L'errore

di _Malvine_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il taccuino mnemonico ***
Capitolo 2: *** Rottura ***
Capitolo 3: *** Padre, Figlio e Dio dalla Macchina ***



Capitolo 1
*** Il taccuino mnemonico ***


Avrebbero pagato per quel che gli era stato fatto. Tutti, nessuno escluso.

Letteralmente immerso nei suoi ricordi come avvolto da un flusso incessante senza tempo e senza attrito, un uomo si masticava le labbra fino al sangue. Come era potuto succedere? Perché si trovava in quella situazione senza via d’uscita? Doveva studiare un piano. E per ora, l’unico modo che gli veniva in mente per trovare una soluzione era ripercorrere alcune tappe a ritroso per capire dove aveva sbagliato e, una volta individuato l’errore, correggerlo.

Scelse un ricordo e vi si catapultò senza alcuna esitazione. Fremeva dalla voglia di tornare sul campo.

 

Il Taccuino Mnemonico

 

1.

 

Eccolo lì, l’uomo che andava cercando. Lo aveva individuato in mezzo alla folla, comune individuo tra comuni individui. Era Iwano Hahn, madre giapponese e padre tedesco. Aveva trentacinque anni e lavorava alla Engine & Care, la più rinomata compagnia, almeno qui ad Akihabara, nel settore tecnologico-informatico. Lavorava alla sezione Consumi e Applicazioni Medie; in altre parole uno di poco conto che fa infografiche per poi presentarle ai consumatori medi. Lampadine di nuova concezione, celle di energia, ricambi per automi, sciacquoni del cesso silenziati e tapparelle automatizzate, in genere quella roba là.

 

Non è ancora tempo di una promozione.” aveva detto il grande capo Francis Matsuda quando Iwano aveva avuto la malsana idea di passare alla sezione Consumatori Superiori; “Se ci pensi, gli uomini di una certa levatura possono comunicare meglio con i loro simili. Invece gli uomini di bassa estrazione sociale possono comunicare al meglio quando a parlare loro è uno di loro. Il simile conosce il simile, sai?

In pratica gli aveva detto cortesemente di andarsene a ‘fanculo, senza troppi giri di parole, perché così era stato deciso. Bloccato a parlare con le mamme di quanto mercurio cromo potesse esserci negli automi che tagliuzzavano il sushi ai loro bambini, o di quale frequenza fosse cancerogena per le lampadine che il suo amico scienziato alla Sezione Tecnologia e Sviluppo aveva controllato miriadi di volte evitando persino di tornare a casa la sera, rovinandosi la salute.

Neanche quest’anno avanzerò di grado.”

Una timida pioggerellina invece si fece avanti senza scrupoli. Iwano accostò le labbra inumidite al collare rialzato della sua unità tutelante << Modalità Pioggia, on. >>

Il microchip inserito nel colletto comunicò rapido l’informazione al resto della propria unità e i microtubuli rinforzati cominciarono a rimestarsi nel tessuto mentre le fibre sintetiche E.C. consentivano alle placche protettive di innalzarsi sull’abito che, allungandosi, da sciarpetta che era, assunse la forma di un impermeabile rinforzato.

<< Odio la pioggia acida. >> commentò finendo di bere il proprio liquore. Pagò il conto all’automa addetto al servizio e uscì dal microbar, una sorta di unità di un metro per uno con un paio di tendine come accesso in cui si serviva un cliente per volta. Una specie di bagno chimico ma con dentro un robot distributore di alcolici, merendine e preservativi. Si era informato, il primo modello di quelle cabine da pezzenti era stato inventato nel...fece uno sforzo di memoria. “Nel 2155”, subito dopo la grande rivoluzione dei mezzi a compartimenti interi. Bus, pullman e tram, a rotaie magnetiche chiaramente, al cui interno ogni passeggero aveva la libertà di delimitare il proprio spazio personale con una bolla protettiva in kevlar che si poteva abbassare e rialzare come le protezioni del luna-park, munita di ossigeno puro al 97%. Erano state la risposta ai sempre più frequenti dinamitardi che tanto avevano cominciato a rompere i coglioni negli anni 2000 e qualcosa, e da lì non avevano mai finito. Una guerra che andava avanti da oltre 200 anni e che si trascinava persino ora, alle soglie del 2389.

Si comincia con la protezione individuale, su cui tutti concordano, per poi scaturire addirittura nella moda e nel divertimento. La gente prese così tanto gusto a non dover più sentire gli odori e le chiacchiere altrui che cominciò a chiedere a gran voce alle corporazioni di allora di sviluppare tecnologia via via più adatta a quello che veniva definito “Movimento Individuale.”

Chiaramente tutta questa roba aveva un prezzo, ed era il progressivo isolamento della società e degli individui della stessa. Un prezzo che in realtà nessuno era restio a pagare. Per trovare l’anima gemella o amici con cui divertirsi si svilupparono social media più efficienti ricorrendo sempre alle corporazioni di cui sopra. Vennero snellite le pratiche burocratiche arrivando poco per volta all’obsolescenza di concetti come “matrimonio” e “vita insieme”, visto che gli individui e la loro famiglia assumevano un ciclo quasi annuale in cui una coppia si formava, figliava e si sgretolava nel giro di pochi mesi.

Mentre si assicurava che la propria bolla -in realtà parzialmente scheggiata da qualche vandalo- fosse saldamente assicurata e che l’ossigeno della propria maschera fosse operativo e ad un buon livello, osservò la situazione che aveva davanti. Chi parlava, chi mangiava, chi videogiocava, ognuno nel suo piccolo mondo ristretto, contento e felice di farne parte. Bastava così poco per accontentare le persone, eliminare dal loro mondo tutte le altre, o almeno cancellarne parzialmente l’esistenza.

Era in leggero anticipo sulla sua tabella di marcia: non erano nemmeno le 9.00 e doveva essere a lavoro per le 9.30, considerando che l’autoveicolo multiplo a guida automatica (A.M.G.A.) ci metteva non più di quindici minuti contati.

Brrrrip.” sentì nel cervello. “Brrrrrrr-rrrrip.” si ripetè quel rumore di sottofondo. Non poteva venire da fuori grazie all’insonorizzazione, per cui doveva essere il cellulare integrato, quello che ormai tutti si facevano inserire nel lobo frontale. Sembrava qualcosa di terribilmente doloroso ma in realtà scongiurava qualsiasi rischio di dimenticarselo o perderlo o venire derubati. Appoggiò il dito indice al lobo sinistro dell’orecchio e fece partire il contatto. I circuiti inseriti nel suo apparato uditivo e parzialmente nel cervello attivarono la chiamata: << Iwano, qui Michael Deda. Ti ricordi di quel favore che mi devi, vero? >> Era Michael, lo scienziato che gli era tornato alla mente poco prima. Gli aveva installato un nuovo impianto refrigeratore contro il Caldo Africano, un vento che si ripresentava ogni due mesi per tutto l’anno e senza il quale le probabilità di sopravvivere erano del 73%. I materiali erano presi dagli scarti del suo settore ma visto che non aveva richiesto l’autorizzazione era una situazione abbastanza compromettente. << Sì, me lo ricordo. Cosa ti occorre, mio amico mai inopportuno? >> nella sua voce un pizzico di ilarità si sentiva.

<< Fai poco lo spiritoso, maestrino delle mie gonadi rifatte. Voglio quello che mi avevi promesso. E paghi tu ovviamente. >>

<< Un giro di ramen e mezzo bicchiere di sake al microbar solito, chiaro. >>

<< NO. >> proruppe Michael toccando note da soprano.

<< No, signorino. Quell’altra cosa. >> Iwano pareva di sentire le sue dita attorcigliarsi mentre l’amico cercava di fargli capire cosa volesse. In realtà lo sapeva bene, solo che si divertiva a tirarglielo fuori. Era l’unica vendetta possibile per dover sborsare almeno mille Globali per robobattone assortite. Michael aveva perso la verginità con un’automa specificatamente ideato per quel ruolo e da allora il poveretto non aveva voluto più sentire né vedere una donna -non che avesse chissà che speranze o conoscenze, a dire il vero.

Era un mezzo fallito con solo un ottimo cervello: basso, con baffetti ridicoli e un principio di calvizie in quei capelli biondicci che si ritrovava. In più aveva un modo molto strano di approcciarsi, non solo alle donne, che prevedeva sempre la sua mano sulla tua spalla o il suo sguardo languido indugiare su qualsiasi cosa tranne che i tuoi occhi quando gli parli. Un atteggiamento che ha sempre posto un’ulteriore barriera ben definita tra lui e gli altri. Così quel poveretto era arrivato alla precaria età di 34 anni senza aver mai baciato una vera donna, preferendo ora le labbra accuratamente costruite e progettate di un’automa adibito al solo scopo di dare piacere agli esseri umani. E, visto che non parlava di cosa aveva spettegolato dal parrucchiere, era in effetti poco sensato dargli torto. Quando calcolava il livello di razionalità di quella scelta con l’applicazione integrata di cui disponeva nel suo apparato elettronico gli dava sempre indici molto elevati. Era la tecnologia stessa a dire “scopate robot, non umani”.

Da qualche parte, ora, una lady stava sicuramente pensando le stesse cose di un bel membro in poliuretano espanso riscaldato e con vibratori interni munito di schizzo a temperatura regolabile.

<< Pronto? Ci sei? >>

<< Senti, sto arrivando, ne parliamo dopo >> tagliò corto chiudendo la conversazione bruscamente.

Il timer sulla sua retina segnalò l’arrivo a destinazione. Il mezzo si fermò senza alcun sussulto, sollevò la propria bolla e uscì prima che le portine potessero pinzargli gli indumenti. La pioggia non accennava a smettere. Le strade venivano spesso corrose e devastate da piogge acide, qualcuno ci moriva ogni ventiquattr’ore per cose simili. In genere barboni ubriachi o gente addormentata al parco che si risvegliava sfigurata. Il palazzo che accoglieva i laboratori era un enorme complesso di grattacieli collegati da pontili esterni rigorosamente corazzati contro quasi qualsiasi tipo di aggressione. Era munito di muri rinforzati capaci di resistere alle bombe tattiche nucleari perché il suo contenuto era più prezioso di ciò che c’era in banca. “Qui giace la culla del futuro” era solito ripetere Francis Matsuda, “assaltare noi vuol dire aggredire l’umanità”, spiegava sempre ai nuovi arrivati, aggiungendo che anche rubare materiale protetto o fare spionaggio industriale era considerabile atto di guerriglia. A tal proposito il Governo, o come si chiamava da novant’anni a questa parte, il “Direttivo”, aveva optato per fornire una piccola guarnigione difensiva solo a quell’edificio, comodamente dislocata tutt’intorno negli alloggiamenti circolari che i colleghi simpaticamente chiamavano “i bubboni”, visto che la soldataglia era solita tastare più del dovuto le signorine durante i controlli, e chiedere spesso pedaggi non autorizzati a chi si perdeva in loco oltre una certa ora. Passare in mezzo agli scanner era la solita rottura, anche se Iwano ne comprendeva il motivo. “Dai, forza, sono qui per offrire le migliori sorpresine per merendine che la tecnologia abbia da offrire. Potete stare certi che il mio scopo è proprio derubare i bimbi.

<< Salve, Iwano. Solite domande: viste e/o sentite azioni fuori norma? >>

<< No. >>

<< Visti e/o sentiti comportamenti sospetti e/o illeciti di eventuali colleghi? >>

<< No. >>

<< Sta introducendo, o ha mai introdotto, microspie, telecamere o qualsiasi tipo di tecnologia atta a riprodurre immagini e suoni? >>

<>

<< Molto bene. La informo che mentire ad un pubblico ufficiale per la sicurezza è punibile ai sensi di legge così come riportato nella 5646, ultimo paragrafo, secondo la normativa vigente, la quale prevede la pena capitale. Lei entrando si prende la piena responsabilità delle sue parole, appena registrate. Conferma? >>

<< Sì. >>

<< Fatelo passare >>

Finalmente l’accesso fu libero. Ovviamente i soldati si davano il cambio ogni ora, ripetere quella manfrina per ogni dipendente era snervante pure per loro, tanto che Iwano ormai poteva ripeterla al posto loro da quante volte l’aveva sentita.

Salutò Mag alla reception, passò oltre quelle sgradevoli piante di cui non ricordava mai il nome all’ingresso e arrivò fino alla destra della statua in bronzo lucente dell’astrolabio, alla cui base sostava l’ascensore che lo avrebbe portato alla sua sezione. Scese nelle profondità della terra fino al -39 piano, aveva ancora cinque minuti per riordinare le sue cose e fare un po’ di lavoro d’ufficio. Alle 10.30 lo attendeva il Capo Sezione, Fredrika, una di origini nordiche, per discutere del nuovo progetto da lanciare sul mercato. Quella donna spesso si ostinava a indossare il caschetto bianco anche quando era assodato che problemi di tipo sismico ormai non erano più un problema viste le ultime installazioni nelle fondamenta. In realtà, aveva rivelato una volta, spesso lo teneva per tenere compatta la nuova capigliatura che in genere cambiava una volta alla settimana.

Arrivò al proprio piano e le porte si aprirono automaticamente, con una vocina robotica che augurava << Buona Giornata, lavoratori e lavoratrici! >>

Come al solito era il primo ad arrivare alla propria postazione contrassegnata dal numero 12, quello poco prima del fortunato 13. A rompere questo primato mondiale fu Michael, seduto sulla sua sedia girevole. << Alzati, lo sai che non voglio altra gente sulla mia sedia >> sibilò mimando un ceffone pronto a planare.

<< Wo-wo, calma grande capo! È stata la capa a dirmi di installarti un nuovo firewall, prenditela con lei! >> piagnucolò alzando le mani in segno di resa.

Qualcuno cominciò ad arrivare sul piano, prendendo posto e accendendo i monitor.

<< E per quanto riguarda il discorso che ti accennavo… >> sussurrò al suo orecchio, roteando gli occhi da una parte all’altra come un camaleonte. La sua mano umidiccia già appoggiata sulla spalla di Iwano. << Ah sì, le robobattone >> intonò, e la faccia di Michael si chiazzò di rosso facendogli andare di traverso la saliva. Alzò improvvisamente la voce guardando gli altri, che avevano sentito quella parola << Sì, sì, quelle che devo ripararti, ma ora dobbiamo lavorare! >>

Poi subito rivolgendosi a lui, con gli occhi infuriati ma che squadravano sempre altrove << Che bello scherzo, sei proprio un amico. La prossima volta che arriva un tifone di gran caldo sai a chi chiedere? Non a me. >>

<< Stavo scherzando, ti ci porto stasera stessa se vuoi. >>

<< Davvero? >> Michael aveva le lacrime agli occhi dalla felicità.

<< Sì, basta che ti levi e mi lasci lavorare ora. >>

Lo scienziato a quelle parole si sciolse come neve al sole e tornò al proprio piano.

Il tempo di dare una sistemata ad alcune cartelle lasciate in sospeso il giorno prima e gli arrivò la comunicazione di Fredrika di presentarsi nel suo ufficio immediatamente.

Arrivò in quell’ufficio tappezzato di chiffon rosa fluo appena possibile, inciampando nella moquette alta fino alla caviglia. Un androide gli porse un bicchiere d’acqua appena purificata. << No, grazie >> alzò una mano per rifiutare.

<< Vieni, Iwanoe. Ti faccio vedere una cosa. >>

<< Non mi chiami così, la prego. Gliel’ho già detto. >>

<< Ma Ivanhoe è un bel personaggio. Antico, come lei. Mi esce la polvere dalla bocca appena lo pronuncio ma ha un suo fascino. >> girò il monitor verso di lui e prese a sorseggiare il suo drink mattutino.

<< Non mi interessa. Il mio nome non lo voglio storpiato, neanche per le carinerie di un’amica. >>

Lei sembrò non gradire e la sua smorfia fu la conferma. Si aggiustò un ciuffo di capelli rossi e bevve avidamente.

Iwano controllò lo schermo e vide il progetto di quello che sembrava essere un nuovo hardware. Per cosa fosse, però, non riusciva a capirlo.

<< Back-up di memoria umana esterna. Renderà possibile la copia, il trasferimento dati, la cancellazione dei ricordi se necessario. >>

Iwano aggrottò le sopracciglia. << Sembra roba da Consumatori Superiori. Che c’entro io? >>

<< Infatti non devi occuparti delle vendite. Devi testarlo. Questo è il prototipo… >> digitò un codice sul tastierino alfanumerico sulla scrivania e un cassetto si aprì rivelando l’apparecchio, di forma rettangolare e di colore nero lucente. Un palmare, quasi, con uno schermo. Il suo pollice premette un tasto dorsale e si accese un led rosso. << Ora è attivo. Utilizza tecnologia wireless, non vogliamo roba invasiva per i cervelli di chi ci compra abitualmente. Tu ne sei provvisto, vero? >>

<< Sì, della mia sezione sono l’unico aggiornato al wireless. >>

<< E credevi ti avessi scelto perché sei bello? >> un lampo malizioso passò sul volto rarefatto del capo sezione. Iwano invece accusò il colpo, credeva almeno di essere stato scelto per la sua intelligenza. << Ma a parte questo, non avete già le cavie umane alla sezione clinica di sotto? >>

<< Sì ma le cavie che usiamo sono di estrazione sociale bassa, molto bassa. Ti basti sapere che gli unici ricordi che avevano e che avrebbero potuto trasferire riguardavano sesso, mangiate in famiglia e poca altra roba. Di certo i cervelloni non si offrono come cavie, no? E qui entri in scena tu. Devi dirmi se funziona, eventuali anomalie, eccetera eccetera >> fece un segno vago ruotando il polso.

Iwano sapeva bene di non poter veramente rifiutare. Il suo contratto prevedeva poche tutele, e quasi tutte sempre a favore della direzione.

<< È previsto un pagamento almeno? >> visto che cominciava a sentire la gola secca prese il bicchiere che prima aveva rifiutato e bevve ad ampie sorsate.

<< Mille Globali se va tutto bene, sono previsti cinquecento Globali in più nel caso in cui incorressi in anomalie dovute al prodotto. È sottinteso che anomalie non ce ne saranno e anche in quel caso… >>

Il discorso lasciato cadere nel vuoto fu piuttosto eloquente.

<< D’accordo. >> Posò il bicchiere, afferrò l’aggeggio con noncuranza e tornò a lavorare.

 

2.

 

Stava rimettendo a posto le ultime cose quando udì un grido. Il calcolatore suggeriva un grido umano, di individuo maschile, e propenso alla tristezza, per il 90%.

Attorno all’ufficio del responsabile risorse umane si era radunata una piccola folla nonostante fosse quasi ora di chiusura.

<< Non è giusto! >> urlò la stessa fonte di prima.

Iwano scostò cortesemente un paio di persone per poter vedere meglio. Un uomo in giacca e cravatta, tirato a lucido e ben pettinato come un damerino, aveva ribaltato una sedia nell’ufficio del responsabile.

<< Non avete alcun diritto di chiedermi una cosa simile. Io non mi metto niente nel cervello, è chiaro?! >> sbraitava alzando le mani e gesticolando.

Il responsabile, conscio della situazione, provò a calmarlo.

<< Lei è stato respinto perché prevediamo un rendimento inferiore del 50% rispetto alle persone...ottimizzate. >>

L’uomo sbattè le mani sulla scrivania.

<< Siete vincolati dalla legge. Non è ancora ammessa discriminazione tra “ottimizzati” e “pezzenti” come me. E anche volendo, senza un lavoro, come diavolo faccio a modificarmi? >>

<< Signore, sono previsti stanziamenti, assicurazioni e prestiti agevolati per chi si trova nella sua situazione… >>

<< No. Ho detto di no. Yahallahddha ci ha creati così perché siamo già perfetti! >>

Intervenne anche il droide del responsabile << Signore, sta dando spettacolo. La prego di calmarsi. Vuole un calmante? >>

L’uomo rovesciò il piatto con sopra la confezione di calmanti << Vaffanculo te e i tuoi calmanti. >>

<< Sono uscito con il massimo dei voti da un’università prestigiosa. Ho già pubblicato, a me nessuno dice cosa mettermi nel cervello, è chiaro? >>

<< La nostra compagnia ne è lieta. Vuol dire che nonostante il rifiuto sarà perfettamente in grado di inserirsi nel tessuto sociale. Buona giornata >>

L’uomo venne portato via da alcuni addetti alla sicurezza. A Iwano parve anche di sentire, una volta allontanatisi, qualche percossa dovuta ai dissuasori, le armi in dotazione.

Accanto a lui già sentiva i primi sberleffi:

<< Chiaro, non vuole lavorare! >>

<< Se non ti ottimizzi non puoi certo pretendere che gli altri rimangano a livello “paleolitico”! >>

Una cosa lo aveva particolarmente colpito, però. Aveva citato Yahallahddha, che era considerato “l’ultimo Dio.” Quasi nessuno pregava più e, perdendo consenso, un giorno i rappresentanti delle religioni più grandi si misero d’accordo sul fondere la dottrina e unire le forze. Il nome di Dio sarebbe stato la risultante di tre nomi: Yahweh, Allah, Buddha. Yahallahddha.

Erano rimasti in pochi ma non erano ancora morti, e non volevano assolutamente modificare il proprio corpo.

 

Sulla strada per casa la sua mente lo aveva di default portato in un ambiente che riconosceva, e che odiava. La stradina sotto al ponte. Da lì si potevano tagliare dieci minuti di camminata per casa sua.

La tana era ancora là. Il cane di quel giorno invece no. Sperava sempre di poterne osservare il cadavere masticato dalle formiche un giorno o l’altro.

Cinque minuti prima di arrivare a casa, in periferia, aveva potuto scorgere la sua casetta in lontananza. Niente di speciale, un agglomerato di mattoni, cemento e vetro che aveva messo insieme negli anni. Ad attenderlo, la moglie Midori e la figlia Iris. Quel nome era sembrato appropriato visto che l’Iris era un fiore e Midori in giapponese significava “verde”. Un accostamento quantomai banale ma che era subito piaciuto e aveva tolto un’incombenza a entrambi. In una società in cui non sai se il tuo nucleo familiare resiste oltre l’anno, nessuno perde più tempo dietro alle minuzie come i nomi, e la mediocrità regna. Ma quello era il suo bel fiorellino e per ora il sogno resisteva come radici ben salde nel terreno. Magari quell’Iris un giorno avrebbe messo radici altrettanto salde, si augurava. La trovò nella sua stanzetta con la sua minidroide preferita, quella bionda. Aveva aspetto e dimensioni di una bambola ma non era inanimata: alcuni microchip e alcune funzionalità regolabili sulla direttiva “istruzione e apprendimento” permettevano a quella bambola di essere anche un tutore e una telecamera di sorveglianza allo stesso tempo. I genitori potevano sapere cosa faceva la bambina e cosa imparava durante il giorno.

<< La palla con cui stai giocando è in caucciù. Sai da dove viene il ca-uc-ciù? >> cantilenava quella bambolina con voce umana riprodotta. E Iris, anche se ancora non parlava bene dall’alto dei suoi tre anni, batteva le mani contenta.

La moglie lo accolse con un bacio veloce, indaffarata a preparare la cena. Anche lei aveva scelto di ottimizzarsi con qualche piccolo impianto qua e là in grado di asciugare il fisico danneggiando le riserve eccessive di grasso, o tirare la pelle delle smagliature, e l’ultimo era persino in grado di cambiare il pigmento dei capelli e delle iridi degli occhi. Così era ogni volta uno splendore per lei poter abbinare il giallo paglierino dei capelli all’arancione o al rosso dei suoi occhi. Tanto tempo fa, quando questi aggeggi erano stati inventati da una compagnia concorrente alla sua, erano visti come il male in terra. Gente con gli occhi rossi era derisa, gente coi capelli verdi e blu quasi disprezzata. Col tempo la cosa è stata semplicemente accettata e le critiche sono scomparse nel nulla della loro inconsistenza.

Dal canto suo, Iwano adorava sperimentare, e sicuramente a letto quegli impianti aiutavano. Gli tornò in mente il ragazzo di prima, rifiutato per non volersi ottimizzare, poi scacciò subito il pensiero.

<< Questa sera esco con Micky. >> disse a cena all’improvviso mentre Midori imboccava la bambina.

<< D’accordo. Se si tratta di relazioni extraconiugali sei pregato di farmelo sapere, così almeno sistemiamo i moduli per tempo. >> rispose lei senza alzare gli occhi dalla bambina sorridente che stringeva il pugnetto.

<< No, non si tratta di questo. Riguarda Micky veramente. È a lui che serve. È il ringraziamento che vuole per l’impianto che ci ha fatto >> spiegò addentando un tozzo di pane.

<< Il lavoro che ha fatto è mediocre. Secondo me crolla tutto al secondo utilizzo >>

<< Purtroppo questo è quello che attualmente possiamo permetterci. Dovevo scegliere tra il mediocre e il nulla, tesoro. >>

Lei a quella parola si girò e gli sorrise. << Già, grazie per quello che fai per questa famiglia. Il mio terzo compagno lo lasciai proprio perché non era in grado di provvedere neanche a se stesso e pretendeva che lo facessi io. Morì l’anno dopo proprio a causa del tifone. >>

Iwano mostrò un sorriso di cortesia. Si asciugò con un tovagliolo dal sugo e controllò l’orologio integrato. Con uno sguardo diede il comando e un materiale liquefatto trasparente uscì discendendo da una bocchetta sul soffitto. Il materiale prese una forma rettangolare, regolò lo spessore e i colori dei cristalli, e si sintonizzò sul canale prefissato, il telegiornale.

<< È previsto per domani… >> intonò la giornalista in loco << ...l’assalto finale alle milizie del Califfato, ci dice il portavoce per la sicurezza nazionale. Le forze congiunte dell’Occidente sotto i rispettivi Direttivi assicurano che saranno ridotte al minimo le perdite umane tra i civili. Intanto, i nanodroni sono già pronti a inserirsi nelle vene dei luogotenenti di Al-Mushraafi per addormentarli e i reparti pacificatori dispongono anche di qualche unità di tute tattiche modellizzanti nel caso in cui i terroristi dovessero ricorrere alle maniere forti. Qui è tutto, a te la linea Jones. >>

Il conduttore continuò a parlare sulla scia di quanto era già stato detto. Che bella notizia, finalmente la guerra si stava avvicinando all’epilogo. Gli sembrava ancora di poter toccare con mano quello che i nanodroni erano stati capaci di fare, nei suoi ricordi. Davanti a lui un delinquente ottimizzato con un braccio capace di esercitare una pressione tale da poter schiacciare un cranio come un acino d’uva che voleva i suoi sudati Globali. Iwano non disponeva di strumentazione difensiva, anche se un pensiero avrebbe voluto farcelo, e si ritrovò a scappare a perdifiato, con il contatore di probabilità che lo dava già per morto. Un pacificatore era intervenuto con il dissuasore ma quel braccio lo aveva piegato in due e una volta disarmato era riuscito a frantumargli la testa. Il chip nel cervello del pacificatore si era attivato e a cascata aveva attivato decine di chip dei colleghi i quali erano accorsi sul posto con velivoli di autodifesa e blindati di pronto intervento. Riconosciuto come criminale ottimizzato avevano optato per i nanodroni, paragonabili a robot grossi un millesimo di moscerino in numero di circa mille per capsula. Qualcuno aveva gettato una capsula ai piedi del criminale, si era dischiusa e lo sciame silenzioso era penetrato senza che se ne accorgesse nella sua pelle, nei suoi circuiti, nel suo cervello attraverso gli occhi. L’ufficiale giudiziario lì presente aveva valutato la situazione con il massimo del punteggio: aggressione e uccisione di pubblico ufficiale. La pena prevista era la morte, e fu eseguita seduta stante nel modo più doloroso possibile. I droni cominciarono a rendergli inservibile il braccio per renderlo inoffensivo. Proseguirono tranciando con dei micro laser i suoi tendini, i muscoli delle gambe e del collo. Reso infine un’ameba d’uomo, attaccarono i muscoli della gabbia toracica, impedendogli il respiro. Non ebbe neanche la forza di urlare. Iwano era salvo e felice, venne aiutato e gli venne data una coperta, eppure era ancora scioccato da come aveva visto quell’uomo morire.

Fu il cellulare integrato a riportarlo al presente, Michael esigeva il suo tributo sessuale. In tasca sentì ancora il palmare del back-up mnemonico. Per sicurezza lo mise nella cassaforte di casa e uscì alleggerito da quel problema.

Michael lo aspettava fuori dal cancelletto, pronto a partire e fremente di gioia. Si aggiustò un ciuffo ribelle e si infilò la camicia nei pantaloni salutando l’amico. Iwano gli fece stancamente segno di seguirlo. Attraversarono la lunga ragnatela di ferrovie magnetiche incrociando ogni tanto qualche automa di servizio. Verso l’interno dell’agglomerato urbano cominciavano a comparire anche alcuni dei primi microbar dalle cui tendine usciva un soffice tepore unito a odore di ramen in brodo.

Un gruppo di ragazzi uscì da un locale barcollando, alla fine caddero tutti abbracciati l’uno all’altro ridendo. Lasciarono passare una vettura e proprio durante quella breve attesa Micheal scelse di spezzare il silenzio che si era creato << Tu hai...hai mai provato? >>

<< Una volta ma non mi è piaciuto. Preferisco la carne. >>

<< Oh, ti capisco sai? È come paragonare la carne sintetica a quella di allevamento. C’è sempre quel non-so-che che ti spinge a preferire il vecchio al nuovo. >>

<< Alla riproduzione >> lo corresse.

<< Che sia un bias umano? Alla fine gli strumenti dicono che queste macchine sono create per riprodurre fedelmente le interazioni umane, per stimolare le stesse sensazioni che avremmo con gli esseri umani; non ci sono sostanziali differenze al netto della tecnologia di cui disponiamo. È solo pregiudizio o c’è dell’altro, mi chiedo? >>

<< Si dice che dopo una scopata gli uomini si mettano a fare filosofia spicciola ma tu la fai addirittura prima >> scherzò indicandogli la porta giusta, contornata da lucine violette e blu che componevano una farfalla.

Ad accoglierli era una ragazza sulla ventina di chiara provenienza e accento cinesi, vestita come una maid. Porse loro il menù e indicò un tavolo. Un urlo di piacere si levò alto nel cielo.

Michael gli tirò la manica << pensavo a qualcosa di più...discreto >> chiarì, rimanendo comunque distratto dal passaggio di un’altra cameriera con sigarette e alcolici su un piatto argentato.

<< Questi hanno un ottimo rapporto prezzo/qualità. Ovviamente parlo per quello che ho provato cinque anni fa, non so se sia ancora come allora. Prendere o lasciare, il mio dovere l’ho fatto. >>

Si accomodarono al tavolo indicato e Iwano spinse il menù verso l’amico. Vi si potevano leggere i prezzi del tabacco, degli alcolici, di droghe e dei servizi umani e robotici. Michael saltò subito agli ultimi. << Uh, hanno anche la stimolazione della prostata che mi piace tanto! >> commentò contento come un bambino a natale. Iwano fece una smorfia. << Veloce, però. >>

<< Sì, sì, giusto una cosa di bocca, due colpi e poco altro. Se ho calcolato giusto fanno 1782 Globali. >>

Iwano mise mano al portafoglio, chiamò la cameriera e richiese per l’amico le prestazioni che aveva elencato. La cameriera lo portò nel Privé e scomparve con lui dietro ad una tendina violacea. Ora la parte più noiosa, aspettare quei venti minuti senza niente di particolare da fare.

Se avesse avuto quell’aggeggio di back-up con sé avrebbe potuto riguardarsi qualche ricordo come fosse un film almeno. Se lo annotò mentalmente: aprì il memo integrato e scrisse virtualmente “guardare ricordi come film”. Chiuse la tendina e ritornò al presente.

Dopo dieci minuti Michael aveva già finito e con un ciuffo ribelle guardava soddisfatto il suo amico. << L’ora meglio spesa della mia vita, te lo assicuro >> commentò barcollando.

<< Eh sì, l’ora. Andiamo, dai. >>

<< Dovevi vedere quell’automa. Poppe siliconate morbide ma sode più di quelle sfatte di una donna reale. Capelli come li volevo io, stessa acconciatura richiesta. Niente denti, fellatio rapida senza una pausa, stimolazione del… >> Iwano lo interruppe bruscamente << sì, sì, ho capito. Ora andiamo, su. Mia moglie altro che denti, il bastone vecchia maniera mi fa vedere se torno troppo tardi. E domani lavoro. >>

Michael sembrava ubriaco, forse gli avevano somministrato qualcosa. Quel che contava però era che si fosse tolto lo sfizio finalmente.

Chiamò un taxi autoguidato per riaccompagnare a casa l’amico e se ne tornò a casa. Midori e Iris già dormivano profondamente. Selezionò l’orologio integrato: mezzanotte. Poi l’occhio cadde sul memo. Si decise ad aprire la cassaforte e a provare questo curioso aggeggio.

Lo accese e il led rosso cominciò a pulsare. Un avvertimento arrivò alle sue retine: Desidera connettersi con il dispositivo? Accettò, mettendosi comodo sul divano.

Il menù dell’apparecchio era spoglio, del resto era un prototipo. Connettendosi al suo cervello gli stimolò anche l’olfatto, sentì odore di medicinale, di lattice, di alcol puro. Proseguì l’installazione e una volta finito potè accedere ai file della propria memoria. C’era, com’era ovvio aspettarsi, una quantità infinita di immagini, file audio e di clip, alcune delle quali completamente sommerse dai ricordi. Aprì la prima che gli capitò sotto tiro e rivide la propria maestra delle elementari mentre scriveva sulla lavagna elettronica.

<< Jian Peng, mi sai dire perché la valuta oggi si chiama proprio “Globale”? >> chiese al suo alunno cinese.

<< Mio papà dice che è perché è una moneta globale, quindi usata in tutto il mondo. >> spiegò il bambino.

<< Esatto. Quando sarete grandi capirete che il discorso è più complesso di così, e che in realtà non tutti i Globali hanno lo stesso valore ovunque, per motivi di mercato. >>

Solo ora Iwano comprendeva quelle parole allora così ostiche.

<< Ciononostante è importante che i popoli siano sempre più uniti, e la moneta aiuta in questo >> cinguettò.

Iwano scelse di uscire dal ricordo e di aprirne altri. Trovò quelli piacevoli, come quello del suo primo amore, e altri spiacevoli di cui avrebbe fatto volentieri a meno, come quello del primo rifiuto amoroso. I fallimenti scolastici, le ore spese a studiare, i soldi andati via in videogame, tutto ora era visibile per lui dall’esterno, come una sorta di onnipotente semidio in grado di rivivere il passato.

Si fermò, sentendo un sudore freddo. Un fantasma alto un metro e gocciolante sangue voleva aprire bocca per comunicare, senza riuscirci. Si strinse una mano alla gola e infine riuscì a comporre dei suoni scomposti e rochi. << Andiamo a trovare anche noi Argo? >>

No. Quel ricordo non lo avrebbe aperto. Mai. Non c’era motivo, non c’era mai stato motivo per andare a trovare il vecchio Argo.

L’odore di lattice si fece più persistente. Era odore di asettico. Forse il primo vaccino? Quando era stato operato per gli impianti? Non ricordava quell’odore.

Il file si aprì quasi a forza davanti a lui e gli mostrò un uomo in camice bianco con mascherina mentre gli prelevava del sangue. L’aggeggio di back-up era acceso davanti a lui in quel ricordo. Sentì il proprio cuore accelerare i battiti, il respiro aumentare, poi cercò di estromettersi a forza da quei ricordi chiaramente non suoi. Erano delle cavie di cui parlava con Fredrika. Quei ricordi non erano stati cancellati e lui aveva potuto vederli in prima persona. Ve ne erano altri dieci, molto simili. Alcuni rimanevano più calmi, altri meno. Uno si era addormentato, altri due invece avevano avuto episodi di isteria. I ricordi tuttavia erano ridotti solo ai test, per cui non c’era altro delle loro vite. Sembrava che l’aggeggio immagazzinasse di default parziali ricordi inconsapevoli del soggetto. O forse li avevano lasciati lì per lui per controllarli. Un’idea, però, si fece inconsapevolmente strada nella sua mente.

 

3.

 

<< Allora, che mi dici Iwanhoe? >> chiedeva Fredrika soffiando lo smalto sulle unghie.

<< Ho già detto che quel nome non mi va a genio. >>

<< Okay. Ma il test? >> si sporse sulla sedia, pronta ad ascoltare l’esito. Le sue lunghe ciglia sbattevano più velocemente del solito.

<< C’è qualcosa che vorrei che vedessi. Puoi connetterti? >>

<< Frena, frena, te l’ho dato proprio per capire se è possibile connettersi senza friggersi il cervello. Ti sto chiedendo se hai riportato anomalie di varia natura. >>

<< Sì, una. >> tagliò corto. << Sapevi che sono erano già presenti dei ricordi prima che iniziassi a usarlo io? >>

Fredrika fece un gestio ampio con la mano. << Lo avevamo preventivato. Cos’hai visto, i test di laboratorio delle cavie umane? >>

<< C’è dell’altro. I ricordi di animali. Lo avete usato su di loro prima, vero? >>

Questo sembrò catturare l’attenzione di Fredrika che assunse un’espressione tra la meraviglia e lo sconcerto.

<< Sì...mi stai dicendo che potremmo vedere e capire come pensano gli animali? È un lato che non era stato calcolato. Lo abbiamo provato su di loro solo per vedere se era pericoloso connettere il cervello… >>

<< Provalo tu stessa.>>

Lei si morse il labbro. << Forse dovremmo prima sottoporlo ad altri esperti. >>

<< Io sono qui, davanti a te! Sono vivo e vegeto e puoi farmi uno scan al cervello se ti fa sentire sicura! Ti dico che è stata un’esperienza quasi magica tramutarsi per un istante in una scimmietta. Se studiamo meglio tutto ciò potremmo ottenere dei traduttori universali tra umani e animali, ci pensi? >> Iwano pareva entusiasta e siccome avveniva raramente convinse il capo.

Accese il dispositivo e lo installò. Come lui la sera prima vagò tra i file, aprendoli e cercando quelli più interessanti. Ne uscì mezz’ora dopo, con uno sguardo corrucciato.

<< Non ho visto i file di cui parli. C’erano solo delle cavie umane, quello sì. Zero animali. >>

<< Com’è possibile?! Ero sicuro di aver visto proprio quei test? La mano con guanto in lattice, la siringa per calmarmi, i miei versi di paura… >>

Il capo sembrò deluso, spense l’apparecchio e lo gettò su un lato. << È chiaro che occorre nuova sperimentazione, nuove ricerche. Bravo comunque, avrai i tuoi soldi. >>

Iwano la fermò prima che potesse dire altro << prima che te lo riprenda...posso usarlo un’ultima volta? Ti prego, è bellissimo. Se me lo fai fare ti puoi tenere i soldi. >>

Un sorriso malizioso si dipinse sul suo rossetto rosa shock. << Potrebbe dare assuefazione, eh? Interessante. D’accordo, un’ultima volta. Portamelo domani e siamo d’accordo. >>

Uscendo dall’ufficio Iwano sapeva di aver raggiunto il proprio scopo. Si sentiva come un rapinatore di banche, era gasato come uno studente appena laureato, come la prima volta che aveva fatto sesso.

Ora aveva mezz’ora di file della memoria del proprio capo, e non aveva alcuno scrupolo morale. Anzi, cominciavano a venirgli in mente alcune idee su come utilizzare quei ricordi.

 

<< Allora, puoi farlo? >> chiedeva Iwano torcendosi le mani mentre Michael continuava a tempestare la tastiera di morbide ditate umidicce. Alzò lo sguardo da quello che stava facendo e sospirò. Prese in mano il palmare e se lo rigirò tra le dita. Stava sicuramente valutandone i parametri di complessità e composizione. La sua bocca divenne poi una “O” perfetta. << Ooooh, stupendo. Posso reperire i materiali e fartene una copia, sì. Te lo ha chiesto Fredrika? Lei ha il team alle sue dirette dipendenze, perché chiedete a me? >> chiese sospettoso.

<< Segreto industriale. E se possibile, vorrei che una volta finito mi aiutassi ancora con una cosa. >>

<< Dimmi tutto, mio caro. >> Michael era una persona di cui fidarsi nonostante gli strani atteggiamenti ma Iwano sapeva bene che non era ancora ora di fare la propria mossa.

<< Ti spiegherò tutto a tempo debito. Per ora concentrati su questo e lascia da parte il resto del lavoro. Verrai pagato profumatamente. >> Un lampo passò negli occhi ottimizzati dello scienziato. << Non mi servono i soldi se paghi tu come ieri sera. Siamo d’accordo? >>

Iwano alzò gli occhi al cielo allargando le braccia << sì, sì, basta che ti sbrighi e ti ci riporto. >>

 

Anche quella sera Iwano fu costretto a portare fuori l’amico, suscitando non poco sospetto nella moglie più guardinga del solito. Iwano non aveva tanti amici e non usciva quasi mai la sera, era razionale sospettare di lui a quel modo, non poteva biasimarla. Dolce, dolce, Midori, ci sarebbe stato un pezzo di torta anche per lei una volta ottenuta la promozione che tanto agognava ai Consumatori Superiori.

Rientrato a casa la trovò ad aspettarla sulla soglia della loro camera da letto in vestaglia semitrasparente e reggicalze. Erano chiari i suoi intenti, e la bambina dormiva. Ancora una volta, nonostante fremesse dal desiderio di fare quello che aveva in testa, non poteva sottrarsi ai suoi doveri o Midori avrebbe aumentato il livello di allerta. E in questo momento era l’ultima cosa di cui aveva bisogno.

Sudato e sfinito, ma soddisfatto, diede un bacio sulla spalla della moglie e andò a farsi una doccia rapida. Ogni gesto gli sembrava estremamente lento, infinito, impastato. Aveva voglia di mettere mano al suo nuovo giocattolo quanto prima. Non si asciugò neanche i capelli per non fare rumore, si mise una vestaglia e aprì la porta del suo studio, di fronte alla stanza della figlia.

Accese il primo dispositivo e si collegò come aveva fatto la sera prima.

Ora il paesaggio interno dello strumento riusciva a riconoscerlo almeno per il 3%, c’era leggermente meno caos. Fece mente locale per trovare mnemonicamente ciò che sperava fosse stato memorizzato quel giorno dalla prova di Fredrika. Proprio come aveva sperato, era tutto lì. La mezz’ora di prova in cui lei aveva cercato i file dei ricordi animali e, non trovandoli, aveva rovistato nei suoi stessi ricordi. Facendolo aveva creato lo stesso back-up parziale e inconscio che era capitato alle cavie e di cui solo lui era a conoscenza. E siccome alla mente non si comanda, e la curiosità è tanta, Iwano aveva previsto anche che ci fossero dei ricordi poco onorevoli, proprio come quelli che ieri aveva intravisto ma non aveva osato aprire per vergogna.

Aprì il primo file di Fredrika. Proprio come lui, era tornata all’infanzia.

La maestra delle elementari, di vecchio stampo, stava spiegando come riconoscere stupratori e molestatori su internet. Ogni alunno disponeva di un piccolo tablet fornito dalla scuola davanti a sé con una versione di prova di un generico social. Ad ogni bambino veniva fornito un bot che simulava una molestia di vario tipo: poteva essere un troll, un pedofilo, un semplice spammer e altre tipologie base. Alle medie si passava poi a distinguere l’hate speech, il discorso d’odio, e a come condurre discussioni su internet con accenni a manuali di retorica, alle superiori invece si dava uno sguardo al deep web e ai peggiori criminali informatici della storia, cercando di istruire i bambini sul quel mondo anarchico che è Internet.

<< Fredrika, ti invio il file della tua discussione corretto. Quando il tuo bot ti ha chiesto “di che colore sono le tue mutandine” hai risposto “lo dico alla mamma.” Sbagliato! Tu devi dirlo alla mamma, non al presunto adescatore! Quello potrebbe sempre cancellare la discussione o scappare. La mamma chiamerà le forze dell’ordine, tu devi continuare a tua volta ad adescare chi ti fa queste domande. Capito l’errore? E ce ne sono anche altri, occhio! >>

Iwano sorrise. Anche lui aveva avuto alcune delle più belle lezioni di educazione informatica in assoluto. Grazie a quelle era anche riuscito a far catturare qualche pedofilo. La progressiva eliminazione dei confini, delle lingue e dei sentimenti nazionalistici avevano permesso di mettere da parte le lingue e, non dovendo più insegnarle, le scuole potevano insegnare materie decisamente più utili come educazione informatica. Il tasso degli abusi su minori, diceva una statistica del Direttivo, si era ridotto del 43% grazie a chi aveva proposto quelle ore.

Il file dopo invece era decisamente più interessante, Fredrika si stava accoppiando davanti a lui con quello che ora era il figlio di uno dei dirigenti. Il suo nome gli pareva essere qualcosa come Enji, Kenji. “Ecco come si è garantita la posizione!

Il file era bello lungo, questo vuol dire che a differenza di Iwano la sua memoria aveva indugiato parecchio guardando quei file, e inconsciamente li reputava ottimi ricordi.

Fu fortunato e ne trovò altri simili: in uno una sua collega di nome Judith veniva licenziata senza alcun motivo per far avanzare lei di grado, forte del proprio difensore. In un altro prendeva una mazzetta per aver copiato dei progetti segreti poi venduti ad un’azienda rivale con il tacito consenso di un altro capo sezione. C’era materiale scottante. Gli bastò tirare fuori l’aggeggio ricreato da Micheal, in tutto e per tutto simile a quello che gli aveva dato Fredrika, e cominciò a depositare i ricordi della donna, che ora erano anche i suoi. Poi si ricollegò all’originale per cancellare tutto tranne i ricordi delle cavie. Sarebbe stato sospetto cancellare tutto. La copia ora l’avrebbe tenuta lui mentre l’originale lo avrebbe restituito. C’era ancora una cosa da fare prima del grande passo, anche se non ne era del tutto sicuro. Prima di coricarsi però occorreva almeno un’ultima informazione. Come chiamare quel piccolo simpatico attrezzo che gli stava fornendo le chiavi per il mondo intero? Alle 2.00 di notte gli venne l’ispirazione: Mnemo. Il memo mnemonico.

 

L’indomani mattina si ripresentò nell’ufficio di Fredrika per restituire il Mnemo originale. Le comunicò anche il nome che aveva scelto e lei sembrò stupita. << Molto carino! Anche se in realtà il “memo mnemonico” è così cacofonico che l’acquirente medio finirà con chiamarlo solo “Nemo” >> commentò pensierosa.

<< Già. Però trovo che sia semplice e diretto, proprio come ciò che vogliamo comunicare dei nostri prodotti. >>

Ancora una volta lei sembrò piacevolmente sorpresa. << D’accordo, andata! Parlerò col responsabile e glielo segnalerò. >> Fredrika digitò il codice sul proprio tastierino alfanumerico e inserì in un cassetto blindato il Mnemo. Siccome Iwano era rimasto fermo immobile lei alzò un sopracciglio << C’è dell’altro? >>

<< Ebbene, sì. Qualcosa ancora c’è. Pensavo ad un avanzamento di carriera e ad un aumento di stipendio. >>

Lei sembrò accusare il colpo come se avesse appena sentito una battuta sessista. << Sei pazzo? Giusto ieri mi hai detto che non volevi i soldi per provarlo ancora. Te ne sei dimenticato? O ‘sta roba ti ha veramente fritto i circuiti? >>

<< Ho capito, la cosa andrà per le lunghe. Come sta Kenji? O si chiamava Sanji? Insomma, quello che hai rivisto ieri, in quella mezz’oretta. >>

Gradualmente il suo volto, da maschera inflessibile che era, si tramutò in un vetro incrinato. A Iwano pareva di poter toccare ciascuno di quei frammenti e di rimuoverli con facilità.

<< Cosa… >> balbettò, senza riuscire a proseguire.

<< Sì, ti ho mentito. Alcuni file vengono salvati di default senza che venga richiesto esplicitamente. Alcuni dei tuoi ricordi sono rimasti impressi e io li ho visti. Kenji, le mazzette, la povera Judith. Devo continuare? >> chiese con una punta di divertimento. Gli sembrava di giocare col topo. Un topo che aveva fatto incetta di formaggio a scapito di tanti altri piccoli topolini.

<< Buffone, chi vuoi che ti creda? Ho io l’originale e solo io conosco la password. Non hai alcuna prova. >>

<< Ho fatto fare una copia, e ho salvato tutto. >> Iwano si accomodò sulla sedia e afferrò con malagrazia il bicchiere che l’automa gli offriva, come al solito.

<< Stai mentendo...nessuno potrebbe...solo Micheal forse… >> poi sembrò realizzare. << Quel figlio di puttana. >>

<< Calmati, e tienilo fuori. Non sa niente. Chiariamoci, tesoro. Oh, posso chiamarti tesoro ora? Magari è la volta buona che la smetti di chiamarmi Iwanhoe. >>

Lei sembrava fremere di rabbia come una pentola a pressione. Si alzò in piedi, furente. << Esci immediatamente dal mio ufficio o chiamo la sicurezza. Sei licenziato! >> intimò. L’automa da uno scompartimento tirò fuori dei calmanti, pronto a offrirglieli ma lei con uno schiaffo li rovesciò a terra.

<< Non ti consiglio di fare così. Posso sempre portare tutto ai dirigenti, o addirittura a qualche membro del Direttivo. Non saranno molto contenti di sapere che passi le esclusive ai nemici della compagnia. Però non ne capisco molto di politica, magari sbaglio io. D’accordo, come vuoi tu. >> alzò le spalle e si rimise in piedi, pronto a uscire.

<< Aspetta… >> lo fermò sull’uscio la sua voce. << Cosa vuoi? >>

<< Questo è quello che volevo sentire >> scandì, << Voglio una promozione, uno stipendio migliore e uno status sociale migliore per poter accedere a nuove ottimizzazioni per me e la mia famiglia. >>

<< È solo questo che vuoi? Davvero? >>

<< Sì. >>

<< Abbiamo un accordo allora. Ma dopo che avrai avuto ciò che vuoi voglio quella copia maledetta. >>

<< A suo tempo. >>

Il suo sorrise chiuse quel drammatico dialogo, il primo passo per una vita migliore, per lui e per la sua famiglia.

Mai esporsi. Mai in prima linea.

 

4.

 

Midori non riusciva a crederci. Il marito era tornato a casa presto pieno di regali per lei e la bambina. Aveva addirittura ricevuto uno di quei biglietti per un viaggio in America che tanto aveva sempre voluto! Alla bambina un nuovo set completo di minidroidi e persino un gatto certosino geneticamente ottimizzato per non avere malattie per almeno vent’anni umani.

Lo accolse a braccia aperte con gli occhi gonfi di lacrime, confusa ma felice. Anche la bambina, nella sua semplicità, parve capire cosa stava succedendo ammirando il comportamento della madre.

<< Ma come...cosa è successo? >> chiese piangendo.

<< Mi hanno finalmente promosso. Grazie alla mia intelligenza. >>

<< Lo sapevo, l’ho sempre saputo che avrei trovato in te il partito ideale. Vieni, ti cucino qualcosa. >>

<< Non occorre, ho ordinato anche il nuovo robochef, dovrebbe arrivare in giornata. >>

Quel giorno, Iwano lo sapeva, era dedicato al riposo e ai festeggiamenti e lo avrebbe conservato nei propri ricordi per sempre, con la gioia di averne fatta una giusta finalmente. L’ombra incerta del futuro non avrebbe più raffreddato il giardino di casa Hahn.

Midori lo vide pensieroso e gli si avvicinò dandogli un bacio sulla fronte.

<< Hai fatto cose pericolose o terribili per ottenere tutto questo? >>

Lui scosse la testa.

<< Per proteggere te e Iris non esistono cose abbastanza pericolose o terribili che non farei >>

 

Quella sera stessa Michael tornò a fargli visita con un occhio gonfio e un braccio ingessato. Iwano non aveva calcolato le ripercussioni. << Chi è stato? >> domandò accogliendolo in casa.

<< Mi hanno detto di non parlarne con nessuno… >> bofonchiò. Doveva avere qualche dente in meno.

<< Ti pago io il dentista, ti faccio rimettere a nuovo. Domani ordino il droide-medikit >> la mano dell’amico gli strinse il braccio, senza forza. E sempre senza guardarlo negli occhi gli chiese << cosa hai fatto? È quella roba che mi hai fatto costruire? >> Iwano annuì.

<< Cosa ti hanno fatto? >>

Michael si accomodò sulla poltrona nuova con una smorfia di dolore. Il braccio era messo male e aveva ricevuto solo le prime cure e qualche benda. << Mi hanno sedato localmente e mi hanno connesso a quello stesso aggeggio che mi hai dato. >>

<< Poi? >>

<< Mi hanno fatto domande su di te, chiesto se avessi mai visto prima quel palmare… >>

<< Lo hanno fatto per avere i tuoi ricordi. Ma io non ti ho detto niente per fortuna. E per ora continuerò a non farlo. >>

<< No. Non voglio più rischiare >> obiettò con fermezza << non ho fatto niente >> cominciò a piagnucolare. << Cosa volete da me!? >> urlò. Iwano gli disse di abbassare immediatamente la voce, per non disturbare la sua famiglia.

<< Va bene, ti aiuto. Ora rilassati, ti cancellerò quei ricordi, poi tu ne cancellerai alcuni a me. >>

<< Non ci penso nemmeno. Io ora vado in ospedale a raccontare tutt… >> Iwano battè un pugno sulla sua coscia, facendolo urlare. << Non osare farlo. Io e te siamo amici. Ti aiuterò se tu aiuti me. Non capisci che quelli dispongono di un fottuto esercito? Se sei fortunato ti licenziano da lavoro, se gli gira male ti licenziano dalla vita. >>

Michael non sembrava capire. << È una cosa più grande di me e di te. Ma se mi aiuti possiamo farcela. Potrei aver bisogno di altri di questi strumenti. >>

L’altro rimase in silenzio, a guardare il proprio braccio spezzato. Sul gesso comparve una lacrima.

Iwano lo abbracciò con sincero trasporto. Non era quello che avrebbe voluto per entrambi, ma una vita migliore chiedeva un giusto prezzo. << Ti riporto al locale quante volte vuoi, ok? >>

<< No… >> rispose con voce rotta dal pianto.

<< Sistemo tutto io. Ho ricattato Fredrika e lei ora si è vendicata su di te. Ma io posso vendicarmi su di lei. Ti fidi di me? >>

Lui alzò il suo sguardo acquoso dal gesso. << Ricattato? Ecco perché… >>

<< Sì, esatto. Posso aiutarti ora? >>

<< Mi farà male? >>

<< No, non sentirai nulla. Poi ti porto in ospedale e appena guarisci al locale. >>

Dopo dieci minuti Michael era già connesso. Ora Iwano doveva vedere se si poteva accedere da esterno e manipolare la memoria di un altro. Con il suo vecchio equipaggiamento non avrebbe potuto ma grazie ai nuovi acquisti ora ne era in grado. Penetrò la mente dell’amico cancellando i brutti ricordi del pestaggio. Come immaginava, erano pacificatori. Non c’era Fredrika tra di loro, non poteva compromettersi. Cancellò quei brutti ricordi dalla sua memoria per sempre. Poi, come promesso, lo portò in ospedale.

 

Una volta arrivato a casa occorreva fare un’ultima cosa. I suoi stessi ricordi erano un problema. Potevano aggredirlo e sottrargli i suoi ricordi vergognosi per poi sputtanarlo e fargli perdere credibilità o potevano estorcergli il ricordo del ricatto per poi portarlo in tribunale. Andavano cancellati. O meglio, messi al sicuro sul Mnemo ma cancellati dalla sua memoria. Il problema era che cancellando il ricordo del ricatto avrebbe potuto avere problemi di altra natura. Doveva sapere cosa aveva fatto ma senza sapere di averlo fatto.

Non era per niente facile.

Non poteva andare a lavoro con ancora quei pericolosi ricordi dentro di sé. Scelse di prendersi una settimana di ferie pagate ora che la nuova posizione glielo permetteva. Comprò anche una cassaforte a muro munita di collegamento al proprio cervello. Quando veniva violata lui riceveva un segnale e all’occorrenza poteva optare per l’autodistruzione dei contenuti.

All’alba dell’ultimo giorno di pausa la sveglia integrata lo riportò tra i vivi dandogli un’idea. Il memo periodico! Il suo memo integrato gli dava l’opportunità di lanciargli dei promemoria e di programmarli. Bastava cancellare i propri ricordi la mattina, andare a lavoro senza alcun tipo di informazione compromettente, e alla sera rivedere cosa aveva fatto. Per poi ricominciare. Con questa alternanza poteva difendersi dalle aggressioni e poteva pianificare nuovi progetti. Il braccio gli doleva ancora dopo l’operazione ma era contento. Scelse di fare così, del resto non aveva idee migliori.

In bagno si ripulì le fasciature dal sangue rimasto e si guardò le dita della mano destra. Perfette. Meravigliose. Aprì e richiuse velocemente il pugno.

Quella sera andò a trovare Michael a casa sua visto che era stato curato e subito dimesso. La chirurgia al laser e il rimpiazzo di polveri d’osso era stato pagato da Iwano, come promesso. Michael non ricordava come si era procurato quella frattura ma ringraziò l’amico di vero cuore.

Si sentiva una persona scaltra ma anche manipolatrice e ingannevole. Ingannare un caro amico per cosa, poi? Lo portò come promesso al solito locale, questa volta proponendo alla cameriera di raddoppiare il servizio con due robot insieme. Micheal Deda era al settimo cielo, glielo doveva. E lo avrebbe protetto se necessario, anche con la forza.

 

Tornato a lavoro gli capitò di incrociare distrattamente lo sguardo di alcuni colleghi che lo guardavano di sbieco. La sua ingiustificata promozione doveva sembrare sospetta agli occhi di molti ma non gliene fregava niente. Le bolle presenti sugli A.M.G.A. in realtà non cessavano mai di esistere nella vita reale. Erano solo burattini, pezzi di carne che si agitano prima di finire nella tomba. Lui poteva avere di più, e dare di più, soprattutto.

Fu Fredrika a sorprenderlo. Con lei c’erano due pacificatori, uomini ottimizzati al 90% privi di un vero pensiero, dotati di strumenti di registrazione, corazza cutanea infrangibile antilama e antisparo e dotati di armi quali il dissuasore, un manganello che permetteva a delle micro scariche elettriche di ferire i tessuti più o meno in profondità, e di armi da fuoco di diverso tipo. Iwano squadrò loro due ai lati poi lei in mezzo. << È urgente? >> chiese lui scrocchiandosi le dita.

<< Sì molto >> lei assunse un’espressione decisa.

<< Fai strada. >>

Nel suo ufficio, il solito automa propose il solito drink, poi lei rilasciò i due pacificatori e insonorizzò la stanza. Spense anche momentaneamente l’automa.

<< Ho pensato alla tua mossa. Sei stato furbo, te lo concedo. L’errore è stato mio, non avrei mai dovuto sottovalutare le implicazioni etiche di un simile strumento e darlo in mano a uno come te. >>

Iwano non capiva. Non aveva alcun ricordo di tutto ciò.

<< Mi stai ascoltando? Parlo del Mnemo e del tuo ricatto. >>

Iwano rimase a boccheggiare, non riuscendo a capire.

<< Bastardo, non ti vuoi compromettere in alcun modo, ho capito. Senti qua, comunque. Faremo quello che hai fatto tu a me. Ma lo faremo ai cinque dirigenti aziendali della Engine & Care. Diventeremo io e te i nuovi dirigenti. Che ne pensi? >>

Non stava mentendo, eppure continuava a non capire di cosa stesse parlando quella donna.

<< Ammettendo che io accetti, cosa dovrei fare? >>

<< Dovrai fare le stesse cose che hai fatto a me, ma a loro. Li ricatteremo, li manderemo in tribunale e prenderemo il loro posto in qualche modo. >>

<< Ci penserò su, Fredrika. >>

Lei lo guardò andare via sconvolta.

 

Solo alla sera, dopo il messaggio del proprio memo interno, riuscì a rivedere i ricordi e a capire di cosa stava parlando. Dunque era così, ora voleva fare lei la sua mossa e sfruttare l’occasione. Però lei non voleva esporsi in prima linea, voleva usarlo. E quasi sicuramente tutto questo lo avrebbe poi usato per estrometterlo una volta eliminati tutti gli altri. Cosa fare? Parlare con uno dei dirigenti? Portarla in tribunale? Il calcolatore di razionalità dava punteggi molto bassi. Era tarato sull’ottenere il massimo profitto. Meno persone erano a conoscenza di quel segreto e meglio era. Poteva significare più spazio di manovra per lui. Oltre a lui e Fredrika il suo intero team di sviluppo ne era a conoscenza ma solo loro due conoscevano le applicazioni pratiche “segrete” del dispositivo.

Fredrika poteva rivelarsi un’alleata preziosa ma doveva essere lui a sfruttare lei. Mentre lei eliminava i vari dirigenti e si comprometteva, lui sarebbe spuntato alla fine, con le mani completamente pulite, per esigere il proprio compenso.

A cena aveva lo sguardo dipinto ma Midori non fece domande. La bambolina di Iris invece segnalava alla bambina quale fosse il cibo più nutriente da portare alla bocca per primo, mentre faceva il conteggio delle calorie assunte. La nuova televisione plasmatica inviò le immagini del telegiornale che si aprì con degli spari. << Sì Jones, siamo esattamente sul posto per offrire ai nostri telespettatori immagini di prima qualità grazie ai nostri droni aerei. L’assalto alla capitale del Califfato, ci garantiscono le autorità, è previsto per domani. Finalmente questa guerra avrà fine quando anche l’ultimo dei luogotenenti di Al-Mushraafi sarà condotto di fronte alla Corte dei Diritti Umani dove saranno poi tutti giudicati dai vincitori. Questa volta si sta pensando di ridurre le scorte d’acqua del nemico e di prenderlo d’assedio. “Un pensiero che ci fa già pregustare il sapore della libertà” ha commentato poche ore fa il comandante in capo delle forze armate che, ci rivela, è stanco di subire perdite per avanzare ogni giorno di qualche metro. Vi aggiorneremo per ulteriori sviluppi, Jones. A voi la linea. >>

C’era anche un’altra eventualità. Che Fredrika potesse fare a meno di lui e diventare dirigente prima di lui. In quel caso il suo ricatto sarebbe valso quanto la vita di quegli uomini del califfato dopo l’assedio. E lei si sarebbe certamente ricordata di lui, poco ma sicuro. Dovevano compromettersi entrambi.

Sentì un rumore provenire dal garage comprato solo da qualche giorno, con dentro la sua nuova auto.

Scese le scale dell’ingresso e aprì il portone blindato che dava al garage. Buio completo. Attivò il visore notturno integrato, anche quello un nuovo acquisto. Vide appena in tempo arrivare il colpo portato con l’avambraccio di qualcuno, riuscendo ad abbassarsi in tempo.

<< Chi sei? >> chiese, senza successo. Dal lato opposto arrivò un poderoso calcio che, non potendo schivare del tutto, deviò verso l’alto attutendone l’impatto. Si schiantò contro il muro, sgretolandone un pezzo.

I due assalitori si allontanarono un poco e Iwano potè metterli meglio a fuoco. Erano schermati e col volto coperto ma disarmati. Avevano la stazza dei pacificatori ma non avevano le loro armi. Sarebbe stato troppo facile ricondurle a loro e di conseguenza a Fredrika.

Uno dei due colossi mollò un gancio diretto alla sua faccia ma lo mancò. Anche loro dovevano avere dei visori notturni. Erano tuttavia molto grossi e in quello spazio angusto occupato da un’automobile riuscivano a muoversi a fatica. Iwano sfruttò quella situazione per colpire uno scaffale e far cadere del barattolame di vernice in testa a uno dei due che, intontito, agitava le braccia mentre il compagno continuava a mulinare dei colpi che producevano il rumore di fendenti di spada tanto erano veloci. Era arrivato il momento di provare il nuovo braccio che si era fatto installare sostituendo il suo. Colpì ripetutamente l’addome del colosso protetto da un rivestimento di polimeri sottocutanei che cedettero dopo le ripetute pressioni. L’ultimo colpo gli sfondò il torace penetrandogli gli organi interni e i circuiti. L’altro si era liberato dai barattoli e minacciava di aggirarlo per prenderlo alle spalle. Iwano, incastrato nel corpo del pacificatore, mosse il suo corpo ancora scosso dai fremiti verso l’altro assalitore e glielo gettò contro. Perse l’equilibrio sommerso dal peso del compagno e Iwano si avventò su di lui, tempestandolo di pugni in faccia. Gli frantumò uno zigomo per poi allargare il buco e infine distruggergli completamente il cranio.

Una volta finito valutò se chiamare le forze dell’ordine. Avrebbero potuto interrogarlo o perquisire la sua casa. Scelse allora di disfarsene tranciando i loro corpi, o quel che ne rimaneva, per poi buttarli in qualche inceneritore il giorno dopo. La parte difficile fu pulire quello schifo per terra. Nemmeno i robot addetti alle pulizie riuscirono a eliminare completamente le tracce. In ogni caso, chi avrebbe mai potuto andare a cercare tracce ematiche proprio nel garage di casa di un onesto impiegato?

 

 

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Capitolo 2
*** Rottura ***


1.

 

Molte cose erano cambiate da quel giorno: Michael era stato messo alle dipendenze dirette del suo amico, tanto per cominciare. Non sentendosi più al sicuro, Iwano aveva anche deciso di cambiare casa. Dalla periferia al centro di Tokyo in una piccola magione dotata di sistemi difensivi adeguati, in modo da non essere più sorpreso nel cuore della notte. Era stato fortunato a sopravvivere a quell’assalto, poi insabbiato e lasciato cadere nel vuoto, ma si era preso comunque un bello spavento. Si era fatto installare altri innesti per ottimizzare il suo rendimento fisico, troppo a lungo lasciato inattivo, mentre la moglie all’oscuro di tutto si era ottimizzata soprattutto la pelle e la struttura ossea per poter cambiare volto e stazza tutte le volte che voleva. Era stato l’impianto più costoso in assoluto, in effetti, quasi quanto la casa stessa.

Per quanto riguarda i Mnemo -sì, ora disponeva di tre diversi taccuini elettronici per ogni evenienza- la prima copia era sempre la più importante. Lì sopra aveva installato una copia intera dei propri ricordi, della propria essenza, di tutto ciò per cui poteva essere incriminato. Sugli altri due, a rotazione, inseriva i ricordi di cui poteva aver bisogno durante la giornata cercando sempre di far quadrare tutto con i propri memo integrati. Non era sempre facile, alle volte i colleghi gli parlavano di fatti di cui non aveva mai sentito parlare, tanto che si era meritato l’appellativo di Iwano, tanti-soldi-poca-memoria. Solo quando tornava a casa, nel proprio laboratorio sotterraneo, capiva. Poco per volta ci aveva preso la mano: non disponeva del ricordo in sé ma disponeva del ricordo piacevole di quando si connetteva. Per cui aveva cominciato istintivamente a ignorare i buchi nella propria memoria fino a quando tornava poi a casa. Michael dal canto suo lo aiutava senza battere ciglio e senza fare domande: Iwano gli aveva procurato una decina di robobattone diverse e gliele aveva spedite a casa; non sapeva neanche dove infilarsele e come giustificarle agli ospiti. Poi, riflettendo meglio, ospiti non ne aveva quindi erano state bene accette. Non aveva voluto ulteriori impianti, gli bastava la protezione che gli veniva offerta presso la casa del suo amico. La magione oltre a disporre di torrette automatiche poteva contare su una piccola guarnigione di cinque droidi da autodifesa. Erano programmati per scortare la signora di casa e gli amici del padrone di casa, per intervenire in caso di aggressione, ma non disponevano di strumenti pericolosi, di dissuasione o armi particolari. La loro ultima direttiva, in caso di aggressione eccessiva, era di attorcigliarsi al corpo del malvivente esercitando una pressione tale da bloccargli ogni movimento fino all’arrivo dei pacificatori. Per ora era decisamente soddisfatto, aveva spiegato a Midori che dovevano tutelare il loro nuovo status, e quella scorta era necessaria. Lei era stata in realtà ben contenta di potersene vantare con le amiche. E Michael riusciva a sparare le proprie battute anche ai due droidi che lo riaccompagnavano a casa, come facesse lo sapeva solo lui.

Per quanto riguardava Fredrika, i due erano arrivati ad un accordo. Siccome i dirigenti che disponevano delle quote di maggioranza della Engine & Care erano sostanzialmente cinque, a due a due se ne sarebbero occupati entrambi senza dare troppo nell’occhio. L’azionista maggiore, Francis Matsuda, sarebbe stato l’ultimo con cui trattare, forse da pari a pari. Era pur sempre il volto della società, estrometterlo avrebbe potuto procurare diversi problemi di immagine. Per quanto riguarda gli altri quattro, due erano già fuori. Uno era il figlio di Francis, l’azionista con la quota più bassa, praticamente mangiava tutto il patrimonio di famiglia in puttane umane, droga e festini sul proprio yatch. Non era venuto in ufficio una sola volta da quando era stato nominato dirigente. Non fu un problema per Iwano mandare alcune foto di quei festini alle autorità. Non finì in galera ma tenerlo nella dirigenza avrebbe rovinato l’immagine con gli investitori e dunque era stato messo ai domiciliari, continuando a fare quello che faceva prima ma con un po’ meno puttane e un po’ meno droga. Dell’altro si era occupata Fredrika. Inizialmente l’approccio sessuale sembrava funzionare ma una volta arrivati ai fatti e toltigli i pantaloni si rivelò umano sopra e robot sotto. Forte del proprio status aveva fatto di lei quello che voleva con un certo impeto graffiandola, picchiandola al volto e talvolta mordendola, credendo che assicurarle la posizione fosse sufficiente per farla tacere. E invece lei aveva registrato tutto e il giorno dopo, con il volto di lei censurato e quello di lui bene in vista, era finito tutto su internet e da lì sui mass media. Anche in quel caso, per evitare problemi di immagine, si risolse tutto estromettendo l’incriminato.

Gli ultimi tre erano più difficili: Ageha Takamiya, azionista al 25% , agiva sempre sotto scorta di almeno dieci droidi da combattimento: in pratica droidi dotati di armi ad alto rendimento, strumentazione difensiva resistente a qualsiasi temperatura e ambiente e dotazione standard di cibo e acqua per il proprio assistito. Con quella scorta neanche mandarla nel Sahara avrebbe sortito qualche effetto.

Gottfrid invece era un avvocato di origini svedesi, tirato su da padre contadino e di sani principi. Non aveva mai toccato un liquore in vita sua, Credente praticante, non usava nemmeno i preservativi. Era un maledetto osso duro senza un solo difetto, era bastato un suo comizio e qualche apparizione in televisione per calmare tutti sulla situazione dei nuovi estromessi. Girava con il proprio Jet stealth per non essere rintracciabile.

Infine, Francis Matsuda stesso. Era azionista di maggioranza con il suo 40% e deteneva anche un parziale controllo sulle TV nazionali. Era inoltre un politico di un certo prestigio nel partito progressista, si era più volte scontrato con religiosi di vario tipo per aver sostenuto l’importanza per tutti di ottimizzarsi in un mondo sempre più spietato e competitivo. Iwano lo temeva particolarmente perché se era rimasto a galla per tutto questo tempo non poteva essere solo grazie ai propri soldi e al controllo dei media ma anche e soprattutto grazie alle proprie capacità strategiche e imbonitrici. Doveva disporre, tra le altre applicazioni, di un selettore all’avanguardia di risposte che usava di volta in volta selezionando tra i vari toni disponibili: il sarcastico, il faceto, il comprensivo, il sofista, e così via. Aveva in memoria, aveva ipotizzato Iwano, almeno l’80% dello scibile umanistico in memoria. Un avversario che era meglio avere sempre tra i propri alleati. Per questo lui e Fredrika ritenevano di non esserne ancora all’altezza. Prima dovevano eliminare i due restanti.

 

2.

 

Un giorno, mentre stava lavorando al computer nel proprio ufficio al penultimo piano, circondato da assistenti disposti su due file di scrivanie allineate, gli capitò sott’occhio il nome di un detrattore della compagnia. Iwano non aveva mai smesso di usare le proprie abilità per occuparsi dell’immagine dell’azienda, anche se ora lo faceva ad un livello più alto. Veniva chiamato “L’ultimo messia”, e pareva essere un tipo poco modesto. Aprì i file disponibili su quell’uomo e lesse scorrendo le righe con la velocità sostenuta del proprio lettore ottico integrato. Dopo due minuti sapeva tutto di quell’uomo. In pratica sosteneva che le ottimizzazioni causassero gravi danni all’ambiente, all’animo umano e a Yahallahddha stesso. Di fatti, se era vero che aumentando la percentuale robotica di un essere umano cala anche il suo fabbisogno di acqua e cibo, è pur vero che aumenta il suo bisogno di energia, sotto altra forma. Laddove uno degli slogan della compagnia prima era “Innesta, salva il mondo” facendo proprio riferimento al risparmio di cibo, quell’uomo mostrava lo scempio delle centrali nucleari installate nella parte più povera del mondo per sostentare il fabbisogno energetico del restante 20% di mondo. Africa, Russia, Cina e parte dell’Europa si erano trasformate in terre coperte dal fumo dei reattori nucleari e dalle ciminiere. Erano stati inventati a tale scopo dei nanodroidi per ripulire l’ambiente ma erano inefficienti: per pulire 1 dovevano inquinare 1,5 per produrli. Sarebbe stato un investimento produrne solo un milione di esemplari per poi non produrne più e ripulire l’atmosfera ma gente come questo Messia si era rifiutata non credendo più alle parole dei suoi nemici, accusandoli di volerci solo speculare sopra. “Ci avvelenate, poi ci vendete l’antidoto che vi permetterà di avvelenarci di più per poi venderci l’antidoto che vi permetterà di avvelenarci ancora” affermava in una registrazione.

Era difficile scendere a patti con uomini del genere e da allora ogni critica era stata ignorata perché sostanzialmente potevano permetterselo. I seguaci non erano ancora in numero eccessivamente alto.

Iwano si massaggiava il mento riflettendo sul da farsi. I Credenti ormai erano chiamati così non solo perché credevano nel loro dio ma perché erano coloro che semplicemente credevano ci fosse qualcosa di superiore alle ottimizzazioni. Il pensiero spirituale gradualmente aveva abbandonato l’idea di qualcosa di un paradiso o di ricompensa ultraterrena per abbracciare la fede nelle potenzialità umane. Un fisico che si ammala poco o spesso allontana l’idea della morte, la rende solo una pratica, l’ultima, da sbrigare. Vivere più a lungo rende le persone più serene e i vari Allah, Buddha, Gesù Cristo, avevano poco per volta perso diritto a esistere nei cuori delle persone. Le chiese e le moschee in rovina, i ruderi utilizzati per altre costruzioni. I crocifissi usati come stendiabiti dalle famiglie bisognose, i preti rivalorizzati nel tessuto sociale. Chi si dava all’agraria, chi diventava avvocato, alla fine gli inginocchiatoi erano rimasti intonsi per poi essere infine bruciati o usati come assi di legno.

Al contempo era cresciuto il movimento Umanista, di cui questo Messia era l’ultimo esponente, che basava la propria fede sulle potenzialità umane intrinseche. Per loro “Yahallahddha” era nei loro corpi, che non andavano modificati per non disperderne le qualità immaginifiche. Addirittura si diceva che con la Nuova Apocalisse ogni applicazione, ogni sistema, ogni arto robotico avrebbe smesso di funzionare e ogni droide si sarebbe ribellato agli umani indifesi. Così solo loro sarebbero sopravvissuti. Iwano l’aveva sempre trovata un’idea balzana, pur nella sua logica contorta di paura verso il diverso. Da che mondo è mondo c’è sempre stato qualcuno che additava la locomotiva come il male assoluto.

Quest’uomo tuttavia può rivelarsi utile.”

Il suono elettronico integrato gli notificò un nuovo messaggio. Era Fredrika, voleva vederlo nel reparto tecnologie & sviluppo.

Decise di spegnere tutto e di lasciare il lavoro ai propri assistenti, salutato in coro con tanto di inchino a novanta gradi. Quando chiamò l’ascensore vide proprio Ageha Takamiya, scortata dai consueti dieci droidi, venire verso di lui. Era una donna bionda con gli occhi azzurri e le zampe di gallina, completamente ottimizzata come sua moglie. Non si faceva alcun problema a venire in ufficio con l’abito che reputava opportuno, fossero calze a rete o fossero salopette. Lo squadrò dall’alto in basso attorniata dai propri robot e si fermò all’istante. Automaticamente anche loro si installarono nel pavimento. I suoi occhi cambiarono improvvisamente colore, uno azzurro e l’altro verde.

<< Tu sei Iwano Hahn, ho sentito parlare di te. >>

Iwano tentò un mezzo inchino, era pur sempre una dirigente.

<< Tu e...com’era? Federika? Siete arrivati al momento giusto come possibili rimpiazzi. E se c’è una cosa che ho imparato da questo mondo è che coincidenze non esistono. Se qualcuno viene eliminato è perché qualcuno lo vuole eliminato. Oltre un certo punto la legge non ti tutela più, solo uno altrettanto ricco e potente può farti fuori. >>

Iwano rimase interdetto. Quella donna poteva disporre di apparecchi o applicazioni di varia natura di cui non era a conoscenza. Forse anche di lettura del pensiero. In tal caso era rovinato ancora prima di cominciare.

Lei notò il suo disagio e gli tese la mano.

<< Per quel che mi riguarda, ottimo lavoro. Quote in più per gli altri e per gente più capace. >>

Lui le strinse la mano senza vigore attraverso i droidi, i cui occhi muniti di obiettivo e camera di registrazione lo squadravano. Ageha lo attirò verso di sé aggiungendo << Se provate a fare lo stesso con me faccio fare una brutta fine a ogni vostro parente più vicino. Ho un testamento elettronico a casa collegato 24h su 24 al mio cervello, il quale è a sua volta tenuto a interagire con dei droidi la cui direttiva primaria è soddisfarlo. Se in punto di morte dovessi capire che siete stati voi, vi porterò con me. >>

Il suo sorriso era abbagliante, splendido, quasi quanto la sua abilità nel fingersi tranquilla e sicura ma il suo alito era pestilenziale.

Iwano aveva recepito insicurezza e tedio in quelle parole, anche se i sistemi di lettura delle iridi, della pulsazione e del sudore non lo avevano dato a vedere.

Si separarono così, con un freddo saluto.

Il laboratorio, all’interno del quale Fredrika era già presente con una tazza di caffè in mano, si presentava come un complesso labirinto di vetrate rinforzate in cui trovavano alloggiamento le varie sezioni, da quella dedicata allo sviluppo dei cosmetici a quella dedicata ai nuovi utensili a quella per le nuove armi.

Erano tutte collegate ad un piano centrale rialzato adibito alle rappresentazioni aziendali dei prototipi appena usciti; poteva contenere fino a duecento persone.

Lei lo accolse con un cenno e poi gli indicò il monitor sulla scrivania bianca circondato da attrezzi da lavoro. Sul monitor si susseguivano frenetiche le immagini dei droidi di Ageha intenti a proteggerla da un’aggressione. Gli assalitori erano rapinatori dai volti otticamente camuffati armati di quelli che sembravano fucili a pompa ad alta penetrazione. Quelli erano in grado di fare un buco nell’acciaio temprato oltre i venti centimetri e le pallottole così conficcate potevano anche detonare a comando. I droidi avevano calcolato le traiettorie schivando il 90% della rosa dei colpi. Solo uno fu ferito al ventre per proteggere Ageha. Gli altri, intuito il tipo di munizione, scagliarono il loro compagno contro gli assalitori, quello subito dopo attivò l’autodistruzione addosso a loro. Con il solo sacrificio di una delle guardie del corpo, i droidi da combattimento avevano riempito le carni degli aggressori di schegge metalliche urlanti. Le riprese venivano direttamente da uno dei droidi, per questo erano leggermente traballanti.

<< E non è tutto, l’altro nostro amico è questo >> finita la registrazione partì la seconda. << Gottfrid doveva essere trattenuto in un paese ostile per motivi burocratici ma non ha accettato >> spiegò lei per chiarire le immagini a schermo, le quali raffiguravano quello che sembrava un altro droide. Questo però era dotato di ali ed era enorme, infatti si vedevano solo nuvole sorpassarlo a gran velocità. Ogni tanto un gioco di luce sui suoi schermi, una gocciolina, poi il terreno disseminato di edifici si avvicinò. Emise un suono acuto, pareva essere un richiamo o un avvertimento. Un pugno metallico corazzato sfondò il fianco di un palazzo che doveva essere quello in cui Gottfrid era stato trattenuto. Ne uscì illeso, con un’unità tutelante a placche metalliche a ricoprire il proprio corpo. Tutt’altro modello rispetto all’impermeabile di Iwano contro la pioggia acida. Il droide-aereo aprì il proprio torace, Gottfrid prese posto e infine le braccia del titano metallico si trasformarono in ali. Prima che potesse accorrere qualcuno l’uomo e la sua efficiente guardia del corpo erano già spariti nei cieli coperti di nuvole.

<< Impressionante >> commentò a bocca spalancata. << I droidi di Ageha sono in comunicazione diretta con lei e tra di loro. È come una singola persona con undici corpi. Invece il Titano di Gottfrid lo ha avvertito con gli ultrasuoni prima del suo arrivo e poi si è trasformato in un Jet Stealth. La produciamo tutta noi quella roba? >>

<< Sezione Avanzata. Il livello superiore persino al nostro e ai Consumatori Superiori. Solo dirigenti, sceicchi e capi di stato possono accedere a quella tecnologia. Capisci ora con chi abbiamo a che fare? >> Fredrika era visibilmente preoccupata. Il suo labbro inferiore era tutto smangiucchiato.

<< Gottfrid è abbastanza incoerente. Credevo fosse contro questa roba, non era Credente? >>

<< Non praticante. O meglio, rifiuta alcune cose, altre no. >>

<< Mi pare che accetti le migliori e rifiuti le peggiori del suo stesso credo. È una cosa che potremmo usare contro di lui? >>

<< Ne dubito fortemente >>

Iwano prese a girare nervosamente per il piano, cercando nuove soluzioni.

<< Avevamo detto di prendercene uno a testa ma pare non essere così facile. E il Mnemo qui non ci aiuterà. Sono inarrivabili. >>

<< Calmati. Riflettiamo. Possiamo usare dei nanodroni? >>

<< No. Per ora il contratto che abbiamo col Direttivo ci vincola a usarli solo in caso di estrema necessità. Per questo ci hanno dato mezzo esercito, per non farceli usare mai. >>

<< Dobbiamo mettere le mani su qualche esemplare di quelli e riprodurli. >>

Fredrika scosse la testa. << Scordatelo, troppo pericoloso. Solo un dirigente accompagnato dall’ufficiale governativo in comando e almeno una scorta di dieci umani e dieci robot può accedere ai laboratori. >>

<< Eppure, ricordo che tanto tempo fa i pacificatori ne facevano uso. Dove sono quegli esemplari? >>

<< Se non li usiamo noi, gli unici autorizzati sono i membri del direttivo. Altri laboratori, forse pure più protetti di questi. >>

<< Se solo potessimo usare un camuffamento ottico e fingerci uno di loro potremmo accedere a quei laboratori… >> valutò Iwano, tastandosi il mento.

<< Potremmo inserire dei falsi ricordi in uno di loro… >>

<< Sì, ma come lo catturiamo uno di loro? >>

Cadde improvvisamente il silenzio. Fu il cellulare integrato di Iwano a romperlo. Era Michael, voleva informarlo che anche l’ultimo trapianto sul volto della moglie era andato a gonfie vele. Quello gli diede un’idea.

<< No, non abbiamo bisogno dell’originale. Ci basta qualcuno che abbia le sue fattezze. >>

<< Gli impianti facciali vanno bene solo sugli umani, i droidi non dispongono di ossa, tendini e muscoli. Quelli ci basta fabbricarli come li vogliamo >> spiegò lei, accigliata.

<< Ci serve un attore. Magari un attore inconscio con degli impianti che alla fine non ricordi più nulla. E non ci servono neanche più i nanodroidi, ho avuto un’idea. Dammi un fotogramma col volto di Gottfrid e una scansione di almeno dieci secondi in cui parla. Un comizio, una cena coi politici, scegli tu. >>

L’inconsapevole alleata non fece in tempo a chiedergli ulteriori spiegazioni che era già sparito.

 

3.

 

Quella sera con Midori andarono a vedere alcune proiezioni in anteprima mondiale insieme ad altre personalità di spicco della società per bene, tutti rigorosamente scortati e protetti. Cenarono presso il miglior ristorante della capitale mentre la bambina era a divertirsi con altri bimbi della sua età ad una festa in cui personale esperto e qualificato si sarebbe preso cura di lei, anch’essa scortata da un droide che controllava la situazione.

Midori alla fine era troppo stanca per del sesso per cui si scusò con rammarico e qualche singhiozzo e crollò a letto. A quel punto agli angoli della bocca di Iwano spuntò un sorriso mellifluo.

Michael aveva già ricevuto disposizioni senza chiedere nulla, lo aiutò a portare la moglie in laboratorio.

<< Devo avvertirti, amico mio, che anche una temporanea transizione da femmina a maschio e poi di nuovo da maschio a femmina può risultare invalidante in percentuali del 10%, per almeno una settimana. >>

<< Tradotto? >>

<< Decalcificare gli zigomi o il torace o qualunque altra parte e poi ricalcificarla in così poco tempo potrebbe produrre ossa leggermente più fragili e soggette a fratture. I muscoli non si adattano bene al tessuto in così poco tempo, potrebbero esserci dei problemi anche coi tendini e coi denti. Questi impianti non sono unisex, ci sono ormoni che… >>

<< Va bene, piantala, ho capito >> tagliò corto lui. << Si tratta solo di questa volta. Poi non lo faremo più. >>

Il suo amico Michael adagiò i piedi di Midori sul lettino in laboratorio e poi lo guardò ad altezza del collo, dove non si era mai spinto con lo sguardo. << Faremo? >>

Iwano non aveva voglia di discutere. Sbrigati, dai gli imput esterni, la foto te l’ho già inviata.

Lo scienziato fece una rapida iniezione per evitarle qualsiasi dolore, poi collegò i nervi ai macchinari. Di norma una persona ottimizzata poteva cambiare volto, stazza, fattezze e colore di occhi e capelli, pur rimanendo del proprio sesso, una volta al mese, senza complicazioni. Ora che Midori era addormentata occorreva che qualcuno desse ordini al suo corpo.

<< Applica il Mnemo. Ho già preparato alcuni ricordi. >>

Michael eseguì, attaccò al cervello di Midori anche il Mnemo coi ricordi appena confezionati. Fece il backup e cancellò quasi completamente la sua memoria. Ora lei doveva trasformarsi in Gottfrid, il suo nemico. Gli unici ricordi che Iwano aveva costruito per lei erano stati creati a partire da alcune di quelle registrazioni viste il giorno stesso. La figura a cui era attaccato il Mnemo si configurava come uno degli aggressori poi dilaniati dalle schegge dei robot, così che il ricordo creasse una falsa concezione dell’assalitore/assalito e desse l’idea di essere sotto attacco ingiustamente. Questo perché Midori possedeva il ricordo del ladro al momento dell’aggressione ma non i motivi e i ricordi antecedenti dello stesso ladro.

A quel punto diedero avvio alla trasformazione di Midori. La sua faccia, non senza rumori preoccupanti di ossa scricchiolanti, cominciò a variare di colore: dal rosa pallido al rosso peperone al violetto fino ad un blu tumefazione. Per poi infine diventare quel viso tondo e rubicondo che era quello di Gottfrid, con un solo ciuffo di capelli al centro e qualche pelo ai lati della testa rossiccia.

Anche la stazza sembrava la sua.

Con un cenno della testa Iwano comunicò poi allo scienziato di accendere l’ologramma-sfondo. Era un banale studio di default, visto che non sapevano quale fosse quello di Gottfrid. Difficile che qualcuno volesse investigare su quel particolare.

Infine, attivò un droide-telecamera, pronto a registrare.

Midori venne attivata. Non c’erano specchi, non c’erano spiegazioni. Si guardò solo le mani e cominciò a urlare, credendo di essere gravemente ferita dalle schegge.

<< Si calmi signor Gottfrid, non è nulla. L’abbiamo curata. Ora deve fare il suo discorso, ricorda? >>

Midori sembrò titubare e poi i suoi occhi azzurri si accesero di sicurezza inaudita.

<< Sì, certo. Grazie per avermelo ricordato. Maledetta Ageha, la pagherà. >>

Si alzò in piedi e prese posto dietro la scrivania che avevano portato dal piano di sopra in legno di mogano.

Alzò il dito indice verso il droide-telecamera e cominciò a parlare << Non so se il tuo attacco di oggi è stato premeditato da tempo per estromettermi dalla dirigenza. Non so questo, e non so per quale motivo tu sia diventata così avida. Posso dirti cosa so certamente: non la passerai liscia. Ti verrò a cercare se necessario, ti schianterò insieme a tutta la tua scorta fino a quando soffrirai come ho sofferto io. >>

Iwano sembrava suggerire a bassa voce qualcosa. Midori se ne accorse.

<< E questo è solo l’inizio. >> concluse.

Michael non sembrava molto convinto. Gettò uno sguardo all’amico voltato mentre ripeteva una curiosa litania: << Mai esporsi. Mai in prima linea. >>

 

Guardandola dormire, con il suo vero volto, si sentiva più tranquillo. Alzò una mano per accarezzarla poi ci ripensò. Si sentiva un mostro per averla usata ma era necessario per non creare altri testimoni, altri ricordi pericolosi. Tutto poteva essere usato contro di loro, tutto. Quelle macchine, le loro memorie, gli amici, i soldi. Dovevano essere più veloci degli altri e batterli sul tempo se volevano vincere. Non riuscì a chiudere occhio quella notte.

Il giorno dopo Midori accusava uno strano malessere al volto e alla gabbia toracica. Faceva fatica a respirare, a mangiare, non riusciva ad alzare il braccio destro e sentiva anche forti emicranie.

Iwano in preda al rimorso chiamò un’equipe svizzera di medici fatti arrivare con alcuni dei suoi elicotteri privati e si rassicurò di guarirla, non avrebbe badato a spese.

Altri problemi lo attendevano ora. Prese con sé il droide-telecamera con sopra la registrazione; il piano non era ancora terminato.

Lo portò immediatamente in laboratorio, se ne occupò lui stesso. Fredrika gli aveva fatto trovare uno dei droidi che aveva richiesto e gli impiantarono quella registrazione nel cervello, blindando la scatola cranica per evitare che subisse colpi.

<< Sappiamo dove abita Ageha? >>

<< Sì. A che ora lo mandiamo? >>

 

Erano circa le 21.30 quando Ageha arrivò con il proprio elicottero privato insieme a due droidi di scorta. Il secondo elicottero blindato invece era già sul posto, con i rimanenti otto della scorta. Si disposero come di consueto intorno a lei e due fecero strada dal tetto del proprio grattacielo. Non un castello, non un palazzo, non una magione, bensì un intero grattacielo con all’interno negozi di ogni tipo. Una città in miniatura tutta per lei che la riforniva di vestiti, automobili di lusso, escort, droidi e gioielli. Marche Italiane, Francesi, Tedesche, aveva tutto ciò che si potesse desiderare. Un inchino e un caloroso saluto era il solito rito che ogni cittadino pagato profumatamente di quel mondo era tenuto a fare ogni volta che lei passava, ignorandoli. Il suo alloggio era al decimo piano, un numero che le aveva sempre portato un’immensa fortuna, fin da quando il decimo marito, morendo, le aveva lasciato in eredità tutta la sua fortuna e le sue azioni in borsa.

Arrivata l’ora di coricarsi lei si metteva una leggera vestaglia di pizzo pregiato e faceva richiesta, attraverso un sistema di comunicazione rapida con il negozio del grattacielo stesso, di almeno due-tre uomini, di solito di etnie differenti tra loro, che la soddisfacessero prima di prendere sonno.

Arrivarono nella sua stanza, sotto gli occhi dei droidi armati disposti sulle pareti, tre uomini dal fisico robusto e temprato, di cui uno latino, uno color dell’ebano e l’altro chiaramente nordico con i capelli rossi che gli arrivavano alla schiena. Lei maliziosamente sorrise pregustandosi la consueta favola della buonanotte che le avrebbero raccontato. Anche lei era ottimizzata in alcune zone erogene per poter amplificare il piacere a comando ma quello che sentiva era un richiamo viscerale che arrivava dalla carne umana; ardore ancestrale che non era mai stato ottimizzato né toccato da chicchessia e che la faceva sentire viva nonostante i suoi 86 anni. I tre uomini si avvicinarono al letto, uno cominciò a leccarle i piedi, l’altro un massaggio alle spalle e l’ultimo si occupava della sua bocca, labbra come quelle di una ragazzina, esattamente come il suo viso e il suo fisico.

Un’esplosione riuscì a rovinare l’atmosfera, facendole venire il batticuore.

<< Cos’è stato? >> i droidi si osservarono l’un l’altro, poi uno parlò con voce piatta e metallica. << Esplosione al quinto piano, signora. >>

<< Numeri Due, Tre e Quattro, andate a controllare. Cinque, occupati di eventuali incendi. Voglio un rapporto entro cinque minuti. >>

<< Ricevuto >> risposero in coro.

<< Voi levatevi di mezzo >> ordinò ai tre uomini, i quali furono ben lieti di sparire.

Di minuti ne erano già passati quattro. Poi, un’altra esplosione. Infine, frammenti di vetro si sparsero per tutta la camera da letto. La finestra rinforzata era stata divelta da un arto meccanico e uno dei droidi rimasti a far la guardia era stato travolto. Un rumore di un oggetto metallico, i droidi capirono subito che si trattava di una granata e uno di loro ci si buttò addosso per attutire l’impatto. Esplose contenendo sia il rumore che la fiammata ma fu completamente distrutto. Ageha iniziò a sudare freddo. <> era il rapporto tanto atteso.

<< Lo so idioti, tornate qua immediatamente. >>

Una bocca da fuoco spuntò dalla finestra divelta. Mirò a lei e fece fuoco. La direttiva primaria dei suoi droidi era proteggerla, per cui uno si fiondò su di lei per farle da scudo. Crivellato da una raffica di colpi ad alta penetrazione perse prima un braccio, poi l’altro, infine la testa. Cadde a terra, fumante. Altri due si accostarono a lei a destra e a sinistra, i tre rimanenti avanzarono verso la fonte dei proiettili. L’arma era scarica, venne gettata via e l’intruso scelse infine di rivelarsi. Un altro droide da combattimento che pareva essere da solo. La sua scorta fece fuoco contro di lui che mosse un primo debole passo verso di lei. Un colpo di uno dei droidi gli perforò il torace, un altro l’occhio destro, un terzo gli espose completamente i circuiti della gamba.

Con grande sorpresa di Ageha, poi, fece un gesto che non aveva mai visto fare a nessun droide. Si staccò la testa e corse verso di lei, pronto ad autodistruggersi. Fu protetta da tutte le sue guardie insieme che continuavano a sparare all’aggressore.

 

Il giorno dopo, mangiandosi le unghie, Ageha attendeva i risultati delle analisi. Un tecnico del suo laboratorio la chiamò e le mostrò le immagini che avevano trovato nel cervello del droide intruso.

In quel piccolo schermo Gottfrid, con un certo impeto, parlava alla telecamera.

Non so se il tuo attacco di oggi è stato premeditato da tempo per estromettermi dalla dirigenza. Non so questo, e non so per quale motivo tu sia diventata così avida. Posso dirti cosa so certamente: non la passerai liscia. Ti verrò a cercare se necessario, ti schianterò insieme a tutta la tua scorta fino a quando soffrirai come ho sofferto io. E questo è solo l’inizio.

 

 

4.

 

Il cielo, dipinto di rosso, sembrava esser stato testimone di una sanguinosa battaglia. Iwano aveva ricaricato gli arti tutta la notte, lo aspettavano giorni intensi. Anche il corpo esigeva il proprio nutrimento con dei dolori lancinanti allo stomaco. Spalmò della salsa nutritiva sul proprio pane a lieviti arricchiti e inghiottì in un boccone, masticando velocemente. Sua moglie era stata trasferita in un ospedale di massima sicurezza e Michael aveva chiesto di andare con lei ma Iwano glielo aveva impedito. C’era ancora un compito per lui, e quel compito lo stava tenendo fermo in laboratorio da ore. Iwano aveva capito che non c’era nessuno di cui potersi fidare all’infuori di se stesso per cui aveva richiesto un droide particolare in cui fossero state impiantate tutte le proprie memorie prese direttamente dal Mnemo principale, escluse quelle negative o compromettenti. Del resto, raddoppiare le sue capacità voleva anche dire esporsi due volte al pericolo di essere sondato e analizzato. Se il droide fosse caduto, sarebbe caduto senza concedere niente di importante ai propri avversari ma avrebbe preso loro tutto.

Lo aveva richiesto con due modalità, una gli permetteva di muoversi secondo coscienza, la quale fruiva dei propri dati in memoria e dei ricordi di Iwano, la seconda permetteva di manipolarlo a piacimento, di registrare, di vedere in tempo reale cosa faceva e con chi. L’aspetto scelto era ricaduto su un design asciutto e asettico: linee sinuose per la corazza esterna, flessibilità nelle giunture, rinforzi nel cranio, colore celeste chiaro quasi trasparente che lasciava visibili alcuni dei sofisticati circuiti interni. Aveva deciso di ribattezzarlo “Sbriga-Scartoffie”, perché si sarebbe occupato lui di sbrigare tutte quelle faccende che non poteva accollarsi in prima persona.

Sarà pronto verso sera” lo aveva informato l’amico scienziato dal piano di sotto collegandosi direttamente al suo cervello.

E sera sia”, pensò, avviandosi a lavoro.

Ad aspettarlo sulla soglia del suo ufficio Fredrika aspettava fremente. Lo guardava come per dire “so cosa hai fatto, e mi piace” ma lui si trattenne per farla aspettare ancora un po’.

<< Desideri entrare? >> chiese cortesemente, aprendo la porta dell’ufficio.

Non se lo fece ripetere due volte e prese posto sulla poltroncina di fronte alla scrivania.

<< Hai sentito delle esplosioni al palazzo di Ageha? >> domandò tutta eccitata. Un ciuffo di capelli che si agitava mentre parlava.

<< Sì, mi pare di averne sentito parlare. Ovviamente noi non ne sappiamo niente. Impensabile una cosa del genere. >> Fredrika colse la punta di sarcasmo e ridacchiò.

<< E ora? >>

<< Ora aspettiamo che la natura umana libera dai fronzoli della cibernetica faccia il proprio dovere. E poi raccoglieremo i cocci, dispiaciuti e piangenti. >> spiegò.

<< Nessuno dei due si è visto a lavoro, per ora. Quel che mi incuriosisce è che Francis abbia la bocca cucita. Vuoi che uno come lui non sappia delle esplosioni in casa di una collega? >>

<< Non ha fatto annunci? Questo in effetti è strano. Suppongo voglia mantenere il silenzio stampa per evitare ulteriori pressioni. >>

<< Già. Non so se hai controllato i grafici ma le vendite nonostante le capacità e gli agganci di quell’uomo sono calate di un bel 13%. Prima lo si vedeva alle raccolte fondi, ai convegni degli ambientalisti contro le piogge acide e i problemi climatici, ora è sempre chiuso nel suo ufficio con quelli che chiama “esperti di settore”. >>

Una spia luminosa si accese sull’impianto della scrivania imponendosi con una frequenza di lampeggiamento sostenuta. Quella spia si accendeva solo quando la dirigenza voleva comunicare con i sottoposti e quanto più la spia era veloce tanto urgente era la comunicazione. Iwano premette il tasto per parlare col grande capo.

Non attese neanche di essere salutato, Francis parlava velocemente, come in preda al panico, << Iwano, il Direttivo in persona sarà qui fra un’ora, me lo hanno appena comunicato. Voglio uno spiegamento in pompa magna, intesi? Ora avverto anche Fredrika. >>

<< Non serve capo, è qui con me. >>

<< Allora lo stesso vale anche per lei. Occupatevene. >>

Terminata la conversazione in vivavoce i due si guardarono sospettosi. << Il Direttivo? Tutti i membri qui? >>

Iwano pareva assorto nei suoi pensieri. << Ma sì, è chiaro. L’esercito stanziato qui è una concessione del Direttivo ma la difesa è solo una copertura. Non vogliono che la Engine & Care sfrutti le proprie, di difese. Ora che quasi tutti i dirigenti sono stati fatti fuori vogliono assicurarsi che Francis non ricorra a queste soluzioni, e vogliono fargli pressioni di persona. >>

Fredrika annuì. Dovevano sbrigarsi.

 

Tutto il personale fu mobilitato e calorosamente invitato dal personale di sicurezza a disporsi in file per tutto l’edificio, dentro e fuori. Anche l’esercito stazionato aveva tirato a lucido le divise e si era messo sull’attenti a formare una linea di entrata alla Engine & Care. Nel cielo era piuttosto persistente il rumore di droidi, elicotteri e velivoli di varia natura tra le forze di pacificazione, l’esercito e altre eminenze accorse in loco per omaggiare il Direttivo in persona.

Di fronte alla Presidenza, l’ufficio di Francis Matsuda, erano schierati i personaggi più influenti dell’azienda esclusi Ageha e Gottfrid, al fianco del loro collega. Erano stati sostituiti da Fredrika e Iwano con loro somma gioia dato che in quanto a grado, status e capacità erano ormai prossimi ai livelli della dirigenza.

L’elivelivolo dei circa venti membri del Direttivo era di colore nero, quasi sicuramente provvisto di corazza antimissile e di tecnologia stealth. Le grandi ali nere ricurve verso la cabina di pilotaggio ricordavano vagamente due corna bovine, quelle ricurve verso il posteriore del velivolo sembravano le zampette dei cani quando si adagiano sul pavimento. Fermati i reattori e le numerose eliche per tenere in aria tutto quel metallo corazzato, il velivolo aprì sul fianco uno spiraglio da cui uscì una scala automatica. Da quella cominciarono a scendere i membri del Direttivo, coloro che ufficialmente riconosciuti governavano il Giappone moderno. Non erano scortati da droidi e apparivano sobri ed eleganti, tutti vestiti con giacca e cravatta, barba curata e capello corto.

Un pacificatore uscì dai ranghi, agitando il dissuasore e urlando frasi sconnesse di vendetta.

Si fece incontro al membro del direttivo che apriva la fila alzando la propria arma pronto a colpire. L’esercito era pronto a fare fuoco ma un altro membro alzò la mano per impedirglielo. All’unisono le armi imbracciate tornarono a terra mentre l’assalitore guadagnava terreno. Il membro del Direttivo bloccò il polso del pacificatore con estrema semplicità, gli torse il braccio dietro la schiena con un movimento fulmineo e applicò pressione, facendolo urlare. Siccome non accennava a smettere di agitarsi e urlare l’uomo in giacca e cravatta penetrò la nuca dell’uomo con un dito, all’altezza dell’atlante. Smise immediatamente di urlare e i colleghi del Direttivo scavalcarono senza problemi il suo cadavere. Fu portato via al passaggio dell’ultimo di loro.

<< Impressionante. >> commentò Iwano, stupito. In realtà credeva che i membri del Direttivo fossero supercomputer. Era da quando era nato che governavano sempre gli stessi. Le sue nozioni in materia non erano aggiornate. Non che ne circolassero chissà quante sotto il segreto governativo.

Fu Francis a spiegargli che da qualche anno a quella parte i membri del Direttivo, di cui erano rimasti solo i cervelli ormai, avevano scelto di utilizzare degli Avatar, o come venivano chiamati attualmente, dei Kagemusha. Erano corpi umani coltivati in laboratorio a partire dalle poche cellule rimaste dei veri corpi dei membri, migliorati geneticamente e tecnologicamente con i migliori dispositivi disponibili. Avevano capito che un supercomputer o un cervello in una vasca non può interfacciarsi al meglio quando parla ad un popolo di esseri umani mediamente ottimizzati, per cui avevano optato per quei mostri di ingegneria genetica e cibernetica. Inoltre, come il termine Kagemusha faceva intendere, erano perfettamente rimpiazzabili e sostituibili.

Esattamente come il mio nuovo Sbriga-Scartoffie ma molto più forti.”

E con quelli il numero dei suoi problemi aumentò, confermato dallo sguardo carico di tensione di Fredrika.

Non furono ammessi poi in dirigenza a sentire i loro discorsi, erano coperti dal segreto di stato. Durò circa un’ora, poi tornarono così come se ne erano venuti, con freddezza glaciale.

Francis era visibilmente sudato e si massaggiava il collo con forte nervosismo.

<< Ora tornate tutti alle vostre faccende >> concluse.

 

Quella sera Iwano potè ricevere il proprio “regalo” e provarlo. Insieme a Michael eseguì i test di accertamento e quelli per mettere alla prova il droide sotto sforzo fisico e mentale. Era importante che non cedesse neanche un’informazione, per quanto piccola. Li superò tutti con un punteggio brillante tanto quanto il viso del suo padrone. Michael invece sembrava preoccupato. Comunicò all’amico che Midori era rimasta sotto i ferri per delle ore e avevano rilevato complicanze.

<< Complicanze? >> fece eco Iwano.

<< Sì, hanno trovato tracce di manipolazione nei suoi impianti. >>

Questa non ci voleva. Iwano cominciò ad agitarsi. “Calma, calma, non è niente. Non ancora. Possiamo sempre corrompere i medici o inventare qualche storia. Guadagno abbastanza da potermi comprare una villa al mese, sarò in grado di mettere a tacere quella gente, maledizione?

Michael Deda invece si vedeva già sotto pena capitale, con l’iniezione letale di fronte a parenti e amici.

<< Vai alla clinica, prendi un milione di Globali. Offri la cifra giusta a tutti quelli coinvolti che sospettano qualcosa, corrompili >> l’ultimo termine era stato pronunciato con una nota perentoria che non ammetteva repliche.

<< Tu dove vai? >> balbettò Michael.

<< Devo finire una cosa. >> sussurrò accarezzando Sbriga-Scartoffie.

 

Quando anche Michael fu partito con l’elicottero Iwano potè finalmente connettersi con se stesso.

La connessione cerebrale tra uomo e droide fu veloce e indolore ma una strana sensazione lo pervase una volta in quel cervello meccanico. Gli pareva che gli mancasse qualcosa. Che fossero i ricordi rimossi? Si sentiva anche più leggero, libero, deciso.

Il fantasma, ancora una volta, si ripresentò a lui. Quel ricordo lo aveva completamente messo da parte ma nel cervello fresco di stampa di Sbriga-Scartoffie era ancora in libertà.

<< Andiamo a trovare Argo? >>

Iwano tacque. Alzò una mano: tremava come se avesse il parkinson.

<< Sparisci. Tu non esisti più in questo mondo. >>

<< Allora perché Lei ha il mio nome? >>

Con grande sforzo Iwano fece mente locale per sbarazzarsi di quel ricordo. Prima non gli facevano domande dirette, si limitavano a riprodurre il passato. Stava forse impazzendo? O i ricordi cominciavano a fondersi con le sue stesse angosce?

 

Aveva lasciato dei sensori al palazzo di Ageha l’altra notte e quelli gli avrebbero comunicato quando si sarebbe mossa.

Fino ad allora, il robot avrebbe stazionato da quelle parti senza farsi scoprire. Indossò un’unità tutelante e la dispiegò come un impermeabile. Prese anche un cappello e diede inizio alle danze.

Non dovette attendere a lungo, Ageha si mosse nel cuore della notte, verso le 3.00.

Lasciarono il suo palazzo un blindato, un mezzo semovente dotato di cannoniera e mitragliatrice gatling, tre automobili e un elicottero da guerra armato con missili a ricerca automatica. Il droide di Iwano riuscì a seguirli con facilità fintanto che poteva arrampicarsi sui palazzi o saltare grazie alla forza dei propri muscoli d’acciaio, venne però rallentato quando la spedizione punitiva uscì dalla città per entrare in aperta campagna.

Là, una volta arrivato, vide che il mini esercito di Ageha aveva preso posto in formazione a cerchio, con lei stessa al centro.

Dopo poche ore, preceduto dallo spostamento d’aria impetuoso del proprio Jet stealth, si presentò quello che doveva essere Gottfrid, probabilmente richiamato o avvertito da Ageha. Sapeva tutto? Si sarebbero scannati a vicenda?

L’uomo parlò dal Jet attraverso un megafono interno con voce roca. << Cosa significa questo dispiegamento e questo richiamo nel cuore della notte, Ageha? >>

<< Scendi! >> Intimò un robot accanto a lei. << O ti faccio scendere a cannonate. >>

 

5.

 

L’uomo decise di obbedire, anche se palesemente di malavoglia. Arrestò i motori e fuoriuscì dalla cabina di pilotaggio del proprio mezzo, protetto da un’unità simile ad un’armatura. Era munita anche di ossigeno e respiratore. Gottfrid scrutò le truppe disposte a cerchio, poi analizzò i due mezzi blindati e l’elicottero. Si rivolse direttamente a lei << Ci sei tu dietro tutto questo? Vuoi far fuori anche me dopo gli altri? Dunque è colpa tua. >>

Lei in tutta risposta gli lanciò ai piedi qualcosa che rotolò con clangore metallico. Lui lo scostò con la punta dello stivale. Era la testa di un droide.

<< E’ roba tua, vero? Mi ha attaccato ieri sera. Sarai contento di riaverlo indietro. >>

Lui assunse un’espressione confusa.

<< Non ti ho mai attaccata, né ho mai avuto intenzione di farlo… >> cominciò con voce incerta.

<< Non ti credo. >>

<< Allora sei venuta qua solo per l’esecuzione, è così? >> le sue gote passarono dal rosa al rosso pomodoro.

<< Esatto. Tenetevi pronti! >> urlò al suo manipolo meccanico. I droidi imbracciarono i fucili d’assalto puntandoli tutti verso Gottfrid.

<< Fuoco! >>, a quell’urlo esplosero centinaia di colpi, tutti in direzione del pover’uomo semi-indifeso. Nella quiete della notte però si levò alto un grido di ferro e acciaio stridenti, non di sofferenze umane. Era il titano di Gottfrid, riconvertitosi nella sua forma antropomorfa. Il suo enorme braccio grande quanto un’automobile lo protesse dalle raffiche. I suoi due occhi luminosi si accesero come fari nella notte in tempesta, incendiata da lampi gialli e rossi.

Gottfrid, rialzato dalla mano del titano metallico, non sembrava intimorito. << Posso assicurarti che se ti avessi voluta morta ora non mi troverei qui a dovertelo spiegare. >> Si aggrappò al pollice del suo mostro.

<< Balle. Ci stai eliminando uno a uno. Ho sempre saputo fossi tu. Così stacanovista, così preciso, così...sobrio. C’era da aspettarselo che fossi tu la spia, mio caro. E sai perché non l’ho ancora detto a nessuno? >>

Gottfrid parve realizzare ma sembrava dispiaciuto.

<< Perché non ti avrà nessun gendarme, nessuno scienziato. Non sarà Francis o un burocrate bastardo a decidere di te, sarò solo io. >>

<< Giudice, giuria e boia a quanto pare >> commentò sarcasticamente lui.

<< Esatto. Fuoco! >> ancora una volta, i suoi soldati spararono contro l’uomo e il suo titano. A questo coro però si aggiunse anche la cannoniera e il gatling dei due mezzi blindati. Il colosso sembrò parzialmente accusare il colpo ma non lasciò scoperto il proprio padrone.

Uscito illeso dalla cortina di fumo comunicò col proprio robot. << Dalle una dimostrazione. >>

Dai fari luminosi del titano si irradiò un fascio di luce di sette colori accecanti come il sole; si riversò completamente sulle macchine con cui erano arrivati disposte a cerchio per impedire la fuga. Esplosero come tanti palloncini pieni di coriandoli, schegge e frammenti di vetro e ferro ovunque, ciottoli incendiati tutto intorno a loro.

Forte di quella dimostrazione riprese la propria spiegazione. << Dispongo di un colosso di venti metri che potrebbe distruggerti in ogni momento, anche ora se lo volessi. E non lo sto usando contro di te. Perché, secondo te? >>

<< Perché non vuoi essere compromesso. Per questo mandi dei sicari. >>

<< E i miei presunti sicari ti avrebbero dato informazioni sul loro mandante? Non lo trovi un po’ sciocco? >>

Lei si bloccò, col volto congestionato. Quelle parole stavano facendo breccia.

<< Stai mentendo. Stai solo aspettando che mi giri per ammazzarmi come una cagna >> la voce di Ageha, calcolò il droide, risultava incrinata dalla tristezza e dalla paura. Era indecisa, stava valutando.

<< Non ti attaccherò, Ageha. Voglio trovare chi c’è dietro quanto te. >>

Quel maledetto Gottfrid” pensò Iwano, dentro al suo guscio.

La sta portando dalla sua parte, non era previsto.” Armò i sistemi offensivi. Non molto in realtà, oltre all’autodistruzione programmata il droide era provvisto di due sole granate, di una lama retrattile al braccio sinistro e di una pistola interna al braccio destro.

Scelse di sfruttare un momento di distrazione mentre i due parlavano. La notte lo favoriva dato che il camuffamento ottico non lo avevano implementato al 100% della sua superficie corporea.

Giunto silenziosamente a circa una ventina di metri dal cerchio di auto in fiamme dovette fermarsi. Il fuoco lo avrebbe rivelato ai sensori dei droidi, e ce n’erano troppi per passare inosservati.

Doveva sparare a qualcuno ma non ai due interessati. Scelse il droide accanto ad Ageha. Spiccò un balzo per darsi il massimo slancio, atterrò sul cadavere di una vettura esplosa sfondandola ulteriormente sotto al proprio peso e azionò la pistola nel proprio braccio sparando una raffica silenziosa contro il bersaglio. “Ting, Tang, Ting”, i colpi perforarono la testa del robot e Ageha venne sbalzata via dagli altri nel tentativo di proteggerla. Una volta realizzato andò su tutte le furie e comandò al suo esercito di esplodere fino all’ultimo colpo contro l’uomo. Una cannonata ferì il titano agli occhi, impedendogli di usare il suo attacco alla massima potenza. Dovendo proteggere il proprio pilota poi risultò mediamente svantaggiato mentre altri droidi si arrampicavano sul suo corpo. Ne sbalzò quattro, cinque, frantumandoli con un pugno, poi con l’occhio rimasto sfasciò il blindato. Gottfrid tentò la fuga rientrando nell’abitacolo ma uno dei droidi si fece esplodere in una giuntura. Il titano collassò privo di una gamba.

Nel caos generale Sbriga-Scartoffie si avvicinò ad Ageha, scambiato per uno della sua scorta, e la finì con una lama piantata nella gola. Gli altri compagni della scorta sembrarono arrestarsi per qualche istante. Quello che stava tempestando di pugni la carlinga si fermò in attesa di nuovi ordini.

A quel punto, proprio come aveva detto a Iwano l’altra mattina, il testamento automatico di Ageha avrebbe ricevuto le ultime direttive e altri droidi avrebbero finito il lavoro.

Infatti non ci volle molto affinché altri venti droidi da combattimento dotati di jet a reazione scaricassero le loro armi contro il titano ormai morente di Gottfrid. Quell’esplosione risuonava come musica di alto livello nei meccanismi uditivi del guscio di Iwano. Una felicità incredibile lo pervase fino alla punta dei piedi, tanto che credette di rendere visibile il proprio sorriso a trentadue denti anche su Sbriga-Scartoffie. L’ultima direttiva data al droide fu di ritirarsi, poi lo lasciò guidato dalla propria coscienza. Sarebbe tornato a casa facendo attenzione a non essere seguito e nessuno avrebbe mai osato dargli la colpa di niente.

Chiamò immediatamente Fredrika su una linea sicura e le ricordò di guardare il telegiornale. Sicuramente ci avrebbe trovato qualcosa di molto interessante. Lei non capì, non poteva aver fatto tutto da solo quell’uomo, nonostante la caparbietà di cui era dotato.

E invece sì, era riuscito, con una piccola spinta, a raggiungere i vertici del successo, a sbarazzarsi dei propri nemici e dei propri superiori.

La parte difficile veniva sicuramente ora, dovevano decidere cosa farne di Francis, e come comportarsi con il Direttivo. Per ora la cosa migliore era probabilmente aspettare di essere convocati e promossi alla dirigenza, per poi agire nuovamente. Dovevano tenere un basso profilo.

In Iwano scattò poi un meccanismo mentre rifletteva. Aveva proprio pensato al plurale, riferendosi a se stesso e a Fredrika quando anche lei era un avversario. Un alleato sotto costrizione che faceva buon viso a cattivo gioco che presto si sarebbe rivelato. Occorreva sistemare anche lei presto o tardi.

Nel cranio gli risuonò una chiamata. Chi poteva essere a quest’ora?

Era Micheal. Forse lo chiamava per avvertirlo delle condizioni di Midori.

Aprì la chiamata, sperando non fosse successo niente di grave.

<< Dimmi tutto. >>

<< Amico mio...ascolta, non è colpa mia. Io...non ce l’ho fatta. Ce l’ho messa tutta ma davvero… >> quelle che si sentivano erano sicuramente le lacrime di Michael.

Iwano cominciò a temere il peggio e si massaggiò la tempia << calmati. Parla e fammi capire. >>

Dall’altra parte l’uomo pareva prendere respiri profondi. << L’ho confessato a Midori. >>

La chiamata si interruppe. Dopo neanche cinque secondi arrivò quella della moglie.

<< Con me hai chiuso. Non sei un uomo, non sei una macchina, sei lo scarto tra le due. Tieniti i tuoi soldi, non li vogliamo. Io e Iris ce ne staremo per sempre alla larga da te. >>

<< Midori aspetta...se mi fai parlare… >>

Non lo fece parlare, la chiamata si spense così come le sue speranze.

Che nottata agrodolce. Aveva ancora sulla lingua il dolce gusto della vittoria e doveva già sbarazzarsene per far posto a quello acre del cuore spezzato. Non che non se lo fosse meritato, aveva giocato con il proprio corpo e con quello altrui senza permesso. Aveva giocato con delle vite umane e aveva tirato i fili del destino come un astuto marionettista, sperando unicamente di non incrociare mai chi quei fili li manovrava per davvero. E ora che una delle marionette si era accorta di essere in realtà una persona, gli si era rivoltata contro.

Quel pensiero lo fece bere fino a mattina inoltrata. Senza aver riposato abbastanza decise che non si sarebbe presentato a lavoro, scelse di autocommiserarsi nell’alcol fin quando casa aveva da offrirgliene.

Infine, decise che quel dolore immenso era troppo. Il suo cuore artificiale, capace di pompare sangue senza mai fermarsi per una durata certificata di almeno cento anni, non reggeva tutto quel dolore. Scese in laboratorio, si applicò il Mnemo e si cancellò ogni ricordo che aveva di Midori e di Iris.

 

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Capitolo 3
*** Padre, Figlio e Dio dalla Macchina ***


1.

 

Il giorno dopo fu convocato d’urgenza dalla direzione. Se Iwano non andava ai problemi, quelli venivano da lui, motorizzàti anche. Il grado del richiamo era troppo elevato per ignorarlo, non aveva scelta. Mise addosso i primi abiti che trovò, non riusciva neanche a distinguerne le fattezze tanto la sua vista era sballata e la sua mente inferma. Per fortuna aveva il proprio conducente profumatamente pagato che lo aiutò a caricarsi di peso in macchina e a uscire su due piedi anziché su due mani o di faccia. Iwano notò un gran chiasso, c’erano dei giornalisti nello spiazzo destinato ai parcheggi. Stavano prendendo d’assalto lavoratori, operai, dirigenti, chiunque riuscisse a capirci qualcosa. Ora la notizia non poteva più essere tenuta nascosta.

Non c’era più bisogno di rispondere alle varie sentinelle visto il suo grado però non accettarono l’autista all’interno e lui ancora non si reggeva in piedi.

Fu aiutato dal personale di sicurezza e, una volta condotto nell’ufficio di Francis, Fredrika era già comodamente seduta di fronte a lui, discutendo amorevolmente del più e del meno.

Tra gli altri presenti al tavolo ovale c’era uno che Iwano non ricordava bene, forse lo aveva visto solo un paio di volte, anche lui in giacca e cravatta e col capello corto.

<< Cosa diamine gli è successo? >> domandò Francis Matsuda tamponandosi la fronte con un fazzoletto.

Voci indistinte, suoni ovattati e rumori di varia natura che lui avvertiva come distorsioni elettromagnetiche arrivavano a lui al posto delle loro spiegazioni.

Fu fatto sedere quasi composto, leggermente sbilenco verso sinistra, poi Francis riprese a parlare.

<< Come dicevo prima della nostra spiacevole interruzione >> gettò uno sguardo in direzione di Iwano, << hanno ritrovato i segni di una lotta senza quartiere appena fuori da Tokyo. I resti dei droidi di Ageha, il titano di Gottfrid e Ageha stessa in una pozza di sangue sono stati ritrovati ieri notte dai soccorsi >> un “oooh” generale pervase la sala. << Questo mette me, ma soprattutto la nostra azienda, in una posizione molto delicata. L’accordo che abbiamo preso col Direttivo ci consente di attivare le nostre forze di autodifesa in caso di attacco, ed è una cosa che qui nessuno vuole. Tuttavia, mi secca constatare che dopo i recenti avvenimenti, tra cui le ingiuste accuse mosse a mio figlio, è evidente che qualcuno miri a distruggerci. E solo qualcuno dall’interno potrebbe averne le conoscenze e la forza. >>

Fredrika a quel punto intervenne << E se uno dei colpevoli fosse stato proprio Gottfrid, oppure Ageha? Uno dei due aveva scoperto la spia e ha deciso di farla fuori. >>

Iwano era ancora rimbambito ma quella difesa era proprio ciò che avrebbe voluto dire lui per depistarli. Si segnò su un taccuino inesistente di offrirle da bere.

Francis scrutò i presenti. << Lo ritengo improbabile. >> questo sorprese parecchio Fredrika. Prese una ciocca di capelli e cominciò a giocarci nervosamente.

<< Nessuno dei due mi ha avvertito di questa eventualità. Quando una persona sa di essere nel giusto avverte le forze dell’ordine, i superiori o cerca alleati altrettanto nel giusto. Il fatto che nessuno dei due lo abbia fatto mi porta a credere che o entrambi fossero all’oscuro di questa spia o magari ne fossero a conoscenza ma avessero altrettanto da nascondere per non riferirmelo. >>

Iwano evitò di cadere su un lato puntellandosi a terra.

<< So bene che tra di noi nessuno era un santo ma posso garantire per chiunque dei miei >> si rivolse all’uomo sconosciuto in giacca e cravatta notato prima << che nessuno di loro è una spia. Ci lavoro da anni col mio personale. >>

L’uomo parve non gradire quella risposta. Si presentò aggiustandosi il colletto e alzandosi in piedi.

<< Signori, sono Venceslas, del Direttivo. Sono stato mandato qui in qualità di consulente per poter fare ciò che so fare meglio: consigliare. La questione è semplice, e ve la metto sul piatto immediatamente. Il Direttivo non tollera colpi di stato. Il Direttivo non tollera che qualcun altro abbia la forza militare per poter attuare colpi di stato. Il Direttivo… >> prese una leggera pausa prima di continuare << ...non tollera neanche chi ha buoni motivi per poter attuare un colpo di stato. E qui in questa azienda ne abbiamo due su tre. La faccenda è diventata di dominio pubblico e non può più essere ignorata. Non mi interessa sapere se questa spia esiste o meno, trovatela e bruciatela per quel che mi riguarda. Quello che voglio io, in qualità di portavoce del Direttivo nella sua eminente persona, è che questi atti di terrorismo cessino all’istante, che vengano eletti nuovi dirigenti e che la situazione torni sotto controllo. >>

Venceslas non aveva certo bisogno di andarle a dire, era stato cristallino. Persino Iwano, intontito com’era, aveva afferrato la gravità della cosa. << Avete tre giorni di tempo per decidere chi sostituirà i vecchi colleghi, signori. >> si riaccomodò mettendo le mani a coppa.

Francis sembrava ancora più umido di prima in volto.

<< Dunque, come avete sentito, la situazione è questa. Troveremo questa spia ovunque si nasconda e mostreremo la sua testa alle tv pubbliche per far capire che qui terroristi non ce ne sono. In più, io insieme al consulente Venceslas e a un comitato scelto da noi decideremo i nuovi dirigenti. Ci sono domande? >>

Nessuno aveva domande, nessuno alzò la mano. Iwano però non riuscì a trattenere un conato di vomito e rilasciò tutto sul tappeto. Questo di certo non avrebbe fatto buona impressione su chi avrebbe deciso se farlo entrare o meno alla Dirigenza.

 

Una volta tornato lucido però si poneva il problema di Fredrika. Per aumentare il proprio prestigio avrebbe sempre potuto venderlo ai superiori in quanto spia. Lei però non aveva niente di concreto in mano, non potevano crederle. E Iwano vantava comunque un’esperienza decennale là dentro, non era facile dimostrare che fosse una spia. Al contrario, lui avrebbe potuto vendere lei. Un sorriso comparve sulle sue labbra secche.

Aveva ancora un alleato inconscio ora che la sua mente ricominciava a carburare. Mandò un messaggio a quella persona dalla sua postazione. Si avvicinò alla finestra che dava a vedere su quel panorama di palazzi e grattacieli che sfioravano il cielo con un dito. Velivoli, automezzi, droidi, forze di pacificazione. Era un tessuto difficile da gestire ma occorreva un solo capo, una sola volontà.

Micheal entrò nella sua stanza senza avvisare prima, Iwano lo accolse a braccia aperte. Il suo piano era stato un successo. L’amico invece sembrava interdetto e si allontanò dall’abbraccio di Iwano.

<< Non...non ce l’hai con me? >> se prima non osava guardare nessuno negli occhi, ora per la vergogna guardava i propri, di piedi.

<< Per cosa? >>

<< Per aver rivelato a tua moglie ciò che le hai fatto >>

Quelle parole suonarono vuote dentro di lui. Aveva una moglie? Non ricordava di averne mai avute. Quella parola, associata a un volto vuoto di un manichino senza espressione, non gli suscitava alcun sentimento. Doveva essersi rimosso qualche altro ricordo, forse perché gli tornava utile. Non ci badò.

<< Ti sei forse cancellato dei ricordi? G-guarda che è pericoloso cancellarne troppi. Non te lo consiglio, sai? I brutti ricordi sono alla base dell’esperienza, se ti cancelli il ricordo in cui ti scotti per la prima volta sarai inesorabilmente portato a scottarti un’altra volta >>

<< Non ho chiesto il tuo parere. Non sono arrivato fin qui chiedendotelo, e non lo chiederò in futuro. Puoi andare e… >> congedò l’amico con un << ...pazienza, se non ricordo neanche di averla conosciuta o di essermici affezionato, è come non aver perso niente. >>

<< E Iris? >> Michale boccheggiava, indugiando sull’uscio.

Iwano parve sconvolto, sul suo volto si disegnò un alone di tristezza.

<< Iris è morta, tanto basta. >>

 

2.

 

Gli sembrava di aver dimenticato qualcosa. Aveva quella orrenda sensazione di aver lasciato qualcosa di importante in un posto sbagliato, o di aver scordato una scena importante di un film che magari si rivela solo durante un dejà-vu. La televisione era l’unico svago che aveva, per ora.

<< Sì Jones, come il portavoce dell’ONU ha riferito, qui è tutto pronto per l’assalto finale alla capitale, l’ultimo baluardo contro le forze terroriste di Al-Mushraafi colpevoli di aver fomentato guerre in Occidente, di aver armato dei bambini, di aver usato la loro propaganda per plagiare delle giovani menti a farsi saltare in aria. Scusa se non riesco a trattenere le lacrime ma sono contenta perché questo incubo sta finalmente per avere fine >>

Il presentatore, commosso, annuiva. << E che ci dice invece Kazuo, il nostro inviato ad Akihabara? La Engine & Care è stata nell’occhio del ciclone in queste ore! I social sono pieni di commenti negativi per la stessa, c’è chi aderisce a teorie del complotto, chi pensa invece che sia colpa dell’eccesso di tecnologia, chi invece cerca di attuare un minimo di debunking, come il nostro ospite di stasera, il professor Paul Lehmann, in collegamento con noi da Francoforte. Buonasera professore >>

<< Buonasera a lei. >>

<< Cosa può dirci della situazione? Sono stati trovati droidi fusi, un titano stealth di classe Macbeth, di cui ricordo essere disponibili solo cinque esemplari attualmente funzionanti. >>

<< Dunque, bisogna capire innanzitutto il coro delle voci di dissenso. È chiaro che la casalinga priva di degna documentazione scientifica non possa che adeguarsi al pensiero del volgo imperante, che quindi veda la risposta a tutto sostanzialmente in tre cose: Il Direttivo vuole ucciderci tutti, il Direttivo ci vuole tutti ammalati e, con qualche variante, il mondo finirà tra qualche minuto >> il professore si scompose per una breve risata trattenuta.

<< Certo, immagino. Alcune persone riferiscono di aver sentito degli spari e qualcuno parla anche di colpi di stato. Che ne pensa, professore? >>

<< Che il principio base della scienza è immutato da centinaia di anni perché continua a servirci egregiamente -o non saremmo qui ora-, e cioè che sta a chi afferma portare prove. Quando queste persone disporranno di analisi statistiche, chimico-fisiche e di qualche vera pistola fumante se ne potrà parlare, fino ad allora sono chiacchiere da bar. >>

<< Molto bene, la ringrazio Professor Lehmann. Passiamo ora a… >>

Le parole dell’inviata si persero nel silenzio. Non aveva voglia di sentire di altri massacri. Stranamente, ne aveva abbastanza e si sentiva nauseato da quello che ancora doveva fare.

In ogni caso si coricò relativamente presto, ora non era più tempo per bere: doveva apparire in forma smagliante per sbaragliarli tutti, ancora una volta.

 

Il terzo giorno, si ritrovarono tutti di nuovo nello stesso ufficio. Questa volta parlare e farsi sentire era ancora più difficile a causa del maggior numero di emittenti nazionali presenti e anche di Credenti. Stranamente il loro numero si era ingrossato.

Con le mani sul tavolo, Francis aspettò un cenno da Venceslas che accorse subito.

<< Dunque, vi comunico la mia decisione. >>

Furono attimi di calma prima della tempesta. Chi tamburellava col dito, chi agitava il piede accavallato, chi di sotto urlava chiedendo a gran voce la verità.

<< Ho trovato la spia. Fatevi avanti >>

Due pacificatori entrarono, affiancandosi a Fredrika. La presero di peso dalle ascelle e la sollevarono senza fatica. Lei sgranò gli occhi, non capendo.

<< Cosa diamine state facendo, siete impazziti?! Francis, digli di fermarsi >>

<< Fredrika, ho indagato su tutti voi. Tu hai venduto alcuni dei nostri progetti ad un’azienda rivale. Lo so perché quando si paga profumatamente anche i tuoi nemici collaborano. Neghi? >>

Uno dei pacificatori le strappò la manica per tastarle il polso. Le stava misurando le pulsazioni.

<< No...ma è stato un errore di tanto tempo fa...ho rimediato dando anima e corpo per questa azienda, lo giuro! >>

Francis non la stava neanche ascoltando, aveva già deciso. Giudice, giuria e boia. << Portatela in internamento, fin quando non sapremo cosa farcene. >>

Venceslas sembrava soddisfatto, un capro espiatorio era stato trovato. Per un istante Iwano aveva creduto che li avessero scoperti o che lei lo avesse venduto, e invece avevano solo svolto delle indagini superficiali scavando nel suo passato. Per fortuna lui era pulito, non aveva mai fatto niente del genere.

L’uomo in giacca e cravatta si alzò << Possibile che solo una spia abbia fatto tutto questo da sola? Direi di trovarne almeno due, non crede? >>

Matsuda aveva dimenticato di richiudere la bocca. Aveva ingenuamente creduto che una testa saltata fosse sufficiente. << Non capisce? La gente non è stupida, deve saltare fuori almeno un piccolo gruppo per rendere le cose credibili. Poi forse potremo anche inventarci dei collegamenti con la Yakuza o con i terroristi. >>

Francis annuì amareggiato. Gli si leggeva in volto “e ora dove lo pesco un altro?”

<< Mentre, per quanto riguarda i nuovi dirigenti… >>

Iwano si sporse dalla sedia per ascoltare meglio, anche se non ne aveva bisogno.

<< Una dei candidati era proprio lei, per cui credo di dover rinviare la decisione. >>

Venceslas si alzò di nuovo in piedi visibilmente contrariato << eravamo d’accordo che in tre giorni avrebbe sostituito i dirigenti. Devo forse ricordarle… >>

<< Non ricordi a me quello che so da almeno vent’anni che sono qui. Non faccia la voce grossa con me che sono pur sempre il maggior azionista. Non dimentichi che lo status quo è garantito dai rapporti di reciproca fiducia tra quello che io rappresento e quello che lei rappresenta. Lasci a me queste decisioni e si occupi delle scartoffie. >> Matsuda aveva sicuramente scelto di tirare fuori le palle. La cosa non passò inosservata ma non fece altro che aumentare la tensione tra la Engine & Care e il Direttivo.

Iwano intervenne, spezzando l’acredine nell’aria.

<< Ha detto una dei candidati. Gli altri chi sarebbero? >>

<< Be’, c’eri anche tu. Ma visto come ti sei presentato l’altra volta abbiamo deciso di non tenerti in conto. E poi basta, nessuno ha le vostre stesse ore di servizio, per questo mi occorre tempo per svolgere altre indagini. >>

 

Uscì da quella stanza ripulendosi la fronte dal sudore. Vedere quei pacificatori all’opera di certo non lo aiutava. Sapere dal capo in persona di essere stato scartato per così poco, neanche.

Al suo cellulare integrato arrivò una chiamata, era Fredrika. Probabilmente l’unica telefonata che poteva fare all’avvocato aveva scelto di farla a lui.

<< Ascoltami bene, pezzo di merda >> intonò lei senza dargli il tempo di rispondere

<< Mi tiri fuori da qui. Non voglio neanche sapere come, mobilita tutti i tuoi droidi o fatti saltare in aria ma fallo o io parlerò del nostro accordo. Se mi devono ammazzare, tanto vale che tu venga con me brutto bastardo, hai capito? >>

<< Sì. Ho capito. >>

Chiuse la chiamata. La situazione si stava esacerbando molto rapidamente, occorreva agire ancora meglio, ancora più rapidamente.

Forse i nuovi inconsapevoli alleati potevano servire allo scopo. Chiese al suo staff di contattare le agenzie di stampa, mediatori, articolisti, opinionisti e di sponsorizzare il nuovo evento che si sarebbe tenuto nella Hall delle Conferenze proprio alla Engine & Care. Ora ne aveva l’autorità.

 

Quella sera si presentarono le maggiori TV nazionali, i blogger, ormai assurti al rango di intellettuali di regime, i vari influencer tra cui opinionisti vari e anche i suoi nuovi alleati inconsapevoli, i seguaci del Nuovo Messia. Il giornalista che svolgeva il ruolo di moderatore era in piedi con un palmare elettronico, accanto a lui seduti su delle poltrone rosse imbottite sedevano Francis Matsuda, il Messia in persona, un uomo dall’aria trasandata con borse sotto agli occhi e calvizie incipiente, altre tre persone che Iwano non conosceva e infine Iwano stesso, con il compito di supportare con dati ed evidenze il discorso di Matsuda. Venceslas osservava la scena dal pubblico in sala, a braccia conserte. Quando gli aveva chiesto cosa avesse in mente gli aveva risposto che un’apparizione in TV con un dibattito faccia a faccia con gli oppositori avrebbe sicuramente giovato all’immagine dell’azienda. Del resto Matsuda nei confronti in pubblico era campione imbattuto, non c’era nulla da temere da gente impreparata e inesperta priva di ottimizzazioni cerebrali.

<< Allora, signore e signori, benvenuti. Siamo qui stasera per affrontare insieme la questione scottante della Engine & Care, accusata di alcuni complotti interni alla stessa, e fare finalmente luce insieme. Vi ricordo che potete votare con l’emoticon di preferenza il commento dei nostri ospiti e condividere il vostro pensiero sulla nostra pagina social. Cominciamo da lei, signor Kawada >>

L’uomo trasandato annuì come se si fosse preparato la lezione da dire al professore.

<< Sì Jones, io e i miei colleghi abbiamo recuperato prove inoppugnabili di questo complotto contro i cittadini >>, fu immediatamente interrotto da una delle persone che Iwano non aveva riconosciuto, il professor Paul da Francoforte, il debunker, << Le prove che avete presentato sono fallaci e inconsistenti. A dirla tutta, inconcludenti >> fece un gesto vago con la mano, accennando a un diniego. L’altro riprese come se niente fosse << Non è un caso che tutto ciò avvenga proprio all’alba dell’assalto finale alle forze del Califfato. I loro leader si sono stufati e hanno deciso di colpire qui, in Giappone, dove le tecnologie militari che vengono usate là in quei paesi vengono prodotte. >>

A riprendere la parola fu Paul ma Jones lo interruppe << Perché lo avrebbero fatto? Non è un complotto contro i cittadini? >>

<< Quel che ho detto non esclude spionaggio industriale, pressioni politiche e sobillatori all’interno dell’azienda. In tutto questo la direzione della E&C cosa ha fatto? Niente di niente. Anzi, sappiamo che ha avuto contatti direttamente con tutti i membri del Direttivo in persona. Questo perché ormai a comandare sono loro, è chiaro. >>

Il pubblico fremeva in sala, il professore annaspava, Matsuda aveva solo trattenuto un sorriso.

<< Posso parlare? >> prese infine la parola. << Ma certo signor Matsuda, siamo qui apposta per lei! >>

<< I colpevoli sono stati trovati tutti quanti. E a breve verranno spediti a chi di dovere per l’esecuzione capitale. Io, in qualità di ciò che rappresento, sono davvero dispiaciuto di aver dato un’immagine sbagliata ai miei cari amici consumatori. Posso garantire che nella mia azienda i controlli sono presenti, questo lo garantisce l’ente preposto >> lanciò un’occhiata a Iwano << e tra di noi non ci sono né terroristi né pazzi. La produzione riprenderà a pieno regime grazie al vostro supporto. >> all’ultima frase sfoderò un sorrisone che nemmeno un attore avrebbe saputo eguagliare.

Kawada non sembrava convinto. << Allora perché sono stati ritrovati i resti di alcuni droidi da combattimento e i segni di una lotta? Addirittura sono stati trovati dei pezzi di un robot enorme, grande quanto un palazzo. Perché state coprendo tutto questo? Cosa avete da nascondere? >>

Matsuda alzò le mani << assolutamente niente amico mio. Abbiamo fornito tutti i dettagli in nostro possesso al Direttivo e alle forze di investigazione. La legge e la procedura faranno il loro naturale percorso per darci tutte le risposte. >>

Kawada cominciò ad agitarsi sulla sedia << Questa non è una risposta, non ha detto niente di concreto! Venditore di fumo! >>

Il professor Paul lo fermò prima che potesse inveire ancora << Signori, è ridicolo. Anche se fossero stati trovati dei rottami presso una città che viene elogiata dal mondo intero per produrre ogni anno tonnellate di ferro e droidi >> seguì una risata generale compiaciuta << perché il cittadino medio pensa subito ad un complotto, e non, che so, ad una discarica infelice e abusiva, o persino a un errore di trasporto di suddetti mezzi? >>

Kawada ovviamente non aveva dati per replicare. << È una sfida impari questa. Mi si chiede di dimostrare un complotto su carta protocollata e controfirmata da chi il complotto lo avrebbe commesso. Come potrei farlo? Il fatto che non riesca a presentare prove vuol dire che mi è impedito, non che non esistano o non sia così! >>

Paul rise a crepapelle e con lui almeno metà del pubblico << quindi secondo lei dovremmo credere alle fantasie di chi legge troppi E-book fantasy, senza niente in mano, e che magari ha studiato alle scuole serali? Suvvia. Tra l’altro, signor Kawada, che scuole ha fatto? >>

Il signor Kawada digrignò i denti << questo non è rilevante >>

Comprendendo che la situazione pareva essersi scaldata abbastanza, Iwano fece la sua mossa.

<< Se permettete, ho io qualche dato. >> Matsuda lo guardò come se avesse visto uno spirito. Avrebbe dovuto comunicare solo con lui, non lui direttamente. Anche Jones parve sorpreso e gli concesse immediatamente la parola.

<< Uno dei due morti era un dirigente della E&C, il suo nome era Gottfrid. >> Si rivolse poi al Debunker << ho qui tutta la documentazione, se dopo vorrà visionarla >>; il signor Paul non proferì parola.

<< È stato ucciso da un altro membro della dirigenza insieme ai suoi droidi perché era Credente. Tu, lì, fai una rapida indagine su qualsiasi motore di ricerca. Prova a trovarmi una sua foto mentre fuma o mentre beve e ti faccio milionario. >>

L’uomo tra il pubblico che era stato interpellato cercò, e non trovò nulla. Un addetto gli avvicinò il microfono alla bocca e quando mostrò la pagina vuota calò il silenzio più assoluto. Solo Matsuda stava cominciando a sudare freddo.

<< Ho invitato qui il signor Keiji, che alcuni di voi conosceranno sotto lo pseudonimo di “ Ultimo Messia” perché ho voluto rendere a lui e a voi la verità. >>

L’uomo chiamato Messia, un uomo in abiti bianchi molto larghi con dei ricami in oro e riccio come una pecora, fece cenno di ringraziamento con la testa.

In studio ora regnava il silenzio, nessuno osava romperlo. Per questo fu di nuovo Iwano ad anticipare la domanda. << Lo hanno fatto perché Gottfrid era scomodo in azienda. Tutti erano per l’ottimizzazione completa dell’essere umano ma lui no. Lui era per l’azione bilanciata e per la libera scelta. >>

Gli occhi di Kawada brillavano di luce propria << avete visto? Avete visto? >> continuava a ripetere.

<< I credenti sono più forti di quel che sembrano e sempre di più >> mentì Iwano << non potevano correre il rischio che Gottfrid prendesse le redini dell’azienda, per questo lo hanno estromesso. >>

Tutti insieme esplosero in un boato assordante, chi lanciava oggetti, chi piangeva, chi ticchettava sul proprio palmare, chi registrava, la notizia era ormai in rete. Anche Matsuda aveva ritrovato la parola << Menzogne! Sporche, volgari menzogne! >>

Il conduttore agitava le braccia e chiedeva aiuto alla regia per contenere la situazione. Vista l’audience raggiunta gli comunicarono di lasciarlo fare.

Iwano riprese a parlare fornito di un microfono amplificato << Questa è la verità. E posso dimostrarlo. C’è un nuovo apparecchio alla E&C di mia invenzione. Può sondare le persone e i loro pensieri. Applicatene uno a me e uno al mio capo, il signor Matsuda. Chi si rifiuta, o chi viene ritrovato in possesso di informazioni scomode, darà la risposta che tutti cerchiamo.

Io posso fornire questo strumento alle autorità, lei signor Matsuda accetta la sfida? >>

Il dito puntato contro il suo capo, anzi, quello che presto sarebbe stato solo un altro ricordo da eliminare, non concedeva scampo. Messo sotto pressione Matsuda accettò con riluttanza. Era fatta.

 

3.

 

Era fatta. Ormai aveva fatto la sua mossa in quella grande e infinita scacchiera mondiale, e aveva messo nel sacco il più grande retore mai esistito. Da quella sera era diventato una celebrità: alcune donne avevano cominciato a fargli una corte spudorata, altrettanto facevano giornalisti e intervistatori che si contendevano le sue parole come acqua nel deserto. E Iwano li dissetava una goccia alla volta, rivelando via via dettagli sempre più interessanti. Rivelò che la sua amica Fredrika era stata trattenuta e accusata di spionaggio industriale per coprire la vera spia, che era proprio Matsuda. Pertanto chiedeva che la sua pena fosse rinviata dopo il “test” che avrebbe dimostrato la colpevolezza dell’uomo.

Inutile dirlo, dopo aver rivelato l’esistenza del Mnemo, il mondo era cambiato. L’immagine dell’azienda ne aveva risentito ma le informazioni che trapelavano sulle potenzialità di quell’aggeggio le avevano dato prestigio mondiale. Tutte le agenzie governative, quelle di contractor, persino quelle di investigazione, volevano dotarsi di strumenti che potessero leggere i ricordi. Poi si accodarono i cittadini comuni che volevano sapere la verità sul proprio partner, i datori di lavoro che volevano sondare i propri lavoratori, e così via. Tutto il mondo voleva il Mnemo. Chiaramente non tutte le potenzialità erano state rivelate, come quella che permetteva di rimuovere i ricordi indesiderati. Alcuni scienziati e biologi alzarono delle proteste di tipo ideologico ed etico ma vennero letteralmente travolti e subissati da critiche da chi invece aveva in testa quell’oggetto così proficuo. L’etica era morta da quando Iwano aveva rivelato al mondo quella profezia moderna. La verità era alla portata di tutti, persino del cittadino medio, e tanto per incrementare le aspettative, Iwano disse che sarebbe stato creato anche un modello per il cittadino comune, e non solo per quello più ricco.

Il giorno fissato per il confronto tra Iwano e Matsuda lo aveva richiesto Iwano stesso per preparare tutto ciò che gli occorreva, non ultimo per selezionare i ricordi che avrebbe portato.

In quel lasso di tempo Venceslas venne a trovarlo più volte, incuriosito dal nuovo strumento. Voleva l’esclusiva perché affidare un potere simile a chiunque poteva rivelarsi eccessivamente pericoloso ma non aveva osato pretendere più di tanto vista l’attenzione mediatica. Iwano aveva acconsentito a fargli esaminare un modello nel laboratorio dell’azienda sotto stretta sorveglianza e, una volta certificata la sicurezza dello strumento, venne accordata anche la produzione in massa.

Ormai Matsuda non aveva più grande potere discrezionale, era stato dato già per sconfitto e gradualmente era stato abbandonato da tutti, persino da Venceslas stesso. Manteneva ormai solo un potere di facciata con cui vidimava gli ordini di Iwano. Non gli aveva rivolto la parola neanche una volta da quella sera, e sicuramente avrebbe escogitato qualcosa.

I primi Mnemo prodotti in massa cominciarono a essere messi in vendita, il primo giorno furono venduti tre milioni di prodotti e le vendite si mantennero costanti per due settimane prima di saturare il mercato. I nuovi esemplari erano modificati rispetto all’originale: erano impianti cerebrali e non più palmari esterni, si poteva sondare i propri ricordi ma non cancellarne. Si poteva crearne di nuovi ma nessuno disponeva degli strumenti adatti per farlo. “Forse sarà il prodotto successivo” valutò Iwano, nella sua nuova casa a trentadue piani. Anche lui ora disponeva di un piccolo esercito di droidi e di un laboratorio protetto in cui poter fare esperimenti con un intero team di ricercatori alle sue dipendenze che venivano “soggiornati” in quel palazzo, per evitare che troppe informazioni si disperdessero.

Michael era stato ricompensato con la direzione del team di sviluppo e un’ala interamente dedicata a lui. Era l’unico che non venisse sottoposto a regolari controlli, si era guadagnato la fiducia del suo amico e lo aveva servito bene dopo tutto quel che era successo. Non uscivano più per le loro serate, anche perché ormai Iwano era completamente circondato da paparazzi e compromettere la propria immagine sarebbe stato deleterio.

Riuscì anche a vedere Fredrika nelle celle di detenzione sotterranea dell’azienda, sotto stretta sorveglianza. Lei si complimentò del lavoro fatto, aveva visto tutto con una mini televisione da lì e gli aveva battuto le mani appena lo aveva visto.

<< Impressionante. Sembri essere un Re Mida. Trasformi in oro tutto ciò che tocchi. >>

Lui arrossì ma sapeva che era la verità. Era merito suo, solamente suo, e non lo avrebbe spartito con nessun altro. Le promise che dopo il confronto l’avrebbe liberata.

<< Dì la verità. Cosa credi che troverai nel cervello di Matsuda? >>

Ci pensò un po’. In effetti di lui non sapeva granchè, si era giocato tutto nella speranza che rifiutasse, sicuramente compromesso come chiunque altro agli alti livelli. Invece aveva accettato. Doveva avere un asso nella manica ma non aveva idea di quale potesse essere.

<< I codici dei nano-droidi. Solo un dirigente può usarli. Solo un dirigente ha in memoria quei codici. >>

 

Il giorno del confronto arrivò troppo rapidamente. Alla E&C erano presenti tutti ad assistere: Matsuda, Iwano, Fredrika, Venceslas, il Nuovo Messia e ancora più giornalisti dell’altra volta. Naturalmente era presente anche l’esercito di autodifesa, le forze di pacificazione e diversi blindati. A sorvolare lo spazio aereo, alcuni elicotteri.

Michael stava dirigendo lo staff tecnico ma anche Matsuda aveva richiesto un proprio team di esperti per valutare che la macchina fosse la stessa per entrambi e non fosse manomessa.

Sia Iwano che Matsuda indossavano un camice bianco e alcuni elettrodi applicati alle tempie per assicurarsi del corretto funzionamento degli strumenti e del loro stato di salute. Gli ingegneri e i tecnici di Matsuda ebbero il permesso di controllare gli apparecchi. Una volta ultimati i ritocchi finali, si sedettero su due lettini contemporaneamente. Il Mnemo venne applicato prima a Iwano.

Essendosi cancellato quasi il 90% dei ricordi degli ultimi mesi non aveva nulla da temere. Aveva lasciato, per fare scena, qualche ricordo vergognoso in cui da bambino bagnava il letto o di quando con gli amici fumava erba in gioventù. Non trovare niente di niente li avrebbe sicuramente insospettiti.

Su uno schermo furono trasmesse in mondovisione le immagini degli ultimi mesi della sua vita, scandagliate una per una da uno dei tecnici di Matsuda. Com’era lecito aspettarsi, il pubblico rise di gusto vedendo i suoi ricordi “vergognosi” ma fu più per compassione che per ribrezzo o paura. Non trovando nulla, dovettero infine disconnetterlo. Non un bottone fuori posto, non un solo crimine, zero.

E ora toccava al suo rivale. Era stato lui stesso a rivelare di essere in contatto con aziende concorrenti quando aveva svolto delle ricerche sulle spie. Non sarebbe stata una sorpresa trovare ricordi in cui si metteva d’accordo con qualcuna di queste aziende per giocare in borsa e far oscillare la domanda di beni e servizi, o ancora ricordi di tangenti e collusioni con la Yakuza.

Michael, scelto da Iwano per la prova, fece per applicare il Mnemo anche a Matsuda ma la sua mano lo fermò bruscamente. Un brusio percorse la sala.

<< Non volevo ma mi ci avete costretto. Intervieni >> comunicò con qualcuno l’uomo disteso.

Un’esplosione spazzò via un’ala del palazzo e una gigantesca mano robotica frantumò il controsoffitto artigliando Matsuda. Quello si appoggiò al pollice gigante e ringraziò mentalmente l’amico intervenuto in sua difesa. Gottfrid uscì dall’abitacolo del suo titano. Era notevolmente più ottimizzato di quanto non fosse prima dell’esplosione in cui si credeva fosse morto. Metà del suo volto era stato rimpiazzato da alcune bande di metallo, così come metà del suo corpo.

La folla correva a destra, a sinistra, non conoscendo la planimetria scappava come un gruppo di formiche in una colonia in cui è stato versato piombo fuso. Esplose il caos tra urla e spari, anche l’esercito era intervenuto. Quel colosso non era arrivato da solo, aveva il supporto di un piccolo esercito messo insieme in segreto dai due. Dall’alto, Matsuda si rivolse a Iwano.

<< Sì, è vivo. Me ne sono occupato io recuperando il suo corpo in terapia intensiva e aiutandolo a riprendersi. Mi ha raccontato cos’è successo. Ci sei tu dietro tutto questo, vero? >>

Iwano non rispose. Il fascio di luce prodotto dal titano divelse metà del laboratorio: schegge di vetro e metallo ovunque. Iwano raccolse rapidamente il Mnemo nascondendosi dietro a delle macerie.

<< Nessuno saprà cos’è successo esattamente. La verità non è mai stata una priorità, men che meno ora. >> era visibilmente contrariato, come non lo aveva mai visto. Gottfrid gli passò un’unità tutelante e una pistola a proiettili ad alta penetrazione e tiro rapido.

<< Tu però sei un ostacolo, devi crepare qui e ora. Tu diventerai la spia, tua sarà la testa che venderò ai media! >> aprì il fuoco e una raffica di dodici colpi esplose tutt’intorno alle macerie. Un proiettile riuscì a ferirlo alla spalla attraverso il legno e il metallo. Per fortuna tutti e quattro i suoi arti erano stati modificati e riuscivano a resistere a ferite simili. Essendosi spogliato per il test però non disponeva di armi e il colosso controllava a vista tutte le uscite. Da fuori nessun aiuto sarebbe arrivato. Quello che prima era il laboratorio dell’azienda ora si presentava come un ammasso di calcinacci, cemento, tubi di ferro e vetro sparso. I cadaveri scomposti o smembrati disseminavano la zona ostruendo ulteriormente le vie di fuga.

<< Possiamo trovare un accordo! >> propose Iwano, a corto di idee. Con lo sguardo cercava Michael. Tra i cadaveri non c’era, doveva essere scappato.

<< No, Iwano Hehn. Nessun accordo. Nessuno scampo, come quello che volevi lasciare a me. La mia intenzione era di usare la tua strategia contro di te ma non mi aspettavo un simile grado di purezza interiore, oltre al buon Gottfrid. >>

<< Lo prendo come un complimento >> scherzò Iwano. Nessuno rise però.

<< Pazienza, avevo già preso le mie precauzioni. Anche Venceslas è stato fatto fuori, nessuno saprà cos’è successo qui dentro. Vieni fuori, da uomo a uomo. Sistemiamola noi due. >>

<< Bel coraggio a proporre un duello ad armi pari quando sei seduto su un pezzo di metallo alto una ventina di metri. >>

Matsuda si lasciò sfuggire una risata tronfia.

La comunicazione integrata con Michael si aprì all’improvviso, << Sto arrivando, ti porto un’arma. >>

 

4.

 

Non aveva scampo. Il titano lo teneva sotto tiro, Matsuda lo teneva sotto tiro. Da fuori arrivavano rumori di spari ed esplosioni.

Michael comparve da una delle uscite di sicurezza, aveva addosso un’unità tutelante. Ogni laboratorio per legge ne forniva alcuni per fortuna. Invece che passargli l’arma però fece fuoco direttamente contro il titano, fallendo il tiro. Matsuda aprì il fuoco contro di lui, riuscì a ripararsi ma qualche colpo lo raggiunse. Il suo camice bianco cominciò a macchiarsi di rosso.

<< Scappa, idiota! >> gli urlò nella comunicazione privata tra loro due. Quella si spense subito dopo.

<< Gottfrid, puoi occupartene tu, per cortesia? >>

L’uomo uscì dall’abitacolo del proprio gigante, anche lui bene armato, e corse dietro a Michael.

A quel punto Matsuda scese a terra, facendo attenzione ai vetri. Inserì un nuovo caricatore nella pistola e cominciò ad aggirare la montagnetta di detriti che proteggeva Iwano.

<< Sai, forse è un bene che sia finita così. Non volevo guerre, non volevo violenza ma mi ci hai costretto. Ho dedicato la mia vita a questa azienda, non la lascerò nelle mani di nessun altro. >>

<< Non hai pensato che una simile azione potrebbe pregiudicare i rapporti col Direttivo e annientare questa società per sempre? Sono loro che decidono chi può sperimentare e chi può costruire, non tu. >>

<< In tal caso, le leggi cambieranno. Io sarò il nuovo Direttivo. I media diranno quello che io dirò loro di dire. E grazie ai tuoi nuovi impianti nelle persone, potrò controllare i loro ricordi e usarli contro di loro se necessario. Il mondo è ai miei piedi, questa distruzione è solo il preludio a una nascita esemplare. >> Aveva un tasso di adrenalina altissimo, poco ma sicuro. Il calcolatore razionale di Iwano dava sempre la stessa risposta, nessuna soluzione.

Una volta faccia a faccia era inutile nascondersi. Si alzò in piedi, se non altro sarebbe morto da uomo. Sempre ammesso che ancora lo fosse.

Matsuda gli puntò contro la pistola. << Sei un ottimo elemento. Ho deciso che userò i tuoi ricordi per creare mille impiegati come te ma senza tutta la tua maledetta ambizione. Ti plasmerò come un dio e tu sarai dalla mia parte. >>

<< Potrei già esserlo. Trova un’altra spia, un altro capro espiatorio. Era tutto un piano di Venceslas, del Messia. >>

<< No. >>

Quello fu l’ultimo monosillabo a risuonare nel silenzio di quella cattedrale in cui stava per essere eseguita la sentenza capitale.

Zack”, nell’aria risuonò un fendente portato con maestria e poi affondato nella carne.

Iwano riaprì gli occhi. Il braccio di Matsuda era caduto per terra, reggendo ancora la pistola. Matsuda prese a urlare, dimenandosi, mentre fiotti di sangue uscivano dalla ferita. Di fronte a lui, Sbriga-Scartoffie, con la lama sguainata e gocciolante. Iwano non aveva alcun ricordo di quel droide e temette che volesse ucciderlo. Quello invece gli porse il Mnemo di riserva che doveva aver trovato a casa sua, del resto conosceva la combinazione della cassaforte. Iwano una volta connesso ricordò ogni cosa.

Non aveva più avuto notizie della sua creazione, aveva avuto troppo da fare per curarsi di lui. Non vedendolo arrivare credeva fosse stato distrutto insieme agli altri droidi.

Matsuda si rifugiò dentro il titano di Gottfrid e lo spinse a trasformarsi e a partire in modalità stealth. Frantumò ulteriormente il buco che aveva scavato all’entrata per uscire e una scossa sismica sorprese Iwano. Occorreva fuggire da lì. Alcuni blindati presero a cannoneggiare il velivolo.

Mentre Sbriga-Scartoffie ripuliva la strada però ritornò sui propri passi. Non poteva lasciare soli Michael e Fredrika.

Imboccò il corridoio che avevano preso prima i due e fu facilitato da alcune scie di sangue che lo portarono di fronte alle porte semi divelte di un’altra stanza. Il suo droide scostò la porta per vedere meglio, poi entrò, seguito da Iwano.

All’interno, Gottfrid era disteso a terra insieme a Michael mentre Fredrika reggeva una mazza.

<< Sei vivo? >> chiese a Iwano, sorpresa.

<< Michael come sta? >>

<< Quando sono arrivata io lo stava pestando ma l’ho colpito da dietro con questa >> mostrò la mazza, che aveva ancora un ciuffo di capelli attaccato insieme a del sangue incrostato.

<< È ancora vivo, cosa ne facciamo? >>

<< Presta le prime cure a Michael, io mi occupo di lui >> il droide si caricò in spalla il corpo dell’ex dirigente tornato in vita e fece rotta di nuovo verso il laboratorio.

Iwano tirò fuori il Mnemo che aveva salvato prima. Sarebbe stata la sua salvezza ancora una volta.

Ci volle un po’ di tempo per localizzare Venceslas sotto le macerie. Era morto.

Fredrika lo guardò con apprensione. << Se sono morti l’attività cerebrale è zero, non possiamo estrapolare loro nessun ricordo. Il Direttivo non possiamo controllarlo senza quest’uomo. >>

<< Ho un’idea migliore. >>

Gottfrid, ancora svenuto, era stato adagiato per terra e connesso al Mnemo. Fu Iwano a introdursi nelle sue memorie e a rubare i codici di attivazione delle difese del palazzo, tra cui i preziosi nano-droni.

Una volta ottenuti quelli corse a perdifiato verso l’area dell’azienda che li conteneva. Nessuno in giro. La parentesi dell’assalto era stata breve ma intensa, le forze di autodifesa non erano ancora penetrate all’interno. Sul tastierino alfanumerico di fronte al palmare d’accesso del laboratorio più protetto del mondo inserì il codice che aveva trovato dentro la testa dell’ex dirigente. Le porte si aprirono lateralmente con un leggero sibilo. Una delle due si bloccò ma fu sufficiente per entrare.

Fredrika non riusciva a concepire il piano << Vuoi usare i nano-droni? Contro chi? Matsuda ormai è scappato. Non sparerai mica contro il Direttivo? >>

<< Non sarò io a farlo. Tutte le pedine sono al loro posto, in un modo o nell’altro. Inserirò il ricordo dell’assalto di Matsuda nella mente delle persone. >>

Lei non capì. << Scusa? Puoi ripetere? >>

<< Lasciami lavorare >> la scostò, inserendo altri codici di sicurezza nei supercomputer.

<< Vuoi usare le persone? E come pensi di fare? Non puoi connetterti a loro uno per uno! >> obiettò.

<< Quasi tutti in questi giorni hanno comprato i Mnemo. Usando i nano-droni è possibile inserirsi nei loro tessuti e, anziché distruggerli, impiantare dei ricordi. Quel ricordo sarà quello di Matsuda che mi minaccia. La gente crederà di essere in una dittatura, si ribellerà. Imbracceranno i fucili contro l’autorità. Poi impianterò loro anche dei ricordi positivi per quanto riguarda la Engine & Care, la nostra azienda. >>

Quella parola, sottolineata con una certa enfasi, la lasciò completamente inerme.

<< Nostra? >>

<< Esatto. Saremo io e te a dirigere ora. >>

 

Il piano venne eseguito. Miliardi e miliardi di nano-droni armati di preziosi ricordi si alzò in volo alla volta di chi leggeva E-book, guardava cartoni animati, si faceva il bagno o faceva l’amore. Chiunque avesse installato un Mnemo come potenziamento cerebrale all’improvviso sentì una puntura d’ape e poi una scossa. Indolore ma non così lieve da passare inosservata.

Allo stupore generale seguì la paura, la confusione e infine lo sdegno.

Le immagini di Matsuda sul titano meccanico di Gottfrid, mentre parlava con inaudita ferocia dei suoi piani, furono alla portata di tutti.

In tal caso, le leggi cambieranno. Io sarò il nuovo Direttivo. I media diranno quello che io dirò loro di dire. E grazie ai tuoi nuovi impianti nelle persone, potrò controllare i loro ricordi e usarli contro di loro se necessario. Il mondo è ai miei piedi, questa distruzione è solo il preludio a una nascita esemplare.

Qualcuno, preoccupato, smise di fare quello che stava facendo rimanendo completamente immobile. Indeciso sul da farsi. Affacciandosi alla finestra, però, si potevano scorgere le prime centinaia di infuriati, già armati, inveire e urlare contro il Direttivo.

Si radunò una folla, poi un gruppo, infine un’orda bene armata e pericolosa.

Quando un pacificatore provava ad alzare il proprio dissuasore veniva penetrato dai nano-droni e messo a tacere, quando un droide da combattimento provava a fare altrettanto veniva comunque atterrato e poi distrutto a colpi di mazze chiodate.

Non si contavano i feriti, cominciavano a cadere i primi morti, tra fiamme e polveri sottili il cielo non si scorgeva più. I mezzi venivano rovesciati e incendiati, i negozi assaltati, la gente in preda al furore omicida si dava al saccheggio.

Infine, i membri del Direttivo attuarono in risposta le difese di cui disponevano loro: nano-droni.

Lo scontro sarebbe stato bilanciato all’inizio ma il numero esorbitante di persone accorse in massa aveva fatto pendere l’ago della bilancia su quell’esercito raccogliticcio ma inarrestabile.

I nano-droni che provavano ad attaccare venivano fermati dai nano-droni di Iwano, bilanciando ancora una volta la situazione.

Si barricarono nel grande palazzo del Direttivo in cui erano tenuti i cervelli dei membri e i loro Kagemusha.

Una volta caduti i droidi e i pacificatori venne il loro turno, schiacciati dalla massa faccia a terra, pestati e distrutti.

Gli uomini e le donne -qualcuno di loro ancora svestito- annaspava in mezzo ai caduti; tutti cercavano Matsuda. Rovesciarono mobilia, piante, ruppero vetri e disabilitarono apparecchiature da miliardi di Globali e infine trovarono i cervelli dei membri del Direttivo. Il vetro protettivo non durò a lungo e quelli si riversarono a terra insieme al liquido cerebrospinale in cui erano immersi.

Dall’alto del piano più in alto della E&C, Iwano e Fredrika osservavano la scena estasiati.

<< Impressionante >> commentò lei. Finalmente erano all’apice del mondo. Avrebbero potuto dominarlo, piegarlo sotto al loro comando e nessuno avrebbe avuto da ridire: sarebbe bastato usare i ricordi giusti.

Iwano emise un verso indecifrabile, tenendosi la ferita che gli aveva causato l’arma di Matsuda.

Credeva di aver incassato bene il colpo e invece doveva averlo colpito con qualche proiettile di nuova generazione. Valutò lo stato dei suoi organi interni e ciò che vide nel rapporto sulla sua retina lo preoccupò non poco. Il proiettile all’interno del suo corpo si era frantumato danneggiando lentamente l’apparato circolatorio e parte dei polmoni.

Gli mancava il respiro, prendeva grandi boccate d’aria senza poter trattenere l’ossigeno nel suo corpo.

Il cielo si scurì, i suoni divennero ovattati e lontani.

 

5.

 

Sbriga-Scartoffie era diventato la guardia personale di Iwano. Sotto di lui ora prendevano posto tutti gli altri droidi del palazzo.

Iwano era stato ricoverato d’urgenza ma visto che anche gli ospedali erano stati assaltati l’unica soluzione era stata ripiegare sui droidi della sua vecchia casa, i quali avevano prestato le prime cure, anche se molto in ritardo. Una volta stabilizzata la situazione i migliori medici del mondo accorsero a visitarlo e a valutarne lo stato psicofisico. Era costretto a letto in preda a dolori lancinanti anche se anestetizzato. Fredrika aveva richiesto a Michael, anche lui debitamente curato, di connetterlo al Mnemo principale con tutti i suoi ricordi per evitare di farlo soffrire troppo in un’attesa senza sogno. In questo modo poteva almeno vagare tra i propri ricordi felici e gioiosi costantemente.

Accanto a lui, il droide di sua creazione lo osservava. Non aveva il quadro completo della situazione, disponeva solo di ricordi parziali dato che era stato mandato all’assalto di Ageha e Gottfrid qualche tempo prima. La sua testa emetteva un ronzio impercettibile.

Un giorno la sua parte “umana” derivata dal padre si attivò da sola. Chiese a Michael, il manutentore, se avesse potuto anche lui avere i ricordi del padre. Michael non sapeva mai cosa rispondergli, chiedeva suggerimento a Fredrika, che era ufficialmente la compagna di Iwano nonostante avessero cercato di ammazzarsi a vicenda, ma neanche lei era ben sicura delle implicazioni della cosa. Per sicurezza però rispondevano sempre di no, era meglio non rischiare.

Iwano si sarebbe presto ripreso, e allora avrebbe deciso lui cosa farne di quel figlio.

Sbriga-Scartoffie allora si rifugiava sempre negli unici ricordi che il padre gli aveva consentito di tenere per mantenere l’efficienza. Tra questi c’era gran parte della sua infanzia, della sua giovinezza, e del periodo felice con la moglie. Niente che potesse essere compromettente. Se fosse stato catturato avrebbero trovato dentro di lui niente più che una famiglia felice e un uomo onesto.

Osservava il padre, a volte con il viso contratto dal dolore nel sonno, e si guardava le mani.

Dove cominciava la macchina, e dove finiva l’uomo? Cos’era? Se lo domandava spesso e chiedeva sempre agli uomini che lo circondavano cosa fosse ma nessuno rispondeva.

Solo una donna, una sera, si presentò per rispondere alle sue domande.

La riconobbe immediatamente e ordinò ai sottoposti di lasciarla passare. Non chiamò i propri superiori, non ce n’era bisogno. Si fidava di lei. Era leggermente sfregiata ma perfettamente riconoscibile.

La accolse nella stanza di riposo del padre con un inchino educato. Lei teneva in braccio la bambina.

<< Michael mi ha detto cosa sei, e cosa sai. Quell’uomo è un buon amico di tuo padre ma ha sempre avuto un debole per me. Non riusciva a tenermi nascosto nulla se glielo chiedevo con i miei metodi.

Mi riconosci? >>

Il droide rimase in silenzio per qualche istante. I suoi occhi oscillavano tra lei e il padre a letto.

<< Sì. >>

<< Mi aiuterai a proteggere la tua famiglia? >>

Il droide valutò, ancora una volta. Difficile dire quale parte del suo cervello prese la decisione, se il calcolatore di probabilità o quella derivata dal padre. Le lasciò allungare la mano sul marito mentre la bambina silenziosa guardava e piangeva in silenzio.

Midori staccò il Mnemo a cui era collegato. Lei era stata forse l’unica tra milioni di persone a non volerne uno. Sapeva la sua provenienza, sapeva chi era il suo creatore. Era stata allettata ma la sua fierezza aveva prevalso.

<< Che possa vivere per sempre nei suoi ricordi, è tutto ciò che merita per ciò che ha fatto a tutti quanti noi. Il suo corpo forse sopravvivrà ma la sua mente rimarrà bloccata là per sempre. Si è sbarazzato di ciò che non gli serviva, dei suoi stessi ricordi e di me, senza dar loro troppo peso. Ora quei ricordi sono tutto ciò che ha. >>

Il droide annuì e pronunciò parole che a Midori parvero confuse.

<< Sono andato a trovare Argo. Basta nascondersi, è ora di esporsi. >>

Iris allungò la sua piccola mano per toccarlo. Lui alzò il suo freddo dito e lei lo strinse forte, sorridendo.

 

I suoi ricordi erano confusi, smembrati. Sembrava mancassero dei pezzi. Aveva ripercorso la sua storia dall’inizio alla fine ma ancora non era riuscito a scovare l’errore.

Rimaneva solo qualche file da guardare. Duravano tutti pochi minuti, perché la sua memoria aveva cercato di sbriciolarli nel tempo, di ridurli, di cancellarli per sempre. Ma esistevano ancora. Ne rimaneva ancora qualcuno da guardare per la prima volta da quando aveva ricevuto il Mnemo.

Come un uomo sulla soglia di una porta che cela dietro di sé un pericoloso assassino, Iwano trasse un lungo respiro. Poi girò il pomello.

 

Nell’ingresso di casa sua, un signore in divisa militare parla con sua madre. A sconvolgerlo non è il viso plastico della donna ma proprio il volto di quell’uomo, rigato dalle lacrime. Che vergogna, un soldato che piange.

Parla di papà, dice che è morto in guerra per salvarlo. Iwano non capisce, e nemmeno gli interessa, si sta perdendo i suoi cartoni animati preferiti. La madre gli stringe la mano senza guardarlo, l’uomo gli parla senza guardarlo. Nessuno osa guardarlo negli occhi.

 

Dopo cinque anni, Iwano litiga con la madre. Ha fatto a botte con dei bulletti che avevano maltrattato sua sorella, facendola piangere davanti a lui.

<< Vuoi ridurti come tuo padre? A buttarsi sulle bombe per salvare gente che non lo merita?

Vuoi morire anche tu come un cane? >>

La sorellina, Iris, lo guarda con apprensione. Troppo piccola per capire ma Iwano sa di aver fatto la cosa giusta.

<< Non devi mai esporti, non devi rischiare nulla. Non sei tenuto a dimostrare niente a nessuno. Tua sorella non si è fatta niente, per te poteva finire peggio. Tuo padre era sempre in prima linea, e guarda com’è finito! >>

 

Iwano cominciava a sentire la pressione sul petto e la respirazione affannosa. Tuttavia non era ancora finita, doveva proseguire.

 

Il suono di onde elettromagnetiche lo accoglie. Si sentono grida, rumori, abbaiare dei cani.

La sorellina Iris è davanti a lui, gli chiede se possono andare a trovare il cane di nome Argo. Abita in una piccola tana presso la stradina sotto al ponte. Alcuni bambini hanno giocato con lui il giorno prima e lei non vuole essere da meno.

Iwano non è sicuro, non è tranquillo. Di fronte alla tana ci sono macchie di sangue.

Mai esporsi al pericolo, mai in prima linea come papà.

<< Sei tu che vuoi vederlo, chiamalo tu >>

Il cane, mezzo impazzito, esce per aggredire i suoi visitatori. La sorella è più vicina, la azzanna alla gola sotto lo sguardo impotente di Iwano.

 

Un poliziotto nel suo ufficio lo guarda con occhi tristi.

<< Molto probabilmente gli amici di cui mi parlavi non ci hanno solo giocato, lo hanno molestato o picchiato. È un randagio, capisci? Non ha padrone. Si è sentito in pericolo, per questo ha attaccato. >>

Iwano tace. Sa solo fare silenzio. Se non altro sua madre sarebbe stata comprensiva, non si era esposto. Mai esporsi. Mai in prima linea.

<< Ehi, mi senti, bimbo? Sei vivo, questo conta! Almeno tu sei vivo, sei qua con noi, su questa bella terra! Cerca di pensare ad altro, di passare oltre. Se fossi intervenuto sareste morti entrambi. Se ti fossi esposto prima tu, tua sorella starebbe sopportando quello che tu sopporti ora.

Sarai stanco. Mentre chiamo tua madre la vuoi un po’ di cioccolata? >>

 

Sì, in effetti era proprio stanco. Basta sopportare, basta odio, basta manipolazioni. Solo il tiepido ricordo di una tazza di fumante cioccolata calda. Ecco quale era stato il suo errore, rifiutare quella tazza che ora invece avrebbe voluto disperatamente.

 

 

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