A touch of light

di Lamy_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo. ***
Capitolo 2: *** Identità rivelate. ***
Capitolo 3: *** Passeggiata notturna. ***
Capitolo 4: *** Benvenuta in famiglia. ***
Capitolo 5: *** Di nuovo insieme. ***
Capitolo 6: *** Un bacio all'improvviso. ***
Capitolo 7: *** Tempesta di sentimenti. ***
Capitolo 8: *** Nella tana del lupo. ***
Capitolo 9: *** 164J ***
Capitolo 10: *** La figlia perduta. ***
Capitolo 11: *** Epilogo. ***



Capitolo 1
*** Prologo. ***


PROLOGO.
 
 La casa è quel luogo che i nostri piedi possono lasciare ma non i nostri cuori.
(Oliver Wendell Holmes)
 
 
Il taxi superò il cartello stradale e varcò la linea bianca impressa sull’asfalto. Un manifesto era appeso a qualche metro dalla strada e su uno sfondo rosso sangue risaltava una scritta bianca: benvenuti nella contea di Beacon Hills. La ragazza sospirò, non c’era modo di tornare indietro, ora poteva solo proseguire. Indicò al tassista di fermarsi davanti al Denim Café, poi allungò all’uomo barbuto una banconota e scese dall’auto. Dopo aver recuperato le sue due valige, entrò nel bar cercando di non dare nell’occhio, anche perché era certa che il suo ritorno avrebbe destato stupore nella piccola cittadina. Si sedette al bancone e ordinò una tazza di thè verde. Il cellulare le vibrò in tasca e solo allora si accorse dell’ora: erano già le dieci di sera. Fece scorrere le dita sullo schermo e lesse il messaggio di Greg in cui la pregava di chiamarlo una volta sistematasi in albergo; ignorò il tutto e tornò a sorseggiare la sua bevanda calda, sebbene fosse il cinque giugno. L’indomani avrebbe dovuto certamente contattare Scott e Stiles per avvisarli del suo ritorno, e non vedeva l’ora di abbracciarli dopo dieci anni. Non che fosse contenta di ritrovarsi di nuovo in quella cittadina che le aveva distrutto la famiglia, non che fosse entusiasta di partecipare al matrimonio di suo padre, non che avesse superato i traumi legati alla sua adolescenza, però proprio i suoi amici erano l’unica nota positiva in tutto quel dramma.
“Un whiskey, grazie.”
Lo sgabello accanto a quello di Aranel fu occupato dal tizio che aveva appena ordinato. Fu servito in un attimo e in un colpo scolò il liquido alcolico. Aranel lo guardò di sottecchi: aveva circa la sua età, venticinque o ventisei al massimo, aveva i capelli castani ben pettinati, ma non era possibile notare il colore degli occhi perché aveva il viso chino sul bicchiere. Non sapeva perché, ma qualcosa in quello sconosciuto le dava la sensazione di conoscerlo.
“La teina non aiuta l’ansia.” Esordì il ragazzo voltandosi verso di lei e beccandola a fissarlo. Aranel sbatté le palpebre confusa.
“Stai parlando con me?”
“Tu vedi qualcun altro seduto al balcone oltre a noi due?”
La ragazza si diede della stupida mentalmente e abbozzò un sorriso imbarazzato.
“Bene. Allora, cos’hai contro il mio thè?”
Lo sconosciuto richiese un altro whiskey prima di parlare. Questa volta lo bevve a sorsi senza buttarlo giù di fretta.
“Il thè contiene la teina, un eccitante, che di sicuro non agevola la tua ansia.”
“Cosa ti fa credere che io sia ansiosa?”
“Una bella ragazza con due valige beve thè verde in un bar alle dieci di sera, direi che è alquanto insolito. O hai rapinato una banca e cerchi un alibi oppure ti sei rifugiata qui perché ti nascondi da qualcosa.”
Aranel fu colpita dall’analisi dettagliata del ragazzo, così si limitò ad annuire e a spostare l’attenzione sul legno scuro del bancone.
“Presumo che tu ti stia nascondendo. Dico bene?” il tono divertito del ragazzo fece sorridere Aranel, che riportò lo sguardo su di lui. Solo ora si accorgeva che i suoi occhi erano di un verde-azzurro intenso.
“Dici bene.”
“Cosa ti spaventa tanto da farti rifugiare qui?”
“Domanda troppo diretta. Ritenta e magari sarai più fortunato!”
Lo sconosciuto ridacchiò e scrollò le spalle.  Finì il suo whiskey e avvicinò lo sgabello a quello della ragazza. I capelli di un castano scuro erano perfettamente lisci, gli occhi color ambra non erano truccati, e le sue labbra erano piegate in un mezzo sorriso.
“Ripropongo: cosa ti porta a Beacon Hills?”
“Un matrimonio e una casa da vendere entro fine estate.”
“Il tuo matrimonio?”
“Cosa?! No, il matrimonio di mio padre.”
Il ragazzo ghignò per l’espressione terrorizzata della donna alle parole ‘tuo’ e ‘matrimonio’. Il thè si era raffreddato e Aranel aveva smesso di berlo. Poi risolve un’occhiata alla sua destra e azzardò a continuare la conversazione.
“E tu perché sei a Beacon Hills? Ti nascondi da qualcosa?”
“Cosa ti fra credere che io mi nasconda da qualcosa e non da qualcuno?”
Aranel aveva ben capito quanto fosse furbo il ragazzo, voleva conoscere ma non voleva essere conosciuto.
“Ripropongo: da chi ti nascondi?”
“Da me stesso.”
“Devi aver fatto molti errori per scappare da te stesso.”
Lo sconosciuto assunse una smorfia di dolore, si morse il labbro ed emise una risatina mesta.
“Oh, non immagini quanti. Sto cercando di rimediare al passato e sinceramente non so se lo sto facendo nel modo giusto.”
“Anche se lo stai facendo nel modo giusto, è difficile che tu te ne accorga. Purtroppo tendiamo a pensare sempre male di noi stessi perché siamo i nostri peggiori giudici. Forse hai già rimediato, forse hai ancora molto da fare, o forse non ti sei affatto impegnato, ma questo non puoi saperlo. Devi chiederlo agli altri se stai seguendo la giusta via.” La voce di Aranel era bassa e molto dolce, quasi volesse accarezzarlo, e lui ne fu meravigliato.
“Sei una psicologa?”
“No, sono una giornalista. Inoltre, negli ultimi mesi ho deciso di scrivere un romanzo, però non ho ancora scelto la trama e non ho sviluppato nulla.”
“Sei ambiziosa, sconosciuta!”
Aranel sorrise ampiamente e scosse la testa. Molte persone le avevano ripetuto che la sua ambizione era un difetto, che oltre alla propria affermazione c’è altro, e che bisognava restare con i piedi per terra, ma lei aveva perseverato e faticato per arrivare a quella vita che aveva sempre sognato.
“Sì, è uno dei miei tanti difetti. E tu cosa fai nella vita?”
“Sono l’aiuto meccanico nell’officina di Bob.”
“Il meccanico Bob Allen? Lavora ancora a settantacinque anni?!”
Il ragazzo rise e annuì.
“Sì, è arzillo come un ventenne! E’ una vera forza quell’uomo!”
La vibrazione del cellulare di Aranel interruppe la conversazione, lei lesse il messaggio in cui suo padre l’avvisava di trovarsi fuori dal bar; era ora di andare. Lasciò degli spiccioli sul bancone e ritirò lo scontrino.
“Mio padre mi aspetta fuori, devo andare.”
“Lascia che ti aiuti con le valige almeno!”
“D’accordo!”
Il ragazzo pagò i suoi drink, agguantò le valige e si fece guidare fino al parcheggio. Una Audi bianca attendeva con i fari accessi e il motore che ruggiva, alla guida un uomo sulla cinquantina, giacca elegante, capelli brizzolati e occhiali dalla spessa montatura sul naso, salutò con la mano.
“Eccoci.” Disse Aranel, così fu aiutata a caricare le sue cose nel bagagliaio.
“Eccoci.” Ripeté il ragazzo.
A smorzare il loro silenzio vi era solo il ronzio del lampione.
“Grazie per avermi aiutata con le valige e per la compagnia di stasera.”
“Sì, ehm, figurati!”
“Bene, allora vado. Buonanotte.”
Prima che lei entrasse in auto, le afferrò il braccio e la costrinse a voltarsi.
“Dimmi almeno il tuo nome.”
“Mi chiamo Aranel.”
“Io sono Theo.”
 
 
 
Mettersi a letto fu una gioia immensa. Aranel si poté finalmente rilassare, lesse alcune mail e rispose al messaggio di Greg in modo lapidario promettendogli di chiamarlo il giorno dopo perché era troppo stanca. Ritrovarsi nella sua vecchia stanza era strano. Le pareti erano spoglie, le foto e i poster li aveva portati con sé, la scrivania era vuota, nessun quaderno o libro o penne alla rinfusa, l’armadio era deserto, eccetto qualche gruccia. Non avrebbe mai pensato di essere a casa dopo tanti anni, ma a confermarlo c’era il rumore costante del frigo e il miagolio del gatto dei vicini. Si mise su un fianco e affondò la guancia nel cuscino. Quella casa era legata a ricordi che facevano ancora male: le urla dei suoi genitori, i piatti rotti, la porta sbattuta da suo padre quando aveva deciso di andarsene, i pianti di sua madre. Erano anche numerosi i ricordi belli che facevano sorridere: i mercoledì sera con Scott e Stiles a guardare film, i pomeriggi passati a studiare insieme, le abbuffate di patatine e gelato, le nottate intere a ridere a perdifiato. Non aveva idea di come avrebbero reagito i suoi amici nel vederla lì, in quella città che si sforzava di dimenticare, con una carriera e una relazione. Sperava con tutta se stessa che almeno tra di loro non fosse cambiato nulla. Certo, in quegli si erano mantenuti in contatto, si chiamavano ogni sabato per aggiornarsi, ma un’amicizia attraverso uno schermo è diversa da una vissuta di persona. Aranel sapeva il segreto di Scott, di Lydia, di Malia e di Liam, e conosceva bene tutte le peripezie che avevano affrontato combattendo il soprannaturale. Lei non aveva mai preso parte alle loro battaglie perché, benché vivesse a Beacon Hills, frequentava un liceo a due ore dalla cittadina perché era lì che sua madre insegnava letteratura inglese. Le venne in mente Theo e sorrise inconsapevolmente. Era senza dubbio bello, e soprattutto aveva qualcosa di misterioso che l’aveva subito attirata. Si addormentò con il pensiero del sorriso del ragazzo, e dormì serenamente.
 
 
Quando la sveglia suonò, Aranel era già in cucina a prepararsi un caffè. Inzuppava i biscotti meccanicamente mentre leggeva sul cellulare le news. Era una tipa mattiniera, non amava sprecare il tempo a dormire o a crogiolarsi nel letto, lei era sempre affaccendata, sempre in movimento, sempre con l’energia al massimo. Dalla finestra scorse un’ombra a pochi metri dalla sua porta che faceva stretching. Si avvicinò alla finestra per vedere meglio e sorrise. Si infilò una vestaglia da camera di seta azzurra allacciandola in vita e uscì.
“Mi stai seguendo, per caso?”
Il ragazzo, sebbene avesse le cuffiette, si voltò verso di lei e rise. Era Theo.
“Non avevo idea che tu abitassi qui. Passo tutti i giorni da queste parti durante il mio giro di corsa.”
“Devo fingere di crederci, Theo?”
“Devi crederci perché è vero, Aranel!”
Aranel si sedette sulle scale, i raggi del sole ad illuminarle i capelli e un sorrisino allegro sulle labbra. Theo camminò verso di lei sfilandosi le cuffie e sostenendo lo sguardo.
“E’ questa la casa che devi vendere?”
“Sì. Più tardi incontrerò un agente immobiliare per definire i dettagli della vendita.”
“Credevo che andassi a stare da tuo padre.”
“Non sopporto la futura moglie di mio padre e i suoi figli, perciò ho preferito tornare a dormire nella mia vecchia stanza.”
Theo prese posto sul primo gradino poggiando la schiena al muretto e allungando le gambe, così poteva guardarla.
“Sarà dura partecipare al loro matrimonio, allora perché lo fai?”
“Sei un tipo curioso!” la risata di Aranel celava una certa ansia nel rivelare troppe cose di sé. Il ragazzo fece spallucce.
“Mi incuriosisce solo ciò che mi attrae.”
Quello era un flirt a tutti gli effetti, che in verità aveva avuto già inizio la sera precedente al bar, e sembrava che li coinvolgesse entrambi.
“Il divorzio dei miei genitori non è stato facile, ma più di tutto è stato tremendo il tipo rapporto che hanno mantenuto. Continuano a farsi la guerra da allora, anche se ormai è tutto finito, così ho pensato che presentarmi a questo matrimonio potrebbe spezzare questa catena e mettere un bel punto a questa storia.”
“Cosa non sopporti della nuova famiglia di tuo padre?”
Le domande di Theo si facevano insistenti e Aranel a quel punto non era sicura che stesse affrontando quella nuova conoscenza nel modo giusto. Spiattellare i propri pensieri ad uno appena conosciuto non era il massimo, ma c’era qualcosa in quel ragazzo che la spingeva a confidarsi senza veli. Sospirò, poi si coprì meglio il petto con la vestaglia, più per abitudine che per necessità.
“Mio padre sembra avere un rapporto migliore con Aaron e Hannah, i suoi figliastri, che con me. A loro ha dato il padre che non hanno mai avuto e a me ha tolto il padre che ho sempre avuto. Sono due ragazzi ricchi e viziati, che non riconoscono il valore della famiglia, e pretendono da lui auto costose, vacanze ai Tropici, festini, abiti di marca, senza in cambio dargli nulla.”
“Jones. Tu sei Aranel Jones!” esclamò Theo con una strana espressione, a metà tra la sorpresa e la derisione. Aranel si fece piccola nel suo pigiama bianco e azzurro.
“Sì, sono io. Come lo hai capito?”
“L’unico uomo capace di far condurre ai figli un tale stile di vita è Henry Jones, il sindaco di Beacon Hills. Tutti sanno che sua figlia lavora a New York come giornalista del Times.”
“Non amo particolarmente dire alla gente che sono a figlia del sindaco perché poi mi guardano in un modo strano, però tu no. Perché?”
“Perché sei semplicemente la figlia di un sindaco e non una divinità da temere o adorare! Per me sei soltanto Aranel, la ragazza che beve thè verde nei bar alle dieci di sera.”
Il sorriso che gli regalò Aranel fece deglutire Theo, e si convinse che stranamente aveva voglia di conoscerla. Si sa che quando Theo Raeken vuole qualcosa se la prende a tutti i costi. La ragazza controllò il cellulare e balzò in piedi.
“Io devo incontrare un mio amico in centro e sono anche in ritardo.”
“Scappi di nuovo, Cenerentola? Lasciami un indizio per ritrovarti.”
Aranel sorrise ancora di più a quelle parole e sembrò che il cuore battesse più forte. Era davvero tardi e lei doveva andare.
“Ci incontreremo di nuovo se la fortuna vuole!”
“Allora faremo in modo di dare una mano alla fortuna. A presto, Cenerentola.” Così dicendo, Theo riprese la sua corsa e sparì dal suo vialetto. Aranel rientrò in casa, una nuova allegria nel petto e un nuovo pensiero fisso nella mente.
 
 
“Scott!”
Aranel era appena uscita dagli uffici dell’agenzia immobiliare e si era diretta in centro per salutare alcune persone. Scott le corse incontro con le braccia spalancate e si abbracciarono dopo dieci anni di lontananza.
“Ci sei mancata così tanto, Aranel!”
“Mi siete mancati anche voi!”
Quando si staccarono, Aranel notò una ragazza alle spalle di Scott che li fissava. Aveva i capelli corti e color caramello, uno sguardo felice le coronava il viso; indossava dei pantaloncini di jeans e una canotta rossa.
“Oh, ciao, io sono Malia Hale.”
“Piacere, Aranel Jones.”
“Scott e Stiles mi hanno parlato tanto di te. Ti chiamano miss perfettina.”
Aranel lanciò un’occhiata truce al suo amico.
“Ancora con quello stupido nomignolo? Credevo che fosse superata quella fase.”
“Possiamo anche smettere di chiamarti in quel modo ma tu resti perfetta!”
La ragazza gli tirò un pugno sul braccio e rise, riuscendo a coinvolgere anche Malia. Stiles e Lydia erano assenti perché si stavano sistemando in Virginia e sarebbero arrivati entro il fine settimana. All’improvviso, dal nulla, le venne in mente di non aver chiesto il cognome a Theo. Per lei restava ancora un mistero quel ragazzo.
“Aranel, mi hai sentito?”
Aranel sbatté le palpebre alla mano che Scott stava sventolando davanti al suo viso e la scostò con uno schiaffo.
“Stavo pensando ai numerosi impegni che devo sostenere nei prossimi giorni, perdonatemi. Cosa stavi dicendo?”
“Io e Scott abbiamo bisogno di sapere qualcosa sugli attacchi di animali risalenti a un mese fa e alla settimana scorsa, però non ci è possibile reperire i verbali e i rapporti della polizia.” Disse Malia in modo conciso.
“Potete chiedere aiuto allo sceriffo Stilinski, no?”
“No. Lui e Parrish questa estate la passeranno a controllare i campeggiatori. Il tipo che lo sostituisce ci ha cacciati dal suo ufficio.”
“E perché vi servono informazioni? Sapete qualcosa che non so e che dovrei sapere?”
Scott si sentì messo alle strette dallo sguardo inquisitorio della sua amica e cedette, sebbene non volesse immischiarla.
“Crediamo che si tratti di un nuovo licantropo e che sia senza alcun controllo. Vogliamo soltanto essere sicuri di sbagliarci. Solo tu puoi accedere a quei documenti come giornalista.”
“Io non sono una giornalista di questa contea e sarebbe strano che qualcuno del Times si interessasse ad attacchi di animali a Beacon Hills.”
“Per favore, Aranel. Trova un modo per aiutarci!”
Aranel fu stranamente colta da uno spasmo di curiosità, lei amava il mistero e l’avventura, e sembrava che quell’occasione la stesse chiamando a gran voce.
“Credo di avere già una mezza idea. Domattina mi faccio viva e vi porto le informazioni.”
Scott l’abbracciò di nuovo sotto lo sguardo contento di Malia.
“Aranel Jones, bentornata a casa!”
 
 
 
Salve a tutti! :)

E’ la prima volta che scrivo su Teen Wolf, perciò siate clementi.
Questo è solo l’inizio di un’avventura piena di colpi di scena.
Fatemi sapere cosa ne pensate del capitolo.
Alla prossima.
Un bacio.
 
Aranel Jones as Leighton Meester.
 
Ps. Perdonate eventuali errori di battitura.

 

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Capitolo 2
*** Identità rivelate. ***


IDENTITA’ RIVELATE.
“La tua identità è come la tua ombra: non sempre visibile, eppure sempre presente.”
(Fusto Cercignani)
 
 
Camminare tra le strade di Beacon Hill era come un viaggio nel tempo che, anziché essere carico di nostalgia e bei ricordi, era carico di rabbia e rancore. Aranel cercò di scrollarsi di dosso quella sensazione di oppressione che l’accompagnava da quando era ritornata e avanzò a passo spedito verso la redazione del giornale locale. Aveva comunicato a Scott che la sera si sarebbe presentata a casa sua se avesse trovato qualcosa. Il cellulare riprese a squillare per la terza volta in mezz’ora e si sforzò di rispondere in modo cortese.
“Dimmi tutto.”
“Aranel! Che succede? Perché non mi hai contattato? Sono due giorni che non ci sentiamo.”
Il controllo che Greg tentava di esercitare era asfissiante e lei si tratteneva dal riattaccare. Stavano insieme da tre anni, un paio di mesi prima lui le aveva chiesto di sposarlo e lei aveva risposto di sì. Benché avesse un ottimo lavoro, una bella casa e un matrimonio che la stava aspettando, lei si sentiva incompleta. Era arrivata al punto di credere che la sua vita fosse piatta e spenta, senza alcun sapore e alcun colore a stimolarla. Era come se tutto andasse veloce e lei non riuscisse ad afferrare nulla.
“Sono stata presa da tante cose. Ho rivisto i miei amici e ho perso la cognizione del tempo.”
“L’importante è che tu stia bene. Comunque, ho chiamato per dirti che non posso essere lì prima del diciassette agosto ma arriverò in tempo per il matrimonio di tuo padre che è il venti. Hai già detto a qualcuno di noi?”
“Cosa avrei dovuto dire?”
Aranel non stava prestando molta attenzione. Stava fissando la porta del bar in cui aveva conosciuto Theo e sbirciava all’interno per vedere se fosse lì. Quella mattina non era andato a correre e uno strano senso di vuoto le attanagliava lo stomaco.
“Che ci sposeremo l’anno prossimo!” erano rare le volte in cui Greg perdeva la calma e alzava la voce e questo irritava Aranel. Anche quando litigavano lui si tratteneva, evitava di urlare, e alla fine si piegava alle volontà della donna.
“Abbiamo ancora tempo per dare la notizia. Non mettermi fretta!”
Greg era un avvocato inglese che viveva da cinque anni a New York, aveva i capelli biondi e ricci, due occhietti azzurri e una voce profonda, e soprattutto era un uomo noiosamente tranquillo. Non faceva mai nulla di diverso o di intraprendente, al massimo beveva senza utilizzare il sotto bicchiere.
“Temo solo che tu non voglia farlo sapere a nessuno.”
Aranel si toccò l’anulare sinistro senza trovarvi l’anello di fidanzamento e sospirò: lo aveva abbandonato nel beauty case per non farlo vedere a nessuno. Greg aveva ragione. Nel frattempo, era arrivata a destinazione.
“Adesso ho da fare, ti richiamo. Ciao.”
La redazione del giornale era un austero edificio di mattonelle color granito, le finestre erano sporche, e la porta produceva uno stridore all’apertura e alla chiusura. Alla reception le dissero che avrebbe potuto rivolgersi a Sarah, l’archivista, per recuperare le notizie.
“No, mi dispiace, ma non posso mostrarle i documenti.” La voce stridula di Sarah, una donna dalla bassa statura e i capelli bianchi, incrociò le braccia al petto.
“Oh, la prego! Ho bisogno dei verbali della polizia e dei rapporti dell’ospedale che soltanto il giornalista che si è occupato del caso ha visualizzato. E’ importante!”
“Come ha ben detto, accede solo chi si occupa del caso e lei, con tutto il rispetto, non è una giornalista della nostra contea.”
Aranel stava perdendo la pazienza, anche se capiva bene perché tutta quella riservatezza. Doveva farsi venire un’idea. Dalla borsa estrasse un badge del Times e lo allungò a Sarah.
“Sono una giornalista del Times e a New York si sono verificati casi simili a quelli avvenuti qui, perciò sto cercando un collegamento.”
L’anziana le riservò un’occhiataccia sprezzante.
“Quale collegamento ci trova in attacchi di animale?”
“Al Times riteniamo che una banda asiatica traffichi animali pericolosi in America per somme di danaro molto laute. Quindi, sì, io ci trovo un collegamento.” Aranel si chiese da quando fosse diventata così brava a mentire, tant’era che le veniva naturale.
“Senta, è meglio lasc…”
“Sono Aranel Jones.”
Quelle tre parole bastarono a far vacillare Sarah, che strabuzzò gli occhi colmi di vergogna. Sapeva di star giocando sporco, ma era urgente scoprire se fosse sorto un nuovo lupo. Aranel in parte ci sperava perché avrebbe potuto finalmente prendere parte alle avventure sovrannaturali di cui Stiles e Scott le raccontavano con l’adrenalina che ancora scorreva. Voleva dare una svolta alla sua vita e dare la caccia ad un neo lupo sarebbe stato un buon punto di partenza.
“Mi aspetti nel parcheggio, sotto il balcone del primo piano. La raggiungo tra cinque minuti con le informazioni che le servono.”
Aranel annuì sorridendo vittoriosa, poi si dileguò. Il parcheggio era isolato e nessuno era affacciato alla finestra, allora poté fumare una sigaretta con calma. Nessuno conosceva quel suo piccolo vizio, una o due sigarette a settimana, e da un annetto lo nascondeva. Fumava soprattutto quando era nervosa. Qualche minuto dopo, Sarah le consegnò un malloppo di fogli fotocopiati.
“Non divulghi queste informazioni e ne faccia buon uso. Buona giornata, signorina Jones.”
“Grazie mille, e buona giornata a lei!”
 
 
Theo si trascinava quella mattina, zero voglia di lavorare e zero voglia di interagire col mondo. Non aveva avuto neanche le forze per fare il suo solito giro di corsa e per questo non aveva visto Aranel. Quella ragazza lo attraeva, non solo perché era palesemente bellissima, ma soprattutto perché lo guardava con occhi nuovi e innocenti, senza lo sguardo accusatorio che gli rivolgevano Scott e gli altri. All fine, stanco di essere giudicato, aveva preferito ritagliarsi uno spazio isolato, trovare un posto di lavoro onesto e cercare di rimediare in piccolo alle azioni deplorevoli che aveva commesso. Poi Aranel aveva innescato di nuovo il suo istinto, quello che porta un animale feroce a cacciare la sua preda, a divertirsi con essa, e infine a divorarla. Sentiva che la chimera in lui stava emergendo, felino e spietato. Lui voleva quella ragazza senza un preciso motivo e l’avrebbe ottenuta alla fine.
“Buongiorno, Bob.”
L’anziano meccanico gli regalò un sorriso sdentato e gli fece cenno di cambiarsi. Indossò velocemente la tuta da lavoro, sporco e unto a macchiare la stoffa, e si mise al lavoro.
“Theo, figliolo, oggi ti devi occupare di quella bella pupa lì in fondo!” esclamò Bob indicandogli una Audi bianca sospesa in aria e pronta ad essere ‘operata’.
“Ci penso io.”
Quando si avvicinò all’auto, un odore familiare acuì i suoi sensi sviluppati: era una dolce fragranza di arancia e cocco che proveniva dai sedili. Già, quella era l’Audi su cui era salita due sere prima Aranel e quello era il suo profumo. Sembrava proprio che la fortuna li volesse insieme. Calò giù la macchina per ispezionarla prima di ripararla, sebbene si trattasse di un lavoretto rapido. Sorrise, quella era la scusa con cui avrebbe potuto parlare con lei ancora una volta. Dopo due estenuanti ore di lavoro, tra bulloni da svitare e cavi da ricollegare, la giornata prese una piega ben diversa. Mentre Theo se ne stava sotto l’Audi con la schiena a terra e le mani impegnate, si parò alla sua vista un paio di caviglie sottili infilate in quelle che sembravano essere scarpe col tacco di vernice nera.
“Hai intenzione di uscire da lì o devo suonare il campanello?” quella voce, allegra e dolce al tempo stesso, apparteneva ad Aranel. Il ragazzo si tirò su pulendosi le mani dal grasso e sorrise.
“Mi stai seguendo, per caso?”
Aranel, sofisticata nei suoi jeans e nel suo top bianco senza spalline, ridacchiò, poi si sedette sull’unica sedia presente in officina.
“Stamani ho la prova per l’abito da testimone per il matrimonio di mio padre, ma sono arrivata in anticipo per non dover incontrare Cindy, la mia matrigna, e sua figlia Hannah. L’atelier è a tre isolati da qui e ho pensato di farti visita, dato che oggi non sei andato a correre.”
Una voglia dirompente di vedere Theo l’aveva spinta a camminare per tre isolati, con la calda brezza di giugno, su un paio di decolleté nuovo e alquanto scomodo. Il sorriso sincero del ragazzo le fece intendere di aver fatto bene.
“Non mi sono svegliato in tempo per la corsa, così sono direttamente venuto a lavorare. Dunque, a cosa devo questa piacevole visita?”
“Vorrei che tu mi accompagnassi in atelier.”
“Come, scusa?!”
“Mi serve il consiglio di un estraneo per scegliere il vestito. Sicuramente Cindy mi avrà appioppato qualcosa di orribile, se chiamo il mio migliore amico mi dirà che sto bene, ma io ho bisogno di una critica netta e cruda.”
Theo si appoggiò alla parete e si prese qualche istante per esaminare la donna a qualche passo da lui: i capelli erano legati in una treccia che lasciava ben vedere le spalle lasciate scoperte dal top, risaltavano le clavicole e le scapole, l’azzurro accesso dei suoi orecchini gettava una macchia di colore nel suo abbigliamento austero; diamine, quanto era bella!
“Per un compito così arduo hai pensato ‘perché non invitare il povero ragazzo appena conosciuto e torturarlo con questioni da donna?’. Dico bene?”
“Sapevo che ci saresti arrivato da solo! Ora, abbiamo soltanto un paio d’ore prima che Cindy e sua figlia arrivino in atelier, ed io devo risolvere questa faccenda. Ci stai?”
“Non so se Bob…”
Prima che Theo proseguisse, Aranel andò dall’anziano meccanico in modo assai gentile e dimesso.
“Bob, posso rubarti l’assistente per circa due ore?”
“Nessuno può dire di no ad un bel faccino! Prenditi pure il ragazzo!”
Aranel ritornò da Theo facendo picchiettare i tacchi sul pavimento di proposito atteggiandosi vittoriosa.
“Andiamo, non abbiamo tutto il giorno!”
 
 
 
“Sei pronta? Oppure devo pensare che ti sei impappinata col vestito?”
Theo sedeva comodamente su una poltrona di pelle bianca con i piedi sul tavolino che offriva loro una bottiglia di champagne e due calici. Aranel si era chiusa in camerino dopo aver recapitato il vestito scelto dalla matrigna, ma non voleva farsi vedere.
“Se esco conciata così qualcuno, mi denuncia per disturbo alla quiete pubblica!” sbraitò la ragazza da dietro la tenda nera, facendo sorridere il suo nuovo amico.
“Sto morendo dalla voglia di prenderti in giro, esci da lì!”
Un secondo dopo Theo si stava sbellicando dalle risate e Aranel cercava di non mettersi ad urlare come una matta. Un lungo abito di tulle color verde oliva vestiva la sua figura, un nastro giallo le stringeva la vita, un collo rigido le circondava la gola, e le maniche erano pompose.
“Smettila di ridere, imbecille!”
“Questo è il vestito più brutto che io abbia mai visto!”
Aranel gli lanciò il cuscino della seconda poltrona colpendolo dritto in faccia, però lui continuava a ridere. Alla fine, volente o nolente, anche lei si abbandonò ad una grassa risata.
“Come procede?” la vocina gentile della commessa interruppe il chiasso; la donna, alta e snella, ben vestita, circa sui quaranta anni, squadrò Aranel e storse di poco il naso. Theo si rese conto che quello era stato uno scherzo che Cindy aveva a lungo pianificato per ridicolizzare Aranel. Decise allora di intervenire.
“Aranel, tu aspetta qui. Signora, vuole esse così cortese da mostrarmi degli abiti? Sono certo che troverò quello giusto.”
Aranel gli sorrise riconoscente e tornò in camerino a spogliarsi. Prese il telefono e vide due messaggi da parte di Greg che le chiedeva scusa per aver alzato la voce qualche ora prima, però non rispose perché non voleva rovinarsi quella giornata che stava andando nella direzione giusta. La commessa chiese permesso, aprì la tenda e le consegnò la gruccia che reggeva una custodia nera. Impallidì alla vista del contenuto. Frattanto, Theo era tornato a sedersi.
“Sono pronta.”
“Avanti, esci!”
Quando Aranel si fece vedere, a Theo mancò il respiro. Un lungo abito rosso vivo le abbracciava il corpo, sulla schiena le bretelle sottili si incrociavano, e sul davanti un lieve scollo a ciambella lasciava libero il collo.
“Secondo me è troppo anche per la testimone.” Mormorò la ragazza mentre si guardava allo specchio. Theo si alzò e le si accostò.
“Io credo che, invece, sia perfetto.”
“Stringe troppo sui fianchi e mette in evidenza il fatto che sono larghi, stringe anche sul davanti, e la schiena è troppo scoperta. No, no!”
Theo le afferrò il braccio prima che tornasse a cambiarsi e la posizionò di nuovo davanti allo specchio. Cominciò a girarle attorno come fa uno scienziato con la cavia. La stava letteralmente mangiando con gli occhi.
“Cade perfettamente sui fianchi, la schiena è scoperta quanto basta, e se lo senti stretto sul davanti è soltanto perchè …”
“Perché? Finisci la frase, coraggio!”
“Perché porti una terza o una quarta abbondante.”
Le gote di Aranel si tinsero di rosso facendo ghignare il ragazzo. Era vero, aveva barato facendo ricorso alla sua vista eccezionale, ma anche un semplice umano si sarebbe fatto una chiara idea delle forme armoniose di quel corpo.
“Sei sicuro che non mi faccia i fianchi troppo larghi? Sii sincero e spietato.”
“Ad essere sincero e spietato, ti trovo bellissima.” Quella era la prima volta da quando si erano conosciuti che Theo era serio, nessun sorrisino, nessuna presa in giro, solo la pura verità. Aranel si schiarì la voce e tentò una scusa per stemperare l’atmosfera.
“Okay, allora lo prendo. Abbiamo ancora mezz’ora, ti va un caffè? Offro io!”
 
 
“Tu lo sai che versi troppo zucchero nel thè?”
Aranel gli fece una smorfia buffa e girò il cucchiaino nella tazza. Theo si portò alle labbra il bicchiere di plastica del caffè e scosse la testa. Ai piedi del tavolo l’enorme busta rosa in cui era riposto l’abito rosso avrebbe dovuto aspettare altri due mesi per essere scartata.
“Mi piace dolce il thè!”
“E cos’altro ti piace dolce?” la domanda di Theo fece tossicchiare Aranel. Stava alludendo a qualcosa o era una semplice domanda? Il ragazzo dovette pesare le sue stesse parole perché ridacchiò distogliendo lo sguardo.
“Mi sono espresso male, pardon. Intendevo chiederti cos’altro mangi di così dolce.”
Era la seconda volta nel giro di poco che Aranel si lasciava imbarazzare da lui. Sorrise per evitare altro disagio.
“Io sono un’ottima cuoca e amo preparare le torte, però evito di metterci troppo zucchero.”
“Potresti avvelenare qualcuno!”
“Sì, certo, idiota!”
Entrambi avevano la sensazione di conoscersi da anni, parlavano come amici di vecchia data, senza reticenze e senza giri di parole. Theo diede una controllata al cellulare e lasciò il bicchiere sul tavolo.
“Devo tornare in officina. Questa volta sono io che scappo.”
Aiutò Aranel a mettersi in piedi porgendole la mano destra, che lei strinse volentieri accettando il gesto di galanteria. Un bambino nella foga di correre più veloce dei suoi amici urtò Aranel e la borsa si rovesciò a terra.
“Scusa!” disse il bambino, il terrore negli occhi e le mani pronte a riparare al danno. Aranel gli sorrise.
“Tranquillo, non è successo nulla. Torna pure a giocare, fa solo più attenzione.”
Quello le fece l’occhiolino e sparì dietro un cartellone. Theo si piegò all’istante per raccogliere gli oggetti: I-phone, fazzoletti, salviettine deumidificate, un piccolo specchio portatile con spazzola incorporata, due elastici, le chiavi di casa e della macchina, un astuccio dei trucchi.
“Hai davvero un sacco di roba in quella borsa!”
“Sono una donna esigente che adora avere tutto a sua disposizione!” disse lei riponendo il tutto nella borsa.
“Non lo metto in dubbio che sei una donna esigente.”
E di nuovo Aranel non capì se quella fosse una velata allusione o se fosse serio, ma il sorriso divertito sulla sua faccia le diceva che era un’allusione.
“Torna a lavorare, signorino. Grazie ancora per avermi aiutata con l’abito.”
“Sei in debito con me e troverò un modo per farmi sdebitare.”
“Ah, ah, certo. Buona giornata!”
“Ciao, Jones!”
Mentre si incamminava, Theo calpestò qualcosa sotto la scarpa, si chinò e raccattò un astuccio grande più o meno quanto la sua mano. Era di Aranel e non lo avevano raccolto. Lo aprì senza pensarci due volte e il contenuto, assorbenti e compresse, non lo stupirono più di tanto. Decise, però, di sfruttare l’oggetto smarrito per vederla ancora.
 
 
Aranel rincasò soltanto per una doccia e un cambio d’abiti, poi si mise in macchina e andò a casa di Scott. Aveva con sé i documenti che le aveva consegnato Sarah e voleva mostrare a tutti cosa aveva scoperto. Si era proposta per comprare le pizze e le bibite, al gelato e al film ci avrebbero pensato gli altri. Parcheggiò nel vialetto che conosceva come le sue tasche, spense il motore e suonò il clacson perché qualcuno uscisse ad aiutarla. La porta si spalancò rivelando Mason, l’altro umano oltre a Stiles, e le tenne la portiera aperta.
“Tu devi essere Aranel! Piacere, sono Mason.” disse il ragazzo sorridendo a trentadue denti. Aranel strinse la sua mano e annuì contenta.
“Il piacere è mio.”
“Prendo io le pizze e le bibite, tu chiudi la macchina.”
Mason, carico come un asino, entrò in casa e Aranel lo seguì poco dopo. Scott l’abbracciò non appena la vide, forse voleva recuperare tutti gli abbracciati mancanti degli ultimi dieci anni.
“Sono davvero contento che tu sia qui.”
“E’ bello essere tornata in questa casa.”
Gli occhi di Aranel si velarono di lacrime, ma furono impedite dall’arrivo di Liam e Malia. Il più piccolo si fece avanti e salutò con la mano.
“Ciao. Ehm, io sono Liam.”
“Sì, so chi sei. Io sono Aranel.”
Dopo i saluti, si riunirono tutti in salotto. Non era cambiato nulla se non il colore delle pareti e qualche foto. L’unica cornice ad essere la stessa da venti anni era quella che ritraeva Aranel, Scott e Stiles al campo estivo a sei anni; era stata l’estate più bella della loro vita, così felice e spensierata. Ad Aranel facevano male tutti quei ricordi che assalivano la sua mente, faceva fatica a tenere a bada l’ansia. Per distrarsi prese il fascicolo e lo depose sulle gambe.
“No, stiamo aspettando l’ultimo arrivato nel branco.” Disse Scott con un mezzo sorriso. Malia sbuffò.
“Già, e devo ancora capire perché non lo sputiamo in faccia!”
Mason e Liam furono gli unici a ridere. Quando qualcuno bussò alla porta, Scott urlò ‘avanti’ e dopo seguirono dei passi. Il sorriso cordiale con cui Aranel voleva accogliere l’ospite si ghiacciò all’istante. Theo la fissava paralizzato al centro del soggiorno. Scott strinse delicatamente la spalla della sua amica e con la mano puntò il ragazzo dai capelli scuri.
“Aranel, ti presento Theo Raeken. E Theo, ti presento Aranel Jones.”
“Piacere di conoscerti.” Disse Theo dopo qualche esitazione.
“Piacere.” Si limitò a replicare Aranel, e si chiuse improvvisamente a riccio.
“Veniamo alle cose serie. Cosa hai scoperto?” Mason svegliò lo stato di trance di Aranel, che deglutì e cercò di risultare impassibile.
“Ho avuto accesso alle copie di verbali e rapporti sui presunti attacchi di animale e sono tutti identici a quelli che risalgono ai tempi in cui Scott si è trasformato, perciò, tirando le somme, credo si tratti di un nuovo lupo.”
Scott lesse velocemente le carte e dovette convenire con Aranel. Era il veterinario di Beacon Hills e gli era capitato un fatto strano che accertava le circostanze.
“Un paio di settimane fa in ambulatorio una signora ha portato il suo gatto ferito da quelli che sembravano artigli. A questo punto direi che tutto torna.”
“Ed è anche abbastanza furbo da non farsi beccare!” aggiunse Malia, le dita che tamburellavano sul ginocchio, la bocca corrucciata.  Aranel era felice che Malia e Scott fossero una coppia perché erano talmente diversi che insieme si completavano.
“Come facciamo a capire chi è? Non abbiamo indizi.” Fece Liam con lo scetticismo stampato in viso. Mason gli diede un pugno sul braccio.
“Abbiamo affrontato cose peggiori di un lupetto, ce la caveremo!”
Aranel non osava alzare lo sguardo, sentiva gli occhi di Theo piantati addosso e non riusciva neanche ad elaborare un pensiero logico. Era assurdo che il Theo sconosciuto con cui si era trovata bene fino ad ora era, in verità, una persona manipolatrice e malvagia. Scott agguantò il cartone della sua pizza e ne prese una fetta.
“Ce ne preoccuperemo domani, adesso mangiamo.” 
“Io vado a lavarmi le mani!” disse Aranel.
“Io vado a prendere i tovaglioli!” disse Theo.
Si incrociarono nel corridoio buio che portava in cucina e si allontanarono da orecchie indiscrete. La prima a parlare fu Aranel.
“Non ci posso credere che tu sia Theo Raeken!”
“Oh, dovrei sentirmi offeso o onorato perché sono così famoso?”
Aranel lo spinse contro il muro per scansarlo da sé.
“Sei un idiota!”
“Stamattina mi porti in atelier e mi offri il caffè, poi mi tratti così? Ma certo, ora che sai chi sono e cosa ho fatto prendi le distanze. Ovvio!” gli occhi di Theo erano feriti e il tono della voce era nervoso, quasi triste. Aranel si sentì tremendamente in colpa. Adesso erano nella stessa squadra.
“Mi dispiace, scusa. Sono stata davvero sgarbata.”
“Lascia stare e lasciami stare!”
Theo la mollò da sola nel corridoio con le braccia incrociate come a volersi difendere dalla rivelazione delle loro identità.
 
 
 
Theo di dormire non ne voleva sapere. Si mise seduto sul letto quando erano ancora le due del mattino. La cena era stata un disastro, aveva dovuto fingere di non conoscere Aranel e si era sforzato di non guardarla più del dovuto. La sua mente non sembrava d’accordo e continuava a inviargli immagini di lei con il vestito rosso, del suo corpo perfettamente avvolto nella stoffa, del suo fare determinato. Affondò la faccia nel cuscino nella speranza di soffocare un urlo. Per due giorni si era illuso che qualcuno potesse conoscere la parte di lui che non mostrava mai, che qualcuno non lo giudicasse per l’essere mostruoso che era, ma era tutto sfiorito. Aranel lo avrebbe guardato con occhi diversi da lì in poi. Aspetta, non doveva andare per forza così, questa volta poteva scegliere di agire nel modo giusto. Quella donna lo intrigava e voleva farsi conoscere da lei per davvero. Digitò un messaggio e lo inviò.
 
 
Aranel bevve la seconda tisana della serata e non sortiva effetti. Il sonno non sopraggiungeva, Greg l’aveva tartassata di nuovo di scuse, e la cena a casa di Scott l’aveva destabilizzata. Si accese una sigaretta nella vana speranza che il fumo potesse offuscare quella serata.
Conosceva Theo Raeken attraverso i racconti di Stiles: sapeva dei giochetti per insinuarsi nel branco, dell’accusa a Stile per aver ucciso Donovan, del tentato omicidio di Scott, degli esperimenti che conduceva per i Dread Doctors, e sapeva anche che aveva ucciso sua sorella. Rabbrividì all’idea di essersi piacevolmente divertita con lui, però doveva anche ammettere che erano passati anni ormai e lui era di certo cambiato. Cosa le importava? Lei era lì solo momentaneamente; aveva un fidanzato che l’aspettava a New York; aveva un bel lavoro; aveva amici che le volevano bene. Eppure non riusciva dimenticare la stretta allo stomaco che le aveva causato quando le aveva fatto complimenti in atelier, quando le aveva chiesto cos’altro le piacesse oltre al thè, ai sorrisi maliziosi e agli sguardi diretti che le aveva regalato.
Sobbalzò quando avvertì il telefono tremare sul tavolo. Era un messaggio da un numero sconosciuto: “sono Theo. Vorrei scusarmi per come mi sono comportato stasera e vorrei anche restituirti qualcosa che stamattina ti è caduto dalla borsa, perciò domattina verso le sette farò un giro di corsa nei pressi di casa tua. Spero di riuscire a vederti.
Buonanotte.”
Aranel, non farlo!, si disse mentalmente. Poi lo fece.
Scrisse: preparerò due tazze di thè verde. A domani.
Era consapevole che se ne sarebbe pentita.
 
 
 
Salve a tutti! :)

Ecco che si comincia a scoprire qualcosa su Aranel.
Peccato che adesso la verità sia venuta a galla! Chissà cosa succederà.
Fatemi sapere cosa ne pensate.
Alla prossima.
Un bacio.
 
Aranel Jones as Lighton Meester.
 
Ps. Perdonate eventuali errori di battitura.

 

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Capitolo 3
*** Passeggiata notturna. ***


PASSEGGIATA NOTTURNA.

“Ti chiedo scusa se non sono come vorresti. Il fatto è che a volte non riesco ad essere nemmeno io come vorrei.”
(Anonimo)
 
 
 
Alle sei di mattina Aranel era già sveglia. Si fece una doccia rigenerante dopo una nottata insonne. Mentre si pettinava i capelli bagnati, scorse nel beauty case il luccichio dell’anello di fidanzamento, lo prese e lo mise al dito. Come se una forza oscura l’avesse aggredita, si tolse l’anello e lo ripose nel bauletto. Scese in cucina per mangiare qualcosa, ma aveva lo stomaco chiuso e bevve solo una tazzina di caffè. Quando scoccarono le sei e mezzo, pose la teiera sul fuoco e ripiegò su due bicchieri al posto delle tazze. Si sentiva sopraffatta dall’ansia non sapendo come comportarsi con Theo dopo aver scoperto la sua vera identità. Per quanto provasse a calmarsi, al tempo stesso sapeva che trattarlo come se niente fosse sarebbe stato ingiusto nei confronti dei suoi amici. Non ci credeva ancora che il ragazzo gentile e divertente che aveva conosciuto in un bar fosse uno psicopatico sovrannaturale. Fumò la prima sigaretta della giornata ma l’ennesima di una lunga estate. Attese che la teiera fumasse per versarvi dentro le bustine di thè verde, poi poggiò tutto su un vecchio vassoio in argento, che era appartenuto a sua nonna, e uscì in veranda. Il sole era tiepido e una leggera brezza addolciva l’aria, così si sedette su una sedia in vimini e stette lì a godersi il silenzio. A rovinare quel momento di pace ci pensò il suo cellulare. Sorrise nel leggere il nome di chi la stava chiamando.
“Contessa! Come stai?”
“Anche se sei mi figlia e ti adoro, ti strangolo nel sonno se continui a chiamarmi così!”
Aranel era rincuorata dalla voce di sua madre. Amanda Foster, insegnante di letteratura inglese e pittrice nel tempo libero, era soprannominata ‘contessa’ per via di una lontana parente che era Contessa di Aragona, però odiava essere chiamata così. Era una donna esplosiva, i capelli ricci sempre in disordine, gli occhi truccati dei colori più accesi, le mani e i vestiti sempre sporchi di pittura, e quella risata piena che faceva sempre rallegrare tutti.
“Ciao anche te, mamma. Allora, che combini?”
“Sto lavorando ad un nuovo quadro: una ninfa dai lunghi arti rapita da un falco blu. Sarà un capolavoro!”
“Salvador Dalì sarebbe fiero del tuo surrealismo. Come stanno Bonnie e Clyde?”
Bonnie e Clyde erano i gatti di sua madre ai quali Aranel era affezionata e che spesso portava nella sua villetta, ma in casa gli animali erano vietati a causa delle svariate allergie di Greg.
“Quelle palle di pelo stanno benissimo, mangiano e dormono. Tu come stai? E i ragazzi?” sua madre sorrise nostalgica al pensiero di Scott e Stiles, gli unici due in grado di comprendere l’animo sensibile di sua figlia.
“Stiles è ancora in Virginia e torna dopodomani, mentre ieri sera ho cenato da Scott e l’ho trovato davvero bene. Qui la vita è andata avanti per tutti.”
“Per te la vita lì si era fermata, scricciolo. Abbiamo lasciato Beacon Hill perché non era più casa nostra.”
Aranel sospirò, sua madre aveva ragione. Lasciare quella cittadina non era stato un male, aveva sofferto nel lasciare i suoi migliori amici, ma era necessario ritrovare la serenità che il divorzio dei suoi aveva cancellato. Era sempre stata una ragazzina malinconica, sensibile, emotiva, ma le cose negli anni erano solo peggiorate.
“Ti saluta Melissa, l’ho incrociata un attimo prima di andare via. Ieri ho rivisto Bob il meccanico e mi ha chiesto se tu avessi un compagno, renditi conto!”
Sua madre rise sommessamente, la cosa fece intendere ad Aranel che Kabir era rimasto a dormire lì. Frequentava sua madre da un annetto ma si comportavano da fidanzatini adolescenti senza approfondire troppo le cose, e a lei andava bene così. Vedere la felicità di Amanda ridotta in mille pezzi da un uomo per la seconda volta sarebbe stato terribile.
“Dì a Bob che gli mando un bacio enorme e ricambia il saluto a Melissa. Ora devo chiudere perché ho la consegna delle pagelle. Kabir ed io ti abbracciamo forte. A domani, scricciolo.”
“Saluta tutti da parte mia. Ciao, contessa!”
Quando Aranel chiuse la chiamata, per poco non cadde dalla sedia per lo spavento. Theo era sbucato dal nulla davanti a casa sua, le cuffie alle orecchie, e le braccia al petto.
“Dannazione! Non farlo mai più o potrei morirne.”
“Scusami, sono arrivato dieci minuti e non volevo disturbare la tua telefonata. Non volevo spaventarti.” Quella versione di Theo, dimessa e timida, stupì Aranel. Non era né il ragazzo di cui le aveva raccontato Stiles né il ragazzo che aveva incontrato nel bar.
“Non fa niente, sei perdonato. Stavo parlando con mia madre e potevi farti vedere come una persona normale.” Il tono di Aranel era sprezzante e non era riuscita a dosare le parole. Theo abbassò lo sguardo sull’erbetta secca.
“E’ chiaro che non vuoi vedermi. Sono qui soltanto per restituirti questo e per darti questi. Adesso me ne vado. Scusami ancora.”
Theo le consegnò il suo astuccio blu e un mazzo di bellissimi anemoni. Aranel sorrise spontaneamente e richiamò il ragazzo che stava riprendendo la sua corsa.
“Aspetta, ho preparato il thè verde!”
Dopo qualche incertezza, Theo fece dietrofront e fu invitato a sedersi in veranda. Aranel sciolse almeno quattro zollette di zucchero nel suo bicchiere, mentre il ragazzo lo bevve al naturale.
“Perché il the verde?”
La ragazza alzò gli occhi su di lui e inarcò le sopracciglia, quella malsana curiosità la metteva sempre in agitazione.
“Quando avevo circa dieci anni ho viaggiato con mia nonna e abbiamo trascorso due settimane a Changsha, in Cina, e ci offrirono un delizioso the verde. Me ne innamorai subito. E’ di produzione locale e lo chiamano Silver Peak, è il the verde dotato delle maggiori proprietà toniche. Da allora ogni mese mi faccio spedire dalla ditta produttrice casse intere che mi durano per almeno due mesi.” Aranel si maledì per la facilità con cui si apriva con lui, per la facilità con cui si lasciava trasportare in ogni momento da quegli occhi sempre interessati.
“Come mai tua nonna ti portò in Cina?”
“Lei lavorava per una multinazionale dislocata a Changsha, così mi propose di accompagnarla ed io accettai senza pensarci due volte!”
“Il tuo the ha una storia interessante.” Commentò Theo con un sorriso. Aranel lasciò correre lo sguardo dalla bevanda ai fiori contenuti in un vecchio vaso che sua madre non aveva voluto portare a New York. Era raro che qualcuno regalasse anemoni. Theo poteva chiaramente sentire il suo cuore battere forte, era agitata e lui ne era il motivo.
“Come mai gli anemoni?”
“Sono appropriati in un rapporto complicato. Indicano l’intenzione di fare il primo passo verso l’altro, almeno così mi ha detto il fioraio! Pensavo fosse un modo carino per chiederti scusa, ieri sono stato un vero imbecille. Nessuno dei due poteva immaginare chi fosse davvero l’altro. Io non avevo idea che fossi tu l’amica di Scott e Stiles che tornava in città, altrimenti non ti avrei avvicinato in quel bar.”
Aranel quasi si strozzò a quelle parole. Davvero lui desiderava non averla mai conosciuta? Cercò di riprendere il controllo e tirò a fatica le parole.
“In che senso non mi avresti mai avvicinata?”
“Il branco non si fida completamente di me ed è normale che siano sospettosi dopo anni. Se Scott e Stiles sapessero che ci siamo frequentati sarebbe un grosso problema: nessuno dei due vorrebbe che la loro migliore amica vedesse il ragazzo che li ha quasi uccisi. Sei meravigliosa, Aranel, però io non posso rovinare tutto proprio ora che le cose iniziano ad andare bene.”
Come un tetto divelto da un uragano e inghiottito nella tempesta, Aranel si sentì risucchiare nel vortice della falsa speranza. Era stata così sciocca a credere di poter essere sua amica, nonostante adesso sapesse la verità, ma quel discorso aveva il suo senso. I suoi migliori amici, e soprattutto Stiles, non l’avrebbero presa bene.
“Certo, capisco. A questo punto dovremmo salutarci. Grazie ancora per l’abito, per l’astuccio e per i fiori. Buona fortuna per tutto.”
Theo si alzò e strinse lo schienale della sedia mentre lei parlava, temeva quel momento da quando l’aveva vista la sera precedente.
“E’ stato un piacere, Aranel.”
Senza aggiungere altro, Aranel si chiuse la porta alle spalle e udì i passi di Theo correre lontano.
 
 
 
“Dottore, buongiorno!”
Scott si voltò verso Aranel ridendo. Era strano vederla aggirarsi per la città come dieci anni fa, come se il tempo si fosse riavvolto.
“Buongiorno. Cosa la porta del mio umile ambulatorio?”
“Ti ho portato un bignè alla crema ricoperto con glassa di cioccolato fondente, il tuo preferito.”
Aranel abbandonò sulla scrivania un sacchetto bianco da cui si diffondeva l’odore del cioccolato. Scott addentò il bignè senza troppe cerimonie.
“Questo è un tentativo per estorcere informazioni?”
“Sì, in realtà sì. Quel Theo Raeken non sembra così spietato come dicevate.”
Non le andava bene concludere la sua amicizia nascente con Theo per colpa di un passato oscuro. Si sentiva bene al suo fianco, si divertiva e riusciva a sgombrare la mente. Non aveva più guardato l’abito rosso per paura di sentire la sua mancanza. Nonostante lo conoscesse da soli tre giorni, era sicura di volerlo nella sua vita in un modo o nell’altro. Non sapeva cosa la spingesse verso quel ragazzo, sapeva solo che voleva rivederlo ancora e ancora. L’amico la fece accomodare sulla sua sedia girevole e le offrì un bicchiere d’acqua.
“Da quando è tornato dall’inferno è cambiato.”
“Aspetta, cosa? E’ davvero stato all’inferno? Credevo che fosse una metafora quando me lo avete raccontato.”
“Beh, in verità, non sappiamo bene dove sia stato. E’ stato trascinato sotto terra da sua sorella morta e abbiamo supposto che fosse finito all’inferno. Comunque, quell’esperienza lo ha decisamente cambiato. Ha cominciato a lavorare da Bob il meccanico dopo aver cacciato per sempre i Cacciatori, ha preso un monolocale in affitto e cerca di farsi perdonare. Stiles e Malia sono gli unici che gli remano ancora contro.”
“Theo ti ha quasi ucciso e ha manipolato tutti voi, come hai fatto a dargli una seconda possibilità?”
“Tutti commettiamo errori e tutti meritano una chance. Theo era molto solo e i Dread Doctors hanno fatto leva sulle sue debolezze. Non è cattivo, è solo molto confuso.”
“Sai, Scott, ho sempre ammirato la tua capacità di avere compassione e di perdonare. Mi auguro di esserne capace anche io un giorno.”
Scott si pulì gli angoli della bocca con il tovagliolino, lo gettò nel cestino e tornò da lei. Quel vestitino bianco le conferiva un’aria da bambina ma a sconciare erano i sandali col tacco color cuoio. Aranel non era tanto cambiata in quegli anni: adesso portava sempre i capelli lunghi, vestiva elegante e raffinata in ogni occasione, indossava ogni giorno un paio di orecchini diversi. Era proprio la miss perfettina di una volta.
“Ci riuscirai. Come mai mi chiedi di lui?”
“Ero solo curiosa.”
“Come sta Greg? State insieme da quanto, due anni?”
“Sono tre anni il mese prossimo. Lui sta bene. E’ il solito Greg.”
Scott prese il cellulare e lo passò alla sua amica perché osservasse bene.
“Quando avevi intenzione di dirci che ti sposi?”
La foto nella home di Facebook ritraeva Greg inginocchiato che tendeva un cofanetto blu verso di lei e quella successiva riprendeva Greg che le infilava l’anello al dito. Aranel non aveva giustificazioni. Le aveva fatto la proposta durante una cena tra amici e qualcuno, molto probabilmente Alice, aveva scattato le foto e le aveva postate.
“Non l’ho detto a nessuno perché mio padre è un megalomane nato e questa notizia avrebbe distolto l’attenzione dal suo matrimonio. Tutto qua.”
Scott non ci credeva, e non solo perché il cuore di Aranel batteva in modo irregolare quindi mentiva, ma perché lei era il tipo di persona che parla con entusiasmo di ciò e di chi ama e sembrava non essere affatto contenta del suo fidanzamento.
“Aranel, sappi solo che devi fare la scelta giusta per te stessa. Qualsiasi cosa deciderai, io e Stiles saremo con te.”
La ragazza gli diede una pacca sulla spalla come muto ringraziamento.
“Cosa pensate di fare con il nuovo lupo?” chiese, e sperava di sfuggire all’analisi psicologica del suo amico.
“Non ne abbiamo ancora parlato. E’ da troppo tempo che non ci occupiamo di queste cose, siamo fuori mano. Tu hai qualche idea?”
“I documenti non ci aiutano più di tanto. Sappiamo che la sua trasformazione risale a circa tre mesi fa e non abbiamo altro. Ho pensato che potremmo dare un’occhiata alle riprese delle telecamere che riguardano gli attacchi in centro e davanti al liceo.”
“Non si vede nulla dalle registrazioni ed era scritto anche nei verbali della polizia.” Fece Scott, anche se cominciava a seguire il filo di Aranel.
“Le telecamere erano attive quando la polizia è arrivata e ha sigillato le aree, il colpevole è sicuramente tornato sulla scena del crimine per vedere cosa avesse combinato. Tu mi hai detto che un lupo così giovane ha difficoltà a ricordare cosa fa quando si trasforma per i primi tempi, pertanto questo mi porta a credere che sia stato ripreso tra la folla dalle telecamere. La sua faccia è sulle registrazioni.”
“Da quando sei diventata così esperta di criminali?”
“Il Times organizza corsi di criminologia e partecipo da due anni. E poi prima di tornare ho letto qualcosa sulla psicologia lupesca!”
Scott e Aranel risero insieme.
“Certo, faccio finta di crederci. Sarebbe stato bello averti qui a collaborare con Stiles, sareste stati una bella coppia.”
“Sherlock e Watson al servizio del soprannaturale!”
Aranel fece un goffo inchino sorridendo al suo migliore amico.
 
 
 
Liam bevve un altro sorso d’acqua stendendosi sull’erba del parco. Aveva deciso di allenarsi nella corsa con Theo ed era stremato.
“Sono più lento per via del caldo.” Disse per giustificare la sua fiacchezza ma Theo gli restituì un sorriso di scherno.
“Sei sempre stato lento, Dunbar, è solo che te ne accorgi adesso.”
“Non sia mai che tu sia gentile. Sei composto per il settanta percento da acido corrosivo.”
Theo si versò la bottiglia d’acqua sulla testa e si tirò indietro i capelli bagnati. Alcune ragazze civettarono a quel gesto, così lui fece loro un occhiolino per tenerle contente. Dopodiché si stese accanto a Liam.
“Cosa mi sai dire di Aranel?”
Benché la mattina avesse allontanato Aranel, qualcosa lo incitava a volerla conoscere. Si sentiva afflitto da quando si erano congedati ed era una sensazione che lo opprimeva. Non potevano evitarsi dal momento che erano entrambi alla caccia del nuovo licantropo e frequentavano le stesse persone. Lui, però, era Theo Raeken e non rinunciava davanti alle difficoltà pur di ottenere la vittoria. Era ovvio che Aranel fosse presa da lui e questo lo gettava tra le sue braccia ogni volta. Ma sì, poteva averla a qualunque costo.
“Non so molto. Dieci anni fa si è trasferita con sua madre a New York dopo il divorzio dei suoi, è una giornalista, abita in un attico con piscina, ed è uno schianto!”
“Sei interessato a lei?”
“Gli occhi ce li hai, Theo, e hai potuto vedere quanto sia pazzesca quella ragazza. Quel suo essere così sostenuta mi piace un sacco!”
Theo respirò a fondo per evitare di tirare un pugno a Liam. Che Aranel fosse pazzesca lui se n’era accorto non appena aveva messo piede nel bar, aveva subito notato quell’eleganza, quella delicatezza dei movimenti, quel suo parlare in modo chiaro e pacato; sembrava una principessa. Non seppe per quale motivo gli apprezzamenti di Liam lo fecero infuriare.
“Sì, è carina.” Si limitò a commentare.
“No, quella non è carina. Quella è bella da diventare matti!”
In quel momento Theo decise che avrebbe conquistato Aranel. La desiderava solo per sé e l’avrebbe avuta. Un trillo lo riportò alla realtà e sorrise al messaggio di Scott: stasera ci vediamo a casa mia e andiamo a fare ricognizione nel bosco. Abbiamo bisogno di tutto l’aiuto possibile.
L’occasione gli si era presentata su un piatto d’argento.
 
 
 
Aranel tirava nervosamente una frangia della borsa e manteneva su di essa lo sguardo. Era seduta sui sedili posteriori con Liam a sinistra e Theo a destra, mentre davanti c’erano Scott alla guida e Malia accanto a lui. Sentiva il ginocchio di Theo contro il proprio, era una sensazione stranamente rassicurante, e si concentrò sul calore che quello sfioramento produceva benché fosse estate. Non lo aveva salutato quando era entrato in macchina, né lo aveva guardato, né tantomeno gli aveva chiesto di farsi più in là perché la stava schiacciando. Stava mantenendo il patto che avevano stipulato in mattinata. Quando Scott fermò la macchina in una piazzola di sosta, tutti scesero in silenzio e si avviarono verso il bosco.
“Cosa cerchiamo di preciso?” chiese Liam mentre già scrutava il luogo.
“Cerchiamo qualunque cosa possa dirci qualcosa su questo licantropo. Di certo è stato qui per nascondersi da occhi indiscreti e, essendo un novellino, dovrà pur aver lasciato qualche traccia.” Spiegò Scott. Malia, poco più avanti di loro, storse il naso.
“Ragazzi, il suo odore è un po’ ovunque. Dovremmo dividerci. Io e Scott andiamo più in fondo e voi tre perlustrate i margini del bosco.”
Aranel sbarrò gli occhi, non era pronta ad una escursione nel bel mezzo della notte a caccia di un essere soprannaturale. Di ritornare in macchina, però, non ne aveva intenzione e dovette accettare le condizioni. Annuì brevemente alle raccomandazioni di Scott circa il restare viva e seguì Liam e Theo. I rami degli alberi sembravano così sinistri al buio, il verso del gufo sembrava una marcia funebre, ma non era possibile, era la suggestione a giocarle un brutto scherzo. Mentre Liam analizzava un cespuglio di spine, Aranel faceva un lento giro su stessa per trovare magari qualcosa di utile.
“Va tutto bene?” la voce di Theo giunse come una doccia ghiacciata cui lei non sapeva difendersi.
“Sì.”
“Aranel, il tuo cuore sta battendo forte. Fa un bel respiro.”
Aranel si girò nella direzione del ragazzo e aggrottò le sopracciglia.
“Perchè sei così gentile? Cosa ti importa di come batte il mio cuore?”
“La gente può morire letteralmente di paura, quindi rallenta i battiti o collasserai.”
Liam si era allontanato da loro di almeno una decina di metri, era così rilassato mentre setacciava ogni albero, ogni cavità naturale e ogni cumulo di foglie. Theo, al contrario, sembrava seguire alcune orme che ad un umano erano invisibili.  Aranel non capiva perché lei, l’unica senza poteri speciali, fosse lì con loro. Forse a Scott faceva pietà e l’aveva invitata.
“Il mio cuore sta benissimo. Preoccupati per te!”
Theo si bloccò all’improvviso per lanciarle un’occhiata confusa.
“Perché diamine fai così? Non ti ho mica fatto del male, non merito di essere trattato così.”
Aranel incrociò le braccia al petto e piegò le labbra in segno di disprezzo.
“Non ti tratto in nessun modo perché, sai, tu non meriti proprio di essere trattato.”
“Cos’è, principessina, ti sei offesa perché non ti ho servito e riverito come gli altri da quando sei tornata? Volevi un bentornato tutto per te?”
Il richiamo al suo essere privilegiata in città in quanto figlia del sindaco bastò per far scattare la molla.
“Sei talmente perfido che l’inferno ti ha risputato sulla Terra perché non era abbastanza atroce per te!”
Anziché offendersi, Theo ghignò. Aranel andò su tutte le furie.
“Cosa ci trovi di tanto divertente, Raeken?”
“Sei tremendamente bella quando mi tieni testa.”
“E’ che fai uscire la parte peggiore di me, idiota.”
Aranel si sforzò per non arrossire a quella specie di complimento, raccolse un ramoscello e se lo girò tra le mani.
“A dire il vero, ho appena visto la parte migliore di te. Sono bravo a stimolare la sede oscura della tua anima.”
Theo non smetteva di sorridere e di rivolgerle sguardi maliziosi. Aranel respirò a fondo per evitare che lui ascoltasse il suo cuore battere veloce.
“Taci.”
Con poche falcate, il ragazzo le fu di fronte. Non aveva vie d’uscita se non ribattere con tutta la forza che aveva. Nel frattempo, Liam si era spinto ancora più lontano.
“Vuoi sapere cos’altro sono bravo a stimolare?”
Aranel per poco non gli vomitò in faccia e si limitò a scuotere la testa disgustata.
“Tu sei un pervertito. Scansati, adesso!”
“Perché ti comporti così? Voglio saperlo.”
“Vuoi saperlo? Vieni da me e mi dici che la tua bella reputazione potrebbe essere rovinata se Scott e Stiles sanno che ci frequentiamo, poi mi dai consigli su come non collassare e infine fai lo spiritoso. Sei davvero bipolare. Hai deciso di non essere mio amico e allora rispetta la decisione.”
Theo fu colpito e affondato. Era stato incoerente in meno di ventiquattro ore e Aranel era palesemente irritata. No, non era quello il modo giusto per attirare la sua attenzione. Doveva cambiare tattica. Doveva mostrarle il vero se stesso.
“Hai ragione. Sono un cretino. Stamattina ero davvero convinto di quello che ti ho detto, però poi ci ho riflettuto bene e ho capito che è un’idea stupida. Passerai l’estate qui, saremo costretti a vederci parecchie volte, a frequentare le stesse persone, e ignorarsi è impossibile. Ho solo paura che Stiles al suo ritorno ti convincerà a lasciarmi stare.”
Aranel lesse nei suoi una profonda solitudine e le venne quasi da piangere.
“Io non sono Stiles, io penso con la mia testa e valuto con il mio cuore. Non devi spingermi via per paura che io possa cambiare idea su di te. Hai fatto cose orribili e nessuno lo esclude, però stai provando a rimediare ed io sono disposta a darti una mano. Hai tre mesi per farti aiutare. Devi fidarti di me, Theo.”
“E tu devi fidarti di me.”
Theo allungò la mano e Aranel la strinse.
“Affare fatto.”
“Ragazzi, venite! Scott e Malia hanno trovato qualcosa!”
Liam li portò sul lato ovest del bosco, il punto più tenebroso e fitto. Scott reggeva una giacca da uomo.
“Abbiamo scovato questa giacca ai piedi di quella quercia. Alcune chiazze di sangue sporcano le maniche e le spalle. C’è scritto D&G sull’etichetta.”
“E’ un nome? Una sigla?” disse Liam osservando quelle lettere. Aranel scoppiò a ridere e gli altri restano basiti. Malia sbuffò.
“Perché ridi?”
“Dolce e Gabbana, è quello il significato. La giacca fa parte di un completo di alta moda. Il vostro lupo è abbastanza benestante da potersi permettere un capo del genere.”
“Almeno adesso sappiamo che è un uomo e che gli manca una giacca!” fece Theo con un’alzata di spalle. Scott sorrise alla sua migliore amica.
“E’ stata una decisione saggia portarti con noi, Sherlock!”
“La ringrazio, Watson.”
Malia fece saettare gli occhi da Scott ad Aranel e scosse la testa.
“Viva il magico duo! Adesso torniamo a casa. Sono esausta e ho voglia di un hamburger.”
Scott le mise un braccio attorno alle spalle e accennò agli altri di ritornare alla macchina.
“Sei stata brava.” Disse Theo una volta sulla strada per la città. Aranel arrossì e sorrise.
“Ti ringrazio. Scusami per la pessima battuta sull’Inferno, sono stata crudele.”
“E tu scusa me per averti dato della principessina viziata. A proposito del bentornato, ti va di andare a fare colazione insieme domani?”
“Ci vediamo alle sette al Denim Café.”
 
 
 
Salve a tutti! :)
Adesso che Aranel e Theo si sono chiariti le cose cominceranno a farsi interessanti. Vedremo cosa combineranno!
Fatemi sapere cosa ne pensate del capitolo.
Alla prossima.
Un bacio.
 
Ps. Aranel as Leighton Meester.
 
Ps. Perdonate eventuali errori di battitura.

 

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Capitolo 4
*** Benvenuta in famiglia. ***


BENVENUTA IN FAMIGLIA.
“La famiglia si può immaginare come una ragnatela, un fiore, una tomba, una prigione, un castello.”
(David Laing)
 
 
Aranel era stranamente in ritardo quando uscì da casa per recarsi in centro. Mentre era in auto, la suoneria del cellulare la fece sospirare. Era Greg che la chiamava da più di un’ora ed era inevitabile rispondere.
“Greg.”
“Oh, amore, finalmente! Hai avuto di nuovo da  fare tanto da non poter chiamare il tuo fidanzato?”
“Ieri sono uscita con i miei amici e sono tornata tardi, ero troppo stanca per chiamare chiunque. E’ successo qualcosa? La tua insistenza mi preoccupa.”
“Non ti preoccuperesti se rispondessi alle telefonate. Comunque, volevo dirti che ho trovato il luogo giusto per celebrare le nozze. Ti sto mandando le foto via e-mail.”
Aranel inchiodò, anche col rischio di tamponare il guidatore davanti, e si beccò alcuni insulti. Non capiva tutta la fretta di Greg nell’organizzare il matrimonio. Lei non ci pensava affatto, nemmeno portava l’anello, e non aveva neanche idea di come la volesse la cerimonia.
“Stai correndo troppo, Greg. Abbiamo tempo per fare tutto. Non mi mettere ansia e lasciami respirare.”
“Io ti metto ansia? Senti, a me sembra che tu non voglia sposarmi. Stiamo insieme da tre anni e credo che tu sia la persona giusta per diventare mia moglie. Qual è il problema? Cosa ti spaventa?”
A spaventarla era la prospettiva di trascorrere il resto della sua vita con un uomo piatto, dal carattere troppo tranquillo, che rimuginava mille volte sulle cose prima di farle, metodico e normale. Aranel era terrorizzata dalla normalità. Aveva promesso a se stessa di vivere con intensità, con passione e avventura, di rischiare per poter alimentare la sua anima. Come ci era finita assieme a Greg non se lo spiegava, né capiva perché avesse accettato di sposarlo, né perché non lo avesse ancora lasciato. Quel ritorno a casa era un banco di prova per quella relazione che era sempre stata sul filo del rasoio.
“Adesso non posso parlare, ho un impegno della massima urgenza. Ne parliamo più tardi.”
Senza aspettare una risposta, buttò giù la chiamata. Non lo avrebbe richiamato più tardi.
 
 
 
 
Theo cominciava a credere che Aranel ci avesse ripensato e gli avesse dato buca. Certo, non era da biasimare se si fosse resa conto che era rischiosa qualunque cosa stesse nascendo tra di loro. Si rilassò solo quando la vide attraversare la strada in un abito dalle bretelle sottili color sabbia e un paio di sandali neri con la zeppa. Si alzò e le spostò cortesemente la sedia per farla accomodare. La ragazza gli sorrise teneramente.
“Buongiorno. Scusa il ritardo, ho trovato traffico. Sei qui da molto?”
“Ehi, tranquilla. Sono arrivato una decina di minuti fa. Il tuo cuore sta battendo molto veloce.”
Aranel prese un paio di profondi respiri e cercò di placare l’agitazione. La conversazione con Greg l’aveva turbata, ma adesso la presenza di Theo la rasserenava.
“Okay, adesso va meglio. Tu ti intendi di problemi cardiologici?” chiese lei facendo ridere il ragazzo.
“Diciamo che ho orecchio per certe cose!”
“Touche, Raeken. Hai già ordinato?”
“Sì, mi sono permesso di ordinare per entrambi. Ho voglia di farti assaggiare qualcosa di diverso dal tuo the verde di Changsha.”
Aranel fu strabiliata dal fatto che lui a) si ricordasse di Changsha e b) avesse voglia di farle provare qualcosa di nuovo. Ecco, era quel tipo di sorprese che adorava. Il cameriere posò sul tavolino due tazze trasparenti e tonde colme di caffè accompagnate da due stecche di cannella e un piccolo recipiente di biscotti, poi si congedò con un cenno del capo.
“Caffè? E’ questa la novità?”
“Non sono così banale. E’ il gusto del caffè la novità, non l’aspetto. Provare per credere!”
Aranel si portò la tazza alle labbra e centellinò il caffè assaporandone tutto il gusto. Confermato che fosse buono, ne mandò giù altre sorsate.
“E’ ottimo! Sento l’arancia, panna e un altro ingrediente che non riconosco.”
“Sono quattro bicchierini di Cognac. E’ il cosiddetto ‘caffè all’arancia’, è talmente buono che attraverso tutta la città per venire qui a berlo. Sono contento che ti piaccia.”
Eccolo lì, il vero Theo che veniva alla luce. Era un semplice ventiseienne seduto in un bar con una bellissima ragazza per fare colazione.
“La strada per la redenzione è sempre più in salita!”
“La redenzione può essere corrotta da un buon caffè?”
Aranel inarcò un sopracciglio e ridacchiò.
“No, ma è il modo giusto per rimediare. Sei sulla buona strada.”
“Lavorerò sodo per arrivare al traguardo.”
Theo era serio, sguardo determinato, testa alta, e la sua salvatrice ad un tavolino di distanza. Aranel non fu capace di mantenere il contatto con quegli occhi verdi-azzurri e si schiarì la voce.
“E i biscotti? Un altro mezzo per corrompere la redenzione?”
“Con quelli speravo di corrompere te.”
“Io non sono facile da corrompere, sappilo.”
Theo prese un biscotto e ne mangiò un pezzo, al che Aranel lo guardò con sufficienza. Era una tipa tosta.
“Mai dire mai, Jones. Avvicinati.”
Troppo curiosa e attratta da quella situazione, trascinò la sedia vicino a lui, i loro gomiti si toccavano, così come le ginocchia.
“Corrompimi.” Mormorò Aranel sorridendo con fare di sfida.
“Se riesco a corromperti cosa ci guadagno?”
Stavano giocando col fuoco ma nessuno dei due aveva paura, volevano solo toccare la fiamma e restare scottati. Sostenendo il suo sguardo malizioso, Aranel addentò il biscotto che Theo teneva tra le dita sospeso fra di loro. A quel gesto Theo ghiacciò, un brivido di piacere gli pizzicò la schiena, e si morse il labbro in tutta risposta. La tensione sessuale era tangibile. Continuavano a fissarsi in silenzio, catturati l’uno dall’altro e da quel gioco che avevano intrapreso.
“Ho vinto!” esultò la ragazza prendendo le distanze e tornando al suo posto. Theo deglutì e abbozzò un sorriso.
“Sei una donna piena di sorprese. Non lo avrei mai detto!”
“Non sai tante cose di me.” Fece lei con un sorriso furbetto.
“Quello che so e che ho visto fino ad ora mi piace davvero tanto. Non oso immaginare quanto mi piacerebbe il resto.”
Il flirt era chiaro ed entrambi stavano tirando le redini di quella conversazione.
“Chi ti assicura che ti mostrerò il resto?”
“Qualcosa mi dice che ti mostrerai a me senza veli.”
Aranel accusò l’allusione e portò il mento sulle mani facendo spallucce.
“O magari sarai tu a mostrarti senza veli.”
Il riso ammanierato di Theo suscitò in lei un insolito fremito.
“Posso mostrarmi a te senza veli in qualunque momento. Sono assolutamente certo che ti piacerebbe cosa si cela sotto.”
“Presuntuoso.”
“Sincero.”
“Non correre troppo, Raeken, potresti farti male.”
“Sono disposto a farmi male se ci sei tu con me.”
Quello scambio di battute fu bruscamente spezzato dall’arrivo del cameriere.
“Desiderate altro?”
Aranel cacciò fuori tutta l’aria trattenuta, i polmoni bruciavano e aveva le mani sudate.
“No, grazie. Siamo a posto così. Io devo andare via per la questione delle telecamere. Metta tutto sul conto di Aranel Jones!”
Quello annuì e andò via così come era venuto. Theo tese una mano ad Aranel per aiutarla ad alzarsi.
“Non c’era bisogno che pagassi tu. Sono stato io ad invitarti.”
“Non paga nessuno dei due, paga mio padre. Prendilo come il suo regalo di benvenuto!” disse lei allegramente, poi inforcò gli occhiali da sole e mise la borsa in spalla.
“Adesso scappo oppure non caverò nulla stamattina. Ci teniamo aggiornati. E’ stato un piacere, Theo.”
“Credimi, il piacere è tutto mio, principessa!”
 
 
 
Aranel seguì il maggiordomo in giardino e si riunì a suo padre. Henry Jones accolse sua figlia con un caloroso abbraccio.
“Oh, figlia mia, mi sei mancata. Sei splendida!”
“Ciao, papà. Anche io ti trovo bene.”
“Henry, ecco il tuo piccolo gioiello!”
Una donna bionda, grandi occhi castani, lungo vestito rosso, strinse con vigore la sua mano. Aranel ricambiò il sorriso forzatamente. Era Cindy, la futura moglie di suo padre, vedova dei tre precedenti sindaci di Beacon Hills.
“Salve, Cindy. E’ un piacere conoscerti.”
La donna abbracciò goffamente la sua figliastra e le diede due baci sulle guance. Presero posto attorno ad un tavolino in fero battuto bianco e verde, su sedie dello stesso materiale, e fu servita loro una bevanda fresca. Dopo una decina di minuti, arrivarono anche Aaron e Hannah, i figli di Cindy. I due ragazzi salutarono Aranel come se la conoscessero da una vita, ma lei si limitò ad elargire sorrisi colmi di finta felicità.
“Tuo padre ci ha detto che sei una giornalista, di cosa ti occupi esattamente?” le chiese Aaron, trentenne di bell’aspetto, capelli ricci scuri e occhi blu, una Ferrari in garage e il portafogli straripante.
“Mi occupo di cronaca giudiziaria da un anno. Dopo la laurea ho vissuto un mese nelle zone africane di guerra come reporter, poi sono stata assegnata al New York Times.”
“In Africa? Non avevi paura?” disse Hannah, spilungona dai capelli e  gli occhi identici al fratello, un ego smisurato e l’armadio pieno di abiti d’alta sartoria.
Aranel bevve la sua aranciata ghiacciata per bagnare la gola secca; odiava stare al centro dell’attenzione ma capiva il perché di tutte quelle domande: lei era una estranea che andava studiata.
“Io intervistavo soltanto gli uomini che avevano combattuto e quelli che stavano combattendo, però non sono mai stata sul campo. Il dramma della guerra mi toccava quando portavano i feriti in ospedale, quando si celebravano i funerali e quando le donne si lamentavano per aver perso figli, mariti, fratelli, cugini, padri e amici. E’ stato un mese davvero istruttivo.”
“Sono davvero fiero di te, figliola!” suo padre le sorrise e le strinse la mano come faceva quando da piccola prendeva un bel voto a scuola, peccato che adesso fosse cresciuta.
“Grazie. E voi di cosa vi occupate? Papà mi ha detto che siete attivi nella comunità.”
“Beh, io sono la segretaria dello studio del sindaco da qualche mese. E’ un impiego che richiede molta concentrazione e bravura, doti che io fortunatamente possiedo!” squittì la voce di Hannah continuando a lanciare per chissà quale motivo occhiate furenti ad Aranel. Aaron fu più gentile della sorella.
“Io vendo auto sportive ai pezzi grossi della società mondana. All’apparenza è un lavoro poco impegnativo, ma ti assicuro che assorbe tutto il mio tempo e frutta bene.”
Parlando di auto, Aranel pensò a Theo e a come si erano tenuti testa a colazione. Avevano alternato battutine a riflessioni serie, eppure uno strano alone di malizia li avvolgeva. Poi le era venuta quella stupida idea di mangiare il biscotto e si sarebbe maledetta per i prossimi venti anni, ma era stata più forte di lei e aveva ceduto. L’espressione stupita di Theo e il fatto che si fosse morso il labbro in qualche modo l’avevano fatta sentire speciale, come se fosse lei a condurre in gioco. Si poteva chiamare un gioco il loro? Erano solo amici? L’uno ci provava con l’altro? E Greg?
“Tuo padre ci ha anche detto che sei fidanzata con un noto avvocato di New York, giusto?”
Cindy riportò Aranel al presente. Odiava rispondere circa la sua vita privata e perciò dovette simulare interesse alla domanda.
“Giusto. Il mio fidanzato si chiama Greg Evans, è un avvocato dello studio Mayer di New York.”
“Il terzo studio legale più noto ed efficiente di tutta l’America!” esclamò Henry, che era più affezionato al lavoro di avvocato che al genero di per sé. Cindy, come una molla scattante, colpì delicatamente il ginocchio di Aranel.
“In atelier mi hanno detto che hai ritirato il vestito e che ti sta una meraviglia. Questo mi rende tanto contenta!”
Aranel aveva chiesto alla commessa di mentire e di dire alla sposa che la testimone avrebbe indossato l’abito verde oliva. Le venne da ridere ma dovette contenersi. Ora che ce l’aveva davanti non capiva cosa ci trovasse suo padre in quella donna così scialba e superficiale, perché l’avesse preferita rispetto alla persona sensibile e meravigliosa che era sua madre. Dicono che al cuore non si comanda, che il cervello viene inabissato dai sentimenti, però Cindy restava comunque una da evitare. In città si vociferava che avesse ucciso lei i tre sindaci con cui era stata sposata tramite avvelenamento e Aranel si chiese cosa sarebbe capitato a suo padre dopo il matrimonio. Si sentiva davvero come Cenerentola: un padre abbindolato da una matrigna cattiva e due fratellastri stupidi. E chi interpretava il principe che l’avrebbe liberata?
“Sì, trovo davvero incantevole quel vestito! E tu, Hannah, hai già scelto cosa indossare in qualità di damigella d’onore?”
“Ovvio! Indosserò uno stupendo abito in pizzo azzurro cucito appositamente per me da una delle sarte di Vera Wang. Mamma, invece, ha deciso di indossare un vestito da sposa firmato Pnina Tornai. Sarà un matrimonio alla moda e che renderà tutti invidiosi!”
Aranel borbottò un ‘wow’ e guardò suo padre di traverso. Quella estate stava complicando le cose.
 
 
 
“Sto morendo di fame, datemi qualcosa da mangiare!” strillò Liam a Scott e a Malia che in cucina stavano preparando la cena. Mason diede una spallata al suo migliore amico come ammonimento. Scott aveva invitato tutti nel suo nuovo appartamento per festeggiare e per fare il punto della situazione riguardo al lupo mannaro. Per l’occasione, Aranel aveva regalato ai proprietari di casa un pregiato vaso ricostruito tramite in kintsugi, la pratica del ‘riparare con l’oro’, che aveva comprato da un antiquario in città.
“Se stai morendo di fame come dici, vieni qui a darci una mano!” ribatté Malia con una certa stizza. Liam storse in naso.
“No, aspetterò con calma. Fate con comodo!”
Quando il campanello trillò, il padrone di casa chiese ad Aranel di andare ad aprire. Al di là della porta c’era Theo, che sorrise nel vedere la ragazza.
“Buonasera, stellina.”
“Stellina? E questa dove l’hai trovata?”
Aranel si fece di lato per lasciarlo entrare e insieme percorsero il corridoio.
“Ho cercato il tuo nome su internet e ho scoperto che è di origine elfica, che significa ‘stella del re’ e che il topazio è la tua pietra.”
Quell’uscita fu inaspettata, sorprendente e portò la ragazza ad arrossire. Era così interessato a lei da lasciarla senza parole.
“Ehm, sì, è esatto. Quindi adesso hai intenzione di soprannominarmi così?”
“E’ perfetto come soprannome, stellina.”
Aranel gli diede una botta nelle costole per smorzare l’imbarazzo, anche perché voleva solo allontanarsi da lui prima che tutto precipitasse, che lei precipitasse.
“Ragazzi, la cena è pronta!”
Dopo aver spazzolato i piatti e aver prosciugato i bicchieri, impiegarono una mezz’ora per mettere in ordine. Erano le undici e un quarto quando si ritrovarono in salotto a mangiare il gelato e a parlottare. Aranel era seduta vicino a Malia e discutevano su quanto fosse bella Parigi e Theo, di fronte a lei, non smetteva di lanciarle sguardi fugaci.
“Aranel, ti sei procurata le registrazioni?” esordì Scott non appena finì di bere un goccio di whiskey. L’amica infilò un cd nel PC, che era collegato alla tv, e ordinò a tutti di fare attenzione.
“Ho scoperto che i luoghi pubblici della città sono sorvegliati dalla stessa ditta, la Tek, così ho mollato cento dollari al tizio che si occupa delle telecamere e mi sono fatta dare le registrazioni inerenti a quei presunti attacchi di animale avvenuti davanti al liceo e in centro. La qualità non è un granché ma è tutto quello che abbiamo.”
Tornata sul divano, Aranel diede avvio ai filmati. La luce era spenta e le tende chiuse per riuscire a cogliere ogni minimo dettaglio. Qualcosa toccò i capelli di Aranel, si voltò e nel buio notò le dita di Theo accarezzarle le punte sulla schiena. Sembrava che lui non ne fosse consapevole, come se compisse quel gesto meccanicamente e le sue dita fossero autonome. Il cuore cominciò a velocizzarsi, pompava più sangue, sentiva le arterie pulsare. Che cosa stavano facendo? Filtravano, si vedevano di nascosto, addirittura lui l’accarezzava, e si conoscevano da così poco tempo. Era stato un colpo di fulmine? Impossibile, lei non ci credeva, anzi viveva tutti i sentimenti ponderandoli da cima a fondo. Allora cosa le impediva di frenare le cose? Cosa l’attirava verso di lui? Perché si apriva più con lui che con Greg? Perché si sentiva più libera? Il flusso dei suoi pensieri dovette fermarsi quando Mason puntò il dito contro lo schermo della televisione.
“Avete notato quel ragazzo accanto al camion della carne? Era su entrambe le scene ed era uno dei primi a presentarsi. Se quello che dice Aranel è giusto, potrebbe essere lui.”
Scott stoppò l’immagine sul ragazzo: alto, capelli rossicci, occhiali e maglietta con scritto NASA.
“Uno così si può permettere una giacca Dolce e Gabbana?”
“Forse l’ha rubata o l’ha comprata con qualche risparmio.” Osservò Malia.
“Oppure ci si è solo strofinato sopra le mani per togliere via il sangue.” Disse Liam, ancora impegnato ad affondare il cucchiaino nel sorbetto.
“Liam, secondo quello che dici, il tipo avrebbe trovato la giacca da qualche parte e si sarebbe pulito le mani, ma può anche darsi che abbia ucciso il proprietario della giacca mentre era sotto l’effetto della trasformazione.” Intervenne Theo, che a luci accese aveva mollato la presa su Aranel e si atteggiava in modo del tutto normale. Scott annuì pensieroso. Come aveva imparato negli anni, nel mondo sovrannaturale c’erano centinaia di possibilità.
“Dobbiamo sapere chi è e poi dobbiamo parlare con lui.”
“Come facciamo a rintracciarlo? Il liceo è pieno di ragazzini dai capelli rossi!” disse Aranel e tutti furono confusi.
“Come fai a sapere che è un liceale?”
“Dal borsone che ha in mano spunta fuori la mazza da lacrosse.”
“Ha ragione!” esclamò Liam socchiudendo gli occhi sulla figura del ragazzo.
Malia sorrise ad Aranel e le regalò una pacca sulla spalla.
“E brava la nostra new entry!”
“A questo punto credo proprio che andremo ad una partita di lacrosse come ai vecchi tempi!”
Scott soppesò tutti i volti incerti dei suoi amici e sorrise. Lui sorrise.
 
 
 
Salve a tutti! :)
Le cose cominciano a scaldarsi tra Aranel e Theo e il mistero del nuovo lupo prende forma. Siete curiosi?
Fatemi sapere cosa ne pensate.
Alla prossima.
Un bacio.
 
Ps. Perdonate eventuali errori di battitura.
 
Ps. Aranel as Leighton Meester

 

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Capitolo 5
*** Di nuovo insieme. ***


DI NUOVO INSIEME.
 
“L’antidoto contro cinquanta nemici è un amico.”
(Aristotele)
 
 
 
Aranel era esausta dopo una notte passata insonne a scrivere due articoli. Il suo capo le aveva concesso tre mesi di congedo a patto che continuasse a lavorare e a pubblicare, se non quotidianamente, almeno tre articoli a settimana. A disturbarle il sonno si ci erano messi l’incontro terribile con Cindy e i suoi figli e i numerosi messaggi stucchevoli di Greg che le scriveva di amarla e le chiedeva di perdonare la sua eccessiva fretta nell’organizzare il matrimonio. Restava il fatto che lei non indossava l’anello di fidanzamento, che non lo aveva detto a nessuno e che non spendeva un solo minuto per pensare alle nozze. Scott al suo fianco canticchiava The One I Love dei R.E.M. mentre manteneva lo sguardo vigile sulla strada. Alle otto del mattino si stavano dirigendo in stazione per accogliere Stiles e Lydia, poi a pranzo si sarebbero incontrati tutti insieme per i saluti. Aranel indossò gli occhiali da sole per mascherare le occhiaie e ai piedi calzava un baio di ballerine azzurre, abbigliamento pratico per una che non aveva dormito.
“Non è che ti addormenti, vero? Stiles non vede l’ora di vederti!”
“No, McCall, sta tranquillo. Tornerò a casa a riposarmi.”
“Non puoi mancare al pranzo di gruppo.” Replicò Scott lanciandole un’occhiata severa.
“Non mancherò. Ho solo bisogno di un paio d’ore di sonno e poi sarò come nuova!”
“Ieri sera a cena ti ho visto a tuo agio con Theo.”
Il tono che Scott aveva usato era pacato, senza sarcasmo o altro, aveva semplicemente fatto una constatazione. Aranel sulle prime si allarmò e si chiese se non fosse arrivato il momento di raccontare la verità. Si sentiva legata a Theo in modo particolare e le conveniva essere sincera almeno con Scott, dal momento che Stiles avrebbe potuto reagire male.
“Ad essere sincera l’ho conosciuto più o meno una settimana fa. Quando ho messo piede a Beacon Hills, sono entrata al Denim per bere qualcosa e l’ho incontrato lì. Non pensavo che fosse quel Theo. Pensa che l’ho portato con me in atelier a comprare il vestito per il matrimonio di mio padre! Ho capito chi fosse quando si è presentato a casa tua e abbiamo finto di ignorarci, poi abbiamo deciso di non trattarci più. Infine, quella sera nel bosco, abbiamo capito che era stupido continuare così perché ci saremmo comunque visti. Mi dispiace non avertelo detto prima ma avevo paura che tu e Stiles non accettaste per colpa delle cose orribili che Theo ha commesso.”
Scott sorrise e insospettì la sua amica. Aranel si sentiva più leggera adesso che almeno a qualcuno aveva raccontato la verità e che non avrebbe dato di matto vedendola chiacchierare tranquillamente con Theo, però non riusciva a capire perché non vi fosse alcuna tensione.
“Vi ho visti uscire dall’atelier insieme mentre aiutavo una cliente a riportare il cane in macchina, però non mi sono intromesso perché eravate così complici e volevo che fosse lui a raccontarti la verità. Sono contento che andiate d’accordo. Theo non è poi tanto mostruoso come sembra, ha fatto molte cose buone, ci ha aiutati, e merita di trovare la sua strada. Ti ripeto che è un ragazzo molto solo e questo lo ha portato a compiere azioni terribili. Noi siamo sempre stati una squadra e ci siamo sempre protetti a vicenda ma lui non ha avuto nessuno se non i Dread Doctors, che non era dei simpaticoni! Credo che un esterno gli possa essere di grande aiuto, soprattutto una persona con la tua sensibilità e la tua forza. Aiutalo se puoi.”
Aranel si tolse gli occhiali e sollevò le sopracciglia: il suo migliore amico non era più un ragazzino insicuro, era un uomo di buon cuore. Il peso di aver nascosto la verità si sgretolò permettendole di non sentirsi in colpa.
“Grazie per la comprensione, Scott. Sei il migliore!”
“Non a caso sono l’alpha!”
Le loro risate si mescolarono ai tiepidi raggi del sole che sorgeva sulla città.
 
 
 
Rivedere Stiles dopo dieci anni fu come ritrovare un compagno d’armi vivo dopo una lunga battaglia. Aranel gli avvolse le braccia intorno al collo in una presa ferrea mentre lui la sollevava poco da terra.
“Mi sei mancato troppo, Stilinski.”
“Sei mancata tanto a che me, straniera.”
Quando si staccarono, lei si asciugò prontamente le lacrime lasciando che Scott le cingesse le spalle con un braccio. Era così piccola in mezzo ai due uomini più importanti della sua vita. Stiles fece un passo indietro e afferrò la mano di Lydia, che non era tanto diversa da quanto ricordava Aranel, era sempre bellissima e carismatica.
“Io sono Lydia, molto piacere.”
“Stiles mi parla di te da quando avevamo otto anni, so bene chi sei. Piacere di conoscerti, io sono Aranel.”
“Alla fine l’ho conquistata, sebbene tu non ci credessi.” Le disse Stiles con un falso tono di superbia. L’amica alzò gli occhi al cielo e sorrise divertita.
“Ti dissi che soltanto un cataclisma ti avrebbe avvicinato alla bella Lydia Martin e direi che ci avevo visto giusto!”
“A proposito di cataclismi, sulla via del ritorno vi devo aggiornare sugli ultimi eventi di cronaca sovrannaturale.” Disse Scott, poi strinse la mano di Aranel e si avviò al parcheggio. A Stiles brillarono gli occhi, segno che la curiosità che lo aveva sempre contraddistinto stava riaffiorando.
“Allora non ci resta che tornare a casa.” Aggiunse Lydia, i capelli color rosso fragola meravigliosamente illuminati dal sole, le dita intrecciate a quelle del suo fidanzato.
 
 
 
Theo non credeva di poter essere più fortunato di così. Dopo essere uscito dalla ferramenta a un isolato dall’officina, andò addosso a qualcuno facendo cadere una cartelletta a terra. Di fronte a lui c’era Aranel. Lui si piegò a raccogliere i fogli prima della ragazza e glieli porse.
“Theo! Che ci fai da queste parti?” Aranel gli sorrise mentre rimetteva la cartella in borsa.
“Ciao anche a te, stellina. Sono andato in ferramenta per Bob, e tu come mai sei qui?”
“Ho fatto valutare la casa da un perito e la cartella contiene la sua analisi, lo studio si trova dietro l’angolo. Adesso non mi resta che tornare dall’agente immobiliare e stipulare un contratto.”
Theo si prese qualche momento per osservare quanto fosse bella nei suoi pantaloncini di jeans e nella sua maglietta a maniche corte verde acqua, un ciondolo a forma di piuma le pendeva al collo, mentre alle orecchie portava due piccole perle bianche. Era più affascinante di quanto ricordasse.
“Cosa succede se vendi la casa prima della fine dell’estate? Torni a New York?”
“No, andrò a stare da mio padre, malgrado la cosa non mi piaccia. Ti mancherei troppo se partissi?” la ragazza aveva un luccichio negli occhi fece sorridere Theo.
“Tu? Mancarmi? Neanche per sogno!”
“Certo, farò finta di crederci, Raeken. Ci vediamo al pranzo di gruppo?”
Era arrivato il momento tanto atteso che sperava di rimandare a cose fatte.
“No, Aranel, non ci sarò al pranzo.”
Aranel strabuzzò gli occhi, non poteva credere a quelle parole. Non credeva che il ritorno di Stiles mettesse Theo così in crisi.
“Come, scusa?”
“Il pranzo si terrà a casa dello sceriffo Stilinski, l’uomo che ho quasi ucciso, e Stiles non mi vuole in casa sua. Non me la sento di rovinare tutto con la mia presenza, anche se Scott mi ha invitato senza alcun problema. E’ il vostro ambiente, a me non appartiene, e vi meritate di stare tra di voi. Ti prego, cerca di capirmi.”
Aveva perfettamente senso, ma lei ci rimase comunque male. Sapeva che se lui fosse stato lì Stiles si sarebbe irrigidito e che il pranzo si sarebbe trasformato in una tragedia, perciò, sì, capiva. Quello che non capiva era perché ci tenesse tanto ad averlo vicino anche in quella occasione e perché non temesse di infastidire gli Stilinski.
“Ti capisco. Avrei dovuto immaginare la tua reazione. Almeno verrai alla partita stasera?”
“Aranel…”
“Mi piacerebbe che tu venissi con me. Stiles deve farsene una ragione della nostra amicizia. Non ti potranno denigrare per sempre ed io sono un buon mezzo per essere accettato.”
“Per me non sei un mezzo per essere accettato, chiaro? Ti voglio nella mia vita a prescindere dai tuoi amici.”
“Allora vieni alla partita con me.”
Gli occhioni color nocciola di Aranel impietosirono Theo, che si maledisse di star cedendo così in fretta.
“E va bene, verrò alla partita con te. Ci vediamo sul campo alle nove, stellina.”
“A stasera, Raeken.”
La ragazza si congedò regalandogli un sorriso e un buffetto sulla spalla. Sarebbe stata una serata interessante.
 
 
 
Alla fine il pranzo si era dimostrato un’occasione per ridere a crepapelle, per abbandonarsi ai ricordi, per commemorare amici che non c’erano più, e nello specifico per brindare ai nuovi inizi. Erano le nove meno dieci quando Aranel, appena uscita dalla doccia, indossò una maglietta a maniche corte bianca, una salopette a pantaloncino e truccò con gli occhi con un filo di matita. Si pettinò i capelli, si infilò un paio di sandali a infradito bianchi e si allacciò l’orologio al polso. Quando Liam e Mason furono fuori casa sua, lei raccattò chiavi e telefono e chiuse la porta.
“Ciao, ragazzi! Grazie mille per il passaggio.”
Mason sbloccò la portiera posteriore e la fece salire, poi Liam mise in moto e si mossero in direzione del liceo.
“Figurati!” le sorrise Liam dalla postazione da guidatore.
 Era una bellissima serata di giugno, il cielo era stellato, le cicale cantavano, e l’erba aveva un odore particolare che ricordava la freschezza. Aranel ricevette un messaggio che la tirò con i piedi per terra, lontano da quella volta stellata, e sorrise:
Ti aspetto davanti all’ingresso del campo. Ho comprato i pop-corn e li mangerò tutti se non arriverai in tempo. (Theo).
Sarebbe crudele da parte tua spazzolare un’intera busta di pop-corn. Sarò lì tra poco. (Aranel)
Quando l’auto sgommò arrestandosi tra le strisce bianche del parcheggio, Aranel ringraziò di nuovo i due ragazzi e corse verso l’entrata. Ad aspettarla poggiato contro un muretto c’era Theo, maglia nera, jeans aderenti, i capelli in perfetto ordine.
“Buonasera, stellina.”
“Questo nomignolo comincia a darmi sui nervi.”
“Ecco perché non smetterò di chiamarti così!” replicò lui con un’alzata di spalle. Aranel lo spinse giocosamente e rise.
“Sei forse nato per darmi il tormento?”
“Credevo che ormai lo avessi capito. Non sei così sveglia, Jones!”
La folla si accalcava per salire sulle gradinate, gli allenatori stavano confabulando con i giocatori, e gli striscioni frusciavano insieme agli schiamazzi.  Theo azzardò uno sguardo agli spalti più in alto e vide Scott, Malia, Stiles e Lidia; più giù c’erano Mason e Liam con altri amici.
“Gli altri sono seduti nel settore A2.” Disse, ma Aranel non sembrò curarsene, anzi controllò i biglietti che aveva in mano.
“Noi siamo negli spalti più giù, quelli vicini al campo.”
“Noi? Non capisco.”
“Non sei così sveglio, Raeken! Ho preso i posti vicini.”
Aranel gli afferrò la mano e lo guidò alle postazioni, si sedettero e lei rubò un pop-corn dalla bustina. Theo era confuso: aveva deciso di stare con lui anziché con i suoi amici e la cosa non la turbava. Sentiva gli occhi di Stiles e degli altri puntati addosso e seppe che ora erano entrambi un bersaglio. Aranel gli strinse il polso e lo guardò preoccupata.
“Va tutto bene?”
“Stiles non sarà contento.” disse lui tenendo gli occhi puntati sulle scarpe.
“Guardami, Theo. Va bene così. Non sono qui per fare un torto ai miei amici, sono qui per aiutare te, per starti vicino. Stiles non può giudicare le mie scelte come io non giudico le sue. Rilassati e mangia i pop-corn.”
Aranel si voltò verso i suoi amici e li salutò con la mano, al che avvertì la rabbia di Stiles e la comprensione di Scott. Theo acuì l’udito e ascoltò tutto ciò che Stiles stava dicendo: si è davvero seduta con quello? Ma è impazzita? Scott, tu le permetti di fare così? Non posso crederci che lo abbia fatto! Sono davvero infuriato con lei!
“Come si chiama il ragazzo che cerchiamo?”
“Gioca con il numero tredici, credo sia quello seduto in panchina.” Aranel gli indicò un ragazzo dai capelli rossi che spiccava nel gruppo per altezza.
“Non sembra un lupo mannaro.” Commentò Theo con scetticismo.
“Mmh, hai ragione. Ho, però, imparato che ‘mai dire mai’, perciò non lo sottovaluterei troppo.”
Il fischio di inizio fece placare ogni chiacchiericcio e tenne tutti attenti sul gioco. Involontariamente sia Aranel sia Theo presero lo stesso pop-corn e le loro dita si sfiorarono. Si sorrisero senza disagio, in modo assai tranquillo, e lui lasciò che fosse la ragazza a servirsi per prima. Liam e Mason si dileguarono a metà del primo tempo per rovistare negli spogliatoi in cerca di indizi sul ragazzo. Scott vigilava sulla partita, ma non riscontrava nel numero tredici la furia incontrollabile che aveva colpito lui e Liam agli inizi della trasformazione. L’unico a puntare uno sguardo farcito d’odio era Stiles, che non staccava gli occhi di dosso a Theo e Aranel. I due sembravano così affiatati, ridevano, si scambiavano teneri sorrisi, seguivano il gioco come fossero semplici spettatori. Solo la mano di Lydia che stringeva la sua riuscì a calmarlo un poco. Non appena la vittoria fu assegnata alla squadra avversaria, il gruppo si incontrò di nascosto nel corridoio della scuola.
“Io e Liam abbiamo scoperto che si chiama Oliver Blake, purtroppo nel suo armadietto non c’è nulla di sospetto.” Esordì Mason quando furono tutti insieme.
“Come vogliamo agire?” chiese Lydia.
“Io ho un’idea ce l’avrei, sempre che Aranel non sia troppo impegnata a mangiare pop-corn!” il sarcasmo di Stiles investì Aranel di una forte delusione ma tentò di non darlo a vedere. Scott si mise in mezzo per porre fine a quella faida che stava insorgendo tra i suoi due migliori amici.
“Che hai in mente?”
“Può fingersi una giornalista sportiva che intervista i giocatori migliori della serata, sono certo che il tipo ci cascherà in pieno.”
“D’accordo.” Accettò Aranel, poi si andò verso gli spogliatoi.
 
 
 
Il lungo corridoio era buio, le ombre dei ragazzi che scorrazzavano all’esterno si riflettevano spaventosamente sul pavimento lucido, le urla apparivano agghiaccianti. Aranel aveva la sensazione che qualcuno la seguisse e, quando si voltò, soffocò un urlo. Theo stava ridendo per la paura impressa sul volto della ragazza.
“Che diamine ci fai qui?”
“Non potevo mica lasciarti vagare da sola per la scuola né affrontare un probabile mannaro. Non sono irresponsabile come i tuoi amici.”
Non poteva dargli torto perché anche lei ci era rimasta male che nessuno si fosse offerto di accompagnarla e la rincuorava di non essere più sola. Si abbandonò ad un sorriso riconoscente.
“Grazie, Theo.”
“Andiamo, stellina.”
Oliver Blake non aveva l’aria di essere un lupo novello e se ne accorsero fin da subito. Il ragazzo sorrideva ammiccante ad Aranel da quando lo aveva richiamato e non rispondeva a modo alle domande.
“Oliver, resta serio! Lascia perdere l’intervista e spiegami cosa ci facevi sulle scene dei due attacchi animali avvenuti in città.”
“Attacchi animali? Voi ve la siete bevuta? Oh, andiamo, è una bugia bella e grossa!”
Theo, spazientito, afferrò Oliver per il cappuccio della felpa e lo spinse contro gli armadietti.
“Adesso ci dirai tutto quello serve, altrimenti ti sbatto la testa contro il muro ripetute volte.”
Aranel sussultò e lui, che si accorse di averla impaurita, lasciò andare il ragazzo e abbassò lo sguardo. Oliver era davvero terrorizzato e le parole uscirono a raffica.
“L’anno scorso ho vinto il concorso giovanile come migliore fotografo e ho aperto un blog su internet cosicché la gente potesse eventualmente chiedere di fare qualche foto per eventi. Qualche tempo fa mi è arrivata una richiesta anonima in cui mi veniva ordinato di riprendere con una telecamera i luoghi degli attacchi in cambio di bel gruzzolo. Ho accettato perché quei soldi mi facevano comodo.”
“Dove hai consegnato il tutto?”
“Volevano che consegnassi il video in St Rose street, dovevo lasciare la pen drive nella cabina telefonica e lì avrei trovato i soldi. Concluso lo scambio, sono tornato a casa e non ne ho saputo più nulla.”
Theo aveva ascoltato il battito regolare del ragazzo durante tutta la conversazione e scosse la testa.
“Dice la verità.”
“Grazie per l’aiuto, Oliver, e scusaci per il disturbo.”
Aranel posò una mano sulla spalla di Oliver prima di uscire dagli spogliatoi.
“Mi dispiace per averti spaventata.” Disse Theo senza guardarla, allora Aranel gli strinse la mano e gli elargì un sorriso bellissimo.
“Sapevo che non gli avresti mai fatto del male e sei stato molto d’aiuto. Mi hai solo colto alla sprovvista.”
 
 
Mentre stavano tornando al parcheggio per tornare a casa dopo il fallimento, un rumore fortissimo risuonò nelle orecchie di Lydia, però gli altri non lo sentivano. Caduta in uno stato di trance, prese a camminare verso il liceo.
“Che sta succedendo?” chiese Aranel.
“Sta per darci un indizio su questa faccenda, ne sono certo. Andiamo con lei!”
Stiles era il primo a seguirla e si era messo in capo al gruppo. Theo di spostarsi non ne aveva intenzione e rimase incollato ad Aranel, e lei ne fu più che contenta. Giunsero nel laboratorio di scienze e Lydia, scovato un gessetto, scrisse sulla lavagna. I suoi occhi erano vacui, la bocca semi aperta, e sembrava uno zombie. Di colpo si risvegliò sentendosi smarrita. Malia le mise una mano sul gomito e la fece sedere sulla scrivania. In bianco sullo sfondo nero campeggiavano parole misteriose: Jones 164.
Era l’indirizzo di casa di Aranel a Beacon Hills.
 
 
 
Dopo un rapido ragguaglio, il gruppo si divise per tornare a casa con l’accordo che avrebbero parlato della cosa in seguito. Aranel fu riaccompagnata da Theo e il viaggio fu silenzioso, la fresca brezza che faceva svolazzare i capelli della ragazza fuori dal finestrino, l’odore di abete che proveniva dai sedili.
“Stiles ti ucciderà per questo.”
“Non parliamo di Stiles, di amici, di lupi o di famiglia per stasera.”
“E di cosa vuoi parlare?”
“Di tante cose belle.”
“Perché vuoi scrivere un libro?”
Aranel non pensava che lui ricordasse quel piccolo dettaglio che gli aveva riferito la prima sera che si erano conosciuti e sentì una morsa alla bocca dello stomaco. Era il fatto che Theo imprimesse nella mente le minime sfumature che la incantava sempre di più.
“Gli scrittori scrivono per la memoria. Vogliono che i personaggi siano ricordati, che loro stessi siano ricordati, e questo è possibile perché la scrittura rende tutto immortale e immutabile.”
“Scrivi per essere ricordata?”
“No, io finirò nel dimenticatoio come tutti gli altri. Scrivo per dare sfogo ai miei pensieri, perché una parte nascosta di me filtri attraverso situazioni e personaggi diversi ma in modo tale che i lettori non capiscano che quei sentimenti appartengono a me.”
Theo le diede un’occhiata penetrante come se volesse entrare nella sua mente e saziarsi dei suoi pensieri.
“Non pensi che esista la possibilità di raccontarsi ad una persona specifica?”
“E’ difficile trovare qualcuno con cui aprirsi liberamente. I rapporti si reggono su bugie e omissioni perché la profonda natura di ciascuno di noi è oscura e non siamo certi che l’altro ci accetti così come siamo.”
“Tu mi accetteresti per quello che sono se ti raccontassi la mia profonda natura?”
Theo intrecciò le dita a quelle di Aranel in un tocco debole ma presente, una carezza che sapeva di inquietudine. Fu lei a rafforzare la presa.
“Raccontati a me. Raccontati senza paure, senza freni, senza reticenze. Lascia che io ti ricordi per sempre.”
 
 
 
Dall’altra parte della città, a casa Stilinski si agitavano le acque.
“Stai dicendo sul serio, Scott? Lasciare Aranel con quello psicopatico?”
“Secondo me può funzionare! Lei è la persona che lo può aiutare.”
“Theo non deve essere aiutato, deve essere incarcerato a vita!”
Stiles si sedette per tranquillizzarsi dato che quella serata lo aveva stravolto. La sua migliore amica, innocente, dal cuore d’oro, dalla sensibilità piccata, si stava alleando con nemico che aveva tentato di uccidere suo padre e Scott.
“Aranel è grande abbastanza da fare le sue scelte. Voi due dovete smetterla di proteggerla come quando eravate bambini.” Si intromise Malia, l’unica a dare una chance di libertà alla nuova arrivata. Lydia portò un bicchiere d’acqua a Stiles e gli baciò la guancia.
“Malia ha ragione. Aranel è in grado di cavarsela da sola e tornerà da voi pentita quando capirà con chi ha a che fare. Dovete lasciare lavorare il tempo e tutto si aggiusterà.”
“Possiamo solo monitorarla per impedirle di farsi male fisicamente, ma il suo cuore si romperà da solo.” Disse Scott con rassegnazione. A nessuno andava giù che Aranel frequentasse Theo ma poteva risultare una buona occasione per tutti di mettere un punto ad una battaglia che durava da anni. Forse lei era la chiave perché a Beacon Hills tornasse la pace.
 
 
Salve a tutti! :)
Adesso che Stiles è tornato per Theo saranno guai!
Intanto Aranel è in crisi con Greg e si avvicina sempre più a Theo… Vedremo!
Fatemi sapere cosa ne pensate.
Alla prossima.
Un bacio.
 
Ps. Perdonate eventuali errori di battitura.

 

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Capitolo 6
*** Un bacio all'improvviso. ***


UN BACIO ALL’IMPROVVISO.

“E piove su le tue ciglia nere
Sì che par tu pianga
Ma di piacere.”
(G. D’Annunzio)
 
 
 
Liam si presentò a casa di Aranel alle nove del mattino con in mano un malloppo di depliant universitari. Non aveva ancora deciso quali studi intraprendere, ma l’estate stava scorrendo veloce e l’inizio delle lezioni si stava avvicinando. Non sentendosi capace di esternare questi dubbi con i suoi amici, pensò bene che un giudizio esterno potesse aiutarlo. Quando bussò, la ragazza gli aprì con in mano un bicchiere di thè.
“Buongiorno! Vieni, Liam, entra.”
“Ehm, buongiorno.”
Liam era alquanto frastornato, però poi si lasciò sfuggire una risatina. Aranel era già vestita, elegante come suo solito in un lungo abito azzurro con una cinta di cuoio in vita e un paio di sandali bassi abbinati alla borsa bianca che giaceva sul divano.
“Posso offrirti qualcosa? Ieri ho fatto la spesa e ho un sacco di cose da mangiare.”
“Hai qualcosa di ripieno?”
“Ti va un panino dolce ripieno di crema alla nocciola e scaglie di cioccolato bianco? La panetteria in fondo alla strada li sforna caldi ogni mattina e me ne porta un paio.”
“Sì, direi che va bene.”
La casa dei Jones era a due piani, il primo ospitava una cucina di modeste dimensioni in muratura e un enorme salone con tavolo e cristalliera coordinati, mentre il secondo piano ospitava tre camere da letto e due bagni. Gli scaffali erano vuoti, le pareti riportavano chiazze più chiare dove le cornici delle foto non erano state intaccate dallo sporco, e le tende erano lesinate dal tempo. Faceva parte di un gruppo di quartieri dell’alta società, lì ci abitavano i più ricchi di Beacon Hills, e gli affitti erano stellari. Il padre di Aranel, prima di essere eletto sindaco per due volte, era uno dei migliori neurologi su piazza e si spiegava come potessero permettersi quella casa.
“Liam? Mi hai sentito?”
“Cosa hai detto?”
Aranel gli sorrise divertita e gli fece cenno di sedersi sul divano per godersi quella delizia.
“Ti ho chiesto di mostrarmi i depliant.”
“Oh, certo, eccoli!”
La ragazza diede una controllata ai corsi di studio mentre mangiava il suo panino dolce.
“Dietro ai depliant ci sono dei quesiti sulla tua personalità per aiutarti a cap… Scusa, è mia madre!”
“Rispondi, tranquilla.”
Aranel accettò la chiamata di sua madre senza allontanarsi da Liam.
“Ciao, mamma! Tu e Kabir vi state godendo il week-end romantico?”
“E’ successa una cosa che non ti farà piacere, tesoro. Si tratta della vendita della casa. Greg è qui con me, adesso te lo passo.”
Aranel mise il vivavoce mimando a Liam di ascoltare. Se Lydia ci aveva visto giusto, quelle parole sulla lavagna stavano per avere un senso.
“Aranel, sono Greg.”
“Sì, eccomi. Che cosa sta succedendo?”
“Ieri pomeriggio tra le pratiche di compravendita ho trovato una cartella a tuo nome. Pare che la casa a Beacon Hills sia stata ipotecata un mese fa e quindi è impossibile venderla.”
“E chi diamine ha messo un’ipoteca sulla casa se sono io la proprietaria?”
“Secondo i documenti hai ceduto di nuovo la proprietà a tuo padre e lui successivamente ha messo l’ipoteca. La banca di riferimento è quella di Beacon Hills. C’è la tua firma.”
Aranel sbiancò di colpo. Come poteva essere la sua firma quella se lei non si era mossa da New York per dieci lunghi anni?
“E’ possibile che qualcuno abbia falsificato la mia firma?”
“Sì, è possibile. Tu sei sincera quando affermi di non aver ceduto la casa?”
Liam, in silenzio religioso, captò la rabbia che stava montando in Aranel. La ragazza si alzò dal divano come una furia e prese a gesticolare animatamente.
“Sei forse rimbecillito nel giro di poche ore, Greg? A diciotto anni la casa è passata nelle mie mani e da allora ho sempre avuto intenzione di venderla. Perché mai avrei dovuto ridarla a mio padre? Proprio lui se ne voleva liberare disperatamente! Spediscimi quei documenti.”
“Te ne manderò una copia.”
“Trova un modo per spedirmi gli originali o giuro che vengo lì e cito in giudizio il tuo studio.”
Senza dire altro, concluse quella chiamata assurda.
“Credi sia una coincidenza?” disse Liam lanciando un’occhiata loquace alla sua amica.
“Credo sia un’insolita coincidenza quando una Banshee scrive l’indirizzo di una casa su cui compare illegalmente un’ipoteca. Puoi accompagnarmi da mio padre?”
“Certo, andiamo.”
 
 
 
Liam non avrebbe mai immaginato che un tipetto come Aranel, gentile, cordiale e ben educata, avrebbe potuto tirare fuori il peggio di sé. Giunti presso la villa del sindaco, Aranel entrò in casa non dando retta ai divieti della servitù.
“Papà! Papà! Ti devo urgentemente parlare!”
“Signorina, la prego, aspetti in giardino.” La pregò Julian, il maggiordomo.
“Julian, va’ pure. Qui ci penso io.” Tuonò dall’alto una voce assonnata. Dalla scalinata stava scendendo un ragazzo sulla trentina, capelli neri con un ciuffo riccio che gli ricadeva sul naso, luminosi occhi verdi (dovuti al bicchiere di vodka che teneva in mano) e pantaloni e camicia abbottonata in modo disordinato. Aranel lo fulminò con lo sguardo.
“Devo parlare con mio padre e lei non ha l’aria di essere un sessantenne brizzolato.”
“Sono Richard Bettencourt, e come può notare sono un bel giovane dai capelli scuri. Henry è fuori per affari.”
I Bettencourt erano la famiglia più ricca e influente della città, il loro patrimonio aveva sempre superato quello dei sindaci. Il settanta percento degli immobili di Beacon Hills erano di loro proprietà, le feste e gli eventi di maggior rilievo erano organizzati da loro, e sempre loro avevano sostenuto la candidatura di suo padre. Richard era il migliore amico di Aaron e l’amore non ricambiato di Hannah.
“Senta, non ho tempo da perdere. Sa almeno dov’è Aaron?”
“Sono certo che tutto lo champagne di ieri lo abbia tramortito per almeno altre cinque ore. Sembra proprio che ci siamo solo io e lei.” Disse con tono suadente Richard, poi bevve un altro sorso di alcol. Aranel a stento non gli vomitò in faccia per quelle avances del tutto inappropriate.
“E’ una faccenda seria, signor Bettencourt. Devo parlare con Aaron adesso, costi pure svegliarlo dalla sua sbronza da riccone.”
Richard sorrise felino al pepe di quella ragazza e maledì il suo migliore amico di non avergliela ancora presentata. In quel momento una donna, lunghi capelli rosso fuoco, un solo pezzo di velo nero a coprirle il corpo, baciò il collo di Richard e gli rubò la vodka per poi rifugiarsi in cucina. Aranel avrebbe preferito spararsi in testa che assistere a quella scena.
“Io e Aaron ci siamo regalati un fine settimana dedito alla perdizione, tra i piaceri del palato e della carne.”
Liam avvertì che Richard emanava strane sensazioni, qualcosa non andava in lui. Aranel dovette accorgersi del suo viso pensieroso e gli si avvicinò per stringergli il braccio non sentendosi sicura in quella casa. Un’idea le balenò nella mente.
“E la perdizione include rovinarsi quel paio di pantaloni costosi?”
Richard sfoderò un altro dei suoi sorrisi ammiccanti e si spolverò la stoffa nera dei pantaloni.
“Oh, per i miei amici Dolce e Gabbana non sarà un problema cucire un nuovo completo appositamente per me!”
Bingo! Ci era cascato in pieno. Aranel fece finta di nulla e annuì energicamente.
“Sono convinta che il prossimo completo sarà ancora più bello e costoso, magari potrebbero cucire assieme delle banconote! Bene, adesso me ne vado. Dica ad Aaron che sono passata quando si riprende.”
“Ammesso che si riprenda.” Aggiunse Richard ghignando.
Aranel strattonò Liam verso l’uscita e in fretta andarono da Scott.
 
 
 
“Non credo di aver capito.” Commentò Malia con un’alzata di spalle. Si erano dati tutti appuntamento nella clinica veterinaria di Scott per fare rapporto. Mancava solo Theo all’appello e inoltre non rispondeva ai messaggi. Aranel fece un respiro ed espose da capo la sua teoria.
“Lydia scrive l’indirizzo di casa mia mentre ha una delle sue percezioni sovrannaturali, io scopro che la casa è ipotecata da mio padre, incontriamo Richard che indossa un Dolce e Gabbana e Liam annusa qualcosa di strano. E se l’indizio da Banshee ci avesse portato volutamente da Richard? Potrebbe essere lui il mannaro che cerchiamo.”
“Beh, non ha tutti i torti. La percezione di Lydia collegava in qualche modo Aranel al mannaro e Richard, essendo amico del suo fratellastro, è un ottimo legame. Inoltre, quei pantaloni potrebbero completarsi con la giacca che avete trovato nel bosco. Ed infine Liam ha sentito qualcosa di strano. Direi che è una buona pista.” Disse Stiles, in piedi alle spalle di Lydia mentre guardava tutti.
“Ammesso che sia questo Richard il tipo che cerchiamo, dobbiamo assicurarcene nel caso non fosse lui e il vero lupo scappasse.” Osservò Mason e gli altri convennero che aveva ragione. Liam guardò Scott.
“Come possiamo smascherare Richard?”
“Stasera c’è il ballo di inizio estate allestito dai Bettencourt, io e Malia siamo stati invitati e possiamo avvicinarlo.”
“Aspetta, perché voi siete stati invitati e io no?” chiese Lydia con espressione sbigottita. Malia sbuffò, per niente contenta di quell’invito.
“Ci hanno invitati perché Scott è il medico dei loro dodici cani da caccia. Prendi il mio posto se vuoi!”
“No, i Bettencourt sono attenti a queste cose e si aspettano che tu accompagni Scott.” Replicò Stiles.
“Vengo anche io!” esclamò Aranel beccandosi occhiate di rimprovero.
“Che hai detto?”
“Sono la figlia del sindaco e la sorellastra di Aaron, di certo non mi serve un invito di carta per entrare. Posso avvicinare io Richard e cercare di scoprire la verità.”
Scott annuì.
“D’accordo, ma sarà Theo ad accompagnarti.”
 
 
 
La sala in cui si teneva il ballo di inizio estate era la più grande della città e si trovava all’interno della villa di Alexandra Bettencourt, la nonna di Richard. All’esterno il giardino era illuminato da una serie di luci che scorrevano tra i cespugli, le fronde degli alberi e tra i fiori, un lungo tappeto color oro accompagnava gli invitati dalle auto all’ingresso, l’acqua zampillava placidamente dentro le dieci fontane raffiguranti divinità romane disseminate all’aperto, solo la fontana di Era e Zeus dinanzi alla villa era illuminata da faretti colorati che tingevano l’acqua di varie sfumature. Scott, smoking e scarpe nere lucide, parcheggiò fuori dai cancelli e fece scendere Malia, raggiante nel suo lungo vestito blu notte senza spalline, e Aranel, che indossava un abito di pizzo nero con lo scollo a cuore lungo fino al ginocchio e il corpetto si stringeva sulla schiena per mezzo di nastri di seta.
“Sai che Stiles non ti parlerà per i prossimi dieci anni?” domandò a bassa voce a Scott mentre aspettavano di entrare.
“Per quanto mi dispiaccia ammetterlo, Stiles è umano e non può affrontare un lupo mannaro. Theo è la persona giusta per farti da accompagnatore e per indagare. Vedrai che al nostro amico la rabbia passerà.”
Theo, che era stato assente tutto il giorno a causa di Bob, aveva accettato con riluttanza di partecipare al ballo ma alla fine lo avevano convinto. Aranel era agitata all’idea di vederlo e supplicò il cuore di smettere di battere così veloce.
“Siamo in ritardo, Scott. Aranel ci potrebbe raggiungere quando quell’idiota si presenta.” Disse Malia sistemandosi un ciuffo di capelli sfuggito dallo chignon.
“Sì, Malia ha ragione. Andate, tra poco ci sarò anche io.”
Quando vide i due sparire all’interno della villa, Aranel poté finalmente fumare una sigaretta. La storia dell’ipoteca, il modo in cui aveva trattato Greg, la presunta natura di Richard, stavano mettendo a dura prova la sua pazienza.
“Chi avrebbe mai immaginato che la principessina fumasse.”
Aranel alzò gli occhi al cielo e inutilmente gettò a terra il mozzicone pestandolo col piede. Ormai era stata scoperta. Theo emerse dal buio in un completo di alta sartoria che lo rendeva ancora più bello del solito, si era aggiustato per bene i capelli, aveva indossato l’orologio, solo il papillon era slacciato. Ad Aranel vennero i brividi.
“Ti serve una mano con il papillon?”
“Sì, grazie.”
Aranel accostò le mani tremanti al collo del ragazzo per afferrare i lembi del papillon e abilmente prese a legarlo come di norma. Sentiva gli occhi di Theo fissi su di lei, ma non osava guardarlo, anzi concentrava tutta se stessa in quello che stava facendo. Una volta finito, lasciò le dita scorrere lentamente sulla giacca per lisciare eventuali pieghe e poté sentire Theo trattenere il respiro.
“Ecco fatto. E’ molto meglio adesso.” Mormorò Aranel con un sorriso sincero.
Theo le toccò delicatamente un orecchino, poi scorse l’indice dalla guancia al collo, fino a posarsi sulla pelle calda sotto cui si dibatteva il cuore. Lei imperterrita gli fissava il petto coperto dalla camicia bianca, incapace di trattenere i sentimenti che stavano facendo a pugni. Si sarebbero potuti baciare, così vicini, così tentati, ma era il momento sbagliato. Aranel ripensò a Greg che, malgrado non lo amasse come avrebbe dovuto, non poteva tradire.
“Sei splendida.”
Gli occhioni di Aranel saettarono verso di lui, il suono del suo cuore rimbombava nelle orecchie di entrambi, e le sue labbra rosse lo stavano tacitamente incitando a cogliere l’occasione. Non c’erano più scuse che reggessero: Theo si era perdutamente invaghito di lei. In quel mese che si erano visti tutti i giorni, avevano fatto colazione assieme, avevano passato pomeriggi a chiacchierare, aveva imparato quanto lei fosse speciale, quanto fosse bella sia dentro che fuori, quanto fosse pura rispetto a lui.
“Theo…”
“Dobbiamo entrare, sì, decisamente.”
Aranel si aggrappò al braccio offertole dal ragazzo e fecero la loro entrata nel salone. L’interno, tutto sui toni del giallo e del rosso, ospitava una piccola orchestra di archi, lungo le pareti, i tavoli abbondavano di cibi e bevande, numerosi soli di carta pesta pendevano dal soffitto. La creme della creme della società era riunita in quella stanza, e Aranel in un angolo vide Cindy e sua figlia scherzare con la moglie e la figlia del giudice Dawson. Scott e Malia avevano intavolato una conversazione con i coniugi Lambert circa alcuni fondi per la clinica.
“Stellina, mi stai stritolando il braccio.” Le fece notare Theo con una risatina. Aranel allentò la presa e sorrise imbarazzata.
“Perdonami. E’ che sono nervosa.”
“Non devi farlo per forza se non te la senti.”
Nel frattempo si erano avvicinati ad un tavolo e avevano chiesto due calici champagne; Theo lo scolò senza cerimonie, mentre lei sorseggiava poco e niente.
“E’ il primo indizio utile. Un mese fa Lydia ha avuto una intuizione e oggi finalmente scopriamo che tutto ha un senso. Abbiamo trascorso esattamente ventotto giorni alla ricerca del nostro uomo senza cavarne nulla, e adesso non mi tirerò indietro.”
Theo aveva capito dalle svariate chiacchierate a notte fonda che Aranel era stanca della monotonia della sua vita e che quell’avventura, come l’aveva definita lei, era un modo per rendere la sua vita più interessante. Le faccende sovrannaturali sanno smuovere anche gli animi più pacati. Aranel cercava il pericolo, il gioco, voleva sfidare i limiti, provare emozioni forti, e lui avrebbe potuto concederle tutto quello se solo glielo avesse chiesto. Quel vestito le avvolgeva il corpo alla perfezione, mettendo in risalto i fianchi larghi e il seno prosperoso, i capelli appuntati sulla nuca da un fermaglio tempestato di perline lasciava alla mercé dello sguardo le spalle e le clavicole. Theo desiderava disperatamente baciare ogni centimetro di quella pelle.
“Raeken, mi stai ascoltando?”
“Scusami, stavo origliando quei due accanto all’acquario. Sono amanti e si sono dati appuntamento al piano di sopra, direi che quella zona è da evitare.”
“Farlo in casa di estranei nel bel mezzo di una festa è terribile.”
Theo tentò invano di bloccare le parole ma esse furono pronunciate all’orecchio di Aranel in modo assai poco conveniente.
“E tu dove preferisci farlo?”
Aranel si irrigidì immediatamente, strinse le dita attorno alla pochette, e chiuse gli occhi per un istante.
“Non fare così, ti prego.”
“Così come? Era solo una domanda.”
“Theo…”
“Continui a ripetere il mio nome in circostanze sbagliate, stellina.”
Aranel non sapeva più che cosa fare. Era attratta da Theo come non lo era mai stata da altri, lui sapeva esattamente come prenderla, cosa dirle e come dirglielo, la manda in tilt con poco. Aveva immaginato quale fosse il sapore delle sue labbra, come fosse sentire la sua pelle al tocco, come fosse essere accarezzata dalle sue mani. No, non poteva. Lei aveva un fidanzato che avrebbe sposato. Non poteva fare questo a Greg, che l’amava con tutto se stesso. Voleva solo che lui stesse zitto.
“Ti prego, Theo.”
Theo le afferrò i fianchi e l’attirò a sé, avvicinò di nuovo la bocca al suo orecchio per sussurrare.
“Voglio stare al buio con te, sotto le lenzuola, baciarti senza restrizioni, sentirti ripetere il mio nome per una notte intera.”
Aranel avrebbe ceduto se non fosse stato per Richard che varcava l’ingresso assieme a sua madre.
“D-devo parlare con Richard. Scusami.”
 
 
Aranel si sentiva trafiggere dallo sguardo di Theo mentre ballava con Richard. Quella situazione tra loro due si stava spingendo troppo oltre e lei non poteva permetterlo poiché a breve avrebbe sposato Greg.
“Aaron non mi aveva detto che la sua sorellastra fosse così bella.” Esordì Richard con uno dei suoi soliti tentativi di abbordare.
“Questo approccio con me non funziona, Bettencourt. Sto ballando con te perché ho bisogno di sapere delle cose.”
Avevano abbandonato le formalità e ormai si davano del tu. Non c’era tempo per le cerimonie.
“Ovviamente sei troppo sofisticata per un tipo come me. Cosa vuoi sapere?”
“Mio padre ha ipotecato la mia casa, forse sai il perché?”
Mentre Richard la faceva girare su se stessa a passo di danza, intravide Theo in un angolo con il quarto calice di champagne che non le staccava gli occhi di dosso.
“Adesso sono confuso. Sei tu che hai avviato le pratiche.”
Aranel si bloccò di colpo e guardò il suo cavaliere quasi scioccata. Scott, Malia e Theo erano in ascolto.
“So che sui documenti c’è la mia firma ma io non ho mai firmato.”
“Io sono l’avvocato di tuo padre e l’ho accompagnato a New York per incontrare il legale che ti rappresenta nella causa. Hai delegato Gregory Mitchell perché facesse le tue veci. Ci ha consegnato le carte secondo cui hai ceduto di tua sponte la casa a tuo padre e la tua firma era ben visibile. Poi siamo tornati qui e tuo padre ha ipotecato la casa ottenendo in cambio dalla banca un cospicuo prestito. Henry diceva che Gregory era uno fidato perché è il tuo fidanzato.”
Aranel non sapeva se essere più preoccupata che Theo adesso sapesse la verità oppure che suo padre e il suo fidanzato avessero ordito alle sue spalle.
“Ti posso assicurare che quella non è la mia firma. Non avrei mai ceduto la casa a nessuno perché i soldi della vendita mi servono per autofinanziare la pubblicazione del mio libro. E’ una frode, Richard!”
“Adesso capisco perché Aaron fosse così contrario all’affare, non era convinto che tu volessi liberarti della casa tanto facilmente.”
“Il prestito a cosa serviva? Mio padre è abbastanza ricco da potersi permettere di pagare tutti i debiti. Devi dirmelo.”
Richard abbassò lo sguardo sul pavimento lucido e si accarezzò la barba scura sul mento. Era indeciso, ma ormai aveva confessato la maggior parte della storia e la ragazza meritava la verità.
“Aaron ha combinato un disastro, però non so dirti di cosa si tratta, e tuo padre aveva bisogno di soldi esterni per evitare che risultassero nei suoi conti di sindaco. La banca ha concesso il prestito ad Hannah ma è una copertura: fingono che i soldi servono ad aprire un atelier di alta moda. Così ne escono tutti puliti e il guaio di Aaron viene riscattato.”
Aranel credette che il mondo le si stesse sgretolando sotto i piedi. La sua famiglia aveva tramato a suo discapito, aveva perso la casa, e adesso sembrava proprio che il lupo mannaro facesse parte della sua cerchia di conoscenze. Più di tutto la ferì che Greg, il dolce e sottomesso, avesse potuto fare una cosa del genere. Di certo ci ricavava il rispetto del suo futuro suocero ma quel matrimonio era alla deriva.
“Da adesso tu, mio padre, Aaron e Greg ritenetevi sotto accusa. Ho intenzione di denunciarvi.”
 
 
 
Al terzo squillo rispose la voce allegra di greg ma Aranel aveva l’amaro in bocca e una voglia di urlargli contro.
“Amore, come mai chiami a quest’ora? La telefonata di stamattina si è conclusa in modo brusco e avevo bis…”
“Sta zitto, Greg, e ascoltami bene. So che sei stato tu a falsificare la mia firma per agevolare mio padre e restituirgli la proprietà della casa, così ti sei guadagnato la sua benedizione di suocero. Domattina ti denuncerò e dovrai anche pagarmi i danni.”
“Aranel, non è come sembra. Lascia che ti spieghi.”
“E’ finita, Greg. Anzi, vuoi sapere una cosa? Tra noi non è mai cominciata perché io non ti ho mai amato, tu mi annoiavi, mi limitavi, e adesso posso finalmente liberarmi di te. Ti farò chiamare dal mio avvocato, stronzo!”
Aranel scoppiò in una risata di cuore. Aveva finalmente chiuso con una parte della sua vita che non le piaceva, aveva detto addio ad una persona che le appesantiva l’anima e poteva godersi la meritata indipendenza sentimentale. Un tuono annunciò la pioggia che precipitò dall’alto dopo pochi secondi. Aranel ringraziò di aver soltanto steso il mascara waterproof e un filo di lucido sulle labbra, almeno non doveva temere il trucco sciolto.
“Adesso ti vedo felice.”
Alle sue spalle, papillon slacciato, mani in tasca, capelli bagnati, c’era Theo.
“Mi dispiace non averti detto di Greg.”
“Non me lo hai detto perché non lo consideravi importante. Non hai nulla di cui scusarti, stellina.”
La luna gettava un’ombra argentata sui loro corpi, l’acqua sembrava essersi adeguata al suono dei violini che proveniva dall’interno, e i petali di rose puntellati di gocce parevano diamanti profumati. Aranel, questa volta senza pesi sul cuore, corse verso Theo e lo baciò. Il ragazzo, che non aspettava altro da un mese, la strinse più che poté e rispose a quel contatto approfondendolo. Sorrisero nel bacio, sentendosi liberi dalle catene della paura e pronti per qualcosa di nuovo.
“E’ ancora valida la tua offerta, Raeken?”
“Quale?”
“Quella di voler stare al buio con me, sotto le lenzuola, baciarmi senza restrizioni, sentirmi ripetere il tuo nome per una notte intera.”
“E’ assolutamente valida.”
 
 
Salve a tutti! :)
Eccoci arrivati al fatidico bacio! Almeno una piccola nota positiva c’è in tutto questo dramma ahaha
 Ve lo aspettavate che la famiglia di Aranel fosse così losca?! Andrà sempre peggio.
Fatemi sapere cosa ne pensate.
Alla prossima.
Un bacio.
 
Ps. Aranel as Leighton Meester
Ps. Perdonate eventuali errori di battitura.

 

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Capitolo 7
*** Tempesta di sentimenti. ***


TEMPESTA DI SENTIMENTI.
“Per te rappresento tutti i peccati che non hai mai avuto il coraggio di commettere.”
(Oscar Wilde)
 
 
Ai bambini gli adulti consigliano di fare i bravi, di mangiare la verdura, di non accettare caramelle dagli estranei, poi durante l’adolescenza consigliano di non fumare, di non bere, di non fare uso di droghe e di non uscire con la gente sbagliata. La speranza di ogni genitore è che i figli crescano secondo giusti principi, che diventino persone coscienziose e di buon cuore. Aranel, però, infranse quella speranza quando invitò Theo a casa sua. La pioggerellina che li aveva colti nel giardino dei Bettencourt si era tramutata in una vera e propria bufera, le gocce si abbattevano in modo assai violento contro le finestre, il vento fischiava avvolgendo Beacon Hills in una atmosfera autunnale sebbene fosse ancora luglio. In casa furono accolti da un piacevole calore, sottile, che bastò per farli scrollare di dosso il gelo della pioggia.
“Perdona l’arredamento povero, ma è il massimo che posso offrire.” Disse Aranel abbandonando le chiavi e la pochette sul tavolo. Theo la seguì in soggiorno mentre si sfilava la giacca e il papillon ormai zuppi d’acqua.
“Il monolocale in cui vivo io è messo peggio.”
La ragazza ridacchiò e si sedette sul divano senza curarsi che l’abito fosse bagnato. Si tolse le scarpe sbuffando per aver rovinato quel paio che tanto adorava.
“Non ci posso credere!”
“Aranel, non potevi immaginare che tuo padre avrebbe tramato contro di te. Non fartene una colpa.”
Aranel alzò lo sguardo su di lui: aveva i capelli davanti agli occhi in ciuffi che gocciolavano, gli occhi brillavano, e la camicia bianca era attaccata al corpo non lasciando spazio all’immaginazione. Era bello da fare male, e questa volta poteva pensarlo senza che il rimorso di essere fidanzata la tormentasse.
“Mi riferivo alle scarpe, erano il mio paio preferito ma adesso sono proprio da buttare. Non voglio pensare a tutto il dramma della mia famiglia stasera.”
“Non è oggi, ma domani dovrai affrontare la questione. Prima o poi il conto deve essere pagato. Io lo so per esperienza.”
Quando un mese prima erano andati insieme alla partita e poi lui l’aveva riportata a casa, Theo le aveva raccontato per filo e per segno la sua vita, l’idea di ferire Scott e gli altri, di come era stato cresciuto dai Dread Doctors, di come aveva lasciato morire sua sorella, di come era diventato una chimera, e di come non si era mai sentito amato in tutta la sua vita. Aranel aveva ascoltato senza interrompere, addolorata dall’infanzia negata ad un bambino di nove anni perché diventasse un’arma nelle mani di mostri spietati, arrabbiata per ciò che aveva fatto ai suoi amici, e poi tutte le emozioni si erano canalizzate in una sola: la compassione, per un bambino plagiato, per un ragazzo impaurito e senza affetto, per un uomo solo e in fuga da se stesso. Pian piano se ne stava innamorando, ogni giorni imparava a condannare un suo difetto e ad ammirare dieci pregi. La solitudine, si sa, porta le persone ad arrampicarsi a tutto e a tutti pur di non sentire quel costante vuoto nell’animo, e Theo a soli nove anni era stato avvicinato da chi gli aveva avvelenato la mente.
“Tu stai pagando un prezzo alto, Theo, perché hai avuto il coraggio di affrontare i tuoi demoni. Io dovrò avere a che fare con la mia famiglia per il resto della mia vita, quindi ho bisogno di essere lucida per capire come agire perché in questo momento sono soltanto spaventata da tutto.”
Aranel stranamente non stava piangendo, e Theo dovette ammettere di non averla vista scoraggiata neanche un momento, anzi se ne stava rannicchiata sul divano con un’espressione impassibile. Prese posto accanto a lei e le cinse le spalle con un braccio, così lei abbandonò la testa sul suo petto.
“Lo supererai anche questa volta. Sarà tutto come prima entro il tuo ritorno a New York.”
Come una puntura dolorosa, le venne in mente la faccenda di Greg. Si alzò e prese a camminare nervosamente su e giù.
“Mi dispiace di aver omesso di essere fidanzata. Io non…”
“Non me lo hai detto perché lui per te non ha mai contato niente, altrimenti avresti messo le cose in chiaro la prima sera che ci siamo conosciuti. Non sono arrabbiato, sono divertito.”
“Ti diverte che io abbia mentito? Perché mai?!”
“Perché io so cosa desideri davvero.” Il ghigno di Theo fece sospirare Aranel.
“E sentiamo, cos’è che voglio?”
“Tu vuoi me. Mi vuoi disperatamente.”
Quella risposta zittì Aranel, incapace di ribattere a tono e di articolare una frase di senso compiuto. Lo aveva baciato perché, sì, era vero, lo desiderava disperatamente. Perché si era finalmente sentita viva e libera come mai prima d’ora. Prima l’adrenalina non aveva smesso di scorrere dopo il bacio e la voglia di baciarlo ancora non aveva mai abbandonato la sua mente. Sì, lei lo pretendeva. Era rischioso, era contro qualsiasi etica, contro i consigli di Stiles, contro se stessa, ma era più forte di lei.
“Ammettiamo che sia vero, adesso che si fa?”
Theo le tracciò lo zigomo con l’indice e le regalò uno sguardo colmo di malizia.
“Adesso, stellina, andiamo di sopra, ti lasci spogliare, ti lasci ammirare e facciamo l’amore, io e te, al buio, e ripeti il mio nome per tutta la notte.”
 
 
Aranel temeva che il suo cuore non reggesse tutta quella situazione che non aveva mai affrontato. Certo, con Greg non erano mancati momenti di intimità ma erano semplici, basilari, senza troppe pretese, mentre adesso non sapeva come reagire a tutta la passione che stava esplodendo nella stanza. Diede la spalle a Theo e lui con lentezza disarmante le sciolse i nastri sulla schiena mentre le tempestava le spalle di piccoli baci. Aranel poteva sentire i capelli bagnati di lui gocciolarle sulla pelle facendola rabbrividire. Il vestito rovinò a terra senza emettere suoni, eccezion fatta per la risata sommessa del ragazzo.
“Chi indossa più la sottoveste oggi?”
Aranel sotto al vestito portava una sottoveste nera in morbido raso di seta nera con spalline sottili e una fascia di pizzo sullo scollo, inusuale per una della sua età, e l’imbarazzo le tinse di rosso le gote. Si strinse la braccia al petto nel totale disagio, però lui le afferrò le mani e intrecciò le loro dita.
“Non ho mica detto che non mi piace.”
“Tu sei nato per mettermi in imbarazzo, Raeken!” borbottò Aranel alzando gli occhi al cielo. Theo rise.
“Sì, è il mio hobby preferito ultimamente.”
Senza perdere altro tempo, Aranel gli sbottonò con calma la camicia zuppa d’acqua elargendo qualche tocco qui e lì che fecero sorridere Theo. Tutta quella tensione sessuale con Greg era sempre stata inesistente, mancava la fiamma, e lei si convinse che quella relazione era stata sbagliata sin dall’inizio. Quando la camicia fu tolta, si baciarono con un’intensità che spiazzò entrambi. Era la prima volta che provavano emozioni così forti e così dirompenti. Approfondendo quel bacio, Theo fece scivolare le spalline della sottoveste, che si ritrovò sul pavimento con un fruscio, e poté finalmente sfiorare la pelle di Aranel senza barriere.
“Aspetta.” Sussurrò la ragazza bloccando le mani di Theo, che fece un passo indietro per darle spazio.
“Non dobbiamo farlo se non vuoi. Non ti devi sentire obbligata, stellina.”
“Non si tratta di questo.”
“Avverto tutto il tuo nervosismo e il tuo cuore sta dando di matto. Hai paura di me?”
Gli occhi di Aranel si scontrarono con i suoi e scosse la testa, poi lo abbracciò poggiando la fronte contro il suo petto.
“Non mi sento obbligata e non ho paura di te.”
“E di cosa si tratta?”
“Non ho mai fatto l’amore così.” Disse Aranel a voce bassa, come se non volesse farsi sentire, ma con un essere soprannaturale era impossibile evitarlo.
“Allora ti insegno come si fa, stellina. Ti va?”
Aranel annuì. Tra baci e sorrisi incoraggianti, si ritrovarono sul letto, lui sopra e lei sotto. La pioggia scrosciava, il vento imperterrito ululava, e la tempesta non accennava a smettere. Theo gemette quando Aranel per caso gli sfiorò l’inguine con il ginocchio e lei sorrise nel totale imbarazzo. Le loro bocche si scontrarono di nuovo con dolcezza, con urgenza, poi sempre più con ardore e desiderio. Sospiri, sorrisi e baci si alternavano in successione, mentre le mani fameliche toccavano ogni centimetro di pelle. Aranel gli sfilò la cinta e allentò il bottone dei pantaloni, al che lui la baciò con maggiore trasporto. Theo era sicuro di non aver mai visto nulla di più delicato e bello di quella ragazza. Non era solo attrazione fisica la loro, era qualcosa di più, partiva dal cuore e si irradiava nel sangue facendo pompare le vene e faceva andare in tilt il cervello. Si piegò a baciarle il collo, le clavicole, poi le baciò la parte del seno lasciata scoperta dal reggiseno. Si fermò quando la sentì tremare.
“Faremo l’amore lentamente, ci prenderemo tutto il tempo necessario, senza alcuna fretta.”
Aranel si sciolse in un meraviglioso sorriso e lo baciò suggellando quella proposta.
 
 
Al risveglio pioveva ancora a dirotto. Aranel controllò l’ora al telefono, non essendoci la sveglia da dieci anni, e lo schermo stava segnalando numerose notifiche: Greg l’aveva tempestata di messaggi e di chiamate, e sua madre le aveva lasciato un messaggio in segreteria. Cancellò tutto e ripose il telefono sul comodino. Non aveva ancora voglia di ripensare alle bugie e ai sotterfugi della sua famiglia. Suo padre non le aveva mai dato l’impressione di essere un tipo da complotti, eppure aveva falsificato documenti e firme, si era appropriato di qualcosa che non gli apparteneva e lo aveva fatto muovendosi nell’ombra.
“Il tuo cervello lavora sempre così tanto anche di prima mattina?” la voce assonnata di Theo la fece sussultare, poi si coprì meglio con il lenzuolo e sospirò.
“Sto cercando di non farlo lavorare, ma sai com’è quando qualcuno trama contro di te.”
Theo la tirò verso di sé costringendola a poggiare la testa sul suo petto. Lei prese ad accarezzargli l’addome.
“Devo considerarmi offeso?”
Aranel lo guardò, i capelli scompigliati, gli occhi stanchi, le labbra ancora arrossate dalla nottata di baci, e sorrise inconsapevolmente.
“Non era mia intenzione offenderti. E’ solo che tutta questa storia è diventata strana. Non avrei mai pensato che il lupo mannaro fosse collegato alla mia famiglia.”
“Hai già un’idea di chi sia?” le chiese Theo accarezzandole teneramente la spalla nuda. Avevano trascorso l’intera a notte a fare l’amore, a sorridersi, a ridacchiare, a sussurrare, ed era stata l’esperienza più straordinaria che entrambi avessero mai vissuto. Non avevano mai provato quella tempesta di sentimenti che li aveva rapiti, scossi e avvolti.
“Credo sia Richard. Quando io e Liam siamo andati a casa di mio padre, lui indossava un paio di pantaloni neri di Dolce e Gabbana e a questo punto possiamo ritenere che la giacca rinvenuta nel bosco sia la sua. Inoltre, l’indizio di Lydia circa questa casa lo vede coinvolto nel passaggio di proprietà. Tutto torna.”
“Tutto sembra tornare.”
“Sembra? Sai qualcosa che non so?”
Theo si mise seduto sul letto e si infilò i boxer, dopodiché si alzò dal letto e diede un’occhiata fuori dalla finestra. Continuava a piovere senza sosta e probabilmente avrebbe continuato per tutto il giorno. Aranel si morse il labbro perché era troppo attratta da quel corpo statuario con cui aveva avuto il piacere di unirsi nelle ore precedenti e spostò lo sguardo per ritrovare la lucidità.
“Un completo costoso se lo può permettere un riccone del calibro di Richard, ma anche del calibro di Aaron, di tuo padre e di Gregory. Non bisogna escludere nessuna possibilità.”
“Hai ragione. Potrebbe essere uno di loro. Come lo scopriamo?”
“Lo sapremo tra tre, due, uno!”
Il campanello suonò in quel preciso istante e Theo sorrise. Aranel indossò velocemente l’intimo e la sottoveste a cui aggiunse una lunga vestaglia blu.
“Chi è?”
“E’ Richard. Vai ad aprire e cerca di essere il più naturale possibile, io sarò sulle scale senza farmi vedere.”
“D’accordo.”
Prima che potesse scendere, Theo l’afferrò per un braccio e le stampò un bacio sulle labbra.
“Sta attenta, stellina. Non vorrei che quella di stanotte fosse la prima e ultima che passiamo assieme.”
 
 
Aranel non riusciva a fingere di essere cordiale con Richard, si torturava le mani e si mordeva l’interno della guancia per evitare di gridargli contro.
“Aranel, devi credermi quando ti dico che non ne sapevo niente. Tuo padre mi disse che tu avevi voglia di disfarti della casa perché non volevi neanche più venderla e io ho accettato senza pormi troppe domande dal momento che mi fido della famiglia del mio migliore amico.”
“Dopo queste belle parole farcite di innocenza, cosa dovrei fare? Vuoi un applauso per la sincerità?”
Richard non si aspettava quella reazione e scosse la testa.
“Sono qui perché sono stato in banca e ho ti ho portato la documentazione relativa alla somma di denaro che la banca ha prestato a tuo padre.”
“E’ ovvio che la somma del prestito corrisponde al valore della casa, circa centocinquantamila dollari. Lo so perché ho richiesto una valutazione da parte di un perito.”
Theo, a qualche metro da loro, si accorse della calma che abitava il cuore dell’ospite e temette che ne sarebbe uscita una verità scomoda da quella chiacchierata. Richard consegnò ad Aranel una cartellina e le indicò una cifra in grassetto posta in alto a destra: duecentomila dollari.
“Come è possibile che ci abbia ricavato cinquantamila dollari in più? La banca se ne sarebbe dovuta accorgere.”
“Henry è il sindaco e neanche la banca si metterebbe contro di lui.”
Aranel studiò quella che a tutti sembrava la sua firma, doveva ammettere che era perfetta, di molto simile alla vera, se non fosse per un piccolo errore. Prese il taccuino, su sui appuntava i punti per scrivere gli articoli, e scrisse il suo nome. Accostò le due firme e, no, non era uguali affatto.
“Ecco, guarda. Che sai dirmi?”
Richard capì al volo cosa intendesse la ragazza: la vera firma riscontrava una ‘a’ più allungata e stretta, una stanghetta segnalava la ‘l’ e la ‘j’ si curvava di più verso l’interno rispetto a quella sui documenti.
“Avremmo dovuto fare un controllo più approfondito. Il fatto è che Greg…”
“Greg era credibile perché era il mio fidanzato e aveva l’appoggio di mio padre. Adesso non resta che scoprire a cosa serve quel prestito. Tu non ne sai assolutamente nulla? Aaron ti ha detto qualcosa?”
Theo individuò qualcosa di irregolare nel respiro di Richard, stava sudando, il suo odore era quello della paura. Di chi aveva paura? Del lupo mannaro? Lo conosceva?
“So che si è messo in un brutto guaio e che quel prestito lo avrebbe aiutato. Un pomeriggio sono arrivato prima e ho origliato una conversazione tra Henry e Aaron, stavano parlando di come disfarsi del problema. Ho un’ipotesi: potrebbe trattarsi di un bambino, il figlio di Aaron. Forse ha messo incinta una delle ragazze con cui spesso facciamo festa e i soldi erano destinati a lei e al bambino.”
Aranel non credeva che quei soldi fossero serviti a quello scopo, Aaron aveva trenta anni, era ricco, quindi non aveva nessun motivo per nascondere un bambino e richiedere una cifra del genere.
“E’ meglio che torni a casa, Richard. Il tempo sta peggiorando e noi qui abbiamo finito.”
Dopo che Richard se ne fu andato, Aranel e Theo si presero qualche momento per fare colazione.
“Aaron è coinvolto.” Esordì la ragazza bevendo il suo thè verde. Theo annuì, ormai era chiaro che tutto girasse attorno a quei soldi.
“Richard era davvero spaventato quando gli hai chiesto di Aaron. Sa più di quello che ammette.”
“Me ne sono accorta, però non possiamo insistere. Temo che il licantropo potrebbe essere sulle sue tracce.”
Theo ripose i bicchieri nel lavandino e le diede un bacio sulla fronte.
“Sta tranquilla, stellina, vedrai che prenderemo il cattivone.”
“Abbiamo scarse possibilità se tutto ciò di cui disponiamo sei tu!” gli fece Aranel ridendo di gusto.
“Come osi dubitare di una chimera? Pagherai per questo!”
Aranel gli sfuggì solo per poco, poi lui riuscì ad agguantarla per i fianchi e la bloccò al muro. La baciò con ardore, come se dipendesse l’universo da quel contatto, mentre le loro dita si incastravano alla perfezione.
“Non puoi sfuggirmi, stellina. Ti troverò sempre.”
Questa volta fu lei a protrarsi per regalargli un tenero bacio, era sempre tanto accorta e delicata.
“Non voglio sfuggirti, io voglio essere trovata da te.”
 
 
Il monolocale in cui abitava Theo era piuttosto in ordine, i pochi mobili erano spogli, nessuna foto e nessun souvenir, le pareti verdine erano vuote, la fodera a colori del divano ravvivava l’ambiente. Aranel aspettava che il ragazzo si preparasse per andare insieme in centro, da lì poi si sarebbero separati. L’acqua della doccia era attutita dalla porta semi-chiusa del bagno e lui stava fischiettando. Sembrava una persona normale, con un passato regolare, con una vita tranquilla, ma dietro quel velo si nascondeva tutt’altra storia. Aranel, seduta sull’unica sedia di tutta la casa, provava un senso di felicità che le pervadeva il corpo, e sapeva che il merito era di quella nottata fantastica che aveva passato facendosi amare senza restrizioni. Quando Theo si parò davanti a lei con un asciugamano a cingergli la vita, distolse lo sguardo arrossendo.
“Ti vergogni? Fino a quaranta minuti fa ero nudo nel tuo letto.” Il tono divertito di lui non aiutava Aranel a far scemare l’imbarazzo.
“Ne sono consapevole, era impossibile non notarti.”
“So di essere divino tra le lenzuola.”
“Oh, ma taci.”
Aranel si alzò sistemandosi la gonna e si versò un bicchiere d’acqua, probabilmente voleva mettere fine a quello scambio di battute. Theo, però, ne approfittò per darle una pacca sul sedere e le stampò un bacio sulla guancia. La ragazza rimase interdetta e maledì quel lieve rossore che le affluiva sulle gote.
“Dobbiamo per forza uscire oggi? Io propongo di restarcene in casa, chiusi in camera da letto, a sfogare un mese di inibizioni.”
Aranel si appoggiò contro il tavolo e incrociò le braccia, poi gli sorrise facendo spallucce.
“Bob mi ammazza se non ti presenti al lavoro e io devo incontrare Malia e Lydia. Siamo impegnati, Raeken.”
“Io riuscirei a tenerti impegnata molto più a lungo. Hai testato la mia resistenza ieri notte e stamattina.”
Lei, ridendo, gli circondò il collo con le braccia e lo fissò dritto negli occhi, mentre Theo faceva correre le mani verso il suo fondoschiena. Erano quelli i piccoli gesti che non aveva mai condiviso con Greg, era quello il tipo di fiamma che non aveva mai provato e che soltanto ora stava scoprendo.
“Abbiamo tempo per sfogare le inibizioni, ma per adesso dovrai accontentarti. Ci possiamo vedere stasera a casa mia, se ti va.”
“Sono soltanto le otto meno un quarto e io inizio il turno alle otto e mezza, perciò abbiamo tempo.” Disse Theo, la fece sedere sul tavolo e si posizionò tra le sue gambe. Aranel alzò gli occhi al cielo sorridendo, non avrebbe resistito ancora per molto. Avvertì le dita del ragazzo insinuarsi sotto la gonna per accarezzarle l’interno coscia, i brividi si erano già trasmessi in tutto il corpo, e poi le loro labbra si unirono in un bacio che di casto non aveva nulla. Theo le sbottonò la camicetta color magenta, le baciò avidamente il collo senza lasciare segni, e continuò a disseminare baci qua e là.
“Non ne hai mai abbastanza.” Annaspò Aranel tra una carezza e un’altra, irretita dalle mani di lui che la toccavano dappertutto. Il ragazzo sorrise contro la sua pelle e riportò la bocca sulla sua. Ansimavano tra un bacio e l’altro, l’elettricità era al massimo, stavano divampando come le fiamme.
“No, stellina, ne voglio di più. Ti voglio sempre di più.”
Si spostarono sul divano e si liberarono in fretta di qualsiasi barriera, continuarono a coinvolgersi in quell’intreccio di seduzione sempre più intricato. Avevano voglia di perdere il controllo di nuovo, di lasciare che fosse l’istinto a prevalere, avevano il bisogno di mettere a tacere il mondo per un istante.
Trenta minuti dopo, Aranel si stava chiudendo la zip della gonna e Theo si stava infilando una maglietta. Erano in perfetto orario. Il divano era un disastro, era sfatto, i cuscini erano riversati sul pavimento e loro erano ancora distratti da ciò che avevano fatto. Aranel si controllò allo specchio e tentò di assumere un’espressione che non facesse intendere alle sue amiche che cosa avesse combinato.
“E’ inutile che cerchi di mascherarlo, l’odore non mente.” Esordì Theo, sorridendo alla vista di Aranel ancora in subbuglio.
“In che senso l’odore non mente?”
“C’è odore di eccitazione ovunque, stellina, e quello non puoi nasconderlo ad un coyote. Malia se ne accorgerà comunque.”
Aranel si passò una mano sulla fronte, era stata una pessima idea cedere prima di andare a fare shopping con un essere dai sensi sviluppati, ma non poteva trattenersi se riguardava Theo.
“Mi inventerò qualcosa. Andiamo o faremo tardi.”
 
 
 
La piazza principale di Beacon Hills era gremita di agenti della polizia e di cittadini, visi severi e sconvolti, attenti e agitati. Aranel non capì subito cosa stesse succedendo, stava pensando al bacio che Theo le aveva dato prima di lasciarla per andare a lavorare e il suo umore era buono. Poi un gelo le punse il cuore e deglutì, qualcosa non stava andando per il verso giusto. Alcune persone sorreggevano dei manifesti ma era impossibile vederli da dietro, gridavano ‘ingiustizia’, ‘dovete ritrovarlo’, ‘è morto?’, ‘no, può essere ancora vivo’. Un’auto nera dai finestrini oscurati accostò per pochi secondi prima di dirigersi verso la centrale.
“Aranel!”
Malia e Lydia la raggiunsero dal bar in cui si erano date appuntamento e sulle loro facce era dipinta la preoccupazione.
“Che sta succedendo?”
“Richard Bettencourt è sparito. Nessuno lo vede da ieri sera.” Le riferì Lydia, i grandi occhi puntati sulla folla che inveiva, le mani strette attorno alla borsa.
Qualcuno picchiettò sulla spalla di Aranel: era Chad, colui che sostituiva lo sceriffo Stilinski.
“Lei è Aranel Jones?”
“S-sì, sono io. Le serve qualcosa?”
“Deve seguirci in centrale, signorina Jones.”
Malia scattò in avanti stringendo la mano di Aranel con fare protettivo, era sul punto di azzannare l’uomo robusto che manteneva una postura autoritaria.
“Perché deve venire con voi?”
“Perché è la principale sospettata nella scomparsa di Richard Bettencourt.”
 
 
 
Salve a tutti! :)
Pensavamo che le cose andassero bene per la coppietta e invece Richard è scomparso. Che cosa sarà successo? E’ vivo o è morto?
Fatemi sapere cosa ne pensate.
Alla prossima.
Un bacio.
 
Ps. Perdonate eventuali errori di battitura.
 
 
 

 

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Capitolo 8
*** Nella tana del lupo. ***


NELLA TANA DEL LUPO.

“Siamo così intrappolati che qualsiasi via d’uscita è solo un’altra parte della trappola.”
(Chuck Palahniuk)
 
 
Aranel era esausta. Restare chiusa in sala interrogatori per due ore le aveva causato un terribile mal di testa e aveva peggiorato il suo già delicato umore. Le fu sequestrata la borsa, l’orologio, gli anelli e gli orecchini, e l’avevano anche perquisita quando l’avevano portata in centrale. Non capiva cosa collegasse lei alla scomparsa di Richard. Era stata proprio lei a dirgli di tornare a casa prima che il maltempo imperversasse, e si chiese se avessero fatto le ricerche giuste. Nessuno sapeva che lei e Richard avevano scoperto dei documenti falsi e del prestito, eccetto tutte le altre persone coinvolte quali Henry, Aaron, Hannah e Greg. Che uno di loro avesse denunciato Aranel? A quel punto poteva essere così, tutti erano invischiati in quella faccenda e tutti avevano qualcosa da perdere se fosse venuta alla luce la verità. Un’altra cosa non era chiara: il sostituto sceriffo Chad sembrava essersi accanito contro di lei come se fosse già sicuro della sua colpevolezza. Ciò fece temere ad Aranel che qualcuno la stesse incastrando. La porta si spalancò con un colpo secco e Chad entrò accompagnato da un omuncolo basso e magro. I due uomini si sedettero di fronte a lei e si lanciarono un’occhiata prima di cominciare. Fu l’omuncolo, agente Parker, a porle le prime domande.
“Iniziamo dalle basi. Ci dica lei chi è, quanti anni ha, quando e dove è nata, quale impiego svolge e dove abita.”
Aranel, gambe accavallate e braccia incrociate, sfoderò uno sguardo altero e si fece coraggio.
“Mi chiamo Aranel Marie Jones, ho ventisei anni, sono nata a Beacon Hills il ventotto maggio, lavoro come giornalista e abito a New York.”
“Perché ha lasciato Beacon Hills?”
“Ho lasciato Beacon Hills all’età di sedici anni insieme a mia madre dopo il divorzio dei miei.”
“Perché è tornata?”
“Sono tornata per vendere la casa dei miei genitori e per rivedere i miei amici.”
Chad la studiò attentamente, stava cercando un modo per far crepare quella maschera di indifferenza che la ragazza ostentata senza tentennamenti.
“Ci dica in quali rapporti era con Richard Bettencourt.”
“Ho incontrato il signor Bettencourt per la prima volta due giorni fa. Mi sono recata a casa di mio padre perché avevo bisogno di parlargli ma lui non c’era, così ho chiesto a Richard, che si trovava in casa dopo avervi trascorso la notte, di riferire ad Aaron che ero passata. L’ho rivisto la sera stessa al ballo di inizio estate, mi ha invitata a ballare, poi sono andata via.”
Aranel non disse nulla riguardo alla visita che aveva ricevuto quella mattina per capire fino a che punto avessero portato le indagini. Chad annuì battendo l’indice sul tavolo, poi tornò a guardare Aranel con severità.
“Bettencourt l’ha invitata a ballare perché tra di voi c’è qualche tipo di relazione?”
“Mi ha invitata a ballare perché sono la sorellastra del suo migliore amico. Al ballo ero accompagnata da amici.”
“Chi sono questi amici?”
“Scott McCall e Malia Hale. Troverete i loro nomi sulla lista.”
“E il suo nome è sulla lista?”
“No.”
“E’ quello del suo accompagnatore?”
“Neanche.”
“Allora perché era al ballo senza essere stata invitata? Stava pedinando il signor Bettencourt?”
Aranel si mise più comoda sulla sedia perché era sicura che le cose sarebbero andate per le lunghe. Stavano facendo pressione su dettagli che al fine delle indagini non erano necessari.
“Ero al ballo solo perché avevo voglia di indossare un bel vestito e godermi una serata tranquilla con i miei amici. Sono la figlia del sindaco, non ho avuto problemi con l’invito. Non ero lì per pedinare Bettencourt, le ho già detto che lo conoscevo da poche ore.”
“Chi era il suo accompagnatore?”
“Un amico.”
“Ci dica il suo nome e faremo dei controlli.”
La situazione stava precipitando, la stavano mettendo con le spalle al muro per farla confessare, ma Aranel non aveva nulla da dire. Si limitò a mantenere un’espressione glaciale, la schiena dritta, le labbra serrate.
“Il mio accompagnatore è irrilevante. Non conosce Bettencourt.”
Insistere a chiamare Richard per cognome era una strategia per mettere se stessa e lui su piani diversi, come fossero conoscenti e non avessero nulla da spartire. Un’agente bussò e fu Chad ad aprire, ritirò una cartellina color caffè e tornò al suo posto. Sbirciò una serie di foto e di fogli che lo fecero sorridere, stesso effetto fecero sortire su Parker. Chad allungò le foto sul tavolo e ne indicò un paio: la prima ritraeva Aranel e Theo mentre entravano nella sala dove si teneva il ballo, la seconda li ritraeva mentre si baciavano in giardino.
“Theodor Raeken era il suo accompagnatore. Sa, signorina Jones, girano diverse voci su voi due.”
“Come le ha avute? Dovrei sporgere denuncia contro chi ha fatto queste foto perché ha invaso la mia privacy! La mia vita privata non è capo d’accusa, pertanto non le devo spiegazioni.”
Aranel aveva tentato di escludere Theo da quella storia ma ogni tentativo era fallito, adesso le ipotesi che lo sceriffo poteva formulare rischiavano di farli risultare colpevoli.
“Molte persone vi hanno visto in atteggiamenti particolarmente intimi al bar, in atelier, per strada, e ieri sera siete andati via insieme.” Fece Parker, gli occhiali tondi che gli scivolavano sul naso, le dita magre a giocare con la fede. Aranel provò pietà per la donna che aveva deciso di sposare quell’idiota.
“Non vedo come possano esservi d’aiuto i miei legami con il signor Raeken. E’ vero che ci frequentiamo, però la legge non lo considera un reato. Fate le domande giuste.”
“Lei mi sta dicendo la verità? Io sospetto che lei e Richard avete una tresca e che magari Raeken non l’abbia presa bene.”
Quelle insinuazioni avevano una logica contorta, avrebbero spiegato l’accaduto e avrebbero chiuso in fretta il caso, però ad essere puniti sarebbero stati due innocenti.
“Io e il signor Raeken non stiamo insieme e lui non ha ragione di essere geloso. Le ripeto che tra me e Bettencourt non c’erano legami se non un giro di ballo.”
Chad ripose le foto, fece cenno al collega e insieme uscirono in corridoio.
“Chiami il suo avvocato, signorina. Ne avrà bisogno.”
Un altro agente la scortò al piano terra per fare la chiamata che veniva concessa a tutti, e lei chiamò il vecchio avvocato di famiglia.
“Qui è l’avvocato Michael Ross.”
“Signor Ross, sono Aranel Jones. Ho bisogno del suo aiuto.”
“Aranel! Cosa sta succedendo? Sei tornata in città? Dimmi dove ti trovi.”
“Mi stanno trattenendo alla centrale di polizia per la scomparsa di Richard Bettencourt, credono che io sia coinvolta. Io non la sto chiamando per aiutare me, la chiamo perché voglio che lei difenda Theodor Raeken. Sono certa che a breve lo porteranno qui come informato sui fatti.”
 
 
 
“Allora, cominciamo dall’inizio. Ci dica lei chi è, quanti anni ha, quando e dove è nato, quale impiego svolge e dove abita.”
“Mi chiamo Theodor Karl Raeken, ho ventisei anni, sono nato a Beacon Hills il quindici aprile, sono l’assistente del meccanico Bob e abito a Beacon Hills.”
Theo era stato prelevato dall’officina dallo sceriffo Chad perché Richard era disperso. Alla centrale aveva annusato l’odore di Aranel e sapeva che lei doveva trovarsi nella sala interrogatori accanto a quella in cui era lui.
“Conosce Richard Bettencourt?”
“Soltanto di nome, non ho mai parlato con lui.”
“Sappiamo che ieri sera ha accompagnato Aranel Jones al ballo di inizio estate presso la villa di Alexandra Bettencourt. Come si è svolta la serata?”
Chad era troppo sospettoso, voleva trovare in poche mosse il colpevole e farsi bello agli occhi della famiglia più ricca della città. Theo, però, era più furbo e giocò al meglio le sue carte.
“Aranel mi ha chiesto di accompagnarla e ho accettato, non avevo l’invito ma ero sicuro che nessuno avrebbe cacciato la figlia del sindaco. Abbiamo sorseggiato champagne, abbiamo ballato e siamo andati via verso mezzanotte.”
“Non sa per quale motivo la signorina volesse prendere parte al ballo? In fondo, non era stata neanche invitata e questo significa che forse era poco gradita la sua presenza. Chissà, forse aveva tentato di avvicinarsi alla vittima in modo insistente.”
“Aranel ha conosciuto Richard l’altro ieri per la prima volta, neanche aveva idea che fosse il migliore amico del suo fratellastro. Non aveva l’invito perché ha lasciato la città anni fa. Non è una stalker!”
Chad si rilassò sulla sedia, la faccia scura, gli occhi verdi adombrati. Quell’interrogatorio era un vicolo cieco.
“La signorina Jones ha avuto contatti con Bettencourt?”
“Sì, lui l’ha invitata a ballare dicendole che era un peccato che Aaron non li avesse presentati per bene. I loro contatti si sono limitati ad un valzer.”
Theo aveva studiato a tavolino quell’interrogatorio grazie a Michael Ross, l’avvocato a cui Aranel aveva chiesto di difenderlo in caso di accuse, e imprecò mentalmente sapendola da sola e senza nessuna copertura. Chad gli mostrò delle foto che catturavano lui e Aranel al bar, fuori dall’atelier, in officina, e infine al ballo.
“Lei e la Jones state insieme?”
“Ci stiamo frequentando, ma nulla di serio. Non dovrebbe preoccuparsi del fatto che qualcuno in città passi il tempo a fotografarci? E ha pensato che questo qualcuno stia cercando di far ricadere ingiustamente la colpa su di noi?”
Era ormai palese che qualcuno li avesse seguiti per poterli incastrare, forse era stato proprio il neo-mannaro ad architettare quella trappola per toglierseli dai piedi.
“Senta, Raeken, lei è un tipo geloso?”
Ecco, era giunto il momento di sguainare tutte le armi a disposizione. Theo sorrise scuotendo la testa.
“Lei crede che si tratti di un delitto passionale, vero? Crede che io abbia ucciso Richard perché faceva la corte ad Aranel. Oh, come si sbaglia! Richard non ci ha mai provato con lei e, anche se lo avesse fatto, io non ne sarei stato geloso perché io e Aranel non siamo innamorati.”
Una smorfia di sorpresa infranse la facciata sicura di Chad, il suo cuore aumentò i battiti e alcune gocce di sudore gli impregnavano la fronte.
“Allora mi corregga lei. La signorina Jones non collabora molto.”
“Io non so dove sia Richard e non sono responsabile della sua scomparsa. Io e Aranel abbiamo trascorso la nottata insieme e ci siamo salutati stamattina alle otto e mezza. Richard era ancora vivo quando abbiamo lasciato la festa.”
“Cosa le fa credere che sia morto e non solo scomparso?”
Theo si chinò sul tavolo e si avvicinò quanto più poté a Chad, doveva dimostrargli di non avere paura di lui.
“E’ lei che me lo fa credere, sceriffo. La sua fretta nel voler cercare un colpevole mi fa credere che Richard sia già morto. Avere contro la famiglia Bettencourt non è un bene per nessuno.”
“Sa una cosa, Raeken? Io l’ho vista la signorina Jones, è bella, ha personalità, e immagino che a lei una sola scopata non sia bastata. Dico bene?”
Theo dovette reprimere la furia della chimera che si dibatteva in lui e fu costretto a ridere per mascherare la rabbia.
“Non so per quale motivo stiate accusando me e Aranel, ma il problema è che state perdendo tempo mentre il vero colpevole è già lontano. Senta, Richard è ricco e questo fa di lui un bersaglio che chiunque può prendere di mira. Noi non abbiamo nessun motivo per fargli del male.”
 
 
 
“Sappiamo che Bettencourt stamani è venuto a casa sua per una questione urgente, perciò le conviene spiegarmi il motivo altrimenti la sbatto in cella!” urlò Chad contro Aranel, che sussultò per lo spavento.
“Okay, glielo dico. Mio padre e il mio ex fidanzato hanno falsificato la mia firma per ipotecare la casa di mia proprietà per richiedere un prestito. Richard è venuto a casa mia per raccontarmi che aveva scoperto l’inganno e che aveva intenzione di essere il mio legale al processo. Che motivo avevo di fargli del male?”
Aranel sorvolò sul fatto che anche Richard fosse parte di quella truffa, sebbene ne fosse inconsapevole, per evitare che Chad pensasse che lei lo avesse ucciso per vendicarsi del torto. Dire che lui era il suo avvocato le sembrava l’unico modo per aiutare Theo a uscirne indenne. Chad era sbigottito, le sue ipotesi erano appena state smontate.
“Cambia tutto ora. Chi altri era immischiato nella truffa? E come lo ha scoperto Bettencourt?”
“Ha origliato una conversazione tra mio padre e il mio fratellastro, poi alla festa mi ha detto che sarebbe venuto da me per una questione della massima urgenza. Sono coinvolti Henry Jones, Cindy Green, Aaron e Hannah White, e Gregory Mitchell. Avrei sporto denuncia stamattina insieme a Richard.”
“A che ora ha lasciato la sua abitazione?”
“E’ andato via intorno alle sette e venti. Raeken glielo può confermare. Non siamo stati noi, sceriffo. Non c’è movente da parte mia.”
“Uno di quelli che hanno organizzato la truffa potrebbe essere il nostro uomo.”
 
 
 
Erano le otto di sera quando ad Aranel e a Theo furono restituiti gli effetti personali e i documenti. Chad e Parker si erano scusati con loro e avevano promesso che quell’incidente non sarebbe stato neanche segnato a verbale. Restava il fatto che l’intera città era alla ricerca di Richard, persino Scott e il branco si erano messi sulle sue tracce.
“Come stai?” le chiese Theo mentre si allontanavano dalla centrale.
“Sopravvivrò. Sono davvero preoccupata per Richard. Dobbiamo ritenere che il mannaro lo abbia preso perché ha scoperto la sua identità.”
“A quest’ora sarà già morto se tu hai ragione. E’ più vicino di quanto pensassimo, può essere Aaron o tuo padre dato che sono loro ad avere più contatto con Richard.”
La stessa Mercedes dai vetri oscurati che la mattina si era diretta in centrale accostò e dalla portiera uscì Alexandra Bettencourt, i capelli grigi raccolti in una crocchia, l’impermeabile nero a coprirle le spalle, il bastone nero lucido che batteva sul marciapiede mentre camminava. Aranel istintivamente si strinse al braccio di Theo.
“Ragazzi, buonasera. Non temete, non sono qui con cattive intenzione.”
“Madama Bettencourt, ha bisogno di qualcosa?” le chiese Theo con una certa riverenza. La luce dei lampioni rendeva la donna più vecchia di quanto non fosse.
“Io ho detto allo sceriffo di Chad di interrogarvi. Ho ricevuto una chiamata anonima alle prime luci e mi è stato riferito che voi due eravate coinvolti in un brutto affare con Richard, inoltre nella cassetta della posta sono state imbucate le foto che ho consegnato alla polizia. Mi è stato detto che il movente era l’ipoteca sulla casa della signorina Jones e che il suo amante avrebbe fatto di tutto per aiutarla a vendicarsi.”
“Senta, signora, può sembrare ridicolo che il nostro alibi  sia lo stesso perché siamo stati insieme tutta la notte e buona parte di stamattina, ma le posso giurare che non abbiamo fatto del male a suo nipote. La storia sull’ipoteca è vera, Richard è venuto da me per dirmi tutto e si è proposto come mio legale in caso avessi voluto denunciare la truffa, quindi non avevamo motivo di rapirlo.” La voce di Aranel si era incrinata, era stanca, affamata, e tutte quelle accuse ingiuste pesavano come macigni.
“Lo so che non siete stati voi, ragazzi. Ho trovato il taccuino di Richard con alcuni appunti e ho avvisato Chad. Sono qui per porgere le mie scuse. Siete stati trattati in modo ingiusto e mi pento di esserne l’artefice.”
“La ringraziamo, Madama Bettencourt. E ci auguriamo che ritrovi suo nipote illeso.” La gentilezza di Theo era inusuale, però capiva che era meglio fingere cordialità che mostrarsi ostile. Alexandra accarezzò le mani unite dei ragazzi e sorrise mestamente, le rughe del viso le gravavano anche sul cuore in quella notte di panico.
“Qualcuno ha cercato di far ricadere la colpa su voi due, perciò state attenti. Buona fortuna.”
Così dicendo la signora Bettencourt rientrò in auto e si allontanò velocemente. Quell’avvertimento era serio, qualcuno si stava muovendo per coprire i propri misfatti e incolpare Aranel e Theo. La domanda era una: chi?
“Non sarei mai dovuta tornare.” Mormorò Aranel, lo sguardo afflitto e un senso di vuoto allo stomaco.
“Non lo dire neanche per scherzo! E’ stata una fortuna che tu sia tornata. Io sono stato fortunato.”
Theo le baciò a stampo le labbra e l’abbracciò. Aranel si sentì stranamente al sicuro, come se nulla potesse scalfirla, come se fosse invincibile tra quelle braccia.
 
 
 
Stravaccarsi sul divano di casa fu una gioia immensa. Theo aveva cercato in tutti i modi di restare da lei, ma Aranel lo aveva cacciato dopo un bacio in veranda. Aveva bisogno di stare da sola e riprendere fiato. Il suo cellulare registrava venti chiamate perse di Greg, sette di suo padre e due messaggi in segreteria di Stiles. Per evitare una ramanzina da parte di Stiles, Aranel preferì chiamare Scott.
“Aranel! Ti hanno lasciata andare?”
“Non avevano prove contro me e Theo, quindi siamo tornati a casa. Voi avete trovato qualcosa?”
“Abbiamo perlustrato il bosco e abbiamo trovato l’orologio di Richard. Il lupo ha imparato ha nascondere il proprio odore ma non quello del sangue altrui, adesso stiamo seguendo l’odore di Richard e penso che siamo vicini. Tu chiuditi in casa e resta al sicuro, ci aggiorniamo domani.”
“Mandatemi un messaggio quando e se lo trovate. Buona caccia!”
Aranel si era convinta che il lupo fosse uno dei suoi familiari, o era suo padre o era Aaron. La scomparsa di Richard stava agitando le acque e uno dei due avrebbe sicuramente commesso un errore permettendo a Scott e al branco di beccarlo. Quando il campanello suono ripetute volte, Aranel fu invasa dal terrore. Era impossibile che fossero i suoi amici o Theo, perciò poteva trattarsi di qualcuno intenzionato a farle del male. Sbirciò dalla finestra e si rilassò riconoscendo la figura slanciata di Aaron. Andò di corsa ad aprire la porta e lo invitò ad entrare.
“Aaron, va tutto bene? Perché non sei con gli altri a cercare Richard?”
Aaron se ne stava in silenzio, gli occhi puntati a terra, i capelli ricci gli ricadevano sul viso, le mani erano sporche di terra e sangue.
“I-Io non l’ho ucciso. Non sono stato. Io non volevo!” gridò il ragazzo tra i singhiozzi.
“Va tutto bene adesso, stai tranquillo. Spiegami che cosa sta succedo. Richard sta bene?”
Senza replicare, Aaron le artigliò il polso, premette con forza e glielo spezzò. Aranel lanciò un urlo di dolore terrificante. Cadde in ginocchio sul pavimento, il polso floscio come un fiore secco, e l’ombra di Aaron su di lei.
“Lui non doveva raccontare quelle cose! Doveva stare zitto!”
Aranel a fatica si alzò e tentò la fuga, però Aaron la strattonò contro la parete causandole di sicuro una commozione celebrale. Il dolore le annebbiava la vista, il sangue in bocca le provocava la nausea e cominciava a temere che sarebbe morta.
“Ti prego, basta. Aaron!”
Le suppliche non servivano, Aaron sembrava una bestia, gli occhi iniettati di sangue, le labbra contorte in una smorfia crudele e le dita sudice che la trascinavano verso il soggiorno. Ricordò di uno spray alle erbe che Kabir, fidanzato di sua madre e erborista di professione, le aveva consigliato di spruzzare negli occhi di un eventuale malintenzionato; funzionava come lo spray al peperoncino, però era più letale. Si divincolò dalla presa ferrea di Aaron pestandogli un piede col tacco dei sandali, poi gli tirò una gomitata in faccia e zoppicò verso l’appendiabiti all’ingresso. Frugò nella borsa e trovò il flaconcino, ispezionò il salotto ma del ragazzo non v’era traccia. Non si udiva alcun rumore, la lampada sullo scrittoio era esplosa in una miriade di schegge e l’intera casa versava nel buio. Aranel si accasciò in un angolo e iniziò a respirare per riprendere lucidità, per il momento il polso non le faceva male e non si era resa conto del taglio al ginocchio che sanguinava. Puntava solo ad uscirne viva. La suoneria del suo cellulare spezzò il silenzio e lei pensò di poter arrivare in cucina per rispondere. Si sollevò con cautela, tastando la parete per sorreggersi, mentre si guardava attorno quanto più poté in quella oscurità che appestava l’abitazione. Varcata la soglia della cucina, due mani possenti la risucchiarono sbattendola contro il tavolo.
“Aaron, smettila! Così mi ucciderai!”
Gli occhi di Aaron, rabbiosi e felini, scrutarono un viso tondo, macchiato di trucco e di sangue, ma non lo riconobbero. Non sapeva chi fosse quella ragazza ma sapeva che doveva attaccarla perché così gli era stato ordinato. Si chinò sul corpo tremante della sua vittima, le afferrò i capelli per la coda di cavallo e l’avvicinò al proprio viso. Aranel colse l’occasione per spruzzargli l’estratto di ortica dritto in faccia, al che Aaron ricadde a terra intontito. Lei si alzò, lo colpì con una padella e lo tramortì per qualche istante. Raccolse il cellulare dal pavimento e si gettò in strada. Barcollò fino alla casa più vicina, quella dei Prince, e bussò e suonò il campanello con quel briciolo di forza che le restava. Quando nessuno le aprì, fu costretta a rimettersi in cammino per sfuggire ad Aaron. Compose il numero della centrale e ricevette risposta entro pochi secondi.
“Ufficio del sostituto sceriffo Chad.”
“S-so-no Ara-anel, mi a-aiut-ti.”
“Signorina Jones, stia calma e cerchi di dirmi dove si trova.”
Aranel sbatté le palpebre più volte, la vista era ancora sfocata, la testa le girava, però riuscì ad intravedere l’insegna di una libreria.
“Ehm… mi t-trovo nei pressi del-la libr-reria King.”
“Tenga duro, Aranel. Sto arrivando.”
 
 
 
Theo non era mai stato così in ansia per qualcuno, ma l’agitazione lo stava sbranando da quando Liam lo aveva chiamato dicendogli che Aranel era stata aggredita. Arrivò in ospedale nel giro di sette minuti tra limiti di velocità non rispettati e semafori rossi ignorati. Melissa gli andò in contro con un mezzo sorriso.
“La trovi nella stanza 102.” Gli disse brevemente, dal momento che il ragazzo era bianco di paura.
“Aranel!”
La ragazza scoppiò in lacrime nel vederlo lì, avvolta da una coperta e con diversi cerotti sul viso. Una fasciatura le era stata applicata al polso. La strinse in un abbraccio con l’intenzione di consolarla, lasciando che si sfogasse contro il suo petto mentre le lacrime e il mascara gli imbrattavano la maglietta.
“Ssh, stellina. Va tutto bene. Adesso ci sono io con te.”
Una ventina di minuti dopo si precipitarono tutti in ospedale, Scott e Malia, Stiles e Lydia, Liam e Mason, e infine anche lo sceriffo Chad e l’agente Parker andarono a farle visite. Soltanto dopo numerosi accertamenti e suppliche, ad Aranel fu concesso di tornare a casa. Per quella notte fu ospitata da Theo.


Salve a tutti! :)
Qualcosa comincia a venire fuori. Povera Aranel, adesso anche la sua famiglia le volta le spalle.
Per fortuna ci sono i suoi amici.
Fatemi sapere cosa ne pensate.
Alla prossima.
Un bacio.

ps. perdonate eventuali errori di battitura.

 

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Capitolo 9
*** 164J ***


164J.
 “Si può scegliere tra una bugia che fa vivere e una verità che fa morire.”
(Tobias Gruterich)
 
 
Cadde in ginocchio sul pavimento, il polso floscio come un fiore secco, e l’ombra di Aaron su di lei.
Aranel balzò giù dal materasso coprendosi il viso con le braccia come a volersi difendere, si accucciò a terra e cominciò a tremare. Theo, che stava versando il caffè nelle tazze, si precipitò da lei e l’abbracciò.
“Stellina, calmati, sono soltanto io.”
“T-theo?” balbettò lei, poi alzò gli occhi su di lui e si asciugò alcune lacrime.
“Sono io. Va tutto bene. Niente e nessuno può farti male in questo momento.”
Aranel, scrutando il monolocale, si accertò che ci fossero solo loro due prima di sedersi lentamente sul divano-letto. Indossava una sottoveste grigia e una felpa nera troppo larga per essere la sua, apparteneva sicuramente al ragazzo. La sera precedente era stata ospitata da Theo, ricordava di aver dormito praticamente incollata a lui, e di essersi svegliata almeno cinque volte in preda alla paura. Aaron era stato arrestato e Chad aveva promesso di torchiarlo fino a quando non avesse confessato tutto, ma questo non la tranquillizzava affatto. Quando chiudeva gli occhi, rivedeva il suo sguardo folle gridare odio e le sue mani ghermirla per ferirla. I medici si erano complimentati con lei per il coraggio che aveva dimostrato e per come si era valorosamente difesa, ma in cuor suo sapeva che il terrore era stato l’unica ancora di salvezza.
“Aranel, guardami. Che cosa ti spaventa?”
Aranel stava osservando un punto alle spalle di Theo, una porta a soffietto che lasciava intravedere quelle che potevano sembrare braccia. Theo, che aveva capito, le mostrò che si trattava solo un vecchio cavalletto lasciato dal proprietario e che lui aveva conservato.
“Scusa. Io devo sembrarti una pazza in questo momento.”
“Credimi, ne ho viste di peggiori. Non c’è nulla da temere quando sei con me.”
Theo le accarezzò la guancia e le depositò un bacio sulla fronte. Aveva percepito la sua paura e la sua ansia durante tutta la notte, e non sembrava che fossero scemate, così decise che era meglio distrarla.
“Ti va di fare colazione? C’è il caffè all’arancia e quei biscotti alla cannella che ti ho fatto assaggiare al bar.”
“Questo vuol dire che sei uscito lasciandomi da sola?” Aranel sbarrò gli occhi e si portò una mano sul petto, si sentiva sopraffatta dalla stessa angoscia del giorno prima.
“Ho chiesto a Scott di passare a casa tua a prendere dei vestiti e di ritirare la colazione che ho prenotato via telefono. Non ti ho lasciata da sola nemmeno un istante, stellina.”
Aranel ricadde sul materasso passandosi le dita tra i capelli, tutta quella situazione la stava sfiancando. Era avvezza a problemi facili da gestire, come il frigorifero che si guasta o la macchina che si ferma in mezzo alla strada, ma adesso si rendeva conto che quella monotonia di cui aveva sempre accusato la propria vita non era poi così male. Pensò di voler tornare indietro a quando era a New York, nel suo super attico, a bere il suo the, con le solite faccende da sbrigare, però anche quella dimensione l’aveva soffocata e costretta a passare l’estate a Beacon Hills.
“Scusami.”
“Aranel Jones, smettila di scusarti inutilmente altrimenti ti farò il solletico senza alcuna pietà!”
Aranel rise e strisciò sulle lenzuola per scostarsi dalle mani di Theo, eppure un peso asfissiante non le dava alcuna tregua. Si accorse di una fasciatura al polso e sembrò confusa.
“Che cosa mi è successo?”
“Quel bastardo ti ha rotto il polso e io  ho alleviato il dolore, però Melissa ha consigliato di tenerlo fasciato il più stretto possibile per una guarigione completa.”
Non ricordava quasi nulla dell’accaduto, come se un velo si stendesse sui ricordi più brutti. Ricordava a scatti il viso di Theo e le sue vene tinte di nero mentre cancellava il suo dolore.
“Ho fame.” Esordì dopo alcuni minuti di silenzio nei quali cercava di rimettere insieme i pezzi. Theo le tese una mano con un sorriso e lei l’accettò.
“Quei caffè aspettano soltanto noi, stellina.”
 
 
Dall’altra parte della città, Scott e il suo branco si erano dati appuntamento per cercare di mettere una fine a quella caccia.
“Dobbiamo trovare il lupo e fermarlo. Abbiamo vagato a vuoto negli ultimi due mesi ma è arrivato il momento di farla finta prima che qualcun altro si faccia male.”
“A proposito, come sta Aranel? Non risponde alle mie chiamate.” Disse Stiles, stravaccato sul divano, lo sguardo pensieroso e la mano di Lydia sulla spalla a mo’ di consolazione. Non parlava con Aranel da tempo ormai, avevano discusso perché non voleva che la sua migliore amica frequentasse quel reietto di Theo, perché voleva risparmiarle una grande delusione, però l’aveva soltanto allontanata.
“Ho sentito Theo poco fa e mi ha detto che Aranel sta bene, certo è spaventata, ma per il resto se la cava. La teoria che il lupo sia uno di quelli coinvolti nella questione dell’ipoteca è schiacciante.” Rispose Scott con risolutezza, mascherando l’ansia per l’aggressione della sua migliore amica.
“Aaron ha detto che Richard non avrebbe dovuto dire quelle cose e che non è stato lui ad ucciderlo. Si tratta forse di un complice?” intervenne Lydia.
A Liam venne in mente la conversazione telefonica che Aranel aveva avuto con Greg circa i documenti dell’ipoteca e gli sembrava strano che lui c’entrasse qualcosa.
“I complici potrebbero essere Henry Jones, Hannah, Aaron oppure Greg. Tutti hanno un motivo per mentire e per  uccidere Richard dopo che ha raccontato la verità.”
“Sono tutti coinvolti nella stessa misura.” Commentò Malia. Stiles sbirciò di nuovo la cartellina che aveva recuperato a casa di Aranel e notò qualcosa che poteva risultare importante: erano gli spostamenti bancari di suo padre, entrate e uscite, e tra questi spuntava un conto intestato a Oliver Blake.
“Ragazzi, il sindaco ha spostato cinquecento dollari sul conto di Oliver Blake, il fotografo incaricato di esaminare le due scene del crimine.”
“Oliver non ci ha detto di essere stato pagato dal sindaco per quelle foto.” Fece Mason, seduto tra Malia e Liam.
“Non ce lo ha detto perché il versamento era anonimo, quindi non sarebbe potuto risalire alla fonte. Questi sono documenti ufficiali che Chad ha richiesto alla banca, ecco perché sono tracciate tutte le sue mosse.”
“Chad ha mostrato delle foto a Theo e a Aranel, questo può significare che a Oliver è stato commissionato di seguirli e fotografarli proprio dal sindaco. Dopo che Aranel ha saputo da Richard che suo padre era immischiato, il sindaco potrebbe aver pensato di far ricadere la colpa su Theo affibbiandogli come movente la gelosia, dal momento che i due sono stati fotografati insieme in più occasioni.” Disse Lydia, le cui rotelle cominciavano ad ingranare man mano. Scott annuì e indicò col dito la cartella che Stile aveva poggiato sul tavolino.
“Accusando lo spasimante di Aranel avrebbe evitato uno scandalo e avrebbe difeso sua figlia al tempo stesso. In fondo, quel prestito serviva ad Aaron ed entrambi avrebbero pagato se la verità fosse venuta a galla.”
“Aspettate un attimo, non sappiamo perché Aaron avesse bisogno di quei soldi. E se fosse lui il lupo e il sindaco lo avesse coperto?” il dubbio di Malia aveva un senso e tutti convennero che trarre conclusioni affrettate era inutile.
“Faremo in questo modo: Liam e Mason, parlate con Oliver e chiedetegli di più su quelle foto; Malia e Lydia, voi perquisite la stanza di Aaron e lo studio del sindaco, tanto Cindy e Hannah sono in centrale; io e Stiles torniamo nel bosco e cerchiamo di seguire le tracce in modo diverso.”
 
 
Aranel si sentiva meglio adesso che era a stomaco pieno. Appollaiata all’angolo del divano, le braccia attorno alle gambe e il mento sulle ginocchia, aspettava che Theo chiudesse la chiamata con Scott.
“Allora, cosa hanno deciso di fare?”
“Forse hanno una pista e la stanno verificando. Io e Scott abbiamo pensato che è meglio portarti fuori città per un paio di giorni, giusto il tempo che scoprano qualcosa. So che tuo padre ogni anno affitta una casetta sul lago, che ne dici di andarci a rifugiare lì?”
“Io e te?”
Quella domanda sbigottì Theo perché si aspettava una reazione migliore.
“Se la cosa ti crea disagio, posso chiedere a Mason di farti compagnia.”
“Cosa? No! Non mi crea nessun disagio, volevo solo accertarmi che fossimo noi due da soli. Dico che è perfetto.” Il sorriso di Aranel era il primo che sfoggiava da due giorni e invogliò anche Theo a sorridere di rimando.
“Allora, che i preparativi abbiano inizio. Puoi fare la doccia senza alcun fretta perché io l’ho già fatta, gli asciugamani li trovi nel mobile accanto alla porta, e il bagnoschiuma è uno di quelli scadenti del supermercato.” Le spiegò il ragazzo mentre cercava la sua valigia. Quando avvertì l’incertezza di Aranel e la vide immobile sulla soglia del bagno, le lanciò un’occhiata interrogativa.
“Ehm, so che questa ti sembrerà una proposta bizzarra, ma non è che potresti venire con me?” la timidezza di Aranel le arrossò le guance, al che Theo si irrigidì.
“In che senso?”
“Oh, no, non in quel senso! Potresti restare fuori dalla porta? Lo so che non dovrei avere più paura, però mi sentirei più tranquilla.”
“Lo faccio volentieri, stellina.”
 
 
Bluish Lake, la schiera di casette di legno e pietra che ogni anno ospitava numerose persone, era sempre la stessa, e Aranel ebbe l’impressione che lì il tempo si fosse congelato. A fine luglio era quasi spoglia, eccetto per quelle poche famiglie che possedevano una casa da generazioni, e la strada principale era sgombra, così come lo erano i negozi e i bar. Theo parcheggiò di fronte al lotto ‘78’ e aiutò Aranel a scendere da vero gentiluomo.
“Sembra passata un’eternità.” Disse lei, perdendosi in miriadi di ricordi che la vedevano da bambina scorrazzare qua e là tra gli alberi. L’abitazione che i Jones affittavano da venti anni a questa parte si trovava a pochi metri dalla boscaglia e dal lago, la vista era senza dubbio mozzafiato e il gorgoglio dell’acqua era assai piacevole. Theo, che nel frattempo aveva scaricato le valige, infilò la chiave nella toppa e aprì la porta. L’arredamento consisteva in una cucina di modeste dimensioni, in un salottino di poltrone in vimini, e in una camera da letto molto piccola e accogliente. Era sera inoltrata, il lampadario proiettava una luce fioca, e i ricordi stavano riaffiorando prepotenti, così Aranel pensò che fosse meglio impegnare la mente in altre attività.
“Ti va di aiutarmi a preparare la cena?” propose al ragazzo che stava posando le buste della spesa sul lavandino.
“Se cucinare riesce a toglierti quell’espressione assorta dal viso, per me va bene.”
“Non devi stare qui se non vuoi.”
Theo, la schiena contro la cucina, scrollò le spalle e ridacchiò.
“Tu non hai proprio capito niente, Aranel. Io voglio stare esattamente qui con te, a prescindere da tutto. L’altra notte non è stata per caso, non era da una botta e via, e mi auguro che per te non sia stato solo un sfogo dopo aver rotto con Greg.”
Aranel aveva messo l’acqua a bollire e aveva impostato sul cellulare la ricetta da seguire, ma si interruppe a quelle parole. La sincerità con cui si esprimeva Theo la metteva a disagio, quel suo essere diretto la metteva con le spalle al muro obbligandola a esternare sentimenti che le facevano paura. Iniziò a giocare nervosamente con un lembo di fasciatura fino a quando si sciolse ricadendo a terra.
“Non è stato uno sfogo. Tra me e Greg le cose non sono mai andate bene, lui appartiene all’elite di New York e io sono stata catapultata nel suo mondo senza poter reagire. E’ sempre stata una storia morta, senza coinvolgimento emotivo né fisico. Io la desideravo quella notte con te.”
“E’ solo una storia estiva per te?” Theo era stranamente serio, la tensione che stava provando in quel momento lo stava uccidendo; no, lui non voleva essere soltanto una storiella. Arane spense l’acqua e lasciò perdere la cena, adesso c’erano altre cose da affrontare.
“Me lo chiedi prima che i miei amici mi tengano lontana da te?”
“Te lo chiedo prima che io mi innamori di te.”
Theo non pensava che avrebbe mai ammesso determinati sentimenti, soprattutto alla migliore amica di Scott e Stiles, però non poteva evitare la verità ancora per molto. Aranel vedeva il meglio di lui e sapeva sfruttarlo, riusciva a fare emergere il vero Theo, quello non contaminato dai Dread Doctors, ma quel Theo che a nove anni era impaurito. Aranel era il tocco di luce che si faceva strada nelle tenebre della sua vita e lo ammansivano, lo guidavano, lo redimevano.
“Theo…”
“Non dire nulla. Mi dispiace di avertelo detto.”
Prima che Theo uscisse in veranda, Aranel pronunciò quelle parole che riaccesero la speranza in lui.
“Io mi sto già innamorando di te, Theo!”
 
 
Tutti gli indizi che il branco aveva raccolto convergevano in un singolo indirizzo: 164J, che secondo le coordinate si trattava di un deposito abbandonato fuori città. Oliver Blake aveva riferito a Liam e a Mason di aver consegnato le foto a quell’indirizzo; Lydia e Malia nella scrivania del sindaco avevano trovato numerosi scontrini che attestavano l’acquisto di candeggina e altri disinfettanti; Scott e Stiles avevano seguito alcune tracce fino alla strada che portava al deposito. Era lì che si nascondeva il lupo.
“Ho appena scoperto a cosa serviva quel prestito!” esclamò Stile raggiungendo gli altri in salotto. Scott scattò sull’attenti e lo invitò a parlare.
“Allora?”
“Due settimane fa hanno arrestato un falsario di carte di identità e passaporti, però ieri hanno iniziato ad archiviare le prove, e tra i clienti sono saltati fuori in nomi di Henry, Cindy, Hannah e Aaron. Una parte dei soldi serviva a pagare il falsario e l’altra per rifarsi una vita chissà dove. Sono loro quattro gli artefici di tutti: uno è il lupo e gli altri lo coprono.”
“Cosa c’entrano il deposito e tutta quella candeggina?” fece Malia.
“Credo che stiamo per saperlo.”
 
Aranel sorrideva genuinamente mentre guardava per la centesima volta Mary Poppins in TV. Sin da bambina aveva desiderato che una tata magica capitasse in casa sua e che aiutasse la sua famiglia a ricucire i rapporti, ma per anni si era illusa invano. Theo non riusciva a staccare gli occhi da lei, così emozionata e afflitta da quel film, rannicchiata contro il cuscino e con una infantile ingenuità nello sguardo. Durante la cena avevano parlato di tutto, della scuola, del lavoro, delle vacanze, ma mai dei sentimenti che si erano reciprocamente confessati. Lo rendeva nervoso il fatto che non avessero accennato all’accaduto perché lui aveva bisogno di sapere.
“Va tutto bene?” Aranel gli sfiorò la guancia con le dita, preoccupata che qualcosa stesse andando male.
“Sì, va tutto bene. Stavo solo pensando.”
“Erano pensieri belli?”
“Stavo pensando a te, quindi direi proprio che erano pensieri belli.”
Aranel sorrise abbassando gli occhi, non era abituata a certe cose, anzi l’imbarazzo la faceva da padrone.
“Io ci credo davvero in quello che ti ho detto prima, Theo. Mi piacerebbe avere la possibilità di stare con te ma è necessario andarci piano.”
Theo si sedette sul bordo del letto e si passò le mani tra i capelli, non era bravo ad esternare le sue emozioni e rischiava di combinare un guaio.
“Il mese prossimo tornerai a New York e sarà tutto finito. Come possiamo darci una possibilità? Al massimo, possiamo goderci altri trenta giorni di sesso, ma nulla di più.”
Aranel spense la televisione, fece il giro del letto e prese posto sulle gambe del ragazzo.
“Allora vieni a New York con me.”
“Che hai detto?”
“Ti ho detto di venire con me. A Beacon Hills non c’è nulla per te, ma a New York potresti ricominciare da capo, una nuova vita, un nuovo Theo, e noi potremmo stare insieme.”
“Perché dovremmo stare insieme? Ho fatto delle cose orribili, ho tentato di uccidere i tuoi amici e ho sempre fatto il doppiogioco. Sono un mostro, Aranel. Tu sei troppo pura per uno come me.”
“Dovremmo stare insieme perché tu hai bisogno di me per redimerti e io ho bisogno di te per accendere la parte più oscura di me stessa. La luce non può stare senza il buio e viceversa. Non promettiamoci un grande amore per il momento, promettiamoci una grande avventura, impariamo a conoscerci, diamoci tempo per scovare tutte le sfaccettature. Dimmi che lo vuoi anche tu.” Gli sussurrò Aranel sfiorandogli le labbra, e quello era un invito che lui non poteva rifiutare. Dopo anni di solitudine e dolore, quella ragazza lo stava riportando alla vita.
“Lo voglio anche io.”
Aranel lo spinse dolcemente sul letto, si sistemò cavalcioni e gli tolse la maglia. Si baciarono con impeto, un gioco di bocche vogliose, e in quella notte esistevano solo loro. Theo introdusse le mani sotto la gonna, le accarezzò le ginocchia, poi salì sempre di più lungo l’interno delle cosce e così la ragazza sospirò più forte. I loro gesti erano governati dalla bramosia di stringersi, toccarsi, di amarsi. Aranel si sfilò la canotta mettendo in mostra il reggiseno bianco di pizzo alla cui vista Theo sorrise di più. Le mani del ragazzo scivolarono dalle sue esili spalle all’orlo della gonna in movimenti lenti, calcolati, che la fecero tremare, e infine l’indumento ricadde sul pavimento. Aranel lo costrinse a stendersi, gli baciò il collo, il petto, l’addome, giungendo a sbottonargli i jeans. Theo non aveva più alcun controllo sulla situazione e, anche se di solito era lui quello dominante a letto, adesso lasciava che fosse lei a condurre il gioco; nessuna donna lo aveva mai ridotto così famelico e così inerme. Quel lato sensuale era qualcosa che Aranel non aveva mai saputo di possedere ma che stava imponendosi grazie a lui.
“Non provocarmi così tanto, stellina.” Mormorò Theo baciandole il collo.
“Qualcosa mi dice che non riuscirai a resistere a lungo.” La malizia mescolata a divertimento che colorava la voce di Aranel aumentò l’eccitazione del ragazzo, che non reagiva come un comune umano, bensì come un animale. Theo si lasciò sfuggire un gemito quando lei premette i fianchi contro di lui.
“Hai intenzione di darmi quello che voglio oppure vuoi ridere di me?”
“E cos’è che vuoi, Raeken?”
Theo era al limite della sopportazione. Gestire le pulsioni non era facile, soprattutto in situazioni di sovreccitamento, e in quel frangente non era capace di ragionare con lucidità. Erano solo ai preliminari e lui già toccava il margine del piacere. Aranel si sentiva potente, sapeva di star portando il ragazzo allo stremo, ed erano tutte sensazioni nuove che la stupivano.
“Voglio te, Aranel. Adesso.”
 
 
Aranel non amava particolarmente restare a letto senza fare nulla se non per dormire, però quella mattina fu contenta di starsene a fissare fuori dalla finestra con la testa sulla spalla di Theo. Avevano da poco finito di fare l’amore e una tranquilla atmosfera avvolgeva la stanza.
“Molto probabilmente mio padre non si sposerà e io ho comprato quel vestito rosso senza motivo.” Esordì dal nulla con estrema naturalezza.
“Potrai sempre indossarlo per lasciare che io te lo tolga.”
Entrambi scoppiarono a ridere e il timido sole che li osservava dal cielo sembrò illuminarsi assieme a loro. Theo faceva ancora fatica a regolare i battiti del cuore e il respiro, anche perché era la prima volta che perdeva il controllo in una tale situazione. Si era impegnato per evitare di mostrarsi violento e Aranel era stata davvero abile nel farlo calmare nonostante tutto.
“Come stai?” gli domandò lei teneramente baciandogli il petto.
“Sono ancora in fermento, stellina. E’ la prima volta che mi capita e non so come comportarmi.”
“Mi stai dicendo che io sono la causa del tuo sovreccitamento?”
“Esatto. E’ normale in noi esseri sovrannaturali, però succede raramente poiché è difficile che qualcosa ci ecciti in pochi minuti.”
Aranel arrossì per la spontaneità con cui Theo affrontava l’argomento, però era anche preoccupata che lui fosse ancora agitato.
“C’è qualcosa che posso fare per aiutarti? Ti potrei preparare una camomilla!”
“E’ bastata qualche carezza per mandarmi in tilt, come può una camomilla essere d’aiuto?”
“Cosa vuoi che ne sappia io, Raeken? Sono nuova nel club del sovrannaturale!” l’occhiataccia di Aranel fece ridere Theo, quei battibecchi erano forse la parte migliore del loro rapporto.
“Ora che ci penso, un modo ci sarebbe.”
“Dimmi.”
“Dammi mille baci.”
Aranel sorrise per il riferimento al carme di Catullo, poi lo baciò con intensità senza preoccuparsi troppo. Lo fece stendere su di sé mentre gli stringeva le ginocchia attorno ai fianchi.
“Che ne dici se ti do mille baci mentre facciamo la doccia?”
“Sei una tentatrice nata, stellina!”
Una manciata di minuti dopo si stavano baciando sotto il getto freddo dell’acqua, tra risatine e mani che vagavano dappertutto. Quella fu la doccia più lunga, circa un’ora, che entrambi avessero mai sperimentato e, quando si furono vestiti, decisero di fare colazione perché stavano morendo di fame.
“Ho un’idea! Potremmo fare un giro in barca, ti va?”
Theo, anziché rispondere, fu catturato da un intenso tanfo di sangue che proveniva da qualche metro di distanza. Diventava sempre più penetrante, come se la fonte dell’odore si stesse avvicinando.
“Percepisco l’odore del sangue.”
“Non sono io!” Disse Aranel.
“Speravo fossi in tu! Credo che presto avremo compagnia.”
Dei chiassosi colpi alla porta seguirono al presagio di Theo. Aranel trasalì, la stessa paura che aveva provato per colpa di Aaron si stava ripresentando e la stava soffocando. Theo le fece segno di stare zitta e di allontanarsi da porta e finestre, poi si diresse verso l’ingresso sfoderando gli artigli. Quando aprì, il corpo stremato di Richard piombò sul pavimento con un tonfo sordo.
“Ma che diamine!”
Aranel si precipitò verso il ragazzo e inorridì nel costatare che il viso e il petto erano coperti da profondi graffi sanguinanti e probabilmente infetti. Theo l’aiutò a sistemarlo sul divano ed entrambi indietreggiarono.
“Ah, questa non ci voleva.” Mormorò Theo tastando una ferita sul fianco di Richard che spurgava sangue.
“Si sta dissanguando e l’ambulanza non arriverà mai in tempo. Che facciamo? Non possiamo lasciarlo morire!”
“Come te la cavi con ago e filo?”
La calma di Theo innervosì Aranel, che tratteneva le lacrime, e andò nel panico. Era una giornalista e non un medico, non era capace!
“In che senso? Dovrei richiudere la ferita con ago e filo?!”
“Aranel, calmati. Mantieni il sangue freddo! Dobbiamo ricucirgli il fianco altrimenti muore entro venti minuti. Io gli tengo i lembi di pelle e tu li unisci col filo. Puoi farcela!”
Una prepotente sensazione di nausea le attanagliò lo stomaco, sentiva le mani tremolanti e quella puzza di sangue le stava facendo venire un gran mal di testa, però doveva essere coraggiosa e agire per salvarlo.
“D’accordo!”
Recuperò dalla sua borsa un astuccio contenente un piccolo grumo di filo nero e un ago, un’abitudine che sua nonna e sua madre le avevano inculcato malgrado non le servisse a nulla, e tornò da Theo. Si inginocchiarono accanto a Richard e gli tolsero la camicia. Theo afferrò i lembi del fianco e li accostò.
“Immagina che si tratti di cucire un comune pezzo di stoffa.”
Aranel prese un respiro, infilò l’ago nella pelle di Richard e procedette a unire le due parti del fianco. Dalle sue mani colava sangue, poteva sentire gli strati della pelle fondersi e il cattivo odore peggiorava soltanto. Quando ebbe finito, si allontanò di scatto.
“Che schifo…”
Theo non perdette altro tempo: accese una candela, trovata la sera precedente in un cassetto, lasciò gocciolare la cera sulla ferita e con la fiamma saturò la pelle.
“Frequentare i Dread Doctors ha i suoi effetti positivi.” Commentò con un sorriso sedendosi a terra.
“Devo vomitare!”
Aranel corse in bagnò e rigettò cena e colazione, e sperò di poter rigettare anche la paura e l’immagine di quel corpo sanguinante.
 
 
Salve a tutti! :)
Il cerchio si sta man mano chiudendo. Chi credete sia il lupo?
Fatemi sapere cosa ne pensate.
All prossima.
Un bacio.
 
Ps. Perdonate eventuali errori di battitura.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

 

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Capitolo 10
*** La figlia perduta. ***


LA FIGLIA PERDUTA.

“Pensare che non l’ho, sentire che l’ho perduta. Sentire la notte più immensa senza di lei.”
(Pablo Neruda)
 
Togliere le macchie di sangue dai vestiti era un’impresa impossibile, soprattutto quando il liquido viscoso ne imbrattava buona parte. Aranel era tornata a casa dopo aver accompagnato Richard in ospedale, dove Alexandra Bettencourt aveva ringraziato lei e Theo per aver salvato la vita a suo nipote. Melissa aveva confermato loro che Richard si sarebbe ripreso e aveva consigliato di riposarsi.  Non aveva chiuso occhio durante le ore notturne, i pensieri erano ingombranti e sembrava che un macigno di bugie le pesasse sulle spalle. L’indomani saltò la colazione perché il suo organismo non avrebbe trattenuto il cibo dopo i due giorni di inferno che aveva attraversato. Avvolta nell’accappatoio, si fissava le mani tremanti sulle quali era colato il sangue e inevitabilmente pianse. Quelle immagini non avrebbero lasciato la sua mente molto presto. Si fece forza e si rivestì, indossando un jeans e una maglietta grigia, perché Scott voleva parlare col branco. Durante il tragitto a piedi, scelto nella speranza di schiarirsi la mente, fumò tre sigarette senza preoccuparsi che i suoi amici lo avrebbero scoperto. Aveva vissuto troppe cose all’inverosimile per preoccuparsi di essere giudicata per quel vizio sciocco. Quando fu invitata da Malia ad accomodarsi in casa, Scott le andò in contro per poi abbracciarla.
“Sono contento che tu stia bene.” Le mormorò stringendola di più.
“Sì, sono viva, questa è l’unica cosa che conta. Theo è già arrivato?”
Dopo svariati accertamenti, i medici avevano stabilito che lei e Theo potevano tornare a casa, e loro decisero che era meglio restare da soli per riprendersi. Era bello avere qualcuno accanto che ti concedeva i tuoi spazi senza replicare. Malia distolse lo sguardo e increspò le labbra.
“Aranel, c’è una persona che ti aspetta in salotto.”
Aranel, insospettita da quell’aria tesa, si diresse in soggiorno come una furia e non le piacque quello che vi scorse. Greg era in piedi, le mani nelle tasche, gli occhi blu ricolmi di pentimento, e alle sue spalle vi era un Theo vagamente divertito dalla situazione. Era sempre lo stesso, il completo grigio di alta sartoria, i capelli biondi tirati indietro, le guance rasate alla perfezione, e quell’aria da bacchettone lo accompagnava sempre.
“Prima che tu possa dire o fare qualsiasi cosa, devi ascoltare ciò che ha da dire!” disse Stiles gettandosi in avanti per evitare che la sua migliore amica muovesse un altro passo. Aranel stava fissando con rabbia la faccia scura di Greg e desiderava solo scagliarsi contro di lui per riempirlo di insulti e ceffoni, ma dovette contare fino a dieci per ritrovare un briciolo di calma.
“Quello stronzo ha due minuti, non uno di più, per parlare.” Sputò tra i denti, dopodiché si sedette sul divano con le braccia incrociate. Scott fece cenno a Greg di mettersi comodo e di iniziare a parlare. L’avvocato continuava ad agitare le mani in modo convulso e i lupi nella stanza temettero che il suo cuore collassasse, ma per sfortuna di Theo non collassò.
“Sono arrivato qui con il primo volo perché tuo padre mi ha chiamato ieri mattina in preda al terrore per chiedere il mio aiuto. Non ho idea di cosa gli sia capitato ma sono comunque venuto in suo soccorso nella speranza di capirci qualcosa. Tempo fa tuo padre mi contattò perché aveva bisogno di una grossa somma di denaro, che io non potevo prestargli perché avrei dovuto accedere al conto della mia famiglia e non era fattibile, però lui era talmente disperato che insieme abbiamo pensato di ipotecare la tua casa di qui. Soltanto io ero in grado di contraffare la tua firma e fingermi tuo delegato, e tutti ci sono cascati perché ero il tuo fidanzato. Dopo aver ottenuto il prestito, tuo padre mi ha chiesto di procurargli dei documenti falsi perché la sua famiglia era nei guai con la legge e dovevano scappare. A quel punto, ormai invischiato nella faccenda, ho mandato a Beacon Hills un falsario che il mio studio aveva difeso un paio di anni fa, e così pensavo di aver chiuso per sempre la questione con tuo padre. Mi sbagliavo di grosso. Tua madre mi ha invitato a cena e ha scoperto la truffa, allora ho mentito dicendole che avevo smascherato Henry e che avevo intenzione di dirtelo. Ho avvisato tuo padre e lui ha finto di dover sbrigare affari fuori città per evitare le tue domande. Era tutto pronto, poi il falsario è stato arrestato, Richard ha scoperto la verità e tu minacciavi di denunciare tutti. E’ stato allora che Henry, Cindy, Aaron e Hannah si sono nascosti in un deposito non molto lontano dalla città.”
Nella stanza era calato un silenzio inquietante, a fare rumore era solo il velo intessuto di bugie che si stava strappando. Aranel, con una freddezza insolita, fece spallucce.
“Richard mi ha detto che quei soldi servivano ad Aaron per risolvere una faccenda incresciosa e che, dunque, secondo la banca sarebbero stati utilizzati da Hannah per aprire un atelier, però adesso vengo a sapere che erano destinati ad una fuga. Illuminami.”
“Per impedire che il prestito comparisse tra i conti del sindaco ho convinto la banca a intestarlo ad Hannah con la scusa dell’atelier. In questo modo ne saremmo usciti tutti puliti, compresa tu. Dopo che Richard ha scoperto la truffa, gli ho spiegato che Aaron aveva bisogno di quei soldi perché aveva combinato un disastro, ma lui era comunque determinato a raccontarti tutto. Con quella bugia abbiamo sviato i sospetti dal reale intento di tuo padre, cioè quello di scappare con la famiglia, fino a quando Aaron ha capito che gli avevamo addossato la colpa e si è ribellato. So che discusso con sua sorella e che poi ti ha aggredita, per il resto non so altro.”
“Tu sai perché Henry voleva fuggire?” domandò Stiles a Greg, alquanto frastornato dalle sue stesse parole.
“Non ne ho idea. La telefonata di ieri mi ha spinto a venire perché sono davvero preoccupato per lui. Forse il motivo per cui voleva fuggire lo ha raggiunto e vuole fargli del male.”
“Cosa ti fa pensare che qualcuno voglia fargli del male?” incalzò Scott.
“Prima che cadesse la linea mi ha detto ‘ci ucciderà tutti’, per questo ho ipotizzato che stesse scappando da qualcuno.”
“Esclusi Aaron, che è in prigione, e Henry, che chiede aiuto, restano ancora in bilico Cindy e Hannah.” Osservò Lydia, schiacciata sul divano tra Malia e Aranel. Scott e Stiles si lanciarono un’occhiata intenditrice.
“Una delle due è la persona che stiamo cercando.” Disse il capo branco. Aranel si alzò e guardò i suoi migliori amici. Tutti i pezzi del puzzle conducevano in un unico luogo.
“164J è l’indizio di Lydia che si riferisce sia al deposito sia alla casa.”
 
 
Liam pensò di non aver mai subìto una tortura peggiore di quella. Era stato deciso di controllare il deposito e si stavano spostando su tre macchine: nella prima c’erano Aranel, Scott, Stiles; nella seconda c’erano Mason, Malia e Lydia; nella terza Liam si trovava in compagnia di Theo e Greg. Era capitato in una faida tra l’ex fidanzato di Aranel e la sua nuova fiamma, potendo sperare che l’auto non prendesse fuoco.
“Sei tu.” disse Greg mentre rivolgeva uno sguardo alla sua sinistra, dove Theo guidava.
“Di che parli?”
“Sei tu il ragazzo per cui Aranel mi ha lasciato.”
“Aranel ti ha mollato perché l’hai presa in giro, amico. Te la sei giocata perché sei un idiota.”
Liam voleva sprofondare, lanciarsi dall’auto in corsa, e gli sarebbe andato bene anche battersi con un esercito di creature sovrannaturali anziché sopportare quello strazio.
“Ho visto le foto. Sembra una cosa seria.”
Theo stava perdendo la pazienza ed era proprio quello lo scopo di Greg, perciò si costrinse a restare calmo per il bene di Aranel. Questo, però, non gli impedì di divertirsi un po’.
“Le sto concedendo quello che tu non sei capace di darle.”
“Io le ho sempre dato amore e non vedo cosa tu possa darle di più.”
“Oltre a del sesso strepitoso, le do attenzione e la capisco con un solo sguardo. Sai, lei mi ha detto che sei abbastanza freddino a letto, e questo è un peccato mortale quando tra le mani hai una donna come lei che desidera soltanto qualcuno che sappia toccare i punti giusti.”
Liam alzò gli occhi al cielo e sospirò, avrebbe strozzato Scott per quella situazione odiosa che stava vivendo. Greg assunse un’espressione sprezzante e altera, d’altronde era un uomo paragonabile ad un pezzo di marmo, vuoto e apatico.
“Aranel non è quel tipo di donna.” Sputò con acidità corrosiva l’avvocato, aumentando soltanto il sorriso meschino di Theo.
“Tu non sai nemmeno che tipo di donna sia Aranel! Non lo hai mai voluto sapere e, per tua condanna, non lo saprai mai.”
“Sei soltanto un giocattolo per lei. Entro settembre questa storiella sarà finita.”
“Pensi di riuscire a riconquistarla?”
“Sono ricco, ho una posizione sociale di alto rilievo e il suo posto al New York Times dipende solo da me. Tornerà supplicando!” il doppio senso della frase di Greg fece saltare gli ultimi pochi nervi che Theo tentava di tenere saldi.
“Aranel non supplica.”
“Ah, no? Mi era parso di capire che a letto sia un tipo disinibito e immorale.”
Theo inchiodò, scese dall’auto e spalancò la portiera del passeggero con la furia che gli montava dentro. Scaraventò Greg e terra e gli tirò un cazzotto rompendogli il naso.
“Alla prossima frecciatina su Aranel ti squarcio la gola e spedisco la tua testa alla tua famiglia. Sono stato chiaro?”
Liam aiutò Greg a rimettersi in piedi e lo fece sedere dietro per evitare che i due continuassero a litigare.
“Theo, non è il momento di fare il geloso. Gli altri ci stanno aspettando.”
 
 
“Quindi tu e Theo state insieme?”
Aranel trucidò Stiles con uno sguardo attraverso lo specchietto. Era sicura che si trovasse in macchina con loro per il terzo grado.
“Non sono affari tuoi.”
“Ho visto le foto e non puoi negare!”
“Si tratta della mia vita privata, Stiles!”
“E da quando ci escludi dalla tua vita privata?”
Litigare col suo migliore amico mentre stavano per catturare il lupo non rientrava nella lista di cose da fare quel giorno ma era inevitabile.
“Vi escludo da quando mi avete vietato di frequentare Theo! Sentite, lo so che state cercando di proteggermi, ma come abbiamo potuto vedere non è lui il nemico. Mi ha raccontato tutto per filo e per segno, la sua versione combacia con le vostre e questo significa che non ha omesso nulla. “
“Certo, facciamolo santo! Non capisci che ha commesso azioni indicibili? Ha cercato di ammazzare Scott, mio padre, Lydia e Malia, mi ha messo contro il mio migliore amico, ha sostenuto il folle piano di mostri con strane maschere!” inveì Stile, stanco che lei indossasse i paraocchi.
“Voi mi accusate di frequentare un mostro quando per primi lo avete fatto. Chris Argent ha ucciso innumerevoli persone innocenti e voleva fare fuori Scott, però lo avete accolto a braccia aperte lo stesso. Lydia vi ha snobbati per anni prima di diventare una Banhee e l’avete accettata senza problemi. Avete stretto alleanze con Deucalion e con Peter Hale. Proprio tu, Stiles, hai ucciso Donovan!”
“L’ho ucciso per legittima difesa!”
“Anche Theo ha agito per difendersi!”
“Aranel!” la rimproverò Scott riservandole uno sguardo severo.
Non avevano mai litigato in tanti anni di amicizia e si sentivano strani in quel momento. Uno dava la colpa all’altro per proteggersi, si accusavano senza motivo, difendevano terze parti che non c’entravano. Aranel non capiva tutto quell’odio verso Theo quando tutti gli altri avevano fatto le stesse cose ed erano stati perdonati. I suoi amici ritenevano che fosse passata al lato oscuro e invece stava soltanto aiutando un ragazzo a riprendersi la propria vita.
“Non ha più il cuore d’oro di una volta.” Le disse Stiles, la voce intrisa di amarezza, gli occhi sulla strada.
“Forse non ce l’ho mai avuto.”
 
 
Mason, Lydia e Malia non capivano tutta l’ostilità che si respirava tra gli altri.
“Che diavolo è successo?” chiese Scott quando vide Greg mantenersi il naso sanguinante. Stiles guardò Theo e sollevò le sopracciglia.
“Ce lo vuoi spiegare?”
“Lascialo in pace, Stiles. Greg se lo meritava comunque un pugno.” Commentò Aranel, le braccia incrociate, la schiena contro la portiera dell’auto.
“Tu sei pazza!” le gridò contro Greg.
“Sta zitto, imbecille.” Esordì Liam, esausto di tutto quel bisticciare.
Senza proferire parola, fu ordinato a Greg di restare in macchina e il gruppo avanzò a piedi verso il deposito.
 
 
Il deposito 164J era uno dei vecchi edifici dell’acquedotto che non era più in funzione da anni. L’intonaco si screpolava, i vetri delle finestre erano rotti, numerosi bidoni erano stati abbandonati all’esterno e uno strano odore pervadeva l’area. Il cellulare di Aranel squillò non appena furono giunti alle porte dello stabilimento: a chiamarla era l’ospedale.
“Pronto?”
“Sono Richard. Devo parlarti.” La voce del ragazzo era ridotta ad un filo, tirava a fatica le parole e in sottofondo vibrava il respiratore. Gli altri avevano ascoltato e adesso puntavano gli occhi sulla ragazza.
“Come stai? E’ successo qualcosa?”
“D-devo dirti delle cose e tu dovrai ascoltarmi molto attentamente. Hai capito?”
“Sì, dimmi tutto.”
“Quello che troverete nel deposito non è un essere umano. Aaron ha cercato di difendermi da lei, però è stato cacciato prima che io potessi andarmene. E’ una bestia selvatica. Devi stare attenta, Aranel.” Richard stava piangendo e la sua paura trasudava ancora paura.
“Tu sai chi è? Devi darmi anche un singolo indizio.”
“Lei dovrebbe essere morta.”
“Chi? Chi dovrebbe essere morta?! Richard!”
“Aranel, sono Melissa. Richard è sotto effetto di calmanti ed è crollato in un sonno profondo. Mi spiace, ragazzi, ma dovrete cavarvela da soli.”
Aranel chiuse la chiamata frustrata come non mai. Avevano pensato che il lupo fosse Richard, poi avevano ipotizzato che fosse Aaron e ora si veniva a sapere che si trattava di una donna, per lo più morta.
“Ehm, gente, cos’è quella cosa laggiù?” disse Mason puntando ad un’ombra scura che si muoveva velocemente. Scott aguzzò la vista e spalancò gli occhi.
“E’ Henry!”
La figura slanciata del sindaco si rese più nitida man mano che si avvicinava, stava agitando le mani in aria e gridava aiuto. Crollò al suolo come una foglia e Aranel corse verso di lui. Si inginocchiò, gli prese la testa e se l’appoggiò sulle gambe. Alcune macchie di sangue gli insozzavano la camicia e qualche taglio gli lacerava il viso e le mani, ma per il resto pareva solo sfinito.
“Papà, papà, papà! Svegliati, ti prego!”
Stiles schiaffeggiò leggermente le guance del sindaco e questi si riprese.
“Mi sente, signor Jones? Che cosa le è successo?”
“N-noi volevamo scappare quando abbiamo saputo del suo arrivo, ma lei ce lo ha impedito braccandoci e chiudendoci nel deposito.”
“Chi le ha fatto questo?” domandò Scott, anche lui chino su Henry. Theo deglutì all’espressione di dolore che aveva assunto Aranel, desiderò poter intervenire ma non era il momento adatto.
“Tatiana.” Mormorò il sindaco prima di svenire a causa delle sue precarie condizioni di salute.
“Chi è Tatiana adesso?!” disse Malia senza nascondere la stizza nella voce.
“Tatiana è la primogenita di Cindy, è morta anni fa per il morso di un animale.” Spiegò brevemente Aranel. Theo sbuffò.
“Evidentemente non è morta come avrebbe dovuto.”
Stiles lo linciò con lo sguardo e scosse la testa.
“Ma sei serio?”
“Non ha del tutto torto. Tatiana è stata morsa da un lupo e si è trasformata, però sua madre ha finto che fosse morta.” Intervenne Lydia prima che la situazione precipitasse.
“E dov’è stata per tutti questi anni?” fece Liam nella totale confusione. Aranel scavò nella sua memoria alla ricerca di informazioni sul passato della sua matrigna.
“Cindy abitava in Florida prima di trasferirsi a Beacon Hills e ha seppellito lì Tatiana. Molto probabilmente l’ha affidata a qualcuno che se ne occupasse.”
“Potrebbe aver vissuto con il lupo che l’ha morsa fino ad ora, poi lo ha ucciso diventando l’alfa e adesso è tornata per vendicarsi della propria famiglia.” Disse Stiles.
“Se è un alfa sarà difficile batterla.” Meditò Scott.
Nel frattempo, Malia stava ispezionando il deposito e lungo le pareti notò che il sorbo degli uccellatori circondava l’intero edificio.
“Ragazzi, c’è sorbo dappertutto! Non possiamo entrare!”
“E questo vuol dire che lei non può uscire.” Aggiunse Scott guardando Stiles e Liam.
“Ci serve un piano efficace.” Disse il beta.
“Solo uno di noi può varcare la barriera del sorbo.” Esordì Theo con estrema nonchalance. Era l’unico che non risentiva degli effetti in quanto chimera, però non solo lui aveva l’esclusiva.
“Che si fa a questo punto?” chiese Lydia, i capelli perfettamente lisci sembravano un mantello regale. Aranel aveva in mente qualcosa e, benché potesse essere pericoloso, era l’unica possibilità.
“Ho un’idea.”
“Ma certo! Theo ti ha insegnato ad ordire piani e complotti.” Sputò Stiles con le mani sui fianchi e le labbra piegate in un sorriso derisorio. Al suo fianco, Theo alzò gli occhi al cielo.
“Sai, Stiles, tutto quello che riguarda Aranel non riguarda anche me. Scommetto che la sua idea è frutto della sua intelligenza, sicuramente superiore alla tua!”
Scott si posizionò tra i due e li manteneva distanti.
“Basta, basta! Qual è l’idea?”
“Mi avete detto che lo strozza lupo è letale e che in dosi ridotte può fermare un lupo, perciò abbiamo bisogno di un proiettile intriso di veleno. Gli umani possono attraversare il sorbo ed è una cosa a nostro favore: io e Theo entriamo per avvicinare Tatiana, Stiles le spara lo strozza lupo e Mason si occupa di rompere la barriera. A quel punto, voialtri irrompete e la interroghiamo.”
“Perché tu entri insieme a Theo?” lo scetticismo di Stiles era palese.
“Perché Tatiana può uccidermi in meno di un secondo e Theo è l’unico capace di entrare e di difendermi. Non c’è sempre un doppio fine, Stiles.”
“Dove lo prendiamo lo strozza lupo?” fece Liam alle spalle di Malia. Scott ricordò di averne una piccola quantità nella valigetta da veterinario con cui andava in giro.
“Io ne conservo un barattolino nella borsa in macchina.”
“Quindi Stiles usa la sua pistola da agente dell’FBI per sparare un proiettile velenoso.” Aggiunse Lydia. Aranel annuì.
“Esatto. Non c’è un altro modo.”
“Facciamolo.”
 
 
Aranel e Theo varcarono le porte del deposito senza alcuna esitazione. L’interno era illuminato da una fila di neon che funzionavano ad intermittenza, la puzza di chiuso e di sangue era dappertutto, uno dei pilastri che sorreggevano un ponte era stato scalfito da artigli e pugni. Quella era la sua prima missione nel mondo sovrannaturale e mentiva a se stessa dicendosi di essere pronta. Theo le strinse la mano per un paio di secondi prima di incamminarsi verso la parte più interna. Era chiaro che qualcuno ci avesse vissuto: una valigia giaceva disordinata sul pavimento, una coperta grigia si raggomitolava su un materasso sporco, piatti e bicchieri di plastica erano accartocciati in un angolo.
“Tatiana!” gridò Aranel facendo un giro su stessa. La risposta non tardò ad arrivare annunciata da una risata agghiacciante.
“Non mi aspettavo una tua visita, principessa. Soprattutto, non mi aspettavo che ad accompagnarti fosse una chimera.”
I due non conoscevano le fattezze fisiche di Tatiana, però fu chiaro che fosse una Shepard quando si mostrò a loro: i lunghi capelli biondi simili a quelli di Cindy e gli occhi blu come quelli di Aaron e Hannah erano segnali inequivocabili.
“Sono qui perché voglio la verità.”
Tatiana camminò verso di loro con passo sinuoso ondeggiando sui tacchi alti, un corpetto nero rigido e un paio di jeans le conferivano tutta l’aria da cattiva.
“Voi due state insieme? Avverto un non so che di orribilmente romantico.”
Muovendosi come una pantera, si ritrovò alle spalle di Theo, gli toccò i capelli corti sulla nuca mentre sorrideva meschinamente. Theo le afferrò malamente il polso e la scostò.
“Tieni a posto le mani.”
“Uh, qui abbiamo una chimera nervosetta!”
“Dovresti essere morta, quindi se ti spezzo le mani non commetto alcun crimine. Ai morti non servono gli arti.”
Aranel riconobbe negli occhi di Theo la stessa malignità che brillava in quelli di Tatiana, e per un attimo ebbe paura, poi si impegnò per scacciare quella sensazione prima che lei se ne accorgesse.
“Dimmi perché sei qui e che cosa vuoi. Per colpa tua ho perso un sacco di soldi!”
“Gioca con me, Aranel!” esclamò Tatiana battendo le mani in preda ad una contorta felicità.
“Non è un gioco, capisci? Stai rovinando la vita della mia famiglia!”
Theo, preoccupato per l’incolumità di Aranel, circondò il collo di Tatiana con la mano e la spinse contro il muro, il cui calcinaccio cedette di poco. Tatiana, ovviamente incolume, rise di gusto.
“Ti piace farlo violento, dico bene?”
“Intendi uccidere? Sì, mi piace farlo violento.” Theo capovolse il doppio senso della lupa in modo assai audace. Aranel spalancò gli occhi e il cuore le salì in gola, quel lato di Theo cominciava a spaventarla. Non era da lei avvicinarsi a certe persone e si sentì soffocare dai sensi di colpa.
“Per favore, Tatiana, dimmi come sono andate le cose.”
“Sei così noiosa, principessina. Adesso rendiamo tutto più divertente. Sorellina, porta il regalo per i nostri ospiti!”
Dal ponte scese Hannah che strattonava per le scale Greg tenendolo legato con un catenaccio. Eccetto qualche graffio, sembrava per lo più illeso. Theo premette sulla trachea di Tatiana quasi asfissiandola. Nel suo sguardo bruciava la rabbia.
“Ho capito il tuo giochetto, ma sappi che non funzionerà.”
Tatiana lo scagliò a terra con la forza di un alfa e gli puntò il tacco affilato alla gola. Hannah, accanto a lei, minacciò Greg con un coltello. Le lacrime ribollivano negli occhi di Aranel per uscire ma lei si trattenne il più possibile.
“Che cosa vuoi da me?”
“Voglio che tu scelga l’amore da salvare: il ricco e umano Greg oppure lo strepitoso e spietato Theo?”
Anziché preoccuparsi, Aranel scoppiò a ridere perché Tatiana non avrebbe mai potuto immaginare la sua risposta.
“Io non amo nessuno dei due. Greg mi ha sempre annoiata e Theo l’ho conosciuto due mesi e mezzo fa, perciò non provo sentimenti profondi per loro.”
Tatiana si oscurò in viso riconoscendo che Aranel non mentiva, lei davvero non li amava. Il cuore di Theo scricchiolò silenziosamente, abbandonò la testa sul pavimento e strinse le dita attorno al tacco sulla sua gola.
“Uccidimi. Se lei non mi ama, uccidimi!”
Tatiana lo colpì in faccia graffiandolo e si avvicinò pericolosamente a Aranel.
“Che sta succedendo? Io vi ho ascoltato quando eravate fuori e avevate deciso di distrarmi per poi spararmi. Cosa è cambiato? Cosa?!”
“Devi fare attenzione ai dettagli, tesoro.” Disse Aranel con un sorriso furbo.
Theo spinse Tatiana nella traiettoria di Stiles e ricadde a terra quando un proiettile le perforò la coscia. L’urlo che lanciò fu disumano. Hannah liberò Greg e si avvicinarono agli altro due.
“Te lo dicevo che mi piaceva farlo violento.” Sussurrò Theo all’orecchio di Tatiana, poi le iniettò un calmante nel braccio. Stiles e Mason li raggiunsero dopo aver fatto entrare tutti gli altri.
“Gran bel lavoro, Aranel!” si complimentò Malia con un breve abbraccio.
“Era ovvio che fosse al corrente del piano e depistarla è stata un’ottima mossa.” Commentò Lydia sorridendo alle sue amiche.
“Per fortuna è andata bene grazie a tutti voi.” Disse Aranel facendo l’occhiolino a tutti.
Theo fiutò un altro odore simile a quello di Tatiana e udì un ringhio provenire dall’alto. Fu un attimo. Cindy si lanciò a capofitto dalle travi del tetto e atterrò in mezzo al gruppo con gli artigli sguainati e gli occhi gialli come due fanali. Puntò Aranel e si avventò contro di lei, la caricò in spalla e fuggì verso il secondo piano.
“Non ho altri proiettili!” disse Stiles nel panico.
“Mason e Lydia, portate via Hannah e Greg. Stiles, tu occupati di Tatiana. Tutti gli altri si mettano alla ricerca di Aranel!” ordinò Scott propinando la sua autorità di capo branco.
“Io voglio venire con voi!” l’obiezione di Stiles non fu presa in considerazione dal momento che i quattro esseri sovrannaturali si erano già dileguati.
Il piano di sopra era un vasto spazio buio, la poca luce penetrava dalle finestre sfasciate, e i rumori provenienti dall’autostrada non erano d’aiuto.
“Sappi che uccido Cindy quando la trovo.” Disse Theo a Scott, che respirò a fondo prima di replicare.
“Per questo ho mandato via Stiles, per evitare che ti accolli altre colpe.”
Chiedere a Greg e a Hannah di collaborare era stato semplice contro tatiana ma ora che stavano affrontando una nuova minaccia tutto era lecito.
 
 
Aranel non piangeva, non sospirava, non tremava e parve strano addirittura a se stessa. Era stata incatenata ad un vecchio tubo arrugginito e Cindy sbirciava l’ingresso con fare allarmato.
“Perché lo stai facendo? Mio padre e i tuoi figli si fidavano di te.”
Cindy si sedette su un sacco di iuta probabilmente pieno di paglia, aveva lo sguardo colpevole ma comunque deciso.
“I tuoi amici stanno per arrivare. Non ti farò del male se è questo che pensi.”
“Ed era necessario legarmi?” le fascette di plastica, che solitamente si utilizzano per lavori domestici, le stavano perforando la pelle e alcune gocce di sangue le costellavano i polsi.
“Voglio solo che qualcuno ascolti la mia storia. Sono rimasta incinta di Tatiana all’età di sedici anni e l’ho cresciuta da sola perché il padre e la mia famiglia mi avevano abbandonata. Quando ha compiuto tre anni, l’ho portata in Florida per farle conoscere mia madre che, in punto di morte, aveva espresso il desiderio di vedere sua nipote. Viaggiammo di notte e qualcosa balzò sul parabrezza spaccandolo, frenai e finimmo contro un albero. Eravamo entrambe vive, ma quello che ci aveva attaccate si avventò su di me e mi morse. Come puoi intuire, era un lupo. Mi lasciò a terra agonizzante, poi tornò umano e rapì Tatiana. In seguito scoprì che mi aveva trasformata in un lupo mannaro. La polizia trovò un corpicino nella foresta un mese dopo e mia figlia fu dichiarata morta. Dimenticai quella storia, mi sposai e nacquero Aaron e Hannah, le uniche gioie della mia esistenza. Quando ho sentito che un animale selvatico aveva messo la città in allarme, pensai che il lupo che mi aveva morsa, essendo il mio alfa, fosse venuto a cercarmi. Poi, però, una sera in centro vidi Aaron in compagnia di una ragazza mentre cenavano: era Tatiana, l’avrei riconosciuta anche senza sapere che fosse viva. Non ho detto nulla perché credevo che fosse qui per conoscere la sua famiglia, però poi le cose cambiarono quando tuo padre mi parlò degli attacchi di animali selvatici. Era ormai chiaro che anche Tatiana era stata trasformata ed era lei l’artefice di quelle stragi. Dopo che ho raccontato la verità, Aaron ha finto di essere nei guai e ha chiesto a tuo padre dei soldi per poter scappare. Tuo padre chiese aiutò a Greg e idearono l’inganno dell’ipoteca mentre io mi occupavo di procurare a tutti documenti falsi presso il falsario che Greg aveva ingaggiato. Con quei soldi avremmo pagato il falsario e saremmo fuggiti.
Il segreto è stato rivelato quando Richard è venuto da te, allora Tatiana ha pensato di doverci eliminare tutti. Ha rapito Richard, ha costretto Aaron ad aggredirti e ha ordinato ad Hannah di farle da schiava. E’ stato orribile, Aranel.”
“E le foto? E la giacca nel bosco?”
“Ho chiesto io a Oliver di fare quelle fotografie nei luoghi attaccati per capire se il colpevole fosse un licantropo, ma poi Tatiana ha contattato il ragazzo a mio nome commissionandogli di fotografare te. Lei spiava Richard la mattina che è venuto a casa tua e ha capito che avrebbe potuto far risultare te e Theo colpevoli della sua scomparsa per liberarsi delle tue indagini. Ha chiamato Alexandra Bettencourt per denunciarvi. Per quanto riguarda la giacca, appartiene ad un amico di Richard e Aaron che è stato ucciso da Tatiana. L’ha abbandonata nel bosco per depistare Scott, ma non è stata attenta a coprire bene le sue tracce.”
Aranel era sconvolta da quel racconto e soltanto in quel momento riuscì a collegare tutti i punti. Una figlia creduta morta e abbandonata era un nemico agguerrito. Tatiana aveva tutte le ragioni per odiare la sua famiglia, ma aveva sbagliato coinvolgendo anche lei e Theo in un gioco sporco.
“Tua figlia aveva bisogno di sua madre. Avresti dovuto insistere a cercarla, invece hai preferito rifarti una vita come se lei non fosse mai esistita.”
“Aveva tre anni ed è stato estremamente facile dimenticarla! Sono una persona egoista e crudele, lo so, però sono sincera. Tatiana non ha mai fatto parte della mia vita.”
Cindy era triste ma non piangeva, sembrava davvero certa di stare dalla parte giusta e che fossero gli altri a non capirla. Quell’incidente aveva cambiato sia lei sia Tatiana, e nessuna delle due si sarebbe mai ripresa. Gli errori del passato le avrebbero perseguitate per sempre.
“Sei stata tu a creare un mostro, Cindy. La colpa è tua e i tuoi figli non ti perdoneranno mai!”
“Tu non sai cosa vuol dire crescere una bambina che strilla tutto il giorno e che ha bisogno di attenzioni quando tu vuoi dormire. Non ero pronta per essere sua madre!”
Il viso di Cindy si tramutò nelle sembianze di lupo con zanne e occhi gialli. Aranel chiuse gli occhi, non avendone mai visto uno, eccetto quelle volte in cui Scott si era trasformato durante una video chiamata, e pregò di non essere un’altra sua vittima.
“Ti sgozzo se ti avvicini di un altro passo.”
Theo scaraventò Cindy dalla finestra prima che gli altri potessero impedirglielo. Un tonfo sordo annunciò l’atterraggio crudo di Cindy.
“No!” gridò Aranel mentre Malia la liberava.
“Tranquilla, non l’ha uccisa. E’ troppo basso perché muoia, le fratture si rimargineranno entro domani.” La rassicurò Scott con un sorriso e poi l’abbracciò.
“Credevi davvero che l’avrei uccisa?” chiese Theo fintamente offeso. Aranel rise col cuore più leggero.
“No, mi fido di te, Raeken.”
Theo scansò Scott e si chinò per baciarla. Sorrisero nel bacio, consapevoli che il peggio fosse finito e che un nuovo inizio li attendeva. Scott strinse la mano di Malia e scesero in strada assieme a Liam.
“Ero così preoccupato, stellina.”
“Adesso sono qui e questo è l’unica cosa che conta. Noi siamo l’unica cosa che conta.”
“Sono sulla buona strada per la redenzione?”
Aranel sorrise e lo intrappolò in un altro bacio.
“Decisamente sì.”
E nel buio di quel deposito esplose un tocco di luce.
 
 
Salve a tutti! :)
Il cerchio si è finalmente chiuso. Qualcuno creduto morto che ha architettato una vendetta è una bella gatta da pelare, eh! Adesso ci aspetta solo l’epilogo.
Fatemi sapere cosa ne pensate.
Alla prossima.
Un bacio.
 
 
Ps. Perdonate eventuali errori di battitura.
 
 

 

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Capitolo 11
*** Epilogo. ***


EPILOGO.
“Questo amore
Così violento
Così fragile
Così tenero
Così disperato
Bello come il giorno
E cattivo come il tempo.”
(Jacques Prèvert)
 
 
 
Novembre, New York.
Aranel era sicura che Theo non rispondesse al telefono perché stava ancora dormendo. Erano a New York da tre mesi ormai, ma lui sembrava voler occupare il tempo libero sonnecchiando. Dopo due settimane trascorse al mare con Scott e gli altri, Theo aveva finalmente deciso che avrebbe lasciato Beacon Hills per trasferirsi a New York. Quando era arrivato il giorno della partenza, Richard si era presentato zoppicando su un bastone perché aveva importanti notizie: era riuscito a far ottenere ad Aranel un lavoro presso il New York Post, dal momento che Greg aveva causato il licenziamento dal Times; aveva trovato un’occupazione anche a Theo come personal trainer; infine, aveva regalato loro due settimane a Parigi nel periodo natalizio. Dopo l’arresto di Tatiana e Cindy, il processo stabilì che Henry, Aaron e Hannah restituissero i soldi e la casa alla proprietaria, e a Greg fu ordinato di lasciare il suo attico ad Aranel come forma di risarcimento, pertanto lei poteva dirsi soddisfatta. Da un paio di giorni aveva cominciato a scrivere qualche pagina del suo romanzo e aveva scelto di raccontare la storia di un ragazzo solo che si faceva strada nel mondo a fatica, era la storia di Theo. Non si erano ancora messi insieme, uscivano, parlavano di se stessi, continuavano a conoscersi ogni giorno. Prima di partire, Aranel e Stiles avevano chiarito e, sebbene lui non accettasse la situazione, aveva depositato l’ascia di guerra in favore della sua migliore amica. Parcheggiata l’auto, provò a richiamare Theo ma non ricevette risposta. Recuperò le quattro teglie di dolci che gli aveva preparato, la pianta, chiuse la portiera e risalì la scalinata. Aprì la porta con la copia di chiavi affidatole da lui. L’appartamento era piccolo e accogliente, cucina e soggiorno erano stanza unica e l’unico bagno era quello in camera da letto.
“Theo Raeken, sveglia!”
L’udito sviluppato di Theo captò un brusìo e l’olfatto annusò un intenso profumo al cocco. Si trascinò in cucina e vide la figura di Aranel, fasciata alla perfezione da un tubino blu con le maniche a tre quarti, azionare la macchina del caffè.
“Buongiorno anche a te, stellina.” Disse con voce impastata mentre sbadigliava. Aranel era una persona estremamente energica, la vitalità le fluiva in corpo continuamente, e il suo entusiasmo per ogni cosa amplificava il tutto. La rottura con Greg aveva risvegliato la vecchia Aranel che adesso era intenzionata a riprendersi tutto ciò che aveva perso.
“Ti ho preparato tre torte e una guantiera di pasticcini. Inoltre, ti ho regalato un bonsai per ravvivare l’ambiente e mi sono anche permessa di buttare la maionese scaduta nel frigo.”
Theo scartò i vassoi: una torta di mele, una torta al cioccolato e nocciole, una torta al rum e al miele e una decina di pasticcini farciti di amarena e arancia. Aranel era una cuoca straordinaria e non esitò a prendere una forchettata di tutto.
“Allora, come sono?”
“Mmh, sono eccezionali. Cucini divinamente!” replicò Theo mangiando un altro pasticcino.
“Lo so! Dove vuoi mettere il bonsai? Io direi sulla mensola accanto al balcone!”
“Ai suoi ordini, signora.”
Aranel posizionò il bonsai e lo guardò per qualche secondo con espressione soddisfatta. Si sedette sull’isola della cucina, accanto a Theo che stava divorando la torta al cioccolato, e ne assaggiò un pezzo col cucchiaio. Ammise di saperci proprio fare ai fornelli.
“Stavo pensando di partecipare ad una gara locale di cucina, che ne dici?”
“Mi sembra un’ottima idea. Io posso fare da assaggiatore.” La proposta del ragazzo la fece ridacchiare.
“Andò a iscrivermi domani stesso. E’ domenica, cosa vorresti fare?”
“Vorrei tornare a dormire.”
Theo si beccò uno schiaffo sulla spalla e sorrise divertito, erano quelli i momenti che apprezzava stando con lei.
“In centro hanno allestito un adorabile mercatino di oggetti tribali, quindi ti consiglio di vestirti perché questa casa ha bisogno di qualcosa di vivace!”
“Va bene, padrona. Mercatino tribale sia!”
Aranel scalciò come una bambina euforica mentre un radioso sorriso le illuminava gli occhi.
Tre ore dopo pranzarono in uno dei ristoranti preferiti di Aranel. La ragazza aveva fatto spese folli tra tappeti, animali di legno, uno specchio a forma di luna, uno scialle ricamato a mano, e Theo si era limitato a comprare una lampada per la camera da letto e le aveva regalato un paio di orecchini a forma di farfalla fatti a mano.
“Grazie per gli orecchini, li adoro!”
“Figurati, meriti molto di più per l’aiuto che mi stai dando. A tale proposito, stasera vorrei invitarti a teatro per vedere l’Edipo Re, la tua tragedia greca preferita. Ho trovato i biglietti in offerta online e mi è sembrato carino proportelo.”
Non era mai stato il tipo da carinerie e romanticismo, soprattutto perché non aveva mai avuto una ragazza, e si sentì uno sciocco nel pronunciare quelle parole. Al contrario, Aranel esultò e un’adrenalinica gioia la pervase.
“Sì! Accetto!”
Theo non resistette e la baciò con il solito trasporto che li coglieva ogni qualvolta fossero vicini.
 
 
 
Dicembre, Parigi.
Trascorrere il Natale a Parigi era piuttosto scontato ma il viaggio era stato un’offerta gentile da parte di Richard che non potevano declinare. La prima settimana era stata impegnativa, avevano visitato il Louvre, l’Arco di Trionfo, la Cattedrale di Notre-Dame, il Giardino delle Tuileries, il Museo d’Orsay, Montmatre, e per la seconda avevano optato per il Trocadèro, Belleville, il Castello di Chambord e avevano avuto l’occasione di passeggiare tra i giardini della Reggia di Versailles. L’ultima sera era quella in cui si lasciarono incantare dalla Tour Eiffel. Dopo aver lasciato l’hotel e aver attraversato numerosi quartieri a piedi, si incamminarono a braccetto verso il pieno centro di Parigi nella parte occidentale del VII arrondissement (trad. dipartimento).
“Hai intenzione di piangere anche questa volta?” la canzonò Theo, le mani in tasca, lo sguardo sulla città che si apriva davanti a loro. Aranel gli strattonò il braccio cui si stava aggrappando e gli lanciò un’occhiata truce.
“Mi sono emozionata quando abbiamo visitato i musei perché sai che l’arte ha questo effetto su di me, non prendermi in giro!”
Theo non capiva perché la gente fosse così attratta dai dipinti, l’unica cosa di cui era certo è che durante quelle visite lui non aveva smesso un attimo di ammirare il suo pezzo d’arte: Aranel. Insieme si divertivano come bambini, ridevano fino alle lacrime, si battibeccavano per il semplice gusto della sfida, e soprattutto si confidavano a notte fonda, con il buio, con il freddo che ghiacciava il mondo fuori, con le anime in sintonia. Non avrebbe mai immaginato di poter vivere una vita come quella, normale e fantastica al tempo stesso.
“Non puoi emozionarti anche di fronte ad una torre di ferro.”
“Non capisci niente, Raeken. Niente!”
Alla fine, quando le luci della Tour brillarono come lucciole attorcigliate attorno al ferro, entrambi rimasero senza fiato. Era come se tutta Parigi, luci, suoni, odori, arte, musica, storia, cibo, moda, confluissero in quei trecento metri che svettavano verso il manto blu del cielo stellato. Gli occhi di Aranel si inumidirono all’istante e Theo pensò che tutta la bellezza del mondo si concentrasse in lei. Si asciugò in fretta con un fazzolettino ricamato che aveva comprato e tirò fuori dalla borsa la vecchia Polaroid di sua nonna, voleva creare una parete a casa sua con tutte le loro foto e per questo aveva scattato qualsiasi luogo che avevano visto.
Toccava sempre a Theo fare la foto perché era più alto, così Aranel gli stampò un bacio sulla guancia quando il click della fotocamera catturò quel momento.
Quelle joie de jeunes amants!” esclamò una donna anziana che passava da quelle parti con le buste della spesa.
Nous ne sommes pas engagès, madame.”
Il francese di Aranel era perfetto, la pronuncia era a dir poco impeccabile e lo parlava con estrema disinvoltura, perciò Theo la lasciava rispondere a qualsiasi cosa.
Votre yeux ne mentent pas!”
Aranel arrossì per le parole dell’anziana e sorrise a Theo, che nel frattempo non ci stava capendo nulla.
Oui, je suii amoureux.”
La donna accarezzò la guancia di Aranel, un’antica dolcezza si nascondeva il quel gesto.
“Et le sait-il?”
Pas encore.”
Ensuite, vous devez dèpècher, mon ami! La vie est courte et le vrai amour est un!
Aranel improvvisamente abbracciò la donna e si sorrisero come se custodissero un importante segreto. Theo salutò la francese con un mezzo sorriso e poi inarcò le sopracciglia verso Aranel.
“Mi spieghi cosa vi siete dette?”
“Mi ha ricordato che la vita è breve e l’amore vero è solo uno.”
Theo sorrise avendo capito a cosa si stesse riferendo e per la prima volta in tanti anni il suo cuore sussultò.
“Torniamo in hotel così mi dai qualche lezione di francese? Sei dannatamente sensuale quando lo parli!” disse facendo scoppiare a ridere Aranel, che gli strinse la mano e lo portò verso l’hotel.
La nuit est encore jeune et j’ai beaucoup de choses à vous enseigner!”
Tornati in camera, il proposito di imparare il francese fu accantonato in favore di una notte di passione.
 
 
Marzo, Londra.
Nessuno immaginava che una scrittrice esordiente potesse ottenere un successo tale da far schizzare il proprio romanzo in vetta alle classifiche in poche settimane. Aranel aveva pubblicato il suo primo libro dal titolo Un ragazzo solitario dopo aver impiegato settimane e settimane di lavoro. Non aveva dormito, aveva mangiato a stento, ma alla fine ce l’aveva fatta. Marzo fu il mese in cui ebbe inizio il tour di presentazione nelle librerie delle città in cui era diventato best seller, tra le quali New York, Londra, Chicago, Los Angeles, Buenos Aires, Mosca e Vienna. Quel venerdì mattina si presentò come ospite presso la Daunt Books, una delle maggiori librerie inglesi, per una breve intervista e un firma copie. Il direttore, il signor Hummer, chiese al pubblico di porre alla scrittrice un’ultima domanda, poiché rispondere già ad una trentina era stato sfiancante. Una ragazzina dai capelli blu si alzò dalla sedia stringendo al petto la sua copia del libro. Aranel le sorrise incoraggiandola. In fondo alla sala, Theo assisteva con estremo orgoglio.
“Ciao, mi chiamo Jenny. La mia domanda riguarda il protagonista: da come scrive di lui dà l’impressione di conoscerlo davvero, quindi mi chiedevo se Trevor si ispiri ad una persona reale. Grazie mille.”
Aranel si sistemò sulla sedia accavallando le gambe e allungò una mano sul banchetto per prendere la sua copia personale, la prima in assoluto.
“Sì, per il protagonista mi sono ispirata ad un ragazzo che conosciuto circa un anno fa. Mi sono intromessa nella sua vita, ho scavato nel suo passato, ho trivellato la sua anima di domande, e alla fine ho fuso tutto nelle pagine del romanzo. Trevor è scontroso, cinico, quasi insensibile e perciò poco incline ai rapporti umani, però le cose cambiano quando incontra la stravagante Stella e lui scopre altri mille modi di vivere la vita e di vedere se stesso. Non è una storia d’amore, anche perché Trevor e Stella restano semplici migliori amici, piuttosto è una storia di autocoscienza che tenta di insegnare a conoscere tutte le crepe di noi stessi perché è in esse che penetra la luce.”
“E il ragazzo cui si è ispirata ha conosciuto quei mille modi di vivere e vedere se stesso?” domandò un ragazzo in prima fila mosso da un’accecante curiosità. Aranel guardò Theo e capì che lui era solo all’inizio del suo percorso di vita ma che sicuramente sarebbe stato straordinario il risultato.
“Sta imparando a vivere davvero per la prima volta e io sono contenta di far parte del suo progresso.”
Hummer invitò Aranel a fare una pausa e riprendere poi per il firma copie e il pubblicò applaudì in visibilio mentre lei lasciava il palchetto salutando e sorridendo. Dopo una pausa di dieci minuti e due bicchieri d’acqua, Aranel prese posto ad uno dei tanti tavoli in legno della biblioteca e il primo fan fu chiamato.
“A chi dedico il libro?”
“Lo può dedicare a mia nonna Alexandra.”
Aranel alzò lo sguardo e scattò in piedi quando si ritrovò davanti Richard, il completo grigio elegante, gli occhiali da sole appesi alla camicia, e il bastone che avrebbe dovuto reggere il peso che prima di essere rapito poggiava sulla gamba destra. Si abbracciarono emozionandosi entrambi per tutto quello che avevano passato.
“Come mai sei qui?”
“Adesso vivo qui e sto per acquistare uno studio legale molto prestigioso. Ieri mattina la mia assistente mi ha parlato di un libro eccezionale e adesso eccomi qui. Sono davvero felice per te, Aranel.”
“Tutto questo è stato possibile solo grazie agli avvocati di tua nonna che sono riusciti a recuperare i soldi della casa. Le ho spedito un mazzo di fiori e una torta accompagnati da un biglietto di ringraziamento e lei mi ha risposto con una e-mail!” Aranel rise insieme al suo amico.
“La nonna è più tecnologica degli adolescenti! Comunque, sono passato per un saluto veloce e adesso scappare perché ho una riunione.”
Aranel gli firmò velocemente il libro, aggiungendo il suo numero di telefono, e gli raccomandò di contattarla qualche volta.
“Grazie di tutto, Richard. Buona fortuna!”
“Solo cose belle d’ora in poi.” Replicò Richard, poi le baciò elegantemente la mano e svanì tra la folla. L’incontro continuò senza interruzioni almeno per un paio di ore, le persone chiedevano firme, foto, dediche, facevano ancora domande, e lei fu davvero felice che il suo romanzo avesse colpito così tante persone. Verso le sette e mezzo di sera l’ultimo libro scivolò tra le sue mani, era una copia dalle pagine sgualcite, come se qualcuno lo leggesse e rileggesse, e molte di essere erano contrassegnate dagli angoli piegati al vertice.
“Firma o dedica?”
“Entrambi.”
Aranel riconobbe quella voce profonda e spesso canzonatoria e piegò le labbra in un sorriso malizioso. Pensò ad una bella frase e poi scrisse di getto: Non importa dove sei, o con chi sei, resterai per sempre, sinceramente, profondamente nel mio cuore. Con immenso affetto, tua Aranel x.
Theo ritirò la sua copia e quella dedica gli fece venire i brividi. Sapeva che Trevor, il protagonista del libro, era modellato su di lui e che Stella era l’alter ego di Aranel, e leggere la loro storia gli aveva fatto capire quello che stava provando ad evitare a tutti i costi: era innamorato. Si destò quando lei gli accarezzò la guancia.
“Va tutto bene, Theo?”
“Ehm, sì, tutto bene. Pensavo che ti meriti una bella cena abbondante in uno dei ristoranti più lussuosi di tutta Londra!”
Aranel gli diede un casto bacio sulle labbra, dopodiché si congedò dagli impiegati della libreria ringraziandoli e un taxi li accompagnò al ristorante Criterion.
 
 
Maggio, New York.
“Quindi se sfumo verso l’esterno viene più chiaro?”
“Sì, perché l’ombretto color bronzo è difficile da gestire.”
Aranel stava chiedendo consigli di makeup a Lydia mentre si preparava per il matrimonio di sua madre con Kabir. Alla fine, avrebbe comunque partecipato ad un matrimonio, ma per l’occasione aveva restituito l’abito rosso che aveva comprato per l’unione di suo padre e Cindy. Con l’aiuto di Lydia e Malia, che si erano regalate un weekend a New York tra ragazze, aveva trovato un perfetto sostituto: un vestito color oro lungo, dalle maniche lunghe, uno spacco aperto alla gamba sinistra e uno scollo a ‘v’ profondo, il tutto era tempestato di brillantini. Mentre selezionava i trucchi, udì un forte rumore proveniente dalla cucina.
“Scusami, Lydia, ma ti devo lasciare. Credo che Theo mi stia distruggendo la casa!”
“Ciao, tesoro.” Ridacchiò Lydia prima di interrompere la comunicazione. Con una vestaglia nera corta da camera e a piedi nudi, andò in cucina e incrociò le braccia.
“Che stai combinando? Hai riparato il lavandino due giorni fa.”
Theo stava maneggiando con una chiave inglese i tubi del lavandino, una cassa di attrezzi giaceva al suo fianco, e sembrava desiderasse essere risucchiato.
“Devo aver sbagliato qualcosa perché c’è una perdita.”
Da un paio di mesi Theo frequentava casa sua sempre più spesso e da una settimana avevano deciso di provare a convivere. Lui era davvero bravo con i lavori di casa: aveva ridipinto il soggiorno, aveva creato un’intera parete appendendo tutte le foto che Aranel aveva raccolto durante l’anno, si occupava delle piante e le aveva anche aggiustato il lavandino.
“Lascia perdere quel tubo e vai a vestirti. Abbiamo un matrimonio a cui partecipare!”
“Cosa? No, non posso mica mollare il lavoro nel bel mezzo di una perdita critica.”
Aranel lo colpì con un calcio ad un fianco costringendolo a  farsi vedere in faccia.
“Ho capito cosa stai cercando di fare, Raeken.”
Theo si alzò e raggiunse il bagno per lavarsi le mani sperando di superarla, ma Aranel riuscì ad entrare lo stesso.
“Potresti uscire, per favore?”
“Perché fai così?”
Aranel aveva capito il disagio che provava Theo nel partecipare al matrimonio perché aveva paura di incontrare la sua famiglia.
“Aranel…”
“Stai evitando di prendere parte al matrimonio di mia madre, ormai l’ho capito. Voglio solo sapere che cosa ti spaventa?”
Theo sospirò, lei riusciva a leggere sempre tra le righe.
“Io non so in quale veste presentarmi. Cosa sono? Un amico? Un fidanzato? Un imbucato per caso? Non saprei cosa dire ai tuoi parenti. Mi sentirei di troppo.” Ammettere di avere paura per lui, che si dimostrava sempre noncurante davanti a tutto, era un segno che la maschera di indifferenza e spavalderia che aveva indossato per anni si stava sgretolando.
“Da quando ci interessano le etichette? Diremo solo il tuo nome senza aggiungere nient’altro.”
“Va bene prendere in giro gli altri, ma la domanda resta comunque. Avanti, Aranel, è da un anno che viviamo questo assurdo rapporto! Andiamo in vacanza insieme, ci baciamo, andiamo a letto più di una qualsiasi coppia, e adesso conviviamo. Hai una parete piena di nostre foto!”
Theo era stanco di fare quel gioco, sempre in bilico tra amicizia e amore, tra l’incertezza e la certezza. Più entravano in intimità, fisica e mentale, e più sembrava svanire la possibilità di stare insieme.  Aranel si sentì in trappola, avviluppata dai suoi stessi sentimenti. Faceva un passo verso di lui e due indietro. Un anno era sufficiente per raccontarsi, conoscersi e capirsi, ma pareva che a lei non bastasse.
“Mi dispiace, Theo. Non pensavo che avesse un effetto negativo su di te.”
“Vedi? Tu continui a tergiversare e non mi dai una risposta concreta! Io avrò anche paura di incontrare la tua famiglia, però tu hai paura di accettare quello che provi, ammesso che provi qualcosa.”
Theo uscì dal bagno sorridendo amaramente, deluso dall’assenza di certezze. Aranel gli andò dietro non sapendo come comportarsi perché, sì, lui aveva ragione: era terrorizzata all’idea di essere innamorata.
“Non abbiamo finito di parlare!”
“Non abbiamo mai avuto nulla di cui parlare, è diverso! Con una mano mi vuoi e con l’altra mi respingi. Sono sinceramente stufo di questo comportamento.”
“Che fai adesso?”
Frattanto che le loro urla si alternavano, Theo stava gettando in valigia i suoi oggetti sotto lo sguardo sgomento di Aranel.
“Me ne vado, ecco che faccio. E’ evidente che hai ancora le idee confuse.”
“Non te ne puoi andare!” strillò Aranel togliendoli il borsone dalle mani e lanciandolo a terra.
“Perché dovrei restare?”
Adesso erano faccia a faccia, gli occhi furenti di lui in quelli tristi di lei, ed era impossibile mentire.
“Perché sì.”
“Aranel, sei troppo intelligente per dare una risposta così stupida.”
Non vedendo nessuna reazione da parte di lei, Theo riprese a raccattare le sue cose. Il cuore di Aranel esplose in un istante.
“Perché potrei provare qualcosa per te!”
“Mmh.” Si limitò a replicare Theo mentre continuava imperterrito a impilare le maglie in valigia.
“Io ti dico quello che vuoi sentirti dire e tu emetti un suono?! Ma cos’hai dentro? Il vuoto assoluto?!”
“Ho il cuore di mia sorella e il DNA misto, ecco cos’ho.”
La risposta lapidaria e pessima del ragazzo fece ghiacciare Aranel sul posto. Le parti si erano invertite: se prima era lei quella che si tratteneva, ora era lui che si sottraeva propinando la scusa dell’essere una chimera.
“Bene, a questo punto credo che non servano altre parole.”
Le urla che avevano riempito la stanza lasciarono il posto ad un silenzio tremendo, il silenzio della rassegnazione. Aranel tornò in cucina per bere un po’ d’acqua nella speranza che non si notassero le lacrime. Theo si sedette sul letto, le mani premute sul viso, e l’orecchio che ascoltava i singhiozzi della ragazza. Non era giusto che finisse così soltanto perché non erano in grado di mettere le carte in tavola. Quando la raggiunse, capì che non avrebbe mai potuto lasciarla. Era la sua luce e nessuna tenebra l’avrebbe soffocata.
“Circa un anno fa ho conosciuto una donna incredibile in un bar e mi ha dimostrato in pochi minuti di essere bellissima, sofisticata nei suoi abitini, intelligente, molto ambiziosa e di avere coraggio da vendere. Poi ho scoperto che più di tutto aveva cuore, un cuore talmente grande
che era possibile vederlo attraverso i suoi occhi. Mi ha stregato sin da subito ma sapevo che una così non mi avrebbe mai amato, invece col passare dei mesi mi ha fatto capire che anche per me c’era una speranza. Adesso chiedo a quella stessa donna se mi ama.” La dolcezza e il tremore nella sua voce fecero sciogliere la rabbia.  Aranel corse ad abbracciarlo.
“Te lo dico a fine giornata se ti amo. Che ne dici?”
“Questa è la tua strategia per convincermi a partecipare al matrimonio?”
“Sì, in effetti sì.”
Entrambi scoppiarono a ridere, sembrava tornata la calma almeno per il momento, ma la vera sfida li attendeva al traguardo.
Dopo una breve cerimonia civile, la festa proseguì sul terrazzo dell’Asiate, ristorante orientale di New York con vista su Central Park e su Manhattan. I tavoli erano stati sistemati a forma di ‘s’ da un capo all’altro della sala, una composizione di margherite era posizionata su tovaglie color verde acqua, alle sedie erano legati fiocchi verdi, il lampadario a gocce illuminava alla perfezione l’intero spazio, e il tavolo degli sposi erano posto su un palchetto. Aranel strisciava sinuosamente tra i partecipanti per salutare, adulare qualche invitato di riguardo, complimentarsi con le signore per i bellissimi abiti, e ricevette anche qualche apprezzamento sul suo romanzo. Theo, invece, se ne stava seduto al bar sorseggiando un cocktail abbastanza forte per poter reggere quella giornata. Aranel era strepitosa nel suo vestito dorato, sorrideva e chiacchierava allegramente, era sempre gentile con tutti.
“Lei deve proprio piacerti.” Esordì una voce vagamente divertita. Theo scoprì che accanto a lui aveva preso posto Melanie, la zia materna di Aranel. Aveva i capelli viola e numerose perle ad ornarle l’orecchio, di certo era la sorella di Amanda, anche lei donna bizzarra e anticonformista.
“Come potrebbe non piacermi?”
Accanto a sua madre, che indossava un semplice tailleur bianco e un esagerato cappello, Aranel era in netto contrasto. La sua eleganza, la sua sensualità innata, il suo essere sostenuta la contraddistinguevano dai membri colorati e per nulla raffinati della sua famiglia.
“Mia nipote ha preso tutto da suo padre, però ha il cuore buono di sua mamma. Vi siete guardati durante tutta il rito e ovviamente ho dedotto che ci sia del tenero tra di voi.”
“C’è più che del semplice tenero, ma non siamo capaci ad ammetterlo. Siamo entrambi molto orgogliosi.” Disse Theo mandando giù il liquido colorato. Le frange dell’abito blu di Melanie frusciarono quando ritirò il tuo martini con oliva.
“Sai, ragazzo, se non le dici cosa provi potrebbe scapparti. Aranel ha sperimentato solo amori deludenti, come quello dei suoi genitori e poi come quello con Greg, e adesso è spaventata di essersi davvero innamorata.”
Melanie svanì tra gli invitati e Theo pensò che era giunta l’ora della verità. Estrasse il cellulare dall’interno della giacca e scrisse un messaggio ad Aranel: ‘Vediamoci all’ingresso’.
Dall’altra parte del salone, Aranel ricevette il messaggio e si congedò cortesemente dal gruppo di persone con cui stava parlando. Scese una decina di scalini e si infilò nella stanza che fungeva da ingresso al ristorante in terrazza. L’ambiente era illuminato da una serie di plafoniere disposte in una singola fila verticale e al centro troneggiava un tavolo del periodo barocco. Theo stava osservando la città da una delle finestre. Il chiasso della sala aveva ovattato le orecchie di Aranel e a fatica si abituava al silenzio.
“Theo, va tutto bene? Perché siamo qui?”
Theo, che si era già accorto del suo arrivo, le fece cenno di avvicinarsi.
“Avevo bisogno di vederti. Ehm, ecco, io stavo pensando che dovremmo risolvere la questione una volta per tutte. Lo so che esporsi è rischioso, che fa paura, ma non possiamo fare finta di nulla. Io non posso fare finta. Quello che sto cercando di dirti è che io…”
“Ti amo.” Lo precedette Aranel.
“Beh, sì, volevo dirti que…”
“Non hai capito, Theo. Io ti amo.”
“Come, scusa?”
Aranel sorrise per il panico dipinto sul volto di Theo. Gli circondò il collo con le braccia e avvertì le mani di lui stringerle i fianchi.
“Ho appena detto che ti amo.”
“Avrei dovuto dirlo io per primo!”
“Raeken, dimmi che stai scherzando. Ma sei cretino?!” disse Aranel allontanandosi. Se per lui era una sfida a chi si confessava prima, per lei si era appena trattato di un’umiliazione. Infuriata come poche volte, fece marcia indietro con l’intenzione di tornare alla festa ma Theo l’afferrò per un braccio e la spinse dolcemente contro il muro. Sorrideva e la felicità, nuovo sentimento di zecca, gli scorreva in tutto il corpo.
“Ti amo, stellina.”
Quando zia Melanie scese per trangugiare uno scotch senza le lamentele di sua sorella, notò che Aranel e Theo si stavano baciando appassionatamente sorridendosi e continuandosi a ripetere le due paroline più famose del mondo.
 
 
 
Due anni dopo, agosto, New York.
“Tesoro, sono a casa!” disse Aranel chiudendosi la porta alle spalle. Poggiò la borsa e le buste sull’isola della cucina, poi si liberò delle scarpe. Il soggiorno era buio, la tavola era spoglia e non si udiva alcun rumore. Che Theo si fosse dimenticato del loro anniversario? Il solo pensiero la rattristò, specialmente perché l’anno precedente aveva organizzato un weekend ad Amsterdam per l’occasione. Un dettaglio la insospettì: la porta che conduceva in piscina era aperta. Dopo averla varcata, due mani le coprirono gli occhi.
“Ti uccido se non levi le mani in questo istante.”
“Cosa? Di solito sono io che minaccio la gente di morte. Non rubarmi le battute, piccola.”
Aranel lo scansò e si voltò verso di lui portando le mani sui fianchi e inarco le sopracciglia.
“Ti sei dimenticato del nostro anniversario, vero?”
“Lo sapresti se guardassi alle tue spalle.”
Quando guardò la piscina, si sentì una stupida. La superficie dell’acqua era cosparsa di rose bianche e rosse, ai quattro lati erano state sistemate delle lanterne al cui interno bruciavano candele alla lavanda a forma di fiore. Aranel sorrise e gli lanciò un’occhiata divertita.
“Te lo sei ricordato poco fa.”
“Già.” Ammise Theo al suo fianco ghignando.
“Beh, hai fatto un ottimo lavoro. Vado a mettermi il costume.”
Theo l’arrestò cingendole i fianchi e l’attirò a sé.
“Togliti i vestiti e basta! Non essere sempre così puntigliosa.”
“Non sono puntigliosa, penso solo in modo razionale.”
“Fa come vuoi.”
Theo si disfò della maglia, dei jeans, dei calzini e restò soltanto in boxer davanti allo sguardo imbarazzato di Aranel. Quel fisico scolpito nei minino dettagli e quella pelle che odorava di menta la facevano sempre cedere.
“Okay, forse adesso non penso in modo molto razionale.”
“Lascia fare a me.”
Aranel si irrigidì quando Theo le sbottonò con flemma estenuante la camicetta, poi abbassò la zip della gonna e la fece cadere a terra, le sciolse i capelli sfilando il fermaglio.
“Tu sei una tentazione continua, Raeken.”
“Sempre a tua disposizione, stellina.” Mormorò Theo sulle sue labbra e poi la baciò avidamente.
Dopo essersi schizzati e essersi inseguiti, Aranel si appoggiò a bordo piscina e si tirò indietro i capelli bagnati. Theo la raggiunse qualche secondo dopo, lei gli avvolse le gambe attorno ai fianchi e gli accarezzò il petto lentamente.
“Ti ricordi quel natale di tre anni fa che abbiamo festeggiato a Parigi?”
“Sì, perché?”
“Stamattina mi sono tornate in mente le parole della francese che abbiamo incontrato. Mi aveva detto che si vedeva che eravamo innamorati e che ci saremmo dovuti dare una mossa per compiere il primo passo. Inoltre mi disse che l’amore vero è uno solo e che la vita è troppo breve per lasciarselo scappare.”
“Non aveva tutti i torti quella donna. Dopo un litigio e qualche minaccia, siamo riusciti a metterci insieme.” Replicò lui disegnando figure concentriche sul braccio di Aranel con la punta delle dita.
“Hai organizzato una serata fantastica, anche se ovviamente il viaggio ad Amsterdam è stato spettacolare.” Disse Aranel con un sorriso malizioso.
“Presuntuosa.”
Theo annullò le distanze baciandola, i corpi incastrati, i sospiri pesanti, le mani fredde sulla pelle calda. Le baciò il collo, la spalla, poi tornò alle labbra. Aranel, non del tutto abbandonatasi a quelle carezze, scorse una scatoletta di velluto all’altro capo della piscina.
“E quella cos’è? Mi hai fatto un regalo?!”
L’entusiasmo di Theo si spense all’istante.
“Non è esattamente un regalo …”
“Allora di che si tratta?”
Ormai stavano insieme da tre anni, abitavano insieme, si trovavano benissimo e fare il grande passo non doveva essere chissà quanto tragico. Theo la invitò ad uscire dall’acqua, la guidò sulla sdraio e la fece accomodare.
“E se ci sposassimo?” disse aprendo la scatola. Aranel si portò le mani alla bocca quando vide il meraviglioso diamante custodito nel velluto.
“Questa è la proposta di matrimonio più brutta del mondo ma, sì, ti voglio sposare!”
Theo tirò un sospiro di sollievo e le mise l’anello all’anulare sinistro.
“Una proposta fatta bene non è nel nostro stile, stellina.”
“Decisamente no.”
La risata di Aranel si infranse sulle labbra di Theo e si persero in quella tempesta di sentimenti che da lì in poi li avrebbe uniti per sempre.
 
 
Salve a tutti! :)
Eccoci alla fine definitiva della storia.
Fatemi sapere cosa ne pensate.
Mi auguro che vi abbia entusiasmato e che vi abbia tenuto compagnia.
GRAZIE a chi ha letto, a chi ha inserito la storia nei preferiti e nei seguiti, a chi ha recensito.
Non so se tornerò con una seconda parte, sta a voi decidere.
Alla prossima.
Un bacio.
 
Ps. Perdonate eventuali errori di battitura.

 

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