo sapere se hai controllato anche il mio. » Risponde con un sorrisetto. Più che controllato, me ne ha dato completa visione quella sera, quindi la sua domanda è piuttosto futile.
« Se l'ho fatto non te ne sei accorta quindi che te lo dico a fare? » Reggo comunque il gioco trovando questo piccolo battibecco troppo esilarante.
« Mi stai dicendo indirettamente che l'hai fatto? » Sorride, convinta che mi abbia in pugno.
« Ti sto dicendo che non ne avrai mai la conferma. » La chiudo con le mie parole, ed infatti, non sapendo che altro ribattere, continua a camminare ma stavolta al mio fianco. Si sporge poi al mio orecchio.

« Allora l'hai fatto. » Scrollo le spalle in mia difesa. Non lo saprà mai.
Al termine di questo giochetto fra noi, arriviamo nella sala dove Richard e gli altri ci stavano attendendo per la torta. Il festeggiato ci lancia un'occhiata eloquente e riceve da me uno sguardo di ghiaccio che gli fa distogliere subito l'attenzione.

« Bene, prima che scocchi la mezzanotte e che non sia più il mio compleanno, apriamo questa dannata torta! »
Tra brindisi, fette di torta qua e la e discorsi pomposi, giunge l'ora di fare ritorno a casa. Domani mattina ho il turno in ospedale e devo dormire un po' altrimenti non reggerò né pazienti né studenti lagnosi. A proposito di studenti, domani mi tocca anche il pronto soccorso tra l'altro. Fantastico. Lascio perdere questi funesti pensieri e mi congedo salutando Richard con un abbraccio augurandogli ancora un buon compleanno, poi saluto Audrey con due baci sulle guance ed infine arrivo da Ella. È sempre difficile scegliere il modo con il quale salutarla senza dare troppo nell'occhio, ma stavolta è lei che mi toglie dall'impiccio sporgendosi per stamparmi un bacio sulla guancia.

« Buonanotte Devon. » Mi sorride e per un istante, uno soltanto, vorrei che venisse con me, ed invece, mi devo accontentare di mia sorella che scalpita per andarsene. La accontento e usciamo dall'hotel il più velocemente possibile infilandoci in auto.

« Che stavi facendo con Ella? » Mi aspettavo questa domanda, solo in modo più allusivo. La guardo alzando gli occhi al cielo.

« I fatti tuoi non te li sai fare, eh? »
« È solo una domanda, rispondi e basta! »Ed invece non lo farò, tanto per farle capire che con i suoi modi bruschi non arriverà da nessuna parte con me.

« Va bene ho capito... Però sareste una bella coppia. » Per poco non vomito il vino e la torta che ho mangiato poco fa.
« Tu mi ci vedi in coppia con tutte. »
« Non è vero, non te lo dico praticamente mai! Lo sai che sono l'unica in famiglia che non ti stressa. » Ribatte guardandomi fisso, anche se sono impegnato alla guida.
« Ultimamente non fai altro che parlarmi di Ella e di quanto ti piacerebbe come cognata. »
« Ok, forse sto un po' esagerando, però c'è sicuramente qualcosa tra voi. Una bella intesa direi. » Per un momento ho temuto che si riferisse ad altro.

« È vero, lo ammetto ma non staremo mai insieme, rassegnati. » Le dico freddo. Non potrei infelicitare un'altra persona come lo sono già io. Non se lo merita, è troppo buona per essere condannata a restare con uno come me e se ne renderà conto da sola se continua ad avere a che fare con me.

« Smettila non è vero!! Non dire questo! Lo sai che quello che è successo non è stata colpa tua, non potevi prevedere che accadesse, nessuno avrebbe potuto! » Alza la voce sbattendo la mano sul sedile. Ha gli occhi lucidi, come se stesse per piangere.

« Invece sì! Io potevo evitarlo ed invece non ci sono riuscito! Ma non voglio parlarne, basta! » Nessuno mi convincerà mai del contrario. Se quel giorno due persone sono morte, la colpa è mia e non mi perdonerò mai per questo gesto, mai. È da allora che non vivo più e presto o tardi, ferirò anche Ella perché è questo ciò che so fare meglio e non c'è scampo per nessuno.
Devo restare da solo.















Angolo autrice:


Buonasera cari lettori! Come ogni settimana, vi saluto con un nuovo capitolo della storia. Cosa ne pensate del compleanno di Richard? Vi è piaciuto?
E' curioso notare come i nostri protagonisti vedano e stiano vivendo la cosa in maniera del tutto differente, come Ella e Devon pensino esattamente l'opposto.
Nel finale del capitolo vi ho dato un piccolo indizio sulla tragedia che ha sconvolto il nostro Devon. Chi sono le due persone da lui citate?
Vi lascio con questi dubbi e vi aspetto mercoledì prossimo!
Kisses.


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Capitolo 32
*** Capitolo 30 ***


Devon's pov

Si prospetta una giornata pesante. Mai avute così tante emergenze nel giro di un paio d'ore. Sono ancora le nove di mattina, ma sembra che il mondo abbia deciso di rendermi le cose più difficili del solito. Appena metto piede in ospedale, una donna incinta partorisce praticamente nel corridoio. Per fortuna stanno bene tutti e due, tre se consideriamo il padre che per poco non sveniva anche lui.
Arriva presto un uomo sulla cinquantina con un infarto in corso.

« Roxanne. » Le faccio cenno con lo sguardo di procedere. Oggi i miei studenti dovranno dare una mano se vorranno conquistarsi un bel voto o potranno dire addio alla loro carriera di medici.

« Sì, dottore. Allora, l'uomo lamenta forti dolori al petto e al braccio sinistro. L'ECG mostra chiari segni di aritmia. Abbiamo effettuato il prelievo per accertare la diagnosi attraverso l'analisi dei marcatori cardiaci. »

« Quali marcatori? » Le domando mentre collegano il paziente al monitor per controllare la frequenza cardiaca.
« Le troponine e il BNP. »
« Perché non la mioglobina o la CK? »
« Perché il paziente ha i sintomi da troppo tempo, non servirebbe a nulla e faremmo perdere solo tempo al laboratorio. » Annuisco orgoglioso. Stanno imparando finalmente!
« Bravissima, te lo lasc... » Sto quasi per andare via lasciando tutto nelle loro mani, quando il monitor inizia a tintinnare.

« È in fibrillazione ventricolare! » Esclamo spostando lo sguardo dallo schermo all'uomo sul quale mi precipito.
« Ventilatelo, ora. » Ordino notando la cianosi già evidente sul suo viso.
« Pressione in calo, cento su sessanta e frequenza cardiaca di quarantasei. Saturazione novantacinque percento. » Mi comunica Danny, un altro mio studente.
Il cuore smette di pompare sangue in pochi secondi.

« Un milligrammo di epinefrina. » Cerco di restare calmo e vigile, ma quando una situazione apparentemente sotto controllo diventa un'emergenza critica, è inevitabile farsi prendere dal nervosismo, anche se si fa questo lavoro da tempo. Pratichiamo il massaggio cardiaco ma il cuore non riparte.

« Defibrillatore. Carica... Allontanatevi. Libera.» Niente, lo strumento ci segnala il caratteristico suono della cosiddetta "linea piatta".
« Ancora, carica a duecentocinquanta. Vai! » Niente, non c'è battito.
« Carica a trecento...Libera. » Continuiamo per qualche altro minuto ma è tutto inutile perché ormai l'abbiamo perso.

« Ora del decesso... nove e quarantasei. » Sbatto la cartella clinica sul bancone. Odio perdere i miei pazienti e inoltre, i miei studenti sono piuttosto sconvolti. Per molti di loro è la prima perdita sul lavoro. Roxanne guarda immobile il cadavere del paziente, così decido di intervenire.

« Uscite di qui, tutti. » Irrompo nella stanza prendendo Roxanne per un braccio e trascinandola fuori. È inutile commiserarsi ora, ma non posso essere duro con loro. Sono stati molto efficienti.

« Fate una pausa... » Li congedo dando una pacca sulla spalla alla mia studentessa e mi rinchiudo nel mio studio. Mi siedo sulla poltrona incazzato. Sono sicuro che avremmo potuto salvarlo e non capisco come la situazione sia precipitata così velocemente.
Sì, sono incazzato con me stesso e lo sarò finché non avrò la certezza che non avrei potuto salvarlo in nessun modo, ma per questo devo attendere i risultati delle analisi del sangue.
Mentre mi crogiolo tra i sensi di colpa e controllo le mail di lavoro dal pc, qualcuno bussa alla mia porta.

« Avanti... » Assumo una posizione più composta e alzo lo sguardo sulla figura che si palesa.
« I risultati delle analisi del paziente deceduto.» Angie mi piazza i fogli sotto il naso guardandomi come se già sapesse cosa sto per dirle.

« Aveva un'insufficienza cardiaca...» Ammetto osservando i valori dei marcatori cardiaci che sono stati eseguiti.
« Sì, e dallo storico è emerso che il paziente era stato già operato per il malfunzionamento di una valvola aortica. »

« Capisco, aveva il BNP alle stelle... » È un marcatore che aumentato indica uno scompenso cardiaco legato all'ipertrofia ventricolare.
« Dottore non poteva fare molto... Il cuore avrebbe ceduto comunque. » Mi rassicura, ma si sbaglia. Apprezzo sempre, però, l'aiuto ed il conforto di Angie.
« Sì...Puoi far vedere queste cartelle anche ai miei studenti? Sono parecchio sconvolti.. » Gliele restituisco e il tecnico annuisce.

« Certamente, se ha bisogno, sa dove trovarmi.» Mi sorride e sparisce con la sua lunga treccia nera ondeggiante dal mio ufficio.
Per oggi ne ho abbastanza dell'ospedale, decido quindi di recarmi al mio studio in anticipo, lasciandomi tutti i problemi alle spalle per qualche ora.
Avrei potuto salvare una persona e non ci sono riuscito, ma almeno posso rendermi utile con i miei altri pazienti, spero. Prendo tutte le mie cose ed esco velocemente dalla mia stanza passando però per il pronto soccorso. Roxanne mi si lancia addosso come una cavalletta.

« Dottore! Ha visto le analisi? Non potevamo salvarlo vero? Oh mi dispiace troppo... ho parlato con la famiglia e... » Tira su con il naso mentre non ho il coraggio di allontanarla bruscamente come faccio di solito.

« Hai fatto un buon lavoro, stai tranquilla...» La rassicuro accarezzandole la schiena. Mi dispiace che si sia traumatizzata fino a questo punto. Purtroppo si dovrà abituare se vuole fare questo mestiere. Ogni volta è sempre una sconfitta personale e il dolore e la delusione rimangono comunque.

« Grazie dottore, é un onore lavorare con lei.. » Mi sorride e non posso che ricambiare in modo affettuoso. È una brava studentessa, dopotutto. La lascio tornare a casa e finalmente esco da quel dannato ospedale.

L'aria mite di maggio mi colpisce dritto in viso accarezzandomi le guance che ospitano una leggera barba che ho deciso di far crescere. Nonostante lo studio non sia proprio a due passi dal Lennox, farò il tragitto a piedi. Con tutto ciò che sta succedendo, non ho molto tempo per allenarmi e una camminata non può di certo farmi male, anzi.
Mentre mi inoltro tra le strade affollate di New York, il suono del cellulare mi costringe a distogliere lo sguardo ed alzare gli occhi al cielo.

« È la terza volta che mi chiami e sono solo le dieci e un quarto di mattina. Cosa c'è ancora Clarissa? » Mia sorella sa essere davvero petulante quando ci si mette. Ora ricordo perché non ci chiamiamo spessissimo.

« Scusami fratellone, ma dovrai sopportarmi. » Mi racconta brevemente del suo "problema". In pratica, è indecisa su quali modelli proporre nella sua sfilata.

« E mi hai chiamato per questa stronzata? Non avevi un'assistente?! »
« Sei sempre così scontroso la mattina?! Mamma mia! Non ti si può dire nulla. Comunque sì, chiederò a lei. » Sbuffo e le attacco praticamente il telefono in faccia. Da ieri sera e dopo la nostra discussione in macchina su Ella e tutto il resto, Clarissa ha cercato di sistemare le cose chiamandomi ogni minuto della giornata, con i pretesti più assurdi. È di nuovo preoccupata per la mia salute mentale...

Lasciando perdere questi pensieri per un po', arrivo finalmente a destinazione con una sorpresa ad attendermi all'esterno dell'edificio. Rose, la mia assistente personale, e Summer stanno discutendo animatamente.

« Signorina, le ho già detto che il dottor Reinfield non è qui! Dovrebbe arrivare fra poco ma non posso farla entrare, ha capito? »
« Senta, non mi interessa quello che dice, devo entrare e subito!! »

Basta così, ne ho abbastanza di questo spettacolo pietoso e soprattutto di Summer. Forse se avessi risposto alla sua chiamata l'altra sera, non sarebbe successo.

« Summer cosa ci fai qui? » Rose tira un sospiro di sollievo.
« Ah eccoti finalmente! Perché non rispondi alle mie chiamate?! »
« Perché non voglio sentire le tue lagne e comunque lascia stare la mia assistente.» Faccio cenno a Rose di iniziare a salire di sopra lasciandomi solo con Summer.
« E se invece avessi avuto bisogno di aiuto, mh?»
« Ne hai bisogno? »
« No..»
« Bene, allora puoi andare.. »
« Ma Devon! » Alzo per l'ennesima volta gli occhi al cielo e la oltrepasso per entrare nel mio studio. Ovviamente mi segue.
« Ho del lavoro da sbrigare... »
« Da quando sei diventato così freddo con me?»
« Da quando te ne sei andata e poi hai preteso che tutto tornasse com'era prima.»
« Allora è questo il problema? » Non l'aveva capito? Andiamo bene.
« Mi era sembrato chiaro. »
« Ok.. ho capito. » Finalmente! Mi giro per guardarla in viso. Forse è la volta buona che mi lascerà in pace per sempre.
« Me ne vado... ma non è finita qui. » Peccato, anche perché non c'é più nulla di cui parlare.
Non volevo una relazione seria ma con lei ci avevo provato, davvero. Poi se n'è andata ed ho capito che non era la persona giusta per me. Non commetterò di nuovo lo stesso sbaglio, no. Per me è acqua passata, ormai, e soprattutto odio le persone che mi prendono per stupido. Diceva di amarmi e poi alla prima occasione mi ha voltato le spalle andando a dire in giro che la usavo per i miei sporchi comodi. Quando è tornata le ho anche dato una seconda possibilità, ma le cose non sono andate come si sperava, perciò meglio finirla qui. Ho già sofferto abbastanza ed anche lei.

« Rose mi scuso per questo piccolo inconveniente. Non accadrà più. »

« Non si preoccupi dottore, è tutto apposto.» Mi sorride cordiale e le chiedo quanti pazienti hanno prenotato una vista per oggi e a che ora dovrebbe arrivare il primo. Mi dice che avremo il tempo di pranzare e che per l'una inizieranno le visite. Bene, posso sistemare le carte nello studio.
C'è una tale confusione qui dentro che non immagino quanto tempo dovrò impiegare per risistemare il tutto. Per fortuna, il cellulare squilla nuovamente ed è Richard questa volta. Oggi hanno tutti una gran voglia di stare al telefono.

« Richard, ci siamo visti solo ieri e già ti manco? »
« Non farti strane idee Devon! Come te la passi? » Gli racconto della mia pessima mattinata e di come sia peggiorata ulteriormente a causa di Clarissa e Summer, ma che ora sono finalmente rinchiuso nel mio studio in pace.

« Capisco, quindi è meglio se ti lascio lavorare va. Ci sentiamo presto, sono sicuro che dovrai raccontarmi molte cose. » Usa un tono ambiguo che mi lascia perplesso, ma in fondo fa sempre così e ancora devo capire perché me ne sorprendo ogni volta. Attacco la chiamata e mi dedico alle scartoffie riuscendo a riordinare gran parte del caos nelle ore successive. Ah se fosse così facile attuare lo stesso sistema per la mente. Chiuderei tutti i brutti pensieri in un cassetto a chiave e darei spazio a quelli belli che al momento, però, scarseggiano.
Sento bussare alla porta, gesto inconsueto per i miei pazienti o per Rose che di solito irrompe nella stanza senza annunciarsi. Mi reco, quindi, ad aprire la porta perplesso, trovandovi con mia grande sorpresa, Ella sull'uscio che regge una fetta di torta al cioccolato. Istintivamente sorrido e mi faccio da parte per farla accomodare.

« Che cosa ho fatto di buono per meritarmela?»
Che giornata piena di sorprese quella di oggi, ma finalmente se ne presenta una degna di essere chiamata bella.

Ella's pov

Varco la soglia dell'edificio con un cestino all'interno del quale, ho delicatamente riposto il dolce che ho cucinato stamattina. Ho portato una fetta anche all'assistente, cioè a Rose, dal momento che si è presa più di una strigliata da parte del capo per colpa mia.L'espressione sorpresa e compiaciuta che si dipinge sul volto di Devon quando mi vede, mi riempie il cuore di gioia. So che ha avuto una brutta giornata, perciò mi sembrava un gesto carino. In fondo siamo amici no?

« Ho pensato potesse farti piacere, so quanto adori il cioccolato. » Gli sorrido entusiasta mostrando la fetta di torta al pan di spagna al cacao ripiena di nutella e con una spolverata di zucchero a velo. Affianco un piccolo cuoricino, sempre di pan di spagna e glassa bianca, funge da decorazione. Mi fa spazio così da entrare nel suo studio. Quanti ricordi questa stanza, non che sia passato molto tempo in effetti. Cerco di non distrarmi e poggio il piattino sulla scrivania.

« Devo farti una lista? » Rispondo alla sua domanda di prima.
Ha fatto molte cose per me, anche se non se ne rende conto, tra cui salvarmi letteralmente la vita un paio di volte. Da questo si nota la sua negatività, il pensiero che ha di commettere sempre un passo falso tanto da non fidarsi di nessuno. Come può non accorgersi della bella persona che è? Si merita questo e tanto altro.

« È una tentazione questa torta...» Commenta richiudendo la porta alle spalle e venendo nella mia direzione.
« Ti ho messo anche un cuoricino, vedi? » Glielo indico fiera del mio operato con un gran sorriso. Devon lo osserva e lo afferra delicatamente mordendone un pezzo equivalente circa la metà.

« Se anche il resto è così, non durerà molto nel piatto.. » Accenna un ulteriore sorriso porgendomi, sorprendentemente, l'altra metà del cuore. « Questo è tuo...»

Mi coglie alla sprovvista, ed infatti, ci metto qualche secondo per afferrare il dolcetto che mi sta donando. Potrebbe sembrare un gesto molto semplice, privo di significato, ma sento che non è così. Lo prendo e lo assaggio, gustandomi il sapore deciso del cacao.

« Wow, se un morso ti ha addolcito, non saprei che aspettarmi quando finirai il resto! » Lo prendo in giro per evitare di apparire troppo meravigliata, appoggiandomi al bracciolo della sedia. « È buona vero? »

« Quindi l'hai fatta per addolcirmi? Puoi anche ammetterlo... » Sorride, apparentemente divertito, ponendosi contro il bordo della scrivania. « Sì, è molto buona così come sono tanto magnanimo da condividere la tua stessa creazione con te. »
Finge un'aria altezzosa incrociando poi le braccia al petto.

« Lo ammetto, così come puoi ammettere anche tu che sia riuscita perfettamente nel mio intento.. » Gli rispondo altrettanto ironica. Mi avvicino puntandogli il dito contro. « Se questo è il massimo della tua gentilezza, la torta deve fare abbastanza schifo. » Gli volto quindi le spalle e, per provocarlo, gli rubo un morso.

« Forse un poco, ma sai anche che non lo ammetterei mai totalmente. » Arriccia il naso e poi scatta non appena gli frego la merenda. «Ehi! Non vale! La torta è mia adesso e ho detto che mi piace. » Si sporge e, dandogli le spalle, riesce a farmi il solletico. Scoppio a ridere e mi prendo un altro pezzettino di dolce.

« Me la porto via se non la smetti! » Devon si allunga e, invece di smettere di solleticarmi, mi afferra i fianchi tirandomi tra le sue braccia per poi levarmi il piatto dalle mani. Metto il broncio come se fossi una bambina alla quale hanno appena rubato le caramelle.

« È troppo grande per te, poi ti viene il diabete... » Sorrido beffarda ma ormai la torta è nelle sue mani, anzi, solleva anche il braccio per non farmela riprendere.

« Smettila, se ti preoccupavi del mio diabete non mi portavi la torta. » Mi risponde divertito sorridendo.
« Ho preso solo due morsi.. È ancora tutta intera. » Mi lecco le labbra per ripulirle dai residui del cioccolato. « Come hai detto tu, il mio obiettivo era addolcirti non preoccuparmi del tuo diabete..»

« Se te la mangi tutta, mi perderò il divertimento di assaggiarla e dirti che non è nemmeno così buona! » Mi libera dalla sua presa per dare un altro morso alla torta che poi riappoggia sulla mia adorata scrivania.

« Sei davvero uno stronzo...» Commento non spostandomi da quella posizione. Automaticamente, riposiziona il braccio intorno alla mia vita, come se fosse quello il suo posto ed io mi adatto perfettamente tra le sue braccia. Per un attimo immagino come sarebbe la mia vita fatta di questi fugaci ma bei momenti se Devon si arrendesse all'amore.

« L'hai capito adesso? »
«Non sei sempre così, sei un po' bipolare in realtà... » Sorride scuotendo la testa. Ne è consapevole evidentemente!
« Non posso darti torto...» Sento il suo sorriso, anche se sono di spalle e non posso vederlo. Non so se si sia reso conto che siamo ancora abbracciati o il ricordo di ciò che è successo proprio su questa scrivania, gli abbia annebbiato la mente. Sospira sul mio collo come colto da qualche pensiero non troppo felice e mi lascia andare. Mi libero dalla sua presa e mi volto nella sua direzione.

« La torta non la finisci? » Gli chiedo dondolandomi sui talloni appoggiando però le mani ai bordi della scrivania sulla quale è appoggiato il dottore.

« Certo che la finisco. » Mi sorride ma nel suo sguardo c'è qualcosa che non va, che lo turba. Lo abbassa subito e per me è come risprofondare nel buio più totale.
Questa sensazione mi soffoca, mi toglie il respiro e per un attimo provo ad immaginare come debba sentirsi nel nascondere il suo dolore al resto del mondo. Mi sento impotente perché non posso fare niente, non posso aiutarlo se non me lo permette ed è terribile essere la spettatrice di questo strazio. Mi mordicchio l'interno della guancia e, proprio come ha fatto con me al compleanno di Richard, mi slancio per abbracciarlo.
Potrebbe respingermi, potrebbe allontanarmi come ha fatto con gli altri, potrebbe chiedermi di andarmene, ma non lo fa. Abbraccio lui ed il suo dolore accogliendo la tenebra che lo tiene in gabbia. Per un momento la sento, sento tutta la tristezza che lo avvolge e mi piange il cuore. Nessuno dovrebbe soffrire così, e anche se non riesce ancora ad aprirsi del tutto con me, sento di essere sulla buona strada. Mi cinge la vita ed io gli allaccio le braccia intorno al collo poggiando la guancia sul suo petto. Il battito del suo cuore è irregolare e riflette perfettamente il mio, altrettanto scombussolato dalla situazione, dalla piega che sta prendendo questa storia e la mia vita. Ho paura che una volta scoperto il suo segreto, non sarò capace di sopportarlo e che sarà stato tutto inutile. Sono forte, lo so, ma riuscirei ad esserlo per entrambi?

« Ella.. io.. » Lentamente mi allontana sciogliendo l'abbraccio e lasciandomi una strana sensazione di freddo intorno.

« Sì..? » Chiedo cauta, temendo la sua risposta. Mi sposta qualche ciuffo della frangia di lato accarezzandomi lentamente la guancia. Sta per dirmi qualcosa, ne sono certa, ma bussano alla porta facendo andare tutti i miei sforzi in frantumi. Sono costretta ad allontanarmi dal suo corpo con il capo chino. Rose si materializza dall'altro capo della stanza.

« Scusatemi.... Dottore è arrivato il primo paziente. » Ci comunica lanciandoci un'occhiata di circostanza, sempre imbarazzata quando ci interrompe, e in effetti, capita spesso.
« Sì, grazie Rose. Dammi un paio di minuti. » Si schiarisce la voce per risponderle.

« Comunque era davvero buona la torta signorina Davis. » Si complimenta la ragazza ed io le sorrido, rispondendole che sono contenta che le sia piaciuta.
Devon mi guarda perplesso ma poi sorride.

« Allora non era solo per me la torta.. »
« Beh, mi sembrava giusto offrirla anche alla tua assistente. Sembra una brava ragazza. » Faccio spallucce. Mi è sempre sembrata simpatica, ed in fondo, la compatisco. Non oso immaginare come sia lavorare per Devon che ti punta il suo sguardo di ghiaccio addosso ad ogni errore.

« Perché lo è. » Finisce il resto della torta in un boccone e mi scorta alla porta.
« Grazie Ella. »
« Non ringraziarmi, l'ho fatto con piacere.» Annuisce e l'angolo delle labbra si incurva all'insù. Ricambio il sorriso ed esco dalla porta salutando anche Rose.
Sono contenta di ciò che ho fatto e soprattutto della reazione positiva che ho riscontrato in Devon alla mia sorpresa.

——————————

Torno a casa felice, con un sorriso stampato in volto e a quanto pare non sono l'unica. Audrey appare nel salotto del nostro appartamento con ancora l'abito di ieri addosso e un'espressione a me familiare. Ieri sera, dopo che Devon è andato via con la sorella, siamo rimaste a chiacchierare un altro po' con Richard fino a quando, stanca, ho deciso di abbandonare la nave senza la mia coinquilina che a quanto pare è finalmente riuscita a concludere qualcosa.

« Alla buon ora, amica mia! Devi dirmi qualcosa? » La incalzo con un occhiolino, lo stesso che hanno riservato a me dopo aver saputo delle mie faccende intime.

« Io? Certo che no! » Sorride come un' ebete ma poi corre ad abbracciarmi, chiaro sintomo che è successo qualcosa di bello.

« Avanti, ammettilo. Anche perché è piuttosto evidente vista la tua espressione e il fatto che tu abbia ancora il tuo vestito di ieri. » Scuoto la testa ridendo e dandole qualche pacca sulla schiena.
« Potrebbe non significare nulla eh! Ma in questo caso sì... » Quasi arrossisce, che tenera.
« Era abbastanza ovvio, comunque.. » Le faccio uno dei miei sorrisi migliori guardandola entusiasta. « Lo sai che devi darmi qualche dettaglio, vero?» La incalzo, un po' sono curiosa e un po' devo vendicarmi del suo interrogatorio dell'altra volta.

«Ehm... Ti posso solo dire che c'entrava un tavolo, a proposito avevi ragione non sono affatto scomodi, e la nutella. Abbiamo fatto un gioco che poi è degenerato in altro... » una risata colpevole le sfugge, una delle più genuine che le ho mai visto fare.

« Sono contenta per te amica mia! Ben fatto. » Le faccio un ok con il pollice.
« Sì! Siamo riuscite nel nostro obiettivo! Già ci vedo ad organizzare un matrimonio doppio e fare bambini insieme! »
« Oh mio dio, Audrey! Stai decisamente correndo troppo. » Sgrano gli occhi impressionata. È certamente impazzita. Non mi ci vedo per niente con una fede al dito e sono troppo giovane per pensare ai figli. Che ansia!

« Shh, ho deciso che sarà così, non si discute. » Alzo gli occhi al cielo, meglio non contraddirla oggi, è troppo euforica perfino per i suoi standard.

———————————

Sono le sette e mezzo di sera e finalmente sono sdraiata sul divano a contemplare le mie splendide creazioni di questo pomeriggio. Ero parecchio ispirata, complici i successi ottenuti oggi, perciò mi sono messa all'opera per finire qualche disegno lasciato incompleto e farne dei nuovi. Poggio il carboncino sul tavolino del salotto insieme all'ultimo foglio e, proprio mentre sto per alzarmi, il suono del campanello attira la mia attenzione. Non aspetto nessuno e credo neanche Audrey che al momento è al telefono nella sua camera.
Raggiungo la porta e nell'udire la risposta alla mia domanda su chi fosse, un sorriso si fa largo sul mio volto.

« Un dottore a caso. »
« A caso eh? Dai entra...» Almeno questa volta non sono in pigiama ma indosso i pantaloni della tuta e una T-shirt bianca infilata al loro interno.
« Ce ne sono tanti di dottori. »
« Sì, ma sei l'unico che conosco abbastanza da irrompere in casa mia. » Nel frattempo mi scosto per farlo entrare ma Devon rimane all'ingresso così aspetto che dica qualcosa.

« Disturbo? Stavi cenando? »
« No e non ancora. »
« Bene allora ti porto a cena fuori. » Lo guardo sorpresa ma felice dell'invito.
« Cosa ho fatto di buono per meritarmelo?» Gli rigiro la stessa domanda che mi ha fatto stamattina nello studio.

« Oggi è stata una giornata davvero dura e tu mi hai fatto sentire meglio con le tue creazioni culinarie, discutibili, ma comunque...» Scherza e un sorrisetto, appunto, tradisce il suo finto tono serio. « Perciò, mi volevo sdebitare anche perché Clarissa sta impazzendo con la sfilata e non ho intenzione di subirmela stasera. »

« Ehi la mia torta era squisita! » Ribatto prima di proseguire. « Sarò lieta di farle compagnia signor Conte ma devo cambiarmi. Un colpo di telefono sarebbe stato gradito. » Alludo anche alla volta precedente, quando si è presentato con la sorella. Il cellulare ce l'ha per hobby...

« Non fare la permalosa, su...» Finalmente entra nell'appartamento così posso richiudere la porta alle nostre spalle. « È stata un' improvvisata. Stavo tornando a casa e poi ho cambiato idea. » Fa spallucce e gli faccio cenno di accomodarsi sul divano.

« Non faccio la permalosa... Oh che cosa carina! » Lo prendo in giro e gli offro un bicchiere di thè freddo.

« Hai ragione, lo sei. » Schiocca la lingua contro il palato e si siede all'angolo del sofà. «Che gentile! » Scimmiotta il mio tono di prima e prende un sorso della bevanda ghiacciata.
Prima che potessi impedirglielo, il dottore afferra uno dei miei disegni lasciati sul tavolino di legno davanti a lui.

« Hai davvero talento... » Riappoggia il bicchiere mentre, frettolosamente, raccolgo il resto dei disegni per metterli via.
« Ehi sono personali, non puoi vederli. »
« Erano sul tavolo, come potevo ignorarli? Comunque è bellissimo. » Commenta stringendo il foglio di carta tra le mani.
« Non sapevo che venissi, altrimenti li avrei messi via. Comunque grazie, ma ora ridammelo. » Mi avvicino per riprendermelo.
« Una studentessa d'arte che nasconde i propri lavori. Non era il massimo auspicabile per voi esporli? » Solleva il braccio trattenendosi il disegno tra le dita voltando lo sguardo nella mia direzione. Sbuffo e tento di spiegargli come funziona per me.

« Ti spiego. I lavori che faccio per l'università sono diversi da quello che hai tra le mani. È un passatempo e se noti, non è finito, quindi dammelo. » Mi sporgo nuovamente per prenderlo toccando le sue ginocchia con le mie.

« Non è pur sempre arte? Che importa se sia completa o no? L'estro rimane tale così come l'intenzione. » Dà un'ultima occhiata al disegno per poi restituirmelo.

« Belle parole, ma c'è una differenza per me. Non mostro a nessuno i disegni che creo nel tempo libero, sono personali.» Lo rimetto nell'apposita cartellina blu sospirando di sollievo. Non voglio che guardi le mie creazioni, sono intime e alcune di esse lo ritraggono anche, se vogliamo dirla tutta. Alza le mani in segno di resa e si riappoggia allo schienale. In quel momento esce Audrey dalla sua stanza e la sentiamo dire "A presto Rick."
Devon ed io ci scambiamo uno sguardo complice.

« Oh Devon! Ciao! Come stai? » E si sono visti solo ieri, figuriamoci. Quando sono diventati amici tra l'altro?
« Ehi Audrey, tutto bene che mi racconti? Mia sorella ti sta stressando come sta facendo con me?»

« Bene io vado a cambiarmi nel frattempo. » Annuncio anche se non mi degnano di una grande attenzione. Pazienza.
Fuggo nella mia stanza in cerca di qualcosa da mettere per la serata.
Quando faccio ritorno nel salotto poco tempo dopo, sento gli sguardi dei presenti su di me. Ho indossato un paio di pantaloni neri a vita alta ed una camicetta celeste che ho infilato all'interno, stivaletti neri con un minimo di tacco e capelli sciolti che mi ricadono sulle spalle.

« Sono pronta, andiamo? » Guardo Devon e poi Audrey che ammicca impercettibilmente. Vorrei alzare gli occhi al cielo ma mi trattengo.

« Bene Audrey, alla prossima. Non ti far pressare troppo da Clarissa mi raccomando.» Si salutano con due baci sulle guance affettuosamente. Mi sorprende la loro confidenza...
Mi avvicino alla porta recuperando le chiavi di casa nell'attesa.

« A dopo. » La saluto con un cenno della mano per poi seguire il dottore al di fuori dell'appartamento.

« Da quando siete così amici tu ed Audrey? » Gli domando mentre scendiamo le scale per giungere alla sua auto.

« Amici mi sembra un parolone, ma dalla festa di Richard comunque. » Mi apre il portone e ci dirigiamo all'esterno. Annuisco senza sapere cosa aggiungere. Forse avrei fatto meglio a tacere.

« Dove mi porti di bello? » Gli chiedo per cambiare argomento salendo dal lato del passeggero e allacciandomi la cintura di sicurezza.

« Vedrai, credo che ti piacerà. » Mi sorride e in men che non si dica, partiamo alla volta della nostra meta.


















Angolo autrice:


Buon mercoledì pre-Pasqua a tutti!  Secondo voi, se Rose non fosse entrata, Devon avrebbe detto qualcosa ad Ella o no? Magari lo farà a cena, chi può saperlo. Fatemi sapere che ne pensate con una recensione. Buona Pasqua a tutti, ci vediamo la settimana prossima!
Kisses.


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Capitolo 33
*** Capitolo 31 ***


Ella's pov

Siamo già in viaggio da circa tre quarti d'ora per giungere alla meta designata da Devon. Non so dove siamo diretti, ma suppongo in periferia dato il lungo tragitto. Nel frattempo ci manteniamo su una conversazione leggera, parliamo dei nostri amici e della sorella che lo sta pressando per l'imminente sfilata.

« Quindi il grande evento è sabato prossimo? »

« Sì, grazie a Dio... Non ce la faccio davvero più a sopportare mia sorella che si lamenta... »

« Però capiscila, è la sua sfilata. È come se esponessi i miei lavori in una galleria d'arte. Sarei emozionata e andrei sicuramente nel pallone per ogni minima cosa. Dovrebbe essere tutto perfetto. » Mi lancia un'occhiata mentre faccio il mio discorso giocherellando con i laccetti della giacca nera.

« La capisco ma resta che rompe troppo perché sono il fratello e sa che può permetterselo. » Sorrido e scuoto la testa alla sua affermazione. « Comunque siamo arrivati. » Parcheggia l'Audi nera nel primo posto libero che troviamo e scende velocemente dall'auto per aprirmi la portiera.
Lascia le chiavi ad un addetto e mi poggia la mano sulla schiena per condurmi all'interno del locale. L'esterno è molto grazioso e per fortuna non sembra il tipo di locale extra lusso. Mi ci sarei sentita a disagio, ma questo Devon lo sa già.
Mettiamo piede all'interno che non rispecchia affatto la facciata esteriore decisamente più rustica. È raffinato ma non troppo chic. I pochi tavoli sono disposti in mezzo alla sala e c'è anche un uomo che canta e suona il piano in un angolo. La musica è strepitosa così come il resto del ristorante. Meno male che sapeva che non sono abituata a queste cose...
Un cameriere ci accompagna alla nostra postazione e mi scosta addirittura la sedia per farmi accomodare. Credo che sia la prima volta che mi capita.
Lo ringrazio con un sorriso timido e mi schiarisco la voce prima di rivolgermi a Devon.

« Mi piace il posto. Soprattutto la musica.»
« Sono felice che ti piaccia. » Mi sorride e mi porge il menù. Ci sono così tanti piatti che c'è l'imbarazzo della scelta.
Alla fine optiamo per agnello con patate al forno che a detta di Devon, è uno dei piatti migliori che servono in questo posto e devo dire che ha ragione.

« Ammetti che era meglio la mia torta..» Lo prendo in giro portandomi alle labbra una cucchiaiata del tortino al cioccolato e panna che abbiamo preso come dessert.

« Certo, come no. Non c'é proprio differenza, guarda. » Ribatte il dottore rubandomi un po' della panna che lo chef ha messo come decorazione.

« Però il resto della cena era ottimo. »
« È uno dei miei ristoranti preferiti. » Si capisce subito. È un locale piuttosto intimo che all'esterno appare semplice ma che rivela un interno sensazionale. Un po' come Devon, in effetti. Ricordo che una volta Richard lo ha paragonato a "quei cioccolatini che all'esterno sono duri, ma hanno all'interno un cuore di cioccolata fusa".

« Sei stato gentile a portarmici. »
« Figurati, mi andava di farlo. » Fa spallucce, come se fosse la cosa più ovvia del mondo mentre non lo è affatto. Mi resta ancora molto da scoprire su di lui.
Al termine del dessert, un cameriere si avvicina al nostro tavolo per porgerci il conto.

« Non posso convincerti in nessun modo a dividere, vero? »
« Non ci pensare proprio. Ti ho invitata io tra l'altro. » Porge al solito cameriere la sua carta di credito e in pochi minuti siamo fuori.

« Sei stanca? » Mi chiede non appena mettiamo piede in auto e dopo che mi sono allacciata la cintura di sicurezza.
« No, perché? »
« Non vorrei essere la causa del tuo ritardo al lavoro domani. » Mi sorride in modo ambiguo. Ricambio interdetta.

« No, non preoccuparti di solito faccio più tardi la sera. » Beh sono appena le undici...
Annuisce e guidiamo verso la città. Siamo di ritorno meno di un'ora dopo.

« Spero che mia sorella stia dormendo...»
« Dai, non può essere così tremenda! »
« Si vede che non ci hai mai vissuto. »
« Puoi sempre venire da me! » Lo dico scherzando, eppure mi guarda come se gli avessi appena detto di avergli rapito il cane. Approfitta del semaforo rosso per parlarmi.

« Ella..mi dispiacerebbe se ti facessi un'idea sbagliata dopo quello che c'è stato. A me piace passare del tempo con te indipendentemente dal resto...» Lo guardo perplessa. Perché cacciare l'argomento ora?

« No, certo che no. Credevo di avertelo già chiarito. »
« Sì, non era riferito solo al sesso, detto senza filtri...»
« Ho capito cosa intendi, sta tranquillo. » Beh in realtà credo di essermi persa qualche passaggio.

« Peccato che io non stia mai tranquillo.» Riparte in direzione del mio appartamento.

« Con me puoi stare tranquillo, davvero. Senza pretese. » Mi si incrina un po' la voce nel finale ma non credo che l'abbia notato.
« Si possono creare bei rapporti anche così. » Risponde e mi piange sempre di più il cuore.
« Lo credo anche io. »
« È per questo che ci sto bene con te. » Il colpo di grazia, è come una pugnalata al petto. Improvvisamente inizio a sperare di arrivare il più in fretta possibile a casa. Devo scendere da quest'auto, mi manca decisamente l'aria.
Per fortuna dieci minuti dopo siamo all'esterno del mio palazzo.

« Grazie per la cena, è stata deliziosa. » Mi slaccio la cintura di sicurezza e apro lo sportello per scendere dalla macchina. Finalmente respiro. Devon mi segue a ruota, purtroppo.

« Di niente. Ci vediamo sabato, buonanotte. » Ah giusto, la sfilata.
« Sì, buonanotte...» Non ho il coraggio di fare niente, ma il mio corpo viene attratto come una calamita al suo e mi ritrovo ad abbracciarlo, tradendomi di nuovo.

« Va tutto bene..? » Mi accarezza la schiena cercando di capire che cosa mi turbi. Ed è questo il motivo per il quale non voglio dire nulla riguardo i miei sentimenti per lui. Se lo sapesse, mi allontanerebbe come ha fatto con le altre e non potrei sopportarlo. Non capisco come sia potuto succedere, ma Devon è riuscito ad entrarmi dentro e qualsiasi tipo di rapporto voglia con me, dovrò cercare di farmelo andare bene. Almeno fino a quando non esploderò.

« Sì, va tutto benissimo...»
« Con me puoi parlare, lo sai.» Annuisco staccandomi dal suo abbraccio. I suoi occhi chiari scrutano i miei in cerca di qualche risposta.

« Anche tu con me se dovessi averne bisogno. » Indietreggio di qualche passo accennando un sorriso che muore quasi subito. Mi volto e non mi giro più nella sua direzione afferrando velocemente le chiavi dalla borsa e chiudendomi il portone e la serata alle spalle. Come finire di merda la giornata. Era iniziata benissimo ed ecco il risultato. Cosa mi aspettavo, dopotutto? Era stato chiaro dall'inizio. Posso essere tanto stupida da sapere perfettamente come stanno le cose e sperare comunque che cambino da un giorno all'altro?
Non succederà. Lui non vuole nessuno.

Entro in casa come una furia e con mia grande sorpresa, Audrey non è sola, Richard è seduto accanto a lei sul nostro divano. Ah wow.

« Ella! Pensavo non tornassi così presto...» Mi accoglie "calorosamente" la mia coinquilina.

« Lo vedo... »
« Ecco la nostra Ella! » Il ragazzo si alza dalla sua postazione per salutarmi.

« Ciao Rick... tutto bene? » Gli do un abbraccio veloce per poi lanciare borsa e giubbotto sul tavolino.

« Sì, tu stai bene..? »
« Una meraviglia...» Un sorriso fintissimo si fa largo sulle mie labbra. Mi guardano entrambi perplessi.

« Che cosa è successo? Dai parla. » Non mi va di raccontare proprio niente al momento. Richard poggia una mano sulla mia spalla.

« Niente.. Scusatemi, è tardi e devo andare a dormire. Notte. » Audrey muove un passo ma Rick la ferma tirandola a se mentre mi allontano nel corridoio.
Mi fiondo sul letto lanciando le scarpe per aria e sprofondando il viso nel cuscino.
Andava tutto bene, credevo che stessimo facendo passi avanti, addirittura ho creduto che stesse per rivelarmi qualcosa sulla sua vita quando stavamo nel suo studio. Perché deve essere così dannatamente complicato? Il destino ha fatto incrociare le nostre strade in modo bizzarro incasinando completamente la mia vita già confusa di suo. Ho impiegato anni per riuscire a ritrovare me stessa dopo la morte di mia madre confortandomi con il disegno e sperando che qualcuno mi tendesse la mano e mi salvasse dal buio che avevo intorno. Non è successo. Ho dovuto fare tutto da sola e so cosa vuol dire farsi prendere dallo sconforto, so cosa si prova in quei momenti e so che a tutto c'è un rimedio. Se aiutare Devon significa stargli lontana lo farò, anche se va contro ciò che voglio.
Mi asciugo, quindi, una lacrima solitaria con l'indice chiudendo gli occhi ed immaginando un futuro migliore.

—————————-

Un dolce profumo di cioccolato e vaniglia si diffonde nell'aria avvolgendo la cucina. Estraggo la teglia dal forno facendo attenzione a non scottarmi. Poggio la torta sul bancone chiudendo l'anta con un fianco. Ha davvero un ottimo odore, spero gli piacerà.

Mi volto per cercare la panna nel frigo e non appena la trovo, delle braccia mi stringono dolcemente in un abbraccio.

« Buongiorno amore...» Devon mi da un casto bacio dietro l'orecchio strofinando il naso contro il mio collo. « Hai preparato un'altra torta? Se continui così, finirò per diventare un ciccione...»

« Puoi sempre non mangiarla. » Sorrido e so che lo sta facendo anche lui seppur non possa vederlo. Mi volto nella sua direzione poggiandogli le mani sul petto e mettendomi in punta di piedi per dargli un bacio. Ricambia afferrandomi la nuca per approfondirlo, tirandomi leggermente i capelli. Schiude le labbra lasciando che le nostre lingue si uniscano rendendo il momento più passionale, più intenso possibile.
All'improvviso si stacca bruscamente dal mio corpo. Indietreggia di qualche passo e si accascia a terra contorcendosi. Mi chino terrorizzata chiamandolo e scuotendolo affinché si svegli.
Le mie mani sono marchiate dal sangue, lui non c'è più, non posso più aiutarlo. Al suo posto c'è mia madre a terra, fredda come il ghiaccio, gli occhi blu come i miei sono vitrei. Mi fissa, il rosso del suo sangue ci circonda sporcando le mie ginocchia nude. Improvvisamente ho freddo, tremo ma non posso muovermi. Vorrei urlare ma la voce non mi esce, morendomi in gola.

Silenzio, oscurità, gelo.

Non sento più nulla, è finita. Per sempre.

Mi sveglio di soprassalto balzando dal letto e mettendomi seduta. Sono madida di sudore. Mi prendo la testa tra le mani e lentamente mi ristendo sotto le coperte cercando di regolarizzare il respiro. Era solo un sogno, un brutto sogno.
Va tutto bene, andrà tutto bene.

Devon's pov

Controllo che Ella entri nel palazzo prima di voltarmi e fare ritorno a casa mia. Mentre guido tra le strade ormai semi-vuote di New York, ripenso al discorso che abbiamo avuto poco fa. Forse sono stato un po' avventato, ma volevo mettere le cose in chiaro prima che fraintendesse i miei gesti. Mi piace stare con lei ma non posso permettermi di affezionarmi a nessun altro. Spero che abbia capito le mie parole e che non sia saltata a conclusioni affrettate. Mi dispiacerebbe molto se finissimo per non rivolgerci più la parola, ma allo stesso tempo, non posso muovere nessun passo. Potrebbe costarmi caro.

Le strade sono praticamente desolate ma in fondo è lunedì notte, chi vuoi che ci sia a vagare per la città? Giungo in breve tempo a casa e trovo Clarissa ad aspettarmi sveglia sul divano. Perché non si è messa a dormire e basta?

« Devon sei tornato! » Spegne il reality tv che stava guardando alla televisione e si precipita nella mia direzione. Che accoglienza!

« Che ci fai ancora sveglia? » Le chiedo appendendo il giubbotto all'attaccapanni dell'ingresso, sistemandomi le maniche della camicia azzurra.

« Che domande, ti stavo aspettando! Dove sei stato? In ospedale? » Mentire o non mentire? Questo è il problema.

« Sono andato a cena con un'amica. » Non so fingere, meglio restare sul vago.

« Ah.. potevi avvertire, comunque. » Si mordicchia il labbro perché vorrebbe chiedermi di più, lo leggo nei suoi occhi.
« Tutto bene la tua cena? »

« Sì, tutto bene. A te come è stata la serata? » Ci inoltriamo nel soggiorno e ci accomodiamo sul divano. Sono un po' stanco stasera, sicuramente complici le forti emozioni di oggi.

« Tutto bene. Devon volevo darti questa... non so se possa farti piacere, ma è tua. » Mi allunga una lettera infilata in una busta. La riconosco immediatamente e mi immobilizzo. Credevo di averla lasciata a Londra.

« Dove l'hai trovata..? » Chiedo a voce bassa allungando una mano per afferrarla.
« Me l'ha data mamma. Ha detto che avresti dovuto tenerla con te...» Non riesco ad aprirla. Da quando l'ho scritta, non l'ho più riletta e non credo di farcela adesso, non davanti a Clarissa.

« Grazie...» Le dico alzandomi dal divano per rifugiarmi in camera mia. « Credo che andrò a letto... buonanotte. »

« Devon aspetta...» Si alza per abbracciarmi ma la respingo con un gesto della mano libera. Non adesso, non ce la faccio.
Salgo le scale con un groppo in gola. Non mi ero dimenticato della lettera ma l'avevo lasciata a Londra per un motivo. La scrissi di getto in un momento di sconforto e da allora non l'ho più aperta, preferendo seppellirla insieme al resto dei ricordi.
Arrivo nella mia stanza e mi siedo sul letto, fissando le uniche due parole visibili sulla busta chiusa: "Per Cassie".
L'appoggio sul comodino incapace di leggere oltre, coprendomi gli occhi stanchi con le mani. Non è giusto, non doveva toccare a lei.
È il mio rimpianto più grande perché non sono riuscito a proteggerla.

———————————

Mi sveglio di soprassalto, madido di sudore nel bel mezzo della notte. Controllo l'ora dalla sveglia posta sul comodino che segna le quattro ed un quarto. Ho fatto un incubo.
Mi metto seduto sul letto scacciando via le coperte e accendendo l'abatjour. La lettera è ancora lì che mi fissa. Devo farla sparire, rievoca troppi ricordi che al momento voglio solo seppellire nell'angolo più buio e recondito della mia mente distrutta.
Avrò mai il coraggio di rileggerla? Forse no, ma non é questa la cosa importante. Al suo interno è racchiuso tutto il dolore che ancora mi attanaglia mente e corpo. Mi domando spesso come faccia a conviverci o forse non sono mai riuscito a farlo davvero ed è per questo che il semplice ricordo mi fa stare male. La verità è che mi manca la mia vecchia vita, quella che ero riuscito a costruire con i miei sforzi. Mi piaceva tanto, eppure me ne sono reso conto soltanto a tragedia avvenuta, dopo aver perso tutto.
Che crudele il destino. Un attimo prima hai tutto e un momento dopo non resta più nulla.
Mi alzo dal letto, ormai il sonno è andato a farsi benedire, prendendo la lettera per riporla nel cassetto. Ho deciso che la porterò nel mio studio e la chiuderò da qualche parte, lontana dalla mia vista.
Non potrei mai disfarmene, ma neanche averla sotto il naso mi fa troppo bene.
Afferro una T-shirt e me la infilo velocemente per scendere giù in cucina. Forse dovrei davvero iniziare a farmi camomilla o cose del genere per rilassarmi. Mi viene in mente la conversazione con Ella nella quale mi suggeriva di provare con del latte caldo. Forse potrei tentare. Guardo il frigorifero dallo sgabello sul quale mi sono accomodato e rinuncio a priori. È troppo lontano.

« Devon... che ci fai sveglio a quest'ora? » La voce di mia sorella mi fa quasi cadere dalla mia postazione. Mi ero dimenticato della sua presenza in casa...

« Potrei farti la stessa domanda. » Replico voltandomi nella sua direzione.
« Ma te l'ho fatta prima io, quindi...» Fa spallucce e si ferma di fronte a me.

« Non riuscivo a dormire, tutto qua... e tu?»
« Idem. Ho il terrore che qualcosa possa andare storta alla sfilata...» Alzo gli occhi al cielo ma poi le sorrido impercettibilmente. È tenera tutto sommato.

« Andrà benissimo, non darti pena da ora. Goditi solo l'attimo. » Le faccio l'occhiolino, anche se non sono sicuro che lo veda nel buio della stanza. Ridacchia e scuote la testa.

« Da che pulpito! » Ha ragione, mi fascio sempre la testa prima di cadere. Alzo le spalle e poi allargo le braccia.

« L'abbraccio di prima è ancora valido..?»
« Per te sempre fratellone...» Si fionda tra di esse stringendomi un po' troppo forte ma la lascio fare ricambiando a mia volta. Ricordo perfettamente il momento nel quale seppe la notizia di ciò che mi era accaduto. Era tarda sera e restò paralizzata qualche istante prima di scoppiare a piangere. Aveva intuito subito che si trattava dell'inizio della mia fine ed aveva ragione.

« Quindi non ti stai sentendo con nessuno?» Le chiedo per cambiare argomento e per indagare un po' sul suo conto. Devo pur rifarmi di tutte le volte che è lei a farlo!

« Nessuno Devon. Se non consideriamo il tizio del bar, il fioraio e il cuoco del ristorante all'angolo. » L'allontano bruscamente per guardarla in viso. Sta scherzando?!

« Clari devo far fuori tutta questa gente? Andiamo! »
« Senti chi parla, il playboy dell'ospedale.» Non è assolutamente vero...

« Io non faccio nulla, sono le donne ad essere pazze...» Mi giustifico alzando le mani.
« Certo, la colpa è nostra adesso... comunque stavo scherzando. L'uomo della mia vita sei tu!» Afferma civettuola. É una ruffiana nata questa ragazza.

« Basta vai a dormire su...» La spingo in direzione della sua stanza alzandomi dallo sgabello.
Clarissa sbuffa e fa per andarsene mentre anche io muovo un passo verso le scale.

« Devon? »
« Sì? »
« Posso dormire con te? Come quando eravamo bambini...»
Ci rifletto qualche secondo su.
« Vieni...» Le faccio cenno con la testa di seguirmi.
Non se lo fa ripetere due volte e poco dopo, si è già catapultata sul letto occupando metà dello spazio.

« Ti voglio bene fratellone! » Si abbraccia il cuscino e neanche il tempo di stendermi accanto a lei, che è già sprofondata nel mondo dei sogni.

————————————-

Non è uno dei miei risvegli migliori, non c'è dubbio. Clarissa dorme ancora russando come un marinaio ubriaco con l'enfisema. Ha praticamente occupato tutto lo spazio confinandomi in un angolino del letto in bilico sul materasso. Più volte, ho avvertito i suoi calci durante il sonno e mi meraviglio che non mi abbia castrato.
Sposto "delicatamente" il suo braccio dalla mia faccia e mi alzo più stanco di quanto non sarei stato se fossi rimasto in piedi tutta la notte. La prossima volta col cavolo che la faccio restare con me.
Mi passo una mano tra i capelli e mi infilo subito sotto la doccia. Ci vuole dopo risvegli di questo genere...
Indosso una maglia pulita e un paio di pantaloni da ginnastica recandomi al piano di sotto. Direi che è il momento per un intenso allenamento! Almeno mi do una scossa d'adrenalina, ne ho proprio bisogno.
Alle dieci in punto, sento i passi di mia sorella farsi sempre più vicini e capisco che si è finalmente degnata di scendere.
Sbadiglia alzando le braccia al cielo entrando nella mia palestra personale.

« Buongiorno Devon! Ho dormito benissimo e tu? » Una favola proprio...

« Da quanto russi? Scordati di rifarlo un'altra volta. Ah buongiorno a te sorella.» Appoggio il bilanciere sull'apposito sostegno oltrepassando Clarissa per tornare in cucina. Sto morendo di fame!

« Non russo! » Beata ignoranza.
« La prossima volta posso registrarti se non ti fidi. » Prendo la padella per cucinare delle uova strapazzate.

« Pff... Immagino che avresti preferito dormire con Ella...» Quasi mi cadono le uova sul pavimento per la sorpresa della sua esclamazione. Ma si rende conto di quello che dice quando apre quella boccaccia che si ritrova?!

« Non ti rispondo nemmeno. » Le volto le spalle scuotendo la testa vigorosamente. Meglio che non dica quello che penso o ci ritroveremmo un'altra volta in una discussione sgradevole.

« Stavo scherzando, scusami...» Sospira e attende pazientemente che le porga la colazione. Il resto del pasto trascorre in silenzio, senza strane insinuazioni nei miei confronti.

« Devo andare al lavoro, ci vediamo per cena. » Le comunico prima di mettere via tutto e tornare nella mia stanza per cambiarmi.

Una mezz'ora dopo sono immerso nel traffico di New York. Perché mai ho preso la macchina per andare al Lennox? Eppure è risaputo che a quest'ora pullula di lavoratori impazienti. Devo fare un salto allo studio per chiudere questa maledetta lettera da qualche parte, tra l'altro. Il solo averla in tasca mi infonde un senso di depressione soffocante.
Impiego molto più tempo del previsto, ma finalmente varco la soglia dell'ospedale. La lettera è stata conservata e sono finalmente pronto per cominciare una nuova giornata nella monotonia della solita routine.






Angolo autrice:

Buon pomeriggio!  
Cosa ne pensate del post-cena? Vi aspettavate questo risvolto di Devon? E la lettera? Avete dedotto qualcosa?
Fatemi sapere le vostre ipotesi con una recensione! Al prossimo mercoledì.
Kisses.


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Capitolo 34
*** Capitolo 32 PT.1 ***


Devon's pov

Il grande giorno di mia sorella è finalmente arrivato. La benedetta sfilata avrà luogo oggi, sabato ventuno maggio e non potrei essere più sollevato di così. Almeno la smetterà di stare in ansia! Ma non è detta ancora l'ultima parola, diamo il tempo a questa giornata di volgere al termine.
Clarissa mi ha fatto uno smoking su misura per l'occasione, e devo ammettere che è davvero molto bello ed elegante. Mi sistemo il papillon davanti allo specchio ed in un attimo sono pronto. La casa è piacevolmente silenziosa e per fortuna posso godermi qualche attimo in pace prima di recarmi all'evento e raggiungere mia sorella. Spero che non sia troppo nervosa, vorrei che si godesse il momento ma immagino come debba sentirsi. É la sua prima sfilata importante.

Arrivo all'Astoria e un'orda di paparazzi e giornalisti quasi mi assale non appena metto piede fuori l'auto. Mia sorella ha organizzato le cose in grande, ma c'era da aspettarselo...
Li schivo senza farmi troppi problemi e mi barrico all'interno. Clarissa dev'essere da qualche parte qui in giro ma c'è troppo silenzio rispetto al caos dell'esterno.

« Signor Reinfield, sua sorella l'aspetta da questa parte. » Mi sorprende una voce alle mie spalle. È il concierge che mi indica la via. Mi affretto a raggiungere la meta ma qualcuno mi sbarra la strada.

« Eccoti Devon! » Richard mi accoglie a braccia aperte nel suo completo blu elettrico. Wow...

« Rick... scelta interessante per l'abito! » Lo derido lasciando che mi abbracci velocemente.
« Ti piace? Lo trovo fantastico! »
« È molto da te. » Gli do una pacca guardando oltre le sue spalle per scorgere mia sorella.

« La contessina se la sta cavando, ma credo le serva decisamente una camomilla...» Alza gli occhi al cielo.

« Fammi andare da lei..»
« Te lo sconsiglio, piuttosto vieni a darmi una mano nel salone! » Cosa dovrei fare nella sua testa? Lo seguo controvoglia chiedendomi se non sia meglio andare da Clarissa.

« Devi dirmi qualcosa o vuoi davvero un mio parere sulla sala...? » Mi apre le porte e ci affacciamo all'interno. È davvero spettacolare. La passerella è stata messa al centro con tanto di luci che mettono in risalto la zona. Le sedie sono disposte ai lati e mi piace la luce soffusa che crea un'atmosfera molto suggestiva. I petali di rose sparsi un po' in giro sono un tocco di classe.

« Entrambe. » Mi fa accomodare ma resto a fissarlo confuso. Adesso cosa c'è che non va?

« Va tutto bene? » Mi chiede prendendomi le spalle per guardarmi negli occhi.
« Sì... certo che sì. »
« Dimmi la verità, sono o non sono il tuo migliore amico? » Sospiro e sputo il rospo.
« Clarissa mi ha dato la lettera... quella lettera.»
« Quella per Cassie?»
« Sì. » Mi scruta attentamente.
« Non l'avevi lasciata a Londra?»
« Sì, infatti. Lo sai che non posso tenerla con me. » Mi guarda perplesso ma poi sospira e mi lascia le spalle.

« Devon devi cercare di andare avanti... So che è successo tutto all'improvviso e che ti senti in colpa, ma devi accettare che non avresti potuto impedirlo in nessuna maniera... Era destino. Se quella lettera ti fa stare male, bene, mettila via e non pensarci più. » Parla come se fosse semplice, come se potessi dimenticare tutto con uno schiocco di dita.

« Richard lo sai che ci sto provando, è inutile che continuate tutti a ripetermi le stesse cose o dannarvi per me. Sto meglio, basta.»

« No, non stai meglio! Se fosse vero, non avresti questa faccia da cane bastonato. Cosa credi che non me ne accorga? Si vede lontano un miglio che stai ancora male! Devi reagire Dev, te lo dico con il cuore in mano. » Alza il tono di voce cogliendomi di sorpresa.

« Lo sto facendo Rick! Non sarei mai venuto qua, altrimenti, e lo sai! Lasciami respirare, te ne prego. »
« No, non ti lascio così! Sono tuo amico e tra l'altro te lo devo per ciò che hai fatto per me in passato. »
« Non mi devi niente Rick. Ne abbiamo già parlato e poi le cose erano molto diverse da ora...» L'ho aiutato ad affrontare la storia del patrigno e sull'assumere la gestione degli hotel, niente che non potesse fare da solo.

« Ho bisogno di sapere che stai meglio..» Insiste, neanche fosse sua la colpa. Non mi piace che si stenta così a causa mia.

« Sto meglio. Tu, Clarissa ed....Ella mi state aiutando e lo apprezzo tanto. »
« Le hai detto cosa è successo? » Sgrana gli occhi, sa che non mi piace parlare di quella notte.
« No, ma è una ragazza tanto affettuosa... non dovrebbe neanche importarsene. » Ed è vero, non è obbligata. Tanto si stancherà come tutte le altre appena si renderà conto che sta sbattendo la testa contro un muro...

« Ella è così... è successo qualcosa fra voi? » Alzo gli occhi al cielo e quando sto per rispondergli, Ashley piomba nella stanza tutta affannata salvandomi in calcio d'angolo.

« Ehm... Richard c'è un'urgenza, vieni subito. » Si dilegua mentre Rick ed io ci scambiamo un'occhiata confusa. Che cosa sta succedendo?
Ci precipitiamo nella zona adibita ai camerini delle modelle non sapendo cosa aspettarci. Spero sia una delle paranoie di mia sorella, ma devo ricredermi appena mettiamo piede nella stanza.

« Ma come è possibile?! Setacciate l'hotel da cima a fondo! » Urla Clarissa alla sicurezza. Audrey cammina avanti ed indietro coperta solo dalla vestaglia ed Ella è appoggiata alla sedia fasciata nel suo abito blu notte lungo fino ai piedi. Si intona al colore dei suoi occhi.

« Che succede? » Chiede Richard avvicinandosi ad Audrey che gli si getta tra le braccia. Ma cosa diavolo...

« Una delle modelle è letteralmente scomparsa nel nulla... » Ed è Ella a fare chiarezza nel caos che avvolge la stanza mentre gli altri continuano a farsi prendere dal panico.
Mi avvicino a lei perplesso. Mi sembra molto strana questa situazione.

« Ma come è possibile? » Fa spallucce sospirando. Dobbiamo trovare subito una soluzione. Richard cerca di tranquillizzare Audrey senza successo mentre mia sorella da' qualche direttiva all'assistente prima di venire nella nostra direzione.

« Stiamo tutti calmi! Troveremo una sostituta!» Sbuffa andando avanti ed indietro.

« In che senso è sparita una modella? » Chiede il mio amico perplesso mentre la bionda si stacca dal suo abbraccio.

« Nel senso che non si trova! Dove lo trovo a quest'ora un rimpiazzo?! Lo sapevo che sarebbe andato storto qualcosa... lo sapevo! » Mi punta il dito contro, neanche fosse mia la colpa.

« Andrà tutto bene sta tranquilla..» La rassicura Ella poggiandole una mano sulla spalla.

« Ella! Potresti sfilare tu al suo posto! » Ecco la perla della serata di Richard . L'artista lo guarda sconvolta mentre Clarissa e Audrey si illuminano come stelle in una notte buia. Non è una cattivissima idea, comunque.

« Cosa? Io? Non se ne parla...» Scuote la testa allontanandosi da mia sorella e dal resto del gruppo.

« Sì! Sei bella e l'abito ti donerebbe moltissimo! Fallo per noi! » Si mette in mezzo la sua coinquilina mentre Ella va sempre più nel panico, lo si legge nel suo sguardo.

« Fra poco l'hotel si riempirà di gente che si aspetta una sfilata memorabile, ti prego Ella...» La supplica Clarissa con i suoi occhioni imploranti. Lo fa sempre quando desidera qualcosa a tutti i costi.
Ella, dal canto suo, è davvero terrorizzata. In effetti, non ce la vedo a sfilare facendosi guardare e applaudire da tutti, è tutto molto più da Audrey.

« Se non se la sente non potete obbligarla...» Mi intrometto in sua difesa. Se non vuole farlo, non è giusto che si senta costretta.
Mi guarda, anzi mi guardano tutti, molto sorpresi. Che cosa ho detto di strano questa volta?

« Ha ragione... se non vuole, troveremo un altro modo...» Ammette alla fine mia sorella sconfitta lasciando cadere la cartellina sulla scrivania.

« Va bene lo faccio! » Esclama alla fine spiazzando tutti noi. Ah che serata!

« Davvero? Ah grazie, grazie, grazie! » Le donne si lanciano ad abbracciarla forte, grate del suo aiuto. L'ho sempre detto che è troppo buona quella ragazza...

« Adesso bando alle ciance e vediamo quest'abito...» L'accompagnano da un'altra parte mentre Richard ridacchia e si dilegua a controllare non so cosa.

—————————-

« Ti senti meglio adesso? » Chiedo a Clarissa porgendole un bicchiere di vino bianco che ci hanno offerto i camerieri.

« Sì, diciamo di sì. Ella non sarà una professionista ma è stata troppo gentile ad aiutarci..» Commenta quasi commossa sorseggiando la sua bevanda.

« Vero, non era obbligata. » Annuisco finendo velocemente il vino e posando il calice sul tavolino. « Come ti senti? »

« Molto emozionata! Sperando che non ci siano altri problemi...» Alza gli occhi al cielo. Lo speriamo tutti arrivati a questo punto!

« Ehm... c'è nessuno? Credo di non aver capito come si allaccia questo coso...» Ella fa capolino da quello che era il suo camerino in cerca di aiuto.

« Oh mi stanno chiamando...» Clarissa si dilegua fingendo palesemente che le stia squillando il telefono. Sparisce in meno di due secondi facendomi prima l'occhiolino. La detesto.
Mi alzo dalla mia postazione e raggiungo Ella per aiutarla ad allacciarsi il corpetto. In effetti, da sola non ci sarebbe mai potuta riuscire.

« Forse è un po' stretto...» Commenta spostandosi i capelli da un lato guardandosi allo specchio di fronte a noi.

« Credo debba andare così, però...» Glielo allaccio cercando di renderglielo il meno soffocante possibile guardandola negli occhi attraverso il vetro. Si volta nella mia direzione sistemandosi la gonna rossa.

« Sono ridicola, vero? »
« Affatto, sei molto bella. »
« Lo dici per tranquillizzarmi, ma sappi che non funziona...» Scuoto la testa sorridendo. Lo penso davvero.
« Sono serio! E sono sicuro che andrà benissimo. » Più che altro lo spero vivamente, ormai...

« Se non muoio prima per asfissia, credo andrà bene...» Si tortura il corpetto di pelle nera che le attanaglia letteralmente la vita.

« E se non cadi mentre sfili...» Aggiungo ottenendo uno sguardo al cielo da parte sua. «Non credevo accettassi, mi hai sorpreso di nuovo Ella. » Considerando anche il suo odio per i paparazzi.

« Sono sorpresa anche io, ma Clarissa mi stava implorando con lo sguardo... mi è dispiaciuto, non è giusto che si rovini la serata...» Le sorrido teneramente per il suo breve discorso ma Audrey irrompe nella stanza tutta preparata.

« Ella devo insegnarti a sfilare! Forza indossa i tacchi e andiamo. » Mi dedica un sorriso leggero e poi, quando sta per trascinare via la povera mal capitata, è la volta di Clarissa ed Ashely seguite da Richard a fare irruzione.

« L'abbiamo trovata! La modella scomparsa... beh non lo è più! Ella grazie per l'aiuto ma non devi più andare in scena. » Un sospiro di sollievo generale si innalza nell'abitacolo.

« Oh bene, toglietemi quest'affare! » Si indica il corpetto e tutti i presenti scoppiano a ridere.
Finalmente possiamo dare inizio alla vera serata!

Ella's pov

Che liberazione. Non dovrò sfilare davanti a centinaia di volti sconosciuti e paparazzi pronti a scattare foto a tradimento. Non so neanche il perché abbia accettato, ma come sempre il mio buon senso é prevalso sul resto.
Un aiutante mi sfila il corpetto soffocante e finalmente l'aria torna a circolare nei miei polmoni. Che sensazione fantastica!
La modella si è scoperto essere scappata a causa di un litigio con il fidanzato in merito alla serata, ma alla fine ha deciso di onorare l'impegno preso. Il lavoro è lavoro per tutti.
Indosso nuovamente l'abito blu lungo regalatomi da Sebastian e auguro velocemente buona fortuna ad Audrey abbracciandola forte.
Esco dai camerini e tiro l'ennesimo sospiro di sollievo. Sono certa che mi sarei sentita troppo a disagio, non è sicuramente il mio ambiente questo.
Mi incammino verso la sala adibita alla sfilata e noto che ormai è quasi ora data la gente che si è accumulata e al baccano che creano. Cerco con lo sguardo i miei amici e mi imbatto fortuitamente in Richard.

« Ehi eccoti! La nostra modella mancata.» Mi prede in giro afferrandomi per un braccio.
« Per fortuna... quell'affare che chiamano corpetto é una tortura medievale! » Scoppia a ridere e ci dirigiamo ai nostri posti in prima fila.

« Senti Ella... volevo dirti che Audrey mi ha raccontato della cena con... tu sai chi e..» Lo interrompo subito.

« Rick, lasciamo stare, non mi va di sentire niente che riguardi quella sera..»
« Aspetta, fammi finire. Volevo dirti che ha sbagliato i modi e il momento, ma lui ha come un muro intorno a se che fatica ad abbattere. Sono sicuro che in qualche modo tu lo stia smuovendo perciò si è spaventato...» Sbuffo perché non è una giustificazione.

« Perché non mi dici che cos'ha, invece? » Scuote la testa e mi prende in disparte fissandomi intensamente.

« Posso solo dirti che c'entra una donna, come credo tu abbia capito, ma è troppo personale e non posso dirti di più. Cerca solo di essere più paziente. Comunque gli dirò come la penso e gli farò capire che ha sbagliato...» Questa volta è il mio turno di scuotere la testa.

« Non devi fargli da balia Rick. È adulto abbastanza da capire da solo cosa fare... Ha sbagliato, ok posso anche passarci sopra, ma mi confonde. Prima mi fa capire una cosa e poi l'esatto opposto...»

« Lo so, ci vuole molta pazienza ma ti assicuro che alle volte si comporta da stronzo ma non lo è affatto. L'ha presa quasi sempre a quel posto alla fine..» Annuisco stufa e nuovamente sconfortata da questa situazione.
Terminiamo qui il discorso e ci accomodiamo in prima fila. Anche Sebastian è arrivato e si complimenta, ovviamente, con la mia scelta dell'abito. Gli racconto brevemente del piccolo inconveniente con la modella sparita nel nulla e ci ridiamo su ora che è tutto sistemato.
Sopraggiunge anche Devon che si accomoda accanto a me così, mi ritrovo tra lui e Bas.
Dopo la sera della cena e dopo il suo discorso sulla nostra "relazione", non ci siamo né sentiti né visti. Dal mio canto, non ho mosso molti passi essendo già su un terreno più che franoso. Nè posso aspettarmi granché da parte sua, è stato più che chiaro e non nascondo che le sue parole mi abbiano ferita. Forse Summer non è poi così pazza se Devon si è sempre comportato così con le donne.
Vorrei davvero scoprire cosa gli è successo. Ora so con certezza che si tratta di qualcosa che ha a che fare con una donna. Forse è stato tradito e non si fida più dell'altro sesso? O è qualcosa di più grave? Forse è morta o l'ha abbandonato...
Cosa darei per saperlo... Le cose sarebbero diverse ora, ne sono certa.
L'entrata in scena di Clarissa seguita dal brusio degli applausi, mi fa riportare l'attenzione sulla sfilata.

« Signore e signori, benvenuti al Waldorf Astoria! Sono lieta di annunciarvi la mia collezione "Vento d'autunno!" Diamo inizio allo spettacolo.»
Si inchina leggermente e percorre la passerella a ritroso mostrando il retro del suo scintillante abito nero. È davvero bellissima, non c'è dubbio.
Qualche attimo più tardi, la versione acustica della canzone Unconditionally di Katy Perry, avvolge l'intera stanza seguita dall'ingresso della prima modella che calca la passerella.
Flash, applausi e mormorii si fanno largo tra il pubblico entusiasta dello spettacolo. È incredibile la quantità di paparazzi che si aggirano tra gli ospiti in cerca dello scatto migliore. Audrey è l'ultima ad uscire, chiudendo così la sfilata e guadagnandosi una standing-ovation generale.
È davvero radiosa nel suo abito bordeaux che indossa con maestria. Calca il palco come se fosse nata per questo e credo che il suo sorriso potrebbe abbagliare l'intera sala. Richard è folgorato, anche se non lo ammetterebbe mai di fronte a noi.
Anche Devon sembra gradire la serata, suppongo sia felice per la sorella, soprattutto ora che è finita e possiamo lasciarci alle spalle i vari inconvenienti.

———————-

« Delizioso questo vino! » Constata Sebastian mentre vaghiamo per il salone alla ricerca di qualche volto familiare. La sfilata si è finalmente conclusa e l'after party è già in pieno svolgimento. Si respira aria di festeggiamenti in ogni dove.

« Vero, lo adoro...» Annuisco prendendone qualche sorso. Gli invitati sembrano entusiasti della serata e ho sentito tra i vari chiacchiericci, che hanno apprezzato molto i modelli di Clarissa. Sembrerebbe che tutto sia andato per il meglio alla fine.
Con la coda dell'occhio intravedo Audrey farsi largo tra la folla per raggiungerci così l'accogliamo calorosamente in un abbraccio. Siamo tanto fieri di lei. È riuscita nei suoi obiettivi e sono certa che realizzerà presto il suo sogno di diventare un'acclamata modella di fama mondiale.

« Tesoro sei stata grandiosa! » Si congratula Sebastian mentre la bionda lo ringrazia. Non dimentichiamoci di Ashley ovviamente. È stata un'assistente molto meticolosa, ed infatti, si è beccata i complimenti della contessina. Tutto è bene ciò che finisce bene!
Ci concediamo qualche altro brindisi al quale si aggiungono anche Richard, Clarissa e Devon prima di dirigerci tutti insieme sulla pista da ballo.
L'ultima volta ricordo di aver danzato con il dottore e poi ci siamo rifugiati sul balcone, dove i paparazzi ci hanno fotografato e reso di dominio pubblico quel dannato momento. Sembra passata una vita da allora...

« Me lo concedi un altro ballo? Ma non posso assicurarti che non finirà su qualche rivista scandalistica...» Pronuncia Devon al mio orecchio mentre ero impegnata a scrutare le altre coppie ballare. Audrey e Richard ormai sembrano prossimi al matrimonio e la cosa è buffa ed inquietante allo stesso tempo. Sebastian ha letteralmente trascinato Ashely in pista mentre Clarissa conversa in un angolo con un paio di uomini.
Mi volto nella sua direzione cercando di fingere che non sia successo assolutamente nulla l'altra sera. Non posso fargli capire di esserci rimasta piuttosto male, altrimenti mi darei nuovamente la zappa sui piedi da sola.

« Puoi almeno assicurarmi che non solleveremo uno scandalo internazionale soprattutto se finisce nelle mani di tua madre?» Scoppia a ridere scuotendo però la testa e afferrandomi per i fianchi in modo da condurmi al centro della sala.
Appoggia una mano sulla schiena e con l'altra prende la mia. Non riesco neanche a guardarlo negli occhi in realtà. Le parole che mi ha gentilmente riservato, bruciano ancora come un fuoco ardente dentro di me che mi sta consumando lentamente.
Non è salutare continuare ad insistere con una persona che ti ha chiaramente detto che preferisce una semplice amicizia, se così possiamo definirla. Devo essere forte perché non potrei comunque lasciarlo uscire dalla mia vita da un giorno all'altro e provare a dimenticarlo, anche se forse sarebbe la scelta migliore per il mio povero cuore.
Balliamo al ritmo di una delle mie canzoni preferite di sempre "Everytime we touch" di Cascada in versione acustica.

Le parole mi colpiscono dritto al petto...

"Everytime we touch I get this feeling and everytime we kiss I swear I can fly. " *

Mi concentro così tanto sul testo che mi estraneo completamente dal resto che mi circonda, focalizzandomi su ciò che la canzone mi suggerisce.
Come ho fatto ad innamorarmi così velocemente di qualcuno che sotto sotto neanche conosco bene? Come è potuto succedere proprio a me?
Esattamente nel momento in cui avevo imparato a convivere con me stessa, inciampo letteralmente in ciò che ora posso definire destino. Dovevamo incontrarci, era già tutto scritto. Mi piace credere che ci sia una ragione se tutto questo è avvenuto.

"Can't you feel my heart beat fast, I want this to last. I need you by my side." *

Ed è vero. Il cuore esplode quando mi è accanto e odio perdermi nei suoi occhi azzurri ogni volta che mi rivolge lo sguardo.

"Cause everytime we touch I feel the static.... I can't let you go, want you in my life."*

Purtroppo è così, desidero che rimanga nella mia vita, non credo che potrei sopportare un suo abbandono, seppur sappia perfettamente che non può darmi nessuna certezza al momento, forse potrebbe non darmela mai e inizio a chiedermi se ne valga davvero la pena arrivati a questo punto, ma non posso reprimere i miei sentimenti e non so per quanto riuscirò a nasconderli.
Prima o poi finirò per esplodere e non sarebbe di certo piacevole per nessuno dei due.
Lascio che la canzone mi avvolga e istintivamente appoggio la testa sulla sua spalla socchiudendo gli occhi ormai lucidi. Di riflesso, Devon mi stringe di più a se e non va affatto bene.
A volte ho l'impressione che in realtà voglia andare oltre, ma poi si frena e mi ritrovo, effettivamente, nelle parole di Richard. Qualsiasi cosa gli sia successa deve averlo ferito molto profondamente.
Le note smettono di risuonare nel salone e il solito casquè segna la fine di questo ballo sofferto, almeno da parte mia. È davvero difficile fingere indifferenza quando non la si prova per niente.

« Siamo migliorati, non trovi? » Mi chiede subito dopo avermi riportato in posizione eretta tenendomi ancora per i fianchi.

« A furia di ballare insieme secondo me sì! Anche se ovviamente non ne avevo bisogno...» Cerco di sembrare ironica come sempre e forse ci sono riuscita notando un sorriso sul suo volto. Ci spostiamo dalla pista da ballo, ma mentre ci appropinquiamo al bancone per raggiungere altri, una voce alle nostre spalle cattura la nostra attenzione.

« Devon! »

Ci giriamo contemporaneamente in direzione della figura misteriosa e mi soffermo sull'espressione di Devon che si ammorbidisce alla sua vista.

« Charlotte che ci fai qui? » La donna allarga le braccia e il dottore ci si fionda subito, lasciandomi i fianchi per allontanarsi.
Chi diavolo è questa donna adesso?












* Ogni volta che ci tocchiamo, avverto questa sensazione e ogni volta che ci baciamo giuro di poter volare.

Non puoi sentire il mio cuore battere forte? Voglio che duri. Ho bisogno di te al mio fianco.

 Perché ogni volta che ci tocchiamo avverto la scossa...Non posso lasciarti andare, ti voglio nella mia vita.


Angolo autrice:


Buon pomeriggio!
Finalmente siamo giunti alla famosa sfilata di Clarissa! Nel prossimo vedremo la situazione evolversi con l'entrata in scena di Charlotte. Alla mercoledì prossimo e fatevi sentire con una recensione!
Kisses.

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Capitolo 35
*** Capitolo 32 PT.2 ***


Devon's pov

Mi sarei aspettato di tutto ma di certo non di trovarmi Charlotte alla sfilata di mia sorella. Mollo momentaneamente la presa su Ella per abbracciare la mia vecchia amica. Non ci sentiamo dal mio viaggetto a Londra, non da troppo in effetti. Mi chiedo come sia venuta a conoscenza di quest'evento e credo che la sorpresa e la confusione siano piuttosto evidenti sul mio viso. Mi volto, quindi, in direzione dei miei amici per fare le presentazioni ufficiali. Clarissa capta subito la mia espressione perplessa seppur sia contento di vederla.

« Charlotte alla fine sei venuta! Credevo avessi cambiato idea..» Clarissa si avvicina per salutarla con due baci sulle guance. Ovviamente non poteva non esserci lo zampino di mia sorella. Mi guarda colpevole mentre Charlotte si presenta agli altri.

« Vi rubo per qualche attimo mio fratello, torniamo subito! » Annuncia Clarissa trascinandomi in un angolo contro la mia volontà. Sono proprio curioso di sapere il motivo per il quale la mia sorellina abbia invitato la mia amica d'infanzia senza dirmi assolutamente nulla al riguardo.

« Ti posso spiegare! »
« Sono tutto orecchie. »
« L'avevo invitata tempo fa sapendo di dover organizzare la sfilata e se devo dirla tutta, non credevo neanche venisse. Avevo pensato che ti avrebbe fatto piacere rivedere una vecchia amica...» Si mordicchia il labbro lanciando occhiate furtive alla combriccola poco distante con la quale Charlotte sembra stia andando d'accordo.

« Speri ancora che ci mettiamo insieme? Perché non accadrà mai, è una mia cara amica.» Freno subito la sua fantasia. So che era in combutta con mia madre..

« No, certo che no! Faccio il tifo per te ed Ella ora. » Mi fa l'occhiolino ma non replico neanche alla provocazione, tanto è inutile con lei.
Torniamo quindi dagli altri che chiacchierano amorevolmente tra di loro.
Richard e Audrey sembrano essere molto affiatati e comunque mi aveva detto della loro scappatella al suo compleanno. Aveva ragione Ella, sono davvero una bella coppia seppur sappia come il mio amico vede le relazioni a lungo termine. Potrei quasi dire che sia più pessimista di me, ne ha passate delle belle anche lui ma non si sa mai. Forse Audrey gli farà cambiare idea.
Decido di farmi un altro drink nel frattempo, alternando vino a whiskey e tutto ciò che i camerieri ci servono senza contare quanto stia effettivamente ingurgitando tra una parola e l'altra.

« Ti piace New York? »
« Sì, è molto affascinante... » Risponde Charlotte mentre mi allunga l'ennesimo drink che ci viene offerto. Clarissa sì che sa come organizzare una festa!

« Quanto resterai in città? »
« Non molto, domani pomeriggio riparto. Ho delle cose da fare a Londra....» Resta molto sul vago mentre sorseggia il suo cocktail.
« Capisco. Non sapevo venissi, comunque. »
« Ho notato! La tua faccia diceva tutto. La ragazza di prima è quella della foto, vero?» Basta con questa foto!!
« Sì era lei. » Alzo gli occhi al cielo di riflesso. Non ci posso credere che se ne stia ancora parlando.

« Ho capito non ti chiedo niente, sta tranquillo.» Meno male, apprezzo il suo buon senso.
« Te ne sono grato! » Le sorrido e torniamo dagli altri per evitare che ci diano per dispersi mentre termino l'ulteriore drink.

Ella's pov

Quindi questa Charlotte è un'amica di vecchia data di Devon che vive a Londra e anch'ella proviene da una famiglia nobile. Che cosa ci faccia alla sfilata resta comunque un mistero.
Ne approfittiamo per scambiare due parole con lei nel mentre il dottore e la sorella si allontanano per parlare.

« Tu sei la modella che ha sfilato alla fine, vero? » Si rivolge ad Audrey che annuisce orgogliosa del suo lavoro dopo che tutti noi ci siamo presentati.
Mi presta poi la sua attenzione sorridendomi un po' troppo ampiamente per i miei gusti. Assottiglia lo sguardo e poi si illumina come se avesse colto il senso della vita.

« Tu sei la ragazza della foto, invece! » Non ci posso credere. Ancora questa dannata foto?
« Indovinato. Ha fatto molto scalpore vedo...» Scuote la testa divertita.
« Non sei tu o la foto in se. È Devon che non si fa mai paparazzare e soprattutto non in compagnia. » Mi fa un occhiolino ambiguo e poi si zittisce non appena i fratelli ci raggiungono.
Non è la prima che me lo dice. Forse non è antipatica come avevo immaginato! La osservo allontanarsi con Devon cercando di capire se a lui faccia piacere la sua presenza oppure no. Sembrava contento di averla rivista ma poi la sua espressione è cambiata dopo aver parlato con Clarissa.

« Questa volta l'ho combinata grossa mi sa...» Esclama proprio quest'ultima mordendosi un'unghia scarlatta. La guardiamo interrogativi mentre Richard torna con altri drink.

« Che mi sono perso? » Domanda notando le nostre facce perplesse.

« Se non ho capito male, Clarissa ha invitato ad insaputa di Devon, una certa Charlotte..» Riassume Audrey mentre Rick scoppia a ridere in faccia alla contessina.

« Non mi dire che tua madre ci sta ancora sperando...» Si rivolge a Clarissa che alza gli occhi al cielo.

« Secondo te? Mi ha quasi obbligata ad invitarla. Non ho nulla contro Charlotte, anche se è troppo frivola secondo me...»

Dal mio canto, li guardo senza capire molto della storia che c'è dietro e mi soffermo di più nel guardare i due amici chiacchierare in lontananza. Vorrei sapere che si stanno dicendo. Chissà se questa Charlotte sa che cosa è successo a Devon ma suppongo di sì.

« Sta tranquilla, è solo una vecchia amica.» Mi sussurra Rick all'orecchio facendomi quasi sobbalzare. Non lo avevo sentito.

« Richard per favore...» Fa spallucce e mi porge un calice di vino che bevo tutto d'un fiato.

——————————

La festa è quasi giunta al termine e molti degli invitati sono già andati via. La sala, infatti, è semi vuota ma non riesco comunque a trovare nessuno dei miei amici.
Richard e Audrey sono scomparsi da un bel po' e non voglio sapere cosa stiano facendo, perciò non mi sono neanche impegnata a cercarli più di tanto.
Ashley e Sebastian avevano detto che sarebbero usciti a prendere un po' d'aria ma non li ho visti più rientrare. Clarissa sta parlando con quello che credo sia il suo agente perciò non mi va di disturbarla. Devon e Charlotte, dopo che sono tornati dalla loro chiacchierata, sono stati un po' con noi finché quest'ultima non ha voluto fare un "tour" dell'hotel e Devon si è offerto di accompagnarla. Ma che gentile, guarda...
Mi arrendo, non troverò mai nessuno e se me ne andassi, neanche se ne accorgerebbero probabilmente. Afferro quindi la mia pochette ed esco dalla sala recandomi al piano di sotto dove si trova l'entrata principale. Per fortuna Audrey ha dato a me le chiavi dell'auto, quindi posso tornare tranquillamente a casa senza dover disturbare nessuno. Sono intenta a cercarle all'interno della borsetta quando con mio grande stupore, un Devon troppo esuberante, si avvicina. Oh cavolo...

« Ella! Ma da quanto tempo! »
« Devon... stai bene? » Gli domando lasciando perdere le chiavi e la borsa.
« Benissimo! Fatti abbracciare...» Mi stringe in un abbraccio più che strano che non riesco neanche a ricambiare avendomi bloccato le braccia. Odora di alcol. È ubriaco!

« Te l'ho detto che ti sta proprio bene quest'abito? Si intona ai tuoi occhi! Anche se, secondo me, è troppo scollato. Vedo praticamente tutto! » Ok, sta davvero male.

« Devon... sei ubriaco. » Lo allontano delicatamente mentre mi mette il broncio come un bambino.

« Sono ubriaco dici? Nhaa, mi sento bene!» Non mi piace la piega che sta prendendo questa cosa.

« Vieni, ti scorto da tua sorella così ti porta a casa e ti fai una bella dormita. » Gli prendo il braccio e me lo metto sulle spalle così da poterlo sorreggere lungo il tragitto. Oppone resistenza, ed essendo più forte di me, non ci spostiamo di un millimetro.

« Non voglio dormire! Andiamo a ballare!» Se è questo il modo per portarlo da sua sorella, ben venga.

« Va bene, andiamo dentro però... » Ma in tutto ciò che fine ha fatto la sua amichetta? Meno male che dovevano fare il giretto turistico dell'hotel...
Arriviamo nella sala della festa ormai finita e Clarissa nota subito la nostra presenza così ci viene incontro sgambettando.

« Che cos'ha?? » Mi chiede allarmata.

« È un pochino ubriaco. Direi che dovreste tornare a casa...» Mi guarda e sgrana gli occhi. Che cosa ho detto di strano?

« Ella non posso! Non ho finito di lavorare e se me ne vado adesso, sarebbe come vanificare tutto. » Afferra, però, una carta dalla borsetta e me la porge. « È la chiave di una delle stanze, me l'ha data Richard nel caso volessimo fermarci qui. Se te la senti, potresti portarci Devon così si riposerà e domani mattina sarà come nuovo, spero. » Me l'allunga implorante. Dopo tutto ciò che Devon ha fatto per me, sarebbe da ingrati non ricambiare.

« Okay... » La prendo e tiro il braccio del dottore che si era davvero messo a ballare da seduto. Se non dovessi occuparmene io, sarei scoppiata a ridergli in faccia sicuramente.

« È ora della nanna, signorino! »
« Ma avevi detto che avremmo ballato! » Si lamenta ma cammina comunque verso l'ascensore che conduce alle stanze da letto.
« Balleremo un'altra volta, promesso...» Gli permetto di sorreggersi a me per non cadere pensando a quanto si sia capovolta la situazione dall'ultima volta che siamo stati in quest'hotel.
Arriviamo di fronte alla camera 218 che corrisponde alla carta che mi ha dato Clarissa.

« Eccoci qui... » Richiudo la porta alle nostre spalle ed accendo la luce.

« Ella... mi hai portato in una stanza da letto? Poi dite che siamo noi uomini a fraintendere...» Mi punta un dito contro mentre cerca di articolare il suo discorso. Alzo gli occhi al cielo e sbuffo per tutte le situazioni nelle quali mi sono cacciata inciampando in quel maledetto tombino.

« Non dire sciocchezze e mettiti a dormire, per favore... » Gli afferro le braccia e cerco di spingerlo sul letto senza che però si muova.

« Se non mi aiuti, mi risulta un po' difficile... » Fa spallucce e si libera dalla mia presa andando, invece, verso la portafinestra che affaccia sul balconcino.
Non mi piace. Faccio uno scatto e gli sbarro la strada appoggiandomi al vetro.

« Di qui non si passa...»
« Voglio solo prendere un po' d'aria...» Scuoto la testa e glielo vieto con lo sguardo.
« No, a letto. Ora. »
« Come sei prepotente...» Sbuffa e fa marcia indietro verso quel dannato letto. Tiro un sospiro di sollievo e lo seguo, ma con uno scatto che non avevo previsto, mi sorpassa e si catapulta fuori sul balcone. Maledizione! Lo seguo terrorizzata che possa commettere qualche sciocchezza.

« Devon ti prego, torniamo dentro. » È affacciato alla ringhiera, in silenzio tombale. Mi avvicino cauta poggiandogli una mano sulla spalla. « Devon...»
Mi guarda con i suoi occhioni azzurri che sono più grandi, lucidi per via dell'alcol e meno freddi del solito.

« Ti preoccupi troppo...» Mi dice distogliendo lo sguardo puntandolo sull'orizzonte.

« Perché ti sei ubriacato? » Devio il discorso mentre lui fa spallucce tornando poi a guardare il nulla in lontananza. Non mi vuole rispondere, ma va bene così. «Possiamo tornare in stanza..? »

« Di cosa hai paura? Mi piace qui fuori..» Tiro un sospiro e sputo fuori il rospo, tanto domani non lo ricorderà probabilmente.

« Molto tempo fa... ho cercato di buttarmi da un tetto... dopo essermi ubriacata ad una festa..» Ero ragazza, mia madre era appena morta e tutto il mondo sembrava essere contro di me. Non so cosa sarebbe successo se non mi avessero trovata in tempo.

« Torniamo dentro...» Mi risponde alla fine, senza aggiungere altro. Chiudo subito la finestra mentre Devon si siede finalmente sul materasso.
Lo raggiungo e gli sfilo la giacca ed il papillon per farlo stare più comodo. In tutta risposta, Devon mi afferra per i fianchi e mi fa sedere sulle sue gambe. Vinco l'imbarazzo di questo gesto e lo guardo negli occhi.

« Mi dispiace Ella...» A cosa si riferisce esattamente?
« Ti dispiace per cosa..? » Mi guarda assente come se stesse per cedere al sonno, ma poi si riprende.
« Per tutto... sei troppo buona e stai perdendo il tuo tempo con me... Credimi, per quanto vorrei poter essere diverso, sono così e non posso cambiare. So cosa stai cercando di fare e chiunque ci ha provato fino ad ora, ha fallito. Non puoi salvarmi... finirai per cadere anche tu...»
Rimango spiazzata da queste parole e credo che il cuore mi si sia fermato per tutto il tempo. Spero che siano dettate dall'ebrezza ma nel profondo so che non è così.
È straziante... ma quello che dice non è vero. È bloccato ma posso abbattere il muro che si è costruito intorno se solo fosse disposto a rischiare con me.
Mi alzo e gli poggio le mani sulle spalle cercando di cacciare indietro le lacrime che lottano per uscire allo scoperto.

« Ti sbagli Devon... Avranno anche fallito ma questo non vuol dire che debba farlo anche io. So che sei ferito, ma non puoi tenerti tutto dentro per sempre... »

« Devo farlo Ella... Tu non capisci... è molto peggio di quello che credi...Non potrai mai essere felice con me e tu te lo meriti... » Si abbandona sul letto lasciandomi ancora più basita e scossa di quanto già non fossi. Non so che fare, non ce la faccio più...
Mi allontano di qualche passo, soffocata dal peso delle sue parole.

« Ella... non te ne andare adesso, però...» Mi richiama in un attimo di lucidità. Certo che si contraddice anche da ubriaco...

« Sono qui Devon.. non me ne vado...» Mi siedo accanto a lui sul letto accarezzandogli la schiena con una mano aspettando che si addormenti.
Sono sconvolta. Il Devon che credevo di conoscere almeno un po', si è rivelato essere molto più incasinato di quanto immaginassi. Non può continuare a vivere così, deve reagire e non posso permettere che si lasci andare come ha fatto oggi. Tutti meritano la felicità o almeno la possibilità di esserlo e non voglio credere a quello che dice. Qualsiasi cosa sia successa o che abbia fatto, non vale questo strazio nel quale si costringe a vivere.
Mi alzo per slacciargli le scarpe ripensando a tutto ciò che è successo finora e quanto ci abbia già sofferto abbastanza, ma andrà meglio, deve andare meglio. Mi sfilo gli scomodi tacchi che ormai hanno consumato i miei poveri piedi e titubante mi stendo accanto a lui dall'altro lato del letto matrimoniale. Dorme profondamente. Cerco di fare lo stesso ma le sue parole mi attanagliano la mente facendo sì che le lacrime che avevo represso, scorrano ora veloci sulle mie guance pallide senza poterle fermare.

Devon's pov

Un raggio di luce mi colpisce dritto in viso facendomi strizzare gli occhi per il bagliore. Mi volto dal lato opposto e noto una figura minuta rannicchiata contro il cuscino. Sbatto più volte le palpebre prima di mettere a fuoco l'immagine di Ella addormentata al mio fianco. Penso subito al peggio ma poi mi rendo conto che sono troppo vestito e scaccio quell'ipotesi dalla mia mente. Ma dove ci troviamo? Mi guardo intorno e intuisco di trovarmi ancora nell'hotel di Richard in una delle stanze da letto. Ahia che mal di testa... Non ricordo molto di ieri sera ma credo di aver alzato un po' troppo il gomito ed ecco il risultato...
Mi faccio forza con le braccia e mi metto seduto, grattandomi il capo assonato. Mi ero dimenticato quanto potesse essere penoso il post-sbornia. Mi alzo dal letto e afferro la mia giacca per poggiarla sulle spalle di Ella. Perché non si é infilata sotto le coperte?
Torno poi verso il mio lato notando un bigliettino sul comodino. È la calligrafia di mia sorella.

" Buongiorno dormiglione! La prossima volta che vieni alle mie sfilate ti terrò lontano dai drink. Detto ciò, ti volevo solo avvisare che mi è morto il telefono ma sto tornando a casa. Spero tu abbia avuto un bel risveglio!
Clarissa "

Che simpatica, adesso lascia anche bigliettini sparsi per l'hotel. Lo ripongo nella tasca dei miei pantaloni e decido di darmi una sciacquata mentre aspetto che Ella si svegli. Dopo essere uscito dalla doccia, mi asciugo velocemente e rinfilo i pantaloni dello smoking dando un'occhiata fuori per controllarla. Indosso anche la camicia che però abbottono mentre torno nella stanza da letto.
Vorrei ricordarmi qualcosa di ieri sera ma mi è davvero difficile con questo mal di testa. Spero di non aver fatto o detto niente di strano...
Mentre ci penso, la bella addormentata riprende conoscenza e si stiracchia aprendo piano gli occhi ancora assonnati. Non credo abbia dormito molto...

« Buongiorno. » Le sposto un po' la frangia dagli occhi sedendomi accanto a lei sul bordo del letto.

« Ehi... sei già sveglio. Ma che ore sono...?» Si dimena per guardare l'orologio sul comodino che segna le dieci e mezza.

« Mi sono svegliato poco fa con un gran mal di testa...» Devo prendere un'aspirina al più presto.

« Beh immagino...» Si mette seduta stropicciandosi un po' gli occhi ancora truccati finendo per diventare un panda.

« Mi dispiace averti trattenuta qui... a causa mia...» Scuote la testa scostandosi la giacca da dosso.

« Non preoccuparti... Però non rifarlo...»
« Non lo farò. Non mi piace perdere la lucidità.» Le confesso alzandomi e porgendole una mano affinché faccia lo stesso.
« Ma Charlotte non era con te? » Mi domanda dopo essersi messa in piedi.
« Sì.. all'inizio. Poi ha ricevuto una chiamata e ci siamo persi di vista. Da allora è tutto molto confuso...»

« L'importante è che ora tu stia meglio... » Mi dice prima di sorpassarmi per andare in bagno. Sembra un po' scossa, spero non sia stata colpa mia. Mi conosco, e da ubriaco potrei aver detto qualcosa di troppo o di inappropriato.
Non ci mette molto e torna nuovamente in camera leggermente più sveglia di quanto non fosse prima.

« Ella.. spero di non aver fatto nulla di sbagliato... non..» Mi interrompe subito.

« No, Devon... Eri ubriaco e farneticavi, niente di particolarmente strano o equivoco, davvero.» Non so se crederle o meno, onestamente. Sembra davvero troppo sconvolta, anche se finge indifferenza.

« Va bene... meglio così. » Le sorrido e recupero la giacca. Sentiamo poi bussare alla porta così vado ad aprire. Un cameriere entra con un carrello ricco di dolciumi ed altre prelibatezze.

« Buongiorno, il signor Bradshaw vi offre una squisita colazione. Mettetevi pure comodi...» Ci indica con lo sguardo il tavolo affianco alla finestra. Lancio un'occhiata ad Ella che fa spallucce.

« Oh... grazie. Prego..» Lo lascio passare mentre scosto la sedia ad Ella e mi accomodo a capotavola. Sarebbe scortese rifiutare questa gentilezza.
Il cameriere ci imbandisce la tavola con tutto il ben di dio che ci ha portato servendoci anche dello champagne. Che esagerazione Richard...

« Desiderate qualcos'altro signori Reinfield? » Ella per poco non si strozza con lo champagne a questa domanda. Chissà se è stato Richard a volerci soprannominare così o è tutta farina del sacco di questo ragazzo.

« No no, grazie può andare...» Lo congedo prima che Ella mi muoia davanti e prima che il cameriere possa aggiungere altro.

« Richard dev'essere impazzito...» Commenta dopo essersi ripresa. Ne approfitta per allungarsi e levarmi lo champagne davanti sostituendolo con un bicchiere d'acqua. « Per te niente alcol, solo acqua e aspirina.» Aggiunge per poi prendersi del pane da farcire con la marmellata e il burro.

« Sì, mamma. Anzi, sembri quasi più dottore di me...» Scuoto la testa divertito prendendo subito l'aspirina e afferrando un paio di croissant al cioccolato.

« Li faccio anche io i muffin, però io li riempio di nutella...» Commenta afferrandone uno per assaggiarlo.
« Scommetto che i tuoi sono migliori. » La prendo in giro come mio solito.
« Ovviamente, sono fatti in casa. Però non mi dispiacciono questi..»
« Ma sono fatti da te, quindi...»
« Che cosa vorresti insinuare? La mia torta ti è piaciuta! »
« Ma se ne hai mangiata più tu alla fine...» Mi guarda accigliata puntandomi il coltello sporco di marmellata alle fragole contro.
« Bugiardo. La mia torta era squisita e l'hai adorata, si vedeva dalla tua espressione.»
« Che espressione avrei fatto? »
« Di goduria! »
« Perché tu conosci quella mia espressione, mh? »
Si blocca con il coltello a mezz'aria sorpresa da questa mia uscita, ma me l'ha tirata di bocca!Lasciamo cadere l'argomento prima che la situazione diventi imbarazzante e scomoda per entrambi. Finiamo il resto della colazione tranquillamente e rifletto su quanto tutto ciò si sia svolto nel modo più naturale possibile e mi ritrovo ad immaginare per un secondo a come sarebbe la mia vita se smettessi di scappare da tutto e tutti.

« Non li finisci? » Mi chiede mentre ero troppo assorto nei miei pensieri. Mi riprendo e scuoto la testa.

« Sono sazio... Mi passi il caffè per favore? » Annuisce e me ne versa una tazza che poi mi porge gentilmente.

« Direi che è giunta l'ora di andarcene...» Le dico dopo aver mandato giù la bevanda nera ed essermi alzato dalla sedia.
Ci rechiamo nella hall e ci facciamo chiamare Richard, vorremmo salutarlo e ringraziarlo prima di lasciare definitivamente l'Astoria.

« Ecco i miei due piccion... amici! » Ci viene incontro a braccia aperte, un po' troppo euforico rispetto al solito.

« Richard... grazie per la colazione. » Gli dice Ella con un sorriso stentato e uno sguardo che la dice lunga. Lo scherzetto del cameriere la deve aver impressionata parecchio.

« Di nulla, ragazzi. Devon, come va il post-sbornia? Ella è stata una brava infermiera?» Mi fa l'occhiolino ma non riesco neanche a controbattere al momento.

« Non mi ricordo granché ma si è premurata di farmi prendere l'aspirina e il caffè. » Le rivolgo un sorriso che ricambia solo in parte. Sono sempre più convinto che le abbia detto qualcosa stanotte...

« Bene, adesso ti lasciamo, salutaci tanto il cameriere di prima e digli che i signori Reinfield hanno apprezzato molto la colazione...» Gli do una pacca sulla spalla mentre noto l'espressione di Richard a questa mia affermazione. Vorrebbe scoppiare a ridere ma si trattiene.

« Ve lo saluto, ci sentiamo! Ah, ho accompagnato personalmente Audrey a casa. » Informa Ella che poi saluta con un bacio sulla guancia che lei ricambia.

———————

« Vuoi un passaggio? Non vedo la tua macchina nei paraggi...» Mi fa notare Ella nel parcheggio, anche perché le chiavi le avevo lasciate a mia sorella.

« Suppongo di sì, grazie. » Mi accomodo nella sua macchina al lato del passeggero. È la prima volta che ci salgo ed è la prima volta che sperimento la sua guida. Spero non mi faccia vomitare i cornetti di stamattina.
Si siede al lato del guidatore e si sfila i tacchi per poter stare più comoda al volante. Accende il motore e le indico man mano la strada da compiere per giungere a casa mia. Non è male, se la cava a guidare! Dopo poco tempo siamo a destinazione.

« Eccoci qui... Salutami Clarissa e falle ancora i complimenti per la sfilata. » Mi sorride e rimuove la sicura per farmi scendere dalla sua auto. Mi sento in dovere di dirle qualcosa in merito a tutto ciò che abbiamo passato.

« Lo farò. » Mi schiarisco la voce e mi slaccio la cintura di sicurezza per voltarmi meglio nella sua direzione. « Ella grazie per esserti presa cura di me stanotte... non eri obbligata ma l'hai fatto lo stesso. E poi volevo chiarire il discorso dell'altra sera. Forse sono stato un po' avventato nei modi ma... » Mi copre la bocca con una mano.

« Non dire niente, per favore. Lo so. So che cosa intendevi e perché mi hai detto quelle parole. Ricordati solo che non ti libererai facilmente di me e delle mie buonissime torte.» Sono sbalordito, non mi aspettavo questo risvolto da parte sua.

« Come desideri, allora. Ci sentiamo presto. » Le lascio una carezza sulla guancia per poi scendere definitivamente dall'auto. Non credevo che avesse compreso appieno il mio discorso dell'altra sera. Meglio così, no? Dovrei sentirmi sollevato, ed invece, sono più confuso che altro ma immagino che la causa sia l'alcol ancora dentro il mio corpo.
Appena entro in casa, Clarissa mi accoglie a braccia aperte.

« Fratellone! Ti sei un po' ripreso? » Mi accompagna in cucina dove mi abbandono su uno degli sgabelli.

« Sì, mal di testa a parte...»
« Non credevo fossi ancora capace di ubriacarti o ti avrei fatto servire solo analcolici! Meno male che non c'erano più i paparazzi altrimenti a quest'ora lo avrebbe saputo anche la Regina Elisabetta! » Commenta alzando gli occhi al cielo per poi sedersi di fronte a me.

« Vero... in realtà non volevo farlo ma ho perso il conto dei drink e poi mi sono estraniato un po' e questo mi aveva fatto sentire bene... Mi dispiace, non ricapiterà.» Le assicuro poggiandole una mano sulla sua. Non voglio che si preoccupino inutilmente.

« Lo spero perché credo che Ella non ti soccorrerà di nuovo! Ma in tutto ciò Charlotte?»
« Forse mi ha mandato qualche messaggio, dopo controllo. » Le rispondo mantenendomi la testa con il palmo di una mano.
« Va bene, ora vai a riposare. Ci vediamo più tardi. » Mi da un bacino sulla guancia e sparisce nella sua stanza. La imito trascinandomi sul mio letto sprofondando quindi sul materasso.
Basta ubriacature da oggi.. sono troppo vecchio per queste cose! Mi giro su un fianco mantenendomi le tempie e facendo un grosso respiro.
Non mi capitava da molto che riuscissi a lasciarmi andare all'alcol come ho fatto ieri sera. Odio perdere il controllo di me stesso, ed infatti, le mie poche ubriacature risalgono all'epoca della mia adolescenza. Mi giro e rigiro tra le coperte mentre stralci di ieri notte, mi tornano alla mente.

Ricordo di aver incontrato Ella mentre barcollavo per la hall, ricordo di averle detto qualcosa a proposito del vestito blu che indossava.

Ricordo vagamente di essermi trovato sul balconcino con lei, ma che siamo rientrati subito per qualcosa che mi ha detto... Cosa mi ha detto? Non riesco a focalizzarlo.

Poi ricordo i suoi occhioni nei miei quando eravamo seduti sul letto. Ha detto che non mi avrebbe lasciato e così è stato.

Aspetta... oh no, ricordo di averle detto qualcosa sul "devi vivere la tua felicità per conto tuo " o almeno credo... Questo spiegherebbe il suo comportamento di stamattina. Devo scoprirlo e per farlo, mi devo avvalere dell'aiuto di Richard sperando che Ella gli racconti quello che è successo.
Alla fine il mio segreto verrà a galla e dovrò confessarle tutto. Sono continuamente combattuto sul dirglielo o meno temendo che, se sapesse la verità, se ne andrebbe e non so se questo sia un bene o un male. Per lei di sicuro un enorme bene ma io come la prenderei? Continuo a ripetermi che starei bene, che non mi importa nulla di nessuno, ma mentirei a me stesso se affermassi che quella ragazzina maldestra non mi sia entrata un po' dentro.
Non so come abbia fatto, ma ha scalfito il muro che mi sono costruito intorno per non soffrire più, lo stesso che non posso abbattere del tutto per il suo bene.
Non è forse questo il gesto migliore che possa fare? Salvaguardarla viene prima di ogni altra cosa e purtroppo, ciò significa lasciarla andare.







Angolo autrice:

Buon pomeriggio!  Vi è piaciuto il capitolo? Devon ubriaco non ve lo aspettavate, vero? Almeno è riuscito ad esprimere i suoi timori, anche se contro la sua volontà, ad Ella. Ora si capiscono molte cose!
Kisses.

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Capitolo 36
*** Capitolo 33 ***


Ella's pov

« Ricordami ancora una volta perché sei a casa mia di domenica pomeriggio...»

« Mi hai invitato tu, cara Ella. Certo che hai la memoria corta! » Uno sbuffo fuoriesce dalle labbra del povero Richard che si stiracchia le gambe e subito dopo il collo.

« Magari Rick... Mi gratti la schiena? » Mi guarda perplesso dall'alto della sua sedia. « Che c'è? Mi prude...» Scuote la testa e non muove un dito per aiutarmi. Pff.

« Adesso mi vuoi dire che cosa è successo ieri notte o devo stare qui ancora per molto mentre ti contorci sul letto? » Mi domanda alzandosi dalla sua postazione per sedersi accanto a me.
Da quando sono rientrata in casa stamattina, non ho fatto altro che rimuginare su quanto Devon mi abbia confessato inconsciamente. Ora capisco il suo discorso in macchina, dopo essere andati a cena. Mi duole ammetterlo, ma aveva ragione Rick sul suo conto. In fondo sono amici da secoli, era ovvio.
Ha davvero un muro intorno ed è così fermo sulle sue convinzioni che ormai non ammette nessun'altra possibilità.

« Avevi ragione. È bloccato, totalmente. Mi ha detto, da ubriaco intendo, che non devo stargli accanto, che fallirò come gli altri e che mi stancherò di lui. Ha detto che devo vivere la mia felicità senza di lui.» Mi copro il viso con le mani sospirando pesantemente. È il primo a saperlo poiché Audrey è dovuta scappare ad una riunione di lavoro per non so quale servizio fotografico così ho chiamato Richard per farmi dare qualche consiglio. Qualcuno doveva pur saperlo e chi meglio di lui? 

« Io ho sempre ragione anche quando ho torto. Ho ragione ad avere torto! » Gli rido in faccia. « Comunque c'era da aspettarselo. » Mi spiazza. Che cosa vuole dire?
Mi metto a sedere tirandomi le ginocchia al petto.

« Spiegati Rick..»
« Te l'ho sempre detto. Non si tratta di non volerti ma di non poterti avere. » Aggrotto le sopracciglia. È una stupidaggine!

« Ti rendi conto che stai parlando come quelle riviste sentimentali? » Ridacchia poggiandomi una mano sul ginocchio.

« Non sono sentimentale io... Intendo che il tuo caro conte, ha bisogno di una spinta, una grandissima spinta, e devi avere molta molta pazienza se davvero tieni al vostro rapporto e soprattutto devi dirgli ciò che provi. Più rimandi peggio è, secondo me. »
Credo che abbia ragione... ma dopo ciò che mi ha detto che coraggio dovrei avere nel dichiararmi?

« Ma ora non posso.... secondo te deve sapere che mi ha detto quelle cose preso dall'alcol? Se poi si ricorda...» Dannazione non so che fare! Richard ci riflette un attimo su prima di rispondermi.

« Non saprei. È una situazione delicata. Forse se te lo chiede, dovresti dirglielo, soprattutto se gli torna alla mente. » Fa spallucce e si alza dal letto tendendomi la mano. Gliela afferro e mi metto in posizione eretta. Dopo una serata su quei trampoli mi piangono ancora i piedi...

—————————-

« Ti piacciono? Li ho fatti qualche ora fa...» Spiego a Richard che assapora i miei gustosi muffin. Mi è venuta voglia di prepararli dopo aver assaggiato quelli del suo hotel.

« Squisiti... perché non ti apri una pasticceria? Faresti affari! » Se lo divora in due morsi sporcandosi tutto il mento di nutella. Forse li ho farciti un po' troppo. Gli allungo un tovagliolo sorridendo.

« Grazie mille! » Sorrido orgogliosa del mio operato. « Con Audrey tutto bene, comunque?»
« Oh sì benissimo, facciamo tanto sesso!»
« Interessante, adesso mi è passata la fame..» Scuoto la testa ma sono felice di sapere che si stanno conoscendo. « Lo sapevo che sareste stati bene insieme! »
« Non esagerare, per adesso non è niente di che, lo sai come la penso...»
« Sì sì... continuate a farlo e mi raccomando usate le dovute precauzioni!» Gli faccio l'occhiolino.
« Non prende la pillola, scusa..?»
« Non lo so, dovresti chiederlo a lei non credi?»
« Ma tu sei la sua coinquilina, lo dovresti sapere! »
« In effetti l'aveva interrotta... siete degli irresponsabili! » Guardo i muffin e li sistemo su un vassoio più piccolo scuotendo la testa con disapprovazione.

« Che cosa mi stai dicendo?! Non me l'aveva detto! » Mi guarda allarmato come se gli avessi comunicato che sta per morire.
« Auguri Richard... spero tu sappia cambiare i pannolini. Forse era troppo presa... non lo so! » Mi volto per non ridere, non credevo di essere così convincente!
« Okay la prima volta ma le altre?! PORCA PUTTANA, ELLA! » Si alza e inizia a camminare per la cucina disperato. Sto morendo dal ridere, ed infatti, esplodo presto.

« Stavo scherzando, era uno scherzetto!» Alza il suo sguardo profondo che incontra il mio.
« MI HAI FATTO VENIRE UN INFARTO! Che razza di scherzi sono?! » Mi guarda furioso ma poi si calma e prende un grosso respiro.  « Questa me la paghi, sappilo..»
« È stato troppo divertente! Scusami Rick, ma non ho resistito. » Gli offro un altro muffin per fare pace ma non lo prende e mi mette il broncio come un bimbo di due anni.  « Dai! Sei arrabbiato con me adesso? »
« Ovvio, ed io che passo il mio tempo ad aiutarti con il dottore... » Incrocia le braccia al petto indispettito. Alzo gli occhi al cielo e faccio il giro del bancone per raggiungerlo.

« Dai facciamo pace. » Allargo le braccia sorridente. Era uno scherzo fantastico, comunque. Dopo un paio di sbuffi mi abbraccia ma poi mi solleva da terra in un gesto rapido mettendomi sulla sua spalla praticamente a testa in giù.

« Richard lasciami!! Così vomito tutti i dolcetti! » Gli do qualche pugnetto sulla schiena mentre scalcio senza riuscire però a colpirlo come si deve.

« Te la sei cercata Ella! » Mi divincolo un altro po' finché i miei piedi non toccano nuovamente il pavimento.
« Sei un cretino! »
« Sei tu che hai iniziato! » Mentre discutiamo senza però effettivamente farlo sul serio, la porta di casa si apre rivelando la figura di Audrey.

« Bambini la smettete? Vi si sente dal pianerottolo...» Ci giriamo entrambi nella sua direzione.
« Prenditela con Ella! » Mi accusa subito "l'uomo" che incrocia le braccia al petto offeso.

« No! Gli ho solo fatto uno scherzetto...» Ridacchio ancora per la faccia che ha fatto.
« Che scherzo? »
« Ha detto che non prendi precauzioni e che rischiavo di diventare papà! » Audrey passa lo sguardo da me a Richard e poi scoppia a ridere come una dannata.
« Bellissimo! Ella sei una grande. » Mi batte il cinque e da un bacino sulla guancia di Richard.

« Solidarietà femminile, caro Rick. » Gli faccio l'occhiolino soddisfatta.

« Siete due streghe...» Ci ridiamo tutti su godendo della compagnia reciproca.

—————————

Lo ammetto, non seguo mai i consigli altrui ed ecco perché mi trovo sempre nelle situazioni più scomode. Dovrei essere a casa a contemplare i miei disegni o il soffitto, e invece, sto varcando la soglia del Lennox Hill Hospital. Cosa mi è saltato in testa non lo so ancora. Immagino che lo scoprirò tra poco. Sono le sette di sera e nonostante ciò, c'è parecchia gente che vaga nei dintorni tra studenti, medici, infermieri e pazienti. A dirla tutta, non sono neanche sicura che Devon sia qui, ma un po' lo conosco e di certo non se ne sta in casa a rigirarsi i pollici. È un dannato stacanovista!
Evito volutamente di rivolgermi alla reception e mi dirigo all'ascensore. Se non sbaglio, il suo studio è al quinto piano, ma non ne sono sicura. Schiaccio il bottone e attendo impaziente di arrivare a destinazione.
Più passa il tempo e più potrei pentirmi di essere venuta qui. Perché l'ho fatto? Beh, semplice. Voglio evitare di lasciare la questione in sospeso per troppo tempo, voglio evitare che passino altri giorni senza che ci parliamo o cerchiamo perché abbiamo paura di cosa possa pensare l'altro. Voglio un chiarimento e subito. Non tutti i drammi della volta scorsa, voglio soltanto capire per una volta che cosa pensa e che cosa voglia da me. Da ubriaco mi ha fatto capire che non può stare con me, ma io sono disposta a rischiare. È così difficile darmi una chance?
Per fortuna le porte si aprono con il caratteristico suono mettendo fine alle mie riflessioni.
Forse avrei dovuto chiedere alla receptionist perché vedo solo persone in camice bianco che vagano per il corridoio. Un brivido mi attraversa la spina dorsale mentre do un'occhiata intorno.

"Unità coronarica"

È incisa sulla targhetta appesa al muro accanto all'ascensore. Dovrei essere nel posto giusto. Muovo qualche passo finché una voce maschile non mi inchioda.

« Ha bisogno di qualcosa..? »

Mi volto lentamente sfoderando il mio sorriso migliore. Essere cacciata da un ospedale non rientra esattamente nei miei piani di oggi.

« Salve! No, no.. stavo solo cercando una persona... » Resto sul vago guardando il mio interlocutore. È un ragazzo all'incirca della mia età, alto e snello. Credo sia uno studente perché è un po' troppo giovane per essere già medico. Mi scruta con i suoi occhi color nocciola perplesso.

« Beh se mi dice chi cerca forse è meglio. Non posso lasciarla vagare per il piano senza permesso o mi farà morire tutti i pazienti d'infarto con la sua bellezza. » Mi sorride orgoglioso di se stesso. Dio mio...

« Comunque sono Danny, piacere di fare la sua conoscenza. » Mi afferra il dorso della mano sul quale posa un bacio. La ritiro subito dopo leggermente imbarazzata.

« Mi chiamo Ella e per favore dammi del tu...» Il lei è per i vecchi e noi abbiamo quasi sicuramente la stessa età.

« Se insisti! Chi stai cercando, comunque? Anche se puoi approfittare di me, se per te è lo stesso.» Non ce la faccio... Mi viene da ridere!

« Danny! Quante volte ti ho detto di non provarci con le mie pazienti?! » Devon appare dal nulla, o forse dall'ascensore, facendo letteralmente saltare il povero studente. Cavolo se sa essere intimidatorio!
Il ragazzo lo guarda con gli occhi fuori dalle orbite scusandosi subito neanche avesse commesso un crimine.

« Mi scusi dottore non sapevo fosse una paziente...» Cerca di giustificarsi come può senza molto successo.

« Vattene prima che decida di non farti assistere più a nessuna operazione per il prossimo mese..» Esagerato...
Ed in un battibaleno non ci fu più traccia di Danny.
Mi sento un po' in colpa per tutto ciò, comunque.

« Ella.. che ci fai qui? Stai bene? » Cambia subito il tono, ammorbidendolo per rivolgersi a me. Com'è volubile...

« Devon... ehm sì sto bene...volevo parlarti di una cosa... hai due minuti da dedicarmi..? » Improvvisamente vorrei non aver mai deciso di venire qua. Mi sono appena resa conto che non ho pensato a come affrontare il discorso.

« Sì... certo. » Lo seguo per il corridoio finché non suona qualcosa. Il suo cerca-persone, suppongo.

« Ho un codice blu, aspettami qui. » Risponde e corre in direzione di una stanza poco distante. Sono curiosa di capire cosa sta succedendo.
Non è solo, ci sono altre quattro o cinque persone nella stanza tra infermieri e studenti. Mi affaccio al vetro che mi separa dalla stanza del paziente il quale sta avendo delle convulsioni, credo. Chiudo per un attimo gli occhi, queste immagini sono parecchio forti e forse avrei dovuto evitare.

« Non c'é battito, lo stiamo perdendo. » Mi faccio forza e riapro gli occhi ascoltando ciò che si dicono.

« Un milligrammo di epinefrina e continuate con il massaggio! »
« Non reagisce al farmaco e la pressione cala a picco. »
« Defibrillatore. Carica a duecento. Libera. » Dopo un paio di tentativi riescono a salvarlo. Sono stati davvero bravissimi, li ammiro tanto. Sono degli eroi, davvero. Senza di loro molte vite andrebbero perse.
Mi allontano subito dal vetro appena capisco che stanno per uscire. Prevedo un rimprovero anche per me dal bel dottore che esce dalla sala seguito dalle sue studentesse. Tutte donne, figuriamoci...
Mi lancia un'occhiata seria e mi fa cenno di aspettare un attimo.

« Il paziente nella 32? Qualcuno mi illustri il caso...» Chiede alle ragazze che lo circondano. Una di loro apre una cartella e inizia a dire cose per me senza senso.

« È stato trasferito ieri da noi per un presunto infarto. In seguito alle analisi del sangue e dell'ECG si è poi capito si trattasse di una stenosi dell'aorta dovuta ad un aneurisma. » Annuisce vigorosamente mentre la studentessa lo guarda ammaliata.

« Come procediamo? » Chiede ancora rivolgendosi alla seconda ragazza.

« Operiamo chirurgicamente l'aneurisma prima che possa esplodere nel suo torace e causare una bellissima emorragia e conseguente necrosi del miocardio. »

« Perfetto. Fate preparare la sala operatoria. Siete tutte invitate. »

Dà qualche altra direttiva mentre lo guardo incantata. Si vede che é nel suo elemento e trasuda sicurezza da tutti i pori. Non avrebbe potuto fare altro che il medico.
Ammiro in silenzio i suoi movimenti mentre spiega alle dottoresse come agire.
Pendiamo tutte dalle sue labbra mentre parla, anche se loro immagino stiano capendo ciò che dice a differenza mia. Ho sempre pensato che il camice donasse un enorme fascino agli uomini ed è sicuramente così per Devon. Dannazione mi sto eccitando solo a guardarlo, mi devo dare una calmata! Mi risveglio dal torpore e attendo qualche altro minuto prima che mi degni della sua attenzione. Avrei dovuto chiamarlo non presentarmi così sul suo posto di lavoro...

« Roxanne avverti la famiglia cortesemente e di loro che lo opereremo entro domani mattina. Usa termini comprensibili mi raccomando...»
« Subito dottore. »

Devon finalmente le congeda e viene nella mia direzione. « Eccomi qui, di cosa volevi parlarmi? Si tratta della tua salute? »
Pensiero più che logico dato che sono piombata qui di domenica pomeriggio. Mi afferra la guancia alzandomi un po' il mento affinché lo guardi negli occhi. Sento lo sguardo ardente delle studentesse su di noi. Di sicuro stanno immaginando le cose più assurde e da una parte non mi dispiace. Almeno la pianteranno di girargli intorno...

« Sto bene, davvero. » Gli poggio una mano sulla sua così che la smetta di visitarmi contro la mia volontà in mezzo al corridoio. Sento le ragazze bisbigliare a questa scena. «Possiamo andare da qualche altra parte? Quando finisci il turno? » Controlla l'orologio e poi si volta verso le sue studentesse che ci stanno ancora fissando da lontano. Che impiccione...

« Fra parecchio ma posso fare una pausa. Mi stai facendo preoccupare, comunque.» Mi punta il dito contro. «Facciamo così. Dammi una ventina di minuti e poi ci vediamo in caffetteria, quella all'angolo. Va bene? » Annuisco e ci separiamo di nuovo. Andrà male, me lo sento. Sospiro abbattuta e cerco il cellulare nella borsa per mandare un messaggio ad Audrey. Nel farlo, quasi non mi accorgo di una figura che mi sbarra la strada. È una delle studentesse di Devon. Le sorrido perplessa perché non capisco cosa voglia.

« Lei è la fidanzata del dottore? » Mi coglie di sorpresa. La ragazza dai capelli ricci e castani si sposta qualche ciocca dietro l'orecchio guardandomi con i suoi occhi verdognoli in maniera curiosa o forse solo infastidita.

« Come dice, mi scusi? » Mi gioco la carta della finta tonta ma la ragazza mi sembra molto sveglia.

« È una domanda molto semplice come la risposta che le sto chiedendo. »
« Quanto si sbaglia... È tutt'altro che semplice. » Soprattutto con Devon, poi...
« La sta rendendo lei molto più complicata, in realtà. Me lo dica. »
« Perché vuole saperlo? Non sono affari suoi e neanche ci conosciamo. »
« In tal caso.. piacere, il mio nome è Roxanne. » Mi tende la mano che afferro titubante.
« Ella. » Quante presentazioni oggi...
« Ora me la da questa risposta? »
« Non credo. Perché lo pensa, comunque?» Mi guarda stranita come se la risposta fosse ovvia.
« Vi ho visti prima. Il dottor Reinfield non guarda nessuna in quel modo. » Ci riflette un attimo e poi continua. « Ci lavoro insieme da quasi un anno e sembra diverso ultimamente. Qualsiasi cosa ci sia fra voi, gli fa bene. » Sorride, come se fosse sinceramente felice per lui, anche se poi si rabbuia. È evidente che non le è indifferente.

« Lo pensi davvero? » Sono molto colpita. È un pensiero molto dolce da parte sua.
« Sì, lo penso. E sono molto molto invidiosa, lo ammetto. » Mi sorride per l'ultima volta per poi oltrepassarmi. « Ho dei familiari da avvisare, buona serata Ella. »
« Piacere di averti conosciuta Roxanne. » Scuoto la testa divertita e mi immetto in ascensore. Questa conversazione mi ha risollevato l'umore. Se davvero se ne sono accorte anche le specializzande è un buon segno! In pratica solo lui non l'ha ancora capito...
Ora so cosa devo dirgli e forse dovrò ringraziare quella bizzarra dottoressa.

Devon's pov

Vedere Ella al Lennox di domenica sera mi ha spaventato a morte. Credevo stesse male. Devo dirle di non farlo mai più o di passare prima in accettazione per farmi chiamare anche perché in reparto non sarebbe neanche dovuta entrare.
Le do' appuntamento in caffetteria fra una ventina di minuti mentre scendo in pronto soccorso. Hanno richiesto una mia consulenza per un uomo con apparente crisi respiratoria ma credono c'entri qualcosa anche il cuore.

« Dimmi tutto. » Mi rivolgo al medico di turno, un caro collega con il quale ho avuto l'onore di lavorare in più di un'occasione.

« Crisi respiratoria, battito irregolare e saturazione al settantacinque per cento. Pressione bassa, ho paura che non reggerà a lungo. » Mi passa la cartella con le analisi del sangue che ispeziono attentamente.

« Gli avete fatto una tac? »

« Certo, stiamo aspettando i risultati. » Discutiamo sulle possibili cause ma il paziente va in arresto cardiaco più di una volta.

« Michael, credo abbia un'ostruzione dell'arteria coronarica ascendente sinistra. Devi portarlo subito in emo-dinamica ora che è stabile. » Annuisce e mi dà una pacca sulla spalla ordinando ai suoi di affrettarsi.

« Grazie, Devon. Ti aggiorno più tardi. » Gli faccio un cenno di assenso con il capo e torno di sopra per assicurarmi che i miei specializzandi non abbiano ucciso nessuno.

« Allora? Come procede qui? » Lancio uno sguardo generale e un'occhiataccia a Danny. La prossima volta che lo sorprendo a flirtare con qualsiasi cosa respiri nel mio reparto, lo caccio a calci nel sedere fuori da questo ospedale. Un po' di professionalità per l'amor del cielo!

« Dottore, ho parlato con i parenti del paziente ma vogliono discutere comunque con lei dei rischi e il resto. » Alzo gli occhi al cielo ma poi annuisco.

« D'accordo. Che altro? » Tutti tacciono guardandosi tra loro perciò deduco che posso fare un break. « Bene, mi assento per un po', qualsiasi cosa succederà ricordate che sarà colpa vostra e che in tribunale non vi fanno sconti. Ho il cercapersone con me, comunque. » Saluto loro con un sorrisetto bastardo, tipico con i miei studenti, e mi avvio all'esterno del Lennox svestendomi prima del camice.
Quando arrivo nei pressi della caffetteria, lei è già lì, seduta ad uno dei tavolini intenta a disegnare qualcosa sul suo album, lo stesso che mi ha nascosto la sera che venni a prenderla per portarla a cena fuori. Non capisco perché si ostini a farlo, la sua arte dovrebbe poter essere osservata da tutti.
Prima che possa mettere piede all'interno, mi suona il cellulare. È Charlotte.

« Ti fai viva, finalmente. Ma che fine avevi fatto? »

« Scusami Devon. La chiamata mi ha tenuto parecchio impegnata ieri e oggi ho dovuto sbrigare delle faccende. A proposito, ho posticipato la partenza a domani. Perché non andiamo a cena stasera? Mi avevi promesso un giro di New York. »

« Non posso, sono al lavoro stanotte. Sarà per la prossima volta Charlotte. Sicuramente ci sarà modo. » Beh non sto al suo servizio, in effetti...

« Oh... va benissimo. Domani ci salutiamo, vero? »

« Certo, a domani. Buonanotte. » Attacco la chiamata. Almeno ora so cosa l'ha tenuta lontana ieri alla sfilata. Iniziavo a pensare che l'avessero rapita gli alieni.
Poso il cellulare in tasca e mi faccio avanti nel bar. Non c'è moltissima gente, una calma piatta invade l'ambiente accogliente della caffetteria che di giorno pullula soprattutto di studenti e medici del Lennox.
Mi avvicino cauto ad Ella. Sono proprio curioso di sapere che cosa debba dirmi. A questo punto credo abbia a che fare con ieri sera altrimenti non saprei. Mi accomodo di fronte a lei osservando come muove abilmente il carboncino sul foglio. Appena mi vede, chiude tutto e alza lo sguardo che incontra il mio. Non capisco perché non mostri le sue creazioni, sono davvero belle a parer mio.

« Cosa disegnavi? » Le domando per rompere un po' il ghiaccio.

« Non lo so, mi lasciavo trasportare dall'ispirazione.. » Mi sorride e ripone l'album nella sua borsa. « Ho già ordinato.» Annuisco e picchietto le dita sul tavolino freddo che ci divide.

« Di che cosa volevi parlarmi? » Finalmente mi dirà qualcosa. Spero non sia niente di troppo grave.

« Di ieri sera. » Si schiarisce la voce muovendo indietro i capelli. Sapevo che alla fine sarebbe successo. Non ricordo ancora cosa è avvenuto di preciso, ma so che qualcosa devo averle detto e sono certo voglia delle spiegazioni al riguardo.

« Vuoi sapere se ricordo qualcosa? » La incalzo, tanto ne dobbiamo parlare comunque.
« Sì. »
« Non molto. Non ricordo cosa ti ho detto, ma so di averti confessato qualcosa. Mi scuso per qualunque cosa fuori luogo ti abbia rivelato. » Si muove sulla sedia a disagio.

« Mia madre è morta quando avevo diciannove anni. » Esordisce all'improvviso. Me l'aveva detto già, non capisco dove voglia arrivare. « Era molto depressa ma nessuno le prestava la giusta attenzione perciò, una sera che restò sola in casa, afferrò la pistola di mio padre e si sparò. La trovai quella notte stessa immersa in un lago di sangue. » Mi racconta tutto d'un fiato lasciandomi a bocca aperta per questa spontanea confidenza. Non me lo aspettavo e mi si stringe il cuore per lei. Non meritava tutto quel dolore.
Sto per dire qualcosa ma mi ferma con un gesto della mano.

« Ti ho detto queste cose perché ti reputo un mio....amico e mi fido di te. Perciò, qualsiasi cosa ti sia capitata, puoi parlarne con me apertamente, davvero. » Mi afferra la mano che stringe nelle proprie sorridendomi appena.

« Ella.. io.. non immaginavo. Mi dispiace molto. » Ed è vero, è una persona splendida e si merita solo il meglio per questo non le fa per niente bene la mia influenza.
Annuisce con un sorriso malinconico. Non mi piace vederla così abbattuta.

« Sto bene, davvero. Adesso tocca a te. » Deglutisco a fatica irrigidendomi. Non sono pronto ad affrontare questa conversazione con lei, non qui.

« Ella... sto cercando di salvaguardarti, devi darmi retta. » Scuote la testa contrariata.
« Smettila di preoccuparti per la mia incolumità e fammi capire. Te ne prego. »
« Devo sapere che cosa ti ho detto ieri sera. » Mi lascia andare la mano e mi guarda seria. Deve dirmelo per forza ora.
« Che importanza ha? Devi dirmi che cos'hai, Devon. Permettimi di aiutarti. »
« Non posso Ella. Non posso lasciartelo fare. » Non mi sento pronto, non ora.
« Forse un giorno... riuscirò ad aprirmi ma ora non posso, non.. io.. »

« Va bene, aspetterò. » Lo dice come se fosse la cosa più normale del mondo, facendo spallucce, ma non lo è. Le sue parole mi colpiscono come un' onda che s'infrange sugli scogli nel pieno della tempesta che è la mia vita. Incasinata e distrutta dallo stesso destino che mi ha permesso di incontrarla, conoscerla e volerle bene. Forse mi sta davvero capitando una seconda occasione? E se si rivelasse essere una nuova trappola? Non so cosa pensare e finché non lo capirò, non posso sbilanciarmi con lei.

« Potresti aspettare molto... lo sai? »
« So essere molto paziente..»
« E se poi non servisse a nulla? »
« Potrò dire a me stessa di averci provato.» Regge il mio sguardo e pochi secondi dopo, giunge la cameriera con le ordinazioni.
Questo vuol dire che è disposta davvero ad aspettarmi? Perché fa tutto questo? Non so se esserne affascinato o spaventato. Forse un po' entrambe.
Guardo l'orologio, fra dieci minuti al massimo devo rientrare. Giusto il tempo di consumare il caffè.

« Sono contento che tu mi abbia detto quelle cose su... sulla morte di tua madre. E comunque, se non lo avessi capito, mi fido di te e non è per questo che non voglio confidarmi con te. » Le dico mentre mi precipito a prendere il conto alla cameriera prima che possa anche solo pensarci di farlo lei. Ella sorride, un sorriso più luminoso di prima, mentre annuisce alle mie parole.

« L'importante è che tu sappia che puoi contare su di me. » Si alza ed io faccio lo stesso uscendo poi insieme a lei dal locale.
« Lo so e te ne sono grato, anche se non so dimostrartelo. » Fa spallucce, come se non fosse importante.
« Va bene così per adesso... » Il cercapersone reclama la mia attenzione. Devo scappare in pronto soccorso per un'emergenza. « Vai a salvare delle vite, su. » Mi dice Ella aggiustandosi il giubbotto sulle spalle e scacciandomi con un gesto della mano. È sceso un po' di vento stasera, anche se siamo a fine maggio e ormai la bella stagione é alle porte.

« Corro, mandami un messaggio quando arrivi a casa e per favore evita di distrarre i miei studenti la prossima volta! » Le faccio l'occhiolino e scappo via prima che possa rispondermi, ma di sottecchi la vedo scuotere la testa divertita.
Questa conversazione mi ha aperto gli occhi riguardo le sue intenzioni. Mi dispiace che abbia dovuto sentire determinate cose quand'ero ubriaco e non lucido come avrei dovuto essere. Lei è stata fondamentale in questi ultimi giorni e l'ha dimostrato in più occasioni come la sorpresa della torta e l'essersi presa cura di me ieri sera nonostante la difficoltà. Forse dovrei davvero lasciarmi alle spalle tutte queste paranoie che mi consumano ogni volta e che mi stanno facendo perdere i miei anni migliori. Forse è davvero giunta l'ora di vivere e non più di sopravvivere, ma ogni volta che ci provo, un nuovo uragano è pronto a travolgermi riportandomi nell'oscurità dell'abisso.


















Angolo autrice:


Buongiorno! Come state cari lettori? Vi state godendo questi primi giorni di caldo esasperante?
In ogni caso volevo comunicarvi che non manca moltissimo alla fine della storia. Ella e Devon per una volta cercano di chiarirsi ma ancora il dottore non riesce a sbottonarsi. Secondo voi come continuerà?
Alla prossima settimana!
Kisses.

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Capitolo 37
*** Capitolo 34 ***


Devon's pov

Mi sistemo gli occhiali da sole mentre guido alla volta dell'aeroporto di New York. Mantengo sempre la parola, perciò è giunta l'ora di salutare Charlotte prima che ritorni a casa come le avevo promesso.
Il turno all'ospedale mi è sembrato infinito e pensandoci, forse non è stata un'ottima idea mettermi alla guida con dodici ore di lavoro sulle spalle, ma ormai sono quasi giunto alla meta. Le strade sono piuttosto vuote e c'è un bel sole caldo che illumina questa giornata di fine maggio.
Mi chiedo che fine abbia fatto Summer... è da parecchio che non ho sue notizie e non ho neanche quasi mai incrociato suo padre in ospedale, essendo egli uno dei neurochirurghi del Lennox. Forse ha finalmente capito che deve lasciarmi in pace? Non credevo che sarebbe mai successo! È un gran risultato.
Finalmente parcheggio l'auto in uno dei posti liberi e attendo che Charlotte si faccia viva. Eravamo rimasti d'accordo che ci saremmo visti davanti al suo terminal, ma di lei non c'è traccia. Giocherello un po' con il cellulare ripensando alla conversazione di ieri sera con Ella. Non ho fatto altro cha ragionarci tutta la nottata che ho passato in ospedale. Anche le mie studentesse mi guardavano con aria sospetta. Sicuramente si saranno fatte molti viaggi mentali, ma ciò non mi riguarda per niente.
Sono sempre più convinto che qualcosa andrà storto e finirà come è sempre finita con chi ha solo pensato di avvicinarmi. Vorrei davvero essere migliore, non sentirmi più in colpa per ciò che è successo quella sera ed andare semplicemente avanti con la mia vita. Dovrei pensare a me stesso, a stare bene ma è molto più semplice a dirsi che a farsi. Forse è arrivato il momento di rileggere quella dannata lettera. Potrebbe essere un modo per andare avanti o almeno posso dire di averci provato, no?
Mentre affondo nei miei pensieri, una testolina bionda fa capolino alle mie spalle facendomi quasi sobbalzare.

« Ehi Char! Non ti avevo sentita arrivare..» Mi giustifico posando il cellulare in tasca e accogliendo la mia amica in un caloroso abbraccio.

« Non preoccuparti e scusami se sono sparita alla festa... mi ha chiamata Frank...»
« Ancora lui? Basta, ha rotto le scatole...» Per non essere più volgare.
« Hai ragione... hai sempre avuto ragione su di lui, però voleva parlare e non me la sono sentita di ignorarlo... sono tanto stupida? »
« Nhaa, solo un po'! » Mi colpisce il braccio bonariamente mettendo il broncio.

« Ehi! Ti offro un caffè dai...» Cambia discorso e ci dirigiamo alla caffetteria dell'aeroporto.

———————

Mi ha fatto piacere passare un po' di tempo con Charlotte e ci siamo ripromessi di vederci più spesso che sia a Londra o New York. Direi che posso finalmente tornare a casa. Inizio a chiedermi quanto tempo resterà ancora in città Clarissa a questo punto, anche se non sembra affatto intenzionata a levare le tende per il momento. Mi rimetto in viaggio e arrivo praticamente sfinito nel mio appartamento. L'ubriacatura e il turno notturno mi hanno distrutto.

« Clarissa sei in casa? » La chiamo a gran voce ma non mi risponde. O dorme oppure è fuori e credo che la seconda ipotesi sia la più probabile. Me ne faccio una ragione e appoggio il giubbotto sull'appendiabiti trascinandomi fino al piano di sopra a letto sul quale sprofondo immediatamente.
Chiudendo gli occhi per la stanchezza, lascio che la mia mente vaghi senza controllo portandomi ancora una volta in luoghi oscuri finché non mi arrendo alle braccia di Morfeo.


Il sole è caldo e mi colpisce dritto in viso. C'è un profumo di lavanda e la pace regna sovrana. Ho sempre amato il giardino della mia nuova casa nella periferia di Londra e cerco di passarci più tempo possibile.
Spalanco gli occhi e una figura viene nella mia direzione. La mia dolce Cassie...
Allargo le braccia per accoglierla ma scompare ad un passo da me. Svanisce tutto, il giardino, il sole e la mia villa.
Resto da solo nel buio più totale a piangere il mio dolore. Non doveva toccare a lei, non doveva toccare a nessuno. Cerco di uscire da quest'oscurità opprimente ma non riesco.
Annaspo, mi arrampico per salvarmi da me stesso ma resto bloccato in questo limbo stringendomi la testa fra le mani.


Mi sveglio di soprassalto mettendomi a sedere sul letto. Dannazione, un altro incubo. Devo assolutamente chiudere questa storia e cercare di aprire quella dannata lettera come primo passo verso il superamento della tragedia. Me l'hanno sempre detto, anche la vasta schiera di psicologi e psichiatri che mi hanno seguito in quest'anno e mezzo. Se non chiudo con il passato, non posso andare avanti.
Guardo l'orologio che segna le tre del pomeriggio. Posso tranquillamente passare allo studio per recuperare la lettera e poi iniziare le visite del pomeriggio.
Mi alzo dal materasso e decido di farmi una doccia rigenerante prima di poter fare qualsiasi altra cosa. Indosso un paio di jeans blu scuro e una camicia azzurra pettinandomi i capelli in modo da non farli sembrare troppo scompigliati. E' giunta l'ora di darci un taglio, in tutti i sensi.
Afferro la ventiquattro ore e il giubbotto e mi affretto a raggiungere l'auto. Non c'è praticamente traffico, ed infatti, in mezz'ora sono a destinazione.

« Salve dottore, come sta oggi? » Mi chiede Rose non appena metto piede nello studio.
« Bene, grazie. » Le sorrido affettuosamente mentre apro la porta della mia stanza.

« La avverto non appena arriva il primo paziente. » Annuisco e mi chiudo la porta alle spalle per avere un po' di privacy.

Mi avvicino al cassetto della scrivania ed estraggo le chiavi dalla tasca dei jeans ancora incerto sul da farsi ma so che prima o poi dovrò affrontare tutto ciò.
Sospiro bruscamente e infilo la chiave nella serratura aprendo lentamente il cassetto che contiene la lettera ancora perfettamente sigillata da me stesso in passato. La prendo delicatamente, come se avessi paura di romperla e l'appoggio sulla superficie in legno chiaro della mia scrivania. Mi siedo sulla poltrona e contemplo la busta bianca immobile di fronte ai miei occhi incapace di aprirla. Lo so che mi farà male, troppo male e forse non è stata l'idea migliore. Fra poco arriveranno i miei pazienti e dovrei quanto meno essere lucido. Attendo un tempo che a me pare infinito e quando mi sono praticamente deciso, Rose bussa alla mia porta.

« Dottore se è pronto possiamo iniziare..»
Annuisco con un gesto del capo e sbuffo per il tempismo. Non ci posso credere, davvero. Mi do una sistemata al camice e indosso uno dei miei sorrisi migliori per accogliere la prima persona che varca la soglia della stanza lasciando l'apertura della lettera ad un momento migliore.

Ella's pov

Volevo davvero continuare a scrivere la tesi, davvero tanto, ma non ci posso riuscire se ho la testa da tutt'altra parte. Sono ancora proiettata con la mente a ieri sera e alla conversazione con Devon.
Mi sono aperta con lui, gli ho detto ciò che più mi ha scosso nella mia vita e speravo tanto che facesse lo stesso con me. Ma capisco che possa non essere pronto, ed infatti, non ho insistito affinché si confidasse. Temo che si tratti di qualcosa di terribile, purtroppo, e l'ho sentito ancora di più dal suo sguardo perso, vuoto, uno sguardo che avevo anche io appena persi mia madre.
Sbuffo e sposto il computer dalle mie gambe al tavolino e fisso il soffitto del salotto. Sono stanca di torturarmi il cervello a causa di problemi che neanche mi dovrebbero riguardare, eppure mi sento così coinvolta, come se la sua felicità dipendesse da qualcosa che posso fare mentre non è così. Non è una questione che posso risolvere per conto mio e forse è proprio per questo che non riesco ad andare avanti. Aspetterò tutto il tempo necessario se ciò potrà farlo sentire meglio.
Mi copro il viso con le mani ed espiro bruscamente cercando di eliminare tutti i pensieri negativi per un po', ma inutilmente.
Il trillo del cellulare mi riporta alla realtà e mi affretto a rispondere prima che sia troppo tardi. Reprimo l'espressione di delusione che si dipinge sul mio volto nel constatare che non si tratta di Devon.

« Ehi caramella come butta? Scusami se non ti ho più cercata dopo la sfilata, ma ho avuto da fare. » Lo sento sospirare dall'altro capo del telefono.

« Ciao Bas, figurati... Comunque sto bene e tu che mi dici? » Cerco di sembrare il più convincente possibile mentre non capisco il motivo della sua giustifica.

« Sicura di stare bene? » Domanda con il suo solito tono indagatore. Non gli si può nascondere nulla, purtroppo.

« Non lo so, in realtà..»
« C'entra Devon o sbaglio? »
« Diciamo di sì. » Anche se non è cambiato nulla tra noi, anzi, forse le cose sono anche migliorate ma lui non sa cosa è successo dopo la festa e il perché mi senta così.

« Perché lui non va bene per te! Hai già i tuoi problemi non puoi accollarti anche i suoi! Ne uscirai devastata ne sei consapevole? Lo sapevo che ti avrebbe fatto soffrire...» E parte in quarta come suo solito. Alzo gli occhi al cielo e articolo una risposta.

« Non mi sto accollando niente perché lui non mi rende partecipe di nulla che lo riguardi. » Sbuffa e so che sta scuotendo la testa, anche se non posso vederlo.

« Perché non ne parliamo di persona? Ti farà bene sfogarti un po'. » Pondero la sua proposta e alla fine accetto.

« Va bene, ci vediamo dopo il lavoro? Finisco alle otto. »
« Perfetto a dopo. »
« Ciao. » Riagganciamo contemporaneamente mentre mi rendo conto di dovermi sbrigare se voglio arrivare puntuale al negozio. Sidney non sarà di certo indulgente con me, ho tirato anche troppo la corda.

——————————

« Bene, se hai finito di riordinare il magazzino puoi anche andare Ella. » Mi congeda il capo con un gesto della mano e un gran sorriso. Strano.

« Oh, grazie Sidney... Allora finisco qui e poi vado. »
« Perfetto, ottimo lavoro oggi! » Inizio a chiedermi se non sia un clone alieno. Che cosa ne hanno fatto del mio capo?
Si allontana sgambettando e la seguo con lo sguardo finché non sparisce in lontananza con il cellulare tra le mani.
Che abbia un nuovo fidanzato? Scuoto la testa e lascio perdere perché in fondo non sono affari miei.

« Buona serata Ella! » Mi saluta con la mano il capo non appena termino di sistemare il magazzino ed infilo il giubbotto per uscire dal Cloe's showroom.
Sebastian mi aspetta al nostro ristorante preferito che è poco distante dal negozio perciò mi incammino verso la meta. Il cellulare prende a vibrare nella mia tasca nel tragitto.

« Richard dimmi tutto. » Esordisco dopo aver letto il nome sul display.

« Ehi Ella! Come stai? Volevo sapere se hai novità o se hai fatto qualcosa di stupido non appena Audrey ed io siamo usciti ieri sera. » Ah già, mi ero dimenticata che non lo avevo informato sulle mie idee improvvise e di aver ignorato completamente il suo consiglio. Sono una testa dura, me ne rendo conto da sola.

« Ehm... Ti racconto meglio di persona, ora devo proprio andare! »
« Non ci provare nemmeno! Sputa il rospo. »
« Sono andata a parlarci, tutto qui. » Mi mordicchio il labbro timorosa della sua reazione.
« Mh... e cosa vi siete detti? »

———————

« Abbiamo parlato di cosa è successo alla festa e gli ho detto la verità su mia madre..» Evito di incontrare lo sguardo di Sebastian e prendo un boccone di purè dal piatto. Lo fanno davvero in modo eccezionale qui.
Egli sospira e mi guarda dispiaciuto. È l'unico oltre ad Audrey a conoscere tutti i dettagli non troppo allegri del mio passato. Non è di certo la prima cosa che vai a raccontare ad un conoscente, insomma. Mi rendo conto che non ne ho mai parlato con Rick. In effetti, non so molto neanche sul suo di passato...

« E cosa ti ha detto lui? »
« Niente, cosa avrebbe potuto dire? Si è dispiaciuto.. tutto qui. » Alzo lo sguardo e so che in questo momento Bas lo sta odiando ancora di più di quanto già non lo facesse prima.

« Non capisco. » Risponde scuotendo la forchetta in aria per dare maggiore teatralità alle sue parole.

« Cosa non capisci? »
« Perché ti ostini ad andargli dietro in questo modo... Posso capire che ti piaccia ma ti stai distruggendo...»
Sgrano gli occhi. È così che la vedono dall'esterno? Mi sto davvero distruggendo per una persona che non potrò mai avere? No, non è così e lui si sbaglia.

« Non è vero... Sto bene. » Mento lasciando il resto della cena. Improvvisamente mi è calato l'appetito.

« No che non stai bene. Non te ne accorgi? Stai vivendo in sua funzione, praticamente. Ti sembra giusto? Ti sembra normale che debba essere sempre tu quella che si fa in quattro per aiutarlo? Le relazioni si costruiscono in due, se non lo sapessi. »
È come una pugnalata al petto. Nel profondo so che ha ragione e che dice queste cose perché mi vuole bene, ma dall'altra parte non sa cosa sto affrontando e il perché lo stia facendo.

« Lo so... » Mi interrompe facendomi un'altra domanda.
« Se lo sai, perché continui a fare tutto ciò, allora? »
Ed è ora che mi rendo conto di una verità che non posso più nascondere, che devo esternare prima che mi soffochi. Ammetterlo sarà il primo passo per provare a conviverci e nel caso superarlo se le cose dovessero andare nel peggiore dei modi.

« Perché sono innamorata di lui. » Bas punta i suoi occhi prima sorpresi e poi inorriditi nei miei. Resta leggermente a bocca aperta. È evidente che non si aspettava questa risposta eppure non era scontata? Forse no, non per chi non conosce tutti i retroscena... E come potrebbe se non gliene parlo?

« Andiamo bene...» Riesce a dire alla fine con disapprovazione.
È strano averlo detto ad alta voce, ora sembra tutto molto più reale che quasi mi spaventa. Ho ammesso di amare Devon a me stessa e adesso devo trovare un modo per farlo capire anche a lui, prima che sia troppo tardi.

« Comunque... se proprio non puoi farne a meno, direi che devi almeno dirglielo...» Riprende la parola il mio migliore amico in modo più gentile di prima. È chiaro che deve aver notato la depressione sul mio volto.

« Di punto in bianco? Gli ho detto che lo avrei aspettato... cioè che non è pronto adesso ma che avrei aspettato che lo fosse. »

« Come preferisci ma poi non dire che non avevo ragione sul suo conto...» Non riesce proprio a farselo andare a genio...
Usciamo dal locale dopo aver pagato il conto e purtroppo ha iniziato a piovere pesantemente.

« Fantastico. Tu hai l'ombrello? » Chiedo a Sebastian che fa di no con la testa.

« Ma ho la macchina qui dietro. Forse se facciamo una corsa, riusciremo a non bagnarci più di tanto. » Annuisco e ci precipitiamo in strada sotto il temporale. Quando raggiungiamo la sua auto siamo praticamente fradici.

« Sono tutta bagnata, grazie eh! »
« Faccio spesso quest'effetto! » Mi dice in tutta risposta. È incredibile.
« Bas! » Scoppio a ridere mettendomi la cintura di sicurezza.
« È vero, e mi dispiace molto aver privato il genere femminile di tanta bellezza. »
« Sempre la modestia tu... Ma alla fine con quel ragazzo? » Gli domando rendendomi conto solo ora di aver parlato esclusivamente di me a cena... Strano, di solito è lui a dirmi tutto.

« Mh.. ci stiamo vedendo. »
« Oddio state insieme! »
« Da cosa lo avresti dedotto? »
« Non ne hai proprio parlato per tutta la serata e di solito a te piace raccontarmi i dettagli delle tue conquiste, anche troppo sottolineerei, quindi state insieme. » Gesticolo per fargli capire il mio discorso e lo vedo sorridere mentre svolta tra le strade di New York.

« Sei perspicace, Ellina. I miei complimenti. » Mi fa l'occhiolino ed io gongolo sul sedile per la mia deduzione.

« Sono contenta per te, ti ci voleva proprio! »
« Cosa vorresti insinuare? »
« Semplicemente che anche per te è giunta l'ora di sistemarti! »
« Ma ho solo ventiquattro anni... » Mi guarda approfittando del semaforo rosso.
« Non in quel senso, intendo che devi mettere un po' la testa a posto. »
« Perché mai? Lo sai che non sono bravo a tenermi le persone vicino... » Sbuffo. Sono tutte sciocchezze!

« Perché non lo hai mai voluto davvero. In ogni caso si vedrà. » Annuisce e accosta sotto il mio palazzo.

« Eccoci qui, sei arrivata. » Mi slaccio la cintura e mi giro verso di lui.

« Grazie per la cena... Ti terrò aggiornato.» Sorride scuotendo la testa e si sporge per darmi un bacio sulla guancia.

« Certo, non ti disperare troppo però, te ne prego. » Annuisco e scendo dall'auto correndo all'interno del portone. Dannata pioggia guastafeste...
Saluto il signor White del pianerottolo e mi rifugio nel mio appartamento fin troppo tranquillo. Audrey non dev'essere in casa o forse è nella sua stanza. Ultimamente è sempre molto impegnata, credo che mi manchi parlare con lei e appena saremo sole, dovremo assolutamente rimediare.
Mi chiudo in camera decisa a farmi una bella doccia calda per rilassare mente e corpo. Quando esco dal box doccia avvolta nel mio accappatoio blu, Audrey entra per lavarsi i denti.

« Ehi! Ma sei in casa! » Le sorrido contenta di vederla.
« Certo! Ma sto uscendo. » Si spazzola i denti mentre mi guarda.
« Ah... dove vai? » Aspetto che si pulisca la bocca sistemandomi un asciugamano intorno ai capelli per non bagnare tutto il pavimento.

« Richard ed io andiamo al cinema. »
« Wow. Fate sul serio, eh? » Le sorrido tamponandomi il viso con un po' di crema idratante.

« Beh.. mi piacerebbe che andassimo oltre il sesso, detto senza troppi mezzi termini. Perciò ho proposto il cinema e lui ha accettato! » Sorride entusiasta nella sua vestaglia.
« Mi fa molto piacere, per entrambi. » Le sorrido sincera prima di aprire la porta per andare via.
« Aspetta Ella! Va tutto bene..? » Annuisco per non rovinarle la serata. I miei problemi possono aspettare domani.

« Certo, goditi l'uscita! » Mi richiudo la porta alle spalle tornando in camera mia per cambiarmi.
Sono proprio felice per loro due, spero che vadano lontano insieme. Almeno una delle due ha raggiunto il suo obiettivo e poi ci sono io che sto impazzendo dietro alle parole di Bas. E se avesse ragione e non ne valesse la pena? Ma come faccio a saperlo se non tento?
Ok, devo rilassarmi. Sono certa che il tempo mi darà una risposta.

-----------

L'orologio segna le undici e quarantadue di sera e mi sto annoiando da morire. Audrey continua a mandarmi messaggi a proposito della sua uscita e, anche se le sue paranoie sono esilaranti, non è esattamente come speravo di passare la serata.

" Ma io non voglio andare a finire sempre lì! "

Un altro messaggio da Audrey. Perché tutti questi problemi adesso? Mi sta ripetendo da ore che vorrebbe parlare di più con Richard e aprirsi ma non in quel senso, ha tenuto a sottolineare. Non credo che Rick sia il tipo di persona che la costringa e conosco abbastanza la mia coinquilina da sapere che non gli ha detto chiaramente cosa vuole. In tutto ciò cosa posso farci io? Un bel niente, eppure non smette di far trillare il cellulare. All'ennesimo bip, mando mentalmente a quel paese il telefono scoprendo però che il mittente non è la mia amica ma... Devon!
Mi ricompongo e ne leggo immediatamente il contenuto.

" Ma che cosa stai dicendo ad Audrey?"

Questa non me l'aspettavo. Da quando la modella parla anche con il mio dottore al cellulare? Sono sorpresa. Altrettanto confusa gli rispondo.

" In che senso? Le sto dando qualche consiglio.
Ps: buonasera anche a te. "

" Nel senso che mi sta raccontando della sua serata e dice che le consigliamo le stesse cose.
Ps: Buonasera Ella. "
Tutta questa situazione mi fa davvero ridere!

" Tu cosa le hai detto? Io le ho consigliato di sperimentare il kamasutra ma non mi ascolta.
Ps: Come stai? "
Vero, ha detto che voleva fare qualcosa di diverso, anche se poi si è corretta specificando che non voleva fare sesso, ma comunque...

" Le ho detto lo stesso! Ma non ascolta neanche me...
Ps: Mh.. bene e tu? "

" Le menti geniali pensano allo stesso modo, caro Devon.
Ps: tutto bene, fra poco vado a letto. Sei in ospedale? "

Devo dire che da quando gli ho parlato di mia madre e ci siamo un po' chiariti, le cose sembrano andare meglio e forse abbiamo raggiunto un equilibrio, anche se precario, che entrambi cerchiamo di mantenere il più possibile. Ci limitiamo ad essere amici. Spero che un giorno si fidi abbastanza da confidarmi anche il suo oscuro segreto ma ci ho perso un po' le speranze per adesso e mi sto concentrando su quest'amicizia cercando di non starci troppo male per via dei miei sentimenti per lui. Meglio così che niente, no?

" Sì ma ancora per poco. Finisco il turno tra un paio d'ore. "
Finalmente smettiamo di parlare di Audrey che tra l'altro, è sparita. Spero sia riuscita a parlare con Rick.

" Capisco. Salutami Danny! " Rido da sola, immaginando ancora la scena. Poverino...

" Nhaa che poi si fa dei film mentali e mi serve concentrato al lavoro. "

" Certo certo, scherzavo. "
Attendo un paio di minuti ma non arriva nessuna risposta. È già finita la conversazione? Bene... Mi alzo sconfitta dal divano, ma arriva un altro messaggio più una foto allegata.

" Sei sempre in mezzo ai piedi tu..."
Scrive in merito all'immagine che mi manda. È della sfilata e c'è lui in primo piano con me che sbuco alle sue spalle sorridendo e lui che mi guarda storto.
Mi ero anche dimenticata! Se non ricordo male, l'ha scattata Clarissa che "voleva avere più ricordi possibili della serata", sue testuali parole. Mi piace, è molto spontanea. Sorridendo digito velocemente una risposta.

" Tanto lo sappiamo che adori avermi intorno!"
È ovvio che sono ironica ma il successivo messaggio mi colpisce.

" Non l'ho mai negato. "
" Ma non l'hai neanche ammesso. "
" Forse non a te. "
" Quindi lo stai ammettendo? " Aspetto con ansia mordendomi una guancia con i denti. Credevo mi rispondesse a tono dall'inizio, ed invece, la situazione è diventata interessante.

" Non stavi andando a dormire tu? " Sbuffo perché ormai lo conosco e so che non mi darà la soddisfazione, ma pensandoci queste parole sottintendono una risposta affermativa.

" Sì, vado. Mi farai impazzire un giorno di questi. " Ed è sicuro se continua ad essere così... bipolare!

" Credevo di averlo già fatto una volta.
Buonanotte Ella. "

Resto a bocca aperta con gli occhi incollati allo schermo capendo immediatamente a cosa stia alludendo. Ci rinuncio, alzo la bandiera bianca. Quest'uomo è folle ed io sono follemente innamorata di lui, ormai l'ho capito.
Mi domando se un giorno possa amarmi allo stesso modo, ma non lo saprò mai se non glielo confesso per prima.
Troverò mai il coraggio per farlo?















Angolo autrice:

Buonasera a tutti! Eccoci con il 34esimo capitolo. Ormai la storia sta giungendo al termine, ed infatti, non mancano più di cinque capitoli alla conclusione. Secondo voi cosa potrebbe succedere?
Ella troverà il coraggio di confessare a Devon i suoi sentimenti o sarà troppo tardi?
Lasciatemi una recensione per farmi sapere cosa ne pensate e le vostre ipotesi per la fine!
Kisses.


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Capitolo 38
*** Capitolo 35 ***


Ella's pov

Circa un mese dopo...

I giorni che precedono il quattro luglio sono sempre molto frenetici. Si sa, gli americani sono davvero patriottici e se c'è una ricorrenza che vale la pena festeggiare, questa è di sicuro il giorno dell'Indipendenza.
I più tradizionalisti sono soliti recarsi in periferia e banchettare con il classico barbecue e fiumi di birra mentre si raccontano vecchie storie e si ha memoria di eventi passati.
Per i più semplici si organizza un pranzo di famiglia e ci si limita a trascorrere una giornata di relax con le persone importanti, ma tutti adorano i fuochi d'artificio e gli spettacoli pirotecnici. Da bambina mi piaceva rifugiarmi sul mio albero preferito per osservare quelle luci spettacolari dall'alto credendo quasi di poterle toccare con un dito.
Era tutto più semplice allora, tornerei volentieri indietro e fermerei il tempo.
Non è il momento di farsi prendere dallo sconforto perché è il primo luglio, è estate, fa molto caldo e non ne posso più di ripulire questa dannata vetrina.
Sidney è tornata quella di prima, evidentemente è stata lasciata dal misterioso fidanzato, e ha ripreso a trattarmi da schifo. Non vedo l'ora di trovare un lavoro migliore e scappare da questo negozietto...

« Posso andare? Ho messo a posto la vetrina e sistemato gli abiti in ordine cromatico... »
« Sì sparisci, prima che cambi idea..» Che antipatica, ma almeno posso filarmela prima oggi. Afferro la borsa e mi catapulto fuori all'aria aperta.

Le giornate si sono allungate molto ed è piacevole passeggiare per tornare a casa con questo clima, anche se di mattina il caldo è torrido. Devo ricordarmi di chiamare il tecnico per far aggiustare il condizionatore, ora che ci penso.
Ma questo pomeriggio non sono diretta al mio appartamento. Devon mi ha promesso che mi avrebbe accompagnata a comprare delle nuove tele che userò per dipingere. Me ne servono di più grandi se voglio sperimentare cose diverse e dare libero sfogo alla creatività. Essendo interessato all'arte, il dottore ha accettato di buon grado di portarmici.
In questo mese ci siamo visti abbastanza frequentemente, anche grazie ai miei amici e alle varie serate alle quali siamo andati tutti insieme. È stato divertente ma non ci siamo avvicinati quanto vorrei e non ho ancora avuto il coraggio di confessargli niente. Ho il terrore che possa rovinare quest'equilibrio che stiamo mantenendo già a fatica ritenendo preziosa la sua amicizia, soprattutto sapendo quanto è difficile per lui legarsi a qualcuno.
Devo mettere da parte questi pensieri perché arrivo al punto di incontro e attendo il suo arrivo seduta su una panchina a godermi questo tardo pomeriggio di luglio.
Cerco di rilassarmi pensando a tutti i progressi che abbiamo fatto in questi mesi e a quanti altri ne faremo continuando su questa linea. Sempre se uno dei due non esplode prima e di sicuro quella persona sarei io.
Mentre mi godo il dolce tepore sulla pelle, delle mani calde mi coprono gli occhi già socchiusi.

« Indovina chi è? »
« Un dottore in ritardo all'appuntamento.» Sorrido istintivamente aspettando che si faccia vedere.

« Giusto. Scusami, ho avuto un contrattempo ma ora sono qui. » Si posiziona davanti a me porgendomi una mano affinché mi alzi. Indossa un paio di jeans chiari, una camicia leggera bianca un po' sbottonata e dei mocassini color cuoio. Il ciuffo spettinato gli ricade sugli occhi ricoperti dalle lenti da sole. È davvero bellissimo.
Gliela afferro e insieme ci dirigiamo al negozio prefissato.

« Ella bentornata! Da quanto tempo che non vieni a farmi visita...» Esordisce Hanna, la proprietaria, non appena mi vede.

« Hanna ciao! Hai ragione, ho avuto da fare ultimamente...» Gli sorrido e mi sporgo per salutarla con due baci sulle guance. Ho trovato questo piccolo paradiso non appena trasferita a New York sei anni fa e da allora non l'ho più lasciato. Prima ci venivo molto più spesso e perciò ho fatto subito amicizia con la proprietaria e suo marito.

« Come sta Daniel? » Gli chiedo lanciando un'occhiata a Devon che sta curiosando in giro.
« Sta bene, anche se ha avuto un piccolo problema di salute...» Si incupisce ed io con lei.
« Oh.. spero stia bene, è una cosa da niente vero? » Gli domando molto dispiaciuta per loro.
« Non lo sappiamo ancora, riguarda il cuore..» Sospira sconfitta come se non sapesse come porvi rimedio. Sto per aprire bocca quando Devon ci raggiunge e si intromette nel discorso.

« Salve, può fare un salto da me se voleste un consulto specialistico. Sarei felice di aiutarvi. » Gli allunga un biglietto da visita che afferra dalla sua ventiquattrore. Lo guardo di sottecchi e lui mi fa l'occhiolino.
Hanna lo guarda perplessa così mi decido a dire qualcosa.

« È un ottimo medico. » Aggiungo per rassicurarla facendole un sorriso sincero. La donna ci sorride risollevata e ringrazia entrambi.
Mi dirigo quindi verso gli scaffali e scelgo delle tele che possano andar bene per il mio progetto. Sto decidendo quando sento i passi di Devon che si avvicinano.

« Sei stato molto gentile con Hanna. » Gli confesso alzandomi una bretella del reggiseno che è scivolata sulla spalla.

« Beh, ha bisogno di un cardiologo ed io sono il migliore. »
« Se cercassimo "modestia" sul vocabolario, scommetto che apparirebbe la tua foto.» Ridacchia abbassandosi alla mia altezza. Uffa non so quale scegliere!

« Spiritosa. A proposito di medicina e visite... Devi controllarti il ferro. » Lo guardo stranita spostando l'attenzione dalle tele al suo viso.
« Ma sto prendendo le pillole che mi hai dato... perché devo rifare le analisi? »
« Non devi rifarle... Voglio conoscere soltanto il ferro per vedere come il tuo corpo lo sta assimilando. » Alzo gli occhi al cielo e lui si acciglia. Ma che palle!

« Sto bene.. mi sono passati i giramenti di testa e il resto...» Torno a guardare i vari articoli afferrando un paio di pennelli e dei colori spostandomi di qualche passo. Mi segue imperterrito ma lo ignoro. Mi afferra quindi un braccio facendomi girare nella sua direzione.

« Non te lo stavo chiedendo... »
« Non puoi obbligarmi, però. »
« Scommettiamo? » Mi guarda e poi sorride sornione. Cerco di reggere il suo sguardo ma è difficile se mi guarda in quel modo. Potrebbe convincermi a fare di tutto.
« Non ti conviene.» Replico.
« Fidati, non converrebbe a te. Non credo tu voglia metterti ad urlare qui dentro. » Lo guardo a bocca aperta. La deve smettere di dire certe cose!

« Va bene va bene farò queste analisi! Però hai scocciato, sappilo. » Gli punto il dito contro ma lui fa spallucce mentre sogghigna per aver vinto. Pft, prepotente.
Alla fine prendo entrambe le tele e pago tutto ad Hanna che ci ringrazia ancora per l'aiuto.

« Allora ci vediamo domani mattina in ospedale, intesi? » Si infila gli occhiali da sole in modo sensuale. Ah che bello che è!

« Sì, certo. » Ci salutiamo e poi ognuno va per la propria strada.

—————

« Sto uscendo Audrey! » La chiamo a gran voce mentre infilo i sandali ai piedi e aggiusto la maglietta sui pantaloni color cipria. Ormai lei e Richard fanno coppia fissa e sono davvero bellissimi insieme. Sono contentissima per loro, sono l'invidia di tutti!

« Dove vai? » Si sporge dalla cucina con ancora la bionda chioma scompigliata e la vestaglia semi aperta. Ieri sera è rientrata tardi, infatti, mi meraviglio di vederla già in piedi.

« Passo al Lennox per un controllo e poi vado al lavoro. Ti serve qualcosa? » Le chiedo mentre afferro la borsa che metto a tracolla. Scuote la testa e mi manda un bacio.

« Ci vediamo a pranzo? » Annuisco perché oggi faccio mezza giornata come lei e ne approfittiamo per mangiare un boccone insieme.
Afferro le chiavi della macchina e mi lancio letteralmente in strada per raggiungere l'ospedale. È presto ma c'è già traffico ed impiego più del dovuto per raggiungere l'ospedale. Devon mi ammazza...
Parcheggio velocemente l'auto e mi precipito all'interno sorridendo alla ragazza dell'accettazione.

« Buongiorno, il dottor Reinfield? »

« Sono alle tue spalle e sei in ritardo. » Dio che ansia.. Sorrido ancora alla signorina che resta con la bocca semi-aperta e mi volto verso di lui.

« C'era traffico. » Mi giustifico con un'alzata di spalle. Sospira e mi poggia una mano sulla schiena per condurmi all'ascensore.
Mi porta in un piano diverso da quello dell'altra volta, meno asettico e con molta gente che aspetta il proprio turno per farsi visitare. Credevo di dover attendere come tutti gli altri ma Devon mi trascina in una stanzetta con un'enorme poltrona reclinabile posta al centro.

« Bene, ci siamo. Accomodati pure. » Lo guardo perplessa. Dov'è l'infermiera? Chi me lo fa il prelievo? Questa stanza è deserta oltre a noi due.
Resto ferma e lo guardo accigliata. Perché tutta questa fretta di fare le analisi? Sospetta qualcosa che non so? Devo preoccuparmi?

« Dov'è l'infermiera? » Gli domando prima di fare qualsiasi cosa.

« Non c'è. Te lo faccio io..» Lo guardo ancora più accigliata di prima. « Non ti fidi? » Mi sorride sornione infilando i guanti in lattice bianchi.

« Sto bene, vero? » Mi gratto la spalla un po' preoccupata per tutta questa urgenza.
« Adesso lo scopriamo. Forza siediti. » Sospiro e mi accomodo sulla poltrona verde. Stranamente sono in ansia.
Lo osservo mentre prepara tutto il necessario ed è interessante vederlo all'opera. È molto meticoloso e preciso ed è affascinante guardarlo lavorare con la dedizione che mette in ogni cosa che fa. Beh, gioca con la vita delle persone in effetti, e non potrebbe fare altrimenti.
Prepara tutto l'occorrente e quando sta per ispezionare il braccio, qualcuno entra bruscamente nella stanza.

« Te l'ho detto che era qui! Mi devi ascoltare quando ti parlo! » Sono di spalle alla porta ma riconosco questa voce. Devon, dal canto suo, li guarda in cagnesco.

« Che cosa volete? » La gentilezza...
« Dottore oggi dobbiamo seguirla, l'ha detto lei ieri..» Mi sporgo per vedere con chi sta parlando. Ma sono Danny e Roxanne!
Li saluto con un cenno della mano. Ricambiano con un sorriso che sparisce all'occhiataccia di Devon.
C'è un attimo di silenzio che però viene interrotto dal suono del cellulare del dottore.

« Devo rispondere. Uno di voi due prosegua con il prelievo. Deve fare la sideremia e la ferritina. » Si sfila i guanti rumorosamente e afferra l'aggeggio malefico per rispondere uscendo dalla saletta.

« Faglielo tu... Io non faccio prelievi! »
« No no... non voglio sentire l'ira del Dottor occhi di ghiaccio. » È un soprannome perfetto!
« Non mi interessa, tocca a te! L'altra volta mi sono sacrificato io...»
« E allora? Io voglio operare non fare prelievi.» Battibeccano i due studenti alle mie spalle. Si sono resi conto che posso sentirli?

« Credo che Devon...ehm, il dottor Reinfield non sarebbe contento se tornasse e vi trovasse a discutere. Lanciate una monetina e sbrigatevi. » Alzo gli occhi al cielo. Perché non vogliono farmi questi esami?
Si zittiscono e fanno come gli ho suggerito.

« Ah! Tocca a te! » Una Roxanne sbuffante viene nella mia direzione infilandosi i guanti. Le sorrido amichevole. Sono contenta che sia toccato a lei. Anche Danny si fa avanti e ammicca nella mia direzione in modo sensuale, o almeno ci prova.

« Se hai paura puoi stringermi la mano. » Mi dice Danny ammiccando ancora.

« Mi hai presa per una bambina? » Roxanne scoppia a ridere mentre applica il laccio emostatico al mio braccio sinistro.

« Cercavo di essere gentile..»
« No, tu ci stavi provando ma con lei non attacca. » Risponde la studentessa al posto mio mentre mi palpa il braccio e lo disinfetta.
Ridacchio tra me e me guardando altrove mentre mi punge con l'ago. In un minuto è tutto finito.

« Ecco fatto Ella. » Mi applica un cerotto e mi consiglia di non piegare subito il braccio.

« Vedo nella tua cartella che hai già eseguito questi esami poco fa. Perché li stai rifacendo? » Bella domanda!

« Devon.. cioè il dottor... vabbè mi avete capita, ha insistito... » Si scambiano un'occhiata eloquente che mi fa aggrottare la fronte.

« Ah, bene. È molto scrupoloso...» Risponde Danny strappando di mano la cartella alla collega.

Li guardo divertita mentre rifletto su tutta questa questione. La sta prendendo troppo seriamente, secondo me. Però non so molto sulla medicina, quindi potrei sbagliarmi, ma spero che sia tutto regolare e che non mi faccia fare altri esami.
Odio gli ospedali e il loro tanfo di disinfettante e spero di non doverci tornare per molto tempo, almeno da paziente.
Ma Devon che fine ha fatto?

Devon's pov

Rispondo frettolosamente al telefono scoprendo che si tratta di Rose che mi dice di spostare gli appuntamenti allo studio privato a domani pomeriggio. Le confermo che non ci sono problemi e che rivedrò i miei turni in ospedale per far combaciare le cose. Attacco e decido di fare un salto al bar dell'ospedale per prendere qualcosa da mangiare ad Ella dopo il prelievo. Ricordo la prima volta che le ho offerto la colazione dopo la sua quasi caduta nel tombino e poi quando mi costrinse a mangiare con lei dopo il primo prelievo. Sembra passata una vita, ed invece, è successo pochi mesi fa.
Dalla nostra conversazione a proposito di sua madre e il resto, è passato un mese e le cose sono proseguite normalmente senza altri drammi. È bello poter contare su qualcuno e so di poterlo fare con Ella.
Purtroppo non ho ancora avuto il coraggio di aprire quella dannata lettera che giace sulla mia scrivania in bella vista. Prima o poi devo farlo, lo so ma è già un passo avanti che riesca a guardarla senza che mi venga la nausea e che il dolore riaffiori per straziarmi. Posso farcela con il tempo, devo.
Dopo aver comprato un paio di muffin ripieni di nutella, torno nella stanza dei prelievi.
Non mi preoccupo di bussare, spalancando la porta della stanza senza ritegno. Roxanne e Danny parlano amorevolmente con Ella. Si voltano tutti nella mia direzione appena faccio il mio ingresso poco rumoroso.

« Per te. » Allungo la bustina ad Ella che l'afferra curiosa. Sbircia al suo interno e sorride scuotendo la testa.

« Grazie mille, non dovevi! » Lo dice ogni volta che faccio qualcosa per lei, ma non è un peso altrimenti non l'avrei fatto. I miei studenti osservano la scena a bocca aperta e li vorrei davvero cacciare a calci nel sedere fuori da questa stanza.

« Mangia e prendi il ferro. » Le ordino afferrando la provetta con il sangue appena prelevato.
Ella alza gli occhi al cielo e scarta il dolcetto per mangiarlo prima che glielo faccia ingoiare a forza.

« Portate questo campione in laboratorio, veloci. » Lo cedo ai due specializzandi che salutano Ella e scompaiono all'orizzonte.

« Ne vuoi un po'? » Scuoto la testa, li ho comprati per lei.
« Dai, sono troppi per me..» Me ne allunga un pezzetto che rifiuto scuotendo la testa.
« Mangialo tu. »
« Dai un assaggino! » Si avvicina ancora di più con il dolcetto.
« Le cose forzate sono controproducenti, lo sai?»
« Senti chi parla! » Sbuffa e mi ficca quasi il muffin in bocca. Cedo e lascio che me lo imbocchi così la smette di attentare al mio camice immacolato con la nutella.
« È buono, ma il resto lo mangi tu e poi prendi il ferro. »
« Me l'hai già detto...» Mi pulisce un rivolo di cioccolato all'angolo delle labbra e scarta il secondo dolcetto.
« Comunque i risultati saranno pronti domani perciò ti aspetto nel mio studio per le tre del pomeriggio. »
« Non possiamo farlo al telefono? » Si morde il labbro per la frase. «Intendo... che cosa vengo a fare? Ti leggo i risultati e basta. » Fa spallucce terminando la sua colazione.

« No, voglio farti una visita completa. Ah con questo non intendo che tu debba venire vestita come la scorsa volta. Dopo di te ho altri pazienti. » Mi guarda a bocca aperta non aspettandosi questa mia fantastica risposta. Ovviamente sono ironico.

« Sta tranquillo Mr Simpatia, non ne avevo alcuna intenzione. » Risponde impettita, arrossendo anche leggermente.

« Bene, ti accompagno fuori. » Annuisce e ci dirigiamo all'entrata principale per salutarci definitivamente.

« Ci vediamo domani, allora. » Sorride e si allunga per un abbraccio che ricambio tranquillamente. Ultimamente succede spesso di salutarci così e non mi dispiace.

« A domani, buona giornata. » E le sorrido mentre si allontana.

————————

« No, per adesso è ancora a casa mia a darmi fastidio... » Richard alza gli occhi al cielo divertito.

« Gliel'hai detto che deve trovarsi una casa sua, almeno? » Scuoto la testa sospirando.

« Clarissa mi ha rassicurato che fra poco tornerà a Milano per continuare con i suoi lavori...» Il mio amico annuisce e prende un sorso di Brandy che colora il fondo del bicchiere.

« Capisco. Cambiando discorso, hai visto Ella oggi? » Annuisco scolandomi il liquore in un sorso e poggiando il bicchiere sul tavolino che ci separa.

« Sì, è venuta in ospedale per un controllo. »
« Sta bene? »
« Sì, sta tranquillo. » Gli sorrido e mi sistemo meglio sulla poltrona del mio salotto.
« Quali sono i vostri rapporti adesso? » Ma che domande sono queste? Impiccione...
« Quelli di sempre(?) Siamo amici, tutto qui. » Sospira e scuote la testa. So che lui ha un legame particolare con Ella e si vede che tiene molto a lei e ciò mi rallegra, ma sa anche che non possiamo andare oltre.

« Non le hai detto della lettera, vero? » Scuoto la testa. Perché dovrei affliggerla con i miei problemi?
« No. Devo ancora avere il coraggio di leggerla, figuriamoci parlarne a qualcun altro...» Rick poggia il bicchiere rumorosamente sulla superficie in legno sporgendosi in avanti per guardarmi negli occhi.

« Così non andrai mai avanti, spero tu te ne renda conto. Hai già buttato un anno e mezzo della tua vita, vuoi continuare in questo modo?» Si alza le maniche della camicia, come se si stesse preparando a lottare.

« Hai ragione. » Mi limito a rispondergli.
« Lo so. Fa' qualcosa Devon. Parlane ad Ella o leggi quella dannata lettera e chiudi questa storia.» Se sapesse quanto è difficile ma devo farlo per Cassie. Non vorrebbe vedermi ridotto in questo stato, ne sono certo.

« Va bene... lo farò. » Mi punta un dito contro prima di alzarsi.
« Dici sempre così, fa' che sia vero questa volta!» Si allunga per prendere la giacca nera che mette sulla spalla come se stesse su una passerella e si dirige alla porta.

« Ci vediamo presto. » Lo saluto con un cenno della mano prima che esca da casa mia.
Sospiro e chiamo Martha affinché possa riordinare il salotto e mi chiudo in palestra per scaricare un po' di tensione accumulata in questo periodo.
Il mese appena trascorso è stato piuttosto tranquillo dopotutto, senza particolari drammi o cose del genere. Non a caso Summer non si è fatta viva da quel giorno fuori al mio studio con Rose.
Non so che fine abbia fatto, ma tanto la sua specialità è sparire senza preavviso e senza la minima spiegazione. Pazienza, ce ne faremo una ragione, anche se l'assenza del padre al Lennox mi risulta molto strana. Sollevo il bilanciere e smetto di pensarci, non sono affari miei comunque.
Mi alleno per qualche ora e poi mi infilo sotto la doccia ignorando i messaggi che mi continuano ad arrivare al cellulare. Se non è il mio cercapersone, può aspettare.
Avvolgendo un asciugamano intorno al bacino, scopro di avere moltissime chiamate perse da mia madre. Che cosa vuole adesso?
Decido che è il caso di richiamarla, tanto per levarmela di torno.

« Mamma? Mi hai cercato? »
« Cercato è un eufemismo! Ho quasi allertato l'FBI! » Sempre esagerata...
« Che cosa c'è? Ero in palestra..»
« Dobbiamo parlare di alcune cose. »
« Ti ascolto. » Metto il viva voce così da poter afferrare e indossare un paio di boxer dal cassetto e i pantaloni del pigiama.
« Tua sorella che intenzioni ha? Che ci fa ancora in America? »
« Siamo in due a chiederselo, allora..» Sbuffa e mi scappa una risatina che soffoco per evitare che mi senta.

« Mi sentirà! Non posso pagarle gli studi a vuoto! » Alzo gli occhi al cielo perché tutto ciò non mi riguarda affatto.
« Chiamala(?) Non so dirti di più..»
« Lo farò. A proposito... ti ha dato la lettera? » Perché tutti continuano a ricordarmi quella dannata lettera?

« Sì... l'avevo lasciata a Londra per un motivo.» Le dico duramente, forse più di quanto volessi in realtà.
« Oh mi dispiace... non volevo farti stare male per questo. » Sospiro e decido di lasciar perdere.
« Non fa niente mamma, sto bene. Ora devo andare ci sentiamo presto. Mi raccomando parla con Clarissa. »
« Certo tesoro, ci sentiamo..» Attacco e mi lascio andare a peso morto sul divano. Sono stufo di tutta questa storia. Vorrei che smettessero tutti di parlarmi di quella maledetta lettera e di ricordarmi cose che non voglio ricordare.
So quant'era perfetta la mia vita e che abbiamo rovinato tutto, perciò ora non posso piangere sul latte versato, anche se ciò che è successo quella notte non sarebbe dovuto capitare a nessuno.
Mi passo una mano sui capelli e mi riprometto di leggere quel pezzo di carta, lo farò domani stesso dopo le visite nello studio quando tutti saranno andati via e resterò solo con Cassie.
Al pensiero mi si lacera il cuore dal dolore e al ricordo del momento in cui scrissi quelle parole dettate dallo sconforto.
Mi strofino le mani sul viso e decido di porre fine a tutti questi pensieri malsani sprofondando nel sonno che mi strappa da tutta questa malinconia.




















Angolo autrice:


Buon pomeriggio! Vi prometto che questo è l'ultimo capitolo di passaggio della storia, ma era fondamentale per gettare le basi dei prossimi ed ultimi capitoli. Che cosa credete che succederà?
Non siate timidi e lasciatemi un vostro parere!
A mercoledì prossimo.
Kisses.


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Capitolo 39
*** Capitolo 36 ***


Devon's pov

« Così domani mattina lascerai New York?»

« Ebbene sì, fratellone. Ho parlato anche con la mamma e, in effetti, è giunta l'ora che levi le tende. » Mi abbraccia di slancio mettendosi in punta di piedi. È il momento che Clarissa faccia ritorno in Europa e che riprenda i propri studi.

« Puoi tornare ogni volta che vorrai qui, lo sai.» Annuisce e scioglie l'abbraccio per guardarmi.

« Lo farò. Mi piace l'America e magari potrei avviare qualche lavoro qui, dopo aver terminato il master. »
« Attenderemo con ansia quel momento, allora. » La prendo in giro e lei risponde con una smorfia ma poi ride scuotendo la testa.

« Basta con questi sentimentalismi, vado a fare un po' di shopping prima di tornare a Milano!» Mi fa l'occhiolino e prende la sua borsa. «Domani pretendo che tu mi accompagni all'aeroporto!»

« Sarà fatto, ci vediamo stasera per cena.» Mi fa un cenno d'assenzo ed esce dalla porta d'ingresso lasciandomi solo.
Devo ammettere che da un lato mi ero abituato ad averla in casa, mi ha fatto tornare indietro nel tempo a quando eravamo bambini e vivevamo a Londra con i nostri genitori. Che bei vecchi tempi. Ricordo ancora quando si ruppe quasi una gamba cadendo dall'altalena per colpa mia e che feci di tutto per farla smettere di piangere affinché non andasse a frignare da mamma. È sempre stata la più severa tra i due e non volevo di certo finire in punizione! Alla fine la sua caviglia aveva solo una contusione e me la sono cavata con una strigliata non troppo severa da parte dei miei.
Ora basta farsi travolgere dai vecchi ricordi d'infanzia perché è il momento di salvare vite.
Stamattina ho il turno in ospedale ma per fortuna non in pronto soccorso, salvo che non mi chiamino per qualche urgenza o consulenza, in modo da essere allo studio privato all'ora di pranzo ed avere la serata libera da passare con mia sorella.
Devo anche leggere la lettera perché ho promesso sia a Richard sia a me stesso che lo avrei fatto a visite terminate e così farò.
Mi faccio una doccia veloce e opto per comprare la colazione al bar del Lennox essendo un po' in ritardo.
Indosso una camicia azzurra di lino e un paio di pantaloni neri e mi do una sistemata ai capelli già ricresciuti. Meglio usare un po' di gel stamattina...
Quando sono pronto, afferro la ventiquattrore e mi incammino in direzione dell'ospedale. Oggi sarà una giornata produttiva, me lo sento. Nonostante il ritardo accumulato a casa, riesco ad arrivare piuttosto in orario e mi congratulo mentalmente con me stesso salutando i vari colleghi che mi intralciano la strada.
Indosso finalmente il camice e sono pronto per iniziare il giro.

« Cosa abbiamo oggi? » Guardo i miei studenti che alzano la mano e scelgo Tom affinché mi illustri la situazione.

« Il paziente è stato operato già parecchie volte per sostituzioni di valvole cardiache che però non hanno portato a nessun risultato. Stiamo aspettando un donatore per procedere al trapianto. » Annuisco e rassicuro il paziente sulla prognosi in caso arrivasse un cuore compatibile con il suo. Andiamo avanti per tutti gli altri finché non concludiamo il giro di visite. Per oggi non ho interventi programmati ciò significa che resterò disponibile e reperibile fino al termine del mio turno.
Approfitto di questa breve pausa per passare da Angie in laboratorio. È parecchio che non vado a trovarla.

« Bellissima, come stai? » La scruto con lo sguardo mentre è alle prese con degli emocromi da fare.

« Dottore finalmente si fa vivo! » Alza lo sguardo dalle provette per guardarmi.

« Ebbene sì, sono sceso a posta per te, dovresti esserne onorata. » La prendo in giro osservando il via vai di tecnici in questo laboratorio. Non avevo mai notato quanto fosse affollato prima d'ora..

« Lo sono, mi creda. Le serviva qualcosa? »
« Mi offendi Angie...» Ridacchia e poi si illumina come se le fosse venuto in mente qualcosa di importante da dirmi.

« Poco fa è passata la sua amica, la signorina Davis, per ritirare le sue analisi. Mi è sembrato strano che le rifacesse...» Mi guarda come se avesse intuito che sono io il colpevole di questo.

« Benissimo, si è ricordata di venirle a prendere. Voglio constatare come sta procedendo la cura.» Mi giustifico ma non so perché lo stia facendo in realtà. Sono il suo medico e sono liberissimo di prescriverle tutte le analisi che ritengo necessario che faccia. Tanto la decisione finale sta comunque al paziente, più o meno.

« Ah certo capisco...» Mi sorride comprensiva e torna al suo lavoro.

Decido di lasciarla proseguire in pace così la saluto e vado nel mio studio. Mi siedo sulla poltrona e medito sulla possibilità di confidare ad Ella tutto ciò che è successo quella sera di un anno e mezzo fa. In fondo mi ha già detto di sua madre e significa che si fida di me ed è lo stesso da parte mia.
Chissà come potrebbe reagire... Ormai me lo domando da qualche giorno e soprattutto da quando Richard mi ha consigliato di parlargliene...
Sarebbe un vantaggio per tutti, comunque. Io ne approfitterei per scacciare i miei demoni parlandone con lei ed Ella saprebbe finalmente qualcosa in più su di me.
Non è una cattivissima idea dopotutto, ma credo che debba compiere un passo alla volta e ciò consiste nel rileggere prima la lettera da solo e poi discuterne con altri.
Questo è il piano, farò così!
Soddisfatto di questi ragionamenti, mi dedico ad alcune scartoffie sperando che non mi interrompano per qualche urgenza in modo da poter firmare tutte le cartelle entro poche ore. Ma le mie speranze sono vane e neanche mezz'ora dopo, vengo chiamato per un'emergenza.
Un bambino necessita di un'operazione alla valvola mitrale che si è danneggiata in seguito ad un'infezione virale che si è estesa al pericardio. Cavolo che brutta situazione.
Per fortuna il piccolo Jeremy sembra molto sveglio e gli ho promesso che dopo l'intervento avrà un bellissimo robot telecomandato nuovo.

« Roxanne, ti va di assistermi? » Le chiedo mentre mi lavo le mani e mi sterilizzo prima di operare.

« Certo dottore! » Sorride entusiasta e si precipita sul lavabo tutta contenta. Mi ricorda me da studente. Anche io come lei cercavo di assistere a tutte le operazioni possibili per imparare a destreggiarmi da solo nelle varie situazioni.

« Bene, andiamo a salvare questo bambino. »

————————

L'operazione non dura moltissimo, e all'una in punto siamo fuori dalla sala operatoria con i genitori.

« Signori, è andato tutto benissimo. Adesso lo portiamo in sala risveglio e poi potrete vederlo.» Comunichiamo loro che inaspettatamente ci abbracciano. È bello dare buone notizie ai parenti preoccupati che spesso ci ringraziano affettuosamente. È una bella sensazione.
Li lasciamo gioire per conto loro e ci allontaniamo dalla sala d'aspetto.

« Controllalo per tutto il pomeriggio. Puoi alternarti con Jessica ma una di voi non deve mai lasciare quella stanza. Eseguite i controlli di routine appena si sveglia, io vado allo studio privato. Se ci sono problemi o avete dubbi, chiamatemi subito.»

« Sarà fatto Dottor Reinfield. »
« Ottimo lavoro, comunque. » Mi complimento mentre la dottoressa si scioglie come burro e ciò mi fa sorridere. Torno nel mio studio per levarmi camice e divisa ed infilarmi i vestiti per lasciare l'ospedale. Uscendo mi squilla il cellulare e leggendo il display, scopro che si tratta di Richard.

« Dimmi Rick. »
« Che freddezza... mi hai congelato il cuore! » Fa il melodrammatico di nuovo.
« Ti serve qualcosa? Dai che sto andando allo studio e sono in ritardo...»
« Bene, volevo chiederti se stasera puoi venire in hotel da me...»
« Audrey ti ha dato buca? » Lo prendo in giro mentre mi dirigo all'edificio nel quale si trova il mio studio.
« No, ci siamo visti stamattina. Ho bisogno di parlare con te a proposito di una decisione da prendere..» Aggrotto le sopracciglia. Che cosa sarà mai?

« Va bene, conta pure su di me. » Mi mordo le labbra un attimo dopo aver detto queste parole. Stavo quasi dimenticando l'ultima cena con Clarissa.

« Aspetta Rick... ho promesso a mia sorella che avrei cenato con lei stasera. Possiamo fare domani a pranzo o è una cosa urgente? »

« Possiamo rimandare, non darti pena. Finalmente ha deciso di tornare in Europa? » Mi domanda con una punta di sollievo nella voce. Neanche la stesse mantenendo lui.

« Sì, ci si è messa anche mia madre, immagina...» Non posso vederlo ma sono certo che abbia alzato gli occhi al cielo.

« Poverina, un po' mi fa pena... Senza offesa ma vostra madre sa essere davvero petulante se ci si mette. Non la invidio affatto. » In effetti è proprio così.

« A chi lo dici. Bene, ora devo andare ci sentiamo. » Mentre attacco, mi rendo conto di essere arrivato a destinazione. Varco la soglia del palazzo salutando il custode che lo sorveglia.
Salgo frettolosamente le scale e mi precipito all'interno. Come sempre Rose è già arrivata. È sempre in anticipo, mi chiedo come faccia a precedermi ogni volta. Meno male che ha una copia delle chiavi altrimenti si accamperebbe spesso fuori la porta d'ingresso.

« Salve dottore. Fa molto caldo oggi, vero? »
« Moltissimo. Accendiamo un po' il condizionatore, non vorrei che i miei pazienti mi svenissero nella sala d'attesa. Già sono malati, far soffrire loro anche il caldo mi sembra eccessivo...» Annuisce e pigia subito il tasto d'accensione sul telecomando apposito. Troppo efficiente.

« Perfetto. Quanti pazienti sono previsti per oggi? » Spero di cavarmela per ora di cena o Clarissa non mi perdonerà mai per averla abbandonata nell'ultima sua sera a New York.

« Poco più di dieci persone. Dovremmo farcela per le venti. » Le sorrido e faccio per andare nella mia stanza quando mi ricordo di non aver pranzato.

« Puoi farmi portare il pranzo per favore? Il solito. »
« Subito Dottore. » Si mette al telefono mentre mi rifugio all'interno del mio studio. Preparo tutto l'occorrente per le visite e sistemo un po' la scrivania non potendo fare a meno di far cadere l'occhio sulla lettera in bella vista. Non può di certo restare qui davanti a tutti, sarà meglio riporla sotto questi fogli così non la terrò davanti per tutta la durata delle visite. La sua lettura dovrà aspettare stasera.
Per fortuna il pranzo arriva subito in modo che possa mangiare prima che i primi pazienti affollino la saletta d'attesa. Non mi piace farli aspettare più del dovuto perché immagino l'ansia e la preoccupazione che li assale quando vengono da me, soprattutto se si aspettano brutte notizie.

« Rose sono pronto, possiamo iniziare. » L'assistente mi fa un cenno d'assenzo con il capo ed inizia il turno pomeridiano. Lo affronterò con la consapevolezza che alla fine della giornata dovrò confrontarmi con il mio passato e chiudere i conti. Stavolta lo farò, ci riuscirò e niente e nessuno potrà fermarmi, qualsiasi cosa accada.

Ella's pov

Ho appena ritirato le analisi che ho fatto ieri mattina al Lennox. Stavolta le ho aperte per dare un'occhiata e i valori rientrano nei parametri quindi suppongo che la cura che sto facendo stia andando bene, ma tanto lo scoprirò fra qualche ora con Devon.
Dopo aver riposto la cartella nella borsa, mi dirigo al bar in centro per conoscere il famigerato ragazzo di Sebastian. Ormai stanno insieme da un mese ed è giunta l'ora che me lo presenti, così ha accettato di vederci tutti e tre al bar per chiacchierare un po' prima che vada dal dottore.
Indosso una semplice canotta bianca con dei ricami all'altezza della scollatura poco profonda e un paio di jeans chiari e dei sandali color cuoio. Niente di esagerato, insomma, per evitare che Devon possa fare qualche commento inappropriato e incolpare me e il mio abbigliamento.
Attraversando la strada che mi separa dal locale, seppellisco questi pensieri e mi preparo a sorridere al mio amico che mi accoglie calorosamente in un abbraccio.

« Bassuccio, ciao! » Gli sorrido staccandomi da lui che mi guarda storto. Lo so che odia questo soprannome ma mi diverte farlo arrabbiare.

« Ella.. questo è Louis. » Un ragazzo riccioluto con un'espressione imbarazzata sul viso si fa avanti porgendomi la mano affinché possa stringergliela. È alto quasi quanto Sebastian, ha gli occhi verde smeraldo ed un look molto raffinato. Sembra timido ma ha un sorriso sincero.

« È un grande piacere fare la tua conoscenza Ella..»

« Oh il piacere è mio! » Ci stringiamo le mani e poi ci accomodiamo ad uno dei tavolini al di fuori del bar. Ordiniamo qualcosa di fresco da bere ed io opto per il centrifugato di banana e fragola suggerito da Louis.

« Quindi lavori come giornalista? » Gli chiedo sorseggiando questa squisitezza alla frutta.

« Sì esatto! Per una rivista di moda... » Ovviamente.... Gli sorrido e noto che Bas continua a guardare l'orologio alle mie spalle. Di riflesso gli do un'occhiata e mi rendo conto che devo andarmene se voglio arrivare in orario all'appuntamento.

« Bene, è stato bello conoscerti. Spero di rivederti presto. Ora devo proprio andare..» Mi alzo dalla sedia e saluto entrambi con due baci sulle guance.
Mi allontano dal locale e mi incammino a passo veloce verso la metropolitana. Non ci impiegherò molto.
Prima di fare tutto ciò, mando un messaggio ad Audrey per dirle che dobbiamo andare a fare la spesa per stasera o mangeremo il nulla a cena. Mi risponde subito con un "okay" così ripongo il telefono nella borsa e mi avvio.
Come previsto, arrivo dieci minuti in anticipo. Che record!
Avanzo nell'edificio e mi ritrovo nell'ingresso dello studio con Rose che come sempre mi accoglie.

« Salve Miss Davis. Si accomodi pure nella sala d'aspetto. » La ringrazio e mi posiziono su una delle sedie libere. È la prima volta dato che le precedenti visite si sono svolte oltre l'orario e quindi non ho mai dovuto attendere. Beh posso disegnare nel frattempo.
Apro la borsa per prendere il mio album, quando sento qualcuno picchiettarmi la spalla.

« Ella ciao! Cosa ci fai qui? »

« Hanna, Daniel ciao! Niente di che, ho una visita di controllo, tutto qui. Vedo che voi avete accettato l'aiuto di Dev.. del Dottor Reinfield! Non ve ne pentirete. » Sorrido loro e ricambiano entusiasti. È strano esserci incontrati proprio qui!

« Sì, abbiamo deciso di rivolgerci ad uno specialista, siamo certi che possa aiutarci.» Risponde sempre lei mentre il marito annuisce concorde.

« Sicuramente. Avete fatto un'ottima scelta. È un medico molto scrupoloso. » Forse troppo nel mio caso. Si scambiano un'occhiata sospetta e mi sorridono soddisfatti.

« Tesoro vado un attimo al bagno, torno subito.» Hanna annuisce e osserva il marito andare via. Dal mio canto abbasso lo sguardo sulla borsa credendo che la conversazione sia terminata, ma la donna mi richiama.

« Tu stai bene? » La guardo perplessa. Gliel'ho detto poco fa.
« Sì, è solo un controllo banale. » Cerco anche di sorriderle.
« Non mi riferivo al tuo corpo. Sembri un po' giù di morale. » La guardo incuriosita. Da cosa lo avrebbe dedotto?
« Ma no... sto bene. » Mi guarda insistente. Non ha bevuto la bugia. Sospiro e le accenno i miei pensieri.

« Sono solo molto confusa e forse anche un po' sola... ovvero, ho tanti amici ma credo mi manchi qualcosa. » Do voce ai miei sentimenti con Hanna che mi guarda comprensiva.

« Hai la bellezza, il talento e nonostante quella freddezza negli occhi tipica di chi ha perso tutto, sei una donna affascinante. Perché non dovrebbe volerti Devon o chiunque altro? » La guardo sbalordita. Come l'ha capito? È così evidente che me lo legge in faccia?

« Oh... wow. Avresti dovuto fare l'indovina...» Ridacchia e mi poggia una mano sul ginocchio coperto dai jeans.

« Non si tratta di indovinare. Vi ho visti al negozio l'altro ieri e si vede da come lo guardi che non è solo amicizia per te e credo che anche tu sia molto importante per lui, più di quanto voglia far credere. » Lo stupore mi scuote la colonna vertebrale perché forse Hanna ha ragione.
Sto per risponderle quando Devon fa la sua comparsa e chiama Hanna e il marito, che nel frattempo è tornato, per la visita.

« Fra poco sono anche da te. Sei la prossima. » Mi fa l'occhiolino ed io mi sciolgo sulla sedia annuendo leggermente alle sue parole.

Mentre attendo pazientemente il mio turno, inizio a giocherellare con la matita che stringo tra le dita, incapace di disegnare qualcosa di senso compiuto. Non ho molta ispirazione al momento e la mia mente continua a riportarmi alle parole della proprietaria del mio negozio preferito.
Ha capito tutto ciò che provo guardandomi una sola volta negli occhi e osservando me e Devon interagire per massimo cinque minuti tra gli scaffali e la cassa del suo locale. Chissà lei come ha capito di essere innamorata di Daniel e soprattutto come gliel'ha confessato.
Mordicchio la gomma della matita fin quando la porta dello studio non si spalanca facendo uscire i signori Shelley dalla stanza. Sorridono speranzosi, quindi immagino che Devon abbia dato loro buone notizie. Grazie al cielo.
Li saluto con un cenno della mano e ripongo velocemente l'album nella borsa.

« Vieni Ella tocca a te. » Mi invita nel suo rifugio così mi fiondo all'interno. Egli chiude la porta alle nostre spalle e mi sorride.

« Come stai? » Mi chiede come prima cosa facendomi poi cenno di accomodarmi. Fa lo stesso con la sua poltrona.

« Sto bene, grazie. Ecco le analisi che mi hai forzato a fare..» Sottolineo scherzosamente porgendogli la busta che afferra subito.

« Mi ringrazierai, sta tranquilla. » Mi sorride sghembo e fa per aprire la cartella. Il bussare alla porta, però, lo interrompe subito. È Rose che fa capolino all'interno.

« Dottore c'è una chiamata per lei, può venire un attimo? »
« Certo, dammi un secondo. » Si alza sistemandosi il camice e fa il giro della scrivania. « Torno subito, non scappare. » Scuoto la testa divertita e lo osservo uscire dalla stanza.

Mi alzo immediatamente essendo incapace di stare ferma ad aspettare. Odio attendere, soprattutto dai medici, ma non importa oggi.
Do una sbirciata in giro allungandomi di tanto in tanto per capire cosa tenga nel suo prezioso studio. Ci sono già stata varie volte eppure non mi sono mai soffermata troppo ad ispezionare.
Non voglio frugare fra le sue cose, che sia chiaro, ma solo dare uno sguardo generale.
Quando ritengo di aver finito, mi appoggio con la schiena alla scrivania ricordando quei bellissimi ma fugaci momenti che ho vissuto proprio qui. Sono così assorta che per errore urto una pila di carte che cadono rovinosamente sul pavimento. Dannazione che maldestra!
Mi chino e raccolgo tutti i fogli velocemente mettendoli dove stavano prima. Prendo gli ultimi che credo stessero in cima, quando una busta scivola nuovamente sul pavimento. Ma cos'è?
Non sembra un referto clinico. Mi abbasso e raccolgo la busta con su scritto: "Per Cassie."
La calligrafia è di Devon! Ma cosa ci fa una lettera personale nel suo studio medico? Sembra scritta da lui ma non ha molto senso...
Senza rifletterci e rendendomi conto che non è sigillata, la apro estraendone il contenuto. Mi martella il cuore nel petto perché so di star commettendo un errore eppure non riesco a fermare il mio corpo. Devo sapere cos'è e perciò, senza volerlo davvero, inizio a leggere ciò che c'è scritto:

Mia amata Cassie,
non so perché ho sentito l'esigenza di scriverti questa lettera che non avrai mai modo di leggere. Forse perché una parte di me, quella più folle ed irrazionale, spera che mettendo nero su bianco ciò che provo, alla fine tu ti deciderai a rispondermi una volta per tutte.
Quello appena passato è stato l'anno peggiore della mia vita. Avere te e la mamma lontane è il sacrificio più grande che la vita mi ha imposto; tutti pensano che io sia forte, che mi sia ripreso e che ricomincerò a vivere ora che ho cambiato paese, ma solo tu sai quanto tutto ciò non sia vero. Tu mi conosci meglio di chiunque altro, molto meglio di tua madre stessa, perché tu, mia piccola principessa, sei la parte più importante di me; il mio piccolo specchio in cui potevo rimirarmi tutte le volte che tornavo a casa alla sera, esausto, ma felice di stringerti a me dopo una lunga giornata. Tu sei la metà del mio cuore, quel pezzo di anima che mi hanno strappato via nel modo più brutale, con un sangue freddo che non riuscirei a replicare neanche in cento dei miei interventi.
Tu sei tutto e niente. E mi rifiuto categoricamente di usare il tempo verbale al passato, anche quando qualcuno osa correggermi.
Tu sei e sempre sarai vita con me e dentro di me, perché io non mi sono rassegnato e mai ti lascerò andare; preferirei morire per poterti riabbracciare, ma so che tu mi rimprovereresti "perché non è così che si fa, papà!". Non immagini nemmeno quanto mi manchi il suono della tua voce, i pianti, le risate e i rimproveri squillanti quando sbagliavo i nomi dei personaggi Disney durante i cartoni.
Oggi avresti compiuto sette anni e io sarei stato triste e felice. Felice nel vederti crescere sotto ai miei occhi, ma triste perché ad ogni compleanno ti saresti allontanata di più da me, sfuggendomi di mano. Un pensiero insopportabile sin dalla prima volta che ti ho stretta tra le braccia, appena nata, e tu mi hai puntato i tuoi occhioni addosso.
Ora tutto ciò che mi resta sono delle fotografie incapaci di replicare il tuo sguardo tanto speciale quanto luminoso e non riesco ad impedire alle lacrime di bagnare questo foglio. Ma poi mi ricordo che sarebbe impossibile per te leggere l'inchiostro sbavato e mi trattengo, aggrappandomi alla speranza che tu sia ancora qui da qualche parte, in qualche forma che solo la fede concepisce. Mi trattengo dal buttare all'aria i mobili e farmi male, replicando il dolore che mi squarcia il petto nei momenti in cui la consapevolezza della tua assenza è forte e lo è ancora di più quella del non ritorno.
Spero che tu potrai perdonarmi per non essere stato in grado di proteggerti dai mali del mondo che ti ha ferita in così tenera età.
Mi manchi e qualunque cosa accada voglio che tu sappia che ti amo come non potrò mai amare nessun'altra donna per i giorni che mi restano da vivere.
Buon compleanno, amore mio... sempre contando gli anni, i giorni o le ore che ci separano ancora.
Il nostro prossimo abbraccio sarà eterno.

Papà.

Leggo queste parole con il fiato sospeso. Ad ogni riga la consapevolezza di ciò che gli è successo, si fa strada nella mia testa che ora è sul punto di esplodere. Appoggio una mano sulla scrivania per sorreggermi. Sono scioccata. La nausea mi assale, le lacrime premono forte per uscire allo scoperto e inondarmi le guance. Non ci credo, non può essere vero. Devon... Devon ha perso sua figlia e con lei la madre, la sua.... Non riesco neanche ad immaginare il dolore che abbia dovuto provare e ora è chiaro il perché non voglia farsi più avvicinare da nessuna donna.
Devon è ancora legato a loro e come potrebbe essere il contrario? Mio dio, mi sento male..
Devo metterla al suo posto e subito. Faccio per piegarla ma la porta si apre ed io quasi sussulto voltandomi solo a metà.

« Ella stai bene?? » Devon mi guarda preoccupato. Probabilmente ho una faccia cadaverica e sconvolta che lo fa avanzare nella mia direzione.
I suoi occhi grigi si insinuano nei miei ma si posano velocemente sul foglio che ho in mano, ed in un attimo, si infuocano di rabbia.
Si avvicina e me lo strappa di mano, quasi stracciandolo. Credo di non averlo mai visto così arrabbiato, ma sono troppo inorridita da tutto ciò che ho scoperto per reagire lucidamente.

« Dove l'hai trovata? » La sua voce è profonda ma strozzata allo stesso tempo e mi colpisce in pieno al petto. Esito, non so per quale motivo, temendo la sua reazione perché so di aver commesso un passo falso, anche se non di proposito e non so come rimediare senza farlo uscire fuori di testa.

« Scusami... io non.. volevo, è caduta insieme a dei fogli sul pavimento e.. »
« Non avevi il diritto di violare la mia privacy!» Alza il tono della voce sventolandomi il foglio davanti agli occhi. Lo guardo dispiaciuta non sapendo che altro dirgli. Vorrei tornare indietro e non muovermi da quella sedia per nessuna ragione al mondo, ma non si può fare purtroppo.

« Lo so, hai ragione... mi dispiace tanto... per tutto... per Cassie..»
« Non nominarla! » Mi urla contro ed io indietreggio di qualche passo. Mi sento una creaturina che sta per essere schiacciata dal gigante furioso.
Devon si passa una mano tra i capelli visibilmente angosciato e innervosito. Posa la lettera sulla scrivania e fa avanti ed indietro un paio di volte prima di tornare da me.

« Non avresti mai dovuto leggerla! Avrei dovuto dirti tutto io quando sarei stato pronto. Hai tradito la mia fiducia Ella e hai scoperto cose che non avresti dovuto sapere o almeno non in questo modo. »

« Ti ho detto che mi dispiace! Non volevo ferirti, mi è praticamente apparsa davanti! Lo sai che non farei mai niente che possa farti stare male. » Mi riprendo dal torpore che mi aveva praticamente paralizzata e reagisco. Deve sapere che non ne avevo intenzione e che deve smetterla di urlarmi addosso.

« Ti dispiace ma l'hai fatto! Come ti sentiresti se frugassi tra la tua roba e scoprissi di tua madre e di come è morta?! Ti farebbe piacere?» Mi fissa dritto negli occhi ma stavolta non distolgo lo sguardo, anzi, lo sorreggo al meglio assottigliandolo. Non sono esempi che si deve permettere di fare, non dopo ciò che gli ho confidato.

« Certo che no e poi non ho frugato da nessuna parte! Mi sono appoggiata alla scrivania e sono caduti dei fogli e con loro la lettera. Mi devi credere! »

« Sono stufo di queste storie, non avrei mai dovuto permetterti di arrivare fino a questo punto. Sappi che non voglio né la tua compassione né il tuo aiuto. Ancora non ci credo. Non dovevi permetterti...» E lo vedo. Vedo il panico che lo sta assalendo a causa della tragedia che ha dovuto superare. Non so come siano morte, ma è ovvio che questo lo abbia scosso nel profondo. È un sopravvissuto, proprio come me e si dà la colpa di quello che è successo. Lo capisco più di quanto non immagini.

« Devon...ti capisco, so quanto sia difficile ma devi... » Mi interrompe subito.
« Non capisci proprio niente, invece! Nessuno può capire né tantomeno tu! »
« Tu non vuoi farti capire e sono io quella stufa! » E mi allontano dalla stanza andandomene sbattendo la porta alle mie spalle. Ho gli occhi di tutti i pazienti e Rose addosso ma non mi interessa niente al momento.

Sono arrabbiata e addolorata per tutta questa faccenda e soprattutto per aver saputo tutto in questo modo. Non mi crede, non si fida più di me perciò è inutile che resto qui a farmi insultare. Scappo da quello studio e mi ritrovo sul marciapiede che lo ospita prendendomi il viso tra le mani. Quanto vorrei piangere adesso.
Muovo qualche passo per attraversare la strada ma sento la voce di Devon alle mie spalle.

« Da te non me lo sarei mai aspettato. »

Mi giro nella sua direzione per rispondergli ma commetto il secondo errore della giornata, un errore che potrebbe essere ben più grave.
Succede tutto in un attimo che è difficile da metabolizzare.
Le orecchie mi fischiano e la vista si fa appannata in pochi secondi. Non riesco più a sentire il mio corpo e la testa mi fa malissimo. Ho la guancia premuta contro l'asfalto della strada e percepisco delle voci confuse che si fanno sempre più vicine.
Vorrei urlare ma il cervello non mi ascolta né da segni di vita. Il corpo sta cedendo senza il mio controllo ed in breve sprofondo nell'oscurità che è pronta ad accogliermi.
È davvero la fine?








Angolo autrice:


Buon pomeriggio a tutti. Finalmente siamo giunti alla vera svolta di questa storia dove vediamo rivelato, in parte, il segreto di Devon. Cosa ne pensate del modo in cui la verità è venuta a galla? Secondo voi cosa succederà nel prossimo capitolo?

Ps: Vorrei specificare un dettaglio importante. Come già vi dissi all'inizio di questa storia, la creazione dei personaggi principali sono una collaborazione nata da me ed altre persone. Tutti i fatti narrati sono stati scritti da me tranne la bellissima lettera che vi ho riportato che è opera della persona che ha ideato il personaggio di Devon. Ovviamente mi ha permesso di usarla e ho deciso di inserirla perché, a parer mio, è meravigliosa e andava condivisa.
Alla prossima settimana.
Kisses <3


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Capitolo 40
*** Capitolo 37 ***


Devon's pov

Succede tutto in un attimo. Un momento prima rincorro Ella ed un attimo dopo è stesa inerme sull'asfalto. Il tempo si ferma e mi sembra di essere tornato indietro nel tempo ad un anno e mezzo fa.
Mi sento come in una bolla di sapone, tutto il resto del mondo scompare e niente ha più importanza. I ricordi mi assalgono avvolgendomi la mente, e per quella che mi sembra un'eternità, resto immobile a contemplare l'atrocità del destino.
In un attimo di lucidità, ricordo di essere un medico e mi precipito sulla sua figura minuta. L'autista della macchina che l'ha investita si ferma e chiama un'ambulanza allarmato. Andava troppo veloce e non è riuscito a fermarsi in tempo cogliendola in pieno.
Tutta l'arrabbiatura per la storia della lettera svanisce così come mi ha travolto trasformandosi in terrore e senso di colpa. Se non le avessi urlato contro, ora non sarebbe qui. È colpa mia, di nuovo.
Le immobilizzo la testa e le controllo il battito con il fonendoscopio che avevo al collo. È molto lento ma c'è.

« Ella resta con me hai capito? Non mi lasciare.» Non mi ascolta e perde i sensi. Non va bene, non va affatto bene!
Non dovrei farmi prendere dal panico, sono un medico e dovrei essere abituato a certe situazioni, ma non riesco a pensare lucidamente con Ella coinvolta.
Potrebbe avere delle costole incrinate o peggio, un'emorragia interna o cerebrale.
Dove cazzo è l'ambulanza?! Neanche il tempo di pensarlo che sento le sirene avvicinarsi. Dobbiamo portarla subito in ospedale.

Lungo il tragitto la pressione cala e il battito si fa sempre più lento tanto che la macchina stenta a registrarlo. Non può morire, non a causa mia!
In meno di cinque minuti siamo al pronto soccorso del Lennox. Mi precipito giù e seguo i paramedici all'interno. Gli indico una delle stanze vuote e la sistemano sul lettino per collegarla ai vari monitor.
Devo mantenere la calma, posso salvarla.

« Dobbiamo farle immediatamente delle lastre per escludere emorragie interne. Somministratele dei fluidi e allertate il centro trasfusionale! Voglio un profilo biochimico completo. » Ordino agli infermieri presenti.
Accorrono anche Roxanne e Danny che probabilmente sono stati chiamati per l'emergenza. Si bloccano sulla soglia non appena si rendono conto che sul lettino c'è proprio Ella. Restano a bocca aperta per qualche istante ma questo momento dura poco perché la pressione precipita mentre i tecnici eseguono le radiografie.

« Spostatevi immediatamente! » Le abbassiamo lo schienale del lettino.

« È in arresto cardiaco! » Constata Danny preparandosi a defribrillare monitorando lo schermo ed io proseguo con il massaggio cardiaco mentre Roxanne controlla gli altri parametri.

« Non morirai oggi, intesi? » Mi rivolgo a lei che tanto non può sentirmi.

« Somministratele una dose di amiodarone e sbrigatevi con quelle lastre!» Alzo la voce in preda al panico. Ed ecco perché noi medici non dovremmo mai occuparci di amici e non farci coinvolgere dai pazienti. Il risultato è una scarsa efficienza e un aumento del rischio di commettere errori, ma è compito mio salvarle la vita. Non potrei mai perdonarmi anche la sua morte.

« Dottore il battito è tornato ma la saturazione e la pressione sono bassissime. » Mi informa Roxanne preoccupata.

« Ha un pneumotorace, ecco perché. Devo inserirle un drenaggio. Preparate il kit e fatemi avere sei unità di sangue zero negativo, subito.» Constato appena mi passano la lastra del torace. Una costola le ha perforato la pleura facendo collassare un polmone.

« Sei unità? Dottore ma credo siano troppe il centro non...» Si intromette l'infermiera.

« Esegui gli ordini senza discutere! È anemica e sta perdendo un mare di sangue dalle ferite e potrebbe aver bisogno di un'operazione! Rischia di non farcela ed io non sono disposto a rischiare oggi! » Le urlo praticamente in faccia. Non sono in me. L'infermiera si zittisce ed esegue il compito.

« Passatemi il bisturi dieci. » Roxanne mi assiste in silenzio. Questa è l'ultima cosa che vorrei fare, ma se non la apro, morirà.
Incido il tessuto posto al lato della gabbia toracica e divarico per osservare meglio. Infilo un dito all'interno dell'apertura e mi faccio spazio tra le coste per far passare il drenaggio. Mentre sto facendo questa operazione, entra l'infermiera di prima.

« Dottore, mi serve una sua firma per le sacche di sangue. » Mi altero peggio che mai.

« Ho le mani nella paziente come posso firmare il modulo secondo te?! Fammi avere quelle sacche di sangue subito! » La spavento a morte, ed infatti, si allontana intimidita. Meglio per lei se torna con ciò che le ho chiesto...

« Drenaggio toracico. » Me lo passano e lo infilo. Quando capisco di essere dentro, aspiro l'aria accumulata.

« La pressione aumenta, ottimo lavoro dottore.» Tiriamo un sospiro di sollievo ma sono comunque preoccupato. Le sue condizioni sono pessime e ancora non so se abbia un'emorragia interna o cerebrale.

« Ora che è stabile dobbiamo farle una Tac. » Danny e Roxanne annuiscono e si preoccupano di seguirmi.
Per fortuna risulta normale, ha solo una commozione celebrale ma niente edemi o emorragie.
La riportiamo nella stanza ma ha un nuovo collasso. Maledizione!

« C'è qualcosa che non va. » In quell'istante arrivano le altre radiografie che mostrano un sanguinamento interno.

« La milza sta per cedere, fatemi preparare una sala operatoria immediatamente! » Roxanne si lancia nel corridoio per avvertire gli operatori mentre Danny mi guarda ansioso.

« Dottore non dovremmo chiamare un chirurgo d'urgenza o generale ora? » Scuoto la testa mentre le somministriamo adrenalina e altri liquidi.

« Non c'è tempo, la farò io. » Mi guarda a bocca aperta.
« Ma lei è un cardiochirurgo non...»
« Sta zitto! Sono un medico e la salverò! »

Non dice più nulla e mi lascia lavorare in pace. La trasportiamo d'urgenza in sala operatoria mentre le tengo la mano. Non morirà, non nel mio ospedale e per colpa mia. Mi rifiuto di pensare ad una simile probabilità. Tutte le persone importanti finiscono per lasciarmi ed ecco perché non volevo che si avvicinasse troppo ma è una testarda.

« Andrà tutto bene, te lo prometto. » Lo sto sussurrando più a me stesso che a lei. Sono devastato. Troppe emozioni terribili oggi. Prima l'arrabbiatura della lettera e poi il panico.
Quando l'ho vista stesa sull'asfalto, mi si è gelato il sangue perché nella mia testa si sono sovrapposti ricordi e pensieri negativi. Non potevo credere che stesse succedendo di nuovo.

Arriviamo in sala e la preparano mentre mi lavo e indosso la giusta tenuta per operare. La guardo e ha moltissimi ematomi sparsi un po' dovunque e in particolare sull'addome. La guancia destra, che prima sanguinava per il taglio, è gonfia per l'urto violento contro l'asfalto. Per fortuna non era profondo.
Mi mettono il camice e i guanti ed inizio ad aprirla. Roxanne accorre per assistermi sia fisicamente sia mentalmente.

« C'è un disastro qui dentro... Aspira, non vedo nulla. Trasfondete le prime due sacche di sangue.» Non so neanche come stia reggendo tutta questa pressione, sento di stare per esplodere.

« Bene, la milza è intatta ma si sono rotti dei vasi sanguigni. » Mentre ricongiungo i vasi danneggiati, si verifica un ulteriore imprevisto.
« L'arteria mesenterica ha ceduto! Passatemi le pinze emostatiche! » I parametri scendono vertiginosamente e devo fermare l'emorragia prima che si dissangui.

« Altre due sacche di sangue, muovetevi. » Per miracolo riusciamo a contenere i danni. Mi sembra che tutto sia in ordine adesso.

« Roxanne chiudila per favore...» Le cedo il posto mentre mi avvicino al suo viso. Non prego quasi mai, ma lo sto davvero facendo in questo momento. Deve sopravvivere, deve farlo per me.
Sospiro ed esco dalla sala operatoria peggio di prima. Mi levo tutto e mi rimetto il camice per attenderla in sala rianimazione. Passo per il pronto soccorso e Audrey e Richard accorrono nella mia direzione.

« Devon! » La modella è sul punto di piangere e anche Rick non ha un bell'aspetto.
« Che cosa è successo? Sta bene? » Mi tempesta di domande l'amica.

« È stata investita... Ho appena finito di operarla e... » Mi mancano le parole perché non sono certo che sia fuori pericolo. Ha perso molto sangue e le sue condizioni sono precipitate più volte.

« E?? Se la caverà vero? Oh mio dio... » Scoppia a piangere e Richard l'abbraccia, stringendola a se mentre mi guarda preoccupato.

« Stiamo... facendo il possibile. Io... devo andare. » Li abbandono nel bel mezzo della stanza perché non riesco a gestire i sensi di colpa che mi stanno uccidendo.
Devo sapere che sta bene, deve uscirne viva.
Quando mi suona il cercapersone, mi balza il cuore in gola temendo il peggio. Mi precipito nella terapia intensiva e mi imbatto nei miei studenti.

« Dottore è stabile. Dobbiamo solo aspettare che si svegli...» Annuisco e so che ci potrebbero volere anche giorni.

« Qualcuno vada a chiamare i suoi amici che sono al pronto soccorso. Dite loro che possono vederla, se lo desiderano...» Mi lasciano solo ed entro nella sua stanza sedendomi sulla sedia accanto a lei. Il suono del battito regolare del suo cuore mi rassicura. È stabile e la pressione è tornata nei parametri come la saturazione.
Vorrei essere ancora arrabbiato con lei per ciò che ha fatto, ma non ci riesco. Sarebbe più facile odiarla e lasciarmi tutto alle spalle ma non è così che funziona.
Tutti i legami che stringi alla fine si rompono e tu sei costretto a soffrirci e cercare di andare avanti.

« Forza Ella... Devi svegliarti. » Le prendo la mano e la avvolgo nelle mie.

« Tutti i tuoi amici sono qui per te... non deluderli.
Lo so che non volevi leggere la lettera e mi dispiace essermela presa in quel modo, ma per me è stata dura cercare di sopravvivere a tutto ciò che mi è successo. Mi hai raccontato di tua madre, ti sei fidata di me e l'ho apprezzato e avrei dovuto fare lo stesso ma non ci sono riuscito. Volevo parlartene, davvero, ma non me ne hai dato il tempo... Ora per favore apri i tuoi occhioni blu e sorridi come solo tu sai fare. Ti racconterò tutta la storia, te lo prometto... » Le lascio la mano per accarezzarle la fronte facendo piano per non farle male.
Mi sono reso conto solo adesso che non ha mai nominato il padre. Che fine ha fatto? Forse dovrei provare a rintracciarlo poiché ha avuto un brutto incidente, potrebbe farle piacere.
Mi volto verso il vetro della stanza e sono tutti lì per lei. Audrey, Richard, Sebastian, Ashley e addirittura mia sorella che attendono il suo risveglio.
Esco dalla stanza e mi guardano tutti un po' interrogativi tranne Sebastian che è più incazzato che altro.

« Che cosa le hai fatto?! » Si fa avanti aggredendomi verbalmente.
« Ho cercato di salvarle la vita. » Dopo avergliela quasi distrutta, però...

« È colpa tua! Devi lasciarla in pace, hai capito?! Guarda come l'hai ridotta!! » Si lancia su di me afferrandomi per il colletto del camice e sbattendomi alla parete. Richard e un infermiere si precipitano immediatamente per allontanarci.
Il suo sguardo non è cattivo, è solo molto preoccupato per l'amica. Ha paura che non ce la faccia.

« No, lasciatemi! La colpa è sua, la mia amica non può morire. Per favore! » L'infermiere lo allontana e lo accompagna lontano da qui.
Mi passo una mano sul viso disperato. Ha ragione, è colpa mia. Richard mi guarda comprensivo e mi poggia una mano sulla spalla.

« Va tutto bene...» Annuisco e vado dalle tre donne per spiegare meglio loro cosa è successo e come sta Ella. Clarissa ed Audrey mi abbracciano preoccupate e poi le lascio entrare una alla volta nella stanza per stare un po' con lei. Le farà bene vedere quante persone la amano.

« Devon tu stai bene? » Mi chiede Rick, seduto accanto a me.
« Sì... sto bene. »
« Intendo mentalmente... e dimmi veramente quello che è successo. »
« Ha letto la lettera. Senza il mio permesso. Era sconvolta. Mi sono arrabbiato con lei ed è scappata fuori dal mio studio. L'ho rincorsa ma lei...» Non riesco a continuare e mi si spezza la voce.
« Richard è colpa mia... ho quasi ucciso Ella. » Inaspettatamente mi abbraccia e lascio che lo faccia perché sono veramente a pezzi come la mia coscienza sporca.

« Non è colpa tua. È normale che ti fossi arrabbiato ma sono certo che non l'ha letta per farti stare male. Voleva aiutarti ma tu non glielo permettevi. » Scuoto la testa agitato e lo guardo.

« Io.. le dirò tutta la storia, di come sono morte e la mia vita prima di questa...» Annuisce concorde e poi si avvicina Roxanne con aria pensierosa.

« Dottor Reinfield... Il primario di chirurgia vuole parlare con lei. L'aspetta nel suo ufficio.» E adesso cosa vuole?

« Sì.. grazie. » Mi alzo e la prendo da parte.
« Controllala, non abbandonare questo corridoio per nessuna ragione al mondo finché non torno ed informati sui familiari di Ella. » Annuisce e mi allontano per andare dal primario, il capo dei capi per noi chirurghi.
Entro nella stanza dopo aver bussato e il Dottor Brooke mi fissa imbronciato.

« Dottor Reinfield come le è saltato in mente di scavalcare i suoi colleghi?! » Ah ecco... è per questo.

« Ho salvato una vita, credo sia quello che conti alla fine. »

« Lei è il mio primario di cardiochirurgia e deve attenersi a ciò che le compete! Non può mettersi a fare l'eroe e intralciare il lavoro dei suoi colleghi, mi ha capito?! » Prendo un grosso respiro perché altrimenti spacco tutto.

« Con tutto il rispetto ho...»
« La smetta! Non si permetta più di operare una paziente, per giunta una sua amica, a qualcosa che non sia il cuore. Intesi? »

« Io le ho salvato la vita! Non mi scuserò per questo. Se sono nelle condizioni di fare qualcosa che possa giovare ai miei pazienti, lo faccio senza pensarci due volte! Ed ora se vuole scusarmi...» Gli volto le spalle e me ne vado. Ci mancava solo la ramanzina del capo. Ho fatto il mio lavoro di medico e non mi sentirò in colpa per questo, fine della storia.
Torno in terapia intensiva e i nostri amici sono ancora lì. Dentro c'è Sebastian adesso e sembra più calmo di prima o almeno lo spero.

« Audrey posso parlarti un attimo? » La modella annuisce e ci appartiamo in un angolo.

« Hai notizie del padre di Ella..?» La bionda sgrana gli occhi e poi abbassa lo sguardo. Non è buon segno.

« Sì... beh Ella ha abbandonato la famiglia a diciannove anni e non ha più cercato di mettersi in contatto con loro. Non erano in buoni rapporti e il tutto è peggiorato con la morte della madre. Si da ancora la colpa per ciò che è successo...» Mi dice ed io deglutisco pesantemente. In fondo lei mi può capire, abbiamo sofferto molto entrambi.

« Quindi non possiamo rintracciarlo? Dovrebbe sapere che la figlia è qui...»
« No, ma non credo che Ella lo voglia. Lasciamo le cose così. Credimi. » Annuisco ma non ne sono convinto. Attendo comunque che Roxanne trovi qualche informazione in più.

--------------------------

È notte fonda e ho obbligato i miei amici ad andare a casa per riposare un po' e tornare la mattina dopo nell'orario di visite. Hanno opposto un po' di resistenza ma alla fine hanno acconsentito. Sono ancora qui, in terapia intensiva per monitorare Ella. Non me ne andrò finché non si sarà svegliata e sarà capace di parlare con me. Appoggio la testa sul letto affondando il viso nel materasso ascoltando soltanto il rassicurante battito del suo cuore. Per poco non moriva davanti ai miei occhi.
La scena è stata orribile. Quella macchina l'ha letteralmente fatta volare di qualche metro ed è atterrata pesantemente sull'asfalto. È un miracolo che non abbia riportato danni al cervello. Nonostante i lividi su viso, braccia e addome e la guancia porpora più gonfia del normale, ha comunque un aspetto angelico.
Mi ricordo di noi la prima volta allo studio e sorrido alla scena. Non potevamo credere di esserci ritrovati proprio lì dopo l'incidente del tombino. A volte il destino ci indica la via e ci mette sulla strada persone che non avresti mai immaginato di rivedere.
E non era mia intenzione, infatti. Non credevo potesse diventare addirittura mia amica. Ed invece è successo e mi chiedo a che strano gioco stia giocando il fato con me. Continua a mescolare le carte nel mazzo e nessuno può sapere quale sarà la prossima mossa.
Perso nelle mie riflessioni, mi rendo conto che è ormai l'alba e che sono rimasto tutta la notte con la testa accanto a lei in questa squallida stanza.
"È asettica e puzza di disinfettante" Penserebbe sicuramente Ella. Odia gli ospedali e di sicuro li odierà molto di più da oggi in poi. Probabilmente odierà anche me.
Alzo lo sguardo e constato che dorme ancora, non accenna a svegliarsi. Perché ci mette tanto? È straziante quest'attesa ma sono un medico, dovrei esserne abituato. I pazienti non si svegliano mai a comando, c'è chi ci mette di più e chi di meno e anche chi non vuole farlo. Un lampo di terrore mi attraversa lo sguardo. Spero che riprenda conoscenza al più presto.
Ho bisogno che apra gli occhi.
Ho bisogno che lei viva.























Angolo autrice:


Buon pomeriggio a tutti! Eccoci con il capitolo che attendavate da una settimana. Devon ha fatto tutto ciò che era nelle sue capacità per tentare di salvare Ella. Saranno valsi tutti gli sforzi? Per scoprirlo vi attendo al prossimo capitolo!
Kisses.

Ps: Mi scuso se la parte medica deve essere sembrata molto tecnica, ma ovviamente dal punto di vista di Devon non poteva essere altrimenti.


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Capitolo 41
*** Capitolo 38 ***


Ella's pov

È bello qui. C'è tanta luce e molta serenità mi circonda. Vago senza una meta finché diventa tutto buio. Che succede? Dove mi trovo? Non riesco a sentire nulla se non una voce eterea che mi attanaglia la mente. Chi è? cosa mi sta succedendo?
Un bagliore di luce mi costringe a socchiudere gli occhi e poi la vedo. Non è possibile...

« Mamma! » Le corro incontro e lei non scompare, anzi, riesco ad abbracciarla. Non ci credo, la mia mamma è qui con me! Se è un sogno non voglio svegliarmi.

« Tesoro mio...» Le lacrime mi fanno bruciare gli occhi, non posso credere di poterla rivedere.

« Mamma... mi sei mancata tantissimo e mi dispiace... io.. non ti sono stata vicina... mi sento così in colpa, perdonami.. io.. » Mi zittisce con un altro abbraccio e poi mi accarezza la guancia.

« Ella... non è colpa tua e non dispiacerti per me. Ho scelto io di andarmene ma non volevo abbandonarti, questo lo sai vero? » Annuisco appoggiando la testa sulla sua spalla ma lei mi allontana per guardarmi negli occhi così uguali ai suoi.

« Non dovresti essere qui...» Mi dice ed io non capisco.
« Dove siamo? Non capisco...» Sospira e mi accarezza dolcemente i capelli.
« Tesoro... devi svegliarti, capito? » Svegliarmi..? Non sto sognando? Sgrano gli occhi e credo di capire solo ora. Frammenti dell'incidente si fanno vivi nella mia testa. Io sono...No..

« Sono morta..? » Le chiedo piano aggrottando le sopracciglia.
« No, tesoro ma lo sarai se non vai via da qui. Ora torna indietro, capito? »
« Cosa vuoi dire? Voglio stare con te! E poi se sto morendo cosa posso farci? » Le parole mi escono dalla bocca senza che io le stia effettivamente pensando. Sono molto confusa e stordita.

« No amore della mamma. Tu non vuoi svegliarti. Ti stai arrendendo e non va bene. Sei giovane e devi vivere la tua vita.» Spalanco gli occhi. Mi sto davvero lasciando andare?

« Mamma sono tanto confusa...» Mi prendo la testa tra le mani ma lei mi ferma per guardarmi.

« Non esserlo bimba mia. Torna dai tuoi amici, hanno bisogno di te. » Scuoto la testa in disaccordo.

« No, starebbero senz'altro meglio senza di me e dei miei problemi. Forse farei davvero un favore a tutti se morissi. »

« Non dire queste sciocchezze e non commettere i miei errori. Devi tornare da loro e da Devon. Lui ha bisogno di te più di chiunque altro. » Questa sì che è una grande stronzata. L'ho deluso e di certo non ha bisogno di me nella sua già incasinata vita.

« Lui ti ama Ella. Torna da lui... » La guardo sorpresa. Mi ama? Strano modo di dimostrarlo.
« Non è vero.. io... »
« Fidati di tua madre. Devi tornare per lui e per i tuoi amici. Ora vai, prima che sia troppo tardi. »
«Mamma non voglio lasciarti da sola... non so come fare! »
« Vai tesoro, corri da loro! Io starò bene. »
Prima che possa dire altro, scompare e così la luce che l'avvolgeva.

Apro gli occhi.
Non riesco a muovere neanche un muscolo. Mi fa male tutto, soprattutto la testa che pulsa ininterrottamente. Vorrei dire qualcosa ma mi rendo conto che la voce non mi esce perché sono intubata. Mi guardo intorno e inizio ad agitarmi perché sento dolore in tutte le cellule del mio corpo. Sbatto più volte le palpebre e incontro lo sguardo terrorizzato di Devon. Che cosa succede?
Non c'è solo lui nella stanza ma anche altri infermieri e Roxanne insieme a Danny.

« È sveglia! » tirano tutti un sospiro di sollievo.

« Abbiamo un battito sinusale e la pressione sale. » Roxanne mi leva il tubo dalla gola e la ringrazio mentalmente. Mi mettono ciò che presumo sia ossigeno con dei tubicini al naso. Ora va meglio...

« Uscite tutti dalla stanza, ci penso io da ora...» Esclama Devon ma stavolta meno freddamente del solito.
Mi gira moltissimo la testa...
Tutti i medici vanno via e resto sola con Devon. Mi esamina per qualche secondo prima di sedersi accanto a me sul letto.

« Bentornata tra noi. » Mi accarezza la fronte coperta dalla frangia. Sono stanchissima e fatico persino a respirare.

« Mh...» Cerco di sistemarmi meglio ma mi tira qualcosa all'altezza dell'addome.

« No no, sta ferma.. Ti ho dovuta operare all'addome perciò non muoverti troppo, altrimenti ti si aprirà la ferita. Ti aiuto io. » Annuisco e lascio che mi sollevi leggermente per mettermi in posizione più eretta. Va decisamente meglio ora.

« Sei.. ancora arrabbiato.. con me? » Gli chiedo con voce strozzata perché non riesco bene a parlare. Mi guarda colpevole abbassando lo sguardo ma poi torna a guardarmi.

« No.. mi dispiace essermi alterato con te. Non è colpa tua, so che non volevi ferirmi ma che cercavi di aiutarmi. » Ah wow, da lui non me lo aspettavo.
Annuisco e muovo un po' le mani per svegliare i muscoli. Sono contenta che l'abbia capito, anche se sono quasi morta per questo.

« Non volevo leggerla... ho sbagliato e mi dispiace...»

« Va tutto bene, l'importante è che ora tu sia qui con me...» Mi prende la mano e posa un bacio sul dorso. Stavo per morire e l'avrei fatto sentire in colpa per il resto della sua vita..
Cerco di sorridergli ma sono molto stanca e le palpebre si fanno improvvisamente pesanti.

« Riposa un po' adesso. I tuoi amici saranno qui fra qualche ora. » Mi lascia la mano e si alza dal letto. Non voglio addormentarmi da sola, ho paura di risprofondare nell'oscurità.

« Aspetta... Non andare, per favore...» Mi guarda accigliato.

« Credevi che me ne andassi? Sei quasi morta sotto i miei occhi... » Scuote la testa e si leva il camice per appoggiarlo alla sedia accanto al letto. Credevo si mettesse ai miei piedi, invece, scosta le lenzuola e si stende accanto a me. Mi sposto un po' per farlo entrare e mi fa appoggiare la testa sul suo petto. Sento il battito del suo cuore a ritmo del mio sullo schermo.

« Dormi un po'...» Mi accarezza la testa e chiudo automaticamente gli occhi addormentandomi profondamente.

———————————

Mi sveglio dopo quella che sembra un'eternità. Sto molto meglio e la testa non fa tanto male, più che altro è rimasto lo stordimento per tutto l'accaduto ma almeno sono viva e vegeta. Sbadiglio e mi rendo conto di essere ancora accoccolata contro Devon che dorme profondamente. Mi dispiace svegliarlo, suppongo sia stato fin troppo tempo in piedi per colpa mia, perciò decido di non farlo.
Ho tantissima sete e muovo un braccio verso il tasto accanto al letto ma non ci arrivo. Va bene, mi arrangerò.
Mi volto verso di lui per osservarlo. Immagino quanto dev'essersi preoccupato... Dopo ciò che gli è successo, non avrebbe dovuto assistere anche al mio incidente. Ma mi ha salvato la vita, ancora. In pratica è il mio angelo custode. Sembra tranquillo mentre dorme e vorrei accarezzarlo ma ho troppi tubi e flebo per poterlo fare senza far rumore.

« Ella allora è vero! Sei sveglia! » Audrey e Richard fanno capolino nella stanza ma gli faccio cenno di abbassare la voce.
Entrambi guardano Devon che sonnecchia al mio fianco come se non lo avessero notato prima. Si avvicinano dal mio lato e Audrey si siede accanto a me sulla sedia prendendomi la mano.

« Abbiamo pensato al peggio...» Mi confessa sull'orlo delle lacrime. Mia madre aveva ragione. Tengono tutti a me e mi vogliono bene.

« Sono qui, sto bene. Mi dispiace...»
« Non scusarti, è andato tutto bene. » Mi rassicura Richard dandomi un bacio sulla fronte, l'unica parte senza lividi probabilmente.

« Sono orribile vero? » Chiedo ed entrambi scuotono la testa.

« Ti rendono più vissuta questi lividi sul viso. » Mi fa l'occhiolino Audrey. Ridiamo tutti e mi sposto un po' per stare più comoda.

« Che succede?! La pressione, l'ossigeno. Controllate il battito! » Devon salta giù dal letto e tutti noi lo guardiamo perplessi.

« Ehi amico, dovresti davvero lasciare un po' quest'ospedale. » Lo prende in giro Richard ridacchiando. Devon lo guarda male e poi lo ignora per dedicarsi a me.

« Sto bene, ti eri addormentato..» Gli comunico mentre si rimette il camice e prende l'aggeggio che serve per ascoltare il cuore.

« Adesso ti controllo... » Richard e Audrey si guardano complici e mi fanno sorridere di riflesso. Mi sono mancati.

« Per quanto sono stata incosciente? » Chiedo loro che si rattristano improvvisamente. Lasciano il compito a Devon che ne sa di più.

« Ti abbiamo portata qui d'urgenza mercoledì... Hai avuto un arresto cardiaco ma ti sei ripresa perché siamo intervenuti drenando l'aria nel tuo torace. Poi ti ho operata per un'emorragia interna poco dopo. Sei rimasta in coma fino a ieri finché non sei collassata di nuovo e poi hai finalmente aperto gli occhi. Oggi è sabato.» Sono stata addormentata per tre giorni di cui non ricordo assolutamente niente. Mio dio...

« Oh... capisco. Ma ora sto bene? »

« Ti stai rimettendo... I tuoi esami di stamattina erano buoni. » Mi sorride e mi prende la mano. « Uscirai di qui prima di quanto credi. » Annuisco e Richard fa un finto colpo di tosse per richiamare la nostra attenzione.

« Noi andiamo a mangiare qualcosa e poi torniamo qui. »

« Ci vediamo dopo Ella...» Audrey mi sorride e mi bacia la guancia sussurrandomi all'orecchio. « Devon è rimasto in questa stanza giorno e notte finché non hai aperto gli occhi. » Mi fa l'occhiolino e mi sento in colpa per tutto ciò. Lasciano la stanza e restiamo di nuovo da soli.

« Posso avere un po' d'acqua? Sto morendo di sete. » Chiama un'infermiera che me la porta. Sembra gentile ma fa gli occhi dolci al bellissimo dottore bipolare e complessato al mio fianco.

« Grazie mille. » L'infermiera mi sorride e sparisce all'orizzonte. Meno male...

« Devon... Credo che dovremmo comunque parlare di ciò che è successo nel tuo studio. Vorrei che mi spiegassi ma solo se te la senti questa volta...» Mi guarda stupito, ma poi sospira e si siede accanto a me sul letto. Credo che sia ora che mi racconti tutta la verità.

« Hai ragione te l'ho promesso quando...eri incosciente. » Mi regala uno dei suoi sorrisi più rassicuranti ma si vede dal suo sguardo che soffre ancora molto e di questo mi dispiace moltissimo.
Finalmente inizia a raccontarmi la sua vita, finalmente si apre con me.

« Sai che vivevo a Londra con la mia famiglia e che ho sempre voluto fare il medico. Ero uno specializzando nell'ospedale più prestigioso della città. Mi piacevano molto l'ambiente e la maggior parte dei colleghi. Un giorno incontrai una delle psicologhe del reparto. Era molto giovane e bella. Aveva i capelli bruni e gli occhi verde smeraldo. Mi piaceva molto e una sera la invitai ad uscire nonostante i miei folli orari. Ci innamorammo ed eravamo felici, almeno finché non lo seppero i miei genitori. Non approvavano la mia scelta, la reputavano una "sgualdrinella da quattro soldi" ma loro non capivano.
Un anno dopo ci sposammo senza dire niente a nessuno, comprammo una casa e tutto andava bene. Restò incinta non troppo tempo avanti e questa cosa mi esaltava, ma mi spaventava allo stesso tempo. Mi piaceva la mia vita con lei e mi sarebbe piaciuta ancora di più con una bambina. Così nacque Cassandra e la sua venuta al mondo, mise un po' di pace anche fra le nostre complicate famiglie. I miei genitori si sciolsero quando la videro e dimenticarono per un po' il resto. La piccola Cassie era una bambina bellissima e molto intelligente. Guardavamo sempre i cartoni animati insieme, anche se i miei turni in ospedale erano massacranti. »
Ascolto tutto con calma e gli stringo la mano. Gli si illuminano ancora gli occhi quando parla della piccolina. Sono sicura che era una bambina meravigliosa come il padre.

« Mia moglie iniziava a stancarsi ed in più i miei genitori tornarono ad assillarci su tutta questa storia del "non è nobile come te" e altre cazzate del genere. Ma io l'amavo e lei amava me, questo era l'importante.
Una notte di un anno e mezzo fa, litigammo furiosamente e lei prese Cassie che ormai aveva sei anni e la mise in macchina. A Londra il tempo è pazzo e piove praticamente sempre. Quella notte c'era il temporale e loro fuggirono lasciandomi solo a casa. Ero arrabbiato ma sapevo che sarebbero tornate presto ma non successe. »
Gli stringo più forte la mano e gli lascio un attimo prima di proseguire.

« Mi chiamarono dall'ospedale. La macchina andava troppo veloce ed è uscita fuori strada. Mi dissero che mia moglie era morta sul colpo e che Cassie aveva smesso di respirare in ambulanza mentre la trasportavano al pronto soccorso. La mia vita perfetta si trasformò nel mio incubo peggiore. Mollai il lavoro, mollai tutto e non parlai con nessuno per giorni. Mi sentivo in colpa. Non le avevo protette, non sono riuscito a salvare. Se le avessi fermate, ora non sarebbero sotto terra. Ho rovinato la mia vita e la loro...»
Sono devastata e riesco a sentire tutto il dolore che ha provato e che prova nelle sue parole spezzate e nella voce rotta. Sto per dire qualcosa, ma mi ferma con un gesto della mano.

« Aspetta... non ti ho detto una cosa.» Prende un grosso respiro e mi stringe forte la mano.

« Mia moglie si chiamava Gabriella, ma.. io usavo sempre il suo diminutivo... Ella. » Sbarro letteralmente gli occhi. Non è possibile. Ora ricordo tutto. Ricordo come mi ha liquidata subito dopo avermi salvata dal tombino e avermi offerto la colazione appena gli dissi il mio nome.
Il destino si è praticamente preso gioco di lui. Quante probabilità c'erano che incontrasse una donna con lo stesso nome di sua moglie defunta?
Questa rivelazione mi destabilizza e il monitor che segna i miei battiti cardiaci, mi tradisce suonando.

« No, no, no.. Stai tranquilla... non ti agitare...» Si china su di me e mi abbraccia. Cerco di ricambiare ma il mio corpo è così debole e ho così bisogno di piangere che non riesco a trattenermi. Dovrei consolare lui, e invece, crollo come una bambina.

« Mi dispiace tanto.... Non doveva succedere ma la colpa non è tua. Non potevi sapere che la macchina... avrebbe sbandato... non potevi saperlo... » Mi accarezza la schiena mentre svuoto tutte le mie lacrime sulla sua spalla.
Mi avvolge tra le sue braccia e lascia che mi sfoghi. Non meritava tutto questo dolore, nessuno dovrebbe sopportare una cosa del genere. Mi allontano tirando su con il naso asciugandomi le guance bagnate.

« Tutto bene? » Mi guarda preoccupato. Annuisco visibilmente scossa. La sua storia mi ha davvero colpito nel profondo ma finalmente ha scoperto le carte e si sta facendo conoscere da me.

« Credo di sì. Grazie per avermi raccontato il tuo segreto e posso assicurarti che loro vivranno sempre dentro di te. Sei una bella persona Devon e meriti la felicità, anche se hai smesso di crederci. » Sorride leggermente scuotendo la testa.

« Forse sì... non lo so. Ora dormi un altro pochino. » Mi sistema i cuscini e mi aiuta a stendermi. « Solo una domanda. Mi hai raccontato di tua madre ma tuo padre..?» Sapevo che prima o poi me l'avrebbe chiesto ed è giusto che condivida con lui quest'informazione.

« Non ci parliamo più dalla morte di mia madre. È come se fosse morto anche lui.» Faccio spallucce mentre mi guarda per poi accarezzarmi i capelli.

« Va bene, ora a nanna...» Si siede accanto a me continuando a muovere le dita tra i miei capelli facendomi scivolare lentamente in un sonno profondo.

Devon's pov

Le ho raccontato tutto, le ho aperto il mio cuore riversandole addosso il mio dolore. Adesso conosce tutta la storia e non mi sono mai sentito più sollevato di così. So di averla sconvolta ma voleva conoscere e ora sa.
Devo ammettere che all'inizio l'ho allontanata ingiustamente a causa del suo nome. Non potevo credere di aver incontrato un'altra Ella e a primo impatto mi sono spaventato. Il destino mi ha giocato un brutto tiro e ha continuato a sbattermi in faccia la realtà quando me la sono ritrovata nel mio studio.
Aspetto che si addormenti prima di lasciare la stanza. Sono così stanco che sono crollato accanto a lei prima.
Dopo tre giorni ha finalmente aperto gli occhi ed è una gioia vederla parlare con me ed i suoi amici.
Mi passo una mano tra i capelli mentre mi apposto fuori la sua stanza vedendo tornare Richard e Audrey.

« Tutto bene? »

« Sì, sta riposando. Appena si sveglia le ripetiamo tutti gli esami e vi potrò dire con certezza come sta. » Annuiscono e Richard mi fa un cenno con lo sguardo.

« Tesoro puoi scusarci un attimo? » Si rivolge ad Audrey che annuisce e ci lascia da soli.
« Che c'è? »
« Le hai detto tutto? »
« Sì. Sa tutto. Sa di Gabriella e Cassie, tutto. » Mi guarda meravigliato e mi da una pacca sulla spalla.
« Hai fatto bene, Dev. Meritava di sapere. Come ti senti? »
« Mentalmente non te lo so dire ma sono veramente stanco...»
« Ti credo, non dormi da tre giorni. Ora sta bene dovresti riposare...»

« No, farò una pausa ma non posso andarmene. Voi non potete restare la notte perciò ha bisogno di me. » Sospira ma alla fine annuisce.
« Va bene testone. »
« Andiamo a prendere un caffè? »
« Volentieri. » E ci allontaniamo dalla stanza per recarci al bar.

———————-

Dopo tre giorni, riesco finalmente a mangiare qualcosa che non sia uno snack e a bere qualcosa di diverso dal caffè. Il mio stomaco si è un po' sbloccato e la fame è tornata. Buon segno.
Ella dovrebbe essere con Sebastian e Ashley perciò resto un altro po' con Clarissa che non è tornata più a Milano ma ha deciso di restare qui finché Ella non si sarà ripresa. Mi è stata molto d'aiuto in questi giorni e si è assicurata che avessi sempre vestiti puliti e qualcosa da mangiare durante la reclusione nella terapia intensiva.

« Sono felice che stia meglio. Se l'è vista davvero brutta...» Sospira prendendo una forchettata della sua insalata.

« Sì, è vero... Non me lo sarei mai perdonato. Questa volta ero presente e non avrei permesso che morisse tra le mie braccia. » Mi guarda malinconica. Lei è stata la prima persona che ho chiamato appena saputo dell'incidente di Gabriella e Cassie. Ha visto il peggio di me, il momento esatto in cui sono crollato e mi ha aiutato ad andare avanti.

« Non è stata colpa tua neanche allora... lo sai.»

« Ho raccontato tutto ad Ella. » Mi guarda sorpresa restando con la forchetta a mezz'aria. Sa che non amo parlare di quest'argomento con altri.

« Ah... Hai fatto bene. Doveva saperlo. Come l'ha presa il chiamarsi come tua moglie defunta..? »
« Ci è rimasta parecchio, ovviamente. »
« Beh, come biasimarla...»
Lasciamo cadere l'argomento e terminiamo il pranzo senza ulteriori indugi. La saluto subito dopo e decido di fare il giro dei miei altri pazienti prima di tornare da Ella. Sebastian e Ashley sono andati via con Audrey. C'è solo Richard seduto sulle sedie riservate ai familiari dei pazienti.

« Ehi! Non sei dentro? »

« Beh, c'è qualcun altro. » Corrugo la fronte sospettoso e mi affaccio al vetro per constatare chi sia questo qualcun altro. È un ragazzo all'incirca della sua età, alto e di bell'aspetto. È vestito in modo casual e sta facendo ridere a crepapelle Ella. Ma chi è quest'individuo?!

« Chi è quello? » Rick si alza e mi raggiunge davanti al vetro che da sulla stanza.

« Non ne ho idea. Forse un amico o un ex fidanzato. Chi può saperlo! » Fa spallucce ed io lo trucido con lo sguardo.

« Non può restare lì dentro senza il mio permesso. » Affermo senza rendermene effettivamente conto. Il modo in cui Ella ride alle sue parole m'irrita e non poco.
Richard mi guarda e poi scoppia a ridere. Cosa ci trova di divertente?!

« Devon! Oh mio dio! Non dirmi che sei geloso!» Esclama neanche fosse una ragazzina in preda all'euforia.

« Assolutamente no. Ma non possono entrare cani e porci in terapia intensiva. » Ma a chi voglio darla a bere?

« Certo, continua a raccontarti queste fandonie se ti fanno dormire meglio la notte.» Ridacchia scuotendo ancora la testa. Si diverte proprio...

« Taci che è meglio. Io vado a sbatterlo fuori...» Muovo un passo ma il mio amico mi ferma.

« Aspetta un attimo. Non ti dice niente questo tuo comportamento? Perché non ammetti che ti da fastidio e basta? » Mi fa il suo solito ghigno malizioso. Lo odio.

« Va bene, lo ammetto! Ora lasciami andare..» Allenta la presa e mi sorride.

« Certo, mi godrò lo spettacolo da qui! » Alzo gli occhi al cielo ed entro rumorosamente nella stanza.
Ella mi saluta con la mano e interrompe il tizio che straparla da almeno cinque minuti.

« Mi dispiace ma lei non può stare qui. Sono ammessi solo familiari e amici intimi perciò può andare. » Gli indico la porta con lo sguardo ed entrambi mi guardano perplessi. Il simpaticone non si perde d'animo, però.

« Oh tu devi essere Devon! Piacere di conoscerti! » Mi allunga una mano che non ho intenzione di stringere.

« Dottor Reinfield per lei e credo che non mi abbia capito. Deve andarsene immediatamente da questa stanza. » Sento lo sguardo di Richard che si prende gioco di me da lontano. Bastardo.

« Devon la smetti? È un mio caro amico d'infanzia ed è venuto a posta a New York per sapere come sto. Ti presento Derek. » Sbuffo alzando gli occhi al cielo e gli afferro riluttante la mano per salutarlo. Che idiota...

« Avevi ragione Ella! Intimorisce davvero con quello sguardo di ghiaccio. » Ella spalanca la bocca e lo tira per una manica.
« Ora basta, stai parlando troppo...»

« Bene, esca che la devo visitare...» Metto fine a questo teatrino e Derek si allontana dal letto e viene nella mia direzione dandomi una pacca sulla spalla. Se mi tocca un'altra volta, gli pianto un bisturi nella giugulare.

« Grazie per aver salvato Ella, amico! » Mi fa l'occhiolino e poi manda un bacio alla ragazza che scuote la testa. Finalmente ci lascia da soli. Che palla al piede.

« Dammi il braccio, ti devo prelevare un po' di sangue. » Le dico freddamente e lei mi passa il braccio che non ha la flebo mentre mi osserva impensierita.
« Cosa c'è? » Le chiedo senza alzare lo sguardo su di lei e prendendo l'occorrente per il prelievo.

« Niente... Anzi una cosa c'è. Perché hai mandato via Derek? Il prelievo potevi farmelo anche in sua presenza...» Sbuffo e le inserisco l'ago nella vena riempendo un paio di provette di sangue.

« Devi riposare, non può stare qui a darti fastidio... » Alza gli occhi al cielo ed io l'ammonisco con lo sguardo. Sbuffa comunque.
« Non sbuffare con me. » Le metto il cerotto e appoggio le provette nella bustina in modo che un'infermiera le porti in laboratorio.

« Sei stato scortese. »
« È ciò che mi riesce meglio. » Faccio spallucce e lei si scosta le lenzuola facendo penzolare i piedi fuori dal letto.
« Non è vero.»
« Che stai facendo? »
« Mi alzo, sono stufa di stare a letto. » Un'espressione dolorante si dipinge sul suo volto. È la ferita all'addome sicuramente.
«Non ti puoi alzare. » Mi avvicino.
« Eddai, fammi fare due passi...»

« Non se ne parla...» Non mi ascolta e poggia i piedi a terra provando a stare in posizione eretta. Si appoggia al carrellino della flebo e fa un passettino.

« Visto? Posso farlo. » Neanche il tempo di un altro passo che le tremano le gambe. L'afferro in tempo mettendole un braccio dietro la schiena sapendo perfettamente che sarebbe successo.
Impreca a bassa voce e non so perché, mi fa sorridere.

« Okay un punto per te dottore...» Si abbandona tra le mie braccia così che possa rimetterla a letto.
Le sistemo le gambe e la copro a metà con il lenzuolo. Poggio le mani ai lati del suo corpo premendole sul materasso per guardarla negli occhi.

« Basta fare sciocchezze, mh? » Alza gli occhi al cielo ma annuisce.
« D'accordo... Puoi far tornare Derek? Vorrei salutarlo prima che vada via...» Che avrà di speciale questo Derek?!
Mi soffermo a guardarla prima di risponderle. Il livido sulla guancia si sta sgonfiando ed è meno rosso.

« Se proprio insisti...» Prima devo controllarle la ferita all'addome in ogni caso. Senza preavviso le alzo il camice che indossa e lei mi trucida con lo sguardo.
« Ehi! Che stai facendo? »
« Sta tranquilla, devo vedere la ferita. Non c'è niente che non abbia già visto comunque. » Le faccio l'occhiolino e lei si sporge per guardare.

« Resta stesa per l'amor del cielo! » Sbuffa e si imbroncia.
« Sei un dottore insopportabile te l'hanno mai detto?? »
« E tu sei tutto tranne che paziente! » Cerca di mantenere un'espressione imbronciata ma ridacchia sotto i baffi facendo ridere anche me di riflesso.
« Adesso sta buona per favore...»

« Se l'hai chiesto per favore...» Sorride e sta ferma così che possa mettermi i guanti e tastarle l'addome. Si trattiene dal lamentarsi per il dolore mordendosi il labbro.

« Ho fatto. Non ci sono infezioni per fortuna. » Le cambio la medicazione e la copro. « Vado a chiamare Mr Simpatia però devi dormire appena va via. »

« Va bene, grazie dottore. » Mi prende in giro e si sistema il lenzuolo per coprirsi meglio.

« Ti tengo d'occhio. » Esco dalla sua stanza e cerco con lo sguardo quell'idiota del suo amico ma non lo vedo.
Mi volto verso l'ascensore e ne escono Richard e l'amico di Ella che ridono e scherzano come se si conoscessero da anni. Ma che diavolo...
Tossisco per attirare la loro attenzione.

« Ella ha chiesto di lei...» Mi rivolgo a Derek in modo disprezzante. Non mi sta per niente simpatico.

« Ah vado subito! Quando può uscire dall'ospedale? Vorrei portarla un po' in giro appena si riprende. »

« Assolutamente no. È ancora debole ed è stata operata da poco. Ci vorrà tempo prima che la dimetta e di certo non la lascio andare in giro dopo quest'incidente con una persona a caso.» Sia Richard sia Derek mi rivolgono lo sguardo. Il primo divertito e il secondo confuso.

« Ah... Va bene. Vado a salutarla allora..» Finalmente ha capito l'antifona e va da Ella. Lo richiamo prima che entri.

« Aspetti. Si ricordi di non toccarla, non avvicinarsi troppo e soprattutto di non farla alzare dal letto. Se scopro che ha fatto una di queste cose le prometto che non metterà più piede in quest'ospedale.» Un ghigno divertito si fa largo sul mio viso alla sua espressione terrorizzata. Annuisce e scompare dalla mia vista.

« Sei stato crudele. » Mi prende in giro Richard dandomi una pacca sulla spalla.
« Non è vero...»
« L'hai spaventato a morte. La parte del fidanzato geloso ti riesce bene, peccato che tu non sia nulla...» Mi deride divertito da questa situazione che si è creata.
« Chiudi quella boccaccia...» Guardo oltre il vetro per assicurarmi che Derek abbia compreso le mie parole e lo colgo in flagrante proprio mentre posa un bacio sulla fronte di Ella. Non ha capito un cazzo allora!
Serro pugni e mascella tentato di entrare lì e cacciarlo a calci nel sedere, ma riesco a darmi un contegno ed evito di fare scenate nel mio ospedale.

« Sta a cuccia...» Mi intima Richard con le parole e lo sguardo intuendo i miei pensieri omicidi.
« Andiamocene da qui. Aspettami giù devo fare una cosa prima. » Gli dico notando Roxanne che passa per di qua.
« Sbrigati però. » Si allontana così che possa rincorrere la mia studentessa.

« Roxanne aspetta! » La fermo nel corridoio sbarrandole la strada.
« Oh Dottor Reinfield mi dica..» L'ho colta di sorpresa.
« Devi farmi un favore. » Mi guarda perplessa ma annuisce.
« Mi dica tutto. »
« Devi restare qui fuori e controllare che quel tizio con Ella non resti con lei per più di dieci minuti. Se supera il termine, entra e caccialo con gentilezza o inventati qualcosa. Intesi? » Mi guarda confusa e leggermente a bocca aperta. Che cosa ho detto di strano?

« Vuole che stalkeri la paziente affinché non resti sola con quell'uomo per più di dieci minuti? Sicuro di sentirsi bene dottore? »

« Sto benissimo e fa' come ti ho chiesto! Prendilo come un compito da portare a termine se preferisci. » Sbuffo e lei annuisce ancora più perplessa.
« Va bene...» Finalmente. Queste donne sono davvero impossibili.
Posso quindi raggiungere Richard al bar.

« Amico devo proprio dirtelo perché sei cieco e qualcuno deve levarti i cetrioli dagli occhi, squarciare il velo di Maia o come tu voglia chiamarlo. » Mi prende per le spalle appena arrivo, puntando i suoi occhi nocciola nei miei grigi.

« Sei stato giorno e notte al capezzale di Ella dopo l'incidente temendo che non ce la facesse e che ti lasciasse. Non ti ho mai visto stare così male da quella notte di un anno e mezzo e fa. Ti da sui nervi quel ragazzo gentile che ha semplicemente parlato con lei. Non ti dice niente tutto ciò? Ti prego fai due più due! »
Lo guardo senza dire niente. Non provo qualcosa per Ella, non posso permettermelo né per lei né per me.

« Richard... dai. »
« No! Tu devi andare avanti e devi concederle una chance, se la merita. L'hai data a quella decerebrata di Summer! Smettila di negarti la possibilità di essere felice! Se la tua paura è di dimenticarle, non accadrà lo sai tu e lo so io. »

« Non è questo! Lo sai che mi sento in colpa per la loro morte ma non è solo questo! Mi sento in colpa nel vivere la mia vita senza di loro, di andare avanti ed essere felice sapendo che loro non ci sono più e non possono più farlo! » Finalmente l'ho ammesso. Non ce la facevo più a tenermi tutto dentro...
Prendo dei grossi respiri e abbasso lo sguardo sul pavimento per calmarmi. Non è il luogo per esplodere.
Richard mi guarda e inaspettatamente mi abbraccia. L'ho sconvolto peggio di quanto immaginassi...

« Okay... Ho capito, ma non puoi comunque negarti tutto. Tu sei vivo e proprio perché loro non ci sono più, dovresti approfittare del fatto che tu sia qui e andare avanti. Loro non vorrebbero vederti così...» Inspiro ed espiro bruscamente chiudendo gli occhi alle sue parole.

« L'ultima cosa che ho detto a Gabriella... è stata.. "Puoi anche non tornare più, non mi importa", e non è più tornata per davvero... Non lo pensavo, non volevo dirlo. Ero solo arrabbiato per la situazione e poi sono morte, mi hanno lasciato da solo in questo mondo pieno di odio. »
Non mi perdonerò mai per aver detto una cosa simile alla donna che amavo. Non ho avuto l'occasione di dirle addio e di farle sapere quanto tenessi a lei e a nostra figlia. È andata via sapendo che non mi importasse di loro ma non era così...

« Devon coraggio... Eri arrabbiato, lei sapeva quanto le volessi bene ed era lo stesso per lei. Vi amavate ed eravate una famiglia bellissima.» Ha ragione, era la vita perfetta che tutti avrebbero desiderato.
Mi rialzo e lo guardo comprensivo e grato per il suo aiuto. Ha ragione, basta lacrime, basta dolore e basta piangere sul latte versato. Le mie donne sono e saranno per sempre custodite in una parte del mio cuore spezzato ma ciò non vuol dire che non ci sia posto per qualcun altro.
Devo solo avere il coraggio di rischiare ancora.





















Angolo autrice:


Buon pomeriggio cari lettori! Eccoci con uno dei capitoli più importanti della storia dove vediamo finalmente Ella svegliarsi. Che cosa ne pensate del segreto di Devon? Ve lo aspettavate?
Spero vi sia piaciuto perché siamo al terzultimo prima della fine.
Alla prossima settimana!
Kisses.


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Capitolo 42
*** Capitolo 39 ***


Ella's pov

Sono passate due settimane e finalmente hanno acconsentito a dimettermi da quest'ospedale che oramai è diventato come la mia seconda casa. Conosco tutti gli infermieri e i medici del piano e anche tutti i gossip che girano in questo reparto. Ma continuo a non sopportare quest'odore di disinfettante che si respira in giro.
I miei amici non mi hanno lasciata sola un attimo e sono felice che tengano tanto a me, ma da un lato, mi sento in colpa per aver scompigliato loro i piani per farmi da babysitter. Continuano a ripetermi che lo fanno con piacere ricordandomi che sono quasi morta.
Do un'occhiata fuori la finestra e il sole splende alto nel cielo. È una bellissima giornata, adatta per disegnare al parco ma Devon non me lo permetterebbe mai. Ha detto testualmente: "Devi tornare a casa e riposare, non andartene a spasso da sola."
È un vero rompiscatole quando ci si mette. Ha cacciato Derek dalla mia stanza! Quel poveretto era terrorizzato e mi ha chiesto più volte cosa ci trovassi di speciale in lui. Beh a volte me lo chiedo anche io, ma poi penso ai suoi occhi di ghiaccio così intensi e carichi che ti sciolgono con un solo sguardo. Ne ha passate troppe nella vita e ancora non ho metabolizzato appieno tutto ciò che abbiamo affrontato. La morte della sua famiglia, la moglie che aveva il mio nome... Mi ha lasciato davvero di stucco questa rivelazione, più di quanto immaginassi. Mi sento quasi in colpa nel dovergliela ricordare sempre con la mia presenza, ma non potevamo saperlo. Quel tombino ha causato tutto questo. Che ironia della sorte, davvero.

« Buongiorno Ella! Come stai oggi? » La voce di Roxanne mi distrae da questi pensieri e distolgo lo sguardo dalla finestra per guardarla.

« Ehi, sto bene grazie. » Le sorrido e lei si avvicina per controllarmi la ferita all'addome. È ancora piuttosto fresca e necessita di medicazioni ancora per un po'.

« Sei contenta di tornare a casa? »
« Certo. Senza offesa, ma non ce la faccio più a vedervi ogni giorno!» Ridacchia con me e mi fascia per bene.
« Hai ragione, è ora di tornare alla solita routine. » Mi fa l'occhiolino e mi controlla anche la pressione e il cuore. Ormai sono diventata un'esperta.

« Bene, è tutto a posto. Direi che puoi andare ma ovviamente aspettiamo il dottor Reinfield.» Mi lancia un'occhiata di chi la sa lunga ed io alzo gli occhi al cielo. Non sia mai che sia scavalcato dai suoi specializzandi.

« Sta arrivando. » L'avviso e un attimo dopo, fa il suo ingresso trionfale.

« Ella, Roxanne buongiorno. » La studentessa gli fa un cenno con la testa ed esce dalla stanza senza dire altro. Ormai ha capito anche lei l'antifona.

« Torni mai a casa a dormire? Inizio a pensare che tu viva segretamente qui. » Sorride e si avvicina per sedersi sul bordo del letto.

« Noto con piacere che stai molto meglio. Comunque sono appena arrivato. » Si alza dal letto ed io faccio lo stesso. Finalmente posso sgranchirmi un po' le gambe. Mi porge le mani che afferro e facciamo due passi in tondo. Mi sento finalmente bene.

« Posso andare a casa ora? »
« Certo. Ti firmo le dimissioni. » Afferra la mia cartella e la firma.
« Audrey sarà qui a breve. » Gli dico e mi volto verso la finestra. Sembra una vita che non esco all'aria aperta. Posso sentire il calore che mi accarezza la pelle attraverso il vetro.
« Lo so, Richard mi ha chiamato poco fa.» Annuisco e aspettiamo insieme l'arrivo della mia amica. Stiamo chiacchierando a proposito di cosa devo e non devo fare una volta tornata alla vita normale, quando la modella arriva di corsa.

« Eccomi! Non è suonata la sveglia, scusatemi...» Mi sento ancora più in colpa.

« Non scusarti. » Le sorrido e lei si avvicina per abbracciarmi. Da quando ho avuto quel piccolo incidente, non perde occasione per farlo ogni volta che può. È troppo tenera, come farei senza di lei?

« Ti ho portato il cambio. » Mi porge il borsone che afferro e trascino in bagno.
Vediamo cosa mi ha portato di bello. Una maglia rossa a giro maniche e dei pantaloni bianchi con le mie amate converse. Si vede che mi conosce bene!
Mi svesto del camice e credo che sia la prima volta che mi soffermo a guardarmi allo specchio. Ho qualche livido sull'addome e all'altezza dello sterno, al lato destro. La fasciatura copre la zona sotto lo stomaco fino all'ombelico. Il viso sta molto meglio e non si vedono quasi più gli ematomi che mi hanno detto avessi su guancia e mento.
Mi sistemo la frangia e mi pettino i capelli per dar loro una parvenza di decenza, ma tanto li laverò appena arrivata a casa.

« Sono pronta possiamo andare. » Sorrido ad entrambi che mi guardano entusiasti.
« Sei splendida...» Audrey quasi si commuove abbracciandomi e prendendo il borsone al posto mio.

« Fate le brave mi raccomando.» Ci intima Devon e ci accompagna in accettazione per firmare altri moduli.

« Grazie di tutto. » Audrey gli si lancia tra le braccia tanto che il dottore stenta a restare in piedi. Le accarezza la schiena sorridendo.
È il mio turno di salutarlo. Mi avvicino e lui allarga le braccia così che possa stringerlo.

« Ti aspetto in macchina. » Annuncia Audrey lasciandoci da soli davanti al bancone dell'accettazione.

« Dovresti essere arrabbiato con me per un milione di motivi, e invece, mi salvi sempre la vita in un modo o nell'altro. Grazie per esserti preso cura di me in questi lunghissimi giorni, anche se hai cacciato via il mio amico senza motivo e per avermi costretta a stare a letto anche se volevo alzarmi e camminare. » Ridacchia solleticandomi la guancia con la leggera barba che ha lasciato sul viso.

« Non ringraziarmi. Grazie a te per essere viva.» Aggrotto la fronte perplessa e mi stacco da quest'abbraccio. Mi hanno detto quanto si fosse preoccupato per il mio incidente e quanto si sentisse in colpa, anche se non c'entra nulla con la mia sbadataggine.
Sono delle parole tanto forti quanto belle. Mi ha sorpresa.

« Ora vado...» Annuisce e aspetta che varchi definitivamente la soglia del Lennox Hill Hospital.
Finalmente aria pura!
Chiudo gli occhi e mi godo questa sensazione di libertà finché dura. Non vedo l'ora di tornare a casa e farmi una lunghissima doccia rilassante per lavarmi via tutta questa faccenda.

————————

Non impieghiamo troppo per tornare a casa e nella mia mente immagino già di essere sotto il getto di acqua rigenerante.

« Eccoci qui, andiamo. » Mi prende il borsone dalle mani e insieme saliamo fino al nostro appartamento. Mi sembra un secolo che non ci metto piede... mi è mancato!
Apre la porta e dopo aver compiuto un paio di passi, tutti i miei amici saltano fuori urlando all'unisono "bentornata a casa!" Oddio, sono tutti qui per me...
Come ho fatto a credere che non mi volessero bene? Sono gli amici migliori del mondo e sono tutti qui: Ashley, Sebastian, Richard, Derek e persino Clarissa.
Mi lancio tra le loro braccia e diventa così un abbraccio di gruppo. Ora mi sento finalmente a casa.

« Oh ragazzi, grazie per essere qui... » Sebastian quasi si commuove, wow, e mi stringe ancora per un po'.
La mia doccia dovrà aspettare!
Ridiamo e scherziamo insieme, hanno organizzato anche un piccolo buffet che però non posso gustare appieno per via dell'operazione all'addome. Mi hanno suggerito di andarci piano con il cibo ancora per un periodo e di reintegrare gli alimenti lentamente.
Mi avvicino a Richard mentre gli altri ridono a crepapelle per qualcosa detta da Derek. Sa essere un vero pagliaccio quando vuole.

« Ehi... ti trovo bene. » Mi sorride afferrando una tartina al salmone dal piattino alle nostre spalle.

« Sto molto meglio. Tu come stai? » Da un morso alla tartina per prendere tempo.
« Bene... Quando ti sarai ripresa del tutto, ti devo parlare di una cosa. » Aggrotto le sopracciglia.
« Qualcosa di grave..? »
« No, non preoccuparti adesso. » Mi da una carezza sulla spalla ed io lascio perdere. Quando vorrà, mi renderà partecipe dei suoi pensieri.
Mi appoggio al bancone e Richard si allunga per lasciarmi un bacio sulla tempia per poi tornare da Audrey. Lo osservo mentre la raggiunge e le cinge i fianchi da dietro per poi baciarle la guancia. Sorrido istintivamente, sono molto teneri e riempiono il cuore di gioia solo a guardarli. Distolgo lo sguardo solamente per sorridere a Bas che viene da me.
Mi hanno raccontato di come abbia aggredito Devon quando ero ancora in coma dandogli la colpa dell'accaduto. Mi sono arrabbiata con lui perché non avrebbe dovuto agire come ha fatto, ma poi mi ha spiegato e ci siamo chiariti, se così si può dire.

« Ellina, mi piacciono molto questi pantaloni. Non li hai mai messi prima? » Scuoto la testa, forse è per questo che Audrey me li ha portati.

« In effetti no! Li metterò da oggi in poi...» Sorride e mi passa un braccio intorno ai fianchi.
« Mi sei mancata...»
« Anche tu..» Appoggio la testa sulla sua spalla e restiamo un po' così intromettendoci di tanto in tanto nei discorsi altrui per finire sempre con il ridere per qualche sciocchezza detta da Derek o Ashley. Sono impossibili insieme!
Dopo qualche ora, decidono di lasciarmi riposare e quindi vanno via tutti.

« Ci vediamo presto ragazzi...» Li saluto uno alla volta. Quando è il turno di Derek mi domando per quanto resterà in città così glielo chiedo.
« Devo tornare in ospedale prima di rivederti?» Si imbroncia e mi avvolge in un abbraccio spezza ossa.

« Certo che no, devo rientrare in patria ma ci rivedremo presto, promesso. » Mi bacia una guancia ed esce insieme agli altri. Anche Clarissa è stata gentilissima e mi ha confidato che ha ritardato la sua partenza per me ma che domani tornerà in Europa finalmente.

« Audrey grazie per questa festa... so che c'eri tu dietro. » Mi sorride entusiasta battendo le mani.

« Sì è vero, perché negarlo? » Scoppia a ridere ed io con lei. « Ora credo che dovresti riposare...» Annuisco e ci abbracciamo prima che vada nella mia stanza. Sono intenzionata a farmi la famosa doccia ma crollo come una bambina svegliandomi qualche ora più tardi. Cavolo solo già le cinque del pomeriggio, come vola il tempo.
Mi stropiccio gli occhi con il dorso della mano sbadigliando rumorosamente. Mi sento molto più riposata ora.
Mi alzo lentamente dal letto cercando di non comprimere troppo la ferita e infilo le pantofole. Mi reco nel bagno e accendo la luce pigiando il bottone alla mia destra. È tutto in ordine come l'ho lasciato due settimane fa.
Apro il getto d'acqua calda regolandolo in modo che non sia bollente e inizio a svestirmi. Non sono sicura di dover levare la medicazione perciò decido di cambiarla una volta fuori dalla doccia. Sciolgo i capelli legati in una coda alta e sono finalmente dentro al box.
Non c'è niente di più rigenerante di una doccia calda. Sento i muscoli rilassarsi man mano che il getto mi scalda la pelle e dimentico ciò che ho passato. Paradossalmente non so cosa mi ha fatto stare peggio. È difficile digerire tutte le informazioni che ho ottenuto in questi giorni e credo di non aver metabolizzato tutto.
L'unica cosa certa è che non voglio più tacere. Ho aspettato anche troppo e sono quasi morta. Devo dire a Devon cosa provo per lui ma non potevo farlo in ospedale, non dopo avermi raccontato la sua straziante storia, ma devo farlo al più presto.
Non mi interessa se intende ricambiare il sentimento oppure no, ma deve saperlo a tutti i costi. Non voglio commettere il suo stesso errore e pentirmi di essere stata in silenzio quando avevo l'occasione di parlare. Mai rimandare a domani quello che puoi fare oggi. In ogni caso dovrò avere ancora pazienza, il tempo di rimettermi completamente.
Chiudo il rubinetto e prendo l'asciugamano che avevo appeso precedentemente in alto avvolgendolo intorno al mio corpo bagnato. Apro l'anta scorrevole della doccia strizzandomi i capelli e metto un piede fuori dal box.

« Oh mio dio! » Per poco non mi viene un infarto. Mi premo l'asciugamano addosso mentre osservo ad occhi spalancati la figura di Devon appoggiato allo stipite della porta del mio bagno. È per caso impazzito??

« Che stai facendo nel mio bagno?? » Sogghigna divertito, probabilmente per la mia espressione sconcertata, passandosi una mano tra i capelli folti.

« Ho saputo che c'è stata una festicciola di bentornato. Me la sono persa...» Che razza di giustificazione é questa?!

« Sì, c'è stata, ma non ti giustifica a piombare nel mio bagno come se fosse la cosa più normale del mondo. » Fa spallucce e mi sorride beffardo.

« Mi ha aperto Audrey. »
« E che cosa sei venuto a fare? » Faccio qualche passo nella sua direzione mantenendomi l'asciugamano per evitare un incidente imbarazzante.

« Per vedere come stai. »
« Potevi chiamare...» Alzo gli occhi al cielo ma in realtà mi lusinga che sia venuto fin qui solo per me.
« Volevo constatare di persona. »
« Mi hai vista stamattina...» Gli sorrido e prendo il pettine per darmi una spazzolata ai capelli bagnati.

« Sì, ma sai meglio di me che non possiamo dare nulla per scontato. » Mi volto ed incontro il suo sguardo di ghiaccio che mi trafigge in pieno. Capisco perfettamente a cosa si sta riferendo e posso capirlo ora. Annuisco e lo raggiungo sulla soglia della porta.

« Dovrei vestirmi se non ti dispiace...»
« No, fai pure. » Pronuncia con nonchalance facendomi sbuffare. « Mi devo girare o...»
« Vai via! » Rido mentre lo caccio dalla stanza e mi chiudo dentro.
In un'altra occasione le cose sarebbero potute andare diversamente ma ora non è né luogo né momento giusto.
Faccio scivolare l'asciugamano sul pavimento e osservo la fasciatura ormai fradicia sull'addome. Immagino di doverla cambiare...
Infilo l'intimo ed un paio di pantaloni e una T-shirt a caso nel mentre recupero l'occorrente per cambiare la medicazione. Lascio i capelli ancora umidi sciolti sulle spalle ed esco dal bagno.
Mi guardo intorno e scorgo Devon camminare avanti ed indietro nel corridoio soffermandosi di tanto in tanto sui diversi quadri appesi alle pareti. È assorto nei suoi pensieri ma si riscuote non appena si accorge della mia presenza.
Gli mostro le garze ed il disinfettante. Dato che è qui, può rendersi utile almeno.

« Vedi che ti servo? » Sorride e mi prende la roba dalle mani. Lo faccio accomodare in camera mia chiudendo poi la porta alle mie spalle. Si prende un attimo per osservarla prima di farmi cenno di stendermi sul letto. Pensandoci è la prima volta che gli mostro la mia camera da letto. Mi stendo mettendomi un cuscino sotto la testa e lo guardo dal basso. È di nuovo assente. Sto per chiedergli cosa c'è che non va, quando si riscuote e mi solleva delicatamente la maglia per scoprire la ferita.
Con calma leva la benda precedente e mi pulisce la ferita con attenzione. Cerco di immaginarmelo mentre opera, ma mi viene alla mente la visione di lui che mi apre l'addome, perciò scaccio via tutto sbattendo le palpebre un paio di volte.
Il taglio tira ancora parecchio e cerco con tutta me stessa di non muovermi e di non urlare dal dolore.

« Ho finito. » Mette della nuova garza e mi tira giù la maglia sedendosi poi sul letto accanto a me. Grazie al cielo la tortura è finita.

« Grazie, sei stato indispensabile. » Lo prendo in giro sorridendogli e mettendomi meglio sul letto in modo da poterlo guardare.

« Nessuno lo è in realtà, ma apprezzo che tu lo abbia detto. » Alzo gli occhi al cielo per le sue parole come sempre tutt'altro che positive. Mi tiro su a sedere ma sono troppo stanca così sono costretta a stendermi nuovamente. Devon sposta prontamente le lenzuola alzandosi per darmi lo spazio necessario per coprirmi.

« Non devi tornare a casa? Dovresti riposare un po' » Mi sorride scuotendo la testa, come se non fosse importante.
« Sto bene, tu devi riposare. »
« Dai... vieni qua. » Gli faccio posto accanto a me sistemando meglio il cuscino. Esita per qualche secondo ma poi si lascia andare e si stende accanto a me infilandosi sotto le coperte.
È strana questa situazione tra di noi. Credevo che la storia della lettera ci avrebbe separato, invece, l'incidente ci ha riavvicinati in un modo che non avrei creduto possibile.
Non so ancora bene come comportarmi dopo ciò che mi ha detto sulla sua famiglia.
Mi appoggio al suo petto sentendo il suo braccio muscoloso cingermi le spalle per farmi stare più comoda. È così piacevole stare tra le sue braccia. Nonostante tutto ciò che è successo, mi sento protetta con lui accanto. In fondo mi salva sempre la vita...

« Ho visto mia madre... quand'ero in coma. »

Devon's pov

Non avrei mai pensato che le cose potessero evolversi in questa maniera non appena ho sorpreso Ella a leggere la lettera per Cassie. Ero sicuro che sarebbe diventata un'altra persona da aggiungere nella lista nera, ed invece, eccoci qui. È appoggiata tranquillamente al mio petto come se fosse la cosa più naturale del mondo e a me non dispiace. Ho pensato parecchio alle parole di Richard in queste settimane e non sono riuscito ad arrivare ad una conclusione. Che Ella mi piaccia, è ovvio, ma non riesco a lasciarmi andare, soprattutto dopo averle raccontato la mia storia.
In qualche modo mi sento di aver complicato le cose, ma doveva sapere, non potevo più nascondere la verità.
Le accarezzo lentamente i capelli irrigidendomi non appena mi dice di aver visto sua madre durante il coma.
Si stava arrendendo...

« E cosa ti ha detto? » Le chiedo con un groppo in gola non essendo sicuro di voler sapere la risposta.

« Che dovevo tornare indietro... tornare dai miei amici... »

« Saggio consiglio. » Rifletto su quanto sia strano tutto ciò. Era davvero così vicina al punto di non ritorno? La stavo perdendo per davvero? Ancora non me ne capacito.

« Beh.. per un attimo ho pensato di lasciar perdere tutto... poi ho capito che non era giusto. » Non le dico niente, la sua risposta mi paralizza, così la stringo più forte e lascio che affondi il viso nel mio petto senza dire più nulla.
Passano i minuti e il silenzio avvolge la stanza ma in senso piacevole. C'è un'atmosfera calma e rilassata e credo che Ella si sia addormentata. È ancora debole, perché non sta mangiando come dovrebbe, ovviamente. L'incidente ha messo a dura prova il suo fisico oltre che il nostro rapporto già complicato.
Per via della mia tragedia e del suo nome, per tanto tempo non siamo stati capaci di definire questa strana cosa che c'è fra noi e credo che sarà così ancora per un po', ma forse non è un male.
Desidero soltanto che si riprenda e che possa continuare a fare ciò che più le piace come disegnare e fare dolci. Le lascio un bacio sulla fronte e cerco di alzarmi senza fare troppo rumore sperando di non svegliarla. Appoggio delicatamente la sua testa sul cuscino che va a sostituire il mio petto e le abbasso la maglia che si era alzata sulla schiena. Ella si muove un po', come se si fosse accorta del cambiamento di posizione, ma poi torna a dormire tranquilla.
Bene, il mio lavoro qui è finito.
Esco chiudendo piano la porta della sua stanza passandomi una mano tra i capelli lunghi. I sensi di colpa si fanno ancora sentire nella mia testa confusa.
Mentre rifletto, m'imbatto in Audrey nel corridoio che mi guarda prima sorpresa, poi sorridente intuendo subito da dove stia uscendo.

« Sta dormendo...» Le dico sottovoce e lei annuisce facendo segno di seguirla nel salotto.
« Vuoi un po' di caffè? Ho anche le ciambelle! » Esclama e mi trascina in cucina.
« No, grazie sono a posto. »
« Dai assaggiale! Sono buonissime! » E me le piazza davanti, sotto il naso. Beh tanto non riuscirò a farla franca con lei, tanto vale sacrificarmi subito. Le sorrido e ne prendo un pezzetto mentre mi versa del caffè appena fatto.

« Come sta? »
« Molto meglio però deve stare a riposo per un po'. La tieni d'occhio da parte mia?»
« Certo Dev! Non la farò stancare, promesso. » Mi fa l'occhiolino e so che su di lei posso contare.
Restiamo a chiacchierare per un po' e mi racconta come sta andando con Richard. Io sono ancora sbalordito comunque! Ma contento che abbia deciso di dare una chance ad Audrey, se la merita.
Siamo nel salotto quando Ella fa la sua comparsa, assonnata e con i capelli arruffati. Ha la vestaglia indosso e uno sguardo confuso.

« Mh.. Devon...»
« Sono qui..» Mi alzo perplesso e con me Audrey che balza sull'attenti.
« Sei ancora qui...» Si avvicina ed io l'accolgo tra le mia braccia.
« Sì...che c'è? »

« Niente.. ho fatto un incubo e mi gira la testa, credo...» Audrey ci guarda ancora più perplessa di prima con la bocca semi-aperta per la scena.

« Va tutto bene, era un sogno. Adesso siediti qui che ti controllo la pressione. » La faccio accomodare sul divano e prendo lo strumento dalla mia ventiquattrore per assicurarmi che vada tutto secondo i piani. Audrey mi fa da assistente passandomi gli attrezzi.

« Ecco fatto, stai alla grande. Non hai nulla che non vada. Sei solo scossa per l'incubo. » Annuisce e si appoggia allo schienale del divano sconfitta passandosi le mani sul viso stanco.
Mi piange il cuore perché credo abbia avuto qualche flashback dell'incidente e mi sento responsabile. Sospiro e mi siedo sul divano accanto a lei mentre l'amica torna in cucina per lasciarci da soli.

« Sono sicura che fossi un bravo marito...» Esclama dopo un po' facendomi sorridere amaramente. Se lo fossi stato, forse non saremmo qui ora.

« L'unica che poteva dirlo è morta, perciò non lo sapremo mai...» Mi guarda accigliata e vorrei non averlo detto.

« Mai dire mai Devon...» Scuoto la testa appoggiandola poi sulla sua. Meglio lasciar stare certi discorsi per il momento. Aspetto che cada di nuovo tra le braccia di Morfeo ma non succede.

« Non vuoi dormire?»
« No.. credo di averlo fatto già abbastanza...» Sospiro e le sposto la frangia dagli occhi. Mi fa male vederla così...
« Va bene, niente nanna. Che cosa vuoi fare? »
« Vorrei uscire un po'... posso? » La guardo dubbioso ma alla fine acconsento.

« Va bene... Ma ti concedo solo un giro veloce!» Annuisce e la lascio alzare in piedi per darsi una sistemata. Aspetto nel salotto mentre aggiorno Audrey sulla situazione dicendole che torneremo presto e che non deve preoccuparsi. Non permetterei che le accadesse più nulla.
Quando è pronta, salutiamo insieme la modella e lasciamo la casa. Spero che la decisione di farla uscire non mi si ritorca contro.

« Dove vuoi andare di preciso? »
« Al parco. » Annuisco e la porto dove desidera. Sono le sei del pomeriggio perciò non fa così caldo, per fortuna.

« Mi dispiace...» Esordisce all'improvviso voltandosi nella mia direzione.
« Per cosa? »
« Per tutto. Per averti trascinato qui di mercoledì pomeriggio, per averti fatto sentire in colpa, per aver letto la lettera senza permesso e per aver insistito tanto affinché ti aprissi con me. » Mi fermo in mezzo alla strada per puntare il mio sguardo nel suo.

« Ella...È tutto risolto, davvero. Hai sbagliato a leggere la mia lettera e su questo siamo d'accordo, ma volevo dirtelo proprio quel giorno. Per me è difficile parlarne a qualcun altro che non sia la mia famiglia o Richard, ma con te volevo farlo. Mi hai battuto sul tempo, ma non importa più. Conta solo che tu stia bene...»
Le ripeto guardandola dolcemente negli occhi. Deve comprendere che non ce l'ho con lei, ho capito che non l'ha fatto di proposito e poi è quasi morta per questo! Non voglio più parlarne, davvero.
Mi guarda risollevata e i suoi occhi si fanno leggermente lucidi brillando alla luce soffusa del tramonto.

« Oh... volevi parlarmene.. »
« Sì, ma volevo leggere prima la lettera. Da quando l'ho scritta, non l'ho mai più riaperta, anzi, l'avevo lasciata appositamente a Londra..» Annuisce e riprendiamo a passeggiare nel parco, uno accanto all'altro.
Riusciamo a stare in silenzio senza rovinare l'atmosfera rilassante che si è creata fra noi. Da quanto tempo non venivo al parco tra l'altro? Forse troppo.

« La prossima volta ti faccio un ritratto.» Esordisce Ella rompendo il silenzio creatosi.
« Vuoi che ti faccia da modello?»
« Sì, potresti metterti in posa e farti disegnare.» Mi sorride convinta osservando dei bambini che giocano a palla poco distanti tra noi.

« Affare fatto solo se poi mi regali il disegno.»
« Va bene. » Mi sorride e torniamo ad immergerci nella natura finché il mio cellulare non squilla rovinando tutto di nuovo.
« Scusami, devo rispondere...» Afferro il telefono e scopro che si tratta di Clarissa. Mi affretto quindi a rispondere allontanandomi di qualche passo.

« Devon! Ma che fine hai fatto? Ho chiamato l'ospedale e mi hanno detto che sei andato via da parecchio. Dove sei? » Esordisce spaccandomi quasi un timpano con la sua voce stridula.

« Sì, sono con Ella, infatti. »
« Ah... okay! Sta meglio vero? Stamattina l'ho trovata bene! » Vero, anche lei è andata al party di bentornato. Il suo tono, comunque, si è addolcito appena ho nominato Ella.

« Sta meglio, sì. In ogni caso non mi sono dimenticato della tua partenza. Torno fra poco e ti aiuto a fare le valigie e il resto.»

« Va bene fratellone! Ti aspetto. » La saluto e terminiamo la chiamata. Torno dall'artista che sta appunto osservando il panorama appoggiata alla ringhiera che da su un piccolo stagno.

« Ti porto a casa? »
« Se proprio dobbiamo. Era tua sorella?» Annuisco ed Ella si allontana dalla ringhiera per seguirmi fuori dal parco.
« Andiamo..»
« È stata gentile a restare per me ma non doveva...» Mi dice mentre torniamo verso il suo appartamento.
Vorrei dirle che in realtà è rimasta più per me e per la mia salute mentale ma decido di lasciar perdere.

« Si è affezionata parecchio a te.»
« È lo stesso per me. » Mi risponde e poi restiamo in silenzio fino a quando non varchiamo la soglia del suo palazzo.

« Bene, ricordati di prendere le medicine, di cambiare la medicazione all'addome e di mangiare leggero. Riposa e vedrai che in poco tempo starai benissimo. » Le sorrido e poi mi avvicino per lasciarle un bacio sulla fronte. Lei ricambia il sorriso e annuisce alle mie istruzioni.

« Sarà fatto, dottore. » Mi prende in giro ma so che in fondo le fanno piacere le mie premure.
« Chiamami se hai bisogno. »
« Sì, grazie. Buona serata..» Mi manda un bacio con la mano e si volta per tornare nel suo appartamento.

Sono contento di essere passato a trovarla, soprattutto di averla aiutata a calmarsi dopo l'incubo che l'ha travolta nel sonno. Posso capirla perfettamente, infatti, nelle ultime settimane sono così stanco che crollo praticamente subito per poi svegliarmi di soprassalto durante la notte a causa di tutte le emozioni forti che mi hanno investito in questo mese.
Mentre torno a casa da Clarissa, mi balza alla mente qualcosa. Richard che cosa mi doveva dire? Aveva accennato ad una scelta ma poi c'è stato l'incidente di Ella ed è passato in secondo piano.
Beh, se non mi ha detto più nulla, forse ha risolto o non era così urgente come credevo.
Metto da parte questo pensiero e in men che non si dica, la mia sorellina mi accoglie a braccia spalancate. In fondo dispiace ad entrambi che debba andarsene.

« Ehi... Hai già fatto le valigie?»
« Sì! Ci vorrà un jet privato solo per le mie cose! » Ride alle sue stesse parole e insieme ci dirigiamo in cucina. Questa sarà realmente la nostra ultima cena insieme qui a New York e dovrà essere speciale perciò le comunico che la porterò nel ristorante migliore della città.
Ci prepariamo per uscire e durante tutto il tragitto che ci separa dal locale, non faccio che pensare ad Ella e a come stia.
Il terrore che possa sentirsi male o che possa dimenticare qualche farmaco mi terrorizza ma non posso assillarla.
Mi rendo conto che la situazione mi sta sfuggendo di mano. I miei pensieri vanno sempre a lei, tutto il giorno, e mi sento sfibrato come se mancasse un pezzo di me. Questi sentimenti nuovi mi scombussolano a tal punto da cercare di rinnegarli in tutti i modi possibili fallendo miseramente. Non a caso sono piombato di nuovo a casa sua oggi...
Cerco di tenere le distanze per non ferirmi e non ferirla soprattutto, ma è impossibile e mi chiedo se tutto ciò sia dovuto all'incidente e ai miei sensi di colpa o dal fatto che potrei provare qualcosa di più per lei. Maledizione...
Proprio mentre rifletto su tutto ciò e giungiamo al ristorante, la vibrazione del telefono segna l'arrivo di un messaggio. E' lei.

"Volevo solamente farti sapere che sto bene, ho preso le medicine, ho cambiato la medicazione e sono a letto pronta per dormire. Grazie ancora per oggi.
Buonanotte..."

E sorrido come non mi capita quasi mai di fare. Se ne accorge perfino Clarissa che ne approfitta per lanciarmi un'occhiata eloquente alla quale non intendo rispondere.

"Grazie per l'aggiornamento. Vedi che quando ti ci metti sai fare la brava paziente?
Scherzi a parte, vai a nanna.
Buonanotte"

Le digito in risposta riponendo poi il cellulare in tasca per seguire mia sorella all'interno.
Questa breve conversazione mi ha risollevato l'umore. Sono contento di sapere che sta bene, che mi ha scritto per rassicurarmi e che semplicemente sia viva e vegeta dopo ciò che l'è successo.
Che cosa sta succedendo a me, invece?
Se non starò attento finirò per cedere al cuore e sappiamo tutti che è sempre la strada più difficile e sofferente da affrontare.
Ma se ne valesse la pena questa volta?


























Angolo autrice:


Buon pomeriggio! Ed ecco il penultimo capitolo della storia che spero vi sia piaciuto.
Finalmente anche Devon sta aprendo gli occhi a proposito dei suoi sentimenti per Ella. Riusciranno a confessarsi cosa provano l'uno per l'altro?
Alla prossima settimana per sapere il finale,
Kisses.


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Capitolo 43
*** Capitolo 40 ***


Ella's pov

Osservo lo schermo del computer ticchettando con le dita sulla tastiera senza scrivere effettivamente nulla di concreto. Sembrano essere passati anni da quando mi sono stesa sul divano con il pc addosso. Questa tesi non vuole essere scritta, niente, non ho ispirazione. Avrei dovuto vedere il mio relatore due settimane fa ma non ci sono potuta andare per ovvie ragioni. Sono stufa di stare a casa tutta sola, comunque. Sono cinque giorni che sono uscita dall'ospedale e inizio a voler fare qualcosa di più che starmene chiusa nella mia camera senza riuscire a scrivere neanche una dannata tesi. Di questo passo la laurea si allontana sempre di più.
Sbuffo infastidita da questa situazione e appoggio il pc sul tavolino affianco a me abbassando lo schermo. È inutile continuare a fingere di fare progressi.
Controllo il cellulare per vedere se è arrivato qualche messaggio, ma nessuno mi ha pensata. Pazienza.
Mi alzo controvoglia e mi trascino in cucina decisa a farmi uno spuntino. Ormai riesco a mangiare quasi tutto ma decido comunque di sgranocchiare qualcosa di leggero come un po' di frutta.
Da quando sono tornata a casa, Devon passa tutti i giorni a farmi compagnia quando Audrey non c'è e quando i turni glielo permettono. Ho cercato di confessargli i miei sentimenti ma non era mai il momento giusto! Una volta ci ha interrotti Richard, una volta era l'ospedale, un'altra ancora non ho avuto il coraggio, così ho finito per tacere. Non credevo fosse così difficile dichiararsi ad una persona! Di solito viene naturale, no..?
Mi sento un po' avvilita e perfino Audrey ha cercato di darmi qualche consiglio per riuscire in questa missione impossibile.
Le mie riflessioni vengono interrotte da un baccano proveniente dall'ingresso.
Mi affaccio e vedo la coppietta entrare e Richard lanciarsi sul divano esasperato. Esco allo scoperto osservando i miei amici.

« Ella! Audrey ha cercato di uccidermi! » La guardo perplessa e la modella alza gli occhi al cielo infastidita.

« Non è vero! Non ascoltarlo. » Fa la linguaccia al suo fidanzato dandogli poi le spalle.
« Sì che è vero! Non guiderai mai più con me nella macchina! » Scoppio a ridere capendo la situazione solo ora.
« Smettila! Non ho visto uno stop, cosa sarà mai! »
« Ci hai quasi uccisi!»
« Il solito esagerato...»
« Ok, basta abbiamo capito! » Intervengo mettendomi tra i due e guardando la mia amica.
« E tu smettila di attentare alla vita delle persone...» Mi guarda con la bocca spalancata mentre Richard si illumina non aspettandosi che prendessi le sue difese. Diciamo che le doti da guidatrice della mia coinquilina non sono proprio il massimo.

« Grande! » Esclama Rick battendomi il cinque e allargando le braccia così che possa abbracciarlo. Mi abbasso per raggiungerlo ma finisco per cadere con la schiena sulle sue gambe. È troppo difficile alzarsi, perciò resto così a fissare il soffitto.

« Siete dei bastardi! Quando sarò l'ultima guidatrice dell'universo scordatevi che vi dia un passaggio per sfuggire all'invasione aliena che vi rapirà e farà di voi degli umanoidi! » Scoppiamo tutti a ridere compresa lei.

« E poi sarei io il drammatico! » Esclama Richard aiutandomi finalmente a tirarmi su. Mi appoggio sul bracciolo in modo da restare in bilico.

« Bando alle ciance, ho bisogno del vostro aiuto. » Audrey estrae una pendrive dalla borsa e si frega il mio pc per inserirla. Gira lo schermo dopo qualche secondo mostrandoci alcune sue foto tratte da un recente servizio fotografico.

« Vorrei farne stampare qualcuna. Fra queste due quale vi piace?» Ce ne mostra una in costume da bagno sulla spiaggia e un'altra in intimo su un letto. Sgrano lo sguardo notando subito un particolare ambiguo.

« Perché hai una mano in mezzo alle gambe nella foto sul letto? Forse è meglio quella al mare...» Sia Richard sia Audrey si sporgono immediatamente attaccandosi allo schermo. Possibile che l'abbia notato solo io?

« Oddio, non me n'ero resa conto...»
« Audrey, ma chiamami invece di ricorrere a questi metodi! Questa me la tengo io, comunque.» Dice Richard ridacchiando mentre la mia amica arrossisce.

« Non vogliamo sapere che cosa ci farai...» Lo derido.
« Non ho bisogno della foto, tranquilla.» Mi fa l'occhiolino lui mentre Audrey alza gli occhi al cielo. Chiudiamo tutto evitando altri commenti e ci spostiamo in cucina per farci un caffè.

« Sono ancora arrabbiata con te, sappilo.» Esordisce la mia amica guardando il fidanzato. Egli, dal canto suo, fa spallucce.

« Dovrei essere io quello arrabbiato dato che mi hai quasi fatto fuori! Meno male che non era la mia macchina...» La bionda alza gli occhi al cielo mentre io ridacchio. È già bella ed intelligente, se avesse avuto anche il dono della guida, sarebbe stato troppo.

« Tu non ridere! » Mi intima Audrey puntandomi il dito contro mentre io alzo le mani in segno di resa.

« Non rido, stavi per uccidere Rick!» La prendo in giro anche io mentre il ragazzo mi dedica un sorrisone.

« Grazie Ella, tu sì che mi capisci!»
« Bravi alleatevi! Sappi che non avrai ciò che ti avevo promesso! » S'imbroncia.
« Ma come? Sei sleale..»
« Così impari a deridermi. »
« Non ti ho deriso ho detto la verità, è diverso..» Audrey non sa più che cosa ribattere perciò decide saggiamente di chiudere la questione. Sono esilaranti quando fingono di litigare.

« Facciamo pace? » Domanda retoricamente la bionda avvicinandosi al ragazzo.
« Solo se prometti di non guidare più...» La mia coinquilina finalmente ridacchia e annuisce. Suggellano l'avvenuta riconciliazione con un bacio.

« Mi aggiungo anche io! » Esclamo lanciandomi addosso ai due. Vorrei davvero evitare che esagerino davanti ai miei occhi.
« Una cosa a tre? » Domanda Audrey sconcertata mentre sul viso di Rick si dipinge un sorrisone.
« Perché no, mi sento esclusa!» Ribatto.
« Il mio letto è grande! » Conclude Richard facendo ridere tutti. Sono impossibili ma mi fa davvero bene passare del tempo con loro. Mi distrae dai costanti pensieri che lottano nella mia testa per farmi impazzire.
Mi sento in colpa per avere il nome della moglie defunta di Devon.
Vorrei dirgli ciò che provo ma ho paura di rovinare tutto.
Devo rischiare e ne sono consapevole e ora sono forte abbastanza da sopportare le conseguenze.
Se dovessi ricevere un rifiuto, lo accetterò a testa alta. Ma lui ha bisogno di amore, ha bisogno di avere qualcuno accanto che gli ricordi che non è solo, che non lo sarà mai perché merita la felicità come tutti gli esseri umani.
Ha bisogno di qualcuno che gli tenda la mano affinché possa risalire dal burrone nel quale è precipitato e credo proprio di poter sostenere entrambi adesso.
Ho visto il panico nei suoi occhi quando mi sono svegliata dal coma, ho visto quanto era preoccupato e di come ha allontanato Derek.
Tutto ciò deve pur significare qualcosa, no?
Forse anche lui prova qualcosa per me, ma non ha ancora trovato il coraggio di ammetterlo a se stesso.

« Ella ci sei? » Richard mi risveglia dalle mie riflessioni sventolandomi una mano davanti agli occhi.

« Sì, ci sono scusatemi. Che dicevate? »
« Niente, Richard è stupido. » Brontola la modella. Il ragazzo mette il broncio offeso per poi passare un braccio intorno alle mie spalle.

« Parliamo di cose più interessanti. Ancora niente con il tuo bel conte? » Vuole davvero essere ucciso oggi. Lo guardo storta mentre Audrey alza per l'ennesima volta gli occhi al cielo.

« Smettila.. o ti faccio salire in macchina con Audrey, di nuovo...» Lei mi guarda divertita mentre Rick sbuffa.
« Ed io che volevo sapere qualche dettaglio piccante! Che noiosi davvero! »
« Perché non ci racconti i tuoi, mh? » Gli rispondo prontamente mentre la mia amica scuote la testa.

« Lascia stare, meglio che tu non li sappia...» Finge delusione facendo imbronciare di nuovo Rick.
« Ahia, questa me la segnerei. » Ridacchio nel guardare come Richard se la stia prendendo per questa conversazione.
« Vorresti insinuare che non sono abbastanza soddisfacente?? » Scoppio a ridere mentre Audrey gli accarezza la spalla.
« Non ho detto questo! »

« Dai Rick non prendertela! Non puoi saper fare tutto. » È troppo divertente! È facile indovinare i punti deboli di un uomo. Mi appoggio alla mia amica mentre ridiamo per lo sguardo sconvolto del ragazzo che ci guarda dall'alto. Prende un respiro e poi vedo comparire il suo ghigno malizioso sulle labbra.

« Chi ci può dire come sei tu, invece? » Mi punta il dito contro mentre spalanco la bocca alla domanda.

« È un colpo davvero basso, Richard. » Incrocio le braccia sotto al seno e la bionda gli da uno schiaffo sul petto per farlo stare zitto.

« La smetti?! » Egli fa spallucce, come se avesse chiesto la cosa più normale del mondo.
« Se ti interessa, puoi andare a chiedere al tuo amico la...»
« Non me lo direbbe mai! » Ma gli uomini non adorano condividere dettagli sulle loro conquiste?
« Sei mia amica, perciò. » Aggiunge prima che Audrey lo spinga verso la porta.
« Non chiederà proprio niente e ora sta andando via, vero tesoro? » Questa volta è il suo turno di alzare gli occhi al cielo per poi aprire la porta di casa.

« Va bene signore, vi lascio ai vostri pettegolezzi. Ci vediamo! » Ci dedica uno dei suoi occhiolini eloquenti e sparisce all'orizzonte.

Posso tirare un sospiro di sollievo. Ultimamente si comporta in modo un po' strano, come se volesse sistemare le cose che il mio incidente ha distrutto. Mi chiedo se non sappia qualcosa che io ignoro riguardo il misterioso dottore.
Sta pressando troppo affinché mi dichiari il che non è proprio da lui. Di solito si limita a darmi consigli.

« Lo so, è insopportabile alle volte! » Esclama la mia amica esasperata lanciandosi sul divano.
« Cerca solo di aiutarmi, in realtà..» Mi siedo accanto a lei portandomi le mani dietro la testa.

« Sì, lo so. E se vuoi anche un mio parere, dovresti invitarlo a casa una di queste sere. Organizza una cena, ma niente di troppo romantico, e approfittane per dirglielo. Sono sicura che andrà benissimo. »
Le sorrido risollevata. Questa idea non è niente male e poi mi sono stancata di aspettare il momento giusto che in realtà non esiste. Non facciamo altro che attendere e attendere sperando che le cose si sistemino da sole perdendo solo tempo. Se c'é una cosa che ho capito dopo quest'incidente, è che la vita è troppo breve per rimandare e non ho più voglia di farlo.
È tempo di agire.

Devon's pov

Raggiungo a passo svelto il piano dove è situato il pronto soccorso. Decine di medici ed infermieri vagano freneticamente alla disperata ricerca dei loro pazienti cercando di salvar loro la vita.
Mi hanno chiamato per una ferita d'arma da fuoco all'addome. Temono che il proiettile si sia conficcato nell'aorta. Se così fosse, dovrò estrarlo immediatamente.
Nonostante tutto ciò, oggi sono di buon umore e credo se ne siano accorti anche i miei colleghi e specializzandi. Mi fissano in modo inquietante.

« Dottor Reinfield quale onore! »
« Dottoressa Morrison da quanto tempo.» Ci salutiamo con due baci sulle guance. Sembra una vita che non capitiamo sullo stesso paziente!

« Ti trovo bene.» Mi dice apparentemente sincera spostandosi una ciocca bionda dal viso.
« Grazie. Il paziente?» Taglio corto perché non abbiamo tempo da perdere con i convenevoli, ce ne occuperemo più tardi.
« Ecco la sua cartella, lo portiamo in sala operatoria immediatamente. Preparati. » Annuisco e vado a lavarmi, come si suol dire, dirigendomi verso le sale operatorie sorridente.
È eccitante estrarre proiettili perché non sai mai dove si sono intrufolati di preciso perciò bisogna improvvisare. Sorrido tra me e me mentre mi preparo per operare.
Oggi è una bella giornata di luglio, calda ma non afosa. Il sole splende e Ella sta finalmente bene.
Sono passato a trovarla quasi tutte le sere per constatare di persona come stesse ed è migliorata giorno dopo giorno. Ora mangia regolarmente e non le fa più così male la cicatrice.
Dopo averle confessato di mia moglie e mia figlia, è come se mi fossi levato un peso dal cuore spezzato. Finalmente non sono più costretto a nascondere la verità e in questo modo spero che si sia tranquillizzata anche lei.
So quanto fosse in pena non sapendo cosa mi affliggesse. Non che ora stia meglio per questo, ma almeno sa tutta la storia. A saperlo l'avrei fatto prima! Forse ci saremmo risparmiati un incidente.
Mi sveglio da questi pensieri ed entro finalmente in sala, pronto per incidere il mio paziente.

Qualche ora più tardi, sono fuori. L'uomo si rimetterà alla grande, anche se dovrà avere una lunga conversazione con i poliziotti. Per oggi il mio lavoro è finito e posso tornare a casa. Vorrei passare da Ella, ma ho promesso a Richard che avremmo chiacchierato un po' tra uomini perciò mi reco al suo lussuoso hotel.
Quando arrivo lascio le chiavi all'addetto che mi accoglie all'esterno e mi reco alla reception nella quale trovo Richard ad aspettarmi.

« Eccomi qui Rick. » Gli vado incontro dandogli una pacca sulla spalla che ricambia.
« Andiamo nel mio ufficio, vieni. » La sua espressione non troppo solare mi preoccupa. Che sia successo qualcosa? Decido di restare in silenzio finché non saremo da soli.
Qualche piano di ascensore dopo, giungiamo alla meta. Richard chiude la porta alle nostre spalle e si accomoda sulla sua poltrona.

« Siediti. Ti offro da bere.»
« Sono appena le cinque del pomeriggio...»
« Dettagli, da qualche parte del mondo sarà sicuramente l'ora di un drink perciò niente storie.» Lo assecondo e lascio che mi offra un bicchiere di scotch. Ha scelto uno dei nostri preferiti. Ricordo ancora la prima volta che provammo a bere qualcosa di superalcolico. Eravamo giovani e spensierati all'epoca.
Afferro il bicchiere di cristallo e ne prendo un sorso. Ho l'impressione che me ne servirà parecchio.

« Va tutto bene?» Gli chiedo guardandolo negli occhi color nocciola, ora impensieriti.
« Credo di sì... Ti ricordi di quella cosa che ti dovevo dire? » Annuisco prendendo un ulteriore sorso, più lungo del precedente.

« Sì certo. »
« Volevo aspettare che Ella stesse meglio e ora sta benissimo perciò vorrei parlarti di questa mia decisione. » Prende un grosso respiro buttando giù altro liquore.
« Va bene, sputa il rospo Rick. »
« Torno a Dubai. » Lo guardo perplesso e con lo sguardo leggermente sgranato. Sta dicendo sul serio?
« Perché? »
« Non ho altra scelta. » Sospiro alzando gli occhi al cielo. Ci risiamo.
« Non è vero. Dimmi cosa è successo. »
« La solita storia, il mio patrigno ha combinato ancora una volta un casino e se voglio salvare il salvabile, devo tornare a Dubai.» Mi sporgo appoggiando il bicchiere sulla scrivania di vetro che ci separa.

« Ascolta, se credi che tu debba tornare a Dubai, non sarò di certo io a fermarti, ma hai pensato alle conseguenze? » L'idea che torni ad essere lo schiavetto del suo patrigno non mi entusiasma, ma non sono io a dover decidere della sua vita.

« Certo che ci ho pensato altrimenti sarei già andato via. Ho degli affetti qui e tu rientri tra questi. » Mi guarda mentre si prende una piccola pausa per poi continuare il discorso. So dove vuole andare a parare, ha paura che commetta qualche stronzata e non vuole lasciarmi da solo a New York e neanche io voglio che vada via. È l'unico amico che ho.

« Audrey? »
« Non sa ancora niente. Volevo parlarne con te prima che con chiunque altro. » Sospiro. Non capisco se vuole essere dissuaso a non partire o convinto a farlo.
« Dovresti parlargliene. » Sospira sapendo che ho ragione.
« Lo so. » Appoggia il bicchiere vuoto sulla scrivania insieme ai gomiti.

« Pensaci bene Rick. Lo sai com'è il tuo patrigno. Fa sempre così e tu scappi da lui. Ti sta usando.» Gli dico alzandomi dalla sedia.
« Ci penserò... » Risponde sconfitto alzandosi con me dalla sua lussuosa poltrona rossa. Fa il giro del tavolo per accompagnarmi alla porta.

« Grazie come sempre. » Mi dice lasciando trasparire un leggero sorriso. Annuisco dandogli una pacca sulla spalla sperando che faccia la scelta giusta.
E poi non dovrebbe farsi scappare Audrey! È una brava ragazza e non merita questo, ci resterebbe davvero molto male e come biasimarla. Senza contare Ella! È molto amica di Richard e so che lui le vuole un immenso bene, forse in un modo così profondo che non è comprensibile neanche per me.
Anche se Rick non me l'ha confessato, so per certo che le da moltissimi consigli e che si confidano a vicenda.
Mentre esco dall'Astoria, mi arriva una strana chiamata da Audrey. Penso subito che si tratti di Ella perciò mi precipito a rispondere.

« Audrey dimmi. Che succede? »
« Niente! Non posso chiamarti per sapere come stai? » Ridacchia nervosamente al telefono.
« Mi hai visto ieri...»
« Vero! Ehm.. cosa mi racconti?»
« Audrey parla... Prima che mi stufi e ti attacchi il telefono in faccia. » Sento che sbuffa dall'altro lato.
« Va bene! Sei con Richard per caso..?»
« Fino a poco fa, perché? »
« Ah grazie al cielo...» Sospira sollevata come se si fosse levata un grande peso dal petto.
« C'è qualcosa che dovrei sapere?»
« No niente, ciao! » E attacca la chiamata. Ma sono tutti impazziti oggi? Guardo il display per qualche secondo realizzando cosa è appena successo.
Lasciamo perdere che forse è meglio.
Torno verso la mia auto pensando alla questione di Rick. Spero con tutto il cuore che alla fine faccia la scelta giusta e che resti a New York con noi, ma non posso fare altro che attendere la sua decisione definitiva.

Ella's pov                                                                                 
23 luglio 2015

Fisso l'armadio senza riuscire a scegliere qualcosa di carino e decente da mettere.
Che rottura! Sbuffo pesantemente dando un'occhiata alla stanza che ormai giace nel caos più totale. I miei vestiti sono sparsi un po' dovunque e rispecchiano perfettamente la mia confusione mentale. Sono in ansia perché fra poco Devon sarà qui ed io non sono ancora pronta.
Continuo a ripetermi che oggi è la giornata giusta, oggi gli parlerò ma sto andando letteralmente nel panico. Mi lascio cadere sconfitta sul letto premendomi il cuscino sul viso. Resto così per cinque minuti meditando sul da fare. Alla fine ho seguito il consiglio di Audrey e ho invitato Devon a casa.
Non voglio che si renda conto troppo presto delle mie intenzioni, perciò ho deciso di improvvisare senza avere nulla di programmato da fare. Farò solo ciò che mi sento, ma almeno vorrei apparire carina!
Sbuffo alzandomi dal letto e decido di indossare uno dei miei vestiti preferiti. È celeste e s'intona ai miei occhi e ha dei semplici ricami sulle spalline e sul davanti. Non è eccessivo né troppo corto dato che è lungo fino a poco più su del ginocchio. Lascio i capelli sciolti e metto un filo di trucco per non sembrare troppo pallida. La ferita ormai sta guarendo e mi hanno assicurato che alla fine non si vedrà quasi più nulla per fortuna.
Indosso l'abito e sistemo la mia camera. Se tutto va secondo i piani, il letto mi servirà più tardi! Scaccio questo pensiero dalla testa prima che mi faccia esaltare più del dovuto, ripulendo il casino che fino a poco fa regnava in questa camera.Ora non resta altro che attendere il suo arrivo.
Ho pensato di fare un dolce per l'occasione perciò indosso il grembiule sull'abito per mettermi all'opera. Lo farò al cioccolato, panna e fragole come piace a lui. Sorrido al pensiero, ma dopo neanche una ventina di minuti, sento bussare alla porta. È già qui?! Ma che ore sono??
Lascio la ciotola con l'impasto sul bancone della cucina e mi lancio ad aprire dimenticandomi di levare il grembiule. Mi sistemo la frangia schiarendomi la voce e apro la porta sorridendo come un ebete.

« Ehi ciao! » Gli dico prendendomi un attimo per osservarlo. È bello da togliere il fiato come sempre con i suoi capelli ribelli e quell'aria misteriosa che lo contraddistingue.

« Stavi cucinando? » Mi sorride ed io mi sciolgo come neve al sole invitandolo ad entrare.
« Sì, stavo facendo un dolce. » Chiudo la porta alle nostre spalle per poi fargli strada fino in cucina. Tanto vale finire l'opera...

« Come stai oggi? » Mi chiede appoggiandosi con la schiena al bancone.
« Sto bene, anzi benissimo. » Faccio il giro del tavolo per tornare ad impastare ciò che stavo preparando sorridendogli.

« Mh.. Credevi che volessi un'altra delle tue torte? » Mi prende in giro sogghignando. Perché non ammette che sono una pasticciera fantastica e basta?

« Mi sono sbagliata? » Gli faccio l'occhiolino mescolando i vari ingredienti per ottenere un composto omogeneo.
Non mi risponde, dedicandomi invece una smorfia di finto disgusto. Può dire quello che vuole, ma la sua espressione parlava chiaro quella volta nel suo studio.

« Non vedi l'ora di assaggiarla eh? » Gli dico ridacchiando e lui fa altrettanto avvicinandosi un po' al tavolo.
« Come hai fatto a capirlo? » Risponde ironico guardandomi negli occhi. Giuro che ci potrei annegare. Scuoto la testa mettendo giù la frusta per non fissarlo troppo esplicitamente.

« Perché so che adori le mie creazioni culinarie. »
« Ma se ne ho assaggiata a malapena una! » Ribatte poggiando le mani sul tavolo.
« E l'hai adorata! » Rido e prendendo dell'impasto tra le mani per testarne la consistenza, ne approfitto per lanciargliene un po' addosso.

« Ma se ne hai mangiata più tu! » Si ritrova sporco del mio dolce su viso e collo lanciandomi uno sguardo truce. « Ehi! »

« Te lo sei meritato e ho preso solo due morsi e metà del cuore che tu, e sottolineo tu, mi hai ceduto. Ti dona l'impasto sul viso lo sai? » Mi porto una mano alla bocca per trattenere le risate alla sua espressione omicida.

« Guarda che questa me la paghi! » Si guarda intorno per cercare qualcosa con la quale pulirsi.
« Davvero? Tremo dalla paura! » Sbuffo tornando tranquilla al mio dolce.
« Dovresti tremare, è vero. » Afferra due tovaglioli tamponandosi il viso e leccando parte dell'impasto con le labbra.
« Avrei potuto lanciarti le uova, dovresti essere tu a tremare. »
« In quel caso la punizione sarebbe stata peggiore...» Fa spallucce e poi il giro del tavolo per dare una sbirciata nella ciotola venendomi alle spalle. Un brivido mi attraversa la colonna vertebrale appena avverto il suo respiro sul collo.

« Cos'è, comunque? »
« Lo scoprirai a lavoro finito. » Allontano la ciotola affinché non possa più guardare al suo interno.
« Perché non posso saperlo adesso? » Fa una smorfia quando gli allontano l'impasto da sotto il naso.

« Perché non sarebbe più una sorpresa! »
« Non vedo perché dovrebbe esserlo...» Si allontana tornando nella sua posizione originale appoggiandosi al frigorifero.
« Perché oggi è il tuo compleanno, è grave che tu non lo sappia. » Gli sorrido alzando il viso dal tavolo e incontrando la sua espressione sorpresa. Ero sicura che non se lo sarebbe aspettato.
Meno male che Richard mi ha fatto da spia o non lo avrei mai saputo!

« Oh.. immagino ci sia Richard dietro..» Sorride scuotendo la testa. Spero non gli abbia dato fastidio questa mia improvvisazione. Ero quasi sicura che si sarebbe chiuso in casa ed è triste stare da soli al proprio compleanno, perciò ho insistito affinché venisse oggi da me. Come regalo spero proprio che accetti anche la mia dichiarazione...

« Un po' sì, ma non arrabbiarti. L'ho obbligato io a dirmelo. » Si acciglia come se non fosse un problema. Ed io che pensavo non volesse parlare dei fatti suoi, è davvero bipolare!

« Non sono arrabbiato. Sei stata dolce, come sempre. » Arrossisco, non mi aspettavo questa reazione da parte sua, ma mi fa davvero piacere che abbia apprezzato il mio gesto.

« Di nulla.. mi passeresti il latte per favore? Renditi utile dai..» Lo prendo in giro per smorzare l'atmosfera mentre Devon apre il frigo porgendomi la bottiglia.

« Grazie... hai dell'impasto tra i capelli comunque! » Rido per la sua espressione esasperata e per il suo tentativo di pulirsi.

« Ma vedi che sei stronza, invece? »
« Sei tu che hai giocato con il fuoco! » Raccoglie l'impasto tra i capelli e me lo lancia contro.
« Non ho fatto niente e tu mi hai attaccato! »
« Tu fai sempre qualcosa. » Paro i colpi come posso per poi afferrare una manciata di farina e tirargliela contro.

« Sei prevenuta. »
« Solo con te! » Alza le braccia per ripararsi dal mio tiro contraccambiando allungandosi anche lui alla farina.
Ci scambiamo uno sguardo di sfida e scatto da un lato per non farmi prendere.

« Non mi prenderai mai! »
« Scommettiamo? » Con uno scatto molto più atletico del mio, mi afferra un lembo del vestito trattenendomi e riuscendo a sporcarmi i capelli di farina.
« Come hai osato! » Quasi cado in avanti quando mi afferra per l'abito, ma mi sorregge con un braccio prontamente. Mi volto nella sua direzione imbronciata. Grondo di farina da tutte le parti.
Come risposta ottengo una sua grassa risata che non ha il buon gusto di trattenere. 

« Mi sono solo vendicato. »
« Soddisfatto adesso? Ora pulisci tutto prima che ci cadiamo. »
« Non ci penso proprio! » Non finiamo neanche di parlare che inciampo io stessa nella farina ai nostri piedi finendo sul pavimento. Devon scoppia nuovamente a ridere scrollandosi la farina di dosso e guardandomi dall'alto. Ma che gentile...
Mi siedo incrociando le braccia al petto offesa.

« Non è affatto divertente..» Sghignazza un altro po' prima di sedersi esattamente di fronte a me sul pavimento.

« Ti sporcherai i pantaloni così..» Gli faccio notare. « Ho molta farina nei capelli? »

« Le lavanderie esistono a posta! E parli tu che hai iniziato a sporcarmi tutto il resto.» Alza gli occhi al cielo e si sporge in avanti per scompigliarmi i capelli con una mano. « Ora non più. »

« Ho iniziato perché mi hai provocata o non l'avrei fatto. » Sorrido quando sento la sua mano tra i capelli. « Oh grazie, ora stanno anche peggio di prima! »

« Stai bene infarinata e quando ti avrei provocata? » Torna al proprio posto e mi guarda negli occhi.

« Quando hai insinuato che la mia torta non fosse buona... oh era un complimento?» Lo derido e mi sistemo come posso. Ormai sono tutt'altro che presentabile.
Devon, dal canto suo, scuote la testa per entrambe le mie affermazioni.

« Non l'ho insinuato, non era davvero buona ed io non faccio complimenti. »
« Sei un pessimo bugiardo...» Replico alludendo ad entrambe le sue risposte.
« Ammetti che era buona. »
« Forse lo era...» Arriccia le labbra e poggia la nuca al mobile dietro di lui. Sorrido soddisfatta e mi alzo dal pavimento aiutandomi con due mani. Mi è appena venuta un'idea geniale.

« Ho deciso di concederti un assaggio della torta però ad occhi chiusi, ci stai? »
« Mh, un assaggio al buio quindi? Ci sto! » Mi segue a ruota alzandosi da terra e si pone affianco alla ciotola dell'impasto. Dai Ella, questo è il tuo momento, non sprecarlo.

« Bene, chiudi gli occhi. » Annuisce e fa come gli dico. Prendo un grosso respiro e mi allontano per prendere le fragole dal frigorifero. Avevo intenzione di usarle anche per la decorazione della torta ma ora mi serviranno per attuare il mio piano. Ne afferro una e mi avvicino a lui.

« Apri la bocca..» Obbedisce mentre taglio la punta del frutto e la immergo nella cioccolata che avevo sciolto precedentemente, in modo da potergliela imboccare e così faccio.

« Mm... Fragola e cioccolato, ottima combinazione. » Commenta leccandosi le labbra provocandomi un altro brivido. Mi rendo conto di voler essere io a farlo, perciò mi faccio coraggio per la mia prossima mossa. Non posso più aspettare, adesso o mai più.

« Ora ti faccio assaggiare l'ingrediente più importante...» Annuisce senza aprire gli occhi. Non sto più nella pelle, ormai! Se tutto fila come ho immaginato, finalmente potrò lasciarmi tutta la tristezza alle spalle e iniziare qualcosa di nuovo e bello con lui.
Mi avvicino cautamente decisa a compiere la mia missione. Gli poso dolcemente una mano sul viso. Mi allungo sulle punte dei piedi e proprio mentre sto per far unire le nostre labbra, il cellulare di Devon mi fa letteralmente saltare. Maledizione! Non è possibile, non ci credo!
Mi allontano bruscamente, come se mi fossi appena scottata, per non fargli intuire ciò che avevo intenzione di fare. Mi rendo conto che il cuore mi sta esplodendo nel petto per l'adrenalina.
Apre gli occhi puntandoli nei miei e gli indico la tasca con lo sguardo come per invitarlo a rispondere. Tanto ormai è tutto rovinato....

« Scusami...» Lo afferra e corruga la fronte leggendo il nome sul display.

« Pronto..? » Mi appoggio al bancone mentre cerco di non guardarlo mentre parla. Non è giusto! Sono furiosa...

« Che cosa?! » Mi volto nella sua direzione preoccupata. Il suo sguardo lascia trapelare un'emozione che ho visto solo una volta nel suo sguardo: terrore.
Che cazzo sta succedendo?
Mi avvicino ma è così sconvolto che mi allontana con una mano. È cadaverico e non riesco a capire cosa stia accadendo.

« Arrivo subito. » Attacca la chiamata e mi guarda negli occhi, l'espressione di chi ne ha passate troppe da non poter sopportare altro.

« Ella... scusami, devo...devo andare via.» Lo guardo sbalordita non muovendo un passo.

Lo osservo inerme mentre mi lascia sola in cucina con un immenso vuoto al posto del cuore. Avevo deciso, stavo per baciarlo. Gli avrei detto tutto ma il destino non ha voluto e non riesco a smettere di chiedermi che cosa sia potuto accadere di così sconvolgente.
Solo ora capisco che la tranquillità di queste settimane dopo il turbamento dell'incidente che ci ha coinvolti, era solo la calma prima di una nuova tempesta.
E se non riuscissimo ad uscirne questa volta?






























Angolo autrice:

Buonpomeriggio a tutti.
Siamo giunti finalmente/purtroppo alla fine di questa storia. Come avrete di sicuro immaginato, non è proprio la fine perché ho intenzione di scrivere un seguito!
Le storie di Ella e Devon erano troppe per racchiuderle in un solo racconto, così ho pensato di dividerlo in due parti.
Secondo voi che cosa ha saputo Devon di così spaventoso da scappare letteralmente da casa di Ella?
Vi aspetto, quando sarà, al prossimo libro per scoprirlo insieme e colgo l'occasione per ringraziare tutti coloro che hanno commentato o che hanno semplicemente letto in silenzio questa storia. Spero di rivedervi tutti prossimamente.
Grazie infinite,
Kisses.

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