Hateful

di badheadache
(/viewuser.php?uid=435018)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 - Serpentese ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 - Saetta ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 - Sofa ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 - Sporco ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 - Speranza ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 - Scherzo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Hateful

Prorogo
 
Il cappello parlante era vecchio, tutto rattoppato, consunto e pieno di macchie. Eppure, fu uno dei tanti miracoli – l’ultimo, per precisione – dei quattro padri fondatori della Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts. Era uno strumento totalmente unico nel suo genere: dotato di grande potenza magica, era abile a praticare Legimanzia su ogni persona che lo indossava.
Una qualità non comune per un semplice cappello; i padri fondatori avevano assolutamente compiuto un sublime lavoro.
Il cappello visse tutte le epoche all’interno del castello, ascoltando dall’alto della mensola all’interno dell’ufficio del preside le varie voci che giungevano. Così, passava ogni anno a comporre poesie e filastrocche da cantare agli studenti all’inizio dell’anno scolastico, aggiungendo, oltre alla variegata descrizione delle quattro case della scuola, anche un piccolo fondo morale. Non che lo ritenesse molto importante: il suo compito era un altro.

In quei tempi, però, decise controvoglia che il fondo morale era quasi più importante della descrizione delle case: sentiva attorno solo odio pungente, e tutte altre emozioni e pensieri negativi. Inoltre, le voci all’interno dello studio del preside in carica, Albus Silente, si erano fatte unicamente cupe e tristi.
Quando il preside introdusse nell’ufficio un oggetto di enorme potenza negativa, qualcosa che in qualche modo, pur essendo un oggetto come lui, aveva dei pensieri, il cappello si decise di aiutare nel suo piccolo con una canzone più significativa di tutte le altre che aveva composto, sperando potesse cambiare qualcosa.

*

Harry odiava.
Dopo la battaglia al Ministero sentiva che niente era più come prima: la morte di Sirius gli aveva lasciato in bocca un sapore arido, e ora si trovava a vagare nel deserto. Forse era stata la prima maledizione senza perdono scagliata a Bellatrix, assassina del suo padrino, nonché cugina dello stesso. Harry sapeva che aveva mentito nel dirgli che non l’aveva scagliata in modo decente perché l’aveva sentita urlare e vista cadere a terra. Harry avrebbe solo voluto che cadesse a terra senza muoversi più.
Ora era davvero solo.

Considerava i suoi amici una famiglia, ma non con il trasporto con cui considerava Sirius la sua famiglia. Inoltre, ultimamente si era convinto del fatto che non ne avrebbe mai avuta una.
La profezia era stata chiara: “nessuno dei due può vivere se l’altro sopravvive”. Seppur non si fidasse della Cooman, sapeva che a volte le profezie le faceva davvero, come durante il suo terzo anno. Quindi, alla resa dei conti, Harry sarebbe morto.
Senza famiglia. Si muore soli.

Erano questi i pensieri che accompagnavano il ragazzo durante l’estate. Profondamente deluso dal comportamento di Silente e addolorato per la morte di Sirius, Harry si trascinava all’interno del caldo afoso che attanagliava il quartiere di Privet Drive.
Era talmente circondato da un’aura scura che anche i Dursley gli stavano lontani. Dudley era terribilmente spaventato da lui –seppur Harry gli avesse salvato la vita – a causa del suo incontro ravvicinato coi Dissennatori. Petunia e Vernon avevano cercato di schiavizzarlo come un tempo, ma lui non aveva più tredici anni, e inoltre ora sapeva perché ogni estate era costretto a rinchiudersi in quell’odiata dimora: incanto Fidelius. Avrebbe avuto sopportare tutto questo per altri due anni, per avere protezione contro Voldemort. E gli zii erano costretti a tenerlo, o lui utilizzava Silente per minacciarli. Niente di più semplice: visse la prima estate tranquilla della sua vita.
Faceva i compiti, rispondeva alle lettere di Ron ed Hermione, e a volte si sentiva con Neville. Aveva scoperto che il ragazzo e lui stesso potevano avere lo stesso destino, ma scambiato: era stata una semplice decisione di Voldemort a decretare la loro vita.
Il Signore Oscuro aveva deciso di andare prima a punire i Potter. E ora, sulla prima pagina della Gazzetta del Profeta c’era scritto il suo cognome, non quello di Neville.

Non si riteneva né fortunato né sfortunato: era andata così, punto. Neville sarebbe cresciuto, avrebbe sposato qualche ragazza con cui andava a scuola e sarebbe andato avanti. Lui no. Lui avrebbe finito la sua esistenza, la sua storia, assieme a colui con cui aveva incominciato, e ciò doveva accadere il più presto possibile.
Si sedette sulla scrivania, a guardare fuori dalla finestra la viettina tranquilla. Improvvisamente, un lampione si spense e una figura argentea emerse nell’ombra.
Finalmente, Silente era arrivato a prenderlo.

*

Entrò nel primo scompartimento vuoto seguito a ruota da Ron, Hermione, Neville e Ginny. In poco tempo si aggiunse anche Luna, mentre i due suoi amici andavano nel vagone dei prefetti.
“Quest’anno farai ancora le lezioni dell’ES, Harry?” Chiese Luna sognante.
“Non serve adesso che ci siamo liberati della Umbridge, no?” rispose, abbassando lo sguardo e sedendosi.
“Ma a me piacevano Harry! Ho imparato un sacco di cose lì, più di quante ne abbia imparate con il vero corso di Difesa Contro le Arti Oscure”. Ribatté Neville.
“Si ragazzi, ma credo che ora ci sarà la scuola a insegnare a difenderci, ora che tutti sanno che è tornato Voldemort”. Neville rabbrividì, mentre nel corridoio fuori si formava una piccola folla.

Improvvisamente, la porta dello scompartimento si aprì, rivelando Romilda Vane, una ragazza Grifondoro che Harry aveva sempre malamente sopportato: “Ciao Harry, perché non vieni nel nostro scompartimento? Non sei obbligato a stare con loro”. Indicò Neville e Luna che cercava i suoi Gorgosprizzi, sognante.
“Si dà il caso che loro siano miei amici”. Ribatté, gelido. Sentì l’odio che portava dentro acuirsi.
“Oh, okay”. Chiuse la porta, mentre la folla svaniva.
Harry continuò a guardare storto verso il punto in cui si era posizionata. Tra le ragazze, scorse Draco Malfoy si faceva largo coi gomiti per raggiungere il vagone dei prefetti. Harry assottigliò lo sguardo, sperando si accorgesse dell’odio che provava.
Malfoy non si voltò e proseguì per la sua strada.
“Ora sei una celebrità Harry, la gente ti chiama il prescelto”. Disse Neville.
“Non me lo ricordare Neville, per favore”. Abbassò gli occhi, sperando che la tristezza che stava prendendo sopravvento sull’odio non si notasse.
“Ci dispiace tanto per quello che è successo, Harry. Se vuoi qualcuno che ti liberi la testa dai Gorgosprizzi – e ne hai molti, te lo assicuro – io e Neville siamo qui”.
Harry soffocò un sorriso, ringraziando Luna. Era affascinante come Luna riuscisse a farsi capire così bene pur utilizzando un linguaggio tutto suo.

Dopo un po’ – Harry non seppe identificare quanto – rientrarono Ron ed Hermione dalla riunione dei prefetti. Hermione aveva il viso leggermente rosso, mentre Ron raccontava cosa era accaduto.
“Lei e Ginny hanno scagliato delle maledizioni Orcovolanti perfette su Tiger e Goyle! Dovevate vederle, non ho mai riso così tanto in vita mia!”
Hermione arrossì ancora: “Su Ron, se le meritavano, volevano spiare la riunione dei prefetti!”
“Poi è arrivato un professore a sorprenderle, e invece di punirle, ha fatto i complimenti ad entrambe! Credo di amarlo”. Ron si sedette, calmandosi e guardando con occhi sognanti il soffitto dello scompartimento. Hermione riprese a raccontare: “Sì, ci ha chiesto i nostri nomi e dice che ti conosce, Harry”.

Harry riprese immediatamente il filo del discorso. Stava ancora pensando al perché Tiger e Goyle dovessero origliare la riunione. Non avevano Malfoy a raccontargli tutto? O forse si era scelto altri scagnozzi?
“Si, uhm, l’ho conosciuto assieme a Silente quest’estate. Si chiama Lumacorno”.
Continuava a guardare verso il corridoio del treno. Se Malfoy e i suoi scagnozzi dovevano tornare al loro vagone, sarebbero passati di lì, esattamente come aveva fatto prima il biondo. Perché non arrivavano?
Improvvisamente, prese una decisione. Controllò di avere in tasca la bacchetta, prese il piccolo zaino che si portava sempre dietro durante il viaggio in treno (con all’interno Mappa del Malandrino e Mantello dell’Invisibilità – Gazza non avrebbe mai dovuto trovarli) e uscì, dicendo ai suoi compagni che andava a prendere una boccata d’aria. Appena uscito, corse verso i bagni e lì si mise il Mantello.
Ora poteva girare indisturbato.

Andò fino all’inizio del treno, trovando i tre nel primo vagone in assoluto. Malfoy da una parte, Tiger e Goyle dall’altra. I due sembravano terrorizzati, mentre il pallido ragazzo parlava, quasi desse degli ordini. Harry non perse tempo e cercò in qualche modo di infilare un’orecchia oblunga all’interno dello scompartimento, senza riuscirci. Nel mentre, Malfoy aveva quasi finito di parlare, e stava indicando il suo avambraccio sinistro.
Oh no.

Harry gelò. Non potevano aver messo il Marchio a un ragazzo di sedici anni. Non. Potevano. Sperò in qualche modo di sbagliarsi. Di credere che Malfoy si grattasse, o che Tiger e Goyle non fossero terrorizzati, ma che quella fosse solo la loro espressione naturale. Ovviamente non ci riuscì, e lasciò lo scompartimento solo dopo aver atteso che se ne andassero anche loro.

*

Il Cappello Parlante fu preso da una mano vecchia e rugosa, ma solida. Sapeva che era il momento, e sarebbe entrato in scena, come avrebbe sempre fatto. Dopo un tempo interminabile, venne poggiato su uno sgabello ruvido e scomodo. Attese quindi che gli altri ragazzi si sedettero ai tavoli, scandagliando tutta la sala con la Legimanzia. Non notò niente di insolito, a parte i pensieri più cupi del previsto. Si riscosse, spaventando gli studenti delle tavolate più vicini a lui.
Finalmente, sentì nuovi pensieri entrare nella sala: era giunto il suo momento, e cantò la sua filastrocca più forte e con più passione. Dopo aver ricevuto uno scroscio di applausi, finì il suo lavoro.

Improvvisamente, mentre stava per smistare un ragazzino il cui cognome iniziava con la T, si bloccò.
In sala era entrato qualcuno. O qualcosa. Sentì non una, ma due voci.
Una delle due non credeva di averla mai sentita, era solo il ricordo di un’altra voce. L’altra, però, l’aveva sentita una, due, tre volte.

L’aveva sentita quando ancora era acerba, ma lui aveva capito subito che avrebbe portato a grandi imprese, terribili, sì, ma grandi.
L’aveva sentita flebile, senza riconoscerla, dentro un altro.
L’aveva sentita quest’estate, oscura e confusa, dentro all’oggetto che sapeva pensare portato all’interno dello studio del preside.

Per la prima volta, si sentì quasi andare a fuoco. Il bambino sotto di lui si tolse velocemente gridando, davanti a una sbigottita professoressa McGranitt. In quel momento, il silenzio scese nella Sala Grande, e il cappello lo percepì poiché tutti i pensieri erano silenziosamente rivolti a lui.
Ma il cappello aveva attenzioni solo per colui che possedeva due voci.

“HARRY POTTER!”

*

Harry arrivò in Sala Grande trafelato. Aveva incontrato Tonks, che controllava i bagagli assieme a Gazza: il ragazzo le aveva fatto un po’ di compagnia, saltando tutto lo smistamento.
Anche lei non se la passava bene dopo la morte di Sirius: i capelli erano grigi,  e sembrava aver perso le sue abilità di Metamorfmagus. Harry non era convinto potesse ancora evocare un Patronus, quando Piton glielo chiese – ordinò. Infine, Harry era stato scortato dal professore fino alla Sala Grande, per assicurarsi non si imbattesse in altre distrazioni. Aveva già tolto punti alla sua casa: Harry ritornò ad odiare.

Entrò, cercando di fare meno rumore possibile. Aveva appena individuato Ron ed Hermione, ma la Sala era calata in un silenzio di tomba. Improvvisamente, un bambino urlò e si tolse di dosso il Cappello, che poi chiamò il suo nome.
Harry si trovò al centro dell’attenzione, un’altra volta.
Si sentì come due anni prima, quando dal Calice di Fuoco era spuntato un biglietto in più con su scritto il suo nome. Colpevole di qualcosa che non aveva commesso, imbarazzato, confuso. Realizzò, nel suo disorientamento, che in questo caso si trattava del Cappello Parlante. Non poteva essere Confuso, un oggetto del genere. E nemmeno essere sotto maledizione Imperius, in quanto oggetto. Harry non capiva.

“TOM RIDDLE!”
Sobbalzò. Il Cappello aveva fatto risuonare tutta Hogwarts con lui, come se la scuola fosse d’accordo a chiamare Harry al suo cospetto.
Peccato non avesse chiamato Harry. Solo in pochi sapevano che quello era il vero nome di Lord Voldemort, e ora Harry sentì il panico crescere dentro lui. Scoccò un’occhiata alla McGranitt, che ricambiò con uno sguardo spaventato. Guardò Silente, che dai suoi occhiali a mezzaluna lo guardava preoccupato, ma in qualche modo non sorpreso come tutte le altre persone presenti.
Deglutì e si fece strada tra i primini lentamente. Il Cappello lo aspettava immobile.
“Uhm, sì?” Chiese, guardando Silente. Il preside osservava assorbito il Cappello.
“Mettimi in testa. Subito”.

Harry aspettò l’occhiata di Silente per farlo. Sapeva che se fosse stato con lui, sarebbe stato al sicuro. In qualsiasi caso.
Decise quindi di sedersi titubante su quello sgabello consunto. La McGranitt gli pose il Cappello con mani tremanti sulla testa. Questo prese a dimenarsi, mentre era a contatto con la professoressa, ma quando toccò la testa di Harry diventò improvvisamente calmo, quasi inanimato.
Appena Harry sentì il Cappello in testa, la cicatrice iniziò a dolergli, a bruciare. Sentiva che Voldemort non era né arrabbiato né felice, né voleva comunicargli qualcosa. Era quasi come se il Cappello stesso lo stesse chiamando al suo cospetto.
Harry, nel suo dolore, sentì la vocetta sussurrargli di fianco all’orecchio.

“Così ci rincontriamo, e dico a tutti e due. Siete cambiati, avete commesso e assistito a tanti, troppi orrori. Ormai non riesco quasi a distinguere l’uno dall’altro. E neanche immaginavo nell’angolo più remoto delle mie stoffe, di dover assistere a leggere due anime contemporaneamente. Siete degli oscuri, grandi, terribili maghi. Quasi dei mostri”.
Harry cercò di comunicare col cappello, come aveva fatto durante il primo anno. Lo invocò ad alta voce, fregandosene del resto delle persone, gemendo di tanto in tanto per il dolore alla cicatrice, cadendo dallo sgabello. Gli diceva che non era la verità, che non era lui così. Voldemort era così. A lui erano capitate solo tante cose brutte.

Dopo un’eternità in silenzio, il Cappello decise di rispondergli.
“Ragazzo, ti sento. Sei assieme e fuso a lui. Non sei uguale, lo sento, non lo saresti mai. Ma per colpa sua hai imparato ad odiare. E certe cose cambiano le persone dall’interno. E’ successo anche a te ragazzo, infatti te l’ho sempre detto che troverai la grandezza sulla via di…”
“SERPEVERDE!”
Harry crollò a terra, svenuto, sentendo la risata di Voldemort risuonare in lontananza.

*

Rinvenne nello studio del preside, capendolo senza neanche aprire gli occhi. La stanza aveva un odore totalmente diverso da tutto il castello, come se fosse in qualche modo schermata da tutto ciò che avveniva fuori. Harry lo definiva quasi un odore di sapienza, di calma interiore.
Peccato che la sensazione svanì quasi subito. Harry rinvenne gemendo, mentre si rendeva conto di essere su un piccolo divanetto probabilmente evocato apposta per lui.

“Non così in fretta, ragazzo!”
Silente lo scrutava dalla sua scrivania. Si alzò lentamente, avvicinandosi a lui, evocando un piccolo sgabello e sedendocisi senza far rumore.
“Caramella, Harry? Non mi porto sempre dietro il cioccolato, come il professor Lupin, ma direi che possano andare bene comunque…”
Harry accettò, senza dire una parola. La caramella gli morsicò il dito e lui gemette, contrariato. Ora aveva decisamente recuperato la lucidità.
“Cosa è successo?” Chiese.
“Dovresti dirmelo tu, ragazzo. Sei l’unico che ha sentito cosa ti ha detto il Cappello. A me lui non vuole dire niente”. Indicò il Cappello, che si riscosse per poi ritornare immobile, come al solito.
“Io… Non lo so, appena l’ho messo ha iniziato a farmi male la cicatrice, ma non perché Voldemort provasse qualcosa tanto forte da farmela vedere. E’ stato come se il Cappello volesse chiamarlo al suo cospetto. Per far sentire anche lui cosa aveva da dirci”.
“Quindi anche Tom ha sentito tutto”.
“Sì, credo di sì. Quando ho perso i sensi, ho sentito la sua risata”. Harry rabbrividì, pensando a quanto odiasse quella voce.
“Il Cappello ha detto che sente la sua voce dentro di me. Che siamo fusi assieme, che abbiamo fatto terribili cose. Ma poi mi ha riconosciuto, ha detto che sono cambiato a causa sua, e che troverò la via della grandezza a Serpeverde”.
Il preside lo osservava sopra i suoi occhiali a forma di mezzaluna pensieroso. Fece un sospiro e si grattò la barba, come se fosse infastidito da qualcosa.

“Vedi Harry, io sospettavo che il vostro legame fosse qualcosa di più che una semplice cicatrice, ma non posso esserne certo, non ancora. Si tratta di magia oscura, molto oscura, capace di farti sopravvivere anche a morte certa. Quello che sappiamo ora è che, da ciò che ha percepito il Cappello, una parte di Voldemort è dentro te. Forse è per questo motivo che sai parlare il Serpentese, Harry. Lui è dentro di te, ed è una presenza troppo grande per essere ignorata. Non si era mai sentito parlare di due anime in uno stesso corpo”.
Harry raggelò. Ora ne aveva un’ulteriore conferma. Aveva voglia di strapparsi il petto e tirare dentro il marciume che si sentiva.
“Harry, vorrei ci vedessimo spesso. Devi essere istruito su ciò che era ed è Tom, per capire come sconfiggerlo definitivamente. E soprattutto, uscirne vincitore”. Silente gli fece l’occhiolino. Improvvisamente, Harry dimenticò il marciume.
“Comunque, abbiamo un’altra questione importante da risolvere, mio caro ragazzo. Si dà il caso che l’intera sala, oltre averti sentito urlare per il dolore alla cicatrice, abbia sentito il Cappello Parlante… smistarti a Serpeverde”.
Harry ritornò a rabbrividire. “Professore, non vorrà mandarmi lì davvero? Insomma, chi ha mai cambiato Casa durante i suoi sette anni trascorsi ad Hogwarts?”
“Per quello che so io, Harry, nessuno. Ma farò delle ricerche a riguardo. Per ora, visto che il Cappello Parlante è un’autorità più alta della mia, non posso fare altro che essere costretto a mandarti a Serpeverde”.
“Ma lì è pieno di figli di Mangiamorte, professore! Mi uccideranno appena inizierò a dormire!”
Harry sbraitava, come aveva fatto esattamente tre mesi prima sempre in quell’ufficio.
“Lo so Harry, infatti sono riuscito a ottenere dalla scuola stessa – Harry non si immaginò neanche come Silente riuscisse a parlare con la scuola – una tua ultima notte al dormitorio Grifondoro. Il giorno dopo farai effettivamente parte della casata di Serpeverde, e provvederò personalmente  a disporre incantesimi difensivi sul tuo letto. Nessuno potrà toccarti mentre dormi o rubare le tue cose, o verrò personalmente informato. Spero ti basti”.

Harry annuì lentamente, sapendo che la conversazione era chiusa. Si avviò verso l’uscita, mentre Silente lo congedava: “Harry, ragazzo, confido che in qualche modo tu possa cogliere l’occasione per salvarli, se capisci che intendo”.
Gli fece l’occhiolino, ed Harry uscì mestamente dallo studio, non soffermandosi sulle ultime enigmatiche parole del preside.
 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Capitolo 1 - Serpentese ***


Hateful

Capitolo 2 – Serpentese

 
Draco non avrebbe mai pensato che la sua vita agiata sarebbe stata oppressiva. Grandi feste inutili, etichette assurde da seguire, equitazione e caccia, amicizie per interessi, frivolezze, scope da Quidditch dell’ultimo modello.
Invece a un certo punto lo era diventata.
Mentre saliva sull’Hogwarts Express, controllò sua madre con un ultimo sguardo, un groppo in gola.
Poteva essere l’ultima volta che la vedeva. Scacciò via il brutto pensiero e salì sul treno, pianificando per la millesima volta ciò che avrebbe dovuto dire, come avrebbe dovuto comportarsi. Niente di difficile, lo faceva ogni santo anno.
Ma quella volta era diversa. C’erano delle vite, in mezzo.

“Ciao Draco! Come stai?”
Pansy Parkinson era sbucata da uno scompartimento e lo fissava sorridente. Finalmente, constatò Draco, si era tolta l’orribile frangetta che portava l’anno precedente, e ora sembrava molto più matura. Da quello che aveva passato anche lei quell’estate, forse poteva essere già diventata adulta, come si sentiva essere diventato Draco. Le famiglie purosangue non avevano pietà, in questo ambito.
“Ciao Pansy cara. Tutto bene, come al solito”. Entrò scivolando nello scompartimento, occupando un posto di fianco alla finestra. All’interno trovò Blaise, che lo salutò calorosamente, e Tiger e Goyle, i quali se ne stavano un po’ in disparte. Non a caso: sapevano che a Draco era stata affidata una missione del Signore Oscuro in persona, anche se a loro non erano stati rivelati i particolari. Avevano il compito di aiutarlo con qualsiasi mezzo.

“Allora Dray? Ti vedo più cadaverico del solito. Te la passi male, al Manor? Ti avevo detto che potevi trasferirti da me, se necessario”. Blaise sbuffò teatralmente, incrociando le braccia. Draco si intenerì a quelle parole: Blaise era sempre disponibile verso di lui, anche se Draco stesso non raccontava molto dei fatti che erano ultimamente successi a casa sua. Probabilmente, se avessero scoperto che andava in giro a dire a qualcuno anche un dettaglio insignificante, avrebbero ammazzato prima sua madre, poi lui. Blaise l’aveva certamente capito, Draco lo sapeva. Apprezzò la sua discrezione.
Blay, quel soprannome lo usava Pansy al secondo anno, ed era ridicolo. E poi volevo semplicemente stare con mia madre, visto che ti devo vedere per tutto il resto dell’anno”. Con la risposta pronta, alzò gli occhi al cielo. Con lui era sempre così. I loro discorsi avevano sempre significati nascosti che solo loro potevano capire, e questa caratteristica si era rivelata molto utile negli ultimi tempi.

Restarono a parlare del più e del meno senza sbilanciarsi, in perfetto stile Serpeverde. Draco, dopo essersi cambiato, si diresse verso il primo vagone, per la riunione dei prefetti. Prima di uscire si fermò da Tiger, che lo guardò impaurito, dicendogli di incontrarsi nello stesso vagone, dopo. Draco informò lui perché sembrava più sveglio di Goyle, anche se minimamente. Nel mentre, Pansy e Blaise fecero finta che non stesse accadendo nulla. Draco si ringraziò per avere scelto qualche amico degno di intelligenza, il primo anno. Uscì dallo scompartimento.

Anche Potter li aveva scelti, gli amici.
Era un pensiero che gli era arrivato talmente velocemente senza neanche accorgersi di averlo partorito. E ora, Potter se ne stava in qualche scompartimento del treno, a ridere e scherzare con i suoi strambi e odiosi amici, a passare le estati in quella sudicia tana che era la casa dei Weasley, a odiare Draco: perché suo nemico naturale, in quanto figlio di un Mangiamorte ed erede di questo incarico pesante, in quanto suo coetaneo scolastico, in quanto lui Grifondoro dall’animo nobile e Draco Serpeverde fino alle viscere. L’aveva riempito di scherzi, alcuni imperdonabili. A Quidditch aveva compiuto azioni che potevano implicare la morte di Potter, ma lui non se ne era mai lamentato. O meglio, sicuramente se ne era lamentato, ma non l’aveva mai accusato di tentato omicidio. In effetti, Potter aveva di peggio a cui pensare, dato che alla sua vita attentavano ogni anno con scarsi risultati. Draco semplicemente pensava che a Potter piacesse la loro competizione, e anche lui la trovava divertente e soddisfacente, anche se ogni volta arrivavano ad insultarsi le famiglie. Era qualcosa simile a una certezza. Peccato che quest’anno Draco avesse altro da fare rispetto a insultare Potter. Gli sarebbe mancato, sicuramente.

Mentre percorreva il corridoio del treno, pensò a come sarebbe stato se lui e Potter fossero diventati amici. Draco l’avrebbe consegnato al Signore Oscuro? Era una bella domanda. Probabilmente, se Potter non fosse così odioso, non l’avrebbe fatto. Ma era odioso, quindi Draco poteva anche non avere alcun rimorso, se avesse dovuto consegnarlo.
Forse.
Draco si faceva già tanti problemi per dover uccidere Silente, a cui non doveva nulla, e che aveva sempre odiato. Lui non era un assassino, punto. Insultava sia gli esseri umani che gli animali, senza distinzioni - tanto reagivano allo stesso modo – ma non arrivava mai, mai ad uccidere. Chi era lui per giudicare utile o no la vita di qualcuno?

*

Sbatté la porta dello scompartimento forte, con stizza. Era sicuro che Potter li avesse spiati, aveva intravisto il suo odioso braccio ossuto in un nanosecondo, ma pensava fosse solamente una sua visione creata dall’ansia. Ne aveva molta ultimamente, ed era proprio quella a fargli pensare che Potter era stato lì, in un modo o nell’altro. Per fortuna Draco aveva come parola d’ordine “discrezione” per il compito a lui affidatogli, quindi non aveva rivelato molto: anche se Potter avesse sentito, si sarebbe solamente chiesto perché Tiger e Goyle dovevano ingurgitare pozione Polisucco i primi giorni di scuola.
Aveva un che di patetico ciò che cercava di escogitare, se lo sentiva in fondo, nelle viscere. Eppure, per la prima volta, preferiva essere patetico che riuscire nel suo intento. Dio, che rammollito era diventato.

Dopo aver fatto un veloce salto in bagno per cambiarsi, ritornò nello scompartimento. Evitò accuratamente di guardare quello di Potter e i suoi amichetti più di un millisecondo, accertandosi solo che il Prescelto fosse effettivamente lì.
E lo era. Draco non capiva come facesse. Se lo sentiva quando Potter era in giro, cazzo. Diventava improvvisamente più agitato, e gli andava al cervello una scarica di adrenalina che gli faceva commettere un sacco di azioni sconsiderate e avere sempre la battuta tagliente pronta. Era tutta colpa di Potter.
Aveva sentito parlare in giro che possedesse un fottuto mantello dell’invisibilità, ma Draco non ci credeva. I mantelli dell’invisibilità erano costosissimi e inutili, perché dopo pochi giorni si consumavano. Era quasi meglio farsi addosso un incantesimo di Disillusione, anche se Draco dubitava che Potter fosse capace di farne uno, data la sua deficienza ad imparare incantesimi diversi da quelli insegnati in Difesa Contro le Arti Oscure.
Scrollò le spalle e si preparò ad inoltrarsi all’interno di altre conversazioni gremite di significati nascosti con i suoi amici Serpeverde.

*

Si sedette sulla scomoda panchina del tavolo Serpeverde. L’aveva sempre odiata, ma quell’anno non ci fece nemmeno caso, talmente era concentrato a mantenere un’espressione solo leggermente schifata. Aveva lo stomaco annodato, e cercò di spiluccare due bocconi di coscia di pollo, mentre dall’altra parte della sala Weasley si abboffava come un maiale denutrito. Come se non fosse preoccupato per la misteriosa scomparsa del suo amichetto Potter. Dannazione, lo era di più lui: era come se Potter gli stesse dicendo, attraverso quel posto vuoto “sto facendo ritardo perché sto meditando sulla conversazione appena origliata di Draco Malfoy”.

Draco si sforzava di non pensarci, davvero. Ma in quel momento della sua vita i pensieri stavano diventando i suoi peggiori nemici. Guardò la Granger prendere a librate Pel di Carota. Almeno qualcuno oltre a lui si era accorto dell’assenza di Potter.
Che entrò trafelato subito dopo. Peccato dovesse per forza attirare l’attenzione di tutti.
Draco mentirebbe se dicesse di non essere stato stupito da ciò che accadde dopo, anche se la sua espressione comunicava esattamente il contrario –grazie ad anni di addestramento. Infatti, da purosangue qual era, era consapevole della enorme autorità magica del Cappello Parlante.

Che in quel momento aveva appena chiamato Potter.
E Tom Riddle. E Draco giurò di aver sentito anche la sua panca chiamarlo. Tutta la scuola lo chiamò.
Chi cazzo era? E perché Potter ora si stava contorcendo per terra, senza che nessuno lo fermasse, davanti a un silenzio di ghiaccio? Che cazzo stava succedendo di sbagliato?
Perché prima urlava e poi implorava?
Perché il Cappello lo aveva smistato a Serpeverde?

Draco smise di sforzarsi a finire la cena.
 
*
 
“Non è possibile!”
“Calmati Pansy. Qua tutti non ci stanno capendo un cazzo”.
Draco osservava la Sala Comune in subbuglio; tutta Serpeverde non si era ancora mossa verso le camere, e gli studenti parlottavano dell’avvenimento in Sala Grande. Molte studenti avevano uno sguardo inviperito, al pensiero di dover dividere la sala comune e i bagni con Potter. Altri erano semplicemente interessati dall’evento: a quanto pare, nessuno era mai stato smistato due volte.
Draco non sapeva a che pensare. Era convinto che da un momento all’altro Potter varcasse la porta della Sala Comune, con tutte le sue valigie, la sua civetta e gli occhiali più storti del solito e rotti sul naso. Quel pensiero gli infondeva tensione, e quindi se ne stava all’erta, silenzioso. Cosa sarebbe successo? Sapeva che la parola del Cappello era inequivocabile. Eppure non c’era neanche l’ombra di Potter; inoltre, probabilmente, se si fosse presentato sarebbe stato mangiato vivo dalla Casa delle Serpi, nel vero senso della parola. In quella sala c’era la progenie dei veri nemici di Potter.

Draco era preoccupato per questo, quasi non volesse che lo Sfregiato morisse in quell’angolo di sotterraneo. Allo stesso tempo si trovò ad odiarlo più di prima, perché qualsiasi fossero le prerogative, Potter riusciva a stravolgerle. E ora come cazzo avrebbe fatto a mantenere segreta la sua missione? E soprattutto, ad avere meno sensi di colpa? Sapeva che Potter era legato a Silente quasi fossero fidanzati, lo guardava come se fosse suo padre. Lui avrebbe dovuto ucciderlo, davanti al naso storto di Potter.
Che schifo di situazione.
“Ragazzi, secondo me Potter non arriverà mai. Stiamo solo perdendo tempo: essendo il cocco di Silente riuscirà a rimanere a Grifondoro, e tutti saremo più felici”.
Blaise aveva assolutamente ragione. Lo raggiunse e se ne andò a prepararsi per dormire. Come se ci sarebbe riuscito.
 
*
 
La mattina dopo Draco scelse di indossare una camicia bianca candida, senza nessun gilet. Non faceva ancora troppo freddo, e amava andare in giro il più leggero possibile. Aspettò che Blaise finisse di mettersi a posto i capelli – lui quella fase l’aveva superata quest’estate, e ora il gel era solo un brutto ricordo – e scese in Sala Comune. Ci trovò Pansy assieme a Daphne Greengass, ma di Potter neanche l’ombra. Come se ci avesse sperato.

Si avviarono in Sala Grande, silenziosi, ma il muro della Sala Comune non si aprì. Indispettiti, sapevano che ciò significava che ci sarebbe stato un annuncio alla casa di Serpeverde. Si sedettero sui divanetti aspettando che tutti i loro compagni finissero di prepararsi e arrivare.
Draco sbuffò sempre più rumorosamente, pensando al fatto che quel tempo poteva usarlo in altri modi: dormendo, ad esempio. Poi si ricordava che non riusciva a dormire, quindi sbuffava di nuovo. Era un dannato cerchio. Dopo minuti interminabili di sbuffi crescenti, comparve sulla soglia un trafelato professor Lumacorno, eletto Capocasa il giorno precedente. Al ricordo, Draco sbuffò un po’ più forte.

“Cari studenti, vi tratterrò qui per pochi minuti. Devo farvi questa comunicazione per ciò che è successo ieri al signor Potter: come avrete sentito, è stato rismistato a Serpeverde. Ora, non sappiamo il perché della cosa e dovremmo indagare…” Si rimise a posto il mantello, mentre pensava a come continuare il discorso. “Ma la decisione del Cappello è inequivocabile: Harry Potter sarà, da oggi, membro effettivo della casa Serpeverde”.
Nella sala ci fu un vociare furioso. Draco sentì sudore freddo sulla sua nuca, mentre incrociava lo sguardo gelido di Blaise.  Potter Serpeverde? Era un completo ossimoro. E ora, inoltre, la sua missione diventava ancora più difficile. Desiderò prenderlo a pugni per una giornata intera: guardandosi attorno, vide che solo Lumacorno sembrava contento di acquisire Potter, assieme a pochi studenti del primo anno, ignari di tutta la situazione. E che situazione: lo Sfregiato che passava dall’alta e onorevole torre di Grifondoro al sotterraneo umido e freddo di Serpeverde. Sembrava una barzelletta.
Seppure la questione preoccupasse totalmente Draco, questi non lo diede a vedere. Dopo aver scoccato quello sguardo a Blaise si ricompose nella sua perfetta e argentea maschera. Era pronto ad affrontare quella strana giornata.


*

In Sala Grande Potter si sedette nel suo tavolo Grifondoro, seppur indossasse una cravatta verde e argento. Draco non riusciva a non pensarci, e mentre si versava il suo the alla vaniglia continuava a cercare una risposta.
Perché Potter è Serpeverde? Perché è stato chiamato dal Cappello?
Davanti agli occhi continuava a rivedere Potter che si contorceva sotto il Cappello e urlava cose incomprensibili: ne era rimasto quasi spaventato. Ormai stava cercando di abituarsi alle torture gratuite del Signore Oscuro, ma sapeva che non le avrebbe mai sopportate comunque.

All’improvviso, un’illuminazione: in tutto questo c’entrava sicuramente il Signore Oscuro.
Pensandoci, era un avvenimento assolutamente in suo stile, simile all’estrazione dello Sfregiato per il Torneo Tremaghi.
Se solo Potter non avesse avuto quella dannata cicatrice in fronte, probabilmente tutte quelle cose strane non gli sarebbero successe. Nemmeno una.
Allora era davvero Serpeverde? Il Cappello Parlante è un’autorità nel mondo magico: forse si era ricreduto, non poteva sbagliare. E forse Potter era cambiato davvero.
Per autosopravvivenza, Draco decise di smettere di pensare, e di godersi il suo the.

A lezione di Storia della Magia, Draco non era l’unico a volersi ammazzare: tutti i suoi compagni, tutti, anche quello stramaledetto Potter, stavano palesemente dormendo. Inoltre, la lezione era coi Corvonero, e non riuscivano nemmeno a fare in modo che succedesse qualcosa di esaltante. Anche soltanto una pergamena lanciata.
Potter stava lì, vicino a un Corvonero visibilmente compiaciuto di essere vicino alla star del momento. Probabilmente si era offerto di dare gli appunti a Potter, poiché lui era in catalessi totale. Era vergognoso, con la sua cravatta annodata male, la camicia stropicciata, i capelli disordinati, gli occhiali storti. Gli mancava solo la bavetta.
Draco, dopo aver guardato schifato tutto Potter, in quanto non aveva nulla da fare, fu quasi preso da spavento quando lo vide scattare a sedere, col fiatone, poi guardarsi intorno e finalmente rilassarsi.
Si sa, Draco era un fifone: una verità innegabile. Ma comunque un grande osservatore. Draco capì Potter stava sognando qualcosa.
Si rigirò immediatamente fissando la pergamena vuota, arrovellandosi in cerca di risposte, accasciandosi sul banco. Si incantò a osservare per tutto il tempo la camicia nera ed elegante – forse anche lui dovrebbe passare al nero – di Blaise.
 
*
 
Harry non riusciva a seguire. Continuava a pensare a tutti i suoi bagagli, la sua Edvige, che venivano spostati nei sotterranei Serpeverde. Ora non poteva più vederla se non in guferia: voleva davvero essere risucchiato dal banco e non avere più problemi. Inoltre, ogni volta in cui riusciva ad assopirsi, vedeva Voldemort intento a fare ricerche, con un sorriso sul volto. Desiderava rovinarglielo.
Finita le lezione, si diresse da solo al dormitorio Serpeverde a prendere i libri per Trasfigurazione. Aveva davanti tutti i figli di Mangiamorte che cercavano di ignorarlo, come d’altronde faceva lui stesso. Dopo essere entrati nel sotterraneo, la porta si richiuse davanti a Harry.

Harry non sapeva la parola d’ordine.
Iniziò a sudare freddo. Aveva passato di peggio, ma mai aveva provato una tale esclusione a scuola. La considerava casa sua, Hogwarts: si sentiva come se l’avesse tradito.
Tirò un calcio alla parete. Ovviamente non successe nulla: rimpianse la Signora Grassa, con la quale poteva almeno parlare un po’, aspettando qualcuno che aprisse la porta dall’altro lato.
Chi sorvegliava il dormitorio Serpeverde? Non c’era nessuno. Solo un muro. Forse il fantasma di Serpeverde?
Impossibile, il Barone Sanguinario stava di solito in una torre a sbattere catene e lamentarsi.
Forse c’era una bestia, come il Basilisco. Ma sicuramente sarebbe stata degna di nota, da megalomane qual era Salazar.
Tirò un altro calcio.
Era Tom l’erede di Serpeverde, non lui. Perché cazzo ci era finito lì sotto?

Appoggiò la testa contro il muro, sospirando. Iniziò a toccare il muro con la mano, come per trovare una serratura. Si sentì ancora più stupido.
Poi, però, sentì una piccola deformazione. Non era simile alle altre presenti nel muro, principalmente dei piccoli bozzi creati dalla pietra: no, era levigato, piacevole al tatto. Si avvicinò e lo osservò da vicino. All’altezza del suo bacino c’era una piccola incisione dello stemma di Serpeverde, il Basilisco – o qualunque altro serpente fosse, Harry non era un grande fan.
Improvvisamente capì: si sentì come al secondo anno, davanti al rubinetto del bagno di Mirtilla Malcontenta. Sorrise, felice, e si preparò a parlare in Serpentese.
 
*
 
Draco sentì un suono strano. Stava dirigendosi in camera, per prendere i libri, quando un sussurro molto, molto forte riecheggiò nella Sala Comune. Erano in pochi: lui, i suoi compagni di classe e qualche studente del quinto anno, ma tutti avevano sentito quel sibilio spaventoso. Poi, la porta della Sala Comune si aprì, rivelando un Potter soddisfatto di sé stesso, che marciò a passo sicuro verso le camere, come se sapesse già dove fossero.
Non degnò uno sguardo nessuno, e in pochi secondi era già sparito dentro al corridoio per i dormitori maschili.

“Quindi Potter sa ancora parlare Serpentese?”
Pansy era più che spaventata, stupita. Tutti lo erano, perfino Draco. Non sapeva a che pensare.
“Forse non è mai stato così Grifondoro come credevamo tutti”.
“Ma non dire cazzate!” Draco sbraitò contro Blaise, nervoso. “E’ sempre stato un eroe del cazzo. Di Serpeverde non è nemmeno la sua cravatta”.
“Sei geloso!” Pansy gongolò e si sporse verso di lui: “Perché non vai a chiedergli dove ha preso quella cravatta? Secondo me l’ha tinta!” rise.
“Non sono geloso, perché dovrei esserlo?” Draco non capiva come Pansy riuscisse a pensare a certe stronzate. “Mi dà sui nervi, non so se si è notato negli ultimi cinque anni”.
Potter tornò trafelato. Si fermò davanti a loro, e con fare dannatamente innocente, chiese: “Scusate, sapreste dirmi la parola d’ordine per entrare?”
Draco si sforzò di stare zitto, ma nessuno di loro fiatava. Esplose: “Che cazzo vuoi P-“
“E’ Boa Constrictor!” Zabini urlò sopra di lui, trattenendo Draco.
“Uhm, grazie Zabini”. Abbassò lo sguardo e si diresse verso Trasfigurazione.
Draco continuava a guardare con voglia di uccidere Blaise.
“Dai, Dray, mica potevi urlargli addosso solo per la sua esistenza. Anche se avresti avuto tutte le ragioni di questo mondo. Ti ho evitato altri grattacapi”.
Grazie tante”. Gli sibilò.
 
 
 
 
Angolo dell’autrice:
Salve a tutti! Ho finalmente aggiornato questa storia che già dal primo capitolo è riuscita a riscuotere un successo che sinceramente non mi aspettavo: grazie di cuore! Più mi seguite e più mi motivate a continuare.


Comunque, questo è un capitolo di “mezzo”, in cui si rivivono le scene dell’altro capitolo dal punto di vista di Draco, aggiungendo qualcosa in più, ma non molto. Prometto che gli altri saranno più movimentati!
Draco è però un personaggio molto, molto introspettivo. Si merita di avere tutti quei pensieri, che già sono contraddittori. Ma noi amiamo Draco anche per questo.

Insomma, se volete farmi sapere qualcosa, consigli, critiche, io ci sono. O anche solo per farmi sapere che vi  piaciuto questo capitolo. E’ sempre bello ricevere una recensione in più.
Al prossimo capitolo!

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Capitolo 2 - Saetta ***


Hateful
Capitolo 3 - Saetta
 

Più che il clamoroso cambiamento descritto dalla Gazzetta del Profeta Harry la trovava una punizione.

Si sedette sul letto con un gran tonfo, seguito da un altrettanto grande sospiro. Dopo pochi minuti, raccolse le forze per guardarsi intorno. Era entrato nel suo dormitorio più volte in quella giornata, ma non si era ancora soffermato sull’ambiente, intento a non pensare ancora di più al fatto di essere un Serpeverde.
La luce era verde, stantia, seppur la finestra fosse più grande di quella del dormitorio Grifondoro. A volte si intravedeva un guizzo dall’altra parte, ed Harry sperò di non trovarsi mai più davanti una sirena o un tritone.

Notò che la camera circolare disponeva di altri due letti: uno era ordinatissimo, mentre l’altro totalmente il contrario. Harry sperò con tutto il cuore di non essere in stanza con Tiger e Goyle.
Ma neanche di essere in stanza con Nott, con Zabini, con Malfoy, con nessun altro. Rivoleva la sua torre, i suoi amici, la sua vera casa. Non credeva alla decisione del cappello: lui la spada di Grifondoro l’aveva estratta, quella volta, davanti al Basilisco. Era un vero Grifondoro.
Era? E ora?

“Allora mi ha urlato qualcosa come-“
Harry si bloccò di colpo. Erano entrati Zabini e Malfoy che, evidentemente, erano i nuovi compagni di camera del Prescelto.
“Oh, Potter! Guarda, Dray, Potter è nostro compagno di stanza, non sei felice?”
“Come una pasqua, Blay”.
Harry era teso. Non capiva il buonumore di Zabini. Forse era solo un modo per metterlo a suo agio, anche se non ne avrebbe avuto il motivo.
“Beh, Potter, basta fare quella faccia preoccupata. Sei un Serpeverde ora - almeno, da ciò che abbiamo capito – ed è un grande onore. Molto più cool di quella schifosa torre Grifondoro, lo capirai presto”.
Harry lo guardò in cagnesco. Come si permetteva? Lo faceva apposta di sicuro. Perché doveva fare così? Doveva semplicemente stare zitto e andare a letto.
“Dai Zabini, non sparare stronzate ora”.
“Oddio, ha una lingua! Potter parla, Dray!”

Harry si piantò una mano sulla faccia con una espressione disgustata, sperando che il ragazzo percepisse le sue intenzioni di chiudere il discorso. Prese lo spazzolino e si rinchiuse nel bagno privato, mentre Zabini si infilava il pigiama e Malfoy guardava disgustato il suo letto.
Harry aprì l’acqua del lavandino, immerso nei suoi pensieri. Non aveva motivo di temere Zabini, in quanto aveva solo la madre – per di più pazza – con nessun legame con Voldemort. Malfoy, invece, lo preoccupava terribilmente. Oltre ad essere la sua nemesi scolastica per definizione, suo padre, oltre ad essere odioso e presuntuoso, era anche presente all’omicidio  di Cedric e di Sirius. Ad Harry venne voglia di balzare fuori dal bagno e strangolarlo. Invece sospirò forte, ed iniziò a lavarsi i denti.

*

“Salazar, perché?”
Draco stava letteralmente cadendo in crisi. Blaise vedeva chiaramente una sua palpebra scattare su e giù, seppur fosse un movimento impercettibile.
“Dai, Dray, non è la fine del mondo”.
“Cosa?! Non so tu Blaise, ma la mia famiglia lo odia più di qualsiasi altra cosa al mondo, e anche io sono quasi sul loro livello. E’ una delle persone  che odio di più, e ora è mio compagno di stanza! Cosa cazzo mi verrà a dire il Signore Oscuro, ora che ho il suo obiettivo a due metri di distanza la notte?”
Sbatté con violenza alcuni libri sulla scrivania. Poi si appoggiò ad essi e si massaggiò le tempie.
“Draco, non lo so. Fai in modo che non lo scopra. Almeno che non scopra il fatto che siete in stanza assieme, tanto la notizia del rismistamento stamani era in prima pagina sul Profeta”.
“Appunto, cazzo! Ogni cosa che succede a quello Sfregiato viene sbandierata ai quattro venti, Salazar!”
Blaise non aveva mai visto Draco così preoccupato e arrabbiato allo stesso tempo. Il vero problema non sembrava Potter, ma la condizione dell’amico, che Zabini non sapeva – ed era anche felice di ignorarla. Aveva l’impressione che Draco sbattesse tutte le sue frustrazioni su Potter, ed era solo il secondo giorno di scuola.
“Draco, senti. Fai finta di niente, ti prego, fai in modo di non innescare strane conversazioni con Potter – si, dovrai parlarci, cazzo è un tuo compagno di stanza! – e di non finire con maledizioni e fatture varie. Fai in modo che tutto quello che c’è li fuori qui dentro non esista”.
“Ma come faccio Blaise! Devo fare tutto qua dentro!”
Zabini alzò un sopracciglio. Draco era decisamente isterico. Doveva fare qualcosa per smuoverlo.
“C’entra il Signore Oscuro, vero?”

Vista l’espressione di Draco, si pentì amaramente di aver tirato fuori l’argomento. A Draco erano improvvisamente spuntate occhiaie e rughe che Blaise non aveva mai osservato su di lui.
“Me ne parlerai quando sarà il momento. Ma me ne devi parlare: è solo il secondo giorno e sembri quasi un morto che cammina”.
Draco annuì lievemente, corrucciando di meno l’espressione. Poi guardò la porta del bagno e si corrucciò di nuovo.
Blaise scosse la testa sconsolato. Sarebbe stato un lungo anno.
 
*
 
Quando Harry entrò in stanza, i suoi compagni già avevano spento le candele e tirato le tende dei baldacchini; visto che era un orario ancora decente, forse era una scusa per non parlare con il nuovo inquilino. Cosa che a Harry andò benissimo.
Si stese sul letto comodissimo ma verde, pensando ai suoi compagni.
Cosa era cambiato in lui tanto da spingere il Cappello Parlante a rismistarlo? Ricordò le sue parole con un brivido. Perché, assieme a Voldemort, lo aveva definito mostro?
A Harry quei pensieri facevano solo passare il sonno. Lui non era una brutta persona, era solo un ragazzo a cui erano capitate tante cose brutte.

Sirius.
Harry trattenne le lacrime, ficcandosi le unghie nei palmi. Vide davanti a sé Bellatrix, e con la mente la fece urlare di dolore. Era l’unico pensiero che riusciva a farlo stare meglio rispetto alla morte di Sirius.
Decise di smettere di pensare. Di dormire non se ne parlava, aveva troppa paura che Zabini o Malfoy gli rubassero qualcosa nel sonno, o che lo uccidessero: si aspettava veramente di tutto, da loro.  
Tenne le tende del letto a baldacchino aperte: la luce verdastra che entrava flebilmente dalla finestra non gli avrebbe dato fastidio. Elencò mentalmente ciò che aveva di valore con sé: il mantello dell’invisibilità, la bacchetta e la Mappa del Malandrino erano i suoi più grandi tesori. Nessuno avrebbe dovuto scoprire della loro esistenza, là dentro; prese le tre cose con sé, si infilò le scarpe e si preparò a trascorrere la notte in guferia con la sua Edvige.


*

Draco osservò l’acqua verde schiarirsi lentamente, i sensi inibiti dai pensieri. Ormai Potter era fuori da sei ore e la cosa non lo faceva stare per niente tranquillo. Sapeva bene dal primo anno che Potter era solito a fare passeggiatine notturne – cosa che Draco non aveva mai sopportato, cercando di farlo beccare più volte – ma in questo caso il biondo non sentiva nessun sentimento di odio o vendetta. Desiderava anche lui scappare da quel letto, da quella realtà che lo paralizzava tanto. Invece se ne stava a guardare la finestra del dormitorio in cerca di segni di vita.

Cosa poteva fare? Andare nella Stanza delle Necessità? Aveva paura solo ad entrarci, adesso. Non voleva fare ciò che il Signore Oscuro gli aveva ordinato, sebbene avesse pure aggiunto una minaccia che tanto velata non era. Con suo padre fuori gioco, ora la vita di Narcissa Malfoy era nelle sue mani, e Draco sapeva che non avrebbe avuto problemi a spezzarla appena si fosse presentata l’occasione.

Draco aveva pensato tante volte a come scappare, a come salvare sua madre e farsi togliere il Marchio Nero definitivamente. Lo aveva da neanche tre mesi e già dal primo giorno gli faceva ribrezzo; eppure aveva sempre amato i serpenti. Erano affascinanti e da bambino faceva finta di parlare Serpentese con i suoi serpenti nati dalla bacchetta della madre. Quel Serpentese con cui Potter era – a quanto pare – riuscito ad aprire la porta del dormitorio Serpeverde.
Effettivamente, Potter era addirittura riuscito ad entrare nella Camera dei Segreti. Aveva davvero dentro una vena Serpeverde.

Subito dopo Draco si diede dello stupido da solo. Potter Serpeverde, con quel complesso dell’eroe che lo rendeva così dannatamente Grifondoro? Per favore! Sarebbe stato sempre il suo opposto. Fine.
Eppure una pensiero stava nascendo in lui. Un pensiero strano, ripugnante e con dignità inesistente, a detta di Draco. Era infatti una persona capacissima di mentire, perfino a sé stessa. Così, dal primo momento in cui lo partorì, fu scartato in meno di un millisecondo.
Eppure sapeva che l’unica salvezza per lui poteva essere solo Harry Potter.
 
*
 
Harry ritornò in dormitorio sgattaiolando verso le sei di mattina. Sentiva la testa pesante, perché in guferia si era veramente rilassato per la prima volta in tutta la giornata, ma non era riuscito a dormire decentemente. Pensò di spostare tutti i suoi effetti personali lì.
Quando entrò nel dormitorio Harry capì subito che Malfoy era sveglio. Le tende del suo baldacchino erano aperte di poco, e lo trovò in una posizione troppo strana e scomoda per dormire, le palpebre caratterizzate da un leggero tremolio. Fece finta di niente, ma lo osservò per più tempo possibile. Si rimise a letto ed aspettò che la sveglia suonasse.
 
*
 
Harry prese l’abitudine di leggere il suo libro di pozioni la sera, a letto. Draco l’aveva notato, ma non capiva cosa ci fosse di tanto speciale, finché Potter non diventò un genio in Pozioni. Inoltre, lo Sfregiato in questione iniziò a vedersi quasi ogni settimana con Silente, colui che Draco avrebbe dovuto uccidere.

La prima volta che Potter – addirittura dopo l’orario di coprifuoco– andò da Silente, Draco cercò di strappargli informazioni a qualsiasi costo.
“Dove vai a quest’ora Potter?”
“Non sono affari tuoi, Malfoy”. Harry abbassò lo sguardo alla ricerca del suo mantello dell’Invisibilità. Ormai si era abituato a portarlo sempre appresso. Semplice precauzione.
“Invece si che sono affari miei, compagno di stanza”. Draco incrociò le braccia. “Dove cazzo stai andando?”
“Se te lo dico prometti di non farmi più domande?” Sbuffò.
Draco lo guardò in cagnesco, a piedi nudi e in pigiama. Harry pensò che riusciva ad avere lo stesso atteggiamento regale pure con un sacchetto della spazzatura addosso. Ormai erano compagni di stanza da più di un mese, e cercavano di non parlarsi mai. Quelle volte in cui succedeva, vi erano milioni di argomenti che entrambe le teste dei due ragazzi qualificavano come tabù. Blaise era fiero di loro.
“Non so, Potter. Tu inizia a dirmelo”.
Harry sbuffò ancora. Era in ritardo, e sapeva che Malfoy non l’avrebbe mai lasciato in pace. Né in quel momento né mai.
“Sto andando da Silente. Contento?”

Draco sentì in modo lucido il poco che aveva mangiato a cena salire su a una velocità impressionante. Il cocco di Silente? Che cazzo dovevano fare, prendere un the? Evidentemente c’era qualcosa di importante sotto.
Draco pensava a Silente e il Signore Oscuro come a lui e Potter. Uno l’opposto dell’altro, due nemici. Era come se lui andasse qualche sera dal Signore Oscuro a confabulare su come uccidere Silente.

“Posso andare ora? Sono in ritardo”.
Draco si risvegliò. Harry notò come i suoi occhi tornarono a vedere ed intendere. Chissà a cosa stava pensando.
“Vai Sfregiato, ma domani non pensare di passarla liscia”. Si sedette sul letto girandosi dall’altra parte mentre Harry se ne andava.

Le parole di Draco si avverarono, ma durante la notte stessa. Quella sera, Harry iniziò un viaggio mentale sul passato di Voldemort, cosa che lo turbò molto. Da una parte non aveva ancora compreso questa volontà di Silente, dall’altra realizzare che Voldemort fosse stato un bambino e un adolescente simile a tutti gli altri fu una notizia destabilizzante per Harry.
Quando andò a dormire – Silente l’aveva rassicurato sugli incantesimi di protezione, che respingevano chiunque fosse intenzionato a rubare qualcosa ad Harry o addirittura ucciderlo – Harry si ritrovò nella testa di Tom.

Harry iniziò a sudare nel sonno, mentre sentì Voldemort felice di sfogliare l’ennesimo libro di Malfoy Manor. Harry non riuscì a capire il perché, mentre osservava Nagini strisciare lentamente e posizionarsi sulla sedia del padrone.
Harry sentì rabbia mista ad eccitazione, mentre chiudeva il libro ed alzava lo sguardo verso la porta assieme a Tom. Questa si aprì da sola, rivelando Narcissa Malfoy dall’altra parte. Narcissa sembrò parlare, implorare qualcosa, mentre la loro rabbia cresceva. Poi Tom prese la bacchetta, mentre Harry si rifiutava di farlo con lui. Vide un lampo rosso, una figura cadere per terra, e gridò.
 
*
 
Draco sentì Potter tornare in stanza: sembrava un elefante mentre si cambiava, quasi non stesse attento di ciò che faceva. Quando finalmente si mise a letto, Draco finalmente poté tornare ad autocommiserarsi in pace; sfortunatamente non per molto. Iniziò a sentire Potter agitarsi nel sonno sempre più, fino al punto di sentire un: “Hey Draco, è normale che Potter si giri così tanto nel suo letto?”
“No Blaise, per nulla”.
“Vado a vedere. Sia mai che muoia non per mano del Signore Oscuro”.
Seguirono pochi secondi. “Draco, non sembra stia tanto bene. Provo a svegliarlo”.
Draco osservò la nera figura di Blaise  che si chinava a scuotere le spalle di Potter. “Non si sveglia? Se vuoi gli do una sberla, mi farebbe piacere”.
“C’è qualcosa che non va, Draco. Vieni”.

Draco si alzò controvoglia e affiancò Blaise, che puntava un lumos su Potter: era sudato e scosso da movimenti simili a convulsioni, ma sembrava respirare bene. Anzi, aveva un respiro affannoso, mentre strizzava gli occhi già chiusi.
Appena iniziò ad urlare Draco neanche guardò Blaise. Prese Potter per le spalle e lo scosse con tutta la forza in corpo, mentre l’amico gli ava dei schiaffetti. Miracolosamente Potter aprì gli occhi e smise di urlare. Aveva il fiato corto.

“Malfoy, tua madre… Cosa ci fa Voldemort al Manor-“
“Potter, alzati, dicci che stai bene e poi cosa è successo”. Blaise sembrava così serio mentre Draco lo guardava e cercava di ignorare le parole di Potter.
Harry guardava i suoi compagni stranito, come se non si fosse mai aspettato una loro apparizione. “Sto bene, ho avuto un brutto sogno”. Aveva la voce roca.
“Stronzate Potter. Come se ci credessimo”.
Harry guardò Blaise, gli occhi bottiglia che rilucevano grazie alla flebile luce.
“Potter, nei brutti sogni la gente non si dimena come se avesse le convulsioni, non suda così tanto e soprattutto non urla. Che cazzo era?”
Harry perse attenzione verso ciò che Blaise gli stava dicendo, puntando  i suoi occhi in quelli argentei di Malfoy. Draco si paralizzò sul posto ancora di più: era ancora rimasto alle prime parole confabulate da Harry. Come sapeva che il Signore Oscuro era al Manor? E soprattutto, perché pensava a sua madre?

Harry lo guardò dritto negli occhi, il verde assonnato del primo che incontrava l’argenteo vispo di Draco. In pochi secondi, Harry prese una decisione; una di quelle impulsive, sue tipiche, in cui non si pensa a ciò che potrebbe comportare in futuro.

“Malfoy, ho avuto una visione. Voldemort ha scagliato un incantesimo a tua madre. Non so come stia”.
Draco lo guardò, dubbioso e allertato. “Come faresti a saperlo?”
Harry si toccò la cicatrice di sfuggita, quasi per grattarla.
“Ho una specie di… legame. Con Voldemort”.
Blaise guardò Draco. Dal primo giorno in cui Harry Potter iniziò a fare parte delle loro vite – l’1 settembre del primo anno di scuola – sapevano che la cicatrice a forma di saetta era un segno magico molto potente: non scompariva man mano come le ferite comuni, no. Rimaneva, e i due, da maghi purosangue, sapevano bene che era un segno di magia oscura.
Il blu cobalto di Blaise gli trasmise la razionalità che Draco in quel momento non riusciva a trovare.

“Potter, non capiamo. Tu sei legato al Signore Oscuro… in che senso?”
Harry sapeva di non poterlo dire a Malfoy: avrebbe dovuto tenere la bocca chiusa e non spiattellare in giro tutta la situazione, ma ormai aveva deciso. Si voleva fidare dello sguardo nudo e incorrotto del ragazzo argenteo di fronte a lui: Harry in quel momento non pensava a tutta la negatività presente nel loro rapporto.
Ora c’erano solo tre ragazzi in una stanza a condividere una paura più grande di loro.
“Non lo so, è una cosa che non ci siamo ancora spiegati bene. A volte riesco ad entrare nella sua mente, e lui nella mia. Riusciamo a vedere cosa fa l’altro, e a volte lui se ne accorge. Riesce a farmi vedere cosa vuole lui, ma non sempre. Sento le sue emozioni nel mio corpo e lui sente le mie”.
Cercò di spiegarlo il più velocemente possibile, mentre i due compagni realizzavano ciò di cui stava parlando.

“Potter, praticamente siete Occlumanti a lunga distanza? Non ho mai sentito parlare di una cosa del genere…”
“Hai visto mia madre?”
La voce di Draco era flebile, tesa. Harry alzò la testa arruffata verso la chioma bianca, spiegandogli il brutto incubo. Vide Malfoy tendersi sempre di più.
“Cosa posso fare? Come posso sapere che sta bene? Se vado a trovarla adesso lui saprà che sono in contatto con te Potter, come faccio a sapere che sta bene?”
Harry era desolato. Non aveva mai visto Draco senza il guscio e la maschera che lo caratterizzavano di giorno. Durante quella notte era tutta un’altra persona: voleva fosse sempre così.

“Puoi chiedere a Piton?”
Harry guardò Blaise. In effetti era un’idea perfetta.
“Ma come faccio a sapere dov’è Severus? Starà dormendo, o di guarda, o che cazzo ne so io!”
 
“Io lo posso sapere”.
Ad Harry piacevano tanto le decisioni azzardate.











Angolo dell'autrice:
Buonasera a tutti! Questo capitolo si interrompe a metà della picocla avventura che Harry Draco e Blaise avranno. Penso di pubblicare la seconda parte il più presto possibile per farmi perdonare.
Se volete dirmi qualcosa sono disponibile nell'angolo recensioni. Donate una recensione! Aiutate molto un autore.

Spero infine che il capitolo vi sia piaciuto.
Baci

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Capitolo 3 - Sofa ***


Hateful
Capitolo 3- Sofa



"Io lo posso sapere".

Harry era serissimo, ma Blaise giurò di aver visto un lampo di fierezza negli occhi del Prescelto. Ed effettivamente, quando mostrò loro la Mappa del Malandrino, Blaise capì il perché di quell'espressione traditoria.

"E' una pergamena, Potter". Draco aveva il tono più piatto di sempre; come se sua madre non fosse in pericolo. Era dannatamente bravo con quella maschera del cazzo.
"E' La pergamena, Malfoy". Gli rivolse un'occhiata in perfetto stile Serpeverde – Blaise ne rimase abbastanza colpito - e giurò solennemente di non avere buone intenzioni: si godette estasiato la faccia dei suoi compagni. Poche volte si era sentito così orgoglioso – e aveva fatto molte cose per meritarsi l'orgoglio della gente.

«I signori LunastortaCodaliscia, Felpato e Ramoso 
Consiglieri e Alleati dei Magici Malfattori 
sono fieri di presentarvi: 
La Mappa del Malandrino»

"Chi sono, Potter?" Blaise sapeva che anche Draco fremeva di chiederglielo, ma era troppo orgoglioso per farlo: gli doveva un favore.

"Uhm, sono mio padre e dei suoi... amici. Questa è una mappa che permette sempre di controllare la posizione di tutte le persone all'interno del castello, in qualsiasi momento. Aiutatemi a cercare Piton".

Sbalorditi, gli altri due ragazzi si misero ad aprire quella mappa trattandola come un vero tesoro. Piton non era nei sotterranei, nemmeno di ronda: era nell'ufficio di Silente, che andava avanti ed indietro mentre probabilmente parlava al preside. 
"Perfetto, andiamo?"

Draco gelò dal terrore. Avrebbe dovuto chiedere aiuto a Silente. L'uomo che doveva uccidere. Se solo l'avesse saputo il Signore Oscuro, allora davvero per sua madre non ci sarebbero state speranze. E poi Piton... perché era da solo con Silente a notte fonda? Eppure si era offerto tanto sfacciatamente di aiutare Draco nel suo compito, aveva stretto un voto infrangibile con sua madre. 
Perché era nella stessa stanza di Silente?

Doveva prendere una decisione, ed in fretta. Severus probabilmente non avrebbe spifferato nulla: era a lui che doveva chiedere aiuto, ma con Silente era tutt'un altro paio di maniche. Se Silente avesse scoperto la vera posizione di Piton per il professore sarebbero stati guai.

"Attiriamo Piton fuori dall'ufficio di Silente".
"Perché?" 
I due smeraldi di Potter fecero capolino dalla sua chioma confusionaria. Salazar, Draco lo odiava: doveva sempre rendere più complicato tutto. 
Poi, come faceva a leggere nella mente del Signore Oscuro? 

Il biondo prese a ragionare in modo talmente veloce da riformulare tutto: improvvisamente, non credeva più alla storia di Potter. Sua madre stava bene, ed era solo un bluff. Da quando Potter era capace di bluffare? E il comportamento prima di svegliarsi? La storia non stava in piedi, non convinceva nemmeno lui, ma Draco venne sopraffatto dal timore e dalla paura di sbagliare mossa: ormai era stato talmente tante volte minacciato psicologicamente che era entrato in una situazione di stallo. Non trovando una via d'uscita, eseguiva gli ordini per sopravvivenza.

Cercando di mantenere la voce ferma, guardò Blaise negli occhi, poi il pigiama di Harry: "Voi due andate. Io starò qui".

Vide Potter tentare di ribattere, ma Blaise gli fece cenno di stare zitto. Dopo un mese di convivenza, Harry aveva capito che doveva seguire il comportamento di Zabini, se non voleva urlare ogni giorno contro Draco e soprattutto fare in modo che il biondo non gli urlasse addosso per ogni piccolezza. Aveva imparato ad obbedire a Blaise in questo genere di situazioni.

Draco osservò la scena con l'udito ovattato. Vide Blaise aprire la bocca e dire che andavano comunque a chiedere aiuto a Piton – senza Draco la situazione sarebbe stata molto più semplice – e promettere di tornare il prima possibile. Vide materializzarsi in mano di Potter una tela che, dall'aspetto, sembrava liscissima.
Poi finalmente aprirono e chiusero la porta del dormitorio: Draco la guardò spaesato mentre cercava di trattenere il tremore alle mani.

*

Harry e Blaise camminavano ad un passo svelto mentre il Prescelto controllava la Mappa. Dovettero fare un po' di deviazioni per evitare che prefetti, professori e Gazza li beccassero. Nel mentre, Harry cercava di carpire qualche informazione in più da Blaise.
"Perché Malfoy è così spaventato da Silente?" Chiese.
"Non lo so Potter, non mi dice nulla su queste cose. Draco è coinvolto in faccende grandi quanto le tue, credo l'abbia capito anche tu".
Harry guardò in basso, con la quasi certezza che ormai Draco fosse un effettivo membro dei Mangiamorte. Si arrabbiò a dismisura: come poteva Voldemort condannare un ragazzo cosi giovane? Harry era sicuro che Draco non avrebbe mai voluto il Marchio. Era meschino, furbo e interessato alle arti oscure, ma non avrebbe mai accettato un onore del genere. 
"Mi piacerebbe aiutarlo ad uscire da questa situazione" sussurrò Harry, guardando mesto il pavimento.
"Non credo si farebbe aiutare: sai com'è fatto Draco. Orgoglio, e tutte quelle altre cose. Non accetta aiuto da me, figurati da te, Potter".
"Si, lo so". Harry continuò a guardare in basso, lasciando la mappa nelle mani di Blaise. I suoi pensieri volavano per trovare una soluzione: Draco era nei guai, Harry se lo sentiva nelle viscere. Non dubitava di lui come un mese fa, quando l'aveva visto entrare impettito da Magie Sinister, solo, senza sua madre ad accompagnarlo come era solita fare durante i loro giri a Diagon Alley. Aveva un'aria costantemente stanca e stressata, Harry l'aveva osservato. Aveva tutto il tempo per farlo.
Ormai il biondo nemmeno lo prendeva più in giro, gli rivolgeva la parola solo per lo stretto necessario senza aizzare risse; cosa assolutamente non da Draco Malfoy. Inoltre -questa se l'era segnata, l'aveva assimilata quasi come una fine di un'epoca - Draco si era ritirato dalla squadra di Quidditch, cedendo il posto ad Harry come cercatore ufficiale di Serpeverde. 
Al ragazzo moro piaceva giocare a Quidditch, ma amava combattere contro Draco, suo avversario storico da ormai cinque anni che quasi riusciva a tenergli testa. Non capiva il perché, ma ci era rimasto male. Infine, molte notti Draco le passava fuori, a fare chissà cosa chissà dove, superando di gran lunga le passeggiate notturne di Harry. 

E ora quel sogno. Harry sapeva che era assolutamente reale, ed in lui aveva scaturito tante, troppe domande. Si sentiva più vicino a Draco che mai, a sapere che un membro della sua famiglia era caduto direttamente nelle mani di Voldemort, quasi come Sirius l'anno scorso.
Harry pensò a quanto crudele fosse la vita. 
Era talmente triste e abbattuto mentre camminava; pensava al fatto che lui e Draco non sarebbero mai potuti diventare amici ed andare completamente d'accordo, nemmeno senza il piccolissimo problema di Tom Riddle. Il fatto di essere stato distante da Draco per tutti questi anni iniziava a scaturirgli un peso sullo stomaco e un desiderio che Harry mai avrebbe ammesso.

*

Piton volò a una velocità mai vista prima d'ora all'interno del camino, mentre Silente sorrideva premuroso a Blaise ed Harry. Ad Harry solitamente non dava fastidio stare nel suo ufficio per più tempo, ma ora era ansioso, non riusciva a smettere di mangiarsi le unghie e grattarsi la cicatrice. Tutto il contrario di Blaise, che a confronto sembrava una statua: tipico atteggiamento Serpeverde. Ora lo era anche Harry: doveva comportarsi così? 
Silente gli offrì delle caramelle, ma a nessuno andavano, probabilmente nemmeno a lui. Si mise comodo sulla poltrona ed aspettò il ritorno di Piton.

Ad Harry il silenzio iniziava a pesare. Era passata almeno mezz'ora, non troppo, ma ad Harry sembrò un'eternità. Non c'era bisogno di dire qualcosa: Silente sapeva già tutto. Inoltre, entrambi non volevano che Zabini sapesse più del necessario. 

Infatti, Blaise rimuginava sul compagno seduto di fianco. Potter era capace di leggere nella mente del Signore Oscuro a grandi distanze. Come? Ah, quanto avrebbe voluto saperlo. Moriva dalla curiosità, ma era sicuro che né Harry né Silente gli avrebbero dato ulteriori spiegazioni: d'altronde, già in quella situazione si sentiva un estraneo, ma lo faceva per Draco.
Anche Potter era lì per Draco. Cosa gli dovrebbe fregare di salvare Narcissa Malfoy? Era decisamente troppo Grifondoro, ma Potter ormai era un Serpeverde. Forse, si disse Blaise, dovrei smetterla di inquadrare le persone rispetto alla loro casata. Potter era semplicemente generoso, troppo generoso: probabilmente si era messo in testa di salvarlo, Blaise già lo sapeva. Avere a che fare con Draco era simile avere a che fare con Potter: seppur con modi diversi, Blaise sapeva che entrambi erano cocciutissimi. Non sapeva dire fosse un bene o un male.

*

"Torturata dal Signore Oscuro".
"Sì".
"Non posso vederla".
"Se non vuoi sbandierare il fatto che dormi nella mia stessa stanza a Voldemort, Malfoy, non puoi".

Era mattina presto, e Blaise se ne era andato in bagno. Harry si era svegliato da poco ma aveva già ripetuto lo stesso concetto a Draco almeno tre volte. La scorsa notte, dopo essersi accertati che Narcissa Malfoy fosse incolume, i due ragazzi ritrovarono Draco addormentato per metà sul letto di Harry, per metà a terra. Per la prima volta il moro vide Draco per ciò che era, e ne rimase profondamente scosso. Davanti al suo letto, addormentato, c'era un ragazzo suo coetaneo, pallido e quasi etereo. Il volto, finalmente rilassato nel sonno, aveva disegnate a matita leggera nuove rughe sulla fronte e di fianco agli occhi. La coperta era bagnata dalle sue lacrime che Harry asciugò con cura. Tirò su il magro corpo di Draco e lo appoggiò delicatamente sul suo letto, in una posa un po' scomposta: Harry gli avrebbe rimboccato le coperte come avrebbe fatto una mamma chioccia, ma decise che nella situazione in cui era non gli era permesso. 
Davanti agli occhi indagatori e stupiti di Blaise, Harry fece un cenno e tirò le tende del suo baldacchino.

"No... non posso".
"Piton ha detto che si sarebbe ripresa entro stamani... Le è andata bene".
Draco lo incenerì con lo sguardo. No che non le era andata bene. Aveva un Signore Oscuro in casa, cazzo! Ma il biondo rimase zitto. Ed a Harry quelle parole risuonarono in mente per tutto il giorno.

*

"Devi tenerlo fuori, lo sai".
"Lo so Hermione, ma cosa ci posso fare quando dormo?"
"Ha ragione, lascialo star-uph buono!"
"Ron, ti prego, almeno le posate".

Harry soffocò una risatina. A pranzo, tutti i suoi ex compagni sembravano aver passato una nottata ristoratrice. Harry non era dello stesso avviso, e si ritrovò a controllare ogni pochi minuti il tavolo Serpeverde.
"Non verrà. Resterà sempre la regina dei drammi". 
"Smettila di prenderlo in giro, Herm! Non è che tutti i giorni Voldemort ti attacca la famiglia".
"Vero, ma non puoi negare che lo sia sempre stato. Regina del dramma".
Harry guardò la sua migliore amica. Hermione era diventata una donna: i capelli crespi domati con un incantesimo, erano dei boccoli armonici che incorniciavano il viso solare, senza imperfezioni, a parte qualche acne presente prima di un test. I denti da castoro non erano cambiati, ma il viso si era formato su essi, facendoli quadrare perfettamente di misura. Inoltre, aveva iniziato a sviluppare una cotta per Ron, non ammessa da sé stessa ma che Harry già intuiva. 
"Sì... è bravissimo a lamentarsi". Harry guardò il soffitto della Sala Grande. Si preannunciava un temporale. 
"Puoi cercare di parlargli...?" chiese Ron, deglutendo il pollo.
"Perché dovrebbe parlargli?"
"Beh, ora sono compagni di stanza e in rapporti più civili. Malfoy deve un favore ad Harry, gli ha salvato la mamma! Harry potrebbe chiedergli qualche informazione essenziale. Voldemort si è installato a casa sua! E' ovvio che saprà qualcosa di importante".
Hermione si fermò a guardare Ron con occhio critico: "Perché oggi sei diventato più intelligente del solito?"
"Non so, sarà il pollo". Sbuffò.
"Da quando il pollo fa diventare intelligenti, Ronald?" Harry imitò la voce di Hermione, che scoppiò a ridere e gli diede una librata in testa - in teoria era leggera, ma il suo libro no. Harry rise comunque, Ron quasi si ingozzò col pollo. 
"Comunque, Harry, potresti provare. Se Malfoy trama davvero qualcosa di losco obbligato da Voldemort, potresti tirarlo dalla nostra parte: ci farebbe bene un alleato così... originale. Con un alibi di ferro". 
"Herm, ferma lì!" Harry poteva quasi vedere la sua testa fumare per formulare nuove ipotesi. "Mafloy dalla nostra parte? Ma come potrebbe essere anche solo pensabile una cosa del genere? Ricordati che è ancora il ragazzino viziato che ti insulta perché figlia di babbani!"
"La guerra cambia le persone, però son d'accordo con fe - ahia!- Eddai Herm è un furetto schifoso..."
"Non per quello Ron, usa il coltello!"

*

Quella sera, Godric solo sapeva perché Harry aveva deciso di rimanere nella sala comune di Serpeverde a finire il suo tema di Trasfigurazione. Oltre alle matricole che lo osservavano - a cui ormai era abituato da una vita- la sala era piena di sussurri verso il suo conto. Il perché lo capiva anche Harry, che continuava a cambiare posizione sullo scomodo sgabello su cui era seduto. Rimpiangeva la torre ma era rimasto lì per seguire il consiglio di Ronald, almeno così si ripeteva. 
In realtà, durante quella giornata lunga e stressante Draco non si era fatto vedere nemmeno per mangiare, ed Harry, se solo l'avesse ammesso a sé stesso, ne era preoccupato: era agitato da tutto il giorno, non era riuscito a seguire le lezioni - quando mai?- e continuava a pensare e ripensare a una soluzione per il suo nemico. 
Nemico? Le parole di Ron gli rimbombavano in testa. La guerra cambia le persone... Il suo vero nemico era un altro; Draco, invece, solo un adolescente viziato e invidioso di tutte le attenzioni rivolte ad Harry, nato e cresciuto con valori opposti ai suoi. Era solo un ragazzo, come lui.

Si era quindi deciso di aspettarlo. Draco sarebbe dovuto uscire prima o poi da quella stanza, avrebbe dovuto percorrere il corridoio e uscire a fare il suo solito giro notturno. Harry sapeva, se lo sentiva nelle viscere, che il giro notturno di Draco aveva qualcosa di losco e sospetto, perché un adolescente umano non avrebbe mai voluto uscire così tante notti di seguito a fare non si sa cosa. Lui però era Draco Malfoy, un principe luminoso attorniato da un alone di mistero. Subito dopo aver concepito Draco come un essere regale, Harry si diede una forte pacca sulla fronte, attirando un paio di sguardi. 

*

La sala era buia con piccoli spiragli di luce tendente al verde: uno scenario evidentemente molto rilassante, dato che era riuscito a far addormentare Harry, stanco da tutti i pensieri elaborati durante la serata. Draco rimase impalato alla fine del corridoio, fermo a guardarlo e rabbrividire. Assolutamente non se lo aspettava, e non capiva se la cosa gli facesse piacere o paura. 
In un momento di epifania, Draco guardò Harry. Lo osservò veramente, mentre dormiva con gli occhiali che si stortavano sul tavolo, la fronte corrucciata, i capelli disordinati.

E si chiese perché.

Prese in considerazione tutto quello che stava per fare: uscire, andare nella stanza delle necessità, avere un crollo emotivo certo a causa dell'avvenimento della notte precedente, uscire, dormire per tre ore, fare finta di nulla. E ripetere.

Vedere Harry Potter mentre era obbligato a fare tutto questo lo destabilizzò talmente tanto da fargli nascere il bisogno di sedersi. Scelse quindi il suo divanetto preferito, allineando lo sguardo con la figura di Potter. Pensò che, volendo, un mese fa non avrebbe provato rancore, a spezzargli il naso con una ginocchiata. Ora però Harry sembrava intoccabile, come se vivesse in un mondo che Draco non aveva mai considerato. Il fatto di poter leggere la mente a distanza del Signore Oscuro a Draco sembrò la punta di un iceberg: chissà quante strane verità aveva vissuto Potter durante la sua breve vita.

Chissà quanto sapeva di più rispetto a Draco.
Chissà se potrà, prima o poi, davvero sconfiggere il Signore Oscuro.

Sicuramente non con una pozione: era un troll in quella materia. In realtà, in tutte: eppure più guardava Harry più si convinceva che fosse la sua carta migliore da giocare per risolvere tutti i suoi problemi.
Il pensiero lo fece rabbrividire: per la prima volta pensava ad Harry Potter in maniera totalmente -a parte i voti scolastici- positiva. Probabilmente, si disse, è perché ora fa parte di Serpeverde, la casata più unita tra le quattro, nella quale si trovano i veri amici, nella quale si è davvero una grande squadra. 
Era una scusa inutile e non reggeva, ma Draco volle crederci, pur di non considerare la verità. Aveva sempre avuto una tolleranza maggiore verso i suoi compagni Serpeverde, e ora che lo era anche Potter, anche verso di lui. 

Mentre rimuginava per la millesima volta sul perché Harry fosse finito a Serpeverde, vide il moretto muoversi. Draco non aveva mai avuto molto fegato in questo tipo di situazioni, e stabilì che affrontare Harry in quel momento fosse una grande prova di coraggio. Preso dal panico, si spostò su un divanetto molto più all'oscuro, e stette ad aspettare immobile. 
Vide i capelli di Harry muoversi, arruffati dalla sua mano, gli occhiali raddrizzarsi, la bocca distendersi in un enorme sbadiglio, come se avesse dormito il sonno più ristoratore di tutta la sua vita. Draco vide poi, con orrore, che Harry mise una mano nella tasca estraendo la sgualcita pergamena usata anche la notte scorsa: pochi minuti e avrebbe capito che Draco era vicino a lui, troppo. 

Capì quindi di non avere più speranze di evitarlo: si mise comodo sul divano e aspettò che Harry sobbalzasse e si girasse di scatto per far incontrare i suoi verdi occhi con gli argentei del biondino.



 

Angolo dell'autrice:

Scusatemi il ritardo! Sappiate però che non abbandonerò mai questa storia perché piace in primis moltissimo anche a me. Finalmente arriviamo al punto in cui entrambi realizzano un pensiero, ma ancora non lo esternano. Sono dei grandi cocciuti, lo sappiamo tutti. 
Alla prossima!

Howdigetsofaded

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Capitolo 4 - Sporco ***


Hateful
Capitolo 4 - Sporco


Perché...?"

Harry guardava Draco spaventato e spaesato. Gli occhi del biondo riflettevano la luce verdognola e malsana dell'acqua del lago nero, ed Harry cercava di percepire qualche reazione da parte del biondo, anche solo un muscolo teso, o uno sguardo traditore. Invece se ne stava lì, fermo nell'oscurità come una statua marmorea a fissarlo: chissà da quanto. Harry si toccò la guancia su cui si era addormentato e si rimise a posto gli occhiali per essere più presentabile, anche solo per darsi un tono; si sentiva nudo davanti uno sguardo così glaciale, privo di espressività corporea. 

"Sei davvero il prescelto?" 
La domanda arrivò talmente veloce che Harry non credette subito fosse partita dalla sua bocca; eppure Malfoy era lì ad aspettare una risposta, a pretenderla

"Perché esci tutte le notti?"
Gli occhi di Draco si assottigliarono. Harry non aveva mai avuto molto tatto a fare le domande, soprattutto in risposta ad altre domande. Sapeva di aver sicuramente toccato un tasto dolente, che voleva sviscerare ad ogni costo. 

"I cazzi tuoi, Potter?"
Harry percepì tutto l'astio che Malfoy cercò di inserire nel suo tono. Eppure sapeva che al biondo non piaceva uscire di notte per così tanto tempo. Sebbene suo nemico, da tempo lo conosceva abbastanza bene da dire che non avrebbe mai avuto il coraggio di avventurarsi così tante volte fuori dai sotterranei da solo, per non parlare dell'aspetto sciupato che aveva costantemente. Decise di mantenere una calma fredda, tipica del ragazzo biondo; quando sentì la propria voce, ebbe un fremito.
"So che c'entra Voldemort, Malfoy. Un patetico vigliacco come te non andrebbe mai così tanto tempo in giro per Hogwarts a notte fonda, se non sotto ordine".

Si dimenticò immediatamente ogni buon proposito verso il biondo. Malfoy si alzò dal divanetto, scagliandosi contro di lui, e gli piazzò un bel pugno in faccia. Harry, ancora assonnato, non riuscì ad evitarlo, ma per ripicca gli balzò addosso, bloccandolo a terra con uno schiaffo secco.

"Se proprio ti piace tanto stare dalla loro parte, Malfoy, potrei anche decidere di ucciderti qui, in questo momento. Che ne dici?"
Vide gli occhi di Draco dilatarsi dalla paura, mentre scalciava per liberarsi. "N-non ne saresti capace".
"Pensi? E chi ti dice che al tanto acclamato prescelto non venga fuori, molto spesso, il desiderio di uccidere coloro che gli hanno tolto una famiglia, e ora persino il padrino? Chi ti dice che ogni notte io non pensi a come desidero con ogni fibra del mio corpo di continuare a torturare la tua cara zietta purosangue, che ride mentre uccide?"

Draco tacque, in preda al terrore. Tentò di liberarsi scalciando ancora, ma fu tutto fallimentare. Quasi singhiozzò, quando lo guardò negli occhi. Erano follia pura, si disse Draco, e ne era dannatamente spaventato.
"Tu non sei così".
A quell'affermazione, quasi si vergognò, tentò di distogliere il suo sguardo da quello del moro, che logorava ogni suo ragionamento. "Non avresti salvato mia madre, se pensassi davvero a tutte queste cose". 
Harry voleva credere a Draco. Voleva, ma nel suo intimo sapeva che questi pensieri li aveva avuti, eccome. Per la prima volta li aveva detti ad alta voce, a una persona di cui non si fidava, per giunta: farlo gli aveva dato un senso di adrenalina che gli aveva lasciato il fiato corto, sudore sulla fronte e nervi scattanti, vigili. 
Era una sensazione di potere mai provata, costantemente rifiutata dal buonsenso Grifondoro che caratterizzava ancora -sebbene in parte- Harry. 
Di notte, chiuso nel dormitorio Serpeverde, lontano almeno sette piani da tutti i suoi affetti più cari, il prescelto aveva rimosso completamente ogni freno inibitorio, prendendosela col Principe delle Serpi. 

"Se io non sono così, allora nemmeno tu lo sei - anche se dubito, di entrambi". Afferrò la costosa maglietta di Draco, lo rialzò e lo spinse verso l'uscita della Sala Comune. Non aggiunse niente, perché esattamente in quel momento sentì la cicatrice dolergli: mascherò come poté il dolore e cercò di concentrarsi su cosa stava vivendo in quel momento. Draco però, esperto in mascheramento di emozioni, capì subito che qualcosa - oltre alla follia di Potter manifestatasi poco prima - non andava. Cogliendo al volo l'occasione, riuscì con il suo corpo molto magro a fuggire dalla presa di Potter. Dopo avergli scoccato un'occhiata tra la rabbia, il risentimento, e una sorta di tristezza, se ne andò dal dormitorio.
Quando la porta si chiuse, Harry cadde in ginocchio, tremante.

*

Draco correva, infischiandosene del pericolo di Gazza e di qualsiasi altro rumore che le altre notti, mentre andava nella Stanza delle Necessità, lo facevano sobbalzare. Nella Sala Comune di Serpeverde aveva provato una genuina paura; non terrore, sentito solamente davanti al Signore Oscuro, ma qualcosa che probabilmente gli si avvicinava. Aveva visto una somiglianza tra Potter e il Signore Oscuro che non aveva mai notato. Aveva incontrato Potter ormai sei anni fa, e, seppur sempre stato sua nemesi, poteva dire di conoscere tutti i suoi atteggiamenti, soprattutto il comportamento che aveva quando si arrabbiava con lui. 

Eppure quella sera Potter aveva ribaltato le carte in tavola. Draco sentiva dentro di sé qualcosa che si stava rompendo: non aveva mai pensato ad Harry come una persona cattiva. Era lui il cattivo, quello che lo scherniva e lo invidiava, nel profondo del cuore. Aveva accettato questa parte. Perché, proprio in questo periodo di merda che stava passando, una delle sue grandi certezze era venuta a mancare così di colpo? 
Si era accorto che Harry non era solamente un colore, ma una vasta sfumatura di tutto, mentre Draco lo aveva sempre visto come il bianco, e di conseguenza lui il nero. Aveva qualcosa di nero dentro - ce l'hanno tutti, si ripeteva; ma mai aveva pensato di scorgerlo in Potter. Senza volerlo, le sue gambe iniziarono a camminare sempre più velocemente fino a farlo correre a perdifiato nei corridoi bui che ormai conosceva a memoria. 

Trovandosi davanti a quel corridoio purtroppo familiare, Draco ebbe un altro momento di debolezza: senza neanche porsi la domanda, si rispose. Nonon voglio farlo. Si stava per accasciare su quel muro freddo, quando comparve una porta. Draco la guardò allibito: non aveva pensato la stessa cosa, e nemmeno per tre volte. Possibile? Mosso dalla curiosità, abbassò la maniglia della porta, per aprirla lentamente e infilarcisi dentro. 

Si trovò in una stanza impolverata, rotonda, con una finestra. La luce della luna entrava attraverso un fascio che accarezzava delicatamente un grande oggetto, posto in fondo. Draco si avvicinò, timoroso. Si trovò davanti a un grande specchio, talmente sporco da riuscire a malapena a scorgere la sua figura. Era alto fino al soffitto, con una cornice d'oro riccamente decorata, seppur polverosa. Il biondo lesse un'iscrizione incisa in alto, "Erouc li amotlov li ottelfirnon".

Draco, essendo un mago purosangue cresciuto insieme alla magia, capì immediatamente di aver trovato un oggetto leggendario quanto il Cappello Parlante. Eppure, non capiva che tipo di specchio era. Era troppo grande per essere un Avversaspecchio, e non sembrava neppure maledetto come quelli da Magie Sinister. Fissò la sua immagine, riconoscendosi a malapena. Pensava di avere un labbro rotto dallo scontro con Potter, e toccandosi effettivamente scoprì di averlo. Perché lo specchio non lo rifletteva? 
Inoltre, allo Specchio Draco non stava sicuramente sorridendo, ma il suo riflesso aveva un sorriso talmente spensierato che pensò non gli fosse mai appartenuto. Draco, di primo avviso, pensò che lo specchio fosse incantato per fare in modo che il riflesso rispondesse al proprietario, come era solito fare un normale riflesso nel mondo dei maghi. Ma, seppur passasse il tempo, il riflesso non dava segni di risposta, neanche di volersi prendere gioco di lui. Lo fissava con quell'aria felice, che Draco, dopo lungo tempo, si scoprì invidiare. 

Perché era così felice? Draco osservò attentamente il resto. L'iscrizione, seppur senza un senso di primo impatto, letta al contrario significava... "Non rifletto il volto ma il cuore".
Draco sbarrò gli occhi verso il suo riflesso, che non fece altrettanto. Lentamente, il braccio destro andò a sollevare la manica sinistra, e il riflesso, questa volta, fece altrettanto, rivelando un braccio pallido e non marchiato, a differenza del suo. 
Draco scagliò un debole pugno allo specchio, inginocchiandosi. Due lacrime gli rigarono l'espressione triste.

 

Tornò nel dormitorio dopo un tempo indefinito, seppur lunghissimo. Draco sarebbe rimasto lì per almeno una settimana, ma si costrinse a mollare la presa su quel sogno possibile solo attraverso un riflesso. Subito dopo aver passato la porta della stanza misteriosa, Draco si sentì come un vaso ridotto in mille pezzi. Talmente tanti da non potersi riassemblare, se non davanti a quello specchio. 

*

Il giorno dopo si alzò prima di tutti - di vedere la faccia di Potter ancora non se ne parlava - si preparò al meglio, cercando di sentirsi dentro sistemato bene come il suo aspetto esterno, e si posizionò in Sala Grande ad aspettare i suoi compagni, sorseggiando caffè. Era una quotidianità che tranquillizzava Draco, quella. Si promise di farlo più spesso, seppur avesse dovuto dormire circa tre ore a notte. 
Blaise lo raggiunse quando la Sala iniziava a riempirsi di vita. Si mise davanti a lui - non al suo fianco - e lo guardò negli occhi finché Draco dovette sputargli i suoi pensieri addosso. Con Blaise o parlava ad enigmi, o a cuore aperto, ed andava bene così.
"Ieri è stata una delle serate peggiori della mia vita".
"Bell'inizio". Si mise comodo.
"Ho litigato con Potter, cioè, l'ho trovato in Sala Comune, addormentato sui libri. Mi stava per forza aspettando".
"Perché il mondo gira attorno a te, vero?"
"Una cosa del genere". Si concesse un sorriso. "Si è svegliato, e io sono rimasto fermo a guardarlo perché non riuscivo a muovermi, quello Sfregiato, mi ha messo ansia ieri sera.
Abbiamo litigato pesantemente, siamo arrivati alle botte Blaise, mi ha minacciato - ha minacciato di uccidermi".
Blaise era tutt'orecchi, e all'ultima frase fece una smorfia uguale a quella che faceva Pansy quando le compagne le raccontavano i gossip più shockanti.
"Salazar, Blaise!" Gli diede un calcio da sotto il tavolo. "Cazzo, era serio quando me l'ha detto!"
"Sei sicuro? Non riesco ad immaginarmi Potter che ti minaccia sul serio Draco".
"Nemmeno io, fino a ieri! Per fortuna, poi credo che gli abbia fatto male la cicatrice, e io ne ho approfittato per scappare e anche a gambe levate".
Draco stava per continuare a raccontare, ma si rese conto di non voler far sapere dell'episodio dello specchio nemmeno al suo più grande amico. Era una cosa intima, riservata, quasi una debolezza. Per fortuna, arrivò Pansy di umore incredibilmente più nero del suo. 
"Hai fatto dei bei sogni, Pans cara?"
Lei si mise di fianco a Draco, e tirò un calcio a Blaise da sotto il tavolo.
"Non è giornata".
"Quando mai è giornata per te, di mattina?"
Pansy gli sferrò un altro calcio, più scherzoso.
"Mai". E tutti e tre si misero a sghignazzare.

 

Durante la giornata Potter appariva serio e distaccato - lo era sempre, in realtà, quando frequentava le lezioni coi Serpeverde senza essere in comune coi Grifondoro. Draco quel giorno lo studiò più a fondo. A volte, cercando di non essere visto da nessuno - o al contrario, facendo finta di niente - scarabocchiava una frase e la cancellava subito con la piuma. Era già la seconda che cambiava in giornata, e durante Pozioni che piuma gli serviva? Era già incredibilmente bravo così, di colpo, dal sesto anno di scuola. Eppure durante quella lezione non faceva niente per aiutare il suo compagno Tassorosso, tra l'altro in grave difficoltà. Sedeva mogio, con la testa appoggiata al braccio, mentre teneva l'altro floscio per tutta la lunghezza del banco, la piuma adagiata in mano. La divisa gli stava leggermente stretta, ma Draco era sicuro che non gli importasse - forse nemmeno se n'era accorto. Dal nero del tessuto spiccava un braccio lievemente abbronzato, tonico, simile a un dipinto del rinascimento, a causa del chiaroscuro presente nell'aula di Pozioni. Quello stesso braccio che ora Draco stava osservando con tanta morbosità, ieri sera stava per strozzarlo, eppure non riusciva a togliergli gli occhi di dosso. Rimaneva un braccio così... puro. Non marchiato. 
Potter finalmente si accorse che Draco lo stava guardando, e il biondo decise di non distogliere lo sguardo. Era una rivincita personale rispetto a ciò che era accaduto ieri sera, seppur minima: detestava farsi vedere debole, soprattutto agli occhi di Potter. Dal canto suo, il ragazzo riccio non distolse lo sguardo, ma nemmeno aveva un'aria di sfida. Si limitava a guardarlo. 
Draco sarebbe rabbrividito se non avesse avuto autocontrollo.

Potter schiuse le labbra e gli disse qualcosa. Draco non aveva intenzione di posare lo sguardo sulle sue labbra, ma lo fece, vinto dalla curiosità. 
"Dobbiamo parlare".
Draco venne preso in contropiede per la seconda volta in poche ore. Voleva stare alla larga da Potter, con tutta la mente, ma nel frattempo non riusciva a girarsi e ignorarlo. Perché Potter voleva parlargli? Non erano amici, e mai avrebbero dovuto esserlo, anche se Draco ci aveva sperato, una volta. Inoltre, ora non riusciva più a... fidarsi. Già, due nemici non si dovrebbero fidare tra loro, ma in ogni litigata, sia piccola che plateale, entrambi stavano attenti a non ferirsi a morte; esageravano solo con il linguaggio. Era una piccola regola insinuatasi tra loro sin dai primi giorni di scuola, e che da poco si era estesa pure su argomenti che non dovevano assolutamente toccare. Anzi, ormai le loro liti erano un lontano ricordo: entrambi avevano qualcosa di più importante, incombente, di cui occuparsi. 
Eppure Draco, in quel momento, decise che anche lui voleva parlargli. Era un'idea folle, uno slancio di coraggio, una testardaggine degna di un Grifondoro, ma si ritrovò ad annuire leggermente, e a lasciare che Potter gli dicesse di organizzarsi per fare in modo di rimanere soli in dormitorio. Era inutile gironzolare per Hogwarts, visto che il moro era effettivamente un Serpeverde.

La lezione finì, e Draco si lasciò avvicinare all'orecchio di Potter, in un modo talmente casuale che lui stesso si complimentò con il suo talento nel rimanere discreto.
"Non farmici pentire".

Il moro sussultò, e, incontrando i suoi occhi smeraldini, Draco lesse determinazione e pentimento. Scosse la testa piano, riabbassandola subito dopo. 

Draco si affrettò a raggiungere i suoi compagni di una vita.
Cosa ho fatto?

 

 

Angolo dell'autrice:
Ciao a tutti! Dopo due mesi riesco finalmente ad aggiornare questa ff che amo sempre di più. Sviscerare un OCC di Harry sembra facile, rispetto ad analizzare il caratteraccio di Draco, eppure proseguo imperterrita. Li amo troppo.
Questo capitolo è incentrato sulle debolezze di Draco, con le quali non riesce a convivere, seppellendo la testa nella terra; ma Harry arriverà ancora -tra pochissimo- a sbattergli la realtà addosso. 
Nel mentre che aspettiamo, donatemi una recensione! Farete felice un autore (me) e lo spronerete a scrivere la storia in meno tempo.
Ci sentiamo nelle recensioni!
howdigetsofad

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Capitolo 5 - Speranza ***


Hateful
Capitolo 3- Sofa


"Che ti diceva, il Prescelto del Mondo Magico? Il colore delle mutande del Signore Oscuro?"
"Eddai, Blaise!" Pansy gli diede una gomitata. Era sempre stata manesca, ma ai due amici non dava fastidio.
"Il mio braccio, Pans! Ora mi comparirà un livido, povero me..." Blaise alzò gli occhi al cielo, teatrale. Pansy scoppiò a ridere, lasciandolo stare.
"Quindi? Che ti ha detto il Finto Serpeverde?"
"Niente di che. Volevo sapere il colore delle mutande del Signore Oscuro, e invece mi ha chiesto di farsi la doccia per primo, stasera".
"Uh! Donnola Piccola sarà contenta nel sapere che il suo Prescelto si lava!"
"Potter sembra dotato nelle azioni quotidiane, Pansy. Il problema arriva quando deve fare dei ragionamenti".  Draco sghignazzò al pensiero di Potter che cercava di rispondere alle domande di Piton durante a Difesa delle Arti Oscure.
"Forse è meglio che non ragioni, Dray-"
"
Non chiamarmi così!"
"-Dracuccio. Ora che siamo a metà ottobre e direi che l'abbiamo studiato abbastanza. Possiamo fargli uno scherzo, che ne dici?"
"Sì, facciamogli trovare Goyle sotto Polisucco, obliviato e in versione Donnola!"
"Pansy, credevo volessi bene a Goyle!"
"Non più di quanto ne voglia a Potter".
Effettivamente, anche Draco avrebbe voluto stare lontano da Tiger e Goyle, eppure gli servivano, e loro terrorizzati obbedivano agli ordini. La stupidità rende schiavi: Draco si appuntò mentalmente questa frase come una delle sue più importanti.
"Beh, potremmo... non lo so, fargli trovare dei serpenti nel letto".
"Pansy, ce li aizzerebbe contro! Sa parlare il Serpentese, ricordi?"
"Cazzo! Però mi piacerebbe ascoltarlo ancora parlare Serpentese. Si dice che ai maghi oscuri il Serpentese ecciti".
Blaise la guardò scandalizzato, mentre Pansy scoppiò a ridere. Draco pensò a Potter che mentre si spogliava iniziava a parlare Serpentese.
"Salazar, Pansy, mi sono venuti i conati di vomito". Affermò, contrariato.
Erano discorsi piacevoli, e, seppur Draco ne partecipasse con finto interesse, la sua mente volava all'interno di ragionamenti intricati, che prevedevano lui e Potter, il Serpentese, in un altro incontro probabilmente mortale, entro quella sera. Ed era solo mattina inoltrata. Che bell'inizio giornata, Malfoy. 

Durante il pranzo, Draco parlò e mangiò molto poco. Mentre Blaise e Pansy discutevano sullo scherzo da fare a Potter, lui rimuginava sul discorso imminente. Cosa avrebbe dovuto dirgli Potter? Ormai la situazione esterna era agli sgoccioli: il Signore Oscuro tornato, attacchi ai babbani ovunque, lui ingaggiato nel compito sadico del più grande nemico di Potter. E Potter stesso che sapeva del soggiorno del Signore Oscuro al Maniero Malfoy. Draco ormai si sentiva una pedina nelle mani non solo di Colui-Che-Non-Può-Essere-Nominato, ma anche di Potter se pensava alla situazione in cui si era cacciato - senza aver commesso alcuna azione sconsiderata, per giunta. 
In più, la questione dello Specchio. Se avesse potuto, il biondo sarebbe fuggito immediatamente da quel trambusto e sarebbe rimasto per tutta la giornata all'interno della Sala. Era insicuro, perché non era certo di poterla trovare ancora; ma l'idea lo allettava, e anche molto. Così iniziò a camminare più lentamente, distaccandosi dal suo gruppetto Serpeverde fidato, fino a imboccare il corridoio che portava alle scale. 

Sto scappando, pensava. Un'altra volta. Sto scappando da tutta la vita.

*

Se qualcuno mi scagliasse un Legillimens nella mia testa non troverebbe niente.
Harry sedeva mogio sul banco, guardando il sole tramontare sul lago. Era tutto il giorno che cercava di mettere assieme un pensiero coerente da esporre a Draco, ma era giunto alla conclusione di non riuscirci. Avrebbe improvvisato, come ogni volta.
Sbuffò, passandosi la mano tra i capelli corvini. Ciò che era accaduto con Malfoy lo aveva completamente svuotato da ogni tipo di emozione; rabbia o paura erano svanite subito dopo l'adrenalina del momento, ed era sopraggiunto un vuoto totale, capace di far ripetere nella testa di Harry quell'assurdo momento infinite volte. 
Non sentiva nemmeno di provare ansia, ad aspettare di parlare con Draco.

Era stata Hermione a suggerirgli di provare a parlargli una seconda volta, per due importanti motivi: il primo, secondo l'amica Draco poteva rivelarsi un alleato davvero fondamentale. Il secondo, perché Harry doveva assolutamente scusarsi con lui. Il Prescelto aveva raccontato all'amica a grandi linee cosa era successo. Non aveva riportato la gravità del dialogo, Harry se ne vergognava sinceramente, ma Hermione aveva comunque intuito il tipo di discorso. 
Sospirò, chiudendo gli occhi e riaprendoli lentamente. Il sole ormai era diventato metà sfera, riflettendo l'arancione sul lago. Il professor Virtus blaterava di un incantesimo teorico a cui solo Hermione era interessata, mentre la luce rifletteva la polvere nella classe. Probabilmente Harry sarebbe riuscito a rilassarsi, se solo le lezione fosse stata con una casa diversa da Serpeverde. E se Draco ci fosse a lezione: era sparito da dopo pranzo, ed Harry si sforzava con tutto se stesso di non aprire la Mappa del Malandrino e cercare il suo nome in ogni angolo. 
"Come ti senti?" Hermione lo guardava apprensiva. 
"Dammi un po' della tua preoccupazione Herm, perché non sento niente". La sentì sospirare.
"Non ti dispiace un po' di quello che è successo?"
"Se serve a dargli una svegliata, per nulla". Alzò le spalle. Era quello che pensava: Draco sembrava un corpo vuoto, pieno solo di occhiaie e fronti corrucciate.
"Cerca di tirarlo fuori. Ne ha davvero bisogno".
"Tu come fai ad esserne certa?"
"Basta osservarlo, Harry. Sembra più cadavere del solito e non mangia. Poi, da quel che mi hai detto te, nemmeno dorme. Non mi è mai andato giù, ma ora sono preoccupata per lui: non è suo padre, no?"
Harry sospirò con lei. No, non era suo padre. Pensava di odiare a morte Draco, eppure quest'anno, sotto i suoi miopi occhi verdi, era tutto completamente cambiato. Draco aveva bisogno di aiuto, era evidente: l'avrebbe mai accettato da lui? Blaise avrebbe scommesso la sua vita sul fatto che una cosa del genere non sarebbe mai successa, e questo faceva capire a Harry quante probabilità di esito positivo aveva. Eppure doveva tentare: il suo sesto senso gli suggeriva che era la cosa giusta da fare. Così, senza più remore, estrasse la Mappa del Malandrino e se la posizionò sulle gambe: lui, Hermione e Ron erano in ultima fila, quindi non si preoccupava di sguardi indiscreti. Lo trovò al settimo piano, davanti alla Stanza delle Necessità.
"Perché è davanti e non dentro?" Chiese Ron.
"Dovrebbe sapere come funziona, l'anno scorso è riuscito ad entrare e sorprenderci... Forse non sa in che stanza entrare". Hermione dedicò uno sguardo corrucciato alla Mappa, e tornò alla lezione. Ron si stese sul banco, mentre Harry continuò a fissare le due piccole orme che battevano il terreno davanti alla Stanza delle Necessità innumerevoli volte.

*

Non riesco ad entrare.
Draco aveva passato l'intero pomeriggio davanti a quel corridoio. Le aveva provate tutte: quando si sentiva sull'orlo della crisi isterica, entrava nella stanza delle Cose Nascoste a singhiozzare. Dopodiché, usciva e riprovava a cercare la stanza dello Specchio. 
Ad ora di cena si arrese: scese in Sala Grande distrutto, pensando ad ogni passo che mai avrebbe trovato un modo per evadere dalla realtà più funzionante di quello specchio. Aveva bisogno di ritrovarlo, a tutti i costi. Pensò che non gliene fregava niente, mentre si sedeva senza salutare e cercava di ingurgitare qualsiasi cosa avesse nel piatto, di compiere la missione affidatagli di Voldemort: immediatamente, la sua prima priorità diventò quella di ritrovare lo specchio. 
Forse preferirei morire lì piuttosto che affrontare la realtà, pensò guardando di sfuggita Harry Potter completamente immobile davanti alla sua cena.

Aprì la porta della camera con finta risolutezza. Sapeva che Harry era già dentro, era sceso nei Sotterranei prima di lui. 
"Eccoti."
Draco se ne voleva già andare. 
"... Eccomi."
"Blaise?"
"Non ci disturberà per un po'."

"Va bene, ma fate i bravi bambini!" sorrise Blaise, alla sua richiesta di lasciare la camera libera a lui e Potter, dopo aver mangiato completamente in silenzio. Draco lo guardò negli occhi, il blu non stava sorridendo quando la sua bocca. Anzi, trasmetteva preoccupazione.
"Chiamami se succede qualcosa." Aggiunse, serio. Draco ringraziò per l'ennesima volta di averlo come amico.

Il Serpeverde si sedette sul suo letto, mentre aspettava che Harry prendesse parola. Lo guardava con occhi vuoti, cercando di trovare le parole per iniziare il discorso. Draco attese pazientemente - o terrorizzato. 
"Scusami per il comportamento che ho avuto ieri sera."
Draco sentì le sue spalle rilassarsi, i muscoli che gli dolevano. 
"Ma non me ne faccio una colpa. Sono disposto a tutto purché tu capisca cosa vuoi veramente, anche a minacciarti, se necessario."
Draco strinse forte il lenzuolo, abbassando gli occhi. 
"Ci conosciamo da sei anni ormai. Capisco quando stai male e quando non vuoi fare qualcosa."
Draco deglutì saliva che non aveva. Harry continuò imperterrito il discorso, affidando tutto al suo spirito di improvvisazione, di cui ormai si fidava completamente.
"So anche quanto riesci ad essere cocciuto, perché lo sono anch'io nella stessa misura. Quindi, non ti chiedo di mettere da parte tutto il rancore che provi nei miei confronti, o di uscire da questa stanza e iniziare a studiare babbanologia. Ti chiedo di aiutarmi, perché odio vedere un mio coetaneo costretto a partecipare in situazioni più grandi di lui.
Come sta succedendo a me."
All'ultima frase, Draco sbarrò gli occhi, ribollendo di rabbia.
"Come sta succedendo a te? Oh, povero San Potter, sei stato assaltato dai fan? Silente ti ha offerto un the diverso da quello che bevi di solito?" Sibilò. "Il Signore Oscuro si è insediato nella mia dimora, io stesso sono costretto a sottostare ai suoi ordini, e tu, prescelto, venerato dall'intera comunità magica, vieni a dirmi che siamo nella stessa situazione?"
Finalmente alzò lo sguardo, ma se ne pentì immediatamente. Potter aveva gli occhi infuocati, la mascella contratta. Ebbe un piccolo scatto al braccio, quasi volesse atterrarlo come la scorsa sera, ma si trattenne. 
"Ho incubi tutte le notti. Le restanti, non dormo bene. Sono il prescelto, è vero, quindi è supposto che debba ucciderlo: tutta la comunità magica preme su di me per questo compito. Sono direttamente collegato a Voldemort, e quando condividiamo la mente, io provo piacere a vedere come tortura e uccide la gente. Non ho una famiglia, e quell'ultimo pezzo ritrovato due anni fa mi è stato brutalmente strappato da Bellatrix!"
Potter ormai urlava. Il suo discorso prese un climax che terrorizzò Draco. 
"Dulcis in fundo, tanto ormai facciamo a gara per vedere chi se la passa peggio, Draco Malfoy, so che non vivrò più di Voldemort. O crepiamo assieme, o restiamo vivi."
A quel punto, Draco si accorse di respirare molto velocemente, e le sue mani iniziarono a tremare. 
"Ora dimmi, chi cazzo è quello che può darsi una svegliata e ribaltare la situazione?"
Potter era in piedi che torreggiava davanti a lui. Draco rispose con un singhiozzo.
"Pensavo fo-fossi tu."
Chinò la testa, gli occhi che si riempivano di lacrime. Potter era l'unica speranza che nemmeno il suo cuore ammetteva e che ora doveva già abbandonare.
"Io morirò e non avrò un futuro,  oltre a Voldemort. Tu sì. Tu vivrai una vita di rimorsi, perché non avrai fatto ciò che per te è davvero giusto, perché avrai seguito ciò che davvero non pensi."
Si chinò all'altezza delle sue ginocchia. Draco non osò alzare la testa: si sentiva ancora troppo vulnerabile.
"Sono qui per chiederti se vuoi avere rimorsi per tutta la vita o iniziare a lavorare adesso per diventare la persona che vuoi essere veramente. Perché Draco, tu non sei cattivo. Tu sei stronzo, arrogante e  sbruffone, ma so che quando trovi un ragno nelle docce lo liberi per i sotterranei. Tu non sei cattivo."
Draco strinse i pugni, mentre Potter gli batteva l'indice sul petto al stronzo, arrogante e sbruffone
"Uccideranno mia madre..." Mormorò Draco.
"Faremo in modo che nessuno lo sappia."
"Come? Il Signore Oscuro può vederti la mente!" Draco rabbrividì al pensiero. E se fosse arrivato ora?
"Ed è per questo che sto per chiederti di insegnarmi Occlumanzia."
Draco alzò gli occhi spalancati dal terrore. Guardò Potter, ancora inginocchiato, che ricambiò con uno sguardo fermo e deciso. Uno sguardo che a Draco non lasciava vie d'uscita: o accetti, o te ne pentirai per sempre, diceva. 
O accetti, o te ne pentirai per sempre.
O accetti, o te ne pentirai per sempre.
O accetti, o te ne pentirai per sempre.

E poi Potter gli tese una mano. 

Draco la afferrò come se stesse annegando. La strinse, mentre Harry sosteneva anche il peso del suo braccio. Non lasciò la presa.
"Promettimi che non me ne pentirò."
"Non posso farlo: posso prometterti che da oggi, Malfoy, forse dormirai ancora peggio. Però sappi che sono fiero di te."
Tirò indietro la  sua mano tenendo stretta quella di Draco, che si irrigidì completamente quando Potter lo abbracciò. 
"Grazie per avermi dato un po' più di speranza."

Draco non era sicuro di chi lo avesse detto, o pensato. Era solo sicuro che nelle braccia di Potter tutto sarebbe andato per il meglio, ed era una sensazione che non pensava di aver mai provato.

 *

Sono resuscitata! Il capitolo è un po' cortino ma preferisco chiudere con questa scena. Abbiamo visto il carattere di Draco andare a pezzi completamente ancora prima di incontrare Harry, per questo l'ho reso molto remissivo. Tranquilli, si riprenderà e continuerà a fare lo spocchioso. Ognuno ha i suoi brutti momenti, no?
Fatemi sapere che ne pensate: nel mentre, vi prometto che per il prossimo capitolo non dovrete aspettare un'eternità. 

Alla prossima!
howdigetsofaded 

 

 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Capitolo 6 - Scherzo ***


Hateful

Capitolo 6 - Scherzo


Quella notte, Draco ed Harry lavorarono su ciò che era più impellente mettere al sicuro: la mente di Harry. Se Voldemort avesse condiviso la mente e le emozioni di Harry, per Draco sarebbe stata letteralmente la fine.

"Rilassati. Pensa alla tua mente come un groviglio di lana attorcigliato e rendilo un unico filo. Oppure, pensa ci siano delle mura. Insomma, concentrati completamente su un oggetto, non per forza difensivo. La tua mente deve risultare vuota, estremamente piatta, noiosa."
Harry non ce la faceva. Rendere docile Draco e farsi aiutare da lui senza ricevere - per ora - nessun insulto gli sembrava un miracolo. Era troppo euforico per cercare di annoiarsi. 
"Ci sei?"
"No. Ma tentiamo comunque." 
Draco annuì leggermente, serissimo.
"Legilimens!"
Acqua, sirene. Cho sott'acqua, la sorella di Fleur quasi morta. La festa di complemorte di Nick-Quasi-Senza-Testa, Hermione che sorride a lui e Sirius. Sirius... Bellatrix. Bellatrix che urla, lui che la tortura con piacere. 
Harry sentì Draco andarsene velocemente dalla sua mente, a differenza di come faceva Piton. 
"Salazar, Potter, impegnati! Ho bisogno che tu impari a schermare almeno i pensieri più importanti entro stanotte! Ti rendi conto di cosa potrebbe succedere se solo il Signore Oscuro scoprisse che dormiamo nella stessa fottuta camera?"
Harry si accigliò: non avrebbe mai salvato Draco dalla sua indole pessimistica, ma capiva l'importanza della situazione. Continuarono fino a notte tarda, ed Harry, alle prime luci dell'alba, riuscì a rendere completamente impenetrabile tutto il rapporto che aveva con Draco. Almeno, ciò che era successo negli ultimi mesi. Avevano deciso di lasciar concentrare il moro su tutto il rancore che provava nei confronti di Draco mettendo in evidenza tutti i torti che si erano fatti negli anni. Questo tipo di ricordi prendevano il sopravvento sugli ultimi, che Harry non aveva ancora completamente metabolizzato o accettato, e per questo, seppur più importanti, meno evidenti.

 Il biondo, all'ultimo tentativo positivo, si rilassò completamente, sentendo tutta la stanchezza del mese passato. Sbilanciò tutto il suo peso andando a sedersi senza grazia su una sedia dell'aula in disuso, mise le mani sulle tempie e sospirò.
"Vedrai, ce la caveremo."
"Non farmi più pensare a tutto questo Potter, o giuro che inizio ad insultarti e finisco domani sera."
Harry rise sommessamente. "E' il tuo modo per ringraziarmi?"
Draco sospirò ancora, poi si alzò stancamente. "Andiamo a dormire."
Uscì dalla stanza e si diresse nei sotterranei, con Harry un po' dietro di lui. Il moro si sentiva a disagio, senza mantello dell'invisibilità, ma non poteva permettersi di usarlo davanti a Draco. "Tranquillo, a quest'ora dormono tutti. Solo Gazza sta sveglio, ma per distrarlo possiamo pietrificare Mrs. Purr."
Harry si accigliò: Draco lo stava leggendo ancora nel pensiero? Scosse la testa, no, aveva solo capito come Harry si sentiva. 
Chissà se capirò interamente cosa passa nella testa di Draco, un giorno. 
Voleva essere davvero aiutato? Amava davvero Lucius, suo padre? Era davvero d'accordo sulla dottrina di Voldemort? Harry scrollò le spalle: se era lì con lui, in quel momento, significava qualcosa.

"Che c'è?" Draco si fermò davanti alla porta della Sala Comune, guardandolo con un sopracciglio alzato, interrogativo. Harry non si era nemmeno accorto di essere sceso nei sotterranei.
"Uhm, niente."
"Noi due dobbiamo ancora parlare, credo." Gli disse Draco, indeciso. Non voleva spiegare tutto ad Harry, ma almeno ricevere un aiuto concreto nella situazione in cui si trovava, sì. Dopotutto, era un Serpeverde: la sua incolumità e salute mentale dovevano essere raggiunte attraverso ogni mezzo. Ed Harry, da quella notte, era diventato il suo mezzo più importante.
"Uhm, sì. Ma non adesso, non abbiamo le forze. Rimandiamo a domani mattina."
"Certo, perché ti parlerò domani mattina del Signore Oscuro al Manor, mentre facciamo colazione?"
"Dio, Malfoy, lo troveremo un modo!"
Draco lo guardò stranito, capendo se era serio o se stava facendo una battuta. Quando Harry si grattò la nuca, un po' imbarazzato, Draco fece una risatina sommessa, aprendo la porta della Sala Comune. Da dove proveniva quella leggerezza che sentiva nel petto?

*

Harry finì velocemente la colazione con i suoi amici di sempre, per poi uscire dalla Sala Grande trafelato sotto uno sguardo indagatore da parte di Draco. 
"Che ne pensi di bere almeno il Succo di Zucca stamattina e di lasciare in pace il nostro amato e caro compagno di stanza?"
Draco fulminò con lo sguardo Blaise. Probabilmente Potter stava andando a spifferare tutto ai suoi due viscidi amichetti. Avrebbe dovuto pensarci, quella notte: Potter poteva anche essere diventato Serpeverde, ma rimaneva stupido e incapace di prevedere le conseguenze a lungo termine.
"Come vedi, Blay, la mia pelle è già perfettamente idratata." Ma se lo scolò velocemente. Aveva tutti i pensieri sintonizzati su Potter: che lo avesse già tradito? Dio, perché era stato così stupido? Aveva da anni fianco a sé due amici fantastici, e lui chiedeva aiuto alla persona che aveva fondamentalmente creato il suo problema. Che gli era volato in testa ieri sera?
Stava per alzarsi, quando la sua mente volò ancora verso lo specchio trovato nella Stanza delle Necessità. Deglutì a vuoto, quando rivide il suo braccio immacolato riflettersi sul vecchio specchio. Capì che nessuno, tra i suoi vecchi amici, avrebbe avuto il potere di liberarlo da quel Marchio. Solo Harry. 

"Allora? Gli hai parlato?"
"Sì, Herm".
"E?" Hermione cercava di camminargli a fianco, mentre lui si dirigeva velocemente nei sotterranei a prendere i libri. 
"Ed è andata bene. Non so quanto ci aiuterà, ma sicuramente collaborerà". Harry affrettò il passo. Sapeva bene com'era il carattere di Malfoy: se avesse saputo che aveva spifferato qualcosa a Hermione e Ron, sicuramente avrebbe smesso di collaborare.
"Per favore, non posso dire niente, complicherei le cose. Mi capisci vero?"
Hermione si scambiò uno sguardo con Ron. 
"Va bene, ma almeno facci sapere quanto effettivamente ti da una mano".
Harry gli fece un mezzo sorriso. "Sicuramente più di quella che mi dava Piton".
"Che vuoi dire?"
"Voglio dire che ora è al sicuro". Si voltò verso i sotterranei: "Ora vado a prendere i libri. Ci vediamo a lezione".

Mentre Hermione e Ron si guardavano straniti, chiedendosi se fosse l'influenza Serpeverde a rendere Harry così schivo, il ragazzo si defilò velocemente. Odiava tenerli così sulle spine, ma in qualche modo gli pareva di conoscere Draco da una vita: sapeva con certezza che se avesse detto tutto ai suoi amici, lui non avrebbe più collaborato. 

*

Durante la giornata di lezioni, Draco ebbe tutto il tempo per rimuginare sulla nottata passata. Alternava momenti di ansia e panico in cui si chiedeva perché era stato così dannatamente debole per arrivare a chiedere aiuto a Potter e momenti in cui si rendeva conto di aver, in qualche modo, intrapreso una nuova strada. Una strada più luminosa, ma non per questo meno difficile. Nel mentre, gli scorrevano immagini davanti: la più frequente era la mano tesa di Potter della scorsa sera: non se la sarebbe facilmente dimenticata, oltre alle tante immagini sconnesse dei ricordi di Harry che aveva per forza di cose violato. Aveva rivisto così tante volte il volto di sua zia, e di altre persone che non riconosceva.
Alcuni sembravano ricordi nei ricordi: aveva intravisto un Silente giovane, diverso. Tutto questo non faceva che aumentare l'immensa curiosità che già provava per Potter da quando... aveva saputo avesse la sua stessa età? Essa, però, quest'anno era aumentata da quando l'avevano smistato a Serpeverde: quel momento era diventato per Draco l'Evento Da Sviscerare dell'Anno Scolastico. Non che ci stesse dietro: non faceva ricerche, non aveva quasi il tempo di studiare, ma continuava a rimuginare sulle poche informazioni che aveva. Era inoltre sicuro che nemmeno Potter aveva ancora capito cosa fosse successo, come anche la Granger: Draco se la immaginava in biblioteca tutte le notti a ricercare informazioni sul Cappello Parlante. Forse solo Silente poteva sapere qualcosa, o avrebbe dovuto chiedere direttamente a Potter?
"Terra chiama Dray". Blaise gli sventolò una mano davanti agli occhi. Draco si riprese con velocità sorprendente - le lezioni di Storia della Magia solitamente davano un effetto soporifero.
"Allora? Non mi dici niente di ieri?" Blaise lo guardò con il blu oltremare dei suoi occhi, così in contrasto con la pelle scura. Draco si trovò spiazzato: che dire? Nemmeno lui sapeva come fosse andata, a momenti.
"Potter è un Occlumante schifoso, quindi direi che per il mio stress è andata malissimo".
"Quindi ora condividete i segretucci?" Blaise, acuto, come al solito ironizzava assieme a lui egregiamente. 
"E' Potter quello che si deve sfogare, povero... Piattola sembra non lo caghi".
"Dite che è impotente?" Pansy, davanti a loro, si girò senza nemmeno nasconderlo, col ghigno che si allargava sul suo viso. Draco sospirò platealmente, facendo finta di essere più maturo di quegli scherzi. 
"E' Dray che sa tutto su di lui, Pansy cara. Comunque potremmo dare una piccola spinta alla Piattola femmina..." Blaise ricambiò il ghigno di Pansy. 
Draco alzò gli occhi, la mente che lavorava. Alla fine gli scappò un singhiozzo divertito dal petto. "Ma Piattola femmina ha già fatto la sua mossa... Qualche anno fa".
Pansy si girò mettendo la testa tra le braccia, il corpo scosso dalle risate silenziose. Blaise si mise una mano sulla bocca: come dimenticare quella scena? Ginnevra che manda un putto a cantare il suo amore per Potter, durante il secondo anno.
"E' ora di ricordarglielo" disse Draco, trattenendo a stento l'eccitazione. Si sentì, per la prima volta durante l'anno, uno studente normale.

*

Harry si sentiva euforico. Non riusciva a stare seduto fermo sulla sedia mentre il professor Ruf parlava: voleva tutto e subito. Voleva scoprire sempre più sull'infanzia del suo nemico, voleva combatterlo, voleva sviscerare ogni informazione che Draco possedeva, e invece era costretto seduto ad ascoltare un fantasma che parlava. 
Pensò di star sprecando il suo tempo: se fosse stato vero, Harry sarebbe morto assieme a Voldemort, e tutti si auguravano avvenisse il più presto possibile. Quest'informazione vitale la sapevano in pochissimi: lui, Silente, e Draco. Harry non poteva crederci: aveva deciso di svelare il contenuto della Profezia a lui e non ai suoi migliori amici? Beh, sì. Hermione si sarebbe ammazzata per trovare una soluzione, purché lui non morisse, Ron pure. Non doveva dirglielo, non poteva permetterselo. Era un peso in più da portare nel petto, ma in quel momento non sembrava così grande, perché anche Draco ne aveva uno da portare, e Harry non vedeva l'ora di scoprirlo.
D'improvviso, una musichetta insistente si insinuò nei suoi pensieri.
Occhi verdi e lucenti di rospo in salamoia... 
Oh no. Alzò la testa di scatto, e Ron sobbalzò di fianco a lui. Harry si voltò velocemente verso il rosso, in panico. 
"La senti?"
Capelli neri e lucidi come di corvo in volo...
Ron prima lo guardò stranito, poi, come se il volume si alzasse un poco in più ogni secondo che passava, gli rivolse uno sguardo tra il preoccupato e il divertito.
Vorrei che fosse mio — quale divina gioia! 
Harry si girò e vide che Seamus lo guardava storto, mentre Dean ridacchiava, trattenendosi visibilmente.
L'eroe che ha sgominato del Mago Oscuro il dolo...
Il professor Ruf continuò a parlare come se nulla fosse, ma ormai tutta la classe stava ridendo fino alle lacrime, capitanata dalla voce di un Draco Malfoy amplificato da un Sonorus, che cantava leggendo da una pergamena che pareva essere molto, molto vecchia. La voce a volte tremante, a volte sicura contribuiva a rendere ancora più trash la canzone. Harry avvampò dalla punta dei piedi ai capelli, rivivendo quella terribile sensazione di vergogna adolescenziale. Ron guardava in cagnesco prima i suoi amici, poi i Serpeverde, mentre Hermione abbozzava un sorriso. Harry lanciò una penna a Draco tra le risate, mentre lui cantava per la terza volta di fila la canzone con ancora più forza. 

*

"Allora Potteruccio? Ti è piaciuta la canzoncina?"
Blaise lo prese sottobraccio, mentre si dirigevano in Sala Grande. Harry avvampò ancora e Pansy scoppiò in una fragorosa risata. "Attento Blaise caro, così si eccita! Non vedi che l'ha apprezzata dal profondo del cuore?"
"Ammetto che la cover mi ha spiazzato, la voce angelica di Malfoy ha dato tutta un'altra atmosfera al coretto. Do un sette su dieci, potrebbe essere intonato" rispose Harry, trascinato da quel tipo di ironia sottile e irresistibile, dalla positività della giornata, e dalle braccia di Blaise.
"Ma io sono intonato! Sono le tue orecchie ad essere pronte a dare il cerume per fare una Caramella TuttiGusti + 1!" controbatté Draco, davanti a loro, che fino a poco prima faceva finta di non ascoltare e vedere Harry in mezzo ai suoi più cari amici. Era ancora terrorizzato da ciò che Harry avrebbe potuto dire ai suoi amici, e per questo aveva deciso, assieme a Pansy e Blaise, che quella sera non avrebbe avuto interazioni coi Grifondoro. Doveva tenerlo nella bolla Serpeverde finché non si sarebbe assicurato che non avrebbe detto nulla. 
E così Potter passò la sua prima cena, trascinato a forza, nel tavolo Serpeverde. Solo Pansy, Blaise e uno svogliato Draco gli rivolsero parola, mentre gli altri compagni di Casa li guardavano sottecchi o, i più piccoli, cercavano di introdursi nel discorso. 
Pansy aveva messo dell'alcol puro nei loro bicchieri, per poi trasformare il contenuto in Whisky Incendiario. Era una tecnica messa a punto da lei stessa, che rispettava le leggi di Gamp in quanto i componenti base erano già esistenti, all'interno del bicchiere. Una specie di cucina magica. 
Harry si meravigliò per la sottigliezza dell'escamotage, complimentandosi. Lasciarono il liquore per ultimo, dopo il dolce - non aveva mai visto Draco, in quell'anno, mangiare così tanto - e fecero finta, con incredibile nonchalance, fosse l'acqua dopo la torta. Fecero a gara per mantenere la faccia più credibile, e, ovviamente, vinse Draco. Harry, al primo sorso, dovette dissimulare un colpo di tosse, mentre Blaise e Pansy se la cavarono egregiamente.
"Siete abituati a fare questa cosa dopo cena?"
"Perché Potter, hai capito che con noi ti diverti?" Pansy gli fece un sorriso furbo, sorniona. 
"No Potteruccio, l'abbiamo fatto solo stasera. E' per celebrare il tuo passaggio epocale dal settimo piano alla taverna del Castello". Rispose Blaise. "A prescindere dal fatto che sia una notizia negativa, è giusto festeggiare un nuovo compagno di casa".
"Soprattutto con qualche scherzo". Aggiunse Draco, intendendo una velata minaccia.
Davvero avevano organizzato quel piccolo scherzo per ritrovarsi a parlarne e finire a mangiare assieme? Harry stentava a crederci, ma riconosceva che i Serpeverde fossero abili manipolatori. Finì per crederci.
"Beh, che dire? Grazie?"
"Ci ringrazi per averti fatto uno scherzo Potter?" Intervenì Draco. "Allora il Settimanale delle Streghe diceva la verità riguardo alla tua resistenza agli alcolici". 
Blaise rise di gusto, e anche Harry. 
"E' vero, è davvero poco resistente". Aggiunse una voce femminile, alle sue spalle.
"Hermione!" Sorrise Harry, girandosi verso di lei.
"Ciao Harry. Ciao Zabini, Parkinson e Malfoy". 
Draco si irrigidì immediatamente. Harry, al suo fianco, se ne accorse nello stesso istante. 
"Volevo augurarti buonanotte, Harry, e dirti che sono felice tu vada d'accordo con i nuovi compagni. Ron non è della stessa opinione, ma sai che è una testa calda gelosa".
"Vero!" Si inserì Pansy. 
Harry, che all'inizio aveva mormorato uno scusa a Ron ed Hermione a inizio cena per averli lasciati soli, sentì il petto ancora più leggero. Aveva in qualche modo lasciato spazio a Hermione per stare da sola assieme a Ron, e lei era venuta sia per salutarlo che per ringraziarlo, quasi fosse stata una sua idea.
"Herm, spero non se la prenda per troppo tempo. Vedrai che sarò ancora dei vostri, oggi le fauci delle Serpi mi han trascinato qui". Disse Harry, mentre dietro Blaise cercava di fare un'imitazione del Serpentese.
"Tranquillo, credo sia giusto. Anche se non abbiamo capito perché, ora sei Serpeverde. E poi, lo sei sempre stato un po', no?"
Draco sentì le sue orecchie muoversi da quanto era concentrato. Cosa aveva detto la Granger? Lo sei sempre stato?
"Più o meno. Buonanotte Herm!" Harry le diede un bacio sulla guancia, Hermione salutò educatamente tutti - che fecero lo stesso, per enorme sorpresa di Harry - e se ne andò.
Appena Hermione scomparve dall'ingresso della Sala Grande, Draco si alzò dalla panca in modo scomposto.
"Ti aspetto in camera". E se ne andò, quasi correndo. 
Harry, che lo guardò interrogativo, fu distratto da un bel fischio di Blaise.
"Se non vi conoscessi, avrei paura scopaste, Potter".


 

 

Angolino:

Ehm, ciao! Dopo credo un anno? Meno male che avevo promesso un aggiornamento a breve. Sicuramente non lascerò mai da parte questa storia, ma con tutto quel che è successo quest'anno ho avuto davvero poco tempo per pensarci. Spero vi piaccia, fatemelo sapere!

Badheadache

 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3710299