Un inizio a rilento

di PsycoMaster25
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Io e Zio ***
Capitolo 2: *** Maestri e medici ***
Capitolo 3: *** IT é fra noi ***



Capitolo 1
*** Io e Zio ***


Ho appena finito di ascoltare una canzone che a me piace tanto. "I got a name" di Jim Croce. No. Non é un santo, non é un simulatore di Gesù. Ed io non sono una sedicente suora. Sono solo una semplice persona di 21 anni di sesso femminile che ha ascoltato una canzone ispiratrice prima di buttare giù due righe di getto, giusto per sfogarsi un attimo, un sabato sera sciatto durante il quale non é voluta uscire. Ha deciso di rimanere a casa, con i capelli scompigliati, la faccia stanca... Quella stanchezza di chi non ha fatto nulla ma che é comunque stanco... Molto probabilmente lo sono mentalmente. Non ho Wi-Fi... Ebbene: si vive anche senza questa linfa. Fortunatamente ho un PC, una testa e tantissime cose da dire. Beh... Adesso chi legge starà pensando... E gli amici dove stanno? Di sabato sera, a 21 anni, sei a casa, da sola, a scrivere e sfogarti contro uno schermo illuminato, lasciando che le tue mani vadano a razzo sulla tastiera?
Si, caro\a... Ho scelto di passare la serata così... E non sarà l'ultima. Questa é una di quella lunga serie di sere in cui io, soggetto a caso nel mondo, decido di rimanere qui a casa. Una voce da lontano mi rincorre e mi dice che forse, per stare bene e affrontare al meglio, dovrei uscire e non pensarci...
Avete mai provato quella sensazione di essere stanchi di voler parlare? Quella sensazione di necessità di solitudine? Quell'attimo di noia nel pensare di prepararsi per dover uscire e stare insieme ad altri esseri umani? Io sono una di questi... Sto provando l'irrefrenabile voglia di cancellare tutto ciò che ho scritto e chiudere ma mi sforzerò perché almeno stavolta voglio sfogarmi davvero, dire le cose come le sento nella mia mente senza dover tenermi tutto dentro. Prima o poi si scoppia e forse é arrivato il mio momento.
Si. Io preferisco stare da sola piuttosto che raccontare cosa mi passa per la mente ad un amicoa che inconsciamente alla fine da me si distacca e salpa alla volta dei suoi pensieri. Non che nessuno mi ascolti. Di amici buoni ne ho ma.... Tutti sono lontani, sia fisicamente che non... E a volte sento di annoiare. Sento di essere arrivata su questa terra per produrre felicità, dare sollievo agli altri. E quando mi ritrovo davanti a quegli occhi che mi guardano avidi e mi chiedono "allora che mi dici?"... Tutto si annebbia, si ferma. Penso... Non posso parlare, non riesco. Ho talmente tanto da dire che non so da dove cominciare e poi... Alla fine nessuno mai si interessa realmente... Solo perché a volte il problema non esiste... Oppure esiste ma sotto un'altra veste. E anche adesso, davanti allo schermo e a questa tastiera, al cospetto dei quali non dovrei avere freni inibitori, dovrei sentirmi libera di lanciare via il peso forte dei miei pensieri più vivaci, io non ci riesco. Questi si accavallano... Vorrei dire tutto e non sto dicendo niente. Non so se continuerò a scrivere... Mi farebbe bene ma non sono molto coerente quando inizio una cosa (soltanto quando si tratta di scritti personali come diari ecc) ergo non prometto niente di continuo, ma cercherò di farlo perché vorrei pian piano trattare di questioni mie più profonde che non ho mai trattato... Che so... Fare, ad esempio, una scaletta e trattare quell'aspetto di me... Vedere poi quel filo di pensiero dove mi porta...! Che idea geniale... Sono un'illuminata. Adesso 80 minuti di applausi e di risate. Per stasera... So già di cosa voglio parlare... Di mio zio. Si. Io non amo la famiglia. Avete presente quando non si vede l'ora di arrivare a Natale, quella gioia irrefrenabile che si ha di festeggiare con tutti quanti, anche con quel cugino 30enne fallito che vi sta antipatico ma che "non fa niente, é Natale"? Ecco... Io non ho questa gioia. Non ho questa voglia. Io odio il concetto di famiglia, stare in famiglia, passare il tempo con la famiglia. Mi irrita. Appena mi capita che devo passare del tempo con la mia famiglia mi sale un forte nervosismo. Eppure non mi hanno fatto niente... Sarà l'ipocrisia che gira che provoca in me ira funesta. Spesso mi hanno rifilato una paternale:"pensa a chi non ha la famiglia, pensa a quella gente sola!". Perché fare sempre i paragoni? Io rispetto chi ama la propria famiglia, chi la venera. E allora perché non rispettare chi invece non la sopporta? Bisogna rispettare, imprescindibilmente da tutto. Ma voglio comunque parlare di mio zio. Uno zio che io ho vissuto poco, per sfortuna, ma che mi ha dato tanto. E che ringrazio. So che non potrà leggere perché non é più qui. Ma.. Pensandoci, sarebbe stato uno dei pochi ai quali avrei fatto leggere queste righe, quei pochi che mi conosce bene e che mi ha visto crescere. Al resto no. Perché forse sento che non apprezzerebbero e farebbero commenti inopportuni e domande altrettanto irritanti e poco "sfiziose". Anzi. Sapete che vi dico? Faccio proprio una bella lettera a zio. Eccola. Ciao zio, questa lettera non la leggerai mai, o forse si. La stai leggendo nell'atto stesso della composizione. Zio, me ne hai scritte anche tu di lettere. Io però, di mio pugno, non te ne ho mai mandate e di questo adesso mi dispiace tantissimo. Ma tanto si, stai leggendo. Zio, prima cosa voglio dirti che ti voglio bene. Te lo ripetevo spesso nei messaggi che ti mandavo su Facebook per il tuo compleanno, per il tuo onomastico, per le feste. Ci vedevamo poco, vero? Non ci siamo frequentati molto ma solo ed esclusivamente per la lontanza che c'era tra noi, che alla fine non era neanche così grande. Zio, volevo dirti che ti ho sempre ammirato e che la tua vita, raccontatami attraverso papà( tuo fratello ) mi é sempre sembrata una di quelle biografie dei grandi artisti del mondo dello spettacolo, quelle vite che leggi soltanto nei libri, quelle vicende che si vedono solo nei film dei più grandi registi. E fino alla fine é stato così. Grazie di quelle emozioni che mi hai fatto vivere, non sapendolo. Eri l'unico brandello di famiglia che era rimasto a mio padre (oltre che ai suoi zii, rispettivamente fratello del padre e sorella della madre) e adesso che hai deciso di chiudere bottega il gioco é finito. Saremmo andati molto d'accordo se avessimo avuto l'opportunità di viverci di più, ma noi già ci prendevamo anche da lontano. Soffro per la tua perdita e manchi. Davvero. Saperti vivo mi rincuorava. E recentemente mi freddasti quando per farmi gli auguri per il mio onomastico, nel messaggio che mi inviasti, mi dicesti "spero di esserci". Quelle tue parole le ho scolpite. E adesso più che mai mi risuonano in mente. So che prima di andare via hai avuto uno strano sentore. La malattia ti aveva fatto tanti scherzi di cattivo gusto. L'ultima cosa che mi rimane di te é un post su Facebook in cui mi fai dolcemente gli auguri di compleanno e ti scusi per il ritardo, perché pensavi di avermeli già mandati. Te lo ripeto, zio: non ti preoccupare se me li hai inviati tardi (che poi non era tardi, erano le sei di pomeriggio). Per me quello non é mai contato. Contava solo che tu c'eri e che ti ricordavi di me. Io apprezzo anche il più piccolo gesto e vedere che mi pensavi... Per un certo verso questo mi fa anche sentire male perché ho perso una di quelle pochissime persone che aveva un occhio di riguardo per me. Mi hai trattato sempre con sincerità, e di questo ti ringrazio. Poco prima parlavo dell'ipocrisia. Ebbene tu... No. Tu non eri un ipocrita. Eri un mago delle bugie, ma non eri ipocrita. Sempre sfacciato, camminavi a testa alta. E nonstante il tuo male incurabile te ne andavi in giro beffardo. Ridevi sempre, avevi un commento sferzante per tutto e tutti e per me c'era solo da imparare. Dopo la tua morte, avvenuta 5 giorni dopo il mio compleanno,(quasi come se tu avessi atteso di farmi gli auguri e di fare le tue ultime cose) é cambiato un poco l'andazzo. Ma dimmi zio... Siamo tra noi : non te ne sei andato, vero? No. Perché vivi in chi ti ricorda. Stai vivendo nella mia memoria ora, ti stai animando nei miei pensieri. Ancora devo comprendere totalmente che tu non ci sei. Sono crollata nell'attimo in cui il tuo feretro é stato portato via, in spalla, fuori dalla chiesa. Non ti potrò più rivedere vivo, che fai il burlone, lo spavaldo, il maestro. Ma io ricordo. Ricordo la tua voce, ricordo i tuoi movimenti, ricordo tutto. Zio, io continuerò a scriverti su Facebook. Continuerò a farti gli auguri per il compleanno, per l'onomastico, per le feste. Tu non ti dimanticavi mai, come io non mi dimenticherò mai. Con l'unica differenza che adesso non mi risponderai... Ma so che il messaggio ti arriverà e che lo leggerai!

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Capitolo 2
*** Maestri e medici ***


Una grande tisana "Sognidoro" era quella che mi ci voleva dopo una domenica infernale come questa. E non vi starò a dire perché lo é stata. Vi basti sapere che, effettivamente, lo é stata. Che dire. Ultima domenica di settembre e domani incomincia un nuovo anno accademico alla mia cara università. Sono una studentessa in Scienze della Formazione Primaria, e puntualmente per questo vengo (quindi veniamo, parlo di tutti i miei colleghi\colleghe) bullizzata dal resto delle combriccole delle altre facoltà del Campus perché il mio corso di studi é ritenuto poco impegnativo, una passeggiata. Mi sembra ovvio che formarsi per diventare un insegnante di scuola dell'infanzia o di scuola primaria risulti facile... Ditemelo, però, dopo che avete svolto cinque ore di tirocinio in una prima, o in una sezione d'asilo qualsiasi. Penso che tutti si ricrederebbero. Ma basta sapere che si deve lavorare con i bambini per capire che il mio futuro lavoro non é affatto facile e richiede delle notevoli responsabilità... Nonché portatore di innumerevoli conseguenze, che molto spesso non sono piacevoli e ve lo posso ben assicurare. Credo che al giorno d'oggi si stia sottovalutando l'efficacia del\della "maestro\a". Attenzione. Non parlo di importanza, ma di efficacia. Lo so, risulta essere un sostantivo abbastanza freddo e quasi "industriale", ma non vi affibiate a questo, ve ne prego. (Per favore non fraintendiamoci già alle prime battute altrimenti non andremo d'accordo, ed io voglio un mondo di pace!) Il\La maestro\a é quel primo essere umano adulto che incontri all'infuori della tua famiglia. Il primo che ti da ordini e ti impartisce forti basi quando entri a far parte ,per la prima volta, di una piccola società extra al dolce ambiente familiare che ti ha cullato fino ad un attimo prima. Il\La maestro\a ti insegna, oltre che a leggere e a scrivere, a stare insieme agli altri, ad affrontare delle difficoltà, a scoprire chi sei. E di nuovo attenzione. Anzi mettiamolo cosi: ATTENZIONE. Io sto parlando dei\delle maestri\e, non di chi si é ritrovato a casa senza fare niente ed ha deciso di fare un concorso che ha vinto (grazie anche a qualche amicizia) ed adesso si ritrova a fare il ciarlatano scanzafatiche perché altrimenti sarebbe il vegetale più inutile del mondo... No, i vegetali sono utili eccome, sono la base della sopravvivenza di esseri umani ed animali. Diciamo che io, a questi qui, li chiamerei "sanguisughe". Per non parlare poi di chi va oltre utilizzando la violenza, ma lì si rasenta la mancanza di equilibrio psicofisico, é una questione prettamente sanitaria(e ci ritorno dopo), non é questo il luogo né il momento di approfondire codesto aspetto. Insomma io sto studiando per poi diventare una persona che possa trasmettere qualcosa di buono ai dei piccoletti. Durante le ore di tirocinio sono rimasta affascinata\inquietata da ciò che ho potuto osservare nelle classi. Gli aspetti più belli dell'essere una maestra mescidato con le paure più recondite e le ansie più radicate di chi vive a contatto con i pargoli ma soprattutto con i genitori. Essere maestri é un lavoro difficile. Non siamo dietro ad una scrivania a scarabocchiare su delle scartoffie, non mettiamo nei banchi frigorifero degli yogurt, non cambiamo la cinta di distribuzione di un'auto. Lavoriamo con le persone, le persone più speciali e delicate che possano esistere: i bambini. Cuccioli di uomo che si affacciano per la prima volta a tutto e che noi dovremo preparare per il futuro. Siamo noi a doverli accogliere nella società e fargli capire il mondo come funziona. Adesso, secondo voi, dopo tutto ciò... Vi sembra un lavoro di cui ridere oppure di poca cosa? Dico ciò perché ogni volta che ne parlo la gente mi guarda un attimo distaccata. C'è stato chi mi ha lanciato un sogghigno nel momento in cui ho espresso le mie aspirazioni. Perché? Questa é la mia domanda. Certo dalla musica ai bambini il cambiamento di rotta é stato abbastanza drastico (che poi neanche tanto perché bimbi e musica é un connubio idilliaco, oserei dire) ma... Perché? Perché stupirsi di questa scelta... Ma soprattutto... Perché sottovalutare? Mi fa così ridere la discrepanza di trattamento tra una "studentessuccia" di quarta categoria come me ed una esimia laureanda in Medicina che sgobba sui libri 6 anni( che lievitano ad 11 tra specializzazioni e varie cose), forse nel vano tentativo di calcare le orme di uno dei suoi due genitori. Cosa abbiamo di diverso? Nulla. Anzi. Siamo incredibilmente simili. Il medico cura il suo paziente dal punto di vista fisico, cerca rimedi per far stare bene quella persona. Il maestro "cura" i propri bambini da un punto di vista emotivo, affettivo, intellettivo cercando di farlo stare bene, preparandolo alla vita. Noi prepariamo alla vita, i medici insegnano a mantenerla ed anche nel migliore dei modi. Siamo ad un sottile limbo ma penso di essermi fatta ampiamente capire. L'unico mio rimpianto é che in questa mia facoltà il livello di ignoranza é molto alto. Probabilmente si diventa maestri più per necessità che per passione, non vi pare? Beh, in questo momento di crisi profonda (ma quando smetteremo di dirlo?) si cerca in tutti i modi di campare e a volte si tarpano le ali alle proprie vere aspirazioni. Anche quella di non fare niente dalla mattina alla sera é un'aspirazione e non per questo deve essere discriminata. Dovrebbe essere valorizzata. Voglio fare un appello. A TUTTI COLORO CHE HANNO LA DOLCE ASPIRAZIONE DI NON VOLER FARE NIENTE DALLA MATTINA ALLA SERA Ciao! Si bello, dico a te con la faccia sbalordita che non pensavi ti chiamassi... Tu! Con la noia nelle vene e la pigrizia nelle mutande... Tu! Hai una sana aspirazione ovvero quella di stare in panciolle e pretendere di vivere come il nababbo... Tu! Ebbene, una piccola preghierina. Se il tuo desiderio é questo non metterti in mezzo al cammino di un'altra persona che sta cercando di dare un senso a questa cosa brutta e meschina che si chiama "vita". Se non vuoi fare nulla almeno scostati dalla strada e lascia passare chi nella vita si da una mossa perché sa che altrimenti é finita. Scusa se ti ho distolto dal tuo dolce far nulla, puoi ritornare nel tuo spazio angusto. Scusate ma lo dovevo fare! Ne sentivo l'impellente urgenza. Quindi, ritornando a noi, domani ricomincio. Non vedevo l'ora. Più che mai. Quest'estate é stata davvero molto ricca di alti e bassi e piena di cose. Ma sostanzialmente io senza studiare non ci riesco a stare e per questo mi ritengo un alieno. Io adoro lo studio perché mi distrae, mi impone di pensare ad altro, mi fa viaggiare in posti che non ho mai visto, mi fa conoscere persone di cui ignoravo l'esistenza ma soprattutto... Lo studio mi ha fatta crescere ed é stato il mio amico più caro quando, girandomi e scrutando l'orizzonte, mi accorsi che tutti erano andati. Non perché io sia cattiva o insopportabile ( anzi, mi ritengo una buona amica e consigliera... una psicologa senza laurea) ma perché, ad un certo punto, mentre io avanzavo, gli altri hanno deciso di allontanarsi da me. Prima il termine che usavano per definirmi era "strana"... In realtà io penso solo di essere "impegnativa". Ecco perché si scappa da me... E questo lo fanno soprattutto gli... Ehmm... Non ci riesco... Un ultimo sforzo... Uomini. Ma questa é un'altra storia abbastanza buffa ed esilarante. Già rido. Volete ridere anche voi? Mi dispiace, non oggi!

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Capitolo 3
*** IT é fra noi ***


Visto? Vi avevo detto che la mia continuità nello scrivere ve la potevate scordare. Dai facciamo così: non vi aspettate niente, mi faccio viva io. Quante cose sono successe e quante ve ne vorrei raccontare. Ma in particolare ne voglio dire una che ho in mente da molto tempo. Una mattina di questa settimana ero sul pullman intenta ad andare a lezione. Forse non sapete questo piccolo aneddoto che é meglio che io vi chiarisca. Dato si che l'anno accademico é iniziato per molti miei colleghi, i bus sono sempre pieni. Questo, però, non é colpa dei miei colleghi ligi al proprio dovere, bensì ad una falla del sistema dei trasporti, che ancora non ha avviato le corse a pieno regime. Forse non é neanche loro colpa... In ogni caso il pullman era gremito. Uno addosso all'altro nella traversata per il campus. Ad un certo punto, mentre fissavo persa la fila di persone in piedi, al centro, scorgo un volto che mi impaurisce davvero. Dovete sapere che durante questa tratta, il pullman attraversa una lunga galleria, il che vi farà benissimamente dedurre che regna la penombra in tutti gli anfratti del pullman. L'unica fonte di luce sono gli stessi LED del pullman che illuminano pochissimo dalle feritorie del corridoio. Questa ragazza aveva gli occhiali e la illuminava la pochissima luce del LED. Chiaccherava con una persona che io non vedevo, data la fila. Mi é venuto un tuffo al cuore nel notarla. Aveva un non so che di realmente terrificante. ATTENZIONE. Non sto assolutamente offendendo, anzi. Dopo, alla luce del pieno sole mattutino, ho notato che era una ragazza carina e dal viso gioviale. In quella penombra di pullman mi era sembrato tutto realmente pauroso all'ennesima potenza, dagli occhi al contorno delle labbra. Mentre la guardavo atterrita, ho immaginato che ad un certo punto cominciasse a fissarmi e che iniziasse a corrermi incontro, come in quelle dinamiche dei film horror. E' proprio di queste sequenze che io ho realmente terrore. Non gli spaventi, non le trame, non le scene di fantasmi. No. Ho il terrore di quella corsa velocissima che fanno i mostri\fantasmi\demoni\assassini verso la telecamera che poi li riprende in primo piano. E questo non mi succede soltanto nei film consoni a questo lugubre intrattenimento, ma anche nei film normali, anche commedie, quando capita una scena del genere. Avete presente "Vieni avanti cretino!" dove il protagonista é un disoccupato interpretato da Lino Banfi che per guadagnarsi da vivere fa i lavori più disparati? Ecco. Una commedia all'italiana dell'inizio degli anni '80 cosa può avere di terrificante? In una scena del film, Lino Banfi prende lavoro presso una fabbrica di un imprenditore che ha continui tic. Il lavoro é estenuante perché deve compiere delle mansioni ripetitive, quasi maniacali. E mentre impazzisce a causa di quell'ordine così forsennato di cose da fare, corre verso la telecamera e si fa un primo piano del suo faccione. Beh... Anche quello mi inquieta. A proposito di tutta questa bella disquisizione sul terrore, siamo arrivati al nocciolo di tutto il racconto. Sapete che io sono affascinata dal personaggio di IT? Lo conoscete? Per chi non lo conoscesse faccio un riassunto: creato dalla mente del notissimo scrittore horror di nome Stephen King e diventato il protagonista di numerosi rifacimenti cinematografici e televisivi, IT é una creatura aliena che semina il terrore in una cittadina del Maine. La sua caratteristica é quella di assumere diverse forme per poter accalappiare le sue vittime e potersi, così, nutrire. La forma che assume di più é quella di Pennywise, un clown dai capelli rossi, il che gli procura facili prede come i bambini. Ma spesso Pennywise( ovvero IT) si trasforma nell'incubo più intimo della sua vittima, riuscendo ancora di più nel suo intento. Ebbene, mi affascina. Questo essere così terrificante mi attira e mi interessa vedere come si muove, come parla (soprattutto in lingua originale) e come semina il panico. Non riesco ancora a capire realmente cosa mi faccia sentire così attratta da questo personaggio così controverso. Forse perché non ha la forma canonica del mostro... Beh, i veri mostri, di solito, sono quelli più insospettabili, quelli che non lo mostrano spudoratamente, ma che nell'angolo più recondito della loro essenza lasciano si che il male cresca e che possa liberarsi da un momento all'altro. Pennywise é più vero che mai. La scena che vidi su YouTube che mi terrorizzò di più fu una in cui IT fuoriesce dallo scolo di una doccia (scena tratta da una serie TV degli anni 90). Non attacca, non urla, non balza d'improvviso, ma riesce comunque ad inquietarmi terribilmente. I suoi occhi, il suo essere così vicino al malcapitato ragazzino di turno. E' l'oppressione a farla da padrone nella scena, ed io sento il respiro mancare alla comparsa del famelico alieno. Ciononostante non riesco a smettere di cercare il video e di guardarlo. In TV stanno dando Tarzan. Neanche questa sera sono uscita. Sono stanca. Si prospetta un semestre ricco di lavoro. Speriamo bene. Speriamo in me.

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