Cosa siamo noi?

di DD_Diddi
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il piccolo russo ***
Capitolo 2: *** Il piccolo ucraino ***



Capitolo 1
*** Il piccolo russo ***


Cosa siamo noi?

 

 

Questa era l'ultima lezione alla Wammy's: psicologia. A Matt non dispiace, ma non ne va pazzo più di tanto. Ci sono varie teorie interessanti, altre molto più noise ma non è questo il punto. Che valore ha se non si confronta mai con gli altri? Non la metterà mai in pratica, nè per conto suo e nè sarà il successore di L, si augura. Non ci si vede e poi Near e Mello sono molto più in gamba, è il loro destino pensa. Oggi Matt non mette subito via i per correre come gli altri a mensa, di solito ama la fine delle lezioni per svagarsi ma l'argomento di oggi l'ha lasciato riflettere. Così distrattamente raccoglie le sue cose e rientra pigro nella sua camera a stendersi sul letto. Resta per un po' con gli occhi chiusi nel calmo silenzio.

A un tratto sente la porta aprirsi e un odore di carne e carote diffondersi nella stanza, uno "stok" di cioccolata staccata quando la porta si chiude.

"Ehi Matt, vorrei ricordarti che questo non è l' Hitol Hotel e tantomeno mi sembra di indossare una divisa da cameriera" lo saluta Mello, porgendogli il vassoio.

"Ciao Mello, grazie mille. Non avevo voglia di scendere con gli altri e comunque potrebbe starti bene" replica un poco euforico Matt, tentando di scherzare

"Idiota! Tagliamo corto, hai un valido motivo per essere qui? Non dirmi che la tua riluttanza al mondo è peggiorata o che hai finito un altro gioco e sei triste perchè non sai che fare, altrimenti giuro che ti ti tiro addosso il vassoio" chiede pur intuendo benissimo che c'è qualcosa di più, altrimenti col cazzo che gli avrebbe portato la cena.

"Beh.. sai la lezione di oggi sui modelli genitoriali e le conseguenze sui figli?" risponde Matt desideroso di parlarne a Mello. Per quanto sia freddo è suo amico, il suo unico amico.

"Banale, potevano risparmiarsela. Chi sono i coglioni che devono mettersi sul libro a studiarla?!"

Matt sospira mentre guarda triste il pasto non ancora toccato. Mello si volta e si sorprende, è raro vederlo così.. E' sempre quello positivo, ottimista.

"Che cosa siamo noi senza genitori? Cosa diventeremo? Cioè so perché siamo qui e non in un normale orfanotrofio, ma che conseguenze ha questo su di noi?" domanda guardando l'altro in cerca di una risposta nei suoi occhi blu.

"Ti mancano tuoi, vero?" comprende Mello

"Beh non mio padre: non l'ho mai conosciuto e mia madre non l'ho vista molto." sposta il vassoio a terra, sa che non mangerà per raccontare la sua storia. Porge il mignolo al biondo per la Pinky Promise "Segreto, ok?"

Mello sigilla il patto in silenzio, un po' curioso delle origini di Matt e si prepara ad ascoltare.

 

"Sono nato in Russia a sud, in un paesino povero. Sai com'era in quegli anni lì, no? Si faticava a vivere, tanto che la criminalità e la prostituzione erano normali soprattutto per mia madre. Non avevamo parenti, chi era morto e chi si era traferito facendo perdere le proprie notizie. Eravamo solo io e lei, le volevo molto bene infatti. Per quanto potesse era una brava madre: a volte non mangiava per permetterlo a me, mi ascoltava, mi abbracciava, giocavamo insieme; era costretta a prostituirsi per mantenerci anche se all'epoca non lo capivo e quando ho cominciato a realizzarlo l'ho odiata, mi ha fatto schifo fino a crescere e comprendere che non aveva altre opzioni per farmi vivere. Ecco perchè non ho mai conosciuto mio padre, probabilmente nemmeno lei aveva idea di chi potesse essere. Molto probabilmente un turista, perchè loro avevano i soldi da spendere a puttane. Abitavamo in un appartamento che non ricordo bene, ero piccolo ed era l'unico che avessi mai visto, non mi ha mai colpito più di tanto. Ricordo però una stanza da letto collegata a una minuscola cucina dove stavo quando mamma 'lavorava'. Mi diceva sempre di stare lì e fare il bravo, di giocare e specialmente di non uscire mai prima che lei venisse a chiamarmi, di ignorare ogni rumore e che la mamma stava solo facendo un po' di casino con qualche suo amico venuta a trovarla. Io obbedivo: molto spesso mi mettevo sotto al tavolo fingendo fosse una grande e bellissima macchina, come quella del 'più caro amico di mamma' con cui però la sentivo spesso litigare. Sì, era il suo protettore e io fingevo di essere lui mentre giocavo ignorando bellamente la verità e immaginando tanti viaggi. Un particolare giorno la mamma non arrivava più a chiamarmi, io cominciavo ad avere fame dopo averla repressa a lungo e aprii piano la porta non sentendo più rumori. La trovai nel letto nuda, blu in viso e con segno rosso scuro sul collo. Provai a chiamarla e a scuoterla, ma lei non rispondeva e fissava il soffitto con lo sguardo vuoto. Piansi fino a ricordami che mi aveva sempre detto di andare a un indirizzo nel caso fosse mancata, aveva calcolato tutto per me anche nel caso in cui fosse morta. Diceva che era pericoloso per me restare se fosse successo, senza spiegarmi il perchè che oggi mi è così chiaro. Non so che con coraggio la lasciai lì, semplicemente presi il bigliettino e andai in quel posto che scorpii essere un orfanotrofio, lo stesso da cui venne a prendermi Watari. Cosa posso essere?" confessa in fine fra silenziose lacrime.

 

Mello resta per un attimo in silenzio, mentre ascoltava quella deprimente e sussurrata storia si erano sdraiati vicini. Non c'è tanto da dire dopo aver saputo tutta quella merda, ma spontaneamente escono delle parole dalle sue sottili labbra mentre stringe la mano di Matt

"Un flippato dei videogames che si rinchiude in essi per evadere la realtà, esattamente come eri da piccolo, senza 'video' però. Un flippato che però resta sempre ottimista a discapito dello schifo che ha visto."

Con la mano libera chiede un'altra Pinky Promise che viene subito accettata.

"Nemmeno io sono sempre forte, Matt. Specie quel giorno."

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Capitolo 2
*** Il piccolo ucraino ***


 

 

Mello è ancora scosso dopo aver saputo il passato di Matt, forse per questo vuole mettersi a nudo anche lui. Vuole condividere la sua storia con l'unica persona che può farlo e non perde tempo.

"Non sono nato tanto distante da te, la mia patria è l' Ucraina. Per quanto anche nel mio piccolo paese la situazione fosse quasi la stessa in cui sei vissuto tu, la mia famiglia era abbastanza serena, non stavamo male. I miei erano sposati ed erano fra i pochi ad avere un lavoro, non avevano chissà quale paga ma ci permetteva di avere una casa con cucina, salotto, corridoio, bagno e due camere da letto. In quel giorno io ero nella mia cameretta, stavo leggendo non ricordo cosa. Già a quei tempi ero più avanti degli altri: la mia era decisamente più avanzata, leggevo senza alcun problema e mi piaceva tanto. Sentii qualcosa rompersi, forse un bicchiere o un piatto pensai senza badarci più di tanto; per poi sentire mia madre urlare e qualcuno parlare mentre mio padre chiedeva di lasciar stare la sua famiglia. Come ti ho già detto la povertà era una realtà palpabile lì, non era raro che avvenissero furti e quel giorno fu a discapito nostro. Io capii immediatamente cosa stesse succedendo ma rimasi paralizzato dalla paura, quando avrei potuto scappare dalla finestra per cercare aiuto. Udii altri rumori che mi apparvero ovattati, tanto era il mio terrore. Non so nemmeno quanto tempo passò, nè se nel mentre stessi respirando. Ritornai al presente solo quando un poliziotto entrò in camera mia, non doveva essere passato molto. Qualche vicino aveva sentito le urla e per mia fortuna una pattuglia era proprio nelle vicinanze. Fu molto premuroso lo sbirro, mi scortò verso l'uscita mentre mi ripeteva di stare calmo e io, agitato, cercavo i miei con lo sguardo; li intravidi giacere nel salotto. Per quanto fossi esile anche da piccolo mi liberai di lui e corsi verso i miei genitori. Il poliziotto parlava probabilmente incitandomi a non guardare, ma ormai i miei occhi erano spalancati di fronte a quello scempio: in mezzo a un inferno di mobili e cassetti rovesciati mia mamma e mio papà erano a terra, morti in una enorme pozza di sangue rosso con le gole tagliate. Ti risparmio cosa accadde in seguito, quello che voglio dirti è che mentre tutto accadde fino a quando arrivai qui alla Wammy's House mi sentivo colpevole. Se non fossi stato così debole, se avessi avuto il coraggio di muovere i miei muscoli forse li avrei salvati. Sono stato solo un debole di merda, Matt, Non posso mai più permettermelo" confessa a denti stretti

"Mello, eri un bambino" sussurrà Matt

"Lo so" risponde il biondo "Per questo ficcati nella testa che il passato ci ha formati, ma ora siamo noi a decidere chi essere. Come dobbiamo essere."

"Tu sei un ragazzo ostinato, testa calda e sempre pronto a reagire. E' quello che mi piace di te" sentenzia Matt con un sorriso

"E tu sei un alienato dal mondo con dipendenza da , con un umorismo discutibile che mi allevia anche quando ti mando a fanculo" rivela l'altro ridendo

"Non è che hai ancora del cibo caldo? Mi è venuta fame" chiede Matt

"Coglione, ti ho già detto che questo non è l'Hilton Hotel. Vieni, andiamo in cucina forse recuperiamo qualcosa" risponde Mello, mettendo fine a quel velo di tristezza che li ha immersi.

Per quanto fossero cose orribili si sono sentiti ancora più legati, non ne parleranno più ma lo terranno sempre a mente. Continueranno la loro normale vita alla Wammy's come sempre, sempre più complici e uniti anche nel futuro.

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