Tiempo Perdido di Clown (/viewuser.php?uid=50299)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Licenza ***
Capitolo 2: *** Uniche vittime: fauna ittica - Pt. 1 ***
Capitolo 3: *** Uniche vittime: fauna ittica - Pt. 2 ***
Capitolo 4: *** Un'altra? ***
Capitolo 5: *** Pareti d'iridio ***
Capitolo 6: *** Fiamme nell'hangar ***
Capitolo 7: *** N7 ***
Capitolo 8: *** Al suo servizio, Comandante ***
Capitolo 9: *** Luego culpo al alcohol ***
Capitolo 10: *** Propuesta Indecente ***
Capitolo 11: *** Golpes con sabor a cerveza ***
Capitolo 12: *** La promessa ***
Capitolo 13: *** Stazione Cronos - Pt. 1 ***
Capitolo 14: *** Stazione Cronos - Pt. 2 ***
Capitolo 15: *** La resa dei conti ***
Capitolo 16: *** Sono orgoglioso di te ***
Capitolo 17: *** Né tu, né io ***
Capitolo 18: *** Una volta per tutte ***
Capitolo 19: *** Impatto ***
Capitolo 20: *** Occhi d'ebano ***
Capitolo 21: *** Nelle tenebre ***
Capitolo 22: *** Frammenti ***
Capitolo 23: *** Il luogo più vicino al cielo ***
Capitolo 24: *** Preludio al requiem ***
Capitolo 25: *** In hoc signo vinces ***
Capitolo 26: *** Epilogo in terra straniera ***
Capitolo 1 *** Licenza ***
LICENZA
Un
fitta di dolore le risalì l'avambraccio,
intorpidendole le dita. Agitò la mano, cercando di
allontanare la sensazione.
«
In cuor mio, è la prima volta che vedo una persona
reagire a una licenza con un pugno al muro. »
«
Anderson, ammiraglio, siamo in guerra e lei mi sta
chiedendo di andare in licenza. Non le sembra leggermente
più assurdo? »
«
Non ti sto chiedendo di andare in licenza,
Comandante. Te lo sto ordinando. »
La
donna si portò una mano al volto, premendosi gli
occhi. Era tutto così surreale che credeva di stare
sognando, che per una volta
il suo incubo ricorrente le avesse dato tregua.
«
Ricapitolando... »
«
Per la terza volta? Shepard, frequentare i Krogan
non si può dire ti abbia giovato. »
Il
Comandante guardò il proprio superiore di sbieco.
«
... dal momento in cui si chiuderà questa chiamata, dovremo
fare rotta verso la
Cittadella dove consegneremo la Normandy all'Alleanza per una revisione
e
potremo prenderci una specie di vacanza. Tutto questo mentre in tutta
la
galassia i Razziatori massacrano migliaia di individui ogni minuto che
passa.
Corretto? »
«
Corretto. »
«
Ammiraglio, con tutto il rispetto, è sicuro di
stare bene? »
«
Tutti si meritano un po' di riposo, Shepard.
Soprattutto tu. »
La
donna si scagliò in avanti, sporgendosi verso
l'ologramma.
«
Maledizione Anderson, abbiamo il segnale, sappiamo
dove si trova la base di Cerberus, ci servono i dati per il crucibolo.
Non
possiamo fermarci adesso! » le parole le rimbombarono in
testa come nel Centro
di Comando. Un paio di teste, tra cui un certo Turian, fecero capolino
dalla
stanza circolare.
«
Anche per questo ti sto ordinando il periodo di
licenza. Prima di assaltare Cerberus dobbiamo essere sicuri che la
Normandy sia
perfettamente efficiente. Non possiamo rischiare un malfunzionamento
dei
sistemi proprio adesso. »
Gli
occhi di Shepard si ridussero a due fessure.
«
Anche? »
«
Sì, tu e la tua squadra dovete essere riposati. Non
sarà un scontro facile, considerando che con ogni
probabilità dovrai affrontare
Kai Leng. »
«
Ho abbattuto un fottuto Razziatore, posso farcela
anche adesso. »
«
La discussione termina qui, Shepard. Nel tuo
terminale privato troverai le istruzioni in merito alla licenza.
»
«
Anderson... »
«
Buona licenza, Shepard. »
L'ologramma
dell'Ammiraglio Anderson sparì tra le
interferenze. Il Comandante avrebbe giurato di aver visto un sorriso
affiorare
sul suo volto segnato dalla stanchezza.
«
Dannazione... Joker, fai rotta verso la Cittadella.
»
«
Sì,
Comandante. »
«
E non rispondere con quel tono soddisfatto. »
«
Pretendi
troppo Comandante. Stiamo andando in licenza. »
«
Appunto. »
Un
lungo sospiro le uscì dalle labbra mentre fissava
le pareti del comunicatore relazionale quantico.
«
Ehi, Shepard? » una profonda voce bitonale la
spinse a girarsi. Lo sguardo della donna incrociò i piccoli
occhi azzurri del
Turian.
«
Garrus. Stavi origliando? »
«
Credo che "c'è qualcuno su questa nave che non
abbia sentito le mie urla?" sarebbe più corretto. »
Shepard
non seppe trattenere una mezza risata
soffocata. Si avvicinò al Turian e gli fece segno di
seguirla verso la Sala
Tattica. Attraversando la Sala di Comando, i volti soddisfatti del suo
equipaggio la colpirono come un pugno nello stomaco. Non credeva
possibile che
quegli uomini potessero essere felici di una licenza, quando la
situazione
sulla Terra era ogni giorno più critica. Il suo sguardo si
rabbuiò, e il cambiamento
non sfuggì a Vakarian.
«
Tutti meritano un momento di pace. »
La
donna non rispose. Proseguì nel proprio incedere,
superando l'area di transizione del ponte 2. Le soldatesse di guardia
cicalecciavano su come avrebbero trascorso il tempo libero sulla
Cittadella. La
disapprovazione albergante sul volto del Comandante sembrò
aumentare.
«
Anche tu. »
Il
pugno colpì fulmineo l'armatura dell'alieno. Il
sordo clangore metallico ammutolì le due militari mentre
Shepard, immobile al
centro del passaggio, sentiva il peso dei loro sguardi.
«
Non l'ho chiesto io. »
«
Nessuno lo pensa. » il Turian non si mosse,
attendendo che fosse l'amica a decidere quando allentare la pressione
della
mano dal suo petto.
«
Non abbiamo tempo. »
«
Di fronte a tutto ciò, non l'abbiamo mai avuto. »
«
Dovremmo affrontare Cerberus. »
«
Lo faremo. »
«
Non è abbastanza! »
La
spinta del pugno si fece più forte, obbligando
Garrus ad arretrare di un passo per non opporre resistenza.
«
Per te non è mai abbastanza, Shepard. Per questo
hai bisogno di una licenza. »
Il
silenzio piombò sulla piccola stanza. Per quanto
la donna cercasse un segno di cedimento, l'espressione del Turian
lasciava
trasparire solo decisione. Era sicuro di ciò che stava
dicendo.
«
Oh, al diavolo. »
Shepard
allontanò la mano e riprese a camminare a grandi
falcate verso la Sala Tattica, ignorando i richiami del suo vecchio
amico.
Il portellone si aprì sibilando, rivelando
l'atmosfera di gioia che albergava nell'ampio salone. Per quanto le
mansioni
dei suoi sottoposti continuassero in maniera efficiente come loro
solito, la
tensione che aveva attanagliato l'equipaggio nelle ultime settimane
sembrava
sparita. La guerra sembrava lontana, di fronte a quell'avviso di
licenza.
«
Comandante, ha dei nuovi messaggi nel suo terminale
privato. »
«
Grazie Traynor. IDA, se ci dovesse essere bisogno
di me, sarò nella mia cabina. »
«
Va bene Shepard.
»
La
donna sgusciò nell'ascensore, selezionando il
ponte 1 dal terminale interno. Quando la porta della stanza le si
richiuse alle
spalle, appoggiò un fianco all'acquario e si mise a seguire
i corpi sinuosi dei
pesci. Kelly l'aveva sempre aiutata a mantenerli in vita, nutrendoli e
curandoli durante le sue assenze. Eppure Shepard non era riuscita a
salvare
Kelly da Cerberus, durante l'assalto della Cittadella, e quei pesci
erano
l'unico ricordo che le era rimasto della psicologa. L'ennesima perdita
di una
guerra assurda.
«
Shepard, stai
bene? » la voce metallica dell'IA la distrasse dai
suoi pensieri.
«
Sì IDA, tranquilla. Sono solo stanca. »
«
Si tratta di
una reazione fisiologica normale a seguito di un calo di adrenalina.
Otto ore
di sonno dovrebbero bastare per recuperare la piena
funzionalità fisica e mentale.
Ti consiglio inoltre di ascoltare qualche brano di musica d'atmosfera,
mentre
una doccia calda potrebbe contribuire al rilassamento dei muscoli. »
«
Grazie IDA, seguirò i tuoi consigli. Ora scusami,
devo controllare i messaggi. »
«
Va bene
Shepard, a più tardi. »
Il
Comandante si staccò dalla vetrata con una leggera
spinta. L'impronta traslucida delle proprie dita rimase impressa sul
blu
dell'acquario e la situazione non migliorò quando
cercò di eliminarla con la
stoffa della tuta. Provò una seconda volta, poi una terza,
invano. Piccata,
colpì col palmo della mano la superficie, stampando una
seconda impronta.
«
Fanculo… » sibilò, volgendo la schiena
alla
macchia.
Coprì
i due metri che la separavano dal terminale
video e accese il monitor. Una sola e-mail.
Comandante
Shepard,
Ho ordinato
l'attracco della Normandy alla Cittadella per sottoporla a
manutenzione. Anche
la nave ha diritto a un po' di riposo.
Una squadra di
ingegneri si prenderà cura di tutto al vostro arrivo,
perciò sbarcate
immediatamente. Siete tutti in licenza. È un ordine. Vi
voglio tutti al meglio
in vista di ciò che ci aspetta.
Un'ultima cosa.
L'ammiraglio Anderson possiede un appartamento negli agglomerati.
Presentati
sul posto dopo aver lasciato la nave. Pare abbia proprio una bella casa.
Ammiraglio
Hackett.
«
Allora non è solo un'idea di Anderson. È una
fottuta cospirazione. »
Rilesse
la mail.
«
A Joker non piacerà dover abbandonare la nave. »
sogghignò, scuotendo la testa. A quel punto, con anche
l'Ammiraglio Hackett
contro, non avrebbe più potuto opporsi.
Il
terminale si spense con un click.
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Capitolo 2 *** Uniche vittime: fauna ittica - Pt. 1 ***
UNICHE
VITTIME:
FAUNA ITTICA - PT. 1
«
Ah... ehm, Comandante Shepard, il suo tavolo è
pronto. »
Il
maître del Ryuusei indicò un punto non ben
precisato in fondo alla sala. Tra tutte le teste presenti in sala, il
cappellino di Moreau risaltava come una sonda di segnalazione, e il
pilota si
premurò di farle un cenno col braccio.
La
donna si infilò tra i tavoli, cogliendo sprazzi di
conversazioni al limite della follia. Sette mesi d'attesa per ottenere
una
prenotazione. Shepard non sapeva se sarebbe stata viva il giorno
seguente e
c'era gente nella galassia che poteva permettersi di attendere
così tanto.
"Se non
amassi tanto il mio lavoro, penserei di aver sbagliato tutto",
rise
tra sé e sé, avvicinandosi a Joker.
«
Ciao Shepard! Roba di classe questo ristorante di
sushi, eh? C'hanno anche un tizio francese! »
Il
Comandante si accomodò di fianco all'amico,
gustandosi la sua espressione soddisfatta. Invidiava la
capacità di Jeff di
godersi la vita. Si chiese se non fosse dovuta alla sua malattia, alla
consapevolezza di rischiare la morte anche per incidenti che non
avrebbero
lasciato segni in una persona sana. Era una domanda che non avrebbe mai
posto.
«
Ho dovuto salvare due volte la galassia per avere
un tavolo. Hai visto fuori che coda? »
Shepard
guardò in direzione dell'entrata. Una donna
stava cercando di entrare, agitandosi come una forsennata. Ebbe la
sensazione
che stesse cercando di attirare la loro attenzione. Un pensiero che le
parole
di Joker cancellarono.
«
Eccomi qui, a fare lo splendido. Miglior pilota
della galassia e celebrità! » A Shepard
sfuggì una risata. Era contenta che
Jeff stesse ottenendo tanti riconoscimenti; aveva lavorato sodo per
ottenerli,
sfidando ogni aspettativa. « Notizie dalla Normandy?
»
«
È in manutenzione. Un po' mi secca che degli
estranei mettano le zampe sulla mia nave... ehm, scusa, la tua nave.
»
«
Sai che la cosa migliore da fare è parcheggiarla e
lasciar lavorare i tecnici. »
«
Sì, hai ragione. Cambio olio, rotazione pneumatici
spaziali... » bofonchiò con scarsa convinzione.
«
Giusto. Fidati, le farà solo bene. »
«
Ah, di te mi fido! Ma non mi fido di quei loschi
ingegneri aerospaziali. Sempre a rubacchiare! »
«
Non è facile affidare la nave a qualcun altro. »
commentò Shepard, portandosi il bicchiere alle labbra e
assaporando la
sensazione dell'alcolico che scendeva fino allo stomaco.
«
Io voglio essere l'unico a poterla toccare. » La
donna scosse la testa: Joker era più geloso della Normandy
di chiunque altro
nella galassia, lei compresa. « Ehm, scusa, so che sembra
stupido. »
«
Non detto da te. » scherzò, bevendo un secondo
sorso.
«
Ahia. Beh, Comandante, il tuo messaggio sembrava
urgente. Che c'è? »
Shepard
si rizzò sulla sedia. Scrutò l'espressione di
Joker per capire se stesse scherzano come suo solito e non trovarne
traccia le
causò un brivido d'inquietudine lungo la schiena.
«
Il mio messaggio? Guarda che me l'hai mandato tu. »
«
Eh? Ma... io non ti ho mandato niente! »
Ci
mancò poco che alla donna andasse di traverso il
cocktail mentre cercava di fare mente locale su cosa stesse succedendo.
«
COMANDANTE! »
Una
voce femminile si stagliò nella sala. La ragazza
che fino a pochi minuti prima stava gesticolando all'entrata era
riuscita a
introdursi nel ristorante e tentava di dirigersi al loro tavolo.
Shepard
sollevò un sopracciglio quando la giovane si
scontrò contro un cameriere,
lasciando cadere l'olomonitor di mano.
«
Scusi, mi perdoni sono dell'Alleanza... » riuscì a
decifrare nel caos del ristorante. Gli standard dell'Alleanza si erano
abbassanti di parecchio da quando si era arruolata. «
COMANDANTE, è URGENTE! »
«
Non credo sia la cameriera. » commentò Joker,
serafico.
«
Comandante Shepard, sono l'analista Maya Brooks,
Alleanza. » iniziò la donna, raggiungendo il
tavolo. « Anzi, Intelligence
dell'Alleanza. Sei in pericolo di morte! »
"Ma pensa..."
Shepard
si girò verso Jeff. Gli occhi del pilota
incrociarono i suoi e le trasmisero la stessa sensazione di
scetticismo. Capì
che non avrebbe perso l'occasione per l'ennesima battuta sarcastica.
«
Sì, questo si sapeva! » rispose Joker, confermando
i suoi sospetti. L'espressione frustrata dell'analista la
divertì più di quanto
si aspettasse. Detestava gli imbranati.
«
No... non parlo di Cerberus e dei Razziatori. Parlo
di altra gente, mai vista prima. Loro, ecco... » la breve
interruzione diede
modo a Shepard di elaborare quelle parole, che stavano diventando
sempre più preoccupanti.
« Qualcuno sta violando i tuoi dati. »
continuò l'analista. Il Comandante percepì
lo sguardo di Joker su di sé. « Comunicazioni,
registri personali. Ti hanno
presa di mira! »
Shepard
sentì l'adrenalina scorrerle nelle vene.
«
Grosso sbaglio. »
«
Wow, che sguardo minaccioso. » sentì commentare
dal
pilota. La sua mente stava lavorando a tutto vapore per analizzare quei
pochi
dati a disposizione. Qualunque cosa avessero i mente quei bastardi di
cui
parlava Brooks, non avrebbe consentito loro di superare la giornata.
Aveva solo
bisogno di altre informazioni. Prese un bel sospiro e si rivolse
all'analista.
«
Ricominciamo. Cosa sai di preciso? »
«
Buonasera, signore e signori! » un distorsore
vocale attirò l'attenzione di Shepard, interrompendo il
discorso. Dei soldati
in armatura completa avevano invaso il locale e quello che sembrava il
loro
capo aveva preso parola.
"Porca puttana...
"
«
Stasera vi delizieremo con uno squisito esempio di
violenza allo stato puro. »
Iniziarono
gli spari, che si sovrapposero al rumore
dei piatti infranti e alle urla della gente. Il Comandante in
afferrò Joker e
lo spinse per terra.
«
Giù! »
Rovesciò
il loro tavolo in un riparo di fortuna. Era
in titanio e sarebbe risultato un ottimo scudo antiproiettile. Per una
volta la
sorte era dalla loro.
«
Quanto mi piace darmi delle arie. » la voce
distorta risuonò sopra il caos dell'assalto. «
Svelti ragazzi, portatemi
Shepard. »
"Allora
aveva ragione". La donna cercò Brooks con lo
sguardo. Si era nascosta
a pochi metri di distanza da loro. « Resta lì,
arrivo! » le ordinò. Quei
militari sapevano che si trovava lì, mantenere un basso
profilo era inutile. «
Joker? »
«
Ah... il mio pancreas. »
Shepard
tirò un sospiro di sollievo. Stava bene, per
quanto potesse stare bene Moreau, almeno.
«
EHI! »
«
Merda! » sbottò. Brooks era stata afferrata da un
soldato e trascinata verso l'entrata, in mezzo al grosso del
reggimento. «
Raduna l'equipaggio, io penso a lei. » ordinò,
facendo cenno a Joker di
dirigersi verso l'uscita di servizio.
«
L'equipaggio? Va bene. »
Shepard
seguì i primi passi del pilota con lo sguardo.
Era disarmata. Si mise in attesa dell'occasione giusta. Udì
dei passi, poi la
voce distorta.
«
Ehi! », il militare aveva puntato la pistola contro
Joker.
Il
comandante si alzò di scatto e afferrò le braccia
dell'uomo. Lo trascinò verso di sé, sfruttando lo
sbilanciamento dovuto alla
presenza del tavolo. La schiena dell'uomo toccò terra con un
tonfo sordo che
nascose il suo lamento. Con un pugno bionico, Shepard si
assicurò che non si
rialzasse più.
«
Mi hai usato come esca? » commentò Jeff,
voltandosi
scandalizzato.
«
Vai! » imperò la donna, recuperando l'arma del
soldato.
«
Mi hai usato come esca! »
Shepard
rivolse l'attenzione verso la sala. I soldati
erano numerosi ma sparpagliati nell'area e molte zone di copertura
erano a sua
disposizione. Aveva poche munizioni, doveva scegliere bene le proprie
mosse.
«
Avete visto? Il salvatore della Cittadella usa gli
infermi come esca. » sentì ancora, la voce sempre
più lontana.
Primo
soldato a ore dieci. Prese la mira. Colpo in
testa a distanza ravvicinata, decesso immediato. Si rallegrò
del fatto che la
pistola avesse il silenziatore. Secondo soldato, steso, ma a caro
prezzo. Si
erano accorti della sua posizione.
«
Resisti Brooks! »
Si
mosse al riparo successivo. I proiettili le
fischiavano attorno, alcuni si schiantavano contro la sua barriera
bionica.
Terzo soldato. Quarto. Una singolarità fece volare il
quinto, rendendolo un
facile bersaglio. Vide un drone, da abbattere con un paio di colpi.
« Brooks,
non muoverti! »
Riuscì a raggiungere la ragazza tagliando attraverso
il bancone del bar. Le tese una mano, aiutandola ad alzarsi. Solo
l'analista
accorse del cecchino che stava prendendo di mira le sterno del
Comandante, e
non esitò a spingerla per terra, prendendosi la pallottola
nella spalla.
«
Brooks! »
Altri
spari attorno a Shepard, evitati per pochi
centimetri, forarono i vetri dell'acquario, che si infransero sotto la
donna.
Precipitando tra pesci e schegge, si aggrappò con
disperazione alle luci di
un'insegna. Provò ad arrampicarsi sino a un appiglio
più stabile, facendo
pressione con le punte dei piedi sulle lampade. Il peso la
tradì di nuovo. Si
ritrovò a rotolare contro le ripide pareti di acciaio della
Cittadella,
emettendo gemiti di dolore. Afferrò d'istinto una
piattaforma triangolare. Il
braccio le diede una fitta di dolore, che si acuì quando i
frammenti
dell'insegna le si infransero attorno e scagliarono verso il basso,
vanificando
i suoi sforzi.
La caduta terminò con l'impatto della spalla sinistra
contro una superficie d'acciaio. Le sembrò che ogni osso del
suo corpo si fosse
ridotto in pezzi. Si rannicchiò su se stessa per il dolore,
stringendo le
braccia sullo stomaco tra i respiri affannosi. L'esperienza da N7 di
gestione
degli stimoli le consentì di recuperare la
lucidità in breve tempo. Gemendo a
ogni movimento, la donna riuscì a rialzarsi e a guardarsi
attorno, nel
tentativo di capire dove fosse finita.
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Capitolo 3 *** Uniche vittime: fauna ittica - Pt. 2 ***
UNICHE
VITTIME:
FAUNA ITTICA - PT. 2
«
Comandante!
Ho trovato un terminale sicuro! Tutto bene laggiù?
» attraverso il
comunicatore, la voce di Brooks penetrò come un proiettile
nella sua testa
dolorante
«
Eh... sì. Benissimo. » Shepard si
augurò che il
sarcasmo arrivasse a destinazione. Recuperò la pistola,
ringraziando che fosse
finita a poca distanza da dove era precipitata. « Brooks, eri
ferita. »
«
Sì, ho
applicato del medigel. Molto, anzi, tutto. Adesso... eh... mi gira un
po' la
testa! »
Il
Comandante trattenne un commento disgustato. Se si
trovava in quella situazione di merda era anche colpa dell'incompetenza
di
Brooks.
«
Forse ne hai usato troppo. »
«
Allora, posso
fare...eh... qualcosa? »
"Smettere
di ridere come un'imbecille per esempio." « Avvisa
l'SSC. Io cerco
un'uscita. »
Ignorando
le grida di dolore dei muscoli, Shepard si
incamminò tra scale e grate di manutenzione. Non aveva mai
visto quella zona
della Cittadella, le erano rimaste poche minuzioni, era ferita e non
aveva a
disposizione nemmeno un'oncia di medigel.
"Merda,
menda e merda! Dove cazzo mi trovo?"
«
Brooks, dall'altra parte vedo delle astroauto,
forse una piattaforma d'atterraggio. »
«
Controllo
l'area. »
Il
comandante si fermò su una rampa di manutenzione.
Sfruttando la presenza di alcune casse dietro cui nascondersi, si
concesse il
lusso di tirare fiato e recuperare le energie. Il dolore era ancora
intenso ma
andava scemando grazie all'adrenalina che continuava a scorrerle in
corpo.
«
Trasporti,
no. Alimentari, no. Lavanderie... ah! È un parcheggio.
Cision Motors! »
«
Manda una navetta, io cerco di arrivarci. »
«
Okay, subito!
»
La
donna lasciò il riparo. Salire era fuori
discussione, si sarebbe solo allontanata dalla zona stabilita. L'unica
via
disponibile era una scala a pioli verso la rampa inferiore successiva.
«
Sembra che
l'SSC abbia sigillato l'intera zona. Sarà un po' complicato
mandarti una
navetta. »
"Ovviamente..."
« Ce la farai, Brooks. »
«
Oh, e non comunicare, se non con me. Ti
controllano. È così che ti hanno trovato.
»
Scendendo,
Shepard trattenne a stento un'imprecazione
mentre il suo fisico le comunicava lo scarso apprezzamento per il
continuo
movimento a cui lo stava sottoponendo. Si sentì sollevata
quando si ritrovò
davanti una stanza refrigerante aperta sulla rampa. In fondo l'ennesima
scala.
"Merda..."
«
Chi diavolo sono? »
«
Non lo so, ma
direi che ce l'hanno con te. »
«
Sì. Lo sospettavo... »
"Un
fottuto genio. Ce l'hanno con me! Come ho fatto a non capirlo prima? La
proporrò per una fottuta medaglia. Anzi, la farò
promuovere a fottuto
Ammiraglio, se riesco a uscire viva da questa fottuta merda in cui mi
trovo.
Non è fottutamente possibile che anche quando sono in
fottuta licenza mi
ritrovi sempre in queste FOTTUTISSIME situazioni."
Digrignando
i denti, la testa che le sembrava
scoppiare, si avviò verso le scale. Una coppia di operai
Salaria si erano
appartati dietro a dei moduli alimentari per una pausa sigaretta. Non
sembrarono particolarmente stupefatti di vedere una donna completamente
fradicia, claudicante e con una pistola in mano. La salutarono con un
cenno, a
cui Shepard rispose con un lieve cenno del capo. Non voleva sapere cosa
vedessero
di solito in quella zona, per non reagire in alcun modo alla sua
apparizione.
"Scale,
scale, ANCORA SCALE!" urlò dentro di
sé, maledicendo ogni singolo
gradino che era costretta a salire. Si ritrovò sui tetti di
un corridoio
commerciale. Il parcheggio non era distante. Per scendere, doveva solo
raggiungere l'ennesima "fottuta"
scala in fondo al corridoio. E per fare ciò, doveva saltare
da un tetto
all'altro. Altra sofferenza per i suoi muscoli.
La
voce di un altoparlante le ricordò che era vietato
il transito nell'area.
"Tanto
sono uno Spettro..."
Con
un balzo, raggiunse l'ultimo negozio.
«
La squadra avanzata ha fallito. Shepard era senza
armi. Branco di idioti... »
Dall'alto
della costruzione cubica, il Comandante
poté osservare la squadra di militari che pattugliava la
zona. La stavano
aspettando, con ogni probabilità sicuri che quella fosse
l'unica strada
percorribile. Non si erano sbagliati.
"D'accordo..."
Ricaricò
la pistola con la clip termica da sei colpi
rimasta, confidando di riuscire a farne fuori qualcuno prima che la
scoprissero. Sfruttando la posizione rialzata, prese la mira. Il dito
scattò
sul grilletto e il proiettile penetrò nel casco del soldato,
abbattendolo sul
colpo.
"Fuori uno."
Due
militari sentirono il tonfo del corpo e si avvicinarono
al punto in cui il loro commilitone era stato ucciso. Shepard
alzò ancora la
pistola, sostenendo il calcio con la mano libera. Non doveva sbagliare,
doveva
eliminarli uno di seguito all'altro. Mirò alla testa del
soldato più vicino,
calcolando di quanto avrebbe dovuto spostare il tiro per colpire anche
il
secondo. Rimpianse di non avere a disposizione un fucile di precisione.
O
Garrus.
La prima pallottola andò a segno con precisione. Il
secondo colpo penetrò nell'armatura a livello della spalla
sinistra. Il nemico
aveva riflessi più allenati di quanto avesse previsto.
«
Shepard è qui. Presto, sparatele! »
"Merda..."
Si
precipitò al piano inferiore. Raffiche di
proiettili avversari indebolirono la resistenza degli scudi sino a
infrangerglieli. Un cumulo di casse le garantì un rifugio
temporaneo, mentre
modificava l'arma adattandola alle munizioni criogene e recuperava le
clip termiche
con cui ricaricarla.
"Va bene figli
di puttana, fatevi sotto."
Appellandosi
all'istinto del combattente insito nella
sua stessa anima, con il fuoco della battaglia che le infondeva nuova
energia
nei muscoli, si fece strada con un'onda d'urto bionica, eliminando gli
avversari tramortiti dalla potenza del colpo. Schivare, mirare,
colpire.
Uccidere. Era nata per quello, e l'ultimo mercenario se ne rese conto
quando
una pallottola lo colpì in mezzo alla fronte.
«
Shepard,
riesci a sentirmi? Stai bene? » la voce di Liara
accompagnò la raccolta
delle clip termiche dai cadaveri dei militari.
«
Sì, ma una mano non guasterebbe. »
«
Grazie alla
Dea, Joker mi ha spiegato l'accaduto. Sono a piedi, non distante da te.
»
La
donna inserì un nuovo caricatore nella pistola.
Una nuova ondata di mercenari stava piombando dal piano superiore.
«
Chi parla?
Questo canale non è sicuro, così metti in
pericolo la vita del Comandante
Shepard! »
«
In pericolo?
Ma chi parla? »
«
Stiamo calmi. » si intromise tra una granata e una
raffica di mitra, « Joker non ti ha parlato dell'analista
Brooks? È lei. Le
presentazioni a DOPO. »
Un
drone d'interferenza le esplose di fianco,
azzerandole gli scudi e innalzando il livello di volgarità.
Un proiettile
fischiò accanto all'orecchio, costringendola a nascondersi.
Era cecchino, e lei
era lungo la sua linea di tiro.
"Con calma
eh? Mi raccomando!"
Provò
a rialzarsi per prendere la mira. I suoi scudi
finirono frantumati per l'ennesima volta.
"Adesso
basta. Mi avete rotto il cazzo."
Scartò
di lato per evitare il primo proiettile e
approfittò della resistenza dei propri scudi per caricare
l'avversario con
tutta la forza biotica che il suo impianto L5 poteva rilasciare.
Sentì le ossa
della cassa toracica del cecchino spezzarsi sotto la potenza del suo
colpo,
prima che lo scagliasse contro la parete alle sue spalle.
«
Comandante,
Jeff mi ha riferito l'accaduto, l'equipaggio sta arrivando da te. »
"Brava
IDA" « Ottima notizia. Un aiuto
farebbe comodo. »
«
Proverò a esprimere... sorpresa. »
Le
comunicazioni si chiusero che Shepard stava ancora
sorridendo. Non sembravano esserci mercenari nei dintorni e si permise
un passo
più rapido e privo di coperture. Svoltò l'angolo,
ritrovandosi nei pressi di un
negozio di fuochi artificiali. Di fronte, una porta a vetri sigillata.
«
Brooks, aiutami a passare, qui è chiuso. »
«
Giusto! È per
via... eh... dell'isolamento. Eh... non riesci proprio?
»
Il
Comandante sospirò rumorosamente, mordendosi la
lingua per evitare di rivolgersi in malo modo alla ragazza. Malgrado la
sua
goffaggine, era almeno riuscita a rimetterla in contatto con la sua
squadra e a
identificare un punto di recupero.
«
Proverò a bypassare. » si limitò a
rispondere,
avvicinando l'omni-tool alla serratura olografica del passaggio. Dopo
qualche
istante, la verifica autorizzazione Spettro le accordò il
passaggio, siglando
il permesso con una fanfara di allarmi che avrebbe richiamato un
Razziatore.
«
Shepard è laggiù. FUOCO! »
La
donna si precipitò dietro a una colonna
pubblicitaria. La tempesta di proiettili perforò la parete
alle sue spalle.
«
Merda! »
«
Shepard, che
stai facendo? Si è sentito persino da qui!
»
«
Tutto sotto controllo! » "Sempre che essere
bersagliata di colpi da decine di mercenari incazzati sia considerata
una
situazione sotto controllo su Tessia. »
«
Rilevo
allarmi multipli nell'area degli agglomerati. Qual è la
situazione? »
«
Volevo rendere le cose più divertenti! »
«
Capisco. Hai
riportato traumi cranici nella caduta, Comandante? »
Si
segnò mentalmente di suggerire a IDA un
perfezionamento dell'algoritmo di riconoscimento del sarcasmo. Con un
pugno
riuscì ad allontanare il soldato che le si era avvicinato,
appropriandosi delle
sue clip termiche. Dovette ringraziare la resistenza dei suoi scudi se
il
cecchino non riuscì a piantarle una pallottola in mezzo alla
schiena in quel
momento di distrazione.
" Andiamo
Jane, sono degli errori da principiante!"
«
Shepard,
Brooks mi ha mandato il nav-point del parcheggio. Ci vediamo sul posto.
»
«
Bene. » "Vai
tranquilla Liara, tanto non sono io a essere usata come bersaglio per
il tiro a
segno."
«
Che cosa
sappiamo su quei mercenari? »
«
Che sono armati e mi vogliono morta? »
«
Molto utile,
grazie... »
«
Comandante,
non mi sembra il caso di usare le comunicazioni! »
«
Io ho solo risposto! »
"Stavolta
Brooks ha ragione...", si sporse per inquadrare i nemici,
ricevendo in
cambio una gragnola di colpi. "Devo
concentrarmi
se ne voglio uscire viva."
«
Come ha fatto Shepard a sfuggirci? »
La
voce distorta era vicina, troppo vicina per i suoi
gusti. Con una capriola si spostò dietro alla copertura
laterale, dove poteva
godere di una migliore visione d'insieme. Tre soldati semplici e un
cecchino.
Un colpo, due, tre, ne rimase solo uno. Carica biotica. Non ne rimase
nessuno.
«
Comandante,
una navetta SSC sta per atterrare al parcheggio. »
«
Ricevuto. »
«
Ok, Brooks
passo. E... no, chiudo. Brooks chiudo! Passo e chiudo? Brooks. Oh...
okay,
ciao! »
Shepard
strinse il calcio della pistola con più
forza, incredula. Se non fosse stata una situazione potenzialmente
letale,
sarebbe scoppiata a ridere.
Un portellone di vetro le si parò davanti, al di
là
del quale una coppia di mercenari stava sparando a qualcosa nascosto
dietro a
delle macchine di lusso. La donna bypassò il sigillo,
prendendo la mira. I
poteri biotici di Liara risolsero il problema prima che le fosse
necessario
intervenire, sollevando gli avversari e spezzando loro la schiena
contro il
muro.
«
Brutta giornata, eh, Shepard? »
«
Direi proprio di sì. » si limitò a
ribattere,
lasciando scivolare le braccia lungo i fianchi, la pistola ancora
calda, salda
nella mano destra.
«
La piattaforma è laggiù, ma dietro un cancello
chiuso.
»
«
Cerchiamo un pannello di controllo. »
L'Asari
seguì la donna con lo sguardo, soffermandosi
sul suo fondoschiena.
«
Carini quei vestiti... » l'occhiata di Shepard la
riportò alla realtà « Ah... il
pannello, d'accordo. »
Jane
alzò gli occhi al cielo, cercando di nascondere
il sorriso che le era affiorato sul viso. Per quanto si fossero
già chiarite
sul tipo di rapporto che intercorreva tra loro, Liara non sempre
riusciva a
trattenere gli apprezzamenti nei suoi confronti.
«
Dicono che sei caduta in un acquario. »
«
Ne riparliamo dopo. » Shepard si diresse verso la
sala di comando del parcheggio.
«
Peccato. Adoravo quel ristorante. »
«
Ne riparliamo DOPO. » ripeté, calcando con
maggiore
forza l'ultima parola. Prevedeva già gli sfottò
di Garrus e Javik. Kaidan forse
l'avrebbe risparmiata, così come Tali, ma era sicura che
Vega non le avrebbe
dato tregua. Non nel modo in cui le sarebbe piaciuto, almeno.
"Resta
concentrata. Adesso siete solo te e Liara, e devi tirare fuori entrambi
da
questa merda."
Tentò
di aprire la porta, trovandola chiusa. Dietro
alla vetrata, immobile nell'oscurità, intravide la sagoma
grassottella di un
Volus.
«
Indietro! » ordinò a Liara, puntando la pistola,
pronta a ridurre la parete della cabina in frantumi.
«
Un momento. » il tocco gentile dell'Asari la spinse
ad abbassare l'arma. Vide l'archeologa bussare contro il vetro, con una
grazia
che non era mai stata sua. « Scusa, potresti aprire il
cancello? »
Con
un suono metallico, i portelloni si abbassarono,
lasciando libero il passaggio verso la piattaforma.
«
Ti ringrazio. »
«
Ehhhhhh... andate via! » rispose il Volus, la voce
spezzata dalla disperazione e dal respiratore meccanico. Un'innegabile
soddisfazione trasparì dallo sguardo che Liara
lanciò a Shepard, incamminandosi
verso l'uscita.
«
Beh, niente di eccezionale! » il Comandante non
avrebbe mai ammesso che l'Asari aveva risolto la situazione meglio di
quanto
avrebbe potuto fare personalmente. Seguendo la figura dell'amica, si
tranquillizzò. Si sentiva meglio. Il dolore continuava a
diminuire, grazie
anche agli accessori coadiuvanti nella riparazione dei tessuti che
Cerberus le
aveva innestato nel corpo. Una navetta dell'SSC stava arrivando, presto
sarebbero stati al sicuro. Era andata così vicina alla morte
che avrebbe
offerto un giro da bere a tutti. Forse avrebbe anche trovato il
coraggio di
parlare con James, malgrado avrebbe preferito combattere contro un
razziatore
armata solo di un cacciavite.
La piattaforma fu invasa dal rumore dei motori di una
navetta. La macchina si fermò a mezz'aria proprio di fronte
a loro. Shepard
fece un passo avanti ma si vide costretta ad afferrare Liara e a
trascinarla
dietro a un riparo di fortuna. L'apertura del portellone aveva rivelato
una
squadra di mercenari armati di fucili d'assalto e mitragliatrice che le
costrinsero
in un angolo.
"Merda.
Pensa Jane, pensa!"
«
Comandante! »
"Questa
voce..."
Protetto
dalle colonne di metallo del corridoio
superiore, il tenente Vega tolse la sicura al lanciarazzi e
puntò alla navetta.
Il proiettile esplosivo seguì una traiettoria a parabola,
esplodendo a contatto
con la mitragliatrice. La deflagrazione risultò devastante
per i mercenari, che
si schiantarono sulla piattaforma.
«
Sì! Beccatevi questo! »
«
James, vieni giù. » Jane sentiva il cuore
scoppiarle nel petto. Era venuto lui. Non Kaidan, non Garrus. Era
venuto lui.
«
Arrivo. » urlò l'uomo di rimando, gettando di lato
l'arma ormai inservibile.
Shepard
predò l'arma dal cadavere di un mercenario.
Uno spitfire geth, carico al massimo. Con questa ci sarebbe stato da
divertirsi
se avessero osato ancora attaccarli.
«
Lo hai visto? » James raggiunse le due commilitoni,
ancora entusiasta per i fuochi d'artificio che era riuscito a scatenare.
«
Ho visto, tenente. » lo incoraggiò, rivolgendogli
il più caloroso dei suoi sorrisi. Il corpo del soldato
sprizzava adrenalina e
testosterone, mandando in panne la famosa lucidità del
famigerato Comandante
Shepard. Kaidan avrebbe dato la vita per lei, eppure non era mai
riuscita a
perdonargli il dolore che le aveva causato su Horizon. Poi aveva
incontrato
James, durante la sua incarcerazione sulla Terra; un giovane ispanico
dalla
passione per la palestra e il cuore pieno di ideali. Una ventata di
sincerità
tra i compromessi e le tragedie della vita di quella donna che per
prima aveva
saputo dell'avvento dei Razziatori e che per ultima era stata ascoltata.
Un'esplosione dall'altro lato del salone li portò a
recuperare una posizione più difensiva. Una bomba aveva
sfondato la parete,
consentendo a ondate di mercenari di invadere il parcheggio. Shepard
diede il
via alle danze, facendo cantare lo spitfire.
«
Comandante, hai un piano per farci uscire da qui? »
domandò Vega, sparando un paio di colpi da dietro un vaso
ornamentale.
«
Sono una professionista, James. »
«
Non è un sì! »
«
Non è nemmeno un no! » ribatté Shepard,
abbattendo
un paio di mercenari che avevano preso di mira il suo sottoposto.
«
Comandante!
»
«
Joker, siamo rimasti a piedi, dove sei? » urlò nel
comunicatore per superare il frastuono della sparatoria. Vide Liara
creare una
singolarità in mezzo a un gruppo di mercenari, che finirono
per levitare verso
il soffitto. Vega non perse l'occasione per eliminarli con un
proiettile
esplosivo che fece schizzare frammenti di armatura sulle macchine
presenti in
zona.
«
Sto arrivando,
ho preso Brooks. Magari vuoi farle qualche domanda.
»
«
Puoi contarci! » esclamò, crivellando di colpi un
soldato temerario. Una musica che non esitò tra
sé e sé a definire atroce si
propagò nell'aria. Qualcuno doveva aver colpito lo stereo di
un'automobile.
«
Bella vacanza! »
Shepard
trovò la forza di ridere dell'ironia di
James, malgrado un trio di militari avesse deciso di concentrarsi sulla
sua
testa per esercitarsi nella mira.
«
Comandante,
l'SSC ti ha trovata? Stai bene? »
« Sì e
no.
Mercenari in una navetta SSC.
«
Cosa? »
Jane
capì che le sue parole si perdevano tra le
raffiche di mitra, le granate di James e le urla dei soldati che
subivano i
poteri biotici di Liara.
«
Ne parliamo dopo! »
«
Okay, scusa.
Arriviamo subito. »
La
donna si affiancò a James per offrirgli migliore
copertura. Malgrado amasse la sua irruenza in combattimento, non
sarebbe stata
la prima volta che avrebbe rischiato la vita per un'eccessiva fiducia
nelle
proprie capacità. I suoi proiettili colpivano dove quelli di
Vega mancavano il
bersaglio. Con Liara che copriva i due fianchi con le sue
abilità, la
piattaforma era divenuta una zona impenetrabile per i mercenari.
«
Arrivo
comandante! Resisti! »
«
Li facciamo a pezzi! »
"Sì James,
esatto. Li stiamo facendo a pezzi, io e te." Jane si
cullò in quel
pensiero.
«
Mi avvicino
alla tua posizione comandante. Seguo gli spari. »
«
Ricevuto! »
Per
aiutare il pilota, Shepard mandò al diavolo ogni
tattica difensiva e si posizionò tra i due compagni d'armi.
Lo spitfire era
carico ancora a metà e si premurò che non
rimanesse nemmeno un proiettile in
canna quando Joker giunse alla piattaforma.
«
Scusa il
ritardo, ho preso la via panoramica. »
«
Panoramica? È
un miracolo che non ci siamo schiantati! Chi ti ha insegnato a pilotare?
»
«
Brooks ti
saluta. » commentò divertito Jeff,
considerato il miglior pilota della
galassia da ogni flotta spaziale. « La
navetta, presto! »
Shepard
fece cenno ai due sottoposti di dirigersi
verso la navetta, al cui interno una frenetica Brooks gesticolava
affinché vi
si precipitassero. Fu l'ultima a salire, dopo essersi premunita che i
mercenari
rimanessero a una distanza sufficiente per non danneggiare il mezzo di
trasporto.
Una
volta a bordo, si lasciò scivolare su un sedile,
appoggiando la testa alla parete e chiudendo gli occhi. L'adrenalina
stava
calando, lo percepiva. I muscoli tornarono gemere per lo sforzo e i
colpi
subiti durante la caduta.
«
Ehi, Comandante. »
Alzare
le palpebre le costò gran parte delle energie
residue. « Sì, James? »
«
Allora, era buono il sushi? »
Shepard
trovò la forza anche per rivolgergli un
poderoso dito medio. La risata che ne seguì causò
le vibranti proteste dei suoi
addominali.
|
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Capitolo 4 *** Un'altra? ***
UN'ALTRA?
Le
luci della Cittadella apparivano come strisce
colorate dai finestrini delle automobili. Se non fosse stato per lo
status di
Spettro di Shepard, l'SSC avrebbe bloccato e arrestato i conducenti per
eccesso
di velocità, guida pericolosa, e un agente avrebbe scommesso
anche sul reato di
terrorismo.
«
Ricordami di non farti più guidare, Vega. »
«
Andiamo Comandante, non mi capita tutti i giorni di
mettere le mani su un'auto sportiva. E poi dobbiamo bloccare il nostro
misterioso nemico! »
Una
brusca sterzata scagliò Tali contro Garrus.
Brooks, dal sedile anteriore del passeggero, emise un gemito.
«
Dobbiamo sopravvivere se lo vogliamo bloccare. »
sbottò Shepard colpendo il sedile dell'autista, mentre il
Turian era intento a
ripassare il ricco vocabolario di insulti della sua specie, alcuni per
fortuna
non ben comprensibili dagli esseri umani. « E poi stiamo
lasciando indietro IDA.
»
«
Ma non Joker. »
«
Joker deve ancora incontrare il pilota in grado di
seminarlo, Collettori a parte. Adesso rallenta, non voglio perdere un
terzo
della squadra. »
«
D'accordo Comandante. »
L'andatura
della macchina rallentò a poco a poco,
rendendo nuovamente riconoscibili le facciate dei palazzi del quartiere
residenziale inferiore.
«
Come arriviamo agli archivi? »
«
Si trovano sotto gli agglomerati. Ci apriamo una
breccia per aumentare il fattore sorpresa? »
suggerì Brooks con la l'olo-pianta
della costruzione sott'occhio.
«
Mi piace, impari in fretta. » sorrise Shepard. Si
stava rivelando un'alleata preziosa per la loro squadra, e iniziava a
rivalutare l'opinione che aveva nei suoi confronti.
«
Eh, ancora un po' di tempo in nostra compagnia e
diventerai... una macchina da guerra. » si
congratulò anche Cortez.
Le
tre squadre iniziarono la discesa verso
l'archivio. Dai finestrini, il panorama cambiò in maniera
improvvisa. Dalla
popolosa zona residenziale erano passati a un'area isolata, dominata
dal colore
metallico dei pannelli triangolari alle pareti, spoglia di tutto tranne
che di
alcuni enormi container di piombo.
«
Pronta a
fermare i robot assassini che si ribellano ai loro padroni.
»
«
Era una battuta, vero? » Tali si premunì di
domandare. La nuova natura sarcastica dell'IA le era ancora estranea,
rendendole complicato riconoscere i suoi scherzi.
Le
automobili atterrarono sulle lamiere del tetto. Con
il sibilo delle portiere verticali ad accompagnarli, i passeggeri
scesero,
raccogliendosi in squadra.
«
Gli archivi sono sotto di noi. Forse entrarci sarà
più complicato del previsto. »
Vega
lanciò uno sguardo sornione a Brooks,
sventagliandole davanti al volto una carica di C5 ultracompatto.
« Non credo. »
L'area
fu scossa da un'esplosione e gli archivi della
Cittadella, famosi per il loro elevato tasso di sicurezza, dimostrarono
di non
essere poi così sicuri.
«
Abbiamo già escluso l'approccio furtivo? »
scherzò
Liara, calandosi per prima all'interno dell'edificio attraverso la
voragine
generata dalla deflagrazione. Uno dopo l'altro i membri della Normandy
la
seguirono. Nella penombra, riuscirono a individuare una profonda scala
a pioli
per il piano inferiore.
"Scale..."
Shepard scese
per prima. Scardinando una grata d'aerazione, si ritrovò
lungo il corridoio
esterno di un ampio ufficio stipato di scrivanie e terminali
informatici, dove
attese il resto della compagnia. Le luci al neon lampeggiavano
sinistre,
donando all'ambiente l'aspetto di un classico film horror precedente
alla
scoperta dei manufatti Protean.
Fece un cenno alla squadra di Liara di proseguire
lungo i corridoi superiori. Una serie di laser rossi che puntavano
contro i
loro corpi causarono la brusca interruzione delle manovre di
infiltrazione.
«
Ah, ci risiamo. » commentò disgustata, gettandosi
dietro una copertura alla sua sinistra. Le urla dei mercenari
rimbombarono
nella sala già satura del rumore degli spari.
«
IMBOSCATA. »
"Grazie
Garrus, non l'avrei mai capito da sola. Diciamo un'altra
ovvietà, dai." «
TUTTI AL RIPARO! »
«
Nelle nostre missioni c'è SEMPRE qualcosa che va
storto però di solito non così PRESTO!
» Liara sottolineò il proprio fastidio
causando l'esplosione della scatola cranica di un cecchino.
«
Shepard si è portata tutti! »
«
Non facciamocela scappare. »
L'onda
d'urto biotica del Comandante scagliò gambe
all'aria due militari temerari, rendendoli facili bersagli per il
mirino di
precisione di Garrus.
«
Brooks, stai bene? »
«
Sono di sopra. Sto cercando un riparo. »
"Bene,
una preoccupazione in meno." Shepard
rinunciò alla propria copertura per favorire la propria
mira. Il nuovo
stabilizzatore installato sul fucile d'assalto aveva aumentato la
precisione
degli spari e non trovò difficoltà ad avere la
meglio sugli ultimi mercenari.
«
BASTA COSÌ! » Una voce femminile che, tra
sé e sé,
Shepard non esitò a definire familiare catalizzò
la loro attenzione verso il
corridoio superiore. « Armi a terra, o per lei finisce male.
»
«
Puttana... » imprecò Brooks, cercando invano di
divincolarsi dalla presa.
"Merda."
Fu
questione di un attimo. Si ritrovarono circondati
da una decina di mercenari, armati con corazze pesanti e fucili
d'assalto
famosi tra gli eserciti per la loro potenza di fuoco. Non ebbero scelta.
«
Come vuoi. » Shepard diede l'esempio ai suoi
sottoposti, deponendo le armi di fronte a sé e rialzandosi
con le mani alte
sopra la testa. Vide l'analista volare con un gemito di dolore sino al
piano
inferiore, scagliata dalla misteriosa donna il cui volto rimaneva
indistinguibile nella penombra.
«
Non so cosa speri di ottenere... », le braccia
discesero lentamente lungo i fianchi, « ... ma non potrai
sfuggirmi né
nasconderti quando saremo fuori da qui. »
«
Nascondermi? Perché? » la donna fece un passo
avanti, rivelando il suo aspetto alla luce artificiale. « Il
Comandante Shepard
non si nasconde mai! »
"Cosa
cazzo...?"
Shepard
guardò la sua interlocutrice a bocca aperta.
Era identica a lei, in ogni minimo dettaglio, come se si stesse
guardando allo
specchio. La familiarità della voce le apparve subito
chiara: era la stessa che
sentiva riascoltando le conversazioni tattiche che aveva intrattenuto
con
Anderson. Era la sua voce.
«
Avevo in mente qualcosa... di diverso. » farfugliò
Garrus, le cui braccia caddero lungo i fianco in contemporanea a quelle
di
Vega. La sosia Shepard spiccò un salto e atterrò
di fronte a loro,
avvicinandosi con uno sguardo omicida. Il Comandante si
ritrovò d'istinto a
indietreggiare.
«
Chi sei? » sibilò.
«
Non sei l'unico comandante Shepard che Cerberus ha
riportato in vita, ma finalmente una di noi farà qualcosa di
utile. » tuonò la
loro avversaria, lo sguardo fisso in quello di Jane.
«
Da dove sei sbucata? »
«
Dal tuo stesso DNA. » rispose con voce carica di
disprezzo.
«
Un clone... » concluse Garrus.
«
Per te Cerberus non ha badato a spese. Per me... »
la sosia iniziò a muoversi senza toglierle gli occhi di
dosso. A Shepard sembrò
che la stesse studiando come un predatore scruta la sua preda.
« ...sono stata
creata nel caso ti servisse un braccio, un cuore. Un polmone di
ricambio. »
«
Perché spunti fuori soltanto adesso? »
«
Ero in coma, fino a sei mesi fa... mentre tu eri
detenuta sulla Terra, io imparavo a essere un'umana. Incredibile cosa
si riesca
a fare con i giusti impianti neurali. »
"E ha
imparato fottutamente bene" imprecò, cercando una
via di fuga da una
situazione che riteneva troppo pericolosa. Si ripromise di rinunciare a
tutte
le future licenze. « Non mi importa chi dici di essere. Il
ruolo del comandante
Shepard è già assegnato. »
«
Alla donna sbagliata. È tempo di cambiare
protagonista. » ribatté il clone senza scomporsi.
«
Ti manda l'uomo misterioso? »
«
No. Mi ha abbandonata quando ha avuto ciò che
voleva. » la tensione diventò palpabile quando i
loro due volti si
avvicinarono. Un brivido corse lungo la spina dorsale di Jane.
« Te. »
«
Allora perché vuoi farci fuori? » la brusca
domanda
di Vega spezzò il contatto visivo tra le due Shepard,
riportando l'originale
alla realtà.
«
Perché non ho i suoi ricordi. Non potrei mai
ingannare i suoi presunti amici. Gente che si è sottratta al
dovere per unirsi
al culto di Shepard. » Il clone diede loro le spalle
allontanandosi di qualche
passo. La voce si caricò di fiele. Si rivolse di nuovo verso
di loro con
un'espressione di palese disprezzo « Come te, Jimmy. Sei un
bifolco che usa il
fucile al posto della zappa. »
«
E tu sei un'imitazione di merda. » replicò Vega,
digrignando i denti.
Jane
si costrinse a un enorme sforzo di volontà per
evitare di saltarle addosso e massacrarle il volto di pugni. "Figlia di puttana...". Giurò
a se stessa che l'avrebbe ammazzata con le proprie mani. Il battito del
cuore prese
a rimbombargli nel cranio.
«
Sono l'originale migliorato. Sono te senza le
cicatrici, Shepard. Senza i tubi e i fallimenti. » il clone
tornò ad
avvicinarsi a Jane, un sorriso crudele che le tagliava il volto come
una
ferita. « Sono il lupo solitario che avresti dovuto essere...
senza zavorre
emotive a trattenermi. »
«
Nessuno crederà che sei Shepard. »
sputò con
disgusto Garrus, fulminando l'avversaria con i suoi occhi da rettile.
«
Non prima di aver preso la sua nave... »
"Stai
scherzando?"
Le
dita del Comandante scattarono fulminee sino al comunicatore
vocale. « Qui Shepard! Sigillate la Normandy, trasmetto i
codici di comando! »
esclamò in panico, digitando i numeri sull'omni-tool. Fu con
sguardo attonito
che osservò il clone sfruttare il proprio omni-tool per
rubarle i codici che
aveva appena utilizzato.
«
Bella pensata... se non avessi già previsto tutto.
Traynor, qui Shepard. Prepara la Normandy al decollo di emergenza. Ce
ne
andiamo. Trasmetto i codici di comando. »
«
Ricevuto, ci
teniamo pronti. »
Jane
percepì la collera trasformarsi in odio.
«
Non avrei mai immaginato di dirlo ma penso che...
mi ucciderò. » sentenziò, i pugni
contratti al punto da causarle dolore.
«
Le vane minacce di morte sono nel nostro DNA, con
la differenza che le mie non sono vane. » la
schernì il clone, voltandole la
schiena per l'ultima volta. « Uccideteli. Il culto di Shepard
finisce oggi. »
|
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Capitolo 5 *** Pareti d'iridio ***
PARETI
D'IRIDIO
«
Squadra MAKO, arriviamo da dietro. Situazione? »
«
Bzzz... ci
stannobzzz... »
«
MAKO, dove siete? »
"Merda..."
La
squadra di Shepard sfrecciò sulla rampa di scale
per l'ultimo piano degli archivi, utilizzato dagli scienziati della
Cittadella
per catalogare e stipare i reperti storici degli ultimi millenni.
L'apertura
dell'olo-serratura rivelò un ambiente rischiarato da una
calda luce arancione,
in cui i principali strumenti di lavoro consistevano in microscopi,
spettrometri atomici e analizzatori di materia. In fondo, in un
memoriale
circolare, l'immagine del pianeta natale di Jane.
"La
Terra?"
Tenendo
alta la guardia, si avvicinò all'ologramma,
attendendo che l'asettica voce femminile ne illustrasse i ricordi
contenuti. Si
ritrovò di fronte l'ennesima Shepard, sotto forma di
proiezione olografica.
« Anno
duemilacentoottantatre e.c., nomina del primo Spettro umano. Camera SH1. »
"Certo, è
stato un avvenimento storico, avrei dovuto aspettarmi che venisse
registrato
negli archivi..." ponderò. Il ricordo
continuò con la registrazione di
un dialogo tra due uomini che non riconobbe, ma che le apparvero molto
ben
informate riguardo al suo stato di servizio.
«
Le recenti imprese del Comandante Shepard sono
innegabili. È il suo profilo personale a destare dubbi nel
consiglio. »
"Ma
pensa..."
«
Shepard è nata sulla Terra ed è rimasta orfana in
tenera età. Ha vissuto di stenti fino a diciotto anni,
quando ha deciso di
arruolarsi. »
"Bene, e
se avessi voluto tenere nascosta questa parte di me, con James in
squadra possiamo
essere sicuri che lo saprà tutta la galassia."
«
C'è qualcosa nel registro di servizio di Shepard
che vorrebbe segnalare? »
"Sì,
sentiamo."
«
Per l'Alleanza, Shepard è un soldato di prima
scelta, che va sempre fino in fondo, a qualsiasi costo. »
"Puoi ben
dirlo."
«
Cinica... »
"Cinica?"
«
Spietata... »
"Spietata?"
«
E brutale. »
"Vaffanculo,
stronzo."
«
Grazie a lei e a tutti coloro che si sono espressi.
Il Consiglio deciderà in merito all'idoneità del
Comandante Shepard al rango di
Spettro entro fine giornata. »
Le
voci si spensero, lasciando come testimonianza del
ricordo un'intangibile Comandante levitante a fianco alla riproduzione
in scala
della Terra. Jane ordinò con un gesto ai suoi compagni di
proseguire alla
ricerca dell'intruso. Si premurò di non essere osservata
quando rivolse alla
camera mnemonica un sonante dito medio.
«
Comandante,
mi ricevi? »
«
Come procede laggiù? »
«
L'altra te disturba
le comunicazioni! Hammered e Mako cercano di avanzare per
intercettarla. Io
sono ferita e... mi serve aiuto! Fa presto! » la
voce rotta dal pianto
dell'analista si perse tra i disturbi. Shepard accelerò il
passo, confidando di
avere le spalle coperte dai propri compagni.
Forzando l'ennesima porta scorrevole, si ritrovarono
in una stanza rettangolare, dalla cui estremità opposta si
incanalò verso loro
direzione una grata olografica di riconoscimento.
«
Identificazione biometrica richiesta. » gracchiò
l'altoparlante.
"Forza..."
«
Accesso Spettro autorizzato. »
Il
passaggio si spalancò su un'enorme stanza di
raccolta e smistamento reperti. Sul fondo, piegata a terra, Brooks era
impegnata in una sparatoria contro dei mercenari celati dalla parete
del
corridoio.
«
Comandante! » urlò, trascinandosi sul pavimento
sino a sparire alla vista.
Shepard
si precipitò nella sua direzione. Alle spalle
sentì i passi pesanti delle armature dei suoi compagni
d'arme.
"Resisti
Brooks!". Lo sbigottimento la travolse quando, al centro
della sala,
le pareti di iridio di una capsula di contenimento si chiusero attorno
a loro.
Si guardarono attorno, disperandosi nella ricerca di un sistema per
uscirne.
«
Qui si mette male. » proruppe Garrus.
"Fa che
non si sia fatta ammazzare..."
«
Brooks, siamo in trappola! »
«
Dev'esserci un interruttore. » sbottò l'ispanico,
scrutando tutta la lunghezza della capsula. Shepard si stupì
che non avesse
ancora iniziato a prendere a spallate le pareti per la disperazione. Fu
Vakarian a rispodergli.
«
Non ne vedo. »
"Nemmeno
io. Merda."
«
CORTEZ. BROOKS. MI SENTITE? C'È QUALCUNO SU QUESTO
CANALE? »
Jane
urlò nel comunicatore con quanto fiato avesse in
corpo, cercando di far passare il segnale attraverso l'iridio. Si
portò due
dita al capo, maneggiando con lo strumento per controllare che fosse
funzionante. Non sentì i lenti passi alle sue spalle,
né vide le espressioni
irate dei suoi compagni.
«
Mi dispiace, la risposta è no. »
"Lei."
Shepard
si girò di scatto verso il suo clone,
sparando con il fucile d'assalto una raffica di proiettili che si
infransero
contro le impenetrabili pareti della capsula. Al di là della
barriera
trasparente, vide la sua sosia scuotere la testa con compatimento.
«
Purtroppo la tua cosiddetta squadra è rimasta
imprigionata tra pareti di iridio per l'eternità. »
«
Altri sanno di questa storia. Di te. L'Alleanza ti
fermerà. » Jane digrignò i denti,
trattenendo gli insulti.
Con
un sorriso di scherno, il clone fece qualche
passo verso la loro prigione. « Tu che ne pensi analista
Brooks? L'alleanza ci
fermerà? »
«
Non saprei dirtelo. » la giovane comparve da dietro
le spalle della falsa Shepard, ancheggiando in maniera lasciva e
appoggiando un
braccio sul corpo della sua compagna. « Non lavoro per loro.
»
Jane
sentì Vega agitarsi alle sue spalle. Pensò che
si stesse dando dell'imbecille. Proprio lui le aveva chiesto se
l'analista fosse
"sul mercato", e per poco,
sfogando la collera, Shepard non aveva rotto il sacco da boxe. Fu
grazie a
quella piccola rivalsa che riuscì a mantenere la calma.
Voleva delle
spiegazione, e le voleva subito.
«
Si può sapere chi sei? E pensi di sfuggire alla mia
vendetta? »
«
Il mio nome non ha importanza, tanto lo cambio di
continuò. » rispose sprezzante. « E se
l'Uomo Misterioso non l'ha ancora
scoperto, figuriamoci tu. »
«
Sei di Cerberus? »
«
Lo ero. Ho avuto divergenze con il capo. Lui è
indottrinato ma a me non piace sentire voci altrui nella mia mente.
»
«
Perché non ti sei unita a me? Potevamo collaborare.
»
«
In realtà l'ho fatto. Sono stata io a mettere
insieme tutti quei dossier per la tua... » un forte sarcasmo
calcò le ultime
parole, « ... missione suicida. »
«
La base dei Collettori? » fece mente locale.
«
Lo scienziato Salarian... la justicar Asari... il
Turian... » l'ex analista si voltò verso Garrus,
rivolgendogli una smorfia di
insofferenza, « È stato un piacere conoscerti,
Archangel. »
«
Piacere mio. » sibilò di rimando, sputando in
quelle poche parole tutta la repulsione che aveva accumulato sino a
quel
momento.
«
Erano tutti gravi errori. Non capivo perché un
gruppo pro umani dovesse affidarsi agli alieni. Ho atteso il momento
giusto, e
quando ho trovato una Shepard più ragionevole... l'ho
svegliata. »
Jane
percepì un moto di disgusto attanagliarle il
petto sino quasi a causarle la nausea. Quella donna aveva messo in
pericolo i
suoi compagni, aveva cercato di ucciderla nel bel mezzo della guerra
contro i
Razziatori, solo perché non accettava che alieni e umani
potessero collaborare.
Perché era una fanatica della supremazia della specie umana.
Era tutto ciò che
aveva odiato di Cerberus.
«
Perché mi hai fatto questo? »
«
Volevamo soltanto i tuoi codici da Spettro. »
Shepard
comprese il piano nella sua interezza. « Il
cancello. L'autorizzazione da Spettro che mi ha consentito di
raggiungere il
parcheggio. »
«
Ma poi sei sopravvissuta più del previsto e hai
tirato in ballo quella maledetta Asari. Ho dovuto prendere
provvedimenti. »
«
Il trafficante d'armi. Hai sfruttato il tempo che
io e James abbiamo impiegato nel disinnescare gli allarmi per
ammazzarlo. »
«
Poi la tua robottina si è messa in testa di
recuperare i dati. Ora eccomi qui, costretta... »
tirò un sospiro di
insofferenza, « ... a limitare i danni. »
Jane
Shepard perse completamente la pazienza. Nessuno
poteva tradirla in questo modo. L'ultimo che le si era messo in mezzo,
su
Virmire, si era beccato dei proiettili in mezzo alla fronte, ed era un
mercenario
Krogan.
«
Appena uscirò da qui ti staccherò la testa e la
metterò in bella mostra nella sala tattica della Normandy.
» ringhiò, avvicinandosi
alla parete di iridio. Le espressioni di scherno che comparvero sui
volti delle
due complici le fecero ribollire il sangue nelle vene, i pugni tanto
stretti da
sentirne cigolare i legamenti. Guardò verso il proprio
clone. « E poi farò lo
stesso con la sua. Anzi, forse le butterò tutte e due fuori
dal portellone. »
«
E io ti aiuterò. » calcò Vega con
soddisfazione,
pregustando il momento.
«
Sto tremando di paura. » Il sorriso di Brooks
rivelò tutto il suo divertimento, « Tremerei
ancora di più se fosse il
Comandane Shepard a minacciarmi. Ma tu non sei Shepard. Non
più. »
«
Tu avevi Miranda. Io ho lei. Vuoi mettere? » il
clone indicò la complice, che divenne ancora più
lasciva nel tono di voce.
«
In fondo, è stato divertente. »
Jane
osservò la sua sosia avvicinarsi a un terminale
informatico. Percepì a pelle una pessima sensazione. Si
domandò se anche gli
altri provassero la stessa inquietudine ogni volta che lei stessa si
metteva in
azione. « Che stai facendo? »
«
Sistemo le cose. » ottenne una risposta lapidaria,
« Ricordi questo? »
L'ologramma
dei consiglieri Turian e Asari comparve
sullo schermo interattivo.
«
Lei è il
primo Spettro umano, Comandante. Questo è un traguardo
importantissimo per lei
e per tutta la sua specie. »
«
Peccato che strada facendo tu abbia pensato sempre
meno al bene della tua specie, salvando più alieni che
umani. »
Jane
incassò le accuse senza battere ciglio.
Conosceva il modo di ragionare di Cerberus, un pensiero malato che
aveva
giurato di estirpare in maniera definitiva dalla galassia.
«
Tu invece non hai salvato nessuno. Così non mi
rendi giustizia. »
«
Eh, sai qual è l'unica cosa non replicabile?
L'impronta della mano. » Il clone le mostrò il
palmo, « È la vita a modellarla,
non il DNA. Un bel problema. »
Si
avvicinò al terminale, togliendosi il guanto
dell'armatura.
"Cosa
cazzo vuole fare?"
«
Computer, aggiornare registri consiglio. Oggetto:
Shepard. Spettro umano. »
"Merda!"
«
Accesso
eseguito. Immettere nuovi dati. »
Il
clone appoggiò la mano sulla piastra orizzontale
di rilevamento, attendendo che sullo schermo apparisse la sua impronta
completa.
«
ID biometrico
aggiornato. Buona giornata,
Comandante
Shepard. »
Sogghignando,
la falsa Shepard si infilò di nuovo il
guanto e si diresse verso il corridoio d'uscita con Brooks.
«
Ora scusami, ma alla Normandy serve il suo
capitano, perciò... » si voltò
un'ultima volta verso di loro. « Devo andare. »
"Devo andare?"
Jane sollevò un sopracciglio, rivolgendole uno sguardo
perplesso, "Ha davvero detto devo andare in
quel
modo?"
«
Addio Comandante, finalmente sappiamo come muoiono
le leggende. »
Brooks
e il clone sparirono dalla loro visuale,
inoltrandosi nell'androne. Con uno scossone che sbilanciò i
tre prigionieri, la
capsula di iridio venne sigillata all'interno di un cilindro in
titanio. Un
secondo movimento verso il basso indicò che stava scivolando
verso la zona di
detenzione dei reperti, dove trovò la collocazione finale
avvisata dallo sbuffo
delle morse idrauliche.
«
Direi... che ci è andata bene. » la voce di Garrus
sembrò ancora più bitonale in quello che a Vega
sembrò un loculo formato
famiglia.
«
Ha detto "devo andare"? Davvero parlo
così? » Shepard si rivolse ai due compagni,
cercando qualche conferma del fatto
che fosse un modo di porsi unico del clone.
«
Eh, beh... sì. » il Turian nascose l'imbarazzo
concentrandosi sulla propria arma.
«
Piccolo consiglio. » Vega si intromise tra i due
per attirare la loro attenzione. Il suo continuo camminare isterico
avanti e
indietro lungo la capsula sembrava passare inosservato. « Io
penserei... al
luogo impenetrabile in cui siamo appena stati sigillati per
l'eternità. » Cercava
di mantenere la calma, ma la tensione traspariva dal suo volto come
attraverso
una parete di iridio. La consapevolezza di essere ignorato, di nuovo,
non fece
che peggiorare la situazione.
«
Io ho un tono più deciso del suo. Più
autoritario.
Come quando dico "per ora è tutto". »
replicò Shepard, annuendo con
convinzione.
«
Esatto! Punto e basta! Devi essere tu a chiudere la
conversazione! » Garrus le diede man forte, colpendo il palmo
di una mano col
il proprio pugno.
Vega
provò a buttarla sul tragico. « E qui dentro si
soffoca. Un'ora d'aria, al massimo. » La mandibola gli cadde
quando si accorse
che nemmeno il rischiare la fine del topo li aveva richiamati alla
realtà.
«
Ogni tanto potrei dire "ci vediamo dopo!".
In effetti non lo dico mai. Lascia un po' di suspense! »
James
partì di nuovo all'attacco. Dalla voce era
chiaro che stava cercando di trattenere una risata isterica.
« Dai Comandante,
qui abbiamo problemi più seri! »
Shepard
sembrò riprendere contatto con la precaria
situazione in cui si trovavano.
«
Mm, ah, Glifo! Ci sei ancora? »
Il
piccolo drone rispose dopo pochi secondi. A Vega sembrò
che fossero passate ore.
«
Sì, Comandante.
»
«
Tiraci fuori da qui e trova gli altri. » ordinò,
rassicurando
il suo tenente battendogli una mano sulla spalla. « Nessuno
può rubarmi la
nave. Nemmeno io. »
|
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Capitolo 6 *** Fiamme nell'hangar ***
FIAMME
NELL'HANGAR
"Il mio
criceto. Come ha osato quella maledetta figlia di puttana?"
«
Quei bastardi sono all'hangar navette. Il MIO
hangar navette. »
Shepard
guardò James di sbieco. Almeno lui poteva
capire come si sentisse.
Il
suo criceto. E se avessero buttato i pesci? Tremò di collera
di rabbia al pensiero che le avevano toccato i modellini delle
astronavi.
Sullo
schermo interattivo dell'ascensore, i ponti
della Normandy scorrevano con lentezza esasperante.
«
Ce lo riprenderemo. » lo incoraggiò Garrus,
nascondendo un sorriso.
"Parla
facile lui, nessuno può buttargli il cannone che ha appena
calibrato."
«
Sento che qualche imbecille ha toccato i miei pesi.
Li avevo appena sistemati bene! »
«
Di solito non potresti sparare alla gente che ti
tocca i pesi. Stavolta invece sì. »
Jane
rimpianse di avere tra le mani un fucile a pompa
che le impediva di abbracciare il Turian. Aveva sempre appoggiato il
modo in
cui era solito sistemare le faccende irrisolte, da Saren al suo vecchio
compagno traditore; era l'unico individuo che riuscisse ragionare al
suo stesso
modo sia sul campo di battaglia che nella vita reale. Per quanto avesse
sempre guardato
con sospetto la sua specie a causa della Guerra del Primo Contatto, tra
di loro
era nato un legame di amicizia fraterno e indissolubile.
L'ascensore
rallentò sino a fermarsi al ponte 5. Il
due lati del portellone si separarono con un sibilo, lasciando libero
accesso
all'hangar. Shepard avanzò per prima, guardia alta, coperta
ai lati dai
commilitoni.
Il
clone apparve da dietro le casse di rifornimenti.
In mano teneva una delle sue armi preferite, ma soprattutto stava
indossando la
sua armatura N7 di scorta.
«
Beh, adesso esageri. » sibilò Jane, mirando
all'addome e premendo il grilletto.
La
sosia rispose con una serie di colpi. Entrambe andarono
in copertura prima che potessero essere colpite.
«
La smetti di rovinare la mia nave? »
«
Non è la TUA nave. » sbottò
l'originale, caricando
la frase con tutto l'odio che aveva in corpo.
«
Lo sarà. Ti ho preso il nome, il rango di Spettro e
le impronte digitali! »
Vega
si affiancò a Shepard dietro la lastra di
metallo che fungeva da copertura. Con un cenno della testa le
suggerì di
avanzare; le avrebbe coperto lui le spalle.
«
Poi mi hai lasciata morire. Invece eccomi qui. »
replicò soddisfatta, avanzando all'interno dell'hangar.
« Con le tue impronte
fasulle credi di fregare il Consiglio? O Hackett? »
procedette con calma,
scrutando dietro ogni angolo nel tentativo di coglierla di sorpresa.
Arrivò sino
alla postazione di Vega.
"Aveva
ragione, gli hanno spostato i pesi."
Mosse
un paio di passi in avanti. Né James né Garrus
potevano difenderla nel punto in cui si era fermata. Non l'avrebbe
inseguita
oltre. Le avrebbe teso una trappola, e l'avrebbe attirata schernendola.
« Sarebbe
questo il tuo piano geniale? »
Un
rumore sul fianco sinistro la spinse a gettare per
terra l'arma. Convogliò i propri poteri biotici nel pugno
destro, con cui parò
il medesimo assalto biotico della sosia. Le cariche si scontrarono,
impedendo
alle due mani di toccarsi. Una sfera di plasma ed energia oscura di
sviluppò
tra di loro, generando un potente campo elettromagnetico che
aumentò coi
tentativi dell'una e dell'altra di prevalere. La deflagrazione che ne
seguì
scagliò all'indietro le due donne.
Shepard
estrasse dal retro dell'armatura il fucile
d'assalto, togliendo la sicura per ingaggiare un nuovo scontro a fuoco.
Tirò
un'imprecazione mentale quando al clone si affiancò Brooks,
armata del fucile a
pompa che aveva dovuto abbandonare.
«
Squadra Hatchet all'hangar navette. » gracchiò la
donna. A denti stretti consumò un'intera clip termica contro
Jane, che si vide
costretta a battere in ritirata vicino a Garrus.
Un
gruppo di mercenari scese dai piani inferiori. Vega
e il Turian ingaggiarono un combattimento serrato per consentire a Jane
di
concentrarsi sul clone. I suoi occhi trasudavano istinti omicidi e
nulla
avrebbe potuto distrarla dal suo intento.
«
Shepard,
riesci a sentirmi? » ogni muscolo di Shepard era
saturo di adrenalina, ogni
recettore percepiva il ritmo della battaglia. La voce di Liara
risultò di
contorno a una battaglia che attendeva ormai da giorni.
«
Forte e chiaro. Hai superato l'interferenza? »
domandò
all'asari, mentre con il fucile d'assalto sfondava gli scudi e la testa
di un
cecchino che aveva osato mettersi tra lei e la sua sosia.
«
Insieme agli
altri. » il clone colpì Shepard alle
spalle con una carica biotica. Le sue difese
andarono in frantumi. Jane vide la bocca del fucile a pompa dirigersi
verso il
suo volto. Scartò di lato, colpendo la sosia al fianco con
un pugno. Sentì un
gemito seguito da un'imprecazione che le diede il tempo di ripararsi
dietro una
cassa e attendere la ricarica degli scudi. « Non
è stato facile ma il problema è risolto.
»
Malgrado
non potessero vederla, annuì soddisfatta. Si
asciugò il sangue che le colava dal naso e
ricaricò il fucile d'assalto con la
clip termica.
«
Comandante,
la Normandy si prepara al salto iperluce. » le
parole di Cortez le parvero
una condanna. La Normandy non doveva lasciare la Cittadella.
"Cazzo
Cortez, non va bene..."
«
Puoi andare
in plancia? Tipo, subito? »
"Non è il
momento Joker!" « Negativo! Incontro resistenza
all'hangar! »
«
Ricevuto, passiamo al piano B. »
"Cortez ha
un piano B?"
«
Piano B? C'è
un piano B? » la voce di Joker diventava
più stridula ad ogni frase,
confermando i timori di Shepard. La donna si ritrovò
bloccata dietro al bancone
delle armi. Un mercenario, protetto da uno scudo magnetico, sembrava
immune ai
suoi colpi e la teneva sotto scacco con una mitragliatrice.
"Va bene
stronzo, l'hai voluto tu."
Afferrò
dal tavolo un fucile di precisione. Si sporse
di lato quel tanto che bastava per poter inquadrare l'avversario
attraverso il
mirino e fece fuoco. Gli anni di addestramento N7 diedero i suoi
frutti. Il
proiettile penetrò le difese attraverso la fessura per gli
occhi. La testa del
militare esplose schizzando sangue sul pavimento. Jane
depositò l'arma,
soddisfatta.
Improvviso,
un bip continuo e rapido le risuonò nel
cervello.
"Granata!"
Un'esplosione
scosse il lato destro dell'hangar. Il
bancone delle armi finì arso da fiamme bluastre che
sembravano inestinguibili.
«
Dovevi morire in quel ristorante di Sushi. » Brooks
aveva perso il suo tono languido, cedendo a un gracchiare astioso.
«
Ah. Di nuovo
il pancreas... »
"Che
diavolo stanno facendo Cortez e Joker?"
«
Bypasso i
sistemi di sicurezza dell'astroauto. Ricostruisco la traiettoria della
Normandy
per attirare la loro attenzione. »
«
Fare da ESCA?
È questo il piano B? »
"Almeno
stavolta non potrà incolpare me."
Rifletté, prendendo fiato dietro una
cassa.
«
Ci siamo
Comandante! »
Una
brusca manovra laterale della Normandy sbilanciò
i combattenti. Jane vide Garrus rotolare contro le scorte di medigel.
Un
"mierda!" risuonò da una zona non ben definita a sinistra
dell'hangar. Nell'instabilità generale, i proiettili
tornarono a volare.
«
Che fate? Usciamo dalla nebulosa e saltiamo a
velocità iperluce! » Le urla del clone
sovrastarono le sparatore. Jane ghignò,
soddisfatta che quella stronza fosse ancora viva per vedere i suoi
piani finire
in macerie. « Distruggetela. »
"No,
figlia di puttana. Quella mezza sega del tuo pilota non può
nulla contro Joker
e Cortez." Jane si gettò in mezzo al caos,
uccidendo un mercenario con
un pugno bionico ben assestato sul collo.
«
Merda... lanciate la navetta e spazzate via
quell'affare! »
Il
portellone dell'hangar si abbassò, permettendo al
Kodiak di lanciarsi all'inseguimento dei due piloti.
«
Occhio! La porta è ancora aperta. » Garrus
sottolineò la sua esortazione scagliando fuori dalla
Normandy un mercenario
trovatosi nel posto sbagliato al momento sbagliato.
Il
clone scagliò altre granate incendiare verso Jane,
costringendola a uscire allo scoperto.
«
IO! SONO IL COMANDANTE SHEPARD! » latrò,
scagliandosi con una serie di cariche biotiche contro la donna.
Il
Comandante deviò di lato, sfruttando le alte casse
di munizioni ancorate al pavimento. Quella battaglia era sua, la
sentiva nel
sangue, tanto da permettersi di schernire l'avversario. « Ti
piacerebbe! Conrad
Verner mi imita meglio di te! »
Brooks
la colpì con un proiettile alle spalle,
gracchiando isterica. « Hai rovinato tutto! Il mio piano era
perfetto! »
Gli
scudi di Shepard cedettero. Si ritrovò senza
difese, in balia dell'ex Cerberus folle.
«
E allora perché è andato a puttane? »
davanti al
Brooks si parò il tenente Vega, che approfittò
del suo attimo di sbalordimento
per assestarle un cazzotto sul viso.
"Cazzo,
devo pagare da bere a Vega!"
Il
fucile di precisione di Garrus assestò un duro
colpo agli scudi del clone e le sue invettive rivelarono dove si stesse
nascondendo.
«
LA MIA SQUADRA VALE QUANTO LA TUA! »
«
Squadra? » Jane scoppiò a ridere, gustando il
sapore metallico del suo sangue che sgorgava dal labbro spaccato.
« Quelli sono
tirapiedi. E li stai finendo! »
«
Non ce la fai contro la vera Shepard, eh? » Vega
rincarò la dose. Non stava dando tregua all'ex analista,
impedendole di
interferire nuovamente nello scontro tra le due donne. Jane
cercò di
localizzare Vakarian. Gli ultimi mercenari erano impegnati a resistere
il più a
lungo possibile alla furia di un Turian sopravvissuto alla Sovereing e
ai
Collettori.
«
Io posso vincere la guerra! Tu sei troppo debole e
stanca per riuscirci! »
«
Così stanca che ti sto massacrando. » Shepard
gettò
a terra il fucile d'assalto, la borsa delle clip termiche troppo
leggera.
«
Sei una sintetica sfregiata! Obsoleta tecnologia di
Cerberus! » il clone mirò a colpirla
nell'orgoglio, a ferirla dove le
pallottole non potevano arrivare. Jane ringhiò sentendo
quelle parole. Evitando
con agilità i colpi d'arma da fuoco e bionici, armata della
sua fedele pistola,
si incamminò verso l'avversaria. Le sembrò in
quel momento di affrontare la
sofferenza che le sconfitte, le ferite, la sua stessa morte da cui era
riuscita
a tornare le causavano ogni giorno. Nel clone, Shepard vide la parte
debole
della sua anima.
«
Sai dove mi sono fatta queste cicatrici? Su Feros,
Noveria, Virmire, Ilos! » con un'un'onda d'urto rimosse gli
ostacoli davanti a
sé, « Alla base dei Collettori! » i
proiettili le fischiarono vicino alle
orecchie, « Su Palaven, Tuchanka, Rannoch e Thessia!
» il tono di voce divenne
sempre più alto, tuonando al di sopra dei motori della
Normandy e delle urla
delle bocche da fuoco. « Me le sono fatte proteggendo la
galassia. PUOI DIRE LO
STESSO DELLE TUE? »
Vega
ammirò il movimento fluido con cui Shepard si
scagliò contro la sosia, colpendola con una forza di mille
newton. L'impatto
disarmò il clone, senza riuscire a sbilanciarlo; sfruttando
un attimo di
distrazione, questi rispose all'attacco generando un'onda d'urto. Jane
perse la
presa sulla pistola.
Il
Comandante fissò il clone con disprezzo. Era
stanca di una guerra durata troppo a lungo, e non avrebbe tollerato
oltre che
una stronza emersa dal suo codice genetico a causa della megalomania di
Cerberus le rovinasse anche quel breve attimo di quiete che le era
stato
donato. Si lanciò in corsa, decisa a farla finita una volta
per tutte.
Le
due donne finirono avvinghiate in una colluttazione
indistinta. Il basso parapetto dell'hangar navette non fu sufficiente a
trattenerle e si ribaltarono lungo la piattaforma di risalita,
rotolando sino
al bordo.
Jane
si trovò in posizione di vantaggio, il corpo dell'avversaria
sotto di sé. In ginocchio, prese a pugni il suo volto con
tutta la forza che aveva
in corpo. Il sangue schizzò, sporcandole l'armatura e la
pelle, donandole un
senso di euforia selvaggia che la deconcentrò. Fu
sufficiente un istante al
clone per stordirla con un calcio, spingendola lontano da sé.
Un
improvviso sobbalzo della Normandy privò loro di
quel precario equilibrio che le teneva ancorate al portellone. Si
ritrovarono
entrambe aggrappate al bordo, una di fianco all'altra.
«
Guardati! » ringhiò il clone, trasudando odio.
«
Cosa ti rende tanto speciale? Più speciale di me? »
Jane
guardò il proprio alter ego, incapace di
rispondere.
«
TIENI DURO! » Garrus e Vega sopraggiunsero di corsa,
gettandosi distesi sulla piattaforma per una maggiore presa. Il Turian
afferrò
le gambe del tenente, che si sporse a recuperare il proprio Comandante.
« CI
SIAMO NOI! »
L'ispanico
strinse le braccia di Shepard, facendo
leva sul suo corpo per riportarla sulla nave. I loro sguardi si
incrociarono, e
all'uomo parve per un istante di vedere una smisurata commozione in
quei due
pozzi di pece. Trascinandola per il busto, la trasse in salvo,
facendole spazio
per respirare.
«
Grazie. » Jane ringraziò i due compagni con un
sospiro, prima di rivolgere l'attenzione al clone ancora appeso lungo
il bordo.
Un ghigno di sfida apparve sul suo viso. Le aveva appena dimostrato la
differenza tra loro due.
«
E la pendeja? »
"Già. È ora
di finirla con questa storia..."
Il
Comandante si alzò in piedi, ergendosi di fronte
alla sua sosia genetica.
«
Tu. » sibilò, « Giù dalla MIA
nave! »
La
suola degli stivali colpì il suo riflesso.
Gelida,
osservò le sue debolezze precipitare nei
cieli della Cittadella, finché non sparirono dalla
vista.
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Capitolo 7 *** N7 ***
N7
Shepard
rilesse per la terza volta il messaggio.
Ehi, chiamami
la prossima volta che sei nella tua nuova reggia e non sai cosa fare.
Mi
piacerebbe mostrarti una cosa.
Si
sedette al terminale, aprendo la schermata di
risposta. Per quella giornata aveva fissato un pranzo con Traynor.
Decise di
rimandarlo. Dopo l'avventura con il clone, aveva voglia di rivedere
Vega, da
soli, anche solo per ringraziarlo di averla salvata. Ripensò
al modo in cui
aveva preso a pugni Brooks. Avrebbe dovuto offrirgli da bere.
Quando vuoi, ti
aspetto.
Premette
il pulsante di invio. La mano le tremò
leggermente.
«
Sono patetica... » bofonchiò tra sé e
sé,
stiracchiandosi contro lo schienale della sedia. Rimuginò su
come passare il
tempo in attesa che il tenente desse un segnale al citofono.
Scartò il sacco da
boxe e la sbarra, aveva ancora i muscoli indolenziti dallo scontro del
giorno
precedente. La vasca idromassaggio era ugualmente esclusa, non voleva
correre
il rischio di dover accogliere James con solo addosso l'asciugamano. Il
volume
della televisione avrebbe potuto coprire il suono del campanello. Un
sospiro
affranto le uscì dalle labbra, alzandosi.
Aveva già deciso di afferrare un libro,
pur con la consapevolezza che non avrebbe mantenuto a lungo
l'attenzione sulla
trama, quando la mente le corse al pad interattivo su cui era solita
ricevere i
rapporti di Anderson e Hackett. Con le giuste impostazioni, avrebbe
potuto collegarsi
alla rete news della Cittadella.
"Perché
no?"
Le
sembrò di averlo lasciato in camera, sul letto.
Salì di corsa le scale fino al piano superiore. I gradini in
vetro producevano
un rumore basso e vibrante che le trasmetteva una sgradevole sensazione
di
instabilità. Avrebbe preferito di gran lunga che
l'arredatore si fosse basato
sugli interni di una nave spaziale, e non sulle ultime tendenze tra i
politici
del Consiglio.
Osservò la stanza in cui ormai da un paio di sere era
solita dormire. Troppo spoglia per i suoi gusti. Accarezzò
l'idea di trasferirvi
tutti i suoi modellini, e il criceto, al termine della guerra. Nel caso
fosse
riuscita a vederlo, il termine della guerra.
Corrucciò la fronte: sulla coperta non era presente
alcun pad.
«
Dove l'ho ficcato? »
Fece
mente locale. Il giorno prima Liara la era
venuta a trovare e le aveva illustrato le sue doti musicali. Javik
l'aveva
contattata per chiederle d'accompagnarla su un set cinematografico, da
cui era
uscita ripromettendosi di non andare mai a vedere Blasto 8, per evitare
rigurgiti di bile. Poi aveva guardato una partita di Biotiball, che
detestava,
solo per passare un po' di tempo con Cortez e Vega, scoprendo che i due
sudamericani avevano scommesso sul fatto che, pur nella sua ignoranza,
avrebbe
tifato per la squadra vincente. In nessuna di quelle occasioni aveva
utilizzato
il pad.
Gli occhi le caddero sulla porta del bagno. Lo
schiocco delle sue dita risuonò nell'ampia camera vuota. "Mentre mi asciugavo i capelli!"
Lo ritrovò dove l'aveva abbandonato la sera
precedente, in un angolo del lavabo. Accese il pad e inserì
il codice di
accesso alla rete news.
Il primo titolo riportava la caduta di Thessia,
correlata di un nutrito set fotografico che i giornalisti erano
riusciti in
qualche modo a racimolare prima che si interrompessero i contatti. Jane
sentì
una morsa stringerle il petto, rendendole difficile la respirazione. In
quel pianeta
aveva rivissuto la tragedia terrestre e, di nuovo, non era riuscita a
impedirlo.
Scorse lo schermo verso il basso, cercando di evitare
le notizie relative ai razziatori e alla guerra che imperversava nella
galassia.
Scartò gli appelli per le persone disperse, che riempivano
intere pagine, e
interviste deliranti a santoni alienati che millantavano di poter
respingere
l'arrivo della fine del mondo. Intravide un articolo sul nuovo film di
Blasto
che le fece storcere il naso. Non riusciva ancora credere che un Hanar
così
imbecille potesse essere una star del cinema.
La foto digitale di un'umana attirò la sua
attenzione.
«
Nara Lindgren, rifugiata d'eccezione a bordo della
Cittadella, ha affermato in una recente intervista che
devolverà il compenso
del suo prossimo film a favore dei profughi umani attualmente stanziati
al
molo. » Scosse la testa, sospirando « Entro pochi
mesi potremmo essere tutti
morti e questa pensa al girare un film. » Sentì
nascere dentro di sé un
sentimento d'invidia per l'ingenuità della donna.
Contemplò
la sua foto. Era ritratta nella zona del
Presidium, seduta in mezzo a un gruppo di rifugiati in visita al
quartiere
delle ambasciate. La sua bellezza era abbacinante. Persino lei, che
aveva
sempre disprezzato ciò che era estraneo alla rudezza delle
camerate militari a
cui era avvezza, ne fu rapita. I suoi lineamenti fini sembravano
cesellati
nella porcellana, in un viso incorniciato da lunghi boccoli color
dell'oro. La
giudicò così fragile, avvolta in una veste
vaporosa che lasciava intravedere la
magrezza di quel corpo. Eppure sembrava che tutti i presenti nella foto
ne
fossero ammaliati. Uomini, Turian, Asari... individuò
persino un Volus.
L'ammirazione e il desiderio che quella donna suscitava era palpabile.
Distolse lo sguardo dall'immagine, abbassando le
palpebre. Sollevò la testa: quando riaprì gli
occhi si ritrovò di fronte il suo
stesso riflesso nello specchio.
«
Jane Shepard... » sussurrò. Seguì il
profilo del
suo volto, lungo il collo e le braccia tornite. Dove la manica
dell'uniforme
non arrivava poteva vedere le vene che risaltavano sui muscoli
scolpiti.
"Non sono
così male neanche io, dai... forse la mascella un po' troppo
spigolosa, e mi
mancano i suoi occhi verdi, ma non è così male
neppure essere muscolose. Certo,
i capelli corti forse non aiutano, ma formano comunque dei ricci, e
anche se
non sono biondi il nero ha il suo fascino..."
Chiuse
e riaprì gli occhi una seconda volta.
"Ma chi
voglio prendere in giro."
Uscì
dal bagno di corsa, il pad chiuso in una morsa
di ferro. Lei era il Comandante Shepard, l'eroina della Cittadella, la
distruttrice dei Collettori, l'acerrima nemica di Cerberus e dei
Razziatori. Ad
eccezione dei suoi compagni della Normandy, l'unica reazione che
scaturiva
dalla sua presenza era deferenza, o timore. Si appoggiò alla
ringhiera del
corridoio superiore. Si accorse di stare stringendo con forza i denti
quando il
dolore alle guance si fece insopportabile. Allentò la presa
con un lungo
respiro.
Il suono del campanello la distrasse dai suoi
pensieri.
«
James... Glifo, per favore, controlla che sia il tenente
Vega e, nel caso, aprigli la porta. »
«
Sì,
Comandante. »
Quando
l'ispanico entrò nell'appartamento, Jane
simulò di essere intenta nella lettura di un rapporto di
guerra.
«
Ehi, Lola! »
La
sua vista le restituì il sorriso.
«
Bel posticino. » Quella voce profonda le provocò
uno strano solletico nello stomaco. Chiuse il pad, infilandoselo in
tasca. « Chissà
come sarà ridotto dopo la festa di cui parlavi. »
«
Non distruggeresti il mio nuovo appartamento, vero
James? »
«
Chi, io? Nooo. Mai! »
Shepard
roteò gli occhi, annuendo in maniera
sarcastica. Il tono le ispirò ben poca fiducia, e
conoscendolo sapeva di avere
ragione a non fidarsi.
Le si affiancò, emettendo un fischio ammirato alla
vista del Silversun Strip che si intravedeva dalle grande pareti di
vetro.
«
Che panorama! Ma sai, questo posto... beh, non è
esattamente il mio stile. »
Jane
si girò verso l'uomo, incuriosita. « E quale
sarebbe? »
James
si appoggiò alla ringhiera con entrambe le
braccia, sporgendosi come se volesse raggiungere i suoi ricordi.
«
Sono cresciuto sul Pacifico. L'oceano. Le spiagge.
L'aria vera. »
«
Ti manca? »
«
Sì. E la gente... »
Una
sirena d'allarme le si accese nel cervello. «
Come si chiama? » chiese, simulando il tono di voce
più ammiccante che le
venisse in mente, nel tentativo di fingere un interessamento da
camerati.
«
No, no. Ho smesso di... fraternizzare quando mi
sono arruolato. Non sono cose compatibili. »
Il
macigno, che le si era sollevato dal cuore alla
risata di Vega, le si ripresentò più pesante di
prima. Sentì la confusione
avanzare nel suo cervello, e la paura del ritrovarsi dinnanzi a una
situazione
che non poteva controllare. La collera, poi, per la
stupidità di James, e per
aver vissuto sino a quel momento nell'illusione dei flirt. Ma
soprattutto,
perse la lucidità che l'aveva sino a quel momento trattenuta.
«
Ma questo non ti impedisce di provarci con tutte. »
Sentì
la sua voce pronunciare quelle parole come se
si trovasse a un'enorme distanza. Le sue braccia si incrociarono al
seno.
«
Già, sono fatto così. Con questo non voglio dire
nulla. »
L'ultimo
affondo di James diede il colpo di grazia a
Jane Shepard, che venne confinata in un angolo dall'unica debolezza che
non era
riuscita a scaraventare giù dalla sua nave.
«
Peccato... » disse languidamente.
«
Ah! Adesso chi è che ci sta provando? » la
schernì
l'uomo.
«
Prima butti il sasso e poi nascondi la mano? »
«
No! È solo che... sei il Comandante! » Ogni parola
che James pronunciava era una ferita più profonda. Per lui,
come per tutti gli
altri, lei non era una donna. Lei era il Comandante Shepard. I loro
sguardi si
incrociarono e Jane, come in un sogno, sentì se stessa
ridere come una sciocca,
comportarsi come una sciocca. « Con te bisogna sempre andare
con i piedi di
piombo! »
«
Non dirmi che non batti chiodo da quando ti sei
arruolato. »
«
Niente di serio. Però anche io ho le mie pulsioni,
sai? »
«
Lo so James. Fin troppo bene... » come se fosse ubriaca,
gli si avvicinò, sussurrandogli l'ultima frase a cinque
centimetri dal volto.
Vega
non riuscì ad articolare le parole ed emise una
serie di vocali incerte. Lo vide pietrificarsi, gli occhi che vagavano
ovunque
nella stanza tranne che nella sua direzione.
«
Non ti piace quello che vedi? »
«
Eh? No! Tu sei... per me... ecco... »
Lo
vide guardare il suo corpo. Si aggrappò alla speranza.
«
Cosa devo fare per convincerti, James? »
L'uomo
girò la testa, fissando un punto
all'orizzonte. « Beh... per prima cosa farmi scordare che sei
il Comandante
Shepard. »
A
Jane sembrò di essere stata colpita dal raggio di
un razziatore. Gli occhi spalancati, guardò Vega come se si
fosse accorta solo
in quel momento che fosse entrato nell'appartamento. Si
allontanò, provando a
dissimulare la vergogna in cui stava affogando.
«
Capisco. » Abbassò il capo, bramando il coraggio
necessario
per tornare a parlargli. Non si accorse dell'occhiata che James le
lanciò, né
del fatto che distolse quella stessa occhiata digrignando i denti.
Trovò la
forza nel gelido silenzio che attanagliava l'androne. « Bene,
ora che hai
placato i miei bollenti spiriti, c'è qualcos'altro di cui
volevi parlare? »
«
Ah, hai ragione, scusami! » rispose, sorridendo
sollevato. « Volevo mostrarti una cosa. »
Jane
non credette ai suoi occhi. "Lo fa apposta,
cazzo. Lo fa apposta!"
Vega
si tolse la maglietta, mostrando i suoi muscoli
nel loro splendore. Sui trapezi, il simbolo tatuato degli N7 era
incorniciato
da simboli tribali simili a quelli che aveva sul collo. Shepard dovette
fare
appello a tutta la sua volontà per evitare di sbatterlo
fuori a calci nel culo,
e per evitare di mangiarlo con gli occhi.
«
Che ne dici? »
«
Favoloso, e te lo sei meritato. Adesso viene il
bello, eh? » "Inoltre sei un
grandissimo stronzo e io ho una fottuta carriera come attrice."
«
Sì, e sottoscrivo quello che hai detto prima. Da me
avrai il cento per cento. »
«
Non mi aspettavo altro. »
«
Beh, tutto qui. Volevo solo mostrartelo. » Raccolse
la maglia da terra, iniziando a rivestirsi tra le grida interiori della
donna.
« Ora devo tornare sulla Normandy. Esteban ha bisogno di
aiuto con la navetta.
»
«
Grazie per la visita, James. » allungò la mano per
salutarlo. Vega la strinse con decisione, per sollevarla sino
all'altezza dei
loro volti. Un gesto da veri commilitoni, come lo sguardo complice che
si
scambiarono e il cenno col capo dell'uomo. Jane riepilogò il
suo silenzioso
repertorio di imprecazioni.
«
Qua dentro faremo una festa da sballo! »
"Già, la
festa..."
«
Hasta la vista, Shepard. »
Dal
balcone del piano superiore osservò la figura del
soldato percorrere l'appartamento fino all'uscita. Quando fu sicura che
non potesse
più sentirla, si recò dal suo amato sacco da boxe.
Notò
le esclamazioni preoccupate di Glifo solo quando
la sabbia ebbe ricoperto il pavimento della stanza d'allenamento.
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Capitolo 8 *** Al suo servizio, Comandante ***
AL
SUO SERVIZIO,
COMANDANTE
«
Sapete perché Cerberus perderà? Semplice
demografia. Recluta un ventenne senza una vita e quello si
spaccherà il culo
per la causa. Ma avete mai visto anziani tra i membri di Cerberus?
Famiglie?
No. Sono terroristi senza futuro! »
«
Pagano bene, certo, ma le vacanze dove le mettiamo?
Quella non è vita. »
Shepard
ascoltò interessata il dialogo tra Joker e
Jacob. Stava assaporando il terzo cocktail Volus, La sensazione di
bruciore le
percorse l'intero l'esofago sino a incendiarle lo stomaco.
«
A proposito, ho saputo che diventerai padre.
Congratulazioni. » Le parole di Miranda fecero arrossire
Jacob, o almeno così
parve a Shepard. Sentiva che, malgrado l'aspetto solido, la sua mente
iniziava
a mancare di lucidità. Una condizione che aveva agognato
dall'inizio della festa,
da quando aveva accolto James nell'appartamento.
«
Ah, grazie! Me la sto facendo un po' sotto. »
«
Te la caverai, sei in gamba. Sarai bravissimo! »
Jane
guardò il suo ex compagno di squada. Meno di un
anno prima l'aveva trascinato in una missione classificata come
suicida. I loro
contatti si erano interrotti durante i sei mesi in cui era stata
reclusa per la
strage Batarian, e l'aveva ritrovato come disertore di Cerberus e
compagno di
una scienziata ex Cerberus. Aveva scelto una vita normale, un lusso che
lei non
era mai riuscita a permettersi.
«
E tu Joker? Come cambieresti Cerberus? »
«
Io lo renderei popolare! Una grossa campagna
propagandistica, tipo elezioni presidenziali. Cene di gala, strette di
mano e
un sacco di baci! »
"Joker
consigliere alla Cittadella subito."
Shepard rise di fronte a tanto entusiasmo.
«
Immagino non solo alle belle donne. »
«
Ehm, ovviamente! » Puntualizzò Jeff, mettendo le
mani avanti. « Rimpiango i giorni in cui Cerberus era
terribilmente imbranato.
Quando c'eravate voi due a
comandare!
»
«
Prego? » Jacob si rizzò sulla poltrona,
visibilmente piccato. Miranda lanciò uno sguardo
canzonatorio in direzione del
pilota, lasciandosi sfuggire una risata.
«
Comandavo soltanto il Progetto Lazarus, che come
ben sai è riuscito benissimo. »
Esclamò, accennando a Shepard.
Joker
non cessò di calcare la mano. « Comandante, qui
Cerberus. I Rachni che stavamo studiando sono scappati ammazzando
tutti. Puoi
occupartene tu? » Fece il verso a una vecchia richiesta di
aiuto che avevano
ricevuto ai tempi della loro affiliazione nell'associazione. Jane
annuì,
ripensando con appagamento al periodo in cui i razziatori erano ancora
una
minaccia lontana.
«
Ne giravano di sacchi per cadaveri... e a quei
tempi contenevano soprattutto i loro agenti. »
«
Avevamo delle cellule impazzite, è vero, ma
Alleanza e Consiglio se ne stavano con le mani in mano! Noi almeno
facevamo
qualcosa. » cercò di giustificare Jacob. Non
accettava che considerassero il
suo operato mediocre a causa di una manciata di agenti ribelli.
«
Addominali. Molti addominali. » la ladra apparve
per qualche secondo in mezzo alla sala, dando una dimostrazione pratica
di cosa
intendesse. Il tono malizioso strappò una risata generale.
«
Ehi, così non vale Kasumi. »
Miranda
riportò la conversazione sui giusti binari. «
Però abbiamo ricostruito il Comandante Shepard. »
«
E dopo aver sconfitto i Collettori ho rinnegato
Cerberus e sono scappata... ammazzando tutti. » concluse
Jane, alzando il
bicchiere in un brindisi silenzioso.
«
E di questo ti ringraziamo! »
«
Jeff, ricordi che anch'io sono un progetto di
Cerberus? »
«
Ah, merda... »
Shepard
scoppiò a ridere fragorosamente, aiutata
dall'alcol che scorreva copioso nelle sue vene, e salutò il
gruppo. Si staccò
dal bancone dell'angolo bar a cui si era appoggiata e l'appartamento le
sembrò
rotearle attorno. Strizzando gli occhi per recuperare un minimo di
equilibrio,
si diresse verso i divani del salotto principale. Le parve di udire la
voce di
Liara che parlava delle dimensioni della sua nuova casa, e Traynor dei
suoi
studi all'università.
Trovò un posto libero accanto a Cortez. Di fronte a
sé, sentì gli occhi di James posarlesi addosso.
«
Tsk, gli umani è così che festeggiano?
» la voce
roboante di Grunt le procurò una fitta alla testa, che
dissimulò fingendo di
rilassarsi sul cuscino.
«
Questo è tutto da vedere. »
«
Eh, col cavolo! » Jack aveva davvero moderato il
linguaggio, rifletté. Lavorare per l'Alleanza le aveva
cambiato la vita in
meglio.
«
Aspetta e vedrai. Gli umani hanno bisogno di...
carburare un po', prima di scatenarsi. »
Le
parole di James portarono il cervello annebbiato
di Shepard a formulare un pensiero che da lucida non avrebbe esitato a
definire
malsano, se non folle. Lo sguardo di fuoco che rivolse al giovane
tenente non
sfuggì a Jack. « Non tutti... »
In
quel momento Zaeed parve accorgersi della presenza
del Comandante nel gruppo, che salutò con un cenno. La
biotica percepì il suo
stato alterato e non perse l'occasione per stuzzicarla.
«
Ehi, Shepard. Bevi qualcosa? » mormorò maliziosa,
sventolandole davanti al naso un cocktail Vorcha che aveva appreso
durante la
sua vita da pirata.
«
Certo! » accettò la sfida, afferrando il
bicchiere.
Si sentiva di nuovo in forze, sorretta dall'immagine di James seduto
sul divano
e dall'idea che le era balzata in mente. « Allora, vi state
divertendo? »
«
Quando ne avrò bevuti altri dieci! »
«
Alcol e Krogan. Una combinazione esplosiva! » un
ghigno comparve sul volto di Vega quando vide l'espressione preoccupata
di
Cortez.
«
Non ho mai visto un Krogan ubriaco. Intendo,
davvero ubriaco. »
«
Sono brutti uguale e rumorosi il doppio. » Tagliò
corto Jack. Il silenziò calò sulla combriccola,
sei paia di occhi fissi sulla
biotica tatuata. « Scherzavo! Cazzo, come siete seri...
» Si lamentò, mostrando
il dito medio. La vecchia Jack.
«
Eh... forse un po'. » Ammise Kaidan, senza
abbandonare la compostezza che lo caratterizzava. Jane aveva amato
quella
compostezza, un tempo, prima di Horizon. Un incontro che non le era mai
riuscito di perdonare. « Grazie per la festa, Comandante. Mi
serviva un momento
di relax. »
«
Ci meritavamo tutti una pausa. » Confermò Cortez,
appoggiando una mano sulla spalla di Jane. La donna portò la
propria mano su
quella del pilota di navette, annuendo riconoscente.
«
Hai ragione, Steve. »
«
Brindiamo alla generosità del Comandante! »
esclamò
Jack, tracannando l'intero bicchiere in un sol sorso. Le urla
entusiaste di
Traynor provenienti dalla cucina accompagnarono il gesto. Jane decise
che era
giunto il momento.
Si
spostò accanto a Vega, inclinando il capo in un
gesto languido. « James, hai un momento? »
«
Sì. Che c'è? »
«
Senti, come posso convincerti a vedermi come una
donna e non come il tuo Comandante? » gli
sussurrò, prestando attenzione che
nessuno potesse sentirla. Non voleva rischiare che il suo piano andasse
in
frantumi a causa dell'irriverenza di Grunt o della malizia di Jack.
«
Ah, Lola. Non ho problemi a vederti come una donna,
credimi! »
Il
tono scanzonato di James le urtò i nervi, resi
più
sensibili del solito dal quantitativo di alcol che aveva ingurgitato
sino a
quel momento. Non aveva più voglia di scherzare e glielo
fece intendere alla
maniera di Shepard.
«
Ehi, smettila di flirtare. Piuttosto, rispondi alla
domanda. »
Vega
si ritrovò spiazzato. Non riusciva a credere che
fosse una domanda seria, che il Comandante Shepard gli stesse chiedendo
una
cosa simile. « Non so. Servirebbero un mucchio di drink e uno
di quei...
momenti magici. »
"Per
vedermi come una donna dovrebbe bere... fino a ubriacarsi." Jane
socchiuse le palpebre, spostando lo sguardo sino al bicchiere che
teneva in
mano. Sentiva una voce dentro la sua testa, un grido disperato che la
supplicava di andarsene prima di compiere qualcosa di irreparabile. "Dannazione..."
Vega
osservò la donna, scorrendo lungo i suoi fianchi
sino al profilo del collo. Era vestita di una semplice felpa nera che
le
nascondeva le forme e al contempo risaltava il pallore della pelle. Una
serie
di pensieri poco conformi alle regole dell'Alleanza sulla
fraternizzazione gli
passarono per la mente. « Certo, non mi dispiacerebbe.
» Lo sguardo di Shepard
scattò verso di lui. « Dici che devo rompere gli
argini e cedere alle emozioni?
O reprimerle come sempre? »
«
James! Vedo che ti stai ricredendo... »
«
Cosa stai insinuando? »
L'urlo
nella sua testa divenne più forte. « Scusa, ho
da fare! Ci vediamo dopo. »
Per
la prima volta nella sua vita, Jane Shepard batté
in ritirata. Il ricordo di quella conversazione le apparve confuso. Le
sembrava
di averlo vissuto in un altro luogo, se non in un'altra vita; credette
per un
istante di averlo solo immaginato. Si convinse di averlo solo
immaginato. La
memoria del bruciante rifiuto del giorno precedente la tormentava
ancora e non
riusciva ad ammettere di stare compiendo una seconda volta lo stesso
errore.
Si attaccò all'ennesimo bicchiere, prima di sentirsi pronta
a rispondere ai
ripetuti richiami di Glifo.
«
Comandante, i
suoi ospiti sono visibilmente esagitati. Questa atmosfera è
di suo gusto oppure
desidera alterarla? »
«
La festa è appena cominciata. Divertiamoci! »
«
Al suo
servizio, Comandante. »
La
voce elettronica del drone si sparse per
l'appartamento. Ulteriori indicazioni sulla localizzazione di alcolici
e
cibarie innalzarono un urlo di entusiasmo tra gli invitati della sala.
"Non si
può dire che non si divertano."
«
No. » La voce cavernosa di Grunt attirò la sua
attenzione. « No. » Era in piedi, vicino
all'ingresso, impegnato in qualcosa
che sembrava dargli grosse soddisfazioni. « No. »
Gli
si avvicinò, incuriosita.
«
Come andiamo qui? »
«
Non ti vogliamo! » Sul monitor del ricevitore
apparvero delle facce sconosciute, a cui Grunt chiuse la chiamata in
faccia. «
Va benissimo! » Si rivolse a Shepard, il muso da Krogan
tagliato da un
sogghigno soddisfatto.
«
Lo vedo. Arriva gente interessante? »
«
No, non direi! » Rispose al citofono. Sullo schermo
apparve un'insolita coppia composta da un umano implorante e un vorcha
scalmanato. « Via di qua! » sbottò,
spegnendo il videoterminale con una risata
cinica. Lo stesso trattamento riservò al batarian che
tentò di intrufolarsi
alla festa.
Jane
si divertì a sfidare l'amico.
«
Forse dovrei essere io a deciderlo. »
Grunt
si girò, emettendo un verso di stupore. Non
avrebbe mai immaginato una frase simile dall'eroina più
famigerata della
galassia. « Okay, ma ti avverto, là fuori
è tremendo! »
«
Il solito esagerato... »
Un
gruppo di ragazzi asari e umane riempì il monitor.
«
Sì? »
Vide
le loro espressioni cambiare in un tripudio di
gridolini entusiasti. « Comandante Shepard! oddio, ODDIO, SEI
PROPRIO TU! »
Jane
le fissò per una decina di secondi. Poi si
rivolse al krogan.
«
Grunt? Ottimo lavoro. Prosegui. » ordinò,
gustandosi il momento.
«
Certo! » eseguì appagato. « NO!
»
La
donna lasciò Grunt al suo divertimento, non senza
prima ricevere la promessa di una chiazza di vomito krogan sul
pavimento del
bagno inferiore. Gli invitati si erano sparsi per la sala,
raccogliendosi in
gruppi più piccoli. Scorse Samara e Zaeed, appartati di
fronte a un quadro
postmoderno di dubbio gusto, e decise che era giunto il momento di un
altro
drink.
Si diresse verso il bancone del bar, dove trovò
Joker, Garrus, Cortez e un altezzoso Javik impegnati a stilare una
classifica
dei pianeti più pericolosi della galassia nel ciclo attuale
e in quello
precedente.
Versò un liquido alcolico bluastro in un bicchiere,
di cui lesse il nome dopo il primo sorso. "Sangue
di drell...". Le venne in mente Thane, la sua
gentilezza, i momenti in cui le era stato accanto nella missione
suicida. Il
modo in cui le parlava di sua moglie, di come era diventato vedovo e di
come
avrebbe fatto di tutto per impedire al figlio Kolyat di percorrere il
suo
stesso abisso. Ricordò lo strano soprannome che le aveva
donato, di cui non
aveva mai saputo il significato. "Siha...".
E ricordò il suo sangue sul pavimento, che scorreva copioso
sul pavimento del
Presidium.
«
Ehi, si parla di lavoro? » si intrufolò a forza
nella conversazione, nel tentativo di distogliere la mente da quei
ricordi.
«
Sai, noi ci divertiamo così. » annuì
Cortez. Tornò
a rivolgersi a Jeff, agitando il bicchiere mezzo pieno. Alcune gocce
del
liquore fuoriuscirono dai bordi, spargendosi sulla superficie di vetro
del
bancone. « Vuoi dire che non tieni un'arma sotto il sedile?
»
«
L'armadietto delle armi è in plancia, è come se
ce
l'avessi! »
Garrus
scosse la testa con compatimento. « Mai contare
sulle armi che non hai sotto mano. Da quant'è che non spari
con un'arma vera? »
«
Da prima che avessi un robot imbattibile come
copilota! » Jeff spinse il petto in fuori, in un impeto di
orgoglio nei
confronti della sua fidanzata.
«
Così non va! » la voce bitonale del turian
smorzò
l'entusiasmo di Moreau. « E se un giorno fossi costretto a
salvare IDA? »
«
Inaccettabile. L'addestramento è vitale. Anche i
piloti sono soldati. » Jean poté percepire lo
sdegno provato da Javik nei
confronti di quel primitivo debole e infermo.
«
Giusto, basterebbe un po' di pratica. Vero,
Comandante? »
La
domanda di Cortez la colse di sorpresa e prima che
potesse rispondere Jeff si era messo sulla difensiva.
«
Io non vado da nessuna parte. Ho già abbastanza
testosterone. Devo ricordarvi che piloto una nave da guerra? »
"E non una
nave qualsiasi. La Normandy." Jane pensò che fosse
il caso di mettere
in difficoltà il suo amico, per vendicarsi di tutte le volte
che era stato lui
a cacciarla nei guai.
«
Mi stupisci Joker. E l'attacco dei Collettori? Stare
in plancia può essere molto pericoloso. »
«
Beh, loro sono l'esempio perfetto. Se avessi
sparato un colpo sarei finito malissimo. La vera arma è il
cervello, tutto il
resto non conta. »
«
Però al ristorante di sushi un aiuto non avrebbe
fatto male... »
«
C'è un simulatore di combattimento sulla
Cittadella. » propose Cortez.
«
Neanche per sogno! Al massimo un poligono di tiro,
se ci tieni. Al massimo. Ma non da
ubriaco! O con i postumi. »
«
I razziatori non si pongono questi problemi. »
sbottò
Javik, disgustato. « Addestrati seriamente. »
«
D'accordo Cortez. Sempre se sarai nelle condizioni
di trascinarmi fin lì. Ma stasera dovrai sfidarmi...
» Joker si sporse verso il
pilota di navette, gli occhi ridotti a due fessure. «
All'ultimo drink. »
Una
sfida tra uomini. Jane si sentì di troppo e
afferrò il bicchiere mezzo vuoto, decisa a raggiungere gli
altri compagni al
piano superiore.
«
Comandante? »
Shepard
si girò verso Cortez con una brusca frenata.
Il suo sorriso non le piacque nemmeno un po'.
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Capitolo 9 *** Luego culpo al alcohol ***
LUEGO
CULPO AL ALCOHOL
«
Dimmi Steve. »
«
Ehi, prima ho parlato con James. Era... combattuto.
Mi ha fatto tenerezza, poverino. »
Shepard
sentì uno strillo nel suo cervello, che
innescò la contrazione dei muscoli delle guance in un
sorriso sghembo.
«
Davvero? »
«
Ha detto che tra voi c'è una scintilla di qualche
tipo. » Lo strillo nella sua testa divenne qualcosa di simile
alla sirena di
una navetta dell'SSC. « Spero che abbia ragione
perché ve lo... ve lo meritate.
Intendo, nel senso buono. » La sirena si trasformò
in un assordante segnale di
attacco aereo.
«
Grazie. Staremo un po' a vedere. »
Fuggì
da quella zona dell'appartamento e salì le
scale. Nella terrazza superiore trovò James circondato dai
biotici della
compagnia. Tentò di raggiungere Tali, la cui voce proveniva
dal retro della
parete. Reagì con eccessiva lentezza: Miranda le aveva fatto
un cenno con la
mano perché li raggiungesse. Reprimendo l'impulso di
annegare nel bicchiere, un
gesto non adatto al coraggioso Comandante Shepard, incubo dei
Razziatori, si
unì alla compagnia.
«
Qui che si dice di bello? State facendo i bravi? »
«
Certo, Shepard. » Liara stava celando entrambi gli
occhi con una mano. « James ci stava spiegando
perché la prestanza fisica è
superiore ai poteri biotici. »
«
Ah sì? È un campo minato, James. » lo
avvertì,
alzando un sopracciglio. Lei stessa era un incursore biotico.
L'ispanico si
trovava in netta inferiorità.
«
Dai, Lola, lo sai che ho ragione io! » Jane
percepì
lo stomaco annodarsi quando si sentì chiamare in quel modo.
"Cazzo, mi
sa che ho bevuto troppo."
«
I poteri bionici sono forti, ma imprevedibili. E il
tempo di ricarica? »
«
Shepard, dove hai trovato questo tizio? » Jacob lo
schernì. Jane stessa si sentì punta sul vivo,
avendo fatto dei poteri biotici
la sua arma migliore.
«
I miei non sono imprevedibili. I razziatori possono
confermartelo! » replicò, ottenendo cenni di
compiacimento da parte dei suoi
sottoposti.
«
Una persona può allenare il fisico, ma i poteri...
sono quelli che sono. » la indicò con un dito.
« E quei poveracci che si
ritrovano con impianti difettosi? »
L'ultima
frecciatina colse nel segno.
«
Ehi, cosa...? Non stai parlando di me, vero? »
Kaidan ringhiò in direzione di Vega. « Sono un L2,
ma ho lavorato molto per
imparare a saccheggiare. »
«
Davvero? » Jacob parve stupefatto. Era più giovane
di Kaidan, ed era dotato dei moderni impianti, un L4, se non un L5.
Jane pensò
che probabilmente non aveva mai incontrato un biotico L2. Non sano di
mente,
almeno. « Ehm... è... »
«
Piuttosto insolito. » concluse Liara.
«
Okay, okay. » James mimò le virgolette con le
dita.
« Forse non è questione di allenamento. Forse
è il fatto di essere James Vega.
» sottolineò il suo nome
tirando i muscoli delle braccia e del petto e guardando Shepard negli
occhi.
L'allarme antiaereo nella testa di Jane riprese vigore. «
Guarda, James Vega
non deve mai ricaricarsi. Anzi, può andare avanti per ore!
»
Kaidan
parve imbarazzato. « Ehi, stiamo ancora
parlando di combattimenti... vero? »
Jane
fissò il tenente Vega. Il frastuono di un
razziatore prese il posto dell'allarme antiaereo.
«
Che simpatico. » bofonchiò Jacob, che rimase di
stucco quando alle spalle di James apparve Kasumi.
«
Taci, e fai un po' di addominali. »
"Nessuno
sente il razziatore? No? Sicuri?"
«
Kasumi! »
«
Ero di passaggio! » la ladra rise, tornando
nell'ombra.
«
Per la Dea... »
Shepard
squadrò il fisico di Vega. L'alcol le
facilitò la scelta della parte da cui parte schierarsi.
«
In questo caso sono d'accordo con James. »
«
Aaaah, grazie Shepard. »
"Vi giuro
che io sento un razziatore! Come fate a non sentirlo anche voi?"
«
Perfino i poteri biotici sfigurano di fronte a
questo esempio di eccellenza fisica. »
«
Giusto! » ribadì con soddisfazione, scrocchiandosi
i muscoli del collo. Jane sentì gli sguardi attoniti dei
compagni biotici su di
sé.
«
La prima scelta discutibile che tu abbia mai fatto,
Shepard. » disse Jacob a nome di tutti.
«
Visto che roba? So anche arrotolare la lingua! »
Liara
tirò un lungo sospiro disperato. « Shepard,
rispetto le tue decisioni, sempre. James, tu PIANTALA con quella
lingua. »
"James.
Lingua. Qualcuno faccia tacere quel razziatore."
Approfittò
della distrazione generata dalla lingua di
James per defilarsi dalla discussione e rispondere ai richiami di Glifo.
«
Comandante, i
suoi ospiti sembrano a proprio agio. Posso fare altro?
»
«
Alziamo la musica e diamo inizio alle danze! » "Così
forse riuscirò a coprire questo
fastidioso razziatore."
«
Molto bene,
Comandante. Ho ben poche occasioni
di
impiegare i miei sistemi motori avanzati. »
Il
richiamo della musica e dell'alcol risultò
irresistibile. Tutti i suoi compagni, ad eccezione dei paranoici Zaeed
e Javik,
si buttarono in pista.
«
Ehi, Shepard! »
Ballando
sensualmente sul tavolo principale, Jack
piegò ripetutamente l'indice per esortarla a raggiungerli.
In mezzo alla sala,
nell'unica zona sgombra da impedimenti, un nutrito gruppo di alieni e
umani
stava manifestando l'effetto dei fumi dell'alcol, scatenandosi in un
ballo
forsennato.
«
Dovresti scatenarti così molto più spesso
Traynor.
» urlò Cortez nel tentativo di superare il volume
della musica.
«
Io e te ballare assieme? Troppo rischioso!
Scoppierebbe un INCENDIO! »
Jane
si posizionò al centro del gruppo. Era cosciente
di ballare in maniera imbarazzate. Per quanto avesse il senso del ritmo
e la
capacità di seguire la musica, non aveva mai imparato a
muoversi in modo tale
da non sembrare un volus durante una rissa con un krogan.
«
Evvai! » la incoraggiò Jack con un movimento del
busto.
"Va bene. Tanto,
peggio di così..."
Mosse
prima un braccio, inquadrando il tempo. Seguì
un movimento oscillatorio della testa e infine il resto del corpo, in
un
maldestro tentativo di coordinazione. La risata la investì
da ogni lato, e se
non fosse stato per il tasso alcolico oltre ogni limite di decenza, li
avrebbe
abbandonati, mandandoli al diavolo.
«
Capitano in plancia! » esclamò Cortez.
«
Ha sempre ballato così? » per osservarla meglio,
Traynor aveva persino ridimensionato la frenesia della danza.
«
Shepard sta salvano la galassia! » provò a
giustificare la quarian, « Possiamo perdonarle qualche...
difetto! »
«
È... molto entusiasta. »
"Ubriaca,
Traynor. Ubriaca. Per vostra fortuna! Almeno così razziatore
sta zitto."
«
Dovremmo registrare e mandare il video ai
razziatori. Scapperanno, si fonderanno... o avranno pietà di
noi. » propose
Garrus sfoderando la sua rinomata ironia.
"Ecco
perché il razziatore sta zitto!"
«
Vedo che certe cose non cambiano mai. » la
punzecchiò Jack. Jane si rese conto di essere caduta nella
sua trappola come
una novellina della caserma.
«
Mi piace Comandante! È bello vederti così una
volta
tanto. »
"Grazie
Cortez, ti picchierò per ultimo se ricorderò
cos'è successo stanotte."
Si
rese conto di dover dire qualcosa. Una frase ad
effetto, che stupisse e rimanesse impressa. Qualcosa magari di
entusiasmante,
adatta alla serata, al momento. Qualcosa di spiritoso e ineguagliabile.
«
Grazie a tutti per la vostra lealtà e il vostro
sostegno. »
"Cosa
cazzo ho appena detto?!"
Smise
di danzare di colpo e finse di dover cercare
Grunt.
"Ho
bisogno di un altro drink. DEVO dimenticare."
Tracannò
in un sol sorso un bicchierino di liquore asari.
Si accorse che Grunt era effettivamente scomparso. Cercò in
ogni stanza, perquisendo
l'intero piano inferiore prima di passare al superiore. Lo
ritrovò accasciato
sotto il getto gelido della doccia.
«
Grunt? Stai bene? »
«
Sì... ho cinque crediti... » bofonchiò
tra i
grugniti.
«
Benissimo. Torna a dormire. » lo incoraggiò,
spalancando la porta del box perché gli arrivasse
più aria. Si allontanò da un
bagno che puzzava come una fabbrica di alcolici.
Oltrepassò
il tavolino del salotto superiore, su cui
giacevano abbandonati gli stuzzichini che aveva ordinato dal miglior
ristorante
del Silversun Strip. Non era rimasto neppure un pezzo di formaggio:
Tali
l'aveva davvero adorato.
Stava per tornare al piano inferiore e accasciarsi
sui divani, quando con la coda dell'occhio vide degli strani movimenti
sulla
terrazza.
«
Centosessanta... ah! »
Il
tenente Vega stava effettuando una serie
interminabile di piegamenti sulle braccia, affiancato da Kaidan e Jacob
in
quella che le apparve subito come una sfida al testosterone.
Nella
sua testa partì un coro angelico di razziatori.
«
State contando? Miranda? » Taylor si rivolse alla
sua ex amante e compagna di Cerberus.
«
Sicuro! Sei davvero fenomenale. Io quante ne ho
fatte? » scherzò di rimando la donna, visibilmente
ammirata.
«
Su, forza! » li incoraggiò Liara. Si accorse che
il
Comandante li aveva raggiunti. « Shepard? »
«
Che succede? » "Oltre alle prove
generali per lo spettacolo di fine anno dei
razziatori, ovviamente."
«
È una lezioncina sulla superiorità fisica.
» rispose
Vega.
«
Ci riusciresti tenendo un drink in ogni mano? »
«
Certo! » affermò James, guardandola mentre
effettuava l'ennesimo piegamento. « Ah. Wow! »
gemette. I razziatori intonarono
un Kyrie.
«
Ah! Perché Kaidan ne fa di più? » Liara
finse di
essere stupefatta.
«
Non c'è da stupirsi! » gongolò il
biotico.
«
Jacob ti sta massacrando. Come mai? » rincarò la
dose Miranda.
«
Che domande! Sono nato per questo. »
«
Oggi sei fuori forma, James. » Shepard ne
approfittò canzonare quell'ammasso di muscoli che la faceva
impazzire. Una
piccola vendetta che poteva comprendere solo lei. Il compiacimento dei
biotici
durò poco: senza emettere alcun rumore apparve, seduta sulla
schiena di Vega,
la piccola ladra capace di rendersi invisibile.
«
Beh, nessuno è perfetto. A te come va la vita? »
domandò a James, che tentò un ultimo piegamento
prima di crollare sotto il suo
peso, trascinandosela addosso tra le risate delle altre donne. Jane
resistette
a stento all'impulso di allontanare la ragazza da Vega e prendere il
suo posto.
«
Okay, c'è un modo più divertente di bruciare
calorie. » esclamò l'ispanico mentre si rimetteva
in piedi.
Shepard
pensò a un ben preciso modo. I razziatori
passarono a un coro gospel.
«
Dai, balliamo! » azzeccò Liara, trascinandoli in
pista.
"Ballare.
Certo."
Jane
rise del modo assurdo in cui danzavano Kaidan e
Liara. Ammirò l'eleganza di Miranda e la compostezza di
Jacob. Nella sua mente
sentì un concerto rock di macchine letali quando vide James
ballare. Era
ubriaca. Erano entrambi ubriachi. Quella poteva essere una delle loro
ultime
sere assieme.
«
Guarda che ROBA! » sentì James esaltarsi,
canticchiando il ritmo della canzone.
"Lo fa
apposta, LO FA APPOSTA."
Si
appoggiò al muro con una spalla e batté la mano
sulla schiena di James, che interruppe il combattimento di boxe a ritmo
di
musica. L'espressione che le rivolse la inquietò ma decise
di non tornare sui
suoi passi. Non più. « James, quei drink vanno
giù bene? Insomma, devi... bere
ancora molto? »
«
Lola? Sì... credo che stasera ci sarà uno di quei
famosi momenti magici. »
L'Araldo
dei razziatori intonò il suo assolo.
«
Bene, allora a dopo, James. »
La
salutò con un cenno.
"Va bene. Ultimo
drink. Ne ho bisogno."
Si
recò al piano di sotto cercando di mantenere
l'equilibro e non ruzzolare sul pavimento. Non capiva se fosse l'alcol
o la
promessa strappata a Vega a causarle il senso di instabilità.
"Cazzo,
devo sedermi..."
Il
divano le apparve come un'oasi all'orizzonte e le
stuzzicò una nuova idea.
«
Ehi, ascoltate! » urlò in direzione dei vari
gruppi
per richiamare la loro attenzione, « Venite qui un momento!
Facciamoci una foto
ricordo. Mettetevi sul divano. »
«
Eccellente suggerimento Shepard. » le sorrise IDA,
permettendo a Joker di prendere fiato. Il pilota odiava ballare, e solo
per la
sua fidanzata aveva corso il rischio di spezzarsi qualche osso
dimenandosi a
ritmo di musica.
«
Ottima idea! Poi mandami una copia. » esclamò
Liara, mentre alle sue spalle accorrevano James e Cortez.
«
In posa con i primitivi. Impagabile... »
«
Grazie per essere qui, amici. A noi! » Shepard
tentò di darsi un minimo di contegno, benché gli
occhi lucidi e i capelli
scarmigliati rendessero l'effetto finale alquanto deludente.
« Pronto Glifo? »
«
Certo. Prego
di rivolgere lo sguardo da questa parte. »
«
Okay, diciamo tutti: Normandy. »
Il
suggerimento venne colto da ogni fronte e la
gigantografia della squadra di Shepard prese posto sullo schermo del
salone. Percepì
una stretta di commozione al petto. La galassia la temeva, eppure era
riuscita
a raccogliere attorno a sé individui che andavano oltre il
suo cinismo e la sua
spietatezza in combattimento. Con quegli stessi individui era impegnata
in una
guerra che sembrava senza speranza, e si accorse che aveva la fottuta
paura di
perderli. Liara riuscì a percepire le sue emozioni
contrastanti e la abbracciò.
Un invadente gesto di affetto a cui per la prima volta non
reagì in malo modo.
«
Shepard, va tutto bene? »
«
Sì Liara, grazie. »
«
Ti va di tornare a ballare con noi? »
Jane
guardò i suoi compagni. Avevano formato un unico
gruppo, al centro dell'appartamento, in cui erano riusciti a trascinare
anche
Jeff. Si sentì pervadere da un senso di malinconia.
«
Preferisco andare a riposarmi. Temo di aver bevuto
troppo. »
«
Va bene Shepard, dicci qualcosa se hai bisogno di
noi. » l'asari strinse la mano del Comandante e le
donò uno dei suoi calorosi
sorrisi, prima di raggiungere il resto dell'equipaggio.
"Cazzo, o
non reggo più l'alcol o sto invecchiando..."
Salì
le scale con calma, sicura che Liara non avrebbe
consentito che la disturbassero. Aveva perso ogni voglia di compagnia,
di
divertimento. Si sentiva sopraffatta da un senso di sconfitta
imminente, la
sensazione che avrebbe perso tutto ciò che di più
caro aveva raccolto attorno a
sé nel tempo. Aveva solo voglia di stare da sola.
Entrò in bagno, in preda a un vago senso di nausea;
lo scroscio del rubinetto aperto pervase l'ambiente.
"Merda..."
Infilò
la testa sotto il getto d'acqua lasciando che
la temperatura gelata le rischiarasse la mente. Sentì alcuni
rivoli scivolarle
lungo la schiena, infradiciandole la felpa. Sollevò il capo
solo per l'urgente
bisogno di ossigeno che placò con un profondo respiro.
L'aria calda le invase i
polmoni, in contrasto con il freddo dei capelli appiccicati alla pelle.
"Devo
sdraiarmi..."
Con
la capigliatura ancora gocciolante uscì dal bagno
e si diresse verso il letto, decisa a buttarcisi sopra e sprofondare
nell'oblio
del dopo sbronza.
«
Ti sembra il modo di sparire? »
"Mai
fidarsi di Liara." « Vega? »
L'ispanico
scoppiò a ridere, appoggiato allo stipite
della porta. Tra le braccia teneva una scatola di cartone di cui
Shepard non
riuscì a identificare il contenuti.
«
Dai Lola, non dirmi che ti sei già dimenticata! »
"Come se
fosse possibile scordarsi del concerto dei razziatori."
« No James,
non me lo sono dimenticata. » la voce le tremò
leggermente. Strinse i denti:
odiava mostrarsi debole e non riteneva l'alcol un buon motivo per
apparirla.
«
Bene, perché nel caso ho qui qualche bottiglia di
birra con cui rinfrescarti la memoria. » entrò
nella stanza innescando la
chiusura porte e appoggiando il contenitore per terra.
«
Non abbiamo già bevuto abbastanza? »
sbarrò gli
occhi.
«
Naaa. Dai Lola, solo una. »
Jane
roteò gli occhi, sorridendo. In fondo, non
avrebbe potuto farle male, e la bottiglia si sarebbe andata ad
aggiungere alle
innumerevoli che già giacevano sul pavimento della camera.
«
D'accordo James, passamene una. »
L'ispanico
tolse il tappo da una bottiglia e gliela
allungò. Shepard guardò l'etichetta della birra:
era una birra terrestre, fabbricata
in Messico. « Dove hai trovato questa rarità?
»
«
Ho le mie fonti. Allora, brindiamo? » rispose,
avvicinando il braccio.
«
A noi. »
«
E al nostro momento magico. »
Il
tintinnio dei colli di vetro che si toccavano
coprì l'ultimo singulto canoro dell'Araldo. Jane si
portò la bottiglia alle
labbra, ingollando un lungo sorso della bevanda ambrata. Era amara
rispetto ai
cocktail che aveva bevuto sino a quel momento, ma non le dispiacque.
Con la
coda dell'occhio vide che il tenente aveva smesso di bere e la stava
osservando.
«
Che c'è? » gli domandò, abbassando la
birra.
Vega
afferrò la sua bottiglia e la posò per terra
assieme alla propria, di fronte al letto. Shepard seguì in
silenzio il
movimento del suo corpo, da quando si piegò, al momento in
cui le fu tanto
vicino da sentirne il calore. Trasalì quando le mani
dell'uomo si appoggiarono
sui suoi fianchi.
«
Tutto bene Lola? »
Jane
mandò al diavolo la guerra e i razziatori con un
sorriso. « Benissimo. »
Arrotolò
le piastrine militari attorno alle dita e lo
strascinò a sé. Le labbra si unirono in un bacio
che sapeva di alcol e
disperazione, le lingue intrecciate in una danza infuocata. Un brivido
di
piacere le risalì lungo la spina dorsale fino alla nuca.
Vega la sollevò,
reggendola per i glutei. Shepard ne approfittò per stringere
le gambe attorno
al suo bacino. Il contatto tra i loro corpi le fece perdere il contatto
con la
realtà, affogandola in un ebbrezza di piacere quando sotto
di sé percepì la
morbidezza delle lenzuola.
Non ricordò il momento in cui si erano rivestiti,
né
come fecero a crollare addormentati l'una nelle braccia dell'altro. Fu
svegliata dai suoi sospiri, e dalle soffuse risate soddisfatte.
«
Wow... è stato... »
«
Bello? Folle? Selvaggio? » domandò
Jane. Stava godendo di ogni singolo
istante
che trascorreva a contatto con quell'uomo.
«
Decisamente... direi di sì... » rispose.
Shepard
percepì un senso di inquietudine. Vega aveva
girato lo sguardo verso un punto imprecisato del soffitto.
«
Tutto bene James? »
Il
giovane scostò il braccio del Comandante e si mise
a sedere, spostando il peso sul braccio che aveva usato per stringere
la donna.
« Sì... » con la mano libera le
accarezzò un braccio. Jane ebbe paura. Quel
tono non le piaceva.
«
Forse è meglio non dirlo a nessuno, Lola... »
Fu
come se un krogan le avesse assestato un pugno
nello stomaco. Una sensazione di nausea la investì,
annebbiandole la vista.
Vide James volgerle la schiena e appoggiare i piedi per terra, pronto
ad
alzarsi. Fece appello a tutto il suo autocontrollo per evitare di
correre in
bagno e vomitare.
«
Ah sì? Senti, scendi dal letto e fila in cucina a
prepararmi delle uova o lo saprà tutta la galassia.
» gli appoggiò una mano
sulla schiena, simulando la serenità che aveva percepito
sino a qualche istante
prima.
«
Okay. » annuì Vega, sorridendole. Lo sguardo di
Shepard lo seguì sino a quando non uscì dalla
stanza e fu sicura che non
potesse più vederla.
Si
alzò di scatto. La testa le roteò come nella
centrifuga del Centro d'Addestramento e dovette appoggiarsi al muro per
evitare
di capitolare a terra.
"Merda...
devo vomitare."
Si
trascinò sino alla porta del bagno. L'immagine del
protean collassato a causa dei postumi della sbronza le si
parò davanti.
«
Eh... ora possiamo... dominare la galassia.
Inchinatevi a Javik! »
"Ma cosa
cazzo? Quando è entrato?"
«
... io... ho avuto un incubo... erano trascorsi
cinquantamila anni. Era tutto orribile... ero solo... i primitivi si
erano
evoluti... governavano la galassia! Salarian... turian... e persino le
asari. »
Il
sangue le ribollì nel cervello. Quel protean era
sulla sua strada.
«
LEVATI DI MEZZO! » ruggì. Lo afferrò
per l'armatura
e trascinò fuori dal bagno, spingendolo lontano da
sé con un calcio.
Si
accorse che l'ira le aveva restituito la lucidità
che agognava. La nausea aveva fatto spazio a una sensazione di calore
familiare, la stessa che provava sul campo di battaglia.
L'appartamento le sembrò all'improvviso troppo
stretto. Scese le scale di corsa, ignorando i richiami dei suoi
compagni.
«
Chi vuole uova? » udì Vega richiamare al rancio,
«
Liara, uova? Traynor? Esteban! Uova? Joker! Dov'è finito?
Kaidan, vuoi quelle
uova con quel caffè? Tali? Lei ne vorrà di
sicuro. »
Jane
passò di fianco alla cucina a passo sostenuto.
Mantenne lo sguardo fisso sull'uscita, fingendo di non udire il tenente
che la
invitava ad assaggiare la sua specialità. Sentiva che se si
fosse avvicinata a
quell'uomo la sua collera sarebbe esplosa, mandando a puttane quel poco
di
rapporto che era riuscita a conservare. Per lui era sempre stata solo
il
Comandante. Sì sentì stupida. Si era illusa di
poter vivere come una persona
normale, di poter essere trattata come se non fosse l'eroina di guerra
che
tutti conoscevano ma una semplice donna. Persino Garrus non l'aveva mai
chiamata per nome.
Lei non era Lara Lindgren, o Jane Shepard. Lei era il
luogotenente Comandante Shepard dell'Alleanza terrestre, macellaio di
Torfan, primo
Spettro umano, eroe della Battaglia della Cittadella, conquistatore dei
collettori,
distruttore di Bahak, avatar della vittoria. Non sarebbe mai stata
nient'altro.
La porta delle Tiberius Towers si aprì e Shepard si
ritrovò nel caos della Silversun Strip. La testa le prese a
martellare sotto i
violenti attacchi dei postumi della sbornia.
"Non
adesso."
Calcandosi
il cappuccio sulla testa si diresse verso
l'Armax Arena.
Le sue urla si confusero con il frastuono degli spari.
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Capitolo 10 *** Propuesta Indecente ***
PROPUESTA
INDECENTE
«
Spero sia uno scherzo, e la avverto che non ho
NESSUNA voglia di scherzare. »
«
Comandante Shepard, si calmi. Deve solo aspettare
un'altra mezza giornata. »
Jane
fulminò con gli occhi l'inserviente del molo
D24. Tra lei e la nave si frapponeva solo quell'uomo minuto, dai
capelli
bianchi e radi, concentrati ai lati della testa. Le sarebbe bastato un
semplice
spintone per farlo capitolare a terra, eppure un individuo che non era
mai
stato sul campo di battaglia bastava per impedirle di riappropriarsi
della
Normandy.
«
Senta, proverò a riassumere la situazione. IO sono
il comandante Shepard. QUELLA è la mia nave. LÀ
FUORI ci sono i razziatori. IO
ho bisogno di QUELLA nave per andare LÀ FUORI a prendere a
calci nel culo i
razziatori. È abbastanza chiaro il motivo per cui dovete
ridarmi il controllo
della mia fottuta nave? » si imbestialì, indicando
in sequenza se stessa, la
zona in cui era ancorata la Normandy e lo spazio interstellare.
«
Lo comprendo, Comandante, ma gli ordini sono
chiari. La nave ha subito un ritardo nelle riparazioni a causa dei
danni
all'hangar navette e le sarà restituita domani, dopo il
collaudo di sicurezza.
» ripeté l'inserviente, incurante del fatto che la
donna avesse appoggiato ambo
le mani sul bancone, inarcandosi in avanti in una posizione
intimidatoria.
Cortez
osservò in silenzio la sfida di sguardi tra il
suo Comandante e l'uomo stempiato. Era sicuro che, se non avesse saputo
di
rischiare la radiazione dall'esercito con corte marziale e processo per
omicidio, Shepard l'avrebbe afferrato per la gola e scaraventato oltre
il
parapetto del molo.
Jane
emise un verso simile a un ringhio quando
finalmente ammise a se stessa che stava combattendo una battaglia persa
in
partenza. Colpì con un pugno la superficie del bancone. I
fogli che vi erano
impilati si sparsero attorno all'inserviente, che con un sospiro si
accinse a
raccoglierli.
«
Al diavolo! » latrò la donna, allontanandosi dal
settore burocratico.
«
Comandante? »
La
testa di Shepard scattò nella direzione dell'uomo
che aveva osato importunarla. Il volto di Cortez riuscì a
calmarla quel tanto
che bastava perché riuscisse ad articolare qualcosa di
diverso dagli insulti.
«
Steve. Da quanto tempo è che ti trovi qua? »
«
Abbastanza da essermi preparato a staccare il collo
di quel poveraccio dalla tua presa. » rise l'uomo, battendole
una mano sulla
spalla. Non temeva quella donna la cui fama di militare cinico e
spietato aveva
raggiunto ogni angolo della galassia. Lei gli era stata vicina nei
momenti in
cui desiderava solo potersi riunire a Robert, l'aveva aiutato a
superare il
senso di colpa del sopravvissuto. Cortez sapeva che, oltre alla
maschera di
durezza che si era costruita per sopravvivere, esisteva una Shepard
umana, più
umana di molti individui che si professavano tali, e che aveva bisogno
di
aiuto. Era la sua occasione per ricambiare il favore.
«
Ho fatto progressi, Steve, hai visto? Non l'ho
nemmeno minacciato di morte. »
«
Non a parole, almeno. »
Tenendo
le braccia conserte, Jane piegò la testa di
lato, il volto segnato da uno sghembo sorriso amaro. « Allora
Cortez, sei
venuto qui solo per sbeffeggiare il tuo Comandante? »
«
Veramente no. » la rassicurò. « Joker mi
ha
riferito dei problemi con la Normandy e che ti avrei trovato ai moli,
anche se
non mi ha specificato che avrei rischiato di trovarmi di fronte a una
strage di
burocrati. »
«
Steve... » Jane batté più volte il
piede a terra.
«
Così ho pensato che, nel caso non fossi riuscita a
farti restituire la Normandy a breve, avrei potuto portarti in un
locale che ho
scoperto durante questa licenza. Non è distante, si trova
negli agglomerati
inferiori, anche se non è proprio al livello della Silversun
Strip. »
«
Mi stai proponendo di andare a bere qualcosa? Dopo
la sbronza della scorsa notte? Non so se gli impianti di Cerberus
potrebbero
reggere un'altra serata simile. » scherzò la donna.
«
No, niente di così... estremo. Potremmo anche solo
fare quattro chiacchiere. »
Il
Comandante guardò assorta l'area in cui era
parcheggiata la Normandy. « Non lo so, Steve... forse dovrei
tornare a studiare
i rapporti, migliorare il piano di avvicinamento alla base di
Cerberus... »
«
Senza IDA e Joker? Lo sai che rinunceranno mai al
film comico che hanno prenotato per stasera, vero? E poi un po' di
distrazione
farà bene anche a te... e all'inserviente che
dovrà parlarti domani. »
Jane
lanciò un'occhiata torva, causando al pilota un
accesso di riso.
"Dannazione
Cortez, come si fa a dirti di no?" « Va bene Steve,
andiamo in questo
famoso locale. »
«
Grazie Shepard. La mia macchina è di là.
» con un
pollice indicò alle proprie spalle l'automobile parcheggiata
nel piazzale
antistante i moli. « Dovremo prima fare un salto nel tuo
appartamento temo. La
divisa militare non è l'abbigliamento più
adeguato per dove stiamo andando. »
Jane
sapeva che avrebbe dovuto abbandonare l'impegno
quando Cortez le impose di cambiarsi d'abito. Si diede dell'idiota per
non aver
subodorato qualcosa quando le consigliò il vestito da sera
che era stata
costretta a indossare durante la sera di gala al casinò.
Consiglio che rifiutò
con fermezza, ripiegando per un paio di pantaloni aderenti e una giacca
di
pelle nera su una canottiera bianca. Si giustificò pensando
che fosse troppo
tardi per scappare quando attraverso i finestrino dell'automobile
comprese di
trovarsi in un quartiere a prevalenza umana.
"Ho una
brutta sensazione..." « Cortez, manca ancora molto?
»
«
Siamo quasi arrivati, tempo di parcheggiare e fare
un paio di passi. Purtroppo il locale non ha un posto macchine
dedicato. »
«
Puoi almeno darmi qualche informazione in più sul
posto? » lo supplicò con lo sguardo.
«
È... una sorpresa. » rise di rimando, atterrando
in
uno spiazzo libero. Jane sentì la brutta sensazione
aumentare d'intensità, e la
situazione non migliorò quando le divenne chiaro che la
maggioranza degli umani
in quella zona della Cittadella era di origine latina.
«
C'è un quartiere latino negli agglomerati? »
domandò stupefatta. Fatta eccezione per la presenza di una
decina asari e un
batarian disperso, le sembrò di essere tornata a Vancouver.
Latini. Come lui.
«
Sì, la cosa ha stupito anche me a suo tempo. Ma del
resto, è risaputo che le specie tendono a ghettizzarsi
quando si trovano in un
ambiente alieno, e noi umani non siamo diversi. »
Le
pose una mano sulla schiena, spingendola con
delicatezza in direzione del locale. Il contrasto tra i capelli neri e
la pelle
candida di Shepard spiccava in quel ambiente avvezzo alle carnagioni
scure dei
sudamericani, e non manco più attirare più di
un'occhiata incuriosita.
«
Che cazzo hanno da guardare tutti? » sbottò.
Temeva
che potessero riconoscerla come il Comandante Shepard e iniziasse la
solita
processione di disperati in cerca di rassicurazioni.
«
Beh, Comandante, non sei proprio il classico
esempio di donna latina. È normale una certa
curiosità. Le persone come te qua
non ci passano le serate. »
«
Le persone come me? Intendi gli ufficiali? »
«
No, intendo i bianchi. » lo sguardo scettico di
Jane lo colse di sorpresa, « Non ti facevo così
ingenua, Comandante. Pensavi
davvero che centocinquanta anni di sviluppo tecnologico potessero
davvero
archiviare tutte le intolleranze della nostra specie? L'Alleanza
è un'oasi
serena da questo punto di vista. »
«
Anche i quartieri poveri di Vancouver. » Cortez
attese che continuasse, senza forzarla, « Si viveva di
espedienti, ma non era
il colore della pelle a decretare chi dovesse vivere e chi morire. Era
la
violenza. »
Il
suo tono di voce era gelido. L'uomo le avvolse un
braccio attorno alle spalle e la scosse in un gesto cameratesco di
conforto. «
Adesso ho capito dove hai imparato a minacciare di morte solo con lo
sguardo. »
Shepard
rise di gusto. « Allora, manca molto? »
«
No, siamo arrivati. » rispose, indicando un
edificio di fronte a loro. Il sopracciglio sinistro della donna
scattò verso
l'alto.
«
Stai scherzando? »
«
Mai stato più serio di così. »
Shepard
non poteva credere ai propri occhi. L'insegna
era il trionfo del kitsch: un unico filo luminoso color rosa shocking
si
arzigogolava su se stesso sino a lasciare intravedere il nome "Propuesta Indecente".
«
Cosa vuol dire? »
«
Proposta Indecente. »
Jane
si girò verso Cortez, il sopracciglio sempre più
rialzato. « Chi chiamerebbe mai un locale in questo modo?
»
«
Qualcuno che non ha concorrenza di cui
preoccuparsi. Entriamo. »
Rinunciando
a opporre resistenza, consapevole che
l'uomo non avrebbe mai acconsentito a riportarla alle Tiberius Towers
senza
averle prima fatto trascorrere un po' di tempo in quella bettola, si
lasciò
trascinare all'interno.
Ebbe l'impressione di essere stata catapultata su un'Omega
conquistata dall'Alleanza. Il locale era dominato dalla penombra dove
la luce
soffusa delle lampade rosse non riusciva ad arrivare. Asari e ragazze
umane
vestite di abiti succinti intrattenevano i clienti danzando su
piattaforme
rialzate. Sul lato opposto del locale, il bancone del bar era preso
d'assalto
da uomini e donne. Eppure, Shepard si rese conto che non vi avrebbe mai
trovato
un'Aria T'Loak. A differenza dell'Afterlife, riconobbe l'origine
puramente
terrestre della musica che risuonava nell'ambiente, ma ciò
che la colpì di più
fu l'atmosfera. Non riuscì ad avvertire quella cappa di
disperazione che aveva
sempre percepito ammantare il nightclub su Omega. Quegli umani si
recavano alla
Propuesta Indecente non per dimenticare ma per divertirsi.
«
Andiamo Comandante, c'è un tavolo libero in fondo
alla sala. »
Shepard
seguì Cortez sino al posto che era riuscito
ad assicurarsi. Iniziava a soffrire il caldo. Si sfilò la
giacca, sistemandola
alla bell'e meglio sulla sedia accanto.
«
Una cerveza va bene anche per te? »
«
Sarebbe? »
«
Una birra. »
«
D'accordo, vada per una birra. »
Cortez
tornò dopo qualche minuto, reggendo una
bottiglia in entrambe le mani. Birra batarian, qualità
scadente ma prezzo alla
portata di tutti.
«
Grazie Steve. » osservò l'uomo sederlesi accanto e
assaporare un lungo sorso della bevanda ghiacciata. « Allora,
perché di tutti i
posti hai scelto proprio questo? » chiese, portandosi la
bottiglia alle labbra.
«
Ecco... »
«
COMANDANTE! »
Quella
voce maledettamente familiare rischiò di farla
soffocare con la birra. Si girò con lentezza e si
ritrovò di fronte la faccia
sorridente del tenente Vega. Qualcosa non le quadrava. Si
limitò a fissarlo,
cercando di comprendere cosa stesse succedendo.
«
James! Contavo di trovarti qui! » Cortez spezzò il
silenziò, alzando la bottiglia in un brindisi al suo amico.
«
Esteban. Io invece non avrei mai pensato di
vederti. Non eri tu ad aver detto che non saresti mai tornato in questa
"bettola piena di ubriaconi"? » lo imitò con una
risata.
La
testa Shepard scattò verso il pilota di navette.
In un battito di ciglia le divenne tutto più chiaro.
"L'ha
fatto apposta. Mi ha portata qui sapendo che avremmo incontrato James!".
Capì di essere stata ingannata. Dopo la sera della festa era
riuscita a evitare
ogni rapporto con il tenente Vega che non fosse strettamente
professionale. Nell'arco
di un'ora, Cortez era riuscito a vanificare tutti i suoi sforzi. La sua
seconda
sconfitta della giornata. Si sentì talmente spossata da non
riuscire nemmeno ad
arrabbiarsi.
«
Ho pensato che al Comandante servisse un po' di
distrazione. »
Vega
scoppiò in una risata fragorosa. « Allora, Lola,
cosa te ne pare di questo locale? »
Le
labbra della donna scattarono in un sorriso
forzato.
«
Lo trovo... pittoresco. »
«
E manca ancora il meglio! Aspetta che inizi la vera
musica e vedrai come si scatenerà la gente. Por Dios, mi
sembra di essere
tornato a casa. »
«
Perché non ti immagini come si scatenerà Shepard.
Non è vero, Comandante? »
La
voce di Cortez le parve giungere dall'oltretomba.
Si limitò a un'espressione perplessa mentre in cuor suo
sperava di aver
compreso male.
«
Ottimo! Ora scusate, vado a salutare un paio di
miei compatrioti prima che la situazione diventi caliente. »
Il
pilota saluto il compagno d'arme con un cenno
della mano prima di voltarsi verso Shepard. Gli occhi di Jane erano
ridotti a
due fessure e la fronte corrucciata gettava un'ombra sul suo sguardo.
Cortez
notò che stava tenendo la mascella contratta. Le sorrise nel
suo solito modo
gentile.
«
Sei arrabbiata con me, Comandante? »
«
Incazzata, Steve. Incazzata nera. L'hai fatto
apposta. » sibilò.
«
Non posso negarlo. »
«
La mia non era una domanda. » La mano si strinse
attorno alla bottiglia con uno scricchiolio sordo. «
Perché? »
Dovette
ripetere l'ultima frase. Il volume della
musica, un incrocio tra i ritmi latini e l'elettronica della nuova moda
galattica, aumentò di colpo, frastornandola. Il locale fu
invaso da urla
entusiaste e brindisi, e coppie di ogni sorta si accalcarono nella
pista
centrale per dare sfogo alla propria passione per la danza.
«
Perché puoi darla a bere a tutti, Shepard, ma non a
me. E poi volevo vedere la tua faccia. » la
punzecchiò.
«
La mia faccia? »
«
Andiamo, Comandante. Ti insegno a ballare. »
|
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Capitolo 11 *** Golpes con sabor a cerveza ***
GOLPES
CON SABOR A CERVEZA
Jane
seguì con gli occhi l'uomo, il volto paralizzato
in un'espressione lapidea. Lo vide alzarsi, appoggiando a terra prima
il piede
destro, e fare leva sulle braccia per allontanarsi dal tavolo.
Notò che stava
ridendo, e che accennò con il capo allo spostamento della
mano nella sua
direzione, il palmo rivolto verso l'alto in un gesto d'invito.
Gli scagliò uno sguardo caustico.
«
No. »
« Solo una
canzone. »
«
No. Ballo come un vorcha ubriaco, e lo sai. »
«
È il momento di imparare. » replicò,
tendendo la
mano con più decisione.
Shepard
scrutò attorno a sé sino a identificare il
tenente Vega. Aveva preso parte alle danze accompagnandosi a una
provocante ragazza
dalla riccia capigliatura corvina. Jane stimò che non
dovesse avere più di
vent'anni. Li osservò danzare e ripensò alle
volte in cui aveva sentito parlare
dei latini come di individui nelle cui vene scorresse musica fluida.
Mai
paragone le sembrò più azzeccato. James aveva
abbandonato lo stile combattivo,
con cui si era dimenato a ritmo di musica nel suo appartamento, per dei
movimenti che il Comandante non avrebbe esitato a definire sinuosi.
Sentì una
fitta allo stomaco. L'insieme di ancheggiamenti e movenze del corpo
sottile
come un giungo della giovane ispanica si fondeva in un tutt'uno con la
gestualità dell'uomo, in una danza sensuale e appassionata.
"Merda..."
« Non sarà ballando che vincerò questa
guerra. » disse a Cortez, ancora in
attesa di una sua risposta.
«
Nemmeno tracannando birra cercando di dimenticarla.
»
«
Cortez... »
Il
pilota si posizionò a braccia conserte di fronte
alla donna.
«
L'eroina della Cittadella che si tira indietro di
fronte a una sfida. Chi l'avrebbe mai detto... » la
sbeffeggiò. Seppe di aver
colto nel segno quando la vide aggrottare la fronte.
« Cosa
stai insinuando? »
«
Che il terrore dei razziatori ha paura di fare
brutta figura. »
Jane
contrasse la mascella in un ringhio. Dentro di
sé, Cortez esultò.
« Non. Ho.
Paura. »
«
Dimostralo. » la sfidò, porgendole di nuovo la
mano.
La
agguantò con una presa ferrea. Non avrebbe
permesso al suo pilota di schernirla in quel modo, anche se si trattava
di un
inganno per convincerla a ballare. Gli avrebbe dimostrato che Jane
Shepard era
in grado di vincere qualsiasi sfida.
"Qualsiasi."
« Allora Cortez, che devo fare? »
sbottò. Essere circondata da gente intenta a
dimenarsi la infastidiva.
«
Per prima cosa non devi stare così lontana o non
riuscirò a guidarti. È l'uomo ad avere il comando
in questo caso. »
«
Non ti ci abituare. » provò a scherzare, mentre
Cortez le cingeva il fianco con un braccio e avvicinava i loro corpi.
Percepì
il calore del suo palmo sulla schiena.
«
La tua mano destra deve stare sulla mia spalla, non
sul costato. E ti prego, smettila di stritolarmi la mano o non
riuscirò a
pilotare la navetta per un po'. »
Jane
rise, allentando la presa. Sapeva di apparire goffa
ai suoi occhi e pensò che un video di lei impegnata in un
ballo di coppia
avrebbe mandato in visibilio rotocalchi e programmi comici.
«
Ora? »
«
Ora devi lasciarti guidare. Muoviti nella mia
stessa direzione. Se io parto con il piede sinistro, tu devi partire
col piede
destro, e viceversa. Un, dos, tres, pausa, si torna indietro, cinco,
seis,
siete, pausa, d'accapo. Capito? »
La
donna annuì con decisione. Iniziò a spingerla
dolcemente di lato, contando i tempi della musica per aiutarla a
seguirli con
maggiore facilità. La sentiva rigida al tocco, i muscoli
tesi dallo sforzo.
Notò che teneva gli occhi chiusi e dal labiale comprese che
era impegnata a
propria volta a tenere il ritmo.
«
Piede destro con sinis... scusa Steve! » sollevò
il
proprio stivale da quello dell'uomo. Si morse il labbro mentre tentava
di
recuperare la giusta coordinazione.
«
Non ti preoccupare Comandante, stai imparando. Ora
dovresti ancheggiare un po'. »
«
Dovrei fare COSA? »
Il
lato del suo piede sinistro scontrò la gamba di
Cortez e per un istante sentì mancare il contatto con il
pavimento. L'uomo la
tenne sollevata, impedendole di cadere tra i suoi tentativi di
trattenere le
risa.
«
Ancheggiare, Comandante. Muovere il bacino a ritmo
di musica. Guarda le altre donne in sala, per farti un'idea. »
Shepard
sollevò un sopracciglio, le labbra piegate in
una smorfia sbilenca. « Ti stai divertendo alle mie spalle.
»
«
Solo quel tanto che basta. »
La
donna tirò un lungo sospiro. Aveva accettato la
sfida; era troppo tardi per potersi ritirare. Lasciò che
Cortez contasse gli
otto tempi della canzone, impiegando quei pochi istanti di tregua per
trovare
la concentrazione necessaria. Strinse le palpebre nel momento in cui
percepì il
corpo del pilota spostarsi di lato e trascinarla con delicatezza.
Trattenne il fiato. Mosse le gambe. Aprì gli occhi.
Ondeggiò il bacino.
«
Sì! VAI COSÌ LOLA! »
Di
sottecchi, Shepard rilevò lo sguardo di Vega,
illuminato da un ampio sorriso. Gli occhi correvano lungo il profilo
del suo
corpo, e le sembrò che si fermassero più del
necessario sulle gambe e sui
fianchi.
Percepì
le guance prendere fuoco. "Che cazzo mi
prende? Per una stronzata
simile, poi!"
Si
girò verso Cortez, incrociando un'espressione che
giudicò fin troppo eloquente.
«
Stai andando alla grande, Comandante. Sei uno
schianto. »
"Certo,
come no? Uno schianto biotico." « Steve, se non
sapessi di non
rientrare nei tuoi gusti, inizierei quasi a pensare che ci stai
provando con me.
»
«
Anche se mi piacessero le donne non avresti di che
preoccuparti. »
Shepard
si lasciò sfuggire una risata amara. «
Perché
giustamente sono il tuo Comandante. »
«
No. Perché sono amico di James. »
«
Devo usare le mie autorizzazioni da Spettro per
far... »
Il
suo sarcasmo subì un'improvvisa battuta d'arresto.
Un brusio concitato si levò in direzione della porta
d'ingresso, propagandosi
verso l'interno. Nell'intero locale, le persone cessarono di danzare
come se
fossero un unico corpo, comportamento a cui si adeguarono anche i
membri della
Normandy. Al di sopra della musica, Jane percepì alcuni nomi
sconosciuti,
sussurrati dalle voci vacillanti degli umani che le si erano ritratti
affianco.
Poté vedere la maschera di tensione calata sui loro visi.
«
Cortez, che sta succedendo? » bisbigliò,
guardandosi attorno nel tentativo di fare chiarezza sulla situazione.
«
Non lo so, ma non mi piace. »
La
massa di gente si divise in due e Vega si ritrovò
dal lato opposto rispetto ai due compagni.
Lungo
corridoio che si era generato tra le due ali di
folla, anticipato dal tonfo di passi pesanti, comparve un gruppo di
uomini
dalla chiara origine ispanica. Dalla cappa di timore e disgusto che era
calata
sul locale, Shepard dedusse che dovessero essere conosciuti dalla
popolazione
del posto; forse dei mercenari, o una banda impegnata in traffici
illegali. Il
suo cervello da militare addestrato si mise al lavoro per identificarne
punti
di forza e debolezze.
Era un commando composto da cinque uomini armati di
spranghe d'acciaio e corte mazze di legno rinforzate con placche di
metallo,
probabilmente ricavate da qualche area smaltimento rifiuti.
Sull'avambraccio di
uno di loro, forse il capo, si intravedeva la struttura di un omni-tool
di vecchia
generazione. Dai rigonfiamenti degli abiti non traspariva alcun profilo
tipico
delle pistole, né alle loro spalle erano ancorati esemplari
di fucili d'assalto
o a pompa. Dal modo in cui camminavano e si muovevano tra la folla
senza
controllare possibili assalti laterali, Jane poté dedurre
che non avessero un
addestramento di tipo paramilitare. Avevano a disposizione solo armi
bianche,
sia da taglio che contundenti; si facevano forti della loro fama,
più che della
minaccia che avrebbero potuto concretamente costituire. Una conoscenza
utile
nel caso la situazione fosse degenerata.
Seguì il loro percorso sino al bancone del bar. Mosse
solo gli occhi, il respiro lento e cadenzato che accompagnava l'aumento
di
adrenalina nelle sue vene. Li vide ordinare qualcosa al proprietario
del
locale, e la musica si spense di colpo.
Il portavoce del commando colpì un paio di volte il
bancone con la mazza.
«
Bene vecchio, ora possiamo parlare d'affari. »
«
Ho già pagato una settimana fa. Cosa volete ancora?
» domandò l'uomo a testa alta.
«
Sì, beh, il capo ha deciso di aumentare il prezzo
del servizio. Di cinquemila crediti. »
«
Cinquemila crediti? Impossibile, non saprei dove
trovarli adesso. » Una lieve incrinatura nella voce
frantumò la maschera di
sicurezza che il proprietario del Propuesta Indecente si era costruito.
Shepard
notò Vega stringere i pugni sino a far
diventare le nocche bianche. Gli lanciò uno sguardo
tagliente come silenzioso
monito di non intervenire senza un suo preciso ordine. Il militare
digrignò i
denti, muovendo più volte gli occhi dal Comandante agli
uomini armati.
«
Hai dieci minuti di tempo. Come tu ottenga quei
soldi non è affar mio. » si girò verso
la folla, sventolando la mazza di fronte
a sé come se fosse un prolungamento del proprio braccio..
« Potresti chiedere
un generoso contributo ai tuoi clienti. In fondo, dovrebbero essere i
primi a
desiderare che questo bel localino non subisca danni. »
Un
membro della banda si staccò dal gruppo. Jane
percepì un moto di disgusto di fronte a quel nanerottolo
nerboruto, che si
esacerbò quando lo vide afferrare il braccio di una ragazza.
« Y luego podríamos
divertirnos con algún putarrasca... »
«
Aleja tus manos de ella, hijo de puta! » sbraitò
Vega,
avanzando di un passo verso il criminale. Lo sgorbio si
pietrificò sul posto,
la mano ancora artigliata attorno all'arto della giovane. Era la
metà di James,
eppure non sembrava spaventato. Sapeva di avere le spalle coperte.
Shepard
guardò i muscoli tesi, la vena pulsante lungo
la tempia del proprio sottoposto. Era pronto a scattare.
Provò a lanciargli una
seconda occhiata che cadde nel vuoto.
"Calmati
James."
«
Ma guarda. Stasera abbiamo anche un eroe. » il
portavoce del commando si avvicinò a Vega, battendo la mazza
sul palmo libero. Il
volto era tagliato da un sorriso divertito che lasciava intravedere la
dentatura marcia. « Allora, cabeza de choto, cosa pensi di
fare, eh? Speri di
scopare qualche troietta facendo il coraggioso? »
«
Mi accontenterei di spaccarti la testa, naco. »
"Merda."
La
distanza tra i due si ridusse ancora. « Provaci,
pajero. » sibilò l'uomo, appoggiando la punta
della mazza sul petto del tenente.
«
Chinga a tu madre, pende.. »
«
JAMES! »
La
voce di Shepard tuonò sulla sala, spezzando il
clima di tensione crescente che si era sviluppato attorno ai due
uomini.
Percependo le decine di occhi posatisi su di sé,
avanzò ad ampie falcate verso
il capo dei militari. Gli si fermò di fronte. Era di poco
più alto e si ritrovò
a fissarlo dal basso verso l'alto. Strinse i pugni per placare la
sensazione di
prurito che le tormentava le mani.
Il portavoce guardò la donna e scoppiò in una
risata
fragorosa.
«
Ehi, mamóm, recibes órdenes de una zorra?
» si voltò
verso Vega, schernendolo.
Jane
ne approfittò per ordinargli con lo sguardo di
tenersi pronto e concentrarsi sull'omiciattolo che aveva scatenato la
sua
collera. Lo vide annuire in maniera impercettibile e riferire le
istruzioni a
Cortez, rimasto alle sue spalle.
« Entonches,
conchuda, qué tu quieres? Divertirte con
nosotros? »
I
membri del commando si misero a sghignazzare. Uno
di loro si portò la mano sul cavallo dei pantaloni, agitando
il bacino in modo
osceno. A braccia conserte, Shepard si passò la lingua sulla
chiostra dei
denti.
«
Non ho idea di cosa tu abbia detto e sinceramente non
me ne frega un cazzo, ma se entro pochi secondi non ti levi dai
coglioni giuro
che ti sbatto fuori con quella mazza infilata nel culo. »
Il
sorriso dell'uomo si incrinò. Piegò il busto
verso
la donna finché i loro volti non furono separati che da una
decina di
centimetri. Jane poté sentire la puzza di tabacco scadente e
sudore. Fu invasa
dal prepotente istinto di spaccargli la testa.
«
Stai attenta a come parli, Arrastrada. Mi
dispiacerebbe rovinare questo bel faccino. » le
afferrò le guance con il
braccio libero dall'arma.
Le
mani di Shepard scattarono verso l'arto. Il suono
come di un bastone spezzato si propagò nell'aria. Tra le
urla della folla,
l'uomo si buttò a terra, tenendo attaccato al corpo il
braccio curvato in una
posizione innaturale.
«
MIERD... » non fece in tempo a concludere
l'imprecazione che uno stivale lo colpì nel costato,
mozzandogli il fiato.
« CORTEZ! JAMES!
» Jane diede il segnale ai suoi compagni. Riuscì a
intravedere il tenente che ghermiva
il proprio avversario. Un bastone calò in direzione della
sua testa. La evitò
senza scomporsi, scartando di lato. Una seconda spranga le
sfiorò la spalla.
«
Pensate davvero di farmi paura, figli di puttana? »
artigliò il polso che reggeva la spranga e lo
piegò all'indietro sino a sentirne
le ossa scoppiettare. Il bandito abbandonò l'arma e cadde in
ginocchio. Alzò la
testa verso la donna, vedendo arrivare il colpo. Crollò a
terra con il volto
spaccato da un calcio.
Con
un urlo di collera, il secondo uomo tentò di prenderla
alle spalle.
«
Idiota... » rotolò di lato, afferrando la barra
d'acciaio abbandonata sul pavimento. Il criminale sbarrò gli
occhi. Si era
sbilanciato in avanti a causa dell'eccessivo slancio, ritrovandosi con
il
fianco scoperto. Jane lo colpì con l'intera massa del suo
corpo. L'uomo cadde
sulla schiena, dove rimase in agonia dopo che il tallone dello stivale
della
donna gli ebbe centrato l'addome.
Ansimando,
Shepard si girò in direzione di James. «
Allora, avete fin... »
Scorse
il bagliore arancione di un omni-tool. Reagì
d'istinto, gettandosi di lato. La sensazione della lama sulla pelle le
causò un
lungo brivido lungo la spina dorsale.
Percepì l'improvvisa mancanza del terreno sotto i
piedi: si accorse di aver inciampato in un cadavere, perdendo
l'equilibrio.
Precipitò contro
il bancone del bar. Il dolore si propagò dalla spalla
sinistra su tutta la
schiena mentre la spranga di ferro le sfuggiva dalla mano. Un gemito le
sfuggì dalle labbra.
«
COMANDANTE! »
«
STAI AL TUO POSTO, JAMES. »
Il
giovane tenente si immobilizzò sul posto, lo
sguardo che vagava da Shepard al portavoce, unico sopravvissuto del
gruppo. La
lama dell'omni-tool era ancora sfoderata e puntata contro la donna.
Dall'altro lato della sala, Cortez gli fece segno di aspettare.
«
Hai finito di causarmi problemi, eh, puta? »
ringhiò
l'uomo, l'arto fratturato penzoloni lungo il fianco.
«
Avrei dovuto romperti l'altro braccio. » lo
schernì
Jane, sfruttando una sedia come sostegno per rimettersi in piedi.
« Vete a
chuparla, zorra. Yo te... » le parole gli
morirono in gola quando la
sentì scoppiare a ridere.
Dagli
occhi della donna traspariva l'eccitazione per
il combattimento, una follia omicida che gli mozzò il fiato.
La vide alzare la
mano verso il taglio che le aveva causato sulla guancia. La
osservò pulire il
sangue con il fianco dell'indice e avvicinarselo alle labbra.
Tenendo gli occhi fissi sull'uomo, Jane assaporò con
la lingua il suo stesso sapore metallico. Si compiacque
dell'espressione
terrorizzata dell'avversario, manifestando la propria soddisfazione con
un
ghigno.
«
Dicevi? »
«
Quién carajo eres tú? »
Shepard
vide la lama dell'omni-tool puntare
leggermente verso il basso.
"Ci siamo."
Scattò
in avanti. Il sopravvissuto reagì d'istinto
con un fendente impreciso che non ebbe difficoltà a
schivare. Percepì lo
spostamento d'aria a pochi centimetri dal suo scalpo.
"Ora!"
Il
pugno assunse dei riflessi azzurri mentre
l'elettricità statica nell'ambiente cresceva. Con un urlo,
scaricò l'energia
biotica accumulata contro il pavimento. L'onda d'urto sbalzò
per aria l'avversario,
scagliandolo ai piedi della folla. Un silenzio tombale calò
nel locale, scosso
solo dai fiochi lamenti dell'uomo. La potenza del colpo gli aveva
spezzato le
ossa delle gambe, immobilizzandolo a terra.
Shepard avanzò con brevi passi, arrestandosi di
fianco alla testa. Un pungente odore di feci e urina proveniva dal
corpo
dell'uomo: la forza della nova gli aveva causato il rilascio
involontario degli
escrementi. Lo guardò come se fosse un insetto molesto.
«
Chi... chi sei? » rantolò.
«
Il Comandante Shepard, figlio di puttana. Allora,
vuoi ancora divertirti con me? » gli assestò un
calcio nel costato. Il
criminale emise un verso simile a uno squittio. « Allora?
» un secondo colpo centrò
il braccio fratturato. Lacrime miste a sangue presero a scendere lungo
il viso dell'uomo.
«
Lola... »
Le
mani di Vega sulle sue spalle bloccarono il terzo calcio.
Girò il busto verso il tenente, incrociando i suoi occhi
carichi di
preoccupazione.
Le sembrò di riprendere il contatto con la
realtà. Guardò
il criminale, piegato dai singhiozzi, ridotto a una larva.
Sentì il rivolo di
sangue che le correva giù dalla guancia e il dolore pulsante
alla spalla che
andava affievolendosi. Vide i suoi stessi abiti intrisi del sangue
delle
persone che aveva massacrato. Percepì il silenzio della
folla che si era chiusa
attorno a loro, le espressioni cariche d'ostilità e il
terrore che la sua sola
presenza riusciva a incutere loro.
La gola le si strinse in un nodo. Strinse le
palpebre, non riuscendo a reggere la vista di ciò che aveva
davanti.
Aveva rischiato per quella gente, e le sue azioni le
avevano procurato l'odio della stessa gente che avrebbe voluto
proteggere. La
consideravano una minaccia. Ebbe l'amara sensazione di aver fallito,
come su
Virmire, Palaven, Thessia. Come dopo Bahak.
«
Merda... »
Si
divincolò la presa di James e raggiunse con ampie
falcate il tavolo su cui aveva appoggiato la giacca di pelle.
Percepì la voce
di Cortez come un eco lontano.
«
Comandante? »
Indossò
la giacca con dei movimenti secchi. La spalla
le diede una fitta che decise di ignorare.
«
Comandante? »
Si
diresse verso l'uscita.
La folla si separò nuovamente in due ali.
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Capitolo 12 *** La promessa ***
LA PROMESSA
James
imboccò le scale per il livello inferiore. La
trovò dove si aspettava di trovarla. Vide la sua figura
stagliarsi contro la
luce dei monitor. Indossava ancora la canottiera e gli stivali sporchi
di
sangue, mentre la giacca di pelle giaceva abbandonata ai suoi piedi.
Teneva il
capo chino sulla tastiera olografica. Razziatori. Elite. Brimstone.
Stava
selezionando le impostazioni del simulatore.
«
Comandante? »
Shepard
girò la testa quel tanto che le bastava per
osservarlo di sottecchi. Il taglio era incrostato di sangue brunastro
che era
colato indisturbato lungo la guancia, coagulandosi in un rivolo
cristallizzato.
Vega notò i suoi occhi, rossi e lucidi. Nella penombra della
sala, la pupilla
le si confondeva con l'iride in un unico baratro oscuro.
«
Cosa vuoi? » la voce le uscì bassa e roca,
incrinandosi sull'ultima sillaba. Irrigidì i muscoli del
viso in un'espressione
incollerita. Si voltò di scatto verso il monitor, celando lo
sguardo al giovane
tenente.
James
dovette combattere l'istinto di appoggiarle una
mano sulla spalla. Sapeva che si sarebbe scostata, che l'avrebbe
rifiutato. Non
era Garrus Vakarian, l'unico individuo nella galassia che riuscisse a
calmarla
con un abbraccio senza temere di essere aggredito dal suo orgoglio
ferito. Lui
era Vega. Si era rassegnato da tempo al fatto di essere considerato
solo il suo
tenente, il suo esempio di prestanza fisica preferito, i muscoli con
cui
passare un'unica notte di sesso. Maledisse le regole dell'Alleanza
sulla
fraternizzazione e la fedeltà del Comandante Shepard alle
direttive. Per non
infrangerle aveva rinunciato alla relazione con il Maggiore Alenko. Uno
spettro. Che speranze avrebbe mai potuto avere lui, con il suo grado da
tenente
e l'inesperienza che traspariva dall'impulsività?
«
Allora? Ti sei incantato? »
James
scosse la testa, guardandola con un'espressione
stranita. Non credeva di essere rimasto assorto nei suoi pensieri tanto
a
lungo. Diede un colpo di tosse per schiarirsi la voce. «
Avevo voglia di
prendere a calci qualche bastardo digitale. Posso unirmi alla tua
simulazione,
Comandante? La considererei come una lezione del programma N7.
» non trovò la
forza di intavolare la discussione che desiderava e utilizzò
la prima scusa
sensata che gli venne in mente.
«
Va bene James, inserisco le impostazioni anche per
te. Vai all'ascensore, ti raggiungo subito. »
proferì la donna, con un tono che
sapeva di comando militare.
L'ispanico
fece come gli era stato ordinato. L'attesa
sulla piattaforma durò una trentina di secondi. Shepard si
fermò di fronte a
lui, a braccia conserte, e lo fissò come se fosse in attesa
di qualcosa.
Vega alzò spalle, scuotendo la testa. "Andiamo,
Comandante. Dammi un aiuto!"
«
Forse dovresti farmi un po' di spazio... » suggerì
la donna, il suo indice destro che batteva ritmicamente sul bicipite.
James
si rese conto in quel momento si era
posizionato al centro dell'ascensore e lo occupava quasi nella sua
interezza.
Si girò di novanta gradi, lasciando spazio al proprio
Comandante affinché vi si
inserisse. Jane gli si posizionò di fronte e con un cenno
della testa gli
indicò di avviare la discesa al piano sotterraneo.
Premette il tasto senza staccarle gli occhi di dosso.
La zazzera corvina gli sembrò più arruffata del
solito; i capelli le si stavano
allungando e i suoi ampi ricci facevano capolino come ciuffi
indisciplinati che
sfidavano la legge di gravità. Offuscato dalle folte
sopracciglia corrucciate e
da un'ombra di amarezza, il suo sguardo era perso nel vuoto.
James
dovette combattere l'istinto di scompigliarle i
capelli.
"A cosa
stai pensando, Lola?"
L'ascensore
si fermò con un leggero sussulto e il
sibilo della porta diede loro il segnale libero accesso all'area
simulazione. Con
un secondo cenno della testa, la donna gli comandò di
dirigersi per primo
all'anticamera di simulazione.
James percorse i pochi passi che lo separavano dalla
stanza antistante l'arena. Le armi l'armatura che avrebbe usato erano
state
scelte dal proprio Comandante, di cui si fidava ciecamente. Se gli
avesse chiesto
di andare in battaglia armato di un cucchiaino e a petto nudo, non
avrebbe
esitato un istante.
Il suo nome comparve sul pavimento. Due impronte umane fittizie gli
indicarono
l'ubicazione da mantenere in attesa del compagno di combattimento. I
passi di
Shepard gli rimbombarono in testa. La vide con la coda dell'occhio
prendere
posizione al proprio fianco, lo sguardo puntato verso la porta
d'accesso
all'arena.
«
Pronto? »
«
Sono nato pronto. »
Uno
sbuffo divertito uscì dalla bocca di Shepard. «
Che frase scontata. »
Vega
desiderò di riuscire a farla ridere ancora.
«
James, questo non è uno scontro pubblico. Ho
richiesto esplicitamente l'assenza di videocamere e spettatori...
»
«
Soli nell'arena tu e io, eh? Potrei quasi pensare
che non troverò dei nemici al di là della porta.
»
Shepard
rimase impassibile.
"Sono un
pendejo."
La
donna tirò un sospiro prima di ricominciare il
discorso. « Niente spettatori, non voglio che tu perda tempo
a dare spettacolo invece
di concentrarti sul combattimento. Io analizzerò i tuoi
movimenti e le tattiche
che metterai in campo. » si girò verso l'uomo,
« Questo non è un gioco,
tenente. Considerala la prima fase dell'addestramento N7. »
James
vide nei suoi occhi tutta l'esperienza e
l'efficienza del Comandante Shepard. Il braccio scattò in un
saluto militare.
«
Sì, signora. »
«
Siete pregati
di rimanere immobili sino al caricamento dell'attrezzatura virtuale.
» la
voce elettronica uscì dagli altoparlanti sopra alle loro
teste, gracchiando le
prime parole. Un sibilo accompagnò il puntamento
dell'olo-materializzatore.
L'obiettivo circolare rosso di quella scatola d'acciaio apparve a Vega
inquietantemente simile all'occhio di un razziatore. Con un ronzio, a
partire
dagli stivale, i due militari iniziarono a essere coperti da armature
virtuali.
Sulle loro spalle, le armi che avrebbero utilizzato.
James approfittò del tempo che mancava all'apertura
dell'arena per controllare le decisioni del Comandante. Shepard
indossava la
sua solita armatura, la fitta trama di placche metalliche tinta di un
vermiglio
cupo che ricordava il colore del sangue. Le strisce bianche e rosse
spiccavano
lungo il braccio destro, e l'N7 inciso sul petto era un chiaro
avvertimento per
gli avversari.
"Dios..."
Non si sarebbe mai abituato al modo in cui quell'armatura evidenziava
le sue
curve.
Notò
che aveva scelto il Disciple, fucile a pompa
semi-automatico di fabbricazione Asari famoso per la capienza del
caricatore, e
il suo amato M-8 Avenger, fucile d'assalto automatico che aveva
personalizzato
con mirino di precisione e stabilizzatore. Non si era distaccata
dall'armamentario
che più spesso portava con sé in battaglia.
Chinò il capo, mentre con la mano destra afferrava
l'arma principale. Riconobbe la sua armatura nera, in cui le parti
vitali erano
rinforzate da placche di titanio antiproiettile. Rimase di stucco
quando
riconobbe il fucile a pompa.
«
Comandante, come sapevi che avrei scelto il l'M-11
Wraith? » domandò, chiudendo l'occhio sinistro e
allineando il destro con il
mirino del fucile.
«
Si tratta di un ottimo fucile. Compensa la scarsa
precisione e capienza del caricatore con un peso medio e un'ottima
potenza di
fuoco. Inoltre, è quello che lucidi più spesso.
»
"Sa quanto
lucido le mie armi?" James spalancò gli occhi,
aggrottando le
sopracciglia. Si voltò verso il Comandante senza riuscire a
incrociare il suo
sguardo. Gli sembrò che lo sfuggisse.
«
Accesso consentito.
»
I
militari oltrepassarono l'ingresso in silenzio. Il
paesaggio arido, devastato, su cui piovevano foglie virtuali avvolte
nelle
fiamme, riportò alle menti le immagini di Thessia, di Palaven e della loro la Terra,
arse dai fuochi della
mietitura. La polvere dell'arena si sollevò sotto i loro
passi, disperdendosi
in impalpabili vortici opachi.
«
Prepararsi al
combattimento. »
Reticolati
rossi comparvero nella zona in cui
sarebbero stati materializzati gli avversari. Shepard ordinò
con la mano di
posizionarsi in copertura dal lato opposto della fontana prosciugata.
«
3... 2...
1... round 1. »
Forme
sempre più distinte apparvero all'interno dei
reticolati, sino a quanto i primi proiettili iniziarono a volare nel
cielo
dell'arena.
«
Quali e quanti? »
«
Tre cannibali, due mutanti e un predatore,
Comandante. »
«
Va bene Vega, fammi vedere come danzi! »
Dalla
voce di Shepard traspariva l'adrenalina, che sentiva
scorrere nelle vene come un fiume in piena. Le loro armi tuonavano,
colpendo in
una sincronia quasi perfetta le armate virtuali dei razziatori che
arrancavano
nel disperato tentativo di snidarli dalla loro copertura.
«
Ne arrivano altri. »
«
Stai andando bene Vega, continua così! »
«
Qualcosa che già non so, Comandante? »
replicò
l'uomo, facendo esplodere la testa di un predatore entrato nel raggio
d'azione
del fucile a pompa.
«
Non fare troppo lo sbruffone, è solo la prima
ondata. » rise Jane. Con un'onda d'urto biotica respinse i
pochi mutanti
rimasti, che divennero un facile bersaglio per i suoi proiettili
criogeni.
I
loro corpi si frantumarono in una serie di tintinii
e le schegge ghiacciate si sparsero sul suolo dell'arena.
«
Sicura di reggerne altre due con una spalla
infortunata? » la schernì.
James
comprese di aver toccato il tasto dolente
quando non ottenne risposta. Provò il desiderio di lasciar
cadere l'argomento e
continuare lo scontro, di rinunciare al vero motivo per cui aveva
accettato di
combattere. Desiderò godersi il breve momento di compagnia
che aveva strappato
a quella donna troppo lontana da lui. La vide riporre l'M-8 e togliere
la
sicura all'arma secondaria che utilizzava nei combattimenti
ravvicinati.
L'adozione della tattica ad assalto diretto, in quelle condizioni,
poteva
significare solo una cosa: Shepard si stava innervosendo.
"...mierda!
" « Sei stata grande contro quei pendejos al locale,
Comandante! »
Jane
si alzò in piedi. Alcuni proiettili infransero i
suoi scudi.
"Cosa
cazzo...?"
Il
colpo di Disciple del Comandante freddò l'ultimo
cannibale rimasto in circolazione.
«
Fine round 1.
»
«
Non mi sembra che la gente del luogo fosse
particolarmente riconoscente del mio aiuto. »
sibilò la donna, approfittando
del silenzio che era calato sull'arena. Il suo sguardo era fisso sul
punto dove
l'ultimo nemico era caduto. Si passo le dita tra i capelli, scostando
le
ciocche dalla fronte sudata
«
Sono persone tranquille, che subiscono invece di
reagire. La violenza li ha spaventati. E poi, Comandante, quando hai
bevuto il tuo
stesso sangue sono venuti i brividi anche a me, figurati a loro.
»
«
Prepararsi al
combattimento. »
Jane
si voltò verso il subalterno, il viso congelato
in un'espressione indecifrabile. Dopo aver estratto l'Avenger,
ordinò a Vega di
seguirla per raggiungere un riparo meno esposto rispetto alla nuova
area di
virtualizzazione dei nemici. Vi si acquattarono, in attesa dell'ondata
successiva.
«
Tu intimidisci i tuoi avversari con la potenza
fisica, giusto James? »
«
Sì, mi riesce facilmente di farli indietreggiare
anche solo caricandoli con il mio corpo. » rispose,
malcelando una punta di
soddisfazione.
«
3... 2...
1... round 2. »
Il
frastuono delle armi da fuoco obbligò Shepard a
urlare.
«
Io non sono come te, James. Non sono un uomo. Io
sono una donna, e agli occhi dei miei avversari spesso non sono che un
oggetto
con cui divertirsi. » si sporse dalla copertura. Con il sordo
rumore di un
cuscino preso a pugni, le munizioni penetrarono le sacche d'acido di un
devastatore.
La creatura crollò sul terreno, dissolvendosi. «
Quel criminale aveva paura ma
era ancora abbastanza lucido per poter afferrare un ostaggio.
» abbatté un
secondo devastatore, mentre i proiettili le fischiavano accanto alle
orecchie, «
Dovevo fare in modo che si concentrasse su di me e al contempo
abbassasse la
guardia. » due pallottole attraversarono il cranio di un
mutante. Le cervella
biomeccaniche virtuali si sparsero nell'aria in una nuvola violacea.
« Non sono
mai stata brava nella diplomazia. Nessuno me l'ha mai insegnata. Dove
sono
cresciuta, solo chi sapeva incutere paura aveva qualche speranza di
sopravvivere senza troppi problemi, e io ho imparato a terrorizzare i
miei
avversari. Sai, per procurarmi quel vantaggio che il mio essere donna
mi ha
sempre precluso. Ti conviene imparare a sfruttare il terrorismo
psicologico
come arma, come futuro N7 ti risulterà molto utile in certe
situazioni. »
Lo
disse senza inflessioni vocali, senza tremori o
incrinature. Lo disse come se fosse normale, per lei, crescere col
desiderio di
riuscire a intimorire le persone, di ottenere il rispetto tramite il
terrore. Vega
smise di sparare per guardarla. Ripensò a tutte le volte che
aveva sentito
parlare della vittoria a ogni costo su Torfan, della spietata decisione
di
sacrificare il consiglio durante la Battaglia della Cittadella,
dell'alleanza
con Cerberus. Divenne tutto più chiaro. Shepard gli aveva
rivelato una parte
profonda di sé, forse senza nemmeno rendersene conto.
Intravide cosa l'avesse
portata a erigere il muro di cinismo che l'aveva resa famigerata.
Dovette combattere l'istinto di abbracciarla.
«
JAMES! »
L'urlo
della donna lo risvegliò dal torpore. L'uomo udì
i propri scudi infrangersi. Una spinta alle spalle. Perse il contatto
con il
terreno, finendo scaraventato faccia a terra. Le sue dita agguantarono
l'aria
invece dell'arma. Un urlo stridulo gli ghiacciò il sangue
nelle vene.
Una mano lo afferrò dal gancio per il fucile situato tra
le scapole. Si sentì sollevare di peso e trascinare a poca
distanza dal punto
in cui era caduto.
«
Merda tenente, a che cazzo stavi pensando? Non hai
sentito la banshee? Un errore come questo sul campo e sei MORTO!
» latrò
Shepard, spingendolo contro muro dietro cui si erano riparati. Con un
gesto
rabbioso gli scagliò sullo stomaco l'M-11, che aveva
recuperato al suo fianco.
«
Mi dispiace Comandante, io... »
«
Non me ne faccio un cazzo delle tue scuse. Se fosse
stato un vero combattimento quella carica biotica ti avrebbe steso. Non
voglio
simili errori, non da te. Ora piantala di frignare e dammi una mano ad
ammazzare quella fottuta zombie urlatrice. »
replicò, agguantandogli il bavero e
assestandogli un ultimo scossone .
Vega digrignò i denti. Si sentì un idiota per
essersi
fatto sorprendere come un ragazzino alle prime armi, e ancora di
più ad averlo
fatto di fronte a Shepard. Non sarebbe accaduto di nuovo.
Annuì con decisione.
«
Bene. » Jane si alzò, mettendosi a correre lungo
il
fianco della fontana, « Ehi, figlia di puttana, sono qui!
Vienimi a prendere! »
Il
grido della banshee invase l'arena.
Un mutante provò ad afferrare la donna, che lo
respinse con un colpo di fucile a pompa tra gli occhi. I movimenti
della
razziatrice asari divennero più indistinti.
"Merda, odio
quando usano il teletrasporto..."
«
Vega, occupati dei razziatori rimasti, all'asari ci
penso io! » urlò Shepard, costretta dietro un
riparo dalla gragnola di
proiettili di un predatore.
L'ispanico
non se lo fece ripetere. Ringhiando, si
scagliò contro un mutante, sul cui muso scaricò
un'intera clip termica dell'M-11.
Il boato degli spari ancora risuonava nell'area quando
percepì gli scudi
tremare, colpiti da una raffica del predatore. Si trovò
obbligato a entrare in
copertura per ricaricare l'arma e gli scudi. La clip termica cadde a
terra con
un clangore metallico.
Con la coda dell'occhio, Vega approfittò del momento
per controllare cosa stesse succedendo dal capo opposto del campo.
Scorse la
banshee avanzare verso il Comandate. Fucile d'assalto in mano, la donna
aveva
abbandonato il proprio nascondiglio, continuando a muoversi di
copertura in
copertura senza mai distogliere lo sguardo dalla propria avversaria.
"Arrivo,
Lola! "
Rotolò
fuori dalla copertura. I primi colpi del
predatore gli sfiorarono le difese.
"Evita
questo, pendejo!"
Il
suo indice destro tirò il grilletto. La scia del
proiettile spiccò contro la penombra del soffitto, in una
parabola luminosa che
si concluse con un'esplosione abbagliante. Il frastuono si
mescolò con le grida
della banshee. Quando il fumo si diradò, del razziatore non
v'era rimasta
traccia.
«
AH! SÌ! VAI COSÌ! » alzò il
fucile al cielo,
baciando il proprio bicipite, « Ehi Comandante, adesso
facciamo fuori quella...
»
«
Fine round 2.
»
Vega
lasciò cascare le braccia lungo i fianchi,
emettendo un lamento. « Aaah, dai Lola, l'hai eliminata
così in fretta che non
ho nemmeno fatto in tempo a godermi lo spettacolo. »
«
Lola? » la donna alzò un sopracciglio, le labbra
incurvate verso l'alto in una smorfia mentre si avvicinava al
subalterno.
«
Scusa Comandante, io... »
«
Mi domandavo in effetti se mi avresti più chiamata
Lola. » lo interruppe, appoggiando la mano libera sul suo
braccio. L'uomo vide
il suo sorriso, quel sorriso che aveva tanto penato, ampliarsi.
«
Ottimo lavoro con quei razziatori. »
James
dovette combattere l'istinto di stringerle la
mano e portarsela alle labbra.
«
Prepararsi al
combattimento. »
«
Ultima ondata, giusto? »
«
Ultima ondata. » annuì Shepard, senza smettere di
sorridergli.
Si
ripararono dietro le paratie di rinforzo della
piazza, dal lato opposto rispetto alla zona di comparsa dei nemici
finali.
«
3... »
«
Pronto? »
«
2... »
«
Come sempre. »
«
1... »
Jane
gli lanciò un'occhiata divertita. « Facciamogli
il culo. »
« Round finale.
»
I
versi dei razziatori si innalzarono nel putiferio
di colpi d'arma da fuoco.
«
Quanti e quali? »
«
Cinque cannibali, due predatori. Ai lati un
devastatore. » contò l'ispanico, sparando una
raffica di pallottole, « Ora i
cannibali sono quattro. »
«
Adesso due, e un solo predatore. » corresse
Shepard, dopo aver scaricato una clip termica dell'Avenger, «
Cosa sono questi
passi pesanti? »
«
Merda, Lola, è un bruto. Hanno virtualizzato un
bruto! E sono comparsi sei mutanti! »
«
Cos'è, hai paura James? » lo schernì,
sporgendosi
dalla copertura. Sacrificò gli scudi, che crollarono con un
rumore di vetri
infranti, per ammirare i suoi proiettili mentre si conficcavano nei
punti
deboli dell'unico devastatore presente. La bestia si
accartocciò in un sibilo.
«
Al tuo fianco? » l'uomo rise sonoramente, lanciando
una granata che frantumò la corazza dell'ultimo predatore,
« Dios, hai fatto
secca una di quelle asari psicopatiche da sola! Se questo vuol dire
essere un
N7 non vedo l'ora che finisca questa stramaledetta guerra per
diventarlo.
Merda, potrò anche vantarmi di essere stato addestrato dal
Comandante Shepard! »
Al
suo fianco, i colpi d'arma da fuoco cessarono di
colpo. Mantenendo alta la guardia, distolse gli occhi dal campo di
battaglia.
«
Lola? »
La
vide immobile, il capo chino, un ginocchio a
terra, stringere la propria arma con entrambe le mani. Lo sguardo le
era celato
dai capelli troppo lunghi e l'unico movimento che riusciva a
intravedere era un
lento, cadenzato ampliarsi della cassa toracica in unisono col suo
respiro.
«
Lola, i mutanti! » provò a riscuoterla, invano.
Vega
si chinò dietro la copertura in cemento,
costretto dai proiettili dell'ultimo predatore. Appoggiò un
palmo al suolo. Non
si era ingannato. I passi pesanti del bruto in avvicinamento si
propagavano
come vibrazioni attraverso il metallo delle armature.
«
Shepard, qui le cose non si stanno mettendo bene. »
Un'ombra
bluastra apparve dietro la donna.
Due di arti nodosi si allungarono per ghermirla.
«
COMANDANTE! »
Un
battito del cuore. Il mutante a terra, in
disgregazione. La seguì con lo sguardo, più
veloce del suo corpo. La vide
danzare. Il suo fucile urlava canti di morte. Ne bloccò due
con la lama
dell'omni-tool, entrambe le teste in un sol colpo incendiario. Scariche
d'elettricità
biotica si propagarono dal suo corpo, circondandola di un'aura che gli
apparve
infernale. La vide fermare un attacco sul fianco con un pugno. Un'onda
d'urto
scagliò un mutante contro una statua. L'impatto distrusse il
marmo, sollevò una
nube di detriti al cui interno Shepard continuò ad avanzare
e danzare. Un
proiettile solo, e dell'ultimo predatore non rimase che la carcassa.
Poi, la montagna.
«
COMANDANTE, ALLE SPALLE! » urlò James, scuotendosi
dall'immobilità in cui era precipitato nell'osservarla. Il
bruto le si era
avvicinato, torreggiando sul suo corpo. Sollevò l'arto,
pronto a finirla.
L'ispanico
scavalcò il basso muretto di cemento e
corse, arma in pugno, verso Shepard.
"Merda,
non arriverò mai in tempo!" « SHEPARD! »
Jane non
si voltò. Sorrise.
"Cosa...?"
Un
lampo seguito da uno schianto. Il bruto finì
sbilanciato all'indietro. Un pugno contro il suolo, un'onda d'urto, un
gemito
rauco e il bestione cadde di schiena con un boato. Shepard ne
risalì il corpo,
arrestandosi in piedi sul suo petto. Puntò la bocca del
fucile contro il muso
del razziatore.
Le braccia nerborute si alzarono all'unisono,
cercando di ghermirla.
Un colpo.
Due colpi. Tre colpi. Una risata squillante. Il bruto si
dissolse sotto
di lei. La donna recuperò il terreno con un leggero balzo.
«
Lola... »
«
Hai ragione James. Hai sempre avuto ragione. »
L'ispanico
le si fermò di fronte, ammutolendo.
«
Io sono il Comandante Shepard, ed è con un fucile
in mano che riesco a dare il meglio. Io sono nata per eliminare chi si
frappone
fra me e la vittoria, e solo per quello. » concluse, alzando
il capo.
Vega
sentì lo stomaco contorcersi quando vide il suo
volto.
«
Lola, tu... stai piangendo... »
La
donna scoppiò in una risata amara.
«
Ho dimenticato come si piange molti anni fa. »
replicò,
leccandosi il liquido salato dalle labbra. «
Questa guerra avrà presto fine. Diventerai un N7,
James, dovessi prendere personalmente a calci nel culo un razziatore
alla volta.
Te lo prometto. »
Celata
da una maschera di testardaggine e
strafottenza, dietro quelle lacrime che non accettava di versare, James
rivide
quella donna che Shepard cercava in tutti i modi di non essere. Dentro
di sé, combatté
il folle istinto di baciarla.
|
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Capitolo 13 *** Stazione Cronos - Pt. 1 ***
STAZIONE CRONOS -
PT. 1
«
Violazione
della sicurezza nell'hangar 16. Avviare protocollo Achilles
» una voce
elettronica femminile si diramò dagli altoparlanti,
rimbalzando tra i cadaveri
dei soldati corrotti.
«
Shepard, Cerberus intende svuotare l'intero hangar.
»
Jane
si girò verso IDA. Le sopracciglia aggrottate spiccavano
sul volto, reso minaccioso dal rosso riverbero intermittente della spia
di
pericolo.
«
Non puoi fermarli? »
«
Mi occorre un terminale attivo. Proviamo al livello
superiore. »
L'allarme
dell'hangar si era attivato e il suono
gracchiante di una sirena feriva le loro orecchie a intervalli
regolari. Si
diressero verso il lato sinistro dell'area, dove James aveva
individuato una
scala a pioli. A ogni gradino colpito, le suole generavano un caotico
clangore
metallico che si mescolava ai loro respiri pesanti.
Raggiunta la piattaforma, Jane digitò la
richiesta di apertura sull'oloserratura della porta alla loro destra.
La porta
si aprì con un sibilo. La stanza si rivelò un
magazzino, al cui interno oltre
alle casse di munizioni e rifornimenti era collocato
un'unità periferica
informatica. Un colpo di stivale a che era rimasto di un cecchino
troppo lento
a tornare in copertura e il Comandante si aprì la strada.
«
IDA, ho un terminale, VAI! » ordinò, digitando la
sequenza standard di accensione.
L'androide
si precipitò sulla tastiera.
«
Procedura di svuotamento dell'hangar... »
James
lanciò una lunga occhiata nervosa a Shepard.
«
... disattivata. »
Il
Comandante annuì soddisfatto. « Puoi aprire
l'hangar? »
«
No, tuttavia... posso accedere ai comandi di lancio
dei caccia. »
IDA
premette un pulsante. Il ronzio metallico li
avvisò dell'apertura della piattaforma. I pannelli circolari
si spalancarono e
dall'hangar inferiore risalì in verticale la piazzola di
freno di un caccia
spaziale. Il muso dell'aereo era rivolto verso l'esterno della base di
Cerberus
ma servirono pochi istanti a Jane per capire il piano dell'AI.
«
Shepard, Cerberus è consapevole del tentativo di
svuotamento fallito. I rinforzi stanno arrivando.»
I
primi proiettili iniziarono a fischiare dal fianco
sinistro, penetrando nelle pareti metalliche della struttura. Tre
truppe
d'assalto avevano raggiunto la loro postazione, bloccandoli
all'interno. Il
Comandante fece un cenno con la mano a James, immobilizzandosi.
Lo spostamento d'aria le scompigliò i corti riccioli.
Sentì il sibilo del proiettile esplosivo, a pochi centimetri
dal suo volto, ne
scorse il bagliore e la traiettoria sino ai soldati di Cerberus. Li
vide
saltare in aria, l'armatura strappata dai loro corpi assieme a
brandelli di
carne bruciata.
Shepard diede l'ordine di avanzare. Scavalcando i
cadaveri, il fetore dei tessuti biologici carbonizzati unito alla
plastica
sciolta penetrò nelle narici dei due umani.
"Merda,
quanto odio questo odore."
«
È in arrivo un'altra squadra di Cerberus »
avvisò
IDA.
I
membri della squadra corsero in copertura.
«
Immagino ci abbiano scoperti! »
"Arguto
come sempre, James." « Non ci fermeranno proprio
ora! »
Si
irrigidì. Aveva udito dei passi pesanti mescolati
allo scalpiccio degli stivali delle truppe d'assalto. Si sporse sopra
la cassa
per avere una migliore visuale.
"Centurioni?"
Con
uno scoppio secco, la piattaforma venne inondata
dal fumo. Una raffica di fucile d'assalto mandò in frantumi
i suoi scudi,
ferendola di striscio al braccio.
"Centurioni."
I
visori termici di IDA riuscirono dove gli occhi
biologici di Shepard e James fallirono. Le pallottole dell'AI fenderono
la
foschia e più di un gemito si innalzò oltre la
coltre che andava diradandosi.
Il ronzio di un laser di precisione emerse dal silenzio dei fucili
d'assalto.
"E nemesi.
Cazzo."
Si
mosse in avanti, rotolando dietro a una pila di
contenitori di medigel. Sentì un colpo secco. Il proiettile
annerì il pavimento
della piattaforma a pochi centimetri dal suo piede.
Jane tese le orecchie. Riuscì a udire un debole
tintinnio metallico.
"Ora."
Scavalcò
il riparo per approfittare dei pochi secondi
necessari al cecchino per ricaricare l'arma. I suoi occhi vagarono come
fulmini, cercando un indizio che potesse indicarle dove si nascondesse.
Vide la punta del suo gomito che sporgeva da dietro
un container. Le fu sufficiente un solo proiettile di fucile a pompa e
il
cadavere della nemesi cadde ai suoi piedi, il volto divorato dalla
potenza del
colpo.
Con un ghigno soddisfatto si voltò verso i suoi
compagni, indicando la porta della sala comandi, dove IDA prese
possesso del
terminale di controllo.
«
Bypasso le sicure. Il caccia dovrebbe finire contro
la porta dell'hangar. »
Shepard
impiegò il tempo spalmando una parte del
medigel di scorta sull'arto ferito.
Un colpo secco arrivò dalla piattaforma di lancio.
L'astronave
da guerra ruotò su se stessa. Si accorsero che i comandi di
lancio si trovavano
al piano inferiore.
«
Perfetto. Torniamo là sotto » ordinò
Shepard.
Utilizzarono
la scala adiacente alla sala controllo.
A pochi metri, il terminale.
IDA
vi si precipitò, digitando la corretta sequenza
di avviamento. « Lancio in corso. »
Si
ripararono dietro a una pila di casse in titanio,
da cui poterono godersi lo spettacolo. I motori del caccia si accesero
in
simultanea, inondando l'area di un bagliore azzurro. Il calore dei
reattori
raggiunse i volti dei tre militari, arrossendo le guance dei due umani.
L'aereo acquistò velocità. Shepard intravide i
grafici segnalare un'accelerazione da zero a tre G in una frazione di
secondo.
Il caccia impattò con un frastuono assordante contro le
porte sigillate, scagliando
lamiere di metallo e schegge di vetro in un inferno di fuoco.
James esultò con una risata fragorosa quando le
fiamme si dispersero, mostrando un enorme squarcio nella parete
interna..
«
Il laboratorio centrale è situato dietro questo
hangar. Consiglio di seguire la traiettoria dei caccia »
disse IDA, ancora
nascosta a lato della cassa.
«
Ricevuto. Andiamo! »
Jane
fu la prima ad alzarsi in piedi. Il suo udito,
che aveva scoperto essere stato amplificato dalla tecnologia di
Cerberus, la
mise in allerta: aveva percepito una sequenza di ronzii, cadenzata,
simile a dei
passi, che andava aumentando in direzione del passaggio. Udì
dei colpi pesanti,
meccanici, avvicinarsi allo squarcio.
Tra le volute di fumo dell'incendio apparve il
profilo di un atlas. Il riverbero rosso delle fiamme sul metallo
generava un
gioco di ombre che lo rendeva simile a una creatura infernale.
Scavalcò le
macerie e penetrò nell'hangar, puntando le bocche da fuoco
contro la squadra di
Shepard.
«
Allarme
intruso. Tutto il personale si prepari al blocco di emergenza.
» la voce
femminile tornò a diramarsi dagli altoparlanti. Il livello
superiore venne
invaso da truppe d'assalto.
"Non sono
ancora finiti?"
Jane
attivò il mirino di precisione dell'Avenger.
«
Ripeto. Forze
ostili hanno violato il perimetro... »
Scaricò
l'intero caricatore contro lo schermo di
vetro temperato della cabina di comando, l'unico punto debole
dell'atlas.
Innumerevoli crepe si aprirono prima che fosse costretta a ripararsi da
un missile.
Il proiettile deflagrò contro il lato anteriore della cassa,
che venne spinta
in avanti di qualche metro. Shepard ne seguì il movimento
col corpo mentre una
fitta di dolore le attraversava la testa. L'esplosione le aveva ferito
i timpani:
un prepotente fischio si sovrappose ai suoni ovattati dei colpi d'arma
da fuoco,
andando a scemare nel tempo.
Inserì una nuova clip termica nel fucile e si
rialzò,
senza attenere di riavere la corretta percezione uditiva dell'ambiente.
Notò
che il piano superiore era coperto di cadaveri, alcuni dei quali ancora
appesi
alle ringhiere di sicurezza. Vega e IDA stavano tenendo impegnate le
truppe
d'assalto.
«
...di ricerca
deve bloccare i terminali e distruggere tutti i dati...
»
Shepard
attivò il mirino di precisione.
"Finiamola."
Posizionò
il parabrezza dell'atlas al centro della
croce e tirò il grilletto. Una raffica di cinque colpi si
diresse verso la
macchina da guerra. Il primo proiettile ne infranse il vetro. I
restanti
quattro abbatterono l'ingegnere seduto alla postazione di manovra, che
si
accasciò sui comandi.
L'atlas si fermò di colpo; le braccia meccaniche crollarono
lungo i fianchi con un gemito metallico.
Nell'hangar rimase solo il crepitio delle fiamme.
«
Quella era l'ultima squadra di Cerberus nell'area »
avvisò IDA.
« Merda! Tutto
qui? » esclamò spavaldo James, palesando il
proprio divertimento.
"Sì, per
fortuna. Sono stufa di incontrare imbecilli. Voglio LUI!"
Shepard
avanzò oltre lo squarcio, seguita a poca
distanza dai due subalterni. La zona era pregna dell'odore acre di
gomma
bruciata.
Si concesse di affidarsi ai suggerimenti di IDA e
abbassare la guardia. La pace durò poco: due voci distorte
passarono attraverso
gli altoparlanti, facendola trasalire.
«
Rispondetemi.
Mi dicono che hanno sfondato la porta con armi pesanti.
»
«
Negativo.
Hanno violato un caccia. Quel dannato coso ha distrutto mezza
struttura! Si è
fermato non lontano dalla centrale. »
«
Fermate i
nemici prima che raggiungano il laboratorio centrale.
»
A
Jane sfuggì un ghigno. "Provateci,
stronzi."
Individuò
l'unica porta del corridoio. L'oloserratura
era sigillata.
« IDA,
puoi bypassarla? »
« Un
momento. Cerberus ha aggiornato la codifica. La
violazione della
sicurezza potrebbe richiedere del tempo. »
Shepard
la guardò. Si era fidata d'istinto della AI,
dal primo momento in cui le era stata presentata sulla Normandy SR2.
Aveva
addirittura discusso con Joker in merito, e quando le avevano rivelato
di
essersi innamorati l'uno dell'altra aveva pensato la stessero prendendo
per il
culo. Nulla di più facile, considerato che entrambi amavano
la comicità.
Un'unione che avrebbe portato più di un individuo a storcere
il naso. I
sintetici non provano sentimenti, non hanno un'anima. Così
si diceva. Jane
aveva a sua disposizione sulla Normandy giusto un paio di esempi che
avrebbero
confutato quella teoria.
«
Come ha preso la distruzione della porta Cerberus?
»
«
Stanno sigillando quante più zone possibili della
base. I percorsi più ovvi per il laboratorio centrale sono
bloccati.
Fortificano altre aree, le truppe pesanti ci rallenteranno, mentre gli
ingegneri
piazzeranno delle torrette » illustrò l'androide,
senza smettere di bypassare
il codice di sicurezza.
«
Altre sorprese come lo svuotamento dell'hangar? »
«
No. Conosco le protezioni della struttura e posso
neutralizzarle. Cerberus può soltanto rallentarci.»
«
E se non ti avessi portata con me... »
«
Cerberus avrebbe svuotato l'hangar » concluse l'AI,
digitando l'ultima sequenza di numeri necessaria per decriptare la
corretta
codifica.
Shepard
percepì un moto d'orgoglio montarle in petto.
«
Ti ringrazio. »
«
Sono lieta di aiutarti » rispose, regalandole uno
dei suoi rari sorrisi robotici. Alle sue spalle l'oloserratura si
colorò di
verde. La porta si spalancò con un ronzio elettrico.
Entrarono
nella struttura, rischiarata da una fioca
luce artificiale.
«
Procederemo attraverso un sottolivello per evitare
le loro misure di contenimento. »
IDA
sollevò un braccio verso l'accesso all'area
inferiore. Shepard intuì che si trattava di un'area
solitamente interdetta ai
non addetti ai lavori, segnalata dall'illuminazione rossa e da un
vistoso avviso
di elevato rischio d'incendi.
"L'Uomo
Misterioso avrà il culo in fiamme alla fine della giornata."
«
Dove pensi che troveremo l'IV protean? »
«
Nel laboratorio centrale di questa struttura »
l'androide indicò con il pollice un punto indistinto oltre
la parete d'acciaio,
« è l'area più sicura. La distruzione
lasciata dal caccia ci darà il percorso
più diretto. »
Aprì
la strada al sottolivello.
Come preannunciato da IDA, si trovarono a
fronteggiare una strenua resistenza. Le truppe d'assalto e i centurioni
di
Cerberus avevano invaso l'area di stoccaggio e trasporto combustibile,
nascondendosi tra i tubi di vapore ad alta pressione e le centraline di
controllo.
"Merda, un
colpo sbagliato e qua salta tutto."
Non
vi furono colpi sbagliati e riuscirono in poco
tempo a liberarsi dei nemici armati. L'ultimo centurione si
trovò la cassa
toracica sfondata da un pugno biotico.
«
Niente di meglio di un corpo a corpo in un vicolo »
commentò James, « abbiamo eliminato molte delle
loro truppe. »
La
voce arrochita dell'uomo fece rabbrividire Jane. Maledisse
la propria debolezza che non riusciva a sedare. Nascose il volto
rabbuiato
chinandosi per raccogliere un pacco di medigel con cui rimpinguare le
scorte.
«
Hanno intenzione di rallentarci, non di fermarci »
spiegò IDA, « gli ingegneri stanno preparando una
difesa organizzata più
avanti. »
Il
sopracciglio destro di Shepard scattò verso
l'alto. « Possono permettersi di sprecare tutte queste
truppe? »
«
Sì. Cerberus utilizza le modifiche dei razziatori
sui civili catturati per creare rapidamente truppe d'assalto
funzionali. »
«
Pensavo fossero stupidi volontari dalle idee
confuse, ma questo è... maledizione! »
«
Sì » concluse Ida, lapidaria.
Jane
vide un lampo di collera negli occhi di Vega e le
sue ampie mani si strinsero attorno al calcio del fucile sino a farlo
scricchiolare. Se ne compiacque. Aveva sempre considerato il desiderio
di
vendetta come l'anticamera della vittoria.
Ordinò loro di seguirla e li guidò nuovamente al
piano superiore attraverso una stretta scala a pioli. Con iniziale
disappunto,
si ritrovarono bloccati da una ulteriore porta sigillata.
IDA vi si avvicinò, poggiandovi l'omni-tool dell'arto
robotico.
«
Tra un attimo potremo procedere. Shepard, quel
terminale non è stato ripulito completamente. Contiene dei
dati che potresti
trovare interessanti. »
Gli
occhi di Jane scattarono sul monitor spento della
piattaforma digitale. In condizioni normali avrebbe ignorato il
suggerimento
dell'androide e sarebbe rimasta concentrata sulla missione, ma quelle
non erano
condizioni normali. Erano nella base di Cerberus, la tana dell'Uomo
Misterioso.
Era stata nelle loro mani per due anni, probabilmente erano in possesso
di dati
personali di cui neppure lei stessa era a conoscenza. Il fatto che IDA
avesse
definito i dati come interessanti li aveva inseriti in cima alla lista
delle
priorità. Doveva saperne di più.
«
Cosa sarebbe? »
«
Il progetto Lazarus. La tua ricostruzione. »
"Merda."
Shepard
si precipitò sul terminale. Sentì un misto di
collera e delusione afferrarle la gola quando trovò intatte
solo tre registrazioni.
Selezionò la prima.
Sul monitor comparve la figura dell'Ufficiale Medico
Wilson, colui che li aveva traditi sulla stazione Lazarus: si trovava
in ciò
che sembrava un laboratorio di ricerca genetica. Di fronte a lui,
l'ologramma
dell'Uomo Misterioso.
«
Non è
possibile, non è una questione di risorse.
»
«
È sempre una
questione di risorse. Non possiamo perdere Shepard
» commentò l'Uomo,
tirando una boccata di sigaretta.
«
Shepard è
clinicamente morta. Dopo un simile trauma e un lungo periodo senza
ossigeno non
possiamo opporci alla natura. »
«
Non secondo
l'agente Lawson. Ora è lei a dirigere il progetto Lazarus.
»
La
registrazione si interruppe. Un lungo brivido
corse lungo la spina dorsale di Jane.
«
Non pensavo che fosse così grave. »
«
Sembra ben più di un semplice coma... »
commentò
James, avvicinandosi. Shepard provò il desiderio di
distruggere il terminale
con un pugno e rifugiarsi tra le sue braccia, per dimenticare
ciò che aveva
sempre cercato di negare. Lei era morta.
«
Così pare. »
«
Cosa si prova? Ricordi qualcosa? »
Lo
sguardo le si perse nel vuoto.
"La vedo,
la scia di ossigeno che si disperde nello spazio. Fa così
freddo. Quella
sensazione di vuoto che mi comprime il torace, i miei polmoni che
supplicano
aria. I respiri così inutili, e io che rimango lucida. La
tuta continua a
iniettarmi stimolanti. I miei rantoli strozzati mi rimbombano nella
testa.
Sbarro gli occhi. La vedo. L'alba del pianeta. Ho capito. Sto morendo.
NO!"
Jane
tirò un lungo respiro: non si era accorta di
essere finita inconsciamente in apnea. Rivisse per un istante le
sensazioni di
quei momenti. Respinse il panico crescente concentrandosi sulla
sensazione dei
polmoni che si riempivano d'aria.
Capì che doveva dare una risposta, ma che non avrebbe
mai rivelato ciò che aveva davvero provato.
Indietreggiò di un passo, lanciando
un'occhiata fugace all'ispanico.
«
È come quando si perdono i sensi. C'è solo voluto
più del solito a rimettermi in sesto per combattere. Sono
sempre io, e
questo... », strinse le palpebre per un secondo, «
...questo non cambia nulla.
»
«
Puoi dirlo forte, Comandante! »
Dentro
di sé, Shepard fu grata a James per
l'incoraggiamento. Annuì, più per confortare se
stessa che il subalterno, e elezionò
la seconda registrazione.
Wilson e l'Uomo Misterioso riapparvero sullo schermo.
«
La rigenerazione
dei tessuti è in corso. Il casco ha mantenuto intatto il
cervello, per quanto
possa servire. »
«
Lawson
troverà il modo. »
«
Signore,
Shepard è un soldato dell'Alleanza. Per lei noi siamo
un'organizzazione
terroristica! »
«
Non sto
cercando una compagna di ballo. Noi abbiamo bisogno di Shepard, e lei
ha
bisogno di risorse. Lavorerà con noi. »
Il
filmato si interruppe di nuovo, lasciando la donna
con l'amaro in bocca. Sapeva di essere stata usata dall'Uomo Misterioso
come
uno strumento e benché fosse riuscita in questo modo a
sconfiggere i
collettori, non era ancora riuscita ad accettarlo.
«
Pare avesse ragione » commentò James. A Shepard
sembrò di percepire una nota di rimprovero.
«
L'Alleanza non voleva ascoltare, cos'avrei dovuto
fare, restare lì ad aspettare? »
replicò. Il tono di voce lasciava trasparire l'insofferenza.
L'avevano giudicata come traditrice solo sulla base della sua alleanza
con
Cerberus. Aveva perso Kaidan per quel motivo. Aveva rischiato di
perdere tutto.
Non avrebbe accettato il biasimo di Vega.
«
Ora sei qui per fargli il culo. È questo che conta!
»
La
nota di rimprovero era sparita e Jane dubitò che
fosse mai esistita. Si morse il labbro, pentita della risposta aspra
che gli
aveva dato. Per la seconda volta, desiderò che l'ispanico
l'abbracciasse.
Selezionò l'ultima registrazione. Doveva ancora sapere
una cosa.
«
Il progetto
Lazarus riporta attività neurologiche. Richiedono altri
fondi. »
«
Concessi.
Portami i dossier delle potenziali reclute, Shepard si
riprenderà presto. Ci
serve un equipaggio. »
«
Le nostre
attuali forze dovrebbero essere sufficienti »
commentò una donna, nuova
attrice di quel siparietto sempre più disgustoso.
«
No, ci
servono facce amiche. Ho bisogno che Shepard sia convinta. Contatta
Kelly
Chambers e recluta Donnelly. La signorina Daniels li
seguirà. Avremo anche
bisogno di alcuni vecchi amici... », la voce
dell'Uomo Misterioso divenne
melliflua, « contatta la dottoressa
Chakwas e mandarmi il profilo psicologico del pilota di Shepard,
insieme a una
bottiglia di rosso di Thessia del quarantasette. »
Il
terminale si spense. Di fronte allo schermo nero,
la mente di Jane fu sommersa da un'improvvisa ondata d'odio.
"Figlio di
puttana..."
«
Quel bastardo ti aveva incastrata. Metterti a tuo
agio usando i tuoi amici! »
Le
parole di James alimentarono la fiamma del suo
odio. Si girò verso IDA, i movimenti secchi come unici
testimoni della sua
collera.
«
Come va con quella porta IDA? »
«
Siamo pronti a proseguire. »
Shepard
diede l'ordine di avanzare. Voleva trovarlo.
Gliel'avrebbe fatta pagare. L'avrebbe ucciso con le
sue stesse mani.
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Capitolo 14 *** Stazione Cronos - Pt. 2 ***
STAZIONE CRONOS -
PT. 2
Emanando
un vibrante clangore metallico le suole dei
loro stivali impattarono contro la grata del secondo livello interno.
L'enorme
ambiente che si profilava loro davanti era dominato da una luce fredda,
in cui
persino il corpo robotico di IDA assumeva una tonalità
bluastra.
Ciò che li portò a bloccarsi dopo pochi passi,
tuttavia, fu l'immensa struttura metallica ancorata alle pareti e al
soffitto
della stazione. Stretti corridoi vi si dipanavano attorno, in un
labirinto di
grate e corrimani che conferiva all'intera zona un aspetto pericolante.
«
Cos'è quella cosa? » esclamò Vega, la
voce mozzata
dallo stupore.
«
Questo è il protorazziatore umano distrutto da Shepard
» spiegò IDA, vagliando le informazioni registrate
e conservate in memoria
dall'epoca della missione suicida su Omega.
«
Ciò che ne resta. Mi sorprende che Cerberus abbia
recuperato tanto dalla base » aggiunse Jane.
Seguì
il profilo della macchina. Le lunghe dita ad
artiglio dell'unico arto rimasto integro pendevano molli nell'atmosfera
artificiale. Il cranio, contro cui la stessa Shepard aveva scagliato il
missile
letale, non era sopravvissuto all'esplosione e il busto dilaniato
strapiombava
con un inquietante moncherino al posto dell'orrido volto.
Ripensò al momento in
cui le era apparso per la prima volta, integro e in costruzione.
Composto dalla
materia organica dei coloni umani.
"« Ci
siamo. Tutti i tubi convergono in questo punto. IDA, cosa puoi dirci?
Che
stanno combinando? » ... « I tubi entrano in una
specie di superstruttura, la
quale emette rilevazioni energetiche sia organiche che sintetiche.
Considerando
le rilevazioni, dev'essere enorme. Shepard, se i miei calcoli sono
corretti, la
superstruttura è un razziatore. » ... «
Non un razziatore qualunque. Un
razziatore umano. »"
La
voce ringhiante di Vega la riportò al presente.
«
Tutti quegli stronzi che hanno dubitato di te...
vorrei che fossero qui ora. »
Batté
più volte le palpebre. Voleva eliminare quelle
immagini dal suo campo visivo. « Potranno venire a scattare
delle foto quando
avremo finito » ribatté, la voce satura di
sarcasmo.
«
Puoi dirlo forte. »
«
Cerberus sta utilizzando i pezzi sopravvissuti »
interruppe IDA, voltandosi verso Shepard, « il nucleo
centrale, analogo al
cuore, è perlopiù intatto. Credo che Cerberus lo
stia usando come fonte di
energia. »
"Merda,
avrei dovuto farlo a pezzi personalmente. E non solo il razziatore."
Diede
l'ordine di avanzare. La struttura a corridoi impediva
imboscate ai lati ma avrebbe reso difficoltoso anche il combattimento
diretto,
e Jane era sicura che avrebbero incontrato della resistenza. Avanzarono
con
calma lungo la prima rampa di scale, studiando l'ambiente.
Il sibilo degli stivali a reazione in dotazione alle
truppe d'assalto infranse il silenzio innaturale di quel luogo.
«
Altre truppe di Cerberus in arrivo » avvisò l'AI.
«
Lo spero proprio, finora mi sono quasi annoiato! »
sbottò
James, il tono di voce da spaccone rodato.
Tenendo
la guardia alta, Shepard voltò l'angolo alla
fine delle scale. Con la coda dell'occhio scorse il bagliore di una
lama.
"MERDA."
Scattò
all'indietro, sbilanciando il busto verso lo
strapiombo. Il filo della katana le sfiorò gli scudi
all'altezza della gola e
Jane si ritrovò in posizione di netto svantaggio, nel
tentativo di recuperare
l'equilibrio.
Il secondo fendente rimase sospeso, interrotto
dall'ntervento di Vega. Con una raffica di proiettili, l'ispanico
allontanò il
Phantom dal Comandante, che guadagnò il tempo sufficiente
per caricare un'onda
biotica e scagliare l'avversario nel vuoto.
«
Dannazione, quei maledetti salterini! » ringhiò
l'ispanico, osservando in lontananza un secondo Phantom attivare la
tuta
mimetica. Il riflesso di un laser rosso puntato contro il suo petto lo
costrinse a ripararsi dietro una delle innumerevoli piastre di acciaio
che
costellavano i corridoi.
«
Soldati di Cerberus in arrivo dal basso » avvertì
IDA. Le sue pistole seminavano morte tra le truppe, disorientate dalla
presenza
di due androidi. Jane rimpianse di non poter creare un proprio
ologramma
fittizio con cui distrarre gli avversari.
Il
Comandante si sporse da dietro la lastra di
metalli e individuò il suo obiettivo in un centurione che
correva lungo il
corridoio inferiore. I proiettili attraversarono le strette grate e
intaccarono
le sue difese, sino a renderlo un facile bersaglio per il fucile di
James.
Uno sparo secco e potente si levò sopra il caos della
battaglia. Shepard sentì l'allarmante rumore degli scudi
infranti seguita da un
bruciore alla coscia sinistra. Dovette ripararsi nuovamente a ridosso
del
pannello, contro cui appoggiò la nuca. Tirando un lungo
respiro, analizzò la
ferita con lo sguardo. Il proiettile l'aveva colpita di striscio,
graffiando la
pelle.
"Fottuto
cecchino..."
Cinque
secondi. L'omni-tool le notificò il ritorno
alla piena funzionalità delle difese. Estraendo il fucile a
pompa, si lanciò in
un attacco diretto.
Vide il secondo Phantom precipitare al di là del
parapetto, l'elmo accartocciato dalla potenza esplosiva delle granate
di Vega.
Era rimasta solo la Nemesi, ed era sua.
Percepì il crepitio dell'energia biotica attraversare
l'amp e diramarsi lungo gli arti. Fugaci scariche elettriche apparvero
attorno
al corpo, il cui profilo assunse un minaccioso alone bluastro.
Il cecchino emerse dal nascondiglio. La luce rossa
del mirino accecò per un istante Jane, che
sfruttò a proprio vantaggio l'attimo
necessario al tiratore per posizionarla al centro della croce.
Divenendo un
tutt'uno con l'energia biotica, si lanciò in carica contro
la Nemesi. L'impatto
generò un raccapricciante suono di ossa frantumate.
Il cecchino fu scagliato di schiena contro la
balaustra. Il torace gli si inarcò in una posizione
innaturale, prima di
rimbalzare verso l'esterno e precipitare nell'abisso con un rantolo.
"È finita."
Shepard
ruotò la spalla che aveva usato per colpire
l'avversario, la stessa che era stata ferita durante lo scontro al
Propuesta
Indecente. Uno spiacevole scricchiolio uscì dalle giunture.
«
Combattere su questa cosa è come festeggiare in un
cimitero » sbottò James, raggiungendola.
«
Ha cercato di uccidermi, può pure fissarmi quanto
le pare » commentò serafica. Non erano i morti che
la preoccupavano.
Diede
l'ordine di procedere.
Salirono di tre livelli, affiancando la carcassa in
disarmo del razziatore. Malgrado non avesse accesso diretto a una fonte
di
energia, le sue luci sembravano emanare un bagliore etereo. Sheoard
ebbe la
sgradevole impressione che potesse riprendere vita da un momento
all'altro.
"Come te e
la Sovereign, anche gli altri." si ripromise, percorrendo
l'ultima
rampa di scale sino ad una nuova porta scorrevole. L'oloserratura era
verde e
l'accesso all'area successiva risultò immediato.
Si
ritrovarono su una piattaforma sospesa,
disseminata di terminali informatici. Attraverso un'immensa vetrata a
muro era possibile
osservare direttamente il razziatore umano. L'occhio ostile del nucleo
della
superstruttura era puntato contro di loro. James provò una
sensazione di pelle
d'oca lungo le braccia.
Avanzando attraverso la stanza, Jane notò il
lampeggiare di un videoterminale. Era ancora attivo e contenente dei
dati.
Benché fossero vicini al laboratorio centrale, a un passo
dalla sonda protean,
la curiosità ebbe la meglio.
Selezionò la prima registrazione. Sul monitor apparve
una scienziata che Shepard non riuscì a riconoscere.
Dinnanzi a lei, al centro
del laboratorio, l'ologramma dell'Uomo Misterioso.
«
Il cervello
di Grayson è un disastro. Alla fine i razziatori ne hanno
ottenuto il pieno
controllo. »
«
E le
migliorie fisiche? »
«
Davvero
eccezionali, se solo non dovessimo riscrivere l'intero tracciato
neuronale...
» la donna calcò l'ultima frase con un sarcasmo
tagliente.
«
Il fallimento
di Grayson è dovuto a scarsa determinazione. A lui
importavano solo le sue dosi
di sabbia rossa. »
«
Vuole provare
con dei soggetti più leali, signore? »
«
Trova dei
volontari tra le nuove reclute. Non possiamo ignorare tali benefici
fisici.
»
Il
filmato si bloccò, dando a Jane la possibilità di
selezionare la registrazione successiva. Davanti ai suoi occhi, gli
protagonisti.
«
I
miglioramenti sono fuori scala. Le nostre truppe sono superiori a
qualsiasi
soldato dell'alleanza. »
«
Procediamo
comunque. Tutti i soldati devono avere gli impianti prima che arrivino
i
razziatori. »
«
Però il
rischio di perdere il controllo delle nostre forze è reale.
Alcuni sentono già
delle voci. »
«
Quando il
nostro lavoro a Sanctuary darà i suoi frutti sentiranno solo
la nostra voce.
»
Il
Comandante percepì un brivido lungo la nuca. Era
rimasta l'ultima registrazione.
Digitò il pulsante di avvio.
"Ma che
diavolo..."
Il
laboratorio era cambiato. Non vedeva più la
piattaforma olografica, sostituita da ciò che le
sembrò il letto di una camera
operatoria. Seduto sul bordo, l'Uomo Misterioso in carne e ossa.
«
Signore, ha
chiesto la mia opinione a riguardo. È troppo pericoloso.
»
«
No! Ci siamo
quasi, Sanctuary è stato un successo. Possiamo controllare
le forze dei
razziatori. I nostri sforzi e gli enormi sacrifici che abbiamo compiuto
presto
saranno ripagati. »
«
Non possiamo
perderla. L'umanità ha bisogno della sua mente,
preferibilmente intatta. »
«
Sono
cosciente dei rischi, Iana. Ecco perché mi affido a te. Con
te al mio fianco so
di avere qualcuno in grado di tenermi in riga. »
«
Eh... mi
fiderò di lei, signore. Va bene. »
«
Inizia la
procedura. Niente anestetici, e per sicurezza... »
gli occhi azzurri
dell'uomo si posarono sulla telecamera, « computer,
fine registrazione. »
Il
video si spense con un leggero sibilo. Shepard si
lasciò sfuggire un verso di disappunto. Voleva sapere cosa
diavolo fosse
successo in quel laboratorio, che cosa stesse succedendo. Si chiese se
fosse
davvero possibile ciò che aveva sempre millantato di poter
fare. Se davvero i
razziatori potessero essere comandati a proprio piacimento. L'idea che
fosse
quell'uomo ad avere il potere su una simile forza distruttiva rese
ancora più
impellente la necessità di eliminarlo dalla circolazione.
Guidata da uno scatto
d'ira, la mano le si strinse in un pugno e colpì la
tastiera, causando il
cortocircuito dell'intero sistema.
"Dannazione..."
Un
cenno rapido, prima di mettersi a correre. Fucile
d'assalto in mano, lo scalpiccio dei compagni dietro di sé,
oltrepassò una
prima soglia e corse lungo il corridoio. Si trovò davanti a
una rampa di lucido
acciaio che terminava con l'ennesima porta. Il simbolo di Cerberus
ornava i due
pannelli scorrevoli.
Shepard comprese di essere arrivata.
«
Ci siamo, tenete gli occhi aperti! »
I
pannelli si separarono con un fruscio metallico. Si
spalancò l'accesso al laboratorio centrale della stazione
Cronos, una visione
che mozzò loro il fiato.
Il pavimento di resina scura rifletteva, in sinergia
con le piastre del soffitto, l'immensità dello spazio
siderale, al cui centro
brillava la supergigante rossa Anadius, silenziosa spettatrice della
battaglia
furente tra Cerberus e l'Alleanza. Gli schermi protettivi impedivano al
fulgore
della stella morente di accecare lo sguardo di chi indulgeva nel
contemplare i
suoi brillamenti e le volute di plasma che si rincorrevano sulla
superficie.
Shepard avanzò, ammutolita. Aveva già visto quel
posto, ammirato le meraviglie cromatiche dell'astro morente, ma sempre
attraverso l'olovisore su cui, in quel momento, poggiava i piedi. Si
aspettava
di trovare l'Uomo Misterioso, di potersi confrontare infine con lui
faccia a
faccia.
La sedia era vuota.
"Mi è
sfuggito di nuovo..."
Il
dolore alle guance la obbligò a rilassare i
muscoli del volto.
"Se non
posso avere lui, almeno la sonda protean."
Si
impadronì del posto del suo avversario. Di fronte
a sé osservò il terminale informatico principale
di Cerberus. Era in suo
completo possesso, ed era intenzionata a sfruttarlo fino in fondo.
«
Dobbiamo trovare l'IV protean » ordinò, mentre
attraverso
i guanti assaporava il tocco della tastiera olografica. Il ticchettio
dei tasti
si diffuse nella stanza.
IDA
si recò a un terminale minore, situato a breve
distanza, dove poté fornire a Jane l'accesso diretto alle
funzionalità della
struttura. I codici necessari apparvero davanti ai suoi occhi.
«
Shepard. »
"Questa
voce."
Le
mani della donna si pietrificarono sul terminale.
«
Mi hai rubato la sedia... »
Il
Comandante si alzò di scatto, estraendo la pistola
in un unico, fluido movimento.
La delusione fu cocente quando si accorse che
dell'Uomo Misterioso poteva ammirare solo l'ologramma, ma non smise di
puntargli la pistola contro il volto.
«
Forse questa sedia è l'unica cosa che ti rimane.
Cerberus è finito » asserì, sputando in
quelle parole tutto il proprio odio.
«
Al contrario. Abbiamo ottenuto tutto ciò che mi ero
prefissato... », l'uomo tirò una rapida boccata di
sigaretta, « ...quasi,
tutto. »
Shepard
ripose la pistola. Sentì il bisogno di
tirargli un pugno, un'urgenza che represse limitandosi ad avvicinarsi
all'ologramma del proprio nemico.
«
Sì, abbiamo visto cos'hai combinato a Sanctuary. Ma
controllare un razziatore è una cosa ben diversa »
lo sfidò, aggrottando le
sopracciglia.
«
Un ostacolo significativo ma, grazie all'IV
protean, possiedo ciò che mi serve per superarlo. »
«
Il catalizzatore. »
«
Esatto » confermò l'Uomo, senza nascondere la
palese soddisfazione. I suoi penetranti occhi azzurri erano fissi su
quelli di
Shepard.
"Come
quelli di un gatto che gioca col topo."
Decise
di giocare il tutto e per tutto, cercando di
carpirgli quante più informazioni possibili.
«
Cos'è il catalizzatore? E come ti aiuterà a
controllare i razziatori? »
«
Questo dovrai chiederlo all'IV. Io ho smesso di
aiutarti. »
La
donna imprecò mentalmente, « Perché,
l'hai mai
fatto? »
«
Non pensare che stia dalla parte del nemico solo
perché uso le sue tattiche. Credimi Shepard, il mio fine
ultimo è sempre stato
quello di elevare l'umanità, non solo oltre le altre specie
della galassia, ma
oltre gli stessi razziatori. »
«
Stronzate! » sbottò Jane, protendendosi verso
l'Uomo,
« Se ci tenessi davvero al bene dell'umanità
avresti collaborato con me. »
«
Ne dubito » rispose, lapidario. Alla donna sfuggì
uno sbuffo disgustato.
«
Sei disperato! Quanti ne hai uccisi? Insieme
avremmo già ottenuto il crucibolo e il catalizzatore.
»
«
Non mi hai mai ascoltato, e continui a non
ascoltarmi! » esclamò irritato. La sua collera era
evidente, enfatizzata dal
feroce gesticolare della mano, « la distruzione dei
razziatori sarebbe l'errore
più grave della nostra esistenza! », la sigaretta
tornò ad accorciarsi, « E
tu... tu non riuscirai mai a convincermi del contrario. »
Shepard
gli si avvicinò sin quasi a toccare
l'ologramma. Dalla gola le uscì una voce funerea, che sapeva
di sentenza.
«
Ho avuto fin troppa pazienza con te. Cerberus è
finito, e tu con lui. »
«
Ti ostini a negare la realtà delle cose. Cerberus
è
ben più di un'organizzazione o dei suoi membi. Cerberus
è un'ideale... »,
espirò una voluta di fumo, « ...un ideale che non
può dissolversi tanto
facilmente. »
Sul
pavimento, il riflesso dell'esplosione di un
incrociatore dell'Alleanza sembrò suggellare con un marchio
di sangue le parole
dell'Uomo Misterioso.
«
Per di più, io ho già ottenuto quello che stai
cercando » concluse.
La
donna si voltò verso l'androide, che non aveva mai
smesso di setacciare i server della stazione.
«
IDA? »
«
Ci sono quasi. »
«
IDA... », la voce dell'Uomo si fece nuovamente
melliflua, « mi sorprende vederti così decisa a
realizzare la distruzione dei
razziatori. »
«
Non dargli ascoltò » la esortò Shepard.
Conosceva i
metodi di quell'individuo, e la manipolazione psicologica era tra i
suoi
preferiti.
«
Avresti potuto distruggere il corpo di EVA,
invece... hai scelto di controllarlo. »
«
Era necessario. »
«
Ottima scelta » la incoraggiò l'Uomo.
Jane
fissò il suo sorriso. Aveva capito dove volesse
andare a parare.
"Brutto
figlio di puttana..."
«
Va bene » concluse lapidaria l'AI, troncando il
discorso prima che la donna potesse intervenire.
Al
centro del salone apparvero i primi pixel sfocati
dell'IV, in un tripudio di luci verdognole che si riunirono a generare
la
sagoma di un protean.
«
Online. Rilevata violazione della sicurezza. »
Shepard
si volto, lanciando al nemico uno sguardo di
sfida. Sul volto dell'Uomo Misterioso apparve un sorriso enigmatico.
«
Goditi la chiacchierata, ma ti consiglio di non
dilungarti troppo » la schernì, voltandole le
spalle. Il collegamento terminò
con un ronzio. L'IV si voltò verso Jane, rivolgendole la
propria attenzione.
«
Stai cercando di soccorrermi dalle forze
indottrinate? »
«
Sì. Devo scoprire cos'è il catalizzatore.
»
«
Protocolli di sicurezza bypassati. Eseguo la
richiesta » comunicò il protean. Un breve silenzio
piombò nella stanza.
Shepard
lo fissò. Il suo cuore accelererò. "Ci
siamo."
«
Il catalizzatore migliora le trasmissioni di
energia oscura e coordina l'intera rete dei portali. Nel tuo ciclo
è noto come
Cittadella. »
La
donna lo fissò, pensando di aver mal compreso
cos'avesse detto.
«
Eh? »
«
Il catalizzatore è la Cittadella. »
La
donna ripensò a Ilos, a Vigil, all'importanza
della Cittadella per i razziatori, alla sua potenza come portale dalla
Via
Lattea allo spazio oscuro. Come tutti i portali, la Cittadella era un catalizzatore per l'energia oscura.
"Ma certo..."
«
Quindi, mettendo insieme crucibolo e Cittadella potremmo
fermare i razziatori? »
«
Esattamente. »
«
Ma... la Cittadella è stata costruita dai
razziatori » obiettò.
«
Ereditammo i progetti del crucibolo dal ciclo
precedente, e questo passaggio di mano dura da innumerevoli cicli. A un
certo
punto, difficile stabilire cronologicamente, i progetti vennero
modificati per
integrare l'uso del catalizzatore. Presumibilmente, il crucibolo non
era
abbastanza efficace da sconfiggere i razziatori. »
«
Li sconfiggeremo con la loro stessa tecnologia » si
intromise IDA, elaborando logicamente le informazioni ottenute dall'IV.
«
Precisamente. »
Jane
squadrò il simulacro del protean con malcelata
irritazione. Quella sonda perfettamente funzionante era rimasta nelle
mani
delle Asari per millenni, e l'IV non aveva mai accennato alla minaccia
dei
razziatori.
«
Se ce l'avessi detto prima ci saremmo preparati
meglio. »
«
Se i razziatori fossero venuti a conoscenza del
catalizzatore avrebbero cercato di impadronirsene. Sono programmato per
celare
tale informazione fino al completamento del crucibolo »
spiegò.
Alle
orecchie del Comandante, le sue parole
risultarono una squallida giustificazione, benché razionali.
«
Possiamo considerarlo pronto. Portiamolo alla
Cittadella » concluse la donna, dandogli le spalle prima
ancora di finire la
frase. Stava incamminandosi a grandi falcate verso l'uscita, quando le
parole
dell'IV la fecero voltare di scatto verso l'ologramma.
«
Potrebbe non essere possibile. »
«
Perché no? » chiese, sfidandolo con lo sguardo.
«
Colui che ha violato i miei protocolli di
sicurezza, il cosiddetto Uomo Misterioso, è fuggito sulla
Cittadella e
informato i razziatori dei nostri propositi. »
Shepard
digrignò i denti. « Maledizione... »
«
Allora la Cittadella è in pericolo. I razziatori la
conquisteranno » esclamò IDA, in un doloroso
sottolineare ciò che la donna
aveva già compreso.
«
L'hanno già fatto. La Cittadella è stata
trasferita
nel territorio dei razziatori. » sentenziò l'IV.
Nel
suo petto, Shepard sentì mancare un battito.
«
Spostata? E dove? » chiese, avvicinandosi a passi
lenti.
«
Nel sistema da voi denominato Sol. »
L'immagine
del pianeta in fiamme le si parò davanti
agli occhi in un ricordo straziante. Al suo fianco, sentì
Vega sospirare
un'imprecazione.
«
Terra... »
«
Corretto. Ora le forze dei razziatori si
consolideranno attorno al catalizzatore, proteggendolo ad ogni costo.
Le
probabilità di accedervi sono remote. »
«
Prima o poi dobbiamo affrontare i razziatori a viso
aperto, non importa dove. Porteremo il crucibolo sulla Terra
» ribadì Shepard,
la cui mente era ancora dominata dal bambino che non era riuscita a
salvare.
«
Confido nel vostro successo. »
«
IDA, contatta Hackett. Deve... »
Il
crepitio di una scarica biotica invase l'ambiente.
Un fulmine bluastro passò tra Jane e l'androide, che si
ritrassero d'istinto, e
colpì il terminale principale. Il contatto tra il monito e
la scarica causò un
corto circuito. Erano isolati.
Voltandosi, lo sguardo della donna incrociò il visore
elettronico del braccio armato dell'Uomo Misterioso. L'N7 asiatico che
aveva
tradito l'alleanza per unirsi a Cerberus. Kai Leng.
«
Tu... » sibilò Jane, gli occhi ridotti a due
fessure.
«
Ti aveva detto di non dilungarti » la schernì,
tenendo alto di fronte a sé il braccio su cui era impiantato
l'amplificatore
biotico.
Jane
estrasse il fucile a pompa nell'istante in cui
scorse Kai Leng avanzare. Le pesanti falcate rimbombarono nella sala.
Con un
ruggito, l'uomo caricò la mano di energia biotica e
colpì con violenza il
pavimento di fronte a Shepard. Gli spessi pannelli di resina lucina si
frantumarono sotto la potenza dell'attacco, esponendo il fitto intrico
di cavi
e tubi sottostante.
"Si
comincia."
Se
lo ritrovò di fronte prima di rendersene conto,
così vicino da sentire il profumo metallico dell'armatura.
Dietro alle fessure
del visore intravide le nere iridi contaminate dalla fluorescenza degli
impianti cybernetici.
La lama calò dall'alto: un fendente, un altro e un
terzo, rapidi e letali. Jane si ritrovò ad arretrare,
parando ogni colpo con il
corpo del fucile. I muscoli delle braccia le tremarono. L'indicatore di
stabilità degli scudi prese a lampeggiare come impazzito.
I suoi compagni non stavano sparando. Sapeva che
erano arrestati dal timore di ferirla.
"Merda!"
Scorse
il riflesso della spada sopra la propria
testa. Riuscì a bloccarla a pochi centimetri dallo scalpo.
L'uomo forzò il
fendente, afferrando l'elsa della katana con entrambe le mani. Shepard
intravide l'occasione per sfuggirgli.
Urlando, gli sferrò un calcio bionico sul plesso
solare. Sentì il respiro di Kai Leng mozzarsi. In un
crepitio elettrico,
l'assassino venne scagliato verso la porta, davanti a cui
atterrò con agilità.
Le bocche da fuoco di IDA e James iniziarono a
cantare.
«
Ancora meglio che su Thessia! È più personale
»
dichiarò l'uomo, evitando i proiettili senza sforzo
apparente. Corse verso IDA,
che lo vide passarle di fianco senza che la degnasse di uno sguardo.
Voleva
solo Shepard.
Un'onda
d'urto investì i tre militari dell'Alleanza,
deviando i proiettili contro le pareti di vetro. L'asiatico aveva
distrutto una
seconda porzione di pavimento. Dal soffitto, una squadra di soldati
d'assalto
arrivò per rinforzare il fronte di Cerberus.
La donna ordinò ai compagni di occuparsi delle
marionette. Lei avrebbe pensato a Kai Leng. L'assassino si
scagliò contro
Shepard, cercando di arrivarle a portata di spada.
«
Così non fai altro che indebolire l'umanità
» la
accusò.
«
Tu usi tecnologia dei razziatori! » latrò Shepard
di rimando, sparando un colpo di seguito all'altro. Era più
potente di lei.
Doveva tenerlo alla larga.
Arretrò,
senza mai volgergli le spalle; la sensazione
delle schegge di vetro che si sbriciolavano sotto gli stivali le
risalì le
gambe.
«
Ora sono più forte! » dalla mano di Kai Leng
fuoriuscì una sfera di plasma condensato che infranse gli
scudi di Jane. «
Evolversi o morire. Non ci sono alternative! »
Un
colpo di fucile della donna infranse gli scudi
dell'uomo. Ringhiando per la frustrazione, l'asiatico batté
in ritirata
dall'altro capo della sala. La sua figura si stagliò sul
profilo della stella
morente, buia come una macchia solare.
"Non mi
scappi, stronzo."
Shepard
si proiettò verso quell'immagine infernale.
Contò dieci metri, cinque, tre passi di distanza
dall'avversario. Sollevò il
fucile. All'improvviso, i capelli le si drizzarono in testa.
Elettricità
statica.
Scartò di lato. Il suo stivale incontrò il vuoto,
sentì lo stomaco in gola. Con un tonfo sordo, l'arma ancora
stretta in una
morsa istintiva, piombò di schiena dentro una voragine nel
pavimento.
I timpani furono scossi dall'enorme frastuono. L'onda
d'urto, carica di schegge di vetro, le sfiorò la punta del
naso.
«
Tutto qui quello che sai fare? » lo sentì
provocare.
Jane
si rialzò con un colpo di reni, imbracciando
l'arma. Le sue iridi lampeggiavano di bagliori euforici, forti
dell'adrenalina
che le scorreva nelle vene alimentando ogni cellula del corpo con la
furia
della battaglia.
«
Come vanno le gambe? Sei stanco? » lo sbeffeggiò,
balzando fuori dalla voragine.
«
Sei troppo lenta, Shepard! » gli rispose Kai Leng.
Un fendente improvviso la costrinse a ritrarsi all'indietro,
consentendo
all'assassino di allontanarsi dalla rosata del suo fucile.
«
Almeno io non scappo! » latrò la donna.
Caricatasi
di energia biotica, sfruttò il suo attacco
più potente scaraventandosi contro Kai Leng con il peso del
proprio corpo. Udì
le sue difese polverizzarsi e maledisse l'addestramento da N7
dell'asiatico
quando si accorse che l'impatto non era stato sufficiente per
ucciderlo, ma
solo per sbalzarlo a distanza di pochi metri. L'assassino
riacquistò l'equilibrio
con una sequenza di movimenti acrobatici. L'ennesimo pugno biotico
scagliò
frammenti di nera resina nell'aria e impedì a Jane di
sfruttare la carenza di
difese dell'avversario.
Uno dei proiettili taglienti le graffiò il viso.
Shepard provò il malsano desiderio di appendere la sua testa
nella teca dei
trofei.
"Perché
cazzo non ti decidi a morire?"
Prima
che potesse raggiungere Kai Leng, tra lei e
l'uomo si frappose l'esile figura di un Phantom, sopravvissuta a stento
ai
proiettili di IDA e alle granate di James Vega.
Con un ringhio, Jane afferrò la mercenaria di
Cerberus per la gola, alzandola da terra. L'assassina emise un lamento
strozzato, che si tramutò in un flebile mugolio quando in
una frazione di
secondo il suo cranio impattò contro il pavimento. Il sangue
si sparse sul
vetro scuro, inquinando il riflesso delle stelle come una macchia di
inchiostro.
Shepard alzò lo sguardo. L'asiatico si teneva ancora
a distanza.
Rinfoderò il fucile e lasciò che le sue mani
arpionassero d'istinto il calcio dell'Avenger.
«
Alla Cittadella sei fuggito. E anche tu Thessia »
lo provocò, sogghignando.
«
Taci! »
Lo
vide scattare in avanti. Di fronte alla porta
d'ingresso, dove Kai Leng era loro apparso, Jane si
immobilizzò sul posto, il
volto deformato in un ghigno terrificante. Attorno ai due contendenti,
la
pioggia di proiettili scatenata dal combattimento tra le due fazioni si
sovrapponeva al muto spettacolo delle armate di Cerberus annientate
dalla
potenza delle navi dell'Alleanza, in un trionfo di deflagrazioni e
frammenti
dispersi nell'immensità cosmica.
L'udito di Shepard era concentrato solo sul suono dei
passi di Kai Leng. I suoi occhi seguivano ogni minuta movenza
dell'avversario.
«
Anche se tu vincessi, è troppo tardi per fermare il
corso degli eventi! »
La
voce dell'asiatico le risuonò nel cervello come un
eco lontano. Il riflesso della katana si fece più vivido, in
una parabola
luminosa che dal soffitto puntava alla sua gola.
Era il momento.
«
Può darsi... » urlò la donna,
scostandosi
all'ultimo secondo, « ... ma in ogni caso... », gli
piantò il fucile contro il
fianco, annientando gli scudi con una raffica, « ... TU NON
POTRAI APPURARLO! »
Sul
visore di Kai Leng divampò il riverbero delle
scariche luminescenti. Il pugno, celato sino a quel momento dietro la
schiena
di Jane, saettò in un crepitio biotico contro il petto
dell'assassino.
Uno schizzo di sangue sporcò lo spallaccio della
donna.
L'uomo crollò a terra senza un gemito.
"Fottiti."
Jane
ripose il fucile d'assalto, volgendo le spalle
all'asiatico agonizzante e dirigendosi al terminale principale.
Attorno, i
cadaveri dei mercenari di Cerberus punteggiavano il pavimento in rovina
della
stanza.
Si sedette sullo scranno dell'Uomo Misterioso. Doveva
raccogliere i dati necessari per l'inserimento del crucibolo nel
catalizzatore.
I suoi compagni ne approfittarono per ammirare la disfatta di Cerberus
dall'immensa vetrata protettiva.
Il ticchettio delle dita sui tasti riempì l'atmosfera
artificiale della stanza, rimbalzando contro le pareti in un flebile
eco.
Folder. Folder. Link. File.
Grafici. Coordinate.
Code
strings. Pack
files. Pack
data. Comprimi. Invia.
Un respiro alle spalle. Shepard roteò il busto.
Il pugno colpì la katana di piatto. Il peccato
originale della spada giapponese completò l'opera. La
sottile lama d'acciaio
rivelò la debolezza insita nella sua rigidità,
spezzandosi a metà in un
tintinnio metallico.
L'omni-blade avvolse l'avambraccio di Jane. L'arto
scattò in avanti. La lama arancione penetrò nelle
carni come fossero di burro.
Attraverso la tuta, la donna percepì il calore del sangue di
Kai Leng.
«
Questo era per Thane, maledetto bastardo » gli
ringhiò nell'orecchio, prima di smaterializzare l'arma. Lo
vide rovinare a
terra, esanime.
Accanto
al cadavere, conscia dello scampato pericolo,
l'IV della sonda protean.
«
La Cittadella è in posizione. I razziatori si
stanno preparando a completare il raccolto delle vostre specie
» riferì
lapidario, i quattro occhi fissi su Shepard.
«
Li fermerò. »
«
È troppo tardi. Consiglio di cercare un modo di
conservare le informazioni per le spec... »
«
Li fermerò! »
La
sua voce non ammetteva repliche.
Dirigendosi verso l'uscita, Jane voltò le spalle all'IV,
a Cerberus e al suo passato.
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Capitolo 15 *** La resa dei conti ***
LA RESA DEI CONTI
L'ombra
dei lunghi artigli si allungò sul volto di
Shepard, teso in una smorfia di collera. Seguì con gli occhi
il lento movimento
della mano sintetica, ormai alta sopra l'orrida testa. La via di fuga
le era
preclusa dalle macerie e il misero fucile che teneva tra le mani non
sarebbe
mai stato sufficiente a eliminare l'asari corrotta.
Sotto
alle suole degli stivali il terreno iniziò a
vibrare. Alle sue spalle, l'assordante ruggito del razziatore, di
classe
Distruttore, sembrò intonare un inno di vittoria.
Attese.
Le vibrazioni del suolo aumentavano d'intensità. Dalle
scheletriche membra della banshee si propagarono onde bluastre di
energia
biotica. Il suo grido si innalzò, rauco e stridulo, sopra la
desolazione di
Londra.
Al tremore si unì il calore.
Jane si appiattì contro ciò che restava
dell'edificio
crollato.
Il raggio infernale del razziatore le accarezzò il
capo. L'odore dei ciuffi di capelli bruciati si mescolò
all'olezzo del cemento
arso e della terra inaridita. Stringendo le palpebre per resistere al
fulgore,
vide il fascio ardente investire l'asari corrotta.
L'atroce verso della creatura si spense e del corpo
sintetico rimase un cumulo di cenere, su cui Shepard sputò
un grumo di saliva e
polvere.
«
Comandante!
» attraverso il comunicatore vocale, la voce di IDA
entrò di prepotenza tra i
suoni della battaglia « Nave da
guerra a
portata di tiro, missili pronti al lancio.»
«
Ricevuto, IDA. »
Jane
si alzò, scavalcando le macerie che avevano
impedito al raggio di carbonizzarla.
Attraverso l'omni-tool, i parametri vitali dei suoi
compagni indicavano valori entro la norma. Si sforzò di non
rintracciare James
con lo sguardo. Avrebbe voluto accertarsi che non fosse un'anomalia
elettronica, che fosse davvero riuscito a sopravvivere allo scontro
peggiore della
sua carriera da N7.
Si precipitò al terminale di lancio dei missili.
Attorno a lei, il fischio continuo dei proiettili, e i colpi che le
scuotevano
gli scudi, portati al massimo della potenza e al limite della
resistenza.
Venne affiancata da Kaidan, che sovraccaricò le armi
dei razziatori quel tanto che le bastò per raggiungere la
postazione.
Compose il codice di avvio.
«
Puntamento
online, razziatore a portata di tiro »
avvisò IDA. Era il segnale che stava
attendendo. La Normandy era pronta.
Shepard
iniziò a digitare la sequenza di lancio. Era
maledettamente lunga, e lei era maledettamente esposta. Necessitava di
copertura.
Sul fianco destro udì i ruggiti. Una nuova orda di
razziatori si stava avvicinando da nord. Cercò di
concentrarsi sul monitor del
terminale. I ruggiti le sembrarono numerosi, troppo numerosi
perché Alenko
potesse respingerli da solo.
"Merda."
Prima
che potesse accorrere in aiuto del biotico, il
suono di un fucile a pompa, un Wraith M-11 perfettamente lucidato, le
produsse
un nodo di gioia in gola. Con la coda dell'occhio, scorse i cannibali
crollare
a terra, uno dopo l'altro, freddati da pochi colpi precisi. Senza
vederlo,
percepì lo sguardo di Vega vigilare su di lei.
"Nove...
cinque... tre... nove." « Fuoco! »
urlò Shepard, correndo in copertura
dietro le rovine di un edificio, seguita dai propri compagni. James e
Kaidan si
premurarono che le poche forze nemiche rimaste non si avvicinassero al
loro
riparo.
In
un tripudio di fiamme, i due missili Thanix si
innalzarono, fendendo il cielo caliginoso di Londra. Danzarono attorno
al
raggio del razziatore, guidati con maestria dal sistema di puntamento
della
Normandy. I loro musi argentati penetrarono la solida corazza
nell'unico punto
debole, pochi istanti prima che le scaglie di protezione riuscissero a
richiudersi.
L'esplosione sbilanciò la creatura, il cui minaccioso
occhio rosso rimase inattivo per pochi secondi.
«
Sta cadendo! » esultò James.
«
Colpiamolo con tutto quello che abbiamo! » ordinò
Shepard, collegandosi con le postazioni alleate attraverso l'omni-tool.
Dalla
Londra devastata si innalzarono sciami di
missili e proiettili, che si diressero contro il Distruttore. La
macchina venne
circondata da una nube di fuoco e fumo, all'interno della quale i suoi
contorni
divennero indistinti. La potenza delle deflagrazioni divenne
così abbacinante
da costringere il Comandante a proteggere gli occhi con un braccio.
Quando la nube si diradò, il rottame del razziatore
giaceva al suolo, ormai esanime. Attorno a loro, l'armata dei
razziatori si era
ritirata.
«
Nave da guerra terminata » confermò IDA, dalla cui
voce metallica trasparì una punta di soddisfazione.
«
Ottimo lavoro IDA. » Shepard si congratulò con
l'AI, voltandosi verso i compagni per elargire loro un sorriso di
approvazione.
Kaidan le annuì di rimando, e le sembrò che dagli
occhi di James trasparisse un
entusiasmo più radioso del necessario quando incontrarono i
suoi.
Distolse
lo sguardo con un movimento secco.
"Devo
smetterla di illudermi e concentrarmi." Un breve sospiro le
sfuggì
dalle labbra, "Che idiota..."
«
Shepard, stiamo raggiungendo la vostra posizione. »
Attraverso il comunicatore auricolare, la voce di Anderson la distolse
dai suoi
pensieri.
«
Ricevuto » risposte, la voce più stanca di quanto
avrebbe voluto. Si voltò verso i cingolati dell'Alleanza,
che a fatica
avanzavano tra le macerie della capitale inglese.
Si
fermarono con un cigolio stridente nel punto dove
la banshee era stata polverizzata, le sue ceneri ormai disperse nei
detriti del
quartiere distrutto.
«
Shepard, quaggiù! » Da uno dei carri scese una
figura famigliare, il volto scuro coperto dall'eterno cappellino
argentato.
Shepard non si mosse, ammirando commossa il fisico maturo ma robusto di
Anderson, la sua divisa coperta dalla polvere, sgualcita da mesi di
guerriglia.
Per lei era come un padre: era stato lui a salvarla dalla corte
marziale, e
sempre lui le aveva assegnato Vega come guardia del corpo durante i sei
mesi di
prigionia sulla Terra. Sapeva bene che in quella guerra le
possibilità di
rivedersi vivi erano ridotte al minimo, e ogni incontro era uno dei
pochi
momenti di felicità che osava permettersi.
«
Grazie al cielo ce l'hai fatta » disse l'ammiraglio
con un sorriso, ormai giunto a pochi passi.
«
Me la sono vista brutta » ammise Jane.
L'ammiraglio
annuì leggermente, prima di rivolgere la
propria attenzione al condotto. Passando di fianco alla donna, si
diresse verso
una bassa barriera di cemento, su cui James e Kaidan si erano
posizionati in
attesa di nuovi ordini. Shepard gli andò dietro, cercando di
ignorare al
contempo la sensazione di pericolo e lo sguardo di Vega su di
sé.
«
E c'è di peggio... » ammise Anderson appena la
donna l'ebbe raggiunto.
«
Come sempre... » sospirò Jane di rimando,
aggrottando la fronte nel momento in cui i suoi occhi caddero sul
condotto.
«
Hackett ha appena fatto rapporto. Diversi
razziatori di classe Sovereign, incluso l'Araldo, si sono sganciati
dallo
scontro con Sword. Sono diretti qui. »
«
L'Araldo? » Shepard si voltò verso il proprio
superiore, sperando di averlo mal compreso. L'assoluta
serietà che traspariva
dal volto dell'ammiraglio annullò le sue speranze.
Girò la testa verso il
fascio di luce che li avrebbe guidati alla Cittadella, per poi
guardarsi alle
spalle, come se temesse di veder comparire il razziatore dalle nubi di
fumo che
oscuravano il cielo. Si sarebbero incontrati di nuovo, questa volta dal
vivo.
«
Hackett ha l'opportunità di posizionare il
crucibolo, ma avremo bisogno che una squadra vada sulla Cittadella ad
aprire
quelle braccia. Subito! » aggiunse Anderson, riportando
l'attenzione di Jane a
sé.
«
Non sappiamo ancora cosa troveremo sulla Cittadella
» si intromise Hammer dopo averli raggiunti.
«
Allora è quello che faremo, scoprire cosa ci
aspetta » concluse Shepard, rivolgendosi ai suoi due compagni
in un tacito
ordine.
«
D'accordo. Pronti a partire gente! » dispose
Anderson.
L'Ammiraglio
si incamminò verso i cingolati. «
Contatta l'Ammiraglio Hackett... » lo sentì
ordinare a un militare, un povero uomo sotto i cui occhi albergavano
due
profonde borse scure.
Jane
e Vega si mossero in contemporanea, scambiandosi
un'occhiata fugace. Entrambi sapevano a cosa stavano andando incontro.
Lei era
il suo Comandante, e lui era il suo migliore soldato. Vi sarebbero
andati
assieme.
La donna si voltò per l'ultima volta verso il
condotto, lanciando uno sguardo di sfida, prima di salire sul cingolato
ormai
pieno.
Le pareti si chiusero attorno ai loro corpi come un
feretro metallico. L'unico contatto con l'esterno era un misero schermo
collegato a dei sensori ambientali e una videocamera in frantumi. Per
quanto
fosse abituata ai mezzi dell'Alleanza, per un istante Shepard si
sentì
soffocare. Una sensazione che non riusciva più a sopportare.
Strinse le palpebre, appoggiando il capo contro il
freddo sedile di stoffa più vicino. Sentì il
carro muoversi con uno scossone,
il muso puntato verso la base del condotto.
«
Shepard? »
La
voce di Anderson la spinse a riaprire gli occhi.
Dal volto dell'ammiraglio traspariva preoccupazione, un sentimento
pericoloso
in quei momenti cruciali. Si sforzò di recuperare la sua
solida freddezza,
sporgendosi verso l'uomo e annuendogli con una convinzione di cui
maledisse la
scarsità.
«
Da qui sarà una corsa diretta contro il raggio. »
«
Una corsa diretta con i razziatori che cercheranno
di schiacciarci! » puntualizzò Hammer con una vena
di sarcasmo.
«
Ci basterà far passare qualche soldato »
replicò
Anderson, cercando di stemperare la tensione crescente in
quell'ambiente
claustrofobico. Jane sapeva che anche lui, come Hammer, era cosciente
di quanto
fosse disperata come impresa, eppure stava agendo come ogni comandante
avrebbe
dovuto agire in quel contesto: stava mantenendo alto il morale dei
propri
uomini.
«
Solo una manciata, eh? » provò a scherzare Kaidan.
«
Non è una missione suicida ma poco ci manca »
confermò l'Ammiraglio, guardando Shepard.
La
donna rise, dentro di sé. Non era la prima volta
che affrontava una presunta missione suicida, e l'ultima volta era
riuscita a
non far morire nessuno.
Si alzò in piedi in un unico, fluido movimento.
Osservando la sua squadra, si agganciò alle maniglie del
tetto per mantenere
l'equilibrio.
«
Abbiamo una possibilità, per quanto piccola. »
Gli
uomini la imitarono, la fronte alta. Erano pronti
a sacrificarsi per la Terra, e per lei.
«
Si combatte, o si muore. » Le parole di Kaidan
sembrarono confermare i suoi pensieri, e vi rispose con un cenno del
capo. Alle
spalle del biotico, James la osservava in silenzio.
Jane
sentì una stretta alla gola quando incrociò
quegli occhi color nocciola. Avrebbe dovuto lasciarlo con la squadra
d'appoggio, per garantirgli qualche speranza di sopravvivenza. Avrebbe
potuto
scegliere Garrus, il cui sguardo disperato le aveva ferito l'animo
quando con
un semplice gesto della mano l'aveva relegato a supporto. Avrebbe
potuto
scegliere Javik, che non desiderava altro che potersi vendicare dei
razziatori.
Invece aveva portato con sé James, attraverso l'inferno
stesso, affrontando
atrocità che nessuno avrebbe dovuto mai vedere, sino alle
porte di una missione
da cui con ogni probabilità nessuno si sarebbe salvato. E
l'aveva scelto perché
non tollerava l'idea di separarsi da lui nei momenti finali. L'aveva
desiderato
al proprio fianco, e le erano bastate poche parole per ottenerlo. Un
ordine che
non si sarebbe mai perdonata, se fosse morto. Un ordine mosso
dall'egoismo e
non dalla necessità.
«
Il bersaglio è in vista » li avvisò
Hammer. Jane si
staccò dalla maniglia.
Anderson
li squadrò con una rapida occhiata. « Bene
gente. Ci siamo. »
Un
potente scossone scosse il cingolato, che emise un
lamento di ferraglia e giunture spezzate. Shepard venne catapultata in
avanti
dall'urto, precipitando contro Kaidan. L'uomo la afferrò con
fermezza,
stringendola a sé.
Jane si ritrovò tra le sue braccia, in una posizione
che le rammentò un abbraccio disperato piuttosto che una
presa fraterna.
"Ancora
adesso..."
Riacquistando
l'equilibrio sul pavimento inclinato
del mezzo, la donna si staccò con un gesto aspro di cui si
pentì subito. Per
quanto non fosse mai riuscita a perdonarlo, comprendeva cosa volesse
dire avere
il timore di perdere la persona amata. La morsa alla gola
aumentò quando scorse
gli occhi feriti dell'uomo.
Stringendo i denti, uscì dalla stretta cabina.
Il cingolato si era incastrato in una voragine del
terreno. Dal motore, lingue di fuoco si innalzavano in un feroce
contrasto con
il grigio del cielo.
«
Merda! »
Jane
capì che l'imprecazione di Anderson non era per
il mezzo. Scattò verso il bordo dell'ultima discesa che li
separava dal raggio,
senza staccare lo sguardo dal cielo. Si bloccò, circondata
dagli alleati, di
fronte al terrificante spettacolo che le si palesava davanti.
Il condotto era lì, a poche centinaia di metri. Alle
sue spalle, i lunghi tentacoli dell'Araldo si erano posati sulle strade
di
Londra, facendo tremare il terreno sotto i loro piedi. Era immenso,
più grande
di una Sovereign, arrivando a sovrastare anche gli enormi piloni di
titanio che
racchiudevano il raggio. I piccoli, freddi fari situati sul suo capo
fissavano
minacciosi la scarna squadra umana, come occhi di un antico mostro
degli abissi
oceanici. L'immane ruggito che scaturì dalla creatura
sintetica penetrò nei loro
timpani, a ricordare che non sarebbero riusciti a sfuggirgli.
«
Dobbiamo muoverci! » urlò Anderson nel tentativo
di
sovrastare il frastuono.
«
Forza! » incoraggiò Shepard, estraendo il fucile
d'assalto e superando con un balzo un leggero dislivello. L'Araldo
emise una
seconda, agghiacciante dichiarazione di guerra.
«
Squadra
Hammer, via libera! » ordinò
l'ammiraglio attraverso il comunicatore.
La
tattica era una sola: correre verso il raggio e
sperare di arrivarci vivi.
Le gambe di Jane iniziarono a muoversi, sfidando la
gravità e il peso della corazza, colpendo con tonfi pesanti
il suolo,
sollevando nuvole di polvere e pietrisco. Il vento gelido le sferzava
il volto
e l'odore di fumo e carne bruciata le permeava le narici a ogni
profondo
respiro. Contò ogni singolo passo compiuto, ogni metro
guadagnato, ogni istante
in cui poteva dire di essere ancora in vita.
Con un ruggito d'avvertimento, l'occhio dell'Araldo
s'illuminò di scarlatto, un colore che si
riverberò sul viso del Comandante.
Il raggio fendette l'aria.
Trafisse un cingolato, scagliandolo all'indietro e incendiandolo.
L'esplosione colse di sorpresa la donna, dalla cui bocca
sfuggì un grido.
L'onda d'urto la investì, sbilanciandola, senza tuttavia
riuscire a bloccarla.
La pioggia di raggi si riversava sulla piana,
decimando la squadra, incenerendo i corpi dei militari, devastando i
mezzi
corazzati dell'Alleanza in terra come in cielo. Sul terreno si aprivano
voragini,
vetrificate dalla potenza del raggio. Un colpo cadde di fronte a
Shepard.
Gemette, il volto dolente per il calore. Una terza esplosione la
sbalzò di
lato, obbligandola a recuperare l'equilibrio con le mani. Con la coda
dell'occhio, scorse dietro di sé i suoi compagni. Erano
ancora vivi.
"Non
fermarti. Non fermarti. NON FERMARTI!"
L'ennesimo
colpo. L'ennesimo cingolato scaraventato
in aria. Le tonnellate di acciaio e gomma la sovrastarono. L'ombra si
rifletté
negli occhi di Jane, che ne seguì la caduta come se il tempo
avesse rallentato.
Si gettò a terra, seguendo l'unico istinto che non
l'aveva mai tradita.
Il cingolato le crollò a pochi metri di distanza,
sollevando un nugolo di detriti e cenere che piovve sulla donna. La
tuta ne
venne inondata e un sapore acre le invase la bocca. Serrò le
palpebre,
aspettando l'urto.
Passarono i secondi senza che nulla accadesse. Jane
riaprì gli occhi, incredula di fronte a una tale sfacciata
fortuna. Il carro si
era piantato nel terreno, in una posizione innaturale ma stabile.
Guardò il
rottame e d'istinto, lo stesso istinto che l'aveva salvata, si
voltò verso James.
Al suo fianco, Kaidan.
Un ruggito agghiacciante la assordò. La deflagrazione
che ne seguì la spinse a chinare il capo, in un misero
tentativo di difesa. Era
sicura che avesse colpito il cingolato, che per la prima volta
l'istinto
l'avesse ingannata.
Scorse un'ombra. Qualcosa di enorme era transitato
sopra di lei.
Alzò il capo.
La potenza del colpo aveva portato un secondo mezzo
dell'alleanza a scavalcare il rottame dietro cui si trovava Shepard. Ne
seguì
il volo con lo sguardo, gli occhi sbarrati per il terrore quando vide
il carro piombare
di coda di fronte ai suoi compagni, La bocca le si inaridì
nel momento in cui
il cingolato si sbilanciò in avanti, crollando in un inferno
di fiamme. Le
figure dei due uomini si persero nei miasmi dell'incendio.
«
NO! »
Contravvenendo
agli ordini di Anderson, maledicendo
il rischio di mandare a monte l'intera operazione, Jane si
precipitò a
soccorrerli. Doveva salvarli, voleva saperli vivi. Si
arrampicò sulla carcassa
del cingolato, che gemette sotto il peso della donna.
Dall'alto del mezzo li vide. Feriti, piegati dal
dolore, ma in vita.
Riprendendo a respirare dopo una lunga, inconsapevole
apnea, saltò a terra. Un breve gesto di Kaidan le
servì per assicurarsi che il
biotico fosse in grado di camminare. Poteva dedicarsi a James.
Sollevò l'ispanico di peso, arpionandolo dalla tuta,
e lo obbligò a muoversi in copertura dietro al rottame del
carro. Sentì tutto
il peso dell'uomo sulle proprie spalle quando il braccio le
circondò il collo.
Camminava a fatica, zoppicando e inciampando sui propri piedi. Shepard
ebbe il
terrore che avesse subito danni neurologici irreversibili, e
sentì come se un
macigno le fosse stato tolto dal cuore quando Vega, al riparo dal
massacro, la
ringraziò.
Lo guardò. Era un soldato, sapeva che sarebbe potuto
morire. Avrebbe dovuto lasciarlo in copertura e proseguire l'avanzata
verso il
raggio. Osservò il sangue che scendeva dai tagli sul suo
volto, rigandone gli
zigomi, e le macchie rosse che tingevano la sua armatura.
Quei rivoli vermigli la spinsero alla follia.
Portò la mano destra al comunicatore.
«
Normandy, mi ricevete? Evacuazione di emergenza,
ORA! »
«
Stiamo
subendo gravi perdite quassù, Comandante. »
La voce di Joker era
disturbata, ma ancora udibile.
Jane
percepì lo sguardo di James su di sé. Era
conscia dei suoi pensieri: un'evacuazione in quelle condizioni era un
suicidio,
avrebbe esposto la nave ai colpi dell'Araldo per salvare due semplici
soldati
dell'Alleanza. Una condotta da corte marziale.
Con un gesto della mano, gli ordinò di stare fermo.
Con gli occhi, di non fare domande.
«
Arriviamo,
Comandante! »
Il
suono dei motori a reazione sovrastò il putiferio
della battaglia. L'affusolata livrea della nave si fece strada tra il
fumo
degli incendi, cabrando di pochi gradi durante la discesa verso la loro
postazione.
L'esplosione dei propri motori di coda spinse il
cingolato in avanti, sbilanciando i tre militari. Sentendo il gemito di
dolore scaturito
dalla gola di Vega, Shepard sostenne il giovane tenente con vigore
ancora
maggiore, supplicando mentalmente Joker di darsi una fottuta mossa.
La rampa posteriore iniziò ad abbassarsi quando
ancora la Normandy si trovava a mezz'aria. Afferrandogli il braccio e
avvolgendoselo attorno al collo, la donna obbligò James ad
alzarsi in piedi. « Forza!
» lo incoraggiò, la voce arrochita dall'esalazioni
del carburante in fiamme.
A pochi passi di distanza, claudicante, li seguì
Kaidan, la mano stretta in vita nel tentativo di tamponare un'emorragia.
Dalla nave si affacciò un plotone di soldati, fucili
d'assalto in mano. Jane percepì un moto d'orgoglio vedendo
come il proprio
equipaggio stesse rischiando la morte pur coprirle la ritirata.
Il peso di Vega costrinse la donna a rallentare,
permettendo allo Spettro biotico di risalire per primo la rampa.
«
Ecco, prendete » ordinò Jane, spingendo l'ispanico
tra le braccia di Alenko.
«
Shepard! »
Il
suono della voce di James la raggelò.
«
Devi andare » disse, disperando un tono che non
ammettesse repliche.
«
Cazzate! »
«
Non contraddirmi, James! » imperò, lasciando che
la
natura di comandante prevalesse sul dolore che tali parole le
inflissero.
«
Posso ancora combattere! » replicò, cercando di
sollevarsi sulle proprie gambe. Al tentativo seguì un gemito
di dolore che non
lasciò speranza alcuna alla donna. « Mi basta
un'arma! »
In
quell'istante, Shepard si ritrovò sola di fronte
all'uomo che amava. Le morti, le esplosioni, i ruggiti del razziatore
le parvero
un eco lontano di qualcosa che non sarebbe mai dovuto accadere.
Percepì il
proprio volto rilassarsi, e le labbra si incurvarono in un amaro
sorriso di
commiato.
«
Devo sapere che almeno qualcuno ne uscirà indenne.
» "E almeno tu sopravvivrai..."
La
dolcezza del tono di Jane sembrò colpire
l'ispanico, la cui mascella si irrigidì in un ringhio
silenzioso. Capì di
averlo convinto quando lo vide annuire, l'ultimo atto di una battaglia
persa.
Lo sguardo di Vega si alzò nuovamente, e gli occhi ebano
della donna incontrarono
quelli nocciola dell'uomo.
«
Buona fortuna, Lola. »
La
rassegnazione trasparì dal movimento ampio del
braccio che accompagnò quelle asettiche parole. Shepard
soffocò la sensazione
di delusione sotto la consapevolezza che non avrebbe sopportato un
diverso
addio. Se fosse morta, James avrebbe sofferto la sua perdita come un
semplice
soldato e amico, come avrebbero fatto Garrus, Joker e gli altri
compagni della
Normandy. Sapeva che Kaidan avrebbe sofferto in maniera diversa,
più profonda,
forse indelebile, e l'idea che James ne fosse risparmiato la
rincuorò.
«
Anche a te, James. »
La
frustrazione che aveva invaso il volto
dell'ispanico lasciò spazio a un'espressione di amarezza.
Dietro di lui, Kaidan
e lo sguardo di chi sapeva di stare perdendo per sempre ciò
che sperava di poter
ritrovare. Una visione che Jane non riuscì a tollerare.
Si girò verso il condotto, ammirando l'immensità
del
nemico che stava per affrontare. L'araldo si stava limitando a
incenerire i
militari che si arrischiavano verso il condotto. Era immobile,
silenzioso, e la
stava osservando. O meglio, la stava aspettando.
Gli occhi di Shepard si ridussero a due fessure. Non
l'avrebbe fatto attendere oltre.
Si accorse che James aveva teso un braccio verso di
lei solo quando si accinse a ordinare il decollo della Normandy.
Il viso dell'uomo era una maschera di dolore. Le
sembrò che al tempo stesso la stesse implorando di non
andare, di salire sulla
nave e di portarlo con sé. Le labbra erano leggermente
socchiuse, come se le
parole stessero cercando di uscire dalla sua bocca, senza riuscirvi.
Il cuore di Jane sembrò frantumarsi.
«
VAI! » urlò, più per convincere se
stessa che i
suoi compagni.
Il
braccio di Vega crollò lungo in fianco, e il
gemito di disperazione si confuse tra i rumori della battaglia.
Shepard
diede le spalle alla Normandy. Lasciò che il suo
corpo si muovesse, inondato dall'adrenalina. Concentrò tutti
i propri sensi sul
campo di battaglia e sul proprio nemico, trincerando all'esterno della
propria
mente l'immagine dell'uomo che amava distrutto dal dolore. Correre,
doveva solo
correre. Il suo unico dovere era raggiungere il condotto.
Sentì fluire la collera, e il desiderio di
concludere quella dannatissima guerra
tornò a essere lo scudo che la isolava dal
mondo esterno. Non c'era più James Vega,
non c'era Anderson, né Garrus, Kaidan, né nessun
altro. Era rimasta solo lei, il fottuto Comandante Jane Shepard. Lei, e
l'Araldo a
fronteggiarla.
Un cingolato le esplose di fianco, sovrastando il
suono dei motori a reazione della nave. Ne scorse solo la livrea, di cui
seguì con gli
occhi la repentina cabrata, sino a che le nubi non tornarono a celarla.
Lo schianto dell'ultimo mezzo dell'Alleanza la
scaraventò sul terreno. Il fianco sinistro dell'armatura
colpì il cemento, e la
violenza dell'impatto si propagò lungo l'intero braccio. Le
sembrò come se la
stessero pugnalando alla spalla. Stordita, sentì la tuta
iniettarle dosi
massicce di adrenalina e medi-gel.
Doveva correre.
Si rimise in piedi, barcollando.
Sentì l'Araldo ruggire vittorioso.
Jane alzò la testa e, attraverso lo sguardo ancora
appannato, vide il raggio.
Riuscì a portare le braccia al volto, prima di
piombare in un abisso nero.
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Capitolo 16 *** Sono orgoglioso di te ***
SONO ORGOGLIOSO DI TE
« Porca
puttana, ce l'ha fatta... »
...
« Parla
l'Ammiraglio. Qualcuno è riuscito a raggiungere la
Cittadella. Temporeggiamo
finché non aprirà le braccia. A tutte le flotte,
convergere al crucibolo.
Proteggetelo ad ogni costo. »
***
Gli
occhi, tanto sbarrati da iniziare a dolerle,
rotearono in direzione della voce. Ogni fibra muscolare del suo corpo
rifiutava
di obbedire ai comandi.
Tentò di ribellarsi a quella forza che non riusciva a
identificare, imponendo a se stessa di ruotare il busto. Un impulso
elettrico
anomalo le attraversò la schiena fino alla nuca,
incuneandosi nel cervello.
Un'esplosione di flash le riempì la vista. Strinse le
palpebre, il viso contratto nella tentativo di combattere il dolore
«
Cos'hai...? »
La
pressione all'interno del cranio si allentò, e
Jane poté aprire di nuovo gli occhi.
Vide
il suo profilo passarle accanto e proseguire
verso il terminale di controllo della Cittadella, serafico com'era
sempre
stato. Era disarmato, vestito solo del suo abito migliore. Le dava le
spalle, e
le sarebbe bastato allungare una mano per ghermirlo, pochi altri
movimenti per
ucciderlo, se avesse avuto il controllo del proprio corpo.
«
Te l'avevo detto. Il controllo è l'unica soluzione.
Il controllo sui razziatori... e su di te, se necessario. »
L'Uomo
Misterioso si voltò e Shepard sentì il respiro
morirle in gola. Sul viso, tra i lembi della cute ingrigita, si
dipanavano
raggi di tessuto sintetico, al cui interno il bagliore dei circuiti
rifletteva
l'azzurro innaturale delle iridi. Il collo ne era invaso, e la donna
riconobbe
in quel materiale la stessa sostanza che formava le schiere dei
razziatori.
«
Ti stanno... controllando! » gemette Anderson.
«
Non credo proprio, Ammiraglio » sibilò, allargando
le braccia.
Jane
sentì il sangue affluirle alla testa. Non era
arrivata sin a quel punto per essere sconfitta dall'individuo che
l'aveva
riportata in vita.
«
Se puoi controllare i razziatori perché perdi tempo
con noi? »
«
Perché... » l'Uomo Misterioso si prese un istante
di riflessione, portando una mano al mentoe appoggiando il gomito sul
braccio
opposto. « Voi dovete credere in me. »
"Credere
in me?" Shepard strinse gli occhi. Non era una risposta
sensata.
Nessun individuo sano di mente avrebbe mai perso del tempo prezioso per
un
simile motivo, lasciando la Galassia in balia dei razziatori solo per
convincere qualcuno delle proprie idee. Nessuno, e men che meno l'Uomo
Misterioso che aveva conosciuto. In quel momento, il feroce dubbio che
fosse
stato indottrinato divenne certezza.
«
Dopo la scoperta dei portali galattici e l'ingresso
in una galassia oltre ogni nostra immaginazione, qualcuno
avanzò l'idea di
distruggere i portali. » si mosse, girando loro attorno come
un avvoltoio
attorno a una carcassa. « Avevano paura di quello che avremmo
potuto trovare,
ma soprattutto di quello che poteva uscirne. E ora guarda cosa siamo
diventati...
dopo quella scoperta, l'umanità è progredita
più che negli ultimi diecimila
anni messi insieme. E i razziatori ci faranno progredire ancora di
più, mille
volte tanto! Ma questo... »
La
voce dell'uomo divenne d'un tratto melliflua. Shepard
percepì il suo sguardo cristallizzarsi su di lei. La
pressione all'interno del
cranio crebbe e i timpani le sfarfallarono con un fruscio sordo.
La donna gemette, trovando la forza di sollevare una
mano al volto. Percepì qualcosa di impalpabile farsi spazio,
la sensazione di
un impulso strisciante che si infiltrava tra i muscoli e i vasi
sanguigni e
prendeva possesso dei suoi nervi.
«
... solo impossessandoci delle loro capacità di
controllo » le sussurrò l'Uomo Misterioso.
Jane
vide il proprio braccio destro sollevarsi. Sbarrò
gli occhi in preda all'orrore quando si accorse che l'Uomo la stava
obbligando
a puntare la pistola contro Anderson, la cui mano si aprì in
un gesto supplice.
«
Stronzate. Dobbiamo distruggerli, o loro
distruggeranno noi! » replicò l'ammiraglio.
«
Dovrei sprecare questa occasione? Mai! »
«
Forse la tua solita brama di potere ha annebbiato
il tuo giudizio » sbottò la donna, caricando la
propria voce di disprezzo.
«
No. No! Non è così semplice! »
«
Ah no? Tu rinunceresti a tutto, in nome del potere.
»
L'ultima
parola le uscì dalle labbra come uno sputo
velenoso, e non si stupì quando vide l'uomo osservarla con
curiosità.
«
Sì. Chi altri, se non io? Tu saresti in grado di
controllare i razziatori? »
«
C'è sempre... un altro modo » si intromise
Anderson.
«
Ho passato una vita intera a studiare i razziatori
e ne sono sicuro, grazie al crucibolo riuscirò a
controllarli. »
Gli
occhi di Shepard si ridussero a due fessure. Era
riuscita a dirottare la conversazione nella giusta direzione. Voleva
sapere fin
dove il desiderio d'onnipotenza l'avesse condotto.
«
E a quel punto? »
Il
sorriso che le rivolse le ghiacciò il sangue nelle
vene.
«
Possiamo dominarli. Usare i loro poteri.
Controllare la loro essenza. »
L'Uomo
Misterioso avanzò di un passo, stringendo la
mano di fronte a sé. L'arto gli tremò, scosso
dalla forza con cui l'aveva
serrato, e globi violacei di energia oscura si espansero dal pugno.
La pressione all'interno del cranio si fece più
aggressiva, e Jane avvertì l'indice destro scattarle
all'indietro, trascinando
con sé il grilletto della pistola. Il fragore dello sparo le
penetrò nella
testa come una staffilata, acuendone il dolore, e un grido le
morì in gola
quando il proiettile affondò nell'addome dell'ammiraglio. Un
sapore amaro si
mescolò a quello del sangue, e Shepard scosse il capo quando
si rese conto che
l'Uomo Misterioso gli avrebbe impedito di crollare a terra e tamponare
la
ferita, lasciando l'emorragia tracimare indisturbata dal foro nelle
carni.
L'odio le montò nel petto. come una vampata di
calore che le infiammava i visceri.
«
So cosa ti hanno fatto. »
«
Ho preso solo ciò che mi serviva rendendolo mio!
Qui non si tratta solo di me o te. È in gioco l'intera
galassia » replicò
l'uomo, aprendo le braccia a indicare l'immensità del cosmo
a cui si stava
riferendo.
«
Si sbaglia... non dargli ascolto. »
La
voce fioca di Anderson si levò nell'ambiente
ovattato della Cittadella. Le rughe sul volto del militare ferito si
approfondirono, e la sua forza, con cui non esitava a sfidare il
dominio dell'Uomo
Misterioso, instillò un profondo orgoglio nell'animo della
donna.
L'Uomo Misterioso si concesse un sorriso di scherno.
«
Allora, a chi darai ascolto, Shepard? A un vecchio
soldato aggrappato al passato, capace di vedere il mondo solo
attraverso un
mirino? E se si sbagliasse? E se controllare i razziatori fosse davvero
la
soluzione? »
Jane
sentì una profonda stanchezza pervaderle le
membra. « Allora... apri le braccia, posiziona il crucibolo e
facciamola
finita. »
«
Io... lo farò. » L'Uomo Misterioso le si
avvicinò a
passi lenti.
«
FALLO! »
L'uomo
piegò la testa, indietreggiando. Le mani
scattarono verso le tempie senza arrivarvi. Scosse il capo, una, due,
tre
volte. La voce era un ruggito di collera, le mani artigliate all'aria.
« Io so
che funzionerà! »
«
Non puoi, vero? Loro non te lo permettono. »
Si
fermò, il viso contratto in una smorfia, e puntò
l'indice contro Shepard. Gli occhi grigi emisero un bagliore metallico.
«
Invece ho il pieno controllo! Nessuno può dirmi cosa devo
fare! »
«
Senti come parli... sei stato... indottrinato! »
infierì Anderson.
«
No. NO! Voi due... per voi è facile parlare così!
Credete
sia facile ottenere un potere simile? Non sapete i sacrifici...
»
«
Tu hai sacrificato troppo » lo interruppe la donna.
«
Shepard! Io... » il braccio rigido di fronte a sé,
l'uomo alzò il volto al soffitto, « Io volevo solo
difendere l'umanità. Il
crucibolo può controllarli, so che è
così! Se solo... » A Jane non sfuggì
l'angoscia con cui sfregava le proprie mani l'un con l'altra,
torturandosele sino
a renderle bianche.
«
C'è ancora tempo. Lasciaci andare, risolveremo
tutto » lo incoraggiò. Le palpebre le si erano
fatte pesanti e ogni respiro le
costava sofferenza. Capì che non sarebbe sopravvissuta
ancora a lungo. Doveva
farla finita con l'Uomo Misterioso, una volta per tutte.
«
Io... » balbettò l'uomo, coprendosi gli occhi con
una mano, « io non posso farlo, Comandante. »
«
Lo credo bene... loro ti controllano! » esclamò
l'ammiraglio, la cui armatura era ormai madida di sangue.
L'Uomo
Misterioso gli si avvicinò alle spalle,
allungando una mano verso la cintura. Un clic elettronico mise Shepard
in
allerta.
«
Tu... tu rovinerai i piani di una vita... »
Si
allontanò da Anderson. Stretta nella mano destra,
lungo il fianco dondolava la pistola d'ordinanza dell'ammiraglio.
Jane
fissò l'arma, prima di incrociare lo sguardo
gelido dell'uomo. "Merda..."
«
... non permetterò che accada » la voce dell'Uomo
Misterioso era bassa, roca, agghiacciante quanto i riflessi dei suoi
occhi. I
circuiti lungo la gola erano percorsi da lampi di
elettricità.
Shepard
sentì l'ira invaderle il corpo come una marea
ardente. Quell'uomo aveva giocato col suo corpo e con i suoi
sentimenti,
manipolandola, sfruttandola per arrivare ai propri obiettivi, e a
dispetto
della sua arroganza i razziatori erano riusciti a indottrinarlo. Era
colpa
della sua debolezza se erano arrivati a quel punto, se era di nuovo a
un passo
dalla morte, se non sapeva se la Normandy fosse ancora integra nel
mezzo della
battaglia che infuriava. Se non sapeva se James fosse ancora vivo.
I suoi occhi si ridussero a due fessure. Il suo
sguardo sprizzò odio. Uno di loro due sarebbe morto, quel
giorno.
«
Tu sei debole ed egoista, e l'umanità soffrirà a
causa tua. »
«
No! IO, io ho salvato l'umanità! » urlò
l'uomo. Dimenò
le braccia e la pistola volteggiò di fronte al viso
sintetico.
«
No! L'hai sacrificata per le tue ambizioni
personali! PER LA TUA SETE DI POTERE! »
«
No! NO! »
«
Tu avresti dovuto PROTEGGERCI! Invece hai fallito!
» latrò Jane.
L'uomo si
afferrò il capo tra le mani e lo scosse, più e
più volte. Il corpo era in preda
a un tremito inarrestabile. I muscoli si contrassero attorno al calcio
dell'arma.
«
No... no! » Alzò la testa. Il volto era deformato
in un ringhio diabolico. Scattò verso la donna. Davanti a
sé sollevò la pistola.
« Io sono il salvatore dell'umanità! L'apice
evolutivo della nos... »
La
Cittadella rimbombò del fragore dello sparo.
L'Uomo Misterioso barcollò, indietreggiando verso il
centro della piattaforma, muovendo senza meta uno sguardo incredulo che
si
perdeva nel vuoto. Il candore della sua camicia di lordò di
rosso vermiglio, al
cui interno baluginavano riflessi azzurrognoli di materiale sintetico.
Alzò gli
occhi al cielo quando le gambe gli cedettero, rovinando sul pavimento
con un
tonfo sordo. Pochi istanti dopo, Anderson subì lo stesso
destino, accasciandosi
a terra con un gemito.
Shepard ammirò la carcassa dell'Uomo Misterioso,
abbassando l'arma lungo il fianco. Era tornata in possesso del
controllo sul
proprio corpo, una sensazione che assaporò concedendosi un
lungo sospiro.
"È finita."
Ripensò
con un brivido al momento in cui l'Uomo
Misterioso le aveva donato, inconsapevolmente, la
possibilità di ucciderlo.
Provocarlo fino a fargli perdere il controllo era stato un azzardo. La
donna
deglutì, cercando di ripristinare la salivazione, e il gusto
metallico del
sangue tornò a pervaderle la bocca.
"E ora..."
Zoppicando,
si diresse verso il margine esterno della
piattaforma, dove il terminale di controllo della Cittadella era
rimasto il
silente spettatore della tragedia. Le dita di Shepard si posarono sulla
tastiera olografica. Un déjà vu le si affaccio
prepotentemente davanti,
riportandola all'istante in cui, quasi tre anni prima, aveva digitato
la
sequenza per aprire le braccia della Cittadella e consentire
all'Alleanza di
distruggere la Sovereign.
"Di nuovo,
per l'ultima volta."
Digitò
la stessa sequenza numerica, per poi
appoggiarsi con entrambe le mani ai bordi del terminale, il capo chino
di
fronte allo spettacolo della Cittadella che si spalancava. Dinnanzi ai
suoi
occhi apparve l'immagine del conflitto tra civiltà che si
stava perpetrando
attorno alla colossale stazione spaziale, sullo sfondo di un pianeta in
fiamme.
«
Eccola... la Terra. » Jane ruotò il capo, attratta
dalla flebile voce dell'Uomo Misterioso.
Era
immobile, nel punto dove era caduto, e i circuiti
innestati nel suo corpo emanavano un tenue bagliore oscillante. Solo i
suoi
occhi si muovevano da un punto all'altro del globo, in un movimento che
a
Shepard parve insaziabile.
«
Se tu potessi vederla con i miei stessi occhi,
Shepard. È così... perfetta. »
Le
palpebre si chiusero, obliando il riflesso del
pianeta sulle iridi argentee, mentre il capo gli si reclinava verso il
pavimento. La luce dei tessuti magnetici si smorzò sino a
spegnersi, esalando
un ultimo scintillio.
Per quanto fosse stato a lungo il suo avversario più
temibile, la donna non poté fare a meno di compiangerlo; era
sicura che un
tempo l'Uomo Misterioso avesse davvero avuto a cuore le sorti
dell'umanità, e
se non fosse stato così ossessionato dall'idea di
controllare la tecnologia dei
razziatori forse avrebbe combattuto al suo fianco. E poi... non avrebbe
mai
conosciuto James, senza il progetto Lazarus.
"Alla fine
una cosa buona l'hai fatta, stronzo. Mi hai riportata in vita."
Alzò
gli occhi al cielo, osservando la battaglia che
infuriava. Era solo questione di attendere.
Alle sue spalle, Anderson emise un debole gemito. Jane
si staccò dal terminale, lasciando impresse le impronte
insanguinate dei suoi palmi
sul grigiore dell'acciaio, e si diresse a passi claudicanti verso
l'ammiraglio.
L'anziano militare si era trascinato sino al gradino
che separava il piano centrale rialzato alla base esterna della
piattaforma,
appoggiandovi la schiena. La donna lo raggiunge, sedendosi al suo
fianco,
lasciandosi cadere sul pavimento. Ogni muscolo del suo corpo parve
tremare nel
momento in cui la tensione che le aveva sorretto le membra
scemò, lasciando
spazio alla spossatezza. Provò il desidero di chiudere gli
occhi e dormire, un
istinto pericoloso che scacciò abbandonando la pistola e
spostando il braccio
sopra a una gamba.
«
Comandante » la chiamò Anderson con scherzosa
marzialità, lasciando che gli occhi cadessero per un istante
sul suo volto
prima di tornare ad osservare lo spiraglio di universo tra le braccia
della
Cittadella.
«
Ce l'abbiamo fatta. »
L'ammiraglio
annuì con un debole cenno del capo. «
Sì. È così. »
Jane
si voltò. Dinnanzi a loro, la Terra. Una coltre
di bianche nuvole, i cui lembi erano mossi con dolcezza dai venti
atmosferici,
si stendeva sopra gli incendi che avviluppavano la superficie del
pianeta,
trasmettendo una parvenza di quella quiete che tanto aveva sognato. Il
candore
del manto si perdeva lungo la curvatura del globo, sfumando
nell'oscurità dello
spazio interstellare. Tra loro e la Terra, la resistenza dei popoli
della Via
Lattea si infrangeva contro la potenza immane dei razziatori; le
minute,
fragili astronavi si frantumavano in molteplici frammenti
accartocciati, che si
espandevano e perdevano nel vuoto con pigri movimenti, trascinando con
sé le
storie di coloro che si erano donati sino allo stremo per salvare la
galassia,
in un muto monumento alla vita.
«
È... un bel panorama » sospirò Anderson.
A
Shepard sfuggì un sorriso. « Sono i posti
migliori.
»
«
Dio mio. Mi pare di non sedermi... da anni... »
«
Credo si meriti un po' di riposo. »
L'ammiraglio
rispose con una parola indistinta e Jane
notò come stesse combattendo contro l'istinto di chiudere
gli occhi. Lo stesso
istinto che la stava trascinando verso una sonnolenza indistinta.
«
Cerchi di resistere. Presto sarà tutto finito » lo
incoraggiò con uno sguardo fugace, e non vide Anderson
voltarsi verso di lei,
il volto illuminato da un flebile sorriso.
«
Sei stata brava, figliola... bravissima... sono
orgoglioso di te... »
Shepard
chiuse gli occhi. Non desiderò altro. Quelle
parole valsero i sacrifici, il dolore e le decisioni estreme di cui le
sue
spalle si erano fatte carico. Anderson l'aveva accettata nell'Alleanza
quando
nessuno avrebbe mai acconsentito a una teppista plurischedata di farne
parte; l'aveva
aiutata ad sopportare la disciplina e il rigore dell'esercito, e a
convogliare
la sua energia distruttiva in un fine più grande, che
esulasse dal mero egoismo
in cui era cresciuta. E quando era ripiombata nell'abisso, l'aveva
salvata di
nuovo.
Nella mente della donna riapparvero le immagini della
strage di Torfan, del momento in cui le avevano affibbiato il titolo di
macellaio, delle battutine, degli sguardi astiosi e delle scuse con cui
i suoi
colleghi cercavano di evitare contatti che non fossero strettamente
professionali. Rivide il momento in cui aveva consegnato le mostrine da
luogotenente e le armi, le notti passate nei locali a ubriacarsi, la
ricerca del sesso con uomini sempre diversi, scevra di inibizioni, e le risse al
limite
dell'omicidio in cui si gettava, cercando di affogare la consapevolezza
di
essere sbagliata. Rivide la notte di pioggia in cui la porta del bar si
spalancò, lasciando entrare un Capitano Anderson fradicio e
pronto a convincerla
a tornare nell'Alleanza attraverso l'unico modo di persuasione che le
riusciva di
recepire in quel periodo. Rivide il suo sorriso, la sfida che le
lanciò, « se
riesco a mandarti al tappeto tornerai con me al centro di comando
», i
pugni, le schivate, le provocazioni sempre
più pungenti, e il gancio che la scaraventò a
terra. Rivide il momento in cui
la accolse sulla Normandy come suo secondo in comando, presentandola
all'equipaggio come eroe di guerra. Rivide l'attimo in cui il pannello
della
sua cabina si spalancò, il gesto con cui Anderson fece
accomodare una donna, e
le lacrime e le parole gentili, gli infiniti ringraziamenti e
l'abbraccio della
sopravvissuta agli schiavisti, che le confidò come non
avesse paura di un loro
ritorno grazie alla scelta estrema compiuta dal famoso Comandante
Shepard.
E rivide il sorriso, e il cenno di approvazione
dell'ammiraglio, che cancellò il disgusto che provava verso
se stessa.
Era finalmente riuscita a ricambiare il debito. A
rendere orgoglioso l'unico uomo che si fosse comportato come
amico, ma
soprattutto come padre.
«
Grazie... » riuscì a rispondere, prima di notare
un
silenzio innaturale. Il respiro rantolante dell'Ammiraglio era cessato.
Jane
si voltò verso il militare, di cui intravide il
corpo accasciato.
«
Anderson? »
Il
volto dell'uomo era rilassato, e le sembrò che vi
fosse rimasto impresso un sorriso. Si domandò se anche il
suo viso avrebbe
avuto la stessa espressione, una volta che fosse morta.
Scostò una mano dal corpo, osservandone le ferite,
l'armatura lacera e il sangue che iniziava a incrostare la pelle. Non
aveva
paura. Sapeva già com'era morire.
Lanciò un ultimo sguardo alla Terra e chiuse gli
occhi.
«
Shepard!
»
"Chi..."
«
Comandante!
»
La
voce di Hackett penetrò nel suo cervello, scuotendola
dal torpore in cui si stava abbandonando. Detestò quel suono
che le impediva di
poter finalmente riposare, ma doveva obbedire. Non poteva deludere
Anderson.
«
Io... cosa vuole che faccia? »
Rotolò
sul pavimento, facendo leva sulle braccia per
sollevarsi. Ogni movimento era una staffilata capace di strapparle
gemiti di
dolore, e sentiva gli arti inferiori tremare in maniera incontrollabile.
«
Niente. Il
crucibolo non si è attivato. Dovresti fare qualcosa da
lì! »
Le
gambe cedettero sotto il suo peso. Con un urlo, la
donna crollò a terra, sbattendo il fianco sinistro. Lunghe
strie brunastre
tinsero la piattaforma quando, rendendosi conto di non potersi reggere
in
piedi, prese a trascinarsi verso il terminale della Cittadella.
« Comandante
Shepard! »
«
Ah... non vedo... » a carponi, tentò di allungare
il braccio per raggiungere la tastiera di controllo. I contorni si
erano fatti
indistinti e un'ombra stava divorando la poca consapevolezza di
ciò che le era
attorno. « Non capisco come... »
Le
forze abbandonarono il suo corpo. Jane percepì il
freddo rivestimento metallico della piattaforma sulla guancia e chiuse
le
palpebre, lasciando che le tenebre le dominassero la mente.
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Capitolo 17 *** Né tu, né io ***
NÉ TU, NÉ
IO
« Svegliati! »
« ...dove
sono?»
« Sulla
Cittadella, la mia dimora. »
...
« ...e tu chi
sei? »
« Io sono il
catalizzatore. »
***
Londra
era in
fiamme. Il bagliore rossastro degli incendi illuminava a giorno i
vicoli, e le
ombre degli edifici danzavano seguendo l'infernale crepitio delle
lingue di
fuoco, in uno spettacolo che riportava alla mente le antiche storie
sull'apocalisse e la fine del mondo.
James sentì la
testa girargli vorticosamente.
Da qualche
parte, in mezzo a quella Geenna rovente, si trovava Shepard.
« COMANDANTE! »
Il richiamo si
perse nel boato dell'inferno che avviluppava la città.
« COMANDANTE! »
« JAMES! »
La voce
femminile si innalzò alle sue spalle. Vega si
girò di scatto, acuendo lo
sguardo, e la intravide oltre le imponenti lingue di fuoco che li
separavano.
Shepard era in piedi, immobile, e il corpo distorto dal calore si
stagliava
contro il bagliore della città ardente come una minuta
macchia solare sulla
superficie di una stella. La sua mano era tesa verso di lui in una muta
implorazione di aiuto, e dagli occhi arrossati scendevano due torrenti
di
lacrime che si mescolavano alla fuliggine che anneriva le gote.
« SHEPARD! »
Vega si gettò
in avanti, incurante del calore che gli bruciava la pelle, il braccio
proteso
nel disperato tentativo di afferrarla. Non gli mancavano che pochi
secondi per
riuscire a stringere la mano attorno a quella della donna, il tempo di
pronunciare il suo nome, quando la muraglia di fiamme parve
imbizzarrirsi avvolgendogli
l'arto.
Il dolore gli
annebbiò la mente, costringendolo a ritrarsi. Si
allontanò di qualche passo dalla
furia del fuoco, raccogliendo al petto il braccio ustionato. Il muro
ardente si
placò, restituendogli l'immagine di Shepard. Era caduta a
terra, ginocchia
piegate sotto il corpo, un braccio che sosteneva il suo estremo
protrarsi verso
l'ispanico. L'incendio avanzava, riducendole lo spazio e obbligandola
sempre
più spesso a proteggersi il volto dalle scintille.
« JAMES! »
«
Merda... » L'uomo scosse la testa, cercando
di recuperare la lucidità. « JANE! »
Si riavvicinò
alla muraglia. Le fiamme tornarono ad essere una creatura ostile,
ergendo un
insopportabile baluardo tra lui e la donna. Le urla di Shepard si
fecero più
forti, più disperate, straziandolo nella sua impotenza.
L'uomo provò ancora, e
ancora, e ad ogni tentativo il demone ardente si prodigava con sempre
maggiore
ferocia per impedirgli di raggiungerla.
D'improvviso,
il boato delle fiamme venne soffocato da un ruggito. James
deglutì, cercando di
recare sollievo alla bocca riarsa dai fumi e dal terrore.
Un'ombra era
calata dal cielo e la luce vermiglia del suo occhio riverberava nel
chiarore
dell'incendio. Gli immensi tentacoli meccanici si posarono sul suolo
della
città, torreggiando sulla fragile natura umana di Shepard.
James difese la
propria vista con un braccio. Alle spalle del razziatore la luce del
sole divenne
accecante, trasformando i protagonisti di quello spettacolo infernale
in due
macchie di tenebra.
« Jane... »
Un secondo
ruggito si levò sulla capitale in fiamme.
L'occhio
vermiglio puntò verso la donna, sulla cui pelle si impresse
il colore del
sangue.
Vega smise di
respirare. Il cuore gli impazzì nel petto.
« JANE! »
Il raggio squarciò
il cielo di Londra.
James
sbarrò gli occhi. Il suo sguardo cadde sulla
volta metallica dell'infermeria, illuminata dalla luce asettica delle
lampade
al neon. Londra era sparita, così come Shepard e il
razziatore. L'atmosfera
climatizzata della nave aveva preso il posto del calore degli incendi e
il
crepitio delle fiamme era stato sostituito dal rumore ciclico degli
scanner
medici.
Mosse un braccio verso l'alto, incontrando una debole
resistenza. Intravide un tubicino uscirgli dall'incavo del gomito e
risalire
lungo la curva del bicipite, sino ad congiungersi a una piccola flebo
sulle cui
pareti di plastica resistevano rade goccioline di un liquido
azzurrognolo. Il
lieve strattone bastò a scuoterne l'asta, da cui il gancio
della flebo emise un
flebile tintinnio.
«
Bentornato tra i vivi, James. Ci hai fatto
preoccupare. »
La
voce della dottoressa Chakwas agì come un balsamo
caldo per l'uomo, la cui mente riacquisì la corretta
percezione di ciò che
stava avvenendo.
"Era solo
un incubo... un fottuto incubo..." « Per quanto
tempo ho dormito,
dottoressa? »
«
Lo stretto necessario. Purtroppo dobbiamo lesinare
sull'anestetico, o nessuno ti avrebbe negato un buon sonno ristoratore.
»
«
Meglio così... » replicò, scuotendo il
braccio per
incoraggiarla a liberarlo dalla flebo.
La
donna gli si avvicinò, afferrandogli con
delicatezza l'arto. Sollevò il cerotto che fissava il
tubicino al braccio ed
estrasse il sottile ago a farfalla con un unico, fluido movimento. Una
stilla
di sangue colò dal minuscolo foro lungo il bicipite in un
corsa presto
interrotta da un lembo di garza sterile.
«
L'altro avambraccio? Come te lo senti? » si
premurò
la dottoressa, gettando i residui in un contenitore giallo acceso su
cui
capeggiava l'avviso di rischio biologico.
«
L'altro avambraccio? » chiese, mentre con lentezza
si metteva seduto sul letto dell'infermeria. I muscoli delle gambe,
penzoloni
sul pavimento, emisero un silenzioso gemito di protesta.
«
Avevi un bello squarcio con annessa emorragia. Ho
dovuto operare in condizioni di parziale addormentamento e ti sei
piuttosto
agitato quando ho messo i punti. »
James
esaminò la ferita che risaliva dall'osso
inferiore del gomito sino al polso. Gli si affacciò il
ricordo della muraglia
di fiamme, e dell'istante in cui gli aveva ustionato il braccio.
"Ecco
perché quel bruciore così vivido..."
Con
l'indice percorse l'intera lacerazione. Sarebbe
rimasta la cicatrice.
«
Tenente? Va tutto bene? »
«
Si dottoressa, mi scusi... solo che... » deglutì
nel tentativo di scacciare la morsa che gli attanagliava la gola,
« ...Shepard...
»
La
mano di Chakwas si posò sul suo capo, percorrendo
la corta zazzera militare sino alla nuca.
«
Lo so, James. Hai fatto tutto il possibile, e lei
non avrebbe voluto che morissi. »
L'uomo
sollevò la testa. Un sorriso increspava il
volto della dottoressa, da cui traspariva un'ombra di malinconia.
«
Vuole dire che è... »
Fu
la voce di Kaidan a fornirgli la risposta.
«
Sulla Cittadella. »
Vega
curvò il busto di lato, incrociando lo sguardo
del compagno d'arme. La schiena era appoggiata alla parete divisoria e
dai
bordi della divisa d'ordinanza trasparivano le fasciature che gli
avvolgevano
il busto. Si era rimesso in piedi più velocemente di quanto
ci avesse impiegato
lui; uno smacco morale che faticò a digerire.
«
Vuoi dire che abbiamo vinto? I razziatori sono
stati sconfitti? »
«
No, voglio dire che Shepard è riuscita a
raggiungere la Cittadella prima che perdessimo il contatto. »
James
strinse le palpebre, colpendo il materasso con
un pugno. « Merda... »
«
Comandante non ci ha mai deluso. Dobbiamo solo
darle un po' di tempo! »
L'ottimismo
della dottoressa stridette contro la
cappa di angoscia che era calata sull'infermeria. Lo sguardo di Kaidan
era
fisso su un punto indefinito del pavimento, il capo incassato tra le
spalle e le
braccia strette al petto, quasi a volersi difendere. A James
sembrò che stesse
evitando gli occhi di Chakwas, mosso dallo stesso motivo per cui lui
stesso
desiderava evitarli: aveva paura di vedere la menzogna dietro a quelle
parole.
Gli parve innaturale essere sulla Normandy, lontano dalla battaglia,
nel
momento in cui Shepard aveva più bisogno di loro.
Più bisogno di lui.
Con uno scatto si mise in piedi, ignorando le fitte
di dolore che gli attanagliavano il corpo. Afferrò la maglia
grigia, piegata e
riposta su un tavolino poco distante dal letto, e la indossò
non senza che i
suoi muscoli protestassero vibratamente. La sistemò sopra i
bendaggi, stando
attendo a non strapparne i punti d'ancoraggio, e si
scrocchiò il collo com'era
solito fare dopo una lunga sessione d'allenamento.
«
Io sono pronto a tornare sul campo. »
Il
sopracciglio destro di Chakwas scattò verso l'alto.
Kaidan sollevò la testa, lanciandogli un'occhiata penetrante
nel silenzio
attonito in cui era piombata la stanza.
«
Non sto scherzando, dottoressa. Posso combattere,
me lo sento. »
«
Te lo sentivi anche a Londra, mentre rischiavi di
morire dissanguato » commentò Alenko.
«
A Londra era l'orgoglio a impormi di continuare a
combattere, ora sono lucido. »
«
Stronzate. »
Un
brivido di collera risalì la spina dorsale
dell'ispanico. Ignorando il dolore, avanzò in direzione di
Kaidan, fermandosi a
pochi passi di distanza.
«
Prova a ripeterlo, Maggiore » lo sfidò, calcando
con astio il grado militare.
«
Tu volevi continuare a combattere per Shepard e
anche adesso moriresti solo per lei, mandando al diavolo la
possibilità che ti
ha dato. Dunque, sono tutte stronzate » ripeté
Kaidan, senza scomporsi.
«
Mentre tu non ti sei fatto alcuno scrupolo a
salvarti la vita, vero, Alenko? »
«
Vuoi la verità? Va bene. La verità è
che non c'è
istante in cui non maledica il momento in cui ho dovuto risalire quella
rampa.
Solo che mi rendo conto di quando è ora di arrendersi.
»
«
Arrendersi significa abbandonarla. »
«
A differenza tua, non sono così stupido da buttare
la vita che Shepard mi ha ordinato di salvare. »
La
mano di James scattò in avanti, arpionando il
bavero della divisa.
«
Sei solo un codardo! »
«
Attento Tenente, potresti essere accusato di
insubordinazione » sibilò Kaidan.
Un'aura
bluastra circondò il corpo del biotico e
impalpabili scariche di elettricità statica iniziarono a
ondeggiare tra i due
uomini. Gli sguardi erano fissi, rabbiosi, i muscoli pronti a scattare,
le dita
di Vega tanto strette da imbiancare le nocche.
«
Adesso basta! » Due piccole ma robuste mani si
interposero tra i litiganti, afferrando loro le spalle e spingendoli
l'uno
lontano dall'altro. « Siete la vergogna dell'Alleanza. Ma
guardatevi. »
La
dottoressa attese che si scambiassero un'occhiata
fugace, lasciando che la mortificazione prendesse il posto della
collera, prima
di rincarare la dose.
«
Shepard è la fuori, ad affrontare solo lei sa cosa,
mentre voi vi azzannate alla gola. Se fosse qua vi avrebbe
già preso a calci! E
se proprio non resistete all'istinto di comportarvi da scimmioni,
potete stare
sicuri che lo farete FUORI dalla mia infermeria! »
sbottò, aprendo la porta
scorrevole della stanza. Con un gesto perentorio, impose ai due uomini
di
uscire, « Sappiate però che dovrete trovare un
altro medico che vi sistemi. Le
ferite da ottusità io non le curo. »
Il
portellone dell'infermeria si chiuse loro in
faccia, celando l'espressione incollerita della dottoressa Chakwas e
abbandonandoli
al silenzio della sala comune; un silenzio che non osarono infrangere,
caricandolo di contrizione.
James portò la mano alla nuca, incapace di posare gli
occhi sul compagno. Sapeva come l'avrebbe giudicato il Comandante se
l'avesse
visto in quegli attimi: avventato, irresponsabile, sconsiderato. Idiota.
Si sentì tale.
«
Senti Kaidan, ho agito d'impulso, io... »
«
Tu la ami. »
L'ispanico
sentì le parole di scusa morirgli in gola.
« Io... »
«
Lo immaginavo. La tua non è una reazione da
soldato, né da amico » sospirò,
incrociando le braccia.
«
Come fai a sapere che Garrus o Liara non reagirebbero
come me? »
«
Perché solo tre anni fa mi sarei comportato allo
stesso modo, e io la amo adesso come allora. »
L'espressione
sul volto di James scatenò l'irrefrenabile
risata del biotico, che si tramutò rapidamente in un riso
amaro.
«
Sì James, sono innamorato di Shepard. Da anni,
oramai. E lei era innamorata di me, prima che rovinassi tutto con la
mia
diffidenza e... e il mio stupido orgoglio. »
Vega
sbarrò gli occhi.
"Eri tu..."
Nella
sua mente riaffiorarono le imprecazioni di
Shepard durante i mesi di prigionia, i violenti pugni contro il sacco,
le urla
di collera, i perché gridati fino allo stremo quando ormai
non aveva più le
forze per distruggere la cella, la confessione di aver amato un uomo e
di
essersi sentita tradita, rifiutata, ferita a morte dall'unica persona a
cui si
fosse mai abbandonata, a cui aveva mostrato senza remore i suoi lati
più
fragili.
«
Si era alleata con Cerberus. Con dei terroristi. Li
avevamo combattuti assieme, dannazione. E dopo tutto ciò che
avevamo passato
assieme, non aveva neppure cercato di contattarmi. Ma quel suo
sorriso... e lo
sguardo con cui me l'ha chiesto... avrei dovuto capire che non mi aveva
mai
abbandonato. Che non mi aveva cercato per non danneggiarmi la carriera.
Che mi
stava supplicando di tornare con lei. Che solo da morta sarebbero
riusciti a
tenerla lontana da me. Avrei dovuto fidarmi... » Kaidan
strinse i pugni,
lasciando che il rimorso gli defluisse dal petto, « ma non
l'ho fatto. »
James
attese in silenzio che il Maggiore terminasse la
cascata di pensieri sconnessi in cui stava riversando mesi di
sofferenza e
rimpianti. Shepard era rimasta sola, pugnalata alle spalle da colui di
cui più
si fidava, nel momento in cui la sua ritrovata vita si stava ribaltando
trasformandola da eroina di guerra a traditrice. Se si fossero trovati
in una
condizione normale l'avrebbe detestato, forse addirittura pestato a
sangue per
ciò che aveva costretto il Comandante a subire, ma non si
trovavano in
condizioni normali e provò solo compassione per quell'uomo
che aveva distrutto
il suo stesso futuro con le proprie mani.
«
Hai seguito le regole, Maggiore. Avrebbe potuto
essere un androide, o un clone programmato da Cerberus. L'Alleanza
aveva
dichiarato Shepard ufficialmente morta. Hai agito correttamente.
»
«
L'Alleanza aveva ragione... »
L'ispanico
si lasciò sfuggire un'occhiata dubbiosa.
Lui sapeva che Shepard era davvero morta a seguito dell'attacco dei
Collettori,
aveva visto la videoregistrazione sulla base Cronos, ma Kaidan non
poteva
esserne al corrente.
«
Perciò hai creduto sin da subito che fosse stata
resuscitata da Cerberus? »
«
Non sapevo come l'avessero riportata in vita, se
integra come pretendeva di essere o sotto il loro controllo, ma sapevo
per
certo che era morta. Quel giorno... aveva lasciato il comunicatore
vocale
acceso. »
«
E quindi? »
«
Riuscivo a sentire i suoi rantoli, mentre
soffocava. »
James
ebbe bisogno di qualche istante per comprendere
le parole di Alenko. Infine, capì.
"Dios..."
La
sua mente stava impazzendo solo al pensiero che
potesse succederle qualcosa sulla Cittadella e l'unico altro uomo che
l'avesse
amata l'aveva sentita soffocare nello spazio. Kaidan l'aveva sentita
morire.
Il sangue gli si raggelò nelle vene.
«
Come potevo essere sicuro che fosse lei? Dopo due
anni! Come potevo sapere che Cerberus aveva davvero i mezzi per
riportarla in
vita? » si disperò Alenko, afferrandosi la fronte
con le dita. Un leggero
sobbalzo gli scosse il corpo quando la mano di Vega gli si
appoggiò sulla
spalla.
«
Non hai messo in conto Shepard. Un'altra donna
forse avrebbe capito, ma lei... » all'ispanico
sfuggì un leggero sbuffo
divertito, « lei è forse la persona più
caparbia, orgogliosa e cocciuta della
galassia. »
«
Vero » rispose Kaidan, le labbra piegate in un
sorriso, « poi sei arrivato tu. »
Le
sopracciglia scure di Vega scattarono verso l'alto.
«
Che vorresti dire? »
«
Che sei un idiota, visto che non ti sei mai reso
conto di quanto fossi diventato vitale per lei. »
James
afferrò entrambe le spalle del Maggiore,
obbligandolo a guardarlo in faccia.
«
Stronzate! Lei è il mio Comandante, e il regolamento
interno vieta la fraternizzazione. Non avrebbe mai... »
«
Se non si è mai fatta scrupoli a fraternizzare con
me, perché pensi che ce li avrebbe avuti con te? »
dal silenzio, Kaidan
comprese di aver colto nel segno, « rispondi a questo. Per
quale motivo ti proponeva
costantemente come secondo per le missioni? »
«
Perché sono il migliore soldato che ha a
disposizione sulla Normandy! »
Alenko
esplose in una risata tagliente. « Shepard è
circondata dai migliori combattenti della galassia, tra cui un generale
protean
assetato di vendetta. Pensi davvero di essere così in gamba,
Tenente? »
«
Io... »
«
Ti voleva al suo fianco. Non so cosa diavolo ci
vedesse in te, ma le davi la forza per andare avanti. Onestamente no so
se avrebbe
ordinato l'evacuazione se ci fossi stato solo io di fronte all'Araldo.
»
Il
germe del dubbio si instillò nella mente di James,
corrodendo le sue certezze. Quelle battute e i flirt che aveva sempre
considerato
un innocente gioco gli sembrarono di colpo molto meno innocenti.
"E quella
notte..."
Il
ricordo di ciò che le aveva detto dopo la festa lo
colpì come una mazza nello stomaco. La sensazione di nausea
lo investì assieme
al sospetto di aver subìto la stessa sorte di Kaidan.
«
...da quanto tempo, Maggiore? »
«
Non lo so, ma conoscendola azzarderei a dire da
mesi. Forse da prima che i razziatori ci attaccassero. »
L'ispanico
si staccò dal biotico come se il contatto
fosse divenuto ustionante e un gemito si liberò dalle
labbra, contratte in una
smorfia d'angoscia. Si lasciò cadere a terra nascondendo il
volto tra le
braccia, la schiena appoggiata alle gelide lamiere dell'astronave.
«
Perché non me ne ha mai parlato? Io credevo che
volesse solo del sesso. Che non fossi nulla di più per lei
che un soldato con
cui divertirsi! » esplose con una voce straziata dalla
sconfitta.
«
Perché Shepard sarà anche in grado di affrontare
faccia a faccia un razziatore con un semplice puntatore laser, ma ha
una
fottuta paura dei sentimenti oltre a essere totalmente incapace di
relazionarsi
con le persone. »
«
Dios...
»
L'ispanico
addossò la nuca alla fiancata della
Normandy, abbandonandosi all'incubo in cui era lo sguardo
compassionevole di
Kaidan a posarsi su di lui.
«
La verità è che non siamo mai riusciti davvero a
capirla. Né tu, né io. E l'abbiamo perduta prima
ancora di meritarla. »
La
voce di Alenko affondò nella mente di James come
un proiettile.
La stessa sensazione di impotenza che aveva provato
su Fehl Prime lo travolse, annebbiandogli la vista e trascinandolo
nella
disperazione. Era amato dalla donna che amava, eppure rischiava di
perderla per
sempre e senza poter fare niente per impedirlo.
Il senso di nausea si fece più prepotente.
«
Qui è l'Ammiraglio Hackett.
»
La
voce diramò dagli altoparlanti, attirando
l'attenzione dei due uomini.
«
A tutte le
flotte, il crucibolo è attivo. Sganciarsi e dirigersi al
punto di ritrovo.
Ripeto, sganciarsi e allontanarsi da qui. »
|
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Capitolo 18 *** Una volta per tutte ***
UNA VOLTA PER TUTTE
« A differenza
tua, non sono così stupido da buttare la vita che Shepard mi
ha ordinato di
salvare. »
« Sei solo un
codardo! »
« Attento
Tenente, potresti essere accusato di insubordinazione. »
***
«
Il dispositivo in questione venne ideato molti
cicli addietro e ogni ciclo ha portato avanti il progetto, evolvendolo.
»
Shepard
scrutò di sbieco l'AI. « Perché non
l'avete
fermato? »
«
Credevamo che il progetto fosse andato perduto. Gli
organici sono più intraprendenti di quanto prevedessimo.
»
Il
bambino lanciò una lunga occhiata al raggio del
crucibolo, volgendo le spalle al Comandante. L'apatia con cui
continuava a
definire gli abitanti della galassia dei semplici "organici"
aumentava l'irritazione della donna. Agli occhi artificiali dell'AI,
gli
abitati della galassia non erano che sostanza grezza utile per la
creazione di
nuovi razziatori; i terrestri erano considerati unicamente materiale
umano in
grado di riprodursi, i cui sentimenti, emozioni ed ideali venivano
classificati
come lo spiacevole effetto collaterale che impediva l'inizio pacifico
di un
nuovo ciclo.
Per i razziatori, gli abitanti della galassia erano
parassiti incapaci di agire in maniera razionale, e Shepard decise di
ricordare
al ragazzino che la realtà era ben diversa dalle
informazioni contenute nel suo
database.
«
La vita organica si distingue per la capacità di
autodeterminazione. Sappiamo scegliere per conto nostro. Altrimenti,
non
saremmo tanto diversi dalle macchine come voi »
sibilò, carica di fiele.
«
Voi avete scelta, più di quanto crediate. La
presenza di un essere organico qui per la prima volta ne è
la prova » ribatté
l'AI, « ma prova anche che la mia soluzione non è
più valida. »
«
E con questo? »
«
Occorre una nuova soluzione. »
Per
quanto fosse una risposta logica, Jane non
riusciva a comprendere il comportamento dell'AI. Controllava i
razziatori. I
suoi nemici. Avrebbe dovuto cercare di distruggerla, non condurla nel
cuore
della loro fortezza.
«
Perché mi stai dicendo tutto questo? Perché
aiutarmi? »
Alla
donna sembrò che lo sguardo traslucido del
bambino trasmettesse perplessità. Si chiese se non fosse lei
impossibilitata a
comprenderli, proprio come l'Araldo l'aveva sempre accusata di essere.
Una
creatura troppo limitata per concepire l'utilità di una
soluzione il cui fine
si perdeva nello spazio e nel tempo.
«
Tu hai modificato le variabili. »
«
Che vuoi dire? »
L'AI
la guardò con condiscendenza. « Il crucibolo mi
ha cambiato. Ha creato nuove... possibilità. Ma io non posso
concretizzarle. Se
desideri sperimentare una nuova soluzione devi agire. »
"Devo
agire..."
Shepard
impiegò qualche istante per capire la portata
delle parole della creatura artificiale. Doveva agire. Doveva
scegliere. Di
nuovo. Da sola.
Guardò
l'abbacinante raggio di energia oscura che sferzava
l'atmosfera della Cittadella, alle cui spalle i disperati tentativi di
resistenza dei popoli galattici fungevano da muto sfondo. Il peso di un
macigno
le piombò sul petto.
«
Ora hai la possibilità di distruggerci. »
La
prima scelta. Sulla destra della piattaforma si
trovava l'arteria pulsante dell'AI, un fragile tubo di vetro al cui
interno
correvano i cavi di alimentazione della Cittadella, illuminati da una
tenue
luce rossa. Jane sapeva che Anderson si sarebbe diretto in quella
direzione
senza indugiare ma lei... lei non era Anderson, e non riusciva a
fidarsi dei
razziatori.
«
Ma ricorda, anche altri saranno distrutti. Il
crucibolo non può discriminare. Tutti i sintetici verranno
colpiti. Anche il
tuo corpo è sintetico, almeno in parte. »
"Tutti i
sintetici..." il volto di IDA le apparve fugace nella mente.
Malgrado
si fosse abituata a considerarla come un membro del proprio equipaggio,
rimaneva un organismo sintetico. Come lei, i geth per cui Legion si era
suicidato.
"Merda..."
« Cosa succederà di preciso? »
Il
bambino alzò la testa verso l'immensa struttura
metallica.
«
Il dispositivo che chiami crucibolo è in larga
parte intatto, tuttavia i suoi effetti non riguarderanno esclusivamente
i
razziatori. Colpirà la tecnologia su cui fate affidamento. I
vostri superstiti,
tuttavia, saranno in grado di riparare i danni arrecati. »
"La nostra
tecnologia..."
«
Ci saranno delle perdite ma non più di quante ne
abbiate già subite. »
Shepard
spostò una mano sullo stomaco: le componenti
elettroniche che Cerberus le aveva impiantato durante il progetto
Lazarus, le
stesse che stavano contribuendo a tenerla in vita malgrado le ferite,
avrebbero
subito lo stesso destino.
Lei sarebbe stata tra le perdite. Il macigno sul
petto si fece più pesante.
Mancava ancora un'informazione, l'unica veramente
importante.
«
E i razziatori, saranno distrutti? »
«
Sì, ma la pace non durerà » ottenne
come brusca
risposta, « Presto i vostri discendenti creeranno nuove vite
sintetiche e ne
deriverà un caos inevitabile. »
"Dannazione!"
« Deve pur esserci un altro modo. »
«
Sì, c'è. Potresti usare l'energia del crucibolo
per
ottenere il controllo dei razziatori. »
Con
un indice, l'AI indicò una seconda struttura
portante, al capo opposto della piattaforma rispetto al tubo di
alimentazione,
di cui la donna non riuscì a identificare
l'utilità. Le continue scariche
elettriche che si generavano tra due coppie di imponenti bobine
irradiavano una
rilassante luce azzurrognola che le ricordò l'aura tipica
dei biotici.
"Ottenerne
il controllo... quel fottuto
bastardo!"
Le
parve di intravederne l'elegante fantasma
afferrare i poli inferiori delle bobine e rimanervi ancorato con
caparbietà, riverberando
nel turbinio di eezo.
«
Allora l'Uomo Misterioso aveva visto giusto. »
«
Sì, ma lui non ci sarebbe mai riuscito. Era già
sotto il nostro controllo. »
«
Io invece sì. » "Va bene,
dov'è la fregatura stavolta?"
«
Morirai. Riuscirai a controllarci, ma dovrai
rinunciare a tutto ciò che sei. »
Shepard
represse l'imprecazione. Le sembrò tutto
completamente senza senso.
«
Se muoio come potrò controllare i razziatori? »
L'AI
si girò verso di lei, sorridendole. « La tua
forma corporea si dissolverà ma i tuoi pensieri, e persino i
tuoi ricordi,
continueranno a esistere. Perderai la tua natura organica, e perderai
ogni
legame con la tua specie pur restando consapevole della sua esistenza.
»
Jane
distolse lo sguardo dal bambino, aggrottando le
sopracciglia. Tutti i sentimenti, le scelte, le persone che aveva
vissuto e
incontrato sarebbero divenute delle fioche olografie in bianco e nero
di una
vita altrui. Shepard avrebbe comandato i razziatori, pur non essendo
più
Shepard. Un nodo le mozzò il respiro: anche Anderson e
Garrus sarebbero
diventati un vago ricordo sbiadito, incapaci di generarle emozioni. E
James...
anche lui, per la nuova Shepard, non sarebbe stato nulla più
che la creatura di
una specie a lei anticamente affina.
«
Non ho combattuto questa guerra per rinunciare a
tutto! »
«
E io non voglio essere sostituito da te, però sarei
costretto ad accettarlo. »
«
Non se mi rifiutassi di farlo » lo sfidò,
guardando
d'innanzi a sé e attendendo una reazione aggressiva.
«
Esiste un'altra soluzione. »
Jane
ruotò il capo attingendo alle poche energie
rimaste e fissò di sbieco la piccola figura traslucida. La
voce del bambino si
era fatta carezzevole. Troppo carezzevole per i suoi gusti.
«
Sintesi. »
"Sintesi?"
« Sarebbe a dire? » chiese, ponendosi sulla
difensiva.
«
Unisci la tua energia a quella del crucibolo »
chiarì
l'AI, dirigendo lo sguardo verso l'abbacinante raggio del crucibolo,
« la
conseguente reazione a catena formerà una nuova struttura
condivisa da tutti
gli esseri organici e sintetici della galassia. Un nuovo DNA.
»
Shepard
represse il desiderio di sparagli in testa.
Detestava essere presa in giro e le sembrava che quella specie di
razziatore
intangibile si stesse divertendo a sbeffeggiarla.
«
Spiegami in che modo la mia energia può unirsi al
crucibolo. »
«
Resta poco tempo ma proverò a spiegartelo. La tua
energia organica, l'essenza della tua individualità,
verrà dissolta e poi
dispersa nel cosmo. »
Gli
istinti omicidi del Comandante, acuiti dal tono
di sufficienza del ragazzino, morirono nell'istante in cui comprese che
sarebbe
di nuovo, inevitabilmente, morta. La sua intera vita non era mai stata
semplice
e da quando aveva incontrato la Sovereign era tutto andato in malora.
Faticò ad
accettare che il destino fosse così crudele da imporle di
scegliere di quale
morte morire, negandole persino l'inconsapevolezza.
Chiuse per qualche secondo gli occhi, lasciando che
le immagini della fine del conflitto le cullassero l'animo straziato.
«
E a cosa servirà? »
«
L'energia del crucibolo, rilasciata in questo modo,
andrà ad alterare la matrice di tutte le forme di vita
organica. Gli organici
ricercano la perfezione tramite la tecnologia, i sintetici lo fanno
tramite la
comprensione. Gli organici si perfezioneranno integrandosi pienamente
con la
tecnologia dei sintetici e i sintetici, a loro volta, potranno
comprendere
pienamente gli organici. È la soluzione ideale. Ora sappiamo
che è fattibile,
perciò è inevitabile che raggiungeremo la
sintesi. »
"Brutti
figli di puttana..."
«
Perché non ci avete pensato prima? »
sbottò con voce
arrochita. La collera tornò a inondarle il petto nella sua
famigliare
sensazione di calore.
«
In passato sperimentammo una soluzione simile ma si
rivelò un fallimento. »
«
Perché? » "Se
avete fallito allora, perché dovreste riuscirci adesso?
Perché devo sacrificare
la MIA vita?"
«
Perché gli organici non erano pronti. Non è una
soluzione che può essere... imposta. Ora siete pronti e la
scelta spetta a te.
»
Shepard
represse una risata. L'imposizione era stato
il punto debole del precedente tentativo e il bambino le stava
proponendo la
stessa scelta, con l'unica differenza che a imporla non sarebbero stati
i
razziatori ma un singolo umano.
«
Mi stai chiedendo di cambiare tutto e tutti. Non
posso assumermi questa responsabilità. No... » la
donna distolse lo sguardo
dall'AI, « non lo farò. »
«
Perché? Ormai i sintetici fanno parte di te.
Riusciresti a vivere senza di loro? »
«
Non è questo il punto. »
Per
quanto fosse consapevole di essere infinitamente
meno intelligente dei razziatori, nella sua natura di organica sapeva
che le
due condizioni non erano equiparabili. Il DNA era rimasto tale e quale
a prima
del progetto Lazarus, benché dispositivi sintetici
cooperassero per tenerla in
vita, ed era ancora Jane Shepard. Nessuno le assicurava che anche gli
altri
organici della galassia, dopo il processo di sintesi, avrebbero
mantenuto la
propria natura. La parola dei razziatori contro il suo raziocinio.
"E voi
siete dannatamente bravi a ingannare gli altri esseri..."
«
Il tuo tempo è scaduto. Devi decidere. »
Jane
trasse un lungo sospiro. « Facciamola finita. »
«
Fai ciò che devi » ottenne come unica lapidaria
risposta.
Due
rampe, al lati del lungo corridoio che l'avrebbe
condotta al raggio della sintesi, si innalzarono di fronte a lei. La
donna ne
seguì il percorso con gli occhi: una le avrebbe permesso di
raggiungere i diodi
e completare il sogno dell'Uomo Misterioso.
Sarebbe diventata un razziatore. Sarebbe diventata tutti i razziatori.
Sarebbe rimasta nella Via Lattea come entità superiore,
vivendo un'esistenza da etereo
giudice supremo. Un brivido le percorse il corpo: non sapeva come
avrebbe
pensato una volta diventata la nuova intelligenza artificiale,
né se vi sarebbe più stato libero
arbitrio per le specie della galassia. Umani, turian, asari e tutti gli
altri
esseri organici e sintetici avrebbero forse vissuto in pace, ma una
pace
forzata dalla sua mano.
Li avrebbe obbligati a vivere in gabbia.
Un prezzo troppo alto.
Il suo sguardo si posò per un istante sul raggio
della Cittadella, da cui si ritrasse con disgusto.
"Non imporrò
mai una scelta simile a tutti. Mai."
Alla
sua destra l'ultima rampa, quella che l'avrebbe
condotta al cuore pulsante dell'AI e dei razziatori.
"« I
vostri discendenti creeranno nuove vite sintetiche e ne
deriverà un caos
inevitabile... » ma noi abbiamo già dimostrato che
la convivenza tra organici e
sintetici è possibile. Quarian e geth sono in pace,
dannazione. Sono in pace.
Noi non siamo bestie prive di ragione. Noi possiamo scegliere,
SCEGLIERE!"
Le
parole le rimbombarono nel capo sino a diventare
assordanti.
Guardò la struttura, debolmente illuminata di rosso,
e decise. Sarebbe morta, ma avrebbe dato la possibilità di
scegliere ai
sopravvissuti.
"Vediamo
di finirla, una volta per tutte."
A
passi incerti si incamminò verso la struttura dei
cavi di alimentazione. Il lento avanzare era accompagnato dal debole
scalpiccio
delle suole sul metallo della piattaforma, la cui lucentezza si
macchiava delle
gocce di sangue che cadevano dal corpo della donna.
Tenne gli occhi fissi sull'obiettivo; temeva che, se
avesse guardato la Terra stagliarsi nell'immensità
dell'orizzonte, avrebbe smarrito
il coraggio.
La debole pendenza della rampa la fece gemere,
obbligandola a forzare sino allo stremo i muscoli delle gambe. Li
sentì tremare
penosamente e supplicò il proprio corpo di non abbandonarla.
"Non
ancora. Ti prego."
Percepì
le guance bagnarsi e la sua bocca fu invasa
da un sapore salato che si mescolò al gusto metallico del
sangue. Era giunta di
fronte al tubo e in quel momento, dopo anni, permise a se stessa di
piangere.
Alzò la pistola di fronte a sé e tirò
il grilletto.
Sulla superficie del tubo apparve una leggera
incrinatura.
Tirò di nuovo. Un'altra crepa, e un rumore
tintinnante di vetri rotti.
Un altro colpo, un altro, e un altro ancora.
Il suo lento incedere si fece più sicuro, la sua
schiena resa curva dal dolore e dalla fatica si raddrizzò,
il suo sguardo era
fermo sulla fragile arteria danneggiata. Il braccio era teso quanto i
suoi
nervi e i colpi si fecero più ravvicinati, le pallottole
più precise. Un
proiettile oltrepassò la barriera trasparente, trafiggendo i
cavi e un nugolo
di fulmini si dipanò dal condotto, seguito da un'esplosione
e un breve ruggito
morente.
Il calore le investì il volto, spingendola a piegarlo
istintivamente di lato.
Shepard non si fermò.
"Saresti
fiero di me, Anderson."
La
piattaforma si trasformò in un inferno di fiamme e
cenere, la cui temperatura aumentava dopo ogni sparo che trafiggeva il
cuore
della Cittadella. Jane alzò il secondo braccio, appoggiando
al mano sul calcio
della pistola. Non avrebbe indietreggiato. Non dopo tutto
ciò che aveva sacrificato.
"Mi
dispiace, Legion. Mi dispiace da morire."
Le
esplosioni aumentarono d'intensità, obbligandola a
rallentare. Il calore era immenso e dovette socchiudere gli occhi per
impedire
che iniziassero a lacrimarle.
Le mancavano pochi passi. Sarebbe morta, ma a testa
alta.
"Thane... forse
stavolta mi spiegherai cosa significhi Siha. "
Un
colpo.
"James..."
Il
volto del giovane tenente, dell'uomo che amava, le
affiorò nella mente.
Un breve ricordo, un sorriso fugace che le aveva
donato durante le sue infinite sessioni di allenamento.
Un colpo.
Infine, le fiamme.
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Capitolo 19 *** Impatto ***
IMPATTO
"È…
così silenzioso..."
...
"Riesco
a vederla... Andromeda... e il
cigno... e quella è.… è…"
***
«Come
sarebbe a dire?»
«Calmati,
James.»
«Calmati
un cazzo. Adesso torniamo indietro a
prenderla!» sbraitò l'ispanico.
«Ho
detto calmati, idiota.»
«Vaffanculo
Gar...»
Il
pugno del turian colpì la guancia dell'uomo con un
rumore sordo. Trascinato dalla potenza dell'urto, James
crollò a terra.
«Ah,
mierda!» si lamentò, intontito.
«Non
dire che non ti avevo avvisato» commentò Garrus,
incrociando le braccia.
Appoggiandosi
su un gomito, l'ispanico si portò una
mano al volto. Sentì un liquido caldo bagnargli i
polpastrelli mentre dalle
labbra la lingua gli restituiva un sapore metallico familiare. Il
bruciore gli
fece stringere gli occhi e con disgusto sputò un grumo di
sangue sul pavimento
della Normandy.
«Cazzo,
amigo, mi hai spaccato il labbro.»
«Solo
perché la testa è troppo dura»
replicò
l'alieno, porgendo una mano al compagno.
James
gli lanciò un'occhiata astiosa prima di
afferrargli il braccio e rimettersi in piedi. Lo scatto repentino lo
sbilanciò,
obbligandolo ad appoggiarsi alla paratia dell'osservatorio di babordo.
«Non
riesci nemmeno a reggerti in piedi e vorresti
andare sulla Cittadella. Pensavo che l'istinto di sopravvivenza dei
terrestri
fosse più sviluppato. Ma forse tu sei un'eccezione
evolutiva.»
«Vale,
vale, ho capito. Sono calmo.»
«E
vedi di rimanerlo perché l'ultima cosa di cui
abbiamo bisogno è un krogan umano impazzito.»
Vega
chinò lo sguardo. Dal tono sarcastico del turian
traspariva una nota di compassione. Sentì le gote
imporporarsi per la vergogna.
Sapeva di non avere l'intelligenza di Kaidan o di Garrus ma in quel
momento gli
sembrò di aver raggiunto vette di idiozia ancora inesplorate.
«Hai
ragione, solo che... merda, loco, non resisto.
Lei è là e noi stiamo scappando. La stiamo
abbandonando, dannazione!»
«Non
pensare che per me sia facile. Shepard è la mia
migliore amica e la mia compagna di squadra» la voce bitonale
di Garrus si fece
più profonda, «Non c'è Shepard senza
Vakarian. Così mi ha salutato, e io non
sto riuscendo a dimostrargli che aveva ragione.»
«E
allora perché non...»
«Perché
non è in ballo solo la vita di Shepard.
Dobbiamo mettere la missione al di sopra dei nostri sentimenti e
credevo che un
marines fosse addestrato a farlo. Ma qui siamo oltre al mero rapporto
tra
Comandante e soldato, vero?»
James
fissò gli intensi occhi azzurri del turian,
incapace di ribattere.
«Lo
prenderò come un sì» concluse Garrus,
sospirando.
Una
cappa di silenzio cadde sui due militari,
opprimendone i pensieri. L'uomo digrignò i denti, contraendo
i muscoli del
volto nel tentativo di scacciare il nodo che gli stava straziando il
petto. La
mascella protestò con una fitta di dolore improvvisa,
obbligandolo a parlare
per rilassarla.
«E
così è finita.»
«Stai
dando per scontato che sia morta...»
«È
ferita, sulla Cittadella, ormai ad anni luce da
noi e per quanto ne sappiamo potrebbero pure esserci dei nemici su
quella nave.
Sì cazzo, permettimi di credere che l'abbiamo condannata a
morte.»
«Torneremo
indietro, James. Dobbiamo solo aspettare
il via libera di Hackett.»
«Stronzate.
Se anche ci dessero il permesso non
torneremmo mai in tempo. Saremmo dovuti tornare sulla Terra, non
fuggire come
dei fottuti codardi» sbottò, fissando un punto
imprecisato del pavimento.
Alle
sue parole seguì un lungo silenzio.
James si voltò verso il compagno. L’apatia era la
conferma dei timori che lo attanagliavano: Garrus era consapevole di
averla
abbandonata, di averla lasciata a morire in mezzo ai cadaveri, su
un'astronave
che aveva sempre odiato. Lei aveva sacrificato la sua stessa vita per
salvare
il proprio pilota, un solo uomo del proprio equipaggio, dalla furia dei
collettori, mentre loro erano scappati, non avendo neppure il coraggio
di
contravvenire agli ordini per raggiungerla.
La passività del turian lo mandò in bestia.
«Porca
puttana, come fai? Si può sapere? Come cazzo
fai a non reagi...»
La
voce gli morì in gola. Su un volto da rettile
illuminato da un debole bagliore rossastro gli occhi spalancati del
cecchino
era puntati sul vetro alle sue spalle.
«Garrus?»
Il
compagno di squadra non rispose. La sempre
maggiore intensità del riverbero vermiglio sulla pelle
coriacea del turian e un
forte sobbalzo della Normandy spinsero James a voltarsi.
L’immensa sfera infuocata innescata dal Crucibolo
stava divorando gli spazi siderali, precipitandosi verso la poppa della
Normandy a una velocità superiore a quella
dell’iperluce. La velocità massima a
cui la nave poteva viaggiare.
«Mierda...»
Le
dimensioni della bolla erano tali che solo uno
spicchio era visibile attraverso la grande vetrata panoramica
dell'osservatorio, mentre il plasma emesso dai motori dell'astronave
interferiva con il colore traslucido del globo, generando una profonda
cicatrice oscura bordata di luce.
«Ci
sta per raggiungere! Joker!»
La
voce allarmata di Garrus risuonò nella stanza.
«Joker non può
parlare adesso ma secondo i miei calcoli la sfera ci
raggiungerà in
trentaquattro virgola sei secondi» rispose IDA, il
cui modulatore vocale le
impediva di lasciar trasparire alcuna emozione. James dubitò
persino che
potesse provarne di autentiche. L'ispanico invidiò
intensamente la sua natura
sintetica.
Una
serie di scossoni sempre più violenti spinsero i
due militari ad appoggiarsi alle paratie.
«Sai
almeno dirci cosa diavolo è quella roba
mostruosa e se ci rimangono solo trentaquattro virgola sei secondi di
vita?»
«Purtroppo
nulla di simile è presente nei miei database, ma adesso
rimangono solo ventisei
virgola due secondi all'impatto.»
Le
vibrazioni della Normandy aumentarono di intensità
e frequenza, scagliando a terra le bottiglie di alcolici stipate sulle
mensole
del bar interno.
I due compagni si scambiarono una fugace occhiata,
prima che il turian riprendesse la parola.
«Nel
caso dovessimo morire in modo orribile, sappi che
mi dispiace averti dato quel pugno. Anche se te lo meritavi.»
«E
io voglio dirti che mi dispiace averti insultato,
e che quel pugno me lo meritavo.»
«Quindici
secondi all'impatto.»
Entrambi
conclusero il discorso con un debole
sorriso.
«Dieci secondi.»
Il
globo infuocato aveva ormai conquistato l'intera
vetrata panoramica, emettendo una luce abbagliante.
James strinse gli le palpebre. In quei pochi secondi
non poté fare altro che aspettare: aspettare di vivere,
aspettare di morire, e,
pensando a Shepard, aspettare un perdono che temeva non sarebbe mai
arrivato.
«Impatto
imminente.»
Malgrado
i loro tentativi di ancorarsi alle paratie,
la potente vibrazione che seguì il contatto
scagliò a terra i due militari. Dalla
sensazione di vuoto che gli risalì lo stomaco, Vega ebbe
l’impressione che la
nave perdesse il proprio assetto, e capì di essere ancora
vivo.
Spalancò
gli occhi e si ritrovò immerso nella
penombra del cielo stellato, i sussulti della Normandy che gli
impedivano di
rimettersi in piedi.
«Garrus?»
provò a chiamare, sperando che la sfera non
avesse avuto effetto sul turian.
«James.
Sei ancora vivo!»
L’ispanico
tirò un sospiro di sollievo mentre gli
occhi abituatisi alla penombra gli restituivano il profilo spigoloso
dell'amico.
«Sì,
anche se non ci speravo» rispose, cercando di
contrastare i movimenti inconsulti della nave arpionandosi a un
divanetto
laterale, «Cosa cazzo sta succedendo?»
«Non
lo so. IDA, mi senti? Che sta succedendo?»
I
cigolii agonizzanti della Normandy rimasero gli
unici suoni in grado di giungere loro alle orecchie.
«Temo
che il sistema di comunicazione interno sia
saltato. Dobbiamo salire al ponte due.»
«Sarebbe
facile, se non sembrasse di camminare sul
coperchio di una vasca di anguille impazzite!»
«Sei
il mago delle metafore» concluse sarcasticamente
Garrus, facendo leva sulle proprie gambe e spiccando un unico salto
verso la
porta automatica. L'impatto con la superficie in acciaio gli fece
sfuggire un
gemito.
«Che
succede?»
«La
porta... ohi... non funziona. Non si apre»
bofonchiò il turian, tenendosi una mano sul volto dolorante,
«dobbiamo forzarla
manualmente.»
James
lo raggiunse, aiutandosi a mantenere la
traiettoria con i pochi oggetti fissati al ponte. Un sobbalzo
particolarmente
violento lo fece scattare in avanti e l'osservatorio
rimbombò di un secondo
gemito.
«Ah,
dannazione... ci sono... hostia puta... cosa
devo fare?»
«Afferra
la maniglia laterale e tirala verso di te
mentre io la attivo.»
Mentre
il turian si sdraiava accanto alla leva per
l'innesco manuale, l'ispanico si posizionò sul lato verso
cui la porta avrebbe
dovuto scorrere e tentò di afferrare la rientranza verticale
al capo opposto.
«Questa
maledetta nave sta facendo di tutto per farmi
incazzare!» sbottò, riuscendo a infilare le dita
nella maniglia al terzo
tentativo.
«Pronto?»
«Muoviti,
Garrus!»
«Adesso!»
Vega
puntò i piedi contro il pavimento e fece forza
sulla porta. Il breve stridore metallico della leva si sovrappose al
sibilo che
accompagnava l'apertura del pannello.
«Ce
l'abbiamo fatta...» ansimò l'uomo, riprendendo
fiato.
«Ora
dobbiamo... ah, merda!... solo arrivare al ponte
di comando» imprecò il turian, dopo aver sbattuto
contro lo stipite della porta
nel tentativo di rialzarsi.
«Andiamo!»
Si
intrufolarono del corridoio illuminato dalle
fioche luci di emergenza, sfruttando i sussulti della Normandy per
guadagnare
con facilità dei metri preziosi e non senza che James
precipitasse all'interno
del bagno degli uomini, trattenuto misteriosamente aperto a
metà.
«Ma
porca... chi diavolo si è dimenticato di chiudere
la porta del cesso?»
Rimanendo
ben saldo allo stipite della stanza, Garrus
gli allungo la mano per aiutarlo a recuperare l'equilibrio.
«Se
proprio ti scappa almeno siediti, non voglio
vedere un dipinto d'arte moderna sui muri la prossima volta che
dovrò andare in
bagno.»
«Non
devo pisciare, è che qualche... aspetta, tu come
fai a sapere che gli uomini pisciano in piedi?»
esclamò, recuperando il terreno
perso lungo il corridoio.
«Ho
fatto qualche ricerca, sulla fisiologia umana,
sai, per curiosità scientifica, nulla di personale, ero solo
curioso, oh,
guarda, ecco l'ascensore!» rispose il turian, a cui
sfuggirono due rapidi colpi
di tosse che alle orecchie di un stupefatto Vega parvero imbarazzati,
«E...
ovviamente non funziona. Ho il timore che il blackout sia
generalizzato.»
«I
motori non funzionano con i generatori di
emergenza, vero?»
Vega
notò che l'assetto della nave era migliorato,
elemento che gli consentiva di mantenere un discreto equilibrio, ma non
ancora
stabilizzato. Nella penombra, avvertì lo sguardo di Garrus
farsi più
penetrante.
«Meglio
muoversi.»
«Come
facciamo a riattivare l'ascensore?»
«Chi
ha mai detto di riattivare l'ascensore?»
Un
brivido si propagò lungo la schiena del tenente.
«E
come pensi di arrivarci senza ascensore?»
«Passando
dalla scala di servizio, ovviamente»
commentò Garrus serafico, aprendo manualmente la grata di
protezione dell'ascensore
e spingendo verso l'alto la botola sul soffitto.
James
piegò il capo e scrutò la scalata che li
attendeva. Una ripida scala a pioli incassata nel fianco della paratia
si perdeva
nell'oscurità del tunnel. La mancanza di segnalazione
luminosa fece sorgere
nell'uomo l'atroce dubbio che i differenti piani non fossero segnalati.
«Vuoi
passare per l'ascensore? Ma sei impazzito?
Siamo senza torce ed è buio pesto. Ci deve essere un'altra
strada.»
«In
effetti ci sono i condotti di aerazione, ma ci
rimarresti senza dubbio incastrato.»
«Non
possono essere così stretti!»
«In
base a quanto mi ha riferito Joker, lui riusciva
a malapena a passarci.»
«Va
bene, sono stretti, ma possiamo cercare un'altra
via.»
«Non
ce ne sono, dobbiamo passare per la scala di
manutenzione.»
«E
se dovessimo mettere il piede in fallo e
precipitare?»
«Non
accadrà, mi hanno detto che sono molto comodi
come gradini.»
«E
se dovesse ripartire di colpo la corrente e
l'ascensore ricominciasse a salire?»
«Ci
butteremo sul tetto dell'ascensore ed entreremo
attraverso la botola aperta.»
«E
se non dovessimo fare in tempo a entrare
nell'ascensore?»
«Faremo
la fine della carne in scatola, ma almeno
potremo dire di averci provato» concluse Garrus con un
sogghigno. Prima che
l'uomo potesse replicare riguardo alla presunta assurdità
della frase, il
turian si era già incamminato lungo la scala di servizio.
"Dannazione..."
Affidandosi
alla fioca illuminazione di emergenza,
James si arrampicò sul tetto dell'ascensore, maledicendo le
spalle troppo
larghe quando la lamiera del soffitto gli graffiò la pelle
delle braccia.
"Ma perché
non fanno i passaggi a misura di krogan?"
Un
clangore di lamiere lo avvertì che il compagno
aveva individuato il ponte di comando e liberato il passaggio. Vega
accelerò il
passo senza curarsi del rischio di essere sbalzato all'esterno dal
beccheggio
della nave.
"Ti prego,
non ripartire, non ripartire!"
«Sei
arrivato. Forza, aggrappati!»
Le
parole di Garrus lo colsero di sorpresa, facendogli
mancare la presa sull'ultimo gradino. Mentre il cuore gli saliva in
gola, sentì
la fredda pelle coriacea del turian stringergli il braccio e
trascinarlo vero
l'alto.
«Ugh...
dannazione James, quanto pesi! Mai pensato
di... ah... metterti a dieta?»
«Non
sono grasso, pendejo!» replicò, afferrando il
bordo del pavimento e salendo infine sul ponte due, di fianco al
compagno,
«Sono tutti muscoli!»
«James! Garrus!
Siete vivi!»
Si
accorsero in quel momento che metà
dell'equipaggio, capitanato dalla specialista Traynor, li stava
osservando
con aria sollevata. Vega notò che gli uomini combattevano la
mancanza di
assetto della nave aggrappandosi alle strumentazioni di bordo senza
troppi
scrupoli, e che solo le luci di emergenza e della cabina di pilotaggio
illuminavano
fiocamente l'ambiente.
«Sì,
per fortuna. Com'è la situazione?»
domandò il
turian.
Traynor
scosse il capo, tornando in contatto con la
realtà. «Certo,
la situazione! Beh,
pessima da quello che ho intuito dalle urla di Joker quando mi ha
scacciata
dalla cabina di pilotaggio e...»
«IDA
si è spenta, e nemmeno attraverso il generatore
di emergenza si è riattivata.»
Le
parole di Liara, uscita in quel momento dalla zona
più oscura del ponte si innalzarono sopra quelle della
specialista, ghiacciando
il sangue nelle vene dei due soldati.
«Come
sarebbe a dire spenta?» sbottò Garrus, la cui voce
lasciò trasparire lo sconcerto che lo attanagliava.
«Non
so di preciso cosa sia successo... la sfera ci
ha attraversati e lei si è semplicemente accasciata sui
comandi...» cercò di
spiegare l'asari, sfruttando tutta la delicatezza di cui era maestra.
«Dannazione...
io vado da Joker.»
«No,
Garrus, rischi di...»
«Ho
detto che vado da Joker» interruppe lapidario le
proteste di Traynor, la cui voce si spezzò in un silenzio
ammutolito, «vieni
anche tu, James?»
Il
turian non attese la risposta del compagno e l'ispanico
si vide costretto, evitando la gente e le attrezzature celati nella
penombra, a
seguirlo sino alla postazione di guida,
Una pallida luce arancione illuminava i comandi, dei
quali sembrava funzionare solo una minima parte, che Vega
sperò consistere
quella essenziale. La figura del pilota spiccava come una macchia scura
con il
cappellino bluastro, le cui braccia saettavano da punto all'altro della
plancia
come se fossero nate per quello. James, malgrado la
tragicità della situazione,
non poté evitare di ammirarlo, perdendosi i primi istanti di
conversazione.
«...detto
di IDA. Cosa sta succedendo, e come sta
andando?»
«Mi
hai davvero chiesto come sta andando? Blackout generalizzato,
IDA disattivata, generatore di emergenza avviato solo grazie a Tali,
motori
fuori uso al novanta per cento, salto iperluce impensabile, ultime
coordinate
sconosciute, rotta attuale sconosciuta, pianeta contro cui stiamo
andando a
schiantarci sconosciuto. Una merda, Garrus, ecco come sta
andando!»
«Hai
detto che... stiamo per schiantarci contro un
pianeta?»
«Lo
vedi quel bel pianeta verde di fronte a noi e che
si avvicina sempre di più? Vi ci schianteremo e
sarà una merda perché non sarò
IDA ma riconosco quando le percentuali di sopravvivenza sono una merda,
e
queste sono una merda.»
«Merda...»
«Esatto!»
«Quanto
tempo ci rimane?»
«Da
quello che immagino, visto che non più un cazzo
di sensore di distanza che sia uno, una decina di minuti prima di
entrare
nell'atmosfera e un quarto d'ora circa prima di schiantarci al suolo.
Sperando
che l'atmosfera non sia fatta di fottuto acido solforico,
perché in quel caso
abbiamo solo una decina di minuti di vita.»
«Provare
ad atterrare per salvare le chiappe a
tutti?» chiese James, riuscendo finalmente a riprendere
parola dopo quasi un
minuto di apnea da shock.
«È
quello che sto cercando di fare, se non mi
disturbaste ogni cinque secondi» sbottò infine il
pilota. Sul trio calò il
silenzio, celebrato da Moreau con un sospiro di soddisfazione.
Davanti
agli occhi dei due militari e di una
silenziosa Liara che si era unita al gruppo, il profilo del pianeta
prese a
ingrandirsi con sempre maggiore rapidità sino a coprire
l'intera visuale
panoramica della plancia.
James osservò il pilota controllare in maniera
spasmodica i pochi sensori disponibili fino a quando, in coincidenza
con
un'impercettibile vibrazione della nave differente dai soliti scossoni,
non
incollò lo sguardo sul sensore della temperatura esterna. Lo
vide premere una
sequenza di pulsanti quando il valore raggiunse una soglia critica e
intravide
la spia degli scudi esterni animarsi e pulsare vividamente.
Percepì il calore
diminuire e i sobbalzi farsi più violenti.
«Ingresso
nell'atmosfera avvenuti. Vi consiglio di
farvi trovare seduti e ben legati da qualche parte quando faremo il
botto!»
I
tre compagni non se lo fecero ripetere e si precipitarono
nell'ormai inutilizzabile eppure tatticamente vicino settore di ausilio
ai
controlli. La posizione dei sedili impediva loro di osservare il suolo
avvicinarsi, ma la voce di Moreau giungeva loro pungente come al solito.
«Merda,
ma è tutta una montagna questo pianeta!»
"Taci
Joker, ti prego" supplicò mentalmente l'ispanico,
il cui stomaco
iniziava a dare segni di debolezza.
«E
andiamo, una merda di posto dove atterrare no?»
"Ti
prego..."
«Merda.
Merda. Merda, merda, merda!»
"Che
diamine, basta! Sto per vomitare!"
«Trovato!
Ragazzi preparatevi, perché oramai posso contare
le foglie sugli alberi!»
Con
la coda dell'occhio, James intravide Liara serrare
le palpebre. Pensò che fosse la decisione migliore da
prendere il quel momento
e la imitò.
Quando li riaprì comprese di trovarsi sul pavimento
della Normandy, sul fianco opposto rispetto a quello in cui si era
legato prima
dell'atterraggio, e di essere preso a schiaffi da Garrus.
«Ouch...
che diavolo...» mugugnò, allontanando la
mano del turian con un gesto indolente.
«Avevo
ragione, hai la testa troppo dura per farti
seriamente male. Forza, alzati.»
Gli
tese il braccio, che Vega utilizzò per alzarsi da
terra. Quando si accorse che la nave aveva smesso di sobbalzare
notò che la
gravità era leggermente superiore a quella a cui era
abituato.
«Joker
è riuscito a salvarci.»
«Non
ci avrei scommesso un credito.»
«Vi
ricordo che sono il migliore pilota della
galassia, dovreste smetterla di rimanere così
stupiti!»
Jeff
spuntò alle loro spalle con un sorrisetto
sarcastico stampato sul volto e le ossa integre grazie alla postazione
antiurto
che Cerberus gli aveva gentilmente concesso tempo addietro.
«E
IDA?» si premurò Liara.
«Ancora
non si è riattivata ma è logico, tutti i
sistemi sono fuori uso. Appena Adam e Tali metteranno a posto la mia...
ehm, la
nave, anche IDA tornerà come nuova! E io potrò
vantarmi con lei della grande
impresa!» gongolò l'uomo, «Ora, che ne
pensate di prendere una boccata d'aria?
Prima che smettessero di funzionare i sensori mi hanno comunicato che
l'atmosfera è simile a quella terrestre, solo meno
inquinata.»
L'ispanico vide Joker aprire il portellone manuale
della Normandy, che si spalancò con uno sfiato agonizzante,
e uscire sotto la
luce di quelli che identificò, una volta all'aperto, come
una brillante stella
gialla simile al Sole. Una sterminata distesa arborea si perdeva
all'orizzonte
e il profilo di un pianeta gassoso e del suo minuto satellite
contribuiva a
rendere surreale l'intero panorama.
James ammirò lo spettacolo con lo sguardo offuscato
dai ricordi: il pericolo era scampato e nella sua mente era riaffiorata
la
consapevolezza di aver abbandonato Shepard. Si chiese se le sarebbe
piaciuto
quel posto. Si chiese se fosse ancora viva, per poterlo un giorno
visitare.
Loro erano sopravvissuti, ma si chiese a quale
prezzo.
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Capitolo 20 *** Occhi d'ebano ***
OCCHI
D'EBANO
La porta si
richiuse con un sibilo, rendendo l'ufficio un'oasi di pace nel caos
delle
camerate.
Il
Luogotenente Comandante N7 James Vega godette dei suoni ovattati che
giungevano
dal corridoio, soddisfatto di essere finalmente riuscito a svicolare
dalla folla.
L'omni-tool
infranse la bolla di quiete, pigolando insistentemente. L'uomo
maledisse la
necessità di essere sempre reperibile per i propri superiori.
Con brevi
movimenti meccanici, James digitò i codici di accesso alla
messaggistica
privata. L'ologramma di una mail civile gli venne proiettato sul muro
antistante.
"«Sono
stata benissimo ieri. Ci vediamo anche
stasera?
P.S.
Tu si che sai come soddisfare una donna.
J.D.»"
Sospirando,
l'ispanico richiuse la schermata dei messaggi.
"Chissà
se lo pensava anche…"
Un
senso di malinconia lo pervase e sentì
l'irrefrenabile bisogno di sgranchirsi i muscoli.
Si stiracchiò, alzando prima una spalla e poi
l’altra, maledicendo la rigidità dell'uniforme da
cerimonie. La medaglia degli
Eroi della Resistenza rimbalzò contro le ali dell'Emblema
dei Sette,
tintinnando debolmente.
James afferrò l'alata onorificenza tra pollice e
indice. Un raggio di luce, riflessa dalla piccola superficie dorata,
danzò sui
suoi occhi tracciando un flebile negativo sul campo visivo. L'uomo
sbatté più volte
le palpebre, cercando di scacciare il lieve offuscamento ch gli
impediva di
ammirare le incisioni sulla medaglia.
"«Il
numero sette ripetuto sette volte, tante quante sono le specie che
hanno
partecipato alla Battaglia per la Galassia. Ogni volta inciso in una
lingua
galattica differente. Un’onorificenza dedicata a colei che,
per la salvezza dei
molti, ha sacrificato sé stessa, giungendo lassù
dove solo cadaveri potevano
accumularsi. All’equipaggio della Normandy, nave del
Comandante Shepard, in nome
dell’incommensurabile servigio che avete prestato alla nostra
gallassia, consegniamo
ora l'alta onorificenza dell’Emblema dei Sette...»"
Le
altisonanti parole del nuovo Consiglio risuonarono
nella memoria di Vega, sul cui volto nacque un sorriso amaro. Detestava
quella
medaglia, a cui non avrebbe esitato a rinunciare pur di tornare sotto i
comandi
di Shepard.
Una serie di colpi secchi contro la porta gli ferì
l'udito, ormai abituato alla tranquillità dell'ufficio.
«Comandante!»
Era
la voce nasale di James Montana. Vega sospirò,
esasperato. Quel cadetto, giunto solo da qualche mese in accademia,
aveva già
avuto l’ardire di infrangere il protocollo di ricevimento
della caserma.
"Vediamo
se non rispondendo se ne va..."
Le
speranze morirono sul nascere. Pochi istanti e una
nuova sequenza di pugni piombò sulla porta, tanto violenta
da far vibrare il
pannello d’acciaio.
«Comandante!»
«Fai
richiesta di appuntamento, James. Ora sono
impegnato!» sbraitò Vega, grattandosi, annoiato,
la corta barba.
«È
importante!» sentì urlare.
Il
luogotenente alzò gli occhi al cielo, esasperato.
«Sarà meglio per te che lo sia
davvero…» borbottò tra sé e
sé, divorando a
grandi falcate la distanza che lo separava dalla porta.
«Allora?»
gracchiò mentre il pannello scorrevole si
ritraeva lateralmente, «Che diavolo
succ…» un pugno lo colpì al petto nel
punto
in cui le medaglie erano fissate all’uniforme. Vega
alzò gli occhi al cielo, la
frase mozzata dal dolore delle spille premute sulla carne.
«Oh,
merda! Cioè, mi scusi Comandante, io non…
pensavo che non avrebbe… non era mia
intenzione…»
L’ispanico
scrutò in cagnesco il ragazzo, un biondino
riccioluto che sembrava rimpicciolire ogni volta che finiva per
incrociarlo
lungo i corridoi della caserma. Era famosa la sua smisurata ammirazione
per gli
eroi della resistenza: passione che, unita alla sua scarsa attitudine
alla
discrezione e a una goffaggine superiore alla media, aveva contribuito
più di
una volta a mettere Vega in imbarazzo di fronte alle truppe.
«Spero
che tu abbia un valido, validissimo motivo per
disturbarmi» ringhiò di rimando.
«Assolutamente!»
affermò il cadetto con convinzione,
sbirciando all'interno dell'ufficio.
James
attese qualche secondo che il proprio omonimo
sottoposto si decidesse a parlare. Un'attesa che si rivelò
vana.
«Allora?»
«Sì,
ecco, dovrei… mostrarglielo sul
monitor…»
azzardò. Il braccio si alzò timidamente ad
indicare lo schermo a parete che
spiccava sul lato sinistro della stanza.
Vega
alzò nuovamente gli occhi al cielo e si fece da
parte.
«James,
ti avverto…»
«Un
secondo!» si lamentò il biondino, accendendo il
videoterminale e impostando il ricevitore su un canale d'informazioni.
La
voce di un cronista diramò nell'ufficio. Il
sopracciglio destro dell'ispanico schizzò verso l'alto.
«Sei
entrato per farmi vedere il telegiornale?»
«Sì!
Cioè, no! Insomma!»
«Va
bene, va bene, calmati. Adesso fammi ascoltare.»
Vega
si sedette a braccia conserte contro la sua
scrivania. Dovette ammettere a sé stesso, controvoglia, che
la curiosità era
salita, giacché che dalle immagini che aveva intravisto sul
monitor sembrava
fosse accaduto qualcosa di grosso.
«…una folla di
giornalisti e ammiratori si è riunita di fronte ai palazzi
amministrativi
dell'Alleanza. Il flusso di individui, appartenenti alla più
ampia varietà di
specie della Galassia, è in continuo aumento. La richiesta
è una sola: conferme
sulla veridicità del video e sulle implicazioni che questa
notizia avrà sulla
politica galattica. Dall'Alto Ammiragliato dell'Alleanza non
è ancora giunta
nessuna dichiarazione e in molti considerano questo silenzio come la
conferma
che il Comandante Shepard, eroina della Galassia, è ancora
viva…»
Un'ondata
di calore gli invase il petto. Risalì,
prepotente, fino a una testa divenuta troppo leggera. Il cuore
rallentò per un
istante, lasciandogli la sgradevole sensazione di fame d'aria. Infine,
dopo un
tempo che gli sembrò eterno, Vega tornò a
respirare. Gli sembrava che il nome
Shepard rimbombasse ancora per la stanza, tanto forte da assordarlo.
«Ha
sentito che roba, Comandante? Le avevo detto che
era importante!» gongolò Montana, sogghignando
soddisfatto.
«Ma
come…» balbettò James, la cui voce gli
sembrò
uscire dall'oltretomba.
Le
parole del cronista, divenute improvvisamente
un'accozzaglia di suoni confusi, accompagnavano le immagini della folla
che
assediava i palazzi dell'Alleanza. Nella lunga processione di specie e
individui, spiccava l'assenza dei nerboruti profili dei krogan.
Né un portavoce
ufficiale aveva ancora preso parola, stando alle informazioni che
scorrevano
copiose in sottoimpressione. Quell'assenza risuonò nella
mente di Vega come una
nota stonata: ricordava perfettamente i tentativi che Shepard aveva
compiuto
per salvare i krogan. Gli impalpabili fiocchi di cui era composta la
cura per
la genofagia si erano deposti anche sulla sua armatura, quel famoso
giorno su
Tuchanka. I Salarian avevano confermato che la mancanza di efficacia
dell'antidoto era da imputarsi ai danni strutturali del Velo e ai
problemi di
salute che affliggevano Urdnot Eva al momento del prelievo dei
campioni, e che
il Comandante Shepard aveva agito nel migliore dei modi per garantire
il
rispetto degli accordi con Urdnot Wreav. Shepard sarebbe dovuta essere
considerata, se non un'eroina, almeno un'alleata del popolo krogan.
Eppure,
sembrava l'avessero dimenticata.
«Ecco!
Guardi, Comandante, è quello il video!»
La
voce di Montana riportò James al presente. Con uno
sforzo, l'ispanico focalizzò la propria attenzione sullo
schermo.
In un'asettica stanza, inquadrata da un'angolatura
troppo insolita per provenire da altro che da una videocamera nascosta,
spiccava una figura femminile intenta a osservare qualcosa di
indefinito oltre
un'imponente vetrata. Il suo corpo era fasciato da abiti civili e sul
braccio
si intravedeva una fascia dai colori vivaci, che il luogotenente
identificò
nell'emblema del Corpo Sanitario dell'Alleanza. Le labbra lievemente
increspate
verso il basso contribuivano a indurire i lineamenti della donna,
illuminati
dalla luce solare e incorniciati da una riccioluta zazzera corvina.
Il cuore di Vega mancò l'ennesimo battito. Malgrado
fossero trascorsi oltre due anni dal giorno della Battaglia per la
Terra,
riconobbe senza esitazione il profilo severo del Comandante Shepard.
"Come
cazzo…?"
Si
concesse di sperare solo per un istante, il tempo
che nella sua mente sorgesse l'atroce dubbio di stare osservando un
clone. Se
Cerberus era stato in grado di crearne uno non v'era motivo di dubitare
che
avrebbe potuto crearne altri. Invece, pensare che Shepard fosse
sopravvissuta al
cataclisma, a quella dannata esplosione della Cittadella, era quanto di
più
assurdo potesse esistere.
Trattenne il fiato di fronte alla logica di tali
ragionamenti. Soffocò la gioia per quell'apparizione quasi
spettrale. Temeva di
precipitare di nuovo nell'abisso da cui faticosamente era riuscito a
uscire.
All'improvviso, con la gestualità marziale che James
aveva tanto amato, Shepard si voltò.
Attraverso lo schermo, in una fugace carezza
fantasma, lo sguardo di Vega incrociò gli occhi d'ebano
della donna. Una nuova
ondata di calore gli inondò il volto.
La ragione gli urlava di non illudersi, eppure
l'ispanico non poté impedire a sé stesso di
assaporare quel flebile contatto.
La fronte del Comandante appariva corrucciata, le folte sopracciglia a
scurirle
il volto, mentre le sue labbra si muovevano freneticamente, impegnate
in ciò
che sembrava una cruda discussione con l'inserviente di un ospedale.
«È
lei… riconoscerei ovunque quello sguardo. Deve
essere lei!»
«Gliel'avevo
detto!»
Vega
si accorse in quel momento che il cadetto era ancora
al suo fianco, gongolante al limite della saccenteria. Un atteggiamento
che non
esitò a ritenere provocante.
«Sì,
mi hai già detto di avermelo detto. Hai
infierito abbastanza. Ora torna tra i tuoi camerati»
sbottò bruscamente,
indicandogli la porta.
Alla
veemente protesta del biondino, James rispose
con un secondo ordine perentorio.
Si ritrovò a constatare con fastidio, e una
scrocchiata di nocche, che la testardaggine del giovane era
paragonabile a
quella di un krogan.
«Por
Diòs, Montana, vayas a tomar por culo de
aquí!»
ringhiò, afferrandogli il bavero della divisa e
trascinandolo di peso fuori
dall'ufficio. Rimpianse le porte della casa in cui era nato, quando
ancora si
aprivano verso l'interno e non lateralmente: avrebbe apprezzato la
possibilità
di sbattergli in faccia il pannello di metallo.
Quando i sensi tornarono a focalizzarsi sull'ambiente
circostante si accorse che la voce dello speaker ancora rimbombava
nell'ufficio. Il filmato con Shepard era stato interrotto e sullo
schermo
transitavano le immagini di enormi folle riunitesi nelle piazze delle
maggiori città
terrestri.
James afferrò il telecomando appoggiato sulla
scrivania e il monitor si spense con un ronzio. Aveva ben altro in
mente che
rimanere a fissare quel dannato aggeggio.
Attivato il proprio omni-tool, aprì la casella
personale dei messaggi.
"«Hai saputo?»"
Nella
casella del mittente, digitò una breve sequenza
di lettere.
V. A. K. A. R. I. A. N.
La risposta non si fece attendere che pochi secondi.
"«Sì.»"
Le labbra gli si incurvarono in un sorriso.
Aveva avviato la macchina ed era solo questione di
tempo prima che la verità venisse a galla. Sapeva che
Garrus, come ambasciatore
onorario Turian in sede alla Cittadella, sarebbe stato in grado di
ottenere il
permesso per incontrare il presunto, redivivo Comandante Shepard.
Toccava a
James, a quel punto, fare la propria mossa.
Si lasciò sfuggire un grugnito quando il comunicatore
vocale ottenne solo un cupo ronzio dalla richiesta di contatto con
l'Alto
Ammiragliato.
«Quegli
stronzi hanno interrotto le comunicazioni
ufficiali!» sbottò, cercando furiosamente la
frequenza di trasmissione diretta
con l'ufficio dell'Ammiraglio Hackett, nella remota speranza che almeno
i
collegamenti interni fossero ancora attivi.
Il
volto rubicondo della segretaria di Hackett che
apparve sul visore dell'omni-tool, accompagnato dalla sua voce
stridula, lo
rincuorò.
«Ufficio
dell'Ammiraglio Hackett, in cosa posso esserle utile?»
«Sono
il Comandante Vega, di stanza alla caserma
degli ufficiali di Vancouver. Ho estrema necessità di
parlare con
l'Ammiraglio.»
«Mi spiace ma
l'Ammiraglio è attualmente impegnato, può
riferire eventuali stati di massima
necessità al Generale Turner.»
«Non
voglio parlare con il Generale Turner, voglio
parlare con l'Ammiraglio Hackett» ringhiò,
«e por Diòs, o me lo passa lei o
giuro che scateno un incidente diplomatico con i turian!»
La
vide alzare gli occhi al cielo, le guance
gonfiarsi in uno sbuffo infastidito, e rimpianse di non poter
utilizzare i modi
poco diplomatici ma altamente efficaci che aveva appreso da Shepard.
«Purtroppo la
sua attuale richiesta è impossibile, le suggerisco di nuovo
di rivolgersi al
Gen…»
«Ho
detto che non voglio parlare con Turner ma con il
fottuto Ammiraglio Hackett!»
«E io le ripeto
che… oh.»
«Signorina
Smith, si può sapere cos'è questa confusione? Le
voci arrivano sin dentro
l'ufficio.»
«Ammiraglio
Hackett! Signore! Sono il Comandante
Vega! Ho bisogno di parlare!» urlò James,
approfittando dell'inaspettata
apparizione del suo superiore per soverchiare il dispotismo del mastino
che si
ritrovava come segretaria.
«Comandante
Vega?»
«Mi spiace,
Ammiraglio. Ho provato a dirgli che era impegnato ma continua a non
collaborare. Se glielo vuole spiegare di persona forse si
deciderà a rivolgersi
al Generale Turner.»
L'ispanico
dovette giocoforza ignorare la donna, non
senza desiderare mentalmente di poterle spiegare dove avrebbe voluto
mandare
con malagrazia sia lei che il Generale Turner.
«Ammiraglio,
la prego, mi ascolti. Ho visto il video,
è su tutti i notiziari. Se il Comandante Shepard
è vivo ritengo di avere il
diritto di saperlo.»
«Vede,
Ammiraglio? È insistente e oltremodo fastidioso. Se
potesse…»
«Sierra
la boca, pendeja!»
L'urlo
risuonò nell'anticamera della segretaria come
un eco lontano. James batté più volte le
palpebre, risvegliandosi dal blackout
mentale in cui la collera l'aveva scagliato, e vide il volto della
donna
violaceo, gonfio d'indignazione da sembrare sul punto di esplodere.
"Oh,
mierda."
«Comandante…»
La
voce di Hackett spezzo la cappa di silenzio che lo
stava soffocando.
«S…
sì, Ammiraglio?» balbettò, terrorizzato
dall'idea
che sfruttassero lo scatto d'ira per impedirgli di incontrare la
presunta
Shepard.
«Ti invio il
codice di accesso al comunicatore privato. Tempo di tornare in ufficio
e risponderò
alle tue domande. Nel frattempo gradirei che evitassi di dire o fare
qualsiasi
cosa che potrebbe causare un colpo apoplettico alla signorina
Smith.»
James
scattò sull'attenti. «Sì, Ammiraglio.
Ai suoi
ordini.»
Lanciando
un ultimo sguardo all'ammutolita e sempre
più indignata segretaria, che non perse l'occasione per
cercare di incenerirlo
con uno sguardo esaustivo, trasferì la chiamata alla linea
privata di Hackett.
Non riuscì a mascherare l'espressione sorpresa quando
accanto al suo diretto
superiore vide apparire, in condivisione video, il muso da rettile di
Garrus.
«James, ho
saputo che non hai perso la tua grazia. Sempre il solito krogan
mancato.»
«E
come potrei? Ho imparato dalla migliore» ribatté,
scoppiando in una risata.
«Ed è proprio
per quella migliore che ci si trova in questa situazione, vero,
Ammiraglio?
Quella donna nel video è davvero Shepard?»
Il
momento della verità. L'Ammiraglio tirò un lungo
sospiro e James percepì il proprio cuore accelerare.
«Sì, è lei. Ma
è molto più complicato di quanto
sembri.»
«Più
complicato di quanto sembri? Ma scherziamo?
Porca puttana, Hackett, da quanto tempo ce lo tenevate nascosto? Quando
avete
saputo che era viva?» ribatté, conscio di
rischiare un'ammonizione o peggio nel
rivolgersi al proprio superiore con violenza.
«Da… pochi
giorni dopo la fine della guerra. È stata ritrovata da una
sonda inviata sulla
Cittadella per scoprire cosa fosse successo.»
«Pensavo che
tutta la tecnologia fosse stata danneggiata.»
«Il bisogno di
sapere cosa fosse accaduto era impellente. Era una sonda di fortuna,
riparata
in qualche ora scarsa, ma funzionale, se è riuscita a
rintracciare il corpo del
Comandante. Precipitato in una zona della Cittadella dove l'atmosfera
artificiale ancora esisteva, in fin di vita ma, appunto,
viva.»
«E
perché non ce l'avete mai detto? Perché
continuare
questa farsa? Eravamo il suo equipaggio, il suo nome è sul
memoriale della
Normandy perché non sapevamo che lei fosse viva. Avevamo il
diritto di saperlo!»
«Hai ragione
Comandante, ma inizialmente risultavate dispersi come la maggior parte
della
flotta e dopo qualche mese, quando finalmente siamo riusciti a
contattarvi di
nuovo… beh, diciamo che le cose si erano
complicate.»
«Complicate?»
Fu
in quel momento che Garrus prese parola, e la sua
voce bitonale sembrò uscire dall'oltretomba.
«Shepard ha
ingannato i krogan. Ha sabotato la cura, volontariamente.»
James
sbatté le palpebre, ammutolito, e il turian lo
interpretò come un invito a proseguire.
«I salarian
avrebbero negato le proprie flotte nel caso la genofagia fosse stata
curata
definitivamente. Shepard aveva un solo modo per ottenere l'alleanza di
entrambe.»
«Perciò…
tu sapevi che Shepard era viva?»
«No, ma sapevo
del problema coi krogan. Era stata lei stessa a confessarmelo. Aveva
ingannato
Wreav, che non ha tardato poi così tanto ad accorgersene.
Non quanto ci saremmo
aspettati, almeno.»
«Ma
i salarian hanno mostrato le prove scientifiche
che dimostrano come la cura fosse inefficace già dal
principio. Perché i krogan
avrebbero dovuto sospettare di essere stati ingannati?»
«Se gli umani
fossero stati quasi sterminati da un'altra specie ostile, tu ti
fideresti mai
davvero di quella specie?»
«Giusto…»
dovette ammettere a malincuore, «ma tutto
questo cosa c'entra con Shepard?»
«Wreav
considera Shepard la mano sinistra dei salarian, colei che ha
condannato a
morte il popolo krogan» rivelò Hackett,
riprendendo parola, «ha inviato un
videomessaggio in cui giurava
di ucciderla, e l'unico modo che l'Alleanza aveva per tenerla al sicuro
durante
la sua convalescenza era convincere l'intera galassia che fosse
già morta. Ecco
perché non l'abbiamo rivelato a nessuno. Nemmeno a
voi.»
«Merda…
e adesso dove si trova?»
«Non
è sicuro parlare via omni-tool. Per quanto
barbari, i krogan hanno dei simpatizzanti che potrebbero spiare le
comunicazioni.»
«Dunque
non potremo incontrarla?» domandò col cuore
in gola, scambiando un lungo sguardo con Garrus.
Hackett
si concesse un secondo sospiro. «Visto
e considerato che oramai il segreto è
decaduto, vi condurrò da lei. Fatevi trovare entrambi,
domani mattina, presso
l'edificio C dell'Alto Ammiragliato. Dovremo gestire due trasporti
differenti
per sviare possibili spie krogan. Ora scusatemi ma la giornata
è ancora lunga,
e non si preannuncia più facile di quanto sia stata fino ad
adesso.»
«Sissignore.
A domani, signore.»
«Arrivederci,
Ammiraglio Hackett.»
«Comandante.
Vakarian.» accennò un saluto col capo, «Hackett,
chiudo.»
James
vide il volto di Garrus riempire il vuoto
lasciato dall'anziano comandante sul proiettore dell'omni-tool.
«Ce
l'abbiamo fatta.»
«Non che ne
avessi dubbi. Temo invece che il difficile inizi adesso.»
L'ispanico
corrugò la fronte. «Che vorresti dire?»
«Hai presente
Shepard, no?»
«Certo,
e allora?»
«Come pensi che
reagirà vedendoci comparire dal nulla dopo più di
due anni di totale assenza?»
«Diòs,
non sapevamo nemmeno che fosse viva!»
«Per quanto ne
sappiamo, potrebbero averle riferito che eravamo troppo impegnati per
poterla vedere.»
«Cazzate,
Shepard sa benissimo che non l'avremmo mai
fatto. E poi perché avrebbero dovuto raccontarle una cazzata
simile?»
«Per impedirle
di mettere in atto piani ingegnosi ed estremamente violenti nel
tentativo di
scappare dal luogo in cui si trova e raggiungerci.»
«Beh,
se anche fosse le racconteremo la verità.»
«E secondo te
ci darà il tempo di spiegare?»
«Certo.»
«Tempo? Shepard?»
«…merda.»
«Appunto.
Domani dobbiamo discuterne con Hackett prima di incontrarla. Almeno per
evitare
di sentire un vaffanculo molto umano come benvenuto, o di ritrovarci
con un
braccio spezzato.»
«Sì,
hai ragione…»
«Bene, allora
rimaniamo d'accordo così. A domani, James.»
«A
domani.»
L'apatico
saluto concluse la conversazione. La mente
di Vega era già impegnata altrove per poter notare lo
schermo spegnersi, i suoi
pensieri concentrati sull'incontro del giorno successivo.
"E se
fosse andata avanti? E se dopo due anni…"
Con
gli occhi offuscati dalle folte sopracciglia
corrucciate, l'ispanico riaprì la casella di posta
elettronica.
"«Sono
stata benissimo ieri. Ci vediamo anche
stasera?"
Aveva
provato ad andare avanti. Prima il programma
N7, poi l'addestramento dei cadetti e infine la giovane Diaz erano
stati il
modo in cui aveva riempito le sue giornate in quei due anni, il modo in
cui aveva
tentato di combattere il suo dolore. Aveva tentato di ignorare il fatto
che non
riusciva a chiamare la ragazza che per cognome, evitando di
pronunciarne il
nome: Jane. Tuttavia, non poteva ignorare che, da quando aveva visto
quel filmato,
gli sembrava di respirare ossigeno puro.
Si decise a rispondere.
"«Mi
spiace, sono impegnato.»"
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Capitolo 21 *** Nelle tenebre ***
NELLE TENEBRE
Nella
Vancouver in rovina, la Airdrive Tower era stato uno dei pochi edifici
in grado
di resistere alla follia distruttiva dei razziatori, mantenendo dodici
dei suoi
trentaquattro livelli iniziali.
Sfregiato ma
vivo, il generatore ancora pulsante d’energia, la torre era
stata selezionata
dai sopravvissuti come emblema della resistenza, ricostruita e
trasformata nell’Anderson
Hospital, il simbolo della rinascita della città.
Vega non
avrebbe mai immaginato che dietro ai vetri oscuranti
dell’ultimo piano del più
famoso edificio di Vancouver si potesse nascondere la persona
più famosa della
galassia.
L’ascensore
proseguì nella sua pacata corsa, scandita dal regolare
trillo di avvertimento a
ogni piano raggiunto.
28. Ding. 29.
Ding. 30. Ding.
James
percepì la propria bocca diventare sempre più
arida.
31. Ding. 32.
Ding. 33. Ding.
Lanciò uno
sguardo fugace al militare adibito a scorta. Si chiese se
l’uomo sapesse chi si
celava tra quelle mura, se l’avesse mai incontrata, se anche
Garrus avesse
avuto problemi di salivazione durante la salita, se lo stesse
aspettando o
l’avesse già riabbracciata.
34.
Ding.
I raggi del
sole inondarono la cabina dell’ascensore, spodestando il gelo
della luce
artificiale. Dinnanzi a loro si aprì un corridoio ampio,
brillante nel bianco
dell’intonaco che si contrapponeva alle pareti esterne di
vetro, il soffitto
tanto alto che l’ispanico avrebbe potuto allungare un braccio
e saltare senza
arrivare a sfiorarlo. Si chiese come Shepard potesse sentirsi a proprio
agio in
quel mondo asettico, spoglio, silenzioso, così differente
dall’ambiente a cui
la Normandy l’aveva abituata.
Il militare
allungò il braccio, accennandogli di iniziare a incamminarsi.
«Da qui in
avanti non necessita più di una scorta, Comandante. A
metà corridoio troverà
una diramazione sulla sinistra, al termine della quale potrà
sostare
nell’anticamera d’attesa.»
Vega avrebbe
voluto obiettare che non ve n’era urgenza neanche ai piani
inferiori, ma si
trattenne. Il dubbio che all’uomo fosse precluso
l’accesso al trentaquattresimo
piano si era fatto strada tra i suoi pensieri.
«Allora
buona giornata» si limitò a ribattere. Le porte
dell’ascensore in chiusura gli
permisero di scorgere a malapena il cenno di saluto di risposta.
James si
gonfiò la bocca e sbuffò rumorosamente. Sentiva
il cuore battergli più forte di
quanto avrebbe desiderato.
“Andiamo
loco, per quel che ne sai potrebbe essere un clone e aver ingannato
tutti. O
potrebbe non ricordarsi di te, o odiarti perché non
l’hai cercata ma come cazzo
avrei fatto lo sa solo lei, o essersi rifatta una vita, in fondo anche
tu sei
uscito con qualche donna, due anni e mezzo sono lunghi e già
non si spiega come
mai stai ancora qua a sbuffare come un krogan invece di andare da lei.
E magari
sta con qualcuno, magari con quello stronzo di Kaidan che sicuramente
lo sa già
da tempo che è viva e non l’ha detto a nessuno
mentre tu non sapevi un cazzo
perché sei diventato solo un N7 invece di provare a
diventare uno Spettro.
Perché sto parlando in questo modo idiota? Però
ho ragione, merda, voglio
essere anche io uno Spettro, così almeno smetterò
di essere l’ultimo a sapere
le cose.”
Si
stropicciò le palpebre con le dita. Le ore di sonno
arretrate gli causavano un
intenso bruciore agli occhi ed era pronto a scommettere che Garrus ne
avrebbe
sbeffeggiato il rossore suggerendogli di asciugare le lacrime.
«Va bene
James, sangue freddo e andiamo.»
Un secondo,
potente soffio d’aria fuoriuscì dalle labbra
mentre il corridoio iniziava a
risuonare dei suoi passi decisi e cadenzati.
La luce del
sole lo avvolgeva ma era scarso il calore che riusciva a oltrepassare
la spessa
parete di vetro, e quel poco che ne vinceva la resistenza subiva la
tirannia di
un’aria condizionata superflua. All’ispanico
sfuggì un brivido che divennero
due quando, girato l’angolo a metà corridoio, vide
a poca distanza un’ampia
porta a due ante e, di fronte alla stessa, la figura spigolosa di
Garrus.
L’impulso di
pronunciare il suo nome ad alta voce venne smorzato bruscamente dal
turian, che
gli impose il silenzio portandosi il secondo dito della mano tridattile
di
fronte alla bocca. Un gesto inusuale per la sua specie e che James
intuì avesse
appreso durante la sua permanenza sulla Normandy. Sfruttando la ventina
di
metri che lo separavano dall’anticamera, Vega si permise il
tempo di escludere
che gliel’avesse insegnato Shepard: la donna aveva metodi
meno diplomatici per
ottenere il silenzio.
Ricevette un
primo saluto, rigorosamente sussurrato, solo quando si trovò
a pochi metri
dalla sala, una stanzetta poco più ampia del corridoio e
dotata dell’unica
mobilia presente, una panca di acciaio appoggiata al muro e che tutto
dava meno
l’apparenza della comodità.
«Allora?» si
ritrovò a sussurrare a propria volta.
«Mmm?»
Il mugugno
bitonale del turian risuonò come una vecchia sirena
d’allarme ormai troppo
stanca per salvare altre vite.
«L’hai già
incontrata?»
«Mmm.»
«Diòs,
Garrus, potresti evitare di rispondere come uno scimmione?»
ribatté piccato.
«Hai
ragione, scusa, è che sono un po’ agitato.
È da un’ora e mezza che aspetto e,
insomma, non capita tutti i giorni di incontrare dopo due anni una
persona che
credevi morta. Cioè, in realtà da Shepard me lo
sarei pure dovuto aspettare
visto che non è la prima volta che succede, ma diciamo che
lo ritenevo improbabile…»
«Wow, wow,
calma amigo, hai aperto i rubinetti tutti in una volta!»
«Eh…» Garrus
chiuse gli occhi per pochi secondi, traendo un lungo respiro.
«Hai ragione,
scusa.»
«Bene,
adesso, l’hai incontrata o no?»
«Non ancora.
Sono arrivato che, da quel che mi hanno comunicato, stava parlando con
Grunt
sul videoterminale.»
«Sta ancora
parlando con Grunt? Ma Grunt non parla mai a lungo» James si
permise di
amalgamare alle parole una punta di scetticismo.
«Infatti
prima di me è entrato…»
La porta
scorrevole si aprì con un click sordo e lo sguardo di James
incrociò un paio di
profondi, tristi occhi canadesi.
«…Kaidan.»
La figura
del biotico, agghindato in un’elegante divisa da ufficiale
comandante e il
simbolo del Dipartimento Specialisti Tattica e Cognizione ricamato sul
petto,
si stagliava, immobile come una statua, contro la porta ormai chiusa.
Garrus notò
che, dopo che Vega aveva sussurrato quel nome, l’aria
condizionata si era fatta
improvvisamente molto più potente, così potente
da superare la protezione della
sua pelle coriacea. Rifletté che in effetti anche il
silenzio era diventato
quasi assordante, se non addirittura asfissiante, e percepì
la necessità di
spezzarlo prima di finirne soffocato.
«Esatto.»
La voce del
turian parve rianimare lo Spettro.
«Deduco che
steste parlando di me.»
«In realtà
stavo semplicemente spiegando a James perché non fossi
ancora entrato.»
Kaidan mosse
leggermente il capo, senza staccare gli occhi dall’ispanico.
«Luogotenente
Vega» lo salutò senza trasporto, lo sguardo come
velati da una patina di
rassegnazione, o forse fastidio. James non avrebbe saputo dirlo con
certezza.
«Comandante
Alenko, signore» si ricordò invece di rivolgere il
saluto nella maniera consona
al suo grado, scattando sull’attenti.
«Riposo,
luogotenente. Qui non siamo che dei vecchi compagni riuniti per
salutare il
loro Comandante» replicò il canadese, allentando
la tensione con due pacche
fraterne sulla spalla del sottoposto.
James gli
concesse un pallido sorriso.
«Allora?»
«Allora?»
ripeté Kaidan perplesso, sollevando un sopracciglio.
«Perdonalo,
oggi ha un vocabolario più limitato del solito» si
intromise Garrus, «penso
volesse chiederti come sta Shepard. Qualche informazione prima di
entrare nella
tana delle tigri, probabilmente. E te lo volevo giusto chiedere anche
io: come
sta?»
Il biotico
separò un poco le labbra e prese un lieve respiro, come se
volesse iniziare
parlare, ma si interruppe prima di emettere i primi suoni. Lo sguardo
cadde da
principio sul turian, per posarsi poi sul volto ansioso di James.
Non era
difficile comprendere che erano stati in due a provare a rifarsi una
vita ed
entrambi avevano fallito.
Chiuse le
labbra e accennò un sorriso amaro. «Entrate e lo
vedrete voi stessi.»
«Oh, ma
dai!» sbottò l’ispanico a voce
sufficientemente alta da meritarsi una gomitata
nel costato da parte di Garrus. Sperava di carpire qualche informazione
almeno
in merito all’umore del Comandante, per evitare di gettarsi a
braccia aperte in
pasto alla tigre.
«Ti basta
attraversare quella porta, Luogotenente. Da me non saprai
altro.»
Il tono di
Kaidan non ammetteva repliche e Vega si stupì quando, invece
di accomiatarsi,
gli si avvicinò sino a sfiorargli con le labbra
l’orecchio destro.
«Ti avverto,
James: io sono uno Spettro. Qualunque cosa io faccia ho la completa
impunità.
Se dovessi venire a sapere, e lo verrò a sapere, che
l’hai fatta soffrire,
giuro su ciò che ho di più caro al mondo che
tornerò ad ammazzarti con le mie
mani. Capito?» gli bisbigliò con voce atona. A
James non rimase che annuire, a
bocca aperta, ammutolito.
«Bravo»
concluse in un sussurro stavolta sarcastico, allontanandosi non senza
elargirgli una terza pacca sulla spalla. «Bene, signori,
è tempo per me di
tornare ai miei doveri da Spettro. Non esitate a contattarmi in caso di
necessità, io risponderò appena mi
sarà possibile.»
Entrambi i
militari accennarono un saluto, seguendolo con lo sguardo mentre si
congedava
da loro allontanandosi lungo il corridoio.
Quando non
fu più a portata di voce, Garrus si permise di risolvere il
proprio dubbio.
«Cosa
diavolo ti ha sussurrato? Non sono riuscito a capire una
parola.»
«Oh…» James
si ricordò in quel momento di chiudere le labbra,
«oh, niente. Cioè, niente di
importante. Mi ha solo ricordato di andarci coi piedi di piombo dato
che stiamo
parlando di Shepard.»
«Tutta
quella scena per qualcosa che non è un segreto per
nessuno?» replicò poco
convinto, ricevendo in risposta solo spallucce. Non era a conoscenza
del fatto
che nella mente di James gli ingranaggi stessero macinando a tutto
vapore delle
spiegazioni che fossero plausibili sul comportamento di Kaidan e che
allo
stesso tempo non causassero illusioni dolore.
«Ad ogni
modo, meglio che entri o penserà che l’orario di
visite sia finito e io mi
rifiuto di rimanere chiuso fuori dopo aver aspettato tutto questo
tempo.»
«Io? Sei
arrivato prima tu. Hai il diritto di entrare prima di me.»
«Vero, ma è
anche vero che potrebbe venirti un infarto ad aspettare qua fuori e io
non ho
intenzione di fare in fretta perché tu devi entrare e
dichiarare quanto sei
stato imbecille la sera della festa.»
«Garrus?»
«Sì?»
«Sei un
amico.»
«Non ti ci
abituare» commentò con una smorfia interpretabile
come il classico sogghigno da
turian, indicandogli la porta.
James gli
sorrise di rimando. Con un sospiro ruotò il capo sino a
farlo scrocchiare,
sciogliendo entrambe le spalle, ignorando i gorgoglii scocciati del
compagno, e
si diresse verso la porta. Allungò un braccio, lasciando che
i polpastrelli
entrassero in contatto col gelo del pulsante d’apertura.
La stanza di
Shepard gli si spalancò dinnanzi e una fitta
d’angosciagli attanagliò stomaco.
Un tavolino
e un divano, così austeri che stentavano a ricordare un
salotto, le poche sedie
strette attorno a un tavolo che odorava di asettico e un videoterminale
in
standby appeso alla parete di vetro erano gli unici mobili che
adornavano
l’area. Un rapido scorcio lungo la parete sinistra gli
consentì di intravedere due
porte che ipotizzò nascondessero le stanze private della
donna. Tuttavia era la
penombra che permeava l’ambiente, come se tutta la luce
esterna venisse catturata
e distillata per lasciarne sopravvivere solo lo stretto necessario, a
instillargli un pessimo presentimento.
Non era una
stanza viva, né tantomeno una stanza che Shepard avrebbe
apprezzato. Malgrado
in molti le rinfacciassero un’anima oscura, amava la luce.
Infine, la
vide: una macchia poco più scura sul candore spento del
divano, i cui capelli
corvini si protendevano verso l’oscurità
circostante sin quasi a mescersi con
essa. L’angolo destro delle labbra era inarcato verso
l’alto a formare un
sorriso stentato, quasi che il suo compagno sinistro fosse troppo
stanco, o
debole, per aiutarlo nell’impresa. Gli occhi, neri come pece
e profondi da
illudere che nulla potesse più uscirvi, erano puntati fissi
su James e solo il
battito delle palpebre lasciava intravedere la vita.
L’uomo fece
due passi e si fermò, deglutendo sonoramente mentre la porta
alle sue spalle si
richiudeva. Non si aspettava un’accoglienza calorosa ma
nemmeno una simile
immobilità: si rese conto di non sapere cosa fare,
né se fosse giusto parlare
per primo o attendere Shepard.
La donna gli
dissipò rapidamente il dubbio.
«Sei finito
in una trappola di stasi biotica? Su, vieni avanti.»
James si
concesse una risata smorzata. Era lieto di sapere che almeno il suo
sarcasmo
tagliente non era andato perduto.
Calcolò che
li separassero una decina di metri o poco più.
Azzardò i primi passi,
muovendosi più lentamente di quanto avrebbe voluto. Lungo
l’intero tragitto non
staccò gli occhi da Shepard, nel tentativo di captare un suo
minimo gesto:
dell’intero corpo solo le palpebre tornarono a muoversi,
avvicinandosi tra loro
sino a formare due fessure incorniciate dalle lunghe ciglia nere.
A pochi
passi dalla donna, Vega interruppe la sua avanzata, il respiro
ostacolato dalle
incertezze.
«No, fammi
indovinare. Un krogan ti ha strappato la lingua e ora la usa come
spugna per
lavarsi i suoi quattro testicoli» lo rimbrottò, il
tono di voce divertito e
bonario.
L’uomo sentì
i polmoni riempirsi di ossigeno.
«È… è
bello
rivederti, Comandante.»
In quel
momento, la vita sembrò rifluire in Shepard. Il viso le si
aprì in un sorriso
radioso e James poté contemplare i suoi occhi, che gli
parvero tanto luminosi
da scacciare l’oscurità circostante.
«James! James, sei
proprio tu!»
Vega sentì
un brivido. Non poteva non averlo riconosciuto a quella distanza.
La donna si
alzò dal divano e protese il braccio sinistro, muovendo
pochi, stentorei
passettini. La mano, aperta di fronte a sé, si agitava
appena, come alla
ricerca di qualcosa, e trovò pace solo quando il palmo
riuscì a entrare in
contatto con la stoffa della divisa. I polpastrelli risalirono il petto
e
corsero lungo la linea della spalla, arrivando a sfiorare il collo e
proseguendo
sino alla schiena.
I movimenti
presero allora sicurezza e Shepard si gettò
sull’uomo, avvolgendolo in un
abbraccio.
«Mi sembra
sia passata una vita da quando… e forse è davvero
una vita. Oh, al diavolo,
fatti stringere!»
James la
circondò con entrambe le braccia. Sentì la tunica
aderirle al corpo e, attraverso
la spessa stoffa, gli parve che fosse diventato più esile, o
asciutto, non
avrebbe saputo definirlo con certezza, come se ne fosse evaporata una
parte e
lei non se ne fosse accorta. Gli sembrò terribilmente
fragile e così facile da
perdere di nuovo. Rinvigorì la presa sino a farle sfuggire
un gemito.
«Ehi Vega,
piano o va a finire che mi spezzi» si lamentò con
una risata.
«Ah, merda,
scusa.»
«Tranquillo,
ho passato di peggio. Anche se il tuo abbraccio sarebbe stato
un’ottima arma
contro i razziatori» ci scherzò su, allentando la
stretta e allontanandosi di
un passo, gli occhi fissi sulla bocca dell’uomo.
Appoggiò nuovamente le mani
sulle ampie spalle dell’uomo prima di lasciar scivolare le
braccia lungo il
corpo.
«Come sei
silenzioso. E pensare che sulla Normandy era un problema farti stare
zitto»
James si
sentì punto sul vivo. Non le avrebbe dato la soddisfazione
di fare la figura
della recluta il primo giorno di addestramento.
«Shepard…»
«Oh, forse
ce la facciamo a farti parlare. Avanti, cosa succede?»
«Sei davvero
tu?»
Le
sopracciglia di Shepard scattarono verso l’alto e James
avrebbe giurato che
avesse sbattuto le palpebre non meno di una decina di volte prima di
scoppiare
in una sonora risata.
«Certo che
sono io. Chi pensi che potrei essere, un clone di Cerberus?»
«Eh,
magari…» ammise, grattandosi la nuca.
«Va bene,
allora prova a farmi una domanda che potrei sapere solo io»
lo sfidò a braccia
incrociate, le palpebre socchiuse, lo sguardo che sembrava perso nel
vuoto.
Nel cervello
dell’uomo si accese un piccolo segnale di allarme, che
cercò di mettere a
tacere concentrandosi sulla provocazione.
«D’accordo,
allora…» “Cosa cazzo le chiedo
adesso? Cos’è successo alla festa? No,
decisamente meglio di no. Il mio fucile preferito? Triste, domanda
veramente
triste. Chi è il suo migliore amico? Inutile, lo sanno anche
i vorcha. Ah, ci
sono!” «Che soprannome ti avevo
assegnato?»
«Troppo
facile, Vega.»
«Allora
rispondi.»
«Ma…» si
prese un secondo di silenzio, «…ma Bionda,
naturalmente!»
L’uomo
ammutolì e il silenzio durò abbastanza a lungo da
soddisfare l’umorismo di
Shepard, la cui risata riempì di nuovo l’ambiente.
«Lola. Lo so
che è Lola. Merda, come avrei voluto vedere la tua
faccia!»
Nella mente
di James, il piccolo segnale di allarme divenne una sirena.
«Come
sarebbe a dire che avresti voluto vederla? Sei qua, davanti a
me.»
«Sì ma…
aspetta. Kaidan non te l’ha detto? No, per forza. E
gliel’avevo pure chiesto.
Porca troia, appena torna a trovarmi gli rifilo un vaffanculo espresso
che…»
«Detto
cosa?» la interruppe, calcando sulla seconda parola con tutta
la frustrazione
che aveva in corpo.
L’allegria
fuggì dal volto della donna, catturata da un breve sospiro.
«Diciamo che
la mia vista non è più quella di un tempo. Ed
è un eufemismo, dato che è come
se fossi circondata da ombre che parlano e si muovono.»
James si
sentì morire dentro. Non voleva chiedere che quegli occhi
d’ebano che gli
avevano sempre coperto le spalle sul campo di battaglia, rassicurato
nei
momenti di sconforto, fatto innamorare con la loro
profondità e quella
scintilla di ardore che li contraddistingueva, che quegli occhi
d’ebano vivessero
nelle tenebre.
«Diòs…»
«No. Non
pensarci neanche per un istante. Non voglio la tua pietà
come quella di nessun
altro. La detesto» lo interruppe, la voce tagliente di chi
non ammette
repliche, la sfumatura di chi minaccia di trasformare
l’affetto in astio. James
si schiarì la gola, cercando disperatamente un appiglio.
«Io non
volevo…sì, insomma…»
Lo sguardo della donna si fece più scuro
e l’ispanico capì di stare camminando
sull’orlo
del precipizio. Un secondo colpo di tosse fittizio gli diede il tempo
di
pensare.
«Allora è…
per questo che vivi quasi al buio? Ti dà fastidio la
luce?»
«No, direi
di no.»
James
aggrottò le sopracciglia. «E allora
perché?»
«Ci deve essere
per forza un motivo?»
«Tu non fai
mai nulla senza un motivo.»
Il peso sul
petto dell’uomo si affievolì quando sul viso di
Shepard un sorriso triste prese
il posto del velo minaccioso. Sapeva di non essere del tutto al sicuro
ma sperava
che il peggio fosse passato.
«Sei proprio
sicuro di volerlo sapere?»
«Porca
puttana, sì» sbottò, mordendosi la
lingua un istante dopo.
Alla donna
sfuggì una risata smorzata. «Apprezzo la
sincerità» replicò, guardando verso il
soffitto, «finestre da due a cinque.»
La parete di
vetro lasciò che il filtro scuro defluisse ai bordi con uno
sbuffo meccanico
quasi scocciato, come se accettasse mal volentieri di restituire al
sole ciò
che riteneva suo di diritto. La luce approfittò senza remore
della ritirata
dell’avversario e penetrò nella stanza,
inondandola di luce.
James si
vide costretto a socchiudere le palpebre per concedere il tempo agli
occhi di
abituarsi all’intensità del chiarore. Quando le
riaprì, gli parve che il volto
stanco di Shepard mostrasse riflessi perlacei.
Osò
avvicinarsi, con la cautela dovuta a un fragile cristallo, e
morì una seconda
volta: lunghe e sottili cicatrici piatte e traslucide si intrecciavano
sulla
pelle della donna sino alla base del collo, in un mosaico di vecchie
operazioni
ormai guarite ma ancora in grado di trasmettere un memoriale di
sofferenza.
«Allora,
soddisfatto?» lo interrogò la donna, incrociando
le braccia sul petto e
lasciando che la testa le ciondolasse un poco sulla spalla destra.
James
avvicinò la mano al suo volto, senza sfiorarlo.
«Come
diavolo è successo?»
«Cose che
succedono se ti ritrovi in mezzo a un’esplosione con delle
parti di corpo
esposte. E direi che sarebbe potuta andare molto peggio» ci
scherzò sopra,
alzando entrambe le braccia in verticale per coprirsi il volto con le
mani.
Le maniche
della tunica scivolarono verso il basso, scoprendole gli avambracci. In
quel
momento, James morì per la terza e ultima volta: le
cicatrici avevano invaso il
braccio sinistro dipingendo una ragnatela cristallina, mentre una
protesi meccanica
aveva sostituito quello destro sino a un’altezza che il
vestito continuava a
celare. La riproduzione della mano era rigorosa, così come
le proporzioni
rispetto al corpo; cinque dita di metallo perfettamente mobili e
funzionali, eppure
prive di una funzione essenziale.
L’uomo
afferrò le piastre d’acciaio della protesi e la
tirò a sé, racchiudendola tra
le proprie mani.
«Riesci a
sentire il contatto con la mia pelle?»
Shepard
abbassò anche la seconda mano, appoggiandola a pugno chiuso
contro il fianco, e
fece leggera forza per liberare l’arto artificiale.
«Ovviamente
no, ma so che mi stai tenendo la mano grazie all’inclinazione
della spalla. Ora
mi lasci andare?»
James le
permise a malincuore di sgusciare fuori dalla presa. Avrebbe preferito
conservare quel legame, rafforzandolo con un abbraccio, ma decise di
assecondarla. Temeva di gran lunga di irritarla ed essere scacciato
dalla
stanza, senza più avere il permesso di tornare.
«Dunque,
possiamo iniziare a parlare di te o non abbiamo ancora finito di
parlare delle
mie disgrazie?»
«Certo
Shepard, come preferisci» si adeguò
l’uomo, inerme di fronte al suo sarcasmo.
«Ah, prima
una cosa. Da quello che mi è stato comunicato entro oggi
attendo un’altra
visita. Sai di chi si tratta?» la donna si sporse in avanti,
gli occhi
spalancati e una smorfia curiosa dipinta sul volto.
«Non te lo
dirò mai.»
«Stronzo!»
replicò, ridendo.
Rise anche
James. Non l’aveva mai vista gioire tanto, e ogni suo sorriso
era come una
sorsata d’acqua nel deserto.
«Perciò? Che
mi racconti?»
«Sono un
N7.»
Shepard
spalancò la bocca in un sorriso stupefatto.
«Sei stato
promosso a N7. E me lo dici così! Dannazione, James,
è fantastico. Sapevo che
ce l’avresti fatta!» esultò, agitando il
pugno artificiale di fronte a sé.
«Del resto ho
avuto la migliore insegnante della galassia»
replicò Vega, godendo dei pochi
istanti in cui Shepard si ritrovò colta ad arrossire.
«No James, ce
l’hai fatta perché sei uno dei migliori soldati
che abbia mai conosciuto. Sono
fiera di te» e lasciò che la voce le si incrinasse
sulle ultime parole.
L’ispanico
si protese verso di lei in un abbraccio, quando una voce maschile
metallica si
propagò nella stanza.
«Un’ora al
termine delle visite.»
L’imprecazione
della donna si mescolò alle terminologie poco raffinate
della lingua di James.
Gli sembrava che fossero passati pochi minuti dal momento in cui aveva
messo
piede in quella stanza e, se non fosse stato per Garrus, vi si sarebbe
nascosto
all’interno pur di non separarsi dal suo Comandante.
«È meglio
che vada, ora.»
«Sì, è
meglio» ammise anche Shepard, il volto di nuovo oscurato da
un’ombra.
«Ma prometto
che tornerò presto, appena possibile.»
«La
considero una promessa.»
«La è.»
Non si
dissero altro, separandosi con un rapido, essenziale abbraccio che
lasciò James
terribilmente insoddisfatto. Si sentiva defraudato dal diritto di stare
con la
donna di cui aveva pianto per mesi la scomparsa; quell’ora di
vita non gli riusciva
a bastare.
La
sensazione di incompletezza gli rimase quando già era fuori
alla stanza, la
porta chiusa e un Garrus con
ormai poche speranze di
poter entrare.
«Per tutte
le lune di Palaven, ce ne hai messo di tempo!»
«Sai com’è,
ce n’erano di cose da dire…»
«D’accordo,
per stavolta sopporterò la cosa. Ora lasciami passare, o
finirò per fare le
ragnatele su questa panca» ribatté il turian,
«ah, mi stavo per dimenticare.»
Dalla tasca
dell’abito civile estrasse un piccolo oggetto metallico
rettangolare che agitò
davanti al naso di James.
«Questa è
una copia dei registri militari, dal momento del ritrovamento di
Shepard a
oggi. L’Ammiraglio Hackett ha detto che abbiamo il diritto di
guardarli, ma che
alla fine dovremo cancellarli per evitare…» si
fece improvvisamente guardingo, la
voce bitonale ridotta a un sussurro, «che cadano nelle mani
sbagliate.»
«Garrus,
stai bene?»
«Sì, sto
solo imitando Hackett. Ora prendi quest’affare che devo
andare da Shepard, e se
osano allontanarmi prima di due ore giuro che causerò
un’incidente diplomatico
tra le nostre specie! Non ho sbaragliato le compagnie mercenarie di
Omega e distrutto i razziatori per essere sbattuto fuori dall'ospedale
da degli inservienti meccanici!» sbottò,
consegnando con ardore i registri in mano a
James e immergendosi nella rinnovata oscurità della stanza.
Vega ammirò
il piccolo rettangolo metallico. Il chip all’interno
conteneva quella parte
della vita di Jane che gli era stata preclusa, gli anni durante i quali
per l’intera
galassia il Comandante Shepard era ormai un eroe perduto.
Un groppo
gli si strinse attorno alla gola. Sentì l’urgenza
di tornare in caserma.
Aveva bisogno
di un videoterminale.
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Capitolo 22 *** Frammenti ***
FRAMMENTI
James
percepì un principio d’infarto quando il
videoterminale gli riferì il contenuto
dei registri consegnategli da parte di Hackett: registrazioni audio e
video il
cui contenuto risultava di poco superiore ai quindici petabyte di dati.
Per la
salvezza del suo muscolo cardiaco si accorse ben presto che,
all’interno dell’immensa
mole di informazioni a disposizione, erano stati segnalati attraverso
appositi
indicatori i momenti più significativi degli ultimi due anni
di vita di
Shepard.
Gioì meno
nel constatare che, per quanto fossero stati catalogati e ordinati in
ordine cronologico,
tali indicatori superavano di almeno un paio di zeri la cifra massima
che la
sua povera pazienza riusciva sopportare.
«Oh, qué
demonios! Impiegherò almeno due mesi a guardare tutta questa
roba» sbottò, gettandosi
a peso morto sul divano, «ho bisogno di bere.»
L’ispanico
si sporse sui cuscini fino al bracciolo, allungando il braccio
più di quanto i
suoi muscoli avrebbero desiderato, e afferrò la bottiglia di
tequila anejo malamente
appoggiata sul bordo opposto del tavolino. Riacquisì la
posizione seduta non
senza un gemito: duecento addominali a freddo erano risultati
un’ottima idea
per sfogare in breve la tensione, ma si erano trasformati in una
pessima,
indolenzita idea a poco più di un’ora di distanza.
«Mierda…»
bofonchiò, portando il collo della bottiglia alle labbra e
tracannando un sorso
della bevanda ambrata. Lasciò che il liquido prendesse
possesso della sua bocca
scendendo sino allo stomaco, in un’ondata di calore che gli
avvolse il petto e
invase il cervello.
Scosse la testa con violenza, cercando di affogare
il
ricordo più martoriante dell’ultima ora trascorsa
con Shepard: non riusciva ad
accettare che non potesse più combattere, comandare una
nave, danzare con lui. L’anima
era quella di Jane ma del corpo non era rimasta che un’ombra
e non riusciva a
non ritenersi responsabile, per quanto fosse un sentimento irrazionale.
Non
avrebbe potuto fare niente, eppure odiava l’averla
abbandonata a pochi passi
dal condotto. Forse, se fosse stato al suo fianco, avrebbe potuto
difenderla
dall’esplosione. Forse sarebbe andato tutto diversamente e in
quel momento non
si sarebbe trovato su un divano di una caserma canadese, a ingollare
una
bevanda alcolica nel tentativo di trovare il coraggio di violare
l’intimità del
proprio Comandante. Forse si sarebbe trovato al suo fianco come Primo
Ufficiale, un N7 al servizio del primo Spettro umano, impegnati nella
ricostruzione della loro galassia. E
forse non sarebbero
stati solo compagni d’arme ma qualcosa di più,
ignorando ogni divieto di
fraternizzazione. Forse.
Schiacciato
dal senso di colpa, si trattenne a fatica dall’istinto di
bere ancora e ancora,
sino a stordirsi. Allontanò i pensieri con un feroce colpo
di tosse.
«Va bene,
diamo il via alle danze.»
La
cronologia iniziava con un evento significativo, una semplice
registrazione
audio di cui non si accorse di leggere il titolo a bassa voce.
«14 giugno
2186, Era Corrente. Cittadella. Identificazione
del…» si schiarì la voce nel
tentativo di rimuovere il groppo che gli attanagliava la gola.
«Identificazione
del Comandante Shepard.»
Con la mano
tremante spinse il tasto di avvio riproduzione.
“«Ore
sedici e quarantadue, identificazione del corpo
dell’Ammiraglio Anderson
avvenuta in prossimità del centro di controllo della
Cittadella. Dirigiamo ora
il drone verso le aree inferiori della stazione.»
«Peters, le sonde di
prossimità rilevano un paio di sacche d’aria nella
zona superiore del
Presidium.» «Escludo possano esserci superstiti,
Signore, i Razziatori hanno
mantenuto il controllo della Cittadella sufficientemente a lungo per
eliminare
tutti i suoi abitanti.» «La priorità
rimane individuare possibili segni vitali.
Dirigi il drone verso la sacca superiore.»
«Dovrebbe smetterla di illudersi,
Anthony, Signore.»”
Un lieve
crepitio dipinse il silenzio imbarazzato venuto a crearsi nella sala di
registrazione. James sospirò: i momenti più
atroci delle guerre non riguardano
le grandi battaglie, ma ciò che ne segue.
“«Arrivo
alla sacca superiore completato. Avvio dei sistemi di scanner a
infrarossi.»
«Sperando che l’ossigeno rimasto non stia
alimentando troppi fuochi.» «Come se
ci fosse rimasto qualcosa da bruciare.»
«Traiettoria del drone, quaranta gradi
nord-est. Ci dirigiamo verso una zona densa di detriti.»
«Dannazione, dovremmo
dirigerci verso gli agglomerati inferiori.»
«Aspetta…» «Stiamo solo
perdendo
tempo…» «Aspetta ho detto!»”
il tono di voce dell’uomo fece saltare il
cuore di James, “«Guarda
laggiù. Tra quelle macerie.» «Cosa vede,
Signore?»
«Non la vedi quella zona di calore? Lungo il margine esterno
della bolla.»
«Saranno le braci di un incendio…»
«Cazzate. Là c’è qualcosa di
vivo.» «Forse
una pianta…?» «Avvicina quel
drone.» «È pericoloso, potrebbero
esserci dei
cedimenti strutturali.» «Avvicinalo, Peters. Questo
è un ordine.» «Sì,
Signore.»”
Trenta
secondi di assoluto silenzio seguirono l’imposizione
dell’uomo, tali che
l’ispanico poté sentire il suo stesso cuore
battere.
“«Merda…
Comandante, aveva ragione. È un corpo caldo.»
«Fissa le coordinate e passa al
visore principale.» «Sì signore, un
momento solo... ci siamo. Target inquadrato
e visibile.» «Specie?» «Umano o
asari. Femmina.» «Avvicinati. Emissioni di
carbonio? Ferite?» «Ferite diffuse,
impossibilità di identificarne i
lineamenti. Emissioni minime ma presenti. Movimento debole ma costante
della
cassa toracica. Respira.» «Informate il centro
operativo di riparare il prima
possibile una navetta per il recupero.» «Signore,
il ferito indossa un’armatura
dell’Alleanza.» «Uno dei nostri?
Controlla se ha la piastrina identificativa
ancora appesa al collo.» «Rilevo dei cigolii,
rischio di cedimenti elevato.»
«Non mi interessa, noi non staccheremo gli occhi da quella
donna finché non
sarà morta o tratta in salvo. Adesso controlla.»
«Un momento… sì, è
presente.»
«Riusciamo a leggerne l’identificativo?»
«Purtroppo no, appoggia completamente
sul fianco destro. Ma…» «Cosa
c’è, Peters?» «Cristo
santo… Anthony, sul lato
visibile è inciso il simbolo degli N7.»
«Un N7? Aspetta… Martin, possiamo
controllare quanti N7 fossero presenti sulla Cittadella al momento
dell’assalto
dei Razziatori?»” Una voce femminile si
inframezzò alla conversazione. “«I
database sono offline, Signore, ma ricordo distintamente che le forze
N7 erano
tutte impegnate sul campo, nessuna esclusa.»
«Nessuna esclusa?» «Esatto,
Signore.»
«Anthony, pensi che possa essere…»
«Porca puttana… Peters, non distogliere la
telecamera da quella donna per nessuna ragione al mondo o finisci a
pulire
cessi su una nave turian. Okinawa, invia un ordine di
priorità totale
all’hangar riparazioni. Martin, contatta immediatamente
l’Ammiraglio Hackett e
trasferisci la comunicazione sul mio factotum. Mi gioco un braccio che
abbiamo
trovato il Comandante Shepard.»”
La
registrazione si interruppe con un crack secco, lasciando a James il
tempo di
riflettere. Si trovò suo malgrado preda di un vago senso di
nausea. Si era
salvata per pura fortuna, cadendo in una delle poche sacche
d’aria rimaste,
conservate dalla rotazione della stazione o da un generatore di
emergenza, o chissà
quale altro miracolo tecnologico rimasto attivo. Poche centinaia di
metri di
scarto, o forse anche meno, e sarebbe morta soffocata.
La morte
l’aveva sfiorata.
James
represse un conato e, nel disperato tentativo di distogliere la mente
dall’immagine
del corpo di Shepard fluttuante nel vuoto, selezionò il
primo indicatore che
gli capitò sotto l’indice: “29 giugno
2186, Era Corrente, Ospedale Militare,
Seattle. Induzione coma farmacologico”.
Sul
videoterminale apparvero i primi fotogrammi di un filmato in bianco e
nero. La
telecamera era stata appesa in un angolo di una stanza piccola, priva
di
finestre, illuminata da due lampade al neon che penzolavano pigramente
dal
soffitto. La stanza di un ospedale.
Ante di
vetro scuro celavano il contenuto degli ampi e sottili armadietti
metallici che
gravavano sulle pareti e un paio di piccoli carrelli sembravano
trasportare
boccette di varie dimensioni, rotoli di garza e piccoli attrezzi
metallici. Nell’angolo
opposto del locale, inquadrato in maniera nitida
dall’obiettivo, un ampio
tendaggio bianco sorretto da sbarre metalliche rivelava
un’ombra indistinta.
L’attenzione
dell’ispanico per gli unici suoni che sembravano dominare la
stanza, una
pulsazione elettronica, regolare e continua, e uno sbuffo come di un
mantice affaticato,
fu d’improvviso catalizzata dal cicaleccio indistinto di due
voci maschili in
avvicinamento.
«Diós,
hablen más fuerte!»
Come se
l’avessero udito, i due uomini schiusero una porta nascosta
all’inquadratura ed
entrarono. Erano coperti da una tuta integrale, di quelle sterili che
si
vedevano di solito nei film drammatici, coadiuvata da guanti, occhiali
protettivi e mascherine i cui filtri per la respirazione consentivano
di
percepire chiaramente il discorso.
“«…dei
trombociti si sta stabilizzando, tuttavia sono i leucociti a
preoccuparmi.»
«Temi una setticemia?» «Per ora la VES
è entro il range di normalità, ma
preferisco restare allerta. È già un miracolo che
non sia deceduta lassù di
shock ipovolemico; l’ultima cosa che voglio è
vederla morire in un letto per
un’infezione batterica.» «Quanto tempo
pensi che impiegherà per recuperare la
funzionalità totale dell’epitelio.»
«Probabilmente non meno di altri cinque
mesi.» «Broncoaspirati?» «Nulla
da segnalare.» «Decorso post-operatorio?»
«Per
adesso sembra stia reagendo bene. Bisogna ammettere che è
dotata di una
resistenza straordinaria. «Come la sua fortuna: i dati dicono
che se le
strumentazioni mediche essenziali impiantate da Cerberus non avessero
avuto dei
sistemi di protezione contro gli impulsi elettromagnetici, oggi sarebbe
già
sotto terra.»”
A James sfuggì
un sorriso. Dopo averlo combattuto allo stremo, si ritrovava a dover
ringraziare l’Uomo Misterioso per avergli restituito Shepard.
“«Dovremo
tenere controllato anche il CPK. Non è ancora possibile
escludere il rischio
rabdomiolisi.» «Elettroliti?»
«Attualmente nel range ottimale. Sul fronte delle
fratture hai sentito l’equipe ortopedica?»
«L’immobilità sta consentendo il
completo rinsaldo naturale delle tre vertebre incrinate. Per quanto
riguarda
invece le gambe, data la non gravità, hanno rinviato le
lastre di controllo
alla settimana prossima.» «E in merito alle
funzioni cerebrali? Sei riuscito a
ricavare qualche informazione?» «Sembrano nella
norma, da quanto si deduce dal
tracciato. Cioè, nella norma per una persona in coma, che ha
affrontato l’inferno
sulla Terra e chissà cos’altro su quella dannata
stazione.» «Cosa intendi?»
«Intendo dire che è un tracciato
disturbato.» «Ti rendi conto che non ha senso?
Hai appena detto che è nella norma e ora te ne esci che
è patologico. Di cosa
si tratta? Possibili difficoltà cognitive o disfunzioni
neurologiche post
traumatiche?» «Niente di tutto ciò
è rilevabile dal tracciato, e dalla tac
cerebrale i traumi sembrano limitati.»
«Perciò ancora non sappiamo perché la
paziente versi in stato comatoso.» «Esatto. Per
quel che conosciamo della
tecnologia di Cerberus, potrebbe essere un coma indotto per favorire un
più
rapido ripristino delle funzionalità corporee
essenziali.» «Sono arrivati a
tanto?» «Non lo so, è solo
un’ipotesi. C’è anche da dire che, se
anche se non avesse
subito danni a livello cerebrale, cosa che non mi sento di escludere
visto che
si trova pur sempre in coma, sicuramente dovremo aspettarci un caso da
manuale
di PTSD.» «E allora cosa intendi con tracciato
disturbato?» «Che il suo non è
un coma tranquillo. Non sono in grado di leggere nella mente dei miei
pazienti,
ma se ne fossi capace di sicuro non proverei a leggere la mente di
Shepard.»”
I due uomini,
impegnati a sistemare l’attrezzatura medica di supporto,
restituirono alla
pulsazione e allo sbuffo il controllo della stanza.
Bip. Bip. Bip. Bip. Bi-bip. Bip.
Il neurologo
drizzò il capo.
“«Hai
sentito?» «Cosa?»”
Bi-bip.
Bi-bip. Bip.
“«Sì,
adesso ho sentito.» «Vado a controllare.»
«Forse è un malfunzionamento del
macchinario…» «Forse.»”
L’irregolarità
del battito invase l’ambiente, perforando la mente
dell’ispanico. Sullo
schermo, James vide il medico scostare la tenda, rivelando
l’intrico di cavi, fili
e macchinari in cui sembrava annegare la figura di Shepard. Non
riusciva a
scorgere nemmeno un centimetro di pelle che fosse privo di fasciature o
medicamenti, mentre decine di tubi si attorcigliavano ai piedi del
letto, penetrando
lo spesso strato di garze, violando l’integrità
del suo corpo.
«Merda…»
“«Merda…»”
gli fece eco il neurologo, “«frequenza del
cardiogramma in rapido aumento,
encefalogramma con anomalie parossistiche, saturazione al
massimo.» «Cosa cazzo
sta succedendo?» «Si sta svegliando, Sam. Si sta
svegliando senza passare per nessuno
stadio intermedio.» «Come cazzo è
possibile? Prendo la morf…»”
Un urlo, rauco
e lancinante, lacerò lo spazio e il tempo che dividevano
quella stanza
d’ospedale dall’appartamento di James. Una belva
ferita a morte, supplicante
una spiegazione al cielo, prese vita da quell’ammasso di tubi
e bendaggi. In
quel piccolo letto, un corpo straziato dagli spasmi si agitava,
dilaniato dalla
sofferenza fisica che si raggrumava agli incubi. Le macchine collegate
a
Shepard sovrapponevano i propri segnali di allarme in una bolgia
caotica di
trilli e vibrazioni.
“«Porca
puttana, Sam! I barbiturici. Io contatto il reparto di
rianimazione!» «Sto
cercando la chiave per l’armadietto!»
«Minima a centosessanta. Battiti a
duecentottanta in crescita. Somministro cento milligrammi di clotiapina
per via
endovenosa.» «Ci sono quasi.»
«Sam, questa roba è acqua fresca nelle sue
condizioni, il suo cuore non può reggere ancora a
lungo!»”
Le immagini
si susseguirono come una finestra su in girone infernale dinnanzi agli
occhi
dell’ispanico, il cui respiro si era ormai ridotto a un filo.
Mentre il collega
si disperava a identificare la chiave tra le decine presenti in un
mazzo, quattro
individui apparvero all’improvviso nella stanza,
precipitandosi verso
un’irriconoscibile Comandante distrutto dalle convulsioni.
“«Ci
sono!» «Clara, tu tienti pronta col
defibrillatore.» «Tachicardia parossistica
prossima alla fibrillazione.» «Io stabilizzo la
flebo.» «Stephen!»”
Un terzo
medico afferrò una fialetta piccola tra la moltitudine di
boccette presenti
nell’armadietto. Afferrò una siringa dal carrello
più vicino e aspirò parte del
liquido trasparente. Sembrava che il tempo per quell’uomo si
muovesse a
rallentatore, quasi avesse estraniato da sé tutto
ciò che lo circondava per
consentire a sé stesso di evitare il minimo errore. James lo
vide controllare
che non vi fosse aria all’interno della siringa, avvicinarsi
e chinarsi sulla
donna: benché mostrasse la schiena alla telecamera, era
chiaro che le stesse
iniettando il fluido.
Le
convulsioni si placarono dopo pochi secondi e l’urlo si
spense con un rantolo. Nella
stanza d’ospedale, come nella mente di Vega, si
volatilizzò la cappa di
tensione: l’elettrocardiogramma stava lentamente tornando
alla normalità.
“«Tenete
strettamente monitorato il respiro.» «Cosa le hai
somministrato?» «Penthotal in
soluzione al due punto cinque percento. Duecentodieci
milligrammi.» «Senza test
di tolleranza preliminare?» «Stava per
collassare.» «Quanto durerà
l’effetto?»
«Abbastanza per permetterci di pianificare il mantenimento
del coma
farmacologico.» «Dovremo effettuare
l’intubaz…»”
James
interruppe la frase a metà, tornando al catalogo principale.
Non si sentiva più
in grado di continuare a guardare ciò che percepiva ormai
come una tortura.
Aveva
bisogno di vedere qualcosa che gli consentisse di respirare di nuovo.
«Un evento felice.
Me ne basta uno, tipo… no, il trasferimento a Vancouver
no… chirurgia
maxillofacciale non so cosa sia ma non mi sembra una cosa
bella… questo! “10
novembre 2187, Era Corrente. Risveglio”. Sì,
cazzo. Finalmente qualcosa di
buono.»
Avviò la
registrazione e un nuovo video, stavolta a colori, apparve sul
videoterminale.
Dalle immense vetrate che illuminavano la nuova stanza,
l’ispanico comprese che
l’avevano trasportata all’Anderson Hospital quando
ancora non erano terminati i
lavori di ristrutturazione.
Erano
sparite le fasciature dal corpo di Shepard e la corta manica destra del
pigiama
ospedaliero celava la cesura del moncherino, che James dedusse essere
posizionato quasi in corrispondenza della spalla. I cavi ancora
collegati alla
donna si potevano ormai contare sulla punta delle dita, mentre il
braccio
biologico rimaneva attaccato a una flebo e la mascherina azzurra
dell’ossigeno le
copriva parte del viso. A poca distanza, un piccolo manipolo di medici
e
infermieri la fissavano immobili, in attesa di qualcosa.
Infine, la
vide muoversi. Strinse le palpebre, lasciando che il capo le
ciondolasse verso
la spalla destra. Agitò la mano rimasta, che si
aggrappò alle lenzuola del
letto. Un breve spasmo del torace la sollevò di pochi
centimetri. Un mugolio fu
ambasciatore della prima parola.
“«Merda…»”
Per quanto
si rendesse conto che fosse irrazionale avere simili scrupoli di fronte
a un
risveglio videoregistrato, James si ritrovò come un
disperato a trattenere una
risata. Non voleva rischiare di perdere frammenti preziosi e tuttavia
non
riusciva a non ridere pensando a quanto il primo vocabolo pronunciato
fosse
dannatamente adatto a Shepard.
Anche i
medici parvero rianimarsi di fronte a quell’esternazione di
disappunto uscita dritta
da Oxford.
“«Si sta
svegliando.» «Sì, come se si fosse solo
addormentata, non come se uscisse da un
coma indotto di un anno e mezzo.» «Tecnologia di
Cerberus?» «Hai altre spiegazioni.»
«No.»”
La donna si immobilizzò
nel letto, la tensione del suo corpo palpabile.
“«Ci ha
sentiti.»”
Riallineò la
testa al collo con movimenti meccanici e proseguì nel
movimento, sino a puntare
il volto in direzione delle voci.
“«È
incredibile…»”
Aprì gli
occhi.
“«Comandante
Shepard?» «Io…
cosa…» «Bentornata tra i
vivi.» «Io… sono viva?»”
Al piccolo
drappello, come a Vega, sfuggì una risata.
“«Sì
Comandante,
in questo momento si trova sulla Terra.» «Non sono
morta…?» «Decisamente no.»”
Una seconda
risata prese vita…
“«…che
cazzo di fottuto scherzo di merda sarebbe questo?»”
…e morì sul
nascere.
James
sospirò. “È decisamente lei.”
“«Non è
uno scherzo. Lei è viva, in una stanza d’ospedale
a Vancouver. Sarà felice di
sapere che…» «Riesco a capire anche da
sola che sono viva. Quello che non
capisco è perché continuiate a tenere spenta la
luce di questa dannata camera.
Cazzo siete, dei vampiri?
»
I medici si
guardarono tra loro, allibiti: le finestre della camera lasciavano
penetrare la
massima luminosità, tanto da non necessitare nemmeno di una
fonte artificiale.
Uno di loro
si avvicinò alla donna.
“«Comandante,
mi permette di controllare una cosa?» «Se serve a
far smettere questo gioco
idiota, prego.»”
Con una mano
le afferrò il volto e le sollevò in sequenza la
palpebra destra e la sinistra,
puntandole il fascio di luce di una piccola torcia direttamente nelle
pupille.
Ciò che vide non dovette piacergli: scosse la testa e
lanciò un breve cenno d’intesa
ai suoi colleghi. Infine, decise di mentire.
“«Allora?»
«Si tratta di una procedura standard, Comandante. Dopo lungo
tempo con gli
occhi chiusi, un contatto diretto con una fonte luminosa intensa
potrebbe
causare dolore.» «E quando dovrò
aspettare?» «Almeno un paio di giorni.»
«Porca
troia quanto odio gli ospedali…»”
Frustrata,
la donna cercò di appoggiare la mano destra al volto; rimase
pietrificata
quando, malgrado i movimenti impartiti fossero corretti,
continuò a incontrare
solo aria.
“«Cosa
diavolo…» «Comandante, purtroppo
dobbiamo riferirle che, a seguito di un
principio di necrosi, è stato necessario praticare
l’amputazione dell’arto.»”
Shepard puntò
gli occhi in direzione delle voci, mostrando l’espressione
più disinteressata
che James avesse mai visto sul suo volto.
“«Ah bene,
bravi, sono contenta per voi, ve lo siete meritati. Ora mi spiegate
perché non
sento la mano? Ho forse perso sensibilità alla
guancia?» «Comandante, ha
sentito quello che le abbiamo detto?»”
L’ispanico
la vide aprire la bocca e lasciare che la mandibola aleggiasse a
mezz’aria per
qualche istante.
“«Veramente…
no. Temo di essermi persa qualche parola.» «Abbiamo
dovuto amputarle in braccio
per evitare che l’infezione la uccidesse.»
«Io… voi… cosa?»”
L’ultima
parola fu accompagnata da un picco nella sua voce che spinse James a
interrompere la registrazione. Aveva cercato un evento lieto ma
iniziava a
pensare che gli ultimi anni di Shepard fossero stati, come li avrebbe
descritti
lei, una totale schifezza.
Forse per
incontrare qualcosa di positivo avrebbe dovuto scegliere un episodio
più
recente. Superati i traumi iniziali, sicuramente qualcosa di buono
sarebbe
apparso. Sicuramente.
«Questo… “3 maggio
2188. Inizio collaborazione con la dottoressa Lawson”.
Aspetta. Quella Lawson? No,
non può essere. Mi rifiuto di crederci.»
Sul
videoterminale prese forma una nuova stanza, la stessa in cui era
entrato
quella mattina. Gli stessi mobili disposti nella medesima posizione, la
stessa
aria gelida e la luce soffusa fino a scadere
nell’oscurità. Con la fronte appoggiata
alla vetrata, Shepard.
L’ispanico
mise in pausa la riproduzione: non l’aveva mai vista con i
capelli lunghi. Era
a conoscenza della sua avversione per quelle chiome così
accudite, femminili,
scomode in battaglia. Eppure, nella penombra di quei fotogrammi, i
boccoli si
dipanavano ribelli e aspri, privi di qualsiasi cura, scivolavano sulle
spalle
della donna e le ricadevano sui fianchi delle braccia e del volto come
una cascata
di pece.
James storse
la bocca mentre riavviava la registrazione. Qualcosa non andava.
“«Shepard.»”
La
dottoressa Lawson, Miranda Lawson, si intromise d’improvviso
nella scena.
Indossava la sua solita tuta aderente che lasciava ben poco spazio
all’immaginazione,
benché fossero spariti i simboli correlati a Cerberus.
Il Comandante
staccò la fronte dal vetro e si voltò di scatto,
ringhiando, come se quella
parola l’avesse ferita.
“«Miranda?»
«Bene, almeno la mia voce la riconosci ancora.»
«Cosa ci fai qui?» «Ti salvo
dall’autocommiserazione.» «Stronzate.
Avevo detto a quei bastardi di lasciar
perdere.» «A chi ti riferisci?»
«Ai medici di questo cazzo di ospedale.»
«Per
fortuna non ti hanno ascoltata, allora.» «Invece
avrebbero dovuto… avrebbero
dovuto lasciarmi lassù.»”
La voce di
Shepard si ridusse a un sussurro, la schiena appoggiata alla finestra.
Aveva
incrociato le braccia sul petto, rattrappita su sé stessa e
scossa da brividi
di freddo.
“«Dio mio,
come la fai tragica. Iniziamo intanto a portare un po’ di
luce in questo
mortorio. Luci a cinque.»”
Le lampade
artificiali rivelarono la scena in tutto il suo orrore. Contrapposto
alla
bellezza prorompente della dottoressa Lawson, quel poco del corpo di
Shepard
che sbucava dalla tunica appariva come un’impalcatura di ossa
e pelle priva di
muscoli. Gli occhi neri, arrossati e spettrali, spiccavano come immensi
fari
spenti in quel volto ormai minuscolo, tanto pallido da essere quasi
trasparente.
“«Sono
arrivata appena in tempo, a quanto pare.» «Non
saresti mai dovuta
venire.» «Troppo tardi, ormai sono qui.»
«Ti posso sempre ordinare di
andartene.» «Pensi davvero che darei ascolto a una
come te? Ma guardati, sei
ridotta a uno scheletro da film horror. Mi aspettavo di incontrare il
grande
Comandante Shepard redivivo e invece mi ritrovo un manichino
intirizzito che ha
paura persino della sua stessa ombra.» «Vattene,
Miranda, non puoi capire.» «Neanche
la tua capacità di giudizio mi sembra al cento
percento.» «Fino a prova
contraria, sono ancora capace di intendere e di volere.»
«Non si direbbe.»
«Miranda, ti considero mia amica ma vedi di non tirare troppo
la corda…» «Perché,
altrimenti cosa mi fai? Mi dai un pugno?»
«Finiscila.» «O magari provi a lanciarmi
contro qualcosa.» «Di ho detto di
piantarla!» «Devo guidarti per le coordinate
o preferisci usare l’udito come i pipistrelli.»”
James ascoltava,
sconvolto, il dialogo. Per quanto menomata, Shepard emanava
un’aura omicida che
avrebbe fatto fuggire qualunque individuo sano di mente, eppure Miranda
sembrava non preoccuparsene.
“«Maledetta
stronza, sei venuta qua per sfottermi?»
«Perché, potresti impedirmelo?»
«Vaffanculo,
cheerleader del cazzo.» «Oh, andiamo, ti sei
ridotta a copiare gli insulti di
Jack?» «Avrei dovuto lasciarti sulla nave dei
Collettori.» «E perderti la
meravigliosa serata al casinò?» «Mi
sarei risparmiata la tua stronzaggine.» «Saresti
ancora a piangerti addosso, e invece eccoti qua, incazzata e volgare
come tuo
solito. Abbiamo già fatto i primi progressi.»”
Shepard si
morse un labbro. Era caduta nella sua trappola.
“«Va
bene, Miranda, hai la mia attenzione. Dimmi che cazzo vuoi.»
«Ti conosco come
le mie tasche, Shepard, e così conosco ogni impianto medico
presente nel tuo
corpo. Se c’è qualcuno in questa galassia in grado
di restituirti la vista,
quella sono io.»”
La donna
dagli occhi azzurri si prese qualche istante per pensare, prima di
scuotere la
folta chioma con rassegnazione.
“«In
effetti, mi domando perché non mi abbiano chiamata
prima.» «Probabilmente perché
sei l’ex braccio sinistro di Cerberus.»
«Dici?» «No, forse mi sbaglio. In fondo
è un particolare da niente.» «Mi fa
piacere che anche il tuo sarcasmo sia
sopravvissuto.» «Quello è duro a morire.
Allora, cosa pensi di fare.» «Innanzi
tutto rimetterti in piedi, poi rimettermi a studiare. Hai entrambi i
nervi
ottici gravemente lesionati, ma del resto io sono stata in grado di
resuscitarti,
letteralmente. Non dovrebbe essere particolarmente difficile riuscire a
sistemare un paio di nervi danneggiati.» «Se
è così semplice, come mai i medici
non sono ancora riusciti a restituirmi la vista?»”
James credette
di vedere un lampo di divertimento negli occhi di Miranda.
“«Perché
non sono me, ovviamente.» «Oh, giusto. Evviva, sono
salva.» «Hai poco da fare
la sarcastica. In sé il procedimento non dovrebbe essere
complicato, ma…» «Certo,
ci doveva essere qualche imprevisto.»
«…ma non ho più a disposizione le
risorse
di Cerberus, e l’Alleanza ha risorse estremamente limitate,
soprattutto di
questi tempi. Ci impiegherò del tempo.»
«Non mi interessa, posso aspettare, ma
voglio tornare a vedere.» «Te lo prometto, Shepard,
tornerai a vedere. Ma…»
«No, cazzo, non un altro ma!» «Ma prima
non voglio più vedere questo scheletro
ambulante che si aggira per la stanza. Tu da oggi inizi un apposito
programma
di ripristino muscolare e psicologico che ho già inviato al
caporeparto. Non
credo abbia apprezzato l’intrusione e potrebbe borbottare, di
tanto in tanto,
ma è un problema che non ci riguarda. Non puoi farti trovare
debole.» «Farmi
trovare debole? Da chi?» «Hai ingannato i
krogan.» «No, la cura era inefficace,
senza i dati di…» «Piantala, Shepard. I
krogran sono stupidi ma non così tanto.
La morte dell’unica femmina immune e la spiegazione data dai
salarian li hanno insospettiti
sul fatto che ci fosse sotto qualcosa. Inoltre, hanno visto
Mordin.» «Ah…
merda.» «Esatto. Hanno mangiato la foglia, e tu sei
in pericolo.» «Cosa vuol
dire?» «In primis che non puoi muoverti da questa
stanza. Sei troppo famosa,
saresti subito riconosciuta.» «Vorresti dire che
sono imprigionata in questo
maledetto ospedale?»”
La voce di
Shepard rimase strozzata a metà dell’ultima parola
e dal volto di Miranda
trasparì il desiderio di non averle ancora rivelato quella
spiacevole situazione.
“«Temporaneamente.»
«Temporaneamente, quanto?» «Non chiederlo
a me, non sono così informata riguardo
ai piani dell’Alleanza.»
«Diavolo…» «Seconda cosa, devi
essere in grado di
difenderti da sola, anche nelle condizioni in cui ti trovi.»
«Ah certo, perché non
è già abbastanza impossibile atterrare un krogan
nel pieno delle proprie forze,
figurarsi da ciechi e senza un braccio.» «Adesso
piantala di lamentarti e apri
le orecchie, ti spiego il programma di allenamento
personalizzato.» «Va bene…
Miranda?» «Dimmi, Shepard.»
«Quando potrò incontrare i miei vecchi
compagni?»”
Gli occhi
blu della dottoressa Lawson diventarono improvvisamente tristi.
“«Non lo
so, Shepard. Spero presto.»”
James spense
a forza il videoterminale. Erano passati quasi tre anni prima che il
suo vecchio
equipaggio potesse sapere che era ancora viva. Un anno e mezzo da
quella
conversazione. Due anni prima che il Comandante potesse avere contatti
con il
mondo esterno.
Adagiato in
maniera scomposta sul divano, si passò una mano sul volto.
Mentre Shepard
soffriva nella solitudine di quella stanza fin quasi a lasciarsi
morire, lui trionfava
come migliore recluta N7 e si crogiolava nella sensualità
delle donne che lo desideravano.
Di nuovo,
lasciò che un irrazionale senso di colpa lo pervadesse. Non
riusciva a evitare la
sensazione di averla abbandonata di nuovo. Fu in quel momento che, come
un
fulmine, lo colpì la consapevolezza dell’unico
modo in cui avrebbe potuto
rimediare.
«Devo
tornare da lei.»
Gliel’aveva
promesso.
Doveva
avvertire l’ospedale della visita.
Accese il
factotum e una lucina lampeggiante attirò la sua attenzione.
«Un
messaggio?»
Aprì la
casella di posta e la mail gli venne proiettata sul braccio.
James sentì una
marea di calore e nausea invadergli il petto.
«Merda…»
A:
Luogotenente J. Vega.
Da: Reparto N7 - Marina dell’Alleanza.
Nuovo
target. Posizione approssimativa: margine
esterno dei sistemi Terminus. Necessario: borsone militare da trenta
litri. Indumenti
per sessanta giorni. Strumentazione bellica a bordo.
Presentarsi allo spazioporto dell’Accademia entro le
4am.
Ogni diserzione sarà punita con la massima
severità.
|
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Capitolo 23 *** Il luogo più vicino al cielo ***
IL LUOGO PIÙ VICINO
AL CIELO
Due mesi.
Due putos
mesi di missione, nel culo di esta maldita galassia, para cazar un
gruppo di
piratas idiotas. Que voglia de romper la faccia a quel gran hijo de
puta di
Alenko…
Fu questo il
miscuglio di vocaboli inglesi e spagnoli che i clienti presenti quella
notte nella
hall dell’Anderson Hospital poterono udire mentre sfrecciava
loro accanto un
armadio a due ante di origine messicana ancora vestito con la divisa
d’ordinanza degli N7.
Tale
concentrato di muscoli e collera dal nome James Vega si diresse a colpo
sicuro
verso l’ascensore presente sul lato sinistro
dell’ingresso, del quale andò
vicino a distruggere il pulsante di chiamata quando si accorse che quel
dannato
marchingegno scendeva più lentamente di quanto avrebbe
voluto. Stessa sorte la
subì il pulsante per il trentaquattresimo piano,
considerando inoltre la
perdita di tempo che una simpatica coppia di ultracentenari in vena di
chiacchiere causò a seguito di un altrettanto simpatico
disguido riguardo al
piano in cui il vecchietto avrebbe dovuto effettuare il controllo
annuale della
prostata, di cui non mancò di rivelare ogni minimo dettaglio.
Poco mancò
che, una volta raggiunto il livello desiderato, il messicano aprisse
con la
violenza le porte dell’ascensore e non si può
affermare che la sua irritazione
fu lieve quando, una volta fiondatosi attraverso i due pannelli
metallici, si
scontrò malamente con un minuto inserviente ospedaliero.
«Maldita
sea, mira por dónde vas, pendejo!»
Il messicano
vide il proprio riflesso in un paio di immensi occhi verdi e il ringhio
che gli
sfregiava il volto apparì ancor più minaccioso a
causa della piccola
screziatura color sangue che caratterizzava l’iride destra
del ragazzo.
«Alt!»
L’imperativo
emanato da due agenti di sicurezza distolse l’attenzione di
James dallo
scricciolo d’uomo che aveva quasi abbattuto, il quale ne
approfittò per
dileguarsi all’interno della cabina dell’ascensore.
Le sentinelle erano armate
sino ai denti e non sembravano propense a evitare che le bocche da
fuoco
puntassero direttamente contro il petto dell’ispanico.
«Generalità.»
«Luogotenente
James Vega dell’Alleanza. Ho inviato questa mattina la
comunicazione del mio
imminente arrivo.»
«Controllo.»
Un factotum
venne attivato con un trillo e passarono pochi secondi prima che la
guardia
facesse segno al collega di abbassare l’arma.
«Finalmente!
Adesso scusate ma dovrei proprio…»
«Mi
dispiace, Comandante Vega, ma non abbiamo l’autorizzazione
per farla passare.»
James
strabuzzò gli occhi, mentre le nocche delle mani, chiuse in
un pugno sempre più
stretto, tendevano ormai al bianco.
«Che diavolo
state dicendo? Avete visto la mail del Generale, no?»
«Purtroppo
la sua visita è incompatibile con la situazione
attuale.»
L’ispanico
si lasciò sfuggire un ringhio. «Quel fottuto pezzo
di merda sta provando in
tutti i modi ad allontanarmi da Shepard. Che voglia di spaccargli il
c…»
«A chi
vorresti spaccare il cranio, James?»
Una voce
femminile, calda e sensuale, smorzò la collera che gli
montava nel petto,
facendo largo alla sorpresa. La dottoressa Lawson, con i lunghi capelli
scuri
che contornavano un paio di brillanti occhi di ghiaccio, si era fermata
a poca
distanza dal gruppo di uomini e li continuava a fissare con un sorriso
divertito. Il
messicano perse un istante
per squadrarne il corpo formoso avvolto nella sua famosa divisa bianca.
«Veramente
vorrei spaccare il culo, non il cranio.»
«E se ti
dicessi che sono stata io a imporre il divieto di visita? Vorresti
ancora
spaccarmi il culo?» lo provocò, appoggiando una
mano sull’anca e sporgendo di
lato il prorompente bacino.
James si
ritrovò a strabuzzare gli occhi una seconda volta.
«Io… ecco…
no, insomma… sarebbe uno spreco!»
Fu il turno
della donna di rimanere stupita, mentre le due sentinelle tentavano di
nascondere
un’evidente risata dietro agli elmetti protettivi.
Ilarità a cui Miranda non
tardò ad aggregarsi, di fronte a un messicano sempre
più imbarazzato.
«Oddio,
James, ma come diavolo ti escono? Io davvero non riesco a capire
Shepard.»
«In che
senso…?»
«Non fare
domande di cui non vuoi davvero conoscere la risposta» lo
stuzzicò di nuovo,
riacquistando la solita espressione sarcastica, «allora, non
sembri
particolarmente stupito di vedermi.»
James
deglutì sonoramente prima di riuscire a recuperare
l’atteggiamento sbruffone da
cui amava essere contraddistinto.
«Diciamo che
mi avevano già suggerito la tua presenza in questo
luogo.»
«Bene, così
possiamo saltare i convenevoli, troppo noiosi. Vieni con me.»
L’uomo non
attendeva altro. La seguì lungo il corridoio, lasciandosi
dietro i due agenti
di guardia, sino a che non girarono a sinistra: sul fondo apparve la
porta
della stanza del Comandante, la cui sua visuale fu rapidamente
interrotta dalla
figura di Miranda.
Vega si
appoggiò con una spalla al muro, ringhiando.
«Allora,
cos’è questa storia che non posso vedere
Shepard?»
«Come penso
ti abbiano riferito, non ci sono le condizioni perché il
vostro incontro abbia
luogo.»
«Cazzate.
Già quello stronzo di Kaidan mi ha fatto lo scherzetto di
spedirmi per due mesi
dall’altro lato della galassia a rincorrere dei fottuti
pirati, adesso arrivi
tu e…»
«Alenko non
c’entra.»
Le ingiurie
gli morirono in gola. «Come scusa?»
«Per quanto
sia effettivamente uno stronzo di prima categoria quando si impegna, mi
tocca
ammettere che stavolta lui non c’entra. È stata
una mia idea. Un’ottima idea,
peraltro.»
«Fare in
modo che stessi due mesi lontano da Shepard ti sembra
un’ottima idea?»
«Tu, come Garrus,
Tali, Joker e chiunque della Normandy sia stato tanto idiota da pensare
che
ritrovarsi nell’arco di due giorni nello stesso posto dopo la
notizia su
Shepard non potesse far insospettire le spie dei krogan.»
Le parole
della donna ebbero su James l’effetto di un colpo allo
stomaco. Preso com’era
dal desiderio di riabbracciare Shepard, si era completamente
dimenticato della
minaccia che incombeva sulla sua testa. Nella fretta di starle accanto,
non
aveva riflettuto su chi avrebbe potuto guidare fino a lei.
«Diós…»
«Deduco che
finalmente sei riuscito a capire la situazione. Meglio tardi che
mai.»
«Dunque ho
sbagliato anche a correre qua?»
«È probabile,
ma immaginavo che nessuno sarebbe riuscito a convincerti ad aspettare
ancora.»
«Perciò
adesso posso vederla?»
Un lampo di
tristezza attraversò lo sguardo di Miranda. «No.
Te l’ho detto, non ci sono le
condizioni.»
Un pugno
carico di frustrazione colpì il muro. Il dolore
risalì lungo il braccio
dell’uomo sino alla spalla e uscì dalle labbra
come un latrato.
«Non è
possibile che ci siano sempre dei fottuti problemi. Ci deve essere un
modo per
vederla.»
«No, James,
stavolta…»
Udirono,
improvvise, delle urla inframmezzate da un forte frastuono; poi, il
rumore di
una porta che si apriva e chiudeva in pochi secondi, e la spiegazione
della
donna venne definitivamente interrotta dalla tremolante figura di un
medico.
James ne osservò, senza
fiatare, il respiro trafelato,
la schiena abbandonata contro i pannelli
metallici e gli occhi sbarrati. Miranda si portò una mano
sugli
occhi, affranta.
«Dottoressa!»
«Sono qui, Adrian.
Cosa succede adesso?»
«Non
riusciamo ad avvicinarla. Lei… minaccia di usare i suoi
poteri biotici contro
di noi.»
«Lei
dovrebbe essere troppo debole per poter usare i suoi poteri
biotici» ribatté
acidamente, calcando con sarcasmo sulle ultime parole.
«Ha provato
a scagliarmi contro una sedia!»
«E c’è
riuscita?»
«Non mi ha
colpito, ma riesce a usare i poteri biotici. Ci riesce anche senza
l’amplificatore.»
Miranda si
liberò di un lungo sospiro di frustrazione.
«Va bene, a
quanto pare stavolta devo intervenire io.»
Vega le
afferrò un braccio, deciso a non essere ulteriormente
ignorato. Aveva vissuto
per oltre sei mesi a stretto contatto con Shepard. L’aveva
vista nel suo
momento peggiore, quando tutti sembravano aver dimenticato che era
stata lei a
impedire alla Sovereign di aprire il portale galattico. Toccava a lui.
«Lascia
andare me» disse, una proposta lapidaria che non lasciava
margini di negazione.
«Stai
scherzando, spero?»
«Non sono
mai stato più serio di così.»
«James,
Shepard ha bisogno di un sedativo potente, e di un medico che sia in
grado di
somministrarglielo.»
«Shepard non
ha bisogno di essere drogata. Ha bisogno di me.»
«E cosa ti
fa pensare di essere tu la persona adatta?»
ribatté, afferrandogli la mano per
staccarla con un movimento irritato. L’uomo non si oppose a
quel gesto,
lasciando che il braccio gli ricadesse lungo il fianco.
«Il fatto di
esserci già passato, attraverso quell’inferno, e
di esserne uscito assieme a
lei.»
Miranda lo
squadrò, gli occhi di ghiaccio che sfidavano il calore
dell’ispanico. Ogni
secondo aveva il peso di un macigno sul petto di James, ma era conscio
di non
essere lui ad avere l’ultima parola. Poteva solo sperare di
averla convinta.
Così fu.
«Va bene,
Vega. Un solo tentativo.»
«Me lo farò
bastare.»
La donna si
scostò da un lato, incitando il medico a fare altrettanto.
James rivolse la
propria attenzione sulla porta: null’altro che la sottile
porta metallica si
frapponeva più tra loro.
Coprì la
distanza con passi lenzi e cadenzati, i sensi in allerta per captare i
rumori
di una stanza divenuta improvvisamente troppo tranquilla.
Premette il
pulsante e lasciò che la soglia degli inferi gli si
spalancasse innanzi.
Shepard. Tesa
come un cacciatore in attesa della preda, china sul tavolo, lo sguardo
iniettato
di sangue puntato su un punto indefinito dietro alle sue palle, le
spalle che
si alzavano e abbassavano al ritmo del suo respiro affannato.
L’immagine di una
pantera in gabbia sfiorò la mente di James.
La porta si
richiuse alle sue spalle.
«Chi sei?»
latrò la donna, la voce arrochita dallo sforzo.
«Sono io.»
Quelle due
parole le strapparono un’espressione allibita, che si
trasformò dopo un’istante
in una smorfia collerica.
«Vattene.»
«No.»
La richiesta
di Shepard l’aveva colpito al pari di una staffilata, ma non
era giunto sin lì
per cedere di fronte alle prime difficoltà. Dovette tuttavia
ammettere che,
malgrado le sue condizioni, la donna era ancora dotata di
un’ottima mira
istintiva quando si ritrovò a schivare per pochi centimetri
una sedia metallica,
che andò a sfracellarsi contro il muro.
«Ho detto
vattene!» gli urlò con maggiore furia, il corpo
circondato da una crepitante
energia bluastra.
«Piantala di
fare la bambina» ringhiò James di rimando,
divorando i pochi metri che li
separavano per poi afferrarla per le braccia.
Non seppe
mai con certezza cosa lo spinse ad abbassare la guardia. Forse la
convinzione
che, con il contatto fisico, lei si sarebbe calmata. Oppure
l’idea che fosse
davvero debole come affermava Miranda. Fatto sta che la vide sgusciare
via
dalla propria presa, lasciandolo stordito il tempo che bastava per
venire
raggiunto sulla mascella da un bel calibrato uppercut. Un pugno di una
potenza
notevole malgrado il deperimento fisico, si ritrovò
costretto ad ammettere.
«Ti avevo
avvertito, brutto idiota.»
L’ispanico
scosse la testa, gli occhi chiusi nel tentativo di dissipare la
confusione.
Quando li riaprì, la vide in posizione di attacco, le labbra
piegate e
socchiuse dietro cui si intravedeva il luccichio dei canini. Sembrava
davvero
una belva inferocita.
«Vuoi
danzare, Lola? Va bene, ma sappi che non mi
risparmierò.»
«Non
chiamarmi così» sibilò di rimando.
«Come?
Lola?»
«Fottiti.»
Si preparò. Spalle
sostenute, testa leggermente china, braccia pronte a dare e ricevere.
Non le
avrebbe fatto sconti. Non li avrebbe accettati.
Fu di nuovo
il Comandante ad attaccare, accompagnando il gancio con un urlo carico
d’ira.
James già
sapeva che non sarebbe durata a lungo. Non c’era partita, lei
era troppo
debilitata e l’incapacità di vedere il proprio
avversario la rendeva un’illusa
che sogna ancora di vincere.
Lasciò che
il pugno gli scivolasse accanto al volto. Era lenta, più
lenta di quanto
ricordasse. Avrebbe potuto continuare a evitare i suoi colpi fino a
portarla
allo sfinimento, ma l’avrebbe solo fatta imbestialire
ulteriormente. Doveva
chiuderla in fretta.
Entrò sul
tempo, sfruttando lo sbilanciamento in avanti della donna, e la
colpì con un
unico pugno nello stomaco. La sentì emettere un gemito
strozzato e rattrappirsi
sul suo braccio, artigliandolo con le dita fino a graffiarlo attraverso
la
divisa.
«Perdonami,
Shepard…» le sussurrò, afferrandola per
la vita e scagliandola a terra.
Sfruttando lo stato di shock che ancora le impediva di reagire, le si
posizionò
a cavalcioni sul bacino, immobilizzandole le braccia al di sopra della
testa.
«Ora ti prego, calmati.»
La donna
sbatté più e più volte le palpebre.
«Cosa
diavolo…» rantolò, soffocando due colpi
di tosse.
«Dovevo
fermarti. In qualunque modo.»
La sentì
ringhiare, un brontolio sordo che proveniva dal fondo della sua gola.
«Lasciami
andare James.»
«Prima mi
dici cosa diavolo è successo.»
«Ti ho detto
di lasciarmi andare, brutto figlio di…»
«Sto
cercando di aiutarti!»
«Aiutarmi?»
latrò di rimando, con un tono che l’uomo
poté definire solo come
irrimediabilmente imbestialito, «Come cazzo ti permetti di
arrogarti il diritto
di volermi aiutare? Tu, voi, che vi divertite a illudermi di poter
riavere la
mia vita.»
«Come?»
La presa sui
polsi si allentò e la donna cercò di
approfittarne, dimenandosi nel tentativo
di liberarsi di lui. James si vide costretto a sfruttare il peso del
proprio
corpo per impedire che vi riuscisse. Le si ritrovò sempre
più addosso, i loro
volti così vicini che poteva percepire il respiro affannoso
di Shepard sul
proprio.
«Adesso sono
qui» provò a calmarla, combattendo
l’istinto di abbracciarla. Se fosse stata
una persona normale forse sarebbe bastato. Forse sarebbe stata la
soluzione.
Peccato che Shepard fosse tutto meno che emotivamente normale.
«E questi
due mesi dove sei stato, eh? Dove siete stati tutti?» dentro
la donna, qualcosa
si ruppe. Le parole iniziarono a uscire con la potenza di un fiume in
piena. «La
prima settimana pensavo che aveste degli impegni. Che fosse stata
troppo
improvvisa la notizia. La seconda ho iniziato a pensare che ci fossero
dei
fottuti problemi burocratici. Ma dopo tre
settimane…» la voce le si incrinò, e
dovette attendere qualche istante prima di riuscire a recuperarla,
«…dopo tre
settimane ho iniziato ad ascoltare i filmati del nostro incontro, e
ascoltarli
ancora fino a non dormire la notte. Li ho ascoltati finché
non ne ho avuto la
nausea e non ho desiderato che non fosse mai accaduto. Che tu non fossi
mai
tornato, così non avrei avuto la fottuta speranza di riavere
la mia vita. Li ho
cancellati dalla memoria dello schermo, ma nessuno è stato
in grado di
cancellarli dalla mia memoria, e sono tornati a tormentarmi, giorno
dopo
giorno, notte dopo notte, in questa maledetta stanza.»
James
digrignò i denti, cercando di resistere
all’urgenza di abbracciarla, di
spiegarle che non era colpa sua. Che non l’avrebbe mai
abbandonata, non di
nuovo.
«E adesso,
Vega, lasciami andare.»
Le ultime
parole della donna si ammantarono di un velo gelido. La disperazione
era
sparita per lasciar spazio a una rassegnazione mascherata da astio.
L’ispanico
sentì ancora il crepitare elettrostatico. Vide la pelle di
Shepard circondarsi
di un alone bluastro, una palpabile minaccia che sapeva avrebbe presto
messo in
pratica.
Rimase
immobile. Doveva sapere che non l’avrebbe lasciata cadere nel
baratro in cui
cercava di lanciarsi, anche a costo di rischiare sé stesso.
La scarica
biotica lo colpì in pieno petto.
“Diós,
quanto detesto i biotici…”
Piombò di
schiena sul pavimento, un urto che gli mozzo il fiato.
«Ah…
cazzo…»
gemette, gli occhi invasi da una miriade di lucine lampeggianti. Gli
occhi
puntati sul soffitto, batté ripetutamente le palpebre: non
aveva mai visto così
tante stelle neppure a bordo della Normandy. «Vacci piano la
prossima volta.»
Solo il
silenzio gli rispose.
Con un altro
lamento soffocato, James si girò sul fianco, facendo leva
sul braccio destro
per sollevarsi da terra quel tanto che bastava per guardarla.
Anche
Shepard si era alzata, arrivando ad appoggiarsi, ormai esausta, con la
spalla
contro il muro, i muscoli scossi da tremiti. Per scatenare la propria
energia
biotica aveva dato fondo alle riserve di energia; un rivolo di sangue
che
colava dal naso sulle labbra. Pur di liberarsi di lui era arrivata a
danneggiarsi.
Ferita nel
corpo e nella mente, gli occhi iniettati di sangue offuscati da un velo
di
lacrime, lo guardò, per quanto potesse scorgerne solo
l’ombra indistinta. Le
labbra, in preda a incontrollabili tremori, le si aprirono.
«Avrei
preferito morire da eroina sulla Cittadella, piuttosto che vivere da
reietta in
questa prigione…»
Era poco più
di un sussurro, eppure si impresse a fuoco nella mente di James.
Senza più
supplicarlo di andarsene, ormai ritenendosi sconfitta, la donna
seguì con
andatura claudicante il muro sino alla prima porta, dietro cui si
celò alla
vista del mondo.
“Prigione.
Prigione. Prigione…”
L’ultima
parola continuava a risuonare come un mantra nel cervello del
messicano, impegnato
nel disperato tentativo di trovare una via di fuga dal quel limbo di
sofferenza. Shepard era stata in grado di evitare
l’indottrinamento dei
razziatori, aveva sempre dimostrato una forza d’animo
immensa: James era
convinto che ci fosse il modo per sbloccarla. Doveva solo trovarlo.
Poi, l’idea.
Si precipitò
all’esterno della stanza, dove incontrò
l’espressione scettica di Miranda.
«Dunque? Sei
riuscito nella grande impresa?»
«Quasi.
Adesso ho bisogno che tu mi faccia trovare pronta all’esterno
una coperta
spessa e ampia e la porta d’accesso al tetto
aperta.»
«Che cosa
hai intenzione di fare?»
«La porto
fuori» affermò l’ispanico, sul volto una
determinazione che non lasciava adito
a dubbi.
«Scordatelo,
è troppo pericoloso, potrebbero vedervi.»
«È notte e
saremo sul tetto dell’edificio più alto di
Vancouver. Correrò il rischio che
qualcuno possa scorgere due figure umane
nell’oscurità e riconoscerci grazie
alla sua vista d’aquila.»
«Oltre a
ciò, Shepard è debilitata,
potrebbe…»
«Se Shepard
non esce da quella stanza, muore.»
Miranda
rimase in silenzio, la mascella leggermente contratta che segnalava il
conflitto
interno alla sua mente. James tese la mano.
«Mi
servirebbe anche un passe-partout delle stanze di Shepard.»
«Cosa?»
replicò stupefatta.
«Andiamo, lo
so che ce l’hai. Si è chiusa in bagno, o in
camera, insomma la prima porta a
sinistra, e non credo che mi aprirebbe se bussassi.»
«L’hai fatta
arrabbiare, eh?» sospirò la donna, estraendo una
piccola tessera magnetica da
una sottile tasca laterale della divisa. Aveva compiuto la sua scelta.
«La
porta per le scale è in fondo al corridoio principale, sulla
sinistra. Vedi di
impedirle di gettarsi di sotto, o ti stacco i testicoli con le mie
stesse
mani.»
Afferrando
la tessera, l’ispanico represse un brivido di terrore.
Miranda non stava
scherzando.
Si girò,
lasciando che la minaccia continuasse ad aleggiare sulla sua figura
sotto forma
di un paio di glaciali occhi azzurri finché la porta degli
alloggi di Shepard
non gli si richiuse nuovamente alle spalle.
“Bene,
adesso arriva la parte difficile. Tono deciso e perentorio. Deciso e
perentorio. Sì.”
Due colpi
secchi di nocche sulla porta del bagno furono gli ambasciatori del suo
tentativo.
«Lola, esci
da lì.»
In falsetto.
L’ultima sillaba gli uscì in falsetto.
Seguì una
vibrante imprecazione latina.
«Puoi pure
strizzarti i coglioni e cantare l’inno
dell’Alleanza, non mi muovo.»
Seconda
imprecazione.
«Va bene, Shepard,
l’hai voluto tu.»
Il
passe-partout magnetico sfregiò la serratura della porta,
che rispose alla
violenza con una lucina verde. Via libera.
La porta del
bagno e la bocca della donna si spalancarono in contemporanea.
«Ma come
cazzo…?»
«Le
spiegazioni a dopo.»
Fu il turno
di Shepard di essere afferrata per la vita e depositata senza troppi
complimenti sulla spalla dell’ispanico. Un grido femminile di
sorpresa e
frustrazione accompagnò il movimento.
«Dannazione Lola, sei più
pesante di quanto sembri.»
«Cosa cazzo ti è saltato in
mente? Mettimi giù!»
«Sta buona,
tra un po’ è tutto finito.»
«Tu… ahia!»
Un colpo e
una vibrazione della porta. Girandosi, James aveva colpito lo stipite
metallico
con le gambe della donna.
«Scusa, poco
spazio.»
«Poco
spazio? Ma vaffanculo, mettimi subito giù!»
sbraitò con la solita, discreta
eleganza, battendo pugni disperati contro la schiena
dell’uomo. Nulla che i
suoi dorsali non potessero tranquillamente sopportare.
«Mi spiace
ma ho deciso di ammutinarmi.»
La porta
degli alloggi si aprì, rivelando le facce ammutolite degli
inservienti in
attesa con una specie di plaid color tristezza. L’ispanico
fece loro cenno di
non fiatare, infilandosi la coperta sotto braccio e ringraziandoli con
un
sorriso.
«James Vega
io appena scendo ti ammazzo. Giuro che lo faccio!»
Imboccarono
il corridoio sino alla diramazione principale e poi ancora a sinistra.
«Va bene, ma
evita di usare i poteri biotici adesso, ci faremmo del male
entrambi.»
«Li uso dopo
per ficcarti quel tuo ghigno su per il…»
James
scoppiò a ridere.
«Adesso hai
gli occhi sul culo per riuscire a vedere la mia faccia?»
Shepard
ammutolì, incapace di trovare una risposta adeguata. Persino
i pugni persero
vigore, per la gioia delle scapole ormai indolenzite
dell’uomo.
«Allora
esiste un modo per farti tacere.»
«Uccidermi,
James. L’unico è uccidermi.»
«Piuttosto
drastica come soluzione.»
Altri due
pugni e un tentativo di disarcionarsi fallito.
Finalmente
arrivarono alle scale: tre rampe con una sorta di anguilla imbizzarrita
sulle
spalle. Il messicano represse un piagnucolio e iniziò la
salita.
«Queste
sono… dove cazzo mi stai portando?»
«Vedrai a
tempo debito.»
«James, ti
avverto, questa me la paghi.»
«E come?
Insegnando al tuo criceto ad attaccarmi a vista?»
«Puntando
agli occhi!»
James
scoppiò in una risata sguaiata che lo costrinse a fermarsi
per evitare di
perdere l’equilibrio.
«Guarda che
non sto scherzando!»
La
puntualizzazione di Shepard non fece altro che peggiorare la
situazione,
obbligandolo ad appoggiarsi al muro con la spalla libera nel tentativo
di
riprendere il controllo.
«Almeno
evita di avere le convulsioni, mi sembra di essere presa a pugni nello
stomaco»
mugolò ancora, un vago senso di nausea montante nel petto.
«Lola, por
favor, taci. Sto cercando di smettere.»
La
tentazione fu troppo forte.
«E dopo il
tuo spacciatore preferito non si arrabbia?»
L’ispanico
si morse la lingua per recuperare quel tanto di autocontrollo che gli
bastava
per ribattere.
«Así que
quieres jugar duro. Bastava dirlo.»
«Cosa?
Aspetta, io… dannazione!»
Ancora in
preda feroci ma sempre più rade risate, James
bruciò i gradini della scalinata
a due a due, arpionandosi al corrimano per darsi maggiore slancio.
Percepiva su
di sé la donna ormai pietrificata con le mani artigliate
alla divisa.
Prima rampa,
seconda, terza, e finalmente vide la porta. La aprì con un
unico, fluido
movimento, lasciando che il vento, fortunatamente debole pur trovandosi
a oltre
cento metri di altezza, li avvolgesse.
Fece ancora
qualche passo, avvicinandosi al centro del tetto. Sulla sua spalla,
Shepard
aveva smesso di ribellarsi.
«Siamo
arrivati» la rincuorò, depositandola a terra con
delicatezza. Gli sembrò
morbida, malleabile, come se la tensione di quei due mesi fosse
evaporata sotto
i raggi impietosi dello stupore.
La donna gli
afferrò le braccia, ruotando la testa nel tentativo di
orientarsi con i suoni.
«Dove… dove
siamo?»
«Fuori.»
«Fuori?»
ripeté, incapace di celare una punta di
incredulità.
«Sì. Sul
tetto dell’Anderson Hospital. Oggi è una bella
serata e si riescono anche a vedere
le stelle principali, per quanto si possano vedere le stelle a
Vancouver.»
Shepard
rimase in silenzio, lasciando che le folate di vento giocassero a
rimpiattino
con i suoi capelli.
James decise
di giocare il tutto e per tutto, improvvisando.
«Eri in
gabbia, come durante quei sei mesi. A differenza di allora, stavolta
avevo il
potere di farti evadere dalla prigione e ho pensato di portarti nel
punto della
città più vicino alle stelle.»
Gli riuscì
egregiamente.
La vide
chiudere gli occhi e appoggiare la fronte contro il proprio petto, le
mani
ancora strette attorno alle braccia.
“Sono un
genio.”
Attese che
fosse lei a compiere la mossa successiva, e il panico iniziò
a montargli nel
petto quando percepì una sensazione di umidità,
rafforzata dal gelo del vento,
provenire dalla divisa.
“Sta
piangendo? No, ti prego, dimmi che non sta piangendo!”
Quasi a
sbeffeggiarlo, sentì un singhiozzo soffocato, mascherato da
sospiro, sfuggirle
dalle labbra.
“Oh,
mierda, carajo, carajo, carajo, mierda! E adesso che faccio? Se le
parlo
potrebbe incazzarsi, se non le parlo anche, se provo a consolarla
sicuro mi
sbrana, se le dico di non piangere… no, decisamente non
posso dirle di non
piangere. Cosa cazzo faccio? Sono un’idiota!”
Si guardò
attorno alla ricerca di una qualsiasi via di fuga da quella situazione.
Aveva
programmato tutto, tra cui, nei più remoti anfratti della
sua mente, la
possibilità di un bacio di ringraziamento. Tutto, tranne che
il fottuto
Comandante Shepard, macellaio di Torfan e terrore dei razziatori,
potesse
scoppiare a piangergli sul petto.
“Mierda…”
«Ehi… Lola?»
Strinse le
palpebre, attendendo un vaffanculo o una risposta brusca e tagliente.
Di nuovo,
aveva programmato in maniera errata.
«Grazie.»
Aprì gli
occhi di scatto, puntandoli contro la capigliatura corvina della donna.
«Come?»
«Grazie. È
la prima volta in tre anni che… che sento di nuovo freddo
per il vento»
concluse, alzando il capo. Le guance erano percorse da due righe
perlacee, che
luccicavano del chiarore della città, scendendo sino al
mento e scomparendo
nella penombra del collo.
James si
accorse in quel momento dei brividi che le scuotevano il corpo. La
sottile
tunica ospedaliera era inutile contro il gelo della notte.
«Dannazione,
non ci ho pensato» imprecò, aprendo la coperta
color tristezza e
avvolgendogliela attorno alle spalle, «meglio?»
La donna
annuì, tirando un profondo respiro e lasciando che le
lacrime le si
asciugassero con l’aria di Vancouver.
«Allora, hai
detto che si vedono le stelle?»
L’ispanico
le sorrise, rimpiangendo che non potesse vederle. La fece girare con
delicatezza su sé stessa e la abbracciò da dietro.
«Dammi una
mano.»
La sentì
irrigidirsi e un sorriso gli si dipinse sul volto.
«Per quanto
tu possa sperarlo, non è una proposta indecente. Voglio solo
aiutarti a
immaginare le stelle.»
«Idiota»
borbottò Shepard di rimando, lasciando che un braccio
emergesse dalla coperta.
«Si dice
pendejo» la corresse, inglobando quella piccola mano nella
propria e lasciando
che solo un indice sporgesse dalla stretta. Uno sbuffo indispettito gli
assicurò la vittoria di quel breve scambio e maledisse
l’oscurità della notte
che gli impediva di notare un possibile rossore sulle gote della donna.
«Allora,
fammi vedere… là si riesce a vedere molto bene la
costellazione del Cigno. La
testa, le ali e la coda.»
«Deneb» lo
interruppe.
«Scusa?»
«La coda del
Cigno è la stella Deneb.»
James sorrise,
spostando la sua mano fino a farla coincidere con l’astro in
questione.
«Esatto, è
proprio là. Riesci a immaginartelo?»
«Sì.»
«Poi… più
giù credo di aver identificato l’Aquila, anche se
non è facile perché…»
«Con il
chiarore si vede solo Altair?»
L’uomo
annuì. «Esatto anche questo» disse,
proseguendo con le mani lungo la linea
immaginaria che congiungeva le due stelle, «e
poi…»
«Il
triangolo estivo» concluse con una leggera pressione del
braccio, muovendolo sino
a sfiorare l’ultimo astro, stella alfa della costellazione
della Lira: Vega.
Shepard era in grado di orientarsi grazie ai suoi ricordi con una
precisione
che aveva dello straordinario.
James
inclinò il capo per guardarla.
L’impassibilità del suo volto era spezzata
dall’angolo della bocca leggermente piegato verso il basso,
che ne smascherava
la concentrazione.
«Il
triangolo estivo è il mio ultimo ricordo.»
«Come,
scusa?»
«L’ultima
cosa che ho cercato con lo sguardo, a bordo della Cittadella.»
Deneb,
Altair, Vega. Tra le stelle del triangolo estivo, una portava il suo
cognome. E l'aveva cercato. Non trovato, cercato.
Era troppo illudersi che l’avesse cercato per quel motivo,
per quell'astro, eppure, ancora una
volta, l’ispanico si ritrovò senza parole, spinto
solo dal desiderio di
stringere la donna a sé. E, ancora una volta,
sentì di dover reprimere l’istinto.
«Ehi, Lola,
che ne dici se ci sediamo? Di fianco alla porta
c’è abbastanza muro per
ripararci dal vento.»
«Ci sto,
inizio a sentire le gambe indolenzite a forza di stare in
piedi.»
«Forse se
non ti fossi sforzata a scagliarmi via con…»
«Non tirare
la corda, James.»
«Ricevuto.»
La guidò per
i pochi passi che li separavano dalla parete. Prese poi i due lati
della
coperta, sfilandogliela dalle spalle e ringraziando che fosse
abbastanza larga
da avvolgere entrambi.
«Ora, per
favore, mentre preparo non ti muovere. Miranda ha minacciato di
strapparmi le
palle se dovesse accaderti qualcosa.»
«Oh,
interessante. E da quando ti sei dato al sadomaso con
Miranda?»
James
strabuzzò gli occhi, e poco mancò che si
strozzasse con la saliva. Non era più
abituato alle battute a sfondo sessuale spinto di Shepard.
Stropicciò la
coperta con le mani, guardandola.
«Io, io non…»
«Il grande
James Jimmy Vega, stallone di Omega, che balbetta. Questo è
uno spettacolo che non
credevo di rivedere» rise, gustandosi la vendetta per quella
scorrazzata
nauseabonda sulla spalla dell’uomo.
«Okay, Lola,
stavolta hai vinto tu» sbottò, sedendosi per terra
e avvolgendosi la coperta
attorno alle spalle, la schiena appoggiata al muro, «ora
vieni qua.»
Le prese con
delicatezza la mano e la trascinò a sé.
Allargò le gambe per farle spazio, circondandola
con le braccia nella buffa imitazione di una tenda color tristezza. La
sentì
adagiarsi contro il suo corpo, la testa nell’incavo del collo
e i capelli corvini
che gli solleticavano il mento. James sentì
l’urgenza di affondare il volto in
quei ricci e respirare il suo profumo. Anche quello non era cambiato
dai tempi
della Cittadella: un miscuglio di aromi dei bagnoschiuma, unito a un
sentore
unico che poteva appartenere solo a Shepard.
«Chiedo
scusa per la scomodità ma mi hanno fornito una sola coperta
e questo è l’unico
modo che mi viene in mente per evitare che moriamo entrambi
congelati.»
«Ho vissuto
situazioni peggiori» tagliò corto lei, affondando
tra le braccia dell’uomo.
Il calore
dei loro corpi si fuse presto sotto la coperta, restituendo un
piacevole
contrasto con il vento sui volti.
L’ispanico
si morse le labbra. Il cuore che gli batteva nel petto come un tamburo,
tanto
da temere che Shepard potesse accorgersene. Se fosse stata una
qualsiasi altra
donna, non avrebbe esitato a stringerla a sé e a baciarla.
Eppure, sarebbe
bastato sollevarle il mento ed eliminare la distanza tra le loro bocche
per…
«James?»
Sentir
pronunciare il suo nome lo distrasse da quei pensieri pericolosi.
«Sì, Lola?»
«Perché non
mi racconti quello che hai fatto in questi tre anni?»
James glielo
raccontò. Le raccontò di quando era precipitato
con la Normandy, e delle
settimane che aveva trascorso con Garrus e gli altri compagni su quel
pianeta
paradisiaco, in attesa che le riparazioni terminassero. Le
raccontò di quando
tornarono tutti sulla Terra, accolti da eroi, e presenziarono alla
cerimonia
funebre in onore dell’Ammiraglio Anderson e del Comandante
Shepard, che a
ripensarci in quel momento gli veniva da ridere. Le raccontò
di quando fu insignito
delle due più alte onorificenze galattiche, e del momento in
cui intraprese l’addestramento
per entrare nel reparto N7. Le racconto delle fatiche, delle battaglie,
dei
sacrifici e delle soddisfazioni che quei due lunghi anni gli avevano
portato,
sino al giorno in cui, finalmente, riuscì a ottenere il
meritato grado.
E
quando si accorse che la sua Lola si era addormentata, le diede un
lieve bacio
sui capelli e chiuse gli occhi, intenzionato a godersi ogni istante di
quella
notte.
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Capitolo 24 *** Preludio al requiem ***
PRELUDIO AL REQUIEM
Anderson
Hospital, un mese dopo.
In piedi di
fronte alla parete di vetro, lo sguardo perso nel vuoto, Shepard
sognava il
momento in cui avrebbe visto di nuovo.
Sarebbe stata in grado di ammirare la Vancouver in
crescita, e le persone che entravano e uscivano
dall’ospedale. Avrebbe ammirato
i loro volti, seguito il profilo dei loro corpi. Avrebbe forse
familiarizzato
con le loro vite, di nascosto, sino al momento in cui sarebbe
finalmente
tornata al comando di una nave da guerra, senza più la
necessità di
nascondersi.
Con un sospiro, appoggiò una mano alla finestra.
Avrebbe osservato le auto, soffermandosi su ognuna di
esse. Avrebbe atteso con ansia che si fermassero, o le avrebbe lasciate
proseguire nella loro corsa con indifferenza. Avrebbe sondato ogni
creatura che
ne fosse scesa, fino a individuarlo. Infine, lui avrebbe alzato il capo
verso
sue finestre, un piccolo punto sull’oceano di cemento
visibile dal
trentaquattresimo piano, e inconsapevolmente avrebbero incrociato i
loro
sguardi.
Lasciò che un cauto sorriso affiorasse sul volto. In
fondo, sognare non le costava nulla.
Poi, li sentì: due colpi, secchi e distanti, seguiti
dal silenzio.
Shepard si pietrificò. Era un tipo di rumore che non
si dimenticava, quello delle armi da fuoco.
Un improvviso clangore metallico scosse la rinnovata
serenità dell’ambiente e la porta della stanza si
aprì con un sibilo
agonizzante.
La donna si girò di scatto, stringendo le palpebre
fino a ridurle a due sottili fessure: un’ombra massiccia si
stagliava contro il
chiarore del corridoio.
«…James?»
Una
risata rauca la investì.
«Ma
come, Shepard. Non riconosci nemmeno un vecchio
amico?»
Sentì
l’aria fuoriuscire dai polmoni sino a lasciarla
senza fiato. Dalle labbra sgorgò la sua stessa voce a
officiare il requiem per i
sogni.
«Urdnot
Wreav.»
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Capitolo 25 *** In hoc signo vinces ***
In hoc signo
vinces
Da
quella notte sul tetto dell’ospedale, James era
riuscito a trascorrere innumerevoli serate in compagnia di Shepard,
ringraziando l’intercessione di una certa dottoressa Lawson,
incredula ma
appagata del fatto che la sua paziente stesse recuperando il giusto
equilibrio
psicofisico grazie a colui che non esitava a definire “un
krogan sotto
anabolizzanti”.
Approfittava di ogni momento libero, con
l’accuratezza di depistare per quanto possibile le spie
krogan, come
suggeritogli da Miranda: cambiava ripetutamente mezzo di trasporto; si
presentava a sera inoltrata, col favore della penombra dei lampioni;
era
arrivato persino a travestirsi, fase durata giusto il tempo impiegato
da un suo
superiore per vederlo con la parrucca bionda. La degradazione fu una
minaccia
sufficiente per convincerlo a limitarsi a abiti civili e felpe col
cappuccio.
Poi, un giorno, la notizia inaspettata.
Licenza anticipata, della durata di una settimana.
Il suo primo pensiero fu di provare a convincere
Miranda a fargli trascorrere l’intero periodo in compagnia di
Shepard, a costo
di dormire per terra in un sacco a pelo. Ma prima, avrebbe dovuto
sfruttare
l’occasione a suo vantaggio.
Quella sera, a bordo del taxi, un messicano vestito
con raffinatezza teneva tra le mani un mazzo di anemoni.
“Chissà che
faccia farà Lola. Scommetto che dirà qualcosa di
volgare contro la roba da
donnicciole” sogghignò tra sé
e sé. Per lo meno, sperava che evitasse
l’espressione disgustata del povero sottoposto che, dopo
avergli riferito la
lieta notizia, si era ritrovato avviluppato in abbraccio stritolante
non
richiesto.
Prima
di quanto avesse immaginato, perso nelle
proprie elucubrazioni mentali, James si accorse che il taxi era
atterrato nella
piazzola riservata di fronte all’Anderson Hospital. Con un
cenno di
ringraziamento allungò all’autista i soldi
corredati di una generosa mancia e uscì
dalla macchina.
“Vestito
elegante, c’è. Fiori, ci sono. James
Vega nelle condizioni migliori, anche. Vale, vamos!”
Sfoderando
il suo migliore sorriso, risalì
l’architettonicamente
impeccabile ma inutile rampa di scale che collegava la piazzola di
atterraggio
all’ingresso dell’ospedale. L’ultima
procedura burocratica obbligatoria, a cui
ormai aveva fatto l’abitudine, consisteva nel superare la
procedura di
riconoscimento presso la zona di smistamento antistante
l’entrata.
Sperò che di turno avessero collocato Sam, con cui
aveva stretto una discreta amicizia, e provò una sensazione
di disappunto
quando dietro bancone vide un impiegato mingherlino, i cui capelli
color paglia
facevano a pugni con il colorito verdognolo che le luci artificiali
conferivano
alla carnagione.
Particolare ancora più strano, non vedeva guardie di
sicurezza nei paraggi.
“Saranno andati
a prendere un caffè…”
cercò di giustificare, schiarendosi la voce.
«Salve!»
provò a richiamare l’attenzione
dell’impiegato. Questi non diede segno di aver udito,
giacché continuò a
pulirsi le unghie con una piccola lametta di plastica.
“Dev’essere
davvero molto concentrato” «Ehi, salve?
Mi sente?» riprovò, stavolta
bussando con ma mano libera contro la superficie del bancone.
«L’ospedale
è chiuso per manutenzione, se ha bisogno
provi a chiamare il numero di emergenza, altrimenti ripassi domani
mattina»
ottenne come risposta, senza tuttavia che il ragazzo, perché
di un ragazzo e
non di un uomo si trattava, alzasse la testa dal lavoro che lo
impegnava.
«Come
sarebbe dire che l’ospedale è chiuso? Da quando
gli ospedali chiudono?» sbottò
l’ispanico di rimando, mostrando appieno il
proprio disappunto. C’era qualcosa che non andava.
Vide
l’impiegato sospirare, un sospiro seccato più
che dispiaciuto, e appoggiare la lametta sul tavolo di fronte a
sé. Infine, si
degnò di drizzare la testa.
«Se
ha delle lamentele può rivolgersi, domani
mattina, all’ufficio competente.»
Il
tono era di sfida, la smorfia sul volto lasciava
trasparire ostilità, ma più di ogni altra cosa,
James fu attirato dagli occhi,
immensi e verdi, e dal particolare che consentiva loro di rimanere
impressi
nella memoria: l’iride destra caratterizzata da una piccola screziatura color sangue.
“L’inserviente…”
Calò
il gelo. Dall’espressione del ragazzo si rese
conto di essersi tradito.
«Posso
fare qualcos’altro per lei, signore?» si
sentì
chiedere da una voce improvvisamente melliflua, il sorriso di Giuda
spuntato
sul volto verdognolo.
Con
la coda dell’occhio lo vide muovere un braccio,
spostamenti quasi impercettibili, verso la parte inferiore del bancone.
Sentì l’adrenalina entrargli in circolo: riusciva
a percepire
il battito del proprio cuore nella testa, lento e costante,
intervallato dai
suoi respiri profondi, i sensi in allerta massima, i nervi tesi come
corde di
violino. Poi vide il braccio dell’inserviente scattare, un
movimento fulmineo
di un serpente, un bagliore metallico ben saldo nella sua mano.
I fiori scagliati con violenza contro il volto
dell’impiegato e il colpo, perduto tra i petali,
sfiorò il suo lobo. Tra i
colori sgargianti dei fiori, James vide un’espressione di
orrore impossessarsi
del volto dell’uomo quando riuscì ad afferrargli
il bavero della camicia.
La tempia sbatté una, due, tre volte contro la
superficie del bancone. Le ossa del cranio scoppiettarono come rametti
spezzati,
la pelle emise un rumore di stoffa strappata, i capelli color sangue
rimasero stretti
nella mano libera dell’ispanico finché le
convulsioni non cessarono.
Solo allora James lo lasciò andare.
Si guardò attorno, come aspettandosi di veder
comparire qualcuno dai bui anfratti della sala d’aspetto. La
colluttazione era
stata caotica, lo sparo era chiaramente risuonato tra le mura
dell’ambiente.
Alle orecchie gli giunse il solo rumore dei suoi stessi profondi
respiri.
“Cosa cazzo sta
succedendo?”
Ricordatosi
di essere armato e in abiti civili,
attivò lo scudo di emergenza prima di strappare dalle dita
cadaveriche la
pistola. Controllò il caricatore, per poi frugare nelle
tasche dell’uomo: una
sola clip termica con quindici colpi prima del surriscaldamento.
Infine, selezionò sul factotum la frequenza di
comunicazione di Vakarian.
«Garrus,
riesci a sentirmi?»
«James! Perché
stai bisbigliando? Ah, ho capito! Non vuoi che Shepard si accorga che
mi stai
raccontando com’è andato il vostro primo
allenamento orizzontale, eh?»
«Cos…
no!»
«Allora vedi di
sbrigarti, ho scommesso con Joker che sarebbe successo prima di tre
mesi e non
voglio perdere i miei crediti.»
«Avete
scommesso…? Oh, Diós, che cazzo sto dicendo.
Garrus, sto per entrare nella hall dell’ospedale. Un tizio ha
appena cercato di
ammazzarmi e credo che sia successo qualcosa di grosso.»
«Cosa?
Dannazione…»
«Non
lo so, non sono ancora entrato e l’ambiente è
buio, temo che abbiano staccato i generatori.»
«Shepard?»
«Non
lo so, la sto andando a cercare e ho paura di
avere poco tempo.»
«Ho capito, mi
metto in contatto io con il Centro Operativo. Appena sai qualcosa di
più…»
«…te
lo comunico. Tieni libera questa frequenza.
Chiudo.» “Bene, ora
vediamo di capire in
che situazione di merda mi sono cacciato stavolta.”
In
cuor suo, cercava di convincersi che Shepard non
fosse coinvolta. Certo, lei era una calamita per gli assassini e gli
squilibrati ma, in fondo, nessuno ad esclusione dei medici e delle sue
guardie
del corpo era a conoscenza del fatto che si nascondesse in quel luogo e
non
c’era motivo per cui qualcuno volesse farle del male.
Eppure… eppure qualcuno
l’aveva filmata di nascosto e aveva venduto le riprese al
miglior offerente, e
quell’inserviente, per il quarto piano, era riuscito
quantomeno a transitare.
Per quanto le possibilità che fosse Shepard
l’obiettivo di quell’attacco
potessero dirsi scarse, una brutta sensazione continuava ad aleggiare
nella
mente di James.
Spingendo la porta di vetro con una spalla, la
pistola ben salda in mano, entrò nella hall
dell’ospedale. Le fioche luci di
emergenza non riuscivano a penetrare il buio asfissiante e si vide
costretto ad
accendere la torcia dell’omni-tool per riuscire a orientarsi.
«Madre
de Diós…»
Decine
di cadaveri giacevano riversi sul pavimento e
contro i muri, annegati in pozze di sangue che si mescevano in un unico
lago violaceo
in cui le differenze di specie perdevano di significato.
L’arma stabile di fronte a sé, torcia puntata in
avanti in posizione CQC, James avanzò nel mezzo del
massacro; pur mantenendo un
precario l’equilibrio, percepiva la debole resistenza delle
suole degli
scarponi al viscidume e si ritrovò in più punti
costretto a pattinare sul sangue
per evitare di sdrucciolare a terra.
La luce della torcia illuminò il volto di un bambino
riverso su un poliziotto, le braccia esili che ancora stringevano un
corpo i
cui lineamenti erano stati cancellati da un colpo di fucile a pompa.
Aveva
cercato la protezione in un abbraccio e il terrore era rimasto impresso
in due
occhi troppo grandi per quel corpicino crivellato di proiettili.
Digrignando i denti, si avvicinò al bambino. Sentiva
la necessità di abbassare quelle palpebre, doveva dare a
sé stesso l’illusione
che stesse solo dormendo.
La pelle era ancora calda e al tocco dell’uomo il
minuscolo cadavere si mosse, adagiandosi sulla schiena.
L’ispanico trattenne a fatica un singhiozzo.
Un piccolo led lampeggiante, fino a quel momento rimasto
celato dal corpo, illuminò fiocamente la stoffa lacera della
divisa: il
factotum del poliziotto, benché seriamente danneggiato,
indicava una
registrazione in corso.
James afferrò il braccio e lo trascinò a
sé. Bastò il
movimento perché la registrazione si interrompesse, e si
vide costretto a
premere più volte sull’interfaccia olografica
prima che l’impulso elettronico
di riproduzione giungesse all’hardware centrale.
Un audio fioco e saturo di disturbi fu tutto ciò che
lo strumento riuscì a restituirgli.
“«Codice
tre, uno, due. Ripeto, codice tre, uno, due.
Siamo sotto attacco. Mandate rinforzi. Ripeto, mandate rinforzi.
Siamo…»” il
ruggito di un fucile spezzò le parole. Alle urla del bambino
si contrappose una
voce roca e profonda, “«Morti, con i complimenti
del clan Urdnot.»”
James
interruppe la registrazione.
Krogan.
Digitò freneticamente la frequenza radio di Garrus.
«Qua Vakarian.»
«Krogan!»
la voce proruppe più forte di quanto
avrebbe desiderato, «Sono i krogan! Stanno cercando
Jane!»
«Porca puttana…
invio la comunicazione al Centro Operativo, le forze speciali in venti
minuti
dovrebbero essere lì.»
«Venti
minuti? Cosa cazzo hanno fatto in tutto questo
tempo?»
«È un
potenziale attacco terroristico, sai meglio di me che le procedure non
sono
veloci in questi casi.»
«Dannazione,
Jane potrebbe non avere venti minuti.
Devo andare da lei.»
«James, è un
plotone krogan. Ti farai ammazzare!»
«Devo
tentare. Non posso perderla di nuovo!»
Chiuse
la conversazione. Non aveva tempo per gli
scrupoli del turian.
Tentò di ricordare la pianta dell’edificio: al
piano
terra, due ascensori. Da scartare entrambi, il blackout li aveva messi
fuori
uso. Due scale di servizio, le luci di emergenza le davano entrambe
agibili.
Doveva bloccarne una, obbligare i krogan a percorrere
la sua stessa strada.
Il fulgore della fiamma ossidrica rimase impresso sul
bordo della porta occidentale come una lunga scia incandescente.
James perse un paio di secondi a osservare il
risultato.
Nemmeno una carica krogan avrebbe potuto sfondarla.
Eppure… tre preziosi minuti di vita di Shepard. Tanto
aveva impiegato per concludere il lavoro.
Il cuore in gola, si precipitò verso il lato
orientale della sala.
Si vide costretto a combattere contro sé stesse e ad
aprire con cautela la porta tagliafuoco, nel timore che una truppa
krogan fosse
in dirittura di arrivo. Non sapere quanti fossero, e ritrovarsi per di
più in
posizione inferiore, lo poneva in una palese condizione di svantaggio.
Una fessura a separarlo dalla rampa di scale,
trattenne il respiro per consentire al proprio udito di percepire il
minimo
afflato. Il cuore che rimbombava nel petto rimase l’unico
segnale di pericolo
imminente.
Consentendo all’ossigeno di sommergere i polmoni
ormai brucianti, James entrò nella tromba delle scale e
iniziò la salita.
Benedisse il fatto che le rampe interne non fossero in acciaio e le
suole degli
scarponi, benché appiccicose, attutissero i suoi passi.
Quinto piano.
Decimo.
Quindicesimo.
Ventesimo.
Malgrado l’allenamento da N7, James dovette
rallentare: il cuore aveva raggiunto la soglia di allenamento massima e
protestava furioso in un torace che gli sembrava improvvisamente troppo
stretto.
Ventitreesimo.
Ventiseiesimo.
La gola gli bruciava sin quasi a farlo lacrimare.
Ventinovesimo.
Trentaduesimo.
I muscoli delle gambe gli sembravano in fiamme.
Trentatreesimo.
Jane aveva in totale otto minuti in meno di vita.
Trentaquattresimo piano.
Sentiva delle voci. Spense la torcia. Socchiuse la
porta tagliafuoco e vide anche le ombre.
Due krogan a circa trenta metri di distanza, uno di
fronte all’altro, posizionati a guardia delle scale di
servizio che portavano
al tetto.
In quel momento capì dove avevano portato Shepard.
Era un soldato d’assalto e la sua stazza non gli
avrebbe mai consentito di muoversi con circospezione. Doveva sfruttare
velocità
ed effetto sorpresa.
Controllò la pistola: i proiettili erano in canna, la
clip termica inserita e la sicura tolta.
“Tre…”
Prese
un respiro profondo.
“Due…”
Appoggiò
la spalla sinistra sulla leva, pronto a
spingere.
“Tre!”
La
porta sbatté contro il muro. Il clangore
dell’impatto si mescolò agli spari. Un colpo, poi
un altro, e un altro, e
ancora, il corridoio era stretto e lo spostamento delle braccia minimo.
Un
proiettile gli sfiorò il volto, l’imprecazione di
un krogan gli scivolò addosso
come acqua.
L’esercito gli aveva insegnato a essere spietato, gli
N7 a essere preciso. Entrambi videro in quell’azione il
perfetto compimento
dell’addestramento.
James osservò i cadaveri dei krogan riversi a terra,
le armature integre, i musi crivellati di pallottole da apparire
indistinguibili.
Lasciò cadere la pistola, priva di colpi. Ammirò
le
armi degli avversari. Ignorò il fucile a pompa, intonso, e
si appropriò del
fucile d’assalto. Caricatore pieno e tre clip termiche.
Se le sarebbe fatte bastare.
Salì le scale. Poche rampe lo separavano da Shepard.
L’adrenalina in circolo era talmente alta che gli sembrava di
sentirla scorrere
lungo le proprie vene.
Attraverso la porta d’accesso al tetto altre voci,
altre risate; due, una sovrastava l’altra. Due krogan morti
al piano inferiore,
due sul tetto, un piccolo plotone, pochi elementi per catalizzare
l’attenzione
in maniera minore. Non faticò a distinguere il timbro
crudele di Urdnot Wreav e,
forse, soffocato dalla potenza dei krogan, sognò di udire
Shepard, flebile come
un sussurro.
Controllò che la sicura del fucile fosse disinserita prima
di dirottare tutta l’energia secondaria del factotum sugli
scudi. Aveva una
sola chance e nessuna possibilità di individuare la
posizione del nemico prima
di esporsi. Il cervello macinò strategie militari a pieno
regime; doveva agire
per gradi, risparmiare munizioni e trovare una copertura.
Tutto questo, sperando che non ammazzassero Jane
appena avesse fatto irruzione.
Cercò di infondersi coraggio: le possibilità di
salvarla erano minime e si sarebbero azzerate del tutto se non fosse
intervenuto.
Un respiro e poi un altro, lasciò che la respirazione
regolasse il flusso d’adrenalina.
Contò fino a tre. Infine, spalancò la porta.
Fianco destro, guardia krogan, fucile a pompa. Di
fronte, Wreav, fucile a pompa, a pochi passi dal cornicione alto pochi
centimetri. Accasciata sulle ginocchia, tenuta sollevata per il braccio
biologico, Shepard. Sangue sulla tunica, ecchimosi sul volto, testa
china,
reazione minima.
Lo sguardo di James si oscurò per un istante.
Il frastuono dello scudo in frantumi lo ritrasse
bruscamente dall’abisso in cui era precipitato e le urla
cantilenanti del
factotum gli ricordarono come la sua vita fosse appesa a un filo.
Si gettò sulla sinistra, usando la parete opposta del
gabbiotto delle scale come copertura; una sensazione di bruciore al
braccio
sinistro rimase come memento di un proiettile troppo vicino al suo
corpo privo
di protezioni.
Guardò di sfuggita l’ora: i rinforzi non sarebbero
arrivati prima di sette minuti. Si appiattì contro il muro,
il fucile d’assalto
stretto al petto, impotente dinnanzi alla risata sardonica di Urdnot
Wreav.
Digrignò i denti. Doveva almeno fingere sicurezza.
«L’esercito
sa che siete qui. Lasciala andare e farò
in modo che non vi usino per il tiro al bersaglio!»
urlò, sperando di riuscire
a simulare sufficiente arroganza. Non vide, né se ne accorse
il krogan, come al
suono della sua voce Shepard avesse alzato la testa.
«Lasciarla
andare? Poi dicono che siamo noi krogan
gli idioti della galassia» commentò Wreav, le
parole frammiste a una nuova
risata, «Ma tu… tu eri su Tuchanka quel giorno,
vero?»
James
si morse il labbro. Non poteva rischiare di
mentire e farlo incazzare più di quanto già non
lo fosse.
«…sì.»
«Sentito
Svarr? Abbiamo un altro di quei figli di
puttana! C’è anche il turian o anche lui ha capito
chi è veramente Shepard?»
Wreav
strinse il pugno attorno al polso della donna,
strappandole un’imprecazione.
«Basta!»
«Sentilo
come si innervosisce a toccargli il suo bel
comandante. Ehi, Svarr, resta fermo e tienilo puntato. Voglio che
assista alla
morte di Shepard come ha assistito alla fine dei krogan.»
James
sparò un colpo in aria, i muscoli del viso
tanto contratti da dolergli.
«Lasciala
andare ho detto! Non lo ripeterò un’altra
volta!»
«Svarr,
abbiamo un eroe tra noi. Come se fossi nella
posizione di poter dare ordini, idiota. Getta quell’arma o
sarò io a gettare
Shepard dal tetto.»
«Tu
fallo e vengo personalmente a prenderti a calci
nel culo, James!»
La
voce di Jane risuonò nitida e tagliente nell’aria
gelida della notte, come un balsamo rincuorante che avvolse la mente
dell’ispanico
e gli diede il coraggio di sporgersi e incrociare il suo volto con lo
sguardo.
Fu solo la consapevolezza di essere sotto il tiro dello
scagnozzo a trattenerlo dal reagire d’istinto quando vide
Wreav contrastare la
ribellione di Shepard scagliandola a terra con violenza.
«Sta
zitta!»
James
la sentì ridere, un tintinnio raggelante di
belva al muro, e ammirò la tenacia con cui si
rialzò da terra, il viso rivolto
al cielo.
«Sentito,
James? Secondo questo stronzo dovrei stare
zitta altrimenti s’incazza. Che coglione!»
Wreav
le puntò il fucile alla nuca sino a immergere
la canna dell’arma tra i riccioli.
«Parla
ancora e giuro che ti apro un buco nel
cranio.»
«Come
se avessi mai avuto altro in mente. Cristo
santo…» Jane si lasciò sfuggire uno
sbuffo divertito, inarcando il collo ad
appoggiarsi più comodamente contro il fucile «sei
talmente una testa di cazzo
da non aver ancora capito che non ho bisogno di aiuto per
difendermi.»
Shepard
scartò di lato. Sfruttando l’istante di
disorientamento di Wreav, lasciò che il braccio sinistro
scattasse verso
l’alto. La rigidità del metallo si
scontrò con un clangore secco contro
l’armatura del krogan. Gli artigli persero la presa sul
fucile.
«Ora,
James!»
Urlò,
e nell’istante in cui la voce le proruppe dal
petto si scagliò con tutto il suo peso contro Wreav. Il
colosso sfiorò il cornicione
col tallone, e in un singulto di vendetta arpionò la tunica
di Shepard. L’equilibrio,
colpito a morte, li trascinò nel baratro.
James sentì il cuore accartocciarglisi nel petto.
«No!»
Abbandonò
la protezione della parete; la raffica di
proiettili approfittò della disattenzione del figlio di
Tuchanka superstite.
Il fucile e il krogan collassarono all’unisono sul
cemento.
La gola tanto contratta da impedirgli di respirare,
James si sporse dal bordo del palazzo.
Dinnanzi a lui, incorniciata dal lampeggiare distante
delle forze dell’ordine e dalla minuscola figura di un Wreav
frantumatosi
contro l’asfalto, si palesò l’ultima
battaglia di Shepard: in un’estrema
manifestazione dell’istinto di sopravvivenza, era stata in
grado di agganciare le
dita meccaniche della protesi alla bandiera dell’Alleanza.
«Jane!
Sono qui! Prendi la mia mano!» urlò con foga,
sporgendosi
quel tanto che bastava per evitare di cadere.
«Non
riesco a vederla!»
«Allungala,
ti afferro io!»
La
vide alzare il braccio libero, che annaspò
nell’aria i pochi istanti che gli furono necessari per
stringerle
l’avambraccio. Sentì restituire la stretta, le
dita della donna fare presa sui
muscoli. Fece leva sullo spigolo del cornicione e i muscoli del suo
corpo
iniziarono a protestare. Ringraziò il cielo che Jane fosse
più leggera di un
tempo.
La sollevò sul tetto sino all’addome, quando si
concesse di agguantare la stoffa sulla sua schiena per riuscire infine
a portarla
al sicuro, lontana dal bordo.
Si alzò in piedi e con sé trascinò
Shepard, il corpo
della donna stretto tra le sue braccia, il proprio a farle da riparo
dal vento
gelido che infieriva sull’edificio.
«Stai
bene?» chiese con voce strozzata, cingendole il
capo con le mani, gli occhi fissi sulla donna.
«Sì.
È finita…» commentò di
rimando, un sorriso
soddisfatto dipinto sul volto tumefatto, il famigerato sangue freddo
che si
manifestava in tutta la sua energia, «quello stronzo non
sarà più un problema».
«Diós,
temevo… temevo… di averti persa di
nuovo…»
James
si sentì balbettare, lo sguardo che saltava in
maniera convulsa dal volto di Shepard al parapetto e di nuovo sul suo
volto. Pochi
metri di distanza e non avrebbe avuto alcuna bandiera a cui appigliarsi.
«James,
che cazzo, calmati! Sto bene!»
Gli
afferrò il bavero della camicia. L’uomo
sentì il
fiato mozzarglisi in gola.
Il volto di Jane, pallido e chiazzato di ecchimosi
violacee, gli sembrò così minuto e fragile tra le
sue ampie mani. Con le dita
le scostò i capelli sudati dalla fronte, per poi pulirle il
mento dal rivolo di
sangue ormai essiccato.
«Non
stavolta…» riuscì a malapena a
rantolare.
La
donna corrucciò le sopracciglia. «Che hai
detto?»
L’ispanico
digrignò i denti, trovando le forze per
respirare di nuovo.
«…stavolta
non ti ho lasciata andare.»
La
afferrò, avvolgendole il corpo con un braccio. La
trascinò a sé e colmò la distanza tra
le loro bocche prima che potesse parlare
di nuovo.
La trattenne, immergendo la mano tra i suoi riccioli
scuri, dimenticandosi del mondo intero: e quando Shepard schiuse le
labbra per
approfondire il bacio serrò gli occhi, pregando che il mondo
intero si dimenticasse
di loro.
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Capitolo 26 *** Epilogo in terra straniera ***
EPILOGO
IN TERRA STRANIERA
«Sei
in ritardo.»
James
alzò le spalle, appoggiando il cartone di birre
sul tavolino del salone.
«Non
è colpa mia se al negozio c’era un sacco di
gente.»
«Avresti
dovuto usare i tuoi gradi per superare la
fila.»
Liara
si coprì gli occhi con una mano.
«Shepard,
quello che stai suggerendo tu si chiama
abuso di potere, ed è un reato…»
«Le
birre calde sono un reato.»
«Va
bene. Le metto in frigo.»
«Sbaglio
o sono delle Guinness? La fabbrica non era
andata distrutta?»
«Non
la ricetta.»
«Ehi,
Shepard, adesso riesci davvero a leggere la scatola
di cartone o hai tirato a sorte?» chiese Garrus, scrutandola
con i piccoli
occhi da rettile.
«Riesco
a leggere, ovviamente senza i dettagli. Devo
ringraziare Miranda e Mordin se da questi ultimi due mesi finalmente
posso
riconoscere un bicchiere di birra da uno di piscio.»
«Aspetta…
un bicchiere di…?» un paio di spalancati
occhi asari si fissarono sul volto della donna.
«Chiedi
a Joker.»
«Ehi,
era calda, non pensavo avrebbe provato a bere
birra calda!» Joker interruppe la sicura filippica morale
dell’asari prima che
potesse partire e Garrus colse la palla al balzo per troncare
l’argomento.
«Chi
stiamo aspettando?»
«Manca
ancora Jacob…»
«Che
deve badare al figlio e non può venire» concluse
Miranda.
«Grunt…»
«Che
arriverà verso sera» puntualizzò
Shepard.
«Mordin…»
«Ci
contatterà via digitale da Acapulco»
precisò
Liara.
«Non
Bora Bora?»
«Voleva
studiare diverse tipologie di conchiglie.»
«Tali?»
chiese James.
«Arriverà
a momenti, tempo di raccogliere abbastanza
filtri per sopportare la festa. Zaeed?»
«Credo
che adesso sia su Marte a fare un corso accelerato
di combattimento corpo a corpo in stile Justicar…»
ridacchiò Shepard.
«Non
voglio sapere altro. Javik?»
Un
colpo di tosse sommesso richiamò l’attenzione del
gruppo. La dottoressa T’Soni, solitamente composta, si stava
grattando i
tentacoli in visibile imbarazzo.
«Non
verrà, ma… a tal proposito, avrei da comunicarvi
una cosa.»
«Avanti,
siamo tutt’orecchi.»
«Come
sapete, Javik mi ha molto aiutata in questi
anni a raccogliere materiale sui protean e si può dire che
sia grazie a lui se
attualmente ne vengo considerata la più grande esperta
vivente…»
«Vai
al punto» tagliò corto Shepard, imitando con
pollice e indice un paio di forbici.
Liara
tirò un lungo sospiro.
«Vi
ricordate che le asari sono in grado di
riprodursi attingendo al codice genetico del partner, generando una
nuova asari
dall’aspetto tipico della nostra specie ma con il DNA di
entrambi, giusto?»
«Certo»
commentò James, subito bloccato da una mano
di Joker sul braccio.
«No.
Fermi tutti. Temo di aver capito dove si andrà a
parare.»
«No,
non è possibile…» ribatté
Shepard, il volto
paralizzato su un’espressione disgustata.
«Dicci
che non stai per dirci quello che vuoi dirci…»
infierì Lawson.
«Sì.
Abbiamo deciso di riprodurci assieme appena raggiungerò
la piena maturità sessuale» confermò
Liara, annuendo con decisione.
«Ecco,
di questo! Di questo non voglio sapere davvero
altro!» sbottò Shepard, parlando a nome di tutti.
«Ma
è l’unico modo sicuro per impedire che i geni
protean scompaiano definitivamente. Non possiamo fidarci della
crio…»
«Alt!
Non voglio…»
«Ma…»
«No!»
«Va
bene, continuerò dopo che avrete metabolizzato la
notizia.»
«Allora
mi sa che dovrai aspettare a lungo» bofonchiò
James, visibilmente disgustato.
«Ho
ancora circa novecento anni di vita, posso
permettermelo» l’asari ci scherzò sopra
a sua volta. Aveva messo in conto una
reazione simile e non aveva dubbi che, col tempo, l’avrebbero
compresa.
«Bene,
il futuro padre di famiglia imperialista non
viene. Chi altro?»
In
quel momento il campanello dell’ingresso lanciò un
breve trillo e Glifo si precipitò a informare il gruppo
dell’arrivo del nuovo invitato.
«Comandante,
è arrivato il Capitano Kaidan,
accompagnato.»
«Grazie
Glifo, lo immaginavo» si limitò a commentare,
ammirando non senza una punta di divertimento gli sguardi perplessi
degli
ospiti, «che c’è? Pensavate che non
l’avrei invitato?»
«No,
Shepard. È che non capiamo da chi possa essere
accompagnato.»
«Lo
vedrete» sogghignò, dirigendosi con passo sicuro,
finalmente sicuro, verso la porta. Fu dunque privo di alcuna nota di
stupore il
saluto che con calore rivolse al canadese e alla donna che lo
accompagnava.
«Kaidan,
che bello rivederti!» Jane si slanciò in un
abbraccio,
ricambiato dall’uomo.
«E
io sono felice di trovarvi così in forma, tu e gli
altri a quanto vedo» replicò, lanciando uno
sguardo ai suoi vecchi compagni e lasciando
che fosse la donna a scegliere il momento in cui sciogliere la stretta,
pochi
istanti più tardi, «ti sei sistemata bene,
eh?».
«Mi
hanno imposto di fingere di nuovo la mia morte
per impedire nuovi attentati. Almeno ho potuto scegliere dove vivere in
attesa
di rimettermi!»
«Giustamente
hai scelto una villa in uno sperduto
arcipelago polinesiano.»
«Mi
daresti forse dell’idiota per questo?»
«No,
per niente.»
«Vedi?
Adesso lasciami indovinare… questa deve essere
tua moglie.»
Shepard
allungò la mano verso la donna, rimpiangendo al
contempo di non poterne osservare i lineamenti del volto e di non
riuscire ad
ammirare le espressioni meravigliate degli ospiti alle sue spalle.
«Mi
chiamo Kara. È un piacere conoscerla, Comandante.
Mio marito mi ha parlato a lungo di lei» la donna
ricambiò la stretta di mano e
Shepard credette di aver sentito una particolare enfasi nella pronuncia
del
legame che aveva con Kaidan. Si chiese per un attimo se non la vedesse
come una
vecchia rivale.
“O forse mi sto
facendo delle gran seghe mentali…”
«Forza, entrate. Volete stare davanti
alla porta tutto il giorno?»
«Veramente
le presentazioni non sono terminate…»
commentò Kaidan, trattenendo a stento una risatina.
«Come?»
Alenko
lasciò che il braccio destro, sino a quel
momento celato dietro la schiena, scivolasse in avanti trascinando con
sé una
piccola manina rosata.
«Vieni,
non aver paura. Non li mangia gli amici di
papà.»
Shepard
sbarrò gli occhi e poté giurare di aver
sentito il cigolio delle mandibole dei suoi ospiti che precipitavano
verso il
pavimento. Dinnanzi a sé vide comparire il profilo di una
piccola bimba, i
capelli scuri e ondulati come quelli del padre che incorniciavano un
volto
paffuto, ostinatamente attaccata ai pantaloni dell’uomo.
“Cosa cazzo succede
oggi? È la giornata mondiale della riproduzione?”
La
donna vide il cadanese abbassarsi con un sospiro,
alzare la bimba e, prima che entrambe potessero in alcun modo
protestare, mettergliela
in braccio. Sentì il cervello andare in tilt, terrorizzato
dall’idea di
lasciarla cadere e al contempo spaventato al pensiero di farle male
stringendola troppo forte. Sentì il suo stesso collo
ritrarsi, il volto segnato
di cicatrici fin troppo vicino a quel viso ancora innocente.
«Jane,
ti presento Jane. Ha due anni, è nata sei mesi
dopo che sei tornata tra noi.»
Pur
nella sua nuova condizione di statua di sale, il
Comandante udì distintamente la voce bitonale di Garrus.
«L’hai
chiamata come Shepard in suo onore o hai
seguito la moda di metà pianeta Terra?»
«In
suo onore.»
«Temerario.»
Shepard
si morse il labbro inferiore per impedirsi di
lanciare un insulto al turian.
Fu allora che la piccola Jane, fino a quel momento
intenta a studiare l’estranea che aveva il privilegio di
tenerla in braccia,
mosse la manina verso i capelli della donna.
Shepard lasciò che li sfiorasse, vi immergesse le
dita, giocherellasse con la sua zazzera riccioluta. Sentì
qualcosa incrinarsi nel
suo petto quando la risata di bimba le solleticò
l’udito e con stupore sentì i
suoi stessi zigomi sollevarsi in un sorriso.
«Ciao,
Jane.»
La
voce di Joker si alzò nel silenzio generale.
«Che
carina, Shepard ha dimostrato di avere un
cuore.»
La
stessa Shepard si appuntò mentalmente di rompergli
il femore destro.
«Io
vorrei presentare mia moglie a Liara. È una
grande ammiratrice del suo lavoro sui protean e credo abbia parecchie
domande
da farle, ma temo che Jane si annoierebbe. Ti dispiacerebbe badare a
lei per
una decina di minuti?» Kaidan tornò a parlare,
rivolgendo uno sguardo d’intesa
a Kara e all’asari.
«Oh,
certo. Sono certa che Shepard ne sarà
felicissima» lo supportò Liara, seguita dal cenno
d’approvazione della moglie,
«andiamo nell’anticamera dove potremo parlare con
più calma.»
La
donna arretrò di qualche passo verso il centro
della sala, consentendo ai coniugi di entrare. Con la coda
dell’occhio li vide
allontanarsi assieme all’asari mentre attorno a sé
tornava a formarsi il
capannello di vecchi compagni.
“E adesso…?”
si ritrovò a pensare, i muscoli delle braccia che
cominciavano a protestare per
il peso della bambina improvvisamente posseduta dal demonio.
«Ehm,
credo che Jane voglia scendere» suggerì Garrus,
alzando la mano tridattile a indicare la figlia del diavolo.
«Ah,
giusto.»
Sfruttando
una rinnovata lucidità, il Comandante
appoggiò la bimba a terra che approfittò della
ritrovata libertà per saltellare
attorno alle loro gambe.
James la guardò per qualche secondo.
Poi, l’idea malsana.
«Sai,
Shep, forse dovremmo pensare anche noi alla
riproduzione.»
Shepard
sbarrò gli occhi, ignorando le risate
trattenute dei compagni.
«Io
e te? Riprodurci? Hai idea del danno per il pool
genetico umano?»
«Da
quando conosci questi termini complicati?»
«Liara.»
«Giusto.»
«State
veramente accarezzando l’idea di fare un
figlio?» si intromise Garrus, la cui voce lasciava trasparire
una discreta dose
di perplessità.
«Sì.»
«No.»
«Decidetevi»
sbottò Joker.
«Sì.»
«Dio,
fa che prenda da James.»
«Fottiti,
Joker. Ho detto di no.»
«Datemi
il tempo di lavorarmela e vedrete che cambierà
idea.»
Shepard
si prese qualche attimo di riflessione.
«Sai,
James, ci sono vari modi di interpretare questa
frase e alcuni devo ammettere che non mi dispiacciono.»
L’ispanico
scoppiò a ridere di gusto. «Lo sé, te
quiero, Lola, y quiero recuperar el tiempo perdido, hacer una familia
contigo...»
disse, sicuro che nessuno a parte Shepard potesse capirlo.
Fu
dunque con sorpresa che osservò il proprio
Comandante inclinare la testa, gli occhi ridotti a due fessure.
«Lo
so che?»
«Ma
come? Non sei cresciuta nei quartieri malfamati
di Vancouver?»
«I
cartelli della droga che avevo la fortuna di
incontrare non usavano proprio questi termini, che io
ricordi.»
«Giusto,
immagino usassero più parole come cabrón,
hijo de puta, maldito…»
«Cabrón!»
la piccola Jane singhiozzò divertita,
battendo le mani dinnanzi allo sguardo allibito della donna e le risate
di
Garrus e Joker.
«Porca
puttana, questa scimmia ripete le
imprecazioni.»
«’occa
putanna!»
«Questa
però è colpa tua!» infierì
il turian,
supportato da una fragorosa risata di James.
«Direi
che Kaidan ha azzeccato il nome per la
piccola!»
«È
una maledetta spugna per le volgarità. E voi smettetela
di fare i coglioni.»
«Colionni!»
«Sempre
meglio, Lola!»
Shepard
si portò le mani alla fronte, pinzando la
pelle in un plateale gesto di insofferenza.
«…James?»
«Dimmi.»
«Eres
un pendejo.»
«Che
vole die pendejo?» la voce della figlia di
Alenko li interruppe di nuovo.
Il
giovane N7 scoppiò a ridere.
« Muy
buena, Shepard. Estás aprendiendo mi idioma... y Jane
tambíen.»
«Kaidan
mi ammazzerà. Dannazione, ragazzina,
com’è
che riesci a ripetere pure le imprecazioni spagnole?»
protestò Shepard.
«Le
ha dato il nome in tuo onore. Ha il destino
segnato» commentò Jeff, il cui sorriso gli
morì in gola quando vide il volto
sogghignante della donna.
«Hai
ragione, Joker, e tu non potevi che essere un...
»
«Colionne!»
Si
girarono all’unisono verso la piccola, innocente
Jane.
Shepard si concesse di continuare a ghignare. Abbassatasi
all’altezza della bimba, le accarezzò
affettuosamente la testa.
«No,
piccola, si dice coglione.»
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