Love will find you di LauraNinja18 (/viewuser.php?uid=1038460)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 19 PT.1 ***
Capitolo 21: *** Capitolo 19 PT.2 ***
Capitolo 22: *** Capitolo 20 ***
Capitolo 23: *** Capitolo 21 ***
Capitolo 24: *** Capitolo 22 ***
Capitolo 25: *** Capitolo 23 ***
Capitolo 26: *** Capitolo 24 ***
Capitolo 27: *** Capitolo 25 ***
Capitolo 28: *** Capitolo 26 ***
Capitolo 29: *** Capitolo 27 ***
Capitolo 30: *** Capitolo 28 ***
Capitolo 31: *** Capitolo 29 ***
Capitolo 32: *** Capitolo 30 ***
Capitolo 33: *** Capitolo 31 ***
Capitolo 34: *** Capitolo 32 PT.1 ***
Capitolo 35: *** Capitolo 32 PT.2 ***
Capitolo 36: *** Capitolo 33 ***
Capitolo 37: *** Capitolo 34 ***
Capitolo 38: *** Capitolo 35 ***
Capitolo 39: *** Capitolo 36 ***
Capitolo 40: *** Capitolo 37 ***
Capitolo 41: *** Capitolo 38 ***
Capitolo 42: *** Capitolo 39 ***
Capitolo 43: *** Capitolo 40 ***
Capitolo 1 *** Prologo ***
Buio,
silenzio assoluto. La casa era totalmente avvolta da una strana calma.
Ogni minimo rumore si sarebbe sentito alla perfezione eppure non avrei
percepito nulla ugualmente. Mi sentivo come intrappolata in una bolla
di sapone. Era tutto molto confuso, ma incolpai lo shock.
Non mi è
mai piaciuto il silenzio, riesci a distinguere perfettamente i tuoi
pensieri, quelli belli ma soprattutto i tristi, pronti a coglierti alla
sprovvista per farti crollare.
Tenni stretta la mano
di mia madre, noncurante del sangue che mi sporcava la pelle
biancastra, incapace di lasciarla andare. Me ne restavo li,
nell'oscurità di quella notte, ad osservare il suo corpo
freddo mentre mi abbandonava, di nuovo. Avevo pianto, mi ero disperata,
l'avevo scossa ma nulla era successo, aveva deciso di andarsene, di
lasciarmi sola in questo mondo, preferendo la sua pace alla nostra, a
quella che avremmo potuto ottenere entrambe se solo fosse rimasta con
me.
La morte non aveva
mai rappresentato un problema, almeno fino a quel momento. Non mi ci
ero mai soffermata, era un qualcosa che sfuggiva alla mia percezione
dell'universo o forse cercavo solo di pensarci il meno possibile,
essendo ancora troppo giovane per preoccuparmene. Ma il confronto
è inevitabile e alla fine bisogna farci i conti, volente o
nolente.
6 anni dopo....
New York, la Grande
Mela.
È una
bellissima città e non avrei mai pensato che io, Ella Davis,
mi sarei ambientata tanto facilmente. Ormai sono sei anni che abito qui
e devo dire che non è così male come credevo.
Avendo vissuto in un paesino di provincia, l'idea di trasferirmi in una
grande metropoli, non mi entusiasmava poi tanto. Invece mi sono dovuta
ricredere. C'è sempre molta vita, incontri moltissime
persone ogni giorno e non ti annoi mai. Ha anche i suoi lavi negativi,
ovviamente, come il caos e la troppa confusione, senza contare le corse
che bisogna fare per spostarsi da un luogo ad un altro con i mezzi
pubblici. Almeno mi tengo in forma!
Attraverso
velocemente la strada, evitando due o tre pozzanghere
d’acqua, e finalmente mi immetto nel palazzo. Come tutte le
sere saluto l'inquilino anziano del pian terreno, il signor White che
risponde con un cenno della mano mentre attendo pazientemente
l'ascensore. Da quando sono arrivata, non ha mai accennato
l’ombra di una parola. Che sia forse muto?
Lascio correre e, non
appena varco la soglia del mio appartamento, un odore di bruciato
arriva subdola alle mie narici. No, di nuovo.
« Audrey,
cosa hai combinato? Quante volte ti ho detto di non metterti ai
fornelli senza nessuno in casa? »
Una figura si palesa
davanti ai miei occhi, mentre appoggio le borse della spesa sul
tavolino in soggiorno. La bionda abbassa il capo e si mordicchia il
labbro per poi proferire parola.
« Ella! Te
l'ho detto che quel nuovo giubbino ti dona molto? E fidati, se te lo
dico io, allora è vero! »
Alzo gli occhi al
cielo per evitare di risponderla in malo modo, sorridendo
però leggermente per la sua espressione colpevole.
Audrey è
la mia coinquilina, nonché migliore amica, e ha studiato
moda, mentre ora cerca di entrare nel campo come modella. É
molto alta, ha un fisico slanciato e snello, capelli biondi e occhi
color del cielo. Sarebbe perfetta come top model, sul serio. Ci siamo
conosciute al college poiché io ancora studio arte, anche se
ho venticinque anni, mentre lei ne ha solo ventuno. Sì, ho
perso qualche anno, lo ammetto.
« Non
attacca, lo sai. Ma ti perdono perché noto che hai comprato
il gelato. Devi per caso dirmi qualcosa? »
« Ehi!
Guarda che se compro il gelato non vuol dire che sia depressa! Anzi!
Sapevo che avrei fatto danni e almeno ci saremmo consolate con quello.
Vedi come sono intelligente? »
« Troppo,
davvero. Vado a costatare di persona i tuoi disastri. Tu nel frattempo
scegli il film. »
Detto ciò,
mi sfilo la giacca di pelle rossa che avevo indossato quella mattina e
riafferro le buste della spesa per spostarle in cucina. Mamma mia che
odoraccio e povero pollo! Ma come ha fatto a carbonizzarlo? Certe volte
sottovaluto davvero quella ragazza...
Mi affretto a
sistemare il tutto, preparando due panini per entrambe. Quando torno
nel salotto, Audrey è già pronta con film e
gelato.
« Cosa ci
vediamo stasera? » Le domando porgendole il suo panino.
« I love
shopping! »
«
Ovviamente... »
Ridacchio sotto i
baffi e mi accomodo accanto a lei sul divano, addentando poi la mia
cena. Le cose non vanno poi tanto male, lo devo ammettere, ma non
è sempre facile ignorare il passato, non pensare al dolore
provato, alle emozioni contrastanti di quel momento e alle conseguenze
che ne sono succedute. Non parlo con mio padre da anni ormai, da quella
notte, non so che fine abbia fatto o cosa stia facendo.
Ma non voglio
rovinarmi questa serata con i ricordi, perciò scaccio via i
brutti pensieri e cerco di godermi il film insieme alla mia migliore
amica, anche se la stanchezza della giornata si fa sentire a gran voce,
infatti, crollo quasi subito tra le braccia di Morfeo.
Angolo
autrice:
Salve a tutti cari
lettori, sono Laura e questa è la prima vera storia che
pubblico su EFP. Inizio subito con il precisare che non tutti i
personaggi sono di mia creazione ( sono tutti inventati, sì
), ma sono frutto dell’invenzione e collaborazione di altre
persone che mi stanno spronando ad andare avanti con questo
esperimento, se così vogliamo definirlo.
Spero che Ella vi
abbia incuriosito e che continuiate a leggere le sue avventure. Fatemi
sapere cosa ne pensate, se crediate possa piacervi o anche qualche
critica, tutto è ben accetto.
Alla prossima!
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Capitolo 2 *** Capitolo 1 ***
Ella's
Pov
«
Mamma...? Mamma mi senti? Ti prego ascoltami. Non volevo... ti giuro,
non
volevo... potrai mai perdonarmi? Non te ne andare...
sistemerò tutto, ma resta
con me... Ti prego. »
Riesco
a vederla, è proprio di fronte a me e mi guarda con
un'espressione tra il
dispiaciuta e il rassegnata. Non capisco. Ha una grossa macchia di
sangue su i
suoi vestiti all'altezza dello sterno, precisamente sul cuore.
Un urlo straziante riecheggia nella silenziosa stanza nella quale mi
trovo. E'
la mia voce che rompe bruscamente la quiete come un vetro che si
frantuma in
mille pezzettini. Sono molto stordita e confusa, ma non ho tempo per
rendermene
conto perché percepisco l'immagine di mia madre pian piano
svanire così come è
apparsa, lasciandomi sola nell'oscurità.
Mi
sveglio di soprassalto, madida di sudore. La stanza gira parecchio ma
intuisco
di essere ancora sul divano. Ieri sera devo essermi addormentata
durante il
film, come sempre, e Audrey deve avermi coperta con il plaid. Il
respiro è
irregolare ed il cuore mi martella nel petto. Non è la prima
volta che mi
capita di sognare quella notte, di vedere mia madre immersa nel sangue
o altre
scene macabre di questo tipo. La cosa insolita, beh ormai sono mesi che
succede, sono i forti giramenti di testa che ho al mio risveglio. Le
tempie
pulsano e sento come se potessero esplodere da un momento all'altro.
Non
volendo andare da un medico, sono comunque costretta a fingere di stare
bene in
presenza di Audrey o mi trascinerebbe all'ospedale. Non ne ho alcuna
voglia e
poi non è così grave, no?
Non ho il tempo di rispondermi mentalmente che la bionda fa il suo
ingresso nel
salotto.
«
Alla buon'ora bella addormentata! Dormito bene sul divano? »
Mi domanda ironicamente
sedendosi sul tavolino in legno che separa il divano, appunto, dalla
televisione.
«
Sei davvero una simpaticona, Audrey. Potresti fare la comica se ti
dovesse
andare male la carriera di top model, sai? »
Con la voce ancora un po' impastata dal sonno, le rispondo altrettanto
ironicamente. Sa benissimo che il nostro divano ha una molla che salta
in
continuazione ed è molto scomoda, soprattutto se ci dormi
sopra tutta la notte.
«
Come sei scontrosa stamattina, ed io che stupidamente ti ho anche
preparato la
colazione! Pff, non mi meriti per nulla... Sono una coinquilina
perfetta. »
«
Certo, ammetti che hai cercato di uccidermi nel sonno dato che riesci
ad
incendiare qualsiasi cosa cucini. Tanto non ti liberi di me, cara
Audrey. » Le
faccio la linguaccia e decido di alzarmi, finalmente, da questo scomodo
divano
per darmi una rinfrescata.
Barcollo leggermente mentre cerco di mettermi in posizione eretta per
raggiungere il bagno, ma la voce della mia amica mi trattiene.
«
Ah Ella, sto uscendo! Ho un colloquio di lavoro e se tutto va bene,
farò il mio
primo servizio fotografico! Ahhhhh che emozione! » La vedo
balzare dal tavolino
tutta eccitata. Spero davvero che vada tutto alla perfezione e che
ottenga il
lavoro, se lo merita.
«
Wow! Fammi sapere come va il colloquio, eh! Non ti dimenticare.
»
«
Certo che no Ella! Sarai la prima persona a saperlo dopo di me,
ovviamente! Ora
vado. Buona giornata. » Detto ciò, mi saluta con
un bacio sulla guancia e
sparisce dal mio campo visivo lasciandomi sola soletta in casa. Decido
quindi
di riprendere ciò che avevo intenzione di fare prima, e
giungo finalmente in
bagno. Lo sguardo cade inevitabilmente sullo specchio posto in bella
vista
sopra il lavandino e non posso fare a meno di guardare il mio riflesso.
La
pelle è fin troppo pallida, gli occhi azzurri sono un po'
appannati, forse per
le fitte alla tempia, e i capelli castani arruffati sono davvero la
ciliegina
sulla torta. Un completo disastro. Sbuffo e mi sciacquo bene il viso,
almeno
cerco di ravvivarlo in qualche maniera. Non ottenendo
granché come risultato,
lascio perdere e mi avvio in cucina per gustare la magnifica colazione
preparata da Audrey. Devo dire che i pancake non le riescono proprio
male e non
li ha neanche carbonizzati, è un gran passo avanti.
Accompagno il tutto con del
caffè e un antidolorifico per l'emicrania.
Questa
mattina, per fortuna, non ho lezione quindi posso concedermi un po' di
relax o
almeno posso provarci. Non è proprio un bene per me restare
troppo tempo da
sola, la mente inizia a vagare e non è mai un buon segno. Ma
il mal di testa
offusca qualsiasi capacità di ragionamento,
perciò colgo l'occasione per
disegnare un po'. Afferro il mio album, abbandonato sulla scrivania
della mia
stanza, e riguardo gli schizzi. Non hanno un vero e proprio senso
logico ma
rispecchiano il mio umore. Confusione, paura, rimorso.
Non riesco a voltare definitivamente pagina con il passato ma posso
farlo con
questo foglio, posso dare vita ad un nuovo disegno.
Devon's
Pov
Solita
sveglia, solita ora e solita routine. Nessuno stimolo particolare mi
porta ad
alzarmi dal letto la mattina se non fosse per il mio lavoro. Amo
davvero ciò
che faccio, aiutare le persone a stare meglio. Fin da piccolo ho
scoperto
questa propensione nel prendermi cura del prossimo, interessandomi da
subito
alla medicina. Ero poco più di un ragazzo quando decisi che
sarei diventato un
buon medico e così è stato.
Dopo
essermi finalmente alzato dal letto, raccolgo mentalmente tutte le mie
forze e
mi dirigo verso la doccia, pronto a darmi una rinfrescata prima di
recarmi in
ospedale. Quest'oggi dovrei esaminare più di dieci
specializzandi e proprio non
ne ho voglia. Di solito mi fanno arrabbiare e sono costretto ad urlare
la
maggior parte del tempo. Non a caso sono famoso per essere
particolarmente
rigido, all'apparenza senza cuore, perciò nessuno studente
vorrebbe avermi come
tutor per il tirocinio.
Osservo
le goccioline d'acqua infrangersi sul vetro trasparente del box doccia
ripetendomi che anche oggi sarà una giornata come tutte le
altre e che giungerà
presto al termine. Uscendo, afferro un asciugamano con il quale avvolgo
il mio
corpo umido osservando poi il mio riflesso allo specchio. Il viso
è stanco, si
notano le occhiaie, anche se leggermente, gli occhi azzurro-grigi sono
privi di
luce ed i capelli corti e castani non hanno davvero un senso. Distolgo
velocemente lo sguardo dalla superficie riflettente e torno in camera
per
cambiarmi.
Sono in anticipo, come sempre, ma sfrutterò il tempo in
eccesso per controllare
le cartelle dei miei pazienti. Mi serve sempre un buon caffè
prima di iniziare
a lavorare ma quello dell'ospedale è davvero disgustoso
così mi fermo al bar
accanto al mio appartamento.
Seduto
ad uno dei tavolini del Mikey's bar con una buona tazza di
caffè nero fumante,
la mia testa non può far a meno di tornare a quella notte, a
quella tragedia.
Seppur sia stato seguito da una buona equipe di psicologi e psichiatri,
non
posso dimenticare il dolore, l'angoscia e la sofferenza ma ho capito
che non è
un male ricordare. Bisogna solo imparare a conviverci e non
è sempre facile
riuscirci. Avevo deciso di lasciare anche il mio amato lavoro
all'epoca, ma per
fortuna la mia scelta non fu permanente e in breve tornai in
carreggiata.
Attualmente sono primario e cardiochirurgo del Lennox Hill Hospital di
New
York, città nella quale mi sono trasferito di recente, ad un
anno esatto dalla
tragedia.
Non
metto neanche piede in ospedale che infermieri, colleghi e
specializzandi mi
assalgono. Cos'hanno tutti stamattina?
«
Dottor Reinfield! Il cuore per il trapianto è finalmente
arrivato. »
«
Perfetto, faccia preparare la sala operatoria il più presto
possibile. Ah
signora Mills chiami i miei specializzandi, oggi potranno assistere
all'operazione. »
Le rivolgo un sorriso di circostanza e mi rifugio nel mio studio per
controllare le analisi del paziente. E ancora una volta riesco ad
isolarmi nel
lavoro, dedicando le lunghe giornate e le notti insonni, a cuori che
non sono
il mio.
Angolo
autrice:
Eccomi
con un nuovo capitolo! Cercherò di aggiornare almeno due
volte a settimana, di
sabato e mercoledì, salvo imprevisti.
Cosa ne pensate per
adesso? Vi ho presentato i due protagonisti e la storia
inizia a prendere un po' di forma. Spero vi stia piacendo e che
continuiate a leggerla!
Kisses
|
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Capitolo 3 *** Capitolo 2 ***
Ella's
pov
Ma
come è possibile che sia sempre in ritardo? Ci fosse una
volta che mi alzassi in orario!
Mi volto verso la sveglia per spegnerla e con un balzo atletico, o
quasi, salto giù dal letto inciampando nelle pantofole
appostate lì sotto. Dannazione! Impreco mentalmente e mi
lancio letteralmente sotto la doccia. In un battibaleno sono
già fuori, pronta per vestirmi.
« Audrey? Sei in casa?! »
Mi sporgo dalla porta della mia stanza, ma non ricevendo risposta dalla
mia coinquilina, deduco che sia uscita prima di me quindi rientro e
apro l'armadio. Prendo le prime cose che mi capitano sotto tiro, ovvero
un paio di jeans chiari e una maglietta a mezze maniche bianca, e
infilo tutto di fretta. Siamo ad Aprile ma l'aria non è
ancora caldissima perciò indosso un giubbino di pelle nero e
un paio di stivaletti e... voilà! Ah no... devo sistemarmi
ancora i capelli. Non posso uscire di certo in questo stato. Corro
nuovamente in bagno e afferro la spazzola dandomi una sistemata alla
frangia e mettendo un filo di matita e mascara. Adesso sono davvero
pronta. Senza ulteriori indugi, afferro la tracolla e le chiavi di casa
e mi precipito all'esterno.
L'aria è tiepida, il sole brilla alto nel cielo e sarebbe
tutto perfetto se solo non stessi correndo come una dannata per tutta
New York!
Non posso permettermi di fare tardi, ho un importante colloquio con un
mio professore e ho aspettato settimane per poterlo incontrare. Per
arrivare all'università devo prendere, oltre alla
metropolitana, anche un pullman che dovrebbe passare fra pochi minuti.
Devo farcela assolutamente!
Corro per le strade ed i vicoli della città scansando
praticamente qualsiasi cosa o persona per non rischiare di rallentare
la mia corsa. Ma non fila tutto liscio come aveva sperato la mia mente.
Improvvisamente non percepisco più la terra sotto i piedi e
il mio corpo si protende in avanti a causa della forza di
gravità. Sarei finita inevitabilmente al suolo se qualcosa,
o meglio qualcuno, non mi avesse afferrato in tempo evitandomi lo
schianto. Ma come si fa ad inciampare in un tombino?
Non mi ero resa conto di aver chiuso gli occhi nella scivolata, ma
quando li riaprii, ne trovai un paio color del ghiaccio a fissarmi
preoccupati. Un uomo sulla trentina, vestito in modo impeccabile, mi
stava scrutando dall'alto. Che imbarazzo.
« Sta bene signorina? »
Mi domanda sempre più confuso mentre mi scruta sospettoso
spostando poi lo sguardo verso il basso. Gli stavo stringendo ancora il
braccio terrorizzata per la mancata caduta. Mi affretto quindi a
lasciarlo andare e mi allontano di qualche passo.
« Si.. grazie. Devo essere inciampata su quel tombino... che
maldestra che sono. Grazie mille per avermi aiutata. »
Gli rivolgo un sorriso di cortesia, se non mi avesse presa, mi sarei
potuta fare davvero molto male, ma per fortuna non è
successo nulla di drammatico. Egli mi osserva attentamente per poi
fissare un punto alle mie spalle.
« Dovrebbe fare una denuncia, a parer mio. Poteva ferirsi
gravemente. »
Asserisce senza l'ombra di un sorriso. Punta nuovamente i suoi occhi
profondi nei miei e quasi mi vengono i brividi. Ha un'aria molto
intimidatoria.
« Non credo ce ne sia bisogno... forse è
meg...»
Stavo per concludere la frase quando l'uomo mi interruppe.
« Venga, le offro un caffè, sembra ancora
parecchio scossa. »
Non attende una vera e propria risposta e si avvia subito in direzione
del bar più vicino. Faccio il pari e dispari, ma constato
che a quest'ora il pullman che mi avrebbe portata
all'università, è di certo già
passato. Con un sospiro, decido quindi di seguirlo e lo affianco. Mi
lascia entrare per prima nell'angusto localino per poi invitarmi a
sedere ad uno dei pochi tavolini presenti. Mi accomodo e quando si
posiziona di fronte a me, posso osservarlo con più
attenzione. È di bell'aspetto, molto affascinante direi, una
leggera barba gli incornicia il viso ed i capelli castani sono ben
curati. Lo sguardo è molto profondo, magnetico, ma ha
qualcosa che... che non riesco a decifrare. Dev'essersi accorto che lo
sto fissando da troppo perché assume un'espressione
corrucciata e mi domanda.
« Cosa prende? »
Anche la sua voce è molto profonda e seria, forse troppo
formale, e il tono è un po' dispotico.
« Un caffè... e una fetta di quella torta al
cioccolato. »
La indico con un dito sul menù.
« Ottima scelta. Prendo lo stesso.»
Con un gesto della mano chiama la cameriera che velocemente si avvicina
e annota le nostre ordinazioni. Mi rendo conto che ancora non ci siamo
presentati così, mi schiarisco la voce e gli rivelo la mia
identità.
« Comunque mi chiamo Ella.. Ella Davis. »
Gli sorrido cordiale ma scorgo qualcosa di strano in lui non appena
termino la frase. Si irrigidisce di colpo e sgrana leggermente gli
occhi azzurro-grigi. Che cosa ho detto di sconvolgente..?
Sto per chiedergli se c'è qualcosa che non va, ma sembra
riprendersi subito presentandosi a sua volta.
«
Piacere mio, sono Devon Reinfield. »
Il tono così freddo con il quale ha pronunciato il suo nome
mi inquieta e non poco. C'è qualcosa che non va e si
percepisce notevolmente. Per fortuna ci salva la cameriera adagiando
sul tavolo le nostre ordinazioni.
Devon's
pov
Quando mi sono svegliato questa mattina, mi sarei aspettato di tutto
tranne che il destino mi ponesse davanti ad una sfida, fin troppo dura
per il mio animo già tormentato.
Mi stavo recando tranquillamente a lavoro, quando mi piomba
letteralmente fra le braccia una ragazza dall'aria impacciata e molto
maldestra. Come si può inciampare in un tombino?
Per fortuna sono riuscito a prenderla in tempo altrimenti avrebbe
potuto addirittura rischiare la vita.
La fanciulla, devo ammettere, ha dei begl'occhi color del mare,
molto
spaventati al momento e dei capelli castani lunghi più o
meno fino alle spalle. È vestita in modo casual e sembra
piuttosto affannata. Da bravo gentiluomo quale sono, mi viene naturale
offrirle un caffè. Magari si sarebbe tranquillizzata.
Siamo uno di fronte all'altra nel piccolo bar sulla 65esima, un locale
molto anni cinquanta con tanto di jukebox, aspettando le ordinazioni
quando la ragazza decide di presentarsi. Esistono migliaia di nomi
sulla faccia della terra e doveva chiamarsi proprio Ella? Ma a quale
gioco stava giocando il destino? Sgranai subito gli occhi non potendo
credere di aver udito nuovamente quel nome. Era da più di un
anno che nessuno lo pronunciava. Giurai di poter sentire un pugnale
conficcarsi nel mio petto, duramente, in una ferita già
aperta, ma dovetti ridestarmi in fretta e presentarmi a mia volta. Di
certo non le avrei potuto rivelare le ragioni del mio repentino cambio
d'umore.
« Metti sempre tanto zucchero nel caffè?
»
Le domando, dandole ora del tu, scrutandola mentre armeggia con il
cucchiaino e la tazzina alla ricerca di chissà cosa nel
fondo della tazza. Devo averla intimorita con i miei modi, ma non posso
cambiare, sono fatto così e non è la prima che ne
subisce gli effetti. Mi accingo quindi a prendere un pezzetto della
torta al cioccolato lasciando che il suo sapore dolciastro mi infondi
un po' di calma e che riesca a farmi tornare la lucidità
perduta. Troppi imprevisti oggi, decisamente troppi per i miei gusti.
«
Si, non mi piace il caffè amaro... ha un sapore troppo
intenso. »
Mi giunge dopo qualche secondo la sua risposta e per qualche strano
motivo, mi viene da sorridere. Sembra molto ingenua, ma dubito che sia
realmente così.
« Dove andavi così di fretta? Dovresti fare
più attenzione a dove metti i piedi. »
Le chiedo senza uno scopo preciso, per mandare avanti la conversazione
più che altro. Non voglio impicciarmi dei fatti suoi, non mi
interessa farlo.
« Ho... avevo a questo punto, un colloquio. »
Mi risponde affranta sorseggiando il suo caffè zeppo di
zucchero. Alzo un sopracciglio e mi sistemo sulla sedia. Lo sguardo mi
scivola inevitabilmente sull'orologio. È ora di andare.
« Beh, si è fatto tardi anche per me. È
stato un piacere, Ella. »
« Grazie, ancora... anche per la colazione. »
Mi risponde gentile, la sua voce è molto delicata, oltre che
sinceramente riconoscente. Mi alzo velocemente, seguito a ruota dalla
giovane, e lascio i soldi sul tavolo così che la cameriera
possa prenderli. Mi saluta poi con un cenno della mano e scompare tra
le persone che affollano la strada. Mi volto e proseguo per la mia,
pensando a quanto il destino possa essere davvero meschino.
Angolo
autrice:
Vi
avevo promesso un aggiornamento sabato ma non ho avuto il pc a portata
di mano ma ecco il nuovo capitolo! I due protagonisti si sono
finalmente incontrati. Perché Devon è rimasto
tanto sorpreso nel sentire il nome Ella? Che cosa nasconde? E lei?
Se siete incuriositi e volete sapere come continuano le vicende, vi
aspetto mercoledì con un nuovo aggiornamento.
Kisses.
|
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Capitolo 4 *** Capitolo 3 ***
Ella's
pov
La
luce filtra debole attraverso la tenda celeste della mia stanza e mi
colpisce in pieno viso. Strizzo gli occhi per il fastidio e mi volto a
pancia in giù affondando la testa nel cuscino. Ci fosse una
mattina che riesca a svegliarmi come si deve. O ci si mettono gli
incubi a farmi balzare dal letto in piena notte o la sveglia rumorosa
spacca timpani ed adesso anche la luce del sole. Dovrei chiuderla
meglio quella dannata tenda. In seguito a questo dolce risveglio, mi
decido a dare una sbirciata all'orologio sul comodino in legno che
segna le sette del mattino. E' prestino ma decido comunque di alzarmi e
magari approfittarne per farmi una doccia rilassante. Afferro tutto il
necessario e mi dirigo nel bagno. Audrey dev'essere tornata tardi
perché non ricordo di averla sentita entrare stanotte prima
di crollare nel mondo dei sogni. E' stata una giornata molto
movimentata quella di ieri. Per fortuna sono riuscita comunque ad avere
il colloquio con il professore che molto gentilmente mi ha detto: "La
prossima volta che fa tardi, signorina, non le permetto neanche di
entrare!" Davvero troppo gentile, ma non ho potuto ribattere e comunque
ero in torto marcio.
Mi infilo finalmente nella doccia e lascio che il getto di acqua
tiepida mi bagni la pelle, ridonandomi un po' di sollievo. La
mente percorre lentamente gli avvenimenti e si ferma sull'immagine di
me che inciampo maldestramente in un tombino lasciato semi-aperto e
quasi mi viene da ridere per la mia innata goffaggine. Poi riaffiora la
visione di quegli occhi di ghiaccio, la prima cosa che ho visto dopo il
mancato schianto. Avevano qualcosa di strano, non so come spiegarlo, ma
di certo mi sono rimasti impressi. Non saprei dire se fossero
inespressivi o al contrario, così carichi di significato che
non sono riuscita a coglierlo, eppure un qualcosa di familiare l'ho
percepito. Forse è il caso che la smetta di pensarci, tanto
non lo vedrò mai più in vita mia, a stento mi ha
rivelato il suo nome, quindi non devo tormentarmi inutilmente. Ma
è difficile nel mio caso, desidero sempre essere a
conoscenza di tutto, voglio, anzi ho bisogno, di sapere cosa succede
intorno a me e odio restare all'oscuro di qualsiasi cosa, ma ho la
sensazione che dovrò accontentarmi per questa volta.
Dopo
una buona mezz'ora passata a rilassarmi nella doccia, decido che
è ora di mettere piede fuori o a breve diventerò
una spugna. Afferro l'asciugamano che avevo preparato e mi avvolgo
nella sua morbidezza lasciando i capelli umidi sciolti. Torno nella mia
camera e, mentre cerco di tenermi in equilibrio con un solo piede per
recuperare il reggiseno, un bip proveniente dal mio comodino richiama
la mia attenzione. Saltello qua e la per la camera e arrivo,
sorprendentemente senza far cadere nulla, al cellulare che continua a
vibrare. Cinque messaggi da Sebastian, mio caro amico. Aggrotto le
sopracciglia, di solito mi chiama se ha qualche novità, non
mi bombarda mai di messaggi. Compongo quindi il suo numero e aspetto
che mi risponda.
« Ehi Bas... che succede? Va tutto bene..? »
La mia voce dev'essergli sembrata agitata, in effetti lo è,
perché mi tranquillizza subito con le sue parole.
« Ella! Sei già sveglia a quest'ora? Pensavo che
non ti saresti fatta viva almeno fino alle dieci! In ogni caso non
preoccuparti, devo darti una bella notizia. »
Sbuffo per la sua sottile ironia e mi lascio cadere sul letto in attesa
della lieta nuova.
« Invece sono già in piedi quindi sputa il rospo.
Lo sai che sono curiosa. »
« Si si lo so, Ella caramella, comunque indovina? Presto
debutterò con il mio primo spettacolo! Non è
grandioso? Il teatro darà anche un party dopo e tu ed Audrey
non potete assolutamente mancare. »
La sua voce è davvero gioiosa ed è stranissimo
per lui dato che è sempre molto... freddo(?) No, non
è il termine adatto. In ogni caso sono felicissima per lui.
Bas è da poco direttore della compagnia teatrale per il
quale lavora e finalmente ha ottenuto l'occasione che merita.
« Oh wow! Congratulazioni Bassuccio! Audrey ed io ci saremo
sicuramente, puoi contarci. » Gli rispondo entusiasta
spostandomi il cellulare all'altro orecchio così da potermi
girare su un fianco.
« Lo sai che odio quando usi quel nomignolo, Ellina. In ogni
caso adesso devo lasciarti. Semmai ci vediamo dopo, ok? »
« Lo so Bassuccio. Ci sentiamo e ancora congratulazioni!
»
Lo saluto e chiudo la chiamata lasciando poi il cellulare sul letto
mentre raccolgo le forze per alzarmi. Sembra che tutti i miei amici
stiano ottenendo risultati importanti! A proposito di notizie... Audrey
non mi ha detto nulla del colloquio! Mi alzo di scatto e mi vesto
velocemente decisa a saperne di più al riguardo. Ormai sono
le otto e la mia coinquilina dovrebbe essere sveglia. Nessun odore
strano e non sento la sua voce ma che fine ha fatto?
« Audrey? Audrey sei in casa? »
La mia voce rompe bruscamente la quiete rimbombando nel
silenzio quasi inquietante. Nessuna risposta, ma che strano. Busso
quindi alla sua camera prima di aprire la porta e vorrei tornare
immediatamente indietro nel tempo per evitare di commettere
quest'errore. I miei occhi, purtroppo, colgono la bionda avvinghiata al
corpo di quello che dovrebbe essere un ragazzo più o meno
della nostra età.
«
Mio dio, scusate! »
Richiudo velocemente la porta e mi appoggio con la schiena ad essa
regolando il respiro. Ma perché queste cose succedono sempre
a me? Mi allontano velocemente ma vengo raggiunta da Audrey che cerca
invano di coprirsi come si deve.
« Ella, dio, mi dispiace. Avrei dovuto avvertirti ma ero un
po'... impegnata, ecco! Comunque sta andando via... Non preoccuparti.
»
Mi sorride in imbarazzo e poi torna in camera sua, probabilmente per
"cacciare" il ragazzo con il quale era tanto indaffarata pocanzi. Che
situazioni.
.......................................................................................................................................
« Allora Audrey... non mi hai detto più nulla del
colloquio... »
Siamo sedute in cucina a fare colazione senza il tipo di prima, credo
si chiamasse Mike, e finalmente la neo modella si è decisa a
rivelarmi gli esiti del meeting.
« Oh è andato bene! Hanno detto che mi avrebbero
richiamata per farmi sapere, ovviamente. Che rottura queste
formalità. »
Mi dice mentre si sistema qualche ciocca di capelli
disordinata che continua a ricaderle sul viso.
« Tu cosa mi racconti, Ella? Il tuo incontro con il
professore? »
Mi irrigidisco solo al ricordo di quel momento, ancora non ho
metabolizzato bene gli avvenimenti.
« Bene... si...bene, direi..»
« E sei arrivata in ritardo come il tuo solito? »
Ridacchia sapendo di colpire nel segno mentre, inconsapevolmente, non
fa altro che far tornare la mia mente indietro a quel piccolo incidente
che sembra avermi colpita più del previsto.
« Ehm.... si.. lo sai come sono. Non riuscirei ad arrivare in
orario neanche se mi pagassero. »
Ridacchio nervosa, per qualche strano motivo non mi va di parlarle
dell'incontro con l'uomo misterioso, quindi opto per tacere, almeno per
il momento. Non è neanche una cosa importante alla fine, no?
Perché mi sento in colpa nel nasconderglielo, invece?
« Vero, ma ti vogliamo bene per questo! Adesso meglio che mi
prepari altrimenti non arrivo più e dovresti farlo anche tu.
Devi andare a lavoro, no? »
Cazzo è vero! Oggi ho il turno di mattina!
« Dannazione, lo stavo quasi dimenticando! Grazie Audrey.
»
Mi alzo di scatto e l'abbraccio fugacemente per poi precipitarmi nella
mia stanza. In un quarto d'ora sono già in strada e quasi a
destinazione. Non ci credo sono anche puntuale! Entro quindi nel Cloe's
showroom nel quale lavoro come commessa part-time. Non è
l'impiego più soddisfacente del mondo ma in qualche modo
dovevo rimediare i soldi dell'affitto.
« Ella sei arrivata puntuale, mi congratulo! Forza mettiti a
lavoro, abbiamo le vetrine da sistemare. »
Tuona poco simpaticamente Sidney, la proprietaria del negozio. Le
dedico un sorriso di circostanza e mi metto all'opera prima che me la
faccia pagare sul serio. Sembrerebbe una cosa facile ma non
è affatto semplice sistemare i vestiti sui manichini e poi
esporli in vetrina ma devo farlo per forza, quindi, mi impegno al
massimo sperando di non combinare nessun pasticcio. Sono praticamente
sepolta nei vari indumenti, quando una voce maschile pronuncia il mio
nome facendomi voltare nella sua direzione.
« Ella...? »
Il tono è leggermente sorpreso, ma solo quando scruto il suo
viso, riconosco il mio interlocutore.
« Oh... Richard? »
Egli mi sorride divertito quanto me dalla situazione e annuisce alla
mia domanda. Si tratta di Richard Bradshaw, un ragazzo che ho avuto
modo di incontrare qualche mese fa proprio qui da Cloe's. Non lo
conosco benissimo e non so molto sul suo conto. Gestisce una catena di
hotel di lusso sparsi in varie città, tra cui il Waldorf
Astoria di New York, ma vive a Dubai. È un ragazzo alto, di
bell'aspetto, occhi e capelli castani che sfumano leggermente nel
nocciola. Bel portamento e un atteggiamento molto sicuro di se
nonché molto carismatico. Gli sorrido felice di rivederlo e
mi allungo per salutarlo. Seppur non ci conosciamo granché,
siamo entrati in sintonia già dal nostro primo incontro
tanto da scambiarci i numeri e rimanere in contatto. Richard
è un uomo molto simpatico, sa scherzare quando serve e sa
sempre cosa dire.
« Come stai, Ella? Ti trovo bene! » Mi domanda
sorridente.
« Bene, tu che mi dici? Sei qui in vacanza? »
« No, magari, mi sono trasferito proprio qualche settimana fa
qui a New York per gestire l'Astoria da vicino. »
Mi spiega mentre armeggia con il cinturino del suo orologio.
« Sembra fantastico! E dimmi ti serviva qualcosa? »
Gli chiedo notando Sidney che ci osserva inquietante dalla sua
postazione.
« No, passavo di qui e ti ho vista dalla vetrina quindi ho
pensato di salutarti. Magari un giorno di questi andiamo a prenderci un
caffè così ti spiego meglio, che dici? »
« Mi sembra un'ottima idea, ho ancora il tuo numero quindi
possiamo sentirci telefonicamente. »
Sorrido fingendo di rimettermi a spogliare il manichino prima che il
capo mi cacci a calci nel sedere fuori.
« Allora a presto, buon lavoro! »
Mi saluta ammiccante ed esce dal locale lasciandomi alle prese con i
poveri malcapitati manichini mentre le mie labbra si incurvano
spontaneamente in un sorriso. Peccato che sparisca in fretta, non
appena Sidney si avvicina con una montagna di capi da riordinare per
colore e taglia.
Si prospetta una lunga mattinata...
Angolo
autrice:
Mercoledì uguale nuovo capitolo!
Come promesso, sono tornata con un nuovo episodio, un po' di passaggio
in effetti, ma è necessario per farvi capire come si
svolgeranno i vari eventi. Abbiamo conosciuto due nuovi personaggi,
Sebastian, caro amico di Ella e Richard, un carismatico uomo d'affari.
Cosa ne pensate? Avete già qualche teoria? Non esitate a
recensire, in ogni caso, e a sabato!
Kisses
|
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Capitolo 5 *** Capitolo 4 ***
Devon's
pov
Non
potrei essere più stanco di così. Sono le due di
notte ed ho appena concluso un'operazione durata più di
dodici ore. È andato tutto bene e la paziente si
rimetterà in fretta.
Mi sbrigo a svestirmi, non vedo l'ora di fare ritorno a casa mia.
Solitamente, anche dopo turni estremamente lunghi, non prendo mai
più di mezza giornata di pausa. Sono un eterno stacanovista,
non riuscirei a rinchiudermi per troppo tempo nel mio appartamento
senza far nulla. Vivo da solo, eccetto la governante che svolge le
mansioni domestiche quando sono fuori, ma la mia tana è fin
troppo grande per una persona sola.
C'era un tempo in cui la mia vita era felice, allegra e non sembrava
così male, anzi, azzarderei fosse quasi perfetta. Ma poi il
destino ha deciso di portarmi via tutto, con una freddezza che neanche
io sarei capace di replicare in nessun intervento. Mi ha fatto capire
che la felicità non esiste, è mera illusione,
riesce a portarti al settimo cielo e all'improvviso farti sprofondare
nel baratro più oscuro.
Non c'è più speranza per me.
Con mille pensieri che mi attanagliano la testa, mi svesto del camice
per indossare i miei abiti e finalmente lasciare l'ospedale. Uscendo,
mi imbatto in infermieri e colleghi che si complimentano per la
precisione e la riuscita dell'intervento. Rivolgo loro un sorriso
tirato e mi affretto a raggiungere la mia auto sportiva.
Sulla via del ritorno, non riesco a non pensare a quanto in
realtà sia solo, eppure, sono sempre in attesa di un
cambiamento, lo stesso che non arriva mai. Molti mi accusano di non
saperlo cogliere, ma è pur vero che quel momento non sia mai
giuto. Niente mi trattiene dal rimanere nello stesso posto per troppo
tempo, nulla che mi faccia pensare "ma sì, questa volta ne
vale la pena." Niente che mi faccia godere questi trent'anni che non
torneranno più, trent'anni ed un peso troppo grande da
portare da solo. Ma come potrei infliggere a qualcun altro un peso
così grande se io stesso costituisco un'afflizione per la
mia famiglia?
Una lacrima solitaria sfugge al mio controllo e finisce per cedere alla
forza di gravità. Sono così rotto dentro che non
credo ci sia una cura per me, sono destinato al tormento eterno e non
posso fare altro che attendere la fine.
In una mezz'oretta sono finalmente a casa. C'è un silenzio
assordante che quasi inquieta, ma ne sono abituato.
Ho solo la forza di sfilarmi scarpe e camicia per poi catapultarmi
letteralmente sul letto della mia stanza. È una fortuna che
sia praticamente distrutto dall'operazione, almeno riuscirò
a condurre un sonno più tranquillo e profondo evitando che
la mente si diverta a giocarmi brutti scherzi.
Sto per addormentarmi, ma un pensiero mi risveglia improvvisamente.
Ritorno a qualche giorno fa e rivedo quella ragazza maldestra piombarmi
tra le braccia. Ancora non riesco a credere alle sensazioni che ho
provato non appena ha pronunciato il suo nome.
Ella.
Mi
passo una mano sul viso stanco e mi forzo di pensare ad altro, ma
fortunatamente, dopo neanche cinque minuti, crollo esausto tra le
braccia di Morfeo.
Ella's
pov
«
Quindi mi stai dicendo che in realtà è noioso
vivere in un hotel di lusso? Dai non prendermi in giro,
Richard...»
Sono
le cinque del pomeriggio e siamo comodamente seduti ai tavolini di un
famoso bar in centro. Il tempo è perfetto, l'aria non
è né troppo calda né troppo fredda e
si sta davvero bene all'esterno. Prendo qualche patatina dall'apposito
contenitore posto sulla tavola ed osservo il cocktail dinanzi a me
prima di prenderne un sorso.
«
Davvero, Ella! Ti assicuro che ti stancheresti anche tu dopo qualche
mese. Troppo lusso, troppo sfarzo anche per me che ne sono abituato da
sempre. É una noia. »
Asserisce come se fosse ovvio e prende un sorsetto del suo martini.
Sorrido perché in realtà non mi ci vedo proprio a
vivere nell'oro e sicuramente mi troverei più a disagio che
altro.
«
Stento comunque a crederci, ma tanto non posso saperlo in ogni modo,
quindi...»
Faccio spallucce e afferro qualche nocciolina. Le adoro.
Richard ridacchia scuotendo leggermente la testa. Poi si fa
più vicino appoggiando i gomiti sul tavolo.
«
Dimmi Ella, ti piacerebbe soggiornare nel mio hotel per un weekend?
Così potrai avere un assaggio e capire di cosa parlo.
Aggiungo anche la Spa. »
Sgrano leggermente gli occhi sorpresa della sua proposta. Soggiornare
in un hotel di lusso per un paio di giorni..?
«
Oh Richard non so cosa dire... »
«
Pensaci, anzi puoi portare un'amica con te o un amico. Questo tipo di
attività si fanno in compagnia. É tutto offerto
da me non dovrai preoccuparti di nulla. »
Mi fa l'occhiolino e mi rivolge uno dei suoi sorrisi migliori per poi
prendere un altro sorso del suo martini. Sembra molto convinto della
sua offerta e credo che forse dovrei davvero accettare.
«
D'accordo allora, accetto volentieri. Sei molto gentile con me,
Richard. »
«
Ma figurati, è un piacere, Ella. »
Sorride e finisce in un sol sorso il resto del drink ammiccando
leggermente. È un gesto molto carino da parte sua,
soprattutto non conoscendoci molto, in fin dei conti. Appena Audrey ne
verrà a conoscenza, non potrà non gioire. Adora
le Spa.
«
Adesso si è fatto proprio tardi, che ne dici se torniamo a
casa? » Domando sorseggiando il resto del mio drink
avvertendo però una leggera fitta alla testa. Non ci faccio
troppo caso, potrebbe benissimo essere l'alcol del mio cocktail, non
sono neanche abituata a bere di pomeriggio. La mia espressione deve
avermi però tradita perché Richard nota subito
qualcosa che non va.
«
Ella.. stai bene? » Mi chiede preoccupato aggrottando le
sopracciglia.
«
Sì, sì. Sto benissimo, andiamo? »
«
Sì, ti accompagno a casa.»
Annuisce e lascia i soldi sul bancone per poi porgermi la mano.
È molto galante, devo ammetterlo.
Senza ulteriori indugi, la afferro e lasciamo il bel locale insieme per
dirigerci verso la sua macchina. Il tragitto è breve, e in
men che non si dica, siamo già al mio appartamento.
«
Grazie di tutto, Richard. Ti farò sapere per quanto riguarda
la tua offerta. »
«
Di nulla e conto che tu venga presto, mi raccomando. » Mi
saluta con due baci sulle guance e aspetta che entri nel palazzo per
poi sfrecciare via a tutta velocità.
---------------------------------------------------------------------------------------------------------------
«
Audrey! Ho una notizia grandiosa per te! » Urlo esaltata
entrando come una furia nel soggiorno.
«
E devi per forza urlare, Ella? Sto cercando di scegliere un outfit...
»
Mi dice sporgendo la chioma bionda fuori dalla porta della sua camera.
La raggiungo saltellando e le afferro le spalle.
«
Andremo in una Spa! Non sei felice? »
«
Davvero?! ODDIO CHE BELLO! » Saltella insieme a me
entusiasta.
«
È da una vita che volevo andarci! Ci serve un po' di relax!
Ma dimmi... perché ci andiamo? »
Scoppio a ridere, in effetti mi stavo dimenticando di riferirle la
parte fondamentale del discorso.
«
Ricordi quel Richard di cui ti parlai? Bene, si è trasferito
qui e ci siamo tenuti in contatto. Oggi mi ha offerto questo soggiorno
e ha detto che avrei dovuto portare un'amica. Sono o non sono la
migliore coinquilina del secolo?»
«
Sì che lo sei! Non vedo l'ora di andarci e di conoscere
questo famoso Richard. Che bello, Ella! »
Mi abbraccia felice e saltellante, davvero molto più
esaltata di me all'idea del soggiorno. Avevo detto che amava le Spa.
Ricambio
l'abbraccio e le sfodero il mio sorriso migliore lasciando che mi
trascini in camera sua per aiutarla con la scelta del completo.
Passiamo più di un'ora a ridere e scherzare mentre le faccio
provare gli abbinamenti più osceni e Audrey li indossa
facendo una mini-sfilata ogni volta. Le giornate dovrebbero essere
sempre così, spensierate e piene di risate, ma una nuova
fitta alla tempia, mi ricorda che non sarò mai del tutto
libera, che il pensiero di mia madre mi perseguiterà per
sempre.
Non c'è speranza per me.
Angolo
autrice:
Pubblico tardi oggi ma eccomi con un nuovo capitoletto. E' abbastanza
di passaggio, lo ammetto, ma è necessario per farvi capire
il resto della storia. Cosa ve ne pare per adesso? A
mercoledì per il continuo.
Kisses.
|
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Capitolo 6 *** Capitolo 5 ***
Ella's
pov
La
settimana mi è sembrata interminabile. Tra lavoro, studio ed
università non ho avuto un attimo di respiro. Audrey alla
fine ha ottenuto l'incarico come modella quindi è stata
sommersa anche lei dagli impegni, ma finalmente il weekend è
alle porte e ci aspettano due fantastici giorni di relax! Audrey
è così su di giri che mi ha fatto preparare il
piccolo bagaglio già il giovedì sera.
É un caso perso...
La
bionda, invece, ha intenzione di utilizzare due valigie enormi
nonostante le abbia ricordato più volte che staremo via solo
per un paio di giorni e che quelle sarebbero troppe anche per un
trasferimento, ma ovviamente non mi ha dato ascolto. Abbiamo previsto
la partenza per sabato mattina presto così da non perdere
l'intera giornata.
Per il "viaggio", indosso una semplice t-shirt a maniche corte color
pesca e un paio di jeans scuri insieme ai miei immancabili stivaletti
neri. La mia amica invece ha optato per un vestitino, forse un po'
troppo corto per i miei gusti, color celeste che si intona
perfettamente ai suoi occhi.
Decidiamo di usare la macchina di Audrey perché è
più grande della mia così da far entrare tutto
ciò che la bionda si è portata dietro oltre a noi
due.
Finalmente partiamo alla volta dell'Astoria Hotel con tanto di radio a
tutto volume e finestrini aperti al massimo.
L'euforia della mia coinquilina a volte mi spaventa, per tutta la
durata del viaggio, non fa altro che ripetermi quanto sia contenta di
passare il weekend in pieno relax con me, quanto sia impaziente di
conoscere il famoso Richard e anche di gettarsi nella Spa il prima
possibile. Come darle torto!
«
Abbassa un attimo il volume, mi sta squillando il telefono. »
Le urlo per sovrastare la musica mentre cerco il cellulare. Non so
neanche come abbia fatto a sentirlo! Quando lo trovo, controllo il
display prima di rispondere.
«
Ehi Richard! Sì, stiamo arrivando, sì sappiamo
dov'è non preoccuparti. A dopo, un bacio. »
Attacco e ripongo l'aggeggio in tasca.
In meno di una mezz'ora, ci ritroviamo al di fuori dell'immenso hotel.
Rimango a bocca aperta di fronte alla sua imponenza. L'esterno
è molto promettente, ma in fondo è un albergo a
cinque stelle che altro aspettarsi?
Un addetto ci accoglie e si premura di portare all'interno i nostri
bagagli e ci chiede di seguirlo. Facciamo come ci dice e rimaniamo
ancora più folgorate dall'arredamento e dall'ambiente in
generale. È molto lussuoso ma non volgare, anzi, molto
raffinato. Trasuda eleganza da tutti i pori.
«
Wow, Ella è stupendo! »
Audrey è su di giri e lo sono anche io. Questo posto
è fantastico! Facciamo per avvicinarci alla reception,
quando una voce ormai familiare, richiama la nostra attenzione.
«
Ella! Eccovi finalmente. Temevo vi avessero rapite lungo il tragitto.
»
«
Richard come sei amorevole..»
Lo prendo in giro e mi fiondo a salutarlo. È vestito di
tutto punto con un completo blu scuro che gli calza a pennello. Non
indossa la cravatta, ma la camicia bianca è molto elegante.
Improvvisamente mi sento un po' fuori luogo ma poi mi ripeto che sono
venuta qui per rilassarmi e scaccio via questo pensiero.
«
Richard, vorrei presentarti la mia cara amica nonché
coinquilina, Audrey Anderson. »
Mi
volto nella direzione della bionda e... oddio no. Ha quello sguardo.
Credo che sia rimasta molto colpita da Richard. È molto
affascinante, come biasimarla.
«
Piacere mio, Richard... »
Si presenta civettuola, porgendogli una mano che il proprietario si
affretta a baciare. Alzo gli occhi al cielo divertita dalla situazione.
Ne vedremo delle belle.
«
Ella non mi aveva detto che la sua amica fosse tanto affascinante...
»
Le rivolge un'occhiata eloquente e poi guarda anche me ammiccante.
Andiamo bene.
Audrey arrossisce leggermente e si arrotola una ciocca bionda tra le
dita. Mi sento un po' la terza incomoda.
«
Allora Richard, perché non ci fai fare un bel tour del tuo
hotel? »
Li interrompo prima che la situazione degeneri davanti ai miei occhi
guadagnandomi un'occhiataccia da Audrey.
Richard si sistema la giacca e annuisce, facendo un cenno al concierge
dietro il bancone della reception. Ci mostra tutte le ale
più importanti, compresa la Spa, e ci illustra le varie
stanze. È tutto spettacolare, devo ammettere, e la mia amica
ed io non stiamo più nella pelle.
«
E questo è tutto, ragazze. Vi lascio al vostro soggiorno
sperando sia di vostro gradimento. Ci vediamo dopo. »
Ci congeda educatamente con un sorriso sornione e sparisce in
lontananza.
«
Ella mio dio! Perché non mi hai detto che questo Richard
è così sexy?! »
Ci risiamo. Alzo gli occhi al cielo ma poi scoppio a ridere per la sua
espressione sbigottita.
«
Si è molto carino ma.. non me l'hai mai chiesto! Lo sai che
non faccio caso a queste cose... »
«
Ella smettila di dire stronzate, per favore. Sei cieca! Ecco qual
è il problema. » Incrocia le braccia al petto
scuotendo vigorosamente la testa in disappunto.
«
Dai, Audrey... godiamoci la giornata e lasciamo perdere questo
discorso.» Le afferro un polso e la trascino nella nostra
camera. É giunta l'ora del relax!
Venti minuti dopo, siamo piacevolmente immerse in una piscina con acqua
calda e con l'idromassaggio che ci accarezza energicamente la schiena.
A rovinare questa magnifica sensazione, è una forte fitta
alla tempia seguita da un giramento di testa improvviso. Ok, manteniamo
la calma, sarà per il calore eccessivo dell'acqua(?)
«
Audrey, aspettami qui vado a prendere un po' d'aria...»
Devo essere molto pallida perché la bionda si alza di
scatto, subito dopo di me, e la sua espressione trasuda preoccupazione
da tutti i pori. Non voglio farla agitare per una sciocchezza simile,
quindi le faccio un cenno fugace con la mano e mi affretto ad uscire
dalla piscina avvolta dall'accappatoio fornitoci dall'hotel.
Scappo praticamente fuori dalla Spa, ma Richard mi sbarra la strada. Da
dove è spuntato fuori?
«
Ella va tutto bene? Sei pallida.. »
Mi afferra per le spalle scrutandomi attentamente ma sono troppo scossa
per rispondergli. La testa gira veramente parecchio. Dopo pochi secondi
ci raggiunge anche Audrey, ansiosa più che mai.
« Che cos'ha? »
Chiede la bionda rivolta a Richard, neanche fosse un dottore. Egli
guarda prima la mia amica e poi me. Entrambi si aspettano una mia
risposta, ovviamente.
«
Credo che il calore mi abbia fatto girare la testa... »
«
Ti si sarà abbassata la pressione... Dai vi accompagno in
stanza, un po' di riposo ti farà bene. »
Annuiamo e mi scortano entrambi praticamente fin dentro il letto. Sono
davvero così preoccupati?
«
Ragazzi sto bene... grazie mille per avermi accompagnato, adesso
tornate pure a ciò che stavate facendo... su.. »
Li congedo con un cenno della mano ma entrambi mi guardano accigliati
dall'alto. Cosa si aspettano che dica?
«
Ella... dovresti farti controllare, non credi? Non hai per niente un
bell'aspetto. » Constata Audrey incrociando le braccia sotto
al seno guardandomi storta.
«
Vi ho detto che sto bene, sarà stata l'acqua bollente.
Adesso fatemi dormire...»
La modella sta per aggiungere altro ma Richard la interrompe con un
gesto della mano.
«
Ha ragione, lasciamola riposare.. » Porge la mano ad Audrey
che improvvisamente, chissà perché, sembra aver
cambiato totalmente opinione.
«
Sì, andiamo... » Mi lanciano un'ultima occhiata e
finalmente mi lasciano sola nel comodissimo letto dell'hotel.
In realtà vorrei alzarmi, ma la stanchezza me lo vieta e in
men che non si dica, crollo in un sonno profondo.
Angolo
autrice:
Come ogni mercoledì, eccovi un capitolo nuovo di zecca nel
quale Audrey ed Ella si concedono una giornata di relax. Ma cosa
succede alla nostra Ella? Perché sta male? E Richard? Come
vi sembra?
Nel prossimo capitolo forse troverete le risposte ad alcune di queste
domande.
Kisses.
Ps: Recensite per farmi sapere cosa ne pensate!
|
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Capitolo 7 *** Capitolo 6 ***
Ella's
pov
Sono
passate due settimane dal mancamento che ho avuto all'Astoria di
Richard. Inizialmente, dopo una bella dormita, sembrava andasse meglio,
ma mi sbagliavo ed i sintomi sono riapparsi sempre più
frequentemente. Dovrei preoccuparmi per la mia salute, come i miei
amici, ma non reputo che stia morendo!
Essi non sembrano essere d'accordo con me, infatti, mi hanno vietato di
andare a lezione/lavoro per tutta la settimana.
Che noia.
Ho deciso quindi di approfittarne per portarmi avanti con la stesura
della tesi della laurea, ma dopo qualche ora, ho dovuto abbandonare per
mancanza di concentrazione. Questi giramenti di testa mi
destabilizzano, e non poco, anche se cerco di non darlo troppo a
vedere. Audrey mi sta addosso come un falco. Mi lancia ogni minuto
un'occhiata per controllare che stia bene e che non abbia altri strani
mancamenti. Ma come devo convincere tutti che sarà
sicuramente una sciocchezza? Uffa, nessuno sembra darmi ascolto.
Sbuffando, metto via il portatile, scarico tra l'altro, e afferro
l'album da disegno sul tavolino che mi separa dalla televisione. Mi
sistemo meglio sul divano e sfoglio i precedenti schizzi. Non mi
convincono del tutto, ma neanche il tempo di rifletterci su che Audrey
mi piomba alle spalle.
«
Hai fame? Ti porto qualcosa da bere? La testa come va..? »
Chiede apprensiva dedicandomi un sorriso tirato.
«
Audrey sembri proprio una mamma chioccia, ma non devi preoccuparti per
me. Sto benissimo! Non dovevi andare a lavoro tu? »
«
Sì infatti! Ma non crederai che ti lasci da sola vero?
» Il suo tono trionfante mi lascia perplessa. Che vuole dire?
«
Ho chiamato Sebastian che però era impegnato, quindi ho
contattato Richard che sta venendo proprio adesso, così
può farti compagnia! »
Sbuffo
sonoramente alzando gli occhi al cielo. Non sono una bambina!
«
Ma Audrey dai! Quel povero Sebastian praticamente passa le giornate
qui, adesso hai assoldato pure Richard? Ti sembra una cosa normale?!
» Incrocio le braccia al petto, in disappunto, proprio come
se fossi una bimba capricciosa.
«
Smettila di fare storie e sta zitta. Tanto a breve sarà qui.
»
Sorride
come un'ebete e so perfettamente perché. Mannaggia a me che
le ho presentato quell'uomo! Non fa altro che parlarmene da quando
siamo andate al suo hotel un paio di settimane fa. Si è
proprio infatuata di lui...
«
È tutta una scusa per vederlo, in realtà non ti
importa nulla di me! » Le dico con finta
teatralità portandomi anche una mano alla tempia. La bionda
ride e si catapulta sul divano per abbracciarmi.
«
Non dire scemenze sai che ti adoro e che ti voglio tanto tanto bene per
questo non voglio che tu stia male. Ma è vero anche che
Richard è proprio un dio greco! Ahhh »
Sospira
con aria sognante ed io non posso evitare di ridacchiare alla sua
reazione. Richard è davvero un bel ragazzo, posso capire
benissimo la mia amica, e si è rivelato essere anche un buon
amico. È passato spesso a trovarmi per sapere come stessi e
abbiamo legato molto nell'ultimo periodo.
In
meno di dieci minuti, ci riscuotiamo dal torpore nel quale eravamo
entrambe cadute, a causa del suono del campanello. La mia coinquilina
ovviamente si precipita ad aprire, dopo essersi controllata prima allo
specchio. È troppo buffa quando vuole fare colpo su
qualcuno!
«
Buongiorno, Audrey. » Posso solo sentire la voce del mio
amico risuonare nell'appartamento, essendo sul divano di spalle
all'ingresso.
«
Ciao Richard, entra pure ti stavamo aspettando... » Lo saluta
lei, allegra come una Pasqua. Giro leggermente il collo per vederli e
accenno un sorriso nella loro direzione.
«
Come sta la nostra malata oggi? » Si affrettano a
raggiungermi sul divano così posso avere una visuale di
entrambi davanti alla mia persona.
«
Ciao Rick! Sto benissimo, ve l'ho detto...Se solo dormissi un po' in
più, sarei ancora più in forma! »
Sorrido sorniona per convincerli, ma fallisco miseramente. Scuotono
entrambi la testa lanciandosi un'occhiata complice.
«
Ella fa la brava... Adesso vado a lavoro, a dopo! » Si
congeda Audrey salutandomi con un bacio sulla guancia, e con questa
scusa, ne approfitta per darne uno anche a Richard che non sembra
affatto dispiaciuto. Chi lo sarebbe, in fondo?
«
Allora, Ella. Adesso puoi dire la verità. Come ti senti?
» Mi chiede più serio rispetto a pochi secondi fa,
prendendo posto accanto a me sul divano. Sposto l'album da disegno e lo
lascio fare.
«
Richard dai... Ti ci metti anche tu? »
«
Sono tuo amico, è normale che mi preoccupi, però
sono anche meno drammatico di Audrey quindi puoi parlare con
sincerità con me. » Cerca di guardarmi in viso ma
io abbasso lo sguardo sul pavimento. So di non avere nulla di grave, ma
allo stesso tempo questi "malori" mi stanno un po' preoccupando. Dovrei
dirlo a Richard?
«
Ok, va bene. Non sto al cento per cento ma non sto neanche morendo.
Contento?» Lo guardo sorridendo falsamente, ma lui scoppia a
ridere.
«
Sei incredibile... io ti consiglierei di andare da un medico, per
sicurezza. »
«
Un dottore?! No! Non vado dai medici io... Pff. »
Scoppia
ancora più a ridere per la mia espressione sconcertata ma
poi, come colto da un'improvvisa ispirazione, mi espone la sua proposta.
«
Ho un amico che è un medico, potrei chiedere a lui di darti
un'occhiata, che ne pensi? » Sorride contentissimo, come se
avesse avuto l'idea del secolo.
«
Non se ne parla proprio. » Gli lancio un'occhiataccia, non
andrò da nessun dottore.
Passiamo
una buona mezz'ora a discutere, ma alla fine accetto per sfinimento.
Non lo sopportavo più!
«
Va bene ci vengo! Che palle però...»
«
Bravissima! Stasera lo chiamo e fisso un appuntamento per te. Vedrai
che non te ne pentirai. » Sorride entusiasta e si alza per
fare un thè caldo ad entrambi.
Speriamo
di aver fatto la scelta giusta...
------------------------------------------------------------------------------------------------
La
giornata è passata tranquillamente con pochi giramenti di
testa. Richard è andato via dopo pranzo, a causa di un
improvviso meeting, ricordandomi che avrebbe chiamato il suo amico in
serata e che mi avrebbe fatto sapere dopo.
Il
pomeriggio l'ho trascorso, invece, con Sebastian che era preoccupato
per la mia salute ed era sollevato nel sapere che sarei andata da un
medico presto. Si è anche proposto di accompagnarmi e non
sono riuscita proprio a dissuaderlo. Audrey, una volta saputa la nuova,
ha fatto letteralmente i salti di gioia tessendo le lodi del suo
Richard...
Come promesso, quest'ultimo mi ha poi chiamato dopo cena e mi ha
comunicato di aver parlato con il suo amico che ha accettato di
vedermi. Trattandosi di un favore, dovrò recarmi il giorno
successivo al di fuori dell'orario di visite, ma non è un
problema per me.
La
mattina seguente mi sveglio scombussolata e da una parte sono contenta
di aver accettato di farmi visitare, almeno capirò cosa mi
affligge da settimane. Sebastian mi verrà a prendere verso
le sei di pomeriggio poiché "l'appuntamento" è
fissato per le sette e trenta di sera, salvo imprevisti. Rimango in uno
stato d'ansia per tutta la giornata, temendo l'imminente consulto. Non
vado da un dottore da anni, l'ultima volta sarà stata da
bambina è normale un po' di nervosismo, no..?
Tormentandomi mentalmente per tutto il pomeriggio, il messaggio di Bas
mi mobilita all'istante. È ora di andare.
Il viaggio dura un'oretta e arriviamo puntuali, forse troppo,
all'esterno del palazzo che ospita lo studio. Si vede che è
un'occasione speciale, siamo super in orario! Sebastian mi ha promesso
di attendere in macchina, mi metterebbe solo più a disagio
se mi scortasse dentro, così mi affretto a salutarlo e mi
avvio all'entrata. Una terribile sensazione di panico prende possesso
del mio corpo non appena varco la soglia del palazzo. Proprio non mi
piace andare dai dottori, sarà la prima e ultima volta, ho
deciso!
Prendo un respiro profondo e faccio appello a tutto il mio buon senso
per bussare. Una voce maschile mi da il permesso di entrare,
così afferro la maniglia e apro lentamente la porta per non
fare rumore, è tutto troppo silenzioso qui. Ho intenzione di
salutare, ma le parole mi muoiono in gola non appena i miei neuroni
captano l'immagine che mi si presenta davanti.
Non
è possibile, non può essere vero.
Angolo
autrice:
Sabato means nuovo capitolo quindi eccomi qui!
Ella si è finalmente decisa a farsi controllare da un
dottore grazie al nostro bel Richard.
Curiosi di sapere cosa succederà? Lo scoprirete
mercoledì.
Kisses
|
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Capitolo 8 *** Capitolo 7 ***
Devon's
pov
L'atmosfera che si respira negli ospedali è sempre molto
pesante. Non sai mai cosa può succedere, c'è
confusione, tensione, impazienza. Eppure è il mio habitat,
non saprei immaginarmi in nessun altro posto che non sia questo. I miei
genitori, inizialmente, non prediligevano questa mia aspirazione ma
alla fine hanno dovuto accontentarsi. I rapporti si sono poi incrinati
a causa di ciò che è successo, favorendo il mio
allontanamento dalla mia città natale. Non sono americano,
sono nato a Londra in Inghilterra, ma ho sempre viaggiato molto per la
mia professione fino a stabilirmi a New York definitivamente.
Le settimane sono passate come al solito, scandite dalla monotonia
della solita routine ad eccezione di una visita a sorpresa, non me
l'aspettavo affatto. Il mio unico migliore amico è tornato
nella grande mela e non è di passaggio, bensì, si
è trasferito proprio qui. Non potrei essere più
contento, finalmente un viso amico dopo tanto tempo. Egli mi
è stato vicino, pur non essendoci fisicamente, quando ne
avevo più bisogno e viceversa. Ci conosciamo da anni,
è come un fratello per me.
In settimana abbiamo avuto modo di vederci così da salutarci
a dovere. Mi ha raccontato le sue ultime novità, abbiamo
parlato del più e del meno proprio come una volta.
È stato un pomeriggio diverso e ho avuto modo di staccare la
spina per qualche ora. Come sempre, parlare con lui mi ha fatto bene e
non potrei essergliene più grato.
Stranamente, ricevo una sua chiamata ieri sera sul tardi nel quale mi
chiedeva se fossi libero per visitare una sua amica l'indomani. Beh,
non ho nessun problema a farlo, più tempo passo fuori casa,
meglio è, perciò non mi sono fatto scrupoli ad
accettare, purché la faccia venire al di fuori dell'orario
di visite.
La mattinata procede come al solito, senza troppe emergenze e per ora
di pranzo sono già fuori dal Lennox per fare uno spuntino e
poi recarmi direttamente al mio studio per le visite private.
Sono le diciannove e trenta in punto, l'ultimo paziente è
andato via proprio adesso e non mi resta che attendere l'amica di
Richard. Mi accomodo sulla poltrona e mi stendo leggermente. Sto per
chiudere le palpebre quando un leggero bussare alla porta mi riporta
sull'attenti.
« Avanti. »
La invito ad entrare aspettando che si faccia viva rivelando la sua
identità. Non appena la porta si apre, le mie pupille
catturano incredule l'immagine della ragazza.
Non ci posso credere. Ma davvero il destino è
così bastardo? Ma che razza di problemi ha con me? Non mi ha
fatto già male abbastanza? La risposta è
ovviamente negativa.
La osservo sulla soglia per attimi che sembrano interminabili e noto
che è sotto shock come me. È immobile sul suo
posto con la mano a mezz'aria e la bocca leggermente schiusa per la
sorpresa.
Come darle torto.
« Entra pure, accomodati. »
Rompo il silenzio imbarazzante che si è venuto a creare
accompagnando le mie parole con un gesto della mano.
La fanciulla si riscuote dalla paralisi momentanea e fa qualche passo
nella mia direzione accomodandosi sulla sedia posta dall'altro lato
della scrivania. I suoi occhioni blu sono spaventati, come l'ultima
volta che li ho incrociati, e si guardano intorno agitati per poi
puntarsi su di me.
« Ehm.. Richard mi ha consigliato di venire da lei...
» Pronuncia le sue prime parole, finalmente, usando un tono
troppo formale. Ci siamo già dati del tu, perché
fare un passo indietro ora?
« Puoi darmi del tu. Sì, mi ha chiamato ieri per
avvertirmi. Come lo conosci? » Sono davvero curioso di sapere
come si sono incontrati per diventare tanto amici, forse escono
insieme? Nhaa, Rick me l'avrebbe detto sicuramente.
« Giusto, va bene. Ci siamo conosciuti tempo fa nel negozio
nel quale lavoro. Tu come lo conosci? »
« Siamo amici da molto tempo, ma parlami pure di cosa ti
senti, di cos'hai.. »
Mi sistemo il camice appoggiando i gomiti sulla scrivania.
« Ho dei forti giramenti di testa da un mesetto almeno, se
non di più, e delle fitte alla tempia, soprattutto la
mattina appena sveglia.. »
Abbassa lo sguardo come se si fosse appena tolta un peso dalle spalle.
Sembra sollevata.
« Prendi qualcosa? Qualche farmaco? »
Le domando mentre mi annoto ciò che mi dice.
« No... Sì, solo la pillola anticoncezionale.
»
Asserisce torturandosi la manica del giubbotto. È
a disagio, ma lo sono quasi tutti i miei pazienti di solito.
« Bene, adesso ascolto il cuore e misuriamo la pressione per
vedere com'è, va bene?»
Annuisce flebilmente mentre mi alzo dalla mia postazione. Le faccio
cenno di accomodarsi sul lettino e levarsi il giubbotto. Afferro lo
stetoscopio e infilo le estremità nelle orecchie. Mi
avvicino con la sonda al suo torace ma è evidente che
è in preda al nervosismo.
« Sei agitata, E-Ella...(?) » Fingo di non
ricordarmi il nome, anche se non potrei mai dimenticarlo, ma non
è necessario che lei lo sappia. La mora conferma con un
cenno della testa e mi guarda terrorizzata.
« Non mi piacciono i dottori, mi mettono ansia. »
Risponde quasi sottovoce.
Mi viene da ridere per il tono che ha usato, ma mi trattengo sorridendo
appena.
« Ho notato, ma se vuoi farti aiutare dovrai collaborare...
» Alza gli occhi al cielo e prende un grosso respiro per
calmarsi.
Le controllo il cuore e sembra che funzioni perfettamente.
« Ok, adesso ti misuro la pressione. » Mi allontano
per prendere lo strumento, posizionandoglielo sul braccio. Mentre la
visito, mi lancia delle occhiate di tanto in tanto cercando di non
incontrare il mio sguardo. Sta mettendo ansia anche a me in questo
modo.
«
Sembri sana come un pesce per il momento, sicura di non aver sbattuto
la testa inciampando in qualche tombino? » Non posso proprio
trattenermi dal fare la battuta, ma sembra che lei non abbia apprezzato
particolarmente.
« Ma che simpatico... ti assicuro che non passo le giornate
ad inciampare in giro... » Alza gli occhi al cielo e scende
dal lettino sistemandosi la maglia e la frangia.
«
Abbiamo finito? » Si siede nuovamente sulla sedia
risistemandosi, cambiando subito argomento.
« Si abbiamo finito. Ti prescrivo una serie di analisi ed
esami da fare e quando avrai i risultati tornerai da me, intesi?
» Le spiego mentre le faccio le varie prescrizioni
osservandola di sottecchi.
A quanto pare non mi libererò facilmente di lei.
Ella's
pov
Quando apro la porta, il mio corpo si pietrifica letteralmente
sull'uscio. Come è possibile rincontrare l'uomo che ti ha
salvata per caso da una brutta caduta in uno studio medico? Le
probabilità erano quasi nulle, eppure. Conosce anche Richard
poi! Che situazione incredibile.
Resto per un tempo infinito a fissarlo finché non mi invita
ad entrare e così mi siedo titubante. L'ansia sembra
peggiorare man mano che passa il tempo. È troppo strano, mi
sento veramente a disagio. Per fortuna non impiega molto a visitarmi ma
ovviamente si accorge della mia agitazione.
Sbaglio o mi sta per ridere in faccia quando gli dico che non mi
piacciono i dottori?
Gli lancio occhiate furtive per tutto il tempo, controllando
ciò che fa per capire meglio. Quasi sobbalzo quando mi
appoggia la sonda gelata sul petto e lui se ne accorge
perché trattiene un sorrisetto. Mi sta innervosendo ancora
di più.
Quando pronuncia il mio nome ho un sussulto. Se lo ricorda...?
Pensandoci anche io ricordo il suo ma dal nostro primo incontro, mi era
sembrato molto più freddo e distaccato. Mi
rimangio tutto, la battuta sul tombino poteva risparmiarsela...
« Bene, allora farò queste analisi... »
Afferro il foglio delle prescrizioni e quasi non mi viene un infarto.
Ma a quanti esami mi dovrò sottoporre..?
« Puoi farli tutti in ospedale. Ti do il mio biglietto da
visita così, a risultati ottenuti, possiamo metterci
d'accordo per la prossima visita. » Mi allunga il bigliettino
plastificato con i suoi dati che mi affretto ad afferrare.
« Sei un cardiochirurgo..? » La domanda mi esce
quasi spontanea ma avrei voluto pronunciarla con meno stupore. Alzo lo
sguardo su di lui che subito annuisce.
« Sì, esatto. Tu lavori, quindi? » Mi
domanda accomodandosi sulla poltrona.
« Sì... ma studio anche. Frequento un'accademia
d'arte. » Ma perché stiamo parlando di questo
adesso?
« Oh sei un'artista... » Accenna l'ombra di un
sorriso ma veniamo interrotti da una voce femminile che irrompe nella
stanza.
« Dottor Reinfield... »
Ci giriamo entrambi nella direzione della porta. Una ragazza dai
capelli e occhi scuri in divisa sosta sulla soglia.
« Rose, sono ancora con una paziente. » Risponde
secco Devon, senza scrupoli.
« Oh mi scusi, dottore... non volevo. Pensavo avesse finito
per oggi..» Si scusa mortificata, neanche avesse
ucciso qualcuno.
Allora non sono l'unica che si sente intimorita al suo solo
sguardo.
« No, non preoccuparti me ne stavo andando. »
Intervengo, afferrando il bigliettino e riponendolo nella mia borsa per
poi infilarmi il giubbotto.
Devon si alza subito dopo di me lanciandomi un'occhiata interrogativa
per poi accompagnarmi alla porta. Rose è ancora li immobile
con le guance più rosse di due pomodori.
« Aspetto una tua chiamata, allora. Ti auguro una buona
serata. »
Mi congeda con quest'ultima frase Mr. Occhi di ghiaccio.
« Sì, alla prossima e grazie, ancora...
» Marco volontariamente l'accento sull'ultima parola,
salutandolo con un sorriso per poi allontanarmi definitivamente da
quello studio. Sono parecchio scossa da tutti questi avvenimenti,
infatti, Sebastian se ne accorge appena metto piede in macchina. Ma non
mi va di parlarne adesso, così gli rivelo il minimo
indispensabile sulla via del ritorno, mentre rifletto sulla
grandiosità del destino.
Angolo
autrice:
Sorpresa!
Pubblicazione del capitolo anticipata dato che domani non
sarò a casa per tutto il giorno. Finalmente abbiamo
l'incontro dei Della ( Sì, hanno già il nomignolo
) e scopriamo qualcosa in più su Devon, ma non è
finita qui, ovviamente.
Basta, non voglio dirvi nient'altro, a sabato.
Kisses.
Ps: Dai recensiteeeeeee!
|
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Capitolo 9 *** Capitolo 8 ***
Ella's
pov
Torno a casa sfinita. È proprio vero che le cose succedono
tutte insieme e senza il minimo preavviso. Mi sento parecchio confusa e
non è mai un buon segno.
Lungo tutto il viaggio di ritorno, non proferisco parola, troppo
intenta a fissare il biglietto da visita plastificato:
"Dottor.
Devon Connor Reinfield
Primario di cardiochirurgia presso il Lennox Hill Hospital."
Di
seguito sono indicati il suo numero di cellulare e quello che presumo
sia dello studio privato.
È giovanissimo, non gli darei più di trent'anni,
ed è già primario. Dev'essere proprio bravo per
essere arrivato così in alto rapidamente.
«
Ella, vuoi dirmi cosa è successo in quello studio? Sei
troppo silenziosa, di solito mi riempi la testa di chiacchiere.
» La voce di Sebastian, alla guida, mi risveglia dal mio
momentaneo stato di trance e mi affretto a riporre il cartoncino nella
borsa.
«
Nulla di importante. Lo sai che non mi piace farmi visitare dagli
estranei, per questo sono silenziosa. » Che poi proprio
estraneo non è, è un dettaglio che
terrò per me almeno fino a quando non avrò
parlato con Richard.
Sorrido leggermente al mio amico, sperando di tranquillizzarlo un po'.
Mi dispiace tanto aver coinvolto tutti loro in questa storia e ancora
di più il loro preoccuparsi tanto a causa mia.
«
Allora, come procedono i preparativi per il tuo spettacolo? Sei
emozionato? » Cambio argomento per distogliere l'attenzione
da me e colpisco nel segno perché Sebastian si diletta nel
raccontarmi i dettagli.
«
Procede bene, anzi benissimo, ma com'altro poteva essere con me al
comando? » La sua modestia mi fa sempre ridere. È
incredibile quanto riesca ad elogiarsi da solo quel ragazzo!
«
E che mi dici di quel tipo..? Jefferson? Ci sei più uscito
alla fine? » Mi appoggio meglio sullo schienale voltandomi
cautamente nella sua direzione per ascoltare meglio. Egli mi fa un
occhiolino che la dice lunga e capisco che l'appuntamento dev'essere
andato più che bene. Sebastian è omosessuale e
non l'ha mai nascosto, anzi. Adora scherzarci su ma so che i genitori
non devono averla presa bene. Per adesso ha chiuso con loro, anche se
ogni tanto cerco di smuoverlo affinché superi gli attriti e
parli con loro. Bas è francese, precisamente parigino, e
proviene da una famiglia benestante, ma la lontananza dalla patria, non
aiuta il superamento di queste incomprensioni, purtroppo.
Una mezz'ora dopo sono finalmente di ritorno a casa. Saluto Sebastian
con due baci e un abbraccio e mi affretto a salire dalla mia
coinquilina preparandomi psicologicamente al suo terzo grado.
«
Audrey sono a casa! » Ripongo le chiavi nella borsa che
lancio poi sul divano e subito una testolina bionda fa capolino dalla
cucina. Ditemi che non sta cucinando...
«
Ellaaaa! Sei tornata finalmente! Come è andata? Che ti ha
detto? Cos'hai? » Mi trattengo dal riderle in faccia, ma
è davvero troppo buffa e dolce quando si preoccupa tanto e
fa la parte della mammina apprensiva.
«
Mi ha detto che devo fare degli esami ma che sembro stare bene...
» Le comunico tornando verso la borsa per afferrare il
cellulare. Ho una chiamata da fare.
«
E che tipo di esami sono? Quando li farai? » Mi chiede
tornando verso la cucina e armeggiando con chissà quale
povero utensile.
«
Comunque ti ho preparato una cena squisita! » Urla dall'altra
stanza per farsi sentire e sgrano subito gli occhi. Non credo di poter
reggere anche la sua cucina stasera...
«
Devo preoccuparmi? Sicura che non mi vuoi avvelenare? Comunque devo
fare una telefonata prima... » Recupero il telefono e mi reco
nella mia stanza chiudendomi al suo interno.
«
Mia adorata Ella, sei andata dal dottore? » La voce di
Richard risuona chiara dal ricevitore.
«
Sì, Rick sono appena tornata a casa... »
«
Bene! E cosa ti ha detto? » Sospiro pensierosa. Non so se
raccontargli tutta la storia o tacere, ma a qualcuno devo pur dirlo!
«
Ella... non costringermi a chiamare direttamente lui, su. »
Questa sua frase mi da l'input per iniziare.
«
Certo, siete tanto amici. Vi conoscete fin da piccoli, eh? »
«
Sono lusingato che abbiate parlato di me, ma vorrei sapere della tua
salute se non ti è troppo difficile dirmi qualcosa.
» Il suo tono sarcastico e leggermente irritato mi fa
sorridere.
«
In realtà sono stata più sorpresa di constatare
che avevo già incontrato il tuo amico.... Comunque devo fare
degli accertamenti. » Mi mordo il labbro istintivamente.
Sembrano passare secoli prima di udire nuovamente la sua voce.
«
No, aspetta. Mi stai dicendo che tu e Devon vi conoscevate
già? Questa sì che è bella!
» Scoppia a ridere e quasi mi rompe un timpano.
«
Conoscere forse è esagerato.. diciamo che ci siamo visti una
volta di sfuggita...»
«
Deve averti colpito parecchio per ricordartelo, Ella. Eh eh quel
vecchio marpione che non è altro. » Sogghigna
divertito. Ma cosa dice! Non sa tutta la storia.
«
Richard dai! Sono caduta e mi ha aiutata, fine della storia. Me lo
ricordo per questo. » E per quello sguardo che ha. Non ho
ancora ben capito se mi affascina o se mi intimorisce. Forse entrambe
le cose.
«
Certo certo, ed io sono un unicorno! Puoi anche ammettere che il
dottore sa il fatto suo in quanto a fascino. » Che cosa
vorrebbe insinuare? Quel pervertito...
«
E allora? Lasciamo stare, Richard. Ho una "splendida" cena che mi
aspetta. » Alzo gli occhi al cielo pensando al mio povero
stomaco.
«
Continua pure a negarlo. Buona cena, ci sentiamo domani. » Lo
saluto e finalmente riaggancio. Mi lascio sprofondare nel mio letto
sentendomi un po' meglio nell'essermi tolta un peso. Dovrei dirlo anche
ad Audrey. Merita di sapere anche lei.
------------------------------------------------------
«
Sai Audrey, non sono male questi maccheroni al formaggio che hai
preparato. I miei complimenti. » Si è davvero
superata stasera! Dovrei farla preoccupare più spesso se
sono questi i risultati in cucina.
«
Grazie, ci tenevo a fare qualcosa di buono per la mia malata preferita.
» Sorride e fa per alzarsi. La blocco con un gesto della
mano.
«
Non ti ho detto tutto prima, sulla visita di oggi...» Le
confesso torturandomi il labbro inferiore con i denti.
«
Che cosa è successo...? » Mi domanda allarmata.
«
No, niente. Stai tranquilla. » La rassicuro e poi le racconto
tutto per filo e per segno, dall'incontro causato dal tombino, ai miei
pensieri, al suo offrirmi la colazione, al fatto che fossimo entrambi
sorpresi di rincontrarci nello studio. Tutto.
«
Wow Ella. Sembra quasi un film sentito raccontare così. Ma
dimmi, è un bell'uomo? » Alzo nuovamente gli occhi
al cielo. Possibile che si soffermino tutti su questo?
«
Audrey, dai... É il mio medico adesso. »
«
E quindi? Non credo che ciò lo imbruttisca. »
Trattiene una risatina sorridendo sorniona.
«
Va bene, va bene è un bell'uomo, contenta? »
Ammetto sconfitta. È affascinante, non ci sono dubbi, ma
questo non c'entra nulla con il mio discorso.
«
Ella, Ella, Ella... devo insegnarti tutto. Voglio conoscere questo
dottore sexy! » Sbarro gli occhi. Ma che si è
messa in testa?
«
Audrey ti prego! Lasciamo stare, per favore. Sono già
abbastanza confusa di mio. »
«
Confusa in che senso? Anzi, perché? » Ed eccola la
domanda che aspettavo e alla quale non so dare una vera e propria
risposta.
«
In senso che... non lo so, è strana tutta questa storia ma
sono io che mi faccio mille pippe mentali come sempre. » La
vedo accigliarsi per poi alzarsi e abbracciarmi forte.
«
Non essere confusa, a volte è il destino che ci mette lo
zampino. Dopo questa perla di saggezza, credo proprio che
andrò a dormire... » Sorride e mi lascia un bacio
sulla guancia.
«
Ti voglio bene. »
«
Te ne voglio anche io... » Le rispondo sorridendo
leggermente. Forse ha ragione, è stata solo una coincidenza
e non devo pensarci più. Ma come posso riuscirci?
Perché ha finto di non ricordarsi il mio nome? Cosa nasconde
il suo sguardo intimidatorio e distaccato?
Sospiro e appoggio la testa sul tavolo sfinita. La vita sa essere
davvero complicata alle volte.
Devon's
pov
Rose,
la mia assistente, irrompe nella stanza senza neanche bussare. Quante
volte le ho detto di annunciarsi prima di entrare? Le rivolgo uno
sguardo truce, lo ammetto, ma Ella salva la situazione congedandosi
fugacemente. In pratica è scappata a gambe levate dal mio
studio. La osservo confuso sulla soglia, augurandole una buona serata.
Certo che quella ragazza è strana forte...
Scuoto la testa e mi accorgo che Rose è ancora accanto a me,
imbarazzata come non mai.
«
Puoi andare, ma la prossima volta ricordati di bussare. Lo sai che non
mi piace essere interrotto durante le visite private. » La
ragazza annuisce e sparisce all'orizzonte alla velocità
della luce. E dire che non mi sono neanche incazzato questa volta!
Lascio correre e rientro nel mio studio pronto a tornare a casa.
È stata una giornata piena di sorprese quella di oggi, sono
successe fin troppe cose inaspettate e non vedo l'ora di stendermi a
letto. Mi spoglio del camice e indosso il mio giubbotto recuperando poi
le chiavi della macchina.
In mezz'ora sono al mio appartamento. Parcheggio la mia automobile
sportiva e mi affretto ad entrare all'interno. Neanche il tempo di
spogliarmi che avverto il telefono vibrare nella mia tasca.
È Richard. Di sicuro vorrà sapere come
è andata la visita medica alla sua amica.
«
Non ci credo, conoscevi già Ella! Sono sbalordito.
» Ah mi sbagliavo, Ella deve avergli fatto il resoconto prima
che potessi farlo io.
«
Mi stupisce sempre di più la tua capacità di
sapere così in fretta le cose, Rick. » Non lo
ammetterebbe mai, ma sa essere un tantino pettegolo quando si mette
d'impegno.
«
Pensavo che non ti sorprendessi più delle mie
capacità, caro Devon. » Lo sento ridacchiare e
capisco che è fin troppo divertito dalla situazione.
«
Ed invece... Per caso c'è qualcosa che non so e che dovresti
dirmi? » Mentre attendo che risponda, raggiungo la cucina e
apro il frigorifero. Mangerò qualcosa prima di andare a
dormire.
«
Vuoi sapere se esco con Ella? Ah! Ma che furbacchione che sei! Comunque
no, puoi stare tranquillo. » Non posso vederlo ma sono certo
che stia sorridendo. Alzo gli occhi al cielo.
«
Sei un idiota. Non mi chiedi mai dei favori di questo tipo. Tutto qui.
» Contraggo la mascella duramente. Sa cosa ho passato,
perciò le sue insinuazioni sono fuori luogo oltre che sa
anche come la penso sulle relazioni e mi ha sempre detto che
è d'accordo con me.
«
Hai ragione in effetti. Comunque è una cara amica, tutto
qui. » Asserisce convinto. Il suono del campanello mi distrae
dalla conversazione.
«
Richard, adesso devo andare. Ci sentiamo presto, buonanotte.
» Mi augura anch'egli lo stesso prima di riattaccare. Mi
dirigo a passo svelto alla porta e la apro.
«
Ciao, entra pure. Non ti aspettavo oggi.»
La accolgo nella mia dimora spostandomi per farla entrare, sperando che
riesca a farmi dimenticare per qualche ora le mie sofferenze.
Angolo
autrice:
Buon pomeriggio, miei adorati lettori. Come state? Vi sta piacendo la
storia? Vi siete fatti qualche ipotesi?
In questo capitolo, abbiamo una Ella più confusa che mai e
il nostro Devon che interagisce con una figura misteriosa. Chi
sarà?
Lo scopriremo mercoledì!
Kisses.
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Capitolo 10 *** Capitolo 9 ***
Ella's
pov
«
Papà, voglio andare con Derek in spiaggia, dai! Ho
diciott'anni ormai, sono grande abbastanza. Tornerò per
cena, promesso. » Mi lascio le urla di mio padre alle spalle
ed esco da casa mia alla velocità della luce. Durante il
tragitto ricevo una chiamata da mia madre.
«
Ella, perché sei andata via così?! Tuo padre
è uscito subito dopo di te, perché volete
lasciarmi tutti da sola? Perché? »
«
Mamma, tornerò stasera non sono scappata via per sempre.
» Alzo gli occhi al cielo. Ma perché non mi
lasciano vivere la mia vita in pace?
«
Ella! Ti prego torna, non lasciarmi sola. Torna. »
«
Lo farò stasera, a presto. » Attacco la chiamata
velocemente e mi godo il pomeriggio in compagnia del mio caro amico
Derek.
«
Ella sei arrivata finalmente! Temevo non venissi più!
» Mi circonda le spalle con un braccio sorridendo sornione.
«
Non mi sarei persa questa festa per niente al mondo, Derek! »
Insieme ci incamminiamo per raggiungere gli altri.
Al termine dei festeggiamenti saluto tutti e mi infilo in macchina per
tornare a casa.
È
tutto silenzioso e le luci sono spente. L'aria è tesa e
sembra quasi pesante, soffocante direi. Mi inoltro e chiamo a gran voce
mia madre ma non ricevo risposta.
« Mamma? Mamma sono a
casa. » Salgo velocemente le scale, magari è sul
letto a riposare. Apro la porta e la scena che mi si presenta davanti
è agghiacciante. Mia madre giace esanime sul freddo
pavimento della sua camera. C'è sangue dappertutto, un
conato di vomito mi sale spontaneo ma riesco a reprimerlo. Mi accascio
accanto a lei, prendendole la mano ma non riesco ad urlare. Piango
silenziosamente per un tempo che sembra interminabile. C'è
una pistola accanto a lei e ha una grossa macchia di sangue nel punto
in cui si trova il cuore. Si è tolta la vita, è
stata lei ad andare via per sempre.
Mi
sveglio di soprassalto, mettendomi seduta sul letto. Ho avuto un
incubo. Ricordi di quella notte continuano ad assillarmi facendo
emergere i miei sensi di colpa. Se non me ne fossi andata via non
sarebbe successo, è colpa mia.
Scanso le coperte e mi alzo, infilandomi le pantofole e legandomi i
capelli. Sono spossata, stanca e assetata così mi dirigo in
cucina per bere un po' d'acqua fresca. È proprio quello che
ci voleva, mi sento già meglio. Sbuffando mi accoccolo sul
divano osservando i miei disegni. Molti sono incompleti e altri sono
solo schizzi. Sono tutti vani tentativi di ricominciare daccapo, in
tutti i sensi, ma poi mi blocco sempre. Scuoto la testa e volto pagina.
Con il carboncino nero inizio a tratteggiare qualcosa sul foglio
lasciandomi trasportare dall'istinto. Di solito disegnare mi
tranquillizza sempre. Prende forma e mi rendo conto di star disegnando
un paio di occhi. Sembrano tristi, malinconici, sembrano i miei ma non
lo sono. Sono i suoi. Ecco cos'hanno di familiare. Sono sofferenti come
i miei. Dannazione perché ci sto pensando? Chiudo tutto e mi
catapulto giù dal divano ma un'ombra sulla soglia del
salotto mi fa quasi venire un colpo.
«
Cazzo, Audrey! Vuoi farmi morire per caso? » Mi appoggio una
mano sul petto teatralmente.
«
Ella che ci fai in piedi alle tre del mattino? Stai male? »
Mi chiede apprensiva avvicinandosi a me. Quando finirà
questa storia?
«
Sto bene, ma non avevo sonno tutto qui. Tu che ci fai sveglia?
» Le domando accendendo la luce. Ormai siamo sveglie
entrambe, quindi.
«
Ho sentito dei rumori e mi sono svegliata. » Fa spallucce e
si avvicina al bancone per prendersi dell'acqua.
«
Che ne dici se ci vediamo un film? Tanto il sonno mi è
passato... » La bionda annuisce e ci riaccomodiamo sul divano
accendendo poi la tv. Facciamo zapping finché non troviamo
"Ghost" che decidiamo di vedere.
---------------------------------
«
Cavolo ma che ore sono..? » Mi stropiccio gli occhi assonnati
coprendoli dalla luce solare che filtra dalla finestra del salotto. Ci
siamo addormentate entrambe esauste... Do un'occhiata all'orologio a
muro che segna le dieci. L-E D-I-E-C-I.
«
Audrey sono le dieci!! Alzati immediatamente! » Balzo in
piedi e la scuoto come meglio posso affinché si svegli. Devo
correre all'università e lei a lavoro. Dannazione! La bionda
apre i suoi occhioni spalancandoli appena si rende conto del disastro.
Siamo super in ritardo.
«
Oddio, Ella è tardissimo! » Si precipita nella sua
stanza a cambiarsi ed io faccio lo stesso. Miracolosamente siamo in
strada dopo un quarto d'ora. Maledizione, non ci voleva proprio
quest'imprevisto! Se arrivo tardi a lezione un'altra volta,
sarà la fine della mia carriera universitaria.
Entro
in aula e con mio grande sollievo, noto che il professore non
è ancora arrivato. Oltrepasso le varie file beccandomi gli
insulti più disparati dagli studenti a causa del pestaggio
dei loro piedi e scorgo... Ashley! Mi sta tenendo un posto accanto a
lei e mi fa un cenno con la mano. La raggiungo e la saluto velocemente.
«
Grazie mille, mi hai salvata. »
«
Come sempre, Ella! » Ridacchia e sposta i capelli biondi e
rosa all'indietro legandoseli in una coda alta.
Chiacchieriamo del più e del meno fino a quando Mr.
Rompiscatole non fa il suo ingresso in aula scusandosi per il ritardo.
In men che non si dica, inizia la lezione, ma sono continuamente
distratta da qualcosa o meglio qualcuno. Sospirando esasperata, poggio
la mano sulla guancia fingendo di ascoltare la voce dispotica del
professore che si sta dilettando nella spiegazione di qualche grande
pittore. Riesco ad estraniarmi completamente, perdendomi nei meandri
più oscuri della mia mente, immaginando una vita diversa,
una vita migliore.
Devon's
pov
Sono
le nove e mezza di mattina. Odio svegliarmi così tardi, non
sono per niente abituato a questi orari ma oggi ho il turno di
pomeriggio e ho avuto una notte...movimentata. Mi affretto quindi ad
alzarmi dal letto dando uno sguardo fugace alla ragazza che ancora
giace addormentata avvolta tra lenzuola. Sospirando mi passo una mano
tra i capelli scompigliati e mi rifugio nella doccia, sotto il getto
d'acqua tiepida. È semplicemente rigenerante, mi sento
già meglio. Afferro velocemente un asciugamano e lo avvolgo
intorno alla vita lasciando che mi copra quanto basta per tornare nella
stanza. Pesco un paio di boxer puliti e li indosso con calma.
«
Buongiorno. » Mugola una voce femminile. Mi volto verso il
letto sorridendole appena.
«
Buongiorno a te. Dormito bene? » Le chiedo cortese
recuperando i pantaloni del pigiama e una T-shirt. Lei si scosta le
coperte di dosso e si infila l'intimo.
«
Andiamo a fare colazione? » Mi chiede speranzosa. La guardo
dubbioso ma prima che possa dire qualsiasi cosa, inveisce contro di me.
«
Ovviamente, come ho fatto a cascarci di nuovo?! » Adesso che
le prende? Sa che non voglio niente di più, abbiamo
già tentato e non è andata bene. Deve smetterla
con le sue scenate.
«
Ancora con questa storia, Summer? Sai come sono fatto, se non ti sta
bene sai perfettamente dov'è la porta. »
Esasperato alzo gli occhi al cielo.
Qualche
mese fa abbiamo iniziato ad uscire e sembrava andare bene. Un giorno
è sparita ed è ricomparsa da poco chiedendomi
un'altra chance. Ma cosa crede di fare? Se vuole divertirsi ogni tanto,
va benissimo per me, ma non iniziasse con la storia del "mi stai solo
usando come tutti gli uomini!" Si vede che ha solo vent'anni,
è ancora immatura, ma d'altronde proviene da una famiglia
agiata ed è viziata, forse anche troppo visti i risultati.
In risposta la mora afferra i suoi abiti e si riveste in fretta e furia.
«
Sei uno stronzo, Devon! » E l'ha capito adesso?
Furiosa, afferra il resto delle sue cose e si volatilizza. Poi sono io
quello che non vuole avere una conversazione civile, certo. La casa
sprofonda in un silenzio quasi angosciante così decido di
allenarmi un po' nella palestra che offre il mio appartamento fin
troppo grande.
Dopo un intenso allenamento, mi rilasso nuovamente sotto il getto
d'acqua, deciso a recarmi con largo anticipo a lavoro. Non ho altro da
fare qui.
In
mezz'ora sono già al bar del Lennox Hill Hospital, con un
caffè bollente tra le mani. Ci voleva proprio dopo una
mattinata del genere. Se non le vanno a genio i miei limiti
perché cazzo continua a venire da me? Chi le capisce le
donne...
Mentre sorseggio la mia bevanda, avverto qualcun'altro sedersi accanto
a me al bancone.
«
Devon, amico mio. Lo sai che bere da soli è deprimente?
» Sorrido istintivamente a quelle parole e a quella voce.
«
Che cosa ti serve, Richard? Adesso ti dai allo stalking? Comunque
è solo un caffè, non uno scotch. »
«
Non posso venire a trovare il mio caro vecchio amico di persona, scusa?
Mi offendi, sappilo. » Mi volto finalmente nella sua
direzione ed ecco il suo sorrisetto sghembo. Preoccupante.
«
Perché non la fai breve e mi dici cosa desideri? »
Ordino un caffè anche per lui mentre attendo la sua risposta.
«
Come vai subito al sodo, fratello. In ogni caso... si tratta di Ella.
» Mi irrigidisco all'istante nel sentire il nome, mi ci devo
ancora abituare. Ma so che lui capisce perchè sa tutto.
«
Avanti, cosa ti preoccupa? » Sospiro.
«
Beh, non trovi che sia strano che abbia questi mancamenti? Secondo te
cos'ha? » Scoppio quasi a ridere ma mi trattengo.
«
Da quando sei tu il medico? Comunque non ha svenimenti, è un
buon segno. Non credo si tratti del cuore, altrimenti sarebbe stata
peggio ma dobbiamo aspettare i risultati delle analisi. So che l'hai
portata da me perché avevi ipotizzato una cosa simile.
» Annuisce d'accordo e afferra il caffè che la
cameriera gli sta porgendo cordialmente.
«
Sì. Hai ragione. In fondo sei tu il dottore qui! »
Finalmente l'ha capito.
«
Che altro mi dici? Come stai? » Mi chiede sorseggiando la sua
bevanda fumante.
«
Tutto bene, stanchezza a parte. Come va la gestione dell'Astoria,
invece? » Domando per cambiare argomento e spostare
l'attenzione su di lui.
«
Tutto bene per adesso, speriamo di continuare così.
Però vorrei fare qualcosa per pubblicizzarlo un po', abbiamo
bisogno di nuovi clienti. »
Restiamo
un altro quarto d'ora a parlare del più e del meno ma poi
Richard viene chiamato dalla sua assistente personale e scappa alla
volta del suo hotel. Quell'uomo è qualcosa di incredibile.
Decido
quindi di fare la mia entrata in ospedale e subito vengo salutato dai
miei colleghi e studenti. Vado nel mio ufficio per indossare il camice
e finalmente sono pronto per fare il giro del reparto dai miei
pazienti.
In
men che non si dica mi rendo conto che si è già
fatta l'ora di pranzo, come vola il tempo quando si ha la mente
impegnata. Decido di prendermi una pausa e mi dirigo all'ascensore
aspettando che arrivi. Il "din" annuncia l'apertura delle porte dalla
quale esce... Ella? Ma dai...
«
Oh ciao. » Mi saluta lei sorpresa di vedermi.
«
Ciao. Che ci fai qui? » Incurvo le labbra in un leggero
sorriso, stupito quanto lei.
«
Beh... volevo informarmi sugli esami che mi hai prescritto e ho pensato
di venire direttamente. » Mi spiega sostando ancora davanti
l'ascensore. Mi rendo conto che siamo d'intralcio a troppe persone,
così le afferro gentilmente il braccio per spostarla.
«
Capisco, hai fatto bene a venire. » Chissà se
è a conoscenza della piccola visita di Richard di stamattina.
«
Bene, allora è meglio che mi sbrighi. » Sorride e
fa per muovere un passo ma poi si rende conto che non ha la
più pallida idea di dove deve andare. Corruga la fronte a
disagio.
«
Forse è meglio che ti accompagni, anche se non ci sono
tombini negli ospedali, è meglio evitare altre cadute.
»
«
Mi rinfaccerai a vita questa storia, vero? » Scuote la testa
rassegnata, seguendomi tra le corsie.
«
Credo proprio che sarà difficile che me ne dimentichi,
quindi sì. » Mentre giriamo e parliamo della
nostra giornata, tutto ad un tratto, una voce familiare e stridula
blocca il nostro cammino. Non ci credo.
Summer richiama la nostra attenzione raggiungendoci a grosse falcate.
Ma come fa ad essere così veloce con quei tacchi?
Sorprendente.
«
Devon! Abbiamo una discussione in sospeso noi due. » Tuona
quando ormai è abbastanza vicina facendo girare mezzo
ospedale con il suo tono. Maledizione.
«
Ti sembra il momento? Sono a lavoro, qualsiasi cosa tu debba dirmi
può aspettare. » Le dico fugacemente deciso a
lasciarla perdere. La sua espressione è a dir poco
contrariata ma non può farmi delle scenate in ospedale!
Ella passa lo sguardo da me a Summer, molto confusa. Come biasimarla,
non ci sto capendo nulla neanche io.
«
Devon, grazie per l'aiuto, ma è meglio che
vada...» Ella rompe il silenzio momentaneo che si era venuto
a creare cercando di fuggire da quella situazione.
«
No, aspetta. Non abbiamo finito. » La fermo con un gesto
della mano. Se mi abbandona qui con Summer è finita.
Quest'ultima sembra accorgersi della presenza di Ella solo adesso. Le
rivolge un'occhiata a dir poco di fuoco.
«
E questa chi è?! Devon!! » Non ne posso davvero
più, sta esagerando.
«
Summer smettila! Non rivolgerti così alle mie pazienti,
intesi? Adesso vai, ne parliamo a casa. » La fulmino con il
mio sguardo e finalmente si decide ad allontanarsi. Mi dispiace aver
fatto assistere Ella ad una scena simile.
«
Scusala, è un tantino arrabbiata con me. »
«
Un tantino, eh? Ho temuto per la tua incolumità. »
Abbasso lo sguardo su di lei e noto che sta reprimendo una risatina. A
ripensarci è stata davvero comica come scena.
«
So difendermi bene. » Le rispondo sorridendo e finalmente
arriviamo a destinazione.
«
Eccoci qui, per qualsiasi dubbio hai anche il mio numero. Ci vediamo
Ella. » Punto lo sguardo nel suo. Ha degli occhi davvero
bellissimi.
«
Grazie, ci sentiamo. » Mi saluta con un sorriso e distoglie
lo sguardo quasi subito, richiamata dalla segretaria dietro al bancone.
La osservo mentre mi allontano. Non si assomigliano per niente, hanno
solo il nome in comune, eppure c'è qualcosa che...che non lo
so neanche io. Con questo pensiero che mi ronza nella mente, faccio
ritorno dai miei pazienti che mi offrono la giusta distrazione da
tutto, da Summer, dai ricordi, dalla sofferenza e dalla tristezza.
Riuscirò mai a liberarmene definitivamente? O
sarò condannato a vivere con i miei demoni per sempre?
Angolo
autrice:
Buon
pomeriggio a tutti.
Anche se non c'entra nulla con la storia, volevo esprimere il mio
supporto a New York, dove tra l'altro si svolgono le vicende, per
ciò che è successo ieri. Ormai siamo quasi
abituati a sentir parlare i telegiornali di terrorismo e altro, eppure
ogni volta è sempre peggio. Basta a tutta questa violenza
inutile, basta alle guerre...
Detto ciò, cosa ne pensate di questo nuovo capitolo? Mi sono
divertita moltissimo a descrivere la scena fra Summer, Ella e Devon. A
voi è piaciuta?
A sabato per sapere il continuo, bye!
Kisses.
|
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Capitolo 11 *** Capitolo 10 ***
Ella's
pov
Nelle strade di New York regna sempre sovrano il caos ed è
forse per questo che alla fine sono riuscita ad integrarmi
perfettamente. Rispecchia la confusione che ormai da giorni affolla la
mia mente già provata ed è difficile cercare di
staccare la spina. Non ci sono riuscita neanche a lezione, infatti,
quando è terminata, sono rimasta con il mento appoggiato sul
gomito a fissare il vuoto. Per fortuna Ashley mi ha richiamata e mi
sono ricomposta velocemente per uscire.
Controllo il cellulare dopo aver congedato la mia amica e trovo due
chiamate perse di Audrey, un messaggio di Sebastian e uno di Richard.
Leggo prima quello di Bas che dice:
" Ella. Noi dobbiamo fare shopping, dobbiamo trovarti un vestito per la
mia prima. Non voglio sentire ragioni. "
Ah vero, mi ero quasi dimenticata del suo spettacolo! Se non sbaglio,
è fra un paio di settimane quindi abbiamo un mucchio di
tempo, ma Sebastian non vorrà sentire ragioni ugualmente.
Gli rispondo velocemente che ci sentiamo poi per stabilire un giorno
nel quale andare. Passo a quello di Richard che recita testualmente:
"Ellina come stai? Quando puoi andiamo a prenderci un caffè,
fammi sapere. "
Rispondo al messaggio dicendogli che lo chiamerò al
più presto e che sto meglio. Infine chiamo Audrey mentre mi
avvio alla metropolitana.
«
Ciao, sei riuscita ad arrivare in tempo a lezione, poi? » La
sua voce delicata mi giunge subito all'orecchio.
«
Sì, per fortuna. Il professore ha fatto più tardi
di me. Tu? Tutto bene a lavoro? »
«
Tutto alla grande, sono arrivata in tempo. Come ti senti comunque?
È il primo giorno che torni a lezione dopo tanto...
» Posso percepire la sua esitazione nel pormi questa domanda.
«
Tutto bene, Audrey. Nessun problema. Comunque, se può
consolarti, sto andando in ospedale per informarmi sugli esami da
fare... » Mi mordicchio il labbro mentre attraverso la strada
a passo svelto per non essere travolta da qualche macchina.
«
Oh, bene. Vuoi che ti accompagni? »
«
No, ma figurati sono già anche alla metropolitana, ci
metterò pochissimo. Ci vediamo stasera e non preoccuparti
per la cena, ci penso io! » Le lascio solo il tempo di
salutarmi che riattacco subito e scendo velocemente le scale.
Osservo l'esterno del Lennox Hill Hospital come se non avessi mai visto
un ospedale in vita mia. In effetti, da quando sono a New York, non
sono mai entrata in nessuno di loro, per mia fortuna. Prendo un po' di
coraggio e mi decido ad entrare. È enorme, sembra un
labirinto. Ci sono molti dottori che girano nei vari corridoi, persone
sedute dovunque che aspettano il loro turno pazientemente e anche un
bel po' di studenti, immagino. Devo dire che è tutto molto
asettico, ovviamente, e fa un certo effetto ai tipi come me che non ci
sono abituati.
Mi guardo intorno per un tempo infinito finché non mi decido
a chiedere informazioni allo sportello. Mi indirizzano ad un ascensore
enorme in fondo a tutto così mi affretto a raggiungere la
destinazione. Pigio il pulsante del mio piano e aspetto tranquilla.
Speriamo che sia dello stesso stato d'animo anche quando
dovrò fare effettivamente queste analisi. Mi perdo nei miei
pensieri e quasi non mi accorgo che sono arrivata al piano. Non appena
le porte si aprono mi ritrovo... Devon?
È il colmo, ma in fondo lavora qui, c'era da aspettarselo.
Ha il camice sbottonato e posso intravedere la camicia bianca che
indossa infilata in un paio di pantaloni neri classici. Porta delle
scarpe costose e una leggera barba gli incornicia il volto. Punto lo
sguardo nel suo ed è molto sorpreso di vedermi. Prevedibile.
«
Oh ciao. » Lo saluto, sorridendogli leggermente mentre il
ricordo di me che fuggo dal suo studio si fa vivo nella mia mente.
Chissà come ha preso il mio gesto, lo immagino molto serio
nel suo lavoro.
Mi chiede cosa ci faccio qui e gli spiego che mi servono informazioni
sulle analisi che mi ha dato. Nel parlare non ci siamo accorti che
stiamo praticamente bloccando l'accesso all'ascensore così
Devon, prontamente, mi afferra con delicatezza e ci spostiamo. Guardo
la sua mano sul mio braccio e mi ricordo di quando, solo poche
settimane fa, mi ha presa al volo per non farmi cadere al suolo. Sembra
sia successo solo ieri.
«
Bene, allora meglio che mi sbrighi...» Gli dico sorpassandolo
di poco per decidere da che parte andare ma la verità
è che non ho idea di dove debba dirigermi. Questo ospedale
è enorme! Devon se ne accorge, infatti, mi comunica che mi
scorterà egli stesso per evitare che cada ancora. Ma quando
si dimenticherà di quell'incidente?
«
Mi rinfaccerai a vita questa storia, vero? » Scuoto la testa
e lui afferma che sarebbe difficile dimenticarsene. Sono sorpresa.
Intende il nostro incontro? Ma che sciocca, di certo non gli cadono tra
le braccia ragazze ogni giorno a causa dei tombini, voleva dire questo,
ovvio.
Mi acciglio per un momento ma poi assisto ad una scena a dir poco
surreale. Una donna, alta più o meno quanto me, con i
capelli ben curati e di un castano lucente, si avvicina a passo svelto
nella nostra direzione, o meglio, in direzione di Devon. Ha gli occhi
castani, ed è vestita di tutto punto, forse è un
po' fuori luogo considerando dove ci troviamo quindi deduco che non sia
una sua collega.
«
Devon abbiamo una discussione in sospeso noi due. » Cavolo,
è arrabbiata. Che sia una sua paziente? Mr. Gelido, ci sta
proprio adesso, le risponde che è a lavoro e che parleranno
dopo. Non è una sua paziente allora. La sua fidanzata?
Decido di tirarmene fuori, non c'entro molto in questa discussione e ne
approfitto rompendo il silenzio momentaneo.
«
Devon, grazie dell'aiuto meglio che vada...» Cerco di
sorridere ma il dottore mi blocca con un braccio dicendomi che non
abbiamo finito. Cavolo, sono bloccata qui. La donna sembra notarmi solo
ora e quasi mi fulmina con lo sguardo, peccato che Devon la rimproveri
prima che possa succedere altro.
«
Summer smettila! Non rivolgerti così alle mie pazienti,
intesi? Adesso vai, ne parliamo a casa. » La congela come
solo lui saprebbe fare e finalmente la pazza si allontana. Wow! Devon
si scusa per ciò che è successo, ma in
realtà è stato quasi divertente, infatti, cerco
di non ridere.
«
So difendermi bene. » Mi dice e mi fa riflettere su quante
donne debbano averlo perseguitato. Arriviamo finalmente a destinazione
e ci congediamo guardandoci fugacemente negli occhi. Mi sarei girata
per scrutarlo ancora, ma la donna dietro al bancone delle informazioni,
richiama la mia attenzione impedendomi di conferire oltre. Con tutte le
informazioni che mi servono, posso finalmente lasciare quest'ospedale e
fare ritorno a casa mia.
Non appena entro, noto Audrey che parla al telefono e vorrei tanto
sapere con chi. Le mimo con le labbra per conoscere il suo
interlocutore e in tutta risposta lei poggia una mano sulla cornetta e
mi dice sottovoce:
«
Con Richard! » Quasi scoppio a ridere, non ci posso credere.
Ha perso proprio la testa per quell'uomo! La lascio alla sua
chiacchierata e mi reco in cucina per decidere cosa cucinare per cena.
Apro il frigo ma vengo interrotta da Audrey che mi porge il telefono.
«
Vuole parlare con te! » Ha un sorriso a trentadue denti e
saltella via euforica. L'abbiamo persa definitivamente.
«
Che stai facendo alla mia coinquilina? » Esordisco reprimendo
una risatina ma Richard mi da una risposta che mi lascia perplessa.
«
Nulla(?) Volevo parlare con te, veramente. » Ah cavolo, devo
aver frainteso quanto Audrey...
«
Potevi chiamarmi sul cellullare, no? » Mi appoggio al bancone
confusa.
«
Beh a quanto pare non lo usi molto! Ti ho mandato un messaggio ma non
mi hai risposto. »
«
Sì che l'ho fatto, caro. Controlla meglio. »
Ridacchio coprendomi la bocca con la mano libera. « Oh, hai
ragione. A mia difesa posso dirti che sono stato rinchiuso nel mio
ufficio tutto il giorno. Allora questo caffè? »
«
Come sei impaziente. Domani pomeriggio ti va bene? » Lavoro
part-time domani quindi dovrebbe andare bene.
«
Mi libererò dai miei numerosi impegni! A domani Elluccia!
»
«
Sei un cretino, a domani Rick. » Sorrido e attacco la
chiamata. É proprio un idiota ma gli vogliamo bene anche per
questo.
«
Ella, devi mettere una buona parola su di me con Richard. »
Ci stiamo gustando la mia fantastica cena quando Audrey irrompe con
questa frase.
«
Audrey dai. Mi sgamerebbe subito, non credi? Non farmi fare queste
cose... »
«
Ella ti prego! Sono o non sono la tua migliore amica, eh?? »
Mi fa il labbruccio e i suoi occhioni da cucciola indifesa. Lo sa che
non riesco a dirle di no...
«
Uff... e va bene! » Cedo, non sapendo come uscirne
altrimenti. La bionda si alza e si precipita ad abbracciarmi.
«
Aww grazie, grazie, grazie, grazie! » Mi riempie la guancia
di baci tutta contenta. Mi metterà nei guai, lo so.
«
Adesso però torna a sederti, su. » Sciolgo
l'abbraccio ed ella fa ritorno al suo posto.
«
Come è andata in ospedale, poi? Hai saputo come fare queste
analisi? » Mi domanda riprendendo a mangiare tranquillamente.
«
Oh sì, anzi devo raccontarti una cosa che è
successa. » Audrey si protende nella mia direzione pronta ad
ascoltarmi.
«
Ho incontrato Devon e mentre parlavamo, è arrivata una certa
pazza che ha iniziato ad inveire contro di lui. Ho cercato di
allontanarmi, non mi andava di assistere, ma lui mi ha fermata
così la ragazza se l'è presa pure con me! Scene
incredibili. » Vedo la modella che strabuzza gli occhi e poi
scoppia a ridere.
«
Che peccato che non ci fossi! Avrei voluto vedere la scena. Comunque,
Ella la tua capacità di ficcarti nei casini senza farlo
apposta è fantastica! »
«
Ah ah ah, non è colpa mia se quella tizia se l'è
presa anche con me. Ma Devon mi ha difesa... » Con la coda
dell'occhio noto Audrey che sorride come un'ebete così alzo
gli occhi dal piatto per dedicarle un'occhiata interrogativa.
«
Aw!! Che cosa dolce! » Sobbalza tutta euforica.
«
Mi sembra il minimo, l'avrebbe fatto chiunque Audrey. » Le
spiego alzandomi per sparecchiare. La bionda insiste un altro po', ma
poi mi lascia sola e va a dormire, grazie a dio. Ha capito che non la
può spuntare anche su questa. Ripenso alla giornata di oggi
e mi rendo conto che devo sbrigarmi a finire la tesi per la laurea o
non ce la farò nemmeno fra dieci anni. Troppe distrazioni
ultimamente. Domani ne approfitterò dell'uscita con Richard
per sapere qualcosa in più sul misterioso dottore, devo
capire cosa lo rende così distaccato e inquietante con il
mondo. Con quest'idea nella mente, mi ritrovo ad abbracciare il cuscino
sprofondando in un istante tra le braccia di Morfeo.
Angolo
Autrice:
Buonasera! Anche oggi abbiamo un nuovo capitolo, molto di passaggio
devo ammettere, ma ci tenevo a farvi leggere il pov di Ella.
Vi prometto, però, che fra non molto entreremo nel vivo
della storia e capiremo meglio i vari personaggi. Fatemi sapere sempre
cosa ne pensate con una piccola recensione. A mercoledì, bye.
Kisses.
|
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Capitolo 12 *** Capitolo 11 ***
Devon's
pov
Sono sfinito. Il resto della giornata in ambulatorio mi ha distrutto.
Dopo la sfuriata di Summer che ha fatto praticamente scappare Ella, il
prosieguo a lavoro non è stato dei migliori. Non ho mai
avuto tante emergenze come oggi, ma almeno ho avuto la mente occupata
tutto il giorno, il che è senz'altro positivo.
A sera inoltrata, una volta aver salutato i miei dipendenti/studenti,
mi reco nel mio appartamento, finalmente.
Mentre guido, purtroppo, ipotizzo che Summer mi starà di
certo aspettando per concludere il "discorso" di stamattina. Non sono
mentalmente e fisicamente pronto ad una cosa del genere. Non si rende
conto che è stata proprio lei ad allontanarmi con il suo
comportamento. Forse le cose sarebbero diverse ora se avesse agito in
modo differente.
Parcheggio al solito posto e afferro le chiavi di casa, ma come
previsto, una voce femminile mi immobilizza sull'uscio. È
lei.
«
Devon, dobbiamo parlare. Volevo scusarmi per stamattina, non sarei
dovuta venire in ospedale. Avrei potuto anche farmi vedere da mio padre
il che sarebbe stato imbarazzante... » Ebbene sì,
Summer è la figlia di uno stimato neurochirurgo del Lennox,
ci siamo conosciuti per questo. Sarebbe un guaio se venisse a scoprire
di noi.
«
Il tuo comportamento è stato fuori luogo, Summer. Lo
capisci? » Mi volto nella sua direzione inclinando di poco il
capo. Deve capire che non può comportarsi come una bambina
capricciosa ogni volta che non ottiene ciò che vuole.
«
Sì, mi dispiace. Facciamo pace? » Cerca di
sorridermi convincente. Riluttante acconsento con un cenno del capo ma
lei mi si catapulta praticamente tra le braccia. In un primo momento
rimango fermo sul posto, ma poi mi decido a cingerle i fianchi con le
braccia. Non sono del tutto sicuro che abbia capito l'antifona e me lo
conferma la sua domanda.
«
Posso restare da te? »
«
Non è il caso, sono stremato... » È la
verità, probabilmente mi addormenterò a breve e
non sarei per nulla di compagnia. Con un sonoro sbuffo, la ragazza
acconsente, grazie al cielo, e mi saluta con un bacio. Direi che
è andata piuttosto bene, pensavo peggio. Finalmente posso
rientrare nella mia dimora e crollare esausto sul divano.
-------------------------------------
Mi
sveglio di soprassalto, madido di sudore. Devo aver fatto un incubo ma
purtroppo mi rendo conto che è la cruda realtà.
Mi
passo una mano tra i capelli umidi per poi coprirmi il viso con
entrambe. Quando finirà questa storia? Non posso andare
avanti così per sempre, è straziante ma so di
meritarmelo.
La sveglia segna le 4.55 ma decido di alzarmi, anche se è
notte fonda, tanto non riuscirei più a dormire in ogni caso.
Vago per la casa senza uno scopo preciso optando alla fine per
prepararmi un po' di cioccolata calda che adoro. La berrei in qualsiasi
momento, sempre e comunque. Mi prodigo a cercare tutto l'occorrente che
Martha, la domestica, gentilmente si premura di sistemare e pulire,
preparando poi la mia bevanda.
Non ottengo però l'effetto desiderato e quasi mi sento
peggio di prima. Forse non è stata una buona idea, in questi
casi la cioccolata deprime. Un sorriso amaro si viene a formare sul mio
volto, consapevole di quanto sia diventato negativo ultimamente.
Chissà se Richard stia dormendo, ma forse è
meglio non sapere cosa stia facendo o chi si stia facendo a quest'ora.
Non che sia un puttaniere, ma è pur vero che il suo fascino
colpisce sempre. Ha come una calamita per le donne ma è il
tipo che non vuole impegnarsi, mai e poi mai. Mi ha ripetuto
più volte che non crede nell'amore eppure continua ad
affibbiarmi donne che non voglio sapendo perfettamente cosa mi
è successo e come sono cambiato da allora.
Ma è notte fonda ed è piuttosto straziante fare
questi pensieri, così cerco di ricacciarli nei meandri
più oscuri della mia mente malata ritornando a letto.
Peccato che le mie intenzioni di dormire falliscono miseramente e
finisco per fissare il soffitto fino all'alba.
L'indomani
arriva lentamente, senza fretta, e mi rendo conto che è da
un po' che non osservavo il sole sorgere. È sempre un bello
spettacolo nonostante il motivo per il quale riesca a vederlo. Mi alzo,
stufo di restarmene disteso, e scelgo di non allenarmi per oggi, devo
conservare le energie per il lavoro. Il suono del cellulare richiama la
mia attenzione. È mia madre. In Inghilterra dovrebbe essere
mezzanotte più o meno. Con un po' di esitazione, rispondo e
subito vengo accolto dalla voce di mia madre.
«
Tesoro, ciao! Ma sei già sveglio? » Reprimo una
risata. Beh è lei che ha chiamato a quest'ora, no?
«
Sì mamma, mi sono alzato presto. Cosa c'è?
» Le chiedo bruscamente.
«
Oh tesoro, non posso sapere come sta mio figlio? » Mi domanda
con tono dispiaciuto. « E perché mi chiami alle 5
del mattino? Potevo star dormendo, no? »
«
Beh sì, ma sei sveglio. Va tutto bene? » Sospiro
esasperato, fa così da un anno a questa parte da quando
ciò che è successo ci ha riavvicinati.
«
Mamma sto bene. Tu piuttosto, non dovresti essere a letto? »
«
Amore, è ancora presto! E poi tuo padre deve ancora
rientrare. Quando vieni a Londra a trovarci? » Chiede in tono
speranzoso.
«
Non lo so, vedremo... » Non mi piace tornarci, troppi ricordi
dolorosi.
«
Va bene, tesoro. Adesso ti lascio. Buona giornata. »
«
Ciao mamma, saluta papà e Clarissa. » Mia sorella
minore che non vedo da un bel po' a pensarci. Siamo piuttosto legati,
anche se non ci vediamo spessissimo. Termino la chiamata e torno a
prepararmi qualcosa per colazione che farò più
tardi. Forse dovrei tornare a Londra, ho anche delle questioni da
risolvere soprattutto con il passato, sarà una buona idea?
Ella's
pov
Sono
seduta sul mio letto a gambe incrociate e osservo il muro di fronte a
me. Domani mattina, o meglio, fra non troppe ore, ho le famose analisi
da fare e sono parecchio in ansia. È da troppo che non
faccio nulla del genere quindi credo sia normale essere un po' agitata.
Audrey ha insistito per accompagnarmi, ma non ho opposto molta
resistenza perché in fondo mi fa piacere avere un'amica con
me domani. Mi sentirò più tranquilla con lei al
mio fianco.
Mi ristendo, fissando il soffitto, e penso a cosa potrei avere. E se
fossi malata? Se avessi qualcosa di grave? Che cosa farei? No, basta
non posso pensare sempre al peggio non mi fa per niente bene. Scuoto la
testa obbligandomi a scrollarmi questi pensieri di dosso e mi
rannicchio sotto le coperte sperando di addormentarmi presto.
Sono
le sei e mezza. Apro gli occhi assonnati e stanchi a causa del poco
sonno e trovo Audrey al capezzale del mio letto con un sorriso
inquietante. Che sta facendo?
«
Buongiorno! Dobbiamo andare, lo sai vero? Non possiamo arrivare tardi!
» Esclama con un po' troppo entusiasmo. Non stiamo andando ad
un party.
«
Posso sapere il motivo del tuo buon umore? » Le domando
mettendomi seduta sul letto scostandomi le coperte.
«
Ma niente! Sono felice che tu ti stia curando. Dai andiamo. »
Si alza dal letto e mi tende la mano. Non la prendo e la guardo torva.
Credo di aver capito.
«
Non dirmi che speri di conoscere Devon, vero? » La bionda si
arrotola una ciocca di capelli intorno al dito a disagio.
«
Ovvio che no, per chi mi hai presa? Ok, forse giusto un po'...
» Sorride sorniona. Scuoto la testa e mi dirigo in bagno per
lavarmi.
«
Sei la solita...»
«
Ma no! Voglio solo dare un volto ai tuoi racconti, Ella! » Mi
urla quando sono già dentro, ormai.
Alle
otto siamo fuori l'ospedale, il grande Lennox Hill, e Audrey inizia
già ad innervosirmi con la sua curiosità. Non
è neanche detto che ci sia!
Senza ulteriori indugi da parte mia, varchiamo la soglia e l'odore di
disinfettante asettico mi avvolge le narici. Non mi piace proprio.
Avanziamo lungo le corsie alla ricerca del nostro reparto e la
metà degli uomini si gira a guardare Audrey. Beh le ho detto
che non stavamo andando ad una festa e il suo abbigliamento non
è consono al cento per cento. Alzo mentalmente gli occhi al
cielo e finalmente arriviamo a destinazione. Ci sediamo e aspettiamo
pazientemente il mio turno mentre la bionda osserva ogni singolo medico
che passa da queste parti.
«
Audrey, non c'è, arrenditi. » Le dico stufa e dopo
poco è il mio turno. Entro mentre la mia coinquilina mi
attende fuori. Non ci mettiamo molto, grazie a dio, ed il prelievo
è stato più semplice del previsto. Ora devo solo
aspettare i risultati.
Quando esco dalla stanza, sgrano gli occhi per l'immagine che mi si
presenta.
Perché Audrey sta parlando con Devon? Non ho davvero parole.
Mi ricompongo e li raggiungo, curiosa di sapere come mai stanno
chiacchierando così tranquillamente.
«
Oh Ella, eccoti! Com' è andata? » Mi chiede la
bionda, tranquillissima, come se fosse una situazione normale. I due mi
squadrano e non mi sono mai sentita più a disagio.
«
Tutto bene. Ciao Devon » Lo saluto, non sapendo bene come
comportarmi. Di che diavolo hanno parlato?!
«
Ciao, Ella. » Mi saluta lui di conseguenza regalandomi un
lieve sorriso.
«
Beh si è fatto tardi! Che peccato devo andare a lavoro. Ella
tu devi mangiare dopo il prelievo, mi raccomando non farmi preoccupare.
» Esordisce Audrey lasciandomi nuovamente a bocca aperta, ma
cosa le prende? Non deve lavorare! La guardo in cagnesco mentre Devon
sposta lo sguardo confuso da me a lei.
«
Buona giornata e buon lavoro. » La saluta il dottore,
formalmente. Le lancio un'altra occhiataccia. A casa faremo i conti.
«
A dopo. » Sibilo a denti stretti e Audrey risponde con un
occhiolino per poi scappare via a gambe levate. Passano attimi di
silenzio che sembrano durare un'eternità, prima che mi
decida a parlare.
«
Come ha detto la mia amica, dovrei fare colazione, vuoi venire con
me...? » Ma cosa dico? Sta lavorando di certo non ha tempo da
perdere con me..
«
È una buona idea. Andiamo. » Ah wow ha accettato.
Posa una mano sulla mia schiena per invitarmi a camminare, gesto molto
galante da parte sua, così ci avviamo verso l'uscita. Ci
rechiamo al bar all'interno dell'ospedale. Non l'avevo mai visto, ma
è molto grande molto più accogliente del resto,
sicuramente. Devon si sfila il camice che appoggia sulla sedia e mi fa
cenno di seguirlo al bancone. Ci sono tantissimi dolciumi, mi
congratulo! Prendo un cornetto ripieno di nutella e un succo di frutta
mentre Devon solo il caffè.
«
Non farmi mangiare da sola, mi fai sentire in colpa. » Gli
dico prima che possa pagare.
«
Guarda quello, è un piccolo cupcake al cioccolato. Pensaci
» Gli sorrido afferrando il pacchetto che mi porge il ragazzo
dietro al bancone. Mr. Occhi di ghiaccio esita per qualche secondo, ma
poi si convince. Deve piacergli parecchio il cioccolato!
«
Mi hai convinto, un punto per te Ella. » Ordina anche il
cupcake e ci dirigiamo al tavolino di poc'anzi. Mi accomodo di fronte a
lui e scarto il mio bel cornetto che addento subito. È
davvero ottimo. Alzo lo sguardo e Devon mi sta osservando a
metà tra il divertito ed il sorpreso.
«
Mi sono sporcata, vero? » Gli domando cercando un fazzoletto
da qualche parte. Egli me lo porge prima che lo trovi da me.
«
Mi meraviglio che non ti sia colata addosso. » Scuote la
testa divertito e si prodiga ad assaggiare il suo dolcetto. Sembra
gradire.
«
Ehm... mi scuso per Audrey, non so cosa ti abbia detto ma comunque...
»
«
Niente di compromettente, non preoccuparti. Sembra una ragazza
simpatica. » Si affretta a rispondere sorseggiando la sua
bevanda.
«
Sì è molto euforica, già. »
Finisco per lui la frase mentre continuo a bearmi della delizia di quel
cornetto. È buonissimo.
Osservo per un attimo Devon. Postura composta, leggera barba curata,
vestiti impeccabili e sguardo sempre misterioso. Non riusciresti a
capire a cosa stia pensando nemmeno se ti impegnassi. Mi rendo conto
che lo sto fissando, così, distolgo lo sguardo in fretta
puntandolo sul mio succo di frutta alla pesca.
«
Fatte le analisi? »
«
Oggi ho fatto il prelievo ed è andato tutto bene,
sì. » Gli sorrido spostando il bicchiere vuoto
dalla mia portata.
«
Meno male, dopo vai all'università? »
«
No, alle nove devo essere a lavoro in realtà. »
Continuiamo per un altro po' a parlare del più e del meno
nel quale gli dico dove lavoro, dove abito e che mi piacerebbe fare
nella vita. La cosa strana è che ho parlato quasi sempre io
mentre lui si è limitato a farmi le domande. Si vede che non
ama parlare di se... o forse nasconde qualcosa? Una chiamata al suo
cerca persone ci interrompe e Devon si alza di scatto.
«
Un'emergenza, devo proprio scappare. Ci vediamo presto Ella.
» Mi sorride e riafferra il camice in fretta e furia
precipitandosi all'esterno.
---------------
La
mattinata da Cloe's è stata tranquilla. Non è
arrivata moltissima gente, tranne una signora che in pratica si
è provata tutto il negozio senza comprare nulla. Avevo
promesso a Richard che ci saremmo presi un caffè insieme,
così, al momento sono seduta al nostro bar preferito in
attesa del suo arrivo. Non devo aspettare molto che appare in tutta la
sua eleganza. A differenza di Devon che veste in modo più
classico, Richard utilizza sempre colori più accesi e vivaci
per i suoi abiti.
«
Mia bellissima Ellina, come andiamo? » Si accomoda spavaldo
sulla sedia di fronte alla mia.
«
Tutto bene, mi hanno dissanguata oggi! » Lo prendo in giro e
gli mostro il cerotto sul braccio.
«
Puoi anche toglierlo, lo sai? Sono sicuro che si sia stagnato dieci ore
fa. » Mi sfotte a sua volta con il suo sorrisetto sghembo di
sempre. Gli faccio la linguaccia e strappo via il cerotto.
«
Ahi! » Fingo un dolore allucinante.
« È vero, guarda che buchino carino. »
Ridacchio e poi Richard ordina due caffè alla cameriera che
non smette di fargli gli occhioni dolci.
« Sai, oggi anche Audrey ha conosciuto Devon. Li ho trovati
fuori che chiacchieravano. »
«
Ah davvero? Beh Audrey è un tipo socievole. »
« Sì, molto. Sai, non stareste male insieme.
» Spero che il mio piano non vada in fumo miseramente. Odio
fare questo tipo di cose, ma per Audrey questo ed altro.
«
Io non mi ci vedo in coppia. » Mi risponde sicuro di se come
sempre.
«
Beh però potresti conoscerla meglio, no? Magari scopri che
avete molte cose in comune! »
«
Stai cercando di sistemarmi Ella? » Scoppia a ridere e arriva
la cameriera di prima con i nostri caffè. Sorride civettuola
a Richard che ricambia solo in parte.
«
Vedi? Sei un rubacuori! »
«
E' la dura vita, cara Ella. » Mi dice in tutta risposta lui.
«
Invece cosa mi dici di Devon? » Gli domando titubante, non
vorrei che si facesse strane idee.
«
Che cosa vuoi sapere? »
«
Beh, te l'ho raccontata la scenata al quale ho assistito? »
« No Ella. Dai aggiornami che lui non mi dice mai niente!
» Finge un'aria offesa e si protende per ascoltare,
così gli racconto di Summer.
«
Ancora quella zoccola di sentiero? Certo che non si stanca mai, eh.
»
«
Ah, quindi la conosci? » Gli chiedo ora più
curiosa di prima.
«
Sì è una ragazza con il quale è uscito
qualche volta, ma lei come tutte voi donne, si è fatta dei
film mentali e ora non lo molla un attimo. » Mi
spiega sorseggiando il suo caffè.
«
Ehi non generalizzare, tu! Siete voi gli insensibili e poi vi
lamentate. Non illudetele così sarà
più facile. »
«
E chi le illude! Ti assicuro che fanno tutto loro. Abbiamo un po' di
precedenti io e Devon su queste storie. » Assottiglio gli
occhi sorpresa.
«
Ma Devon sembra sempre così... freddo e misterioso.
Perché? »
«
Ne ha passate tante, davvero, ma non sta a me dirti di più.
Non ci pensare Ella, è fatto così e ti assicuro
che a volte raggela anche me con le sue risposte, ma io ne sono
abituato. »
Con queste nuove informazioni, sono ancora più confusa di
prima. Che cosa può essergli mai successo da farlo chiudere
così in se stesso? Perché allontana le donne che
cercano di avvicinarlo? E soprattutto, perché ci sto
pensando?
Non avrò delle risposte finché non
sarà lui stesso a darmele, quindi lascio perdere l'argomento
e mi godo il resto del pomeriggio con Richard.
Angolo
autrice:
Eccomi con l'aggiornamento del mercoledì, come state?
Piaciuto questo capitolo? Che cosa succederà nel prossimo
secondo voi? Fatemelo sapere con una recensione, ne sarei felice!
Kisses.
|
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Capitolo 13 *** Capitolo 12 ***
Devon's
pov
La chiamata di mia madre mi ha fatto riflettere su quanto abbia
finalmente preso le distanze con un mondo che non mi apparteneva e che
non mi era mai appartenuto. Potrò scappare per sempre dai
miei doveri? Non credo, ma non è il caso di arrovellarmi il
cervello adesso per questo.
Con questi strani pensieri mi reco a lavoro, l'unico posto nel quale mi
senta davvero a casa, almeno per la maggior parte del tempo. Infatti,
si lamentano tutti che non prendo mai molti giorni di ferie creando
problemi agli altri dipendenti. Beh, amo quello che faccio che posso
dire? Non a caso sono diventato primario di cardiochirurgia a soli
trent'anni, anche grazie alla mia tesi sulla possibile risoluzione
della "fragilità delle arterie", uno scoglio importante per
chi è del mestiere come me. Ricordo perfettamente il giorno
della laurea e di come mi sono sentito realizzato in quel momento. Nel
lavoro, almeno, ho avuto successo e ne vado fierissimo.
In
ospedale stavo facendo il giro dei vari reparti, quando una ragazza
bionda mi ferma chiamandomi addirittura per nome.
«
Mi dica(?) » Le domando perplesso sostando di fronte alla sua
figura slanciata. Si nota lontano un miglio che non è
proprio abituata a questo luogo dato l'abbigliamento poco consono.
«
Oh salve, mi scusi se la disturbo, sono un'amica di Ella. In questo
momento sta facendo le analisi. Volevo solo conoscerla di persona e
ringraziarla per il suo aiuto. » Mi sorride allegramente
spostandosi la massa bionda dietro le spalle.
«
Si figuri, è il mio lavoro nonché dovere.
»
«
Oh, io sono Audrey Anderson, piacere. » Mi tende la mano che
stringo professionalmente.
«
Devon Reinfield, piacere mio. » Scambiamo altre due parole
fino a quando Ella non fa la sua comparsa. È ovviamente
sorpresa di vederci parlare. La sua amica ci lascia subito soli,
così accetto l'invito di Ella di fare colazione insieme.
È una buona scusa per fare una pausa.
Al
bar mi convince a prendere un piccolo cupcake al cioccolato che devo
dire è davvero strepitoso. Amo il suo sapore. Anche la
fanciulla deve apprezzare parecchio dato che ha praticamente immerso il
viso nella nutella. È buffa quando si imbarazza.
Le porgo subito dei fazzoletti approfittandone per prenderla in giro.
Mi diverte farlo. Noto che mi sta fissando per poi distogliere subito
lo sguardo. Devo ancora intimorirla parecchio, forse per la mia figura
di medico o forse è ancora scossa per la famosa caduta di
qualche settimana fa. Cambio argomento passando alla sua salute quando,
dopo poco, la mia presenza viene richiesta urgentemente. Un altro
paziente che devo operare in fretta.
Saluto fugacemente la ragazza e corro al piano di sopra, rinfilandomi
il camice al volo. Un po' mi dispiace averla abbandonata
così al bar, ci stavamo conoscendo meglio, ma allo stesso
tempo non potevo fare altrimenti.
Mi
reco a passo svelto nel mio reparto e incontro subito Rose, mia
assistente nonché mio fidato braccio destro. Mi illustra
rapidamente la situazione. Uomo caucasico, sui cinquant'anni, arrivato
al pronto soccorso pochi minuti fa lamentando dolore al petto e
difficoltà a respirare. Dopo le visite preliminari, hanno
diagnosticato un'ostruzione di un'arteria che se non curata subito
potrebbe procurargli un infarto.
«
Datemi i suoi esami del sangue, veloce. » Angie, il nostro
tecnico d'eccellenza, mi passa la cartellina con gli esami appena
eseguiti che mi accingo a leggere.
«
Ha il colesterolo alle stelle e la pressione non mi piace per niente.
Il battito è irregolare. Se non ci sbrighiamo, non
potrò operarlo perché non reggerebbe l'anestesia.
Intubatelo. » Lancio le analisi all'infermiera e mi preparo
per l'operazione. Certo che non ci si annoia mai in pronto soccorso!
Dopo un paio d'ore esco finalmente dalla sala operatoria. Abbiamo
impiantato un bypass coronarico sostituendo l'arteria ostruita con un
pezzo di un'altra prelevata dalla gamba del paziente. Sembra stabile
per il momento, così ne approfitto per prendere un po'
d'aria fresca.
Il
giardino che offre il Lenox è un paradiso terrestre immerso
nella natura. È perfetto per i pazienti ricoverati che
desiderano respirare per un po' l'aria pulita al di fuori delle solite
quattro mura bianche e asettiche. È fantastico e ammetto che
piace anche a me passarci i pochi momenti liberi che ho in ospedale. Mi
accomodo quindi sulla panchina e osservo il panorama. Ci sono studenti
seduti sull'erba che ripetono per gli esami, molti pazienti che si
godono l'aria aperta e qualche infermiere che controlla che tutto
proceda bene. Inspiro più che posso quest'aria rigenerante
prima di tornare al mio lavoro.
Ella's
pov
La
conversazione con Richard mi ha incuriosita più del dovuto.
Cosa hanno passato con le donne? Perché si sono chiusi in se
stessi? Richard mi sembra sia meno complessato quindi potrei indagare
un po' chiedendogli informazioni... magari dopo qualche bicchiere di
vino. Ma Devon è così... misterioso, anche a
lavoro mi ha dato questa impressione. Mentre camminavamo per i corridoi
dei vari reparti, tutti lo guardavano con rispetto o meglio con timore.
Posso capire che abbia molte responsabilità, che sia molto
influente ma non mi spiego tutto questo stato d'ansia nelle persone che
lo circondano. Soprattutto quella donna, Summer.
Lo ammetto sono davvero paranoica e soprattutto non dovrebbe
importarmene un accidenti di tutto ciò eppure sono sempre
più curiosa. Sarò ripetitiva, ma quegli occhi
sono tristi, malinconici, deve per forza essere successo qualcosa di
grave per averlo sconvolto tanto. E se c'entrasse una donna, appunto?
Almeno spiegherebbe il perché sia sempre tanto sulle sue e
perché cerchi di allontanarle a tutti i costi. Non a caso
con Summer si è comportato proprio così, ma non
posso sapere in che rapporti siano di preciso.
Perfetto, indagherò più a fondo e per farlo devo
passare più tempo con lui in campo neutrale, ovvero non in
ospedale dove può sfuggirmi troppo facilmente. In fondo mi
devo sdebitare per ciò che ha fatto per me.
Rifletto sul da farsi e ricordo di avere il suo biglietto da visita.
Bingo.
Accantono per un attimo il pensiero cercando le chiavi. Entro in casa e
chiamo Audrey a gran voce.
«
Eccomi, eccomi! Cos'hai da urlare a quest'ora? »
«
Audrey! Sei una bastarda lo sai? Cosa ti è saltato in mente
di fare stamattina in ospedale?! »
«
Calma calma! Mi ringrazi così? Ti sto dando una mano con il
dottore. » Asserisce convinta come se fosse la cosa
più normale del mondo. Trattengo un sospiro e poso la borsa
e le chiavi sul tavolo.
«
Non ti ho chiesto di farlo, però. E poi come l'hai
riconosciuto..? »
«
Facile! Era il più sexy, così mi sono avvicinata
e ho letto il nome sul cartellino. Geniale, vero? » Batte le
mani contenta del suo operato e mi fa un occhiolino. È matta
da legare.
«
Sei assurda... che vi siete detti? » Le chiedo rassegnata
all'idea che non smetterà mai di mettersi in mezzo.
«
Niente di emozionante, in realtà mi sono presentata come tua
amica e poi sei arrivata tu. » Fa spallucce e si reca in
cucina. La seguo pensierosa.
«
Mh. Mi prometti che non farai più una cosa del genere?
»
«
Certo che no, Ella! Da quanto ho visto, hai bisogno di un grande aiuto.
» Sospiro esausta, perché non riesce a capire che
non è questo il punto?
«
Un'altra parola e non ti aiuto più con Richard, ecco.
» Mi guarda offesa e mette il broncio per un secondo. Poi
viene colta da un'illuminazione improvvisa.
«
Ci hai parlato quindi? Aww oh mio dio! » Annuisco e le faccio
cenno di sedersi con me a tavola.
«
Ha detto che sei una ragazza carina ma che non si vede in coppia con
nessuno...»
«
Ma come.... è troppo sexy per restare da solo! »
Commenta delusa. Quando si tratta di lei, diventa molto meno fiduciosa
eppure non dovrebbe esserlo per niente.
«
Tutti gli uomini dicono così, se può
consolarti... » Mentre pronuncio questa frase non posso non
pensare se sia così anche per Devon. Lo scoprirò.
--------------------
Dopo
cena, auguro ad Audrey la buonanotte, anche se sono appena le nove e
mezzo e mi rifugio nella mia stanza. Afferro la borsa e frugo al suo
interno alla ricerca del bigliettino da visita del dottore. Dove l'ho
messo? Ah eccolo qui, è un po' spiegazzato ma si leggono
ancora bene i numeri. Dovrei scrivergli? Un po' mi sento in colpa nel
disturbarlo per una mia curiosità. Però non posso
neanche negare di volerlo fare comunque. Eh va bene, mi decido e salvo
il numero in rubrica, tanto per cominciare. Che cosa posso dirgli? E se
fosse troppo tardi per scrivergli? Dovrei smetterla di pormi tutte
queste domande senza risposta, ma tanto ho solo un modo per ottenerle.
"Buonasera Devon,
Scusami per l'orario volevo solo dirti che vorrei sdebitarmi per tutte
le volte in cui mi hai aiutata, te lo devo.
Ella. "
Rileggo trecento volte il messaggio prima di inviarlo, non del tutto
decisa del contenuto, ma almeno è quello che voglio dirgli
davvero. Appoggio il cellulare sul comodino e mi stendo sul letto
coprendomi solo in parte con le lenzuola. Socchiudo gli occhi stanchi
ma il trillo proveniente dal telefono mi fa sobbalzare. Lo afferro e mi
affretto a leggerne il contenuto.
"Buonasera Ella,
Non mi devi nulla, tranquilla. Non devi sdebitarti per niente. "
Corrugo
la fronte leggendo il testo. È peggio di quanto credessi.
Digito velocemente un'altra risposta.
"Insisto,
posso almeno offrirti un caffè, niente di troppo
impegnativo."
Mi
risiedo sul letto in attesa del messaggio. È così
difficile accettare un invito? Mi alzo e vado a recuperare un bicchiere
d'acqua in cucina. Quando torno, trovo la risposta lampeggiare sul
display.
"D'accordo,
ti va bene domani mattina? Altrimenti possiamo fare nel primo
pomeriggio. "
Ah finalmente. Mi chiedevo quanto ancora dovessi insistere.
"Va
benissimo la mattina, facciamo alle 8:30? "
Mi risponde dopo qualche minuto confermando l'appuntamento per
l'indomani permettendomi di andare a dormire poco dopo.
-----------------------
La mattina seguente mi sveglio decisamente troppo allegra per i miei
gusti. Sono le sette, ho tutto il tempo per prepararmi e incontrare
Devon. Siamo rimasti che ci saremmo visti fra un'ora al parco vicino al
negozio dove lavoro, nostro punto d'incontro. Se lo dico ad Audrey,
uscirà fuori di testa, vero..? Forse è meglio che
lo faccia a cose fatte almeno non mi chiamerà ogni secondo
per sapere cosa succede. Mi faccio una doccia veloce, decidendo di
alzare leggermente i capelli ai lati della frangia. Metto solo una
leggera linea di eyeliner e mascara per finire. Indosso poi un paio di
pantaloni lunghi color verde petrolio e una camicetta bianca. Afferro
la borsa ed il cellulare e cerco Audrey nel salotto.
«
Audrey, sto uscendo, a dopo! » Le urlo sgattaiolando fuori
prima che possa farmi il terzo grado.
Vado
a piedi, è presto e non è lontanissimo dal mio
appartamento, quindi ho tutto il tempo per arrivare con calma. Ci metto
una ventina di minuti circa per raggiungere la destinazione. Controllo
l'ora, sono le 8:35, ho fatto un po' tardi. Do un'occhiata in giro e
scorgo subito Devon appoggiato al cancello dell'entrata principale.
Indossa un pantalone classico ed una camicia azzurra chiara infilata al
suo interno con le maniche arrotolate. Ha i capelli leggermente tirati
all'indietro e un paio di occhiali da sole gli oscurano lo sguardo di
ghiaccio.
«
Stai aspettando da molto? » Esordisco quando ormai siamo
abbastanza vicini. In tutta risposta, Devon si toglie gli occhiali e fa
spallucce.
«
Non molto, temevo fossi caduta in un tombino, ad essere sincero.
» Sorride come se avesse detto la battuta del secolo.
«
Ed invece no, sono tutta intera per mia fortuna. Vogliamo andare?
» Gli faccio cenno con lo sguardo e ci inoltriamo insieme nel
parco.
C'è un ottimo bar dove poter fare colazione al suo interno.
Ci accomodiamo fuori e lasciamo che l'aria mite di maggio ci accarezzi
la pelle. È una bella giornata.
«
Cosa prendi? Secondo me dovremmo assaggiare il tortino caldo con
cioccolato e panna. » Dev'essere una delizia!
«
Hai la camicetta bianca, sei sicura di volerlo prendere? »
Sorride sghembo ricordandomi l'episodio dell'altra mattina. Oggi
è stranamente di buon umore.
«
Sei davvero simpatico quando ti ci metti, guarda. Facciamo
così, tu prendi il tortino ed io prendo quello che vuoi tu
poi se mi piace di più il tuo, facciamo a cambio.
» Gli sorrido a mia volta. Devo pur inventarmi qualcosa per
rompere il ghiaccio, no? Quasi scoppia a ridermi in faccia.
«
Ma non facciamo prima se ognuno prende quello che preferisce?
»
«
In effetti sì, ma non sarebbe divertente e non ci sarebbe
gusto nel dirti che la mia scelta è migliore della tua.
» Sembra pensarci su un attimo ma poi acconsente.
«
Perfetto, allora io scelgo per te questo bel muffin al cioccolato che
di sicuro è più buono. »
«
Questo lo vedremo, Devon. » Sorrido e poi chiamiamo la
cameriera per le ordinazioni.
«
Lo sai che non eri tenuta a sdebitarti, vero? » Mi chiede ad
un tratto.
«
Ti sbagli, mi hai aiutata e offerto più volte la colazione,
mi sento in dovere di ricambiare. » Faccio spallucce come se
fosse ovvio. Non credo che la pensi allo stesso modo.
«
Invece non dovevi, non ho fatto nulla di speciale. » Insiste
picchiettando le dita sul tavolino.
«
Beh ormai siamo qui, no? Tanto vale goderci la mattinata. »
Finalmente annuisce e si sporge un po' sul tavolo.
«
Come vanno i giramenti di testa? »
«
Credo meglio, mi vengono più di rado
ultimamente...è buon segno, no? »
«
Certamente, ma aspettiamo le analisi per dirlo. » Non voglio
parlare di me! Ho già detto anche troppo le volte
precedenti. Devo tentare un'altra strategia.
«
Parliamo sempre di me, mentre non so quasi nulla sul tuo conto. Non
è una cosa giusta lo sai? » Provo a buttarla sul
ridere accennando anche una risatina. Pare non essersi scomposto
più di tanto, almeno non si è agitato come quando
gli rivelai il mio nome all'epoca del nostro primo incontro.
«
Hai ragione, ma non c'è molto da sapere. Le cose
fondamentali le conosci... » No che non le conosco!
«
Ma non so, ad esempio, cosa ti piace o cosa non ti piace. »
«
Mi piace suonare il piano, ad esempio, e non mi piacciono le ragazze
che mi cadono addosso inciampando nei tombini. » Trattiene un
sorrisetto.
«
Ehi! Guarda che mi offendo... »
«
Stavo scherzando, però devi ammettere che non è
normale quello che è successo, eh.. »
«
Sì sì, lasciamo stare quell'episodio...
» La cameriera ci porta le nostre ordinazioni prima che possa
dire altro.
«
Pronto a perdere la sfida? »
«
Non perdo mai, Ella. » Mi guarda di sottecchi e mette mano
alla forchettina.
«
Adesso assaggiamo entrambi i dolci e poi decidiamo. »
Annuisce e prendiamo un pezzetto del tortino. È celestiale.
Assaggiamo anche quello che ha scelto lui. È buono, ma non
è paragonabile al mio.
«
È più buono il muffin. » Dice lui. Ma
per favore!
«
Ah! Stai barando, il tortino è mille volte meglio, non si
discute. » Alza un sopracciglio in disaccordo.
«
E chi lo dice? Tu stai barando. »
«
Sto barando? Bene, allora dammi il tortino. » Lo guardo furba
aspettando la sua prossima mossa. Assottiglia lo sguardo e poi prende
un altro morso del mio bellissimo tortino caldo.
«
Ah! Lo sapevo, è più buono il mio. Hai perso!
» Mi dedica una smorfia contrariata e mi allunga il suo
piatto.
«
Lo ammetto, è più buono, ma sono un gentiluomo e
te lo cedo. Non ringraziarmi. »
«
Non ne avevo intenzione, i patti sono patti. » Gli
restituisco il muffin che comunque gusta con piacere, sorridendogli
tranquilla.
«
Sei la dolcezza, guarda. » Commenta ironico.
«
Non a caso mi chiamano Ella caramella. » Gli confido
altrettanto ironicamente. Sebastian mi chiama così da quando
ha scoperto che ne vado matta e che fa rima con il mio nome.
«
Davvero? E perché mai? »
«
Adoro le caramelle, soprattutto quelle gommose e zuccherose.
»
«
Che orrore. Come fanno a piacerti? »
«
Come fanno a non piacere a te? Sono buonissime! »
«
Non fanno decisamente per me. »
«
E cosa fa per te...? » Azzardo nuovamente a chiedere
sporgendomi nella sua direzione. Lui fa lo stesso.
«
Preferisco la pizza o la cioccolata. » Mi rivela dopo quello
che sembra un secolo. Sarà anche una sciocchezza, ma il
fatto che me l'abbia detto significa che inizia ad aprirsi con me e non
potrei esserne più felice.
Devon si sta rivelando migliore di quanto pensassi, a dirla tutta. Non
è l'uomo rigido che gestisce un ospedale, freddo come il
ghiaccio che intimorisce con una sola occhiata, o meglio, ad intimidire
di sicuro è bravo, ma sono certa che sia una forma di
autodifesa che adotta con le persone. Ne so qualcosa, lo facevo e lo
faccio anche io. Per non farmi ferire dagli altri, mi chiudevo in me
stessa e non permettevo a nessuno di distruggere la corazza che mi ero
creata. Se mia madre mi ha voltato le spalle, perché non
potrebbe farlo un estraneo? Ma questo vale per me a causa di
ciò che mi è successo, ma Devon? Cosa gli
è accaduto di così spaventoso? Sembra essere
devastato ed io posso capirlo, anche se lui non lo sa. Vorrei aiutarlo,
ma come posso avvicinarmi senza che lui mi respinga e si chiuda nel suo
dolore?
Angolo
autrice:
Come
ogni sabato eccomi qui con un capitolo nuovo di zecca.
Le cose iniziano a farsi, non dico più chiare, ma
più interessanti e piano piano, stiamo entrando nel vivo
della storia. Avete già qualche ipotesi su cosa sia successo
a Devon? Ella riuscirà a scoprirlo senza farsi troppo male?
A mercoledì per il continuo.
Kisses
|
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Capitolo 14 *** Capitolo 13 ***
Devon's
pov
Non
mi sarei mai aspettato un messaggio di Ella, soprattutto a quest'ora e
per chiedermi di vederci per ragioni non professionali. Insiste con la
storia dello sdebitarsi, anche se non dovrebbe, perciò non
mi resta che accettare l'invito.
La mattina seguente, dopo una bella sessione di allenamento ed una
doccia rigenerante, indosso una camicia azzurra con le maniche
arrotolate ed un paio di pantaloni neri classici. Tiro i capelli
all'indietro e afferro i miei inseparabili occhiali da sole, ormai
siamo a Maggio.
L'appuntamento è al parco ma decido di avviarmi comunque con
la macchina essendo il Lennox più lontano rispetto al nostro
luogo di incontro. Parcheggio al di fuori di esso e l'aspetto
all'entrata principale. Arriva dopo poco in tutta la sua naturalezza. A
differenza di Summer, non veste in modo succinto ma appare comunque
molto bella, non si può di certo negare l'evidenza.
Il
bar del parco offre un bellissimo panorama ed essendo nel pieno della
primavera, è molto piacevole trascorrere la mattinata
all'aria aperta, forse era quello che mi ci voleva dopo tanto stress.
Prima di ordinare mi propone un gioco o una sfida, dipende dal punto di
vista, ma che decido di accettare ugualmente.
Ella sembra una ragazza a posto, gentile, socievole, divertente e un
po' maldestra. È anche curiosa, infatti, cerca in tutti i
modi di estorcermi informazioni riguardanti la mia vita privata.
Le concedo di sapere che suono il piano, da quando avevo sei anni, e
che preferisco la cioccolata e la pizza alle schifose caramelle gommose
che invece mangia lei. Niente di compromettente, insomma.
Faccio fatica a parlare di me, della mia vita privata e soprattutto di
quello che è successo, ma mi rendo conto che sfogarsi
è sempre la soluzione migliore. Magari potremmo diventare
amici noi due e le potrò confidare le mie paure, forse.
«
Piacciono anche a me. » Mi sorride compiaciuta riferendosi
alla mia confessione sulla pizza e/o cioccolata prendendo un sorso del
suo cappuccino.
«
Dato che ho perso la scommessa, posso offrirti la colazione?
» Le domando dopo aver preso qualche sorso del mio
caffè nero. Non mi piace che debba offrire lei al posto mio.
«
Ovvio che no, non era così il patto. » Fa
spallucce fingendo nonchalance.
«
No, infatti, ma non posso comunque lasciarti pagare, non è
molto da me. » Alza gli occhi al cielo esasperata. Non
l'avrà vinta facilmente.
«
Avanti Devon, non farti pregare... La prossima volta ti
lascerò pagare. »
«
Ci sarà una prossima volta? » La domanda mi esce
fuori con un tono più sorpreso di quanto volessi in
realtà.
«
Sempre se ti fa piacere, ovvio. » Si mordicchia il labbro
come se le parole le fossero sfuggite dalle labbra senza il suo volere.
«
Certo, perché no. » E sono sincero, non mi
dispiacerebbe uscire di nuovo con lei, è intrigante per
certi versi. Spero sia una buona idea e soprattutto che non me ne penta
in futuro.
«
Mi fa molto piacere. » Mi risponde soddisfatta e dopo non
molto finiamo anche di mangiare. Si alza ancor prima che possa muovere
un passo e si precipita a pagare. Ho detto che è anche molto
testarda? Fa il suo ritorno vittoriosa e mi dedica un occhiolino.
«
Devi andare all'università adesso? » Vorrei almeno
accompagnarla tanto sono arrivato in macchina ed è presto
per andare in ospedale.
«
No, in realtà a lavoro. » Mi dice mentre cerca
qualcosa nella borsa.
«
Posso darti un passaggio? Almeno mi sentirò meno in colpa
per averti permesso di pagare. »
«
Sei gentile, ma il negozio è proprio dietro l'angolo, grazie
comunque. » Si aggiusta la frangia e si mette la borsa in
spalla sorridendomi.
«
Bene, allora alla prossima(?) Ci possiamo sentire telefonicamente a
questo punto e grazie per la colazione. » Mi rimetto gli
occhiali da sole mentre la guardo sorridente. Mi risponde che va
benissimo e si protende per salutarmi con due baci sulle guance.
È la prima volta che lo fa e il suo gesto mi sorprende ma
non lo do a vedere.
«
Allora, alla prossima. Buona giornata Devon e non devi ringraziarmi di
nulla. » Si allontana con la stessa naturalezza con la quale
è arrivata poc'anzi.
Mi volto e mi dirigo alla mia auto recuperando le chiavi, pronto per
recarmi al lavoro. Non faccio neanche in tempo ad aprire la portiera
che percepisco il telefono vibrare.
«
Ehi Summer. Buongiorno. » Mi accomodo al posto del guidatore
allacciandomi la cintura.
«
Come stai, tesoro? »
«
Bene, tu che mi dici? » Accendo il vivavoce dell'auto
così posso guidare e parlare contemporaneamente.
«
Bene bene, ma dove sei? »
«
In macchina, sto andando a lavoro perché? »
«
Sono fuori casa tua ma non ci sei... » Alzo gli occhi al
cielo, non ci credo.
«
Perché sono in macchina(?) Ci sentiamo dopo, va bene?
»
«
Va bene.... Ciao. » Mi schiocca un bacio attraverso la
cornetta ma attacco subito la chiamata.
Perché diavolo si presenta a casa mia senza avvisare? E si
lamenta pure che non mi trova...
Tutto il buon umore di stamattina è magicamente svanito
grazie a questa telefonata, magnifico. Lo so che mi faccio prendere
troppo dalle cose ma non posso farci niente se certi gesti mi irritano
e non poco. Entro in ospedale come una furia ma noto subito Rose che
cerca di fermarmi. Non la ascolto finché non siamo nel mio
ufficio.
«
Dottor Reinfield, ha chiamato sua madre un quarto d'ora fa. Ha detto
che non le ha risposto né a casa né al
cellulare.. » Ma da quando la mia è diventata la
casa del buon Gesù?! Cerco di restare calmo, infondo, Rose
non c'entra nulla non posso arrabbiarmi con lei.
«
Per caso ti ha detto cosa voleva? » Mi infilo il camice nel
frattempo.
«
No, dottore. Mi ha solo detto che la cercava, mi spiace...»
Abbassa lo sguardo intimorita, ma sono troppo nervoso per
rimproverarla.
«
Grazie, va pure... » La congedo con un gesto della mano
sprofondando nella mia poltrona. Se a New York sono quasi le dieci di
mattina a Londra, saranno le cinque, pensavo che mia madre fosse meno
mattiniera però almeno si spiega perché mi chiami
in orari strambi. Che sia successo qualcosa?
Afferro subito la cornetta del telefono e compongo il suo numero. Mi
risponde dopo un paio di squilli.
«
Mamma va tutto bene? »
«
Oh tesoro! Ti sei ricordato di me, allora eh? Come stai? » E
sono questi i momenti in cui vorrei assumere un sicario per farla
rapire. Scherzo ovviamente.
«
Mamma è successo qualcosa? Perché mi hai
chiamato? Ci siamo sentiti ieri....» Sogghigna al telefono,
alquanto inquietante direi.
«
Ma no figliolo, niente! Volevo comunicarti che fra qualche settimana ci
sarà il solito consiglio annuale al quale devi assolutamente
partecipare. Verrà anche Charlotte te la ricordi?
»
«
Come posso dimenticarla? Hai cercato di farmela sposare più
di una volta... » Alzo gli occhi al cielo. Non ho nessuna
voglia né di tornare a Londra né di avere a che
fare con qualsiasi stramberia di mia madre o con i benestanti con i
quali è abituata a stare.
«
Era un buon partito e Charlotte è una bella ragazza, no? Lo
facevo per te, pff. »
«
Ne abbiamo già parlato. Comunque devo andare, c'è
un'urgenza. Ciao mamma. » Attacco prima che possa dire altro
e appoggio la testa sullo schienale chiudendo gli occhi. Capitano tutte
a me.
Ho bisogno di un consiglio e Richard è la persona giusta a
cui chiederlo perché so che è l'unico che
può capirmi.
Ella's
pov
E così ci sarà una prossima volta. Sono
esterrefatta, non credevo che avrebbe mai accettato quest'invito
figuriamoci un'altra uscita! Sorprendente, magari potremmo addirittura
diventare amici.
Volto l'angolo e il Cloe's showroom mi appare davanti agli occhi. Si
comincia...
«
Ella! Finalmente... » Sidney mi viene incontro a braccia
conserte. Che ho fatto..?
«
Buongiorno, Sidney. Cosa succede? » Le chiedo appoggiando la
borsa sul bancone.
«
Sei in ritardo, di nuovo! »
«
Ma sono le nove e cinque... »
«
Cinque minuti sono pur sempre cinque minuti! Vorrà dire che
te ne andrai cinque minuti dopo. » Mi guarda furiosa. Secondo
me deve esserle successo qualcosa, di solito è abituata ai
miei ritardi.
«
Certamente... mi metto subito a lavoro, allora. » Filo via
alla velocità della luce iniziando ad esporre in vetrina
qualche capo per poi riordinarli per taglia e colore. Stavo sistemando
gli ultimi abiti quando sento una mano picchiettarmi la spalla.
«
Sebastian mi hai spaventata! » Quasi sobbalzo quando mi volto
e me lo trovo di fronte.
«
Ellina, noi dobbiamo comprarti un vestito per la mia prima, ricordi?
Mica ci vuoi venire conciata così... » Indica il
mio outfit con la mano.
«
Guarda che sono super elegante oggi! » Ribatto lisciandomi la
camicetta.
«
Certo, ed io sono etero! » Ridacchia divertito e poi fa un
occhiolino a Sidney che ricambia ammirata.
«
Quella donna mi adora, peccato che abbiamo gli stessi gusti.
» Fa spallucce e mi prende per un braccio.
«
Bas, mancano ancora due settimane allo spettacolo lo sceglieremo con
calma poi. » Cerco di persuaderlo facendogli gli occhioni
dolci.
«
Va bene Ella... ma ci andremo questo weekend, non voglio sentire
ragioni, intesi? » Annuisco controvoglia alla sua imposizione.
«
Bas fra una decina di minuti stacco, se mi aspetti, pranziamo insieme.
» Mi volto e fingo di lavorare mentre attendo la risposta di
Bas che non tarda ad arrivare.
-------------------------
Quindici
minuti dopo siamo seduti nel suo ristorante preferito. Un locale
francese, ovviamente, ma devo dire che fanno delle crêpes
eccezionali!
«
Allora Bas, sai già dove si svolgerà l'after
party? » Gli domando mentre leggo il menu del raffinato
ristorante. Mi sa che un'insalatona andrà più che
bene.
«
Ovvio, Ella! Mancano solo quindici giorni alla prima! Si
svolgerà nella sala da ballo di un hotel non lontano dal
teatro, il Waldorf Astoria. » Quasi mi strozzo con l'acqua
per la coincidenza. È l'hotel di Richard!
«
Oddio, davvero? Conosco il proprietario! » Lo guardo
incredula.
«
Oh wow Ella, sei piena di risorse. Come lo conosci scusa..? »
Cavolo, con tutto ciò che ho avuto da fare non ho aggiornato
Sebastian.
«
È un cliente del negozio, comunque devo dirti un sacco di
cose, in realtà. » Velocemente gli racconto di
Richard, del fatto che sia amico di Devon e la scena del tombino e
tutto il resto fino alla colazione di stamattina.
«
Ah, finalmente ti sei trovata un... »
«
Un amico. » Finisco io per lui la frase. Se ci si mette anche
Sebastian è la fine.
«
Sì... certo, come preferisci chiamarlo tu. » Mi fa
il suo sorrisetto che provoca in me un'alzata di occhi. Finalmente il
cameriere ci porta le nostre pietanze.
«
In ogni caso, sono offeso che tu non mi dica più nulla!
»
«
Ma non è vero, sono stata solo molto impegnata...»
«
Ah Ella, potresti aggiornare anche Ashley e Audrey sul luogo dell'after
party? E di loro di vestirsi eleganti. » Mi punta la
forchetta contro come se fosse una questione di vita o di morte.
«
Sarà fatto, Bassuccio. » Immagino già
la faccia di Audrey quando glielo dirò! Sarà
indubbiamente felicissima. Continuiamo il resto del pranzo
tranquillamente parlando del più e del meno finendo in
bellezza con la fantastica crêpes alla nutella.
Lo abbraccio forte per ringraziarlo, perché so che odia le
effusioni soprattutto in pubblico, e mi allontano per raggiungere la
mia dimora.
Saluto il Signor White con un cenno della mano, come da rituale, e mi
catapulto in casa ma Audrey non c'è. Vorrà dire
che mi metterò un po' a studiare mentre l'aspetto e ne
approfitterò anche per mandare un messaggio a Rick e Ashley.
Non vedo l'ora di gustarmi la faccia della mia coinquilina appena le
racconterò cosa ho saputo. Neanche il tempo di pensarlo, che
la bionda fa il suo ingresso teatrale.
«
La più bella è qui! Ciao Ella. » Si
avvicina per abbracciarmi e poi si reca in camera sua per svestirsi.
«
Audrey!! Devo dirti una cosa! » Le urlo dal salotto ed ella
si affaccia subito.
«
Cosa? Oddio non farmi attendere! » Corre nella mia direzione.
È quasi peggio di me in fatto di curiosità.
«
Allora, Sebastian mi porta a dirti di vestirti elegante per la sua
prima, innanzitutto. » Esordisco così, per tenerla
un po' sulle spine. So che lo odia.
«
Sì, sì aveva dubbi? Io sono sempre elegantissima!
Poi..? »
«
Poi, mi ha detto che il party si terrà in un certo hotel di
nome Astoria. Ti è familiare? » La sua espressione
è impagabile, dovrei farle una foto!
«
O H M I O D I O! Fai sul serio?? » Annuisco e saltella dalla
gioia, felice di poter vedere di nuovo Richard.
«
È la mia occasione, non posso lasciarmela sfuggire! Mi
vestirò come una dea e Richard non potrà non
cadermi ai piedi! » È già partita con
il film mentale... bene!
«
Sì, ok. Adesso vado a studiare, il mio dovere l'ho fatto!
»
«
Ahhh Ella sono contentissima, abbracciamoci! » Mi salta
praticamente addosso facendomi cadere rovinosamente sul divano.
È bello vederla così felice per una cosa
così banale, alla fine. È proprio vero, la
felicità si trova nelle piccole cose, nei gesti di una
persona e non dobbiamo per forza aspirare a chissà che cosa.
E' ora che io tragga insegnamento da ciò ed inizi a fare lo
stesso.
Angolo
autrice:
Alloraaaa, cosa pensate della storia? Come sta procedendo secondo voi?
Fatemelo sapere con una recensione, non siate timidi! Ci vediamo sabato
con il prosieguo.
Kisses.
|
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Capitolo 15 *** Capitolo 14 ***
Ella's
pov
Delicate
sfumature grigie costeggiano i duri tratti del carboncino impressi sul
foglio bianco. Tocchi leggeri, quasi impercettibili, si susseguono uno
dopo l'altro incapaci di fermarsi così come i miei pensieri.
Butto sul foglio tutto ciò che non riesco a fare con le
parole. È questo il mio modo di comunicare, o almeno
è quello che mi riesce meglio. La mia aspirazione
è di trasmettere agli altri ciò che provo quando
disegno, le mie emozioni, i miei stati d'animo senza bisogno di esporli
a parole. Un po' come il ballo, no? È anch'essa una forma
d'arte capace di trasmetterti le più svariate sensazioni. La
mano traccia onde sinuose che vanno a completare la mia piccola opera.
La osservo per un tempo che sembra infinito. Non so cosa pensare di
ciò che ho realizzato. Non è uno dei miei soliti
disegni perciò mi alzo dal letto e lo infilo nella
cartellina riservata ai ritratti "segreti", se così possiamo
definirli. Ne ho anche un'altra per i miei lavori universitari che
però contiene maggiormente paesaggi o opere astratte.
Controllo l'orologio posto sulla scrivania e leggo le 3:27 di notte.
Cavolo, come sempre mi estraneo completamente da ciò che mi
circonda e perdo la concezione del tempo quando sfogo tutto il mio
estro artistico.
Velocemente torno a letto infilandomi sotto le coperte, sperando che
Morfeo venga presto a prendermi o lo faranno i dubbi e le paure ma
conto sulla mia stanchezza. È stata una giornata... diversa,
direi.
La
mattina seguente arriva in fretta e sono costretta ad alzarmi alle otto
di mattina. Se ho dormito cinque ore è anche troppo! Come
uno zombie, mi infilo le pantofole e mi lancio sotto la doccia sperando
che il getto freddo mi dia una svegliata. Che misero tentativo per poco
non crollavo nella doccia! Quando esco dal box, infilo intimo e una
maglia più larga e lunga più o meno fin sotto al
sedere per fare colazione.
«
Ella hai un aspetto orribile. » Mi dice Audrey non appena mi
accomodo sulla sedia della cucina.
«
Grazie, tutti questi complimenti a prima mattina mi commuovono.
» Non tutte sembriamo uscite da una rivista come lei appena
sveglie!
«
No davvero. Sei stata di nuovo sveglia fino a tardi? » Quasi
mi rimprovera come se fosse mia madre. Alzo gli occhi al cielo
esasperata.
«
Sto benissimo, non preoccuparti. » Forse mi gira un po' la
testa ma è di certo è colpa della stanchezza
questa volta, anche se sento ancora qualche fitta.
«
Uff, faccio finta di crederti... Ma ieri mattina dove sei scappata? Per
la felicità mi sono dimenticata di chiedertelo. »
Ops. Dato che inventarmi una scusa sarebbe peggio, mi mordicchio il
labbro e mi alzo per raggiungere il latte. Eh si, sto letteralmente
prendendo tempo. Non voglio che si faccia film inutili.
«
Avevo un impegno... » No, okay non è stata una
buona idea. Adesso penserà che faccio la vaga
perché le sto nascondendo qualcosa.
«
Un impegno. Che tipo di impegno...? » Mi guarda confusa come
se stessi parlando in aramaico. Come darle torto. Per fortuna Audrey
è il tipo di ragazza che non insiste troppo, fatta eccezione
in casi particolari.
«
Te lo dico se prometti di non urlare. » Mi guarda ancora
più accigliata e annuisce.
«
Lo giuro solennemente. » Si posa una mano sul petto per
essere teatrale.
«
Ho fatto colazione con.... Devon perché volevo ringraziarlo
per il suo aiuto. » Le dico tutto d'un fiato nascondendo la
faccia nel frigorifero. Non voglio vedere la sua espressione.
«
OH WOW ELLA! Ops, sto urlando... OK mi calmo... E com'è
andata? » Prendo praticamente tutto ciò che
c'è nel frigo e torno al tavolo evitando il suo sguardo
indagatore.
«
Bene(?) Non è successo niente di che comunque... »
Beh in effetti è vero.
«
Mh... ho capito. E quindi? Non vi vedrete più? »
La odio quando è così intuitiva.
«Non
lo so... forse sì, forse no chi può saperlo?
» Ridacchio nervosa facendo spallucce, dandole la conferma ai
suoi sospetti in questo modo, ma la cosa è più
complicata di quanto sembri o almeno io lo sono.
«
Io spero di si! » Mi fa l'occhiolino per poi alzarsi.
Sparecchia ciò che ha usato per fare colazione e mi lascia
sola con i miei dubbi esistenziali.
---------------------
«
Dovresti venire a prendermi più spesso, Richard! La tua
macchina è comodissima, quasi mi stavo addormentando.
» Ridacchio scendendo dalla vettura rossa fiammante del mio
amico. Rick mi sorride scuotendo la testa.
«
Ah quindi neanche mi ascoltavi mentre ti parlavo? » Mi accusa
ed un bip segnala la chiusura dell'auto.
«
Certo che ti ascoltavo... quindi, alla fine, hanno accettato
quell'offerta...? » Lo vedo sbuffare.
«
Ma te l'ho detto prima! Vedi che non mi ascolti? Non ti vengo a
più a prendere, sappilo. » Mette il broncio
appoggiandosi alla portiera.
«
Sto scherzando! Ti ho ascoltato. Hanno accettato, anche se hai dovuto
usare tutte le tue doti persuasive. Potresti andare a prendere Audrey
se non ti vado bene. » Gli faccio la linguaccia ed in cambio
ricevo un'occhiataccia.
«
La smetti di dire stupidaggini? » Ride di me incrociando le
braccia al petto.
«
Vuoi salire? Devo parlarti di una cosa. »
«
Mi devo preoccupare? Hai ucciso qualcuno e non sai come nascondere il
cadavere..? » Alzo gli occhi al cielo.
«
Adesso chi è che sta dicendo un mucchio di stupidaggini? Dai
andiamo. » Lo afferro per un braccio e lo trascino di sopra
nel mio appartamento.
«
Ehi, se volevi portarmi a casa tua bastava chiedere, bellezza!
»
«
Avanti, smettila! » Scoppio a ridere e apro la porta per
farlo entrare.
«
Fai come se fossi a casa tua, anche se immagino sia grande il triplo di
questa... » Faccio spallucce e vado a prendere del
thè freddo per entrambi. Mi accomodo poi sul divano accanto
a lui.
«
Di cosa volevi parlarmi? » Mi domanda perplesso prendendo un
sorso del suo thè al limone.
«
Devo dirti due cose, in realtà. La prima è: per
caso fra due settimane ospiterai l'after party di uno spettacolo
teatrale..? » Mi sistemo meglio sul divano sorseggiando la
bevanda.
«
Oh.. sì sì! Ecco cosa dovevo dirti, esatto
l'Astoria darà un grande party! Ma tu come lo sai?
» Chiede posando la bibita sul tavolino.
«
Si da il caso che sia amica del produttore di questo spettacolo.
» Fingo un'aria altezzosa per poi scoppiare a ridere.
«
Eh brava Ella! Quindi ci sarai anche tu? »
«
Esatto, anche Audrey e altri miei amici. » Annuisce con aria
pensierosa abbozzando poi un sorriso.
«
L'altra cosa che volevi dirmi, invece? » Oh, bene ci siamo.
Devo parlarne con lui, almeno.
«
Si... ehm, stamattina ho chiesto a Devon di fare colazione insieme e ha
accettato. » Sgrana gli occhi sorridendo come un ebete.
«
Davvero? E come è andata? » Domanda curioso ed
interessato versandosi altro thè.
«
Direi bene, abbiamo chiacchierato e mi ha detto qualche cosa su di lui.
» Ammetto torturandomi le dita.
«
Sconvolgente, è molto difficile che parli di se stesso.
» Fa spallucce meravigliato.
«
Beh, mi ha detto solo qualche sciocchezza tipo che suona il piano, non
farti film... » Alzo gli occhi al cielo, di nuovo, per poi
puntarli su di lui che sorride.
«
Secondo me state facendo amicizia, mi fa piacere! Adesso devo
lasciarti... ho una cosa importante da fare. Grazie per il
thè. » Si alza dal divano sistemandosi il completo.
«
Ehi! Dammi un abbraccio. » Metto il broncio e Richard torna
indietro assecondandomi. Si china per cingermi con le sue braccia forti
e poi mi lascia andare dopo poco.
«
Grazie Rick. » Gli sorrido e lo accompagno alla porta.
«
Di nulla, ci sentiamo. » Mi fa l'occhiolino e sparisce dal
mio campo visivo così mi affretto a rientrare. Parlare con
Richard mi fa sempre bene. Forse non se ne rende conto, ma ha un potere
rigenerante su di me, è un buon amico meglio di quanto mi
aspettassi o desiderassi. Vorrei tanto poter essere un'amica anche per
Devon, ha sempre un'aria così malinconica e credo che oltre
a Rick e quella Summer, non si svaghi abbastanza. Posso comprenderlo,
un tempo ero anche io così subito dopo la morte di mia
madre. Per anni mi sono sentita in colpa e andata da psicologi e
psichiatri per curarmi fino a quando ho deciso che non ne potevo
più e che dovevo riprendermi. Ancora oggi, e sono passati
sei anni, ho incubi al riguardo ma non come all'inizio. Sto cercando di
superarlo definitivamente.
Devon's
pov
Non
devo pensare a mia madre... due-tre... non ci devo assolutamente
pensare... quattro-cinque... se lo faccio esco fuori di testa...
sei-sette-otto. Per non parlare di Summer... nove-dieci.
Poso il bilanciere sull'apposito sostegno e mi asciugo la fronte ed il
petto sudato prendendo dei grossi respiri. Neanche l'allenamento riesce
a distogliermi dai miei continui pensieri malsani. Sono davvero
così stressato? Incredibile, ho raggiunto livelli epocali.
Incazzato
con me stesso, mi fiondo nella doccia aprendo il getto d'acqua. Questo
si che è rilassante. Lascio che il liquido mi scorra su
tutto il corpo lavando via non solo lo sporco, ma anche i problemi. Per
un secondo o due riesco ad estraniarmi ed è magnifico.
Vorrei che questa sensazione durasse in eterno, ma appena chiudo il
getto d'acqua, la realtà torna a colpirmi in pieno viso.
Avvolgo un asciugamano intorno al bacino e guardo il mio riflesso allo
specchio. Le occhiaie non mi donano per niente, direi, ma non posso
farci niente se ho i turni di notte da fare, non che senza di essi
riuscirei a dormire. Vado nella mia stanza e controllo l'orologio sul
comodino che segna le quattro di pomeriggio. È presto ma
tanto ho di nuovo il turno notturno oggi quindi non mi faccio troppi
problemi. Infilo la biancheria e un paio di pantaloni quando mi squilla
il cellulare. Timoroso che sia mia madre, lo afferro titubante e leggo
il nome sul display. Grazie a dio.
«
Ehi amico! Ti disturbo? » La voce di Richard risuona
dall'altro lato.
«
Rick quale onore. A cosa devo il piacere? Non disturbi comunque.
» Lo prendo in giro. Sono contento che abbia chiamato, anzi
ho proprio bisogno dei suoi consigli.
«
Perfetto perché sono quasi da te, fammi trovare un goccio di
whiskey con il ghiaccio mi raccomando. » Ah bene, mi ha letto
nel pensiero evidentemente! Sorrido e cerco una maglia da indossare nel
cassetto. Martha, la domestica, è davvero una maniaca
dell'ordine perciò non impiego molto a trovarla.
«
In cambio chiedo qualche consiglio, allora. »
«
Va benissimo, arrivo. » Attacca e mi infilo subito la maglia
recandomi nel mio studio per recuperare la bottiglia di whiskey. Non
devo attendere molto per udire il suono del campanello.
«
Martha vado io, non preoccuparti! » Alzo la voce per farmi
sentire, dovunque lei sia, e accolgo il mio amico a braccia aperte.
«
Eccoti qui, entra pure. » Gli faccio spazio per poi
richiudere la porta alle nostre spalle. Ci salutiamo con una stretta di
mano e un abbraccio come nostro solito. Sono davvero felice che sia qui.
«
Andiamo nella sala da pranzo, vieni. » Lo guido nei meandri
della mia dimora fino a condurlo al divano. Ci sediamo uno di fronte
all'altra con il liquore alla mano. Ci servirà sicuramente.
«
Dimmi tutto, caro Devon » Prendo un grosso respiro prima di
buttare fuori tutti i miei pensieri.
«
Mia madre vuole che torni a Londra per il solito convegno che si tiene
ogni anno.... e indovina? Ci sarà pure Charlotte.
» Osservo la reazione del mio amico che si trattiene per non
ridermi in faccia. Che idiota che è...
«
Magari stavolta riesce a fartela sposare sul serio! È un
anno che tenta... » Scuote la testa divertito mandando
giù il suo whiskey.
«
Grazie mille Rick, tu si che sai come consolarmi! » Sbuffo
sorseggiando il drink.
«
Dai stavo scherzando, però credo che tu debba andarci senza,
come dire, lasciarti coinvolgere troppo. »
«
Lo sai che è impossibile, vero? Mi faccio sempre prendere
troppo dalle situazioni ed il bello è che me ne rendo conto
ma non posso evitarlo... »
È un mio grande difetto. Non riesco mai ed estraniarmi del
tutto da ciò che succede intorno a me e ciò mi
devasta ogni volta. Mi incazzo per un nonnulla ed è la fine.
«
Devon, te lo dico con il cuore in mano, devi distrarti un pochino. Ti
propongo una cosa. Fra due settimane ospiterò all'Astoria
l'after party di uno spettacolo. Dovresti venire, è una
buona occasione per lasciarti un po' andare. Te lo meriti. »
Mi da una pacca sulla spalla e mi dedica uno dei suoi sorrisi sinceri.
In passato sono stato proprio io ad aiutarlo a causa di ciò
che gli era successo quindi ci capiamo perfettamente e mi fido dei suoi
consigli.
«
Se lo dici tu... posso almeno pensarci? » Vorrei rifletterci
un po' prima di accettare, anche se so che sarebbe la cosa migliore da
fare.
«
Certo, hai due settimane di tempo per decidere, anzi un po' meno
perché siamo già a venerdì e la festa
è di mercoledì. » Fa spallucce per poi
sistemarsi la giacca sulle spalle.
«
Allora ci penserò grazie Rick. » Lo credo sul
serio, è un grande amico. Mi fa un occhiolino in risposta.
«
L'altra cosa che mi dovevi dire, comunque? » Ah quasi
dimenticavo!
«
Già, si. Si tratta di Summer. È a dir poco
ossessiva e si ingelosisce per tutto. »
«
Perché si ingelosisce...? Comunque è una palla al
piede quella donna, con tutto il rispetto ma... » Alza gli
occhi al cielo esasperato quasi più di me. Non la sopporta
molto.
«
Perché si fa dei film mentali assurdi. Mi ha fatto una
scenata in ospedale anche...» Che ricordi quella scena.
Ancora sono basito a ripensarci.
«
Perché ti ha fatto una scenata? Raccontami per bene
altrimenti non capisco. »
«
Perché la mattina le avevo detto che non doveva aspettarsi
nulla e poi in ospedale si è incazzata prendendosela anche
con Ella che in quel momento era lì con noi. » Lo
osservo sorridere e lo fulmino con lo sguardo. So perfettamente a cosa
sta pensando.
«
Rick ti prego, non ti ci mettere anche tu. » Lo avverto prima
che proferisca qualsiasi parola. Alza le mani in segno di resa
ridacchiando.
«
Non penso proprio a nulla, Devon. Credo solo che Summer sia una pazza.
» Finge un'aria innocente annuendo per dare
veridicità alle sue parole.
«
Mh... va bene. » Lascio perdere l'argomento ma credo anche io
che Summer abbia qualche rotella fuori posto, o semplicemente cerca di
attirare l'attenzione in qualsiasi modo possibile fallendo comunque.
«
Amico mio, è giunta l'ora che faccia ritorno al mio hotel.
Ci sentiamo. » Ci alziamo e lo accompagno alla porta dopo
averlo salutato.
Una volta chiusa, sprofondo nuovamente nella solitudine, la stessa che
alberga nel mio cuore spezzato da troppo tempo. Forse ha ragione
Richard e dovrei dare una svolta alla mia vita iniziando ad andare a
quel party di cui mi ha parlato oppure andare a Londra senza fare
troppe storie e cercare di andare più d'accordo con Summer.
Posso farcela, devo riprendermi la vita che mi è stata
rubata troppo presto, non ho altra scelta se voglio davvero vivere.
Angolo
autrice:
Salve a tutti! E siamo giunti al 14esimo capitolo. Come sta procendendo
la storia secondo voi? Avete qualche teoria/ipotesi in generale sui
vari personaggi? Fatemi sapere! A meroledì per il continuo.
Kisses.
|
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Capitolo 16 *** Capitolo 15 ***
Ella's
pov
Se
pensavo di poter trascorrere il sabato per i fatti miei, tranquilla e
rilassata nel mio comodissimo appartamento, ho fatto senz'altro i conti
senza l'oste. Essendo il mio unico giorno di riposo dal lavoro e non
avendo l'università, speravo di poter passare il pomeriggio
a disegnare e ad iniziare la tesi, anche se avrei di sicuro abbandonato
presto quest'ultima idea. In ogni caso, eccomi qui a vagare per il
centro commerciale più immenso di New York in compagnia di
Sebastian. Non ho potuto sottrarmi a quest'uscita, gliel'avevo promesso
e quindi non ho opposto resistenza al suo messaggio tutt'altro che
cordiale di ieri sera.
"Ella, domani tu ed io usciamo e non è una richiesta.
Tieniti libera. "
Come
si può ribattere ad un messaggio del genere? Inoltre ci sono
abituata, quindi...
Ora come ora, lascio che Bas mi trascini in tutti i negozi che ritiene
necessario. Continua a ripetere che dobbiamo almeno dare un'occhiata
altrimenti non ce ne andiamo da qui. Tutto questo per trovare un
vestito adatto alla sua prima. Che poi qualche abito che sarebbe potuto
andare bene lo avrei, ma Sebastian è Sebastian.
« Guarda quel negozio! Fa proprio al caso nostro, andiamo.
» Per poco non cado tanto la strattonata che mi ha dato, ma
che problemi ha?!
«
Lo stai ripetendo ad ogni negozio d'abbigliamento che
troviamo...»
Sbuffo sonoramente alzando gli occhi al cielo per la sua affermazione
per nulla credibile.
« Lascia fare a me! Vedrai che troveremo degli abiti stupendi
lì » Asserisce convinto come se ciò che
dicesse fosse inopinabile.
Lo seguo controvoglia notando subito la qualità degli abiti.
C'è molto di più di quanto possa permettermi.
«
Bas credo che questo negozio non faccia assolutamente per me...
dovremmo andarcene. » Lo guardo supplichevole sperando che
per una volta faccia come gli dico.
«
Smettila di lamentarti Ella e lasciami fare. » Inizia ad
afferrare una quantità industriale di abiti dei generi
più disparati. Lo guardo a bocca aperta incapace di
proferire alcunché.
«
Forza, vai a provare questi! » Mi scaraventa una manciata di
vestiti tra le braccia e mi spinge fino al camerino.
«
Sebastian ma... » Non riesco a finire la frase che mi chiude
la tendina del camerino davanti agli occhi. Lo odio quando fa
così.
Osservo i prezzi sui cartellini e strabuzzo gli occhi. Che
esagerazione!
Con molta pazienza inizio a provare i vari capi partendo da uno lungo
nero con uno scollo a V molto profondo sul davanti, con le maniche
lunghe e uno spacco sul lato destro che parte ad altezza coscia.
«
È troppo... » Affermo appena esco dal camerino e
incrocio lo sguardo di Sebastian.
«
È bello ma no... vai con il prossimo! »
Ne provo un altro questa volta color avorio corto fino al ginocchio ma
è decisamente troppo... antiquato.
Indosso altri mille abiti e quando stavamo per arrenderci tutti, ormai
anche le commesse ci temevano, l'abbiamo trovato. Esco dal camerino con
un abito rosso corto fino al ginocchio. La parte del top è
più stretta e ha le bretelline sottili per poi scendere
morbido sui miei fianchi. Mi fascia alla perfezione e non è
per nulla volgare, anzi. È giovanile e colorato e non posso
dire che non mi piaccia, sembro un'altra Ella!
«
Oh mio dio, sei un incanto! Perfetto, lo prendiamo. » Sorride
entusiasta e mi fa cenno di andare a cambiarmi.
Quando esco definitivamente da quello stretto abitacolo che hanno il
coraggio di chiamare camerino, mi guardo intorno alla ricerca di
Sebastian che è già alla cassa.
Corro da lui ma è troppo tardi.
«
Che cosa hai fatto?! » Lo aggredisco guardando la commessa
che ci porge la busta.
«
Un regalo! Lo sai che i soldi non sono un problema per me. »
Si giustifica miseramente.
«
E tu sai che non mi piace quando fai queste cose! Non dovevi
comprarmelo. »
Sono furiosa, non avrebbe dovuto! Costava un botto, dannazione.
«
Se non l'avessi fatto io non lo avresti preso e sarebbe stato un gran
peccato visto come ti donava. » Fa spallucce ed afferra la
busta prendendomi sotto braccio.
«
Grazie... ma non dovevi comunque. » Continuo, ancora
incredula per il suo gesto.
«
Te li restituirò appena possibile, promesso. » Mi
guarda come se avessi detto che gli alieni ci stessero attaccando.
«
Ma non ti permettere proprio! É un regalo per la MIA prima,
non devi darmi nulla, intesi?»
Litighiamo un altro po' ma alla fine acconsente a farmi almeno offrire
il gelato che stiamo gustando nella migliore gelateria del centro
commerciale. Ci voleva proprio dopo tutte quelle corse a destra e a
sinistra per i negozi!
«
Adesso possiamo tornare a casa o dobbiamo comprare qualcos'altro?
» Domando una volta aver gettato la coppetta vuota nel
cestino.
«
No, siamo apposto così. Le scarpe le hai vero? »
«
Sì, Audrey ha detto che me ne avrebbe prestato un paio delle
sue. » Annuisce soddisfatto regalandomi un sorrisone.
Passiamo
un'altra decina di minuti a girovagare per il centro commerciale per
poi recarci alla nostra macchina pronti per fare ritorno alle
rispettive abitazioni. Quando siamo davanti al mio palazzo mi da la
busta con l'abito.
«
Ah Ella, c'è un'altra sorpresa lì dentro. Ciao!
» Indica con lo sguardo la busta che stringo tra le mani per
poi sfrecciare via a tutta velocità. Ma che diavolo gli
è preso?
Come sempre saluto il Signor White prima di salire le scale velocemente
per raggiungere il mio appartamento. Neanche il tempo di entrare che mi
fiondo sul tavolino per estrarre il contenuto della busta. Oltre
all'abito rosso ce n'è un altro che ho misurato nello stesso
negozio. Era piaciuto molto ma lo avevamo scartato. È color
blu notte, lungo con delle paillettes argentate che costeggiano la
scollatura a V sul davanti. Anche la schiena è scoperta.
Sono sconvolta, è bellissimo ma non avrebbe dovuto prendermi
due abiti!
Afferro il cellulare dalla tasca dei jeans e compongo il suo numero.
«
Sebastian sei un pazzo. Come devo fare con te? » Gli dico non
appena risponde.
«
Ti è piaciuto? Non potevo lasciarlo scappare. Ti stava una
meraviglia. » Adesso mi metto a piangere, davvero.
«
Ti voglio bene lo sai? Avrai speso un sacco e mi sento in colpa...
» Gli confesso sedendomi sul bracciolo del divano. So che
l'ha fatto con piacere ma non deve comprarmi vestiti così
costosi!
«
Non preoccuparti Ellina. »
«
Che poi quando lo metterò mai? » È
molto elegante, quando lo indosserò?
«
Troverai un'occasione, vedrai. » Sorrido come un ebete.
È un angelo quel ragazzo. Parliamo un altro po' e poi lo
lascio tornare a casa tranquillo. Che giornata!
Quando
la mia coinquilina rientra dal lavoro, le racconto tutto e le mostro
gli abiti appena acquistati.
«
Wow Ella, sono stupendi! Scommetto che quello rosso ti dona tantissimo!
Che scarpe hai intenzione di usare? » Armeggia con il
vestitino guardandolo e rigirandoselo tra le mani per scorgerne ogni
dettaglio.
«
Avevo pensato a delle scarpe nere, no? » Mi alzo dal divano
afferrando l'altro abito per appenderlo nella mia stanza.
«
Sì, sono d'accordo. Ne ho un paio perfetto per te!
» Sorride entusiasta e mi trascina in camera sua mostrandomi
tutte le favolose scarpe in suo possesso.
«
Mio dio sono tantissime! Quali avevi pensato per me? » Le
chiedo mentre Audrey si fa strada tra la marea di calzature che
però sono ordinate per colore, devo ammettere.
«
Questi sandali neri sono perfetti per te ed hanno un tacco non troppo
alto. Che dici? » Mi porge il paio di scarpe in questione.
Sono molto belle ed eleganti, non troppo appariscenti ed il tacco mi
sembra accessibile anche se sottile.
«
Mi sembrano adatte. Grazie per l'aiuto, Audrey! » L'abbraccio
e insieme ci sediamo sul suo letto.
«
Hai qualche novità per me? » Le chiedo spostando
qualche cuscino per stare più comoda.
«
In realtà no è tutto molto monotono al momento.
Tu invece, qualche altra storia sul dottore? » Mi sorride
eloquente punzecchiandomi con il gomito.
«
No, sai già tutto, dai smettila! » Rido e le
lancio una cuscinata in pieno viso. Spalanca la bocca dalla sorpresa e
fulmineamente, ricambia con la stessa moneta.
«
Vuoi la guerra? Che guerra sia! » Diamo inizio a questa lotta
con i cuscini senza esclusione di colpi che finisce con noi due stese
sul letto a ridere come ebeti.
«
Hai imbrogliato comunque. » Dico alla bionda sistemandomi la
frangia ed i capelli tutti arruffati.
«
No! Vale tutto nella lotta con i cuscini, non lo sapevi? »
Ridacchia girandosi su un fianco.
«
Non lo sapevo perché non è vero! » Rido
con lei mettendomi a pancia sotto per poterla guardare.
«
Invece sì, sei tu che non ci sai giocare evidentemente.
» Mi fa la linguaccia ed io le scompiglio la massa bionda. So
che non lo sopporta.
«
Aspetta un attimo. Tu che abito indosserai? » Presa dalla
lotta e dall'euforia per i miei acquisti, mi sono completamente
dimenticata di informarmi sul suo conto.
«
Non ho ancora deciso, poi mi darai una mano a tempo debito. »
Annuisco e appoggio la testa sul cuscino chiudendo un attimo gli occhi
finendo con l'addormentarmi accanto ad Audrey.
-------------
Stavo
riposando tranquillamente quando percepisco una mano scuotermi la
spalla vigorosamente.
«
Ellaaaaa dai svegliati! Mi stai sbavando tutto il cuscino...
» La delicatezza della mia coinquilina è sempre
presente.
«
Mmm... » Mugolo qualcosa di incomprensibile aprendo piano un
occhio. Come ho fatto ad addormentarmi?
«
Sono stanchissima... » Richiudo le palpebre e mi giro
dall'altro lato dandole le spalle.
«
Sei una pigrona, ecco! Smettila di sonnecchiare come le vecchiette.
» Mi da una pacca sul sedere così forte che quasi
sobbalzo.
«
Ehi! Mi fai male... » Mi alzo mettendomi seduta sul materasso
a gambe incrociate guardandola male.
«
Lo faccio per te. E per il mio letto che hai distrutto... »
Scuote la testa riordinando i cuscini sparsi intorno a noi.
«
Esagerata! » Le faccio la linguaccia e poi sentiamo un
cellulare vibrare da qualche parte. Ci guardiamo per un secondo non
capendo da dove provenga il trillo.
Lo cerchiamo in giro senza trovarlo fin quando non alziamo tutti i
cuscini.
«
Eccolo! » Lo afferra la bionda prima che potessi farlo io
leggendo il nome sul display.
«
Ella cosa mi nascondi?? » Mi guarda con la bocca spalancata,
peccato che io non stia capendo assolutamente a cosa si riferisca.
Inarco le sopracciglia confusa.
«
Che cosa hai letto? Dai passamelo. » Cerco di afferrarlo ma
Audrey solleva il braccio allontanandolo dalla mia portata. Alzo gli
occhi al cielo esasperata.
«
Non fare la finta tonta con me! » Mette il broncio e cerca di
sbloccare il mio povero cellulare intrappolato tra le sue grinfie
malefiche.
«
Ti giuro che non so di cosa parli! » Mi sporgo per vedere
senza risultati.
«
É un messaggio di Devon! »
Strabuzzo lo sguardo come lei poco prima strappandole l'aggeggio tra le
mani per leggerne il contenuto. Sono sbalordita quanto lei e deve
averlo capito perché corruccia la fronte chinandosi per
sbirciare.
"Ciao
Ella, come stai? "
Ci
scambiamo un'occhiata fugace prima che Audrey esploda come una bomba ad
orologeria.
«
Ma che amore, si preoccupa! Dai rispondi, su. » Mi guarda
esaltata battendo le mani. Prima o poi mi farà impazzire.
"
Ehi Devon, sto bene grazie, tu come te la passi? "
Invio
la risposta sedendomi sul letto a gambe incrociate rigirandomi il
cellulare tra le mani.
"
Me la cavo. I giramenti di testa? "
" Vanno e vengono ma non mi lamento. "
" Che cattivi, ma vedrai che li cureremo. "
«
Dai Ella chiedigli di uscire, adesso! » Saltella per la
stanza tutta eccitata neanche fosse lei nella mia situazione.
La guardo pensierosa accantonando il telefono in attesa di una mia
decisione.
«
Non credo sia il caso.. » Le rispondo alzando le spalle in
segno di resa.
«
Ella, ti tiro un pesce in faccia! Sbrigati o lo farò io per
te. » Ma che diavolo le prende?
«
Perché proprio un pesce..? » Ammetto che
però è divertente vederla così.
Trattengo una risata a stento.
«
Non lo so, è la prima cosa che mi è venuta in
mente. Non cambiare discorso però. » Mi incita e
alla fine cedo. Forse riuscirò a conoscerlo meglio se
uscissimo un'altra volta insieme.
"
Lo spero proprio. Sei a lavoro? "
" Sì, sto per andarci, ho la notte ma domani riposo. Tu? "
" Lo stesso cioè non ho la notte, ovviamente, ma domani sono
di riposo anche io. Se ti va possiamo andare da qualche parte, almeno
ne approfittiamo per uscire un po' di casa, se ti va. "
Digito
l'ultimo messaggio guardando Audrey con la coda dell'occhio,
così la smette di dire "non hai il coraggio, devi farlo
adesso e bla bla bla".
Ripongo il cellulare sul comodino e aspetto una risposta sperando che
in futuro non mi penta di ciò che sto facendo con Devon.
Devon's
pov
Dopo
la chiacchierata con il mio consigliere di fiducia Richard, ho capito
che non posso davvero andare avanti così che ci riesca o
meno. Devo cambiare qualcosa o non ci sarà davvero
più speranza per me. Andrò a quella festa,
uscirò di più e cercherò di non
arrabbiarmi troppo per le cavolate che fanno le persone che mi
circondano e con questo mi riferisco principalmente a Summer e mia
madre. Le terrò a bada in qualche modo. Il timore costante
è che succeda qualcosa di ancora più drammatico
che non reggerei e finirebbe per farmi chiudere di nuovo in me stesso.
Per
iniziare questa "terapia" che mi sono autoimposto, afferro il cellulare
e senza pensarci troppo su, contatto la prima persona che mi viene in
mente e stranamente finisco per messaggiare Ella. Abbiamo un'uscita in
sospeso noi due e sembra essere la più normale fra le mie
conoscenze, ed ho detto tutto dato che quest'aggettivo non si addice
molto alla sua persona. Già che mangi le caramelle gommose e
zuccherose la dice lunga, ma posso sopportarlo.
Le chiedo prima come sta, come va con il suo problema, con i giramenti
di testa e altri convenevoli di questo genere, fino a quando non mi
sorprende chiedendomi lei stessa di vederci. Bene, ha fatto tutto lei.
Un pochino combattuto, alla fine le scrivo il seguente messaggio:
"Perché no, dove vorresti andare? "
Le
faccio scegliere il luogo, per me non fa troppa differenza, andrebbe
bene dovunque a meno che non mi trascini a fare shopping, ma non mi
sembra quel tipo di ragazza, grazie a dio.
"
Ho sentito che inaugurano un nuovo locale sulla 24esima. Che ne dici? "
Mi
risponde dopo pochi minuti. Direi che va benissimo e credo di aver
sentito parlare di questa nuova apertura in ospedale qualche giorno fa.
"
Perfetto, se mi dici dove abiti ti passo a prendere. "
Mi
manda indirizzo di casa e ci accordiamo che passo da lei intorno alle
otto di sera.
Mi congratulo con me stesso, ho accettato senza riflettere troppo e
credo di essere un po' più rilassato ora. Spero davvero che
non si riveli una squilibrata come tutte le altre donne che sono solito
conoscere e che mi hanno perseguitato fino allo sfinimento, il mio,
ovviamente.
Provando a concentrarmi sulle cose positive di oggi, mi reco nel mio
amato ospedale pronto per una notte di lavoro. Solitamente è
più tranquillo della mattina, ma le emergenze sono sempre in
agguato e bisogna essere pronti ad affrontarle al meglio.
Arrivato nel mio studio, mi ricordo subito che Rose ha avuto la
giornata libera perché sulla mia scrivania ho un cumulo di
scartoffie in disordine che per ovvi motivi, non ha potuto riordinare.
Vorrà dire che domani mattina avrà un gran da
fare.
Mi infilo frettolosamente il camice e faccio un giro veloce fra i vari
reparti ma vengo sorpreso da Angie, il nostro tecnico.
«
Mi scusi non volevo spaventarla... »
Scuoto la testa, avrà un buon motivo per venirmi a cercare,
immagino.
«
No, figurati. Mi stavi cercando? »
Infilo una mano nella tasca del camice pronto ad ascoltarla.
«
Sì. Ricorda la paziente dell'altro giorno, Jennifer Dallas?
» Mi allunga la cartellina che stringe fra le sue minute
mani. Angie è qui da molto prima di me, ma siamo andati
subito d'accordo perché è una persona molto ligia
al dovere e con un ottimo intuito.
«
Mi ricordo, il cuore le ha smesso di battere per un minuto. »
Afferro la cartella clinica e la apro. « Le analisi che le
abbiamo fatto l'altro giorno sono davvero ambigue. » Detto da
lei che ne ha viste di tutti i colori è preoccupante.
Corrugo la fronte scrutando i vari risultati.
«
Vede, sta benissimo com'è possibile? » In effetti
è davvero strano, non ci si riprende così
velocemente da un infarto. C'è qualcosa che non quadra.
«
Hai ragione, però potrebbe anche darsi. Vado a dare
un'occhiata ai suoi elettrocardiogrammi. Grazie sempre Angie, ti
aggiorno dopo. » E sono sincero, quando il mio staff
è così collaborativo ed attento non posso che
esserne contento.
«
Si figuri dottore. » Mi risponde sorridente per poi
allontanarsi in direzione del laboratorio di analisi.
Mi
appresto a fare il solito giro tra i vari pazienti ricoverati per
controllare che tutto vada bene e che non ci siano problemi da
risolvere.
Fare
i turni di notte per molti dei miei colleghi, soprattutto le donne,
è molto stressante perché ovviamente è
più stancante e sballa il ritmo del sonno. Invece per me non
è un peso, anzi. Almeno mi distraggo e non penso troppo, a
differenza di quando sono a casa a cercare di combattere la mia
insonnia. Il lavoro è la mia salvezza, qui riesco ad essere
me stesso senza tormentarmi in continuazione, ma sono consapevole che
non posso trasferirmi in ospedale a vita. Mi risveglio bruscamente
dalle mie riflessioni perché credo di aver capito cosa sia
successo alla paziente dopo aver visionato i suoi elettrocardiogrammi
con più attenzione. Devo intervenire subito.
Angolo
autrice:
Buonasera cari lettori!
Anche oggi un nuovo capitolo nel quale Ella si sbilancia chiedendo a
Devon di uscire. Secondo voi cosa succederà? Il bel dottore
riuscirà ad aprirsi un po'? Lo scoprirete sabato.
Kisses.
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Capitolo 17 *** Capitolo 16 ***
Devon's
pov
Mi alzo di scatto dalla sedia del mio studio afferrando gli
elettrocardiogrammi della donna ricoverata di fretta e furia. Sono
stupito, non se ne vedono spesso pazienti affetti da questa malattia,
è piuttosto rara per fortuna. Mi precipito nella sua stanza
dopo aver parlato con le infermiere di turno.
«
Salve Jennifer, come si sente? Mi deve ascoltare un attimo...
» Le spiego tutto per filo e per segno cercando di
rassicurarla il più possibile.
Una volta aver finito di parlare con lei, mi reco da Angie per
aggiornarla su quanto ho scoperto, mi sembra doveroso.
« Angie sei ancora qui? »
La cerco con lo sguardo nel laboratorio e dopo pochi secondi, eccola
che appare dal corridoio.
«
Dottor Reinfield, mi dica tutto. » Si sistema la treccia
pronta ad ascoltarmi.
«
Ho scoperto cosa affligge la paziente di cui mi hai parlato prima. Ha
la sindrome della QT lunga... » Sgrana gli occhi. Come ho
detto non è comunissima come patologia e non è
neanche facilissima da diagnosticare. È una malattia
ereditaria che porta a degli squilibri elettrici al cuore. In pratica,
i pazienti sembrano stare bene ma all'improvviso il cuore inizia a
battere in modo irregolare rischiando di causare un arresto cardiaco
com'è successo alla paziente.
«
Questo almeno spiega l'esito delle analisi. Ha intenzione di
controllare anche i familiari? » Aggiunge ancora incredula.
«
Sì, dobbiamo prevenire che succeda anche ad altri membri
della famiglia. A breve le installerò un defibrillatore al
cuore in modo che se si dovesse fermare nuovamente, ci
penserà l'aggeggio stesso a farlo ripartire. È il
massimo che posso fare. » Le spiego restituendole le analisi
cosicché le conservi con le altre.
«
Mi sembra perfetto. Sono felice che siamo riusciti ad aiutarla in
tempo. »
«
È il nostro lavoro, Angie! Vado a fissare quest'operazione
al più presto che domani sarò di riposo.
È tardi, non vai a casa? » Le faccio l'occhiolino
sapendo che non può muoversi dal laboratorio, tanto per
prenderla un po' in giro. Ricambia scuotendo la testa divertita, sa che
scherzo.
Salvare le persone mi mette di buon umore, almeno apparirò
più rilassato all'incontro con Ella di domani. Non so
proprio cosa aspettarmi e spero che non ci siano drammi o
sarà la fine anche di questa conoscenza. Con l'animo
più quieto, mi affretto a preparare l'operazione che
dovrà subire la paziente insieme alla mia equipe.
Molte ore dopo, all'alba praticamente, possiamo dire di aver finalmente
terminato l'intervento e siamo tutti pronti a far ritorno a casa,
compreso il sottoscritto. Mi congratulo con i miei collaboratori per la
buona riuscita e controllo la paziente per accertarmi che stia bene
rassicurandola sul poter condurre una vita normalissima anche con
questo aggeggino che le abbiamo impiantato.
Torno poi nel mio studio per cambiarmi ma m'imbatto in Rose.
« Tutto bene la giornata libera? » Le faccio cenno
di seguirmi dentro mentre mi avvio.
«
Sì dottore, grazie. Ha bisogno di qualcosa? » Mi
chiede cortese come sempre, con la sua voce fin troppo delicata.
«
Sì, dovresti riordinare queste cartelle in ordine
cronologico. Ti lascio lavorare che devo scappare. » Le
indico la scrivania con lo sguardo e la lascio sola nella stanza.
Saluto velocemente i miei colleghi e mi precipito a casa, sono stremato
e sono appena le otto del mattino.
Ad aspettarmi nel mio appartamento trovo Martha intenta a pulire e
rassettare il disordine che avevo lasciato la sera precedente.
«
Buongiorno, signore. Tutto bene al lavoro? » Mi domanda la
domestica non appena metto piede dentro.
«
Buongiorno Martha. Sì, grazie. » Le rispondo
fugacemente spogliandomi del giubbotto che appendo all'ingresso.
«
Desidera qualcosa per colazione? »
«
No, credo che andrò direttamente a letto. »
Annuisce e continua ciò che stava facendo
cosicché possa salire nella mia stanza al piano di sopra.
Devo riposarmi un po' se intendo uscire stasera. Neanche il tempo di
fare mente locale che tutta la stanchezza accumulata si fa sentire a
gran voce trascinandomi nell'oscurità di un sonno profondo.
----------------
Riapro gli occhi e scopro con mia grande sorpresa che sono
già le cinque del pomeriggio e che, in tutto ciò,
non ho ancora mangiato nulla. Mi alzo dal letto più
assonnato del dovuto e mi reco in cucina per sgranocchiare qualcosa
prima di uscire, ma vengo bloccato da un messaggio di Summer.
" Ehi Devon non ci vediamo da molto, usciamo insieme oggi? Non farti
pregare come sempre. "
In effetti, è dalla scenata che ha fatto in ospedale e dal
suo scusarsi dopo che non ci vediamo, ma comunque oggi ho
già un impegno così glielo scrivo come risposta.
Finalmente riesco a mettere qualcosa nello stomaco vuoto e andare a
prepararmi per l'imminente uscita.
L'aria di Maggio si fa sentire così come la sera la gente
inizia ad uscire più spesso e volentieri. Salgo in macchina
e mi reco da Ella, eravamo rimasti d'accordo che passavo a prenderla.
Quando arrivo sotto il suo palazzo, le mando un sms per avvertirla che
sono giù ad aspettarla. Spero non si faccia attendere a
lungo perché non sono per nulla famoso per la mia pazienza.
Ella's
pov
È
tutto il pomeriggio che Audrey mi fa provare i più svariati
outfit senza che riesca a calmarla. È un circolo vizioso o
ci si mette Sebastian o la mia coinquilina, ma in un modo o nell'altro,
finisco sempre per provare abiti a dismisura.
«
Sei tu la modella qui non io, eppure credo di aver fatto più
sfilate in questi giorni che tu in tutta la tua carriera. »
Sbuffo mostrando l'ennesimo completo che mi ha costretto a provare.
Sento che scoppia a ridere ma torna subito seria guardando la mia
faccia esasperata.
«
Avanti Ella. Vuoi davvero andare conciata così al tuo
appuntamento? Devi fare qualche sforzo se vuoi avere qualche chance con
lui. » Mi lancia un altro vestitino striminzito da indossare
ma non lo afferro nemmeno lasciando che cada ai miei piedi.
«
Ti sfugge un dettaglio, amica mia, non è un appuntamento e
non devo conquistarlo. Siamo amici, forse, e vorrei solo conoscerlo
meglio. Tutto qui. » Alza gli occhi al cielo sbuffando.
«
Questo non ti giustifica dal vestirti come una barbona. La camicetta
bianca e la gonna morbida blu mi piacevano. Dovresti metterli, ma non
ti costringo più mi sono annoiata anche io a cercare di
aiutarti. » Mi guarda di sottecchi per poi dileguarsi.
Sospiro e raccolgo i vari accessori e gli indumenti sparsi in tutta la
stanza cercando di riordinare per dare un minimo senso di ordine in
questo caos creato per me.
«
Alla fine ho seguito i tuoi consigli e ho messo la camicetta bianca e
la gonna blu ma mi sono rifiutata di mettere quei trampoli ed ho
preferito gli stivaletti. Che ne pensi? » Irrompo nel salotto
mettendomi in posa con le mani sui fianchi in attesa che mi degni del
suo sguardo. So che cerca di aiutarmi, ma esagera ogni tanto e credo
anche di sapere il perché.
«
Sono sollevata che tu non abbia scelto le scarpe da ginnastica. Direi
che sei una meraviglia ma devi scioglierti i capelli e truccarti un
po'. » Solleva gli angoli della bocca in un sorriso e muove
qualche passo nella mia direzione. Allargo le braccia e la stringo
forte, ne abbiamo bisogno entrambe.
«
Audrey... so perché stai facendo tutto questo. Credi che
abbia bisogno di qualcuno al mio fianco che mi renda felice, ma sto
bene così, davvero. Ho tante persone che mi vogliono bene e
che si preoccupano per me. Non potrei chiedere di più.
» Mi stacco dall'abbraccio per guardarla in viso e lei
annuisce.
«
Sei una ragazza forte Ella, questo lo so. Ma sei sempre così
triste... ed io mi sento impotente. Vorrei tanto che ti svagassi di
più perciò sono contenta che tu esca con Devon ma
ammetto di aver esagerato... » Il suo discorso è
bellissimo e so di dare spesso quest'impressione, soprattutto
perché condividiamo l'appartamento. Credo che non mi abbia
quasi mai vista uscire con qualcuno ed è per questo che
è meravigliata e confusa quanto me.
«
In ogni caso l'abitino stretto nero ti stava una favola! Eri molto sexy
» Imita un "Grrr" con la mano per poi scoppiare a ridere ed
io con lei. Dopo una mezz'ora alle prese con trucco e parrucco, posso
dire di essere finalmente pronta per uscire.
«
Allora a che ora dovrebbe passare? » Mi chiede Audrey
sedendosi insieme a me sul divano.
«
Avevamo detto alle otto da me quindi a momenti sarà qui,
immagino. » Le rispondo ticchettando il piede sul pavimento
ripetutamente.
«
Sei nervosa per caso..? »
«
No, perché me lo chiedi? » Le rispondo d'istinto e
lei indica con lo sguardo la mia gamba.
«
Ok, un po'. » Ammetto guardando il pavimento sotto i miei
piedi. Ho una strana sensazione, come se mi stessi inoltrando in un
terrendo troppo sconosciuto per me e che finirò con il farmi
male, ma ormai è troppo tardi per tornare indietro quindi mi
alzo dal divano e saluto la mia coinquilina dopo aver letto il
messaggio di Devon.
«
Ci vediamo dopo. »
«
Oppure potremmo vederci direttamente domani. » Mi fa un
occhiolino eloquente per farmi capire cosa intende.
«
Non sperarci, Audrey! Ciao. » La saluto definitivamente e mi
chiudo la porta alle spalle scendendo velocemente le scale.
Devon mi sta aspettando appoggiato alla portiera della sua auto
sportiva e appena mi vede, assume una postura più composta
dedicandomi un sorriso appena accennato. Lo raggiungo a passo veloce e
lo saluto con due baci sulle guance come l'ultima volta. Devo ammettere
che è davvero bellissimo con indosso una camicia azzurra
chiara infilata in un paio di pantaloni classici neri, ma non sono qui
per ammirarlo.
«
Pronto per questa serata all'insegna del divertimento? » Lo
prendo in giro, anche per rompere il ghiaccio mentre faccio il giro
della vettura per salirci.
«
Addirittura? Credo di sì. » Mi risponde salendo al
posto del guidatore ed allacciandosi la cintura di sicurezza. Lo imito
dopo essermi sistemata la gonna.
«
Perfetto, possiamo andare allora. » Mi appoggio allo
schienale abbassando un po' il finestrino. L'aria di Maggio
è tiepida e piacevole al contatto con la mia pelle
biancastra, quasi lattea. Ogni tanto lancio qualche occhiata a Devon
che sembra tranquillo alla guida. Il silenzio inizia ad incombere
nell'auto e sento il bisogno di smorzare quest'atmosfera con un
qualsiasi argomento che mi frulli per la testa ma il dottore fa prima
di me.
«
Come va la testa? »
«
Me lo stai chiedendo un giorno sì e l'altro pure, si vede
che tieni molto al lavoro. » Dico ironica voltandomi nella
sua direzione. In risposta ricevo un'occhiataccia ma poi sorride.
«
In teoria non saresti nemmeno lavoro dato che non rientri nella
categoria dei miei pazienti. Sarebbe un favore che sto facendo a
Richard, ma questo lo sai già. »
Mh, questa sì che è una risposta interessante. Ne
approfitto per portare avanti il discorso.
«
In effetti hai ragione, ma rimane il fatto che mi stai fornendo i tuoi
saperi medici, perciò sono diventata automaticamente lavoro
per te. Richard ha insistito, altrimenti non ti avremmo scomodato.
» Preciso, se non fosse stato per lui ora non ci troveremmo
qui.
«
Se ti piace pensarla in questo modo... comunque hai fatto bene a farti
visitare. Non devi mai trascurare la salute. » Mi guarda e
sembra quasi che me lo stia imponendo. Forse perché
è un medico, oppure parla per esperienza personale? Che
abbia perso qualche persona cara a causa di qualche malattia? No, okay
sto decisamente viaggiando troppo con la fantasia.
« Credo non sia niente di grave, vero? » Adesso la
mia è più una preoccupazione dopo il suo
discorso.
«
Tranquilla, risolveremo. Siamo arrivati. » Wow di
già? Devo essermi persa completamente nella conversazione
per non accorgermi della strada che stavamo facendo. Mi slaccio la
cintura ed esco dalla vettura dopo che Devon mi ha gentilmente aperto
la portiera.
Il locale è pieno di gente che sbuca da tutte le parti.
Quasi non lo riconosco, hanno rinnovato alla grande. L'atmosfera
è piacevole anche se un po' caotica per i miei gusti, ma il
modo in cui hanno risistemato il tutto mi piace davvero tanto. Ha
decisamente un aspetto più raffinato e c'è anche
una piccola band che suona dal vivo!
Lancio un'occhiata a Devon che si sbottona il primo bottone della
camicia. Fa parecchio caldo qui dentro effettivamente.
«
Andiamo a sederci lì. » Gli indico un tavolino
nell'angolo che una coppia ha appena liberato. Ci rechiamo in quella
direzione per poi accomodarci uno di fronte all'altra. La musica che
proviene dalla band è molto orecchiabile nonché
perfettamente ballabile, infatti, ci sono molte persone che ondeggiano
a ritmo mentre scambiano qualche parolina o si intrattengono al bar. Ho
voglia di bere qualcosa stasera perciò ordino un
cosmopolitan mentre lui prende un martini. Chiediamo anche qualcosa da
mangiare oltre ai drink.
«
Ci sei mai stato qui? » Gli chiedo mentre giocherello con il
laccetto del mio bracciale.
«
No, ma me ne hanno parlato. Devo dire che non è male.
» Mentre lo ascolto lancio qualche occhiata in giro,
soprattutto alla gente che si diverte in pista. Adoro ballare, mi
è sempre piaciuto e ballerei davvero con chiunque, infatti,
Sebastian mi prende in giro per questo. Credo che Devon si sia accorto
che mi sono distratta perché mi richiama.
«
Qualcosa mi dice che ti piace questa musica. »
«
Sì, ma più che altro mi piace tanto danzare anche
se non è che sia un'esperta...» Lo guardo incerta,
ma la mia reazione lo fa sorridere.
«
Bene, hai l'occasione di dimostrarlo. » Eh no,
così non vale! Sto per ribattere quando la band cambia
totalmente genere suonando qualcosa di più lento, un po'
jazz. La fortuna è dalla mia parte, anche se non ce lo vedo
come ballerino.
«
Solo se balli con me. » Gli faccio l'occhiolino e mi alzo
già dalla sedia. Non può rifiutare. Per tutta
risposta, si alza in piedi e mi porge la mano senza neanche ribattere.
Ah però!
«
Che cosa stiamo aspettando, dunque? » Sono letteralmente
sconvolta. Non mi aspettavo questo, pensavo non accettasse. Senza
ulteriori indugi, ci lanciamo nella mischia e iniziamo a danzare. Ero
quasi certa che non sapesse mettere un piede dopo l'altro, invece
appena gli poso la mano sulla spalla, egli afferra l'altra facendomi
piroettare e finisco subito con la schiena contro il suo petto. Mi
sbagliavo ancora e questo mi fa capire quanto non sia riuscita ad
inquadrarlo.
«
Non credevo fossi anche un ballerino provetto. » Cerco di
guardarlo ma Devon mi fa volteggiare un'altra volta così da
riassumere la posizione iniziale.
«
Non lo sono, infatti. Mia madre e mia sorella si sono prodigate ad
insegnarmi l'arte del ballo. » Una confessione spontanea,
è una sorpresa continua questa serata! « Hanno
fatto un buon lavoro, allora. » Ondeggiamo un po' a ritmo
finché non mi fa piroettare ancora una volta. «
Imparo in fretta, però sì. »
«
Quindi, sai suonare il piano e sai danzare. Se sai anche cantare, direi
che puoi fare un musical! » Mi ride in faccia mentre io
già lo immagino sul palco che s'inchina al pubblico.
«
Non esageriamo. Mi riesce molto meglio fare il dottore, fidati.
»
«
Sì, ti riesce bene in effetti. Che altro sai fare? Sono
curiosa ora. » Non mi risponde, anzi, mi fa volteggiare e poi
finiamo in bellezza con un bel casquè. Credo che i miei
capelli abbiano quasi toccato il pavimento. Sono strabiliata. Mi tira
su e controlla che stia bene.
«
Wow. » Mi complimento, anche se ha volutamente evitato di
rispondere alla mia domanda.
«
Non te lo aspettavi, vero? » No che non me lo aspettavo. Sono
piacevolmente sorpresa e più euforica di prima. Torniamo
quindi al tavolino perché ci hanno portato tutto
ciò che abbiamo ordinato poco fa. Ci scambiamo uno sguardo
per poi dare inizio al banchetto. Sono contenta di essere qui stasera e
spero sia lo stesso per lui, anche se continua a non volersi aprire con
me. Quella strana scintilla nello sguardo, la stessa che mi ha colpito
dal nostro primo incontro, è sempre presente ma almeno
abbiamo ballato e in quel frangente non l'ho notata. In ogni caso lo
rifarei, mi sono divertita tanto.
Molte domande mi affollano ancora la testa: si fiderà mai di
me a tal punto da confessarmi cosa gli è successo? Quanto
ancora in là mi dovrò spingere per conoscere la
sua storia?
Angolo
autrice:
Ed ecco un capitolo nuovo di zecca come ogni sabato! Cosa ne pensate
delle abilità da ballerino provetto di Devon? Ve lo
aspettavate o siete sorpresi quanto Ella? Basta divagare, a
meroledì per un nuovo aggiornamento.
Ps: Mi scuso per tutti i termini tecnici che utilizza Devon nel corso
della storia, ma essendo anche io medico, mi piace decrivere un po' del
suo lavoro cercando sempre di mantenermi sul più semplice
possibile o comunque di spiegare il tutto.
Kisses.
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Capitolo 18 *** Capitolo 17 ***
Devon's
pov
La
serata si sta svolgendo stranamente bene, senza scenate e cose varie
alle quali sono abituato. Ella si è mostrata una piacevole
compagnia anche se piuttosto testarda. Vorrei tanto sapere cosa le ha
detto Richard sul mio conto ma non potrei mai chiederglielo o si
farebbe dei film mentali assurdi. So che non mi tradirebbe mai, ma ho
come il sospetto che la piccola artista stia cercando di scoprire
qualcosa sul mio conto. Peccato che di rado rivelo ciò che
riguarda la mia vita privata. Tutto ciò che le deve
interessare è che sono un medico e che la sto aiutando a
stare meglio, com'è giusto che sia. Non c'è
ancora quel tipo di confidenza e francamente non so se mai ci
sarà o quando, ma è giusto tentare. Le ho
già mostrato che so ballare piuttosto bene e noto con
piacere che non se lo aspettava affatto. È stato divertente
ammirare la sua faccia sorpresa e meravigliata. Anche lei se la cava,
comunque. Al termine della canzone torniamo al nostro tavolo anche
perché le consumazioni sono arrivate e ci attendono.
«
Non ti facevo il tipo da martini. » Esordisce all'improvviso,
dopo qualche sorso del suo drink.
«
E che tipo mi facevi? »
«
Non lo so, ma il martini è più da Richard.
» Fa spallucce sorseggiando la sua bevanda.
«
Che cosa vorresti dire? » Le chiedo perplesso. Dove vuole
arrivare?
«
Che Rick lo prende sempre mentre tu non sei il tipo o almeno
così mi era sembrato. » Mi risponde con una finta
nonchalance.
«
Perché Richard è quello che beve fra i due,
infatti. » La guardo aspettando la sua prossima mossa che non
arriva.
«
Oh neanche io bevo di solito, solo ogni tanto. » Mi confessa
subito dopo aver finito il suo di drink.
«
Meglio così, almeno non rischi di inciampare in qualche
tombino di notte. No, ma che dico, tanto ci cadi anche da sobria.
» La derido del suo incidente solamente perché la
fa innervosire e perché non si è fatta nulla
grazie ai miei fantastici riflessi.
«
Guarda, mi sto sbudellando dalle risate! Non è divertente
prendersi gioco delle cadute, potenzialmente mortali, altrui. Pff.
» Sbuffa spostandosi la frangia da un lato per non farla
finire negli occhi color acqua marina.
«
Hai detto bene, perché ti ho letteralmente salvato la vita.
»
«
Sei un medico, non lo fai sempre? Quindi puoi anche smetterla di
vantarti. »
«
Non mi vanto, ti ricordo che mi sei debitrice a vita. » Ci
guardiamo per qualche istante. Ella sembra seria ma poi un sorrisino la
tradisce e prorompe in una fragorosa risata.
«
Quindi, basta bere. Andiamo a farci due passi, ti va? »
Annuisce e poi chiamiamo un cameriere per il conto che, dopo non troppe
storie, mi lascia pagare.
-------------
« Quindi vieni da Londra, giusto? »
« Sì, esatto. Non si nota l'accento? »
« Non ce l'hai marcato. Perché ti sei trasferito a
New York? »
Stiamo
passeggiando nei pressi del Central Park non troppo distante dal locale
in cui ci trovavamo poc'anzi. È una serata tranquilla, non
ci sono moltissime persone in giro e questo la rende ancora
più piacevole. Un po' meno le domande di Ella alla quale non
posso dare una vera e propria risposta. Sono una persona riservata, non
mi piace spiattellare i miei fatti in giro. Raramente mi piace parlare
di me e questo non concerne quasi mai il mio passato.
«
Ero stanco di starmene a Londra. » Le rispondo semplicemente,
in fondo è la verità.
« E da quanto vivi qui? »
« Da poco più di un anno. »
« E sei felice? » Questa sì che
è una bella domanda. "Felice" è un parolone,
anzi, non credo nemmeno di potermici avvicinare al momento...sempre se
sia destinato a meritarla, il che ne dubito.
«
Ella... » Mi fermo guardandola in viso, nei suoi occhioni
azzurri. Ci si potrebbe perdere in uno sguardo così. Anche
lei nasconde qualcosa dietro quest'aspetto da semplice studentessa
d'arte e se davvero è intenzionata a conoscermi,
dovrà fare attenzione. Potrebbe non piacerle ciò
che scoprirà e scappare come tutti gli altri.
«
Non credo che esista la felicità per me, ma sto bene in
questa città. » Le dico alla fine lasciando le
spalle che le avevo preso. Lei mi guarda perplessa inarcando le
sopracciglia, ma poi le rilassa e sembra intristirsi. Non dovrebbe
dispiacersi per me. « Non è vero, esiste e te la
meriti come chiunque altro. » Sembra lo stia dicendo
più a se stessa che a me e questo mi fa insospettire, ma non
ho intenzione di chiederle nulla per adesso.
«
Non la merito, non mi conosci. »
« Perché non ti fai conoscere. »
Ci zittiamo guardandoci negli occhi per qualche istante. Lei ha ragione
ed io non posso ribattere a questa sua constatazione.
«
Ti accompagno a casa. » Le dico, dopo quello che è
sembrato un secolo, per chiudere definitivamente il discorso. L'ultima
cosa che voglio adesso è avere una discussione di questo
calibro con lei. Non sa nulla della mia vita e non saprà
niente finché non deciderò, se lo
farò, di aprirmi con lei, ma tutte le volte che l'ho fatto
è sempre finita male. Camminiamo in silenzio fino alla mia
macchina che sblocco per farla salire. Sto per avviare il motore quando
la sua voce mi ferma.
«
Sei arrabbiato? »
«
No, certo che no. Se lo fossi, saresti già scappata.
» La guardo per vedere la sua reazione.
«
Credo di aver visto di peggio. » Ed invece mi sorride
tranquilla allacciandosi poi la cintura di sicurezza. Accendo il motore
e parto in direzione di casa sua.
«
Non puoi saperlo, ma non è un bene quando mi fanno
arrabbiare. »
«
Lo credo bene. Hai un non so che di intimidatorio. » Mi
confessa mordicchiandosi il labbro.
«
Ti intimidisco? E non sei una mia studentessa, pensa. »
«
Sì. Posso solo immaginare quei poveretti... »
Sorride divertita e lo faccio anche io. In effetti, sono parecchio duro
con loro ma è necessario se vogliono diventare medici seri,
altrimenti possono anche mollare per quanto mi riguarda.
«
Siamo arrivati comunque. » Le comunico parcheggiando la
vettura a pochi metri dal suo portone. Lei si slaccia la cintura e si
volta leggermente dalla mia parte.
«
Grazie del passaggio e della bella serata. Ci vediamo quando
avrò i risultati delle analisi... » Mi sorride e
si allunga per salutarmi. Sono un po' perplesso se devo dirla tutta.
«
Buonanotte Ella.. » Ricambio il sorriso e attendo che entri
nel palazzo prima di andarmene. Sono confuso e sorpreso allo stesso
tempo. La sua affermazione mi ha colpito perché ha centrato
il punto. Non voglio e non posso farmi conoscere. Sono così
rotto dentro che non posso permettere a nessuno di avvicinarsi a me.
Non voglio soffrire ancora, già con Summer le cose sono
precipitate velocemente e non ho bisogno di altri drammi in questo
momento. E si sbaglia sulla felicità, io non la merito e non
la meriterò mai. Non la voglio neanche perché
ciò vorrebbe dire lasciarle andare per sempre ed io non sono
pronto e forse non lo sarò mai.
Ella's
pov
Ma
in che diavolo di guaio mi sono andata a cacciare? Lo sapevo
dall'inizio che non era una buona idea eppure l'ho fatto lo stesso.
Devon è davvero troppo chiuso in se stesso che non si
aprirà mai con nessuno, tantomeno con me. Una volta ero
anche io così, ma credo che lui stia molto peggio di me e
per quanto desideri aiutarlo, credo che finirà molto male.
Perché lo faccio? Perché quando ero nelle sue
condizioni avrei desiderato tantissimo avere qualcuno che mi aiutasse
ad uscire dal burrone nel quale ero precipitata ma vedevo solo buio e
nessuno spiraglio di luce per me. Con il tempo ho imparato a stare
meglio e piano piano ne sono uscita, anche se continuo ancora oggi a
combattere con i fantasmi del passato. Se anche lui sta attraversando
questo periodo, deve essere aiutato perché so quanto sia
difficile riuscire a riprendersi e non dovrebbe farlo da solo. Non
posso neanche salvare qualcuno che non vuole essere salvato
perché Devon mi ha dato proprio quest'impressione,
purtroppo. Quella tristezza che celano i suoi occhi mi fa stringere il
cuore, non dovrebbe buttare così i suoi anni migliori. Cosa
ha mai potuto fare per non meritarsi la felicità? Devo
saperlo prima che sia troppo tardi per lui, ma come posso fare se mi
respinge ogni volta che cerco di avvicinarmi? Devo abbattere quel muro
che si è costruito intorno e forse Richard può
darmi qualche consiglio al riguardo, conoscendolo più di me.
Sfinita mentalmente, torno nel mio appartamento sperando che Audrey
stia dormendo perché non mi va proprio di raccontarle come
è andata la serata, ora come ora. Infilo lentamente le
chiavi nella serratura e faccio del mio meglio per muovermi il
più piano possibile. Non appena apro la porta, un fantasma
biondo mi appare davanti. Le mie speranze erano vane...
«
Ellaaaaaa, eccoti! Allora?? Come è andata? Che avete fatto?
» Benissimo, meglio di così non poteva andare.
«
Tutto benissimo, i dettagli posso raccontarteli domani? Sono
stanchissima... » Fingo anche di sbadigliare per dare
credibilità alle mie parole.
«
Ma Ella devo sapere! Uffa... » Incrocia le braccia sotto il
seno ma poi sospira e mi punta l'indice.
«
Domani mattina voglio sapere tutto, intesi? » Mi da un bacino
sulla guancia e poi sparisce nella sua stanza lasciandomi da sola. Per
fortuna sa quando non deve insistere. A questo punto mi trascino in
camera mia sprofondando sul letto ma non riesco a togliermi dalla testa
le sue parole: "non merito la felicità. " Un tempo avrei
detto lo stesso perché come lui, non credevo di meritare
alcunché. Ora le cose sono cambiate e faccio progressi tutti
i giorni ma ho il terrore che, aiutando lui, finirò con il
perdermi di nuovo.
Mi sfilo gli stivaletti e la gonna restando solo con la camicetta, non
mi va neanche di alzarmi per mettermi il pigiama o struccarmi il viso.
Quest'uscita mi ha destabilizzato e siamo solo all'inizio. Dovrebbe
bastarmi per allontanarmi definitivamente ma so che non sarò
in grado di farlo così facilmente. È come se mi
sentissi già troppo dentro per uscirne e comunque dovrei
averci a che fare per le analisi e quant'altro. Che sia dannata la mia
testardaggine.
---------------
«
Mamma sei tu? Aspettami sto arrivando da te! » Corro nella
sua direzione, ma più cerco di avvicinarmi, più
lei si allontana.
«
Mamma ti prego fermati, sono quasi da te! » Continuo a
gridarle e lei mi sorride. Finalmente la raggiungo, ma quando faccio
per afferrarla, la mia mano la trapassa non riuscendo a toccarla.
Svanisce nel nulla e rimango sola nell'oscurità. Urlo a gran
voce il suo nome e poi abbasso lo sguardo sulle mie mani. Sono sporche
di sangue, il suo. Non sono riuscita a salvarla, non ci sono riuscita
neanche stavolta. Mi sveglio di soprassalto ricoperta di sudore e
ansimante.
Un
altro incubo, ovviamente. Mi sono resa conto che sono solita farli
quando sono preoccupata o agitata per qualcosa e quindi la mia mente e
più stressata ed accessibile alle vecchie paure. Controllo
l'orologio sul comodino, è già ora di alzarsi
quindi infilo le mie pantofole pelose e mi spoglio finalmente della
camicetta pronta per una bella doccia che lavi via tutto, trucco
compreso. Indosso l'accappatoio e mi cambio con la prima cosa che mi
capita davanti. Dovrei seriamente mettere in ordine la stanza prima o
poi!
«
Ella sei sveglia?? » Una voce familiare fa capolino nella mia
camera.
«
Sì Audrey, entra pure. » Non se lo fa ripetere due
volte e si accomoda sul letto di fronte a me.
«
Allora? Mi racconti di ieri sera o no? Come è andata?
» Mi domanda tutta eccitata.
«
È andata(?) Abbiamo bevuto, abbiamo mangiato, chiacchierato
e anche ballato. Poi mi ha riaccompagnata a casa e fine. »
Ovviamente le ometto la mini-discussione perché non mi va
assolutamente di riaffrontare la cosa con lei, o almeno non adesso.
«
Ah, il bel dottore sa anche ballare? Wow non me lo aspettavo!
»
«
A chi lo dici! È stata una rivelazione anche per me, balla
anche bene. » È vero, è proprio bravo
ma non glielo confesserò mai.
«
E cos'altro sa fare il caro Devon? » Mi fa l'occhiolino
più eloquente del mondo che mi fa alzare di riflesso gli
occhi al cielo.
«
Audrey dai.... » Trattengo una risatina per la sua
espressione furba.
«
Devo insegnarti tutto io? Pff » Finge un'aria di
superiorità arrotolandosi una ciocca di capelli intorno al
dito.
«
Ma stai zitta che non hai saputo combinare niente con Richard!
» La prendo in giro abbracciandola subito dopo.
«
Ehi! Lui è di un livello superiore, devo impegnarmi di
più, per questo...»
«
Tutte scuse... » Le faccio la linguaccia divertita che lei
ricambia.
«
Non è vero! Lo conquisterò, vedrai. »
Alza il pugno vittoriosa.
«
Lo spero per te! » Le dico convinta. Secondo me starebbero
bene insieme.
«
Ma sei sicura che lui non provi niente per te, vero..? » Alzo
la testa stralunata, ma che assurdità dice? Certo che no!
Non mi ci vedrei proprio con Richard, è semplicemente un
buon amico.
«
Audrey ma cosa ti viene in mente. Ovviamente no. »
«
Ma ne sei sicura sicura? » Si tortura una povera ciocca di
capelli.
«
Sicurissima, stai tranquilla! È solo un ottimo amico.
» La guardo negli occhi prendendole le spalle così
che veda che sono sincera.
«
Va bene, mi fido di te. » Mi fa l'occhiolino e poi si alza
dal mio letto.
«
Andiamo a fare colazione! » Mi prende per un braccio e mi
trascina in cucina.
----------------------
«
Quindi, quando uscirete di nuovo? Anzi puoi invitarlo qui! Vi posso
lasciare tranquillamente soli una sera! Anzi no, ideona. Invitiamo sia
lui che Richard! Oddio t'immagini? »
Stiamo facendo colazione sedute al bancone della nostra cucina ma
Audrey continua a farsi dei film mentali assurdi immaginandosi gli
scenari più improbabili però è
buffissima quindi la lascio illudere quanto vuole, è
divertente.
«
Nel tuo caffè c'era della droga? Stai davvero
farneticando... »
«
Perché cos'ho detto di male? Non possiamo fare un'uscita a
quattro? Secondo me sarebbe fantastico. » Certo,
già immagino la faccia di entrambi.
«
Certo che possiamo ma non lo faremo, o almeno non adesso. Comunque tu
parli parli ma devi agire prima che qualcuna ti soffi il ragazzo.
» Sbuffa e mi da un pugnetto sul braccio. Fingo di aver
sentito un dolore allucinante.
«
Smettila! Ti stupirò, vedrai! »
«
Ahia! Pensa a stupire lui, non me. » Ridacchio e mi alzo per
sparecchiare. Ho un paio di lezioni all'università questa
mattina e non posso mancare assolutamente perciò devo
sbrigarmi. Spero di riuscire a scroccare un passaggio da Ashley
così arriverò in orario per una volta.
«
Ci vediamo a cena, buon lavoro! » Saluto così
Audrey e mi precipito fuori, contenta di trovare la mia compagna di
corso che mi aspetta.
«
Sei una grande, ti voglio un mondo di bene! » Abbraccio
Ashley che ricambia ridendo.
«
Certo, certo... me lo dici solo quando ti faccio dei favori. Sei un'
ingrata... » Scherza, o almeno spero, e poi saliamo in auto.
Per una volta sarò puntuale!
«
Non è vero, sai che dico la verità. Dai andiamo
così arriveremo prima e potremmo prenderci i posti migliori.
» Mi allaccio la cintura e sfrecciamo in direzione
dell'università.
«
Allora? Cosa mi dici? » Le chiedo mentre percorriamo le ampie
ed affollate strade di New York.
«
Ho ricevuto l'invito di Sebastian per la prima e non vedo l'ora di
mostrarti l'abito che ho scelto anche se ho dovuto apportare qualche
modifica. » Ashley frequenta questo indirizzo
perché vorrebbe diventare una stilista affermata nel campo
della moda perciò abbiamo delle lezioni in comune come
storia dell'arte moderna che stiamo per raggiungere.
«
Ovviamente! Manca una settimana e qualche giorno e poi vedrò
quanto sei diventata brava come stilista. Ricordati di me quando
diventerai la nuova Chanel, mi raccomando! » La prendo un po'
in giro ridacchiando alla mia stessa battuta e dopo una buona mezz'ora,
finalmente parcheggiamo all'ingresso del campus.
Sembra ieri il giorno in cui arrivai in questa città tutta
sola e spaventata all'idea di cambiare totalmente vita e rifarmene una
nuova ed adesso sono qui, all'ultimo anno, pronta per concludere il mio
percorso di studi nel migliore dei modi. Otterrò
ciò che desidero? Non lo so e non posso saperlo, ma
lotterò come ho sempre fatto per avere ciò che
più voglio. Basta con la tristezza, basta con i rimpianti,
voglio vivere e non più sopravvivere. Questo è
ciò che farò perché sì ,
posso fare tutto ciò che ho sempre avuto paura di fare e che
non credevo di meritare, ma mi sbagliavo, posso e me lo devo.
Angolo
autrice:
Salve cari lettori e lettrici!
In questo capitolo vediamo come si è conclusa la serata dei
nostri protagonisti. Secondo voi perché Devon sostiene di
non meritare nulla, compresa la felicità? Ella
riuscirà mai a scoprire cosa gli è accaduto di
così terribile?
Fatemelo sapere con qualche recensione, sono curiosa di sapere se vi ci
avvicinate o siete ben lontani.
Alla prossima, kisses.
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Capitolo 19 *** Capitolo 18 ***
Ella's
pov
È
passata una settimana dall'uscita con Devon e non ho praticamente avuto
più sue notizie. Audrey mi ha consigliato di aspettare che
si faccia vivo lui, però vorrei almeno sapere se sta bene.
Ho provato a chiedere a Richard più volte se potesse dirmi
qualcosa su di lui, ma mi ha sempre liquidata con risposte molto vaghe
e per nulla utili. Devono essere proprio legati quei due
perché sono molto fedeli l'uno verso l'altro. Se non sapessi
che ad entrambi piaccia il sesso opposto, quasi ce li vedrei come
coppia. Qualche giorno fa ho anche scherzato su questa mia ipotesi con
Rick che mi ha risposto: "Infatti, gliel'ho detto anche io, ma insiste
sul non sentirsi abbastanza frocio per me! "
Mi sono sbudellata dalle risate con questa "rivelazione", Audrey un po'
meno, e da allora prendo in giro sia lei sia lui su questa storia.
Mi lego freneticamente i capelli, ormai il caldo inizia a farsi
sentire, e sistemo finalmente la mia camera che è diventata
un vero disastro con tutte le cose che ho accumulato in questi giorni.
Mentre riordino l'armadio, qualcuno bussa alla porta di camera mia.
«
Audrey entra pure sono nell'armadio! » Che casino qui dentro,
dovrei pulirlo più spesso...
«
Stai andando a Narnia per caso? » La voce alle mie spalle mi
fa sussultare tanto che sbatto la testa contro l'anta.
«
Ahia! Richard che ci fai in camera mia? » Esco allo scoperto
sistemandomi la maglia sul leggins che ho indossato per fare le
pulizie.
«
Vengo a dirti che sei una cattiva persona perché gli amici
ogni tanto si vanno a salutare.... » Finge un'aria offesa
incrociando le braccia al petto. Si vede che è domenica
perché indossa un jeans e una maglietta blu semplice a
maniche corte. Ai piedi un paio di scarpe sportive.
«
Ma dai, sono stata impegnata lo sai che ti adoro! » Allargo
le braccia andandogli incontro ma lui non muove un passo. Gli getto
comunque le braccia al collo contenta di vederlo.
«
Sì sì, adesso fai la ruffiana ma tanto con me non
attacca, pff. » Dice così, ma alla fine ricambia
l'abbraccio che sciogliamo dopo poco.
«
Sei venuto davvero fin qui solo per un saluto? » Lo guardo
alzando un sopracciglio diffidente. Per quanto ci vogliamo bene, ne
dubito.
«
Sì, mal fidata che non sei altro e per dirti che dovresti
chiamare Devon, secondo me. » Lo guardo stranita al massimo.
Vorrebbe dirmi che è venuto a casa mia per suggerirmi di
contattare il suo amico? Credo che abbia bevuto qualche martini di
troppo stamattina.
«
Richard mi stai prendendo in giro o sei serio? » La
situazione è così surreale che è
difficile da credere.
«
Sono serissimo. Ti dirò la mia visione della cosa. Quella
pazza di Summer non va bene per lui, è veramente una cosa
assurda e mi rifiuto di vedere Devon nella sua trappola ancora
più di quanto non sia già. Potrebbe uscire con
te, invece, che sei molto meglio e magari gli levi quell'espressione
triste che ha perennemente in faccia. Che ne pensi? »
«
Che sei un idiota totale e che tu e Audrey dovreste farvi i fattacci
vostri una volta tanto. Perché vi siete messi in testa che
ci dobbiamo sposare, mh? E poi lei dice di non chiamarlo e tu l'esatto
opposto... » Lo guardo sconvolta, ma come gli viene in mente?
E poi non so neanche perché sia.... così
com'è.....mi sono già messa in mostra
più del dovuto.
«
Non ascoltare lei, ascolta me che lo conosco molto meglio di chiunque
altro. Anzi la metto in quest'altro modo. Tu pensa a quello che ti
senti di fare e fallo. Voglio proprio vedere se non ti interessa
minimamente. » Mi sfida, guardandomi negli occhi. Ho quasi
paura che riesca a leggere i miei pensieri quando fa così.
«
Va bene, ci sto. Poi ti farò sapere ma non ci sperare
troppo. Perché non mi dici cosa gli è successo,
invece? » Provo a persuaderlo ma so che non cederà
mai.
«
Non posso assolutamente dirtelo, davvero, è una cosa privata
e non mi va di violare la sua privacy in questo modo. Lui si fida di
me. Puoi scoprirlo solo chiedendo a lui, mi spiace. » Fa
spallucce lasciandomi come sempre a bocca asciutta.
«
E comunque non si è curiosi di sapere i fatti di qualcuno se
non ti piace almeno un po'. » Aggiunge facendomi il suo
sorrisetto sghembo di quando sa di avere ragione. Sbuffo
perché non so che ribattere. E se avesse ragione? No, non
devo farmi strane idee. Ho già sofferto abbastanza in
passato, non mi va di fare il bis, anche se sarebbe per una questione
diversa.
«
Senti Rick, stavo pulendo il mio bellissimo armadio quindi ci sentiamo,
ok? Ora sparisci altrimenti ti mando davvero a Narnia! »
Mette il broncio offeso per la mia esclamazione.
«
Mi stai cacciando da casa tua? Ed io che ti ho offerto un soggiorno
nella mia Spa! » Scoppio a ridere perché in fondo
ha ragione ma se non mi lascia sistemare non finirò mai.
«
Dai fatti dare un bacino! » Mi arrampico posandogli le labbra
sulla guancia ma lui mi schiva.
«
Ehi! »
«
Non li voglio i tuoi baci di Giuda! » Sorride per la
situazione e poi si fa accompagnare finalmente alla porta.
Dopo questa piccola interruzione, posso dedicarmi finalmente al mio
armadio ma le parole di Richard si sono insinuate più di
quanto credessi nei miei pensieri, infatti, sono parecchio confusa e
deconcentrata. Che cosa dovrei fare? Non voglio elemosinare la sua
attenzione ne voglio rincorrerlo, ma vorrei sapere se sta bene o se
è successo qualcosa che lo ha turbato. Mentre ci rimugino
sopra e riordino il resto, Audrey fa la sua comparsa.
«
Allora? Che cosa voleva Rick? » Mi guarda perplessa e noto
una punta di gelosia nella sua voce.
«
Voleva suggerirmi di chiamare Devon... secondo te gli è
successo qualcosa..? » Corruccia la fronte e si appoggia allo
stipite della porta.
«
Beh se non lo chiami, non lo sapremo mai. »
«
Non mi avevi detto di non farlo fino a poche ore fa? » Mi
fermo in mezzo alla stanza guardandola in viso. Cambia idea
così facilmente che sembra bipolare certe volte.
«
Sì, ma se Richard dice così... un motivo ci
sarà, no? » La strangolerei quando fa
così.
«
Ah certo, lo dice Richard... » Le faccio il verso continuando
a sistemare.
«
Fa come vuoi. » Torna nel salotto a fare ciò che
stava facendo mentre io opto per fare una pausa sul letto. Sono stanca
e tutti questi pensieri contorti mi stanno stressando.
Perché entrambi pensano che debba essere io a cercare lui?
Dove è finita l'antica usanza che debbano essere gli uomini
a cercare le donne? A me sembra tanto che sia il contrario. Vorrei solo
aiutarlo, alleviare un po' le sue pene per quanto mi sia possibile, ma
dobbiamo essere in due per riuscirci.
Devon's
pov
È
stata una settimana molto movimentata quella appena vissuta. Tra
lavoro, impegni al di fuori e famiglia a distanza, non ho avuto un
momento libero. Ci sono state varie emergenze in ospedale che mi hanno
costretto a passare molto tempo al Lennox rischiando di estraniarmi
completamente dal resto del mondo. Non ho avuto modo di riflettere in
questo periodo e non ho ben capito se sia un bene o un male ma
conoscendomi, meno lo faccio e più possibilità ho
di non agitarmi.
È domenica e finalmente posso fare ritorno al mio triste e
desolato appartamento. Solitamente, quando faccio più di un
turno consecutivo, Martha resta a casa per occuparsi di essa in mia
assenza. Infatti, appena varco la soglia, appare come un fantasma
davanti alla mia figura.
«
Bentornato Signore. Desidera qualcosa? » A volte è
inquietante per quanto sia efficiente e fin troppo servizievole.
«
Sì, un caffè per favore. Qualche
novità? »
«
Subito. Sì, ha chiamato il Signor Bradshaw e voleva parlare
con lei. Non era urgente.» Annuisco e mi dirigo nella mia
stanza da letto.
«
Perfetto, sempre impeccabile. » Mi complimento salendo
velocemente le scale che portano al piano di sopra.
Come al solito, la stanza è sistemata in modo estremamente
ordinato. Non c'è nulla che sia fuori posto con Martha in
casa. Sono certo che se non ci fosse lei, vivrei nel caos
più totale. Mi accomodo sul letto sfilandomi le scarpe e
quando sto per stendermi, percepisco il cellulare vibrare nella tasca
dei pantaloni. Se è un'altra emergenza al Lennox, mi
suicido. Invece, con mia grande sorpresa, è Ella. In
effetti, è dalla nostra uscita che non ci sentiamo e devo
ammettere che la colpa è soprattutto mia e dei miei numerosi
impegni. Avrà di certo pensato che non avessi più
intenzione di avere a che fare con lei. Mi schiarisco la voce e
rispondo alla sua chiamata.
«
Ciao Devon, sono Ella. Come stai? Ti disturbo? » Subito la
sua voce attraversa il ricevitore giungendo forte e chiara al mio
orecchio.
«
Ehi Ella. No, affatto, e sto bene grazie. Tu come stai? »
«
Non mi lamento. Ti ho chiamato per sapere come stavi. Sei sparito da
domenica scorsa e mi sono preoccupata. Va tutto bene? »
Corrugo la fronte. Perché mai deve preoccuparsi di me?
«
Tutto alla grande, sono stato solo molto impegnato, tutto qui.
» Le parole mi escono con un tono più duro e
freddo di quanto volessi e credo che se ne sia accorta
perché tace per qualche secondo.
«
Bene, allora ci vediamo nel tuo studio, immagino. » Sospiro e
mi affretto a rimediare.
«
Sì, certo. Ella grazie per aver chiamato. » Sento
di doverglielo dire, mi ha fatto piacere.
«
Di nulla, Devon. A presto » Mi risponde e poi riattacchiamo.
È una continua sorpresa questa ragazza. È fin
troppo buona secondo me, ben lontana da Summer che pensa solo a se
stessa, senza porsi nemmeno una domanda su cosa provino gli altri. In
realtà è ben diversa anche dalla maggior parte
delle donne che sono solito attirare. Sarà che Ella
è una ragazza umile rispetto alle altre ma prima o poi
vorranno tutte la stessa cosa. Amore e fedeltà, come Summer
che però ha un modo sbagliato nell'attirare la mia
attenzione. Non è una persona cattiva, ma non dovrebbe
cercare di esporsi con scenate e roba del genere. Le ho ripetuto mille
volte che non voglio una relazione seria, ma sembra quasi che parliamo
due lingue diverse oppure è così caparbia da
continuare a sbattere contro un muro e non fregarsene. Di norma
apprezzerei una qualità come questa, ma non quando si tratta
dei miei sentimenti perché non cambierò idea
facilmente. Sarebbe bello poter essere un uomo diverso, desidero ogni
giorno svegliarmi e ritrovarmi nel passato per non ricommettere gli
stessi errori ma purtroppo non è possibile e
dovrò convivere con questo dolore che mi squarcia l'anima
per il resto dei miei giorni. Non volevo innervosirmi con Ella quella
sera, ma si stava avvicinando troppo e non credo che voglia davvero
conoscermi. Tutte coloro che ci hanno provato, hanno fallito
miseramente e Summer è in procinto di cadere come le altre.
È un suicidio sia per loro e soprattutto per me ed
è ora di finirla. Devo restare solo, è questo il
mio destino.
Ella's
pov
Ho
fatto bene a seguire il consiglio di Audrey e Richard e ho preso due
piccioni con una fava. Non solo Devon mi ha ringraziata, ma ho capito
anche che sta bene e che mi ha evitata per cause di forza maggiore.
Direi che è un gran risultato e mi sento molto
più sollevata, forse anche troppo per i miei standard.
Decido quindi di mandare subito un messaggio a Richard per informarlo e
ringraziarlo per l'aiuto. Ho come l'impressione, però, che
si stia applicando troppo su questa storia. Non vorrei che si facesse
strane idee come Audrey al riguardo perché sono entrambi
totalmente fuori strada. Risollevata da questi avvenimenti positivi,
posso finalmente riordinare la mia stanza in santa pace.
È incredibile scoprire quante cose si riescono a fare quando
ci si mette d'impegno non perdendo mai la concentrazione. Ora la mia
camera brilla come un diamante e l'armadio è in perfetto
ordine. Quando sono finalmente soddisfatta del mio operato e sono
pronta a lanciarmi sul letto, il trillo del cellulare mi fa
letteralmente saltare dallo spavento. Da quando è
così alto il volume della suoneria?
«
Ella! Ho un urgente bisogno del tuo aiuto per quest'impresa vitale.
» La voce di Sebastian quasi mi fora un timpano non appena
accetto la sua chiamata.
«
Sì, d'accordo dimmi tutto. » Mi affretto a
rispondere non capendo esattamente a cosa si riferisca.
«
Ti ho mandato delle foto, guardale e dimmi quale preferisci.
» Metto il vivavoce e faccio come mi dice. Sono immagini sue
con vari completi, tutti diversi.
«
Quale dovrei scegliere per la prima?! Sono ufficialmente in ansia!
» Benissimo, ci mancava solo Bas con le crisi da ansia da
palcoscenico. Le osservo più volte e alla fine gli rimando
la foto nella quale indossa un completo blu scuro, camicia bianca e
cravatta rossa. Mi sembra molto elegante e sofisticato così.
«
Fatto, ti piace la mia scelta? » Attendo qualche secondo, il
tempo che gli arrivi la mia opzione.
«
Mi complimento, non sei tanto male come consigliera di abiti. Anche se
è pur vero che sto benissimo in tutte le foto, quindi
qualsiasi cosa avresti scelto, sarebbe stata una fantastica decisione.
»
«
La modestia è nata con te, Bassuccio... » Che l'ha
chiesto a fare il mio parere, allora?
«
Grazie per l'aiuto Ellina, i tuoi sforzi saranno ricompensati presto.
Ci vediamo mercoledì! » Neanche il tempo di
rispondergli che mi ha già attaccato il telefono in faccia.
Controllo il calendario e... cavolo la prima è questo
mercoledì! Sono felice di andarci, per Sebastian significa
molto e soprattutto vederlo realizzare uno dei suoi sogni. Spero tanto
di arrivare allo stesso risultato un giorno, di poter organizzare una
mostra d'arte tutta mia dove poter esporre le mie creazioni. Sarebbe
stupendo, ma per adesso è meglio che torni con i piedi per
terra prima che inizi a fantasticare e a perdermi nei miei sogni ad
occhi aperti, sogni che un giorno spero di poter vivere per davvero.
Angolo
autrice:
Buonasera amici lettori/rici adorati, scusatemi del ritardo, ma
è ancora sabato quindi eccoci qui. Allora, giuro che questo
è l'ultimo capitolo di passaggio e che dal prossimo ci
ritroveremo nella famosa festa di cui stiamo parlando praticamente
dall'inizio della storia. Ve la ricordate vero? Bene, non vedo l'ora di
sapere cosa ne pensate! A mercoledì.
Kisses.
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Capitolo 20 *** Capitolo 19 PT.1 ***
Ella's
pov
Il
giorno tanto atteso è finalmente giunto alle porte: la
famosa prima di Sebastian. La casa è sottosopra a causa di
tutti i preparativi che si sono susseguiti in queste lunghissime ore
che precedono l'evento. L'aria è così tesa che si
potrebbe tagliare con un grissino e il caos incombe in ogni dove. Ed io
che mi ero premurata di riordinare la mia camera qualche giorno fa...
Sono comodamente seduta sul divano del salone ed osservo con estrema
disinvoltura Audrey ed Ashley, che ha deciso di raggiungerci per venire
con noi allo spettacolo, correre da una stanza all'altra in preda al
panico. Tutto ad un tratto, entrambe si voltano nella mia direzione.
«
Adesso tocca a te, cara Ella! » Pronuncia la mia coinquilina
avvicinandosi con il make-up.
Una guerra di lustrini dopo, siamo finalmente pronte per uscire non
prima che Ashley abbia controllato e sistemato i nostri abiti a dovere.
Devo dire che ha apportato delle modifiche eccezionali. Audrey, alla
fine, ha indossato un abito lungo blu scuro che inizialmente cadeva
morbido e fasciava la sua figura snella ma la nostra stilista, dopo una
lotta con la bionda, è riuscita a migliorarlo aggiungendo
uno spacco al lato destro, molto sensuale devo ammettere. La stessa
Ashley ha optato, invece, per un mini-dress nero al quale ha aggiunto
delle spalline doppie color rosso abbinate alle scarpe alte. Per quanto
riguarda me, l'abito è rimasto com'era, ma si sono divertite
molto nel truccarmi e pettinarmi contro il mio volere però
il risultato finale non mi dispiace.
------------------------------
Lo spettacolo è stato fantastico, i ballerini e i performers
sono stati davvero eccezionali e sono fierissima di Bas. Ha fatto un
ottimo lavoro con il suo primo ingaggio. Non a caso, al termine
dell'ultima esibizione, c'è stata un'ovazione generale da
parte di tutto il pubblico. Per facilitare l'arrivo all'Astoria dove si
terrà l'after party, Bas ha messo a disposizione delle
navette gratuite che scorteranno gli invitati all'hotel. Ha pensato
davvero a tutto.
La sala adibita alla festa è davvero enorme ed è
addobbata in modo molto chic ma non mi aspettavo diversamente da
Sebastian.
Al nostro arrivo, ci sono già parecchie persone che sfilano
da una parte all'altra del grande salone in attesa che inizi il
divertimento o che arrivi Bas per congratularsi con lui.
«
Ragazze, l'hotel del vostro amico è davvero stupendo! Me ne
ricorderò quando organizzerò una mia sfilata.
» Esordisce Ashley alle nostre spalle per poi sorpassarci e
vagare per la sala.
«
E non hai visto il proprietario. È ancora più
bello dell'hotel, te lo assicuro. » Aggiunge Audrey con
l'aria sognante in cerca di Richard con lo sguardo. Appena lo scorge,
ci afferra le braccia e ci trascina nella sua direzione.
«
Audrey ho i tacchi, piano! » Mi lamento alle sue spalle
finché non ci troviamo di fronte al proprietario.
«
Buonasera ragazze! Ma come siete eleganti, davvero splendide.
» Ci fa il baciamano, Audrey per poco non sviene ai suoi
piedi, per poi presentarsi ad Ashley.
«
Cosa ve ne pare della sala da ballo? » Ci chiede Rick e tutte
noi confermiamo lo splendore del suo elegantissimo hotel.
Mentre chiacchieriamo amichevolmente con Richard, vedo Sebastian
varcare la porta di ingresso così mi precipito da lui per
congratularmi.
«
Bassuccio! Lo spettacolo è stato fenomenale! Davvero
meraviglioso, hai un grande talento, te l'ho sempre detto. »
Mi abbraccia sollevandomi un po' da terra per la contentezza.
«
Grazie di cuore, chérie, è grandioso che siate
venute per vedere il mio show. Ve ne sono grato. » Mentre
parliamo, la musica inizia a rimbombare nella sala così come
gli invitati si affrettano a lanciarsi in pista o sul buffet dei drink.
Le luci si fanno soffuse mentre gli abiti delle donzelle si riflettono
sul pavimento a specchio. È un gioco di luci e colori
stupendo e ne ammiro la perfezione in silenzio.
«
Tesoro, devo parlare un attimo con il direttore del teatro. Scusami
tanto. » Bas si allontana e si dirige nei meandri della vasta
ala riservata a questo party. Decido quindi di recarmi al buffet per
prendere qualche drink ad Audrey ed Ashley. So che ad entrambe non
dispiace affatto bere qualcosina di alcolico. Forse non è
stata una grande idea prendere i bicchieri a tutte perché mi
ritrovo con tre drink tra le mani sull'equilibrio precario dei tacchi e
per di più dovrei attraversare la pista da ballo dove
facilmente potrei essere spintonata e cadere. Cerco quindi un altro
passaggio voltandomi nella direzione opposta ma finisco quasi
contro...Devon? Che cosa ci fa all'after della prima di Sebastian? Se
non è una coincidenza questa...
«
Non credi che tre alcolici siano un tantino troppi per te? Soprattutto
conoscendo il tuo equilibrio... » Mi prende subito in giro
lui nel suo elegante completo nero.
Ci squadriamo per un secondo che a me è parso interminabile,
prima che riacquisti il dono della parola. Per miracolo non sono
diventata del colore del mio abito.
«
Sempre molto spiritoso, eh? Comunque che cosa ci fai alla prima del mio
amico? » Gli domando, vorrei davvero capire come sia
possibile incontrarci in un'occasione simile.
«
In realtà non sapevo neanche ci fosse una prima da
festeggiare. Mi ha invitato Richard dicendomi che ci sarebbe stata una
festa. » Fa spallucce, ma dal suo sguardo, capisco che come
me, ha appena intuito lo svolgimento della faccenda. Ci giriamo
entrambi, infatti, nella direzione di Richard che ci dedica
l'occhiolino più furbo del secolo.
Alzo gli occhi al cielo ricostruendo la vicenda nella mia testa.
Non appena Rick ha saputo che sarei andata alla festa che si sarebbe
tenuta nel suo prezioso hotel, ha invitato Devon nella speranza che ci
incontrassimo ed ecco perché è scappato come una
furia da casa mia quel giorno. Ora è tutto chiaro ma quel
furbetto mi sentirà una volta finito il tutto.
Sto per rispondergli, quando Sebastian, giunge al nostro cospetto tutto
sorridente. S'illumina maggiormente non appena si accorge che non sono
sola come mi ha lasciata.
«
Ah... Ella, vedo che hai trovato un'altra compagnia. Bene! Sono
Sebastian, comunque, il tizio che ha dato la festa alla quale ti sei
imbucato. » Porge fugacemente la mano a Devon che gliela
stringe perplesso. È sempre il solito...
«
Ora vado! Grazie per i drink Ella. È sempre un piacere fare
affari con te! » In un battibaleno afferra tutti e tre i
bicchieri dalle mie mani, e con molta nonchalance, li porge ai nostri
amici che ci osservano in un angolo. Appena si accorgono che li abbiamo
scoperti, cambiano totalmente angolazione e si spostano in un'altra
zona. Per un secondo ho creduto di trovarmi in un film, ma poi mi sono
dovuta rendere conto che purtroppo è la realtà.
Devon's
pov
Sono
stato indeciso fino all'ultimo secondo sul presentarmi o meno alla
festa della quale mi aveva tanto parlato Richard da due settimane a
questa parte. Alla fine non so cosa mi abbia spinto ad andare, ma ora
eccomi qui nell'enorme salone che il mio amico ha riservato per il
party.
Non appena arrivo, cerco subito il proprietario con lo sguardo, ma a
quanto pare, è impegnato con Audrey ed un'altra bionda e non
sarò di certo io ad intromettermi.
Lo lascio quindi alle sue conquiste e mi fiondo dritto al bancone dei
drink deciso a prendermi qualcosina per sciogliermi un po'.
È da molto che non vado ad un party, in realtà,
nonostante mia madre cerchi sempre di trascinarmi alle feste
organizzate da lei a Londra. Chiedo al barista di farmi un whiskey con
ghiaccio e nel mentre, noto una figura femminile avvicinarsi con i
drink. Per poco non li rovescia addosso ad entrambi. Sto per dire
qualcosa, quando il mio sguardo finalmente si posa su quello di lei e
non sono sorpreso nello scoprire che si tratta di Ella. Inizio quasi a
pensare che lo faccia di proposito, ma è troppo maldestra
per inciampare per sbaglio, in effetti.
Gli avvenimenti che si susseguono dopo, accadono così
velocemente che quasi non riesco a stare al passo. Ella mi chiede cosa
ci faccio qui, le rispondo che mi ha invitato Rick e da qui capiamo che
ci ha messo il suo zampino. Poi arriva un amico di lei, Sebastian, che
a quanto pare è il "festeggiato". Così
velocemente come è apparso, scompare all'orizzonte con i
drink dileguandosi con il resto della combriccola. Davvero tutto molto
surreale. Fatto sta che restiamo soli davanti al bancone degli alcolici
che non mi sembra proprio il luogo più adatto dove poter
conversare ad una festa. Le afferro quindi la mano per spostarci da
quella zona che inizia ad affollarsi.
«
Puoi ammettere che volevi un altro ballo con la sottoscritta, ma ti
capisco, non capita tutti i giorni di ballare con un'artista.
» Mi prende in giro considerato il fatto che ci troviamo
praticamente in mezzo alla pista. Ridacchia alle sue stesse parole ma
la zittisco in fretta facendola piroettare e di conseguenza allargare
il suo vestito in una bellissima ruota. La sua espressione stupita mi
conferma che non se lo aspettava.
« Mi hai scoperto! E comunque sono più bravo di te
a ballare. » Mette un finto broncio che mi strappa una
leggera risata.
«
Sei sempre così gentile? Non hai fatto altro che prendermi
in giro da quando sei entrato... » Mi appoggia una mano sulla
spalla così le prendo l'altra con la mia.
« Guarda che hai fatto tutto tu. E poi sappiamo entrambi che
saresti caduta quasi sicuramente... »
« Invece non lo sapremo mai. Non sai dirmi qualcosa di carino
per una volta? » Sbuffa divertita quanto me dalla situazione.
Ne approfitto per ammirarla meglio nel suo vestitino rosso corto fino
alle ginocchia che esalta perfettamente la sua figura. È
molto bella e approvo la scelta di aver lasciato i capelli mezzi
sciolti.
«
Sì, questo colore ti dona particolarmente. » Mi
guarda tra il sorpresa ed il confusa ma alla fine mi ringrazia e credo
sia anche un po' arrossita.
«
Voglio essere anche io gentile con te, e devo ammettere che in fondo
balli bene...» « In fondo? » Le chiedo
mentre ondeggiamo a ritmo della musica.
« Non volevo sbilanciarmi dicendo che balli più
che bene. » Mi confessa alla fine.
« Potevi sbilanciarti. » La prendo in giro
sorridendole.
« Tanto te l'ho detto lo stesso... »
« Apprezzo ugualmente la forzatura. »
« Almeno hai apprezzato. » Ribatte lei.
« Ne dubitavi? » Le domando perplesso.
« A dire la verità... sì. Sei
così indecifrabile che spesso non so cosa tu stia
pensando.» « Perciò si fa prima a
pensare male che dare il beneficio del dubbio. » Constato ad
alta voce.
« Non penso male, do una mia interpretazione... »
Mi risponde convinta di quello che sta dicendo.
« È un modo per dire che pensi male! »
« Se lo pensassi, non passerei il mio tempo con te, non
credi? » Mi guarda negli occhi quasi mi stesse sfidando.
« E poi sono io quello indecifrabile...»
« Forse lo siamo un po' tutti in fin dei conti. »
La conversazione finisce qui perché, tempo di un'ultima
piroetta ed il solito casquè, che le note della canzone
terminano e ci ritroviamo faccia a faccia senza proferire
più nulla. Non è un silenzio di quelli
imbarazzanti, è come se entrambi stessimo metabolizzando la
conversazione appena avuta, una delle più significative fino
ad ora. Forse ha ragione, sono così chiuso che non
riuscirò mai più ad aprirmi con nessuno. In
questo modo non dovrò più soffrire e a me basta
così.
Ella's
pov
La
musica giunge al termine così come la nostra conversazione
ed il nostro passo a due improvvisato. La sala sprofonda nel silenzio
per pochi secondi, il tempo che il resto degli invitati svuotino la
pista per lanciarsi sul buffet. Restiamo qualche istante a fissarci
occhi negli occhi e come tutte le volte, non riesco a capire i suoi
pensieri. Perché è così dannatamente
difficile con lui? Di solito mi riesce facile leggere le persone, quasi
fossero un libro aperto. Sono una buona osservatrice ma non
c'è verso di decifrare Devon in nessuna maniera.
Sconfitta, abbasso per prima lo sguardo sul pavimento e faccio un passo
indietro per aumentare la distanza fra noi.
---------------------------------
«
Non sapevo dell'esistenza di una terrazza così enorme
all'Astoria. » Affermo mentre passeggiamo sul grande balcone
all'esterno del salone dove si sta svolgendo il party.
«
Ma sai che non ne ero a conoscenza nemmeno io? Richard non mi ha fatto
fare un tour dell'hotel...» Mi risponde Devon osservando i
dintorni.
«
Invece a me l'ha fatto fare. »
« Non ne avevo dubbi. » Ridacchio per il tono che
ha usato e continuo a camminare con il tintinnio dei miei tacchi ad
ogni passo come sottofondo.
«
Non ti piace il caos, vero? » Gli domando fermandomi per
appoggiarmi alla ringhiera. Son stufa di muovermi su questi trampoli.
«
Non mi dispiace a volte, ma non posso dire che mi piaccia. »
Sempre sul vago il dottore...
«
Hai ragione, forse sei un po' vecchio per queste feste. » Lo
prendo visibilmente in giro. Mi guarda con un'espressione
indecifrabile.
«
Troppo vecchio?! » Prima che possa oppormi, mi solleva
letteralmente da terra portandomi una mano sotto alle gambe e l'altra
sulla schiena. Lo guardo sbalordita e mi aggrappo come posso alla sua
morbidissima giacca.
« Mio dio!! Mettimi giù! » Sbircio il
vuoto oltre la ringhiera e quasi mi vengono i brividi, anche se so che
non mi lascerebbe mai cadere o almeno lo spero...
«
Hai osato dire che sono vecchio. Ho appena trent'anni, lo sai?
» Mi rivela la sua età prima di avvicinarsi al
bordo.
«
Ok ok sei giovanissimo, adesso mettimi giù. » Gli
rivolgo il mio sguardo implorante. Come risposta mi sporge oltre
fingendo di lasciarmi andare di sotto.
«
Devon ho paura! » Sgambetto strattonandogli praticamente la
giacca in modo che non mi lasci.
«
E va bene... » Sbuffa riportandomi all'interno dell'aria
sicura e mi mette finalmente giù. Apro gli occhi, che avevo
chiuso un attimo fa, solo quando sento i piedi saldi sul pavimento.
«
Mi hai spaventata a morte! » Gli do un colpetto sul petto
come vendetta. Peccato che il mio gesto lo faccia sorridere.
«
Te la sei cercata! »
« Ma stavo scherzando! »
« La prossima volta ci pensi prima. Credevi davvero che ti
avrei fatta cadere? » Mi guarda deluso.
« No, ma ho un brutto rapporto con l'altezza...»
Lui non può saperlo, ma mi sono fratturata una gamba da
ragazza cadendo dalla finestra di casa mia. Sono certa che se glielo
dicessi, mi prenderebbe ancora più in giro, quindi evito.
«
Immagino. Aumenteresti le tue probabilità di cadere e sono
già parecchio alte. » Mi sorride beffardo sapendo
di colpire sempre nel segno. Non riesco a fargli il broncio quindi
reprimo come posso una risatina.
Susseguono attimi di silenzio nel mentre gli liscio le pieghe della
giacca che avevo usato come appiglio quando penzolavo dal balcone.
Percepisco il suo sguardo indagatore che osserva i miei movimenti e
presto si sposta sui miei occhi che incontro un attimo dopo. Nonostante
il casino nella sala alle nostre spalle, sono in grado di sentire
perfettamente i nostri respiri che si scontrano. Vorrei dire qualcosa,
ma prima che potessi anche solo pensare a cosa dire, l'atmosfera si
frantuma in mille pezzi a causa del trillo del cellulare di Devon.
Faccio qualche passo indietro lasciando che risponda tranquillamente.
«
Devo rispondere. Ci vediamo dentro? » Annuisco leggermente
mentre Mr. Occhi di ghiaccio rientra nel salone.
Mi volto nella direzione opposta per reggermi un attimo alla ringhiera.
Oltre che esausta mi sento anche frastornata adesso. Cerco di
metabolizzare il tutto, ma quando mi giro per tornare indietro, una
figura a me non troppo familiare, mi blocca il passaggio afferrandomi
per un braccio in malo modo.
« Noi due dobbiamo parlare. »
Angolo
autrice:
Finalmente la situazione inizia a farsi interessante, non trovate? La
famosa festa è in pieno svolgimento e si iniziano a capire
le prime cose. Chi è la misteriosa figura che compare al
termine del capitolo? Purtroppo per scoprirlo dovrete aspettare un po',
poichè riprenderò a pubblicare dopo le vacanze
natalizie sperando di trovarvi ancora tutti qui a seguire questa
storia.
Nel frattempo avanzate qualche ipotesi nelle recensioni, ne sarei super
felice!
Buon Natale a tutti e ci vediamo nel 2018 con il prosieguo.
Kisses
|
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Capitolo 21 *** Capitolo 19 PT.2 ***
Ella's
pov
«
Noi due dobbiamo parlare. »
Solitamente
queste parole, dette da una persona con la quale hai un rapporto, ti
mettono ansia, ti fanno pensare a tutti gli errori che hai
ipoteticamente commesso, insomma non è un buon segno. Ma
dette da una sconosciuta, possono suonare parecchio strane
così come la situazione nella quale mi ritrovo in questo
momento.
«
Puoi lasciarmi il braccio almeno?! » Mi rivolgo a lei con lo
stesso tono brusco che ha usato prima con me. Non mi va che mi
strattoni in questo modo.
Mi trascina in un angolo lasciandomi subito dopo il braccio.
Ma chi si crede di essere?
«
Ti ricordi di me, cara? » Inizialmente non l'avevo
riconosciuta nel suo abitino bianco tutto curve, ma poi ho capito dalla
voce con chi avevo a che fare.
«
Sì, sei la pazza che si è messa ad urlare davanti
a mezzo ospedale. » La guardo torva mentre controllo che il
braccio non si sia arrossato dopo la sua presa.
Summer mi lancia un'occhiataccia per come l'ho soprannominata, ma non
ci si sofferma troppo. Probabilmente è consapevole di
meritarsi quest'appellativo.
«
Che cosa vuoi da me? » Le chiedo.
« Devi stare lontana da lui, hai capito? » La
guardo sconvolta, ma scherza?
« Come scusa? »
« Non fare la finta tonta. Vi ho visti ballare prima e poi vi
ho seguiti qui fuori... » È davvero fuori di testa
questa donna. Ma poi chi l'ha invitata alla festa?
«
Sì, abbiamo ballato come il resto degli invitati ma non vedo
quale sia il problema. »
« Lui ti piace, non negarlo, ma non ti devi neanche
avvicinare perché è mio, intesi? »
« Mi spiace deluderti, ma credo proprio che Devon non sia
della tua stessa idea e comunque non sei certo tu a potermi dire cosa
devo o non devo fare. » Ribatto leggermente spazientita. Ora
si tratta di principio, non prendo ordini dalla prima che passa e che
non conosce neanche le mie intenzioni.
«
Vuoi rubarmi l'uomo?! » Sbuffo, è proprio
un'idiota.
« Summer, è il mio medico, non ho alcuna
intenzione di rubartelo o altro ne voglio entrare nei vostri casini ma
ti consiglio di parlarci se ti sei ridotta a minacciarmi per ottenere
le sue attenzioni. » Quando è troppo è
troppo.
La bruna ci riflette un attimo, si tocca un po' i capelli e poi
risponde.
«
Gli parlerò, ma tu rimani al tuo posto. Lui è
troppo per una come te. » Mi intima con lo sguardo e con le
parole mentre resto a bocca aperta per la sua affermazione. Non ho
davvero idea di come mi sia cacciata in questo casino, ancora non credo
a cosa sia appena successo.
«
Ehm... Ella ti stavamo cercando...» Una testa bionda fa
capolino dalla porta scorrevole che da sul balcone e mi impedisce di
inveire contro Summer per come si è rivolta a me.
«
Te l'hanno mai detto che il bianco ingrassa? »
Ashley si fa avanti rivolgendosi a Summer che, appena la nota, ci da le
spalle indignata e sgambetta sui suoi trampoli per ritornare al party.
La mia amica mi si avvicina, evidentemente preoccupata, e passa lo
sguardo da me al punto in cui era la pazza.
«
Chi era quella donna? Che cosa voleva da te? » Mi chiede e
controlla che stia bene con lo sguardo.
« Nessuno, tu perché mi cercavi? »
Scuoto la testa e cerco di riprendermi velocemente.
« In realtà no, volevo prendere un po' d'aria e
poi ti ho vista parlare con la tizia vestita di bianco, non commento
l'abito che è meglio. Quelle scarpe poi.... che orrore
veramente e mi sono detta: che faccio? La salvo? Aspetto che se ne
vada? Però poi ho capito che avevi bisogno di me e sono
intervenuta. »
« Che bel pensiero, Ashley » Mi strappa un sorriso
con le sue parole. Mi prende poi sottobraccio ed insieme rientriamo nel
grande salone, anche se è l'ultima cosa che vorrei fare al
momento.
Detesto tutto ciò, non mi aspettavo una reazione del genere
da parte di quella donna, se così la posso definire. Sembra
anche più giovane di me. Mi chiedo come Devon possa essere
caduto nella trappola di una come lei. Nonostante la sua freddezza
iniziale, è un uomo molto buono che deve aver sofferto anche
troppo per la sua età. Deve aprire gli occhi su Summer. Deve
capire che non merita per niente le sue attenzioni e che minaccia le
persone per ottenere ciò che vuole. È una persona
meschina e manipolatrice e non voglio averci nulla a che fare.
Riluttante,
rientro nella sala principale accompagnata da Ashley cercando con lo
sguardo Audrey. Voglio andarmene di qui, ne ho abbastanza per stasera.
Mentre setacciamo ogni angolo del salone, noto Summer e Devon in
disparte. Stanno parlando e dai gesti mi sembra che lui non sia
particolarmente contento di vederla. Credo stiano litigando, ma poi
sento qualcuno toccarmi la spalla.
«
Richard mi hai spaventata... » Mi volto nella sua direzione.
«
Sono così orrendo? » Scherza lui ma corruga la
fronte non appena si rende conto che non sto ridendo alla sua battuta.
« Va tutto bene Ella? » Mi solleva il mento con un
dito.
« Sì... sto bene, almeno credo. Mi spieghi cosa ci
fa Summer a questa festa?! » Sbotto all'improvviso, scorgendo
la pazza allontanarsi da Devon.
« E chi lo sa, pensa che stavo per farti la stessa domanda.
» Di bene in meglio.
« Se tu non l'hai invitata e non l'ha fatto di certo
Sebastian... dici che è stato proprio Devon? »
Rifletto mentre li osservo da lontano.
«
Non credo proprio, era sorpreso anche lui di vederla. Neanche voleva
venire alla festa, l'ho convinto io. Puoi ringraziarmi dopo.
» Mi fa l'occhiolino dandomi una spallata. Alzo gli occhi al
cielo.
« Dopo facciamo i conti per la tua bravata Rick. »
« Parli come mia madre! E comunque taci che ci hai pure
ballato e chissà cos'altro avete fatto fuori in terrazza.
» Mi giro verso di lui allibita.
« La smetti di fare lo stalker?! Sei inquietante! »
Non
ci posso credere, Richard passione cupido.
«
Non vi seguo, sono il proprietario, devo supervisionare tutto e tutti.
» Finge un'aria di superiorità.
« Pensa alle tue conquiste che è meglio...
»
« Nessuna conquista, però Audrey è
davvero bellissima stasera. » Mi illumino al suo commento.
« Lo sapevo!! » Lo abbraccio di slancio. Non vedo
l'ora di dirlo alla mia coinquilina.
« Ecco... sapevo ti saresti fatta un film.. »
« Senti chi parla...» Replico scuotendo la testa.
In tutto ciò ho perso di vista sia Summer sia Devon.
« Vado a cercare la tua amata, a dopo! » Ridacchio
e lascio un Richard sospirante in mezzo alla sala per dirigermi nel
bagno delle donne. Forse ci troverò la mia amica.
«
Audrey sei qui? » Apro la porta che da accesso ad un
elegantissimo bagno. Per fortuna è davanti allo specchio che
si sistema il make-up.
«
Ehi Ella! Sembri sconvolta, che cosa è successo? Devo
picchiare Devon? » Ma cosa c'entra!
«
Ti dirò tutto a casa, voglio andarmene adesso, per favore..
» Mi guarda confusa e visibilmente preoccupata. In
più mi sta tornando il giramento di testa. A pensarci era da
un po' che non lo avevo.
«
Va bene, salutiamo gli altri ed andiamo via. » Afferra la sua
pochette e il mio braccio ed usciamo da lì.
Dobbiamo recuperare Ashley e parlare almeno a Sebastian, ma prima
dobbiamo localizzarli in mezzo a tutta questa gente.
Devon's
pov
La
serata non è stata male, anzi, mi sono quasi divertito a far
credere ad Ella che l'avrei fatta cadere giù dal balcone.
Ovviamente non l'avrei mai lasciata andare, ma era piuttosto spaventata
tanto da non farmi continuare lo scherzo a lungo. Evidentemente ha
paura dell'altezza o chissà cosa l'è successo in
passato.
L'ho messa giù, quindi, ma poi c'è stato un
momento di silenzio, nessuno dei due ha avuto il coraggio di spezzare
quell'atmosfera se non il mio cellulare. Ella si allontana subito, come
se si fosse appena scottata, lasciandomi rispondere. Purtroppo devo
farlo perché potrebbe essere l'ospedale e devo essere sempre
reperibile. Mi scuso e torno dentro. Peccato che neanche il tempo di
capire chi fosse, che subito riattaccano. Ma che strano.
Guardo lo schermo del mio iphone ma è come se fosse caduta
la linea, almeno credo. Se è urgente, richiameranno. Faccio
per girarmi, ma una mano mi afferra il braccio.
«
Eccolo il mio marpione preferito! » Un Richard esaltato mi da
una pacca sulla spalla per poi abbracciarmi.
« Rick... Non ti far mandare a quel paese in mezzo a tutta
questa gente, soprattutto dopo la tua ideona del secolo... »
Scoppia a ridere entusiasta e osserva la sala alla ricerca di
chissà che cosa.
«
Dove l'hai lasciata? Devo congratularmi anche con lei. Sai, siete degli
ottimi ballerini vi iscriverei a "Ballando con le stelle!" »
« Non la smetti mai di dire cazzate, uhm? » Sospiro
sconfitto. Con Richard è sempre così, tranne
quando è di malumore.
«
Guarda che sono serio, quel casquè era degno di Broadway.
Quasi volevo applaudire. Anche se sai bene che sono meglio di te come
ballerino, ovviamente. » Su questo non ci sono dubbi, studia
danza da quand'era ragazzo, hip-pop per la precisione.
«
Certamente, oh guarda c'è Audrey. Seduci lei che
è meglio. » Il mio amico si gira e ne approfitto
per sgattaiolare via dalle sue grinfie. Ma il destino mi vuole molto
male e passo dalla rete di Richard a quella di.... Summer. Non ci
credo. Anche lei qui, ma chi l'ha invitata? Se è stato Rick
è la volta buona che lo eviro, ma ne dubito
poiché non la sopporta proprio.
La guardo perplesso nel suo succinto abitino bianco, tutt'altro che
sobrio, che secondo i miei gusti sarebbe troppo anche indosso ad una
modella.
«
Devon, eccoti finalmente. » Cerca di abbracciarmi ma le
prendo le spalle allontanandola.
« Summer cosa ci fai qui? »
« Tu cosa ci fai, scusa?! »
« Mi ha invitato Richard, tu? » Seguono attimi di
silenzio fra noi. Tossicchia e poi mi risponde.
« Sapevo che saresti venuto, quindi sono sopraggiunta per
farti compagnia. Sono o non sono la tua fidanzata? » Alzo un
sopracciglio confuso.
« Non lo sei, quante volte devo ripetertelo? » Le
dico alla fine, esausto.
« Certo perché sei troppo impegnato a ballare con
quella stracciona! » Ecco qual è il problema,
allora. Continua ad inveire su Ella senza aspettare una mia risposta.
«
E credi che non vi abbia visti fuggire fuori in terrazza? Come puoi
preferire una poveraccia a me? » Alza il tono della voce
indicandosi e battendo un tacco sul pavimento freneticamente. Non so
come stia riuscendo a mantenere la calma in questo momento,
francamente.
«
Stai davvero esagerando Summer! Non puoi farmi una scenata ogni volta
che mi vedi parlare con una donna che non sia tu! Devi ficcarti in
testa che non sei la mia f-i-d-a-n-z-a-t-a. Ci abbiamo già
provato ed hai rovinato tutto per la tua immaturità. Devi
contenerti se vuoi mantenere quel minimo di rapporto che abbiamo. Non
fartelo ripetere un'altra volta. » Le faccio il mio discorso
cercando di non alzare ancora di più la voce. Sono a dir
poco esausto di questi suoi atteggiamenti possessivi.
«
E non ti permettere mai più di chiamare Ella come hai fatto,
intesi? » Aggiungo puntandole i miei occhi di ghiaccio
addosso. Non mi va per niente giù che inizi ad insultare le
persone a caso solo perché mi hanno rivolto la parola.
Si ammutolisce e fa qualche passo per allontanarsi e forse per
rimuginare su quanto le ho detto. Con la coda dell'occhio, noto Richard
ed Ella parlottare e lanciare occhiate in questa direzione. Devono
essersi accorti che c'è qualcosa che non va.
La bruna ritorna poi sui suoi passi e mi rivolge uno dei suoi sguardi
da cane bastonato. Lo fa sempre quando la rimprovero.
«
D'accordo ho esagerato, però è anche vero che non
mi cerchi praticamente mai! Lei ti interessa, vero? »
« Non è questo il punto. Il tuo comportamento mi
allontanerà, lo capisci? »
« Non hai risposto alla domanda. T'interessa o no?!
»
« Non m'interessa nessuna. » Annuisce e si zittisce
non sapendo più cosa dire.
Spazientito le volto le spalle e mi dirigo verso l'uscita dell'hotel.
Sono stufo di questa stupida festa, a saperlo non ci sarei venuto
proprio. Resto qualche minuto nella hall cercando di sbollire la rabbia
in un qualche modo senza riuscirci. Sento poi delle voci provenire
dalle scale che portano alla sala da ballo, ma non presto troppa
attenzione, non voglio vedere nessuno al momento, così mi
apposto per evitare di essere riconosciuto.
Il
mio interesse, però, viene catturato da Audrey, Ella e la
loro amica bionda della quale non conosco il nome. Sembrano andare via
di fretta perché Audrey cerca freneticamente qualcosa nella
borsetta mentre l'altra mi copre la visuale su Ella. Che sia successo
qualcosa? Non credo che la festa sia già finita e non credo
neanche che fuggano così, essendo il loro amico
l'organizzatore.
Continuo ad osservare la scena e le due bionde si allontanano con le
chiavi della macchina, presumo, lasciando Ella nella hall che si guarda
intorno come se non capisse dove fosse. Si afferra con le mani le
tempie e questo gesto non mi fa pensare a nulla di positivo. Eppure
stava benissimo poco fa quando l'ho lasciata.
«
Ella... » In un attimo d'impulsività, mi sono
fatto avanti per sorreggerla, avvolgendole un braccio intorno ai
fianchi. Ero convinto che stesse per svenire, perciò mi sono
precipitato ad aiutarla.
«
Guardami. » Le sussurro spostandole un po' la frangia di lato
per constatare che sia lucida e che non le stia venendo qualcosa. Apre
i suoi occhioni azzurri puntandomeli addosso così posso
confermare che le pupille non sono troppo dilatate e la guancia che le
accarezzo non è fredda, è solo un po' pallida ma
credo stia bene nel complesso.
«
Devon... » Si schiarisce la voce prima di continuare.
« Sto bene, non stavo per cadere questa volta, davvero...
» Cerca di accennare un sorriso ma fallisce e mi sembra
stranissimo.
« Sono stupito ma ti credo. Ti gira la testa..? »
« Un po'. » Ammette e scommetto che non l'ha detto
a nessuno, altrimenti le amiche non l'avrebbero lasciata qui da sola.
« Un po' quanto? » Le domando.
« Non preoccuparti, è stato un attimo... Fra poco
sarò a casa e mi riposerò così domani
starò di nuovo bene. » Asserisce convinta, anche
se non me la conta giusta. Spero che le sue analisi siano pronte
presto, anzi, domani stesso chiamerò Angie per chiederle a
che punto sono. Se avesse carenza di ferro o se il cuore non pompasse
abbastanza sangue al cervello, devo saperlo, altrimenti non posso
curarla.
«
Ce la fai ad arrivare alla macchina? » Non mi risponde
subito, anzi, si aggrappa alla mia giacca con una mano. Sto per
sollevarla come ho fatto poco fa in terrazza per prenderla in braccio,
ma oppone resistenza puntando i piedi a terra. Che pazienza che ci
vuole...
«
Ce la faccio, grazie... » Annuisce ma decido di assicurarmi
che ci arrivi per davvero alla sua auto.
« Ti accompagno comunque. » L'avviso e lei mi
guarda accigliata come se pensassi che non sapesse badare a se stessa,
ma non replica, per fortuna.
Quando arriviamo a destinazione, Audrey sgambetta nella nostra
direzione perplessa.
«
Che succede? » Guarda Ella, poi me ed infine incrocia le
braccia al petto in attesa di una spiegazione.
In effetti non mi ero accorto che la stavo ancora tenendo stretta a me
per paura che cadesse lungo il tragitto.
«
Niente, sono solo molto stanca. » Parla Ella per prima, ma
non dice la verità perciò m'intrometto.
«
No, le gira la testa, assicuratevi che si metta a letto e che non si
alzi bruscamente. » Apro la portiera per farla entrare per
poi richiuderla, mentre il suo sguardo non mi abbandona mai. Sembra
accigliata perché ho rivelato il suo stato di salute alla
coinquilina. Ma perché deve sempre essere così
testarda?
«
Audrey, se vi serve qualcosa potete chiamarmi. » Le allungo
il mio numero di cellulare che afferra subito.
« Oh, grazie mille. »
« Non esitare nel caso, va bene? » Annuisce e sale
anche lei in macchina la quale parte dopo poco.
A
questo punto, mi passo una mano tra i capelli cercando la mia Audi
nera, ma una persona mi blocca il passaggio.
«
Meno male che non t'interessava... » Sibila Summer furiosa,
lasciandomi in mezzo al parcheggio nel silenzio più totale.
Angolo
autrice:
Salve a tutti e buon pomeriggio!
Come promesso eccovi il nuovo capitolo dopo le feste natalizie ( non mi
ero dimenticata della storia eh ), ovvero la seconda parte della festa.
Ci eravamo lasciati con una figura misteriosa che voleva parlare con
Ella e ovviamente non poteva non trattarsi di Summer.
Lo avevate capito? Ve lo aspettavate? Come continuerà la
storia secondo voi? Fatemelo sapere con una recensione!
Da oggi pubblicherò ogni mercoledì, salvo
imprevisti, quindi alla settimana prossima.
Kisses.
Ps: personalmente ho amato Richard, è davvero un grande!
|
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Capitolo 22 *** Capitolo 20 ***
Ella's
pov
La
serata è stata a dir poco un dramma. Prima Summer che mi
minaccia di stare lontana dal suo uomo, poi il mio giramento di testa e
ciò che n'è conseguito. Mi sono dovuta subire la
ramanzina di Audrey mentre tornavamo a casa dalla festa. Ha iniziato il
suo monologo sul: "Perché non me l'hai detto, potevi svenire
o peggio cadere e farti male. Meno male che c'era Devon. E bla bla bla.
"
Sinceramente, hanno esagerato tutti ed in primis Devon. Capisco che sia
un medico e che agisca anche per deformazione professionale alle volte,
ma ha spaventato la mia coinquilina a tal punto che Ashley ha deciso di
non andare a lezione e restare con me in casa. Non sono malata,
dannazione!
Mi ha preso la stanchezza ed il nervosismo per la sfuriata di Summer,
cosa che loro ancora non sanno, altrimenti avrebbero capito ed,
infatti, devo confessarglielo il prima possibile.
-------------------
Mi
sveglio molto presto la mattina seguente, circa alle otto, e mi sento
ancora peggio di ieri ma non fisicamente parlando. Non faccio altro che
ripensare alle parole di quella ragazza, anzi, bambina per come si
è comportata e non ne capisco il senso. Se ha
così paura di perdere Devon che se lo tenesse stretto invece
di andarsene in giro a minacciare mezzo mondo. È
così difficile comportarsi da persona normale?
Sembra molto viziata, come se temesse che le stessi rubando il
giocattolino e quindi si è sentita in dovere di reclamarlo.
Peccato che invece, si tratti di un uomo con dei sentimenti ed un cuore
già ferito. Sono quasi certa che sia stata una donna a farlo
chiudere in se stesso in questo modo e adesso sfugge a tutte coloro che
cercano di legarsi a lui in qualità di amanti.
Accendo
il cellulare posto sul comodino e mi arrivano una miriade di messaggi
risalenti quasi tutti a ieri sera, quando ormai ero già a
letto. Ce ne sono un paio di Richard che mi chiede che fine abbiamo
fatto, qualcuno di Sebastian che ci ringrazia per aver partecipato alla
cerimonia ed infine uno di Devon di pochi minuti fa nel quale mi chiede
come sto. È davvero così preoccupato per me? O sa
qualcosa che io non so sulle analisi che ho fatto? Per saperne di
più, cerco il suo numero in rubrica e lo chiamo in un attimo
d'impulsività.
«
Ehi, buongiorno...» Mi risponde dopo pochi squilli lui.
« Ciao Devon. Ti disturbo? »
« No, stai bene? » Alzo gli occhi al cielo.
« Sì, meglio. Ehm... grazie per ieri sera anche se
hai spaventato tantissimo Audrey...»
« Mi dispiace averlo fatto, ma tu hai allarmato me. Pensavo
mi stessi svenendo tra le braccia.» Sospira dall'altro capo
del telefono. Mi dispiace aver creato così tanti disagi. Se
solo sapesse di Summer...
«
Ti riesce bene salvare le persone. » Tranne se stesso,
però.
« Modestamente è il mio lavoro. Ora devo andare,
ma se hai bisogno di qualsiasi qualcosa, sono a tua disposizione.
» Oh, wow.
« Me ne ricorderò. » Attacco la chiamata
e fisso lo schermo del cellulare per qualche secondo. Sono
piacevolmente stupida.
Sto per alzarmi dal letto, quando Ashley fa la sua comparsa in camera
mia.
«
Ella sei già sveglia? Come ti senti? » Si avvicina
e si accomoda accanto a me. Indossa uno dei pigiami di Audrey e per
stare più comoda, ha raccolto i capelli in due crocchie
alte.
«
Sto molto meglio, grazie. » Le sorrido e faccio per scendere
dal letto ma mi blocca subito.
« Devon ha detto che devi alzarti con calma. Comunque non mi
avevi detto di aver fatto colpo sul dottore sexy! Sei una grande.
» Mi fa l'occhiolino mentre alzo nuovamente gli occhi al
cielo. Mi sa che lo farò spesso oggi.
«
Mi ha solo soccorsa... facciamo colazione ora? »
«
Sei affamata eh? Comunque voglio sapere di più su questo
medico. » Mi sorride ammiccante provocando un mio sbuffo di
conseguenza.
----------------------------
«
Davvero gli sei inciampata addosso? No, vabbè se non me lo
stessi raccontando tu, non ci crederei! Sembra la trama di un film.
» Commenta Ashley alla fine della mia storia e di come ho
incontrato Devon.
«
Anche Audrey l'ha detto. Però è andata proprio
così, poi me lo sono ritrovato nello studio medico, ti
lascio immaginare. » Ridacchia divertita.
«
Sì, sì sto proprio vedendo la scena nella mia
testa. » Scuote la testa passandomi il caffè che
verso nel latte.
Mentre mi racconta dei suoi progressi in ambito artistico mi estraneo
totalmente pensando alla serata di ieri, al ballo con Devon e a quel
momento fuori la terrazza. Non credevo avesse anche un lato giocoso o
comunque non pensavo lo mostrasse in giro. Si è dimostrato
capace di comportarsi anche diversamente da come l'ho sempre visto,
ovvero serioso e intimidatorio. Anzi, conoscendolo un po' meglio, ho
capito che in fondo è una persona di buon cuore sempre
pronto ad aiutare gli altri come ha fatto con me. È vero,
c'è stato un attimo in cui ho creduto di stare per svenire,
ma neanche il tempo di rendermene conto, che lui era già di
fianco a me. Non so da dove sia apparso, credevo stesse con Summer a
discutere da qualche parte, ed invece era lì al momento
giusto come sempre. Immersa nei miei pensieri, vengo riportata
brutalmente alla realtà dalla voce squillante della mia
amica che richiama la mia attenzione.
«
Ella mi stai ascoltando? » Le sorrido imbarazzata annuendo.
«
Certamente. Quindi sei riuscita a far funzionare la tavoletta
grafica..? » Sbuffa e alza gli occhi al cielo come se le
avessi appena detto un'ovvietà.
«
Non mi stavi ascoltando... Ovvio che l'ho fatta funzionare ma ti stavo
parlando di come sia riuscita a migliorare i miei modelli aggiungendo
il colore in modo graduale...» Ah già, devo
essermi distratta pensando alla serata e a Devon. Ci sto riflettendo
troppo, però...
«
Ah sì, certo. Ho capito. E secondo te oggi abbiamo tanto
sbagliato a non andare a lezione..? » Mi fa un cenno con la
mano come per dirmi: "Rilassati che vuoi che sia" ed in effetti dovrei
proprio farlo ogni tanto, soprattutto dopo la scenata di quella pazza.
Ci sono rimasta veramente troppo male per come mi ha trattata e non si
deve più permettere, altrimenti sfodero davvero gli artigli.
«
Ma no Ella, e poi stai male, mica l'abbiamo fatto di proposito.
» Mi rassicura la stilista sorridendomi allegra. Questa
giornata di pausa dallo studio deve averle fatto più che
bene.
Passiamo praticamente tutta la mattinata e gran parte del pomeriggio
insieme tenendoci occupate nelle maniere più creative
possibili. Abbiamo cucinato dolci, sono un asso in questo, abbiamo
guardato dei documentari su degli strani animali, ci siamo fatte anche
i popcorn dolci con la nutella e non poteva mancare la lotta con i
cuscini del divano perché Ashley "non stava comoda in
nessuna posizione", per citarla.
All'incirca
le sei e trenta, il rumore delle chiavi nella serratura ci preannuncia
l'entrata di Audrey tutt'altro che silenziosa. Entra come una saetta
nell'appartamento dirigendosi dritta nella nostra direzione. Per un
istante ho temuto che volesse ucciderci.
«
Ella! Non abbiamo fatto altro che parlare di te oggi al lavoro! Sono
letteralmente shockata!» Ashley ed io ci scambiamo sguardi
confusi, non capendo esattamente a cosa si riferisca. Neanche il tempo
di chiedere che la modella mi getta una rivista tra le mani. L'immagine
che mi si presenta davanti mi fa sgranare gli occhi dallo stupore. Oh
mio dio.
Guardo Audrey e poi leggo la didascalia accanto alla foto sul giornale.
"Ed
è proprio all'after party di una prima teatrale che il conte
inglese ricompare ad un evento mondano dopo essersi trasferito negli
Stati Uniti. Se credevate che non si sarebbe fatto più vivo,
vi sbagliavate di grosso. Che abbia una nuova fiamma? Chi è
la misteriosa fanciulla in rosso con la quale è stato
immortalato? Si prevedono grandi cose per il conte Reinfield.
"
Affianco
c'è una foto della festa di ieri che ritrae Devon che mi
tiene in braccio sulla terrazza, quando voleva farmi cadere di sotto.
Ma che diavolo... Mille domande mi assalgono. Devon è un
conte inglese? Che ci fa a New York allora? Perché non me
l'ha detto prima? Oh no... se Summer ha visto quest'articolo? In tal
caso avremo davvero uno scandalo!
«
Ragazze... non sapevo che Devon... insomma fosse... un nobile. Non
l'aveva neanche accennato..»
«
Direi che ti ha omesso una cosa molto importante... »
Commenta la mia coinquilina. Le guardo ancora sconvolta. È
una notizia bomba questa. Devo assolutamente parlare con lui prima che
lo venga a sapere da quella pazza della sua... non so neanche come
definirla!
«
Devo chiamarlo. » Mi alzo dal divano lasciando ad una
sconvolta Ashley la rivista scandalistica, afferrando poi il cellulare
in cucina. Pochi squilli dopo mi risponde.
«
Due chiamate in una giornata. Va tutto bene?» In effetti,
può suonare strano.
« Sì, sei al lavoro? Dobbiamo parlare... da
vicino. »
« Sì, ma fra poco stacco. Che cosa è
successo? »
« Ti dirò tutto dopo, dove vogliamo vederci?
»
« Meglio se resti a casa, vengo io da te. A dopo.»
Riattacchiamo ed io corro dalle mie amiche.
«
Sta venendo qui. » Entrambe si guardano e poi guardano me.
« Tu vai a cambiarti noi faremo in modo di sparire il
più presto possibile! » Dice Ashley balzando dal
divano. Wow che agilità!
Annuisco e mi cambio velocemente dopo essermi fatta una doccia
rigenerante.
«
Noi torniamo stasera, andiamo a mangiare sushi! » Batte le
mani felice Ashley all'affermazione di Audrey.
«
Divertitevi... vi aggiorno dopo. » Sorrido ad entrambe.
Oggi sarà la giornata delle rivelazioni perché ho
intenzione anche di dire loro cosa è successo con Summer
ieri sera. Annuiscono e in un battibaleno spariscono dall'appartamento
che ora sembra molto più triste e... in disordine! Faccio
del mio meglio per sistemarlo il più in fretta possibile ma
il suono del campanello mi impedisce di continuare.
«
Ed eccomi qui. » Mi sorride Devon apparentemente ignaro di
tutto. Davvero non sa ancora nulla? Strano.
«
Eccoti qui. Scusami se ti ho fatto preoccupare o altro, ma ti devo
parlare di una cosa.» Gli faccio cenno di
accomodarsi sul divano che ho dovuto ripulire dalle piume, afferrando
la rivista di Audrey.
«
Certo, dimmi pure...» Ha uno sguardo perplesso, come
biasimarlo.
Gli mostro quindi la pagina incriminante porgendogli il giornale. Egli
la guarda, con distacco, aggrotta la fronte e scuote la testa. Non
sembra sorpreso...
Picchietto un'unghia sul ginocchio in attesa che mi dia una spiegazione
che tarda però ad arrivare.
«
Così sei un conte... Sai, ti eri dimenticato di dirmelo.
» Lo guardo negli occhi cercando di capire a cosa stia
pensando quel suo cervello contorto, ma niente. Sembra rassegnato.
«
Non mi ero dimenticato. Non è una cosa rilevante.
» Mi guarda come se mi avesse appena detto di aver comprato
un gattino. Una totale nonchalance che mi spiazza completamente ogni
volta.
«
Beh lo è diventata da quando siamo sui giornali, non credi?
» Perché sorride? Qua c'è da
disperarsi!
«
Non vedo il problema, sono solito essere preso di mira dai giornaletti
scandalistici sia americani sia europei. È tutto nella
norma. » E certo, è tutto normale. Incrocio le
braccia nervosa.
«
Bene, mi hai fatta diventare un bersaglio di questi
scandali....»
« Ci sei diventata da sola cadendomi addosso, veramente.
» Puntualizza.
« Ancora con questa storia? Non posso scegliere su chi cadere
e potevi non prendermi.»
« Così poi ti schiantavi con la faccia
sull'asfalto? » Si avvicina di poco sorridendomi beffardo.
« Almeno non rischiavo di essere presa di mira dalla Mafia
Russa! » Scoppia a ridere alle mie parole mentre sono sempre
più allibita dal suo atteggiamento noncurante.
«
Ti stai confondendo con qualcun'altro, evidentemente. Al massimo
possiamo finire sui giornali. » Fa spallucce.
« Pensa se fossi caduta su un principe...»
« Sono solo un conte che vuoi farci...» Vorrei
lanciargli un'occhiataccia per la sua affermazione ma mi viene troppo
da ridere quindi non lo faccio e mi limito a sorridere.
Chissà quante cose ancora dovrò scoprire sul suo
conto, sempre se ci riuscirò mai, ma almeno posso provarci.
Magari la fatica sarà presto ricompensata.
Devon's
pov
La
serata di ieri non si era conclusa nel migliore dei modi, anzi. Summer
ha trovato l'ennesimo modo per farmi alterare con le sue azioni. Le sue
scenate diventano ogni giorno sempre più plateali e inutili
che quasi mi maledico per averle dato una chance. La devo smettere sul
serio. Ho provato comunque a rintracciarla stamattina, volevo almeno
parlarle di quello che ha visto, ma non mi ha mai risposto. Poi si
lamenta anche che non la cerco mai.
Stufo di rincorrerla, decido di uscire per fare colazione, anche se ho
il turno pomeridiano in ospedale. Quando sono nervoso, mi fa bene fare
due passi, mi libera la mente. Lungo il tragitto ricevo una chiamata di
Ella. Inizialmente mi viene il dubbio che stia male, ma poi mi
ringrazia solamente per quanto successo in hotel. Non deve,
è il mio lavoro. Le raccomando di chiamarmi nuovamente se
dovesse avere bisogno e ne approfitto per fare uno squillo anche ad
Angie, la mia analista migliore.
«
Buongiorno Angie, sei in laboratorio? »
« Salve dottore, sì cosa le serve? »
« Puoi controllare se le analisi di Ella Davis sono pronte?
»
« Mi dia un secondo. » Susseguono attimi di
silenzio.
« Eccomi, manca ancora qualcosa sono parecchie analisi...
» Mi risponde alla fine.
« Puoi accelerare il tutto? Mi servono al più
presto. »
« Farò del mio meglio dottore. » La
ringrazio fugacemente ed attacco.
Vorrei tanto capire quale sia la causa dei suoi improvvisi mancamenti
sperando che non sia qualcosa di troppo grave.
-------------------------------------
Il
pomeriggio in ospedale passa piuttosto velocemente grazie ai miei
studenti e ai miei pazienti che mi tengono impegnato tutto il tempo
nonostante spesso mi facciano uscire fuori di testa.
«
Roxanne, quante volte ti ho detto che non mi devi stare dietro ma
affianco? Se ti becchi una gomitata poi non ti lamentare... »
Mi rivolgo ad una delle mie studentesse migliori, anche se un po'
troppo....appiccicosa, diciamo.
«
Mi scusi dottore, domani potrò assisterla in sala
operatoria? » Mi chiede supplichevole sbattendo le ciglia.
Sbuffo ma alla fine annuisco.
«
Va bene, ma devi guadagnartela. »
« Sì! Grazie! » Esulta contenta lei.
Mi suona nuovamente il cellulare personale. Ella, ancora. Mi allontano
per poter parlare ma Roxanne mi segue passo passo, così le
intimo con lo sguardo di non braccarmi.
«
Era la sua fidanzata? » Mi chiede quando termino la chiamata.
« No, certo che no. » Ma che domande sono?
« Ah.. quindi non è impegnato! » Sorride
vittoriosa. Si rende conto solo dopo che ha parlato ad alta voce,
così si zittisce subito e abbassa lo sguardo. Che
pazienza...
Devo
ammettere che la seconda chiamata di Ella mi ha preoccupato e
soprattutto il suo volermi parlare da vicino. Quindi, dopo essere
riuscito a scrollarmi Roxanne di dosso, sono andato dritto da lei. Mi
accoglie tranquilla e dal suo sguardo capisco che sta meglio,
sicuramente si è ripresa rispetto a ieri sera. È
la prima volta che vado a casa sua ed è davvero molto
graziosa. È piccola ma confortevole se la paragoniamo a casa
mia che è enorme e piuttosto fredda. L'appartamento di Ella,
invece, è accogliente e caldo e devo dire che mi piace
molto.
Parliamo della questione del giornale e del fatto che ho erroneamente
evitato di dirle che sono un conte. Beh che posso farci? Non mi
è mai piaciuto appartenere ad una famiglia nobile. Troppe
frivolezze e poca sostanza.
Perciò me ne sono subito distaccato dedicandomi alla
medicina, anche se ogni tanto il dovere mi richiama a Londra. Non
capisco, comunque, perché Ella se la stia prendendo tanto.
Anche se, in effetti, è finita sulla rivista per colpa
mia...
«
Non mi sono mai interessati i principi. » Ammette tutto ad un
tratto cogliendomi alla sprovvista. E questo che vorrebbe dire?
«
Interessano a tutte le donne prima o poi... » Mi guarda torva
ma poi scuote la testa e lascia perdere il discorso.
«
Che sbadata, vuoi qualcosa da bere? » Esordisce e faccio di
no con la testa ma ella si sta già appropinquando in cucina.
La blocco afferrandole un braccio.
«
Provengo da una famiglia dell'alta borghesia londinese. I miei genitori
possiedono la contea di Langley e hanno sempre desiderato che portassi
avanti quest'incarico. Mi sono però interessato, fin da
piccolo, alla medicina evitando di bighellonare al country club in
cerca di una nobildonna da sposare come voleva, anzi, vuole mia madre.
Ma sono riuscito nel mio obiettivo ed eccomi a New York. »
Alzo lo sguardo puntandolo nel suo per coglierne ogni minima
espressione.
Sembra sorpresa, ma non so se sia per la storia della mia vita o
perché gliel'abbia raccontata. Corrugo la fronte in attesa
di una sua reazione mentre con i ricordi vago indietro nel passato,
alla mia adolescenza e a come sono andate le cose. È
incredibile come la vita ed il destino siano così
imprevedibili.
«
Quindi questo significa che finirò di nuovo sui giornali..?
» Corruga la fronte abbassando poi lo sguardo sulla mia mano.
Le sto ancora bloccando il braccio così mi affretto a
liberarla dalla mia presa.
«
Spero di no, ma non posso escluderlo. » Faccio spallucce e mi
alzo dal divano. Non credo che la mia presenza sia più
necessaria qui.
«
Ehi dove pensi di andare? » Mi punta un dito contro fingendo
un'espressione seria ma il sorriso la tradisce.
«
A casa...? »
« Questo significa che non resti a cena? Ed io che volevo la
pizza... » Mi fa gli occhioni ma tanto mi aveva
già convinto nominando il mio piatto preferito.
«
Solo perché stai insistendo, sia chiaro. » Scuoto
la testa fingendo che stia compiendo un enorme sacrificio ma in
realtà mi fa piacere e me ne stupisco da solo.
«
Bene! Chiamiamo questa pizza, allora! »
Angolo
autrice:
Ed
eccoci qui con il capitolo del mercoledì!
Che cosa ne pensate? Ella ha scoperto qualcosa sul misterioso Devon. Eh
sì, è un nobile! Ve lo aspettavate o siete
sorpresi quanto la nostra protagonista? Cosa succederà a
"cena " ? Per saperlo, appuntamento alla prossima settimana.
Kisses.
|
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Capitolo 23 *** Capitolo 21 ***
Ella's
pov
«
Bene! Chiamiamo questa pizza, allora! » Esclamo con
più entusiasmo del previsto. Dovrei seriamente cercare di
contenermi di più, certe volte, eppure mi fa fin troppo
piacere che abbia accettato l'invito. Cosa vuoi che sia una pizza?
Nulla di estremamente impegnativo.
-----------------------------------
«
Quindi le mie analisi saranno pronte fra qualche giorno? »
« Sì, entro questa settimana le avremo.
»
« Almeno capiremo se sto per morire o no. »
« La solita esagerata! Se stessi morendo, ora non saresti qui
a mangiarti comodamente la pizza. » Sorrido alle sue parole,
in un certo senso mi tranquillizzano.
Siamo
in cucina, uno di fronte all'altro, con i cartoni di pizza margherita
che abbiamo ordinato al take away non troppo distante da casa mia. Da
quanto tempo non ne gustavo una...
«
Comunque la so fare anche io. » Esordisce Devon ad un tratto
indicando il suo trancio.
«
Davvero? Non ci credo. » Gli rido quasi in faccia. Non ce lo
vedo come pizzaiolo.
«
Non mi credi? Non sai che ti perdi allora.»
« E che altro sai fare? » Domando interessata
puntellando i gomiti sul tavolo.
« Le lasagne. »
« Sei un cuoco provetto! »
« Nhaa so cucinare solo le pietanze utili alla
sopravvivenza.» Mi fa l'occhiolino lui.
« Quindi la pizza e la lasagna sono fondamentali nella tua
dieta? »
« Mai fatta una dieta in vita mia. » Sbuffo alzando
leggermente gli occhi al cielo per poi iniziare a sparecchiare. Devon
mi segue a ruota per darmi una mano.
«
Faccio io, non preoccuparti. »
« Non vorrei che svenissi mentre lavi i piatti o che
inciampassi nei tuoi stessi piedi. » Gli lancio
un'occhiataccia, so badare benissimo a me stessa e lo faccio da tanto
tempo ormai.
«
Che pensieri dolci, ma bado a me stessa da quando ero una ragazzina e
me la sono sempre cavata... » Mi guarda perplesso come se si
aspettasse una spiegazione più completa. Decido di
confidarmi, magari poi farà lo stesso dopo di me.
«
Mia madre è morta molto tempo fa quindi ho sempre fatto
tutto da sola. » Mi mordo il labbro ripensando alla scena del
suo abbandono. Forse era meglio se non avessi detto nulla
perché ora il senso di colpa torna ad opprimermi, anche se
ho imparato che non ho nulla a che fare con quello che le è
successo. Sarebbe accaduto comunque, alla fine.
«
Mi dispiace molto... » Si limita a dire guardandomi con la
sua espressione malinconica che lo contraddistingue. Sono sicura che,
oltre le apparenze, siamo più simili di quanto crediamo
nonostante proveniamo da due mondi completamente diversi.
«
Non è colpa tua, non dispiacerti... » Gli prendo
delicatamente il cartone dalle mani per gettarlo nella pattumiera.
Punta il suo sguardo di ghiaccio altrove mentre gli do le spalle per
lavarmi le mani nel lavabo della cucina. Chissà a cosa sta
pensando in questo momento. Probabilmente che sono una povera ragazza
sola e abbandonata in cerca di affetto che lui non può
darmi. Peccato che non sia così.
«
Lo so, ma posso immaginare cosa tu abbia dovuto passare. » Mi
rivolge nuovamente lo sguardo e la parola appoggiandosi allo stipite.
Non credo che possa immaginare, invece, ma non mi va di continuare
questo discorso.
Annuisco e lo raggiungo davanti alla porta cambiando argomento.
«
Non intristiamoci con questi discorsi. » Sventolo una mano
per indurlo a parlarmi d'altro e magari spostare l'attenzione su di
lui. Sono stufa di parlare delle mie tragedie passate.
«
Ma allora è per questo che sai ballare! » Scatto
all'improvviso come colta da un'illuminazione divina.
«
Per via dell'etichetta? Guarda che non tutti i nobili sanno ballare
alla perfezione come me. »
«
Perfezione adesso... diciamo che conosci i passi base, ecco.
» Lo derido affettuosamente.
«
Prendi in giro pure quanto vuoi, rimane comunque che sono meglio di te.
»
« Non è vero. Però sarai stato
sicuramente in molte sale da ballo, tipo quelle dei film. »
« Non proprio. A Londra i miei hanno una villa con una sala
da ballo ma negli incontri si danza molto meno di quanto pensi. Vedessi
l'ipocrisia che c'è, ti stancheresti anche tu dopo poco.
» Commenta portandosi le braccia al petto.
«
Ma ci andrei per ballare. Dev'essere bello... »
« Allora vorrà dire che un giorno ti ci potrei
portare. »
« Davvero?? Sarebbe fantastico! » Sorrido come una
bambina che ha ricevuto il regalo più bello nel giorno di
Natale.
Devon, dal canto suo, annuisce convinto del suo invito. Che ci creda o
no, non sono mai uscita al di fuori degli Stati Uniti.
Chissà quanto deve aver viaggiato rispetto a me, invece.
«
Promesso. »
Fa
un cenno affermstivo con la testa. Sta per aggiungere altro quando gli
squilla il cellulare. Inizio davvero ad odiarlo quest'aggeggio
malefico. Sospiro guardandolo dal basso. Si scusa e si allontana per
rispondere. Decido di lasciargli la dovuta privacy e me ne resto in
cucina mentre l'osservo passeggiare per il salotto. Ho l'impressione
che stia alzando la voce con qualcuno, ma non ne sono sicura. Vorrei
tanto sapere con chi sta parlando! Mi avvicino alla porta per
ascoltare, ma Devon si sposta verso la finestra affacciandosi
così da non permettermi più di origliare. Ho
fatto solo in tempo a sentirgli pronunciare il nome di Summer. Quella
pazza, trova sempre il modo di intromettersi anche quando non
è presente fisicamente! Che nervi.
Faccio avanti ed indietro per la cucina in attesa che finisca la
chiamata. Non ci posso credere, è peggio di una zecca quella
donna. È così difficile da capire che vuole
essere lasciato in pace? Chissà cosa si sono detti alla
festa di Sebastian alla fine. Potrei chiederglielo, ma non credo che si
sbottonerebbe così facilmente, anzi. Attendo pazientemente
finché non sento un "Mi hai stancato, non mi richiamare" da
parte di Devon. Ahia, ci è andato giù pesante.
Temporeggio qualche minuto prima di irrompere nel salotto.
«
Va tutto bene? » Mi avvicino cautamente appoggiandomi al
bracciolo del divano. Mi da le spalle e non da segni di vita.
«
Sembri arrabbiato. È così, vero? »
Continua a non rispondermi. Tutto ad un tratto si volta nella mia
direzione.
«
Sì, abbastanza. » Serra le mani a pugno inspirando
forte. Non so cosa si siano detti, ma per il suo bene, dovrebbe
smetterla di correrle dietro o comunque darle corda.
«
Vuoi dirmi perché? Posso provare ad aiutarti.»
« Perché la gente pretende troppo da
me...» Sospira rassegnato.
« Fammi indovinare. Non ti vuoi impegnare sentimentalmente a
differenza di Summer, giusto? » Mi sbilancio. So che si sta
domandando come faccia a saperlo, ma non posso dirgli ciò
che è successo alla festa con la sua "ragazza" quindi spero
non faccia troppe domande.
«
Hai indovinato. » Mi guarda serio e il suo sguardo di
ghiaccio torna a raggelare l'intera stanza. Fa quasi paura quando fa
così ma non devo cedere questa volta. Continuo a sostenere
il contatto visivo.
«
Forse le dai un'immagine sbagliata. La illudi in un certo senso.
» Con questo sto praticamente segnando la mia condanna a
morte, me lo sento.
«
La illudo dicendole che non sono emotivamente disponibile, secondo te?!
» Alza la voce, non è stata una grande idea far
valere le mie opinioni ora che è adirato.
«
Ho detto forse. Questo lo dici prima o dopo l'inevitabile? »
E con questo mi riferisco a se se le porta a letto a priori o faccia
capire loro che non ha intenzione di continuare la relazione.
«
Subito dopo essermi presentato. » Devon fa qualche passo
più nervoso di prima. Avrei dovuto tacere fin dall'inizio.
«
Non dovresti andarci a letto, immagino. Le donne s'illudono in fretta.
»
« Se basta questo per farle illudere, stanno messe veramente
male. » Aggrotto le sopracciglia. Ho l'impressione che il
discorso non finirà molto bene.
«
Allora Summer non deve aver capito l'antifona se si comporta
così. » Da pazza maniaca stalker, insomma.
«
Sono stato chiaro con lei, mi risparmiasse le gelosie. »
Commenta Devon dal canto suo, e ci credo che l'abbia fatto,
però anche se è matta dev'esserci un motivo se
insiste tanto.
«
Le hai esplicitamente detto che avresti fatto sesso con lei solo per
divertimento?»
«Mi conosceva da cinque minuti. Di certo non le stavo per
fare la proposta di matrimonio. » E su questo ha ragione, in
effetti, ma continuo a credere che ci sia qualcosa che non quadra.
Può Summer essersi fatta un film mentale così
grande? O Devon non mi sta dicendo tutto? Direi che non sono per niente
fatti miei, ma comunque....
«
Per oggi ho fatto il pieno di giudizi, meglio che me ne vada.
»
« Ehi, non ti stavo giudicando, non mi permetterei mai.
» Sapevo che sarebbe successo. Mi alzo per bloccargli il
passaggio. Non mi piace lasciare questioni in sospeso, non è
da me.
«
A me sembrava proprio così, invece. » Si ferma ad
un palmo dal mio naso, anche perché l'ho bloccato tra il
divano e il tavolino e non potrebbe oltrepassarmi comunque.
«
Ti sbagli, come ti sei sbagliato su Summer, può succedere
anche ai migliori. » E con questo penso proprio di aver
colpito nel segno.
«
Forse, o sono le persone a rivelarsi dopo per quello che sono.
» Abbasso lo sguardo sul pavimento per qualche secondo. Non
so per quale motivo, ma mi sento coinvolta. Non so cosa rispondere a
questa frase e devo ammettere che mi capita spesso con Devon di non
riuscire ad uscirne. In qualche modo riesce sempre a rigirare il
discorso a suo favore e questo mi mette in difficoltà.
Vengo salvata in calcio d'angolo dalla porta d'ingresso che si
spalanca. Sento Audrey ed Ashley parlottare un "dovevi bussare, se
avessimo interrotto qualcosa?!" E altre frasi del genere. Mi volto
nella loro direzione lasciando libero il passaggio per Devon.
«
Ehm... Buonasera Devon! Scusaci per l'intrusione» Parla
Audrey per prima e poi Ashley si presenta al dottore dato che ieri non
ne hanno avuto il tempo.
«
Nessun problema, stavo andando via. » Si affretta a
rispondere lanciandomi una strana occhiata.
«
Alla prossima! » Adesso è Ashley a parlare
facendogli un cenno di congedo insieme alla mia coinquilina. Mi faccio
avanti per chiudere almeno la porta salutandolo a malapena. Non finisce
qui.
Devon's
pov
La
serata stava proseguendo nel migliore dei modi fino a quando non ricevo
una chiamata da Summer. Sicuramente avrà visto che ho
cercato di contattarla più volte stamattina senza ricevere
una risposta. Volevo chiarire la situazione che si era creata alla
festa, ma so che con lei non si può ragionare e me l'ha
dimostrato tantissime volte, ormai. A malincuore, mi allontano per
rispondere cercando di raggiungere un angolo più appartato
scegliendo la finestra. La apro e mi ci appoggio con le braccia.
«
Pronto? »
« Devon, come stai..? »
« Hai una domanda di riserva? »
« Sì... Possiamo parlare? »
« Meglio se evitiamo. »
« Evitiamo sempre, parliamone ti prego. »
« Volevo parlartene stamattina ma non hai voluto ed adesso
non voglio io! » Ora non ne ho voglia e non è ne
momento ne luogo anche se non può saperlo.
«
Sono troppo gelosa, non mi dovresti neanche ascoltare quando inizio a
dire sciocchezze, ti prego..»
« Non pregarmi, ti ho detto che non devi essere gelosa
perché noi non abbiamo una relazione e tu continui ad
opprimermi con le tue motivazioni assurde.»
« Assurde? Tu mi hai detto che non ti interessa nessuna e poi
di vedo abbracciato a quella... a quella ragazza. Come se non bastasse,
siete anche sui giornali! » Sapevo che me l'avrebbe
rinfacciato prima o poi. E' molto prevedibile.
«
Sai come funzionano i giornali, Summer. Devono sparlare di qualcosa e
si inventano di tutto pur di vendere e fare scalpore. »
« Sì, ma capisci cosa vuol dire questo?! Tutti
parleranno di voi e crederanno che stiate insieme ma non è
vero! »
« Mio dio... non voglio litigare per questa stronzata.
» Adesso inizio davvero ad arrabbiarmi, ha questa capacita di
spostarmi tutto il sistema nervoso in un attimo.
«
Devon è grave! Mio dio, se penso a te con quella...
»
« Mi hai stancato, non mi richiamare. » Ed attacco
prima che possa aggiungere altro. Sempre la solita storia che si
ripete. Forse ha ragione Richard, dovremmo diventare gay
così i nostri problemi si risolverebbero. Mi farò
lobotomizzare se necessario, ma col cavolo che andrò
più con una donna se questi sono i risultati. È
così difficile capire che non voglio legarmi a nessuno?!
L'amicizia dev'essere passata di moda, evidentemente. Cerco di sbollire
il più possibile prima di tornare in cucina ma Ella fa la
sua comparsa prima del previsto ed il suo discorso non fa altro che
aumentare la mia rabbia per la situazione. Non mi va di essere
giudicato anche da lei che mi conosce appena, tra l'altro. Potrei
accettare un discorso del genere da Richard eppure, conoscendomi, lo
manderei a quel paese ugualmente. Faccio per andarmene ma Ella mi
blocca il passaggio. Sì, mi sono sbagliato su Summer
così come potrei sbagliarmi su di lei o su chiunque altro.
Nessuno è perfetto tantomeno il sottoscritto.
Le sue amiche, per fortuna, ci salvano da una situazione piuttosto
spiacevole e non posso fare altro che ringraziarle mentalmente per il
loro intervento. Litigare anche con Ella non mi andava proprio. Tolgo
quindi il disturbo lanciando un'ultima occhiata alla padrona di casa.
Non sono arrabbiato con lei, anche se ai suoi occhi dev'essere sembrato
così. Semplicemente vorrei essere lasciato in pace per un
po'. Quasi quasi accetto l'invito di mia madre di tornare a Londra e
partecipare alla sua stupida festa. Mi farebbe bene riabbracciare mia
sorella dopo tanto tempo che non ci vediamo di persona, mi manca la sua
esuberanza. Siamo così diversi noi due. Clarissa
è sempre allegra ed entusiasta mentre io sono sempre stato
più cupo e riservato anche se sono peggiorato tantissimo nel
tempo. All'epoca mi piaceva essere circondato da gente nuova e
soprattutto dalle giovani donne, ovviamente. Sono e saranno sempre la
mia rovina.
Ella's
pov
Guardo
le due bionde immobili sulla soglia, manco avessero visto un fantasma.
Faccio loro cenno di farsi avanti ed accomodarsi sul divano seguendole.
È giunto il momento che sappiano la verità
perché ho bisogno dei loro consigli.
«
Abbiamo interrotto qualcosa..? » Chiede Audrey sedendosi sul
divanetto mentre Ashley prende posto sulla poltroncina.
«
No, ma figurati. Devo parlarvi di una cosa che è successa
ieri alla festa..» Strabuzzano entrambe gli occhi sorprese ed
in attesa della mia confessione.
«
Dicci tutto! » Esclamano all'unisono.
«
Bene, ieri, quando Ashley è venuta da me in terrazza e mi ha
vista parlare con quella ragazza, Summer... beh in realtà mi
stava minacciando. » Le guardo e posso percepire il loro
stupore. Non se lo aspettavano.
«
Sapevo che c'era qualcosa che non andava! » Puntualizza
Ashley mentre faccio spallucce.
«
Sì, mi ha intimato di stare alla larga da Devon. Credo che
abbia qualche rotella fuori posto perché Devon, appunto, le
ha detto più volte che non stanno insieme ma lei
insiste...» Audrey è così shockata che
è rimasta senza parole, inusuale per lei.
«
E tu cosa le hai risposto? » Mi chiede la stilista curiosa.
«
Che deve lasciarmi fuori da questa storia e poi sei arrivata tu, per
fortuna, perché mi aveva appena dato della poveraccia.
» Mi sale ancora il nervoso al solo pensiero.
«
E tu come ti senti? » A quanto pare Audrey ha riacquistato il
dono della parola.
« Non benissimo, in realtà. Non tollero che una
sconosciuta mi minacci e m'insulti gratuitamente. » Porto le
braccia al petto imbronciata. Questa storia è surreale.
«
Beh forse ha notato che tu e Devon vi state avvicinando, no?
» Continua la modella ed Ashley le da una gomitata.
«
Sì, certo... Non so neanche se siamo amici. » Non
credo proprio dopo stasera. Forse dovrei scusarmi con lui domani.
«
Ma l'hai detto a Devon in tutto ciò..? »
L'asiatica mi domanda scettica.
«
No. Non vorrei che pensasse che lo dico per dividerli... Anche
perché non mi interessa. Però dovrebbe rendersi
conto che lo sta manipolando... che strega. » Affermo con un
po' troppo risentimento e noto un sorrisetto sulle labbra di Audrey. Ci
risiamo...
«
Beh dovresti dirglielo, anche se non credo lo farai mai. »
Commenta la mia coinquilina. Annuisco alle sue parole e sbadiglio.
Tutto il caos di questa giornata mi ha fatto parecchio stancare e non
vedo l'ora di riabbracciare il mio letto.
«
Ora sapete tutta la storia. Vi voglio bene. » Le abbraccio
rincuorata per dare loro la buonanotte e poi mi rinchiudo nella mia
camera.
Il vestito rosso di ieri sera è ancora appeso fuori
l'armadio così lo sfioro sorridendo appena. Lo ripongo al
suo interno e mi stendo sul letto con l'album da disegno tra le mani.
Ho lasciato molti schizzi in sospeso così come il discorso
con il dottore. Ho deciso, domani andrò in ospedale per
chiarirmi con lui. Non voglio che pensi che giudichi le persone senza
conoscerle perché mai ne sarei capace soprattutto dopo tutto
ciò che ho passato. Incrociando le dita per l'indomani, non
riesco a terminare il mio disegno che la stanchezza mi trascina
giù con lei in un sonno profondo.
Angolo
autrice:
Vi
auguro buon pomeriggio con il ventunesimo capitolo di questa storia.
Ovviamente Summer non perde mai occasione di litigare con il povero
Devon. Secondo voi perché insiste tanto? Ha ragione Ella nel
pensare che qualcosa non quadra? Fatemelo sapere con un commento e alla
prossima!
Kisses.
|
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Capitolo 24 *** Capitolo 22 ***
Devon's
pov
Dopo
la discussione a casa di Ella, sono filato dritto in ospedale
nonostante fosse tardi e non avessi il turno notturno. Sono certo che
se fossi tornato a casa non sarei riuscito a chiudere occhio in ogni
caso, tanto vale tenere la mente impegnata al lavoro. Varco la soglia
dell'ingresso principale e mi reco all'ascensore dal quale esce Rose.
«
Oh.. Dottor Reinfield non l'aspettavo stasera.» Le faccio
cenno di seguirmi di sopra. So che stava per andare a casa e non ho
intenzione di trattenerla a lungo. Nel mio ufficio le comunico la
notizia.
«
Devo assentarmi per qualche giorno a causa di un viaggio di lavoro a
Londra. In mia assenza dovrai occuparti di alcune cose. »
Annuisce e si siede di fronte a me per ascoltare le mie istruzioni, al
termine delle quali, la lascio tornare a casa, se lo merita. Ebbene
sì, ho deciso di tornare a Londra dopo un anno che non ci
metto piede. Per fortuna ho una casa diversa da quella dei miei
genitori quindi non sarò costretto a subirmeli ventiquattro
ore su ventiquattro. Chissà se mia sorella è
tornata dal suo viaggio, spero di poterla salutare di persona. Domani
mattina chiamerò mia madre per farglielo sapere
così potrà mandarmi il Jet di famiglia a New
York. Mi chiedo se avranno letto i giornali scandalistici di recente
perché in tal caso, mi faranno trecento domande su chi sia
Ella e bla bla. Speranze piuttosto vane, è quasi impossibile
per mia madre non ficcanasare nella mia vita "privata".
--------------------------------
Passo
il resto della nottata ad occuparmi di alcuni pazienti e sistemare
scartoffie alternandomi tra l'ufficio e il reparto. È una
serata particolarmente tranquilla senza emergenze nel mio campo di
competenza, almeno. Ma credo di aver parlato troppo presto
perché, neanche il tempo di pensarlo, che mi chiamano in
pronto soccorso. Mi precipito subito lì, la
tempestività è tutto nel mio lavoro, e mi informo
sulla paziente.
«
Non capiamo cos'abbia, sappiamo solo che si rifiuta di mangiare da due
settimane... così ha detto il padre almeno. » Sono
un uomo molto preciso e mi innervosisce avere un quadro poco chiaro
della situazione come in questo caso.
«
Le avete fatto un elettrocardiogramma o aspettavate un invito
ufficiale? » Domando all'apparenza con tono sarcastico, ma la
mia espressione è più seria che mai. Si
intromette Roxanne. Sarà anche appiccicosa ma almeno
è sveglia.
«
Certamente dottore, ecco i risultati. » Mi porge il referto
facendomi gli occhioni dolci. La guardo di sottecchi per poi
concentrarmi sul foglio.
«
Che cosa vedi? » Le domando. Vediamo se è attenta
abbastanza da guadagnarsi un'altra operazione.
«
Vediamo... » Butta per aria l'infermiere con il quale stava
parlando prima e si posiziona accanto a me per leggere.
«
A me sembrano nella norma... »
« Guarda meglio. » Le indico una piccola curva
anomala.
« Oh! C'è l'onda U! Di norma non c'è..
» Annuisco e mi rivolgo nuovamente all'infermiere.
«
Somministrale del potassio, ne ha carenza perché non si sta
nutrendo. Fate in fretta, prima che abbia un collasso. »
Passo la cartellina ad una Roxanne entusiasta che mi segue mentre
faccio ritorno nel mio ufficio.
«
Cosa c'è? » Mi volto all'improvviso nella sua
direzione. Odio essere seguito.
«
Quindi l'operazione...? »
« Potrai assistere, ma la farà il dottor Benson.
» Mi guarda confusa aggiustandosi il colletto del camice.
« E lei...? Non parteciperà? »
« No, starò via per qualche giorno. »
Aggrotta la fronte delusa. Purtroppo per lei dovrà
arrangiarsi senza di me.
«
E quando torna? Dove va? »
« Basta così, non ti riguarda. Vada pure a casa
dottoressa Shane. » La congedo con un gesto della mano in
modo teatrale e torno a barricarmi nel mio ufficio, l'unico luogo dove
posso davvero isolarmi dal resto del mondo.
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Osservando
l'alba con un caffè bollente tra le mani ne approfitto per
fare un colpo di telefono a mia madre. Afferro il cellulare e compongo
velocemente il suo numero attendendo che mi risponda.
«
Amore mio! Come stai? » La sua voce mi arriva subito al
timpano.
«
Bene, mamma. Che si dice a Londra? »
« I soliti drammi, sai come vanno le cose qui...»
Sospira. Non mi ha ancora detto nulla sulla foto del giornale,
è buon segno. Probabilmente non l'ha vista.
«
Saresti contenta se venissi a trovarti? » Domando
retoricamente.
« Certamente! Non vedo l'ora! Quando vieni? » Mi
domanda entusiasta.
« Domani. Mi mandi il Jet o devo prendere l'aereo? »
« Te lo mando tesoro, così fai prima. »
Annuisco e parliamo ancora un po' del più e del meno fino a
che non ci salutiamo.
Sapevo che sarebbe stata felice e devo ammettere che non mi dispiace
rientrare in patria, anche se sono più che sicuro che mi
faranno presenziare a qualche cerimonia insieme a loro. Tempo di
rispondere a qualche mail che devo assolutamente mettere a tacere una
voglia impellente di caffè. Beh, sono stato sveglio tutta la
notte! Abbandono il mio studio ed il mio camice per recarmi da Mikey's,
il bar qui accanto. Non reggerei l'intruglio della macchinetta
stamattina e poi ormai si è fatta anche ora di colazione. Ho
proprio bisogno di un po' di dolcezza in tutto quest'amaro che mi
circonda.
La colazione è decisamente il mio pasto preferito della
giornata. Mi dà la carica per affrontare il lavoro. Devo
anche allenarmi oggi pomeriggio, assolutamente. Rifletto mentre faccio
ritorno alla base. Entro dalla porta principale salutando qualche
collega e studente ma poi vengo colto da un'altra voce che pronuncia
insolitamente il mio nome.
«
Devon, ti stavo giusto cercando...» Mi volto ed incontro gli
occhi azzurri come il cielo di Ella.
«
Mi hai trovato. Ti serve qualcosa? » Uso un tono
più rude rispetto al solito. Sono ancora risentito per ieri.
«
No, sto bene. Volevo solo scusarmi. Non intendevo giudicarti e se
dev'esserti sembrato così, beh non era mia intenzione.
» Non abbassa lo sguardo che resta incollato al mio.
È sincera e mi spiace averla fraintesa.
«
Sei venuta fin qui per scusarti? » Alzo l'angolo della bocca
in un piccolo sorriso.
«
Sì, ma non ti fare strane idee, lavoro qui vicino!
» Sorride a sua volta sistemandosi qualche ciuffo di capelli
ribelle dietro l'orecchio.
«
Scuse accettate, ho capito cosa intendevi ieri.» Le faccio
cenno di spostarsi dal corridoio e ci allontaniamo un po' dall'entrata.
Non ho ancora inquadrato Ella del tutto. È di sicuro una
ragazza che deve aver sofferto molto in passato e che ora sta cercando
di fare del suo meglio per riprendersi. È molto
più forte di quanto dia a vedere, più di me
sicuramente. In un certo senso ammiro il suo coraggio, e anche la sua
capacità di comprendere gli altri, infatti, temo che prima o
poi finirà con lo scoprire i miei segreti.
Ma potrebbero essere troppo per lei da sopportare.
Ella's
pov
«
Sono contenta che abbiamo chiarito il malinteso. » Gli
sorrido felice. Come ho già detto, odio le questioni
irrisolte o farmi passare per quella che non sono.
Stamattina
mi sono svegliata presto perché ero decisa a passare al
Lennox da Devon prima di andare al lavoro, così ho colto due
piccioni con una fava.
Annuisce ma ora non so più che dirgli. Potrei chiedergli se
ha chiarito con Summer, ma non sarebbero affari miei e so
già che è molto suscettibile su quest'argomento.
Inoltre ha delle leggere occhiaie, simbolo che deve aver passato la
notte in ospedale, appunto.
«
Bene, farò tardi al lavoro. Meglio che vada. » Mi
congedo in questo modo ma mi guarda accigliato, come se si aspettasse
una frase differente da parte mia. Lo guardo altrettanto interrogativa
aspettando una sua reazione. Che cosa sta pensando...?
«
Hai detto che non è lontano, giusto? Bene, andiamo
così ne approfitto per tornare a casa anche io. »
Ma non era appena rientrato..? Non importa, meglio così. Mi
farà compagnia durante il tragitto e magari arrivo anche in
orario questa volta!
«
Certo, si trova qualche isolato più avanti. » Gli
sorrido e insieme ci dirigiamo fuori dall'ospedale.
Mi fa sempre strano metterci piede, l'odore di disinfettante e
l'impressione che sia tutto asettico alla quale non mi
abituerò mai, fanno sempre un certo effetto. Non so proprio
come faccia Devon a starci praticamente tutta la giornata, notti
comprese. Mi sale l'ansia solo a pensarci, deve amare molto questo
lavoro altrimenti non si spiega. Zittisco le mie stupide riflessioni
sulla vita, e mi godo questa mini-passeggiata fino al Cloe's showroom.
L'aria è fresca essendo prima mattina, ma il tepore del sole
rende il tutto più piacevole a contatto con la mia pelle.
Osservo Devon al mio fianco. Sembra molto più rilassato
rispetto a ieri sera, per fortuna. Deve avergli fatto bene qualsiasi
cosa abbia attuato per sbollire la rabbia. Il suo sguardo è
sempre indagatore e misterioso ma almeno non è arrabbiato.
Quando si altera i suoi occhi diventano quasi di ghiaccio e lo ammetto,
fa quasi paura.
Con tutto questo pensare, non mi sono accorta che siamo praticamente
arrivati a destinazione.
«
Eccoci qui, lavoro proprio in questo negozio.» Gli indico la
vetrina con fare teatrale sorridendo quasi come se mi piacesse
lavorarci. In realtà è un vero schifo. Devon, dal
canto suo, fa una smorfia osservando i manichini. Adesso mi caccia una
delle sue perle, me lo sento.
«
Li vesti tu quelli? »
« Beh sì, quindi? » Non capisco il
punto. Il dottore guarda me e poi di nuovo gli abiti esposti.
«
Ti vestiresti mai come hai conciato loro? » In effetti no.
Troppo eccentrici e troppo striminziti. Ma non gli darò
questa soddisfazione.
«
Certo, non vedo cosa ci sia che non va. Magari li abbinerei
diversamente.. » Cerco di mantenere un'espressione
più neutrale e seria possibile ma è molto
difficile se mi guarda in quel modo.
«
Quindi, verresti conciata in questo modo nel mio studio per una visita?
» È una sfida? Perché io adoro le sfide.
«
Potrei. Chi me lo vieta? Farei anche prima a spogliarmi. »
Constato facendo spallucce per dare veridicità alle mie
parole.
«
Ottimo. » Si limita tradendo un sorrisetto. Stiamo flirtando
per caso? Quando siamo passati a questa fase? Dovremmo discutere
più spesso se questi sono i risultati.
«
Ti fa piacere? » Lo prendo in giro adesso, è
troppo divertente.
« Rende tutto più semplice! » Mi
risponde lui convinto. Certo che ha la risposta pronta a tutto.
«
Eh certo, per quello... ovvio. » Scuoto la testa sorridendo,
ormai non posso trattenermi più.
«
E per cosa credevi? »
« Ovviamente a quello che hai detto! »
« Ovviamente. » Ormai stiamo sorridendo entrambi
come due ebeti e la cosa sarebbe andata avanti se solo Sidney, il mio
amato capo, non fosse arrivata proprio in quel momento per aprire il
negozio.
«
Ella! Mi vuoi far prendere un infarto? Sei puntuale! » Mi
deride subito facendo capitolare anche Devon. Che simpatici...
«
Quindi oltre ad essere maldestra sei anche ritardataria? Ma qualche
pregio ce l'hai? » Commenta sarcasticamente il dottore
facendo sbellicare Sidney. Quando è troppo è
troppo! Mi imbroncio e lo guardo malissimo.
«
Sono simpatica a differenza tua! » Mi rivolgo a Devon mentre
la proprietaria osserva ora la scena più interessata,
smettendo di ridere.
«
Almeno io non inciampo su qualsiasi cosa mi trovi davanti ai piedi.
»
« Ma non è vero, è capitato solo una
volta con te! »
« Puoi anche ammettere che l'hai fatto apposta
perché non sapevi resistere al mio fascino, dai.»
« Quale fascino scusa? » Spero di essere sembrata
credibile perché di fascino ne ha eccome.
«
Lo sai che quando menti ti si arrossano leggermente le guance?
» Mi avvicino di qualche passo. A Sidney mancano solo i
popcorn.
«
E quando mai ti avrei mentito? »
« Proprio qualche attimo fa. »
« Sai anche quando l'ho fatto? Quando ti ho detto che sei un
bravo ballerino. » Si acciglia. Ah colpito! Mi guarda male ma
so che invece, si sta divertendo almeno quanto me.
«
Davvero un cabaret fantastico ma ora Ella deve lavorare. Forza andiamo!
» Si intromette il capo.
«
Non finisce qui. » Gli sussurro e mi volto per entrare nel
negozio senza girarmi ulteriormente.
«
Brava Ella! Non solo sei arrivata puntuale ma hai fatto anche un'ottima
conquista. Sono quasi felice per te. » Esclama entusiasta
lasciandomi a bocca aperta.
«
Ma lui.. non è.. a me non... » Farfuglio qualcosa
di incomprensibile mentre la mia mente elabora una notizia shockante.
Chi voglio prendere in giro? Devon mi attrae, come potrebbe essere
altrimenti? Ma non posso permettermi di nutrire dei sentimenti per lui.
Sarebbe devastante per entrambi, lo so. Forse il suo essere
così indecifrabile, il segreto che nasconde sul suo passato,
la sua vita da nobile della quale non sapevo nulla, ma soprattutto il
suo essere così vuoto dentro, mi stanno facendo inoltrare in
un terreno sempre più fragile che alla fine
cederà e mi farà sprofondare. Sono pronta a tutto
questo? Sto sbagliando? Dovrei fare marcia indietro prima che il
terreno si sgretoli del tutto? Non lo so, o meglio, per il momento
preferisco non sapere.
«
In realtà è il mio medico, tutto qui. »
Riesco a dire dopo quella che a me è sembrata una vita.
Sidney mi guarda e poi s'illumina.
«
È pure un buon partito, fantastico! Sono ufficialmente
invidiosa adesso. » Sbuffa alzando una mano al cielo
rifugiandosi poi nel suo ufficio.
Dal mio canto, decido di mettermi davvero all'opera riordinando e
accogliendo i vari clienti che si apprestano ad entrare.
L'ora di pranzo sembra non arrivare mai, è proprio vero che
il tempo passa lentamente quando ci si annoia. Sembra di stare chiusa
qui dentro da secoli!
«
Ella puoi andare, ci vediamo domani. » Questa sì
che è una frase che amo sentirmi dire da Sidney a differenza
delle sue solite strigliate. Mi appresto a salutarla per poi uscire dal
negozio di fretta e furia prima che cambi idea. A passo svelto mi
avvicino alla mia macchina che avevo parcheggiato stamattina nelle
vicinanze per evitare di trovare traffico per andare al Lennox da
Devon. Faccio per sbloccarla ma dallo specchietto retrovisore osservo
il fallimento di Richard nel cogliermi di sorpresa.
«
Ah! Non ci casco! » Mi volto di scatto reprimendo un
sorrisetto per la sua espressione.
«
Mi togli tutto il divertimento! » Si imbroncia ma gli salto
addosso per salutarlo così è costretto a
prendermi.
«
Sei una ruffiana, sappilo... » Mi abbraccia lasciandomi
andare solo quando sono io la prima a sciogliere l'abbraccio.
«
A volte, forse.. » Gli faccio l'occhiolino.
« Comunque cosa ci fai qui? » Chiedo a Richard.
« Sono andato a trovare Devon in ospedale ma la sua
segretaria mi ha detto che l'ha visto uscire con una bella donna
qualche ora prima.» Adesso è lui a farmi
l'occhiolino, sicuramente più malizioso del mio di prima.
«
Sì, e allora? Sono sempre più convinta che tu ci
stia stalkerando... » Incrocio le braccia al petto
guardandolo indagatrice.
« Anzi, ti dovrei picchiare! Non mi hai detto che appartiene
ad una famiglia nobile! » Aggiungo puntandogli un dito contro.
«
Perché non lo sapevi? » Alza le mani in segno di
difesa. « Ti pare?! A stento sapevo che era un dottore!
» Scuoto la testa spazientita.
«
Beh che cosa ti sconvolge? È un conte, non il re
d'Inghilterra. » Neanche Richard sa nulla del giornale?
Può mai essere?
«
Ma non hai letto nulla sulle riviste..? » Mi guarda confuso
come se non sapesse di cosa stia parlando.
«
No... La mia segretaria me le lascia sempre sulla scrivania ma
puntualmente le getto nel tritacarte senza leggerle. » Fa
spallucce mentre io sbuffo e apro la portiera per recuperare la rivista.
«
Leggi qui. » Gli metto la pagina incriminante sotto il naso.
La sua espressione compiaciuta è decisamente fuori luogo..
«
Ellaaaa! Wow, fantastico. Anche se secondo me, avrebbero dovuto
prendere il momento del casquè.. »
«
È il massimo dei commenti che sai fare?! » Alzo un
po' la voce guardandolo sconvolta. Perché nessuno sembra
darci peso? Sarei tentata di dirgli di Summer ma potrebbe lasciarselo
sfuggire con Devon ed io non voglio che lui lo sappia. Potrebbe pensare
che lo dico apposta e non voglio correre il rischio.
«
Ecco cosa facevate fuori la terrazza! » Afferma poi come
colto da un'improvvisa illuminazione. Mi schiaffeggio la fronte con una
mano.
«
Ridammi la rivista.. » Gliela strappo praticamente dalle mani
mentre Rick mi guarda accigliato.
«
Ehi! Che violenta... Comunque tu perché sei andata al Lennox
e sei uscita da lì con il nostro conte? » Ritorna
quindi sulla domanda che non vedeva l'ora di pormi.
«
Non aspettavi altro da quando mi hai fermata, eh? » Sorrido
scuotendo la testa. È l'anti sgamo fatto persona.
«
Già! Quindi..? »
« Quindi niente, mi dovevo scusare per una cosa che gli avevo
detto... »
« Detto a proposito di...? » Mi incalza con la voce
e i gesti delle mani per indurmi a continuare.
« Ieri sera ci siamo visti per parlare di questa cosa dei
giornali e poi ha avuto una specie di discussione con Summer e mi sono
intromessa facendo supposizioni inappropriate. Poi abbiamo fatto pace,
però! » Sorrido ma Richard mi guarda malizioso.
«
Avete fatto pace? »
« Non nel modo che stai pensando tu, Rick! » Alzo
gli occhi al cielo. Ma dai!
« Che peccato! Comunque se vuoi davvero farti amico il
dottorino, non intrometterti nelle sue questioni a meno che non te lo
chieda lui. È molto riservato. » Annuisco, in
fondo è una cosa normale. Nessuno ama gli impiccioni.
«
Hai ragione, farò così. » Allargo gli
angoli della bocca in un sorriso ciondolando sul posto.
«
Vuoi un passaggio o sei in macchina? »
« Mi hanno accompagnato, però devo andare dal tuo
amato conte. Mi ci vuoi portare tu? » Mi dedica l'ennesimo
occhiolino mentre non posso fare altro che accettare.
«
D'accordo salta su e guidami da Devon. Non so dove abiti. »
« Mai stata a casa sua? »
« Certo che no. »
« Lui da te? »
« Sì, ieri. »
« Ah! Lo sapevo! »
« Richard sali o ti lascio a piedi! »
« Va bene, va bene! » Sbuffa ma si accomoda
finalmente al posto del passeggero.
Dopo
un paio di scorciatoie che non ci hanno portato a nulla, dopo aver
beccato tutti i semafori rossi, qualche insulto da parte nostra e dopo
aver capito che "se seguiamo le indicazioni, è meglio",
giungiamo finalmente a destinazione.
«
Al tuo compleanno ti regalo un navigatore.» Sbuffa Richard
aprendo la portiera mentre abbasso il finestrino dal mio lato.
«
Se mi avessi dato le giuste indicazioni, avremmo fatto prima!
»
« Guarda che io sono a New York da poco! » Alzo gli
occhi al cielo sbuffando.
« Non vieni..? » Mi domanda alzando un sopracciglio
confuso.
« No, ti ho solo accompagnato. Vi lascio discutere tra voi,
da veri uomini. » Lo prendo in giro ridacchiando.
«
Come preferisci. » Chiude la portiera e fa per avviarsi
all'ingresso. La casa è molto maestosa vista da fuori
nonché parecchio grande dall'esterno. Non si
sentirà troppo solo immerso in questa inutile
vastità? Non posso rispondermi mentalmente
perché, proprio in quell'istante, vediamo uscire dalla porta
principale una figura a noi ben nota.
Summer.
Angolo
autrice:
Salve a tutti! Eccomi con un nuovo capitolo anche questo
mercoledì. Ormai Summer è una costante che nei
finali non può mancare, ma cosa ne pensate dei nostri
protagonisti? Vi aspettavate il chiarimento o pensavate di no? Fatemelo
sapere con un commento e al prossimo week-end.
Kisses.
|
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Capitolo 25 *** Capitolo 23 ***
Ella's
pov
Osservo
la scena come se fossi una spettatrice esterna, come se non avessi il
completo controllo di me stessa. Summer e Devon escono dalla porta di
casa e lei gli strappa un bacio. Me ne sarei dovuta andare, non avrei
dovuto vedere nulla di tutto ciò.
Richard passa lo sguardo da me alla coppietta senza sapere di preciso
cosa fare. Non so per quale esatto motivo non abbia messo il piede
sull'acceleratore e sgommato a tutta velocità via da questa
casa. Non so neanche il motivo del mio sconvolgimento di fronte a
questa scena. Forse non mi aspettavo che Devon cambiasse idea
così velocemente su di lei, sempre se l'abbia fatto o mi
sfugge qualcosa. Finalmente Summer si allontana e decide di passare
proprio davanti alla mia auto. Mi rivolge una delle sue smorfie
peggiori. Si sente la vincitrice, ha avuto ciò che voleva.
Si avvicina a passo svelto al mio finestrino che abbasso a malincuore
per capire cos'abbia da dirmi.
«
Se vuoi davvero qualcosa, devi fare di tutto pur di ottenerla.
» Mi guarda ammiccante e fin troppo euforica per poi
sgambettare al di fuori del mio campo visivo. Che strega.
Riprendo finalmente l'uso del mio corpo e faccio retromarcia per
andarmene il più in fretta possibile da qui lasciando un
Richard perplesso nel vialetto.
Guido
per le affollate strade di New York, non prestando la benché
minima attenzione al resto del mondo intorno a me. Voglio solo tornare
a casa adesso. Devo parlare con Audrey, assolutamente, infatti spero
sia già tornata. Mentre sfreccio a tutta
velocità, il telefono mi avverte di una chiamata
così premo il tasto verde e metto il vivavoce.
«
Sebastian, dimmi tutto. »
« Ho visto i giornali, volevo chiamarti ieri ma Audrey mi ha
detto che non ti sei sentita bene. Come stai? » Uno schifo ma
non fisicamente.
«
Molto meglio. Hai visto le riviste..? »
« Beh sì! Che cosa mi combini con il conte?
» No, non riesco ad affrontare questo discorso anche con lui
adesso.
« Niente di niente, fidati. » Mi mordicchio
l'interno della guancia, delusa. Sapevo che sarebbe successo, quindi
ora ne pago le conseguenze. Fine.
«
Certo, come no. Sicura che vada tutto bene? Guarda che se ti fa del
male non ci metto nulla a finirlo. » Lo dice così
seriamente che quasi mi vengono i brividi.
«
Non dire stupidaggini. Siamo amici, punto. » Una bugia dietro
l'altra ormai, ma non riesco a parlare di quest'argomento con lui ora.
Imbocco finalmente il vialetto di casa mia, notando che la luce del
salone è spenta.
«
Va bene, per qualunque cosa, sai dove trovarmi. »
« Grazie ti voglio bene. » Lo congedo e ripongo il
cellulare nella tasca del giubbino di pelle. Sbuffo un paio di volte ma
poi mi decido a scendere dall'auto. Cerco le chiavi all'interno della
mia borsa innervosita perché non riesco a trovarle,
lanciando praticamente tutto il suo contenuto per aria. Per fare
quest'operazione, rovescio parte dei miei oggetti personali sul
pianerottolo. Accidenti!
Faccio per raccogliere le mie cose quando il Signor White mi porge
ciò che mi era caduto. Mi sorride gentile restituendomi le
cianfrusaglie. Lo ringrazio educatamente riuscendo finalmente ad
afferrare le chiavi. Si erano incastrate nel taschino laterale a causa
della stoffa. Oggi non me ne va bene una, insomma. Le infilo nella
serratura e finalmente posso mettere piede in casa. È solo
ora di pranzo eppure ho la sensazione che tutta la stanchezza si sia
accumulata sul mio corpo tanto da farmi sentire abbastanza uno
straccio.
Lancio la borsa sul tavolino all'ingresso trascinandomi in camera mia.
Levo gli stivaletti ed indosso le mie amate pantofole. Convinta che non
ci sia nessuno in casa, mi reco in cucina per farmi un po' di
thè, non mi va di mangiare un vero e proprio pranzo al
momento. Faccio un rumore assurdo perché mi cade il
pentolino sul pavimento e mi maledico per questi piccoli incidenti.
Metto finalmente l'acqua sul fuoco e mi affloscio sullo sgabello. Cerco
di essere onesta con me stessa non potendo negare che ci sia rimasta
male per la scena che ho visto poco fa. Sono certa che Summer continui
a manipolarlo e lui neanche se ne rende conto o forse, cerca di capire
fino a che punto si può spingere prima che oltrepassi il
limite. Summer non si ferma davanti a niente. Li ho sentiti litigare e
Devon stesso mi ha confessato che non vuole una relazione con lei,
eppure continua con i suoi sporchi giochetti cercando di intrappolarlo
nella sua rete. Ma la peggiore sono io. Sapevo perfettamente che non
avrei dovuto continuare a vedere Devon al di fuori dello stretto
necessario, ma l'ho fatto lo stesso. Mi sono data la zappa sui piedi da
sola. Cosa mi aspettavo? Che cadesse ai miei piedi da un giorno
all'altro? Che mi avrebbe rivelato il suo segreto o il suo passato
turbolento dopo qualche uscita così da poterlo aiutare
tranquillamente? Non sono in una favola, l'avrei dovuto capire tempo
addietro. Sapevo di essere strana ma non masochista fino a questo
livello. Mi sono presa una cotta per un uomo che so perfettamente non
potrà mai ricambiare perché lo ha detto
chiaramente.
"Non
sono disponibile emotivamente."
"Non voglio nessuno al mio fianco."
"La felicità per me non esiste."
Tutti
segnali che avrei dovuto cogliere un po' prima di arrivare a questo
punto. Però sono ancora in tempo per rimediare. Fra qualche
giorno avrò le analisi, mi dirà cos'ho
così non sarò più costretta a
rivederlo, né a sentirlo o chiamarlo più. Tutto
tornerà come prima e sarò finalmente libera.
Sono così immersa nei miei pensieri che non mi accorgo di
una presenza che si aggira alle mie spalle.
«
Ella! Sei già a casa? » Quasi sobbalzo al suono
della sua voce. Ero convinta di essere sola.
«
Sì, sono tornata una decina di minuti fa... » Non
riesco a non usare un tono di voce più basso e triste del
solito.
«
Va tutto bene...? C'è qualcosa che non va? » Mi
chiede subito la bionda appoggiandosi al bancone così da
potermi guardare. Sa che non so mentire.
«
In effetti no. Ho capito delle cose, soprattutto che sono una stupida.
» Si acciglia e mi guarda perplessa.
«
Non sei una stupida. Ne vuoi parlare? » Apprezzo che me lo
chieda. Sa bene che se non voglio discutere di un argomento non lo
faccio e basta.
«
Non c'è molto da dire. Sono una cretina perché mi
sono messa in una situazione scomoda pur sapendolo dall'inizio.
»
« Se non ti spieghi un po' meglio, non posso aiutarti
granché. »
« Si tratta di me e... del fatto che mi sono resa conto di...
» Mi interrompe con un gesto della mano.
«
Ho capito. Ti sei resa conto di provare un interesse che va oltre la
semplice curiosità e amicizia per Devon. »
Perché mi sorride?
«
Ottima deduzione. »
« Non ti dirò che avevo ragione perché
ti vedo troppo sconfortata. È una bella cosa,
perché te ne dispiaci? » La domanda è
lecita, non sa tutti i dettagli del nostro "rapporto".
«
Quando tu ed Ashley siete tornate a casa ieri sera, beh noi stavamo
discutendo di una faccenda, più nello specifico di Summer.
Devon mi ha detto chiaramente che non si lega a nessuna, compresa la
pazza. » O almeno lo spero per lui.
«
Come siete arrivati a parlare di questo?»
« Ha ricevuto una chiamata da quella donna, anzi ragazzina, e
li ho sentiti litigare. Sbagliando, ho scelto di mettermi in mezzo ma
soltanto perché volevo capire qualcosa in più,
tutto qua. »
«
E poi? » Incrocia le braccia al petto guardandomi sempre
più confusa.
« E poi si è alterato, giustamente, e ha
approfittato della vostra entrata in scena per scappare.
Però stamattina abbiamo chiarito. »
« È un buon segno! E cosa vi siete detti?
»
« Niente di che, mi sono scusata e fine della storia. Poi ho
incontrato Richard e l'ho accompagnato da Devon. Non l'avessi mai
fatto. » Si illumina al sentire il nome del suo amato e mi
incalza a continuare.
«
Li ho visti. Summer e Devon, intendo. » Si acciglia e mi posa
una mano sulla spalla sedendosi accanto a me sullo sgabello.
«
Adesso capisco il tuo visino triste. » Mi attira tra le sue
braccia e non mi oppongo alla sua stretta.
«
Secondo me dovresti comunque dirgli quello che provi, prima o poi.
Dovrebbe esserne a conoscenza anche perché altrimenti non
sarai mai certa se in qualche modo può ricambiare oppure no.
» Ascolto le sue parole non sapendo cosa dirle. Forse ha
ragione ma se glielo dicessi, perderei quel minimo rapporto che
abbiamo.
«
L'hai detto a Richard? Conosce meglio Devon di noi, magari ti sa dire
qualcosa in più. » Mi accarezza i capelli
attendendo un mio segno di vita.
«
No, sei la prima alla quale ne ho parlato. Anche perché me
ne sono appena resa conto anch' io... » Probabilmente
è sempre stato così, fin dal nostro primo
incontro, ma la mia mente l'ha realizzato ed accettato solo dopo aver
visto Devon tra le braccia di Summer.
«
La nostra Ella si è presa una cotta finalmente! Da quando ti
conosco, è la prima volta che ti vedo così.
» Si stupisce da sola Audrey, sorridendomi entusiasta. Non
vedeva l'ora di accasarmi, neanche fosse mia madre.
«
Guarda che ti sbagli. È successo altre volte! » Mi
stacco dal suo abbraccio anche perché l'acqua sta bollendo
nel pentolino e fra poco esploderà. Mi alzo quindi per
spegnere il fuoco e la modella mi segue a ruota.
«
Non è vero! Non sei mai stata male per un uomo, almeno non
così! »
« Ti ripeto che ti sbagli. È già
successo tempo fa... » Ho avuto altre cottarelle, che cosa
crede?
«
E va bene. Finalmente dopo "tanto tempo", allora. Contenta? »
Annuisco anche perché non è l'argomento
principale della giornata, versandomi poi il thè verde nella
mia splendida tazza rosa.
Restiamo a chiacchierare di argomenti più soft giusto il
tempo del mio thè e del suo leggero pranzo, al termine del
quale, ci rifugiamo entrambe nelle rispettive stanze. Mi stendo sul
letto chiudendo gli occhi, sperando di riaprirli ed essere tutt'altra
persona, ma purtroppo è impossibile che ciò si
verifichi. Mi posiziono a pancia in giù sul materasso, con
la testa sotto il cuscino, impedendo alla mia mente di continuare a
riflettere senza riuscirci. Ripenso continuamente alle parole di
Summer, sia alla minaccia, sia a quelle di poco fa. La odio, la odio e
la odio!
Lancio il cuscino contro la porta in un attimo di follia
raggomitolandomi contro il muro. Non doveva andare così, non
doveva succedere, non a me! Non sono in grado di gestire queste cose,
queste emozioni, e me ne rendo conto da sola perché
è sempre stato così. Ho avuto delle relazioni ma
sono sempre durate poco o niente. Forse, da una parte, ho paura di
impegnarmi anche io. Che stress, non è proprio il momento
per me di innamorarmi, non se ne parla proprio. Sono già
abbastanza incasinata di mio, ci manca solo un uomo a stravolgermi
l'esistenza e siamo al completo. Anche se forse l'ha già
fatto, in un certo senso. Mi soffermo su questi pensieri per un tempo
che sembra infinito quando qualcuno bussa alla mia porta.
«
Avanti. » Pronuncio con la testa ancora intrappolata sotto le
coperte. Sento la porta aprirsi e dopo pochi secondi il materasso si
abbassa di qualche centimetro.
«
Ehi, che fai qui sotto? »
« Tu che ci fai qui? » Mi scopro il viso guardando
Richard negli occhi.
«
Mi ha chiamato Audrey dicendomi che ti avrebbe fatto bene parlare con
me. » Mi libera dalle lenzuola così che possa
mettermi a sedere sul materasso.
«
Se lo dice lei...» Non ne sono tanto convinta.
Però lui era li, era presente e sicuramente ha parlato con
lui.
«
Dai, sfogati... » Piano piano gli racconto le stesse cose che
ho detto ad Audrey sperando che possa darmi la sua opinione pensando
anche a come reagirebbe Devon.
«
Lo conosco da una vita, e ti posso assicurare che non lo avevo mai
visto ballare con nessuna in pubblico né tanto meno
prenderla in braccio su una terrazza ad una festa sapendo benissimo
della presenza dei paparazzi. Secondo me non gli sei indifferente.
» Sembra sincero, ma da un lato preferirei che non mi dia
false speranze. Meglio non avere aspettative in questo caso.
«
Tu dici? Non so cosa pensare... »
« Non pensare a nulla per il momento e non abbatterti per
supposizioni che stai facendo da sola. Dai retta a me, continua
così e non preoccuparti. » Si allunga per
abbracciarmi così mi slancio per permetterglielo
appoggiandomi poi alla sua spalla.
«
Grazie Rick, ti voglio bene. »
« Te ne voglio anche io. » Sono fortunata ad avere
un amico come lui ed Audrey, non potrei chiedere nulla di meglio.
Devon's
pov
Torno
a casa distrutto ma risollevato. Il mio umore è decisamente
migliorato rispetto a ieri sera a causa di tutti i casini che si sono
succeduti. Entro nel mio appartamento trovando Martha ferma
all'ingresso che mi osserva preoccupata.
«
Va tutto bene..? » Le chiedo appendendo il giubbotto
all'ingresso lasciando chiavi e portafogli sul tavolino.
«
Signore deve perdonarmi, non sono riuscito a fermarla ed ha insistito
per aspettarla qui... » Ma di che sta parlando? Sto per
chiederle ulteriori spiegazioni, quando appare Summer dal salotto. Sui
suoi tacchi vertiginosi, compie qualche passo nella nostra direzione
mentre con un cenno del capo congedo la mia povera domestica.
Chissà da quanto tempo mi sta aspettando poiché
ho sbrigato alcune faccende prima di tornare a casa e si è
fatta praticamente ora di pranzo.
«
Devon... sono venuta qui perché dobbiamo parlare. Mi spiace
essermi alterata al telefono ma ci sono rimasta molto male quando ho
visto la foto sul giornale...» Ancora questa storia. Oggi
dev'essere la giornata dei chiarimenti, comunque.
«
Anche se ti avevo detto che non volevo parlare... »
« Sì! Devi capire che ci tengo a te, anche se tu
non credi in noi. »
« Non me ne dai modo. Ogni giorno è una scenata
per qualcosa, dimmi un po' tu. » Sospira avvicinandosi
ulteriormente.
«
Hai ragione, sono gelosa e non so come controllare questa cosa e
perciò divento pazza.» Ed io che pensavo lo fosse
sempre!
«
Ho capito, ma non puoi essere gelosa di qualcosa che non è
tuo. Ti trovi? » Forse se le faccio un disegnino ci arriva.
«
Perché tu non mi fai dimostrare che sono capace di
comportarmi da donna matura! » Se proprio insiste!
«
Benissimo, inizia ora andandotene senza fiatare, coraggio. »
Mi allungo per afferrare la maniglia così da aprirle la
porta. Mi guarda a bocca aperta senza saper cosa replicare. Inclinando
il capo si dirige verso l'uscita fermandosi ad un passo da essa
guardandomi.
«
Sei ingiusto con me. Ti ho chiesto scusa e ti ho promesso che
sarò meno possessiva ma almeno potresti venirmi incontro.
» Si lagna Summer sull'uscio. È dura a morire,
purtroppo.
«
Se non me la sento, non puoi obbligarmi... » Decido di uscire
anche io dall'abitazione, magari capisce l'antifona e se ne
andrà.
«
Non ti obbligo, ti chiedo solo di provarci.» Annuisco per
sfinimento mentre, una macchina dalla quale esce Richard, si ferma nel
mio vialetto. Mi volto nuovamente verso Summer e questa mi assalta
strappandomi un bacio a fior di labbra. La guardo accigliato ma la
ragazza si allontana sorridendo. Che pazienza. Faccio un cenno di
saluto al mio amico e lo invito ad entrare.
«
Ehi, qual buon vento ti porta da me? » Domando a Rick una
volta che ci siamo accomodati all'interno.
«
Al Lennox non c'eri, così Ella mi ha accompagnato da te.
» Mi volto confuso nella sua direzione annuendo a Martha per
farci portare dei caffè.
«
Che c'entra Ella, scusami? » Mi siedo sul divano di pelle
bianca del mio salotto ed egli fa lo stesso.
«
Hai capito bene. La tua segretaria mi ha detto che ti ha visto uscire
con quella che ho presunto fosse Ella dalla descrizione. »
Scuoto la testa portandomi una mano alla tempia. Che stalker che
è...
«
E il nesso con il fatto che ti abbia dato un passaggio fin qui qual
è? » Credo di non star capendo fin dove vuole
arrivare.
«
Perché sono andato da lei sperando di trovarvi ancora
insieme ed invece no. »
« Certo e magari abbiamo anche fatto una scampagnata nel
frattempo! » Afferro la tazzina con il caffè per
evitare di lanciare qualcosa addosso al mio amico.
«
Come sei spiritoso, mamma mia! Molto suggestiva la scenetta con Summer,
comunque. Sono sicuro che Ella abbia gradito quanto me.» Lo
guardo malissimo. So dove vuole andare a colpire e non ci sta riuscendo
per niente. Il suo tono così sarcasticamente sottile
è super irritante.
«
Ricominciamo? Ti ripeto che devi smetterla con le tue teorie su di me.
Ma su una cosa avevi ragione. Summer è pazza. »
« Era ora che te ne rendessi conto! Quando capirai che
è meglio perderle che trovarle certe persone, stappiamo lo
champagne. » Mi fa l'occhiolino riappoggiando la tazzina sul
tavolino. Alzo gli occhi al cielo seppur sappia che in fondo ha
ragione.
«
Comunque ho una novità. Torno a Londra. » Richard
sgrana gli occhi ed un'espressione di stupore si fa largo sul suo viso.
«
Davvero? Cosa ti ha spinto a cambiare idea?» Non so bene cosa
rispondere a questa domanda. In realtà molti fattori tra cui
rientrano sicuramente Summer ed i continui inviti di mia madre. Devo
allontanarmi da New York per un po'.
«
Sai che non riesco a stare nello stesso posto per troppo tempo.
» Me la cavo così, ravvivandomi i capelli con una
mano.
«
Mh.. e tua madre sa già della tua splendida foto sui
giornali o ancora ne deve venire a conoscenza? » Un sorriso
sghembo appare sulle sue labbra.
«
Sei uno stronzo, lo sai? Comunque stranamente non sa nulla, per il
momento. Perché non la corrompi? Sappiamo entrambi che ti
adora. » Ed è vero. Mia madre ha un enorme debole
per Richard.
«
No, passo grazie! Cavatela da solo. »
« E tu saresti mio amico, eh! »
« Ovviamente! »
« Sai su che altro avevi ragione? Sulle donne. Ne ho
abbastanza. » Mi porto una mano alla fronte teatralmente.
«
Visto? Te l'ho detto che dovevamo metterci noi insieme! »
Sbotta, alzando gli occhi al cielo.
«
Sono delle psicopatiche... »
« Lo so, ma spero che qualcuna si salvi...»
« Vane speranze, Rick. »
Continuiamo a parlare per un altro po' e riesco a convincerlo a
rimanere per il pranzo. Almeno ci teniamo compagnia. Mentre gustiamo i
piatti sublimi di Martha, la mia mente si distacca dal mondo intorno a
me fermandosi sull'immagine di Ella che osserva me e Summer sulla
porta. Non l'ho vista, ma deve aver sicuramente pensato che cambio idea
come un nonnulla. Non sono incoerente, forse a volte un po' bipolare,
ma sono sicuro che Summer non sia giusta per me non riuscendo comunque
a scollarmela di dosso. Almeno fin quando non farà qualcosa
di ancora più deprimente da farmi chiudere definitivamente
in me stesso. Se solo potessi tornare indietro nel tempo, ora non mi
troverei né qui né in questa situazione. Richard,
mi duole ammetterlo, ma ha sempre avuto ragione su tutto. Mi aveva
avvertito su Summer e sulle donne in generale, ma non gli ho dato
ascolto ed ora me ne pento. Prendo un altro boccone di tacchino arrosto
senza capire realmente cosa mi stia dicendo Rick. Sta borbottando
qualcosa sul patrigno e sull'Astoria, credo. Fra poco devo iniziare a
farmi una parvenza di valigia, non voglio perdere tempo. Dovrei
avvertire Ella della mia partenza? Dovrei chiamarla..? Aggrotto la
fronte ma poi scuoto impercettibilmente la testa. Non avrebbe senso
dirglielo.
«
E poi ho comprato un unicorno. Che ne pensi? » Mi chiede
Richard tutto ad un tratto.
«
Hai fatto bene... » Rispondo vagamente riprendendo a
mangiare.
« Modestamente faccio degli ottimi acquisti. » Lo
sento scoppiare a ridere per poi darmi un colpetto sul braccio.
«
Che ti passa per quella testa complicata e dura che ti ritrovi?
» Alzo lo sguardo su di lui.
«
Niente, pensieri sciocchi che ho già rimosso. Scusami se non
ti stavo ascoltando. Che dicevi? » Riprendiamo la
conversazione e questa volta mi concentro su di essa, deciso a dare un
reale supporto al mio amico. Al termine del pranzo, Richard riceve una
telefonata
«
Scusami un attimo. » Si allontana guardando confuso lo
schermo del cellulare. Torna dopo pochi minuti.
«
Devo andare, chiamami quando sei arrivato, okay? » Annuisco e
mi alzo per abbracciarlo forte prima di accompagnarlo all'uscita.
È sempre un piacere averlo accanto anche quando se ne esce
con sparate del cavolo.
«
Martha, ti sei guadagnata delle ferie per questi tre giorni. Stasera
stessa torno a Londra. » Mi guarda stupita, da quando lavora
per me, non sono mai voluto tornare nella mia città Natale e
lei lo sa bene.
«
Grazie, signore. Le vado a prendere la valigia.»
« No grazie, faccio da me. Puoi andare a casa. » Mi
sorride contenta inclinando il capo in segno di ringraziamento. Lavora
troppo quella donna!
Mi dirigo quindi al piano superiore per raggruppare il necessario per
il viaggio. Prendo due/tre completi, anche se in caso di qualche
cerimonia mia madre me ne farà confezionare uno su misura,
due paia di scarpe classiche e le mie cravatte migliori. Metto anche
qualche indumento più casual ed un pigiama. Lascio tutto sul
letto e mi avvio nella mia palestra personale. Ho bisogno di allenarmi
e scaricare tutta la tensione dovuta all'imminente partenza. Spero di
aver fatto una saggia scelta e che non si tratti di uno dei miei gesti
istintivi che solitamente mi portano sempre a pentirmene. Colpisco
più e più volte il sacco da boxe e ad ogni tiro,
una scarica di adrenalina mi investe in pieno. Queste sono le
sensazioni che mi fanno stare bene, adrenalina pura al cento per cento.
È così anche nei miei interventi. Sapere di avere
una vita tra le mani che dipende da te e dalle tue capacità,
è un'esperienza unica. Ho stretto decine di cuori ma ogni
volta è come se fosse la prima. Amo il mio lavoro
perché mi da quel controllo e quel potere che so di aver
perso nella quotidianità per colpa del destino ed ecco
perché cerco di scrivere quello degli altri, dei miei
pazienti, donando loro una speranza e mettendo da parte me stesso. Per
quanto potrò andare avanti così? Temo che presto
o tardi succederà qualcosa di terribile da farmi chiudere
così a riccio da isolarmi completamente, come è
già successo in passato. Nessuno può aiutarmi se
prima non cerco di farlo da solo.
Se
solo lo volessi davvero.
Angolo
autrice:
Buongiorno
amici lettori! Ormai la nostra Ella si è resa conto che la
sua non era una semplice curiosità nei confronti del
misterioso dottore, ma qualcosa di più. E Devon,
invece? Secondo voi come sta vivendo la situazione? Al prossimo
capitolo per scoprire cosa combinerà a Londra il nostro Duca
preferito.
Kisses.
|
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Capitolo 26 *** Capitolo 24 ***
Devon's
pov
Non
ricordavo quanto fosse umida l'aria di Londra, troppo spesso bagnata
dalle continue tempeste. Non sai mai come vestirti quando vaghi per
questa pazza città. Il Jet è atterrato un'oretta
fa circa e mia madre ha provveduto a farmi venire a prendere da uno dei
suoi maggiordomi di fiducia.
«
Bentornato signore. » Mi guadagno un sorriso da Alfred che
gentilmente mi scorta nella residenza della mia famiglia.
Mentre sfrecciamo per le strade londinesi, il ricordo dei giorni felici
di gioventù passata, mi assorbono completamente tanto che
Alfred deve chiamarmi un paio di volte affinché capisca che
siamo arrivati a destinazione.
È strano essere qui, mi aspettavo una reazione diversa,
più pessimistica di quanto invece sia in realtà.
Non faccio neanche in tempo a scendere dall'auto che mia madre si
palesa, come uscita dal nulla, davanti a me stringendomi in un grande
abbraccio. Praticamente ho smesso di respirare per qualche minuto.
«
Mamma mi sei mancata anche tu, potresti lasciarmi ora? I miei polmoni
te ne sarebbero grati. » Mi lascia andare sbaciucchiandomi
ancora un po' prima di rispondermi.
«
Figlio adorato, mi sei mancato tantissimo. Come stai? Com'è
New York? » Mi tempesta di domande neanche fosse un
poliziotto, prendendomi poi sottobraccio per condurmi all'interno.
Una mezz'ora dopo, siamo seduti di fronte ad una tazza di
thè bollente.
«
Allora, tesoro? Raccontaci qualcosa. » Si è
aggiunto anche mio padre alla riunione familiare anche se è
molto meno espansivo e più comprensivo di mia madre.
«
Va tutto bene, mi piace lavorare lì. » Rispondo
lanciando di tanto in tanto qualche occhiata al telefono. Ho il terrore
che mi chiamino dal Lennox o peggio, che Summer possa interrompere
quest'apparente tranquillità.
«
E hai conosciuto qualche donzella? » Eccola la domanda
fatidica, non cambierà mai.
«
Mamma ti prego... » Alzo gli occhi al cielo mentre mio padre,
per fortuna, mi viene incontro.
«
È giovane, lascialo divertire. » Si becca
un'occhiataccia dalla moglie mentre, dal mio canto, nascondo una
risatina. Sono sempre molto divertenti i loro battibecchi! Mia madre
alza gli occhi al cielo cambiando quindi argomento e chiedendomi del
lavoro e su come mi trovi a vivere in America dopo aver passato quasi
tutta la vita in giro per l'Europa. Ah, quasi dimenticavo, le accenno
anche di Richard e le si illuminano gli occhi. Lo adora, non
c'è nulla da fare.
Quando la governante sopraggiunge per sparecchiare, colgo l'occasione
per dileguarmi dalle loro grinfie. Hanno così insistito che
alla fine ho rinunciato alla mia privacy e ho acconsentito ad
alloggiare nella mia vecchia stanza da letto invece che nella mia
tenuta non troppo distante da qui. Onestamente non mi andava di
discutere con loro, così li ho accontentati per una volta.
Spesso mi rendo conto di averli delusi e di non essere il figlio
perfetto che hanno sempre desiderato, ma non posso neanche rinunciare
alla mia identità per il loro bene, o almeno credo.
La
mia stanzetta è uguale a come l'ho lasciata anni fa, quando
ero ancora uno studentello di medicina. Che ricordi in questa stanza.
Osservo tutte le foto e i poster come se fosse la prima volta che li
vedo ammirandone ogni dettaglio. Mi ero quasi dimenticato quella vita
spensierata di un tempo, ahimè, troppo lontano. Che cosa
darei per tornare indietro. Appoggio il borsone sul letto estraendone
solamente il necessario per riposare, il jet-lag inizia a farsi sentire
forte e chiaro ed il mio corpo necessita di ricarburare. Mi faccio una
doccia veloce e mi adagio comodamente sul letto pronto a chiudere gli
occhi stanchi. Inizio a sentire le palpebre pesanti ma il suono del
cellulare mi riporta al presente. Dannazione, credevo di aver messo la
vibrazione! Con l'ansia che si tratti del Lennox, afferro
quell'aggeggio malefico e mi sorprendo nel leggere il nome di Ella sul
display.
«
Ella, va tutto bene? » Non le faccio neanche aprire bocca
esordendo con la mia domanda.
«
Devon ciao, oh sì sto bene. Scusami se ti ho disturbato
così presto, ma mi hanno chiamata dall'ospedale per dirmi
che le analisi sono pronte. Tu sei lì? Così
magari le vediamo insieme. » Già, non sa che sono
a Londra. Solo Richard n'è a conoscenza e a quanto pare non
l'ha condiviso con Ella, giustamente. Controllo l'orologio e constato
che sono le tredici perciò a New York sono le otto del
mattino.
«
Finalmente sono pronte. Al momento non sono in città ma a
Londra per un affare di famiglia. Sarò di ritorno tra un
paio di giorni. Se non vuoi aspettare me, ti posso dare il nome di
qualche mio collega... » Aspetto in linea la sua risposta
grattandomi il capo con una mano.
«
Ah... Sei a Londra. » È sorpresa, ma era ovvio.
« Sai che non mi piacciono i dottori e poi mi fido solo di
te... Ti aspetto. » Sorrido fissando un punto impreciso del
soffitto.
« Come desideri. Non inciampare in giro in mia assenza, mi
raccomando. »
« Certo che no, Devon. Aspetto te per cadere, così
sono certa che ci sarà qualcuno a prendermi. »
Questa sua frase sembra voglia significare molto di più
dell'apparenza. Resto per qualche secondo in silenzio prima di
risponderle, non essendo sicuro di ciò che sto per dire.
«
Puoi contarci Ella. » Alla fine l'ho detto ed è
così. Piano piano quella stramba ragazza che ho salvato da
un brutto incidente, si è rivelata essere molto di
più di una ragazzina all'apparenza maldestra ed indifesa.
Maldestra lo è di sicuro, però ha molto altro
dentro che fa fatica a far emergere per paura di scottarsi. Siamo molto
più simili di quanto crediamo nonostante veniamo da due
mondi completamente diversi. La connessione che avverto quando stiamo
insieme, ci mantiene in un equilibrio precario. Se uno dei due dovesse
superare il confine, trascinerebbe inevitabilmente l'altro con
sé e dal mio lato ci sono solo tenebre alle quali non deve
avvicinarsi. Non se lo merita e farò di tutto per tenerla
lontana.
Ella's
pov
La
suoneria del cellulare rimbomba incessantemente impedendomi di
ignorarlo oltre. Sono appena le sette e mezzo del mattino, chi vuoi che
sia già impiedi a quest'ora? Mi giro dall'altro lato
afferrando il telefono. Numero sconosciuto. Rispondo ugualmente per
capire chi sia.
«
Pronto...? »
« Salve, parlo con Ella Davis? »
« Sì, sono io mi dica. »
« Sono Angie Stone e chiamo dal laboratorio di analisi del
Lennox Hill per avvertirla che i risultati delle sue analisi sono
finalmente pronti. » Me n'ero quasi dimenticata.
«
Bene, quando posso venire a ritirarli? »
« Anche stamattina dalle otto e mezza in poi. »
« Grazie mille. Arrivederci. » Ripongo il cellulare
sul comodino sedendomi sul letto e sbadigliando rumorosamente. Ho
dormito malissimo questa notte e quando finalmente ero riuscita a
prendere sonno, il telefono mi ha riportato bruscamente alla
realtà. Che tristezza, ma almeno avremo queste benedette
analisi una volta per tutte.
Riluttante metto piede fuori dal letto infilandomi subito sotto la
doccia per distendere i nervi e scacciare via il sonno.
Dopo una buona mezz'ora, mi sento finalmente più fresca e
soprattutto più sveglia. É ora di chiamare Devon
per dirgli delle analisi e per sapere quando potrà visitarmi
così chiudiamo questa storia. Afferro nuovamente il
cellulare tentennando nel comporre il numero ma alla fine mi decido e
premo il tasto verde.
Non mi aspettavo che fosse a Londra, mi ha stupita. Aveva detto che da
quando si è trasferito qui, non ci aveva messo
più piede anche a causa dei suoi genitori. Ma a quanto pare
gli affari da nobile devono averlo risucchiato nuovamente in Europa*.
Questo vuol dire che se ne parla fra qualche giorno per avere un suo
parere, ma mi vesto ugualmente per andare a ritirare questi risultati.
Audrey si è offerta di darmi uno strappo al Lennox e di
conseguenza a lavoro, poiché distano di poco, appunto. La
ringrazio con un bacio sulla guancia non prima di averle promesso di
farle sapere qualsiasi cosa, bella o brutta che sia, sulla mia salute.
Mi dirigo all'entrata e vengo accolta dalla stessa receptionist
dell'altra volta che mi sorride gentile.
«
Salve, dovrei ritirare delle analisi a nome Ella Davis. »
« Salve, aspetti un attimo. » Si allontana
lasciandomi sola davanti al bancone sul quale picchietto le unghie in
attesa di un'anima che si faccia viva.
Mi guardo intorno e osservo i pazienti e i medici che sgattaiolano da
una parte all'altra di fretta e furia. Queste pareti bianche mettono
ansia. Dopo qualche minuto dalle mie riflessioni, appare un'altra donna
sulla trentina, alta con i capelli corvini raccolti in una treccia.
«
Salve! Sono Angie Stone con la quale ha parlato prima. » Mi
sorride cordiale mostrando la sua dentatura perfetta.
«
Oh salve, piacere di conoscerla. » Ricambio il sorriso
attendendo che finalmente qualcuno mi dia le mie analisi. Quanto devo
aspettare ancora?
«
Ecco a lei la sua cartella. Metta una firma qui...» Mi porge
una busta bianca nella quale ci sono tutti i miei esami. Mi allunga poi
una penna che afferro per lasciare un mio autografo nel punto che
m'indica.
«
Ecco fatto. » Esclamo restituendole la penna che la donna
infila nella tasca del camice.
«
É stato un piacere fare la sua conoscenza, il dottor
Reinfield teneva molto a queste analisi.» Mi sottolinea
sorridendomi in modo strano.
«
Il piacere è reciproco. Beh, forse perché le ho
fatte parecchio tempo fa e non sono stata benissimo. In ogni caso
è stata molto gentile ad occuparsene personalmente.
» Leggo solo ora il cartellino che la donna porta in petto
sul quale apprendo che si tratta del capo tecnico del laboratorio. Le
sorrido ancora una volta sperando che la conversazione sia finita qui.
Non vorrei sentirmi troppo a disagio con questo argomento. La
dottoressa sembra leggermi nel pensiero perché annuisce e mi
congeda.
«
Ho svolto solo il mio lavoro. Arrivederla.»
« Arrivederci. »
Lancio
un'ultima occhiata nella sua direzione per poi precipitarmi all'uscita
dell'ospedale. È una gioia poter respirare dell'aria fresca.
L'odore di disinfettante mi aveva praticamente invaso il cervello. Oggi
era più penetrante del solito o forse era solo una mia
impressione essendo agitata per questi risultati. Dovrei iniziare a
leggerli o li apro direttamente con Devon? Tanto non credo che ci
capirei qualcosa, in effetti. Mi siedo sulla panchina al di fuori del
Lennox osservando la cartella bianca con il mio nome scritto sopra. Non
so che fare. Potrei aprirli e cercare di capirci qualcosa rischiando di
allarmarmi inutilmente, o potrei aspettare qualche giorno. In fondo
cosa cambia arrivati a questo punto? Mi convinco di questa idea e
ripongo tutto in borsa attendendo qualche minuto prima di alzarmi per
andare. Sono un tantino spossata questa mattina... Se Sidney se ne
accorge, mi mangerà al lavoro! Con questa immagine nella
testa, mi dirigo velocemente al Cloe's showroom per evitare che inizi
già a rimproverarmi per il ritardo. Per miracolo arrivo
anche in anticipo approfittandone per comprarmi la colazione che non
sono riuscita a fare prima di uscire di casa. Tanto per affogare i
dispiaceri in qualcosa di zuccheroso, prendo una ciambella al
cioccolato strapiena e un cappuccino ricordandomi di quando costrinsi
Devon a prendere il tortino caldo solo per dimostrargli che era
più buono del resto. I miei pensieri tornano sempre a lui,
maledizione. Chissà perché é tornato a
Londra. Colpa di Summer? Della famiglia che si ostina a volerlo
inserire negli affari che spettano ai nobili? Mi chiedo come dev'essere
vivere in quell'ambiente. Suppongo sia molto stressante dal punto di
vista delle relazioni pubbliche che bisogna comunque mantenere. Non
potrei mai adattarmi ad un posto del genere, dove si preferisce
l'apparenza ai valori che contano. Spero che gli stia andando tutto
bene, in ogni caso. Getto nel cestino il bicchiere del cappuccino
terminato ed entro nel negozio pronta ad iniziare una nuova giornata di
lavoro.
Devon's
pov
Per
fortuna che mi riprendo velocemente dal jet-lag e che sono abituato a
dormire poco perché, tempo un paio d'ore di riposo che i
miei genitori mi hanno felicemente comunicato che dovremmo presenziare
alla famosa cerimonia di cui tanto si vociferava, che si
terrà questa sera stessa. Lo sapevo, come sapevo che mia
madre avrebbe fatto confezionare un abito su misura a priori.
Ovviamente non posso rinunciare, altrimenti me ne stavo a New York, e a
malincuore mi trascino insieme a loro a quest'evento. Si tratta del
consiglio annuale nel quale si discute di questioni nobiliari fra le
varie famiglie di questo rango, appunto, del quale non so nient'altro.
Non mi sono mai piaciute queste cose quindi semplicemente non me ne
interesso. Mi limiterò a fare da presenza, almeno
potrò bere tutti i drink che desidero. La cerimonia
è ospitata da uno dei signori che ha messo a disposizione la
propria villa per questa "festa". L'interno è molto moderno
rispetto a come si presenta l'esterno e alle otto di sera pullula
già di nobili altezzosi vestiti di tutto punto che fingono
di interessarsi a questa riunione, definiamola così.
Girovago insieme ai miei genitori per la sala adibita a questa serata e
appena mi distraggo un minuto per afferrare il drink che mi offre la
cameriera, trovo Charlotte accanto a mia madre che le sorride
raggiante.
«
Sempre ad ubriacarti tu, eh? » Sono le prime parole che mi
rivolge dopo più di un anno che non ci vediamo.
«
Le vecchie abitudini sono dure a morire.» Le rispondo alzando
di poco il calice per poi assaggiarne il contenuto ed accogliere
Charlotte in un abbraccio.
Mia madre ha sempre avuto una preferenza per lei cercando di farmela
sposare in tutti i modi. Ci conosciamo da quando eravamo bambini
essendo anch'essa figlia di nobili e frequentando gli stessi ambienti.
Ci accomuna il non sentirci propriamente a nostro agio in questo ruolo
che ci è stato affibbiato dalla nascita, anche se Charlotte
è sempre stata più brava di me ad adattarsi.
«
Come darti torto. Che ci fai a Londra? » La donna dai capelli
dorati ed occhi azzurri, mi sorride curiosa mentre i miei si
allontanano per lasciarci parlare così ne approfitto per
fare due chiacchiere con la mia vecchia amica. Se mia madre non ci
avesse messo il suo zampino, sono certo che la nostra amicizia sarebbe
durata anche di più dato che Charlotte è una
delle poche donne con la quale riesco ad andare d'accordo da sempre.
«
Lunga storia, considera solo che c'entra una donna oltre che il mio
stufarmi facilmente di stabilirmi in una città fissa.
» Nasconde una risatina conoscendo perfettamente i miei
problemi con il genere femminile. Lo ammetto, ho la capacità
di farmi incastrare continuamente da loro...
«
Non avevo dubbi, guarda. Sarà mica la ragazza della quale ho
sentito parlare dai gossip? » Oh no. Se lo sa lei, presto
anche mia madre lo verrà a sapere....
«
La mia fama mi precede fino a questo punto? Mh, non me lo aspettavo.
» Sdrammatizzo.
«
Beh, riesci a farti paparazzare anche dall'altro capo del mondo!
» Scoppia a ridere e in men che non si dica, mia madre
esclama un "Perché non me l'hai detto?!?" frapponendosi tra
me e Charlotte. La guardiamo entrambi perplessi finché non
si spiega meglio.
«
Devon, figlio adorato, da quanto stai con questa ragazza? »
Mi mostra la foto di me ed Ella sul balcone a quel dannato party.
Sbuffo stufo che ogni essere vivente abbia frainteso una stupida foto.
«
Mamma sai meglio di me come funzionano i gossip, dai... »
Charlotte dal canto suo se la ride, sapendo perfettamente come avrei
reagito. Non a caso ella è l'unica che non ha presupposto
niente fino ad adesso.
«
Sì, certo, ma ce l'hai in braccio! Che cosa dovrei mai
pensare? E dimmi, di quale casata è? È una
nobildonna americana? » Mio dio, salvatemi prima che commetta
un omicidio. Di sicuro movimenterei un po' la serata visto il tale
mortorio.
«
Niente di tutto ciò, madre. È una mia paziente,
tutto qui. » Sembra quasi che lo stia dicendo per convincere
me stesso più che loro.
«
Mh... me lo diresti se avessi una fidanzata, vero? » Annuisco
e riusciamo finalmente a passare ad un altro argomento accantonando
questa storia in modo definitivo.
La
serata passa così lentamente che stento a credere a come sia
riuscito ad uscirne vivo, stendendomi finalmente sul letto pronto a
terminare qui la giornata. Mi volto più volte sotto le
coperte non riuscendo più a chiudere occhio. E pensare che
sono già le tre e mezza di notte, ma il sonno sembra essere
scomparso del tutto. Mi alzo e faccio un giro perlustrativo nella mia
vecchia casa, la stessa che mi ha visto crescere e diventare la persona
che sono adesso. Quanti ricordi che sono racchiusi tra queste quattro
mura, forse ho fatto davvero bene a tornare, interrogatori di mia madre
a parte. Afferro il cellulare controllando le mail e i vari messaggi di
lavoro rispondendo a parte di essi finché non ne invio uno
ad Ella. A New York sono le otto e mezzo del mattino.
"
La nostra foto sta facendo furore. È arrivata anche qui a
Londra nelle mani di mia madre, immagina. " Mi risponde dopo qualche
minuto.
"
Sono sconvolta. Che cosa ha detto tua madre, comunque? "
"
Si è fatta i suoi soliti film mentali. Niente di strano. "
"
Devi seriamente rivedere la tua concezione di strano..."
"
Spiritosa. "
"
A Londra è notte fonda, che ci fai sveglio?" Colpa della
cara e vecchia insonnia.
"
Non riesco a prendere sonno, colpa del fuso orario sicuramente..."
"
Hai provato con del latte caldo o della camomilla? "
"
La camomilla non mi piace e non mi va di preparare il latte."
"
Sei impossibile..."
"
Ne sono consapevole. Ora provo a dormire, ci vediamo fra qualche
giorno. Buona giornata Ella. "
"
Va bene, buonanotte Devon. "
Si
conclude così la nostra conversazione mentre faccio per
ritornare a letto prima che mia madre si accorga del baccano e venga a
farmi qualche altra domanda inopportuna. Una volta in camera, mi stendo
sul materasso e sprofondo nel mondo dei sogni una volta per tutte.
Angolo
autrice:
Buon San Valentino!
Allora, secondo voi Devon ha fatto bene a tornare a Londra? Quanto
è rompiscatole sua madre? A questa rispondo io, tantissimo!
Al prossimo capitolo per la famosa visita di Ella.
Mi raccomando ingozzatevi di cioccolatini oggi!
Kisses.
*Ps:
Anche se in effetti non l'ho mai specificato, la storia risale a tre
anni fa quindi il Regno Unito faceva ancora parte dell'Unione Europea.
|
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Capitolo 27 *** Capitolo 25 ***
Devon's
pov
Le
giornate a Londra non sono state poi così male, riunioni e
congressi a parte, e quasi mi dispiace dovermene andare così
presto. Soprattutto speravo d'incontrare mia sorella che a quanto pare,
non tornerà in città prima di qualche settimana.
Sono in procinto di ripartire alla volta di New York con il Jet che mia
madre mi ha riservato con tanto amore affinché "non viaggi
in quegli scomodi aerei comuni", sue testuali parole. Hai voglia di
farle capire che non è così, ha la testa dura
come un cocco quella donna. Mi chiedo come mio padre riesca a
sopportarla tutti i giorni, ma forse con lui si sfoga meno che su di me.
«
Fa buon viaggio tesoro. Chiama quando arrivi, mi raccomando. Ti voglio
tanto tanto bene. » Mi si accolla rubandomi il fiato per
qualche minuto. Ricambio l'abbraccio baciandole poi la guancia.
«
Certamente mamma. Ci vediamo presto. » Mi lascia andare
così saluto anche mio padre e mi volto verso Alfred che
afferra prontamente i miei bagagli conducendomi all'uscita.
Con mia sorpresa ci trovo Charlotte, che appena mi vede, mi corre
incontro.
«
Devon stai partendo? Fai ritorno nella grande mela senza salutarmi?
»
« Ti avrei chiamata, scusami. » Scuote la testa e
mi porge una bottiglia di vino bianco.
« In ricordo dei vecchi tempi. » Mi sorride e mi
abbraccia fugacemente. Ricambio il tutto afferrando la bottiglia di
vino.
Da ragazzi eravamo soliti prenderle dalla cantina del padre di
Charlotte per poi berle insieme dimenticando per un po' i nostri doveri.
«
Grazie Charlotte... » Le sorrido e finalmente mi accomodo in
auto salutando amici e familiari dal finestrino con un cenno della mano.
-----------------------------
Il
volo di ritorno è stato piuttosto tranquillo ed il vino era
proprio buono, come lo ricordavo. Atterro a New York che sono le sei
del mattino, perciò, faccio velocemente ritorno al mio
appartamento. Vorrei approfittare della mattinata per riposare un po'
così il pomeriggio andrò allo studio privato per
le visite lasciando il Lennox come ultima spiaggia.
Appena metto piede in casa, l'odore di lavanda mi riempie le narici.
Martha ha l'abitudine di utilizzare tutti i detersivi e profumi alla
lavanda, appunto, essendo il suo aroma preferito e a me non dispiace,
dopotutto.
Lascio cadere il borsone sul pavimento e mi godo il silenzio
dell'appartamento avanzando man mano nel salotto buio. Accendo le luci
e mi lascio andare sulla sedia e contemplo la solitudine che lentamente
si abbatte su di me.
Prima che la stanchezza prenda definitamente il sopravvento, mi
assicuro di mandare un paio di messaggi a Rose, uno ad Ella nel quale
le do disponibilità per la visita questo pomeriggio allo
stesso orario di sempre, ed infine uno a Richard per fargli sapere che
sono sopravvissuto.
Ovviamente non può mancare una chiamata a mia madre.
Svolgo
tutte le mie azioni abitudinarie, mi svesto, faccio una doccia calda e
rilassante, svuoto la valigia mettendo in ordine i vari indumenti,
rispondo a qualche mail e mi stendo sul letto più stanco di
prima, infatti, mi addormento subito.
Mi sveglio alle dodici in punto e controllo il cellulare per vedere se
qualcuno mi ha cercato.
Leggo i messaggi di Richard ed Ella che recitano rispettivamente:
"
Quella pazza di tua madre come sta? Ti hanno fatto fare il damerino
anche questa volta? Contento che tu sia vivo, amico. "
Digito
velocemente una risposta altrettanto sarcastica per Rick.
"
Sì, sono libera. Ci vediamo alle 19 nel tuo studio. A dopo! "
Leggo
il messaggio di Ella e poi passo a quelli di lavoro. Mi stressano anche
quando non sono presente fisicamente! Non ho il dono
dell'ubiquità, purtroppo per loro. Vorrà dire che
si beccheranno una strigliata domani mattina non appena
metterò piede in ospedale ed ecco uno dei motivi per il
quale preferisco fare studio oggi pomeriggio, almeno lascerò
lo stress a domani cercando di prolungare, per quanto mi sia possibile,
questa apparente tranquillità dovuta al breve viaggio.
Chiudo tutto e mi alzo dal letto ravvivandomi i capelli con una mano e
dirigendomi verso la cucina per pranzare. Ero certo che Martha non mi
avrebbe lasciato digiuno al mio ritorno, infatti, in frigo trovo
ciò che mi ha conservato, così devo solo
riscaldarlo ed è fatta.
Mi gusto le prelibatezze della mia domestica accendendo la tv sul
telegiornale. È incredibile quanto ormai dia più
notizie negative che positive, sempre se ce ne sono, infatti, finisco
per spegnerlo dopo neanche due minuti e la stanza risprofonda nel
silenzio. Sono questi i momenti peggiori, i momenti nei quali mi sento
sempre più solo finendo per pensare al passato, ancora
troppo doloroso affinché riesca ad andare avanti.
È trascorso solo un anno e mezzo e a quanto pare, ho ancora
bisogno di tempo per dimenticare e vivere la mia vita, ammesso che ci
riesca davvero.
Accantono il piccolo pranzo che stavo gustando per prepararmi
psicologicamente al turno in studio. Certo, potrei restare a casa, ma
che senso avrebbe?
Non ho nulla da fare qui, tanto vale farsi la croce e occuparsi della
salute dei miei pazienti.
Con questo pensiero e con molta calma, mi vesto e prendo tutto il
necessario per affrontare il turno. Che strano, Summer non mi ha ancora
chiamato e assillato perché non le ho detto che sono tornato
da Londra. Meglio così!
Recupero le chiavi dell'auto ed il giubbotto partendo così
alla volta di Maine Street.
-------------------------------------
Adoro
i miei pazienti dello studio tranne quando si mettono ad urlare mentre
aspettano nella sala affianco. Sono tutti così cordiali e
riconoscenti del mio operato, soprattutto quando do loro risultati
positivi, che mi fanno innamorare del mio lavoro ogni volta di
più. Infatti, mi rilasso completamente nel pomeriggio
durante le varie visite che si susseguono rapidamente una dopo l'altra.
«
Rose abbiamo finito? » Le chiedo verso le sei e
quarantacinque quando fa capolino nel mio studio.
« Sì, dottore! Oggi abbiamo fatto prima.
» Mi sorride contenta di poter tornare a casa in anticipo,
giustamente.
« Benissimo. » Mi alzo dalla mia postazione dandole
i vari referti che si sono accumulati in queste ore.
« Metti pure in ordine questi nelle varie cartelle e quando
hai finito puoi andare a casa.» Le dedico un piccolo sorriso,
sono di buon umore oggi. Rose li afferra servizievole e scompare alla
sua scrivania.
Mi
rilasso questi quindici minuti mentre aspetto che arrivi anche l'ultima
"paziente" della giornata. Non devo attendere più del dovuto
perché alle sette in punto, wow è stata puntuale,
la vedo fare la sua comparsa nell'ingresso. Rose, che a quanto pare ha
appena terminato il suo lavoro, sopraggiunge guardando prima Ella e poi
me con aria interrogativa. Starà sicuramente pensando a cosa
ci faccia qui poiché le avevo confermato che potesse andare
a casa.
Ci fissiamo per un attimo tutti e tre, dal mio canto sto aspettando che
una delle due parli. Comincia Rose facendosi avanti.
«
Ehm... Dottore, avrei finito di riordinare quei fascicoli. »
« Perfetto, cosa fai ancora qui, allora? Vai pure a casa.
» Mi guarda perplessa, da un'ultima occhiata ad Ella e poi
annuisce sparendo dalle nostre viste più imbarazzata che mai
neanche avesse visto chissà che cosa. È troppo
timida quella donna...
«
Perché terrorizzi sempre quella povera ragazza? »
Mi canzona bonariamente Ella entrando finalmente nella stanza. Fin ad
ora era rimasta ferma nel corridoio osservando la scenetta.
«
Non lo faccio, è lei che è troppo
suscettibile...» Mi sistemo il camice notando che Ella non si
è ancora levata il giubbotto che la copre fino alle
ginocchia. Mi accomodo sulla mia poltrona indicandole una delle due
sedie poste di fronte a me.
«
Vieni, accomodati... » La incito a sedersi così
possiamo dare inizio alla visita. Fa come le dico aprendosi il
soprabito, finalmente, rivelando il suo abbigliamento.
Non ci credo l'ha fatto sul serio! Ed io che scherzavo...
Indossa un abitino nero stretto che le fascia perfettamente il corpo
circondando le sue forme e una scollatura sul davanti non troppo
profonda e per niente volgare. Accavallando le gambe, mi offre la
visuale su ciò che credevo fossero semplici calze mentre,
invece, scopro essere il mio capo d'abbigliamento preferito: le
autoreggenti!
È evidente che deve aver preso le mie parole come una sfida.
Non so se esserne affascinato o stupito, forse entrambe le cose. In
ogni caso, si prospetta essere una visita molto interessante.
Ella's
pov
Sono
letteralmente sommersa dai miei disegni. Centinaia di fogli sono sparsi
sul pavimento della mia camera in attesa che decida il loro destino.
Molti sono incompleti perché non ho abbastanza ispirazione
per finirli così li lascio in sospeso. Molti altri sono
appena accennati e mi sa che è il caso di gettarli a questo
punto.
Pochi sono invece finiti e, infatti, sono gli unici che sto cercando di
sistemare nella mia cartella azzurra. Scrivere la tesi sta diventando
più complicato del previsto ma se non mi sbrigo,
sarà un bel problema per me. Sbuffando mi alzo dalla mia
postazione e raccolgo tutte le cianfrusaglie che ho lasciato in giro.
Questa stanza fa sempre pena, maledizione. Ed io che provo a tenerla in
ordine! Oggi non sono proprio dell'umore giusto quindi, dopo aver
buttato parte dei miei schizzi, mi stendo sul letto sprofondando sul
materasso. Che vitaccia quella degli artisti! Se non hai ispirazione
sei fottuto, ne va della tua carriera e nel mio caso della tesi.
Mi rotolo un po' nel letto in cerca della giusta posizione, quando il
"din" del cellulare mi fa letteralmente saltare dallo spavento. Con il
cuore ancora in gola, mi metto subito seduta quando leggo il mittente.
È Devon che mi chiede se oggi alle diciannove sono libera
per la visita. Ma certo che sì! No, aspetta.. meno
entusiasmo... meno entusiasmo, Ella. Mi ripeto mentalmente aspettando
di proposito qualche minuto prima di rispondergli e confermargli la mia
presenza. In questi giorni nei quali è stato a Londra, ho
veramente utilizzato tutta la mia forza di volontà per non
pensarlo o scrivergli ma se lo fa lui per primo come faccio?! Sembra
che lo faccia quasi apposta, ma ovviamente non sa ciò che
provo io, quindi è improbabile. Mi sono continuamente
ripetuta che "dopo la visita basta contatti", ma chi voglio prendere in
giro?
Poi ci si mettono anche i miei amici con la storia "se non glielo dici
non lo saprai mai", ma non capiscono che è una questione
delicata e potrei peggiorare tantissimo le cose soprattutto con quella
pazza di Summer tra i piedi disposta a fare carte false per lui.
Mi alzo dal letto, ormai sono troppo sveglia, e vado nel salotto da
Audrey per capire cosa sta facendo di tanto impegnativo da non
proferire parola da ore. Troppo strano per lei.
«
Ehi, cosa fai? » Mi accoccolo contro la sua spalla sbirciando
lo schermo del suo pc. Sta sfogliando varie foto di servizi fotografici
fatti da altre modelle.
«
Ella, ciao. Beh niente, cerco di capire cosa desidera il pubblico.
» Alzo un sopracciglio confusa.
«
Ovvero...? »
« Ovvero voglio capire cosa piace alla gente per migliorare i
miei servizi. »
« Credo che tu possa piacere indifferentemente,
guarda...» Faccio spallucce, è la
verità. Non ha bisogno di inventarsi chissà quale
strategia. Ma poi non sta alla sua agenzia farlo?
«
Sei troppo buona. Comunque per oggi basta.» Abbassa lo
schermo del pc poggiandolo sul tavolino di fronte a noi.
«
Non vai al lavoro? » Le chiedo, sperando che mi lasci la
macchina così faccio prima ad andare allo studio di Devon
non essendo vicinissimo.
«
No, oggi no. Credo che dopo uscirò con Ashley che voleva
vedere non so che cosa in quel negozietto all'angolo che vende cose
strane... »
« Sì... ho capito. Quindi posso prendere la tua
macchina? » Le faccio gli occhietti dolci guadagnandomi una
sua occhiata curiosa.
«
Che ci devi fare? »
« Devo andare a farmi leggere le analisi. »
« Ah, devi andare da Devon! » Mi lancia una delle
sue occhiate maliziose. Dal mio canto alzo semplicemente gli occhi al
cielo.
«
Sì, me la presti o no? »
« Certo, come desideri. Sai già dove trovare le
chiavi. »
« Grazie! » Mi alzo dal divano e afferro
velocemente le chiavi per evitare di dimenticarle. Conoscendomi
succederebbe sicuramente.
--------------------------------------
Sono
in macchina diretta in direzione dello studio medico del caro dottor
Reinfield. Ho preso tutto il necessario ed ho riposto accuratamente in
borsa la cartella con gli esami svolti. Speriamo mi dia buone notizie...
Arrivo dopo una ventina di minuti, non c'era praticamente traffico,
lasciando la macchina nel primo posto libero che per fortuna
è proprio sotto lo studio. È evidente che
è orario di chiusura, insomma. A passo svelto mi fiondo
all'interno percorrendo la strada a me già nota. Controllo
l'orologio e constato che sono le diciannove, sono puntuale, miracolo!
Salgo con calma le scale giungendo nel piccolo corridoio che porta allo
studio del dottor Reinfield. Chissà se ha già
finito o sono arrivata troppo presto..
Mi guardo intorno e proprio quando sto per fare la mia comparsa,
l'assistente di Devon, credo si chiami Rose se non ricordo male, spunta
dal nulla con dei fogli in mano. C'è un silenzio molto
imbarazzante tra noi tre, ma alla fine si decidono a parlare e la
poverina viene congedata. Dev'essere un trauma lavorare per lui dato
quanto sia lunatico alle volte!
Mi schiarisco la voce rompendo il ghiaccio con una battuta per poi
accomodarmi di fronte a lui. Come sempre indossa il camice dal quale si
intravede una camicia di colore azzurro chiaro. Sembra più
rilassato, il viaggio a Londra deve avergli fatto più che
bene.
Appoggio la cartella con gli esami sulla scrivania che ci separa
tenendomi stretta il cappotto. Non so per quale motivo l'abbia fatto,
mi ero ripetuta più volte che dopo la visita non lo avrei
più cercato, ma non ho potuto resistere alla tentazione. Non
dimentico facilmente le cose, soprattutto le sfide che accetto come
quella tra me e Devon per quanto riguarda l'abbigliamento che avrei
dovuto indossare alla prossima visita.
Tentenno perché non so se sto facendo bene o se sto
peggiorando le cose, ma ormai sono qui tanto vale giocare tutte le
carte. Mi sfilo, quindi, il soprabito scoprendo il mio jolly.
Ovviamente non ho indossato niente di esagerato, non è nel
mio stile, ma ho osato con un abito più aderente del solito
e anche parecchio più corto. Il pezzo forte dell'outfit sono
senza dubbio le autoreggenti che mi ha regalato Audrey tempo fa, nella
speranza che prima o poi le mettessi. Eccola accontentata! Devo dire
che sono niente male e per nulla scomode, anzi. Seguo lo sguardo di
Devon che cade inevitabilmente sulle mie gambe quando le accavallo
mostrando le autoreggenti.
Il mio intento è di vincere la scommessa e constatare la sua
reazione, niente di più. Avevo deciso che dopo questa visita
avrei chiuso questa storia, ma mi devo togliere la curiosità
di capire se davvero gli sono completamente indifferente oppure no. Nel
caso in cui lo fossi, non esiterei a farmi da parte. Richard mi ha
raccontato di come Devon sia sempre molto sicuro e che sa perfettamente
cosa vuole e cosa no e non si fa problemi a respingere o rifiutare
qualsiasi persona se sa di non volerci avere a che fare. Se dovesse
essere questo il caso, bene, ne prenderò atto e
sparirò dalla sua vita.
Angolo
autrice:
Buon
pomeriggio, lettori! Finalmente siamo in procinto di scoprire questi
maledetti risultati, ma soprattutto, possiamo constatare che Ella ha
tenuto fede alla scommessa fatta. Secondo voi come procederà
la visita? Lo scopriremo settimana prossima!
Fatemi sapere cosa ne pensate con una recensione.
Kisses.
|
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Capitolo 28 *** Capitolo 26 ***
Ella's
pov
«
Come ti senti oggi? » Mi domanda il dottore dall'altro lato
della scrivania sporgendosi su di essa.
«
Non male. Ti ho portato le famose analisi. È stata molto
gentile la tua collega... Angie. » Gli allungo la cartellina
bianca. Mi guarda sorpreso afferrandola subito dopo.
«
Te le ha consegnate lei in persona..? » Beh sì, ma
perché si sorprende tanto?
« Sì, perché? »
« Nulla. » Scrolla le spalle girando la busta per
aprirla.
« Non l'hai nemmeno aperta? » Sorride alzando lo
sguardo su di me.
« Non ci avrei capito nulla, tanto valeva aspettare.
» Strano per me, poiché sono sempre molto curiosa
di solito, forse non quando le cose riguardano me stessa...
Annuisce
e finalmente tira fuori i referti osservandoli attentamente. Rassegna i
vari risultati con il suo sguardo attento mentre aspetto che mi dica
qualcosa. Che ansia! Dopo qualche minuto di silenzio, si alza dalla sua
poltroncina e viene dalla mia parte facendomi cenno con la testa di
seguirlo. Mi sta inquietando, ma tanto lo fa sempre, perciò
faccio come mi dice restando ferma davanti a lui alzando lo sguardo
solo quando mi prende il viso tra le mani. Lo solleva di poco per
controllarmi gli occhi, suppongo. Si allontana poco dopo e mi rendo
conto di aver trattenuto il fiato fino ad ora. È sempre dura
reggere il suo sguardo di ghiaccio. Afferra lo strumento per misurare
la pressione e mi fa cenno di accomodarmi sul lettino. Seguo le sue
direttive, impaziente di sapere che cosa ha intuito dalle analisi.
«
Stai benissimo, Ella. Sei leggermente anemica ma nulla che un po' di
ferro non possa curare. Credo che giochi un ruolo fondamentale lo
stress per quanto riguarda i giramenti di testa e le fitte. »
Sembra quasi più sollevato di me mentre parla e mi spiega la
situazione. Finalmente ho la conferma di non avere nulla di grave!
«
È un sollievo, ero un po' preoccupata. » Ammetto
seguendo i suoi movimenti finché non mi lascia andare il
braccio.
« Non c'è più motivo di esserlo.
» Torna verso la scrivania dando un'ultima occhiata alle
analisi per poi chiuderle e restituirmele. Lo seguo e riprendo i fogli
riponendoli nella borsa alle mie spalle. Sento il suo sguardo su di me.
«
Sai, non credevo l'avresti fatto sul serio.» Allude alla
scommessa.
«
Ed invece... Non mi piace perdere le sfide. » Mi volto nella
sua direzione appoggiandomi al bordo della scrivania dal suo lato per
evitare di sedermi nuovamente. Devon, dal suo canto, mi scruta dalla
poltrona. Sembra divertito.
«
E poi mi hai chiesto tu di venire così. » Faccio
spallucce, come se fosse la cosa più normale da fare.
«
Devo ammettere che mi hai sorpreso...» Lo credo! Sono stupita
per prima, non pensavo sarei arrivata a fare una cosa del genere,
onestamente.
«
E ti è piaciuta la sorpresa? » Ma cosa dico? La
situazione si sta facendo strana. Evito per qualche secondo il suo
sguardo, aggiustando il bordo della calza, ottenendo un sorrisetto
impercettibile da parte sua.
«
Non sempre mi piacciono le sorprese. » Chissà
perché lo immaginavo...
« Ma questa direi proprio di sì. Viste dal vivo le
autoreggenti sono decisamente meglio. » Sorride divertito.
Inizia a fare terribilmente caldo qui dentro, così mi porto
tutti i capelli da un lato. Devon, di riflesso, si sbottona il primo
bottone della camicia. Non è solo una mia sensazione,
allora.
«
Non immaginavo questo tuo risvolto. » Non lo immaginavo
nemmeno io, figuriamoci lui. Sorride dalla sua postazione, sembra quasi
si stia beffando di me.
«
Mi hai chiesto tu di venire così, ripeto, e poi non
è carino prenderti gioco di una povera ragazza che soffre.
»
« Non lo faccio, mi sto mantenendo tanto professionale come
giusto che sia. » Non riesce a nascondere un ghigno
sporgendosi dalla poltrona. Non c'è molta distanza tra il
bordo sulla quale sono appoggiata e Devon, infatti, inaspettatamente,
allunga una mano verso un' autoreggente che sfiora con i polpastrelli.
Un brivido mi attraversa la spina dorsale.
«
Se tutti i dottori mantenessero la professionalità come stai
facendo tu, ci sarebbe molta più folla negli studi
medici.»
« Fortuna che passo la maggior parte del tempo in ospedale,
allora. Non so come tornerei a casa se tutte le mie pazienti mi si
presentassero così davanti. » Indica il mio
abbigliamento con lo sguardo. Devo dare mentalmente ragione a Richard,
comunque. Qualche chance ce l'avevo.
«
Non ci torneresti affatto, probabilmente. Cos'ha che non va il mio
abbigliamento? » Fingo di non capire, stando al suo stesso
gioco. Vorrei tanto sapere come andrà a finire questa
faccenda.
«
O ci tornerei sfinito. Sarebbe poco etico in ogni caso... Ma non si era
mai presentata nessuna così nel mio studio. »
Lascia andare l'elastico per tornare ad appoggiarsi allo schienale.
Reprimo una risata immaginandolo sommerso di ragazze pronte a saltargli
addosso.
«
Ho seguito il tuo consiglio, sei pur sempre il mio medico, no?
»
« Certo, quindi se ti avessi chiesto di venire nuda l'avresti
fatto, mh? » Replica in tono sarcastico scuotendo la testa
divertito, forse troppo, dalla scena. Dal mio canto faccio spallucce,
tanto per lasciarlo con il dubbio.
«
Non è colpa mia se ho un debole per certi capi
d'abbigliamento... » Continua lui, come per giustificarsi.
« Per cos'altro hai un debole? » Chiedo curiosa
appoggiando le mani sulla scrivania per sorreggermi.
«
Per tante cose ma sono difficili da elencare. »
« Addirittura? »
« Ci sono debolezze belle ed altre invece brutte. Un po' come
le sorprese... »
« Hai un bel modo di vedere le cose, Devon. » Non
mi aspettavo questa risposta, come sempre.
«
A nessuno piace il modo di pensare di un uomo, potresti essere una
rivelazione in questo. » Invece, vede le cose in modo molto
chiaro, almeno all'apparenza, e questo aspetto lo rende un uomo molto
sicuro di se che non può non piacere.
«
Mi sottovaluti, Devon... » Non sono stata già
abbastanza una rivelazione presentandomi in questo modo alla porta del
suo studio? Direi che ho osato anche troppo per questa volta, anche se
sembra gradire.
«
In effetti, l'ho fatto. » Mi guarda e credo che potrei anche
svenire per come i suoi occhi si posano su di me. So cosa vuole dire e
so di averlo sconvolto abbastanza con il mio atteggiamento e forse
anche confuso. Mi mordicchio il labbro involontariamente sentendo
sempre più il peso del calore della stanza piombarmi
addosso.
«
Credo mi stia venendo un infarto. » È evidente che
il cervello non comunichi più con la mia bocca dato che non
era mia intenzione rivelare il mio pensiero ad alta voce, o meglio, in
un sussurro e poco più. Devon sembra apparentemente
tranquillo, ma dopo le mie parole, si alza quasi violentemente dalla
propria poltrona ponendosi esattamente di fronte a me, a qualche
centimetro di distanza. Inizio a pensare che più che curare,
lo sta facendo esplodere il mio povero cuore scalpitante. Appoggia le
mani sulla scrivania accanto alle mie guardandomi dritto negli occhi.
Si lecca le labbra prima di parlare.
«
Cosa dovrei fare ora? » Che razza di domanda sarebbe? Mi
sembra ovvio! La vicinanza è così minima che ogni
singola particella del mio corpo freme per l'attesa. Credo di non
essermi mai sentita in questo modo e finirò per scoppiare se
non prende una decisione. Se dovesse tirarsi indietro credo che non
riuscirei a sopportarlo arrivati a questo punto, eppure il dottore mi
sta mandando segnali contrastanti e non riesco a prevedere le sue
prossime mosse.
«
Baciami, prima che mi venga davvero quest'infarto...» Gli
confesso praticamente ad un soffio dalle sue labbra. Tentenna senza
però né allontanarsi né avvicinarsi.
È tanto difficile prendere una decisione?!
«
Che fine ha fatto la tua teoria su di me..? » La fatidica
domanda. Speravo non lo chiedesse, non ora almeno, ed invece...
«
Quella teoria valeva per le donne che s'illudono. »
« E tu non t'illudi? » Non posso rispondere
perché non so cosa dirgli. Sono certa di non essere il tipo
di donna come Summer, per intenderci, ma sono altrettanto sicura che
alla fine di questa storia sarò io a rimetterci.
«
Non m'illudo Devon. » Lo dico più a me stessa che
a lui fingendo di credere realmente alle mie parole. Con un sorriso sul
viso, lo sguardo fisso nel mio, in un attimo annulla le distanze,
fiondandosi sulle mie labbra che non aspettavano altro che potersi
unire alle sue. Non baciavo un'altra persona con così tanta
foga da tempo che mi sorprendo dell'intensità che si
è creata fra noi grazie a questa vicinanza. Dei piccoli
brividi mi attraversano la colonna vertebrale mentre mi lascio
completamente andare afferrandogli le guance rese ruvide dalla poca
barba per approfondire questo contatto. Devon, invece, non perde tempo
e mi solleva per farmi sedere sulla sua scrivania alla quale eravamo
solo appoggiati fino a qualche secondo fa. Divarico le gambe, ed in un
passo, egli si trova tra di esse poggiando le sue mani sulle mie cosce
coperte dalle autoreggenti. Al suo tocco la mia pelle si infiamma, come
se avesse acceso la miccia di una bomba. È una sensazione
inebriante che mi spinge a volere di più, subito. Ho perso
completamente il controllo delle mie azioni e del mio corpo che ormai
agisce per conto suo senza che possa decidere in maniera lucida. Lo
voglio, e non ho mai desiderato nient'altro così
intensamente, come in questo momento, nella mia vita.
Devon's
pov
Non
mi sarei mai aspettato un cambiamento del genere da parte di Ella con
la quale non era successo nulla fino ad ora, ma dal momento che
è riuscita a stuzzicarmi in quel modo, ho capito che non
è solamente l'ingenua e maldestra ragazza che ho salvato da
una brutta caduta tempo fa.
Mi avvicino scaltro appoggiando le mani accanto alle sue sulla
scrivania bloccandola, così, tra essa ed il mio corpo.
Ricordo le sue bellissime ipotesi sul mio conto, che illudo le donne e
che non mi faccio scrupoli a portarmele a letto quando non conosce
affatto la mia storia e di conseguenza non può sapere se
è effettivamente così. Se lo sapesse, sarebbe
sorpresa nel constatare che è proprio il contrario e che se
devo rifiutare qualcuno, lo faccio senza rimpianti e ripensamenti.
Avevo colto un'altra immagine di Ella, diversa da quella della donna
sensuale che ho di fronte in questo momento che mi prega di porre
rimedio a quella voglia che ormai sento formicolare addosso, tanta
è la vicinanza tra di noi. Lei non s'illude? Mh, nutro
qualche perplessità in merito, ma quando me lo conferma, mi
tuffo sulle sue morbide labbra che finalmente assaporo. Non so
perché abbia ceduto alla fine, complice la vicinanza
divenuta intima, raggiungendo un possibile punto di non ritorno.
È vero che non ho legami, come è vero che
ultimamente mi sto lasciando andare più del solito. Forse
è un bene o forse è un male, fatto sta che il
bacio è divenuto rapidamente travolgente al punto che
finisco per farla sedere sulla mia scrivania, poggiando le mani sulle
sue cosce. Lo ammetto, non attendevo altro da quando si è
presentata con le autoreggenti. Compio un altro passo e mi ritrovo tra
le sue gambe mentre Ella mi afferra le guance approfondendo quel
contatto, le mie mani ancora strette sulle cosce. A dispetto di quanto
si possa pensare, non vivo spesso di questi momenti, non nel mio studio
quanto meno. L'essere inaspettato di questa situazione mi intriga e
stuzzica allo stesso tempo al punto che la lingua oltrepassa le sue
labbra alla ricerca della sua. Ella mi cinge i fianchi con le lunghe
gambe imprigionandomi tra di esse e permettendomi di esplorare il suo
corpo con le mani che risalgono sui fianchi per poi poggiarsi sulla sua
schiena. I vestiti iniziano a pesarmi addosso, primo fra tutti il
camice che tengo sbottonato sulla camicia ed i pantaloni grigi che la
contengono, stretti dalla cintura che si fa ingombrante sul ventre teso
dall'improvvisa eccitazione. Le mani di lei vagano sul mio petto alla
ricerca dei bottoni con la quale gioca. Le mordo il labbro inferiore
stringendo i suoi fianchi snelli messi in risalto dall'abito stretto.
Mi sfila il camice, così sono costretto ad allontanarmi
quanto basta per lasciarlo scivolare ai nostri piedi. Liberarsi di
quest'indumento importante per il ruolo che ricopro in questo studio,
sancisce una resa quasi definitiva. Non so che conseguenze possano
portare una resa completa nei confronti di Ella che continua ad
incitarmi. La mancanza d'ossigeno mi obbliga a interrompere il bacio,
riaprendo gli occhi per specchiarmi nei suoi. Come risposta, allenta la
presa al mio bacino guardandomi con i suoi occhioni azzurri, affannata
da quanto appena successo. Sembra confusa e sorpresa allo stesso tempo.
Meno male che poi sono io quello complicato...
Mi schiarisco quindi la voce, resa roca per il bacio, parlando
nuovamente dopo un tempo che mi è parso infinito.
«
Che succede? »
« Niente. Va tutto benissimo. » Mi risponde
fugacemente attirandomi a se per un altro bacio. Ricambio nonostante la
sua risposta frettolosa e per nulla convincente, mettendo
però un freno subito dopo, volendomi accertare che sia
davvero così.
«
Sei sicura che vada tutto bene? »
« Sì, sono sicura. Perché me lo chiedi?
»
« Perché sento che c'è qualcosa che non
va. Eravamo partiti bene, poi ti sei bloccata. » Le dico
sinceramente ciò che penso piegando il capo sotto il suo
tocco leggero e piacevole tra i capelli accarezzandole
contemporaneamente una gamba.
«
Non sono abituata a fare certe cose... è per questo.
» Si mordicchia il labbro arrossato per i baci che ci siamo
scambiati.
«
Se può consolarti, neppure io solo solito fare queste cose..
» Le sorrido incoraggiante.
«
Hai ragione, è stata un'eccezione. Non mi lascio mai andare
così... »
« E cosa ti ha spinta a farlo stavolta? Sono
curioso...» Ed è vero. La guardo intensamente
giocando con l'elastico delle sue bellissime autoreggenti. Mi guarda
sorpresa dalla domanda, immagino, lasciandomi andare i capelli.
«
Mi hai affascinata Devon. Fin dal nostro primo incontro. Hai degli
occhi magnetici...» Si apre per la prima volta, dicendomi
finalmente ciò che pensa sul mio conto.
«
Il tombino è stato galeotto? » La prendo in giro
facendo spallucce mentre Ella si prodiga a sbottonarmi i primi bottoni
della camicia.
« Per me sono solo occhi. »
Mi
passa le mani sui lembi di pelle scoperta tastandone ogni centimetro.
Il suo tocco è delicato ma allo stesso tempo deciso
così come la sua presa intorno al mio bacino. Il discorso
finisce per passare in secondo piano lasciando spazio alle azioni che
si susseguono rapidamente. Le afferro i lembi del vestito per levarlo,
scoprendo la sua pelle nuda, eccetto il completo intimo nero in pizzo.
Mi sfila la camicia dopo averla sbottonata con cura sporgendosi per
arrivare al mio collo che si premura di baciare lascivamente facendomi
sussultare quando lo morde. Automaticamente le stringo i fianchi
risalendo con le mani sul seno coperto dalla morbida stoffa
dell'intimo. Mugugno qualcosa di indefinito all'ennesimo morso
consapevole che mi ritroverò pieno di segni dopo,
raggiungendo il gancetto del reggiseno che faccio scattare con un unico
movimento delle dita. Ci disfiamo anche di quest'inutile indumento e
ottengo, così, una visuale completa del suo corpo. Mi chino
per baciargli i seni sollevando lo sguardo verso il suo per captarne la
reazione quando ci passo voluttuosamente la lingua. Mi compiaccio dei
gemiti che avverto da parte sua e non nascondo un fremito quando, un
brivido di pura eccitazione, mi avvolge le membra. Lascio andare un
sospiro facendo scivolare una mano verso il basso laddove mi imbatto
nell'ostacolo delle mutandine. Tirando indietro il bacino, riesco a
stuzzicarla, osservando la reazione di tutto il suo corpo al mio tocco.
Mi sporgo per baciarle il collo mentre Ella mi passa le dita sulla
schiena tracciandone i contorni. Ricambio il favore di prima,
mordendole il collo per marchiarlo circondando il segno rossastro con
la lingua. Con le dita mi spingo all'interno penetrandola ed
eccitandomi nel modo in cui il corpo di lei si contorce tra le mie mani
unite alle sue carezze alla schiena. È una sensazione unica,
inebriante ma è palese che non basta a nessuno dei due.
Attendo che apra gli occhi per poterla baciare nuovamente con
più passione di prima, rubandole il fiato già
affannato. Sfilo le dita dal suo intimo e non devo neanche parlare per
ottenere di più dato che Ella si prodiga immediatamente a
slacciare la mia cintura e i pantaloni diventati ormai un inutile
fardello. La bacio con intensità ingoiando i sospiri e gli
ansimi che si scontrano tra le bocche, tra i respiri spezzati
dall'eccitazione e dall'impazienza di ciò che
avverrà. Per fortuna, non ho bisogno di usare contraccettivi
poiché prende la pillola, data anche la mia avversione nei
loro confronti. Con un gesto veloce le sfilo anche le mutandine e, con
un movimento lento e deciso dei fianchi, sono dentro di lei,
strattonandola in avanti dopo averla afferrata per le cosce, in modo da
rendere l'unione il più profonda possibile. Resto fermo
qualche istante per farla abituare alla mia presenza mentre il bacio
diventa famelico, complice la recente penetrazione, che si fa sempre
più profonda. Le libero le labbra per ansimare stringendo i
fianchi di Ella come appiglio per questo rapporto che si consuma sulla
mia scrivania. Perfino il tavolo sotto di lei sussulta spostandosi di
qualche millimetro e questo rumore mi eccita facendomi sogghignare. Un
gemito mi coglie di sorpresa così come i graffi di Ella
sulla schiena. Non posso dirle apertamente che mi piacciono da morire,
ma glielo lascio intendere con mugolii d'apprezzamento. Con una mano la
guido sulla scrivania affinché si stenda, e in questa
posizione, posso ammirarla nella sua completa nudità
disinibita. Godo del mio stesso piacere muovendomi dentro di lei e
rabbrividendo per le scariche d'adrenalina che solcano la mia colonna
vertebrale insieme alle unghie di lei che accompagnano le mie spinte.
Ha già capito un mio punto debole e lo sta usando alla
perfezione. Non mi sarei aspettato quest'intraprendenza e il modo di
fare così passionale che la distinguono dalla ragazza timida
che ho salvato. Mi tira leggermente i capelli così posso
ammirarla mentre si contorce dal piacere. Sento che la fine
è vicina per entrambi, così le sussurro
all'orecchio di lasciarsi andare. Il momento tanto atteso arriva,
travolgente ed intenso per tutti e due. Mi sforzo di tenere gli occhi
aperti per guardarla all'apice dell'estasi. Ella urla il mio nome e mi
godo l'attimo dove tutto si ferma e resta solo il piacere a fare da
padrone. Deglutisco subito dopo appoggiando la fronte madida di sudore
sulla spalla di lei, prendendomi un secondo per riprendere fiato. Alzo
il viso trovando gli occhi di Ella già vigili e in attesa
dei miei. Le sorrido silenziosamente, posandole un altro bacio sulle
labbra per poi uscire da lei e porgere le mani affinché si
metta seduta. È evidente che siamo entrambi stravolti
dall'esperienza appena vissuta. Possiamo dire decisamente addio
all'equilibrio precario, appunto, che avevamo raggiunto.
Quel confine l'abbiamo superato e non sarà facile evitare le
conseguenze che ne verranno, ma in un certo senso, è stato
inevitabile.
Angolo
autrice:
Questa
volta non commento perché il capitolo parla da solo. Spero
vi sia piaciuto e ho cercato di farlo apparire il più
naturale possibile.
Vi aspettavate questo risvolto o credevate che Devon non arrivasse a
tanto con Ella?
Non vedo l'ora di sapere cosa ne pensate e al prossimo
mercoledì!
Kisses.
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Capitolo 29 *** Capitolo 27 ***
Ella's
pov
Stravolta,
scossa, confusa, felice e appagata sono tutti aggettivi che posso usare
per descrivere la moltitudine di emozioni che sento al momento. Non mi
aspettavo un epilogo di questo tipo, anche se ci speravo, ed
è stato elettrizzante lasciarmi andare in questo modo.
Dovrei decisamente farlo più spesso.
Sento ancora la pelle bruciare al suo tocco consapevole che, quasi
sicuramente, mi ritroverò con segni rossastri sparsi ovunque
ma non importa perché saranno il ricordo di questa magnifica
serata. Ci scambiamo un altro bacio prima che possa alzarsi per
rivestirsi uscendo definitivamente dal mio corpo. Dovrei essere a
disagio per essere stesa sulla sua scrivania, completamente nuda, ma la
verità é che mi sento così
confusamente felice da non farci troppo caso, non per ora almeno.
Si infila velocemente boxer e pantaloni e poi mi porge le mani
così che possa mettermi seduta. Le afferro e gli rivolgo uno
dei miei sorrisi migliori osservandolo mentre si infila anche la
camicia coprendo i suoi addominali scolpiti.
«
Nessuno avrà più dubbi sul mio nome,
ora...» Utilizza un tono scherzoso alludendo alle mie
manifestazioni di godimento non troppo silenziose...
«
Dovresti ringraziarmi, avrai molta meno folla. » Replico
altrettanto ironicamente anche perché, in ogni caso, non
c'è nessun paziente nei paraggi. Scendo dalla scrivania e
afferro il reggiseno e l'abitino nero per infilarli piuttosto
velocemente.
«
Spero non arrivino le emulatrici... » Si abbottona la cintura
dei pantaloni e si china per raccogliere il camice che poggia poi sulla
sedia. « Questa me la lasci come souvenir? » Mi
domanda porgendomi le mutandine che per la fretta non avevo neanche
notato. Si vede che siamo ancora entrambi stravolti dall'esperienza
appena vissuta.
«
Ce la faresti a tenere a bada anche loro? » Lo guardo di
sottecchi riprendendomi il pezzo di stoffa dalle sue mani infilandolo
subito. « Sono i vantaggi di avere un vestito. »
Gli faccio l'occhiolino ma la verità è che ho la
testa completamente tra le nuvole ora come ora.
«
Non mi sottovalutare ragazza! » Mi prende in giro
mentre un sorrisetto sghembo non abbandona mai il suo viso. «
A parte gli scherzi, non faccio questo genere di cose nel mio studio...
» Ammette guardandomi negli occhi.
«
Quindi sarei un'eccezione? » Non so per quale motivo l'abbia
chiesto, ma da un lato, questa rivelazione mi incuriosisce.
«
Sì, a quanto pare sei un'eccezione. » Si sbottona
il primo bottone della camicia passandosi poi una mano tra i capelli
arruffati. Riesco ad intravedere un segno rossastro sulla base del
collo. Ops, colpa mia.
«
Mi fai sentire speciale così. » Scherzo ma sotto
sotto gongolo per le sue parole apparentemente sincere.
Compie
un paio di passi e mi si avvicina nuovamente. Il battito del mio cuore
accelera istintivamente alla vicinanza con il corpo, e che corpo, del
dottore. Mi posa una mano sul fianco per poi chinarsi e rubarmi un
altro bacio.
«
Non montarti troppo la testa ora... » Mi sussurra sulle
labbra indugiando un po' su di esse per poi lasciarmi andare con una
carezza sulla guancia. Torna ad accomodarsi sulla sua poltrona
così faccio lo stesso sedendomi di fronte a lui.
«
Sai una cosa? Mi è anche passato il mal di testa!
» Pensandoci, oggi pomeriggio mi faceva un po' male ma ora
sto decisamente meglio.
«
Felice di esserti stato d'aiuto, è il mio lavoro! Sempre
meglio delle compresse, no? » Mi prende vistosamente in giro
afferrando una penna con la quale gioca, facendo scattare a ripetizione
il pulsantino automatico. Che fastidio!
«
È snervante questo rumore...» Mi appoggio con i
gomiti sulla sedia guardandolo con disapprovazione.
«
Invece a me rilassa... Quindi devo farti una prescrizione di questo
genere per il mal di testa? »
«
Sei tu il dottore qui! Fai ciò che ritieni necessario...
»
«
Allora ti prescrivo una dose giornaliera, per essere sicuri, di buon
sesso da fare quando e dove preferisci. Ecco fatto. » Mi
firma il foglio e me lo porge.
«
L'hai scritto sul serio Devon? » Scoppio a ridere quando
leggo effettivamente quanto scritto da lui sul foglio.
«
Certo che l'ho scritto. Il sesso fa bene al cuore non lo sapevi?
» Ammicca nella mia direzione appoggiandosi allo schienale
della sua poltrona. « Mi raccomando segui la ricetta alla
lettera e fammi sapere come va. »
«
La seguirò alla lettera. » Ridacchio e conservo il
bigliettino nella borsa come ricordo di questa scenetta. «
Certo e se funziona puoi provarla anche tu. » Stavolta sono
io che gli faccio l'occhiolino. « Sembri già molto
più rilassato! »
«
Magari lo faccio già, tu che ne sai? » Mi stuzzica
passandosi la lingua sulle labbra per inumidirle. «
È così evidente? Se ne accorgeranno tutti in
ospedale... »
«
Dubito che tu lo faccia già o saresti rilassato come ora,
appunto. » Mi sporgo sulla scrivania, che è
diventata la mia superficie preferita dopo oggi, per guardarlo.
«
Magari non seguo la prescrizione giornaliera... » Arriccia il
naso e la sua espressione mi fa sorridere. Su un altro foglio scrive
qualcosa che poi mi allunga.
«
Questa è la vera ricetta che devi seguire, magari insieme
all'altra. Devi assumere queste compresse dopo i pasti così
da incrementare il tuo ferro. » Ripongo anche quest'altro
foglio in borsa ringraziandolo.
«
D'accordo dottore. » Mi alzo per recuperare il cappotto.
Credo sia giunta l'ora di andarsene anche perché Audrey si
starà chiedendo che fine abbia fatto ormai. Mi segue con lo
sguardo alzandosi anch'egli dalla poltrona.
«
Che cosa farai ora?»
« Qualche idea? » Mi sembra ovvio che torni a casa,
no? Perplessa gli rispondo interrogativa volendo capire dove vuole
arrivare.
«
Iniziamo ad uscire da qui per il momento, così chiudo tutto.
» Annuisco e aspetto che prenda le sue cose e che chiuda la
stanza a chiave. Usciamo insieme dall'edificio sostando sul marciapiede
che lo ospita. Lo guardo in attesa che continui ciò che
stava dicendo.
«
È ora di cena potremmo... » Lascia la frase in
sospeso a causa del trillo del suo cellulare. Odio quello stupido
aggeggio!
«
Scusami devo rispondere... »
« Certo fa pure.. » Si allontana di poco per
rispondere, ma da ciò che gli sento dire, deve essere
successo qualcosa in ospedale.
Quando riaggancia, si volta di nuovo nella mia direzione.
«
Purtroppo c'è un'emergenza in ospedale... »
« Non preoccuparti, vai a salvare vite umane! »
Sorrido e Devon fa altrettanto. Per un attimo ho davvero creduto che
avremmo passato altro tempo insieme, ed invece...
«
Allora vado, buona serata Ella... »
« Buon lavoro... » Gli sorrido non sapendo di
preciso come salutarlo visto ciò che è successo
stasera nel suo studio. Finisco per guardarlo per qualche secondo
finché non è lui a fare il primo passo baciandomi
l'angolo delle labbra. Furbo...
Mi volto, quindi, per raggiungere la mia auto e fare ritorno a casa.
Non riesco però a smettere di domandarmi cosa sarebbe
successo se quel maledetto telefono non fosse squillato. Saremmo andati
a cena? Magari dopo a casa sua! Basta fantasticare per oggi ho dato
abbastanza meglio che torni da Audrey.
In non moltissimo tempo giungo a destinazione constatando che in tutto
ciò sono le venti e trenta.
«
Sono a casa! » Appoggio chiavi e borsa sul tavolino e mi
guardo intorno finché non sento la porta della sua stanza
aprirsi.
«
Ella! Ti stavo giusto per chiamare. Come è andata?
»
«
Oh è andata benissimo! » Un sorriso da ebete mi
incornicia il volto e ciò non passa inosservato agli occhi
della mia amica che mi scruta sospettosa.
«
E cosa ti ha detto? Le analisi? »
«
Non ho nulla che non vada Audrey. Ve l'avevo detto! » Mi
spoglio del cappotto dimenticando il mio abbigliamento che fa sgranare
gli occhi alla bionda. Sono uscita così velocemente prima
che non deve aver notato il mio outfit.
«
Ella.. wow. Che cos... NO ASPETTA! Non me lo dire, è
successo! » Si esalta come colta da un'improvvisa
illuminazione portandosi le mani sul viso. Tanto non sarei riuscita a
nasconderglielo per molto...
«
Ehm.. sì. Ci siamo baciati e poi da cosa nasce cosa... sai
come funziona, insomma.. » Arrossisco leggermente, non sono
abituata a parlare di certe cose private e un po' mi imbarazza ad
essere sincera.
«
Sono shoccata, davvero! Non credevo che insomma... brava, amica mia!
» Saltella contenta abbracciandomi felice. Ricambio la
stretta ridendo per poi guardarla negli occhi.
«
Ti sorprende così tanto ciò che ho
fatto?»
« Beh non è proprio da te, no? »
« Sì, però... » Faccio
spallucce sorridendo al ricordo delle sue mani sul mio corpo. Se chiudo
gli occhi, riesco ancora a percepire quella stessa sensazione di
piacere. Mi risveglio subito per colpa delle domande di Audrey quasi
più eccitata di me per quello che ho vissuto.
«
Dammi il tempo di una doccia e ti racconto il succo... »
Tanto non ho speranze di cavarmela con lei....
«
Vai a lavare via i tuoi peccati! » Mi prende in giro
saltellando in cucina sparendo dalla mia vista. Che impicciona..
Una
volta in bagno, mi disfo dei vestiti e delle autoreggenti, diventate da
oggi il mio indumento preferito, e dell'intimo per poi infilarmi sotto
la doccia tiepida anche se sarebbe meglio gelata per come mi sento.
Lascio che l'acqua mi scorra sul viso e sul resto della mia pelle
ancora segnata dagli eventi di oggi.
Non posso ancora credere di aver avuto davvero la faccia tosta di
presentarmi in quel modo da Devon, eppure ha funzionato. Mi sbagliavo,
un minimo di interesse lo deve avere nei miei confronti, soprattutto
sapendo le sue difficoltà a lasciarsi andare con le persone.
Senza dimenticare che mi ha considerata come un'eccezione, anche se poi
ha sminuito con ironia la sua confessione. Questa cosa mi sta esaltando
troppo e so che non dovrei essere così felice
perché non è certo l'inizio di qualcosa fra di
noi. Sicuramente abbiamo fatto qualche passo avanti superando quello
strano confine che avevamo tracciato. Non so come possa evolversi il
nostro rapporto, ma forse posso sperare che si apra di più
con me e che possa aiutarlo a stare meglio, qualsiasi trauma lo stia
affliggendo.
Esco dal box doccia avvolta da un asciugamano soffermandomi davanti lo
specchio con un sorriso stampato in viso.
Posso osservare un segno rosso alla base del collo e un'altro poco
sotto l'orecchio. Mi scopro e ce ne sono un altro paio su entrambi i
seni. La mia pelle è così chiara che si arrossa
anche solo a guardarla, figuriamoci. Lascio perdere e mi infilo
velocemente il pigiama per poi tornare dalla mia coinquilina.
«
Adesso ti riconosco! » Squadra il mio pigiamone ridacchiando
e facendomi segno di sedermi con lei.
«
Ah ah, troppo divertente. Lo sai che adoro questo pigiama. »
«
Basta divagare, voglio sapere di voi due!»
« Ok, ti racconto tutto. » Le spiego della
scommessa, di come effettivamente l'abbia provocato quel tanto che
bastava per ottenere ciò che alla fine entrambi volevamo.
Non mi dilungo sui particolari perché non mi va di
condividere momenti troppo intimi, seppur le abbia detto quasi tutto.
Soddisfatta del racconto e dopo aver ribadito più volte
quanto sia stata audace ma coraggiosa e quanto sia ancora sorpresa dal
mio comportamento, finalmente ci mettiamo ai fornelli per preparare la
cena. Sono davvero affamata e mentre la modella sceglie cosa cucinare,
non posso non pensare a come si evolverà il rapporto con
Devon e da un lato si affaccia nella mia mente la paura di aver
complicato le cose e quindi di averlo allontanato anziché il
contrario. Non posso fare altro che attendere una sua reazione cercando
di non sconfortarmi troppo. Audrey ha ragione. Devon ha davvero dato
una scossa alla mia monotona vita. Resta solo da capire se in meglio o
in peggio.
Devon's
pov
Sapevo
che l'ospedale mi avrebbe chiamato prima o poi, solo speravo non lo
facesse proprio in questo momento. Purtroppo non posso evitare di
rispondere, essendo anche stato via per qualche giorno a causa del
mini-soggiorno a Londra, perciò mi scuso con Ella
congedandola. Mi sarebbe piaciuto passare un altro po' di tempo in sua
compagnia, ma il dovere chiama perciò mi affretto a
raggiungere il Lennox. Dovrei essere snervato e preoccupato
perché non so che tipo di problema mi troverò di
fronte appena varcherò la soglia dell'ospedale, ma non lo
sono. L'incontro con Ella deve avermi fatto più che bene. A
dirla tutta, sono ancora incredulo per come si è svolta
tutta la faccenda. Non mi aspettavo proprio un risvolto del genere
dall'apparente ingenua ragazzina che va inciampando nei tombini.
Però quel suo lato da donna seducente le si addiceva
parecchio o non mi sarei lasciato andare in quel modo.
Chissà che cosa sarebbe successo se non fossi dovuto
scappare al lavoro.
Mentre ci penso, mi rendo conto di essere già arrivato a
destinazione, perciò, parcheggio la mia auto e mi reco
all'interno della struttura.
È sera, ed infatti, non c'è quasi nessuno. Saluto
con un cenno del capo Katia, la receptionist e salgo al decimo piano
sul quale si trova il reparto di cardiochirurgia, per capire quale sia
il problema e perché mi abbiano fatto venire così
d'urgenza. Al telefono sono stati molto vaghi, odio quando fanno
così, ma immagino che sia per non farmi arrabbiare o
allarmare inutilmente. Non appena metto piede in reparto, Roxanne mi
corre incontro euforica.
«
Dottore è tornato! Come è andata a Londra? Si
è divertito? Che cosa ha fatto di bello? » Mi
sovrasta con le sue solite domande. È sempre molto
affettuosa ma tende ad esagerare un pochino alle volte.
«
Buonasera Roxanne. Tutto bene grazie dell'interessamento. Per caso mi
puoi illuminare sull'emergenza per la quale mi hanno chiamato?
» Devio in questo modo le sue domande. Annuisce contenta
facendomi cenno di seguirla.
«
Sì! Certo che posso. Allora, ieri è arrivata una
bambina di un anno circa con una malformazione cardiaca. Credo abbia la
tetralogia di Fallot. Il cardiologo che l'ha visitata necessita di un
suo consulto urgente...»
Mi
irrigidisco. Quando si tratta di bambini, è tutto
più complicato soprattutto se sono così piccoli.
«
Sì, puoi convocarlo nel mio studio? »
« Certamente dottore. »
« Grazie mille. » Mi sorride contenta di essere
stata d'aiuto e corre a chiamare il collega mentre mi affretto a
raggiungere il mio ufficio. Infilo il mio fidato camice ma non posso
evitare alla mia mente di ritornare all'immagine di Ella che me lo
sfila presa dall'impeto. Sono costretto a cacciare via questo recente
ricordo per accogliere il dottor Nelson. Mi mostra gli esami eseguiti
fino ad ora ed è chiaro che abbia la patologia nominata da
Roxanne. Purtroppo è molto grave e dev'essere operata e
anche velocemente. Congedo il cardiologo e chiamo la mia equipe
d'eccellenza. Ovviamente non potevo avere un rientro migliore che
operare una povera bambina in condizioni critiche. Odio mettere le mani
sui minori perché la responsabilità è
tanta e hanno probabilità di riuscita senza complicazioni
molto inferiori a quella di un adulto.
Sospiro e mi faccio coraggio perché se non la sottopongo
all'intervento, morirà certamente.
Esco dal mio rifugio deciso a parlare con i genitori prima di fare
qualsiasi cosa. È giusto che sappiano a cosa stanno andando
incontro.
Dopo una breve conversazione con i diretti interessati, mi reco in
laboratorio. Ho bisogno delle analisi per procedere e voglio seguire la
paziente da vicino essendo molto piccola.
«
Poi non dire che non ti vengo mai a trovare eh! »
«
Dottor Reinfield! Quale onore. Se l'avessi saputo prima, le avrei fatto
allestire un comitato d'accoglienza. » Mi prende in giro
bonariamente Angie, l'unica che può permetterselo
all'interno di quest'ospedale.
«
In effetti, me lo aspettavo. Che si dice? »
«
Tutto bene a lei? Londra deve averle fatto bene, sembra
più... rilassato. » Mi sorride e non posso evitare
di fare lo stesso per l'aggettivo che ha utilizzato. Rilassato. L'ho
sempre detto che il sesso è terapeutico!
«
Forse sì, cambiare aria fa bene ogni tanto. » Mi
guarda come se in realtà sapesse che mi riferisco ad altro
ma ha il buon gusto di non dire nulla.
«
Comunque, come posso esserle utile in questa splendida serata?
» Mi volge le spalle per un attimo per inserire qualche
provetta all'interno dello strumento.
«
Sì. Mi servono le analisi di Elizabeth Jones per favore.
»
«
Attenda un attimo solo. » Lascia ciò che stava
facendo e si siede al computer per fornirmi i risultati che ho chiesto.
Stampa tutto e me li porge.
«
Sempre efficientissima. Ah, Angie! Grazie per esserti occupata anche
dell'altra mia paziente personalmente. » Le faccio
l'occhiolino riferendomi alle analisi di Ella.
«
Si figuri dottore. Sembra una brava ragazza.» Mi sorride e
torna alle sue provette lasciandomi andare via con un sorriso.
Mi
concentro sulle analisi e rifletto su come intervenire per operare
questa piccola paziente al meglio. Odio ammetterlo, ma sono
terribilmente nervoso al pensiero che qualcosa possa andare storto
quando ci sono i bambini di mezzo. Ma non posso permettermi di esitare
o di perdere troppo tempo a causa delle mie preoccupazioni,
perciò mi faccio coraggio e raggiungo la mia equipe.
«
La sala operatoria? »
« È pronta dottore. »
« Bene, prepariamoci per l'intervento. » Li congedo
così che possano eseguire le procedure per sterilizzarsi al
meglio.
La piccola Betty, come ho sentito nominarla dei genitori, è
davvero bellissima e merita di guarire al più presto.
Procediamo subito con l'anestesia. Sarà un'operazione molto
lunga...
«
Bisturi... » Prendo la lama che mi porge Roxanne,
così non potrà lamentarsi che non la porto mai in
sala operatoria, e fisso il petto bianco della bimba. È
sempre stato difficile con i bambini per me. So di non potermi
permettere errori perché rischia di non uscirne viva. Con
gli adulti è diverso, sanno cosa spetta loro mentre queste
anime innocenti sono completamente nelle mie mani.
«
Dottore tutto bene...? » Mi chiede la mia studentessa.
«
Sì... » Mi riprendo dal mio breve torpore e incido
finalmente il tessuto.
Dopo
dieci lunghissime ore, esco distrutto ma vittorioso dalla sala
operatoria.
Elizabeth sta bene, si riprenderà alla grande.
«
Grazie dottore, grazie mille! » Mi ringrazia soprattutto la
madre stringendosi al marito in lacrime di sollievo.
Mi
rifugio nel mio ufficio dopo essermi liberato delle protezioni, guanti
ed altro, sprofondando nella mia poltrona. Sono esausto fisicamente e
soprattutto mentalmente.
Neanche
il tempo di chiudere due secondi gli occhi che qualcuno bussa alla mia
porta.
«
Avanti. » Appoggio i gomiti sulla scrivania controvoglia.
«
Dottore, mi scusi c'è una chiamata per lei... »
« Chi è? E perché non ha chiamato al
cellulare?»
« Non lo so dottore dice di essere sua sorella...»
Mia sorella?
« Passami il telefono. » Dico sbrigativo allungando
una mano per afferrarlo.
« Pronto? »
« Fratellone! Ti sei dimenticato di me? »
« Clarissa, qual buon vento? Non mi chiami spesso, che ti
serve? » Vado subito al sodo.
« Ecco, sempre il solito. Perché non mi hai detto
che tornavi a Londra? »
« Perché l'ho deciso all'ultimo. »
« E se ti dicessi che sono appena atterrata a New York?
»
« Davvero? »
« Ti pare che scherzo su queste cose? Certo! Mi vieni a
prendere o devo chiamare un taxi? »
« Vengo io. Aspettami. » Attacco la chiamata
restituendo il telefono all'infermiera.
«
Devo andare. Per qualsiasi cosa sono sempre raggiungibile. »
Mi alzo in fretta dalla mia postazione afferrando il giubbotto.
Esco
velocemente dal Lennox e raggiungo la macchina per sfrecciare alla
volta dell'aeroporto. Sono sorpreso che Clarissa sia venuta a trovarmi
a New York. So che è molto impegnata, infatti, non mi ero
meravigliato di non vederla a Londra, ma i miei le permettono sempre di
assentarsi con la scusa dei suoi viaggi a Parigi e Milano per seguire
il corso della moda. Vorrebbe diventare una stilista e devo ammettere
che qualche risultato lo sta ottenendo seppur debba fare ancora della
strada per affermarsi. Impiego un'oretta, se non di più, per
raggiungere la meta.
Mi imbatto nella moltitudine di persone che affollano il luogo cercando
con lo sguardo una figura familiare senza successo. Ma dove si
è cacciata?
Afferro il cellulare dalla tasca per chiamare mia sorella quando me la
ritrovo davanti che mi sorride.
«
Fratello! Fatti abbracciare! » Mi si lancia addosso
saltellando per la gioia.
«
Come stai? Che ci fai qui? » Le chiedo mentre ci abbracciamo
per poi lasciarla andare.
«
Sto benissimo e sono venuta a trovarti. Non sei contento? »
«
Certo che sono contento! Andiamo adesso...» Le prendo la
valigia dalle mani ed il borsone per scortarla alla mia macchina.
--------------------------------
«
Mi cucini la pizza per cena, vero? »
«
Sei arrivata da neanche un'ora e già pretendi che ti faccia
da cuoco? » La prendo in giro aiutandola a sistemare le sue
cose nella stanza degli ospiti che ho fatto preparare a posta per lei
da Martha.
«
Perché mi manca la tua pizza non perché ti voglio
sfruttare! » Mi fa il suo sorriso furbo mentre alzo gli occhi
al cielo.
«
Certo, come no. Come procede con le tue sfilate? » Mi guarda
accigliata.
«
Vuoi dirmi che non leggi le riviste? Pff, ho organizzato una sfilata
qualche settimana fa ed è andata benissimo tanto che hanno
deciso di farmene preparare una anche qui a New York!» La
guardo sbalordito. Sono felicissimo per lei.
«
Quindi non è vero che sei venuta a trovarmi...» Le
metto un finto broncio, ma alla sua espressione perplessa, rido e
l'abbraccio.
«
Sarei venuta lo stesso, scemo...» Alza gli occhi al cielo ma
poi mi lascia andare per guardarmi in viso.
«
A differenza tua, sono sempre aggiornata sul tuo conto e, parlando di
riviste, ho visto una foto interessante che ti ritraeva con una
fanciulla. Cosa mi nascondi? » Mi fa l'occhiolino ed
è il mio turno di sbuffare. Ha fatto il giro del mondo
quella dannata foto, praticamente.
«
Quando si tratta di pettegolezzi sei sempre in prima linea, vero?
» Si sistema una ciocca di capelli dietro le orecchie facendo
spallucce.
«
In realtà è stata nostra madre a farmela notare,
se proprio vuoi saperlo... »
«
Ovviamente. Quella donna è incredibile...»
Clarissa sa cosa ho passato ed è stata l'unica, oltre a
Richard, ad avermi sempre sostenuto nel bene e nel male
perciò so che non insisterà più di
tanto.
«
Solo per curiosità, quella ragazza è...»
«
Frena la tua fantasia, è una mia paziente... » Lo
era, almeno. Poi la visita è degenerata in altro, ma non
sono cose che devo andare a raccontare alla mia sorellina impicciona.
«
Ah prendi tutte le tue pazienti in braccio? È una nuova
tecnica per visitarle suppongo. Sai, non sono mai stata molto ferrata
in queste cose...» Insinua guardandomi divertita. Sono certo
che a Clarissa farebbe molto piacere se mi sistemassi, data la tragedia
che mi ha stravolto la vita, però non sono pronto e potrei
non esserlo mai di questo passo.
«
Perché non parliamo di te, invece? Quanti ragazzi devo
minacciare? »
« Nessuno, lo sai che sei l'unico uomo della mia vita.
»
Scoppia a ridere dandomi un bacino sulla guancia. Ruffiana...
«
Andiamo a fare colazione fuori, ti va? » Annuisce e lasciamo
la sua stanza per uscire e cercare un bar nel quale sederci. Con tutto
ciò che è successo ieri, non ho avuto neanche il
tempo di cenare perciò mi ci vuole una bella colazione
abbondante per recuperare.
Afferro mia sorella per un braccio e insieme ci inoltriamo nelle strade
affollate di New York tra una chiacchiera e l'altra perdendoci tra i
vecchi ricordi di quando eravamo bambini. Non poteva farmi regalo
migliore venendo qua, anche se è per lavoro. Almeno potremmo
passare un po' di tempo insieme e sono sicuro che la sua compagnia
sarà un toccasana per la mia psiche. Clarissa è
sempre stata una delle poche persone a non aver mai giudicato le mie
scelte, pessime o giuste che siano, aiutandomi poi nell'affrontarne le
conseguenze. All'epoca della tragedia, ricordo che non volevo ne vedere
ne sentire nessuno tranne lei perché, in un certo senso,
è sempre riuscita a capire come mi sentissi. Non
c'è stato giorno che non mi sia stata accanto anche se poi
è dovuta partire per lavoro. Attualmente, è
sempre in viaggio tra le capitali europee per le sue sfilate ma ci
manteniamo in contatto.
Ed è mentre camminiamo uno accanto all'altro che mi rendo
conto di quanto tutto ciò mi sia estremamente mancato. Un
piccolo pensiero va anche ad Ella e mi domando se dopo gli avvenimenti
di ieri sera, qualcosa cambierà. Da un lato suppongo sia
inevitabile, ma dall'altra mi piaceva il rapporto che avevamo
instaurato.
Spero che nessuno dei due lo guasti perché già
con Summer è finita male.
Non ci resta che scoprirlo vivendo.
Angolo
autrice:
Buon
pomeriggio! Come ogni mercoledì, vi saluto con un nuovissimo
capitolo tutto per voi. Cosa ne pensate? Vi è piaciuta la
piega che ha preso la storia grazie a ciò che è
successo nello scorso capitolo? Fatemelo sapere con una recensione,
grazie in anticipo a chi lo farà!
Kisses.
|
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Capitolo 30 *** Capitolo 28 ***
Devon's
pov
Non
credevo che assentarmi per qualche misero giorno avrebbe comportato
tutto il lavoro in più che sono costretto a svolgere.
Praticamente sto vivendo in ospedale a discapito del mio tempo libero
che avrei passato di certo con mia sorella. Clarissa mi ha confermato
che resterà almeno un paio di settimane a New York
così da poter organizzare la sfilata nei minimi dettagli.
Abbiamo pensato, anzi ho pensato, di chiedere a Richard se è
possibile farla nel suo hotel così da svolgere anche l'after
stesso li, senza che gli ospiti debbano andare avanti ed indietro
inutilmente. A questo proposito, ho appuntamento con Clarissa fra dieci
minuti qui al Lennox in modo che l'accompagni da Rick per concretizzare
la mia idea, ma sono certo che accetterà. Non avrebbe motivo
per non farlo.
La
puntualità non è certo uno dei pregi di mia
sorella, infatti, è almeno un quarto d'ora che l'aspetto
accampato sulla panchina che ospita l'esterno dell'ospedale. In ogni
caso, non mi lamento, anzi, ne approfitto per godermi un po' di pace.
Quando ormai avevo perso le speranze di vederla comparire, appare con
tutta la calma del mondo e mi viene incontro.
«
Alla buon'ora. »
« Lo sai che mi faccio sempre attendere! »
« La prossima volta me ne vado, così vediamo...
» Si allunga per stamparmi un bacio sulla guancia
lasciandomi, quasi sicuramente, il segno del rossetto.
«
Andiamo? » Mi incita prendendomi per un braccio
affinché mi sbrighi ad avanzare il passo.
Una
mezz'ora dopo, perché Clarissa voleva assolutamente un
caffè, giungiamo all'esterno dell'immenso e lussuoso hotel
del mio amico.
«
Mi piace già molto da qui! » Esclama entusiasta
catapultandosi fuori dalla macchina in un battibaleno. La seguo a ruota
lasciando le chiavi all'uomo che ci accoglie all'entrata.
Mettiamo piede all'interno e ne resta ancora più
affascinata. Si guarda intorno come una bambina in un negozio di
dolciumi e la sua espressione felice fa sorridere anche me di riflesso.
«
È davvero magnifico! »
« Ero sicuro ti piacesse e non hai ancora visto la sala per
le feste e i ricevimenti. » Ci avviciniamo alla reception in
modo che possano chiamare Richard che per fortuna non ci fa attendere
molto.
«
Benvenuti nel Waldorf Astoria! » Esordisce con enfasi il mio
amico per poi slanciarsi nella mia direzione per un abbraccio.
« Contessina, che gioia rivederla. » Si rivolge
così a mia sorella. Tutti a Londra la soprannominano con
quest'appellativo essendo la più piccola della famiglia.
«
Richard che onore... » Ridacchia Clarissa per poi salutarlo
con due baci. Ovviamente si conoscono bene essendo Rick uno dei miei
più cari e stretti amici di vecchia data.
«
Come mai qui a New York? L'aria europea ti ha già stancata?
»
« Oh no, sono qui per lavoro caro Rick nonché per
stare un po' con mio fratello. » Si scambiano un'occhiata
eloquente. Fanno così da quando la mia vita ha subito una
svolta drammatica un anno e mezzo fa. So che entrambi si sono
preoccupati tanto della mia sanità mentale di quel periodo e
che si sentivano spesso per telefono in merito alle mie condizioni e
per non lasciarmi mai solo finché non ho deciso di
trasferirmi in America.
«
A proposito di lavoro, saresti disponibile ad affittarci la sala per i
ricevimenti per ospitare la sfilata di mia sorella? »
Intervengo così da sbrigarci. Non ho troppo tempo da perdere
perciò mi tocca accelerare i convenevoli e passare al
dunque. Richard ci guarda sorpreso in un primo momento, ma poi accetta
volentieri.
«
Certo, è tutta vostra. Quand'è l'evento?
»
« Fra un paio di settimane, a fine Maggio.»
Risponde Clarissa.
« Perfetto, discuteremo con calma dei dettagli più
avanti... »
« Si certo, devo ancora trovare delle modelle americane,
pensa... » Vedo Rick illuminarsi, come se avesse avuto un
lampo di genio improvviso. Mi guarda come se sperasse che pensi la sua
stessa cosa, ma riceve in cambio solo uno sguardo interrogativo.
«
Devon ed io conosciamo una ragazza che potrebbe aiutarti. È
una modella emergente e di sicuro può procurarti
ciò di cui hai bisogno.» Ah bene, adesso ci
mettiamo anche a fare i party planner? Fantastico.
Clarissa mi guarda con un'aria da "perché diavolo non me
l'hai detto prima?" ma non ci avevo pensato a dire la verità.
«
Sì, potremmo chiedere ad Audrey... » Annuisco.
Magari può davvero aiutare mia sorella, quindi va bene anche
per me.
«
Fantastico! Mi date il suo numero? » Domanda la contessina.
« Non ce n'è bisogno, è sabato credo
sia a casa e tuo fratello sa dove abita. Su andate! » Guardo
Richard allibito. È coglione veramente o ci fa?
«
Dovremmo piombare a casa sua così? Dacci il numero....
» So che lui lo ha perché sono sicuro che si
sentano, così come so cosa sta cercando di fare.
«
Purtroppo non ce l'ho, quindi... » Fa spallucce e poi mi
rivolge un occhiolino impercettibile. Mia sorella dal suo canto si sta
spazientendo, perciò mi afferra per un braccio trascinandomi
fuori.
«
Allora ci andiamo adesso! Grazie Richard! » Lo saluta con la
mano mentre io lo guardo male per poi lasciarmi trascinare fino alla
macchina.
«
Sei troppo polemico, certe volte. » Mi ammonisce Clarissa.
Non le rispondo perché è vero, ma è
anche vero che non è proprio educato piombare in casa della
gente. Ma dentro di me, so che non voglio rivedere Ella in questo modo.
Avrei preferito chiamarla o che fosse avvenuto il contrario, non farle
questo tipo di sorpresa il sabato mattina senza il benché
minimo di preavviso. Sono stato troppo impegnato per cercarla in questi
giorni e ho dovuto anche subire, come da copione, l'ira di Summer per
non averle detto di essere tornato. Ma neanche Ella ha mosso qualche
passo, in effetti.
«
Come conosci questa modella, comunque? » Questa domanda mi
risveglia dai miei pensieri.
«
Lunga storia, magari un giorno te la racconto. » La tengo
sulle spine, tanto per infastidirla un po' non perché non le
voglia raccontare la verità. È molto curiosa,
infatti, mette il broncio fino alla meta.
«
Siamo arrivati. » Spengo l'auto e scendo per aprirle la
portiera. Ci dirigiamo, quindi, verso il palazzo di Ella ed Audrey.
«
Sono proprio ansiosa di conoscere questa tua amica... »
« Pazienta qualche minuto.. »
Sostiamo di fronte la porta. Sono titubante, non vorrei piombare
così in casa loro ma non ho altra scelta perché,
altrimenti, mia sorella e Richard si insospettirebbero ed inizierebbero
a fare ipotesi che non stanno né in cielo né in
terra. Busso un paio di volte ed attendiamo che le padrone di casa ci
aprano. Aspettiamo qualche secondo nel quale penso a cosa dire loro per
giustificare la nostra presenza improvvisa fuori il loro appartamento,
quando un' Ella assonnata ci apre la porta. Spalanca gli occhi non
appena realizza la situazione ma come biasimarla. Mi affretto quindi a
dirle qualcosa prima che mia sorella rovini tutto.
«
Buongiorno Ella, scusaci per essere piombati qui di sabato mattina
senza preavviso... Possiamo entrare? » Probabilmente se la
scena fosse stata al contrario, le avrei sbattute a calci fuori ma
spero che Ella sia meno intrattabile di me appena sveglia. Ha i capelli
leggermente arruffati che le ricadono sul top infilato nei pantaloni
più larghi delle sue gambe. Ci mette qualche attimo prima di
parlare lasciando che la mia mente immagini come debba sentirsi al
momento. L'ultima volta che ci siamo visti, abbiamo decisamente dato
una svolta al nostro rapporto ed adesso sono qui con un'altra donna,
anche se è mia sorella, senza che ci siamo più
sentiti da allora.
«
Sì... certo. Entrate pure... » Mi guarda perplessa
per poi spostare lo sguardo su Clarissa. La sta scrutando ma poi
distoglie lo sguardo e si scosta per farci entrare. La casa
è come la ricordo, ovviamente, ma si nota che é
un giorno di festa soprattutto dall'abbigliamento della padrona di
casa.
«
A cosa devo il piacere? » Ci guarda ancora interrogativa
mentre ci fa cenno di sederci sul divano. Che stupido, ancora non ho
fatto le presentazioni ufficiali.
«
Ella, lei è Clarissa Reinfield, mia sorella. » Si
risveglia improvvisamente dal suo torpore e le porge poi la mano per
presentarsi. Ero certo si fosse fatta qualche strana idea, ma
è stata colpa mia questa volta.
«
È un piacere conoscerti... aspetta... ma sei la ragazza
della foto! » Esclama Clarissa guardandola meglio per poi
girarsi nella mia direzione. Lo sapevo...
Ella sgrana gli occhi per la seconda volta, spiazzata da
quest'improvviso risvolto della situazione. Beh le avevo detto che
aveva fatto il giro del mondo quel dannato scatto...
La salvo dall'imbarazzo tirando Clarissa verso di me e cambiando
argomento.
«
Noi vorremmo parlare con Audrey, è in casa?»
« Sì, ve la chiamo subito... » Fugge,
praticamente, nel corridoio sparendo dalla nostra vista per qualche
minuto.
«
Ecco come conosci la modella! Perché non me lo hai detto
prima? Ed ecco perché non volevi venire qua! »
« Abbassa la voce! Non sono affari che ti riguardano,
comunque... »
« Ma come sei palloso, mamma mia. Quella povera ragazza
sembra così dolce ed innocente. Che ci vedrà in
te? »
Alzo gli occhi al cielo. La devono smettere di intromettersi tutti
nella mia vita privata. Questa cosa inizia davvero a spazientirmi. Ella
fa ritorno, stavolta cambiata d'abito e con i capelli pettinati e
sistemati da un lato.
«
Arriva subito, nel frattempo volete qualcosa da bere o da mangiare?
» Incrocia le braccia sotto al seno sorridendo leggermente.
Si vede che è a disagio e vorrebbe che sparissimo
all'istante da casa sua.
«
Magari un caffè... » Le faccio cenno di seguirmi
in cucina. Ella guarda prima me e poi mia sorella che si accomoda sul
divano, e si avvia in cucina.
«
Clari, torno subito. Se arriva Audrey presentati ed inizia ad esporre
la tua idea. »
« Non ho tre anni, so ancora come ci si presenta. Grazie
comunque. » Le faccio una smorfia di disappunto per poi
seguire Ella in cucina intenta a preparare il caffè dandomi
le spalle.
«
Mi dispiace non averti avvertita prima, è stata
un'improvvisata e per questo puoi rimproverare Richard. »
« Lo farò ma potevi chiamarmi... Intendo che
avresti potuto avvertirmi che stavi arrivando. Non mi sarei fatta
trovare in pigiama... »
Si corregge subito, come se volesse sottolineare che si aspettava che
la cercassi dopo quella notte.
«
Mi piaceva il pigiama. » La butto sull'ironia avvicinandomi a
lei, ma ricevo in cambio un'espressione contrariata. Mette la
macchinetta sul fuoco e si lega i capelli lisci in una coda alta. Mi
stupisco nel constatare quanto sia delicata la sua pelle tanto da
mostrare ancora i segni di quella sera sulla base del collo. Sorrido
tra me e me ripercorrendo con la mente il momento nel quale le ho
procurato quel livido. Sono abbastanza vicino da poter sfiorare la sua
pelle con le dita così lo faccio. Sobbalza al contatto e si
gira lentamente nella mia direzione ritrovandoci occhi negli occhi, la
schiena premuta contro il piano cottura.
Il blu dei suoi occhi mi invade, così intensi, ma allo
stesso tempo tanto fragili. Vacillano, infatti, indecisi sul da farsi.
C'è tensione in ogni fibra del suo corpo e lo si percepisce
anche a distanza, non che ce ne sia così tanta fra noi,
comunque.
Qualsiasi mossa avesse intenzione di fare, viene interrotta dai suoi
amici, che francamente non so da dove siano sbucati, convinti che fosse
da sola.
Ella, dal suo canto, scivola via da quella posizione allontanandomi
bruscamente come se chissà che stessimo facendo, ma
l'assecondo non volendo creare ulteriori problemi.
Ella's
pov
Adoro
il sabato mattina. La luce filtra debolmente in questa giornata
soleggiata accarezzandomi dolcemente il viso. Non mi va di restare a
lungo nel letto, perciò, dopo pochi minuti dal mio
risveglio, balzo giù infilando le mie pantofole adorate.
Audrey credo stia ancora dormendo così ne approfitto per
utilizzare il bagno prima che lo faccia lei, dilungandomi
più del previsto nella doccia. Sono passati quattro giorni
dall'incontro con Devon ma la mia pelle ne mostra ancora i segni. Sono
decisamente troppo delicata...
Non ho sue notizie da allora, ma suppongo sia stato molto impegnato al
lavoro e di sicuro non sono costantemente nei suoi pensieri...
Mi asciugo velocemente e infilo un top e i pantaloni del pigiama
perché sono larghi e li adoro.
Faccio colazione da sola in cucina ma decido di preparare i pancakes
che piacciono tanto alla mia coinquilina. Sto assumendo da qualche
giorno il ferro che mi ha prescritto il mio carissimo dottore e devo
ammettere di sentirmi meglio.
Mentre aspetto che Audrey appaia nel salotto, mi accomodo sul divano
con il computer sulle gambe. Devo darmi una mossa con la tesi o non mi
laureerò mai di questo passo.
Sono completamente assorbita da ciò che sto facendo che
quasi sobbalzo all'udire il suono del campanello. Do un'occhiata
all'orologio del pc che segna le dieci meno un quarto. Aspetto Ashley e
Sebastian che mi avevano detto che sarebbero venuti intorno alle dieci,
quindi è probabile che siano loro.
Senza farmi troppi problemi, poggio il computer sul tavolino e vado ad
aprire per scoprire chi sia.
Sgrano gli occhi quando vedo Devon con una donna dall'altro lato. Non
posso crederci, sono in pigiama!
Li guardo per un tempo che mi sembra infinito finché non
è Devon stesso a rompere il silenzio.
Queste sorprese nel weekend proprio non me l'aspettavo. Scruto la
ragazza al suo fianco. È alta, di bell'aspetto. I capelli
castani le ricadono morbidi sulle spalle ed incorniciano il suo bel
visino. Ha gli occhi di una tonalità di celeste-grigio molto
particolare.
Titubante li faccio entrare e scopro che si tratta semplicemente della
sorella di Devon. In effetti, si somigliano, soprattutto per gli occhi
e la fisionomia del viso.
Si presenta e non può mancare un riferimento alla famosa
foto che mi imbarazza non poco, ma per fortuna il fratello mi salva,
come sempre.
Non so perché vogliano parlare con Audrey, ma è
evidente che debbano dirle qualcosa d'importante, così ne
approfitto anche per cambiarmi d'abito. A ripensarci, è
stato davvero orribile che mi vedessero in quel modo soprattutto Devon!
Mi sistemo anche i capelli e mi rifugio in cucina per fare il
caffè. Non ero sicura che il dottore mi seguisse, ma almeno
si è degnato di rivolgermi la parola per scusarsi.
Vorrei dirgli qualcosa ma il suo tocco mi distrae e subito ritorno con
la mente nel suo studio nel quale le sue mani mi hanno letteralmente
fatto sprofondare nel piacere. Lo guardo negli occhi, il mio corpo
vorrebbe ciò che ha già assaggiato come le mie
labbra vorrebbero di nuovo le sue, ma devo scacciare in fretta queste
immagini perché Ashley, seguita a ruota da Sebastian (ma
quando sono arrivati?), compaiono in cucina rovinando del tutto il
momento. Allontano in malo modo Devon che mi lancia un'occhiata
perplessa. Sinceramente ci manca solo che i miei amici si mettano a
fare commenti davanti alla sorella.
«
Arriviamo, il tempo di mettere il caffè nelle tazze.
» Rispondo frettolosamente voltandomi così da dare
le spalle a tutti. I miei amici, dal canto loro, spariscono senza
aggiungere altro mentre Devon... sento che mi sta fissando, anche se
non posso guardarlo.
«
Cosa c'è? » Gli domando mentre verso il liquido
marrone nelle apposite tazze. Ripongo poi tutto su un vassoio
aggiungendo il barattolino con lo zucchero a parte.
«
Niente. Torniamo nel salotto... » Resta sul vago e lascia che
lo sorpassi per ritornare nel salotto.
«
Ecco il caffè! » Poggio il tutto al centro del
tavolo prendendo poi posto sulla poltrona. Osservo gli altri in
silenzio attendendo il momento in cui si decidano a dirci cosa vogliano
da Audrey.
Quest'ultima mi guarda dispiaciuta, come se avesse provato a fermare
Sebastian ed Ashley, ma non ci fosse riuscita.
Dopo le presentazioni ufficiali, Clarissa inizia a fare il suo discorso
indirizzato alla mia coinquilina. Sono proprio curiosa di sapere
cos'hanno da dirle.
«
Innanzitutto, grazie mille per l'ospitalità nonostante siamo
piombati qui senza preavviso. Se avete letto qualche rivista di moda,
forse sapete che sono una stilista e che sto organizzando la mia
sfilata proprio qui a New York. » La guardiamo tutti sorpresi
e perplessi. Ed io che pensavo fosse qui per il fratello. Lo guardo di
sottecchi ma sembra essere intento nel discorso della sorella.
«
Mi è stato chiesto di ingaggiare delle modelle americane e
Richard mi ha indirizzata a te. » Si riferisce ad Audrey che
si scioglie perché Rick l'ha pensata. In effetti,
è stato un bel gesto.
«
Oh wow... non so che dire... mi farebbe piacere partecipare,
comunque... » Sorride entusiasta e credo anche un po'
stordita dalla notizia. Anche Ashley dice la sua in merito alla sfilata.
«
Io anche studio per diventare stilista! Per caso ti serve una mano?
Sarebbe un bel lavoretto da inserire nel curriculum! » Ci
giriamo tutti verso di lei che guarda Clarissa implorante. Quest'ultima
è un po' titubante e le risponde che vorrebbe visionare
prima i suoi lavori ma che magari potrebbe farle da assistente. Non vi
descrivo l'euforia della bionda a questa possibilità.
Sebastian, dal canto suo, guarda tutti in modo distaccato come se non
stesse credendo a ciò che sta succedendo in questa stanza.
Restano a parlare un altro po' di questa famigerata sfilata mentre,
sentendomi abbastanza inutile, raccolgo tazze e vassoio per riportare
tutto in cucina.
Sento dei passi alle mie spalle e, convinta fosse di nuovo Devon, mi
volto pronta a finire ciò che avevo iniziato, o che stavo
per, ma mi devo frenare perché si tratta solo di Bas.
«
Quindi il dottore ha una sorella che gioca a fare la stilista e vuole
coinvolgere le nostre amiche. Questa si che non me l'aspettavo.
» Sebastian si appoggia con la schiena allo stipite della
porta mentre mi scruta dall'alto al basso.
«
Comunque quel segno sul collo la dice lunga... » Ah cavolo,
mi sono dimenticata di sciogliermi i capelli...
Sbuffo perché non mi va di subire anche il suo
interrogatorio con il diretto interessato nel salotto che potrebbe
ascoltare.
«
Ti sembra il momento? » Mi slego la coda rinfilando il codino
al polso.
« Beh, sì. Sembrava che avessimo interrotto
qualcosa prima. » Era piuttosto evidente che lo avessero
fatto.
« Perché lo avete fatto. »
« C'è qualcosa tra di voi? » Che bella
domanda.
« Ne dubito. »
« Perché? »
« Perché è così...
»
« Siete andati a letto insieme? »
« Sì. » Mi guarda tra il compiaciuto ed
il sorpreso. Nessuno se lo aspettava da me, evidentemente.
« Ah... N'è valsa la pena almeno? »
Sicuramente sì, lo rifarei altre cento volte.
« Sì.. » Abbasso lo sguardo per poi
voltarmi per tornare a sistemare le tazze nel lavabo. Sono consapevole
che si sia trattata di una semplice notte e via eppure una parte di me
è convinta che non sia esattamente così. Forse
Devon non vuole rovinare quello strano rapporto che eravamo riusciti ad
instaurare eppure è stato lui a fare la prima mossa stavolta.
Se le donne sono complicate allora il dottore non so cosa sia.
Sarebbe bello se per una volta si aprisse con me o mi dicesse
chiaramente quello che vuole, quello che gli passa per la mente.
Sebastian si avvicina e mi cinge con le sue braccia. Lascio che mi
abbracci ricambiando la stretta e poggiando la testa sulla sua spalla.
Egli poggia la sua sulla mia per consolarmi.
«
Se dovesse farti soffrire o farti del male in qualsiasi maniera, sappi
che lo evirerò!» Sorrido per questo tenero
pensiero, più o meno, rispondendogli a tono.
« Beh sarebbe un gran peccato però! »
« ELLA! » Scoppiamo a ridere entrambi e stavolta
è proprio Devon a subentrare rovinando il momento.
«
Noi stiamo per andare via... volevamo salutarti. » Lascio un
bacio sulla guancia di Bas e mi allontano da lui. Il mio amico mi
libera dalla sua presa, rivolgendo un'occhiataccia al dottore che
però la ignora di proposito.
«
Sì, eccomi... » Lo seguo nel salotto nel quale
Clarissa e le due bionde si stanno scambiando i numeri di telefono per
aggiornarsi. A cose fatte, si avvicina e mi saluta con due baci sulle
guance.
«
Scusaci ancora e grazie per l'accoglienza... » Mi fa uno
strano occhiolino e torna dal fratello che nel frattempo sta salutando
le altre. Quando è il mio turno di essere salutata, non mi
aspetto praticamente nulla, ed invece, Devon mi stampa un bacio
all'angolo delle labbra. Lo sto odiando davvero tanto oggi.
Lo guardo sorpresa ma la sua espressione non lascia trapelare nessuna
emozione e ciò mi destabilizza ancora di più. Li
accompagno alla porta e me la richiudo alle spalle quasi subito,
volendo cancellare al più presto quest'ora appena passata.
Che stress...
«
Ma che cosa non va in voi?! Non li capite i gesti?! » Esplode
Audrey facendoci sobbalzare. Bas ed Ashley si guardano, la prima con
un'aria colpevole, mentre il secondo in maniera più o meno
indifferente.
«
Non fa niente, di certo non poteva succedere niente di che con voi di
qua a chiacchierare amabilmente con la sorella... » Vorrei
immediatamente ricacciare indietro questa frase perché so
che me la ritorceranno contro a vita. Ashley è la prima che
riprende la parola.
«
Avete ragione, ma non avevo capito altrimenti non sarei mai entrata!
» Mi fa l'occhiolino ed aggiunge. « Comunque, brava
Ella! Bel colpo il dottore. » Oh dio...
«
Perché non lasciamo stare questa cosa? Parliamo della vostra
sfilata, invece...» È di sicuro più
interessante della mia vita sentimentale, e ho detto tutto.
Audrey fa cenno di sì con la testa seguita da Sebastian ed
infine Ashley. Grazie al cielo.
Tiro un sospiro di sollievo e torno a sedermi sulla poltrona di fronte
a loro.
«
Devi chiamare Richard per ringraziarlo... » Esclamo
all'improvviso dopo tutti i discorsi a proposito della sfilata e
quant'altro. Comunque Rick ci sta prendendo proprio gusto ad
organizzare feste di ogni tipo nel suo hotel.
«
Tu credi? E cosa dovrei dirgli...? »
« Ovvio che sì! Ringrazialo e basta... »
Si intromette l'altra bionda. Sebastian ed io annuiamo d'accordo.
« Va bene... Quanto è dolce però!
» Eccola che ricomincia. Non posso evitare di ridacchiare
alle sue affermazioni da ragazza stracotta. È tenera quando
se ne esce con queste esclamazioni su Richard. Anche Bas ed Ashley
ridacchiano tra loro per ciò che ha detto la mia coinquilina.
Non c'è attimo in cui Audrey non trovi modo di elogiare il
suo amato! Peccato che non ci sia niente, per ora, tra i due
perché sarebbero davvero una bella coppia.
«
Bene, adesso finiamola di esultare o di piangerci addosso come qualcuno
qui dentro, e usciamo! » Propone Bas lanciandomi un'occhiata
furba.
Non gli sta proprio a genio Devon. L'ho capito oggi da come l'ha
guardato male quando è venuto a chiamarci in cucina.
È convinto che si stia prendendo gioco di me e spero davvero
che si sbagli. Non credo di poter reggere una delusione del genere, ma
allo stesso tempo sono consapevole che devo andarci con i piedi di
piombo o rischio di perdere tutto ciò per la quale sto
lottando.
Con questi pensieri che mi affollano la mente, afferro il necessario
per uscire di casa insieme ai miei amici. Mi lascio trascinare dalla
loro euforia e per qualche ora cerco di scrollarmi tutta la tensione
accumulata oggi.
Devo attenermi al piano di Audrey, ovvero non devo cercarlo sempre per
prima, altrimenti rischio di fare la fine di Summer. Eppure sono
convinta che sia cambiato qualcosa tra di noi dopo quella sera, ma non
riesco a capire se in meglio o in peggio.
Potrei rischiare di perderlo per sempre se mi avvicinassi troppo, ma se
non tento, non lo saprò mai.
È un gioco al quale non posso vincere.
Angolo
autrice:
Eccoci
qui con il solito appuntamento del mercoledì. Spero che
anche questo capitolo sia stato di vostro gradimento, anche
perché ormai la storia è avviata e sta prendendo
la sua forma. Qualche ipotesi su come continuerà?
Fatemelo sapere con una recensione, ve ne sarei grata. Alla prossima!
Kisses.
|
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Capitolo 31 *** Capitolo 29 ***
Ella's
pov
Oggi
è il compleanno di Richard. Non credevo fosse il tipo da
festa, ma Audrey ed io abbiamo ricevuto un invito al suo hotel nel
quale è promessa "una notte che non potremmo mai
dimenticare, segnatevi sul calendario questo quindici maggio". Molto
ambigua, lo so.
Non vi dico nemmeno com'era entusiasta Audrey in merito a questa
notizia, anche se è già passata alla fase dei
complessi mentali come da copione. Secondo me esagera ma sono la prima
a non riuscire ad essere completamente me stessa di fronte alla persona
che mi piace, quindi...
Devon non potrà mancare all'appuntamento di stasera e
rivederlo dopo ciò che è successo ieri a casa
mia, non è proprio ciò che avevo intenzione di
fare. Ho bisogno di un po' di tempo per metabolizzare e decidere come
comportarmi ed agire nei suoi confronti. Le mie conferme le ho avute,
così come è evidente che qualcosa è
cambiato tra noi e l'ho percepito alla perfezione quando eravamo soli
in cucina, prima che i miei amici ficcanaso ci interrompessero.
Quanto vorrei non dover sempre pensare ai "cosa sarebbe successo se..."
Inizia a diventare snervante e mi sta contorcendo la mente
più di quanto non lo sia già normalmente.
«
Ella a che punto sei? Fra dieci minuti dobbiamo essere in macchina.
»
« Vieni a darmi una mano per favore...»
La imploro sostando di fronte allo specchio cercando invano di tirare
su la zip del vestito che ho deciso di indossare questa sera. La bionda
mi ha vietato di mettere pantaloni perciò la scelta
è ricaduta su un semplice tubino nero che però mi
sta dando dei problemini tecnici.
La mia amica entra come una furia nella mia stanza facendomi
sobbalzare. Ha un occhio truccato e l'altro no.
«
Forse è un po' azzardato come make-up... » La
prendo in giro per smorzare la tensione che emana il suo corpo teso, ma
non sembra apprezzare particolarmente l'ironia al momento.
Mi tira violentemente la zip verso l'alto chiudendo l'abito
definitivamente. Rude ma efficace!
«
Pensa a sistemarti quel cespuglio che chiami capelli prima di giudicare
il mio trucco... » Mi risponde acida scomparendo nel bagno.
Cavolo, è parecchio nervosa la signorina. A quanto ho
capito, ci sarà anche la sorella di Devon che
dovrà discutere con Audrey sui dettagli della sfilata e
tutto il resto approfittando della festa di Richard.
Mi do una spazzolata veloce ai capelli e alla frangia aggiungendo un
tocco di rosso alle labbra, niente di esagerato.
Esattamente dieci minuti dopo, siamo in macchina per raggiungere il
Waldorf Astoria che stasera brillerà di una luce diversa o
almeno è così che ha lasciato intendere il
festeggiato.
«
Mh.. Audrey sei troppo nervosa... dovresti scioglierti un po'.
» È un pezzo di legno, in pratica. La mia amica ha
deciso di indossare un abito corto che arriva poco più su
del ginocchio di un rosa antico molto bello. È stretto fino
alla vita e poi scende più morbido incorniciando
perfettamente il suo corpo. Le scarpe sono nude ed il tacco alto
slancia ancora di più la sua figura. Alla fine è
riuscita a completare il trucco che le fa risaltare gli occhi celesti
mentre la chioma bionda ondulata le ricade come una cascata d'oro sulle
spalle. Non ha nulla di cui preoccuparsi, è semplicemente
stupenda.
«
Lo so... Però mi gioco molto con questa serata e per quanto
cerchi di darmi una calmata, non riesco a farlo... »
«
È normale, ma se vai in panico è peggio. Comunque
siamo arrivate. » Accosta l'auto di fronte all'entrata
porgendo le chiavi all'uomo che ci apre servizievolmente la portiera
per farci scendere.
Entriamo nel lussuoso hotel, ricordando perfettamente l'ultima volta
che ci abbiamo messo piede. Era per la prima di Sebastian, Summer mi
minacciò e quasi svenni tra le braccia di Devon. Senza
contare quella maledetta foto. Che serata memorabile...
Veniamo accolte dal festeggiato che ci riscalda con un abbraccio di
benvenuto.
«
Tanti auguri vecchietto! » Esordisco lasciandogli il segno
del rossetto di proposito sulla guancia.
« Ehi, sono giovanissimo compio appena ventott'anni!
»
« Dicono tutti così... » Lo prendo in
giro e lascio spazio ad Audrey che contrariamente al solito,
è restia a fare qualsiasi mossa con Richard.
Perché non ascolta i miei consigli qualche volta?
Alla fine si decide a dire qualcosa, anche se Rick non sembra
particolarmente attento alle sue parole. Spero si stia soffermando su
altro, almeno se lui farà il primo passo, mi auguro che la
mia amica non si farà troppi problemi sul resto.
Dopo i convenevoli, il padrone di casa ci scorta, non nella sala
ricevimenti come credevo, ma in un'altra stanza più piccola
ma molto elegante. È illuminata da un lampadario di
cristallo appeso al centro del soffitto che fa da protagonista. I
divani di pelle bianca sono disposti ai lati della stanza e fanno da
contorno all'enorme tavolo di cristallo posto al centro sul quale si
riflettono le luci creando un effetto molto artistico che non dispiace
mai.
La mia attenzione viene poi catturata dalle altre due persone che fanno
il loro ingresso poco dopo di noi.
Devon accompagnato dalla sorella, indossa un completo giacca e cravatta
sul grigio abbinato ad un paio di scarpe classiche nere lucide.
Clarissa ha optato per un tailleur giacca e pantalone, molto grazioso,
di un colore rosso acceso che le dona molto. Un paio di scarpe con
tacco dodici nere slancia ulteriormente la sua figura già
snella. Improvvisamente mi sento inadeguata e a disagio. Spero che
questa sensazione passi con il trascorrere della serata e con l'aiuto
di un goccio di vino.
Richard saluta anche i nuovi arrivati e poi sparisce solo lui sa dove.
Bene, diamo inizio alle danze.
«
Ella, Audrey che gioia rivedervi! » Ci saluta piuttosto
allegramente Clarissa, avvicinandosi per darci due baci sulle guance.
Ricambio il saluto altrettanto calorosamente, o almeno ci provo,
lasciandola parlare poi con la mia amica.
Mi allontano di qualche passo, decidendo di compiere la prima mossa. Da
un lato sento di doverglielo dopo ciò che è
successo nella mia cucina.
«
Ehi... » Mi avvicino sorridente al dottore che si sofferma
qualche istante a guardarmi prima di proferire parola.
«
Ella.. ciao, come stai? » Mi guarda negli occhi sinceramente
interessato alla mia salute, come sempre d'altronde.
«
Sto bene, grazie. » Gli sorrido per dare
veridicità alle mie parole. In realtà non ho idea
di come mi senta. Di sicuro confusa a causa di tutto ciò che
sta accadendo tra di noi in quest'ultimo periodo.
Qualche convenevole più tardi, Richard ci richiama
all'ordine facendoci voltare tutti nella sua direzione.
«
Signore e signori, grazie a tutti per essere venuti nel mio umile hotel
per festeggiare la mia venuta al mondo. Per onorarvi e soprattutto per
onorare questo splendido giorno, do ufficialmente inizio alla serata!
» Schiocca le dita e dei camerieri vestiti di tutto punto,
fanno il loro ingresso aprendo il banchetto. Cerco con lo sguardo il
vino e mi ci fiondo subito. Devo sciogliermi un po' altrimenti
sarò legnosa per tutta la festa e non vogliamo questo, non
oggi.
Il vino rosso è buonissimo, ma non proprio l'ideale a
stomaco vuoto. Non è mia intenzione ubriacarmi eppure sono
già al secondo bicchiere.
«
Forse dovresti andarci piano con quello... » Con un cenno del
capo, Devon, mi indica il calice che stringo con una mano.
« È solo il secondo. Hai paura che mi
ubriachi?»
« Nel caso sarebbe la seconda festa nella quale ti devo
soccorrere... » Gli lancio un'occhiata furtiva prendendo un
altro sorso. L'ultima festa non è andata proprio come ci
aspettavamo, ma stasera è un'altra storia.
La mia attenzione viene poi catturata dall'immagine di Audrey e Richard
che chiacchierano al centro della sala. La mia amica sembra divertita
dalle parole del festeggiato e questa scena mi strappa un sorriso.
Anche Devon sembra star guardando loro e mi rivolge un piccolo
sorrisetto d'apprezzamento.
«
Sono carini insieme, vero? » Gli domando, non so neanche
perché in realtà, forse presa dal momento.
«
Concordo. Formano una bella coppia. Poi è stato lui a
consigliare a Clarissa di ingaggiare la tua amica. » Come
dimenticarlo. È stato un gesto molto dolce.
«
Secondo me si piacciono, lei almeno lo venera... » Gli
confesso ingenuamente, tanto si capisce a distanza di anni luce.
« Richard non è il tipo da relazioni,
comunque.»
« Come te. » Mi scappa, colpa del vino immagino. Mi
guarda sorpreso dalla risposta e infila una mano nella tasca dei
pantaloni appoggiando il flûte sul bancone con noncuranza.
«
La situazione è diversa... » Non è
vero, o meglio, non so cosa abbiano passato entrambi con le donne o con
qualsiasi cosa sia successa loro, ma sono bloccati allo stesso modo
sulla questione relazioni. Vorrei tanto capirne il motivo.
« Sì, ma il risultato resta lo stesso. »
Mi guarda come se avessi detto un'eresia. Non mi va di discutere adesso
di questo con lui, perciò scuoto la testa e adagio il calice
di vino vuoto sul bancone accanto al suo.
«
Hai ragione. » Ammette alla fine con una leggera alzata di
spalle, come se non gli importasse perché è fatto
così e non cambierà mai.
Gli squilla il cellulare, come sempre. Lo afferra dalla tasca interna
della giacca e guarda il nome sul display. Alla sua smorfia di
disappunto, intuisco senza neanche sbirciare di chi si tratta.
«
Summer? »
« Ebbene sì. »
« Non rispondere. »
« Non ci penso proprio. » Ci scambiamo uno sguardo
complice reprimendo una risatina. Ormai lo abbiamo capito tutti tranne
lei che non ha speranze se continua ad assillare in questa maniera.
Restiamo qualche minuto in silenzio godendoci semplicemente la
compagnia reciproca. È strano come questo non mi metta a
disagio risultando, invece, piacevole. Sarà che le parole in
certi momenti sono di troppo.
«
Vado a salvare la tua amica dalle grinfie di mia sorella. »
Esclama il dottore non appena si accorge che Clarissa ha praticamente
braccato Audrey.
Magari stanno semplicemente discutendo della sfilata, chi
può saperlo.
Li osservo da lontano riprendendo in mano il mio flûte di
vino. Lo adoro.
Faccio appena in tempo a prenderne un sorso che Richard mi afferra per
un braccio amichevolmente.
«
È delizioso questo vino... » Mi congratulo per la
scelta con il festeggiato. Si vede che ha buon gusto.
« Grazie tante, solo il meglio per me ed i miei ospiti.
» Mi sorride soddisfatto guardandomi poi negli occhi in modo
strano.
« Cosa c'è..? »
« C'è qualcosa di diverso tra te e Devon.
»
« In che senso..? »
« Vi guardate complici. Siete andati a letto insieme?
» Quasi sputo sul pavimento di marmo l'ultimo sorso di vino
che mi era rimasto. Dannazione!
« Te l'ha detto lui? » Lo guardo con gli occhi
sgranati. C'era da aspettarselo, sono pur sempre uomini.
« No. Siete stati insieme o no?? » Mi chiede quasi
spazientito come se dovessi dargli una risposta a tutti i costi.
« Sì e allora?! » Rispondo leggermente
alterata credendo che mi voglia giudicare per le mie azioni. Invece si
illumina come il sole a mezzogiorno.
« Lo sapevo! Ehi sta calma non ti sto giudicando...»
« Non mi pare il caso di parlarne adesso comunque...
» In tutta risposta mi afferra un braccio e mi trascina fuori
dalla sala senza che il gruppetto si accorga della nostra momentanea
assenza.
«
Richard! » Mi guarda innocente con un sorriso sghembo sulle
labbra.
« Voglio i dettagli, ovviamente. » Lo guardo
sbigottita. Non credo proprio che li avrà da me.
« Vai a chiederli all'amico tuo! » Mi guarda
contrariato.
« No che mi picchia! "Fatti i cazzi tuoi Bradshaw! "
» Lo imita alla perfezione facendomi ridere.
« Che tipo di dettagli vorresti..? »
« TUTTO! Voglio sapere da come è iniziato a come
è finito! » No, no no... troppo entusiasmo, ma per
farlo stare buono devo dirgli qualcosa o non me lo levo più
di torno.
« È il mio compleanno, fammi questo regalo!
» Continua a supplicarmi lui. Ma che impiccione, si
troverebbe benissimo con Audrey!
Gli racconto molto brevemente la vicenda omettendo molti dettagli che
non necessita di sapere da me almeno.
«
Nooo! Hai fatto la sgualdrina con il dottore? Magari sei andata da lui
vestita tutta sexy e gli hai detto "Doc ho un fastidioso prurito
intimo. Toglimelo! " Mi sto già immaginando il
porno.»
«
Frena la tua fantasia Rick ti prego! » Lo guardo implorante e
credo anche di essere diventata del colore del vino.
« Dimmi che gli hai anche aperto le gambe davanti e diventi
il mio mito. » Scoppio a ridere, la sua espressione
è da immortalare!
« LO HAI FATTO! » Deduce dalle mie risate, ma lo
fermo subito.
« Certo che no! »
« Però lo hai provocato con le autoreggenti.
Quella dalle mie parti si chiama seduzione.. » Mi fa un
occhiolino eloquente, di chi la sa lunga.
« Sì, ammetto di averlo fatto... almeno un po'.
» Lo guardo incrociando le braccia sotto al seno ripensando
mentalmente alla scena nella quale mi appoggio con fare malizioso sulla
scrivania di Devon. È stato divertente ed eccitante allo
stesso tempo.
«
La prossima volta fagliela tu la visita a Reinfield, capisci a me!
» Mi da una spallata alla quale reagisco trattenendo
l'ennesima risata. Quando ci si mette sa essere davvero divertente.
« Non credo ci sarà mai una prossima volta...
» Esprimo ad alta voce i miei pensieri guardando poi Richard
negli occhi. Vorrei sapere la sua opinione al riguardo.
« Non dire così! La mia coppia non si tocca...
» Mette il broncio neanche fosse un bambino a cui
è stata negata la caramella ed incrocia anche le braccia al
petto.
«
Non dipende solo da me, lo sai... »
« Non ne avete più parlato? »
« Ci abbiamo provato ma... aspetta! Per colpa tua si
è presentato a casa mia con la sorella di sabato mattina.
Sì, avevo il pigiama se te lo stessi chiedendo...
» Sbuffo al ricordo di me che guardo i due fratelli alquanto
sconvolta.
Il festeggiato impiccione fa del suo meglio per non ridermi in faccia.
Che idiota.
«
Davvero? Almeno era un bel pigiama? »
« Non ti rispondo nemmeno guarda... » Alzo gli
occhi al cielo perché so che c'era lui, come sempre, dietro
a questa vicenda.
Restiamo un altro poco a chiacchierare del più e del meno,
per poi rientrare in sala dagli altri.
Devon, Clarissa ed Audrey stanno ridendo di gusto per qualcosa detta da
quest'ultima, immagino. Che scenetta surreale. Mi fa strano vedere la
mia coinquilina tanto a suo agio con loro, anche se si fa amare
facilmente grazie al suo spiccato senso dell'umorismo.
Richard tossicchia per attirare l'attenzione su di lui. Il trio si
scioglie e si zittisce e passiamo all'apertura dei regali.
Gli ho fatto un ritratto su tela poiché mi ha sempre
supplicata di fargliene uno.
«
Ella è stupendo! Lo appenderò in camera mia!
» Sorride entusiasta ed io faccio lo stesso di riflesso. La
sua gioia è la mia in questo momento.
————————-
«
Audrey, che cosa combini con i fratelli Reinfield? » Le
chiedo una volta finito il momento regali sfruttando la musica come
diversivo per allontanarci.
«
Niente, tu e Richard eravate spariti...» Lo dice con una
punta di invidia nella voce e mi dispiace di questo.
« Sì, mi ha fatto l'interrogatorio su
Devon..»
« Comunque è simpatico! Sembra più
rilassato stasera! »
« Sì, con voi sì... »
Constato ad alta voce anche se stiamo facendo dei progressi anche noi.
« Anche con te. Oh eccolo che viene a prendere un drink da
questa parte, vi lascio soli. » Mi sorride felice facendomi
l'occhiolino e si allontana tranquilla nella direzione opposta tra un
passo di danza improvvisato ed un altro.
Riuscirò ad aprire un varco nel suo cuore prima che possa
essere troppo tardi?
Devon's
pov
La
festa del mio caro amico sta procedendo bene tutto sommato. I drink
sono ottimi come il cibo ed ha invitato solo pochi intimi, per fortuna.
Mia sorella sembra gradire la piccola festa e non perde occasione per
chiacchierare con Audrey per informarla sullo svolgimento della sfilata
ed il resto. Grazie a lei, Clarissa si è potuta mettere in
contatto con la sua agenzia ed ha trovato tutte le modelle che cercava.
Approfitto del ritorno di Richard per farmi un altro drink dirigendomi
nella direzione di Ella ed Audrey che, appena mi vede, si allontana per
raggiungere gli altri invitati.
Sembra una brava amica ed è molto solare con il sorriso
stampato sempre in viso.
«
Ci rincontriamo. » Le sorrido leggermente prendendo un
martini, tanto per cambiare.
« Beh, a quanto pare...» sorride, anche se ha le
labbra scarlatte appoggiate al bicchiere.
Fa molto caldo nella sala, complici le luci e l'aria ormai mite di
maggio nonché i numerosi drink da noi consumati.
«
Vogliamo prendere un po' d'aria? » Le chiedo notando anche il
leggero rossore sulle sue gote di solito pallide come la neve.
«
Credo sia una buona idea. » Appoggia il calice ormai vuoto
sul tavolo e la conduco all'esterno della sala. Attraversiamo il lungo
corridoio e ci immettiamo in uno dei balconi che offre l'hotel.
«
Non ci faranno altre foto ambigue, vero? Non vorrei che la tua famiglia
si allarmasse ulteriormente... » Spezza il silenzio Ella
appoggiandosi con i gomiti sulla ringhiera.
La imito trattenendo un sorriso per ciò che ha detto.
«
Non preoccuparti, non ci sono paparazzi da queste parti. » La
rassicuro godendomi il panorama di New York illuminata nella notte. Mi
toglie sempre il fiato questa vista.
«
Le ultime parole famose...» Scherza lanciandomi un'occhiata
furtiva. Pensavo che le cose fra noi si complicassero dopo il nostro
rapporto avvenuto nel mio studio ed invece, tranne quando sono piombato
a casa sua senza preavviso con mia sorella, sembra essere tutto a posto
fra di noi. Anzi, oserei dire che ci siamo avvicinati anche di
più. Ella sembra non volere niente di più di
quello che ha avuto e a me sta benissimo così.
Si passa i palmi delle mani sulle braccia nude rivolgendomi lo sguardo.
Sembra assorta nei suoi pensieri nonostante mi stia guardando.
«
Va tutto bene? »
« Sì... stavo pensando alla sfilata di tua
sorella. Non immaginavo che facesse la stilista. »
« È sempre stata affascinata da quel mondo e devo
ammettere che se la cava così ha deciso di tentare in quel
campo. »
« Ha fatto bene visti i risultati... Dev'essere bello
raggiungere i propri obiettivi. »
« Lo è, ma non ti completa...» Affermo
spostandole una ciocca della frangia che le penzolava davanti agli
occhi.
« E cosa serve per completarsi? »
« Dipende, è soggettiva la cosa. »
« A te cosa servirebbe? »
« Un miracolo. » Le sorrido, ma dentro di me so che
sono serio. Avevo raggiunto il mio equilibrio per poi veder crollare
tutto a causa mia.
« E cosa speri di risolvere? »
« Fai troppe domande te l'hanno mai detto? »
Sorride abbassando lo sguardo sulla ringhiera per poi riportarlo sul
mio.
« Ne sono consapevole! »
« Almeno lo sai... » Sorrido e noto che continua a
strofinarsi le braccia con le mani.
«
Vuoi rientrare? » Scuote la testa guardando lo skyline di New
York. Sembra un po' triste perciò lascio che sia l'istinto a
guidarmi per questa volta.
«
Vieni qui...» Allargo le braccia cosicché possa
riscaldarsi un po' se proprio vuole restare qui fuori. Mi guarda
titubante ma poi cede e si avvicina permettendomi di avvolgerle il
braccio intorno alle spalle. La pelle è fredda al tatto e mi
permetto di riscaldarla con la mia mano riprendendo il movimento da lei
compiuto poc'anzi. Si rilassa tra le mie braccia e così
faccio anche io.
Appoggia la testa sul mio petto e restiamo così per un po' a
contemplare il silenzio di questa notte che piomba su di noi. Inspiro
il suo gradevole profumo che mi ricorda qualcosa di dolce e mi beo di
questo momento di tranquillità assoluta, la stessa che viene
bruscamente interrotta qualche minuto dopo da una voce a me molto
familiare.
«
Ragazzi!! Stiamo per aprire la torta! Oh... ho interrotto qualcosa..?
» Si scusa Clarissa notando solo dopo di essere stata troppo
avventata. Ella si allontana sciogliendo quindi l'abbraccio e guarda me
e poi mia sorella leggermente imbarazzata.
«
No, adesso arriviamo! » Si affretta ad aggiungere facendomi
cenno con la testa di seguire mia sorella. Dal mio canto non m'importa
ciò che ha visto. Non mi sembra di aver ucciso nessuno,
quindi. La faccio passare per prima e poi la seguo nel corridoio
facendo scivolare lo sguardo sul suo fondoschiena fasciato dal tubino
nero per qualche secondo.
«
Ti piace ciò che stai guardando? » Si gira tutto
ad un tratto Ella, sorprendendomi sul fatto.
« Il pavimento? Sì..»
« Sapevo che l'avresti detto! Sei prevedibile
Devon...» Incrocia le braccia sotto al seno divertita.
« Perché è quello che stavo guardando.
» Mi giustifico inutilmente.
« Dicono tutti così. »
« Io dico il vero. »
« Ed io sono un unicorno! »
« In effetti il corno lo vedo...» È
divertente prenderla in giro perché ha sempre una risposta
pronta da darmi.
« Hai le allucinazioni? Ah no eri impegnato a guardare altro!
»
« Infatti, il bellissimo pavimento di marmo.»
Glielo indico per dare veridicità alle mie parole.
« Il pavimento si trova sul mio fondoschiena? »
« Quale fondoschiena? » Mi guarda sconcertata.
« Perfido, per guardarlo vuol dire che c'era! »
« Non l'ho trovato! » La prendo vistosamente in
giro.
« E come fai a guardarlo se non l'hai trovato? »
« Sono il tuo medico, ricordi? »
« Sì, e allora? » Mi domanda perplessa
ma credo divertita quanto me dalla situazione.
« So cos'hai e cosa non hai! »
« Cosa c'entra? Controlli il sedere di tutte le tue pazienti?
»
« Segreto professionale..» Alzo le mani in mia
difesa ma un sorriso mi tradisce.
« Devo sapere se hai controllato anche il mio. »
Risponde con un sorrisetto. Più che controllato, me ne ha
dato completa visione quella sera, quindi la sua domanda è
piuttosto futile.
« Se l'ho fatto non te ne sei accorta quindi che te lo dico a
fare? » Reggo comunque il gioco trovando questo piccolo
battibecco troppo esilarante.
« Mi stai dicendo indirettamente che l'hai fatto? »
Sorride, convinta che mi abbia in pugno.
« Ti sto dicendo che non ne avrai mai la conferma.
» La chiudo con le mie parole, ed infatti, non sapendo che
altro ribattere, continua a camminare ma stavolta al mio fianco. Si
sporge poi al mio orecchio.
«
Allora l'hai fatto. » Scrollo le spalle in mia difesa. Non lo
saprà mai.
Al termine di questo giochetto fra noi, arriviamo nella sala dove
Richard e gli altri ci stavano attendendo per la torta. Il festeggiato
ci lancia un'occhiata eloquente e riceve da me uno sguardo di ghiaccio
che gli fa distogliere subito l'attenzione.
«
Bene, prima che scocchi la mezzanotte e che non sia più il
mio compleanno, apriamo questa dannata torta! »
Tra brindisi, fette di torta qua e la e discorsi pomposi, giunge l'ora
di fare ritorno a casa. Domani mattina ho il turno in ospedale e devo
dormire un po' altrimenti non reggerò né pazienti
né studenti lagnosi. A proposito di studenti, domani mi
tocca anche il pronto soccorso tra l'altro. Fantastico. Lascio perdere
questi funesti pensieri e mi congedo salutando Richard con un abbraccio
augurandogli ancora un buon compleanno, poi saluto Audrey con due baci
sulle guance ed infine arrivo da Ella. È sempre difficile
scegliere il modo con il quale salutarla senza dare troppo nell'occhio,
ma stavolta è lei che mi toglie dall'impiccio sporgendosi
per stamparmi un bacio sulla guancia.
«
Buonanotte Devon. » Mi sorride e per un istante, uno
soltanto, vorrei che venisse con me, ed invece, mi devo accontentare di
mia sorella che scalpita per andarsene. La accontento e usciamo
dall'hotel il più velocemente possibile infilandoci in auto.
«
Che stavi facendo con Ella? » Mi aspettavo questa domanda,
solo in modo più allusivo. La guardo alzando gli occhi al
cielo.
«
I fatti tuoi non te li sai fare, eh? »
« È solo una domanda, rispondi e basta!
»Ed invece non lo farò, tanto per farle capire che
con i suoi modi bruschi non arriverà da nessuna parte con me.
«
Va bene ho capito... Però sareste una bella coppia.
» Per poco non vomito il vino e la torta che ho mangiato poco
fa.
« Tu mi ci vedi in coppia con tutte. »
« Non è vero, non te lo dico praticamente mai! Lo
sai che sono l'unica in famiglia che non ti stressa. »
Ribatte guardandomi fisso, anche se sono impegnato alla guida.
« Ultimamente non fai altro che parlarmi di Ella e di quanto
ti piacerebbe come cognata. »
« Ok, forse sto un po' esagerando, però
c'è sicuramente qualcosa tra voi. Una bella intesa direi.
» Per un momento ho temuto che si riferisse ad altro.
«
È vero, lo ammetto ma non staremo mai insieme, rassegnati.
» Le dico freddo. Non potrei infelicitare un'altra persona
come lo sono già io. Non se lo merita, è troppo
buona per essere condannata a restare con uno come me e se ne
renderà conto da sola se continua ad avere a che fare con
me.
«
Smettila non è vero!! Non dire questo! Lo sai che quello che
è successo non è stata colpa tua, non potevi
prevedere che accadesse, nessuno avrebbe potuto! » Alza la
voce sbattendo la mano sul sedile. Ha gli occhi lucidi, come se stesse
per piangere.
«
Invece sì! Io potevo evitarlo ed invece non ci sono
riuscito! Ma non voglio parlarne, basta! » Nessuno mi
convincerà mai del contrario. Se quel giorno due persone
sono morte, la colpa è mia e non mi perdonerò mai
per questo gesto, mai. È da allora che non vivo
più e presto o tardi, ferirò anche Ella
perché è questo ciò che so fare meglio
e non c'è scampo per nessuno.
Devo restare da solo.
Angolo
autrice:
Buonasera cari lettori! Come ogni settimana, vi saluto con un nuovo
capitolo della storia. Cosa ne pensate del compleanno di Richard? Vi
è piaciuto?
E' curioso notare come i nostri protagonisti vedano e stiano vivendo la
cosa in maniera del tutto differente, come Ella e Devon pensino
esattamente l'opposto.
Nel finale del capitolo vi ho dato un piccolo indizio sulla tragedia
che ha sconvolto il nostro Devon. Chi sono le due persone da lui
citate?
Vi lascio con questi dubbi e vi aspetto mercoledì prossimo!
Kisses.
|
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Capitolo 32 *** Capitolo 30 ***
Devon's
pov
Si
prospetta una giornata pesante. Mai avute così tante
emergenze nel giro di un paio d'ore. Sono ancora le nove di mattina, ma
sembra che il mondo abbia deciso di rendermi le cose più
difficili del solito. Appena metto piede in ospedale, una donna incinta
partorisce praticamente nel corridoio. Per fortuna stanno bene tutti e
due, tre se consideriamo il padre che per poco non sveniva anche lui.
Arriva presto un uomo sulla cinquantina con un infarto in corso.
«
Roxanne. » Le faccio cenno con lo sguardo di procedere. Oggi
i miei studenti dovranno dare una mano se vorranno conquistarsi un bel
voto o potranno dire addio alla loro carriera di medici.
«
Sì, dottore. Allora, l'uomo lamenta forti dolori al petto e
al braccio sinistro. L'ECG mostra chiari segni di aritmia. Abbiamo
effettuato il prelievo per accertare la diagnosi attraverso l'analisi
dei marcatori cardiaci. »
«
Quali marcatori? » Le domando mentre collegano il paziente al
monitor per controllare la frequenza cardiaca.
« Le troponine e il BNP. »
« Perché non la mioglobina o la CK? »
« Perché il paziente ha i sintomi da troppo tempo,
non servirebbe a nulla e faremmo perdere solo tempo al laboratorio.
» Annuisco orgoglioso. Stanno imparando finalmente!
« Bravissima, te lo lasc... » Sto quasi per andare
via lasciando tutto nelle loro mani, quando il monitor inizia a
tintinnare.
«
È in fibrillazione ventricolare! » Esclamo
spostando lo sguardo dallo schermo all'uomo sul quale mi precipito.
« Ventilatelo, ora. » Ordino notando la cianosi
già evidente sul suo viso.
« Pressione in calo, cento su sessanta e frequenza cardiaca
di quarantasei. Saturazione novantacinque percento. » Mi
comunica Danny, un altro mio studente.
Il cuore smette di pompare sangue in pochi secondi.
«
Un milligrammo di epinefrina. » Cerco di restare calmo e
vigile, ma quando una situazione apparentemente sotto controllo diventa
un'emergenza critica, è inevitabile farsi prendere dal
nervosismo, anche se si fa questo lavoro da tempo. Pratichiamo il
massaggio cardiaco ma il cuore non riparte.
«
Defibrillatore. Carica... Allontanatevi. Libera.» Niente, lo
strumento ci segnala il caratteristico suono della cosiddetta "linea
piatta".
« Ancora, carica a duecentocinquanta. Vai! »
Niente, non c'è battito.
« Carica a trecento...Libera. » Continuiamo per
qualche altro minuto ma è tutto inutile perché
ormai l'abbiamo perso.
«
Ora del decesso... nove e quarantasei. » Sbatto la cartella
clinica sul bancone. Odio perdere i miei pazienti e inoltre, i miei
studenti sono piuttosto sconvolti. Per molti di loro è la
prima perdita sul lavoro. Roxanne guarda immobile il cadavere del
paziente, così decido di intervenire.
«
Uscite di qui, tutti. » Irrompo nella stanza prendendo
Roxanne per un braccio e trascinandola fuori. È inutile
commiserarsi ora, ma non posso essere duro con loro. Sono stati molto
efficienti.
«
Fate una pausa... » Li congedo dando una pacca sulla spalla
alla mia studentessa e mi rinchiudo nel mio studio. Mi siedo sulla
poltrona incazzato. Sono sicuro che avremmo potuto salvarlo e non
capisco come la situazione sia precipitata così velocemente.
Sì, sono incazzato con me stesso e lo sarò
finché non avrò la certezza che non avrei potuto
salvarlo in nessun modo, ma per questo devo attendere i risultati delle
analisi del sangue.
Mentre mi crogiolo tra i sensi di colpa e controllo le mail di lavoro
dal pc, qualcuno bussa alla mia porta.
«
Avanti... » Assumo una posizione più composta e
alzo lo sguardo sulla figura che si palesa.
« I risultati delle analisi del paziente deceduto.»
Angie mi piazza i fogli sotto il naso guardandomi come se
già sapesse cosa sto per dirle.
«
Aveva un'insufficienza cardiaca...» Ammetto osservando i
valori dei marcatori cardiaci che sono stati eseguiti.
« Sì, e dallo storico è emerso che il
paziente era stato già operato per il malfunzionamento di
una valvola aortica. »
«
Capisco, aveva il BNP alle stelle... » È un
marcatore che aumentato indica uno scompenso cardiaco legato
all'ipertrofia ventricolare.
« Dottore non poteva fare molto... Il cuore avrebbe ceduto
comunque. » Mi rassicura, ma si sbaglia. Apprezzo sempre,
però, l'aiuto ed il conforto di Angie.
« Sì...Puoi far vedere queste cartelle anche ai
miei studenti? Sono parecchio sconvolti.. » Gliele
restituisco e il tecnico annuisce.
«
Certamente, se ha bisogno, sa dove trovarmi.» Mi sorride e
sparisce con la sua lunga treccia nera ondeggiante dal mio ufficio.
Per oggi ne ho abbastanza dell'ospedale, decido quindi di recarmi al
mio studio in anticipo, lasciandomi tutti i problemi alle spalle per
qualche ora.
Avrei potuto salvare una persona e non ci sono riuscito, ma almeno
posso rendermi utile con i miei altri pazienti, spero. Prendo tutte le
mie cose ed esco velocemente dalla mia stanza passando però
per il pronto soccorso. Roxanne mi si lancia addosso come una
cavalletta.
«
Dottore! Ha visto le analisi? Non potevamo salvarlo vero? Oh mi
dispiace troppo... ho parlato con la famiglia e... » Tira su
con il naso mentre non ho il coraggio di allontanarla bruscamente come
faccio di solito.
«
Hai fatto un buon lavoro, stai tranquilla...» La rassicuro
accarezzandole la schiena. Mi dispiace che si sia traumatizzata fino a
questo punto. Purtroppo si dovrà abituare se vuole fare
questo mestiere. Ogni volta è sempre una sconfitta personale
e il dolore e la delusione rimangono comunque.
«
Grazie dottore, é un onore lavorare con lei.. » Mi
sorride e non posso che ricambiare in modo affettuoso. È una
brava studentessa, dopotutto. La lascio tornare a casa e finalmente
esco da quel dannato ospedale.
L'aria
mite di maggio mi colpisce dritto in viso accarezzandomi le guance che
ospitano una leggera barba che ho deciso di far crescere. Nonostante lo
studio non sia proprio a due passi dal Lennox, farò il
tragitto a piedi. Con tutto ciò che sta succedendo, non ho
molto tempo per allenarmi e una camminata non può di certo
farmi male, anzi.
Mentre mi inoltro tra le strade affollate di New York, il suono del
cellulare mi costringe a distogliere lo sguardo ed alzare gli occhi al
cielo.
«
È la terza volta che mi chiami e sono solo le dieci e un
quarto di mattina. Cosa c'è ancora Clarissa? » Mia
sorella sa essere davvero petulante quando ci si mette. Ora ricordo
perché non ci chiamiamo spessissimo.
«
Scusami fratellone, ma dovrai sopportarmi. » Mi racconta
brevemente del suo "problema". In pratica, è indecisa su
quali modelli proporre nella sua sfilata.
«
E mi hai chiamato per questa stronzata? Non avevi un'assistente?!
»
« Sei sempre così scontroso la mattina?! Mamma
mia! Non ti si può dire nulla. Comunque sì,
chiederò a lei. » Sbuffo e le attacco praticamente
il telefono in faccia. Da ieri sera e dopo la nostra discussione in
macchina su Ella e tutto il resto, Clarissa ha cercato di sistemare le
cose chiamandomi ogni minuto della giornata, con i pretesti
più assurdi. È di nuovo preoccupata per la mia
salute mentale...
Lasciando
perdere questi pensieri per un po', arrivo finalmente a destinazione
con una sorpresa ad attendermi all'esterno dell'edificio. Rose, la mia
assistente personale, e Summer stanno discutendo animatamente.
«
Signorina, le ho già detto che il dottor Reinfield non
è qui! Dovrebbe arrivare fra poco ma non posso farla
entrare, ha capito? »
« Senta, non mi interessa quello che dice, devo entrare e
subito!! »
Basta
così, ne ho abbastanza di questo spettacolo pietoso e
soprattutto di Summer. Forse se avessi risposto alla sua chiamata
l'altra sera, non sarebbe successo.
«
Summer cosa ci fai qui? » Rose tira un sospiro di sollievo.
« Ah eccoti finalmente! Perché non rispondi alle
mie chiamate?! »
« Perché non voglio sentire le tue lagne e
comunque lascia stare la mia assistente.» Faccio cenno a Rose
di iniziare a salire di sopra lasciandomi solo con Summer.
« E se invece avessi avuto bisogno di aiuto, mh?»
« Ne hai bisogno? »
« No..»
« Bene, allora puoi andare.. »
« Ma Devon! » Alzo per l'ennesima volta gli occhi
al cielo e la oltrepasso per entrare nel mio studio. Ovviamente mi
segue.
« Ho del lavoro da sbrigare... »
« Da quando sei diventato così freddo con
me?»
« Da quando te ne sei andata e poi hai preteso che tutto
tornasse com'era prima.»
« Allora è questo il problema? » Non
l'aveva capito? Andiamo bene.
« Mi era sembrato chiaro. »
« Ok.. ho capito. » Finalmente! Mi giro per
guardarla in viso. Forse è la volta buona che mi
lascerà in pace per sempre.
« Me ne vado... ma non è finita qui. »
Peccato, anche perché non c'é più
nulla di cui parlare.
Non volevo una relazione seria ma con lei ci avevo provato, davvero.
Poi se n'è andata ed ho capito che non era la persona giusta
per me. Non commetterò di nuovo lo stesso sbaglio, no. Per
me è acqua passata, ormai, e soprattutto odio le persone che
mi prendono per stupido. Diceva di amarmi e poi alla prima occasione mi
ha voltato le spalle andando a dire in giro che la usavo per i miei
sporchi comodi. Quando è tornata le ho anche dato una
seconda possibilità, ma le cose non sono andate come si
sperava, perciò meglio finirla qui. Ho già
sofferto abbastanza ed anche lei.
«
Rose mi scuso per questo piccolo inconveniente. Non accadrà
più. »
«
Non si preoccupi dottore, è tutto apposto.» Mi
sorride cordiale e le chiedo quanti pazienti hanno prenotato una vista
per oggi e a che ora dovrebbe arrivare il primo. Mi dice che avremo il
tempo di pranzare e che per l'una inizieranno le visite. Bene, posso
sistemare le carte nello studio.
C'è una tale confusione qui dentro che non immagino quanto
tempo dovrò impiegare per risistemare il tutto. Per fortuna,
il cellulare squilla nuovamente ed è Richard questa volta.
Oggi hanno tutti una gran voglia di stare al telefono.
«
Richard, ci siamo visti solo ieri e già ti manco? »
« Non farti strane idee Devon! Come te la passi? »
Gli racconto della mia pessima mattinata e di come sia peggiorata
ulteriormente a causa di Clarissa e Summer, ma che ora sono finalmente
rinchiuso nel mio studio in pace.
«
Capisco, quindi è meglio se ti lascio lavorare va. Ci
sentiamo presto, sono sicuro che dovrai raccontarmi molte cose.
» Usa un tono ambiguo che mi lascia perplesso, ma in fondo fa
sempre così e ancora devo capire perché me ne
sorprendo ogni volta. Attacco la chiamata e mi dedico alle scartoffie
riuscendo a riordinare gran parte del caos nelle ore successive. Ah se
fosse così facile attuare lo stesso sistema per la mente.
Chiuderei tutti i brutti pensieri in un cassetto a chiave e darei
spazio a quelli belli che al momento, però, scarseggiano.
Sento bussare alla porta, gesto inconsueto per i miei pazienti o per
Rose che di solito irrompe nella stanza senza annunciarsi. Mi reco,
quindi, ad aprire la porta perplesso, trovandovi con mia grande
sorpresa, Ella sull'uscio che regge una fetta di torta al cioccolato.
Istintivamente sorrido e mi faccio da parte per farla accomodare.
«
Che cosa ho fatto di buono per meritarmela?»
Che giornata piena di sorprese quella di oggi, ma finalmente se ne
presenta una degna di essere chiamata bella.
Ella's
pov
Varco
la soglia dell'edificio con un cestino all'interno del quale, ho
delicatamente riposto il dolce che ho cucinato stamattina. Ho portato
una fetta anche all'assistente, cioè a Rose, dal momento che
si è presa più di una strigliata da parte del
capo per colpa mia.L'espressione sorpresa e compiaciuta che si dipinge
sul volto di Devon quando mi vede, mi riempie il cuore di gioia. So che
ha avuto una brutta giornata, perciò mi sembrava un gesto
carino. In fondo siamo amici no?
«
Ho pensato potesse farti piacere, so quanto adori il cioccolato.
» Gli sorrido entusiasta mostrando la fetta di torta al pan
di spagna al cacao ripiena di nutella e con una spolverata di zucchero
a velo. Affianco un piccolo cuoricino, sempre di pan di spagna e glassa
bianca, funge da decorazione. Mi fa spazio così da entrare
nel suo studio. Quanti ricordi questa stanza, non che sia passato molto
tempo in effetti. Cerco di non distrarmi e poggio il piattino sulla
scrivania.
«
Devo farti una lista? » Rispondo alla sua domanda di prima.
Ha fatto molte cose per me, anche se non se ne rende conto, tra cui
salvarmi letteralmente la vita un paio di volte. Da questo si nota la
sua negatività, il pensiero che ha di commettere sempre un
passo falso tanto da non fidarsi di nessuno. Come può non
accorgersi della bella persona che è? Si merita questo e
tanto altro.
«
È una tentazione questa torta...» Commenta
richiudendo la porta alle spalle e venendo nella mia direzione.
« Ti ho messo anche un cuoricino, vedi? » Glielo
indico fiera del mio operato con un gran sorriso. Devon lo osserva e lo
afferra delicatamente mordendone un pezzo equivalente circa la
metà.
«
Se anche il resto è così, non durerà
molto nel piatto.. » Accenna un ulteriore sorriso porgendomi,
sorprendentemente, l'altra metà del cuore. «
Questo è tuo...»
Mi
coglie alla sprovvista, ed infatti, ci metto qualche secondo per
afferrare il dolcetto che mi sta donando. Potrebbe sembrare un gesto
molto semplice, privo di significato, ma sento che non è
così. Lo prendo e lo assaggio, gustandomi il sapore deciso
del cacao.
«
Wow, se un morso ti ha addolcito, non saprei che aspettarmi quando
finirai il resto! » Lo prendo in giro per evitare di apparire
troppo meravigliata, appoggiandomi al bracciolo della sedia.
« È buona vero? »
«
Quindi l'hai fatta per addolcirmi? Puoi anche ammetterlo... »
Sorride, apparentemente divertito, ponendosi contro il bordo della
scrivania. « Sì, è molto buona
così come sono tanto magnanimo da condividere la tua stessa
creazione con te. »
Finge un'aria altezzosa incrociando poi le braccia al petto.
«
Lo ammetto, così come puoi ammettere anche tu che sia
riuscita perfettamente nel mio intento.. » Gli rispondo
altrettanto ironica. Mi avvicino puntandogli il dito contro.
« Se questo è il massimo della tua gentilezza, la
torta deve fare abbastanza schifo. » Gli volto quindi le
spalle e, per provocarlo, gli rubo un morso.
«
Forse un poco, ma sai anche che non lo ammetterei mai totalmente.
» Arriccia il naso e poi scatta non appena gli frego la
merenda. «Ehi! Non vale! La torta è mia adesso e
ho detto che mi piace. » Si sporge e, dandogli le spalle,
riesce a farmi il solletico. Scoppio a ridere e mi prendo un altro
pezzettino di dolce.
«
Me la porto via se non la smetti! » Devon si allunga e,
invece di smettere di solleticarmi, mi afferra i fianchi tirandomi tra
le sue braccia per poi levarmi il piatto dalle mani. Metto il broncio
come se fossi una bambina alla quale hanno appena rubato le caramelle.
«
È troppo grande per te, poi ti viene il diabete...
» Sorrido beffarda ma ormai la torta è nelle sue
mani, anzi, solleva anche il braccio per non farmela riprendere.
«
Smettila, se ti preoccupavi del mio diabete non mi portavi la torta.
» Mi risponde divertito sorridendo.
« Ho preso solo due morsi.. È ancora tutta intera.
» Mi lecco le labbra per ripulirle dai residui del
cioccolato. « Come hai detto tu, il mio obiettivo era
addolcirti non preoccuparmi del tuo diabete..»
«
Se te la mangi tutta, mi perderò il divertimento di
assaggiarla e dirti che non è nemmeno così buona!
» Mi libera dalla sua presa per dare un altro morso alla
torta che poi riappoggia sulla mia adorata scrivania.
«
Sei davvero uno stronzo...» Commento non spostandomi da
quella posizione. Automaticamente, riposiziona il braccio intorno alla
mia vita, come se fosse quello il suo posto ed io mi adatto
perfettamente tra le sue braccia. Per un attimo immagino come sarebbe
la mia vita fatta di questi fugaci ma bei momenti se Devon si
arrendesse all'amore.
«
L'hai capito adesso? »
«Non sei sempre così, sei un po' bipolare in
realtà... » Sorride scuotendo la testa. Ne
è consapevole evidentemente!
« Non posso darti torto...» Sento il suo sorriso,
anche se sono di spalle e non posso vederlo. Non so se si sia reso
conto che siamo ancora abbracciati o il ricordo di ciò che
è successo proprio su questa scrivania, gli abbia annebbiato
la mente. Sospira sul mio collo come colto da qualche pensiero non
troppo felice e mi lascia andare. Mi libero dalla sua presa e mi volto
nella sua direzione.
«
La torta non la finisci? » Gli chiedo dondolandomi sui
talloni appoggiando però le mani ai bordi della scrivania
sulla quale è appoggiato il dottore.
«
Certo che la finisco. » Mi sorride ma nel suo sguardo
c'è qualcosa che non va, che lo turba. Lo abbassa subito e
per me è come risprofondare nel buio più totale.
Questa sensazione mi soffoca, mi toglie il respiro e per un attimo
provo ad immaginare come debba sentirsi nel nascondere il suo dolore al
resto del mondo. Mi sento impotente perché non posso fare
niente, non posso aiutarlo se non me lo permette ed è
terribile essere la spettatrice di questo strazio. Mi mordicchio
l'interno della guancia e, proprio come ha fatto con me al compleanno
di Richard, mi slancio per abbracciarlo.
Potrebbe respingermi, potrebbe allontanarmi come ha fatto con gli
altri, potrebbe chiedermi di andarmene, ma non lo fa. Abbraccio lui ed
il suo dolore accogliendo la tenebra che lo tiene in gabbia. Per un
momento la sento, sento tutta la tristezza che lo avvolge e mi piange
il cuore. Nessuno dovrebbe soffrire così, e anche se non
riesce ancora ad aprirsi del tutto con me, sento di essere sulla buona
strada. Mi cinge la vita ed io gli allaccio le braccia intorno al collo
poggiando la guancia sul suo petto. Il battito del suo cuore
è irregolare e riflette perfettamente il mio, altrettanto
scombussolato dalla situazione, dalla piega che sta prendendo questa
storia e la mia vita. Ho paura che una volta scoperto il suo segreto,
non sarò capace di sopportarlo e che sarà stato
tutto inutile. Sono forte, lo so, ma riuscirei ad esserlo per entrambi?
«
Ella.. io.. » Lentamente mi allontana sciogliendo l'abbraccio
e lasciandomi una strana sensazione di freddo intorno.
«
Sì..? » Chiedo cauta, temendo la sua risposta. Mi
sposta qualche ciuffo della frangia di lato accarezzandomi lentamente
la guancia. Sta per dirmi qualcosa, ne sono certa, ma bussano alla
porta facendo andare tutti i miei sforzi in frantumi. Sono costretta ad
allontanarmi dal suo corpo con il capo chino. Rose si materializza
dall'altro capo della stanza.
«
Scusatemi.... Dottore è arrivato il primo paziente.
» Ci comunica lanciandoci un'occhiata di circostanza, sempre
imbarazzata quando ci interrompe, e in effetti, capita spesso.
« Sì, grazie Rose. Dammi un paio di minuti.
» Si schiarisce la voce per risponderle.
«
Comunque era davvero buona la torta signorina Davis. » Si
complimenta la ragazza ed io le sorrido, rispondendole che sono
contenta che le sia piaciuta.
Devon mi guarda perplesso ma poi sorride.
«
Allora non era solo per me la torta.. »
« Beh, mi sembrava giusto offrirla anche alla tua assistente.
Sembra una brava ragazza. » Faccio spallucce. Mi è
sempre sembrata simpatica, ed in fondo, la compatisco. Non oso
immaginare come sia lavorare per Devon che ti punta il suo sguardo di
ghiaccio addosso ad ogni errore.
«
Perché lo è. » Finisce il resto della
torta in un boccone e mi scorta alla porta.
« Grazie Ella. »
« Non ringraziarmi, l'ho fatto con piacere.»
Annuisce e l'angolo delle labbra si incurva all'insù.
Ricambio il sorriso ed esco dalla porta salutando anche Rose.
Sono contenta di ciò che ho fatto e soprattutto della
reazione positiva che ho riscontrato in Devon alla mia sorpresa.
——————————
Torno
a casa felice, con un sorriso stampato in volto e a quanto pare non
sono l'unica. Audrey appare nel salotto del nostro appartamento con
ancora l'abito di ieri addosso e un'espressione a me familiare. Ieri
sera, dopo che Devon è andato via con la sorella, siamo
rimaste a chiacchierare un altro po' con Richard fino a quando, stanca,
ho deciso di abbandonare la nave senza la mia coinquilina che a quanto
pare è finalmente riuscita a concludere qualcosa.
«
Alla buon ora, amica mia! Devi dirmi qualcosa? » La incalzo
con un occhiolino, lo stesso che hanno riservato a me dopo aver saputo
delle mie faccende intime.
«
Io? Certo che no! » Sorride come un' ebete ma poi corre ad
abbracciarmi, chiaro sintomo che è successo qualcosa di
bello.
«
Avanti, ammettilo. Anche perché è piuttosto
evidente vista la tua espressione e il fatto che tu abbia ancora il tuo
vestito di ieri. » Scuoto la testa ridendo e dandole qualche
pacca sulla schiena.
« Potrebbe non significare nulla eh! Ma in questo caso
sì... » Quasi arrossisce, che tenera.
« Era abbastanza ovvio, comunque.. » Le faccio uno
dei miei sorrisi migliori guardandola entusiasta. « Lo sai
che devi darmi qualche dettaglio, vero?» La incalzo, un po'
sono curiosa e un po' devo vendicarmi del suo interrogatorio dell'altra
volta.
«Ehm... Ti posso solo dire che c'entrava un tavolo, a
proposito avevi ragione non sono affatto scomodi, e la nutella. Abbiamo
fatto un gioco che poi è degenerato in altro... »
una risata colpevole le sfugge, una delle più genuine che le
ho mai visto fare.
«
Sono contenta per te amica mia! Ben fatto. » Le faccio un ok
con il pollice.
« Sì! Siamo riuscite nel nostro obiettivo!
Già ci vedo ad organizzare un matrimonio doppio e fare
bambini insieme! »
« Oh mio dio, Audrey! Stai decisamente correndo troppo.
» Sgrano gli occhi impressionata. È certamente
impazzita. Non mi ci vedo per niente con una fede al dito e sono troppo
giovane per pensare ai figli. Che ansia!
«
Shh, ho deciso che sarà così, non si discute.
» Alzo gli occhi al cielo, meglio non contraddirla oggi,
è troppo euforica perfino per i suoi standard.
———————————
Sono
le sette e mezzo di sera e finalmente sono sdraiata sul divano a
contemplare le mie splendide creazioni di questo pomeriggio. Ero
parecchio ispirata, complici i successi ottenuti oggi,
perciò mi sono messa all'opera per finire qualche disegno
lasciato incompleto e farne dei nuovi. Poggio il carboncino sul
tavolino del salotto insieme all'ultimo foglio e, proprio mentre sto
per alzarmi, il suono del campanello attira la mia attenzione. Non
aspetto nessuno e credo neanche Audrey che al momento è al
telefono nella sua camera.
Raggiungo la porta e nell'udire la risposta alla mia domanda su chi
fosse, un sorriso si fa largo sul mio volto.
«
Un dottore a caso. »
« A caso eh? Dai entra...» Almeno questa volta non
sono in pigiama ma indosso i pantaloni della tuta e una T-shirt bianca
infilata al loro interno.
« Ce ne sono tanti di dottori. »
« Sì, ma sei l'unico che conosco abbastanza da
irrompere in casa mia. » Nel frattempo mi scosto per farlo
entrare ma Devon rimane all'ingresso così aspetto che dica
qualcosa.
«
Disturbo? Stavi cenando? »
« No e non ancora. »
« Bene allora ti porto a cena fuori. » Lo guardo
sorpresa ma felice dell'invito.
« Cosa ho fatto di buono per meritarmelo?» Gli
rigiro la stessa domanda che mi ha fatto stamattina nello studio.
«
Oggi è stata una giornata davvero dura e tu mi hai fatto
sentire meglio con le tue creazioni culinarie, discutibili, ma
comunque...» Scherza e un sorrisetto, appunto, tradisce il
suo finto tono serio. « Perciò, mi volevo
sdebitare anche perché Clarissa sta impazzendo con la
sfilata e non ho intenzione di subirmela stasera. »
«
Ehi la mia torta era squisita! » Ribatto prima di proseguire.
« Sarò lieta di farle compagnia signor Conte ma
devo cambiarmi. Un colpo di telefono sarebbe stato gradito. »
Alludo anche alla volta precedente, quando si è presentato
con la sorella. Il cellulare ce l'ha per hobby...
«
Non fare la permalosa, su...» Finalmente entra
nell'appartamento così posso richiudere la porta alle nostre
spalle. « È stata un' improvvisata. Stavo tornando
a casa e poi ho cambiato idea. » Fa spallucce e gli faccio
cenno di accomodarsi sul divano.
«
Non faccio la permalosa... Oh che cosa carina! » Lo prendo in
giro e gli offro un bicchiere di thè freddo.
«
Hai ragione, lo sei. » Schiocca la lingua contro il palato e
si siede all'angolo del sofà. «Che gentile!
» Scimmiotta il mio tono di prima e prende un sorso della
bevanda ghiacciata.
Prima che potessi impedirglielo, il dottore afferra uno dei miei
disegni lasciati sul tavolino di legno davanti a lui.
«
Hai davvero talento... » Riappoggia il bicchiere mentre,
frettolosamente, raccolgo il resto dei disegni per metterli via.
« Ehi sono personali, non puoi vederli. »
« Erano sul tavolo, come potevo ignorarli? Comunque
è bellissimo. » Commenta stringendo il foglio di
carta tra le mani.
« Non sapevo che venissi, altrimenti li avrei messi via.
Comunque grazie, ma ora ridammelo. » Mi avvicino per
riprendermelo.
« Una studentessa d'arte che nasconde i propri lavori. Non
era il massimo auspicabile per voi esporli? » Solleva il
braccio trattenendosi il disegno tra le dita voltando lo sguardo nella
mia direzione. Sbuffo e tento di spiegargli come funziona per me.
«
Ti spiego. I lavori che faccio per l'università sono diversi
da quello che hai tra le mani. È un passatempo e se noti,
non è finito, quindi dammelo. » Mi sporgo
nuovamente per prenderlo toccando le sue ginocchia con le mie.
«
Non è pur sempre arte? Che importa se sia completa o no?
L'estro rimane tale così come l'intenzione. »
Dà un'ultima occhiata al disegno per poi restituirmelo.
«
Belle parole, ma c'è una differenza per me. Non mostro a
nessuno i disegni che creo nel tempo libero, sono personali.»
Lo rimetto nell'apposita cartellina blu sospirando di sollievo. Non
voglio che guardi le mie creazioni, sono intime e alcune di esse lo
ritraggono anche, se vogliamo dirla tutta. Alza le mani in segno di
resa e si riappoggia allo schienale. In quel momento esce Audrey dalla
sua stanza e la sentiamo dire "A presto Rick."
Devon ed io ci scambiamo uno sguardo complice.
«
Oh Devon! Ciao! Come stai? » E si sono visti solo ieri,
figuriamoci. Quando sono diventati amici tra l'altro?
« Ehi Audrey, tutto bene che mi racconti? Mia sorella ti sta
stressando come sta facendo con me?»
«
Bene io vado a cambiarmi nel frattempo. » Annuncio anche se
non mi degnano di una grande attenzione. Pazienza.
Fuggo nella mia stanza in cerca di qualcosa da mettere per la serata.
Quando faccio ritorno nel salotto poco tempo dopo, sento gli sguardi
dei presenti su di me. Ho indossato un paio di pantaloni neri a vita
alta ed una camicetta celeste che ho infilato all'interno, stivaletti
neri con un minimo di tacco e capelli sciolti che mi ricadono sulle
spalle.
«
Sono pronta, andiamo? » Guardo Devon e poi Audrey che ammicca
impercettibilmente. Vorrei alzare gli occhi al cielo ma mi trattengo.
«
Bene Audrey, alla prossima. Non ti far pressare troppo da Clarissa mi
raccomando.» Si salutano con due baci sulle guance
affettuosamente. Mi sorprende la loro confidenza...
Mi avvicino alla porta recuperando le chiavi di casa nell'attesa.
«
A dopo. » La saluto con un cenno della mano per poi seguire
il dottore al di fuori dell'appartamento.
«
Da quando siete così amici tu ed Audrey? » Gli
domando mentre scendiamo le scale per giungere alla sua auto.
«
Amici mi sembra un parolone, ma dalla festa di Richard comunque.
» Mi apre il portone e ci dirigiamo all'esterno. Annuisco
senza sapere cosa aggiungere. Forse avrei fatto meglio a tacere.
«
Dove mi porti di bello? » Gli chiedo per cambiare argomento
salendo dal lato del passeggero e allacciandomi la cintura di sicurezza.
«
Vedrai, credo che ti piacerà. » Mi sorride e in
men che non si dica, partiamo alla volta della nostra meta.
Angolo
autrice:
Buon mercoledì pre-Pasqua a tutti! Secondo voi, se
Rose non fosse entrata, Devon avrebbe detto qualcosa ad Ella o no?
Magari lo farà a cena, chi può saperlo. Fatemi
sapere che ne pensate con una recensione. Buona Pasqua a tutti, ci
vediamo la settimana prossima!
Kisses.
|
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Capitolo 33 *** Capitolo 31 ***
Ella's
pov
Siamo
già in viaggio da circa tre quarti d'ora per giungere alla
meta designata da Devon. Non so dove siamo diretti, ma suppongo in
periferia dato il lungo tragitto. Nel frattempo ci manteniamo su una
conversazione leggera, parliamo dei nostri amici e della sorella che lo
sta pressando per l'imminente sfilata.
«
Quindi il grande evento è sabato prossimo? »
«
Sì, grazie a Dio... Non ce la faccio davvero più
a sopportare mia sorella che si lamenta... »
«
Però capiscila, è la sua sfilata. È
come se esponessi i miei lavori in una galleria d'arte. Sarei
emozionata e andrei sicuramente nel pallone per ogni minima cosa.
Dovrebbe essere tutto perfetto. » Mi lancia un'occhiata
mentre faccio il mio discorso giocherellando con i laccetti della
giacca nera.
«
La capisco ma resta che rompe troppo perché sono il fratello
e sa che può permetterselo. » Sorrido e scuoto la
testa alla sua affermazione. « Comunque siamo arrivati.
» Parcheggia l'Audi nera nel primo posto libero che troviamo
e scende velocemente dall'auto per aprirmi la portiera.
Lascia le chiavi ad un addetto e mi poggia la mano sulla schiena per
condurmi all'interno del locale. L'esterno è molto grazioso
e per fortuna non sembra il tipo di locale extra lusso. Mi ci sarei
sentita a disagio, ma questo Devon lo sa già.
Mettiamo piede all'interno che non rispecchia affatto la facciata
esteriore decisamente più rustica. È raffinato ma
non troppo chic. I pochi tavoli sono disposti in mezzo alla sala e
c'è anche un uomo che canta e suona il piano in un angolo.
La musica è strepitosa così come il resto del
ristorante. Meno male che sapeva che non sono abituata a queste cose...
Un cameriere ci accompagna alla nostra postazione e mi scosta
addirittura la sedia per farmi accomodare. Credo che sia la prima volta
che mi capita.
Lo ringrazio con un sorriso timido e mi schiarisco la voce prima di
rivolgermi a Devon.
«
Mi piace il posto. Soprattutto la musica.»
« Sono felice che ti piaccia. » Mi sorride e mi
porge il menù. Ci sono così tanti piatti che
c'è l'imbarazzo della scelta.
Alla fine optiamo per agnello con patate al forno che a detta di Devon,
è uno dei piatti migliori che servono in questo posto e devo
dire che ha ragione.
«
Ammetti che era meglio la mia torta..» Lo prendo in giro
portandomi alle labbra una cucchiaiata del tortino al cioccolato e
panna che abbiamo preso come dessert.
«
Certo, come no. Non c'é proprio differenza, guarda.
» Ribatte il dottore rubandomi un po' della panna che lo chef
ha messo come decorazione.
«
Però il resto della cena era ottimo. »
« È uno dei miei ristoranti preferiti. »
Si capisce subito. È un locale piuttosto intimo che
all'esterno appare semplice ma che rivela un interno sensazionale. Un
po' come Devon, in effetti. Ricordo che una volta Richard lo ha
paragonato a "quei cioccolatini che all'esterno sono duri, ma hanno
all'interno un cuore di cioccolata fusa".
«
Sei stato gentile a portarmici. »
« Figurati, mi andava di farlo. » Fa spallucce,
come se fosse la cosa più ovvia del mondo mentre non lo
è affatto. Mi resta ancora molto da scoprire su di lui.
Al termine del dessert, un cameriere si avvicina al nostro tavolo per
porgerci il conto.
«
Non posso convincerti in nessun modo a dividere, vero? »
« Non ci pensare proprio. Ti ho invitata io tra l'altro.
» Porge al solito cameriere la sua carta di credito e in
pochi minuti siamo fuori.
«
Sei stanca? » Mi chiede non appena mettiamo piede in auto e
dopo che mi sono allacciata la cintura di sicurezza.
« No, perché? »
« Non vorrei essere la causa del tuo ritardo al lavoro
domani. » Mi sorride in modo ambiguo. Ricambio interdetta.
«
No, non preoccuparti di solito faccio più tardi la sera.
» Beh sono appena le undici...
Annuisce e guidiamo verso la città. Siamo di ritorno meno di
un'ora dopo.
«
Spero che mia sorella stia dormendo...»
« Dai, non può essere così tremenda!
»
« Si vede che non ci hai mai vissuto. »
« Puoi sempre venire da me! » Lo dico scherzando,
eppure mi guarda come se gli avessi appena detto di avergli rapito il
cane. Approfitta del semaforo rosso per parlarmi.
«
Ella..mi dispiacerebbe se ti facessi un'idea sbagliata dopo quello che
c'è stato. A me piace passare del tempo con te
indipendentemente dal resto...» Lo guardo perplessa.
Perché cacciare l'argomento ora?
«
No, certo che no. Credevo di avertelo già chiarito.
»
« Sì, non era riferito solo al sesso, detto senza
filtri...»
« Ho capito cosa intendi, sta tranquillo. » Beh in
realtà credo di essermi persa qualche passaggio.
«
Peccato che io non stia mai tranquillo.» Riparte in direzione
del mio appartamento.
«
Con me puoi stare tranquillo, davvero. Senza pretese. » Mi si
incrina un po' la voce nel finale ma non credo che l'abbia notato.
« Si possono creare bei rapporti anche così.
» Risponde e mi piange sempre di più il cuore.
« Lo credo anche io. »
« È per questo che ci sto bene con te. »
Il colpo di grazia, è come una pugnalata al petto.
Improvvisamente inizio a sperare di arrivare il più in
fretta possibile a casa. Devo scendere da quest'auto, mi manca
decisamente l'aria.
Per fortuna dieci minuti dopo siamo all'esterno del mio palazzo.
«
Grazie per la cena, è stata deliziosa. » Mi
slaccio la cintura di sicurezza e apro lo sportello per scendere dalla
macchina. Finalmente respiro. Devon mi segue a ruota, purtroppo.
«
Di niente. Ci vediamo sabato, buonanotte. » Ah giusto, la
sfilata.
« Sì, buonanotte...» Non ho il coraggio
di fare niente, ma il mio corpo viene attratto come una calamita al suo
e mi ritrovo ad abbracciarlo, tradendomi di nuovo.
«
Va tutto bene..? » Mi accarezza la schiena cercando di capire
che cosa mi turbi. Ed è questo il motivo per il quale non
voglio dire nulla riguardo i miei sentimenti per lui. Se lo sapesse, mi
allontanerebbe come ha fatto con le altre e non potrei sopportarlo. Non
capisco come sia potuto succedere, ma Devon è riuscito ad
entrarmi dentro e qualsiasi tipo di rapporto voglia con me,
dovrò cercare di farmelo andare bene. Almeno fino a quando
non esploderò.
«
Sì, va tutto benissimo...»
« Con me puoi parlare, lo sai.» Annuisco
staccandomi dal suo abbraccio. I suoi occhi chiari scrutano i miei in
cerca di qualche risposta.
«
Anche tu con me se dovessi averne bisogno. » Indietreggio di
qualche passo accennando un sorriso che muore quasi subito. Mi volto e
non mi giro più nella sua direzione afferrando velocemente
le chiavi dalla borsa e chiudendomi il portone e la serata alle spalle.
Come finire di merda la giornata. Era iniziata benissimo ed ecco il
risultato. Cosa mi aspettavo, dopotutto? Era stato chiaro dall'inizio.
Posso essere tanto stupida da sapere perfettamente come stanno le cose
e sperare comunque che cambino da un giorno all'altro?
Non succederà. Lui non vuole nessuno.
Entro
in casa come una furia e con mia grande sorpresa, Audrey non
è sola, Richard è seduto accanto a lei sul nostro
divano. Ah wow.
«
Ella! Pensavo non tornassi così presto...» Mi
accoglie "calorosamente" la mia coinquilina.
«
Lo vedo... »
« Ecco la nostra Ella! » Il ragazzo si alza dalla
sua postazione per salutarmi.
«
Ciao Rick... tutto bene? » Gli do un abbraccio veloce per poi
lanciare borsa e giubbotto sul tavolino.
«
Sì, tu stai bene..? »
« Una meraviglia...» Un sorriso fintissimo si fa
largo sulle mie labbra. Mi guardano entrambi perplessi.
«
Che cosa è successo? Dai parla. » Non mi va di
raccontare proprio niente al momento. Richard poggia una mano sulla mia
spalla.
«
Niente.. Scusatemi, è tardi e devo andare a dormire. Notte.
» Audrey muove un passo ma Rick la ferma tirandola a se
mentre mi allontano nel corridoio.
Mi fiondo sul letto lanciando le scarpe per aria e sprofondando il viso
nel cuscino.
Andava tutto bene, credevo che stessimo facendo passi avanti,
addirittura ho creduto che stesse per rivelarmi qualcosa sulla sua vita
quando stavamo nel suo studio. Perché deve essere
così dannatamente complicato? Il destino ha fatto incrociare
le nostre strade in modo bizzarro incasinando completamente la mia vita
già confusa di suo. Ho impiegato anni per riuscire a
ritrovare me stessa dopo la morte di mia madre confortandomi con il
disegno e sperando che qualcuno mi tendesse la mano e mi salvasse dal
buio che avevo intorno. Non è successo. Ho dovuto fare tutto
da sola e so cosa vuol dire farsi prendere dallo sconforto, so cosa si
prova in quei momenti e so che a tutto c'è un rimedio. Se
aiutare Devon significa stargli lontana lo farò, anche se va
contro ciò che voglio.
Mi asciugo, quindi, una lacrima solitaria con l'indice chiudendo gli
occhi ed immaginando un futuro migliore.
—————————-
Un
dolce profumo di cioccolato e vaniglia si diffonde nell'aria avvolgendo
la cucina. Estraggo la teglia dal forno facendo attenzione a non
scottarmi. Poggio la torta sul bancone chiudendo l'anta con un fianco.
Ha davvero un ottimo odore, spero gli piacerà.
Mi
volto per cercare la panna nel frigo e non appena la trovo, delle
braccia mi stringono dolcemente in un abbraccio.
«
Buongiorno amore...» Devon mi da un casto bacio dietro
l'orecchio strofinando il naso contro il mio collo. « Hai
preparato un'altra torta? Se continui così,
finirò per diventare un ciccione...»
«
Puoi sempre non mangiarla. » Sorrido e so che lo sta facendo
anche lui seppur non possa vederlo. Mi volto nella sua direzione
poggiandogli le mani sul petto e mettendomi in punta di piedi per
dargli un bacio. Ricambia afferrandomi la nuca per approfondirlo,
tirandomi leggermente i capelli. Schiude le labbra lasciando che le
nostre lingue si uniscano rendendo il momento più
passionale, più intenso possibile.
All'improvviso si stacca bruscamente dal mio corpo.
Indietreggia di qualche passo e si accascia a terra contorcendosi. Mi
chino terrorizzata chiamandolo e scuotendolo affinché si
svegli.
Le mie mani sono marchiate dal sangue, lui non c'è
più, non posso più aiutarlo. Al suo posto
c'è mia madre a terra, fredda come il ghiaccio, gli occhi
blu come i miei sono vitrei. Mi fissa, il rosso del suo sangue ci
circonda sporcando le mie ginocchia nude. Improvvisamente ho freddo,
tremo ma non posso muovermi. Vorrei urlare ma la voce non mi esce,
morendomi in gola.
Silenzio,
oscurità, gelo.
Non
sento più nulla, è finita. Per sempre.
Mi
sveglio di soprassalto balzando dal letto e mettendomi seduta. Sono
madida di sudore. Mi prendo la testa tra le mani e lentamente mi
ristendo sotto le coperte cercando di regolarizzare il respiro. Era
solo un sogno, un brutto sogno.
Va tutto bene, andrà tutto bene.
Devon's
pov
Controllo
che Ella entri nel palazzo prima di voltarmi e fare ritorno a casa mia.
Mentre guido tra le strade ormai semi-vuote di New York, ripenso al
discorso che abbiamo avuto poco fa. Forse sono stato un po' avventato,
ma volevo mettere le cose in chiaro prima che fraintendesse i miei
gesti. Mi piace stare con lei ma non posso permettermi di affezionarmi
a nessun altro. Spero che abbia capito le mie parole e che non sia
saltata a conclusioni affrettate. Mi dispiacerebbe molto se finissimo
per non rivolgerci più la parola, ma allo stesso tempo, non
posso muovere nessun passo. Potrebbe costarmi caro.
Le
strade sono praticamente desolate ma in fondo è
lunedì notte, chi vuoi che ci sia a vagare per la
città? Giungo in breve tempo a casa e trovo Clarissa ad
aspettarmi sveglia sul divano. Perché non si è
messa a dormire e basta?
«
Devon sei tornato! » Spegne il reality tv che stava guardando
alla televisione e si precipita nella mia direzione. Che accoglienza!
«
Che ci fai ancora sveglia? » Le chiedo appendendo il
giubbotto all'attaccapanni dell'ingresso, sistemandomi le maniche della
camicia azzurra.
«
Che domande, ti stavo aspettando! Dove sei stato? In ospedale?
» Mentire o non mentire? Questo è il problema.
«
Sono andato a cena con un'amica. » Non so fingere, meglio
restare sul vago.
«
Ah.. potevi avvertire, comunque. » Si mordicchia il labbro
perché vorrebbe chiedermi di più, lo leggo nei
suoi occhi.
« Tutto bene la tua cena? »
«
Sì, tutto bene. A te come è stata la serata?
» Ci inoltriamo nel soggiorno e ci accomodiamo sul divano.
Sono un po' stanco stasera, sicuramente complici le forti emozioni di
oggi.
«
Tutto bene. Devon volevo darti questa... non so se possa farti piacere,
ma è tua. » Mi allunga una lettera infilata in una
busta. La riconosco immediatamente e mi immobilizzo. Credevo di averla
lasciata a Londra.
«
Dove l'hai trovata..? » Chiedo a voce bassa allungando una
mano per afferrarla.
« Me l'ha data mamma. Ha detto che avresti dovuto tenerla con
te...» Non riesco ad aprirla. Da quando l'ho scritta, non
l'ho più riletta e non credo di farcela adesso, non davanti
a Clarissa.
«
Grazie...» Le dico alzandomi dal divano per rifugiarmi in
camera mia. « Credo che andrò a letto...
buonanotte. »
«
Devon aspetta...» Si alza per abbracciarmi ma la respingo con
un gesto della mano libera. Non adesso, non ce la faccio.
Salgo le scale con un groppo in gola. Non mi ero dimenticato della
lettera ma l'avevo lasciata a Londra per un motivo. La scrissi di getto
in un momento di sconforto e da allora non l'ho più aperta,
preferendo seppellirla insieme al resto dei ricordi.
Arrivo nella mia stanza e mi siedo sul letto, fissando le uniche due
parole visibili sulla busta chiusa: "Per Cassie".
L'appoggio sul comodino incapace di leggere oltre, coprendomi gli occhi
stanchi con le mani. Non è giusto, non doveva toccare a lei.
È il mio rimpianto più grande perché
non sono riuscito a proteggerla.
———————————
Mi
sveglio di soprassalto, madido di sudore nel bel mezzo della notte.
Controllo l'ora dalla sveglia posta sul comodino che segna le quattro
ed un quarto. Ho fatto un incubo.
Mi metto seduto sul letto scacciando via le coperte e accendendo
l'abatjour. La lettera è ancora lì che mi fissa.
Devo farla sparire, rievoca troppi ricordi che al momento voglio solo
seppellire nell'angolo più buio e recondito della mia mente
distrutta.
Avrò mai il coraggio di rileggerla? Forse no, ma non
é questa la cosa importante. Al suo interno è
racchiuso tutto il dolore che ancora mi attanaglia mente e corpo. Mi
domando spesso come faccia a conviverci o forse non sono mai riuscito a
farlo davvero ed è per questo che il semplice ricordo mi fa
stare male. La verità è che mi manca la mia
vecchia vita, quella che ero riuscito a costruire con i miei sforzi. Mi
piaceva tanto, eppure me ne sono reso conto soltanto a tragedia
avvenuta, dopo aver perso tutto.
Che crudele il destino. Un attimo prima hai tutto e un momento dopo non
resta più nulla.
Mi alzo dal letto, ormai il sonno è andato a farsi benedire,
prendendo la lettera per riporla nel cassetto. Ho deciso che la
porterò nel mio studio e la chiuderò da qualche
parte, lontana dalla mia vista.
Non potrei mai disfarmene, ma neanche averla sotto il naso mi fa troppo
bene.
Afferro una T-shirt e me la infilo velocemente per scendere
giù in cucina. Forse dovrei davvero iniziare a farmi
camomilla o cose del genere per rilassarmi. Mi viene in mente la
conversazione con Ella nella quale mi suggeriva di provare con del
latte caldo. Forse potrei tentare. Guardo il frigorifero dallo sgabello
sul quale mi sono accomodato e rinuncio a priori. È troppo
lontano.
«
Devon... che ci fai sveglio a quest'ora? » La voce di mia
sorella mi fa quasi cadere dalla mia postazione. Mi ero dimenticato
della sua presenza in casa...
«
Potrei farti la stessa domanda. » Replico voltandomi nella
sua direzione.
« Ma te l'ho fatta prima io, quindi...» Fa
spallucce e si ferma di fronte a me.
«
Non riuscivo a dormire, tutto qua... e tu?»
« Idem. Ho il terrore che qualcosa possa andare storta alla
sfilata...» Alzo gli occhi al cielo ma poi le sorrido
impercettibilmente. È tenera tutto sommato.
«
Andrà benissimo, non darti pena da ora. Goditi solo
l'attimo. » Le faccio l'occhiolino, anche se non sono sicuro
che lo veda nel buio della stanza. Ridacchia e scuote la testa.
«
Da che pulpito! » Ha ragione, mi fascio sempre la testa prima
di cadere. Alzo le spalle e poi allargo le braccia.
«
L'abbraccio di prima è ancora valido..?»
« Per te sempre fratellone...» Si fionda tra di
esse stringendomi un po' troppo forte ma la lascio fare ricambiando a
mia volta. Ricordo perfettamente il momento nel quale seppe la notizia
di ciò che mi era accaduto. Era tarda sera e
restò paralizzata qualche istante prima di scoppiare a
piangere. Aveva intuito subito che si trattava dell'inizio della mia
fine ed aveva ragione.
«
Quindi non ti stai sentendo con nessuno?» Le chiedo per
cambiare argomento e per indagare un po' sul suo conto. Devo pur
rifarmi di tutte le volte che è lei a farlo!
«
Nessuno Devon. Se non consideriamo il tizio del bar, il fioraio e il
cuoco del ristorante all'angolo. » L'allontano bruscamente
per guardarla in viso. Sta scherzando?!
«
Clari devo far fuori tutta questa gente? Andiamo! »
« Senti chi parla, il playboy dell'ospedale.» Non
è assolutamente vero...
«
Io non faccio nulla, sono le donne ad essere pazze...» Mi
giustifico alzando le mani.
« Certo, la colpa è nostra adesso... comunque
stavo scherzando. L'uomo della mia vita sei tu!» Afferma
civettuola. É una ruffiana nata questa ragazza.
«
Basta vai a dormire su...» La spingo in direzione della sua
stanza alzandomi dallo sgabello.
Clarissa sbuffa e fa per andarsene mentre anche io muovo un passo verso
le scale.
«
Devon? »
« Sì? »
« Posso dormire con te? Come quando eravamo
bambini...»
Ci rifletto qualche secondo su.
« Vieni...» Le faccio cenno con la testa di
seguirmi.
Non se lo fa ripetere due volte e poco dopo, si è
già catapultata sul letto occupando metà dello
spazio.
«
Ti voglio bene fratellone! » Si abbraccia il cuscino e
neanche il tempo di stendermi accanto a lei, che è
già sprofondata nel mondo dei sogni.
————————————-
Non
è uno dei miei risvegli migliori, non c'è dubbio.
Clarissa dorme ancora russando come un marinaio ubriaco con l'enfisema.
Ha praticamente occupato tutto lo spazio confinandomi in un angolino
del letto in bilico sul materasso. Più volte, ho avvertito i
suoi calci durante il sonno e mi meraviglio che non mi abbia castrato.
Sposto "delicatamente" il suo braccio dalla mia faccia e mi alzo
più stanco di quanto non sarei stato se fossi rimasto in
piedi tutta la notte. La prossima volta col cavolo che la faccio
restare con me.
Mi passo una mano tra i capelli e mi infilo subito sotto la doccia. Ci
vuole dopo risvegli di questo genere...
Indosso una maglia pulita e un paio di pantaloni da ginnastica
recandomi al piano di sotto. Direi che è il momento per un
intenso allenamento! Almeno mi do una scossa d'adrenalina, ne ho
proprio bisogno.
Alle dieci in punto, sento i passi di mia sorella farsi sempre
più vicini e capisco che si è finalmente degnata
di scendere.
Sbadiglia alzando le braccia al cielo entrando nella mia palestra
personale.
«
Buongiorno Devon! Ho dormito benissimo e tu? » Una favola
proprio...
«
Da quanto russi? Scordati di rifarlo un'altra volta. Ah buongiorno a te
sorella.» Appoggio il bilanciere sull'apposito sostegno
oltrepassando Clarissa per tornare in cucina. Sto morendo di fame!
«
Non russo! » Beata ignoranza.
« La prossima volta posso registrarti se non ti fidi.
» Prendo la padella per cucinare delle uova strapazzate.
«
Pff... Immagino che avresti preferito dormire con Ella...»
Quasi mi cadono le uova sul pavimento per la sorpresa della sua
esclamazione. Ma si rende conto di quello che dice quando apre quella
boccaccia che si ritrova?!
«
Non ti rispondo nemmeno. » Le volto le spalle scuotendo la
testa vigorosamente. Meglio che non dica quello che penso o ci
ritroveremmo un'altra volta in una discussione sgradevole.
«
Stavo scherzando, scusami...» Sospira e attende pazientemente
che le porga la colazione. Il resto del pasto trascorre in silenzio,
senza strane insinuazioni nei miei confronti.
«
Devo andare al lavoro, ci vediamo per cena. » Le comunico
prima di mettere via tutto e tornare nella mia stanza per cambiarmi.
Una
mezz'ora dopo sono immerso nel traffico di New York. Perché
mai ho preso la macchina per andare al Lennox? Eppure è
risaputo che a quest'ora pullula di lavoratori impazienti. Devo fare un
salto allo studio per chiudere questa maledetta lettera da qualche
parte, tra l'altro. Il solo averla in tasca mi infonde un senso di
depressione soffocante.
Impiego molto più tempo del previsto, ma finalmente varco la
soglia dell'ospedale. La lettera è stata conservata e sono
finalmente pronto per cominciare una nuova giornata nella monotonia
della solita routine.
Angolo
autrice:
Buon
pomeriggio!
Cosa ne pensate del post-cena? Vi aspettavate questo risvolto di Devon?
E la lettera? Avete dedotto qualcosa?
Fatemi sapere le vostre ipotesi con una recensione! Al prossimo
mercoledì.
Kisses.
|
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Capitolo 34 *** Capitolo 32 PT.1 ***
Devon's
pov
Il
grande giorno di mia sorella è finalmente arrivato. La
benedetta sfilata avrà luogo oggi, sabato ventuno maggio e
non potrei essere più sollevato di così. Almeno
la smetterà di stare in ansia! Ma non è detta
ancora l'ultima parola, diamo il tempo a questa giornata di volgere al
termine.
Clarissa mi ha fatto uno smoking su misura per l'occasione, e devo
ammettere che è davvero molto bello ed elegante. Mi sistemo
il papillon davanti allo specchio ed in un attimo sono pronto. La casa
è piacevolmente silenziosa e per fortuna posso godermi
qualche attimo in pace prima di recarmi all'evento e raggiungere mia
sorella. Spero che non sia troppo nervosa, vorrei che si godesse il
momento ma immagino come debba sentirsi. É la sua prima
sfilata importante.
Arrivo
all'Astoria e un'orda di paparazzi e giornalisti quasi mi assale non
appena metto piede fuori l'auto. Mia sorella ha organizzato le cose in
grande, ma c'era da aspettarselo...
Li schivo senza farmi troppi problemi e mi barrico all'interno.
Clarissa dev'essere da qualche parte qui in giro ma c'è
troppo silenzio rispetto al caos dell'esterno.
«
Signor Reinfield, sua sorella l'aspetta da questa parte. » Mi
sorprende una voce alle mie spalle. È il concierge che mi
indica la via. Mi affretto a raggiungere la meta ma qualcuno mi sbarra
la strada.
«
Eccoti Devon! » Richard mi accoglie a braccia aperte nel suo
completo blu elettrico. Wow...
«
Rick... scelta interessante per l'abito! » Lo derido
lasciando che mi abbracci velocemente.
« Ti piace? Lo trovo fantastico! »
« È molto da te. » Gli do una pacca
guardando oltre le sue spalle per scorgere mia sorella.
«
La contessina se la sta cavando, ma credo le serva decisamente una
camomilla...» Alza gli occhi al cielo.
«
Fammi andare da lei..»
« Te lo sconsiglio, piuttosto vieni a darmi una mano nel
salone! » Cosa dovrei fare nella sua testa? Lo seguo
controvoglia chiedendomi se non sia meglio andare da Clarissa.
«
Devi dirmi qualcosa o vuoi davvero un mio parere sulla sala...?
» Mi apre le porte e ci affacciamo all'interno. È
davvero spettacolare. La passerella è stata messa al centro
con tanto di luci che mettono in risalto la zona. Le sedie sono
disposte ai lati e mi piace la luce soffusa che crea un'atmosfera molto
suggestiva. I petali di rose sparsi un po' in giro sono un tocco di
classe.
«
Entrambe. » Mi fa accomodare ma resto a fissarlo confuso.
Adesso cosa c'è che non va?
«
Va tutto bene? » Mi chiede prendendomi le spalle per
guardarmi negli occhi.
« Sì... certo che sì. »
« Dimmi la verità, sono o non sono il tuo migliore
amico? » Sospiro e sputo il rospo.
« Clarissa mi ha dato la lettera... quella lettera.»
« Quella per Cassie?»
« Sì. » Mi scruta attentamente.
« Non l'avevi lasciata a Londra?»
« Sì, infatti. Lo sai che non posso tenerla con
me. » Mi guarda perplesso ma poi sospira e mi lascia le
spalle.
«
Devon devi cercare di andare avanti... So che è successo
tutto all'improvviso e che ti senti in colpa, ma devi accettare che non
avresti potuto impedirlo in nessuna maniera... Era destino. Se quella
lettera ti fa stare male, bene, mettila via e non pensarci
più. » Parla come se fosse semplice, come se
potessi dimenticare tutto con uno schiocco di dita.
«
Richard lo sai che ci sto provando, è inutile che continuate
tutti a ripetermi le stesse cose o dannarvi per me. Sto meglio,
basta.»
«
No, non stai meglio! Se fosse vero, non avresti questa faccia da cane
bastonato. Cosa credi che non me ne accorga? Si vede lontano un miglio
che stai ancora male! Devi reagire Dev, te lo dico con il cuore in
mano. » Alza il tono di voce cogliendomi di sorpresa.
«
Lo sto facendo Rick! Non sarei mai venuto qua, altrimenti, e lo sai!
Lasciami respirare, te ne prego. »
« No, non ti lascio così! Sono tuo amico e tra
l'altro te lo devo per ciò che hai fatto per me in passato.
»
« Non mi devi niente Rick. Ne abbiamo già parlato
e poi le cose erano molto diverse da ora...» L'ho aiutato ad
affrontare la storia del patrigno e sull'assumere la gestione degli
hotel, niente che non potesse fare da solo.
«
Ho bisogno di sapere che stai meglio..» Insiste, neanche
fosse sua la colpa. Non mi piace che si stenta così a causa
mia.
«
Sto meglio. Tu, Clarissa ed....Ella mi state aiutando e lo apprezzo
tanto. »
« Le hai detto cosa è successo? » Sgrana
gli occhi, sa che non mi piace parlare di quella notte.
« No, ma è una ragazza tanto affettuosa... non
dovrebbe neanche importarsene. » Ed è vero, non
è obbligata. Tanto si stancherà come tutte le
altre appena si renderà conto che sta sbattendo la testa
contro un muro...
«
Ella è così... è successo qualcosa fra
voi? » Alzo gli occhi al cielo e quando sto per rispondergli,
Ashley piomba nella stanza tutta affannata salvandomi in calcio
d'angolo.
«
Ehm... Richard c'è un'urgenza, vieni subito. » Si
dilegua mentre Rick ed io ci scambiamo un'occhiata confusa. Che cosa
sta succedendo?
Ci precipitiamo nella zona adibita ai camerini delle modelle non
sapendo cosa aspettarci. Spero sia una delle paranoie di mia sorella,
ma devo ricredermi appena mettiamo piede nella stanza.
«
Ma come è possibile?! Setacciate l'hotel da cima a fondo!
» Urla Clarissa alla sicurezza. Audrey cammina avanti ed
indietro coperta solo dalla vestaglia ed Ella è appoggiata
alla sedia fasciata nel suo abito blu notte lungo fino ai piedi. Si
intona al colore dei suoi occhi.
«
Che succede? » Chiede Richard avvicinandosi ad Audrey che gli
si getta tra le braccia. Ma cosa diavolo...
«
Una delle modelle è letteralmente scomparsa nel nulla...
» Ed è Ella a fare chiarezza nel caos che avvolge
la stanza mentre gli altri continuano a farsi prendere dal panico.
Mi avvicino a lei perplesso. Mi sembra molto strana questa situazione.
«
Ma come è possibile? » Fa spallucce sospirando.
Dobbiamo trovare subito una soluzione. Richard cerca di tranquillizzare
Audrey senza successo mentre mia sorella da' qualche direttiva
all'assistente prima di venire nella nostra direzione.
«
Stiamo tutti calmi! Troveremo una sostituta!» Sbuffa andando
avanti ed indietro.
«
In che senso è sparita una modella? » Chiede il
mio amico perplesso mentre la bionda si stacca dal suo abbraccio.
«
Nel senso che non si trova! Dove lo trovo a quest'ora un rimpiazzo?! Lo
sapevo che sarebbe andato storto qualcosa... lo sapevo! » Mi
punta il dito contro, neanche fosse mia la colpa.
«
Andrà tutto bene sta tranquilla..» La rassicura
Ella poggiandole una mano sulla spalla.
«
Ella! Potresti sfilare tu al suo posto! » Ecco la perla della
serata di Richard . L'artista lo guarda sconvolta mentre Clarissa e
Audrey si illuminano come stelle in una notte buia. Non è
una cattivissima idea, comunque.
«
Cosa? Io? Non se ne parla...» Scuote la testa allontanandosi
da mia sorella e dal resto del gruppo.
«
Sì! Sei bella e l'abito ti donerebbe moltissimo! Fallo per
noi! » Si mette in mezzo la sua coinquilina mentre Ella va
sempre più nel panico, lo si legge nel suo sguardo.
«
Fra poco l'hotel si riempirà di gente che si aspetta una
sfilata memorabile, ti prego Ella...» La supplica Clarissa
con i suoi occhioni imploranti. Lo fa sempre quando desidera qualcosa a
tutti i costi.
Ella, dal canto suo, è davvero terrorizzata. In effetti, non
ce la vedo a sfilare facendosi guardare e applaudire da tutti,
è tutto molto più da Audrey.
«
Se non se la sente non potete obbligarla...» Mi intrometto in
sua difesa. Se non vuole farlo, non è giusto che si senta
costretta.
Mi guarda, anzi mi guardano tutti, molto sorpresi. Che cosa ho detto di
strano questa volta?
«
Ha ragione... se non vuole, troveremo un altro modo...»
Ammette alla fine mia sorella sconfitta lasciando cadere la cartellina
sulla scrivania.
«
Va bene lo faccio! » Esclama alla fine spiazzando tutti noi.
Ah che serata!
«
Davvero? Ah grazie, grazie, grazie! » Le donne si lanciano ad
abbracciarla forte, grate del suo aiuto. L'ho sempre detto che
è troppo buona quella ragazza...
«
Adesso bando alle ciance e vediamo quest'abito...»
L'accompagnano da un'altra parte mentre Richard ridacchia e si dilegua
a controllare non so cosa.
—————————-
«
Ti senti meglio adesso? » Chiedo a Clarissa porgendole un
bicchiere di vino bianco che ci hanno offerto i camerieri.
«
Sì, diciamo di sì. Ella non sarà una
professionista ma è stata troppo gentile ad
aiutarci..» Commenta quasi commossa sorseggiando la sua
bevanda.
«
Vero, non era obbligata. » Annuisco finendo velocemente il
vino e posando il calice sul tavolino. « Come ti senti?
»
«
Molto emozionata! Sperando che non ci siano altri
problemi...» Alza gli occhi al cielo. Lo speriamo tutti
arrivati a questo punto!
«
Ehm... c'è nessuno? Credo di non aver capito come si
allaccia questo coso...» Ella fa capolino da quello che era
il suo camerino in cerca di aiuto.
«
Oh mi stanno chiamando...» Clarissa si dilegua fingendo
palesemente che le stia squillando il telefono. Sparisce in meno di due
secondi facendomi prima l'occhiolino. La detesto.
Mi alzo dalla mia postazione e raggiungo Ella per aiutarla ad
allacciarsi il corpetto. In effetti, da sola non ci sarebbe mai potuta
riuscire.
«
Forse è un po' stretto...» Commenta spostandosi i
capelli da un lato guardandosi allo specchio di fronte a noi.
«
Credo debba andare così, però...»
Glielo allaccio cercando di renderglielo il meno soffocante possibile
guardandola negli occhi attraverso il vetro. Si volta nella mia
direzione sistemandosi la gonna rossa.
«
Sono ridicola, vero? »
« Affatto, sei molto bella. »
« Lo dici per tranquillizzarmi, ma sappi che non
funziona...» Scuoto la testa sorridendo. Lo penso davvero.
« Sono serio! E sono sicuro che andrà benissimo.
» Più che altro lo spero vivamente, ormai...
«
Se non muoio prima per asfissia, credo andrà
bene...» Si tortura il corpetto di pelle nera che le
attanaglia letteralmente la vita.
«
E se non cadi mentre sfili...» Aggiungo ottenendo uno sguardo
al cielo da parte sua. «Non credevo accettassi, mi hai
sorpreso di nuovo Ella. » Considerando anche il suo odio per
i paparazzi.
«
Sono sorpresa anche io, ma Clarissa mi stava implorando con lo
sguardo... mi è dispiaciuto, non è giusto che si
rovini la serata...» Le sorrido teneramente per il suo breve
discorso ma Audrey irrompe nella stanza tutta preparata.
«
Ella devo insegnarti a sfilare! Forza indossa i tacchi e andiamo.
» Mi dedica un sorriso leggero e poi, quando sta per
trascinare via la povera mal capitata, è la volta di
Clarissa ed Ashely seguite da Richard a fare irruzione.
«
L'abbiamo trovata! La modella scomparsa... beh non lo è
più! Ella grazie per l'aiuto ma non devi più
andare in scena. » Un sospiro di sollievo generale si innalza
nell'abitacolo.
«
Oh bene, toglietemi quest'affare! » Si indica il corpetto e
tutti i presenti scoppiano a ridere.
Finalmente possiamo dare inizio alla vera serata!
Ella's
pov
Che
liberazione. Non dovrò sfilare davanti a centinaia di volti
sconosciuti e paparazzi pronti a scattare foto a tradimento. Non so
neanche il perché abbia accettato, ma come sempre il mio
buon senso é prevalso sul resto.
Un aiutante mi sfila il corpetto soffocante e finalmente l'aria torna a
circolare nei miei polmoni. Che sensazione fantastica!
La modella si è scoperto essere scappata a causa di un
litigio con il fidanzato in merito alla serata, ma alla fine ha deciso
di onorare l'impegno preso. Il lavoro è lavoro per tutti.
Indosso nuovamente l'abito blu lungo regalatomi da Sebastian e auguro
velocemente buona fortuna ad Audrey abbracciandola forte.
Esco dai camerini e tiro l'ennesimo sospiro di sollievo. Sono certa che
mi sarei sentita troppo a disagio, non è sicuramente il mio
ambiente questo.
Mi incammino verso la sala adibita alla sfilata e noto che ormai
è quasi ora data la gente che si è accumulata e
al baccano che creano. Cerco con lo sguardo i miei amici e mi imbatto
fortuitamente in Richard.
«
Ehi eccoti! La nostra modella mancata.» Mi prede in giro
afferrandomi per un braccio.
« Per fortuna... quell'affare che chiamano corpetto
é una tortura medievale! » Scoppia a ridere e ci
dirigiamo ai nostri posti in prima fila.
«
Senti Ella... volevo dirti che Audrey mi ha raccontato della cena
con... tu sai chi e..» Lo interrompo subito.
«
Rick, lasciamo stare, non mi va di sentire niente che riguardi quella
sera..»
« Aspetta, fammi finire. Volevo dirti che ha sbagliato i modi
e il momento, ma lui ha come un muro intorno a se che fatica ad
abbattere. Sono sicuro che in qualche modo tu lo stia smuovendo
perciò si è spaventato...» Sbuffo
perché non è una giustificazione.
«
Perché non mi dici che cos'ha, invece? » Scuote la
testa e mi prende in disparte fissandomi intensamente.
«
Posso solo dirti che c'entra una donna, come credo tu abbia capito, ma
è troppo personale e non posso dirti di più.
Cerca solo di essere più paziente. Comunque gli
dirò come la penso e gli farò capire che ha
sbagliato...» Questa volta è il mio turno di
scuotere la testa.
«
Non devi fargli da balia Rick. È adulto abbastanza da capire
da solo cosa fare... Ha sbagliato, ok posso anche passarci sopra, ma mi
confonde. Prima mi fa capire una cosa e poi l'esatto
opposto...»
«
Lo so, ci vuole molta pazienza ma ti assicuro che alle volte si
comporta da stronzo ma non lo è affatto. L'ha presa quasi
sempre a quel posto alla fine..» Annuisco stufa e nuovamente
sconfortata da questa situazione.
Terminiamo qui il discorso e ci accomodiamo in prima fila. Anche
Sebastian è arrivato e si complimenta, ovviamente, con la
mia scelta dell'abito. Gli racconto brevemente del piccolo
inconveniente con la modella sparita nel nulla e ci ridiamo su ora che
è tutto sistemato.
Sopraggiunge anche Devon che si accomoda accanto a me così,
mi ritrovo tra lui e Bas.
Dopo la sera della cena e dopo il suo discorso sulla nostra
"relazione", non ci siamo né sentiti né visti.
Dal mio canto, non ho mosso molti passi essendo già su un
terreno più che franoso. Nè posso aspettarmi
granché da parte sua, è stato più che
chiaro e non nascondo che le sue parole mi abbiano ferita. Forse Summer
non è poi così pazza se Devon si è
sempre comportato così con le donne.
Vorrei davvero scoprire cosa gli è successo. Ora so con
certezza che si tratta di qualcosa che ha a che fare con una donna.
Forse è stato tradito e non si fida più
dell'altro sesso? O è qualcosa di più grave?
Forse è morta o l'ha abbandonato...
Cosa darei per saperlo... Le cose sarebbero diverse ora, ne sono certa.
L'entrata in scena di Clarissa seguita dal brusio degli applausi, mi fa
riportare l'attenzione sulla sfilata.
«
Signore e signori, benvenuti al Waldorf Astoria! Sono lieta di
annunciarvi la mia collezione "Vento d'autunno!" Diamo inizio allo
spettacolo.»
Si inchina leggermente e percorre la passerella a ritroso mostrando il
retro del suo scintillante abito nero. È davvero bellissima,
non c'è dubbio.
Qualche attimo più tardi, la versione acustica della canzone
Unconditionally di Katy Perry, avvolge l'intera stanza seguita
dall'ingresso della prima modella che calca la passerella.
Flash, applausi e mormorii si fanno largo tra il pubblico entusiasta
dello spettacolo. È incredibile la quantità di
paparazzi che si aggirano tra gli ospiti in cerca dello scatto
migliore. Audrey è l'ultima ad uscire, chiudendo
così la sfilata e guadagnandosi una standing-ovation
generale.
È davvero radiosa nel suo abito bordeaux che indossa con
maestria. Calca il palco come se fosse nata per questo e credo che il
suo sorriso potrebbe abbagliare l'intera sala. Richard è
folgorato, anche se non lo ammetterebbe mai di fronte a noi.
Anche Devon sembra gradire la serata, suppongo sia felice per la
sorella, soprattutto ora che è finita e possiamo lasciarci
alle spalle i vari inconvenienti.
———————-
«
Delizioso questo vino! » Constata Sebastian mentre vaghiamo
per il salone alla ricerca di qualche volto familiare. La sfilata si
è finalmente conclusa e l'after party è
già in pieno svolgimento. Si respira aria di festeggiamenti
in ogni dove.
«
Vero, lo adoro...» Annuisco prendendone qualche sorso. Gli
invitati sembrano entusiasti della serata e ho sentito tra i vari
chiacchiericci, che hanno apprezzato molto i modelli di Clarissa.
Sembrerebbe che tutto sia andato per il meglio alla fine.
Con la coda dell'occhio intravedo Audrey farsi largo tra la folla per
raggiungerci così l'accogliamo calorosamente in un
abbraccio. Siamo tanto fieri di lei. È riuscita nei suoi
obiettivi e sono certa che realizzerà presto il suo sogno di
diventare un'acclamata modella di fama mondiale.
«
Tesoro sei stata grandiosa! » Si congratula Sebastian mentre
la bionda lo ringrazia. Non dimentichiamoci di Ashley ovviamente.
È stata un'assistente molto meticolosa, ed infatti, si
è beccata i complimenti della contessina. Tutto è
bene ciò che finisce bene!
Ci concediamo qualche altro brindisi al quale si aggiungono anche
Richard, Clarissa e Devon prima di dirigerci tutti insieme sulla pista
da ballo.
L'ultima volta ricordo di aver danzato con il dottore e poi ci siamo
rifugiati sul balcone, dove i paparazzi ci hanno fotografato e reso di
dominio pubblico quel dannato momento. Sembra passata una vita da
allora...
«
Me lo concedi un altro ballo? Ma non posso assicurarti che non
finirà su qualche rivista scandalistica...»
Pronuncia Devon al mio orecchio mentre ero impegnata a scrutare le
altre coppie ballare. Audrey e Richard ormai sembrano prossimi al
matrimonio e la cosa è buffa ed inquietante allo stesso
tempo. Sebastian ha letteralmente trascinato Ashely in pista mentre
Clarissa conversa in un angolo con un paio di uomini.
Mi volto nella sua direzione cercando di fingere che non sia successo
assolutamente nulla l'altra sera. Non posso fargli capire di esserci
rimasta piuttosto male, altrimenti mi darei nuovamente la zappa sui
piedi da sola.
«
Puoi almeno assicurarmi che non solleveremo uno scandalo internazionale
soprattutto se finisce nelle mani di tua madre?» Scoppia a
ridere scuotendo però la testa e afferrandomi per i fianchi
in modo da condurmi al centro della sala.
Appoggia una mano sulla schiena e con l'altra prende la mia. Non riesco
neanche a guardarlo negli occhi in realtà. Le parole che mi
ha gentilmente riservato, bruciano ancora come un fuoco ardente dentro
di me che mi sta consumando lentamente.
Non è salutare continuare ad insistere con una persona che
ti ha chiaramente detto che preferisce una semplice amicizia, se
così possiamo definirla. Devo essere forte perché
non potrei comunque lasciarlo uscire dalla mia vita da un giorno
all'altro e provare a dimenticarlo, anche se forse sarebbe la scelta
migliore per il mio povero cuore.
Balliamo al ritmo di una delle mie canzoni preferite di sempre
"Everytime we touch" di Cascada in versione acustica.
Le
parole mi colpiscono dritto al petto...
"Everytime
we touch I get this feeling and everytime we kiss I swear I can fly. " *
Mi
concentro così tanto sul testo che mi estraneo completamente
dal resto che mi circonda, focalizzandomi su ciò che la
canzone mi suggerisce.
Come ho fatto ad innamorarmi così velocemente di qualcuno
che sotto sotto neanche conosco bene? Come è potuto
succedere proprio a me?
Esattamente nel momento in cui avevo imparato a convivere con me
stessa, inciampo letteralmente in ciò che ora posso definire
destino. Dovevamo incontrarci, era già tutto scritto. Mi
piace credere che ci sia una ragione se tutto questo è
avvenuto.
"Can't
you feel my heart beat fast, I want this to last. I need you by my
side." *
Ed
è vero. Il cuore esplode quando mi è accanto e
odio perdermi nei suoi occhi azzurri ogni volta che mi rivolge lo
sguardo.
"Cause
everytime we touch I feel the static.... I can't let you go, want you
in my life."*
Purtroppo
è così, desidero che rimanga nella mia vita, non
credo che potrei sopportare un suo abbandono, seppur sappia
perfettamente che non può darmi nessuna certezza al momento,
forse potrebbe non darmela mai e inizio a chiedermi se ne valga davvero
la pena arrivati a questo punto, ma non posso reprimere i miei
sentimenti e non so per quanto riuscirò a nasconderli.
Prima o poi finirò per esplodere e non sarebbe di certo
piacevole per nessuno dei due.
Lascio che la canzone mi avvolga e istintivamente appoggio la testa
sulla sua spalla socchiudendo gli occhi ormai lucidi. Di riflesso,
Devon mi stringe di più a se e non va affatto bene.
A volte ho l'impressione che in realtà voglia andare oltre,
ma poi si frena e mi ritrovo, effettivamente, nelle parole di Richard.
Qualsiasi cosa gli sia successa deve averlo ferito molto profondamente.
Le note smettono di risuonare nel salone e il solito casquè
segna la fine di questo ballo sofferto, almeno da parte mia.
È davvero difficile fingere indifferenza quando non la si
prova per niente.
«
Siamo migliorati, non trovi? » Mi chiede subito dopo avermi
riportato in posizione eretta tenendomi ancora per i fianchi.
«
A furia di ballare insieme secondo me sì! Anche se
ovviamente non ne avevo bisogno...» Cerco di sembrare ironica
come sempre e forse ci sono riuscita notando un sorriso sul suo volto.
Ci spostiamo dalla pista da ballo, ma mentre ci appropinquiamo al
bancone per raggiungere altri, una voce alle nostre spalle cattura la
nostra attenzione.
«
Devon! »
Ci
giriamo contemporaneamente in direzione della figura misteriosa e mi
soffermo sull'espressione di Devon che si ammorbidisce alla sua vista.
«
Charlotte che ci fai qui? » La donna allarga le braccia e il
dottore ci si fionda subito, lasciandomi i fianchi per allontanarsi.
Chi diavolo è questa donna adesso?
* Ogni volta che ci tocchiamo, avverto questa sensazione e ogni volta
che ci baciamo giuro di poter volare.
Non puoi sentire il mio cuore battere forte? Voglio che duri. Ho
bisogno di te al mio fianco.
Perché
ogni volta che ci tocchiamo avverto la scossa...Non posso lasciarti
andare, ti voglio nella mia vita.
Angolo
autrice:
Buon pomeriggio!
Finalmente siamo giunti alla famosa sfilata di Clarissa! Nel prossimo
vedremo la situazione evolversi con l'entrata in scena di Charlotte.
Alla mercoledì prossimo e fatevi sentire con una recensione!
Kisses.
|
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Capitolo 35 *** Capitolo 32 PT.2 ***
Devon's
pov
Mi
sarei aspettato di tutto ma di certo non di trovarmi Charlotte alla
sfilata di mia sorella. Mollo momentaneamente la presa su Ella per
abbracciare la mia vecchia amica. Non ci sentiamo dal mio viaggetto a
Londra, non da troppo in effetti. Mi chiedo come sia venuta a
conoscenza di quest'evento e credo che la sorpresa e la confusione
siano piuttosto evidenti sul mio viso. Mi volto, quindi, in direzione
dei miei amici per fare le presentazioni ufficiali. Clarissa capta
subito la mia espressione perplessa seppur sia contento di vederla.
«
Charlotte alla fine sei venuta! Credevo avessi cambiato
idea..» Clarissa si avvicina per salutarla con due baci sulle
guance. Ovviamente non poteva non esserci lo zampino di mia sorella. Mi
guarda colpevole mentre Charlotte si presenta agli altri.
«
Vi rubo per qualche attimo mio fratello, torniamo subito! »
Annuncia Clarissa trascinandomi in un angolo contro la mia
volontà. Sono proprio curioso di sapere il motivo per il
quale la mia sorellina abbia invitato la mia amica d'infanzia senza
dirmi assolutamente nulla al riguardo.
«
Ti posso spiegare! »
« Sono tutto orecchie. »
« L'avevo invitata tempo fa sapendo di dover organizzare la
sfilata e se devo dirla tutta, non credevo neanche venisse. Avevo
pensato che ti avrebbe fatto piacere rivedere una vecchia
amica...» Si mordicchia il labbro lanciando occhiate furtive
alla combriccola poco distante con la quale Charlotte sembra stia
andando d'accordo.
«
Speri ancora che ci mettiamo insieme? Perché non
accadrà mai, è una mia cara amica.»
Freno subito la sua fantasia. So che era in combutta con mia madre..
«
No, certo che no! Faccio il tifo per te ed Ella ora. » Mi fa
l'occhiolino ma non replico neanche alla provocazione, tanto
è inutile con lei.
Torniamo quindi dagli altri che chiacchierano amorevolmente tra di loro.
Richard e Audrey sembrano essere molto affiatati e comunque mi aveva
detto della loro scappatella al suo compleanno. Aveva ragione Ella,
sono davvero una bella coppia seppur sappia come il mio amico vede le
relazioni a lungo termine. Potrei quasi dire che sia più
pessimista di me, ne ha passate delle belle anche lui ma non si sa mai.
Forse Audrey gli farà cambiare idea.
Decido di farmi un altro drink nel frattempo, alternando vino a whiskey
e tutto ciò che i camerieri ci servono senza contare quanto
stia effettivamente ingurgitando tra una parola e l'altra.
«
Ti piace New York? »
« Sì, è molto affascinante...
» Risponde Charlotte mentre mi allunga l'ennesimo drink che
ci viene offerto. Clarissa sì che sa come organizzare una
festa!
«
Quanto resterai in città? »
« Non molto, domani pomeriggio riparto. Ho delle cose da fare
a Londra....» Resta molto sul vago mentre sorseggia il suo
cocktail.
« Capisco. Non sapevo venissi, comunque. »
« Ho notato! La tua faccia diceva tutto. La ragazza di prima
è quella della foto, vero?» Basta con questa foto!!
« Sì era lei. » Alzo gli occhi al cielo
di riflesso. Non ci posso credere che se ne stia ancora parlando.
«
Ho capito non ti chiedo niente, sta tranquillo.» Meno male,
apprezzo il suo buon senso.
« Te ne sono grato! » Le sorrido e torniamo dagli
altri per evitare che ci diano per dispersi mentre termino l'ulteriore
drink.
Ella's
pov
Quindi
questa Charlotte è un'amica di vecchia data di Devon che
vive a Londra e anch'ella proviene da una famiglia nobile. Che cosa ci
faccia alla sfilata resta comunque un mistero.
Ne approfittiamo per scambiare due parole con lei nel mentre il dottore
e la sorella si allontanano per parlare.
«
Tu sei la modella che ha sfilato alla fine, vero? » Si
rivolge ad Audrey che annuisce orgogliosa del suo lavoro dopo che tutti
noi ci siamo presentati.
Mi presta poi la sua attenzione sorridendomi un po' troppo ampiamente
per i miei gusti. Assottiglia lo sguardo e poi si illumina come se
avesse colto il senso della vita.
«
Tu sei la ragazza della foto, invece! » Non ci posso credere.
Ancora questa dannata foto?
« Indovinato. Ha fatto molto scalpore vedo...»
Scuote la testa divertita.
« Non sei tu o la foto in se. È Devon che non si
fa mai paparazzare e soprattutto non in compagnia. » Mi fa un
occhiolino ambiguo e poi si zittisce non appena i fratelli ci
raggiungono.
Non è la prima che me lo dice. Forse non è
antipatica come avevo immaginato! La osservo allontanarsi con Devon
cercando di capire se a lui faccia piacere la sua presenza oppure no.
Sembrava contento di averla rivista ma poi la sua espressione
è cambiata dopo aver parlato con Clarissa.
«
Questa volta l'ho combinata grossa mi sa...» Esclama proprio
quest'ultima mordendosi un'unghia scarlatta. La guardiamo interrogativi
mentre Richard torna con altri drink.
«
Che mi sono perso? » Domanda notando le nostre facce
perplesse.
«
Se non ho capito male, Clarissa ha invitato ad insaputa di Devon, una
certa Charlotte..» Riassume Audrey mentre Rick scoppia a
ridere in faccia alla contessina.
«
Non mi dire che tua madre ci sta ancora sperando...» Si
rivolge a Clarissa che alza gli occhi al cielo.
«
Secondo te? Mi ha quasi obbligata ad invitarla. Non ho nulla contro
Charlotte, anche se è troppo frivola secondo
me...»
Dal
mio canto, li guardo senza capire molto della storia che c'è
dietro e mi soffermo di più nel guardare i due amici
chiacchierare in lontananza. Vorrei sapere che si stanno dicendo.
Chissà se questa Charlotte sa che cosa è successo
a Devon ma suppongo di sì.
«
Sta tranquilla, è solo una vecchia amica.» Mi
sussurra Rick all'orecchio facendomi quasi sobbalzare. Non lo avevo
sentito.
«
Richard per favore...» Fa spallucce e mi porge un calice di
vino che bevo tutto d'un fiato.
——————————
La
festa è quasi giunta al termine e molti degli invitati sono
già andati via. La sala, infatti, è semi vuota ma
non riesco comunque a trovare nessuno dei miei amici.
Richard e Audrey sono scomparsi da un bel po' e non voglio sapere cosa
stiano facendo, perciò non mi sono neanche impegnata a
cercarli più di tanto.
Ashley e Sebastian avevano detto che sarebbero usciti a prendere un po'
d'aria ma non li ho visti più rientrare. Clarissa sta
parlando con quello che credo sia il suo agente perciò non
mi va di disturbarla. Devon e Charlotte, dopo che sono tornati dalla
loro chiacchierata, sono stati un po' con noi finché
quest'ultima non ha voluto fare un "tour" dell'hotel e Devon si
è offerto di accompagnarla. Ma che gentile, guarda...
Mi arrendo, non troverò mai nessuno e se me ne andassi,
neanche se ne accorgerebbero probabilmente. Afferro quindi la mia
pochette ed esco dalla sala recandomi al piano di sotto dove si trova
l'entrata principale. Per fortuna Audrey ha dato a me le chiavi
dell'auto, quindi posso tornare tranquillamente a casa senza dover
disturbare nessuno. Sono intenta a cercarle all'interno della borsetta
quando con mio grande stupore, un Devon troppo esuberante, si avvicina.
Oh cavolo...
«
Ella! Ma da quanto tempo! »
« Devon... stai bene? » Gli domando lasciando
perdere le chiavi e la borsa.
« Benissimo! Fatti abbracciare...» Mi stringe in un
abbraccio più che strano che non riesco neanche a ricambiare
avendomi bloccato le braccia. Odora di alcol. È ubriaco!
«
Te l'ho detto che ti sta proprio bene quest'abito? Si intona ai tuoi
occhi! Anche se, secondo me, è troppo scollato. Vedo
praticamente tutto! » Ok, sta davvero male.
«
Devon... sei ubriaco. » Lo allontano delicatamente mentre mi
mette il broncio come un bambino.
«
Sono ubriaco dici? Nhaa, mi sento bene!» Non mi piace la
piega che sta prendendo questa cosa.
«
Vieni, ti scorto da tua sorella così ti porta a casa e ti
fai una bella dormita. » Gli prendo il braccio e me lo metto
sulle spalle così da poterlo sorreggere lungo il tragitto.
Oppone resistenza, ed essendo più forte di me, non ci
spostiamo di un millimetro.
«
Non voglio dormire! Andiamo a ballare!» Se è
questo il modo per portarlo da sua sorella, ben venga.
«
Va bene, andiamo dentro però... » Ma in tutto
ciò che fine ha fatto la sua amichetta? Meno male che
dovevano fare il giretto turistico dell'hotel...
Arriviamo nella sala della festa ormai finita e Clarissa nota subito la
nostra presenza così ci viene incontro sgambettando.
«
Che cos'ha?? » Mi chiede allarmata.
«
È un pochino ubriaco. Direi che dovreste tornare a
casa...» Mi guarda e sgrana gli occhi. Che cosa ho detto di
strano?
«
Ella non posso! Non ho finito di lavorare e se me ne vado adesso,
sarebbe come vanificare tutto. » Afferra, però,
una carta dalla borsetta e me la porge. « È la
chiave di una delle stanze, me l'ha data Richard nel caso volessimo
fermarci qui. Se te la senti, potresti portarci Devon così
si riposerà e domani mattina sarà come nuovo,
spero. » Me l'allunga implorante. Dopo tutto ciò
che Devon ha fatto per me, sarebbe da ingrati non ricambiare.
«
Okay... » La prendo e tiro il braccio del dottore che si era
davvero messo a ballare da seduto. Se non dovessi occuparmene io, sarei
scoppiata a ridergli in faccia sicuramente.
«
È ora della nanna, signorino! »
« Ma avevi detto che avremmo ballato! » Si lamenta
ma cammina comunque verso l'ascensore che conduce alle stanze da letto.
« Balleremo un'altra volta, promesso...» Gli
permetto di sorreggersi a me per non cadere pensando a quanto si sia
capovolta la situazione dall'ultima volta che siamo stati in
quest'hotel.
Arriviamo di fronte alla camera 218 che corrisponde alla carta che mi
ha dato Clarissa.
«
Eccoci qui... » Richiudo la porta alle nostre spalle ed
accendo la luce.
«
Ella... mi hai portato in una stanza da letto? Poi dite che siamo noi
uomini a fraintendere...» Mi punta un dito contro mentre
cerca di articolare il suo discorso. Alzo gli occhi al cielo e sbuffo
per tutte le situazioni nelle quali mi sono cacciata inciampando in
quel maledetto tombino.
«
Non dire sciocchezze e mettiti a dormire, per favore... » Gli
afferro le braccia e cerco di spingerlo sul letto senza che
però si muova.
«
Se non mi aiuti, mi risulta un po' difficile... » Fa
spallucce e si libera dalla mia presa andando, invece, verso la
portafinestra che affaccia sul balconcino.
Non mi piace. Faccio uno scatto e gli sbarro la strada appoggiandomi al
vetro.
«
Di qui non si passa...»
« Voglio solo prendere un po' d'aria...» Scuoto la
testa e glielo vieto con lo sguardo.
« No, a letto. Ora. »
« Come sei prepotente...» Sbuffa e fa marcia
indietro verso quel dannato letto. Tiro un sospiro di sollievo e lo
seguo, ma con uno scatto che non avevo previsto, mi sorpassa e si
catapulta fuori sul balcone. Maledizione! Lo seguo terrorizzata che
possa commettere qualche sciocchezza.
«
Devon ti prego, torniamo dentro. » È affacciato
alla ringhiera, in silenzio tombale. Mi avvicino cauta poggiandogli una
mano sulla spalla. « Devon...»
Mi guarda con i suoi occhioni azzurri che sono più grandi,
lucidi per via dell'alcol e meno freddi del solito.
«
Ti preoccupi troppo...» Mi dice distogliendo lo sguardo
puntandolo sull'orizzonte.
«
Perché ti sei ubriacato? » Devio il discorso
mentre lui fa spallucce tornando poi a guardare il nulla in lontananza.
Non mi vuole rispondere, ma va bene così.
«Possiamo tornare in stanza..? »
«
Di cosa hai paura? Mi piace qui fuori..» Tiro un sospiro e
sputo fuori il rospo, tanto domani non lo ricorderà
probabilmente.
«
Molto tempo fa... ho cercato di buttarmi da un tetto... dopo essermi
ubriacata ad una festa..» Ero ragazza, mia madre era appena
morta e tutto il mondo sembrava essere contro di me. Non so cosa
sarebbe successo se non mi avessero trovata in tempo.
«
Torniamo dentro...» Mi risponde alla fine, senza aggiungere
altro. Chiudo subito la finestra mentre Devon si siede finalmente sul
materasso.
Lo raggiungo e gli sfilo la giacca ed il papillon per farlo stare
più comodo. In tutta risposta, Devon mi afferra per i
fianchi e mi fa sedere sulle sue gambe. Vinco l'imbarazzo di questo
gesto e lo guardo negli occhi.
«
Mi dispiace Ella...» A cosa si riferisce esattamente?
« Ti dispiace per cosa..? » Mi guarda assente come
se stesse per cedere al sonno, ma poi si riprende.
« Per tutto... sei troppo buona e stai perdendo il tuo tempo
con me... Credimi, per quanto vorrei poter essere diverso, sono
così e non posso cambiare. So cosa stai cercando di fare e
chiunque ci ha provato fino ad ora, ha fallito. Non puoi salvarmi...
finirai per cadere anche tu...»
Rimango spiazzata da queste parole e credo che il cuore mi si sia
fermato per tutto il tempo. Spero che siano dettate dall'ebrezza ma nel
profondo so che non è così.
È straziante... ma quello che dice non è vero.
È bloccato ma posso abbattere il muro che si è
costruito intorno se solo fosse disposto a rischiare con me.
Mi alzo e gli poggio le mani sulle spalle cercando di cacciare indietro
le lacrime che lottano per uscire allo scoperto.
«
Ti sbagli Devon... Avranno anche fallito ma questo non vuol dire che
debba farlo anche io. So che sei ferito, ma non puoi tenerti tutto
dentro per sempre... »
«
Devo farlo Ella... Tu non capisci... è molto peggio di
quello che credi...Non potrai mai essere felice con me e tu te lo
meriti... » Si abbandona sul letto lasciandomi ancora
più basita e scossa di quanto già non fossi. Non
so che fare, non ce la faccio più...
Mi allontano di qualche passo, soffocata dal peso delle sue parole.
«
Ella... non te ne andare adesso, però...» Mi
richiama in un attimo di lucidità. Certo che si contraddice
anche da ubriaco...
«
Sono qui Devon.. non me ne vado...» Mi siedo accanto a lui
sul letto accarezzandogli la schiena con una mano aspettando che si
addormenti.
Sono sconvolta. Il Devon che credevo di conoscere almeno un po', si
è rivelato essere molto più incasinato di quanto
immaginassi. Non può continuare a vivere così,
deve reagire e non posso permettere che si lasci andare come ha fatto
oggi. Tutti meritano la felicità o almeno la
possibilità di esserlo e non voglio credere a quello che
dice. Qualsiasi cosa sia successa o che abbia fatto, non vale questo
strazio nel quale si costringe a vivere.
Mi alzo per slacciargli le scarpe ripensando a tutto ciò che
è successo finora e quanto ci abbia già sofferto
abbastanza, ma andrà meglio, deve andare meglio. Mi sfilo
gli scomodi tacchi che ormai hanno consumato i miei poveri piedi e
titubante mi stendo accanto a lui dall'altro lato del letto
matrimoniale. Dorme profondamente. Cerco di fare lo stesso ma le sue
parole mi attanagliano la mente facendo sì che le lacrime
che avevo represso, scorrano ora veloci sulle mie guance pallide senza
poterle fermare.
Devon's
pov
Un
raggio di luce mi colpisce dritto in viso facendomi strizzare gli occhi
per il bagliore. Mi volto dal lato opposto e noto una figura minuta
rannicchiata contro il cuscino. Sbatto più volte le palpebre
prima di mettere a fuoco l'immagine di Ella addormentata al mio fianco.
Penso subito al peggio ma poi mi rendo conto che sono troppo vestito e
scaccio quell'ipotesi dalla mia mente. Ma dove ci troviamo? Mi guardo
intorno e intuisco di trovarmi ancora nell'hotel di Richard in una
delle stanze da letto. Ahia che mal di testa... Non ricordo molto di
ieri sera ma credo di aver alzato un po' troppo il gomito ed ecco il
risultato...
Mi faccio forza con le braccia e mi metto seduto, grattandomi il capo
assonato. Mi ero dimenticato quanto potesse essere penoso il
post-sbornia. Mi alzo dal letto e afferro la mia giacca per poggiarla
sulle spalle di Ella. Perché non si é infilata
sotto le coperte?
Torno poi verso il mio lato notando un bigliettino sul comodino.
È la calligrafia di mia sorella.
"
Buongiorno dormiglione! La prossima volta che vieni alle mie sfilate ti
terrò lontano dai drink. Detto ciò, ti volevo
solo avvisare che mi è morto il telefono ma sto tornando a
casa. Spero tu abbia avuto un bel risveglio!
Clarissa "
Che
simpatica, adesso lascia anche bigliettini sparsi per l'hotel. Lo
ripongo nella tasca dei miei pantaloni e decido di darmi una sciacquata
mentre aspetto che Ella si svegli. Dopo essere uscito dalla doccia, mi
asciugo velocemente e rinfilo i pantaloni dello smoking dando
un'occhiata fuori per controllarla. Indosso anche la camicia che
però abbottono mentre torno nella stanza da letto.
Vorrei ricordarmi qualcosa di ieri sera ma mi è davvero
difficile con questo mal di testa. Spero di non aver fatto o detto
niente di strano...
Mentre ci penso, la bella addormentata riprende conoscenza e si
stiracchia aprendo piano gli occhi ancora assonnati. Non credo abbia
dormito molto...
«
Buongiorno. » Le sposto un po' la frangia dagli occhi
sedendomi accanto a lei sul bordo del letto.
«
Ehi... sei già sveglio. Ma che ore sono...?» Si
dimena per guardare l'orologio sul comodino che segna le dieci e mezza.
«
Mi sono svegliato poco fa con un gran mal di testa...» Devo
prendere un'aspirina al più presto.
«
Beh immagino...» Si mette seduta stropicciandosi un po' gli
occhi ancora truccati finendo per diventare un panda.
«
Mi dispiace averti trattenuta qui... a causa mia...» Scuote
la testa scostandosi la giacca da dosso.
«
Non preoccuparti... Però non rifarlo...»
« Non lo farò. Non mi piace perdere la
lucidità.» Le confesso alzandomi e porgendole una
mano affinché faccia lo stesso.
« Ma Charlotte non era con te? » Mi domanda dopo
essersi messa in piedi.
« Sì.. all'inizio. Poi ha ricevuto una chiamata e
ci siamo persi di vista. Da allora è tutto molto
confuso...»
«
L'importante è che ora tu stia meglio... » Mi dice
prima di sorpassarmi per andare in bagno. Sembra un po' scossa, spero
non sia stata colpa mia. Mi conosco, e da ubriaco potrei aver detto
qualcosa di troppo o di inappropriato.
Non ci mette molto e torna nuovamente in camera leggermente
più sveglia di quanto non fosse prima.
«
Ella.. spero di non aver fatto nulla di sbagliato... non..»
Mi interrompe subito.
«
No, Devon... Eri ubriaco e farneticavi, niente di particolarmente
strano o equivoco, davvero.» Non so se crederle o meno,
onestamente. Sembra davvero troppo sconvolta, anche se finge
indifferenza.
«
Va bene... meglio così. » Le sorrido e recupero la
giacca. Sentiamo poi bussare alla porta così vado ad aprire.
Un cameriere entra con un carrello ricco di dolciumi ed altre
prelibatezze.
«
Buongiorno, il signor Bradshaw vi offre una squisita colazione.
Mettetevi pure comodi...» Ci indica con lo sguardo il tavolo
affianco alla finestra. Lancio un'occhiata ad Ella che fa spallucce.
«
Oh... grazie. Prego..» Lo lascio passare mentre scosto la
sedia ad Ella e mi accomodo a capotavola. Sarebbe scortese rifiutare
questa gentilezza.
Il cameriere ci imbandisce la tavola con tutto il ben di dio che ci ha
portato servendoci anche dello champagne. Che esagerazione Richard...
«
Desiderate qualcos'altro signori Reinfield? » Ella per poco
non si strozza con lo champagne a questa domanda. Chissà se
è stato Richard a volerci soprannominare così o
è tutta farina del sacco di questo ragazzo.
«
No no, grazie può andare...» Lo congedo prima che
Ella mi muoia davanti e prima che il cameriere possa aggiungere altro.
«
Richard dev'essere impazzito...» Commenta dopo essersi
ripresa. Ne approfitta per allungarsi e levarmi lo champagne davanti
sostituendolo con un bicchiere d'acqua. « Per te niente
alcol, solo acqua e aspirina.» Aggiunge per poi prendersi del
pane da farcire con la marmellata e il burro.
«
Sì, mamma. Anzi, sembri quasi più dottore di
me...» Scuoto la testa divertito prendendo subito l'aspirina
e afferrando un paio di croissant al cioccolato.
«
Li faccio anche io i muffin, però io li riempio di
nutella...» Commenta afferrandone uno per assaggiarlo.
« Scommetto che i tuoi sono migliori. » La prendo
in giro come mio solito.
« Ovviamente, sono fatti in casa. Però non mi
dispiacciono questi..»
« Ma sono fatti da te, quindi...»
« Che cosa vorresti insinuare? La mia torta ti è
piaciuta! »
« Ma se ne hai mangiata più tu alla
fine...» Mi guarda accigliata puntandomi il coltello sporco
di marmellata alle fragole contro.
« Bugiardo. La mia torta era squisita e l'hai adorata, si
vedeva dalla tua espressione.»
« Che espressione avrei fatto? »
« Di goduria! »
« Perché tu conosci quella mia espressione, mh?
»
Si blocca con il coltello a mezz'aria sorpresa da questa mia uscita, ma
me l'ha tirata di bocca!Lasciamo cadere l'argomento prima che la
situazione diventi imbarazzante e scomoda per entrambi. Finiamo il
resto della colazione tranquillamente e rifletto su quanto tutto
ciò si sia svolto nel modo più naturale possibile
e mi ritrovo ad immaginare per un secondo a come sarebbe la mia vita se
smettessi di scappare da tutto e tutti.
«
Non li finisci? » Mi chiede mentre ero troppo assorto nei
miei pensieri. Mi riprendo e scuoto la testa.
«
Sono sazio... Mi passi il caffè per favore? »
Annuisce e me ne versa una tazza che poi mi porge gentilmente.
«
Direi che è giunta l'ora di andarcene...» Le dico
dopo aver mandato giù la bevanda nera ed essermi alzato
dalla sedia.
Ci rechiamo nella hall e ci facciamo chiamare Richard, vorremmo
salutarlo e ringraziarlo prima di lasciare definitivamente l'Astoria.
«
Ecco i miei due piccion... amici! » Ci viene incontro a
braccia aperte, un po' troppo euforico rispetto al solito.
«
Richard... grazie per la colazione. » Gli dice Ella con un
sorriso stentato e uno sguardo che la dice lunga. Lo scherzetto del
cameriere la deve aver impressionata parecchio.
«
Di nulla, ragazzi. Devon, come va il post-sbornia? Ella è
stata una brava infermiera?» Mi fa l'occhiolino ma non riesco
neanche a controbattere al momento.
«
Non mi ricordo granché ma si è premurata di farmi
prendere l'aspirina e il caffè. » Le rivolgo un
sorriso che ricambia solo in parte. Sono sempre più convinto
che le abbia detto qualcosa stanotte...
«
Bene, adesso ti lasciamo, salutaci tanto il cameriere di prima e digli
che i signori Reinfield hanno apprezzato molto la
colazione...» Gli do una pacca sulla spalla mentre noto
l'espressione di Richard a questa mia affermazione. Vorrebbe scoppiare
a ridere ma si trattiene.
«
Ve lo saluto, ci sentiamo! Ah, ho accompagnato personalmente Audrey a
casa. » Informa Ella che poi saluta con un bacio sulla
guancia che lei ricambia.
———————
«
Vuoi un passaggio? Non vedo la tua macchina nei paraggi...»
Mi fa notare Ella nel parcheggio, anche perché le chiavi le
avevo lasciate a mia sorella.
«
Suppongo di sì, grazie. » Mi accomodo nella sua
macchina al lato del passeggero. È la prima volta che ci
salgo ed è la prima volta che sperimento la sua guida. Spero
non mi faccia vomitare i cornetti di stamattina.
Si siede al lato del guidatore e si sfila i tacchi per poter stare
più comoda al volante. Accende il motore e le indico man
mano la strada da compiere per giungere a casa mia. Non è
male, se la cava a guidare! Dopo poco tempo siamo a destinazione.
«
Eccoci qui... Salutami Clarissa e falle ancora i complimenti per la
sfilata. » Mi sorride e rimuove la sicura per farmi scendere
dalla sua auto. Mi sento in dovere di dirle qualcosa in merito a tutto
ciò che abbiamo passato.
«
Lo farò. » Mi schiarisco la voce e mi slaccio la
cintura di sicurezza per voltarmi meglio nella sua direzione.
« Ella grazie per esserti presa cura di me stanotte... non
eri obbligata ma l'hai fatto lo stesso. E poi volevo chiarire il
discorso dell'altra sera. Forse sono stato un po' avventato nei modi
ma... » Mi copre la bocca con una mano.
«
Non dire niente, per favore. Lo so. So che cosa intendevi e
perché mi hai detto quelle parole. Ricordati solo che non ti
libererai facilmente di me e delle mie buonissime torte.»
Sono sbalordito, non mi aspettavo questo risvolto da parte sua.
«
Come desideri, allora. Ci sentiamo presto. » Le lascio una
carezza sulla guancia per poi scendere definitivamente dall'auto. Non
credevo che avesse compreso appieno il mio discorso dell'altra sera.
Meglio così, no? Dovrei sentirmi sollevato, ed invece, sono
più confuso che altro ma immagino che la causa sia l'alcol
ancora dentro il mio corpo.
Appena entro in casa, Clarissa mi accoglie a braccia aperte.
«
Fratellone! Ti sei un po' ripreso? » Mi accompagna in cucina
dove mi abbandono su uno degli sgabelli.
«
Sì, mal di testa a parte...»
« Non credevo fossi ancora capace di ubriacarti o ti avrei
fatto servire solo analcolici! Meno male che non c'erano più
i paparazzi altrimenti a quest'ora lo avrebbe saputo anche la Regina
Elisabetta! » Commenta alzando gli occhi al cielo per poi
sedersi di fronte a me.
«
Vero... in realtà non volevo farlo ma ho perso il conto dei
drink e poi mi sono estraniato un po' e questo mi aveva fatto sentire
bene... Mi dispiace, non ricapiterà.» Le assicuro
poggiandole una mano sulla sua. Non voglio che si preoccupino
inutilmente.
«
Lo spero perché credo che Ella non ti soccorrerà
di nuovo! Ma in tutto ciò Charlotte?»
« Forse mi ha mandato qualche messaggio, dopo controllo.
» Le rispondo mantenendomi la testa con il palmo di una mano.
« Va bene, ora vai a riposare. Ci vediamo più
tardi. » Mi da un bacino sulla guancia e sparisce nella sua
stanza. La imito trascinandomi sul mio letto sprofondando quindi sul
materasso.
Basta ubriacature da oggi.. sono troppo vecchio per queste cose! Mi
giro su un fianco mantenendomi le tempie e facendo un grosso respiro.
Non mi capitava da molto che riuscissi a lasciarmi andare all'alcol
come ho fatto ieri sera. Odio perdere il controllo di me stesso, ed
infatti, le mie poche ubriacature risalgono all'epoca della mia
adolescenza. Mi giro e rigiro tra le coperte mentre stralci di ieri
notte, mi tornano alla mente.
Ricordo
di aver incontrato Ella mentre barcollavo per la hall, ricordo di
averle detto qualcosa a proposito del vestito blu che indossava.
Ricordo
vagamente di essermi trovato sul balconcino con lei, ma che siamo
rientrati subito per qualcosa che mi ha detto... Cosa mi ha detto? Non
riesco a focalizzarlo.
Poi
ricordo i suoi occhioni nei miei quando eravamo seduti sul letto. Ha
detto che non mi avrebbe lasciato e così è stato.
Aspetta...
oh no, ricordo di averle detto qualcosa sul "devi vivere la tua
felicità per conto tuo " o almeno credo... Questo
spiegherebbe il suo comportamento di stamattina. Devo scoprirlo e per
farlo, mi devo avvalere dell'aiuto di Richard sperando che Ella gli
racconti quello che è successo.
Alla fine il mio segreto verrà a galla e dovrò
confessarle tutto. Sono continuamente combattuto sul dirglielo o meno
temendo che, se sapesse la verità, se ne andrebbe e non so
se questo sia un bene o un male. Per lei di sicuro un enorme bene ma io
come la prenderei? Continuo a ripetermi che starei bene, che non mi
importa nulla di nessuno, ma mentirei a me stesso se affermassi che
quella ragazzina maldestra non mi sia entrata un po' dentro.
Non so come abbia fatto, ma ha scalfito il muro che mi sono costruito
intorno per non soffrire più, lo stesso che non posso
abbattere del tutto per il suo bene.
Non è forse questo il gesto migliore che possa fare?
Salvaguardarla viene prima di ogni altra cosa e purtroppo,
ciò significa lasciarla andare.
Angolo autrice:
Buon
pomeriggio! Vi è piaciuto il capitolo? Devon
ubriaco non ve lo aspettavate, vero? Almeno è riuscito ad
esprimere i suoi timori, anche se contro la sua volontà, ad
Ella. Ora si capiscono molte cose!
Kisses.
|
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Capitolo 36 *** Capitolo 33 ***
Ella's
pov
«
Ricordami ancora una volta perché sei a casa mia di domenica
pomeriggio...»
«
Mi hai invitato tu, cara Ella. Certo che hai la memoria corta!
» Uno sbuffo fuoriesce dalle labbra del povero Richard che si
stiracchia le gambe e subito dopo il collo.
«
Magari Rick... Mi gratti la schiena? » Mi guarda perplesso
dall'alto della sua sedia. « Che c'è? Mi
prude...» Scuote la testa e non muove un dito per aiutarmi.
Pff.
«
Adesso mi vuoi dire che cosa è successo ieri notte o devo
stare qui ancora per molto mentre ti contorci sul letto? » Mi
domanda alzandosi dalla sua postazione per sedersi accanto a me.
Da quando sono rientrata in casa stamattina, non ho fatto altro che
rimuginare su quanto Devon mi abbia confessato inconsciamente. Ora
capisco il suo discorso in macchina, dopo essere andati a cena. Mi
duole ammetterlo, ma aveva ragione Rick sul suo conto. In fondo sono
amici da secoli, era ovvio.
Ha davvero un muro intorno ed è così fermo sulle
sue convinzioni che ormai non ammette nessun'altra
possibilità.
«
Avevi ragione. È bloccato, totalmente. Mi ha detto, da
ubriaco intendo, che non devo stargli accanto, che fallirò
come gli altri e che mi stancherò di lui. Ha detto che devo
vivere la mia felicità senza di lui.» Mi copro il
viso con le mani sospirando pesantemente. È il primo a
saperlo poiché Audrey è dovuta scappare ad una
riunione di lavoro per non so quale servizio fotografico
così ho chiamato Richard per farmi dare qualche consiglio.
Qualcuno doveva pur saperlo e chi meglio di lui?
«
Io ho sempre ragione anche quando ho torto. Ho ragione ad avere torto!
» Gli rido in faccia. « Comunque c'era da
aspettarselo. » Mi spiazza. Che cosa vuole dire?
Mi metto a sedere tirandomi le ginocchia al petto.
«
Spiegati Rick..»
« Te l'ho sempre detto. Non si tratta di non volerti ma di
non poterti avere. » Aggrotto le sopracciglia. È
una stupidaggine!
«
Ti rendi conto che stai parlando come quelle riviste sentimentali?
» Ridacchia poggiandomi una mano sul ginocchio.
«
Non sono sentimentale io... Intendo che il tuo caro conte, ha bisogno
di una spinta, una grandissima spinta, e devi avere molta molta
pazienza se davvero tieni al vostro rapporto e soprattutto devi dirgli
ciò che provi. Più rimandi peggio è,
secondo me. »
Credo che abbia ragione... ma dopo ciò che mi ha detto che
coraggio dovrei avere nel dichiararmi?
«
Ma ora non posso.... secondo te deve sapere che mi ha detto quelle cose
preso dall'alcol? Se poi si ricorda...» Dannazione non so che
fare! Richard ci riflette un attimo su prima di rispondermi.
«
Non saprei. È una situazione delicata. Forse se te lo
chiede, dovresti dirglielo, soprattutto se gli torna alla mente.
» Fa spallucce e si alza dal letto tendendomi la mano. Gliela
afferro e mi metto in posizione eretta. Dopo una serata su quei
trampoli mi piangono ancora i piedi...
—————————-
«
Ti piacciono? Li ho fatti qualche ora fa...» Spiego a Richard
che assapora i miei gustosi muffin. Mi è venuta voglia di
prepararli dopo aver assaggiato quelli del suo hotel.
«
Squisiti... perché non ti apri una pasticceria? Faresti
affari! » Se lo divora in due morsi sporcandosi tutto il
mento di nutella. Forse li ho farciti un po' troppo. Gli allungo un
tovagliolo sorridendo.
«
Grazie mille! » Sorrido orgogliosa del mio operato.
« Con Audrey tutto bene, comunque?»
« Oh sì benissimo, facciamo tanto sesso!»
« Interessante, adesso mi è passata la
fame..» Scuoto la testa ma sono felice di sapere che si
stanno conoscendo. « Lo sapevo che sareste stati bene
insieme! »
« Non esagerare, per adesso non è niente di che,
lo sai come la penso...»
« Sì sì... continuate a farlo e mi
raccomando usate le dovute precauzioni!» Gli faccio
l'occhiolino.
« Non prende la pillola, scusa..?»
« Non lo so, dovresti chiederlo a lei non credi?»
« Ma tu sei la sua coinquilina, lo dovresti sapere!
»
« In effetti l'aveva interrotta... siete degli
irresponsabili! » Guardo i muffin e li sistemo su un vassoio
più piccolo scuotendo la testa con disapprovazione.
«
Che cosa mi stai dicendo?! Non me l'aveva detto! » Mi guarda
allarmato come se gli avessi comunicato che sta per morire.
« Auguri Richard... spero tu sappia cambiare i pannolini.
Forse era troppo presa... non lo so! » Mi volto per non
ridere, non credevo di essere così convincente!
« Okay la prima volta ma le altre?! PORCA PUTTANA, ELLA!
» Si alza e inizia a camminare per la cucina disperato. Sto
morendo dal ridere, ed infatti, esplodo presto.
«
Stavo scherzando, era uno scherzetto!» Alza il suo sguardo
profondo che incontra il mio.
« MI HAI FATTO VENIRE UN INFARTO! Che razza di scherzi sono?!
» Mi guarda furioso ma poi si calma e prende un grosso
respiro. « Questa me la paghi, sappilo..»
« È stato troppo divertente! Scusami Rick, ma non
ho resistito. » Gli offro un altro muffin per fare pace ma
non lo prende e mi mette il broncio come un bimbo di due
anni. « Dai! Sei arrabbiato con me adesso?
»
« Ovvio, ed io che passo il mio tempo ad aiutarti con il
dottore... » Incrocia le braccia al petto indispettito. Alzo
gli occhi al cielo e faccio il giro del bancone per raggiungerlo.
«
Dai facciamo pace. » Allargo le braccia sorridente. Era uno
scherzo fantastico, comunque. Dopo un paio di sbuffi mi abbraccia ma
poi mi solleva da terra in un gesto rapido mettendomi sulla sua spalla
praticamente a testa in giù.
«
Richard lasciami!! Così vomito tutti i dolcetti! »
Gli do qualche pugnetto sulla schiena mentre scalcio senza riuscire
però a colpirlo come si deve.
«
Te la sei cercata Ella! » Mi divincolo un altro po'
finché i miei piedi non toccano nuovamente il pavimento.
« Sei un cretino! »
« Sei tu che hai iniziato! » Mentre discutiamo
senza però effettivamente farlo sul serio, la porta di casa
si apre rivelando la figura di Audrey.
«
Bambini la smettete? Vi si sente dal pianerottolo...» Ci
giriamo entrambi nella sua direzione.
« Prenditela con Ella! » Mi accusa subito "l'uomo"
che incrocia le braccia al petto offeso.
«
No! Gli ho solo fatto uno scherzetto...» Ridacchio ancora per
la faccia che ha fatto.
« Che scherzo? »
« Ha detto che non prendi precauzioni e che rischiavo di
diventare papà! » Audrey passa lo sguardo da me a
Richard e poi scoppia a ridere come una dannata.
« Bellissimo! Ella sei una grande. » Mi batte il
cinque e da un bacino sulla guancia di Richard.
«
Solidarietà femminile, caro Rick. » Gli faccio
l'occhiolino soddisfatta.
«
Siete due streghe...» Ci ridiamo tutti su godendo della
compagnia reciproca.
—————————
Lo
ammetto, non seguo mai i consigli altrui ed ecco perché mi
trovo sempre nelle situazioni più scomode. Dovrei essere a
casa a contemplare i miei disegni o il soffitto, e invece, sto varcando
la soglia del Lennox Hill Hospital. Cosa mi è saltato in
testa non lo so ancora. Immagino che lo scoprirò tra poco.
Sono le sette di sera e nonostante ciò, c'è
parecchia gente che vaga nei dintorni tra studenti, medici, infermieri
e pazienti. A dirla tutta, non sono neanche sicura che Devon sia qui,
ma un po' lo conosco e di certo non se ne sta in casa a rigirarsi i
pollici. È un dannato stacanovista!
Evito volutamente di rivolgermi alla reception e mi dirigo
all'ascensore. Se non sbaglio, il suo studio è al quinto
piano, ma non ne sono sicura. Schiaccio il bottone e attendo impaziente
di arrivare a destinazione.
Più passa il tempo e più potrei pentirmi di
essere venuta qui. Perché l'ho fatto? Beh, semplice. Voglio
evitare di lasciare la questione in sospeso per troppo tempo, voglio
evitare che passino altri giorni senza che ci parliamo o cerchiamo
perché abbiamo paura di cosa possa pensare l'altro. Voglio
un chiarimento e subito. Non tutti i drammi della volta scorsa, voglio
soltanto capire per una volta che cosa pensa e che cosa voglia da me.
Da ubriaco mi ha fatto capire che non può stare con me, ma
io sono disposta a rischiare. È così difficile
darmi una chance?
Per fortuna le porte si aprono con il caratteristico suono mettendo
fine alle mie riflessioni.
Forse avrei dovuto chiedere alla receptionist perché vedo
solo persone in camice bianco che vagano per il corridoio. Un brivido
mi attraversa la spina dorsale mentre do un'occhiata intorno.
"Unità
coronarica"
È
incisa sulla targhetta appesa al muro accanto all'ascensore. Dovrei
essere nel posto giusto. Muovo qualche passo finché una voce
maschile non mi inchioda.
«
Ha bisogno di qualcosa..? »
Mi
volto lentamente sfoderando il mio sorriso migliore. Essere cacciata da
un ospedale non rientra esattamente nei miei piani di oggi.
«
Salve! No, no.. stavo solo cercando una persona... » Resto
sul vago guardando il mio interlocutore. È un ragazzo
all'incirca della mia età, alto e snello. Credo sia uno
studente perché è un po' troppo giovane per
essere già medico. Mi scruta con i suoi occhi color nocciola
perplesso.
«
Beh se mi dice chi cerca forse è meglio. Non posso lasciarla
vagare per il piano senza permesso o mi farà morire tutti i
pazienti d'infarto con la sua bellezza. » Mi sorride
orgoglioso di se stesso. Dio mio...
«
Comunque sono Danny, piacere di fare la sua conoscenza. » Mi
afferra il dorso della mano sul quale posa un bacio. La ritiro subito
dopo leggermente imbarazzata.
«
Mi chiamo Ella e per favore dammi del tu...» Il lei
è per i vecchi e noi abbiamo quasi sicuramente la stessa
età.
«
Se insisti! Chi stai cercando, comunque? Anche se puoi approfittare di
me, se per te è lo stesso.» Non ce la faccio... Mi
viene da ridere!
«
Danny! Quante volte ti ho detto di non provarci con le mie pazienti?!
» Devon appare dal nulla, o forse dall'ascensore, facendo
letteralmente saltare il povero studente. Cavolo se sa essere
intimidatorio!
Il ragazzo lo guarda con gli occhi fuori dalle orbite scusandosi subito
neanche avesse commesso un crimine.
«
Mi scusi dottore non sapevo fosse una paziente...» Cerca di
giustificarsi come può senza molto successo.
«
Vattene prima che decida di non farti assistere più a
nessuna operazione per il prossimo mese..» Esagerato...
Ed in un battibaleno non ci fu più traccia di Danny.
Mi sento un po' in colpa per tutto ciò, comunque.
«
Ella.. che ci fai qui? Stai bene? » Cambia subito il tono,
ammorbidendolo per rivolgersi a me. Com'è volubile...
«
Devon... ehm sì sto bene...volevo parlarti di una cosa...
hai due minuti da dedicarmi..? » Improvvisamente vorrei non
aver mai deciso di venire qua. Mi sono appena resa conto che non ho
pensato a come affrontare il discorso.
«
Sì... certo. » Lo seguo per il corridoio
finché non suona qualcosa. Il suo cerca-persone, suppongo.
«
Ho un codice blu, aspettami qui. » Risponde e corre in
direzione di una stanza poco distante. Sono curiosa di capire cosa sta
succedendo.
Non è solo, ci sono altre quattro o cinque persone nella
stanza tra infermieri e studenti. Mi affaccio al vetro che mi separa
dalla stanza del paziente il quale sta avendo delle convulsioni, credo.
Chiudo per un attimo gli occhi, queste immagini sono parecchio forti e
forse avrei dovuto evitare.
«
Non c'é battito, lo stiamo perdendo. » Mi faccio
forza e riapro gli occhi ascoltando ciò che si dicono.
«
Un milligrammo di epinefrina e continuate con il massaggio! »
« Non reagisce al farmaco e la pressione cala a picco.
»
« Defibrillatore. Carica a duecento. Libera. » Dopo
un paio di tentativi riescono a salvarlo. Sono stati davvero
bravissimi, li ammiro tanto. Sono degli eroi, davvero. Senza di loro
molte vite andrebbero perse.
Mi allontano subito dal vetro appena capisco che stanno per uscire.
Prevedo un rimprovero anche per me dal bel dottore che esce dalla sala
seguito dalle sue studentesse. Tutte donne, figuriamoci...
Mi lancia un'occhiata seria e mi fa cenno di aspettare un attimo.
«
Il paziente nella 32? Qualcuno mi illustri il caso...» Chiede
alle ragazze che lo circondano. Una di loro apre una cartella e inizia
a dire cose per me senza senso.
«
È stato trasferito ieri da noi per un presunto infarto. In
seguito alle analisi del sangue e dell'ECG si è poi capito
si trattasse di una stenosi dell'aorta dovuta ad un aneurisma.
» Annuisce vigorosamente mentre la studentessa lo guarda
ammaliata.
«
Come procediamo? » Chiede ancora rivolgendosi alla seconda
ragazza.
«
Operiamo chirurgicamente l'aneurisma prima che possa esplodere nel suo
torace e causare una bellissima emorragia e conseguente necrosi del
miocardio. »
«
Perfetto. Fate preparare la sala operatoria. Siete tutte invitate.
»
Dà
qualche altra direttiva mentre lo guardo incantata. Si vede che
é nel suo elemento e trasuda sicurezza da tutti i pori. Non
avrebbe potuto fare altro che il medico.
Ammiro in silenzio i suoi movimenti mentre spiega alle dottoresse come
agire.
Pendiamo tutte dalle sue labbra mentre parla, anche se loro immagino
stiano capendo ciò che dice a differenza mia. Ho sempre
pensato che il camice donasse un enorme fascino agli uomini ed
è sicuramente così per Devon. Dannazione mi sto
eccitando solo a guardarlo, mi devo dare una calmata! Mi risveglio dal
torpore e attendo qualche altro minuto prima che mi degni della sua
attenzione. Avrei dovuto chiamarlo non presentarmi così sul
suo posto di lavoro...
«
Roxanne avverti la famiglia cortesemente e di loro che lo opereremo
entro domani mattina. Usa termini comprensibili mi
raccomando...»
« Subito dottore. »
Devon
finalmente le congeda e viene nella mia direzione. « Eccomi
qui, di cosa volevi parlarmi? Si tratta della tua salute? »
Pensiero più che logico dato che sono piombata qui di
domenica pomeriggio. Mi afferra la guancia alzandomi un po' il mento
affinché lo guardi negli occhi. Sento lo sguardo ardente
delle studentesse su di noi. Di sicuro stanno immaginando le cose
più assurde e da una parte non mi dispiace. Almeno la
pianteranno di girargli intorno...
«
Sto bene, davvero. » Gli poggio una mano sulla sua
così che la smetta di visitarmi contro la mia
volontà in mezzo al corridoio. Sento le ragazze bisbigliare
a questa scena. «Possiamo andare da qualche altra parte?
Quando finisci il turno? » Controlla l'orologio e poi si
volta verso le sue studentesse che ci stanno ancora fissando da
lontano. Che impiccione...
«
Fra parecchio ma posso fare una pausa. Mi stai facendo preoccupare,
comunque.» Mi punta il dito contro. «Facciamo
così. Dammi una ventina di minuti e poi ci vediamo in
caffetteria, quella all'angolo. Va bene? » Annuisco e ci
separiamo di nuovo. Andrà male, me lo sento. Sospiro
abbattuta e cerco il cellulare nella borsa per mandare un messaggio ad
Audrey. Nel farlo, quasi non mi accorgo di una figura che mi sbarra la
strada. È una delle studentesse di Devon. Le sorrido
perplessa perché non capisco cosa voglia.
«
Lei è la fidanzata del dottore? » Mi coglie di
sorpresa. La ragazza dai capelli ricci e castani si sposta qualche
ciocca dietro l'orecchio guardandomi con i suoi occhi verdognoli in
maniera curiosa o forse solo infastidita.
«
Come dice, mi scusi? » Mi gioco la carta della finta tonta ma
la ragazza mi sembra molto sveglia.
«
È una domanda molto semplice come la risposta che le sto
chiedendo. »
« Quanto si sbaglia... È tutt'altro che semplice.
» Soprattutto con Devon, poi...
« La sta rendendo lei molto più complicata, in
realtà. Me lo dica. »
« Perché vuole saperlo? Non sono affari suoi e
neanche ci conosciamo. »
« In tal caso.. piacere, il mio nome è Roxanne.
» Mi tende la mano che afferro titubante.
« Ella. » Quante presentazioni oggi...
« Ora me la da questa risposta? »
« Non credo. Perché lo pensa, comunque?»
Mi guarda stranita come se la risposta fosse ovvia.
« Vi ho visti prima. Il dottor Reinfield non guarda nessuna
in quel modo. » Ci riflette un attimo e poi continua.
« Ci lavoro insieme da quasi un anno e sembra diverso
ultimamente. Qualsiasi cosa ci sia fra voi, gli fa bene. »
Sorride, come se fosse sinceramente felice per lui, anche se poi si
rabbuia. È evidente che non le è indifferente.
«
Lo pensi davvero? » Sono molto colpita. È un
pensiero molto dolce da parte sua.
« Sì, lo penso. E sono molto molto invidiosa, lo
ammetto. » Mi sorride per l'ultima volta per poi
oltrepassarmi. « Ho dei familiari da avvisare, buona serata
Ella. »
« Piacere di averti conosciuta Roxanne. » Scuoto la
testa divertita e mi immetto in ascensore. Questa conversazione mi ha
risollevato l'umore. Se davvero se ne sono accorte anche le
specializzande è un buon segno! In pratica solo lui non l'ha
ancora capito...
Ora so cosa devo dirgli e forse dovrò ringraziare quella
bizzarra dottoressa.
Devon's
pov
Vedere
Ella al Lennox di domenica sera mi ha spaventato a morte. Credevo
stesse male. Devo dirle di non farlo mai più o di passare
prima in accettazione per farmi chiamare anche perché in
reparto non sarebbe neanche dovuta entrare.
Le do' appuntamento in caffetteria fra una ventina di minuti mentre
scendo in pronto soccorso. Hanno richiesto una mia consulenza per un
uomo con apparente crisi respiratoria ma credono c'entri qualcosa anche
il cuore.
«
Dimmi tutto. » Mi rivolgo al medico di turno, un caro collega
con il quale ho avuto l'onore di lavorare in più di
un'occasione.
«
Crisi respiratoria, battito irregolare e saturazione al settantacinque
per cento. Pressione bassa, ho paura che non reggerà a
lungo. » Mi passa la cartella con le analisi del sangue che
ispeziono attentamente.
«
Gli avete fatto una tac? »
«
Certo, stiamo aspettando i risultati. » Discutiamo sulle
possibili cause ma il paziente va in arresto cardiaco più di
una volta.
«
Michael, credo abbia un'ostruzione dell'arteria coronarica ascendente
sinistra. Devi portarlo subito in emo-dinamica ora che è
stabile. » Annuisce e mi dà una pacca sulla spalla
ordinando ai suoi di affrettarsi.
«
Grazie, Devon. Ti aggiorno più tardi. » Gli faccio
un cenno di assenso con il capo e torno di sopra per assicurarmi che i
miei specializzandi non abbiano ucciso nessuno.
«
Allora? Come procede qui? » Lancio uno sguardo generale e
un'occhiataccia a Danny. La prossima volta che lo sorprendo a flirtare
con qualsiasi cosa respiri nel mio reparto, lo caccio a calci nel
sedere fuori da questo ospedale. Un po' di professionalità
per l'amor del cielo!
«
Dottore, ho parlato con i parenti del paziente ma vogliono discutere
comunque con lei dei rischi e il resto. » Alzo gli occhi al
cielo ma poi annuisco.
«
D'accordo. Che altro? » Tutti tacciono guardandosi tra loro
perciò deduco che posso fare un break. « Bene, mi
assento per un po', qualsiasi cosa succederà ricordate che
sarà colpa vostra e che in tribunale non vi fanno sconti. Ho
il cercapersone con me, comunque. » Saluto loro con un
sorrisetto bastardo, tipico con i miei studenti, e mi avvio all'esterno
del Lennox svestendomi prima del camice.
Quando arrivo nei pressi della caffetteria, lei è
già lì, seduta ad uno dei tavolini intenta a
disegnare qualcosa sul suo album, lo stesso che mi ha nascosto la sera
che venni a prenderla per portarla a cena fuori. Non capisco
perché si ostini a farlo, la sua arte dovrebbe poter essere
osservata da tutti.
Prima che possa mettere piede all'interno, mi suona il cellulare.
È Charlotte.
«
Ti fai viva, finalmente. Ma che fine avevi fatto? »
«
Scusami Devon. La chiamata mi ha tenuto parecchio impegnata ieri e oggi
ho dovuto sbrigare delle faccende. A proposito, ho posticipato la
partenza a domani. Perché non andiamo a cena stasera? Mi
avevi promesso un giro di New York. »
«
Non posso, sono al lavoro stanotte. Sarà per la prossima
volta Charlotte. Sicuramente ci sarà modo. » Beh
non sto al suo servizio, in effetti...
«
Oh... va benissimo. Domani ci salutiamo, vero? »
«
Certo, a domani. Buonanotte. » Attacco la chiamata. Almeno
ora so cosa l'ha tenuta lontana ieri alla sfilata. Iniziavo a pensare
che l'avessero rapita gli alieni.
Poso il cellulare in tasca e mi faccio avanti nel bar. Non
c'è moltissima gente, una calma piatta invade l'ambiente
accogliente della caffetteria che di giorno pullula soprattutto di
studenti e medici del Lennox.
Mi avvicino cauto ad Ella. Sono proprio curioso di sapere che cosa
debba dirmi. A questo punto credo abbia a che fare con ieri sera
altrimenti non saprei. Mi accomodo di fronte a lei osservando come
muove abilmente il carboncino sul foglio. Appena mi vede, chiude tutto
e alza lo sguardo che incontra il mio. Non capisco perché
non mostri le sue creazioni, sono davvero belle a parer mio.
«
Cosa disegnavi? » Le domando per rompere un po' il ghiaccio.
«
Non lo so, mi lasciavo trasportare dall'ispirazione.. » Mi
sorride e ripone l'album nella sua borsa. « Ho già
ordinato.» Annuisco e picchietto le dita sul tavolino freddo
che ci divide.
«
Di che cosa volevi parlarmi? » Finalmente mi dirà
qualcosa. Spero non sia niente di troppo grave.
«
Di ieri sera. » Si schiarisce la voce muovendo indietro i
capelli. Sapevo che alla fine sarebbe successo. Non ricordo ancora cosa
è avvenuto di preciso, ma so che qualcosa devo averle detto
e sono certo voglia delle spiegazioni al riguardo.
«
Vuoi sapere se ricordo qualcosa? » La incalzo, tanto ne
dobbiamo parlare comunque.
« Sì. »
« Non molto. Non ricordo cosa ti ho detto, ma so di averti
confessato qualcosa. Mi scuso per qualunque cosa fuori luogo ti abbia
rivelato. » Si muove sulla sedia a disagio.
«
Mia madre è morta quando avevo diciannove anni. »
Esordisce all'improvviso. Me l'aveva detto già, non capisco
dove voglia arrivare. « Era molto depressa ma nessuno le
prestava la giusta attenzione perciò, una sera che
restò sola in casa, afferrò la pistola di mio
padre e si sparò. La trovai quella notte stessa immersa in
un lago di sangue. » Mi racconta tutto d'un fiato lasciandomi
a bocca aperta per questa spontanea confidenza. Non me lo aspettavo e
mi si stringe il cuore per lei. Non meritava tutto quel dolore.
Sto per dire qualcosa ma mi ferma con un gesto della mano.
«
Ti ho detto queste cose perché ti reputo un mio....amico e
mi fido di te. Perciò, qualsiasi cosa ti sia capitata, puoi
parlarne con me apertamente, davvero. » Mi afferra la mano
che stringe nelle proprie sorridendomi appena.
«
Ella.. io.. non immaginavo. Mi dispiace molto. » Ed
è vero, è una persona splendida e si merita solo
il meglio per questo non le fa per niente bene la mia influenza.
Annuisce con un sorriso malinconico. Non mi piace vederla
così abbattuta.
«
Sto bene, davvero. Adesso tocca a te. » Deglutisco a fatica
irrigidendomi. Non sono pronto ad affrontare questa conversazione con
lei, non qui.
«
Ella... sto cercando di salvaguardarti, devi darmi retta. »
Scuote la testa contrariata.
« Smettila di preoccuparti per la mia incolumità e
fammi capire. Te ne prego. »
« Devo sapere che cosa ti ho detto ieri sera. » Mi
lascia andare la mano e mi guarda seria. Deve dirmelo per forza ora.
« Che importanza ha? Devi dirmi che cos'hai, Devon.
Permettimi di aiutarti. »
« Non posso Ella. Non posso lasciartelo fare. » Non
mi sento pronto, non ora.
« Forse un giorno... riuscirò ad aprirmi ma ora
non posso, non.. io.. »
«
Va bene, aspetterò. » Lo dice come se fosse la
cosa più normale del mondo, facendo spallucce, ma non lo
è. Le sue parole mi colpiscono come un' onda che s'infrange
sugli scogli nel pieno della tempesta che è la mia vita.
Incasinata e distrutta dallo stesso destino che mi ha permesso di
incontrarla, conoscerla e volerle bene. Forse mi sta davvero capitando
una seconda occasione? E se si rivelasse essere una nuova trappola? Non
so cosa pensare e finché non lo capirò, non posso
sbilanciarmi con lei.
«
Potresti aspettare molto... lo sai? »
« So essere molto paziente..»
« E se poi non servisse a nulla? »
« Potrò dire a me stessa di averci
provato.» Regge il mio sguardo e pochi secondi dopo, giunge
la cameriera con le ordinazioni.
Questo vuol dire che è disposta davvero ad aspettarmi?
Perché fa tutto questo? Non so se esserne affascinato o
spaventato. Forse un po' entrambe.
Guardo l'orologio, fra dieci minuti al massimo devo rientrare. Giusto
il tempo di consumare il caffè.
«
Sono contento che tu mi abbia detto quelle cose su... sulla morte di
tua madre. E comunque, se non lo avessi capito, mi fido di te e non
è per questo che non voglio confidarmi con te. »
Le dico mentre mi precipito a prendere il conto alla cameriera prima
che possa anche solo pensarci di farlo lei. Ella sorride, un sorriso
più luminoso di prima, mentre annuisce alle mie parole.
«
L'importante è che tu sappia che puoi contare su di me.
» Si alza ed io faccio lo stesso uscendo poi insieme a lei
dal locale.
« Lo so e te ne sono grato, anche se non so dimostrartelo.
» Fa spallucce, come se non fosse importante.
« Va bene così per adesso... » Il
cercapersone reclama la mia attenzione. Devo scappare in pronto
soccorso per un'emergenza. « Vai a salvare delle vite, su.
» Mi dice Ella aggiustandosi il giubbotto sulle spalle e
scacciandomi con un gesto della mano. È sceso un po' di
vento stasera, anche se siamo a fine maggio e ormai la bella stagione
é alle porte.
«
Corro, mandami un messaggio quando arrivi a casa e per favore evita di
distrarre i miei studenti la prossima volta! » Le faccio
l'occhiolino e scappo via prima che possa rispondermi, ma di sottecchi
la vedo scuotere la testa divertita.
Questa conversazione mi ha aperto gli occhi riguardo le sue intenzioni.
Mi dispiace che abbia dovuto sentire determinate cose quand'ero ubriaco
e non lucido come avrei dovuto essere. Lei è stata
fondamentale in questi ultimi giorni e l'ha dimostrato in
più occasioni come la sorpresa della torta e l'essersi presa
cura di me ieri sera nonostante la difficoltà. Forse dovrei
davvero lasciarmi alle spalle tutte queste paranoie che mi consumano
ogni volta e che mi stanno facendo perdere i miei anni migliori. Forse
è davvero giunta l'ora di vivere e non più di
sopravvivere, ma ogni volta che ci provo, un nuovo uragano è
pronto a travolgermi riportandomi nell'oscurità dell'abisso.
Angolo
autrice:
Buongiorno! Come state cari lettori? Vi state godendo questi primi
giorni di caldo esasperante?
In ogni caso volevo comunicarvi che non manca moltissimo alla fine
della storia. Ella e Devon per una volta cercano di chiarirsi ma ancora
il dottore non riesce a sbottonarsi. Secondo voi come
continuerà?
Alla prossima settimana!
Kisses.
|
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Capitolo 37 *** Capitolo 34 ***
Devon's
pov
Mi
sistemo gli occhiali da sole mentre guido alla volta dell'aeroporto di
New York. Mantengo sempre la parola, perciò è
giunta l'ora di salutare Charlotte prima che ritorni a casa come le
avevo promesso.
Il turno all'ospedale mi è sembrato infinito e pensandoci,
forse non è stata un'ottima idea mettermi alla guida con
dodici ore di lavoro sulle spalle, ma ormai sono quasi giunto alla
meta. Le strade sono piuttosto vuote e c'è un bel sole caldo
che illumina questa giornata di fine maggio.
Mi chiedo che fine abbia fatto Summer... è da parecchio che
non ho sue notizie e non ho neanche quasi mai incrociato suo padre in
ospedale, essendo egli uno dei neurochirurghi del Lennox. Forse ha
finalmente capito che deve lasciarmi in pace? Non credevo che sarebbe
mai successo! È un gran risultato.
Finalmente parcheggio l'auto in uno dei posti liberi e attendo che
Charlotte si faccia viva. Eravamo rimasti d'accordo che ci saremmo
visti davanti al suo terminal, ma di lei non c'è traccia.
Giocherello un po' con il cellulare ripensando alla conversazione di
ieri sera con Ella. Non ho fatto altro cha ragionarci tutta la nottata
che ho passato in ospedale. Anche le mie studentesse mi guardavano con
aria sospetta. Sicuramente si saranno fatte molti viaggi mentali, ma
ciò non mi riguarda per niente.
Sono sempre più convinto che qualcosa andrà
storto e finirà come è sempre finita con chi ha
solo pensato di avvicinarmi. Vorrei davvero essere migliore, non
sentirmi più in colpa per ciò che è
successo quella sera ed andare semplicemente avanti con la mia vita.
Dovrei pensare a me stesso, a stare bene ma è molto
più semplice a dirsi che a farsi. Forse è
arrivato il momento di rileggere quella dannata lettera. Potrebbe
essere un modo per andare avanti o almeno posso dire di averci provato,
no?
Mentre affondo nei miei pensieri, una testolina bionda fa capolino alle
mie spalle facendomi quasi sobbalzare.
«
Ehi Char! Non ti avevo sentita arrivare..» Mi giustifico
posando il cellulare in tasca e accogliendo la mia amica in un caloroso
abbraccio.
«
Non preoccuparti e scusami se sono sparita alla festa... mi ha chiamata
Frank...»
« Ancora lui? Basta, ha rotto le scatole...» Per
non essere più volgare.
« Hai ragione... hai sempre avuto ragione su di lui,
però voleva parlare e non me la sono sentita di ignorarlo...
sono tanto stupida? »
« Nhaa, solo un po'! » Mi colpisce il braccio
bonariamente mettendo il broncio.
«
Ehi! Ti offro un caffè dai...» Cambia discorso e
ci dirigiamo alla caffetteria dell'aeroporto.
———————
Mi
ha fatto piacere passare un po' di tempo con Charlotte e ci siamo
ripromessi di vederci più spesso che sia a Londra o New
York. Direi che posso finalmente tornare a casa. Inizio a chiedermi
quanto tempo resterà ancora in città Clarissa a
questo punto, anche se non sembra affatto intenzionata a levare le
tende per il momento. Mi rimetto in viaggio e arrivo praticamente
sfinito nel mio appartamento. L'ubriacatura e il turno notturno mi
hanno distrutto.
«
Clarissa sei in casa? » La chiamo a gran voce ma non mi
risponde. O dorme oppure è fuori e credo che la seconda
ipotesi sia la più probabile. Me ne faccio una ragione e
appoggio il giubbotto sull'appendiabiti trascinandomi fino al piano di
sopra a letto sul quale sprofondo immediatamente.
Chiudendo gli occhi per la stanchezza, lascio che la mia mente vaghi
senza controllo portandomi ancora una volta in luoghi oscuri
finché non mi arrendo alle braccia di Morfeo.
Il
sole è caldo e mi colpisce dritto in viso. C'è un
profumo di lavanda e la pace regna sovrana. Ho sempre amato il giardino
della mia nuova casa nella periferia di Londra e cerco di passarci
più tempo possibile.
Spalanco gli occhi e una figura viene nella mia direzione. La
mia dolce Cassie...
Allargo le braccia per accoglierla ma scompare ad un passo da
me. Svanisce tutto, il giardino, il sole e la mia villa.
Resto da solo nel buio più totale a piangere il mio
dolore. Non doveva toccare a lei, non doveva toccare a nessuno. Cerco
di uscire da quest'oscurità opprimente ma non riesco.
Annaspo, mi arrampico per salvarmi da me stesso ma resto
bloccato in questo limbo stringendomi la testa fra le mani.
Mi
sveglio di soprassalto mettendomi a sedere sul letto. Dannazione, un
altro incubo. Devo assolutamente chiudere questa storia e cercare di
aprire quella dannata lettera come primo passo verso il superamento
della tragedia. Me l'hanno sempre detto, anche la vasta schiera di
psicologi e psichiatri che mi hanno seguito in quest'anno e mezzo. Se
non chiudo con il passato, non posso andare avanti.
Guardo l'orologio che segna le tre del pomeriggio. Posso
tranquillamente passare allo studio per recuperare la lettera e poi
iniziare le visite del pomeriggio.
Mi alzo dal materasso e decido di farmi una doccia rigenerante prima di
poter fare qualsiasi altra cosa. Indosso un paio di jeans blu scuro e
una camicia azzurra pettinandomi i capelli in modo da non farli
sembrare troppo scompigliati. E' giunta l'ora di darci un taglio, in
tutti i sensi.
Afferro la ventiquattro ore e il giubbotto e mi affretto a raggiungere
l'auto. Non c'è praticamente traffico, ed infatti, in
mezz'ora sono a destinazione.
«
Salve dottore, come sta oggi? » Mi chiede Rose non appena
metto piede nello studio.
« Bene, grazie. » Le sorrido affettuosamente mentre
apro la porta della mia stanza.
«
La avverto non appena arriva il primo paziente. » Annuisco e
mi chiudo la porta alle spalle per avere un po' di privacy.
Mi
avvicino al cassetto della scrivania ed estraggo le chiavi dalla tasca
dei jeans ancora incerto sul da farsi ma so che prima o poi
dovrò affrontare tutto ciò.
Sospiro bruscamente e infilo la chiave nella serratura aprendo
lentamente il cassetto che contiene la lettera ancora perfettamente
sigillata da me stesso in passato. La prendo delicatamente, come se
avessi paura di romperla e l'appoggio sulla superficie in legno chiaro
della mia scrivania. Mi siedo sulla poltrona e contemplo la busta
bianca immobile di fronte ai miei occhi incapace di aprirla. Lo so che
mi farà male, troppo male e forse non è stata
l'idea migliore. Fra poco arriveranno i miei pazienti e dovrei quanto
meno essere lucido. Attendo un tempo che a me pare infinito e quando mi
sono praticamente deciso, Rose bussa alla mia porta.
«
Dottore se è pronto possiamo iniziare..»
Annuisco con un gesto del capo e sbuffo per il tempismo. Non ci posso
credere, davvero. Mi do una sistemata al camice e indosso uno dei miei
sorrisi migliori per accogliere la prima persona che varca la soglia
della stanza lasciando l'apertura della lettera ad un momento migliore.
Ella's
pov
Volevo
davvero continuare a scrivere la tesi, davvero tanto, ma non ci posso
riuscire se ho la testa da tutt'altra parte. Sono ancora proiettata con
la mente a ieri sera e alla conversazione con Devon.
Mi sono aperta con lui, gli ho detto ciò che più
mi ha scosso nella mia vita e speravo tanto che facesse lo stesso con
me. Ma capisco che possa non essere pronto, ed infatti, non ho
insistito affinché si confidasse. Temo che si tratti di
qualcosa di terribile, purtroppo, e l'ho sentito ancora di
più dal suo sguardo perso, vuoto, uno sguardo che avevo
anche io appena persi mia madre.
Sbuffo e sposto il computer dalle mie gambe al tavolino e fisso il
soffitto del salotto. Sono stanca di torturarmi il cervello a causa di
problemi che neanche mi dovrebbero riguardare, eppure mi sento
così coinvolta, come se la sua felicità
dipendesse da qualcosa che posso fare mentre non è
così. Non è una questione che posso risolvere per
conto mio e forse è proprio per questo che non riesco ad
andare avanti. Aspetterò tutto il tempo necessario se
ciò potrà farlo sentire meglio.
Mi copro il viso con le mani ed espiro bruscamente cercando di
eliminare tutti i pensieri negativi per un po', ma inutilmente.
Il trillo del cellulare mi riporta alla realtà e mi affretto
a rispondere prima che sia troppo tardi. Reprimo l'espressione di
delusione che si dipinge sul mio volto nel constatare che non si tratta
di Devon.
«
Ehi caramella come butta? Scusami se non ti ho più cercata
dopo la sfilata, ma ho avuto da fare. » Lo sento sospirare
dall'altro capo del telefono.
«
Ciao Bas, figurati... Comunque sto bene e tu che mi dici? »
Cerco di sembrare il più convincente possibile mentre non
capisco il motivo della sua giustifica.
«
Sicura di stare bene? » Domanda con il suo solito tono
indagatore. Non gli si può nascondere nulla, purtroppo.
«
Non lo so, in realtà..»
« C'entra Devon o sbaglio? »
« Diciamo di sì. » Anche se non
è cambiato nulla tra noi, anzi, forse le cose sono anche
migliorate ma lui non sa cosa è successo dopo la festa e il
perché mi senta così.
«
Perché lui non va bene per te! Hai già i tuoi
problemi non puoi accollarti anche i suoi! Ne uscirai devastata ne sei
consapevole? Lo sapevo che ti avrebbe fatto soffrire...» E
parte in quarta come suo solito. Alzo gli occhi al cielo e articolo una
risposta.
«
Non mi sto accollando niente perché lui non mi rende
partecipe di nulla che lo riguardi. » Sbuffa e so che sta
scuotendo la testa, anche se non posso vederlo.
«
Perché non ne parliamo di persona? Ti farà bene
sfogarti un po'. » Pondero la sua proposta e alla fine
accetto.
«
Va bene, ci vediamo dopo il lavoro? Finisco alle otto. »
« Perfetto a dopo. »
« Ciao. » Riagganciamo contemporaneamente mentre mi
rendo conto di dovermi sbrigare se voglio arrivare puntuale al negozio.
Sidney non sarà di certo indulgente con me, ho tirato anche
troppo la corda.
——————————
«
Bene, se hai finito di riordinare il magazzino puoi anche andare Ella.
» Mi congeda il capo con un gesto della mano e un gran
sorriso. Strano.
«
Oh, grazie Sidney... Allora finisco qui e poi vado. »
« Perfetto, ottimo lavoro oggi! » Inizio a
chiedermi se non sia un clone alieno. Che cosa ne hanno fatto del mio
capo?
Si allontana sgambettando e la seguo con lo sguardo finché
non sparisce in lontananza con il cellulare tra le mani.
Che abbia un nuovo fidanzato? Scuoto la testa e lascio perdere
perché in fondo non sono affari miei.
«
Buona serata Ella! » Mi saluta con la mano il capo non appena
termino di sistemare il magazzino ed infilo il giubbotto per uscire dal
Cloe's showroom.
Sebastian mi aspetta al nostro ristorante preferito che è
poco distante dal negozio perciò mi incammino verso la meta.
Il cellulare prende a vibrare nella mia tasca nel tragitto.
«
Richard dimmi tutto. » Esordisco dopo aver letto il nome sul
display.
«
Ehi Ella! Come stai? Volevo sapere se hai novità o se hai
fatto qualcosa di stupido non appena Audrey ed io siamo usciti ieri
sera. » Ah già, mi ero dimenticata che non lo
avevo informato sulle mie idee improvvise e di aver ignorato
completamente il suo consiglio. Sono una testa dura, me ne rendo conto
da sola.
«
Ehm... Ti racconto meglio di persona, ora devo proprio andare!
»
« Non ci provare nemmeno! Sputa il rospo. »
« Sono andata a parlarci, tutto qui. » Mi
mordicchio il labbro timorosa della sua reazione.
« Mh... e cosa vi siete detti? »
———————
«
Abbiamo parlato di cosa è successo alla festa e gli ho detto
la verità su mia madre..» Evito di incontrare lo
sguardo di Sebastian e prendo un boccone di purè dal piatto.
Lo fanno davvero in modo eccezionale qui.
Egli sospira e mi guarda dispiaciuto. È l'unico oltre ad
Audrey a conoscere tutti i dettagli non troppo allegri del mio passato.
Non è di certo la prima cosa che vai a raccontare ad un
conoscente, insomma. Mi rendo conto che non ne ho mai parlato con Rick.
In effetti, non so molto neanche sul suo di passato...
«
E cosa ti ha detto lui? »
« Niente, cosa avrebbe potuto dire? Si è
dispiaciuto.. tutto qui. » Alzo lo sguardo e so che in questo
momento Bas lo sta odiando ancora di più di quanto
già non lo facesse prima.
«
Non capisco. » Risponde scuotendo la forchetta in aria per
dare maggiore teatralità alle sue parole.
«
Cosa non capisci? »
« Perché ti ostini ad andargli dietro in questo
modo... Posso capire che ti piaccia ma ti stai
distruggendo...»
Sgrano gli occhi. È così che la vedono
dall'esterno? Mi sto davvero distruggendo per una persona che non
potrò mai avere? No, non è così e lui
si sbaglia.
«
Non è vero... Sto bene. » Mento lasciando il resto
della cena. Improvvisamente mi è calato l'appetito.
«
No che non stai bene. Non te ne accorgi? Stai vivendo in sua funzione,
praticamente. Ti sembra giusto? Ti sembra normale che debba essere
sempre tu quella che si fa in quattro per aiutarlo? Le relazioni si
costruiscono in due, se non lo sapessi. »
È come una pugnalata al petto. Nel profondo so che ha
ragione e che dice queste cose perché mi vuole bene, ma
dall'altra parte non sa cosa sto affrontando e il perché lo
stia facendo.
«
Lo so... » Mi interrompe facendomi un'altra domanda.
« Se lo sai, perché continui a fare tutto
ciò, allora? »
Ed è ora che mi rendo conto di una verità che non
posso più nascondere, che devo esternare prima che mi
soffochi. Ammetterlo sarà il primo passo per provare a
conviverci e nel caso superarlo se le cose dovessero andare nel
peggiore dei modi.
«
Perché sono innamorata di lui. » Bas punta i suoi
occhi prima sorpresi e poi inorriditi nei miei. Resta leggermente a
bocca aperta. È evidente che non si aspettava questa
risposta eppure non era scontata? Forse no, non per chi non conosce
tutti i retroscena... E come potrebbe se non gliene parlo?
«
Andiamo bene...» Riesce a dire alla fine con disapprovazione.
È strano averlo detto ad alta voce, ora sembra tutto molto
più reale che quasi mi spaventa. Ho ammesso di amare Devon a
me stessa e adesso devo trovare un modo per farlo capire anche a lui,
prima che sia troppo tardi.
«
Comunque... se proprio non puoi farne a meno, direi che devi almeno
dirglielo...» Riprende la parola il mio migliore amico in
modo più gentile di prima. È chiaro che deve aver
notato la depressione sul mio volto.
«
Di punto in bianco? Gli ho detto che lo avrei aspettato...
cioè che non è pronto adesso ma che avrei
aspettato che lo fosse. »
«
Come preferisci ma poi non dire che non avevo ragione sul suo
conto...» Non riesce proprio a farselo andare a genio...
Usciamo dal locale dopo aver pagato il conto e purtroppo ha iniziato a
piovere pesantemente.
«
Fantastico. Tu hai l'ombrello? » Chiedo a Sebastian che fa di
no con la testa.
«
Ma ho la macchina qui dietro. Forse se facciamo una corsa, riusciremo a
non bagnarci più di tanto. » Annuisco e ci
precipitiamo in strada sotto il temporale. Quando raggiungiamo la sua
auto siamo praticamente fradici.
«
Sono tutta bagnata, grazie eh! »
« Faccio spesso quest'effetto! » Mi dice in tutta
risposta. È incredibile.
« Bas! » Scoppio a ridere mettendomi la cintura di
sicurezza.
« È vero, e mi dispiace molto aver privato il
genere femminile di tanta bellezza. »
« Sempre la modestia tu... Ma alla fine con quel ragazzo?
» Gli domando rendendomi conto solo ora di aver parlato
esclusivamente di me a cena... Strano, di solito è lui a
dirmi tutto.
«
Mh.. ci stiamo vedendo. »
« Oddio state insieme! »
« Da cosa lo avresti dedotto? »
« Non ne hai proprio parlato per tutta la serata e di solito
a te piace raccontarmi i dettagli delle tue conquiste, anche troppo
sottolineerei, quindi state insieme. » Gesticolo per fargli
capire il mio discorso e lo vedo sorridere mentre svolta tra le strade
di New York.
«
Sei perspicace, Ellina. I miei complimenti. » Mi fa
l'occhiolino ed io gongolo sul sedile per la mia deduzione.
«
Sono contenta per te, ti ci voleva proprio! »
« Cosa vorresti insinuare? »
« Semplicemente che anche per te è giunta l'ora di
sistemarti! »
« Ma ho solo ventiquattro anni... » Mi guarda
approfittando del semaforo rosso.
« Non in quel senso, intendo che devi mettere un po' la testa
a posto. »
« Perché mai? Lo sai che non sono bravo a tenermi
le persone vicino... » Sbuffo. Sono tutte sciocchezze!
«
Perché non lo hai mai voluto davvero. In ogni caso si
vedrà. » Annuisce e accosta sotto il mio palazzo.
«
Eccoci qui, sei arrivata. » Mi slaccio la cintura e mi giro
verso di lui.
«
Grazie per la cena... Ti terrò aggiornato.»
Sorride scuotendo la testa e si sporge per darmi un bacio sulla guancia.
«
Certo, non ti disperare troppo però, te ne prego.
» Annuisco e scendo dall'auto correndo all'interno del
portone. Dannata pioggia guastafeste...
Saluto il signor White del pianerottolo e mi rifugio nel mio
appartamento fin troppo tranquillo. Audrey non dev'essere in casa o
forse è nella sua stanza. Ultimamente è sempre
molto impegnata, credo che mi manchi parlare con lei e appena saremo
sole, dovremo assolutamente rimediare.
Mi chiudo in camera decisa a farmi una bella doccia calda per rilassare
mente e corpo. Quando esco dal box doccia avvolta nel mio accappatoio
blu, Audrey entra per lavarsi i denti.
«
Ehi! Ma sei in casa! » Le sorrido contenta di vederla.
« Certo! Ma sto uscendo. » Si spazzola i denti
mentre mi guarda.
« Ah... dove vai? » Aspetto che si pulisca la bocca
sistemandomi un asciugamano intorno ai capelli per non bagnare tutto il
pavimento.
«
Richard ed io andiamo al cinema. »
« Wow. Fate sul serio, eh? » Le sorrido
tamponandomi il viso con un po' di crema idratante.
«
Beh.. mi piacerebbe che andassimo oltre il sesso, detto senza troppi
mezzi termini. Perciò ho proposto il cinema e lui ha
accettato! » Sorride entusiasta nella sua vestaglia.
« Mi fa molto piacere, per entrambi. » Le sorrido
sincera prima di aprire la porta per andare via.
« Aspetta Ella! Va tutto bene..? » Annuisco per non
rovinarle la serata. I miei problemi possono aspettare domani.
«
Certo, goditi l'uscita! » Mi richiudo la porta alle spalle
tornando in camera mia per cambiarmi.
Sono proprio felice per loro due, spero che vadano lontano insieme.
Almeno una delle due ha raggiunto il suo obiettivo e poi ci sono io che
sto impazzendo dietro alle parole di Bas. E se avesse ragione e non ne
valesse la pena? Ma come faccio a saperlo se non tento?
Ok, devo rilassarmi. Sono certa che il tempo mi darà una
risposta.
-----------
L'orologio
segna le undici e quarantadue di sera e mi sto annoiando da morire.
Audrey continua a mandarmi messaggi a proposito della sua uscita e,
anche se le sue paranoie sono esilaranti, non è esattamente
come speravo di passare la serata.
"
Ma io non voglio andare a finire sempre lì! "
Un
altro messaggio da Audrey. Perché tutti questi problemi
adesso? Mi sta ripetendo da ore che vorrebbe parlare di più
con Richard e aprirsi ma non in quel senso, ha tenuto a sottolineare.
Non credo che Rick sia il tipo di persona che la costringa e conosco
abbastanza la mia coinquilina da sapere che non gli ha detto
chiaramente cosa vuole. In tutto ciò cosa posso farci io? Un
bel niente, eppure non smette di far trillare il cellulare.
All'ennesimo bip, mando mentalmente a quel paese il telefono scoprendo
però che il mittente non è la mia amica ma...
Devon!
Mi ricompongo e ne leggo immediatamente il contenuto.
"
Ma che cosa stai dicendo ad Audrey?"
Questa
non me l'aspettavo. Da quando la modella parla anche con il mio dottore
al cellulare? Sono sorpresa. Altrettanto confusa gli rispondo.
"
In che senso? Le sto dando qualche consiglio.
Ps: buonasera anche a te. "
"
Nel senso che mi sta raccontando della sua serata e dice che le
consigliamo le stesse cose.
Ps: Buonasera Ella. "
Tutta questa situazione mi fa davvero ridere!
"
Tu cosa le hai detto? Io le ho consigliato di sperimentare il kamasutra
ma non mi ascolta.
Ps: Come stai? "
Vero, ha detto che voleva fare qualcosa di diverso, anche se poi si
è corretta specificando che non voleva fare sesso, ma
comunque...
"
Le ho detto lo stesso! Ma non ascolta neanche me...
Ps: Mh.. bene e tu? "
"
Le menti geniali pensano allo stesso modo, caro Devon.
Ps: tutto bene, fra poco vado a letto. Sei in ospedale? "
Devo
dire che da quando gli ho parlato di mia madre e ci siamo un po'
chiariti, le cose sembrano andare meglio e forse abbiamo raggiunto un
equilibrio, anche se precario, che entrambi cerchiamo di mantenere il
più possibile. Ci limitiamo ad essere amici. Spero che un
giorno si fidi abbastanza da confidarmi anche il suo oscuro segreto ma
ci ho perso un po' le speranze per adesso e mi sto concentrando su
quest'amicizia cercando di non starci troppo male per via dei miei
sentimenti per lui. Meglio così che niente, no?
"
Sì ma ancora per poco. Finisco il turno tra un paio d'ore. "
Finalmente smettiamo di parlare di Audrey che tra l'altro, è
sparita. Spero sia riuscita a parlare con Rick.
"
Capisco. Salutami Danny! " Rido da sola, immaginando ancora la scena.
Poverino...
"
Nhaa che poi si fa dei film mentali e mi serve concentrato al lavoro. "
"
Certo certo, scherzavo. "
Attendo un paio di minuti ma non arriva nessuna risposta. È
già finita la conversazione? Bene... Mi alzo sconfitta dal
divano, ma arriva un altro messaggio più una foto allegata.
"
Sei sempre in mezzo ai piedi tu..."
Scrive in merito all'immagine che mi manda. È della sfilata
e c'è lui in primo piano con me che sbuco alle sue spalle
sorridendo e lui che mi guarda storto.
Mi ero anche dimenticata! Se non ricordo male, l'ha scattata Clarissa
che "voleva avere più ricordi possibili della serata", sue
testuali parole. Mi piace, è molto spontanea. Sorridendo
digito velocemente una risposta.
"
Tanto lo sappiamo che adori avermi intorno!"
È ovvio che sono ironica ma il successivo messaggio mi
colpisce.
"
Non l'ho mai negato. "
" Ma non l'hai neanche ammesso. "
" Forse non a te. "
" Quindi lo stai ammettendo? " Aspetto con ansia mordendomi una guancia
con i denti. Credevo mi rispondesse a tono dall'inizio, ed invece, la
situazione è diventata interessante.
"
Non stavi andando a dormire tu? " Sbuffo perché ormai lo
conosco e so che non mi darà la soddisfazione, ma pensandoci
queste parole sottintendono una risposta affermativa.
"
Sì, vado. Mi farai impazzire un giorno di questi. " Ed
è sicuro se continua ad essere così... bipolare!
"
Credevo di averlo già fatto una volta.
Buonanotte Ella. "
Resto
a bocca aperta con gli occhi incollati allo schermo capendo
immediatamente a cosa stia alludendo. Ci rinuncio, alzo la bandiera
bianca. Quest'uomo è folle ed io sono follemente innamorata
di lui, ormai l'ho capito.
Mi domando se un giorno possa amarmi allo stesso modo, ma non lo
saprò mai se non glielo confesso per prima.
Troverò mai il coraggio per farlo?
Angolo
autrice:
Buonasera
a tutti! Eccoci con il 34esimo capitolo. Ormai la storia sta giungendo
al termine, ed infatti, non mancano più di cinque capitoli
alla conclusione. Secondo voi cosa potrebbe succedere?
Ella troverà il coraggio di confessare a Devon i suoi
sentimenti o sarà troppo tardi?
Lasciatemi una recensione per farmi sapere cosa ne pensate e le vostre
ipotesi per la fine!
Kisses.
|
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Capitolo 38 *** Capitolo 35 ***
Ella's
pov
Circa
un mese dopo...
I
giorni che precedono il quattro luglio sono sempre molto frenetici. Si
sa, gli americani sono davvero patriottici e se c'è una
ricorrenza che vale la pena festeggiare, questa è di sicuro
il giorno dell'Indipendenza.
I più tradizionalisti sono soliti recarsi in periferia e
banchettare con il classico barbecue e fiumi di birra mentre si
raccontano vecchie storie e si ha memoria di eventi passati.
Per i più semplici si organizza un pranzo di famiglia e ci
si limita a trascorrere una giornata di relax con le persone
importanti, ma tutti adorano i fuochi d'artificio e gli spettacoli
pirotecnici. Da bambina mi piaceva rifugiarmi sul mio albero preferito
per osservare quelle luci spettacolari dall'alto credendo quasi di
poterle toccare con un dito.
Era tutto più semplice allora, tornerei volentieri indietro
e fermerei il tempo.
Non è il momento di farsi prendere dallo sconforto
perché è il primo luglio, è estate, fa
molto caldo e non ne posso più di ripulire questa dannata
vetrina.
Sidney è tornata quella di prima, evidentemente è
stata lasciata dal misterioso fidanzato, e ha ripreso a trattarmi da
schifo. Non vedo l'ora di trovare un lavoro migliore e scappare da
questo negozietto...
«
Posso andare? Ho messo a posto la vetrina e sistemato gli abiti in
ordine cromatico... »
« Sì sparisci, prima che cambi idea..»
Che antipatica, ma almeno posso filarmela prima oggi. Afferro la borsa
e mi catapulto fuori all'aria aperta.
Le
giornate si sono allungate molto ed è piacevole passeggiare
per tornare a casa con questo clima, anche se di mattina il caldo
è torrido. Devo ricordarmi di chiamare il tecnico per far
aggiustare il condizionatore, ora che ci penso.
Ma questo pomeriggio non sono diretta al mio appartamento. Devon mi ha
promesso che mi avrebbe accompagnata a comprare delle nuove tele che
userò per dipingere. Me ne servono di più grandi
se voglio sperimentare cose diverse e dare libero sfogo alla
creatività. Essendo interessato all'arte, il dottore ha
accettato di buon grado di portarmici.
In questo mese ci siamo visti abbastanza frequentemente, anche grazie
ai miei amici e alle varie serate alle quali siamo andati tutti
insieme. È stato divertente ma non ci siamo avvicinati
quanto vorrei e non ho ancora avuto il coraggio di confessargli niente.
Ho il terrore che possa rovinare quest'equilibrio che stiamo mantenendo
già a fatica ritenendo preziosa la sua amicizia, soprattutto
sapendo quanto è difficile per lui legarsi a qualcuno.
Devo mettere da parte questi pensieri perché arrivo al punto
di incontro e attendo il suo arrivo seduta su una panchina a godermi
questo tardo pomeriggio di luglio.
Cerco di rilassarmi pensando a tutti i progressi che abbiamo fatto in
questi mesi e a quanti altri ne faremo continuando su questa linea.
Sempre se uno dei due non esplode prima e di sicuro quella persona
sarei io.
Mentre mi godo il dolce tepore sulla pelle, delle mani calde mi coprono
gli occhi già socchiusi.
«
Indovina chi è? »
« Un dottore in ritardo all'appuntamento.» Sorrido
istintivamente aspettando che si faccia vedere.
«
Giusto. Scusami, ho avuto un contrattempo ma ora sono qui. »
Si posiziona davanti a me porgendomi una mano affinché mi
alzi. Indossa un paio di jeans chiari, una camicia leggera bianca un
po' sbottonata e dei mocassini color cuoio. Il ciuffo spettinato gli
ricade sugli occhi ricoperti dalle lenti da sole. È davvero
bellissimo.
Gliela afferro e insieme ci dirigiamo al negozio prefissato.
«
Ella bentornata! Da quanto tempo che non vieni a farmi
visita...» Esordisce Hanna, la proprietaria, non appena mi
vede.
«
Hanna ciao! Hai ragione, ho avuto da fare ultimamente...» Gli
sorrido e mi sporgo per salutarla con due baci sulle guance. Ho trovato
questo piccolo paradiso non appena trasferita a New York sei anni fa e
da allora non l'ho più lasciato. Prima ci venivo molto
più spesso e perciò ho fatto subito amicizia con
la proprietaria e suo marito.
«
Come sta Daniel? » Gli chiedo lanciando un'occhiata a Devon
che sta curiosando in giro.
« Sta bene, anche se ha avuto un piccolo problema di
salute...» Si incupisce ed io con lei.
« Oh.. spero stia bene, è una cosa da niente vero?
» Gli domando molto dispiaciuta per loro.
« Non lo sappiamo ancora, riguarda il cuore..»
Sospira sconfitta come se non sapesse come porvi rimedio. Sto per
aprire bocca quando Devon ci raggiunge e si intromette nel discorso.
«
Salve, può fare un salto da me se voleste un consulto
specialistico. Sarei felice di aiutarvi. » Gli allunga un
biglietto da visita che afferra dalla sua ventiquattrore. Lo guardo di
sottecchi e lui mi fa l'occhiolino.
Hanna lo guarda perplessa così mi decido a dire qualcosa.
«
È un ottimo medico. » Aggiungo per rassicurarla
facendole un sorriso sincero. La donna ci sorride risollevata e
ringrazia entrambi.
Mi dirigo quindi verso gli scaffali e scelgo delle tele che possano
andar bene per il mio progetto. Sto decidendo quando sento i passi di
Devon che si avvicinano.
«
Sei stato molto gentile con Hanna. » Gli confesso alzandomi
una bretella del reggiseno che è scivolata sulla spalla.
«
Beh, ha bisogno di un cardiologo ed io sono il migliore. »
« Se cercassimo "modestia" sul vocabolario, scommetto che
apparirebbe la tua foto.» Ridacchia abbassandosi alla mia
altezza. Uffa non so quale scegliere!
«
Spiritosa. A proposito di medicina e visite... Devi controllarti il
ferro. » Lo guardo stranita spostando l'attenzione dalle tele
al suo viso.
« Ma sto prendendo le pillole che mi hai dato...
perché devo rifare le analisi? »
« Non devi rifarle... Voglio conoscere soltanto il ferro per
vedere come il tuo corpo lo sta assimilando. » Alzo gli occhi
al cielo e lui si acciglia. Ma che palle!
«
Sto bene.. mi sono passati i giramenti di testa e il
resto...» Torno a guardare i vari articoli afferrando un paio
di pennelli e dei colori spostandomi di qualche passo. Mi segue
imperterrito ma lo ignoro. Mi afferra quindi un braccio facendomi
girare nella sua direzione.
«
Non te lo stavo chiedendo... »
« Non puoi obbligarmi, però. »
« Scommettiamo? » Mi guarda e poi sorride sornione.
Cerco di reggere il suo sguardo ma è difficile se mi guarda
in quel modo. Potrebbe convincermi a fare di tutto.
« Non ti conviene.» Replico.
« Fidati, non converrebbe a te. Non credo tu voglia metterti
ad urlare qui dentro. » Lo guardo a bocca aperta. La deve
smettere di dire certe cose!
«
Va bene va bene farò queste analisi! Però hai
scocciato, sappilo. » Gli punto il dito contro ma lui fa
spallucce mentre sogghigna per aver vinto. Pft, prepotente.
Alla fine prendo entrambe le tele e pago tutto ad Hanna che ci
ringrazia ancora per l'aiuto.
«
Allora ci vediamo domani mattina in ospedale, intesi? » Si
infila gli occhiali da sole in modo sensuale. Ah che bello che
è!
«
Sì, certo. » Ci salutiamo e poi ognuno va per la
propria strada.
—————
«
Sto uscendo Audrey! » La chiamo a gran voce mentre infilo i
sandali ai piedi e aggiusto la maglietta sui pantaloni color cipria.
Ormai lei e Richard fanno coppia fissa e sono davvero bellissimi
insieme. Sono contentissima per loro, sono l'invidia di tutti!
«
Dove vai? » Si sporge dalla cucina con ancora la bionda
chioma scompigliata e la vestaglia semi aperta. Ieri sera è
rientrata tardi, infatti, mi meraviglio di vederla già in
piedi.
«
Passo al Lennox per un controllo e poi vado al lavoro. Ti serve
qualcosa? » Le chiedo mentre afferro la borsa che metto a
tracolla. Scuote la testa e mi manda un bacio.
«
Ci vediamo a pranzo? » Annuisco perché oggi faccio
mezza giornata come lei e ne approfittiamo per mangiare un boccone
insieme.
Afferro le chiavi della macchina e mi lancio letteralmente in strada
per raggiungere l'ospedale. È presto ma c'è
già traffico ed impiego più del dovuto per
raggiungere l'ospedale. Devon mi ammazza...
Parcheggio velocemente l'auto e mi precipito all'interno sorridendo
alla ragazza dell'accettazione.
«
Buongiorno, il dottor Reinfield? »
«
Sono alle tue spalle e sei in ritardo. » Dio che ansia..
Sorrido ancora alla signorina che resta con la bocca semi-aperta e mi
volto verso di lui.
«
C'era traffico. » Mi giustifico con un'alzata di spalle.
Sospira e mi poggia una mano sulla schiena per condurmi all'ascensore.
Mi porta in un piano diverso da quello dell'altra volta, meno asettico
e con molta gente che aspetta il proprio turno per farsi visitare.
Credevo di dover attendere come tutti gli altri ma Devon mi trascina in
una stanzetta con un'enorme poltrona reclinabile posta al centro.
«
Bene, ci siamo. Accomodati pure. » Lo guardo perplessa.
Dov'è l'infermiera? Chi me lo fa il prelievo? Questa stanza
è deserta oltre a noi due.
Resto ferma e lo guardo accigliata. Perché tutta questa
fretta di fare le analisi? Sospetta qualcosa che non so? Devo
preoccuparmi?
«
Dov'è l'infermiera? » Gli domando prima di fare
qualsiasi cosa.
«
Non c'è. Te lo faccio io..» Lo guardo ancora
più accigliata di prima. « Non ti fidi?
» Mi sorride sornione infilando i guanti in lattice bianchi.
«
Sto bene, vero? » Mi gratto la spalla un po' preoccupata per
tutta questa urgenza.
« Adesso lo scopriamo. Forza siediti. » Sospiro e
mi accomodo sulla poltrona verde. Stranamente sono in ansia.
Lo osservo mentre prepara tutto il necessario ed è
interessante vederlo all'opera. È molto meticoloso e preciso
ed è affascinante guardarlo lavorare con la dedizione che
mette in ogni cosa che fa. Beh, gioca con la vita delle persone in
effetti, e non potrebbe fare altrimenti.
Prepara tutto l'occorrente e quando sta per ispezionare il braccio,
qualcuno entra bruscamente nella stanza.
«
Te l'ho detto che era qui! Mi devi ascoltare quando ti parlo!
» Sono di spalle alla porta ma riconosco questa voce. Devon,
dal canto suo, li guarda in cagnesco.
«
Che cosa volete? » La gentilezza...
« Dottore oggi dobbiamo seguirla, l'ha detto lei
ieri..» Mi sporgo per vedere con chi sta parlando. Ma sono
Danny e Roxanne!
Li saluto con un cenno della mano. Ricambiano con un sorriso che
sparisce all'occhiataccia di Devon.
C'è un attimo di silenzio che però viene
interrotto dal suono del cellulare del dottore.
«
Devo rispondere. Uno di voi due prosegua con il prelievo. Deve fare la
sideremia e la ferritina. » Si sfila i guanti rumorosamente e
afferra l'aggeggio malefico per rispondere uscendo dalla saletta.
«
Faglielo tu... Io non faccio prelievi! »
« No no... non voglio sentire l'ira del Dottor occhi di
ghiaccio. » È un soprannome perfetto!
« Non mi interessa, tocca a te! L'altra volta mi sono
sacrificato io...»
« E allora? Io voglio operare non fare prelievi.»
Battibeccano i due studenti alle mie spalle. Si sono resi conto che
posso sentirli?
«
Credo che Devon...ehm, il dottor Reinfield non sarebbe contento se
tornasse e vi trovasse a discutere. Lanciate una monetina e sbrigatevi.
» Alzo gli occhi al cielo. Perché non vogliono
farmi questi esami?
Si zittiscono e fanno come gli ho suggerito.
«
Ah! Tocca a te! » Una Roxanne sbuffante viene nella mia
direzione infilandosi i guanti. Le sorrido amichevole. Sono contenta
che sia toccato a lei. Anche Danny si fa avanti e ammicca nella mia
direzione in modo sensuale, o almeno ci prova.
«
Se hai paura puoi stringermi la mano. » Mi dice Danny
ammiccando ancora.
«
Mi hai presa per una bambina? » Roxanne scoppia a ridere
mentre applica il laccio emostatico al mio braccio sinistro.
«
Cercavo di essere gentile..»
« No, tu ci stavi provando ma con lei non attacca.
» Risponde la studentessa al posto mio mentre mi palpa il
braccio e lo disinfetta.
Ridacchio tra me e me guardando altrove mentre mi punge con l'ago. In
un minuto è tutto finito.
«
Ecco fatto Ella. » Mi applica un cerotto e mi consiglia di
non piegare subito il braccio.
«
Vedo nella tua cartella che hai già eseguito questi esami
poco fa. Perché li stai rifacendo? » Bella domanda!
«
Devon.. cioè il dottor... vabbè mi avete capita,
ha insistito... » Si scambiano un'occhiata eloquente che mi
fa aggrottare la fronte.
«
Ah, bene. È molto scrupoloso...» Risponde Danny
strappando di mano la cartella alla collega.
Li
guardo divertita mentre rifletto su tutta questa questione. La sta
prendendo troppo seriamente, secondo me. Però non so molto
sulla medicina, quindi potrei sbagliarmi, ma spero che sia tutto
regolare e che non mi faccia fare altri esami.
Odio gli ospedali e il loro tanfo di disinfettante e spero di non
doverci tornare per molto tempo, almeno da paziente.
Ma Devon che fine ha fatto?
Devon's
pov
Rispondo
frettolosamente al telefono scoprendo che si tratta di Rose che mi dice
di spostare gli appuntamenti allo studio privato a domani pomeriggio.
Le confermo che non ci sono problemi e che rivedrò i miei
turni in ospedale per far combaciare le cose. Attacco e decido di fare
un salto al bar dell'ospedale per prendere qualcosa da mangiare ad Ella
dopo il prelievo. Ricordo la prima volta che le ho offerto la colazione
dopo la sua quasi caduta nel tombino e poi quando mi costrinse a
mangiare con lei dopo il primo prelievo. Sembra passata una vita, ed
invece, è successo pochi mesi fa.
Dalla nostra conversazione a proposito di sua madre e il resto,
è passato un mese e le cose sono proseguite normalmente
senza altri drammi. È bello poter contare su qualcuno e so
di poterlo fare con Ella.
Purtroppo non ho ancora avuto il coraggio di aprire quella dannata
lettera che giace sulla mia scrivania in bella vista. Prima o poi devo
farlo, lo so ma è già un passo avanti che riesca
a guardarla senza che mi venga la nausea e che il dolore riaffiori per
straziarmi. Posso farcela con il tempo, devo.
Dopo aver comprato un paio di muffin ripieni di nutella, torno nella
stanza dei prelievi.
Non mi preoccupo di bussare, spalancando la porta della stanza senza
ritegno. Roxanne e Danny parlano amorevolmente con Ella. Si voltano
tutti nella mia direzione appena faccio il mio ingresso poco rumoroso.
«
Per te. » Allungo la bustina ad Ella che l'afferra curiosa.
Sbircia al suo interno e sorride scuotendo la testa.
«
Grazie mille, non dovevi! » Lo dice ogni volta che faccio
qualcosa per lei, ma non è un peso altrimenti non l'avrei
fatto. I miei studenti osservano la scena a bocca aperta e li vorrei
davvero cacciare a calci nel sedere fuori da questa stanza.
«
Mangia e prendi il ferro. » Le ordino afferrando la provetta
con il sangue appena prelevato.
Ella alza gli occhi al cielo e scarta il dolcetto per mangiarlo prima
che glielo faccia ingoiare a forza.
«
Portate questo campione in laboratorio, veloci. » Lo cedo ai
due specializzandi che salutano Ella e scompaiono all'orizzonte.
«
Ne vuoi un po'? » Scuoto la testa, li ho comprati per lei.
« Dai, sono troppi per me..» Me ne allunga un
pezzetto che rifiuto scuotendo la testa.
« Mangialo tu. »
« Dai un assaggino! » Si avvicina ancora di
più con il dolcetto.
« Le cose forzate sono controproducenti, lo sai?»
« Senti chi parla! » Sbuffa e mi ficca quasi il
muffin in bocca. Cedo e lascio che me lo imbocchi così la
smette di attentare al mio camice immacolato con la nutella.
« È buono, ma il resto lo mangi tu e poi prendi il
ferro. »
« Me l'hai già detto...» Mi pulisce un
rivolo di cioccolato all'angolo delle labbra e scarta il secondo
dolcetto.
« Comunque i risultati saranno pronti domani
perciò ti aspetto nel mio studio per le tre del pomeriggio.
»
« Non possiamo farlo al telefono? » Si morde il
labbro per la frase. «Intendo... che cosa vengo a fare? Ti
leggo i risultati e basta. » Fa spallucce terminando la sua
colazione.
«
No, voglio farti una visita completa. Ah con questo non intendo che tu
debba venire vestita come la scorsa volta. Dopo di te ho altri
pazienti. » Mi guarda a bocca aperta non aspettandosi questa
mia fantastica risposta. Ovviamente sono ironico.
«
Sta tranquillo Mr Simpatia, non ne avevo alcuna intenzione. »
Risponde impettita, arrossendo anche leggermente.
«
Bene, ti accompagno fuori. » Annuisce e ci dirigiamo
all'entrata principale per salutarci definitivamente.
«
Ci vediamo domani, allora. » Sorride e si allunga per un
abbraccio che ricambio tranquillamente. Ultimamente succede spesso di
salutarci così e non mi dispiace.
«
A domani, buona giornata. » E le sorrido mentre si allontana.
————————
«
No, per adesso è ancora a casa mia a darmi fastidio...
» Richard alza gli occhi al cielo divertito.
«
Gliel'hai detto che deve trovarsi una casa sua, almeno? »
Scuoto la testa sospirando.
«
Clarissa mi ha rassicurato che fra poco tornerà a Milano per
continuare con i suoi lavori...» Il mio amico annuisce e
prende un sorso di Brandy che colora il fondo del bicchiere.
«
Capisco. Cambiando discorso, hai visto Ella oggi? » Annuisco
scolandomi il liquore in un sorso e poggiando il bicchiere sul tavolino
che ci separa.
«
Sì, è venuta in ospedale per un controllo.
»
« Sta bene? »
« Sì, sta tranquillo. » Gli sorrido e mi
sistemo meglio sulla poltrona del mio salotto.
« Quali sono i vostri rapporti adesso? » Ma che
domande sono queste? Impiccione...
« Quelli di sempre(?) Siamo amici, tutto qui. »
Sospira e scuote la testa. So che lui ha un legame particolare con Ella
e si vede che tiene molto a lei e ciò mi rallegra, ma sa
anche che non possiamo andare oltre.
«
Non le hai detto della lettera, vero? » Scuoto la testa.
Perché dovrei affliggerla con i miei problemi?
« No. Devo ancora avere il coraggio di leggerla, figuriamoci
parlarne a qualcun altro...» Rick poggia il bicchiere
rumorosamente sulla superficie in legno sporgendosi in avanti per
guardarmi negli occhi.
«
Così non andrai mai avanti, spero tu te ne renda conto. Hai
già buttato un anno e mezzo della tua vita, vuoi continuare
in questo modo?» Si alza le maniche della camicia, come se si
stesse preparando a lottare.
«
Hai ragione. » Mi limito a rispondergli.
« Lo so. Fa' qualcosa Devon. Parlane ad Ella o leggi quella
dannata lettera e chiudi questa storia.» Se sapesse quanto
è difficile ma devo farlo per Cassie. Non vorrebbe vedermi
ridotto in questo stato, ne sono certo.
«
Va bene... lo farò. » Mi punta un dito contro
prima di alzarsi.
« Dici sempre così, fa' che sia vero questa
volta!» Si allunga per prendere la giacca nera che mette
sulla spalla come se stesse su una passerella e si dirige alla porta.
«
Ci vediamo presto. » Lo saluto con un cenno della mano prima
che esca da casa mia.
Sospiro e chiamo Martha affinché possa riordinare il salotto
e mi chiudo in palestra per scaricare un po' di tensione accumulata in
questo periodo.
Il mese appena trascorso è stato piuttosto tranquillo
dopotutto, senza particolari drammi o cose del genere. Non a caso
Summer non si è fatta viva da quel giorno fuori al mio
studio con Rose.
Non so che fine abbia fatto, ma tanto la sua specialità
è sparire senza preavviso e senza la minima spiegazione.
Pazienza, ce ne faremo una ragione, anche se l'assenza del padre al
Lennox mi risulta molto strana. Sollevo il bilanciere e smetto di
pensarci, non sono affari miei comunque.
Mi alleno per qualche ora e poi mi infilo sotto la doccia ignorando i
messaggi che mi continuano ad arrivare al cellulare. Se non
è il mio cercapersone, può aspettare.
Avvolgendo un asciugamano intorno al bacino, scopro di avere moltissime
chiamate perse da mia madre. Che cosa vuole adesso?
Decido che è il caso di richiamarla, tanto per levarmela di
torno.
«
Mamma? Mi hai cercato? »
« Cercato è un eufemismo! Ho quasi allertato
l'FBI! » Sempre esagerata...
« Che cosa c'è? Ero in palestra..»
« Dobbiamo parlare di alcune cose. »
« Ti ascolto. » Metto il viva voce così
da poter afferrare e indossare un paio di boxer dal cassetto e i
pantaloni del pigiama.
« Tua sorella che intenzioni ha? Che ci fa ancora in America?
»
« Siamo in due a chiederselo, allora..» Sbuffa e mi
scappa una risatina che soffoco per evitare che mi senta.
«
Mi sentirà! Non posso pagarle gli studi a vuoto! »
Alzo gli occhi al cielo perché tutto ciò non mi
riguarda affatto.
« Chiamala(?) Non so dirti di più..»
« Lo farò. A proposito... ti ha dato la lettera?
» Perché tutti continuano a ricordarmi quella
dannata lettera?
«
Sì... l'avevo lasciata a Londra per un motivo.» Le
dico duramente, forse più di quanto volessi in
realtà.
« Oh mi dispiace... non volevo farti stare male per questo.
» Sospiro e decido di lasciar perdere.
« Non fa niente mamma, sto bene. Ora devo andare ci sentiamo
presto. Mi raccomando parla con Clarissa. »
« Certo tesoro, ci sentiamo..» Attacco e mi lascio
andare a peso morto sul divano. Sono stufo di tutta questa storia.
Vorrei che smettessero tutti di parlarmi di quella maledetta lettera e
di ricordarmi cose che non voglio ricordare.
So quant'era perfetta la mia vita e che abbiamo rovinato tutto,
perciò ora non posso piangere sul latte versato, anche se
ciò che è successo quella notte non sarebbe
dovuto capitare a nessuno.
Mi passo una mano sui capelli e mi riprometto di leggere quel pezzo di
carta, lo farò domani stesso dopo le visite nello studio
quando tutti saranno andati via e resterò solo con Cassie.
Al pensiero mi si lacera il cuore dal dolore e al ricordo del momento
in cui scrissi quelle parole dettate dallo sconforto.
Mi strofino le mani sul viso e decido di porre fine a tutti questi
pensieri malsani sprofondando nel sonno che mi strappa da tutta questa
malinconia.
Angolo
autrice:
Buon pomeriggio! Vi prometto che questo è l'ultimo capitolo
di passaggio della storia, ma era fondamentale per gettare le basi dei
prossimi ed ultimi capitoli. Che cosa credete che succederà?
Non siate timidi e lasciatemi un vostro parere!
A mercoledì prossimo.
Kisses.
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Capitolo 39 *** Capitolo 36 ***
Devon's
pov
«
Così domani mattina lascerai New York?»
«
Ebbene sì, fratellone. Ho parlato anche con la mamma e, in
effetti, è giunta l'ora che levi le tende. » Mi
abbraccia di slancio mettendosi in punta di piedi. È il
momento che Clarissa faccia ritorno in Europa e che riprenda i propri
studi.
«
Puoi tornare ogni volta che vorrai qui, lo sai.» Annuisce e
scioglie l'abbraccio per guardarmi.
«
Lo farò. Mi piace l'America e magari potrei avviare qualche
lavoro qui, dopo aver terminato il master. »
« Attenderemo con ansia quel momento, allora. » La
prendo in giro e lei risponde con una smorfia ma poi ride scuotendo la
testa.
«
Basta con questi sentimentalismi, vado a fare un po' di shopping prima
di tornare a Milano!» Mi fa l'occhiolino e prende la sua
borsa. «Domani pretendo che tu mi accompagni
all'aeroporto!»
«
Sarà fatto, ci vediamo stasera per cena.» Mi fa un
cenno d'assenzo ed esce dalla porta d'ingresso lasciandomi solo.
Devo ammettere che da un lato mi ero abituato ad averla in casa, mi ha
fatto tornare indietro nel tempo a quando eravamo bambini e vivevamo a
Londra con i nostri genitori. Che bei vecchi tempi. Ricordo ancora
quando si ruppe quasi una gamba cadendo dall'altalena per colpa mia e
che feci di tutto per farla smettere di piangere affinché
non andasse a frignare da mamma. È sempre stata la
più severa tra i due e non volevo di certo finire in
punizione! Alla fine la sua caviglia aveva solo una contusione e me la
sono cavata con una strigliata non troppo severa da parte dei miei.
Ora basta farsi travolgere dai vecchi ricordi d'infanzia
perché è il momento di salvare vite.
Stamattina ho il turno in ospedale ma per fortuna non in pronto
soccorso, salvo che non mi chiamino per qualche urgenza o consulenza,
in modo da essere allo studio privato all'ora di pranzo ed avere la
serata libera da passare con mia sorella.
Devo anche leggere la lettera perché ho promesso sia a
Richard sia a me stesso che lo avrei fatto a visite terminate e
così farò.
Mi faccio una doccia veloce e opto per comprare la colazione al bar del
Lennox essendo un po' in ritardo.
Indosso una camicia azzurra di lino e un paio di pantaloni neri e mi do
una sistemata ai capelli già ricresciuti. Meglio usare un
po' di gel stamattina...
Quando sono pronto, afferro la ventiquattrore e mi incammino in
direzione dell'ospedale. Oggi sarà una giornata produttiva,
me lo sento. Nonostante il ritardo accumulato a casa, riesco ad
arrivare piuttosto in orario e mi congratulo mentalmente con me stesso
salutando i vari colleghi che mi intralciano la strada.
Indosso finalmente il camice e sono pronto per iniziare il giro.
«
Cosa abbiamo oggi? » Guardo i miei studenti che alzano la
mano e scelgo Tom affinché mi illustri la situazione.
«
Il paziente è stato operato già parecchie volte
per sostituzioni di valvole cardiache che però non hanno
portato a nessun risultato. Stiamo aspettando un donatore per procedere
al trapianto. » Annuisco e rassicuro il paziente sulla
prognosi in caso arrivasse un cuore compatibile con il suo. Andiamo
avanti per tutti gli altri finché non concludiamo il giro di
visite. Per oggi non ho interventi programmati ciò significa
che resterò disponibile e reperibile fino al termine del mio
turno.
Approfitto di questa breve pausa per passare da Angie in laboratorio.
È parecchio che non vado a trovarla.
«
Bellissima, come stai? » La scruto con lo sguardo mentre
è alle prese con degli emocromi da fare.
«
Dottore finalmente si fa vivo! » Alza lo sguardo dalle
provette per guardarmi.
«
Ebbene sì, sono sceso a posta per te, dovresti esserne
onorata. » La prendo in giro osservando il via vai di tecnici
in questo laboratorio. Non avevo mai notato quanto fosse affollato
prima d'ora..
«
Lo sono, mi creda. Le serviva qualcosa? »
« Mi offendi Angie...» Ridacchia e poi si illumina
come se le fosse venuto in mente qualcosa di importante da dirmi.
«
Poco fa è passata la sua amica, la signorina Davis, per
ritirare le sue analisi. Mi è sembrato strano che le
rifacesse...» Mi guarda come se avesse intuito che sono io il
colpevole di questo.
«
Benissimo, si è ricordata di venirle a prendere. Voglio
constatare come sta procedendo la cura.» Mi giustifico ma non
so perché lo stia facendo in realtà. Sono il suo
medico e sono liberissimo di prescriverle tutte le analisi che ritengo
necessario che faccia. Tanto la decisione finale sta comunque al
paziente, più o meno.
«
Ah certo capisco...» Mi sorride comprensiva e torna al suo
lavoro.
Decido
di lasciarla proseguire in pace così la saluto e vado nel
mio studio. Mi siedo sulla poltrona e medito sulla
possibilità di confidare ad Ella tutto ciò che
è successo quella sera di un anno e mezzo fa. In fondo mi ha
già detto di sua madre e significa che si fida di me ed
è lo stesso da parte mia.
Chissà come potrebbe reagire... Ormai me lo domando da
qualche giorno e soprattutto da quando Richard mi ha consigliato di
parlargliene...
Sarebbe un vantaggio per tutti, comunque. Io ne approfitterei per
scacciare i miei demoni parlandone con lei ed Ella saprebbe finalmente
qualcosa in più su di me.
Non è una cattivissima idea dopotutto, ma credo che debba
compiere un passo alla volta e ciò consiste nel rileggere
prima la lettera da solo e poi discuterne con altri.
Questo è il piano, farò così!
Soddisfatto di questi ragionamenti, mi dedico ad alcune scartoffie
sperando che non mi interrompano per qualche urgenza in modo da poter
firmare tutte le cartelle entro poche ore. Ma le mie speranze sono vane
e neanche mezz'ora dopo, vengo chiamato per un'emergenza.
Un bambino necessita di un'operazione alla valvola mitrale che si
è danneggiata in seguito ad un'infezione virale che si
è estesa al pericardio. Cavolo che brutta situazione.
Per fortuna il piccolo Jeremy sembra molto sveglio e gli ho promesso
che dopo l'intervento avrà un bellissimo robot telecomandato
nuovo.
«
Roxanne, ti va di assistermi? » Le chiedo mentre mi lavo le
mani e mi sterilizzo prima di operare.
«
Certo dottore! » Sorride entusiasta e si precipita sul lavabo
tutta contenta. Mi ricorda me da studente. Anche io come lei cercavo di
assistere a tutte le operazioni possibili per imparare a destreggiarmi
da solo nelle varie situazioni.
«
Bene, andiamo a salvare questo bambino. »
————————
L'operazione
non dura moltissimo, e all'una in punto siamo fuori dalla sala
operatoria con i genitori.
«
Signori, è andato tutto benissimo. Adesso lo portiamo in
sala risveglio e poi potrete vederlo.» Comunichiamo loro che
inaspettatamente ci abbracciano. È bello dare buone notizie
ai parenti preoccupati che spesso ci ringraziano affettuosamente.
È una bella sensazione.
Li lasciamo gioire per conto loro e ci allontaniamo dalla sala
d'aspetto.
«
Controllalo per tutto il pomeriggio. Puoi alternarti con Jessica ma una
di voi non deve mai lasciare quella stanza. Eseguite i controlli di
routine appena si sveglia, io vado allo studio privato. Se ci sono
problemi o avete dubbi, chiamatemi subito.»
«
Sarà fatto Dottor Reinfield. »
« Ottimo lavoro, comunque. » Mi complimento mentre
la dottoressa si scioglie come burro e ciò mi fa sorridere.
Torno nel mio studio per levarmi camice e divisa ed infilarmi i vestiti
per lasciare l'ospedale. Uscendo mi squilla il cellulare e leggendo il
display, scopro che si tratta di Richard.
«
Dimmi Rick. »
« Che freddezza... mi hai congelato il cuore! » Fa
il melodrammatico di nuovo.
« Ti serve qualcosa? Dai che sto andando allo studio e sono
in ritardo...»
« Bene, volevo chiederti se stasera puoi venire in hotel da
me...»
« Audrey ti ha dato buca? » Lo prendo in giro
mentre mi dirigo all'edificio nel quale si trova il mio studio.
« No, ci siamo visti stamattina. Ho bisogno di parlare con te
a proposito di una decisione da prendere..» Aggrotto le
sopracciglia. Che cosa sarà mai?
«
Va bene, conta pure su di me. » Mi mordo le labbra un attimo
dopo aver detto queste parole. Stavo quasi dimenticando l'ultima cena
con Clarissa.
«
Aspetta Rick... ho promesso a mia sorella che avrei cenato con lei
stasera. Possiamo fare domani a pranzo o è una cosa urgente?
»
«
Possiamo rimandare, non darti pena. Finalmente ha deciso di tornare in
Europa? » Mi domanda con una punta di sollievo nella voce.
Neanche la stesse mantenendo lui.
«
Sì, ci si è messa anche mia madre,
immagina...» Non posso vederlo ma sono certo che abbia alzato
gli occhi al cielo.
«
Poverina, un po' mi fa pena... Senza offesa ma vostra madre sa essere
davvero petulante se ci si mette. Non la invidio affatto. »
In effetti è proprio così.
«
A chi lo dici. Bene, ora devo andare ci sentiamo. » Mentre
attacco, mi rendo conto di essere arrivato a destinazione. Varco la
soglia del palazzo salutando il custode che lo sorveglia.
Salgo frettolosamente le scale e mi precipito all'interno. Come sempre
Rose è già arrivata. È sempre in
anticipo, mi chiedo come faccia a precedermi ogni volta. Meno male che
ha una copia delle chiavi altrimenti si accamperebbe spesso fuori la
porta d'ingresso.
«
Salve dottore. Fa molto caldo oggi, vero? »
« Moltissimo. Accendiamo un po' il condizionatore, non vorrei
che i miei pazienti mi svenissero nella sala d'attesa. Già
sono malati, far soffrire loro anche il caldo mi sembra
eccessivo...» Annuisce e pigia subito il tasto d'accensione
sul telecomando apposito. Troppo efficiente.
«
Perfetto. Quanti pazienti sono previsti per oggi? » Spero di
cavarmela per ora di cena o Clarissa non mi perdonerà mai
per averla abbandonata nell'ultima sua sera a New York.
«
Poco più di dieci persone. Dovremmo farcela per le venti.
» Le sorrido e faccio per andare nella mia stanza quando mi
ricordo di non aver pranzato.
«
Puoi farmi portare il pranzo per favore? Il solito. »
« Subito Dottore. » Si mette al telefono mentre mi
rifugio all'interno del mio studio. Preparo tutto l'occorrente per le
visite e sistemo un po' la scrivania non potendo fare a meno di far
cadere l'occhio sulla lettera in bella vista. Non può di
certo restare qui davanti a tutti, sarà meglio riporla sotto
questi fogli così non la terrò davanti per tutta
la durata delle visite. La sua lettura dovrà aspettare
stasera.
Per fortuna il pranzo arriva subito in modo che possa mangiare prima
che i primi pazienti affollino la saletta d'attesa. Non mi piace farli
aspettare più del dovuto perché immagino l'ansia
e la preoccupazione che li assale quando vengono da me, soprattutto se
si aspettano brutte notizie.
«
Rose sono pronto, possiamo iniziare. » L'assistente mi fa un
cenno d'assenzo con il capo ed inizia il turno pomeridiano. Lo
affronterò con la consapevolezza che alla fine della
giornata dovrò confrontarmi con il mio passato e chiudere i
conti. Stavolta lo farò, ci riuscirò e niente e
nessuno potrà fermarmi, qualsiasi cosa accada.
Ella's
pov
Ho
appena ritirato le analisi che ho fatto ieri mattina al Lennox.
Stavolta le ho aperte per dare un'occhiata e i valori rientrano nei
parametri quindi suppongo che la cura che sto facendo stia andando
bene, ma tanto lo scoprirò fra qualche ora con Devon.
Dopo aver riposto la cartella nella borsa, mi dirigo al bar in centro
per conoscere il famigerato ragazzo di Sebastian. Ormai stanno insieme
da un mese ed è giunta l'ora che me lo presenti,
così ha accettato di vederci tutti e tre al bar per
chiacchierare un po' prima che vada dal dottore.
Indosso una semplice canotta bianca con dei ricami all'altezza della
scollatura poco profonda e un paio di jeans chiari e dei sandali color
cuoio. Niente di esagerato, insomma, per evitare che Devon possa fare
qualche commento inappropriato e incolpare me e il mio abbigliamento.
Attraversando la strada che mi separa dal locale, seppellisco questi
pensieri e mi preparo a sorridere al mio amico che mi accoglie
calorosamente in un abbraccio.
«
Bassuccio, ciao! » Gli sorrido staccandomi da lui che mi
guarda storto. Lo so che odia questo soprannome ma mi diverte farlo
arrabbiare.
«
Ella.. questo è Louis. » Un ragazzo riccioluto con
un'espressione imbarazzata sul viso si fa avanti porgendomi la mano
affinché possa stringergliela. È alto quasi
quanto Sebastian, ha gli occhi verde smeraldo ed un look molto
raffinato. Sembra timido ma ha un sorriso sincero.
«
È un grande piacere fare la tua conoscenza Ella..»
«
Oh il piacere è mio! » Ci stringiamo le mani e poi
ci accomodiamo ad uno dei tavolini al di fuori del bar. Ordiniamo
qualcosa di fresco da bere ed io opto per il centrifugato di banana e
fragola suggerito da Louis.
«
Quindi lavori come giornalista? » Gli chiedo sorseggiando
questa squisitezza alla frutta.
«
Sì esatto! Per una rivista di moda... »
Ovviamente.... Gli sorrido e noto che Bas continua a guardare
l'orologio alle mie spalle. Di riflesso gli do un'occhiata e mi rendo
conto che devo andarmene se voglio arrivare in orario all'appuntamento.
«
Bene, è stato bello conoscerti. Spero di rivederti presto.
Ora devo proprio andare..» Mi alzo dalla sedia e saluto
entrambi con due baci sulle guance.
Mi allontano dal locale e mi incammino a passo veloce verso la
metropolitana. Non ci impiegherò molto.
Prima di fare tutto ciò, mando un messaggio ad Audrey per
dirle che dobbiamo andare a fare la spesa per stasera o mangeremo il
nulla a cena. Mi risponde subito con un "okay" così ripongo
il telefono nella borsa e mi avvio.
Come previsto, arrivo dieci minuti in anticipo. Che record!
Avanzo nell'edificio e mi ritrovo nell'ingresso dello studio con Rose
che come sempre mi accoglie.
«
Salve Miss Davis. Si accomodi pure nella sala d'aspetto. » La
ringrazio e mi posiziono su una delle sedie libere. È la
prima volta dato che le precedenti visite si sono svolte oltre l'orario
e quindi non ho mai dovuto attendere. Beh posso disegnare nel
frattempo.
Apro la borsa per prendere il mio album, quando sento qualcuno
picchiettarmi la spalla.
«
Ella ciao! Cosa ci fai qui? »
«
Hanna, Daniel ciao! Niente di che, ho una visita di controllo, tutto
qui. Vedo che voi avete accettato l'aiuto di Dev.. del Dottor
Reinfield! Non ve ne pentirete. » Sorrido loro e ricambiano
entusiasti. È strano esserci incontrati proprio qui!
«
Sì, abbiamo deciso di rivolgerci ad uno specialista, siamo
certi che possa aiutarci.» Risponde sempre lei mentre il
marito annuisce concorde.
«
Sicuramente. Avete fatto un'ottima scelta. È un medico molto
scrupoloso. » Forse troppo nel mio caso. Si scambiano
un'occhiata sospetta e mi sorridono soddisfatti.
«
Tesoro vado un attimo al bagno, torno subito.» Hanna annuisce
e osserva il marito andare via. Dal mio canto abbasso lo sguardo sulla
borsa credendo che la conversazione sia terminata, ma la donna mi
richiama.
«
Tu stai bene? » La guardo perplessa. Gliel'ho detto poco fa.
« Sì, è solo un controllo banale.
» Cerco anche di sorriderle.
« Non mi riferivo al tuo corpo. Sembri un po' giù
di morale. » La guardo incuriosita. Da cosa lo avrebbe
dedotto?
« Ma no... sto bene. » Mi guarda insistente. Non ha
bevuto la bugia. Sospiro e le accenno i miei pensieri.
«
Sono solo molto confusa e forse anche un po' sola... ovvero, ho tanti
amici ma credo mi manchi qualcosa. » Do voce ai miei
sentimenti con Hanna che mi guarda comprensiva.
«
Hai la bellezza, il talento e nonostante quella freddezza negli occhi
tipica di chi ha perso tutto, sei una donna affascinante.
Perché non dovrebbe volerti Devon o chiunque altro?
» La guardo sbalordita. Come l'ha capito? È
così evidente che me lo legge in faccia?
«
Oh... wow. Avresti dovuto fare l'indovina...» Ridacchia e mi
poggia una mano sul ginocchio coperto dai jeans.
«
Non si tratta di indovinare. Vi ho visti al negozio l'altro ieri e si
vede da come lo guardi che non è solo amicizia per te e
credo che anche tu sia molto importante per lui, più di
quanto voglia far credere. » Lo stupore mi scuote la colonna
vertebrale perché forse Hanna ha ragione.
Sto per risponderle quando Devon fa la sua comparsa e chiama Hanna e il
marito, che nel frattempo è tornato, per la visita.
«
Fra poco sono anche da te. Sei la prossima. » Mi fa
l'occhiolino ed io mi sciolgo sulla sedia annuendo leggermente alle sue
parole.
Mentre
attendo pazientemente il mio turno, inizio a giocherellare con la
matita che stringo tra le dita, incapace di disegnare qualcosa di senso
compiuto. Non ho molta ispirazione al momento e la mia mente continua a
riportarmi alle parole della proprietaria del mio negozio preferito.
Ha capito tutto ciò che provo guardandomi una sola volta
negli occhi e osservando me e Devon interagire per massimo cinque
minuti tra gli scaffali e la cassa del suo locale. Chissà
lei come ha capito di essere innamorata di Daniel e soprattutto come
gliel'ha confessato.
Mordicchio la gomma della matita fin quando la porta dello studio non
si spalanca facendo uscire i signori Shelley dalla stanza. Sorridono
speranzosi, quindi immagino che Devon abbia dato loro buone notizie.
Grazie al cielo.
Li saluto con un cenno della mano e ripongo velocemente l'album nella
borsa.
«
Vieni Ella tocca a te. » Mi invita nel suo rifugio
così mi fiondo all'interno. Egli chiude la porta alle nostre
spalle e mi sorride.
«
Come stai? » Mi chiede come prima cosa facendomi poi cenno di
accomodarmi. Fa lo stesso con la sua poltrona.
«
Sto bene, grazie. Ecco le analisi che mi hai forzato a
fare..» Sottolineo scherzosamente porgendogli la busta che
afferra subito.
«
Mi ringrazierai, sta tranquilla. » Mi sorride sghembo e fa
per aprire la cartella. Il bussare alla porta, però, lo
interrompe subito. È Rose che fa capolino all'interno.
«
Dottore c'è una chiamata per lei, può venire un
attimo? »
« Certo, dammi un secondo. » Si alza sistemandosi
il camice e fa il giro della scrivania. « Torno subito, non
scappare. » Scuoto la testa divertita e lo osservo uscire
dalla stanza.
Mi
alzo immediatamente essendo incapace di stare ferma ad aspettare. Odio
attendere, soprattutto dai medici, ma non importa oggi.
Do una sbirciata in giro allungandomi di tanto in tanto per capire cosa
tenga nel suo prezioso studio. Ci sono già stata varie volte
eppure non mi sono mai soffermata troppo ad ispezionare.
Non voglio frugare fra le sue cose, che sia chiaro, ma solo dare uno
sguardo generale.
Quando ritengo di aver finito, mi appoggio con la schiena alla
scrivania ricordando quei bellissimi ma fugaci momenti che ho vissuto
proprio qui. Sono così assorta che per errore urto una pila
di carte che cadono rovinosamente sul pavimento. Dannazione che
maldestra!
Mi chino e raccolgo tutti i fogli velocemente mettendoli dove stavano
prima. Prendo gli ultimi che credo stessero in cima, quando una busta
scivola nuovamente sul pavimento. Ma cos'è?
Non sembra un referto clinico. Mi abbasso e raccolgo la busta con su
scritto: "Per Cassie."
La calligrafia è di Devon! Ma cosa ci fa una lettera
personale nel suo studio medico? Sembra scritta da lui ma non ha molto
senso...
Senza rifletterci e rendendomi conto che non è sigillata, la
apro estraendone il contenuto. Mi martella il cuore nel petto
perché so di star commettendo un errore eppure non riesco a
fermare il mio corpo. Devo sapere cos'è e perciò,
senza volerlo davvero, inizio a leggere ciò che
c'è scritto:
Mia
amata Cassie,
non so perché ho sentito l'esigenza di scriverti
questa lettera che non avrai mai modo di leggere. Forse
perché una parte di me, quella più folle ed
irrazionale, spera che mettendo nero su bianco ciò che
provo, alla fine tu ti deciderai a rispondermi una volta per tutte.
Quello appena passato è stato l'anno peggiore della
mia vita. Avere te e la mamma lontane è il sacrificio
più grande che la vita mi ha imposto; tutti pensano che io
sia forte, che mi sia ripreso e che ricomincerò a vivere ora
che ho cambiato paese, ma solo tu sai quanto tutto ciò non
sia vero. Tu mi conosci meglio di chiunque altro, molto meglio di tua
madre stessa, perché tu, mia piccola principessa, sei la
parte più importante di me; il mio piccolo specchio in cui
potevo rimirarmi tutte le volte che tornavo a casa alla sera, esausto,
ma felice di stringerti a me dopo una lunga giornata. Tu sei la
metà del mio cuore, quel pezzo di anima che mi hanno
strappato via nel modo più brutale, con un sangue freddo che
non riuscirei a replicare neanche in cento dei miei interventi.
Tu sei tutto e niente. E mi rifiuto categoricamente di usare
il tempo verbale al passato, anche quando qualcuno osa correggermi.
Tu sei e sempre sarai vita con me e dentro di me,
perché io non mi sono rassegnato e mai ti lascerò
andare; preferirei morire per poterti riabbracciare, ma so che tu mi
rimprovereresti "perché non è così che
si fa, papà!". Non immagini nemmeno quanto mi manchi il
suono della tua voce, i pianti, le risate e i rimproveri squillanti
quando sbagliavo i nomi dei personaggi Disney durante i cartoni.
Oggi avresti compiuto sette anni e io sarei stato triste e
felice. Felice nel vederti crescere sotto ai miei occhi, ma triste
perché ad ogni compleanno ti saresti allontanata di
più da me, sfuggendomi di mano. Un pensiero insopportabile
sin dalla prima volta che ti ho stretta tra le braccia, appena nata, e
tu mi hai puntato i tuoi occhioni addosso.
Ora tutto ciò che mi resta sono delle fotografie
incapaci di replicare il tuo sguardo tanto speciale quanto luminoso e
non riesco ad impedire alle lacrime di bagnare questo foglio. Ma poi mi
ricordo che sarebbe impossibile per te leggere l'inchiostro sbavato e
mi trattengo, aggrappandomi alla speranza che tu sia ancora qui da
qualche parte, in qualche forma che solo la fede concepisce. Mi
trattengo dal buttare all'aria i mobili e farmi male, replicando il
dolore che mi squarcia il petto nei momenti in cui la consapevolezza
della tua assenza è forte e lo è ancora di
più quella del non ritorno.
Spero che tu potrai perdonarmi per non essere stato in grado
di proteggerti dai mali del mondo che ti ha ferita in così
tenera età.
Mi manchi e qualunque cosa accada voglio che tu sappia che ti
amo come non potrò mai amare nessun'altra donna per i giorni
che mi restano da vivere.
Buon compleanno, amore mio... sempre contando gli anni, i
giorni o le ore che ci separano ancora.
Il nostro prossimo abbraccio sarà eterno.
Papà.
Leggo
queste parole con il fiato sospeso. Ad ogni riga la consapevolezza di
ciò che gli è successo, si fa strada nella mia
testa che ora è sul punto di esplodere. Appoggio una mano
sulla scrivania per sorreggermi. Sono scioccata. La nausea mi assale,
le lacrime premono forte per uscire allo scoperto e inondarmi le
guance. Non ci credo, non può essere vero. Devon... Devon ha
perso sua figlia e con lei la madre, la sua.... Non riesco neanche ad
immaginare il dolore che abbia dovuto provare e ora è chiaro
il perché non voglia farsi più avvicinare da
nessuna donna.
Devon è ancora legato a loro e come potrebbe essere il
contrario? Mio dio, mi sento male..
Devo metterla al suo posto e subito. Faccio per piegarla ma la porta si
apre ed io quasi sussulto voltandomi solo a metà.
«
Ella stai bene?? » Devon mi guarda preoccupato. Probabilmente
ho una faccia cadaverica e sconvolta che lo fa avanzare nella mia
direzione.
I suoi occhi grigi si insinuano nei miei ma si posano velocemente sul
foglio che ho in mano, ed in un attimo, si infuocano di rabbia.
Si avvicina e me lo strappa di mano, quasi stracciandolo. Credo di non
averlo mai visto così arrabbiato, ma sono troppo inorridita
da tutto ciò che ho scoperto per reagire lucidamente.
«
Dove l'hai trovata? » La sua voce è profonda ma
strozzata allo stesso tempo e mi colpisce in pieno al petto. Esito, non
so per quale motivo, temendo la sua reazione perché so di
aver commesso un passo falso, anche se non di proposito e non so come
rimediare senza farlo uscire fuori di testa.
«
Scusami... io non.. volevo, è caduta insieme a dei fogli sul
pavimento e.. »
« Non avevi il diritto di violare la mia privacy!»
Alza il tono della voce sventolandomi il foglio davanti agli occhi. Lo
guardo dispiaciuta non sapendo che altro dirgli. Vorrei tornare
indietro e non muovermi da quella sedia per nessuna ragione al mondo,
ma non si può fare purtroppo.
«
Lo so, hai ragione... mi dispiace tanto... per tutto... per
Cassie..»
« Non nominarla! » Mi urla contro ed io
indietreggio di qualche passo. Mi sento una creaturina che sta per
essere schiacciata dal gigante furioso.
Devon si passa una mano tra i capelli visibilmente angosciato e
innervosito. Posa la lettera sulla scrivania e fa avanti ed indietro un
paio di volte prima di tornare da me.
«
Non avresti mai dovuto leggerla! Avrei dovuto dirti tutto io quando
sarei stato pronto. Hai tradito la mia fiducia Ella e hai scoperto cose
che non avresti dovuto sapere o almeno non in questo modo. »
«
Ti ho detto che mi dispiace! Non volevo ferirti, mi è
praticamente apparsa davanti! Lo sai che non farei mai niente che possa
farti stare male. » Mi riprendo dal torpore che mi aveva
praticamente paralizzata e reagisco. Deve sapere che non ne avevo
intenzione e che deve smetterla di urlarmi addosso.
«
Ti dispiace ma l'hai fatto! Come ti sentiresti se frugassi tra la tua
roba e scoprissi di tua madre e di come è morta?! Ti farebbe
piacere?» Mi fissa dritto negli occhi ma stavolta non
distolgo lo sguardo, anzi, lo sorreggo al meglio assottigliandolo. Non
sono esempi che si deve permettere di fare, non dopo ciò che
gli ho confidato.
«
Certo che no e poi non ho frugato da nessuna parte! Mi sono appoggiata
alla scrivania e sono caduti dei fogli e con loro la lettera. Mi devi
credere! »
«
Sono stufo di queste storie, non avrei mai dovuto permetterti di
arrivare fino a questo punto. Sappi che non voglio né la tua
compassione né il tuo aiuto. Ancora non ci credo. Non dovevi
permetterti...» E lo vedo. Vedo il panico che lo sta
assalendo a causa della tragedia che ha dovuto superare. Non so come
siano morte, ma è ovvio che questo lo abbia scosso nel
profondo. È un sopravvissuto, proprio come me e si
dà la colpa di quello che è successo. Lo capisco
più di quanto non immagini.
«
Devon...ti capisco, so quanto sia difficile ma devi... » Mi
interrompe subito.
« Non capisci proprio niente, invece! Nessuno può
capire né tantomeno tu! »
« Tu non vuoi farti capire e sono io quella stufa!
» E mi allontano dalla stanza andandomene sbattendo la porta
alle mie spalle. Ho gli occhi di tutti i pazienti e Rose addosso ma non
mi interessa niente al momento.
Sono
arrabbiata e addolorata per tutta questa faccenda e soprattutto per
aver saputo tutto in questo modo. Non mi crede, non si fida
più di me perciò è inutile che resto
qui a farmi insultare. Scappo da quello studio e mi ritrovo sul
marciapiede che lo ospita prendendomi il viso tra le mani. Quanto
vorrei piangere adesso.
Muovo qualche passo per attraversare la strada ma sento la voce di
Devon alle mie spalle.
«
Da te non me lo sarei mai aspettato. »
Mi
giro nella sua direzione per rispondergli ma commetto il secondo errore
della giornata, un errore che potrebbe essere ben più grave.
Succede tutto in un attimo che è difficile da metabolizzare.
Le orecchie mi fischiano e la vista si fa appannata in pochi secondi.
Non riesco più a sentire il mio corpo e la testa mi fa
malissimo. Ho la guancia premuta contro l'asfalto della strada e
percepisco delle voci confuse che si fanno sempre più vicine.
Vorrei urlare ma il cervello non mi ascolta né da segni di
vita. Il corpo sta cedendo senza il mio controllo ed in breve sprofondo
nell'oscurità che è pronta ad accogliermi.
È davvero la fine?
Angolo
autrice:
Buon pomeriggio a tutti. Finalmente siamo giunti alla vera svolta di
questa storia dove vediamo rivelato, in parte, il segreto di Devon.
Cosa ne pensate del modo in cui la verità è
venuta a galla? Secondo voi cosa succederà nel prossimo
capitolo?
Ps:
Vorrei specificare un dettaglio importante. Come già vi
dissi all'inizio di questa storia, la creazione dei personaggi
principali sono una collaborazione nata da me ed altre persone. Tutti i
fatti narrati sono stati scritti da me tranne la bellissima lettera che
vi ho riportato che è opera della persona che ha ideato il
personaggio di Devon. Ovviamente mi ha permesso di usarla e ho deciso
di inserirla perché, a parer mio, è meravigliosa
e andava condivisa.
Alla prossima settimana.
Kisses <3
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Capitolo 40 *** Capitolo 37 ***
Devon's
pov
Succede
tutto in un attimo. Un momento prima rincorro Ella ed un attimo dopo
è stesa inerme sull'asfalto. Il tempo si ferma e mi sembra
di essere tornato indietro nel tempo ad un anno e mezzo fa.
Mi sento come in una bolla di sapone, tutto il resto del mondo scompare
e niente ha più importanza. I ricordi mi assalgono
avvolgendomi la mente, e per quella che mi sembra
un'eternità, resto immobile a contemplare
l'atrocità del destino.
In un attimo di lucidità, ricordo di essere un medico e mi
precipito sulla sua figura minuta. L'autista della macchina che l'ha
investita si ferma e chiama un'ambulanza allarmato. Andava troppo
veloce e non è riuscito a fermarsi in tempo cogliendola in
pieno.
Tutta l'arrabbiatura per la storia della lettera svanisce
così come mi ha travolto trasformandosi in terrore e senso
di colpa. Se non le avessi urlato contro, ora non sarebbe qui.
È colpa mia, di nuovo.
Le immobilizzo la testa e le controllo il battito con il fonendoscopio
che avevo al collo. È molto lento ma c'è.
«
Ella resta con me hai capito? Non mi lasciare.» Non mi
ascolta e perde i sensi. Non va bene, non va affatto bene!
Non dovrei farmi prendere dal panico, sono un medico e dovrei essere
abituato a certe situazioni, ma non riesco a pensare lucidamente con
Ella coinvolta.
Potrebbe avere delle costole incrinate o peggio, un'emorragia interna o
cerebrale.
Dove cazzo è l'ambulanza?! Neanche il tempo di pensarlo che
sento le sirene avvicinarsi. Dobbiamo portarla subito in ospedale.
Lungo
il tragitto la pressione cala e il battito si fa sempre più
lento tanto che la macchina stenta a registrarlo. Non può
morire, non a causa mia!
In meno di cinque minuti siamo al pronto soccorso del Lennox. Mi
precipito giù e seguo i paramedici all'interno. Gli indico
una delle stanze vuote e la sistemano sul lettino per collegarla ai
vari monitor.
Devo mantenere la calma, posso salvarla.
«
Dobbiamo farle immediatamente delle lastre per escludere emorragie
interne. Somministratele dei fluidi e allertate il centro
trasfusionale! Voglio un profilo biochimico completo. »
Ordino agli infermieri presenti.
Accorrono anche Roxanne e Danny che probabilmente sono stati chiamati
per l'emergenza. Si bloccano sulla soglia non appena si rendono conto
che sul lettino c'è proprio Ella. Restano a bocca aperta per
qualche istante ma questo momento dura poco perché la
pressione precipita mentre i tecnici eseguono le radiografie.
«
Spostatevi immediatamente! » Le abbassiamo lo schienale del
lettino.
«
È in arresto cardiaco! » Constata Danny
preparandosi a defribrillare monitorando lo schermo ed io proseguo con
il massaggio cardiaco mentre Roxanne controlla gli altri parametri.
«
Non morirai oggi, intesi? » Mi rivolgo a lei che tanto non
può sentirmi.
«
Somministratele una dose di amiodarone e sbrigatevi con quelle
lastre!» Alzo la voce in preda al panico. Ed ecco
perché noi medici non dovremmo mai occuparci di amici e non
farci coinvolgere dai pazienti. Il risultato è una scarsa
efficienza e un aumento del rischio di commettere errori, ma
è compito mio salvarle la vita. Non potrei mai perdonarmi
anche la sua morte.
«
Dottore il battito è tornato ma la saturazione e la
pressione sono bassissime. » Mi informa Roxanne preoccupata.
«
Ha un pneumotorace, ecco perché. Devo inserirle un
drenaggio. Preparate il kit e fatemi avere sei unità di
sangue zero negativo, subito.» Constato appena mi passano la
lastra del torace. Una costola le ha perforato la pleura facendo
collassare un polmone.
«
Sei unità? Dottore ma credo siano troppe il centro
non...» Si intromette l'infermiera.
«
Esegui gli ordini senza discutere! È anemica e sta perdendo
un mare di sangue dalle ferite e potrebbe aver bisogno di
un'operazione! Rischia di non farcela ed io non sono disposto a
rischiare oggi! » Le urlo praticamente in faccia. Non sono in
me. L'infermiera si zittisce ed esegue il compito.
«
Passatemi il bisturi dieci. » Roxanne mi assiste in silenzio.
Questa è l'ultima cosa che vorrei fare, ma se non la apro,
morirà.
Incido il tessuto posto al lato della gabbia toracica e divarico per
osservare meglio. Infilo un dito all'interno dell'apertura e mi faccio
spazio tra le coste per far passare il drenaggio. Mentre sto facendo
questa operazione, entra l'infermiera di prima.
«
Dottore, mi serve una sua firma per le sacche di sangue. » Mi
altero peggio che mai.
«
Ho le mani nella paziente come posso firmare il modulo secondo te?!
Fammi avere quelle sacche di sangue subito! » La spavento a
morte, ed infatti, si allontana intimidita. Meglio per lei se torna con
ciò che le ho chiesto...
«
Drenaggio toracico. » Me lo passano e lo infilo. Quando
capisco di essere dentro, aspiro l'aria accumulata.
«
La pressione aumenta, ottimo lavoro dottore.» Tiriamo un
sospiro di sollievo ma sono comunque preoccupato. Le sue condizioni
sono pessime e ancora non so se abbia un'emorragia interna o cerebrale.
«
Ora che è stabile dobbiamo farle una Tac. » Danny
e Roxanne annuiscono e si preoccupano di seguirmi.
Per fortuna risulta normale, ha solo una commozione celebrale ma niente
edemi o emorragie.
La riportiamo nella stanza ma ha un nuovo collasso. Maledizione!
«
C'è qualcosa che non va. » In quell'istante
arrivano le altre radiografie che mostrano un sanguinamento interno.
«
La milza sta per cedere, fatemi preparare una sala operatoria
immediatamente! » Roxanne si lancia nel corridoio per
avvertire gli operatori mentre Danny mi guarda ansioso.
«
Dottore non dovremmo chiamare un chirurgo d'urgenza o generale ora?
» Scuoto la testa mentre le somministriamo adrenalina e altri
liquidi.
«
Non c'è tempo, la farò io. » Mi guarda
a bocca aperta.
« Ma lei è un cardiochirurgo non...»
« Sta zitto! Sono un medico e la salverò!
»
Non
dice più nulla e mi lascia lavorare in pace. La trasportiamo
d'urgenza in sala operatoria mentre le tengo la mano. Non
morirà, non nel mio ospedale e per colpa mia. Mi rifiuto di
pensare ad una simile probabilità. Tutte le persone
importanti finiscono per lasciarmi ed ecco perché non volevo
che si avvicinasse troppo ma è una testarda.
«
Andrà tutto bene, te lo prometto. » Lo sto
sussurrando più a me stesso che a lei. Sono devastato.
Troppe emozioni terribili oggi. Prima l'arrabbiatura della lettera e
poi il panico.
Quando l'ho vista stesa sull'asfalto, mi si è gelato il
sangue perché nella mia testa si sono sovrapposti ricordi e
pensieri negativi. Non potevo credere che stesse succedendo di nuovo.
Arriviamo
in sala e la preparano mentre mi lavo e indosso la giusta tenuta per
operare. La guardo e ha moltissimi ematomi sparsi un po' dovunque e in
particolare sull'addome. La guancia destra, che prima sanguinava per il
taglio, è gonfia per l'urto violento contro l'asfalto. Per
fortuna non era profondo.
Mi mettono il camice e i guanti ed inizio ad aprirla. Roxanne accorre
per assistermi sia fisicamente sia mentalmente.
«
C'è un disastro qui dentro... Aspira, non vedo nulla.
Trasfondete le prime due sacche di sangue.» Non so neanche
come stia reggendo tutta questa pressione, sento di stare per
esplodere.
«
Bene, la milza è intatta ma si sono rotti dei vasi
sanguigni. » Mentre ricongiungo i vasi danneggiati, si
verifica un ulteriore imprevisto.
« L'arteria mesenterica ha ceduto! Passatemi le pinze
emostatiche! » I parametri scendono vertiginosamente e devo
fermare l'emorragia prima che si dissangui.
«
Altre due sacche di sangue, muovetevi. » Per miracolo
riusciamo a contenere i danni. Mi sembra che tutto sia in ordine
adesso.
«
Roxanne chiudila per favore...» Le cedo il posto mentre mi
avvicino al suo viso. Non prego quasi mai, ma lo sto davvero facendo in
questo momento. Deve sopravvivere, deve farlo per me.
Sospiro ed esco dalla sala operatoria peggio di prima. Mi levo tutto e
mi rimetto il camice per attenderla in sala rianimazione. Passo per il
pronto soccorso e Audrey e Richard accorrono nella mia direzione.
«
Devon! » La modella è sul punto di piangere e
anche Rick non ha un bell'aspetto.
« Che cosa è successo? Sta bene? » Mi
tempesta di domande l'amica.
«
È stata investita... Ho appena finito di operarla e...
» Mi mancano le parole perché non sono certo che
sia fuori pericolo. Ha perso molto sangue e le sue condizioni sono
precipitate più volte.
«
E?? Se la caverà vero? Oh mio dio... » Scoppia a
piangere e Richard l'abbraccia, stringendola a se mentre mi guarda
preoccupato.
«
Stiamo... facendo il possibile. Io... devo andare. » Li
abbandono nel bel mezzo della stanza perché non riesco a
gestire i sensi di colpa che mi stanno uccidendo.
Devo sapere che sta bene, deve uscirne viva.
Quando mi suona il cercapersone, mi balza il cuore in gola temendo il
peggio. Mi precipito nella terapia intensiva e mi imbatto nei miei
studenti.
«
Dottore è stabile. Dobbiamo solo aspettare che si
svegli...» Annuisco e so che ci potrebbero volere anche
giorni.
«
Qualcuno vada a chiamare i suoi amici che sono al pronto soccorso. Dite
loro che possono vederla, se lo desiderano...» Mi lasciano
solo ed entro nella sua stanza sedendomi sulla sedia accanto a lei. Il
suono del battito regolare del suo cuore mi rassicura. È
stabile e la pressione è tornata nei parametri come la
saturazione.
Vorrei essere ancora arrabbiato con lei per ciò che ha
fatto, ma non ci riesco. Sarebbe più facile odiarla e
lasciarmi tutto alle spalle ma non è così che
funziona.
Tutti i legami che stringi alla fine si rompono e tu sei costretto a
soffrirci e cercare di andare avanti.
«
Forza Ella... Devi svegliarti. » Le prendo la mano e la
avvolgo nelle mie.
«
Tutti i tuoi amici sono qui per te... non deluderli.
Lo so che non volevi leggere la lettera e mi dispiace essermela presa
in quel modo, ma per me è stata dura cercare di sopravvivere
a tutto ciò che mi è successo. Mi hai raccontato
di tua madre, ti sei fidata di me e l'ho apprezzato e avrei dovuto fare
lo stesso ma non ci sono riuscito. Volevo parlartene, davvero, ma non
me ne hai dato il tempo... Ora per favore apri i tuoi occhioni blu e
sorridi come solo tu sai fare. Ti racconterò tutta la
storia, te lo prometto... » Le lascio la mano per
accarezzarle la fronte facendo piano per non farle male.
Mi sono reso conto solo adesso che non ha mai nominato il padre. Che
fine ha fatto? Forse dovrei provare a rintracciarlo poiché
ha avuto un brutto incidente, potrebbe farle piacere.
Mi volto verso il vetro della stanza e sono tutti lì per
lei. Audrey, Richard, Sebastian, Ashley e addirittura mia sorella che
attendono il suo risveglio.
Esco dalla stanza e mi guardano tutti un po' interrogativi tranne
Sebastian che è più incazzato che altro.
«
Che cosa le hai fatto?! » Si fa avanti aggredendomi
verbalmente.
« Ho cercato di salvarle la vita. » Dopo avergliela
quasi distrutta, però...
«
È colpa tua! Devi lasciarla in pace, hai capito?! Guarda
come l'hai ridotta!! » Si lancia su di me afferrandomi per il
colletto del camice e sbattendomi alla parete. Richard e un infermiere
si precipitano immediatamente per allontanarci.
Il suo sguardo non è cattivo, è solo molto
preoccupato per l'amica. Ha paura che non ce la faccia.
«
No, lasciatemi! La colpa è sua, la mia amica non
può morire. Per favore! » L'infermiere lo
allontana e lo accompagna lontano da qui.
Mi passo una mano sul viso disperato. Ha ragione, è colpa
mia. Richard mi guarda comprensivo e mi poggia una mano sulla spalla.
«
Va tutto bene...» Annuisco e vado dalle tre donne per
spiegare meglio loro cosa è successo e come sta Ella.
Clarissa ed Audrey mi abbracciano preoccupate e poi le lascio entrare
una alla volta nella stanza per stare un po' con lei. Le
farà bene vedere quante persone la amano.
«
Devon tu stai bene? » Mi chiede Rick, seduto accanto a me.
« Sì... sto bene. »
« Intendo mentalmente... e dimmi veramente quello che
è successo. »
« Ha letto la lettera. Senza il mio permesso. Era sconvolta.
Mi sono arrabbiato con lei ed è scappata fuori dal mio
studio. L'ho rincorsa ma lei...» Non riesco a continuare e mi
si spezza la voce.
« Richard è colpa mia... ho quasi ucciso Ella.
» Inaspettatamente mi abbraccia e lascio che lo faccia
perché sono veramente a pezzi come la mia coscienza sporca.
«
Non è colpa tua. È normale che ti fossi
arrabbiato ma sono certo che non l'ha letta per farti stare male.
Voleva aiutarti ma tu non glielo permettevi. » Scuoto la
testa agitato e lo guardo.
«
Io.. le dirò tutta la storia, di come sono morte e la mia
vita prima di questa...» Annuisce concorde e poi si avvicina
Roxanne con aria pensierosa.
«
Dottor Reinfield... Il primario di chirurgia vuole parlare con lei.
L'aspetta nel suo ufficio.» E adesso cosa vuole?
«
Sì.. grazie. » Mi alzo e la prendo da parte.
« Controllala, non abbandonare questo corridoio per nessuna
ragione al mondo finché non torno ed informati sui familiari
di Ella. » Annuisce e mi allontano per andare dal primario,
il capo dei capi per noi chirurghi.
Entro nella stanza dopo aver bussato e il Dottor Brooke mi fissa
imbronciato.
«
Dottor Reinfield come le è saltato in mente di scavalcare i
suoi colleghi?! » Ah ecco... è per questo.
«
Ho salvato una vita, credo sia quello che conti alla fine. »
«
Lei è il mio primario di cardiochirurgia e deve attenersi a
ciò che le compete! Non può mettersi a fare
l'eroe e intralciare il lavoro dei suoi colleghi, mi ha capito?!
» Prendo un grosso respiro perché altrimenti
spacco tutto.
«
Con tutto il rispetto ho...»
« La smetta! Non si permetta più di operare una
paziente, per giunta una sua amica, a qualcosa che non sia il cuore.
Intesi? »
«
Io le ho salvato la vita! Non mi scuserò per questo. Se sono
nelle condizioni di fare qualcosa che possa giovare ai miei pazienti,
lo faccio senza pensarci due volte! Ed ora se vuole
scusarmi...» Gli volto le spalle e me ne vado. Ci mancava
solo la ramanzina del capo. Ho fatto il mio lavoro di medico e non mi
sentirò in colpa per questo, fine della storia.
Torno in terapia intensiva e i nostri amici sono ancora lì.
Dentro c'è Sebastian adesso e sembra più calmo di
prima o almeno lo spero.
«
Audrey posso parlarti un attimo? » La modella annuisce e ci
appartiamo in un angolo.
«
Hai notizie del padre di Ella..?» La bionda sgrana gli occhi
e poi abbassa lo sguardo. Non è buon segno.
«
Sì... beh Ella ha abbandonato la famiglia a diciannove anni
e non ha più cercato di mettersi in contatto con loro. Non
erano in buoni rapporti e il tutto è peggiorato con la morte
della madre. Si da ancora la colpa per ciò che è
successo...» Mi dice ed io deglutisco pesantemente. In fondo
lei mi può capire, abbiamo sofferto molto entrambi.
«
Quindi non possiamo rintracciarlo? Dovrebbe sapere che la figlia
è qui...»
« No, ma non credo che Ella lo voglia. Lasciamo le cose
così. Credimi. » Annuisco ma non ne sono convinto.
Attendo comunque che Roxanne trovi qualche informazione in
più.
--------------------------
È
notte fonda e ho obbligato i miei amici ad andare a casa per riposare
un po' e tornare la mattina dopo nell'orario di visite. Hanno opposto
un po' di resistenza ma alla fine hanno acconsentito. Sono ancora qui,
in terapia intensiva per monitorare Ella. Non me ne andrò
finché non si sarà svegliata e sarà
capace di parlare con me. Appoggio la testa sul letto affondando il
viso nel materasso ascoltando soltanto il rassicurante battito del suo
cuore. Per poco non moriva davanti ai miei occhi.
La scena è stata orribile. Quella macchina l'ha
letteralmente fatta volare di qualche metro ed è atterrata
pesantemente sull'asfalto. È un miracolo che non abbia
riportato danni al cervello. Nonostante i lividi su viso, braccia e
addome e la guancia porpora più gonfia del normale, ha
comunque un aspetto angelico.
Mi ricordo di noi la prima volta allo studio e sorrido alla scena. Non
potevamo credere di esserci ritrovati proprio lì dopo
l'incidente del tombino. A volte il destino ci indica la via e ci mette
sulla strada persone che non avresti mai immaginato di rivedere.
E non era mia intenzione, infatti. Non credevo potesse diventare
addirittura mia amica. Ed invece è successo e mi chiedo a
che strano gioco stia giocando il fato con me. Continua a mescolare le
carte nel mazzo e nessuno può sapere quale sarà
la prossima mossa.
Perso nelle mie riflessioni, mi rendo conto che è ormai
l'alba e che sono rimasto tutta la notte con la testa accanto a lei in
questa squallida stanza.
"È asettica e puzza di disinfettante" Penserebbe sicuramente
Ella. Odia gli ospedali e di sicuro li odierà molto di
più da oggi in poi. Probabilmente odierà anche me.
Alzo lo sguardo e constato che dorme ancora, non accenna a svegliarsi.
Perché ci mette tanto? È straziante quest'attesa
ma sono un medico, dovrei esserne abituato. I pazienti non si svegliano
mai a comando, c'è chi ci mette di più e chi di
meno e anche chi non vuole farlo. Un lampo di terrore mi attraversa lo
sguardo. Spero che riprenda conoscenza al più presto.
Ho bisogno che apra gli occhi.
Ho bisogno che lei viva.
Angolo
autrice:
Buon pomeriggio a tutti! Eccoci con il capitolo che attendavate da una
settimana. Devon ha fatto tutto ciò che era nelle sue
capacità per tentare di salvare Ella. Saranno valsi tutti
gli sforzi? Per scoprirlo vi attendo al prossimo capitolo!
Kisses.
Ps: Mi scuso se la parte medica deve essere sembrata molto tecnica, ma
ovviamente dal punto di vista di Devon non poteva essere altrimenti.
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Capitolo 41 *** Capitolo 38 ***
Ella's
pov
È
bello qui. C'è tanta luce e molta serenità mi
circonda. Vago senza una meta finché diventa tutto buio. Che
succede? Dove mi trovo? Non riesco a sentire nulla se non una voce
eterea che mi attanaglia la mente. Chi è? cosa mi sta
succedendo?
Un bagliore di luce mi costringe a socchiudere gli occhi e poi
la vedo. Non è possibile...
«
Mamma! » Le corro incontro e lei non scompare, anzi, riesco
ad abbracciarla. Non ci credo, la mia mamma è qui con me! Se
è un sogno non voglio svegliarmi.
«
Tesoro mio...» Le lacrime mi fanno bruciare gli occhi, non
posso credere di poterla rivedere.
«
Mamma... mi sei mancata tantissimo e mi dispiace... io.. non ti sono
stata vicina... mi sento così in colpa, perdonami.. io..
» Mi zittisce con un altro abbraccio e poi mi accarezza la
guancia.
«
Ella... non è colpa tua e non dispiacerti per me. Ho scelto
io di andarmene ma non volevo abbandonarti, questo lo sai vero?
» Annuisco appoggiando la testa sulla sua spalla ma lei mi
allontana per guardarmi negli occhi così uguali ai suoi.
«
Non dovresti essere qui...» Mi dice ed io non capisco.
« Dove siamo? Non capisco...» Sospira e mi
accarezza dolcemente i capelli.
« Tesoro... devi svegliarti, capito? »
Svegliarmi..? Non sto sognando? Sgrano gli occhi e credo di capire solo
ora. Frammenti dell'incidente si fanno vivi nella mia testa. Io
sono...No..
«
Sono morta..? » Le chiedo piano aggrottando le sopracciglia.
« No, tesoro ma lo sarai se non vai via da qui. Ora
torna indietro, capito? »
« Cosa vuoi dire? Voglio stare con te! E poi se sto
morendo cosa posso farci? » Le parole mi escono dalla bocca
senza che io le stia effettivamente pensando. Sono molto confusa e
stordita.
«
No amore della mamma. Tu non vuoi svegliarti. Ti stai arrendendo e non
va bene. Sei giovane e devi vivere la tua vita.» Spalanco gli
occhi. Mi sto davvero lasciando andare?
«
Mamma sono tanto confusa...» Mi prendo la testa tra le mani
ma lei mi ferma per guardarmi.
«
Non esserlo bimba mia. Torna dai tuoi amici, hanno bisogno di te.
» Scuoto la testa in disaccordo.
«
No, starebbero senz'altro meglio senza di me e dei miei problemi. Forse
farei davvero un favore a tutti se morissi. »
«
Non dire queste sciocchezze e non commettere i miei errori. Devi
tornare da loro e da Devon. Lui ha bisogno di te più di
chiunque altro. » Questa sì che è una
grande stronzata. L'ho deluso e di certo non ha bisogno di me nella sua
già incasinata vita.
«
Lui ti ama Ella. Torna da lui... » La guardo sorpresa. Mi
ama? Strano modo di dimostrarlo.
« Non è vero.. io... »
« Fidati di tua madre. Devi tornare per lui e per i
tuoi amici. Ora vai, prima che sia troppo tardi. »
«Mamma non voglio lasciarti da sola... non so come
fare! »
« Vai tesoro, corri da loro! Io starò
bene. »
Prima che possa dire altro, scompare e così la luce
che l'avvolgeva.
Apro
gli occhi.
Non riesco a muovere neanche un muscolo. Mi fa male tutto, soprattutto
la testa che pulsa ininterrottamente. Vorrei dire qualcosa ma mi rendo
conto che la voce non mi esce perché sono intubata. Mi
guardo intorno e inizio ad agitarmi perché sento dolore in
tutte le cellule del mio corpo. Sbatto più volte le palpebre
e incontro lo sguardo terrorizzato di Devon. Che cosa succede?
Non c'è solo lui nella stanza ma anche altri infermieri e
Roxanne insieme a Danny.
«
È sveglia! » tirano tutti un sospiro di sollievo.
«
Abbiamo un battito sinusale e la pressione sale. » Roxanne mi
leva il tubo dalla gola e la ringrazio mentalmente. Mi mettono
ciò che presumo sia ossigeno con dei tubicini al naso. Ora
va meglio...
«
Uscite tutti dalla stanza, ci penso io da ora...» Esclama
Devon ma stavolta meno freddamente del solito.
Mi gira moltissimo la testa...
Tutti i medici vanno via e resto sola con Devon. Mi esamina per qualche
secondo prima di sedersi accanto a me sul letto.
«
Bentornata tra noi. » Mi accarezza la fronte coperta dalla
frangia. Sono stanchissima e fatico persino a respirare.
«
Mh...» Cerco di sistemarmi meglio ma mi tira qualcosa
all'altezza dell'addome.
«
No no, sta ferma.. Ti ho dovuta operare all'addome perciò
non muoverti troppo, altrimenti ti si aprirà la ferita. Ti
aiuto io. » Annuisco e lascio che mi sollevi leggermente per
mettermi in posizione più eretta. Va decisamente meglio ora.
«
Sei.. ancora arrabbiato.. con me? » Gli chiedo con voce
strozzata perché non riesco bene a parlare. Mi guarda
colpevole abbassando lo sguardo ma poi torna a guardarmi.
«
No.. mi dispiace essermi alterato con te. Non è colpa tua,
so che non volevi ferirmi ma che cercavi di aiutarmi. » Ah
wow, da lui non me lo aspettavo.
Annuisco e muovo un po' le mani per svegliare i muscoli. Sono contenta
che l'abbia capito, anche se sono quasi morta per questo.
«
Non volevo leggerla... ho sbagliato e mi dispiace...»
«
Va tutto bene, l'importante è che ora tu sia qui con
me...» Mi prende la mano e posa un bacio sul dorso. Stavo per
morire e l'avrei fatto sentire in colpa per il resto della sua vita..
Cerco di sorridergli ma sono molto stanca e le palpebre si fanno
improvvisamente pesanti.
«
Riposa un po' adesso. I tuoi amici saranno qui fra qualche ora.
» Mi lascia la mano e si alza dal letto. Non voglio
addormentarmi da sola, ho paura di risprofondare
nell'oscurità.
«
Aspetta... Non andare, per favore...» Mi guarda accigliato.
«
Credevi che me ne andassi? Sei quasi morta sotto i miei occhi...
» Scuote la testa e si leva il camice per appoggiarlo alla
sedia accanto al letto. Credevo si mettesse ai miei piedi, invece,
scosta le lenzuola e si stende accanto a me. Mi sposto un po' per farlo
entrare e mi fa appoggiare la testa sul suo petto. Sento il battito del
suo cuore a ritmo del mio sullo schermo.
«
Dormi un po'...» Mi accarezza la testa e chiudo
automaticamente gli occhi addormentandomi profondamente.
———————————
Mi
sveglio dopo quella che sembra un'eternità. Sto molto meglio
e la testa non fa tanto male, più che altro è
rimasto lo stordimento per tutto l'accaduto ma almeno sono viva e
vegeta. Sbadiglio e mi rendo conto di essere ancora accoccolata contro
Devon che dorme profondamente. Mi dispiace svegliarlo, suppongo sia
stato fin troppo tempo in piedi per colpa mia, perciò decido
di non farlo.
Ho tantissima sete e muovo un braccio verso il tasto accanto al letto
ma non ci arrivo. Va bene, mi arrangerò.
Mi volto verso di lui per osservarlo. Immagino quanto dev'essersi
preoccupato... Dopo ciò che gli è successo, non
avrebbe dovuto assistere anche al mio incidente. Ma mi ha salvato la
vita, ancora. In pratica è il mio angelo custode. Sembra
tranquillo mentre dorme e vorrei accarezzarlo ma ho troppi tubi e flebo
per poterlo fare senza far rumore.
«
Ella allora è vero! Sei sveglia! » Audrey e
Richard fanno capolino nella stanza ma gli faccio cenno di abbassare la
voce.
Entrambi guardano Devon che sonnecchia al mio fianco come se non lo
avessero notato prima. Si avvicinano dal mio lato e Audrey si siede
accanto a me sulla sedia prendendomi la mano.
«
Abbiamo pensato al peggio...» Mi confessa sull'orlo delle
lacrime. Mia madre aveva ragione. Tengono tutti a me e mi vogliono
bene.
«
Sono qui, sto bene. Mi dispiace...»
« Non scusarti, è andato tutto bene. »
Mi rassicura Richard dandomi un bacio sulla fronte, l'unica parte senza
lividi probabilmente.
«
Sono orribile vero? » Chiedo ed entrambi scuotono la testa.
«
Ti rendono più vissuta questi lividi sul viso. »
Mi fa l'occhiolino Audrey. Ridiamo tutti e mi sposto un po' per stare
più comoda.
«
Che succede?! La pressione, l'ossigeno. Controllate il battito!
» Devon salta giù dal letto e tutti noi lo
guardiamo perplessi.
«
Ehi amico, dovresti davvero lasciare un po' quest'ospedale. »
Lo prende in giro Richard ridacchiando. Devon lo guarda male e poi lo
ignora per dedicarsi a me.
«
Sto bene, ti eri addormentato..» Gli comunico mentre si
rimette il camice e prende l'aggeggio che serve per ascoltare il cuore.
«
Adesso ti controllo... » Richard e Audrey si guardano
complici e mi fanno sorridere di riflesso. Mi sono mancati.
«
Per quanto sono stata incosciente? » Chiedo loro che si
rattristano improvvisamente. Lasciano il compito a Devon che ne sa di
più.
«
Ti abbiamo portata qui d'urgenza mercoledì... Hai avuto un
arresto cardiaco ma ti sei ripresa perché siamo intervenuti
drenando l'aria nel tuo torace. Poi ti ho operata per un'emorragia
interna poco dopo. Sei rimasta in coma fino a ieri finché
non sei collassata di nuovo e poi hai finalmente aperto gli occhi. Oggi
è sabato.» Sono stata addormentata per tre giorni
di cui non ricordo assolutamente niente. Mio dio...
«
Oh... capisco. Ma ora sto bene? »
«
Ti stai rimettendo... I tuoi esami di stamattina erano buoni.
» Mi sorride e mi prende la mano. « Uscirai di qui
prima di quanto credi. » Annuisco e Richard fa un finto colpo
di tosse per richiamare la nostra attenzione.
«
Noi andiamo a mangiare qualcosa e poi torniamo qui. »
«
Ci vediamo dopo Ella...» Audrey mi sorride e mi bacia la
guancia sussurrandomi all'orecchio. « Devon è
rimasto in questa stanza giorno e notte finché non hai
aperto gli occhi. » Mi fa l'occhiolino e mi sento in colpa
per tutto ciò. Lasciano la stanza e restiamo di nuovo da
soli.
«
Posso avere un po' d'acqua? Sto morendo di sete. » Chiama
un'infermiera che me la porta. Sembra gentile ma fa gli occhi dolci al
bellissimo dottore bipolare e complessato al mio fianco.
«
Grazie mille. » L'infermiera mi sorride e sparisce
all'orizzonte. Meno male...
«
Devon... Credo che dovremmo comunque parlare di ciò che
è successo nel tuo studio. Vorrei che mi spiegassi ma solo
se te la senti questa volta...» Mi guarda stupito, ma poi
sospira e si siede accanto a me sul letto. Credo che sia ora che mi
racconti tutta la verità.
«
Hai ragione te l'ho promesso quando...eri incosciente. » Mi
regala uno dei suoi sorrisi più rassicuranti ma si vede dal
suo sguardo che soffre ancora molto e di questo mi dispiace moltissimo.
Finalmente inizia a raccontarmi la sua vita, finalmente si apre con me.
«
Sai che vivevo a Londra con la mia famiglia e che ho sempre voluto fare
il medico. Ero uno specializzando nell'ospedale più
prestigioso della città. Mi piacevano molto l'ambiente e la
maggior parte dei colleghi. Un giorno incontrai una delle psicologhe
del reparto. Era molto giovane e bella. Aveva i capelli bruni e gli
occhi verde smeraldo. Mi piaceva molto e una sera la invitai ad uscire
nonostante i miei folli orari. Ci innamorammo ed eravamo felici, almeno
finché non lo seppero i miei genitori. Non approvavano la
mia scelta, la reputavano una "sgualdrinella da quattro soldi" ma loro
non capivano.
Un anno dopo ci sposammo senza dire niente a nessuno, comprammo una
casa e tutto andava bene. Restò incinta non troppo tempo
avanti e questa cosa mi esaltava, ma mi spaventava allo stesso tempo.
Mi piaceva la mia vita con lei e mi sarebbe piaciuta ancora di
più con una bambina. Così nacque Cassandra e la
sua venuta al mondo, mise un po' di pace anche fra le nostre complicate
famiglie. I miei genitori si sciolsero quando la videro e dimenticarono
per un po' il resto. La piccola Cassie era una bambina bellissima e
molto intelligente. Guardavamo sempre i cartoni animati insieme, anche
se i miei turni in ospedale erano massacranti. »
Ascolto tutto con calma e gli stringo la mano. Gli si illuminano ancora
gli occhi quando parla della piccolina. Sono sicura che era una bambina
meravigliosa come il padre.
«
Mia moglie iniziava a stancarsi ed in più i miei genitori
tornarono ad assillarci su tutta questa storia del "non è
nobile come te" e altre cazzate del genere. Ma io l'amavo e lei amava
me, questo era l'importante.
Una notte di un anno e mezzo fa, litigammo furiosamente e lei prese
Cassie che ormai aveva sei anni e la mise in macchina. A Londra il
tempo è pazzo e piove praticamente sempre. Quella notte
c'era il temporale e loro fuggirono lasciandomi solo a casa. Ero
arrabbiato ma sapevo che sarebbero tornate presto ma non successe.
»
Gli stringo più forte la mano e gli lascio un attimo prima
di proseguire.
«
Mi chiamarono dall'ospedale. La macchina andava troppo veloce ed
è uscita fuori strada. Mi dissero che mia moglie era morta
sul colpo e che Cassie aveva smesso di respirare in ambulanza mentre la
trasportavano al pronto soccorso. La mia vita perfetta si
trasformò nel mio incubo peggiore. Mollai il lavoro, mollai
tutto e non parlai con nessuno per giorni. Mi sentivo in colpa. Non le
avevo protette, non sono riuscito a salvare. Se le avessi fermate, ora
non sarebbero sotto terra. Ho rovinato la mia vita e la
loro...»
Sono devastata e riesco a sentire tutto il dolore che ha provato e che
prova nelle sue parole spezzate e nella voce rotta. Sto per dire
qualcosa, ma mi ferma con un gesto della mano.
«
Aspetta... non ti ho detto una cosa.» Prende un grosso
respiro e mi stringe forte la mano.
«
Mia moglie si chiamava Gabriella, ma.. io usavo sempre il suo
diminutivo... Ella. » Sbarro letteralmente gli occhi. Non
è possibile. Ora ricordo tutto. Ricordo come mi ha liquidata
subito dopo avermi salvata dal tombino e avermi offerto la colazione
appena gli dissi il mio nome.
Il destino si è praticamente preso gioco di lui. Quante
probabilità c'erano che incontrasse una donna con lo stesso
nome di sua moglie defunta?
Questa rivelazione mi destabilizza e il monitor che segna i miei
battiti cardiaci, mi tradisce suonando.
«
No, no, no.. Stai tranquilla... non ti agitare...» Si china
su di me e mi abbraccia. Cerco di ricambiare ma il mio corpo
è così debole e ho così bisogno di
piangere che non riesco a trattenermi. Dovrei consolare lui, e invece,
crollo come una bambina.
«
Mi dispiace tanto.... Non doveva succedere ma la colpa non è
tua. Non potevi sapere che la macchina... avrebbe sbandato... non
potevi saperlo... » Mi accarezza la schiena mentre svuoto
tutte le mie lacrime sulla sua spalla.
Mi avvolge tra le sue braccia e lascia che mi sfoghi. Non meritava
tutto questo dolore, nessuno dovrebbe sopportare una cosa del genere.
Mi allontano tirando su con il naso asciugandomi le guance bagnate.
«
Tutto bene? » Mi guarda preoccupato. Annuisco visibilmente
scossa. La sua storia mi ha davvero colpito nel profondo ma finalmente
ha scoperto le carte e si sta facendo conoscere da me.
«
Credo di sì. Grazie per avermi raccontato il tuo segreto e
posso assicurarti che loro vivranno sempre dentro di te. Sei una bella
persona Devon e meriti la felicità, anche se hai smesso di
crederci. » Sorride leggermente scuotendo la testa.
«
Forse sì... non lo so. Ora dormi un altro pochino.
» Mi sistema i cuscini e mi aiuta a stendermi. «
Solo una domanda. Mi hai raccontato di tua madre ma tuo
padre..?» Sapevo che prima o poi me l'avrebbe chiesto ed
è giusto che condivida con lui quest'informazione.
«
Non ci parliamo più dalla morte di mia madre. È
come se fosse morto anche lui.» Faccio spallucce mentre mi
guarda per poi accarezzarmi i capelli.
«
Va bene, ora a nanna...» Si siede accanto a me continuando a
muovere le dita tra i miei capelli facendomi scivolare lentamente in un
sonno profondo.
Devon's
pov
Le
ho raccontato tutto, le ho aperto il mio cuore riversandole addosso il
mio dolore. Adesso conosce tutta la storia e non mi sono mai sentito
più sollevato di così. So di averla sconvolta ma
voleva conoscere e ora sa.
Devo ammettere che all'inizio l'ho allontanata ingiustamente a causa
del suo nome. Non potevo credere di aver incontrato un'altra Ella e a
primo impatto mi sono spaventato. Il destino mi ha giocato un brutto
tiro e ha continuato a sbattermi in faccia la realtà quando
me la sono ritrovata nel mio studio.
Aspetto che si addormenti prima di lasciare la stanza. Sono
così stanco che sono crollato accanto a lei prima.
Dopo tre giorni ha finalmente aperto gli occhi ed è una
gioia vederla parlare con me ed i suoi amici.
Mi passo una mano tra i capelli mentre mi apposto fuori la sua stanza
vedendo tornare Richard e Audrey.
«
Tutto bene? »
«
Sì, sta riposando. Appena si sveglia le ripetiamo tutti gli
esami e vi potrò dire con certezza come sta. »
Annuiscono e Richard mi fa un cenno con lo sguardo.
«
Tesoro puoi scusarci un attimo? » Si rivolge ad Audrey che
annuisce e ci lascia da soli.
« Che c'è? »
« Le hai detto tutto? »
« Sì. Sa tutto. Sa di Gabriella e Cassie, tutto.
» Mi guarda meravigliato e mi da una pacca sulla spalla.
« Hai fatto bene, Dev. Meritava di sapere. Come ti senti?
»
« Mentalmente non te lo so dire ma sono veramente
stanco...»
« Ti credo, non dormi da tre giorni. Ora sta bene dovresti
riposare...»
«
No, farò una pausa ma non posso andarmene. Voi non potete
restare la notte perciò ha bisogno di me. »
Sospira ma alla fine annuisce.
« Va bene testone. »
« Andiamo a prendere un caffè? »
« Volentieri. » E ci allontaniamo dalla stanza per
recarci al bar.
———————-
Dopo
tre giorni, riesco finalmente a mangiare qualcosa che non sia uno snack
e a bere qualcosa di diverso dal caffè. Il mio stomaco si
è un po' sbloccato e la fame è tornata. Buon
segno.
Ella dovrebbe essere con Sebastian e Ashley perciò resto un
altro po' con Clarissa che non è tornata più a
Milano ma ha deciso di restare qui finché Ella non si
sarà ripresa. Mi è stata molto d'aiuto in questi
giorni e si è assicurata che avessi sempre vestiti puliti e
qualcosa da mangiare durante la reclusione nella terapia intensiva.
«
Sono felice che stia meglio. Se l'è vista davvero
brutta...» Sospira prendendo una forchettata della sua
insalata.
«
Sì, è vero... Non me lo sarei mai perdonato.
Questa volta ero presente e non avrei permesso che morisse tra le mie
braccia. » Mi guarda malinconica. Lei è stata la
prima persona che ho chiamato appena saputo dell'incidente di Gabriella
e Cassie. Ha visto il peggio di me, il momento esatto in cui sono
crollato e mi ha aiutato ad andare avanti.
«
Non è stata colpa tua neanche allora... lo sai.»
«
Ho raccontato tutto ad Ella. » Mi guarda sorpresa restando
con la forchetta a mezz'aria. Sa che non amo parlare di quest'argomento
con altri.
«
Ah... Hai fatto bene. Doveva saperlo. Come l'ha presa il chiamarsi come
tua moglie defunta..? »
« Ci è rimasta parecchio, ovviamente. »
« Beh, come biasimarla...»
Lasciamo cadere l'argomento e terminiamo il pranzo senza ulteriori
indugi. La saluto subito dopo e decido di fare il giro dei miei altri
pazienti prima di tornare da Ella. Sebastian e Ashley sono andati via
con Audrey. C'è solo Richard seduto sulle sedie riservate ai
familiari dei pazienti.
«
Ehi! Non sei dentro? »
«
Beh, c'è qualcun altro. » Corrugo la fronte
sospettoso e mi affaccio al vetro per constatare chi sia questo qualcun
altro. È un ragazzo all'incirca della sua età,
alto e di bell'aspetto. È vestito in modo casual e sta
facendo ridere a crepapelle Ella. Ma chi è quest'individuo?!
«
Chi è quello? » Rick si alza e mi raggiunge
davanti al vetro che da sulla stanza.
«
Non ne ho idea. Forse un amico o un ex fidanzato. Chi può
saperlo! » Fa spallucce ed io lo trucido con lo sguardo.
«
Non può restare lì dentro senza il mio permesso.
» Affermo senza rendermene effettivamente conto. Il modo in
cui Ella ride alle sue parole m'irrita e non poco.
Richard mi guarda e poi scoppia a ridere. Cosa ci trova di divertente?!
«
Devon! Oh mio dio! Non dirmi che sei geloso!» Esclama neanche
fosse una ragazzina in preda all'euforia.
«
Assolutamente no. Ma non possono entrare cani e porci in terapia
intensiva. » Ma a chi voglio darla a bere?
«
Certo, continua a raccontarti queste fandonie se ti fanno dormire
meglio la notte.» Ridacchia scuotendo ancora la testa. Si
diverte proprio...
«
Taci che è meglio. Io vado a sbatterlo fuori...»
Muovo un passo ma il mio amico mi ferma.
«
Aspetta un attimo. Non ti dice niente questo tuo comportamento?
Perché non ammetti che ti da fastidio e basta? »
Mi fa il suo solito ghigno malizioso. Lo odio.
«
Va bene, lo ammetto! Ora lasciami andare..» Allenta la presa
e mi sorride.
«
Certo, mi godrò lo spettacolo da qui! » Alzo gli
occhi al cielo ed entro rumorosamente nella stanza.
Ella mi saluta con la mano e interrompe il tizio che straparla da
almeno cinque minuti.
«
Mi dispiace ma lei non può stare qui. Sono ammessi solo
familiari e amici intimi perciò può andare.
» Gli indico la porta con lo sguardo ed entrambi mi guardano
perplessi. Il simpaticone non si perde d'animo, però.
«
Oh tu devi essere Devon! Piacere di conoscerti! » Mi allunga
una mano che non ho intenzione di stringere.
«
Dottor Reinfield per lei e credo che non mi abbia capito. Deve
andarsene immediatamente da questa stanza. » Sento lo sguardo
di Richard che si prende gioco di me da lontano. Bastardo.
«
Devon la smetti? È un mio caro amico d'infanzia ed
è venuto a posta a New York per sapere come sto. Ti presento
Derek. » Sbuffo alzando gli occhi al cielo e gli afferro
riluttante la mano per salutarlo. Che idiota...
«
Avevi ragione Ella! Intimorisce davvero con quello sguardo di ghiaccio.
» Ella spalanca la bocca e lo tira per una manica.
« Ora basta, stai parlando troppo...»
«
Bene, esca che la devo visitare...» Metto fine a questo
teatrino e Derek si allontana dal letto e viene nella mia direzione
dandomi una pacca sulla spalla. Se mi tocca un'altra volta, gli pianto
un bisturi nella giugulare.
«
Grazie per aver salvato Ella, amico! » Mi fa l'occhiolino e
poi manda un bacio alla ragazza che scuote la testa. Finalmente ci
lascia da soli. Che palla al piede.
«
Dammi il braccio, ti devo prelevare un po' di sangue. » Le
dico freddamente e lei mi passa il braccio che non ha la flebo mentre
mi osserva impensierita.
« Cosa c'è? » Le chiedo senza alzare lo
sguardo su di lei e prendendo l'occorrente per il prelievo.
«
Niente... Anzi una cosa c'è. Perché hai mandato
via Derek? Il prelievo potevi farmelo anche in sua
presenza...» Sbuffo e le inserisco l'ago nella vena riempendo
un paio di provette di sangue.
«
Devi riposare, non può stare qui a darti fastidio...
» Alza gli occhi al cielo ed io l'ammonisco con lo sguardo.
Sbuffa comunque.
« Non sbuffare con me. » Le metto il cerotto e
appoggio le provette nella bustina in modo che un'infermiera le porti
in laboratorio.
«
Sei stato scortese. »
« È ciò che mi riesce meglio.
» Faccio spallucce e lei si scosta le lenzuola facendo
penzolare i piedi fuori dal letto.
« Non è vero.»
« Che stai facendo? »
« Mi alzo, sono stufa di stare a letto. »
Un'espressione dolorante si dipinge sul suo volto. È la
ferita all'addome sicuramente.
«Non ti puoi alzare. » Mi avvicino.
« Eddai, fammi fare due passi...»
«
Non se ne parla...» Non mi ascolta e poggia i piedi a terra
provando a stare in posizione eretta. Si appoggia al carrellino della
flebo e fa un passettino.
«
Visto? Posso farlo. » Neanche il tempo di un altro passo che
le tremano le gambe. L'afferro in tempo mettendole un braccio dietro la
schiena sapendo perfettamente che sarebbe successo.
Impreca a bassa voce e non so perché, mi fa sorridere.
«
Okay un punto per te dottore...» Si abbandona tra le mie
braccia così che possa rimetterla a letto.
Le sistemo le gambe e la copro a metà con il lenzuolo.
Poggio le mani ai lati del suo corpo premendole sul materasso per
guardarla negli occhi.
«
Basta fare sciocchezze, mh? » Alza gli occhi al cielo ma
annuisce.
« D'accordo... Puoi far tornare Derek? Vorrei salutarlo prima
che vada via...» Che avrà di speciale questo
Derek?!
Mi soffermo a guardarla prima di risponderle. Il livido sulla guancia
si sta sgonfiando ed è meno rosso.
«
Se proprio insisti...» Prima devo controllarle la ferita
all'addome in ogni caso. Senza preavviso le alzo il camice che indossa
e lei mi trucida con lo sguardo.
« Ehi! Che stai facendo? »
« Sta tranquilla, devo vedere la ferita. Non c'è
niente che non abbia già visto comunque. » Le
faccio l'occhiolino e lei si sporge per guardare.
«
Resta stesa per l'amor del cielo! » Sbuffa e si imbroncia.
« Sei un dottore insopportabile te l'hanno mai detto??
»
« E tu sei tutto tranne che paziente! » Cerca di
mantenere un'espressione imbronciata ma ridacchia sotto i baffi facendo
ridere anche me di riflesso.
« Adesso sta buona per favore...»
«
Se l'hai chiesto per favore...» Sorride e sta ferma
così che possa mettermi i guanti e tastarle l'addome. Si
trattiene dal lamentarsi per il dolore mordendosi il labbro.
«
Ho fatto. Non ci sono infezioni per fortuna. » Le cambio la
medicazione e la copro. « Vado a chiamare Mr Simpatia
però devi dormire appena va via. »
«
Va bene, grazie dottore. » Mi prende in giro e si sistema il
lenzuolo per coprirsi meglio.
«
Ti tengo d'occhio. » Esco dalla sua stanza e cerco con lo
sguardo quell'idiota del suo amico ma non lo vedo.
Mi volto verso l'ascensore e ne escono Richard e l'amico di Ella che
ridono e scherzano come se si conoscessero da anni. Ma che diavolo...
Tossisco per attirare la loro attenzione.
«
Ella ha chiesto di lei...» Mi rivolgo a Derek in modo
disprezzante. Non mi sta per niente simpatico.
«
Ah vado subito! Quando può uscire dall'ospedale? Vorrei
portarla un po' in giro appena si riprende. »
«
Assolutamente no. È ancora debole ed è stata
operata da poco. Ci vorrà tempo prima che la dimetta e di
certo non la lascio andare in giro dopo quest'incidente con una persona
a caso.» Sia Richard sia Derek mi rivolgono lo sguardo. Il
primo divertito e il secondo confuso.
«
Ah... Va bene. Vado a salutarla allora..» Finalmente ha
capito l'antifona e va da Ella. Lo richiamo prima che entri.
«
Aspetti. Si ricordi di non toccarla, non avvicinarsi troppo e
soprattutto di non farla alzare dal letto. Se scopro che ha fatto una
di queste cose le prometto che non metterà più
piede in quest'ospedale.» Un ghigno divertito si fa largo sul
mio viso alla sua espressione terrorizzata. Annuisce e scompare dalla
mia vista.
«
Sei stato crudele. » Mi prende in giro Richard dandomi una
pacca sulla spalla.
« Non è vero...»
« L'hai spaventato a morte. La parte del fidanzato geloso ti
riesce bene, peccato che tu non sia nulla...» Mi deride
divertito da questa situazione che si è creata.
« Chiudi quella boccaccia...» Guardo oltre il vetro
per assicurarmi che Derek abbia compreso le mie parole e lo colgo in
flagrante proprio mentre posa un bacio sulla fronte di Ella. Non ha
capito un cazzo allora!
Serro pugni e mascella tentato di entrare lì e cacciarlo a
calci nel sedere, ma riesco a darmi un contegno ed evito di fare
scenate nel mio ospedale.
«
Sta a cuccia...» Mi intima Richard con le parole e lo sguardo
intuendo i miei pensieri omicidi.
« Andiamocene da qui. Aspettami giù devo fare una
cosa prima. » Gli dico notando Roxanne che passa per di qua.
« Sbrigati però. » Si allontana
così che possa rincorrere la mia studentessa.
«
Roxanne aspetta! » La fermo nel corridoio sbarrandole la
strada.
« Oh Dottor Reinfield mi dica..» L'ho colta di
sorpresa.
« Devi farmi un favore. » Mi guarda perplessa ma
annuisce.
« Mi dica tutto. »
« Devi restare qui fuori e controllare che quel tizio con
Ella non resti con lei per più di dieci minuti. Se supera il
termine, entra e caccialo con gentilezza o inventati qualcosa. Intesi?
» Mi guarda confusa e leggermente a bocca aperta. Che cosa ho
detto di strano?
«
Vuole che stalkeri la paziente affinché non resti sola con
quell'uomo per più di dieci minuti? Sicuro di sentirsi bene
dottore? »
«
Sto benissimo e fa' come ti ho chiesto! Prendilo come un compito da
portare a termine se preferisci. » Sbuffo e lei annuisce
ancora più perplessa.
« Va bene...» Finalmente. Queste donne sono davvero
impossibili.
Posso quindi raggiungere Richard al bar.
«
Amico devo proprio dirtelo perché sei cieco e qualcuno deve
levarti i cetrioli dagli occhi, squarciare il velo di Maia o come tu
voglia chiamarlo. » Mi prende per le spalle appena arrivo,
puntando i suoi occhi nocciola nei miei grigi.
«
Sei stato giorno e notte al capezzale di Ella dopo l'incidente temendo
che non ce la facesse e che ti lasciasse. Non ti ho mai visto stare
così male da quella notte di un anno e mezzo e fa. Ti da sui
nervi quel ragazzo gentile che ha semplicemente parlato con lei. Non ti
dice niente tutto ciò? Ti prego fai due più due!
»
Lo guardo senza dire niente. Non provo qualcosa per Ella, non posso
permettermelo né per lei né per me.
«
Richard... dai. »
« No! Tu devi andare avanti e devi concederle una chance, se
la merita. L'hai data a quella decerebrata di Summer! Smettila di
negarti la possibilità di essere felice! Se la tua paura
è di dimenticarle, non accadrà lo sai tu e lo so
io. »
«
Non è questo! Lo sai che mi sento in colpa per la loro morte
ma non è solo questo! Mi sento in colpa nel vivere la mia
vita senza di loro, di andare avanti ed essere felice sapendo che loro
non ci sono più e non possono più farlo!
» Finalmente l'ho ammesso. Non ce la facevo più a
tenermi tutto dentro...
Prendo dei grossi respiri e abbasso lo sguardo sul pavimento per
calmarmi. Non è il luogo per esplodere.
Richard mi guarda e inaspettatamente mi abbraccia. L'ho sconvolto
peggio di quanto immaginassi...
«
Okay... Ho capito, ma non puoi comunque negarti tutto. Tu sei vivo e
proprio perché loro non ci sono più, dovresti
approfittare del fatto che tu sia qui e andare avanti. Loro non
vorrebbero vederti così...» Inspiro ed espiro
bruscamente chiudendo gli occhi alle sue parole.
«
L'ultima cosa che ho detto a Gabriella... è stata.. "Puoi
anche non tornare più, non mi importa", e non è
più tornata per davvero... Non lo pensavo, non volevo dirlo.
Ero solo arrabbiato per la situazione e poi sono morte, mi hanno
lasciato da solo in questo mondo pieno di odio. »
Non mi perdonerò mai per aver detto una cosa simile alla
donna che amavo. Non ho avuto l'occasione di dirle addio e di farle
sapere quanto tenessi a lei e a nostra figlia. È andata via
sapendo che non mi importasse di loro ma non era così...
«
Devon coraggio... Eri arrabbiato, lei sapeva quanto le volessi bene ed
era lo stesso per lei. Vi amavate ed eravate una famiglia
bellissima.» Ha ragione, era la vita perfetta che tutti
avrebbero desiderato.
Mi rialzo e lo guardo comprensivo e grato per il suo aiuto. Ha ragione,
basta lacrime, basta dolore e basta piangere sul latte versato. Le mie
donne sono e saranno per sempre custodite in una parte del mio cuore
spezzato ma ciò non vuol dire che non ci sia posto per
qualcun altro.
Devo solo avere il coraggio di rischiare ancora.
Angolo
autrice:
Buon pomeriggio cari lettori! Eccoci con uno dei capitoli
più importanti della storia dove vediamo finalmente Ella
svegliarsi. Che cosa ne pensate del segreto di Devon? Ve lo
aspettavate?
Spero vi sia piaciuto perché siamo al terzultimo prima della
fine.
Alla prossima settimana!
Kisses.
|
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Capitolo 42 *** Capitolo 39 ***
Ella's
pov
Sono
passate due settimane e finalmente hanno acconsentito a dimettermi da
quest'ospedale che oramai è diventato come la mia seconda
casa. Conosco tutti gli infermieri e i medici del piano e anche tutti i
gossip che girano in questo reparto. Ma continuo a non sopportare
quest'odore di disinfettante che si respira in giro.
I miei amici non mi hanno lasciata sola un attimo e sono felice che
tengano tanto a me, ma da un lato, mi sento in colpa per aver
scompigliato loro i piani per farmi da babysitter. Continuano a
ripetermi che lo fanno con piacere ricordandomi che sono quasi morta.
Do un'occhiata fuori la finestra e il sole splende alto nel cielo.
È una bellissima giornata, adatta per disegnare al parco ma
Devon non me lo permetterebbe mai. Ha detto testualmente: "Devi tornare
a casa e riposare, non andartene a spasso da sola."
È un vero rompiscatole quando ci si mette. Ha cacciato Derek
dalla mia stanza! Quel poveretto era terrorizzato e mi ha chiesto
più volte cosa ci trovassi di speciale in lui. Beh a volte
me lo chiedo anche io, ma poi penso ai suoi occhi di ghiaccio
così intensi e carichi che ti sciolgono con un solo sguardo.
Ne ha passate troppe nella vita e ancora non ho metabolizzato appieno
tutto ciò che abbiamo affrontato. La morte della sua
famiglia, la moglie che aveva il mio nome... Mi ha lasciato davvero di
stucco questa rivelazione, più di quanto immaginassi. Mi
sento quasi in colpa nel dovergliela ricordare sempre con la mia
presenza, ma non potevamo saperlo. Quel tombino ha causato tutto
questo. Che ironia della sorte, davvero.
«
Buongiorno Ella! Come stai oggi? » La voce di Roxanne mi
distrae da questi pensieri e distolgo lo sguardo dalla finestra per
guardarla.
«
Ehi, sto bene grazie. » Le sorrido e lei si avvicina per
controllarmi la ferita all'addome. È ancora piuttosto fresca
e necessita di medicazioni ancora per un po'.
«
Sei contenta di tornare a casa? »
« Certo. Senza offesa, ma non ce la faccio più a
vedervi ogni giorno!» Ridacchia con me e mi fascia per bene.
« Hai ragione, è ora di tornare alla solita
routine. » Mi fa l'occhiolino e mi controlla anche la
pressione e il cuore. Ormai sono diventata un'esperta.
«
Bene, è tutto a posto. Direi che puoi andare ma ovviamente
aspettiamo il dottor Reinfield.» Mi lancia un'occhiata di chi
la sa lunga ed io alzo gli occhi al cielo. Non sia mai che sia
scavalcato dai suoi specializzandi.
«
Sta arrivando. » L'avviso e un attimo dopo, fa il suo
ingresso trionfale.
«
Ella, Roxanne buongiorno. » La studentessa gli fa un cenno
con la testa ed esce dalla stanza senza dire altro. Ormai ha capito
anche lei l'antifona.
«
Torni mai a casa a dormire? Inizio a pensare che tu viva segretamente
qui. » Sorride e si avvicina per sedersi sul bordo del letto.
«
Noto con piacere che stai molto meglio. Comunque sono appena arrivato.
» Si alza dal letto ed io faccio lo stesso. Finalmente posso
sgranchirmi un po' le gambe. Mi porge le mani che afferro e facciamo
due passi in tondo. Mi sento finalmente bene.
«
Posso andare a casa ora? »
« Certo. Ti firmo le dimissioni. » Afferra la mia
cartella e la firma.
« Audrey sarà qui a breve. » Gli dico e
mi volto verso la finestra. Sembra una vita che non esco all'aria
aperta. Posso sentire il calore che mi accarezza la pelle attraverso il
vetro.
« Lo so, Richard mi ha chiamato poco fa.» Annuisco
e aspettiamo insieme l'arrivo della mia amica. Stiamo chiacchierando a
proposito di cosa devo e non devo fare una volta tornata alla vita
normale, quando la modella arriva di corsa.
«
Eccomi! Non è suonata la sveglia, scusatemi...» Mi
sento ancora più in colpa.
«
Non scusarti. » Le sorrido e lei si avvicina per
abbracciarmi. Da quando ho avuto quel piccolo incidente, non perde
occasione per farlo ogni volta che può. È troppo
tenera, come farei senza di lei?
«
Ti ho portato il cambio. » Mi porge il borsone che afferro e
trascino in bagno.
Vediamo cosa mi ha portato di bello. Una maglia rossa a giro maniche e
dei pantaloni bianchi con le mie amate converse. Si vede che mi conosce
bene!
Mi svesto del camice e credo che sia la prima volta che mi soffermo a
guardarmi allo specchio. Ho qualche livido sull'addome e all'altezza
dello sterno, al lato destro. La fasciatura copre la zona sotto lo
stomaco fino all'ombelico. Il viso sta molto meglio e non si vedono
quasi più gli ematomi che mi hanno detto avessi su guancia e
mento.
Mi sistemo la frangia e mi pettino i capelli per dar loro una parvenza
di decenza, ma tanto li laverò appena arrivata a casa.
«
Sono pronta possiamo andare. » Sorrido ad entrambi che mi
guardano entusiasti.
« Sei splendida...» Audrey quasi si commuove
abbracciandomi e prendendo il borsone al posto mio.
«
Fate le brave mi raccomando.» Ci intima Devon e ci accompagna
in accettazione per firmare altri moduli.
«
Grazie di tutto. » Audrey gli si lancia tra le braccia tanto
che il dottore stenta a restare in piedi. Le accarezza la schiena
sorridendo.
È il mio turno di salutarlo. Mi avvicino e lui allarga le
braccia così che possa stringerlo.
«
Ti aspetto in macchina. » Annuncia Audrey lasciandoci da soli
davanti al bancone dell'accettazione.
«
Dovresti essere arrabbiato con me per un milione di motivi, e invece,
mi salvi sempre la vita in un modo o nell'altro. Grazie per esserti
preso cura di me in questi lunghissimi giorni, anche se hai cacciato
via il mio amico senza motivo e per avermi costretta a stare a letto
anche se volevo alzarmi e camminare. » Ridacchia
solleticandomi la guancia con la leggera barba che ha lasciato sul viso.
«
Non ringraziarmi. Grazie a te per essere viva.» Aggrotto la
fronte perplessa e mi stacco da quest'abbraccio. Mi hanno detto quanto
si fosse preoccupato per il mio incidente e quanto si sentisse in
colpa, anche se non c'entra nulla con la mia sbadataggine.
Sono delle parole tanto forti quanto belle. Mi ha sorpresa.
«
Ora vado...» Annuisce e aspetta che varchi definitivamente la
soglia del Lennox Hill Hospital.
Finalmente aria pura!
Chiudo gli occhi e mi godo questa sensazione di libertà
finché dura. Non vedo l'ora di tornare a casa e farmi una
lunghissima doccia rilassante per lavarmi via tutta questa faccenda.
————————
Non
impieghiamo troppo per tornare a casa e nella mia mente immagino
già di essere sotto il getto di acqua rigenerante.
«
Eccoci qui, andiamo. » Mi prende il borsone dalle mani e
insieme saliamo fino al nostro appartamento. Mi sembra un secolo che
non ci metto piede... mi è mancato!
Apre la porta e dopo aver compiuto un paio di passi, tutti i miei amici
saltano fuori urlando all'unisono "bentornata a casa!" Oddio, sono
tutti qui per me...
Come ho fatto a credere che non mi volessero bene? Sono gli amici
migliori del mondo e sono tutti qui: Ashley, Sebastian, Richard, Derek
e persino Clarissa.
Mi lancio tra le loro braccia e diventa così un abbraccio di
gruppo. Ora mi sento finalmente a casa.
«
Oh ragazzi, grazie per essere qui... » Sebastian quasi si
commuove, wow, e mi stringe ancora per un po'.
La mia doccia dovrà aspettare!
Ridiamo e scherziamo insieme, hanno organizzato anche un piccolo buffet
che però non posso gustare appieno per via dell'operazione
all'addome. Mi hanno suggerito di andarci piano con il cibo ancora per
un periodo e di reintegrare gli alimenti lentamente.
Mi avvicino a Richard mentre gli altri ridono a crepapelle per qualcosa
detta da Derek. Sa essere un vero pagliaccio quando vuole.
«
Ehi... ti trovo bene. » Mi sorride afferrando una tartina al
salmone dal piattino alle nostre spalle.
«
Sto molto meglio. Tu come stai? » Da un morso alla tartina
per prendere tempo.
« Bene... Quando ti sarai ripresa del tutto, ti devo parlare
di una cosa. » Aggrotto le sopracciglia.
« Qualcosa di grave..? »
« No, non preoccuparti adesso. » Mi da una carezza
sulla spalla ed io lascio perdere. Quando vorrà, mi
renderà partecipe dei suoi pensieri.
Mi appoggio al bancone e Richard si allunga per lasciarmi un bacio
sulla tempia per poi tornare da Audrey. Lo osservo mentre la raggiunge
e le cinge i fianchi da dietro per poi baciarle la guancia. Sorrido
istintivamente, sono molto teneri e riempiono il cuore di gioia solo a
guardarli. Distolgo lo sguardo solamente per sorridere a Bas che viene
da me.
Mi hanno raccontato di come abbia aggredito Devon quando ero ancora in
coma dandogli la colpa dell'accaduto. Mi sono arrabbiata con lui
perché non avrebbe dovuto agire come ha fatto, ma poi mi ha
spiegato e ci siamo chiariti, se così si può dire.
«
Ellina, mi piacciono molto questi pantaloni. Non li hai mai messi
prima? » Scuoto la testa, forse è per questo che
Audrey me li ha portati.
«
In effetti no! Li metterò da oggi in poi...»
Sorride e mi passa un braccio intorno ai fianchi.
« Mi sei mancata...»
« Anche tu..» Appoggio la testa sulla sua spalla e
restiamo un po' così intromettendoci di tanto in tanto nei
discorsi altrui per finire sempre con il ridere per qualche sciocchezza
detta da Derek o Ashley. Sono impossibili insieme!
Dopo qualche ora, decidono di lasciarmi riposare e quindi vanno via
tutti.
«
Ci vediamo presto ragazzi...» Li saluto uno alla volta.
Quando è il turno di Derek mi domando per quanto
resterà in città così glielo chiedo.
« Devo tornare in ospedale prima di rivederti?» Si
imbroncia e mi avvolge in un abbraccio spezza ossa.
«
Certo che no, devo rientrare in patria ma ci rivedremo presto,
promesso. » Mi bacia una guancia ed esce insieme agli altri.
Anche Clarissa è stata gentilissima e mi ha confidato che ha
ritardato la sua partenza per me ma che domani tornerà in
Europa finalmente.
«
Audrey grazie per questa festa... so che c'eri tu dietro. »
Mi sorride entusiasta battendo le mani.
«
Sì è vero, perché negarlo? »
Scoppia a ridere ed io con lei. « Ora credo che dovresti
riposare...» Annuisco e ci abbracciamo prima che vada nella
mia stanza. Sono intenzionata a farmi la famosa doccia ma crollo come
una bambina svegliandomi qualche ora più tardi. Cavolo solo
già le cinque del pomeriggio, come vola il tempo.
Mi stropiccio gli occhi con il dorso della mano sbadigliando
rumorosamente. Mi sento molto più riposata ora.
Mi alzo lentamente dal letto cercando di non comprimere troppo la
ferita e infilo le pantofole. Mi reco nel bagno e accendo la luce
pigiando il bottone alla mia destra. È tutto in ordine come
l'ho lasciato due settimane fa.
Apro il getto d'acqua calda regolandolo in modo che non sia bollente e
inizio a svestirmi. Non sono sicura di dover levare la medicazione
perciò decido di cambiarla una volta fuori dalla doccia.
Sciolgo i capelli legati in una coda alta e sono finalmente dentro al
box.
Non c'è niente di più rigenerante di una doccia
calda. Sento i muscoli rilassarsi man mano che il getto mi scalda la
pelle e dimentico ciò che ho passato. Paradossalmente non so
cosa mi ha fatto stare peggio. È difficile digerire tutte le
informazioni che ho ottenuto in questi giorni e credo di non aver
metabolizzato tutto.
L'unica cosa certa è che non voglio più tacere.
Ho aspettato anche troppo e sono quasi morta. Devo dire a Devon cosa
provo per lui ma non potevo farlo in ospedale, non dopo avermi
raccontato la sua straziante storia, ma devo farlo al più
presto.
Non mi interessa se intende ricambiare il sentimento oppure no, ma deve
saperlo a tutti i costi. Non voglio commettere il suo stesso errore e
pentirmi di essere stata in silenzio quando avevo l'occasione di
parlare. Mai rimandare a domani quello che puoi fare oggi. In ogni caso
dovrò avere ancora pazienza, il tempo di rimettermi
completamente.
Chiudo il rubinetto e prendo l'asciugamano che avevo appeso
precedentemente in alto avvolgendolo intorno al mio corpo bagnato. Apro
l'anta scorrevole della doccia strizzandomi i capelli e metto un piede
fuori dal box.
«
Oh mio dio! » Per poco non mi viene un infarto. Mi premo
l'asciugamano addosso mentre osservo ad occhi spalancati la figura di
Devon appoggiato allo stipite della porta del mio bagno. È
per caso impazzito??
«
Che stai facendo nel mio bagno?? » Sogghigna divertito,
probabilmente per la mia espressione sconcertata, passandosi una mano
tra i capelli folti.
«
Ho saputo che c'è stata una festicciola di bentornato. Me la
sono persa...» Che razza di giustificazione é
questa?!
«
Sì, c'è stata, ma non ti giustifica a piombare
nel mio bagno come se fosse la cosa più normale del mondo.
» Fa spallucce e mi sorride beffardo.
«
Mi ha aperto Audrey. »
« E che cosa sei venuto a fare? » Faccio qualche
passo nella sua direzione mantenendomi l'asciugamano per evitare un
incidente imbarazzante.
«
Per vedere come stai. »
« Potevi chiamare...» Alzo gli occhi al cielo ma in
realtà mi lusinga che sia venuto fin qui solo per me.
« Volevo constatare di persona. »
« Mi hai vista stamattina...» Gli sorrido e prendo
il pettine per darmi una spazzolata ai capelli bagnati.
«
Sì, ma sai meglio di me che non possiamo dare nulla per
scontato. » Mi volto ed incontro il suo sguardo di ghiaccio
che mi trafigge in pieno. Capisco perfettamente a cosa si sta riferendo
e posso capirlo ora. Annuisco e lo raggiungo sulla soglia della porta.
«
Dovrei vestirmi se non ti dispiace...»
« No, fai pure. » Pronuncia con nonchalance
facendomi sbuffare. « Mi devo girare o...»
« Vai via! » Rido mentre lo caccio dalla stanza e
mi chiudo dentro.
In un'altra occasione le cose sarebbero potute andare diversamente ma
ora non è né luogo né momento giusto.
Faccio scivolare l'asciugamano sul pavimento e osservo la fasciatura
ormai fradicia sull'addome. Immagino di doverla cambiare...
Infilo l'intimo ed un paio di pantaloni e una T-shirt a caso nel mentre
recupero l'occorrente per cambiare la medicazione. Lascio i capelli
ancora umidi sciolti sulle spalle ed esco dal bagno.
Mi guardo intorno e scorgo Devon camminare avanti ed indietro nel
corridoio soffermandosi di tanto in tanto sui diversi quadri appesi
alle pareti. È assorto nei suoi pensieri ma si riscuote non
appena si accorge della mia presenza.
Gli mostro le garze ed il disinfettante. Dato che è qui,
può rendersi utile almeno.
«
Vedi che ti servo? » Sorride e mi prende la roba dalle mani.
Lo faccio accomodare in camera mia chiudendo poi la porta alle mie
spalle. Si prende un attimo per osservarla prima di farmi cenno di
stendermi sul letto. Pensandoci è la prima volta che gli
mostro la mia camera da letto. Mi stendo mettendomi un cuscino sotto la
testa e lo guardo dal basso. È di nuovo assente. Sto per
chiedergli cosa c'è che non va, quando si riscuote e mi
solleva delicatamente la maglia per scoprire la ferita.
Con calma leva la benda precedente e mi pulisce la ferita con
attenzione. Cerco di immaginarmelo mentre opera, ma mi viene alla mente
la visione di lui che mi apre l'addome, perciò scaccio via
tutto sbattendo le palpebre un paio di volte.
Il taglio tira ancora parecchio e cerco con tutta me stessa di non
muovermi e di non urlare dal dolore.
«
Ho finito. » Mette della nuova garza e mi tira giù
la maglia sedendosi poi sul letto accanto a me. Grazie al cielo la
tortura è finita.
«
Grazie, sei stato indispensabile. » Lo prendo in giro
sorridendogli e mettendomi meglio sul letto in modo da poterlo guardare.
«
Nessuno lo è in realtà, ma apprezzo che tu lo
abbia detto. » Alzo gli occhi al cielo per le sue parole come
sempre tutt'altro che positive. Mi tiro su a sedere ma sono troppo
stanca così sono costretta a stendermi nuovamente. Devon
sposta prontamente le lenzuola alzandosi per darmi lo spazio necessario
per coprirmi.
«
Non devi tornare a casa? Dovresti riposare un po' » Mi
sorride scuotendo la testa, come se non fosse importante.
« Sto bene, tu devi riposare. »
« Dai... vieni qua. » Gli faccio posto accanto a me
sistemando meglio il cuscino. Esita per qualche secondo ma poi si
lascia andare e si stende accanto a me infilandosi sotto le coperte.
È strana questa situazione tra di noi. Credevo che la storia
della lettera ci avrebbe separato, invece, l'incidente ci ha
riavvicinati in un modo che non avrei creduto possibile.
Non so ancora bene come comportarmi dopo ciò che mi ha detto
sulla sua famiglia.
Mi appoggio al suo petto sentendo il suo braccio muscoloso cingermi le
spalle per farmi stare più comoda. È
così piacevole stare tra le sue braccia. Nonostante tutto
ciò che è successo, mi sento protetta con lui
accanto. In fondo mi salva sempre la vita...
«
Ho visto mia madre... quand'ero in coma. »
Devon's
pov
Non
avrei mai pensato che le cose potessero evolversi in questa maniera non
appena ho sorpreso Ella a leggere la lettera per Cassie. Ero sicuro che
sarebbe diventata un'altra persona da aggiungere nella lista nera, ed
invece, eccoci qui. È appoggiata tranquillamente al mio
petto come se fosse la cosa più naturale del mondo e a me
non dispiace. Ho pensato parecchio alle parole di Richard in queste
settimane e non sono riuscito ad arrivare ad una conclusione. Che Ella
mi piaccia, è ovvio, ma non riesco a lasciarmi andare,
soprattutto dopo averle raccontato la mia storia.
In qualche modo mi sento di aver complicato le cose, ma doveva sapere,
non potevo più nascondere la verità.
Le accarezzo lentamente i capelli irrigidendomi non appena mi dice di
aver visto sua madre durante il coma.
Si stava arrendendo...
«
E cosa ti ha detto? » Le chiedo con un groppo in gola non
essendo sicuro di voler sapere la risposta.
«
Che dovevo tornare indietro... tornare dai miei amici... »
«
Saggio consiglio. » Rifletto su quanto sia strano tutto
ciò. Era davvero così vicina al punto di non
ritorno? La stavo perdendo per davvero? Ancora non me ne capacito.
«
Beh.. per un attimo ho pensato di lasciar perdere tutto... poi ho
capito che non era giusto. » Non le dico niente, la sua
risposta mi paralizza, così la stringo più forte
e lascio che affondi il viso nel mio petto senza dire più
nulla.
Passano i minuti e il silenzio avvolge la stanza ma in senso piacevole.
C'è un'atmosfera calma e rilassata e credo che Ella si sia
addormentata. È ancora debole, perché non sta
mangiando come dovrebbe, ovviamente. L'incidente ha messo a dura prova
il suo fisico oltre che il nostro rapporto già complicato.
Per via della mia tragedia e del suo nome, per tanto tempo non siamo
stati capaci di definire questa strana cosa che c'è fra noi
e credo che sarà così ancora per un po', ma forse
non è un male.
Desidero soltanto che si riprenda e che possa continuare a fare
ciò che più le piace come disegnare e fare dolci.
Le lascio un bacio sulla fronte e cerco di alzarmi senza fare troppo
rumore sperando di non svegliarla. Appoggio delicatamente la sua testa
sul cuscino che va a sostituire il mio petto e le abbasso la maglia che
si era alzata sulla schiena. Ella si muove un po', come se si fosse
accorta del cambiamento di posizione, ma poi torna a dormire tranquilla.
Bene, il mio lavoro qui è finito.
Esco chiudendo piano la porta della sua stanza passandomi una mano tra
i capelli lunghi. I sensi di colpa si fanno ancora sentire nella mia
testa confusa.
Mentre rifletto, m'imbatto in Audrey nel corridoio che mi guarda prima
sorpresa, poi sorridente intuendo subito da dove stia uscendo.
«
Sta dormendo...» Le dico sottovoce e lei annuisce facendo
segno di seguirla nel salotto.
« Vuoi un po' di caffè? Ho anche le ciambelle!
» Esclama e mi trascina in cucina.
« No, grazie sono a posto. »
« Dai assaggiale! Sono buonissime! » E me le piazza
davanti, sotto il naso. Beh tanto non riuscirò a farla
franca con lei, tanto vale sacrificarmi subito. Le sorrido e ne prendo
un pezzetto mentre mi versa del caffè appena fatto.
«
Come sta? »
« Molto meglio però deve stare a riposo per un
po'. La tieni d'occhio da parte mia?»
« Certo Dev! Non la farò stancare, promesso.
» Mi fa l'occhiolino e so che su di lei posso contare.
Restiamo a chiacchierare per un po' e mi racconta come sta andando con
Richard. Io sono ancora sbalordito comunque! Ma contento che abbia
deciso di dare una chance ad Audrey, se la merita.
Siamo nel salotto quando Ella fa la sua comparsa, assonnata e con i
capelli arruffati. Ha la vestaglia indosso e uno sguardo confuso.
«
Mh.. Devon...»
« Sono qui..» Mi alzo perplesso e con me Audrey che
balza sull'attenti.
« Sei ancora qui...» Si avvicina ed io l'accolgo
tra le mia braccia.
« Sì...che c'è? »
«
Niente.. ho fatto un incubo e mi gira la testa, credo...»
Audrey ci guarda ancora più perplessa di prima con la bocca
semi-aperta per la scena.
«
Va tutto bene, era un sogno. Adesso siediti qui che ti controllo la
pressione. » La faccio accomodare sul divano e prendo lo
strumento dalla mia ventiquattrore per assicurarmi che vada tutto
secondo i piani. Audrey mi fa da assistente passandomi gli attrezzi.
«
Ecco fatto, stai alla grande. Non hai nulla che non vada. Sei solo
scossa per l'incubo. » Annuisce e si appoggia allo schienale
del divano sconfitta passandosi le mani sul viso stanco.
Mi piange il cuore perché credo abbia avuto qualche
flashback dell'incidente e mi sento responsabile. Sospiro e mi siedo
sul divano accanto a lei mentre l'amica torna in cucina per lasciarci
da soli.
«
Sono sicura che fossi un bravo marito...» Esclama dopo un po'
facendomi sorridere amaramente. Se lo fossi stato, forse non saremmo
qui ora.
«
L'unica che poteva dirlo è morta, perciò non lo
sapremo mai...» Mi guarda accigliata e vorrei non averlo
detto.
«
Mai dire mai Devon...» Scuoto la testa appoggiandola poi
sulla sua. Meglio lasciar stare certi discorsi per il momento. Aspetto
che cada di nuovo tra le braccia di Morfeo ma non succede.
«
Non vuoi dormire?»
« No.. credo di averlo fatto già
abbastanza...» Sospiro e le sposto la frangia dagli occhi. Mi
fa male vederla così...
« Va bene, niente nanna. Che cosa vuoi fare? »
« Vorrei uscire un po'... posso? » La guardo
dubbioso ma alla fine acconsento.
«
Va bene... Ma ti concedo solo un giro veloce!» Annuisce e la
lascio alzare in piedi per darsi una sistemata. Aspetto nel salotto
mentre aggiorno Audrey sulla situazione dicendole che torneremo presto
e che non deve preoccuparsi. Non permetterei che le accadesse
più nulla.
Quando è pronta, salutiamo insieme la modella e lasciamo la
casa. Spero che la decisione di farla uscire non mi si ritorca contro.
«
Dove vuoi andare di preciso? »
« Al parco. » Annuisco e la porto dove desidera.
Sono le sei del pomeriggio perciò non fa così
caldo, per fortuna.
«
Mi dispiace...» Esordisce all'improvviso voltandosi nella mia
direzione.
« Per cosa? »
« Per tutto. Per averti trascinato qui di
mercoledì pomeriggio, per averti fatto sentire in colpa, per
aver letto la lettera senza permesso e per aver insistito tanto
affinché ti aprissi con me. » Mi fermo in mezzo
alla strada per puntare il mio sguardo nel suo.
«
Ella...È tutto risolto, davvero. Hai sbagliato a leggere la
mia lettera e su questo siamo d'accordo, ma volevo dirtelo proprio quel
giorno. Per me è difficile parlarne a qualcun altro che non
sia la mia famiglia o Richard, ma con te volevo farlo. Mi hai battuto
sul tempo, ma non importa più. Conta solo che tu stia
bene...»
Le ripeto guardandola dolcemente negli occhi. Deve comprendere che non
ce l'ho con lei, ho capito che non l'ha fatto di proposito e poi
è quasi morta per questo! Non voglio più
parlarne, davvero.
Mi guarda risollevata e i suoi occhi si fanno leggermente lucidi
brillando alla luce soffusa del tramonto.
«
Oh... volevi parlarmene.. »
« Sì, ma volevo leggere prima la lettera. Da
quando l'ho scritta, non l'ho mai più riaperta, anzi,
l'avevo lasciata appositamente a Londra..» Annuisce e
riprendiamo a passeggiare nel parco, uno accanto all'altro.
Riusciamo a stare in silenzio senza rovinare l'atmosfera rilassante che
si è creata fra noi. Da quanto tempo non venivo al parco tra
l'altro? Forse troppo.
«
La prossima volta ti faccio un ritratto.» Esordisce Ella
rompendo il silenzio creatosi.
« Vuoi che ti faccia da modello?»
« Sì, potresti metterti in posa e farti
disegnare.» Mi sorride convinta osservando dei bambini che
giocano a palla poco distanti tra noi.
«
Affare fatto solo se poi mi regali il disegno.»
« Va bene. » Mi sorride e torniamo ad immergerci
nella natura finché il mio cellulare non squilla rovinando
tutto di nuovo.
« Scusami, devo rispondere...» Afferro il telefono
e scopro che si tratta di Clarissa. Mi affretto quindi a rispondere
allontanandomi di qualche passo.
«
Devon! Ma che fine hai fatto? Ho chiamato l'ospedale e mi hanno detto
che sei andato via da parecchio. Dove sei? » Esordisce
spaccandomi quasi un timpano con la sua voce stridula.
«
Sì, sono con Ella, infatti. »
« Ah... okay! Sta meglio vero? Stamattina l'ho trovata bene!
» Vero, anche lei è andata al party di bentornato.
Il suo tono, comunque, si è addolcito appena ho nominato
Ella.
«
Sta meglio, sì. In ogni caso non mi sono dimenticato della
tua partenza. Torno fra poco e ti aiuto a fare le valigie e il
resto.»
«
Va bene fratellone! Ti aspetto. » La saluto e terminiamo la
chiamata. Torno dall'artista che sta appunto osservando il panorama
appoggiata alla ringhiera che da su un piccolo stagno.
«
Ti porto a casa? »
« Se proprio dobbiamo. Era tua sorella?» Annuisco
ed Ella si allontana dalla ringhiera per seguirmi fuori dal parco.
« Andiamo..»
« È stata gentile a restare per me ma non
doveva...» Mi dice mentre torniamo verso il suo appartamento.
Vorrei dirle che in realtà è rimasta
più per me e per la mia salute mentale ma decido di lasciar
perdere.
«
Si è affezionata parecchio a te.»
« È lo stesso per me. » Mi risponde e
poi restiamo in silenzio fino a quando non varchiamo la soglia del suo
palazzo.
«
Bene, ricordati di prendere le medicine, di cambiare la medicazione
all'addome e di mangiare leggero. Riposa e vedrai che in poco tempo
starai benissimo. » Le sorrido e poi mi avvicino per
lasciarle un bacio sulla fronte. Lei ricambia il sorriso e annuisce
alle mie istruzioni.
«
Sarà fatto, dottore. » Mi prende in giro ma so che
in fondo le fanno piacere le mie premure.
« Chiamami se hai bisogno. »
« Sì, grazie. Buona serata..» Mi manda
un bacio con la mano e si volta per tornare nel suo appartamento.
Sono
contento di essere passato a trovarla, soprattutto di averla aiutata a
calmarsi dopo l'incubo che l'ha travolta nel sonno. Posso capirla
perfettamente, infatti, nelle ultime settimane sono così
stanco che crollo praticamente subito per poi svegliarmi di soprassalto
durante la notte a causa di tutte le emozioni forti che mi hanno
investito in questo mese.
Mentre torno a casa da Clarissa, mi balza alla mente qualcosa. Richard
che cosa mi doveva dire? Aveva accennato ad una scelta ma poi
c'è stato l'incidente di Ella ed è passato in
secondo piano.
Beh, se non mi ha detto più nulla, forse ha risolto o non
era così urgente come credevo.
Metto da parte questo pensiero e in men che non si dica, la mia
sorellina mi accoglie a braccia spalancate. In fondo dispiace ad
entrambi che debba andarsene.
«
Ehi... Hai già fatto le valigie?»
« Sì! Ci vorrà un jet privato solo per
le mie cose! » Ride alle sue stesse parole e insieme ci
dirigiamo in cucina. Questa sarà realmente la nostra ultima
cena insieme qui a New York e dovrà essere speciale
perciò le comunico che la porterò nel ristorante
migliore della città.
Ci prepariamo per uscire e durante tutto il tragitto che ci separa dal
locale, non faccio che pensare ad Ella e a come stia.
Il terrore che possa sentirsi male o che possa dimenticare qualche
farmaco mi terrorizza ma non posso assillarla.
Mi rendo conto che la situazione mi sta sfuggendo di mano. I miei
pensieri vanno sempre a lei, tutto il giorno, e mi sento sfibrato come
se mancasse un pezzo di me. Questi sentimenti nuovi mi scombussolano a
tal punto da cercare di rinnegarli in tutti i modi possibili fallendo
miseramente. Non a caso sono piombato di nuovo a casa sua oggi...
Cerco di tenere le distanze per non ferirmi e non ferirla soprattutto,
ma è impossibile e mi chiedo se tutto ciò sia
dovuto all'incidente e ai miei sensi di colpa o dal fatto che potrei
provare qualcosa di più per lei. Maledizione...
Proprio mentre rifletto su tutto ciò e giungiamo al
ristorante, la vibrazione del telefono segna l'arrivo di un messaggio.
E' lei.
"Volevo
solamente farti sapere che sto bene, ho preso le medicine, ho cambiato
la medicazione e sono a letto pronta per dormire. Grazie ancora per
oggi.
Buonanotte..."
E
sorrido come non mi capita quasi mai di fare. Se ne accorge perfino
Clarissa che ne approfitta per lanciarmi un'occhiata eloquente alla
quale non intendo rispondere.
"Grazie
per l'aggiornamento. Vedi che quando ti ci metti sai fare la brava
paziente?
Scherzi a parte, vai a nanna.
Buonanotte"
Le
digito in risposta riponendo poi il cellulare in tasca per seguire mia
sorella all'interno.
Questa breve conversazione mi ha risollevato l'umore. Sono contento di
sapere che sta bene, che mi ha scritto per rassicurarmi e che
semplicemente sia viva e vegeta dopo ciò che l'è
successo.
Che cosa sta succedendo a me, invece?
Se non starò attento finirò per cedere al cuore e
sappiamo tutti che è sempre la strada più
difficile e sofferente da affrontare.
Ma se ne valesse la pena questa volta?
Angolo
autrice:
Buon pomeriggio! Ed ecco il penultimo capitolo della storia che spero
vi sia piaciuto.
Finalmente anche Devon sta aprendo gli occhi a proposito dei suoi
sentimenti per Ella. Riusciranno a confessarsi cosa provano l'uno per
l'altro?
Alla prossima settimana per sapere il finale,
Kisses.
|
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Capitolo 43 *** Capitolo 40 ***
Ella's
pov
Osservo
lo schermo del computer ticchettando con le dita sulla tastiera senza
scrivere effettivamente nulla di concreto. Sembrano essere passati anni
da quando mi sono stesa sul divano con il pc addosso. Questa tesi non
vuole essere scritta, niente, non ho ispirazione. Avrei dovuto vedere
il mio relatore due settimane fa ma non ci sono potuta andare per ovvie
ragioni. Sono stufa di stare a casa tutta sola, comunque. Sono cinque
giorni che sono uscita dall'ospedale e inizio a voler fare qualcosa di
più che starmene chiusa nella mia camera senza riuscire a
scrivere neanche una dannata tesi. Di questo passo la laurea si
allontana sempre di più.
Sbuffo infastidita da questa situazione e appoggio il pc sul tavolino
affianco a me abbassando lo schermo. È inutile continuare a
fingere di fare progressi.
Controllo il cellulare per vedere se è arrivato qualche
messaggio, ma nessuno mi ha pensata. Pazienza.
Mi alzo controvoglia e mi trascino in cucina decisa a farmi uno
spuntino. Ormai riesco a mangiare quasi tutto ma decido comunque di
sgranocchiare qualcosa di leggero come un po' di frutta.
Da quando sono tornata a casa, Devon passa tutti i giorni a farmi
compagnia quando Audrey non c'è e quando i turni glielo
permettono. Ho cercato di confessargli i miei sentimenti ma non era mai
il momento giusto! Una volta ci ha interrotti Richard, una volta era
l'ospedale, un'altra ancora non ho avuto il coraggio, così
ho finito per tacere. Non credevo fosse così difficile
dichiararsi ad una persona! Di solito viene naturale, no..?
Mi sento un po' avvilita e perfino Audrey ha cercato di darmi qualche
consiglio per riuscire in questa missione impossibile.
Le mie riflessioni vengono interrotte da un baccano proveniente
dall'ingresso.
Mi affaccio e vedo la coppietta entrare e Richard lanciarsi sul divano
esasperato. Esco allo scoperto osservando i miei amici.
«
Ella! Audrey ha cercato di uccidermi! » La guardo perplessa e
la modella alza gli occhi al cielo infastidita.
«
Non è vero! Non ascoltarlo. » Fa la linguaccia al
suo fidanzato dandogli poi le spalle.
« Sì che è vero! Non guiderai mai
più con me nella macchina! » Scoppio a ridere
capendo la situazione solo ora.
« Smettila! Non ho visto uno stop, cosa sarà mai!
»
« Ci hai quasi uccisi!»
« Il solito esagerato...»
« Ok, basta abbiamo capito! » Intervengo mettendomi
tra i due e guardando la mia amica.
« E tu smettila di attentare alla vita delle
persone...» Mi guarda con la bocca spalancata mentre Richard
si illumina non aspettandosi che prendessi le sue difese. Diciamo che
le doti da guidatrice della mia coinquilina non sono proprio il massimo.
«
Grande! » Esclama Rick battendomi il cinque e allargando le
braccia così che possa abbracciarlo. Mi abbasso per
raggiungerlo ma finisco per cadere con la schiena sulle sue gambe.
È troppo difficile alzarsi, perciò resto
così a fissare il soffitto.
«
Siete dei bastardi! Quando sarò l'ultima guidatrice
dell'universo scordatevi che vi dia un passaggio per sfuggire
all'invasione aliena che vi rapirà e farà di voi
degli umanoidi! » Scoppiamo tutti a ridere compresa lei.
«
E poi sarei io il drammatico! » Esclama Richard aiutandomi
finalmente a tirarmi su. Mi appoggio sul bracciolo in modo da restare
in bilico.
«
Bando alle ciance, ho bisogno del vostro aiuto. » Audrey
estrae una pendrive dalla borsa e si frega il mio pc per inserirla.
Gira lo schermo dopo qualche secondo mostrandoci alcune sue foto tratte
da un recente servizio fotografico.
«
Vorrei farne stampare qualcuna. Fra queste due quale vi
piace?» Ce ne mostra una in costume da bagno sulla spiaggia e
un'altra in intimo su un letto. Sgrano lo sguardo notando subito un
particolare ambiguo.
«
Perché hai una mano in mezzo alle gambe nella foto sul
letto? Forse è meglio quella al mare...» Sia
Richard sia Audrey si sporgono immediatamente attaccandosi allo
schermo. Possibile che l'abbia notato solo io?
«
Oddio, non me n'ero resa conto...»
« Audrey, ma chiamami invece di ricorrere a questi metodi!
Questa me la tengo io, comunque.» Dice Richard ridacchiando
mentre la mia amica arrossisce.
«
Non vogliamo sapere che cosa ci farai...» Lo derido.
« Non ho bisogno della foto, tranquilla.» Mi fa
l'occhiolino lui mentre Audrey alza gli occhi al cielo. Chiudiamo tutto
evitando altri commenti e ci spostiamo in cucina per farci un
caffè.
«
Sono ancora arrabbiata con te, sappilo.» Esordisce la mia
amica guardando il fidanzato. Egli, dal canto suo, fa spallucce.
«
Dovrei essere io quello arrabbiato dato che mi hai quasi fatto fuori!
Meno male che non era la mia macchina...» La bionda alza gli
occhi al cielo mentre io ridacchio. È già bella
ed intelligente, se avesse avuto anche il dono della guida, sarebbe
stato troppo.
«
Tu non ridere! » Mi intima Audrey puntandomi il dito contro
mentre io alzo le mani in segno di resa.
«
Non rido, stavi per uccidere Rick!» La prendo in giro anche
io mentre il ragazzo mi dedica un sorrisone.
«
Grazie Ella, tu sì che mi capisci!»
« Bravi alleatevi! Sappi che non avrai ciò che ti
avevo promesso! » S'imbroncia.
« Ma come? Sei sleale..»
« Così impari a deridermi. »
« Non ti ho deriso ho detto la verità,
è diverso..» Audrey non sa più che cosa
ribattere perciò decide saggiamente di chiudere la
questione. Sono esilaranti quando fingono di litigare.
«
Facciamo pace? » Domanda retoricamente la bionda
avvicinandosi al ragazzo.
« Solo se prometti di non guidare
più...» La mia coinquilina finalmente ridacchia e
annuisce. Suggellano l'avvenuta riconciliazione con un bacio.
«
Mi aggiungo anche io! » Esclamo lanciandomi addosso ai due.
Vorrei davvero evitare che esagerino davanti ai miei occhi.
« Una cosa a tre? » Domanda Audrey sconcertata
mentre sul viso di Rick si dipinge un sorrisone.
« Perché no, mi sento esclusa!» Ribatto.
« Il mio letto è grande! » Conclude
Richard facendo ridere tutti. Sono impossibili ma mi fa davvero bene
passare del tempo con loro. Mi distrae dai costanti pensieri che
lottano nella mia testa per farmi impazzire.
Mi sento in colpa per avere il nome della moglie defunta di Devon.
Vorrei dirgli ciò che provo ma ho paura di rovinare tutto.
Devo rischiare e ne sono consapevole e ora sono forte abbastanza da
sopportare le conseguenze.
Se dovessi ricevere un rifiuto, lo accetterò a testa alta.
Ma lui ha bisogno di amore, ha bisogno di avere qualcuno accanto che
gli ricordi che non è solo, che non lo sarà mai
perché merita la felicità come tutti gli esseri
umani.
Ha bisogno di qualcuno che gli tenda la mano affinché possa
risalire dal burrone nel quale è precipitato e credo proprio
di poter sostenere entrambi adesso.
Ho visto il panico nei suoi occhi quando mi sono svegliata dal coma, ho
visto quanto era preoccupato e di come ha allontanato Derek.
Tutto ciò deve pur significare qualcosa, no?
Forse anche lui prova qualcosa per me, ma non ha ancora trovato il
coraggio di ammetterlo a se stesso.
«
Ella ci sei? » Richard mi risveglia dalle mie riflessioni
sventolandomi una mano davanti agli occhi.
«
Sì, ci sono scusatemi. Che dicevate? »
« Niente, Richard è stupido. » Brontola
la modella. Il ragazzo mette il broncio offeso per poi passare un
braccio intorno alle mie spalle.
«
Parliamo di cose più interessanti. Ancora niente con il tuo
bel conte? » Vuole davvero essere ucciso oggi. Lo guardo
storta mentre Audrey alza per l'ennesima volta gli occhi al cielo.
«
Smettila.. o ti faccio salire in macchina con Audrey, di
nuovo...» Lei mi guarda divertita mentre Rick sbuffa.
« Ed io che volevo sapere qualche dettaglio piccante! Che
noiosi davvero! »
« Perché non ci racconti i tuoi, mh? »
Gli rispondo prontamente mentre la mia amica scuote la testa.
«
Lascia stare, meglio che tu non li sappia...» Finge delusione
facendo imbronciare di nuovo Rick.
« Ahia, questa me la segnerei. » Ridacchio nel
guardare come Richard se la stia prendendo per questa conversazione.
« Vorresti insinuare che non sono abbastanza soddisfacente??
» Scoppio a ridere mentre Audrey gli accarezza la spalla.
« Non ho detto questo! »
«
Dai Rick non prendertela! Non puoi saper fare tutto. »
È troppo divertente! È facile indovinare i punti
deboli di un uomo. Mi appoggio alla mia amica mentre ridiamo per lo
sguardo sconvolto del ragazzo che ci guarda dall'alto. Prende un
respiro e poi vedo comparire il suo ghigno malizioso sulle labbra.
«
Chi ci può dire come sei tu, invece? » Mi punta il
dito contro mentre spalanco la bocca alla domanda.
«
È un colpo davvero basso, Richard. » Incrocio le
braccia sotto al seno e la bionda gli da uno schiaffo sul petto per
farlo stare zitto.
«
La smetti?! » Egli fa spallucce, come se avesse chiesto la
cosa più normale del mondo.
« Se ti interessa, puoi andare a chiedere al tuo amico
la...»
« Non me lo direbbe mai! » Ma gli uomini non
adorano condividere dettagli sulle loro conquiste?
« Sei mia amica, perciò. » Aggiunge
prima che Audrey lo spinga verso la porta.
« Non chiederà proprio niente e ora sta andando
via, vero tesoro? » Questa volta è il suo turno di
alzare gli occhi al cielo per poi aprire la porta di casa.
«
Va bene signore, vi lascio ai vostri pettegolezzi. Ci vediamo!
» Ci dedica uno dei suoi occhiolini eloquenti e sparisce
all'orizzonte.
Posso
tirare un sospiro di sollievo. Ultimamente si comporta in modo un po'
strano, come se volesse sistemare le cose che il mio incidente ha
distrutto. Mi chiedo se non sappia qualcosa che io ignoro riguardo il
misterioso dottore.
Sta pressando troppo affinché mi dichiari il che non
è proprio da lui. Di solito si limita a darmi consigli.
«
Lo so, è insopportabile alle volte! » Esclama la
mia amica esasperata lanciandosi sul divano.
« Cerca solo di aiutarmi, in realtà..»
Mi siedo accanto a lei portandomi le mani dietro la testa.
«
Sì, lo so. E se vuoi anche un mio parere, dovresti invitarlo
a casa una di queste sere. Organizza una cena, ma niente di troppo
romantico, e approfittane per dirglielo. Sono sicura che
andrà benissimo. »
Le sorrido risollevata. Questa idea non è niente male e poi
mi sono stancata di aspettare il momento giusto che in
realtà non esiste. Non facciamo altro che attendere e
attendere sperando che le cose si sistemino da sole perdendo solo
tempo. Se c'é una cosa che ho capito dopo quest'incidente,
è che la vita è troppo breve per rimandare e non
ho più voglia di farlo.
È tempo di agire.
Devon's
pov
Raggiungo
a passo svelto il piano dove è situato il pronto soccorso.
Decine di medici ed infermieri vagano freneticamente alla disperata
ricerca dei loro pazienti cercando di salvar loro la vita.
Mi hanno chiamato per una ferita d'arma da fuoco all'addome. Temono che
il proiettile si sia conficcato nell'aorta. Se così fosse,
dovrò estrarlo immediatamente.
Nonostante tutto ciò, oggi sono di buon umore e credo se ne
siano accorti anche i miei colleghi e specializzandi. Mi fissano in
modo inquietante.
«
Dottor Reinfield quale onore! »
« Dottoressa Morrison da quanto tempo.» Ci
salutiamo con due baci sulle guance. Sembra una vita che non capitiamo
sullo stesso paziente!
«
Ti trovo bene.» Mi dice apparentemente sincera spostandosi
una ciocca bionda dal viso.
« Grazie. Il paziente?» Taglio corto
perché non abbiamo tempo da perdere con i convenevoli, ce ne
occuperemo più tardi.
« Ecco la sua cartella, lo portiamo in sala operatoria
immediatamente. Preparati. » Annuisco e vado a lavarmi, come
si suol dire, dirigendomi verso le sale operatorie sorridente.
È eccitante estrarre proiettili perché non sai
mai dove si sono intrufolati di preciso perciò bisogna
improvvisare. Sorrido tra me e me mentre mi preparo per operare.
Oggi è una bella giornata di luglio, calda ma non afosa. Il
sole splende e Ella sta finalmente bene.
Sono passato a trovarla quasi tutte le sere per constatare di persona
come stesse ed è migliorata giorno dopo giorno. Ora mangia
regolarmente e non le fa più così male la
cicatrice.
Dopo averle confessato di mia moglie e mia figlia, è come se
mi fossi levato un peso dal cuore spezzato. Finalmente non sono
più costretto a nascondere la verità e in questo
modo spero che si sia tranquillizzata anche lei.
So quanto fosse in pena non sapendo cosa mi affliggesse. Non che ora
stia meglio per questo, ma almeno sa tutta la storia. A saperlo l'avrei
fatto prima! Forse ci saremmo risparmiati un incidente.
Mi sveglio da questi pensieri ed entro finalmente in sala, pronto per
incidere il mio paziente.
Qualche
ora più tardi, sono fuori. L'uomo si rimetterà
alla grande, anche se dovrà avere una lunga conversazione
con i poliziotti. Per oggi il mio lavoro è finito e posso
tornare a casa. Vorrei passare da Ella, ma ho promesso a Richard che
avremmo chiacchierato un po' tra uomini perciò mi reco al
suo lussuoso hotel.
Quando arrivo lascio le chiavi all'addetto che mi accoglie all'esterno
e mi reco alla reception nella quale trovo Richard ad aspettarmi.
«
Eccomi qui Rick. » Gli vado incontro dandogli una pacca sulla
spalla che ricambia.
« Andiamo nel mio ufficio, vieni. » La sua
espressione non troppo solare mi preoccupa. Che sia successo qualcosa?
Decido di restare in silenzio finché non saremo da soli.
Qualche piano di ascensore dopo, giungiamo alla meta. Richard chiude la
porta alle nostre spalle e si accomoda sulla sua poltrona.
«
Siediti. Ti offro da bere.»
« Sono appena le cinque del pomeriggio...»
« Dettagli, da qualche parte del mondo sarà
sicuramente l'ora di un drink perciò niente
storie.» Lo assecondo e lascio che mi offra un bicchiere di
scotch. Ha scelto uno dei nostri preferiti. Ricordo ancora la prima
volta che provammo a bere qualcosa di superalcolico. Eravamo giovani e
spensierati all'epoca.
Afferro il bicchiere di cristallo e ne prendo un sorso. Ho
l'impressione che me ne servirà parecchio.
«
Va tutto bene?» Gli chiedo guardandolo negli occhi color
nocciola, ora impensieriti.
« Credo di sì... Ti ricordi di quella cosa che ti
dovevo dire? » Annuisco prendendo un ulteriore sorso,
più lungo del precedente.
«
Sì certo. »
« Volevo aspettare che Ella stesse meglio e ora sta benissimo
perciò vorrei parlarti di questa mia decisione. »
Prende un grosso respiro buttando giù altro liquore.
« Va bene, sputa il rospo Rick. »
« Torno a Dubai. » Lo guardo perplesso e con lo
sguardo leggermente sgranato. Sta dicendo sul serio?
« Perché? »
« Non ho altra scelta. » Sospiro alzando gli occhi
al cielo. Ci risiamo.
« Non è vero. Dimmi cosa è successo.
»
« La solita storia, il mio patrigno ha combinato ancora una
volta un casino e se voglio salvare il salvabile, devo tornare a
Dubai.» Mi sporgo appoggiando il bicchiere sulla scrivania di
vetro che ci separa.
«
Ascolta, se credi che tu debba tornare a Dubai, non sarò di
certo io a fermarti, ma hai pensato alle conseguenze? »
L'idea che torni ad essere lo schiavetto del suo patrigno non mi
entusiasma, ma non sono io a dover decidere della sua vita.
«
Certo che ci ho pensato altrimenti sarei già andato via. Ho
degli affetti qui e tu rientri tra questi. » Mi guarda
mentre si prende una piccola pausa per poi continuare il discorso. So
dove vuole andare a parare, ha paura che commetta qualche stronzata e
non vuole lasciarmi da solo a New York e neanche io voglio che vada
via. È l'unico amico che ho.
«
Audrey? »
« Non sa ancora niente. Volevo parlarne con te prima che con
chiunque altro. » Sospiro. Non capisco se vuole essere
dissuaso a non partire o convinto a farlo.
« Dovresti parlargliene. » Sospira sapendo che ho
ragione.
« Lo so. » Appoggia il bicchiere vuoto sulla
scrivania insieme ai gomiti.
«
Pensaci bene Rick. Lo sai com'è il tuo patrigno. Fa sempre
così e tu scappi da lui. Ti sta usando.» Gli dico
alzandomi dalla sedia.
« Ci penserò... » Risponde sconfitto
alzandosi con me dalla sua lussuosa poltrona rossa. Fa il giro del
tavolo per accompagnarmi alla porta.
«
Grazie come sempre. » Mi dice lasciando trasparire un leggero
sorriso. Annuisco dandogli una pacca sulla spalla sperando che faccia
la scelta giusta.
E poi non dovrebbe farsi scappare Audrey! È una brava
ragazza e non merita questo, ci resterebbe davvero molto male e come
biasimarla. Senza contare Ella! È molto amica di Richard e
so che lui le vuole un immenso bene, forse in un modo così
profondo che non è comprensibile neanche per me.
Anche se Rick non me l'ha confessato, so per certo che le da moltissimi
consigli e che si confidano a vicenda.
Mentre esco dall'Astoria, mi arriva una strana chiamata da Audrey.
Penso subito che si tratti di Ella perciò mi precipito a
rispondere.
«
Audrey dimmi. Che succede? »
« Niente! Non posso chiamarti per sapere come stai?
» Ridacchia nervosamente al telefono.
« Mi hai visto ieri...»
« Vero! Ehm.. cosa mi racconti?»
« Audrey parla... Prima che mi stufi e ti attacchi il
telefono in faccia. » Sento che sbuffa dall'altro lato.
« Va bene! Sei con Richard per caso..?»
« Fino a poco fa, perché? »
« Ah grazie al cielo...» Sospira sollevata come se
si fosse levata un grande peso dal petto.
« C'è qualcosa che dovrei sapere?»
« No niente, ciao! » E attacca la chiamata. Ma sono
tutti impazziti oggi? Guardo il display per qualche secondo realizzando
cosa è appena successo.
Lasciamo perdere che forse è meglio.
Torno verso la mia auto pensando alla questione di Rick. Spero con
tutto il cuore che alla fine faccia la scelta giusta e che resti a New
York con noi, ma non posso fare altro che attendere la sua decisione
definitiva.
Ella's
pov
23 luglio 2015
Fisso
l'armadio senza riuscire a scegliere qualcosa di carino e decente da
mettere.
Che rottura! Sbuffo pesantemente dando un'occhiata alla stanza che
ormai giace nel caos più totale. I miei vestiti sono sparsi
un po' dovunque e rispecchiano perfettamente la mia confusione mentale.
Sono in ansia perché fra poco Devon sarà qui ed
io non sono ancora pronta.
Continuo a ripetermi che oggi è la giornata giusta, oggi gli
parlerò ma sto andando letteralmente nel panico. Mi lascio
cadere sconfitta sul letto premendomi il cuscino sul viso. Resto
così per cinque minuti meditando sul da fare. Alla fine ho
seguito il consiglio di Audrey e ho invitato Devon a casa.
Non voglio che si renda conto troppo presto delle mie intenzioni,
perciò ho deciso di improvvisare senza avere nulla di
programmato da fare. Farò solo ciò che mi sento,
ma almeno vorrei apparire carina!
Sbuffo alzandomi dal letto e decido di indossare uno dei miei vestiti
preferiti. È celeste e s'intona ai miei occhi e ha dei
semplici ricami sulle spalline e sul davanti. Non è
eccessivo né troppo corto dato che è lungo fino a
poco più su del ginocchio. Lascio i capelli sciolti e metto
un filo di trucco per non sembrare troppo pallida. La ferita ormai sta
guarendo e mi hanno assicurato che alla fine non si vedrà
quasi più nulla per fortuna.
Indosso l'abito e sistemo la mia camera. Se tutto va secondo i piani,
il letto mi servirà più tardi! Scaccio questo
pensiero dalla testa prima che mi faccia esaltare più del
dovuto, ripulendo il casino che fino a poco fa regnava in questa
camera.Ora non resta altro che attendere il suo arrivo.
Ho pensato di fare un dolce per l'occasione perciò indosso
il grembiule sull'abito per mettermi all'opera. Lo farò al
cioccolato, panna e fragole come piace a lui. Sorrido al pensiero, ma
dopo neanche una ventina di minuti, sento bussare alla porta.
È già qui?! Ma che ore sono??
Lascio la ciotola con l'impasto sul bancone della cucina e mi lancio ad
aprire dimenticandomi di levare il grembiule. Mi sistemo la frangia
schiarendomi la voce e apro la porta sorridendo come un ebete.
«
Ehi ciao! » Gli dico prendendomi un attimo per osservarlo.
È bello da togliere il fiato come sempre con i suoi capelli
ribelli e quell'aria misteriosa che lo contraddistingue.
«
Stavi cucinando? » Mi sorride ed io mi sciolgo come neve al
sole invitandolo ad entrare.
« Sì, stavo facendo un dolce. » Chiudo
la porta alle nostre spalle per poi fargli strada fino in cucina. Tanto
vale finire l'opera...
«
Come stai oggi? » Mi chiede appoggiandosi con la schiena al
bancone.
« Sto bene, anzi benissimo. » Faccio il giro del
tavolo per tornare ad impastare ciò che stavo preparando
sorridendogli.
«
Mh.. Credevi che volessi un'altra delle tue torte? » Mi
prende in giro sogghignando. Perché non ammette che sono una
pasticciera fantastica e basta?
«
Mi sono sbagliata? » Gli faccio l'occhiolino mescolando i
vari ingredienti per ottenere un composto omogeneo.
Non mi risponde, dedicandomi invece una smorfia di finto disgusto.
Può dire quello che vuole, ma la sua espressione parlava
chiaro quella volta nel suo studio.
«
Non vedi l'ora di assaggiarla eh? » Gli dico ridacchiando e
lui fa altrettanto avvicinandosi un po' al tavolo.
« Come hai fatto a capirlo? » Risponde ironico
guardandomi negli occhi. Giuro che ci potrei annegare. Scuoto la testa
mettendo giù la frusta per non fissarlo troppo
esplicitamente.
«
Perché so che adori le mie creazioni culinarie. »
« Ma se ne ho assaggiata a malapena una! » Ribatte
poggiando le mani sul tavolo.
« E l'hai adorata! » Rido e prendendo dell'impasto
tra le mani per testarne la consistenza, ne approfitto per
lanciargliene un po' addosso.
«
Ma se ne hai mangiata più tu! » Si ritrova sporco
del mio dolce su viso e collo lanciandomi uno sguardo truce.
« Ehi! »
«
Te lo sei meritato e ho preso solo due morsi e metà del
cuore che tu, e sottolineo tu, mi hai ceduto. Ti dona l'impasto sul
viso lo sai? » Mi porto una mano alla bocca per trattenere le
risate alla sua espressione omicida.
«
Guarda che questa me la paghi! » Si guarda intorno per
cercare qualcosa con la quale pulirsi.
« Davvero? Tremo dalla paura! » Sbuffo tornando
tranquilla al mio dolce.
« Dovresti tremare, è vero. » Afferra
due tovaglioli tamponandosi il viso e leccando parte dell'impasto con
le labbra.
« Avrei potuto lanciarti le uova, dovresti essere tu a
tremare. »
« In quel caso la punizione sarebbe stata
peggiore...» Fa spallucce e poi il giro del tavolo per dare
una sbirciata nella ciotola venendomi alle spalle. Un brivido mi
attraversa la colonna vertebrale appena avverto il suo respiro sul
collo.
«
Cos'è, comunque? »
« Lo scoprirai a lavoro finito. » Allontano la
ciotola affinché non possa più guardare al suo
interno.
« Perché non posso saperlo adesso? » Fa
una smorfia quando gli allontano l'impasto da sotto il naso.
«
Perché non sarebbe più una sorpresa! »
« Non vedo perché dovrebbe esserlo...»
Si allontana tornando nella sua posizione originale appoggiandosi al
frigorifero.
« Perché oggi è il tuo compleanno,
è grave che tu non lo sappia. » Gli sorrido
alzando il viso dal tavolo e incontrando la sua espressione sorpresa.
Ero sicura che non se lo sarebbe aspettato.
Meno male che Richard mi ha fatto da spia o non lo avrei mai saputo!
«
Oh.. immagino ci sia Richard dietro..» Sorride scuotendo la
testa. Spero non gli abbia dato fastidio questa mia improvvisazione.
Ero quasi sicura che si sarebbe chiuso in casa ed è triste
stare da soli al proprio compleanno, perciò ho insistito
affinché venisse oggi da me. Come regalo spero proprio che
accetti anche la mia dichiarazione...
«
Un po' sì, ma non arrabbiarti. L'ho obbligato io a dirmelo.
» Si acciglia come se non fosse un problema. Ed io che
pensavo non volesse parlare dei fatti suoi, è davvero
bipolare!
«
Non sono arrabbiato. Sei stata dolce, come sempre. »
Arrossisco, non mi aspettavo questa reazione da parte sua, ma mi fa
davvero piacere che abbia apprezzato il mio gesto.
«
Di nulla.. mi passeresti il latte per favore? Renditi utile
dai..» Lo prendo in giro per smorzare l'atmosfera mentre
Devon apre il frigo porgendomi la bottiglia.
«
Grazie... hai dell'impasto tra i capelli comunque! » Rido per
la sua espressione esasperata e per il suo tentativo di pulirsi.
«
Ma vedi che sei stronza, invece? »
« Sei tu che hai giocato con il fuoco! » Raccoglie
l'impasto tra i capelli e me lo lancia contro.
« Non ho fatto niente e tu mi hai attaccato! »
« Tu fai sempre qualcosa. » Paro i colpi come posso
per poi afferrare una manciata di farina e tirargliela contro.
«
Sei prevenuta. »
« Solo con te! » Alza le braccia per ripararsi dal
mio tiro contraccambiando allungandosi anche lui alla farina.
Ci scambiamo uno sguardo di sfida e scatto da un lato per non farmi
prendere.
«
Non mi prenderai mai! »
« Scommettiamo? » Con uno scatto molto
più atletico del mio, mi afferra un lembo del vestito
trattenendomi e riuscendo a sporcarmi i capelli di farina.
« Come hai osato! » Quasi cado in avanti quando mi
afferra per l'abito, ma mi sorregge con un braccio prontamente. Mi
volto nella sua direzione imbronciata. Grondo di farina da tutte le
parti.
Come risposta ottengo una sua grassa risata che non ha il buon gusto di
trattenere.
«
Mi sono solo vendicato. »
« Soddisfatto adesso? Ora pulisci tutto prima che ci cadiamo.
»
« Non ci penso proprio! » Non finiamo neanche di
parlare che inciampo io stessa nella farina ai nostri piedi finendo sul
pavimento. Devon scoppia nuovamente a ridere scrollandosi la farina di
dosso e guardandomi dall'alto. Ma che gentile...
Mi siedo incrociando le braccia al petto offesa.
«
Non è affatto divertente..» Sghignazza un altro
po' prima di sedersi esattamente di fronte a me sul pavimento.
«
Ti sporcherai i pantaloni così..» Gli faccio
notare. « Ho molta farina nei capelli? »
«
Le lavanderie esistono a posta! E parli tu che hai iniziato a sporcarmi
tutto il resto.» Alza gli occhi al cielo e si sporge in
avanti per scompigliarmi i capelli con una mano. « Ora non
più. »
«
Ho iniziato perché mi hai provocata o non l'avrei fatto.
» Sorrido quando sento la sua mano tra i capelli. «
Oh grazie, ora stanno anche peggio di prima! »
«
Stai bene infarinata e quando ti avrei provocata? » Torna al
proprio posto e mi guarda negli occhi.
«
Quando hai insinuato che la mia torta non fosse buona... oh era un
complimento?» Lo derido e mi sistemo come posso. Ormai sono
tutt'altro che presentabile.
Devon, dal canto suo, scuote la testa per entrambe le mie affermazioni.
«
Non l'ho insinuato, non era davvero buona ed io non faccio complimenti.
»
« Sei un pessimo bugiardo...» Replico alludendo ad
entrambe le sue risposte.
« Ammetti che era buona. »
« Forse lo era...» Arriccia le labbra e poggia la
nuca al mobile dietro di lui. Sorrido soddisfatta e mi alzo dal
pavimento aiutandomi con due mani. Mi è appena venuta
un'idea geniale.
«
Ho deciso di concederti un assaggio della torta però ad
occhi chiusi, ci stai? »
« Mh, un assaggio al buio quindi? Ci sto! » Mi
segue a ruota alzandosi da terra e si pone affianco alla ciotola
dell'impasto. Dai Ella, questo è il tuo momento, non
sprecarlo.
«
Bene, chiudi gli occhi. » Annuisce e fa come gli dico. Prendo
un grosso respiro e mi allontano per prendere le fragole dal
frigorifero. Avevo intenzione di usarle anche per la decorazione della
torta ma ora mi serviranno per attuare il mio piano. Ne afferro una e
mi avvicino a lui.
«
Apri la bocca..» Obbedisce mentre taglio la punta del frutto
e la immergo nella cioccolata che avevo sciolto precedentemente, in
modo da potergliela imboccare e così faccio.
«
Mm... Fragola e cioccolato, ottima combinazione. » Commenta
leccandosi le labbra provocandomi un altro brivido. Mi rendo conto di
voler essere io a farlo, perciò mi faccio coraggio per la
mia prossima mossa. Non posso più aspettare, adesso o mai
più.
«
Ora ti faccio assaggiare l'ingrediente più
importante...» Annuisce senza aprire gli occhi. Non sto
più nella pelle, ormai! Se tutto fila come ho immaginato,
finalmente potrò lasciarmi tutta la tristezza alle spalle e
iniziare qualcosa di nuovo e bello con lui.
Mi avvicino cautamente decisa a compiere la mia missione. Gli poso
dolcemente una mano sul viso. Mi allungo sulle punte dei piedi e
proprio mentre sto per far unire le nostre labbra, il cellulare di
Devon mi fa letteralmente saltare. Maledizione! Non è
possibile, non ci credo!
Mi allontano bruscamente, come se mi fossi appena scottata, per non
fargli intuire ciò che avevo intenzione di fare. Mi rendo
conto che il cuore mi sta esplodendo nel petto per l'adrenalina.
Apre gli occhi puntandoli nei miei e gli indico la tasca con lo sguardo
come per invitarlo a rispondere. Tanto ormai è tutto
rovinato....
«
Scusami...» Lo afferra e corruga la fronte leggendo il nome
sul display.
«
Pronto..? » Mi appoggio al bancone mentre cerco di non
guardarlo mentre parla. Non è giusto! Sono furiosa...
«
Che cosa?! » Mi volto nella sua direzione preoccupata. Il suo
sguardo lascia trapelare un'emozione che ho visto solo una volta nel
suo sguardo: terrore.
Che cazzo sta succedendo?
Mi avvicino ma è così sconvolto che mi allontana
con una mano. È cadaverico e non riesco a capire cosa stia
accadendo.
«
Arrivo subito. » Attacca la chiamata e mi guarda negli occhi,
l'espressione di chi ne ha passate troppe da non poter sopportare altro.
«
Ella... scusami, devo...devo andare via.» Lo guardo
sbalordita non muovendo un passo.
Lo
osservo inerme mentre mi lascia sola in cucina con un immenso vuoto al
posto del cuore. Avevo deciso, stavo per baciarlo. Gli avrei detto
tutto ma il destino non ha voluto e non riesco a smettere di chiedermi
che cosa sia potuto accadere di così sconvolgente.
Solo ora capisco che la tranquillità di queste settimane
dopo il turbamento dell'incidente che ci ha coinvolti, era solo la
calma prima di una nuova tempesta.
E se non riuscissimo ad uscirne questa volta?
Angolo
autrice:
Buonpomeriggio
a tutti.
Siamo giunti finalmente/purtroppo alla fine di questa storia. Come
avrete di sicuro immaginato, non è proprio la fine
perché ho intenzione di scrivere un seguito!
Le storie di Ella e Devon erano troppe per racchiuderle in un solo
racconto, così ho pensato di dividerlo in due parti.
Secondo voi che cosa ha saputo Devon di così spaventoso da
scappare letteralmente da casa di Ella?
Vi aspetto, quando sarà, al prossimo libro per scoprirlo
insieme e colgo l'occasione per ringraziare tutti coloro che hanno
commentato o che hanno semplicemente letto in silenzio questa storia.
Spero di rivedervi tutti prossimamente.
Grazie infinite,
Kisses.
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