The Wolves Among Us

di Sajoko
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Changing the past ***
Capitolo 2: *** The new Detective ***
Capitolo 3: *** Looking around Fabletown ***
Capitolo 4: *** A new case is on ***
Capitolo 5: *** I’m Ecstasi-ed! ***



Capitolo 1
*** Changing the past ***


Cap. 1: Changing the past
 
Fabletown, la chiamano le fiabe; gli umani invece la chiamano New York.
Dopo mesi di indagini, la città dai molti nomi è finalmente tornata alla tranquillità.
Sono stati riportati alla luce molti fatti e segreti da quelle strade. Le favole che vi abitano li hanno mantenuti e li mantengono ancora al sicuro, lontane da orecchie indiscrete.
L’incredibile vicenda sull’omicidio di Faith e Lily ha permesso alle favole di aprire gli occhi. Si sono resi conto che non tutte le favole buone restano tali in futuro.
Adesso, a distanza di mesi, mantengono ancora il segreto, affinché gli umani non vengano a sapere della loro esistenza.
D’ora in avanti, le favole faranno molta attenzione con chi faranno affari in futuro.
 
Quando la testa mozzata di Snow venne trovata sulle scale d’entrata del complesso di appartamenti “Woodland Luxury Apartment”, la situazione stava per sfuggire di mano: diverse pattuglie di polizia umana era accorse per capire cosa fosse successo e decisero di seguire il caso. Fortunatamente, la questione si è risolta in meglio: a tutti gli umani a conoscenza del fatto, fu cancellato il ricordo.
Bigby però non scorderà mai quel momento. Ricorderà le auto della polizia attorno all’entrata e ricorderà l'orribile sussulto che fece quando vide la testa di Snow sulla scalinata d’ingresso. Ricorderà dell’interrogatorio, ma non come ci sia arrivato.
Mai aveva mai passato un momento più tragico di quello.
Cosa si prova sapendo che, mentre eri fuori a svolgere il tuo lavoro, una persona a te cara viene uccisa? Bigby si era sentito uno schifo, un debole, un’idiota…
 
Aveva promesso a sé stesso che sarebbe cambiato, che non avrebbe mai più ucciso o mangiato nessuno. Aveva promesso a sé stesso che avrebbe aiutato le favole; eppure, quella volta, non era riuscito a mantenere la sua promessa.
 
Nonostante i rimorsi e gli errori del passato, qualcuno credeva in Bigby: Nerissa.
Quando la vide per l’ultima volta, in un pomeriggio piovoso, lei era venuta per salutarlo.
Stava per andarsene da quelle strade, per sempre.
Mentre s’incamminava sotto la pioggia col suo ombrello azzurro scuro, lei disse una semplice frase, ma che gli stravolse completamente ogni teoria:
 
<< Non sei poi così cattivo come tutti quanti dicono. >>
 
Quelle parole… quelle esatte parole erano le stesse pronunciate da Faith.
In quel momento, Bigby ricordò frasi banali, ma con parole importanti. Riuscì a collegarle tra loro, a costruire un senso logico e, alla fine, il suo sospetto fu immediato:
 
Possibile che… che Nerissa… sia Faith?

Tante domande gli giravano per la testa e tante erano le risposte che avrebbe voluto sapere… ma non le scoprì mai, perché la lasciò andare.
Forse Nerissa è Faith. Forse lei è ancora viva… Ma cosa importa adesso?
 
Mentre ripensava a tutto ciò, Bigby stava camminando verso la porta del Business Office con la sigaretta in mano. Voltò l’angolo e vide alcune Favole aspettare in fila il proprio turno per poter parlare con Snow.
Molti di loro cercavano lavoro. Dopo l’arresto dell’Uomo Storto, la maggior parte era disoccupata; mentre altri erano li per chiedere dei prestiti per arrivare almeno a fine mese; e purtroppo la maggior parte di loro è anche disperata.
Bigby vide Gren, Hans, Jack e molti altri che aspettavano in fila e nonostante fossero solo le otto del mattino, c’era parecchio lavoro da fare.
Mentre superava la fila, Bigby accennò un “Buongiorno” a tutti che venne ricambiato da sguardi, accenni di testa e sorrisi.
Incredibilmente, dopo la faccenda con l’Uomo Storto, Bigby era molto più apprezzato dalle favole: quando lo incontravano, lo salutavano e non scappavano terrorizzati alla vista del Grande e Grosso Lupo Cattivo come facevano in passato.
Bigby ancora non era abituato a questo, ma si sentiva meglio con sé stesso.
Superata la fila, Bigby aprì la porta e vide Snow seduta alla scrivania che parlava con Holly, la proprietaria del bar “Trip Trap”: era venuta per chiedere un piccolo compenso per riparare dei danni subiti al suo bar a causa di una rissa (Bigby ricordò quando Gren si schiantò contro la parete di legno dopo che gli aveva conficcato i suoi possenti artigli nella spalla) ma, soprattutto, per ringraziare Snow per aver organizzato il funerale per sua sorella Lily.
Quando si alzò per andarsene, Holly vide Bigby e lo salutò:
 
- Salve Sceriffo. –
 
Bigby ricambiò il saluto seguito da un cenno del capo e un lieve sorriso:
 
- Holly… –
 
 Mentre Holly si allontanava, Bigby prese l’ultima boccata di fumo e gettò via la sigaretta prima di avvicinarsi a Snow. La scrivania era a qualche metro di distanza, ma lui aveva già percepito il suo profumo. Già prima di varcare la porta, ne aveva percepito un accenno lieve nell'aria.
I vestiti che indossava Snow erano professionali: un giacchetto blu scuro chiuso fino al terzo bottone, da cui si intravede la camicia azzurro scuro con i motivi a fiocco di neve bianchi; indossava una gonna blu scuro fino alle ginocchia e tacchi blu scuro; l’accapigliatura ben ordinata in una coda raccolta, mentre gli orecchini con perle bianche esaltano il colore dei suoi profondi occhi color azzurro acqua; le labbra rosse risplendevano sulla carnagione pallida e delicata. Il colore era identico a quello di una rosa rossa che aveva visto Bigby in un parco poco tempo fa… aveva pensato di regalargliene una, ma non ebbe il coraggio.
Tutti questi piccoli dettagli di Snow, lo facevano impazzire.
Ne era follemente innamorato, ma non lo ha mai dato a vedere. L’unica volta che si lasciò andare, fu quando Snow lo salvò dalla furia omicida di Bloody Mary.
Dopo esser stato curato dal Dottor Swineheart, Bigby era ricoperto di fasciature insanguinate su tutto il corpo. Dall’espressione di Snow, Bigby capì che era preoccupata per lui, così cercò di rassicurarla dicendole:
 
<< Snow… Non ti lascerei mai… >>
 
L’espressione rassicurata di lei, dopo quella frase, aveva fatto intuire a Bigby qualcosa…
Snow aveva fatto una decisione molto delicata dando in custodia l’unico sospettato del caso in cambio della vita di Bigby, e questo lui non lo dimenticherà mai.
Appena Snow vide Bigby, si alzò dalla scrivania con in mano uno scatolone e disse:
 
- Buongiorno Bigby. Ti vedo riposato: hai dormito bene? –
 
Quelle poche parole lo resero felice. Poco dopo, ricambiò il saluto:
 
- Buongiorno Snow. Finalmente, dopo tanto tempo, sono riuscito a concedermi qualche ora in più di sonno. Erano settimane che non dormivo così bene. –
 
Snow lo guardò sorridendo e scherzosamente disse:
 
- Attento a non addormentarti troppo profondamente. Potresti non svegliarti più. Aurora ne sa più di me, ma anche io ho avuto la mia esperienza. –
 
Bigby sorrise. Snow era autoironica e divertente. Segno di buon umore.
Vedendo il secondo scatolone sulla scrivania, quest’ultimo decise di prenderlo:
 
- Sei vuoi posso portare io questo, così non farai due viaggi. -
 
Bigby prese lo scatolone e lei lo ringraziò. La seguì fino al reparto dei casi archiviati e mentre si avviavano verso gli scaffali, Snow chiese:
 
- A proposito; come procede col trasloco? Hanno già portato via i mobili? –
 
L’appartamento di Bigby, il 204, era il più piccolo degli appartamenti fra tutti i complessi, così si decise di dare inizio ad un progetto di ristrutturazione per ampliarlo. Momentaneamente, Bigby si sarebbe trasferito in un altro appartamento al “Woodland Building”.
Arrivati agli scaffali, Bigby iniziò a mettere in ordine alfabetico le scartoffie burocratiche:
 
- Giusto ieri hanno portato la poltrona. Adesso dovrei portare via solo gli oggetti personali, ma non credo che avrò problemi di trasporto: per la maggior parte sono pacchetti di sigarette! –
 
Snow fece una risata leggera. Effettivamente Bigby non aveva molti oggetti personali con sé: alcuni abiti estivi/invernali, bottiglie di alcool, fascicoli di lavoro, tanti pacchetti di sigarette “Huff ‘n Puff” e altre cose. Erano così pochi i suoi effetti personali che era riuscito a metterli tranquillamente in un solo scatolone da trasloco.
Non aveva bisogno di tante cose dentro casa sua. A lui bastavano quelle.
 
Quando finì di riordinare i fogli, i due sentirono una voce alle loro spalle:
 
- Signorina Snow! –
 
I due si voltarono e videro Bufkin volare verso di loro. La scimmia volante aveva, stranamente, una bottiglia di vino in mano ormai già a metà. Si vedeva che non era del tutto sobria, data la sua dinamica di volo incerta.
Snow si voltò nuovamente verso Bigby e disse:
 
- Sono contenta che tu sia tornato in forze. Credo che avessi davvero bisogno di un momento di pausa per te stesso. –
 
Bigby le sorrise nuovamente e disse:
 
- Mi ci voleva davvero. Sono anche felice del fatto che la faccenda dell’Uomo storto sia risolta. –
 
I due sentirono un tonfo alle loro spalle: Bufkin aveva effettuato un atterraggio di fortuna, purtroppo malriuscito.
Bigby tornò a guardare Snow e, grattandosi leggermente la nuca, disse:
 
- … Comunque… vorrei ringraziarti anche per la faccenda dell’appartamento. Lo apprezzato davvero molto. –
 
Snow si sistemò una ciocca di capelli dietro l’orecchio, quasi imbarazzata:
 
- … Beh, non ringraziare solo me: è stata un idea di tutti. Ci sembrava il minimo. Dopotutto, hai salvato la città. -
 
I due si guardarono negli occhi per qualche istante e, per un momento, Bigby provò lo stimolo di rivelarle i suoi sentimenti a Snow… purtroppo, Bufkin li interruppe:
 
- Ehm… chiedo scusa Signorina Snow, ma ho bisogno del suo consiglio per “il progetto”. –
 
Snow si voltò nuovamente verso Bufkin, poi nuovamente verso Bigby e disse:
 
- … Puoi scusarmi un attimo? E' per una questione importante… -
 
Bigby accennò con il capo, dopo di che, Snow andò verso la scimmia ubriaca.
Il Detective si guardò attorno. I vari oggetti dell’ufficio raccontavano una parte di ogni personaggio del mondo della fiabe: la lampada magica di Aladino, la nave volante di Capitan Uncino, i mobili Di Riccioli d’oro e i tre Orsi, varie statue e molto altro.
In fondo alla sala, appartato in un angolo, Bigby notò lo specchio parlante.
Vedendo quest’ultimo, Bigby decise di usarlo per vedere una persona.
Appena fu davanti allo specchio disse:
 
- Hey specchio! Ho bisogno dei tuoi poteri. –
 
Magicamente, sul vetro riflesso apparve il viso verde che disse:
 
- Nonostante tu sia diventato così benevole, ancora non riesci ad accettare le mie regole… -
 
Bigby sorrise. Non era bravo a parlare in rima, ma nonostante lo avesse fatto notare allo specchio diverse volte, ancora gli chiedeva di seguire l’unica regola che gli premeva di più.
Bigby tentò la rima per farlo contento e con tono scherzoso pronunciò:
 
- … Specchio, specchio… Ho bisogno del tuo magico potere, perché una fiaba devo vedere. –
 
Lo specchio guardò lo sceriffo leggermente divertito:
 
- Ecco, vedi? Stai diventando sempre più bravo. –
 
- Le battute sarcastiche non sono il tuo forte... –
 
- Cercherò di migliorare anch’io. Dimmi: quale fiaba vorresti sapere? –
 
Bigby non era sicuro se chiedere allo specchio la persona che voleva vedere. E se Faith fosse morta per davvero? Se Nerissa in realtà non fosse Faith?
Non avrebbe mai capito chi era in realtà quella donna…
Si fece coraggio e tentò comunque:
 
- Mostrami… beh, lo so che può sembrare strano, ma… vorrei vedere Faith… -
 
Lo specchio cambiò espressione subito. Non immaginava una richiesta del genere dallo sceriffo. Confuso, lo specchio disse:
 
- … Grazie ad una potente magia, le sue sembianze sono celate, ma sfortunatamente per te “queste labbra sono sigillate”. -
 
 Bigby ricordò la frase pronunciata da Faith al loro primo incontro:
 
<< Queste labbra sono sigillate… Scusami. >>
 
La prima volta che vide Faith, lei gli disse questa frase per proteggersi… sfortuna volle, che nessuno la salvò dallo spietato assassino che la decapitò quella sera.
Lasciò perdere. Era inutile chiedere di qualcuno se lo specchio non sapeva dove fosse.
 
Bigby si allontanò dallo specchio, si avvicinò a Snow e Bufkin che ancora parlavano animatamente su qualcosa di molto importante a giudicare dalle loro facce. Mentre si avvicinava, Bigby sentì una frase detta da Snow:
 
- … accertarci che non lo venga a sapere... –
 
Bigby ne fu incuriosito: accertarsi di cosa? Su chi?
Quando fu abbastanza vicino, i due smisero di parlare immediatamente e, con aria vaga, fecero finta di nulla. Snow cambiò immediatamente discorso:
 
- … Grazie Bufkin, adesso puoi andare. –
 
- Certo… Con permesso; Signor Wolf, Signorina Snow. –
 
La scimmia volò via con scatto veloce nonostante fosse ubriaca (e il fatto che stesse per schiantarsi su una colonna di marmo poco distante faceva intuire che fosse brilla totale).
Bigby guardò Bufkin volare via, poi si voltò verso Snow che, con sguardo imbarazzato, sembrava nascondere qualcosa:
 
- … Tutto bene Snow? C’è qualche problema? –
 
Snow s’irrigidì. Evitò di guardarlo negli occhi e disse:
 
- … No no, va tutto bene Bigby. È solo che… -
 
Bigby notò l’imbarazzo di Snow nella sua espressione, ma non sembrava intenzionata a parlarne. Infatti, cambiò subito discorso:
 
- … Senti, perché non ti prendi la serata libera? In fondo devi ancora traslocare. Avere il necessario in casa è fondamentale. –
 
Bigby voleva tornare all’argomento, ma intuì che non avrebbe risposto facilmente, almeno non in quel momento:
 
- Sei sicura? Non ci sono altre chiamate o necessità? –
 
Snow negò leggermente con la testa:
 
- Non preoccuparti; ce ne occuperemo noi per questa sera. –
 
Bigby le sorrise leggermente. Era curioso ma preferì lasciar perdere la questione. Glielo avrebbe richiesto in un altro momento.
S’incamminò verso la porta, prese dalla sua tasca il pacchetto di sigarette Huff ‘n Puff, ne prese una e l’accese mentre usciva.
 
***
 
Quella sera era particolarmente fresco. Il vento soffiava leggero sulle chiome degli alberi e le foglie che si muovevano leggere, facevano danzare la luce dei lampioni.

Bigby stava camminando sul marciapiede, mentre le macchine sfrecciavano veloci accanto a lui. Il fumo della sigaretta svaniva quando un auto passava, fino a diventare invisibile, ma prima di sparire, lasciava una leggera scia dietro Bigby, quasi magica.
Finalmente arrivò davanti al complesso del suo appartamento; spense il mozzicone ed entrò dal cancello in ferro battuto. Attraversando il viale, notò la cura del giardino: fiori colorati, erbe aromatiche e alberi rigogliosi. I grilli frinivano forti dalle piante ed emettevano un suono dolce e rilassante. Bigby percepiva tutti quei suoni e odori molto più intensamente di qualsiasi personaggio delle fiabe. Il suo fiuto da lupo lo rendeva unico soprattutto nel suo lavoro, ma nel mondo reale lo rendevano nervoso. Per questo fumava molto.
Entrò dal portone principale, salutò la guardia presente al bancone e prese l’ascensore. Premette il bottone per chiamare l’ascensore; le porte si aprirono e mentre stava per chiuderle, sentì una voce:
 
- Aspetta! Ci sono anch’io! –
 
Con la mano, Bigby bloccò le porte in chiusura e riuscì a riaprirle. Entrò Beast che stava trasportando uno scatolone pieno zeppo sigillato con del nastro da pacchi grigio.
Appena vide Bigby, lo salutò:
 
- Uff! Ciao Bigby. Grazie per avermi tenuto la porta aperta. –
 
Bigby accennò un saluto e fece spazio a Beast:
 
- Figurati, nessun problema. –
 
Beast si posizionò nell’ascensore e chiese:
 
- … Potresti premere per il secondo piano per favore? –
 
Ripensando a qualche tempo fa, Bigby avrebbe fatto il contrario: avrebbe detto di arrangiarsi… ma non questa volta. Lui era cambiato ormai. Non era più il Grande e Grosso Lupo cattivo.
Premette il tasto n.2 e le porte si chiusero. Mentre l’ascensore partiva, Beast gli chiese:
 
- Come è andato il trasloco? Hai già terminato? –
 
Bigby guardò Beast e disse:
 
- Hanno finito questa mattina: i mobili sono tutti nel nuovo appartamento, quindi già da stasera posso dormire qui. –
 
Beast sorrise per dimostrare il suo apprezzamento.
Bigby guardò lo scatolone che teneva in mano Beast: era ben sigillato col nastro da pacchi grigio, la scritta con indelebile nero sul lato faceva intuire che era la loro roba di valore. Il logo accanto del nuovo negozio di pegni della città confermò la sua teoria.
Il negozio di Jersey Devil aveva chiuso, perciò quello nuovo aveva permesso alla coppia di guadagnare qualcosa. Dopo la questione dell’Uomo storto, molte persone furono costrette a mettere in pegno dei loro oggetti di valore per racimolare qualche soldo.
Mentre osservava lo scatolone, Bigby chiese:
 
- Come vanno le cose tra te e Beauty? Siete riusciti a trovare una soluzione? –
 
Beast guardò Bigby, poi lo scatolone. Sospirò e disse:
 
- Beh… abbiamo litigato per un lungo periodo, ma finalmente siamo riusciti ad uscirne. Abbiamo impegnato la nostra roba di valore per poter ripagare i debiti. Per lo più sono i libri preferiti di Beauty e oggetti preziosi tramandati dalla mia famiglia; ma siamo riusciti a guadagnarci. -
 
Bigby annuì. Ricordava quella volta che andò a fare visita a casa dei due e, vedendo il lusso in cui vivevano, non poté fare a meno di pensare che se la passassero egregiamente. Si sbagliava: non è il lusso che ti circonda a dare ordine ai tuoi casini, se poi sono loro a possederti. L’ascensore si fermò e dopo il solito *ding! *, le porte si aprirono. Beast uscì dall’ascensore e si voltò verso Bigby:
 
- … Sai, quella discussione che abbiamo avuto, quando sei venuto al nostro appartamento… beh… mi ha aperto gli occhi. Ci ha aperto gli occhi. Abbiamo capito che abbiamo fatto uno sbaglio pensando ai nostri bisogni materiali... –
 
Bigby accennò un sorriso. Poggiò il dito sul pulsante per chiudere le porte e disse:
 
- Apprezzo che tu me lo abbia detto, ma io non ho fatto niente di speciale. Ero lì per risolvere un caso. –
 
Beast sorrise e rispose:
 
- … Ed è quello che hai fatto. –
 
Mentre le porte si chiudevano, Beast lo salutò e si avviò verso il suo appartamento. Quando si chiusero del tutto, Bigby rimase a pensare tra sé e sé che forse le cose finalmente erano cambiate.
 
***
 
Mentre le porte dell’ascensore si richiudevano alle sue spalle, Bigby arrivò di fronte alla porta del suo appartamento provvisorio. Prese le chiavi dalla tasca dei pantaloni, le infilò nella serratura e fece due giri di chiave. La porta si aprì ed entrando notò l’immensità di quella casa rispetto al precedente appartamento: era tre volte più grande, con una cucina moderna, un bagno in piastrelle, due stanze da letto in legno, un soggiorno ampio e un balcone con ringhiera in ferro.
Bigby non aveva mai avuto un balcone prima d’ora e ancora non se ne capacitava.
 
In mezzo al soggiorno c’erano ancora i mobili imballati e i vari scatoloni con gli oggetti personali.
Le pareti erano rivestite di una carta da parati rossa con un motivo floreale poco più chiaro, il pavimento era in assi di legno scuro con stipiti e battiscopa bianchi.
 
Dopo aver chiuso la porta d’entrata, Bigby poggiò le chiavi sul comodino a fianco della porta e staccò il telefono; non voleva essere disturbato quella sera.
Si allentò la cravatta e si diresse in cucina per prendersi una birra ghiacciata. Tolse il tappo di alluminio coi denti, lo sputò sul ripiano in marmo e iniziò a bere. La freschezza della birra e l’amaro del doppio malto gli percorse la gola per poi arrivare fin dentro lo stomaco come un blocco di ghiaccio intero.
 
Andò verso la finestra della cucina e l’aprì, si sedette sul mobile vicino, prese una delle sigarette dal pacchetto e la accese. Nonostante avesse un balcone, non riusciva ad usarlo per fumare.
Forza dell’abitudine.
Inoltre quella sera, essendo ventoso, percepiva gli odori e i profumi molto più accentuati. Dalla finestra li percepiva molto meno.
 
Rimase alla finestra a guardare fuori: dal 4* piano aveva una visuale perfetta del giardino interno e della città illuminata, cosa che dal vecchio appartamento non aveva la possibilità di fare.
Osservava la gente passare per le strade illuminate e s’immaginava di indovinare che mestiere facessero nella vita: dottore, insegnante, ingegnere, idraulico, agente immobiliare, ecc.
Questo gioco lo aiutava a tenere occupata e allenata la sua mente. Essendo Detective, l’intuito è tutto.
 
Finì la sigaretta, spense il mozzicone nel posacenere e si avviò verso la poltrona; si sedette, si tolse la cravatta mentre sprofondava nel morbido cuscino in federa blu.
Fece un sospiro e, chiudendo lentamente gli occhi, si addormentò col vento in sottofondo.
 
Come per il fumo, nonostante possedesse un letto, dormire in un altro posto era impensabile per lui. La cosa che lui non sapeva, è che le abitudini si possono cambiare.
Molto presto, lo avrebbe scoperto.

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Capitolo 2
*** The new Detective ***


Cap.2: The new Detective
 
Ogni volta che camminava in una radura, bosco o anche solo nei dintorni di qualche villaggio, Bigby doveva stare attento. Il motivo era perché tutti i personaggi di quel mondo lo temevano e, proprio per la paura che avevano, lo cacciavano via. C’era anche chi lo volevano morto.
 
Bigby, conosciuto come il Grande e Grosso Lupo Cattivo nel mondo delle fiabe, aveva fatto molte stragi: aveva ucciso e mangiato centinaia di bestiami, persone, animali del bosco e altri sarebbero finiti sulla lista degli omicidi.
Esatto: omicidi. Così gli abitanti dei villaggi definivano il procurarsi il cibo di Bigby.
Per gli abitanti del villaggio erano omicidi, ma non per Bigby: lui era un predatore e ogni predatore si procura il cibo cacciando e uccidendo.
Il problema non era Bigby; il problema era che lui, essendo l’unico predatore più forte di quel mondo “perfetto”, la gente non riusciva a conviverci e ad abituarsi.
 
Bigby non aveva paura dei cacciatori armati di fucile o dei fattori armati di forconi; lui li avrebbe sfidati ad attaccare per primi e li avrebbe affrontati uno per uno, mandandoli tutti al tappeto.
Non aveva paura di morire. Non temeva nulla… almeno fino a “quel giorno”.
Nonostante siano passati molti anni, ancora oggi, nei suoi sogni, Bigby rivive quel momento.
 
Quel giorno, il Lupo era riuscito a trovare delle prede lasciate casualmente fra l’erba di una radura di un villaggio vicino. Probabilmente erano state uccise da qualche cacciatore.
Pensando che potesse trattarsi di una trappola, si guardò attorno: non percepiva alcun pericolo e quindi ne approfittò. Sbranò una dopo l’altra le carcasse morte e pranzò divinamente.
Quel giorno, era riuscito a procurarsi del cibo senza muovere neanche un dito.
 
Sentendosi sazio, tornò nella foresta per andare a riposarsi. Si sentiva pieno e finalmente felice. Quello era uno dei pochi momenti in cui poteva provare quell’emozione in maniera pura e veritiera.
 
Mentre camminava nel bosco, incrociò una pecorella intenta a brucare l’erba fresca. La pecorella, sollevando il muso da terra, vide il Lupo e dalla paura si pietrificò all’istante.
Da quanta paura aveva, non riusciva neppure a muoversi. Il Lupo percepì il terrore che scorreva nelle vene di quel piccolo animale.
 
Più per istinto che per fame, il Lupo attaccò la pecorella e la catturò tra le sue enormi fauci. Solo dopo averla catturata, si rese conto di essere talmente sazio da non avere più alcuna fame.
Decise di lasciarla andare ma, data la sua reputazione di senza cuore, doveva trovare una buona giustificazione per la sua “pietà”. Appena lasciò la presa, il Lupo disse:

- … Ho deciso di lasciarti andare, solo a condizione che tu sappia esprimere tre desideri in maniera intelligente. -

La pecorella, sconcertata da quella assurda richiesta, dopo aver pensato per un istante, rispose in maniera tale da spiazzare il Lupo:

- … Se è così, per prima cosa, vorrei non averti mai incontrato! Secondo: se proprio tutto questo doveva avvenire, avrei voluto incontrarti cieco; ma visto che nessuno di questi due desideri è stato esaudito, adesso vorrei che tu venissi maledetto! Desidero che tu faccia una brutta fine! Ci hai reso la nostra vita impossibile! Hai mangiato centinaia delle mie compagne che non ti avevano fatto alcun male! -

Il Lupo rimase in silenzio. Dal suo sguardo non sembrava colpito ma, nella sua mente, vagavano molti pensieri.
Inaspettatamente, invece di arrabbiarsi com’era prevedibile, il Lupo rispose:
 
- … Apprezzo la tua sincerità. Hai avuto molto coraggio a dirmi ciò che realmente pensavi. Ora sei libera. -
Così dicendo, il Lupo liberò la pecorella e se ne tornò nella fitta foresta senza voltarsi.
 
In quel momento, il suono di un clacson svegliò Bigby all’improvviso. Si guardò attorno: era seduto sulla poltrona. Il vento si era placato e, di sottofondo, si percepivano i clacson delle macchine.
Si mise comodo, poi si passò una mano sul viso barbuto e mandito di sudore. Si strofinò gli occhi, poi strinse le tempie con la mano. Aveva un dolore lieve ma fastidioso che gli martellava in continuazione.
 
Quella conversazione così inaspettata e surreale lo ha perseguitato in sogno per diversi anni. Non avrebbe mai immaginato che un animale così piccolo, mansueto e docile, potesse provare tanto rancore verso qualcuno…
 
Essendo ancora presto per andare al lavoro, Bigby decise di occupare il tempo in maniera diversa. Mentre lo scrosciante fragore dell’acqua fredda spariva nel lavandino, Bigby si lavò il viso e ripensò al sogno: un animale così fragile, dolce e innocuo, dimostra con una schietta sincerità il suo odio verso il suo predatore senza alcuna esitazione.
Forse la pecorella era riuscita a parlare spontaneamente perché sapeva che il Lupo non lo avrebbe uccisa; ma ciò che più lo stupì, fu il fatto che provasse così tanto odio per lui.
Può davvero un animale provare così tanto ribrezzo per un altro animale?
Non si pose la stessa domanda per l’uomo perché era in un contesto diverso: i sentimenti di disprezzo e disgusto sono il pane quotidiano dell’uomo… ma un animale, può davvero odiare qualcuno? Bigby ripensò ai suoi stati d’animo quando seguiva la vicenda dell’Uomo Storto: si, un animale poteva per davvero provare tanto odio.
Dopo essersi sistemato, preparato e aver controllato i fascicoli di lavoro, Bigby uscì dal suo appartamento e si diresse a piedi verso il Business Office.
Erano le 8 passate, ma Fabletown era già sveglia ed immersa nel suo gran caos mattutino.
 
Camminare fino al lavoro gli piaceva: gli permetteva di vedere gente nuova, vedere luoghi che non aveva mai visitato e immagazzinare profumi nuovi ogni giorno nella sua mente. Da quando aveva iniziato i trasferimenti nel nuovo appartamento, ogni giorno Bigby provava sensazioni nuove e s’immaginava come sarebbe stato provarle nel mondo delle fiabe. A volte provava un po’ di nostalgia, ma troppi ricordi erano legati a momenti frustranti e tristi…
Scacciò quei pensieri dalla testa: il passato è passato. Ora stava ricominciando una nuova vita, una nuova reputazione. Non c’era più nessuna pecorella a maledirlo. Nessuno lo avrebbe più temuto.
Quando arrivò di fronte al complesso del Woodland Luxury Apartment, Bigby notò Gren e Jack fermi al portone principale intenti a parlare. Mentre finiva la sua sigaretta, Bigby percepì uno strano profumo, diverso da qualsiasi altro che aveva memorizzato. Ne percepiva una lieve traccia e pensò che probabilmente proveniva dai due uomini di fronte a lui.
Buttò la sigaretta, superò il cancello in ferro che si chiuse alle sue spalle e si diresse verso il portone principale. Mentre si avvicinava, Bigby sentì Jack dire:

- Certo che era proprio uno schianto! Ma dico, l’hai vista? –

Gren lo guardò infastidito:

- Ti ricordo che quella è umana Jack. Noi non dobbiamo farsi ingannare dai tipi come quelli. -

Jack fece spallucce:

- E allora? Ho soltanto espresso la mia opinione. Quel tipo di persona con quel tipo di bellezza non si avvicinerebbe a noi neanche per sbaglio. È troppo in alto per potersi abbassare al nostro livello. E, guarda che cosa rara, si è fermata a parlare proprio con noi… non dirmi che non credi alle coincidenze? –

Gren si voltò verso Jack:

- Mio dio Jack, la fai un po’ troppo pesante secondo me! Ci ha chiesto soltanto dove fosse l’ufficio, non se volessimo…! -

I due videro Bigby avvicinarsi e subito si zittirono. Bigby non sapeva di cosa stessero parlando ma non gli interessava.
Quando fu vicino ai due, il profumo che aveva percepito prima, aumentò leggermente. Non erano i due uomini.
Jack salutò Bigby:

- Buongiorno Sceriffo. Bella giornata oggi, non trova? –

Gren si appoggiò allo stipite del portone e, senza speranza, sospirò:

- *Sigh* … Già, proprio una bella giornata Jack… sarebbe ancora più bella se tu la smettessi di parlare! –

Bigby li guardò perplesso:

- Buongiorno anche a voi… che vi prende? Sembrate… persi in altri pensieri. –

Gren guardò Jack, ridacchiò divertito e disse:

- Tsè! A parere di Jack, appena varcherai la porta dell’ufficio, diventerà una bella giornata. –

Jack poggiò le mani sui fianchi e rispose:

- Hey! Io ho gusto per le cose belle; non so se mi spiego… -

Bigby guardò Jack confuso. Ancora non capiva di che stessero parlando.

I due fecero per andarsene, ma in quel momento, Jack poggiò una mano sulla spalla di Bigby e disse:

 - Comunque sia Detective, a mio parere, sarà meglio che ti prepari ad una visione paradisiaca. Ciao ciao! -

Entrambi si diressero verso il cancello e Jack continuò a parlare con Gren (cosa che molto probabilmente non aveva voglia di fare a quell’ora del mattino).
Bigby non capì cosa stesse prendendo a quei due, ma non se ne curò affatto e varcò il portone principale.
Mentre camminava per il corridoio per dirigersi in ufficio, percepì nuovamente quel profumo strano, ma questa volta più intensamente. Era un profumo diverso che non aveva mai percepito nella città ma che, stranamente, gli sembrava familiare. Quel profumo gli ricordava quando viveva ancora nella foresta nel mondo delle fiabe. Percepiva quel profumo ogni volta che, dopo la poggia, il terreno restava bagnato per qualche ora.
Ecco cos’era: profumo di terra bagnata dopo la pioggia. Molto insolito da queste parti.
Non riusciva a spiegarsi il perché sentiva questo profumo e notò che più si avvicinava all’ufficio, più s’intensificava. Appena fu di fronte alla porta, Bigby riconobbe le voci di Snow e Bufkin… poi sentì la voce di una terza persona. Dal tono, sembrava femminile.
Curioso, aprì la porta e vide Snow seduta dietro alla scrivania, mentre Bufkin stava appollaiato sopra una colonna di pietra guardando con sguardo perso le due donne. La persona misteriosa dava le spalle alla porta, quindi Bigby non la vide subito in faccia. Che fosse la Zia Foglia verde? No, non era lei; l’avrebbe riconosciuta subito.
Snow e la persona misteriosa stavano parlando e scherzando. Snow era contenta a giudicare dalle parole:

- Sai, non immaginavo che avresti accettato. Di solito, tutti preferiscono altre zone come il centro piuttosto che la periferia. Qui c’è davvero il peggio del peggio. –

La persona misteriosa ridacchiò divertita e rispose:

- Beh, è proprio per questo che ho accettato: qui c’è più da fare. Il posto ideale insomma! –

Risero nuovamente. Bigby si avvicinò e quando Snow lo vide, si alzò e gli venne incontro:
 
- Buongiorno Detective Wolf. Ho una notizia da darle. –

Bigby ne fu sorpreso: Snow non lo chiamava mai “Detective”, figuriamoci per cognome. Lo faceva solo nei momenti formali. Appena gli fu vicino, Snow disse:
 
- Le presento il nuovo Detective del nostro distretto, nonché suo nuovo partner e collega. –

Bigby rimase basito: nuovo partner di chi? Nuovo Detective di cosa? Che cosa stava succedendo? La persona misteriosa finalmente si alzò dalla sedia, si voltò verso Bigby e si presentò.
Quando la vide, Bigby capì di cosa stavano parlando Gren e Jack poco prima.
La ragazza gli porse la mano e si presentò:

- Molto piacere, collega. Mi chiamo Jane Bleddyn. –

La ragazza avrà avuto non più di 30 anni, cappelli grigio/bianco mossi fino alle spalle, maglietta bianca, pantaloni attillati neri, anfibi neri e un giacchetto in pelle nero. Il suo sguardo era più unico che raro: l’occhio destro era azzurro mentre il sinistro era verde; aveva qualche lentiggine sul naso e labbra leggermente carnose di colore scuro.
Bigby capì immediatamente il perché Jack gli avesse detto quella frase.
Le strinse la mano e si presentò:

- … Sono il Detective Bigby Wolf… molto piacere… -

Mentre le stringeva la mano, il suo fiuto percepiva il profumo di terra bagnata: proveniva da lei. Quando la lasciò andare, Bigby tornò alla realtà: quella ragazzina sarebbe diventata sua partner? Ma scherziamo?
Si voltò verso Snow e con gentilezza disse:

- Ehm… Posso parlarti un attimo in privato? –

Snow annuì, si scusò con Jane e si diressero lontano verso gli scaffali affinché le loro voci non si sentissero. Sicuro di non essere sentito, Bigby sfogò il suo disappunto:

- … Ma che diavolo è questa storia? Assumi un nuovo detective a mia insaputa e nemmeno vieni a parlarmene? –

Snow guardò Bigby stupita, poi replicò seccata:

- Non te l’ho detto proprio perché sapevo che non avresti voluto un partner al tuo fianco! Dopo il caso dell’Uomo Storto hai rischiato troppe volte di morire! So che sei orgoglioso e testardo, ed è proprio per questo che ho dovuto farlo a tua insaputa! –

Bigby si passò una mano davanti alla faccia:

- Questo non giustifica il fatto che tu me lo abbia nascosto! Sono io la persona con cui lavorerà quella ragazza! Ho il diritto di sapere certe cose! Potevi almeno chiedermi se mi andasse di condividere il lavoro con qualcuno! –

Snow iniziava a innervosirsi:

- Senti, non sto diffidando delle tue capacità, ma non posso rischiare che tu muoia per mano di qualche spietato criminale che ti ha sparato con dei proiettili d’argento, quindi non venirmi a fare storie! La decisione è stata presa ed è già stata assunta! Inizierà oggi, quindi da adesso è la tua nuova partner; che ti piaccia o no! –

Bigby sgranò gli occhi. Era piuttosto seccato:

- Cosa? Stai scherzando vero? Come puoi dirmi che la decisione è stata già presa? Da quanto tempo è che lavori a questa idea? Non so nulla di lei: non so nemmeno se ha esperienza o se è alle prime armi, non so se ha i requisiti giusti per interrogare un sospettato… figuriamoci catturarlo o inseguirlo quando serve! –

Snow s’innervosì ancora di più:

- Pensi davvero che io scelga i nostri lavoratori a caso? Ho controllato da cima a fondo, parola per parola, la sua carriera in polizia: ha lavorato al distretto 2 di Washington per quasi 4 anni, di cui uno lo ha passato sotto copertura per scovare una banda di narcotrafficanti; si è trasferita al distretto 15 di Boston per 5 anni; risolvendo diversi omicidi di civili e faide tra gang della città. Infine, è arrivata qui; adesso è una detective e svolge questo ruolo da qualche mese, ma ha tutte le carte in regola per lavorare qui. –

Bigby, sentendo queste informazioni, si stupì; ma non per il fatto che fosse una brava poliziotta, ma più per lo stravolgimento di carriera: perché iniziare la sua carriera alla grande, per poi ritrovarsi in un quartiere qualsiasi di Fabletown? Non aveva senso…
Bigby ne era sempre meno convinto, Snow invece, ne sembrava entusiasta. Cercò di passare sopra la questione, ma non riusciva a smettere di porsi le tante domande a cui voleva una risposta.
Si passò una mano davanti al viso e alla fine accettò il compromesso:

- … Ok, va bene. Le darò un periodo di tempo per dimostrarmi quanto sa fare. Se mi creerà dei problemi, tu risolverai la questione. D’accordo? –

Snow annuì. Tornarono entrambi verso la nuova Detective che stava parlando con Bufkin. Appena li vide tornare, li accolse con un sorriso leggero. Snow, in modo gentile, le disse:

- Il Signor Wolf le darà tutte le informazioni necessarie per i prossimi giorni. Se ha bisogno di qualsiasi cosa, può chiedere al suo collega o a me. –

Jane annuì e ringraziò i due:

- Vi ringrazio. Spero di essere all’altezza delle vostre aspettative. –

Snow sorrise. Bigby invece, la scrutò a lungo: c’era qualcosa di strano in quella donna...
All’improvviso, il telefono squillò e Snow fu costretta ad allontanarsi:

- Chiedo scusa, devo andare a rispondere. Nel frattempo, Detective Wolf, perché non fornisce le informazioni base alla nuova collega? –

Snow si avviò, mentre Bigby la seguì con lo sguardo. Era frustrato e infastidito; non avrebbe voluto un partner. La città non ne aveva bisogno… lui non ne aveva bisogno!
Mentre Bigby vagava nei suoi pensieri, all’improvviso Jane disse:

- Puoi chiedermelo, sai. –

Bigby si voltò verso Jane e la guardò piuttosto confuso:

- … Chiederti cosa? –

- Perché questo strano cambiamento di carriera. In molti se lo sono chiesto quando mi trasferivo. Ormai è diventato di routine. –

Bigby rimase in silenzio per qualche istante. Che avesse sentito la conversazione con Snow di poco fa? Era piuttosto improbabile, dato che le loro voci erano ben coperte dagli scaffali alti e lei stava parlando con Bufkin.
Rimasero in silenzio per qualche istante finché Bigby, curioso, le domandò:
 
- … Perché hai accettato questo posto di lavoro? -
 
Jane si arrotolò la manica destra del giacchetto e rispose:
 
- Avevo bisogno di cambiare aria. Troppe responsabilità negli altri distretti che non facevano per me. Me la cavavo, ma non riuscivo a sopportarle tutte insieme. –
 
Bigby rimase in silenzio. Non era la risposta che si sarebbe aspettato e non lo soddisfò a pieno.
Mentre si sentiva Snow parlare in sottofondo, Jane disse:
 
- Ho letto anch’io il fascicolo della tua carriera: hai iniziato subito come Detective e hai risolto diversi casi, ma la cosa che più mi ha stupito è il fatto che tu non abbia mai cambiato zona della città. Sei rimasto nei quartieri di Manhattan praticamente da sempre. -
 
Bigby prese una sigaretta dal pacchetto di Huff ‘n Puff, ne offrì una a Jane che accettò. Prese l’accendino, accese prima quella di Jane, poi la propria. Dopo una boccata di fumo, Bigby rispose:
 
- Le abitudini sono difficili da cambiare. Dopo tanti anni che vivi nelle stesse zone, inizia a diventare parte di te. Sai com’è: “Il Lupo perde il pelo, ma non il vizio.” –
 
Jane sorrise. Stavano iniziando a conoscersi meglio e a Bigby per un momento, le sembrò una persona simpatica.
La ragazza prese una boccata, soffiò il fumo verso l’alto e si guardò attorno:
 
- Sono rimasta piuttosto sorpresa che non ci sia una tua foto identificativa nel fascicolo… Non ti piace essere fotografato? –
 
Bigby guardò la ragazza, prese un ultima boccata e spense la sigaretta:
 
- … Non mi piace stare al centro dell’attenzione e non ne sono abituato. Vivo comunque senza foto che mi identifichino come un carcerato. –
 
Jane ridacchiò:
 
- Eheh. Si, in effetti, è quello che sembra: siamo considerati i buoni, ma veniamo comunque registrati nello stesso modo dei criminali. Ironico, non trovi? –
 
Bigby la guardò e accennò un sorriso leggero. Quella ragazza sapeva il fatto suo; ed era anche sarcastica.
Snow tornò verso di loro: aveva un’espressione preoccupata in viso e Bigby lo notò subito. Spense la sigaretta e le chiese:
 
- Snow, tutto bene? –
 
Appena fu vicina, disse:
 
- Era un emergenza: Johann il macellaio è nei guai. –
 
Jane si alzò dalla scrivania a cui era appoggiata. Bigby le chiese:
 
- Cos’è successo? –
 
- Un uomo è entrato nel suo negozio e all’improvviso ha dato di matto. Glielo sta distruggendo. –
 
Bigby guardò Snow, poi Jane e le disse:
 
- Andiamo subito. –
 
Jane buttò via la sigaretta e seguì Bigby. Appena gli fu vicino, lui le disse:
 
- A quanto pare la tua giornata lavorativa inizia alla grande Jane. –
 
***
 
Quando i due detective arrivarono al negozio, trovarono Johann fuori sul marciapiede. Era pallido e visibilmente spaventato; dalla disperazione si stava mangiando tutte le unghie delle dita. Davanti a lui, il negozio aveva le vetrine frantumate e c’erano vetri rotti sparsi per tutto il marciapiede.
Appena Johann vide i due Detective, corse verso di loro e sollevato disse:

- Bigby! Meno male che sei arrivato! Quel pazzo sta distruggendo tutto! Ti prego, aiutami! –

Bigby sentì il rumore di vetri infrangersi da dentro il negozio. Chiese maggiori indicazioni a Johann per capire con chi aveva a che fare:

- Sai chi è quel tipo? Lo conosci o lo hai mai visto prima d’ora? –

Johann, spaventato e mandito di sudore rispose:

- Non ho la più pallida idea di chi sia! Quando è entrato nel negozio era piuttosto tranquillo: voleva comprare della carne ma poi, all’improvviso, è saltato oltre il bancone urlando e mi ha strappato dalle mani il machete! Dopo di che, ha iniziato a colpire qualsiasi cosa, sempre urlando come un pazzo! –

Si sentì un altro rumore di vetri infranti, aggiunto poi da un urlo agghiacciante.
Bigby si voltò verso Jane. Voleva metterla alla prova:

- Che ne pensi? –

Quest’ultima guardò Bigby, poi il negozio, infine Johann:

- Che età dimostra l’aggressore? –

Johann ci pensò per qualche istante:

- Non saprei… forse tra i venti e i trent’anni, ma potrebbe essere più vecchio… Non saprei dire con certezza. -

Jane guardò il collega:

- Forse è un tentativo di vandalismo. –

Bigby guardò Jane con fare confuso:

- Come fai a dirlo? –

Jane gli spiegò la sua versione:

- Le gang dei quartieri malfamati utilizzano spesso questo rituale per accettare un nuovo membro nel gruppo: lo scopo della missione è quella di dimostrare la propria autorità e freddezza facendo irruzioni in luoghi pubblici. Solo andando contro le leggi sociali possono dimostrare di non volerne far parte. –

Bigby pensò che fosse una buona ipotesi, ma non aveva nessuna conferma.
Jane continuò con la sua ipotesi:

- E a giudicare dalla descrizione di Johann, il malvivente ha un’età tra i venti e trent’anni: di solito le gang sono formate da ragazzi giovani o adolescenti. Il tutto porta a questa possibilità. -

Mentre si voltava verso il negozio, Bigby disse:

- Come hai detto tu, è una possibilità, ma non abbiamo nessuna conferma. Per quel che mi riguarda, potrebbe essere chiunque. –

I due detective guardarono l’entrata del negozio e notarono che i rumori avevano smesso. Bigby guardò Jane:

- L’unico modo per scoprirlo è entrare e fermare quel tipo. -

Dopo aver ordinato a Johann di stare fuori e aspettare, i due si avvicinarono e aprirono la porta in vetro socchiusa. Quando videro l’interno, rimasero senza parole: le vetrine erano frantumate e i cocchi di vetro erano sparsi ovunque sul pavimento; la carne fresca era cosparsa ovunque e sulle pareti di legno c’erano graffi di coltello.
I due Detective perlustrarono l’area per verificare i danni; Jane si avvicinò al bancone e toccò uno dei tagli:

- Ha usato un arma molto affilata, come ha detto Johann. A giudicare dallo spessore sembrerebbe proprio un machete... –

Bigby si avvicinò ad una delle vetrine infrante. Su uno dei cocchi c’era del sangue fresco. Prese il frammento di vetro tra le dita e lo esaminò:

- Qui c’è del sangue. E non è di Johann. -

Jane si avvicinò a Bigby, esaminò il pezzo di vetro e disse:

- Forse il malvivente si è ferito mentre danneggiava il negozio. –

Bigby si alzò e si guardò ancora attorno. Mentre controllava in giro, chiese:

- Vedi tracce di sangue da altre parti? –

Jane si guardò attorno:

- … No, non mi sem –

All’improvviso, i due sentirono un rumore. Sembrava che qualcuno o qualcosa avesse sbattuto forte sulla lamiera. I due detective si voltarono e videro una porta socchiusa che portava sul retro del negozio. Si sentirono distintamente altri tonfi a ritmo regolare.
I due detective si guardarono e capirono la situazione: il delinquente era sul retro, probabilmente in trappola.
Bigby lasciò il pezzo di vetro a terra e raggiunse il bancone. Ad ogni suo passo, il vetro scricchiolava sotto il suo peso.
Appena raggiunse la porta, si rivolse a Jane:

- Coprimi le spalle. Se accade qualcosa, sii pronta ad agire. –

Jane annuì. Bigby superò il bancone e con la mano destra aprì lentamente la porta semichiusa. Aperta la porta, trovarono la cella frigorifera piena di carni appese al soffitto da enormi ganci. Non sapeva perché, ma a Bigby quell’atmosfera li ricordava il giorno che incontrò la pecorella…
Di sfuggita, gli sembrò di vedere la pecorella che gli diceva a bassa voce:

Che tu sia maledetto, assassino!

Bigby rimase in trace e credeva davvero di sentire quella voce, ma quando Jane lo spronò ad andare avanti, ritornò alla realtà:

- Hey collega, che ti prede? Tutto a posto? -

Bigby si riprese e annuì; cautamente, entrarono nella gelida cella.
Bigby ricordava quel luogo: c’era stato la prima volta quando andò da Johann per scoprire informazioni sull’Uomo Storto. In quell’occasione aveva scovato un laboratorio dove si produceva droga illegalmente.
Mentre Bigby e Jane spostavano i pesanti pezzi di carne fredda per farsi strada, stavano sempre all’erta. Il delinquente poteva essere ovunque. Per qualche istante, i colpi sulla lamiera erano stati interrotti, ma poi, improvvisamente, avevano ripreso con frequenza. Ogni 7 colpi, il malvivente si fermava per qualche istante, poi ricominciava battendo sempre più forte.
I due Detective erano guidati dal solo suono dei colpi, mentre i pezzi di carne gelata appesi gli impedivano di vedere oltre. Dentro la cella era buio e non c’era un minimo di luce. Bigby e Jane sentivano i colpi sempre più forti fino a quando, dopo aver spostato un manzo intero, Bigby vide il malvivente intento a colpire la serranda in lamiera con un machete. L’arma era molto affilata e nonostante l’oscurità della stanza, la lama brillava in maniera scintillante.
Bigby mise un braccio avanti a Jane e fece per farla indietreggiare, ma lei rispose a bassa voce:

- Non ce né bisogno. –

Bigby si voltò verso Jane. Era rimasto scocciato da questa frase e come risposta disse:

- Ti faccio notare che quell’uomo sta tenendo in mano un machete; se ci attacca, ci fa a pezzetti, quindi...! -

Mentre i due parlavano, il delinquente si era voltato verso i due. Quando lo videro in faccia, i due detective non riuscirono a nascondere la loro espressione di sorpresa. Bigby sgranò gli occhi, mentre Jane esclamò:

- Oh mio dio… -

L’uomo era ricoperto di schegge di vetro su tutte le braccia e le mani. Il sangue scuro e denso gli scorreva sugli arti. Il colore pallido della pelle lo faceva assomigliare ad un cadavere. Il viso era scavato, pieno di vene superficiali. Gli occhi, spalancati erano arrossati e risaltava il colore azzurro del suo iride. Quella combinazione di colori lo facevano assomigliare ad un mostro.
La bocca era in una smorfia di tensione, quasi come se fosse sotto attacco; i denti che mostrava erano rovinati o mancanti. Dall’aspetto magro, quasi scheletrico, i due non gli avrebbero dato non più dell’età affermata da Johann. Quel ragazzo era in uno stato di salute orribile.
 
Bigby lo scrutò a lungo, mentre il ragazzo ansimante sembrava avere lo sguardo perso nel vuoto. Notò anche il modo di vestire trasandato: scarpe da ginnastica mezze rovinate, pantaloni da tuta da ginnastica grigi strappati, felpa nera con sotto una canottiera bianca sudata piena di macchie di unto. Bigby pensò che fosse un vagabondo.
Mentre ipotizzava nuove idee sul malvivente, Jane gli disse:

- Hai notato le sue pupille? Sono completamente dilatate… -

Bigby osservò gli occhi dell’uomo e constatò che Jane aveva ragione. Quest’ultimo notò anche qualcos’altro:

- Sembra confuso… Non ci vede? -

Jane lo osservò meglio. Effettivamente il malvivente si guardava attorno con fare confuso e la bocca semi spalancata, ma sembrava non aver visto i due detective.
In quel momento, l’uomo iniziò a contorcersi e disse:

- …Il sapore della Mimosa! Non assaggiare il sapore della Mimosa! È ostile! –

Lo ripeté per altre due volte mentre i due detective lo guardavano ogni suo movimento in caso decidesse di saltarli addosso. L’uomo si contorceva su sé stesso e ripeteva sempre la stessa frase all’infinito.
Dopo qualche istante, Bigby decise di agire; a passi lenti, si avvicinò all’uomo e tentò di parlargli:

- Hey amico! Ti conviene mettere giù quel machete o rischi di passare guai seri. –

L’uomo non considerò minimamente Bigby e continuò nel suo delirio di parole:

- …Il sapore della Mimosa! Non assaggiare il sapore della Mimosa! È ostile! –

Bigby stava perdendo la pazienza. Decise di avvicinarsi ancora e disse:

- Senti amico; non hai ancora fatto nulla di male. Perché non metti giù quel –

Improvvisamente, l’uomo si voltò di scatto verso Bigby e brandendo il machete in aria urlò:

- STAI LONTANO DA MEEEE! –

Colto alla sprovvista, Bigby fece un passo indietro e tentò di prendere i polsi dell’uomo per fermarlo. Ci riuscì.
Mentre l’uomo si dimenava per colpire il detective, Bigby notò la forza incredibile di quel pazzo: nonostante fosse magro, debole e di aspetto ridotto male, riusciva a tenere testa alla forza di Bigby.
I due lottarono per qualche secondo, ma il malvivente riuscì a liberare la mano con cui teneva saldo il machete e riuscì a ferire Bigby al braccio. Indietreggiarono entrambi: l’uomo, col fiatone, lasciò cadere di punta la lama sul pavimento e riprese fiato, mentre Bigby si guardava il taglio al braccio e si chiedeva:

Come cazzo ha fatto? È impos…!

Mentre alzava lo sguardo, Bigby vide di nuovo l’uomo brandire il machete e con un urlo scagliarglisi contro. Bigby si preparò a contrattaccare, ma notò che alla destra del malvivente c’era Jane. Che diavolo stava facendo?
L’uomo non l’aveva notata. Quest’ultima riuscì a prendergli il polso e lo disarmò all’istante. Usando il suo slancio, spinse il machete verso un pezzo di carne, che si conficcò con estrema facilità. Appena l’uomo mollò la presa dal manico, Jane ne approfittò: tenendolo stretto per il polso, Jane riuscì a colpirlo al ginocchio col piede facendolo cadere; poi lo prese per la spalla e lo scaraventò faccia a terra. Era completamente immobilizzato.
Bigby rimase senza parole: era riuscita a fermarlo e a disarmarlo senza alcuna difficoltà. Jane si poggiò con tutto il peso sulla schiena dell’uomo facendo pressione col ginocchio.
Dopo una smorfia di dolore, l’uomo urlò:

- LASCIAMI! LA MIMOSA VUOLE UCCIDERMI! –

Jane prese le manette, ammanettò il pazzo e disse:

- Se non la smetti di urlare, la Mimosa sarà l’ultimo dei tuoi problemi! Ora sta zitto! –

Jane strinse forte le manette e costrinse l’uomo a rimanere a terra. Bigby si avvicinò a Jane, prese l’uomo per il braccio e le disse:

- Ottimo lavoro collega. Adesso ci penso io. –

Jane guardò Bigby, si alzò in piedi e lasciò che quest’ultimo portasse l’uomo fuori. Jane si sistemò la maglietta e si diresse verso l’uscita assieme al collega. Mentre Jane faceva strada tra i pezzi di carne, si voltò verso Bigby; notò il taglio al braccio e gli chiese:

- Stai bene? Stai perdendo sangue… -

L’uomo continuava a dimenarsi nonostante fosse fisicamente stanco, ma Bigby lo spingeva leggermente in avanti per costringerlo a camminare. Bigby guardò Jane con occhi tranquillizzanti:

- Sto bene. È solo un taglio superficiale. –

Jane guardò Bigby per qualche istante con espressione preoccupata, poi si voltò per far strada. Appena furono fuori dalla cella frigorifera, Bigby notò l’incredibile sbalzo di temperatura. Dalla fredda cella, al caldo tepore primaverile. Sembrava di essere appena usciti da un incubo.
 
Attraversarono il negozio invaso da cocchi di vetro. Ad ogni passo il vetro si disintegrava in minuscoli pezzi. Quando uscirono dalla porta principale, Johann tirò un sospirò di sollievo:

- Fiù! Meno male che lo avete catturato. Temevo il peggio. –

Jane si avvicinò al macellaio e con un sorriso leggero lo rassicurò:

- Non si preoccupi, stiamo tutti bene. Adesso che è in nostra custodia, non dovrà più temere di nulla. –

Bigby guardò Jane parlare con Johann: era molto gentile con le persone, ma severa quando si trattava di lavoro… ottimo atteggiamento professionale.
Mentre Jane sbrigava le faccende burocratiche per il rapporto finale, Bigby si mise a parlare con l’uomo:

- Ok bello, te lo chiedo un ultima volta: mi dici perché hai distrutto il negozio? Avevi un conto in sospeso con Johann? –

L’uomo si dimenava ancora dalle manette e digrignava i denti per sembrare più aggressivo. La bava gli scendeva dai lati della bocca.
Bigby stava perdendo la pazienza:

- … Qual è il tuo nome? Ti ha mandato qualcuno? –

L’uomo delirava ma non parlava. Emetteva strani versi animaleschi, si dimostrava aggressivo e non guardava in faccia Bigby.
Decise di lasciar perdere. Lo avrebbe interrogato in centrale.
Dopo aver finito con Johann, Jane raggiunse Bigby:

- Allora? Ha cantato? –

Bigby scosse la testa:

- Neanche una parola. È completamente andato. –

Jane sospirò. Bigby prese nuovamente per il braccio l’uomo; dopo averlo alzato da terra, gli diede una leggera spintarella e disse:

- Forza amico; adesso andiamo in centrale. Magari ti tornerà a voglia di parlare. –

I due detective si incamminarono sul marciapiede fino all’ufficio.
 
***
 
- La Mimosa… dov’è la Mimosa? Vuole uccidermi! La Mimosa è qui… -

Nella sala degli interrogatori, l’uomo continuava a delirare e pronunciare la stessa frase. Da quasi due ore, ovvero da quando Bigby e Jane lo avevano rinchiuso lì dentro, era rimasto seduto in un angolo della stanza tutto raggomitolato e non aveva detto nessun altra parola.
I due detective erano dall’altra parte della stanza e osservavano l’uomo delirante dal vetro a specchio. Non avevano idea di cosa fare perché, nonostante Snow e Bufkin avessero fatto delle ricerche per scoprire almeno il suo nome, dall’ufficio non era emersa nessuna informazione.
Era già passato mezzogiorno e i due detective erano nella stanza ad osservare l’uomo. Jane teneva una tazza di caffè in mano mentre Bigby fumava una sigaretta.
Dopo aver bevuto un sorso, Jane domandò:

- Forse dovremmo portarlo all’ospedale; non mi sembra in gran forma. –

Bigby prese una boccata di fumo, inspirò profondamente e mentre espirava disse:

- No, troppo rischioso: potrebbe ferire qualcuno, o peggio, fuggire. Abbiamo provato a contattare il Dr. Swineheart, ma al momento non è reperibile. –
Jane bevve un secondo sorso di caffè:

- … Quindi non faremo nulla? Resteremo qui a fissarlo finché non farà qualcosa? –

Bigby fumò l’ultimo pezzo di tabacco, spense il mozzicone nel posacenere pieno e disse:

- Purtroppo non abbiamo altra scelta. –

Jane sospirò infastidita. Non per l’atteggiamento del collega, ma perché non potevano fare proprio nulla in quel momento.
Bevve l’ultimo sorso di caffè e butto il bicchiere di carta tiepido dentro il cestino quasi colmo. Bigby incrociò le braccia e si appoggiò al tavolo, mentre Jane si avvicinò al vetro, si appoggiò alla parete e continuò a fissare l’uomo nell’angolo.
Mise le mani in tasca e disse:

- … Potremmo portare un suo identikit e andare nei quartieri a domandare alla gente del luogo chi sia. Forse potrebbe darci una pista da seguire. –

Bigby si grattò la barba e rispose:

- Potremmo, ma non abbiamo conferma che faccia parte di una gang di uno di questi quartieri. Potrebbe essere anche uno che viene fuori città, chi lo sa… -

Jane sospirò ancora e tornò a fissare l’uomo. Aveva iniziato a dondolare e con le spalle batteva contro il muro. Jane rimase a fissarlo per qualche secondo finché, stufa del silenzio nella stanza, disse:

- Ma non c’è proprio niente che possiamo fare? Non riesco a starmene con le mani in mano! Ci sarà qualcosa che –

Bigby si voltò verso Jane e con aria decisa le disse:

- Anche a me non piace starmene qui a non fare nulla! E credimi che lamentarsi non risolverà il problema. –

Jane rimase in silenzio e tornò a guardare l’uomo. Bigby sospirò, si passò una mano sul viso e disse:

- … Vorrei anch’io poter fare qualcosa piuttosto che starmene qui ad aspettare, ma dobbiamo avere pazienza: Snow sta facendo il possibile per avere informazioni su quell’uomo. –

Jane si voltò verso Bigby, si spostò dalla parete e disse:

- Potrei interrogarlo io. Tu hai già provato e non ha funzionato; magari con me può –

Bigby la interruppe subito:

- Assolutamente no! Hai visto come ha reagito al negozio di Johann: non è abbastanza lucido di mente per rendersi conto di ciò che lo circonda e questo lo rende un pericolo per la nostra sicurezza! –

Jane si avvicinò a Bigby e insistette:

- Potrei fare un tentativo, che ti costa? –

Bigby si alzò dal tavolo e con aria furiosa si avvicinò a Jane:

- Ascoltami bene ragazzina: sei appena arrivata in questo distretto e, come ben saprai, ci sono delle regole da rispettare! Tra l'altro, essendo il tuo primo giorno qui, mi aspetto che tu almeno obbedisca a dei semplici ordini! Se pensavi che avresti ottenuto la libertà di agire come ti pare nonostante la tua bella carriera passata, beh, ti sbagli! Qui ci sono dei limiti e vanno rispettati! –

Jane rimase in silenzio, mentre Bigby continuò a fissarla. Jane non riuscì a sostenere lo sguardo severo di Bigby e lo abbassò. Poi tornò a guardarlo e annuendo disse:

- … Ok. –

Tra i due piombò il silenzio. Jane si voltò verso il vetro e Bigby continuò a guardarla. Si sentì in colpa per averle risposto in quel modo, ma non sapeva in quale altro modo dirlelo. Non poteva rischiare che si facesse del male.
Bigby si passò una mano dietro la nuca e fece per dire:

- … Jane, io -

In quel momento, Snow entrò nella stanza e si rivolse ai due detective:

- Allora? Novità dal nostro uomo? –

Bigby e Jane si voltarono verso Snow. Lui le rispose:

- Niente purtroppo. Le sue condizioni sono rimaste uguali e Swineheart non è disponibile per venirlo a visitare. Tu hai qualche novità? –
Snow negò con la testa:

- Niente da fare: quest’uomo non è presente nei nostri fascicoli dei ricercati e nemmeno in quelli degli altri distretti. È come se fosse un fantasma… -

Bigby si voltò verso il vetro; l’uomo stava continuando a dondolare e a sbattere la schiena contro la parete della stanza. In quel momento, Bigby si rese conto di avere le mani legate.
Snow guardò l’uomo e scioccata disse:

- Dio… che cosa lo avrà mandato in questo stato? –

Inaspettatamente, Jane prese parola:

- … Sig.na Snow, vorrei chiederle il permesso di poter interrogare l’uomo nonostante le sue condizioni evidentemente alterate. –

Bigby si voltò verso Jane con espressione scazzata e nella sua mente pensò:

Cazzo! Allora non vuole proprio ascoltarmi!

Snow si voltò verso Jane e confusa disse:

- Come pensi di farlo parlare? Hai appena detto che è in uno stato mentale alterato. Come può fornirci delle informazioni? –

Jane si rivolse a Snow come se Bigby non fosse più nella stanza:

- Posso riuscirci. Ho un metodo efficace per farlo parlare, ma dovete almeno lasciarmi provare. Ho bisogno della sua approvazione per metterlo in pratica. –
Bigby guardò Jane con aria arrabbiata. Non voleva proprio ascoltare! Si voltò verso Snow che, a differenza sua, guardò Jane con aria di indecisione. Guardò l’uomo, poi di nuovo Jane e disse:

- … D’accordo. Ti autorizzo ad interrogarlo. –

Bigby si voltò verso Snow e con aria convolta rispose:

- Cosa? Stai scherzando vero? Hai visto in che condizioni è? –

Snow si voltò verso Bigby e gli rispose:

- Infatti andrai con lei per assicurarti che non faccia nulla di male alla tua collega. –

Sospirò leggermente, infastidito da quell’ordine. Non si sarebbe mai aspettato che Snow cadesse ai piedi di quella donna.
Si voltò verso la collega, poi verso il vetro e disse:

- … *Sigh* …Ok, d’accordo. Non più di 5 minuti. –

Jane sorrise compiaciuta, mentre Bigby nella sua testa pensava:

“Ti farà bene avere un partner vicino!” … “Non ti creerà problemi, te lo assicuro!” … Puttanate!

I due detective uscirono dalla stanza ed entrarono in quella di fianco; l’uomo, nonostante avessero aperto la porta, non si era mosso di un millimetro dal suo angolo. Bigby fece aspettare Jane fuori per qualche istante poi, dopo aver controllato, lo prese per un braccio, lo fece sedere e rimase dietro di lui per controllare ogni sua mossa. Nonostante il contatto fisico, l’uomo non si dimostrò infastidito; continuava a contorcersi su sé stesso e a ripetere sempre la stessa frase:

- La Mimosa… dov’è la Mimosa? Vuole uccidermi! La Mimosa è qui… -

Bigby sospirò, poi guardò verso il vetro a specchio. Dall’altra parte, c’era Snow che assisteva a tutta la scena. Non poteva vedere l’espressione di preoccupazione sul suo viso, ma percepiva la paura anche da un'altra stanza.
Poco dopo, Jane entrò, si sedette di fronte all’uomo che continuava a torcersi sulla sedia e con sguardo serio rimase a fissarlo per qualche istante. L’uomo non aveva nemmeno notato la presenza di Bigby e Jane e continuava a guardarsi attorno con aria confusa.
Jane rimase in silenzio per qualche istante e nella mente di Bigby pensava se fosse stata davvero una buona idea fare l’interrogatorio. Lo scrutò per bene, poi iniziò a fare domande:

- … Come ti chiami? –

L’uomo continuava a distorcersi e a guardarsi attorno alla stanza. Bigby osservava l’uomo, poi Jane, come se avessero un turno da rispettare. Jane aspettò qualche istante, poi passò alla seconda domanda:

- … Perché hai aggredito l’uomo della macelleria? –

Nemmeno questa volta rispose. Continuò a contorcersi e a guardarsi attorno. Bigby sospirò e guardò Jane: sapeva quello che faceva o no?
Passarono altri istanti di silenzio, poi la terza domanda:

- … Che cosa ti ha costretto a agire in questo modo? –

Per l’ennesima volta, nessuna risposta da parte dell’uomo. Bigby perse la pazienza: fece per prendere l’uomo e disse:

- Ok, ora basta. Questo tizio non par –

Jane allungò la mano per fermarlo e gli disse:

- Fermo. Sta andando bene. Lasciami fare. -

Bigby si fermò e tornò al suo posto. Rimasero nel silenzio per altri secondi finché, Jane domandò la quarta domanda:

- … Chi è la Mimosa? –

All’improvviso, sentendo quella domanda, l’uomo smise di contorcersi e s’irrigidì. Bigby rimase senza parole. Ci era riuscita.
Nella stanza calò un silenzio tombale; solo il respiro affannato dell’uomo rompeva quel silenzio inquietante.
L’uomo rimase fermo per qualche secondo, poi, lentamente, si voltò verso la detective. Iniziò a fissarla con la bocca semi spalancata e occhi sbarrati che, con quegli occhi rossi e azzurri, era molto, molto inquietante. Bigby si preparò in caso l’uomo avesse qualche altro attacco di pazzia e rimase pronto ad agire.
L’uomo fissò Jane per qualche istante. Jane continuò a fare domande:

- … Perché la Mimosa è ostile? –

Dopo quella domanda, l’uomo alzò lentamente il braccio tremante e puntò il dito contro la detective. Appena fu il più in cima possibile, con voce flebile disse:

- … La Mimosa… -

Jane rimase ferma e guardò Bigby. Stavano per avere qualcosa finalmente. L’uomo continuò a puntare il dito contro Jane per qualche secondo, poi abbassò il braccio con la stessa lentezza fino ad appoggiarlo sul tavolo. Rimase in silenzio per qualche istante con espressione di chi pensava a qualcosa. Infine, l’uomo disse una frase che confuse tutti i presenti nella stanza:

- … La Mimosa ostile… non si può fuggire dalla Mimosa… se usufruirai di lei, lei ti consumerà l’anima… -

Nessuno capì quella frase. Chi era questa Mimosa ostile? Era una persona?
Jane cercò di trovare altre informazioni:

- … Perché non si può fuggire dalla Mimosa? Perché –

All’improvviso, l’uomo fece una mossa azzardata che sorprese tutti: si alzò di scatto dalla sedia, fece ribaltare il tavolo davanti a lui e, con un urlo, si avventò verso il collo di Jane. Presa alla sprovvista, Jane cadde all’indietro con la sedia e sbattè la schiena contro lo schienale. L’uomo le affondò le dita affusolate sulla gola e tentò di strangolarla. Mentre cercava di stringere la pelle della donna, urlava come un ossesso e con voce agghiacciante aumentava la sua presa.
Bigby reagì pochi secondi dopo: quando l’uomo si avventò su Jane, si lanciò contro l’uomo e lo prese per le spalle per toglierlo da dosso a Jane. Ancora una volta, Bigby constatò la forza di quell’uomo: nonostante fosse debole e magro, la sua forza riusciva a tenere testa a quella di Bigby.
Lottarono per qualche istante, ma sembravano passati minuti interi. Jane cercava di liberarsi dalla presa salda dell’uomo e iniziava a perdere lucidità a causa della mancanza di ossigeno. Bigby cercò di liberarla ma sembrava tutto inutile.
Dall’altra parte della stanza, Snow assisteva alla scena scioccata, impotente di agire. Poteva solo assistere e sperare che Bigby riuscisse a salvare la collega.
Dopo alcuni secondi di battaglia, Bigby pensò ad una strategia diversa: prese la gola dell’uomo col braccio e fece forza affinché mollasse la presa. Strinse più forte che poté e rimase per qualche istante. Jane intanto, stava perdendo lucidità e iniziava a soffocare sotto il peso delle mani possenti di quel pazzo. Bigby strinse ancora più forte, finché l’uomo iniziò ad allentare la presa dalla gola di Jane. Dopo interminabili minuti e grida, Jane fu libera. Si allontanò dai due e tossì forte; prese anche diverse boccate d’aria nonostante le bruciasse tutta la gola.
Bigby intanto, mantenne salda la presa e l’uomo si dimenava e urlava per liberarsi. Dopo qualche istante, l’uomo si calmò e alla fine svenne per la mancanza d’aria. Bigby lo lasciò giacere a terra e controllò il battito cardiaco: era ancora presente. Per il momento, era solo svenuto.
Col fiatone, si riprese, poi si voltò verso la collega ancora che tossiva fortemente; si avvicinò a lei, le prese il viso con le mani e le disse:
 
- Stai bene? sei ferita? –
 
Jane tossì nuovamente e dopo qualche respiro profondo rispose:
 
- … *Cough cough* … Sto bene… -
 
Bigby controllò che stesse effettivamente bene; aveva segni rossi su tutto il collo e sapeva che sarebbero peggiorati col tempo. Controllò bene che non avesse tagli o altro e alla fine le disse:
 
- … Porca puttana Jane! Perché devi fare di testa tua? –
 
Jane allontanò la mano di Bigby, lo guardò e disse:
 
- Sapevo quello che stavo facendo! –
 
Bigby la guardò con aria furiosa:
 
- Certo, come no! Ti stava per uccidere! Te l’avevo detto di lasciar perdere! –
 
Jane si innervosì e rispose:
 
- Stava andando tutto a meraviglia! Sembrava calmo quando gli stavo facendo le domande! E sicuramente io non… Bigby… che gli prende? –
 
Bigby si voltò: dietro di lui, l’uomo che stava accasciato a terra, iniziò a fare degli strani versi e ad avere delle convulsioni, prima lente, poi sempre più violente. Bigby e Jane si precipitarono ad aiutarlo: dalla bocca gli usciva della schiuma densa e gli occhi gli si erano capovolti al contrario. Era uno spettacolo agghiacciante.
Bigby cercò di capire cosa gli stesse succedendo e cercò di proteggerlo dalle gambe del tavolo affinché non sbattesse la testa. Le convulsioni si facevano sempre più forti ma i due detective non potevano fare nulla per aiutarlo.
All’improvviso, le convulsioni cessarono e l’uomo si fermò lentamente fino a rimanere immobile. Aveva gli occhi sbarrati e la bava continuava ad uscirgli dalla bocca. Bigby controllò il respiro dell’uomo. Non respirava. Mise due dita sulla vena per sentire il polso, poi con aria combattuta si voltò verso Jane e disse:
 
- … E’ morto. –
 
Jane rimase senza parole. I due fissarono il corpo inanimato del cadavere e rimasero in silenzio.
Chi era quella persona? Ce diavolo gli era successo? Che cosa lo aveva ucciso?

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Capitolo 3
*** Looking around Fabletown ***


Capitolo 3: Looking around Fabletown
 
Nel Woodland Luxury Apartment regnava il silenzio. Non un suono, né un rumore, ma solo un lungo silenzio. Oggi non c’era nessuno in attesa fuori dall’ufficio. Nessuno oggi avrebbe richiesto nulla. Il silenzio era l’unica presenza.
La porta del Business Office aveva una targa appesa fuori con scritto la frase “Oggi chiuso”. Nonostante l’evidente cartello, si udivano delle voci all’interno dell’ufficio.
Il Dottor Swineheart era finalmente riuscito ad arrivare. Dopo che il sospettato aveva aggredito Jane, la priorità era andata su di lei. Snow le aveva imposto un controllo medico per accertarsi delle sue condizioni, ma Jane non ne era molto entusiasta e Swineheart glielo lesse in viso mentre le controllava se ci fossero ematomi sul collo.
Bigby era a pochi metri di distanza da loro. Stava fissando il corpo morto dell’uomo senza nome di fronte a lui. Era perplesso: com’è morto? È stata per colpa sua? Aveva usato troppo forza? Sapeva di essere forte, ma sapeva quanta forza usare per uccidere qualcuno.
L’aspetto del morto era peggiorato: la pelle pallida era diventata grigiastra, le vene superficiali erano più evidenti e gli occhi sbarrati, da rossi, divennero un misto fra il color bordò e nero. La bocca era semi spalancata e il suo viso mostrava un’espressione di tormento, di agonia; le mani erano rigide e fredde, le dita contorte su sé stesse come artigli affilati.
Mentre Swineheart curava Jane, Snow si voltò a guardare Bigby. Preoccupata, gli si avvicinò. L’uomo senza nome era adagiato su un tavolo di metallo nascosto dietro a un separé di carta; Bigby era rimasto a fissarlo nella speranza di trovare una spiegazione a quello che era accaduto.
In quel momento, Snow gli si avvicinò alle sue spalle. Non si voltò nemmeno, ma Bigby capì che era lei. Appena gli fu accanto, gli chiese:

- Bigby…tutto bene? –

Bigby rimase a braccia incrociate con espressione neutra in volto. Lo fissava come se da un momento all’altro dovesse risvegliarsi. Rimase nella stessa posizione e le rispose:

- Jane come sta? –

Snow guardò Bigby, poi il morto. Fece un’espressione disgustata ma pietosa. Abbassò lo sguardo e disse:

- Swineheart non ha ancora finito, ma non preoccuparti. Se la caverà. –

Bigby annuì con la testa. Snow si preoccupò per il silenzio che piombò tra loro. Cercò di parlargli:

- Bigby, non hai fatto nulla di -

Bigby si voltò verso Snow, ma non disse nulla. Si limitò solo a guardarla. Sapeva che lo diceva per farlo stare meglio, ma non la pensava così. Lei inspirò profondamente, poi tornò a guardare il morto sul tavolo. Non poteva nemmeno esaminarlo perché Swineheart doveva effettuare l’autopsia e non sono ammesse contaminazioni.
Snow gli si avvicinò e disse:

- Hai salvato Jane; questo è molto più importante. –

Bigby si voltò verso Snow e le disse:

- Jane se la sarebbe cavata anche se non fossi intervenuto. Quello che ho semplicemente fatto, ha contribuito a non far parlare mai più questa persona.  –

Snow sobbalzò leggermente. Bigby la guardò. Aveva un’espressione di dispiacere e tristezza; tentò di distogliere lo sguardo. Entrambi guardarono l’uomo, infine Snow aggiunse:

- … Sono sicura che Swineheart saprà dirci qualcosa, vedrai. –

Bigby annuì poco convinto. Snow gli poggiò una mano sulla spalla e disse:

- Hai salvato la tua collega. Non ti biasimo per questo… lo avrei fatto pure io. –

Bigby guardò Snow con aria colpita, poi ricordò l’episodio in cui lo salvò da Bloody Mary. Ridacchiò tra sé e disse:

- … Certo che ne saresti capace. –

Snow sorrise leggermente. Alle loro spalle arrivò Swineheart col suo borsone:

- La vostra collega sta bene. Le compariranno delle lesioni sul collo per via dello strangolamento, ma a parte questo, dovrebbero sparire in poche settimane. –

Snow ringraziò il medico; poi quest’ultimo si avvicinò al cadavere, poggiò la borsa al tavolo adiacente e disse:

- Bene! Ora è il turno di questo povero diavolo. Datemi un po’ di tempo per l’autopsia e avrò dei risultati per voi. –

I due annuirono e si allontanarono mentre il medico distribuiva i vari bisturi sul tavolo. Dopo aver posizionato il separé di carta, Snow si rivolse a Bigby:

- Ho bisogno una tuo rapporto sull’accaduto. Per la causa della morte metteremo “colpo accidentale” … -

Bigby annuì, ma non era convinto neanche di questo.
Mentre Snow si allontanava dai due detective per andare alla scrivania, Jane si sedette ai piedi di una statua di marmo e si massaggiò il collo. Bigby guardò la collega a distanza, poi, quando le fu di fronte le chiese:

- Tutto bene? –

Jane guardò Bigby, gli sorrise leggermente e risposte:

- … Sto bene grazie. Mi dà un po’ di fastidio, ma è sopportabile. –

Bigby annuì con la testa. Si voltò dall’altra parte e vide Snow al telefono. Rimase a fissarla pe qualche istante e Jane disse:

- Avrei dovuto darti ascolto. –

Bigby si voltò verso la collega che sospirò dispiaciuta:

- … Avrei dovuto ascoltarti. Quel tipo non stava bene e poteva benissimo ammazzarmi. Ci stava quasi riuscendo. Se non fosse stato per il tuo intervento, probabilmente non sarei qui a ringraziarti. –

Bigby rimase in silenzio. Si avvicinò ai piedi della statua, si sedette vicino a Jane e disse:

- Ho solo fatto quello che ritenevo giusto fare. –

- Eppure ti ritieni colpevole per la morte di quell’uomo… -

Bigby la guardò. Era così evidente? Fece per distogliere lo sguardo e fissò il pavimento. Jane si sistemò la gamba destra sopra al ginocchio sinistro:

- Lo so che non volevi ucciderlo, ma non hai fatto niente di cui tu debba incolparti. –

Bigby guardò il pavimento e ripensò al sogno con la pecorella: lei era rimasta in vita per via della sazietà di Lupo; ma quell’uomo, che aveva bisogno di aiuto, ora si trovava morto e col petto aperto su un tavolo operatorio provvisorio a causa della sua rabbia.
Non era questa la promessa che si era fatto tanti anni fa.
Bigby si passò una mano sui capelli e, grattandosi leggermente la testa disse:

- … Da quando faccio questo lavoro, mi sono imposto delle regole da seguire per cercare di essere un buon detective… oggi ne ho infranta una. Come posso passare sopra a quello che è appena successo facendo finta di nulla? –

Jane distolse lo sguardo, guardò il soffitto alto e disse:

- Per lo stesso motivo che anche i più grandi detective a volte sbagliano. Non sentirti l’unico, perché non è così. Non sempre il nostro lavoro è tutto rose e fiori, e credo che tu lo sappia meglio di chiunque altro. –

Bigby guardò Jane e pensò a quelle parole. In parte riteneva giusta l’osservazione della collega, ma dall’altra lo incuriosirono: come poteva dirlo con certezza? Aveva fatto qualcosa di sbagliato per decidere di finire qui nei distretti di Fabletown? E se non fosse stata così sincera con lui e Snow? Forse nascondeva qualcosa che è stato omesso dal suo fascicolo professionale…
In quel momento, la voce del Dr. Swineheart echeggiò per l’ufficio:

- Ehm, Sig.ina Snow? Sig. Bigby? Credo che questo dobbiate vederlo, anche se non sarà un bello spettacolo… -

I due detective si alzarono, mentre Snow li raggiungeva dalla stessa direzione. Appena furono vicino al separé, il Dr. Swineheart spostò il separè di carta con la mano insanguinata e disse:

- Spero che non siate deboli di stomaco, ma è davvero un indizio importante. –

Snow si avvicinò e chiese:

- Di cosa di trat…! –

Snow sussultò alla vista dell’uomo: aveva il petto tagliato a metà tenuto aperto grazie ad un divaricatore di metallo a manopola. Lo stomaco giaceva nel piatto in acciaio lucido tinto di rosso, adiacente ai vari bisturi insanguinati e alla carta assorbente inzuppata di sangue.
Lo spettacolo in sé era già inquietante, ma ciò che scioccò i tre fu lo stomaco pieno di bruciature. Era completamente perforato da tante piccole corrosioni circondate di nero. Sembrava che ci avessero versato dell’acido sopra.
La scoperta scioccò tutti, compreso il Dottore, nonostante tenesse l’organo in mano con una naturalezza spaventosa:

- Come potrete notare, lo stomaco di questo poveretto si è perforato dall’interno. Sicuramente è la causa della morte, ma bisogna fare altri accertamenti. –

Jane osservò l’organo bruciato e chiese:

- Solo lo stomaco è ridotto così? Il resto è normale? –

Swineheart girò sull’altro lato l’organo e rispose:

- Solo lo stomaco. Il resto è tutto intatto… più o meno: i polmoni erano completamente neri a causa della sua mania del fumo. Probabilmente fumava molto per calmare l’astinenza quando non riusciva ad ottenersi la dose. -

Bigby rimase senza parole: che cosa aveva ingerito di così corrosivo tanto da sciogliere lo stomaco in quel modo?

- Cosa pensa abbia ingerito? Una qualche sostanza tossica? –

Mentre il dottore posò lo stomaco nella bacinella di metallo, prese dal tavolo un piccolo barattolo di plastica col tappo rosso contenente del liquido giallo scuro e disse:

- I succhi gastrici sono potenti a punto di sciogliere qualsiasi cosa ingerita, ad eccezione ovviamente dello stomaco stesso; quindi dubito che siano la causa. -

Poi frugò dentro la borsa e vi estrasse una scatola bianca. La scritta indicava MultiDrugControl.
Aprì la scatola, tirò fuori una carta assorbente, svitò il tappo rosso del barattolo e spiegò cosa stava per fare:

- Questo ci sarà molto utile: su tratta di un test di screening antidroga. È un assemblaggio di immunoassays cromatografici che, grazie a questa tabella, potremmo valutare. –

Swineheart mostrò la tabelle cromatica a Bigby e Jane. La tabella era formata da tre colonne divise da una linea nera e ciascuna contenente delle sigle con accanto diverse gradazioni di colori.
Il Dottore continuò a spiegare il funzionamento del test:

- Viene usato dalla polizia per individuare tracce di qualsiasi droga presente nell’organismo: cocaina, anfetamina, metanfetamina, marijuana, metadone, MDMA, etc. Inoltre, ci permetterà di avere i valori esatti degli ossidanti, del PCC, Peso specifico, pH, Nitriti, Glutaraldeide e Creatinina presenti nelle urine del nostro amico. –

Appoggiò il barattolo sul tavolo e Snow chiese:

- … Quindi quella è -

Il medico finì la frase per Snow e indicò l’uomo sul tavolo:

- La sua urina. –

Snow rimase in silenzio. Dall’espressione che aveva in viso, sembrava domandarsi come avesse fatto il dottore a prelevare il campione… rimase zitta. Non voleva sapere.
Il medico immerse la carta nel liquido, poi lasciò che l’urina venisse assorbita per bene:

- Se questo test rileverà la presenza di qualsiasi sostanza, potrà confermare la nostra ipotesi e darci maggiori dettagli. –

Quando sollevò la carta assorbente, il dottore esclamò:

- Oh mio dio… -

Snow, allo stremo del conato di vomito, chiese:

- Cosa? Che ha scoperto? –

Il dottore fissò la carta bagnata e controllò ancora la tabella cromatica per esserne sicuro:

- Beh…Wow. Questo è davvero strano. -

Jane era curiosa di capire cosa avesse scoperto:

- Cosa dottore? Che succede? –

Il medico si voltò verso i tre e disse:

- Di solito i colori non dovrebbero mai essere più di uno… -

I due detective e Snow si guardarono stupiti. Snow si avvicinò per vedere meglio:

- … Ma sono presenti più di 10 colori insieme. –

Il test sembrava impazzito. Le diverse sfumature di colori, mischiate nella carta assorbente, indicavano tracce di circa metà delle sostanze tossiche, acide e chimiche segnate sulla tabella. Erano presenti sfumature dal blu fino al rosso, dal viola fino al verde e dal giallo fino all’arancione.
Il medico controllò meglio il test e la data di scadenza, ma non vi era nulla di irregolare. Quel test era valido.
Bigby non poteva credere ai propri occhi: nell’organismo di quell’uomo erano presenti più di 10 tipi di droghe differenti. Come aveva fatto a digerirle tutte e a non finire subito in overdose? Era impossibile…
Swineheart sembrava scioccato. Tutti lo erano. Com’era possibile che un uomo potesse ingerire tutte quelle droghe in una volta sola?
Snow guardò la carta assorbente e chiese:

- Com’è sopravvissuto così a lungo? E come aveva la forza necessaria per potersi muovere? Insomma, una persona sotto effetto di stupefacenti finisce in uno stato catatonico poco dopo aver assunto la dose… non è possibile che sia riuscito a fare quello che ha fatto! –

Bigby guardò la carta, ancora incredulo:

- Eppure c’è riuscito... –

Quest’ultimo si voltò verso Jane e le disse:

- Quell’uomo aveva una forza straordinaria quando ho provato a fermarlo la prima volta al negozio; inoltre è riuscito a tenermi testa quando avevo tentato di bloccargli il braccio. –
Jane passò con le dita il collo pieno di lividi:

- E’ vero… aveva una forza sovrumana. –

Swineheart iniziò a parlare:

- Forse a questo posso rispondere: uno degli effetti della Cocaina è quella di provocare forte tensione muscolare che, assieme all’aumento del battito cardiaco, può dare una notevole forza. Invece, uno degli effetti del Crack è l’aggressività. Mischiando questi due effetti, si ha una combinazione letale. –

Bigby e Jane si guardarono:

- … Che abbia assunto due droghe contemporaneamente? Questo spiegherebbe la varietà di gradazioni di colori della carta. –

Jane lo fermò:

- No, non tutte. Solo due. Il resto fa parte di altre droghe, compresi gli effetti. –

Snow si rivolse a Jane e le chiese:

- Che intendi dire? Pensi che abbia preso più di due droghe insieme? È impossibile. Non sarebbe sopravvissuto. –

Jane indicò la carta assorbente senza toccarla:

- Non lo penso, lo dico con certezza. Il suo comportamento corrisponde perfettamente con i diversi effetti delle droghe; in più le gradazioni di colore confermano la lista a cui stavo pensando. –
Bigby si voltò verso Snow, poi di nuovo verso Jane e disse:

- Non capisco dove vuoi arrivare… -

Jane prese la tabella cromatica e spiegò la sua teoria:

- Guardate: uno dei comportamenti mostrati dall’uomo era il delirio, tipico di chi assume Crack o Cocaina. Qui sulla carta ne ha segnato delle tracce. Altro comportamento che ho notato sono le pupille: la dilatazione è presente in tutti coloro che assumono qualsiasi tipo di droga, ma solo con una si possono avere pupille ristrette, ovvero, l’Eroina. Le vene varicose sul corpo sono piuttosto visibili e fini, ma si notano principalmente su coloro che assumono Cocaina, Eroina o Alcol; e guarda caso, anche la carta assorbente ne ha rivelato delle tracce. –

Mentre Jane dimostrava la sua ipotesi, Bigby capì dove voleva andare a parare:

- Un altro comportamento era l’alterazione della percezione del rischio e del dolore. Nonostante avesse centinaia di pezzi di vetri conficcati nelle braccia, non sembrava soffrire affatto; oltre ad avere zero paura di me e Bigby. Questo è un tipico effetto dell’Ecstasy. E anche qui sulla carta ne ha segnato delle tracce. Poi, aveva le allucinazioni: dichiarava che ci fosse qualcuno o qualcosa che lo volesse uccidere; è possibile che si tratti di qualche allucinogeno, di droghe psichedeliche come l’LSD o la Ketamina. E guarda caso, la carta ha riportato tracce di allucinogeni. Altro fattore strano è che gli occhi sono arrossati, cosa tipica di chi fuma Marijuana. –

Bigby e Snow rimasero a guardarla. Colpita, Snow chiese:

- Hai frequentato corsi di aggiornamento sugli effetti delle droghe mentre eri in polizia? –

Jane annuì:

- Al secondo anno, al distretto di Boston. Ho avuto modo di conoscere e capire la meccanica delle droghe, quali effetti possono dare alle persone e le diverse reazioni. È molto utile in certi casi conoscere la persona che si ha davanti. Era un corso preparatorio, per quando saremo andati sotto copertura. –

Snow sorrise mentre Bigby rimase perplesso. Stava cercando di farsi notare o cosa?
Jane si voltò di nuovo verso la carta e disse una frase che spiazzò entrambi:

- Ma c’è qualcosa di strano nella reazione di quest’uomo… -

I due si guardarono, poi Snow chiese:

- Strano? Strano in che senso? –

Jane indicò verso l’uomo e disse:

- La cosa più strana è che non presenta alcun segno di iniezione di siringa nelle parti inferiori o superiori del corpo, quindi deve averla ingerita o inalata. Inoltre, il colorito pallido sta ad indicare un uso continuo e prolungato delle droghe e il viso scavato indica il collasso del metabolismo. Non è un drogato dilettante alle prime armi, ma uno che ha provato qualsiasi cosa… –

Bigby guardò Jane incuriosito e chiese:

- C’è qualcos’altro che ti preoccupa, o sbaglio? –

Jane incontrò lo sguardo preoccupato del collega; tornò a guardare l’uomo e disse:

- … è praticamente impossibile che quest’uomo non si sia mai iniettato droghe senza l’uso della siringa. Alcune droghe, se ingerite o inalate, sono tossiche e portano alla morte all’istante. È come ingerire del cianuro, del mercurio o della soda caustica. Non si può sopravvivere per neanche 2 minuti! –

Bigby incrociò le braccia e pensò:

- … E’ davvero possibile prendere tante droghe messe assieme in una volta sola? –

Jane guardò Bigby e rispose:

- Non penso, ma non è mai stato provato fino ad ora… -

Nello studio piombò il silenzio generale, poi i due detective ebbero un illuminazione. Bigby guardò Jane e lei fece lo stesso. Entrambi provarono un orribile sensazione, poi Jane disse:

- E’ possibile che –

Bigby finì la frase:

- Che ci sia un circolo di esperimenti clandestini su una nuova droga, più potente e più efficace di tutte le droghe messe assieme. –

La paura si percepì nell’aria. Snow ebbe i brividi sentendo la conclusione dei due detective, mentre Swineheart rimase senza parole.
Bigby e Jane si fissarono, poi lei disse:

- Quest’uomo ci ha detto più cose da morto che da vivo… -

Bigby si voltò a guardare l’uomo e disse:

- … E a quanto pare siamo finiti in un caso molto più intricato di quanto immaginassimo... -

L’uomo disteso sul tavolo col petto aperto non era più un morto qualunque; ora era una prova e la prima vittima di una nuova droga sconosciuta.
 
***
 
Dopo aver ricucito il petto dell’uomo, Swineheart si ripulì e si preparò per andare a visitare un altro paziente. Mentre Snow accompagnava Swineheart alla porta ringraziandolo per il suo aiuto, Bigby e Jane aprirono il nuovo caso catalogandolo col nome “L’uomo della mimosa”.
Mentre Jane controllava la funzionalità della macchina fotografica, Bigby ispezionò il corpo per trovare eventuali segni identificativi. Prese un campione di capelli e di pelle, li inserì in due buste distinte di plastica, le sigillò e le ripose in uno scatolone per le prove.
Iniziò partendo dalla testa: il colorito pallido mise in evidenza una cicatrice sotto al mento vecchia di circa 15 anni, forse dovuta a una caduta; poi passò al collo, dove notò diversi fori rosso-violacei minuscoli posizionati all’altezza delle carotidi, probabilmente dovute dalle tante iniezioni di droga negli anni.
Mentre Jane scattava le foto alle varie parti, Bigby ispezionò il torso e le braccia e vi trovò indizi molto interessanti: all’altezza del pettorale destro, l’uomo aveva 5 bruciature di sigaretta posizionate in cerchio, vecchie di qualche anno. Quando controllò meglio, notò 5 linee che collegavano la serie: era un pentagramma satanico.
Bigby guardò Jane che stava fotografando i fori sul collo e le disse:

- Il nostro amico era un possibile satanista. Forse faceva anche parte di qualche setta. Si è fatto marchiare con la tipica stella rovescia, tipico segno distintivo. –

Bigby indicò la zona e Jane scattò subito una foto istantanea. Appena uscì la foto, la prese tra le dita e la sventolò per asciugarla; nel mentre chiese:

- Secondo te c’è una connessione tra questo simbolo e l’attacco alla macelleria? Potrebbe far parte del rito d’integrazione. –

Bigby prese l’istantanea e la guardò: la luce metteva perfettamente a fuoco tutti i dettagli. Sembrava un marchio inciso a fuoco, come quello che si fa alle mucche per rivendicarne la proprietà. Bigby guardò la foto, poi Jane, le porse la foto da inserire nell’archivio e disse:
 
- No, non penso. Le cicatrici sono troppo vecchie per essere di questo periodo. Non avrebbe senso aspettare così tanto tempo per integrare qualcuno. Però, se davvero vuoi entrare a far parte di un gruppo del genere, lo fai con la consapevolezza che una volta entrato non puoi più tornare indietro. –

Jane guardò Bigby, poi la foto e infine la depositò nel fascicolo prove. Nel mentre disse:

- …Forse non era un rito d’integrazione, ma di passaggio. –

Bigby guardò il corpo e rispose:

- Non credo… nelle sette sataniche non esistono riti di passaggio. C’è un leader nel gruppo che fa si che i seguacei lo vedano come il profeta di Satana. Di solito è una persona con una personalià forte, dominante, anarchica e impulsiva. Se lui è il capo, resta tale. –

 Jane guardò Bigby, poi il corpo:

- E lui non ha l’aria di un leader, quindi è un seguace… potrebbe essere stato assassinato dal suo stesso gruppo? Forse aveva deciso di andarsene e chiudere la storia della setta. -

Bigby continuò ad ispezionare il corpo:

- E’ un’idea, ma non ne siamo ancora certi… -

Quando arrivò all’altezza delle braccia, oltre ai diversi tagli causati dal vetro,  Bigby notò un disegno sull’avanbraccio: era piuttosto sbiadito e una parte era arrossata per via di un taglio vicino. Assomigliava molto al simbolo religioso taoista Yin e Yang.
Bigby lo ispezionò meglio e constatò che non era un simbolo religioso, ma era un semplice cerchio con al centro una linea curva rivolta verso sinistra. All’interno era coperto di venature sbiadite grigie ondulate, ma non si capiva cosa rappresentasse. Jane scattò l’ennesima foto dei tagli in diverse angolazioni e chiese:

- Trovato qualcosa d’interessante? –

Mentre gli si avvicinava, Bigby continuò a ispezionare meglio il simbolo:

- C’è uno strano simbolo disegnato sull’avanbraccio. Sembra un tatuaggio sbiadito, ma non si capisce cosa rappresenti… -

Jane guardò il disegno, scattò una foto e chiese:

- Potrebbe essere un tatuaggio rimosso o fatto con materiali scadenti che lo hanno ridotto in questo stato. –

Bigby osservò ancora il disegno, ma non riusciva davvero a capire che cosa potesse essere:

- Probabile. Nel frattempo continuniamo a cercare indizi. Scatta qualche foto del tatuaggio, ce ne occuperemo più tardi. Intanto vado a ispezionare gli abiti. –

Jane fece altre foto, mentre Bigby andò a prendere lo scatolone conteneti gli indumenti, lo poggiò su un tavolo di legno scuro e uno alla volta li tirò fuori analizzandoli pezzo per pezzo per controllare se ci fossero tracce o indizi di qualsiasi tipo.
Non trovò nulla di sospetto a parte le macchie di sudore, unto e qualche capello della vittima, ma quando controllò la felpa nera, Bigby percepì un forte odore provenire da quest’ultima. Sembrava che avesse della naftalina all’interno delle tasche. Le ispezionò e vi trovò uno scontrino appallottolato; quando lo aprì, lesse il nome di una farmacia erboristica chiamata “The Green Tree” e il pagamento di alcuni grammi di semi (non era specificato che tipo) risalente a 4 mesi fa. Bigby controllò meglio l’indizio e notò che anch’esso era ricoperto dall’odore di naftalina che aveva sentito prima. Forse l’uomo aveva messo qualcosa nelle tasche che, col tempo, è rimasto impregnato.
Jane raggiunse Bibgy al tavolo, gli porse una busta di plastica trasparente e disse:

-  Tieni, mettilo qui dentro. –

Bigby prese la busta, inserì lo scontrino e la sigillò. Jane ne appiccicò un’etichetta, poi lo esaminò:

- Una farmacia... ottimo posto per trovare ingredienti per le droghe-fai-da-te. –

Bigby aveva appena finitò di ispezionare i vestiti e disse:

- Qui non c’è nient’altro. Hai già scattato le foto al corpo? –

Jane poggiò la busta all’interno dello scatolone e mentre metteva il coperchio alla scatola disse:

- Ho appena terminato di catalogarle e riordinarle nel fascicolo delle prove. Che facciamo ora? –

Bigby prese lo scatolone, andò a posarlo a terra vicino al tavolo dove stava il corpo e disse:

- Andiamo al negozio di Johann. Dobbiamo ancora ispezionare la scena del crimine. Porta la macchina fotografica con te, e porta delle fiale di plastica. Io intanto informo Snow che lasciamo l’ufficio. –

Jane annuì. Mentre lei andava a prendere delle istantanee nuove e le fiale di plastica, Bigby andò da Snow per informarla. Quando la trovò tra gli scaffali, Bigby notò che stava parlando con Bufkin:

- … come sarebbe che non può? Non è disponibile per quella data? –

- Così mi ha detto… ma non si preoccupi Sig.ina Snow; farò di tutto per convincerlo! –

Stavano parlando di nuovo di quell’argomento misterioso. Che diavolo stavano tramando quei due? Quando fu abbastanza vicino, si schiarì la voce e disse:

- Ehm… ragazzi… -

Snow e Bufkin fecero un mezzo salto all’indietro per lo spavento. Snow, cercando di essere il più normale possibile (senza riuscirci) rispose:

- Oh! … S-sì Bigby? Hai b-bisogno di qualcosa? –

Bigby notò l’imbarazzo sul volto di entrambi. Stavano decisamente nascondendo qualcosa, se lo sentiva. Decise di non intromettersi nemmeno stavolta e, con tranqullità, disse:

- … Volevo solo informarvi che io e Jane andiamo a ispezionare il negozio per trovare altri indizi. Torneremo appena possibile. –

Snow annuì. Bigby notò un leggero rossore sul suo viso. Tra sé e sé sorrise; gli piaceva molto quando lei arrossiva. Raggiunse Jane, che nel frattempo si era rifornita di foto istantanee e fiale vuote. Vedendolo sorridere, quest’ultima chiese:

- Perché quell’aria compaciuta? –

Bigby guardò Jane e disse:

- Niente di particolare. È solo che… a volte fare l’investigatore è davvero un bel lavoro. –

Mentre Bigby si avviava verso la porta, Jane lo fissò con lo sguardo da lontano; poi lo raggiunse.
 
***

Quando arrivarono davanti al negozio di Johann, Jane scattò subito qualche foto alle vetrine in frantumi. Bigby si avvicinò alla porta, sigillata da bande di plastca gialla e nera con scritto “Police Line Do Not Cross” a caratteri neri cubitali. Accanto alo stipite di ferro della porta c’era un foglio attaccato con del nastro di carta, dove indicava l’accesso riservato alle sole forze dell’ordine all’interno della struttura. Con una mano, Bigby sradicò la barriera di plastica con estrema facilità e liberò il passaggio. Jane lo raggiunse e chiese:
 
- Cosa cerchiamo esattamente? –

- Qualsiasi indizio che possa esserci utile per l’indagine. Hai portato le fiale? –

Jane frugò dentro la borsa, tirò fuori una manciata di fiale di plastica vuote e disse:

- Ecco qua. Raccogliamo dei campioni di sangue? –

Bigby le prese in mano e le pose nel taschino della camicia:

- Anche, ma qualsiasi indizio sarà più che utile. –

I due detective entrarono nel negozio e iniziarono a ispezionare ogni angolo. Bigby tornò dove aveva trovato il sangue la prima volta e ne raccolse dei campioni. Jane scattò diverse foto di vetri in frantumi, coltelli affilati e macchie di sangue.
Dopo circa mezz’ora, i due andarono nel retro a cercare altri inidizi. Appena varcarono la porta della cella frigorifera, Bigby notò alla sua destra il pulsante della luce; lo premette e quasi immediatamente le luci a neon si accesero uno ad uno in pochi illuminando la stanza. Visto al buio, il magazzino sembrava molto più stretto e piccolo, ma in realtà era molto più largo di quello che sembrava. La temperatura si era alzata e al suo interno erano rimasti soltanto pezzi di carne essiccata.
 
I due detective si divisero l’ispezione della stanza: Bigby a sinistra e Jane a destra.
Mentre Bigby ispezionava la sua zona, si ritrovò alla porta d’alluminio dove l’uomo stava brandendo contro il machete per scappare. C’erano ancora i segni di piegatura e i tagli causati dalla lama affilata. Si guardò attorno e cercò più indizi possibili. Improvvisamente, vicino alla serranda, Bigby percepì di nuovo quell’odore di naftalina. Cercò di capire da dove provenisse e trovò qualcosa: per terra, incastrato sotto la serranda, c’era un foglietto di carta. Si abbassò e quando lo prese in mano, lesse che si trattava di un biglietto prevendita di una discoteca. Bigby percepì un intenso odore di naftalina provenire dal biglietto, così chiamò Jane:

- Hey Jane! Ho trovato un indizio. –

Jane accorse subito e Bigby le fece vedere il biglietto. Lei lo prese in mano e disse:

- Pensi che lo abbia perso il nostro uomo? –

- Si, penso di sì. –

Quando girò sul retro del biglietto, Jane fece una faccia stupita:

- Oh… -

Bigby guardò la collega con aria confusa e chiese:

- Che c’è? –

Jane si accucciò vicino a Bigby, poggiò la borsa a terra e prese il fascicolo contenente le foto delle prove. Ne cercò una in particolare e dopo averne sfogliate di diverse, Jane trovò quella che stava cercando. Guardò prima il retro del biglietto, poi la foto per un paio di volte. Bigby non capiva cosa avesse scoperto:

- Jane? Che cos’hai trovato? –

La collega guardò Bigby, girò verso di lui la foto e il retro del biglietto e disse:

- Ho capito cos’è il disegno sul suo braccio. –

Bigby prese la foto del tatuaggio che avevano trovato sul braccio dell’uomo e il retro del biglietto prevendita; solo dopo notò che su quest’ultimo c’era scritto in ricalco il nome e il logo della discoteca. La discoteca si chiama “Sun and Moon eclipses” e come logo aveva un sole e una luna disegnati assieme. Bigby notò la somiglianza tra i due e capì:

- … Non è un tatuaggio… è un timbro. –

Jane annuì. Finalmente sapevano cos’era quello strano simbolo. Bigby restituì la foto a Jane, prese una busta di plastica e sigillò la prevendita al suo interno. Si alzarono entrambi e Jane disse:

- Forse quelli della discoteca sapranno dirci qualcosa su quell’uomo. –

Bigby si sistemò la cravatta e disse:

- E magari è il luogo dove ha preso la droga. Andiamo subito. –

Fecero per uscire dal negozio e si avviarono subito verso la discoteca.
***

Dopo circa 20 minuti, Bigby e Jane arrivarono al locale notturno. L’edificio era in stile moderno, con pareti in cemento colorate di verde scuro e sfumature di verde chiaro; le finestre coi cornicioni gialli e le tende bianche davano un senso di casa-bordello, dove le prostitute serviavno i loro clienti. Sopra la porta d’entrata, c’era una grande insegna a neon rosa che raffigurava una strip dancer coi tacchi aggrappata ad un palo da Pole Dance, mentre una gamba si muoveva su e giù per dare l’effetto che stesse danzando.
Bigby, guardando il locale, ricordò lo striptease di Georgie, il “Pudding and Pie”, dove aveva trovato informazioni riguardo a Faith.
Faith… a sentire quel nome, Bigby ricordò il loro primo incontro. Gli venne in mente la prima volta che s’incontrarono e quando gli sussurrò all’orecchio:
 
<< Non sei poi così cattivo come tutti quanti dicono… >>

Fu la prima volta che, dopo anni di maltrattamenti, maledizioni e accuse da parte dei personaggi del mondo delle Fiabe, Bigby sentì dirsi dire qualcosa di dolce e sincero.
Ricordava come lei lo guardasse con aria rassicurata e sorridente nonostante la serataccia passata. Per la prima volta, lui notò che qualcuno si sentiva al sicuro e protetto grazie a lui. Per lui era…

- Bigby? Tutto bene? –

In quel momento, Bigby si risveglio dalla sua trace e rispose cercando di essere il più presente possibile:

- Oh… si si ci sono, scusami. Stavo… pensando a una cosa. –

Jane lo guardò per qualche istante; sembrava che fosse sul punto di chiedergli qualcosa, ma lasciò stare e tornò a guardare il locale; nel mentre disse:

- …Stavo pensando che forse il nostro uomo ha comprato qui la droga. Potrei andare a controllare all’esterno se ci sono indizi importanti. Ho notato il vicolo che porta sul retro; potrei dare un occhiata. –

Bigby si voltò verso Jane e disse:

- Per quanto io detesti questi genere di posti, preferisco che tu sia con me. Non posso rischiare che tu venga aggredita nel retro di una discoteca mentre sei –

Jane lo interuppe prima che finisse la frase:

- E, nel caso qualcuno all’interno decidesse di scappare, posso fermarlo in tempo. –

Bigby si zittì. Non era affatto stupida come idea. Un piano B serviva sempre in casi come questi. Bigby guardò la strada che conduceva al retro del locale, poi Jane. Quella ragazza sapeva il fatto suo. La guardò per qualche istante, poi rispose:

- … Va bene; tu sorveglia e controlla che nel retro non ci sia qualcosa d’interessante. –

Jane sorrise e fece per avviarsi, ma Bigby la fermò:

- E, Jane… -

Lei si voltò per guardarlo:

- Si collega? –

Bigby la osservò, tirò fuori dala tasca che fiale di plastica vuote e disse:

- Usa queste, nel caso dovessi trovare campioni da esaminare. –

Jane prese le fiale, le guardò nel palmo nella mano, poi guardò Bigby; gli sorrise leggermente, le sistemò nella borsa e rispose:

- Grazie collega. Ecco, prendi. –

Jane prese il fascicolo prove, tirò fuori una foto dell’uomo morto e la porse a Bigby:

- Può esserti utile. Se identificano il cadavere, siamo a cavallo. -

Bigby annuì, mise la foto nel tasca dei pantaloni e guardò Jane. Lei stava sorridendo leggermente e lui le chiese quasi scherzando:

- Perché quell’aria compiaciuta? -

Jane ridacchiò leggermente e rispose:

- Oh, niente di particolare. È solo che a volte fare l’investigatrice è davvero un bel lavoro. –

Bigby sorrise leggermente e Jane capì che aveva apprezzato la battuta. Mentre per strada passavano i taxi, Jane si rivolse di nuovo a Bigby e gli disse:

- Se finisco prima ti aspetto fuori, vicino all’entrata del locale; in caso contrario, vienimi a cercare sul retro. –

Bigby annuì. Nonostante avesse l’attegiamento tipico da leader, le stava particolarmente simpatica. Jane attraversò la strada e si diresse verso il vicolo che portava sul retro del locale; Bigby fece lo stesso: attraversò la strada, ma si diresse verso l’entrata principale. La spalancò ed entrò nel locale.
Appena varcò la porta, Bigby si ritrovò nella Hall adornata di tutto punto: le pareti erano colorate in verde chiaro, quasi fosforescente, con disegni di donne e uomini dai corpi asciutti e snelli in posizioni sensuali. Il soffitto era ricoperto di luci colorate a neon tonde che cambiavano colore ogni 5 secondi. Il bancone della reception, dove si vendevano i biglietti e si consegnavano le giacche nel guardaroba, Bigby notò uno stampo per timbri. Riuscì a prenderne uno e quandò guardò la parte inchiostrata di nero, riconobbe il disegno sul retro della prevendita.
Fra sé e sé pensò:

Bene; almeno so di essere nel posto giusto.

Posò il timbro dove lo aveva trovato e si diresse verso la sala principale. La porta che collegava la Hall alla sala era coperta da una semplice tenda da teatro pesante in pile verde scuro lucido con corde dorate che penzolavano fino a toccare quasi terra. Bigby spostò una delle parti e davanti a lui si aprì il mondo del Sun and Moon: al centro della sala, c’era una pedana brillantinata con delle sbarre, che formavano una specie di gabbia, con un palo da Pole Dance in mezzo e delle sedie da bar attrono; altre pedane, collegate fra loro, erano piene di pali ed erano accerchiate da comode poltrone in velluto rosso attaccate ai muri. Sul palco in alto, c’erano le casse registratori e tutta l’attrezzatura necessaria per la musica. Sparsi per la sala, c’erano cubi per ballare di colore nero e all’angolo a destra c’era la zona bar, rifornita da una gigantesca credenza contenente tutti i tipi di liquore, rum e alcol inimmaginabili.
Bigby sentì che in sottofondo c’era della musica stile Jazz, lenta e sensuale. Scese i tre gradini che lo dividevano dalla porta alla sala e mentre si guardavaa attorno, sentì una voce:

- Salve! Posso aiutarla? –

Bigby si voltò e vide un ragazzo magro dai capelli neri col ciuffo. Indossava un abito da barista, con camicia bianca, pantaloni neri attillati, grembiule rosso e scarpe grigie. Il ragazzo si avvicinò per stringerli la mano e solo in quel momento, Bigby notò che portava il mascara e rimmel sugli occhi. Perché indossava del makeup?
Il ragazzo tese la mano per presentarsi:

- Oh… Ciao Bigby! Non ti avevo riconosciuto! Quanto tempo! –

Bigby, nel frattempo, gli strinse la mano e nel mentre pensò:

Non ho la più pallida idea di chi sia questo tipo…

Il ragazzo capì dall’espressione sul volto di Bigby che ancora non aveva capito chi fosse, così si presentò per nome:

- Ehehe! Fanno tutti fatica a riconoscermi adesso: sono Pete, il figlio di Geppetto! –

Bigby sgranò gli occhi: era Pinocchio? Il burattino di legno?
Lo guardò con aria sconvolta, mentre Pete aggiunse:

- Cioè, Pete è il mio nome da umano adesso; prima ero Pinocchio, ma adesso ho cambiato nome. –

Bigby ancora non ci credeva. Era completamente irriconoscibile, totalmente diverso. Ancora senza parole, Bigby cercò di dire qualcosa:

- … Caspita… sei cambiato tantissimo. Ma cosa ci fai qui? Credevo che tuo padre fosse tornato nel mondo delle Fiabe. –

Pete sorrise:

- Oh si; il Babbo ha chiuso il negozio di falegnameria ed è tornato a casa perché qui non riusciva a guadagnare bene. Però io, da quando lavoro in questa discoteca, posso permettermi di pagare il cammuffamento magico e di mandargli dei soldi. Sai, se vuoi potresti venire qui a lavorare. Si guadagna piuttosto bene! –

Bigby, riprendendosi dalla sorpresa, si ricordò del suo lavoro e del motivo per cui era venuto nel locale. Decise di parlarci e chiedergli qualche informazione:

- Quindi tu lavori qui? –

Pete si sistemò il ciuffo sbarazzino all’indietro e rispose:

- Si esatto. Sto dietro al bancone del bar a fare cocktail tutte le sere. E’ fantastico; ogni sera trovi tante belle ragazze che vogliono rimorchiare! Oh… ma che maleducato! Vuoi bere qualcosa? Offre la casa. –
Bigby rifiutò gentilmente:

- No, ti ringrazio; sono in servizio adesso. –

Pete si voltò verso di lui e, sorpreso, chiese:

- … In servizio? Lavori in polizia? –

Bigby annuì:

- Sono lo Sceriffo di questo distretto da un paio d’anni ormai… e sono qui perché ho alcune domande riguardo ad un caso che sto seguendo. -

Pete sembrava sorpreso. Forse era la prima volta per lui che aveva a che fare con la polizia.

Si sitemò la camicia, invitò Bigby a sedersi al bar e disse:
 
- Certamente. Cosa vuoi sapere? –

I due si avviarono verso il bancone del bar, si sedettero e iniziarono a parlare. Bigby gli spiegò brevemente la vicenda e i fatti che lo hanno portato al locale. Il commento di Pete fu:

- Dio… poveraccio… chissà cosa gli è successo… -

- E’ quello che sto tentato di scoprire, e ho bisogno del tuo aiuto. –

Pete si radrizzò la schienza e annuì:

- Certo Bigby; chiedi qualunque cosa. -

Così, il detective andò nello specifico:

- Da quando lavori qui, hai mai notato qualcosa di sospetto? Non so, facce familiari, persone che non hai mai visto, movimenti strani… -

Pete rimase qualche istante a riflettere, ma negò:

- Mhm… no, non mi pare; anche perché me ne sarei accorto. –

Bigby prese la foto del cadavere dell’uomo e gliela mostrò:

- Questo è l’uomo che ha distrutto il negozio di Johann. Lo riconosci? Lo hai mai visto qui al locale? –

Pete guardò la foto. Ebbe una sensazione di disgusto nel guardarla, ma negò anche questa volta al limite del conato di vomito:

- Mhm mhm, no. Mai visto… ma forse i proprietari si. Sono qui tutte le sere e conoscono praticamente chiunque in questa città. Sicuramente lo avranno notato. Vieni, ti porto da loro. –

Bigby mise via la foto e seguì Pete. Attraversarono la sala da ballo e si diressero verso una porta di legno con su un cartello di divieto d’accesso tranne che per solo il personale del locale. Pete aprì la porta e Bigby si trovò davanti una rampa di scale che coducevano al piano superiore; la salirono, arrivarono ad un corriodio con 3 porte e Pete andò a bussare alla seconda. Bussò 4 volte e disse:

- Frank? Sei sveglio? Posso entrare? –

Dalla stanza si sentì solo qualcuno mugugnare, poi il silenzio assoluto. Pete provò di nuovo:

- Scusa se ti rompo a qust’ora Frank, ma c’è lo sceriffo Wolf che vorrebbe parlare con te. –

Dalla stanza, si sentì un altro mugugno, poi uno sbuffo; infine, il misterioso proprietario rispose mezzo addormentato:

- Uff… va bene, fallo entrare. –

Pete aprì la porta lentamente. La stanza era semi-buia con solo delle luci rosa-bordò fioche che illuminavano sopra la ringhiera del letto. Per terra in tutta la stanza, c’erano bottiglie di vetro e mozziconi di sigaretta (e dall’odore che si percepiva, anche della Marijuana). Al centro della stanza, c’era un enorme letto ad una piazza e mezza con le lenzuola sgualciate rosse, dove vi giacevano tre ragazze nude e un uomo in mezzo che dormivano.
Bigby guardò la scena e non disse nulla. Pete si avvicinò lentamente e disse:

- Scusa davvero tanto capo, ma lo sceriffo Wolf è qui per fare alcune domande riguardo a un caso a cui sta indagando. -

L’uomo alzò la testa e guardò Pete con aria assonnata:

- Aspè, fammi capire: ci sono gli sbirri? … Cazzo, se lo sapevo mi sarei almeno messo le mutande... Eheheheh! -

Pete ridacchiò leggeremente, Bigby invece, rimase impassibile. Gli sembrava di vedere una ragazzino che si credeva una rockstar nei suoi momenti di gloria circondato dal sesso, droga e rock ‘n roll.
Frank si alzò lentamente dal letto tentando di scrostarsi di dosso le ragazze che dormivano abbracciate a lui. Quando riuscì ad mettersi seduto ai piedi del letto, si strofinò la faccia addormentata e sospirò profondamente:

- … ‘Giorno sceriffo. A cosa devo questa piacevole visita? Qualcuno ha denuciato per l’ennesima volta il mio Body Guard per l’uso di “troppa violenza”? –

Bigby guardò meglio il proprietario, poi lo riconobbe. Nella semi-ombra, non aveva capito chi fosse, ma la voce l’aveva già sentita: era Frank, la Volpe della fiaba di “Pinocchio”.
Bigby ricordava la reputazione di Frank nel mondo delle Fiabe come truffatore, raggiratore e furfante. Nella sua mente lo aveva già posizinato nella lista dei principali indiziati.
Frank si alzò da letto (solo in quel momento Bigby e Pete notarono che era completamente nudo) e andò verso il tavolo degli alcolici, si servì un bicchiere di Scotch e disse:

- Sappia che il mio Body Guard fa solo il suo dovere: non è colpa loro se quel caga-cazzi ha deciso di tirare un pugno dritto al naso del mio campione di Box! Ahahah! Avresti dovuto vedere com’è finito all’ospedale! Si era persino pisciato addosso! Ahahah! Esilarante… -

Bevve un sorso di Scotch. Bigby si mise a braccia incrociate e, schiettamente, rispose:

- Non sono qui per giudicare come pesta i suoi clienti il suo Body Guard, ma per farle qualche domanda riguardo a un caso che sto seguendo. –

Frank si voltò e finalemente Bigby potè vederlo bene (compreso le sue parti intime). Il suo fisico era ben allenato, con dei tatuaggi sparsi per tutto il corpo; i capelli rossi erano rasati ai lati con un ciuffo al centro che gli cadeva davanti agli occhi; aveva 6-7 piercing alle orecchie e uno sul labbro inferiore; indossava del rimmel e mascara sugli occhi e portava le lenti a contatto colorate bianche. Assomigliava ad un vampiro.
Frank finì di bere l’ultimo sorso di Scotch, lasciò cadere a terra il bicchiere vuoto e ridacchiando disse:

- … Ehehehe… Che è successo sta volta? Jimmy ha ucciso qualcuno? Non è una novità: quell’uomo ha più problemi con la legge che con i miei clienti… eheheh… –

Bigby lo guardò con aria seria. Non gli piaceva per niente questo tipo e quando Bigby lo pensa, è perché questa persona ha qualcosa da nascondere. Frank prese la bottiglia di Scotch mezza piena dal tavolo, si diresse verso il letto e si lanciò a peso morto per poi riprendere la coversazione:

- Io continuo a parlare, ma non le lascio nemmeno il tempo di spiegarsi… prego, dica pure. –

Prese un lungo sorso dalla bottiglia, fino a farla arrivare ormai alla fine. Pete, nel frattempo, aveva deciso di lasciare la stanza scusandosi dell’intrusione. Bigby si avvicinò e raccontò dell’accaduto brevemente. Dopo aver spiegato la vicenda, gli mostrò la foto dell’uomo:

- Questo è l’uomo che ha assalito il macellaio. Lo riconosci? -

Frank, nonostante lo stato alterato per via dell’alcol, esclamò:

- Oooh… OOOOOHHHH SI’, MI RICORDO DI LUI! Certo che mi ricordo! –

- Lo conosci? Come si chiama? –

Per un attimo, Frank sembrò riconoscerlo, ma poi cambiò totalemente espressione:

- Ah, aspè… No, mi sono sbagliato! Non è la persona che credevo! Ehehehe… -

Quanto avrebbe voluto tirargli un pugno in faccia! Quello stronzo gli ricordava moltissimo Georgie e il suo modo di fare spavaldo da irrimediabile stronzo.
All’improvviso, Frank prese la foto dalle mani e guardandola meglio disse:

- … Però assomiglia tanto a Kyle … hanno la stessa faccia da imbecille patentato, solo che Kyle non è morto… eheheh… KYLE! VIENI QUI IDIOTA! –

Dalla rampa di scale si sentì un forte rumore di passi salire in tutta fretta che si facevano sempre più vicini, poi, sulla soglia della porta, apparve un ragazzo sudato, leggermente in sovrappeso, con indosso dei blue jeans larghi e una maglietta rossa con sopra la statua della libertà. Stava ansiamando e dopo qualche respiro profondo disse:

- *Anf* *anf* … hai chiamato socio? –

Nel guardarlo, Bigby gli sembrava familiare... dove lo aveva già visto? Poi, sentendo la parola “socio”, ricordò: era Kyle, il Gatto della fiaba di “Pinocchio”.
Frank ridacchiò divertito. Senza alzarsi dal letto mostrò la foto a Kyle e disse:

- Questo tizio ti assomiglia parecchio. Avete tutti e due la stessa espressione da idioti! Hahahaha! –

Kyle si avvicinò ancora col fiatone, prese la foto e, disgustato, disse:

- Eww! Socio, lo sai che questo genere di cose mi fanno senso! Devi smetterla di fare questi scherzi di cattivo gusto! –

Frank rise ancora più forte, così tanto che quasi rischiò di cadere dal letto. Mentre Frank rideva, Kyle si voltò verso Bigby che, con aria sorpresa, disse:

- Oh, ciao Bigby! Che ci fai qui? –

Fra sé e sé, Bigby pensò:

Ma sul serio io conosco questa gente?

Kyle si avvicinò, gli tese la mano e disse:

- Ho saputo che sei diventato Sceriffo del distretto, dico bene? Che forza che dev’essere! Anch’io vorrei andare in azione sul campo! –

Bigby gli strinse la mano. Ne approfittò per fargli qualche domanda:

- Si, a volte è interessante come lavoro. Senti, per caso hai mai visto questo tizio qui in discoteca? –

Kyle cercò di guardare la foto:

- … Beh, ogni sera passa tanta gente… però ho un ottima memoria fotografica! Riesco a ricordarmi molti particolari! Anche tu ne hai una? –

Bigby lo guardò un po’ perplesso e rispose:

- Non proprio… per questo faccio le foto agli indizi. –

Kyle rise di buon gusto alla frase, mentre Bigby rimase completamente apatico. Come se fossero amici, Kyle diede una pacca sulla spalla di Bigby e disse:

- AHAHAHAHA! SEI TROPPO SIMPATICO BIGBY! AHAHAHA! –

Bigby non sapeva se lo stesse facendo apposta, ma poi Kyle disse una frase:

- Ehehehe... Comunque, ricordo questo tizio. L’ho visto passare un paio di volte in qualche serata speciale qui in discoteca. -

Sentendo quelle parole, Bigby pensò di avere una pista (forse). Cercò di fare altre domande:

- … Davvero? E ci hai parlato? Sai come si chiama? –

Kyle si asciugò le lacrime per lo sforzo, prese qualche respiro e rispose:

- Eheheheh… Oddio, muoio… Oh, si che lo conosco! Devi assolutamente conoscerlo! È davvero una forza! Ha un senso dell’umorismo che –

All’improvviso, si sentì un rumore di vetri infranti. Bigby e Kyle si voltarono verso il letto e videro Frank con in mano la bottiglia di Scotch in frantumi. I pezzi di vetro erano spersi per tutto il pavimento e il liquido rimasto al suo interno gocciolava dagli spigoli appuntiti. Frank li osservava con aria assatanata e furiosa, poi alzò il braccio verso Kyle e gli puntò la bottiglia contro:

- Kyle… -

Il ragazzo stava sudando; era agitato. Si capiva che era furioso con lui, ma Bigby non sapeva il perché. Kyle deglutì preoccupato e rispose:

- … Si socio? –

Frank alzò lo sguardò verso Kyle; i suoi occhi da dietro il ciuffo rosso assomigliavano a quelli di un leone pronto ad uccidere. Continuando a puntare la bottiglia rotta verso Kyle, Frank disse in tono furioso:

- … Stai parlando un po’ troppo… lo sai che non mi piace quando parli troppo con gli sconosciuti… -

Kyle deglutì ancora una volta e tentò di scusarsi:

- … Oh, si, hai ragione socio. Che stupido che sono. Non me ne sono reso conto. Ti chiedo scusa socio, prometto che non lo farò mai più, lo giuro! –

Frank abbassò il braccio e lasciò cadere la bottiglia rotta per terra, che si ruppe totalmente. Con aria assente e con gli occhi pieni di sangue, Frank continuò a guardare Kyle. Sembrava che lo stesse fulminando con gli occhi.
Assistendo a quella scena, Bigby capì che il suo intuito non aveva sbagliato: Frank nascondeva qualcosa.
In quel momento, Pete bussò alla porta coi suoi soliti 4 colpi ed entrò:

- Scusate l’intrusione; Bigby, c’è una telefonata per te al piano di sotto. -

Bigby si voltò verso Pete, poi verso Frank. La situazione si stava scaldando troppo e non poteva rischiare di alterare ancora di più gli animi. Si voltò nuovamente verso Pete e gli rispose:

- Arrivo subito Pete, grazie. –

Pete annuì, uscì dalla stanza e lasciò la porta aperta. I due proprietari rimasero in silenzio: Kyle teneva lo sguardo abbassato, mentre Frank guardava Bigby con aria di sfida. Decise che sarebbe tornato più tardi, nella speranza di ottenere altre informazioni. Prese la foto, la ripose nella tasca dei pantaloni e disse:

- Grazie per la collaborazione. È stato un vero piacere rivedervi. –

Li salutò e uscì dalla stanza. Prese il pacchetto di Huff ‘n Puff dall’altra tasca dei pantaloni, ne tirò fuorni una sigaretta e l’accese con suo accendino zippo argentato. Prese una boccata di fumo e scese le scale. Arrivò alla sala da ballo e Pete era dietro al bancone del bar con la cornetta in mano che lo aspettava. Quando lo raggiunse, Bigby ringraziò Pete e quest’ultimo disse:

- Non so chi sia, però mi sembra molto agitato… –

Bigby guardò Pete, che si allontanò verso la pista per lasciargli un po’ di privacy. Mise la cornetta all’orecchio e rispose:

- Pronto? –

Dall’altro capo del telefono si sentiva ansiamere pesantemente. Bigby provò ancora:

- Pronto? C’è nessuno? Chi è? –

Finalmente, qualcuno parlò:

- Oh, Sig. Bigby! Meno male che ha risposto! –

Era Bufkin. Stava parlando a bassa voce, quasi sussurando. Bigby non capì perché stesse facendo così:

- Bufkin? Ma che hai? Perché sussurri? –

Bufkin deglutì. Ansimava pesantemente, come se avesse corso una maratone, poi iniziò a parlare sempre sussurrando:

- … Sig. Bigby, per favore, torni al Business Office, e alla svelta! –

Bigby percepì della paura nella voce di Bufkin e si preoccupò molto:

- Bufkin, ma che succede? Stai bene? –

Di nuovo ansimava e deglutiva. Sembrava che non volese farsi sentire. Quando spiegò la situazione, Bigby capì che era grave:

- Sig. Bigby, ci sono degli uomini armati qui all’ufficio! Hanno sradicato la porta entrando con violenza! Io sono nascosto dietro agli scaffali del reparto volumi magici e sto tentado di capire chi siano, ma hanno il volto coperto! La Sig.ina Snow è tenuta in ostaggio e la stanno minacciano! –

Sentendo quelle parole, Bigby sentì una sensazione di rabbia, collera e preoccupazione attraversargli tutto il corpo. L’idea che stessero minacciando Snow, fece nascere in lui il suo istinto omicida di lupo.
Tentando di trattenere la rabbia, Bigby si sfogò stirngendo stretta la cornetta, che si piegò sotto la sua forza sovrumana. Prese un respirò profondo e disse:

- … Arriviamo subito Bufkin. Tu non muoverti di li. –

Agganciò e corse fuori per andare a prendere Jane.
Bigby uscì sbattendo con forza la porta del locale e si guardò attrono. Dietro, appoggiata al muro, c’era Jane che lo stava aspettando. Vedendo la forza con cui è uscito, Jane si spostò e si avvicinò a a lui:

- Wow! Ma che ti prende? Hai scoperto qualcosa? –

Bigby si voltò verso di lei, le si avvicinò e disse:

- Non ho tempo per spiegare! Dobbiamo andare subito all’ufficio. Snow e Bufkin sono in pericolo. –

Jane sgranò gli occhi:

- Cosa? Che è successo? –

Bigby, mentre s’incamminava, le rispose:

- Degli uomini sono entrati nell’ufficio del distretto e ora stanno tenendo in ostaggio Snow. Dobbiamo andare subito, e di corsa! -

I due detective iniziarono subito a correre per arrivare in tempo. Mentre correvano, Bigby giurò a sé stesso che se quei malviventi avessero fatto del male a Snow, li avrebbe riempiti di pugni fino a che non imploravano pietà.
In quel momento, le sue regole potevano andare a farsi fottere!
***

Dopo circa un quarto d’ora, Bigby e Jane arrivarono al complesso del Woodland Luxury Apartments. Entrarono dal cancello principale in ferro aperto e corsero sempre più veloci dentro l’edifico. Appena varcarono la porta di vetro della Hall, videro che la guardia non era al suo posto. Presero le scale e salirono di qualche piano. Bigby sperava di prendere i malviventi sul fatto, ma ancora di più di pestarli a sangue.
Arrivarono nel corriodio che portava all’ufficio e quando girarono l’angolo, videro la porta semi spalancata. Bigby e Jane si avvicinarono con cautela e notarono che il chiavistello era stato distrutto. Si guardarono, poi Bigby disse:

- Al tre. –

Jane annuì. Iniziarono il conto alla rovescia:

- Uno… -

- Due… -

- Tre! –

Bigby spalancò la porta ed entrò. Davanti a se vide il disastro: per terra era pieno di fascioli di carta di vecchi casi archiviati e libri strappati; le sedie e i tavoli erano rebaltati per terra e alcuni cimeli del mondo della Fiabe erano andati distrutti. Sembrava che fosse passato un tornado.
Bigby si guardò attorno, mentre Jane controllava che non ci fossero pericoli. Si avvicinò alla scrivania di Snow e vide la targhetta con su il suo nome rovesciata a terra e calpestata.
Jane raggiunse Bigby e disse:

- … Ma che diavolo è successo qui? –

All’improvviso, i due detective sentirolo uno sbattere d’ali e qualcuno chiamarli dall’alto:

- SIG. BIGBY! SIG.INA JANE! –

I due alzarono lo sguardo e videro Bufkin in preda al panico volare verso di loro. Quando atterrò, Bigby gli chiese:

- Bufkin! Dov’è Snow? –

Mentre riprendeva fiato, Bufkin disse:

- *anf* … E’ qui dietro; venite, svelti! –

Bufkin spiccò il volo e si diresse verso la zona dov e veniva depositato il denaro per i prestiti. Appena voltarono l’angolo, Jane e Bigby videro Snow. Sgranarono entrambi gli occhi e Jane commentò dicendo:

- Oddio! Sig.ina Snow! –

Le corse subito per soccorrela, mentre Bigby rimase immobile, scioccato dalla visione. Snow era seduta a terra, con la schiena appoggiata ad uno degli scaffali; respirava lentamente e profondamente. Il suo viso era coperto di lividi e macchie arrossate. I suoi occhi azzurri, in contrasto col rosso della pelle, risaltavano ancora di più il colore del suo iride.
Bigby rimase scioccato nel vederla. Non riusciva a muoversi.
Jane andò per soccorrerla; controllò che respirasse:

- Sta bene; gli ematomi sul visto non hanno causato danni gravi. –

Si voltò verso Bufkin e gli chiede:

- Che diavolo è successo Bufkin? Chi le ha fatto questo? –

Bufkin, agitato, rispose:

- Non lo so! Sono entrati tre uomini incappuccati armati di pistola e hanno minacciato la Sig.ina Snow. L’hanno portato qui e io non sono più riuscito a vedere quello che stava accadendo. Non ho potuto fare nulla, mi dispiace… -

Jane si voltò verso Snow, poi si rivolse di nuovo a Bufkin:

- Va a prendere del ghiaccio, uno straccio e dell’acqua fredda. Svelto! –

Bufkin obbedì e volò subito in cerca del necessario.
Bigby era ancora immobile. Non riusciva a togilere gli occhi di dosso da Snow. Improvvisamente, ricordò il viso di Faith ricoperto di ematomi che, quella notte, il Taglialegna le aveva causato. Percepì di nuovo quella sensazione; una sensazione d’impotenza, di debolezza, di…

- Bigby! Vieni ad aiutarmi! –

Bigby si svegliò dalla sua trace e andò ad aiutare Jane. Non era ancora lucido e non riciva a controllare i movimenti del suo corpo. La vista gli si era appannata e faticava a restrare concentrato. Per fortuna, Jane lo indirizzò nella procedura da svolgere:

- Tienile la testa, così non rischia dei danni permanenti. Appoggia le mani qui. –

Bigby fece tutto quello che Jane gli disse di fare. Non era più consapevole di quello che stava facendo.
Ancora una volta, non era riuscito a mantenere la promessa. Ancora una volta, un personaggio delle Fiabe aveva rischiato di perdere la vita.

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Capitolo 4
*** A new case is on ***


Capitolo 4: A new case is on

Colpevole. In quel momento, Bigby si sentiva colpevole.
Non provava quel sentimento perché non era riuscito a fermare i ladri, ma per aver visto Snow a terra ricoperta di lividi. Si sentiva come se fosse stato lui stesso a farle tutto questo, come se si fosse trasformato e avesse perso totalmente il controllo. Non era riuscito a proteggere la donna a cui teneva di più e aveva lasciato che qualcuno le facesse del male. Per questo si sentiva colpevole.
 
Nel momento in cui vide Snow a terra, per una frazione di secondo, Bigby vide il volto di Faith. Non sapeva spiegarsi il perché ma, per un breve istante paragonato ad un battito di ciglia, il viso della ragazza gli apparve come un allucinazione, come un flash.
 
I colpi che Woody aveva inflitto a Faith quella sera, erano quelli di un ubriaco intento a punirla senza un’apparente motivazione. Una differenza abissale in confronto al viso di Snow. Lei mostrava la brutialità inaudita di feroci malviventi disposti a tutto per ottenere qualcosa di valore; perfino a uccidere, se necessario.
 
Bigby era rimasto a rifletterci a lungo e non capiva se stesse impazzendo per la rabbia o per il rimorso. Troppe emozioni e pensieri in poco tempo; doveva liberare la mente in qualche modo.
 
Mentre il Dr. Swineheart preparava il materiale del primo soccorso, Jane e Bufkin avevano aiutato Snow ad alzarsi e a sedersi su una sedia. Per lo shock, Snow teneva le gambe distese e la schiena appoggiata sullo schienale. Non aveva alcun controllo del suo corpo e assomigliava ad una bambola di pezza manovrata da dei fili invisibili. Il viso le si era gonfiato parecchio e faticava a tenere gli occhi aperti. Le mani le stavano ancora tremando e il petto si alzava e abbassava ad ogni lungo e lento respiro.
Jane le rimase vicina per sostenerla; aiutò Swineheart mentre valutava la situazione. Bufkin rimase appartato in un angolo a guardare la scena. Dal suo volto, si percepiva la preoccupazione per le condizioni di Snow e il dispiacere per non essere stato di aiuto. Dentro di sé, sicuramente anche lui si sentiva in colpa. Avrebbe voluto aiutarla, ma era troppo spaventato. L’unica cosa che poteva fare era contattare Bigby.
Mentre il dottore e Jane medicavano Snow, Bufkin pensò allo Sceriffo. Che fine aveva fatto?
Si voltò verso gli scaffali che gli davano le spalle. Continuò a guardarle e si domandava a cosa stesse pensando Bigby.
 
Pochi metri più avanti, oltre le librerie, Bigby era con le spalle appogiate agli scaffali in legno mentre fumava la sua ottava sigaretta. Per terra, c’erano mozziconi sparpagliati ovunque e residui di cenere sul pavimento.
Bigby aveva deciso lui stesso di non assistere alle cure. Non aveva il coraggio di guardare Snow e di starle accanto per confortarla dopo quello che le era successo. C’era Jane che le faceva da sostegno; un supporto femminile, dopo un aggressione, può essere molto efficace.
Lui non sarebbe stato di alcun aiuto… di nuovo.
Dentro di sé, Bigby percepiva una mare di sensazioni: debolezza, impotenza, rabbia e tristezza.
Quelle stesse emozioni le provò quando trovò la testa mozzata di Faith sulla scalinata d’entrata del suo complesso. Era riuscito a salvarla quella sera, ma per la seconda volta era troppo tardi.
Certo, come avrebbe potuto Bigby prevedere una cosa del genere? Nessuno avrebbe potuto, ma lui sapeva, ne era certo che se l’avesse rivista, Woody avrebbe tentato di vendicarsi… ma mai, mai e poi mai si sarebbe aspettato che lei morisse.
In quel momento, nella mente di Bigby, balenò un pensiero. Si voltò verso lo specchio magico, buttò la sigaretta a terra e si avvicinò a quest’ultimo.
Quando gli fu vicino, quasi gridando disse:
 
- Hey Specchio! –
 
Il volto del magico specchio apparve immediatamente:
 
- Bigby… percepisco ostilità nel tuo modo di parlare… Dimmi, c’è qualcosa che ti ha fatto arrabbiare?
 
Bigby continuava a fare avanti e indietro camminando. Non riusciva a stare fermo.
Senza controllo delle sue emozioni, rispose:
 
- No, figurati, non è successo nulla, tranquillo… anzi no! Effettivamente qualcosa è successo: Snow, il mio capo, è stata pestata a sangue da degli individui armati di pistola senza la minima idea del perché lo abbiano fatto! Questo non mi fa arrabbiare: mi fa incazzare! –
 
Lo specchio capiva la rabbia di Bigby e tentò di assecondarlo, senza tenere peso del suo sfogo:
 
- … Bigby, posso capire la tua frustrazione; anch’io mi sento adirato, ma ricorda che quest’evento, nessuno
lo avrebbe mai immaginato. –
 
Bigby continuava a fare avanti e indietro. Ad un tratto, si fermò, guardò lo specchio e disse:
 
- Oh, davvero? Come quando Faith è stata decapitata? Dimmi: non è per caso la stessa situazione questa? Non è la stessa cazzo di situazione quando ti chiedo di farmi vedere Faith e tu, prontamente, mi ripeti quella maledetta frase? O sbaglio? Se non è così, allora mostrami dove si trova! –
 
Lo Specchio rimase impassibile; guardò Bigby per un breve istante, poi parlò:
 
- … Come ti ho già detto, grazie ad una potente magia, le sue sembianze sono celate; sfortunatamente per te, queste
 
- labbra sono sigillate! Si, grazie! Continui a ripeterlo ogni dannata volta! … Merda! È come se qui la gente abbia più misteri che risposte! Che avete di così tanto segreto? –
 
Lo Specchio rimase impassibile e guardò Bigby. Quest’ultimo diede le spalle allo specchio, sospirò profondamente, si passò una mano per strofinarsi gli occhi e disse:
 
- … Mi dispiace, non è colpa tua… io… -
 
Lo Specchio rimase in silenzio; poi Bigby si voltò verso di lui e disse:
 
- … Perché non posso vedere Faith? Vorrei solo sapere se è viva… Mi basterebbe questo per farmi sentire –
 
- Con chi stai parlando? –
 
Bigby si voltò di scatto, mentre lo specchio, svanì immediatamente. Jane apparve poco dopo da dietro gli scaffali e guardò Bigby con aria preoccupata:
 
- Stai bene? Ti ho sentito urlare… -
 
Bigby si voltò verso lo specchio. Non c’era più il solito faccione verde, ma il riflesso di un Bigby stanco, arrabbiato e preoccupato. Si voltò di nuovo verso la collega, che continuava a guardarlo con aria preoccupata. Sospirò, si passò una mano sugli occhi. Aveva un mal di testa lancinate. Mentre si massaggiava la parte superiore del naso chiese:
 
- … Snow come sta? –
 
Jane mise le mani nelle tasche del giacchetto, guardò la punta della sua scarpa e rispose:
 
- Per il momento è stabile, anche se è ancora sotto shock. Ha bisogno di riprendersi dall’aggressione. Swineheart le consiglia di restare a riposo per qualche giorno, ma non credo che lo ascolterà. –
 
Bigby fece una mezza risata amara e sorrise leggermente. Prese il pacchetto di sigarette dalla tasca dei pantaloni e chiese:
 
- … Ha detto qualcosa riguardo l’aggressione? –
 
Jane si schiarì la voce, mentre Bigby, per tentare di calmarsi, prendeva una sigaretta dal pacchetto:
 
- Ha tentato di parlare e dire qualcosa, ma non si è capito quasi nulla per via dei colpi ricevuti. Una cosa però è riuscita a dirla chiaramente… -
 
Bigby prese l’accendino dai pantaloni e fece per azionare l’accendino:
 
- E sarebbe? –
 
Jane tenne lo sguardo abbassato, poi guardò Bigby e disse una frase che lo lasciò con l’accendino a mezz’aria:
 
- … “Hanno preso il corpo.” –
 
Bigby rimase senza parole. Spense l’accendino, si voltò verso Jane e chiese:
 
- … Cosa? –
 
Jane guardò Bigby con aria seria. Non era uno scherzo: avevano rubato il cadavere.
Ma perché? Che cosa aveva a che fare con loro? C’era forse un nesso con l’aggressione?
Bigby tolse la sigaretta dalle labbra e si mise a fissare Jane che aggiunse:
 
- Purtroppo è vero. Sono andata a controllare io stessa il tavolo dell’obitorio; però abbiamo un indizio molto utile per le indagini: uno dei tre malviventi si è fatto sfuggire il nome del morto. –
 
Bigby guardò Jane impaziente. Era curioso di sapere:
 
- Lo ha chiamato Eddy. Forse lo conoscevano, per questo sono venuti a riprenderselo. –
 
Bigby tolse dalle labbra la sigaretta e chiese:
 
- … Pensi ancora all’ipotesi di una gang? –
 
Jane annuì:
 
- E’ molto probabile. Ed è anche probabile che, da ciò che abbiamo trovato nel suo corpo, ci sia qualcosa di veramente grosso in ballo. –
 
Bigby iniziò a riflettere con le informazioni che possedeva:
 
Il presunto uomo misterioso, che ora sappiamo chiamarsi Eddy, molto probabilmente faceva parte setta o gang segreta che potrebbero star formulando e testando un nuovo tipo di droga. Eddy era uno dei Beta Tester. Gli effetti della nuova droga gli devastano gli organi interni, giorno dopo giorno, senza che nessuno se ne accorga; finchè, quando da di matto il giorno in cui noi lo arrestiamo, muore.
I compagni, venuti a sapere della notizia, non potevano permettersi che la polizia locale scoprisse cosa stessero facendo, così decisero di inviare una “squadra di recupero” per eliminare le trace raccolte e nascondere ogni pista che dimostrasse la loro esistenza.
La motivazione per l’aggressione c’era, però mi chiedo:
1) Che tipo di droga si tratta? È già in commercio?
2) Come sono venuti a sapere i tre aggressori del cadavere? Come sapevano quando attaccare l’ufficio?
3) Chi manovra l’intera organizzazione? Chi è il capo?
 
Bigby rimase a pensare, ma non aveva abbastanza informazioni per rispondere alle sue domande. Doveva indagare ancora più a fondo nella questione.
 
Si voltò verso Jane e le disse:
 
- … Voglio che questo posto venga controllato da cima a fondo, centimetro per centimetro; non dobbiamo lasciare nemmeno un angolo che non sia stato ispezionato. Se sono entrati di fretta, sicuramente avranno fatto degli errori. –
 
Jane annuì:
 
- Sarà fatto. Inizio subito. Chiamo Bufkin per controllare chi sia questo Eddy. Magari scopre qualcosa. –
 
Bigby annuì e guardò oltre gli scaffali di legno e, dopo una breve pausa, disse:
 
- … Io ti raggiungo subito. Vorrei chiedere a Snow alcune domande riguardo all’accaduto… se è in grado di rispondere. –
 
Jane abbassò lo sguardo e annuì. Si avviò e chiamò Bufkin. Pochi istanti dopo, la scimmia spiccò il volo immediatamente e sparì tra le montagne di libri.
Bigby guardò la collega e la scimmia allontanarsi, poi si volò verso gli scaffali., prese un lungo respiro profondo e si avviò per andare a parlare con Snow.
Appena varcò il grande muro di libri, Bigby vide Swineheart intento a disinfettare alcune abrasioni sulla guancia destra di Snow, mentre quest’ultima, con la mano, teneva un impacco di ghiacio freddo sull’altra guancia. Bigby rimase scioccato a quella visione e quasi faticava a tenere alto lo sguardo. I sensi di colpa stavano riemergendo.
Non si erano ancora accorti di lui così, prese un respiro profondo e si convinse. S’incamminò e quando Snow lo vide, tentò di parlare, ma riuscì solo a pronunciare qualcosa di affannato:
 
- B… -
 
Le si avvicinò e le prese la mano libera. Fece piano perché anch’essa era piena di abrasioni e lividi.
Si inginocchiò, per permetterele di vederlo in viso e disse:
 
- … Ciao Snow… -
 
Snow non disse nulla, ma si voltò verso di lui, aprendo e chiudendo le palpebre molto lentamente. Sembrava che stesse per addormentarsi ogni volta.
Bigby si voltò verso Swineheart e chiese:
 
- E’ in grado di parlare? –
 
Il medico stava imbevendo un batuffolo di cotone con del disinfettante e nel mentre disse:
 
- Può provare se vuole, ma faccia con cautela. Non riesce ad esprimersi come vorrebbe. -
 
Bigby annuì. Si voltò verso Snow, fece un respiro profondo e domandò:
 
- … Ricordi cosa ti è successo? Avrei bisogno della tua testimonianza finchè il ricordo è ancora vivido nella mente… so che può essere doloroso, ma è di fondamentale importanza. –
 
Snow chiuse gli occhi e, dopo alcuni respiri profondi, rispose con voce lenta, flebile e impastata:
 
- … Tre … mi hanno… aggredita …spalle… -
 
Bigby sentì ribollirgli la rabbia nelle vene. L’avevano aggredita quando lei era di spalle.
Snow fece altri respiri profondi prima di ricominciare a parlare:
 
- …Hanno… minacciata… una pistola… testa e … –
 
Bigby sentiva la rabbia continuare a salire. Le avevano puntato un arma in testa per costringerla ad obbedire alle loro richieste. Era disarmata, non avrebbe potutto fare nulla per difendersi.
Non sapeva cosa lo frenasse dal distruggere qualsiasi cosa, ma Bigby continuò ad ascoltare la testimonianza di Snow. Prendeva respiri profondi dopo ogni parola pronunciata e si sentiva, e allo stesso tempo vedeva, che faceva fatica a parlare. Bigby notò che le lacrime scendevano lente dagli occhi arrossati e gonfi:
 
- Li ho… portati… al corpo… poi… un colpo… e buio… -
 
In quel momento, il Dr. Swineheart s’intromesse:
 
- Li ha condotti al luogo dove tenevae il cadavere, poi, per evitare che desse l’allarme, le hanno dato un colpo col calcio della pistola alla testa. I colpi inflitti al corpo sono successive al colpo alla testa… -
 
Bigby alzò lo sguardo verso il medico. Non poteva credere a quello che aveva sentito: quei tre stronzi avevano pestato Snow poco prima che svenisse!
In quel momento, nella mente di Bigby, pensò a sole due cose: vigliaccheria e omicidio.
Quei tre vigliacchi dovevano morire, e Bigby si promise a sé stesso che avvenisse per mano sua…
 
Tornando alla realtà, Bigby si accorse che stava ancora tenendo la mano a Snow. Nonostante lo shock, Snow non tremava più. La sua mano era ferma, calorosa e rilassata. A quanto pare si era tranquillizzata grazie a Bigby.
Quest’ulitmo si calmò, appoggiò delicatamente la mano sul dorso della mano di Snow mentre continuava a tenerla stretta e disse:
 
- … Ti prometto che prenderemo quei bastardi e che passeranno il resto dei loro giorni dietro le sbarre. –
 
Snow si voltò verso Bigby, che lo guardò con aria decisa. Annuì con la testa. Voleva giustizia.
Bigby continuò a stringerle la mano, ma Swineheart intervenne:

- … Detective, la pregerei di andare adesso. Devo suturare alcuni punti… -
 
Bigby la guardò negli occhi, poi le lasciò delicatamente la mano e si allontanò alla ricerca di indizi.
 
Appena oltrepassò gli scaffali, Bigby si mise subito a cercare tra il materiale e le carte sparse per tutto il pavimento dell’ufficio, pur di trovare qualsiasi cosa che conducesse ai criminali. Cercò a lungo tra il disordine, trovando materiale dell’ufficio, carte burocratiche e permessi di alloggio e prestiti, pezzi di sculture andate distrutte e pagine di libri strappati. C’era di tutto, ma sembrava non esserci nulla da parte dei ladri.
Appena arrivò verso la scrivania di Snow, Bigby notò tra i fogli sparsi un pezzettino di carta appallottolato che non centrava nulla col resto. Si accucciò, prese il pezzo di carta e lesse il contenuto:
 
“Non esagerare!”
 
La scrittura era in stampatello piccolo, scritta lentamente con una calcatura di penna decisamente leggera. Forse lo aveva scritto qualcuno con problemi o difficoltà nel muovere le mani o nell’afferrare oggetti. Bigby lo osservò a lungo e pensò:
 
Chi può averlo mai scritto? Non è ceratmente la scrittura di Snow e nemmeno quella di Bufkin… forse è uno dei criminali.
 
Per conservarne l’inchiostro, Bigby lo sigillò in una busta di plastica e lo mise nella tasca posteriore dei pantaloni.
 
Terminato quel settore, si diresse verso il reparto dei libri magici e vi trovò Bufkin che cercava informazioni su Eddy. Aveva a fianco a sé diversi libri, grandi quanto enciclopedie, e le stava sfogliando una ad una. Bigby si avvicinò e gli chiese:
 
- Come procede? –
 
Bufkin non si voltò e continuò a sfogliare le pagine antiche, ormai ingiallite dal tempo, ma rispose alla domanda:
 
- Per il momento ancora nulla, ma cerco di fare il più velocemente possibile Sceriffo. –
 
Bigby guardò la scimmia intenta a leggere: dall’espressione in viso sembrava determinato a scoprire e risolvere il caso tanto quanto i due detective. Bigby guardò ancora una volta i libri sparsi per il tavolo in quercia massiccia e disse:
 
- Perfetto. Continua così. Appena trovi qualcosa, non esitare a chiamarci. –
 
Il detective fece per allontanarsi, ma venne fermato dalla voce della scimmia:
 
- Detective Wolf? –
 
Bigby si voltò e Bufkin disse:
 
- … Se ci foste stati qui voi, non sarebbe successo nulla di tutto questo… mi dispiace molto di non aver fatto nulla per aiutare la Sig.na Snow… -
 
Bigby si mise a guardare Bufkin: era arrabbiato con sé stesso e si pentiva di non aver fatto nulla per aiutare Snow. Cercò di confortarlo:
 
- Non è colpa tua. Loro erano in 3 e voi in 2. Eravate in svantaggio, e loro sono dei vigliacchi. –
 
Bufkin non sembrava per niente convinto delle parole del detective, così Bigby cercò di motivarlo:
 
- Quello che possiamo fare ora è scoprire chi sono, perché lo hanno fatto e perché Eddy era così importante; quindi, confido su di te per saperne di più. –
 
Bufkin gli sorrise, annuì e tornò col muso in mezzo al libro. Bigby lo lasciò fare e si diresse verso l’area dove tenevano il corpo. Appena arrivò al separè, notò che era completamente strappato e quasi distrutto; lo superò e vide Jane intenta alla ricerca di indizi. Quest’ultima si volò verso di lui e disse:
 
- Non hanno lasciato molti indizi, a parte tanto casino. –
 
Bigby si guardò attorno: il tavolo in legno, dove era adagiato il corpo, era a gambe all’aria, i pezzi di carta del separè erano sparsi per tutto il pavimento e una lampada a pochi metri era ridotta a brandelli. Pezzi del vetro di una finestra vicina erano sparsi ovunque e il rumore degli scricchioli si percepiva ad ogni passo. Bigby guardò il macello che avevano combinato, poi si rivolse a Jane:
 
- Che hai trovato? –
 
Jane prese due buste di plastica trasparente contenenti dei pezzi di plastica neri e una striciolina di carta. Tirò  fuori prima i pezzi di plastica e disse:
 
- Sembrano dei residui di qualche sacco della spazzatura. Credo abbiano nascosto il cadavere dentro a uno di quei sacchi e, nella foga, siano riusciti pure a strapparlo. –
 
Bigby osservò i pezzettini e, con tono sarcastico disse:
 
- Sacchi per la spazzatura… questi criminali hanno sempre più fantasia nel commettere reati. –
 
Jane sorrise leggermente, mise via gli indizi e mostrò il pezzo di carta. Era stropicciato, ma si capiva bene che era uno scontrino. Bigby lesse cosa c’era scritto:
 
“Farmacia - Erboresteria “The Green Tree”
 
Prodotti da banco:
- Thermo Extreme (120 capsule senza aroma) 5 x 31,49
- Liposuxten (compresse integratore dimagrante) 3 x 180
- Ezimega Plus (20 capsule) 4 x 19,78
Dollari: 776,57

 
I due detective lessero il contenuto dello scontrino e Bigby rimase al quanto stupito dalla quantità e del prezzo dei farmaci comprati. Mentre leggeva il conto, esclamò:

- E’ lo stesso negozio dove Eddy ha comprato delle pillole dimagranti! –

Jane osservò il nome ed esclamò:

- Hai ragione. Che sia un collegamento? –

Bigby continuò ad osservare il biglietto e, con voce stupita, esclamò:

- Non ne ho idea, ma è probabile… Mi sorprende che non hanno badato a spese! È strano spendere così tanti soldi per dei farmaci dimagranti. –

Jane guardò il suo collega e disse:

- Vero; ma il fatto più strano non è solo la quantità e il prezzo, ma anche i prodotti stessi. –

Bigby si voltò verso la collega. Non capiva quello che volesse dire. Con aria confusa, domandò:

- In che senso? –

Jane indicò col dito indice i vari nomi scritti sullo scontrino e si spiegò:

- Tutti questi farmaci non sono da banco, sono prodotti richiesti solo ed esclusivamente con ricetta medica. All’inizio lo erano, ma per via della facilità con cui tossicodipendenti, adolescenti con disturbi alimentari e disturbi mentali potevano andare a comprarli, li hanno dichiarati vendibili solo col permesso del medico curante. –

Bigby guardò la collega e disse:

- Quindi è uno scontrino non valido? È stato modificato apposta? –

Jane annuì:

- Non solo: dopo averli messi sotto prescrizione medica, questi tre farmaci sono stati inseriti in una lista di altri 40 farmaci che sono stati aboliti dallo Sanità circa qualche anno fa, perché risultati nocivi o deleteri per l’organismo; in pratica, erano veleno per il corpo. –

Bigby guardò la collega stupefatto. Sapeva moltissime cose sull’argomento e stava risultando utile. Jane continuò la sua osservazione:

- Forse il farmacista che ha venduto i farmaci è coinvolto… per questo sullo scontrino risulta tutt’altro che il vero. –

In quel momento, Bigby si ricordò dell’indizio che aveva trovato: lo estrasse dalla tasca dei pantaloni e lo mostrò a Jane:

- Hai detto che questi farmaci sono letali, dico bene? –

Jane guardò il sollega e confermò:

- Si esatto… perché? –

Bigby mostrò il foglietto trovato poco prima a Jane e le disse:

- Questo era per terra davanti alla scrivania di Snow. Probabilmente lo ha perso uno dei ladri… portrebbe essere un idea azzardata, ma forse il farmacista lo ha scritto come promemoria. –

Jane guardò il biglietto, poi Bigby:

- … Stai pensando a qualcosa? –

Bigby annuì:

- Credo di avere una teoria… –

Jane prese il foglietto e ascoltò attentamente Bigby, che iniziò ad esporla:

- Allora: una gang di narco trafficanti, che comprende i tre uomini che hanno fatto irruzione oggi, sta producendo una nuova droga da portare in vendita al commercio del mercato nero. Uno degli ingredienti base della nuova droga sono le pillole dimagranti che, a quanto pare, se in troppe dosi può creare danni permanenti o anche la morte. Queste persone hanno bisogno di alcuni Beta-teaster, possibilmente tossicodipendenti che farebbero di tutto per una dose. Qui entra in gioco Eddy: tossicodipendente da anni, si offre per provare la nuova droga e continua finchè non muore stecchito. La gang viene a sapere che la polizia ha trovato il corpo di un tossicodipendente morto per cause sconosciute. Tutto è perduto, a meno che, la polizia non riesca più ad indagare sull’unica prova che possiedono. –

Jane seguì tutto il filo del discorso e forse capì fin dove voleva arrivare Bigby:

- Con questo vantaggio a loro favre, la gang si organizza per una “missione di recupero”; l’obiettivo è recuperare il corpo e farne perdere le tracce; dopo di che, tre uomini armati di pistola irrompono all’ufficio, prelevano il corpo e se lo portano via pensando di aver risolto tutto. –

Jane annuì. Sembrava reggere come teoria, ma c’erano alcuni punti dove non sembrava convinta:

- E’ una buona teoria… ma che mi dici del come facevano a sapere esattamente dove andarlo a cercare e quando colpire? –

Bigby si grattò la barba e rispose:

- Su questo non saprei dirti con esattezza… forse avevano inviato una spia; magari qualcuno che è passato all’ufficio per chiedere un prestito faceva parte del giro… non lo so. –

Jane annuì, poi fece un'altra domanda:

- Inoltre: chi c’è dietro a tutto questo? Una gang deve avere un capo che organizzi il tutto… -

Bigby si ricordò della chiacchierata con Frank e Kyle:

- … Forse ho dei sospettati: i proprietri della discoteca “Sun and Moon Eclipses”. Quando gli ho mostrato la foto di Eddy, uno dei due stava per parlare, ma il collega lo ha fermato subito. Lo ha letteralmente fulminato con gli occhi, come se stesse per dire qualcosa che non doveva dire. -

Jane rimase stupita:

- … Pensi che abbiano a che fare con la morte di Eddy e con l’aggressione? –

Bigby annuì:

- Non lo penso; ne sono convinto. Stanno certamente nascondendo qualcosa. -

In quel momento, Bigby e Jane realizzarono che avevano una pista da seguire. Si avviarono verso la scrivania e cercarono di raccogliere tutte le teorie possibili per capire chi o cosa ci fosse in ballo in questa storia assurda. Mentre Jane sistemava gli indizi raccolti fino a d’ora, Bigby le propose un piano:
 
- Facciamo così: andiamo alla farmacia, facciamo qualche domanda al proprietario e, nel caso dovesse darci informazioni utili, andiamo alla discoteca. –

Jane annuì. In quel momento, dall’alto, sentirono una voce:

- SIG. BIGBY, SIG.INA JANE! –

Alzarono entrambi lo sguardo e videro Bufkin in volo che tentava di atterrare a pochi metri. Appena planò a terra, disse:

- L’ho trovato! L’ho trovato! Ho trovato il nostro uomo finalmente! –

Bigby e Jane si diressero verso Bufkin, che teneva un foglio in mano. Lo consegnò ai due detective e spiegò ciò che aveva scoperto:

- Il nostro uomo si chiama Eddy Truman, ex-proprietario di una ditta di immobili andata in fallimento 6 anni fa; la moglie ha chiesto il divorzio nello stesso periodo. Per pagarsi le spese tra avvocati e debiti, ha dovuto vendere tutto ciò che possedeva: casa, beni di prima necessità, auto. Finì sul lastrico e si è dato alla vita da strada; da allora non se n’è più avuta alcuna traccia. –

 Bigby e Jane guardarono il foglio con su la foto di Eddy: era un ragazzo giovane, coi capelli rossi pen curati e sorridente; nella foto indossava uno smoking grigio cenere e sembrava molto pi grande della sua età. Jane lesse le informazioni scritte e disse:

- Si era laureato alla New York University col massimo dei voti, poi ha aperto una ditta appena finiti gli studi. Si è sposato all’età di soli 22 anni e già era ritenuto uno dei maggiori esponenti nel suo settore. –

Bufkin aggiunse una novità sconvolgente:

- La cosa sorprendente è come sia finito così in basso: il motivo per cui la ditta è andata in fallimento, a detta dei rapporti scritti dei vice-coordinatori, Eddy aveva iniziato a fare abuso di sostanze illegali e questo aveva alterato il suo modo di dirigere l’azienda, mandandolo così al fallimento. –

Jane e Bigby si guardarono e quest’ultimo disse:

- Ecco la conferma del Beta-teaster: non avendo più nulla da perdere e avendo provato negli anni qualsiasi tipo di droga, si è offerto come volontario per sperimentare quella nuova. –

Jane annuì e guardò la foto di Eddy ancora una volta: era completamente diverso dall’uomo che avevano incontrato.
Jane guardò la foto, poi si rivolse a Bigby e disse:

- ... Risolviamo questo dannato caso. Voglio parlare col farmacista. –

Bigby annuì e si misero in marcia. Mentre stava per allontanarsi con Jane, Bufkin fermò Bigby e gli disse:

- Aspetti detective! Devo farle vedere una cosa! –

Bufkinf prese il volo e sparì nuovamente tra gli scaffali. Bigby si voltò verso Jane e le disse di aspettarlo fuori dall’ufficio. Jane si avviò, mentre Bufkin tornò subito dopo con un altro foglio e, dopo essere atterrato, lo consegnò a Bigby. A bassa voce gli disse:

- C’è un'altra cosa che non ho detto riguardo ad Eddy, per via della presenza della Sig.ina. Jane e del fatto che… beh, non avrebbe capito… -

Bigby capì immediatamente: Jane era umana e le questioni sulle Fiabe dovevano rimanere segrete. Lesse il foglio e fece una scoperta sconvolgente. Bufkin gli spiegò tutto:

- Eddy Truman era uno dei fratelli di Pollicino. Se n’è andato dal mondo delle Fiabe circa 11 anni fa e non vi ha fatto più ritorno. La famiglia ha perso i contatti da molto tempo ormai e non lo hanno mai cercato perché lo hanno diseredato dopo la sua fuga nel mondo degli Umani che non è stata vista e men che meno ben accetta dalla famiglia. -

Bigby rimase scioccato da questa novità. Non immaginava che la famiglia potesse fare una cosa simile. Riconsegnò il foglio a Bufkin e disse:

- Grazie delle preziose informazioni Bufkin. Hai fatto un ottimo lavoro. –

Si diresse verso l’uscita e nel mentre pensò a come doveva sentirsi un uomo dall’avere tutto a ritrovarsi con nulla.
 
***
Dopo circa 25 minuti, Jane e Bigby arrivarono alla farmacia e trovarono l’edificio quasi immediatamente. All’inidrizzo 170 William St, 10038, nella zona di Lower Mahattan, il negozio era parte di un complesso di appartamenti al pian terreno, vicino al Brooklyn Bridge e a delle rimesse per il carico-scarico di materiali per le ditte edilizie della zona. Il negozio non era grandissimo: la vetrata davanti era costellata di adesivi raffiguranti fiori e piante, come esposizione c’erano dei flaconi di medicinali a prezzo ribassato e scritte in corsivo molto raffinato. Gli stipiti in azzurro chiaro risaltavano il cartello con il logo della croce rossa, che però stava mezzo coperto da un tendone sopra la porta principale.
Bigby e Jane perlustrarono la zona: era un quartiere urbano abbastanza tranquillo, con persone vestite bene e operai che lavoravano nei vari cantieri; quello che notarono fu che non si vedeva in giro neanche un volto sospetto. Sembrava un quartiere normale, dove la malavita non sembra esistere.
I due detective si avvicinarono alla farmacia ed entrarono, facendo tintinnare una campanellina appena sopra la porta. L’interno del negozio era ben tenuto: il bancone era in legno bianco, con gli stipiti di color grigio chiaro; le credenze con posati sopra farmaci di ogni tipo e barattoli contenti erbe aromatiche provenienti da qualsiasi posto del mondo. Il pavimento era piastrellato, con un motivo mandala particolare, quasi come se fosse una pianta in ceramica blu, verde e oro.
Appena i due detective misero piede dentro al negozio, Bigby venne pervaso da un intenso profumo di lavanda e rosa canina, ma percepiva qualcos’altro che non riusciva bene ad identificare per via dell’intensità dei profumi. Jane si avvicinò ad uno scaffale dove vi erano in esposizione dei farmaci per il mal di testa e disse:

- Questo posto sembra più un negozio di caramelle che una farmacia. –

Bigby si guardò attorno e aggiunse:

- Per un tossicodipendente è più o meno la stessa cosa. -

Da dietro il bancone, apparve una signora anziana sui 70 anni circa, coi cappelli grigio bianco raccolti in una bandana blu, leggermente bassa e gobbuta, come se portasse sempre un enorme peso da trasportare; indossava degli occhiali senza montatura piccoli, come quello che utilizzano gli orologiai per ultimare il loro lavoro nel dettaglio.
Aveva con sé un barattolo di ceramica, probabilmente contenente una delle tante erbe aromatiche, e li accolse con un sorriso stampato in volto:

- Buongiorno! Posso esservi d’aiuto? –

I due detective si avvicinarono al bancone in legno e Bigby si presentò:

- Salve. Sono il detective Wolf, sceriffo del distretto di Manhattan; lei è la mia collega Bleddyn. –

L’anziana signora sistemò il barattolo sul bancone e si sistemò i piccoli occhiali:

- Oh, la prego, non faccia il formale: può chiamarmi Hannah. –

Bigby si prestò a parlare con la signora, mentre Jane si era allontanata per dare un occhiata in giro. Mentre Jane perlustrava il negozio, Bigby continuò la sua conversazione:

- Va bene Hannah. La mia collega ed io siamo qui perché stiamo seguendo un caso importante. Dai nostri indizi, è apparso il nome della sua farmacia e, per questo motivo, vorremmo che rispondesse ad alcune domande. –

Stranamente, Hannah sembrò preoccupata da questa notizia. Bigby le lesse in volto la preoccupazione, che cercò i mascherarla il più possibile:

- Ah… Davvero? Beh, chiedete pure. Sono a vostra disposizione. –

Bigby prese lo scontrino trovato all’ufficio e lo mostrò ad Hannah:

- Questo è uno scontrino del suo negozio rinvenuto su una delle scene del crimine. Può confermarmi che questo scontrino è stato battuto dalla sua cassa? –

Hannah deglutì nuovamente. Bigby pensò che stesse nascondendo qualcosa, ma può anche darsi che fosse per altro; essendo anziana, magari aveva delle difficoltà a livello fisiologico. Hannah si sistemò gli occhiali sul naso, osservò lo scontrino e titubante disse:

- … Ehm… No. No no, impossibile. Non posso averlo battuto io questo scontrino, no no… -

Allungò la mano per prendere una penna dal portapenne li vicino, poi prese il barattolone di ceramica e fece per scriverci su qualcosa sulla targhetta. Bigby controllò ogni suo moivmento e notò che la mano le tremava parecchio mentre tneva la penna. Le fece un’altra domanda:

- Come fa ad esserne certa? –

Hannah deglutì nuovamente e si mise a scrivere sulla targhetta del barattolo. Bigby notò che la sua scrittura era molto leggera, in stampatello e tremante… la stessa calligrafia del biglietto trovato all’ufficio. Bigby era certo che nascondesse qualcosa.
Si avvicinò sul bancone e con tono genitle disse:

- … Per quale motivo dice che non sia il suo scontrino? Riporta il nome della sua farmacia… -

Hannah poggiò la penna, lasciò il barattolo e rispose al detective in modo parecchio vago:

- … Non so cosa dirle detective! Qualche burlone si sarà divertito a creare falsi scontrini della mia farmacia! –

Bigby non la bevve. Stava chiaramente tentando di nascondere qualcosa a loro due. Bigby la istigò e le rispose:

- … E lei pensa sia normale che qualcuno faccia falsi scontrini a nome del suo negozio? Io mi arrabbierei su tutte le furie… -

Hannah deglutì un'altra volta. Era chiaro che era stressata e nervosa. Gli si avvicinò e gli rispose a tono:

- Senta: non so chi o perché questa persona abbia deciso di fare uno scherzo di cattivo gusto, ma io non ne so assolutamente nulla! Quello scontrino riporta dei farmaci che sono vietati dalla legge da anni ormai! Io non vendo farmaci illegali! –

In quel momento, la voce di Jane si sentì da un’altra stanza del negozio:

- E allora mi spiega che ci fa questo? –

Mentre Bigby era impegnato con la proprietaria, Jane si era allontanata per dare un’occhiata al negozio. S’intrufolò dentro una stanza e ve ne uscì con in mano un flacone targato Liposuxten, uno dei farmaci illegali. Hannah impallidì e Jane guardò il flacone sigillato ancora dal marchio di garanzia e disse:
 
- A meno che questi non siano scaduti da parecchi anni e lei ci faccia la collezione, direi che qui nel retro ce n’è una bella scorta… all’incirca 300 flaconi. -

Bigby si voltò verso Hannah che, ormai, sapeva di essere stata colta in flagrante. Le sorrise leggermente e le disse:

- Uno scherzo di cattivo gusto, eh? A me sembra più intralcio alla giustizia… -

Hannah guardò i due detective con aria preoccupata, si guardò le mani e alla fine disse:

- … Voi non capite… non sapete con chi avete a che fare… -

Bigby e Jane guardarono la proprietaria con aria confusa. Di chi stava parlando?
In quel momento, dal retro del negozio, si sentì il rumore di un vetro infrangersi. Bigby e Jane si voltarono verso la fonte del rumore e sentirono qualcuno o qualcosa rovistre con del vetro. I due detective si voltarono verso Hannah e quest’ultimo disse:

- Chi c’è nel retro del negozio? Ha altri dipendenti? –

Hannah abbassò lo sguardo. Aveva paura, glielo si leggeva in faccia. Bigby andò dietro al bancone seguito da Jane che si diressero verso la porta sul retro. Hannah tentò di fermarlo:

- NO FERMO! NON POTETE ENTRARE! NON AVETE ALCUN DIRITTO! –

Jane le si parò davanti bloccandole il passaggio e disse:

- Fino a prova contraria, se si ha il sosptto che qualcuno sia dentro un negozio contro la volontà dei proprietari, dei poliziotti possono irrompere per verificare la sicurezza del luogo. Ergo, non stiamo infrangendo nessun diritto. Resti dov’è. –

Hannah impallidì. Bigby intanto cercò di aprire la porta, che purtroppo era chisa a chiave. Con una spallata, Bigby riuscì a sfondarla e quando vide ciò che c’era all’interno, rimase senza parole. Il magazzino era pieno di scaffali colmi delle scorte di farmaci, ma qualcuno lo aveva trasformato in un laboratorio provvisorio. Al centro della sala, vi erano due tavoli enormi con apparecchiature da ricerca scientifica; più a lato c’erano degli scarti di medicinali, carte e immondizia.
Davanti a Bigby, c’era una serranda aperta, dove qualcuno stava caricando della roba su un camion. Due uomini stavano caricando uno scatolone imballato sul furgone ormai pieno e che sembrano di fretta. Osservandoli meglio, Bigby vide che c’era un terzo uomo al volante del camion e capì che erano i tre aggressori dell’ufficio.
I due uomini che caricavano la roba si voltarono verso Bigby che, appena incrociarono il suo sguardo, sul loro viso appare un’espressione di terrore.
Il primo era alto, magro, capelli scuri lughi raccolti in una coda, barba e baffetti, magleitta rossa e pantaloni di tela verdi con scarpe da ginnastica blu; il secondo era di statura normale, capelli biondi corti, baffi, una felpa grigia e panatloni neri con scarpe da ginnastica bianche. Il ragazzo magro gridò:

- Oh cazzo… METTI IN MOTO STEVE! METTI IN MOTO! –

L’uomo al volante si voltò di scatto, guardò dietro di sé e, appena si voltò, accese il motore del camion. Gli altri due lasciarono cadere a terra uno degli scatoloni che stavano caricando, che fece un rumore assordante, e salirono per sviglnarsela.
Bigby capì che stavano per scappare e non poteva permetterlo. Dalla loro esprssione di paura, aveva capito che avevano a che fare con l’aggressione, ne era certo.
Bigby corse verso la serranda e, con un salto, oltrepassò il tavolo da laboratorio facendo cadere in terra delle attrezzature che, a contratto col pavimento, si distrussero. Appena poggiò il piede a terra, Bigby si lanciò per afferare uno dei due fuggitivi. Riuscì a prenderne uno per la manica della felpa ed era deciso a non lasciarlo andare. Jane stava oltrepassando il tavolo quando, il fuggitivo preso da Bigby, sferrò con l’altra mano libera un pugno dritto in faccia al detective.
Non capì come, ma Bigby sentì un dolore incredibile pervadergli tutto il viso. Il criminale gli aveva rotto il naso, ma con una forza tale da metterlo quasi KO. Non aveva mai provato un dolore simile. Bigby lasciò la presa per coprirsi il naso, che iniziò a sgorgare sangue a fiumi, e il criminale riuscì a salire sul camion, che partì con una sonora sgommata.
Jane asistette alla scena e urlò ai criminali di fermarsi, ma il camion era già paritito per la strada del viale diretto alla via principale. Mentre Bigby tentava di rialzarsi da terra col naso sanguinante, Jane saltò dalla pedana di carico-scarico e iniziò a correre dietro al camion per prendere i criminali. Bigby riuscì a raggiungere la seranda e vide Jane corrergli dietro. Notò la velocità con cui riusciva a seguirlo: era davvero veloce, quasi quanto un animale da caccia.
Bigby non capì se era per via della botta, ma giurò che, per un istante, Jane non le sembrò affatto umana.
Allo stremo delle forze, Jane decellerò e lasciò andare il camion. Si fermò a pochi metri dall’uscita della stranda principale e lo vide svoltare l’angolo con una sterzata brusca.
Anche stavolta erano fuggiti… di nuovo…
Jane si protese in avanti, poggiando le mani alle coscie per riprendere fiato. Stava ansimando molto e sembrava aver appena corso una maratona. Si riprese, si voltò verso Bigby e si diresse verso di lui. Appena gli fu vicino, notò che si stava tenendo il naso dolorante e che un rivolo di sangue sava scendendo giù per tutto il braccio fino al gomito per poi formare per terra delle pozze. Jane gli prestò subito soccorso e disse:

- … Stai bene? Ti fa tanto male? –

Bigby lasciò la mano e permise a Jane di vedere l’intensità del danno. Jane lo curò con un fazzoletto di seta che aveva con se nella tasca dei pantaloni e lo usò per tamponare le narici del collega. Bigby la osservò. Aveva la stessa espressione di preoccupazione quando trovarono Snow a terra quasi riva di sensi. Continuò ad osservarla e rispose:

- … Non è niente di grave, sto bene… -

Jane era visibilmente preoccupata e continuò a prendersene cura, ignorando le rassicurazioni del collega. Mentre controllava se il sangue si fosse fermato, Jane chiese:

- Con cosa ti ha colpito? –

Bigby ripensò al pugno ricevuto: la forza di quell’uomo era davvero intensa, quasi sovrumana, ma non lo raccontò a Jane perché non avrebbe capito. Fece spallucce:

- … Non ne ho idea. Lo stavo trattenendo per un braccio e con l’altro mi ha colpito con un pugno; non ho visto se aveva qualcosa… -

Jane smise di tamponare, sorrise leggermente disse:

- … Si è fermato. Tienilo. Se dovesse ancora sanguinare, può esserti utile. –

Bigby prese il fazzoletto sporco di sangue, tornò dentro il magazzino e andò ad un lavandino vicino per risciaquarlo. Nel mentre disse:

- … Me la cavo, grazie. Vai a prendere Hannah. La portiamo in centrale. Voglio farle qualche domanda riguardo a questa storia. Nel frattempo cerco indizi qui nel retro. –

Jane lo guardò e disse:

- Sei sicuro? –

Bigby annuì e lo stesso fece Jane; si dirisse verso il negozio, lasciando da solo il detective. Bigby risciaquò il fazzoletto con dell’acqua e si ripulì dal sangue incrostato per poi mettersi a perlustrare il magazzino. Vi trovo diversi utensili da laboratorio in vetro, plastica e accaio, dei fogli con delle formule chimiche e scarabocchi e diversi contenitori contenenti delle sostanze di diversi colori.
Perlustrata l’area e dopo essersi accertato che non ci fosse nulla di fondamentale, Bigby deccise di ispezionare lo scatolone che avevano abbandonato i criminali poco fa. Quando lo aprì, ne rimase stupito: c’erano diversi contenitori di vetro rotti, pieni di sostanze stupefacenti. In uno di questi, attraverso il suo fiuto, ne riconobbe la cocaina, marijuana, eroina, LSD e altre droghe illegali.
Rovistò ancora per cercare altri indizi e trovò qualcosa di insolito: tra i vari resti di boccette rotte e la droga, trovò un frammento fluorescente di colore verde. Lo prese tra le dita e lo osservò: assomigliava ad una pillola o una qualche capsula di un farmaco, ma non aveva mai visto niente di simile prima d’ora.
Mentre osservava la capsula verde, Jane ritornò al magazzino con Hannah in manette. La vecchietta si dimenava e si lamentava:

- Lasciami sciagurata che non sei altro! Ma chi ti ha insegnato l’educazione? Non si tratta così una signora anziana! –

Jane la teneva sottobraccio e la stava direzionando verso Bigby. Quando furono vicini, Jane fermò Hannah e le disse:

- Una cosa la so per certo: l’educazione insegna che non si mente alla polizia.... devo ricordarle che ha appena mentito, che nascondeva un laboratorio di droga illegale e che ha tentato di svignarsela facendo resistenza? –

Bigby non capì cosa stesse succedendo così chiese:

- … La stai accusando di resistenza a pubblico ufficiale? –

Jane si voltò verso Bigby e spiegò l’accaduto:

- Mentre stavo andando a prenderla, l’ho beccata mentre tenatava di chiuderci dentro il negozio a chiave. Sono riuscita a raggiungerla e ho bloccato la porta a vetri col piede, poi l’ho arrestata. –

Bigby rimase senza parole e Jane non sapeva che dire:

- … Hey, almeno l’ho arrestata. Ho vari motivi per trattenerla più di 24 ore. –

Bigby continuò a fissarla, ma con aria divertita. Jane sorrise capì che la stava prendendo in giro.
In quel momento, Jane notò la piccola capsula nella mano di Bigby e chiese:

- Che hai trovato? –

Bigby guardò la piccola capsula, la mostrò a Jane e disse:

- Sembra un qualche farmaco, ma non l’ho mai visto prima d’ora… tu sai di cosa di tratta? –

Jane guardò il piccolo pezzo verde, lo osservò ma negò:

- … Mai visto prima d’ora… però la signora sicuramente potrà dirci qualcosa, vero? –

Bigby e Jane guardarono Hannah che, con aria furiosa, li fulminò con lo sguardo. Bigby la guardò e le disse:

- Andiamo in centrale per fare due chiacchiere. –

I due detective s’incamminarono verso l’ufficio. Finalmente, avrebbero trovato le risposte che cercavano.

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Capitolo 5
*** I’m Ecstasi-ed! ***


Capitolo 5: I’m Ecstasi-ed!

Era passata più di mezz’ora da quando Hannah era entrata nella stanza degli interrogatori, eppure non aveva ancora spiccicato parola, solo qualche insulto ben assestato.
Jane aveva passato i primi 20 minuti con l’anziana signora, mentre Bigby era rimasto nella sala accanto ad ascoltare quello che si dicevano. Mentre la collega cercava di far parlare Hannah, lui cercava uno spiraglio dove poter fare breccia e convincerla a raccontar loro tutto ciò che sapeva. Non aveva idea di quanto ci avrebbero impiegato, ma sapeva che sarebbe stato un lungo interrogatorio.
Bigby stava di fronte alla vetrata a specchio nella sala videoregistrazioni e ascoltava Jane confrontarsi con la vecchia farmacista. Stava fumando l’ennesima sigaretta quando Jane iniziò a parlare:

- Hannah, non può continuare a stare in silenzio per sempre. Non ha nemmeno richiesto un’avvocato per difendersi. Cos’ha intenzione di fare? –

Jane era seduta di fronte alla donna in modo tale da farle capire che non fosse una minaccia. Continuava ad insistere con tenacia e pazienza a piccoli passi, come una madre alle prese con la figlia capricciosa. Hannah invece dava l’impressione di capire in che condizione si trovasse e di quanto fosse pericolosa la faccenda in cui si era immischiata. Sembrava seriamente impaurita, ma non per la detective. Jane cercò in tutti i modi di metterla a suo agio, ma sembrava convinta a non voler parlare.
 
Bigby aveva già capito che copriva qualcuno, coinvolto tanto quanto lei, ma decisamente più colpevole; inoltre aveva anche capito che se lei avesse fatto parola, ne avrebbe pagato amaramente le conseguenze.
Jane guardò Hannah e disse:

- Ascolti: chiunque lei stia proteggendo, non potrà farle del male finchè è qui con noi. Possiamo metterla sotto protezione testimoni e nessuno potrà farle alcun male. Ha la nostra parola. –

Hannah si stava contorcendo le mani per la tensione. Voltò lo sguardo impaurito verso Jane, scosse la testa:

- … Proteggermi… che parole rassicuranti. Non sapete neanche difendervi da un cazzotto in pieno muso, figuriamoci da coloro che state cercando! –

Lo sguardo di Hannah si posò sulla vetrata che divideva le due stanze. Bigby capì che stava parlando di lui, poi spense il mozzicone di sigaretta nel posacenere e sbuffò il fumo con un soffio. Hannah tornò a guardare la detective, poi incorciò le braccia al petto, si lasciò cadere sullo schienale della sedia in plastica e disse:
 
- Tsè! Che razza di poliziotti siete? Non sapete nemmeno fare il vostro lavoro! Come posso fidarmi di voi? Mi state trattenedo da ore senza un vero motivo! –

Bigby inspirò profondamente dal naso. Si alzò dalla sedia, fece qualche passo andando avanti e indietro per scacciare la sensazione di fastidio che provava. Era rimasto seduto in quella stanza per troppo tempo e ora aveva bisogno di muoversi. Jane invece sembrava calma e pacata, come se fosse in quella stanza da pochi minuti. Si mise comoda, ponendo leggermente il busto in avanti:

- … Abbiamo il diritto di fermo per le prossime 48 ore. In quest’arco di tempo, che è davvero lungo, può fornirci le informazioni di cui abbiamo bisogno per poter capire con chi abbiamo a che fare. In cambio della sua collaborazione, noi la proteggeremo. –

Hannah fece spallucce. Non diede una risposta vera e propria, ma si limitò a dire che non l’avrebbe fatto, che avrebbero potuto prometterle qualunque cosa in cambio, tanto lei non parlerà.
Bigby ne aveva abbastanza. Non riusciva a trovare un modo per farla parlare; inoltre, era infastidito, arrabbiato, coi nervi a fior di pelle e per questo non pensava lucidamente. Se avessero continuato così, non sarebbero arrivati a concludere nulla. Si avvicinò al vetro e con le nocche delle dita bussò tre volte. Jane e Hannah si voltarono verso il suono, dopo di che, Jane si scusò con la donna e si alzò per uscire dalla sala.
Quando i due detective si ritrovarono nel corridoio, Jane sospirò profondamente:

- Uff… quella donna è un osso duro, non c’è che dire. Oltre ad essere visibilmente spaventata, ma credo che proprio per questo motivo non cederà facilmente. –

Bigby annuì alle parole della collega:

- Già, l’ho pensato anch’io… dobbiamo trovare una strategia diversa, qualcosa che la convinca a parlare. –

Jane annuì. Si strinse nelle spalle e si guardò le punta delle scarpe. Bigby si massaggiò il collo e fece scricchiolare le vertebre. Nel corridoio non c’era nessun’altro, si percepiva solo il passaggio delle auto che sfrecciavano veloci sulla strada e il vento che s’incanalava nei condotti dell’aria condizionata appena percepibile all’orecchio. Bigby inclinò la testa all’indietro e guardò il neon del lampadario appeso al soffitto. Se ascoltava attentamente, poteva percepire il ronzio della corrente elettrica passare nei fili. Chiuse gli occhi e per un momento cercò di non pensare a nulla. Ormai erano settimane che stavano seguendo questo caso e ogni volta che scopriva delle novità, aveva come la sensazione di essere sempre in svantaggio.
Mentre teneva gli occhi chiusi, Jane gli chiese:

- Potremmo andare all’ufficio. Magari Snow e Bufkin hanno trovato qualcosa che può aiutarci. –

Bigby annuì silenziosamente, poi entrambi si avviarono verso l’ascensore. Appena furono di fronte alle porte in metallo lucido, Jane si rivolse a Bigby chiedendogli:

- … Come stai? –

Bigby premette il pulsante e rimase a riflettere alla domanda. Sembrava essere sincera e da qualche parte nella sua voce percepì una nota di preoccupazione. Pensò che sotto quella scorza dura, in fondo, c’era un po’ di dolcezza in lei. Si voltò a guardarla, le sorrise leggermente e rispose:

- Sto bene grazie. Sono solo un po’ stanco, tutto qui. –

Jane annuì in silenzio. Entrambi guardarono le porte dell’ascensore aprirsi, ma rimasero immobili. Le fece cenno con la mano per farla passare e lei ricambiò il gesto con un sorriso stanco ma sincero. Il viaggio in sé durò pochi secondi, ma per qualche strano motivo, a Bigby sembrò passare un’eternità. Avrebbe voluto dire qualcosa di carino a Jane, ma non sapeva esattamente cosa. Non era il tipo da iniziare le conversazioni e, in quel momento, non aveva in mente proprio nessun argomento. La guardò con la coda dell’occhio: si stava osservando in giro, probabilmente presa dal breve e silenzioso imbarazzo. Si domandò se anche lei stesse pensando la stessa cosa: “Cosa potrei chiedergli? Che argomento proporre?”; forse si era resa conto di non conoscerlo ancora bene. Bigby sospirò leggermente, poi si rivolse a Jane:
 
- … Tu invece? –

Jane si voltò verso il collega, rimase per qualche istante in silenzio poi rispose:

- … Bene grazie; cioè, non mi lamento. Mi piace qui. È un lavoro… coinvolgente. –

Bigby annuì. Tornarono al silenzio di prima, ma almeno entrambi erano più rilassati.
Appena entrarono nell’ufficio, i detective notarono che era stato messo in ordine. Con l’aiuto di Bufkin e di altre persone della comunità erano riusciti a fare un ottimo lavoro. Bufkin era intento a leggere dei fascicoli conteneti informazioni riguardanti il caso e, appena vide i due entrare, li salutò con un cenno:

- Buongiorno signori! Arrivate giusti in tempo. Ho fatto delle nuove scoperte. –

Bigby e Jane arrivarono alla scrivania. Jane, felice della notizia, si rivolse a Bufkin:

- Lo speriamo davvero tanto. Quella donna non ha alcuna intenzione di cedere. Che cosa puoi dirci al riguardo? –

Bufkin tirò fuori alcuni fogli conteneti informazioni personali della donna e lo porse alla detective. Jane ascoltava con attenzione, mentre Bigby sembrava assorto nei suoi pensieri. Si guardò attorno per vedere se Snow fosse nelle vicinanze, ma non la vedeva da nessuna parte. Il suo profumo impregnava tutta la stanza, quindi doveva essere li per forza. Bigby si voltò verso Bufkin e gli chiese:

- … Snow è qui? Avrei bisogno di parlarle. –

La scimmia indicò uno degli scaffali in fondo all’ufficio:

- Dietro i ripiani, seconda fila a destra. Aveva detto di voler mettere in ordine le carte degli anni passati, così, per… tenere la mente occupata. -

Bigby annuì, ringraziò Bufkin e lasciò che la collega prendesse tutte le informazioni necessarie per l’interrogatorio. Lui non avrebbe partecipato, perché stare in mezzo?
Arrivò alla fila di scaffali indiciata da Bufkin e cercò Snow tra le enormi pile di carte. Appena voltò l’angolo, la trovò: era intenta a leggere dei fogli in modo frenetico e disattento, uno dopo l’altro, come avesse fretta di controllare qualcosa; atteggiamento insolito da parte sua. Bigby si schiarì la voce per farsi sentire, Snow si voltò leggermente spaventata. Per un istante Bigby credette che fosse immersa in qualche sogno ad occhi aperti, dato che ritornò alla realtà disorientata. Snow fece cadere la pila di fogli che teneva in mano, ma lei si ricompose e con voce imbarazzata disse:

- Oh, c-ciao Bigby. Non ti avevo sentito arrivare. C-che ci fai qui? –

Bigby notò che dal tono della voce, oltre che essere leggermente tremante, era ancora intorpidito dai colpi. La sua voce, decisa e soave, era ovattata, quasi coperta a causa del gonfiore dei colpi subiti. Dovevano farle male, ma non tralasciava alcuna emozione che confermasse. Percepiva una nota di fastidio in lei, ma difficilmente visibile all’esterno. Si avvicinò a lei e disse:

- Sono appena tornato con Jane dalla sala interrogatori. Abbiamo qualche difficoltà a far parlare la farmacista. Vorrei sapere se hai qualche dritta o informazioni utili da darmi. –

Snow annuì leggermente, tornò a leggere i fascicoli che teneva in mano e rispose:

- Oh, ti ringrazio per avermi pensata… purtroppo non sono molto brava in questo genere di cose. La gente di solito viene per parlarmi dei suoi problemi volontariamente, non il contrario. Non saprei proprio come aiutarti… -

Snow prese il fascicolo di fogli e lo ripose in uno scatolone pesante che tentò di sollevare e rimettere sullo scaffale. Bigby la aiutò spostandole uno degli scatoloni già posizionati per farle spazio, affinchè riuscisse ad appoggiarlo e spingerlo per bene sul ripiano. Sapeva quanto lei detestasse essere aiutata, perciò lo fece in modo indiretto. Lei gli sorrise e tornò a frugare tra le scartoffie burocratiche degli anni passati.
In quel momento, la mente di Bigby si fece vuota. Avrebbe voluto dire qualcosa, ma nell’esatto momento che cercava le parole adeguate, la sua mente si svuotava di colpo.
Oltre a questo, non riusciva a staccare gli occhi dai lividi sul viso. Probabilmente Snow aveva tentato di nasconderli, ma forse erano troppo pronunciati per poterlo fare. Bigby mise le mani in tasca e disse:

- E’ proprio per questo che ti ho pensata: tu sai parlare con le persone; sai come metterle a loro agio e come farle ragionare. E in questo momento, è proprio l’abilità di cui avrei bisogno. –

Snow guardò Bigby con aria amorevole e dolce, come una mamma cui si scioglie il cuore per la gentilezza del figlio. Si ricompose, riprese a mettere via i fascicoli e disse:

- … Ti ringrazio, ma ora non saprei proprio dirti… -

Bigby annuì. La capiva e no voleva forzare troppo la mano. Aveva bisogno di distrarsi, ma a modo suo e con i suoi tempi. Non chiese altro e alla fine si congedò:

- Fa niente, non preoccuparti. Grazie comunque. –

Si voltò, si diresse verso gli scaffali e se ne andò. Non si voltò indietro per guardarla, ma sapeva che Snow lo guardava con aria triste e la mente piena di altrettanti pensieri.
Appena superò gli scaffali di libri, Bigby si passò una mano davanti al viso e inspirò profondamente. Era stanco, provato ed emotivamente distrutto. Tutto questo lavoro, tutto questo peso sulle spalle... era davvero difficile da trasportare. Cercò di riprendersi e si convinse che non era il momento di lasciarsi prendere dallo sconforto. Si sarebbe sentito molto meglio nel sapere che quei criminali molto presto sarebbero finiti in prigione per un bel po’ di tempo. Questa era l’unica consolazione a cui ambiva: non più vendetta, non più uccisioni, non più istinti. Solo lui e il mondo reale. Si riprese, fece un respiro profondo e si diresse verso il tavolo dove Jane e Bufkin stavano controllando alcuni fascicoli. Appena Jane lo vide arrivare, gli si avvicinò con aria euforica:

- Forse lo abbiamo trovato. –

Bigby, incuriosito dalle parole della collega, rimase ad ascoltare:

- Cosa avete trovato? –

- Ricordi quando, nel retro del negozio, due dei criminali stavano caricando la roba nel camion? Uno di loro si è fatto sfuggire il nome “Steve”. –

A Bigby s’illuminarono gli occhi:

- Sarebbe la prima buona notizia della giornata. –

Jane annuì soddisfatta:

- Lo abbiamo identificato: si chiama Steve Mendoza, 34 anni, nato a Salt lake City nello Utah e schedato per la prima volta all’età di 15 anni. Ha iniziato con piccoli furtarelli quali borseggiamento, furto d’auto, risse in luoghi pubblici finchè non si è dato allo spaccio di sostanze e contrabbando al mercato nero. È stato arrestato diverse volte, ma ha sempre avuto la condizionale ed è uscito pagando la cauzione. –

Bigby prese il fascicolo e lo lesse attentamente:

- Arrestato ben 5 volte per aggressioni sessuali verso l’ex-fidanzata, resistenza a pubblico ufficiale e violenza a mano armata in una discoteca. -

Jane guardò il collega con aria coscinete di quello che stava pensando:

- … Quella è solo la minima parte della sua fedina penale. C’è un altro foglio con tutti gli altri crimini medio-alti che ha commesso. –

Bigby rimase a guardare la parte “aggressioni sessuali” e pensò a Snow. Non osò immaginare cosa avesse fatto all’ex fidanzata. Restituì il foglio a Jane e guardò gli altri fogli sparpagliati per il tavolo. Jane lo guardò con aria curiosa e gli chiese:

- A che pensi? -

Bigby rimase col dito a mezz’aria, poi si voltò verso la collega:

- Essendo un pluri-criminale, questo fa automaticamente Hannah una complice pluri-criminale. Se le raccontassimo che abbiamo arrestato Steve e che sta confessando tutto in questo preciso istante, portemmo convincerla a dirci tutto quello che sa per evitare il massimo della pena. –

Jane guardò Bigby con aria sorpresa e incredula. Non era per niente male come idea! Rimase a pensarci su:

- Potrebbe funzionare… ma se non dovesse crederci? –

Bigby prese il foglio che aveva in mano Jane:

- La convinceremo. Appena saprà di non avere alcuna via di scampo, cercherà di contrattare. Fidati di me. So già come persuaderla. –

Jane sospirò. Non avevano avuto alcuna idea e questa sembrava l’unica buona che avessero avuto finora. Non vedendo alternative, la collega cedette:

- … Va bene. Cosa vuoi fare esattamente? –

Bigby consegnò il fascicolo di Steve a Jane e mentre si dirigevano verso la sala interrogatori le spiegò per bene il piano.
Nella sala interrogatori intanto, Hannah stava aspettando l’arrivo dei detective. Era stanca, affamata e impaziente che tutto quel casino finisse. Decise di stiracchiarsi e fare due passi dalla sedia in cui era seduta da ben più di 5 ore e fu proprio in quel momento che Jane e Bigby entrarono all’improvviso. Presa dallo spavento, Hannah sussultò a tal punto da fare cadere la sedia in terra. Si mise una mano sul petto, come per trattenere il cuore che pompava adrenalina a mille nel suo corpo, e rispose in maniera secca e severa ai due detective:

- Ma dico io, siete impazziti? Far prendere uno spavento del genere ad una povera signora anziana? Potevate almeno –

Jane, con tono brusco, diverso dal tono dolce e comprensivo che aveva usato in precedenza, rispose:

- Si sieda. Subito. –

Hannah rimase quasi senza parole dall’atteggiamento della detective, a tal punto che quasi ebbe un brivido per tutta la schiena. Inatanto Bigby aveva raccolto la sedia da terra e le l’aveva sistemata in modo tale che potesse accomodarsi dov’era prima. Hannah si voltò verso il detective che, con la testa, le fece segno di sedersi. Hannah ubbidì senza farselo ripetere.
Dopo essersi accomodata, Bigby si sedette a fianco della collega che intanto si era seduta di fronte ad Hannah. Rimasero in silenzio per qualche istante: lui la fissava con aria torva, mentre Jane sfogliava il fascicolo consegnatole precedentemente. In un silenzio glaciale, Hannah iniziò a preoccuparsi di quello che sta per succedere. Si sistemò la maglia beige chiaro che indossava sulle spalle, si schiarì la voce e attese per qualche istante. I due detective rimasero esattamente come prima fin da quando si erano seduti al tavolo. Questo metteva in soggezione non poco la farmacista. Si schiarì nuovamente la voce e con voce quasi strozzata disse:

- Ehm-ehm… C-cosa volete –

Nelo stesso momento, Bigby le porse una domanda secca, con aria impassibile:

- Lei pensa di essere furba, Sig.na Myers? –

La donna s’interruppe immediatamente. Era molto confusa e non capiva perché i sue detective si comportassero in quel modo. Si sistemò nella sua posizione, si schiarì nuovamente la voce e si inumidì le labbra:

- … I-io non capisco… Perché mai dovrei –

Nuovamente, Bigby interruppe l’anziana:

- Lei pensava davvero che ce l’avrebbe fatta sotto il naso? Ci ha preso per degli stupidi? –

Rimase in silenzio. La tensione dei suoi nervi la facevano sussultare ad ogni singolo movimento. Ogni volta era come uno spasmo incontrollato e agghiacciante che le percorreva la pelle di tutto il corpo. Guardò Jane, che non le prestava affatto attenzioni: continuava a sfogliare quel maledetto fasciolo con non curanza con un espressione seria in viso. Forse la situazione si stava facendo veramente grave.
Hannah degluì a fatica e riprese a domandare con innocenza:

- P-perché mai doveri prendervi in –

Di colpo, Bigby si alzò dalla sedia, la lasciò cadere all’indietro e battè entrambe le mani sul tavolo, incombendo con tutto il corpo di fronte all’anziana signora:

- È inutile che faccia la finta tonta, quindi la smetta con questi giochetti! –

Per lo spavento, Hannah si spostò all’indietro. Non capiva a cosa si riferissero i due detective, ma stava davvero avendo paura. Forse avevano scoperto tutto, forse sapevano cosa aveva fatto! Buon Dio, cosa doveva fare? Cercando di rimettersi in sesto, Hannah domandò:

- … Che state farneticando? Io –

Jane sbattè il fascicolo davanti all’anziana signora su una pagina aperta ritraente Steve, uno dei criminali alla guida del furgone del suo negozio. Lo riconobbe subito. Come lo avevano trovato? Cosa sapevano di lui? Hannah cercò di fare la vaga:

- … Chi è? –

- Steve Mendoza, 34 anni. Alcune ore fa lo abbiamo trovato nei pressi del suo negozio che cercava di riprendere la roba che aveva lasciato nel magazzino. Lo abbiamo arrestato e condotto in centrale per interrogarlo. –

Hannah ebbe un brivido. No, non poteva essere vero.

- … E? Cosa c’entra con me? –

Jane si alzò dalla sedia, mise le mani in tasca e inziò a girare per la sala:

- Ha cantato come un uccellino appena ha visto le prove che lo collegano ad un’aggressione avvenuto nel nostro ufficio. Ha aggredito il direttore del dipartimento causandgli delle contunsioni piuttosto gravi, ha rubato una prova dal nostro dipartimento, aggredito il mio collega e inquinato la scena di un crimine rubandone altrettante. –

Bigby prese parola continuando la frase:

- Per non parlare del fatto che è accusato di collaborare con un cartello della droga illegale. Gli abbiamo mostrato tutte le prove contro di lui, e sa che ha detto? –

Hannah iniziò a sudare freddo.

- Ha detto, che è lei il capo. –

Hannah sgranò gli occhi. Proprio quello che temeva. Il suo incubo più grande era diventato vero. Guardò i due detective e con aria preoccupata disse:

- Cosa? No! no no no, io non centro nulla con questa storia! –

Jane si piazzò davanti ad Hannah con aria cattiva:

- Davvero? Allora perché dei criminali dovrebbero fabbricare della droga nel magazzino del suo negozio? Per divertimento? Lei ha dato la disponibilità per usare la farmacia come laboratorio di sostanze illegali! Steve ha confessato tutto, è inutile negare l’evidenza! –

Hannah iniziò ad andare nel panico. Non voleva finire in prigione, non voleva che finisse così! Cercò di spiegare ai detective:

- No, vi sbagliate! State sbagliando tutto! Sta mentendo! Sono io la vittima qui, non loro! –

Bigby intervenne:

- Steve ci ha spiegato la verisone dei fatti: data la crisi che stava passando il negozio, ha pensato bene di avviare uno smercio di farmaci illegali per il mercato nero della droga. Siccome non ne aveva abbastanza dei guadagni, ha ingaggiato dei criminali per triplicare il suo lavoro in modo tale che venisse nascosto e continuasse la sua attività. Pagava bene i suoi complici e organizzava il tutto vendendo la merce ai clienti in cerca delle sostanze. Lei vendeva droga illegale alla luce del sole! Steve ha già dato la sua deposizione, non può più fare nulla ormai! –

Hannah, presa dal panico, cercò in tutti i modi di convincere i detective:

- No no no, non è vero! Io facevo solo da copertura: Steve e gli altri due uomini lavoravano alla produzione di droghe, caricavano la roba sul furgone e la spedivano non so dove per venderla al mercato nero! Io recuperavo e ordinavo gli ingrdienti, tutto qui! Non ho mai gestito il resto! –

I due detective rimasero in silenzio, mentre Hannah iniziò ad ansimare. Bigby si sedette sulla sedia, poi Jane fece lo stesso. Vedendo la donna nel panico, Jane prese un block-notes e una penna. Appena la donna si calmò, Jane le disse:

- … Se quello che dice è vero, allora le conviene fare la deposizione adesso. Se decide di non difendersi, non potrà più farlo. Si addosserà tutta la colpa e finirà in carcere per il resto dei suoi giorni. –

Hannah, presa dalla paura, decise di parlare. Ormai non aveva alcun senso nascondere tutto:

- … Tempo fa Steve e altri due uomini vennero al mio negozio per propormi un’accordo: il 15% delle entrate se avessi collaborato con loro per la creazione di un laboratorio di nuovi prodotti farmaceutici. Dato il momento di crisi che stavo passando il negozio, accettai senza indugi. Solo più avanti scoprì queli erano le loro vere intenzioni… -

I due detective rimasero ad ascoltare attentamente.

- Ogni giorno arrivavano clienti differenti: chi per le medicine e chi per la droga. Lo si vedeva lontano un miglio per cosa erano venuti. Io facevo la bella faccia al negozio, mentre dietro c’erano quei tre mascalzoni che lavoravano a solo Dio sa cosa! –

Bigby prese dal fascicolo una foto di Eddy e le la porse per farlela vedere:

- Quest’uomo è mai venuto al negozio? Era un cliente abituale? –

Hannah prese la foto, la guardò attentamente e annuì:

- … Sì. Era uno dei clienti fissi del laboratorio. So solo che veniva quando era piuttosto irrequieto, quindi quando era in astinenza… Sembrava così giovane… -

Jane fece una domanda:

- Per caso era un cliente speciale? Conseganavate contienuti diversi per lui? –

Hannah ci pensò un attimo, poi annuì:

- … Sì, spesso gli consegnavo un pacco differente dagli altri. Steve e gli altri mi davano un pacco avvolto da una busta in plastica azzurro e mi dicevano che era per lui. Mi ordinavano anche di scrivergli un biglietto come promemoria per la quantità. –

Jane e Bigby si guardarono, poi Jane chiede:

- E per quale motivo? –

Hannah tirò su col naso e rispose alla domanda:

- Dicevano che era uno abbastanza svitato, che si dimenticava le cose facilmente. -

I due detective rimaser in silenzio. Bigby decise di fare un altra domanda:

- Come si chiamano i tre uomini? –

Hannah tirò su col naso, se lo soffiò e rispose:

- Steve Mendoza, Mark Castille e Dwayne Rhami. Lavoravano esclusivamente nel mio negozio, ma non so se operassero anche in altri posti. –

Bigby annuì mentre Jane prese nota dei nomi dei nomi degli altri due criminali. In quel momento Bigby stava provando una rabbia incontrollabil. Quei tre bastardi aveano fatto del male a Snow. Erano tutti dei criminali spietati e avrebbe voluto spezzar loro le ossa. Cercò di stare calmo e continuò con le domande:

- Per chi lavoravano? Sai il nome del loro capo? –

Hannah esitò per qualche secondo. Guardò Jane, che con aria rassicurante le disse di continuare con calma. Prese un respiro profondo:

- … So solo che sono proprietari di una discoteca in centro città, ma non conosco i loro nomi. –

Sentendo quelle parole, il sangue di Bigby ribollì per tutto il corpo. Jane notò che il collega stava tenne il pugno chiuso talmente stretto da far diventare le nocche bianche. Prese in mano la situazione e concluse l’interrogatorio:

- E’ stata di grande aiuto. Ora valuteremo la sua deposizione e quella di Steve per decidere il da farsi sulle pratiche legali. –

Hannah mise la testa tra le mani sconvolta e provata dalla situazione. Jane e Bigby uscirono dalla stanza e quando furono nel corriodio, Bigby non si trattente:

- Quei figli di puttana… -

Jane chiuse la porta alle sue spalle e si rivolse al collega:

- Bigby, devi cercare di –

All’improvviso, Bigby sferrò un pugno secco e deciso sulla parete di cartongesso, che si frantumò in mille pezzi. Jane fece un passo indietro e sobbalzò per lo spavento. Non disse niente, si limitò a guardare il collega. Quando rimosse la mano dalla parete, Jane notò che stava leggermente sanguinando, ma Bigby non sembrò curarsene più di tanto. Fece scricchiolare il polso e stese le dita con forza per riprendere la sensibilità della mano, poi si diresse verso il corriodio. Prima di andarsene, le rispose:

- Sono calmissimo Jane. -

Lo guardò andarsene verso l’ufficio. Se fosse stato in un contesto diverso, quella frase le sarebbe sembrata sarcastica. Bigby entrò nell’uffico con una tale forza che Bufkin fece un salto per lo spavento. La scimmia si voltò verso il detective mentre si avvicinava sempre di più verso di lui. Si rivolse a Bigby, ignaro di quello che fosse successo:

- Detective Wolf? C-cosa è successo? Avete –

Bigby arrivò al tavolo vicino a Bufkin e bruscamente gli ordinò:

- Devi cercarmi questi tre nomi. Subito! –

Bufkin, spaventato dall’atteggiamento del detective, prese il foglio coi nomi e iniziò a cercarli senza fiatare. La sua mano si stava contorcendo e non si rese conto che le unghie affilate da lupo gli erano apparse per la la rabbia. Quando si guardò il palmo, notò che si era graffiato e tagliato in diversi punti. In quel momento arrivò Jane che raggiunse il collega e cercò di parlargli:

- Che diavolo ti è preso? –

Bigby non rispose e si limitò solo a fare respiri profondi per mantenere il controllo. Aspettò qualche istante, poi Jane continuò a parargli:

- … Senti, lo so che sei arrabbiato per la storia di Snow. Lo sono anch’io, ma dobbiamo essere razionali e non far prendere il sopravvento alle nostre emozioni. Compromettono il nostro lavoro. –

Bigby si volse verso la collega e le rispose:

- Lo so perfettamente Jane. Credi che non lo sappia? –

Jane rimase in silenzio per qualche secondo, poi rispose:

- … Quello che voglio dire è che comprendo quello che provi, perché è lo stesso anche per me. Ma se davvero vogliamo risolvere questo caso, dobbiamo farlo in miglior modo intelligente. –

Bigby sapeva che lei aveva ragione, ma questo non lo aiutava a farlo calmare. Voleva sapere i nomi di quei criminali, voleva vedere le loro facce, andare ad arrestarli e fare giustizia a Snow una volta per tutte.
In quel momento, Bufkin lo riportò alla realtà presentandosi con dei fascicoli schedati. Li porse ai detective e disse:

 - Queste sono le persone che cercava Detective… Per caso sono… -

Jane lo interruppe:

- Potrebbero essere i tre uomini che hanno fatto irruzione, ma non possiamo esserne certi. –

Bigby guardò i volti dei tre criminali presenti nei fascicoli: erano gli stessi tipi del magazzino. In quel momento, preso da un impeto di rabbia, Bigby prese i fogli e si diresse verso gli scaffali dell’ufficio. Jane e Bufkin lo guardarono e lei gli chiese:

- Dove vai? –

Senza voltarsi le rispose:

- A confermare l’identità di quei bastardi. –

Jane non capì subito, poi realizzò cosa volesse fare. Lo seguì preoccupata mentre Bufkin non riusciva a capire cosa stesse succedendo. Mentre camminava veloce in mezzo alle librerie e gli scaffali colmi di scartoffie, Bigby era in cerca di Snow. Se confermava l’identi-kit di quei tre, poteva procedere al loro arresto. Appena la trovò intenta a sistemare gli ultimi scatoloni, Bigby le si avvicinò e la chiamò. Lei fu sorpresa dalla sua schiettezza e rimase sorpresa nel vedere un lampo di determinazione nei suoi occhi:
 
- Hey... che succede? –
 
Bigby le mostrò i fascicoli e le spiegò tutto:
 
- Forse abbiamo identificato gli uomini dell’aggressione. Ma per esserne certi ho bisogno della tua conferma. –
 
Snow guardò Bigby, poi i fascicoli e infine il detective con aria confusa:
 
- … D’accordo ma cosa –
 
- Voglio che tu dia uno sguardo ai loro volti. –
 
Snow percpì un brivido freddo per tutta la schiena. Bigby si rese conto di averle chiesto uno sforzo immane e, probailmente il riaffiorare di cicatrici dolorose, ma era necessario che lo facese per l’indagine. Durante gli interrogatori, come da prassi, Bigby avrebbe condotto la vittima nella sala, le avrebbe fatto qualche domanda e le avrebbe chiesto di identificare l’aggressore. Ma con Snow era diverso. Tutta la situazione era diversa. Non poteva rinchiuderla in una stanza fredda e fetida e sperare che i ricordi riaffiorassero dal suo inconscio. Non l’avrebbe fatto in questa maniera.
Snow guardò i fascicoli, poi Bigby. I suoi occhi azzurri chiedevano aiuto, mostravano confusione e provavano paura. Si fermò a guardare i volti dei tre criminali e ci rimase a lungo. Dopo interminabili secondi, Snow rispose:
 
- … Dato che avevano il volto coperto non sono certissima al 100%, ma… -
 
Bigby stava aspettando impaziente la conferma di Snow. Voleva sentire quelle parole una volta per tutte.
 
- … Riconosco i loro occhi. Sono loro. –
 
Snow abbassò lo sguardo mentre pronunciava quelle parole. Consegnò il foglio a Bigby che lo prese tra le mani. Solo quando alzò lo sguardo su quest’ultime Snow notò che Bigby stava stringendo i fogli spiegazzandoli. Bigby rimase in silenzio, poi si voltò senza dire nulla.
Jane arrivò proprio in quel momento. Vide il collega e cercò di parlargli:
 
- Cos’ha detto? –
 
Le passò accanto senza neanche guardarla. Jane percepì un’intensa rabbia emergere da Bigby.
Quando uscì dal labirinto di scaffali, Bigby si fermò alla scrivania in legno massiccio, si appoggiò con entrambe le mani e fece qualche respiro profondo. Era furioso. Avrebbe voluto spaccare tutto, qualunque cosa gli fosse capitata sotto le mani. In quel momento sentì di non poter controllare la rabbia che cresceva in lui e sentì un’istinto omicida provenirgli da dentro.
 
Devo calmarmi… devo controllarmi… devo…
 
Jane posò dolcemente la mano sulla spalla del collega. Cercò di farlo calmare e di trovare la ragione:
 
- Bigby, non fare idiozie. Cerca di controllarti. –
 
Bigby chiuse gli occhi. Sapeva che erano diventati di colore giallo-ambra. Fece qualche respiro profondo, poi un altro e un altro ancora, finchè poi si calmò del tutto. Riaprì gli occhi, si voltò verso Jane e disse:
 
- … Voglio arrestare quei figli di puttana oggi stesso. –
 
Jane annuì. Bigby si sentiva ancora avvampare di rabbia dentro, ma riusciva a controllare l’istinto.
Aspettò qualche istante prima di parlare, poi Jane gli fece una proposta:
 
- Ho un idea, ma non credo ti piacerà. –
 
Bigby guardò Jane con aria confusa.
 
- Se quei tre lavorano per Kyle e Frank è possibile organizzare un’imboscata sottocopertura alla discoteca. Qualcuno potrebbe entrare come cliente e cercare di metersi in contatto coi proprietari o con almeno uno dei tre scagnozzi. –
 
Bigby annuì. Come piano poteva funzionare, ma si chiese chi potesse farlo; poi capì:
 
- … Jane, no. E’ fuori discussione! –
 
- Io non sono mai entrata nel locale, non mi hanno mai vista prima d’ora! Ho la copertura perfetta per quest’operazione! Facciamo almeno un tentativo. Controlliamo se ci sono alla discoteca, poi valutiamo ogni aspetto della situazione e poi procediamo all’arresto. –
 
Bigby non era convinto. Non gli piaceva l’idea di lasciar andare Jane nella fossa dei leoni da sola, ma aveva ragione; lei era l’unica a non essere stata mai vista. Ci riflettè a lungo, poi disse:
 
- … D’accordo, ma verrò con te. Ti seguirò a distanza e rimarremo in stretto contatto per tutta l’operazione. Se fai qualche mossa azzardata, ti spedisco al reparto gestione della clientela. –
 
Jane sorrise e annuì. Non sapeva perché, ma aveva un potere incredibile nel convincere Bigby a fare qualcosa. Bigby si passò una mano nei capelli e aggiunse:
 
- Stasera andiamo a pattugliare la zona. Prepara il necessario; potresti entrare in azione anche subito. –
 
Jane annuì e corse a prepararsi. Bigby sospirò e pensò tra sé e sé:
 
Mi auguro che quei bastardi ci rimangano quando li prenderemo. Voglio vedere le loro facce quando li arresterò personalmente

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