Full Fathom Five

di Silvianap
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Premessa ---> L'ho già scritto nell'anteprima, ma meglio ripeterlo, non si sa mai. SPOILER per chi non è in pari con la settima stagione! Anche se questa è solo una versione ipotetica di cosa potrebbe succedere in futuro nella storia, ovviamente ci sono riferimenti a fatti successi nella stagione appena passata. 
Volevo ringraziare velocemente Michelle (hardlyfatal), l'autrice della storia (Hi dear, thank you so much, I know you're reading this!) e le mie amiche che mi hanno aiutata a tradurre, correggere e revisionare alcuni punti quando il mio cervello andava a farsi benedire. 
Grazie in anticipo a chi leggerà e a chi commenterà! Riporterò i commenti direttamente all'autrice! :D 
Ho suddiviso l'intera storia in 5 capitoli, che pubblicherò man mano che finirò di tradurli.
(Questo è il link della versione originale: 
https://archiveofourown.org/works/12001872/chapters/27156111 )




Full Fathom Five
by hardlyfatal


 
Ma niente di lui sarà vano
che per un incanto del mare
dovrà trasformarsi in qualcosa
di ricco e di strano.
(La Tempesta, William Shakespeare)


 
Capitolo 1



Jaime era sulla Strada del Re soltanto da un giorno. Avvicinandosi ad un incrocio sentì l’avvicinarsi del roboante suono di zoccoli di cavalli arrivare da sud, nella sua direzione. Si tese ed estrasse Lamento di Vedova da dove era appesa, al collo del suo cavallo, poi guidò la bestia lontana dalla strada, tra gli alberi.

La sua sorpresa fu notevole quando vide i cavalieri che si avvicinavano.

“Brienne?” chiese, mentre loro si facevano vicini.

Lei e Podrick tirarono con forza le briglie per fermarsi, le loro teste scattarono nella sua direzione. Lo sguardo di lei si incatenò in quello di Jaime, il quale vi trovò sorpresa, sollievo e preoccupazione. Per lui?

“Dimenticato qualcosa di importante?” chiese lui. “Odio quando mi succede”.

“Si” disse lei dopo un momento. “In effetti l’ho fatto”.

“Oh?”. Lui riportò il cavallo indietro, sulla strada, finché non si trovò a faccia a faccia con lei, al suo fianco. “Che cosa?”

“Te”.

“Me?”

“Stavo tornando indietro per provare a parlarti e farti ragionare”.

Jaime si innervosì, ma mantenne la sua blanda espressione.

“L’hai fatto a Fossa del Drago” disse, il suo tono lieve. “Ho cercato di convincerla, ma-”.

“Non riguardo quello” lo interruppe Brienne. “Quello ha funzionato, alla fine”.

“Allora perché? Di quali altri ragionamenti credi che io abbia bisogno, Lady Brienne?”
Jaime era consapevole della sua voce tagliente, ma era stanco di persone che pensavano che il suo giudizio fosse difettoso.

“Riguardo tua sorella” disse lei alla fine.

Lui si irrigidì. “In che modo?”

Lei deglutì, consapevole di stare camminando su di un terreno sottile.

“Nel modo in cui lei sarà la tua morte”, gli disse Brienne. “Continua a metterti in situazioni pericolose”.

“Io sono il Lord Comandante del suo esercito”, le ricordò Jaime. La folle donzella aveva forse dimenticato? “A questo si aggiungono situazioni alquanto pericolose. E inoltre, sono stato in molte di esse. Di preciso con te, da quanto mi ricordo”.

“Una cosa è combattere uno contro uno”, brontolò lei. “Decisamente un’altra è andare contro un drago. Con una lancia”.

Lei si alzò e lo raggiunse tirandogli un pugno sulla spalla. Forte.

“A cosa stavi pensando, Jaime?” gli domandò.

“Non credo di averlo fatto” ammise, ignorando l’impulso di strofinarsi la punta della spalla. “Ho solo… Ero certo che stavamo tutti per morire. Volevo essere sicuro che la mia morte avrebbe significato qualcosa. Per me, se non per qualcun altro. Volevo morire mentre facevo qualcos’altro invece che pisciarmi addosso e piangere dalla paura”.

“Combattere” mormorò lei. Lui sapeva che lo capiva; lei avrebbe voluto la stessa cosa. Al posto suo, lei avrebbe probabilmente fatto lo stesso.

I suoi magnifici occhi gli studiarono il viso, rendendolo cosciente. Aveva un modo di farlo che lo faceva sentire come se gli stesse sbucciando la pelle per vedere proprio dentro la sua testa. Brienne avrebbe sempre potuto vedere attraverso di lui. Jaime doveva ancora decidere se odiava questa cosa oppure no.

“Ci era stato detto, durante il nostro viaggio da Grande Inverno, che tu fossi stato arrostito vivo o affogato…”. Prese un respiro profondo. “Sono- Siamo stati molto sollevati quando abbiamo appreso che eri riapparso ad Approdo del Re, per la maggior parte indenne”.

Jaime si chiese il motivo della correzione. Lei era ancora così a disagio riguardo l’ammissione della loro amicizia? Lo infastidiva, a volte, come cercasse di nascondere il fatto che lui effettivamente le piacesse.

Anche se, doveva ammetterlo, nemmeno lui era esattamente disponibile nei suoi confronti. L’unica volta che l’aveva citata a Cersei, sua sorella gli aveva lanciato uno sguardo infelice, e non l’avrebbe mai più fatto.

“Sono difficile da uccidere”, fu tutto quello che disse, alla fine.

“Ma non impossibile”, disse lei, con tono tagliente.

“Sei molto preoccupata per il mio benessere” disse lui lentamente, sorridendo dentro sé stesso quando le guance di Brienne si arrossarono per l’irritazione. Aveva dimenticato quanto fosse divertente irritarla. “Saresti dovuta tornare ad Approdo del Re e diventare il mio scudo giurato”.

“Se non avessi fatto giuramento a Lady Sansa, lo avrei fatto”, gli rispose.

Apparve subito inquieta, chiaramente non aveva intenzione di rivelarglielo. Guardò lontano, fissando gli alberi in quel modo evasivo che aveva quando era imbarazzata per qualcosa. Avere la conferma del suo affetto per lui fece abbastanza rallegrare Jaime.

“Tutto è bene ciò che finisce bene, dico sempre” esclamò, sorridendo quando lei lo guardò. Oh, lei fece finta di odiare la sua leggerezza, ma lui era maledettamente divertente e sapeva che anche lei lo pensava.

“Non lo dici mai”, mormorò Brienne. “Mai”.

“Potrei aver sviluppato questa abitudine mentre eravamo separati. Non sai se l’abbia fatto”.

Lei roteò gli occhi, aspettando almeno cinque secondi per non trafiggerlo con Giuramento.

“Perché stai cavalcando verso Nord?” gli chiese Brienne, stizzita.

“Per unirmi a voi”, le rispose, poi si affrettò ad aggiungere: “Tutti voi. Contro i non morti”.

“Il resto delle forze Lannister è rimasto indietro?” si alzò sulle sue staffe e guardò in lontananza.

“Sono solo io” disse Jaime, la sua voce molto calma.

Lei riportò lo sguardo indietro per incontrare il suo e lo fissò per un lungo momento. Si chiese quali pensieri stessero ruzzolando in quella sua testa bionda.

“Dovremmo andare avanti”, disse lui alla fine. “Non so se Cersei abbia mandato qualcuno a cercarmi”.

Gli occhi di Brienne si strinsero. La sua mano andò sull’impugnatura di Giuramento. Jaime si chiese se lei addirittura si rendesse conto di farlo ogni volta che si sentiva come di dover usare presto la spada.

Poi lei annuì e ruotò il suo montante. Lui spronò il proprio e si spostò di fianco a lei e Podrick, sul lato lontano. Avanzarono con un galoppo leggero e presto si lasciarono alle spalle l’incrocio.

“Cersei non ha intenzione di onorare l’accordo che ha fatto con Jon e Daenerys”, disse loro con tono torvo. “Ed Euron non è fuggito alle Isole di Ferro; è andato ad Essos per portare con sé la Compagnia Dorata”.

Brienne trattenne il respiro. I suoi occhi brillavano tremolanti mentre elaborava questa notizia.

“Perché ci stai dicendo questo?” gli chiese, e poi lo guardò, pungendolo con lo sguardo.

“Ha promesso che l’esercito Lannister  –il mio esercito- avrebbe aiutato il Nord e le forze di Daenerys a combattere i non morti. Lei sta spezzando quella fiducia, ma io non lo farò. Non posso-”

Tagliò corto, frustrato.

“Sono stanco di stare sempre dal lato sbagliato, Brienne” disse, stanco. “Ho saputo per anni di essere dalla parte sbagliata. Quando ho ucciso Aerys, ho pensato: sto finalmente facendo la cosa giusta. Ed ero felice. Colpevole per aver infranto il mio voto di proteggerlo, ma… felice. Perché stavo adempiendo un voto più grande, quello che giurai quando divenni cavaliere. Proteggere il vulnerabile”.

“Quando hai detto ‘vaffanculo alla fedeltà’… era sbagliato. Non era la lealtà, il problema. Era a chi io ero fedele, o meglio, a cosa. Fedele ai Lannister, ma cosa siamo? Sosteniamo qualche brillante ideale di bontà di cui nessuno si è disturbato di parlarmi? Perché tutto quello che vedo nella nostra storia è corruzione. Bugie. Crudeltà”.

“Myrcella e Tommen erano buoni. Mia madre era buona. Tyrion sarebbe potuto essere buono, se fosse stato trattato bene. Ma Tyrion doveva diventare deformato esattamente come il resto di noi per poter sopravvivere, e gli altri sono tutti morti. La loro bontà non li ha salvati”.

“La bontà non salva nessuno” mormorò Brienne.

“Tranne te”, le disse. “La tua bontà ti ha salvata, più e più volte, così come ha salvato me. In modi che non puoi nemmeno immaginare”.

Si fermò, un po’ sconcertato da quanto aveva rivelato. Quanta ripugnanza, quanto disprezzo. Sentiva, come spesso gli accadeva quando era vicino a lei, vergogna per sé stesso.

Brienne lo fissò, senza parole, per un lungo momento.

“La mia bontà non mi ha salvata dall’orso”, disse infine. “Né dall’essere violentata. Sei stato tu, Jaime. La tua bontà. Non importa in che modo ci abbiano provato, tuo padre e Cersei non sono mai riusciti a strapparla via da te. Non interamente. È come brace dentro di te; un piccolo bagliore, un respiro, ed irrompe la fiammata”.

Il suo respiro si bloccò nel suo petto in modo strano. Non poteva non guardala. Non poteva.

“Mia Signora”, disse Podrick dall’altra parte, “dovremmo accamparci per la notte, o proseguiamo?”

Jaime sbatté le palpebre, strappato via dalle sue fantasticherie, e si rese conto che il sole stava tramontando.

“Cosa ne dici?”, gli chiese Brienne. “Se proseguiamo, ci riuniremo agli altri più velocemente”.

“Finché ci riusciamo, proseguiamo”, concordò.

Cavalcarono finché non fu così buio che i cavalli non rischiarono di inciampare e restare zoppi, poi si allontanarono dalla Strada del Re e si diressero in una radura ben nascosta dalla vista dei passanti.

“Farò io il primo turno di guardia, Mia Signora”, si offrì Podrick.

“Grazie, Pod”, mormorò lei distratta mentre smontava dalla sella. “Che genere di scorte hai portato con te, Jaime?”

Aveva sempre quell’aria distratta quando pronunciava il suo nome, specialmente con disinvoltura, come se fosse qualcosa di familiare e usuale per lei, un piccolo coltello fidato invece di una lama cerimoniale ostentata solo in occasioni speciali.

“Non molte”, ammise. “Non volevo perdere altro tempo, nel caso che lei decidesse di uccidermi, nonostante tutto”.

Brienne si gelò. “Cosa?”

“Ah. Non ero ancora arrivato a quella parte”. Si occupò di srotolare la sua coperta e di posizionarla vicino al piccolo fuoco che Podrick stava allestendo all’interno di un cerchio di pietre che aveva appena posizionato.

Lei aveva cominciato a mettere la propria coperta sul lato opposto, ma Jaime sorrise e disse “Non dirmi che ti vergogni, Brienne. Abbiamo dormito insieme più vicini di alcune coppie sposate. Oppure hai scelto di dimenticarlo?”

Si gelò per la seconda volta. Il suo sguardo furioso era abbastanza caldo da poter accendere il fuoco che Pod aveva appena finito di preparare. Si raddrizzò, e con un gelido colpo d’occhio, volutamente trascinò la sua coperta accanto a quella di Jaime, tra la sua e il fuoco, per privarlo di tutto il suo calore.

Lui scoppiò a ridere. “Donzella maligna”, disse con ammirazione.

Le labbra di lei erano pressate strette insieme, ma si arricciarono ai bordi per la soddisfazione di essere riuscita a bloccarlo. Si stese su un fianco, dandogli le spalle, e si tirò il mantello addosso.

“Due ore, Pod, non di più”, mormorò, e si addormentò quasi immediatamente.

“Non capirò mai come riesca a farlo”, sussurrò Jaime a Podrick.

“Il sonno dei giusti”, disse lo scudiero prontamente. “Quando hai la coscienza pulita, non hai paura dei tuoi sogni”.

C’è più di ciò che si vede, in questo ragazzo, pensò impressionato. Il giovane non era più così debole come sembrava essere all’inizio.

Si sdraiò su quella sua coperta, la schiena aderente contro quella di Brienne per riscaldarsi così come era loro abitudine fare durante il loro precedente viaggio attraverso le colline e le vallate di Westeros, insieme. La sua solida larghezza contro di lui era rassicurante e si rese conto che non si sentiva in pericolo probabilmente per la prima volta da quando entrambi avevano dormito in quel  modo.

Sebbene la sua coscienza non fosse nemmeno lontanamente vicina ad essere pulita, si addormentò subito, e non sognò nulla.


                                                                                                   *****


Jaime venne svegliato diligentemente da Podrick due ore dopo. Spaventato, cercò automaticamente un coltello con la mano che non c’era più.

Così come non c’era il coltello.

“L’ho affilato”, sussurrò Podrick, indicando la lucida pila di armi vicina ai cavalli, “ed ho oleato la guaina”.

Jaime si alzò in piedi, riluttante a lasciare l’accogliente nido nel suo mantello e la forma inconscia di Brienne.

“Ti ringrazio”, sospirò di rimando. “Vuoi prendere il mio posto? L’ho riscaldato per bene”.

“No, mio Signore, ho il mio”, disse lo scudiero, fissando il posto dove aveva sistemato la propria coperta, ma non si mosse per raggiungerla.

“Pod?” Jaime alzò le sopracciglia, chiedendosi il motivo dell’indugio del ragazzo. “Sai che non permetterò che le succeda qualcosa. Né a te, né ad ognuno di noi. Puoi fidarti della mia guardia”.

“Lo so, mio Signore”, si affrettò a dire Podrick. “Volevo soltanto dirti…”

Si morse un labbro, sembrò combattuto poco prima di allontanarsi dal fuoco e fare segno a Jaime di seguirlo fino al lato opposto a quello dove si trovavano i cavalli, la luce delle fiamme era così debole da riuscirne a vedere solo un puntino riflesso negli occhi del ragazzo.

“Probabilmente non dovrei dirlo”, farfugliò. “La mia Signora non vorrebbe che-”

“Allora non dovresti”, disse immediatamente Jaime. “Non svelare mai le sue confidenze. Davvero, Pod, mi deludi”.

“No, mio Signore!” protestò Podrick. “Non mi è stato detto in confidenza. Lei nemmeno sa che io ne sono a conoscenza”.

Jaime si accigliò. “Non stai tradendo la sua fiducia?”

Podrick scosse la testa così velocemente che Jaime poté quasi sentire la brezza derivante dal movimento.

“Allora potresti senz’altro dirlo”.

Podrick prese un respiro profondo. “Quando ha saputo che eri morto, mio Signore…”

“Sono sicuro che fosse triste”, disse Jaime nel silenzio che si era creato dopo che lo scudiero si era interrotto. “Siamo amici. Gli amici sono tristi quando si perdono a vicenda”.

L’idea della morte di Brienne gli provocò una violenta scossa, forte quasi quanto un colpo di martello in combattimento.

“Era più che triste, mio Signore”, disse Podrick. “Era addolorata per te, mio Signore. Non ho mai visto un volto diventare così pallido. Ho persino pensato che potesse cadere. Si allontanò per restare sola, ma io la seguii, e-”

Si fermò, deglutendo faticosamente.

“Era inginocchiata a terra, piegata, con le mani a coprirsi la bocca, e piangeva come non ho mai visto una persona piangere. Grandi singhiozzi ed un suono, come un… come un fantasma, potrei dire. Soltanto questo lungo gemito, più e più volte”.

Jaime poteva soltanto fissarlo, senza parole. Non sapeva cosa rispondere; poteva immaginare la scena così chiaramente, come se fosse stato lì. Non sembrava possibile che la stoica Brienne, l’illeggibile Brienne, la prode Brienne potesse mai reagire così, abbattuta da tale emozione.

Specialmente non per lui, il meno degno di una cosa simile.

“Pianse fino a dare di stomaco, proprio lì sul terreno davanti a lei. La feci rialzare e la portai nella sua tenda. Le diedi dell’acqua, le levai l’armatura e l’accompagnai alla sua branda”.

“Bravo, Pod”, mormorò Jaime.

Podrick guardò in alto verso di lui, sembrando particolarmente mansueto. “Lei non ricordò niente, il giorno dopo, e disse appena qualche parola fino a quando non ricevemmo il messaggio che tu eri vivo, dopo tutto”.

“Cosa disse, a quel punto?” chiese Jaime, odiandosi per avere il bisogno di sapere, ma avendo il bisogno di sapere.

“Credo… credo che abbia pregato, mio Signore”, rispose Podrick. “Chiuse semplicemente gli occhi e disse ‘grazie’ ancora e ancora”. Aggrottò le ciglia, pensando. “Quale degli Dei pensi che stesse ringraziando, mio Signore? Lo Straniero? Il Guerriero?”

“Forse la Madre”, gracchiò Jaime. C’era qualcosa che non andava, nella sua gola. Vi era un fastidiosissimo groppo.

Il viso di Podrick si schiarì e lui annuì. Aprì la bocca per parlare, ma Jaime lo interruppe.

“Grazie per avermelo detto”.

“Volevo solo che sapessi che la mia Signore potrà anche essere burbera o potrà sembrare che non le importi, ma… le importa, mio Signore”.

“Lo so, Pod”.

Il ragazzo chinò la testa e sorrise timidamente. “Allora andrò a dormire, mio Signore. Il turno di guardia della mia Signora è tra due ore”.

“La sveglierò io”, disse Jaime, ma non lo fece, restò soltanto a guardare il fuoco finché non fu completamente incenerito.

Brienne si svegliò all’alba, come sempre, guardandosi vagamente intorno confusa.

“Hai fatto il secondo e il terzo turno di guardia?” chiese lei, la sua voce era così ruvida da far prudere le mani a Jaime.

“Ho dormito in un letto di piume per tutto il mese”, disse lui. “Mentre tu hai giaciuto su un terreno durissimo per lo stesso tempo. Ho immaginato che avessi bisogno di riposare più di quanto ne avessi bisogno io”.

Lei gli lanciò uno sguardo sospetto che lo face sogghignare, dopodiché si sedette e si strinse nel mantello, rabbrividendo un po’.
Avrebbe dovuto impegnarsi per tenere più vivo il fuoco, pensò mestamente, e andò a consegnarle una parte del pane e del formaggio che le aveva sgraffignato dalle scorte durante la notte.

“Grazie”, disse ironicamente, ben consapevole del fatto che lui le stesse consegnando le sue stesse scorte.

Jaime sorrise di nuovo e andò a svegliare Podrick. Lo scudiero si raddrizzò con uno sbuffo.

“Oh”, disse, poi si sdraiò di nuovo e si tirò il mantello sulla testa.

“Ce ne andremo non appena avrò terminato di mangiare e i cavalli saranno sellati, Pod, quindi a meno che tu non voglia vivere in questa radura perennemente, dovrai alzarti”. Ma non c’era rancore nelle parole di Brienne, solo divertimento.

“Si, mia Signora”, disse il ragazzo, sbadigliando e inciampando nei suoi stessi piedi.

Mangiarono, sellarono i cavalli e ripresero la marcia in breve tempo.

“Non mi hai più parlato dell’altra parte”, menzionò Brienne dopo un’ora di strada.

“Di cosa?” La strada era larga, in quel punto, e lasciava penetrare la luce del sole, lasciando modo a Jaime di inclinare all’indietro la testa e chiudere gli occhi, per godersi il calore.

Lei non rispose, così lui la guardò e scoprì che lo stava guardando con l’espressione più particolare che potesse avere. Sembrava quasi che provasse dolore.

“Hai detto che non volevi perdere tempo a preparare scorte, nel caso in cui Cersei avesse deciso di ucciderti”, si affrettò a dire lei. “Che cosa intendevi dire?”

Lo stomaco di Jaime si contorse intorno alla frenetica colazione, ricordando quella brutta scena.

“Sono un uomo davvero stupido, Brienne”, le disse. “Credevo davvero che Cersei potesse acconsentire alla tregua e che potesse impegnare le nostre- le sue-  truppe in una causa comune. Ho cominciato immediatamente a dare ordini, intendevo prepararmi e marciare verso Nord entro pochi giorni. Quando lei ha annullato gli ordini, ho provato, come il pazzo che effettivamente sono, a spiegarle che era un errore –al di fuori del suo interesse personale, visto che non aveva intenzione di fare qualcosa per il bene comune- ma non solo non mi ha ascoltato, ma ha minacciato di uccidermi per mano di Ser Gregor”.

Provò a guardarla. Era seduta immobile sulla sella, i suoi enormi occhi vigili e dispiaciuti, per lui, lo sapeva. Jaime sospirò. In verità, non si meritava un’amica come lo era lei.

“Le ho detto che non credevo che l’avrebbe fatto ma penso che, in quel momento, non mi interessasse di essere ucciso da lei oppure no. In quel momento, ho finalmente visto cos’era diventata e cosa avevo supportato, essendole fedele. Mi sono sempre detto di non dare retta alle piccole bugie, moltissime volte. Sono un Lannister, e se delle piccole bugie ci dessero fastidio, non riusciremmo nemmeno a passare l’infanzia. Ho persino imparato ad ignorare la mia coscienza, quando si trattava di bugie più grandi, per convenienza, se non altro”.

“Ma questa è una bugia davvero grande. Un’enorme bugia, e anche pericolosa, che impatterà su ogni persona a Westeros, fino al più piccolo dei contadini”.

Sentendo il pesante stato d’animo che la opprimeva, Jaime le lanciò un’occhiata maliziosa.

“E per qualche ragione, Brienne, qualche mistica ragione, negli ultimi anni la mia coscienza è ritornata come per vendicarsi. Non mi lascerà da solo, quasi come se fosse una gigantesca donna che mi pungola con disprezzo scottante e con una spada molto bella che mi è capitato di darle personalmente”.

“Io non sono la tua coscienza, pazzo di un uomo”, mugugnò lei, nonostante stesse combattendo per impedirsi di sorridere. “Ti ricordo soltanto che ne hai una. Qualcuno deve farlo”.

Lui le sorrise, ma presto il sorriso sbiadì. Sospirò.

“Onestamente, sono davvero scioccato dal fatto che Cersei mi abbia lasciato partire. Penso che fosse soltanto troppo sorpresa dalla mia partenza. Ma è veloce nel riprendersi, lo è sempre stata. Quindi ho pensato che la discrezione potesse essere la parte migliore del mio atto valoroso, e me ne sono andato dalla città prima che lei realizzasse la portata della sua rabbia”.

“Ti ha sempre dato per scontato”, mormorò Brienne, tenendo lo sguardo basso sulle mani. “Supponendo che fossi suo, da usare a suo piacimento. Non prenderà bene questa tua diserzione”.

Guardò in alto, verso Jaime. “Dovremmo prepararci per un’eventuale imboscata, e cavalcare più veloci. Prima arriveremo da Re Jon e dai suoi uomini, meglio sarà per la nostra sicurezza”.

“Per la tua sicurezza, e quella di Pod”, la corresse, nonostante stesse calciando il suo montante per passare dal trotto ad un’andatura più veloce. “Nessuno mi assicura che non mi taglierà la testa non appena mi vedrà”.

“Non lo farà”, disse lei immediatamente. “Lui non è così. Nel peggiore dei casi, ascolterà testimonianze ed esprimerà una sentenza, ma è un uomo giusto. Non ti riterrà responsabile per le azioni di tua sorella o di qualcun altro. E io-”.

“Tu cosa?”

“Io garantirò per te”.

“Anche io, mio Signore!” disse la voce di Podrick, dall’altro lato di Brienne. Era un ragazzo assurdo, e Jaime non poté fare a meno di sorridere al suo tentativo di aiutarlo, non di deriderlo.

 “Bravo, Pod”, disse ancora, gettando uno sguardo verso Brienne, contento di vedere che aveva fatto sorridere anche lei. “Con due protettori così forti, Re Jon dovrà concedermi un perdono regale”.

“Non esageriamo”, mormorò la donna.

Jaime si voltò verso il sole, e rise. 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Capitolo 2



Raggiunsero le truppe del Nord il secondo giorno, proprio mentre il sole stava tramontando ed erano intenti a preparare il campo per la notte.

“Chi va là- oh, siete voi, mia Signora”, disse la guardia a cui si stavano avvicinando. “Il Re avrebbe voluto vederti non appena fossi ritornata”.

“Era quello che volevo fare anche io”, rispose Brienne. “Si trova nella tenda della Mappa?”

“Si, mia Signora”. Lo sguardo della guardia scattò verso Jaime, restringendosi prima di passare a Podrick ed annuire verso di lui.

Brienne li condusse nella parte Dothraki dell’accampamento, lasciando proprio a questi ultimi i loro cavalli.

“Pod, assicurati che sia stata piantata una tenda per noi e porta lì le nostre cose”, ordinò al suo scudiero. “Dovrebbe essere fissata qui intorno… da qualche parte”.

Usò la sua altezza elevata per individuare il carro con le loro provviste.

“Da quella parte, vicino agli Immacolati, credo”, disse, e poi si allontanò, aspettandosi chiaramente che Jaime la seguisse. Divertito, lui semplicemente rimase fermo dov’era e aspettò finché lei non si fermò per guardare impazientemente indietro, verso di lui.

“Tu vivi per farmi irritare”, borbottò mentre Jaime molto lentamente avanzava per unirsi a lei.

“Si, è vero”, concordò lui. Lei si limitò a sbuffare dal naso mentre riprendeva la marcia, una mano sull’impugnatura di Giuramento.

Arrivata alla tenda più grande di tutto l’accampamento, si fermò davanti alle guardie.

“Mia Signora”, disse uno di loro, poi infilò la testa nell’ingresso e disse “Vostra Grazia, Lady Brienne è qui. Con-”.

Tirò fuori la testa dalla tenda e guardò Jaime.

“-un Lannister, a giudicare dall’aspetto”, concluse.

“Ne sono rimasti soltanto tre di noi”, disse lentamente una voce familiare che proveniva dall’interno, “e poiché dubito fortemente della presenza di uno, dev’essere di sicuro l’altro”.

L’ingresso venne aperto e Tyrion era fermo lì, esaminando la coppia.

“Inaspettato”, disse, “ma benvenuto”. Spostandosi di lato, fece ad entrambi cenno di entrare.

Non appena entrato, Jaime poté vedere il Re del Nord in piedi, estremamente vicino alla Regina usurpatrice, Daenerys Targaryen, mentre erano chinati su una mappa distribuita su un tavolo improvvisato. Su entrambi i lati della tenda si trovavano i rispettivi consiglieri, un vecchio uomo brizzolato vicino a Jon e una donna piuttosto giovane vicino a Daenerys. Anche l’eunuco, Varys, era lì, così come Jorah Mormont e poi un altro giovane con un’armatura apparentemente esotica.

E, con sua sorpresa, anche Sandor Clegane, che si accigliò mentre lo guardava da un angolo lontano.

“Sembra una riunione di famiglia”, disse Jaime con leggerezza.

“Si, se sei un membro della più disfunzionale famiglia in tutta Westeros”, disse Tyrion. “Cosa che siamo”.

“Almeno siamo onesti al riguardo”.

“Almeno su questo”.

I fratelli si fissarono l’un l’altro per un lungo momento, così come gli altri fissavano loro due, finché non iniziarono a ridere.

Jaime posò la mano sulla spalla di Tyrion. Con un pubblico del genere, quello non era il momento di parlare col cuore, ma voleva far sapere a suo fratello quanto fosse felice di rivederlo. Tyrion guardò in alto verso di lui e nei suoi occhi c’era riconoscenza.

Jaime si rimise dritto e guardò gli altri.

“Vostra Grazia”, disse rivolgendosi a Jon, poi a Daenerys, “Vostra Altra Grazia”.

Era bella, senza dubbio, in modo cristallino, come una dolce violetta –fragile, delicata, incline ad essere schiacciata da troppa forza. Non era assolutamente una robusta donzella creata per sopravvivere a qualsiasi tempesta.

Ma c’era fierezza nei suoi occhi quando fece un passo nella sua direzione, studiandolo con uno sguardo penetrante.

“Non riesco a decidere se la tua carica contro di me ed il mio drago fosse la cosa più coraggiosa che abbia mai visto”, disse lei, “o la più stupida”.

“Non potrebbero essere entrambe?”, provò a risponderle con il suo sorriso più affascinante.

Lei lo fissò di rimando, il volto pietrificato.

“Non fare l’idiota”, mormorò Brienne al suo fianco.

Daenerys la guardò, scioccata.

“Non tu, Altezza, ovviamente”, si affrettò a dire Brienne. “Lui. Prende tutto davvero poco seriamente, a meno che non venga costretto”.
“È vero”, concordò Jaime. “È un mio problema molto noto”.

Tyrion mise una mano sugli occhi, la bocca si muoveva senza parole.

Daenerys continuò a fissare Jaime. Gli occhi di lei stavano cominciando a ricordargli quelli di Brienne; i suoi erano più color ametista rispetto allo zaffiro di quelli di Brienne, ma entrambi erano grandi e severi e lo facevano sentire uno scolaretto impertinente.

…in modo piuttosto diverso, comunque.

“Potresti essere costretto alla serietà se prendessi l’altra tua mano, Ser Jaime?”, chiese Daenerys, molto tranquillamente, con l’acciaio nella voce e negli occhi.

Il giovane uomo nell’uniforme esotica fece un passo avanti, mentre la sua mano andava sul suo arakh. Jaime si rese conto che bastava un singolo comando per renderlo di nuovo monco e, questa volta, in un modo da cui non sarebbe mai riuscito a guarire.

Ah. Aveva fatto male i calcoli. Quella non era una donna che avrebbe risposto agli scherzi o al fascino.

“Chiedo perdono, Vostra Grazia”, disse con sincerità. “Non intendevo mancare di rispetto”.

Lei lo fissò per un momento ancora.

“A cosa dobbiamo l’onore della tua presenza?” chiese, facendosi indietro per riunirsi a Jon Snow vicino alla mappa, apparentemente dimenticandosi della sua insolenza… o facendo finta di niente, per il momento, almeno. “Hai condotto qui le truppe Lannister che erano state promesse per aiutarci?”

“Non l’ho fatto”.

Daenerys lo guardò freddamente. “Sei venuto da solo? Quale ardita strategia, inviare un solo guerriero per conto di un intero regno. Devi essere un combattente formidabile, senza dubbio”.

Quello fu un commento all’altezza di Cersei stessa; Jaime ne rimase aspramente impressionato.

Brienne fece finta di sistemare Giuramento e gli diede una gomitata sul fianco.

“Temo di dovervi dire che la Regina Cersei non spedirà i suoi uomini a combattere contro l’armata dei morti, come promesso”, disse lui, consapevole che tutti gli occhi erano puntati su di lui. “E che Euron Greyjoy è andato a prelevare la Compagnia Dorata da Essos così da integrarla alle già diminuite forze Lannister. Il suo ritorno è previsto in due mesi, al massimo”.

Jon aggirò il tavolo e si avvicinò. “In qualche modo non ha capito la situazione che stiamo affrontando?” Strinse la mascella per la frustrazione, voltandosi per rivolgersi a Daenerys e ai loro consiglieri. “Abbiamo dimostrato la minaccia, senza dubbio. Hai visto quell’essere coi tuoi stessi occhi, Ser Jaime”.

“L’ho visto”, confermò. “E sono terrorizzato, così come lo siete anche voialtri. Sono preoccupato quanto voi riguardo la sua scelta”.

“Fammi indovinare”, cominciò a dire Tyrion. “Lei pensa che stiamo esagerando. Pensa che se lascerà che le truppe delle Altezze fronteggino i non morti, potrebbero abbatterne a sufficienza in modo che, nel momento in cui arriveranno ad Approdo del Re, la Compagnia Dorata sarà in grado di spazzarli via facilmente. Ho ragione?”

“Hai ragione”.

“La sua arroganza e mancanza di previsione saranno la sua rovina”, disse Daenerys.

“Si”, concordò Jaime, e fu sorpreso di non sentire la disperazione e il rimorso che si sarebbe aspettato nel pensare alla prospettiva di un’eventuale sconfitta di Cersei, o persino alla sua morte. Si accorse che Tyrion lo guardava attentamente.

“È per questo che sei qui?” chiese Jon Snow. “Per evitare di finire come lei?”

“Sono qui perché lei ha fatto una promessa. A tutti voi. E la stessa prevedeva che mi impegnassi a combattere al Nord, contro quelle creature. Non ho molto altro da offrirvi, e posso anche non aver pronunciato personalmente la promessa, ma ho intenzione di onorarla. Se mi accetterete”.

“Tuo fratello mi ha detto che eri uno dei migliori guerrieri di Westeros, prima che ti tagliassero la mano”. La regina lo esaminò di nuovo, questa volta guardando la mano dorata fissata alla fine del suo braccio destro. “Un peccato; avremmo potuto usare un simile cavaliere nella guerra che sta per arrivare”.

Jaime strinse la mascella; si sarebbe mai abituato ad essere l’ombra inutile delle sue precedenti abilità? La rabbia per il mancato riconoscimento del suo valore, mai pienamente arginata, gli contorceva lo stomaco. Al suo fianco, Brienne si spostò, e il suo gomito lo toccò di nuovo, questa volta non per ammonirlo, ma per confortarlo, facendo ridurre un po’ il disgusto per sé stesso. Lei apprezzava qualcosa in lui, sebbene soltanto gli dèi sapessero cosa.

“Tuttavia eri tu la mente dietro i sotterfugi di Castel Granito ed Alto Giardino, vero?”

“Ero io”.

Lei lo guardò per un altro momento.

“Allora vieni, e dicci cosa pensi che potremmo fare per bloccare il flusso dei morti che ha attraversato la Barriera”.

Attraversato la Barriera?”

“Abbiamo ricevuto un corvo”, disse Jon con voce spiacevole. “Il Re della Notte ha creato un passaggio nella Barriera. Il suo esercito sta attraversando Il Dono, mentre parliamo”.

“Come ha fatto a creare un passaggio attraverso la Barriera?” Era accaduto l’impossibile. Jaime era sconvolto e guardò Brienne per vedere la sua reazione. Lei era intontita e atterrita tanto quanto lui.

Con sua sorpresa, la regina si morse un labbro e si allontanò. Jon le si avvicinò, i loro volti erano vicinissimi mentre lui le sussurrava qualcosa.

“Il drago di Sua Grazia, Viserion, è stato ucciso dal Re della Notte quando lei e altri hanno catturato l’essere che è stato portato ad Approdo del Re come prova per nostra sorella”, spiegò Tyrion, la sua voce era grave. “Quello che sappiamo è che il Re della Notte ha tramutato Viserion in uno di quegli esseri. Sembra che il fuoco del drago abbia fatto crollare una parte del muro”.

Jaime non aveva parole. Nemmeno una. Per una volta nella sua vita, non riuscì a pensare ad una sola battuta o ad un commento per commentare un tale sviluppo.

“A quanto vedo hai compreso la gravità di questa catastrofe”, concluse Tyrion.

“Siamo fottuti”, sibilò Jaime.

“Fondamentalmente, si”, disse suo fratello.

Brienne fece un suono disgustato. “Se ci arrendiamo ancora prima che la guerra sia iniziata, abbiamo già perso”, sbottò, fissando Jaime con uno sguardo furioso. “Lo sai meglio di me, Jaime. Ogni combattente presente tra noi, in questa tenda, lo sa bene”.

Tutti la guardarono, sorpresi.

“Non siamo morti finché non siamo morti. Quindi finché non siamo morti, combattiamo. Non c’è altro”.

Jaime sentì un tale orgoglio in lei, in quel momento. Da dove diavolo aveva preso la sua determinazione? Il suo coraggio? La sua forza?

Lei si scosse un po’ non appena il suo sguardo si soffermò nel suo dopo aver esaminato tutti gli altri nella tenda, e si fissarono a vicenda per un lungo, strano momento.

“Ah, dove saremmo senza Lady Brienne?”, chiese il vecchio gentiluomo al fianco di Jon, con il familiare accento  di Fondo delle Pulci.

“In rovina, ecco dove”, disse Jon, con il suo chiaro linguaggio del Nord e un veloce sorriso.

Accanto a Jaime, Brienne arrossì e guardò in basso, verso il terreno calpestato.

“Un vero esempio”, mormorò Tyrion con tono scherzoso, ma rimase sbigottito dall’occhiata ostile che Jaime gli lanciò.

“Lei è un esempio”, ringhiò a suo fratello. “Non le mancherai di rispetto”.

E tutti gli altri lo fissarono, inclusa Brienne, che si accigliò con violenza.

“Le mie scuse”, disse Tyrion, passando lo sguardo da lui a lei con un’espressione che mostrava la nascita di una consapevolezza che a Jaime non piaceva.

L’impacciato silenzio venne interrotto dal suono di un rumoroso sbadiglio.

“Mi dispiace”, disse Podrick con un sorrisetto imbarazzato mentre era fermo ad un lato della tenda, chiaramente era entrato con discrezione nel corso della loro tesa conversazione.

“Abbiamo cavalcato molto per raggiungervi, Vostra Grazia”, disse Brienne rigidamente. “Potremmo andare a cercare qualcosa con cui cenare e poi a dormire?”

“Ma certo”, disse Jon. “Grazie, Lady Brienne. Sono lieto che tu sia tornata sana e salva con noi”. Poi guardò Jaime. “Non sono sicuro di cosa fare con te, Ser Jaime”.

“Puoi incatenarmi a Brienne, se potrebbe farti sentire meglio”, suggerì lui. “Ci sono piuttosto abituato”.

Una tenda piena di sguardi perplessi si concentrò su di lui.

“Un altro scherzo, Ser Jaime?” gli chiese Daenerys, che si era apparentemente ripresa dal turbamento.

“In realtà, no” rispose. “Ho trascorso –quanto tempo è stato, donzella?- almeno un mese sia legato che incatenato a lei, letteralmente. Prima come suo prigioniero, poi come suo compagno di prigionia quando fummo catturati”.

Lui lanciò a Brienne uno sorriso nostalgico, che lei ricambiò con uno sguardo fulminante.

Daenerys guardò il suo Primo Cavaliere con occhi spalancati.

“Si, ogni Lannister è matto alla propria maniera”, disse Tyrion per rispondere alla sua domanda inespressa ‘è fuori di testa?’. “Nel caso di Jaime, lui trova piacere dove molte persone troverebbero soltanto sofferenza. Lo testimonia il suo persistente supporto a nostra sorella nonostante lei da lungo tempo ormai non fosse un’ottima compagnia”.

“Garantirò io per lui”, disse Brienne ad alta voce, chiaro tentativo di mantenere l’attenzione sulla questione. “E se cercherà di fare qualsiasi cosa, lo sventrerò come una trota”.

“Certamente qualcosa di molto più maestoso di una trota”, mormorò Jaime. “Che ne pensi di-”

“Con il vostro permesso, Altezze”, disse Brienne, e lo trascinò fuori dalla tenda per il colletto.

Lo spingeva avanti a lei, con Podrick dietro di loro incapace di smettere di sorridere mentre Brienne borbottava imprecazioni e minacce di danni fisici. Niente esaltava Jaime tanto quanto farla impazzire.

“Pod, hai trovato una tenda per noi?” domandò lei, guidando il loro trio verso la zona dell’accampamento che era stata riservata alla cucina.

“No, mia Signora”, replicò lui. “Non ce n’è nessuna disponibile. Potrebbe essere stata rivendicata da qualcun altro, pensano. Magari possiamo dividerne una con dei soldati? Alcuni degli Immacolati sono ragazzi simpatici e-”.

Brienne scosse la testa mentre prendeva la ciotola di stufato e un pezzo del pane che le porgeva il cuoco. Si avviarono verso un luogo dove erano state poste alcune assi su dei tronchi d’albero, formando tavoli molto grezzi, e si sedettero su degli sgabelli improvvisati, per mangiare. Lo stufato fu il benvenuto nello stomaco di Jaime ed egli stesso si sentì piacevolmente pieno e assonnato quando finirono il pasto.

“Possiamo dormire nuovamente all’aperto, se dobbiamo. Sembra essere una notte limpida”, disse lei alla fine.

Sopra di loro, il cielo non presentava nuvole ed era brillantemente illuminato da una luna quasi piena, ma il loro respiro si annebbiava nell’aria gelida. Senza il caldo contenuto dai confini di una tenda, c’era una buona possibilità di congelamento, e Jaime aveva già perso sufficienti parti del corpo. Voleva conservare tutte le dita dei piedi e le rimanenti dita della mano, possibilmente, a dirla tutta.

“Vi ho trovati”, disse una voce vicina, e Jaime sobbalzò un po’ nel vedere suo fratello al suo fianco. “Re Jon dice che se non riuscite a trovare una tenda, potete usare la sua”. Fece una pausa, poi aggiunge delicatamente “Non ne avrà bisogno”.

Brienne e Jaime si scambiarono uno sguardo consapevole.

“Questo è davvero gentile da parte di Sua Grazia”, disse lei. “Per favore, ringrazialo per la sua cortesia”.

“Vi offrirei di condividere la mia”, disse Tyrion, “ma…”.
Cominciò piano ad allontanarsi, un’espressione torva apparve sul suo volto mentre una seguace dell’accampamento salterellava attraverso la radura nella sua direzione. “Non vorrei tenervi svegli tutta la notte”.

Brienne fece una smorfia. Jaime si morse un labbro per impedirsi di sogghignare.

“Lo vedo”, disse a Tyrion. “Non affaticarti troppo”.

“Oh, non preoccuparti”, gli rispose lui. “Sono ben allenato per questo genere di cose”.

Brienne trasalì. Jaime non riuscì più a trattenere la sua risata. Tyrion andò via con la donna, la sua mano appoggiata saldamente sul suo fondoschiena.

“Beh, troviamo questa tenda degna di un re e riposiamoci”, disse Jaime.

Podrick balzò in piedi. “Prendo le nostre cose”, disse, e se ne andò.

Brienne consegnò a Jaime il suo pezzo di pane avanzato. “Tuo fratello mi ha provocato il voltastomaco”, brontolò.

Lui sorrise e lo mangiò in tre morsi, contento di averne un po’ di più. Avrebbe potuto avere bisogno di qualche razione extra se avesse voluto sopravvivere al freddo nel Nord.

Lei lo guidò alla tenda di Jon. Era grande ma semplice, ben riparata dalla miriade di strappi e lacerazioni, e scarsamente arredata –c’era soltanto un vasto letto e un basso sgabello sistemato in ognuno dei quattro angoli.

Podrick arrivò poco dopo.

“Finalmente un letto”, disse allegramente, stendendo la sua coperta lungo un lato di esso.

“Dobbiamo condividere?”, chiese Jaime. “Questa sarà una cosa nuova per me”.

Quando Brienne e Podrick lo guardarono, confusi, chiarì dicendo “…dividere un letto con due persone. Di cui una è un uomo”.

Podrick sbatté gli occhi, capendo, ma ignorando la situazione, mentre Brienne arrossì, ma lo guardò ferocemente.

“Oh, stai calma”, borbottò lei, spiegando la propria coperta verso il centro.

Jaime mormorò, a sé stesso, qualcosa sulla loro totale assenza di umorismo, ma spiegò comunque la sua coperta sul lato lontano del letto. Non persero tempo prima di salirvi e lui fu colpito -soltanto un po’- da quanto fosse incredibilmente comodo non solo avere il morbido (anche se pungente) materasso di paglia sotto di loro, ma anche avere Brienne (non meno spinosa) premuta di lato, che irradiava calore. Inclinò la testa per riposare proprio contro la spalla di lei.

“Buonanotte, donzella”, sussurrò, soffocando una risata nel sentire lei che sospirava esasperata, e stava ancora sorridendo quando si addormentò di lì a poco.
 

                                                                               *****
 

Jaime si svegliò il mattino seguente nel momento in cui Brienne ansimò sgomenta nel suo orecchio e si allontanò, lasciando che l’aria gelida gli colpisse la schiena dove, fino a qualche attimo prima, lei lo stava abbracciando da dietro. Quella reazione gli fece capire che lei non lo aveva fatto di proposito e che quindi era abbastanza inorridita dall’accorgersi che era successo. Jaime rimase sdraiato lì, in silenzio, perché non voleva farla imbarazzare facendole sapere che, al contrario di lei, lui era consapevole di quanto lei si fosse stretta a lui, durante la notte.

E anche perché non voleva rivelarle in alcun modo la presenza dell’erezione che aveva cominciato a formarsi non appena si era svegliato e si era reso conto della posizione in cui erano finiti, e del senso di sicurezza e di comodità che provava dall’essere circondato da lei.

Stava diventando… complicato.

Beh, più complicato.

Jaime la guardò con occhi socchiusi mentre la sensazione del suo calore addosso si dissipava, e intanto lei si guardava intorno. Soddisfatta dal fatto che sia lui che Podrick fossero ancora addormentati, Brienne effettuò il cambio d’abiti più veloce che avesse mai visto. Veloce, si, e si era ricoperta in pochi secondi, ma non così veloce da permettere alla sua vista acuta di­ mancare la visione di profilo della sporgenza di un capezzolo increspato dal freddo e della pallida curva di vita e fianco mentre infilava i piedi e le gambe in nuovi calzoni. 

Con un’ultima, preoccupata occhiata verso di lui e non, curiosamente, verso l’ancora addormentato Podrick, Brienne fuggì dalla tenda, e Jaime venne lasciato con un russante scudiero e un membro abbastanza rigido da usare come martello.

Stava diventando sempre più duro (gioco di parole voluto) fingere di vederla solo come un’amica. Se doveva essere onesto con sé stesso, era diventato duro (gioco di parole nuovamente voluto) da Delta delle Acque, quando lei provò a persuadere il Pesce Nero ad arrendersi. Il sollievo nel vederla di nuovo, l’affetto che provava per i suoi modi ormai familiari, la maniera in cui si muoveva e parlava…

Il modo che aveva di spingerlo ad essere un uomo migliore, come mai nessun’altro aveva fatto o faceva. La fede che lei aveva in lui, che lui potesse davvero diventare un uomo migliore.

Quel sollievo non era ciò che avrebbe potuto provare nel rivedere un vecchio amico. E non era nemmeno lo stesso che provò rivedendo suo fratello, sebbene non fosse stato meno forte.

D’accordo, pensò a malincuore. Lo ammetto. La desidero.

Come ammissione, non era granché. Molto più di quello che si sarebbe mai aspettato da sé stesso, comunque, quindi era qualcosa.

Si meravigliò di quanto fosse bizzarro che l’unica donna oltre Cersei ad averlo mai tentato fosse in assoluto l’opposto di lei, in ogni modo esistente. Poteva aver pensato che, visto che Cersei era il suo ideale di donna, sarebbe stato suscettibile soltanto a lei: delicata e bellissima, aggraziata ed esile, un aspetto ingannevolmente gentile che nasconde una mente di grande astuzia e calcolo.

Non aveva senso finché, all’improvviso, ne ebbe.

Jaime aveva gravitato intorno al suo ideale, va bene.

E non era Cersei.

Al lato opposto del letto, Podrick si mosse. Sbadigliò, si stiracchiò.

“Buongiorno, mio Signore”, farfugliò, rotolando giù dal letto per trovare le sue cose. Prese dei vestiti puliti, si spogliò e rivestì con la stessa velocità nei movimenti mostrata dalla sua Signora e poi lasciò la tenda, mentre Jaime si rendeva sbalorditivamente conto di una cosa che lo scosse fin dentro l’anima.

Tutta quella delicata bellezza e l’esile grazia non significavano niente per lui. Non più. Aveva imparato, in prima persona, quanto fossero inutili. Cersei non sarebbe mai sopravvissuta a quello che aveva sopportato Brienne: il disagio, l’umiliazione. Lei era dipendente dal potere che esercitava sugli altri, il potere della bellezza, o del rango o della ricchezza. Senza quel potere, lei non era niente.

Quando Cersei aveva minacciato di ucciderlo non sarebbe riuscita nemmeno a farlo personalmente, ma aveva guardato il mostruoso Gregor Clegane per eseguire il comando.

Jaime si sdraiò sulla schiena e fissò il tetto della tenda sovrappensiero.

Brienne non era dipendente da niente, tranne che da sé stessa. Senza amici, disprezzata per la sua stazza e per la sua bruttezza, si era guadagnata la sua strada verso la fiducia delle più alte potenze sulla terra basandosi soltanto sulla solidità del suo carattere. Carattere che, quasi sicuramente, non le avrebbe permesso di avere nessun rapporto con lui se non quello che si ha con un compagno d’armi.

Sembrava che il suo destino fosse quello di soffrire per donne impossibili.

Rimase lì sdraiato su quel pungente materasso di paglia per molto, finché Brienne non entrò nella tenda.

“È tardi”, disse. “Sei malato?”

“Nello spirito, se non nel corpo”, mormorò, sedendosi.

Lei lo studiò. “Vado a tenerti da parte un po’ della colazione”.

Lui le rivolse un sorriso, alzandosi in piedi e grattandosi il petto. Maledetta paglia pruriginosa. “Sei troppo buona con me”.

“Si, infatti”, disse lei debolmente, sembrando distratta. Jaime alzò lo sguardo per guardarla e si accorse che lei stava fissando la sua cintola. O, in particolare, il punto dove i suoi calzoni erano leggermente scivolati in basso e la sua tunica si era increspata verso l’alto a furia di grattarsi. I suoi fianchi, e tutto ciò che li circondava, erano pienamente esposti alla fresca aria del mattino.

E con suo stupore, una scintilla di desiderio illuminò gli straordinari occhi di Brienne. Un po’ di colore le accese le guance mentre si voltava per uscire.

“Colazione”, ripeté lei, e lasciò la tenda.

Beh, pensò lui, almeno non sarò l’unico a soffrire. 

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Premessa ---> Ringrazio chiunque stia leggendo e commentando questa meravigliosa storia e avverto tutti che per il capitolo 4 potrebbe volerci un po' più tempo visto che è lunghissimo, difficilissimo ma soprattutto importantissimo, quindi vorrei lavorarci su con calma. 
Intanto, godetevi questo terzo capitolo! ;) 
Silvia



 
Capitolo 3
 


Le tre settimane successive furono le più particolari della vita di Jaime. Le più particolari e, in qualche modo, le più piacevoli, nonostante la totale assenza di sesso, ma con l’aggiunta di varie persone con le quali non avrebbe mai pensato di poter passare del bel tempo in compagnia.

Questo includeva, in particolare, quella di Sandor Clegane.

Non più il Mastino, Clegane aveva subito una sorta di cambiamento dopo aver disertato la sua posizione nella guardia del Re. Il suo carattere era ancora terribile, ma il contorno brutale che sembrava tenerlo sempre nel costante baratro verso l’instabilità, non c’era più. Cose che in passato avrebbero potuto farlo reagire squarciando una persona a metà, dalla gola all’inguine, non avevano più effetto su di lui allo stesso modo. Il colpevole poteva guadagnarsi l’appellativo di schifoso e osceno se non addirittura essere liquidato con un annoiato ‘fanculo’.

Effettivamente, sembrava che a Brienne piacesse. Lei rideva alle sue battute, sempre avvolte in un sarcasmo così arido che era difficile associarle all’humor, e partecipava con entusiasmo nelle discussioni che avevano riguardo alle tecniche di combattimento. Entrambi si dichiaravano desiderosi di finire il viaggio in modo da avere del tempo libero per combattere ‘seriamente’ tra di loro. Quale differenza c’era tra il combattere quasi ogni giorno e quello che avevano intenzione di infliggersi l’un l’altro una volta arrivati a Grande Inverno, a Jaime non fu mai spiegato.

“Sarete una bella coppia di guerrieri”, commentò ad un certo punto, facendoli sorridere entrambi, una scena orribile.

Era tardi, erano passati sia la cena che l’allenamento serale, e tutti i combattenti si stavano rilassando intorno al fuoco fino al momento di andare a dormire. Circa un quarto del fuoco era occupato da Jaime, Brienne, Podrick e Clegane.

“Si”, disse Brienne, “lo eravamo”.

“Avete combattuto in passato?”, chiese Jaime. Doveva ancora farle rivelare altri dettagli riguardanti le sue avventure nel periodo in cui erano stati separati, anni prima.

“Mi ha ucciso”, disse Clegane mentre era impegnato ad affilare le sue asce. “Era dannatamente vicina a mangiarmi via l’altro orecchio e poi mi ha buttato giù da una rupe”.

“Sembri piuttosto vivo malgrado il tuo prematuro trapasso, devo dire”.

“Nuovo taglio di capelli”, disse Clegane con il volto di pietra. “Può fare miracoli su un uomo”.

Podrick sorrise; Brienne ridacchiò. Jaime rimase a fissarlo. Chi era quell’uomo? Aveva le sembianze del Mastino che tutti avevano conosciuto e temuto soltanto dall’apparenza.

“Sai una cosa? Resta così”, disse Jaime. “Sei molto più terrificante di quanto tu lo sia mai stato. L’esercito dei morti non sa a cosa va incontro”.

“Mi ha dato un calcio nel-” e Brienne si fermò, scegliendo un modo più delicato per raccontare del combattimento. “In un posto dove generalmente soltanto gli uomini ricevono calci”. Fece una pausa. “Fu piuttosto doloroso”.

“Non sembra, da come usi raccontarlo”, rispose subito Clegane.

Davanti ad un Jaime scioccato, Brienne rise. Davvero tanto. E poi disse, “L’unico di noi che usa qualcosa qui è Pod”.

Lo scudiero abbassò la testa, strofinando più furiosamente la sella che stava oliando. A Jaime girava la testa; non era abituato ad una Brienne che faceva battute oscene. E l’idea che Podrick fosse un maestro di virilità era anch’essa incredibile.

Clegane provò a guardarlo. “Dovremmo combattere, io e te. Ho usato due armi per combattere, di recente, invece di una grande spada, e potrei fare più pratica con la mano sinistra”. Diede un’occhiata obliqua alla protesi dorata. “E poiché tutto quello che hai è la mano sinistra, ora…”

“Può ancora tenere uno scudo col braccio destro”, disse Brienne, sempre in sua costante difesa, aggiungendo, “Ne ho commissionato uno dal ragazzo fabbro, in modo che sia pronto non appena raggiungeremo Grande Inverno”.

“Il bastardo di Robert?” chiese Clegane. Brienne annuì.

“Aspettate. Cosa?” disse Jaime. “E se io non volessi combattere con uno scudo? E… uno dei bastardi di Robert è qui? E fa il fabbro?”

“Ed è una femminuccia”, aggiunse Clegane. “Ma è un fabbro decente”.

“Hai bisogno di uno scudo”, affermò Brienne. “Da quando la tua coordinazione è compromessa, dovendo usare la mano sinistra, hai bisogno di un modo per attutire i colpi che non puoi parare”.

“Probabilmente non ha senso che io combatta, in assoluto”, si lamentò Jaime. La perdita della mano, che lo aveva reso tutto tranne che utile, gli faceva ancora contorcere le interiora. “Potrei anche sedermi nelle retrovie con le donne e gli anziani mentre i veri soldati combatteranno”.

“Sederti nelle retrovie con chi?” chiese Brienne freddamente, non colpita dal suo commento. “La tua auto-commiserazione non è produttiva. Sei ancora giovane e forte e questo sarà necessario nella guerra che verrà. Non eri esperto con la mano destra prima di fare pratica per anni. Devi soltanto allenarti e imparare ad usare la mano sinistra, invece”.

“Non sarà mai buona come la mano destra”.

“Ma è tutto quello che hai”, disse Clegane, crudele e conciso.

Jaime aprì la bocca, pronto a rispondere in modo irritante alla cosa, ma Brienne lo interruppe.

“Avevi la fortuna di avere tutto e non l’hai mai apprezzato finché non hai perso una cosa. Una cosa, Jaime”. Lei lo guardò attentamente. “Prova a nascere senza qualcosa di davvero importante”. Brienne fece segno tra lei e Clegane. “Io sono nata donna, e anche brutta. Clegane ha avuto a che fare con quel mostro di suo fratello, poi con le cicatrici. Tuo fratello è nato nano, e peggio, ha dovuto relazionarsi con tuo padre e tua sorella. Ma siamo tutti ancora qui”.

“Anche tu sei ancora qui. Devi solo superare la cosa, fichettina viziata”. Clegane sogghignò e tornò a passare la pietra sulla lama dell’ascia.

Brienne e Podrick rimasero in silenzio, osservando la reazione di Jaime.  Lui provava una sensazione particolare, come se il modo in cui avrebbe risposto avrebbe avuto effetto sul suo futuro più di quanto potesse prevedere.

Sarebbe potuto passare oltre, mandare a Clegane un rovente insulto, che senza dubbio gli sarebbe ritornato con gli interessi, e distruggere il fragile rapporto che si era creato tra tutti loro. E mostrare di essere, come era stato definito, uno che si auto-commiserava e una fichettina viziata, incapace di accettare la realtà o di utilizzare le critiche per migliorare.

Jaime seppellì la faccia nella mano, sfregandosela con forza. “È tutto così ridicolo”.

“Cosa, mio Signore?”, chiese Podrick.

“Ogni cosa. Tutto. Tutti noi. Ridicolo. Niente ha più senso. Se si costruisse un muro intorno a Westeros, all’interno si avrebbe un grande manicomio”.

“Ora hai capito”, disse Clegane. Raschiava, raschiava e raschiava con la pietra. "Se rinunci a dare per forza un senso a tutto, allora non avrai niente per cui inveire quando un senso non c’è”.

Era troppo. Il cervello disastrato di Jaime non avrebbe retto ancora. Si alzò e incespicò un passo dopo l’altro verso la tenda del Re, che era stata data loro in uso esclusivo per il viaggio, e crollò sul letto, il volto seppellito nel triste e piatto cuscino che Brienne aveva definito come un lusso per un accampamento.

“Spòstati”, disse lei con voce divertita. Jaime provò ad aprire un occhio e la trovò inginocchiata sul letto accanto a lui. Si sollevò, solo per posizionarsi meglio in modo da poter far cadere la testa sul suo grembo. Lei non disse niente, ma un attimo dopo la sua mano scese sui suoi capelli, accarezzandoglieli leggermente.

“Da quando Clegane è un saggio mistico?”, mormorò Jaime sulle sue cosce. “Da quand’è che tu fai battute volgari? E cos’era tutta quella storia su Podrick e la sua vita amorosa più attiva delle vostre? Questo suggerisce che tu e Clegane abbiate una vita amorosa, per cominciare, il che è terrificante”.

“Tutti hanno una sorta di vita amorosa, Jaime”, disse lei con pazienza, ma ancora divertita. “Persino persone brutte come Clegane e me stessa”.

“Non intendevo in quel senso, donzella”. Si mosse un po’, portandosi in una posizione più comoda e sfregando la guancia sul ginocchio di lei. “Stavo parlando più del suo modo di comportarsi che del suo aspetto”.

“E il mio, di comportamento? Se non è il mio aspetto, allora che cosa spaventa così tanto gli uomini?”

“Me”, disse lui automaticamente, senza pensarci. “Non attirerai mai nessuno se ti sto intorno tutto il tempo”.

“Non ho mai avuto un singolo corteggiatore nella mia vita, prima di incontrarti, né per molto tempo dopo, mentre eravamo separati. Sempre a causa tua?”

“Sempre a causa mia”, confermò. “Anche quando siamo lontani, gravo su di te come una nuvola scura”.

“Ah”, disse Brienne, la sua mano che ancora si muoveva tra i capelli di Jaime. “È così, eh?”

“Si”, mormorò lui, e si addormentò.
 
 
                                                                                  *****
 
 
Alla fine, arrivò il momento in cui dovettero lasciare la Strada del Re per dirigersi ad ovest, verso Grande Inverno. Erano rimasti soltanto altri pochi giorni di viaggio prima di raggiungere la loro destinazione.

Jaime aveva sentimenti contrastanti riguardo la cosa perché, una volta a Grande Inverno, senza dubbio gli avrebbero assegnato la propria stanza -o cella, a seconda di quanto sarebbe stata calda l’accoglienza da parte delle lady del castello, visto che Jon aveva detto che non si sarebbe opposto a nessuna delle decisioni prese dalle sorelle nei suoi confronti- e quella sarebbe stata la fine dei suoi abbracci notturni con Brienne.

Aveva tante probabilità di svegliarsi abbracciato a lei quante ne aveva di ritrovarsi rannicchiato nell’incavo del suo corpo. Chiunque dei due fosse all’esterno, avrebbe avvolto il braccio libero intorno all’altro e seppellito il volto nella curva del suo collo, della sua spalla o tra i suoi capelli. In un primo momento, Jaime si era sentito inquieto, quelle volte in cui si trovava all’esterno, perché non voleva che lei si sentisse a disagio nell’accorgersi dell’insistente pressione contro il suo fondoschiena.

Poi, però, si rese conto che quello non la metteva a disagio, a meno che le sue facoltà mentali non fossero andate a farsi fottere, visto che riusciva a sentire la tensione nel corpo di Brienne, i rapidi, leggeri respiri che prendeva e –se lei confidava particolarmente nel fatto che Jaime fosse profondamente addormentato- il modo in cui, davvero molto attentamente, si premeva contro di lui.

D’altra parte, lui era alquanto sollevato di terminare suddetti abbracci notturni perché da essi non derivava nulla e, in ogni caso, lo lasciavano con una persistente erezione, di cui si sarebbe dovuto sbarazzare una volta che lei e Podrick avessero lasciato la tenda. Furtivamente, sperando con tutto sé stesso che nessuno facesse ritorno prima che lui avesse finito, si sarebbe liberato mentre pensava a scene veramente bizzarre.

Non erano per lui le perversioni di molti dei suoi coetanei, o di suo fratello. No, le fantasie di Jaime erano soltanto delle dita callose che gli accarezzavano la pelle e un palmo forte che si muoveva duramente lungo il suo membro, lunghe gambe muscolose che gli circondavano i fianchi; brillanti occhi azzurri che si riempivano di confuso desiderio, incatenati ai propri, e il suo nome sulle sue labbra, il suo nome, ancora e ancora.

“Jaime”, avrebbe urlato lei, tremandogli intorno, e lui avrebbe raggiunto il culmine in modo così forte da fare quasi male.

“Hai un livido, proprio qui”, commentò Brienne, un giorno, indicando l’area in generale dove lui era solito mordersi il labbro per soffocare i gemiti di estasi, ogni mattina.

“Ah, davvero?”, mormorò appena, in risposta. “Clegane deve avermele suonate, ieri”.

Non era sicuro di quanto a lungo ancora potesse sopportare quella situazione.

Come distrazione dalla sua tragica situazione, Jaime si gettò a capofitto nell’ideare delle strategie con il Re e la Regina, mentre il resto del tempo lo passava a capire come combattere l’armata dei morti che arrivava verso di loro, e tentando di affinare i bordi delle sue abilità di combattimento.

Clegane gli suggerì di rinunciare alle spade, le quali dipendevano dalla destrezza o dalle quali non avrebbe ricavato molto usando la mano sinistra, e scegliere le armi smussate.

“Non ti consiglio una mazza chiodata, non importa quanto possa piacerti l’idea di trasformare qualcuno in un puntaspilli. Le punte si incastrano. Difficili da tirare fuori da una cazzo di persona una volta che l’hai colpita con quella. Ma una mazza flangiata… dèi, i danni che puoi infliggere con una mazza flangiata”. Clegane sospirò con nostalgia. “Non c’è assolutamente bisogno di precisione, ma solo di una buona spalla forte. Colpisci con una mazza, uniscila ad uno scudo e sarai inarrestabile”.

“E allora cosa farò con questa?”, chiese Jaime, battendosi il fianco da dove pendeva Lamento di Vedova.

Clegane guardò con disprezzo verso il pomello dorato dell’elsa. “Falla riforgiare in una mazza”, disse. “Poi, se sopravvivrai fino alla fine, restituirai questa e Giuramento agli Stark”.

Clegane, come Podrick, sembrava avere profondità nascoste.

Jaime chiese in prestito una mazza flangiata e uno scudo ad uno degli armieri e, in breve tempo, si trovò a saper allegramente colpire con violenza chiunque si avvicinasse a lui. Le sue spalle e le sue braccia gli fecero male per settimane, mentre si abituava ad usare diversi muscoli in una maniera a lui sconosciuta.

Quando Podrick era impegnato, Brienne accettava di spalmare l’unguento sulla sua pelle al suo posto, quindi Jaime organizzò per lo scudiero degli incontri con alcune delle ragazze che seguivano l’accampamento, altamente raccomandate da Tyrion. Il ragazzo sarebbe scomparso per almeno un’ora ogni sera dopo gli allenamenti, lasciando Jaime dolorante ma felice mentre Brienne si avvicinava a lui con un barattolo di balsamo e un’espressione triste.

Semmai si fosse sentito un po’ patetico, dovendo ricorrere a quei sotterfugi per avere le sue mani su di lui, ignorò quella sensazione. E se lei fosse stata sospettosa, non glielo fece mai capire, sembrava soltanto impaurita, come se Jaime le stesse imponendo di farlo con la forza. Ma alla fine, le forti mani di Brienne strofinavano l’unguento sul suo busto ogni notte, e tutto era giustificato.

Era particolarmente difficile addormentarsi dopo quel processo, comunque. Il sangue pompava dritto verso il suo inguine ed ogni minimo movimento o spostamento da parte di Brienne al suo fianco, vicina abbastanza da toccarlo lungo un intero lato del corpo, lo faceva sentire come attraversato da un terremoto.

Una settimana prima di giungere a Grande Inverno, il loro corteo venne raggiunto da un gruppo di sopravvissuti del Forte Orientale. Avevano viaggiato giorno e notte, quasi senza cibo, per arrivare a Grande Inverno prima dell’esercito dei morti che, fortunatamente, non era veloce nel marciare. Il loro leader de facto, un certo Beric Dondarrion, pianse non appena ritrovò i suoi ex compagni attorno a lui, che portarono in salvo gli ultimi dei suoi uomini. Non aveva mangiato o dormito per giorni e appariva quasi spaventoso quanto l’essere che Jon e Daenerys avevano portato ad Approdo del Re.

“Non c’è bisogno di piangere, siete al sicuro con noi, ora”, borbottò Clegane mentre reggeva facilmente l’uomo come un bambino tra le sue braccia per portarlo su un carro foderato da paglia e calde pellicce.

Come lui, anche uno dei capi dei Bruti non era messo bene, i capelli e la barba erano di una tonalità particolarmente lurida di arancio. Aveva ricevuto un terribile colpo alla testa ed era stato privo di sensi per giorni. Una volta sveglio, aveva continuato a delirare, ancora e ancora, parlando di come lui avrebbe sposato un gigante. Insieme, avrebbero avuto i più grandi e forti bambini del mondo.

Ascoltando questo, quando Beric raccontò la storia il giorno seguente, una metà dell’assemblea si trovò confusa, mentre l’altra metà divertita. Con l’eccezione di Brienne, pareva. Sembrò sapere esattamente cosa significasse, ma non l’aveva trovato nemmeno un po’ divertente. Lanciò a Jon, che stava sorridendo scioccamente, una sorprendente occhiata ostile –facendo ridacchiare il Re, solitamente stoico- e si allontanò.

“Di che cosa stava parlando?”, chiese Jaime pacatamente, ma morendo di curiosità, mentre la seguiva attraverso l’accampamento.

“Di niente”, mormorò lei, occhi fissi davanti a sé e guance arrossate. “Assolutamente niente”.

“Mia Signora”, chiamò una voce da dietro di loro, e si voltarono per trovare Beric Dondarrion che si avvicinava. Si era ripreso eccezionalmente bene, dopo aver dormito per un’intera giornata e aver mangiato diversi ottimi pasti, e a quel punto sembrava soltanto quasi morto invece di già morto e recentemente riesumato.

“Ser?”, disse Brienne con quel tono che Jaime riconobbe essere quello che lei usava quando si sforzava di essere cortese mentre cercava di mantenere il controllo.

“Riguardo Tormund…”

Jaime la avvertì irrigidirsi sentendo il nome dell’uomo.

“Si?”

“Ha chiesto di te, mia Signora”, disse Beric dispiaciuto. “Ha spesso parlato del suo desiderio di rivederti, almeno un’ultima volta prima di morire”.

“Sta morendo?” chiese lei, il che indignò Jaime, perché invece avrebbe dovuto chiedere ‘Come mai questo pazzo pensa a me mentre è sull’orlo della morte?’

Ma non sembrava confusa per il comportamento del bruto, appena rinsavito. Era quasi come se si fosse aspettata quel comportamento. Che Tormund avesse perseguitato Brienne, tempo prima?

“Non sta morendo. Non più, almeno”, disse Beric, valutando la situazione. “Ma probabilmente dovrà rimanere fermo a letto per un po’ di tempo, e morire dalla noia”. Fece una pausa. “In verità, tutti apprezzeremmo una tregua dalla sua frustrazione e speravamo che tu potessi fargli visita, anche solo per un momento? Nell’eventualità di poterlo rendere meno…”

Si zittì, tentando la diplomazia, ma la bocca di Brienne si piegò in un sorrisetto malizioso.

“Fastidioso?” Lo disse come se avesse molta esperienza nel sopportare i tratti più difficili di un uomo.

Quanto bene lo conosceva? Era possibile che ricambiasse le sue attenzioni?

Molti fili sciolti all’improvviso si legarono insieme in un brutto nodo: poteva essere Brienne ‘il gigante’ con cui Tormund avrebbe voluto avere dei bambini?

E avrebbe potuto, in qualche modo, ricambiare il suo affetto?

L’idea che lei avrebbe potuto avere una sorta di rapporto con un bruto, chiamato Tormund Veleno dei Giganti oltretutto, provocò in Jaime un impulso violento, quasi più forte di quanto potesse fare per resistervi. Dovette usare un enorme resistenza per evitare di andare a cercare la tenda del Bruto e fracassare il suo già-danneggiato cervello con la mazza che aveva preso in prestito.

Mia, urlò il suo cuore. Mai tua.

Ma lei non era sua, e mai lo sarebbe stata.

Jaime placò il suo desiderio di distruzione e cercò di concentrarsi su quello che lei e Beric si stavano dicendo.

“Bene”, sussurrò lei. “Verrò a trovarlo. Ma per poco tempo, soltanto. Ho la lezione serale con Podrick, ed ho promesso di allenarmi un’ultima volta con Clegane, e-”

“Ti ringrazio, mia Signora”, la interruppe Beric, ma cortesemente. “Gli dirò di aspettarti”.

Brienne sospirò di nuovo, ma non si mosse per seguirlo quando lui si allontanò per raggiungere la tenda sul lato opposto dell’accampamento. Scosse la testa con divertimento, voltandosi per guardare Jaime, ma dovette aggrottare le sopracciglia.

“Che c’è che non va?”, chiese lei. “Sembri…”

Si interruppe, apparentemente a corto di parole adatte per descrivere come le appariva. Il che fu un bene; lui era a corto di parole adatte per descrivere come si sentiva.

Jaime si sforzò di sogghignare. “Andiamo a vedere che cosa vuole il bruto”.

Lei arrossì di nuovo e abbassò la testa. “Lo so che cosa vuole. Tu puoi… perché non vai a cercare Clegane o Pod, per allenarti un po’?”

Brienne avrebbe incontrato un altro uomo –un uomo che voleva sposarla ed essere padre dei suoi figli- e lui non avrebbe avuto il permesso di andare con lei? La sua rabbia aumentò, ricadendo anche su di lei, oltre che su questo Tormund. Non c’era rima né ragione, lui non aveva nessun accordo con lei, nessuna promessa, ma gli sembrò quasi di essere ingannato.

“Hai di nuovo quello sguardo”, lo accusò Brienne. “Che cos’hai che non va?”

“Niente”, quasi ringhiò lui, e poi riportò sé stesso sotto controllo. “Vai a fare la tua visita. Ci vediamo dopo”.

In modo altezzoso, si avviò in direzione di dove Clegane stava trascorrendo il suo tempo libero dopo cena demolendo sistematicamente tutti gli sfidanti. Quando Jaime passò accanto ad una tenda, però, imboccò un’altra strada e vide Brienne cominciare a camminare nella stessa direzione che avevo preso Beric. Accelerò il passo e arrivò sul retro della tenda del bruto quasi nello stesso momento in cui lei arrivò da davanti.
 
 

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Premessa ---> Grazie mille a tutte le persone che stanno leggendo questa storia, a chiunque l'abbia recensita e/o aggiunta tra le preferite/seguite/ricordate!
Per me è una grande soddisfazione vedere che la mia traduzione non è stata inutile e che qualcuno abbia provato o stia provando le stesse emozioni che ho provato io nel leggerla la prima volta.... e la seconda, e la terza e la quarta ecc ecc.. ahahahah! 
Questa è in definitiva l'ultima parte della storia, mentre il prossimo capitolo è una sorta di brevissima conclusione da un punto di vista diverso... ;) 
Grazie anche alle mie amiche che correggono sempre i miei errori, siete i miei PIKKOLY ANCYELY! <3 
Questo capitolo contiene due delle quattro scene che mi hanno fatto innamorare di questa storia, quindi.... Buona lettura! 




 
Capitolo 4




Brienne scacciò Jaime dai suoi pensieri mentre si avvicinava alla tenda di Tormund. Si sentiva come se i suoi nervi fossero frantumati, dopo le ultime settimane passate sulla strada, non solo a causa degli effetti del trovarsi in un accampamento in pieno inverno e delle dure cavalcate ogni giorno, ma anche perché trovarsi così vicina a Jaime stava diventando una cosa sempre più pericolosa. I giorni con lui erano sia piacevoli che esasperanti come sempre, e le notti…

Ah, le notti…

Le aspettava con impazienza e… non era forse una risata, quella? Impaziente soltanto di dormire castamente al suo fianco ogni notte, aspettandosi niente di più?

Aspettandosi niente di più, ma desiderando tutto il resto. Tutto. Si svegliava di notte, qualche volta. Se, a quel punto, lo avesse trovato abbracciato intorno a lei, avrebbe potuto sentire il suo membro infilato con naturalezza tra le proprie natiche. Se le fosse capitato di essere rivolta verso il basso invece che verso l’alto, allora sarebbe scivolato tra le sue gambe, proprio su, contro il suo centro, e sarebbero apparse otto piccole mezzelune nei palmi delle sue mani provocate dalle unghie conficcate nei suoi pugni, stretti così forte per impedirle di toccare Jaime.

Uno dei più grandi piaceri, e peccati, della sua esistenza era il modo in cui lei si sarebbe sfregata contro di lui, così dolcemente, così delicatamente. La parte insopportabile era che il braccio di lui sarebbe stato incollato al suo fianco o alla sua vita, in quei momenti. Sarebbero bastati pochi secondi per spingere la mano più in basso, per premerla tra le proprie cosce, per sentire il tocco di quelle dita lì dove ne aveva più bisogno.

Allettanti, e altrettanto difficili da poter resistere, erano quelle volte in cui lei si svegliava per poi trovarsi abbracciata a lui. Quella schiena muscolosa, quelle spalle larghe contro il proprio petto, e i fianchi che racchiudevano quelli di Jaime nelle sue curve. Il braccio di lei sarebbe stato attorno a lui, il proprio palmo aperto contro il suo petto, spingendolo indietro contro di lei. Il suo profumo le avrebbe pervaso le narici, pulito, sano muschio maschile, e avrebbe voluto seppellire la bocca contro la sua gola, succhiare e baciare la pelle abbronzata dal sole…

E poi c’erano le sessioni notturne dove Podrick sarebbe scomparso per un’ora, lasciandola a massaggiare l’unguento su quella schiena larga, quelle ampie spalle e quelle braccia spesse. A volte, dopo un incontro particolarmente aggressivo con Clegane o uno dei Dothraki o degli Immacolati, Jaime le avrebbe chiesto di massaggiare anche il suo petto e la sua pancia. Brienne era stupita, francamente, di come lei ancora non avesse semplicemente preso fuoco a causa di una combinazione sgradevole di imbarazzo e lussuria.

Non erano male i momenti in cui lei avrebbe potuto ‘operare’ su di lui da dietro. Nella privacy della loro tenda, senza nessuno che li guardasse, sarebbe potuta essere avida quanto voleva nell’apprezzare il suo corpo. Ma non appena le sue mani fossero state sui suoi muscoli e avessero corso lungo il busto, lei avrebbe pensato a quanto sarebbe potuto essere facile farle risalire intorno al collo, stringere il suo viso e baciarlo come desiderava fare da anni.

Poi pensò alla facilità con cui Jaime l’avrebbe spinta via, e all’espressione di disgusto e orrore che sarebbe apparsa sul suo volto, e alla fine della loro amicizia. Quel pensiero l’avrebbe fatta calmare come un secchio d’acqua gelata; avrebbe terminato il lavoro con un efficiente distacco e avrebbe lasciato Jaime nella tenda ad addormentarsi. Poi avrebbe trovato un posto tranquillo dove fissare le stelle e maledire silenziosamente gli dèi per aver lasciato che si innamorasse di un uomo inarrivabile.

Una volta sfogato il malumore, avrebbe fatto ritorno nella tenda condivisa e sarebbe strisciata lentamente sul letto tra lui e Podrick, entrambi già incoscienti. Jaime si sarebbe involontariamente girato verso di lei, reagendo istintivamente alla sua vicinanza e alla comodità e, dannazione, lei l’avrebbe assecondato, lasciando che lui la stringesse vicino, tenendolo stretto a sua volta. La rapida oscillazione delle sue emozioni rappresentava una crescente sfida per la sua determinazione a mantenere un’apparenza indifferente. Era già abbastanza provare quei sentimenti; sarebbe stato peggio se il mondo avesse saputo che lei provava quei sentimenti.

Anche Jaime era diventato sempre più irritabile durante il viaggio. Brienne provò ad immaginarne la causa finché non realizzò che erano davvero tanti i motivi per cui lui non avrebbe potuto reagire altrimenti. Era fuggito da Cersei ed era risentito per la sua disonestà, si era riunito al fratello, si era riconciliato al fatto che dovesse combattere contro il nemico, soprattutto riconciliato al fatto che preferisse effettivamente il nemico molto più che il lato Lannister… no, il miracolo sarebbe avvenuto se lui non avesse reagito a tutto quello.

Era soltanto un bene che fossero quasi a Grande Inverno. Tra lei agitata, il sonno inquieto e l’irritazione aumentata di Jaime, non era sicura che la loro amicizia potesse reggere ancora per molto. Di sicuro, la sua sanità mentale era ridotta a brandelli sottilissimi.  

“Andiamo a vedere che cosa vuole il bruto”, disse Jaime, con un sorrisetto sfilacciato ai bordi.

Brienne pensò di non poter riuscire a sostenere Tormund essere… Tormund… con Jaime che osservava. Lei era già una vista comica di per sé, con la sua altezza e il suo brutto aspetto. Avere un’altra figura ridicola che si comportava come un buffone, che le lanciava sguardi maliziosi e che si comportava in modo così esagerato da sembrare il personaggio  di una commedia, avrebbe reso la situazione ancora più umiliante per lei. Non le era permessa nemmeno un po’ di dignità?

Lei evitò il suo sguardo. “Lo so che cosa vuole. Tu puoi… perché non vai a cercare Clegane o Pod, per allenarti un po’?”

Il sorriso spiacevole lasciò il suo viso, sostituito da un’espressione con la quale lei aveva cominciato a familiarizzare, come se Jaime fosse ferito e confuso e arrabbiato e tradito, tutto allo stesso tempo.

“Hai di nuovo quello sguardo”, lo accusò Brienne. “Che cos’hai che non va?”

“Niente”, sbottò lui. “Vai a fare la tua visita. Ci vediamo dopo”.

Si allontanò, quasi vibrando per l’indignazione. Brienne lo guardò per qualche istante… anche mentre era irritato, lei non poteva trattenersi dall’apprezzare la bellezza della sua figura.

Non potendo ritardare ancora a lungo, si voltò e si incamminò verso la tenda di Tormund. Ecco un altro uomo che di recente la stava irritando. Il numero di complicazioni che gli uomini avevano portato nella sua vita era sconcertante. Non vedeva l’ora di tornare dalle sue Signore, Sansa e Arya. Ora che la Regina e la sua consigliera, Missandei, si erano unite a loro, Brienne aveva speranze di trascorrere del tempo con un vivace gruppo femminile invece che avere sempre a che fare con i gentiluomini.

Bussò al palo della tenda. Alla rude domanda, rispose “Sono Brienne di Tarth. Ser Beric mi ha detto che avevi chiesto di vedermi”.

Il sospiro deliziato di Tormund avrebbe potuto essere ascoltato fin dall’altro lato della pesante tenda. “Si! Entra!”

Lei si infilò all’interno. Era piuttosto scuro, ma c’era una lanterna che pendeva da un montante del soffitto e qualche candela era posta lungo il perimetro di quello spazio. Tormund sedeva sulla sua branda, appoggiato contro un enorme cuscino, formato da diverse pelli cucite insieme rudemente. I suoi capelli e la sua barba erano selvaggi come sempre, e sembravano quasi infuocati sotto la luce tremolante dei lumi di candela, ancora più vividi in contrasto al pallore delle garze avvolte intorno alla sua fronte. Brienne si avvicinò alla sua branda e lui guardò in alto verso di lei con un’espressione di tale adorazione che lei sentì il proprio volto scaldarsi ed arrossarsi ardentemente, nonostante stesse trattenendo la sua irritazione.

“Hai sentito quello che è successo?”, chiese lui, indicando uno sgabello in un angolo.

Lei lo attirò verso di sé e si sedette. “Ho sentito di Viserion e della Barriera”.

“Io ero in cima alla Barriera quando il drago è arrivato. Non avevo mai visto niente del genere. E spero di non vederlo di nuovo, ma so che probabilmente accadrà. Ho dovuto calarmi giù quando tutto era finito, nonostante questa”. Si indicò la testa bendata. “Se non fosse stato per Beric, non ce l’avrei fatta. Brav’uomo”.

Lei sbatté gli occhi. Calarsi da un muro di ghiaccio con una grave commozione cerebrale, evitando quegli esseri, era stata un’impresa straordinaria e quindi glielo disse.

“Bah. Tu avresti fatto lo stesso”.

Beh, si. Probabilmente l’avrebbe fatto. Ma questo non diminuì il merito verso di lui.

Lo sguardo bramoso che lei era abituata a vedere sul suo volto, quando lui si fermava a fissarla come se fosse affamato, si era attenuato, lasciando spazio solo ad un forte apprezzamento. Brienne lo trovò molto più piacevole, rilassandosi un po’.

“La cosa che mi ha fatto andare avanti è stata la speranza di rivederti ancora”, continuò Tormund.

E a quel punto si sentì di nuovo tesa. Lui lo notò e rise.

“Non preoccuparti, donna”, disse con quella sua voce potente. “Non mi aspetto niente da te. Volevo soltanto onorare la promessa che avevo fatto a me stesso. Mi sono detto, Tormund, idiota, se superi anche questa, puoi ritornare a Grande Inverno. E se ritorni a Grande Inverno, lei sarà lì”.

“Ser”, cominciò lei, ma lui sbuffò.

“Niente titoli”, disse. “Come il mio amico Clegane, Io non sono un Ser”.

Lei alzò un sopracciglio per la sorpresa. “Sei amico di Clegane?”

“Qualcuno doveva pur esserlo. Riesci a pensare ad un uomo che abbia più bisogno di amici?”, e le lanciò un sorrisetto, giusto un po’ meno maniaco del suo solito.

Quello era… stranamente dolce. Generoso.

“Me ne viene in mente uno”, mormorò lei, guardando in basso verso le mani strette, pensando a Jaime. Brienne dubitava che, prima di lei, lui avesse mai avuto un amico oltre ai suoi fratelli e suo padre, e gli dèi sapevano che con nessuno di loro avrebbe potuto confidarsi oppure fare affidamento, tranne forse Tyrion, se qualcuno gli avesse fatto capire la serietà della situazione, e la soluzione a questo non era né l’ubriacarsi, né le puttane…

Un’enorme, ruvida mano scese sulle sue. Lei alzò lo sguardo, sorpresa nel trovare Tormund che la guardava.

“Parlami di lui”, le disse.

“Di chi?” Qualcosa nel suo stomaco s’incurvò per il timore.

“Di quello che ha bisogno di un amico. Che ti fa apparire così triste e felice allo stesso tempo. Lo ami, non è vero?”

Le sembrò di ricevere un pugno nelle viscere dopo averlo sentito dire ad alta voce per la prima volta. Il volto di Brienne s’increspò mentre cercava, senza successo, di non mostrare alcuna reazione.  Con suo orrore, sentì le lacrime salirle agli occhi. Chiuse gli occhi e piegò la testa, appoggiandosi di riflesso sulle ginocchia per nascondersi meglio che poteva.

L’altra grande mano di Tormund coprì il retro del suo collo e l’avvicinò fino a che il suo viso non fu poggiato contro la sua ampia spalla. Resistette solo per un momento perché il suo tocco era tutto tranne che confortante e lei aveva davvero bisogno di conforto. Pianse contro di lui, soltanto un po’, per poco tempo. Quando si ricompose, ritornò a sedersi, passandosi le mani sul viso per asciugare le lacrime e sorridendo scioccamente per l’imbarazzo.

“Mi dispiace”, disse. “Mi dispiace”.

“Perché?”, chiese lui, stringendosi nelle spalle. “Tutti piangiamo”.

Brienne gli lanciò un’occhiata stupefatta prima di asciugarsi con una manica gli occhi, un’ultima volta. Non la stava svergognando per la sua debolezza? Nessuna recriminazione per il fatto di aver usato ‘l’arma delle donne’, le lacrime? Che cosa…

…piacevole?

“Si”, fu tutto quello che disse lei. “Suppongo di si”.

Tormund le fece un sorriso stranamente gentile. “Allora, sei innamorata. Sapevo che doveva esserci una ragione per la quale mi stavi resistendo”.

Lei sbatté gli occhi ripetutamente. “Questa è… una logica molto conveniente, Ser”.

“Cos’altro avrebbe potuto essere?” Rise rumorosamente. “Sono ancora giovane e forte. Baciato dal fuoco, il che mi rende davvvvvvero bello”.

Dimenò le sue rosse sopracciglia, facendo ridere anche lei.

“Una donna dovrebbe essere pazza per rifiutarmi, oppure aver già donato il suo cuore altrove”, concluse. “Sei la donna più sana che abbia mai incontrato, eccetto forse per Lady Sansa, quindi doveva essere il secondo motivo”.

“Sei matto come un cavallo, quindi la persona per te dev’essere sana”, azzardò lei, e lo fece ridere di nuovo.

“Buona questa!”, disse lui, poi si calmò. “Parlami di lui. Voglio sapere di più sul mio rivale, su quest’uomo che ci sta tenendo separati”.

Lei si preoccupò di quell’ultima affermazione, ma la sua faccia era gioviale, non era serio.

“Non so cosa dire”, replicò Brienne. “Non ne parlo mai. Per diverse ragioni”.

“Mmm. Lo conosci da molto?”

“Da qualche anno”.

“È un brav’uomo?”

“Si”.

“Certo che lo è; non ameresti un uomo cattivo. Non tu”.

“Tu mi idealizzi, Ser. Anche io posso prendere decisioni sbagliate, come tutti”.

“Non è una decisione, innamorarsi. Vero?”

Lei rimase a fissarlo mentre ricordava. “Non possiamo scegliere chi amare”, sussurrò.

Tormund la guardava, la consapevolezza nei suoi occhi. “No”.

Brienne si sentì stanca. Distrutta. Le emozioni erano difficili per lei, e ce n’erano state moltissime in un breve periodo di tempo, quella sera.

“Dovrei andare”, gli disse, alzandosi. Riportò lo sgabello nell’angolo da dove l’aveva preso. Quando tornò a voltarsi verso di lui, Tormund la stava guardando, osservando i suoi movimenti con ammirazione. Lei sentì un’ondata di affetto –puramente platonico- verso di lui.

“Grazie”, gli disse lei. “Non sono mai stata gentile con te. Non ti ho mai preso seriamente. Ma, per favore, sappi che sono onorata delle tue attenzioni, anche se non posso accettarle”.

“Un modo così carino di dirmi di andarmene al diavolo”, mormorò lui, con un’aria divertita che gli fece curvare gli angoli della bocca.

Con suo orrore, le scappò una risatina. “Non ti stavo dicendo niente del genere”, rispose con severità.

“Dimostralo”, la sfidò lui, “e vieni a farmi visita ancora. Durante il viaggio. Sono intrappolato in un fottuto carro tutto il giorno, con niente da guardare al di fuori del culo del mulo che spinge il carro sotto di me. sto cominciando ad odiare i muli”.

“Ti manderò Clegane, visto che sei così affezionato a lui”.

“Questo non è un buon modo per risollevarmi il morale”, disse lui, fingendo di borbottare.  “È un cazzone tenebroso, lui”.

Brienne gli toccò la spalla con la mano, poi si voltò e lasciò la tenda. Appena fuori, chiuse gli occhi e fece un respiro profondo, sforzandosi di ricomporsi. Non avrebbe fatto ritorno alla sua parte di accampamento per trovare Podrick e Jaime e –pregò gli dèi di no- Clegane, e farsi vedere in quello stato.

Ma quando riaprì gli occhi, Jaime era in piedi lì davanti a lei, con un’espressione sul volto che lei non aveva mai visto prima, e che non aveva alcuna speranza di interpretare. Con un’occhiata rovente, Jaime si voltò e si allontanò.

“Jaime?” Confusa –preoccupata- Brienne lo seguì.

Niente. La preoccupazione lasciò posto all’irritazione.

“Jaime!” Lo raggiunse, afferrandogli il braccio, nello stesso modo in cui aveva fatto alla Fossa del Drago.

Anche lui si fermò, proprio come quel giorno, e quando si voltò, l’espressione che le lanciò fu altrettanto fiera e frustrata.

“Non toccarmi”, disse a denti stretti, “a meno che tu non intenda farlo”.

Mentre lui si allontanava a grandi passi, Brienne si accigliò, cercando di capire che cosa intendesse dire. A meno che lei non intendesse farlo?

“Questo non ha alcun senso”, sbottò lei, raggiungendolo velocemente grazie alle sue gambe lunghe. Passarono oltre Podrick e alcuni altri scudieri, avvicinandosi alla loro tenda.

“Si che ce l’ha”, ribatté lui. “Solo che non vuoi ammetterlo”.

Jaime spinse di lato l’entrata della tenda e si infilò all’interno. Brienne gettò le mani in aria e roteò gli occhi, poi lo seguì.

“Vuoi dirmi perché sei arrabbiato con me?”, chiese lei. “Almeno dammi la possibilità di difendermi”.

“Non c’è difesa”. Lui la guardò ferocemente, poi le domandò, “Lui chi è?”

Lei si accigliò. “Lui? Lui chi? Tormund?”

“L’uomo che ami”, sibilò Jaime, avvicinandosi a lei, il suo volto a pochi centimetri da lei. “Chi è questo uomo che ami?”

Lo shock aumentò dentro di lei, così come la sua furia. “Tu stavi ascoltando? Hai origliato una mia conversazione privata?”

“In quale altro modo verrò a conoscenza di qualcosa?”, chiese lui, iniziando a camminare. “Chiaramente tu non me l’avresti detto”.

“Perché non sono affari tuoi”, quasi gridò Brienne.

Podrick scelse quel pessimo momento per entrare nella tenda, i suoi occhi erano enormi e preoccupati. Aprì la bocca per parlare, ma entrambi si voltarono verso di lui.

“Vai fuori”, disse Brienne.

“Non tornare”, disse Jaime.

Lo scudiero corse fuori velocemente e loro due tornarono a guardarsi, i volti tesi per la rabbia, aggressivi come cani in combattimento.

“Non sono affari miei?” Smise di camminare per fissarla. “Davvero?”

“Tu, tra tutte le persone, non hai il diritto di interrogarmi su questo”, ringhiò lei.

“ ‘Tra tutte le persone’ ?” Ripeté lui, furibondo. “Se qualcuno ha il diritto, quello sono io-”

Non ce l’hai”.

Ce l’ho”.

Furiosa, Brienne agitò la mano intenta a colpirlo, ma lui la bloccò con la sua. Allora alzò l’altra, e lui la fermò con l’avambraccio.
Poi Jaime abbassò entrambe le mani di lei, afferrò il retro della sua testa e premette insieme le loro bocche.

Scioccata, lei tentò di lottare per liberarsi, ma la sua mano era irremovibile. Lui mosse le labbra sulle sue, più e più volte, e visto che lei non rispondeva, si allontanò, soltanto di pochi centimetri.

“Baciami, dannazione”, sussurrò lui, il suo fiato era fresco contro le labbra umide di Brienne.

“Non so come”, lo informò lei freddamente.

Le pupille di Jaime si spalancarono. “Fai quello che faccio io”.

E la baciò di nuovo. Fu più lento, meno arrabbiato, ma non meno feroce. Usò il pollice per abbassare il mento di lei, facendosi spazio per la lingua, e il tocco della sua sulla propria, fece gemere Brienne nel bacio.

Oh, dèi, l’aveva desiderato per così tanto. E, in qualche modo, era anche meglio delle sue più fervide immaginazioni.

Avrebbe potuto perdere la sua mente a quel punto, per un po’, perché i restanti pezzi del suo pensiero razionale e del suo autocontrollo, del quale avrebbe potuto vantarsi, si erano semplicemente… sciolti, come fiocchi di neve sotto al sole rovente.

Anni di desiderio e frustrazione la sormontarono. Decenni di auto-rifiuto e umiliazione ebbero la meglio su di lei. Portò le mani nei capelli di Jaime e si spinse di più contro di lui, imitando il movimento delle labbra e della lingua mentre un incendio le cresceva nel ventre.

Improvvisamente, lui si allontanò da lei.

“Ancora non sono affari miei?” ansimò Jaime.

Il cervello di Brienne impiegò un momento per capire. Quello era stato solo un modo di dimostrare un punto debole, o almeno lui pensava quello. Non l’aveva baciata sul serio, non perché la voleva. L’agonia si impossessò del suo petto.

“No”, riuscì a dire lei con un tono spento. “Non ha impatto sulla vita di nessuno. Lui nemmeno lo sa. Non lo saprà mai”.    

“Quindi ti porterai tutto questo nella tomba? Vivrai infelice senza di lui per tutta la vita?” Jaime si infilò le mani nei capelli per l’agitazione. “Prendi la nobiltà troppo sul serio, donzella”.

“Tu fraintendi le mie ragioni”. Lei rise, l’amarezza la sorprese. “Non lo tengo segreto per un senso di nobiltà, ma per vergogna”.

Lui si accigliò, la confusione apparve chiara nei suoi bellissimi lineamenti. “Vergogna? Di cosa? È un cittadino comune?”

Brienne seppellì il viso nelle mani, incerta se dover piangere di nuovo o semplicemente ridere. La situazione era oltre il ridicolo; era cominciata come una farsa e stava arrivando alla follia.

“Non vergogna di lui. Vergogna di me stessa”, farfugliò lei attraverso le mani. “Vergogna di quanto poco io possa offrire. E paura della sua reazione. Dell’orrore sul suo volto nell’apprendere del mio a-amore per lui”.

Odiò il modo in cui incespicò sulla parola amore, ma non aveva familiarità con essa, no?

Le dita di lui erano calde quando andò a spostarle le mani dal volto.

“Brienne”, fu tutto quello che disse, e quando lei aprì gli occhi, tutta la rabbia era scomparsa da lui, lasciando spazio solo a confusione e preoccupazione. “Chiunque reagisse in questo modo, non è degno di te”, le disse dolcemente.

Sentendo il suo tocco su di lei, avendolo così vicino, vedendolo così preoccupato e interessato, Brienne iniziò  a tremare. Se ne stava ferma lì e tremava, come un’idiota.

“Brienne”, disse di nuovo Jaime. “Dimmi il suo nome”. Si fermò, chiudendo gli occhi come se provasse dolore. Quando la guardò di nuovo, rilasciò un respiro, continuando: “Ti aiuterò ad averlo, se posso”.

Lei si allontanò dalla presa, dandogli la schiena e ritirandosi nell’angolo più lontano, mentre il suo respiro accelerava. Poteva ancora sentire il suo sapore in bocca.

Brienne”, disse lui una terza volta, e la spezzò.

“Sei tu”, sussurrò lei. “L’uomo che amo… sei tu. Sei sempre stato tu”.

Quando Jaime rimase in silenzio, lei si voltò per affrontarlo, brusca. “Di' qualcosa. Non farmi aspettare per sentirti ridere-”

Ma lui non stava ridendo. Non c’era ombra di disgusto sulle sue labbra, né scandalosa repulsione nei suoi occhi. Solo rabbia. Feroce, calda rabbia.

“Da quanto tempo?”, le chiese.

“Da sempre”, rispose lei, impotente. “Dal bagno? Dall’orso? Di sicuro dal momento in cui mi hai dato Giuramento e l’armatura”.

“Così tanto? E non hai detto niente?”

“Perché non capisci?” Anche lei stava cominciando ad arrabbiarsi di nuovo. “Non c’è niente nella nostra situazione che ci permette-”

“Fanculo il permesso”, disse Jaime, e afferrò il suo viso tra la mano e il polso, baciandola di nuovo.

Lei si arrese a lui immediatamente, persa e confusa, gli si aggrappò per avere una direzione. Fu un abbraccio rude, quasi duro, ed emanò onde di desiderio attraverso il suo corpo. Semmai avesse pensato di sentirsi viva quando le sue erezioni del mattino le premevano contro il fondoschiena, la spinta insistente del suo membro contro il proprio centro la fece quasi svenire dalla lussuria.

Jaime la muoveva come se fosse stato un burattinaio, inclinandole la testa di lato per far scivolare meglio la lingua contro la sua, spostandole le braccia per farsi abbracciare, facendole scivolare una gamba tra le cosce per offrirle la pressione che desiderava. Sapeva esattamente cosa fare e dove toccare, sembrava, e lei era felice di lasciarsi guidare da lui perché a quanto pareva lei lo voleva nello stesso modo e negli stessi posti.

Ci fu un tocco dietro le sue ginocchia e Brienne realizzò –vagamente- che lui l’aveva guidata all’indietro verso il letto.

Jaime s’inclinò da parte per togliere prima la sua tunica, poi quella di lei. Di riflesso, lei provò a coprirsi il petto con le braccia, ma lui le spostò, spingendogliele sui fianchi, e si chinò per morderle prima un seno, poi l’altro.

“Ti voglio”, ansimò, raddrizzandosi, e il bagliore frastornato che aveva negli occhi annientò l’ultima delle resistenze di Brienne.

Si”, disse lei, e gli pose le mani sulla vita. Con lo sguardo incatenato nel suo, cominciò a spingergli in basso i calzoni, e il suo respiro diventò un ansimo quando il ventre piatto e il membro rigido furono esposti alla sua vista.

Quello entrerà dentro di me, pensò lei. Un calore la avvolse alla consapevolezza di quella cosa.

“Brienne”, gemette lui, spingendo giù i calzoni di lei un lato alla volta. Lo aiutò a farli scivolare via e poi caddero insieme sul letto.

Sentire la sua pelle calda contro la propria la fece quasi sibilare. Non avrebbe mai pensato che quella pelle così ruvida potesse essere tanto allettante, ma la leggera abrasione di essa contro i suoi capezzoli e il suo ventre, aumentò ulteriormente il suo ardente desiderio per lui.

“Non voglio farti male”, mormorò lui contro le sue labbra, mentre con il ginocchio la forzava ad ampliare di più le gambe.

“Non puoi”, disse Brienne, le sue mani si muovevano su di lui, affamate nel sentire le sue spalle, il suo petto e il suo fondoschiena. “Forza. Prendimi”.

Jaime rabbrividì e si portò in profondità dentro di lei.

Lei lanciò un doloroso suono di soddisfazione. Finalmente, finalmente… così a lungo, aveva aspettato… non avrebbe mai pensato che sarebbe successo, ma che avrebbe passato il resto della vita a volerlo, senza mai averlo…

“È così bello”, le cantilenava lui nell’orecchio mentre si muoveva. “Così bello, perché è così bello…”

“Perché… è amore”, concluse lei, inclinando i fianchi per incontrare ognuna delle sue spinte. L’estasi stava salendo dentro di lei, verso qualcosa di alto e splendente e bellissimo.

“Si”, concordò Jaime senza fiato. “Amore. Ti amo”.

Il mondo diventò bianco per Brienne. Vista e udito si dissolsero. Si contorse sotto di lui, la sua schiena piegata e il collo arcuato. I suoi polmoni si affannarono, costringendo l’aria a passare tra le labbra aperte in un grido senza suono. Le braccia di Jaime le si avvolsero intorno con forza schiacciante, i suoi fianchi sbatterono contro di lei mentre emanava un grido che risuonò attraverso la tenda.  

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Premessa ---> ringrazio di nuovo tutte le persone che hanno seguito questa storia! Leggendola (e poi traducendola), ho provato così tante emozioni che sembrava quasi di vedere lo show vero e proprio: ho riso, ho pianto, mi sono incavolata, intristita, fomentata. Di tutto! 
Spero davvero che abbia fatto questo effetto anche a voi e spero tanto anche di tornare a tradurre altre storie belle almeno quanto questa! 
Un saluto a tutti e di nuovo grazie!
Silvia



 
Capitolo 5

 


All’esterno, chiunque si trovasse a una dozzina di piedi di distanza, stava fissando la tenda. Alcuni avevano tentato di fingere di non sentire le urla smorzate e poi un silenzio sospetto seguito da inconfondibili rumori erotici. Altri ascoltavano senza vergogna, godendosi pienamente l’intrattenimento. Più di qualche dragone d’oro passò di mano in mano mentre varie scommesse venivano vinte o perse.

Podrick non poteva trattenersi dal sogghignare. Si era intromesso, e che gli dèi lo salvassero se Brienne avesse potuto mai venirlo a sapere, ma aveva funzionato, alla fine. Continuò a pulire dove stava già strofinando via le macchie di ruggine dalla parte pettorale dell’armatura della sua Signora.

Lo sapeva da quando Jaime lo aveva donato a Brienne come scudiero, che c’era ‘qualcosa’ tra loro due. Le istruzioni di Jaime per lui erano state “Non importa cosa accade –anche se lei ti darà un ordine diretto contrario- tu devi proteggerla a tutti i costi. Hai capito? Prenditi cura di lei, Pod”.

Non era stato pronunciato il ‘perché io non posso’, ma Podrick aveva percepito lo stesso la presenza di tale frase.

E così aveva fatto del suo meglio per rispettare le istruzioni. Con il passare del tempo, e con l’aumento dell’affetto verso la sua Signora –lei era la sorella maggiore che lui non avrebbe mai pensato di desiderare- cominciò a realizzare che c’era molto di più in lei di quanto la maggior parte delle persone vedesse. Di più, forse, persino di quanto Jaime ne sapesse.

Quella discussione che Podrick aveva avuto con Bronn, tempo prima a Delta delle Acque, gli aveva decisamente aperto gli occhi su quale fosse la particolare natura di quel ‘qualcosa’. Non era solo un vincolo tra soldati, né reciproca gratitudine e rispetto tipici di due persone che si erano salvate la vita a vicenda ripetutamente. No, una volta che Bronn aveva focalizzato l’attenzione sul modo in cui si guardavano l’un l’altra, gli fu evidente come il naso sul proprio viso.    

Ma non era per una questione di sesso, o almeno, non soltanto per quello. No, loro due si guardavano a vicenda come se l’altro fosse un miracolo che era accaduto loro, ogni singolo giorno. E sotto tutto questo c’era il terribile terrore che potesse capitare qualcosa all’altra persona. La reazione di lei alla morte di lui, e poi la notizia che lui era ancora vivo, lo avevano convinto che qualcosa andasse fatto. Come poteva prendersi cura di lei, come ordinatogli, se Jaime stesso era la ragione della sua sofferenza?

Podrick aveva impiegato un’intera giornata per convincere Brienne a tornare indietro da Jaime. Era testarda come un bue, la sua Signora, e avrebbe rifiutato di fare qualsiasi cosa se si fosse sentita pressata. Aveva dovuto farle pensare che quella fosse una sua idea. Una volta convinta, comunque, le ci vollero solo pochi minuti per informare il Re e la Regina del suo ritorno ad Approdo del Re e dirgli che li avrebbe raggiunti di nuovo prima del loro arrivo a Grande Inverno. Poi si erano diretti verso la Strada del Re nel giro di un’ora, lasciando Clegane dietro di loro a lanciargli insulti per la loro stupidità.

Stupidi, forse. Indubbiamente. Ma non era stupido anche far finta di non amare qualcuno? Non era stupido perdere i piccoli frammenti di gioia che avrebbero potuto trovare nella vita, specialmente in quel momento, quando la morte sembrava quasi una certezza?

Probabilmente era stato sbagliato, a dirla tutta, rivelare a Jaime la portata della reazione di Brienne alla notizia della sua morte. E forse non era propriamente un comportamento da scudiero il cercare sempre di svegliarsi per primo e lasciarli a letto insieme la mattina, ed assentarsi ogni volta che Jaime voleva usare la scusa dell’unguento.

Ma aveva funzionato, no? Loro due erano lì dentro, contorcendosi, gridando e sembrando veramente molto felici.

Pod alzò lo sguardo e lo fissò a nord, nella stessa direzione in cui sapeva che i morti stavano marciando attraverso Il Dono, verso di loro. Era probabile che, per quel motivo, a loro restasse solo qualche mese di vita, ma almeno la sua Signora e il suo amore avrebbero passato quel tempo insieme.

Clegane si avvicinò e cominciò a spegnere il fuoco. Si era fatto tardi ed era il momento di andare a dormire. Un altro suono carnale venne emesso dalla tenda. Clegane guardò in quella direzione, scosse la testa e calciò sul fuoco un’ultima zolla di terra, per sicurezza.

“Non tornerai lì dentro stanotte, ragazzo”, disse Clegane con un sorrisetto. “Potresti benissimo venire a dormire  da me”.

“Oh, ehm”, disse Podrick. Aveva avvistato le seguaci dell’accampamento con le quali aveva fatto conoscenza, poche settimane prima. Jaime era stato così gentile da presentarli e, da allora, lui aveva preso l’abitudine di trascorrere del tempo in loro compagnia. Erano delle belle ragazze, ma doveva sempre discutere con loro per fare in modo che accettassero le sue monete.

Clegane abbaiò una risata. “Vai, divertiti”, disse.

Così Podrick andò e si divertì. 

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