Dark Knights

di Tefnuth
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Ricordo di un doloroso passato ***
Capitolo 2: *** Attacco remoto ***
Capitolo 3: *** Luce oscurata ***
Capitolo 4: *** I Dark Knights ***
Capitolo 5: *** Pic-nic ***
Capitolo 6: *** Il primo volo ***
Capitolo 7: *** Dispiegare le ali ***
Capitolo 8: *** Set fotografico ***
Capitolo 9: *** Il Cavaliere Silente ***
Capitolo 10: *** Qualcuno osserva sempre ***
Capitolo 11: *** Rimediare al passato ***
Capitolo 12: *** Trappola ***
Capitolo 13: *** Doppio attacco ***
Capitolo 14: *** Amore millenario ***
Capitolo 15: *** La storia dei Cavalieri ***
Capitolo 16: *** Pagoda ***
Capitolo 17: *** Voltafaccia ***
Capitolo 18: *** Tokyo tower ***
Capitolo 19: *** Delusione ***
Capitolo 20: *** Istinto materno ***
Capitolo 21: *** Tempio ***
Capitolo 22: *** Tragedia ***
Capitolo 23: *** L'ultima battaglia ***
Capitolo 24: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Ricordo di un doloroso passato ***


Pianeta alieno, 9 anni fa.

All’interno del laboratorio di analisi e sviluppo biologico, due scienziati stanno prendendosi una pausa e, nel frattempo, parlano delle rispettive ricerche.

“Certo che il tuo progetto sembra molto pericoloso, Akio” disse Eiji, quello che tra i due aveva corti capelli castani e occhiali a mezzaluna che gli ricadevano sul naso.

“Cosa non lo è, su questo pianeta? Ogni sera andiamo a letto, sperando di non morire travolti dai nostri stessi soffitti” rispose Akio, da dietro la frangia nera mentre rileggeva per l’ennesima volta la cartella con tutti i risultati degli esami che aveva fatto. Stava conducendo un esperimento, nel tentativo di trovare il modo per creare forme di vita che potessero resistere alle bassissime temperature esterne. Ma ancora non aveva avuto risultati soddisfacenti.

“Sta attento però: qualche giorno potrebbe esplodere il laboratorio. Lo rimproverò Eiji, ma il suo tono era così poco convincente che Akio scoppiò a ridere. – Guarda che sto dicendo sul serio! Pensa a Izumi, e al piccolo Kisshu”.

Akio smise improvvisamente di ridere, forse perché il peso delle parole dell’amico gli era arrivato alle orecchie.

“A proposito, posso chiederti un favore?” domandò all’amico, richiudendo la cartella.

“Cosa posso fare per te?”.

“Se mai dovesse accadere qualcosa, a me e a Izumi, potresti occuparti tu di mio figlio? Non ha nessun altro, oltre a me e sua madre, e tu sei l’unica persona di cui mi fidi” disse Akio con gli occhi tristi.

“Certo, lo farei senz’altro, ma non vedo il motivo di una richiesta simile. – Si chiese Eiji dubbioso. – Guarda che prima stavo solo scherzando”.

“Lo so bene. – Lo interruppe Akio. – Tuttavia è pur sempre una possibilità, e vorrei poter sapere che, nel caso, mio figlio non sarà da solo”.

“Te lo prometto” ripetè il castano.

Dal momento che la vita su quel pianeta disastrato era determinata da orari frenetici e turni di lavoro pressanti, era già notte quando Akio uscì dal lavoro. Ad aspettarlo c’era l’adorata moglie Izumi. Lui ancora non si capacitava di come una come lei, i cui capelli avevano lo stesso colore dell’erba terrestre bagnata dalla rugiada mattutina (questo avrebbe potuto dire lui, se mai avesse visto la vegetazione del pianeta azzurro) e due perle azzurre negli occhi, avesse scelto di sposare proprio lui: un uomo comune, con fin troppi difetti. Assieme a lei c’era anche il loro bambino di sette anni, Kisshu, che aveva gli stessi capelli di Izumi (erano solo appena più scuri) e quei suoi occhi così particolari, che col loro colore rassomigliante all’oro sembravano solo suoi. Alcune volte Akio si domandava se ci fosse qualcosa di lui nel figlio, e Izumi prontamente gli diceva che Kisshu aveva il suo spirito e il suo sorriso.

“Avrei bisogno del tuo aiuto, al prossimo turno” disse Akio alla moglie, dopo averla salutata per bene.

“Volentieri, ma come facciamo con lui?” rispose la donna riferendosi al bambino; entrambi avevano perduto i genitori (come molti su quel pianeta, del resto), e non conoscevano nessuno cui poterlo affidare.

“Voglio venire anch’io! – Si intromise Kisshu saltellando come un canguro. – Non lasciatemi da solo”.

“Non credo che ci verrà permesso” osservò la donna.

“Spiegherò che non abbiamo altre opzioni. – Suggerì Akio. – Purtroppo la cosa che devo fare richiede un paio di mani in più”.

“Non sarà pericoloso?” domandò Izumi titubante.

“Assolutamente no! Se ci fosse stato qualche rischio non te lo avrei nemmeno chiesto” affermò Akio.

E così, qualche giorno dopo, l’uomo portò moglie e figlio nello stabile in cui lavorava. Era un edificio come tanti altri, e uguale a tanti altri, la cui vita si traduceva tutta nel brulichio delle persone che lì vi lavoravano senza sosta giorno dopo giorno. Naturalmente c’era anche Eiji, che si stupì non poco nel vedere la vecchia collega di lavoro.

“Chi si rivede. – Le disse riponendo sotto al braccio la cartella che stava portando con sé. – Come mai sei tornata? Non mi dirai che hai ripreso a lavorare”.

“Niente del genere. – Rispose sorridente la donna. – Akio mi ha chiesto di dargli una mano, e io ho accettato”.

“Per il lavoro che devo fare oggi avevo proprio bisogno di un aiuto” spiegò Akio.

“Avresti potuto chiederlo a me, lo avrei fatto con piacere” si offrì Eiji, quasi offeso per non essere stato chiamato.

“Non volevo distoglierti dal tuo lavoro” chiarì il moro.

“Come preferisci, ma se avete bisogno chiamate pure” disse Eiji, prima di congedarsi per riprendere il proprio lavoro.

Il laboratorio di biozoologia era ubicato nell’ala ovest dell’edificio, lontano dalle sale dove si svolgevano gli esperimenti di geologia e di fisica. Per poter accedere, Akio dovette esibire la propria IDcard (il corrispettivo di una carta d’identità digitale) e quella dei suoi due ospiti. L’interno era una sala molto grande, con un enorme generatore al suo centro e il computer principale alla sua base. C’era spazio per muoversi agevolmente, così Kisshu potè trovare il proprio angolino dove fare i propri compiti mentre madre e padre trafficavano con le provette.

E mentre loro lavoravano, il centro del pianeta fu scosso da una violenta ondata di energia che produsse una scossa tellurica che, dal nucleo, arrivò fino alla superficie manifestandosi in tutta la sua potenza. Il terremoto che si creò fu così forte da squarciare le fondamenta di molti edifici, anche quelle del laboratorio, e mentre le persone si riversavano per le strade in cerca di una zona al sicuro dai crolli dentro l’edificio tutti presero a correre nell’unica direzione possibile: l’uscita.

“USCIAMO DA QUI!” gridò Aiko appena i suoi piedi iniziarono a tremare per il terremoto. Sopra alla sua testa il soffitto già si stava crepando, e così anche le pareti. Per fare più velocemente lui prese in braccio Kisshu mentre Aiko già aveva aperto la porta. L’allarme risuonava, e la polvere alzata dalle scosse si colorava del rosso della sirena.

La prima scossa durò dieci, forse dodici secondi, ma gli effetti che ebbe sulle costruzioni furono devastanti trasformando i corridoi in labirinti di macerie e polvere.

“Da qui si può passare” affermò Izumi mentre tastava il pavimento con i piedi, per assicurarsi che non si aprisse un varco al loro passaggio. Avendo entrambe le mani libere era lei ad avanzare, così da poter spostare eventuali detriti che avrebbero impedito il passaggio ad Akio e al figlio.

“Posso andare da solo” suggerì il piccolino, notando la difficoltà che stava facendo il padre nel muoversi negli spazi angusti.

“Non pensarci nemmeno! Sei più al sicuro se ti tengo io” lo rimproverò Akio mentre sgusciava sotto ad una trave.

“Ma…”.

“Niente ma, vedrai che ora…” il suo discorso fu interrotto da un secondo boato: la seconda scossa, quella di assestamento.

Di nuovo tutto il loro mondo tremò con violenza, e nuove crepe si aggiunsero a quelle che si erano create precedentemente. I tre scattarono in avanti, approfittando del fatto che il corridoio fosse ancora libero, ma sfortunatamente non fecero caso al soffitto che rovinò sopra le loro teste. Preso da una botta di adrenalina Akio lanciò avanti a sé Kisshu, che cadde a terra evitando per un soffio i detriti che gli crollarono davanti. Izumi e Akio, invece, furono travolti.

“MAMMA! PAPA’” strillò Kisch non facendo caso al braccio, quello che gli aveva fatto da appoggio nella caduta, che gli faceva male.

“Scappa, vai via” sussurrò Izumi, aveva una grossa ferita alla testa e non le restava molto da vivere. Akio era morto sul colpo.

“NO! – Gridò Kisshu in lacrime. – VOI VENITE CON ME”.

“Tesoro, io… non posso” bisbigliò la donna, per poi espirare.

“MAMMA” sbraitò il bambino, avrebbe voluto avvicinarsi ma una nuova piccola scossa di assestamento fece cadere il pavimento che lo separava dai genitori. Poi una trave si staccò dal soffitto, mirando proprio alla testa di Kisshu.

“AAAAAH”.

Intanto, nella piazza che fungeva da punto di raccolta, tutti coloro che erano riusciti a scampare alla morte si erano riuniti ai propri cari. Anche Eiji che, pur tremando, si era ricongiunto con la moglie Naoko, e i due figli: Pai, di nove anni, e Tart di tre.

“Grazie agli dei! – Esultò l’uomo non appena li vide tutti e tre sani e salvi. – State tutti bene”.

“Abbiamo avuto fortuna” disse Naoko, i cui capelli viola si erano tutti impolverati.

“Ne sono felice. – Disse Eiji, poi si rese conto di non aver ancora visto l’amico. – Non hai visto Akio, o Izumi? Erano nel reparto di bio-zoologia, nel settore ovest del laboratorio”.

“La zona ovest? – Ripetè la donna, sconcertata. – Ma è quella che è crollata poco fa”.

Al che Eiji, preso dalla più completa preoccupazione per il collega e la moglie ordinò a Naoko e ai figli di restare il più lontano possibile dagli edifici che sarebbero potuti crollare, e tornò indietro verso il palazzo. Tutti coloro che erano riuciti a fuggire si erano radunati in una piccola ansa nelle vicinanze, ma di Aiko Izumi e Kisshu non c’era alcuna traccia.

“Devono essere ancora all’interno dell’edificio” pensò Eiji avvicinandosi. Stava cercando una possibile entrata, per andare alla ricerca dei tre dispersi, ma qualcuno lo bloccò non appena ebbe oltrepassato il cordone di sicurezza.

 “Dove va! E’ pericoloso” gridò uno dei soccorritori a Eiji, strattonandolo per la giacca.

“Ho ragione di credere che ci siano ancora delle persone, nella zona ovest del laboratorio” spiegò Eiji, indicando la parte più danneggiata, mentre i suoi occhi guardavano la sua possibile entrata: un buco creato dal crollo di una parete.

“Non può entrare! – Ribattè il soccoritore. – E’ troppo pericoloso”.

“Ma io…” iniziò Eiji, il cui corpo si contrasse improvvisamente per un nuovo tremolio sotto ai piedi: la seconda scossa, quella di assestamento, seguita da un’esplosione proveniente dall’interno della zona ovest dello stabile.

“Io devo entrare là dentro, e se non posso farlo da solo mi accompagni LEI. – Disse Eiji imperioso, nulla avrebbe potuto fermarlo. – Là dentro ci sono due persone, e un bambino”.

Mosso da compassione, il soccorritore si diresse velocemente a prendere una mascherina contro la polvere e le esalazioni che dette poi da indossare a Eiji, assieme ad un elmetto. Attraverso il varco che gli occhi di Eiji avevano individuato poc’anzi, insieme si addentrarono all’interno dell’edificio, e muovendosi speditamente l’uomo condusse il suo accompagnatore fino all’ala ovest dove ebbero l’amara sorpresa: oltre una piccola voragine i corpi di Akio e Izumi giacevano inerti sotto alle macerie. Vicino a loro invece, il piccolo Kisshu che chissà per quale miracolo sembrava illeso.

“Ti prego. – Si augurò Eiji, avvicinandosi al bambino e accarezzandogli la guancia. – Dimmi che almeno tu stai bene”.

Il piccolo lamento che Kisshu fece risollevò il morale di Eiji.

“Lui è vivo!” esclamò l’uomo, sollevando il bambino da terra.

Immediatamente, e incurante del soccoritore che chiamava i colleghi dal foro che era stato creato dall’esplosione, Eiji uscì dal labirinto di macerie e portò il piccolo Kisshu da un medico per i primi soccorsi.

Un po’ di tempo più tardi, dopo che le scosse sembrarono essere finite, tutti i feriti furono portati all’ospedale. Anche Kisshu, cui Eiji fece da tutore in assenza di altri.

“Non c’è stato nulla da fare: entrambi sono morti sul colpo. – Disse il medico a Eiji, parlando dei genitori del piccolo mentre si dirigevano dalla sala di attesa a quella in cui era ricoverato Kisshu. – E’ un vero miracolo che il bambino sia vivo, soprattutto dopo l’esplosione”.

“Ora cosa gli succederà? Non ha nessun famigliare” osservò l’uomo.

“In tal caso, credo che verrà affidato ad un istituto” ipotizzò il medico.

“Se fosse possibile, vorrei prenderlo io in custodia” si offrì Eiji, in onore della promessa fatta ad Akio.

“Non credo ci siano problemi, a riguardo, ma farebbe prima a parlarne con lui. – Consigliò il medico. Può farlo anche adesso se lo desidera: è sveglio e lucido”.

“Certamente” affermò Eiji, accorgendosi solo in un secondo momento che erano già arrivati alla camera del piccolo.

Su invito del dottore, Eiji entrò nella stanza. Kisshu era seduto tra bianchissime lenzuola soffici che facevano risaltare il colore dei suoi capelli. Sembrava che gli unici ricordi fisici del disastro fossero alcuni graffi e la contusione al braccio sinistro, tuttavia lo sguardo vuoto e triste diceva tutt’altro.

“Ciao Kisshu. – Esordì l’uomo, ricordandosi che sarebbe stato meglio presentarsi. – Il mio nome è Eiji Ikisatashi, ed ero un amico dei tuoi genitori”.

“…”

“Il dottore mi ha detto che stai bene, e che tra poco potrai uscire da qui” continuò Eiji.

“Sono morti. – Disse finalmente il bambino. – Li ho visto morire, e non ho potuto fare niente” aveva un nodo alla gola mentre parlava, e lacrimava.

“Mi dispiace tantissimo” Eiji si sedette sulla costa del letto.

“Non ho più nessuno, sono da solo”.

“Mi occuperò io di te! – Dichiarò l’uomo, accarezzando la testa del bambino. - Ho fatto una promessa a tuo padre: ti avrei preso con me, se lui e tua madre non fossero più stati in grado di farlo”.

“D…davvero?” chiese Kisshu, tirando su col naso.

“Dico sul serio. E non saremo solo noi due: ci sarà anche mia moglie, Naoko, e i miei due figli Pai e Tart. – Affermò Eiji, contento nel vedere che l’idea di una grande famiglia sembrava piacere a Kisshu, ma voleva comunque esserne certo. – Naturalmente se tu lo vuoi”.

“SI!” esclamò il bambino, asciugandosi le lacrime con la manica della vestaglia che gli avevano dato i medici.

Nota autrice: Bhè, con questo racconto ho proprio fatto un enorme azzardo. Come si vede chiaramente, questa è l'idea che mi sono fatta io su come siano morti i genitori di Kisshu. Spero di esser riuscita a farvi scappare qualche lacrimuccia, e se non è così pazienza. Mi auguro che qualcuno mi lasci un suo commento, qualche prima impressione. Alla prossima.

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Capitolo 2
*** Attacco remoto ***


Il ricordo lontano di un pianeta fertile e di un popolo prospero, distrutto da un cataclisma. Terremoti e incendi che devastano qualunque cosa tocchino, e la gente felice che si trasforma in una massa urlante e impotente.
Poi una luce, e una strana presenza all’interno di essa.
“Chi sei tu?” domanda l’ignaro sognatore
“Sono qui, solo per te” afferma la creatura, avanzando la mano dalle lunghe e sottili dita.
“NO! – Grida il sognatore, indietreggiando. – Stammi lontano!”
Poi la luce svanisce, rivelando l’interno di un luogo chiuso (un edificio, forse), e un’apocalisse in atto.
“Non voglio farti del male” continuò la creatura, avvicinandosi nonostante i crolli che stavano accadendo intorno a loro.
“NO! Vattene via!” ripete l’ignaro sognatore, poi il rumore di qualcosa che si era staccato dal soffitto lo costrinse ad alzare gli occhi.
 
“AAAAAAAH” gridò Kisshu svegliandosi di soprassalto, con le mani tremanti e il respiro affannato. Il cuscino bianco era tutto bagnato per il sudore prodotto dal corpo accaldato, e l’aria della stanza sembrava essere diventata pesante come in una serra.

“Che cos’era, un chimero?” pensò l’alieno dai capelli verdi, mentre si alzava dal letto senza far alcun rumore e restando immobile nel buio della camera.
Poco dopo il rumore di una piccola mano che batteva piano sulla porta sostituì il silenzio

“Kisshu è tutto a posto?” era Tart, che dalla camera accanto aveva sentito l’urlo.

Il ragazzo aprì piano la porta, senza accendere la luce per non mostrare i sudori freddi al fratellino.

“Cos’è successo?” chiese ancora quello strofinandosi gli occhi assonnati.

“Niente Tart, è tutto a posto. – Mentì Kisshu abbassandosi un poco per poter essere alla stessa altezza del fratellino. – Mi dispiace di averti svegliato, torna pure a letto” gli suggerì.

“Ne sei sicuro?” domandò l’alieno castano.

“Certo, non badare a me” gli assicurò Kisshu alzando il pollice destro.

“Se lo dici tu… - Borbottò Tart. – Buonanotte” gli augurò prima di tornare nella sua stanza.

Quando la porta si richiuse Kisshu si appoggiò su di essa con la schiena, e si coprì il viso con le mani tentando di cacciare il panico che gli aveva lasciato il sogno.

“Ma perché? - Si domandò di nuovo, cercando la fonte di tutto quel panico. – Eppure non era così terribile”. Ne aveva viste di peggiori.

Mancavano ancora alcune ore, prima che la sveglia suonasse il suo trillo, eppure per quanto ci provasse i suoi occhi non si chiusero più.

“Cos’aveva da strillare come una donnetta?” chiese Pai al fratellino non appena la porta della camera di Kisshu si era chiusa.

“Bho, non mi ha voluto dire niente. Però la sua voce aveva un tono strano, e gli occhi erano lucidi” rispose il giovane alieno mettendosi sotto le sue calde coperte.

La mattina Kisshu fu il primo a scendere per la colazione. Ancora non si era del tutto scrollato di dosso l’inquietudine che gli aveva lasciato quello strano sogno, e sul viso si notavano benissimo i segni di una notte passata in bianco.

“Che brutta cera. – Gli disse Naoko quando lui si avvicinò alla mensola per prendersi da mangiare. – Che hai fatto?”.

“Niente, non ho dormito bene” affermò semplicemente lui alzando una spalla, e mettendosi subito al tavolo.

“Dì la verità: non hai affatto dormito. – Si intromise Pai, scendendo dalle scale, con lui c’era anche Tart. – Inoltre, mi vuoi spiegare perché io e Tart ti abbiamo sentito urlare?”.

“Cos’hai sognato di tanto brutto?” aggiunse l’altro.

“Ti sei svegliato gridando? – Chiese Naoko, preoccupata e irritata con se stessa per non aver sentito niente. – Allora non è vero che non hai dormito bene”.

“Non era niente di che.  – Cercò di spiegare Kisshu, aveva posato la sua ciotola e si era messo a far strusciare i palmi delle mani. – Era solo un brutto sogno, ma non ricordo cosa fosse” affermò mentendo spudoratamente. Ricordava fin troppo bene quello che aveva creato la sua mente.

“Forse ha sognato di cadere” ironizzò Tart sorridendo.

“Tesoro, per favore non scherzare” lo rimproverò Naoko.

“Può darsi. - Kisshu, si alzò dalla sedia, si infilò la propria giacca e aprì la porta di casa. – Io esco, ci vediamo più tardi” disse mentre già stava se ne stava andando.

“Non l’ho mai visto comportarsi così, e tutto solo per un brutto sogno” affermò Pai, prendendo la propria colazione.

“Chissà cosa sta nascondendo” sussurrò Naoko.

“Che dici Pai, gli diamo un po’ di vantaggio e poi lo raggiungiamo?” domandò Tart al fratello maggiore.

“Vuoi davvero insistere con questa storia? – Gli chiese a sua volta l’alieno dai capelli viola. – Non ne vedo il motivo”.

“Non hai visto come sfregava le mani? – Tart imitò il gesto cui si stava riferendo. – Fa sempre così, quando dice le bugie”.

“Ma se nemmeno sappiamo dov’è andato. – Osservò Pai. – Non ho proprio voglia di mettermi a cercarlo per tutto il pianeta”.

“Non sarà necessario: so benissimo dove può essere andato; ma per poterci entrare mi devi accompagnare”.

La Serra.
Fin dal giorno della sua inaugurazione, la serra era diventato il posto preferito di Kisshu. Grazie alle informazioni che lui e i suoi fratelli avevano riportato dalla Terra, i biologi avevano potuto riprodurre il bel giardino e gli alberi che, con le loro ombre, riparavano i visitatori dalle luci artificiali. A causa della mancanza del giusto clima, la vegetazione non era la stesse di quella terrestre: l’erba era più rigida, e non aveva lo stesso tono brillante di verde; sugli alberi non sbocciava alcun fiore; e il cielo, ricreato da un simulatore, era un eterno mare senza nuvole né notte. In realtà Kisshu odiava la serra, perché era solo una mera imitazione del pianeta azzurro, ma al contempo non poteva farne a meno: gli ricordava troppo ciò che aveva lasciato indietro. Gli faceva ricordare lei.
Arrivato all’ingresso della struttura, l’alieno dagli occhi dorati mostrò il proprio pass al guardiano, che gli aprì le porte non appena il computer ebbe registrato il suo ingresso. Quella della registrazione era una misura di sicurezza, in modo che nello sventurato caso ci fosse stato qualche terremoto (o qualcos’altro di peggio) sarebbe stato più facile rintracciare i dispersi. Ormai, grazie all’acqua cristallo, il nucleo del pianeta era stato stabilizzato e non c’era più alcun pericolo; tuttavia quella era un’abitudine cui nessuno aveva il coraggio di rinunciare.

Oltrepassate le porte automatiche, Kisshu si diresse immediatamente all’ombra del suo albero prediletto: un salice piangente che sembrava non essere amato da nessun altro, i cui rami fornivano un riparo perfetto. Come faceva ogni volta che veniva nella serra, la prima cosa che fece fu di togliersi la pesante e lunga giacca grigia che, fuori dall’atmosfera riscaldata, lo proteggeva dalle rigide temperature del pianeta. L’altra cosa che fece fu di togliersi le scarpe, e sdraiarsi con la testa appoggiata lì, dove il tronco entrava in contatto con il terriccio (anch’esso riprodotto artificialmente). Nonostante ci fossero delle madri che avevano portato i loro bambini a giocare, il finto salice era abbastanza lontano affinché il rumore dei pargoli arrivasse attutito alle sue orecchie. Là sotto, si addormentò.

“Vorremmo entrare” dichiarò Pai al guardiano della serra, mostrando la propria IDcard e quella di Tart.

“Grazie. - Disse semplicemente la guardia, registrando sul computer i due pass. – Poco fa è entrato vostro fratello, dovrebbe esserci ancora” aggiunse restituendo le tessere.

“Non credo che avremmo problemi a trovarlo” affermò Pai mentre già si toglieva il pesante giaccone, invitando Tart a fare altrettanto.

“Sarà sotto al solito albero” affermò il castano quando oltrepassarono le porte automatiche.

“Come sempre” confermò l’altro, prendendo la giacca del fratello minore.

Infatti lo trovarono là, addormentato sotto all’albero di salice

“Visto, che ti avevo detto? -  Sogghignò Tart svolazzando per avvicinarsi al fratellastro. – Kisshu, svegliati dormiglione” gli disse, non certo a voce bassa.

“Ugn . Lamentò lui svegliandosi. – Ma che ci fate qui?”.

“E ce lo chiedi? Devi ancora rispondere alla nostro domanda”.

“E siete venuti fin qua, solo per questo? – Chiese Kisshu, sedendosi, poi si rivolse a Pai. – Mi meraviglio di te, che gli hai dato retta”.

“Io l’ho solo accompagnato: non può entrare qui dentro da solo” spiegò Pai, ricordando la regola che vietava l’ingresso ai minori di quattordici anni non accompagnati.

“Che noia. – Sbuffò Kisshu. – E comunque vi ho già risposto prima: non era niente”.

“NON CI CREDO! – Esclamò Tart, ingaggiando una finta lotta col fratellastro tempestandolo di pugni. – Dimmelo, dimmelo, dimmelo!”.

La scenetta fece sogghignare Pai, tuttavia il sorriso tornò presto ad essere una linea retta sul suo viso quando i suoi occhi viola notarono che quattro agenti della sicurezza si stavano dirigendo verso di loro, armati di tonfa.

“Meglio che vi alziate. – Affermò, fermando il gioco dei fratelli. – Abbiamo compagnia”.

Obbedienti, Kisshu e Tart si alzarono e notarono subito il motivo di tanta preoccupazione.

“Tart, stai indietro” ordinò l’alieno con i capelli viola, mettendosi in guardia.

“CHE? – Strillò Tart, arrabbiato. – So difendermi da solo!”.

“Dai ascolto a Pai. – Suggerì Kisshu, messosi anch’esso in posizione difensiva. – Non hanno l’aria amichevole”.

“Dovete venire con noi!” ordinò una delle guardie, proprio quella che aveva registrato il loro ingresso.

“Non abbiamo fatto niente di male” ribattè Pai, che con Kisshu si posizionò in modo da coprire Tart (non senza qualche lamentela).

“Traditori” balbettò quello, che poi partì all’attacco con il tonfa ben alzato sopra la testa. Al momento oppurtuno, Pai Kisshu e Tart si scostarono in modo che l’agente si sbilanciasse in avanti. Al secondo tentativo di assalto, Pai lo bloccò e ne afferrò saldamente la mano destra ruotandola parzialmente, per eseguire poi una leva articolare che costrinse l’avversario in ginocchio; una ginocchiata al volto lo mise k.o.
Kisshu invece, che era stato preso di mira da un altro guardiano, schivò il primo attacco con una semplice torsione del busto, seguita da una veloce ginocchiata all’addome infine da un high-kick sulla schiena. Anche Tart, con suo piacere, fece la sua parte, mettendo fuori gioco uno dei due assalitori con un pugno ben assestato sotto al mento. Tuttavia l’ultimo assalitore rimasto, sfuggito ai pugni di Pai e Kisshu, spinse il piccolo da dietro e alzò il tonfa pronto per colpirlo sulla schiena. Il colpo fu intercettato da Pai, che bloccò l’azione col proprio avambraccio.

“Hai appena firmato la tua condanna!” affermò il ragazzo, i cui occhi poi andarono oltre la figura dell’assalitore: a Kisshu, che atterrò il nemico con un calcio rotante.

“Non devi mai abbassare la guardia” disse Pai a Tart, che divertito tirò fuori la lingua.

“Ehm…ragazzi” esclamò Kisshu, allarmato nel vedere che i loro assalitori si stavano rialzando.

“E ora che facciamo?” domandò Tart.

“A mali estremi. – Pai evocò il ventaglio. – Estremi rimedi” e generò una tempesta di ghiaccio, che congelò parzialmente i quattro nemici.

Poco dopo arrivarono altri agenti della sicurezza, chiamati dalle persone che avevano assistito alla scena, per portare via i loro colleghi.

Qualche ora dopo, nel laboratorio di Eiji Ikisatashi…

“AHI! – Strillò Pai, non appena Makoto (l’assistente di Eiji), ebbe apposto la pomata sul livido che il manganello aveva lasciato sull’avambraccio del ragazzo. – Fai piano”.

“Oh quante storie. – Lo rimproverò l’assistente. – Grande e grosso, e poi ti lamenti per niente”.

“Eh eh eh” ridacchiò Tart.

“Per favore, Tart. – Disse Pai, che poi preferì cambiare discorso. – Si sa nulla, del perché ci abbiano assalito?”.

“I vostri aggressori non lo hanno fatto intenzionalmente: sono stai… ipnotizzati con dei para-para. – Spiegò Eiji. – Qualunque fosse il motivo, loro non ne hanno colpa”.

“Così non possiamo risalire a chi sia stato. – Puntualizzò Kisshu. – Di certo non è stato un caso: ci hanno chiamato traditori”.

“Come non è un caso, ciò che sta accadendo sulla Terra” riferì Eiji, facendo venire la pelle d’oca ai figli.

“Cosa vuoi dire papà?” domandò Tart.

“Nella città dove siete stati, si stanno verificando delle insolite manifestazioni di energia che creano dei temporanei disturbi. Sono cose veniali, come un breve black-out, ma mi sta incuriosendo il fatto che quest’energia sia molto simile a quella di… - Eiji prese un attimo di tempo, prima di terminare la frase. – Profondo Blu”.

“Cosa? Ero sicuro che lo avessimo sconfitto” esclamò Pai.

“Ed è così. – Precisò Makoto, che intanto aveva finito di occuparsi di Pai ed era passata a disinfettare la piccola escoriazione che Tart si era procurato ai palmi delle mani durante la caduta. – Tuttavia, alcune leggendo dicono che lui non fosse l’unica…divinità. Si dice che, assieme a lui, ci fossero altri quattro cavalieri: esseri con grandi poteri, molto fedeli a Profondo Blu”.

“Quindi le emanazioni di energia potrebbero essere dovute al loro risveglio?” domandò Kisshu.

“E’ probabile. Non si sa nulla su cosa accadde loro, dopo che il nostro popolo lasciò la Terra, e se la nostra previsione è giusta…” ipotizzò Eiji.

“Vorranno di certo vendicare il loro signore, eliminando chi lo ha ucciso. – Terminò Kisshu. – Questo spiegherebbe anche l’attacco alla serra”.

“Ma allora le Mew Mew… sono in pericolo” suppose Tart, sul cui volto si era disegnata la paura per l’incolumità delle nuove amiche (una in particolare).

“Per quanto possano essere forti, non credo che abbiano speranze contro i cavalieri. – Disse Makoto. – Questa è solo una mia opinione”.

“Allora decidiamo: restare in disparte, o recarci sulla Terra e combattere assieme alle Mew Mew. -  Suggerì Pai, alzandosi. -  Prima di rispondere, però ricordate che questa volta non ci sarà l’acqua cristallo a salvarci la vita”.

“Io voto per il sì. – Rispose subito Kisshu. – Combattere con delle alleate è meglio che affrontarli da soli”.

“Anch’io!” esclamò Tart, a mano alzata.

“Pare che abbiamo raggiunto un accordo” sentenziò infine Pai.

“Vostra madre non ne sarà affatto felice” osservò Eiji, che ben ricordava le scenate isteriche che aveva fatto la moglie quando i tre, ritornati a casa, le avevano raccontato quello che era successo.

“Le prometteremo che staremo attenti, come sempre” disse Pai.

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Capitolo 3
*** Luce oscurata ***


Era una bella giornata di sole, a Tokyo, e l’aria fredda stava sempre più lasciando il posto alla tiepida brezza. Era una di quelle giornate in cui i caffè e i ristoranti pensavano alle pietanze più adatte per sostituire i menù invernali. Anche al Caffè Mew la lista di dolci e bevande aveva accolto prelibatezze più fresche. In quel giorno particolare la caffetteria era particolarmente affollata, e le ragazze Mew faticavano a star dietro ai moltissimi ordini. Non ebbero neanche il tempo di accorgersi che Kyle e Ryou si erano assentati, nel bel mezzo del servizio, per recarsi nel sotterraneo.

“Ancora quegli strani fenomeni?” domandò il ragazzo biondo, osservando con attenzione i monitor dei computer.

“Sono sempre più frequenti: insolite manifestazioni di energia, che interferiscono con i nostri sistemi. Ancora non sono riuscito a comprenderne la natura” rispose l’altro mentre le sue dita viaggiavano veloci sui tasti.

“Dovremmo mettere in guardia le Mew Mew” suggerì Ryou.

“Non credo sia necessario. – Ribattè Kyle. – Da quanto ho potuto vedere, questi eventi non hanno ancora avuto nessun effetto negativo sulle persone. Preferirei studiarli ancora, prima di fare qualunque cosa”.

“Scusate se vi disturbo! – Li interruppe Purin, che era stata urgentemente mandata dal piano soprastante. – La mousse al cioccolato e la torta di vaniglia stanno per finire. Potresti prepararne dell’altra, Kyle?”.

“Ma certo, arrivo subito” acconsentì Kyle, con la sua solita gentilezza, tuttavia nello spostarsi scoprì il computer (su cui ancora c’erano i dati sugli ultimi rilevamenti degli strani fenomeni), destando la curiosità di Purin.

“Oh! Cos’è tutta quella roba?” chiese la giovane Mew Mew.

“Niente che possa interessarti: solo delle ricerche” dichiarò prontamente Ryou, spegnendo il fuoco della curiosità nella bambina.

Le porte del Caffè si chiusero al tramonto, quando il cielo azzurro aveva già iniziato ad assumere delicate sfumature arancioni e rosa.

“Grazie per il vostro aiuto ragazze. – Disse Kyle prendendo scopa e struscino. – Andate pure a casa, qui finiamo noi”.

Grate della gentilezza di Kyle, e Ryou, le ragazze si cambiarono in tutta fretta ed uscirono dalla caffetteria per incamminarsi verso casa. L’aria si era appena rinfrescata, seguendo una stagione non ancora calda, e per questo i piedi di ciascuna mulinarono velocemente per non dover stare troppo all’aperto.

“Sono a casa!” esclamò Ichigo sulla soglia.

Era infreddolita e il profumo del buon cibo che la madre stava cucinando le fece venire l’appetito, nonostante avesse già mangiato prima un’ottima fetta di torta preparata da Kyle.

“Ciao cara. – La salutò la madre dalla cucina, e con lei il padre che stava lavorando al computer sul tavolino. – Ha telefonato Mark prima, ha chiesto se potevi richiamarlo una volta rientrata”.

Come sempre, al solo sentire il nome del suo amato, Ichigo sussultò e le sue orecchie da gatto si mostrarono per un attimo. Con la velocità che le era data dalla sua parte animale, salì in fretta le scale ed entrò in camera. Sulla scrivania c’era un piccolo pacchetto rettangolare, incartato con una carinissima carta color fragola e decorato con un’etichetta che profumava di fragola. Era una regalo che Mark aveva portato mentre lei era al lavoro: un braccialetto a doppio filo, con una targhetta su cui c’era scritto il suo nome e un ciondolo a forma di gatto. Le guance di Ichigo avvamparono, e le tremavano le dita mentre componeva il numero.

“Pronto, Ichigo?” rispose Mark con il respiro leggermente affannato, sicuramente aveva da poco terminato gli allenamenti di kendo.

“Ciao Mark! – Esclamò lei. – Grazie mille per il regalo, non avresti dovuto”.

“Ma figurati, l’ho fatto con piacere. – Replicò il ragazzo. – Ti piace?”

“E’ stupendo! Non sai quanto mi abbia fatto felice” lo ringraziò di nuovo la ragazza, suscitando un sorriso nel ragazzo.

“Senti, già che ci siamo, che ne diresti se…”

BIP BIP BIP , la telefonata si era bruscamente interrotta e con essa anche le luci si spensero in un sol colpo.

“CHE E’ SUCCESSO ALLE LUCI?” domandò il padre di Ichigo, che col black out era stato derubato dell’uso del computer.

E non erano gli unici ad essere rimasti senza corrente: tutto si era spento, e la città intera si era fermata. Il panico era esploso a casa di Purin, che fece una fatica immane a calmare i fratelli e le sorelle; così come da Mina, il cui cane aveva iniziato ad abbaiare e saltellare dappertutto rischiando persino di farsi del male nel buio. Le cose andarono un po’ meglio da Lory e Pam, che come Ichigo furono sorprese dal buio nelle mura delle loro case.

Anche nei sotterranei del Caffè tutto si era bloccato per qualche minuto, tuttavia un generatore autonomo di emergenza aveva permesso a Kyle e Ryou di riaccendere i monitor ed indagare a fondo sulla faccenda.

“Questa volta era peggio” commentò Kyle, osservando che le scariche di energia che avevano causato il black out erano state più intense del solito, purchè di breve durata.

“Non riesci a capire da dove provengono?” domandò Ryou.

“No, mi dispiace: sembra che non ci sia un punto di origine preciso. – Spiegò Kyle. – Inoltre, i pochi minuti di oscurità che abbiamo avuto stanno impedendo ai monitor di poter analizzare il metodo di diffusione delle scariche”.

“Non possiamo continuare così! Dobbiamo avvertire le ragazze, e farci dare una mano da loro” sostenne con fermezza Ryou, e non aveva tutti i torti.

“Questa volta sono d’accordo con te” acconsentì l’altro.

Il giorno seguente le ragazze furono convocate al Caffè un’ora prima dell’apertura, per fare una riunione nei sotterranei.

“Vi sarete accorte, che ultimamente stanno accadendo degli strani fenomeni in città. – Esordì Kyle. – Eventi legati soprattutto alla perdita di energia elettrica”.

“Ti riferisci al black out di ieri sera?” domandò Pam.

“Esatto. – Disse Ryou. – Sappiate che quello era solo l’ultimo di altri avvenimenti simili, causati non da errori umani ma da strane scariche di energia che interferiscono con i nostri sistemi”.

“Intendi dire che potrebbe essere l’attacco di un nuovo nemico?” chiese Lory.

“Non è che i nostri tre amichetti ne stanno combinando un’altra delle loro, vero?” insinuò Mina a braccia conserte.

“Ma che dici? – La rimproverò Purin. – Loro adesso sono nostri amici, e non tenterebbero più di distruggere la terra”.

“Calma ragazze.  – Le invitò Kyle. – Posso assicurarvi che loro non c’entrano nulla. Tuttavia è vero: probabilmente un nuovo nemico sta architettando qualcosa, e perciò vi chiediamo di darci una mano nella ricerca”.

“A causa dei black out, i nostri computer non riescono ad individuare la fonte che causa questi fenomeni. Pertanto dovrete fare una ricerca direttamente sul campo, e vedere se riuscite a trovare qualsiasi cosa di anomalo” spiegò Ryou.

“Conta pure su di noi!” esclamò Ichigo, a nome di tutto il gruppo (sapeva che nessuna di loro avrebbe replicato).

Nel frattempo, in un’altra oscura dimensione, una presenza sconosciuta stava guardando altri cieli.

“Stanno arrivando sulla Terra, mio signore” disse una delle due figure, in ginocchio davanti all’altra.

“Benissimo. – Esclamò l’altro, molto felice. – Presto tutti i traditori saranno riuniti in un sol luogo, ed è allora che noi li schiacceremo con la nostra potenza”.

 

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Capitolo 4
*** I Dark Knights ***


I gabbiani e le onde erano il classico scenario del molo, assieme alle persone che vi si recavano per fare una passeggiata ostacolando, di tanto in tanto, il cammino degli operai. Durante il loro tragitto (fatto rigorosamente a piedi), il tempo aveva iniziato a rasserenarsi anche se la zona del porto era ancora coperta da nuvole grigio scuro non molto amichevoli.

“Attenti. – Redarguì tutti Pai. – Se sono qui, potrebbero nascondersi dappertutto”.

“Sarebbe meglio dividerci, per coprire un’area maggiore” suggerì Ryou, e tutti annuirono.

Si divisero in piccoli gruppi, per non essere da soli nel caso di qualche spiacevole incontro, e chi da una parte e chi dall’altra tutta la zona del porto fu presto battuta.

“Pensi davvero che il nemico possa nascondersi tra questi container?” domandò Minto, che assieme a Pam si era inoltrata di soppiatto nella zona di scarico merci.

“Hai sentito Pai: potrebbero nascondersi dappertutto. – Rispose la ragazza lupo, che osservava il panorama da sopra uno dei grandi cassoni. – Anche se non credo che abbiano scelto un mucchio di rottami come rifugio, è bene non tralasciare nulla”.

“GIUSTO! Hai sempre ragione” concordò Minto, come faceva ogni volta che l’amica parlava.

Un poco più in là, Ichigo e Mark stavano perlustrando la zona più vicina all’entrata.

“Quel Profondo Blu, non fa altro che portare guai” meditò ad alta voce il ragazzo, scrutando ogni angolino (e ogni persona) con la massima attenzione.

“Non è colpa tua. – Disse Ichigo, immaginando che il ragazzo si stesse implicitamente auto criticando. – Sconfiggeremo anche questo nemico. E poi, ora, abbiamo dei nuovi amici” e fece una piroetta per mettersi davanti a Mark.

“Ti fidi, di loro?”.

Sulle prime Ichigo non rispose, e rispose solo dopo aver formulato bene la risposta nella sua testa

“SI. – Affermò. – Mi fido. Ti sembrerà strano, e magari molto sciocco, dopo quello che è successo l’anno scorso. Ma quando loro ci hanno aiutato nella battaglia finale, ho capito quanto abbiano a cuore la Terra. Per questo io mi fido” sperava di essersi espressa abbastanza chiaramente, pur nascondendo che il vero motivo della sua fede stava tutta nella sincerità che aveva letto negli occhi dorati di un alieno un po’ pazzerello.

“Se lo dici tu” concluse Mark.

 

“Dovrei scusarmi con Pai: non gli ho dato un caldo benvenuto” confessò Ryou mentre con Kisshu perlustrava la zona del cantiere.

“Nah, non pensarci. – Affermò l’alieno, camminando accanto al biondo. – E’ comprensibile dopo quello che abbiamo combinato, soprattutto io. Potremmo dire che le reciproche colpe pareggiano la partita” e poi rise.

“Una bella filosofia, mi piace. - Concordò Ryou, avrebbe voluto ridere ma i suoi occhi videro qualcosa svettare in cielo dal braccio di una gru. – Hai visto?”.

“Purtroppo si, e non era un’illusione ottica” disse Kisshu.

Durante il giro di perlustrazione, le nuvole cominciarono a far cadere una debole e sottile pioggia.

“Faresti meglio a venire sotto l’ombrello” consigliò Lory a Pai che, allo stesso modo di Pam, si era appostato su di una statua ai caduti (non senza destare un po’ di sconcerto generale da parte dei passanti).

“Sto bene così, grazie” affermò l’alieno scrutando il cielo e osservando, al contempo, uno strumento apposito per rilevare presenze ostili.

“Ti prenderai un accidente!” avvisò la ragazza, gonfiando un poco le guance per il nervoso (odiava quando qualcuno non le dava retta).

“Sono certo che il mio sistema immunitario sia perfettamente in grado di non farmi ammalare” dichiarò deciso il ragazzo, ma poi il suo strumento prese a vibrare leggermente e la fronte gli si corrugò.

“Qualche problema?” chiese Lory quando Pai balzò giù dal monumento, preoccupato.

Intanto, sotto all’ombrello, Tart e Purin stavano osservando l’oceano al limitar del molo

“Odio la pioggia” disse Tart cercando di stare più riparato possibile.

“Non dire così Taru-Taru. – Lo criticò Purin. – E’ così bello, divertirsi con le pozzanghere e ballare sotto l’acqua”.

“Non riesco a capirti, e forse non lo farò mai” rispose il giovane alieno.

E mentre i due giovani continuavano a parlare del più, e del meno, la pioggia decide di cadere giù sempre più forte da una nube quasi nera. Invece, sotto l’oceano, qualcosa iniziò a risplendere di luce propria.

“Cos’è?” chiese Purin, i cui occhi avevano scorto il misterioso scintillio.

“Non ne ho idea” confessò Tart, sporgendosi un poco oltre il molo.

Entrambi si tirarono subito indietro, quando la luce spuntò in superficie portandosi dietro una massa d’acqua che gli faceva da scudo. L’insolita creatura, che sembrava vedere e avere un cervello, oscillò cauta un paio di volte per poi attaccare.

“Spostati Purin!” gridò immediatamente Tart, scostando velocemente l’amica dalla traiettoria del mostro. Non potendo fare altrettanto, il giovane alieno fu inglobato dalla massa d’acqua. L’unica cosa che potè fare, fu di evocare una barriera temporanea.

“MEWPURIN METAMORFOSI” enunciò la ragazza, e non appena la trasformazione si fu compiuta scagliò il fiocco immobilizza sulla creatura, che si paralizzò.

 Dal momento che era protetto dalla barriera, Tart non subì il potere del fiocco e così potè tranquillamente teletrasportarsi accanto a Purin.

“Tutto a posto?” chiese la ragazzina.

“Si grazie”.

“Cos’è, un chimero?” domandò Purin, mentre osservava la massa liberarsi dalla paralisi.

“Non credo proprio. – Rispose Tart, evocando le sue bolas. – Però una cosa la so: non è amichevole”.

La creatura splendente di nuovo si slanciò contro di loro, con ancora più foga di prima, tuttavia questa volta il potere combinato del fiocco di Minto e quello di Pam ne bloccarono la corsa.

“Tutto bene?” chiese Ryou, arrivato assieme al resto del gruppo.

“E quello?” aggiunse MewLory (già trasformatasi, come Ichigo), provando non poco disgusto nel vedere la creatura.

“Non è un Chimero. – Affermò Pai. – E’ mosso da pura energia, non da un para-para”.

“Non sembra troppo forte, forse potremmo sbarazzarcene presto” suppose Minto, brandendo il proprio arco.

“E’ presto detto” dichiarò il Cavaliere Blu, assalendo la creatura che ormai era quasi del tutto sdraiata sul molo.

Mark affondò un paio di volte nel corpo del nemico, e la divise in due con un solo fendente; tuttavia per la sua natura l’essere ricongiunse le parti divise senza aver subito danni. Constatata l’inutilità della propria arma, il Cavaliere arretrò alla sua precedente postazione.

“Fiocco…” iniziò a dire Lory, ma Ryou la bloccò prima che potesse terminare la frase.

“Meglio evitare. – Le consigliò il ragazzo. – Il tuo attacco sfrutta l’acqua, e quel coso potrebbe approfittarne per ingrandirsi”.

“Se il suo corpo esterno è veramente composto da acqua, dovrebbe essere vulnerabile all’elettricità e agli sbalzi di temperatura” ipotizzò Pai stringendo un poco più forte il suo ventaglio.

“Che dici, ci proviamo?” domandò Kisshu mentre evocava i propri Sai, già carichi di energia.

“Voglio partecipare anch’io!” si propose Tart alzando la mano con grande energia, non gli andava di essere lasciato nuovamente in disparte. I due fratelli maggiori annuirono, e gli fecero cenno di fare la prima mossa.

“Uhu!” esclamò Tart che, dopo essersi levato in volo, fece roteare le sue bolas un paio di volte prima di scagliarle contro la creatura che esplose. Dopodiché, prima che il mostro potesse rigenerarsi come la prima volta, Pai utilizzò il ventaglio per congelare l’acqua e Kisshu la ruppe in minuscoli frammenti con una scarica.

Della creatura rimase esclusivamente il brillante nucleo, che fu distrutto da MewBerry con il Fiocco di Luce. Il nucleo divenne sabbia, e la creatura ritornò ad essere solo acqua di oceano, tuttavia l’energia ostile ancora non si era dissipata. L’apparecchio di Pai ancora continuava ad emettere segnali, e anche Masha seguitava a dire che c’era un nemico nelle vicinanze.

“Credete di aver vinto, solo per aver distrutto un’insignificante ameba?” esclamò una voce sconosciuta.

“Chi ha parlato?” domandò Ichigo all’aria.

Su nel cielo, accompagnati da un lampo, comparvero tre alieni: due uomini vestiti esattamente come il Cavaliere Blu, e una donna che invece portava un sensualissimo abito con un’ampia scollatura a V.

Alieni e Mew Mew si misero in guardia, pronti per difendersi da un ipotetico attacco, però uno dei tre alieni (quello che aveva i lunghi capelli neri avvolti in una treccia) alzò la mano sinistra per invitarli alla calma.

“Quietate i vostri spiriti: non siamo venuti per combattere” disse lui, anche se i suoi occhi non avevano un’aria molto amichevole.

“Chi siete voi? - Chiese Ryou. – Cosa volete?”

“Il mio nome è Arkei. – Esordì l’alieno, facendo anche un inchino. – E vi annuncio che io, e i miei fratelli, abbiamo intenzione di vendicarci per il torto subito. Faremo soffrire voi, traditori e assassini, e distruggeremo il pianeta che ha osato cacciarci”.

“Con le vostre azioni, avete distrutto la nobile opera di Profondo Blu. – Aggiunse la donna, mettendosi dietro l’orecchio una ciocca dei lunghi capelli verde-acqua. – Non ve lo perdoneremo mai”.

“Profondo Blu era un pazzo, e si è meritato di morire” affermò Mark, attirando su di sé gli sguardi d’odio dei nuovi nemici.

“Parli di pazzia, ma sei stato tu a mandare tutto a monte. – Ribattè il terzo alieno, che aveva lunghi capelli biondi. – Tanta sofferenza, solo per un’umana senza alcuna particolare qualità”.

“Saresti potuto diventare immortale, e vivere nella gloria della tua opera. – Disse l’aliena con la voce molto sensuale. – Avevi il mondo nelle tue mani, e hai permesso che lei te lo portasse via” e indicò MewBerry.

“Preferisco restare mortale, grazie” rispose il Cavaliere.

“Basta con le chiacchiere! – Esclamò l’alieno biondo. – Dovremmo ucciderli seduta stante”.

“Calma il tuo animo, Temeku. – Gli disse Arkei, posando una mano sul suo torace.  – Non sarebbe educato eliminarli subito. Lo faremo al nostro prossimo incontro” tuttavia, quando i suoi occhi videro tre ignari manovali che si stavano avvicinando, incuriositi da quello che stavano vedendo, gli venne in mente un’idea.

Fece cenno ai due compagni, e si teletrasportò davanti agli umani che si ritrassero alla sua presenza. Provarono a che a scappare, poiché il loro istinto gli aveva giustamente suggerito che quello non era un amico, ma Arkei rubò facilmente loro l’energia vitale.

“FERMO!” gli intimò MewPam, utilizzando il fiocco d’energia nel tentativo di riprendere i tre globi rilucenti. Non ci riuscì, poiché l’alieno evocò una barriera che rispedì indietro l’attacco. A quel punto, tutti si sarebbero aspettati che Arkei creasse tre chimeri, esattamente come facevano Pai e compagni l’anno precedente, invece l’alieno richiamò a sé tre curiosi esseri umanoidi provvisti solamente della bocca e col volto tagliato in due da una linea verticale.

“Anche quelli non sembrano chimeri” dedusse Purin sussurrando.

“Già, lo penso anch’io” concordò Tart, l’unico abbastanza vicino da sentirla.

“Ho detto che non vi avremmo ucciso, quest’oggi. – Disse Arkei, donando un globo a ciascuno degli umanoidi, non per utilizzarlo come fonte di energia ma per custodirlo. – Ma non ho detto che non vi avrei lasciato un regalo di benvenuto” e se ne andò, assieme ai suoi compagni.

“Bleargh”.

“Gloarrrg”.

“Ruarg” blaterarono quei tre “chimeri”, avanzando barcollanti come degli zombie.

“Dire che fanno ribrezzo, è dire poco” disse Kisshu, che avrebbe fatto volentieri a meno di avvicinarsi anche a una sola delle creature.

“Non è il momento di pensare all’estetica. Lo zittì Pai, che decise di attaccare immediatamente gli umanoidi. – ELETTROSILLURO”.

Il fulmine generato dal ventaglio si propagò velocemente nell’aria, e colpì in pieno i tre esseri che, al contrario della creatura acquatica, non sembrarono risentire della scarica. Infatti avevano perdurato ad avanzare, pur con lentezza, senza lamentare il dolore.

“Che?” esclamò l’alieno con i capelli viola.

“Ci penso io! – Affermò Purin. – Fiocco immobilizza” fece, ma sotto gli occhi stupefatti di tutti i chimeri evitarono l’attacco con dei movimenti velocissimi.

“Fiocco d’azione. - Provò Minto, riuscendo solo a colpire di striscio una delle creature. – Accidenti!” odiava sbagliare.

Continuando nei loro veloci movimenti, gli umanoidi schivarono facilmente tutti gli attacchi che gli venivano lanciati contro; persino quelli di gruppo non avevano effetto.

“Se continuiamo così, verremo sconfitti” dichiarò MewPam, che aveva momentaneamente trovato un punto di ristoro su un container; durante un’azione si era ferita ad un braccio, e le doleva.

“Ma come facciamo a batterli?” chiese Minto.

“Non ne ho idea”.

“AAAAAAH” strillò Tart: uno dei chimeri gli si era gettato addosso, e stava cercando di morderlo. Il giovane alieno cercava di scansarlo, ma la pelle della creatura aveva una consistenza vischiosa e gli rendeva difficile una presa salda. Fortuna vuole che Ryou fosse abbastanza vicino da liberare il nuovo amico con un calcio.

“Facciamo alla vecchia maniera” dichiarò Kisshu che, stanco di vedere i suoi attacchi andare a vuoto, pugnalò al petto il suo avversario e lo inondò con una scarica di energia.

“Gnaaaah” strillò l’umanoide, prima di trasformarsi in un inutile agglomerato viscido.

“Ho capito! – Esclamò Ryou, rivolgendosi poi agli altri. – Dobbiamo ferirli, è l’unico modo che abbiamo per superare la difesa della loro pelle”.

“Benissimo! – MewMinto si librò in aria, e impugnò l’arco. – Fiocco d’azione!”.

Il suo obiettivo non era la testa dei chimeri, aveva imparato che erano troppo veloci: ciò a cui puntava era di distrarli, per permettere al Cavaliera Blu e a MewPam di ferirli un paio di volte.

“Fiocco d’acqua” invocò MewLory, inondando i nemici e facendoli sbattere contro un container.

“Fiocco del cuore” dichiarò infine MewBerry.

Le creature, investite dall’energia di Ichigo, si dissolsero lasciando intatti i globi rubati.

“Ci penso io, ci penso io” affermò Masha, che con cautela prese in custodia le sfere e le riconsegnò ai legittimi proprietari.

“Ce l’abbiamo fatta!” esclamò Purin con un gran balzo.

Nel frattempo, in un’altra dimensione, i nuovi nemici avevano assistito all’intero combattimento grazie ad uno speciale strumento.

“Come hanno potuto, sconfiggere il nostro signore?” si domandò Temeku, guardando i propri avversari con un’espressione di disgusto.

“Li ha aiutati l’impurità che si è creata nella reincarnazione. – Affermò Arkei, leggermente indietro rispetto al commilitone. – Un errore che gli è costato caro”.

“Non staremo facendo anche noi lo stesso errore, sottovalutandoli?” chiese la donna, appoggiata ad un triclinio.

“Mia cara Rumiko, nessuno di loro avrà mai la forza necessaria per poter anche solo tenerci testa” le disse Arkei, sollevandole leggermente il mento.

 

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Capitolo 5
*** Pic-nic ***


Quando rientrarono al Caffè, l’umore di Kyle salì alle stelle non appena Ryou gli mise tra le mani ciò che era rimasto degli umanoidi: un insolito slime nerastro. Era così felice che si mise subito al lavoro, ignorando del tutto le squisite torte che aveva lasciato a cuocere nel forno; cui dovette pensare Minto, per evitare che bruciassero.

“Vi farò sapere appena avrò i risultati” strillò lo scienziato, con tanto di stelline sugli occhi, prima di sparire nel laboratorio.

“E’ proprio un tipo strano” ridacchiò Tart, suscitando la risata di Purin.

“Ehi! Mi è appena venuta in mente una cosa. – Esclamò Lory, battendo il pugno destro sul palmo dell’altra mano. – Dove staranno loro?” si stava riferendo ai nuovi amici.

“E’ vero, nessuno di noi ci aveva pensato” aggiunse Mark.

“A questo abbiamo già provveduto. – Affermò Pai. – Ci siamo sistemati nella casa che abbiamo usato l’anno scorso”.

“Avete una casa? – Domandò Pam. – Dove?”.

“Nel folto del bosco, ben nascosta” disse Kisshu.

“Se volete vi portiamo a farvela vedere” propose Tart sorridente.

Così, dopo la chiusura del locale, i tre ragazzi portarono le nuove amiche con loro. C’erano solo le ragazze: Mark aveva un impegno, mentre Kyle e Ryou sarebbero arrivati più tardi, quando avrebbero potuto dire qualcosa sulla sostanza che avevano trovato. Le Mewmew si stupirono, nel vedere quanto la casa degli alieni fosse vicina e…non troppo nascosta.

“Eravate così vicini, e non ce ne siamo mai rese conto” esclamò Minto, un po’ rammaricata.

“Non potevate: c’è un dispositivo che rende impossibile la nostra localizzazione” spiegò Pai, fiero perché era stato lui ad inventare quel marchingegno.

“Certo che se proprio bravo” si complimentò Lory, battendo piano le mani.

“Pai è un genio! – Affermò Tart. – Non a caso, ci sono scienziati e ingenieri che gli hanno proposto di lavorare con loro” era molto orgoglioso del suo fratellone.

“Se volete, potrei farne uno per nascondere il sotterraneo del Caffè” suggerì l’alieno con i capelli viola.

“Sarebbe un bel pensiero, grazie” ringraziò MewPam.

Dopo che ebbero appoggiato i loro effetti, le ragazze si fecero vincere dalla curiosità di visitare la casa dei ragazzi. A dispetto delle loro aspettative, che vertevano su un’abitazione solo apparentemente tradizionale ma ultratecnologica all’interno, era tutta in legno ed ospitava i classici locali di una casa terrestre.

“Ci piace essere in tono con il luogo. – Specificò Kisshu, per rispondere allo stupore di Ichigo che si era fermata a vedere la sua camera. – E personalmente parlando: adoro l’odore del legno”.

Fatto il giro della casa, e curiosato dappertutto, ragazze e ragazzi si riunirono in veranda per gustare qualche leccornia che Kyle aveva preparato per loro. Terminate quelle, si divisero in gruppetti per parlare più privatamente.

“Ancora pensi, che le guerre si possano vincere diplomaticamente?” chiese Pai a Lory. Erano entrambi sdraiati sull’erba, all’ombra di un albero e al di fuori delle orecchie degli altri.

“Certamente! – Affermò la ragazza, con tanta fermezza da alzarsi e mettersi seduta. – Io credo ancora che le parole siano la migliore arma per risolvere i problemi”.

“Credevo che avessi cambiato idea, dopo quello che è successo”.

“Non lo farò mai. So che, purtroppo, a volte bisogna combattere per far vincere la giustizia; ma io confido molto nel potere delle parole” dichiarò Lory, portando una mano sul cuore.

“Il potere delle parole?” ripetè Pai, inarcando un sopracciglio.

“Dovresti comprendere: con te ha funzionato” affermò la ragazza sorridendo a lui.

“Che intendi dire? Non sono mica diventato pacifista” chiese l’alieno.

“Alla fine ti sei sacrificato, per proteggerci, perché avevi capito il tuo errore” ricordò Lory.

“E’ questo il problema. – Si intromise Kisshu. – Pai non accetta di sbagliare” era stato così silenzioso da non farsi sentire mentre si avvicinava.

“SENTI CHI PARLA! – E sclamò Pai, che prese il fratellastro per un braccio e lo costrinse a terra con una torsione. – Tu sei il maestro degli errori”.

“AHIA, LASCIAMI” implorò Kisshu, tra un gridolino e una risata.

“E’ strano” commentò Purin, seduta sulla veranda con Tart. Dalla sua posizione aveva visto tutta la scena.

“Cosa è strano?” chiese Tart, che invece non aveva visto niente perché distratto dal sonaglio a vento.

“Vedere Kisshu e Pai andare d’accordo. L’anno scorso, per quelle poche volte che li ho visti insieme, non facevano altro che guardarsi male e insultarsi” rammentò la ragazzina.

“Pai era arrabbiato, per non essere stato la prima scelta nella missione. – Spiegò Tart, ricordando la scenata di gelosia che aveva fatto il fratello quando lo aveva saputo dal padre. – Poi, quando siamo arrivati sulla Terra, si è fatto prendere così tanto dalla missione che non vedeva la verità. Inoltre, ormai avrai capito che lui è uno che segue gli ordini e ragiona usando solo la logica perciò, quando Kisshu ha mostrato i primi segni di ribellione, per lui è stato come se tradisse i suoi doveri. Non a caso, è stato l’ultimo di noi a capire che eravamo dalla parte sbagliata”.

“Ma adesso è tutto a posto, vero?” chiese Purin.

“Si sono fatti le scuse per i reciproci errori. Comunque sia, avrebbero fatto la pace lo stesso: si ammirano, anche se non sembra”.

“In che senso?” domandò la ragazzina, con un’espressione così interrogativa da sembrare lei stessa un punto di domanda.

“Kisshu ammira il modo che ha Pai di ragionare: razionale, selettivo, e anche un po’ spietato. Invece Pai ammira come Kisshu riesca a pensare fidandosi del proprio istinto e delle proprie emozioni, incurante di essere l’unico a pensarla in questo modo. – Chiarì Tart, con il fare di un professore. – Anche se sono due poli opposti, si stanno influenzando a vicenda: Pai fa meno il robot, e Kisshu è maturato”.

“Anche tu lo sei” dichiarò Purin stringendo i pugni.

“Che, io?”

“Oh si! E puoi crederci se te lo dico: ormai sono un’esperta nel riconoscere certe cose” Purin fece uno dei suoi luminosissimi sorrisi, e il giovane alieno arrossì.

In quel mentre, rumori di passi che si avvicinavano avvisarono tutti dell’arrivo di Kyle e Ryou.

“Eccoci arrivati. – Disse il castano. – Grazie Pai per averci dato l’ubicazione, e scusate il ritardo” fece un profondo inchino.

“Hai già avuto i risultati delle analisi?” chiese Pam incuriosita.

Ryou estrasse dalla borsa che portava a tracolla una cartella, e da esse tirò fuori tre fogli che dette a Kyle.

“E’ un tessuto organico, ma non posso dire altro perché non riconosco a chi possa appartenere. – Ammise il castano, rammaricato, mentre si sedeva. – Sembra che niente di lui appartenga a questo pianeta”.

“Potrei dare un’occhiata?” chiese Pai, porgendo la mano su cui lo scienziato mise i fogli.

L’alieno dai capelli viola lesse rapidamente i dati, con Kisshu e Tart che sbirciavano al di sopra delle sue spalle.

“Sembra quasi…” accennò Kisshu, corrugando la fronte.

“Eh già” confermò Tart, ma cosa non lo disse.

“Potreste spiegarci? – Pretese Minto. – Non possiamo leggere nel pensiero”.

“Non essere maleducata!” la rimproverò Ichigo.

“Questo tessuto ha una struttura polimerica simile a quella dei nostri para-para. – Delucidò Pai, alzando appena gli occhi. – Si differenziano da loro solo perché sono esseri pluricellulari, il che immagino gli abbia consentito di aver una fonte energetica propria”.

“Come facevano ad essere immuni alle nostre armi?” chiese Lory.

“E’ stato inserito un amminoacido apposito, nel loro genoma” specificò l’alieno, riconsegnando i fogli al legittimo padrone.

“Dobbiamo preoccuparcene?” gli chiese Ryou, e i suoi occhi dicevano che voleva la verità qualunque fosse stata.

“Onestamente credo di sì. – Ammise l’alieno, incrociando le braccia. – Non per vantarmi, ma avete visto cosa siamo riusciti a combinare l’anno scorso noi tre. Io, che sono il più grande, ho solo 18 anni eppure ho delle conoscenze scientifiche che sono completamente fuori dalla portata dei terrestri. Questi esseri invece sono millenari, e anche se non avessero particolari conoscenze scientifiche hanno dalla loro l’esperienza, prima di tutto, e chissà quali assi nella manica”.

“Bhe almeno hai detto quello che pensi veramente” ringraziò Ryou.

“Ce la faremo! – Esclamò Ichigo. – Salveremo la Terra, di nuovo”.

“Giusto, ora siamo più forti e scommetto che se uniremo le nostre forze nessuno ci potrà battere” disse Purin.

“Gliela faremo vedere noi!” si unì Kisshu.

 

​Nota autrice: un capitolo leggero, prima che comincino le cose serie. Mi piacerebbe vedere qualche commento, prima di questo, per sapere la vostra opinione. Comunque sia, grazie per aver anche solo letto il capitolo. Alla prossima.

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Capitolo 6
*** Il primo volo ***


Il cielo era azzurro, tinto appena di rosa come in un tramonto; l’erba verde e profumata ondeggiava, mossa da un vento invisibile. Era la Terra e lui era lì, con lei: sentiva il suo dolce profumo di vaniglia, e vedeva le sue flessuose dita muoversi veloci nel fare una ghirlanda di margherite.
Sua madre era proprio come se la ricordava.

“Dunque è questa la Terra. – Disse la donna, sorridente. – E’ bellissima”.

“Avrei voluto portartici, un giorno. – Affermò Kisshu, osservando la madre con nostalgia. – A te e a papà sarebbe piaciuto”.

“Lo so tesoro, ma io sono contenta anche così. – Izumi fermò il suo lavoro, e accarezzò il volto del figlio. – Quanto sei cresciuto, sono proprio fiera di te”.

“Mi dispiace, avrei dovuto fare qualcosa per salvarvi. – Il ragazzo iniziò a piangere, e prese la mano della madre. – Sono un disastro”.

“Eri solo un bambino, non potevi fare niente. – La donna si liberò la mano per abbraccialo. – Il compito di un genitore è di proteggere il proprio figlio, e così abbiamo fatto io e tuo padre. Non tediarti per una cosa che non avresti mai potuto cambiare”.

“Resta il fatto che sono un buono a nulla” affermò Kisshu, sciogliendo l’abbraccio per asciugarsi gli occhi.

“Questo non è vero! – La contraddì Izumi. – Tu sei speciale, anche se non lo credi” gli accarezzò la testa, tenuta bassa.

“Ti voglio bene, mamma. Non sai quanto mi manchi” confessò il ragazzo, godendosi le coccole che tanto gli mancavano.

“Anch’io tesoro” lei stava cominciando a scomparire, diventando sempre più trasparente.

“ASPETTA! Non andare via. – Gridò allarmato Kisshu. – Non lasciarmi di nuovo da solo” la implorò, ma lei svanì nel nulla.

Tutt’intorno, il prato verde fu sostituito da un paesaggio in fiamme: persone invisibili gridavano e rovine di una città perduta ricadevano al suolo.

“MAMMA! MAMMA!” continuò a urlare il ragazzo, incurante di ciò che gli stava capitando intorno. Poi, tra le fiamme, vide la stessa creatura che aveva sognato notti prima e il suo cuore cominciò a vacillare. Per sfuggirgli, Kisshu iniziò a correre tra le fiamme che gli lambivano la pelle e i vestiti, continuando al contempo a cercare la madre. Il fuoco aveva innalzato una nube di fumo, che impedì a Kisshu di vedere un’imperfezione del terreno su cui inciampò e che lo fece cadere a terra. Immediatamente le fiamme divennero lucide stalagmiti di cristallo, e la cenere una nevicata di stelle.

Kisshu si inginocchiò, e in uno dei cristalli vide il proprio riflesso sfigurato: il suo corpo era diventato come il minerale che lo circondava. Poi, di nuovo, la creatura comparve alle sue spalle. Era così vicino che aveva posato la mano sulla sua schiena.

“Io sono qui per te”

Gli disse, e Kisshu urlò così forte da svegliarsi.

“AIUTOOO”.

Quando si riebbe dall’incubo il cuore ancora palpitava forte nel suo petto, e nei suoi occhi vi era ancora il ricordo del riflesso che aveva visto. Quel che era peggio, e ancora più crudele, era che continuava a percepire il tocco della mano della madre sulla sua pelle. Si appoggiò alla testata del letto, con una mano sul torace per sentire il galoppo del suo cuore, e lasciò che le lacrime di nuovo scendessero silenziose sul suo viso. Fuori dalla stanza, Pai aveva origliato che lamentele che il fratellastro aveva fatto nel sonno.
 
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“Una manifestazione sportiva?” chiese Tart a Purin; la stava accompagnando al Caffè dopo la scuola (e un veloce passaggio a casa).

“Si terrà domani, al centro sportivo. – Rispose la ragazza, briosa e sorridente come sempre. – Ci sarà moltissima gente, e faremo tante belle cose”.

“E allora? Perché sei contenta?”

“Non è ovvio? – Purin si girò di colpo verso l’amico, costringendolo a fermarsi. – Perché parteciperà anche la mia scuola, e quindi anch’io” si indicò col dito.

Tart non disse nulla, e si creò un imbarazzante silenzio.

“Bhè, non hai niente da dire?” esclamò la ragazzina, confusa perché si aspettava tutt’altra reazione.

“Cosa c’è da dire?” anche Tart era disorientato, poiché a casa sua queste cose non si facevano.

“Ma insomma! – Sbottò lei. – Come fai a non capire? Ti ho appena detto che è una bella cosa, e che ci saranno tante persone. Dovresti essere contento, e impaziente”.

“Se lo dici tu, io non so nemmeno cosa sia una…manifestazione sportiva” ribattè Tart.

“Allora vieni a vedere” propose Purin, ritrovando il buon umore.

“Non lo so…forse ho da fare. Qualcosa da fare con Pai” balbettò il ragazzino, cercando una scusa per non andare alla manifestazione. Pensava di essere stato abbastanza bravo da convincere l’amica, e invece lei aveva capito benissimo che non stava dicendo il vero.

“Chiederò a Pai di darti il permesso” affermò lei mettendosi al contempo a correre verso il Caffè, facendo venire la pelle d’oca al giovane alieno.

Se Tart aveva mentito sul fatto di essere impegnato col fratello, Purin non perso l’occasione di mantenere la promessa data: appena arrivata al bar, la ragazzina aveva fatto a Pai la fatidica domanda.

“Certamente. – Acconsentì subito l’alieno con i capelli viola, ancora intento a leggere i dati sulla strana sostanza. – Non vedo quale sia il problema” le sue sopracciglia si inarcarono, vedendo la buffa espressione del fratellino che cercava in tutte le maniere di consigliargli di dire no.

“Tart mi aveva detto che era impegnato con te” confessò Purin, e il ragazzino diventò rosso come un peperone. Accanto a Pai, che aveva dovuto lavorare di fantasia per comprendere la bugia di Tart, Kisshu fece un sogghigno stanco e forzato.

“Avevi detto che era una cosa molto importante” provò a dire Tart.

“In effetti sì, ma non c’è fretta. – Ribattè Pai. – Possiamo tranquillamente rimandare”.

Purin esultò, felicissima, e con la stessa gioia corse tra i tavoli per andare a cambiarsi.

“Cos’è questa storia? – Domandò l’alieno dai capelli viola al fratello minore. – Non volevi andarci?”.

“Le cose che fanno gli umani non mi sono mai piaciute. – Spiegò il ragazzino. – Di sicuro sarà noioso”.

“Oppure potrebbe essere divertente, giusto Kisshu?” ma il fratellastro non rispose, tanto era assorto nei suoi pensieri a ricordare l’incubo della notte passata.

“Kisshu?” ripetè Tart, sedendosi sul tavolino proprio davanti a lui.

“C…cosa?” si riebbe l’alieno dagli occhi dorati, non aveva sentito niente di quello che era stato detto (forse anche il sogghigno di prima era stato solo un riflesso condizionato).

“COSA hai TU? – Esclamò il ragazzino, puntando il dito sul naso del fratellastro. – Hai lasciato la testa a casa? Perché se è così ti conviene andare a prenderla, e di corsa”.

“Ci sono dei problemi? – Chiese Pai, memore della nottata. – Possiamo parlarne”.

“Sono solo stanco, tutto qua” rispose Kisshu, sfregando le mano.

“Io non ci credo! – Esclamò il fratello minore. – Dai dicci cosa c’è sotto”.

“Ho detto che non è NIENITE! – Sbottò Kisshu, alzandosi di colpo e battendo le mani sul tavolino. – Sono affari che non vi riguardano!” e se ne andò, proprio come aveva fatto a casa.

“Secondo te cos’ha?” domandò Tart al fratello maggiore.

“I classici sintomi dell’insonnia: ieri sera ha avuto un incubo” rispose Pai con un sospiro.

“Di nuovo?”.

“L’ho sentito chiamare sua madre, quella biologica” le urla ancora risuonavano nella testa del ragazzo.

“Cosa possiamo fare? Non può certo continuare così, non ora”.

“Troveremo una soluzione, vedrai” promise l’alieno con i capelli viola, nonostante ancora non sapesse cosa fare per mantenere la promessa.

Fuori dal Caffè, nella loro dimensione parallela, i nemici erano stati attirati da un volantino riguardante la manifestazione sportiva cui avrebbe partecipato Purin.

“Cosa dovremmo farne, di questa roba? - Chiese Rumiko col foglio in mano. – Non vedo perché dovremmo starcene qui a perdere tempo” ce l’aveva in particolar modo con Temeku, che aveva portato il manifesto.

“Per quel poco che ho compreso, dovrebbe trattarsi di un evento che attirerà molte persone. – Ipotizzò Temeku, riprendendo il volantino prima che la donna lo stracciasse. – Mi piacerebbe approfittarne, per creare un po’ di scompiglio”.

“Se pensi che ciò possa servire al nostro scopo. – Esordì Arkei, seduto su di un trono. – Hai il mio permesso di andare” aveva lo stesso modo di atteggiarsi di Profondo Blu.

Il giorno seguente, beati di una bella e calda giornata di sole le scuole partecipanti alla manifestazione gremirono il campo sportivo, mescolandosi al folto pubblico. Tra gli spettatori, c’erano anche Ichigo e Mark mandati da Kyle e Ryou a controllare che tutto si svolgesse secondo il programma.

“Che bello! – Esclamò Purin con il suo solito sorriso. – Non vedo l’ora che inizi” era già pronta nel suo completino sportivo, ed aveva convinto la maestra a lasciare che Tart stesse assieme a loro, pur non essendo un partecipante. Attorno a loro, gli insegnanti stavano facendo l’appello.

“Quanto chiasso. – Disse una ragazzina con i lunghi capelli neri raccolti in una coda. – Tutto solo per dei stupidi giochi”.

Purin se n’ebbe un po’, non solo perché la ragazzina (Satomi il suo nome) l’aveva offesa, ma anche perché sminuiva il valore dell’evento perciò ribattè subito.
“Vuoi già litigare? Questi non sono soltanto giochi, e se tu non lo capisci non è un problema mio”.

“Ciò che non capisco è perché una del tuo rango si comporta in questo modo. – Satomi dette un’occhiata a Tart. – Non dovresti neppure stare con certi bizzarri personaggi”.

Questa volta fu il giovane alieno ad arrabbiarsi, e non riuscì a trattenersi dal rispondere a tono.

“La tua è tutta invidia, scommetto che non sei capace di fare due passi di corsa senza cadere. – Prese Purin per una mano. – Andiamo, non è degno del tuo rango stare con certi insetti” e insieme sparirono nella folla.

Dall’alto Temeku, il cui occhio aveva osservato tutto, aveva appena escogitato un piano. Scese a terra, incurante degli sguardi di alcune persone, e si nascose dietro gli spogliatoi per dar vita ad un umanoide; a lui poi dette l’ordine di prendere la forza dell’odio di Satomi.

“Subito signore” enunciò il mostro, inchinadosi con un malefico sorriso.

“ICHIGO! ICHIGO! – Trillò Masha, attaccato al cellulare della ragazza. – C’è qualcosa che non va. Sento la presenza del nemico” i suoi chip stavano fremendo.

“Riesci a capire dove?” chiese lei, mentre Mark già si stava guardando attorno.

“No, c’è troppa confusione” le orecchie del robot si abbassarono.

“Non sembra che sia qui. – Affermò il ragazzo. – Ma sarà nascosto da qualche parte”.

“Dobbiamo trovarlo in fretta, prima che…” le parole di Ichigo furono bloccate dal grido delle persone che avevano visto la creatura di Temeku aggredire Satomi.

“ALIENI! ALIENI!” trillò di nuovo Masha.

In un attimo, la folla si disperse raggiungendo l’uscita del camposcuola, rendendo il posto un deserto; solo Purin e Tart erano rimasti accanto a Satomi, svenuta, e alla nera creatura che l’aveva attaccata ingoiando la sua forza vitale.

“Ti odio Purin! – Esclamò il mostro, imitando la voce della bambina. – Odio te e il tuo sorriso” e si lanciò contro la ragazzina, la quale fu nuovamente salvata da Tart.

“Comincio a pensare che tu ci stia facendo l’abitudine” disse il giovane alieno con un sorrisino (in realtà non gli dispiaceva per niente).

“Visto che ho il cavaliere, ne approfitto” ironizzò la ragazzina.

“Smettila di sorridere” gridò l’umanoide con molta foga.

“Lasciala stare” ordinò MewBerry, e con lei c’era il Cavaliere Blu armato di spada.

“La distruggerò” esclamò ancora la creatura, strisciando a terra verso i suoi nemici.

“Non andrai oltre” affermò Mark, ponendosi sul percorso del   mostro con la spada avanzata. La creatura continuò nella sua corsa, così la sua dura testa andò a sbattere contro la lama del Cavaliere, che disse a Ichigo di portare via Satomi.

“Moscerino” ruggì l’umanoide, stavolta usando la propria voce, e con una mano colpì Mark con l’intento di farlo sbattere contro l’edificio degli spogliatoi. Ciò non accadde, poiché il ragazzo si fermò a mezz’aria: stava volando, sotto gli occhi attoniti dei pochi presenti.

“Ma sta…” balbettò Tart, osservando il Cavaliere atterrare dolcemente a terra.

“Guardate! – Esclamò Purin. – Quella specie di chimero si è distratto; è il momento per colpire” e dopo essersi velocemente trasformata, usò il suo fiocco per immobilizzare il nemico.

“E’ il mio turno” affermò Tart, che usò le bolas per infliggere un duro colpo al mostro.

“Fiocco di luce, massimo splendore!” invocò Ichigo, scagliando tutta la potenza del suo attacco contro la creatura, che svanì, e l’energia di Satomi tornò alla legittima proprietaria.

“Tutto a posto?” chiese Purin a Satomi non appena questa si riprese; l’avevano appoggiata sull’erba fresca e le avevano messo una felpa sotto la testa.

“Cos’è successo?” fece a sua volta la ragazzina, notando con gran sorpresa che intorno non c’era più nessuno a parte loro, Tartt, Ichigo e Mark.

“Non lo ricordi perché sei svenuta, ma la manifestazione è stata annullata a causa di un mostro. – Spiegò Purin. – Per fortuna le Mewmew ci hanno salvato” sorrise.

“Che assurdità! – Ribattè Satomi, sbuffando. – Vuoi solo prendermi in giro” si alzò, e si diresse altezzosamente all’uscita.

“Certo che è proprio antipatica” commentò Tart.

Nell’oscurità di una dimensione parallela, Temeku aveva osservato la sua disfatta.

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Capitolo 7
*** Dispiegare le ali ***


Splendeva il sole nel cielo di Tokyo, prendendosi gioco delle previsioni meteo che avevano dato pioggia, ma questo alle Mew Mew non importava perché dopo la scuola e il lavoro al Caffè si riunirono nel sotterraneo per parlare di quello che era accaduto il giorno prima.

“E’ un nuovo tipo di chimera: assorbe l’energia negativa della persona e la usa per incrementare la sua forza” spiegò Kyle, che per tutto il giorno aveva analizzato i video fatti da Masha.

“Come un doppelganger” osservò Ryou, vicino al castano.

“In effetti stavo pensando di chiamarlo così. E’ una cosa sorprendente” si lasciò sfuggire lo scienziato.

“Quello che è ancora più sorprendente, è il fatto che Mark abbia volato. – Riflettè Pam, nella sua solita posizione a braccia incrociate. – Non era mai successa una cosa del genere”.

“Probabilmente è conseguenza delle sue antiche discendenze” ipotizzò Kyle, usando un modo gentile per non definire il ragazzo un clone di Profondo Blu.

“Il problema è che non mi sarà molto utile, almeno non fino a che non imparerò ad usare questa nuova abilità come si deve” replicò Mark, ponendosi una mano sulla testa.

“Sono certa che, con un po’ di allenamento, ci riuscirai” gli disse Ichigo per confortarlo.

“Ti insegnerà Kisshu. – Esclamò Pai, e quasi il fratellastro cadde dal tavolo su cui era seduto. – Lui è il migliore nel volo, tra noi tre” la realtà era che voleva dargli un pretesto per distrarsi.

“IO?” ripetè Kisshu, e le espressioni degli altri presenti sembravano voler fare la stessa domanda.

“Per caso vedi qualcun altro, qui dentro, con i capelli verdi e gli occhi dorati che risponde al nome di Kisshu? – Ribattè l’alieno con i capelli viola, voltandosi verso il fratellastro. – Ho detto che sarai tu il suo insegnante, e non ammetto repliche”.

“Mi dispiace. – Si scusò Mark, inchinandosi. – Non vorrei dare tanto fastidio”.

“Lascia stare, tanto io e te non possiamo farci nulla”.

“Molto bene, allora sarà meglio iniziare subito” affermò Pai.

“CHE???” i due interessati non si aspettavano una cosa del genere.

“Ha ragione: prima iniziate e prima potremmo avere una carta in più da usare a nostro favore” concordò Ryou.

In evidente minoranza, allievo e insegnante uscirono dal Caffè e si recarono alla casa degli alieni dove sarebbe stato più difficile essere scoperti. A loro seguito c’erano anche le ragazze, che si sedettero in fila sull’erba mentre Kisshu e Mark prendevano posto l’uno davanti all’altro.

“Siamo certi che Kisshu sia in grado di insegnare a Mark? – Bisbigliò Minto. – Non ce lo vedo proprio in quel ruolo”.

“Abbi un po’ di fiducia. – Replicò Lory. – Se Pai gli ha affidato il compito un motivo ci sarà”.

“Si ma io non credo che otterremo dei risultati in breve”.

“Magari Kisshu non vi sente, ma io sì. - Si intromise Tart con il viso crucciato. – Forse non è il caso di criticare, soprattutto se ancora non avete visto niente”

“Scusa, scusa! Non volevamo offendere nessuno” si scusò subito Lory.

“FATE SILENZIO!” disse loro Pam, e la discussione finì subito.

“Bene, direi che possiamo cominciare” enunciò Kisshu, sollevandosi da terra quei pochi centimetri che servivano per sentirsi più sicuro e per fare da esempio.

“Mi sono sempre chiesto come fate” confessò Mark, trasformatosi nel Cavaliere Blu.

“Non ci vuole molto, in teoria. – Disse l’alieno con i capelli verdi. – In pratica devi concentrare le tue energie e pensare al volo” atterrò, chiedendosi se si fosse spiegato adeguatamente.

“Sembra difficile”.

“Meno delle apparenze. Quando hai imparato il metodo non ci fai nemmeno più caso”.

Mark chiuse gli occhi, immaginando di poter vedere la propria aura, e poi pensò alle nuvole che più gli ricordavano il volo. Pensava che così facendo si sarebbe sollevato da terra, almeno di qualche centimetro, e invece l’unica cosa che sentì fu la voce di Kisshu che gli diceva

“Ci stai almeno provando?” non era un buon segno. Infatti i suoi piedi erano ancora saldamente a terra.

“Ho fatto quello che mi hai detto!” lamentò il Cavaliere, quasi incolpando il suo insegnate di non aver spiegato bene il da farsi.

“Devi anche sentire di volare! – Specificò Kisshu, con le mani ai fianchi. –Non è una questione di testa, ma di sensazioni”.

“Sensazioni?” ripetè Mark.

“Pensa agli uccelli: quando volano usano l’istinto, non la testa. – Spiegò l’alieno. –Devi percepire col corpo”.

“Non l’ho mai fatto”.

“Su questo non posso darti torto. Allora sarà meglio rimediare in fretta. – Kisshu si avvicinò a Mark. – Perché questa è proprio la base per il volo, e se non ci riesci ti ritroverai di certo a mezz’aria nel momento peggiore”.

“Scusa, ma non potresti sollevarmi per aria? Dovrebbe essere lo stesso”.

“Per niente invece! Io posso darti le basi, ma devi essere tu a capire come volare e come atterrare; non posso insegnarti basandomi sulle MIE sensazioni, devi creartene delle tue. Soprattutto visto e considerato che tu hai GIA’ volato” ribattè Kisshu a muso duro.

“Va bene, perdonami”.

“Come possiamo fare? – Kisshu meditò un pochino, poi gli venne un’idea. – Tu sai nuotare?”.

“Certo che so farlo! – Mark si era offeso. – Ma non capisco perché me lo chiedi”.

“Oh quanta pazienza. – L’alieno era al limite della sopportazione. – Pronto, non capisci? Nuotare è un po’ come volare, perciò potresti fare appello a quello che senti quando sei in acqua”.

“Purtroppo al momento non ricordo proprio quel tipo di sensazione” si scusò il Cavaliere.

“Sei proprio un disastro su tutta la linea” Kisshu non voleva ammetterlo, ma era felice di poter criticare Mark.

“Io avrei un’idea. – Esclamò Minto, alzando educatamente la mano. Se è una piscina che vi serve, potreste usare quella di casa mia. In questo modo nessuno vi disturberà”.

“SI! – Gridò Purin, tanto forte che quasi ruppe i timpani a Tart. – TUTTI IN PISCINA!”.

_Casa di Minto_

“Hai avuto un’ottima idea” si complimentò Pam con Minto, facendola sentire orgogliosa di sé.

“Credo sia la migliore che abbia mai avuto” disse Ichigo.

“Però, è una bella piscina” commentò Kisshu a bordo vasca, l’unico ad essere in costume oltre a Mark.

“Hai ragione” concordò Mark, accanto a lui.

“Se vi piace così tanto, perché non vi buttate?” chiese Pai che, per scherzo, spinse i due in acqua.

La scena fece ridere tutti quanti, soprattutto per il modo in cui le due povere vittime avevano cercato di non cadere in acqua.

“TI UCCIDO PAI!” strillò Kisshu, alzando un pugno.

“Vi ho solo fatto un favore” scherzò Pai facendo spallucce, lasciando le ragazze stupite.

“Ma è davvero lui? Sembra un’altra persona” sussurrò Purin, seduta con le altre ad un tavolino sorseggiando del buonissimo tè portato dalla nonna di Minto.

“Non saprei, ma così mi sta molto più simpatico” disse Ichigo.

“Ora che non siamo più in conflitto può permettersi di essere più rilassato, e mostrarsi un po’ di più” ipotizzò Pam.

“Che dici, occhio per occhio?” chiese nel frattempo Mark a Kisshu, risvegliando il monello in lui.

“Non me lo faccio dire due volte” acconsentì l’alieno con un ghigno malefico.

Lentamente, ma non in modo anonimo, i due si avvicinarono al bordo posizionandosi ai fianchi dell’alieno con i capelli viola sotto il suo sguardo interrogativo; si guardarono di sottecchi e poi con uno scatto gli afferrarono le caviglie e lo gettarono in acqua. Pai riemerse con occhi minacciosi e vendicativi, da spavento.

“E’ stata un’idea sua! – Esclamò Kisshu, indicando Mark. – Prenditela con lui” si allontanò con qualche bracciata.

“Dai Pai, lo hai visto anche tu no?” balbettò Mark, facendosi piccolo piccolo.

“Di te me ne occuperò dopo. – Gli promise l’alieno. –Tranquillo, avrai ancora l’insegnante quando avrò finito” e si lanciò all’inseguimento di Kisshu. Gli bastarono poche possenti bracciate per raggiungerlo, e insieme ingaggiarono una lotta subacquea.

“Spero che non si facciano troppo male” commentò la nonna di Minto, prendendo un sorso di tè seduta su un telo sull’erba morbida.

“Dovrebbe vedere quante se ne danno a casa” riferì Tart sghignazzando.

“Ora ti insegno io a fare questi scherzi!” disse Pai al fratellastro quando riemersero.

“Hai cominciato tu! – Replicò Kisshu, tentando di non soccombere troppo alla presa che stava subendo. – E non ti sei fatto niente”.

“Mi hai bagnato i vestiti!” lo accusò l’altro.

“Ehm, scusate. – Li interruppe Mark, avvicinatosi coraggiosamente. – Cosa dovrei fare adesso?”.

Quasi come se non lo avesse sentito, Kisshu si divincolò dalle braccia di Pai (o forse fu solamente lasciato andare) e prese a galleggiare sull’acqua con braccia e gambe aperte, e un’espressione seria in volto.

“Ma?”.

“Forza, fai come lui. – Lo incitò Pai, uscendo dalla piscina ma restando seduto sul bordo. – Avete appena iniziato la lezione”.

Confuso, ma fiducioso, Mark imitò l’alieno e si mise a fare la stella vicino a lui.

“Senti la spinta dell’acqua. – Sussurrò Kisshu. – Percepisci la sua forza con la pelle” poi con una capriola si immerse e iniziò a nuotare sott’acqua.

“Devo seguirlo?” chiese Mark a Pai, ricevendo un cenno di assenso.

Il ragazzo si immerse, e vide il suo insegnante fare dei piccoli e lenti movimenti sotto il pelo dell’acqua; a volte faceva qualche piccola piroetta ma sempre lentamente. Solo osservandolo, e ripensando a quello che gli aveva detto prima, Mark capì che gli stava solo mostrando il modo per sentire veramente l’acqua. Seguendo ciò che stava facendo Kisshu, anche Mark si mise a nuotare in apnea. Lo aveva già fatto un milione di volte, ma questa volta si concentrò sul percepire l’elemento che aveva attorno a sé: lo sentì muoversi sulla pelle, lo sentì cantare con le orecchie, e sentì la sua spinta quando voleva atterrare sul fondo della vasca. Era un essere vivente che lo sosteneva e si muoveva con lui. Quando riemerse, nel momento in cui i suoi polmoni non avevano più ossigeno da bruciare, vide Kisshu appoggiato al bordo.

“Allora?” gli domandò l’alieno.

“Credo di aver capito quello che volevi dirmi. - Affermò il ragazzo. – Avevi ragione: devo imparare seguendo ciò che mi dice il corpo”.

“Allora, possiamo passare alla fase due”.

 

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Capitolo 8
*** Set fotografico ***


_Rifugio dei nemici_
“Ancora non capisco: perché perdiamo tempo con queste sciocchezze? – Chiese Rumiko a Temeku. – Potremmo distruggerli con un sol tocco” stava pettinandosi i folti capelli davanti a uno specchio.
“Conosco bene lo sguardo che ha Arkei in questi giorni, perso in un altro mondo. – Affermò Temeku. – Sta cercando qualcosa, e non porrà fine a questa storia finché non lo avrà trovato”.
“Cosa potrebbe offrirgli la Terra? Non c’è niente qui”.
“Non ne ho idea. Confessò Temeku. – Che sia una persona, un luogo, o un gioiello, di certo lui non si darà pace fino a che non lo avrà tra le mani”.
“E che dovremmo fare noi?”.
“Assecondare i suoi capricci, nulla più”.
“Tsè, è solo una perdita di tempo. – Rumiko ripose il pettine. – Io non starò di certo qui a pettinarmi i capelli tutto il giorno!”.
“E cosa vorresti fare? Sentiamo” le disse Temeku.
“Intanto andrò a farmi un giro, e poi sfogherò ogni mio capriccio” la donna svanì in un battito di ciglia.
________
“E’ incredibile! Stai davvero insegnando a Mark come si vola. – Esclamò Tart, gustando il gelato che aveva preso all’inizio della passeggiata con i fratelli. – Sei bravo”.
“E’ solo perché lui, in teoria, ha già volato: quando si è dimostrato essere la reincarnazione di Profondo Blu” ribatté Kisshu, camminando con le mani in tasca.
“Lui però non era cosciente, in quel momento, perciò è come se avessi avuto tra le mani un principiante” replicò Pai.
“Avresti potuto occupartene tu, invece che dare a me la patata bollente”.
“Come ho già detto, tu sei il più indicato per questo compito” gli ricordò l’alieno con i capelli viola, prima di arrestarsi di fronte ad un bar: aveva visto Pam seduta ad uno dei tavoli vicino alla vetrata. Non si era accorta di loro, tanto era immersa nei suoi pensieri.
“Oh, c’è Pam lì dentro” esclamò Tart.
“Già, è proprio lei” confermò Kisshu, cui poi venne in mente un’idea. Si mise dietro a Pai, e con forza lo costrinse ad entrare nel caffè nonostante le sue lamentele.
“Ma che diavolo!”.
Così, l’alieno si ritrovò dentro al locale, senza sapere cosa fare e senza la possibilità di uscire (non voleva di certo essere maleducato, per non parlare del fatto che il fratellastro stava bloccando la porta). Sconfitto, Pai non vide altra soluzione che sedersi al tavolo dov’era Pam e cercare di iniziare una conversazione.
“Ti vedo pensierosa” disse, per attirare l’attenzione della ragazza.
“Tu qui? – Domandò lei, sorpresa. – Non lo avrei mai detto”.
“In realtà, mi ci hanno costretto. - Pai indicò i fratelli, che li salutarono da fuori tutti belli sorridenti. – Credo che abbiano pensato che fosse un bello scherzo”
“Dei veri monelli. – Pam rise. – Ormai sei qui, possiamo anche parlare un po’”.
“E di cosa?”.
“Per esempio, del perché i nostri nuovi nemici stiano aspettando così tanto per mettere in atto la loro vendetta. - Affermò la ragazza. – Di certo anche tu ci avrai fatto caso”.
“Non nego di averci fatto un pensiero, e non escludo ogni possibilità” confermò il ragazzo.
“Per te quale potrebbe essere la più valida?” gli domandò Pam.
“Non credo che vogliano giocare al gatto e il topo, secondo me stanno cercando qualcosa”.
“L’acqua cristallo, forse?”.
“Improbabile: anche se ce ne fosse ancora, non sarebbe abbastanza per essere usata come potente fonte energetica di distruzione. – Ipotizzò il ragazzo. – Deve esserci qualcos’altro sotto”.
“Concordo con te. - La ragazza si guardò l’orologio, constatando con stupore che stava facendo tardi all’appuntamento che le era stato fissato nel pomeriggio. – Accidenti, devo scappare: sono in ritardo” si alzò di tutta fretta, seguita da Pai.
“In ritardo, per cosa?” le chiese il ragazzo.
“Ho un appuntamento: delle prove per un set fotografico. Ma ormai arriverò di certo in ritardo”.
“Posso portarti io!” esclamò Pai fermandola, senza neanche sapere il motivo.
“Davvero, non è necessario” replicò la ragazza.
“Insisto, dimmi dove devi andare”.
“E va bene, ma sarà la prima e ultima volta. – Affermò Pam. – Non posso certo approfittarne” sorrise, stupita di se stessa.
Il luogo dell’appuntamento era la sede di un’importante agenzia fotografica, dove la Mew mew avrebbe dovuto fare un servizio fotografico per la presentazione di un nuovo profumo. Il complesso era un grande palazzo a più piani, con un ampio cortile d’ingresso che ospitava anche un parcheggio per i dipendenti, e gli ospiti più prestigiosi. All’esterno del cancello, e dove l’entrata, c’erano tre guardie di sicurezza che controllavano i badge di ogni passante.
“Sembra quasi come a casa mia” commentò Pai, comparando il loro sistema di sicurezza con quello della Serra.
“Grazie mille, mi hai risparmiato una brutta figura. - Lo ringraziò di nuovo Pam con un inchino. – Se vuoi, posso farti entrare: se dico che sei un mio accompagnatore non faranno storie” propose, per essere gentile.
“No grazie, piuttosto aspetterò qua fuori che tu abbia finito. – L’alieno si guardò intorno. – Non ci sono mai stato qui, sembra carino”.
“Non devi per forza accompagnarmi anche a casa! Posso usare i mezzi” ribatté la ragazza.
“Ti conviene andare: ti staranno aspettando” le disse Pai per non permetterle di tentare di nuovo di fargli cambiare idea.
“In tal caso, ci vediamo più tardi” lo salutò lei, correndo verso l’ingresso.
L’alieno invece decise di osservare tutto ciò che accadeva in quel piccolo spazio semplicemente appoggiato al muro che racchiudeva l’edificio, incurante della vedetta che lo stava spiando.
“Ma guarda che bella sorpresa”.
Intanto, al Caffè…
“Kisshu? KISSHU!” strillò Tart per essere ascoltato dal fratello maggiore, che di nuovo si era perso nei suoi pensieri all’improvviso spaventandolo.
“Sì Tart, cosa c’è?” chiese l’alieno dai capelli verdi, osservando la bottiglia d’acqua che aveva fatto cadere.
“Ti sei di nuovo imbambolato! Per fortuna non avevi del tè bollente tra le mani. – Lo criticò il fratellino. – Vorrei tanto sapere cosa ti passa per la testa quando fai così”.
“Mi è sembrato di avere un presentimento, ecco tutto”.
“Un presentimento? – Ripetè Tart, non aveva ben capito ma almeno aveva avuto una risposta. – E su cosa?”.
“Non ne ho idea, ma ho avuto come un brivido lungo la schiena” Kisshu si passò una mano sul lato sinistro del viso, e Tart vide un insolito luccichio di cui preferì non parlare per non aggravare la situazione.
“Sarà stato un effetto ottico, dovuto alla luce” si convinse, mentre Ichigo che aveva visto tutto da lontano iniziò a rimuginare.
“Meravigliosa, meravigliosa” ripeté più volte il fotografo che stava facendo il servizio a Pam, mentre lei si muoveva leggiadra sul set tenendo tra le mani la boccetta del profumo. Il signor Kanekichi Shoda aveva la fama di essere uno dei fotografi più pignoli del settore, tuttavia le sue foto erano così belle che tutti volevano avere un suo lavoro; e la presenza scenica di Pam, bellissima in ogni contesto, stava promettendo uno dei servizi più belli della carriera di Kanekichi.
“La signorina Pam è la testimonial perfetta per il nostro nuovo prodotto: entrambi sono leggiadri e sensuali come un tramonto” commentò il creatore della fragranza, Temaru Irye.
“Il merito è tutto del signor Kanekichi” affermò Pam, appoggiando un istante la boccetta ai suoi piedi per poter assumere la prossima posizione da immortalare.
“Ma non fatemi ridere. – Irruppe la voce di Rumiko. – Voi non avete alcuna idea di cosa sia la vera bellezza”.
“L…lei chi è?” chiese tremando il signor Temaru.
“La vostra signora e padrona. – Rumiko fece apparire un doppelganger. – Schiavo attacca!”.
La chimera si lanciò verso gli ignari umani, che dall’orrore scapparono a gambe levate dietro le quinte mentre Pam, dopo essersi velocemente trasformata, bloccò il nemico con il suo fiocco.
“Non andrai da nessuna parte” affermò lei.
“Sciocca ragazza. Credi di poter fare qualcosa, solo perché hai quell’insignificante potere? – Rumiko si teletrasportò accanto alla ragazza. – Non farmi ridere” con una scarica d’energia, molto simile ad un’onda d’urto, l’aliena attaccò la ragazza e liberò il suo schiavo in un colpo solo.
“Buargh, gnieeh” balbettò il doppelganger festeggiando la libertà ritrovata.
“Non stare a cincischiarti tu! – Lo rimproverò la sua padrona. – Trova gli umani e fai il tuo dovere”.
La chimera obbedì.
“Torniamo a noi due. – Disse Rumiko a MewPam. – In quale modo preferisci morire?”.
“In nessun modo. – La interruppe Pai. – ELETTROSILURO”.
L’attacco permise a Pam di allontanarsi dalla nemica, la quale si librò in aria per evitare la scarica.
“Ecco che arriva uno dei traditori, come se potesse servire a qualcosa”.
“Richiama la tua creatura, e vattene via” le intimò Pai, tenendo alto il ventaglio.
“Io non prendo ordini da un insulso moccioso, soprattutto da uno che ha tradito il suo popolo. – Lo rimproverò Rumiko, caricando le proprie mani di energia. – Avresti dovuto uccidere questa umana e le sue compagne, e permettere a Profondo Blu di conquistare la Terra. Ti bastava solo questo, e tutto sarebbe andato come doveva essere”.
“Sarebbe stato un errore, e me ne sarei pentito”.
“Povera creatura, l’aria di questo pianeta deve averti fritto il cervello” lo canzonò la nemica.
“E’ facile criticare gli altri, quando si è lontano dal pericolo e sono gli altri a lottare per te” ribattè Pam, nel tentativo di istigare la nemica ad un combattimento corpo a corpo.
“Per favore, risparmia questi inutili giochetti. – Gli occhi di Rumiko si alzarono al cielo. – Non sembra, data la mia bellezza, ma sono fin troppo vecchia per cascare in questi inutili giochetti mentali”.
“Pam, vai a cercare il chimero e distruggilo. – Sussurrò Pai alla ragazza. – Io resto qui ad occuparmi di questa qui”.
“RUMIKO! – Esclamò l’aliena. – Mi chiamo RUMIKO! Abbi un po’ di rispetto” incrociò le braccia, irritata.
“Stai attento. – Si raccomandò Mew Pam. – Mi sembra una fuori di testa” probabilmente lo disse con la voce un po’ troppo alta, poiché l’aliena la sentì fin troppo bene.
“Cosa osi dirmi? – L’energia nelle mani di Rumiko aumentò, trasformandosi in scintille e rompendo i vetri delle finestre. – Ti farò marcire all’inferno per questo” un’onda d’urto partì dal corpo dell’aliena, e Pai evocò una barriera per difendere se stesso e Pam. Lo sfogo d’ira di Rumiko dette alla Mewmew la possibilità di sgattaiolare via, all’inseguimento del chimero.
“Non sei molto brava: non riesci a controllare i tuoi poteri. Sicura che ti abbiano scelta per le tue capacità, e non per fare numero?” esclamò Pai, il cui obiettivo era di attirare tutta l’attenzione della nemica su di sé per impedirle di seguire Pam. Come aveva sperato, Rumiko si arrabbiò così tanto che lasciò perdere la sua vendetta contro la Mewmew.
“SCREANZATO! TI CONCERO’ PER LE FESTE! PAGHERAI PER QUELLO CHE HAI DETTO!”.
“Ah le donne”.
I corridoi dell’edificio erano bui, illuminati solamente dalle luci di emergenza alimentate da un generatore autonomo. In mezzo a quella semioscurità, i gorgoglii della chimera e le grida delle sue prede sembravano amplificate a dismisura.
“EHI TU! – Gridò la ragazza lupo, sperando che la creatura la sentisse. – VIENI A BATTERTI CON ME!” fece continuando a muoversi verso il ruggito.
“HAI PAURA?”.
La chimera cadde giù dal soffitto, con la testa girata dalla parte sbagliata per puro scherzo.
“Fai anche del sarcasmo adesso?” gli domandò la ragazza, per niente incline agli scherzi.
Morirete, morirete tutti” sibilò la creatura, rimettendosi in ordine.
“Sempre la solita storia” Pam evocò la propria arma, e con quella attaccò frontalmente il nemico.
Il vostro destino è segnato, traditori” ripetè il doppelganger, con la voce molto somigliante a quella di Rumiko, prima di divincolarsi dal fiocco d’energia.
“E’ una storia che ho sentito fin troppo volte” affermò Pam, riprendendo in mano la propria frusta.
Traditori, traditori, traditori” il chimero si lanciò all’assalto, e questa volta fu bloccato da qualcuno che non era la ragazza lupo.
“Fiocco immobilizza!”.
“Fiocco d’energia!”.
“Fiocco d’acqua!”.
“Gnaaaarghh” lamentò la creatura, per non essere riuscita nel suo intento.
“Cosa ci fate qui?” domandò Pam.
“Siamo venute a darti una mano, che domande” rispose Ichigo.
“A quanto pare ne avevi proprio bisogno” aggiunse MewMinto.
Non riuscirete mai a sconfiggerci! Morirete tutti nel tentativo” dichiarò fermamente il doppelganger, prima di fare una cosa che le ragazze non avevano mai visto: si autodistrusse.
“Che cosa bizzarra” commentò Lory.
“Devo tornare da! – Esclamò Pam con una certa fretta. – Stava combattendo da solo contro uno dei cavalieri, avrà bisogno di aiuto”.
“Tranquilla! – Le disse Purin. – Ci stanno già pensando Taru-Taru e Kisshu. Gli daranno una bella lezione”.
Nella sala del set fotografico…
“Non basterebbero cento di voi per sconfiggermi!” affermò Rumiko che, con le sue onde d’urto, aveva ridotto la stanza ad uno scenario da apocalisse.
“Bla bla, intanto siamo ancora qua solo noi tre. – La contraddì Kisshu. – Come la mettiamo?”.
“E sarai proprio tu, il peggiore dei traditori, che morirà per mano mia”.
“Arrivi tardi nonnetta!” disse Tart, colpendo l’aliena con le sue bolas.
“Nonnetta a chi? Bimbetto insolente!” Rumiko si lanciò sfrenata contro il giovane alieno, che scappò a gambe levate per timore della furia della donna.
“Lascia in pace mio fratello!” gridò Pai, frapponendosi tra lei e Tart con il ventaglio.
“Spostati! Tanto morirà comunque!” strillò l’aliena, prima di essere costretta a schivare un attacco di Kisshu.
“Veditela con me! – Disse l’alieno con i capelli smeraldini. – Mi pare di aver capito che sono quello che ti sta più antipatico” i suoi occhi erano fermi e decisi, e furono proprio loro a colpire tanto Rumiko da fermarla per un attimo. Quel tono di oro, e la particolare sfumatura attorno alla pupilla, le avevano fatto venire in mente gli occhi di una persona che una volta conosceva bene.
Si avvicinò al ragazzo, e gli prese il volto con la mano
“Questi tuoi occhi, così particolari. – Sussurrò, stupendo tutti i presenti. – Dimmi, li hai per caso ereditati da qualcuno, oppure no?” nessuno capì il motivo di quella domanda cui lei sembrava tenere in modo particolare.
“Non ti riguarda. – Rispose Kisshu, allontanando la donna da sé con uno spintone. - Strega”.
Le guance di Rumiko si fecero rosse, e le su unghie si conficcarono nel palmo delle mani per il nervoso; di nuovo la stanza tremò per le vibrazioni da lei emanate.
“Serpente viscido. – Esclamò Rumiko. - DIMMELO! PRETENDO CHE TU MI RISPONDA!”.
“Non ti dirò un bel niente!” ripetè duro il ragazzo.
“DEVI DIRMELO!” la donna sprigionò un’onda d’urto che fece cadere tutti quanti a terra.
“Ma che ti…” iniziò Kisshu, prima di essere investito da Rumiko che, fuori di sé dalla rabbia, gli si gettò addosso atterrandolo e bloccandogli le braccia. Era così adirata che la sua forza sembrava essere raddoppiata. Anche le Mew mew, giunte in quel momento, restarono di sasso davanti a tanta follia.
“Non ti lascerò andare finchè non mi avrai dato una risposta! - Pretese con degli occhi da pazza. – FALLO O TE LI CAVERO’ FUORI DALLE ORBITE”.
“Ma che ti frega?” chiese il ragazzo che, stufo di essere messo sotto da una donna, prese uno dei Sai e ferì Rumiko al costato. Niente di serio, ma abbastanza fastidioso per far sì che lei si scostasse.
“Maledetto, giuro che te la farò pagare” minacciò lei.
“La risposta è sì! Li ha ereditati da nostra nonna! – Mentì Pai per calmarla. – Li ha presi da lei”.
Rumiko sgranò gli occhi, mentre l’intero gruppo si disponeva attorno a lei.
“Sta dicendo la verità. - Si aggiunse Tart per reggere il gioco. – Nonna aveva il suo stesso colore”
 “Ecco hai avuto la tua risposta. – Disse l’alieno dagli occhi smeraldini. – Adesso piantala di fare l’isterica”.
“Non mi convince. Dovrò vederci più chiaro” affermò lei, svanendo nel nulla.
“Ma che le è preso?” domandò Purin, completamente confusa.
“Boh, è diventata matta dopo aver visto gli occhi di Kisshu” rispose Tart.
Ritornata nel suo rifugio, Rumiko disse immediatamente ad Arkei e Temeku ciò che aveva visto.
“Potrebbe essere una mera coincidenza. – Ipotizzò l’alieno biondo, mentre con premura curava la piccola ferita dell’alleata. – Conosci tutte le possibili varianti della genetica, e probabilmente quei ragazzi hanno detto la verità”.
“Non prendermi per i fondelli! So per certo che mi hanno mentito. – Ribattè la donna, ancora adirata per la sconfitta. – So quello che ho visto, e non mi posso sbagliare” la rabbia sparì, lasciando posto alla nostalgia.
“Dunque tu affermi questo” disse Arkei.
“Erano i suoi occhi, erano i suoi” la donna tirò su col naso.
“Non vedo come questo possa…” provò a ribattere Temeku, ma Arkei lo anticipò sui tempi.
“Andresti ad accertartene tu, Temeku?”.
“Ma signore…”.
“Oh sì, lo faresti per me?” lo pregò Rumiko, prendendogli le mani e sbattendo i suoi occhi da cerbiatta.
“Va bene, andrò a controllare, ma sapete come la penso su questa cosa” si arrese il biondo.
 
Tutto ciò che potevano vedere i suoi occhi era una distesa massa d’acqua, piatta e azzurra come il cielo. C’era qualcuno con lui, ma per quanto volesse non potè mai vederne il volto. Tutto ciò che faceva era guardare in lontananza, con la sensazione di star parlando con quella persona. D’improvviso, come tante altre volte, il sogno si trasformò in un incubo senza fine: l’acqua diventò ghiaccio, e il cielo divenne tempesta.
La figura che era accanto a lui, rivelandosi Profondo Blu, sguainò la sua spada e con quella lo colpì in pieno petto. Il suo sangue fuoriuscì dal suo corpo, tingendo di rosso la neve su cui cadde.
C’era una terza persona, una presenza che stava avanzando nella bufera. Il suo cuore iniziò di nuovo a martellare: lui lo aveva trovato.
Gli era vicino, molto vicino.
“Sono qui, per te”.
 
Kisshu si era svegliato nel cuore della notte, tremando per l’ennesima volta. Questa volta la cicatrice pulsava e bruciava ancor di più del giorno in cui gli era stata inferta, e la pelle biancastra sembrava essere tornata crosta che si spezzava ad ogni respiro. Il ragazzo prese il cuscino e vi affondò il viso, per poter sfogare la propria frustrazione in un lungo pianto. Quando finirono le lacrime, il ragazzo uscì dalla propria camera e il suo sguardo si incrociò con quello di Pai. Nessuno dei due parlò, i loro occhi stavano parlando per loro, così Kisshu uscì di corsa per una passeggiata notturna; Pai invece decise che sarebbe stato meglio chiedere l’aiuto di qualcuno.
Qualche minuto dopo…
Ichigo si svegliò di soprassalto, quando le sue orecchie sentirono che qualcuno stava bussando alla sua finestra. Era Pai.
“Posso entrare? – Domandò con gentilezza l’alieno, e dopo aver annuito Ichigo gli aprì la finestra. – Mi dispiace disturbare, ma vorrei chiederti un favore”.
“Di cosa si tratta?”.
“E’ per Kisshu: si sveglia sempre nel cuore della notte, urlando per chissà cosa. E’ già da un po’ che va avanti così, ma non vuole confidarsi con me né con Tart”.
“Mi sembrava che ci fosse qualcosa di strano. – Osservò Ichigo. – Cosa potrei fare io?”
“Vorrei che fossi tu a chiedergli il motivo dei suoi incubi notturni. Forse a te darà più ascolto” sperò l’alieno.
“Conta pure su di me!”.
Al rientro a casa, Pai trovò Tart ad attenderlo sul porticato
“Cosa ci fai qui fuori?” domandò al fratellino.
“Vi ho sentito andare via, e mi sono chiesto il perchè” rispose il castano.
“Kisshu è rientrato? – Chiese Pai, e Tart negò con la testa. – Ha avuto un nuovo incubo, forse peggiore di quelli che ha avuto in precedenza, così ho chiesto ad Ichigo di investigare per noi”.
“Pensi che a lei dirà la verità?”.
“Non ne ho idea. – Ammise il più grande degli alieni. – Ma provare non costa nulla”.

 

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Capitolo 9
*** Il Cavaliere Silente ***


“Non capisco: perché hai chiesto a me di accompagnarti? – Domandò Kisshu a Ichigo. – Non poteva farlo Mark?”.

Stavano passeggiando per la città, dopo che la ragazza aveva insistentemente chiesto all’alieno di uscire con lei.

“Aveva una lezione, e non mi andava di uscire da sola” rispose secca Ichigo, ma l’incertezza nella sua voce fece capire a Kisshu che stava mentendo.

“Non sei per niente brava a mentire” lui la prese per un braccio, ma delicatamente senza farle male.

La ragazza, alle strette, dovette confessare.

“Hai ragione: Pai sperava, che così tu mi avresti detto il motivo dei tuoi incubi notturni. Mi ha rivelato che, da un po’ di tempo a questa parte, ti svegli di notte urlando”.

“Ci risiamo! – Sbottò Kisshu. – Alla fine si è fissato pure lui, maledizione”.

“Si preoccupa per te! – Gli ricordò la ragazza.  – Forse non sembra, ma è così. Altrimenti non sarebbe mai venuta a chiedermi aiuto”.

“Non ne vedo il motivo. – Esclamò Kisshu, lasciandosi poi sfuggire un piccolo segreto. – Non dovrebbe importargli niente di me: non siamo veramente fratelli”.

“COSA?”.

“E’ così: i genitori di Pai e Tart mi hanno adottato quando sono morti i miei. -  Rivelò il ragazzo. – Non faccio parte della loro famiglia”

“Essere una famiglia non significa solo avere legami di sangue. – Gli confidò Ichigo. – E’ qualcosa di molto più profondo”.

“Comunque non avresti dovuto farti coinvolgere” fece l’alieno per cambiare discorso.

“Invece sì! Anche io sono preoccupata per te! – Replicò lei. – E’ da un po’ di giorni che ti vedo sempre più spento, e ora che conosco il motivo voglio assolutamente fare qualcosa. Ho avuto tanta paura, per te, quando il Cavaliere Blu ti ha inflitto quella” gli toccò il torace, in corrispondenza della cicatrice.

“Davvero? – Chiese Kisshu, e lei annuì. – Allora va bene, ti racconterò la verità; ma non qui tra la gente”.

Su suggerimento della ragazza, trovarono un posto tranquillo nel parco pubblico; lì si sedettero su una panchina.

“Quello che ti ha detto Pai è vero: da un po’ di tempo ho degli incubi ricorrenti. – Iniziò il ragazzo. – Sono sempre diversi, ma in qualche modo mi fanno rivivere la morte dei miei genitori”.

“Non deve essere per nulla piacevole” Ichigo si stava già commovendo.

“Sogno anche una persona. – Aggiunse il ragazzo, togliendosi finalmente il peso dallo stomaco. – Non so chi sia, né cosa voglia da me. So solo che, ogni volta che lo vedo, mi assale una gran paura e cerco sempre di sfuggirgli”.

Ichigo sorrise, ma non stava per dire una bella cosa.

“Sei un cretino”.

“M…ma perché?” il ragazzo era incredulo.

“Avresti dovuto dircelo! Avremmo sistemato tutto, insieme” spiegò lei, posando le mani su quelle di lui.

“Non volevo dare preoccupazioni, a nessuno”.

“Peccato che, così, è successo l’esatto contrario”.

L’orologio che stava vicino a loro smise di ticchettare, e d’improvviso il cielo sereno si offuscò, facendo sparire le loro ombre sulla ghiaia. Tutti si chiesero cosa stesse succedendo, ma solo Ichigo e Kisshu avvertirono il pericolo imminente.

“Ma guardatevi! – Eruppe la voce di Temeku. – Questa promiscuità mi fa venire il vomito” era chiaro a chi si stesse riferendo.

Dall’oscurità si sentì il rombo dei tuoni, e le persone iniziarono a scappare a gambe levate. Tutto ciò che era attorno a Ichigo e Kisshu, gli unici a non essere fuggiti, svanì e loro furono inglobati da una gigantesca sfera nera.

“Dove siamo?” chiese Ichigo, un po’ impaurita; si aspettava che Masha dicesse che c’erano dei nemici nei paraggi, tuttavia il campo di forza lo aveva mandato in standby.

“Questa è opera dei nostri nemici, senza dubbio” Kisshu si mise sulla difensiva.

“MEWBERRY METAMORFOSI! – Enunciò la ragazza, ma la trasformazione non avvenne. – OH NO”.

Allarmato dalla cosa, l’alieno provò a teletrasportarsi scoprendo, con suo gran dispiacere, che anche i suoi poteri erano stati bloccati.

“Dannazione” imprecò.

“Vi piace lo scherzo? – Li canzonò Temeku, mostrandosi sopra alle loro teste. – Volevo movimentare un po’ il gioco”.

“Davvero? Non è forse perché sei sicuro che altrimenti le prenderesti?” sogghignò, facendo serrare gli occhi di Temeku.

“Non provocarlo, non possiamo combatterlo. – Consigliò Ichigo, che poi si corresse. – Io non posso”.

“Pensi che non sappia combattere alla vecchia maniera? – Le domandò il ragazzo. – Non sarò Mark, o Pai, ma non me la cavo male. Tu resta in disparte, ti proteggerò io” affermò, tenendo d’occhio il nemico che, intanto, toccava terra.

“Non fare idiozie” lo redarguì lei.

“Preoccuparsi non serve a niente: morirete tutti e due” affermò Temeku, lanciandosi subito contro i due puntando, in particolar modo, a Ichigo.

Avendone intuito le intenzioni, Kisshu corse verso il nemico e all’ultimo gli balzò contro per buttarlo a terra.

“Il tuo avversario sono io” dichiarò il ragazzo, stando sopra al nemico.

“Tu credi? – Con una forte spallata, Temeku ribaltò le posizioni. – Sei solo uno scarafaggio”.

Senza rispondere, Kisshu si liberò un braccio per allontanare di un poco il viso del nemico e, con una mossa veloce, lo spostò di lato imponendo al suo braccio un’ipertensione.

“Mossa inutile. - Temeku si liberò teletrasportandosi accanto a Ichigo, la quale indietreggiò trattenendo un grido. – Sarà indolore” ridacchiò, prima che le unghie di Kisshu si abbattessero sul suo volto.

“AAAAAAAH” strillò.

“Devi lasciarla stare” ordinò il ragazzo, cupo e minaccioso.

“Insolente”.

Con un’ondata di energia, Temeku allontanò Kisshu e rivolse di nuovo la sua attenzione alla mew mew.

“Non mi fai paura” mentì Ichigo, alzando la guardia.

“Mph. – Sbuffò Temeku. – Stupida ragazzina” l’alieno preparò un secondo attacco, ma quando la sua mano era già carica di elettricità Kisshu gli si gettò addosso a testa bassa.

“Ti ho detto che devi vedertela con me” ripetè l’alieno con gli occhi dorati.

“Sei proprio insistente. – Disse Temeku. – Un po’ troppo direi” a un cenno della sua mano, viticci di energia afferrarono Kisshu per le caviglie e i polsi; lo trascinarono verso un invisibile muro e lì lo bloccarono.

“Così va meglio. – La mano di Temeku si illuminò nuovamente di energia. – E ora, è il momento della tua dipartita”.

Scagliò l’attacco, tuttavia all’ultimo istante Ichigo si mise davanti all’amico e subì l’attacco al suo posto; a stento riuscì a restare in piedi.

“SCIOCCA! – La rimproverò Kisshu. – VATTENE VIA!”.

“Non ti lascio da solo” replicò lei.

“Gli umani e il loro senso di pietà. Siete solo una delusione” Temeku scrollò la testa.

“Non ti permetterò di fargli del male” enunciò decisa Ichigo.

“Cosa puoi fare, tu? – Le chiese il nemico, avvicinandosi. – Non hai poteri, qui dentro, e l’unico che poteva provare a rallentare il tuo destino ora è immobilizzato”.

“Lasciala in pace. – Gridò Kisshu, continuando a strattonare i viticci fino a farsi venire il sangue ai polsi. – SEI SOLO UN VIGLIACCO!”.

“Se continuerà così, si taglierà le vene. – Constatò Temeku, osservando con piacere il sangue che colava. – Poco male, avrò del lavoro in meno da fare”.

“STALLE LONTANO” il ragazzo sentiva bruciare dentro un fuoco generato da mille soli.

“Che mosca fastidiosa, non trovi?” domandò Temeku alla ragazza, evocando il bastone con cui avrebbe voluto toglierle la vita.

“NON TOCCARLA!” gridò Kisshu, ma dal bastone del nemico si propagò ugualmente una scarica che colpì Ichigo, che urlò di dolore.

Kisshu dovette assistere alla scena impotente, mentre lottava contro le sue catene. La vita della sua amata stava lentamente spegnendosi sotto i colpi di Temeku. La sua disperazione era un macigno nel petto, che gli rendeva difficile respirare; la gola gli si era serrata, nel tentativo di reprimere le lacrime, e gli occhi gli si erano riempiti di sale.

“Lasciala” sussurrò, e quando Temeku sospese i colpi per dare l’assalto finale il ragazzo urlò così forte che le guance avvamparono.

Non poté vederlo, ma il suo corpo emise una forte luce e…si trasformò.

La forza dell’energia emanata dal suo corpo, ruppe i viticci e, libero da ogni impedimento, Kisshu (o qualunque cosa fosse) si lanciò verso Temeku e lo colpì in pieno volto in un turbinio di scintille.

“Perdonami, per averti fatto attendere. – Si scusò Kisshu. La sua voce sembrava diversa, più adulta. – Stai bene?”.

“Solo qualche graffio, ma sto bene gra…” Ichigo si bloccò di colpo, perché nell’alzare lo sguardo aveva finalmente visto la trasformazione dell’amico.

La pelle candida aveva preso un leggero tono argenteo, visibile soprattutto con il riflesso della luce; i capelli, tirati all’indietro, avevano assunto delle sfumature bluastre e si erano allungati in tre code blu che ricadevano sulla schiena. Solo gli occhi, ad eccezione dell’iride che si era sfrangiata occupando quasi del tutto la sclera, erano rimasti gli stessi. Sotto l’occhio destro, un elegante disegno geometrico dorato scendeva giù fino alla guancia e al collo. Anche i suoi vestiti erano cambiati: la maglia era stata sostituita da una giacca nera, molto simile a quella del Cavaliere Blu, abbottonata solo per metà lasciando scoperto l’addome asciutto. I pantaloni, anch’essi neri, erano lunghi fino alle caviglie. Ai piedi invece non c’erano scarpe.

Lo stesso Temeku era rimasto sorpreso del fatto, ma il suo tremore indicava che lo era per ben altro.

“Ze…Zeruo? – Esclamò, con gli occhi fuori dalle orbite. – Non è possibile!”.

“Zeruo?” ripetè tra sé Ichigo, memorizzando inconsciamente quel nome.

Kisshu, o Zeruo, non rispose e si limitò a girarsi verso Temeku con un’espressione indifferente.

“Dovresti essere morto” affermò il nemico, lanciandosi in un nuovo potente attacco.

Per proteggere entrambi, Kisshu evocò una barriera che si cristallizzò e che bloccò agilmente l’assalto nemico.

“Non avere paura: qui dentro sei al sicuro” affermò Kisshu, mentre il velo di cristallo continuava a far da scudo contro i ripetuti colpi di Temeku.

“ESCI E FATTI VEDERE! TRADITORE!” imprecò il nemico, ormai sempre più fuori di sé.

“Sistemo la faccenda e ritorno” disse il ragazzo, che si fuse con la barriera la quale, all’esterno, creò una miriade di schegge che ferirono Temeku ad un braccio.

“Eccomi, come desideravi” si annunciò Kisshu fuoriuscendo dallo scudo.

“Maledetto. – Ringhiò l’altro, stringendo il braccio malconcio. – Ti eliminerò una volta per tutte” e partì di nuovo all’attacco, sfoderando gli artigli del braccio buono.

Immutato nella sua calma, Kisshu evocò i proprio Sai (i quali si erano allungati e avevano aggiunto una seconda lama al centro) e, dopo, si slanciò verso il nemico. Quando entrambi si incrociarono ci fu un clangore, e l’aria si sporcò del sangue di Temeku.

“Ti avevo avvertito: dovevi lasciarla in pace” ripetè Kisshu.

Temeku afferrò il ragazzo per il collo, pur senza aver intenzione di strangolarlo.

“Romperò il tuo scudo, e ucciderò la ragazza” esclamò concentrando la propria energia nella mano.

I capelli di Kisshu risplendettero, le code ondeggiarono per aria e si conficcarono nel corpo di Temeku che lasciò la presa.

“Mi ero dimenticato che quelli non erano capelli. – Si criticò il nemico, toccando le ferite. – E va bene, per ora mi ritiro. Ma attento alle spalle” svanì, dissolvendo anche il campo di forza.

Durante quel lasso di tempo, Ichigo aveva potuto solo fare da spettatrice al combattimento, osservando con ansia ogni mossa dei due contendenti. Aveva avuto paura per Kisshu, perché non capiva la natura della sua trasformazione, e aveva sussultato quando lo aveva visto in difficoltà. Sapeva che avrebbe dovuto ringraziarlo, non appena si fosse dissolto lo scudo, ma quando questo accadde dalla sua bocca non uscì alcun suono. Erano l’uno di fronte all’altra, eppure lei non riuscì a dir nulla. Anche Kisshu non parlò, limitandosi a porgerle la mano argentata per aiutarla ad alzarsi; poi il suo corpo si illuminò di nuovo, cadde in ginocchio e la trasformazione si dissolse in una pioggia di scintille. Il ragazzo riaprì gli occhi di colpo, e posò le mani a terra.

“Come ti senti?” gli chiese la ragazza, lieta di rivedere l’alieno che conosceva.

“Che è successo? – Domandò Kisshu. – Dov’è Temeku?”.

“Non ricordi? Ti sei trasformato, e lo hai sconfitto”.

“I…io, trasformato? Non ricordo nulla del genere. – Kisshu si toccò la testa dolorante. – E’ tutto così confuso”.

“Come? – Esclamò la ragazza. – Vabbè ne parliamo più tardi, ora è meglio ritornare al Caffè” propose, vedendo le persone che stavano rientrando.

Kisshu provò a teletrasportarsi, ma era troppo stanco e persino il volo gli era impossibile.

“Non ce la faccio: sono sfinito”.

Ichigo allora decise velocemente di portarlo a casa sua, il posto più vicino che conosceva, perciò si mise un braccio del ragazzo sulle spalle e lo aiutò a camminare. Fu una vera impresa, ma alla fine riuscì a portarlo fino in camera sua dove lo fece sistemare ai piedi del letto.

“Occupiamoci di queste ferite” disse, recandosi in bagno per prendere garze e disinfettante.

“Non è necessario, sono solo dei graffi” replicò Kisshu, ma lei non ascoltò.

“Zitto e lasciami fare”.

Sconfitto, l’alieno la ringraziò.

“Per così poco, è il minimo dopo che mi hai salvata per la terza o quarta volta” rispose lei, ripensando anche a quando lui l’aveva risvegliata dal sonno in cui l’aveva costretta la chimera creata da Pai.

“Ma allora, quella sera… - Kisshu aveva capito a cosa stesse pensando lei, poi sbuffò. – Dovrò esserti sembrato parecchio stupido”.

“Oh sì, ma se non lo avessi fatto adesso la Terra sarebbe in mano a Profondo Blu, e noi non saremmo qui a parlare” Ichigo si inginocchiò accanto a lui.

Prese il cotone, imbevuto di disinfettante, e iniziò a passarlo sulle ferite. Come aveva detto Kisshu, erano tagli superficiali, causati dai viticci che lo avevano incatenato, ma a quella vista la ragazza cominciò a piangere. Si era resa conto che lui aveva, per l’ennesima volta, rischiato la propria vita per proteggerla. Istintivamente appoggiò la testa sul torace del ragazzo che, superato lo shock iniziale, la abbracciò.

“Dai micetta, non fare così” le disse accarezzandole la testa; sentiva le sue lacrime che, oltrepassando il tessuto della maglia, gli bagnavano la pelle.

“E’ colpa mia. – Si accusò Ichigo, rimettendosi seduta come prima. – A causa mia, tu soffri sempre moltissimo. Non sono brava a difendermi da sola” singhiozzò.

Con molta delicatezza, quasi come se stesse toccando una bambola, Kisshu passò una mano sulla guancia di Ichigo, e col pollice le asciugò una lacrima che stava per cadere.

“Su, non piangere. Sei tanto carina ma non ti si addice” le disse, ma dato che lei non smetteva di piangere si avvicinò e le baciò la fronte.

“Tranquilla, per te sopporterei di tutto. – Le sussurrò sincero, poi allontanò il viso. – E ricorda: tu sei molto più forte di quanto pensi”.

“Lo dici solo per farmi stare meglio” ribattè Ichigo, asciugandosi gli occhi.

“Non sono io che ho sconfitto Profondo Blu” le rammentò l’alieno sorridendo.

In quel momento, dal piano di sotto, si sentì il suono del campanello.

“Vado a vedere chi è. Tu resta qui” ordinò la ragazza, uscendo dalla stanza; arrivò alla porta che il campanello aveva suonato già tre volte.

“ARRIVO” gridò seccata per l’insistenza del visitatore.

Capì il motivo di tanta urgenza quando aprì la porta e vide Lory, Pam e Ryan assieme a Pai e Tart.

“FINALMENTE. – Esclamò Lory, con un tono misto tra sollievo e preoccupazione. – Ti abbiamo cercata dappertutto”.

“Kisshu è con te?” chiese Tart.

“E’ in camera mia, al piano di sopra. – Affermò Ichigo, indicando le scale mentre faceva entrare tutti. – Ma non può muoversi” si lasciò sfuggire.

“Perché?” domandò Pai preoccupato.

“Bhè…ecco. – La ragazza esitò, alla ricerca di un modo per raccontare quello che era successo. – Temeku ci ha attaccato e…” non riusciva a trovare il modo giusto per spiegarsi.

“KISSHU SI E’ TRASFORMATO!” trillò Masha, destatosi dallo standby, sbucando fuori dalla camera della ragazza.

“ZITTO AMMASSO DI ROTTAMI!” eruppe Kisshu, alzatosi a fatica e lanciatosi all’inseguimento del robot, ma era così stanco che dovette fermarsi all’inizio della tromba delle scale aggrappandosi al passamano, mentre Masha trovò riparo tra le braccia di Pam.

“AAAAAAAAAAAH! – Strillò allarmato Tart. – Che ti è successo???”.

“Come hai fatto a ridurti così?” seguì Pai.

“I…io” esitò Kisshu che, a differenza di Ichigo, non avrebbe voluto raccontare la verità.

“SI E’ TRASFORMATO! KISSHU SI E’ TRASFORMATO!” ripetè Masha.

“COSA?” chiesero tutti in coro, mentre il povero ragazzo nascondeva il viso per la vergogna.

Intanto, nel loro covo segreto…

“E così, il traditore si è reincarnato nel corpo di quel ragazzino. – Disse Arkei, seduto fin troppo comodamente sul trono. – Avrei dovuto sospettarlo, visto quello che ha combinato l’anno scorso”.

“Per tutti questi anni, è riuscito a celare la propria presenza” aggiunse Temeku.

“Ha ingannato tutti. Persino Profondo Blu non è riuscito a percepirne l’essenza. Io stessa me ne sono accorta solamente perché ho riconosciuto i suoi occhi” fece Rumiko, orgogliosa di essere stata la prima a scoprirlo.

“Non crucciamoci per questo. – Consigliò Arkei, alzandosi. – Dimmi, Temeku, per caso ti è sembrato che Zeruo fosse pienamente cosciente di sé? Che avesse dei ricordi sulla sua vita precedente?”.

“Non credo, ma non posso esserne certo. Tuttavia l’ho visto riprendere la sua attuale forma” riferì il biondo.

“Allora non sussistono problemi. – Esultò Arkei. – Sicuramente non avrà alcun ricordo del passato, il che significa che non conosce più i suoi poteri”.

“Ma quando ha combattuto con me…”.

“Un riflesso momentaneo, dovuto ad una reminiscenza che si sarà dissolta. Non temete, abbiamo ancora un vantaggio”.

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Capitolo 10
*** Qualcuno osserva sempre ***


Pianeta degli alieni, due anni prima

Era da poco passata l’ora del termine del suo turno, quando Eiji venne convocato d’urgenza dal direttore del reparto scientifico senza alcuna spiegazione.

“Naoko mi ucciderà” pensò l’uomo, mentre si aggiustava il camice davanti alla porta d’ingresso dell’ufficio del superiore.

“Volevate vedermi?” si annunciò entrando in quella che era una grande sala semibuia, con un grande tavolino ovale al centro, e un proiettore appeso al muro dietro alla sedia su cui stava seduto il direttore.

“E’ giunto il momento, Eiji, che tu conosca la reale natura del ragazzo che hai accolto in casa tua anni fa: il figlio di Akio” enunciò l’uomo, tenendo le dita delle mani incrociate all’altezza degli occhi.

“Kisshu? – Esclamò Eiji. – Da come me lo ha detto, sembra che lei stia per parlare di un mostro che porterà la distruzione nell’universo” si sedette.

“Dipende dai punti di vista” ribattè l’altro, alzandosi e portando le braccia dietro la schiena.

“Oh andiamo! Sarà una testa calda, ma è solo un ragazzo…”.

“E’ vero. – Lo interruppe il direttore. – Ma recentemente, in allenamento, ha sconfitto una chimera che avrebbe dovuto essere ben al di fuori della sua portata”.

“E’ un tipetto tosto: molto spesso Pai si arrabbia perché non riesce a farsi obbedire” lo scienziato ridacchiò.

“La chimera aveva la capacità di rigenerarsi, eppure lui l’ha annientata” replicò il direttore, alzando la voce.

“Evidentemente, i tecnici devono aver sbagliato qualcosa nel progettarla” insinuò Eiji.

Non facendo caso alle parole del suo dipendente, l’anziano fece avviare il video dell’ultimo allenamento di Kisshu: nonostante un’iniziale difficoltà, alla fine il ragazzo aveva veramente distrutto la chimera.

“Non hai notato niente?” domandò il direttore, mentre prendeva una cartella da un cassetto sotto al tavolo.

“No. – Affermò Eiji, soffermando il suo sguardo sul video. – L’unica cosa che posso dire, è che nell’ultima fase dello scontro ha cambiato modalità di lotta. In effetti, in quegli istanti i suoi occhi erano strani”.

Il direttore lanciò la cartella verso Eiji, e gli ordinò di osservare i dati che vi erano stampati sopra.

“Dimmi cosa vedi!” ordinò.

“Sembra che ci siano due fonti di energia” riferì lo scienziato; ancora non capiva.

“Ho ragione di credere, che Kisshu possa essere la reincarnazione di uno dei Cavalieri di Profondo Blu” ipotizzò il direttore.

“COSA?” Eiji non credeva alle sue orecchie.

“Al momento è solo una mera teoria, ma in ogni caso quel ragazzo ha un potere nascosto e io devo accertarmi cosa sia”.

“Non lo userai come cavia da laboratorio. – Sbottò Eiji. – Mi scusi per l’insolenza, ma se prova a toccarlo non risponderò delle mie azioni. Non pensi che non farò niente, perché anche se non sono suo padre biologico per me è un figlio a pieno titolo”.

“Stai calmo, non farò niente del genere. – Lo tranquillizzò il direttore. – Lo manderò sulla Terra, per adempiere alla nostra missione, nella speranza che così il suo potere sopito possa manifestarsi”.

“E lei pensa che lui sia chissà chi, solo per uno sguardo diverso dal solito? Mi perdonerà se le do del pazzo” esclamò Eiji, cercando di far ragionare il superiore.

Il direttore, cosciente di ciò che stava cercando di fare lo scienziato, fece partire nuovamente il video fermandosi nel momento in cui Kisshu aveva attaccato la chimera con il colpo fatale.

“Lui non se n’è reso conto, a causa della nebbia, ma per fortuna le nostre telecamere osservano tutto. – Il direttore fece vedere un particolare del muro oltre la foschia, mostrando le strane lance che vi si erano conficcate. – Cosa dici?”.

“Non possiamo essere sicuri che sia stato lui. – Ribattè Eiji. – Forse sono resti della chimera”.

“Impossibile: la creatura era totalmente organica, mentre quelle lance sembravano fatte di un materiale simile al cristallo”.

“Sembravano? Non le avete fatte analizzare?” domandò lo scienziato.

“Si sono dissolte prima che la nebbia si diradasse del tutto. – Ammise il direttore. – Ma prima che tu possa dire altro, desidero mostrarti qualcosa che forse ti convincerà” mostrò un frame delle unghie di Kisshu: alcune si erano cristallizzate.

“Converrai con me, nel dire che questa è la prova finale” aggiunse.

“Anche se fosse così, non vedo il motivo per cui dovreste mandare proprio lui. –Disse Eiji. – Ci sono altre persone, adulti, più adatti al compito”.

“Gli altri non competono con lui. – Il direttore alzò di nuovo la voce. – Anzi no, in realtà uno ci sarebbe: tuo figlio Pai. Preferisci forse che mandi lui?”.

Eiji si irrigidì, ignorante su quello che avrebbe dovuto dire.

“Lo immaginavo, allora anche tu hai un po’ di buon senso” lo canzonò l’anziano.

“Non è giusto. – Bisbigliò lo scienziato. – Lo manda allo sbaraglio, solo per una sua stupida idea”.

“Mi sembra di averti già dimostrato, che la mia ipotesi non è priva di fondamenta! – Sbottò il direttore, sbattendo i pugni sul tavolo. – Tu stesso hai detto che c’era qualcosa di strano in lui, mentre combatteva contro quella chimera. Accetta la realtà: in lui c’è ben più di quanto si veda, e se ancora non si è manifestato significa che questo posto non è abbastanza!”.

“Ma…”.

“La decisione è presa! Ho già predisposto tutto” esclamò il direttore, rivelando che aveva già agito secondo le sue intenzioni.

“E se tutto andasse diversamente? Se lui non ci riuscisse, o se dovesse…” chiese Eiji.

“Manderemo qualcun altro a prenderne il posto” rispose il direttore.

“Chi?”.

“Mi sembra di averti già risposto”.


Nota autrice: Un piccolo flashback. Il direttore è proprio cattivo, vero? Presto aggiornerò con un nuovo capitolo. Intanto mi piacerebbe sapere cosa ne pensate, del racconto in generale. A presto.
 

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Capitolo 11
*** Rimediare al passato ***


Sotterraneo del Caffè Mew.
“Com’è potuto succedere?” esclamò Ryou, mentre Kyle faceva passare sullo schermo le registrazioni fatte da Masha; erano dei brevi video, fatti in quei brevi momenti in cui il piccolo robot tentava il riavvio, ma in un frammento si vedeva indistintamente l’immagine di Zeruo.
“Non ne ho proprio idea. – Rispose Kisshu, osservando con stupore la sua stessa trasformazione mentre si massaggiava il punto il cui lo scienziato gli aveva prelevato il sangue. – Neanche ricordo di essermi trasformato”.
“Potrebbe essere una conseguenza dell’acqua cristallo?” ipotizzò Pam, ricordando che i tre alieni erano stati riportati in vita dal prodigioso liquido.
“Su questo, posso dire al 100% che non è quella la causa. – La contraddì Kyle, inforcandosi meglio gli occhiali. – Se così fosse, adesso ce ne sarebbero tracce evidenti nel sangue, per non parlare del fatto che anche Pai e Tart avrebbero avuto effetti simili. E’ molto più plausibile che lui sia così dalla nascita”.
 “Allora perché non si è visto fin da subito? – Avanzò Purin. – Insomma, perché non è successo già l’anno scorso?”.
“In effetti è insolito, anche se è stato un bene” aggiunse Mark.
“Non saprei dirlo. – Confessò Kyle. – Però l’espressione di Temeku mi dà da pensare: è terrorizzato, come se avesse visto una persona conosciuta”.
“Ora che ci penso! – Esclamò Ichigo. – Quando Kisshu si è trasformato, Temeku ha cominciato a chiamarlo Zeruo”.
“Zeruo?” ripetè Ryou, e la ragazza annuì affermando di esser certa di non aver sbagliato.
“Allora Kyle deve averci visto giusto. – Disse Pai, con gli occhi scintillanti. – Ma non ho mai sentito un nome simile”.
“Forse Makoto lo sa. – Suggerì Tart. – L’altra volta sembrava saperne molto sui Cavalieri”.
“Giusto”.

Non volendo aspettare per avere la soluzione, Pai evocò uno strumento elettronico di piccole dimensioni; lo posò a terra, lo accese e disse il nome della persona da contattare. Da un led posto al di sopra del marchingegno, si propagò un fascio di luce al cui interno apparì la figura di una donna. Ella aveva un viso molto fine, incorniciato dai lunghi capelli nero-blu, e la frangia obliqua dal taglio netto che dava un tocco di severità allo sguardo.
“Finalmente ti sei degnato di chiamarmi” esclamò lei, molto puntigliosa.
“Abbiamo avuto molto da fare, dopo che abbiamo incontrato Cavalieri. – Si scusò Pai, che partì subito all’attacco. – Puoi dirci qualcosa su un certo Zeruo?”.
“Sì sto molto bene, grazie per avermelo chiesto” replicò lei, offesa.
“Non serviva che te lo chiedessi: si vede lontano un miglio che sei in perfetta salute! Dai dimmi quello che sai”.
“E VA BENE, UFFA! – Sbottò Makoto. – Secondo i nostri database, Zeruo era uno dei Cavalieri seguaci di Profondo Blu. Non se ne conosce il motivo, ma pare che abbia ingaggiato guerra con i suoi compagni. Dati gli sviluppi, sicuramente non appoggiava più le idee di Profondo Blu” spiegò senza mai sbattere le palpebre.
“Cosa accadde a Zeruo?” domandò Ryou, senza curarsi di presentarsi.
“Non si sa: le informazioni sono andate perse come la memoria di quegli anni del nostro periodo terrestre” rispose la donna.
“Puoi dirci qualcosa sui suoi poteri?” intervenì Kisshu, stringendo l’orlo del tavolino su cui era seduto.
“Purtroppo no. – Affermò Makoto, tuttavia tutte quelle domande gliene fecero sorgere una. – Come mai siete così interessati a lui? Lo avete incontrato per caso?”.
“Diciamo che…sì! – Confessò Pai, facendo venire la pelle d’oca al fratellastro. – Probabilmente lo abbiamo visto”.
“COOOOOOOOOSA???” strillò Makoto, ma l’alieno chiuse il collegamento prima di dover rispondere ad altre domande.
“A quanto pare, siamo di fronte a una reincarnazione” dichiarò Kyle, guardando nella direzione di Kisshu (come gli altri, del resto). Il ragazzo stava tremando come una foglia.
“Finalmente una buona notizia” disse Minto.
“Ora nessuno ci potrà fermare!” esultò Purin, alzando il pugno.
“Prima dovremmo accertarci che Zeruo non abbia cattive intenzioni. – La calmò Ryou, che poi guardò verso l’interessato. – E poi Kisshu dovrà imparare a controllare la sua trasformazione”.
“IO NON FARO’ NIENTE DEL GENERE! – Urlò l’alieno con gli occhi dorati. – Non posso farlo” saltò giù dal tavolo, a testa bassa, e scappò dai sotterranei.
“Che gli è preso?” chiese Purin.
“Ha paura. – Affermò Pam, che aveva potuto vedere il terrore negli occhi del ragazzo. – Teme che, se si trasformasse di nuovo, potrebbe farci del male. Di certo non vuole che si ripetano gli eventi dell’anno passato”.
“Ma se così fosse, non mi avrebbe salvata” ribattè Ichigo.
“Per noi è così, ma se ci pensi anche il Cavaliere Blu veniva in tuo aiuto prima di rivelare la sua parte malvagia”.
“Vuoi dire che rischiamo di dover combattere contro un altro nemico?” domandò Minto.
“Non tiriamo le somme finchè non avremo tutte le carte in tavola. – Intervenì Lory, che la pensava come Ichigo. – In questo momento la priorità maggiore è aiutare Kisshu, o si farà solo del male”.
“Ci parlo io! – Esclamò Mark, avvicinandosi alla porta. – Capisco cosa sta provando in questo momento, e penso di essere la persona più adatta” affermò, e uscì dai sotterranei alla ricerca del fuggitivo.
“Cos’hai Ichigo?” chiese Purin, vedendo l’amica molto pensierosa.
“Stavo pensando a quello che mi ha detto Kisshu, prima che arrivasse Temeku. – Ichigo si avvicinò a Pai. – Gli incubi che fa, riguardano la morte dei suoi genitori”.
“La morte dei SUOI genitori? – Fece Minto, confusa. – Ma scusate, voi non siete fratelli?”.
“Io e Pai sì. – Rispose Tart. – Kisshu è stato adottato dai nostri genitori quando è rimasto orfano”.
“Ha detto anche che…vede una strana creatura. – Continuò Ichigo. – Gli parla, e dice che è venuta per lui, ma lui cerca sempre di scappare”.
“La creatura dovrebbe essere Zeruo; sogna il suo alter ego” dedusse Kyle.
“E quale collegamento ci sarebbe con la morte dei genitori? – Meditò Lory. – Non capisco il nesso”.
“Perché non c’è, è semplice” dedusse erroneamente Minto.
“Invece sì. – Pai si era illuminato. – Potrebbe essere un messaggio che gli sta mandando Zeruo, per dimostrargli che loro sono la stessa persona e che non ha cattive intenzioni”.
“Spiegati meglio, per favore” lo pregò Ryou.
“I suoi genitori sono morti a causa dei crolli provocati dal terremoto che ha demolito l’edificio in cui stavano lavorando. Quella sera, Kisshu era con loro e ne è uscito miracolosamente indenne e nessuno sa spiegarsi il perché. – Pai prese un respiro profondo. – Quando è stato interrogato, Kisshu ha affermato di aver visto una trave che stava per cadergli in testa, poco prima che perdesse conoscenza; senza fare menzione dell’esplosione che c’è stata a pochi centimetri da lui, e che ha sfondato una parete lì vicino. Mio padre, che è entrato dentro e lo ha salvato, ha visto l’esplosione ma nessuna trave: solo polvere e detriti” si fermò un istante, nella speranza che qualcuno facesse il suo stesso ragionamento.
“Stai pensando che Kisshu potrebbe aver, involontariamente, usato i suoi poteri per salvarsi? – Dedusse Pam. – Che quindi sia stato lui la causa dello scoppio?”.
“Esatto”.

Esterno del Caffè Mew.

Mark era dovuto uscire fuori dal bar per trovare l’amico, che era seduto sul terrazzo al piano superiore appoggiato con la schiena alla ringhiera e la testa in mezzo alle gambe.
Grato di aver imparato a volare, si sollevò fino a raggiungere l’alieno e gli domandò se poteva sedersi anche lui.
“Immagino, che lo faresti anche se dicessi di no” acconsentì Kisshu alzando la testa.
Mark si sedette, e in un attimo ripensò a quando si era ritrovato nella stessa situazione e a come si era sentito.
“Anche per me è stato così. – Iniziò. – Una volta che prendi coscienza della verità, ti senti come se ci fossero due anime nel tuo corpo; e avverti una forza che non sai se puoi controllare”.
“Come fai?” chiese Kisshu, guardandosi le mani.
“Devi pensare che TU, sei sempre TU. Credo che la chiave sia l’accettazione di se stessi, e anche di usare le proprie capacità per il bene” rispose Mark.
“Non credo di esserne un grado” confessò l’alieno.
“EHI! Dov’è finito il tuo spirito combattivo? Il Kisshu che conosco io, non direbbe così” disse Mark, con una punta di critica.
“Oh andiamo, non è come volare dove basta allenarsi. – Sbottò l’alieno, per poi calmarsi. – Da solo non ce la farò mai”.
“A questo servono gli amici”.
“?”
“Se me lo permetti, vorrei darti una mano. – Si propose Mark. – Siamo nella stessa situazione, adesso, e credo che una buona dose di allenamento ti farebbe proprio bene”.
“Vorrei farti notare, che io e te siamo nemici fin dall’alba dei tempi” osservò Kisshu, alzando un sopracciglio.
“Una volta, forse, ma adesso abbiamo una seconda occasione per ricominciare da capo. Questa potrebbe essere la nostra opportunità. – Mark sorrise. – Io e te potremmo diventare migliori amici, chissà”.
“Il tuo ottimismo è disarmante, sul serio. – L’alieno sorrise. – Ma ammetto, che mi servirebbe proprio una mano; perciò accetto volentieri”.

Pianeta alieno

“Che maleducato!” esclamò Makoto, facendosi ben sentire da Eiji che era dall’altra parte del laboratorio.
“Cos’è successo?” domandò l’uomo, avvicinandosi.
“Tuo figlio mi ha chiuso il collegamento, in faccia, quando ancora non avevamo finito di parlare. – La donna incrociò le braccia. – Prima chiede le cose, e poi non ricambia”.
“Pai che chiede qualcosa? – Si stupì Eiji. – Di cosa si trattava?”.
“Mi ha chiesto informazioni su Zeruo, e io gli ho detto quel poco che sapevo”.
Al sentire il nome del Cavaliere, Eiji ebbe quasi un mancamento e dovette sedersi.
“Ti senti male?” gli chiese Makoto, e lui negò con la mano.
“Com’è venuto a conoscenza di quel nome?” domandò lo scienziato, mordendosi il labbro inferiore.
“Bhè…ha detto che lo hanno incontrato, forse” precisò la donna.
“Allora deve essere successo. – Eiji si passò la mano sui capelli. – Alla fine il pazzo l’ha avuta vinta”.
“Che stai dicendo?”.

“Molto probabilmente, Pai ti ha nascosto una parte della verità. – Eiji si prese un momento. – Quel Cavaliere ha sacrificato la propria vita, secoli fa, per poi reincarnarsi. Se mio figlio ti ha detto di averlo visto, di certo è perché la persona che ora ne ha in sé l’essenza si è rivelata per quello che era”.

“Se è così, avrebbe anche potuto dirmelo” puntualizzò Makoto, e l’uomo ridacchiò.

“No, non lo avrebbe fatto. – Eiji sospirò, prima di decidersi a rispondere alla faccia interrogativa della sua assistente. – Non potrebbe, visto che la persona in questione è Kisshu”.

“Che cosa? – Strillò Makoto. – Perdonami, ma sei certo che sia proprio lui? Insomma, io sinceramente non ce lo vedo proprio”.

“E’ così! – Affermò Eiji, rialzandosi. – Il direttore lo ha scoperto anni fa, e da allora lo ha tenuto sotto controllo. Io sono stato informato l’anno scorso, quando ormai non potevo più fare nulla”.

“Come ha fatto?” chiese la donna.

“Hanno trovato il diario di Akio, tra le macerie del laboratorio, e leggendolo hanno capito che qualcosa non andava. Poi, due anni fa, Kisshu ha cominciato a manifestare il suo potere e il direttore ha tirato le sue conclusioni” prese un diario da uno dei cassetti; lo stesso che Akio aggiornava ogni notte, e disse alla donna di leggerlo.

“Ho sottolineato le cose più rilevanti” aggiunse, e Makoto iniziò.

“Comincio a credere, che il mio bambino non sia come gli altri. A volte, guardandolo, mi viene da pensare che con lui sia venuto al mondo qualcun altro. Izumi è troppo presa da lui, per rendersene conto, e mi auguro per il suo bene che continui così perché non voglio che si preoccupi”.

“Spesso i suoi occhi esprimono l’innocenza della sua età, ma in certe occasioni vi leggo una maturità che non gli appartiene. Qualcosa di arcaico, che non riesco a spiegarmi”.

“Ho avuto una terribile visione: ho visto uno spirito accanto a mio figlio. Era accanto al suo letto, come un angelo custode, e mi ha guardato fisso quando sono entrato nella cameretta. Mi chiedo, se quello spirito non fosse solo frutto della mia immaginazione; invece, se fosse altrimenti, le fondamenta dei miei dubbi diventerebbero più salde”.

“Oggi aveva qualcosa sulla guancia: era quasi impercettibile al tocco, ma sembrava un’antica runa. ”
 
“Allora è vero” si arrese Makoto, richiudendo il diario.

“Cose così, ti fanno restare di sasso. – Eiji riprese il diario. – Quando l’ho letto, per la prima volta, ho compreso molti degli strani comportamenti di Akio”.

“Come hanno fatto, a capire che Kisshu è la reincarnazione di Zeruo? – Domandò Makoto. – Nei nostri database, non ci sono informazioni riguardo i poteri dei cavalieri”.

“Nei NOSTRI, ma ai piani alti hanno molte più informazioni. Gli bastava solo che Kisshu si mostrasse”.

“I ragazzi dovrebbero essere informati” propose la donna.

“Hai ragione. – Eiji prese un’altra cartella da un cassetto, e la porse a Makoto. – Qui dentro, ci sono tutti i dati che ho raccolto hackerando la banca dati. Andrai sulla Terra, e la consegnerai ai ragazzi”.

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Capitolo 12
*** Trappola ***


Rifugio dei nemici

“MA INSOMMA! – Strillò Rumiko, ciondolando avanti e indietro per la sala. – Possibile che stiamo ancora qui a far niente? Non capite il pericolo che corriamo?”.

“Calmati Rumiko. – Le disse Arkei, in piedi ad osservare la città da uno speciale display. – Il pericolo di cui stai parlando, non esiste: anche se Zeruo riacquistasse la memoria, non può far niente contro noi tre” sembrava estremamente calmo, forse troppo vista la situazione.

“Però non ha tutti i torti. – Intervenì Temeku, meditabondo. – Se ci sbarazzassimo adesso di Zeruo, ridurremmo a zero le possibilità di vittoria dei nemici”.

“Li distruggeremo, anche senza disturbarci a fare una cosa del genere. – Arkei sospirò, quasi malinconico, e i suoi alleati se ne accorsero. – Ora andate, ho bisogno di riflettere in silenzio” si sedette sul trono, e gli altri due ubbidirono.

“Ci sta di sicuro nascondendo qualcosa: conosce fin troppo bene quello che può fare Zeruo, e il rischio che corriamo nel lasciarlo a piede libero” suggerì Rumiko, che con Temeku si era teletrasportata sulla torre radio di Tokyo; lontano dalle orecchie di Arkei.

“Su questo ti do ragione” l’alieno biondo era pensieroso, in piena fase di riflessione.

“A cosa stai pensando?” domandò la donna.

“Temo, purtroppo, che sia proprio Zeruo la ragione per cui la nostra azione di distruzione ha subito un rallentamento. – Temeku si fermò un istante, per notare l’espressione confusa della compagna. – Da quando Zeruo si è rivelato, i suoi occhi si sono come accesi: non ha più lo sguardo assente di prima. Può darsi che abbia in mente chissà quale piano, per cercare di riportare Zeruo con noi, prima di distruggere la Terra”.

“Se fosse vero, sarebbe un comportamento inaccettabile. E’ a causa sua, se ora siamo in questa situazione – Affermò Rumiko. – No! Lui deve sparire, definitivamente”.

“Sono d’accordo con te, ma come possiamo fare?” chiese Temeku.

“Ho una piccola idea, ma dovremo unire le forze”.

“Conta pure su di me!”.

Cling. Clang. Stonk!

Dopo un lungo scambio di stoccate, alla fine Kisshu aveva disarmato il Cavaliere Blu. Per l’alieno era stato facile togliere la spada all’avversario (in effetti, fin troppo), e nonostante la soddisfazione personale sapeva che era stato grazie alla scarsa forza con cui Mark lo aveva attaccato.

“AVANTI MARK! – Si lamentò l’alieno, permettendo al ragazzo di recuperare la spada. – Puoi fare molto meglio” lo incitò.

“Perdonami” si scusò il Cavaliere, sorridente come sempre.

Poco più in là, seduti su una panchina Kyle, Ryou e Tart osservavano l’allenamento con grande attenzione mentre Masha, seduto sulle gambe di Tart, registrava tutto quello che vedeva e inviava i dati al computer; in modo che lo scienziato potesse monitorare l’energia di Kisshu. Pai invece, si era posizionato molto più vicino ai contendenti, per poter dare consigli a Mark su come mettere in difficoltà il fratellastro. Le uniche a mancare erano le Mew mew, divisesi tra lavoro e compiti scolastici.

“Devi fingere di volerlo attaccare a morte. – Suggerì l’alieno dai capelli viola al Cavaliere. – Non frenarti solo perché siamo in allenamento, o non lo indurrai mai ad usare i poteri di Zeruo”.

“E’ vero. – Concordò Mark. – Ma non vorrei esagerare, e fargli del male” confessò.

“Pai ha ragione.  –Si intromise Kisshu, mettendosi in guardia. – Fammi male”.

“Va bene”.

Le spade si incrociarono di nuovo e, come consigliato da Pai, il Cavaliere iniziò ad assalire con più foga il suo avversario e sembrava quasi che entrambi fossero tornati a un anno prima, quando ancora erano nemici.

“Finalmente ti riconosco” commentò Kisshu, schivando con destrezza una stoccata. La forza del Cavaliere era tanta, e per evitare di stancare troppo la muscolatura il ragazzo era passato ad una strategia più difensiva, che includeva l’uso della sua agilità per evitare gli attacchi più pesanti.

“Mi fa piacere” rispose Mark, cercando in ogni modo di mettere in difficoltà il ragazzo non dandogli tregua nemmeno per un istante. Non appena Kisshu poggiava i piedi a terra, Mark cercava subito di portare a termine un attacco e lo faceva con un ritmo sempre più alto. Finchè poi, in un momento di stanchezza, Kisshu perse la presa sui Sai e cadde a terra atterrando su un fianco. Confidando nel fatto che l’alieno avrebbe facilmente evitato il colpo, il Cavaliere portò la spada in alto e finse un attacco. Come previsto, Kisshu evitò la lama ribaltandosi con una ruota, ma qualcosa era cambiato nel suo sguardo: i suoi occhi erano più minacciosi, e i presenti se ne accorsero subito.

“STAI ATTENTO MARK!” consigliò Ryou, che aveva subito notato i picchi di energia sul computer di Kyle.

“Riprendi i Sai” disse Pai, che aveva velocemente recuperato le armi, a Kisshu, ma quello negò con una voce alterata.

“Oh oh” commentò Tart, pur sperando di vedere Zeruo manifestarsi.

“Speriamo che vada tutto bene” pensò lo scienziato, osservando la grande energia nel corpo dell’alieno.

Il Cavaliere riprese ad attaccare, e nonostante fosse disarmato Kisshu continuava a parare ogni assalto, senza alcun timore. Mark si ritrovò, suo malgrado, a controllare di nuovo la forza con cui maneggiava la lama per evitare di far del male all’amico. Ad un certo punto, l’alieno si slanciò contro il Cavaliere, che vide la lama atterrare sull’avambraccio dell’alieno. Il manicotto si strappò, rivelando ciò che c’era sotto: uno strato di cristallo che stava facendo da armatura.

“Kisshu. – Chiamò Mark, per verificare la persona con cui stesse lottando. – Resta cosciente” ripetè.

“Stai…lontano” sussurrò l’alieno, lottando contro se stesso per mantenersi lucido. La trasformazione era già cominciata, e il ragazzo si sentiva come distaccato dal mondo. Ogni volta che perdeva contatto con la realtà, vedeva lui: gli stava sorridendo.

“Non avere paura. – Gli disse Zeruo, come ogni volta. – Non voglio fare del male a nessuno”.

“Kisshu resta sveglio!” sentì dire da Mark.

“Non sono un tuo nemico” affermò il Cavaliere di cristallo, avanzando le mani.

Arrabbiato contro se stesso, in uno sfogo di rabbia Kisshu gridò scaricando al contempo l’energia che aveva accumulato in corpo.

“VATTENE!”.

Come se fosse stato ascoltato, la trasformazione si interruppe, e il ragazzo cadde a terra in un cerchio di cristallo.

“KISSHU! – Esclamò Pai, accorrendo dal fratellastro. – Come stai?”.

“Ho fatto del male a qualcuno?” domandò l’alieno dagli occhi dorati, tralasciando la domanda che gli era appena stata posta.

“No, ti sei fermato subito” rispose Mark, suscitando un sorriso sul volto di Kisshu.

“Sei stato GRANDE! – Esultò Tart, col pugno al cielo. – Hai bloccato la trasformazione!”.

“Eiji aveva fatto centro. – Si intromise la voce di una donna. – Certo che avreste dovuto avvertirmi” era Makoto, in carne e ossa.

“Cosa ci fai qui?” domandò Pai, sospettoso, mettendosi a protezione del fratellastro.

“Tranquillo, sono qui in vece di vostro padre. – La donna si avvicinò, facendo cadere dalla spalla quella che sembrava una pesante borsa a tracolla. – Non ho niente a che fare con i testa pelata” tirò fuori il contenuto della borsa: una cartella e un vecchio diario. Non aveva per niente considerato Kyle e Ryou, rimasti in disparte.

“Ancora non mi hai risposto”.

“Calmati, insomma. – Lo ammonì Makoto, mentre percorreva quei pochi metri che la separavano dai ragazzi. – Sono venuta per portarvi questi: vostro padre ha detto che potrebbero esservi utili, e lo penso anch’io”.

“Dove hai trovato quel diario?” le chiese Kisshu, prendendo il piccolo quaderno dalle mani della donna; non era la prima volta che lo vedeva e, nonostante il tempo lo avesse rovinato, lo aveva riconosciuto.

“Sai di chi è?” domandò Tart, avvicinandosi per curiosare mentre il fratellastro sfogliava con delicatezza le pagine.

“E’ il diario di papà, lo portava sempre con sè. – Affermò l’alieno dagli occhi dorati, stringendo a sé l’oggetto. – Pensavo che fosse andato distrutto” accennò a un leggero sorriso, anche se pieno di malinconia.

“Scusate. – Si intromise Kyle, facendo un profondo inchino. – Lei è la signorina con cui abbiamo avuto il piacere di parlare l’altro giorno, vero? E’ un onore conoscerla”.

“Uao, quanta galanteria. – Si commosse Makoto. – Sono proprio io, il piacere è mio”.

“MAKOTO! – Strillò Pai. – Rispondi alla mia domanda”.

La donna sbuffò, spazientita, ma alla fine decise di rispondere alla domanda porgendo al ragazzo la cartella che ancora aveva in mano.

“Il direttore sapeva già di Kisshu. Lì dentro ci sono tutti i dati che ha raccolto su di lui, e anche tutto ciò che sapeva di Zeruo”.

“Ma com’è possibile? – Domandò Tart. – Nemmeno Kisshu lo sapeva”.

“Bhè…” gli occhi di Makoto andarono velocemente al piccolo quaderno.

“Lo hanno letto dal diario di papà. – Asserì il ragazzo dagli occhi dorati. – Lui lo aveva già capito”.

“Oh…”.

“ALIENI! ALIENI!” trillò improvvisamente Masha, svolazzando qua e là attorno alle teste di tutti.

“Dicci dove Masha” gli ordinò Ryou.

“Ospedale, ospedale”.

“Dobbiamo avvertire le Mew Mew. – Disse Kyle. – Intanto, ragazzi, potreste andare voi”.

“Certo!” esclamarono in coro tutti, ma qualcuno di loro aveva qualcosa da ridire.

“Tu Kisshu resterai qui, per oggi. – Ordinò Pai, trascurando del tutto le lamentele del fratellastro. – Non possiamo correre rischi” e sparì, assieme al Cavaliere e a Tart.

Gonfio di rabbia, Kisshu diede un calcio fortissimo all’albero più vicino che tremò come le sue foglie.

Nell’ospedale il Chimero di Rumiko e Temeku stava creando il caos più totale: quella specie di medico zombie correva per i corridoi, e le sale, armeggiando il grande forbicione e la siringa che aveva al posto delle mani. Ciondolava qua e là, sbattendo ogni tanto contro i muri del piccolo corridoio.

“EHI TU! SMETTILA DI INFASTIDIRE LE PERSONE” gli urlò contro MewBerry, accompagnata dalle altre MewMew e dai ragazzi.

Siete tutti malati. – Sibilò la Chimera. – Lasciate che vi curi io” si lanciò contro il gruppo, svanendo poi nel pavimento senza aver portato nessun attacco.

“Ma cosa?” balbettò Minto, scuotendo la testa a destra e sinistra per riuscire a intercettare il mostro.

“Dev’esserci Temeku, dietro a tutto questo” sentenziò Ichigo, stringendo il suo fiocco tra le mani.

“Ma che brava detective. - La canzonò l’alieno, sbucando fuori all’improvviso; con lui c’era anche Rumiko. – Ma questo non vi basterà”.

“Lui non c’è. - Bisbigliò la donna, in realtà non troppo sorpresa. – Ora che facciamo?”.

“Ho un piano, stai tranquilla” fece Temeku, prima di ordinare alla Chimera di attaccare di nuovo. Il mostro, obbediente come sempre, sbucò fuori dal nascondiglio e si gettò in mezzo al gruppo, che si divise per non essere alla portata della grossa siringa.

E’ arrivato il momento della medicina!” sibilò il mostro, aprendo e chiudendo le grandi forbici ogniqualvolta che cercava di tagliare qualche arto. Ci pensò MewPam a fermare la sua mano, usando il suo fiocco d’energia.

“Spiacente, ma qui siamo già stati tutti vaccinati” asserì la ragazza, facendo forza per tener ferma la Chimera e per permettere a Pai e Minto di attaccarla.

“Fiocco d’azione!”.

“Elettro siluro!”

Si alzò un gran polverone, che riempì tutto il corridoio, e quando tutti poterono vedere di nuovo Ichigo si accorse che Rumiko era sparita.
“Dov’è Rumiko?” domandò direttamente a Temeku, che sogghignò senza rispondere.

“Comincio a pensare, che questa sia tutta una farsa” ipotizzò MewLory, trovando il consenso di Pai e Mark.

“E se… - Balbettò Purin, ma poi di convinse del contrario. – No, è impossibile: lei non sa dov’è la nostra base”.

Lo sappiamo, lo sappiamo” ripetè più volte la Chimera, rialzandosi dopo il brutto colpo ricevuto; l’ago della siringa si era rotto. 

“Ops. - Commentò ironico Temeku. – E pensare che ho appena eretto una barriera, per non farvi lasciare la festa troppo presto”.

“Maledetto” disse Pai.

 

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Capitolo 13
*** Doppio attacco ***


“Ormai non ho più alcun dubbio, sulla duplice natura dell’anima di mio figlio. Ciò che mi auguro, ogni giorno, è che nessuno oltre me lo venga mai a sapere: la vita del mio piccolino sarebbe rovinata per sempre, mentre io voglio solo che possa vivere felice come sta facendo adesso”.
Lesse Kisshu, seduto su una sedia nel sotterraneo del Caffè sotto lo sguardo indagatore di Makoto, mentre Ryou assisteva al combattimento dal computer. Il giovane alieno era tanto immerso nelle pagine di quel diario, da poterne leggere le parole con il ricordo della voce del padre e con i ricordi che si susseguivano l’uno all’altro. Era così assorto, che le sue orecchie non sentirono l’allarme lanciato da MewBerry: che molto probabilmente i nemici, nonostante il congegno di Pai, erano riusciti a intercettare la loro base e che Rumiko si stava dirigendo là. Se ne rese conto solo quando percepì la classica vibrazione prodotta dall’apertura di un portale, e le grida dei clienti che fuggivano.
“Ooooh Zeruo <3. – Disse a gran voce Rumiko, con un tono che quasi voleva sembrare amichevole. – Vieni a giocare con me, per favore”.
“Ci ha trovato!” esclamò Kyle, che era riuscito a scendere nel sotterraneo senza farsi vedere dall’aliena.
“Voi restate qui! – Ordinò subito Kisshu, camminando verso gli scalini. – A lei ci penso io” salì senza nemmeno ascoltare le obiezioni dei tre.
“Zeruooo! – Continuò a strillare Rumiko, svolazzando per il locale. – Forza vieni fuori”.
“Al momento non è in casa. – Le rispose Kisshu. – Ti conviene lasciare un messaggio in segreteria” la canzonò.
“Oh, eccoti qua. – L’aliena intrecciò le dita, assumendo un’innocente espressione da bambina. – Però avrei preferito che ti fossi mostrato col tuo vero aspetto: sei carino anche così, ma eri molto meglio prima”.
“Spiacente deluderti, ma questa è l’unica faccia che vedrai” il ragazzo evocò i Sai, già carichi di elettricità.
“Peccato. – Rumiko sospirò. – Ma forse è meglio, visto che così non potrò incolparmi di aver rovinato il bel visino di un tempo”.
“Lo vedremo”.
Utilizzando la sua agilità, Kisshu scattò verso la donna e tentò di colpirla con i Sai dove l’aveva già ferita qualche giorno prima. Non ci riuscì, poiché Rumiko torse leggermente il busto per schivare l’attacco, ma approfittando della posizione ravvicinata il ragazzo si girò e la colpì al volto con una ginocchiata che la fece cadere a terra, in mezzo ad alcuni dei tavoli che erano stati rovesciati dai clienti in fuga.
“A chi dovevi rovinare il viso?” la canzonò, atterrando vicino alla porta della cucina, da dove poi si poteva accedere al sotterraneo, per impedire alla nemica di passare da lì.
“Tu sei…” rantolò la donna, scostando con poca grazia i tavolini che le facevano da ostacolo. La parte sinistra del volto, quella che era stata colpita, era molto arrossata e le faceva male. Nessuno aveva mai osato colpirla in piena faccia.
“Non ti sento”.
“Ora vedrai. - Affermò la donna, richiamando a sé la propria arma: un’arpa color verde smeraldo, rifinita in argento. – Ti pentirai di quello che hai fatto” iniziò a pizzicare con le lunghe dita le corde rilucenti dello strumento, dalle quali iniziarono a diffondersi delle vibrazioni che fecero tremare i frammenti di porcellana delle tazze e dei piatti che si erano rotti. In fondo era una melodia piacevole, con un ritmo che saliva sempre fino a che la donna non pronunciò una parola.
“Ultimocanto”.
L’arpa risplendette di energia, per poi rilasciare un potentissimo fascio di vibrazioni troppo veloce e troppo grande per essere evitato. Per difendersi Kisshu evocò una barriera che, involontariamente e nonostante non ci fosse stata alcuna trasformazione, si cristallizzò dividendo lui da lei. Benchè il colpo scagliato fosse potentissimo, lo scudo resse senza difficoltà ma il cristallo si incrinò in molti punti.
“Per favore, non adesso” mormorò tra sé Kisshu che, anche se solo per un secondo, aveva percepito la presenza del Cavaliere di cristallo.
“Povero Zeruo, sei bravo ma non abbastanza. – Disse Rumiko, appoggiando una mano sulla barriera. – Se solo ti fossi curato di mantenere le memorie della tua vita passata, ti saresti ricordato che io posso facilmente distruggere le tue difese” le bastò rilasciare un po’ della sua energia che, diffondendosi per tutta la superficie del muro di cristallo, lo ridusse in mille pezzi.
Nel frattempo, all’Ospedale…
E’ ora della medicina” balbettò la Chimera, serpeggiando in mezzo al gruppo che cercava di colpirlo; ma l’aiuto di Temeku, sparito chissà dove, stava rendendo la cosa quasi impossibile.
“Accidenti” imprecò Pai, dopo che la creatura gli aveva fatto quasi perdere l’equilibrio passandogli in mezzo alle gambe; se solo avesse potuto, avrebbe fulminato la creatura seduta stante.
“Mantieni la calma, o non lo prenderai mai” gli consigliò MewPam, aiutandolo a non cadere.
“Dobbiamo sbrigarci. – Esclamò Mark, tenendo la spada puntata a terra. – A quest’ora Rumiko sarà già arrivata al locale”.
“Se riuscissimo a tenerlo allo scoperto abbastanza a lungo, io potrei immobilizzarlo” propose Purin, che balzava ogni volta che vedeva un’ombra sospetta in avvicinamento.
“Buona idea, che dici gli chiediamo di star fermo mentre prendiamo la mira?” domandò ironico Tart, che stava a debita distanza da soffitto e pavimento svolazzando per aria.
“Sii serio Taru-taru!”.
“Ma sono serio”.
“ZITTI VOI DUE! – Strillò MewMinto. – Non è il momento di dire sciocchezze”.
“Scusa” dissero in coro i due ragazzini.
“Ora che ci penso… - Sussurrò Pai, cui era venuta in mente un’idea. – MARK, al prossimo assalto mi devi aiutare a trattenerlo” ordinò, e il Cavaliere annuì.
Arriva il dottore!” fece la chimera, saltando per aria per lanciarsi contro MewBerry e MewLory puntando la siringa con l’ago spezzato; tuttavia Pai e il Cavaliere lo sorpresero ai lati e lo bloccarono. La creatura provò a sparire, ma Pai aveva capito il trucco e aprì un portale dimensionale per impedire al nemico di svanire.
“Pai sei un genio” si complimentò il ragazzo, e l’alieno dai capelli viola alzò l’angolino della bocca.
“MEWBERRY, IL FIOCCO!” esclamò MewPam, e Ichigo obbedì subito.
“FIOCCO DI LUCE, MASSIMO SPLENDORE” invocò la Mew mew, investendo in pieno la chimera che svanì tra le braccia dei due ragazzi.
“Eliminato, eliminato” trillò Masha, inglobando il globo di energia vitale per riportarlo al suo proprietario.
Con la sparizione del nemico, anche la barriera si dissolse e il gruppo sentì la voce di Temeku che li derideva.
“Buon lavoro, ma ormai Rumiko avrà già fatto il suo dovere”.
“Dobbiamo tornare subito al Caffè!” disse MewLory, preoccupata per quello che poteva essere successo a Kyle e Ryou.
“Speriamo che Kisshu sia riuscito a tenere testa a quella donna” fece MewMinto, e Tart le lanciò un’occhiataccia perché aveva capito la lieve mancanza di fiducia.
“Ehi! La smetti di fare insinuazioni su mio fratello?” le strillò il ragazzino, e Minto fu così sorpresa che si scusò.
“BASTA! MUOVIAMOCI” esclamò Pam, in accordo con Pai.
Caffè Mew…
L’interno del locale era diventato irriconoscibile: pareti, soffitto e pavimento riportavano i segni degli attacchi di Rumiko. Anche i due contendenti avevano iniziato a mostrare i primi segni dello scontro: Rumiko, i cui capelli si erano sporcati di sudore, e polvere, aveva grossi lividi su tutto il corpo. Per Kisshu invece il problema peggiore era la stanchezza, che stava iniziando a corrodergli le energie; soprattutto ogni volta che, pur involontariamente, si difendeva con i poteri del Cavaliere di cristallo.
“Sei proprio buffo, lo sai? - Ridacchiò l’aliena, cercando di riprendere fiato. – Quasi quasi mi fa tenerezza: vedere che combatti contro te stesso; contro quello straordinario potere che ti sta prosciugando le energie” si vedeva già la vittoria in pugno.
“Non cantare vittoria troppo presto. - Ribattè Kisshu, serrando la propria presa sull’arma. – Ti sconfiggerò, non appena risolta la questione”.
“Ah ah ah. Peccato che morirai prima”.
“KISSHU” strillò Ryou, comparso sulla porta della cucina; aveva lasciato i sotterranei pensando, ingenuamente, di poter dare una mano.
“Che ci fai qui?” lo rimproverò Kisshu, distogliendo per un istante la sua attenzione da Rumiko che, spietatamente, pensò bene di lanciare una delle sue onde contro il biondo.
“LEVATI! - Gridò il giovane alieno, protendendo una mano aperta verso Ryou; sarebbe stato troppo lento anche se si fosse teletrasportato, ma fortunatamente l’istinto gli permise di erigere una barriera di cristallo davanti all’amico. L’attacco fu respinto, ma l’alieno si sentì tanto sfinito da doversi inginocchiare a terra. – Maledizione” sentì di nuovo la presenza di Zeruo.
Non combattermi, il mio unico desiderio è aiutarvi” gli disse.
“Stai zitto” sussurrò il ragazzo, a fatica.
“Quale tragica sorte: perire a causa delle stoltezza dei propri alleati. - Commentò Rumiko, iniziando nuovamente a pizzicare le corde dell’arpa. – Ultimocanto”.
L’aria fu nuovamente mossa dalle vibrazioni dello strumento, per poi lasciar spazio all’energia dell’aliena. Questa volta Kisshu non aveva alcuna possibilità: era troppo stanco per difendersi, e la battaglia personale con il suo alter ego gli impediva di muoversi. Nella nebbia dei suoi pensieri si preparò a ricevere il colpo, tuttavia Pai e Tart intervennero e respinsero l’attacco (anche se a fatica).
“Tutto a posto?” domandò l’alieno più grande senza staccare gli occhi dalla donna.
“Si, ma…ugh” Kisshu si toccò la testa, continuando a respingere la trasformazione.
“Pai… abbiamo un problema” sussurrò Tart, osservando con timore il fratellastro.
“Capisco che tu abbia paura, ma se non provi a lasciarti andare non sapremo mai se potremo fidarci o meno di lui. – Gli consigliò Pai. – Se ci saranno dei problemi, ti fermerò io” promise.
“Anche se siete in tre, questo non cambierà nulla” ribattè l’aliena, gracchiando.
“E se invece fossimo in nove?” le chiese MewBerry, in segno di sfida. Era sulla porta, assieme agli altri componenti.
“Nove stupidi moscerini” gracchiò l’aliena che impugnò la sua arpa e, con essa, intonò un canto che sconquassò completamente le pareti del locale. Le crepe si infittirono, e l’intonaco cadde a terra come l’intero gruppo.
Non c’è più tempo” sussurrò Zeruo e, a malincuore, Kisshu lasciò che la trasformazione avvenisse. In un lampo di luce che abbagliò tutti, il Cavaliere silente si lanciò contro l’aliena e con un fendente ben assestato tagliò in due il suo strumento.

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Capitolo 14
*** Amore millenario ***


Quello che era successo aveva dell’incredibile e tutti, compresa Rumiko, dovettero prendersi qualche istante per riaversi dall’evento.

“Credi di avermi sconfitto, solo perché non ho più la mia arma? – Domandò l’aliena, reprimendo la paura che aveva iniziato a provare dopo lo shock. – Ti sbagli di grosso” caricò l’intero suo corpo di energia, per poi emanare delle potentissime onde sonore.

Le pareti e il pavimento tremarono, crepandosi ancora di più e facendo cadere la polvere del cemento con cui erano fatti. All’inizio era solo un terribile fragore di cicale, poi la donna rilasciò l’energia vera e propria.

“Siamo spacciati! -  Esclamò Minto. – Non c’è modo per respingere una forza simile” erano tutti d’accordo con lei.

Nessuno lo vide, poiché avevano già chiuso gli occhi in attesa di venir spazzati via dalla potenza della nemica, ma il sorridente Zeruo eresse una rilucente barriera che respinse l’assalto senza incrinarsi: l’energia al suo interno stava vibrando, proteggendo il minerale dalle onde della donna.

“Povera Rumiko. – Fece Zeruo, imitando le precedenti parole di Rumiko. – Se non fossi stata così presa da te, ti saresti accorta che avevo ideato un modo per eludere i tuoi attacchi”.

“Grazie Zeruo, ti siamo debitori” ringraziò il Cavaliere Blu, ma il Cavaliere Silente non rispose.

“TRADITORE! E pensare che Arkei farebbe di tutto, pur di riaverti con sè” sibilò la donna, i cui capelli stavano volteggiando in aria.

“Voi volete distruggere la Terra, e io questo non posso accettarlo. Né ora, né mai” asserì Zeruo, scoccando una freccia nei cuori dei presenti.

“Tu e il tuo amore per questo insulso pianeta! – Gracchiò la nemica, prendendola molto sul personale. – Sono STUFA!” si buttò in picchiata contro il Cavaliere silente, che si limitò a bloccarla con le sole mani.

“Combatti vigliacco” lo incitò lei, divincolando le proprie mani per graffiargli il volto.

“Sta di nuovo perdendo il controllo” commentò Lory.

“Speriamo non faccia come l’altra volta” aggiunse Tart.

“Non credo che ne avrà il tempo” suppose Pai, che negli occhi dorati del Cavaliere aveva visto il barlume di un attacco imminente.

“COMBATTI!” strillò Rumiko, la quale fu poi investita dalla pura energia (non cristallizzata) di Zeruo. Una forza tale da farle sfondare la parete del Caffè, e scaraventarla in giardino. Sull’abito, e sul corpo, la finissima polvere di cristallo era la testimonianza della sua sconfitta.

Dentro al locale, invece, gli altri erano rimasti immobili: guardavano Zeruo che, a sua volta, aveva rivolto la propria attenzione a Mark.

“ASPETTA! – Esclamò Ichigo, timorosa di uno scontro tra i due. – Lui non…” ma Zeruo la anticipò.

“So che lui è la parte buona di Profondo Blu, quella che ho conosciuto io tempo fa. – Sorrise. – Se tutto fosse rimasto com’era allora, prima che la sua mente si annebbiasse, non saremmo arrivati a questo punto” si diede un’occhiata intorno, e dispiacendosi per lo stato in cui riversava il locale, usò i suoi poteri per riparare tutto. Quando ogni segno dello scontro fu cancellato, svanì lasciando di nuovo il posto a Kisshu.

“Sta…state tutti bene?” domandò subito il ragazzo, confuso nel vedere che tutto era a posto come se non fosse successo niente.

“Mettiamola così: i nostri dubbi su Zeruo erano infondati” affermò Pai, mentre aiutava il fratellastro ad alzarsi. Kisshu ne fu subito sollevato.

Mentre tutti festeggiavano la vittoria, Mark uscì dal Caffè per affrontare Rumiko che a stento stava sedendosi sull’erba. Era messa male, ma la sconfitta le bruciava più nell’animo che nel corpo.

“Chi sono veramente i Cavalieri, e cos’è successo tra loro? – Chiese deciso, tenendo salda la spada. – Rispondi sinceramente: ce lo devi”.

L’aliena esitò un istante, poi si arrese.

“Credo di non avere scelta. – Si accomodò meglio. – Noi siamo nati eoni fa, quando l’acqua cristallo ancora aleggiava nell’universo in forma di nebulosa. Noi siamo il risultato dell’unione di alcune sue gocce con l’energia del cosmo. Non so come, o quando di preciso, ma è così che è scritto nella mia mente ed è verità. Il primo di noi è stato Profondo Blu, che si è stabilito sulla Terra quando ancora era un giovane pianeta. Poi è venuto Temeku, ed infine io. Per anni abbiamo vissuto, da soli, venerati dai primi terrestri vostri antenati. Questo fino a che, in un giorno di pioggia, io e Temeku abbiamo incontrato due bambini. Uno di loro aveva i capelli neri; mentre l’altro una meravigliosa pelle argentata e gli occhi di puro oro”.

Si fermò qualche istante, giusto per riprendere fiato e non farsi sormontare dai ricordi, poi continuò.

“Abbiamo subito capito che erano dei nuovi Cavalieri, ed è stata una benedizione perché nessuno aveva mai provato la gioia di essere un bambino. E’ stato come ricominciare da capo. Li abbiamo visti crescere, diventare più forti, e sembravamo una famiglia normale. E’ stato un meraviglioso periodo di pace, che è sfumato quando Profondo Blu ci ha rivelato i suoi piani: distruggere la razza dei mortali, per crearne una simile a noi. Zeruo ha fatto di tutto pur di fermarci, persino sacrificare se stesso”.

L’aliena rivolse il proprio sguardo a Kisshu.

“Probabilmente non lo ricorderai, ma nella nostra vita passata io ti amavo; e ancora provo quello stesso sentimento, nonostante tu ora viva sotto questa forma. Amavo tutto di te: il tuo sorrido, la tua gentilezza, e il modo in cui riuscivi a farti amare da tutti. Però nel tuo cuore c’era posto solo per la Terra, e per i suoi abitanti, e non mi hai mai guardata con lo stesso amore”.

“N…non lo ricordo, mi dispiace” rispose Kisshu, guardando con compassione la donna.

“Non te ne faccio una colpa. Vorrei solo chiederti di esaudire un mio sciocco desiderio, prima di sparire per sempre”.

“Quale sarebbe?”.

“Un bacio, nient’altro” confessò lei, arrossendo come una ragazzina timida.

Anche Kisshu arrossì, perché nessuno gli aveva mai chiesto un bacio, ma non vedendovi nessuna minaccia si inginocchiò di fronte a Rumiko ed esaudì il suo desiderio con un dolce bacio. Pochi secondi che riempirono di gioia il cuore della donna.

“Grazie” disse riconoscente, mentre il suo corpo si dissolveva accompagnato da una bella melodia. Di lei rimase solo una sfera di energia che si innalzò nel cielo.

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Capitolo 15
*** La storia dei Cavalieri ***


Flashback sulla storia dei Cavalieri 

All’alba dei tempi, quando l’universo era ancora molto giovane, l’acqua cristallo galleggiava come nebulosa nel cosmo. Nel suo viaggio lasciò che alcune piccole gocce di se si disperdessero e, con esse, parte della sua energia; dando via a pianeti, stelle e…forme di vita.

Tra i suoi figli, cinque Cavalieri che reincarnavano le forze primigenie della natura. Il primo di essi fu Profondo Blu, che si stabilì sul pianeta azzurro chiamato più tardi Terra. Il Cavaliere trovò insolite le creature che abitavano quel luogo, ma la loro forma si rivelò molto utile per vivere in quel mondo di valli, colline, montagne, laghi e aria; perciò decise di acquisire il loro stesso aspetto. Allo stesso modo fece anche Temeku, e Rumiko dopo di lui.

La Terra aveva i suoi benevoli protettori, e i terrestri li veneravano come divinità.

Per anni, i Cavalieri rimasero gli unici della loro specie, fino a che l’acqua cristallo ebbe un altro figlio. A differenza dei suoi simili, già adulti alla nascita, Arkei (questo il suo nome) era un bambino quando aprì gli occhi. Un ragazzino con i capelli corvini raccolti in una treccia, che fece i primi respiri disteso su un prato fiorito. All’apparenza era come i terrestri che lo circondavano, ma dentro di sé custodiva un grande potere. Non era l’unico nuovo figlio dell’acqua cristallo: Zeruo il suo nome, con la candida pelle dai toni argentei, e lo stava aspettando su un muretto in pietra. Non si erano mai visti prima d’allora, eppure al primo sguardo si riconobbero come fratelli.

L’evento non passò inosservato, poiché i Cavalieri percepirono che qualcosa era accaduto.

“Avete anche voi questa strana sensazione?” domandò Temeku ai compagni, riferendosi allo strano formicolio che gli attraversava il corpo.

“Anche tu? – Disse Rumiko. – Pensavo fosse solo frutto della mia immaginazione”.

“State tranquilli. – Li interruppe Profondo Blu, intento a guardare fuori dalla finestra. – Anche io la sento, e so cosa vuol dire”.

“Ebbene?” la donna era impaziente.

Profondo Blu si girò, e i suoi occhi di cristallo penetrarono l’aria intorno.

“Due nuovi Cavalieri sono venuti al mondo, ed è nostro compito accoglierli nel migliore dei modi”.

Profondo Blu inviò Temeku e Rumiko alla ricerca dei giovani. Non fu difficile trovarli: l’istinto disse loro dove rivolgere i piedi. Nonostante la giovane età che dimostravano, Zeruo e Arkei erano molto forti e ciò riempiva di orgoglio gli altri Cavalieri che li videro crescere saggi e giusti. Ma gli dei sono capricciosi, e le continue richieste di aiuto dei deboli mortali a poco a poco indurirono il cuore delle divinità; soprattutto di Profondo Blu, che cominciò a tramare oscuri pensieri.

Il suo cuore si ottenebrò, trasformando l’amore per i terrestri in ribrezzo e corrompendo anche le menti dei suoi compagni. Solo Zeruo mantenne la sua purezza tuttavia, non potendo più tollerare le parole che risuonavano nel castello in cui viveva, lasciò i suoi compagni e si ritirò a vivere tra le montagne. Il sentimento negativo di Profondo Blu crebbe, sfociando in un atto irreparabile.

Tutto accadde mentre il Cavaliere blu stava passeggiando al chiaro di luna nella verde foresta: la pace del silenzio del bosco fu sconquassata da una disperata richiesta di aiuto. Si trattava di un uomo anziano, quasi alla fine del suo ciclo vitale, sorpreso da una creatura preistorica mentre era alla ricerca di erbe medicinali.

“AIUTO! – Gridò il mortale. – Qualcuno mi aiuti, vi prego” ripetè pregando gli dei. Il mostro stava torreggiando su di lui come una montagna.

Mosso da pietà, o forse più per il fastidio di quegli schiamazzi, Profondo Blu uccise la creatura e si mostrò all’uomo.

“Mio signore, i miei infiniti ringraziamenti” disse il mortale, prostrandosi ai piedi del dio in segno di rispetto.

“Guarda cos’ho dovuto fare, per salvarti la vita. – Il Cavaliere indicò l’animale. – Ho dovuto uccidere una vita, per te. Voi umani siete così deboli che la vostra sola presenza è un insulto ai miei occhi”.

L’uomo non rispose, ma inconsciamente aveva compreso che la divinità che aveva davanti non era poi così benevola.

“E’ ora di porre rimedio, e fare un po’ di pulizia” a Profondi Blu bastò un nonnulla, un battito di ciglia, per uccidere il mortale.

La voce di quello che era successo si propagò velocemente, trasportata dal vento e dalle parole, giungendo fino al colle del Cavaliere Silente.

“Perché lo hai fatto?” domandò Zeruo, ritornato precipitosamente al castello, a Profondo Blu.

“Se non sono in grado di difendersi da soli, la loro esistenza è inutile” rispose Profondo Blu, seduto sul trono.

“Non è colpa loro: la natura li ha creati così.”

“Non parlare così Zeruo. – Si intromise Rumiko, appoggiando le mani sulle spalle del Cavaliere. – C’è del giusto nelle sue parole”.

“Sono stati loro a definirci divinità, riconoscendo che sono inermi di fronte a noi” gli ricordò Temeku.

“E come tali dovremmo proteggerli. – Zeruo salì i pochi gradini che lo separavano dal trono. – Pretendi che ti chiamino dio, ma pensi e agisci come un tiranno”.

“Io sarei un tiranno? – Profondo Blu si alzò, indispettito e deluso. – Voglio solo che tutti possano essere… come noi. Cancellerò ogni misera creatura che non sia degna del mio sogno, e creerò un nuovo mondo grazie all’acqua cristallo”.

“Non te lo lascerò fare! Sei un pazzo” esclamò il Cavaliere Silente, attaccando direttamente Profondo Blu.

“Maledetto traditore. – Intervenì Temeku che, presa una lancia, trafisse la schiena dell’ex-compagno. – Se non sei con noi, puoi solo morire”.

Zeruo si inginocchiò a terra, tossendo e sputando sangue, ma restò fermo sulle sue idee.

“Sei solo un codardo: hai paura, e scegli la via più facile. Cough, cough. Alla fine, ti si ritorcerà tutto contro”.

Rumiko si avvicinò al Cavaliere, e con dolci parole gli sussurrò all’orecchio.

“Ti scongiuro, ripensaci. Puoi ancora salvarti, se chiedi perdono”.

“Non posso salvarmi, e permettergli di commettere un genocidio” asserì Zeruo, il cui corpo iniziò a brillare come un cristallo colpito dal sole.

“Ma che fai?” strillò Rumiko, allontanandosi.

Ci vollero solo pochi istanti: l’energia sprigionata dal Cavaliere Silente fu tale da distruggere tutto ciò che lo circondava, persino il suo stesso corpo. Il castello esplose, e alla fine delle cinque divinità non rimase più niente.

 

 

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Capitolo 16
*** Pagoda ***


La terra sotto i suoi piedi era congelata, tanto da essere crepata in più punti creando un piccolo canyon. Anche l’aria era fredda, e ne era testimonianza la condensa che si formava fuori dalla sua bocca ad ogni respiro.
Nel sottofondo, una dolce melodia.

“Kisshu” lo chiamò il padre, e in un attimo il gelido inverno divenne una calda estate.

“Padre”

Esclamò il ragazzo, che non potè reprimere un sorriso.

“Ragazzo mio, non sai quanto il mio cuore sia pieno di gioia, nel vederti cresciuto e in salute”

Affermò Akio, avvicinandosi e ponendo una mano sulla spalla del figlio.

“I…io. Avrei tante cose da dirti, e non… – Kisshu sospirò, poi ricominciò. – Mi dispiace”.

“Non hai nulla di cui scusarti. – Lo rassicurò il padre. – Io sono fiero di te”.

Akio svanì nel nulla, e tutt’intorno tornò a essere ghiaccio e neve.

“PAPA’. – Gridò Kisshu, girandosi e rigirandosi. – PAPA’!”.

Un brivido lungo la schiena lo indusse a guardarsi alle spalle: la creatura di cristallo era a pochi passi da lui.

“Vieni da me”.
 
“AAAAAH”.
 
Si era svegliato, di nuovo, nel cuore della notte senza essersi nemmeno accorto di essersi addormentato mentre stava leggendo il diario del padre che, ora, giaceva a terra ai piedi del letto. Sulla soglia della camera, c’era Pai con le braccia incrociate come era sua abitudine.

“Perdonami, ti ho svegliato” si scusò Kisshu.

“Non sei stato tu: ero sveglio già da un po’. – Lo rincuorò il fratellastro, restando al suo posto. – Un altro incubo?”.

“Ho visto mio padre, e poi lui. – Kisshu posò i gomiti sulle ginocchia. – Non era poi così terribile” ridacchiò, per sdrammatizzare la situazione.

“Vuoi che ti porti qualcosa, per farti dormire?” si propose Pai.

“Credo di non averne bisogno, ma grazie” rifiutò l’alieno con gli occhi dorati. Non voleva dirlo, ma gli faceva piacere che il fratellastro si preoccupasse per lui.

“Come vuoi, se hai bisogno basta bussare” si offrì l’altro, lasciando il suo posto e tornando nella sua camera.

Senza più la voce di Rumiko, sembrava che la loro base avesse perso una parte importante di sé. Non c’era più alcun rumore, e sembrava aver perso tutta la sua vitalità. A Temeku parve quasi di essere ritornato a secoli prima, quando erano solo tre Cavalieri senza un particolare scopo nella vita.

“Sembra un luogo abbandonato” pensò l’alieno biondo, camminando per i corridoi vuoti dopo aver fatto visita alla camera personale della donna.

Tra un pensiero e l’altro, arrivò fino alla sala del trono dove trovò Arkei assolto nei suoi pensieri. Sulla sua mano destra, stava fluttuando un globo color verde acqua.

“Cos’è, quella cosa che hai in mano?” domandò Temeku.

“L’essenza primordiale di Rumiko. – Rispose Arkei, facendo girare un paio di volte la sfera. – La scintilla da cui è nata”.

“Credevo che ormai si fosse dissolta”.

“Le nostre essenze non sono come le anime dei mortali: continuano a persistere, dopo la morte, e possono essere utilizzate come potenti forme di energia” spiegò il suo signore.

“Che vuoi farci?” chiese Temeku, avvicinandosi pur mantenendo le distanze.

“Usarla, per sconfiggere il nostro nemico una volta per tutte. – Arkei strinse il pugno, la sfera sparì e la sua energia serpeggiò lungo tutto il braccio. – Inoltre, ho intenzione di trovare l’essenza di Profondo Blu: è nascosto qui, da qualche parte.”

Sotterranei del Caffè Mew.

“Ora che abbiamo appurato che Zeruo è dalla nostra parte, abbiamo un problema in meno cui pensare” esordì Kyle, come sempre seduto al computer. Stava analizzando il video dello scontro con Rumiko.

“Però dobbiamo ancora scoprire cosa vogliono veramente i nostri nemici” puntualizzò Ryou, in piedi con le braccia incrociate.

“Cosa intendi dire?” domandò Makoto che, nonostante le lamentele dei tre alieni, aveva deciso di restare sulla Terra fino a che non si fosse sistemato tutto.

“Ci abbiamo riflettuto un po’, e secondo noi i Cavalieri devono avere un obiettivo preciso. – Spiegò Pai, in piedi come Ryou e con le mani nelle tasche. – Se non fosse così, avrebbero già distrutto il pianeta”.

“Quindi è plausibile che stiano…cercando qualcosa” meditò la donna, trovando il consenso degli altri.

“Il problema è proprio qui: non abbiamo alcuna idea di cosa possa esserci di tanto importante qui, sulla Terra. Ormai l’acqua Mew è scomparsa, e anche se ce ne fosse ancora non basterebbe di certo per un attacco di distruzione di massa”.

“Non è, per niente, una bella notizia. – Commentò Kyle, fermando un istante il suo lavoro. – Cosa dovremmo dire, alle altre?”.

“Di prestare la massima attenzione, per impedire ai nostri nemici di impossessarsi di qualunque cosa” ordinò Ryou.

“Kyle, Ryou. – Chiamò Ichigo, scendendo dalla tromba delle scale per entrare nei sotterranei. – Avete visto Mark, per caso? Dovrei uscire con lui, ma non riesco a trovarlo” sorrise.

“Dovrebbe essere ad allenarsi, con Kisshu” riferì Pai.

Ichigo ridacchiò, ancora non si era abituata a sentire che quei due stavano diventando amici.

“Eh eh, benissimo, ma dove sono?” domandò poi.

“Qui, solo in un’altra dimensione. – Fece l’alieno dai capelli viola. – Vado a chiamarli” e sparì.

Erano ormai passate tre ore, da quando Kisshu e Mark avevano iniziato il loro allenamento nel loro “spazio riservato”. Intorno a loro non c’era niente, ad eccezione della piattaforma sotto i loro piedi, per evitare di farsi male con possibili detriti. Scopo dell’esercitazione, era cercare di far leva sui propri punti deboli: il volo e l’uso dell’energia di cristallo.

“ARRIVO, PREPARATI!” affermò il Cavaliere Blu che, dopo essersi levati in volo, si scagliò a mani nude contro l’amico.

Per difendersi, Kisshu incrociò le braccia davanti al volto così da bloccare il colpo al suo arrivo; in seguito utilizzò un poco di energia pura per allontanare da sé Mark. Il terrestre indietreggiò, usando la mano sinistra per smorzare l’energia respingente. In quel lasso di tempo, i capelli dell’alieno dagli occhi dorati si erano allungati e le unghie cristallizzate. Il ragazzo poteva sentire l’energia del Cavaliere Silente serpeggiargli nelle vene.

“Tutto bene?” chiese il Cavaliere Blu, per assicurarsi che l’amico fosse ancora cosciente.

“Tutto a posto. – Come gli era stato insegnato, Kisshu fece un profondo respiro e lasciò che la trasformazione si annullasse. – Possiamo continuare”.

“Ancora non ti fidi di lui” sentenziò Mark, leggermente deluso.

“Non voglio lasciargli troppo spazio. – L’alieno si mise di nuovo in posizione di guardia. – FORZA!”.

Incitato dal compagno di allenamento, il Cavaliere gli corse di nuovo incontro con l’intento di sottometterlo grazie ad una qualsiasi presa e portarlo in alto col volo; tuttavia proprio all’ultimo istante la strana espressione che avevano assunto quegli occhi dorati gli fece perdere tutta la sua verve. Alla fine fu lo stesso Mark a finire col braccio dietro la schiena, mentre Kisshu rivolgeva la propria attenzione alla persona che era appena entrata.

“Come mai sei qui?”

“Mi spiace interrompere l’allenamento, ma a quanto pare qualcuno si è dimenticato di avere un appuntamento galante” disse Pai.

“Ops, ho completamente perso il senso del tempo. – Mark si girò verso Kisshu. – Perdonami, ma…”.

“Non devi scusarti con me: ci siamo allenati abbastanza, per oggi. – Affermò l’alieno dagli occhi dorati. – Piuttosto, appena puoi comprale un bel mazzo di rose, così si dimenticherà del ritardo”.

“Seguirò il consiglio” ridacchiò il Cavaliere Blu, prima di sparire nel varco che lo avrebbe riportato al Caffè.

“Rose?” domandò Pai al fratellastro.

“Sarà per metà gatto, ma è pur sempre una ragazza. – Rispose Kisshu, giocando con i Sai. – Dubito che preferisca del tonno, o un grosso gomitolo di lana”.

“Non ti passerà mai, vero? – Sogghignò Pai. – Sei malato, lascia che te lo dica”.

“Chi ha mai detto di essere sano di mente?” scherzò l’altro, scoppiando a ridere.

Senza Rumiko, per Temeku anche le solite ricognizioni erano diventate noiose. Non gli piaceva per niente la nuova Terra, e senza qualcuno con cui parlare la sua mente era obbligata ad osservare il degrado in cui stava cadendo il pianeta.

“Tutto per colpa loro” pensò, incolpando le Mew Mew per la sua solitudine. Era colpa loro se adesso era solo, con Arkei e i suoi pensieri sempre più contorti. Voleva vendetta, e l’occasione gli venne presentata quando vide la reincarnazione di Profondo Blu e la ragazza gatto.

“Grazie mille per le rose, non avresti dovuto” disse Ichigo a Mark, poco dopo che furono entrati nel parco di Ueno. Avevano deciso di approfittare della bella giornata di sole, e far visita al tempio buddista di Kanei-ji dove c’era una bellissima pagoda a 5 piani; l’unica superstite dell’incendio che distrusse gli altri 29 edifici che stavano a guardia del cimitero degli shogun.

Su suggerimento di Kisshu, per farsi perdonare il ragazzo le aveva comprato un mazzo di rose rosse da un fioraio che avevano incontrato durante il tragitto. Ichigo era saltata dalla gioia, e non faceva altro che annusare il buon profumo dei fiori che teneva in mano. Il ragazzo fu felice di aver fatto una buona impressione, ma qualcosa nella sua testa accese un piccolo senso di gelosia e di rimorso per non averci pensato da solo.

“Non è colpa sua. – Pensò, cercando di scacciare il pensiero negativo. – Voleva solo aiutarmi, non aveva un secondo fine”.

“Cos’hai, lì sul braccio?” domandò Ichigo a Mark, distogliendolo dalle sue riflessioni, dopo che ebbe visto uno livido sul suo arto.

“Cosa? – Mark si guardò il piccolo ematoma, così leggero che sarebbe sparito in un paio di giorni. – Ah, niente di che. Devo essermelo fatto prima, in allenamento. Sai com’è: nella foga non ti accorgi di certe cose”.

“Mi auguro, che stiate facendo attenzione a non esagerare. – Sperò Ichigo, continuando a camminare verso la pagoda. – Non vorrei che vi faceste male sul serio”.

“Parli perché sei preoccupata per me, o per lui?” insinuò Mark, in un improvviso momento di gelosia.

“Ma che dici? – Gli chiese Ichigo, stupita per la sua reazione. – E’ ovvio: per entrambi, e soprattutto per te” aggiunse, per evitare di dover continuare la scenata.

“Scusami, non so che mi è preso” si scusò il ragazzo.

“Ultimamente mi sembri un po’…strano. – Osservò Ichigo, fermandosi sotto un albero per ripararsi dal sole. – Non mi verrai a dire che sei geloso di Kisshu, anche se non capisco il perché”.

“No affatto, è solo che…”

Ichigo si avvicinò a Mark, e gli accarezzò la guancia.

“Allora smettila, e goditi la giornata. – Gli consigliò. – Alle preoccupazioni penseremo più tardi” fece l’occhiolino.

Dalla cima della pagoda, Temeku aveva osservato quell’orribile scenetta smielata con i suoi occhi pieni di fuoco e rabbia. Se solo avesse potuto bruciare i sorrisi di quei due con un solo respiro, il suo spirito si sarebbe un poco appagato.

“Cavaliere traditore. – Pensò, digrignando i denti. – Pagherai per tutte le tue colpe” si alzò in volo, pronto a trovare una vittima per creare un doppelganger con cui divertirsi un po’.

“Fermati subito. - Ordinò Arkei, apparendogli davanti con sguardo severo. – Non è il momento per certi giochetti”.

“Cosa stai dicendo? Abbiamo l’occasione per distruggere il Cavaliere Blu, qui e adesso. – Replicò Temeku, indicando con un dito Ichigo e Mark che stavano servendosi ad uno stand. – Perché non vuoi…”

“Abbiamo ben altro cui pensare: forse ho trovato la scintilla di Profondo Blu”.

 

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Capitolo 17
*** Voltafaccia ***


“Ebbene, dove sarebbe?” chiese Temeku, volteggiando a mezz’ aria.

Arkei scostò la testa, rivolgendo il proprio sguardo oltre il commilitone. Stava guardando un ragazzo castano e una ragazza rossa.

“Avevi detto che non è possibile, rintracciare le energie vitali.  – Ricordò dubbioso il biondo. – Cosa ti fa pensare che ce l’abbia lui?”

“Intuizione!”

Intanto, nella calma dei sotterranei, Kyle stava scannerizzando l’intera città; alla ricerca di qualche elemento utile che risolvesse il loro dilemma. Con lui c’erano anche Makoto, e i tre fratelli.

“I sonar non rilevano nulla di anormale. – Sentenziò lo scienziato, strofinandosi gli occhi stanchi e arrossati dopo più di tre ore di ricerca. – Tutto nella norma”.

“Questa cosa non ha alcun senso. – Commentò Makoto, meditabonda. – Nessun minerale, o antica rovina. Niente che possa giustificare questa…assurda attesa” si sedette, snervata. Fin da piccola odiava i tempi morti, e preferiva che accadesse qualcosa di brutto, piuttosto che niente.

“Non è che stanno ancora sperando che Zeruo torni dalla loro parte? – Ipotizzò Tart. – L’altra volta Rumiko ha detto che Arkei voleva riaverlo dalla sua”.

“Visto quello che mi avete detto, non credo proprio che Zeruo sia ancora il benvenuto. – Rispose Kisshu, memore di quello che gli era stato riferito. – Per loro, al momento, è molto più conveniente distruggerci piuttosto che aspettare che lui cambi idea”.

“Se loro non fanno nulla, non ne verremo mai a capo” disse Makoto.

In quel momento, i display del laboratorio iniziarono a lampeggiare di rosso e l’allarme a suonare.

“Stanno attaccando!” esclamò Kyle, muovendo agilmente le dita sulla tastiera per rintracciare il luogo di apparizione dei nemici.

Sullo schermo apparve il parco di Ueno, e oltre al bollino rosso (quello che indicava la presenza nemica) c’era anche un altro segnale.
“Cos’è l’altro segnale?” chiese Tart.

“E’ la spilla di Ichigo, e se non ricordo male dovrebbe esserci anche Mark. - Spiegò Kyle, collegandosi con Masha per poter vedere quello che stava accadendo.
In un’altra finestra sullo schermo, i presenti poterono vedere attraverso gli occhi del robot che la ragazza era stata presa in ostaggio da Temeku. Accanto a lui, Arkei stava parlando con il Cavaliere Blu. - Chiamate le ragazze, e andate ad aiutarli”.

“Kisshu è già andato” osservò Makoto, che aveva fatto appena in tempo a vedere il ragazzo che si teletrasportava.

 “Non cambierà mai” sussurrò Pai.

“ARRENDITI REINCARNAZIONE!” ordinò Arkei al Cavaliere Blu, mentre Temeku teneva prigioniera Ichigo bloccandola con il bastone sulla gola.

“Lasciatela andare!” ribattè Mark, tenendo la spada ben salda tra le mani.

“Non sei nella posizione migliore per dare ordini”.

“Non pensare a me Mark” affermò la ragazza coraggiosa.

“ZITTA TU!” disse Temeku, aumentando leggermente la pressione sul collo di lei per impedirle di parlare ancora.

“NO TI PREGO. - Pregò il Cavaliere, che non vide altra scelta che lasciar cadere a terra la spada. – Mi arrendo, ma lasciala andare”.

“Così ragioniamo” sorrise Arkei, colpendo il ragazzo con un’onda di energia per allontanarlo dalla spada.

“CAVALIERE!” urlò Ichigo, contrastando con tutta se stessa la forza con cui era tenuta prigioniera. Temeku non allentò la presa, nemmeno dopo che ebbe ricevuto un morso sulla mano.

Il leader dei nemici si avvicinò a Mark, con un’aura che poteva sentirsi anche da lontano.

“E’ inutile combattere, la fine arriverà comunque” disse, e scagliò la mano tesa contro il petto del ragazzo. Tuttavia, per quanto fosse stato veloce, qualcosa si frappose fra le sue dita e la carne del Cavaliere. Qualcosa di duro, e luccicante: il braccio di Zeruo, rivestito dal cristallo.

Arkei si allontanò dai due, stupito ma anche stranamente gioioso. Nei suoi occhi si era accesa una luce che nessuno prima aveva mai visto.

“Per anni, ho sognato di rivedere quel viso” sussurrò, portando una mano sul cuore. I suoi occhi si erano inumiditi, e i ricordi dei tempi che furono lo assalirono.

 “Non farti ingannare Arkei! – Si raccomandò Temeku. -  Non è più uno di noi”.

Rivolta la propria attenzione al biondo, Zeruo scattò velocemente verso di lui costringendolo a liberare Ichigo per difendersi. La ragazza corse subito dal Cavaliere Blu, per accertarsi che stesse bene. Temeku, invece, venne sconfitto dal Cavaliere Silente in appena due mosse.

“Non combattere contro di noi. – Implorò Arkei. – Siamo nati tutti dalla stessa acqua cristallo. Siamo fratelli, una famiglia, e dovremmo restare insieme” sembrava che avesse perso totale interesse nella ricerca dell’energia vitale di Profondo Blu.

“Sai perché non potrò mai tornare con voi” si limitò a rispondere Zeruo.

Nel mentre, arrivarono anche Pai Tart e le altre Mew Mew che attirarono l’attenzione del leader nemico. La vista dei due ragazzi, e delle umane, spense tutta le gioia che l’alieno stava provando e la trasformò in rabbia repressa.

“E’ per loro, per una finta famiglia, e degli stupidi umani? Io non ti capisco proprio. IO sono la tua famiglia: ti ho cercato appena sei sceso sulla Terra, e ti ho sempre trattato come un fratello! NON PUOI VOLTARMI LE SPALLE PER LORO!” il terreno sotto i loro piedi cominciò a tremare, e l’energia di Arkei assunse i toni del verde-acqua. 

Avendo deciso che era l’ora di intervenire, le ragazze Mew, il Cavaliere Blu, e i due fratelli attaccarono in contemporanea Arkei. Gli assalti andarono a segno, ma non portarono alcun danno al nemico.

“NON IMPICCIATEVI!” l’alieno rilasciò la sua energia in forma di terremoto. La strada si spaccò, come le statue e alcuni alberi caddero a terra. Il tutto durò circa una decina di secondi.

“ARKEI!” chiamò Zeruo, prima di lanciargli addosso delle scaglie di cristallo che gli servirono da apertura per poterglisi avvicinare. Finirono in una situazione di stallo, minacciandosi alla gola con le mani e i capelli di cristallo.

Temeku, nel frattempo rialzatosi, pensò di approfittare della situazione per attaccare il Cavaliere Silente alle spalle con il suo bastone. Ma l’intervento di Pai e di Mark, riappropriatosi della spada, bloccò l’idea sul nascere. I tre ingaggiarono una lotta privata, mentre Zeruo e Arkei continuavano la loro parlando e aspettando l’uno la mossa dell’altro.

“Non sprecare le tue energie per proteggere queste creature. – Affermò Arkei. – Non lasciare che la tua reincarnazione ti corrompa”.

“Che ti piaccia o no, io continuerò a difendere la terra e i suoi abitanti” rispose il Cavaliere silente, ondeggiando le code dei capelli alla ricerca di un punto debole nelle difesa del nemico.

“Allora dovrò ucciderti, e questa volta per sempre” l’alieno con la treccia si contorse, per far un modo che le zone del corpo in cui c’erano organi vitali non fossero alla portata dei capelli di Zeruo. Dopodiché, lasciò che la mano carica di energia colpisse l’altro al volto ustionandolo. Le code di Zeruo, invece, trafissero Arkei al fianco.

I due si separarono, per poi colpirsi di nuovo a suon di fasci di energia. Erano in perfetta parità.

“Ci conosciamo troppo bene, perché la nostra lotta possa finire presto. – Affermò l’alieno moro, meditando sulla prossima mossa da fare; poi rivolse il proprio sguardo al commilitone. – A meno che…” fermò un istante la battaglia col Cavaliere silente, e si teletrasportò da Temeku fermando anche la sua lotta.

“Che vuoi fare?” domandò l’alieno biondo, impaurito dal ghigno del leader.

Senza alcuno scrupolo, Arkei uccise Temeku, e ne assorbì l’energia vitale tra lo scalpore di tutti. Soprattutto di Zeruo, che dovette sforzarsi di non gridare il nome dell’alieno biondo.

“Che significa?” chiese Pai.

“Mi serviva la sua energia vitale. Ora ho anche i suoi poteri” rispose l’alieno con la treccia, percependo la forza di Temeku aggiungersi a quella di Rumiko.

“Anche? – Ripetè tra sé Pam, illuminandosi poi ripensando al terremoto di prima. – ATTENTI! HA ASSORBITO I POTERI DI RUMIKO!”

“Come se potesse servire a qualcosa” Arkei generò una nuova onda d’urto, più potente dell’altra, in modo che tutti cadessero a terra. Poi si avvicinò al Cavaliere Blu, per ucciderlo come aveva fatto con Temeku ed assorbirne l’essenza; ma una scia di alti cristalli li divise.

“Non ti basta quello che hai fatto?” gli domandò Zeruo, arrabbiato e con la parte ferita del volto coperta dal cristallo.

“Forse potrei farmelo bastare, per oggi. – Concordò Arkei, tornando sui suoi passi. – Tornerò un’altra volta, per voi due” svanì nel nulla.

 

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Capitolo 18
*** Tokyo tower ***


Fin dall’inizio del suo ciclo vitale, Arkei non aveva fatto altro che desiderare di essere l’unico essere divino in tutto l’universo. Spesso, nelle solitarie notti sotto le stelle, aveva immaginato una galassia senza i suoi compagni di avventure. Solo lui, e i suoi poteri. Nessun altro.

C’era solo un’altra persona con cui avrebbe condiviso il suo dominio: il Cavaliere dalla pelle d’argento, che l’infausto destino aveva voluto vederlo nella parte avversa. Dopo il loro ultimo incontro, l’alieno aveva definitivamente preso consapevolezza che avrebbe dovuto eliminarlo, per salvaguardare il suo sogno di conquista.

“Avremmo potuto regnare insieme” pensò ad occhi chiusi, mentre sentiva l’energia di Rumiko e Temeku scorrere in lui, immaginandosi sul trono con Zeruo al suo fianco. Un sogno andato in frantumi.

“Arkei” sussurrò improvvisa una voce di fondo, tanto flebile che solo le orecchie sensibili di un alieno avrebbero potuto sentirla.

“Signore?” esclamò Arkei, riconoscendo in quell’unica parola la voce di Profondo Blu. Si girò un paio di volte su se stesso, ma non vide nessuno.

“Trova…Arkei” disse l’eco.

“Dove siete? - Domandò l’alieno, realizzando solo in seguito che era un’allucinazione dovuta ai nuclei presenti nel suo corpo. – Vi troverò, siatene certo”.
 
“Se ti tocco, ti fa male?” domandò Makoto a Kisshu, osservandolo in volto.

Nonostante la trasformazione fosse finita, il cristallo che ricopriva parte del volto del Cavaliere silente era ancora al suo posto.

“No. – Dichiarò sincero il ragazzo. – Ho solo un po’ di prurito, ogni tanto”.

“Fa un po’…senso” commentò Tart, toccando anch’egli il cristallo. Sembrava fuoriuscisse direttamente dalla pelle dell’alieno dagli occhi dorati, e si muoveva con le sue espressioni facciali.

“Il cristallo si è formato dopo che la pelle di Zeruo è rimasta ustionata. – Rammentò Pam, pensierosa. – Forse ha una qualche funzione rigenerativa”.

“Pensi quindi che Zeruo possa curare le proprie ferite? – Chiese Minto incerta. – Anche se fosse così, perché il cristallo è ancora lì? Sul volto di Kisshu?”

“Già, la trasformazione ormai è finita. – Concordò Purin. – Dovrebbe essere sparito”.

“Può essere che anche la pelle di Kisshu sia rimasta ustionata? – Ipotizzò Kyle. – Non dimentichiamo che lui e Zeruo sono la stessa persona”.

“Questo significherebbe che il legame tra loro si sta rafforzando” disse Pai.

“Evviva, non chiedevo di meglio” mentì Kisshu che, cedendo al prurito, portò la mano alla guancia cristallizzata e iniziò a grattarsi suscitando l’istinto d’infermiera di Makoto.

“SMETTILA!”

“Mi prude da morire! – Il ragazzo si sdraiò sul lato incriminato, occupando tutto il tavolo su cui era seduto. – Se non te ne fossi resa conto: è cristallo! Al massimo mi rompo le unghie”.

“Quando fai così, sei uguale a Pai. – Lamentò la ragazza, portando le mani ai fianchi. – Grandi e grossi, ma non sopportate il soffio del vento”.

Pai non replicò, nonostante la sua espressione corrucciata (e lievemente arrossita) facesse trasparire una leggera critica nei confronti di quell’affermazione.

“Makoto non dovresti usare l’aggettivo grosso, per descrivere Kisshu. – Commentò Purin divertita. – E’ così secco da sembrare un giunco”.

“Vero, ed è così sfortunato che nemmeno quando si trasforma mette su muscoli” si aggiunse Tart, ridendo.

“Ma mi ci vedreste come Pai? – Chiese l’alieno dai capelli smeraldini, rialzatosi dopo aver dato sollievo al prurito. – No grazie, adoro le mie quattro ossa”.
Tutti scoppiarono a ridere, e non si accorsero dell’entrata di Ichigo e Mark che furono lieti di sentire, per una volta, cori di gioia.

“Finalmente si sente aria di felicità” affermò la rossa, sorridente.

“Grazie ragazzi, per essere venuti in nostro soccorso. – Ringraziò Mark, con un profondo inchino. – Soprattutto a te, Kisshu. So quanto ti costa, trasformarti”.

“Naaaaah, figurati, ma non abituartici. – Affermò l’alieno. – L’ho detto, e lo ripeto: più quello se ne sta’ a dormire, meglio sto” sogghignò, anche se il cenno di diniego di Pai e Makoto diceva che non erano d’accordo.

“Mi avete fatto appena venire in mente, che è da un po’ che non ci prendiamo una pausa” meditò Kyle a voce alta.

Il resto del gruppo fece silenzio, mentre lo osservava spengere i computer e togliersi gli occhiali, in attesa di quello che avrebbe presto detto.

“Prendiamoci un giorno di ferie”.

“Ferie? - Ripetè Ryou, contraddittorio. – Ma la missione, e Arkei?”

“Se attaccherà, verremo informati dal sistema” rispose semplicemente lo scienziato, sorridente.

“Non sono d’accordo” confessò Pai, scuotendo la testa. Avrebbe preferito restare, per cercare il nucleo mancante e monitorare gli eventuali movimenti del nemico.

“Forza, Mr Brontolio! – Lo canzonò Makoto, che tanto voleva visitare la città- Non andiamo mica sulla Luna”.

“E se Kisshu dovesse ancora avere il cristallo sul viso? – Provò a dire l’alieno. – Insomma, non può andare in giro così”.

“Basterà che dica di essere un cosplayer, e nessuno gli farà troppe domande” stabilì in fretta Lory, trovando un’immediata soluzione al problema.
In netta minoranza, dato che anche gli altri aveva desiderio di staccare la spina, Pai e Ryou dovettero arrendersi al fatto che, il giorno dopo, avrebbero fatto festa.
 
Il liquido in cui era immerso era denso, e vischioso. Tanto caldo che, sebbene potesse respirare, l’ossigeno arrivava a fatica nei bronchi. Non vedeva il fondo sottostante, nero e oscuro come un buco nero. L’unico punto di riferimento, una luce fredda sopra la sua testa in volontario avvicinamento a lui.
 Toccata la luce, si ritrovò su una distesa verde. Nonostante il cielo fosse sereno, l’erba ondeggiava sotto un’aria pesante. Arkei era seduto sul prato, poco avanti a lui, con lo sguardo puntato all’orizzonte; in attesa di qualcosa. Lo invitò a sedersi, senza voltarsi per guardarlo. Kisshu si avvicinò, ma non accettò l’invito. Rimase in piedi, e aspettò.
“Tutto questo finirà” affermò Arkei, sorridendo.

Un tonfo, e l’orizzonte esplose portando tutto con sé.

D’improvviso, Kisshu si accorse di star respirando aria fresca. La stessa che toccava la sua pelle. Era da poco passata l’alba, e i caldi raggi del sole stavano penetrando nella camera tramite la finestra. Forse quella era la luce del suo sogno. Passò una mano sulla parte danneggiata del viso: lo strato di cristallo si era notevolmente ridotto, limitandosi ad un lieve velo trasparente. Posò una mano sul vetro, per percepirne il calore, e si accorse del cristallo sulle dita. Si era adagiato elegantemente sulle falangi, più come ornamento che come orrendo accessorio, eppure Kisshu nascose d’istinto la mano sotto la coperta leggera.
“Che vuoi dirmi?” pensò, scostando di nuovo il lenzuolo. Il cristallo era sparito.

“KISSHU! – Lo chiamò Tart, fuori dalla camera. – MUOVITI DORMIGLIONE!”

Si vestì di fretta, con le prime cose che gli vennero in mano, e prima di uscire si lavò il viso con l’acqua fredda: il tentativo di cancellare i segni di un sonno disturbato.

Come promesso, quel giorno le porte del Caffè Mew non si sarebbero aperte. Fuori, sul cancello d’entrata, il cartello “Chiuso” era accompagnato da un foglio tramite cui lo staff si scusava, promettendo la riapertura per il giorno seguente. Il sole splendeva caldissimo, consigliando agli abitanti di Tokyo di indossare abiti leggeri. Approfittando della bella giornata, Kyle guidò la comitiva fino alla Tokyo Tower: una costruzione simile alla Torre Eiffel, che fungeva sia da stazione radio che da torre panoramica. Ai piedi dei suoi 333 metri i quattro piani della Foot-Town, dedicati a musei, aree ludiche e punti ristoro. Allo scienziato era sembrata una buona idea, portare degli alieni in un posto in cui si poteva trovare un po’ di tutto. Fu felice, nel constatare di non essersi sbagliato: varcata la soglia, i ragazzi e Makoto non sapevano da che parte girarsi.

“Come fa a stare tutto questo, in un posto così piccolo?” domandò Tart, davanti alla mappa posta su una delle colonne portanti.

“Dai Taru-Taru. – Lo sollecitò Purin, tirandolo per un braccio. – Iniziamo il giro”.

Cominciato il tour dall’Acquarium, la maggior parte del tempo a disposizione lo passarono nella Gallery DeLux e nel Trick Art Gallery, ossia nei due posti in cui c’erano delle installazioni interattive. Ologrammi, dipinti e altri oggetti cibernetici che da sempre attiravano moltissimi turisti. Anche gli alieni si divertirono, nonostante i continui commenti di Makoto e Pai su quanto fossero poco avanzate quelle tecnologie.

“Per favore, potreste abbassare la voce? – Li pregò Kyle, dopo aver notato l’interesse che avevano suscitato le loro parole in alcuni turisti. – Vi sentono”.

“Ops, scusate. – Disse Makoto, portando la mano alla bocca. – A volte parlo quando non dovrei”.

“Non c’è problema, potete dire quello che volete. – Intervenì Ryou. –Ricordate, però, che per noi queste sono le migliori tecnologie. Qualcuno potrebbe anche fare delle domande”.

“Mi cucirò la bocca” sorrise la scienziata, passando ad altro.

Passata l’ora di pranzo, il gruppo prese l’ascensore che da Foot-Town portava all’Osservatorio. In realtà i punti di osservazione erano due: l’Osservatorio principale, e quello Speciale. Entrambi davano una visione a 360° di Tokyo, e se si guardava a voest-sud-ovest si poteva anche avere visione del Monte Fuji; e della sua fidata nuvoletta.

Dall’alto della sua base, invece, Arkei vedeva i due gruppi camminare tranquillamente lungo l’Osservatorio. Li osservò soffermarsi un poco sulla “look down window” (la finestra che permette di vedere il suolo 145 metri più in basso), e poi nel punto da cui si poteva vedere il monte. Il disgusto, nel vedere la sua razza mescolarsi con quella inferiore degli umani, gli fece venire il voltastomaco e gli occhi si irritarono.

“Quale piaga si sta diffondendo” commentò, soffermandosi un poco di più sulle reincarnazioni di Zeruo e Profondo Blu. Stavano parlando, e ridevano come ai bei tempi delle loro precedenti vite. Tra loro, appoggiata sulle spalle di entrambi, Ichigo sorrideva felice. Accanto a loro, Pai Tart e Makoto chiacchieravano con gli altri umani. Vide anche Tart e Purin scherzare, e punzecchiarsi tra loro, come ragazzini plebei. Più volte immaginò di punire quell’onta nei peggiori modi possibili, ma l’importanza della sua missione gli rese di nuovo lucida la mente. Pensò che la loro presenza in quell’edificio fosse collegata alla ricerca del nucleo di Profondo Blu, e che le loro risate fossero un diversivo. Anche se non lo fosse stato, avrebbe potuto approfittare dell’occasione per colpirli tutti. Non voleva, però, rischiare in un posto dove il combattimento sarebbe stato difficoltoso; pertanto decise che avrebbe inviato un chimero.

 

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Capitolo 19
*** Delusione ***


La vista del Monte Fuji era uno spettacolo cui pochi riuscivano a resistere, soprattutto nelle poche giornate in cui era possibile vederlo in tutta la sua maestosità. Tutti i visitatori, alcuni con il binocolo in mano, erano appoggiati alla ringhiera esterna in un vano tentativo di avvicinarvisi.

“È bellissimo” affermò Makoto, innamoratasi della montagna al primo sguardo. Lo stava guardando come un amante proibito: sospirante e trasognata.

“È una fortuna, poterlo vedere così bene. – Spiegò Ryou, accanto a lei. – Di solito è coperto dalle nubi, o dallo smog”.

“Avrà saputo che venivo a fargli visita”.

“Oppure, qualcuno lo ha pagato per farlo” scherzò Pai, ridacchiando.

“Vuoi le botte?” minacciò la scienziata, alzando il pugno sulla testa del ragazzo.

“Non pensavo che fossi capace di certe battute” ammise Pam, con occhio ammiccante.

“I germi dei miei fratelli”.

Una leggera vibrazione, cui ne seguirono altre molto più forti, scosse l’intera torre. I turisti si inginocchiarono, aggrappandosi alla ringhiera; chi poté, invece, rientrò all’interno dell’edificio.

“Pericolo, pericolo. – Trillò Masha, svolazzando attorno alla testa di Ichigo con insistenza. – Chimero, chimero”.

“ACCIDENTI” lamentò la rossa, stringendosi al braccio di Mark per non sbilanciarsi.

La torre cigolò, stretta da un’invisibile forza, vinta dai tremori. La protezione cedette, Lory perse la presa e si ritrovò nel vuoto.

“AAAAHHHH!”

“LORY” gridò Ryou, stendendo il braccio verso di lei senza possibilità di aiutarla.

Senza pensarci, Pai si tuffò oltre la ringhiera e afferrò la ragazza prima che fosse troppo tardi.

“Stai bene?” le chiese una volta a terra.

“Ho avuto tanta paura” rispose la ragazza, nascondendo il viso tra le mani per ritrovare la calma.
“È tutto passato”.

Pai alzò lo sguardo, verso la cima della torre, e i suoi occhi intravidero qualcosa. Una presenza sfuggente, di cui si poteva scorgere la silhouette solo in controluce. Si attorcigliava lungo tutto l’edificio come un serpente.

“Lo vedi anche tu, il chimero?” domandò a Lory, e lei annuì.

“Allora non è stato un terremoto. Ma come facciamo a fare in modo che gli altri lo vedano?”

“Lo attacchiamo, e lo attiriamo verso di noi” propose l’alieno.

“Mew Lory, metamorfosi!” invocò la ragazza, usando il suo Fiocco d’acqua non appena ebbe terminato il processo di trasformazione.

“Elettrosiluro” esclamò invece Pai, unendo il proprio attacco a quello della ragazza.

Le due forze combinate impattarono sull’essere, disturbandolo non poco. Stridette, e perse la propria capacità di mimetismo, rivelandosi essere veramente un serpente con zampe di millepiedi.

“Un chimero” disse Kyle, allontanandosi da uno dei numerosi arti che stringevano l’edificio.

Ora che era alla loro portata, le Mew Mew poterono trasformarsi e attaccare tutte insieme il mostro. Tuttavia la sua spessa pelle di rettile rendeva difficile recargli dei danni, persino con l’aiuto degli alieni. Mentre la battaglia imperversava Kyle Ryou e Makoto, i non combattenti, davano soccorso alle persone in fuga. Anche Arkei era là, nascosto in un angolino vicino all’antenna della torre. Nonostante le sue idee iniziali, non aveva resistito al desiderio di assistere personalmente alla lotta, e si era precipitato subito dopo aver mandato il chimero.

“Avanti, fatti vedere” pensò, rivolgendosi contemporaneamente a Zeruo e al nucleo di Profondo Blu. Quale che fosse, per lui, il più importante per lui, non avrebbe saputo dirlo; e comunque nessuno dei due desideri si realizzò. La scintilla non era lì, e la reincarnazione di Zeruo non si trasformò; neanche quando il serpente allentò le sue spire per assaltare il gruppo con la grossa testa.

“ATTENTI!” avvisò il Cavaliere Blu, intimando a tutti di spostarsi verso i lati per evitare il chimero che, passando, portò con sé un gran vento e distrusse parte dell’Osservatorio.

Insofferente all’immobilità, e per attirare Zeruo, Arkei volò tra i detriti in caduta. Prese Tart di sorpresa, e lo portò dentro l’edificio.

“ARKEI HA PRESO TART” esclamò allarmata Purin, con un passo già rivolto verso l’interno.

“Resta qui! – Ordinò Pai, facendo cenno a Kisshu. – Andiamo noi”.
 
Gli occhi dell’alieno nemico brillavano di una luce oscura, e la sua aura bastava per tenere in scacco il povero Tart. Il giovane alieno stava ostentando una sicurezza inesistente, facendo il muso duro e tenendo in mano le proprie bolas. La verità era che aveva paura, e poteva sentire i muscoli tremare nonostante li stesse tenendo contratti.

“Non serve fare i gradassi” gli disse Arkei, tenendo in mano una sfera d’energia in cui aveva compresso la forza d’urto di Rumiko.

“Lascialo stare” gridò Kisshu, lanciandogli una scarica elettrica.

Il nemico la schivò, ma non vide Pai che gli ci si gettò addosso. La sfera volò in aria, uscì dall’edificio e colpì il chimero. Il fragore, più grande di quello di un jet, ruppe i vetri dei palazzi circostanti e creò un brevissimo vuoto d’aria. Il serpente gracchiò, lamentandosi della grande ferita aperta. Un’occasione d’oro, di cui che era fuori approfittò con gran piacere. Mew Mew e Cavaliere Blu attaccarono insieme, e il mostro si dissolse.

“Grazie per l’aiuto” disse Tart ad Arkei, ridendo.

“Ora che hai i rinforzi, ti è tornata la lingua? – Lo canzonò l’alieno con la treccia, poi fissò i propri occhi su Kisshu. – Tu così ti presenti ai miei occhi? Strano davvero”.

Il ragazzo dagli occhi dorati strinse i pugni, e si trattenne pur di non dare una risposta verbale. Fece una linguaccia, mimando lo stile di Tart, e accanto a lui i fratellastri soffocarono una risata.

Arkei lasciò perdere la presa in giro, e innalzò la propria aura dorata.

“Ah, capisco: non ti fidi di lui. Preferisci tenermelo nascosto, e morire” disse, con una smorfia di disgusto.

Un passo indietro, una piccola spinta, e il nemico si lanciò contro il ragazzo dagli occhi dorati. Finirono entrambi al muro.

“Potrei ucciderti qui, ora. – Affermò l’alieno con la treccia, posando una mano sul collo del ragazzo. – Questo corpo è così, gracile. Non credi?” mentre parlava, si difendeva dagli attacchi ripetuti di Pai e Tart con un campo di forza che ne assorbiva e respingeva l’energia.

Il corpo di Kisshu si pervase della pura aura di Zeruo, accendendo i segni su viso e collo. Afferrò la mano di Arkei, e gli scaricò addosso tutta l’energia accumulata.

“Aahh” lamentò l’alieno con la treccia, scaraventato dalla parte opposta alla sala. Sotto la giacca, la ferita che gli era stata inferta doleva di nuovo.

“Ti conviene andartene” minacciò Pai, col ventaglio pronto in mano.

“Tutto bene?” si intromise il Cavaliere Blu, rimettendosi in guardia alla vista del nemico.

“Va’ via Mark!” ordinò Kisshu, purtroppo troppo tardi.

Arkei assalì il Cavaliere, colpendolo con un calcio per atterrarlo, e stese su di lui la mano per assorbirne la forza vitale. Tuttavia, proprio come era successo l’anno prima, questo non accadde.

“Maledizione. – Imprecò l’alieno. – Non ti posso usare” si alzò di nuovo, guardò gli altri, e svanì.

“Fiù, per un pelo” disse sollevato Tart.

Ritornarono temporaneamente alla casa degli alieni, giusto per fare un veloce punto della situazione. Lieti che Arkei non fosse riuscito a rubare la forza vitale di Mark, non poterono far a meno di pensare che forse avrebbe rivolto la propria attenzione a Kisshu, l’altra reincarnazione.

“Io credo piuttosto che continuerà a cercare l’altra parte del nucleo di Profondo Blu. - Ipotizzò Pam, in posizione meditabonda. – Non so perché, ma ho l’impressione che tenga troppo a Zeruo per fargli del male”.

“Ma se ha detto che lo avrebbe ucciso” ricordò Purin.

“Vero, ma tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare. E visto come gli ha parlato le prime volte…”

“Anch’io la penso così” affermò Minto.

“Penso che ora sia meglio concentrarci sul trovare il nucleo di Profondo Blu. – Disse Ryou. – Al resto penseremo dopo”.

Tutti concordarono.

 

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Capitolo 20
*** Istinto materno ***


Quella mattina si era alzato con uno strano presentimento. Un fantasma che gli gravava sulle spalle con il peso di un macigno. Persino il proprio posto di lavoro gli sembrava particolarmente angusto, e si distraeva al minimo fruscio. Dopo solo mezz’ora, Eiji si rese conto che quella mattina non avrebbe concluso niente e iniziò a pensare a quella parte della famiglia sulla Terra: Pai, Tart e Kisshu. Di loro aveva una foto sulla scrivania, scattata l’anno precedente al loro ritorno a casa: tre fratelli, di cui il minore al centro, seduti sorridenti sul divano. Accanto un’altra foto, molto più vecchia, della famiglia appena allargata. Pensò anche a Makoto, il cui camice ancora pesava sulla sedia, e si ritenne uno sciocco ad averle permesso di restare ancora sul pianeta azzurro.

A metà giornata, la porta del laboratorio si aprì, e il suo superiore entrò senza nemmeno presentarsi. Il presentimento di Eiji tornò a sussurrargli all’orecchio.

“Pensavi davvero, di potermi tenere nascosta la partenza della tua assistente? – Domandò, avanzando con le braccia dietro la schiena. – Cosa ti è saltato in mente?”
Eiji strinse il pugno, si morse l’interno del labbro e solo allora rispose

“Avevo le mie buone ragioni”.

Un lume si accese nella testa dell’anziano, e i suoi occhi ripresero il vigore di un tempo.

“È successo, vero? Il Cavaliere si è rivelato” sogghignò, evidenziando ancora di più le rughe.

“La avverto! – Minacciò lo scienziato, alzandosi dalla sedia. – Alzi un dito su di lui, e io…”

“Pensi che sia davvero capace di una cosa del genere? – Sbottò il superiore, con i tendini del collo tesi. – Ancora non hai capito niente”.

Eiji si bloccò, e tornò a sedersi in modo che il suo capo potesse dare ulteriori spiegazioni.

“Quello che ho fatto, è stato per garantire la sicurezza di tutti: la sua, e la nostra. – Si sedette sulla sedia accanto, e premette un paio di volte le vecchie meningi. – Come amico di famiglia, Izumi mi aveva confidato i suoi timori riguardo al figlio: che c’era qualcosa di strano. Le promisi che, nel caso in cui avesse avuto ragione, non lo avrei rinchiuso in un laboratorio. Tuttavia, la avvertii che se il ragazzo si fosse dimostrato troppo pericoloso avrei dovuto…” si fermò, incapace di terminare il discorso.

“Quindi lei mi ha mentito, di nuovo. – Sentenziò Eiji, picchiettando il tavolino con la penna. – Lei sapeva, già da molto più tempo”.

“Non ho mai dato peso alle parole di Izumi, finchè i monitor non hanno cominciato a rilevare le due fonti di energia. – Confessò l’anziano, sincero. – Prima pensavo che fosse solo un po’…particolare, nulla più”.

Eiji, sempre più confuso e deluso al contempo, non seppe cosa rispondere. Si girò del tutto verso il tavolo, e prese a scarabocchiare sulla sua agenda. Infine, data l’impossibilità di continuare pacificamente la discussione, chiese al superiore di lasciare il laboratorio.

L’anziano si alzò, prese una cosa dalla tasca del camice, e la appoggiò sul tavolo. Non disse altro, e lasciò lo studio come un fantasma. Solo dopo dieci minuti Eiji prese l’oggetto: un vecchio taccuino che riportava l’elegante calligrafia di Izumi.
Non ho mai creduto agli angeli, ma credo di averne visto uno proprio questa mattina. Finora si era tenuto invisibile ai miei occhi grazie ad un incantesimo, ma adesso posso vedere la verità.
Stavo semplicemente guardando il mio piccolo tesoro, così dolce mentre disegnava, e quando i nostri sguardi si sono incrociati mi è parso di vedere un’altra persona.
Ora che ci penso, non è la prima volta.
Comincio a comprendere il sogno che feci, prima che lui venisse al mondo. Una statua di cristallo, nascosta in un bozzolo di pietra al centro di una distesa verde. Il bozzolo si aprì al mio tocco, e la statua si animò. Guardò me, il mio grembo, e sorrise.
Solo ora comprendo la sensazione di famigliarità che provai nel vedere quel volto sconosciuto, perché è la stessa che ho sentito stamani. Capisco anche il senso di protezione che ho avuto, la prima volta che l’ho tenuto in braccio. Non veniva da me, ma dall’angelo che ci guardava dall’alto.
Deve essere lui, che mi sorride quando non lo fa Kisshu.
Anche Akio se n’è reso conto, me temo pensi sia una presenza malvagia. Io invece sono certa che sia una presenza benevola, reincarnatasi nel mio bambino. Deve essere così. Perché in una creatura così bella non può nascondersi il demonio.

“Oh Izumi. – Pensò malinconico Eiji. – Avresti dovuto confidarti con me” in quel momento, gli venne in mente che ancora doveva leggere l’ultima pagina del diario del collega. Prese dal cassetto le fotocopie che aveva fatto fare, e con sicurezza prese la pagina in fondo.

Dal diario di Akio.
 
 
 
Izumi sa, ne sono più che convinto.
C’è una luce diversa nei suoi occhi, una nuova consapevolezza. Lo vedo nel modo in cui lo accarezza, e di come gli parla quando sembra l’altro. In quei momenti, come se parlasse a quell’anima nascosta, lo chiama “piccolo angelo” oppure “celestiale”. Non lo aveva mai fatto prima, e inizio a preoccuparmi. Ho compreso che lei sa dei miei timori, ma non posso fare a meno di fingere che sia nella totale ignoranza.
Il suo sorriso è così bello, e lui così beato con lei, che il mio cuore si rasserena subito.
Almeno so che, nel caso fossi io ad avere ragione, lui non muoverebbe un dito contro di lei.
Di questo mi conforto, ed è l’unica cosa che mi fa dormire la notte.

 

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Capitolo 21
*** Tempio ***


Il mare di fuoco su cui stava poggiando i piedi era di certo ciò che restava della landa verde, dopo l’esplosione.
Un orizzonte rosso vivido, capace di brillare anche senza una stella come il sole.
Chissà se fosse una visione del passato, o del futuro.
Nonostante ne potesse sentire il calore, le fiamme non gli bruciavano la pelle; lui stesso sembrava essere solo un’ombra di passaggio.
Poi tutto si fermò, e si alzò una folata di schegge di cristallo. Per istinto, Kisshu si coprì gli occhi e quando li riaprì si ritrovò bambino in un regno iridescente.
“Ma,cosa..?” pensò, sentendo rimbombare la propria voce nell’etere.
Davanti ai suoi occhi, alcune stalagmiti gli liberarono il passaggio conducendolo fino ad un bozzolo di pietra. Era crepato nel centro, rivelando la statua al suo interno: Zeruo, il cui volto era ben riconoscibile.
Il piccolo Kisshu indietreggiò, ma inciampò e rimase bloccato tra alcuni cristalli che gli si strinsero attorno.
“Aiuto” esclamò, pur sapendo di essere totalmente solo.
Il terreno tremò, e tutto attorno a lui risuonò. Alcune stalattiti, proprio sopra la sua testa, si staccarono dal soffitto e il ragazzo rivide quel momento di nove anni prima.
La statua si animò, ruppe il proprio guscio e si gettò a protezione del bambino. Tutto svanì, e rimasero solo loro due.
“Ti prego, non vedermi come un nemico” lo implorò il Cavaliere, tenendo la sua reincarnazione in un abbraccio.
Per Kisshu, la sensazione al contatto della sua pelle e quella di Zeruo era insolita. Per un attimo, gli sembrò di guardarsi in uno specchio ed essere l’uno e l’altro contemporaneamente.
“LASCIAMI!” gridò, non potendo tollerare oltre, e respingendo il Cavaliere con forza. Tuttavia, invece che svegliarsi, si ritrovò a correre in un’uggiosa Tokyo.
Il suo cuore batteva allo stesso ritmo dei piedi, coprendo persino il rumore della pioggia. Stava lasciandosi alle spalle il Caffè Mew, gettandosi lungo il paesaggio acquatico che lo stava infradiciando. Pur senza conoscere la città, continuava imperterrito a correre, schivando le ombre che gli passavano accanto. Poi, di colpo, si fermò: la creatura di cristallo era di nuovo davanti a lui, e sembrava che gli stesse consigliando di fermarsi.
“Ti prego. – Gli disse, con gentilezza e gli occhi imploranti. – Tutto questo scomparirà”.
 
Di nuovo, tutto svanì e Kisshu si svegliò con forza. Come nel suo sogno, il cielo fuori stava riversando le proprie lacrime, e il ragazzo sentiva ancora le braccia di Morfeo su di sè. Non era del tutto uscito dal sogno.
“Tutto svanirà”
Gli sussurrò di nuovo Zeruo, sempre più lontano.
Kisshu si portò le mani alle orecchie, e affondò la testa tra le gambe, ma la voce del Cavaliere non si fermò.
Sta per succedere

“ZITTO!” gridò il ragazzo, e involontariamente un’onda di energia si diffuse per la camera facendo cadere alcuni oggetti.

“Che è successo?” gridò Tart, arrivato di corsa sulla porta assieme a Pai. Ciò che saltò subito ai loro occhi, furono gli occhi illuminati di Kisshu e il tremore dei suoi muscoli; come se stesse lottando contro se stesso.

“Indietro Tart. – Fece Pai, avvicinandosi poi con cautela. – Kisshu, KISSHU!” lo chiamò, cercando di scuoterlo dal suo torpore.

“Svegliati fratellone” disse Tart, rimanendo saldamente ancorato alla soglia.

Solo allora il ragazzo dagli occhi dorati tornò in sé, spaventato.

“Co…cos’ho fatto?” si chiese.

“Eri in trance, come mai?” domandò Pai.

“Non riuscivo più a svegliarmi. – Rispose Kisshu, sedendosi a schiena curva sul bordo del letto. – E lui non la smetteva di parlarmi” aveva la voce bassa.

Il fratellastro e il fratello minore gli si sedettero accanto, e osservarono lo stato in cui riversava la camera scorgendo anche delle ammaccature sui mobili.

“Forse sta cercando di dirti qualcosa” ipotizzò il più grande dei tre, tentando di ricordargli che il Cavaliere non era una presenza cattiva.

“Lo so, ma questi suoi giochetti sono snervanti”.

“Vedrai, passerà tutto”.

“Potrebbe anche trovare un altro modo. – Si intromise Tart. – Ci hai fatto paura, sai?”

“Mi dispiace, non volevo. – Si scusò il fratellastro, accarezzandogli la testa. – Evidentemente, io e lui non andremo mai d’accordo”.

Poco dopo, sotto il frenetico pavimento del locale, Makoto Kyle e Ryou stavano impiegando tutte le loro energie per inventarsi un modo per trovare il nucleo di Profondo Blu. Ogni loro tentativo fu inutile.

“Niente da fare. – Si arrese Ryou, sgranchendosi sulla sedia. – E’ come se si stesse nascondendo in una dimensione parallela”.

“Non perdiamo le speranze. – Lo contraddì fiducioso Kyle. – Lo rintracceremo, e lo faremo prima di Arkei”.

“E se smettessimo di usare la tecnologia, e pensassimo ai luoghi i cui è stato? – Consigliò Makoto, meditabonda. – Per esempio, cominciando dall’ultimo posto in cui è stato”.

“In effetti non è un’idea malvagia, potrebbe funzionare”.

L’interno del castello risuonò dello sfogo di rabbia di Arkei, che aveva battuto con violenza le proprie mani sul pilastro su cui stava il computer. Aveva passato tutta la notte a scannerizzare la città, alla ricerca della scintilla del suo superiore, senza però avere risultati. Sapeva che un’indagine basata sui soli mezzi tecnologici era inutile, tuttavia aveva sperato che sarebbe stato facilitati dai due nuclei già in suo possesso.
Nulla, e quel che peggio era che non percepiva alcunché.
“Maledizione. – Imprecò, stringendo i pugni. – Mio signore, vi imploro: datemi un segno della vostra presenza. Ne ho bisogno, per conquistare il mondo e vendicarvi”.
Come desiderato, sullo schermo davanti a lui apparve un video in diretta dei suoi nemici. Stavano salendo i gradini di un tempio, e quando ci arrivarono davanti Arkei ebbe un flash. Aveva già visto quella costruzione, più volte, e una veloce ispezione tra i video archiviati gli dette la risposta che stava cercando: era il luogo di sepoltura di Profondo Blu. Qualcosa si riaccese dentro di lui, e gli angoli delle sue labbra si alzarono verso l’alto.
“Eccoci arrivati” affermò Mark, soffermandosi davanti al tempio.
Come era stato suggerito da Makoto, dopo la chiusura del locale le Mew Mew, Mark, e i tre fratelli si erano riuniti davanti all’edificio che aveva visto lo scontro finale contro Profondo Blu. Nonostante fosse passato ormai un anno, e non ci fosse più alcun ricordo di quel giorno, i presenti non poterono far a meno di percepire un po’ di tensione.

“Ora che si fa? – Chiese Minto. – Se non possiamo vedere il nucleo con lo scanner, immagino che sarà difficile farlo a occhio nudo”.

“Mark e Kisshu potrebbero provare a percepirlo. – Consigliò Pam, che intanto aveva già cominciato a guardarsi in giro. – Prima di morire, Rumiko ha detto che avevano sentito l’arrivo di nuovi Cavalieri. Se era dipeso dalla loro essenza, può darsi che riescano a individuare i nuclei se abbastanza vicini”.

“Perché no? – Concordò Mark, rivolgendosi poi all’alieno con gli occhi dorati. – Che dici, facciamo un tentativo?”.

“Non sono molto d’accordo, ma ormai siamo qui” asserì Kisshu, avvicinandosi all’amico.

Entrambi chiusero gli occhi, e concentrandosi sull’ambiente circostante cercarono di localizzare una fonte di energia che fosse simile alla loro. Dopo qualche minuto, Mark riaprì gli occhi e disse di aver sentito qualcosa: un’energia famigliare, e oscura.

“Forse è veramente qui. – Affermò, guardandosi intorno. – Mi sembra di averla percepita, tu no?”

“Per niente. – Rispose Kisshu, un po’ deluso. – La cosa, però, non mi sorprende: sei TU la sua reincarnazione”.

“Hai perfettamente ragione. – Si intromise Arkei, comparendo sopra al tetto del tempio. – Quindi, il nucleo di Profondo Blu dovrebbe essere qui in giro. Grazie di averlo trovato per me, lo apprezzo molto”.
 

 

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Capitolo 22
*** Tragedia ***


“Che c’è? Un gatto vi ha forse morso la lingua? – Chiese ironico Arkei, scendendo lentamente dal tetto. – Ditemi qualcosa, o penserò che la mia presenza non sia gradita”.

“È proprio così, infatti” esclamò Purin, stringendo forte i pugni.

“Che cattiva. – L’alieno con la treccia fece il broncio, per poi tornare a sorridere. – Ma, in fondo, vi capisco: sto per prendere il nucleo davanti ai vostri occhi”.

“Ho paura che resterai deluso” ribattè Tart.

Il nemico rise, si sistemò la treccia, e disse

“Adesso sono i piccoli, a parlare per i grandi? Dovreste preparargli il letto, piuttosto”.

I due ragazzini si adirarono moltissimo, e in un impeto di rabbia Tart si sollevò da terra. Voleva colpire quello sfrontato con le sue bolas, ma i fratelli lo afferrarono per i piedi e lo riportarono al suolo. Il ragazzino si lamentò, storcendo il naso, e per questo ricevette uno sguardo molto critico.

“Non è il momento di fare sciocchezze” puntualizzò Pai.

“Bravi, - Si complimentò Arkei, battendo le mani. – E ora, lasciatemi prendere il nucleo del mio signore” chiamò un chimero, somigliante ad un antico animale sottomarino. Un enorme e preistorico cetaceo che fluttuava nell’aria, cui il suo padrone ordinò di attaccare il nemico.

Le ragazze si trasformarono immediatamente, pronte a lottare.

“Noi pensiamo al mostro. – Dichiarò MewPam, riferendosi a se e alle compagne. – Voi badate ad Arkei” ordinò invece ai ragazzi.

Tutti annuirono, e si divisero.

“Ora si fanno i gruppetti, come a scuola? - Domandò Arkei, aspettando che i suoi avversari si disponessero a cerchio attorno a lui. – Fate come volete”.

“FIOCCO IMMOBILIZZA” esclamò MewPurin, nel tentativo di bloccare il grande chimero. Troppo grande, perché il suo fiocco potesse tenerlo fermo. Nel giro di pochi istanti, l’animale si liberò e tornò a fluttuare nell’aria.

“OH NO”.

“Ci penso io” affermò MewMinto, avvicinandosi al mostro per scagliare le sue frecce. Colpì cinque volte sulla coda, ritenendo che così il chimero si sarebbe fermato. Quello che ottenne fu di essere colpita a sua volta. Cadde a terra, e quando alzò il viso vide l’animale procedere verso di lei a bocca spalancata. Ad aiutarla, intervenirono MewPam e MewLory che colpirono il nemico sulla testa. L’animale ruggì, lamentandosi, e si abbassò di quota.

“Ci riprovo! – Disse MewPurin, concentrandosi al massimo. – FIOCCO IMMOBILIZZA” usando tutta la sua energia, la ragazzina riuscì a bloccare del tutto il nemico.

“FIOCCO DI LUCE, MASSIMO SPLENDORE” enunciò MewIchigo, e l’energia dell’attacco colpì in pieno il Chimero che svanì.

In quel preciso istante Arkei, che stava combattendo contro i ragazzi, percepì un’aura famigliare provenire dalla ragazza. Si avvicinò, spostando le altre MewMew con un colpo d’aria; gli occhi fissi sulla rossa.

“ICHIGO!” gridò allarmato Mark, correndo verso la sua ragazza. Anche lui fu respinto dal nemico.

“Possibile che?” pensò tra sé l’alieno con la treccia, ma la sensazione che percepiva era troppo forte per essere sbagliata. Tese la mano verso il torace della ragazza, e concentrandosi al massimo si accertò che il suo dubbio fosse fondato. Un globo luminoso fuoriuscì dal petto di Ichigo, sotto lo sguardo attonito di tutti.

“Oh, ma…” balbettò la ragazza, fissando con terrore la sfera blu scuro. Ora che non era più dentro di lei, se ne poteva percepire l’aura malefica a metri di distanza.

“Chi l’avrebbe mai detto?” esclamò sorpreso Arkei, stringendo quella piccola fonte di energia come se fosse il tesoro più prezioso.

La osservò per alcuni istanti, e poi lasciò che entrasse nel suo corpo. In virtù del nuovo potere acquisito, il suo aspetto si alterò un poco avvicinandosi a quello di Profondo Blu. I capelli si sciolsero, assumendo una sfumatura bluastra, e l’espressione degli occhi divenne quella dell’antico compagno. Soprattutto la risata era la sua.

“Ora non mi fermerà più nessuno” affermò, osservando le proprie mani con bramosia. Desideroso di testare immediatamente la nuova forza, con la sola aura distrusse ciò che lo circondava.

Le MewMew si inginocchiarono sul terreno tremante, nascondendosi dietro gli scudi degli alieni. Quando la terra smise di muoversi, il Cavaliere Blu e Kisshu si lanciarono all’attacco. Senza quasi muovere un dito. Arkei mise al tappeto Mark, e poi atterrò Kisshu come se nulla fosse conficcandogli una naginata nel fianco. Dal corpo del ragazzo, fuoriuscì il cristallo che ricoprì parte della lama.

“Pretendi di stare in mezzo a questi mortali, ma non capisci che così stai solo impedendo il tuo completo risveglio” gli disse Arkei, torcendo di qualche grado la spada contrastando la presa del minerale, che si tinse di rosso. Il lamento che uscì dalla bocca di Kisshu, fu un misto della sua voce e quella di Zeruo.

“Attacco congelante” gridò Pai, cercando di allontanare il nemico dal fratellastro, ma uno scudo nero deviò il suo attacco e quelli che seguirono.

“Sei troppo legato alla tua reincarnazione. – Continuò Arkei, estraendo con forza la naginata. – Vuoi davvero fermarmi? Lascia andare quell’inutile involucro” pulì la propria arma con l’orlo della tonaca, e fece sparire la barriera e lui con essa.

Dal cielo discese una grande roccia, con sopra un castello in rovina. La base nemica, rimasta per tutto il tempo nascosta tra le nubi.

Pai e Tart si avvicinarono immediatamente al fratellastro, e mentre osservavano la ferita richiudersi gli domandarono se stesse bene.

“Mi dispiace” rispose il ragazza, con la voce rotta.

“No né colpa tua” lo tranquillizzò il fratello maggiore.

“Dobbiamo entrare là dentro, e sconfiggere Arkei ad ogni costo” affermò MewPam.

“Ma come? Ora è fortissimo” commentò MewPurin, sconsolata.

“Andrò io, da solo” affermò il ragazzo dagli occhi dorati, rialzandosi senza guardare in faccia nessuno. Nelle sue orecchie ancora risuonavano le parole di Arkei.

 Gli altri rimasero pietrificati dalle sue parole, e prima di tentare di dissuaderlo con ogni mezzo dovettero metabolizzare la cosa.

“Non dirai sul serio, vero? – Strillò Ichigo. – TI AMMAZZERA’!”

“Non puoi combattere da solo contro Arkei” concordò MewLory.

“INVECE Sì. – Ribattè duramente Kisshu. – Non posso mettere in pericolo le vostre vite, e questo è quanto”.

Aveva già iniziato ad incamminarsi verso il castello, ma il Cavaliere Blu lo seguì ugualmente.

“Che tu voglia o no, io vengo con te. – Disse, affiancando l’amico. – Siamo due Cavalieri, e combatteremo insieme” porse la mano destra.

Kisshu riflettè per qualche istante, poi annuì e strinse la mano.

Ichigo non riuscì più a proferire parola, tanto le straziava il cuore vedere i due più cari amici allontanarsi verso un probabile destino funesto.

“State attenti” li implorò MewLory, a mani giunte.

“Noi vi aspetteremo qui” affermò invece MewPam.

“Non fare una delle tue stupidaggini! – Gridò Tart al fratellastro. – Sennò chi la sente mamma?” non voleva darlo a vedere, ma era seriamente preoccupato.
Come Ichigo, anche Pai non disse nulla limitandosi a trasmettere la sua apprensione con gli occhi.

“Fa molta attenzione” dicevano le sue pupille.

Non poterono far altro che osservare Kisshu e il Cavaliere innalzarsi in volo, e svanire dietro la barriera del castello.

 

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Capitolo 23
*** L'ultima battaglia ***


Sebbene l’interno del castello fosse ormai in rovina, dalle sue pareti ancora trasudava l’antico splendore. Camminando per i suoi corridoi, il Cavaliere Blu e il ragazzo dagli occhi dorati avvertirono una strana sensazione: un misto di nostalgia, e déjà-vu.

“Anche tu hai, la sensazione di…?” iniziò Mark, guardandosi attorno.

“Di esserci già stato? – Concluse Kisshu, tastando la cicatrice pulsante. – Purtroppo sì” non l’aveva detto, ma dal momento in cui erano entrati lì dentro stava avendo dei flash continui. Vedeva il castello, com’era una volta, e sentiva una strana melodia.

“Forse questa era la loro casa, un tempo” ipotizzò il Cavaliere Blu, toccando la parete.

Intorno a loro, tutto si oscurò, e quando la luce tornò si ritrovarono al centro della rocca. Era un grande salone, la cui bellezza purtroppo era andata perduta più che nei corridoi che avevano visitato. Anzi, sembrava che fosse stata scenario di un’esplosione: alle colonne erano state private di una parte importante, tutte dallo stesso lato; e nel mezzo della sala una macchia nera.

In n’ulteriore flash, Kisshu rivisse l’istante in cui Zeruo si sacrificò per fermare gli ex-compagni. Un frammento di vita passata che gli mise l’angoscia nel petto. Per non darlo a vedere, strinse ancora di più la mano sulla cicatrice. L’unica cosa solo sua.
“Benvenuti, nella nostra antica dimora. – Li salutò Arkei, dal trono su cui era seduto, dando risposta al dubbio di Mark. – Un tempo così bella, ammirata da ogni dove, e ora in rovina a causa tua” indicò Kisshu con uno sguardo accusatorio.
I due ragazzi si misero sull’attenti, e strinsero forti le else delle proprie armi.

“Ti sconfiggeremo” esclamarono in coro.

Le mani di Arkei si caricarono di energia, e poi da esse partirono varie sfere di energia che, come missili di ricerca, inseguirono Kisshu e Mark per tutta la sala.

“Inutile scappare” sussurrò il nemico.

Uno schiocco di dita, e i globi di energia si moltiplicarono. Poi si appiattirono, e divennero lame estremamente pericolose. Per bloccarne una, il Cavaliere Blu usò la propria spada, rischiando seriamente di venir tagliato in due. L’intervento di Kisshu, con una delle sue scariche elettriche, fece sparire la sfera. Gli altri globi seguitarono ad attaccarli senza sosta, l’uno dietro l’altro, e i due dovettero spalleggiarsi per non essere colpiti. Solo con un grande sforzo riuscirono ad eliminare tutte le sfere, liberandosi nuovamente il passaggio.

“Ridicoli” affermò Arkei.

Gli bastarono pochi secondi, giusto quelli che gli servirono per scendere dal trono e raggiungere i ragazzi, e Mark e Kisshu si ritrovarono feriti a terra.

“Accidenti” lamentò il Cavaliere Blu, tentando di rialzarsi, tuttavia il nemico lo costrinse a terra con il piede.

“Chissà quale vergogna sarà stata, per il mio signore, reincarnarsi in un mollaccione come te” lo canzonò il nemico, la naginata pronta in mano

“MAAARK” gridò Kisshu che, raccogliendo le forze, si lanciò contro Arkei.

Ci fu un veloce scambio di stoccate, poi l’arma nemica lo colpì in pieno.

“Oh no” esclamò il Cavaliere Blu, osservando impotente l’amico cadere a terra.

Il sangue caldo stava fluendo via dal suo corpo, e la testa già aleggiava in un mare di nebbia. Il castello di Arkei svanì, così come il Cavaliere Blu, e tutto divenne buio.
“Ma dove sono? – Si domandò Kisshu, sdraiato nella piena oscurità. Mark?
Zeruo apparve come un fantasma, e dall’alto della sua posizione eretta guardava il ragazzo in fin di vita.
“Ti fai sempre vedere nei momenti meno opportuni tu” sbuffò l’alieno dagli occhi dorati. Sentiva le forze scemare.
“Non riuscirete mai a batterlo. – Affermò Zeruo. – Ha in sé l’energia degli altri Cavalieri”
“Continuerò a lottare, finché ci sarà sangue nelle mie vene. – Sussurrò Kisshu, usando le sue ultime forze per parlare. – E forse anche dopo”.
“Un nobile intento, ma inutile” affermò il Cavaliere di cristallo, sedendosi accanto al suo alter ego.
“Non posso star a guardare, mentre quello distrugge la Terra e la mia famiglia. – Nella debole voce di Kisshu si poté percepire la volontà di salvare il pianeta. – Se sei venuto solo per farmi perdere tempo in chiacchiere inutili, faresti meglio ad andartene”.
“Il tuo desiderio è anche il mio, e vorrei aiutarvi. Ma il prezzo, per te, sarebbe alto – Confessò Zeruo, lasciandosi sfuggire una lacrima iridata. – Sai a cosa mi riferisco”.
“Non mi importa di svanire. Sarei già dovuto essere morto. – Il ragazzo alzò il busto, puntando i gomiti per non cadere, e guardò il Cavaliere dritto negli occhi. – Cosa stai aspettando? Prendi questo corpo: guariscilo e usalo. Presto, prima che muoia e diventi inutile” si sdraiò nuovamente, percependo la vita allontanarsi sempre di più.
Il Cavaliere silente pose una mano sul torace del giovane alieno, scambiando con lui un lungo gioco di sguardi. Sentì la sua forza entrare nel corpo di Kisshu, la cui coscienza stava iniziando a svanire, e guarire le ferite inferte dal nemico.
“Torci loro un capello, e giuro che ti farò diventare matto” affermò il giovane ridendo. Ormai la sua voce era più un sussurro nella mente di Zeruo.
“Li salverò, o morirò nel tentativo”.
 
 
Il corpo di Kisshu si rialzò agile. La pelle non portava più il pallore della morte, e le ferite erano state richiuse dal cristallo.
“Kisshu! Per fortuna stai bene” esclamò felice Mark, con le lacrime agli occhi.

“Ti sbagli. – Lo contraddì Arkei, percependo l’essenza che animava quel corpo. – Quello non è più il tuo amico. Non è vero, Zeruo?”

La bocca del giovane alieno accennò a un sorriso malizioso, e il cristallo lo ricoprì del tutto. Quando il minerale si ruppe, dal guscio fuoriuscì Zeruo che aveva mutato gli abiti in una leggera armatura.

“Come sarebbe a dire? – Ribattè il Cavaliere Blu, rialzandosi. – Non capisco, lui è qui davanti a me”.

“Il Cavaliere di cristallo ha completato la sua rinascita, e della sua reincarnazione non vi è traccia” affermò Arkei, tornando a sorridere orgoglioso. Adesso riconosceva lo Zeruo dei tempi antichi.

“È vero, quello che sta dicendo?” domandò Mark al Cavaliere silente, e questi lo guardò con aria contrita.

“Eravamo entrambi d’accordo, che questa fosse l’unica possibilità per il pianeta. – Rispose l’altro, nei cui occhi non c’era veramente più traccia della coscienza della sua reincarnazione. – Mi dispiace, non lo avrei fatto se non fosse stato necessario”.

 “Ma non è giusto” lamentò Mark, guardando con astio entrambi i Cavalieri.

  “Rassegnati. – Gli consigliò Arkei, insensibile alla tristezza del ragazzo. – Il tuo amico è praticamente morto. E ora io potrò finalmente divertirmi sul serio”.

Combattendo contro il dolore, sia fisico che spirituale, il Cavaliere Blu si alzò e affiancò Zeruo.

“Ti aiuterò, ma solo per lui” affermò, tirando un paio di volte su col naso.

“No, tu tornerai dai tuoi amici” lo contraddì il Cavaliere di cristallo.
 
Un movimento della sua mano, e il ragazzo si ritrovò fuori, in mezzo al gruppo.

“Che è successo? – Domandò Ichigo, avvicinandosi al fidanzato. -  Dov’è Kisshu?”

Il viso di Mark si rabbuiò, allarmando tutti.

“Cavaliere, dov’è mio fratello?” chiese Tart, il cui respiro si era accelerato come se avesse presentito qualcosa.

Il ragazzo deglutì, trovandosi purtroppo costretto a raccontare l’accaduto.

“Non c’è più: ha permesso che Zeruo si risvegliasse del tutto” abbassò la testa.

Le ragazze spalancarono gli occhi, e Tart smise di respirare per qualche secondo. Solo Pai reagì, adirandosi moltissimo.

“Cos’hai detto?” ringhiò, afferrandolo per la collottola.

Il Cavaliere non seppe rispondere, e si limitò a sospirare tenendo lo sguardo basso.

“Ma questo vuol dire che…” accennò MewMinto.

Le mani dell’alieno con i capelli viola lasciarono il colletto di Mark, e poi si lasciò andare ad un grido di frustrazione.

All’interno del maniero, i due contendenti stavano battendosi in una lotta senza quartiere. Già il volto della sala era cambiato moltissimo: le pareti erano state rovinate ancor di più, e qua e là frammenti di cristallo adornavano il pavimento e il soffitto.

“Adesso sei veramente tu, finalmente” affermò Arkei, scagliando una potente onda d’urto da cui Zeruo si protesse con lo scudo.

“Tu mi hai costretto a farlo. – Fece il Cavaliere di cristallo, nell’attimo i cui le loro armi si incrociarono. – Non avrei mai voluto fare un simile sacrificio”.

Si separarono di nuovo, per attaccarsi a vicenda con fasci di pura energia. Tuttavia Arkei, in virtù della sua triplice forza, sopraffece facilmente l’avversario che andò a sbattere contro la parete. Le mani di Zeruo persero la presa sui Sai, e il Cavaliere venne investito dai ripetuti attacchi dell’avversario.

“Una stupida debolezza. – Arkei fermò gli attacchi, e si avvicinò minacciando l’altro con la naginata alla gola. – Se solo tu mi avessi dato retta, ora non saremmo a questo punto”.

Alzò la spada, ma qualcosa dentro di lui gli impedì di portare a termine il colpo. Il suo corpo si illuminò, e la forza vitale di Rumiko si trasferì volontariamente da lui a Zeruo.

“Grazie” pensò nel suo profondo il Cavaliere di cristallo, pago del dono che gli era stato fatto.

Si rialzò, e costrinse Arkei il nemico ad allontanarsi con una scia di vibranti cristalli.

“Avere lei dalla tua parte, non ti servirà a nulla” affermò Arkei, sistemando la presa sull’arma.

Volendo concludere lo scontro, entrambi concentrarono al massimo la propria aura, e si lanciarono l’uno contro l’altro. Le loro armi si conficcarono l’una nel corpo dell’altro, e così rimasero a mezz’aria.

“Abbiamo già vissuto questa cosa. – Rammentò Arkei. – Sai già come andrà a finire”.

“Lo so” sorrise Zeruo.

Come già aveva fatto in precedenza, il Cavaliere di cristallo concentrò tutta la propria essenza, mista a quella di Rumiko, in un unico attacco. Tutta l’energia fu riversata unicamente sul corpo di Arkei il quale, nonostante tutta la sua potenza, si disgregò.

Il castello esplose, e tutti i suoi detriti si sparsero nell’aria. Avvolto in un bozzolo di cristallo, che si frammentò una volta toccato il suolo, il corpo di Kisshu atterrò dolcemente in mezzo al gruppo dei suoi amici. Un pallore mortale gli aveva tolto ogni colore, e non c’era alcun tipo di movimento ad indicarne la vitalità.

“L…lui è” balbettò Tart, con le lacrime agli occhi; a stento riusciva a trattenersi dal piangere.

“Non ditemi che…” sussurrò Ichigo, con le mani alle labbra.

“NON DITE SCIOCCHEZZE! - Sbottò improvvisamente Pai, fiondandosi sul corpo del fratellastro. – Avanti, non fare scherzi” ma Kisshu non reagì.

Una luce illuminò il loro campo visivo, e il diafano spirito di Zeruo si mostrò a loro.

“Che gli hai fatto? – Gli ringhiò contro Pai, con gli occhi pieni di rancore. – MALEDETTO! Mi fidavo di te”.

“Non c’è stata altra scelta. –Spiegò contrito lo spirito. – Grazie anche all’aiuto di Rumiko, sono riuscito a salvarlo. Ma il suo spirito è debole, ed è pronto a morire”.

“PIANTALA DI DIRE BUGIE” strillò Tart, stringendo i pugni.

“È tutto vero. – Zeruo sospirò, il suo tempo stava finendo. – Non ho potuto fare di più. Perdonatemi, vi prego” svanì del tutto.

“Pai, io non voglio che lui…” lamentò il più giovane degli alieni, ormai in lacrime. MewPurin lo abbracciò, così senza dire una parola.

“Non morirà, non oggi. – Dichiarò Pai, scuotendo il fratellastro con forza. – Mi hai sentito? Sei così testardo che mi fai sempre venire i nervi, e ora non puoi accettare così facilmente la morte. Per una volta nella tua vita, UBBIDISCIMI e SVEGLIATI. Pezzo di cretino”.

Ci fu un momento di silenzio e poi, di colpo, Kisshu riprese a respirare. Il suo corpo tornò roseo, e aprì gli occhi in preda alla confusione.

“Sono, davvero vivo?” domandò, con la voce un po’ roca.

Nessuno rispose, perché stavano tutti sorridendo dalla gioia. Solo Tart e Ichigo si inginocchiarono, e lo abbracciarono con forza.

“Per fortuna stai bene” gli disse la rossa, sciogliendo l’abbraccio per asciugarsi le lacrime.

“Sei un egoista. – Disse invece Pai, i cui occhi avevano sorprendentemente iniziato a lacrimare. – Volevi andartene così, eh? Chi avrebbe continuato a far divertire Tart, con le sue stupidaggini? Chi mi avrebbe fatto arrabbiare ogni giorno? Chi, se non tu?” nel parlare il tono della sua voce era andato in crescendo.

“Sembra quasi, che tu ti sia preoccupato per me” ribattè Kisshu, alzandosi.

“Certo che sì. – Anche Pai si alzò, e prima di continuare a parlare prese un profondo respiro. – Sei mio fratello minore accidenti. È il mio lavoro, prendermi cura di te e Tart”.

Per lo stupore, gli occhi dorati si aprirono come finestre, e la bocca si serrò.

“Non fare quella faccia” ridacchiò Tart, che aveva ritrovato il sorriso.

“I…io non pensavo. -  Kisshu si commosse, e di nuovo restò senza parole. – Grazie”.

“Stupido” Pai gli mise un braccio sulle spalle, e gli sorrise.

Ora che il nemico era stato sconfitto, ognuno poté tornare alla propria casa. Nonostante ciò, alieni e Mewmew trovarono il modo per mantenersi in contatto, e non era raro che i ragazzi trascorressero una vacanza, una vera vacanza, a Tokyo.

 

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Capitolo 24
*** Epilogo ***


Il sole aveva da poco iniziato a sorgere su Tokyo, preannunciando una serena giornata estiva. Ichigo salì le scale, mentre sentiva suonare per la terza volta una sveglia. Con cautela, entrò nella camera di Killua, suo figlio, e aprì le serrande per svegliarlo.

“Killua, tesoro. – Lo chiamò, sussurrandogli all’orecchio. – È ora di svegliarsi”.

Il bambino di otto anni aprì gli occhi ancora un po’ impastati per il sonno, mostrando lo splendido colore che aveva ereditato dal padre, e a malavoglia alzò le lenzuola.

“Buongiorno” ripetè Ichigo sorridente.

“Yawn, giorno” quella mattina Killua non riusciva proprio a svegliarsi.

L’ex paladina si alzò dal letto, dicendo che la colazione era pronta, e lasciò la camera in modo che il bambino potesse vestirsi in privato. Dovette comunque aspettare un buon quarto d’ora, prima che il figlio si sedesse finalmente a tavola. Pronto per fare la sua colazione.

“Papà?” domandò Killua, a fine pasto.

“È andato al lavoro. – Rispose la rossa, che già aveva finito di mangiare. – Ci raggiungerà al Caffè”.

Killua sbuffò, dispiaciuto, e la donna non potè far a meno di rivedere il marito nella sua espressione. Il bambino aveva veramente preso tanto dal padre.

Pianeta alieno.

“ZIO TART! Ti vuoi muovere? – Strillò la voce della dodicenne Akira, appoggiata al tavolino. – Arriveremo tardi!”
Finalmente, dopo alcuni minuti, un cresciuto Tart uscì dalla propria camera.

“Eccomi, insomma. – Esclamò, prendendo una giacca. – Sei peggio di tuo padre”.

“Dovevi svegliarti prima” lo criticò di nuovo la ragazzina. Voleva molto bene a suo zio, ma proprio non sopportava la sua tendenza a ritardare.

Fatti gli ultimi saluti, i due raggiunsero la navetta che li avrebbe portati sulla Terra.

“Ci voleva tanto? – Domandò Eriko, la gemella di Akira. – Stavo mettendo radici”.

“Non è colpa mia, se lo zio è un bradipo” puntualizzò la sorella, costringendo Eriko a cambiare di posto.

Tart si sedette alla postazione a sinistra di Pai, al posto di comando.

“Dovevi per forza portarle entrambe?” scherzò, mentre il fratello maggiore metteva in moto i comandi.

“Sono gemelle, valgono per una. – Puntualizzò l’altro. – E poi, avevamo un posto in più”.

“Belli, i tempi in cui facevamo il viaggio insieme”.

Le porte del gate si aprirono, e la navetta partì.

Nel giardino del Caffè Mew, ora di proprietà di Ichigo e Purin, tutto era pronto per l’arrivi degli amici alieni. Ormai era diventato un appuntamento annuale: i ragazzi venivano sulla Terra, e passavano l’estate con loro. Tutti insieme.
C’era già aria di gran festa: le paladine e i loro figli, chiacchieravano allegramente, sedute sull’erba.

“Mi auguro che arrivino presto” sperò Purin, giocherellando come una bambina.

Il suo desiderio fu esaudito un’ora dopo, e la festa di animò ancora di più. Tutti erano felici, ad eccezione di Killua che ancora mostrava un po’ di malinconia per l’assenza del padre.

“Quando arriva” pensò, facendo ciondolare le gambe dalla sedia.

“Cos’è quel muso lungo? – Gli domandò Mark, intuendo subito il motivo di tanto sconforto. – Forza, arriverà presto” gli sorrise.

“Lo spero” disse il bambino.

“Tuo figlio non sembra divertirsi molto” suggerì Lory a Ichigo.

“Sta aspettando suo padre. – Rispose la rossa. – Vedrai che, quando arriverà, diventerà l’anima della festa”.
In quel momento, una leggera sferzata di vento annunciò l’arrivo di qualcuno.

“Ehi! Avete cominciato senza di me? – Esclamò Kisshu, finalmente arrivato. – Che cattivi” fece un finto broncio.

“PAPA’. – Esclamò Killua, sovrastando tutto e tutti, e gettandosi tra le braccia del genitore. – Che bello che sei arrivato!”

“Scusami, ma il capo mi aveva rinchiuso nelle segrete del suo castello” scherzò Kisshu.

“E tu lo hai sconfitto, come hai fatto con Arkei?” domandò il bambino. Sapeva benissimo che il padre aveva detto una bugia, ma quello era uno dei tanti giochi che facevano insieme.

“Certamente. Mi sono liberto dalle catene, e l’ho messo al tappeto. – Il ragazzo, ormai uomo, accarezzò la testa del figlio. – Nulla mi avrebbe tenuto lontano da te e tua madre, soprattutto oggi”.

“Altrimenti ci avrebbero pensato i tuoi fratelli” fece Ichigo, avvicinandosi per salutare come si deve il compagno.

Ora la festa poteva veramente cominciare.
 
 
 
 

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