Once Upon a Time in Camelot Parte IV

di MerlinAndCharming
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1) Chi è quella donna? ***
Capitolo 2: *** 2) Uno dopo l'altro ***
Capitolo 3: *** 3) Sono il vostro campione ***
Capitolo 4: *** 4) Mostrami la via per Camelot ***
Capitolo 5: *** 5) La storia che tutti conoscono ***
Capitolo 6: *** 6) La storia che nessuno conosce ***
Capitolo 7: *** 7) Un primo epilogo ***
Capitolo 8: *** 8) Partiti ***



Capitolo 1
*** 1) Chi è quella donna? ***


Ulteriore premessa: dopo aver scritto in maniera piuttosto rapida le prime tre parti di "Once Upon a Time in Camelot", ho deciso di tentare questa quarta parte decisamente difficile se non ambiziosa visti i tanti nuovi personaggi che non sono stati ancora citati da Ouat che andremo ad incontrare. Come vedete ho cominciato a scrivere già nel gennaio 2016, ma oggi siamo alla fine dell'estate 2017 e non ho ancora scritto un finale, ma mi dispiaceva lasciare questi capitoli solamente in bozze così magari pubblicandoli qui mi veniva l'ispirazione decisiva per completarla. Per questo penso che pubblicherò i capitoli già terminati da tempo a una distanza di una settimana dall'altro come minimo. Buona lettura. 

1) Chi è quella donna? 
(Completato il 13 gennaio 2016)


Un giorno come un altro, nella vecchia biblioteca. Era da tempo che non succedeva niente di strano al suo interno, e sempre meno persone venivano a leggere i suoi tomi.
Passava la gran parte delle sue giornate in solitudine, se non in compagnia dei suoi amati libri.
“Non mi stancherò mai di sfogliarli, spero solo di avere il tempo per poterli leggere tutti. Magari un giorno ci riuscirò”.
Era il suo unico cruccio da quando lavorava lì, quei volumi facevano spesso sentire chi li teneva più vecchio di quello che realmente fosse.
“Ma forse esagero a pensare così, non ho poi tutti questi anni, c’è chi ne ha molti, molti più di me!”
Eppure quel pensiero troppe volte ritornava, ma in fondo, che poteva farci? Non poteva leggere tutto il tempo, per quanto amasse farlo la noia si faceva lo stesso sentire. Così a volte apprezzava molto più del previsto il ritorno alla sua dimora, tra tante persone familiari, che a quanto pare non si degnavano mai di venire a fare un salto in biblioteca.
 
Giorno dopo giorno, settimana dopo settimana, sempre la solita solfa, finché…
«Buongiorno»
«B..buongiorno» era la prima volta che rispondeva a un saluto così tranquillo balbettando.
Dopo tutti quegli anni passati in città pensava di conoscere ormai tutte le persone che vi abitavano, invece la persona che aveva davanti a sé era completamente sconosciuta ai suoi occhi.
Pensiero stupido, realizzò subito dopo, questa città è fin troppo abitata, per via della magia che da sempre la circondava.
Piccola preoccupazione di una persona a volte fin troppo apprensiva. La forestiera non solo era una bella donna, ma sembrava trasmettere pace e armonia, con un sorriso decisamente bello. Quindi non poteva far altro che rimediare al suo piccolo momento di esitazione.
«Benvenuta alla biblioteca centrale. Non ti ho mai vista prima d’ora. Da dove vieni?»
«Dallo stesso posto da dove sei venuta tu»
«Ho capito… Ma con quale sortilegio? Il primo di Regina? O quello di Zelena?»
«Con…il secondo!»
«Eppure è passato tanto tempo anche da quello…»
«Sarà per il fatto che mio padre è molto protettivo, non mi ha permesso spesso di uscire prima del compimento della mia maggiore età»
«Come ti capisco… Anche se mi sembri tanto più giovane di quello che dici tu»
«Beh, grazie!»
«Figurati. Allora, che libro ti serve?»
«Storia. Storia Inglese»
«Oh, di questo argomento ne troverai fin troppi! Gli inglesi hanno colonizzato questo Paese, li troverai quindi vicino al settore della storia americana. Sono nella stanza in fondo a destra, cercavi un volume in particolare? Ho la lista a portata di mano se serve»
«No, grazie, come hai detto tu se sono tanti troverò tutto quello che mi serve lì, non ho fretta, penso che mi vedrai spesso nei prossimi giorni»
«Ne sono lieta. A proposito, io sono Belle» e allungò il braccio per stingerle la mano «E tu come ti chiami?»
«Rebecca»
«Beh, cara Rebecca, ti auguro buona lettura. Mi trovi qua se hai bisogno di qualcosa»
«Grazie» Detto questo, si voltò per dirigersi velocemente verso il settore di storia angloamericana.
 
Come aveva detto, Rebecca tornò il giorno seguente, dopo aver passato tutta la giornata su un tavolino a leggere tanti libri storici.
Belle si era affacciata e aveva visto che aveva cominciato con un volume contenente tutti gli avvenimenti tra il 1600 e l‘800.
Nel susseguire dei giorni non poteva non notare, anche dalla mancanza dei volumi dallo scaffale, che la sua nuova amica, seppur molto silenziosa, era molto veloce nella lettura.
Aveva già completato un libro riguardante il 1800, anche se questo era un po’ strano. Quel libro parlava solo degli Stati Uniti d’America, non dell’Inghilterra protagonista in gran parte delle pagine del primo volume che aveva preso.
Dubbio che non si tolse del tutto quando nei giorni successivi notò che invece di andare avanti era tornata indietro, dal 1500 in giù, sempre più in giù.
Aveva provato a chiederle a cosa le servissero, ma la sua risposta non era stata molto esaustiva.
“Approfondimento personale. Molto pesante, ma chi sono io per giudicare? È solo un bene vedere i giovani immersi nella lettura”.
E Rebecca lo era in tutto e per tutto, così Belle decise di non disturbarla più.
Si limitava a guardarla entrare ed uscire, la mattina all’apertura e la sera alla chiusura.
Storybrooke era una città non solo di eroi e cattivi, ma anche di belle donne, a quanto pare.
Oltre a Biancaneve, Regina, Emma, Belle, Aurora, Cenerentola, ma anche Ariel che ogni tanto veniva a far loro visita, ora c’era anche questa Rebecca, che però era completamente diversa da tutte le altre.
Aveva dei lunghi e bellissimi capelli neri, così com’erano belli i suoi occhi color nocciola, e una pelle di una colorazione a metà tra il sabbia e il rame.
Bellezza un po’ esotica, come lo era Rapunzel, rimasta ancora nel Bosco Incantato.
Aveva smesso di farle domande perché era chiaro che non aveva voglia di rispondere, eppure Rebecca per Belle continuava ad essere troppo misteriosa. Chi era veramente, quella donna?
E arrivò domenica, giorno di chiusura per la biblioteca.
Belle passò la giornata con Tremotino, nella loro casa in cui finalmente riuscivano a vivere il loro lieto fine, dopo tanti alti e bassi nel loro rapporto.
Gold ormai era solo un uomo capace di aprire i portali grazie al dono eterno di Merlino, ma niente di più.
Niente più Oscuro Signore, niente più pugnali o contratti pericolosi.
 
Lunedì mattina era pronta a riaprire la biblioteca, ma qualcosa la trattenne.
Una folla era riunita al centro della piazza principale. Belle vide Leroy discutere animatamente con Regina e David.
Tutto quel trambusto la incuriosì, ma non volle disturbare i tre, anche perché notò che Biancaneve era leggermente indietro, non stava parlando con nessuno, si limitava ad ascoltare.
«Mary Margaret, che cosa è successo? Problemi?»
«Temo di si, Belle. Brontolo ci stava raccontando del suo turno di notte. E purtroppo nessuno sa dove sia finito Pisolo»
«Come mai?»
«Leroy non ne ha idea, ricorda che a un certo punto si sono divisi, dovevano ricongiungersi dopo pochi minuti, ma Pisolo non si è mai presentato»
«Non si sarà appisolato sotto un albero?»
«È quello che abbiamo pensato tutti, ma nei dintorni non si è trovato. E ok che è Pisolo, ma non è da lui restare a dormire fuori dal suo letto così a lungo»
«Hai ragione… Spero che rispunterà fuori. Vado ad aprire la biblioteca, se avete bisogno mi trovate lì»
«Grazie cara, senz’altro»
 
Entrata nel suo posto di lavoro, si sistemò dietro il bancone, pensierosa, ma non troppa. Del resto, i 7 nani ne avevano passate tante, negli ultimi anni…
Aspettava l’arrivo di Rebecca, che ormai aveva letto quasi tutti i libri sulla storia della Gran Bretagna. Tutti quelli da lei letti erano rimasti sul suo tavolino nella saletta della sezione storica. Non era molto professionale, ma in fondo era l’unica a visitare la biblioteca negli ultimi tempi, un piccolo disordine non era la fine del mondo. Si chiedeva quale libro avrebbe letto quel giorno. Storia americana del 1900? Storia Della Britannia Romana? Non era rimasto molto su quello scaffale.
Eppure, quel giorno Rebecca non si presentò…
 

 

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Capitolo 2
*** 2) Uno dopo l'altro ***


Avevo detto di pubblicare il secondo capitolo solo tra una settimana, ma per sistemare meglio visivamente la quarta parte solo per stavolta facciamo un'eccezione. 

2) Uno dopo l’altro 
(Completato il 14 gennaio 2016)


L’assenza di Rebecca per Belle suonava strana, ma fino a un certo punto. 
Del resto, non aveva mai detto quanto tempo avrebbe letto ancora, in quanti giorni pensava che avrebbe finito il suo personale approfondimento storico. 
Era stata misteriosa, silenziosa, fin dal primo giorno, si limitava a rispondere ai suoi saluti e nulla più. 
Era invece molto più preoccupata per la scomparsa di Pisolo, che nonostante un intero di giorno di ricerche non riusciva a saltare fuori.
Ricerche che erano continuate anche di notte, con i 6 nani in prima linea, aiutati da Emma e David. 
Ma il giorno dopo, invece di svegliarsi con buone notizie, Belle aprì la biblioteca venendo a sapere che anche Eolo era sparito. 
Tutto era successo quando i nani avevano scioccamente deciso di dividersi, e all’appello mattutino il loro fratello sempre raffreddato non si era presentato. 
La notte successiva tornarono di nuovo in azione, stavolta senza separarsi manco per un momento. 
Nessun ritrovamento, e nessuna sparizione tra di loro, ma era l’unica buona notizia. 
All’ora di pranzo Belle venne a sapere da Biancaneve che Geppetto era passato in caserma, per far sapere a David ed Emma che August non rispondeva più al telefono, e quando i due sceriffi andarono a controllare la roulotte nel bosco non solo la trovarono disabitata, ma tutta in disordine, come se ci fosse stato al suo interno un combattimento. Il dottor Whale si improvvisò medico scientifico, e raccolse delle tracce di sangue sui mobili. 
Una buona parte appartenevano a Pinocchio, mentre le altre a qualcuno che in città non era mai stato registrato. 
La situazione continuò a precipitare quando quella notte Henry fu svegliato dall’abbaiare di Pongo. 
Il buon dalmata era rimasto senza padrone dopo la loro solita passeggiata serale. Anche Archibald era dunque sparito. 
Vista l’emergenza, David ebbe finalmente l’intuizione di rivolgersi a qualcuno con un fiuto superiore per queste cose, così entrarono in azione Granny, e soprattutto Ruby. 
Ma le due lupe non riuscirono a trovare nulla, nonostante annusassero i vestiti delle persone scomparse, le loro tracce si interrompevano al fiume, esattamente vicino al troll bridge. 

«Che rabbia!»
«Arrabbiarsi non servirà a nulla, Regina»
«Perché, tu che proponi, principessina? Qua la situazione sta degenerando, chi sarà il prossimo?»
«Qualunque di noi, a questo punto» 
«Hai ragione, nonno, forse anche io…»
«Non dirlo manco per scherzo, Henry. Non permetterò che chiunque ci sia dietro a queste sparizioni ti tocchi»
«Per una volta siamo d’accordo, Emma!»
«Qualcosa bisognerà fare, ma cosa? Combattiamo un nemico invisibile»
«E senza odore» la Nonna rispose a Uncino.
«Ora come ora, manco i miei libri possono aiutarci» 
Belle ebbe appena finito di parlare che Dotto entrò di corsa nell’ufficio del sindaco, seguito da Cucciolo, Mammolo e Gongolo. 
«Brutte notizie, Leroy»
«Chi è scomparso, stavolta?»
«Nessuno degli abitanti…umani! Hanno rubato tutti i cavalli dalle scuderie»
«Ora lo fanno anche in pieno giorno?!?» Regina cominciò davvero ad adirarsi «Ora basta, stanotte li prenderemo»
«E come?»
«Chi è lo sceriffo qui, mi chiedo… Prepareremo una trappola per i nostri rapitori. Uno di noi farà da esca, e quando penseranno ad acciuffarlo, salteremo addosso»
«Ottima idea» riprese Mary Margaret «Ma chi?»
«Prepariamoci a una nuova estrazione…» Brontolo guardò con uno sorriso un po’ perfido i suoi fratelli. 
La sorte aveva scelto stavolta Gongolo. Il nano camminava solo nel bosco, con una lanterna in mano.
Lui non poteva vederli, ma dietro di lui c’erano David, Emma, Uncino e Regina, che lo seguivano da posizioni diverse, cercando di mimetizzarsi al meglio tra gli alberi resi scuri dal buio della notte. 
Tutti gli altri erano rimasti alla casa di Regina. In questo momento di emergenza, restare uniti in un sol punto era considerata la scelta più saggia, soprattutto per proteggere i più giovani, Henry ma soprattutto il piccolo Neal, che ormai piccolo non lo era più tanto, dato che viaggiava verso i quattro anni. 

“Brontolo fa sempre questo gioco della pesca, ma lui non viene scelto. Perché non si offre mai volontario? È il più forte tra no…”
I pensieri del nano si interruppero di colpo. Qualcosa aveva colpito la lanterna, distruggendo la lampadina al suo interno. Ora era immerso nel buio e, terrorizzato, restò immobile.

«Forse ci siamo» mormorò Uncino ad Emma.
Ed era così. Due ombre erano alle spalle di Gongolo, che rapidamente gli misero le mani addosso alla bocca. 
Uncino non seppe controllarsi, e saltò fuori di colpo dal suo nascondiglio, con la spada in mano. 
E David fece lo stesso, dopo tutte quelle esperienze a Camelot sembrava essersi dimenticato della praticità di una pistola, ma in ogni caso sparare nel buio era assolutamente una pessima idea, mentre una lama era in un certo senso più sicura. 
Purtroppo per entrambi tutti questi discorsi furono inutili: non arrivarono mai vicini a Gongolo, perché anche se non avevano fatto alcun rumore in quel loro assalto, erano stati scoperti. Altre due ombre li presero alle spalle per tramortirli alla testa. 
Questo è ciò che videro Emma e Regina, che decisero di dare una svolta alla situazione accendendo il fuoco nelle loro mani. 
Videro le prime due ombre fuggire con in braccio Gongolo, e le altre due, di spalle, legare i loro amici. 
Stavolta fu Emma a non controllarsi, e lanciò la sua sfera di fuoco contro uno degli assalitori. 
Le piccole fiamme sfiorarono l’aggressore che era riuscito a spostarsi all’ultimo, e per un attimo illuminarono una testa rapata. 
Non videro altro, anche loro sentirono un colpo alla testa, e poi non ricordarono più nulla. 

«Ooohh, la mia testa…» 
«Regina, sei tu?»
«Si, Emma, sono io, ma non vedo niente…»
«Manco io: ci hanno bendati!»
«Swan…»
«Killian, stai bene?»
«Un po’ intontito, ma si, sto bene… Anche se non vedo nulla, questi bastardi…»
«Ma David?» fu la voce di Gongolo che emerse nell’aria 
«Chi… chi mi cerca?»
«Alla buon ora, maestà» 
«Bene, vedo che siete tutti tornati dal mondo dei sogni!»
Una nuova voce, del tutto sconosciuta, aveva bloccato sul nascere qualunque replica di David nei confronti di Uncino, o qualunque sua domanda rivolta ai suoi parenti o altri amici. 
Era la voce di una donna, forte e chiara, che si avvicinava. 
«Chi sei tu?» urlò Killian nel vuoto «Che cosa vuoi da noi?»
«Alla prima domanda non posso rispondere… Non ancora, almeno. Forse voi non saprete mai chi sono, ma certi vostri amici si, quelli a cui presto farò visita»
«Tu non andrai da nessuna parte!» Regina, ora molto meno intontita, si ricordò del suo potere, ed era pronta a dar fuoco alle corde. Ma non ci riuscì. Il suo sguardo trasmise non terrore, non era da lei, ma una certa preoccupazione si, e la loro rapitrice non poteva non accorgersene. 
«Non sforzatevi troppo, streghe! Le corde a cui siete legate fanno parte di un essere magico e antico, molto più potente di voi! Non vi consentirà di farmi del male!»
E non aveva affatto torto. Anche Emma si sentiva bloccata, così come Uncino e David si sentivano le mani deboli come non mai ogni volta che provavano a forzare il nodo. 
«Insomma, che cosa vuoi da noi?»
«Smettila di frignare, nanerottolo, che ora ve lo dico. So per certo che molti di voi sono stati a Camelot. Bene, voi dovete dirmi come si arriva in quel posto»
«Camelot? Ma se è solo una leggenda…»
«Senti, spilungone» la donna misteriosa si rivolse a David «È inutile che neghiate. Giorni fa ho incontrato uno dei vostri amici, e penso che sia un parente di quest’uomo basso viste le dimensioni… In poche parole, gli ho chiesto di Camelot, e lui mi ha detto tutto. Non ha resistito al mio fascino…»
«Mammolo…» Gongolo per un attimo assunse un tono seccato, dimenticandosi della paura del momento.
«E va bene» fu di nuovo il Principe Azzurro a parlare «Siamo stati a Camelot, è vero, ma perché ti interessa tanto?»
«Perché così io e la mia famiglia avremo la nostra vendetta. E ora, te lo chiedo per l’ultima volta: dove si trova?!?»
«Non te lo dirò mai: io non tradirò Artù!»
«Penso che cambierai idea, bellimbusto. La donna bionda è tua figlia, non è vero?»
«Non ti azzardare a toccarla!»
«Chi sei, il suo ragazzo?» ora si stava rivolgendo ad Uncino «Allora vuoi dirmelo tu?»
«Non farlo, Killian! Questi ci faranno fuori in ogni caso!»
«Oh, ma quanto è coraggiosa la signorina! Bene, forse cambierete tutti idea quando vi porterò qua… i vostri bambini!»

 «Ancora niente?»
«Niente, Mary Margaret» Belle respirò un attimo, e poi continuò «Robin Hood è fuori con i suoi da diverse ore, ma nessuna novità»
Stava quasi spuntando l’alba a Storybrooke, e Biancaneve, Henry, Brontolo e i suoi fratelli rimasti, Belle, la Nonna e Ruby, oltre ai più giovani Roland e Neal, stavano aspettando notizie da David e gli altri nella villa del sindaco. 
«Forse avremmo dovuto mandare fin da subito Robin con loro, lui è il vero esperto nel mimetizzarsi nella foresta»
«David, Regina, Emma e Uncina sanno cavarsela, Biancaneve. Non penso che Robin avrebbe fatto tanta differenza. Questo nuovo nemico è troppo misterioso per tutti noi» 
«Ma se anche loro hanno fallito, che possiamo ancora far…»
«Yaaaheeeiiii»
Lo strano urlo, anche se lontano, l’avevano sentito tutti, non solo Biancaneve che si era bloccata nel parlare. 
E poi entrò Robin Hood nella stanza.
«Grazie al cielo state tutti bene!» fu lui per primo a parlare anche perché erano tutti ancora in confusione «La città è in fiamme!»
«Co..come?» ad Henry tornò di colpo la favella. 
«Io e Little John stavamo continuando a cercare nella foresta, quando abbiamo visto fumo in lontananza. Lui e gli altri sono a spegnere gli incendi, diverse case stanno bruciando. Io sono corso ad avvertirvi»
«Che stiamo aspettando?» urlò di colpo Brontolo «Forza, fratelli, andiamo a lavorar…»
«YAAAHEEEIII!!!»
L’urlò tornò a farsi sentire, più forte e vicino di prima. 
E ora si sentiva anche il rumore degli zoccoli di un cavallo. Tanti cavalli. 
«Andiamo a vedere» 
Seguendo il consiglio di Belle, il gruppo si riversò nel cortile. 
E subito li videro. 
Tanti uomini a cavallo venivano verso di loro. 
Erano tutti a petto nudo, e avevano strani colori sulla faccia e sul corpo. 
Non seppero come reagire quando videro che uno di loro stava inseguendo il dottor Whale. 
Il medico correva veloce, ma il cavallo lo era di più, così lo raggiunse, e quello strano cavaliere, che sembrava più vecchio degli altri, lo colpì in testa con un lungo bastone. 
Il colpo lo fece svenire e cadere un po’ di lato. Fortuna che nessun cavallo lo investì con i suoi zoccoli, tutti continuavano a caricare contro l’ingresso della casa di Regina. 
Anche per via della scena appena veduta, Robin Hood ruppe ogni indugio e, incoccata, la freccia, la scagliò contro quell’uomo. 
L’aria sibilò, ma non solo in avanti. Un’altra freccia era partita, proveniente dalle mani di un guerriero alto e di bell’aspetto. 
Le due punte si incrociarono, la base di entrambe rimase tagliata a metà, per cadere poi a terra. 
Mary Margaret provò a compensare, estrasse la pistola che le aveva lasciato David e sparò anche lei verso il vecchio. 
Ma alle sue spalle apparve un uomo ancor più anziano. Aveva lunghi capelli d’argento, e un bastone lungo ma più snello e decorato. 
Una sorta di barriera rossa protesse il cavaliere in testa allo schieramento, e il proiettile rimbalzò contro di essa. E prima ancora che Biancaneve, o Robin Hood, potessero riprovarci, quella barriera si divise a metà, assunse la forma di due aquile che colpirono in pieno i due abitanti di Storybrooke, che si ritrovarono sbattuti contro le mura della casa. 
Ormai erano circondati, cavalli e cavalieri li guardavano in cagnesco. 
Chi erano quegli uomini? Che cosa volevano? 
Una cosa però l’avevano capita: tutte quelle persone assomigliavano a un popolo visto molte volte in passato. Erano indiani, o nativi americani. 
E poi Belle riconobbe una faccia conosciuta, anche se era vestita in maniera diversa dal solito. 
«Tu…»
«Ciao Belle» la donna scese da cavallo, e poi continuò «Vi terrà sapere che abbiamo rapito noi tutti i vostri amici e parenti. E se non volete che succeda qualcosa di brutto a loro, ma anche a voi, vi consiglio di seguirci senza fare storie»
«Rebecca… Perché ti comporti così?»
«Rebecca?!?» la donna si avvicinò e tirò un sonoro ceffone in faccia a Belle «Non osare più chiamarmi con il nome che mi hanno dato quei barbari bianchi. Io sono Pocahontas!»

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Capitolo 3
*** 3) Sono il vostro campione ***


3) Sono il vostro campione
(Completato il 21 gennaio 2016)

 
Squilli di trombe.
Rullo di tamburi.
Il Re era arrivato.
«Sua maestà il Re… Artù Pendragon»
Altri squilli, altro rullare. Finché il re non fermò tutto con un sol gesto.
«Camelot saluta tutti coloro che sono venuti, o ritornati, in questo giorno di festa.
Oggi non solo festeggiamo 10 anni di prosperità, di giustizia e libertà…»
«Ma quanto gli piace dire questa frase…»
«Taci, Merlino…» e poi riprese a parlare con voce sonante «Ma anche l’anniversario di nascita di qualcuno che tutti noi conosciamo bene, e mio grandissimo amico… Buon compleanno al nostro ancor attivo medico di Corte, per il suo primo secolo di vita»
«Primo? E quanti ne vedrò ancora, secondo voi?»
«Non siate disfattista e provate ad alzarvi, questo applauso è per voi»
«Ce la faccio, se Merlino mi aiuta»
«Tutto quello che volete, Gaius»
E l’anziano medico, sorretto dal Mago di Corte, riuscì a mettersi in posizione eretta e ad alzare il braccio verso la folla festante.
“Mi chiamano ancora medico di corte… anche se sono anni che non lavoro più veramente. Artù è ogni volta gentile, mi sembra sempre difficile credere che un uomo come lui sia un Re. Non è più il ragazzo di un tempo, quanto vorrei avere di nuovo 53 anni…”
«Tutto bene, Gaius?»
«Si, ragazzo mio» disse rivolgendosi a Merlino «Solo il fantasticare di un povero vecchio»
«Il vecchio più tosto del reame, non dimenticatelo»
«Si, diciamo di si, non sono in molti a vedere la propria età lunga tre cifre…»
«E ora, diamo il benvenuto a coloro che sono qui a rendere speciale il nostro giorno. Fatevi avanti, cavalieri!»
Annunciati non più da trombe e tamburi, ma dal corno di Camelot, gli 8 cavalieri del circolo ristretto della tavola rotonda entrarono nell’arena, mettendosi rapidamente in fila di fronte al lussuoso palco del re grazie ai loro possenti destrieri da torneo.
«Ben ritrovati, amici miei. Ora, chiedo alle due donne più nobili del nostro reame di farsi avanti per l’estrazione»
Nuovi applausi inondarono il campo, il popolino era entusiasta nel vedere la regina Ginevra e Lady Juliana di Guannes scendere per le scalinate, ed andare al centro dell’arena, dove il solito Geoffrey di Mormount era lì ad aspettarle.
Si, anche lui era ancora vivo, l’altra buona notizia per chi fosse tornato quel giorno a chiedere come se la cavavano in quel di Camelot.
94 anni, di meno di Gaius, ma di certo non meno pesanti, eppure era sempre contento di continuare a servire il reame, ogni giorno in più lo faceva sentire più importante.
E si rifaceva un po’ gli occhi con le due donne più belle del regno.
La regina aveva ormai raggiunto i 56 anni, di più dei “soli” 48 anni della moglie di Ser Lionel, ma riuscivano entrambe a mantenere intatta la loro antica bellezza.
«Mie nobili signore, qui dentro ci sono dei frammenti di pergamena arrotolati. Su ognuno di esso vi è scritto il nome di un cavaliere. Estrarrete un nome alla volta. Prima voi, vostra altezza»
E Ginevra, con un inchino, eseguì l’ordine, mettendo la mano dentro la scatola chiusa, accessibile solo da un piccolo buco in alto.
Prese il primo rotolino, e lo diede al ciambellano, che prontamente lo srotolò.  
«Ser Roller Caster»
Il gemello di Galvano alzò la lancia al cielo per ricevere l’applauso della folla, che non tardò ad arrivare.
«Ora tocca a voi, milady»
Lady Juliana imitò la sua sovrana, e amica, e consegnò anch’essa in breve tempo la pergamena a colui che ancor oggi era anche bibliotecario di corte.
«Ser Galahad il Puro»
Altri applausi scroscianti. Si sarebbero sentiti ad ogni nuovo nome, aveva giustamente previsto Artù.
Non era solo il suo nome, o quello di Merlino, ad essere diventato leggenda per le genti di Albion.
Questi uomini, chi da più tempo e chi da meno, avevano lealmente servito questo secolare regno da nemici di ogni genere, e ormai la loro popolarità era talmente forte che, almeno in quest’occasione, nessun’altro cavaliere degli altri reami aveva deciso di presentarsi, per paura di brutte figure.
Inizialmente Artù non lo aveva molto gradito, più che codardia quella degli altri cavalieri poteva essere considerata scarsa ambizione.
“Quelli che hanno qualcosa da perdere sono solo i miei cavalieri, talmente famosi da essere considerati imbattibili. Io al posto loro li avrei comunque affrontati, per mettermi in gioco e se avessi vinto io, cosa avrebbe fatto davvero notizia?”
Sarà per la prossima volta, in fondo, questa era una festicciola locale, il compleanno di un vecchio amico, anche se festeggiare un decennio dalla sconfitta di Ade con i vecchi e nuovi sovrani sarebbe stato ugualmente bello.
«Il vincitore di questo duello affronterà il vincitore tra i prossimi due sfidanti»
Ginevra ripeté l’operazione.
«Ser Percival»
«E ad affrontarlo sarà… Ser Philemon!»
«Ma come sono fortunato…»
«Coraggio, vecchio mio, magari ci rivediamo in semifinale»
«Roller ha ragione: non sono imbattibile»
«Darò il massimo: poco ma sicuro»
Geoffrey era tornato nel frattempo a parlare:
«Estraiamo ora i prossimi quarti di finale» tempo di veder ritirata la pergamena, e poi…
«Lady Kayley di Guannes! E ad affrontarla sarà… Ser Garrett di Safernoc»
«Mi dispiace, tesoro»
«Tranquilla mamma, anche se non volevo affrontare subito mio marito…Se voglio vincere, in un certo senso, è come se io li debba battere tutti!»
«Mi fa piacere il tuo spirito, amore… Ma in questo duello non ci sarà spazio per i sentimenti. Vero, Ayden?»
E il falco argentato, da anni al fianco del suo migliore amico, gracchiò tutto contento, per poi andare a posarsi sulla spalla di Merlino sul palco.
L’ex scudiero cieco da dieci anni era un vero cavaliere, con tanto di titolo e stemma.
Aveva scelto la sua adorata vecchia foresta come secondo nome, e sullo scudo e sulla tunica portava una grande quercia che sovrastava tutti gli alberi ai lati. Perché come diceva sempre a sua moglie, la grande quercia a Safernoc, quella dove si erano accampati prima di scendere negli inferi, cresce più degli altri e sola verso il sole. La nuova vita gli piaceva, ma ogni tanto si sentiva strano con tutta quella gente intorno, e ripensava ai tempi in cui la sua unica compagnia era la presenza di Ayden.
«E senza bisogno di ulteriori estrazioni, come ultima sfida dei quarti di finale si affronteranno Ser Leon e Ser Lancillotto Pendragon»
 
Ora che gli accoppiamenti erano stati decisi, per il pubblico non restava altro da fare che aspettare, molti con impazienza, l’inizio della giostra. E quelli che fremevano di più erano sicuramente Artù e Merlino.
Il popolo rimase sorpreso di non vederli gareggiare, ma loro avevano rinunciato.
Non era certo un problema di età, visto che Leon, il più vecchio membro del circolo ristretto dopo Gaius e Geoffrey con i suoi 58 anni, era pronto a giostrare.
La mancanza di cavalieri aveva determinato tutto questo, oltre al fatto che per una volta il Re era intenzionato a godersi lo spettacolo piuttosto che offrirlo agli altri. E un Merlino a riposo significava un mago pronto a soccorrere eventuali incidentati con la sua magia.
 
«I primi due sfidanti si presentino alla postazione di partenza»
Ser Roller e Ser Galahad erano sui loro sontuosi cavalli, uno di fronte all’altro, con tutta l’arena da attraversare.
Più alto il secondo, ma davvero di poco che entrambi sembravano equivalersi fisicamente, soprattutto per via delle loro massicce armature.
Uno scudiero aveva un bandierone in mano con su sopra il drago dorato di Camelot.
Lo sventolò in alto e corse subito via non appena vide Ser Roller partire al galoppo, allo stesso tempo di Ser Galahad.
Il pubblico trattenne il fiato nel vedere i due cavalieri avvicinarsi sempre di più, soprattutto quando puntarono le loro lance contro l’avversario…
Roller spezzò la prima lancia sul petto di Galahad, che non riuscì a rispondere perché impegnato a rimanere in sella.
Gli scudieri corsero a portare nuove lance ai loro padroni, mentre un servo segnava sul tabellone il risultato di 1-0 per Ser Roller.
Nuovo sventolio di bandiera, nuova carica.
Di nuovo a contatto… stavolta Ser Galahad spezzò la sua lancia sul petto di Roller, ma il gemello di Galvano riuscì a rimediare alla grande: un paio di nanosecondi dopo l’impatto la sua lancia colpì l’elmo del cavaliere puro. Che non venne via, così come il cavaliere riuscì di nuovo a non finire disarcionato, ma ora il punteggio indicava 3-1 per Roller.
Ultima lancia, a Ser Galahad serviva almeno un colpo sull’elmo senza subirne uno per sperare in uno spareggio.
I due cavalieri e amici partirono di nuovo al galoppo, e il pubblico era ancor più teso di prima…
E tirò fuori un lungo sospiro di incredulità quando vide Ser Galahad disarcionare Ser Roller con un colpo preciso allo sterno. Roller riuscì lo stesso a spezzare la sua lancia contro il petto del suo avversario prima di cadere, così la partita finì 4-4, ma in virtù del disarcionamento il vincitore era senza alcun dubbio Ser Galahad, che finalmente si tolse l’elmo un po’ ammaccato e salutò con esso la folla festante.
 
«I prossimi due sfidanti si preparino»
Stavolta non fu difficile per il pubblico individuare i cavalieri, anche senza osservare i propri stemmi incisi sullo scudo e sulle stoffe dei cavalli.
Ser Percival batteva Ser Philemon almeno di 20 cm, oltre ad avere una stazza impressionante con addosso l’armatura.
Sfida ardua per colui che era stato a lungo il comandante delle guardie della cittadella, prima che Re Artù lo designasse cavaliere della tavola rotonda.
«Partite!» l’urlo di Geoffrey fu accompagnato dal solito sventolare della bandierona.
“Non potrò mai colpirlo alla testa, l’unica speranza è disarcionarlo colpendolo sul petto, ma ci credo poco” fu l’ultimo pensiero di Philemon prima di venire a contatto con Percival.
Le lance si incrociarono, ed entrambe andarono a bersaglio. Percival, data la maggiore estensione del suo braccio, colpì il suo avversario per primo. Philemon riuscì a restare in sella, così come a mantenere orizzontale la sua lancia, che colpì in pieno il petto del gigantesco cavaliere.
Nessun disarcionamento, solo qualche barcollamento.
«1-1»
Tempo di afferrare una nuova lancia, che ecco che i due cavalieri erano di nuovo in linea di partenza.
Il pubblico fu ancor più teso di prima, attese che i due venissero a contatto… per sentire e vedere un gran bel tonfo.
Ser Percival era riuscito a colpire Ser Philemon sul suo elmo, e tutto ciò causò la sua caduta da cavallo.
«Abbiamo un vincitore»
Il saluto di Percival nei confronti della folla fu breve, si sbrigò invece a scendere da cavallo, e rialzare di persona il suo avversario.
«Sei troppo forte, Ser»
«Chiamami Percival. E sei stato bravo anche tu»
I due si abbracciarono, e la folla applaudì ancor di più.
«Andate a riposarvi, le semifinali cominceranno solo dopo la conclusione degli ultimi due quarti»
 
Tempo di riassettare l’arena per renderla idonea e non pericolosa, che ecco che i due primi sfidanti del lato destro del tabellone erano pronti a farsi avanti.
Ser Garrett indossava un’armatura che ricordava il suo stemma araldico, mentre Kayley, quando non indossava indumenti oro e porpora con il drago di Camelot, sceglieva sempre il vecchio stemma di suo padre. Su sfondo blu cielo, tre cerchi color sole, che per Lionel rappresentavano lui con la sua famiglia, il suo amore più grande.
«Cominciate!»
Stesso copione iniziale dei precedenti incontri, gli occhi del pubblico si spostarono rapidamente al centro, quando i due coniugi vennero a contatto.
Lancia verde contro lancia blu… e quest’ultima si spezzò sul petto del marito, mentre la moglie restò illesa.
«1-0 per Lady Kayley»
Poco tempo per riprendere fiato, che eccoli di nuovo pronti all’azione.
La giostra cominciò come suo solito, e stavolta finì con una nuova lancia rotta poco sotto la gola di Garrett, ma stavolta il cavaliere della quercia era riuscito a colpire in contemporanea l’elmo della sua sposa, spezzandolo duramente.
«Parità»
2-2 prima dell’ultima, decisiva lancia.
I due ancor giovani, almeno rispetto a quasi tutti gli altri sfidanti del torneo (solo il principe Lancillotto poteva vantare un’età minore della loro), erano concentrati e decisi a non risparmiarsi, nonostante il forte amore che li legava.
Garrett stavolta partì ancor più deciso, spronò ancor di più il suo cavallo, che guadagnò qualche centimetro rispetto a quello di Kayley.
Uno spazio che risultò decisivo, oltre al lesto allungamento del braccio destro nei confronti dell’elmo del suo avversario. La lancia si spezzò proprio al centro di esso, togliendoglielo di colpo.
La ragazza non cadde da cavallo, ma tutto il pubblico tornò a vedere il suo bel volto e i suoi lunghi capelli rossi. Ser Garrett aveva vinto, ma invece di pavoneggiarsi andò subito verso la moglie, le tese il braccio, e poi l’avvicinò a sé, per baciarla di fronte a tutta Camelot. L’amore aveva vinto un’altra volta, poco ma sicuro.
 
Ultima sfida della giornata, tra il cavaliere più anziano e quello più giovane.
L’esperienza contro il vigore.
Solita procedura iniziale, soliti attimi di attesa…Lancillotto alzò il braccio, e colpì l’elmo di Ser Leon.
Il “cavaliere immortale” non riuscì a rispondere alla lancia spezzata del principe, quindi si trovava già sotto 2-0.
Seconda lancia per rifarsi, almeno così sperava. Stavolta Lancillotto lo centrò in pieno petto.
Solo un punto, ma il principe ne era uscito un’altra volta pulito.
Ultima lancia, Leon aveva una sola cosa da fare, mentre Lancillotto ormai si sentiva la vittoria in tasca.
Partirono alla carica. A pochi metri dall’impatto, Leon sembrò barcollare, come se stesse perdendo l’equilibrio. Lancillotto pensò di cogliere al volo l’opportunità, e andò sicuro in affondo.
Purtroppo per lui era tutta una finta dell’anziano cavaliere.
Leon stava benissimo, e schivò la lancia avversaria mentre disarcionava il principe dal suo grosso cavallo.
Parità e disarcionamento per Ser Leon, non vi erano dubbi sul vincitore.
L’esperienza aveva vinto.
«Congratulazioni, altezza, c’eravate quasi riuscito»
«Colpa mia, vi ho sottovalutato proprio all’ultimo. Questa caduta me lo ricorderà»
Sceso da cavallo come il so avversario, il principe, alto 191 cm, alzò il braccio al cielo del quasi pari d’altezza Leon per decretarne ancor di più la vittoria. Il pubblico apprezzò l’ennesimo gesto cavalleresco della giornata riempiendoli di applausi.
 
I servi avevano sistemato il terreno, controllato la solidità della staccionata, e i rispettivi scudieri avevano rimesso a nuovo diverse lance. Tutto era pronto per la prima semifinale, ormai si erano riposati a sufficienza.
Ser Galahad e Ser Percival erano già in posizione.
Nonostante la anche qui notevole differenza di altezza, Ser Galahad sembrava l’unico che potesse in qualche modo contrastare la fisicità di Ser Percival. Le loro armature li facevano sembrare due enormi statue di marmo, il duello si preannunciava molto duro e tosto.
La bandiera fu alzata al cielo, e i due cavalieri cominciarono a spronare di furia i loro destrieri.
Una carica d’acciaio e legno, che terminò con un doppio colpo: entrambe le lance colpirono il petto del rispettivo avversario, ma i cavalieri restarono saldamente in sella.
«1-1» affermò con voce tonante Geoffrey.
Tempo di riposizionarsi e di prendere una nuova lancia, ed eccoli di nuovo pronti a partire.
Attimi di pura tensione, il polverone che ne uscì fuori fu tremendo, ma in mezzo ad esso il pubblico riuscì lo stesso a vedere che era praticamente successa la stessa cosa di prima.
Ser Galahad e Ser Percival erano in questo momento alla pari in tutto e per tutto.
Ultimo duello decisivo. Stavolta la corsa fu ancor più fragorosa. Le lance si incrociarono, colpirono in pieno i propri avversari, che caddero entrambi.
Ma non contemporaneamente. Galahad fu il primo a toccare terra, l’impatto per lui fu molto più duro, mentre Percival rimase in sella almeno un secondo in più, e cadde da cavallo di lato e non di schiena.
Geoffrey stava parlottando con altri consiglieri, e poi si rivolse al pubblico:
«Quello che è successo oggi è decisamente insolito, ma abbiamo deciso che la vittoria vada a Ser Percival»
«Sono caduto per primo, lo trovo giusto»
«Non avevo dubbi che avresti risposto così…»
Galahad sorrise, e poi abbracciò l’amico di lunga data.
 
Vi era finalmente un primo finalista, ora toccava decretare l’altro.
Leon e Garrett erano pronti e concentrati.
Questa era davvero una sfida di livello, il primo aveva già dato prova della sua esperienza, mentre il secondo aveva un superpotere niente male. Dopo tutti quegli anni a sopravvivere da cieco, ora che ci vedeva era come possedere un potere magico dentro di sé.
Lo scudiero fece il suo solito lavoro, e la sfida cominciò.
Carica veloce ma ordinata, senza strafare per entrambi.
A pochi centimetri dal contatto, Garrett riuscì ad evitare la lancia di Leon e a colpirlo in pieno sull’elmo.
Lancia spezzata, ma per fortuna elmo ancora intatto, in ogni caso era 2-0 per il cavaliere della quercia.
Entrambi tornarono alle loro postazioni, pronti per la seconda lancia.
I déjà-vu erano una routine quel giorno: successe la stessa cosa, ma a parti invertite, così la parità fu ristabilita.
Ultima lancia decisiva, entrambi l’affrontarono con ancor più attenzione, e anche molta tensione, manca davvero poco alla finale.
La carica cominciò per entrambi, con un po’ di più enfasi nell’aria, non solo perché i due cavalieri stavolta decisero di spronare di più.
E infatti la maggior velocità incise sulla tecnica: niente colpi puliti stavolta, le lance centrarono entrambe il proprio avversario.
Doppio colpo, parità assoluta senza alcun disarcionamento.
«Occorre dunque un spareggio» fu la decisione del saggio Geoffrey di Mormount.
I due avversari sembravano non prevalersi, il pubblico si chiedeva se questo spareggio sarebbe stato l’unico.
La risposta sarebbe arrivata a breve, i due cavalieri erano già pronti a ripartire.
Entrambi i cavalli mantennero anche questa volta la stessa andatura, né troppo veloce né troppo lenta.
Mancava poco al contatto, e gli occhi andarono stavolta su Garrett. Il quarantenne cavaliere si alzò leggermente da cavallo, e si allungò contemporaneamente in avanti.
La sua lancia divenne dunque più lunga, abbastanza per colpire in pieno Ser Leon.
Un colpo inaspettato per il cavaliere, che mollò di colpo la presa della sua lancia. Non venne disarcionato, ma senza più la sua arma non poteva farla finire in pareggio. Garrett aveva vinto.
«Bella mossa, ragazzo. Non me l’aspettavo, davvero!»
«Detto da te è un onore, Ser»
«Mi chiedo se hai in mente qualche altro trucco per la finale: non ti sarà facile abbattere Percival»
«Non ne dubito. Tutto dipende da me, sperando anche che gli dei siano benevoli»
«Buona fortuna»
 
Passò almeno un’ora prima che i preparativi per la finale fossero ultimati.
Gran parte del tempo fu utilizzato dagli armigeri per sistemare al meglio le armature dei due finalisti, e anche per far riposare al meglio, e naturalmente, dopo tutto questo tempo di attesa, il pubblico era ancor più eccitato per l’inizio delle “danze”.
Le trombe suonarono di nuovo a festa, così come i tamburi tornarono a rullare.
I due cavalieri erano di nuovo pronti a giostrare.
Anche qui la differenza di fisico era notevole. Garrett non era un mingherlino, ma in confronto a Percival appariva come un manichino.
Nel vedere il suo avversario in fondo all’arena il marito di Kayley cominciava a provare il primo timore della giornata.
“Forza e coraggio. Nessuno è imbattibile”
“Il mio avversario sembra intimorito, lo sento anche da quello che esprime il suo cavallo, ma non devo considerarlo: sono sicuro che quando partirà alla carica tutto cambierà”
E così partirono. L’andatura era uguale per entrambi, forse Percival correva leggermente più piano visto che il suo cavallo faceva più fatica, ma era un dettaglio da nulla.
Anche perché la vistosa altezza del cavaliere gli permetteva di avere braccia più lunghe dell’avversario, così la prima lancia fu a suo favore. Spezzata in pieno petto.
Una bella botta per Garrett, il colpo aveva lasciato una bella chiazza con vari graffi sulla sua piastra pettorale.
La carica ripartì, alla stessa intensità di prima. Garrett provò ad anticipare le mosse del suo avversario, ma anche stavolta fu inutile.
Il colpo di Percival fu più lesto, e stavolta la lancia si spezzò proprio contro l’elmo.
Altro colpo duro, molto più duro. La gorgiera venne via, cadendo a terra insieme alle schegge della punta della lancia.
3-0 per Percival, e ora Garrett aveva una parte in meno di protezione.
«Vi porto un nuovo elmo, Ser»
«No, Ogrid» Garrett si rivolse al suo scudiero «Non ce n’è bisogno»
Il ragazzo non capiva, finché non vide il suo padrone togliersi l’elmo, ed indossarlo di nuovo, ma al contrario.
«Ser, come farete a vedere?»
«Ho vissuto 12 anni senza la mia vista. Voglio affidarmi di nuovo ai miei vecchi istinti. Penso sia la mia unica speranza. Ora dammi la lancia»
Lo scudiero obbedì, e Garrett con la mano libera fece segno a Geoffrey che era pronto a giostrare di nuovo.
La bandierona fu di nuovo sventolata velocemente, Garrett sentì il rumore del vento colpito da essa e partì alla carica subito dopo.
Percival avanzava, deciso a disarcionarlo, fissando sempre le mani dell’avversario per capire cosa avesse in mente.
Garrett continuava ad avanzare, con la lancia non distesa ma in guardia, in maniera completamente lineare.
Mancava pochissimo al contatto, e all’ultimo, dalla tribuna rimasta in silenzio per la tensione, si sentì un falco gracchiare.
Ayden aveva avvisato il suo padrone al giusto momento, e Garrett riuscì ad evitare la lancia di Percival, anche se non l’aveva visto. E subito dopo colpì con decisione avanti a sé. La lancia si spezzò, come se fosse schiacciata da un muro in movimento.
Era la possente armatura di Percival, che cadde a terra quando ormai non rimaneva che metà dell’arma di Garrett.
Il torneo dei 100 anni di Gaius, e della ricostruzione di Albion, aveva un vincitore.
Garrett si tolse l’elmo, e vide Percival rialzarsi un po’ a fatica.
Scese da cavallo e lo andò ad aiutare.
«Alla fine ce l’hai fatta, hai visto? Sei il più veloce e furbo tra di noi, non dimenticarlo mai»
«Non tradire il tuo giuramento, Ser. Non ricordi? Ognuno di voi è come un fratello, non c’è chi è migliore tra noi!»
«Beh, almeno per la giostra…stavolta il migliore sei tu!»
Percival alzò il braccio di Garrett al cielo, e la folla urlò e applaudì nella maniera più fragorosa che mai.
Artù, Merlino e il resto della corte scesero nell’arena, pronti a consegnare la lancia dorata in miniatura al vincitore.
«Ti sei battuto con onore e bravura, Ser. Oggi, 10 anni dopo il periodo più buio per Albion, il sole splende a Camelot e tu hai vinto questo premio per ricordare per sempre questo giorno»
«Grazie, Sire. Dedico la vittoria alla mia bellissima moglie…»
Kayley, tornata ad indossare abiti più leggeri, corse ad abbracciare il marito.
«…e a Lionel… e a Devon e Cornelio, i miei tre bellissimi figli!»
Tre pimpanti ragazzini superarono la staccionata e corsero verso Ser Garrett.
Il più grande, nato 9 primavere fa, assomigliava molto al padre, ma anche al nonno materno che non aveva mai conosciuto. Biondo e con gli occhi azzurri, e non troppo alto.
I suoi due fratelli, di due primavere più giovani, erano gemelli, ma non identici. Devon era più alto e snello come un chiodo, Cornelio più basso e grosso, non obeso, ma era comunque ben piazzato, ed entrambi avevano capelli rossi come la madre e la nonna Juliana.
La famiglia era riunita, anche la moglie del cavaliere valoroso era arrivata a fare i complimenti al genero, e l’atmosfera era ancor più calorosa.
 
«Bel quadretto, non trovate?»
«Si, Merlino, e provo anche una leggera invidia nei confronti di Garrett. Gli Dei sono stati generosi con lui, ha già tre figli, mentre io e Ginevra, per quanto ci abbiamo provato, siamo riusciti ad avere solo il nostro Lancillotto»
«Non so quanto gli Dei incidano su queste cose, penso che sia più una questione di natura. Comunque, voi non siete solo, mentre molti altri si»
«Anche su questo hai ragione… Bisogna accontentarsi di quello che si ha. Forza, è il momento di tornare a casa»
«Voi andate pure, non è ancora calato il sole, penso che mi farò una cavalcata fuori dalla città»
«Come vuoi… Ci si vede a cena»
 
Merlino prese uno stallone bianco e si diresse, come aveva detto, al di fuori della città. Al trotto lungo le vie della città bassa, e poi al galoppo, fino ad arrivare alla solita radura.
Pensava di arrivare fino al lago, ma a un certo punto il cavallo parve innervosirsi.
E il cielo per un attimo si oscurò.
«Padre…»
«Yrennoc!» affermò di colpo Merlino osservando un grande drago scendere a terra e accovacciarsi verso di lui. Ora il cavallo era più calmo, non era la prima volta che vedeva un drago
«Che bello rivederti, ma non chiamarmi così, ti prego, non sono veramente tuo padre»
«Mi hai fatto nascere tu, non lo dimentico. Comunque, come preferite»
«Che mi racconti? Come sta la Sfregiata?»
«Bene, si sta solo occupando della cucciolata»
«È la seconda in 10 anni, pensa che abbiamo parlato proprio poco fa con Artù, voi ci battete a tutti quanti in fatto di figli»
«E mi fa piacere che sia così, la nostra nobile razza ha di nuovo un futuro, e sempre grazie a te, Merlino»
«Come vorrei che Kilgharrah potesse vederti… a differenza di Aithusa, tu e la Sfregiata siete cresciuti davvero bene, e ora sapete anche parlare fluentemente»
«Il realtà sono venuto a dirti che ho visto il Grande Drago di cui mi hai sempre parlato…»
«Com..Come?»
«Mi è apparso in sogno la scorsa notte. Un’apparizione molto breve, mi ha detto di salutarti…»
«E nient’altro?»
«Si, purtroppo c’è dell’altro. Dall’alto dei cieli, ha visto qualcosa di strano succedere tra i vari mondi. Talmente strano che manco lui sa cosa possa significare»
«Quindi, mi stai dicendo che ci sono nuovi guai all’orizzonte? Una nuova minaccia sta per colpire Albion?»
«Non lo so, Grande Mago, non lo sapeva manco Kilgharrah. Ha detto solo che tutti quanti dovremo presto tenere gli occhi aperti, anche perché l’apparenza può ingannare. Questo è tutto…»
«Vorrà dire che lo faremo. Anche se non so se convenga avvertire fin da ora Artù, in fondo, è solo un sogno…»
«Non è un sogno come tutti gli altri, Merlino, anche tu, non sottovalutare le apparenze. Ti saluto, torno da mia moglie. Se avrete bisogno di noi, o dei miei figli più grandi, sai come chiamarmi…»
«Senz’altro. Ciao Yrennoc»
E il grande drago marrone e grigio volò via verso le montagne che cominciavano a diventare rosse per via del tramonto.
 
Merlino tornò al castello, e a cena non disse nulla ad Artù.
Si svegliò la mattina presto e uscì a controllare se era tutto normale. E lo era, ma stavolta si decise, e al solito colloquio quotidiano alla tavola rotonda raccontò e tutto ad Artù e agli altri cavalieri.
«Hai fatto bene a dircelo, Merlino» affermò Artù «Vorrà dire che terremo gli occhi aperti, è stato un decennio pacifico, ma l’imprevisto è sempre dietro l’angolo»
Ma neanche il giorno dopo successe qualcosa. E neanche in quelli seguenti.
Se c’era un pericolo, non era ancora cominciato. O forse doveva ancora arrivare in quel mondo.
 

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Capitolo 4
*** 4) Mostrami la via per Camelot ***


4) Mostrami la via per Camelot
(Completato il 25 gennaio 2016)
 
Non vedeva nulla, ma capiva benissimo che l’avevano caricata sul dorso di un cavallo.
Né sentiva l’odore, il rumore degli zoccoli, e il dondolare ad ogni passo.
Era legata e bendata, come tutti gli altri.
Non poteva vederlo, ma ad Henry, Roland era stato concesso di viaggiare, sempre legati e bendati, non sdraiati ma seduti, con dietro un indiano che li teneva fermi.
Neal invece era ancora troppo piccolo, non c’era il bisogno di bendarlo, e stava seduto tra le gambe di Pocahontas.
Continuavano a marciare lenti, nessuno sembrava aver fretta.
Belle non riusciva a capire dove li stavano portando, finché non sentì il rumore fragoroso dell’acqua.
Segno inconfondibile che erano arrivati al torrente di Storybrooke.
E fu in quel punto in cui si fermarono, pochi minuti dopo.
«Nonna, siamo tornati»
«Ciao bambina, è andato tutto bene, si?»
«Certo saggia signora» affermò la voce di un uomo anziano «Il piano funziona alla perfezione per ora»
«Ne sono lieta, caro Wahunsunacock»
«Facci entrare, ora» questa voce risuonava ancor più rauca. Sicuramente era dell’uomo dai capelli d’argento.
«D’accordo, Kekata»
Si sentì allora un forte rumore di rami che si spostavano, e poi Belle si sentì ancor più strana.
Viaggiare sul dorso di un cavallo non è il massimo della comodità, era stata più volte sul punto di rimettere, e ora le cose andavano ancora peggio.
“Vuoi vedere che stiamo andando sottoterra? Ecco perché non li abbiamo mai trovati”
Belle aveva ragione. I cavalli stavano scendendo lungo un passaggio selvaggio e oscuro. Un viaggio lungo diversi minuti, finché non capì che li stavano facendo scendere uno ad uno da cavallo, senza però togliere bende o ceppi.
«Ora possiamo toglier loro le bende. Nakoma? Utamatumaki?»
«Subito, Pocahontas» si udì nell’aria una voce di una ragazza molto giovane, insieme a uno strano grugnito.
Quando anche l’ultima benda fu levata, dalla bocca e soprattutto dagli occhi di ognuno, ecco che cominciarono a rendersi conto di dove si trovavano. O forse no.
Sembrava una caverna sotterranea, ma era talmente strana e selvaggia che poteva anche non esserlo.
Il soffitto era formato da un’infinita rete capillare di radici enormi, sorrette da ancor più maestose colonne di legno. Nonostante la luce del sole non potesse arrivarci, l’interno era illuminato. Da lucciole ma anche da controllati focolari.
Ad ognuno di questi strani alberi erano stati legati più di un abitante di Storybrooke, mentre Henry, Neal e Roland erano seduti a gambe incrociate poco più avanti a loro, ma circondati da guerrieri indiani, che con le loro lance affilate gli impedivano ogni tentativo di fuga.
«Che cosa volete da noi?»
«Grazie per avercelo chiesto, arciere» l’alto guerriero anziano dai capelli grigi e corti avanzò verso Robin Hood. Portava un grosso copricapo piumato in testa, e si sorreggeva con un lungo bastone con un grande rigonfiamento in cima «Voi dovete indicarci la via per Camelot»
«Camelot? Ma è solo una leggenda…»
«Non mentire, nano!» continuò il guerriero giovane e muscoloso «L’uomo al tuo fianco ci ha rivelato ogni cosa»
«Mammolo, è davvero così?»
«Perdonami, Brontolo, non ho resistito…»
«La bellezza di mia figlia è stata causa di grandi problemi in passato… ma stavolta ci ha aiutato. Ora manca l’ultimo tassello»
«Già» chiamata in causa, Pocahontas continuò il discorso di suo padre «È inutile che continuate a resistere. Ho letto tutto sull’argomento, grazie ai tuoi libri, Belle. Sappiamo tutte le informazioni necessarie per mettere appunto il nostro piano, dobbiamo solo sapere come arrivare in quel regno, e nel momento giusto per impedire la fine della nostra razza»
«Tu lo sai che, dopo aver sentito queste cose, nessuno di noi ti aiuterà? Di certo non io: sono un uomo d’onore, non tradirò mai Artù»
«Lo ha detto anche il tuo amico, il belloccio alto che chiamate Principe Azzurro… Portatelo qui, insieme a tutti gli altri»
Alcuni guerrieri si allontanarono, un numero consistente, perché numerose erano le persone che portavano.
Emma, Regina, Uncino, David, August, Archibald, Pisolo, Eolo e Gongolo.
«Bene, ci siamo tutti!»
«Henry! Roland!»
«Neal!!!»
«Non verrà fatto loro alcun male…» continuò l’uomo dai capelli d’argento «Se risponderete alle nostre domande, l’importante è che vi decidiate a farlo, non abbiamo tutta l’eternità!»
«D’accordo…» David cominciò a parlare un po’ sottovoce, per poi aumentare la tonalità «Possiamo dirvi tutto quello che sappiamo su Camelot, ma non possiamo aiutarvi ad andarci»
«Si che potete, non mentire!»
«I portali non sono accessibili…»
«Non abbiamo bisogno di portali, anche se so lo stesso che state mentendo. Potremmo andare ad Avalon, ma siamo in tanti e troppo riconoscibili, oltre al fatto che, secondo le mie ricerche bibliotecarie, la strada è troppo lunga. Mammolo ci ha detto che una Sirena può aprire un varco per quel mondo, o che la vostra nave può volare, pirata» Pocahontas stava guardando in quel momento Uncino, e poi continuò con il suo discorso «Ma immagino che una nave non può portare con sé tutto il nostro popolo…»
«Ci sei arrivata, bellezza…»
«Io se fossi in te non riderei, uomo di ferro. Sarai tu a indicarci la strada»
«E in che modo?»
«Se hai viaggiato tra i cieli, saprai la via per Camelot attraverso le stelle. Disegnaci una mappa stellare…»
«E io vi porterò tutti lì!»
Una voce strana, un po’ diversa da quella umana, aveva attraversato la sala. Nessuno dei prigionieri aveva capito da dove fosse venuta, finché non notarono che l’albero più grande, quello situato di fronte a loro, si stava muovendo.
La corteccia stava cambiando forma, assumeva volto umano. Occhi, orecchie, capelli e bocca apparirono in mezzo al tronco, e si muovevano.
«L’albero… L’albero parla!»
«Vi presento Nonna Salice. Vi trovate tutti nella sua dimora, e da qui noi partiremo per andare a Camelot. E una parte di voi verrà con noi, a garanzia della riuscita della nostra missione»
«E se non fossimo d’accordo?»
«Mia cara biondina, continui ad avere la memoria corta…  Kocoum!»
Pocahontas si rivolse al guerriero forte e bello, che estrasse dal fianco un pugnale.
«Ma che bei capelli che porti, ragazzo» mise una mano sopra la testa di Henry, e poi continuò «Che ne dici se ci faccio un ricordino?»
Il figlio di Emma e Regina stava impallidendo, e forse presto se la sarebbe fatta addosso, perché il pugnale di quell’uomo era pronto a fargli lo scalpo.
«Fermo!» urlò Uncino «D’accordo, hai vinto. Toglietemi queste corde dalle mani, e vi disegnerò la vostra mappa»
«Bene, ci voleva tanto?» Pocahontas fece un gesto a Kocoum, che si allontanò dal ragazzo per poi andare ad abbracciarla, e baciarla sulla bocca
«Hai vinto questa battaglia, selvaggia!» urlò Brontolo «Ma non vincerai la guerra»
«Il mio amico ha ragione» continuò David «Andate pure a Camelot, forza. Non avete speranze contro Artù e il Grande Mago Merlino. Neanche il Dio dei Morti è riuscito a spuntarla con loro…»
«Sappiamo anche questa storia, reuccio. Ma non siamo preoccupati»
«Mia moglie ha ragione» continuò Kocoum «Noi siamo valorosi guerrieri Powhatan, e abbiamo anche noi il nostro Dio, e i nostri spiriti che ci aiuteranno nella nostra causa»
«Già, il Grande Spirito vive in Nonna Salice, lei ci guiderà con la sua magia alla vittoria»
«Sagge parole, Kekata. E ora non perdiamo altro tempo. Questa è la carta, qui hai una piuma e l’inchiostro»
Uncino fu portato dal capo degli indiani vicino a un grande ceppo «Ora disegnaci la via»
«Ma perché ce l’avete tanto con Camelot?»
«Oh, dolce e ingenua Belle, è una lunga storia…»
 
 

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Capitolo 5
*** 5) La storia che tutti conoscono ***


5) La storia che tutti conoscono 
(Completato l’8 febbraio 2016) 


C’era una volta… in una terra lontana lontana… chiamata Virginia dai bianchi, quando in verità si è sempre chiamata Tenakomakah, la Terra densamente abitata.
Perché mai nome fu più adatto a questo posto. 
Per secoli una grande, gloriosa popolazione ci ha abitato. 
Non priva di difetti. Anche loro facevano la guerra ai loro stessi simili, ma almeno avevano un grande rispetto per la natura, vivendo in armonia con l’ambiente che li circondava, non solo per onorare la loro divinità principale, Manitu, il Grande Spirito, ma soprattutto perché ritenevano giusto farlo.
Si alternarono primavere, estati, autunni ed inverni, guerre e periodi di pace, coltivazioni e battute di caccia, finché un giorno tutto cambiò.

«Ka-ma wingapo, Powhatan»
«Ay-man-ay-cho, Kekata. È bello essere a casa! Chesk-cham-ay! I Massawomecks sono stati sconfitti. Con l’aiuto dei nostri fratelli, i nostri villaggi sono di nuovo salvi!»
«Il tuo ritorno ha portato gioia al nostro villaggio: guarda quanti visi sorridenti»
«Si, ma c’è un viso sorridente che non riesco a vedere: dov’è mia figlia?»
«Conosci Pocahontas: ha lo spirito di sua madre. Va’ dove la porta il vento!»

Sembrava un giorno come un altro a Tenakomakah. 
Il grande capo tornava dall’ennesima guerra vinta, il grande sacerdote che lo riceveva, e Pocahontas?
Lei continuava come in ogni suo giorno libero a camminare nella foresta, per poter ammirare sempre meglio la bellezza del posto in cui era nata. 
Le piaceva la sua vita, solitaria dal punto di vista umano, ma davvero piena grazie ai suoi amici animali, e a tutti i colori del vento. E sperava che non potesse finire mai.
Ci pensava spesso e volentieri la sua amica del cuore Nakoma a riportarla alla realtà, e così anche quel giorno tornò al villaggio solo grazie alla sua insistenza, ma forse stavolta avrebbe fatto meglio a non ascoltarla e a restare sul cucuzzolo della montagna un altro po’. Così sarebbe stata la prima a vedere all’orizzonte quelle barche enormi dotate di ali.

«Siamo quasi arrivati, Governatore»
«Bene, fedele Wiggins, non ne potevo più di viaggiare su questo rottame»
«Tra poco approderemo su una terra completamente nuova, avete già pensato a come chiamarla?»
«Se dipendesse da me, la chiamerei con il mio nome, Ratcliflandia, e il forte Johnsburg… Ma se lo facessi quel tonto del nostro re si offenderebbe, così la regione verrà chiamata Virginia, in onore di Elisabetta I, e la sua prima città Jamestown»
«Già, che peccato, i primi erano molto meglio… Cosa pensate di trovare qui?»
«Oro! Oro, oro a volontà!»
«E se i selvaggi non fossero d’accordo? Ho sentito dei racconti sulle terre spagnole del sud, gli indigeni erano molto gelosi delle loro terre»
«Abbiamo fior di uomini e munizioni per loro… Ma speriamo di non doverne aver bisogno. Sai, caro Wiggins, non tutti sono come te, mi aspettavo uomini più…facili!»
«Gr…Grazie, signore!»
«Di niente, mio caro idiota. Gli altri si sono dimostrati troppo onesti durante il viaggio, ma ti dico, è normale al giorno d’oggi? È sicuramente colpa di John Simth!»
«Scusate se ve lo chiedo, ma ne siete sicuro? Lui ha già fatto guerre agli indigeni in Africa…»
«Ma è la prima volta che viaggia con me, quel bellimbusto. Tutte quelle sciocchezze di rendere migliori i posti dove viaggia, la civilizzazione… Per me quei selvaggi possono morire tutti, mi interessa solo il mio oro! Quindi, meglio non fargli sapere che la maggior parte delle pepite finirà nelle mie tasche, e non in quelle di Re Giacomo I»
«Oh, non lo scoprirà. Non da me, poco ma sicuro»
«Lo spero, piccolo Wiggis, non vorrei vederti appeso a uno degli alberi della nostra nave…»
«Manco…io…» e il piccolo paggio deglutì, per poi andarsene con riguardo dalla cabina del governatore. 

«In nome di Re Giacomo I, battezzo questa terra Virginia, e questo nuovo insediamento Jamestown… Bene, i convenevoli li abbiamo fatti. Ben, tu occupati della costruzione del fortino. Lon, tu con metà degli uomini mettiti appena fuori il nostro punto di ritrovo, e comincia a scavare! 
Ogni pagliuzza d’oro dovrà essere mia…volevo dire… nostra!»
«Se permettete, signore, io vado in esplorazione»
«Vorrei che tu lavorassi insieme agli altri… Ma in fondo, non è un male conoscere l’ambiente circostante. Vai pure, caro John Smith!»
«Grazie, signore. A presto ragazzi»
E il giovane dai capelli biondi, con un elmo in testa e una carabina sulla schiena scomparve rapidamente tra gli alberi della foresta. 
«Se non tornerà… tanto meglio. Un problema in meno, e un motivo in più per far la guerra agli indiani!»
«Sagge parole, signore!» 
«Lo so, Wiggins, lo so… Ora preparami il pranzo!»

«Una barca con le ali? Ne sei sicuro?»
«È ciò che i miei occhi hanno visto, grande Powhatan»
«Non sto dicendo che non mi fidi di te, Kocoum, lo sai che tutti noi ti consideriamo il più grande guerriero della tribù… Solo che mi sembra tutto molto strano»
«Non lo è più di tanto, mio caro» il vecchio e saggio Kekata entrò nel discorso «Mio nonno mi raccontava che aveva sentito da viaggiatori del lontano sud di questi stranieri dalle strane barche. Vengono a depredare la nostra terra in cerca di sassi colorati. Non ci si può fidare»
«E allora che aspettiamo? Attacchiamoli così non potranno farlo!»
«Calmati, ragazzo mio, calmati. È meglio conoscere prima la forza del nostro nemico, e capire se è davvero tale. Prendi 10 uomini e vai in perlustrazione»
«Come tu ordini, grande capo»
 Fu in quel momento che Powhatan si girò e vide che dietro di lui si trovava sua figlia.
«Mio raggio di sole, che bello rivederti. Come stai?»
«Bene, padre. Ma visto che ci siamo volevo dirti: non sei troppo impulsivo nel giudicare questi stranieri? Magari sono brave persone…»
«Non hai sentito le parole di Kekata? Da quanto tempo sei qui?»
«Ho sentito tutto, non temete… Ma resto convinta che dovremmo cercare il dialogo prima di impugnare l’ascia di guerra…»
«Kocoum ci informerà se il nostro saggio sciamano ha ragione oppure no. Ma ora parliamo d’altro. 
Ho saputo che anche oggi sei stata sola nel bosco. Mi fa piacere, lo faceva spesso anche tua madre, ma ora che non siamo più soli nella nostra terra, spero che non farai discussioni sul fatto che finché questi stranieri non saranno resi inoffensivi è meglio se resti al sicuro al villaggio»
«No, padre, non puoi farmi questo. Non posso rinunciare a tutto quanto»
«Ma lo farai, non te lo sto chiedendo, ma ordinando. È per il tuo bene, è mio dovere pensare al tuo futuro, per questo, ora che sono tornato, c’è un’altra questione da affrontare. È ora che pensi a prender marito…»
«Ancora con questa storia, padre?»
«Sapevi che al mio ritorno ne avremmo parlato…»
«Solo per questo motivo speravo che la guerra durasse di più…»
«Figliola… Non dire così»
«Perdonami, Kekata, ma stanne fuori, è meglio»
«No, tutti voi dovete starne fuori. Voi non potete obbligarmi. Nessuno dice al vento dove soffiare»
E così la giovane si dileguò in un secondo dal padre.
«Pocahontas, aspetta!»
Tutto inutile, la ragazza era scomparsa oltre i campi di grano, diretta alla foresta. 
«Forse non dovevo affrontare tutti questi discorsi insieme… Nakoma?»
«Si, grande capo?»
«Valla a cercare, e riportala da me»

Il panorama di fronte a sé era bellissimo. Torrenti pieni di vita, alberi dai mille colori, montagne alte e dalle forme pittoresche. E tanti, tanti animali. Cerbiatti, lepri, castori, ma anche orsi e lupi, che poteva osservare da lontano per non rischiare guai seri. 
E poi vide qualcosa di ancor più bello.
Una giovane donna, dai lunghi capelli neri, la pelle di un colore a metà tra la sabbia e il rame, con due occhi splendidi, come splendido era il suo corpo.
Si avvicinò, cercando di non far rumore, e ci riuscì, lei sembrava non notarlo.
Anche perché sembrava triste, chiusa in sé stessa, come se volesse stare da sola. 
Ma sola presto non lo sarebbe stata più: un procione e un colibrì si avvicinarono a lei, come se non avessero paura di lei nonostante la differenza di specie. 
John Smith osservava tutto questo con tanta curiosità. 
La ragazza, alla vista dei due animaletti, sembrò tornare felice. Accarezzò il procione e diede un bacetto al becco del colibrì. 
Restò ad osservarla per qualche minuto, era controvento e nessuno di loro riusciva ad udirlo, o a percepire il suo diverso odore. Finché di colpo non si alzò, e corse via più veloce di una lepre, talmente rapida che Smith la perse rapidamente di vista. 

«È forse la mia Pocahontas?»
«Nonna Salice, ho bisogno di parlarti»
«Buongiorno bambina, speravo tanto in una tua visita oggi. Dimmi, cosa ti angustia?»
«Riguarda mio padre…»
«È tornato dalla guerra, non è vero? Sta bene?»
«Si, lui sta benissimo, e sono contenta di questo… Ma oggi mi ha anche resa triste»
«E perché?»
«Vuole che sposi Kocoum»
«È un uomo leale, ed affascinante… Ma tu cosa vuoi?»
«Non lo so, Nonna. Vorrei che fossi io a decidere, innanzitutto, e non ora. Ci sono ancora troppe cose che voglio fare da sola»
«Allora non dovrai far altro che dirglielo»
«Ci ho provato… Ma non mi ha dato retta. Avrò sbagliato le parole, forse anche perché sono molto confusa in questi giorni. Faccio sempre il solito sogno…»
«Un sogno? Forza, racconta!»
«Sto correndo tra i boschi, ed ecco che là, davanti a me, c’è una freccia, e come la guardo, lei comincia a ruotare…»
«Una freccia che ruota? Che cosa insolita!»
«Si, e ruota in fretta, più in fretta, più in fretta, finché a un tratto… si ferma!»
«Bene, a me sembra che questa freccia che ruota ti voglia indicare… la tua via!»   
«Ma nonna Salice, qual è la mia via? Come farò mai a trovarla?»
«Eh eh, tua madre mi fece la stessa identica domanda»
«Davvero? Cosa le rispondesti?»
«Le risposi… di ascoltare. Ovunque intorno a te ci sono spiriti, bambina. Vivono nella terra, nell’acqua, nel cielo. Se li ascolti, loro ti guideranno!»
«Sento il vento…»
«E cosa ti dice?»
«Che qualcuno è in arrivo… Ritirati, nonna Salice»
«D’accordo, bambina, a presto» 

Pocahontas non si stava sbagliando.
Non era sola nello stagno. Un rumore di passi si stava sempre più avvicinando.
«Ciao… Tu… capire la mia lingua?»
«Si, la capisco, non so come, ma la conosco…» la giovane rimase ammaliata dalla bellezza del giovane «Sei bianco… arrivato con le barche con le ali»
«Noi le chiamiamo navi a vela… ma comunque si. Visto che ci capiamo, allora è giusto presentarsi… Io sono John Smith»
«Io sono Pocahontas. Che cosa ci fate qui, tu e il tuo popolo?»
«Siamo venuti a civilizzare…»
«Civilizzare?»
«Si, voglio dire… a rendere migliore la vita dei selvaggi…»
«Bene, ho sentito abbastanza. Kekata aveva ragione, addio»
«Aspetta!»
«Cosa vuoi?»
«Parlare»
«Ti va di parlare con una selvaggia come me?»
«Non ho mai detto che tu sei una selvaggia…»
«Giusto, lo è solo il mio popolo!»
«No, mi sono spiegato male…»
«No, ti sei inteso benissimo. Vedo i tuoi occhi, John Smith. Dentro di loro c’è sincerità, ma non malvagità. Pensi davvero quello che hai detto, ma al tempo stesso non vedo alcuna maliziosità dentro quelle parole, solo… ignoranza…»
«Ora non dovrei essere io l’offeso?»
«Libero di esserlo e tornare dai tuoi simili… oppure puoi venire con me, e ti mostrerò quanto ti sbagli»
«Cosa mi farai vedere?»
«Qualcosa di meraviglioso, che non si vede solo con gli occhi… Preparati a scoprire…i colori del vento!» 
Pocahontas fece quanto promesso, portò John Smith nei posti più belli che la foresta offriva, ancor più maestosi di quelli che aveva visto da solo poche ore prima. E tra i due cominciò a nascere una certa attrazione. 
«Pocahontas!!!»
«Chi è?»
«È Nakoma, una mia amica. Mi starà cercando per conto di mio padre. È meglio che vada…»
«Aspetta… Devo rivederti. Quando potrò farlo?»
«Tra tre soli… Allo stesso posto di dove ci siamo conosciuti. A presto, viso pallido!»

«Dov’eri finita, figliola? Mi hai fatto stare in pena»
«Non mi è successo niente di male, padre…»
«Non si può dire lo stesso di Namontack…»
«Il migliore amico di Kocoum? Che gli è successo?»
«È stato ucciso da quei bianchi…»
«E… come è successo?»
«La colpa è mia»
«Su Kocoum, non darti colpe che non ti appartengono»
«Sei gentile, saggio Kekata, ma dovevo impedire la sua impulsività. Appena ha visto che quel ragazzo bianco gli stava puntando contro quel bastone, è partito alla carica. Ma prima che potesse toccarlo quel bastone ha fatto rumore, e Namontack è caduto a terra… Io l’ho preso, era ancora vivo, ma non ha tenuto duro fino al nostro ritorno al villaggio»
«Mi dispiace per il tuo amico, Kocoum» Pocahontas gli mise una mano sulla spalla, e poi continuò «Ma spero che non vi farete prendere dall’ira per tutto questo. Da come mi hai raccontato, quel viso pallido si è solo difeso, era spaventato…»
«E quindi?»
«Quindi spero che andrete a cercare un accordo con questi bianchi invece della guerra…»
«E tu pensi davvero che questa sia la soluzione migliore?» intervenne duramente suo padre «Non siamo in numero sufficiente per sconfiggere tutti quei visi pallidi, ma ho già mandato messaggeri alle altre tribù Algonchine. Quando arriveranno, i bianchi potranno scegliere: o andarsene oppure guerra!»
«No, padre, non devi, non tutti i bianchi sono malvagi…»
«E tu cosa ne sai, Pocahontas? Ne hai forse conosciuto uno?» 
«No… padre…»
Powhatan la guardò con molta serietà, finché non gli tornò il sorriso, e l’accarezzò
«È stata una giornata dura… Vai pure a riposarti, tesoro mio»
«Buonanotte, padre» 

«La situazione è critica, caro Wiggins. Ore e ore a scavare, e neanche una pagliuzza d’oro!»
«E ora che si fa? Si torna a casa?»
«Giammai! Non voglio credere che non ci sia oro qui dopo tutto quello che hanno trovato gli Spagnoli nel sud… Secondo me sono gli indiani a nasconderlo, e il loro attacco oggi pomeriggio ne è una conferma»
«Quindi gli uomini sono pronti ad andare in guerra?»
«Purtroppo no, fedele Wiggins. Sono venuti per costruire un insediamento, non si muoveranno da Jamestown senza un motivo serio… Ma le escursioni di Smith mi lasciano speranzoso. Più sta fuori e più rischia di farsi beccare dai selvaggi… e quando succederà… avremo la nostra scusa per attaccarli!»
«Ottima idea mio signore! Ottima idea…»
«Lo so, Wiggins, lo so… ora preparami la cena!»

Era sorto un nuovo giorno a  Tenakomakah.
Powhatan aspettava fiducioso l’arrivo dei suoi alleati, e Pocahontas lavorava allegramente nei campi con le sue amiche. 
Quest’ultima cosa rallegrava di molto il grande capo, e la giovane se ne accorse. 
Tutto procedeva come da suo piano: far felice suo padre in modo da fargli abbassare la guardia, quando tra due giorni avrebbe ricercato John Smith nella foresta. 
Passò anche il giorno seguente alla stessa maniera, finché, con l’avvicinarsi del tramonto del terzo giorno, si allontanò cercando di non farsi vedere. 
Suo padre stava ricevendo i suoi amici guerrieri alla sponda maggiore del fiume, era il momento ideale, ma purtroppo non si accorse che Nakoma era ancora lì. E la giovane amica la vide sparire nella grande foresta. 

«Kocoum?»
«Che c’è Nakoma? Spero sia importante, devo colloquiare con gli altri capi tribù»
«Si tratta di Pocahontas»
«Che le è successo?»
«Ancora niente, credo, ma temo che si stia mettendo nei guai. Ha disobbedito a suo padre ed è fuggita nella foresta»
«Vado a cercarla»

«John Smith?»
«Si, Pocahontas, sono io. Allora, cosa mi farai vedere questa volta?»
«Sei curioso, e mi piace. Vieni, voglio presentarti mia nonna»
«Oh… Senza offesa, ma una dolce vecchina non credo sia una cosa molto interessante in questo posto, per quanto sarà saggia…»
«Saggia lo è di certo… Ma non come te l’aspetti tu. Vieni con me»
I due corsero per un lungo tratto, ma non abbastanza lungo per le loro giovani e forti gambe, e giunsero infine a uno stagno. 
«Beh, allora? Tua nonna vive qui, vicino a questo immenso salice…»
«Il salice è mia nonna…»
«Bambina!»
In mezzo alla corteccia apparve un volto umano, che spaventò talmente tanto John Smith da farlo cadere all’indietro nello stagno. 
«L’albero… l’albero parla!»
«Certo che parlo, non è evidente, giovanotto?»
«Vedi quanto poco conosci il nostro mondo, uomo bianco?»
«Dopo aver visto questo, te ne do atto, siete un popolo così diverso, ma pieno di fascino, e anche di magia…»
«Finalmente l’hai notato!»
«Ma anche noi abbiamo qualcosa che voi non conoscete. Prendi questo, ad esempio»
Il biondo giovane tirò fuori dalla tasca un oggetto ovale del tutto nuovo a Pocahontas.
«Che cos’è?»
«Questa si chiama bussola. Serve per ritrovare la via di casa»
«È bellissima… Ehi, ma che fai Meeko?»
Il piccolo ma vivace procione era apparso all’improvviso, e aveva rubato dalle mani di Pocahontas il regalo di John, andando a nasconderlo in una delle cavità di Nonna Salice. 
«Non temere bambina, prima o poi te lo restituirà»
«Già… Ma ora dobbiamo parlare di una cosa più importante. In questi giorni al campo non è stato facile tenere a freno i miei simili. Il governatore insiste che dobbiamo attaccarvi, io ho tenuto duro, dicendo loro che non siete una minaccia, e per fortuna gli altri hanno quasi capito»
«Quasi?» 
«Hanno promesso che non attaccheranno il villaggio a meno che non saranno costretti, se voi non farete la prima mossa, o farete del male a uno dei nostri»
«Tu sei stato bravo… Io non so se riuscirò a convincere mio padre. La morte di Namontack ha scaldato gli animi, tanti guerrieri sono accorsi al villaggio»
«Dovete andare entrambi lì, e dire a tutti che si sbagliano»
«La vedo dura, Nonna Salice. Quando due vogliono farsi la guerra, non puoi far nulla per dividerli»
«Prendete le increspature. Sono così piccole all’inizio, ma con l’impegno diventano davvero grandi»
«Non ci ascolteranno!»
«Giovanotto, spesso la via più giusta non è la più semplice»
«E va bene, parliamo con tuo padre. Questo e altro per stare insieme a te»
E il giovane prese l’iniziativa, avvicinando le sue labbra alle sue. Pocahontas capì, non solo il suo gesto, ma che provava qualcosa per lui. E lo baciò. 
«Yaaaheeeiiii» 
Kocoum uscì allo scoperto. Aveva visto tutto, e in preda alla gelosia si scagliò contro Smith, con il suo tomahawk in pugno. 
«Kocoum, fermati. Lascialo stare»
Ma il prode guerriero non volle sentire ragioni, così John fu costretto a difendersi.
Bloccò con entrambe le mani i polsi del suo avversario, che continuava a spingere. 
John Smith era molto forte, ma Kocoum lo era di più, anche se di poco. Non sapeva quanto avrebbe potuto resistere. Con la forza di volontà, e molto spirito di conservazione, il bianco dai capelli biondi riuscì a distanziarlo come meglio poté, e sembrava quasi sul punto di disarmarlo.
«BANG»
Uno sparo nel buio, e Kocoum cadde a terra, colpito da qualcosa di invisibile. 
«Thomas?!?»
«Lo hai ucciso! Maledetto!» Pocahontas guardò furiosa il giovane armato della carabina fumante. 
«Mi di…dispiace… Volevo solo difenderti, John. Ratcliffe mi ha mandato a cercarti…»
«Pocahontas…»
«È vivo! Kocoum è ancora vivo!» 
Il proiettile non aveva preso il cuore, ma il polmone sinistro. Kocoum era vivo, anche se debolissimo. 
«YAAAHEEEIII!!!»
«Scappa, Thomas, ci sono altri indiani. Ci penso io a loro»
Il giovane obbedì, non senza voltarsi di continuo. All’ultimo riuscì a vedere un gruppo di guerrieri Powhatan catturare John Smith, e portarlo via con il moribondo Kocoum e la sconvolta Pocahontas.

Capo Powhatan era lì, e osservava incredulo. Il suo più grande guerriero era inerme tra le braccia di un altro suo uomo, sofferente più che mai.
«Chi è stato?»
«Pocahontas era nel bosco. Kocoum era andato a cercarla, e quest’uomo bianco l’ha assalito»
«Kekata, fai ciò che puoi. Quanto a te… Le vostre armi sono forti, ma ora la nostra rabbia è più forte: al levare del sole, lui sarà il primo a morire!»
«Ma padre…»
«Ti avevo detto di non allontanarti dal villaggio. Tu mi hai disobbedito. Hai disonorato tuo padre»
«Cercavo solo di aiutare…»
«A causa delle tue sciocchezze, Kocoum è in fin di vita! Portatelo via» e si allontanò dalla figlia ormai in lacrime. 
«Pocahontas…» Nakoma si avvicinò alla sua amica del cuore «Ho mandato io Kocoum a cercarti. Mi dispiace, la colpa è mia»
La figlia del capo la guardò un po’ furiosa, ma subito dopo il suo volto cambiò espressione
«No, la colpa è solo mia. Non dovevo disobbedire a mio padre, non dovevo mettere in mezzo John Smith. Tra poche ore morirà e sarà solo colpa mia!»
E con le lacrime che le bagnavano ancor di più il volto, la giovane tornò nel bosco, diretta verso Nonna Salice, l’unico membro della sua famiglia che sembrava davvero capirla. 

«Aiuto! Aiutatemi! Aiuto!»
«Calmati Thomas, che è successo?»
«John Smith… è stato catturato!»
«Chi è stato?»
«I selvaggi! Lo hanno portato via, verso nord»
«Maledetti»
«Dobbiamo aiutarlo! Lui farebbe lo stesso per noi»

«Sentito Wiggins? Il mio piano alla fine si è realizzato, non potevo sperare di meglio. L’oro sarà mio»

«Thomas ha ragione, dobbiamo fare qualcosa» continuò Lon
«E qualcosa faremo!» Ratcliffe uscì dalla sua tenda con autorità «Ve l’avevo detto che non ci si poteva fidare di quei barbari. Smith ha cercato di essergli amico, e guardate cosa gli hanno fatto. Ma ora dico che è arrivato il momento di andare in soccorso del nostro valoroso compagno. All’alba attaccheremo!»
«Ma che ti aspetti mai, da questi pellerossa, la loro razza io sterminerò. E sarà grazie a noi che il mondo ci amerà, son parassiti e peggio ancor…»

«Aspetta, aspetta, stavi parlando di Ratcliffe, ma questo mi sembra di più un politico italiano…»
«Già… Parli di Salvini, August, giusto?»
«Indovinato, David!»
«Silenzio!» tuonò Pocahontas «E fatemi finire di raccontare. Dove ero rimasta? Ah si, intanto al mio villaggio…»

«Questo è ciò che temevamo, il viso pallido è un demone, l'unica cosa che provano è l'avidità!»
«Sotto la loro pelle bianca non vi è niente di buono» continuò Kekata dopo Powhatan
«Mi chiedo se sanguinano!» urlarono all’unisono due guerrieri indiani
«Sono barbari, barbari»
«Neanche esseri umani»
«Devono bruciar»
«Non sono come noi, non ci si può fidare»
«Voglion guerra e guerra sia!»
«Barbari, barbari»
«Questo sarà il primo!»
«Poi la terra scoppierà!!!» E mentre danzavano e cantavano intorno al fuoco, altri indiani si preparavano. Affilavano la punta delle loro lance e frecce, saldavano i loro tomahawk. E si dipingevano colpo e volto, i tipici colori rossi e non solo per cui i bianchi li definivano diversi. 
E intanto Pocahontas…

«Vogliono ucciderlo al levare del sole, Nonna Salice»
«Devi impedirglielo»
«Non posso!»
«Bambina, rammenta il tuo sogno»
«Avevo torto, Nonna Salice ho seguito la via sbagliata. Mi sento perduta…»
Il suo amico procione aveva capito tutta la tristezza della sua amica, e spinto da qualcosa di più grande di lui, andò nella cavità dell’albero, prese un oggetto e lo consegnò nelle mani di Pocahontas. 
«La bussola? La freccia che ruota!»
«È la freccia che c’era nel tuo sogno!»
«Avevo ragione! Era vero, indicava proprio lui… Il levare del sole»
«Non è troppo tardi, bambina. E che gli spiriti della Terra ti guidino. Conosci la tua via, bambina, ora seguila!»

«Tutto è pronto, ormai! Andiamo» Ratcliffe era arrivato quasi a metà strada tra il villaggio Powhatan e il suo insediamento, con 100 uomini armati di spade, carabine e cannoni. 
«Questo è il grande giorno» anche Powhatan si preparava a partire, con 500 guerrieri «Portate fuori il prigioniero» E John Smith fu tirato fuori, legato come un vitello, per essere portato al luogo dell’esecuzione. 

E Pocahontas correva.
«Non so come farò ma di certo tenterò! Aquila, aiuta i miei piedi a volare, montagna, rendi il mio cuore coraggioso. Spiriti della Terra, fate che non sia troppo tardi o morirò!»
I due eserciti arrivarono quasi contemporaneamente a metà strada.
Powhatan fece mettere John Smith con il petto disteso su una roccia, ed era pronto a colpire, sotto gli occhi disperati degli inglesi, tranne di Ratcliffe, che non vedeva l’ora che succedesse per scatenare ancor di più la sua guerra.
Alzò al cielo il bastone che si stava di colpo abbassando…
«Noo!»
Pocahontas si intromise all’ultimo, abbracciando la sua testa per proteggerlo.
Suo padre fece appena in tempo a deviare il colpo mortale.
«Se vuoi ucciderlo, dovrai uccidere anche me!»
«Figlia, allontanati da lui!»
«Ma io lo amo, padre!»
Powhatan rimase spiazzato da questa dichiarazione, che non seppe controbattere. 
Così Pocahontas continuò.
«Guardati intorno, padre. È a questo che la via dell’odio ci ha portato. Questa è la via che io scelto, quale sarà la tua, padre?»
Una brezza mattutina attraversò il posto. Colpì dolcemente il volto del grande capo, e trasmise allo stesso tempo uno strano tremito agli inglesi. 
Powhatan alzò di nuovo il bastone al cielo, ma stavolta come segno di resa. 
«Mia figlia parla con una saggezza che va al di là dei suoi anni. Siamo tutti venuti qui con la rabbia nel cuore, ma lei è venuta con il coraggio e la comprensione. Da questo giorno in avanti, se ci saranno altre uccisioni, non cominceranno con me. Slegatelo!»
«Che state facendo? Attaccateli, ora che hanno abbassato la guardia!»
«No, Governatore. Non avete sentito? Loro non vogliono combattere!»
«C’è bisogno di un incoraggiamento… e lo darò io!»
Strappò di colpo un fucile dalle braccia di un soldato, e prese velocemente la mira.
Smith capì che il colpo era diretto verso Powhatan. Si alzò giusto in tempo per mettersi in mezzo.
Il biondo amore di Pocahontas cadde a terra, toccandosi lo stomaco. 
«Ratcliffe, sei un traditore!» urlò Ben
«Bastardo, nemico della pace!» continuò Lon
«L’unico barbaro qua sei tu! Mettiamolo ai ferri!» Concluse Thomas
«Fermi, fermi, io sono l’intermediario del re… Wiggins, aiuto!»
Il suo paggio era troppo debole per opporsi, e John Ratcliffe fu incatenato, e portato via. 
E ora c’era da pensare a John Smith. 
Il medico della compagnia si avvicinò a lui. 
«La ferita è grave, ma possiamo salvarlo, se tornerà in Inghilterra subito»
«Tu conosci il modo di guarire queste ferite, straniero?» chiese Powhatan «Potresti aiutare Kocoum?»
«Il mio vice è in gamba quasi quanto me, manderò lui da voi. Io devo riportare Smith sulla nave» 
«Se è l’unica soluzione, allora così sia. Tu e tutti gli altri bianchi che resteranno al vostro villaggio sono sotto la mia protezione, finché non tradirete il nostro patto d’amicizia e pace»
«Grazie, grande capo» Smith ritrovò le parole, e poi guardò Pocahontas «Tu vieni con me?»
«Il mio posto è qui»
«Allora sarò io a tornare, un giorno»
«Sarai sempre il benvenuto, fratello mio» e Powhatan gli regalò per il viaggio la sua calda pelliccia, rimboccandogliela come una coperta. 

50 uomini risalirono sulla nave della Compagnia Virginia, altri 50 continuarono a potenziare l’insediamento di Jamestown. 
Pocahontas guardò la nave sparire all’orizzonte.
John Smith sarebbe mai tornato? Quale sarebbe stata la sua via ora? 


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Capitolo 6
*** 6) La storia che nessuno conosce ***


6) La storia che nessuno conosce 
(Completato il 29 febbraio 2016)


«È inutile che continui a guardare: lui non tornerà!»
«Lasciami stare!»
«Sono mesi che i bianchi lo dicono. Devi accettarlo: il tuo John Smith è morto!»
«E se si sbagliassero?»
«Vuoi restare tutta la vita ad aspettare un fantasma? Accomodati pure!»
«Perché, tu non stai aspettando ancora me?»
«Il mio discorso è diverso… Ma non illuderti, non ti aspetterò in eterno. Innamorato si, fesso no!»

Con occhi pieni di amarezza, Kocoum fissò Pocahontas un’ultima volta, e poi voltò le spalle, diretto al suo villaggio. Il prode guerriero era dunque sopravvissuto a quel proiettile, un miracolo che lo aveva reso più forte e cinico di prima.
Pocahontas invece continuava a fissare l’orizzonte, la grande e immensa acqua dalla sua amata rupe. 
Ci tornava ogni giorno, e stava lì per diverse ore, almeno dal momento in cui il sole era al centro del cielo, e fino a quando non si decideva ad andare a riposarsi. 
Continuò questo pellegrinaggio per diverso tempo.
Ma nessuna nuova nave arrivò mai a Jamestown dopo quella che aveva riportato questa infausta notizia. 
Così un giorno Pocahontas cominciò ad accettare la realtà, e tornò a vivere nei boschi per cancellare questo dolore. 
I suoi amici animali e Nonna Salice l’aiutarono in questo duro momento, in cui era indecisa se accettare o meno l’amore di Kocoum.

«Pocahontas?»
«Si, Nakoma?»
«Come mai sei qui? Pensavo fossi già al villaggio bianco»
«E perché dovrei?»
«Non lo sai? Una nuova barca con le ali è entrata nel fiume!»
«Coosa?!?»

La giovane corse come il vento verso l’insediamento, ma si accorse che non era sola.
Suo padre, con al fianco i suoi migliori guerrieri, era già lì ad osservare l’arrivo dei nuovi stranieri.
«Altri bianchi… Siamo in pace con loro, ma è meglio non fidarsi. Soprattutto da quando non c’è più John Smith»
«John non è tornato?»
«No, Pocahontas» ancor prima di girarsi il padre aveva sentito la presenza della figlia «Anche se non sono più giovane la mia vista funziona ancora bene, e non ho visto nessuno che somigli al nostro amico bianco entrare in quel grosso recinto»
Piena anche stavolta di delusione, Pocahontas senza dire altro tornò al villaggio. Niente scampagnate nel bosco, almeno per oggi. 

«Powhatan?»
«Dimmi, Kekata»
«Un uomo bianco è entrato nell’accampamento, sul dorso di uno strano animale a quattro zampe. E chiede del Grande Capo… Pocahontas»
«Voglio vederlo bene, prima di chiamare mia figlia»

Il saggio sciamano non stava affatto mentendo.
Un uomo alto, di bell’aspetto, con una folta chioma bruna e dei rigogliosi baffi uniti a una barba corta ma ben curata, era al centro dell’accampamento, cavalcando un candido destriero.
Per gli abitanti del villaggio il nome cavallo era sconosciuto, così come il suo aspetto, e per questo lo guardavano un po’ intimoriti. 
«Tranquilli, non vi farà del male, è erbivoro»
«Chi sei tu, viso pallido?»
«Sono John Rolfe, illustre fratello rosso, e porto in dono questo nobile animale, chiamato cavallo, al Grande Capo Pocahontas. Immagino si tratti di vostro figlio, o fratello, dico bene?»
«Pocahontas!» urlò il vero capo del villaggio «Vieni qui, per favore»
Pochi istanti dopo John Rolfe si accorse di aver fatto una figura barbina…
«Perdonatemi, io non potevo sapere…»
«Vi ringrazio del regalo, e non preoccupatevi»
«Dimmi bianco» Powhatan interruppe la figlia «Sei venuto solo per porgere questo dono, o c’è dell’altro?»
«Non vi sfugge nulla… Sono qui, come umile rappresentante di Re Giacomo I…»
«Abbiamo già conosciuto un emissario di questo Re… E non è stato piacevole…»
«Parlate di Ratcliffe?» Rolfe rispose a Kekata, e poi continuò «State tranquilli, lui non ha più potere…»
«Ne siamo tutti lieti. Allora, prego, continua»
«Grazie, mio signore. Il mio Re vuole conoscere meglio il popolo della sua colonia…»
«Colonia? Non so cosa significhi, ma questo nome non mi piace!»
«Già!» Kocoum continuò dopo l’appunto del suo capo «Dice che questa terra è sua. Si sbaglia, è solo nostra»
«Perdonate il mio modo di esprimermi… Vorrebbe conoscere meglio gli abitanti di questa terra, e si augura che il vostro capo venga di persona in Inghilterra a trovarlo e parlare con lui. Ho sentito che Pocahontas è amata e rispettata a Jamestown, per il pochissimo tempo che ho frequentato il nostro insediamento. Perciò a maggior ragione ritengo che sia la soluzione migliore»
«Quindi io dovrei lasciare andare la mia unica figlia in una terra straniera? Mai e poi mai!»
«No, padre, io voglio andarci!»
«Figlia, perché mi vuoi fare questo? Il tuo amato è morto, non c’è niente per te oltre quelle acque»
«C’è un fine superiore in gioco, me lo sento. Perché secondo te il loro Re vorrebbe che uno di noi andasse a trovarlo?»
«Per sapere se può fidarsi di noi, suppongo»
«Esatto. Una buona visita significherebbe una pace più duratura per i nostri popoli»
«Posso andare io, ma anche Kekata…»
«Invece insisto che ci vada io, padre. La loro gente si fida di me, e lo sai»
«Tua figlia non ha tutti i torti» si intromise il saggio sciamano «Vedo che questa pace c’è, ma è instabile. Ogni momento potrebbe essere quello “buono” per rovinare tutti. I nostri guerrieri spesso si avventurano nei pressi del loro villaggio perché, è inutile girarci intorno, non si fidano del tutto dei visi pallidi. E se mai dovesse scoppiare una lite, l’odio tornerebbe ad invadere i nostri cieli. Caro Powhatan, c’è bisogno di qualcosa di più forte di un accordo teso anni fa con degli uomini che ormai sono tutti tornati alla loro terra natia»
«E allora vai, figlia mia, e fai attenzione. Signor Rolfe, domani potrete partire, avete la mia benedizione. Ma Pocahontas non viaggerà su quella nave solo con uomini bianchi a bordo»
«Nessun problema, nobile signore: la principessa ha diritto a una scorta»

La mattina dopo la nave giunta solamente poche ore prima era già pronta a ripartire.
John Rolfe aveva fatto caricare le ultime provviste su di essa e aspettava solo che Pocahontas mantenesse la sua parola. 
Continuava a scrutare l’orizzonte, in direzione del villaggio, finché non gli apparve un uomo su un cavallo bianco in cima a una collina. Era Powhatan, che stava salutando sua figlia, con al suo fianco un uomo alto e muscoloso. 
«Fai buon viaggio figlia mia. Tremonsak ti raggiungerà a breve a bordo»
«Grazie padre, e non preoccuparti: andrà tutto bene»
Il nobile capo vide la figlia scendere giù per la collina con una sacca contenente l’essenziale per un viaggio, e poi si rivolse al suo uomo.
«Hai portato il tuo bastone, come ti avevo detto. Voglio conoscere il numero di questo popolo quando  tornerai. Fai una tacca su di esso per ogni uomo bianco che vedrai sul tuo cammino»
«Come tu ordini, grande capo»

Tranne qualche iniziale scaramuccia tra gli uomini di Rolfe e Tremonsak, un tipo forte e anche piuttosto suscettibile, il viaggio verso l’Inghilterra proseguì bene. 
Rolfe stava spesso con Pocahontas. 
Si mostrava molto gentile con lei, le parlava spesso, le insegnava tante cose, sull’Inghilterra e sui reali che avrebbero presto incontrato.
Allo stesso tempo Pocahontas raccontava della sua Terra a John, e lui ascoltava con la stessa sua passione. 
Per la prima volta dopo tanto tempo, la più bella tra i Potawhan si sentì confusa. 
C’era qualcosa di più della gentilezza in quell’uomo. 
Sembrava un interesse più forte, qualcosa di più del rispetto o dell’amicizia che era già nata fin dal primo giorno di navigazione.
Quando arrivarono a Londra, per Pocahontas fu come sognare ad occhi aperti. 
Pensava che tutto il mondo conosciuto era la sua terra, invece davanti a sé aveva qualcosa di incredibile.
Case di legno e di pietra dai mille colori. Strade dure come la roccia, e tanta, tanta gente.
Inutile dire che il bastone di Tremonsak divenne un ammasso di trucioli in breve tempo. 
John Rolfe portò entrambi a casa sua, e mentre il guerriero restava deciso a mantenere i suoi abiti d’oltremare, Pocahontas fu entusiasta nel provare nuovi vestiti londinesi. 
Era tutto così strano, diverso, ma davvero bello. 
Dopo pochi giorni arrivò finalmente l’invito a corte.
Pocahontas parlò a Re Giacomo I e a sua moglie, la regina Anna di Danimarca, facendo davvero bella impressione. 
«Allora, se ai vostri re sono piaciuta, questo significa che possiamo ben sperare per la pace?»
«Forse, mia cara Pocahontas. Dipende tutto da molte cose»
«E quali sarebbero?»
«Per prima cosa, un solo invito a corte non è sufficiente. Penso che dovrai restare ancora un po’ da noi, se vuoi davvero ottenere ciò che vuoi. Spero che questo non ti crei troppi problemi»
«Scherzi? Mi piace stare con te»
John Rolfe non poteva sentire di meglio.
Era rimasto ammaliato dalla bellezza della giovane fin dal primo momento in cui l’aveva vista. 
Si era presto innamorato di lei, e ora sentiva che anche lei stava facendo lo stesso.
Quel John Smith di cui le aveva tanto parlato, giorno dopo giorno sembrava scomparire dai suoi pensieri, dalle sue storie. 

I giorni passarono, ormai erano mesi che Pocahontas mancava dal suo mondo, ma lei sembrava non accorgersene. 
Più passava il tempo con Rolfe, e più era felice. Non lo era dai tempi in cui stava insieme a John Smith. 
Non vi era solo Londra nei viaggi dei due sempre più intimi amici.
Un giorno andarono a Plymouth, nella contea di Devon, e il loro arrivo fu annunciato con largo anticipo, così la notizia arrivò all’orecchio di molti, e di qualcuno in particolare. 

Dopo la visita ai nobili della cittadina, John Rolfe e Pocahontas si fermarono alla miglior taverna di essa. 
Presero da bere, e gustarono le loro bevande in perfetta armonia. 
Rolfe si prese una bella birra, ma a Pocahontas non piaceva, così scelse del semplice latte. 
Tutto era tranquillo, finché non si accorsero di essere osservati.
Un uomo incappucciato in fondo alla sala li stava fissando da tempo. 
Preoccupato, John Rolfe andò subito dall’oste.
«Si, signore, capisco il vostro timore, ma vi assicuro che non è un tipo pericoloso, lo conosco bene. Anzi, colgo l’occasione per lasciarvi questo messaggio da parte sua: desidera incontrarvi in privato. Se siete d’accordo, vi faccio entrare nella saletta sul retro del locale, e poco dopo entrerà lui»
«Fate pure, io non ho paura di niente. Pocahontas, dovrai aspettarmi qui…»
«Perdonatemi, signore, ma forse mi sono espresso male: anche la signorina dovrebbe partecipare a quest’incontro»
«Non capisco… Ma se è necessario, che sia così. Pocahontas, spero che il tuo amico guerriero pazienterà per questa insolita situazione, ma vedi… dobbiamo incontrare quell’uomo in privato»
«Certamente. Tremonsak, per favore, aspettaci fuori, non c’è nulla da temere »
Il rude guerriero, seppur riluttante, fece quanto ordinato, e restò fermo alla porta per controllare che non entrassero persone sospette. 
Pocahontas e John Rolfe entrarono nella stanza indicatagli dall’oste, e si sedettero su due sedie al centro di essa, in attesa dell’arrivo del misterioso individuo.
Che non tardò. Era ancora incappucciato, il che rendeva l’atmosfera decisamente preoccupante, misteriosa. 
Restarono per qualche istante a fissarsi, finché Rolfe non decise di rompere il ghiaccio.
«Io sono John Rolfe. Lei è la principessa Pocahontas. Ma immagino che tutto questo lo sapete già se avete chiesto di noi…»
«Conosco il vostro nome di fama, signor Rolfe, ma è la prima volta che ci incontriamo. Mentre con la principessa il discorso è diverso…»
«Cosa volete dire?» chiese di colpo lei
Quale miglior risposta se non quella di rivelare la propria identità?
Il misterioso uomo si levò il cappuccio, mostrando ai due giovani il suo volto.
«John…»
«Voi… Voi siete John Smith?»
«In persona!»
«Ma come è possibile? Sono anni che mi dicono che sei morto!»
«Lo pensano in molti, e per fortuna, da un certo punto di vista. Ratcliffe è riuscito a farla franca al ritorno dal Nuovo Mondo e a convincere il Re che ero io il vero colpevole della storia. Così ho inscenato la mia morte, e da allora cerco di nascondermi come meglio posso. Sono diventato bravo anche nel camuffare la mia vera voce»
«Ma perché non avete lottato per la giustizia? Perché non avete detto al Re la vostra versione?»
«Ci ho provato, ma lui non mi ha mai dato ascolto. Non è da me vivere da codardo, e forse ora lo sto facendo, ma non avevo più motivi per vivere come prima… da quando sono stato costretto a dirvi addio, Pocahontas!»
«Dopo… dopo tutto questo tempo?»
«Sempre!»
«Io… Io vi lascio soli. Ti aspetto fuori, Pocahontas»

«John, dobbiamo parlare»
«Sono qui per questo, bambina mia»
«Non chiamarmi così… Sono cresciuta ormai»
«Ma spero non cambiata»
«Non lo so, forse si. È passato tanto tempo, ho visto nuove cose, nuovi mondi»
«E spero che ti abbia giovato, come lo fui io quando venni a casa tua»
«Si, decisamente, ma non è di questo che dobbiamo parlare»
«E di cosa, allora?»
«Mi riempie il cuore di gioia sapere che tu sia ancora vivo… ma…»
«Ma?»
«Ma da un certo punto di vista, vorrei che tu fossi morto davvero»
«Com… Come?!?»
«È che… non ti amo più»
«Come sarebbe a dire? Non ricordi le ultime parole che ci siamo detti?»
«Si, le ricordo benissimo, ma è passato tanto tempo, e  John Rolfe mi ha fatto provare emozioni incredibili, cose che non pensavo di poter provare ancora…»
«Ti sei innamorata di lui? In così poco tempo»
«Beh, se ci pensi bene, mi sono innamorata di te in molto meno tempo…»
Dopo questa frase, ci fu un attimo di pausa. Smith era allibito, e anche distrutto, ma trovò la forza di continuare
«Quindi questo è un addio…»
«Non per forza, possiamo restare amici, vederci ancora?»
«Restare amici?!? Io ho patito le pene dell’inferno per te, ho rischiato la mia vita per salvare tuo padre! Sono rimasto su questo mondo solo grazie al tuo ricordo, al mio desiderio di rivederti prima o poi, e tu mi tratti così!»
«Mi dispiace, non è colpa tua, sono io…»
«Cambiano i mondi, ma non le donne… Che amarezza!»
«Mi dispiace che tu la stia prendendo così…»
«A me dispiace di più. Addio Pocahontas, io me ne vado. Dimenticami del tutto, non ti manca molto del resto»
Furono le sue ultime parole. John Smith si rimise il cappuccio, e ancor più scuro in volto, lasciò la sala. E anche la taverna.
Pocahontas uscì in lacrime, per poi andare tra le braccia di John Rolfe. 
Un gesto che legò ancor di più i loro destini.

«Mi ha fatto piacere che tu alla fine abbia scelto me, ma avrei accettato qualunque scelta, la vita è la tua»
«Sei molto carino, John. Allora, torniamo a casa per dare a mio padre la mia bella notizia»
«Non ci sono le condizioni ora per partire. E poi, come ti dicevo, il Re ha bisogno di ulteriori prove per essere sicuro della lealtà del tuo popolo»
«E cosa posso fare io?»
«Nel nostro mondo di solito sposarsi aiuta. In passato tanti regni si sono uniti o sono diventati amici tramite un matrimonio»
«Quindi tu vuoi…»
«Si, Pocahontas. Vuoi sposarmi?»
«S… Siii»

Faceva freddo ormai. Dall’estate in cui era partita, ormai si era entrati nel pieno dell’autunno. 
Ogni giorno passava un po’ di tempo ad osservare l’orizzonte. Un’abitudine di famiglia, a quanto pare. 
«Mio vecchio amico, torna a casa»
«D’accordo Kekata»
Non parlarono per qualche minuto, finché non erano quasi arrivati alla capanna principale. 
«Capisco la tua preoccupazione, ma vedrai che sta bene, e tornerà presto»
«Sarà come di ci tu, dopotutto, sei più saggio di me…»
«Ma forse c’è qualcuno che lo è di più!»
Era tardi, e il clima di pace che alleggiava in quel periodo aveva fatto sì che una donna entrasse nel villaggio senza essere vista. 
Era molto vecchia, decisamente brutta, vestita di un lungo abito viola, così come viola erano i suoi gioielli e il suo cappello. Non molto più bella era la sua pelle, talmente raggrinzita da apparire grigiastra. 
«Chi siete? Che cosa volete da noi?»
«Che domande sono? Sono vostra parente» disse rispondendo a Kekata. 
«Davvero? Non mi sembra proprio di ricordare»
«Ma come vecchio mio? Io sono la bis-prozia della nipote della moglie del fratello del cugino acquisito...da parte di mamma… E il mio nome è Yzma!»
Lo sciamano rimase un po’ allibito, e al tempo stesso stava provando a mettere ordine nella sua testa.
«Ancora non ricordate? Io vengo dalle lontane terre del sud, dall’Impero Inca. Vero Kronk… Kronk, dove sei?»
«99 scimmie saltavano sul letto!»
«Una cadde in terra e si ruppe il cervelletto!»
Yzma si mise la mano alla faccia nel vedere un uomo alto e muscoloso, ma dall’espressione bonaria, giocare alla corda con due bambini del villaggio.
«Quell’uomo è con voi?»
«Si, è Kronk, il mio caro amico e compagno di viaggio. Tranquilli, è un bravo ragazzo»
«Quello lo si vede subito» continuò Powhatan «Non so se lo stesso si può dire di voi»
«Non siate così frettoloso, grande capo»
«Perché, non siete qua per motivi familiari… sempre se siamo davvero parenti»
«Oltre a quello, vengo a portare un dono ai miei cari amici di questa bellissima terra. Sai, anche a sud abbiamo lo stesso problema con i visi pallidi, per questo ce ne siamo andati»
«Quindi siete in cerca di ospitalità?»
«Non proprio… Questa terra non sarà più così sicura nel giro di pochi anni»
«Che volete dire?»
«Possiamo parlare in un luogo più appartato? Ho qualcosa da farvi vedere»

Km e km di distanza. Pocahontas aspettava che John Rolfe venisse a letto, ma tardava ad arrivare.
Un po’ preoccupata, scese nella sala, e si accorse che c’era qualcuno in cucina. 
Riconobbe subito la voce di John Rolfe, che stava parlando con una voce che le era familiare, anche se non la sentiva da molto tempo per ricordarsi di chi fosse. 
Si avvicinò per sentire meglio, aprendo leggermente la porta, senza farsi notare.
«È tutto pronto?»
«Si, Governatore, ancora pochi giorni e tutto sarà compiuto»
“Ratcliffe!!! Ecco di chi era quella voce!” di colpo tornò tutto in mente a Pocahontas. Rivedere l’obeso uomo che aveva quasi ucciso John Smith fu terribile, ma si fece forza e provò ad andare avanti ad ascoltare.
«Devo dire, amico mio, che sei davvero un genio»
«Naaa, bazzecole. Dopotutto è una selvaggia»
«Già, a volte me lo dimentico… ahahahahahahah»
Ora la paura era sostituita dalla rabbia, ma Pocahontas si fece ancor più forza per non reagire bruscamente, e non farsi scoprire. 
«Tra pochi giorni verrà battezzata e portata all’altare. Questa unione porterà a me e a voi un sacco di privilegi, e presto le tue navi ripartiranno ugualmente alla conquista del nuovo mondo»
«Spero che ciò avvenga il prima possibile»
«State tranquillo. Basterà aspettare qualche mese di felice e tranquillo matrimonio… e poi carica! Quella sciocca non sospetta di nulla, pensa che io la ami»
«Ahahahah»
«E non ti ho detto il meglio: oggi abbiamo ritrovato John Smith»
«Davvero? Ma quel bastardo non era morto?»
«Lo credevo anche io, ma ha solo inscenato il tutto, ma non ci darà alcun fastidio: Pocahontas lo ha mollato duramente, è distrutto, se fosse morto non avrebbe sofferto tanto»
«Amico mio, quante gioie mi dai! Forza, cin cin»
«Alla conquista del nuovo mondo… a un mondo senza selvaggi!»
«Traditore!»
Pocahontas non ce la faceva più! Entrò di scatto nella cucina, con uno sguardo fulminante.
«Pocahontas… Non è come pensi…»
«Ma davvero mi credi così stupida? Ho sentito tutto, mi hai mentito. Mi hai mentito per tutto questo tempo!»
«Brava bimba, ci sei arrivata! Ma non puoi fare niente per fermarci!»
«Si che posso: Tremonsaakkk!»
«YAAAHEEEIII!!!»
Come un fulmine il forte guerriero Powhatan raggiunse la cucina, armato di Tomahawk, si scagliò contro i due uomini. 
John Rolfe estrasse prontamente la sua sciabola, pronto ad affrontarlo in un duello alla pari.
BANG
Un duello che non ebbe modo di cominciare.
Ratcliffe aveva prontamente estratto dal fianco la sua pistola, colpendo in pieno petto il guerriero indiano.
«Bastardo, lo hai ucciso!»
«E la prossima sarai tu, se non obbedisci!»
«Fallo, allora. Preferisco morire piuttosto che sposare un uomo come voi, e vivere in questo Paese incivile»
«Temo che dovrai cambiare idea, mia cara» continuò Rolfe «Se non mi sposerai, le navi da guerra possono partire già da domani. Mentre se accetti questa condizione…»
«Non mi incanti: ho sentito che hai intenzione in ogni caso di fare la guerra al mio popolo»
«Ma posso sempre cambiare idea, o comunque ritardare la cosa: non è meglio che i tuoi bambini diventino adulti, invece di morire da qui a un anno?»
«Tu… Tu sei un mostro!»
«A domani. E non provare a scappare: la casa è circondata»

«È… è terribile!»
«Dobbiamo fare qualcosa»
«E subito!» continuò Kocoum «Grande Capo, non si può indugiare, questi bianchi hanno tradito il nostro patto. Tremonsak è il secondo a morire per mano loro dopo il povero Namontack» 
«Lo so, lo so, ma come facciamo? Sappiamo che la grande acqua ci separa da loro in una maniera impressionante. Le nostre barche non possono attraversarla, e anche se ci riuscissero, non arriveremo mai in tempo»
«Un modo c’è…»
«Davvero?»
«Certo, se mi permettete di usare… un albero!»

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Capitolo 7
*** 7) Un primo epilogo ***


7) Un primo epilogo
(Completato il primo marzo 2016) 


«Benvenuti fratelli e sorelle, in questa umile chiesa a Londra, nella nostra grande nazione, per unire in matrimonio, sotto gli occhi di Dio e nel nome di Re Giacomo I e della Regina Anna, queste due anime in matrimonio»

Pocahontas era di fronte all’altare, di fronte a un prete alto e vecchio, e con al suo fianco John Rolfe.
Era davvero diversa dalla donna che era arrivata in Inghilterra pochi mesi fa. 
Diversa negli abiti, nella capigliatura, e anche nel trucco. 
Tanto le era stato messo addosso per nascondere al meglio la sua pelle più scura dei tradizionali uomini bianchi del posto, a tal punto da farla sembrare pallida. 
Dietro a lei, in prima fila, c’era John Ratcliffe. Gongolava da matti, lo si poteva vedere da un miglio.
“John… il nome di tre uomini che mi hanno causato dolore… Un nome che mi tormenterà in eterno”
Aveva spezzato il cuore al primo, era stata ingannata dal secondo, e il terzo prima o poi avrebbe sterminato la sua gente.
“Faccio tutto questo per voi, Padre, e per tutti gli altri. Farò tutto ciò che è in mio potere per ritardare sempre di più questo disastro. Sarò buona e sottomessa con Rolfe, come parla quel libro che ha ora in mano questo odioso uomo vestito di bianco di fronte a me. Accetterò qualunque umiliazione affinché ci possa essere un giorno in più per il mio popolo”
Erano questi i pensieri che assillavano la mente della giovane, mentre il sacerdote continuava a parlare di cose strane, davvero strane, davanti a lei e alle altre persone venute a vederla.
Finché non si interruppe.
«Ora, prima di pronunciare i voti del matrimonio, occorre che voi, nobile signora, rinunciate ai vostri falsi dei, accettando Gesù Cristo come unico tuo Dio e Salvatore attraverso il sacramento del battesimo»
«Che… che cosa dovrei fare?»
«Come, non lo sapete ancora?» continuò sorpreso il prete «State tranquilla, niente di difficile. Venite alla fonte battesimale. Io vi cospargerò il capo di acqua, e voi riceverete la salvezza eterna»
«Tutto qua? Basta un po’ di acqua per far si che tutto questo avvenga?»
«Certo… Non sta a noi giudicare Dio, lui agisce per vie misteriose… Ma non è questo il momento e il luogo per parlarne. Forza, venite»
Pocahontas guardò in faccia John Rolfe, che con uno sguardo duro la “invitò” ad andare.
A malincuore obbedì, e inginocchiandosi sempre di più, aspettava che questa fantomatica acqua pura la bagnasse.
«Da oggi in poi non vi chiamerete più Pocahontas, ma Rebecca, Lady Rebecca Rolfe, quando il matrimonio sarà completato. In nome di Dio e di Re Giacomo I, io vi battezzo, nel nome del Padre, del Figlio, e dello Spirito…»
CRASH!!!
Il sacerdote si interruppe di colpo. L’acqua non cadde sul capo di Pocahontas.
Una delle finestre era andata in frantumi, per via di qualcosa. O qualcuno.
Un uomo alto e muscoloso l’aveva sfondata con un balzo, e ora che si stava rialzando, Pocahontas poteva vederlo.
«Kocoum…»
«YAAAHEEEIII!»
Il grido di battaglia non rimase inascoltato. 
Altri guerrieri entrarono dalle altre 5 finestre della chiesa. 
Pocahontas riconobbe anche loro: erano i migliori guerrieri del suo villaggio. 
SBAM!!!
Il portone si spalancò improvvisamente, e rumorosamente.
«Padre…» ora Pocahontas non riusciva a trattenere le lacrime. 
«Chi siete voi? Come osate entrare in questo modo, e armati, nella casa di Dio?!?»
«Stai zitto vecchio!» Kocoum si avvicinò minaccioso al prete «Ho sentito parlare del tuo dio: non esiste divinità peggiore della tua, oltre che fasulla!»
«Come osi, brutto selvaggio?!?»
«Stupido viso pallido, hai pronunciato le tue ultime parole»
Kocoum alzò il suo Tomahawk, per colpire la testa del sacerdote.
Che si difese alzando la bibbia sopra il suo capo. 
Ma la piccola ascia dell’indiano la distrusse, spezzandola in due.
Il prete non riuscì a spaventarsi abbastanza, perché la contromossa di Kocoum fu letale. 
Con la mano sinistra infilzò il suo pugnale nel ventre del vecchio, passandolo da parte a parte. 
Il prete urlò dolorosamente, e quando Kocoum retrasse la mano si accasciò a terra, per morire nel giro di pochi secondi. 
John Rolfe aveva visto tutto quanto, ed era allibito. Ma non era un codardo, e trovò le parole per affrontare l’avversario.
«Come avete fatto ad entrare? La chiesa è circondata da soldati»
Kocoum stava per rispondere, fissandolo duramente. 
Talmente tanto che non si accorse che Ratcliffe, dietro di lui, era pronto con la sua pistola a colpirlo.
ZIP
«Ahhhh»
Il grasso governatore si inginocchiò, tenendosi la mano sinistra insanguinata.
Una freccia l’aveva colpita in pieno, passando anche lei da parte a parte.
«Ecco la vostra risposta, uomo bianco» a parlare fu Powhatan, che dal fondo della sala si stava avvicinando, in mezzo a una folla rimasta di sasso per la paura «Le vostre armi sono forti, ma troppo rumorose. Abbiamo imparato a colpire nel silenzio, usando al meglio le nostre frecce in contemporanea. Per questo non ci avete sentito» 
«Pazzi, siete dei pazzi. Non lascerete l’Inghilterra vivi!»
«Tu dici?» ora era apparso anche il vecchio Kekata «E secondo te, barbaro, come siamo giunti fin qui, e in così poco tempo?»
Non ci aveva pensato. 
Ci volevano dai due ai tre mesi di navigazione, se non quattro se il vento non era favorevole, per arrivare dal Nuovo Mondo all’Inghilterra. E gli indiani non avevano certo a disposizione i potenti e veloci vascelli inglesi. 
«Voi… chi diavolo siete in realtà?»
«Siamo uomini, al contrario di voi… Aiutati dal Grande Spirito per correre in aiuto di nostra figlia»
«E ora… Che avete intenzione di fare?!?»
Powhatan restò un attimo in silenzio, inquietante silenzio.
Si guardò intorno, e poi tornò a parlare:
«Non sono qui per uccidere persone innocenti. Tutti sono liberi di andare… eccetto voi due»
Il dito del Grande Capo si era rivolto ai due John, Rolfe e Ratcliffe.
«Voi due pagherete per tutto quello che avete fatto» 
Sentendo quelle parole, tutti gli ospiti, e i chierichetti, non se le fecero ripetere due volte.
Si alzarono dalle loro sedie e corsero via attraverso il portone principale. 
«Se dobbiamo morire, io morirò combattendo»
«Sei un verme, ma non sei un codardo, devo riconoscerlo, bianco. Allora combatti con me»
«Mentre tu te la vedrai con me!» anche Powhatan era pronto a battersi, sfidando con la sua lancia Ratcliffe. 
Pocahontas si rifugiò tra le braccia di Kekata, e guardò lo scontro cominciare.
«Grande Spirito, se puoi, guida le armi dei tuoi figli in questa battaglia»
Le parole sembravano aver ottenuto subito risposta.
Dal suo lungo bastone uscì una luce rossa, come il fuoco, e con le sembianze di due lupi.
Ognuno di loro andò a toccare le lance dei due guerrieri, facendole cambiare colore.
Rolfe non capiva, e provò a colpire con la sua sciabola il corpo di Kocoum.
Il grande guerriero parò il colpo, e la lancia non si spezzò nonostante l’acciaio nemico.
Ora Rolfe aveva capito: quell’incantesimo aveva reso le lance nemiche dure come il ferro, per riequilibrare lo scontro. 
Preoccupante, ma fino a un certo punto per il giovane inglese.
Aveva talento, con quella spada. Kocoum se ne era accorto, compiaciuto. 
Questo duello sarebbe durato a lungo, mentre non si poteva dire lo stesso dell’altro.
Ratcliffe si dimostrò un vigliacco anche questa volta, provò più di una volta ad ingannare con dei colpi strani il vecchio Powhatan, senza però riuscirci. L’esperienza del Grande Capo era troppa per uno come lui. 
L’Algonchino guadagnava sempre più terreno, e i colpi del governatore erano sempre più confusi ed incerti. 
Finché non lo disarmò, proprio quando era con le spalle al muro.
«Ti prego, nobile signore: risparmiami la vita!»
«Ti atteggi a orso ma sei peggio di un coniglio: nessuna pietà per te» 
«Nooo…» 
Tutto inutile.
La lancia del Capo Indiano lo trafisse, passandolo anche stavolta da parte a parte, per lasciarlo agonizzante sul freddo pavimento della chiesa. 
«Questo è per i miei fratelli. Per il mio popolo!»

L’altro duello era sempre più incerto. Rolfe era circondato da guerrieri indiani. Bastava un colpo di freccia, e sarebbe stato finito. Ma nessuno voleva fare un simile affronto a Kocoum: era il suo duello, la sua sfida personale. 
Rolfe combatteva bene, e provò a farla finita mirando al collo dell’avversario. 
Kocoum sembrava non averlo visto, ma parò all’ultimo, e per giunta con i suoi gradi forti sui gradi deboli dell’avversario. 
Ora c’era bisogno di una contromossa, e avendo studiato il suo avversario nel corso del combattimento, riuscì addirittura a beffarlo con una della sue stesse mosse.
Un trasporto fece girare la sua lama, e permise alla lancia di affondare nello stomaco dell’inglese.
E con il vantaggio dei gradi non ci fu bisogno neanche dello scanso della vita: Rolfe non poteva tentare neanche un debole e disperato dopo-colpo.
Si accasciò anche lui a terra, pronto a passare al regno degli inferi da lì a breve tempo.
«Pocahontas…»
«Qualunque cosa dirai ora, non ha importanza. Io non ti perdonerò»
In ogni caso, non aveva la forza di dire altro. Con uno strano verso esalò l’ultimo respiro.
«Andiamocene, prima che arrivino altri soldati»
«Ma padre, come avete fatto a venire qui?»
«Non c’è tempo, te lo spiegherò quando saremo a casa»
Il Grande Capo non si sbagliava affatto. 
Uscendo dalla chiesa, udirono il lontananza uno strano suono.
Pocahontas lo riconobbe: era quello di una tromba. 
E in contemporanea in lontananza videro arrivare un gruppo di uomini a cavallo.
«Presto, tutti al fiume» 
Nessuno se lo fece ripetere due volte, e in pochi istanti arrivarono alle rive del fiume.
Pocahontas conosceva bene il Tamigi, erano mesi che passava in quel punto, ma non aveva notato l’albero che ora era di fronte.
“Questa pianta… Mi ricorda Nonna Salice”
«Nonna, presto, apri il portale»
Aveva avuto ragione. La sagoma umana di Nonna Salice apparì nella corteccia.
«Bambina, mi riempie il cuore di gioia rivederti!»
«Nonna…»
«Non facciamoci sgridare dal vecchio Wahunsunacock: forza, entrate»
Alla base del tronco apparve un enorme buco, talmente alto e largo da poterci entrare dentro a cavallo.
Kocoum prese Pocahontas per mano e la trascinò dentro. 
E mentre correva, trascinata dal guerriero in quell’oscura profondità, vide voltandosi che tutti gli altri suoi amici e parenti facevano lo stesso. 
Finché non si fermarono in una piccola radura sotterranea. 
«Ora dormi, mia cara» al buio, sentì la rassicurante voce di suo padre «Hai avuto una giornata difficile, sarà tutto più bello quando ti risveglierai»
Era stanca ma non aveva poi così sonno, eppure sentì i suoi occhi chiudersi dolcemente. 

Non si rese conto di quante ore, o giorni, avesse dormito, eppure non si ricordava di aver dormito così bene da tempo. E il posto in cui si era risvegliata era così diverso, ma al tempo stesso familiare.
Riprese conoscenza e lo riconobbe: era la sua tenda. 
Ancora confusa, uscì da essa, e provò a cercare qualcuno.
La zona era deserta, il villaggio sembrava come una città fantasma.
Cominciò a preoccuparsi. Ma poi…
«Pocahontas!»
«N… Nakoma!»
Con le lacrime agli occhi, piena di commozione, la figlia del capo si lanciò verso la sua migliore amica, abbracciandola fortemente. 
«Sono così felice che tu sia tornata»
«Anche io… Ma dove sono gli altri?»
«Si stanno preparando per la partenza»
«Partenza?!? Dove andiamo?»
«Via di qui… E temo che sia per sempre»
«E perché?»
«Una storia lunga, ma il tempo è poco, cercherò di raccontartela velocemente. Abbiamo saputo della tua situazione grazie a una strana donna, che dice di essere parente di Kekata…»
«Davvero? E quanto sarà vecchia?»
Nakoma rise «Beh, in effetti… è davvero brutta! Comunque, grazie a una palla di cristallo ci ha fatto vedere cosa ti stava succedendo dall’altra parte della grande acqua, e sempre grazie ai suoi poteri ha ampliato quelli di Nonna Salice. Ora il nostro spirito albero può viaggiare tra i mondi, se conosce la strada attraverso le stelle. Così sono venuti a salvarti»
«E allora perché dobbiamo andarcene, ora che sono tornata a casa, e i nostri nemici sono morti?»
«Pensavo ci arrivassi da sola… La loro morte non resterà impunita. Presto altri bianchi, molti bianchi, verranno qui con le loro armi tonanti. E noi non possiamo fermarli. Yzma ci ha offerto una via di fuga, una terra promessa, dove potremmo vivere in pace. Una Terra simile alla nostra…»
«Anche se non sarà mai come la nostra» Pocahontas continuò il discorso, sempre più pieno di tristezza, della sua amica.
«Siamo fortunati che l’Inghilterra non può comunicare istantaneamente con Jamestown, altrimenti ci avrebbero già attaccati»
«Nakoma parla con saggezza» 
Pocahontas si voltò, e vide suo padre, con alle sue spalle l’intero villaggio.
«Vedo che ti sei svegliata, figlia mia. Spero che i brutti ricordi siano alle spalle»
«La maggior parte si, padre, grazie»
«Ora smonteremo la tua tenda e poi andremo via. Se vuoi dare un ultimo saluto a questo mondo, è questo è il momento per farlo. Fai la tua ultima gita nel bosco, segui il vento per un’ultima volta. Ci vediamo tra un’ora da Nonna Salice»
«Non torneremo più, padre?»
«Temo di no, mia adorata. Nessuno può predire il futuro, ma una cosa è certa: se un giorno ce ne sarà data la possibilità, noi ci vendicheremo. Faremo pagare all’Inghilterra quest’affronto, in maniera molto più dolorosa della morte di pochi uomini. E se il Grande Spirito, con la sua infinita potenza, ci concederà ciò, o di poter impedire viaggiando indietro i nostri errori, noi lo faremo. Questa è una promessa»
«E io sarò con te, padre. Mi impegnerò anche io affinché ciò avvenga»
«Le tue parole sono gioia per il mio vecchio cuore. Ora vai pure!»

Pocahontas fece ciò che le era stato detto, o meglio, ciò che desiderava.
Osservo, ascoltò, annusò per un’ultima volta tutti i colori del vento. 
E poi, con tanta tristezza in cuore, si avviò verso il luogo dell’appuntamento, dove c’era la sua intera tribù ad aspettarla. E non solo.
Vi erano anche il procione Meeko e il colibrì Flit. Evidentemente c’era posto anche per loro in questo nuovo mondo dove sarebbero andati a vivere. 

«Ma questa donna dov’è?»
«Yzma? È andata via con il suo Kronk subito dopo che siamo partiti, così almeno ci ha detto Nakoma»
«Ha fatto tanto per noi… E non ha chiesto niente in cambio?»
«Sembrerebbe di no. Ha solo detto di non preoccuparsi, che la magia ha sempre un prezzo e che per questo sarebbe stata ricompensata. Mi duole ammetterlo ma non sono riuscito a capirla. Spero che andrà tutto bene, che non ci abbia ingannato, ma non avevamo e non abbiamo scelta. Dovevamo accettare tutto quanto per il tuo bene, e quello del nostro popolo»
«Speriamo bene, allora»
Powhatan tornò a guardare Nonna Salice, e annuì in maniera decisa fissandola negli occhi. 
Si aprì di nuovo il portale, dove tutto il popolo Powhatan entrò lentamente. 
Un nuovo viaggio, ancor più misterioso del primo, li attendeva ora. 

Non si sa quanto tempo era passato dal momento in cui si era chiuso il portale. 
Forse stare all’interno di Nonna Salice era come vivere in un limbo, un posto dove il tempo si fermava.
Ma ora era il momento di uscire, e di affrontare il nuovo mondo. 
Sarebbe stato pacifico od ostile? Avrebbero ricevuto un degno benvenuto?
Tanti interrogativi per un’unica risposta. 
La luce accecò di nuovo chi cominciò ad uscire dall’antro, e man mano tutti poterono vedere la loro terra promessa. 
Una terra simile alla loro, ma appunto, non era la loro Terra, e non lo sarebbe mai stata. 

«Che si fa, ora?»
«Dobbiamo andare in perlustrazione» affermò Powhatan, e poi continuò «Utamatumaki, pensa tu alla difesa del nostro popolo. Nakoma, tu con Kekata comincia ad erigere un nuovo villaggio. Kocoum, prendi 10 guerrieri e vieni con me»
«Posso venire con voi, padre?»
«Come tu desideri»
Camminarono un po’, attraversarono praterie, ruscelli, foreste. Paesaggi molto simili ai loro. 
Finché la vegetazione non sembrò cambiare. 
Il posto dove si trovavano ora era decisamente diverso, alberi e piante erano più alti, coprivano spesso il cielo, ed erano più fitti e rigogliosi che mai.
Nessuno di loro aveva mai visto un posto simile.
Continuarono ad avanzare, un po’ a fatica, finché non arrivarono a un laghetto. 
«Forza, bevete tutti quanti. Non sappiamo quando avremo ancora dell’acqua»
Fecero tutti quanto obbedito, e mentre chinarono il capo per abbeverarsi successe qualcosa.
Fu in quel momento che sentirono una serie di rumori. Di foglie che si muovevano, arbusti che si spezzavano. 
Tutti smisero di bere, per mettersi in guardia. 
Finché il motivo del rumore non si presentò.
Da un albero, con un agilità incredibile, scese un uomo.
Un uomo al tempo stesso molto simile e molto diverso da loro. E armato pure lui di una lancia.
«Salve… Noi siamo… Ecco, veniamo in pace»
«Non so chi siete ma so che venite in pace. Non conosco i vostri nomi, ma il vostro arrivo era stato predetto da tempo»
«Dove ci troviamo?»
«Nel posto più bello del mondo. Ma io non sono la persona più adatta a raccontarvi tutto quanto»
«E allora chi?»
«Il nostro Re. Il Re di tutto questo mondo. Venite, vi porto da lui»


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Capitolo 8
*** 8) Partiti ***


8) Partiti 
(Completato il 4 marzo 2016)
 
 «Bene, ora sapete tutto»
«Io direi di no…»
«Ci avete parlato delle vostre origini, di come avete ottenuto i poteri magici, ma mancano alcuni tasselli…»
«E quali sarebbero, “mio grande principe”?»
«Beh, come siete arrivati a Storybrooke? Da come è finito il vostro racconto, quel “posto più bello del mondo” non mi sembra affatto la nostra città»
«E infatti non lo è»
«E allora perché non ci dite nulla a riguardo?»
«Perché forse vi abbiamo detto pure troppo…»
«Ma è naturale, ai cattivi piace parlare, io lo so…» affermò Uncino con la sua solita maliziosità nonostante la tensione del momento
«Noi non siamo i cattivi, se avete sentito la nostra storia, ma non importa se ci considerate tali. Quando avremo ottenuto la nostra vendetta non sarà più importante. E se eliminare Camelot riporterà il nostro mondo al suo stato iniziale, ancora meglio»
«Forse comincio a capire…» affermò Belle, che attirò su di essa i soliti sguardi del tipo “ci avrei giurato” dei suoi concittadini «Visto che gli Inglesi vi hanno fatto tutto questo, volete vendicarvi su chi ha dato vita a quella nazione, per l’appunto il regno di Camelot»
«Ci sei arrivata, genio. Secondo te, perché ho letto tutti quei libri di storia?»
«Ma tutto questo è assurdo!» commentò incredulo Pinocchio «Se davvero vogliono impedire il genocidio indiano, forse dovrebbero invadere Genova…»
«Che cosa stai blaterando?»
«Zitto, burattino, vuoi complicare le cose?!?»
«Non scaldarti troppo, strega! Non dare colpe al tuo amico. Se ci sarà bisogno di combattere ancora, di invadere altri mondi, noi lo faremo»
«In nome del Grande Spirito…» continuò Kekata
«E della nostra grande Nazione Powhatan!»
«YAAHEEEIII!!!» fu la risposta degli altri guerrieri al grido di Kocoum 
«Nonna Salice, allora, sei pronta a partire?» 
«Manca davvero poco, caro Wahunsunacock»
«Padre, quanti di loro verranno con noi?»
«I tre bambini senza dubbio. E i loro parenti più prossimi. È fondamentale per la nostra missione»
«E gli altri? Li facciamo fuori?»
Il terrore prese possesso della maggior parte degli imprigionati. Bisognava far cambiare idea agli assalitori.
«Dite di non essere voi quelli cattivi, e poi osate parlare di omicidio?»
«Già: nessuno di noi è colpevole per la vostra vicenda»
«Noi siamo del Bosco Incantato, un mondo che non ha nulla a che fare con il mondo occidentale contemporaneo»
«Giusto, voi non avete nessuna colpa, se non quella di essere alleati di Camelot. Ma il vostro sangue non è sporco… tranne il vostro… Capitano Jones!»
«Mammolo, quanto cazzo hai parlato?»
«Ehm…»
«Rilassati, pirata, tu verrai comunque a Camelot con noi, la tua conoscenza in fatto di mappe può sempre tornarci utile»
«Ma i prigionieri hanno ragione, Powhatan: non possiamo ucciderli. Non dobbiamo essere come loro»
«E allora cominciamo a portarli fuori, a partire da questo» il Grande Capo indicò Archibald «Certo, che seccatura, peccato non poterlo fare velocemente, magari così…»
Powhatan schioccò le dita, e in quel preciso istante una nube di fumo avvolse il Grillo Parlante, e quando si dissolse lui era sparito. 
«Ma cos…»
Senza che potesse fare un altro gesto, anche Cucciolo sparì di colpo. E uno dopo l’altro anche i suoi fratelli.
«Riconosco questa magia… Malefica!» affermò con un sogghigno Regina
«Nonna Salice, sbrigati! Qua scappano tutti!»
«Malefica!!!» urlò Biancaneve «Se puoi sentirci, ti prego, salva per primi i nostri bambini!»
Nessuno seppe se l’ex Signora del Male avesse sentito quella preghiera. 
Fatto sta che in quel preciso istante Neal, il figlio di due anni dei Charming, sparì dal controllo delle lance indiane. 
Anche August riuscì a sparire, e tutti gli altri aspettarono speranzosi il loro turno, pregando che i prossimi fossero Roland ed Henry. Una luce bianca incredibile portò i loro pensieri altrove.
 
«Bene, siete di nuovo tutti qui: forza, fatevi sotto!»
«Con piacere: carica!!!»
Colpo parato, e subito un pugno di risposta.
«Troppo facile. E tu come te la cavi?»
«Ahhh» 
Si spostò di lato, e con uno sgambetto lo stese a terra. 
«Ancor più facile stavolta… C’è nessuno qua dentro degno di me?»
«Io!» 
«Quanta superbia…»
«Senti chi parla…»
«Tuo nonno era un valoroso: vediamo se sei degno di portarne il nome»
«Pagherai questa insolenza!»
Un fendente di risposta arrivò in maniera decisa, e lo sfidante lo parò alla perfezione, seppur con qualche difficoltà rispetto a prima. Provò a far roteare la spada, e per via della maggiore forza ci stava riuscendo, ma il suo avversario attuò la ceduta per andare a colpirlo da sotto sulle mani.
Con lo scanso della vita evitò il colpo, per rispondere con la posa del falcone. 
La spada lunga e le lunghe braccia fecero si che la lama centrasse in pieno l’elmo.
Nessun taglio, ma la batosta fece barcollare chi l’aveva ricevuto. Chi l’aveva dato invece non tardò ad effettuare un’altra mossa, un nuovo micidiale pugno che lo stese a terra. 
Vincitore su tre avversari, rideva di gusto, finché…
«Ma bravo, piccolo gigante. Te la prendi con avversari più piccoli di te…»
«Vuoi essere tu il prossimo?»
«Sei più grande e grosso di me, brutto spaccone… Ma non sarà facile mettermi al tappeto»
«E allora dimostralo!» e partì subito all’azione. 
L’avversario lo attese in guardia, e parò a contrasto entrambi i due fendenti che gli vennero scagliati contro.
«Ma che bravo, chi ti ha insegnato a parare così?»
«Mio padre!»
«Quale dei due? Ahahaha»
«Stai zitto!»
Offeso da quelle parole, il più giovane tra i due combattenti cominciò a colpire di furia, costringendo quello più grosso ad indietreggiare. 
Lo aveva quasi spinto al limite, rischiava ora di cadere nel vuoto, perciò puntò tutto sui suoi muscoli, preoccupandosi meno di parare.
Infatti ricevette un taglio al braccio destro, ma in compenso riuscì a riprendere un po’ di terreno. 
Ora le due lame erano molto vicine alla teste, segno di quasi perfetta parità.
Chi dei due avrebbe ceduto prima? 
L’acciaio strideva sempre di più, il rumore era fastidioso…
«Che diavolo succede qui?»
Una voce alle loro spalle li fece sussultare.
Non avevano visto, ma l’avevano riconosciuta. 
Mollarono di colpo le spade per mettersi in ginocchio, in completa prostaferesi.
Nessuno dei due aveva il coraggio di alzare lo sguardo.
«Allora? Avete perso la lingua?»
«No…Maestà… Ecco, noi…»
«Stavate duellando ancora una volta senza permesso, non è vero?»
«Si… Sire…»
«E pensare anche che siamo giunti solo ora, immagino» fu un'altra voce a parlare
«P… Padre…»
«Douglas, sono molto deluso di te…»
«Padre, io volevo solo dimostrare il mio valore…»
«E che valore c’è nell’insultare i tuoi compagni? Forza, che hai da dire in tua discolpa?»
«È… era solo agonismo, padre…» 
«Non mi sta bene lo stesso. Non è quello che ti ho insegnato»
«Non essere così duro con lui, Percival» 
«Non intrometterti, Garrett, e pensa ai tuoi di figli»
«E ora chi è che sta insultando?»
«Non vorrai paragonare questo a…»
«Via via, Perci, calmati. Non è successo niente di male»
«Io mi chiedo da chi possa aver preso mio figlio, così come possa… ah, scusami, non volevo»
«Ma tranquillo, non c’è niente di male in quello che stavi per dire. Vero, Leon?» 
«Esattamente. Ma vieni lo stesso qui, Doran»
«Padre… Padre… perdonatemi anche voi»
«Ma si che ti perdoniamo, vero Leon?»
«Da come si comportano, sembrerebbe che Douglas sia tuo figlio, Roller, e Doran tuo, Percival»
«Non sempre i figli sono come i padri»
«Il tuoi sembrano invece darti torto, Garrett. Ho visto la grinta di Lionel: mi ha ricordato il nonno»
«Dite davvero, maestà?»
«Certo, piccolo, ma anche i tuoi fratelli hanno coraggio»
«Siete troppo buono, sire. Douglas ci ha fatti neri» affermò Devon con un inchino.
«Siete ancora troppo giovani, è normale. Il figlio di Percival ha 15 anni ormai, è quasi pronto per il cavalierato, se solo si dimostrasse un po’ più disciplinato…»
«Cercherò di esserlo, maestà. Padre, lo prometto anche a voi»
«Questo non toglie che ci avete disobbedito»
«Perciò ora vi spetta una punizione. Voi…»
«Permetti Percival? È compito mio del resto»
«Con piacere, Leon»
«Sull’attenti!»
I cinque giovani obbedirono, un po’ preoccupati dall’aspetto che aveva assunto il loro maestro d’armi.
«Ora tutti quanti, nessuno escluso, comincerete a correre. 20 giri intorno al castello. Scattare!!!»
I figli dei cavalieri non se lo fecero ripetere. Partirono subito, senza battere ciglio, anche se l’orecchio magico di Merlino, appena giunto sul posto, li sentì mugugnare qualche metro più avanti. 
«Che spettacolo mi sono perso?»
«Se dormi come al solito, Merlino…» affermò scherzosamente Artù «Douglas e gli altri si sono messi a duellare un’altra volta, al di fuori dell’allenamento»
«Non è forse un bene?»
«Si, ma è meglio non dirlo a loro. La disciplina è importante»
«Avete ragione, ve ne do atto»
«Che si fa, ora? Siamo quasi al tramonto»
«Non mi va di lasciare solo Leon a controllare quei monelli»
«Allora restiamo tutti qui, come ai vecchi tempi»
«E se ingannassimo l’attesa… come hanno fatto loro?»
«Non ti stanchi mai, Roller?»
«No, soprattutto in periodi di pace come questo»
«E sia!»
«Chiamiamo anche Galahad, Kayley e Philemon?»
«Ma no, lasciamoli riposare, hanno avuto il turno di notte»
E l’allenamento cominciò.
Ogni tanto passavano i 5 aspiranti cavalieri, un po’ contrariati nel vederli duellare.
«Cosa sono quelle facce?» urlò Roller ma in tono burlone «Continuate a correre, su!»
 
WHOOOO!!!
 
«Il corno, Sire»
«Lancillotto sta tornando dalla caccia, bene»
«Si è fatto davvero tardi, infatti»
«Si, e penso che loro ne abbiano avuta abbastanza»
«D’accordo, Sire… Scudieri, sull’attenti!»
I 5 obbedirono.
«Rompete le righe, tornate alle vostre stanze. Per oggi può bastare»
«Si, Ser!»
Douglas, Lionel, Devon, Cornelio e Doran corsero alla fortezza, senza voltarsi mai. 
 
Lancillotto era arrivato, sul suo cavallo bruno, in testa al suo schieramento che comprendeva tre soldati della cittadella. 
«È andata bene la caccia, figliolo?»
«In verità no, nessun animale si è fatto vivo»
«Bisogna andare all’alba, ma tu non mi hai dato retta»
«Avevate ragione, ma ho voluto tentare lo stesso. Ma non è stata del tutto una pessima idea…»
«Che vuoi dire?»
«Abbiamo trovato una nostra vecchia conoscenza»
«E chi?»
«Lui»
Uno dei soldati nelle retrovie di Lancillotto, fino a quel momento nascosto in gran parte dal possente corpo del principe, si fece lentamente avanti. Sulla sella, davanti a lui, vi era un ragazzo. 
«Henry?!?»
«Artù, è bello rivedervi»
«Anche per me, ma che ci fai qui?»
«Storia lunga, davvero lunga… Non posso raccontarvela tutta ora: la mia famiglia e gli altri amici di Storybrooke sono in pericolo»
«È successo qualcosa in città?»
«Purtroppo si, siamo stati attaccati. E gli assalitori, attraverso un portale magico, ci hanno portati qui»
«Chi dei vostri è stato rapito?» chiese ora Merlino mentre Henry era ormai sceso da cavallo. 
«David, Emma, Biancaneve, Regina, Belle, Robin Hood, Henry, Uncino e Roland»
«E tu come hai fatto ad arrivare qui?»
«Merito di David ed Uncino. Li hanno sottovalutati, e sono riusciti a liberarsi. Hanno iniziato una rissa per dare il tempo ad Emma di liberami, che mi ha detto “Corri a Camelot, ed avverti Artù”»
Lo sguardo di Artù ora era molto pensieroso. Preoccupato. 
«Leon»
«Si, Sire?»
«Sveglia gli altri cavalieri, fai il punto della situazione con Philemon. Dobbiamo essere pronti a partire»
«Certamente, Sire»
«Ma ora, mio vecchio amico, devi dirci di più. Non possiamo affrontare un nemico senza sapere qualcosa su di lui»
«Vi dirò tutto quello che so, maestà»
«Bravo ragazzo. Ma ti prego, vieni al castello. Dovrai mangiare e bere, si vede che ne hai passate tante»
«Grazie sire»
 
Avevano dato tutti le spalle alle mura, ed erano quasi entrati, quando la campana di allarme suonò.
«Che succede?» Artù urlò alla guardia di vedetta
«Una nube enorme, Sire»
«E per questo c’è bisogno di suonare la campana?!?»
«Lo so Sire, ma è strana… Si muove controvento!!!»
«Ma che diavolo…»
Tornarono tutti alle mura, e la videro. Una nube rossa come il fuoco che si avvicinava sempre di più.
«Merlino?»
«Questo… Questo è un sortilegio, Artù»
«Cosa succederà?»
«Non possiamo saperlo, Roller. Ma niente di buono»
«Allora fa qualcosa!» urlò Percival, spaventato come non succedeva da tempo
Il Mago e Cavaliere di Camelot salì sui merli delle mura, e distese il braccio destro in avanti. 
Dalla sua mano uscì un raggio giallo, che una volta superata la citta bassa si fermò, per allargarsi fino a formare una barriera a cupola.
«Basterà, Merlino?»
«Lo spero, Garrett»
La nube ormai era arrivata, ma non toccò la barriera. Si allargò, andò a circondarla lateralmente, finché non salì in alto, fino ad oscurare il sole. 
Il castello e le sue case limitrofe non erano al buio perché la barriera emanava una potente aurea color oro, ma l’effetto era comunque inquietante, con quel fumo così denso e rosso tutt’intorno a loro. 
«Cosa sarà successo a chi era fuori dalla barriera?»
«Non possiamo saperlo, non da qui»
Forse l’avrebbero saputo fin troppo preso.
Di colpo la barriera scomparve, e tutto intorno a loro divenne rosso.
Sembrava che il fumo l’avesse assorbita dentro di sé.
Nessuno seppe dire nulla, nessuno seppe reagire. 
La nube fu rapidamente addosso a tutti quanti.
 
«Ooh, la mia testa» 
«State tutti bene?»
«Si, Merlino, a quanto pare si»
Merlino, Artù, Percival, Garrett, Roller, Lancillotto ed Henry erano ancora lì. Sembravano non essersi mossi dal punto in cui si ritrovavano nell’ultimo momento in cui ricordavano qualcosa. 
Eppure c’era qualcosa di strano nell’aria. A partire dal sole.
Era quasi alto nel cielo, e questo era abbastanza impossibile, visto che prima che arrivasse la nube stava quasi per tramontare. Avevano dormito fino alla tarda mattinata, offuscati dal fumo?
O si trovavano in un altro mondo?
La risposta arrivò immediatamente.
«Sire, venite a guardare»
Artù si affacciò al fianco di Roller, e vide qualcosa di incredibile.
La cittadella era ancora lì, così come la città bassa, ma non si poteva dire lo stesso del resto di Albion. 
Una grande vegetazione circondava il paesaggio intorno. Non si vedevano più le montagne, i laghi, le radure. Solo strani ed enormi alberi, alcuni davvero molto alti. 
«Che si fa, ora, Sire?»
Artù aggrottò la fronte, ci pensò su, e poi tornò a parlare:
«Sperando che il cielo non ci cada un’altra volta sulla testa, entriamo a palazzo. 
Henry, ci racconterai tutto quello che sai. Poi ci prepareremo, e andremo in perlustrazione.
Tranquillo figliolo, se la tua famiglia è la fuori… Noi la troveremo!»
 

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